Viaggi mentali a go go.

di Riry_Bara
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La routine. ***
Capitolo 2: *** Un abisso senza fondo, la scuola. ***



Capitolo 1
*** La routine. ***


E’ sempre difficile iniziare la scuola, anche se questa volta non la inizio, la continuo.
Da poco mi sono trasferita a Londra, e oggi per la prima volta inizierò la scuola, la cosa mi turba parecchio.
Sono le 3.24 di mattina, mi giro e mi rigiro nel letto, fisso il soffitto ma non mi addormento non riesco davvero a rilassarmi.
Insomma, nuova scuola, nuove abitudini, ma soprattutto nuovi pregiudizi.
Ora sono le 3.44, fra meno di tre ore mi dovrò svegliare.
La mia scuola è abbastanza lontana, per arrivarci devo andare alla stazione, che poco dista da casa mia, poi devo prendere un autobus, e dopo mezz’ora arrivo.
Sento il bisogno di dormire, ma è più forte di me, non riesco.
Mi alzai, accesi la luce, aprii l’armadio ed iniziai a fissare i vestiti, non sono mai stata una che badava a queste cose: trucchi, scarpe, accessori.. Ma l’indomani volevo sentirmi a mio agio, e non essere guardata da quegli occhi pieni di disprezzo degli altri compagni.
Scelsi un paio di jeans attillati, una canottiera, una felpa con la zip e le mie air force (scarpe da ginnastica alte e bianche).
Preparai anche un ombretto azzurro abbinato a due orecchini ad anello.
Poi sospirai, erano le 4.02. Mi stesi sul letto e senza accorgermi mi calai nel sonno più profondo.
DRIIN! Scatto in piedi, rifaccio il letto, mi lavo, mi vesto, mi trucco, e sono pronta per uscire.
Mia mamma mi fissa incredula, non sono mai stata così veloce nel scendere da letto, anzi.
Non faccio colazione, potrei vomitare tutto, e non credo sia il caso di essere ricordata per tutto l’anno come la ragazza del vomito.
L’autobus mi porta davanti a scuola con dieci minuti di anticipo.
Scendo, e trascino i piedi uno dietro l’altro sorpassando il cancello dell’entrata. E’ pieno di persone.
Una ragazza con un cellulare all’ultimo modello in mano mi fissa, e io odio essere fissata.
Dopo due minuti esatti cammina verso la mia direzione ma guardando fissa davanti a se.
Mi urta, e la mia borsa cade, la ragazza la pesta ma non presta alcuna attenzione a ciò che ha appena fatto; mi chino per raccoglierla quando un ragazzo me la allunga.
La mia testa si alza, ma non abbastanza per vedere il suo volto.

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Capitolo 2
*** Un abisso senza fondo, la scuola. ***


La sua mano mi stava allungando la borsa, non so se per timidezza o per imbarazzo non riuscii a parlare, rimasi impietrita, bloccata da uno stimolo di cui non ero a conoscenza. Alzai di qualche centimetro ancora il capo, vidi solo le sue labbra, accennavano a un piccolo sorriso, erano perfette. Mi sentivo legata a questa persona, e immaginai in un breve istante come si sarebbe conclusa questa scena, magari con un bacio. Il suono della campanella mi riportò alla realtà, ma quando aprii gli occhi lui non c’era più. Era come perdere l’unico punto fisso in quest’abisso di scuola. Dopo essermi persa varie volte trovai il mio armadietto, posai i libri e tenni solo quelli di scienze, mi diressi poi verso l’aula 24. La signorina Ramini mi accolse e mi presentò ai compagni. Altra cosa che oddio, essere al centro dell’attenzione. Tutti i ragazzi che erano presenti al corso di scienze mi fissarono per buona parte della lezione, avevano occhi schifati, o almeno a me apparvero così. Dopo un po’ mi sembrò che si fossero abituati alla mia presenza e prestarono attenzione a ciò che stava dicendo la professoressa. Partiamo dal presupposto che io e la scienza non andiamo d’accordo, giocherellai con una matita e una penna per tutta l’ora, che trascorse molto lentamente. Mancavano pochi minuti alla fine della lezione, al ché io misi nello zaino tutti i libri e i quaderni come era solito fare nella mia scuola che frequentavo precedentemente. Ma notai nella signorina Ramini uno sguardo incuriosito, effettivamente tutti gli altri ragazzi erano ancora fermi con il banco ancora sovrastato da libri e quaderni. Passarono così anche le tre ore successive, sguardi su sguardi, frecciatine su frecciatine e commenti alle spalle. Perché le persone devono parlare alle spalle? Insomma, di le cose in faccia almeno i diretti interessati possono difendersi. Suonò la campanella che segnava la fine della scuola; uscii e mi incamminai verso la fermata dell’autobus passando per una stradina al centro di un parco. Solo li sentii alle mie spalle qualcosa, continuai a camminare dando poco conto alla voce. Ma poi fu più forte: -Ehy, aspetta un minuto! Mi girai di scatto, qualcuno stava correndo verso di me.

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