All About Lovin' You

di Mistral
(/viewuser.php?uid=1186)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 3: *** Capitolo III ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV ***
Capitolo 5: *** Capitolo V ***
Capitolo 6: *** Capitolo VI ***
Capitolo 7: *** Capitolo VII ***
Capitolo 8: *** Capitolo VIII ***
Capitolo 9: *** Capitolo IX ***
Capitolo 10: *** Capitolo X ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***


Ad Ale e al mio angelo

Ad Ale e al mio angelo, anche se probabilmente non la leggerete mai.

C’è anche un po’ di voi qui dentro… grazie di tutto!

 

***

 

All about loving you

 

Disclaimer: I personaggi di City Hunter sono di proprietà di Tsukasa Hojo e degli aventi diritto.

Gli altri personaggi sono di proprietà dell’autrice.

La canzone “All about loving you” è dei Bon Jovi.

 

Agosto 2004

Questa ff è basata sui personaggi di City Hunter, ma forse i “puristi” troveranno che il carattere di Ryo e Kaori è leggermente diverso da come l’ha delineato Hojo nel manga; è una scelta consapevole perché questa storia è nata in un momento particolare della mia vita ed è nata da sola… io infatti mi sono limitata a scrivere quello che provavo, trasferendolo nei personaggi, in particolare in Kaori. Non so nemmeno io come andrà a finire, perché quando scrivo i personaggi ad un certo punto prendono vita propria e la trama si sviluppa in modi anche per me imprevisti.

Prima di lasciarvi alla lettura, vorrei ringraziare Esus che ha letto in anteprima questa ff e mi ha dato suggerimenti utilissimi; una parte del merito quindi va anche a lei.

Beh, spero che la storia vi piaccia. Come sempre aspetto commenti ma anche critiche e suggerimenti.

Buona lettura!

Mistral

 

***

Capitolo I

Era successo di nuovo: Ryo con le sue avance perverse da maniaco aveva fatto scappare l’ennesima cliente… e, siccome si rifiutava di lavorare per gli uomini (mai e poi mai lo Stallone di Shinjuku si sarebbe abbassato a tanto, neanche se fosse stato sul punto di morire di fame!), erano di nuovo al verde… ma il problema vero non era quello…

Kaori, sdraiata supina sul letto della sua camera, trasse un profondo sospiro ripensando alla scena di prima.

 

Erano andati al Cat’s Eye per incontrare la cliente, come al solito una ragazza bellissima e, per di più, anche molto giovane: non doveva avere più di 22 anni ed era la figlia di un ricco industriale implicato in affari sporchi con la Yakuza. Dato che il padre voleva tirarsi fuori dal giro, aveva fatto intendere di essere pronto ad andare alla polizia se non l’avessero lasciato in pace e i mafiosi, per tutta risposta, avevano minacciato di uccidere la ragazza. La solita storia, insomma.

I due City Hunter arrivarono in ritardo, tanto per cambiare, e padre e figlia erano già seduti, uno in fianco all’altra, su uno dei divanetti in fondo al locale.

Appena Kaori varcò la soglia, tenendo Ryo al guinzaglio per evitare che rincorresse tutte le donne che passavano per strada, Miki da dietro il bancone li salutò.

“Ciao Miiikiiii! Mio dolce amore!” esclamò lo sweeper arrivando in un nanosecondo davanti alla barista. “Come stai mio piccolo fiore del deserto?!”

“RYOOOO!!!” ruggì Kaori prendendolo per la collottola come si fa con i cani “Vieni subito qui! C’è un cliente che ci aspetta!”

Ryo guardò le due figure in fondo al locale e poi per un attimo la socia, con la sua solita espressione da maniaco arrapato. “E’ vero… la mia bottarella…”

“E’ una RAGAZZA! Non una bottarella, maledetto pervertito!”

La cliente, al veder la scena (per fortuna senza sentire le parole di Ryo!), guardò suo padre, abbastanza preoccupata: “Papà, non credo sia una buona idea che sia quell’… essere a proteggermi… perché non andiamo alla polizia?”

“Fidati di me Kimiko! I miei informatori mi hanno assicurato che City Hunter è il miglior sweeper sulla piazza… se ci sarà lui a proteggerti, la Yakuza non oserà muovere un dito!”

“Ma papà! E chi proteggerà ME da LUI?! Hai visto che faccia?! Mi sta spogliando con gli occhi!”

“Secondo le mie informazioni, la donna che è con lui, la sua assistente, è perfettamente in grado di tenere a bada le sue voglie perverse… Vedrai, non ti toccherà con un dito! (che uomo ingenuo…) E poi…”

Si interruppe perché Ryo era piombato sulla figlia con l’intenzione di darle un bacio, ma un enorme martello, comparso dal nulla, l’aveva fracassato sul tavolino e piantato per 10cm buoni nel pavimento. Il martellone gigante era maneggiato con estrema facilità dall’apparentemente esile socia di Saeba mentre la barista, assolutamente impassibile, annotava qualcosa su un quadernetto. “Kaori, con questo siamo a 47.250 yen per questo mese… è il decimo tavolo che mi distruggete…” le disse poi.

La sweeper annuì con un sospiro, mormorò qualcosa come –Non ce la faremo mai- e fulminò con lo sguardo il socio, trascinandolo verso un altro tavolo.

«Forse è davvero il caso di rivolgersi alla polizia…» L’industriale stava cominciando ad avere i primi dubbi sull’affidare la sua Kimiko a quei due.

Con un sorrisetto imbarazzato, l’uomo si sedette insieme alla figlia di fronte a Ryo e Kaori. “Buongiorno signorina…” esordì, un po’ incerto “io sono Akira Ikugi e questa è mia figlia Kimiko…”

“Piacere signor Ikugi… io sono Kaori Makimura e lui è…”

“Ciao bellissima Kimiko!” si intromise Ryo, afferrando le mani della ragazza che subito divenne bianca come un cencio e si ritrasse “Io sono Ryo Saeba, ho 20 anni e sarò la tua guardia del corpo… staremo sempre insieme, giorno e notte! Perché non…”

*CRASH!*

Un enorme martello aveva scagliato Ryo fuori dalla vetrata.

“Kaori…” intervenne Miki da dietro. “LO SO!” sbraitò la sweeper “Ti ripagheremo anche quella! QUANDO QUEL DEFICIENTE PERVERTITO SI DECIDERÀ A LAVORARE ti ripagheremo anche quella!”

“Ok, Kaori, calma… ho capito…”

La ragazza prese un profondo respiro, poi si sedette e riacquistò la sua abituale compostezza. “Scusate per l’interruzione…” disse, col suo sorriso più amabile “Allora, mi stava dicendo signor Ikugi?”

“Veramente io non avevo ancora cominciato…”

“Eh, eh, eh…” Kaori fece una risatina imbarazzata. “Prego, allora… cominci pure…”

“Dunque, come lei sa, io sono il presidente di una ditta di…”

Ma non fece in tempo a proseguire perché Ryo, spuntato fuori da chissà dove, era di nuovo saltato addosso a Kimiko e le stava facendo proposte oscene. “Dai Kimiko, tesoro, vieni a fare un giro con il piccolo Ryo… lascia perdere quella mummia di tuo padre e questo mezzo uomo… potremmo andare…”

Kaori era già pronta con il martellone delle grandi occasioni quando vide Kimiko cambiare espressione: “Basta smettila brutto maniaco!” esplose la ragazza “Toglimi subito le tue manacce di dosso!” Così dicendo lo spinse via e poi si rivolse al padre: “Sentimi bene papà: io sono in pericolo, ok, ma non ho nessuna intenzione di cadere dalla padella nella brace! Questo qui sarà anche il miglior sweeper del mondo ma per ora ha dimostrato di essere solo un porco! Quindi adesso io e te ce ne andiamo immediatamente dalla polizia, chiaro?!”

Il signor Ikugi annuì allibito. Poi Kimiko si rivolse gelida a Kaori: “Mi dispiace molto signorina Makimura, ma io non ci tengo a rischiare di essere aggredita ogni minuto non solo dalla Yakuza ma anche dal suo collega… quindi ritiro la richiesta di mio padre: io ho bisogno di una guardia del corpo, non di gente come voi. Arrivederci”

Detto questo, la ragazza trascinò via di peso il padre e scomparve nel traffico di Tokyo.

“Bel caratterino la piccola…” commentò Miki “Chi l’avrebbe mai detto che fosse un tipino così grintoso?”

“Miki! Ti prego! Non ti mettere anche a fare dell’ironia…” Kaori era prossima alla disperazione: quell’incarico per loro era fondamentale, erano mesi che non vedevano uno yen…

Si rivolse al socio, in parte per fargli una bella ramanzina e in parte per trovare un po’ di sostegno nei suoi occhi. Ma lui stava appollaiato sul suo sgabello preferito, a braccia conserte, rimuginando su qualcosa. “Ryo, cosa c’è?”

“Maledizione… la cliente se n’è andata e io ho perso la mia bottarella…” 

“Sei sempre il solito idiota, Ryo!” gli urlò in faccia Kaori, appena si rese conto dell’oggetto delle –preoccupazioni- del collega “Per colpa delle tue voglie da maniaco siamo di nuovo senza lavoro e senza soldi!”

“Lo sai che io voglio essere pagato in natura…” sbuffò lui, alzando appena la testa “…non me ne frega niente dei soldi. O la cliente mi dà una botta o niente!”

“Ma la vuoi capire o no che con le bottarelle non si mangia!? Noi abbiamo bisogno di soldi, Ryo, SOLDI! Sono stufa di fare la fame per colpa tua!”

“E allora vattene… non c’è niente e nessuno che ti obbliga a stare con me. Me la caverei benissimo da solo” Ryo aveva pronunciato quelle parole con una calma serafica.

“COSA?! Ma sei scemo?!” esplose la sua partner “Non riusciresti a stare neanche tre giorni senza di me!”

L’uomo la fissò come se volesse trapassarla con lo sguardo e a Kaori corse un brivido lungo la schiena: quando Ryo aveva quell’espressione negli occhi non c’era da aspettarsi niente di buono. “Ti ricordo, Kaori, che io ho passato più di metà della mia vita da solo… e non certo in una situazione facile… quindi non vedo perché adesso non dovrei riuscire a stare senza di te”

Miki, che osservava la scena da dietro il bancone, lo fissò incredula mentre Kaori era completamente annichilita: le stava dicendo che lei era INUTILE, che nella sua vita non c’era bisogno di nessuno, tantomeno di lei… “Ryo… dopo tutti questi anni… dopo tutti questi anni hai il coraggio di dirmi che sono inutile?”

Lo sweeper alzò le spalle. “Se la vuoi mettere in questi termini…”

La mano della ragazza si mosse rapidissima, stampando le cinque dita sulla guancia sinistra del compagno. “Sei solo uno stupido, Ryo Saeba! Uno stupido e un ingrato!” gli urlò poi, scoppiando a piangere e correndo fuori dal locale.

Dopo che Kaori fu scomparsa, il campanello della porta continuò a tintinnare allegramente ancora per un pezzo, per l’estrema violenza con cui la ragazza aveva sbattuto la porta. Ryo gli lanciò un’occhiata terribile, poi, fulmineo, prese la Python e lo fece cadere a terra con un solo colpo.

“Non mi sembra il caso che tu mi distrugga il locale perché hai litigato con Kaori…” gli fece notare Miki.

Ryo non diede segno di averla sentita; continuava a tenere la pistola nella destra e, con l’altra mano, si copriva il segno lasciato dalle dita sottili della socia sul suo viso. I suoi profondi occhi neri fissavano il vuoto avanti a sé con espressione spenta. Tutto quello che li animava un attimo prima, mentre fissava Kaori, qualunque cosa fosse, era svanito, lasciando dietro di sé solo il nulla.

“Ryo, dammi retta” riprese Miki, con tono più dolce “parlale, chiedile scusa… questa volta l’hai ferita davvero. Perché ti sei comportato così?”

L’uomo posò lo sguardo sulla barista per la prima volta, negli occhi ora nient’altro che tristezza. “Ti è mai capitato, senza volerlo, di fare cose che non avresti mai voluto fare? O di rovesciare la tua rabbia su qualcuno che non c’entra niente solo perché è nel posto sbagliato al momento sbagliato?”

L’ex-mercenaria trasse un profondo sospiro, poi alzò gli occhi. “Ryo, io…” Ma Miki non iniziò nemmeno la frase perché lo sweeper era già scomparso.

La donna scosse il capo e una smorfia le contrasse i bei lineamenti che però subito tornarono a distendersi quando sentì una ben nota presenza dietro di sé.

“Cos’è successo stavolta?” le chiese Falco.

“Guai… guai seri…” mormorò amarissima Miki “Saeba l’ha fatta grossa e se non si scusa non so come potrà andare a finire”

 

Si sentiva malissimo, dentro di lei era tutto tremendamente confuso. Aveva solo una certezza: per Ryo era inutile… l’uomo che amava le aveva detto di non aver bisogno di lei… di non averne mai avuto bisogno. Anzi, forse fin dall’inizio lei era stata solo un peso per il suo partner; già, perché lui doveva farle praticamente da balia, visto che in tutte le situazioni pericolose in cui si erano venuti a trovare lei aveva sempre trovato il modo di cacciarsi nei guai…

“Sembra che io sia proprio portata per combinare casini…” Si lasciò sfuggire un risata amara. Poi si intristì. “Non posso continuare così: quello di Ryo era chiaramente un invito a togliermi dai piedi… lui non può mandarmi via, è legato alla promessa che ha fatto a Maki… però è evidente che non mi vuole più con lui…”

Una lacrima scivolò sul viso di Kaori, lasciando una traccia scintillante nel sole ormai basso che filtrava dalle veneziane abbassate. È difficile accettare che la persona che ami starebbe meglio senza di te, soprattutto se per tanto tempo hai condiviso tutto con lui, sentendoti importante e preziosa…

“Ryo… anche se ti amo da morire, non posso costringerti a ricambiare i miei sentimenti… e se tu vuoi che me ne vada è giusto che io rispetti la tua decisione…”

 

Looking at the pages of my life

Faded memories of me and you…

 

“Guardando indietro… guardando indietro non mi sembra vero contare quanti momenti belli abbiamo passato assieme. Ma ormai quelli sono solo ricordi, stanno appassendo… la realtà adesso è un’altra e devo accettarla…”

 

Mistakes, you know, I’ve made a few

I took some shots and fell from time to time…

 

“Ne ho fatti di errori nel lavoro… eh, quanti… ma nella vita no… nella vita sono sempre stata sicura delle mie scelte. Quando ho deciso di diventare la tua socia, Ryo, e poi tutte le volte che mi sono trovata di fronte al prendere o lasciare, al restare con te o andarmene per vivere una vita normale ma lontano da te… beh, non mi sono mai pentita di essere rimasta…”

Un debole sorriso illuminò il viso triste di Kaori, mentre ripercorreva i ricordi di tutti quegli anni in cui Ryo Saeba era stato il centro della sua vita.

“Anche tutte le volte che il nostro rapporto invece di migliorare è peggiorato, anche tutte le volte che mi hai fatto star male perché correvi dietro a tutte le donne meno che a me, anche tutte le volte che mi hai respinto… io sono sempre stata sicura della mia scelta…”

La donna si tirò a sedere sul letto ed estrasse dal cassetto del comodino la sua pistola. Il ricordo del giorno in cui lui gliel’aveva data, rimessa a nuovo, sul tetto di quel palazzo semidistrutto, chiedendole di rimanere con lui per sempre era ben chiaro nella sua testa: com’era stata felice quel giorno!

 

Baby, you were there to pull me through

We've been around the block a time or two…

 

“…perché prima o poi c’era sempre un momento in cui mi dimostravi che tenevi a me, un momento magico in cui anch’io ero finalmente una donna come le altre, forse anche meglio delle altre, unica… erano solo attimi ma a me bastavano… perché lo so da sempre che in fondo mi vuoi bene…”

Le tornò in mente quella fredda sera di gennaio, sul tetto della loro casa, quando aveva deciso la data del suo compleanno; quando lui l’aveva attratta a sé e l’aveva ringraziata con un bacio… beh, in quel momento si era sentita speciale, unica…

“Abbiamo superato tanti ostacoli insieme, molti più di quanti tu non immagini… perché, anche se tu non lo sai, mi hai aiutato più di una volta, con la tua sola presenza, a superare le mie paure e le mie insicurezze…”

 

Ask me how we've come this far

The answer's written in my eyes…[1]

 

“…ma adesso è finita: tu non mi vuoi più accanto a te, l’ho letto nei tuoi occhi… e io rispetterò la tua decisione, anche se mi farà male da morire…”

Ormai Kaori aveva il viso completamente bagnato di lacrime. Ma dopo quello sfogo solitario si sentiva un pochino meglio. Aveva preso la sua decisione: per il bene di Ryo, si sarebbe allontanata da lui, anche se questo avrebbe significato soffrire tremendamente.

“Lo faccio per lui” continuava a ripetersi; e con quel ritornello nella testa infilò i suoi vestiti in una valigia e chiamò Miki, chiedendole di ospitarla.

Appena riattaccato, la ragazza si lasciò cadere di nuovo sul letto, facendo per un attimo vagare lo sguardo intorno… quanti ricordi in quella stanza! Ma non doveva perdersi nella malinconia: doveva andarsene prima del suo rientro o non ne avrebbe più avuto la forza.

Finito di preparare la valigia, vi mise dentro anche la foto che ritraeva lei e il suo adorato fratello, e si infilò al dito l’anellino che lui le aveva regalato.

Al trasloco del resto dei suoi pochi oggetti personali e dei suoi mobili avrebbe pensato in un secondo momento, quando avesse trovato una sistemazione definitiva, ma quelli doveva portarli con sé, non ce la faceva a separarsene.

Una volta finito, diede un’occhiata fuori dalla finestra: ormai era scesa la sera.

Lasciò un biglietto a Ryo sul tavolo della cucina, insieme a una veloce cena fredda (forza dell’abitudine!) e poi abbandonò l’appartamento, immaginando che il suo ormai ex-socio non sarebbe tornato fino a notte inoltrata, o, peggio, fino al mattino dopo.

 


 

[1] La canzone è “All about lovin’ you” dei Bon Jovi

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo II ***


All about lovin

All about lovin’ you

 

Disclaimer: I personaggi di City Hunter sono di proprietà di Tsukasa Hojo e degli aventi diritto.

Gli altri personaggi sono di proprietà dell’autrice.

La canzone “All about loving you” è dei Bon Jovi. Tutte le altre canzoni citate sono di proprietà dei rispettivi autori.

 

Ottobre 2004

Grazie a tutti coloro che hanno letto il primo capitolo, spero che vi sia piaciuto e che possa piacervi anche questo.

Un grazie speciale poi a Esus che ha letto, corretto e commentato in anteprima anche questo capitolo. Senza il tuo aiuto sarebbe stato tutto molto più difficile… grazie 1000!

Mistral

 

***

 

Capitolo II

Erano ormai passate alcune ore da quando Ryo aveva lasciato il bar di Miki; il tumulto di sentimenti che era scoppiato dentro di lui dopo l’ennesimo litigio con Kaori però non si era ancora placato.

Non riusciva a darsi pace: si sentiva un perfetto idiota per come l’aveva trattata. Ma come accidenti gli era saltato in testa di dirle che non aveva bisogno di lei?! È vero, aveva deciso di troncare quel loro rapporto troppo complicato, che da una vita ormai si trascinava sul filo del rasoio, sempre in bilico tra amicizia e amore, ma non voleva farlo in quel modo tremendo…

Ryo si lasciò cadere pesantemente su una panchina. “Riuscirà a perdonarmi anche stavolta?” si appoggiò allo schienale, buttando indietro la testa e osservando il cielo “Sì… non può lasciarmi… non così…” cercò di convincersi lo sweeper, prima che la ragione prendesse di nuovo il sopravvento “Però non posso continuare a farla vivere con me… devi andartene Kaori. Devi, è per il tuo bene… anche se io non vorrei…”

Ryo trasse un sospiro: era sempre la stessa storia, da anni. Dentro di sé sapeva che non la teneva con sé solo perché gli era stata affidata da Makimura né perché ormai era entrata nella sua routine quotidiana… no, il motivo era molto più profondo: lei gli era entrata nel cuore. Ma questo il grande Saeba aveva paura di ammetterlo e faceva finta che non ci fosse niente.

Anche se negli ultimi tempi era sempre più difficile.

Guardò nuovamente in alto, nel cielo che ormai andava perdendo il rosso violaceo del tramonto, cercando invano le prime stelle della sera.

Sospirò di nuovo. “Devo farla finita, in un modo o nell’altro: non può continuare così. È giusto che lei viva una vita normale…”

Una folata del gelido vento di febbraio trascinò con sé alcune foglie secche, facendole vorticare. Ryo le seguì per un po’ con lo sguardo: quelle povere foglie che si inseguivano sulle lastre di cemento della piazza deserta somigliavano molto ai sentimenti che si inseguivano nel suo cuore…

Alla fine il vento sembrò decidersi a lasciarle in pace e le depositò ai piedi di un lampione poco distante, alla cui luce Saeba poté vedere il loro splendido rosso sanguigno. Com’erano più belle ora che riuscivano a mostrare il loro vero volto! Sorrise tristemente e si sorprese a pensare di nuovo alla sua socia, alla luce che lei aveva portato nella sua vita e nel suo cuore… quante cose gli aveva insegnato senza saperlo, con la sua sola presenza… Cancellò quel pensiero semi-inconscio scuotendo la testa: non voleva dare un seguito a quella riflessione, l’avrebbe condotto troppo lontano, su un terreno pericoloso che, vigliaccamente, preferiva evitare. Si alzò e si rimise a camminare, senza una meta precisa, tentando il più possibile di mantenere la mente sgombra.

 

Si era ormai fatto buio e il girovagare aveva portato lo sweeper in una parte della città che non frequentava praticamente mai; era la zona più occidentalizzata della capitale, dove si trovavano un gran numero di piccoli locali, graziosi ma di poche pretese, in cui si mangiava all’europea, ascoltando musica pop. 1

Ryo si guardò intorno e notò l’insegna di un ristorante, un poco nascosto tra i grossi platani che fiancheggiavano la strada e, seguendo il brontolio del suo stomaco, decise di entrarvi.

“Non mi va di tornare a casa… non voglio vedere Kaori, almeno finché non avrò trovato un modo per scusarmi con lei e allontanarla dal mio maledetto mondo senza ferirla ancora…” Aveva deciso: la sua socia se ne sarebbe andata, anche se non credeva che lei si sarebbe arresa così facilmente.

Decise di dimenticarsi ancora una volta del problema, come faceva ormai da anni, e si avvicinò a grandi falcate all’ingresso del ristorante; sulla porta trovò un cartello che annunciava entusiasta la presenza, per quella sera, di una giovane cantante.

“La bellissima Iris” lesse “Chissà se è bella davvero come dicono… anche se non è che me ne freghi poi molto…” gli scappò un sorriso tirato “Se mi sentisse Kaori resterebbe di sasso!”

Ma subito, al solo pensiero della sua partner, Ryo si rabbuiò e si sfiorò con due dita la guancia sinistra, dove la socia l’aveva schiaffeggiato quel pomeriggio, sentendola bruciare.

“Non ci devo pensare!” si impose, scuotendo violentemente la testa “Quando tornerò a casa le parlerò e la convincerò ad andare via…”

Continuando a ripetersi quella frase come un mantra, Ryo entrò nel locale e si guardò intorno. Il piccolo ingresso era rialzato rispetto al resto della sala, illuminata appena lo stretto necessario. Alle pareti, per quanto gli consentisse di vedere la semioscurità, Ryo scorse una collezione invidiabile di fucili e pistole, assieme a vecchie foto ingiallite. I tavoli, non molto numerosi ma quasi tutti occupati, erano disposti ad anfiteatro attorno ad un palco ancora vuoto.

Quel posto aveva un’atmosfera molto particolare e ricordava allo sweeper il locale di un vecchio amico, che amava frequentare quando era ancora in America. «Beh, il locale di Charlie non era proprio così» rise tra sé «Però anche questo posto gli sarebbe piaciuto… chissà poi se è ancora là o se n’è andato come voleva…»

Lo sweeper rimase impalato in cima ai pochi scalini a guardarsi attorno finché un cameriere non gli si fece incontro, invitandolo a prendere posto, proprio vicino alle scale da cui sarebbero dovuti passare gli artisti che si sarebbero esibiti.

Una volta seduto, Saeba continuò a guardarsi in giro con aria assente: c’era qualcosa in quel locale che gli dava una sensazione di dejà-vu e lo riportava indietro nel tempo, ma non sapeva definire cosa fosse.

Diede solo una veloce occhiata al menù, decidendo all’istante che non avrebbe preso nulla, al di fuori forse di un whisky, il massimo che potessero permettersi le sue tasche. Fece una smorfia seccata: era in uno dei ristoranti più belli in cui fosse stato di recente e non poteva nemmeno mangiare come si deve. E tutto perché era un maledetto idiota, lei glielo diceva sempre che… il suo cervello si rifiutò di continuare il pensiero. “Sarà il caso che da domani mi metta a fare sul serio col lavoro…”

Dopo un po’, il proprietario del ristorante, un uomo canuto sulla sessantina, gli si avvicinò per chiedergli se andasse tutto bene, ma quando vide in volto quel giovane dall’aria cupa che sedeva solo davanti al palco, perse la sua abituale compostezza e sul suo faccione gioviale si allargò un caldo sorriso. “Ryo Saeba? Sei proprio tu?!” lo salutò, battendogli una mano sulla spalla con fare cameratesco.

Lo sweeper sembrò scuotersi un attimo dal suo torpore ma dal suo bel viso non scomparve l’alone di tristezza che lo velava. “Scusi?”

“Ryo! Non ti ricordi di me? Il vecchio Charles! Va bene, saranno passati… toh, 10 anni, o forse di più, ma non pensavo mi avessi dimenticato!”

L’altro lo fissò, stringendo leggermente gli occhi e alla fine sorrise. “Charles Finch! Come ho fatto a non capire che questo posto non poteva essere che tuo?!”

“Me lo chiedo anch’io… potrei offendermi visto tutte le volte che mi hai scroccato il pranzo, quando avevo il mio bel localino a luci rosse a New York![2]

“Già…” un’espressione da maniaco comparve per un attimo sul viso di Saeba “…avevi proprio un posticino niente male Charlie… come mai adesso se passato a questo?” disse poi, tornando serio e facendo girare un dito nell’aria a indicare il locale.

Anche il vecchio agitò una mano, come per scacciare brutti ricordi. “Lascia perdere, qui gli affari vanno bene e sono al sicuro… è più che sufficiente per essere felici alla mia età. Piuttosto, tu come stai? Hai già ordinato?”

“No che non ho ordinato Charlie, e non ordinerò: non ho uno yen, come al solito! Sul come sto…” Ryo esitò un istante “…bene, come sempre”

Finch gli agitò l’indice davanti al volto. “Tu non me la conti giusta, Saeba… avanti, per stasera offre la casa, ma mi devi dire cosa c’è che non va”

Lo sweeper sbuffò, allungandosi sulla sedia e incrociando le braccia dietro la testa. “Va tutto bene vecchio mio, solo che da troppo tempo non ho un soldo e non ho una donna, tutto qui. Comunque grazie per la cena!”

Il proprietario del ristorante trasse un sospiro, ma non insistette oltre. “Non mi convinci, ma ti conosco e lo so che quando fai così non c’è verso di strapparti una parola, quindi mi arrendo…”

Ryo gli sorrise, riconoscente, e Charles lesse in quel sorriso sfuggente un grazie che il giovane non gli avrebbe mai detto; poi si allontanò, raccomandando a Saeba di godersi lo spettacolo dimenticandosi per un po’ dei suoi guai. “Se è una donna che ti manca, adesso ne vedrai una straordinaria, Ryo: mi raccomando, non saltarle addosso prima che sia scesa dal palco…!”

Lo sweeper gli fece un cenno di assenso col pollice, ma dentro di sé sapeva già che con quella ragazza non ci avrebbe nemmeno provato, davvero non se la sentiva.

«Eppure lo so che il problema non è solo quello…» si diceva intanto Charles, allontanandosi «Non è il solito Saeba. Ci potrei giurare, anche se non lo vedo da dieci anni»

Intanto Ryo, sempre allungato sullo schienale della sedia, fissava il soffitto con aria assorta. Però si riscosse quando percepì che delle persone si stavano muovendo dietro di lui e cominciò a udire un brusio sommesso tra il pubblico. Si voltò e vide scendere da una scala un po’ nascosta nella penombra una ragazza, abbastanza piccola di statura, che sorrideva dolcemente. Aveva una camminata particolare che la portava ad ancheggiare in maniera evidente, risultando estremamente sensuale ma senza scadere nella volgarità. I capelli lisci, castano chiaro, le arrivavano oltre le spalle e si muovevano un poco ad ogni passo, circondandole il viso come in una nuvola e facendola sembrare un piccolo angelo.

Al vederla, Ryo sorrise tra sé. «Charlie aveva ragione, è fantastica… e poi, quella camminata strana[3]… mi ricorda qualcuno» Chiuse gli occhi, concentrandosi su quel movimento di fianchi, e alla fine focalizzò l’immagine: Kaori! Quella piccola ragazza, tanto diversa dalla sua socia, camminava esattamente come Kaori! «Allora anche lei mi fa quell’effetto…?! No, non è possibile! Non avrei resistito tutti questi anni senza saltarle addosso! Però…»

Il flusso dei suoi pensieri fu interrotto dalle prime note che cominciarono a venire dal palco. Iris si era messa proprio davanti a lui e Ryo notò che ogni tanto gli lanciava un’occhiata strana.

La ragazza iniziò a cantare, con una voce dolce, da soprano. Lo sweeper la osservava, più concentrato su di lei che sulla sua esibizione; era vestita in modo molto semplice, con una corta gonna nera a godet e una camicetta bianca. Non portava gioielli, ad eccezione di un paio di lunghi orecchini d’argento a pendente che luccicavano ad ogni movimento e di una collanina pure d’argento con un piccolo ciondolo.

Era decisamente bella, concluse Ryo; stava per cominciare a dedicarsi al cibo, lasciando perdere la cantante, quando un gesto di lei lo colpì…

 

When I look at what my life's been comin' to

I’m all about lovin’ you…

 

Mentre diceva quelle semplici parole, Iris aveva portato una mano al collo, stringendo la catenina… nella quale era infilato un anellino d’argento. Negli occhi aveva un’espressione piena di malinconia e di rimpianto che non sfuggì allo sweeper: era così dannatamente simile alla sua, a quella che Miki gli doveva aver letto negli occhi quel pomeriggio al Cat’s eye…

Continuò ad ascoltare, concentrandosi sulle parole della canzone.

 

I've lived, I've loved, I've lost, I've paid some dues…

 

Ryo sorrise amaramente. “Sembra la storia della mia vita… tranne per il fatto che io non ho mai amato…”

Si versò un sorso di vino mentre la musica lo portava attraverso i ricordi, verso una figura che lui voleva sfuggire «Non è vero che non ho mai amato…» ammise poi in un sussurro, senza quasi sentire il suo stesso pensiero. L’immagine si fece più nitida.

 

Baby, we've been to hell and back again

Through it all you're always my best friend…

 

La figura era sempre più vicina… era una donna, una donna di cui lo sweeper non poteva o non voleva vedere il volto. Eppure sapeva chi era… ma non voleva ammetterlo, perché farlo avrebbe implicato ammettere anche sentimenti che lui preferiva rinnegare.

Alla fine Ryo si arrese, decise di smetterla di combattere contro sé stesso e tolse il velo di ipocrisia che copriva il viso di quella donna. E il suo cuore.

“You’re always my best friend… Kaori…” si passò una mano tra i capelli, fissando il vuoto, rendendosi conto solo in quel momento di una serie infinita di errori “Kaori, dio mio, come hai fatto a restarmi accanto? Come ho fatto IO a trattarti così…? per tutti questi anni…”

 

For all the words I didn't say

And all the things I didn't do…

 

Soltanto in quel momento, dopo anni passati a nascondersi, a credere che fosse meglio negare piuttosto che scoprire la parte più intima di sé, soltanto in quel momento, da solo in quel tavolino di ristorante, con una musica e una voce dolcissime di sottofondo, Ryo Saeba ammise a sé stesso che era uno stupido e un ingrato.

“Oltre che uno stronzo e un vigliacco… mi vanto tanto di essere coraggioso, ma poi davanti a una donna non sono neanche in grado di dirle che tengo a lei. Sono capace solo di correre dietro alle altre e di umiliarla…”

 

Tonight I’m gonna find a way… [4]

 

La decisione di mandar via Kaori che lo sweeper aveva preso entrando nel locale si stava già sgretolando davanti alla presa di coscienza di quello che provava per lei.

“Devi piantarla Saeba. Vattene a casa, abbracciala e dille che le vuoi bene… se lo merita…” Lanciò un’occhiata alla ragazza che continuava a cantare, ringraziandola mentalmente per l’aiuto che gli aveva inconsapevolmente dato.

Ryo buttò giù ancora un sorso di vino e poi si perse nei suoi pensieri. Non aveva ancora toccato cibo.

La musica intanto continuava e la voce di Iris che saliva sempre più in alto lo riportò sulla terra; la canzone era quasi finita e il giovane, guardando la ragazza, si stupì nel vedere il suo viso solcato da una lacrima mentre finiva la sua esibizione e scendeva dal palco.

Non riuscì a capire il perché di quella reazione e decise che l’avrebbe aspettata fuori dal locale per chiederle spiegazioni, oltre che per ringraziarla: in fondo glielo doveva, sebbene lei non lo sapesse.

 

Nel suo camerino, al piano superiore del locale, Iris trasse un profondo sospiro, ripensando alla sua esibizione di poco prima: non le era mai accaduto di piangere cantando quel pezzo, cui pure era molto legata. Ma quella sera, lo sguardo di quell’uomo seduto sotto il palco l’aveva commossa.

Non sapeva spiegarsi perché, ma sapeva che le parole della sua canzone l’avevano toccato profondamente, l’avevano fatto riflettere e probabilmente gli avevano anche fatto prendere coscienza di qualcosa per lui molto importante…

“Vorrei potergli parlare, sembra stia soffrendo molto…” Si sentì una stupida: di sicuro non l’avrebbe mai più rivisto, figuriamoci se avrebbe avuto la possibilità di fargli da confessore!

Si lasciò scappare un sorriso, stringendosi i capelli in una coda di cavallo. “Smettila di fare la scema, Iris!” si rimproverò poi, afferrando il borsone con gli abiti di scena e aprendo la porta del camerino.

Ma non fece neanche in tempo a mettere un piede nel corridoio che si fermò e si irrigidì, stupita: davanti a lei, appoggiato al muro di fronte stava proprio quell’uomo dall’aria tanto triste.

“Co-cosa ci fa lei qui?” balbettò la ragazza, facendo scorrere lo sguardo su di lui. Ora che lo guardava meglio, non era ancora un uomo maturo, non doveva avere più di trent’anni… ed emanava un fascino incredibile. Indossava un semplice spolverino beige, dalla linea molto retrò, sopra un paio di jeans neri aderenti che gli fasciavano le cosce muscolose; le mani in tasca, la fissava con quei suoi profondissimi occhi scuri, colmi di tristezza, dall’alto del suo metro e novanta abbondante. Ma non diceva una parola.

La ragazza, sempre più imbarazzata, ripeté la domanda e iniziò a rigirarsi tra le dita una ciocca di capelli che le faceva capolino su una spalla.

Vedendola fare quel gesto, il giovane sorrise, ma senza gioia. “Anche lei lo fa sempre… è incredibile quanto vi somigliate”

Iris continuava a non capirci niente, ma si rilassò, capendo che la sua intuizione era giusta: lui soffriva per una donna che, a quanto pareva, le somigliava. Sorrise comprensiva: “La tua compagna? Mi somiglia?” Non aveva detto di proposito «la tua ragazza» perché sentiva che sarebbe stato un passo falso.

“Fisicamente no, è completamente diversa da te… ma avete gli stessi modi di fare, gli stessi movimenti, la stessa dolcezza…”

“Grazie del complimento…” Iris fece una pausa e sorrise “Fai fatica a parlare di lei, vero?”

Lui sussultò. “…”

“Non chiedermi come l’ho capito, non lo so… chiamalo sesto senso se vuoi. Però ci ho preso, eh?” un'altra pausa “Sai, ti avevo già notato prima, quando cantavo… e mi sei sembrato molto triste”

Il viso del giovane si rischiarò un po’. “Sei molto perspicace, piccola… posso sapere quanti anni hai?”

“Venti… e il mio nome è Iris, come forse già sai. Tu come ti chiami?”

“Ryo, piacere” rispose, tendendole la mano “Volevo farti i complimenti, non ho mai sentito nessuno cantare come te… me la concedi un’altra domanda?”

“Ok, dimmi”

“Perché hai pianto quando cantavi?”

Iris prese un respiro profondo e si morse il labbro. “Ricordi tristi… guarda…” disse poi, tirando fuori una collanina dal dolcevita rosso senza maniche che indossava “Questo è un anello di fidanzamento… o almeno, lo era finché lui non mi ha lasciato. È successo più di un anno fa ma non ne sono ancora uscita del tutto… e quella era la nostra canzone”

“Scusa, non volevo farti ricordare cose tristi”

“No, figurati… è solo che non è stata una separazione facile per me” la ragazza mentre parlava guardava lontano, tormentandosi la collana “Mi sono lasciata dietro troppi rimpianti, troppi errori… è per quello che mi brucia ancora così tanto dopo tutto questo tempo”

Rimpianti… quella parola colpì profondamente Ryo. Istintivamente seppe che se le avesse parlato di Kaori lei avrebbe potuto capirlo.

“La mia socia… lei vive con me da sette anni e da sette anni si occupa di me… per lei io sono speciale, ma non me n’ero mai accorto…[5]” Ryo si incupì “Lei è fantastica, continua a rimanermi accanto come un angelo e non gliene frega niente, anche se sa perfettamente che io non sarò mai un santo o giù di lì, anzi…”

Lo sweeper si appoggiò al muro e fissò il soffitto. Iris posò a terra la borsa e lo osservò in silenzio, consapevole di essere una persona fortunata: quell’uomo, che di sicuro parlava malvolentieri di sé, si stava aprendo completamente con lei, una sconosciuta.

“Solo adesso, vedendoti piangere, ho capito di volerle bene… anzi, l’ho ammesso… perché in fondo l’ho sempre amata. Solo che ho sempre fatto di tutto per nasconderlo”

“Perché?”

“Perché, mi chiedi?” Saeba abbassò gli occhi su di lei e sorrise “Bella domanda. Forse perché ho paura e mi barrico dietro l’indifferenza… sai, le donne mi sono sempre piaciute, molto anche…” il sorriso si allargò un poco e il viso assunse un’espressione lasciva “e così corro dietro a tutte senza ritegno…”

“…mentre con lei fai il menefreghista, vero?” concluse Iris.

Lui tornò ad incupirsi. “Già, ma a volte sono anche peggio. Però lei pensa che in fondo sia dolce anche se all'occorrenza so essere forte… e continua ad amarmi in silenzio, non so da quanto tempo…”

Iris lo guardò e vide che aveva gli occhi lucidi: stava facendo di tutto per non piangere ma in quel momento il suo volto era una maschera di puro dolore. Lo vide lasciarsi scivolare contro il muro e sedersi a terra e gli si avvicinò, inginocchiandosi di fronte a lui. Stava ancora cercando le parole per aiutarlo quando lui prese a raccontarle la scena del pomeriggio al Cat’s eye.

“…questa volta ho fatto veramente il bastardo: non avrei mai dovuto parlarle così… anche perché non l’ho mai pensato, anzi…”

Iris stette un attimo in silenzio, soppesando le parole. “E perché non glielo dici, Ryo? Ascoltami, lei è innamorata di te e tu di lei, si capisce lontano un miglio. Ma tra voi sarà sempre un duello, lo sai? Siete fatti così…”

Saeba piantò gli occhi in quelli chiari della ragazza, invitandola con lo sguardo a finire: era troppo importante per lui sapere cosa gli avrebbe detto.

“Ma sono convinta che se le chiedessi scusa e le rivelassi cosa provi lei ti perdonerebbe… c’è qualcosa tra voi che va oltre il volervi bene, sembrate quasi una sola persona…” Iris fece una pausa, sedendosi accanto a lui. “Sai quello che si dice in città di City Hunter? Pare che siano una coppia di sweeper affiatatissimi, un uomo e una donna; nessuno li conosce, ma tutti sanno che sono imbattibili perché li unisce qualcosa di incredibile…” si interruppe, sembrava assorta nell’immaginare quei due.

«Allora è questa la fama che abbiamo fuori dal mondo della mala…» pensò Ryo, rischiarandosi un poco. Lanciò un’occhiata di sottecchi alla ragazza ancora immersa nei suoi pensieri e sorrise, scuotendo leggermente la testa.

Iris si riscosse all’improvviso. “Scusami se ho divagato! Non penso ti interessi sentir parlare di uno sweeper!”

Ryo le sorrise, alzandosi in piedi e tendendole la mano per aiutarla. “Figurati, anzi… mi ha fatto un gran bene parlare con te, Iris… grazie”

La ragazza rispose al sorriso. “Sono contenta che ti sia servito… su, adesso vai da lei”

“Contaci… e grazie ancora. Ciao piccola flower-girl[6]!” le disse Ryo, allontanandosi.

Rimasta sola, Iris, raccolse la sua borsa e si incamminò lungo il corridoio dalla parte opposta, felice. «Non mi stupirei se fosse lui City Hunter…» si disse «E comunque la sua ragazza è davvero fortunata… spero siano felici»

 


 

1 Non so se esista davvero una zona del genere a Tokyo… presumo di sì, ma se mi sbaglio prendetela come una licenza poetica!

 

[2] Altra licenza poetica, visto che nel manga si dice solo che Ryo è stato per un periodo in America, anche se non si specifica dove.

 

[3] Permettetemi di citare la splendida “Questo piccolo grande amore” del mitico Baglioni…

 

[4] La canzone è di nuovo “All about lovin’ you” dei Bon Jovi

 

[5] Da qui in avanti alcune parti sono parafrasi della canzone di Grignani “Speciale”

 

[6] Letteralmente “flower-girl” in inglese indica la fioraia, ma è anche la ragazza che porta il cesto dei fiori ai matrimoni. L’ho scelto come soprannome perché l’iris è un fiore e perché Iris è riuscita, involontariamente, a far prendere coscienza a Ryo del suo amore per Kaori, mettendo così un tassello fondamentale per una loro futura unione… spero non vi sembri troppo strano come ragionamento!

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo III ***


All about lovin

All about lovin’ you

 

Disclaimer: I personaggi di City Hunter sono di proprietà di Tsukasa Hojo e degli aventi diritto.

Gli altri personaggi sono di proprietà dell’autrice.

La canzone “All about loving you” è dei Bon Jovi. Tutte le altre canzoni citate sono di proprietà dei rispettivi autori.

 

Gennaio 2005

E così siamo arrivati al terzo capitolo… scusate per il ritardo nell’aggiornare, ma lo studio non dà tregua! Comunque grazie davvero a tutti coloro che hanno letto il resto della storia e soprattutto a Evy, Clo e MissLeep che mi hanno mandato anche stavolta delle recensioni piene di complimenti. Mi hanno fatto un gran piacere!

E poi ancora un grazie a Esus che continua pazientemente a darmi consigli e suggerimenti per continuare. Grazie mille a tutti!

Mistral

 

***

 

Capitolo III

Dopo aver lasciato il locale del suo amico Charles, Ryo si diresse velocemente verso casa. Aveva una voglia matta di vedere Kaori, di parlarle, di chiederle scusa… ma soprattutto di stringerla forte a sé.

Giunto davanti al portone del palazzo, si fermò un attimo per riprendere fiato e, guardando in alto, notò che le finestre del loro appartamento erano buie. Non ci diede molta importanza, «Kaori sarà a letto» si disse e prese a salire i gradini quattro a quattro, ansioso di rivederla.

Una volta fuori la porta di casa, però, il suo sesto senso cominciò ad avvertirlo che c’era qualcosa di strano; girò lentamente la chiave nella serratura, non stupendosi di incontrare resistenza e varcò la soglia.

Appena entrato nell’appartamento, la sensazione di assenza e di vuoto che aveva scacciato fino ad un attimo prima divenne certezza: ora era sicuro che la socia non fosse in casa. Non avvertiva la sua presenza, non avvertiva il suo calore né il suo profumo vanigliato nell’aria. Sentì un morso allo stomaco e per alcuni istanti rimase immobile nella semioscurità dell’ingresso, poi sembrò scuotersi e corse ad accendere la luce in cucina.

Tutto il suo essere in quel momento era proiettato sul desiderio di scoprire cosa fosse successo, tanto che nemmeno si accorgeva che le chiavi che stringeva convulsamente nel pugno gli stavano quasi penetrando nella carne.

Sul tavolo c’era una ciotola di riso e un vassoio coperto, la sua cena di sicuro; la stretta si allentò un poco, forse si era preoccupato per niente.

“Avrà deciso di rimanere da Miki per stanotte” si disse “Beh, ha ragione in fondo, visto come l’ho trattata… domani vado a prenderla e sistemiamo questa dannata faccenda, adesso è meglio lasciarla stare”

Se, da una parte, lo sweeper si sentiva sollevato di non dover affrontare subito la donna, senza aver avuto nemmeno il tempo di prepararsi un discorso, dall’altra aveva voglia e bisogno di vederla. Ciò che gli aveva fatto capire quella piccola flower-girl era troppo grosso per tenerselo dentro anche solo un minuto di più.

Ryo si sedette al tavolo, con l’intenzione di mangiare qualcosa, ma quello che vide gli fece passare di colpo il già scarso appetito: sotto il piatto c’era un foglio e la calligrafia era quella di Kaori. Lo prese con mano leggermente tremante e iniziò a leggere…

 

Ciao Ryo,

non so quando leggerai questo biglietto... forse stasera, forse domani, forse chissà quando. Però te lo scrivo lo stesso, nella speranza che tu capisca quello che ho fatto e perché.

Sai, quando penso al passato, ai giorni passati con te mi sento felice, perché ho avuto la fortuna di poterti avere nella mia vita. Tu mi hai fatto capire come ci si sente ad avere il cielo alla propria portata e io sono stata incredibilmente felice con te... oh, Ryo, ti devo così tanto! Io ho sempre visto in te la mia luce e la mia forza e voglio ringraziarti per tutte le volte in cui ci sei stato quando ho avuto bisogno di te. Lo so che non sono mai stata una buona partner, anzi, ma ho sempre creduto di poter migliorare, di poter arrivare ad essere alla tua altezza. Ma il tuo comportamento di oggi mi ha fatto capire, che questo è impossibile e perciò è meglio che mi faccia da parte. Sarei solo un peso per te se restassi, lo so.

Non cercarmi, ti prego, è giusto che ognuno vada per la sua strada; e tu sarai di certo più felice senza di me.

Prima di salutarti, però, voglio che tu sappia che ci sarà sempre un posto per te nel mio cuore: per tutta la vita voglio portare con me il tuo ricordo. E ovunque sarò, lì ci sarai anche tu. 1

Ti amo

Kaori

 

Ryo era senza parole: Kaori, la sua Kaori, se n’era andata. Per sempre. Non voleva che lui la cercasse, voleva tagliare i ponti con quella vita, con quella realtà, con lui.

Lo sweeper non riusciva a crederci, tutto quello che era in grado di fare era restare immobile con quel foglietto tra le mani, rileggendo in continuazione quella ventina scarsa di righe che erano tutto ciò che gli era rimasto della donna che aveva capito di amare meno di un’ora prima.

Tu sarai di certo più felice senza di me ogni parola, ogni lettera di quella frase era una pugnalata in pieno petto. Davvero lei credeva che non gli importasse averla nella sua vita?!

“Beh, certo, dopo quello che gli ho detto oggi… Saeba sei veramente uno stupido” Ryo posò il biglietto e si prese la testa fra le mani, tirando un profondo sospiro.

Le lacrime gli pungevano gli occhi e una gli sfuggì sulla guancia. Non tentò nemmeno di fermarla, non gli importava, riusciva solo a pensare a Kaori e al vuoto che aveva dentro e che sembrava gli stesse risucchiando l’anima.

Tirò un pugno sul tavolo, facendo ribaltare la ciotola di riso. “Maledizione Kaori! Perché?!” urlò lo sweeper.

Ma il silenzio non gli rispose.

 

***

 

Nel frattempo, Kaori era salita sul primo treno che portava fuori Shinjuku. Si era accordata con Miki per telefono e l’amica le aveva assicurato l’avrebbe ospitata per tutto il tempo necessario nel vecchio rifugio di Falco alla periferia della città: almeno forse Ryo ci avrebbe messo un po’ più di dieci minuti a trovarla.

A quell’ora della sera, le carrozze erano piene di pendolari che rientravano dal lavoro. Le facce stanche e silenziose della gente, unite al buio circostante, rendevano l’atmosfera soffocante.

Seduta sopra la sua valigia, proprio accanto alla porta, le mani infilate nelle tasche del piumino, Kaori si guardava attorno, cercando di non pensare a nulla.

Di fronte a lei, in piedi, stava una bella ragazza, piuttosto piccola di statura, con un’enorme borsone; sembrava assorta nei suoi pensieri ma, quando il treno si fermò e si aprirono le porte, Kaori vide il suo viso distendersi in un dolce sorriso.

«Che bel sorriso… chissà per chi è…» pensò la sweeper. Si voltò verso la porta, con un pizzico di curiosità, e si accorse che la giovane stava sorridendo ad un’altra ragazza, alta all’incirca come lei, con una massa di riccioli biondi e grandi occhi azzurri. Le due amiche si scambiarono un veloce bacio sulla guancia e subito iniziarono a parlare fitto, senza mai perdere la loro espressione solare.

Osservandole, Kaori si stupì di sentirsi un pochino meno triste, anche se, appena alla sua mente si riaffacciava il nome di Ryo, il suo cuore perdeva un battito e dentro di lei si allargava un lago di tristezza.

Dopo circa mezz’ora, la sweeper scese dal treno, in una stazione piccola e abbastanza squallida; aveva cominciato a piovere e i fari delle macchine che passavano veloci sul cavalcavia soprastante, specchiandosi sulla banchina bagnata creavano riflessi inquietanti.

Le luci del treno si erano già perse nel buio e per un attimo la donna si sentì smarrita, finché non udì la voce di Miki che la chiamava.

Kaori attraversò velocemente i binari, raggiungendola. L’ex mercenaria aveva l’aria preoccupata, si capiva che voleva sapere qualcosa di più; tuttavia non fece domande, limitandosi a farle forza con un caldo sorriso.

Le due donne si diressero subito verso la macchina e, per un momento, nessuno parlò. Ad un certo punto, Miki ruppe il silenzio. “Kaori, forse ti sembrerà una domanda stupida, ma… come stai?”

L’altra sorrise amaramente. “Sì, è una domanda stupida, visto che sai perfettamente com’è andata oggi al bar. Però è anche vero che pur avendo già litigato un’infinità di volte in questi anni, alla fine non era mai successo che arrivassi a questo punto, quindi hai tutto il diritto di chiedermelo…” la sweeper parlava a macchinetta, quasi senza prendere fiato “E poi, immagino che anche per te non debba essere semplice: dopotutto al telefono non ti ho detto niente e mi sono praticamente auto-invitata a casa tua…” Miki agitò una mano con noncuranza, ad indicare che l’amica non doveva preoccuparsi; Kaori fece un respiro profondo e proseguì: “Comunque non so dirti come sto. Mi sembra di galleggiare nel vuoto, non riesco ancora a credere a quello che è successo e a quello che ho fatto” La voce si era fatta sempre più flebile, diventando quasi un sussurro.

“Ma sei davvero convinta di volerlo lasciare per sempre?”

“All’inizio non volevo… pensavo che fosse un episodio come gli altri, che sarei riuscita a passarci sopra, però poi…”

“Poi cosa?” domandò Miki, dolcemente.

“Poi ho capito che è meglio per tutti e due se me ne vado. Dai, Miki, l’hai sentito anche tu quello che mi ha detto! E io… non ce la faccio a continuare così…” Un singhiozzo la interruppe e gli occhi già gonfi tornarono a riempirsi di lacrime.

Miki scosse la testa e preferì non dire nulla, concentrandosi sulla guida.

Dopo una decina di minuti, arrivarono al rifugio di Falco, un vecchio magazzino appena fuori il porto2. “Eccoci qua, Kaori… non so in che condizioni sia l’appartamento, anche perché è un pezzo che non ci veniamo. Mi spiace ma più di questo non posso offrirti”

La ragazza sorrise, cercando di farsi forza. “Ma figurati Miki! Anzi, dispiace a me disturbarti… sarei andata anche in albergo, ma come sai non ho un soldo”

“Ehi! Non ti devi preoccupare! L’unica cosa è che non so quanto tempo riuscirai a stare nascosta qui… ricordati che sulle tue tracce c’è Ryo Saeba!” concluse Miki con una risatina.

Ma l’altra non ricambiò il sorriso, anzi si incupì. “No, non verrà a cercarmi… gliel’ho detto io di non farlo, nel caso gli passasse per la testa. Miki, tra noi è tutto finito, se c’è mai stato qualcosa… non sono più la partner di City Hunter”

Miki rimase interdetta. “Kaori vieni qua…” disse, abbracciando stretta l’amica. Poi, dopo una breve pausa, riprese: “Ascolta, non so quanto possa contare per te, ma io sono convinta che lui non pensava realmente quello che ti ha detto. L’ho visto dopo che sei scappata dal Cat’s Eye e ti assicuro che non mi dimenticherò mai quella scena: Ryo sembrava un altro uomo! I suoi occhi…”

La sweeper si sciolse dall’abbraccio e fece tacere l’altra posandole un dito sulle labbra. “Miki, non è solo questione di cosa è successo oggi. È che onestamente non ce la faccio più… ho bisogno di staccare la spina, di capire se davvero vale la pena continuare a vivere così. Io sono innamorata di lui, ma andando avanti di questo passo non riusciremo mai a essere felici entrambi. E io voglio prima di tutto la felicità di Ryo, anche se questo vuol dire allontanarmi da lui. In fondo fa lo stesso, in fondo quello che voglio è che lui sia contento, vederlo sorridere e niente di più3… capisci?”

Miki sorrise. “Kaori sei incredibile…” sospirò “Non so davvero cosa dirti, se non che spero si sistemi tutto al più presto”

Questa volta Kaori rispose al sorriso. “Grazie Miki, sei dolcissima. Adesso promettimi una cosa, promettimi che non dirai niente a Ryo, ti prego”

“Stai tranquilla, da me non saprà niente. Adesso scusami ma devo andare, Falco mi aspetta a casa. Verrò domani a trovarti, ok?”

“Ok, ti aspetto e grazie ancora di tutto”

L’ex mercenaria sorrise e si diresse alla porta; ma prima che uscisse si sentì chiamare. “Miki… ti voglio bene”

“Anch’io Kaori” le rispose commossa, prima di andarsene.

Rimasta sola, Kaori si lasciò cadere su una sedia. “Se ci ripenso… mi sembra tutto così assurdo…” le lacrime ripresero a pungerle gli occhi e lei le lasciò scorrere, la testa poggiata sul tavolo. “Ryo… perché?”

 

La mattina dopo, Kaori si svegliò molto tardi. La notte l’aveva trascorsa rigirandosi tra le lenzuola di quel letto troppo grande per lei, a ripensare a quanto era successo. Quando ormai era l’alba, finalmente era riuscita ad addormentarsi, non prima però di aver preso una decisione sul dafarsi.

Venne svegliata dal profumo del mare e dalle grida dei gabbiani e in un primo momento non riuscì a rendersi conto di dove fosse. Poi lentamente ricostruì gli avvenimenti delle 24 ore precedenti e venne assalita da una crisi di pianto.

Ma riuscì a dominarsi. “No! Non devo piangere. Devo essere forte. Ryo non vorrebbe una partner debole che si lascia abbattere dalla prima difficoltà… Forza Kaori, adesso alzati e vai incontro a quello che ti aspetta”

Quella notte, infatti, la donna aveva deciso che prima di tornare da Ryo avrebbe imparato, con le sue sole forze, ad essere una degna compagna. Voleva diventare forte, soprattutto di spirito, imparare a maneggiare le armi e a difendersi da sola.

Ma voleva anche rifarsi una vita senza Saeba, perché, lucidamente, si era resa conto che non era affatto sicuro che Ryo l’avrebbe ripresa con lui.

«E allora dovrò cercarmi un lavoro e una casa, in modo da poter andare avanti anche da sola» si era imposta. E solo dopo aver preso quella decisione la notte precedente era riuscita ad addormentarsi.

Si vestì in fretta e decise di andare subito in centro a cercare un posto di lavoro. Pioveva ancora e il cielo era plumbeo. “Beh, come prima giornata per la nuova Kaori non è proprio il massimo…” si disse, mentre aspettava il treno nella piccola stazione della sera prima.

Salita sul treno, Kaori si guardò attorno: la carrozza era praticamente vuota ad eccezione di due ragazze… le stesse della sera precedente! Stavolta erano sedute, una di fronte all’altra, e avevano degli zaini: probabilmente erano studentesse universitarie e stavano andando a lezione, concluse la sweeper.

Decise di sedersi vicino a loro e prese ad osservarle discretamente; quelle due ragazze la incuriosivano molto, ma soprattutto le piaceva il loro sorriso e la loro contagiosa voglia di vivere. La biondina quel giorno aveva le palpebre appena velate da un ombretto azzurro, in tono con il maglioncino che indossava, e stava raccontando all’amica di un ragazzo, cui si capiva teneva molto, che aveva visto la sera prima. Anche se l’incontro non era andato bene, Kaori notò che comunque non perdeva mai il sorriso: la invidiò molto, ma si ripromise di imparare anche lei a sorridere in ogni momento.

La sua amica, invece, la ascoltava attenta, giocherellando con una ciocca di capelli castani; anche lei aveva gli occhi chiari, leggermente truccati di nero, ma il suo viso era illuminato soprattutto dai lunghi orecchini che luccicavano ad ogni movimento. Anche lei era vestita in modo molto semplice, praticamente identico all’altra, con la differenza che, al posto delle scarpe da tennis, sotto i jeans portava un paio di stivali con un piccolo tacco.

Scesero alla fermata vicino al polo universitario e dal finestrino Kaori le vide dirigersi, sempre sorridenti, verso il bar della stazione. Stupidamente si augurò di poterle incontrare ancora.

Dopo un po’, il treno giunse alla stazione di Shinjuku; la sweeper scese e si ritrovò immersa nella folla che sciamava ovunque. Resistendo alla tentazione di andare a controllare il tabellone degli annunci, puntò diretta verso il centro dove si trovava il maggior numero di negozi, sperando di vederne uno in cui cercassero una commessa o una cameriera.

Provò inutilmente in una ventina abbondante di posti e alla fine, stanca e un po’ delusa, entrò in un bar per mangiare qualcosa. Appena varcata la soglia, andò a scontrarsi in pieno con una donna molto elegante che stava uscendo in quel momento, intenta a parlare al cellulare e a consultare un’agendina.

“Ehi! Che modi sono!” disse Kaori “Perché non guarda dove mette i piedi?!”

“Ma non vede che sono impegnata?!” ribatté l’altra piccata, alzando gli occhi verso la sweeper.

Seguì un istante di silenzio. “Kaori!” “Eriko!”

“Kaori, amica mia! Vieni qui, fatti abbracciare!” esclamò la stilista chiudendo immediatamente il telefonino e buttando a terra borsetta e agenda “Che bello vederti!”

“Non mi aspettavo proprio di trovarti qui… come stai?” domandò la sweeper con studiata naturalezza, sperando che l’amica non notasse gli occhi ancora segnati dal pianto.

Ma Eriko, da buona stilista, era anche un’ottima osservatrice, e si accorse subito che Kaori le stava nascondendo qualcosa. “Io bene, ma non mi sembra che si possa dire lo stesso di te… vieni, andiamo a sederci che ti offro un caffè e facciamo due chiacchiere, ti va?” Più che una domanda, quella della donna suonava come un ordine e la sweeper si trovò costretta ad accettare.

Si sedettero davanti ad un cappuccino e in breve Kaori riassunse la situazione. “…e questo è quanto. Così adesso stavo cercando un lavoro e una casa per provare a ricominciare da capo, anche se so che sarà difficile”

Eriko, che per tutto il tempo l’aveva ascoltata in silenzio, trasse un sospiro e posò una mano sopra quella dell’amica. “Mi dispiace tantissimo Kaori… non sai quanto. Però ho notato una cosa…” fece una pausa e sorrise “non hai pianto raccontandomi di Saeba e ti confesso che questo mi sorprende”

Kaori sorrise a sua volta e si asciugò una lacrima che le era sfuggita sulla guancia al sentire il nome del socio. “Non dire così! Vedi che poi mi fai piangere! Comunque è un impegno che ho preso con me stessa: non voglio piangere, devo imparare a cavarmela da sola, ad essere forte… anche se non è facile”

Negli occhi della stilista si accese per un attimo quella luce che li illuminava quando parlava del suo lavoro, ma svanì quasi subito, per lasciar posto ad un sorriso. “Senti, se vuoi io posso darti una mano” esclamò poi “Vieni a lavorare con me. Abbiamo giusto bisogno di una modella per le campagne pubblicitarie sui giornali e poi potresti anche farmi da guardia del corpo… non che ne abbia bisogno, però non si sa mai… ti va?”

La sweeper spalancò gli occhi per la sorpresa e si indicò col dito. “Io?! Stai chiedendo a ME di fare la fotomodella?! Sei sicura?”

“Ma certo!” rispose entusiasta l’altra “Hai già fatto la modella per me una volta e ti assicuro che eri stata fantastica… ti prego Kaori, dì di sì!” Di nuovo l’Eriko per-me-conta-solo-il-lavoro prese per un attimo il sopravvento sull’amica preoccupata. “Ti prego… sono sicura che avresti un successo favoloso!”

“Beh… è che…” Kaori agitava una mano nell’aria, indecisa, guardandosi attorno.

“Che…?” la incoraggiò la stilista, allungandosi verso di lei.

Alla fine la sweeper fissò gli occhi sull’amica “Ok, ci sto. Però non ti garantisco niente…”

“Evviva! Kaori non sai come sono contenta!” Eriko batté le mani elettrizzata “Ti procurerò io un appartamento vicino agli studi dove si fanno le foto, così non dovrai fare tanta strada. Adesso vieni con me in ufficio che firmiamo il contratto, ok?”

Kaori annuì e subito la stilista la prese per un braccio, trascinandola fuori, sempre continuando a straparlare di quanto fosse contenta e di che grandissima fortuna era per la sua casa di moda aver trovato una modella stupenda come Kaori. Oh, ma naturalmente anche per Kaori era una grandissima fortuna averla incontrata e poi…

Ma la sweeper già da un pezzo non la ascoltava più. Era persa nei suoi pensieri, ancora incredula per quanto le era successo. Se solo Ryo… No, non ci doveva pensare o sarebbe ricaduta di nuovo nel solito errore.

 

***

 

La mattina dopo, Ryo si svegliò (o meglio, si alzò dal letto, visto che non aveva chiuso occhio tutta notte) molto presto. Erano due giorni, dalla sera in cui aveva trovato il biglietto di Kaori, che non mangiava e non dormiva, ma non gli importava.

 

This Romeo is bleeding
But you can't see his blood

 

Aveva sofferto molto nella sua vita, ma quello che stava provando in quel momento gli sembrava infinitamente più grande… non aveva ferite fisiche, non era la prima volta che gli capitava di doversi separare da persone care e di rimanere solo, eppure stava male da morire.

 

It's nothing but some feelings
That this old dog kicked up

 

In fondo, non era successo niente di irreparabile, no? No, a voler essere cinici no.

In fondo, Kaori mica era morta, solo si era allontanata da un mondo dal quale (a dirla tutta) lui stesso più volte aveva fatto di tutto per allontanarla…

E poi, lui aveva vissuto fino a due giorni prima senza neanche rendersi conto di provare un tale sentimento per quella donna. E allora perché gli faceva così male pensare a ciò che la vita gli aveva fatto? A ciò che LUI aveva fatto?

La vita –LUI- aveva semplicemente reciso un legame che era tutto e il contrario di tutto, un legame che, in teoria, non aveva neanche ragione d’esistere. Lei era la sorella di un poliziotto, cresciuta in una famiglia perbene, con una vita normale. Lui era un uomo senza identità, senza passato, che faceva un lavoro sporco, al di là dalla legge. Non avevano senso insieme. Era più giusto che lei, angelo puro e innocente qual era, tornasse in quel mondo pulito che aveva lasciato, sette anni prima, per scendere nell’inferno di Ryo Saeba…

 

It's been raining since you left me
Now I'm drowning in the flood

You see I've always been a fighter
But without you I give up

 

Ryo guardò fuori dalla finestra. Le nuvole sopra Tokyo, grigie e pesanti, rovesciavano sulla città una pioggia fitta ormai da quasi due giorni.

Le goccioline d’acqua disegnavano arabeschi volatili sul vetro freddo mentre anche la grande metropoli sembrava tacere davanti alle gelide lacrime del cielo plumbeo.

Lo sweeper salì in terrazza e rimase immobile sotto il diluvio, quasi sperasse che l’acqua potesse lavar via almeno un poco della tristezza che si portava dentro.

Ripensò a com’era la sua vita prima di incontrare i fratelli Makimura e si rese conto di quanto profondamente l’avessero cambiato. In una cosa però, Ryo si rese conto di essere rimasto lo stesso da sempre: lui era uno che non si arrendeva mai, neanche nelle situazioni più disperate. La guerra gli aveva tristemente insegnato che chi si ferma è perduto e che se si vuol sopravvivere si deve imparare a lottare anche e soprattutto contro sé stessi. Non gli piacevano le persone che stavano lì a piangersi addosso e a compatirsi invece di agire…

Eppure lui in quel momento stava facendo esattamente quello. Stava immobile, con il cielo che piangeva per lui, a pensare a Kaori, a quanto gli mancasse e quanto era stato stupido, invece di andare a cercarla per riportarla a casa.

“Saeba sei veramente un imbecille di prima categoria…” si disse, attonito.

 

Well there ain't no luck in these loaded dice
But baby if you give me just one more try
We can pack up our old dreams and our old lives
We'll find a place where the sun still shines
4

 

Rientrò in casa in tutta fretta, si cambiò e subito uscì di nuovo per mettersi alla ricerca della sua Kaori.

Aveva buttato via una fortuna giocando con dadi truccati, nascondendosi dietro a sentimenti falsati, ma non aveva intenzione di rifare lo stesso errore: voleva trovare Kaori e dirle finalmente la verità, per poi mettersi alle spalle la loro vecchia vita e ricominciare tutto da capo. Lo voleva fortissimamente. Ed era sicuro che ci sarebbe riuscito.

 


 

1 Una parte del biglietto di Kaori è una traduzione (abbastanza libera) della canzone di Faith Hill “There you’ll be”. Per la versione originale e la traduzione completa rimando al testo che inserirò una volta finita la FF.

2 Licenza poetica grande come una casa… però mi piaceva l’idea e l’ho inserita! ^_^

3 Rielaborazione di “Niente di più” dei Lunapop

4 La canzone è “Always” dei Bon Jovi

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo IV ***


All about lovin’ you

All about lovin’ you

 

Disclaimer: I personaggi di City Hunter sono di proprietà di Tsukasa Hojo e degli aventi diritto.

Gli altri personaggi sono di proprietà dell’autrice.

La canzone “All about loving you” è dei Bon Jovi. Tutte le altre canzoni citate sono di proprietà dei rispettivi autori.

 

Aprile 2005

…ce l’ho fatta! Ho aggiornato! Chiedo umilmente scusa a tutti per i tempi veramente biblici dell’update ma in questo periodo ho veramente avuto tantissimo da fare! Comunque adesso mi sono messa sotto per recuperare il tempo perso e infatti sto lavorando già sul capitolo successivo che spero di riuscire a concludere a brevissimo.

Come sempre grazie a Esus per le correzioni e i consigli e a voi che continuate a seguire la mia fic. In particolare grazie a Sheryl, Viola, Rosi-chan, Dafne, Eva e Moka per le recensioni; spero apprezzerete anche il seguito… aspetto i vostri commenti!

Ora vi lascio alla lettura. Enjoy!

Mistral

 

***

 

Capitolo IV

Subito dopo aver firmato il contratto, la stilista accompagnò Kaori alla sua nuova casa. Era una palazzina, situata in una via tranquilla ma elegante, sopra dei negozi, con tre appartamenti identici, di cui la sweeper avrebbe occupato quello centrale.

L’appartamento di Kaori era relativamente piccolo, costituito da un soggiorno ampio e luminoso, con un angolo cucina più una camera da letto, ma alla ragazza piaceva molto. Era già arredato, cosa che non l’avrebbe costretta a fare i salti mortali per recuperare i suoi mobili senza rischiare di incrociare il suo ormai ex socio.

“Ecco Kaori… questa sarà la tua nuova casa” disse Eriko sorridente, dopo aver finito di mostrarle la stanza da bagno, fornita di tutte le comodità. “Qui prima ci abitavo io, ma poi ho dovuto trasferirmi perché il mio ufficio era troppo lontano. Spero ti piaccia”

Eriko è… fantastica” balbettò la sweeper, continuando ad ammirare le finiture veramente pregevoli dell’appartamento “Davvero, non ho parole”

“Sono proprio contenta di sentirtelo dire, sai?” sorrise la stilista “Ah, c’è un’altra cosa… ”

“Dimmi pure” disse Kaori, andando a sedersi accanto all’amica, sul morbido divano blu.

“Ti farò avere al più presto diciamo… un paio di armadi di vestiti, adatti un po’ per tutte le occasioni. Non che non mi piaccia come ti vesti, intendiamoci, anzi, hai molto più gusto della maggior parte della gente che gira in questa città, eh… però comunque…” Eriko ormai era partita per la tangente, in testa aveva solo il suo lavoro e andava avanti a parlare, incurante della faccia incredula di Kaori che non sapeva veramente che farsene di due armadi interi di abiti.

Dieci minuti dopo, Eriko si interruppe, perché si accorse che a fianco a lei sul divano non c’era più nessuno: Kaori infatti già da un pezzo aveva rinunciato a interrompere lo sproloquio dell’amica e si era dedicata a osservare i graziosi soprammobili; in quel momento, in particolare, stava facendo brillare nel timido sole che era spuntato tra le nubi, un piccolo orsacchiotto Swarowski.

Non sentendo più la voce dell’amica in sottofondo, la sweeper depose l’oggettino e si voltò verso di lei. “Scusa, Eriko, dicevi?”

La stilista rimase un po’ interdetta. “Ma non mi hai ascoltato?!” sospirò “Vabbè, non importa, ti stavo solo elencando tutti i progetti a cui vorrei farti partecipare. Soprattutto mi piacerebbe che tu mi facessi da testimonial per lanciare…”

Eriko, ti prego! Me lo spiegherai a tempo debito!” la supplicò Kaori “Dimmi solo cosa devo fare domani”

“Domani, eh? Allora…” la stilista si alzò e andò a frugare nella borsa alla ricerca dell’agenda. “Dunque, domani iniziamo a lavorare sulla campagna per lanciare la nuova linea di scarpe estive. Devi presentarti a questo indirizzo alle 9:30… tieni, questo è il badge per entrare”

Kaori si rigirò tra le mani il tesserino magnetico e poi diede un’occhiata veloce al luogo dove avrebbe dovuto recarsi: fortunatamente era abbastanza lontano dalle zone che frequentava abitualmente Ryo… “D’accordo, 9:30 all’Hijima Palace. Sarò puntuale”

“Non ne dubito!” sorrise Eriko “Vedrai che avrai un successone… te l’assicuro!”

“Grazie Eriko” le sorrise di rimando l’altra “Non sai da che casino mi hai tolto offrendomi questo lavoro”

“Andrà tutto bene, vedrai. Anche con…”

“Non dire niente!” la sweeper alzò le mani e scosse la testa per farla tacere “Ti prego, meno ci penso e meglio è”

“Ok, allora non diciamo più niente. Dai, adesso ti devo salutare che ho un mucchio di cose da fare… manderò al più presto i fattorini con quei vestiti, va bene?”

Il viso di Kaori si deformò in una smorfia. “Va bene… ma guarda che basterebbe anche solo un armadio… no?”

“No” rispose categorica l’altra “Due ho detto e due saranno. Non si discute! Ciao Kaori, ci vediamo domani!” concluse, uscendo e chiudendosi la porta alle spalle.

Appena Eriko fu scomparsa, la sweeper trasse un sospiro e si lasciò cadere sul divano. “Non cambierà mai… ma è stata veramente un tesoro, quindi diamole questa soddisfazione…!”

E, sempre domandandosi cosa mai ne avrebbe fatto di due armadi pieni di abiti, si accinse a chiamare Miki per raccontarle le ultime notizie.

 

***

 

Più o meno negli stessi minuti, Ryo stava rientrando nell’appartamento (ormai, senza la presenza di Kaori, non se la sentiva più di definirlo «casa») dopo una notte passata a contattare tutti i suoi migliori informatori – Umibozu compreso.

E in quel momento era al telefono proprio con lui, per farsi riferire le ultime novità. “Cosa cazzo significa che non hai trovato niente?!” gridò nel cellulare “Non è possibile che sia sparita! Accidenti a te!, grande e grosso come sei non sei neanche in grado di trovare una donna!” E chiuse la comunicazione.

Nervoso fino all’inverosimile, lo sweeper sbatté la porta e si buttò sul divano. “Kaori, dove cavolo ti sei andata a cacciare?! Sei stata solo una stupida a scappare così…” Man mano che parlava, la voce si stemperò sempre di più nell’amarezza, fino a spegnersi in un sussurro.

Con gesti stanchi, si accese una sigaretta e tirò una profonda boccata, cercando inutilmente di calmarsi. Si rese conto che non avrebbe ottenuto nulla finché non fosse riuscito a riconquistare il sangue freddo e la lucidità che l’avevano sempre aiutato.

Provò a recuperare un po’ di tranquillità nel ricordo del volto sorridente di Kaori, ripercorrendo i ricordi di tutti gli anni passati assieme…

 

Eccoti, come un uragano di vita

E sei qui, non so come tu sia riuscita

A prendermi, dal mio sonno scuotermi

E riattivarmi il cuore…

 

Quanto l’aveva cambiato il suo piccolo Sugar Boy! Quando si erano conosciuti lui era soltanto un killer spietato e nulla più, viveva da solo come un cane e neanche il sodalizio con Makimura era riuscito a farlo uscire dal suo isolamento.

C’era riuscita solo lei, con tantissima pazienza e un amore infinito che lui aveva deriso e mortificato chissà quante volte. Eppure lei era rimasta lì, accanto a lui, per sette lunghi anni… finché lui non aveva detto una parola di troppo, la più crudele delle sue bugie, le aveva detto di considerarla INUTILE…! Ryo ancora non si capacitava di quel che era successo, desiderava solo cancellare tutto e ricominciare da capo.

Scosse la cenere della sigaretta nel posacenere sul tavolinetto di fronte a lui e trasse un profondo sospiro.

Facendo scorrere gli occhi tra i mobili del salotto, altre immagini riemersero dai suoi ricordi…

 

Eccoti, anche ora che non sei in casa

E sei qui, mi parla di te ogni cosa

Gli oggetti sembrano trasmettermi

L’amore nello sceglierli…  1

 

Già, i mobili… quante volte il loro salotto era andato distrutto per i più svariati motivi! Una bomba, un «saluto» un po’ troppo caloroso, una litigata, un aereo precipitato dentro casa, addirittura. E tutte le volte, con inesauribile pazienza (quasi quanta ne metteva per sopportarlo), Kaori aveva ricomprato tutta la mobilia, i soprammobili, i quadri… tutto. E ogni volta sceglieva l’arredamento con la stessa cura e lo stesso amore della prima.

Guardando quei divani, quel tavolinetto, quell’armadio Ryo ripercorse la loro storia, storia di spettatori silenziosi di una vita a due fatta di litigi e riappacificazioni, di lunghe attese notturne e levatacce mattutine… quante cose avevano visto e sentito! Eh sì, perché la loro vita a volte era veramente assurda, tanto che a stento loro stessi riuscivano a capirla.

Un sorriso increspò le labbra dello sweeper, mentre la sigaretta lentamente si spegneva tra le sue dita. “Sai mio piccolo Sugar Boy, la nostra è davvero la storia più incredibile che conosco!”

Si alzò e si diresse lentamente verso la cucina. Ormai il momento di crisi era passato e, dopo un buon caffé (sempre che fosse riuscito a preparare qualcosa degno di questo nome!), Saeba si sentiva pronto a buttarsi di nuovo alla ricerca della socia.

“Prima però devo scusarmi con Umi; avrò bisogno anche di lui per trovare Kaori, nonostante certe volte sia terribilmente irritante…”

Al Cat’s Eye, Falco starnutì.

 

***

 

La mattina dopo, Kaori si svegliò un po’ più rilassata del giorno prima. Aprì gli occhi, solleticata dal sole che filtrava dalle veneziane abbassate, dette una veloce occhiata all’orologio e si tirò a sedere. Per un attimo si sentì di nuovo smarrita, come era accaduto la mattina precedente, e allo stesso modo, quando riprese il contatto con la realtà, ebbe un momento di sconforto.

“Dai Kaori, forza! Oggi è il tuo primo giorno di lavoro, c’è il sole e sembra una bellissima giornata… vedi di darti da fare!” si auto-incoraggiò, rotolando giù dall’enorme letto a due piazze e dirigendosi verso il bagno.

Ne riemerse un quarto d’ora dopo, avvolta in un accappatoio fresco di bucato, e si piazzò davanti allo smisurato armadio. “E adesso la cosa più difficile… che cavolo mi metto?” si domandò, aprendo le ante. “Dunque… questo no, questo neanche, questo non se ne parla manco morta… e che cacchio! Ma Eriko non poteva darmi dei vestiti NORMALI?! Se mi mettessi una cosa di queste e mi vedesse…” Non riuscì a finire il pensiero: le faceva troppo male. Decise di dimenticarsene e si ributtò a capofitto nella difficile scelta, entrando quasi dentro l’armadio.

Alla fine optò per un paio di jeans, un maglioncino beige, giacchino di pelle marrone scuro e stivali col tacco basso in tinta; non troppo elegante ma nemmeno troppo sportivo, sì decisamente la scelta migliore. Rigirandosi davanti allo specchio, si stupì di sé stessa: quasi non si riconosceva… sorrise pensando a ciò che le aveva detto Eriko, che lei aveva buon gusto nel vestire. “Beh, avendo a disposizione abiti del genere chiunque riuscirebbe a vestirsi bene!”

Soddisfatta, afferrò la borsetta e uscì di casa.

 

Giunta di fronte all’Hijima Palace, un grattacielo modernissimo situato nel quartiere Shibuya[2], rimase un attimo smarrita davanti al grande portone di vetro, osservando la miscellanea di gente che si affrettava per la strada; c’era la signora intenta a fare shopping con le amiche, il manager in carriera, degli anziani con il giornale, una scolaresca in visita… e due ragazze in tenuta sportiva coi pattini ai piedi, dirette verso il parco lì di fronte. Nel riconoscerle, Kaori sorrise. «Certo che il mondo è proprio piccolo…»

Inspiegabilmente più rilassata, entrò nel palazzo e venne indirizzata immediatamente verso i piani alti, dove, le spiegarono, c’era lo studio di posa. Una volta dentro, si trovò immersa in un turbinare di persone che si urlavano domande, risposte e ordini da una parte all’altra dell’immenso locale; la prima tentazione fu scappare via, ma, prima che potesse metterla in atto, venne letteralmente braccata da Eriko.

“Ciao Kaori! Sei puntualissima, come sempre!” esordì la stilista, che quella mattina sembrava particolarmente euforica “Bene! Non perdiamo tempo, non vedo l’ora di scattarti decine di fotografie… sono sicura che saranno stupende!”

La sweeper abbozzò un sorriso tirato: quel mondo le sembrava troppo grande e troppo vorticoso per lei. Si stava già pentendo di aver accettato…

“Vieni che ti faccio vedere le scarpe che indosserai per le pose” continuava Eriko “Oh, non sono neanche tante, solo una cinquantina… dovremmo finire in capo a un paio d’ore, tu che dici?” L’altra aprì la bocca, forse per protestare, ma la stilista non gliene diede il tempo “No, ma penso ci metteremo anche di meno… dopotutto tu sei talmente bella che non ci sarà nemmeno bisogno di truccarti più di tanto… Kaori, non sai come sono felice!”

Erano ormai arrivate in un angolo un po’ più appartato dello studio dove facevano bella mostra di sé innumerevoli paia di scarpe di tutte le fogge. Eriko continuava a parlare ma ad un certo punto, non ricevendo risposta, si interruppe. “Kaori? Che c’è? Perché non dici niente?”

La sweeper sembrò ritornare sulla terra e, resasi conto che l’amica le stava parlando, agitò le mani, imbarazzata. “Eh? No, Eriko, tranquilla, non c’è niente! Solo che tutto questo è un po’ strano per me…”

Eriko sembrò capire cosa la preoccupava, perché si fermò e le sorrise, incoraggiante. “Stai tranquilla, ok? Capisco che possa essere difficile all’inizio, lo è per tutti. Ancora di più per te che già sei timida di natura. Però devi credermi, andrà tutto bene”

Kaori trasse un sospiro e sembrò rilassarsi, poi rispose al sorriso. “Ok, ci proverò”

“Bene, allora iniziamo. Dunque, scegli un completo con il suo paio di scarpe e poi vai là nel camerino a cambiarti” le disse, indicandole un appendiabiti stracolmo “e appena Takehito sarà pronto cominciamo”

La ragazza fece cenno di sì con la testa poi prese i primi abiti a portata di mano e si chiuse nel camerino. Ne riemerse poco dopo con indosso una minigonna bianca e un top azzurro che si chiudeva sulla schiena con una ragnatela di laccetti, coordinato a un paio di sabot a punta dal tacco vertiginoso. Era oltremodo imbarazzata. “Ehm… Eriko… mi sento terribilmente ridicola”

La sitilista, come la vide, lanciò un gridolino eccitato. “Kaori sei bellissima!” esclamò, correndole incontro. Poi iniziò a battere le mani come una scalmanata e a saltellare per tutto lo studio delirando qualcosa a proposito di quanto fosse felice e di che enorme successo avrebbe avuto la sua amica.

Kaori, dal canto suo, si passò una mano sulla faccia con aria affranta e trasse un profondo sospiro. “E’ irrecuperabile…” Si diede un’occhiata intorno e notò il fotografo e i suoi assistenti alle prese con un pezzo di scenografia che non voleva saperne di stare in piedi; comprese allora che non si sarebbe iniziato molto presto. Decise quindi di togliersi dai piedi per un po’ e, buttandosi sulle spalle una giacca, si diresse verso il set a fianco che raffigurava un prato con un altalena appesa ad un albero. Un riflettore che faceva un pochino di caldo era puntato proprio sull’altalena e la ragazza ne approfittò per scaldarsi; si sedette e iniziò a dondolarsi pigramente. Da bambina aveva sempre amato le altalene e, anche da adolescente, era capace di passare pomeriggi interi in giardino a pensare, cullata da quel movimento regolare.

Nel momento in cui si immergeva nei suoi pensieri, era come se Kaori si isolasse dal mondo, tanto da non sentire neanche Eriko che la chiamava per cominciare le pose.

Quando però la stilista la vide dondolare sull’altalena, le gambe raccolte e la testa rovesciata all’indietro a seguire delle immaginarie nuvole, si bloccò e rimase incantata ad osservarla: da lei si sprigionava un tale senso di pace e di bellezza che voleva a tutti i costi catturare in una fotografia. Chiamò il fotografo, il quale fece della ragazza sull’altalena l’unica e vincente immagine della campagna pubblicitaria di quell’estate.

 

***

 

All’incirca due settimane dopo, Ryo si trovava nell’affollata piazza antistante la stazione di Shinjuku; aspettava Umi con gli ultimi aggiornamenti sulle ricerche di Kaori. La rabbia mista a disperazione dei primi giorni aveva lentamente lasciato il posto ad un malinconia profonda che lo stava sprofondando nell’apatia. Però non si voleva arrendere. Sapeva di aver sbagliato e di non poter rimediare prima di aver ritrovato la socia e voleva sfruttare quel periodo anche per far chiarezza in sé stesso.

Quella mattina, mentre aspettava l’amico sorseggiando un caffè in un bicchiere di carta (ci aveva quasi rinunciato a farselo da solo), osservava l’operaio arrampicato sull’edificio della stazione, intento a sistemare l’enorme cartellone pubblicitario girevole: un’ultima vite e avrebbe finito. Quando l’operaio scese con il montacarichi, avviò il meccanismo e il cartellone cominciò a mostrare a tutta Tokyo una bellissima immagine del Monte Fuji. Era la pubblicità di un’agenzia di viaggi che proponeva escursioni guidate. Lo sweeper lo degnò appena di un’occhiata distratta e tornò a concentrarsi sul caffè; lo avrebbe guardato di nuovo circa un minuto dopo, quando tutti gli elementi del cartellone, girando in sequenza da destra verso sinistra, avrebbero formato l’altra immagine, magari quella di una bella ragazza in topless. “E anche se fosse?” sorrise tra sé Saeba “Me ne fregherebbe qualcosa? …no, non credo…”

Tuttavia, quando vide con la coda dell’occhio che i primi listelli avevano iniziato a ruotare, per pura curiosità alzò lo sguardo e osservò il formarsi di una scritta rossa su fondo bianco: Eri Kitara Summer ShoesCollection. Quel nome gli ricordava qualcosa. “Ma quella lì non è mica… certo! La compagna di classe rompiscatole di…” si incupì pensando alla socia e scosse la testa, come per cancellarla dalla sua mente.

Nel frattempo il cartellone aveva completato la sua metamorfosi e ora mostrava una ragazza in altalena che esibiva un paio di sandali celesti con 10cm buoni di tacco. Ma Ryo non li notò nemmeno, ipnotizzato com’era dalle chilometriche gambe della giovane donna; non riusciva a capire perché, ma era convinto di conoscere bene quella ragazza… risalì il suo corpo con lo sguardo, ma dovette fermarsi alla linea decisa del mento: la modella aveva la testa riversa all’indietro e il volto non si vedeva. «Eppure io quella ragazza…»

Prima che potesse formulare un pensiero coerente, il cartellone iniziò a girare di nuovo, questa volta partendo da sinistra e cancellò lentamente l’immagine della donna sull’altalena.

Lo sweeper imprecò, ma non ebbe tempo di aspettare la nuova trasformazione perché la jeep di Falco si fermò sgommando accanto a lui. “Ryo! muoviti, salta su. Uno dei miei uomini mi ha detto che forse ha trovato una pista”

Dimenticandosi immediatamente della modella misteriosa, Saeba si infilò con un balzo accanto al collega. “Ok Umi, andiamo!”

 



1 La canzone è “Eccoti – La storia più incredibile che conosco” di Max Pezzali

[2] Il quartiere esiste davvero e, secondo le informazioni che ho, è quello in cui si concentrano le attività legate alla moda. Comunque non prendete la cosa come oro colato…

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo V ***


All about loving you

All about loving you

 

Disclaimer: I personaggi di City Hunter sono di proprietà di Tsukasa Hojo e degli aventi diritto.

Gli altri personaggi sono di proprietà dell’autrice.

La canzone “All about loving you” è dei Bon Jovi. Tutte le altre canzoni citate sono di proprietà dei rispettivi autori.

 

Maggio 2005

Questo è un capitolo abbastanza particolare, interlocutorio se vogliamo. Non so se piacerà a tutti, a me personalmente è piaciuto molto scriverlo, voi fatemi sapere cosa ne pensate!

Come sempre grazie a tutti coloro che hanno letto la mia fic e l’hanno recensita.

Grazie in particolare a Nisi, che mi ha incoraggiato a pubblicare questo capitolo.

A presto con il cap.6! Mi raccomando, non perdetevelo perché sarà molto importante!

Kisses to all!

Mistral

 

***

 

Capitolo V

Buio, intorno è tutto buio… non so dove sono… mi sembra di essere galleggiare nel niente… non c’è niente attorno a me…

Musica. Note di pianoforte. Da dove vengono?

Non abbiamo un pianoforte in casa… non c’è nessuno che lo suoni…

Mani di donna, di una donna vestita di bianco…

 

I'm so tired of being here
Suppressed by all my childish fears…

 

Una donna che canta… chi è?

Ma io questa voce la conosco… Kaori… sei tu?

Kaori… io… non sapevo che suonassi, non sapevo che cantassi… non sapevo che soffrissi…

O forse non lo volevo sapere. Te ne vuoi andare mio piccolo Sugar Boy? Perché?

 

And if you have to leave
I wish that you would just leave
'Cause your presence still lingers here
And it won't leave me alone…


È la mia presenza a farti soffrire? Sono io che ti faccio star male, Kaori?

È per questo che te ne sei andata? Avresti voluto che me ne andassi io?

Non ti capisco Sugar Boy, davvero, non riesco a capire cosa stai cercando di dirmi… parlami, Kaori, smettila di nasconderti facendo danzare le tue dita su quella tastiera e parlami…

Certo però che anch’io, cosa pretendo? Sono anni che invece di essere sincero con te mi nascondo e ora voglio che tu con me ti comporti diversamente…

Hai ragione, socia, non posso. Continua a cantare, piccola… canti bene sai?

 

These wounds won't seem to heal
This pain is just too real
There's just too much that time cannot erase…

 

Lo so, ti ho ferito, ti ho ferito chissà quante volte… scusa Kaori…

Dicono che il tempo cura tutte le ferite, ma io so che non è vero. L’ho provato sulla mia pelle. Il tempo può solo aiutarti a riporre il tuo dolore in un angolo della tua anima, ma niente potrà mai cancellare la sofferenza…

Perdonami Kaori, non avrei mai voluto, non avrei mai DOVUTO farti soffrire… tu non lo meriti…

 

When you’d cried I

Wiped away all your tears
When you’d screamed  I

Fought away all of your fears…

Tu mi sei sempre stata vicina, in ogni situazione, anche quando io facevo di tutto per allontanarti.

Ci sei stata quando il mio passato è tornato a perseguitarmi, ci sei stata quando le tante domande a cui non ho mai risposto non hanno più potuto essere ignorate, ci sei stata quando avresti potuto andare via, ci sei stata in ogni momento…

E ci sei stata anche nel momento più difficile: quando Kaibara è tornato dall’inferno per portarmi all’inferno con lui…

Tu non mi hai mai lasciato. Hai asciugato le mie lacrime mai versate e hai combattuto le mie paure mai ammesse… mi hai salvato da me stesso…

 

I held your hand through all of these years
But you still have
All of me…

Mi hai tenuto per mano e mi hai riportato alla vita donandomi la tua, senza chiedere niente in cambio e io…

Sei stata accanto a me con una dedizione infinita per tutti questi anni e io…

Perdonami Kaori!

 

I tried so hard to tell myself that you'd gone
But though you're still with me
I've been alone all along…[1]

Kaori, ti prego, non piangere…

Io non me ne sono andato… sono qui…

Non sei sola piccola!

Aspetta!

 

“Kaori!”

 

Ryo si tirò a sedere di scatto e si guardò attorno: la stanza era immersa nel buio più totale.

Non c’era nessuna donna che cantava suonando una melodia tristissima, non c’era nessun pianoforte… non c’era Kaori…

“Allora è stato tutto un sogno… eppure… così vero…”

Le immagini della socia che cantava piangendo, seduta al pianoforte erano ancora davanti ai suoi occhi, come se le stesse guardando in quel preciso istante. Era confuso: di solito non gli capitava mai di ricordare un sogno, anzi spesso si era chiesto se, oltre all’infanzia, la guerra non gli avesse rubato anche i sogni… ma soprattutto non capiva perché avesse sognato lei, perché l’avesse sognata così…

Lo sweeper strinse forte le mani, arricciando il lenzuolo, le note e le parole di quella canzone che non  conosceva ancora stampate a fuoco nella mente e la tristezza profonda che trasmettevano a trapassargli l’anima.

Buttò via le coperte di scatto e si alzò dal letto. Per quella notte non sarebbe più riuscito a prendere sonno.

 

***

 

Allora, cosa ve ne pare? Lo so, è un capitolo abbastanza strano. Però credo che la cosa si giustifichi da sola: in fondo è un sogno, e nei sogni quasi mai i pensieri seguono una sequenza logica, no? Spero mi perdonerete questa digressione onirica, anche se comunque vi preannuncio che dal prossimo capitolo torneremo nel vivo della storia!

A presto!

 



[1] La canzone è “My immortal” degli Evanescence; in particolare immaginatevi la versione con il pianoforte, quella trasmessa da MTV per intenderci. A mio parere è la migliore, mi fa commuovere ogni volta che la sento!

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Capitolo VI ***


Kaori parcheggiò la Smart all’inizio della stradina che saliva verso la chiesetta e il cimitero

All about loving you

 

Disclaimer: I personaggi di City Hunter sono di proprietà di Tsukasa Hojo e degli aventi diritto.

Gli altri personaggi sono di proprietà dell’autrice.

La canzone “All about loving you” è dei Bon Jovi. Tutte le altre canzoni citate sono di proprietà dei rispettivi autori.

 

Maggio 2005

Prima di lasciarvi al nuovo capitolo, volevo scusarmi con tutti voi per i tempi biblici degli aggiornamenti… anche a me piacerebbe riuscire a proseguire la storia più velocemente ma purtroppo tra il lavoro, l’università e tutto il resto, spesso di tempo per scrivere ne avanza ben poco. Oltretutto, considerato che sono una maledetta perfezionista e che per di più non ho ancora ben chiaro in mente che direzione deve prendere la vicenda (che peraltro ha la tendenza a svilupparsi da sola man mano che scrivo), ogni capitolo ha una gestazione lunghissima e un parto travagliato. So che per un lettore è snervante veder passare mesi senza un aggiornamento (l’ho provato anch’io!) ma cercate di capirmi…

Comunque grazie davvero a tutti coloro che hanno la pazienza di continuare a seguirmi, in particolare a Bobbychan, Moira, Moka, Katyjolinar, Summy-chan, MissLeep, Cicca-chan, MikiG, BPM, Dafne e Migo-chan che mi hanno lasciato le loro recensioni. Grazie anche a Esus, la mia pazientissima beta-reader, per il suo lavoro e a Nisi per l’incoraggiamento.

A presto!

Mistral

***

 

Capitolo VI

Circa un mese dopo – fine Marzo

Kaori guidava a velocità sostenuta, la strada completamente libera di fronte a sé. Attraverso finestrino completamente abbassato, il vento le scompigliava i capelli e le portava il dolce odore della salsedine; più sotto, nascosto sotto la scogliera, l’oceano stava sparendo lentamente nella luce sempre più tenue ed incerta del tramonto ormai morente.

La macchina della donna (il regalo di Eriko per il suo compleanno) filava leggera e silenziosa sulla strada costiera che da Tokyo portava a Yokohama. La sweeper guidava tranquilla, una mano sul volante e l’altra che tamburellava sul cambio al ritmo della musica diffusa dalla radio. Ad un certo punto notò un cartello che indicava la sua meta; rallentò e sorrise: anche se si trovava ancora nella periferia di Tokyo, lì c’era un’atmosfera decisamente diversa, molto più tranquilla, che permetteva di lasciarsi alle spalle, almeno per un po’, la vita caotica della capitale.

Kaori parcheggiò la Smart all’inizio della stradina che saliva verso la chiesetta e il cimitero. Lì era sepolto suo fratello e lì si recava, ogni 31 Marzo, a rendere omaggio alla sua tomba. E poi, dal belvedere di quella chiesa si poteva spaziare nella vallata sottostante, fino a sfiorare con lo sguardo il bosco che si stendeva oltre la cinta urbana, un bosco a cui, nella mente di Kaori, erano associati ricordi bellissimi: lì si erano sposati Miki e Falco e sempre lì Ryo le aveva rivelato per la prima volta, seppur molto indirettamente, di amarla… e poi il buio, il nulla, come se niente fosse successo… ormai la donna aveva anche smesso di chiedersi il perché di quell’atteggiamento. Ma a quel luogo era rimasta comunque molto legata.

Kaori scosse la testa per scacciare la malinconia che la stava assalendo e, imprecando un po’ contro il tacco alto dei sandali – che nonostante tutto non si era ancora abituata a portare, attraversò le lapidi raggiungendo quella di Hideyuki; lì si chinò a deporre un piccolo mazzo di margherite e strappò qualche erbaccia che si stava avventurando sulla pietra.

“Ryo non è ancora venuto a salutarti, eh fratellone?” mormorò, lottando contro un’edera particolarmente accanita “Che socio disgraziato… chissà come se la starà cavando senza di me…” A quel pensiero non poté impedirsi di intristirsi e, facendosi scappare un sospiro, si strinse forte in un abbraccio solitario, uno dei tanti che le avevano permesso di andare avanti dopo la separazione da Saeba.

Rimase un attimo in quella posizione, gli occhi socchiusi, a lottare contro le lacrime, poi si scosse e si rialzò. “Avanti Kaori, non pensarci! Adesso tu hai la tua vita e devi viverla nel miglior modo possibile… coraggio!”

La sweeper prese un respiro profondo, poi si voltò di nuovo verso la tomba del fratello, disse sottovoce una preghiera e si allontanò in direzione della chiesetta. L’edificio era situato a pochi metri da un pendio abbastanza scosceso, che dominava la vallata sottostante. Kaori aveva sempre amato quel luogo da cui, nelle sere terse come quella, si godeva una vista spettacolare, fatta di luci e silenzio.

Si avvicinò al parapetto e alzò la testa verso il cielo stellato, godendosi la brezza che le accarezzava le guance. All’improvviso, nella quiete udì un rumore sbagliato; lentamente, fingendo di guardare il panorama, abbassò gli occhi e infilò la mano nella borsetta per togliere la sicura alla pistola. Come il meccanismo scattò, la donna sentì l’aria attorno a sé diventare ostile…

 

Ryo parcheggiò la Mini a un centinaio di metri dalla stradina che saliva verso la chiesetta e il cimitero; due idioti, uno con un camion e uno con una macchina di grossa cilindrata si erano tamponati e si erano fermati in quella via laterale a litigare su chi avesse ragione.

Poco più in là, lo sweeper notò una Smart blu, anch’essa parcheggiata al lato della strada. «Vorrei tanto sapere chi è che riesce ad entrare in quella scatolina!» si domandò «Però a Kaori piacerebbe quella macchina…» Era un pensiero totalmente assurdo e incongruente, ma Saeba non se ne preoccupò, anzi, neanche se ne accorse. Da quando se n’era andata, Kaori era sempre nei suoi pensieri e il fatto che non la vedesse né avesse sue notizie ormai da più di un mese e mezzo non l’aiutava certo a stare più tranquillo.

Entrato nel recinto della piccola pieve, si diresse velocemente verso la tomba di Makimura; quando vide il mazzolino di margherite, capì che la sua amata socia era stata lì e si sentì un po’ meno solo.

“Eh, Maki… chissà quante maledizioni mi avrai già tirato giù dal cielo per come ho trattato la tua sorellina! Lo so, sono veramente un cretino…” Ormai si insultava da solo tutti i giorni, non solo per come si era comportato con Kaori, ma anche perché gli mancavano da morire perfino i suoi rimproveri e… sì, pure le sue martellate.

Ryo, mani nelle tasche della giacca e capo reclinato su una spalla, stette ancora un poco a guardare la tomba, sentendosi stringere lo stomaco da una morsa di tristezza, non sapeva più neanche lui se per Kaori, per il socio morto o per tutti e due. O semplicemente per sé stesso.

Alla fine lo sweeper si scosse e decise di andare sul belvedere a godersi il panorama giù dalla china per rilassarsi un po’; a passo svelto salì verso la chiesetta ma, arrivato quasi in cima, rallentò, perché aveva iniziato a scorgere tra gli alberi la sagoma di una donna e non voleva spaventarla piombandole alle spalle all’improvviso.

Nonostante da quando la socia se n’era andata non uscisse più a caccia di ragazze, il buongustaio Saeba non poté fare a meno di apprezzare la bellezza della giovane che gli stava di fronte, così si fermò ad osservarla, favorito anche dalla luce chiarissima della luna. Indossava dei sandali col tacco alto, che slanciavano ulteriormente le belle gambe, fasciate da jeans blu scuro a pinocchietto; sopra portava un giubbino di jeans, coordinato coi pantaloni, e aveva una borsa sportiva, tempestata di paillettes azzurre luccicanti. I capelli, dal taglio maschile, le arrivavano alla base del collo ed erano di un bellissimo rosso tiziano, esattamente come quelli di…

Ryo si bloccò: non poteva essere! Troppo shockato per fare qualsiasi cosa, accennò un passo avanti e calpestò un ramo secco. Con lentezza, ma senza esitare, la donna portò la mano alla borsa e l’udito finissimo di Saeba registrò lo scatto della sicura di una pistola; d’istinto lo sweeper si tese e, con suo immenso stupore, si accorse che anche lei si era messa in guardia.

In un attimo, agendo per riflesso condizionato, Ryo percorse in due falcate gli ultimi metri che lo separavano dalla misteriosa ragazza, si gettò di lato ed estrasse la Python

…per ritrovarsi a sua volta con una pistola puntata contro… saldamente impugnata da Kaori…

 

Kaori. La sua Kaori. La sua socia, la sua compagna era lì davanti a lui, dopo quasi due mesi di silenzio, e gli puntava contro l’arma che lui stesso le aveva dato.

Era assolutamente incredibile e assurdo.

Così assurdo che per qualche attimo nessuno dei due mosse un muscolo; lei rimase come cristallizzata in posizione di guardia, la pistola puntata, mentre lui era pietrificato in una postura impossibile, nel bel mezzo del movimento che stava compiendo per rialzarsi dopo aver scartato di lato con una capriola, come sempre faceva quando sorprendeva dei nemici alle spalle.

Sembrava un fermo-immagine preso a caso da un regista dilettante senza alcun talento artistico.

Alla fine, lentamente, entrambi iniziarono a ricomporsi. Ryo si alzò completamente in piedi e rinfoderò la Python, mentre Kaori abbassò l’arma, senza però trovare la forza di rimetterla nella borsetta; per altri lunghissimi istanti stettero in silenzio, gli sguardi incatenati tra loro.

Saeba fissava la socia senza sapere se essere più stupito per averla ritrovata in quel modo, per i suoi progressi come sweeper o per il cambiamento che aveva fatto e che l’aveva resa ancora più bella. Ora infatti, Kaori, pur avendo sempre il suo solito taglio alla maschiaccio, aveva i capelli leggermente più lunghi che il vento dispettoso le tirava continuamente sul viso; inoltre portava un paio di grandi orecchini d’argento ad anello che, riflettendo la luce lunare, donavano al suo volto un aspetto quasi fatato.

“Ciao Kaori…” riuscì infine a mormorare Ryo.

Lei deglutì e sorrise leggermente. “Ciao Ryo… come va?” Si vedeva lontano un miglio che stava facendo di tutto per non piangere.

“Sei stata molto brava prima a sentirmi arrivare… dove hai imparato?” Anche Saeba aveva una voce strana, atona, impersonale; era più che evidente che cercava in ogni modo di non tradire tutte le emozioni che lo stavano agitando.

“Ho imparato da Miki, mi dà lezioni quasi tutti i giorni, appena ho del tempo libero… dal mio lavoro” La donna era riluttante a svelare all’ex-collega che Eriko l’aveva ingaggiata come modella, non sapeva che genere di reazione avrebbe avuto.

Ryo si sentì gelare: lavoro… immaginava che Kaori ne avesse trovato uno, ma temeva di scoprire quale; anzi, un terribile un presentimento gli diceva che non gli sarebbe piaciuto. Ciò nonostante, deciso a farsi del male a tutti i costi, glielo domandò: “E… che lavoro fai?”

“Ecco, so che ti sembrerà strano, ma… Eriko mi ha proposto un contratto come fotomodella… e io ho accettato”

Lo sweeper spalancò gli occhi: fotomodella?! La SUA Kaori faceva la fotomodella?! Cioè centinaia di migliaia di uomini potevano vederla?! Era geloso marcio e, come aveva sempre fatto, si sfogò col sarcasmo, ai danni di Kaori. “TU?! Modella, tu?! Ma dai! E mi vuoi far credere che Eriko ti ha assunto?! Ma per favore!” scoppiò a ridere, aspettandosi la martellata punitiva. Che però non ci fu.

Inaspettatamente Kaori sorrise, questa volta di un sorriso caldo e sincero. “Mi mancavano sai? Le tue prese in giro, intendo… ormai da due mesi mi sento dire da chiunque che sono bellissima e, onestamente, mi ero anche un po’ stufata”

“C-cosa…?” Ryo rimase senza parole. Non solo Kaori non si era arrabbiata perché l’aveva presa in giro, ma addirittura aveva detto che… no, impossibile! Doveva aver sentito male.

“Però comunque è un bel lavoro… mi piace” continuò la ragazza “E tu? Come te la passi?” La voce le tremò leggermente, ma riuscì a dominarsi.

“Beh… in questo periodo ti ho…” Lo sweeper si interruppe: Kaori gli aveva appena detto che il suo nuovo lavoro e la sua nuova vita le piacevano, che era felice. Si vedeva anche che stava bene: aveva dei bei vestiti, una bella macchina (perché la Smart ai piedi della collina non poteva essere che sua) e sicuramente anche una bella casa. E soprattutto non rischiava più la vita tutti i giorni. Che diritto aveva lui di riportarla indietro? No, non poteva.

“Cosa cercavi di dire, Ryo? Finisci…”

“Ecco, che in questo periodo ho… continuato a lavorare da solo…”

“Ma… chi ti aiuta con la casa, con i clienti? Tu non…” Kaori si bloccò di colpo “No, scusa, niente”

Si guardarono ancora per qualche istante in silenzio: avrebbero voluto dirsi tante cose ma non riuscivano a dirsi nulla. Tale era la confusione nelle loro menti che credevano di non sapere da che parte cominciare per sbrogliare la matassa dei loro sentimenti; in realtà sarebbe stato tutto molto più semplice se solo avessero avuto quel po’ di coraggio per guardarsi dentro senza stupidi paraocchi…  

Saeba sentì che stava per cedere. Se avesse affrontato ancora per un istante quegli occhi tutti i suoi propositi sarebbero venuti meno e le avrebbe chiesto di tornare con lui. E lei avrebbe accettato, ne era sicuro. Distolse lo sguardo da lei, lasciandolo vagare verso un punto indefinito nella vallata alle spalle della sua compagna. “Sono davvero contento per te Kaori” disse infine, con voce distaccata.

La donna si sentì ferita da quel tono. Chissà perché si era illusa che, se avesse rincontrato Ryo, lui le avrebbe offerto di tornare a essere la partner di City Hunter e tutto si sarebbe sistemato. E invece lui non aveva fatto una piega… da una parte Kaori desiderava ricominciare la vita di prima, ma nello stesso tempo si rendeva conto che in quel modo avrebbe sofferto come e forse più di prima. E non era tanto sicura di riuscire a sopportare ancora quella situazione. Strinse forte le dita attorno al calcio della pistola e inclinò il capo, cercando di catturare gli occhi dell’ex-socio, come se lì potesse trovare la risposta al suo dubbio.

La ragazza però ignorava che anche lui era attanagliato dal medesimo interrogativo, e che anche lui non aveva la benché minima idea di come venirne fuori.

Sentendosi osservato, Saeba si voltò verso la sua compagna e le sorrise dolcemente. “Sul serio, Kaori, sono contentissimo per te… Maki non avrebbe approvato la vita che facevi prima” le ripeté poi, cercando però di convincere soprattutto sé stesso.

“Già, il mio fratellone… però io sono stata davvero felice con te, Ryo. E…”

“Non dire nient’altro, Kaori, per favore” la interruppe lo sweeper, intuendo che le sue difese stavano per essere completamente spazzate via “È la cosa migliore” aggiunse poi, mettendole una mano sulla spalla.

Kaori a quel contatto si irrigidì. Non era preparata a quell’incontro e sentiva che tutto ciò che si era faticosamente costruita in quei due mesi per andare avanti senza di lui non era altro che un castello di sabbia sulla spiaggia nell’ora dell’alta marea. Un sorriso triste le increspò le labbra. “C’è differenza tra migliore e più giusto, Ryo…” trovò la forza di mormorare, trattenendo a stento le lacrime.

Saeba rimase un attimo interdetto davanti a quella frase sibillina; stava per tentare di dire qualcosa quando di rese conto che non erano più soli. Strinse forte la spalla di Kaori e si preparò a difendersi. “Giù Kaori! Siamo circondati!” le urlò poi, buttandola a terra.

Troppo presa dalle sue emozioni, Kaori non si era nemmeno accorta del pericolo finché un proiettile non le sibilò sopra la testa. Dopo un primo momento di smarrimento, decise di dimostrare a Ryo tutto quello che aveva imparato da Miki in quel periodo e reagì, sparando un colpo tra la vegetazione e provocando un urlo. Evidentemente aveva fatto centro perché uno yakuza con una pallottola nella spalla cadde in avanti e uscì allo scoperto nello spiazzo.

Subito i suoi cinque compari saltarono fuori; tre si diressero contro Ryo e due contro di lei.

“Kaori stai attenta!” le urlò l’ex-collega, visibilmente preoccupato.

La sweeper ebbe per un attimo paura ma poi decise di reagire. “Non pensare a me, Ryo! Ho imparato a difendermi!” gli rispose, sparando un colpo preciso al quadricipite di uno dei due mafiosi per bloccarlo. Subito dopo si voltò verso l’altro uomo e lo disarmò colpendolo al braccio.

Vedendo che ce l’aveva fatta, Kaori trasse un sospiro di sollievo e lanciò un’occhiata a Ryo, impegnato in un corpo a corpo con l’ultimo dei tre mafiosi che l’avevano attaccato; gli altri due giacevano privi di sensi poco distante. Rendendosi conto che il suo ex-partner se la sarebbe cavata benissimo da solo, la sweeper decise di approfittare del momento favorevole per allontanarsi.

Si diede della stupida: non aveva avuto paura a fronteggiare due yakuza che cercavano di farle la pelle e adesso scappava di fronte all’uomo di cui era innamorata… era semplicemente insensato. Ma era così. Aveva paura, paura di affrontare Ryo, il suo passato, la sua vita precedente… e soprattutto la scelta che quell’incontro le aveva drammaticamente messo di fronte. Lanciò un’ultima occhiata a Saeba, per imprimersi nella mente ogni piccolo dettaglio del suo corpo e del suo viso, sicura che non l’avrebbe più rivisto, e poi cominciò a correre a perdifiato giù per la collina, dopo aver tramortito con il calcio della pistola il primo dei due yakuza che aveva ferito, per impedirgli di creare problemi.

Ryo, che la teneva sotto controllo con la coda dell’occhio, non appena si rese conto che la sua amata socia se ne stava andando, mise fuori combattimento in un secondo il suo sventurato avversario e si buttò all’inseguimento. “Kaori! Kaori aspetta! KAORI!”

Malgrado corresse più velocemente che poteva, quando lo sweeper giunse ai piedi della collina fece solo in tempo a vedere la piccola Smart blu che spariva nel buio. Kaori se n’era andata… di nuovo.

 

***

 

I promise I'm not trying to make your life harder
Or return to where we were…

 

Non avrei mai pensato di arrivare a essere felice che mi abbiano sparato addosso… ma alla fine devo solo ringraziarli quegli yakuza: mi hanno tolto da una situazione da cui non avrei mai saputo venir fuori… è inutile: riesci sempre a sconvolgermi, come o forse più di prima, lo sai?

Hai fatto bene ad andartene socia. Mi fa malissimo ammetterlo, ma è così. Ti ho rovinato la vita già abbastanza dandoti in cambio nient’altro che… che niente, nient’altro che niente. Perché è questo che sono stato capace di offrirti in questi anni: una vita perennemente sull’orlo della bancarotta, una vita sempre nella clandestinità, nell’ombra, con il rischio di beccarsi una pallottola in testa ad ogni ora del giorno e della notte… no, decisamente non è la vita che ti meriti… ed è per questo che non ti chiederò di tornare… anche se sarà difficile continuare senza di te…

 

I know

I left too

Much mess

And destruction

To come back again…

 

È inutile che mi faccia illusioni. Con te ho sbagliato tutto, dall’inizio alla fine, da quando ti ho conosciuta fino ad adesso. Ti ho fatto male e nient’altro, mio piccolo Sugar Boy, lo so. E adesso non posso più tornare indietro… hai fatto bene a scappare prima…

 

And I caused nothing

But trouble
I understand

If you

Can't talk to me again …

 

Non avrei mai pensato di arrivare a essere felice che mi abbiano sparato addosso… ma alla fine devo solo ringraziarli quegli yakuza: mi hanno tolto da una situazione da cui non avrei mai saputo venir fuori… è inutile: riesci sempre a sconvolgermi, come o forse più di prima, lo sai?

Ho fatto bene ad andarmene. Un minuto in più e sarei crollata. Sarei scoppiata a piangere e ti avrei chiesto scusa (per cosa poi?), sperando che tu mi chiedessi di tornare con te… e sarebbe stato l’errore più grosso della mia vita. Me l’hai detto anche tu, in fondo: in questi mesi hai continuato a lavorare da solo, io non ti servo, sei felice adesso… e devo esserlo anch’io. Standoti accanto non ti ho causato altro che guai e capisco benissimo che tu adesso stia meglio e non mi rivoglia con te. Ed è per questo che non ti chiederò di tornare… anche se sarà difficile continuare senza di te…

 

And if you live by the rules of "it's over"
Then I'm sure that that makes sense…


È inutile che mi faccia illusioni. Tra di noi è tutto finito e City Hunter è tornato ad essere il cacciatore solitario che era prima. Sai Ryo, mi fa malissimo ammetterlo ma è giusto così. E adesso non posso più tornare indietro… ho fatto bene a scappare prima…

 

I will go down with this ship
And I won't put my hands up

And surrender
There will be no

White flag above my door
I'm in love

And always will be…[1]

 



[1] La canzone è “White flag” di Dido. Mi sembra una canzone molto adatta a descrivere i pensieri speculari, uguali eppure opposti, di Ryo e Kaori

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Capitolo VII ***


All about loving you

Dedicato a Nisi Corvonero

 

***

 

All about loving you

 

Disclaimer: I personaggi di City Hunter sono di proprietà di Tsukasa Hojo e degli aventi diritto.

Gli altri personaggi sono di proprietà dell’autrice.

La canzone “All about loving you” è dei Bon Jovi. Tutte le altre canzoni citate sono di proprietà dei rispettivi autori.

 

Luglio 2005

Grazie a tutti coloro che hanno la pazienza di seguirmi nonostante le lunghe pause e in particolare a Bobbychan, Evy, Ciccachan, Moka, BPM e Dafne per le recensioni.

Mistral

 

***

 

Capitolo VII

Ryo girava senza meta tra i vicoli stretti e sporchi della zona più malfamata di Shinjuku. La mezzanotte era ormai passata da un pezzo e a quell’ora di solito era già pesantemente sbronzo. Negli ultimi tempi, da quando la socia se n’era andata, beveva molto più di prima, cercando di annegare in un fiume d’alcool quel demone che lo stava rodendo dentro.

Ma quella notte, per quanto avesse bevuto, la sua mente era ancora perfettamente e dolorosamente lucida, in grado di ricostruire con precisione fotografica ogni istante di quel brevissimo incontro con la donna che da due mesi lo stava uccidendo pur senza far nulla.

 

Nel suo girovagare, lo sweeper aveva perso la cognizione del tempo e il senso dell’orientamento. Stancamente si lasciò cadere davanti ad una vetrina, rendendosi conto solo in quel momento di essere tornato sulla strada principale che tagliava in due il quartiere, mentre ormai l’alba tingeva di strani riflessi violetti la fetta di cielo tra i palazzi.

Sospirò, incapace di capire perché il suo istinto l’avesse portato proprio lì: aveva vagabondato senza accorgersene tutta la notte, per ritrovarsi infine nel posto dove tutto quell’incubo era iniziato.

Sentì scattare una serratura alle sue spalle e, un istante dopo, una grossa ombra si parò tra lui e un lampione che andava spegnendosi nel chiarore del mattino.

“Cosa accidenti ci fai tu qui a quest’ora?!” sbottò Falco.

Saeba alzò gli occhi stanchi, velati di tristezza, e abbozzò un sorriso. “Non sono certo qui per vedere te, scimmione…”

“Idiota!” sbuffò Umibozu, afferrandolo poi per la collottola e portandolo dentro. “Vieni che Miki ti prepara un caffé”

Il Cat’s Eye era silenzioso e ancora semibuio, ma Ryo non faticò a scorgere la sagoma snella della barista che, nel retro, preparava il necessario per la giornata appena cominciata. Staccandosi dalla presa di Falco, andò a sedersi al suo solito sgabello al bancone, mentre l’amico iniziava ad accendere le luci nel locale.

Un attimo dopo comparve Miki, un caldo sorriso sul volto. “Buongiorno Saeba… come siamo mattinieri oggi! Il solito?”

Lo sweeper non disse una parola e la donna lo interpretò come un sì, mettendosi ad armeggiare con la caffettiera e porgendogli qualche minuto dopo una tazza di bevanda bollente.

Fino a quel momento, tutto si era svolto in un’atmosfera surreale, nel silenzio più assoluto, rotto solo dai piccoli rumori quotidiani nel bar e sulla strada che cominciava ad animarsi. Né Miki né il compagno tentarono di forzare il muro dietro cui il loro amico si era trincerato, anche perché percepivano emanare da lui una grande tensione.

Alla fine fu Saeba stesso a parlare e lo fece come era solito fare: con una domanda a bruciapelo che colse tutti di sorpresa. “Miki da quanto tempo dai lezioni a Kaori? Voglio la verità”

A quelle parole, l’ex-mercenaria sussultò e si voltò di scatto, facendo cadere a terra una tazzina. Un istante di gelo totale, in cui il tempo pareva essersi fermato tra quelle quattro mura e ognuno poteva quasi udire il battito del proprio cuore, mentre fuori la vita continuava a scorrere. Il rumore dei cocci ruppe quell’equilibro innaturale, ridando voce alla ridda di pensieri di ciascuno.

“Come fai a saperlo?” trovò la forza di mormorare Miki, pallida in volto, fissando Ryo.

Ma lo sguardo di lui non tradiva la minima emozione; braccia conserte appoggiate al bancone, gli occhi neri puntati sulla barista, parlava con voce atona e fredda. “L’ho incontrata ieri notte. Al cimitero, sulla tomba di Maki. Perché non mi hai mai detto niente?”

La donna distolse lo sguardo da lui e deglutì. “Le ho fatto una promessa. Kaori mi ha fatto promettere che non avrei detto niente a nessuno né dei suoi allenamenti né di tutto il resto”

Lo sweeper spalancò gli occhi. “Allora tu sai dove abita! E sapevi anche che aveva cominciato a fare la modella! E non mi hai detto niente pur sapendo quanto sia pericoloso per lei quel lavoro!” Mentre parlava, la voce di Saeba si era fatta sempre più alta, finché sulle ultime parole non era esploso, scattando in piedi.

“Ma ti sei rincretinito del tutto?!” esclamò a sua volta Miki “Fare la modella sarebbe un lavoro pericoloso, secondo te?! E quando viveva nel nostro mondo rischiando tutti i giorni che le sparassero addosso, quello non era pericoloso?!”

“Come socia di City Hunter, il suo nome e la sua faccia sono conosciuti tra la merda che popola questa città e non solo! E a loro non gliene frega niente se adesso non lavoriamo più insieme! Se la riconoscono per lei è la fine!”

Esasperata, Miki batté le mani sul bancone, sporgendosi in avanti verso di lui. “Kaori non è una novellina! Sa benissimo a cosa va incontro! Piuttosto sei TU che sei geloso e non vuoi ammetterlo! Sei solo uno stupido Saeba!” gli urlò a pochi centimetri dal viso.

A quel punto lo sweeper perse il controllo e afferrò la donna per la camicia. “Non ti perm-”

Non ebbe il tempo di finire la frase che Umibozu lo scaraventò lontano con violenza, facendolo andare a sbattere contro la parete. “TU non ti permettere mai più di fare una cosa del genere a mia moglie!” ruggì “Adesso vedi di darti una calmata e torna quando ti sarà passata!”

Ryo si rialzò e gli lanciò un’occhiata carica di rabbia, poi, senza una parola di più, infilò la porta e sparì.

 

***

 

Quel pomeriggio, Kaori uscì piuttosto malconcia dalla colazione di lavoro con Eriko. Durante la notte infatti non era riuscita a chiudere occhio, tormentata dall’incontro con Ryo, poi aveva passato la mattinata a fare pose su pose, sbatacchiata senza fine tra il fotografo, il costumista, la truccatrice e un’altra mezza dozzina di persone, tutte incuranti del suo tremendo mal di testa; e infine il pranzo con la sua amica che, invece di essere un momento di pausa, si era trasformato in una riunione per pianificare l’ennesima trasferta della troupe, questa volta sull’isola di Shikoku, posto assolutamente insignificante, ma, a detta del fotografo (che Kaori cominciava a detestare), assolutamente perfetto per un servizio fotografico.

La donna sbuffò, allungando il passo e dribblando abilmente una scolaresca che usciva in quel momento dai cancelli dell’istituto. Il cerchio alla testa si faceva sempre più martellante e lei non vedeva l’ora di arrivare a casa e stendersi un momento.

Immersa nei suoi pensieri, non si accorse nemmeno che qualcuno la stava chiamando già da un po’, poi improvvisamente si sentì afferrare il braccio.

Si voltò di scatto, pronta ad aggredire verbalmente l’importuno, ma quando lo vide in faccia rimase di sasso.

“Finalmente ti sei fermata, Kaori!” le sorrise l’uomo che indossava un elegante completo blu con camicia coordinata e cravatta celeste “Dove vai così di fretta?”

“Mick! Sei proprio tu?!”

“Oh yes! That’s me!” esclamò l’Americano, esibendosi in un galante baciamano.

A quel gesto, Kaori arrossì, ma lo lasciò fare. “Ti trovo molto bene…” cominciò a dire poi, per sottrarsi all’imbarazzo che la stava paralizzando “Come mai sei tornato dall’America?[1]

“Perché ormai la mia casa è qui” rispose lui, regalandole un altro dei suoi sorrisi seducenti “Tu, piuttosto, come va con quel degenerato del tuo collega?”

La donna si irrigidì, aprì la bocca per rispondere e subito la richiuse, mordendosi il labbro, imbarazzata. “Noi non lavoriamo più insieme, Mick: abbiamo litigato e… ed è finita. Due mesi fa”

L’Americano spalancò gli occhi blu, meravigliato. “Tutto mi sarei aspettato tranne che quell’idiota di Saeba si facesse scappare la donna della sua vita!”

Kaori arrossì violentemente. “Ma cosa dici, Mick?! Io per lui non sono niente! Me l’ha detto chiaro e tondo!”

“Quello che dice Saeba non conta…” ridacchiò lui, agitando un mano con fare noncurante “Comunque questa storia mi incuriosisce. Ti andrebbe di raccontarmela davanti ad un caffé?”

“Beh, non è che ci sia molto da raccontare… comunque ok, se proprio ci tieni”

“Certo che ci tengo! Let’s go, darling! Se non ricordo male qui intorno c’è un bel posticino…” Le porse galantemente il braccio, che Kaori accettò sempre più in imbarazzo.

Poco dopo i due giunsero in un bistrot, un locale piuttosto piccolo ma molto ben tenuto, e si diressero al piano superiore, dove c’erano i tavoli migliori.

Mick invitò la donna a precederlo su per le scale, per avere modo di osservarla senza che lei se ne accorgesse. Rimase incantato dalla grazia con cui Kaori si muoveva, facendo oscillare leggermente i fianchi, risultando sensualissima ma senza scadere nella volgarità; il suo fisico perfetto era sottolineato dai pantaloni bianchi, di taglio sartoriale, abbinati ad una giacca corta in vita, e dalle eleganti scarpe con il tacco alto.

«My God, Kaori… you’ll drive me crazy this way! You’ve become even more beautiful[2]»

Scosse la testa, sorridendo: Saeba era un imbecille. E forse per lui ora c’era una possibilità. Ce l’avrebbe fatta a conquistarla. Sorrise di nuovo e si affrettò a seguirla su per le scale.

Seduti davanti ad una brioche salata farcita e ad una tazza di caffé, i due si intrattennero piacevolmente per un po’, mentre Kaori riassumeva all’amico le ultime novità.

“…e questo è il resoconto di ieri sera. That’s all, folks” concluse poi, mesta, appoggiando il mento su una mano e facendo tintinnare i numerosi e sottilissimi braccialetti d’argento che aveva al polso.

“Cafone come sempre, eh?” constatò Mick, incrociando le braccia sul tavolo e sporgendosi leggermente in avanti.

Lei fece una smorfia significativa. “Ormai dovresti saperlo com’è fatto…” sospirò “Guarda, meno male che sono spuntati fuori dal nulla quei tizi, almeno sono riuscita ad allontanarmi”

“Ehi, non ti devi abbattere così!” la incoraggiò lo sweeper, accarezzandole la guancia col dorso della mano “Posso dirti come la vedo io? Anche se non mi conviene per niente…”

Kaori annuì, abbozzando un sorriso.

“Io credo che lui sia innamorato di te, in fondo. Solo che è troppo orgoglioso per fare il primo passo e forse anche troppo confuso”

La donna scosse la testa con decisione, facendo scintillare i lunghi orecchini di brillanti. “No Mick. Lui non prova quel tipo di sentimento per me. Io ci ho provato a farmi amare, ci ho provato in tutti i modi. Alla fine mi ero anche rassegnata a stare con lui solo come collega di lavoro, ma poi lui mi ha fatto capire che non gliene importa niente. Così me ne sono andata”

“Secondo me hai fatto bene”

Lei prese a tormentarsi una ciocca di capelli. “Lo penso anch’io… e non ho intenzione di tornare indietro”

“Sei una ragazza forte Kaori” le sorrise Mick “E io ti ammiro molto per questo, sai? Senti, lo so che è tremendamente sfacciato da parte mia, ma… posso lasciarti il mio numero di telefono? Così se hai bisogno di un cavaliere per le tue serate di gala sai come contattarmi”

La donna scoppiò a ridere, di una risata argentina e sincera. “Ma sai che hai una faccia di bronzo pazzesca?!”

L’Americano annuì ripetutamente, un sorriso compiaciuto a increspargli le labbra. “Me l’hanno detto in tanti”

“Comunque sì, te lo sei meritato… tieni, scrivilo qui” concluse lei, porgendogli un notes.

Mick scrisse velocemente e poi rimase un attimo ad osservare la pagina del blocchetto. “Oh, non ci avevo fatto caso che c’era già un altro appunto”

La donna corrugò le sopraciglia e si allungò leggermente sul tavolo per vedere meglio. “Ah, sì, è un appuntamento di lavoro per domani… niente di che”

“Beh, così sembra che domani devi uscire con me! Che bello, ho un appuntamento con Kaori!”

“Ma che cretinate spari!” esclamò la sweeper, scoppiando a ridere di cuore. I suoi dolci occhi castani sorrisero, illuminandosi ancora di più.

Grazie a Mick, la malinconia le era passata. Forse ormai… non volle continuare il pensiero, nel timore di sciupare quel momento.

Vedendola così felice, l’Americano si rallegrò con sé stesso. Quando l’aveva incontrata prima aveva capito subito che c’era qualcosa che non andava e guardarla ora ridere e scherzare era la cosa più bella che potesse augurarsi.

 

 

Quella sera, sul balcone del suo appartamento, osservando la luce ambrata della sera riflettersi tra i palazzi e scolorare lentamente nel buio, Kaori ripercorreva gli ultimi avvenimenti.

Passandosi un mano tra i capelli, trasse un profondo sospiro: quanto era cambiata la sua vita nel giro di due mesi appena… e soprattutto quanto era cambiata lei!

Le tornò in mente Saeba; quel breve incontro l’aveva sconvolta, certo, ma forse meno di quanto immaginasse. Alla fine era riuscita a controllarsi piuttosto bene, senza perdere la calma e lasciarsi andare ad una scenata da donnetta isterica. E di questo non poteva che essere orgogliosa. Però… però non c’era storia, Ryo era sempre Ryo…

 

Ho provato a non amarti
È impossibile per me…

Non era riuscita a dimenticarlo, lo sapeva bene… e forse non ci sarebbe mai riuscita. Lui le era entrato dentro troppo profondamente e cancellarlo dal suo cuore avrebbe voluto dire cancellare anche un parte di lei. Non sarebbe stato giusto e non lo voleva nemmeno.

Però doveva anche fare i conti con la realtà. E la realtà in quel momento era che non c’era più posto per lei nella sua vita. «Ho continuato a lavorare da solo»… gliel’aveva detto esplicitamente. Più chiaro di così…

 

Ci sei tu e io m'illumino
Mi agito
Quando non ci sei
Ma tu non vedi niente
Pensi ad altro ormai…

 

Lui adesso si era rifatto una vita senza di lei - come lei se l’era rifatta senza di lui, del resto. Era nell’ordine naturale delle cose e anzi, lei avrebbe dovuto anche esserne felice. E allora perché le faceva ancora così male? Era stupido da parte sua stare lì a crogiolarsi nel suo dolore quando lui le aveva fatto chiaramente intendere che ormai lei era uscita dalla sua vita e che non ci sarebbe più rientrata… un po’ come quando di punto in bianco ti licenziano: «Lei non rientra più nei piani della società. Arrivederci, è stato un piacere». E sei scaricato. Pulito, semplice, inequivocabile, anche educato se si vuole… ma la frittata è sempre quella, comunque la si rigiri.

Ma lei non doveva permettersi di arrendersi davanti a quell’evidenza dolorosa: lui aveva continuato ad andare per la sua strada senza di lei, non si era fermato ad aspettarla né tantomeno si era preoccupato di cercarla per ricucire il loro rapporto. Quindi lei aveva tutto il diritto di continuare a vivere la sua vita, anche senza di lui. E la sua vita in quel momento comprendeva Eriko e il suo lavoro come fotomodella… e Mick.

 

Ci sei tu e io m'illumino
Dirtelo

Non funziona più

Io da stasera esco

Se vuoi mi cerchi tu… [3]

 

Già, Mick… l’Americano tempo prima era stato innamorato di lei, gliel’aveva detto chiaramente. E quel pomeriggio le aveva fatto intendere che non le sarebbe dispiaciuto rivederla. Perché no, in fondo? Lei gli voleva bene, gli era grata per averla fatta sentire amata e apprezzata e anche in quel momento si era offerto senza esitazioni di stare al suo fianco…

Sicuramente Ryo era circondato ogni sera da belle donne e se la spassava da matti - come del resto aveva sempre fatto, fregandosene dei suoi sentimenti; perché lei non avrebbe dovuto concedersi la compagnia di un amico sincero?

Non era una vendetta nei confronti di Ryo… no, non ne sarebbe stata capace e in fondo non avrebbe avuto neanche senso…

Era solo prendere il coraggio a due mani e aprire un capitolo nuovo nella sua vita, facendo un passo in più verso l’indipendenza dall’ombra di Saeba.

Perché la vita ha molte strade, ma non tutte sono praticabili e se davvero il destino aveva scelto lei per essere la compagna di Ryo, prima o poi li avrebbe fatti riunire. Non importava quando, se tra due mesi, due anni o due decenni… però, aspettando quel momento, lei non poteva restare ferma: doveva piuttosto continuare a camminare lungo il suo sentiero, portando sempre con sé il ricordo di lui.

Sorrise. Era quella la strada giusta, ne era sicura…

Nel frattempo si era fatto completamente buio e il cielo si era coperto di nuvolosi scuri; la brezza pungente che si era alzata fece rabbrividire Kaori, suggerendole di rientrare.
Tornata in casa parecchio infreddolita, decise di prepararsi una bella tazza di cioccolata per scaldarsi, quindi si accoccolò sul divano, accendendo distrattamente la televisione per tenersi compagnia.

In capo a dieci minuti si addormentò, la TV accesa sintonizzata sul telegiornale della sera che dedicava un servizio allo straordinario successo della campagna pubblicitaria della giovane stilista Eri Kitara, tutta centrata sulla misteriosa modella che non mostrava mai il volto.

 

 

Dei lampi in rapida successione illuminarono, come fossero fotogrammi di una vecchia pellicola, i movimenti fluidi ed eleganti di una figura silenziosa che, senza fatica, era scivolata nella buia camera da letto.

 



[1] Perdonatemi la licenza poetica, ma ho modificato deliberatamente la storia di Mick. Mentre nel manga, dopo essere sopravvissuto alla Polvere degli Angeli, Mick si fidanza con Kazue, in questa fic fate conto che lui appena guarito sia andato negli USA per tentare una riabilitazione e ora sia tornato in Giappone. Altrimenti la storia non funziona…

[2] “Mio Dio Kaori… in questo modo mi farai diventare pazzo! Sei diventata ancora più bella”

[3] La canzone è “Ci sei tu” di Nek

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Capitolo VIII ***


All about loving you

All about loving you

 

Disclaimer: I personaggi di City Hunter sono di proprietà di Tsukasa Hojo e degli aventi diritto.

Gli altri personaggi sono di proprietà dell’autrice.

La canzone “All about loving you” è dei Bon Jovi. Tutte le altre canzoni citate sono di proprietà dei rispettivi autori.

 

28 Agosto 2005

La mia fic compie un anno!

Un anno fa pubblicai il primo capitolo e adesso l’ottavo… da allora sono cambiate parecchie cose, a partire dal mio stile che mi sembra migliorato molto rispetto all’inizio, che ne dite? È rimasta invece sempre la stessa la passione che metto nello scrivere questa storia, in cui sto mettendo davvero tanta parte di me. Ed è proprio questa componente autobiografica che spesso fa dilatare così tanto i tempi di aggiornamento (di cui mi scuso nuovamente): l’essere così tanto dentro queste righe, anche e soprattutto dal punto di vista sentimentale, a volte rende difficile la scrittura. Spero mi capiate.

Colgo l’occasione anche per ringraziare tutti coloro che hanno recensito o anche solo letto e apprezzato la mia fic e che hanno continuato a seguirmi per un arco di tempo così lungo.

Grazie mille anche a Nisi che è diventata la mia principale supporter nella stesura di questo lavoro.

Mistral

 

***

 

Capitolo VIII

Ryo scavalcò silenziosamente la finestra; dopo aver saputo che Kaori lavorava per Eriko come modella, gli era stato facile indirizzare i suoi uomini sulla pista giusta e scoprire dove abitava l’ex collega.

E adesso era andato a casa sua perché… non lo sapeva nemmeno lui perché. Solo voleva sapere qualcosa di più di lei e della sua nuova vita. Forse era anche un modo per convincere sé stesso che quella era la scelta migliore per lei, così da far tacere quella voce dal buio dentro di lui che gli gridava di mettere da parte una volta per tutte quel suo maledetto orgoglio e andare a riprendersi la sua luce.

Appena messo piede nella camera della donna, il suo dolcissimo profumo l’avvolse completamente; stette un attimo immobile, ispirando a pieni polmoni quella dolorosa sensazione, riempiendosi dell’assenza di lei fino a farsi male.

Poi si scosse e iniziò a guardarsi attorno alla flebile luce dei lampioni sulla strada: si rese immediatamente conto che Kaori era in casa e in breve la trovò, addormentata sul divano del salotto, la televisione accesa e una tazza semivuota di cioccolata ormai fredda accanto. La ex sweeper era raggomitolata in posizione quasi fetale, i piedi, dalle unghie laccate d’argento, che spuntavano appena dagli ampi pantaloni bianchi e la corta camicia pervinca che scopriva parte della schiena leggermente abbronzata, mentre dalla scollatura faceva capolino maliziosa la spallina del reggiseno di pizzo; era bellissima.

Rimase ad osservarla per un tempo indefinibile, mentre pensieri confusi e sconclusionati si accavallavano nella sua testa; la sera prima, nel buio e nella concitazione del momento, non aveva avuto modo di rendersi conto di quanto fosse cambiata fisicamente. Quegli abiti, quelle scarpe dal tacco alto che aveva abbandonato in un angolo della stanza, le unghie dipinte, l’abbronzatura così fuori stagione e quel trucco leggero sul viso… la Kaori che conosceva non avrebbe mai fatto niente di tutto ciò ma, dannazione, ne avrebbe avuto tutto il diritto! Si maledisse per l’ennesima volta per tutto quello che le aveva fatto: lui e il suo egoismo e le sue paure non solo l’avevano trascinata in un mondo dove la lotta per la sopravvivenza era la norma, rubandole sei anni di vita, gli anni più belli della vita di una ragazza, ma avevano anche impedito alla sua bellezza e alla sua femminilità di sbocciare… quella era la vera Kaori: una donna meravigliosa che finalmente aveva raggiunto il posto che le spettava di diritto. L’altra Kaori, quella che aveva vissuto al suo fianco, era solo un bocciolo di rosa tenuto sotto un campana di vetro nell’ombra di uno scantinato, dove non sarebbe mai fiorito, rischiando anzi di appassire del tutto.

Era giusto così… lei doveva andare per la sua strada e lui non doveva più permettersi di imbrigliarla in un rapporto controverso che le avrebbe fatto solo del male.

Si staccò da lei, deciso a dare solo un’ultima occhiata nell’appartamento prima di allontanarsi per sempre. La casa era in perfetto ordine, dando l’impressione di venir usata molto poco, e l’unica cosa fuori posto era un piccolo notes caduto a terra, forse scivolato dalla borsetta rovesciata sul tavolino soprastante. Saeba si chinò a raccoglierlo, facendone scorrere velocemente i fogli, coperti di appunti scribacchiati un po’ alla rinfusa nella scrittura agile e sottile di Kaori. Lo sweeper stava per riporlo, quando, in una delle ultime pagine, qualcosa attrasse la sua attenzione: c’era una breve scritta diversa dalle altre… lettere grandi, calcate, una calligrafia che certamente non era quella della socia. Ryo sfogliò rapidamente le pagine, fino a trovare quella incriminata e ciò che vi lesse lo lasciò di sasso: 2/4 h. 15:00 Torre di Tokyo seguito da un numero di telefono e da un nome, Mick.

Mick Angel, lo sweeper suo ex collega in America. Che era tornato per ucciderlo su incarico di Kaibara e poi aveva abbandonato la missione, rischiando infine lui stesso la vita per colpa di quella maledetta Polvere degli Angeli.

Mick Angel, proprio lui. Una delle poche persone che Ryo considerava un amico. Non sapeva che fosse tornato… beh, se la cosa era avvenuta da meno di due mesi non era poi così strano: in quell’ultimo periodo avrebbe anche potuto scatenarsi l’apocalisse che lui non se ne sarebbe neppure accorto, preso com’era dalla ricerca di Kaori. E adesso lo ritrovava d’improvviso, con quello che aveva tutta l’aria di essere un appuntamento proprio con Kaori. Saeba strinse forte le mani, deglutendo a vuoto. Aveva un groppo alla gola e si sentiva come se gli avessero appena assestato due violenti pugni nello stomaco dopo averlo sorpreso con la guardia abbassata: Kaori aveva un appuntamento con un uomo. E quell’uomo era il suo migliore amico.

Già all’epoca del loro primo incontro, Mick aveva mostrato interesse nei confronti di Kaori, si era sinceramente innamorato di lei, dongiovanni impenitente qual era, e aveva avuto il coraggio di confessarle il suo amore. Ma poi si era tirato indietro, perché aveva capito che per lui non c’era posto, che il cuore della donna era già occupato… ma ora?

Ryo era geloso. Geloso marcio. Lo ammise a sé stesso senza alcuna remora – ormai non aveva senso farsene – e, dimenticandosi all’istante di tutti i suoi propositi di uscire per sempre dalla vita di Kaori, decise che mai e poi mai avrebbe permesso all’Americano di corteggiarla. Non poteva accettarlo: Mick era immerso fino al collo in quel mondo di merda esattamente come lui e di certo Kaori non sarebbe stata felice al fianco di quello yankee…

«Chiunque ma non lui» si disse Ryo. Aveva deciso: sarebbe andato a cercare Mick e l’avrebbe convinto, con le buone o con le cattive, a tenersi lontano dalla sua donna.

 

 

Trovare Mick non gli fu difficile; combinare un appuntamento con lui ancora meno.

I due uomini si incontrarono quel pomeriggio, in una zona della città diametralmente opposta alla Torre di Tokyo e, guarda caso, poco prima dell’ora fissata per il presunto appuntamento con Kaori.

Ryo si presentò in anticipo e rimase ad aspettare l’ex collega sulla sponda del laghetto al centro del parco, cercando invano di dimenticare il motivo per cui si trovava lì. Avrebbe dovuto rimanere calmo, evitare di perdere il controllo; impresa ardua vista la straordinaria capacità di Mick di farlo andare in bestia e il suo incredibile acume e curiosità per le faccende di cuore – altrui, ovviamente.

Dopo un po’, quando già si stava stancando di aspettare, Saeba si sentì dare una pacca sulla spalla e subito udì la voce allegra di Mick salutarlo: “Hello Ryo! How are you? It’s been such a long time![1]

“Taglia corto con i convenevoli, Mick” lo interruppe seccamente lo sweeper “Sai perfettamente perché ti ho chiesto di incontrarci oggi e non mi sembra il caso di fare gli amiconi” Ryo aveva deciso per la linea dura, il gioco a carte scoperte, e al diavolo la prudenza e la diplomazia.

Rimase quindi spiazzato di fronte al genuino stupore del biondo. “Di cosa stai parlando, Ryo? Io pensavo mi avessi chiamato semplicemente per salutare un vecchio amico”

“Proprio un bell’amico… ricompari dal nulla dopo secoli e ti metti a corteggiare la donna del tuo ex compagno di lavoro” La voce di Saeba era aspra, sferzante, ma ancora relativamente calma.

Sinceramente stupito, l’Americano rise, la testa inclinata su una spalla e le mani infilate nelle tasche degli eleganti pantaloni color antracite. “Veramente la versione che mi ha raccontato Kaori è un po’ diversa”

Al sentire il nome della donna, l’espressione di Ryo si fece gelida, gli occhi simili a buchi neri che minacciavano di inghiottire qualsiasi cosa, con la sinistra promessa di non restituire più nulla. Fissò lo sguardo sull’altro. “Come fai a sapere di Kaori? Quando l’hai incontrata?”

“L’ho vista ieri, in centro. Le ho offerto un caffé e, mentre facevamo due chiacchiere, mi ha raccontato di quanto sei stato imbecille”

La leggerezza con cui quelle parole erano state pronunciate fu la goccia che fece traboccare un vaso già stracolmo. Ryo non riuscì neanche ad infuriarsi, ma passò direttamente ad una fase successiva alla collera, propria solo degli individui con una grande forza di carattere, una fase ben più pericolosa, in cui la rabbia non è più un fatto meramente istintivo ma viene razionalizzata e incanalata su un obiettivo preciso, con effetti che possono essere devastanti. Afferrò Mick per il bavero della giacca e lo sollevò di peso, tirandolo a sé. “Rimangiati immediatamente quello che hai detto” Apparentemente calmissimo, glaciale, ma in realtà pronto ad esplodere alla più piccola provocazione.

L’Americano, benché conscio di star giocando col fuoco – conosceva bene Ryo e il suo temperamento sanguigno, non si scompose minimamente. “Non ci penso neanche. È la verità e la tua reazione spropositata non fa che confermare la mia prima impressione su tutta questa storia”

Saeba allentò la presa, permettendo a Mick di stare in piedi sulle sue gambe, ma neanche uno dei suoi muscoli si rilassò. “E sentiamo, cosa avresti capito di quel che è successo?” Di nuovo quel tono al vetriolo.

Il biondo scosse la testa, sistemandosi la giacca con fare noncurante. Poi colpì. “Tu la ami, Saeba. Smettila di negarlo a te stesso, a lei, al mondo intero. Non so perché tu le abbia detto quelle cose orrende quel giorno, ma, purtroppo per te, penso che sia stato l’errore più grande della tua vita: non riuscirai a tornare indietro stavolta. Kaori ormai si è inserita in un nuovo mondo e ha trovato la felicità… in fondo non è quello che hai sempre voluto per lei?”

Si interruppe un attimo, per rendersi conto dell’effetto delle sue parole sull’amico. Devastante, pur in assenza di conseguenze visibili.

“Solo che non avevi considerato la variabile impazzita del cuore: ti sei innamorato dell’unica persona che non avresti mai dovuto amare e non hai avuto il coraggio di accettare e ammettere i tuoi sentimenti. Ed è finita così… that’s the way the cookie crumbles![2]

Il City Hunter strinse i pugni. Mick aveva ragione, ragione su tutta la linea: ma quanto era duro sentirsi buttare in faccia la verità in quel modo!

“Io non voglio fare il tuo stesso errore, Ryo. Non puoi impedirmi di amare Kaori e di dimostrarle i miei sentimenti. E se lei mi ricambierà non potrai impedirci di vivere la nostra vita e di compiere liberamente le scelte che vorremo. Il treno dell’opportunità passa una volta sola, amico, e se lo perdi non sta certo lì ad aspettarti…”

 

***

 

“EEEEHH?!?!” Un urlo spaccatimpani provenne dal container-camerino allestito ai piedi della Torre di Tokyo “No! No! E poi no! Non se ne parla neanche!” strepitò Kaori scuotendo vigorosamente la testa.

“Ma scusa Kaori, cosa c’è di male?” Eriko pareva genuinamente stupita “Non ti ho mica chiesto la luna!”

“Ma… dico, hai realizzato o no cosa mi stai chiedendo?!”

“È solo una foto, Kaori, cosa vuoi che sia?”

“Non è SOLO una foto” puntualizzò la ex sweeper, rossa in volto “Tu mi stai chiedendo di ba-“

“Kaori-san, non mi dica che non vuole concedermi un bacio!” intervenne una calda voce maschile dalla porta “Non mi ritiene all’altezza della sua bellezza?” Un bel ragazzo sui 25 anni, carnagione abbronzata e muscoli in bella vista, fece capolino nella stanza.

Kaori arrossì, se possibile, ancora di più. “Masato-san… non è come pensa… solo che…”

Masato, che aveva tutta l’aria di uno che dalle donne è abituato ad ottenere tutto e subito, indirizzò a Kaori un sorriso seducente. “E allora, che problemi ci sono? È tutto così semplice…” mormorò, avvicinandosi alla sweeper e cingendole la vita con un braccio.

Ma l’intraprendente playboy non aveva fatto i conti con i famosi martelli di Kaori Makimura. “Tieni giù le mani! DEPRAVATO!” esclamò la ex City Hunter, colpendo il povero disgraziato con un martellone gigante e mettendoci tutta la forza che era solita usare quando lo brandiva contro Ryo. Masato volò fuori dalla finestra, finendo poi spiaccicato contro un albero, sotto gli occhi attoniti di Eriko e del resto della troupe.

Vedendo il risultato ottenuto, Kaori sorrise soddisfatta e posò a terra l’arma impropria. “Così quello impara ad allungare troppo le mani! E tu volevi che baciassi un tipo del genere!” concluse poi, rivolgendosi alla stilista.

Quella, dal canto suo, era sull’orlo di una crisi di nervi. “E adesso come faccio? Tu e Masato eravate perfetti per quella foto! Già me la vedevo: un uomo dal fisico scultoreo e una donna bellissima che si baciano sulla cima della Torre di Tokyo… sarebbe stato un successo!”

Kaori incrociò le braccia. “Indubbiamente… peccato che io non abbia nessuna intenzione di baciare il primo che capita! Neanche per finta!” Scosse la testa e il suo tono perse ogni sfumatura velenosa. “Dai Eriko, lo sai come sono fatta… con gli uomini sono timidissima, non puoi chiedermi una cosa del genere!”

Sul volto di Eriko si disegnò un sorriso strano. “Eh già… timida, timida, ma intanto ti sei trovata compagnia… uno straniero per di più!”

“Ma che cavolo dici?”

Il sorriso di Eriko si allargò. “Dai, non fare la finta tonta! Il tipo con cui eri in giro ieri pomeriggio! Me l’ha detto Meiko che vi ha visti al bistrot vicino al parco… Avanti, sputa il nome: chi è questo principe azzurro?”

Kaori corrugò le sopracciglia, poi improvvisamente sembrò realizzare e ridacchiò sommessamente. “Ma cosa ha capito quella svanita di Meiko?! Quello non è il mio ragazzo!”

“Come no?”

“Ma no! Lui è Mick Angel… è un ex compagno di lavoro di Ryo. L’ho incontrato ieri per caso, tra l’altro era anche tantissimo tempo che non ci vedevamo, e così mi ha invitato a prendere un caffé e a fare due chiacchiere”

“Oh… e io che immaginavo chissà che” la stilista pareva delusa “Però Meiko mi ha detto che è davvero bello: alto, biondo e molto elegante”

Kaori sembrò considerare Mick sotto quell’aspetto solo in quel momento. “Beh… sì, di certo ha buon gusto nel vestire, porta sempre solo completi di sartoria… meglio di Ryo, sicuramente”

“Lui lascialo perdere” Eriko liquidò l’argomento Saeba con un gesto veloce della mano “Piuttosto…” si interruppe un attimo, intenta a riflettere. Poi alzò gli occhi e li fissò in quelli perplessi di Kaori, con un sorriso che andava da un orecchio all’altro e non prometteva nulla di buono “Ho trovato, Kaori: adesso tu chiami Angel-san e facciamo firmare anche a lui un bel contratto, così sarà lui a fare quella famosa foto con te!”

Kaori spalancò gli occhi e fece una smorfia. “Eh?”

La stilista annuì decisa. “Sì, sì, sarà perfetto… su, sbrigati, prendi in mano quel telefono e chiamalo”

“Ma chi ti dice che lui sarà d’accordo?”

“Se non glielo chiediamo non lo sapremo mai, no?” rispose Eriko, pragmatica “E poi non è mica scemo: gli offro la possibilità di baciare una delle donne più belle del Giappone e in più lo pago profumatamente… vuoi che rifiuti?”

“ERIKO!” La ex sweeper era imbarazzatissima e le sue guance avevano ormai una tonalità purpurea.

“Avanti, non farti pregare! Che già mi hai messo fuori uso uno dei miei modelli più importanti… adesso dovrai pur fare qualcosa per ripagarmi i danni, no?” Così dicendo, la stilista porse all’amica il piccolo cellulare già aperto e pronto per chiamare.

Kaori provò a spostare la questione su un altro piano. “Ma Eriko, scusa, quella foto non si può fare comunque…”

“E perché?”

“Beh, se ci inquadri a figura intera prendendo l’uomo di spalle, io vengo di fronte e si vede la mia faccia… e ti ho già detto che non posso permettere che succeda”

La stilista sembrò considerare per un attimo la faccenda. “Bel tentativo, Kaori, ma è un problema che abbiamo già risolto. Se farete come vi dico, del tuo viso non si vedrà nulla… anche se è un vero peccato”

“Sai com’è la situazione, Eriko. Puoi scappare fin che vuoi, ma il tuo passato in un modo o nell’altro te lo porti sempre dietro. Gli altri non dimenticano” Kaori sorrise mesta.

“Appunto. Gli altri non dimenticano” Eriko riportò la conversazione sull’argomento originario, anche per non far cadere l’amica nella trappola del ricordo “Allora, questa telefonata?”

“Non posso proprio farne a meno, eh?”

“No, non puoi”

La sweeper trasse un sospiro rassegnato e crollò il capo. “E va bene… speriamo solo che Mick rifiuti…”

“Non rifiuterà, tranquilla”

“Non sono per niente tranquilla…” piagnucolò Kaori, mentre il telefono squillava.

 

***

 

L’eco delle ultime parole di Mick si era ormai spento nella quiete del parco, stranamente deserto nonostante la bella giornata, ma Saeba non aveva fatto nulla per tentare di riempire quel silenzio, né l’Americano aveva dato segno di voler aggiungere altro. I due uomini stavano semplicemente immobili l’uno di fronte all’altro, persi in pensieri che si inseguivano confusamente nella loro mente, alla disperata ricerca di parole per esprimersi.

Sembrava la scena di un vecchio film western, in cui lo sceriffo e il bandito stanno piantati per un tempo interminabile nel bel mezzo della strada in attesa della mossa del rivale, quando all’improvviso succede qualcosa che fa scattare l’inferno.

Quel qualcosa si manifestò nello squillo del cellulare di Mick, che cominciò a diffondere nell’aria un’allegra marcetta tipicamente made in USA, completamente stonata rispetto al contesto. Quel suono insistente nell’assenza pressoché totale di rumori ebbe quasi l’effetto di un uragano, almeno su Ryo; immediatamente lo sweeper corse con lo sguardo al grande orologio posto alle spalle dell’altro, solo per veder confermato ciò che temeva: le lancette segnavano quasi le 15:30, quindi a chiamare non poteva essere che…

Portò gli occhi su Mick che nel frattempo aveva estratto il cellulare dalla tasca e osservava lo schermo con un’espressione tra il sorpreso e il divertito, ma senza decidersi a rispondere.

Finalmente aprì il telefonino e se lo portò all’orecchio. “Hello?”

[…]

“No, darling, doesn’t matter… yes, tell me![3]

Saeba osservava il biondo ex collega: la donna dall’altra parte della linea (perché dall’espressione sognante dell’amico era chiaro che stesse parlando con una donna) non poteva essere Kaori… che Ryo sapesse non conosceva bene l’inglese e difficilmente avrebbe potuto capire il marcato accento texano di Mick.

Nel frattempo la conversazione continuava. Ora l’Americano stava ridendo.

“But that’s a wonderful idea, baby! Just give me the time to get to you…[4]

[…]

“Must be joking, right? I’ll be more than happy to help you![5]

[…]

“Now I’m in the public garden near the Sunshine Hotel… yes, it’s quite far, I know. Listen darling, I’ll be there as soon as possible, understood?[6]

[…]

“No question, just wait for me[7]

[…]

“Kisses darling! See you later![8]

Dopo aver riattaccato, Mick alzò gli occhi su Saeba e gli sorrise. “Come penso tu abbia capito ho un appuntamento. Quindi se vuoi scusarmi…”

Ryo lo fissò truce. “Basta che non sia con lei, poi puoi fare quel che ti pare”

L’Americano inarcò le sopraciglia. “Intendi Kaori?” Poi scosse la testa e sorrise. “Te l’ho già detto, Ryo: tu hai avuto la tua possibilità e te la sei giocata… adesso non hai più voce in capitolo, quindi stanne fuori” Il suo tono, sul finire della frase si era fatto tagliente, quasi minaccioso. Ma subito riprese la sua sfumatura allegra e vagamente provocatoria. “Comunque, se vuoi saperlo, ho un appuntamento con una modella alla Torre di Tokyo”

Una modella… la Torre di Tokyo…

Saeba si irrigidì. “Non osare toccarla. Lascia stare Kaori”

“No, TU lascia stare Kaori” La voce di Mick si era fatta gelida come l'azzurro dei suoi occhi “Non so come tu abbia fatto a capire che si trattava di lei, comunque te lo ripeto: adesso Kaori è felice, lasciala in pace, non cercare di sconvolgere di nuovo la sua vita solo per il tuo egoismo”

Il City Hunter non trovò la forza di ribattere e l’Americano se ne andò a passo svelto.

 

 

Rimasto solo, Ryo si lasciò cadere su una panchina, tentando faticosamente di razionalizzare quel che era appena successo.

Ma tutto quel che il suo cervello riusciva a dirgli era ciò che in fondo gli ripeteva già da un bel pezzo: che era un idiota.

 

E guarda come un uomo matura senza premura
Perde la misura poi giura

Scuse che valgono spazzatura…
 

Quante volte aveva ingannato Kaori facendole credere che non gli importasse niente di lei solo perché non aveva il coraggio di ammettere i suoi sentimenti? Quante volte aveva mascherato il suo desiderio per lei dietro una repulsione palesemente esagerata e proprio per questo palesemente falsa?

 

Ha belle parole ma mantenere ciò che ha promesso
Non gli è mai successo troppo

È egoista per un compromesso…
 

Perché in fondo era questo che lui aveva fatto… aveva continuato a mentirle per tentare di salvare quel tanto decantato equilibrio interiore che in realtà non aveva. E anche le poche volte che aveva trovato il coraggio di dirle la verità, come quella volta al matrimonio di Miki e Umi, poi alla fine non aveva fatto nulla per cambiare le cose.

Egoista per un compromesso: questo era quello che era. Aveva paura di impegnarsi, aveva paura del suo stesso amore per lei, aveva paura che lo rendesse fragile. E allora meglio negare tutto, no?

E così facendo l’aveva persa…

 

Ho una cicatrice sul cuore con sopra il tuo nome
Ma voglio tu sia felice anni luce da questa canzone
E dal male che ti ho fatto lui saprà curarti
Mentre conto i miei errori realizzati tardi…

 

La loro separazione aveva lasciato una ferita profonda dentro di lui, una ferita che forse non si sarebbe mai rimarginata del tutto… ma in fondo lui se lo meritava, se lo meritava in pieno per tutto quello che le aveva fatto.

Forse aveva ragione Mick. Forse doveva lasciarla stare, togliersi dalla sua vita, guardarla solo da lontano ed essere felice per lei… anche se questo probabilmente avrebbe significato vederla accanto a Mick…

 

Mi manchi guapa

Manca ogni litigata
Manca il sapore di tornare e ritrovarti a casa
L’odore di una maglietta prestata…
[9]

 

Gli mancava da morire tutto di lei… il suo sorriso, la sua voce, le sue martellate… lei ormai era diventata la sua casa, la sua famiglia, in lei aveva trovato quel calore e quell’affetto che non aveva mai avuto…

Non poteva perderla: lei era tutto per lui…

Ma non poteva nemmeno tarparle le ali facendola tornare a vivere con lui…

C’era una sola cosa che poteva fare.

L’avrebbe seguita, stando nell’ombra, proteggendola da qualunque pericolo; ma senza interferire nella sua vita. Avrebbe seguito da lontano la sua storia con Mick e, giurò a sé stesso, se lei avesse deciso di fidanzarsi con lui non avrebbe fatto nulla. Ma se solo avesse visto sul suo viso anche una singola lacrima, lo yankee l’avrebbe pagata cara.

E poi forse, un giorno, se il destino avesse voluto, lui avrebbe avuto un’altra possibilità. E allora non l’avrebbe sprecata… e allora sarebbero stati felici…

 


[1] Ciao Ryo! Come stai? È passato parecchio tempo!

[2] È un modo di dire americano che significa “Così è la vita”

[3] No, tesoro, non c’è problema… dimmi!

[4] Ma questa è un’idea fantastica, piccola! Dammi soltanto il tempo di venire da te

[5] Stai scherzando, vero? Sono più che contento di aiutarti

[6] Adesso sono nel parco vicino al Sunshine Hotel… lo so, è abbastanza lontano. Senti, sarò lì il prima possibile, capito?”

[7] Niente ma, aspettami

[8] Un bacio piccola. Ci vediamo dopo

[9] Da “Cara mia ex” degli Articolo 31

 

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Capitolo IX ***


All about loving you

All about loving you

 

Disclaimer: I personaggi di City Hunter sono di proprietà di Tsukasa Hojo e degli aventi diritto.

Gli altri personaggi sono di proprietà dell’autrice.

La canzone “All about loving you” è dei Bon Jovi.

 

Febbraio 2006

Eccomi di nuovo qui. Finalmente dopo 6 mesi ho aggiornato la fanfic! Chiedo scusa a tutti per l’attesa e ringrazio coloro che continuano a seguirmi nonostante gli ormai geologici tempi di aggiornamento. Vorrei rassicurare questi miei aficionados che la storia proseguirà fino alla sua naturale conclusione: non vi prometto niente in termini di velocità di update, ma potete stare certi che non smetterò di scrivere. Questo racconto è profondamente parte di me e non ho nessuna intenzione di lasciarlo incompiuto.

Grazie ancora a tutti e buona lettura.

Mistral

 

***

Capitolo IX

“Kaori-san, per favore, stia ferma! Oggi è così irrequieta… non riesco a pettinarla!” La parrucchiera lottava ormai da un po’ contro l’indisciplinata modella che non ne voleva sapere di lasciarsi sistemare (per la ventesima volta in un’ora) una pettinatura già perfetta.

“Ayako, per cortesia lascia perdere” la fermò Kaori, scostandole la mano “Davvero, faresti un lavoro inutile: non ce la faccio proprio a stare calma”

“È successo qualcosa, signorina?”

“Beh…” arrossì l’altra. “Oh, mi perdoni l’indiscrezione, Kaori-san!” esclamò la giovane “È solo che di solito lei è così allegra e solare, mentre oggi…”

La ex-sweeper si imporporò ancora di più. “No, no Ayako, non preoccuparti! Il fatto è che mi sono infilata in una situazione un po’ imbarazzante, coinvolgendo un amico e quindi…”

“Kaori!” la voce di Eriko che la chiamava da fuori il camerino la interruppe. “Kaori, vieni un attimo, per cortesia. La guardia all’ingresso mi ha detto che c’è un uomo che chiede di te” informò la stilista, infilando la testa nella stanza.

“Oddio, Mick!” esclamò la ragazza, mettendosi le mani nei capelli.

“Signorina, la pettinatura!” la bloccò Ayako con uno strillo “Coraggio, vedrà che andrà tutto bene… lei è bellissima!” concluse con fare complice e porgendole una mano per aiutarla ad alzarsi.

“Ayako! Non ti ci mettere anche tu, ti prego!” Ormai il viso di Kaori stava passando tutte le tonalità del rosso.

“Ayako ha ragione, altro che!” si intromise Eriko, strattonando la sua modella per farla mettere in piedi. “Su, adesso vieni con me che siamo già quasi in ritardo sulla tabella di marcia…” proseguì, mentre le appuntava una grossa spilla di brillanti e gemme sull’abito nero “…se aspettiamo un altro po’ non ci sarà più la luce giusta per scattare le foto e allora…”

Mentre trascinava Kaori verso la Torre, la voce della stilista si perse in lontananza nel brusio del set e Ayako non poté più udirla, ma era sicura che stesse continuando a parlare del suo lavoro. Sorrise e iniziò a riordinare le sue cose.

 

Mick si guardava intorno perplesso: non si era mai neanche lontanamente avvicinato ad un set fotografico e non avrebbe assolutamente immaginato che fosse un ambiente così caotico: c’era gente che correva da tutte le parti con in mano le cose più disparate e tutti, quando gli passavano vicino, lo fissavano per un attimo – non sfacciatamente, come voleva la buona educazione - ma lo fissavano, le ragazze con adorazione, gli uomini con curiosità, alcuni con freddezza.

Ma tutto quel turbinio di gente all’improvviso si calmò, quando fece la sua comparsa una ragazza minuta, dai capelli neri, che gli si avvicinò con sicura eleganza. “Good morning, are you Mr. Angel? I’m Eriko Kitara, I’m a stylist and I’m in charge of this photographic set. Would you kindly follow me?[1]

“Buongiorno a lei, signorina” rispose Mick, accennando un lieve inchino “Non serve che parli inglese, la capisco benissimo avendo vissuto molti anni qui in Giappone”

Eriko sorrise. “Molto bene allora. Prego Angel-san, da questa parte”

Mick la seguì e i due si diressero verso un container leggermente defilato rispetto al trambusto del set.

Già da lontano, l’Americano scorse Kaori che li aspettava sulla porta, visibilmente tesa. Allungò il passo e le si avvicinò in un attimo, portandosi la sua mano alle labbra. “Ciao Kaori, come stai?”

La ragazza, a quel gesto, si imbarazzò anche più del giorno precedente, specie vedendo alle spalle dell’uomo Eriko assumere un’espressione più che eloquente. “Ciao Mick, grazie di essere venuto…” balbettò alla fine, tentando di riprendere il controllo di sé. “Questa pazza della mia amica vorrebbe che noi… oh, ma naturalmente tu non avrai nessuna intenzione di prestarti, vero…?”

“Calma darling!” la interruppe Mick, appoggiandole le mani sulle spalle “Adesso «questa pazza» della signorina Kitara ci spiega tutto, ok?” Dietro di lui, Eriko annuì, soddisfatta che qualcuno la tenesse in considerazione.

“Ma Mick! Tu…”

“Shh…” sorrise l’Americano, posandole un dito sulle labbra “Fa parlare Kitara-san”

“Grazie Angel-san! Lei sì che mi capisce!” affermò la stilista soddisfatta, facendo un passo avanti “Dunque, come Kaori sa già, vorrei scattare una serie di fotografie di una coppia che si bacia” e qui lanciò un’occhiata significativa alla sua imbarazzatissima modella “sulla cima della Torre di Tokyo” Osservò per qualche secondo Mick per coglierne le reazioni, ma lui era impassibile “E questa coppia siete voi due… che ne dite?”

Non aspettò nemmeno che le rispondessero, prendendo il loro silenzio per assenso. “Coraggio! Mettiamoci al lavoro!” esclamò con un sorriso, cominciando ad avviarsi.

“Aspetta Eriko” la bloccò la ex sweeper “Devo proprio mettere questo vestito?” domandò, chiaramente imbarazzata, stringendosi sulle spalle un leggero scialle di cachemire.

“Kaori! Te l’ho già detto, quest’abito è la punta di diamante della mia collezione… non puoi metterne un altro. Senza contare poi che ti sta divinamente. Avanti, leva quello scialle e fatti vedere da Angel-san, vedrai che anche lui sarà d’accordo”

“Ma Eriko…”

“Dai Kaori, fai la brava e fammi vedere come stai…” Mick aveva seguito il battibecco tenendosi in disparte, ma in quel momento sul suo volto si era disegnata un’espressione che ricordava molto quella di Saeba.

Kaori, incalzata su due fronti, non poté far altro che cedere. “E va bene… però Mick promettimi che non ti metterai a ridere o peggio ancora” disse infine.

“I swear[2]!”

La ragazza sembrò rassicurata e si lasciò scivolare lo scialle dalla schiena, rimanendo poi immobile davanti all’Americano.

Questi, dal canto suo, rimase interdetto: cosa ci poteva essere di imbarazzante in quel vestito di seta nera dal castigato scollo a barchetta che seguiva dolcemente le curve fino a terra? Stava per dar voce alla sua perplessità, quando Kaori gli voltò le spalle, rivelandogli la schiena completamente scoperta fino alla base, eccezion fatta per le sottili spalline che sostenevano l’abito, correndo proprio lungo l’attaccatura del braccio.

A quella vista, Mick non poté trattenere un fischio di ammirazione; la ragazza, che, ancora voltata, lo scrutava ansiosa da sopra la spalla, si ricoprì in fretta, imbarazzatissima. “Ecco! Lo sapevo che avresti reagito così!”

Eriko sorrise tra sé e scosse la testa: la sua amica non sarebbe cambiata proprio mai.

“Kaori cosa ci devo fare se sei così bella?!” rispose candidamente Mick “Dopotutto sono un uomo, non puoi pretendere che rimanga impassibile davanti a certe scene…”

La ex sweeper, sempre più imbarazzata, nascose la testa sotto lo scialle, quasi volesse scomparire: quei complimenti così espliciti le facevano un piacere immenso, ma non sapeva come reagirvi e non trovava neanche la forza di guardare negli occhi l’amico.

“…e complimenti anche a lei, signorina Kitara! Ha disegnato un abito veramente magnifico per Kaori. Credo ci siamo poche donne al mondo che saprebbero portarlo altrettanto bene, non è d’accordo?”

“Oh Angel-san, lei sì che è un vero intenditore di moda! Grazie di cuore per le sue parole!” esclamò la stilista, emozionata. Ma subito recuperò il suo aplomb professionale e prese Kaori per un braccio, cominciando a dirigersi verso la Torre “Ma adesso non perdiamo più tempo, abbiamo un servizio fotografico da fare!”

 

Sulla cima della Torre, i due modelli vennero in breve istruiti sulla posa da assumere – una posa che imbarazzava Kaori da morire; Mick, invece, non si sentiva minimamente a disagio. Dopotutto la ex sweeper era la donna di cui si era innamorato e che amava ancora e l’idea di poterla abbracciare (e forse anche baciare) bastava a fargli dimenticare ogni fastidio per le decine di occhi, elettronici e non, puntati su di loro.

“Ok, ora mettetevi in posa per cortesia” La voce di Eriko li riscosse dai loro pensieri.

Kaori e Mick si scambiarono un’occhiata. “Coraggio darling, vedrai che andrà tutto bene. Tu semplicemente stai rilassata e fidati di me”

Kaori non riuscì a trovare il coraggio per sostenere il suo sguardo per più di un secondo e abbassò gli occhi. “Mick io…”

Come fare a dirgli che non voleva che lui la baciasse senza offenderlo? Che, anche se il bacio che avrebbero dovuto scambiarsi non sarebbe stato altro che una finzione, lei non se la sentiva?

Ma Mick sembrò capire cosa la preoccupava. “Kaori, guardami per favore” le disse dolcemente, prendendole il mento in una mano per indurla a voltarsi “Ho capito qual è il problema. Non ti bacerò se non lo vuoi… anche se per me non sarebbe affatto una finta”

La ragazza, a quelle parole, sentì il rossore salirle alle guance e le ginocchia cederle e ringraziò il cielo che l’Americano le stesse cingendo la vita con un braccio, altrimenti probabilmente sarebbe caduta a terra. Strinse con forza i baveri della giacca di Mick, poi, dopo un attimo, prese un profondo respiro e alzò gli occhi, sorridendogli.

Lui ricambiò il sorriso e poi lanciò un’occhiata a Eriko e ai fotografi che stavano seguendo perplessi lo scambio di battute tra i due. “Siamo pronti miss Kitara, quando volete scattate”

 

***

Circa due settimane dopo

Ryo si buttò svogliatamente su uno degli scomodissimi sedili della metropolitana. Da quel famoso incontro con Mick al parco aveva cominciato a seguire la socia come un’ombra, cercando di memorizzarne orari e spostamenti; pur non essendo quello un compito molto difficile, era comunque sfibrante, specie sotto il profilo psicologico. Era inutile che cercasse di negarlo: non gli piaceva per niente vedere la sua Kaori davanti all’obiettivo di un fotografo, meno che mai con le mise che Eriko disegnava apposta per lei – e che, manco a dirlo, non facevano altro che esaltare la sua bellezza.

Saeba sbuffò: per quel giorno aveva saputo che Kaori non si sarebbe mossa da casa, quindi lui non aveva molto da fare. Era un’ottima occasione per staccare un attimo e pianificare una strategia d’azione che fosse un minimo razionale.

La metropolitana si fermò, facendo salire una mezza dozzina di passeggeri; la carrozza non era molto affollata, ma comunque tutti i posti a sedere erano già occupati, eccetto quello accanto a lui, che fu subito preso da una ragazza di circa vent’anni, con una massa di riccioli biondi e grandi occhi azzurri. La giovane teneva in mano una rivista, che l’occhio ormai allenato di Ryo riconobbe come uno dei principali tabloid che si occupavano di fare le pulci ai cosiddetti vip. Lo sweeper non avrebbe degnato la sua vicina e la rivista di un’altra occhiata, non fosse stato per una foto che intravide appena, ma che gli sembrò ritraesse qualcuno di familiare.

Rimase impalato a fissare, senza neanche vederla, la ragazza che continuava a sfogliare il giornale apparentemente indifferente allo sguardo vacuo di Saeba; alla fine però lei non riuscì più a far finta di niente e gli rivolse la parola: “Mi scusi, ha forse bisogno di qualcosa?” la voce era cortese ma ferma, anche se sotto sotto si avvertiva il disagio per quegli occhi puntati addosso.

Ryo sobbalzò. “Scusami, non… stavo guardando te…”

La biondina gli rivolse un’occhiata interrogativa.

“La tua rivista… posso vederla solo un attimo?”

“Certo, tenga” Sempre più perplessa, la giovane gli porse il settimanale. Saeba lo sfogliò rapidamente, finché non trovò ciò che prima aveva attratto la sua attenzione: una pubblicità a tutta pagina, con la foto di una coppia teneramente abbracciata, lei avvolta in un abito nero con una scollatura da urlo sulla schiena e lui con un elegante completo bianco. I loro volti, grazie ad un abile gioco di inquadrature e pose, non si vedevano, ma Ryo non ebbe nessuna difficoltà a riconoscerli. Quelli erano Kaori e Mick. E Mick stava baciando Kaori.

Pallido, le nocche strette e bianche per la tensione e la rabbia, lo sweeper buttò a terra la rivista e scese dalla metropolitana.

 

***

 

Quella sera, all’ultimo piano del palazzo sede della casa di moda Kitara, l’atmosfera era decisamente euforica: la nuova campagna pubblicitaria aveva avuto un successo strepitoso e le indiscrezioni su i due modelli protagonisti della foto del bacio sulla Torre, lungi dal venir considerate nocive, stavano contribuendo a far accendere i riflettori sulla giovane stilista e sui suoi indossatori dal volto sempre celato.

Kaori sospirò e si prese la testa tra le mani: certo, quella foto era stata un successo strepitoso – e anche lei doveva riconoscere che in effetti era molto bella, ma farla le era costata una fatica immane. «Non c’è storia: non sono tagliata per fare la modella, se mi imbarazzo a morte anche per queste piccole cose…»

Cercando di fare il meno rumore possibile, si alzò e uscì sull’ampia terrazza, illuminata da un sottile spicchio di luna che lottava per farsi strada tra i nuvolosi neri che lo assediavano. Adorava stare all’aperto nelle sere di primavera come quella, a farsi cullare dal profumo dei fiori e dalla brezza ancora un po’ pungente.

Avanzò fino al limitare del balcone e rimase immobile a guardare la città dall’alto, persa nei suoi pensieri, giocherellando con un orecchino; all’improvviso delle braccia muscolose le cinsero la vita e sentì il petto ampio e caldo di Mick appoggiarsi alla sua schiena. “Che ci fai qua fuori? Senza giacca per di più… finirà che ti ammali”

Con grande sorpresa dell’Americano, Kaori non tentò di divincolarsi dal suo abbraccio. “Non credo, sai? Ho un fisico piuttosto resistente io” sorrise “Tu piuttosto, perché non sei rimasto con gli altri? Credevo ti divertissero le riunioni come quella…”

“Volevo capire cosa avessi. Mi sei sembrata strana stasera”

La ragazza, sorpresa dalla risposta dell’uomo, abbandonò la testa sulla sua spalla e rimase in silenzio per qualche istante. “Stavo ripensando alla foto sulla Torre… è stata un’esperienza stranissima per me, ma mi ha fatto capire alcune cose, sai?”

“E che cosa in particolare?”

“Beh, una cosa su di te, per esempio… anzi, su di noi ad essere precisi”

Mick si irrigidì per un istante: non si aspettava una risposta del genere da parte di lei.

Kaori, dal canto suo, sembrò ignorare la tensione palpabile che emanava dallo yankee alle sue spalle e, dopo altri interminabili secondi di silenzio, proseguì. “Sai Mick, si fa presto a dire che il tempo sistema le cose, ma si fa un po’ meno presto a convincersi che sia così… quando mi sono separata da Ryo io pensavo che non sarei più riuscita a togliermelo dalla mente, meno che mai ad innamorarmi di nuovo. Invece forse ora qualcosa è cambiato, il tempo ha fatto il suo corso e forse ora…” si interruppe di nuovo e lasciò vagare lo sguardo sulle mille luci scintillanti della città che si stendeva ai loro piedi.

“Kaori questo vuol dire che tu…”

 

Io non ti so rispondere
Se un giorno cambierà
Non ti prometto niente…

 

“Io non so se è proprio amore, faccio ancora confusione… ma so che sei stato il più bravo a non andartene via[3] e di questo non posso che esserti grata. Grazie di tutto Mick”

“Piccola io non so davvero cosa dire…”

“Non dire niente, non servirebbe. Anche perché se mi facessi delle domande non saprei cosa risponderti. Non mi capisco bene nemmeno io e la cosa mi mette molto a disagio. So solo che con te sto bene, mi fai sentire sicura e so che posso contare sul tuo sostegno ogni volta che ne ho bisogno e questo per me vuol dire già tanto”

 

Dico solo che con te sto meglio
E che il tempo del risveglio
Già potresti essere tu
Non dico di più, non dico di più…

 

Mick, sempre stretto a lei, le accarezzava le braccia, tentando di decifrare tutto il non detto che la ragazza lasciava dietro le sue parole; voleva capire se, facendo ciò che aveva in mente, aveva una minima possibilità di non rovinare tutto e finire spiaccicato a terra da uno dei celeberrimi martelloni di Kaori. Cercò di catturare i suoi occhi, ma sembrava quasi che lei volesse sfuggirlo, perdendosi nella contemplazione del paesaggio notturno.

“Tu mi fai sentire speciale Mick, e questa è una sensazione magnifica che non ho mai provato con nessuno. Ryo nel suo contorto modo provava dell’affetto per me, certo, ma non me l’ha mai dimostrato apertamente come te e comunque non credo mi volesse bene quanto me ne vuoi tu”

«You don’t know how wrong you are, baby…[4]» Kaori era proprio ingenua a pensare che Saeba non l’amasse, considerò Mick; anche se, in effetti, lo sweeper non è che fosse proprio un modello di chiarezza e coerenza nei rapporti con lei…

“Io non so come andrà a finire tra noi, ma di sicuro io non mi scorderò mai di te e di quel che stai facendo…”

 

Se tornerò a innamorarmi ancora
Ora non so se sarà di te
Se ci sarà posto ancora
Mi piacerebbe tenerlo per te…[5]

 

“…e stai sicuro che…” proseguì Kaori, alzando gli occhi su di lui.

Ma Mick non la lasciò finire: ormai deciso a giocarsi il tutto per tutto, sfiorò leggermente le labbra della donna con le sue e si ritrasse senza approfondire il bacio. Si aspettava una reazione violenta, che invece non venne; al contrario, Kaori lo guardava stupefatta e incredula per quanto appena accaduto.

“C’è un posto per me al tuo fianco, Kaori Makimura?” le domandò infine l’Americano, senza distogliere gli occhi dai suoi.

La donna sorrise, poi, senza dire una parola, si allungò verso di lui e lo baciò nuovamente a fior di labbra; ma questa volta Mick non le permise di allontanarsi e con dolcezza la indusse a socchiudere la bocca, permettendo alle loro lingue di incontrarsi. Kaori si sentì percorrere da una scarica elettrica e decise di spegnere temporaneamente il cervello, rinunciando a qualunque tipo di pensiero razionale e cosciente, per farsi tutta sensazione: una sensazione bellissima, che non aveva mai provato prima. Il profumo fruttato di Mick le avvolgeva la mente, come le sue braccia avvolgevano il suo corpo, trascinandola in un mondo a lei completamente sconosciuto.

Quando lo sweeper si staccò da lei, la donna, sorprendentemente per nulla imbarazzata, si girò tra le braccia del compagno e nascose il viso nel suo petto. “Mick…”

“Ti amo piccola Kaori, ti amo tanto” le ripeté dolcemente, sfiorandole i capelli con un bacio e stringendola a sé, anche per proteggerla dal freddo ormai penetrante della notte.

 

Alle loro spalle, nella grande sala, la riunione era ormai finita e tutti se n’erano andati. Solo una persona osservava le due sagome abbracciate disegnate contro la skyline sfavillante di Tokyo. “Sono davvero contenta per te, amica mia… forse questa è la volta buona che riesci a dimenticarti di Saeba”

 


 

[1] “Buongiorno, è lei il signor Angel-san? Sono Eriko Kitara, sono una stilista e sono la responsabile di questo set fotografico. Sarebbe così gentile da seguirmi, per cortesia?”

[2] “Lo giuro”

[3] Questa battuta di Kaori e la precedente sono un leggero riadattamento de “L’odore del sesso” di Ligabue

[4] “Non sai quanto ti sbagli piccola…”

[5] “Non ti prometto niente” di Eros Ramazzotti

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Capitolo X ***


All about loving you

All about loving you

 

Disclaimer: I personaggi di City Hunter sono di proprietà di Tsukasa Hojo e degli aventi diritto.

Gli altri personaggi sono di proprietà dell’autrice.

La canzone “All about loving you” è dei Bon Jovi.

 

Febbraio 2006

Per farmi perdonare per i tempi di update, stavolta aggiornamento doppio! Quindi, ecco qua un piccolo capitolo monotematico su Ryo e sui suoi sentimenti… spero vi piaccia! ^^

A Davy.

 

***

Capitolo X

Eriko non era stata la sola a vedere quel bacio.

Anche lui li aveva visti… li aveva visti dalla terrazza del grattacielo di fronte, su cui si era appostato per vegliare, come sempre, sulla sicurezza della sua Kaori. Il cuore gli si era fermato per un istante, un solo lunghissimo istante in cui però tutta vita passata con lei (l’unica che, a conti fatti, ritenesse di poter chiamare “vita”) gli era scivolata davanti agli occhi.

 

Se ne stava sdraiato supino sul nudo cemento del tetto del suo palazzo, lo sguardo perso tra le stelle ma ancora fisso su quella scena.

Poi pian piano la sua mente aveva cominciato a tornare indietro…

 

Avrai sorrisi sul tuo viso come ad agosto grilli e stelle,
Storie fotografate dentro un album rilegato in pelle,
Tuoni d'aerei supersonici che fanno alzar la testa
E il buio all'alba che si fa d'argento alla finestra…

 

I primi ricordi di Kaori erano inevitabilmente legati ai suoi sorrisi, sempre diversi ma sempre bellissimi, ognuno incorniciato come in una fotografia e riposto nell’album dei ricordi più belli di Ryo, un album a dire il vero pieno quasi esclusivamente di lei…

Quante volte aveva vegliato Kaori nel sonno, dopo che lei aveva passato la notte in bianco ad aspettarlo, finché il buio non scolorava nel sole e il primo aereo del mattino sfrecciava sopra le loro teste diretto chissà dove…

 

Avrai un telefono vicino che vuol dire già aspettare,
Schiuma di cavalloni pazzi che si inseguono nel mare
E pantaloni bianchi da tirare fuori che è già estate,
Un treno per l'America senza fermate…

 

La ricordava nell’attesa di un lavoro che non arrivava, imbronciata perché lui rifiutava la metà dei casi che gli si proponevano e intanto le bollette si accumulavano… la ricordava quella volta che, terminato un incarico particolarmente stressante, gli aveva chiesto di portarla sulla spiaggia e, malgrado non fosse ancora primavera, si era tolta le scarpe e si era messa a correre come una bambina sulla sabbia umida e fredda, ridendo e lanciando gridolini ogni volta che le onde gelide le sfioravano i piedi… la ricordava quella volta che aveva rischiato di perderla per sempre, quando sua sorella le aveva proposto di seguirla in America ma lei aveva detto no… per amor suo.

 

In quell’immobilità assoluta in cui si era costretto aveva ormai perso il contatto con il suo corpo. Adorava quella sensazione che ti portava quasi a dimenticarti di esistere fisicamente per concentrarti completamente sulla tua mente. Le percezioni scomposte e despazializzate che gli giungevano gli davano l’impressione di galleggiare nel vuoto e di poter sentire ogni fibra del suo essere. Quello era il suo unico modo di riconciliarsi con sé stesso e di trovare un attimo di serenità, almeno fino a prima di conoscerla…

Chiuse gli occhi e si lasciò trascinare dai pensieri che gli mulinavano nella mente, mentre tra le sue dita lunghe e forti, incallosite dalle pistole e segnate da anni di vita rude e selvaggia, gli parve di sentire incunearsi quelle sottili di una mano femminile, la mano di Kaori. Era una sensazione stupenda, poter intrecciare le dita alle sue, ma quando tentò di stringerla perché lei non lo lasciasse più, quella mano fatta d’aria e di illusione si dissolse, lasciandolo con un profondo senso di vuoto e una sensazione irripetuta e irripetibile che lo riportò bruscamente alla realtà della sua solitudine.

Trasse un profondo sospiro e si tirò a sedere, accendendosi una sigaretta e seguendone con occhi spenti le volute di fumo nel vento.

 

Avrai una donna acerba e un giovane dolore,
Viali di foglie in fiamme ad incendiarti il cuore,
Avrai una sedia per posarti e ore vuote come uova di cioccolato
Ed un amico che ti avrà deluso, tradito, ingannato...

 

Già, la solitudine in cui era sempre vissuto… e a cui, stupidamente, aveva sempre tentato di porre vano rimedio cercando la compagnia di ragazzine facili in uno dei tanti locali del quartiere a luci rosse. Salvo poi trovarsi la mattina da solo a camminare per le strade deserte con lo stesso vuoto nel cuore e un peso nel petto, ogni volta sempre più grande.

Eppure ogni volta che tornava a casa Kaori era sempre lì ad aspettarlo… sfogava la sua naturale e legittima gelosia ma poi continuava a prendersi cura di lui come se nulla fosse successo… ma ora non più. Ora per lei c’era Mick.

Mick… da lui si sentiva deluso, tradito, ingannato… senza motivo…

Espirò un’altra boccata di fumo grigio e fissò la sigaretta che si consumava, lentamente ma inesorabilmente, tra le sue dita, spargendosi in piccoli batuffoli di cenere.

 

Avrai parole nuove da cercare quando viene sera
E cento ponti da passare e far suonare la ringhiera,
La prima sigaretta che ti fuma in bocca un po' di tosse,
Natale d’agrifoglio e candeline rosse…

 

In fin dei conti quella era la sua vita, cosa pretendeva? Per un momento, stando accanto a lei aveva creduto di poter trovare un altro senso ai suoi giorni, di poter dare un'altra direzione alla sua strada… ma non aveva fatto i conti con sé stesso.

E così, ora che l’aveva persa doveva ricominciare tutto da capo, accontentandosi di starle accanto da lontano e senza turbare in alcun modo quella felicità che sembrava aver trovato insieme al suo nuovo compagno – mio dio, che male gli faceva anche solo pensarci…

 

E avrai discorsi chiusi dentro e mani

Che frugano le tasche della vita
Ed una radio per sentire

Che la guerra è finita…

 

Avrebbe voluto dirle tante cose, ma già sapeva che non ci sarebbe riuscito mai. Per cattiva volontà certo, ma anche – temeva - perché non ne avrebbe avuto più l’occasione…

Si sentiva un po’ come quei soldati che si erano dispersi nelle foreste durante la guerra e che erano stati ritrovati dopo decenni, ancora convinti di dover fronteggiare l’invasione americana. Loro erano rimasti tagliati fuori dal mondo, lui era rimasto tagliato fuori da sé stesso (o meglio, aveva voluto tagliarsi fuori da sé stesso, negando l’evidenza dei suoi sentimenti) col medesimo risultato di non riuscire più a stare al passo con una realtà che ormai li aveva sorpassati da un pezzo…

 

Avrai, avrai, avrai il tuo tempo per andar lontano,
Camminerai dimenticando, ti fermerai sognando
Avrai, avrai, avrai la stessa mia triste speranza
E sentirai di non avere amato mai abbastanza
Se amore, amore avrai…[1]

 

E adesso sarebbe andato avanti, solo contro tutti perché lei non c’era più, se non nei suoi ricordi e nel rimpianto di non averla saputa amare come si sarebbe meritata…

La sigaretta si spense mestamente tra le sue dita.

 


 

[1] La canzone è la dolcissima “Avrai” di Claudio Baglioni

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=17562