Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Ad Ale e
al mio angelo, anche se probabilmente non la leggerete mai.
C’è
anche un po’ di voi qui dentro… grazie di tutto!
***
All about loving
you
Disclaimer:I personaggi di City Hunter sono di proprietà di Tsukasa Hojo e degli aventi
diritto.
Gli
altri personaggi sono di proprietà dell’autrice.
La
canzone “All about loving you” è dei Bon Jovi.
Agosto 2004
Questa ff è basata sui personaggi di City Hunter, ma forse i “puristi”
troveranno che il carattere di Ryo e Kaori è leggermente diverso da come l’ha
delineato Hojo nel manga; è una scelta consapevole perché questa storia è nata
in un momento particolare della mia vita ed è nata da sola… io infatti mi sono
limitata a scrivere quello che provavo, trasferendolo nei personaggi, in
particolare in Kaori. Non so nemmeno io come andrà a finire, perché quando
scrivo i personaggi ad un certo punto prendono vita propria e la trama si
sviluppa in modi anche per me imprevisti.
Prima di lasciarvi alla lettura, vorrei ringraziare Esus che ha letto in
anteprima questa ff e mi ha dato suggerimenti utilissimi; una parte del merito
quindi va anche a lei.
Beh, spero che la storia vi piaccia. Come sempre aspetto commenti ma anche
critiche e suggerimenti.
Buona lettura!
Mistral
***
Capitolo I
Era
successo di nuovo: Ryo con le sue avance perverse da maniaco aveva fatto
scappare l’ennesima cliente… e, siccome si rifiutava di lavorare per gli uomini
(mai e poi mai lo Stallone di Shinjuku si sarebbe abbassato a tanto, neanche se
fosse stato sul punto di morire di fame!), erano di nuovo al verde… ma il
problema vero non era quello…
Kaori, sdraiata supina sul letto della sua camera, trasse un profondo sospiro
ripensando alla scena di prima.
Erano
andati al Cat’s Eye per incontrare la cliente, come al solito una ragazza
bellissima e, per di più, anche molto giovane: non doveva avere più di 22 anni
ed era la figlia di un ricco industriale implicato in affari sporchi con la
Yakuza. Dato che il padre voleva tirarsi fuori dal giro, aveva fatto intendere
di essere pronto ad andare alla polizia se non l’avessero lasciato in pace e i
mafiosi, per tutta risposta, avevano minacciato di uccidere la ragazza. La
solita storia, insomma.
I due
City Hunter arrivarono in ritardo, tanto per cambiare, e padre e figlia erano
già seduti, uno in fianco all’altra, su uno dei divanetti in fondo al locale.
Appena Kaori varcò la soglia, tenendo Ryo al guinzaglio per evitare che
rincorresse tutte le donne che passavano per strada, Miki da dietro il bancone
li salutò.
“Ciao
Miiikiiii! Mio dolce amore!” esclamò lo sweeper arrivando in un nanosecondo
davanti alla barista. “Come stai mio piccolo fiore del deserto?!”
“RYOOOO!!!” ruggì Kaori prendendolo per la collottola come si fa con i cani
“Vieni subito qui! C’è un cliente che ci aspetta!”
Ryo
guardò le due figure in fondo al locale e poi per un attimo la socia, con la sua
solita espressione da maniaco arrapato. “E’ vero… la mia bottarella…”
“E’
una RAGAZZA! Non una bottarella, maledetto pervertito!”
La
cliente, al veder la scena (per fortuna senza sentire le parole di Ryo!), guardò
suo padre, abbastanza preoccupata: “Papà, non credo sia una buona idea che sia
quell’… essere a proteggermi… perché non andiamo alla polizia?”
“Fidati di me Kimiko! I miei informatori mi hanno assicurato che City Hunter è
il miglior sweeper sulla piazza… se ci sarà lui a proteggerti, la Yakuza non
oserà muovere un dito!”
“Ma
papà! E chi proteggerà ME da LUI?! Hai visto che faccia?! Mi sta spogliando con
gli occhi!”
“Secondo le mie informazioni, la donna che è con lui, la sua assistente, è
perfettamente in grado di tenere a bada le sue voglie perverse… Vedrai, non ti
toccherà con un dito! (che uomo ingenuo…) E poi…”
Si
interruppe perché Ryo era piombato sulla figlia con l’intenzione di darle un
bacio, ma un enorme martello, comparso dal nulla, l’aveva fracassato sul
tavolino e piantato per 10cm buoni nel pavimento. Il martellone gigante era
maneggiato con estrema facilità dall’apparentemente esile socia di Saeba mentre
la barista, assolutamente impassibile, annotava qualcosa su un quadernetto.
“Kaori, con questo siamo a 47.250 yen per questo mese… è il decimo tavolo che mi
distruggete…” le disse poi.
La
sweeper annuì con un sospiro, mormorò qualcosa come –Non ce la faremo mai- e
fulminò con lo sguardo il socio, trascinandolo verso un altro tavolo.
«Forse è davvero il caso di rivolgersi alla polizia…» L’industriale stava
cominciando ad avere i primi dubbi sull’affidare la sua Kimiko a quei due.
Con
un sorrisetto imbarazzato, l’uomo si sedette insieme alla figlia di fronte a Ryo
e Kaori. “Buongiorno signorina…” esordì, un po’ incerto “io sono Akira Ikugi e
questa è mia figlia Kimiko…”
“Piacere signor Ikugi… io sono Kaori Makimura e lui è…”
“Ciao
bellissima Kimiko!” si intromise Ryo, afferrando le mani della ragazza che
subito divenne bianca come un cencio e si ritrasse “Io sono Ryo Saeba, ho 20
anni e sarò la tua guardia del corpo… staremo sempre insieme, giorno e notte!
Perché non…”
*CRASH!*
Un
enorme martello aveva scagliato Ryo fuori dalla vetrata.
“Kaori…” intervenne Miki da dietro. “LO SO!” sbraitò la sweeper “Ti ripagheremo
anche quella! QUANDO QUEL DEFICIENTE PERVERTITO SI DECIDERÀ A LAVORARE ti
ripagheremo anche quella!”
“Ok,
Kaori, calma… ho capito…”
La
ragazza prese un profondo respiro, poi si sedette e riacquistò la sua abituale
compostezza. “Scusate per l’interruzione…” disse, col suo sorriso più amabile
“Allora, mi stava dicendo signor Ikugi?”
“Veramente io non avevo ancora cominciato…”
“Eh, eh, eh…”
Kaori fece una
risatina imbarazzata. “Prego, allora… cominci pure…”
“Dunque, come lei sa, io sono il presidente di una ditta di…”
Ma
non fece in tempo a proseguire perché Ryo, spuntato fuori da chissà dove, era di
nuovo saltato addosso a Kimiko e le stava facendo proposte oscene. “Dai Kimiko,
tesoro, vieni a fare un giro con il piccolo Ryo… lascia perdere quella mummia di
tuo padre e questo mezzo uomo… potremmo andare…”
Kaori
era già pronta con il martellone delle grandi occasioni quando vide Kimiko
cambiare espressione: “Basta smettila brutto maniaco!” esplose la ragazza
“Toglimi subito le tue manacce di dosso!” Così dicendo lo spinse via e poi si
rivolse al padre: “Sentimi bene papà: io sono in pericolo, ok, ma non ho nessuna
intenzione di cadere dalla padella nella brace! Questo qui sarà anche il miglior
sweeper del mondo ma per ora ha dimostrato di essere solo un porco! Quindi
adesso io e te ce ne andiamo immediatamente dalla polizia, chiaro?!”
Il
signor Ikugi annuì allibito. Poi Kimiko si rivolse gelida a Kaori: “Mi dispiace
molto signorina Makimura, ma io non ci tengo a rischiare di essere aggredita
ogni minuto non solo dalla Yakuza ma anche dal suo collega… quindi ritiro la
richiesta di mio padre: io ho bisogno di una guardia del corpo, non di gente
come voi. Arrivederci”
Detto
questo, la ragazza trascinò via di peso il padre e scomparve nel traffico di
Tokyo.
“Bel
caratterino la piccola…” commentò Miki “Chi l’avrebbe mai detto che fosse un
tipino così grintoso?”
“Miki! Ti prego! Non ti mettere anche a fare dell’ironia…” Kaori era prossima
alla disperazione: quell’incarico per loro era fondamentale, erano mesi che non
vedevano uno yen…
Si
rivolse al socio, in parte per fargli una bella ramanzina e in parte per trovare
un po’ di sostegno nei suoi occhi. Ma lui stava appollaiato sul suo sgabello
preferito, a braccia conserte, rimuginando su qualcosa. “Ryo, cosa c’è?”
“Maledizione… la cliente se n’è andata e io ho perso la mia bottarella…”
“Sei
sempre il solito idiota, Ryo!” gli urlò in faccia Kaori, appena si rese conto
dell’oggetto delle –preoccupazioni- del collega “Per colpa delle tue voglie da
maniaco siamo di nuovo senza lavoro e senza soldi!”
“Lo
sai che io voglio essere pagato in natura…” sbuffò lui, alzando appena la testa
“…non me ne frega niente dei soldi. O la cliente mi dà una botta o niente!”
“Ma
la vuoi capire o no che con le bottarelle non si mangia!? Noi abbiamo bisogno di
soldi, Ryo, SOLDI! Sono stufa di fare la fame per colpa tua!”
“E
allora vattene… non c’è niente e nessuno che ti obbliga a stare con me. Me la
caverei benissimo da solo” Ryo aveva pronunciato quelle parole con una calma
serafica.
“COSA?! Ma sei scemo?!” esplose la sua partner “Non riusciresti a stare neanche
tre giorni senza di me!”
L’uomo la fissò come se volesse trapassarla con lo sguardo e a Kaori corse un
brivido lungo la schiena: quando Ryo aveva quell’espressione negli occhi non
c’era da aspettarsi niente di buono. “Ti ricordo, Kaori, che io ho passato più
di metà della mia vita da solo… e non certo in una situazione facile… quindi non
vedo perché adesso non dovrei riuscire a stare senza di te”
Miki,
che osservava la scena da dietro il bancone, lo fissò incredula mentre Kaori era
completamente annichilita: le stava dicendo che lei era INUTILE, che nella sua
vita non c’era bisogno di nessuno, tantomeno di lei… “Ryo… dopo tutti questi
anni… dopo tutti questi anni hai il coraggio di dirmi che sono inutile?”
Lo
sweeper alzò le spalle. “Se la vuoi mettere in questi termini…”
La
mano della ragazza si mosse rapidissima, stampando le cinque dita sulla guancia
sinistra del compagno. “Sei solo uno stupido, Ryo Saeba! Uno stupido e un
ingrato!” gli urlò poi, scoppiando a piangere e correndo fuori dal locale.
Dopo
che Kaori fu scomparsa, il campanello della porta continuò a tintinnare
allegramente ancora per un pezzo, per l’estrema violenza con cui la ragazza
aveva sbattuto la porta. Ryo gli lanciò un’occhiata terribile, poi, fulmineo,
prese la Python e lo fece cadere a terra con un solo colpo.
“Non
mi sembra il caso che tu mi distrugga il locale perché hai litigato con Kaori…”
gli fece notare Miki.
Ryo
non diede segno di averla sentita; continuava a tenere la pistola nella destra
e, con l’altra mano, si copriva il segno lasciato dalle dita sottili della socia
sul suo viso. I suoi profondi occhi neri fissavano il vuoto avanti a sé con
espressione spenta. Tutto quello che li animava un attimo prima, mentre fissava
Kaori, qualunque cosa fosse, era svanito, lasciando dietro di sé solo il nulla.
“Ryo,
dammi retta” riprese Miki, con tono più dolce “parlale, chiedile scusa… questa
volta l’hai ferita davvero. Perché ti sei comportato così?”
L’uomo posò lo sguardo sulla barista per la prima volta, negli occhi ora
nient’altro che tristezza. “Ti è mai capitato, senza volerlo, di fare cose che
non avresti mai voluto fare? O di rovesciare la tua rabbia su qualcuno che non
c’entra niente solo perché è nel posto sbagliato al momento sbagliato?”
L’ex-mercenaria trasse un profondo sospiro, poi alzò gli occhi. “Ryo, io…” Ma
Miki non iniziò nemmeno la frase perché lo sweeper era già scomparso.
La
donna scosse il capo e una smorfia le contrasse i bei lineamenti che però subito
tornarono a distendersi quando sentì una ben nota presenza dietro di sé.
“Cos’è successo stavolta?” le chiese Falco.
“Guai… guai seri…” mormorò amarissima Miki “Saeba l’ha fatta grossa e se non si
scusa non so come potrà andare a finire”
Si
sentiva malissimo, dentro di lei era tutto tremendamente confuso. Aveva solo una
certezza: per Ryo era inutile… l’uomo che amava le aveva detto di non aver
bisogno di lei… di non averne mai avuto bisogno. Anzi, forse fin dall’inizio lei
era stata solo un peso per il suo partner; già, perché lui doveva farle
praticamente da balia, visto che in tutte le situazioni pericolose in cui si
erano venuti a trovare lei aveva sempre trovato il modo di cacciarsi nei guai…
“Sembra che io sia proprio portata per combinare casini…” Si lasciò sfuggire un
risata amara. Poi si intristì. “Non posso continuare così: quello di Ryo era
chiaramente un invito a togliermi dai piedi… lui non può mandarmi via, è legato
alla promessa che ha fatto a Maki… però è evidente che non mi vuole più con
lui…”
Una
lacrima scivolò sul viso di Kaori, lasciando una traccia scintillante nel sole
ormai basso che filtrava dalle veneziane abbassate. È difficile accettare che la
persona che ami starebbe meglio senza di te, soprattutto se per tanto tempo hai
condiviso tutto con lui, sentendoti importante e preziosa…
“Ryo…
anche se ti amo da morire, non posso costringerti a ricambiare i miei
sentimenti… e se tu vuoi che me ne vada è giusto che io rispetti la tua
decisione…”
Looking at the pages of my life
Faded memories of me and you…
“Guardando indietro… guardando indietro non mi sembra vero contare quanti
momenti belli abbiamo passato assieme. Ma ormai quelli sono solo ricordi, stanno
appassendo… la realtà adesso è un’altra e devo accettarla…”
Mistakes, you know, I’ve made a few
I
took some shots and fell from time to time…
“Ne
ho fatti di errori nel lavoro… eh, quanti… ma nella vita no… nella vita sono
sempre stata sicura delle mie scelte. Quando ho deciso di diventare la tua
socia, Ryo, e poi tutte le volte che mi sono trovata di fronte al prendere o
lasciare, al restare con te o andarmene per vivere una vita normale ma lontano
da te… beh, non mi sono mai pentita di essere rimasta…”
Un
debole sorriso illuminò il viso triste di Kaori, mentre ripercorreva i ricordi
di tutti quegli anni in cui Ryo Saeba era stato il centro della sua vita.
“Anche tutte le volte che il nostro rapporto invece di migliorare è peggiorato,
anche tutte le volte che mi hai fatto star male perché correvi dietro a tutte le
donne meno che a me, anche tutte le volte che mi hai respinto… io sono sempre
stata sicura della mia scelta…”
La
donna si tirò a sedere sul letto ed estrasse dal cassetto del comodino la sua
pistola. Il ricordo del giorno in cui lui gliel’aveva data, rimessa a nuovo, sul
tetto di quel palazzo semidistrutto, chiedendole di rimanere con lui per sempre
era ben chiaro nella sua testa: com’era stata felice quel giorno!
Baby, you were there to pull me through
We've been around the block a time or two…
“…perché prima o poi c’era sempre un momento in cui mi dimostravi che tenevi a
me, un momento magico in cui anch’io ero finalmente una donna come le altre,
forse anche meglio delle altre, unica… erano solo attimi ma a me bastavano…
perché lo so da sempre che in fondo mi vuoi bene…”
Le
tornò in mente quella fredda sera di gennaio, sul tetto della loro casa, quando
aveva deciso la data del suo compleanno; quando lui l’aveva attratta a sé e
l’aveva ringraziata con un bacio… beh, in quel momento si era sentita speciale,
unica…
“Abbiamo superato tanti ostacoli insieme, molti più di quanti tu non immagini…
perché, anche se tu non lo sai, mi hai aiutato più di una volta, con la tua sola
presenza, a superare le mie paure e le mie insicurezze…”
“…ma
adesso è finita: tu non mi vuoi più accanto a te, l’ho letto nei tuoi occhi… e
io rispetterò la tua decisione, anche se mi farà male da morire…”
Ormai
Kaori aveva il viso completamente bagnato di lacrime. Ma dopo quello sfogo
solitario si sentiva un pochino meglio. Aveva preso la sua decisione: per il
bene di Ryo, si sarebbe allontanata da lui, anche se questo avrebbe significato
soffrire tremendamente.
“Lo
faccio per lui” continuava a ripetersi; e con quel ritornello nella testa infilò
i suoi vestiti in una valigia e chiamò Miki, chiedendole di ospitarla.
Appena riattaccato, la ragazza si lasciò cadere di nuovo sul letto, facendo per
un attimo vagare lo sguardo intorno… quanti ricordi in quella stanza! Ma non
doveva perdersi nella malinconia: doveva andarsene prima del suo rientro o non
ne avrebbe più avuto la forza.
Finito di preparare la valigia, vi mise dentro anche la foto che ritraeva lei e
il suo adorato fratello, e si infilò al dito l’anellino che lui le aveva
regalato.
Al
trasloco del resto dei suoi pochi oggetti personali e dei suoi mobili avrebbe
pensato in un secondo momento, quando avesse trovato una sistemazione
definitiva, ma quelli doveva portarli con sé, non ce la faceva a separarsene.
Una
volta finito, diede un’occhiata fuori dalla finestra: ormai era scesa la sera.
Lasciò un biglietto a Ryo sul tavolo della cucina, insieme a una veloce cena
fredda (forza dell’abitudine!) e poi abbandonò l’appartamento, immaginando che
il suo ormai ex-socio non sarebbe tornato fino a notte inoltrata, o, peggio,
fino al mattino dopo.
[1]
La canzone è “All about lovin’ you” dei Bon Jovi
Disclaimer:I personaggi di City Hunter sono di proprietà di Tsukasa Hojo e degli aventi
diritto.
Gli
altri personaggi sono di proprietà dell’autrice.
La
canzone “All about loving you” è dei Bon Jovi. Tutte le altre canzoni citate
sono di proprietà dei rispettivi autori.
Ottobre 2004
Grazie a tutti coloro che hanno letto il primo capitolo, spero che vi sia
piaciuto e che possa piacervi anche questo.
Un
grazie speciale poi a Esus che ha letto, corretto e commentato in anteprima
anche questo capitolo. Senza il tuo aiuto sarebbe stato tutto molto più
difficile… grazie 1000!
Mistral
***
Capitolo II
Erano
ormai passate alcune ore da quando Ryo aveva lasciato il bar di Miki; il tumulto
di sentimenti che era scoppiato dentro di lui dopo l’ennesimo litigio con Kaori
però non si era ancora placato.
Non
riusciva a darsi pace: si sentiva un perfetto idiota per come l’aveva trattata.
Ma come accidenti gli era saltato in testa di dirle che non aveva bisogno di
lei?! È vero, aveva deciso di troncare quel loro rapporto troppo complicato, che
da una vita ormai si trascinava sul filo del rasoio, sempre in bilico tra
amicizia e amore, ma non voleva farlo in quel modo tremendo…
Ryo
si lasciò cadere pesantemente su una panchina. “Riuscirà a perdonarmi anche
stavolta?” si appoggiò allo schienale, buttando indietro la testa e osservando
il cielo “Sì… non può lasciarmi… non così…” cercò di convincersi lo sweeper,
prima che la ragione prendesse di nuovo il sopravvento “Però non posso
continuare a farla vivere con me… devi andartene Kaori. Devi, è per il tuo bene…
anche se io non vorrei…”
Ryo
trasse un sospiro: era sempre la stessa storia, da anni. Dentro di sé sapeva che
non la teneva con sé solo perché gli era stata affidata da Makimura né perché
ormai era entrata nella sua routine quotidiana… no, il motivo era molto più
profondo: lei gli era entrata nel cuore. Ma questo il grande Saeba aveva paura
di ammetterlo e faceva finta che non ci fosse niente.
Anche
se negli ultimi tempi era sempre più difficile.
Guardò nuovamente in alto, nel cielo che ormai andava perdendo il rosso violaceo
del tramonto, cercando invano le prime stelle della sera.
Sospirò di nuovo. “Devo farla finita, in un modo o nell’altro: non può
continuare così. È giusto che lei viva una vita normale…”
Una
folata del gelido vento di febbraio trascinò con sé alcune foglie secche,
facendole vorticare. Ryo le seguì per un po’ con lo sguardo: quelle povere
foglie che si inseguivano sulle lastre di cemento della piazza deserta
somigliavano molto ai sentimenti che si inseguivano nel suo cuore…
Alla
fine il vento sembrò decidersi a lasciarle in pace e le depositò ai piedi di un
lampione poco distante, alla cui luce Saeba poté vedere il loro splendido rosso
sanguigno. Com’erano più belle ora che riuscivano a mostrare il loro vero volto!
Sorrise tristemente e si sorprese a pensare di nuovo alla sua socia, alla luce
che lei aveva portato nella sua vita e nel suo cuore… quante cose gli aveva
insegnato senza saperlo, con la sua sola presenza… Cancellò quel pensiero
semi-inconscio scuotendo la testa: non voleva dare un seguito a quella
riflessione, l’avrebbe condotto troppo lontano, su un terreno pericoloso che,
vigliaccamente, preferiva evitare. Si alzò e si rimise a camminare, senza una
meta precisa, tentando il più possibile di mantenere la mente sgombra.
Si
era ormai fatto buio e il girovagare aveva portato lo sweeper in una parte della
città che non frequentava praticamente mai; era la zona più occidentalizzata
della capitale, dove si trovavano un gran numero di piccoli locali, graziosi ma
di poche pretese, in cui si mangiava all’europea, ascoltando musica pop.
1
Ryo
si guardò intorno e notò l’insegna di un ristorante, un poco nascosto tra i
grossi platani che fiancheggiavano la strada e, seguendo il brontolio del suo
stomaco, decise di entrarvi.
“Non
mi va di tornare a casa… non voglio vedere Kaori, almeno finché non avrò trovato
un modo per scusarmi con lei e allontanarla dal mio maledetto mondo senza
ferirla ancora…” Aveva deciso: la sua socia se ne sarebbe andata, anche se non
credeva che lei si sarebbe arresa così facilmente.
Decise di dimenticarsi ancora una volta del problema, come faceva ormai da anni,
e si avvicinò a grandi falcate all’ingresso del ristorante; sulla porta trovò un
cartello che annunciava entusiasta la presenza, per quella sera, di una giovane
cantante.
“La
bellissima Iris” lesse “Chissà se è bella davvero come dicono… anche se non è
che me ne freghi poi molto…” gli scappò un sorriso tirato “Se mi sentisse Kaori
resterebbe di sasso!”
Ma
subito, al solo pensiero della sua partner, Ryo si rabbuiò e si sfiorò con due
dita la guancia sinistra, dove la socia l’aveva schiaffeggiato quel pomeriggio,
sentendola bruciare.
“Non
ci devo pensare!” si impose, scuotendo violentemente la testa “Quando tornerò a
casa le parlerò e la convincerò ad andare via…”
Continuando a ripetersi quella frase come un mantra, Ryo entrò nel locale e si
guardò intorno. Il piccolo ingresso era rialzato rispetto al resto della sala,
illuminata appena lo stretto necessario. Alle pareti, per quanto gli consentisse
di vedere la semioscurità, Ryo scorse una collezione invidiabile di fucili e
pistole, assieme a vecchie foto ingiallite. I tavoli, non molto numerosi ma
quasi tutti occupati, erano disposti ad anfiteatro attorno ad un palco ancora
vuoto.
Quel
posto aveva un’atmosfera molto particolare e ricordava allo sweeper il locale di
un vecchio amico, che amava frequentare quando era ancora in America. «Beh, il
locale di Charlie non era proprio così» rise tra sé «Però anche questo posto gli
sarebbe piaciuto… chissà poi se è ancora là o se n’è andato come voleva…»
Lo
sweeper rimase impalato in cima ai pochi scalini a guardarsi attorno finché un
cameriere non gli si fece incontro, invitandolo a prendere posto, proprio vicino
alle scale da cui sarebbero dovuti passare gli artisti che si sarebbero esibiti.
Una
volta seduto, Saeba continuò a guardarsi in giro con aria assente: c’era
qualcosa in quel locale che gli dava una sensazione di dejà-vu e lo riportava
indietro nel tempo, ma non sapeva definire cosa fosse.
Diede
solo una veloce occhiata al menù, decidendo all’istante che non avrebbe preso
nulla, al di fuori forse di un whisky, il massimo che potessero permettersi le
sue tasche. Fece una smorfia seccata: era in uno dei ristoranti più belli in cui
fosse stato di recente e non poteva nemmeno mangiare come si deve. E tutto
perché era un maledetto idiota, lei glielo diceva sempre che… il suo cervello si
rifiutò di continuare il pensiero. “Sarà il caso che da domani mi metta a fare
sul serio col lavoro…”
Dopo
un po’, il proprietario del ristorante, un uomo canuto sulla sessantina, gli si
avvicinò per chiedergli se andasse tutto bene, ma quando vide in volto quel
giovane dall’aria cupa che sedeva solo davanti al palco, perse la sua abituale
compostezza e sul suo faccione gioviale si allargò un caldo sorriso. “Ryo Saeba?
Sei proprio tu?!” lo salutò, battendogli una mano sulla spalla con fare
cameratesco.
Lo
sweeper sembrò scuotersi un attimo dal suo torpore ma dal suo bel viso non
scomparve l’alone di tristezza che lo velava. “Scusi?”
“Ryo!
Non ti ricordi di me? Il vecchio Charles! Va bene, saranno passati… toh, 10
anni, o forse di più, ma non pensavo mi avessi dimenticato!”
L’altro lo fissò, stringendo leggermente gli occhi e alla fine sorrise. “Charles
Finch! Come ho fatto a non capire che questo posto non poteva essere che tuo?!”
“Me
lo chiedo anch’io… potrei offendermi visto tutte le volte che mi hai scroccato
il pranzo, quando avevo il mio bel localino a luci rosse a New York![2]”
“Già…” un’espressione da maniaco comparve per un attimo sul viso di Saeba
“…avevi proprio un posticino niente male Charlie… come mai adesso se passato a
questo?” disse poi, tornando serio e facendo girare un dito nell’aria a indicare
il locale.
Anche
il vecchio agitò una mano, come per scacciare brutti ricordi. “Lascia perdere,
qui gli affari vanno bene e sono al sicuro… è più che sufficiente per essere
felici alla mia età. Piuttosto, tu come stai? Hai già ordinato?”
“No
che non ho ordinato Charlie, e non ordinerò: non ho uno yen, come al solito! Sul
come sto…” Ryo esitò un istante “…bene, come sempre”
Finch
gli agitò l’indice davanti al volto. “Tu non me la conti giusta, Saeba… avanti,
per stasera offre la casa, ma mi devi dire cosa c’è che non va”
Lo
sweeper sbuffò, allungandosi sulla sedia e incrociando le braccia dietro la
testa. “Va tutto bene vecchio mio, solo che da troppo tempo non ho un soldo e
non ho una donna, tutto qui. Comunque grazie per la cena!”
Il
proprietario del ristorante trasse un sospiro, ma non insistette oltre. “Non mi
convinci, ma ti conosco e lo so che quando fai così non c’è verso di strapparti
una parola, quindi mi arrendo…”
Ryo
gli sorrise, riconoscente, e Charles lesse in quel sorriso sfuggente un grazie
che il giovane non gli avrebbe mai detto; poi si allontanò, raccomandando a
Saeba di godersi lo spettacolo dimenticandosi per un po’ dei suoi guai. “Se è
una donna che ti manca, adesso ne vedrai una straordinaria, Ryo: mi raccomando,
non saltarle addosso prima che sia scesa dal palco…!”
Lo
sweeper gli fece un cenno di assenso col pollice, ma dentro di sé sapeva già che
con quella ragazza non ci avrebbe nemmeno provato, davvero non se la sentiva.
«Eppure lo so che il problema non è solo quello…» si diceva intanto Charles,
allontanandosi «Non è il solito Saeba. Ci potrei giurare, anche se non lo vedo
da dieci anni»
Intanto Ryo, sempre allungato sullo schienale della sedia, fissava il soffitto
con aria assorta. Però si riscosse quando percepì che delle persone si stavano
muovendo dietro di lui e cominciò a udire un brusio sommesso tra il pubblico. Si
voltò e vide scendere da una scala un po’ nascosta nella penombra una ragazza,
abbastanza piccola di statura, che sorrideva dolcemente. Aveva una camminata
particolare che la portava ad ancheggiare in maniera evidente, risultando
estremamente sensuale ma senza scadere nella volgarità. I capelli lisci, castano
chiaro, le arrivavano oltre le spalle e si muovevano un poco ad ogni passo,
circondandole il viso come in una nuvola e facendola sembrare un piccolo angelo.
Al
vederla, Ryo sorrise tra sé. «Charlie aveva ragione, è fantastica… e poi, quella
camminata strana[3]…
mi ricorda qualcuno» Chiuse gli occhi, concentrandosi su quel movimento di
fianchi, e alla fine focalizzò l’immagine: Kaori! Quella piccola ragazza, tanto
diversa dalla sua socia, camminava esattamente come Kaori! «Allora anche lei mi
fa quell’effetto…?! No, non è possibile! Non avrei resistito tutti questi anni
senza saltarle addosso! Però…»
Il
flusso dei suoi pensieri fu interrotto dalle prime note che cominciarono a
venire dal palco. Iris si era messa proprio davanti a lui e Ryo notò che ogni
tanto gli lanciava un’occhiata strana.
La
ragazza iniziò a cantare, con una voce dolce, da soprano. Lo sweeper la
osservava, più concentrato su di lei che sulla sua esibizione; era vestita in
modo molto semplice, con una corta gonna nera a godet e una camicetta bianca.
Non portava gioielli, ad eccezione di un paio di lunghi orecchini d’argento a
pendente che luccicavano ad ogni movimento e di una collanina pure d’argento con
un piccolo ciondolo.
Era
decisamente bella, concluse Ryo; stava per cominciare a dedicarsi al cibo,
lasciando perdere la cantante, quando un gesto di lei lo colpì…
When
I look at what my life's been comin' to
I’m
all about lovin’ you…
Mentre diceva quelle semplici parole, Iris aveva portato una mano al collo,
stringendo la catenina… nella quale era infilato un anellino d’argento. Negli
occhi aveva un’espressione piena di malinconia e di rimpianto che non sfuggì
allo sweeper: era così dannatamente simile alla sua, a quella che Miki gli
doveva aver letto negli occhi quel pomeriggio al Cat’s eye…
Continuò ad ascoltare, concentrandosi sulle parole della canzone.
I've
lived, I've loved, I've lost, I've paid some dues…
Ryo
sorrise amaramente. “Sembra la storia della mia vita… tranne per il fatto che io
non ho mai amato…”
Si
versò un sorso di vino mentre la musica lo portava attraverso i ricordi, verso
una figura che lui voleva sfuggire «Non è vero che non ho mai amato…» ammise poi
in un sussurro, senza quasi sentire il suo stesso pensiero. L’immagine si fece
più nitida.
Baby, we've been to hell and back again
Through it all you're always my best friend…
La
figura era sempre più vicina… era una donna, una donna di cui lo sweeper non
poteva o non voleva vedere il volto. Eppure sapeva chi era… ma non voleva
ammetterlo, perché farlo avrebbe implicato ammettere anche sentimenti che lui
preferiva rinnegare.
Alla
fine Ryo si arrese, decise di smetterla di combattere contro sé stesso e tolse
il velo di ipocrisia che copriva il viso di quella donna. E il suo cuore.
“You’re
always my best friend… Kaori…” si passò una mano
tra i capelli, fissando il vuoto, rendendosi conto solo in quel momento di una
serie infinita di errori “Kaori, dio mio, come hai fatto a restarmi accanto?
Come ho fatto IO a trattarti così…? per tutti questi anni…”
For
all the words I didn't say
And
all the things I didn't do…
Soltanto in quel momento, dopo anni passati a nascondersi, a credere che fosse
meglio negare piuttosto che scoprire la parte più intima di sé, soltanto in quel
momento, da solo in quel tavolino di ristorante, con una musica e una voce
dolcissime di sottofondo, Ryo Saeba ammise a sé stesso che era uno stupido e un
ingrato.
“Oltre che uno stronzo e un vigliacco… mi vanto tanto di essere coraggioso, ma
poi davanti a una donna non sono neanche in grado di dirle che tengo a lei. Sono
capace solo di correre dietro alle altre e di umiliarla…”
La
decisione di mandar via Kaori che lo sweeper aveva preso entrando nel locale si
stava già sgretolando davanti alla presa di coscienza di quello che provava per
lei.
“Devi
piantarla Saeba. Vattene a casa, abbracciala e dille che le vuoi bene… se lo
merita…” Lanciò un’occhiata alla ragazza che continuava a cantare,
ringraziandola mentalmente per l’aiuto che gli aveva inconsapevolmente dato.
Ryo
buttò giù ancora un sorso di vino e poi si perse nei suoi pensieri. Non aveva
ancora toccato cibo.
La
musica intanto continuava e la voce di Iris che saliva sempre più in alto lo
riportò sulla terra; la canzone era quasi finita e il giovane, guardando la
ragazza, si stupì nel vedere il suo viso solcato da una lacrima mentre finiva la
sua esibizione e scendeva dal palco.
Non
riuscì a capire il perché di quella reazione e decise che l’avrebbe aspettata
fuori dal locale per chiederle spiegazioni, oltre che per ringraziarla: in fondo
glielo doveva, sebbene lei non lo sapesse.
Nel
suo camerino, al piano superiore del locale, Iris trasse un profondo sospiro,
ripensando alla sua esibizione di poco prima: non le era mai accaduto di
piangere cantando quel pezzo, cui pure era molto legata. Ma quella sera, lo
sguardo di quell’uomo seduto sotto il palco l’aveva commossa.
Non
sapeva spiegarsi perché, ma sapeva che le parole della sua canzone l’avevano
toccato profondamente, l’avevano fatto riflettere e probabilmente gli avevano
anche fatto prendere coscienza di qualcosa per lui molto importante…
“Vorrei potergli parlare, sembra stia soffrendo molto…” Si sentì una stupida: di
sicuro non l’avrebbe mai più rivisto, figuriamoci se avrebbe avuto la
possibilità di fargli da confessore!
Si
lasciò scappare un sorriso, stringendosi i capelli in una coda di cavallo.
“Smettila di fare la scema, Iris!” si rimproverò poi, afferrando il borsone con
gli abiti di scena e aprendo la porta del camerino.
Ma
non fece neanche in tempo a mettere un piede nel corridoio che si fermò e si
irrigidì, stupita: davanti a lei, appoggiato al muro di fronte stava proprio
quell’uomo dall’aria tanto triste.
“Co-cosa ci fa lei qui?” balbettò la ragazza, facendo scorrere lo sguardo su di
lui. Ora che lo guardava meglio, non era ancora un uomo maturo, non doveva avere
più di trent’anni… ed emanava un fascino incredibile. Indossava un semplice
spolverino beige, dalla linea molto retrò, sopra un paio di jeans neri aderenti
che gli fasciavano le cosce muscolose; le mani in tasca, la fissava con quei
suoi profondissimi occhi scuri, colmi di tristezza, dall’alto del suo metro e
novanta abbondante. Ma non diceva una parola.
La
ragazza, sempre più imbarazzata, ripeté la domanda e iniziò a rigirarsi tra le
dita una ciocca di capelli che le faceva capolino su una spalla.
Vedendola fare quel gesto, il giovane sorrise, ma senza gioia. “Anche lei lo fa
sempre… è incredibile quanto vi somigliate”
Iris
continuava a non capirci niente, ma si rilassò, capendo che la sua intuizione
era giusta: lui soffriva per una donna che, a quanto pareva, le somigliava.
Sorrise comprensiva: “La tua compagna? Mi somiglia?” Non aveva detto di
proposito «la tua ragazza» perché sentiva che sarebbe stato un passo falso.
“Fisicamente no, è completamente diversa da te… ma avete
gli stessi modi di fare, gli stessi movimenti, la stessa dolcezza…”
“Grazie del complimento…” Iris fece una pausa e sorrise “Fai fatica a parlare di
lei, vero?”
Lui
sussultò. “…”
“Non
chiedermi come l’ho capito, non lo so… chiamalo sesto senso se vuoi. Però ci ho
preso, eh?” un'altra pausa “Sai, ti avevo già notato prima, quando cantavo… e mi
sei sembrato molto triste”
Il
viso del giovane si rischiarò un po’. “Sei molto perspicace, piccola… posso
sapere quanti anni hai?”
“Venti… e il mio nome è Iris, come forse già sai. Tu come ti chiami?”
“Ryo,
piacere” rispose, tendendole la mano “Volevo farti i complimenti, non ho mai
sentito nessuno cantare come te… me la concedi un’altra domanda?”
“Ok,
dimmi”
“Perché hai pianto quando cantavi?”
Iris
prese un respiro profondo e si morse il labbro. “Ricordi tristi… guarda…” disse
poi, tirando fuori una collanina dal dolcevita rosso senza maniche che indossava
“Questo è un anello di fidanzamento… o almeno, lo era finché lui non mi ha
lasciato. È successo più di un anno fa ma non ne sono ancora uscita del tutto… e
quella era la nostra canzone”
“Scusa, non volevo farti ricordare cose tristi”
“No,
figurati… è solo che non è stata una separazione facile per me” la ragazza
mentre parlava guardava lontano, tormentandosi la collana “Mi sono lasciata
dietro troppi rimpianti, troppi errori… è per quello che mi brucia ancora così
tanto dopo tutto questo tempo”
Rimpianti… quella parola colpì profondamente Ryo. Istintivamente seppe che se le
avesse parlato di Kaori lei avrebbe potuto capirlo.
“La
mia socia… lei vive con me da sette anni e da sette anni si occupa di me… per
lei io sono speciale, ma non me n’ero mai accorto…[5]”
Ryo si incupì “Lei è fantastica, continua a rimanermi accanto come un angelo e
non gliene frega niente, anche se sa perfettamente che io non sarò mai un santo
o giù di lì, anzi…”
Lo
sweeper si appoggiò al muro e fissò il soffitto. Iris posò a terra la borsa e lo
osservò in silenzio, consapevole di essere una persona fortunata: quell’uomo,
che di sicuro parlava malvolentieri di sé, si stava aprendo completamente con
lei, una sconosciuta.
“Solo
adesso, vedendoti piangere, ho capito di volerle bene… anzi, l’ho ammesso…
perché in fondo l’ho sempre amata. Solo che ho sempre fatto di tutto per
nasconderlo”
“Perché?”
“Perché, mi chiedi?” Saeba abbassò gli occhi su di lei e sorrise “Bella domanda.
Forse perché ho paura e mi barrico dietro l’indifferenza… sai, le donne mi sono
sempre piaciute, molto anche…” il sorriso si allargò un poco e il viso assunse
un’espressione lasciva “e così corro dietro a tutte senza ritegno…”
“…mentre con lei fai il menefreghista, vero?” concluse Iris.
Lui
tornò ad incupirsi. “Già, ma a volte sono anche peggio. Però lei pensa che in
fondo sia dolce anche se all'occorrenza so essere forte… e continua ad amarmi in
silenzio, non so da quanto tempo…”
Iris
lo guardò e vide che aveva gli occhi lucidi: stava facendo di tutto per non
piangere ma in quel momento il suo volto era una maschera di puro dolore. Lo
vide lasciarsi scivolare contro il muro e sedersi a terra e gli si avvicinò,
inginocchiandosi di fronte a lui. Stava ancora cercando le parole per aiutarlo
quando lui prese a raccontarle la scena del pomeriggio al Cat’s eye.
“…questa volta ho fatto veramente il bastardo: non avrei mai dovuto parlarle
così… anche perché non l’ho mai pensato, anzi…”
Iris
stette un attimo in silenzio, soppesando le parole. “E perché non glielo dici,
Ryo? Ascoltami, lei è innamorata di te e tu di lei, si capisce lontano un
miglio. Ma tra voi sarà sempre un duello, lo sai? Siete fatti così…”
Saeba
piantò gli occhi in quelli chiari della ragazza, invitandola con lo sguardo a
finire: era troppo importante per lui sapere cosa gli avrebbe detto.
“Ma
sono convinta che se le chiedessi scusa e le rivelassi cosa provi lei ti
perdonerebbe… c’è qualcosa tra voi che va oltre il volervi bene, sembrate quasi
una sola persona…” Iris fece una pausa, sedendosi accanto a lui. “Sai quello che
si dice in città di City Hunter? Pare che siano una coppia di sweeper
affiatatissimi, un uomo e una donna; nessuno li conosce, ma tutti sanno che sono
imbattibili perché li unisce qualcosa di incredibile…” si interruppe, sembrava
assorta nell’immaginare quei due.
«Allora è questa la fama che abbiamo fuori dal mondo della mala…» pensò Ryo,
rischiarandosi un poco. Lanciò un’occhiata di sottecchi alla ragazza ancora
immersa nei suoi pensieri e sorrise, scuotendo leggermente la testa.
Iris
si riscosse all’improvviso. “Scusami se ho divagato! Non penso ti interessi
sentir parlare di uno sweeper!”
Ryo
le sorrise, alzandosi in piedi e tendendole la mano per aiutarla. “Figurati,
anzi… mi ha fatto un gran bene parlare con te, Iris… grazie”
La
ragazza rispose al sorriso. “Sono contenta che ti sia servito… su, adesso vai da
lei”
“Contaci… e grazie ancora. Ciao piccola flower-girl[6]!”
le disse Ryo, allontanandosi.
Rimasta sola, Iris, raccolse la sua borsa e si incamminò lungo il corridoio
dalla parte opposta, felice. «Non mi stupirei se fosse lui City Hunter…» si
disse «E comunque la sua ragazza è davvero fortunata… spero siano felici»
1 Non so se
esista davvero una zona del genere a Tokyo… presumo di sì, ma se mi
sbaglio prendetela come una licenza poetica!
[2]
Altra licenza poetica, visto che nel manga si dice solo che Ryo è stato
per un periodo in America, anche se non si specifica dove.
[3]
Permettetemi di citare la splendida “Questo piccolo grande amore” del
mitico Baglioni…
[4]
La canzone è di nuovo “All about lovin’ you” dei Bon Jovi
[5]
Da qui in avanti alcune parti sono parafrasi della canzone di Grignani
“Speciale”
[6]
Letteralmente “flower-girl” in inglese indica la fioraia, ma è anche la
ragazza che porta il cesto dei fiori ai matrimoni. L’ho scelto come
soprannome perché l’iris è un fiore e perché Iris è riuscita,
involontariamente, a far prendere coscienza a Ryo del suo amore per
Kaori, mettendo così un tassello fondamentale per una loro futura
unione… spero non vi sembri troppo strano come ragionamento!
Disclaimer:I personaggi di City Hunter sono di proprietà di Tsukasa Hojo e degli aventi
diritto.
Gli
altri personaggi sono di proprietà dell’autrice.
La
canzone “All about loving you” è dei Bon Jovi. Tutte le altre canzoni citate
sono di proprietà dei rispettivi autori.
Gennaio 2005
E così siamo arrivati al terzo capitolo… scusate per
il ritardo nell’aggiornare, ma lo studio non dà tregua! Comunque grazie davvero
a tutti coloro che hanno letto il resto della storia e soprattutto a Evy, Clo e
MissLeep che mi hanno mandato anche stavolta delle recensioni piene di
complimenti. Mi hanno fatto un gran piacere!
E
poi ancora un grazie a Esus che continua pazientemente a darmi consigli e
suggerimenti per continuare. Grazie mille a tutti!
Mistral
***
Capitolo III
Dopo
aver lasciato il locale del suo amico Charles, Ryo si diresse velocemente verso
casa. Aveva una voglia matta di vedere Kaori, di parlarle, di chiederle scusa…
ma soprattutto di stringerla forte a sé.
Giunto davanti al portone del palazzo, si fermò un attimo
per riprendere fiato e, guardando in alto, notò che le finestre del loro
appartamento erano buie. Non ci diede molta importanza, «Kaori sarà a letto» si
disse e prese a salire i gradini quattro a quattro, ansioso di rivederla.
Una
volta fuori la porta di casa, però, il suo sesto senso cominciò ad avvertirlo
che c’era qualcosa di strano; girò lentamente la chiave nella serratura, non
stupendosi di incontrare resistenza e varcò la soglia.
Appena entrato nell’appartamento, la sensazione di assenza e di vuoto che aveva
scacciato fino ad un attimo prima divenne certezza: ora era sicuro che la socia
non fosse in casa. Non avvertiva la sua presenza, non avvertiva il suo calore né
il suo profumo vanigliato nell’aria. Sentì un morso allo stomaco e per alcuni
istanti rimase immobile nella semioscurità dell’ingresso, poi sembrò scuotersi e
corse ad accendere la luce in cucina.
Tutto
il suo essere in quel momento era proiettato sul desiderio di scoprire cosa
fosse successo, tanto che nemmeno si accorgeva che le chiavi che stringeva
convulsamente nel pugno gli stavano quasi penetrando nella carne.
Sul
tavolo c’era una ciotola di riso e un vassoio coperto, la sua cena di sicuro; la
stretta si allentò un poco, forse si era preoccupato per niente.
“Avrà
deciso di rimanere da Miki per stanotte” si disse “Beh, ha ragione in fondo,
visto come l’ho trattata… domani vado a prenderla e sistemiamo questa dannata
faccenda, adesso è meglio lasciarla stare”
Se,
da una parte, lo sweeper si sentiva sollevato di non dover affrontare subito la
donna, senza aver avuto nemmeno il tempo di prepararsi un discorso, dall’altra
aveva voglia e bisogno di vederla. Ciò che gli aveva fatto capire quella piccola
flower-girl era troppo grosso per tenerselo dentro anche solo un minuto di più.
Ryo
si sedette al tavolo, con l’intenzione di mangiare qualcosa, ma quello che vide
gli fece passare di colpo il già scarso appetito: sotto il piatto c’era un
foglio e la calligrafia era quella di Kaori. Lo prese con mano leggermente
tremante e iniziò a leggere…
Ciao Ryo,
non so
quando leggerai questo biglietto... forse stasera, forse domani, forse chissà
quando. Però te lo scrivo lo stesso, nella speranza che tu capisca quello che ho
fatto e perché.
Sai, quando penso al passato, ai giorni passati con te mi sento felice, perché
ho avuto la fortuna di poterti avere nella mia vita. Tu mi hai fatto capire come
ci si sente ad avere il cielo alla propria portata e io sono stata
incredibilmente felice con te... oh, Ryo, ti devo così tanto! Io ho sempre visto
in te la mia luce e la mia forza e voglio ringraziarti per tutte le volte in cui
ci sei stato quando ho avuto bisogno di te. Lo so che non sono mai stata una
buona partner, anzi, ma ho sempre creduto di poter migliorare, di poter arrivare
ad essere alla tua altezza. Ma il tuo comportamento di oggi mi ha fatto capire,
che questo è impossibile e perciò è meglio che mi faccia da parte. Sarei solo un
peso per te se restassi, lo so.
Non
cercarmi, ti prego, è giusto che ognuno vada per la sua strada; e tu sarai di
certo più felice senza di me.
Prima
di salutarti, però, voglio che tu sappia che ci sarà sempre un posto per te nel
mio cuore: per tutta la vita voglio portare con me il tuo ricordo. E ovunque
sarò, lì ci sarai anche tu. 1
Ti amo
Kaori
Ryo era senza parole: Kaori, la sua Kaori, se n’era
andata. Per sempre. Non voleva che lui la cercasse, voleva tagliare i ponti con
quella vita, con quella realtà, con lui.
Lo sweeper non riusciva a crederci, tutto quello che era
in grado di fare era restare immobile con quel foglietto tra le mani, rileggendo
in continuazione quella ventina scarsa di righe che erano tutto ciò che gli era
rimasto della donna che aveva capito di amare meno di un’ora prima.
Tu sarai di certo più felice senza di me…ogni parola, ogni lettera di quella frase era una pugnalata in pieno
petto. Davvero lei credeva che non gli importasse averla nella sua vita?!
“Beh, certo, dopo
quello che gli ho detto oggi… Saeba sei veramente uno stupido” Ryo posò il
biglietto e si prese la testa fra le mani, tirando un profondo sospiro.
Le lacrime gli
pungevano gli occhi e una gli sfuggì sulla guancia. Non tentò nemmeno di
fermarla, non gli importava, riusciva solo a pensare a Kaori e al vuoto che
aveva dentro e che sembrava gli stesse risucchiando l’anima.
Tirò un pugno sul
tavolo, facendo ribaltare la ciotola di riso. “Maledizione Kaori! Perché?!” urlò
lo sweeper.
Ma il silenzio non
gli rispose.
***
Nel frattempo,
Kaori era salita sul primo treno che portava fuori Shinjuku. Si era accordata
con Miki per telefono e l’amica le aveva assicurato l’avrebbe ospitata per tutto
il tempo necessario nel vecchio rifugio di Falco alla periferia della città:
almeno forse Ryo ci avrebbe messo un po’ più di dieci minuti a trovarla.
A quell’ora della
sera, le carrozze erano piene di pendolari che rientravano dal lavoro. Le facce
stanche e silenziose della gente, unite al buio circostante, rendevano
l’atmosfera soffocante.
Seduta sopra la sua
valigia, proprio accanto alla porta, le mani infilate nelle tasche del piumino,
Kaori si guardava attorno, cercando di non pensare a nulla.
Di fronte a lei, in
piedi, stava una bella ragazza, piuttosto piccola di statura, con un’enorme
borsone; sembrava assorta nei suoi pensieri ma, quando il treno si fermò e si
aprirono le porte, Kaori vide il suo viso distendersi in un dolce sorriso.
«Che bel sorriso…
chissà per chi è…» pensò la sweeper. Si voltò verso la porta, con un pizzico di
curiosità, e si accorse che la giovane stava sorridendo ad un’altra ragazza,
alta all’incirca come lei, con una massa di riccioli biondi e grandi occhi
azzurri. Le due amiche si scambiarono un veloce bacio sulla guancia e subito
iniziarono a parlare fitto, senza mai perdere la loro espressione solare.
Osservandole, Kaori
si stupì di sentirsi un pochino meno triste, anche se, appena alla sua mente si
riaffacciava il nome di Ryo, il suo cuore perdeva un battito e dentro di lei si
allargava un lago di tristezza.
Dopo circa
mezz’ora, la sweeper scese dal treno, in una stazione piccola e abbastanza
squallida; aveva cominciato a piovere e i fari delle macchine che passavano
veloci sul cavalcavia soprastante, specchiandosi sulla banchina bagnata creavano
riflessi inquietanti.
Le luci del treno
si erano già perse nel buio e per un attimo la donna si sentì smarrita, finché
non udì la voce di Miki che la chiamava.
Kaori attraversò
velocemente i binari, raggiungendola. L’ex mercenaria aveva l’aria preoccupata,
si capiva che voleva sapere qualcosa di più; tuttavia non fece domande,
limitandosi a farle forza con un caldo sorriso.
Le due donne si
diressero subito verso la macchina e, per un momento, nessuno parlò. Ad un certo
punto, Miki ruppe il silenzio. “Kaori, forse ti sembrerà una domanda stupida,
ma… come stai?”
L’altra sorrise
amaramente. “Sì, è una domanda stupida, visto che sai perfettamente com’è andata
oggi al bar. Però è anche vero che pur avendo già litigato un’infinità di volte
in questi anni, alla fine non era mai successo che arrivassi a questo punto,
quindi hai tutto il diritto di chiedermelo…” la sweeper parlava a macchinetta,
quasi senza prendere fiato “E poi, immagino che anche per te non debba essere
semplice: dopotutto al telefono non ti ho detto niente e mi sono praticamente
auto-invitata a casa tua…” Miki agitò una mano con noncuranza, ad indicare che
l’amica non doveva preoccuparsi; Kaori fece un respiro profondo e proseguì:
“Comunque non so dirti come sto. Mi sembra di galleggiare nel vuoto, non riesco
ancora a credere a quello che è successo e a quello che ho fatto” La voce si era
fatta sempre più flebile, diventando quasi un sussurro.
“Ma sei davvero
convinta di volerlo lasciare per sempre?”
“All’inizio non
volevo… pensavo che fosse un episodio come gli altri, che sarei riuscita a
passarci sopra, però poi…”
“Poi cosa?” domandò
Miki, dolcemente.
“Poi ho capito che
è meglio per tutti e due se me ne vado. Dai, Miki, l’hai sentito anche tu quello
che mi ha detto! E io… non ce la faccio a continuare così…” Un singhiozzo la
interruppe e gli occhi già gonfi tornarono a riempirsi di lacrime.
Miki scosse la
testa e preferì non dire nulla, concentrandosi sulla guida.
Dopo una decina di
minuti, arrivarono al rifugio di Falco, un vecchio magazzino appena fuori il
porto2.
“Eccoci qua, Kaori… non so in che condizioni sia l’appartamento, anche perché è
un pezzo che non ci veniamo. Mi spiace ma più di questo non posso offrirti”
La ragazza sorrise,
cercando di farsi forza. “Ma figurati Miki! Anzi, dispiace a me disturbarti…
sarei andata anche in albergo, ma come sai non ho un soldo”
“Ehi! Non ti devi
preoccupare! L’unica cosa è che non so quanto tempo riuscirai a stare nascosta
qui… ricordati che sulle tue tracce c’è Ryo Saeba!” concluse Miki con una
risatina.
Ma l’altra non
ricambiò il sorriso, anzi si incupì. “No, non verrà a cercarmi… gliel’ho detto
io di non farlo, nel caso gli passasse per la testa. Miki, tra noi è tutto
finito, se c’è mai stato qualcosa… non sono più la partner di City Hunter”
Miki rimase
interdetta. “Kaori vieni qua…” disse, abbracciando stretta l’amica. Poi, dopo
una breve pausa, riprese: “Ascolta, non so quanto possa contare per te, ma io
sono convinta che lui non pensava realmente quello che ti ha detto. L’ho visto
dopo che sei scappata dal Cat’s Eye e ti assicuro che non mi dimenticherò mai
quella scena: Ryo sembrava un altro uomo! I suoi occhi…”
La sweeper si
sciolse dall’abbraccio e fece tacere l’altra posandole un dito sulle labbra.
“Miki, non è solo questione di cosa è successo oggi. È che onestamente non ce la
faccio più… ho bisogno di staccare la spina, di capire se davvero vale la pena
continuare a vivere così. Io sono innamorata di lui, ma andando avanti di questo
passo non riusciremo mai a essere felici entrambi. E io voglio prima di tutto la
felicità di Ryo, anche se questo vuol dire allontanarmi da lui. In fondo fa lo
stesso, in fondo quello che voglio è che lui sia contento, vederlo sorridere e
niente di più3…
capisci?”
Miki sorrise.
“Kaori sei incredibile…” sospirò “Non so davvero cosa dirti, se non che spero si
sistemi tutto al più presto”
Questa volta Kaori
rispose al sorriso. “Grazie Miki, sei dolcissima. Adesso promettimi una cosa,
promettimi che non dirai niente a Ryo, ti prego”
“Stai tranquilla,
da me non saprà niente. Adesso scusami ma devo andare, Falco mi aspetta a casa.
Verrò domani a trovarti, ok?”
“Ok, ti aspetto e
grazie ancora di tutto”
L’ex mercenaria
sorrise e si diresse alla porta; ma prima che uscisse si sentì chiamare. “Miki…
ti voglio bene”
“Anch’io Kaori” le
rispose commossa, prima di andarsene.
Rimasta sola, Kaori
si lasciò cadere su una sedia. “Se ci ripenso… mi sembra tutto così assurdo…” le
lacrime ripresero a pungerle gli occhi e lei le lasciò scorrere, la testa
poggiata sul tavolo. “Ryo… perché?”
La mattina dopo,
Kaori si svegliò molto tardi. La notte l’aveva trascorsa rigirandosi tra le
lenzuola di quel letto troppo grande per lei, a ripensare a quanto era successo.
Quando ormai era l’alba, finalmente era riuscita ad addormentarsi, non prima
però di aver preso una decisione sul dafarsi.
Venne svegliata dal
profumo del mare e dalle grida dei gabbiani e in un primo momento non riuscì a
rendersi conto di dove fosse. Poi lentamente ricostruì gli avvenimenti delle 24
ore precedenti e venne assalita da una crisi di pianto.
Ma riuscì a
dominarsi. “No! Non devo piangere. Devo essere forte. Ryo non vorrebbe una
partner debole che si lascia abbattere dalla prima difficoltà… Forza Kaori,
adesso alzati e vai incontro a quello che ti aspetta”
Quella notte,
infatti, la donna aveva deciso che prima di tornare da Ryo avrebbe imparato, con
le sue sole forze, ad essere una degna compagna. Voleva diventare forte,
soprattutto di spirito, imparare a maneggiare le armi e a difendersi da sola.
Ma voleva anche
rifarsi una vita senza Saeba, perché, lucidamente, si era resa conto che non era
affatto sicuro che Ryo l’avrebbe ripresa con lui.
«E allora dovrò
cercarmi un lavoro e una casa, in modo da poter andare avanti anche da sola» si
era imposta. E solo dopo aver preso quella decisione la notte precedente era
riuscita ad addormentarsi.
Si vestì in fretta
e decise di andare subito in centro a cercare un posto di lavoro. Pioveva ancora
e il cielo era plumbeo. “Beh, come prima giornata per la nuova Kaori non è
proprio il massimo…” si disse, mentre aspettava il treno nella piccola stazione
della sera prima.
Salita sul treno,
Kaori si guardò attorno: la carrozza era praticamente vuota ad eccezione di due
ragazze… le stesse della sera precedente! Stavolta erano sedute, una di fronte
all’altra, e avevano degli zaini: probabilmente erano studentesse universitarie
e stavano andando a lezione, concluse la sweeper.
Decise di sedersi
vicino a loro e prese ad osservarle discretamente; quelle due ragazze la
incuriosivano molto, ma soprattutto le piaceva il loro sorriso e la loro
contagiosa voglia di vivere. La biondina quel giorno aveva le palpebre appena
velate da un ombretto azzurro, in tono con il maglioncino che indossava, e stava
raccontando all’amica di un ragazzo, cui si capiva teneva molto, che aveva visto
la sera prima. Anche se l’incontro non era andato bene, Kaori notò che comunque
non perdeva mai il sorriso: la invidiò molto, ma si ripromise di imparare anche
lei a sorridere in ogni momento.
La sua amica,
invece, la ascoltava attenta, giocherellando con una ciocca di capelli castani;
anche lei aveva gli occhi chiari, leggermente truccati di nero, ma il suo viso
era illuminato soprattutto dai lunghi orecchini che luccicavano ad ogni
movimento. Anche lei era vestita in modo molto semplice, praticamente identico
all’altra, con la differenza che, al posto delle scarpe da tennis, sotto i jeans
portava un paio di stivali con un piccolo tacco.
Scesero alla
fermata vicino al polo universitario e dal finestrino Kaori le vide dirigersi,
sempre sorridenti, verso il bar della stazione. Stupidamente si augurò di
poterle incontrare ancora.
Dopo un po’, il
treno giunse alla stazione di Shinjuku; la sweeper scese e si ritrovò immersa
nella folla che sciamava ovunque. Resistendo alla tentazione di andare a
controllare il tabellone degli annunci, puntò diretta verso il centro dove si
trovava il maggior numero di negozi, sperando di vederne uno in cui cercassero
una commessa o una cameriera.
Provò inutilmente
in una ventina abbondante di posti e alla fine, stanca e un po’ delusa, entrò in
un bar per mangiare qualcosa. Appena varcata la soglia, andò a scontrarsi in
pieno con una donna molto elegante che stava uscendo in quel momento, intenta a
parlare al cellulare e a consultare un’agendina.
“Ehi! Che modi
sono!” disse Kaori “Perché non guarda dove mette i piedi?!”
“Ma non vede che
sono impegnata?!” ribatté l’altra piccata, alzando gli occhi verso la sweeper.
Seguì un istante di
silenzio. “Kaori!” “Eriko!”
“Kaori, amica mia!
Vieni qui, fatti abbracciare!” esclamò la stilista chiudendo immediatamente il
telefonino e buttando a terra borsetta e agenda “Che bello vederti!”
“Non mi aspettavo
proprio di trovarti qui… come stai?” domandò la sweeper con studiata
naturalezza, sperando che l’amica non notasse gli occhi ancora segnati dal
pianto.
Ma Eriko, da buona
stilista, era anche un’ottima osservatrice, e si accorse subito che Kaori le
stava nascondendo qualcosa. “Io bene, ma non mi sembra che si possa dire lo
stesso di te… vieni, andiamo a sederci che ti offro un caffè e facciamo due
chiacchiere, ti va?” Più che una domanda, quella della donna suonava come un
ordine e la sweeper si trovò costretta ad accettare.
Si sedettero
davanti ad un cappuccino e in breve Kaori riassunse la situazione. “…e questo è
quanto. Così adesso stavo cercando un lavoro e una casa per provare a
ricominciare da capo, anche se so che sarà difficile”
Eriko, che per
tutto il tempo l’aveva ascoltata in silenzio, trasse un sospiro e posò una mano
sopra quella dell’amica. “Mi dispiace tantissimo Kaori… non sai quanto. Però ho
notato una cosa…” fece una pausa e sorrise “non hai pianto raccontandomi di
Saeba e ti confesso che questo mi sorprende”
Kaori sorrise a sua
volta e si asciugò una lacrima che le era sfuggita sulla guancia al sentire il
nome del socio. “Non dire così! Vedi che poi mi fai piangere! Comunque è un
impegno che ho preso con me stessa: non voglio piangere, devo imparare a
cavarmela da sola, ad essere forte… anche se non è facile”
Negli occhi della
stilista si accese per un attimo quella luce che li illuminava quando parlava
del suo lavoro, ma svanì quasi subito, per lasciar posto ad un sorriso. “Senti,
se vuoi io posso darti una mano” esclamò poi “Vieni a lavorare con me. Abbiamo
giusto bisogno di una modella per le campagne pubblicitarie sui giornali e poi
potresti anche farmi da guardia del corpo… non che ne abbia bisogno, però non si
sa mai… ti va?”
La sweeper spalancò
gli occhi per la sorpresa e si indicò col dito. “Io?! Stai chiedendo a ME di
fare la fotomodella?! Sei sicura?”
“Ma certo!” rispose
entusiasta l’altra “Hai già fatto la modella per me una volta e ti assicuro che
eri stata fantastica… ti prego Kaori, dì di sì!” Di nuovo l’Eriko
per-me-conta-solo-il-lavoro prese per un attimo il sopravvento sull’amica
preoccupata. “Ti prego… sono sicura che avresti un successo favoloso!”
“Beh… è che…” Kaori
agitava una mano nell’aria, indecisa, guardandosi attorno.
“Che…?” la
incoraggiò la stilista, allungandosi verso di lei.
Alla fine la
sweeper fissò gli occhi sull’amica “Ok, ci sto. Però non ti garantisco niente…”
“Evviva! Kaori non
sai come sono contenta!” Eriko batté le mani elettrizzata “Ti procurerò io un
appartamento vicino agli studi dove si fanno le foto, così non dovrai fare tanta
strada. Adesso vieni con me in ufficio che firmiamo il contratto, ok?”
Kaori annuì e
subito la stilista la prese per un braccio, trascinandola fuori, sempre
continuando a straparlare di quanto fosse contenta e di che grandissima fortuna
era per la sua casa di moda aver trovato una modella stupenda come Kaori. Oh, ma
naturalmente anche per Kaori era una grandissima fortuna averla incontrata e
poi…
Ma la sweeper già
da un pezzo non la ascoltava più. Era persa nei suoi pensieri, ancora incredula
per quanto le era successo. Se solo Ryo… No, non ci doveva pensare o sarebbe
ricaduta di nuovo nel solito errore.
***
La mattina dopo,
Ryo si svegliò (o meglio, si alzò dal letto, visto che non aveva chiuso occhio
tutta notte) molto presto. Erano due giorni, dalla sera in cui aveva trovato il
biglietto di Kaori, che non mangiava e non dormiva, ma non gli importava.
This
Romeo is bleeding
But you can't see his blood
Aveva sofferto
molto nella sua vita, ma quello che stava provando in quel momento gli sembrava
infinitamente più grande… non aveva ferite fisiche, non era la prima volta che
gli capitava di doversi separare da persone care e di rimanere solo, eppure
stava male da morire.
It's
nothing but some feelings
That this old dog kicked up
In fondo, non era
successo niente di irreparabile, no? No, a voler essere cinici no.
In fondo, Kaori
mica era morta, solo si era allontanata da un mondo dal quale (a dirla tutta)
lui stesso più volte aveva fatto di tutto per allontanarla…
E poi, lui aveva
vissuto fino a due giorni prima senza neanche rendersi conto di provare un tale
sentimento per quella donna. E allora perché gli faceva così male pensare a ciò
che la vita gli aveva fatto? A ciò che LUI aveva fatto?
La vita –LUI- aveva
semplicemente reciso un legame che era tutto e il contrario di tutto, un legame
che, in teoria, non aveva neanche ragione d’esistere. Lei era la sorella di un
poliziotto, cresciuta in una famiglia perbene, con una vita normale. Lui era un
uomo senza identità, senza passato, che faceva un lavoro sporco, al di là dalla
legge. Non avevano senso insieme. Era più giusto che lei, angelo puro e
innocente qual era, tornasse in quel mondo pulito che aveva lasciato, sette anni
prima, per scendere nell’inferno di Ryo Saeba…
It's
been raining since you left me
Now I'm drowning in the flood
You
see I've always been a fighter
But without you I give up
Ryo guardò fuori
dalla finestra. Le nuvole sopra Tokyo, grigie e pesanti, rovesciavano sulla
città una pioggia fitta ormai da quasi due giorni.
Le goccioline
d’acqua disegnavano arabeschi volatili sul vetro freddo mentre anche la grande
metropoli sembrava tacere davanti alle gelide lacrime del cielo plumbeo.
Lo sweeper salì in
terrazza e rimase immobile sotto il diluvio, quasi sperasse che l’acqua potesse
lavar via almeno un poco della tristezza che si portava dentro.
Ripensò a com’era
la sua vita prima di incontrare i fratelli Makimura e si rese conto di quanto
profondamente l’avessero cambiato. In una cosa però, Ryo si rese conto di essere
rimasto lo stesso da sempre: lui era uno che non si arrendeva mai, neanche nelle
situazioni più disperate. La guerra gli aveva tristemente insegnato che chi si
ferma è perduto e che se si vuol sopravvivere si deve imparare a lottare anche e
soprattutto contro sé stessi. Non gli piacevano le persone che stavano lì a
piangersi addosso e a compatirsi invece di agire…
Eppure lui in quel
momento stava facendo esattamente quello. Stava immobile, con il cielo che
piangeva per lui, a pensare a Kaori, a quanto gli mancasse e quanto era stato
stupido, invece di andare a cercarla per riportarla a casa.
“Saeba sei
veramente un imbecille di prima categoria…” si disse, attonito.
Well
there ain't no luck in these loaded dice
But baby if you give me just one more try
We can pack up our old dreams and our old lives
We'll find a place where the sun still shines 4
Rientrò in casa in
tutta fretta, si cambiò e subito uscì di nuovo per mettersi alla ricerca della
sua Kaori.
Aveva buttato via
una fortuna giocando con dadi truccati, nascondendosi dietro a sentimenti
falsati, ma non aveva intenzione di rifare lo stesso errore: voleva trovare
Kaori e dirle finalmente la verità, per poi mettersi alle spalle la loro vecchia
vita e ricominciare tutto da capo. Lo voleva fortissimamente. Ed era sicuro che
ci sarebbe riuscito.
1
Una parte del biglietto di Kaori è una traduzione (abbastanza libera)
della canzone di Faith Hill “There you’ll be”. Per la versione originale
e la traduzione completa rimando al testo che inserirò una volta finita
la FF.
2 Licenza
poetica grande come una casa… però mi piaceva l’idea e l’ho inserita!
^_^
Disclaimer:I
personaggi di City Hunter sono di proprietà di TsukasaHojo e degli aventi diritto.
Gli altri personaggi sono di proprietà dell’autrice.
La canzone “Allaboutlovingyou”
è dei Bon Jovi. Tutte le altre canzoni citate sono di
proprietà dei rispettivi autori.
Aprile 2005
…ce l’ho fatta! Ho aggiornato! Chiedo umilmente scusa a
tutti per i tempi veramente biblici dell’update ma in
questo periodo ho veramente avuto tantissimo da fare! Comunque adesso mi sono
messa sotto per recuperare il tempo perso e infatti sto lavorando già sul
capitolo successivo che spero di riuscire a concludere a brevissimo.
Come sempre grazie a Esus per le
correzioni e i consigli e a voi che continuate a seguire la mia fic. In particolare grazie a Sheryl,
Viola, Rosi-chan, Dafne, Eva e Moka per le recensioni; spero
apprezzerete anche il seguito… aspetto i vostri commenti!
Ora vi lascio alla lettura. Enjoy!
Mistral
***
Capitolo IV
Subito dopo aver firmato il contratto, la stilista
accompagnò Kaori alla sua nuova casa. Era una
palazzina, situata in una via tranquilla ma elegante, sopra dei negozi, con tre
appartamenti identici, di cui la sweeper avrebbe occupato quello centrale.
L’appartamento di Kaori era
relativamente piccolo, costituito da un soggiorno ampio e luminoso, con un
angolo cucina più una camera da letto, ma alla ragazza piaceva molto. Era già
arredato, cosa che non l’avrebbe costretta a fare i salti mortali per
recuperare i suoi mobili senza rischiare di incrociare il suo ormai ex socio.
“Ecco Kaori… questa sarà la tua
nuova casa” disse Eriko sorridente, dopo aver finito
di mostrarle la stanza da bagno, fornita di tutte le comodità. “Qui prima ci
abitavo io, ma poi ho dovuto trasferirmi perché il mio ufficio era troppo
lontano. Spero ti piaccia”
“Eriko è… fantastica” balbettò
la sweeper, continuando ad ammirare le finiture veramente pregevoli
dell’appartamento “Davvero, non ho parole”
“Sono proprio contenta di sentirtelo dire, sai?” sorrise
la stilista “Ah, c’è un’altra cosa… ”
“Dimmi pure” disse Kaori,
andando a sedersi accanto all’amica, sul morbido divano blu.
“Ti farò avere al più presto diciamo… un paio di armadi di
vestiti, adatti un po’ per tutte le occasioni. Non che non mi piaccia come ti
vesti, intendiamoci, anzi, hai molto più gusto della maggior parte della gente
che gira in questa città, eh… però comunque…” Eriko
ormai era partita per la tangente, in testa aveva solo il suo lavoro e andava
avanti a parlare, incurante della faccia incredula di Kaori
che non sapeva veramente che farsene di due armadi interi di abiti.
Dieci minuti dopo, Eriko si
interruppe, perché si accorse che a fianco a lei sul divano non c’era più
nessuno: Kaori infatti già da un pezzo aveva
rinunciato a interrompere lo sproloquio dell’amica e si era dedicata a osservare
i graziosi soprammobili; in quel momento, in particolare, stava facendo
brillare nel timido sole che era spuntato tra le nubi, un piccolo orsacchiotto Swarowski.
Non sentendo più la voce dell’amica in sottofondo, la
sweeper depose l’oggettino e si voltò verso di lei. “Scusa, Eriko,
dicevi?”
La stilista rimase un po’ interdetta. “Ma non mi hai
ascoltato?!” sospirò “Vabbè, non importa, ti stavo solo elencando tutti i
progetti a cui vorrei farti partecipare. Soprattutto mi piacerebbe che tu mi
facessi da testimonial per lanciare…”
“Eriko, ti prego! Me lo
spiegherai a tempo debito!” la supplicò Kaori “Dimmi
solo cosa devo fare domani”
“Domani, eh? Allora…” la stilista si alzò e andò a frugare
nella borsa alla ricerca dell’agenda. “Dunque, domani iniziamo a lavorare sulla
campagna per lanciare la nuova linea di scarpe estive. Devi presentarti a
questo indirizzo alle 9:30… tieni, questo è il badge per entrare”
Kaori si rigirò tra le mani il
tesserino magnetico e poi diede un’occhiata veloce al luogo dove avrebbe dovuto
recarsi: fortunatamente era abbastanza lontano dalle zone che frequentava
abitualmente Ryo… “D’accordo, 9:30 all’HijimaPalace. Sarò puntuale”
“Non ne dubito!” sorrise Eriko
“Vedrai che avrai un successone… te l’assicuro!”
“Grazie Eriko” le sorrise di
rimando l’altra “Non sai da che casino mi hai tolto offrendomi questo lavoro”
“Andrà tutto bene, vedrai. Anche con…”
“Non dire niente!” la sweeper alzò le mani e scosse la
testa per farla tacere “Ti prego, meno ci penso e meglio è”
“Ok, allora non diciamo più niente. Dai, adesso ti devo
salutare che ho un mucchio di cose da fare… manderò al più presto i fattorini
con quei vestiti, va bene?”
Il viso di Kaori si deformò in
una smorfia. “Va bene… ma guarda che basterebbe anche solo un armadio… no?”
“No” rispose categorica l’altra “Due ho detto e due
saranno. Non si discute! Ciao Kaori, ci vediamo
domani!” concluse, uscendo e chiudendosi la porta alle spalle.
Appena Eriko fu scomparsa, la
sweeper trasse un sospiro e si lasciò cadere sul divano. “Non cambierà mai… ma
è stata veramente un tesoro, quindi diamole questa soddisfazione…!”
E, sempre domandandosi cosa mai ne avrebbe fatto di due
armadi pieni di abiti, si accinse a chiamare Miki per
raccontarle le ultime notizie.
***
Più o meno negli stessi minuti, Ryo
stava rientrando nell’appartamento (ormai, senza la presenza di Kaori, non se la sentiva più di definirlo «casa») dopo una
notte passata a contattare tutti i suoi migliori informatori – Umibozu compreso.
E in quel momento era al telefono proprio con lui, per
farsi riferire le ultime novità. “Cosa cazzo significa che non hai trovato
niente?!” gridò nel cellulare “Non è possibile che sia sparita! Accidenti a te!,
grande e grosso come sei non sei neanche in grado di trovare una donna!” E
chiuse la comunicazione.
Nervoso fino all’inverosimile, lo sweeper sbatté la porta
e si buttò sul divano. “Kaori, dove cavolo ti sei
andata a cacciare?! Sei stata solo una stupida a scappare così…” Man mano che
parlava, la voce si stemperò sempre di più nell’amarezza, fino a spegnersi in
un sussurro.
Con gesti stanchi, si accese una sigaretta e tirò una
profonda boccata, cercando inutilmente di calmarsi. Si rese conto che non
avrebbe ottenuto nulla finché non fosse riuscito a riconquistare il sangue
freddo e la lucidità che l’avevano sempre aiutato.
Provò a recuperare un po’ di tranquillità nel ricordo del
volto sorridente di Kaori, ripercorrendo i ricordi di
tutti gli anni passati assieme…
Eccoti, come un
uragano di vita
E sei qui, non
so come tu sia riuscita
A prendermi, dal
mio sonno scuotermi
E riattivarmi il
cuore…
Quanto l’aveva cambiato il suo piccolo Sugar
Boy! Quando si erano conosciuti lui era soltanto un killer spietato e nulla
più, viveva da solo come un cane e neanche il sodalizio con Makimura
era riuscito a farlo uscire dal suo isolamento.
C’era riuscita solo lei, con tantissima pazienza e un
amore infinito che lui aveva deriso e mortificato chissà quante volte. Eppure
lei era rimasta lì, accanto a lui, per sette lunghi anni… finché lui non aveva
detto una parola di troppo, la più crudele delle sue bugie, le aveva detto di
considerarla INUTILE…! Ryo ancora non si capacitava
di quel che era successo, desiderava solo cancellare tutto e ricominciare da
capo.
Scosse la cenere della sigaretta nel posacenere sul
tavolinetto di fronte a lui e trasse un profondo sospiro.
Facendo scorrere gli occhi tra i mobili del salotto, altre
immagini riemersero dai suoi ricordi…
Già, i mobili… quante volte il loro salotto era andato
distrutto per i più svariati motivi! Una bomba, un «saluto» un po’ troppo
caloroso, una litigata, un aereo precipitato dentro casa, addirittura. E tutte
le volte, con inesauribile pazienza (quasi quanta ne metteva per sopportarlo), Kaori aveva ricomprato tutta la mobilia, i soprammobili, i
quadri… tutto. E ogni volta sceglieva l’arredamento con la stessa cura e lo
stesso amore della prima.
Guardando quei divani, quel tavolinetto, quell’armadio Ryo ripercorse la loro storia, storia di spettatori
silenziosi di una vita a due fatta di litigi e riappacificazioni, di lunghe
attese notturne e levatacce mattutine… quante cose avevano visto e sentito! Eh
sì, perché la loro vita a volte era veramente assurda, tanto che a stento loro
stessi riuscivano a capirla.
Un sorriso increspò le labbra dello sweeper, mentre la
sigaretta lentamente si spegneva tra le sue dita. “Sai mio piccolo Sugar Boy, la nostra è davvero la storia più incredibile
che conosco!”
Si alzò e si diresse lentamente verso la cucina. Ormai il
momento di crisi era passato e, dopo un buon caffé (sempre che fosse riuscito a
preparare qualcosa degno di questo nome!), Saeba si
sentiva pronto a buttarsi di nuovo alla ricerca della socia.
“Prima però devo scusarmi con Umi;
avrò bisogno anche di lui per trovare Kaori,
nonostante certe volte sia terribilmente irritante…”
Al Cat’s Eye,
Falco starnutì.
***
La mattina dopo, Kaori si
svegliò un po’ più rilassata del giorno prima. Aprì gli occhi, solleticata dal
sole che filtrava dalle veneziane abbassate, dette una veloce occhiata
all’orologio e si tirò a sedere. Per un attimo si sentì di nuovo smarrita, come
era accaduto la mattina precedente, e allo stesso modo, quando riprese il
contatto con la realtà, ebbe un momento di sconforto.
“Dai Kaori, forza! Oggi è il tuo
primo giorno di lavoro, c’è il sole e sembra una bellissima giornata… vedi di
darti da fare!” si auto-incoraggiò, rotolando giù dall’enorme letto a due
piazze e dirigendosi verso il bagno.
Ne riemerse un quarto d’ora dopo, avvolta in un
accappatoio fresco di bucato, e si piazzò davanti allo smisurato armadio. “E
adesso la cosa più difficile… che cavolo mi metto?” si domandò, aprendo le
ante. “Dunque… questo no, questo neanche, questo non se ne parla manco morta… e
che cacchio! Ma Eriko non poteva darmi dei vestiti
NORMALI?! Se mi mettessi una cosa di queste e mi vedesse…” Non riuscì a finire
il pensiero: le faceva troppo male. Decise di dimenticarsene e si ributtò a
capofitto nella difficile scelta, entrando quasi dentro l’armadio.
Alla fine optò per un paio di jeans, un maglioncino beige, giacchino di
pelle marrone scuro e stivali col tacco basso in tinta; non troppo elegante ma
nemmeno troppo sportivo, sì decisamente la scelta migliore. Rigirandosi davanti
allo specchio, si stupì di sé stessa: quasi non si riconosceva… sorrise
pensando a ciò che le aveva detto Eriko, che lei
aveva buon gusto nel vestire. “Beh, avendo a disposizione abiti del genere
chiunque riuscirebbe a vestirsi bene!”
Soddisfatta, afferrò la borsetta e uscì di casa.
Giunta di fronte all’HijimaPalace, un grattacielo modernissimo situato nel quartiere Shibuya[2], rimase
un attimo smarrita davanti al grande portone di vetro, osservando la miscellanea
di gente che si affrettava per la strada; c’era la signora intenta a fare
shopping con le amiche, il manager in carriera, degli anziani con il giornale,
una scolaresca in visita… e due ragazze in tenuta sportiva coi pattini ai
piedi, dirette verso il parco lì di fronte. Nel riconoscerle, Kaori sorrise. «Certo che il mondo è proprio piccolo…»
Inspiegabilmente più rilassata, entrò nel palazzo e venne
indirizzata immediatamente verso i piani alti, dove, le spiegarono, c’era lo
studio di posa. Una volta dentro, si trovò immersa in un turbinare di persone
che si urlavano domande, risposte e ordini da una parte all’altra dell’immenso
locale; la prima tentazione fu scappare via, ma, prima che potesse metterla in
atto, venne letteralmente braccata da Eriko.
“Ciao Kaori! Sei puntualissima,
come sempre!” esordì la stilista, che quella mattina sembrava particolarmente
euforica “Bene! Non perdiamo tempo, non vedo l’ora di scattarti decine di
fotografie… sono sicura che saranno stupende!”
La sweeper abbozzò un sorriso
tirato: quel mondo le sembrava troppo grande e troppo vorticoso per lei. Si
stava già pentendo di aver accettato…
“Vieni che ti faccio vedere le scarpe che indosserai per
le pose” continuava Eriko “Oh, non sono neanche
tante, solo una cinquantina… dovremmo finire in capo a un paio d’ore, tu che
dici?” L’altra aprì la bocca, forse per protestare, ma la stilista non gliene
diede il tempo “No, ma penso ci metteremo anche di meno… dopotutto tu sei
talmente bella che non ci sarà nemmeno bisogno di truccarti più di tanto… Kaori, non sai come sono felice!”
Erano ormai arrivate in un angolo un po’ più appartato
dello studio dove facevano bella mostra di sé innumerevoli paia di scarpe di
tutte le fogge. Eriko continuava a parlare ma ad un
certo punto, non ricevendo risposta, si interruppe. “Kaori?
Che c’è? Perché non dici niente?”
La sweeper sembrò ritornare
sulla terra e, resasi conto che l’amica le stava parlando, agitò le mani,
imbarazzata. “Eh? No, Eriko, tranquilla, non c’è
niente! Solo che tutto questo è un po’ strano per me…”
Eriko sembrò capire cosa la
preoccupava, perché si fermò e le sorrise, incoraggiante. “Stai tranquilla, ok?
Capisco che possa essere difficile all’inizio, lo è per tutti. Ancora di più
per te che già sei timida di natura. Però devi credermi, andrà tutto bene”
Kaori trasse un sospiro e sembrò
rilassarsi, poi rispose al sorriso. “Ok, ci proverò”
“Bene, allora iniziamo. Dunque, scegli un completo con il
suo paio di scarpe e poi vai là nel camerino a cambiarti” le disse, indicandole
un appendiabiti stracolmo “e appena Takehito sarà
pronto cominciamo”
La ragazza fece cenno di sì con la testa poi prese i primi
abiti a portata di mano e si chiuse nel camerino. Ne riemerse poco dopo con
indosso una minigonna bianca e un top azzurro che si chiudeva sulla schiena con
una ragnatela di laccetti, coordinato a un paio di
sabot a punta dal tacco vertiginoso. Era oltremodo imbarazzata. “Ehm… Eriko… mi sento terribilmente ridicola”
La sitilista, come la vide,
lanciò un gridolino eccitato. “Kaori
sei bellissima!” esclamò, correndole incontro. Poi iniziò a battere le mani
come una scalmanata e a saltellare per tutto lo studio delirando qualcosa a
proposito di quanto fosse felice e di che enorme successo avrebbe avuto la sua
amica.
Kaori, dal canto suo, si passò una
mano sulla faccia con aria affranta e trasse un profondo sospiro. “E’
irrecuperabile…” Si diede un’occhiata intorno e notò il fotografo e i suoi
assistenti alle prese con un pezzo di scenografia che non voleva saperne di stare
in piedi; comprese allora che non si sarebbe iniziato molto presto. Decise
quindi di togliersi dai piedi per un po’ e, buttandosi sulle spalle una giacca,
si diresse verso il set a fianco che raffigurava un prato con un altalena
appesa ad un albero. Un riflettore che faceva un pochino di caldo era puntato
proprio sull’altalena e la ragazza ne approfittò per scaldarsi; si sedette e
iniziò a dondolarsi pigramente. Da bambina aveva sempre amato le altalene e,
anche da adolescente, era capace di passare pomeriggi interi in giardino a pensare,
cullata da quel movimento regolare.
Nel momento in cui si immergeva nei suoi pensieri, era
come se Kaori si isolasse dal mondo, tanto da non
sentire neanche Eriko che la chiamava per cominciare
le pose.
Quando però la stilista la vide dondolare sull’altalena,
le gambe raccolte e la testa rovesciata all’indietro a seguire delle
immaginarie nuvole, si bloccò e rimase incantata ad osservarla: da lei si
sprigionava un tale senso di pace e di bellezza che voleva a tutti i costi
catturare in una fotografia. Chiamò il fotografo, il quale fece della ragazza
sull’altalena l’unica e vincente immagine della campagna pubblicitaria di quell’estate.
***
All’incirca due settimane dopo, Ryo
si trovava nell’affollata piazza antistante la stazione di Shinjuku;
aspettava Umi con gli ultimi aggiornamenti sulle
ricerche di Kaori. La rabbia mista a disperazione dei
primi giorni aveva lentamente lasciato il posto ad un malinconia profonda che
lo stava sprofondando nell’apatia. Però non si voleva arrendere. Sapeva di aver
sbagliato e di non poter rimediare prima di aver ritrovato la socia e voleva
sfruttare quel periodo anche per far chiarezza in sé stesso.
Quella mattina, mentre aspettava l’amico sorseggiando un
caffè in un bicchiere di carta (ci aveva quasi rinunciato a farselo da solo),
osservava l’operaio arrampicato sull’edificio della stazione, intento a
sistemare l’enorme cartellone pubblicitario girevole: un’ultima vite e avrebbe
finito. Quando l’operaio scese con il montacarichi, avviò il meccanismo e il
cartellone cominciò a mostrare a tutta Tokyo una bellissima immagine del Monte Fuji. Era la pubblicità di un’agenzia di viaggi che
proponeva escursioni guidate. Lo sweeper lo degnò
appena di un’occhiata distratta e tornò a concentrarsi sul caffè; lo avrebbe
guardato di nuovo circa un minuto dopo, quando tutti gli elementi del
cartellone, girando in sequenza da destra verso sinistra, avrebbero formato
l’altra immagine, magari quella di una bella ragazza in topless. “E anche se
fosse?” sorrise tra sé Saeba “Me ne fregherebbe
qualcosa? …no, non credo…”
Tuttavia, quando vide con la coda dell’occhio che i primi
listelli avevano iniziato a ruotare, per pura curiosità alzò lo sguardo e
osservò il formarsi di una scritta rossa su fondo bianco: Eri … Kitara… Summer… Shoes
… Collection. Quel nome gli ricordava qualcosa. “Ma
quella lì non è mica… certo! La compagna di classe rompiscatole di…” si incupì
pensando alla socia e scosse la testa, come per cancellarla dalla sua mente.
Nel frattempo il cartellone aveva completato la sua
metamorfosi e ora mostrava una ragazza in altalena che esibiva un paio di
sandali celesti con 10cm buoni di tacco. Ma Ryo non
li notò nemmeno, ipnotizzato com’era dalle chilometriche gambe della giovane
donna; non riusciva a capire perché, ma era convinto di conoscere bene quella
ragazza… risalì il suo corpo con lo sguardo, ma dovette fermarsi alla linea
decisa del mento: la modella aveva la testa riversa all’indietro e il volto non
si vedeva. «Eppure io quella ragazza…»
Prima che potesse formulare un pensiero coerente, il
cartellone iniziò a girare di nuovo, questa volta partendo da sinistra e
cancellò lentamente l’immagine della donna sull’altalena.
Lo sweeper imprecò, ma non ebbe
tempo di aspettare la nuova trasformazione perché la jeep di Falco si fermò
sgommando accanto a lui. “Ryo! muoviti, salta su. Uno
dei miei uomini mi ha detto che forse ha trovato una pista”
Dimenticandosi immediatamente della modella misteriosa, Saeba si infilò con un balzo accanto al collega. “Ok Umi, andiamo!”
1 La canzone è “Eccoti – La storia più incredibile che conosco” di Max Pezzali
[2] Il
quartiere esiste davvero e, secondo le informazioni che ho, è quello in cui si
concentrano le attività legate alla moda. Comunque non prendete la cosa come
oro colato…
Disclaimer:I personaggi di City
Hunter sono di proprietà di Tsukasa Hojo e degli aventi diritto.
Gli altri personaggi sono di proprietà dell’autrice.
La canzone “Allaboutlovingyou”
è dei Bon Jovi. Tutte le altre canzoni citate sono di
proprietà dei rispettivi autori.
Maggio 2005
Questo è un capitolo abbastanza
particolare, interlocutorio se vogliamo. Non so se piacerà a tutti, a me
personalmente è piaciuto molto scriverlo, voi fatemi sapere cosa ne pensate!
Come sempre grazie a tutti coloro
che hanno letto la mia fic e l’hanno recensita.
Grazie in particolare a Nisi, che
mi ha incoraggiato a pubblicare questo capitolo.
A presto con il cap.6! Mi
raccomando, non perdetevelo perché sarà molto importante!
Kisses to all!
Mistral
***
Capitolo V
Buio,
intorno è tutto buio… non so dove sono… mi sembra di essere galleggiare nel
niente… non c’è niente attorno a me…
Musica.
Note di pianoforte. Da dove vengono?
Non
abbiamo un pianoforte in casa… non c’è nessuno che lo suoni…
Mani di
donna, di una donna vestita di bianco…
I'm so
tired of being here
Suppressed by all my childish fears…
Una
donna che canta… chi è?
Ma io
questa voce la conosco… Kaori… sei tu?
Kaori…
io… non sapevo che suonassi, non sapevo che cantassi… non sapevo che soffrissi…
O forse
non lo volevo sapere. Te ne vuoi andare mio piccolo Sugar Boy? Perché?
And if
you have to leave
I wish that you would just leave
'Cause your presence still lingers here
And it won't leave me alone…
È la mia
presenza a farti soffrire? Sono io che ti faccio star male, Kaori?
È per
questo che te ne sei andata? Avresti voluto che me ne andassi io?
Non ti
capisco Sugar Boy, davvero, non riesco a capire cosa stai cercando di dirmi…
parlami, Kaori, smettila di nasconderti facendo danzare le tue dita su quella
tastiera e parlami…
Certo
però che anch’io, cosa pretendo? Sono anni che invece di essere sincero con te
mi nascondo e ora voglio che tu con me ti comporti diversamente…
Hai
ragione, socia, non posso. Continua a cantare, piccola… canti bene sai?
These
wounds won't seem to heal
This pain is just too real
There's just too much that time cannot erase…
Lo so, ti
ho ferito, ti ho ferito chissà quante volte… scusa Kaori…
Dicono
che il tempo cura tutte le ferite, ma io so che non è vero. L’ho provato sulla
mia pelle. Il tempo può solo aiutarti a riporre il tuo dolore in un angolo
della tua anima, ma niente potrà mai cancellare la sofferenza…
Perdonami
Kaori, non avrei mai voluto, non avrei mai DOVUTO farti soffrire… tu non lo meriti…
When you’d
cried I
Wiped
away all your tears
When you’d screamed I
Fought
away all of your fears…
Tu mi sei
sempre stata vicina, in ogni situazione, anche quando io facevo di tutto per
allontanarti.
Ci sei
stata quando il mio passato è tornato a perseguitarmi, ci sei stata quando le
tante domande a cui non ho mai risposto non hanno più potuto essere ignorate, ci
sei stata quando avresti potuto andare via, ci sei stata in ogni momento…
E ci sei
stata anche nel momento più difficile: quando Kaibara è tornato dall’inferno
per portarmi all’inferno con lui…
Tu non mi
hai mai lasciato. Hai asciugato le mie lacrime mai versate e hai combattuto le
mie paure mai ammesse… mi hai salvato da me stesso…
I held
your hand through all of these years
But you still have
All of me…
Mi hai
tenuto per mano e mi hai riportato alla vita donandomi la tua, senza chiedere
niente in cambio e io…
Sei stata
accanto a me con una dedizione infinita per tutti questi anni e io…
Perdonami
Kaori!
I tried
so hard to tell myself that you'd gone
But though you're still with me
I've been alone all along…[1]
Kaori, ti
prego, non piangere…
Io non me
ne sono andato… sono qui…
Non sei
sola piccola!
Aspetta!
“Kaori!”
Ryo si
tirò a sedere di scatto e si guardò attorno: la stanza era immersa nel buio più
totale.
Non c’era
nessuna donna che cantava suonando una melodia tristissima, non c’era nessun
pianoforte… non c’era Kaori…
“Allora è
stato tutto un sogno… eppure… così vero…”
Le
immagini della socia che cantava piangendo, seduta al pianoforte erano ancora davanti
ai suoi occhi, come se le stesse guardando in quel preciso istante. Era
confuso: di solito non gli capitava mai di ricordare un sogno, anzi spesso si
era chiesto se, oltre all’infanzia, la guerra non gli avesse rubato anche i
sogni… ma soprattutto non capiva perché avesse sognato lei, perché l’avesse
sognata così…
Lo
sweeper strinse forte le mani, arricciando il lenzuolo, le note e le parole di
quella canzone che nonconosceva ancora
stampate a fuoco nella mente e la tristezza profonda che trasmettevano a
trapassargli l’anima.
Buttò via
le coperte di scatto e si alzò dal letto. Per quella notte non sarebbe più
riuscito a prendere sonno.
***
Allora, cosa ve ne pare? Lo so, è
un capitolo abbastanza strano. Però credo che la cosa si giustifichi da sola:
in fondo è un sogno, e nei sogni quasi mai i pensieri seguono una sequenza
logica, no? Spero mi perdonerete questa digressione onirica, anche se comunque
vi preannuncio che dal prossimo capitolo torneremo nel vivo della storia!
A presto!
[1] La
canzone è “My immortal” degli Evanescence; in particolare immaginatevi la
versione con il pianoforte, quella trasmessa da MTV per intenderci. A mio
parere è la migliore, mi fa commuovere ogni volta che la sento!
Kaori parcheggiò la Smart all’inizio della stradina che saliva verso la
chiesetta e il cimitero
All about
loving you
Disclaimer:I personaggi di City
Hunter sono di proprietà di Tsukasa Hojo e degli aventi diritto.
Gli altri personaggi sono di proprietà dell’autrice.
La canzone “Allaboutlovingyou”
è dei Bon Jovi. Tutte le altre canzoni citate sono di
proprietà dei rispettivi autori.
Maggio 2005
Prima di lasciarvi al nuovo
capitolo, volevo scusarmi con tutti voi per i tempi biblici degli
aggiornamenti… anche a me piacerebbe riuscire a proseguire la storia più
velocemente ma purtroppo tra il lavoro, l’università e tutto il resto, spesso
di tempo per scrivere ne avanza ben poco. Oltretutto, considerato che sono una
maledetta perfezionista e che per di più non ho ancora ben chiaro in mente che
direzione deve prendere la vicenda (che peraltro ha la tendenza a svilupparsi
da sola man mano che scrivo), ogni capitolo ha una gestazione lunghissima e un
parto travagliato. So che per un lettore è snervante veder passare mesi senza
un aggiornamento (l’ho provato anch’io!) ma cercate di capirmi…
Comunque grazie davvero a tutti
coloro che hanno la pazienza di continuare a seguirmi, in particolare a
Bobbychan, Moira, Moka, Katyjolinar, Summy-chan, MissLeep, Cicca-chan, MikiG, BPM,
Dafne e Migo-chan che mi hanno lasciato le loro recensioni. Grazie anche a
Esus, la mia pazientissima beta-reader, per il suo lavoro e a Nisi per
l’incoraggiamento.
A presto!
Mistral
***
Capitolo
VI
Circa un mese dopo –
fine Marzo
Kaori guidava a velocità sostenuta, la strada
completamente libera di fronte a sé. Attraverso finestrino completamente
abbassato, il vento le scompigliava i capelli e le portava il dolce odore della
salsedine; più sotto, nascosto sotto la scogliera, l’oceano stava sparendo
lentamente nella luce sempre più tenue ed incerta del tramonto ormai morente.
La macchina della donna (il regalo di Eriko per il suo
compleanno) filava leggera e silenziosa sulla strada costiera che da Tokyo portava
a Yokohama. La sweeper guidava tranquilla, una mano sul volante e l’altra che
tamburellava sul cambio al ritmo della musica diffusa dalla radio. Ad un certo
punto notò un cartello che indicava la sua meta; rallentò e sorrise: anche se
si trovava ancora nella periferia di Tokyo, lì c’era un’atmosfera decisamente
diversa, molto più tranquilla, che permetteva di lasciarsi alle spalle, almeno
per un po’, la vita caotica della capitale.
Kaori parcheggiò la Smart all’inizio della stradina che saliva verso
la chiesetta e il cimitero. Lì era sepolto suo fratello e lì si recava, ogni 31
Marzo, a rendere omaggio alla sua tomba. E poi, dal belvedere di quella chiesa
si poteva spaziare nella vallata sottostante, fino a sfiorare con lo sguardo il
bosco che si stendeva oltre la cinta urbana, un bosco a cui, nella mente di
Kaori, erano associati ricordi bellissimi: lì si erano sposati Miki e Falco e
sempre lì Ryo le aveva rivelato per la prima volta, seppur molto
indirettamente, di amarla… e poi il buio, il nulla, come se niente fosse
successo… ormai la donna aveva anche smesso di chiedersi il perché di quell’atteggiamento.
Ma a quel luogo era rimasta comunque molto legata.
Kaori scosse la testa per scacciare la malinconia che la
stava assalendo e, imprecando un po’ contro il tacco alto dei sandali – che nonostante
tutto non si era ancora abituata a portare, attraversò le lapidi raggiungendo
quella di Hideyuki; lì si chinò a deporre un piccolo mazzo di margherite e
strappò qualche erbaccia che si stava avventurando sulla pietra.
“Ryo non è ancora venuto a salutarti, eh fratellone?”
mormorò, lottando contro un’edera particolarmente accanita “Che socio
disgraziato… chissà come se la starà cavando senza di me…” A quel pensiero non
poté impedirsi di intristirsi e, facendosi scappare un sospiro, si strinse
forte in un abbraccio solitario, uno dei tanti che le avevano permesso di
andare avanti dopo la separazione da Saeba.
Rimase un attimo in quella posizione, gli occhi socchiusi,
a lottare contro le lacrime, poi si scosse e si rialzò. “Avanti Kaori, non
pensarci! Adesso tu hai la tua vita e devi viverla nel miglior modo possibile…
coraggio!”
La sweeper prese un respiro profondo, poi si voltò di
nuovo verso la tomba del fratello, disse sottovoce una preghiera e si allontanò
in direzione della chiesetta. L’edificio era situato a pochi metri da un pendio
abbastanza scosceso, che dominava la vallata sottostante. Kaori aveva sempre
amato quel luogo da cui, nelle sere terse come quella, si godeva una vista
spettacolare, fatta di luci e silenzio.
Si avvicinò al parapetto e alzò la testa verso il cielo
stellato, godendosi la brezza che le accarezzava le guance. All’improvviso,
nella quiete udì un rumore sbagliato; lentamente, fingendo di guardare il
panorama, abbassò gli occhi e infilò la mano nella borsetta per togliere la
sicura alla pistola. Come il meccanismo scattò, la donna sentì l’aria attorno a
sé diventare ostile…
Ryo parcheggiò la
Mini a un centinaio di metri dalla stradina che saliva verso
la chiesetta e il cimitero; due idioti, uno con un camion e uno con una
macchina di grossa cilindrata si erano tamponati e si erano fermati in quella
via laterale a litigare su chi avesse ragione.
Poco più in là, lo sweeper notò una Smart blu, anch’essa
parcheggiata al lato della strada. «Vorrei tanto sapere chi è che riesce ad
entrare in quella scatolina!» si domandò «Però a Kaori piacerebbe quella
macchina…» Era un pensiero totalmente assurdo e incongruente, ma Saeba non se
ne preoccupò, anzi, neanche se ne accorse. Da quando se n’era andata, Kaori era
sempre nei suoi pensieri e il fatto che non la vedesse né avesse sue notizie
ormai da più di un mese e mezzo non l’aiutava certo a stare più tranquillo.
Entrato nel recinto della piccola pieve, si diresse
velocemente verso la tomba di Makimura; quando vide il mazzolino di margherite,
capì che la sua amata socia era stata lì e si sentì un po’ meno solo.
“Eh, Maki… chissà quante maledizioni mi avrai già tirato
giù dal cielo per come ho trattato la tua sorellina! Lo so, sono veramente un
cretino…” Ormai si insultava da solo tutti i giorni, non solo per come si era
comportato con Kaori, ma anche perché gli mancavano da morire perfino i suoi
rimproveri e… sì, pure le sue martellate.
Ryo, mani nelle tasche della giacca e capo reclinato su
una spalla, stette ancora un poco a guardare la tomba, sentendosi stringere lo
stomaco da una morsa di tristezza, non sapeva più neanche lui se per Kaori, per
il socio morto o per tutti e due. O semplicemente per sé stesso.
Alla fine lo sweeper si scosse e decise di andare sul
belvedere a godersi il panorama giù dalla china per rilassarsi un po’; a passo
svelto salì verso la chiesetta ma, arrivato quasi in cima, rallentò, perché
aveva iniziato a scorgere tra gli alberi la sagoma di una donna e non voleva
spaventarla piombandole alle spalle all’improvviso.
Nonostante da quando la socia se n’era andata non uscisse
più a caccia di ragazze, il buongustaio Saeba non poté fare a meno di
apprezzare la bellezza della giovane che gli stava di fronte, così si fermò ad
osservarla, favorito anche dalla luce chiarissima della luna. Indossava dei
sandali col tacco alto, che slanciavano ulteriormente le belle gambe, fasciate
da jeans blu scuro a pinocchietto; sopra portava un giubbino di jeans,
coordinato coi pantaloni, e aveva una borsa sportiva, tempestata di paillettes azzurre
luccicanti. I capelli, dal taglio maschile, le arrivavano alla base del collo
ed erano di un bellissimo rosso tiziano, esattamente come quelli di…
Ryo si bloccò: non poteva essere! Troppo shockato per fare
qualsiasi cosa, accennò un passo avanti e calpestò un ramo secco. Con lentezza,
ma senza esitare, la donna portò la mano alla borsa e l’udito finissimo di
Saeba registrò lo scatto della sicura di una pistola; d’istinto lo sweeper si
tese e, con suo immenso stupore, si accorse che anche lei si era messa in
guardia.
In un attimo, agendo per riflesso condizionato, Ryo
percorse in due falcate gli ultimi metri che lo separavano dalla misteriosa
ragazza, si gettò di lato ed estrasse la Python…
…per ritrovarsi a sua volta con una pistola puntata
contro… saldamente impugnata da Kaori…
Kaori. La sua Kaori. La sua socia, la sua compagna era lì
davanti a lui, dopo quasi due mesi di silenzio, e gli puntava contro l’arma che
lui stesso le aveva dato.
Era assolutamente incredibile e assurdo.
Così assurdo che per qualche attimo nessuno dei due mosse
un muscolo; lei rimase come cristallizzata in posizione di guardia, la pistola
puntata, mentre lui era pietrificato in una postura impossibile, nel bel mezzo
del movimento che stava compiendo per rialzarsi dopo aver scartato di lato con
una capriola, come sempre faceva quando sorprendeva dei nemici alle spalle.
Sembrava un fermo-immagine preso a caso da un regista
dilettante senza alcun talento artistico.
Alla fine, lentamente, entrambi iniziarono a ricomporsi.
Ryo si alzò completamente in piedi e rinfoderò la Python, mentre Kaori
abbassò l’arma, senza però trovare la forza di rimetterla nella borsetta; per
altri lunghissimi istanti stettero in silenzio, gli sguardi incatenati tra
loro.
Saeba fissava la socia senza sapere se essere più stupito
per averla ritrovata in quel modo, per i suoi progressi come sweeper o per il
cambiamento che aveva fatto e che l’aveva resa ancora più bella. Ora infatti,
Kaori, pur avendo sempre il suo solito taglio alla maschiaccio, aveva i capelli
leggermente più lunghi che il vento dispettoso le tirava continuamente sul
viso; inoltre portava un paio di grandi orecchini d’argento ad anello che,
riflettendo la luce lunare, donavano al suo volto un aspetto quasi fatato.
“Ciao Kaori…” riuscì infine a mormorare Ryo.
Lei deglutì e sorrise leggermente. “Ciao Ryo… come va?” Si
vedeva lontano un miglio che stava facendo di tutto per non piangere.
“Sei stata molto brava prima a sentirmi arrivare… dove hai
imparato?” Anche Saeba aveva una voce strana, atona, impersonale; era più che evidente
che cercava in ogni modo di non tradire tutte le emozioni che lo stavano
agitando.
“Ho imparato da Miki, mi dà lezioni quasi tutti i giorni,
appena ho del tempo libero… dal mio lavoro” La donna era riluttante a svelare
all’ex-collega che Eriko l’aveva ingaggiata come modella, non sapeva che genere
di reazione avrebbe avuto.
Ryo si sentì gelare: lavoro… immaginava che Kaori ne
avesse trovato uno, ma temeva di scoprire quale; anzi, un terribile un
presentimento gli diceva che non gli sarebbe piaciuto. Ciò nonostante, deciso a
farsi del male a tutti i costi, glielo domandò: “E… che lavoro fai?”
“Ecco, so che ti sembrerà strano, ma… Eriko mi ha proposto
un contratto come fotomodella… e io ho accettato”
Lo sweeper spalancò gli occhi: fotomodella?! La SUA Kaori faceva la
fotomodella?! Cioè centinaia di migliaia di uomini potevano vederla?! Era
geloso marcio e, come aveva sempre fatto, si sfogò col sarcasmo, ai danni di
Kaori. “TU?! Modella, tu?! Ma dai! E mi vuoi far credere che Eriko ti ha
assunto?! Ma per favore!” scoppiò a ridere, aspettandosi la martellata punitiva.
Che però non ci fu.
Inaspettatamente Kaori sorrise, questa volta di un sorriso
caldo e sincero. “Mi mancavano sai? Le tue prese in giro, intendo… ormai da due
mesi mi sento dire da chiunque che sono bellissima e, onestamente, mi ero anche
un po’ stufata”
“C-cosa…?” Ryo rimase senza parole. Non solo Kaori non si
era arrabbiata perché l’aveva presa in giro, ma addirittura aveva detto che…
no, impossibile! Doveva aver sentito male.
“Però comunque è un bel lavoro… mi piace” continuò la
ragazza “E tu? Come te la passi?” La voce le tremò leggermente, ma riuscì a
dominarsi.
“Beh… in questo periodo ti ho…” Lo sweeper si interruppe:
Kaori gli aveva appena detto che il suo nuovo lavoro e la sua nuova vita le
piacevano, che era felice. Si vedeva anche che stava bene: aveva dei bei
vestiti, una bella macchina (perché la
Smart ai piedi della collina non poteva essere che sua) e
sicuramente anche una bella casa. E soprattutto non rischiava più la vita tutti
i giorni. Che diritto aveva lui di riportarla indietro? No, non poteva.
“Cosa cercavi di dire, Ryo? Finisci…”
“Ecco, che in questo periodo ho… continuato a lavorare da
solo…”
“Ma… chi ti aiuta con la casa, con i clienti? Tu non…”
Kaori si bloccò di colpo “No, scusa, niente”
Si guardarono ancora per qualche istante in silenzio:
avrebbero voluto dirsi tante cose ma non riuscivano a dirsi nulla. Tale era la
confusione nelle loro menti che credevano di non sapere da che parte cominciare
per sbrogliare la matassa dei loro sentimenti; in realtà sarebbe stato tutto
molto più semplice se solo avessero avuto quel po’ di coraggio per guardarsi
dentro senza stupidi paraocchi…
Saeba sentì che stava per cedere. Se avesse affrontato
ancora per un istante quegli occhi tutti i suoi propositi sarebbero venuti meno
e le avrebbe chiesto di tornare con lui. E lei avrebbe accettato, ne era
sicuro. Distolse lo sguardo da lei, lasciandolo vagare verso un punto
indefinito nella vallata alle spalle della sua compagna. “Sono davvero contento
per te Kaori” disse infine, con voce distaccata.
La donna si sentì ferita da quel tono. Chissà perché si
era illusa che, se avesse rincontrato Ryo, lui le avrebbe offerto di tornare a
essere la partner di City Hunter e tutto si sarebbe sistemato. E invece lui non
aveva fatto una piega… da una parte Kaori desiderava ricominciare la vita di
prima, ma nello stesso tempo si rendeva conto che in quel modo avrebbe sofferto
come e forse più di prima. E non era tanto sicura di riuscire a sopportare
ancora quella situazione. Strinse forte le dita attorno al calcio della pistola
e inclinò il capo, cercando di catturare gli occhi dell’ex-socio, come se lì
potesse trovare la risposta al suo dubbio.
La ragazza però ignorava che anche lui era attanagliato
dal medesimo interrogativo, e che anche lui non aveva la benché minima idea di
come venirne fuori.
Sentendosi osservato, Saeba si voltò verso la sua compagna
e le sorrise dolcemente. “Sul serio, Kaori, sono contentissimo per te… Maki non
avrebbe approvato la vita che facevi prima” le ripeté poi, cercando però di
convincere soprattutto sé stesso.
“Già, il mio fratellone… però io sono stata davvero felice
con te, Ryo. E…”
“Non dire nient’altro, Kaori, per favore” la interruppe lo
sweeper, intuendo che le sue difese stavano per essere completamente spazzate
via “È la cosa migliore” aggiunse poi, mettendole una mano sulla spalla.
Kaori a quel contatto si irrigidì. Non era preparata a
quell’incontro e sentiva che tutto ciò che si era faticosamente costruita in
quei due mesi per andare avanti senza di lui non era altro che un castello di
sabbia sulla spiaggia nell’ora dell’alta marea. Un sorriso triste le increspò
le labbra. “C’è differenza tra migliore e più giusto, Ryo…” trovò la forza di
mormorare, trattenendo a stento le lacrime.
Saeba rimase un attimo interdetto davanti a quella frase
sibillina; stava per tentare di dire qualcosa quando di rese conto che non
erano più soli. Strinse forte la spalla di Kaori e si preparò a difendersi.
“Giù Kaori! Siamo circondati!” le urlò poi, buttandola a terra.
Troppo presa dalle sue emozioni, Kaori non si era nemmeno
accorta del pericolo finché un proiettile non le sibilò sopra la testa. Dopo un
primo momento di smarrimento, decise di dimostrare a Ryo tutto quello che aveva
imparato da Miki in quel periodo e reagì, sparando un colpo tra la vegetazione
e provocando un urlo. Evidentemente aveva fatto centro perché uno yakuza con
una pallottola nella spalla cadde in avanti e uscì allo scoperto nello spiazzo.
Subito i suoi cinque compari saltarono fuori; tre si
diressero contro Ryo e due contro di lei.
“Kaori stai attenta!” le urlò l’ex-collega, visibilmente
preoccupato.
La sweeper ebbe per un attimo paura ma poi decise di
reagire. “Non pensare a me, Ryo! Ho imparato a difendermi!” gli rispose,
sparando un colpo preciso al quadricipite di uno dei due mafiosi per bloccarlo.
Subito dopo si voltò verso l’altro uomo e lo disarmò colpendolo al braccio.
Vedendo che ce l’aveva fatta, Kaori trasse un sospiro di
sollievo e lanciò un’occhiata a Ryo, impegnato in un corpo a corpo con l’ultimo
dei tre mafiosi che l’avevano attaccato; gli altri due giacevano privi di sensi
poco distante. Rendendosi conto che il suo ex-partner se la sarebbe cavata
benissimo da solo, la sweeper decise di approfittare del momento favorevole per
allontanarsi.
Si diede della stupida: non aveva avuto paura a
fronteggiare due yakuza che cercavano di farle la pelle e adesso scappava di
fronte all’uomo di cui era innamorata… era semplicemente insensato. Ma era
così. Aveva paura, paura di affrontare Ryo, il suo passato, la sua vita precedente…
e soprattutto la scelta che quell’incontro le aveva drammaticamente messo di
fronte. Lanciò un’ultima occhiata a Saeba, per imprimersi nella mente ogni
piccolo dettaglio del suo corpo e del suo viso, sicura che non l’avrebbe più
rivisto, e poi cominciò a correre a perdifiato giù per la collina, dopo aver
tramortito con il calcio della pistola il primo dei due yakuza che aveva
ferito, per impedirgli di creare problemi.
Ryo, che la teneva sotto controllo con la coda
dell’occhio, non appena si rese conto che la sua amata socia se ne stava
andando, mise fuori combattimento in un secondo il suo sventurato avversario e
si buttò all’inseguimento. “Kaori! Kaori aspetta! KAORI!”
Malgrado corresse più velocemente che poteva, quando lo
sweeper giunse ai piedi della collina fece solo in tempo a vedere la piccola
Smart blu che spariva nel buio. Kaori se n’era andata… di nuovo.
***
I promise
I'm not trying to make your life harder
Or return to where we were…
Non
avrei mai pensato di arrivare a essere felice che mi abbiano sparato addosso…
ma alla fine devo solo ringraziarli quegli yakuza: mi hanno tolto da una
situazione da cui non avrei mai saputo venir fuori… è inutile: riesci sempre a
sconvolgermi, come o forse più di prima, lo sai?
Hai
fatto bene ad andartene socia. Mi fa malissimo ammetterlo, ma è così. Ti ho
rovinato la vita già abbastanza dandoti in cambio nient’altro che… che niente,
nient’altro che niente. Perché è questo che sono stato capace di offrirti in
questi anni: una vita perennemente sull’orlo della bancarotta, una vita sempre
nella clandestinità, nell’ombra, con il rischio di beccarsi una pallottola in
testa ad ogni ora del giorno e della notte… no, decisamente non è la vita che
ti meriti… ed è per questo che non ti chiederò di tornare… anche se sarà
difficile continuare senza di te…
I know
I left too
Much mess
And
destruction
To come
back again…
È inutile che mi faccia illusioni. Con te ho
sbagliato tutto, dall’inizio alla fine, da quando ti ho conosciuta fino ad
adesso. Ti ho fatto male e nient’altro, mio piccolo Sugar Boy, lo so. E adesso
non posso più tornare indietro… hai fatto bene a scappare prima…
And I caused nothing
But trouble
I understand
If you
Can't
talk to me again …
Non
avrei mai pensato di arrivare a essere felice che mi abbiano sparato addosso…
ma alla fine devo solo ringraziarli quegli yakuza: mi hanno tolto da una
situazione da cui non avrei mai saputo venir fuori… è inutile: riesci sempre a
sconvolgermi, come o forse più di prima, lo sai?
Ho fatto
bene ad andarmene. Un minuto in più e sarei crollata. Sarei scoppiata a
piangere e ti avrei chiesto scusa (per cosa poi?), sperando che tu mi chiedessi
di tornare con te… e sarebbe stato l’errore più grosso della mia vita. Me l’hai
detto anche tu, in fondo: in questi mesi hai continuato a lavorare da solo, io
non ti servo, sei felice adesso… e devo esserlo anch’io. Standoti accanto non
ti ho causato altro che guai e capisco benissimo che tu adesso stia meglio e
non mi rivoglia con te. Ed è per questo che non ti chiederò di tornare… anche
se sarà difficile continuare senza di te…
And if
you live by the rules of "it's over"
Then I'm sure that that makes sense…
È inutile che mi faccia illusioni. Tra di noi è
tutto finito e City Hunter è tornato ad essere il cacciatore solitario che era
prima. Sai Ryo, mi fa malissimo ammetterlo ma è giusto così. E adesso non posso
più tornare indietro… ho fatto bene a scappare prima…
I will go
down with this ship
And I won't put my hands up
Disclaimer:I personaggi di City
Hunter sono di proprietà di Tsukasa Hojo e degli aventi diritto.
Gli altri personaggi sono di proprietà dell’autrice.
La canzone “Allaboutlovingyou”
è dei Bon Jovi. Tutte le altre canzoni citate sono di
proprietà dei rispettivi autori.
Luglio 2005
Grazie a tutti coloro che hanno la
pazienza di seguirmi nonostante le lunghe pause e in particolare a Bobbychan,
Evy, Ciccachan, Moka, BPM e Dafne per le recensioni.
Mistral
***
Capitolo
VII
Ryo
girava senza meta tra i vicoli stretti e sporchi della zona più malfamata di
Shinjuku. La mezzanotte era ormai passata da un pezzo e a quell’ora di solito
era già pesantemente sbronzo. Negli ultimi tempi, da quando la socia se n’era
andata, beveva molto più di prima, cercando di annegare in un fiume d’alcool
quel demone che lo stava rodendo dentro.
Ma quella
notte, per quanto avesse bevuto, la sua mente era ancora perfettamente e
dolorosamente lucida, in grado di ricostruire con precisione fotografica ogni
istante di quel brevissimo incontro con la donna che da due mesi lo stava
uccidendo pur senza far nulla.
Nel suo
girovagare, lo sweeper aveva perso la cognizione del tempo e il senso
dell’orientamento. Stancamente si lasciò cadere davanti ad una vetrina,
rendendosi conto solo in quel momento di essere tornato sulla strada principale
che tagliava in due il quartiere, mentre ormai l’alba tingeva di strani
riflessi violetti la fetta di cielo tra i palazzi.
Sospirò,
incapace di capire perché il suo istinto l’avesse portato proprio lì: aveva
vagabondato senza accorgersene tutta la notte, per ritrovarsi infine nel posto
dove tutto quell’incubo era iniziato.
Sentì scattare
una serratura alle sue spalle e, un istante dopo, una grossa ombra si parò tra
lui e un lampione che andava spegnendosi nel chiarore del mattino.
“Cosa
accidenti ci fai tu qui a quest’ora?!” sbottò Falco.
Saeba
alzò gli occhi stanchi, velati di tristezza, e abbozzò un sorriso. “Non sono
certo qui per vedere te, scimmione…”
“Idiota!”
sbuffò Umibozu, afferrandolo poi per la collottola e portandolo dentro. “Vieni
che Miki ti prepara un caffé”
Il Cat’s
Eye era silenzioso e ancora semibuio, ma Ryo non faticò a scorgere la sagoma
snella della barista che, nel retro, preparava il necessario per la giornata
appena cominciata. Staccandosi dalla presa di Falco, andò a sedersi al suo
solito sgabello al bancone, mentre l’amico iniziava ad accendere le luci nel
locale.
Un attimo
dopo comparve Miki, un caldo sorriso sul volto. “Buongiorno Saeba… come siamo
mattinieri oggi! Il solito?”
Lo
sweeper non disse una parola e la donna lo interpretò come un sì, mettendosi ad
armeggiare con la caffettiera e porgendogli qualche minuto dopo una tazza di
bevanda bollente.
Fino a
quel momento, tutto si era svolto in un’atmosfera surreale, nel silenzio più
assoluto, rotto solo dai piccoli rumori quotidiani nel bar e sulla strada che
cominciava ad animarsi. Né Miki né il compagno tentarono di forzare il muro
dietro cui il loro amico si era trincerato, anche perché percepivano emanare da
lui una grande tensione.
Alla fine
fu Saeba stesso a parlare e lo fece come era solito fare: con una domanda a
bruciapelo che colse tutti di sorpresa. “Miki da quanto tempo dai lezioni a
Kaori? Voglio la verità”
A quelle parole,
l’ex-mercenaria sussultò e si voltò di scatto, facendo cadere a terra una
tazzina. Un istante di gelo totale, in cui il tempo pareva essersi fermato tra
quelle quattro mura e ognuno poteva quasi udire il battito del proprio cuore,
mentre fuori la vita continuava a scorrere. Il rumore dei cocci ruppe
quell’equilibro innaturale, ridando voce alla ridda di pensieri di ciascuno.
“Come fai
a saperlo?” trovò la forza di mormorare Miki, pallida in volto, fissando Ryo.
Ma lo
sguardo di lui non tradiva la minima emozione; braccia conserte appoggiate al
bancone, gli occhi neri puntati sulla barista, parlava con voce atona e fredda.
“L’ho incontrata ieri notte. Al cimitero, sulla tomba di Maki. Perché non mi
hai mai detto niente?”
La donna
distolse lo sguardo da lui e deglutì. “Le ho fatto una promessa. Kaori mi ha
fatto promettere che non avrei detto niente a nessuno né dei suoi allenamenti
né di tutto il resto”
Lo
sweeper spalancò gli occhi. “Allora tu sai dove abita! E sapevi anche che aveva
cominciato a fare la modella! E non mi hai detto niente pur sapendo quanto sia
pericoloso per lei quel lavoro!” Mentre parlava, la voce di Saeba si era fatta
sempre più alta, finché sulle ultime parole non era esploso, scattando in
piedi.
“Ma ti
sei rincretinito del tutto?!” esclamò a sua volta Miki “Fare la modella sarebbe
un lavoro pericoloso, secondo te?! E quando viveva nel nostro mondo rischiando
tutti i giorni che le sparassero addosso, quello non era pericoloso?!”
“Come
socia di City Hunter, il suo nome e la sua faccia sono conosciuti tra la merda
che popola questa città e non solo! E a loro non gliene frega niente se adesso
non lavoriamo più insieme! Se la riconoscono per lei è la fine!”
Esasperata,
Miki batté le mani sul bancone, sporgendosi in avanti verso di lui. “Kaori non
è una novellina! Sa benissimo a cosa va incontro! Piuttosto sei TU che sei
geloso e non vuoi ammetterlo! Sei solo uno stupido Saeba!” gli urlò a pochi
centimetri dal viso.
A quel
punto lo sweeper perse il controllo e afferrò la donna per la camicia. “Non ti
perm-”
Non ebbe
il tempo di finire la frase che Umibozu lo scaraventò lontano con violenza,
facendolo andare a sbattere contro la parete. “TU non ti permettere mai più di
fare una cosa del genere a mia moglie!” ruggì “Adesso vedi di darti una calmata
e torna quando ti sarà passata!”
Ryo si
rialzò e gli lanciò un’occhiata carica di rabbia, poi, senza una parola di più,
infilò la porta e sparì.
***
Quel
pomeriggio, Kaori uscì piuttosto malconcia dalla colazione di lavoro con Eriko.
Durante la notte infatti non era riuscita a chiudere occhio, tormentata
dall’incontro con Ryo, poi aveva passato la mattinata a fare pose su pose,
sbatacchiata senza fine tra il fotografo, il costumista, la truccatrice e
un’altra mezza dozzina di persone, tutte incuranti del suo tremendo mal di
testa; e infine il pranzo con la sua amica che, invece di essere un momento di
pausa, si era trasformato in una riunione per pianificare l’ennesima trasferta
della troupe, questa volta sull’isola di Shikoku, posto assolutamente
insignificante, ma, a detta del fotografo (che Kaori cominciava a detestare),
assolutamente perfetto per un servizio fotografico.
La donna
sbuffò, allungando il passo e dribblando abilmente una scolaresca che usciva in
quel momento dai cancelli dell’istituto. Il cerchio alla testa si faceva sempre
più martellante e lei non vedeva l’ora di arrivare a casa e stendersi un
momento.
Immersa
nei suoi pensieri, non si accorse nemmeno che qualcuno la stava chiamando già
da un po’, poi improvvisamente si sentì afferrare il braccio.
Si voltò
di scatto, pronta ad aggredire verbalmente l’importuno, ma quando lo vide in
faccia rimase di sasso.
“Finalmente
ti sei fermata, Kaori!” le sorrise l’uomo che indossava un elegante completo
blu con camicia coordinata e cravatta celeste “Dove vai così di fretta?”
“Mick!
Sei proprio tu?!”
“Oh yes!
That’s me!” esclamò l’Americano, esibendosi in un galante baciamano.
A quel
gesto, Kaori arrossì, ma lo lasciò fare. “Ti trovo molto bene…” cominciò a dire
poi, per sottrarsi all’imbarazzo che la stava paralizzando “Come mai sei
tornato dall’America?[1]”
“Perché
ormai la mia casa è qui” rispose lui, regalandole un altro dei suoi sorrisi
seducenti “Tu, piuttosto, come va con quel degenerato del tuo collega?”
La donna
si irrigidì, aprì la bocca per rispondere e subito la richiuse, mordendosi il
labbro, imbarazzata. “Noi non lavoriamo più insieme, Mick: abbiamo litigato e…
ed è finita. Due mesi fa”
L’Americano
spalancò gli occhi blu, meravigliato. “Tutto mi sarei aspettato tranne che
quell’idiota di Saeba si facesse scappare la donna della sua vita!”
Kaori
arrossì violentemente. “Ma cosa dici, Mick?! Io per lui non sono niente! Me
l’ha detto chiaro e tondo!”
“Quello
che dice Saeba non conta…” ridacchiò lui, agitando un mano con fare noncurante
“Comunque questa storia mi incuriosisce. Ti andrebbe di raccontarmela davanti
ad un caffé?”
“Beh, non
è che ci sia molto da raccontare… comunque ok, se proprio ci tieni”
“Certo
che ci tengo! Let’s go, darling! Se non ricordo male qui intorno c’è un bel
posticino…” Le porse galantemente il braccio, che Kaori accettò sempre più in
imbarazzo.
Poco dopo
i due giunsero in un bistrot, un locale piuttosto piccolo ma molto ben tenuto,
e si diressero al piano superiore, dove c’erano i tavoli migliori.
Mick
invitò la donna a precederlo su per le scale, per avere modo di osservarla
senza che lei se ne accorgesse. Rimase incantato dalla grazia con cui Kaori si
muoveva, facendo oscillare leggermente i fianchi, risultando sensualissima ma
senza scadere nella volgarità; il suo fisico perfetto era sottolineato dai
pantaloni bianchi, di taglio sartoriale, abbinati ad una giacca corta in vita,
e dalle eleganti scarpe con il tacco alto.
«My God,
Kaori… you’ll drive me crazy this way! You’ve become even more beautiful[2]»
Scosse la testa, sorridendo: Saeba era un imbecille. E
forse per lui ora c’era una possibilità. Ce l’avrebbe fatta a conquistarla.
Sorrise di nuovo e si affrettò a seguirla su per le scale.
Seduti
davanti ad una brioche salata farcita e ad una tazza di caffé, i due si
intrattennero piacevolmente per un po’, mentre Kaori riassumeva all’amico le
ultime novità.
“…e
questo è il resoconto di ieri sera. That’s all, folks” concluse poi, mesta,
appoggiando il mento su una mano e facendo tintinnare i numerosi e sottilissimi
braccialetti d’argento che aveva al polso.
“Cafone
come sempre, eh?” constatò Mick, incrociando le braccia sul tavolo e
sporgendosi leggermente in avanti.
Lei fece
una smorfia significativa. “Ormai dovresti saperlo com’è fatto…” sospirò “Guarda,
meno male che sono spuntati fuori dal nulla quei tizi, almeno sono riuscita ad
allontanarmi”
“Ehi, non
ti devi abbattere così!” la incoraggiò lo sweeper, accarezzandole la guancia
col dorso della mano “Posso dirti come la vedo io? Anche se non mi conviene per
niente…”
Kaori
annuì, abbozzando un sorriso.
“Io credo
che lui sia innamorato di te, in fondo. Solo che è troppo orgoglioso per fare
il primo passo e forse anche troppo confuso”
La donna
scosse la testa con decisione, facendo scintillare i lunghi orecchini di brillanti.
“No Mick. Lui non prova quel tipo di sentimento per me. Io ci ho provato a
farmi amare, ci ho provato in tutti i modi. Alla fine mi ero anche rassegnata a
stare con lui solo come collega di lavoro, ma poi lui mi ha fatto capire che
non gliene importa niente. Così me ne sono andata”
“Secondo
me hai fatto bene”
Lei prese
a tormentarsi una ciocca di capelli. “Lo penso anch’io… e non ho intenzione di
tornare indietro”
“Sei una
ragazza forte Kaori” le sorrise Mick “E io ti ammiro molto per questo, sai?
Senti, lo so che è tremendamente sfacciato da parte mia, ma… posso lasciarti il
mio numero di telefono? Così se hai bisogno di un cavaliere per le tue serate
di gala sai come contattarmi”
La donna
scoppiò a ridere, di una risata argentina e sincera. “Ma sai che hai una faccia
di bronzo pazzesca?!”
L’Americano
annuì ripetutamente, un sorriso compiaciuto a increspargli le labbra. “Me
l’hanno detto in tanti”
“Comunque
sì, te lo sei meritato… tieni, scrivilo qui” concluse lei, porgendogli un
notes.
Mick
scrisse velocemente e poi rimase un attimo ad osservare la pagina del
blocchetto. “Oh, non ci avevo fatto caso che c’era già un altro appunto”
La donna
corrugò le sopraciglia e si allungò leggermente sul tavolo per vedere meglio.
“Ah, sì, è un appuntamento di lavoro per domani… niente di che”
“Beh,
così sembra che domani devi uscire con me! Che bello, ho un appuntamento con
Kaori!”
“Ma che
cretinate spari!” esclamò la sweeper, scoppiando a ridere di cuore. I suoi
dolci occhi castani sorrisero, illuminandosi ancora di più.
Grazie a
Mick, la malinconia le era passata. Forse ormai… non volle continuare il
pensiero, nel timore di sciupare quel momento.
Vedendola
così felice, l’Americano si rallegrò con sé stesso. Quando l’aveva incontrata
prima aveva capito subito che c’era qualcosa che non andava e guardarla ora
ridere e scherzare era la cosa più bella che potesse augurarsi.
Quella
sera, sul balcone del suo appartamento, osservando la luce ambrata della sera
riflettersi tra i palazzi e scolorare lentamente nel buio, Kaori ripercorreva
gli ultimi avvenimenti.
Passandosi
un mano tra i capelli, trasse un profondo sospiro: quanto era cambiata la sua
vita nel giro di due mesi appena… e soprattutto quanto era cambiata lei!
Le tornò
in mente Saeba; quel breve incontro l’aveva sconvolta, certo, ma forse meno di
quanto immaginasse. Alla fine era riuscita a controllarsi piuttosto bene, senza
perdere la calma e lasciarsi andare ad una scenata da donnetta isterica. E di
questo non poteva che essere orgogliosa. Però… però non c’era storia, Ryo era
sempre Ryo…
Ho provato a non amarti
È impossibile per me…
Non era
riuscita a dimenticarlo, lo sapeva bene… e forse non ci sarebbe mai riuscita.
Lui le era entrato dentro troppo profondamente e cancellarlo dal suo cuore
avrebbe voluto dire cancellare anche un parte di lei. Non sarebbe stato giusto
e non lo voleva nemmeno.
Però
doveva anche fare i conti con la realtà. E la realtà in quel momento era che
non c’era più posto per lei nella sua vita. «Ho continuato a lavorare da solo»…
gliel’aveva detto esplicitamente. Più chiaro di così…
Ci sei tu e io m'illumino
Mi agito
Quando non ci sei
Ma tu non vedi niente
Pensi ad altro ormai…
Lui adesso si era rifatto una vita senza di lei - come lei se
l’era rifatta senza di lui, del resto. Era nell’ordine naturale delle cose e
anzi, lei avrebbe dovuto anche esserne felice. E allora perché le faceva ancora
così male? Era stupido da parte sua stare lì a crogiolarsi nel suo dolore
quando lui le aveva fatto chiaramente intendere che ormai lei era uscita dalla
sua vita e che non ci sarebbe più rientrata… un po’ come quando di punto in
bianco ti licenziano: «Lei non rientra più nei piani della società.
Arrivederci, è stato un piacere». E sei scaricato. Pulito, semplice,
inequivocabile, anche educato se si vuole… ma la frittata è sempre quella,
comunque la si rigiri.
Ma lei non doveva permettersi di arrendersi davanti a
quell’evidenza dolorosa: lui aveva continuato ad andare per la sua strada senza
di lei, non si era fermato ad aspettarla né tantomeno si era preoccupato di
cercarla per ricucire il loro rapporto. Quindi lei aveva tutto il diritto di
continuare a vivere la sua vita, anche senza di lui. E la sua vita in quel
momento comprendeva Eriko e il suo lavoro come fotomodella… e Mick.
Già, Mick… l’Americano tempo prima era stato innamorato di lei,
gliel’aveva detto chiaramente. E quel pomeriggio le aveva fatto intendere che
non le sarebbe dispiaciuto rivederla. Perché no, in fondo? Lei gli voleva bene,
gli era grata per averla fatta sentire amata e apprezzata e anche in quel
momento si era offerto senza esitazioni di stare al suo fianco…
Sicuramente Ryo era circondato ogni sera da belle donne e se la spassava
da matti - come del resto aveva sempre fatto, fregandosene dei suoi sentimenti;
perché lei non avrebbe dovuto concedersi la compagnia di un amico sincero?
Non era una vendetta nei confronti di Ryo… no, non ne sarebbe
stata capace e in fondo non avrebbe avuto neanche senso…
Era solo prendere il coraggio a due mani e aprire un capitolo
nuovo nella sua vita, facendo un passo in più verso l’indipendenza dall’ombra
di Saeba.
Perché la vita ha molte strade, ma non tutte sono praticabili e se
davvero il destino aveva scelto lei per essere la compagna di Ryo, prima o poi
li avrebbe fatti riunire. Non importava quando, se tra due mesi, due anni o due
decenni… però, aspettando quel momento, lei non poteva restare ferma: doveva
piuttosto continuare a camminare lungo il suo sentiero, portando sempre con sé
il ricordo di lui.
Sorrise. Era quella la strada giusta, ne era sicura…
Nel frattempo si era fatto completamente buio e il cielo si era
coperto di nuvolosi scuri; la brezza pungente che si era alzata fece rabbrividire
Kaori, suggerendole di rientrare. Tornata in casa
parecchio infreddolita, decise di prepararsi una bella tazza di cioccolata per
scaldarsi, quindi si accoccolò sul divano, accendendo distrattamente la
televisione per tenersi compagnia.
In capo a
dieci minuti si addormentò, la TV
accesa sintonizzata sul telegiornale della sera che dedicava un servizio allo
straordinario successo della campagna pubblicitaria della giovane stilista Eri
Kitara, tutta centrata sulla misteriosa modella che non mostrava mai il volto.
Dei lampi
in rapida successione illuminarono, come fossero fotogrammi di una vecchia
pellicola, i movimenti fluidi ed eleganti di una figura silenziosa che, senza
fatica, era scivolata nella buia camera da letto.
[1] Perdonatemi
la licenza poetica, ma ho modificato deliberatamente la storia di Mick. Mentre
nel manga, dopo essere sopravvissuto alla Polvere degli Angeli, Mick si fidanza
con Kazue, in questa fic fate conto che lui appena guarito sia andato negli USA
per tentare una riabilitazione e ora sia tornato in Giappone. Altrimenti la
storia non funziona…
[2] “Mio Dio
Kaori… in questo modo mi farai diventare pazzo! Sei diventata ancora più bella”
Disclaimer: I personaggi di City Hunter sono di proprietà di Tsukasa Hojo e
degli aventi diritto.
Gli
altri personaggi sono di proprietà dell’autrice.
La
canzone “All about loving you” è dei Bon Jovi. Tutte le altre canzoni citate
sono di proprietà dei rispettivi autori.
28
Agosto 2005
La
mia fic compie un anno!
Un
anno fa pubblicai il primo capitolo e adesso l’ottavo… da allora sono cambiate
parecchie cose, a partire dal mio stile che mi sembra migliorato molto rispetto
all’inizio, che ne dite? È rimasta invece sempre la stessa la passione che metto
nello scrivere questa storia, in cui sto mettendo davvero tanta parte di me. Ed
è proprio questa componente autobiografica che spesso fa dilatare così tanto i
tempi di aggiornamento (di cui mi scuso nuovamente): l’essere così tanto dentro
queste righe, anche e soprattutto dal punto di vista sentimentale, a volte rende
difficile la scrittura. Spero mi capiate.
Colgo l’occasione anche per ringraziare tutti coloro che hanno recensito o anche
solo letto e apprezzato la mia fic e che hanno continuato a seguirmi per un arco
di tempo così lungo.
Grazie mille anche a Nisi che è diventata la mia principale supporter nella
stesura di questo lavoro.
Mistral
***
Capitolo VIII
Ryo
scavalcò silenziosamente la finestra; dopo aver saputo che Kaori lavorava per
Eriko come modella, gli era stato facile indirizzare i suoi uomini sulla pista
giusta e scoprire dove abitava l’ex collega.
E
adesso era andato a casa sua perché… non lo sapeva nemmeno lui perché. Solo
voleva sapere qualcosa di più di lei e della sua nuova vita. Forse era anche un
modo per convincere sé stesso che quella era la scelta migliore per lei, così da
far tacere quella voce dal buio dentro di lui che gli gridava di mettere da
parte una volta per tutte quel suo maledetto orgoglio e andare a riprendersi la
sua luce.
Appena messo piede nella camera della donna, il suo dolcissimo profumo l’avvolse
completamente; stette un attimo immobile, ispirando a pieni polmoni quella
dolorosa sensazione, riempiendosi dell’assenza di lei fino a farsi male.
Poi
si scosse e iniziò a guardarsi attorno alla flebile luce dei lampioni sulla
strada: si rese immediatamente conto che Kaori era in casa e in breve la trovò,
addormentata sul divano del salotto, la televisione accesa e una tazza semivuota
di cioccolata ormai fredda accanto. La ex sweeper era raggomitolata in posizione
quasi fetale, i piedi, dalle unghie laccate d’argento, che spuntavano appena
dagli ampi pantaloni bianchi e la corta camicia pervinca che scopriva parte
della schiena leggermente abbronzata, mentre dalla scollatura faceva capolino
maliziosa la spallina del reggiseno di pizzo; era bellissima.
Rimase ad osservarla per un tempo indefinibile, mentre pensieri confusi e
sconclusionati si accavallavano nella sua testa; la sera prima, nel buio e nella
concitazione del momento, non aveva avuto modo di rendersi conto di quanto fosse
cambiata fisicamente. Quegli abiti, quelle scarpe dal tacco alto che aveva
abbandonato in un angolo della stanza, le unghie dipinte, l’abbronzatura così
fuori stagione e quel trucco leggero sul viso… la Kaori che conosceva non
avrebbe mai fatto niente di tutto ciò ma, dannazione, ne avrebbe avuto tutto il
diritto! Si maledisse per l’ennesima volta per tutto quello che le aveva fatto:
lui e il suo egoismo e le sue paure non solo l’avevano trascinata in un mondo
dove la lotta per la sopravvivenza era la norma, rubandole sei anni di vita, gli
anni più belli della vita di una ragazza, ma avevano anche impedito alla sua
bellezza e alla sua femminilità di sbocciare… quella era la vera Kaori: una
donna meravigliosa che finalmente aveva raggiunto il posto che le spettava di
diritto. L’altra Kaori, quella che aveva vissuto al suo fianco, era solo un
bocciolo di rosa tenuto sotto un campana di vetro nell’ombra di uno scantinato,
dove non sarebbe mai fiorito, rischiando anzi di appassire del tutto.
Era
giusto così… lei doveva andare per la sua strada e lui non doveva più
permettersi di imbrigliarla in un rapporto controverso che le avrebbe fatto solo
del male.
Si
staccò da lei, deciso a dare solo un’ultima occhiata nell’appartamento prima di
allontanarsi per sempre. La casa era in perfetto ordine, dando l’impressione di
venir usata molto poco, e l’unica cosa fuori posto era un piccolo notes caduto a
terra, forse scivolato dalla borsetta rovesciata sul tavolino soprastante. Saeba
si chinò a raccoglierlo, facendone scorrere velocemente i fogli, coperti di
appunti scribacchiati un po’ alla rinfusa nella scrittura agile e sottile di
Kaori. Lo sweeper stava per riporlo, quando, in una delle ultime pagine,
qualcosa attrasse la sua attenzione: c’era una breve scritta diversa dalle
altre… lettere grandi, calcate, una calligrafia che certamente non era quella
della socia. Ryo sfogliò rapidamente le pagine, fino a trovare quella
incriminata e ciò che vi lesse lo lasciò di sasso: 2/4 h. 15:00 Torre di Tokyo
seguito da un numero di telefono e da un nome, Mick.
Mick
Angel, lo sweeper suo ex collega in America. Che era tornato per ucciderlo su
incarico di Kaibara e poi aveva abbandonato la missione, rischiando infine lui
stesso la vita per colpa di quella maledetta Polvere degli Angeli.
Mick
Angel, proprio lui. Una delle poche persone che Ryo considerava un amico. Non
sapeva che fosse tornato… beh, se la cosa era avvenuta da meno di due mesi non
era poi così strano: in quell’ultimo periodo avrebbe anche potuto scatenarsi
l’apocalisse che lui non se ne sarebbe neppure accorto, preso com’era dalla
ricerca di Kaori. E adesso lo ritrovava d’improvviso, con quello che aveva tutta
l’aria di essere un appuntamento proprio con Kaori. Saeba strinse forte le mani,
deglutendo a vuoto. Aveva un groppo alla gola e si sentiva come se gli avessero
appena assestato due violenti pugni nello stomaco dopo averlo sorpreso con la
guardia abbassata: Kaori aveva un appuntamento con un uomo. E quell’uomo era il
suo migliore amico.
Già
all’epoca del loro primo incontro, Mick aveva mostrato interesse nei confronti
di Kaori, si era sinceramente innamorato di lei, dongiovanni impenitente qual
era, e aveva avuto il coraggio di confessarle il suo amore. Ma poi si era tirato
indietro, perché aveva capito che per lui non c’era posto, che il cuore della
donna era già occupato… ma ora?
Ryo
era geloso. Geloso marcio. Lo ammise a sé stesso senza alcuna remora – ormai non
aveva senso farsene – e, dimenticandosi all’istante di tutti i suoi propositi di
uscire per sempre dalla vita di Kaori, decise che mai e poi mai avrebbe permesso
all’Americano di corteggiarla. Non poteva accettarlo: Mick era immerso fino al
collo in quel mondo di merda esattamente come lui e di certo Kaori non sarebbe
stata felice al fianco di quello yankee…
«Chiunque ma non lui» si disse Ryo. Aveva deciso: sarebbe andato a cercare Mick
e l’avrebbe convinto, con le buone o con le cattive, a tenersi lontano dalla sua
donna.
Trovare Mick non gli fu difficile; combinare un appuntamento con lui ancora
meno.
I due
uomini si incontrarono quel pomeriggio, in una zona della città diametralmente
opposta alla Torre di Tokyo e, guarda caso, poco prima dell’ora fissata per il
presunto appuntamento con Kaori.
Ryo
si presentò in anticipo e rimase ad aspettare l’ex collega sulla sponda del
laghetto al centro del parco, cercando invano di dimenticare il motivo per cui
si trovava lì. Avrebbe dovuto rimanere calmo, evitare di perdere il controllo;
impresa ardua vista la straordinaria capacità di Mick di farlo andare in bestia
e il suo incredibile acume e curiosità per le faccende di cuore – altrui,
ovviamente.
Dopo
un po’, quando già si stava stancando di aspettare, Saeba si sentì dare una
pacca sulla spalla e subito udì la voce allegra di Mick salutarlo: “Hello Ryo!
How are you? It’s been such a long time![1]”
“Taglia corto con i convenevoli, Mick” lo interruppe seccamente lo sweeper “Sai
perfettamente perché ti ho chiesto di incontrarci oggi e non mi sembra il caso
di fare gli amiconi” Ryo aveva deciso per la linea dura, il gioco a carte
scoperte, e al diavolo la prudenza e la diplomazia.
Rimase quindi spiazzato di fronte al genuino stupore del biondo. “Di cosa stai
parlando, Ryo? Io pensavo mi avessi chiamato semplicemente per salutare un
vecchio amico”
“Proprio un bell’amico… ricompari dal nulla dopo secoli e ti metti a corteggiare
la donna del tuo ex compagno di lavoro” La voce di Saeba era aspra, sferzante,
ma ancora relativamente calma.
Sinceramente stupito, l’Americano rise, la testa inclinata su una spalla e le
mani infilate nelle tasche degli eleganti pantaloni color antracite. “Veramente
la versione che mi ha raccontato Kaori è un po’ diversa”
Al
sentire il nome della donna, l’espressione di Ryo si fece gelida, gli occhi
simili a buchi neri che minacciavano di inghiottire qualsiasi cosa, con la
sinistra promessa di non restituire più nulla. Fissò lo sguardo sull’altro.
“Come fai a sapere di Kaori? Quando l’hai incontrata?”
“L’ho
vista ieri, in centro. Le ho offerto un caffé e, mentre facevamo due
chiacchiere, mi ha raccontato di quanto sei stato imbecille”
La
leggerezza con cui quelle parole erano state pronunciate fu la goccia che fece
traboccare un vaso già stracolmo. Ryo non riuscì neanche ad infuriarsi, ma passò
direttamente ad una fase successiva alla collera, propria solo degli individui
con una grande forza di carattere, una fase ben più pericolosa, in cui la rabbia
non è più un fatto meramente istintivo ma viene razionalizzata e incanalata su
un obiettivo preciso, con effetti che possono essere devastanti. Afferrò Mick
per il bavero della giacca e lo sollevò di peso, tirandolo a sé. “Rimangiati
immediatamente quello che hai detto” Apparentemente calmissimo, glaciale, ma in
realtà pronto ad esplodere alla più piccola provocazione.
L’Americano, benché conscio di star giocando col fuoco – conosceva bene Ryo e il
suo temperamento sanguigno, non si scompose minimamente. “Non ci penso neanche.
È la verità e la tua reazione spropositata non fa che confermare la mia prima
impressione su tutta questa storia”
Saeba
allentò la presa, permettendo a Mick di stare in piedi sulle sue gambe, ma
neanche uno dei suoi muscoli si rilassò. “E sentiamo, cosa avresti capito di
quel che è successo?” Di nuovo quel tono al vetriolo.
Il
biondo scosse la testa, sistemandosi la giacca con fare noncurante. Poi colpì.
“Tu la ami, Saeba. Smettila di negarlo a te stesso, a lei, al mondo intero. Non
so perché tu le abbia detto quelle cose orrende quel giorno, ma, purtroppo per
te, penso che sia stato l’errore più grande della tua vita: non riuscirai a
tornare indietro stavolta. Kaori ormai si è inserita in un nuovo mondo e ha
trovato la felicità… in fondo non è quello che hai sempre voluto per lei?”
Si
interruppe un attimo, per rendersi conto dell’effetto delle sue parole
sull’amico. Devastante, pur in assenza di conseguenze visibili.
“Solo
che non avevi considerato la variabile impazzita del cuore: ti sei innamorato
dell’unica persona che non avresti mai dovuto amare e non hai avuto il coraggio
di accettare e ammettere i tuoi sentimenti. Ed è finita così… that’s the way the
cookie crumbles![2]”
Il
City Hunter strinse i pugni. Mick aveva ragione, ragione su tutta la linea: ma
quanto era duro sentirsi buttare in faccia la verità in quel modo!
“Io
non voglio fare il tuo stesso errore, Ryo. Non puoi impedirmi di amare Kaori e
di dimostrarle i miei sentimenti. E se lei mi ricambierà non potrai impedirci di
vivere la nostra vita e di compiere liberamente le scelte che vorremo. Il treno
dell’opportunità passa una volta sola, amico, e se lo perdi non sta certo lì ad
aspettarti…”
***
“EEEEHH?!?!” Un urlo spaccatimpani provenne dal container-camerino allestito ai
piedi della Torre di Tokyo “No! No! E poi no! Non se ne parla neanche!” strepitò
Kaori scuotendo vigorosamente la testa.
“Ma
scusa Kaori, cosa c’è di male?” Eriko pareva genuinamente stupita “Non ti ho
mica chiesto la luna!”
“Ma…
dico, hai realizzato o no cosa mi stai chiedendo?!”
“È
solo una foto, Kaori, cosa vuoi che sia?”
“Non
è SOLO una foto” puntualizzò la ex sweeper, rossa in volto “Tu mi stai chiedendo
di ba-“
“Kaori-san, non mi dica che non vuole concedermi un bacio!” intervenne una calda
voce maschile dalla porta “Non mi ritiene all’altezza della sua bellezza?” Un
bel ragazzo sui 25 anni, carnagione abbronzata e muscoli in bella vista, fece
capolino nella stanza.
Kaori
arrossì, se possibile, ancora di più. “Masato-san… non è come pensa… solo che…”
Masato, che aveva tutta l’aria di uno che dalle donne è abituato ad ottenere
tutto e subito, indirizzò a Kaori un sorriso seducente. “E allora, che problemi
ci sono? È tutto così semplice…” mormorò, avvicinandosi alla sweeper e
cingendole la vita con un braccio.
Ma
l’intraprendente playboy non aveva fatto i conti con i famosi martelli di Kaori
Makimura. “Tieni giù le mani! DEPRAVATO!” esclamò la ex City Hunter, colpendo il
povero disgraziato con un martellone gigante e mettendoci tutta la forza che era
solita usare quando lo brandiva contro Ryo. Masato volò fuori dalla finestra,
finendo poi spiaccicato contro un albero, sotto gli occhi attoniti di Eriko e
del resto della troupe.
Vedendo il risultato ottenuto, Kaori sorrise soddisfatta e posò a terra l’arma
impropria. “Così quello impara ad allungare troppo le mani! E tu volevi che
baciassi un tipo del genere!” concluse poi, rivolgendosi alla stilista.
Quella, dal canto suo, era sull’orlo di una crisi di nervi. “E adesso come
faccio? Tu e Masato eravate perfetti per quella foto! Già me la vedevo: un uomo
dal fisico scultoreo e una donna bellissima che si baciano sulla cima della
Torre di Tokyo… sarebbe stato un successo!”
Kaori
incrociò le braccia. “Indubbiamente… peccato che io non abbia nessuna intenzione
di baciare il primo che capita! Neanche per finta!” Scosse la testa e il suo
tono perse ogni sfumatura velenosa. “Dai Eriko, lo sai come sono fatta… con gli
uomini sono timidissima, non puoi chiedermi una cosa del genere!”
Sul
volto di Eriko si disegnò un sorriso strano. “Eh già… timida, timida, ma intanto
ti sei trovata compagnia… uno straniero per di più!”
“Ma
che cavolo dici?”
Il
sorriso di Eriko si allargò. “Dai, non fare la finta tonta! Il tipo con cui eri
in giro ieri pomeriggio! Me l’ha detto Meiko che vi ha visti al bistrot vicino
al parco… Avanti, sputa il nome: chi è questo principe azzurro?”
Kaori
corrugò le sopracciglia, poi improvvisamente sembrò realizzare e ridacchiò
sommessamente. “Ma cosa ha capito quella svanita di Meiko?! Quello non è il mio
ragazzo!”
“Come
no?”
“Ma
no! Lui è Mick Angel… è un ex compagno di lavoro di Ryo. L’ho incontrato ieri
per caso, tra l’altro era anche tantissimo tempo che non ci vedevamo, e così mi
ha invitato a prendere un caffé e a fare due chiacchiere”
“Oh…
e io che immaginavo chissà che” la stilista pareva delusa “Però Meiko mi ha
detto che è davvero bello: alto, biondo e molto elegante”
Kaori
sembrò considerare Mick sotto quell’aspetto solo in quel momento. “Beh… sì, di
certo ha buon gusto nel vestire, porta sempre solo completi di sartoria… meglio
di Ryo, sicuramente”
“Lui
lascialo perdere” Eriko liquidò l’argomento Saeba con un gesto veloce della mano
“Piuttosto…” si interruppe un attimo, intenta a riflettere. Poi alzò gli occhi e
li fissò in quelli perplessi di Kaori, con un sorriso che andava da un orecchio
all’altro e non prometteva nulla di buono “Ho trovato, Kaori: adesso tu chiami
Angel-san e facciamo firmare anche a lui un bel contratto, così sarà lui a fare
quella famosa foto con te!”
Kaori
spalancò gli occhi e fece una smorfia. “Eh?”
La
stilista annuì decisa. “Sì, sì, sarà perfetto… su, sbrigati, prendi in mano quel
telefono e chiamalo”
“Ma
chi ti dice che lui sarà d’accordo?”
“Se
non glielo chiediamo non lo sapremo mai, no?” rispose Eriko, pragmatica “E poi
non è mica scemo: gli offro la possibilità di baciare una delle donne più belle
del Giappone e in più lo pago profumatamente… vuoi che rifiuti?”
“ERIKO!” La ex sweeper era imbarazzatissima e le sue guance avevano ormai una
tonalità purpurea.
“Avanti, non farti pregare! Che già mi hai messo fuori uso uno dei miei modelli
più importanti… adesso dovrai pur fare qualcosa per ripagarmi i danni, no?” Così
dicendo, la stilista porse all’amica il piccolo cellulare già aperto e pronto
per chiamare.
Kaori
provò a spostare la questione su un altro piano. “Ma Eriko, scusa, quella foto
non si può fare comunque…”
“E
perché?”
“Beh,
se ci inquadri a figura intera prendendo l’uomo di spalle, io vengo di fronte e
si vede la mia faccia… e ti ho già detto che non posso permettere che succeda”
La
stilista sembrò considerare per un attimo la faccenda. “Bel tentativo, Kaori, ma
è un problema che abbiamo già risolto. Se farete come vi dico, del tuo viso non
si vedrà nulla… anche se è un vero peccato”
“Sai
com’è la situazione, Eriko. Puoi scappare fin che vuoi, ma il tuo passato in un
modo o nell’altro te lo porti sempre dietro. Gli altri non dimenticano” Kaori
sorrise mesta.
“Appunto. Gli altri non dimenticano” Eriko riportò la conversazione
sull’argomento originario, anche per non far cadere l’amica nella trappola del
ricordo “Allora, questa telefonata?”
“Non
posso proprio farne a meno, eh?”
“No,
non puoi”
La
sweeper trasse un sospiro rassegnato e crollò il capo. “E va bene… speriamo solo
che Mick rifiuti…”
“Non
rifiuterà, tranquilla”
“Non
sono per niente tranquilla…” piagnucolò Kaori, mentre il telefono squillava.
***
L’eco
delle ultime parole di Mick si era ormai spento nella quiete del parco,
stranamente deserto nonostante la bella giornata, ma Saeba non aveva fatto nulla
per tentare di riempire quel silenzio, né l’Americano aveva dato segno di voler
aggiungere altro. I due uomini stavano semplicemente immobili l’uno di fronte
all’altro, persi in pensieri che si inseguivano confusamente nella loro mente,
alla disperata ricerca di parole per esprimersi.
Sembrava la scena di un vecchio film western, in cui lo sceriffo e il bandito
stanno piantati per un tempo interminabile nel bel mezzo della strada in attesa
della mossa del rivale, quando all’improvviso succede qualcosa che fa scattare
l’inferno.
Quel
qualcosa si manifestò nello squillo del cellulare di Mick, che cominciò a
diffondere nell’aria un’allegra marcetta tipicamente made in USA, completamente
stonata rispetto al contesto. Quel suono insistente nell’assenza pressoché
totale di rumori ebbe quasi l’effetto di un uragano, almeno su Ryo;
immediatamente lo sweeper corse con lo sguardo al grande orologio posto alle
spalle dell’altro, solo per veder confermato ciò che temeva: le lancette
segnavano quasi le 15:30, quindi a chiamare non poteva essere che…
Portò
gli occhi su Mick che nel frattempo aveva estratto il cellulare dalla tasca e
osservava lo schermo con un’espressione tra il sorpreso e il divertito, ma senza
decidersi a rispondere.
Finalmente aprì il telefonino e se lo portò all’orecchio. “Hello?”
Saeba
osservava il biondo ex collega: la donna dall’altra parte della linea (perché
dall’espressione sognante dell’amico era chiaro che stesse parlando con una
donna) non poteva essere Kaori… che Ryo sapesse non conosceva bene l’inglese e
difficilmente avrebbe potuto capire il marcato accento texano di Mick.
Nel
frattempo la conversazione continuava. Ora l’Americano stava ridendo.
“But
that’s a wonderful idea, baby! Just give me the time to get to you…[4]”
[…]
“Must
be joking, right? I’ll be more than happy to help you![5]”
[…]
“Now
I’m in the public garden near the Sunshine Hotel… yes, it’s quite far, I know.
Listen darling, I’ll be there as soon as possible, understood?[6]”
Dopo
aver riattaccato, Mick alzò gli occhi su Saeba e gli sorrise. “Come penso tu
abbia capito ho un appuntamento. Quindi se vuoi scusarmi…”
Ryo
lo fissò truce. “Basta che non sia con lei, poi puoi fare quel che ti pare”
L’Americano inarcò le sopraciglia. “Intendi Kaori?” Poi scosse la testa e
sorrise. “Te l’ho già detto, Ryo: tu hai avuto la tua possibilità e te la sei
giocata… adesso non hai più voce in capitolo, quindi stanne fuori” Il suo tono,
sul finire della frase si era fatto tagliente, quasi minaccioso. Ma subito
riprese la sua sfumatura allegra e vagamente provocatoria. “Comunque, se vuoi
saperlo, ho un appuntamento con una modella alla Torre di Tokyo”
Una
modella… la Torre di Tokyo…
Saeba
si irrigidì. “Non osare toccarla. Lascia stare Kaori”
“No, TU
lascia stare Kaori” La voce di Mick si era fatta gelida come l'azzurro dei suoi occhi “Non so come tu abbia fatto a capire che si trattava di lei, comunque te lo
ripeto: adesso Kaori è felice, lasciala in pace, non cercare di sconvolgere di nuovo la sua vita
solo per il tuo egoismo”
Il
City Hunter non trovò la forza di ribattere e l’Americano se ne andò a passo
svelto.
Rimasto solo, Ryo si lasciò cadere su una panchina, tentando faticosamente di
razionalizzare quel che era appena successo.
Ma
tutto quel che il suo cervello riusciva a dirgli era ciò che in fondo gli
ripeteva già da un bel pezzo: che era un idiota.
E guarda come un
uomo matura senza premura
Perde la misura poi giura
Scuse che valgono
spazzatura…
Quante volte aveva ingannato Kaori facendole credere che non gli importasse
niente di lei solo perché non aveva il coraggio di ammettere i suoi sentimenti?
Quante volte aveva mascherato il suo desiderio per lei dietro una repulsione
palesemente esagerata e proprio per questo palesemente falsa?
Ha belle parole
ma mantenere ciò che ha promesso
Non gli è mai successo troppo
È egoista per un
compromesso…
Perché in fondo era questo che lui aveva fatto… aveva continuato a mentirle per
tentare di salvare quel tanto decantato equilibrio interiore che in realtà non
aveva. E anche le poche volte che aveva trovato il coraggio di dirle la verità,
come quella volta al matrimonio di Miki e Umi, poi alla fine non aveva fatto
nulla per cambiare le cose.
Egoista per un compromesso: questo era quello che era. Aveva paura di
impegnarsi, aveva paura del suo stesso amore per lei, aveva paura che lo
rendesse fragile. E allora meglio negare tutto, no?
E
così facendo l’aveva persa…
Ho una cicatrice
sul cuore con sopra il tuo nome
Ma voglio tu sia felice anni luce da questa canzone
E dal male che ti ho fatto lui saprà curarti
Mentre conto i miei errori realizzati tardi…
La
loro separazione aveva lasciato una ferita profonda dentro di lui, una ferita
che forse non si sarebbe mai rimarginata del tutto… ma in fondo lui se lo
meritava, se lo meritava in pieno per tutto quello che le aveva fatto.
Forse
aveva ragione Mick. Forse doveva lasciarla stare, togliersi dalla sua vita,
guardarla solo da lontano ed essere felice per lei… anche se questo
probabilmente avrebbe significato vederla accanto a Mick…
Mi manchi guapa
Manca ogni
litigata
Manca il sapore di tornare e ritrovarti a casa
L’odore di una maglietta prestata…[9]
Gli
mancava da morire tutto di lei… il suo sorriso, la sua voce, le sue martellate…
lei ormai era diventata la sua casa, la sua famiglia, in lei aveva trovato quel
calore e quell’affetto che non aveva mai avuto…
Non
poteva perderla: lei era tutto per lui…
Ma
non poteva nemmeno tarparle le ali facendola tornare a vivere con lui…
C’era
una sola cosa che poteva fare.
L’avrebbe seguita, stando nell’ombra, proteggendola da qualunque pericolo; ma
senza interferire nella sua vita. Avrebbe seguito da lontano la sua storia con
Mick e, giurò a sé stesso, se lei avesse deciso di fidanzarsi con lui non
avrebbe fatto nulla. Ma se solo avesse visto sul suo viso anche una singola
lacrima, lo yankee l’avrebbe pagata cara.
E poi
forse, un giorno, se il destino avesse voluto, lui avrebbe avuto un’altra
possibilità. E allora non l’avrebbe sprecata… e allora sarebbero stati felici…
[1]
Ciao Ryo! Come stai? È passato parecchio tempo!
[2]
È un modo di dire americano che significa “Così è la vita”
Disclaimer:I personaggi di City Hunter sono di proprietà di Tsukasa Hojo e degli aventi
diritto.
Gli
altri personaggi sono di proprietà dell’autrice.
La
canzone “All about loving you” è dei Bon Jovi.
Febbraio 2006
Eccomi di nuovo qui. Finalmente dopo 6 mesi ho aggiornato la fanfic! Chiedo
scusa a tutti per l’attesa e ringrazio coloro che continuano a seguirmi
nonostante gli ormai geologici tempi di aggiornamento. Vorrei rassicurare questi
miei aficionados che la storia proseguirà fino alla sua naturale conclusione:
non vi prometto niente in termini di velocità di update, ma potete stare certi
che non smetterò di scrivere. Questo racconto è profondamente parte di me e non
ho nessuna intenzione di lasciarlo incompiuto.
Grazie ancora a tutti e buona lettura.
Mistral
***
Capitolo IX
“Kaori-san, per favore, stia ferma! Oggi è così irrequieta… non riesco a
pettinarla!” La parrucchiera lottava ormai da un po’ contro l’indisciplinata
modella che non ne voleva sapere di lasciarsi sistemare (per la ventesima volta
in un’ora) una pettinatura già perfetta.
“Ayako, per cortesia lascia perdere” la fermò Kaori, scostandole la mano
“Davvero, faresti un lavoro inutile: non ce la faccio proprio a stare calma”
“È
successo qualcosa, signorina?”
“Beh…” arrossì l’altra. “Oh, mi perdoni l’indiscrezione, Kaori-san!” esclamò la
giovane “È solo che di solito lei è così allegra e solare, mentre oggi…”
La
ex-sweeper si imporporò ancora di più. “No, no Ayako, non preoccuparti! Il fatto
è che mi sono infilata in una situazione un po’ imbarazzante, coinvolgendo un
amico e quindi…”
“Kaori!” la voce di Eriko che la chiamava da fuori il camerino la interruppe.
“Kaori, vieni un attimo, per cortesia. La guardia all’ingresso mi ha detto che
c’è un uomo che chiede di te” informò la stilista, infilando la testa nella
stanza.
“Oddio, Mick!” esclamò la ragazza, mettendosi le mani nei capelli.
“Signorina, la pettinatura!” la bloccò Ayako con uno strillo “Coraggio, vedrà
che andrà tutto bene… lei è bellissima!” concluse con fare complice e porgendole
una mano per aiutarla ad alzarsi.
“Ayako! Non ti ci mettere anche tu, ti prego!” Ormai il viso di Kaori stava
passando tutte le tonalità del rosso.
“Ayako ha ragione, altro che!” si intromise Eriko, strattonando la sua modella
per farla mettere in piedi. “Su, adesso vieni con me che siamo già quasi in
ritardo sulla tabella di marcia…” proseguì, mentre le appuntava una grossa
spilla di brillanti e gemme sull’abito nero “…se aspettiamo un altro po’ non ci
sarà più la luce giusta per scattare le foto e allora…”
Mentre trascinava Kaori verso la Torre, la voce della stilista si perse in
lontananza nel brusio del set e Ayako non poté più udirla, ma era sicura che
stesse continuando a parlare del suo lavoro. Sorrise e iniziò a riordinare le
sue cose.
Mick
si guardava intorno perplesso: non si era mai neanche lontanamente avvicinato ad
un set fotografico e non avrebbe assolutamente immaginato che fosse un ambiente
così caotico: c’era gente che correva da tutte le parti con in mano le cose più
disparate e tutti, quando gli passavano vicino, lo fissavano per un attimo – non
sfacciatamente, come voleva la buona educazione - ma lo fissavano, le ragazze
con adorazione, gli uomini con curiosità, alcuni con freddezza.
Ma
tutto quel turbinio di gente all’improvviso si calmò, quando fece la sua
comparsa una ragazza minuta, dai capelli neri, che gli si avvicinò con sicura
eleganza. “Good
morning, are you Mr. Angel? I’m Eriko Kitara, I’m a stylist and I’m in charge of
this photographic set. Would you kindly follow me?[1]”
“Buongiorno a lei, signorina” rispose Mick, accennando un lieve inchino “Non
serve che parli inglese, la capisco benissimo avendo vissuto molti anni qui in
Giappone”
Eriko
sorrise. “Molto bene allora. Prego Angel-san, da questa parte”
Mick
la seguì e i due si diressero verso un container leggermente defilato rispetto
al trambusto del set.
Già
da lontano, l’Americano scorse Kaori che li aspettava sulla porta, visibilmente
tesa. Allungò il passo e le si avvicinò in un attimo, portandosi la sua mano
alle labbra. “Ciao Kaori, come stai?”
La
ragazza, a quel gesto, si imbarazzò anche più del giorno precedente, specie
vedendo alle spalle dell’uomo Eriko assumere un’espressione più che eloquente.
“Ciao Mick, grazie di essere venuto…” balbettò alla fine, tentando di riprendere
il controllo di sé. “Questa pazza della mia amica vorrebbe che noi… oh, ma
naturalmente tu non avrai nessuna intenzione di prestarti, vero…?”
“Calma darling!” la interruppe Mick, appoggiandole le mani sulle spalle “Adesso
«questa pazza» della signorina Kitara ci spiega tutto, ok?” Dietro di lui, Eriko
annuì, soddisfatta che qualcuno la tenesse in considerazione.
“Ma
Mick! Tu…”
“Shh…” sorrise l’Americano, posandole un dito sulle labbra “Fa parlare
Kitara-san”
“Grazie Angel-san! Lei sì che mi capisce!” affermò la stilista soddisfatta,
facendo un passo avanti “Dunque, come Kaori sa già, vorrei scattare una serie di
fotografie di una coppia che si bacia” e qui lanciò un’occhiata significativa
alla sua imbarazzatissima modella “sulla cima della Torre di Tokyo” Osservò per
qualche secondo Mick per coglierne le reazioni, ma lui era impassibile “E questa
coppia siete voi due… che ne dite?”
Non
aspettò nemmeno che le rispondessero, prendendo il loro silenzio per assenso.
“Coraggio! Mettiamoci al lavoro!” esclamò con un sorriso, cominciando ad
avviarsi.
“Aspetta Eriko” la bloccò la ex sweeper “Devo proprio mettere questo vestito?”
domandò, chiaramente imbarazzata, stringendosi sulle spalle un leggero scialle
di cachemire.
“Kaori! Te l’ho già detto, quest’abito è la punta di diamante della mia
collezione… non puoi metterne un altro. Senza contare poi che ti sta
divinamente. Avanti, leva quello scialle e fatti vedere da Angel-san, vedrai che
anche lui sarà d’accordo”
“Ma
Eriko…”
“Dai
Kaori, fai la brava e fammi vedere come stai…” Mick aveva seguito il battibecco
tenendosi in disparte, ma in quel momento sul suo volto si era disegnata
un’espressione che ricordava molto quella di Saeba.
Kaori, incalzata su due fronti, non poté far altro che cedere. “E va bene… però
Mick promettimi che non ti metterai a ridere o peggio ancora” disse infine.
La
ragazza sembrò rassicurata e si lasciò scivolare lo scialle dalla schiena,
rimanendo poi immobile davanti all’Americano.
Questi, dal canto suo, rimase interdetto: cosa ci poteva essere di imbarazzante
in quel vestito di seta nera dal castigato scollo a barchetta che seguiva
dolcemente le curve fino a terra? Stava per dar voce alla sua perplessità,
quando Kaori gli voltò le spalle, rivelandogli la schiena completamente scoperta
fino alla base, eccezion fatta per le sottili spalline che sostenevano l’abito,
correndo proprio lungo l’attaccatura del braccio.
A
quella vista, Mick non poté trattenere un fischio di ammirazione; la ragazza,
che, ancora voltata, lo scrutava ansiosa da sopra la spalla, si ricoprì in
fretta, imbarazzatissima. “Ecco! Lo sapevo che avresti reagito così!”
Eriko
sorrise tra sé e scosse la testa: la sua amica non sarebbe cambiata proprio mai.
“Kaori cosa ci devo fare se sei così bella?!” rispose candidamente Mick
“Dopotutto sono un uomo, non puoi pretendere che rimanga impassibile davanti a
certe scene…”
La ex
sweeper, sempre più imbarazzata, nascose la testa sotto lo scialle, quasi
volesse scomparire: quei complimenti così espliciti le facevano un piacere
immenso, ma non sapeva come reagirvi e non trovava neanche la forza di guardare
negli occhi l’amico.
“…e
complimenti anche a lei, signorina Kitara! Ha disegnato un abito veramente
magnifico per Kaori. Credo ci siamo poche donne al mondo che saprebbero portarlo
altrettanto bene, non è d’accordo?”
“Oh
Angel-san, lei sì che è un vero intenditore di moda! Grazie di cuore per le sue
parole!” esclamò la stilista, emozionata. Ma subito recuperò il suo aplomb
professionale e prese Kaori per un braccio, cominciando a dirigersi verso la
Torre “Ma adesso non perdiamo più tempo, abbiamo un servizio fotografico da
fare!”
Sulla
cima della Torre, i due modelli vennero in breve istruiti sulla posa da assumere
– una posa che imbarazzava Kaori da morire; Mick, invece, non si sentiva
minimamente a disagio. Dopotutto la ex sweeper era la donna di cui si era
innamorato e che amava ancora e l’idea di poterla abbracciare (e forse anche
baciare) bastava a fargli dimenticare ogni fastidio per le decine di occhi,
elettronici e non, puntati su di loro.
“Ok,
ora mettetevi in posa per cortesia” La voce di Eriko li riscosse dai loro
pensieri.
Kaori
e Mick si scambiarono un’occhiata. “Coraggio darling, vedrai che andrà tutto
bene. Tu semplicemente stai rilassata e fidati di me”
Kaori
non riuscì a trovare il coraggio per sostenere il suo sguardo per più di un
secondo e abbassò gli occhi. “Mick io…”
Come
fare a dirgli che non voleva che lui la baciasse senza offenderlo? Che, anche se
il bacio che avrebbero dovuto scambiarsi non sarebbe stato altro che una
finzione, lei non se la sentiva?
Ma
Mick sembrò capire cosa la preoccupava. “Kaori, guardami per favore” le disse
dolcemente, prendendole il mento in una mano per indurla a voltarsi “Ho capito
qual è il problema. Non ti bacerò se non lo vuoi… anche se per me non sarebbe
affatto una finta”
La
ragazza, a quelle parole, sentì il rossore salirle alle guance e le ginocchia
cederle e ringraziò il cielo che l’Americano le stesse cingendo la vita con un
braccio, altrimenti probabilmente sarebbe caduta a terra. Strinse con forza i
baveri della giacca di Mick, poi, dopo un attimo, prese un profondo respiro e
alzò gli occhi, sorridendogli.
Lui
ricambiò il sorriso e poi lanciò un’occhiata a Eriko e ai fotografi che stavano
seguendo perplessi lo scambio di battute tra i due. “Siamo pronti miss Kitara,
quando volete scattate”
***
Circa due settimane dopo
Ryo
si buttò svogliatamente su uno degli scomodissimi sedili della metropolitana. Da
quel famoso incontro con Mick al parco aveva cominciato a seguire la socia come
un’ombra, cercando di memorizzarne orari e spostamenti; pur non essendo quello
un compito molto difficile, era comunque sfibrante, specie sotto il profilo
psicologico. Era inutile che cercasse di negarlo: non gli piaceva per niente
vedere la sua Kaori davanti all’obiettivo di un fotografo, meno che mai con le
mise che Eriko disegnava apposta per lei – e che, manco a dirlo, non facevano
altro che esaltare la sua bellezza.
Saeba
sbuffò: per quel giorno aveva saputo che Kaori non si sarebbe mossa da casa,
quindi lui non aveva molto da fare. Era un’ottima occasione per staccare un
attimo e pianificare una strategia d’azione che fosse un minimo razionale.
La
metropolitana si fermò, facendo salire una mezza dozzina di passeggeri; la
carrozza non era molto affollata, ma comunque tutti i posti a sedere erano già
occupati, eccetto quello accanto a lui, che fu subito preso da una ragazza di
circa vent’anni, con una massa di riccioli biondi e grandi occhi azzurri. La
giovane teneva in mano una rivista, che l’occhio ormai allenato di Ryo riconobbe
come uno dei principali tabloid che si occupavano di fare le pulci ai cosiddetti
vip. Lo sweeper non avrebbe degnato la sua vicina e la rivista di un’altra
occhiata, non fosse stato per una foto che intravide appena, ma che gli sembrò
ritraesse qualcuno di familiare.
Rimase impalato a fissare, senza neanche vederla, la ragazza che continuava a
sfogliare il giornale apparentemente indifferente allo sguardo vacuo di Saeba;
alla fine però lei non riuscì più a far finta di niente e gli rivolse la parola:
“Mi scusi, ha forse bisogno di qualcosa?” la voce era cortese ma ferma, anche se
sotto sotto si avvertiva il disagio per quegli occhi puntati addosso.
Ryo
sobbalzò. “Scusami, non… stavo guardando te…”
La
biondina gli rivolse un’occhiata interrogativa.
“La
tua rivista… posso vederla solo un attimo?”
“Certo, tenga” Sempre più perplessa, la giovane gli porse il settimanale. Saeba
lo sfogliò rapidamente, finché non trovò ciò che prima aveva attratto la sua
attenzione: una pubblicità a tutta pagina, con la foto di una coppia teneramente
abbracciata, lei avvolta in un abito nero con una scollatura da urlo sulla
schiena e lui con un elegante completo bianco. I loro volti, grazie ad un abile
gioco di inquadrature e pose, non si vedevano, ma Ryo non ebbe nessuna
difficoltà a riconoscerli. Quelli erano Kaori e Mick. E Mick stava baciando
Kaori.
Pallido, le nocche strette e bianche per la tensione e la rabbia, lo sweeper
buttò a terra la rivista e scese dalla metropolitana.
***
Quella sera, all’ultimo piano del palazzo sede della casa di moda Kitara,
l’atmosfera era decisamente euforica: la nuova campagna pubblicitaria aveva
avuto un successo strepitoso e le indiscrezioni su i due modelli protagonisti
della foto del bacio sulla Torre, lungi dal venir considerate nocive, stavano
contribuendo a far accendere i riflettori sulla giovane stilista e sui suoi
indossatori dal volto sempre celato.
Kaori
sospirò e si prese la testa tra le mani: certo, quella foto era stata un
successo strepitoso – e anche lei doveva riconoscere che in effetti era molto
bella, ma farla le era costata una fatica immane. «Non c’è storia: non sono
tagliata per fare la modella, se mi imbarazzo a morte anche per queste piccole
cose…»
Cercando di fare il meno rumore possibile, si alzò e uscì sull’ampia terrazza,
illuminata da un sottile spicchio di luna che lottava per farsi strada tra i
nuvolosi neri che lo assediavano. Adorava stare all’aperto nelle sere di
primavera come quella, a farsi cullare dal profumo dei fiori e dalla brezza
ancora un po’ pungente.
Avanzò fino al limitare del balcone e rimase immobile a guardare la città
dall’alto, persa nei suoi pensieri, giocherellando con un orecchino;
all’improvviso delle braccia muscolose le cinsero la vita e sentì il petto ampio
e caldo di Mick appoggiarsi alla sua schiena. “Che ci fai qua fuori? Senza
giacca per di più… finirà che ti ammali”
Con
grande sorpresa dell’Americano, Kaori non tentò di divincolarsi dal suo
abbraccio. “Non credo, sai? Ho un fisico piuttosto resistente io” sorrise “Tu
piuttosto, perché non sei rimasto con gli altri? Credevo ti divertissero le
riunioni come quella…”
“Volevo capire cosa avessi. Mi sei sembrata strana stasera”
La
ragazza, sorpresa dalla risposta dell’uomo, abbandonò la testa sulla sua spalla
e rimase in silenzio per qualche istante. “Stavo ripensando alla foto sulla
Torre… è stata un’esperienza stranissima per me, ma mi ha fatto capire alcune
cose, sai?”
“E
che cosa in particolare?”
“Beh,
una cosa su di te, per esempio… anzi, su di noi ad essere precisi”
Mick
si irrigidì per un istante: non si aspettava una risposta del genere da parte di
lei.
Kaori,
dal canto suo, sembrò ignorare la tensione palpabile che emanava dallo yankee
alle sue spalle e, dopo altri interminabili secondi di silenzio, proseguì. “Sai
Mick, si fa presto a dire che il tempo sistema le cose, ma si fa un po’ meno
presto a convincersi che sia così… quando mi sono separata da Ryo io pensavo che
non sarei più riuscita a togliermelo dalla mente, meno che mai ad innamorarmi di
nuovo. Invece forse ora qualcosa è cambiato, il tempo ha fatto il suo corso e
forse ora…” si interruppe di nuovo e lasciò vagare lo sguardo sulle mille luci
scintillanti della città che si stendeva ai loro piedi.
“Kaori questo vuol dire che tu…”
Io non ti so rispondere
Se un giorno cambierà
Non ti prometto niente…
“Io
non so se è proprio amore, faccio ancora confusione… ma so che sei stato il più
bravo a non andartene via[3]
e di questo non posso che esserti grata. Grazie di tutto Mick”
“Piccola io non so davvero cosa dire…”
“Non
dire niente, non servirebbe. Anche perché se mi facessi delle domande non saprei
cosa risponderti. Non mi capisco bene nemmeno io e la cosa mi mette molto a
disagio. So solo che con te sto bene, mi fai sentire sicura e so che posso
contare sul tuo sostegno ogni volta che ne ho bisogno e questo per me vuol dire
già tanto”
Dico solo che con
te sto meglio
E che il tempo del risveglio
Già potresti essere tu
Non dico di più, non dico di più…
Mick,
sempre stretto a lei, le accarezzava le braccia, tentando di decifrare tutto il
non detto che la ragazza lasciava dietro le sue parole; voleva capire se,
facendo ciò che aveva in mente, aveva una minima possibilità di non rovinare
tutto e finire spiaccicato a terra da uno dei celeberrimi martelloni di Kaori.
Cercò di catturare i suoi occhi, ma sembrava quasi che lei volesse sfuggirlo,
perdendosi nella contemplazione del paesaggio notturno.
“Tu
mi fai sentire speciale Mick, e questa è una sensazione magnifica che non ho mai
provato con nessuno. Ryo nel suo contorto modo provava dell’affetto per me,
certo, ma non me l’ha mai dimostrato apertamente come te e comunque non credo mi
volesse bene quanto me ne vuoi tu”
«You don’t
know how wrong you are, baby…[4]»
Kaori era proprio
ingenua a pensare che Saeba non l’amasse, considerò Mick; anche se, in effetti,
lo sweeper non è che fosse proprio un modello di chiarezza e coerenza nei
rapporti con lei…
“Io
non so come andrà a finire tra noi, ma di sicuro io non mi scorderò mai di te e
di quel che stai facendo…”
Se tornerò a
innamorarmi ancora
Ora non so se sarà di te
Se ci sarà posto ancora
Mi piacerebbe tenerlo per te…[5]
“…e
stai sicuro che…” proseguì Kaori, alzando gli occhi su di lui.
Ma
Mick non la lasciò finire: ormai deciso a giocarsi il tutto per tutto, sfiorò
leggermente le labbra della donna con le sue e si ritrasse senza approfondire il
bacio. Si aspettava una reazione violenta, che invece non venne; al contrario,
Kaori lo guardava stupefatta e incredula per quanto appena accaduto.
“C’è
un posto per me al tuo fianco, Kaori Makimura?” le domandò infine l’Americano,
senza distogliere gli occhi dai suoi.
La
donna sorrise, poi, senza dire una parola, si allungò verso di lui e lo baciò
nuovamente a fior di labbra; ma questa volta Mick non le permise di allontanarsi
e con dolcezza la indusse a socchiudere la bocca, permettendo alle loro lingue
di incontrarsi. Kaori si sentì percorrere da una scarica elettrica e decise di
spegnere temporaneamente il cervello, rinunciando a qualunque tipo di pensiero
razionale e cosciente, per farsi tutta sensazione: una sensazione bellissima,
che non aveva mai provato prima. Il profumo fruttato di Mick le avvolgeva la
mente, come le sue braccia avvolgevano il suo corpo, trascinandola in un mondo a
lei completamente sconosciuto.
Quando lo sweeper si staccò da lei, la donna, sorprendentemente per nulla
imbarazzata, si girò tra le braccia del compagno e nascose il viso nel suo
petto. “Mick…”
“Ti
amo piccola Kaori, ti amo tanto” le ripeté dolcemente, sfiorandole i capelli con
un bacio e stringendola a sé, anche per proteggerla dal freddo ormai penetrante
della notte.
Alle
loro spalle, nella grande sala, la riunione era ormai finita e tutti se n’erano
andati. Solo una persona osservava le due sagome abbracciate disegnate contro la
skyline sfavillante di Tokyo. “Sono davvero contenta per te, amica mia… forse
questa è la volta buona che riesci a dimenticarti di Saeba”
[1]
“Buongiorno, è lei il signor Angel-san? Sono Eriko Kitara, sono una
stilista e sono la responsabile di questo set fotografico. Sarebbe così
gentile da seguirmi, per cortesia?”
Disclaimer:I personaggi di City Hunter sono di proprietà di Tsukasa Hojo e degli aventi
diritto.
Gli
altri personaggi sono di proprietà dell’autrice.
La
canzone “All about loving you” è dei Bon Jovi.
Febbraio 2006
Per farmi perdonare per i tempi di update, stavolta aggiornamento doppio!
Quindi, ecco qua un piccolo capitolo monotematico su Ryo e sui suoi sentimenti…
spero vi piaccia! ^^
A
Davy.
***
Capitolo X
Eriko
non era stata la sola a vedere quel bacio.
Anche
lui li aveva visti… li aveva visti dalla terrazza del grattacielo di fronte, su
cui si era appostato per vegliare, come sempre, sulla sicurezza della sua Kaori.
Il cuore gli si era fermato per un istante, un solo lunghissimo istante in cui
però tutta vita passata con lei (l’unica che, a conti fatti, ritenesse di poter
chiamare “vita”) gli era scivolata davanti agli occhi.
Se ne
stava sdraiato supino sul nudo cemento del tetto del suo palazzo, lo sguardo
perso tra le stelle ma ancora fisso su quella scena.
Poi
pian piano la sua mente aveva cominciato a tornare indietro…
Avrai sorrisi sul tuo viso come ad agosto
grilli e stelle,
Storie fotografate dentro un album rilegato in pelle,
Tuoni d'aerei supersonici che fanno alzar la testa
E il buio all'alba che si fa d'argento alla finestra…
I
primi ricordi di Kaori erano inevitabilmente legati ai suoi sorrisi, sempre
diversi ma sempre bellissimi, ognuno incorniciato come in una fotografia e
riposto nell’album dei ricordi più belli di Ryo, un album a dire il vero pieno
quasi esclusivamente di lei…
Quante volte aveva vegliato Kaori nel sonno, dopo che lei aveva passato la notte
in bianco ad aspettarlo, finché il buio non scolorava nel sole e il primo aereo
del mattino sfrecciava sopra le loro teste diretto chissà dove…
Avrai un telefono vicino che vuol dire già
aspettare,
Schiuma di cavalloni pazzi che si inseguono nel mare
E pantaloni bianchi da tirare fuori che è già estate,
Un treno per l'America senza fermate…
La
ricordava nell’attesa di un lavoro che non arrivava, imbronciata perché lui
rifiutava la metà dei casi che gli si proponevano e intanto le bollette si
accumulavano… la ricordava quella volta che, terminato un incarico
particolarmente stressante, gli aveva chiesto di portarla sulla spiaggia e,
malgrado non fosse ancora primavera, si era tolta le scarpe e si era messa a
correre come una bambina sulla sabbia umida e fredda, ridendo e lanciando
gridolini ogni volta che le onde gelide le sfioravano i piedi… la ricordava
quella volta che aveva rischiato di perderla per sempre, quando sua sorella le
aveva proposto di seguirla in America ma lei aveva detto no… per amor suo.
In
quell’immobilità assoluta in cui si era costretto aveva ormai perso il contatto
con il suo corpo. Adorava quella sensazione che ti portava quasi a dimenticarti
di esistere fisicamente per concentrarti completamente sulla tua mente. Le
percezioni scomposte e despazializzate che gli giungevano gli davano
l’impressione di galleggiare nel vuoto e di poter sentire ogni fibra del suo
essere. Quello era il suo unico modo di riconciliarsi con sé stesso e di trovare
un attimo di serenità, almeno fino a prima di conoscerla…
Chiuse gli occhi e si lasciò trascinare dai pensieri che gli mulinavano nella
mente, mentre tra le sue dita lunghe e forti, incallosite dalle pistole e
segnate da anni di vita rude e selvaggia, gli parve di sentire incunearsi quelle
sottili di una mano femminile, la mano di Kaori. Era una sensazione stupenda,
poter intrecciare le dita alle sue, ma quando tentò di stringerla perché lei non
lo lasciasse più, quella mano fatta d’aria e di illusione si dissolse,
lasciandolo con un profondo senso di vuoto e una sensazione irripetuta e
irripetibile che lo riportò bruscamente alla realtà della sua solitudine.
Trasse un profondo sospiro e si tirò a sedere, accendendosi una sigaretta e
seguendone con occhi spenti le volute di fumo nel vento.
Avrai una donna acerba e un giovane dolore,
Viali di foglie in fiamme ad incendiarti il cuore,
Avrai una sedia per posarti e ore vuote come uova di cioccolato
Ed un amico che ti avrà deluso, tradito, ingannato...
Già,
la solitudine in cui era sempre vissuto… e a cui, stupidamente, aveva sempre
tentato di porre vano rimedio cercando la compagnia di ragazzine facili in uno
dei tanti locali del quartiere a luci rosse. Salvo poi trovarsi la mattina da
solo a camminare per le strade deserte con lo stesso vuoto nel cuore e un peso
nel petto, ogni volta sempre più grande.
Eppure ogni volta che tornava a casa Kaori era sempre lì ad aspettarlo… sfogava
la sua naturale e legittima gelosia ma poi continuava a prendersi cura di lui
come se nulla fosse successo… ma ora non più. Ora per lei c’era Mick.
Mick…
da lui si sentiva deluso, tradito, ingannato… senza motivo…
Espirò un’altra boccata di fumo grigio e fissò la sigaretta che si consumava,
lentamente ma inesorabilmente, tra le sue dita, spargendosi in piccoli batuffoli
di cenere.
Avrai parole nuove da cercare quando viene
sera
E cento ponti da passare e far suonare la ringhiera,
La prima sigaretta che ti fuma in bocca un po' di tosse,
Natale d’agrifoglio e candeline rosse…
In
fin dei conti quella era la sua vita, cosa pretendeva? Per un momento, stando
accanto a lei aveva creduto di poter trovare un altro senso ai suoi giorni, di
poter dare un'altra direzione alla sua strada… ma non aveva fatto i conti con sé
stesso.
E
così, ora che l’aveva persa doveva ricominciare tutto da capo, accontentandosi
di starle accanto da lontano e senza turbare in alcun modo quella felicità che
sembrava aver trovato insieme al suo nuovo compagno – mio dio, che male gli
faceva anche solo pensarci…
E avrai discorsi chiusi dentro e mani
Che frugano le tasche della vita
Ed una radio per sentire
Che la guerra è finita…
Avrebbe voluto dirle tante cose, ma già sapeva che non ci sarebbe riuscito mai.
Per cattiva volontà certo, ma anche – temeva - perché non ne avrebbe avuto più
l’occasione…
Si
sentiva un po’ come quei soldati che si erano dispersi nelle foreste durante la
guerra e che erano stati ritrovati dopo decenni, ancora convinti di dover
fronteggiare l’invasione americana. Loro erano rimasti tagliati fuori dal mondo,
lui era rimasto tagliato fuori da sé stesso (o meglio, aveva voluto tagliarsi
fuori da sé stesso, negando l’evidenza dei suoi sentimenti) col medesimo
risultato di non riuscire più a stare al passo con una realtà che ormai li aveva
sorpassati da un pezzo…
Avrai, avrai,
avrai il tuo tempo per andar lontano,
Camminerai dimenticando, ti fermerai sognando
Avrai, avrai, avrai la stessa mia triste speranza
E sentirai di non avere amato mai abbastanza
Se amore, amore avrai…[1]
E
adesso sarebbe andato avanti, solo contro tutti perché lei non c’era più, se non
nei suoi ricordi e nel rimpianto di non averla saputa amare come si sarebbe
meritata…
La
sigaretta si spense mestamente tra le sue dita.
[1]
La canzone è la dolcissima “Avrai” di Claudio Baglioni