CAPITOLO.
2
<<
Slim!!! >> Mike,
in piena notte, urlava spaventato sotto la finestra
dell’abitazione del suo
capo.
<<
Slim, ho bisogno di te.
>> Urlò nuovamente.
Dopo
qualche minuto la finestra
si aprì, ed ecco apparire l’uomo dal cuore di
ghiaccio.
<<
Che cosa vuoi Mike?
Spero che tu non mi abbia svegliato per una stronzata,
perché se no ti uccido.
>>
<<
Hanno pestato Alan.
Siamo andati a Quarto a trovare un amico e una banda di ragazzi
più grandi di
noi hanno iniziato a darci fastidio. >>
<<
Merda. >> Disse
Slim, passandosi una mano sulla testa rasata. << Ora
dov’è Alan? >>
<<
Slim il problema non è
Alan, lui sta bene, se l’è cavata con un occhio
nero e qualche graffio.
>> Mike deglutì rumorosamente e dopo essersi
guardato intorno,
assicurandosi che non ci fosse nessuno nelle vicinanze,
rialzò lo sguardo sulla
finestra: << Ci hanno fottuto la roba. >>
Slim
sgranò gli occhi e per poco
non saltò giù per picchiare il povero Mike.
<<
Che cosa? >> Gridò
incredulo. << Ragazzo dimmi che stai scherzando.
>>
Mike
scosse la testa, facendo
innervosire ancora di più il suo capo.
<<
Non ti muovere da lì,
scendo tra un secondo. >> Chiuse la finestra, si
vestì velocemente e uscì
dall’appartamento.
La
prima cosa che fece quando
arrivò da Mike, fu tirargli un ceffone sulla nuca.
<<
Slim scusami cazzo!
>> Gridò il ragazzo.
<<
Scusami?!! >>
Gridò Slim salendo in auto e mettendo in moto.
<< Che cosa siete delle
femminucce? Vi ho insegnato a combattere non a farvi mettere i piedi in
testa,
sai quanto vale quella roba? Io ci mangio con quei soldi.
>> Continuò
poi.
<<
Merda, erano una decina
di ragazzi Slim. >> Sbottò Mike.
<<
Ok, non voglio sentire
altro. Recuperiamo ciò che è nostro e
torniamocene a casa. >>
Mike
non disse più una parola.
Odiava far incazzare Slim, aveva sempre paura che gli alzasse le mani.
Era già
successo una volta, gli aveva tirato un pugno sul volto facendogli
sanguinare
il naso per ore.
Arrivati
a destinazione, i due
ragazzi scesero dalla macchina e iniziarono a camminare lungo una
stradina
contornata da altissimi alberi.
<<
Come pensi di
riprenderti la coca? >> Chiese Mike, camminando al fianco
del suo capo.
<<
Loro non sanno che la
roba che hanno rubato è la mia, quindi gli
basterà sapere che sono Slim per
farli scappare. >> Slim camminava a testa alta, sicuro di
se stesso e
pronto a qualsiasi evenienza.
<<
E se questo non basterà
a farti ridare il tutto? >> Chiese nuovamente il ragazzo,
questa volta
con tono incerto.
Slim
sbuffò e alzò gli occhi al
cielo: << Mike mi stai irritando, cazzo. Se questo non
basterà, passeremo
alle maniere forti. >> Con la mano alzò la
maglietta che aveva addosso e
dai pantaloni spuntò una pistola. Mike la guardò
sorridendo e dopo poco riportò
lo sguardo davanti a se.
<<
Eccoli. >> Disse
poi indicando con un dito il parco di fronte a se.
<<
Una decina di ragazzi
è?! >> Disse Slim guardando male il suo amico.
In
realtà davanti a loro c’èrano
due ragazzi poco più grandi di Mike.
<<
Beh se ne saranno
andati. >> Rispose imbarazzato il ragazzo.
<<
Certo, o forse non ci
sono mai stati. >> Slim sorrise compiaciuto mentre Mike
non spiaccicò più
parola.
<<
Hey ma quello è Slim.
>>Sussurrò uno dei ragazzi.
<<
Sì proprio così, sono
Slim e la droga che avete rubato è mia. >>
<<
Ci...ci dispiace, noi
non lo sapevamo. Te la restituiremo subito. >>
Il
ragazzo che aveva appena
parlato indietreggiò di qualche metro mentre
l’amico, più coraggioso, prese le
bustine di coca e si avvicinò a Slim.
<<
Non dovresti mandare in
giro due sfigati con la tua roba nelle tasche. >>Disse
passando le
bustine nelle mani dell’uomo senza cuore.
<<
Io non sono uno
sfigato!!! >> Gridò Mike lanciandosi sul
ragazzo.
<<
Mike cazzo! >>
Slim lo afferrò per le spalle. Mentre lo tirava su, non si
accorse che il
ragazzo era già pronto a sferrare un pugno sul volto del
povero Mike, ma
sfortunatamente non colpì lui ma il suo capo.
Mike
si coprì la bocca con la
mano, Slim si tocco delicatamente l’occhio mentre i due
ragazzi iniziarono a
correre.
<<
Capo. >> Sussurrò
tremante Mike.
Slim
tirò un urlo di rabbia e
senza dire nulla si voltò e tornò in auto.
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Un
balletto
alla Scala era quello che ci voleva per rilassarsi un po’.
Josefine,
nel
suo bellissimo abito da sera rosso, accompagnata dai genitori e amici
di
famiglia, saliva tranquilla e serena le scale del teatro. Amava
andarci, era
una cosa che faceva tutte le settimane.
Quando
era
bambina, si sedeva comoda sulla poltroncina rossa e con occhi lucidi e
pieni di
ammirazione, guardava i ballerini di danza classica sul palco. cercando
di
memorizzare le coreografie.
All’età
di
sette anni, i suoi genitori decisero di farle seguire delle lezioni
private di
danza, ma all’età di diciotto anni sua madre
decise che la danza non doveva
essere la strada da seguire. Josefine doveva diventare una prima donna
e non
una prima ballerina.
Il
sogno di
Aurora fu infranto da sua figlia. La piccola Jo decise di voler fare la
fotomodella. Beh come darle torto, il suo corpo era uno schianto
assurdo.
Finito
lo
spettacolo, lei, la sua famiglia e i loro amici andarono a cena in uno
dei
ristoranti più costosi di Milano. Ovviamente tutti
ordinarono caviale e
champagne, non badarono a spese, tanto i soldi erano l’ultimo
dei loro
problemi.
<<
Complimenti
Aurora, hai una figlia splendida! >> Vittoria, una delle
amiche di
famiglia, riempiva sempre di complimenti Josefine.
<<
Grazie
mille vittoria. >> Rispose timidamente la ragazza.
<<
Dovrei
farti conoscere mio nipote Federico, è un principe sai.
>>
<<
Ah
davvero? Un principe! >> Aurora alzò
immediatamente lo sguardo su
Vittoria.
<<
Sì,
proprio così. >> Rispose l’amica.
<<
Hai
sentito Josefine, il nipote di vittoria è un principe.
>>
<<
Sì
mamma, ho sentito. >> Rispose irritata Jo.
Ovviamente
ad
Aurora non interessava quanto fosse bello questo misterioso principe,
ma le
bastava sapere che fosse di sangue reale.
<<
Settimana prossima verrà
a cena a casa mia, siete invitati anche voi. >> Disse poi
Vittoria,
rivolgendosi ad Aurora e a sua famiglia.
Josefine
osservò lo sguardo
emozionato di sua madre e scosse la testa disapprovando
l’invito a cena.
Alla
fine della serata, la
ragazza chiamò il suo autista, che passò a
prendere lei e le sue due migliori
amiche.
<<
Allora ragazze dove volete
andare? >> Chiese versando lo champagne nei bicchieri
delle sue amiche.
<<
Ho sentito che danno una
festa privata al Leggend54. >> Disse Elisabetta
sistemandosi i lunghi
capelli neri.
<<
Una festa privata?
Allora noi non possiamo entrare. >> Caterina fece un
sorso al suo
champagne.
<<
Autista! >> Gridò
Josefine, abbassando il vetro scuro che la divideva
dall’abitacolo anteriore
della macchina.
<<
Sì, signorina. >>
Rispose il buon’uomo.
<<
Andiamo al Leggend54.
>> Con un sorriso compiaciuto alzò il
bicchiere e brindò con le sue
migliori amiche.
Arrivati
al pub, si misero in fila
per entrare, ma quando toccò a loro, il ragazzo
dell’entrata le bloccò
all’istante: << Signorine i vostri nomi non
sono sulla lista, mi dispiace
ma non posso farvi passare. >>
Caterina
ed Elisabetta iniziarono
a borbottare mentre Josefine tirò fuori il suo portafoglio
dalla borsa:
<< Quanto vuoi per lasciarci entrare? >>
Disse poi, sbattendo i
suoi grandi occhioni verdi.
<<
Credo che 500 bastino.
>> Disse il ragazzo afferrando la banconota dalle mani
della ragazza.
Le
tre amiche sorrisero felici ed
entrarono nel pub.
Josefine
e le sue amiche amavano
farsi notare e movimentare le feste. Erano famose per questo.
Iniziarono
a ballare sui tavoli,
sorseggiando vodka direttamente dalla bottiglia.
<<
Settimana prossima andrò
a cena con un principe! >> Gridò Josefine,
cercando di superare il volume
della musica con la sua voce.
<<
Un principe! >>Dissero
in coro le amiche, scoppiando a ridere subito dopo.
<<
Sì, mia madre starà già progettando
il matrimonio. >> Scoppiarono tutte tre a ridere
continuando a ballare
come delle matte sotto gli occhi di tutti.
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