Come sempre. Come allora.

di Bale
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Incontri ***
Capitolo 2: *** La Torre ***
Capitolo 3: *** Rivelazioni ***
Capitolo 4: *** La sposa ***
Capitolo 5: *** Il Nome ***
Capitolo 6: *** Verità ***
Capitolo 7: *** Nessuna risposta ***
Capitolo 8: *** Ritrovarsi ***
Capitolo 9: *** Risveglio ***
Capitolo 10: *** La Cena ***



Capitolo 1
*** Incontri ***






Edoardo stringe gli occhi e mi fissa insistentemente.

Fa fatica a riconoscermi. Sono passati dodici anni dal nostro ultimo incontro e da allora sono cambiate molte cose. E’ cambiato il mio aspetto, il mio carattere. Sono cambiata io. Non sono più la ragazzetta di sedici anni che si è innamorata di quel bellissimo ragazzo dagli occhi verdi. Ora sono adulta.

Mi avvicino a lui con fare disinvolto.

-Smettila di fissarmi in quel modo-   esordisco   -Sono proprio io-

-Non ho gli occhiali-   risponde lui imbarazzato   -facevo fatica a metterti a fuoco-

E’ incredibile. Sono passati talmente tanti anni che quasi avevo rimosso dalla mia mente la storia con lui. Eppure sembra non essere passato nemmeno un giorno. Ci comportiamo normalmente, come sempre. Come allora. Le frecciatine sono sempre le stesse e quasi mi viene voglia di afferrargli un lembo del giubbotto per attirarlo a me. Vorrei baciarlo. Come sempre. Come allora.

-Cosa ci fai qui a Siena?-   mi chiede quasi balbettando.

E’ sempre stato un tipo emotivo.

-Si dà il caso che io viva qui da quasi tre anni e faccio colazione in questo bar tutte le mattine-   rispondo sistemandomi i capelli con un gesto teatrale ed esagerato.

-Vivi qui?-

-Sei sordo? L’ho appena detto-

Mi avvicino al bancone e faccio la mia ordinazione, poi torno al suo tavolino con una tazzina di caffè tra le mani.

-Si dà il caso che io stia per trasferirmi qui-   mi annuncia soddisfatto.

Il mondo mi crolla addosso e per poco non lascio cadere la tazzina sul pavimento.

-E cosa ci verresti a fare qui a Siena?-   rispondo cercando di sembrare spavalda e sicura di me.

-Saprai già che ho una catena di ristoranti-

Lo vedo gonfiare il petto, drizzare la schiena e assumere un’espressione più che soddisfatta. Io invece mi irrigidisco e mi rimpicciolisco ad ogni sua parola.

-Ne aprirò uno qui a Siena-   prosegue   -In centro-

Le orecchie mi si infiammano, mentre il cuore accelera i battiti. Mi sento una perfetta idiota.

Edoardo, il mio ex ragazzo, il mio primo amore, il mio primo bacio, sta per trasferirsi in città. Non è possibile, non posso accettarlo. Prendo un sorso di caffè, sperando che non mi vada di traverso. Sono sconvolta.

-E tu invece?-   mi chiede continuando a guardarmi dall’alto in basso.

Io lo guardo con aria stralunata.

-Cosa fai qui?-   spiega lui.

-Saprai bene-   esordisco io gonfiando il petto a mia volta   -che ho ottenuto un posto in banca subito dopo la laurea-

Prendo un altro sorso di caffè e gli lancio un’occhiata furtiva per cercare di capire cosa sta pensando.

-Dopo due mesi per l’esattezza-   preciso poi, per rincarare la dose.

-Buon per te-   mi risponde, senza guardarmi negli occhi.

Ce l’ho fatta, ho fatto centro. L’ho reso invidioso, geloso. Sono decisamente fiera di me stessa.

Si alza all’improvviso e si dirige verso la cassa. Vedo che paga anche il mio caffè. Non cerco di fermarlo. Dopotutto di gentiluomini ce ne sono rimasti ben pochi a questo mondo. E’ meglio lasciarli fare.

Torna al tavolino e prende a fissarmi intensamente come prima.

-Hai fatto qualcosa ai capelli-   conclude dopo un’attenta analisi.

-Sono passati dodici anni-   rispondo io con tono amaro   -Ho fatto molte cose ai miei capelli-

-Dodici anni? Così tanti?-

Sembra sinceramente stupito. Io annuisco mestamente, abbandonando per un attimo la mia acidità.

Non so bene perché, ma all’improvviso vengo sopraffatta dai ricordi. Ritorno indietro al nostro primo bacio e non riesco a trattenere un sorriso che, ovviamente, a lui non sfugge.

-Cosa c’è?-   chiede sorridendo a sua volta e sollevandomi il mento con le dita.

Le sue mani sono calde e lisce. Come sempre. Come allora.

I miei occhi incontrano i suoi e improvvisamente mi sembra di rivedere Edoardo sedicenne. Mi sembra che il tempo non sia mai passato. Provo l’impulso di avvicinarmi di più, di sfiorare le sue guance con le mie, di annusarlo. Cerco di trattenermi. Ci riesco, anche se con molta fatica.

-Esci con me stasera-   dice all’improvviso. Sembra incredibilmente sicuro di sé.

-Se hai intenzione di portarmi nel tuo ristorante, scordatelo-

Divento di nuovo acida e nemmeno io ne conosco a fondo il motivo.

-Oh no, mia cara-   risponde lui con un sorrisetto   -Il ristorante non è ancora pronto, quindi sarai tu a portarmi a cena-

-Cosa?-   urlo inorridita.

Lui annuisce.

-Beh, non conosco la città-   spiega divertito   -Mentre tu ci vivi da tre anni-

Bene, questa frecciatina me la sono proprio meritata.

-Ci vediamo qui davanti alle otto in punto. Sii puntuale. Non ho intenzione di aspettarti per tutta la sera-

Raccolgo la mia borsa e sparisco oltre la porta. Non lo vedo con i miei occhi, ma sono sicura che lui stia sorridendo compiaciuto.


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Capitolo 2
*** La Torre ***











Adoro questa città. Profuma di vecchio, di antico.

La sera, quando entri nelle mura cittadine, ti sembra di fare un salto nel passato. Sembra di essere ritornati al Medioevo.

Mi fermo un attimo e osservo per l’ennesima volta il mio abbigliamento. Mi sono già specchiata almeno mille volte prima di uscire di casa.

Indosso una gonna verde smeraldo larga e lunga, in perfetto stile zingaresco. L’ho abbinata con una semplice canotta bianca, abbellita da una vistosa collana che richiama gli orecchini dello stesso colore smeraldo. La borsa mi pende da una spalla. I miei lunghi capelli ricci sono raccolti in una crocchia un po’ disordinata. Non ho molto trucco in volto, non mi piace sentirmi la faccia troppo impiastricciata, soprattutto d’estate.

Riprendo la mia camminata a testa alta. Sto per incontrare Edoardo.

A lui è sempre piaciuto il mio stile un po’ zingaresco, un po’ ribelle. Ho tirato fuori dall’armadio questa gonna appositamente per lui. So bene che gradirà.

Raggiungo il luogo dell’appuntamento in pochi minuti e, non appena giro l’angolo, lo vedo lì.

Indossa una camicia di lino chiara con dei pantaloni beige. La barba è leggermente incolta, gli occhi verdi incredibilmente lucenti.

Mi avvicino sorridendo. Questa sera cercherò di essere meno acida del solito.

-Buonasera-    lo saluto chinando leggermente il capo.

Lui mi prende una mano e me la bacia dolcemente. Io rimango stupefatta, ma cerco di non darlo a vedere.

-Sono arrivato addirittura in anticipo-   dice poi.

Sorride e il suo sorriso è esattamente lo stesso che aveva da adolescente. E’ dolce, spensierato, un po’ furbetto. Non riesco ad evitare di rispondergli.

Con un cenno della mano gli indico la direzione da prendere e ci avviamo sorridenti verso il nostro ristorante.

Scendiamo in silenzio in Piazza del Campo e lo vedo alzare istintivamente gli occhi verso la torre.

-Sei mai salita lassù?-   mi chiede prima di fermarsi al centro esatto della piazza.

Mi fermo anch’io e scuoto la testa nella sua direzione. Lui sgrana gli occhi.

-Bene, ho trovato una nuova attività da poter fare insieme-   esclama infine con soddisfazione.

-Io non ci salgo lassù con te-   rispondo guardandolo torva.

Gli do le spalle e continuo la mia marcia. Percepisco la sua presenza dietro di me: mi sta seguendo.

-Perché no?-   chiede raggiungendomi.

-Perché non mi fido di te-  

Ho usato un tono scherzoso, ma ho detto la verità. Ricordo bene il motivo per il quale ci siamo lasciati e non sono mai riuscita ad ingoiare quell’amaro boccone. Ci siamo lasciati per una sciocchezza.

Se solo lui avesse avuto fiducia in me le cose sarebbero andare diversamente.

Mi passo una mano tra i capelli per sistemare un ciuffo ribelle e per un attimo penso che forse è stato meglio così. Se non ci fossimo mai lasciati, non ci saremmo mai rincontrati in questa magica città.

A volte bisogna perderle le cose per capire quanto siano preziose.

Continuo a camminare rapidamente, lasciandolo indietro di proposito. Imbocco una stradina proprio accanto alla Torre del Mangia e proseguo fino a svoltare in Piazza del Mercato. Mi fermo un attimo e aspetto che mi raggiunga.

-Ti sto portando in un ottimo ristorante. Cerca di prendere appunti per il tuo-

Lui non risponde. Continua a seguirmi come un cagnolino e all’improvviso ci ritroviamo seduti all’aperto, all’ombra della Torre a sfogliare i nostri menu.

-Consigli?-   mi chiede guardandomi da sopra il suo menu.

-Prendi i pici-   rispondo senza guardarlo   -Sono ottimi-

-All’aglione?-

-Io preferisco quelli cacio e pepe-

Mangiamo divinamente, così come avevo previsto e alla fine ci ritroviamo a gustare un ottimo gelato seduti in mezzo a Piazza del Campo.

-Sai, di solito qui per terra si ci siedono i ragazzini?-   gli annuncio senza mollare il mio gelato.

-E noi cosa siamo?-   scherza.

Continuo a mangiare in silenzio, sbirciando di tanto in tanto il suo viso. Cerco i suoi occhi, ma non li trovo. Non so cosa desiderare, cosa volere. Edoardo è qui seduto accanto a me, dopo tanti anni. Mi ha pagato la cena ed io mi sono imposta per pagare almeno il gelato. E’ diventato un uomo vero, non è più un ragazzino.

Finalmente i suoi occhi incontrano i miei. Sono quelli di sempre e io provo l’impulso di avvicinarmi e posare la testa sul suo petto. Come sempre. Come allora.

Mi trattengo e distolgo lo sguardo. Mi sento strana.

Lui finisce il suo gelato e mi sorride.

-E’ stata una splendida serata-

I suoi occhi sono sinceri, mentre nei miei si fa spazio qualche lacrima. Volto il capo per impedirgli di accorgersene e finisco il mio gelato guardando una bambina correre dietro ai piccioni.

-E’ davvero una città magica-   prosegue nel tentativo di farmi voltare di nuovo verso di lui. Io lo faccio soltanto dopo essermi ricomposta.

-Io la adoro-   rispondo   -Ci sto benissimo-

-Non so se rimarrò-   dice all’improvviso senza guardarmi negli occhi.

E’ un fulmine a ciel sereno. Non gliel’ho chiesto, non volevo saperlo, eppure questa notizia non mi fa affatto piacere.

-A chi affiderai il ristorante, allora?-   chiedo fingendo indifferenza. In realtà sto morendo dentro.

-Non lo so, potrei assumere un direttore senese disposto ad occuparsene-

-E tu tornerai a casa?-

-Sì, no, non lo so-   balbetta confuso. Sembra stupito dalla mia domanda o forse dal tono con il quale l’ho posta.

-Comunque non voglio parlarne ora. E’ una cosa triste. Pensiamo a domani piuttosto-

Si volta finalmente verso di me e mi sorride. Io rispondo al suo sorriso.

-Perché?-   chiedo dopo aver messo bene a fuoco le sue parole   -Cosa succede domani?-

Lui si alza in piedi, poi mi porge una mano per aiutarmi a fare lo stesso. Io la afferro, mi rialzo e mi sistemo la gonna. Lui mi guarda con aria sognante. Ho fatto centro con il mio abbigliamento, ma non riesco a rallegrarmene. La notizia che andrà via è ancora troppo nitida nella mia testa. Perché diavolo deve farmi questo effetto?

-Saliamo insieme sulla Torre del Mangia, no?-

Non riesco a trattenere un risolino divertito. E’ lui, è quello di sempre, quello di allora.

-Metti qualcosa di più comodo però-   dice poi accennando alla mia gonna   -Anche se devo ammettere che stasera sei un incanto-

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Capitolo 3
*** Rivelazioni ***










Mi rigiro nel letto irrequieta. Non riesco ad addormentarmi, a rilassarmi. Non riesco a smettere di pensare a lui. Rivedo i suoi occhi verdi ogni volta che tento di chiudere i miei e non so proprio spiegarmene il motivo.

Mi è mancato tanto, non posso negarlo. Eppure è stata tutta colpa sua. Ci siamo lasciati perché lui non si fidava di me ed io, per questo, dovrei avercela a morte con lui. E invece siamo usciti a cena e ci siamo comportati come se nulla fosse successo, come se il tempo non fosse mai trascorso.

Chiudo gli occhi e lo vedo: è diventato ancora più bello.

Mi tiro le coperte fin sopra la testa e vengo sopraffatta dai ricordi.

Il nostro primo bacio. Non lo dimenticherò mai.

Quel giorno avevamo marinato la scuola e ce ne stavamo seduti su di una scalinata lontana da occhi indiscreti. Stavamo insieme da poco, eravamo piccoli e inesperti. C’era l’imbarazzo nei suoi occhi, nei miei c’era confusione.

Il bacio fu rapido, improvviso, del tutto inaspettato. Mi colse alla sprovvista ed io impiegai qualche minuto per realizzare il modo in cui avrei dovuto rispondere. Le mie labbra rimasero inermi per un po’, prima di rispondere a quel bacio, al mio primo bacio.

Ricordo i suoi occhi, identici a quelli di ora. Verdi come la speranza, carichi di aspettative e sogni. Non lo dimenticherò mai.

Riapro gli occhi e mi impongo di ritornare alla realtà. Non posso continuare a fingere che sia tutto come prima. Non sono più una ragazzina, non ho più sedici anni. Scuoto la testa con convinzione, per allontanare il più possibile Edoardo da me. Eppure i suoi occhi sono sempre stati come dei magneti per me, troppo intensi. Non riesco a smettere di pensarci. Vorrei vederli ancora e ancora, vorrei percepire il suo sguardo ogni mattina al mio risveglio.

Mi addormento con un sorriso, pensando che l’indomani ci rivedremo.

 



***

 


E’ una giornata davvero pesante. Continuo a sbuffare mentre i clienti, invece di diminuire, aumentano. Sbircio il mio orologio da polso e mi rendo conto che sono già le quattro e venti. Tra dieci minuti chiuderemo al pubblico e per le cinque sarò fuori di qui. Edoardo sarà qua fuori ad aspettarmi per portarmi sulla Torre. Non vedo l’ora.

Non ci sono mai salita, non mi ha mai attirata l’idea di farlo, ma con Edoardo è sempre stato tutto molto diverso. Ha sempre saputo rendere ogni momento speciale e, mentre accolgo il mio prossimo cliente, la mia mente sprofonda nei ricordi.





Rientro nel mio corpo adolescente e sento il cuore battere forte. Sono arrabbiata, incredibilmente arrabbiata.

-Con chi eri ieri sera?-   mi chiede lui.

-Te l’ho già detto mille volte!-   sbotto in preda al panico   -Ero con mio fratello!-

-Quello non era tuo fratello!-   mi risponde indignato incrociando le braccia sul petto.

-E che cosa ne sai tu? Mi dici chi ti ha dato queste informazioni false e tendenziose?-

Lui non risponde ed io ritorno al presente.






Il mio cliente mi sta porgendo dei documenti ed io neanche ricordo cosa devo fare.

Finalmente il vecchietto va via ed io mi accorgo che il mio orologio segna quasi le cinque. Edoardo deve essere già qui fuori. Mi sento un po’ contrariata, forse a causa dei miei ricordi. L’entusiasmo è svanito ed io comincio ad essere irrequieta. Metto a posto i documenti, le carte. Sistemo per bene la mia scrivania. Chiedo alcune cose alle mie colleghe, poi afferro la borsa ed esco.

Lui è già lì, esattamente come avevo previsto. Indossa una t-shirt color ghiaccio e un paio di pantaloni grigio scuro. È bellissimo, ma io non posso e non voglio farci caso. Sento una morsa intorno alle viscere. Credo di essere rossa in volto a causa della rabbia.

Lui non lo nota o forse fa finta di non notarlo. Forse crede che la mia rabbia sia dovuta al lavoro, forse si crede in grado di farla svanire.

Mi cinge i fianchi con un braccio e mi deposita un bacio sulla guancia destra.

-Tutto bene?-   mi chiede.

Io annuisco e mi dirigo verso Piazza del Campo. Non è molto distante, ma io mi affretto comunque.

Lui non capisce bene il mio comportamento, lo percepisco. Mi segue comunque fino all’entrata della Torre.

Tira fuori il portafogli mentre ci mettiamo in fila. Io evito accuratamente di guardarlo negli occhi. No emetto un fiato.

-Sei sicura di stare bene?-    mi chiede di nuovo.

-E’ stata una giornata pesante-   mi limito a rispondere. E non è del tutto una bugia.

-La vista ti farà stare meglio-   mi comunica soddisfatto.

Che diavolo ne sa lui? E’ sempre stato un po’ troppo sapientino per i miei gusti.

All’improvviso lo guardo e riesco a vedere solo i suoi difetti. Ha il naso troppo pronunciato, i piedi troppo lunghi. Anche lui si volta verso di me ed io incontro i suoi occhi. Non ho mai saputo dire di no a quel verde così particolare, così intenso.

Arriviamo in testa alla coda e paghiamo i nostri biglietti. E’ lui a pagare per entrambi in realtà.

Imbocchiamo l’entrata e cominciamo a salire le scale. Lui cammina dietro di me e la cosa mi rende nervosa. Sento il suo fiato sul collo e comincio ad essere irrequieta.

-Perché hai lasciato che ti lasciassi?-   sbotto indignata voltandomi di colpo. Lui quasi inciampa nei suoi stessi passi per lo spavento.

Mi guarda a bocca aperta.

-Co-cosa?-   mi chiede, convinto di aver capito male.

Io non rispondo e continuo a salire le scale. Raggiungo la cima senza nemmeno rendermene conto e senza neanche sapere se lui è ancora dietro di me.

Mi faccio spazio tra i turisti, mi affaccio e guardo in basso. Ho bisogno di respirare, ho bisogno di aria.

Che cosa diavolo gli ho detto? Perché l’ho fatto? Vorrei prendermi a pugni da sola. Mi sento un’idiota.

All’improvviso sento che mi ha raggiunta. E’ dietro di me. Sento il suo respiro, il suo fiato corto. Non riesco a girarmi, non riesco a guardarlo negli occhi. Mi sento trafitta dal suo sguardo. I suoi occhi mi pietrificano.

Inspiro ancora una volta, poi lo sento appoggiare le sue mani sui miei fianchi.

-Vieni giù-   mi sussurra ad un orecchio attraverso i miei capelli sconvolti.

Io non reagisco. Continuo a tenere la testa fuori per respirare meglio. Sono una stupida, una stupida. Una perfetta stupida. Non esiste altro termine per definirmi.

Lui mi tira giù e mi costringe a guardarlo. Ho gli occhi pieni di lacrime. Vorrei schiaffeggiare lui e poi me stessa.

-C’è una cosa che non ti ho detto-

Il suo tono è incredibilmente serio. Io strabuzzo gli occhi lasciando scivolare giù qualche lacrima. Non ho idea di cosa voglia dirmi, ma mi ritrovo lì, su quella torre, ad immaginare che lui mi dica di amarmi ancora, che ha sbagliato tutto e vuole stare con me.

-Ti ricordi quando ti ho detto che probabilmente non sarei rimasto qui a Siena?-

-Ieri sera, sì-   rispondo con la voce rotta dall’imbarazzo.

Lui china lo sguardo. Ha un’espressione che non riesco bene a decifrare.

-C’è un motivo per cui non posso rimanere-

Si blocca e china nuovamente la testa. Io lo guardo stralunata. Sono ancora pietrificata dalla sua presenza, come sempre. Come allora.

Gli poso una mano sul mento e lo costringo a guardarmi. Voglio che finisca la frase, lo voglio con tutte le mie forze anche se so che potrebbe farmi male.

-Sto per sposarmi-

Le braccia mi cadono lungo i fianchi. Mi sento improvvisamente svuotata. Sono un guscio vuoto.

Lo guardo stupefatta, poi mi volto di nuovo. Riporto il mio viso fuori e prendo qualche altra boccata d’aria.

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Capitolo 4
*** La sposa ***






Sono a casa. Finalmente a casa. Il mio rifugio.

Sono scappata via dalla Torre, da Edoardo. Non gli ho dato il tempo di raggiungermi, di parlare. Perché mi ha illusa in questo modo?

Raggiungo la cucina e prendo un sorso d’acqua. Ho il fiatone, non mi sento più le gambe. Sono letteralmente sfinita, dentro e fuori. Vorrei piangere, urlare. Mi sento un’idiota, ancora peggio di poco fa.

Guardo il bicchiere vuoto e inizio a pensare di essere davvero una stupida. Forse è tutta colpa mia. Ho frainteso le sue intenzioni, travisato le sue parole. Ma quale intenzione può avere un uomo che ti porta a cena fuori e poi sulla Torre pur di passare un po’ di tempo con te? Ho creduto che fosse ancora innamorato. L’ho sperato.

Ripenso a quando ero adolescente e scuoto la testa disgustata. Ero piccola, un po’ bruttina. Ero imbranata, un vero e proprio disastro. No, non avrebbe mai potuto essere ancora innamorato di me, anzi credo che quando l’ho lasciato si sia quasi sentito sollevato. E’ per questo che non ha reagito. Lui voleva che io lo lasciassi.

Sento il cuore esplodere, gli occhi bruciare. Raccolgo il telefono e chiamo Valeria.

-Pronto?-   mi risponde con tono quasi preoccupato.

-Ciao Vale-   la voce mi tradisce, è incrinata dalla rabbia e dalla disperazione.

-Paola?-   sembra quasi stupita di sentirmi   -Che succede?-

-Ho rivisto Edoardo-  

Sono diretta come un treno, non ho tempo per girarci intorno e soprattutto non ho molta voglia di farlo.

Valeria rimane in silenzio per qualche istante, poi la sento dire qualcosa a suo marito. Sta sicuramente andando in camera da letto per poter parlare più tranquillamente.

-Dove?-   mi chiede dopo qualche minuto di silenzio.

-E’ qui a Siena. Aprirà un ristorante-

Lei sospira. Non sa cosa dire, lo sento.

-Tesoro, so quanto hai rimpianto la fine della tua storia con lui. So quanto ci hai sofferto-

Sospira ancora. Sembra in cerca delle parole giuste, delle parole adatte al mio stato d’animo.

-Ora siete adulti, potete parlare apertamente. Potete chiarire. Perché ti fa così male averlo rivisto?-

Non riesco a trattenere un singhiozzo. Devo raccontarle tutto e non sono sicura di averne la forza.

-Rivederlo non mi ha fatto male-   comincio   -Siamo andati a cena ieri sera e oggi è venuto a prendermi a lavoro-

-Oh-   esclama lei quasi interdetta   -E allora?-

-Sta per sposarsi-

Ancora una volta preferisco non usare mezzi termini. La sento quasi trasalire dall’altro capo del telefono.

-Allora perché ti ha portata a cena? Perché è uscito con te?-

Si sta ponendo le mie stesse domande, domande che credo non troveranno mai risposta.

Scuoto la testa e lascio scendere qualche lacrima sul mio viso freddo.

-Tu che cosa gli hai detto?-    mi chiede dopo un po’.

-Sono scappata via-

Sta sgranando gli occhi, lo percepisco. Valeria è sempre stata più forte di me, non sarebbe mai fuggita via davanti ad una situazione del genere. Non sarebbe mai fuggita via dinanzi a nessuna situazione. Ha sempre affrontato a testa alta tutto ciò che le capitava e ne è sempre uscita vincitrice.

-Perché non ci parli?-   mi suggerisce.

-E cosa dovrei dirgli?-   sbotto adirata   -Lui è libero di sposarsi con chi vuole, non deve mica dare spiegazioni ad una persona che non vede da dodici anni-

-Certo che te le deve! Ti ha portata a cena fuori, Paola!-   mi urla indignata   -Tu hai bisogno di sapere che cosa ha significato per lui. Perché diavolo l’ha fatto?-

-Non mi interessa-

-Ti interessa eccome!-

Segue il silenzio più assoluto, più assordante. Vorrei essere una foglia per essere trasportata via dal vento.

-O ingoi il rospo e vai avanti, cosa di cui non ti ritengo in grado visto il tuo particolare carattere, o ci parli-   conclude amareggiata.

Ha ragione. Ci starei male fino ad impazzire. Devo chiarire o non vivrò più.

Valeria ha sempre ragione. Mi conosce più di chiunque altro, più di quanto io non conosca me stessa.

Inizio a respirare pesantemente. Non reggo la situazione, non ce la faccio.

Perché mi è capitato questo? Ero così tranquilla, vivevo una vita normale, soddisfacente. Perché quel giorno l’ho trovato in quel bar, nel mio bar?

Il destino sta forse cercando di dirmi qualcosa?

Scuoto la testa. No, non esiste il destino.

-Sai qual è il mio più grande rimpianto con Edoardo?-   chiedo all’improvviso stringendo forte la cornetta.

-Il modo in cui vi siete lasciati, lo so-

Scuoto la testa.

-Oltre a quello-

-Quale?-   mi chiede stupita.

Sospiro. Non l’ho mai detto a nessuno, non l’ho mai ammesso neanche con me stessa, ma ora finalmente ci sono arrivata. Mi è bastato rivederlo dopo dodici anni, da adulta, per capirlo.

-Avrei voluto fare l’amore con lui-   dico tutto d’un fiato   -Avrei voluto che la mia prima volta fosse stata con lui-

Valeria tace. Sento che sta sorridendo. Un sorriso tenero, materno. Lei è sempre stata anche un po’ una mamma per me, oltre alla migliore amica che potessi desiderare.

Alla fine ci salutiamo ed io metto giù il telefono come un automa. Mille emozioni sono esplose nel mio cuore.

Raggiungo il divano in silenzio. Mi stendo lì al buio e ripenso a quella maledetta ragazza, quella che ci ha fatti lasciare.

Già, ci siamo lasciati per colpa della prima sciacquetta che passava. Si conoscevano a malapena, si erano visti non più di due volte. Gli disse che mi aveva vista al mare con un ragazzo. Era vero, ma semplicemente quel ragazzo era mio fratello.

Stavamo insieme già da più di un anno, ma lui preferì credere a lei piuttosto che a me. Lo lasciai, naturalmente. Non aveva fiducia in me, non aveva senso rimanere insieme. Lui non ha mosso un dito.

Mi ha guardata allontanarmi con lo sguardo triste, quello al quale non ero mai riuscita a resistere prima di allora. Sono sicura che volesse dirmi mille cose, ma non saprò mai quali erano. Non h parlato, non ha aperto bocca. Si è limitato a guardarmi.

Un conato mi sale fino in gola costringendomi a mettermi seduta.

E se fosse lei la sposa?



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Capitolo 5
*** Il Nome ***






Sono distratta. Una signora si siede davanti a me, alla mia scrivania. Mi sorride. Potrebbe essere mia nonna.

Sono talmente disperata che vorrei gettarmi tra le sue braccia per ricevere un po’ di amore materno.

Ovviamente non lo faccio. Stringo gli occhi e cerco di ricordare cosa è venuta a fare. Finalmente mi si accende la lampadina: devo farle firmare dei documenti.

Li recupero dal fondo di un cassetto della mia scrivania e glieli porgo. Lei con calma prende gli occhiali e se li mette. Io le porgo anche la penna.

Dovrà mettere almeno una dozzina di firme. Ho tutto il tempo di distrarmi ancora.

Edoardo è sempre nei miei pensieri. Non li ha mai lasciati da quando l’ho rivisto in quel bar. Sono un’illusa, una stupida. Una perfetta idiota.

Ripenso alle parole di Valeria. Mi ha suggerito di parlare con lui. Devo capire.

Ha ragione, non ci sono dubbi. Dopo il lavoro andrò da lui al ristorante. Gli parlerò, gli chiederò tutto ciò che voglio sapere e lui dovrà rispondermi.

Mi torna in mente l’interrogativo con il quale mi sono addormentata ieri sera. Chi sarà mai la sposa?

Non sono più tanto sicura di volerlo sapere. Se i miei sospetti dovessero dimostrarsi fondati, ne uscirei distrutta e non posso permettermelo.

Un altro interrogativo mi invade all’improvviso la mente: lo amo ancora?

Scuoto la testa con forza, attirando l’attenzione della mia cliente.

-Tutto bene?-   mi chiede.

-Un po’ di emicrania-    rispondo con cortesia.

Lei ritorna alle sue firme, io ai miei pensieri.

No, non lo amo più. L’effetto che mi fa è dovuto ai rimpianti, ne ho troppi. Avrei voluto che le cose fossero andate diversamente, tutto qui. Ora più che mai, però, non si può più tornare indietro. Lui sposerà un’altra donna ed io andrò avanti con la mia vita.

Per andare avanti, però, ho bisogno di risposte. Non devo aver paura. Lui me le darà e vivremo tutti felici e contenti.

Sbuffo. La mia cliente alza di nuovo la testa, ma solo per qualche secondo.

Non è così semplice.

La signora mi riconsegna i documenti firmati con un sorriso dipinto in volto. Cosa avrà da ridere tanto?

-Molto bene-   dico afferrandoli   -Allora ci vediamo tra una settimana per il ritiro dei contanti-

Lei annuisce e fugge via. Deve aver pensato chissà cosa di me e del mio malumore.

Sbircio l’orologio. E’ quasi ora di pranzo, ma io non ho fame.

Mi chiedo se sia questo il momento giusto per andare da Edoardo o se sia meglio aspettare il pomeriggio.

Il direttore della filiale entra nel mio ufficio distogliendomi dai miei pensieri.

-Oggi si chiude prima!-   mi annuncia sorridente.

Io lo guardo senza capire.

-Siamo senza cassiere!-   continua entusiasta   -Puoi andare via prima, a meno che tu non abbia delle pratiche importanti da sbrigare-

La notizia giunge del tutto inaspettata. Guardo confusa la mia scrivania e non vedo nulla fuori posto. No, non ho nessuna pratica in sospeso, nonostante la mia eccessiva distrazione degli ultimi giorni.

-Allora buon fine settimana!-

Il direttore esce dal mio ufficio e soltanto ora realizzo a che giorno della settimana siamo. E’ Venerdì.

Di solito io adoro il Venerdì, ma oggi proprio non riesco a rallegrarmi. Sbuffo di nuovo e raccolgo la mia borsa. Fuori fa caldo, molto caldo.

Chiudo tutte le cartelle e le ripongo nei cassetti, poi esco nel corridoio.

-Allora ci vediamo Lunedì-   annuncio con un timido cenno di saluto.

I miei colleghi mi rispondono in maniera un po’ confusionaria.

Esco fuori e l’aria afosa mi riempie i polmoni. Siamo solo a Giugno e fa già molto caldo.

Mi passo una mano sulla fronte mentre decido cosa fare.

Vorrei scappare a casa, chiudermi dentro e mangiare gelato fino a scoppiare, ma so che non posso. Devo parlare con lui, devo assolutamente farlo.

Mi dirigo, quindi, verso il suo ristorante. Arriverò in pochi minuti, non è molto distante. Rallento il passo e cerco di pensare a cosa dirò.

Cosa c’è da dire? Voglio una spiegazione, punto. Me la deve.

Svolto l’angolo e senza accorgermene mi ritrovo già lì. Le porte del locale sono aperte e si vedono i lavori in corso.

Edoardo è lì fuori. Mi dà le spalle. E’ al telefono. Ha un tono di voce abbastanza alto ed io riesco a sentire quello che dice.

-Certo certo, sarà tutto pronto. Promesso-

Riattacca, ma non si volta.

-Potete andare a mangiare qualcosa-   comunica ai muratori.

Loro blaterano qualcosa in risposta, poi spariscono dietro l’altro angolo della strada.

E’ in quel momento che Edoardo si volta e mi vede. Io non faccio in tempo a nascondermi. In realtà non voglio nascondermi.

Spalanca la bocca non appena realizza chi sono e mi viene incontro tendendo una mano.

-Paola-   sussurra.

Io gli concedo un sorriso gelido, ma non afferro la sua mano. Lui la mette giù.

-Dobbiamo parlare-   annuncio con tono severo.

Lui annuisce. E’ davvero stupito.

-Ti porto a mangiare qualcosa al…-

-Non possiamo entrare un attimo qui?-   lo interrompo indicando il suo locale.

-Non si può ancora mangiare qui-

-Io non voglio mangiare, voglio parlare-

Mi avvio verso il suo locale ed entro. I lavori sembrano essere a buon punto. Non deve mancare molto all’inaugurazione e al suo ritorno a casa.

Dopo essermi guardata un po’ intorno, mi volto verso di lui.

-Chi è la sposa?-   la domanda mi esce dalla labbra prima che io possa rendermene conto.

Lui spalanca gli occhi come se avesse ricevuto un ceffone.

-Credevo volessi sapere perché ti ho portata fuori a cena se sto per sposarmi-   risponde dopo qualche minuto di silenzio.

Sta evitando la mia domanda, ma va bene comunque.

-Va bene-   acconsento   -Allora rispondi a questo se preferisci-

Lui sospira e china lo sguardo. Per la seconda volta da quando l’ho rivisto, mi ritrovo a pensare, o forse a sperare, che lui mi dica di amarmi ancora.

-Il primo amore non si scorda mai-   risponde stringendosi nelle spalle.

Vorrei dargli un ceffone e proprio non so cosa mi trattiene.

Lo guardo indispettita, in attesa di una risposta migliore.

-Rivederti è stato bello-   riprova   -Sono passati dodici anni ed io non volevo lasciarti andare di nuovo. Non volevo perdere questa occasione-

-Hai una moglie che ti aspetta a casa!-   sbotto.

Il suo viso diventa improvvisamente severo, duro. Stringe la mascella e mi guarda con espressione glaciale.

-Credi di essere l’unica ad avere dei rimpianti?-   urla   -Credi di essere l’unica ad aver sofferto?-

Lo guardo stupita e non rispondo.

-Mi sei apparsa in quel bar e io ho fatto quello che mi diceva il cuore!-

Faccio qualche passo indietro. Sono spaventata.

-Cosa stai cercando di dirmi?-   chiedo stringendo gli occhi.

Lui sbuffa. Con una mano fa cadere un martello che per poco non gli finisce su un piede. Sembra stia lottando contro se stesso.

-Vuoi sapere se ti amo ancora?-

I suoi occhi finalmente incontrano i miei e mi saziano. All’improvviso mi chiedo come abbia fatto a sopravvivere in questi anni senza i suoi occhi verdi.

Non annuisco e non nego, ma lui prosegue comunque.

-Credevo di no, credevo di averti dimenticata-   prosegue con lo sguardo fisso nei miei occhi   -Ma poi ti ho rivista-

Prova esattamente quello che provo io. E io non so quello che provo.

Siamo stati lontani e ci siamo dimenticati, ma ora che ci siamo rincontrati è cambiato tutto.

-Mi dispiace-   conclude poi chinando il capo.

Io faccio di nuovo un passo verso di lui e gli accarezzo il viso.

-Chi è la sposa?-

Non riesco a ricordare il nome di quell’impicciona che ci fece lasciare, ma sono quasi sicura che non sia lei.

Lui sospira ancora. Poi, con il capo ancora chino, risponde:

-Rosita-

Ecco il nome che non riuscivo a ricordare.

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Capitolo 6
*** Verità ***






Sto per svenire, me lo sento. Mi porto una mano alla testa e alzo lo sguardo verso di lui.

Sta guardando un punto imprecisato dietro le mie spalle e la sua espressione è di assoluto stupore.

Cerco di riprendermi, poi mi giro a mia volta.

C’è una ragazza fuori dalla porta. Non riesco a metterla bene a fuoco, il sole splende alle sue spalle.

Vedo Edoardo fare un passo verso di lei.

-Rosita-   esclama   -Cosa ci fai qui?-

-Ero venuta qui per farti una sorpresa, ma a quanto pare sei stato tu a farla a me-

Scappa via senza dire altro. Lui la segue.

Resto sola nella polvere, in mezzo ai calcinacci. Non capisco più niente. Non voglio capire.

Sta davvero per sposare la donna che si è messa tra noi due? Ma quanto sono stupidi gli uomini?

Prendo a respirare profondamente per riprendermi, poi mi avvio verso casa.

Ho la nausea. Senza accorgermene raggiungo Piazza del Campo, poi proseguo lungo il Porrione. Sono quasi a casa.

Recupero le chiavi e cerco invano di infilarle nella toppa. Sono troppo sconvolta.

All’improvviso sento qualcuno afferrami con forza un braccio, costringendomi a voltarmi.

E’ lei. E’ Rosita.

Finalmente posso vederla bene in viso. E’ molto bella, proprio come allora. La sua espressione, però, è a dir poco infuriata.

-Che vuoi?-   balbetto cercando di sembrare forte. Gonfio il petto e la guardo indispettita.

-Dovrei chiedertelo io-   mi risponde. Poi mi lascia andare.

Io prendo a massaggiarmi il braccio. Credo che mi uscirà un bel livido.

-Mi dispiace carina, ma io ho delle domande da farti da molto più tempo-   abbaio.

Lei stringe gli occhi e piega la testa da un lato come per scrutarmi meglio.

-Bene-   dice infine   -Sentiamo-

Stringo i pugi lungo i fianchi. Faccio fatica a trattenere la collera. Vorrei prenderla a schiaffi, vorrei toglierle quel ghigno dal viso. Sarebbe anche più carina senza.

-Perché?-   chiedo infine con la voce rotta dalla rabbia.

-E’ una domanda piuttosto vaga-

Senza accorgermene mi ritrovo a colpirla sul petto. La spingo via da me. La odio.

-Perché ti sei messa tra me ed Edoardo?-   urlo.

Alcuni passanti si girano incuriositi, ma poi proseguono per la loro strada.

Lei mi guarda indispettita. Nel suo sguardo riesco a leggere le parole: “E perché dovrei dirtelo?”

Cerco di calmarmi. Prendo a respirare profondamente.

-Ok, sarò sincera-    riprendo dopo qualche minuto di silenzio   -Io non amo più Edoardo. Era solo un amore adolescenziale, non sarebbe mai potuto arrivare fin qui. Voglio solo sapere il perché-

Vedo respirare profondamente anche lei. Vuole calmarsi, vuole fare la brava per una volta.

-Ho detto solo la verità-   risponde, mentre mi guarda ancora in cagnesco   -Ti ho visto con un ragazzo e l’ho detto ad Edoardo-

-Hai mentito-   sbotto.

Lei scuote la testa.

-Hai detto ad Edoardo che conoscevi bene mio fratello e quindi potevi affermare con certezza che il ragazzo insieme a me non era lui-

Mi chino appoggiando le mani sulle ginocchia. Respiro affannosamente. Mi sento stanca, come se avessi appena affrontato una maratona.

-Tu non conoscevi mio fratello, non lo avevi mai visto-    sussurro infine.

La vedo sgranare gli occhi dallo stupore.

-Cosa ne sai tu?-   tenta di negare.

-E’ mio fratello! Certo che lo so!-

Sgrana ancora gli occhi. La vedo piegarsi lentamente, rimpicciolirsi sempre di più.

-Volevo Edoardo per me-   ammette infine, guardandosi intorno come se la cosa non la riguardasse.

-Anche a me piace Johnny Depp, ma non vado in giro a diffondere notizie false sulla sua ragazza-

Mi appoggio al muro. Sono stanca, troppo stanca.

-E questo che cosa significa?-   sbotta lei adirata.

-Perché volevi lui? Perché proprio lui? Perché il mio ragazzo?-

Sento le lacrime salire fino agli occhi. Cerco di trattenerle, di respingerle. Non voglio che mi veda piangere.

Lei sospira e si avvicina. Il suo volto è incredibilmente serio.

-Era un bellissimo ragazzo e lo è ancora-

-Lo eri anche tu. Avresti potuto avere qualunque ragazzo-

Sospira di nuovo e si avvicina ancora.

-Ti ricordi quando organizzammo quello sciopero a Maggio? Andammo a mare tutti insieme, tutta la scuola-

Metto a fuoco quel ricordo, poi annuisco.

-C’ero anch’io e c’eri anche tu con Edoardo-   fa una pausa.

Sento che quel ricordo la fa soffrire, ma questo non l’autorizza ad essere crudele con gli altri.

-A un certo punto tu e Valeria siete andate a prendere un gelato e lui è rimasto da solo sulla spiaggia. Io mi sono avvicinata e ho cercato di attaccare bottone, ma lui non mi ha degnata di uno sguardo. Continuava a guardare nella tua direzione, il punto in cui eri sparita per andare al bar-

Scoppio a ridere. E’ una risata amara, priva di allegria.

-Volevi lui perché non potevi averlo?-

Rido ancora. Lei si allontana spaventata.

-Sai cosa ti dico?-   urlo infuriata   -Eri una bambina, una stupida bambina!-

Lei assume un’espressione offesa, ma non risponde. Sa bene che ho ragione.

-Ma in fondo chi non è ancora un po’ bambino a sedici anni? Quella è l’età migliore per fare i bambini. La cosa triste è che tu lo sei ancora! Stai per sposare un uomo che hai voluto solo perché non potevi averlo!-

Mi riappoggio al muro e prendo fiato. Avevo dimenticato quanto fosse faticoso litigare.

-Lo hai mai amato, almeno?-   chiedo poi con lo sguardo chino sulle mie scarpe.

Lei non mi risponde. Rimane in silenzio per diversi istanti. A me sembra passare un’eternità.

-Anche tu hai mentito-   conclude   -Non è vero che non lo ami più-

Alzo lo sguardo stupita e incontro il suo. E’ glaciale, freddo, distante più che mai.

Che cosa diavolo ne sa lei di quello che provo per Edoardo? Non lo so neanche io, come può saperlo lei?

Si volta facendo svolazzare i capelli e sparisce dietro l’angolo.

Io resto lì da sola. Scivolo giù lungo il muro e mi siedo per terra. Vorrei piangere, ma non ci riesco.

Sono fredda, di ghiaccio. Sono una statua.

Chiudo gli occhi e resto lì ancora qualche istante prima di farmi forza per ritornare a casa.

Mi chiudo il portone alle spalle, ignara della presenza di Edoardo proprio dietro l’angolo. Ha sentito tutto.


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Capitolo 7
*** Nessuna risposta ***






Mi rigiro nel letto. Mi tiro le lenzuola fin sopra la testa. Non voglio vedere niente e nessuno. Mi sento uno straccio.

Mi sento come dopo una brutta sbornia. La testa mi scoppia e faccio fatica a mettere bene a fuoco le cose.

Chiudo gli occhi ed esprimo un desiderio. Vorrei non aver mai incontrato Edoardo e soprattutto Rosita.

La mia vita era perfetta prima del mio incontro con lui. Procedeva tutto bene, andava tutto a gonfie vele.

Mi ha rovinato la vita. Per la seconda volta.

Stavolta non so se riuscirò a superarlo. Allora ero una ragazzina, una stupida ragazzina. Ora sono una donna fragile e vulnerabile. Ne ho già sopportate troppe.

Non riesco nemmeno più a piangere per lui. Voglio solo starmene a letto per tutto il fine settimana.

All’improvviso suona il cellulare e io sobbalzo. Non rispondo. Non voglio rispondere.

Sarà sicuramente Valeria o forse mia madre. Non voglio nemmeno sbirciare il display per sapere chi è.

Mi rigiro di nuovo in cerca di pace.

Il cellulare suona di nuovo, ma io continuo ad ignorarlo.

Passano i minuti, poi le ore e io sono ancora lì. Non so bene come mi sento, so solo che non voglio muovermi. Mi sento estremamente vulnerabile: qualunque cosa potrebbe farmi male.

Ho il viso coperto dalle lenzuola, non vedo nulla. Non voglio vedere nulla.

Noto però che la stanza è diventata più buia: deve essere pomeriggio.

Sospiro e mi rigiro di nuovo.

Sento il campanello suonare. Non ho idea di che ore siano e non ho la minima intenzione di muovermi.

Il campanello suona ancora e ancora, ma io lo ignoro.

All’improvviso sento qualcuno gridare e battere forte i pugni contro la mia porta.

Che sia successo qualcosa? Chi può essere?

Sgrano gli occhi preoccupata, ma resto immobile avvolta dalle lenzuola. Mi sento una mummia.

La voce diventa sempre più forte e insistente e all’improvviso la riconosco: è Edoardo.

-Ti prego-    implora   -Apri questa porta-

Mi alzo di scatto. Sono sconvolta.

Tutto mi sarei aspettata fuorché una sua visita.

Che cosa vuole? Dove avrà lasciato la sua sposina?

Raccolgo una vecchia felpa dal pavimento e me la infilo, poi raggiungo l’ingresso.

Respiro forte e mi impongo di calmarmi.

Ascolto il rumore dei suoi pugni contro il legno e chiudo gli occhi come per assaporarlo.

-Che cosa vuoi?-   urlo per sovrastare i colpi sulla porta.

Lui si ferma. Rimane immobile per qualche istante. Non bussa, non parla. Percepisco il suo stupore.

-Aprimi-   sussurra infine.

Io scuoto la testa noncurante del fatto che lui non può vedermi.

-Aprimi-   ripete poi.

-Che cosa vuoi?-   chiedo di nuovo.

-Se apri te lo dico-   mi risponde.

Ha un tono strano, indecifrabile. Potrebbe volermi dire che mi ama ancora, potrebbe volersi scusare, ma potrebbe anche volermi prendere a sberle. Non riesco a capirlo. Faccio fatica a mettere a fuoco la situazione.

-Puoi dirmelo anche da lì-   rispondo cercando di sembrare impassibile.

-No che non posso!-   si spazientisce   -Ho bisogno di guardarti negli occhi-

Mi tornano alla mente i suoi occhi verdi e non posso fare a meno di sorridere.

-Ti faccio una domanda-   propongo poi   -Se mi dai la risposta esatta, io apro questa porta-

Lo sento sospirare impaziente, poi acconsente.

-Sei ancora convinto di voler sposare Rosita?-

Sento un altro sospiro, ma non arriva nessuna risposta. Perché ci mette tanto a dirmi di no? Perché è così difficile per lui capire quanto sia viscida quella donna?

Lo sento scivolare lungo il muro. Dev’essersi accasciato sul pianerottolo.

Mi siedo sul pavimento anch’io ed attendo una risposta che non arriva.

Rimaniamo lì seduti per ore. Poi, quando fuori è ormai buio, mi alzo dal pavimento e torno a letto.

Non voglio rivederlo mai più.

Lo amo ancora.


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Capitolo 8
*** Ritrovarsi ***









Ho tagliato i capelli. Corti. Cortissimi.

Avevo bisogno di cambiare, di rompere con la mia vita precedente.

E’ passata ormai una settimana da quando Edoardo si è presentato a casa mia e io sto ancora male. Valeria dice che ho bisogno di una vacanza, io credo, invece, di aver solo bisogno di ritornare alla mia vita, a quella di tutti i giorni. Stavo bene prima di rivederlo e starò bene di nuovo.

Non so nemmeno se lui è ancora qui a Siena e non mi importa. Devo proseguire lungo il mio sentiero a testa alta.

Torno a casa di corsa, evitando con cura di passare davanti al suo ristorante.

Mi chiudo il portone alle spalle e sento il cellulare squillare.

Edoardo ha provato a chiamarmi soltanto una volta in questi giorni, poi ha rinunciato.

Non ha saputo darmi la risposta che volevo, non può darmi nient’altro.

Recupero il telefono e rispondo senza guardare il nome sul display.

-Tesoro?-

E’ Valeria.

-Ciao-   esordisco   -Indovina cosa ho appena fatto?-

Lei tace. Io proseguo.

-Ho tagliato i capelli! Corti!-

Lei tace ancora. Io m’incupisco. Ho un brutto presentimento.

-E’ successo qualcosa?-   chiedo dopo diversi istanti di silenzio.

-A dire il vero sì-

Getto a terra la borsa e mi tolgo le scarpe con la mano libera. Mi dirigo in camera da letto e mi butto sul letto ancora sfatto.

-Che succede?-   chiedo dopo essermi messa comoda.

-Edoardo ha rotto il fidanzamento con Rosita-

Le sue parole giungono del tutto inaspettate. Non so come reagire, cosa pensare. Spalanco la bocca e resto lì immobile.

-Ne parla tutto il paese da tre giorni almeno-

Io sono ancora pietrificata dalla notizia.

-La cosa peggiore è che le voci dicono sia colpa tua. La vecchia fiamma, il primo amore. Credo sia stata Rosita a mettere in giro questa voce-

Dopo diversi secondi di apnea ricomincio a respirare.

-Perché me lo dici con quel tono da funerale? Sai bene che non m’importa nulla dell’opinione della gente-

Valeria sospira ed io capisco che probabilmente la vera brutta notizia deve ancora arrivare.

-Edoardo è scomparso-   dice infine con tono indecifrabile.

Sembra quasi uno di quei messaggi registrati dei call center.

-Come?-   chiedo con la voce rotta dalla sorpresa.

-Pare che abbia lasciato Rosita quando era ancora lì a Siena, poi è sparito. Non risponde al cellulare. I muratori non lo vedono da giorni e il locale è quasi pronto-

-La sua famiglia non sa dov’è?-

Valeria tace per qualche secondo, poi risponde:

-Pare di no-

Mi sento svuotata. Non posso fingere che non m’importi più nulla di lui. Io lo amo, nonostante tutto il male che mi ha fatto.

Metto giù il telefono senza dire altro e, dopo aver recuperato la borsa dal pavimento ed essermi infilata di nuovo i sandali, esco di casa di nuovo.

Attraverso Piazza del Campo di corsa e nemmeno io ne conosco bene il motivo.

Raggiungo il ristorante, ma trovo tutto chiuso. Nessuna traccia dei muratori e nemmeno di Edoardo.

Scappo via di nuovo, vagando senza meta. Mi chiedo in quale albergo alloggi, ma non credo proprio di trovarlo lì. I suoi genitori ci avranno già provato.

Mi ritrovo di nuovo in Piazza senza neanche accorgermene e proseguo la discesa fino a ritrovarmi a Piazza del Mercato. Raggiungo il ristorante dove io e lui abbiamo mangiato la prima sera, ma è ancora troppo presto per la cena. Non c’è nessuno.

Mi lascio cadere su una panchina, disperata. Ho il fiatone.

Mentre cerco di riprendermi, qualcuno mi arriva alle spalle. Il mio cuore accelera i battiti. Credo abbia capito prima di me di chi si tratta.

-Non mi dire che stavi cercando me-

Mi volto di scatto e lo vedo.

Ha la barba lunga e le occhiaie. Sembra stanco, trasandato.

-Ti cercano tutti!-   esclamo indignata.

-Non m’importa-   risponde lui sedendosi accanto a me   -L’importante è che mi abbia cercato tu-

Lo guardo e non capisco. Ha mandato a monte il matrimonio? Allora perché non ha risposto alla mia domanda quando era sul pianerottolo di casa mia?

-Ho sentito tutto-   mi dice all’improvviso senza guardarmi negli occhi.

Io continuo a guardarlo con aria confusa.

-Parlo della chiacchierata tra te e Rosita-

Finalmente alza lo sguardo e i suoi occhi incontrano i miei. Mi perdo per un attimo in quel verde tanto intenso.

-Perché non hai risposto alla mia domanda quel giorno sul pianerottolo?-   domando d’istinto.

Lui sorride. Ha il sorriso più bello del mondo.

-Perché ti amo-

La sua risposta non mi convince. Mi allontano da lui e lo guardo in cerca di qualcosa di più convincente.

-Avevo già mandato a monte il matrimonio quando sono venuto da te-   spiega poi.

Io spalanco la bocca.

-E perché non me lo hai detto?-

-Perché tu avresti aperto la porta e mi avresti baciato. So che mi ami ancora-

Capisco sempre meno ciò che lui sta dicendo.

-E tu non volevi? Mi ami o no?-

Non riesco proprio a comprendere.

-Ti amo ed è per questo che non volevo-

Mi alzo dalla panchina.

-Ho bisogno di un bicchiere d’acqua-   dico facendomi aria con le mani.

Lui si alza a sua volta e mi poggia le mani sui fianchi. E’ dietro di me. Sento il suo respiro profumato di menta e chiudo gli occhi per assaporarlo.

-Ti ho fatto troppo male. Tu meriti qualcuno che sappia renderti felice-

Riapro gli occhi e comprendo. Mi ama, ma non crede di essere alla mia altezza?

-Questo dovrei giudicarlo io-   rispondo voltandomi a guardarlo.

Lo bacio. Lo faccio meccanicamente, quasi involontariamente.

E’ un bacio leggero e delicato come una carezza.

-Io credo di volere te-   sussurro prima di riprendere a baciarlo.


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Capitolo 9
*** Risveglio ***










Il cuore mi batte forte mentre mi rigiro nel letto e trovo lui.

Mi da le spalle e dorme profondamente. Vedo la sua schiena liscia e nuda e i suoi capelli arruffati.

Allungo una mano e lo accarezzo delicatamente. Lui non si sveglia.

Abbiamo passato una notte indimenticabile e finalmente mi sento serena.

Nella mia vita precedente mancava decisamente qualcosa, qualcosa che non conoscevo e che ho scoperto grazie a lui. Mi è bastato un suo sorriso, una sua parola. Avevo bisogno di litigare con lui, di arrabbiarmi, di soffrire e stare male per capire cosa mi stavo perdendo.

Non stavo vivendo. Semplicemente mi stavo perdendo la vita, la mia vita. La vita vera.

Chiudo gli occhi per un istante come per godere meglio di ciò che sto toccando. La sua pelle è liscia, delicata. E’ così piacevole accarezzarla.

Si gira all’improvviso e apre gli occhi, i suoi bellissimi occhi verdi.

-Buongiorno-   sussurro senza smettere di accarezzarlo.

Lui sorride, poi sbadiglia. E’ bellissimo.

-Stai bene?-   mi chiede.

Certo che sto bene. Sto divinamente. Mi sento rinata, mi sento un’altra. Ho finalmente trovato la mia strada e tutto questo grazie a lui.

Mi limito ad annuire, poi faccio per alzarmi.

-Dove vai?-   mi chiede afferrandomi un braccio.

-A prepararti un caffè-

Mi lascia andare e io raggiungo la cucina.

Mentre accendo il gas lo sento andare in bagno. Sta per farsi una doccia.

Io apparecchio la tavola e ci poso persino un fiore raccolto dalla piantina che tengo fuori nel balcone.

Fischietto, canticchio, sono felice.

C’è un bellissimo ragazzo nel mio bagno, nella mia doccia. E’ il ragazzo che ho sempre voluto, quello che ho sempre amato.

Sorrido mentre prendo il succo d’arancia dal frigorifero. Mi volto per posarlo sulla tavola imbandita e quasi lo lascio cadere a terra dallo spavento.

C’è Edoardo sulla porta. E’ bagnato. E’ mezzo nudo. Ha solo un asciugamano azzurro avvolto intorno alla vita e gli arriva solo fino alle ginocchia.

Sorride imbarazzato. E’ rosso in viso.

Vorrei saltargli addosso e trascinarlo di nuovo nel mio letto, ma devo trattenermi. Il lavoro mi aspetta.

Sorrido a mia volta e lo invito a sedersi a tavola. Mi sento leggermente sconvolta dal suo “abbigliamento”, ma cerco di non pensarci.

-Devo andare a lavoro, ma tu puoi restare qui-   comunico mentre gli do le spalle.

-Non andarci-

Afferra un lembo del mio pigiama e mi trascina verso la sua sedia. Mi fa sedere sulle sue ginocchia e mi stringe le braccia intorno alla vita.

-Devo-   rispondo prima di depositargli un bacio sulla punta del naso.

Mi alzo di nuovo e vado a sedermi dall’altro capo del tavolo, proprio di fronte a lui.

-Beh, credo che rimarrò qui per sempre-   mi dice dopo aver preso un sorso di succo d’arancia.

Io spalanco gli occhi. Non sono sicura di aver capito bene.

-Qui a Siena?-   chiedo.

Mi va di traverso il biscotto che stavo mangiando e inizio ad annaspare.

Lui si alza e mi viene incontro. Mi aiuta a riprendermi. Poi, quando sono ancora rossa in viso e con le lacrime agli occhi, mi bacia.

-E’ questo che voglio fare-   dice prima di darmi un secondo bacio   -Voglio prendermi cura di te-

Io prendo un sorso d’acqua, poi torno a guardarlo.

-Ne sei sicuro?-

-Non sono mai stato così sicuro di qualcosa prima d’ora-


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Capitolo 10
*** La Cena ***







E’ finita. La giornata è finita.

E’ stata più dura del solito arrivare alle cinque del pomeriggio.

Edoardo mi aspetta a casa ed io non vedo l’ora di abbracciarlo.

Stamattina, a colazione, mi ha detto che rimarrà a Siena ad occuparsi del suo nuovo ristorante.

Per la prima volta, da quando ero una ragazzina, sento di avere un futuro. Riesco quasi a intravederlo in lontananza. In fondo non c’è molto da sapere. Il mio futuro è con Edoardo e niente e nessuno potrà portarmelo via. Realizzerò i miei sogni e non è una cosa facile di questi tempi. Dopotutto basta una persona accanto e tutto diventa semplice. Siamo degli esseri imperfetti e possiamo diventare completi solo grazie all’amore.

Afferro la borsa e, dopo aver salutato i miei colleghi, esco dalla filiale.

Resto un po’ spiazzata quando vedo Edoardo dall’altro lato del viale. Tiene un bouquet di rose rosse nella mano destra. L’altra è nella tasca dei pantaloni. E’ appoggiato al muro con un piede sollevato da terra. Sembra una statua. E’ perfetto. E’ bellissimo.

Sorrido e gli vado incontro.

Lo stringo forte, poi lo bacio sulle labbra.

Lui risponde al mio bacio e al mio abbraccio con ardore. Sento che gli sono mancata.

Dopo un po’ si allontana e mi sorride. Mi porge il bouquet e io lo afferro soltanto dopo diversi istanti. Sono un po’ confusa. Non sono abituata a ricevere fiori. In realtà non sono abituata a ricevere tutte queste attenzioni.

Sento il suo sguardo su di me mentre osservo estasiata i fiori. Sono delle rose rosse. Non riesco a contarle. La mia mente è annebbiata, annebbiata da lui.

Torno a guardarlo e trovo il suo sguardo dolce. Non ho mai visto nulla di più bello.

-Facciamo due passi?-   mi chiede dopo diversi istanti di silenzio.

Io annuisco.

Ci incamminiamo lungo il Corso. C’è moltissima gente, ma io ho occhi soltanto per lui.

Raggiungiamo Piazza del Campo, ma non scendiamo. Proseguiamo fino al Duomo.

Ho sempre amato il Duomo. Non ci sono mai troppi turisti. E’ una zona tranquilla, poco frequentata. Eppure è magica, come il resto della città. Forse anche di più.

Ci sediamo sulla scalinata. Io sul gradino più basso, lui su quello più alto. Si posiziona dietro di me e mi cinge la vita con le braccia.

-Pensavo di cenare al ristorante stasera-   mi dice poi.

-Ok-   rispondo distrattamente, analizzando le rose   -Quale ristorante?-

-Il mio-

Mi volto a guardarlo stupita. Lui sorride.

-E’ finito-   mi comunica   -E’ pronto, ma l’inaugurazione è prevista per venerdì prossimo-

-E allora?-  

-E allora ho chiesto al cuoco che ho assunto di venire a preparare una cena di prova, tanto per essere sicuri della scelta fatta-

Ridacchio, poi mi fingo offesa.

-Una cena di prova?-  dico prima di cominciare a picchiarlo con il bouquet   -Mi usi come cavia?-

Lui ride e mi blocca le mani.

-Così rovini le rose-    dice prima di depositarmi un bacio sulle labbra mentre ancora mi tiene ferma dai polsi.

-Sei un ruffiano-   lo accuso.

Torno a voltarmi.

La piazza è vuota e sta diventando buio. Ci incamminiamo verso il ristorante dove troviamo una tavola già pronta. Ci sono dei fiori e persino le candele.

Un cameriere ci raggiunge e mi aiuta a sedermi.

Edoardo gli fa un cenno con la mano. Credo voglia dire che possiamo cominciare.

Poco dopo, infatti, arriva il primo, poi il secondo.

Io sono così felice che bado poco a ciò che sto mangiando.

In generale sono il tipo di ragazza che preferisce una bella pizza alla napoletana, ma so apprezzare anche i sapori più sopraffini.

Durante la cena chiacchieriamo molto. Edoardo si scopre sempre di più, rivelando cose di lui che io non immaginavo nemmeno. Dopotutto non lo vedo da quando era un ragazzino. Nel frattempo è cresciuto, è normale. E’ diventato un uomo, un bellissimo uomo.

Non riesco a trattenere un leggero risolino quando arriva il dessert. E’ una sacher.

-Non sono sicuro che ci stia bene con il resto della cena, ma so che ti piace-   mi comunica divertito.

Si ricorda che amo la Sacher? In realtà amo il cioccolato in generale e non avrei mai creduto che lui lo ricordasse ancora.

Spalanco la bocca stupita, lui mi fa segno di assaggiarla.

Prendo il primo boccone e lui approfitta della mia distrazione per estrarre qualcosa dalla tasca della giacca e appoggiarla sul tavolo.

E’ una scatolina blu e il mio cuore inizia a fare le capriole al solo sospetto di quello che può contenere.

Attende con pazienza che io mandi giù il boccone, poi la apre.

Contiene esattamente ciò che temevo: uno splendido anello.

Il brillante emana una luce incredibile ed io resto abbagliata da così tanto romanticismo.

-Voglio sposarti-   mi comunica fiero.

Poco dopo si avvicina a me appoggiando i gomiti sul tavolo. Credo stia cercando di scrutare bene la mia reazione.

-Ne sei sicuro?-   chiedo senza guardarlo negli occhi.

Lo so, sto rovinando il momento, ma non mi piace vivere con i rimorsi.

-Certo-   risponde senza esitazione.

-Stavi per sposare un’altra solo due settimane fa-

-Ma non ho mai smesso di amare te-

Ha la risposta pronta, devo dargliene atto. Mi sembra sicuro di quello che fa, sicuro di sé e soprattutto di noi.

-Ti ho amata dal primo momento-   dice alzandosi in piedi e venendo verso di me.

Si inginocchia ai miei piedi e mi prende la mani, poi prosegue:

-Ti ho amata quando avevi l’apparecchio ai denti e i capelli crespi, quando passavi le nottate a studiare, quando mangiavi quelle fastidiosissime gomme alla fragola, quando mi hai insultato, quando mi hai reso felice. Ho amato tutto di te, anche il lato peggiore. Ti ho amata allora, ti amo adesso, ti ho amata sempre-

Una lacrima scende sul mio viso.

Avevo ragione: è diventato un uomo. Un uomo meraviglioso.

-Provo lo stesso anch’io-   riesco a farfugliare prima di baciarlo    -E comunque hai ragione: avevo dei capelli inguardabili-

Mi lascio cadere tra le sue braccia e, mentre siamo seduti sul pavimento, sento di essere felice. Ho tutto. Tutto quello che una donna possa desiderare.

-Sposami-   ripete lui dopo un po’.

Si solleva leggermente e afferra l’astuccio con l’anello dal tavolo. Me lo infila e mi sorride.

-Ti sposo-   rispondo io tra le lacrime.


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