Coming Home

di _KyRa_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologue ***
Capitolo 2: *** One - Bravery or cowardice ***
Capitolo 3: *** Two - Start again ***
Capitolo 4: *** Three - When everything seems useless ***
Capitolo 5: *** Four - It's all because of him! ***
Capitolo 6: *** Five - Trying to get used ***
Capitolo 7: *** Six - T ***
Capitolo 8: *** Seven - Just a picture ***
Capitolo 9: *** Eight - Something about you ***
Capitolo 10: *** Nine - What's the big deal? ***
Capitolo 11: *** Ten - When everything happened ***
Capitolo 12: *** Eleven - Blackout ***
Capitolo 13: *** Twelve - Upside down ***
Capitolo 14: *** Thirteen - Getting into your life ***
Capitolo 15: *** Fourteen - Does this feel wrong? ***
Capitolo 16: *** Fifteen - New Year's resolutions ***
Capitolo 17: *** Sixteen - Past, present and future ***
Capitolo 18: *** Seventeen - The best or the worst ***
Capitolo 19: *** Eighteen - Falling to pieces ***
Capitolo 20: *** Nineteen - Facing the reality ***
Capitolo 21: *** Twenty - Crossroads ***
Capitolo 22: *** Epilogue ***



Capitolo 1
*** Prologue ***


boh

Disclaimers: i Tokio Hotel non mi appartengono e tutto ciò che ho scritto è frutto della mia mente.




Prologue.






I'm coming home, I'm coming home

Tell the world I'm coming home

Let the rain wash away all the pain of yesterday

I know my kingdom awaits and they've forgiven my mistakes

I'm coming home, I'm coming home

Tell the world that I'm coming



[Coming home, Diddy & Skylar Grey]





Spesso, chiedere perdono è arduo.

Inspiegabilmente si considera una bassezza, un'umiliazione bella e buona. Ma si è mai commesso un errore più grande di se stessi? Così tanto da mozzare il fiato? Più grande di ogni altra umiliazione?

Lei sì. Lei lo aveva fatto.

Ed assieme a se stessa, aveva ferito le persone più importanti della sua vita, senza riflettere, senza pensare a loro, da perfetta egoista.

E per questo doveva chinare la testa, raccogliere il fardello dei propri sbagli ed affrontare chi aveva ferito.

Ingie stava per farlo.

No, non l'aveva capito subito; aveva agito d'impulso fin dall'inizio, commesso madornali errori e continuato a commetterli, senza rendersi conto del dolore inutile che stava procurando ad altre persone.

La nostalgia ardeva dentro di lei come un tizzone, che la dilaniava giorno dopo giorno.

Ed era la nostalgia l'unica spiegazione per cui si trovava di fronte a quella casa, intenta a torturarsi le mani umide mentre esitava sul prossimo passo da compiere.

Non sapeva cos'avrebbe trovato dall'altra parte. Accettazione? Rifiuto? Un cinquanta percento di possibilità pesante come un macigno.

Ingie si sentiva sempre più ansiosa e la tentazione di girare sui tacchi e correre via era opprimente; ma non poteva farlo, non di nuovo. Era giunto il momento per lei di accantonare i suoi timori, per una volta nella vita.

Preso un bel respiro, quindi, pigiò con l'indice quel dannato pulsante, il quale la pose, con un trillo, di fronte ad uno spaventoso bivio.




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Note finali

Mi fa un po' strano postare una nuova Long, dopo quasi un anno e mezzo di pausa. Sì, le ultime due storie che ho scritto mi hanno stremata! Ammetto che ci ho pensato molto, prima di postarla. L'idea di ricominciare da capo, sembra assurdo, mi spaventa un po' e non so il motivo. Forse l'idea di tornare ad impegnarsi a scrivere velocemente, di sperare in vostri commenti positivi, non so. Quasi non mi ricordo come si fa, ahahah!

Comunque, questa è una storia che mi è venuta in mente all'improvviso. Non mi è mai capitato di avere le idee così perfettamente chiare sin dall'inizio, tanto da scrivere un lungo riassunto su questa storia ed un altro per il suo sequel. So già come si svolgerà e come si concluderà questa FF e lo stesso riguardo il suo seguito. È una cosa molto positiva, che mi permetterà di scrivere frequentemente – eccetto cause esterne – e senza pause troppo lunghe, date da assenza di fantasia.

Da questo prologo non si capisce ancora nulla della storia, ma dal primo capitolo sarà un po' più chiaro, anche se non in toto. Ci saranno ancora molte cose non dette.

Tengo molto a questa “creatura” e mi farebbe piacere leggere le vostre impressioni. Ho seriamente bisogno di leggere le vostre recensioni, perché è l'unico modo per capire se sbaglio e dove. E poi, è sempre “ripagante” vedere che utilizzate qualche minuto per scrivermi delle vostre impressioni, dopo l'impegno che metto per far uscire fuori qualcosa di, spero, più che leggibile.

Spero la possiate apprezzare.

Fatemi sapere che ne pensate; un bacio.



Kyra


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Capitolo 2
*** One - Bravery or cowardice ***


ciao

One
Bravery or cowardice





Cinque mesi prima...





L'aereo sta per prepararsi all'atterraggio, pertanto preghiamo i signori viaggiatori di allacciare le cinture di sicurezza.”

Si era data un'occhiata attorno e non aveva visto null'altro che facce intontite da tutte quelle ore di viaggio.

Non che si aspettasse di incontrare lo Spirito Santo, ma per lo meno aveva sperato di intravedere anche solo un semplice sorriso; ne aveva tanto bisogno.

Con un lieve sospiro, si strinse attorno al ventre la cintura.

Non mancava molto; la sua nuova vita l'attendeva da lì a qualche minuto: era una magra consolazione ma le fece momentaneamente accantonare il macabro pensiero del suicidio. Buttarsi da un aereo in volo poteva essere una buona idea, certo, ma lei era troppo codarda per farlo.

Si sentiva svuotata della sua anima; si sentiva come un pesce fuor d'acqua, come un fiore senza il suo profumo. Sentiva male al cuore. Premendosi una mano sul petto, si rese conto di quanto labile fosse la vita umana. Bastava un niente a stroncarla.

Affondò le unghie nell'imbottitura del sedile, mentre delle goccioline di sudore tracciavano linee irregolari sulla sua tempia.

Se solo avesse potuto cambiare l'andamento di quegli avvenimenti così inaspettati e sbagliati, sarebbe stato tutto molto più semplice e meno doloroso da affrontare. E ce l'aveva a morte col destino, il quale aveva deciso di farle del male, di complicarle la vita.

Finalmente sentì la terra sotto i piedi e poté dare un'occhiata, attraverso l'oblò, al paesaggio notturno di Amburgo. Quella era la sua nuova casa, un luogo che non le avrebbe mai permesso di dimenticare, ma per lo meno si sarebbe trovata abbastanza lontana dalla sua città, dall'altra parte del mondo, che le faceva rivivere solo brutti momenti.

Entrò in aeroporto con il suo piccolo borsone contenente il minimo indispensabile in fatto di vestiario. Ricordava di non aver nemmeno controllato cosa vi avesse buttato all'interno, ma ciò non le importava più di tanto. Ora voleva solo fumarsi una sigaretta e trovare un albergo dove riposare.

Quando poté respirare l'aria tedesca serale, prese a frugare nella tasca della sua giacca in pelle nera, alla ricerca del pacchetto di sigarette. Non appena lo trovò, ne tirò subito fuori una, impaziente di sentirsi inebriare da un po' di sana nicotina, che di sano non aveva decisamente nulla. In quel momento non poteva chiedere altro per estraniarsi almeno per un attimo.

Si incamminò, con il borsone sorretto dalla mano libera. Nonostante la strada fosse illuminata semplicemente dai lampioni, il buio predominava, tanto da farla sentire un po' più calma, per quanto fosse possibile.

Avvistò a qualche passo da lei un ponte che sovrastava un piccolo torrente dalle acque ferme e tranquille. Proprio come avrebbe voluto essere lei. Vi si avvicinò, fino a quando non si sedette sulla sponda, ricoperta di erbetta umida e pungente. Il borsone se lo poggiò al fianco e, osservando il vuoto attorno a lei, continuò a fumare, sovrappensiero.

Le immagini della notte precedente sfrecciavano come razzi davanti ai suoi occhi, mozzandole il respiro.

Non poteva essere accaduto realmente; era stato solamente un brutto sogno che avrebbe trovato una fine da lì a qualche attimo. Più ci pensava e più non riusciva a capacitarsene.

Si alzò, dopo aver buttato la sigaretta ormai consunta in acqua, e si avvicinò al fiume, scrutandolo pensierosa. Osservava la sua figura leggermente ondulata su quella superficie cristallina, mentre la sua mente ripercorreva ogni singolo attimo, facendole venire improvvisamente voglia di mandare tutto al Diavolo.

Stai pensando se farti un bel bagno fresco o dire addio a questo mondo?”

Quell'improvvisa domanda la spaventò. Si voltò nella direzione di quel suono e notò che un ragazzo dal volto già visto sostava di fronte a lei, poggiato con la schiena al muro del ponte. Tra le dita della mano destra teneva una sigaretta a metà, mentre la sinistra era rifugiata nella tasca dei suoi jeans.

La scrutava con ironia, osò pensare con sarcasmo, ed un lieve sorriso sostava sulle sue labbra rosee.

Il bagno non era fra le mie ipotesi, ma potrei farci un pensierino.” rispose, con lieve diffidenza nel tono.

Da dove sbucava quel ragazzo? E soprattutto, cosa voleva da lei?

Non so se ti conviene; la Germania è famosa soprattutto per il suo clima gelido.” continuò con semplicità quello strano tipo, per poi aspirare un altro po' di nicotina. Lei lo scrutò ancora per qualche attimo, dubbiosa. Non aveva decisamente voglia di farsi prendere in giro.

Chi sei?” gli domandò quindi, senza abbandonare quell'espressione diffidente.

Tom, e tu?” A quell'affermazione sentì come un pugnale conficcarsi nella sua schiena. Aveva stretto le dita in due pugni e la mandibola sembrava volesse formare un tutt'uno con la mascella, mentre un gran magone le impediva di respirare. Doveva esserci un errore; quello era uno scherzo progettato da un destino alquanto crudele. “Qualche problema?” le domandò nuovamente il ragazzo, dopo aver gettato la sigaretta a terra, posandoci poi un piede sopra.

Tanti, rispose una vocetta nel suo cervello, ma le sue labbra non si mossero secondo il suo volere.

No, nessuno.” tagliò corto, voltandosi quindi nella direzione opposta alla sua, dove il fiume scorreva lento e silenzioso.

Beh, non mi hai risposto.”

Quella voce stava diventando particolarmente fastidiosa.

Perché ti interessa saperlo?” domandò Ingie, voltandosi di nuovo nella sua direzione, sull'attenti. I ragazzi invadenti non le erano mai piaciuti.

Perché a te è interessato sapere il mio?” sorrise lui, come stesse spiegando un semplice problema di matematica. Presa in castagna, non poté più tergiversare.

Ingie.” lo accontentò quindi, per poi dargli nuovamente le spalle e sedersi per la seconda volta sull'erba.

Sei sempre così acida, Ingie?” le si avvicinò il ragazzo, particolarmente interessato a scrutarla nella sua interezza.

Odiava anche essere scrutata.

Senti, non sono dell'umore.” sbuffò la mora, facendo ben attenzione a non incrociare quello sguardo così detestabilmente indagatore. “Evapora.” aggiunse, come non fosse stata abbastanza chiara l'antifona. Eppure, quel ragazzo tanto curioso quanto irritante sembrava volesse a tutti i costi darle noia.

Hai uno strano accento. Sei americana?” si informò, ignorando spudoratamente la sua provocazione.

Exactly.

Di dove?”

New York.”

E da una città così bella, sei venuta fin qui?”

Ho i miei buoni motivi.” Si fermò qualche istante ad osservarlo in viso. Quella sensazione di averlo già visto da qualche parte continuava a trapanarle il cervello, così decise di togliersi quel madornale dubbio, poiché da sola non sarebbe giunta molto lontano. “Tu non mi sei nuovo, pigtail.”

Pigtail?

Equivalente di treccina.”

Carino. Comunque forse mi hai visto suonare la chitarra in una band famosa. Mai sentito parlare dei Tokio Hotel?”

Oh, ora ricordava dove l'aveva visto. Era quel ragazzo tremendamente pomposo, famoso per le sue scappatelle, che si divertiva a far morire di crepacuore donzellette adoranti con un semplice sorriso o un assolo con la chitarra elettrica in uno dei suoi chiassosi concerti. A volte il mondo femminile, nonostante ne facesse parte, le incuteva timore.

Ne ho sentito parlare.” lo accontentò, senza esternare troppo interesse. “E allora che ci fa una famosa rockstar, causa di tanti infarti, in giro per Amburgo, senza il fidato armadio a cinque ante al fianco?”

A quest'ora non mi vede nessuno. Inoltre capita anche a me ogni tanto di estraniarmi dalla solita routine.”

Lamento di un giovane ribelle, prigioniero della fama?”

Una sottospecie.”

Era incredibile come gente che possedeva ogni cosa riuscisse comunque a scovare un lato sdrucciolevole della sua vita perfetta. Ingie lo aveva sempre considerato come un atto di puro egoismo, un capriccio da rockstar viziata, vittima della noia e del troppo avere.

Non ne avete mai abbastanza.” commentò, scrutando distrattamente l'acqua riflettente la luce lunare.

Di cosa?” domandò Tom, confuso.

Di possedere. Volete, volete e quando avete vi sentite ancora vuoti. Siete troppo abituati ad ottenere tutto e subito per ricordarvi che la gente comune si suda ciò che vuole.”

Probabilmente il ragazzo si stava domandando cosa diavolo quella strana tizia avesse mangiato per cena o chi fosse il suo analista.

Perché mi dici questo?” chiese infatti.

Così; mi sento sufficientemente triste ed avvilita per inoltrarmi in discorsi filosofici.”

Ed il motivo di tanto avvilimento?”

Di certo non lo vengo a dire a te.”

Tu però me l'hai fatta, la ramanzina, senza nemmeno conoscermi. Ad esempio, sei sul serio convinta che io sia uguale a tutti gli altri personaggi famosi, come dici tu, viziati?”

Non siete molto differenti l'uno dall'altro.”

È qui che ti sbagli, dolcezza.”

Evita diminutivi con fine recondito, Kaulitz.

Come parli complicato.”

Per un ragazzo dal quoziente intellettivo limitato come il tuo, è capibile.”

Senti, da quanto non fai sesso?” Istantaneamente, la mano esile di Ingie planò decisa sulla guancia ispida del ragazzo, rimasto interdetto. “Ma sei una strega!” esclamò dolorante, le mani premute sul viso arrossato. Mai una ragazza si era permessa di tirargli uno schiaffo, prima di allora.

Così impari a farti gli affari tuoi!” si difese con tenacia la mora, la rabbia che cresceva sempre più. Non era un bel momento per lei e dover sopportare ulteriori stupidaggini da parte di un ragazzino immaturo era l'ultima cosa di cui aveva bisogno.

Scusami tanto se ho fatto una semplice domanda!”

Indelicata e di cattivo gusto, oserei dire!”

Voi ragazze ed il vostro nauseante senso del pudore...”

Senti, ma che vuoi da me? Perché non te ne vai altrove ad inquietare l'animo di un'altra povera vittima?”

Perché ammetto di trovare questa situazione alquanto interessante.”

Io invece comincio ad averne abbastanza, quindi sloggia.” Tom, in risposta, ignorò spudoratamente il suo invito e si sedette sull'erba, affianco a lei. Ingie gli scoccò un'occhiata tutt'altro che amichevole. “Non ti avevo detto di levare le tende?” domandò, con fare scocciato.

Mi è venuta voglia di un'altra sigaretta.” rispose il chitarrista, con un sorriso sornione in volto.

Ingie aveva da sempre detestato i tipi sfacciati ed insolenti, e se già la pazienza non poteva essere annoverata fra le sue doti, quella sera non era nemmeno intenzionata a provare ad averne. La sua testa era tormentata da altri pensieri, molto dolorosi, ed una spina nel fianco come quella seduta accanto a lei non rappresentava l'esatto prototipo di antistress.

Lo osservò qualche istante con la coda dell'occhio, mentre era intento ad accendersi la seconda sigaretta.

Il suo viso godeva di lineamenti dolci e delicati. La sua pelle era più curata rispetto a quella di un normale ragazzo della sua età e la sua abbronzatura era lieve ma del tutto naturale. Il naso dritto si affacciava su un paio di labbra carnose e seducenti, forate a sinistra da due anellini metallici.

Doveva ammetterlo: raramente un ragazzo così attraente – quanto irritante – aveva incrociato il suo cammino.

Decise di tornare a concentrarsi con lo sguardo sull'acqua limpida che scorreva a pochi passi da lei, stringendosi le ginocchia al petto con le braccia, come a volersi proteggere dalla brezza notturna, nonostante non fosse quello il suo vero problema.

A dire il vero, aveva il bisogno di proteggersi da altri avvenimenti molto più grandi di lei, tanto da sfuggire al controllo. Ma ormai, la sua intera vita stava sfuggendo al suo controllo.

Sei una tipa stana.” esordì improvvisamente Tom, senza guardarla, intento ad aspirare nuove quantità di fumo.

Non sei il primo che me lo dice.” rispose lei, quasi senza pensarci.

Tom si voltò nella sua direzione e strinse appena le palpebre, provando ad interpretare ciò che l'inchiostro nero era andato a marchiare sulla pelle del collo di Ingie.

Due lettere. Due lettere perfettamente identiche, intrecciate tra loro, a qualche millimetro al di sotto dell'orecchio sinistro della mora.

Per che cosa stanno le due acca?” gli venne spontaneo chiederle.

Ingie si sentiva sempre più violata, tanto che le mani cominciarono a pruderle.

Non siamo così in confidenza, per rivelazioni simili.”

Mi hai tirato uno schiaffo da Guinnes, direi che di confidenza te ne sei presa abbastanza.”

Quello te lo sei meritato, a prescindere dal grado di confidenza!” Tom si limitò a sorridere appena, come soddisfatto da tale reazione. Se c'era una cosa di cui andava terribilmente ghiotto era la provocazione; adorava indisporre chi gli si presentava di fronte, lo trovava assai divertente. “Smettila di fissarmi, mi urta il sistema nervoso.” aggiunse la ragazza con risolutezza. Il chitarrista, invece, non poté fare a meno di sbuffare contrariato.

Mio Dio, quante cose ti urtano.”

Ma quella strana – se non assurda – conversazione venne interrotta dallo squillo sonoro del cellulare di Ingie.

Quest'ultima, come violentemente scossa e riportata nel mondo reale, si affrettò a recuperarlo, con una strana vertigine di paura allo stomaco. Non appena lesse il nome Luke sullo schermo, chiuse gli occhi addolorata e così anche la telefonata, ancora prima di rispondere.

Doveva uscire dalla sua vita, così come l'aveva fatto con i suoi genitori e tutto il mondo che la circondava a New York.

Scappi da qualcuno.” constatò a quel punto il ragazzo accanto a lei.

Non che questo debba interessarti.” ribatté scocciata la mora, mentre riponeva il cellulare in tasca. Un brivido di fastidio le percorse la colonna vertebrale, nel sentire la lieve risata da parte del chitarrista.

D'accordo.” la accontentò, tornando ad osservare il fiume davanti a sé, mentre la sigaretta si consumava lenta tra le sue dita. Sì, stava scappando per l'ennesima volta, come una codarda. Ma non aveva intenzione di tornare indietro. Avrebbe cambiato vita, avrebbe fatto nuove conoscenze, avrebbe dimenticato il passato, benché non fosse per niente facile. “Bene, direi che è giunta l'ora di andarmene, per la tua felicità.” annunciò all'improvviso il ragazzo, mentre schiacciava sull'erba la sigaretta consunta.

Sia ringraziato il Signore, esclamò la mente di Ingie.

Buon ritorno al paese dei Vip.” rispose ironica, senza guardarlo.

Grazie. È stato un piacere conoscerti, per quanto tu sia stramba.”

Ciao, ciao, pigtail.”

Poté nuovamente udire la sua risatina divertita, per poi osservarlo allontanarsi da lei con un'andatura apparentemente barcollante.

Se lei era stramba, lui non era decisamente da meno.

Lo scrutò ancora qualche istante, fino a che non sparì dalla sua vista, permettendole di tornare a concentrarsi quindi sul fiume, davanti a sé. L'acqua era cristallina e quasi provò un indecente senso di invidia nei suoi confronti, poiché invece lei navigava nel buio, nella melma, ormai da giorni. Avrebbe potuto porre una fine a tutto quanto, se solo l'avesse voluto, o meglio, se solo avesse avuto il coraggio. Ma, ovviamente, mancava di quest'ultimo.

Un tuono in lontananza, la fece sobbalzare appena. Sollevò lo sguardo verso il cielo ormai buio e notò che delle enormi nuvole si erano addensate sopra la sua testa, segno che da lì a poco avrebbe preso a diluviare.

La solita fortuna.

Con un gran sospiro, si sollevò dall'erba divenuta gelida ed afferrò la valigia, la quale aveva sostato affianco a lei per tutto il tempo. Non sapeva dove andare, ma un posto per la notte, con un po' di buona volontà, l'avrebbe trovato. Si avviò lungo la strada asfaltata che, piano piano, aveva cominciato ad inumidirsi con qualche piccola goccia di pioggia e fece saettare gli occhi da una parte all'altra di quella via, alla ricerca di un hotel. Le goccioline aumentavano sempre di più, accumulandosi fastidiosamente sulle sue ciglia e rendendo così la sua vista più appannata, mentre i suoi capelli cominciavano a gonfiarsi appena.

Odiava la pioggia. Così come il vento e la nebbia. Odiava tutto ciò che non le permetteva di osservare il mondo in modo chiaro e nitido. Odiava tutto ciò che le nascondeva i dettagli più rilevanti. Odiava tutto ciò che la confondeva.

Improvvisamente, un'enorme scritta lampeggiante catturò la sua attenzione. Finalmente era giunta in prossimità di un albergo, dove avrebbe alloggiato almeno fino a quando non avrebbe trovato una sistemazione stabile, cosa che, più passavano i minuti, più si rendeva conto fosse alquanto complicata.

Tirò a sé la valigia e si affrettò a varcarne la soglia. Il tepore che la travolse al suo interno fu quasi destabilizzante, ma le pervase piacevolmente i sensi. Senza dubbio, il clima mutava radicalmente, se paragonato a quello di New York, nonostante anche lì, alle volte, si percepisse un freddo pungente. Ma la Germania era tutta un'altra questione.

Salve.” si avvicinò al bancone, dietro al quale sedeva una donna di mezza età, intenta a scribacchiare qualcosa di ignoto sul computer portatile. “Avrei bisogno di una camera, se ce ne sono di disponibili.” spiegò, non appena la segretaria poggiò il proprio sguardo sulla sua figura umida e semi-disperata.

Certo, di singole ne abbiamo ancora.” le sorrise amabilmente, in risposta. “Per quante notti?” le chiese successivamente.

Già, per quante notti, Ingie? Le domandò il proprio cervello, senza trovare risposta. Cosa poteva replicare? D'altronde non sapeva nemmeno lei dove il suo destino l'avrebbe trascinata; non sapeva se sarebbe riuscita a trovare un appartamento tutto suo; non sapeva se quella pazzia che aveva appena compiuto l'avrebbe portata a qualcosa di positivo. Come avrebbe potuto sapere per quante notti alloggiare in quel dannato albergo?

Ehm.” si schiarì appena la gola. “Tre notti.”

Le sarebbero serviti più di tre giorni, ne era certa, ma – avendo dato un rapido sguardo al portafoglio, durante il viaggio in aereo – si era resa conto che i suoi risparmi non le avrebbero permesso di soddisfare tutti i suoi bisogni.

Mi da la sua carta di identità, per favore?” le chiese nuovamente la segretaria, mentre controllava sulla scheda che teneva sulla scrivania quali camere fossero disponibili.

Ecco a lei.” disse Ingie, porgendole il documento, il quale venne controllato con attenzione.

Questa è la chiave. Buon pernottamento.”

Ingie afferrò la chiave e si diresse con la valigia verso l'ascensore.

Un brutto presentimento la scosse all'improvviso: nella fretta di raggiungere quella sistemazione momentanea, non aveva fatto caso al suo valore. Guardandosi attorno, aveva notato un certo lusso, una certa rappresentanza, in ogni minimo angolo dell'hotel, dettaglio che le fece sospettare fosse un qualcosa al di là dei suoi standard. Non avrebbe potuto permettersi una cifra tremendamente salata, ma non poteva fare altrimenti. Non poteva ugualmente correre per strada, nel bel mezzo della notte, con un temporale in corso, alla ricerca di un Bed & Breakfast decisamente più economico.

Non appena giunse al piano desiderato, prese ad osservare il corridoio, lungo il cui pavimento era stata adagiata una moquette rossa, un po' troppo... Nobiliare, per i suoi gusti. Finalmente trovò la sua stanza e, dopo un giro di chiave, vi fece il proprio ingresso. Accese la luce e la scrutò nella sua interezza: era tremendamente spaziosa, pulita e ben arredata. Se in un altro momento il tutto fosse stato di suo gradimento, in quel preciso istante non riuscì a tenerne conto come di una cosa positiva. Più le agevolazioni erano numerose, più il suo portafoglio si sarebbe alleggerito.

Si ritrovò a maledirsi mentalmente per la fretta che aveva avuto nel prenotare quella camera, senza prima soffermarsi sui costi.

Con un lieve sospiro, chiuse la porta e poggiò la valigia in un angolo.

D'altronde non poté non gradire tale perfezione; forse era stata la prima cosa ben fatta nel corso degli ultimi giorni e, per quanto precaria fosse tale consolazione, decise di accontentarsi e cercare di non pensare a nulla.

Si gettò a peso morto sul letto singolo e chiuse gli occhi: avrebbe trascorso un'altra nottata in bianco, ne era certa.





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Note finali

Vi lascio questo capitolo prima di partire, spero vi piaccia! Grazie, oltre ai recensori cui ho risposto, anche alle persone che hanno aggiunto già questa storia fra seguite e preferite. Non siate timidi! (: Torno la settimana prossima, spero di trovare tanti commentini (: Un bacione!


Kyra

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Capitolo 3
*** Two - Start again ***


2


Two
Start again





Quando la luce dell'alba si fece viva nella stanza, non ebbe nemmeno bisogno di aprire gli occhi, poiché le sue pupille, per tutta la notte, erano rimaste fisse sugli annunci delle case in vendita, presenti sul quotidiano che aveva acquistato qualche minuto dopo essersi sistemata nella camera. Era scesa in strada, non appena fu cessato il temporale, ed aveva trovato un giornalaio a pochi metri di distanza, incredibilmente aperto.

Pur dopo tutti i suoi sforzi ed il sonno che aveva accumulato, con l'intento di avere la meglio su ciò che la stava tormentando, non era riuscita a trovare una soluzione. Ogni singolo appartamento presentava qualcosa che non andava; una caratteristica di troppo che non le serviva, il prezzo troppo alto. Ostacoli del genere si divertivano a denigrare l'intero lavoro di ricerca nel quale si stava impegnando, demoralizzandola minuto dopo minuto.

Non appena il sole sorse, illuminando quindi l'intera camera, decise di rinunciarvi. Ormai era tutto inutile; aveva sfogliato più e più volte le stesse pagine, sperando inutilmente di trovarvi qualcosa di nuovo, nonostante avesse già controllato in precedenza. Eppure, niente.

Si sollevò dal materasso e prese a cambiarsi i vestiti, poiché ancora indossava quelli del giorno prima, talmente era stata occupata a leggere quel giornale. Il suo stomaco aveva preso improvvisamente a brontolare, reclamando un po' di cibo – che non toccava da due giorni – e decise quindi di scendere in sala per la colazione. Avrebbe avuto bisogno di forze se il pomeriggio che si prospettava appariva particolarmente pesante.

Uscì dalla stanza e scese le scale, ignorando di gran lunga l'ascensore. Aveva bisogno di camminare.

Una volta giunta a destinazione, entrò nella sala mensa e notò al suo interno una serie di tavoli numerati. Cercò con lo sguardo il suo e, una volta individuato, vi si avvicinò per posarvi le chiavi.

La colazione era caratterizzata di ogni singola pietanza che non si ricordava di aver mangiato ultimamente. Il tavolo dove avrebbe dovuto servirsi era gremito di ogni singola leccornia di cui andava matta; anche se, quella mattina, non era in grado di esprimere il proprio entusiasmo. Si avvicinò ad esso e posò una semplice brioche vuota su un piattino, per poi selezionare un cappuccino alla macchinetta delle bevande. Una volta finito il tutto, tornò al proprio tavolo, per poi sedervisi e cominciare a mangiare.

Deglutire del cibo fu come risvegliarsi da un sonno profondo. Aveva quasi dimenticato che consistenza avesse, nonostante i giorni passati a digiuno non fossero così tanti. Il punto era che gli ultimi avvenimenti l'avevano talmente tanto uccisa nell'animo, che la sofferenza sembrava si stesse propagando in lei da mesi e mesi, quando in realtà quella mostruosa tragedia era avvenuta solo pochi giorni addietro.

Non era sicura di poter superare anche quell'ennesima piega che la sua vita aveva preso. Aveva semplicemente paura di affrontare la realtà, ora che si trovava sola. L'unica persona sulla quale avrebbe voluto contare, non era lì con lei a darle conforto, ma si trovava in un altro mondo, da molti reputato migliore e tranquillo, ma pur sempre un mondo troppo lontano dal suo.

Sentiva maledettamente la sua mancanza. Il suo corpo era stato privato di ogni cosa, così come il suo spirito. Era come camminare con un coltello perennemente conficcato nella schiena. Il dolore persisteva e persisteva, ogni giorno, e non aveva intenzione di svanire, almeno fino a che qualcuno non avesse deciso di strapparle via quel coltello, ben sapendo che non sarebbe stato possibile.

Ma guarda che coincidenza.”

Un fremito, proprio lungo la schiena, accompagnato da un pessimo presentimento. Quella voce non le era perfettamente nota, ma ricordava di averla già sentita, e non troppe ore prima.

Non appena sollevò lo sguardo, trovò davanti a sé un Tom Kaulitz – ancora scosso dai postumi del sonno – particolarmente sorridente, nonostante quel sorriso somigliasse più ad una smorfia sbilenca.

Oh, God.” mormorò Ingie, poggiando la fronte su di una mano, con espressione riluttante. Ovviamente, quel sussurro non sfuggì al chitarrista, che decise subito di intavolare una sorta di conversazione, esattamente come la sera prima.

Buon giorno, raggio di sole. Non sapevo alloggiassi anche tu in questo albergo.” parlò con la soddisfazione che ardeva negli occhi.

Eh, già. Gli strani casi della vita.” commentò con sarcasmo la ragazza, per poi sorseggiare un altro po' di cappuccino.

Io sono qui con la mia band, per l'ultimo concerto qui ad Amburgo.”

Che delizia.”

Posso unirmi a te?”

No.”

Mi mancava il tuo senso dell'umorismo.”

Detto ciò, la sorprese sedendosi accanto a lei e poggiando sul tavolo la propria colazione.

Tu devi avere qualche problema di udito.” constatò fin troppo seria la ragazza, mentre il chitarrista ridacchiava divertito.

Bene, era contenta di divertire la gente a quella maniera.

Tu invece devi avere qualche problema di socializzazione.” ribatté tranquillo Tom, mentre intingeva un biscotto nel caffè, come se nulla fosse.

Non ci tengo a socializzare con te.” mise in chiaro, spezzando a sua volta un pezzo di brioche per portarselo alla bocca.

Peccato perché tutte vorrebbero socializzare con il sottoscritto.”

Come sei egocentrico.”

È una delle mie migliori qualità.”

Posso immaginare le restanti, allora.”

Hey, Tom, ma dove ti sei seduto?”

Quello che Ingie riconobbe come il fratello androgino del chitarrista, aveva parlato avvicinandosi incuriosito al loro tavolo, con la tazza ed il piattino in mano.

No, la seconda versione del Kaulitz, no, pregò la sua mente.

Lei è Ingie, l'ho conosciuta ieri sera.” la presentò Tom, sorridendo affabile. “Ha un pungente senso dell'umorismo.”

Oh, piacere, io sono Bill, il fratello intelligente.” sorrise a sua volta amabile il vocalist, allungando la mano in direzione della ragazza, che la strinse non del tutto entusiasta.

Oh, bene, mi solleva sapere che in famiglia non siete tutti come lui.” commentò con un lieve sospiro, mentre Bill si sedeva affianco al fratello. Non poté fare a meno di ridacchiare e la ragazza notò quanto la sua risata e quella del chitarrista fossero simili.

Fortunatamente no. Mia madre ha fatto del suo meglio per non farlo uscire così, non è colpa sua.”

Hai finito di fare il buffone?” intervenne a quel punto un Tom piuttosto irritato.

Tranquillo, Tomi, nessuno rovinerà ulteriormente la tua già disastrata reputazione.” sorrise angelico il biondo, prima di portarsi alla bocca una fetta biscottata. A Ingie stava decisamente simpatico. “Sei straniera, vero? Il tuo accento è molto carino.” parlò successivamente, rivoltosi poi a lei, la quale annuì appena.

Sì, sono di New York.” confermò.

Non chiederle perché è venuta qua perché tanto non ti risponde.” suggerì Tom, con sarcasmo.

Si chiama discrezione.” intervenne Ingie.

Si chiama semplice curiosità.”

Tom, non è educato farsi gli affari di una signorina in questo modo.” fece Bill, con tono saccente. E intanto continuava ad acquisire punti a suo vantaggio agli occhi di Ingie.

Se è per questo, anche tu le hai chiesto da dove viene.” ribatté Tom, piccato.

Ma non ho scavato in questioni personali.”

Ingie osservava la scena piuttosto accigliata. Si chiese quanto a lungo volessero portare avanti quella discussione così futile. Si sentiva troppo al centro dell'attenzione.

Beh, io ho molto da fare perciò me ne vado.” spezzò quel botta e risposta che, a lungo andare cominciava a divenire piuttosto fastidioso, e si alzò dalla sedia, sotto lo sguardo perplesso del chitarrista e quello tranquillo e sorridente del vocalist.

Senti, perché non vieni a vedere il nostro concerto, domani sera?” la prese in contropiede Bill. “Ci esibiamo qui vicino, è l'ultimo del tour, prima che torniamo a Berlino, perciò... Se hai voglia, sei la benvenuta.”

Partecipare ad un concerto, dove una miriade di ragazzine urlanti le avrebbero sfondato i timpani e le ossa, era decisamente l'ultima cosa che aveva voglia di fare. Il divertimento, da giorni, non sapeva nemmeno più cosa fosse.

Ecco, i concerti non fanno molto per me.”

Schietta e sincera come sempre. D'altronde era ciò che le avevano continuamente insegnato i suoi genitori: dire sempre la verità, anche a costo di ferire le persone. Al contrario invece di ciò che si aspettava, Bill mostrò un sorriso ancora più smagliante.

Okay, non c'è problema. Se dovessi cambiare idea, basta dirlo.” disse in tutta calma.

Sorpresa, Ingie si limitò ad annuire, per poi sparire dietro l'angolo, dopo aver fatto un cenno di saluto con la mano.





***





Mi spiace, signorina, ma abbiamo già abbastanza personale.”

Quella frase, l'aveva sentita almeno sei volte. E, ognuna di quelle volte, la sua autostima e la sua forte speranza erano andate a calare sempre di più.

Okay, non c'è problema. Grazie comunque.”

Ne aveva invece, di problemi. Eccome.

I soldi che teneva da parte non le sarebbero bastati per due settimane, se non meno; dormiva in un hotel che da lì a due giorni ancora l'avrebbe sbattuta fuori; non aveva una casa e nemmeno uno straccio di lavoro. Come avrebbe potuto non finire sotto un ponte? Poteva solo sperare in un miracolo grosso quanto il mondo, ma ultimamente non ne aveva più molta voglia.

Con un gran sospiro, riprese a camminare lungo il marciapiede, guardandosi attorno, alla ricerca di un qualsiasi altro negozio, bar o ristorante che avesse la decenza di farle almeno terminare di leggere il suo curriculum, prima di spiattellarle in faccia un “No” secco. Magari, anche con un'espressione schifata.

Il vero punto della questione era che aveva appena vent'anni ed un diploma linguistico. Chiunque l'avrebbe sempre trovata troppo giovane ed inesperta, nonostante non fosse così.

Nel frattempo, non poté fare a meno di notare che in ogni angolo di quella città, si innalzavano enormi cartelloni riportanti la foto dei Tokio Hotel, che annunciava il loro imminente concerto, al quale proprio lei era stata invitata. Lei che partecipava ad un concerto? Dei Tokio Hotel, per di più? Decisamente no. Era contenta di aver rifiutato l'offerta e non essere caduta in qualche tranello. Prendersi gioco di lei era una cosa che veniva piuttosto spontanea e facile alla gente che la circondava.

Persino a lui.

Prima che lo stomaco le si contraesse in un ulteriore nodo doloroso, rimosse dalla mente quel pensiero.





***





Si sentiva una completa e perfetta fallita.

Le ricerche erano proseguite per l'intera giornata e non si era presa nemmeno un minuto di pausa. Il cibo e l'acqua si era scordata cosa fossero, poiché nel suo cervello aveva solamente sostato l'idea di trovare un lavoro, prima del sorgere del sole del giorno seguente.

Piano fallito.

Si stravaccò sul divanetto in vimini posizionato al di fuori dell'hotel, a lato del giardino, e cercò per un attimo di rimpossessarsi dei propri neuroni e delle proprie facoltà mentali. Se le avessero chiesto di risolvere un semplicissimo calcolo matematico, non ne sarebbe stata in grado.

Improvvisamente il suo cellulare vibrò un paio di volte, per poi ammutolirsi di nuovo. Probabilmente le era arrivato un messaggio e la cosa non le piacque per niente, poiché immaginava di chi si potesse trattare.

Luke, per l'appunto.

Preferì non leggere cosa le aveva scritto e cancellò direttamente quel messaggio ignoto. Lo stomaco le si contrasse fastidiosamente, non appena sullo schermo del suo cellulare apparve la scritta 'Cancellato'. Sapeva perfettamente che non si stava comportando bene, sapeva anche che in questo modo stava facendo soffrire ingiustamente una marea di persone che teneva a lei; ma anche lei stava soffrendo e l'unica cosa che voleva era la tranquillità. L'avrebbe trovata solo cambiando radicalmente vita e tagliando i ponti con chiunque conoscesse, persino con i suoi genitori, i quali forse in quel momento erano i più bisognosi di affetto.

Una lacrima sfuggì al suo controllo, ma la scacciò immediatamente con un dito, per poi ricomporsi. Doveva essere forte.

Non appena sollevò lo sguardo si accorse solo in quel momento di non essere sola. Quello che sembrava il bassista dei Tokio Hotel, si trovava all'estremità opposta del giardino, con la schiena poggiata al muro bianco ed il telefono all'orecchio.

Sì, amore, mi comporto bene.” diceva. “Lo sai che è Tom il Playboy, non io.”

Ingie fece una smorfia. La cosa non la sorprendeva più di tanto, nonostante l'atteggiamento fin troppo spavaldo ed invadente del chitarrista non le piacesse una granché. A dire il vero, lo detestava con tutte le proprie forze.

Domani sera. Sì, completamente Sold Out, siamo felicissimi.”

Erano sul serio dei mostri talentuosi come si sentiva in giro? Non si era mai soffermata ad ascoltare le loro canzoni, nonostante ne avesse sentita una di sfuggita, una volta. Aveva a che fare con un qualche strano diluvio universale, nemmeno si ricordava bene di cosa parlasse; ma poco le importava.

Sospirando e continuando nel frattempo ad ascoltare, senza realmente volerlo, la telefonata del rosso, recuperò una sigaretta dal proprio pacchetto di Marlboro e se la portò alla bocca.

Sì, okay, ci sentiamo domani. Anch'io ti amo. Un bacio.”

Lo scrutò riporre il cellulare in tasca, per poi frugare anche lui nel proprio pacchetto di sigarette. Dopo essersi tastato ripetutamente le tasche dei pantaloni, sbuffò.

Cazzo.”

Tieni.” intervenne Ingie, mostrandogli il suo accendino. “L'hai dimenticato?” chiese. Il rosso, dal suo canto, sorrise grato e le si avvicinò.

Grazie mille, sei molto gentile.” le disse, prendendo in prestito l'accendino nero. Nero come qualsiasi cosa le appartenesse in quel momento; compreso il suo animo.

Questo non ha niente a che vedere con Pigtail, si ritrovò subito a pensare, mentre attendeva che il ragazzo si accendesse la sigaretta.

Figurati.” rispose senza entusiasmo, riafferrando il proprio compagno di viaggio e riponendolo poi nella tasca della giacca di pelle.

Comunque io sono Georg, piacere.” si presentò lui.

Ingie.” si limitò a rispondere. Teneva lo sguardo fisso sulle proprie scarpe e non aveva nessuna intenzione di sollevarlo. Forse in quello Kaulitz aveva ragione; non era un tipo particolarmente socievole. Anzi, non lo era per niente.

Sei qui in vacanza?” le domandò all'improvviso il rosso.

Che domanda idiota, pensò immediatamente.

Una specie.” tagliò corto. Non aveva voglia di raccontare le proprie disavventure agli sconosciuti.

Io sono qui con...”

La tua band, sì. Lo so.” lo interruppe.

Ah, sei una nostra fan?” sorrise compiaciuto il bassista, piuttosto incuriosito.

Assolutamente no.” rispose secca, facendo venire la pelle d'oca persino a lei. Non era mai stata tanto fredda in vita sua. Gli ultimi episodi l'avevano letteralmente mutata.

Georg, invece, scoppiò a ridere.

Scusa, non volevo essere vanitoso. È che qui intorno all'albergo, e a volte anche dentro, troviamo tante di quelle fans, che ormai ci rimane difficile distinguerle dalla gente indifferente alla nostra presenza.”

Ma che tenerezza, pensò scettica Ingie. L'ulteriore giornata nera che aveva trascorso non aiutava di certo il suo umore a risollevarsi da sotto terra.

Non ti preoccupare.” rispose semplicemente, per poi inspirare un'altra boccata di fumo. “Quello con la mania di protagonismo è Kaulitz.” aggiunse.

Quale dei due?” domandò Georg, incuriosito. Ingie ci pensò un po' su.

Effettivamente, tra tutti e due non sapeva dire chi fosse peggio in quanto a egocentrismo, ma per come li aveva conosciuti lei, sicuramente il peso gravava più su Pigtail.

Il rapper mancato.” rispose con una scrollata di spalle. “Ma anche suo fratello non scherza.”

Oh, hai avuto l'onore di conoscerli entrambi.” sorrise il bassista.

Sì, e che onore.”

Il ragazzo soffocò una risata e questa volta nemmeno Ingie poté fare a meno di tirare un piccolo sorriso.

Sono particolari. Ma sono buoni.” annuì Georg, inspirando poi un po' di fumo.

Sì, dubito che Pigtail nasconda un'arma pericolosa per l'umanità.”

Oh e invece la possiedo eccome.”

Ingie chiuse momentaneamente gli occhi, reprimendo un'improvvisa e pericolosa crisi isterica. Come poteva essere possibile che in un giorno e mezzo aveva già imparato a riconoscere quella voce ovunque?

Ma qual buon vento.” mormorò sarcastica. “Da quale zoo sei evaso? Mi spieghi perché ti incontro ovunque e in ogni momento?”

Perché è destino, piccola. Tom Kaulitz è onnipresente.” rispose il chitarrista, sedendosi nel frattempo accanto a lei, con una sigaretta in mano, mentre Georg osservava interessato la scena.

Come le mosche.” commentò con tetra ironia la mora.

Vedo che siete già in confidenza voi due.” sorrise il rosso, piuttosto compiaciuto, mentre calpestava la sigaretta ormai consunta con una scarpa.

Not at all.” rispose Ingie, con espressione schifata.

Ci sto lavorando, Hobbit.”

Tom si stravaccò per bene sul divanetto e poggiò il braccio sullo schienale, alle spalle di Ingie, che lo fulminò con lo sguardo.

Spero per te che le tue intenzioni siano caste e pure.” lo minacciò, guardandolo di sottecchi.

Ma io sono casto e puro.”

Gli occhioni dolci che aveva improvvisamente sfoderato non la convinsero per niente e l'immediata risata di Georg ne fu una prova piuttosto lampante. Ingie si voltò in direzione del rosso e lo scorse contorcersi dalle risate, con le mani alla pancia.

Chissà perché le parole casto e puro non riesco ad associarle alla tua figura.” commentò sarcastica, subito dopo aver buttato anche lei la sigaretta a terra.

Sei tu che le hai associate a me.” scrollò le spalle il ragazzo, con semplicità e quel perenne sorriso furbo stampato in viso. Ingie roteò gli occhi al cielo e si sollevò dal divanetto. “E ora dove vai?” aggrottò le sopracciglia la sua futura vittima.

A dimenticarmi della tua faccia.” rispose lei, seccata.

Tom si sentì piuttosto offeso.

Come sei arida. L'ho detto, io, che hai seriamente bisogno di fare s...” L'improvviso voltarsi di Ingie, con sguardo minaccioso e la mano nuovamente pronta a planare sul suo viso, lo fecero immediatamente rimediare. “... Surf. Di fare surf.”

La mora fece finta di crederci e gli diede nuovamente la schiena.

Ciao, ciao, Redhead.” salutò poi Georg, battendogli un paio di volte una mano sulla spalla, per poi dirigersi all'entrata dell'hotel. Il bassista si voltò perplesso verso Tom, come a chiedere spiegazioni e quest'ultimo fece un gesto svogliato con la mano.

Ne ho uno anch'io, non ti preoccupare. E ti assicuro che è peggio del tuo.”

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Capitolo 4
*** Three - When everything seems useless ***


3


Three
When everything seems useless





Fuck you.” digrignò i denti, continuando a marciare seccata lungo il marciapiede. “Fuck all of you, idiots.”

Se il giorno prima era disperata, in quell'istante era furiosa con il mondo intero. La sua mente formulava decisamente troppi pensieri in una volta; pensieri per lo più di carattere offensivo, rivolti a qualsiasi essere umano incrociasse il suo cammino. Probabilmente qualche astro aveva cambiato posizione, era addirittura piombato a terra, ma tutto per fare un dispetto a lei.

Come poteva essere possibile che nemmeno quella mattina, nessun negozio l'aveva assunta, anche solamente in prova? Era truccata male? Aveva i capelli fuori posto? Puzzava?

Fuck off, everyone.

Entrò di soppiatto in un bar e, senza degnare nemmeno di uno sguardo il proprietario, camminò dritta e decisa verso il bagno, dove si chiuse dando un colpo secco alla porta. Una volta al sicuro e al riparo da sguardi indiscreti, scoppiò in un pianto ininterrotto.

La sua vita stava finendo a rotoli. Più passavano i giorni, più si sentiva fuori posto, in quel mondo troppo restio alla sua presenza, troppo diverso da lei. Ma soprattutto, troppo insignificante senza di lui.

Dove sei? Perché te ne sei andato? Dovevi stare con me.” mormorò con voce tremante, poggiando la fronte alle fredde mattonelle della parete e tirandovi qualche pugno, di tanto in tanto. “Mi senti?! Perché te ne sei andato?!”

Il dolore allo stomaco diveniva sempre più acuto, logorandola secondo dopo secondo.

Hey, signorina, si sente bene?” una voce maschile, al di là della porta del bagno, si fece viva, mentre un continuo bussare la irritava al limite della pazienza.

Andate a 'fanculo tutti!” urlò e, finalmente, quell'eterno bussare e quella voce fastidiosa cessarono immediatamente.

Voleva stare da sola; non aveva bisogno di gente sconosciuta, che non sapeva nulla della sua vita, che le offrisse una spalla su cui piangere. Per lei, non era nessuno e si sarebbe occupata di se stessa perfettamente da sola.

Si bagnò il viso con un po' di acqua fresca e, osservandosi allo specchio, cercò di rendersi il più presentabile possibile, nonostante un po' di trucco colato non fosse ciò che più la spaventava. Una volta finito, aprì la porta, dietro la quale trovò il barman ad osservarla con espressione preoccupata in viso, e senza degnarlo di un minimo di considerazione lo superò, affrettandosi ad uscire da quel posto.

No, non aveva bisogno di nessuno.





***





Ma che fine ha fatto Bill?” domandò un David piuttosto scocciato, guardandosi attorno.

I Tokio Hotel, sprovvisti di vocalist, si erano radunati sul palco, pronti per il Soundcheck, ma un piccolo imprevisto li aveva colti impreparati.

Ed era proprio quel tipo di imprevisti che li mandava in bestia.

Io giuro che divento figlio unico!” esclamò il chitarrista, portandosi le mani alla testa. Si chiedeva quale fosse quell'assurdo, improponibile, futile motivo per cui suo fratello non si fosse presentato sul palco assieme a loro, in tempo. “Ci siamo entrati insieme, in questo fottuto palazzetto; possibile che sia riuscito comunque a perdersi?”

Calmati, Tom. Arriverà.” intervenne Gustav.

David era sempre stato dell'idea che un Gustav in famiglia avrebbe fatto comodo a chiunque. Avere un Gustav in casa voleva dire porre fine a qualsiasi tipo di litigio o sfuriata, sul loro nascere.

Anche se, con i gemelli Kaulitz, quella sorta di legge naturale veniva comunque infranta. Qualsiasi legge sarebbe stata infranta, con i gemelli Kaulitz in giro.

Non mi calmo affatto! Avevo pronto uno schema mentale coi fiocchi e lui me lo sta mandando a monte!”

Fammi indovinare.” parlò Georg, ormai sedutosi su una cassa. “Tale schema mentale prevedeva due minuti di Soundcheck, arrivo in hotel entro le cinque e sesso selvaggio con una groupie prima del concerto?”

Esatto.” borbottò Tom, tirando un lieve calcio al muro.

Beh, allora, cancellalo immediatamente anche senza l'aiuto di Bill, perché ci vorranno più di due minuti per il Soundcheck e lo sai bene.” gli intimò il manager, mentre teneva il proprio cellulare all'orecchio. “Continua a darmi occupato.” sospirò successivamente, riponendo quindi il telefono in tasca.

Che razza di idiota.” commentò il chitarrista, sedendosi anche lui sulla cassa, affianco a Georg, che picchiettava distrattamente un piede sul pavimento. Ormai erano tutti pressoché abituati alle così dette sviste del vocalist, ma dire che ci avevano fatto il callo era un azzardo bello e buono. “Devo chiamare mamma per dirle due parole riguardo l'eredità.”

Non appena la sua mano si infilò in tasca, Gustav gli afferrò il polso con decisione.

Torna in te.” gli intimò con sguardo rassegnato.

Non farebbe male a quella principessina dal ciclo mestruale perenne perdere un po' di averi.” borbottò quindi, tornando a torturarsi le dita, mentre la sua gamba non trovava tregua con quei suoi movimenti schizofrenici.

Oh, mi aspettavate?”

Lo sguardo intimidatorio di Tom avrebbe messo paura persino al più rivoltante Mostro delle Nevi, ma questo Bill – che era finalmente giunto alla propria postazione saltellando come nulla fosse – non lo notò con immediatezza.

Oh, mi aspettavate.” sussurrò minaccioso il chitarrista. “Oh, mi aspettavate?! Ma dico, da quale diavolo di utero animale sei schizzato fuori? Non posso avere il tuo stesso DNA!” esclamò poi, fuori di sé, avvicinandosi nel frattempo a suo – presunto – fratello, con i pugni stretti.

Che c'è? Stavo parlando al telefono.” si difese quindi il biondo, mentre riponeva il cellulare in tasca.

E con chi, di grazia? Non potevi farlo dopo?”

Con Ivan e no, non potevo farlo dopo. Mi ha chiamato piuttosto depresso; che dovevo fare? Sbattergli il telefono in faccia e abbandonarlo ai suoi problemi?”

Che tipo di problemi?”

Non ha più personale nel suo negozio e ne ha urgente bisogno, altrimenti è costretto a chiudere.” Si prese una piccola pausa, giusto per scrutare il viso di Tom, fattosi improvvisamente preoccupato. “In più, Caroline l'ha lasciato e si sente parecchio giù.”

L'ho sempre detto, io, che quella è una stronza.”

Ehm.” David si schiarì la gola e i gemelli si voltarono incuriositi verso di lui. “Tom ha fatto un casino secolare, stava per scatenare un'Apocalisse perché Bill non arrivava e ora ve ne state lì a chiacchierare, come nulla fosse? Che ne dite di cominciare con il Soundcheck? Così, sapete, giusto perché stasera avete un concerto.”

Bill e Tom, dopo quelle parole pronunciate con estrema calma, si scambiarono un'occhiata e, senza fiatare, presero le loro posizioni sul palco.





***





Basta.

Camminava lungo quel marciapiede come volendo lasciarvi una fossa ad ogni suo passo.

Vi aveva rinunciato.

La gente attorno a lei sembrava persino guardarla intimorita.

Se doveva morire di fame e senza un tetto sulla testa, perfetto.

Le mani le prudevano dal nervoso e le teneva serrate in due pugni per evitare di sganciare un qualche destro al primo passante che le avesse anche solo rivolto uno sguardo di troppo.

Sarebbe andata in contro al suo destino. Almeno l'avrebbe finalmente raggiunto.





***





Tirò un gran sospiro. Rimettere piede sull'erba fresca ed un tantino umida dell'albergo era stato per lei quasi confortevole. Girovagare a vuoto per tutte quelle vie e soprattutto venire rifiutata almeno una ventina di volte, senza un apparente motivo, l'aveva fatta sentire ancora più distrutta di quel che era. La rabbia aveva lasciato il posto ad una sorta di sconforto, ad una tristezza a dir poco devastante, alla quale nessuno sarebbe riuscito a porre un limite.

Evidentemente aveva qualcosa di sbagliato; ultimamente – visti i fatti clamorosi che si susseguivano senza sosta nella sua vita – non faceva altro che ripeterselo.

Camminò a testa bassa lungo il vialetto che l'avrebbe condotta all'entrata dell'hotel, senza minimamente curarsi di ciò che le accadeva attorno.

Non le importava più nulla, ormai. Aveva perso ogni aspettativa, ogni sogno, ogni briciola di forza di volontà. Ora voleva solamente abbandonarsi al suo destino – che fino ad allora era stato sempre infame con lei – ad avrebbe deciso lui cos'era meglio per lei. Avrebbe deciso lui quando farla finita con tutto quel dolore ed assegnarle finalmente uno scopo. Che fosse ultimo non le importava.

Hey, Gina!”

Ingie.” corresse immediatamente a denti stretti e senza nemmeno controllare a chi appartenesse quel richiamo così pieno di entusiasmo.

Quando si voltò, Redhead le sostava di fronte, con un sorriso smagliante in volto e le mani in tasca, probabilmente infreddolite a causa del clima rigido. Ingie ormai non percepiva più nemmeno quello.

Oh, scusa.” sorrise imbarazzato Georg.

Figurati.” borbottò la ragazza, per poi dargli le spalle e riprendere a camminare con l'intento di levarselo di torno, prima che il peggio potesse accadere.

Ah, c'è l'americana!”

Per l'appunto.

Tom camminava con il suo solito andamento quasi buffo – quasi – in direzione del suo collega. Ingie, in risposta, gli lanciò una fulminata che non ebbe certamente bisogno di spiegazioni.

Mi spiace deluderti, dolcezza, ma non posso fermarmi ad intrattenermi con te. In camera mia mi aspetta una focosa maratona con una cameriera dell'albergo.” si rivolse a lei il ragazzo, con un sorrisetto alquanto furbo in viso.

Quanto sei squallido, Pigtail.

Ma quale spiacevole perdita. Buon divertimento.” ribatté piuttosto seccata.

Se vuoi unirti a noi, sei la benvenuta. Basto per tutte.”

Prego?

Quella domanda ridotta a poco più di un sussurro, ma soprattutto gli occhi a dir poco infuocati di Ingie, bastarono per far capire al chitarrista di finirla lì e di volatilizzarsi.

Scusalo.” si intromise Bill, che era arrivato giusto in tempo per assistere all'ultima, pietosa proposta di suo fratello.

Già, alla fine non è colpa sua se è nato stupido.” commentò Ingie, facendo nuovamente per andarsene.

Aspetta un momento.” la fermò il vocalist. “Posso parlarti?” le domandò. Ingie aggrottò la fronte.

Parlare con me?” chiese piuttosto scettica.

Sì.” annuì Bill, come nulla fosse. Ciò che la mora non comprendeva era come potesse essere possibile che uno sconosciuto – non proprio sconosciuto, visto che era una famosa rockstar mondiale, ma poco le importava – avesse bisogno di parlare con lei; tuttavia, si limitò ad annuire e sedersi sulla poltrona in vimini del giardino, la stessa della sera precedente. Non aveva decisamente voglia di sentirlo blaterare, ma non aveva comunque nulla da fare. Come alternativa avrebbe potuto chiudersi in camera sua e crogiolarsi felicemente nel dolore, ma anche questa, sufficientemente seccante, poteva andare bene.

So?” domandò disinteressata. Il vocalist si passò una mano dietro al collo, in evidente difficoltà, mentre il suo sguardo era fisso sull'erba che li circondava.

Ti sembrerò stupido ma avevo bisogno di parlare con una persona che non fosse come noi.” ammise. Ingie sbatté più volte le palpebre, piuttosto sorpresa. Ne aveva di coraggio quel ragazzo. Come poteva lei rappresentare una figura con cui poter parlare e confidarsi? Aveva già abbastanza problemi, ma questa volta decise di tacere ed ascoltare. “Sai, un po' mi manca la mia famiglia.” A quell'affermazione, Ingie si irrigidì appena, stringendo i denti. Era immediatamente scivolato in un argomento che a lei non piaceva decisamente toccare. “Sì, ho mio fratello e per me è qualcosa di essenziale, è un mio pezzo di anima...” Questa volta la mora strinse i pugni. “Ma ogni tanto sento anche il bisogno di mia madre. Penso sia normale, no? O è una cosa da stupidi?”

Ingie scrollò le spalle. “Non è da stupidi.”

Ogni tanto ho voglia di andare a pescare.” Ingie si voltò nella sua direzione con un sopracciglio inarcato ed un'espressione piuttosto perplessa in volto. “Sì, a pescare. Sembra una cosa stupida, ma non posso fare nemmeno quella.”

Ora capiva dove volesse arrivare. Pescare non era ciò che voleva seriamente fare; aveva semplicemente utilizzato un esempio sciocco per farle capire quanto la sua vita, apparentemente perfetta, potesse avere limiti. Effettivamente, pensò Ingie, ne aveva parecchi.

Non ti piace il tuo lavoro?” domandò senza guardarlo e con un tono che non lasciava trapelare la minima curiosità. Lei era così: apparentemente fredda.

Oh, non mi fraintendere, lo adoro. Adoro cantare, adoro tenere concerti, adoro ricevere il responso da parte del pubblico.”

Ma...?”

Ma ogni tanto mi pesa.” Si prese una piccola pausa. “Mi pesa non poter fare ciò che facevo prima. Non voglio sputare sul piatto dove mangio, anche perché ho inseguito questo sogno per anni, assieme a mio fratello, e siamo stati davvero fortunati; sarei ipocrita a dire il contrario. Vorrei solo trovarmi in un altro mondo, ogni tanto, lontano da tutto e tutti, quando ho bisogno di stare da solo o con la mia famiglia al completo.” Ingie si limitò ad annuire; non sapeva decisamente cosa ribattere, quindi optò per il silenzio. D'altronde non era una cosa che le riguardava, stava solamente prestando orecchio.

Perché stai dicendo tutto questo a me?” chiese soltanto.

Non lo so.” sorrise Bill. “Mi ispiri fiducia. Sei apparentemente fredda e distaccata, ma per lo meno sei schietta e non hai peli sulla lingua. Dici quello che pensi; mi piace.”

Tu non sai come sono.”

Senza dubbio; non dici nulla di te. Perché non me ne parli un po'?”

Perché non racconto le mie cose agli estranei.”

Io mi sono aperto un po' con te.”

Non te l'ho chiesto io.”

Bill ridacchiò appena. Era impossibile sentirsi offesi da quella ragazza. Aveva un modo di parlare che, per quanto fosse secco e duro, non poteva fare altro che suscitare divertimento.

Hai ragione. Sai sempre come fregare la gente, eh?” sorrise compiaciuto, per poi accendersi una sigaretta.

L'ho imparato a mie spese.” concluse Ingie, imitandolo.

Entrambi presero a fumare in silenzio, osservando il cielo quasi scuro. A Ingie non importava; non disprezzava il silenzio. A volte lo preferiva a più di mille parole. Inoltre, cosa aveva da dire a quel tipo? Nemmeno lo conosceva.

Sei qui da sola?”

Un campanello di allarme prese a suonare nel suo cervello. Quella domanda alludeva ad un qualcosa di troppo pericoloso e la conversazione stava prendendo una piega che non le piaceva.

Sì.” si limitò a rispondere, senza dare ulteriori dettagli.

Hai intenzione di viverci?” domandò ancora, interessato, il biondo, poggiandosi meglio con la schiena ai cuscini.

Se trovo una casa, sì. Ma prima devo trovare un lavoro.” scrollò le spalle come fosse un qualcosa di fin troppo facile.

Che tipo di lavoro vorresti?”

Qualunque, anche perché domani l'albergo mi sbatte fuori a calci e io me ne andrò a dormire sotto un ponte.” Strinse gli occhi maledicendosi. Si era fatta scappare dalle labbra più del dovuto. Non aveva mai voluto raccontare i suoi fatti alla gente ed ora era seduta su una poltrona di vimini con una famosa rockstar a spiattellarli senza riflettervi due volte. “Dimentica quello che ho detto.” aggiunse quindi con freddezza, mentre faceva cadere un po' di cenere dalla sua sigaretta.

Domani, dici? E come farai?” sgranò gli occhi Bill.

Non ne voglio parlare.”

Bill la osservò per qualche attimo in silenzio, come pensieroso. Doveva fare qualcosa. Quella situazione si presentava al momento giusto.

Prese a frugare nella tasca dei suoi jeans, fino a che non ne tirò fuori il suo cellulare. Ingie non si accorse di niente; percepiva dei movimenti strani accanto a sé, ma non si voltò nemmeno per controllare cosa stesse facendo. Continuò a fumare trasudando estrema tranquillità, come se le sue preoccupazioni fossero un vago ricordo.

Pronto, Ivan? Ciao, scusami se ti richiamo.” Ingie tacque, ascoltando disinteressata la conversazione, mentre il suo sguardo vagava in direzione opposta del ragazzo e la sigaretta si consumava fra le sue dita rilassate. “Ascolta, tu prima mi hai detto che non hai più dipendenti, giusto?” L'orecchio della mora si tese appena, ma lei non si smosse di un millimetro, continuando ad osservare gli alberi attorno a lei. “Beh, te ne ho trovata una.” A quel punto, non poté far finta di nulla e voltò il viso verso di lui, con la fronte aggrottata. Lui nemmeno la guardava ed aveva un'espressione mista fra il serio e il soddisfatto. “No, non sto scherzando. Qui ho conosciuto una ragazza che cerca disperatamente un lavoro. È una in gamba, te lo garantisco. Ha una buona parlantina e penso che trattare con i clienti, per lei, sia un gioco da ragazzi.” Gli occhi di Ingie si sgranarono. Possibile che lo stesse facendo sul serio? “Quanti anni hai?” le chiese all'improvviso.

Venti.” rispose lei come un automa. Il fatto era che non le sembrava possibile ciò che forse stava accadendo.

Venti.” ripeté Bill al telefono. “Okay, perfetto, glielo dico. Grazie mille, amico. Ci vediamo.” Riattaccò. Si voltò verso di lei e sorrise. “Cominci dopodomani.” Gli occhi di Ingie si sgranarono sempre di più. Non ci poteva credere, dopo tanta fatica, finalmente qualcosa di buono era arrivato, ed in pochi secondi. Era come se qualcuno dall'alto, e sapeva perfettamente chi, avesse deciso di aiutarla. Un gran magone le si formò in gola; quasi faticava a respirare. Ma era forte e non avrebbe pianto di nuovo. “È un amico mio e di Tom, si chiama Ivan ed ha un negozio d'abbigliamento a Berlino. Tom va sempre lì a comprare.”

A Berlino?” domandò appena la mora.

Sì. Ti diamo uno strappo noi, domani. Tanto noi torneremo lì per riprendere a lavorare allo studio. Per un po', con i concerti, abbiamo finito. E per quanto riguarda la casa, non ti devi preoccupare: nel frattempo chiederò a David, il nostro manager, di ospitarti nel nostro studio, almeno fino a quando non avrai una casa tutta tua.”

Il tutto stava divenendo assurdo. Ingie era sempre più incredula. Non avrebbe mai e poi mai creduto che una star mondiale avesse così tanto cuore. Forse aveva sempre raggruppato quella gente in un unico calderone, riportante l'etichetta 'Egoisti, insensibili e viziati'.

Perché? Perché tutto questo? Nemmeno mi conosci.” le venne spontaneo chiedere.

Te l'ho detto, mi ispiri fiducia. Vado molto a pelle e sono molto preciso in queste cose. Mi sembri una ragazza semplice e genuina. Inoltre ho un cuore e penso che nessuno avrebbe lasciato una ragazza di vent'anni sotto un ponte senza avere un minimo di rimorso di coscienza.”

Io non voglio disturbare.”

Non disturbi. Abbiamo uno studio di registrazione enorme e c'è abbastanza posto per una squadra di calcio. Allora?”

Ingie non poté fare altro che annuire appena.

Grazie.” mormorò. Si sentiva in difficoltà; non era abituata ad esternare ciò che provava. “Scusa, non so che dire.” aggiunse.

Dì che stasera verrai al nostro concerto.” sorrise Bill.



***





Come diavolo era finita lì?

Era inaccettabile, assurdo, contro ogni principio di buon senso accettare la richiesta del vocalist. Per natura, non era una ragazza molto accondiscendente ed odiava dover assecondare le persone, solo per fare loro un favore. In quel caso però si era vista costretta a farlo; d'altronde Bill le aveva tecnicamente salvato la vita ed in qualche modo avrebbe dovuto sdebitarsi. E se per farlo avrebbe dovuto partecipare ad un chiassoso concerto, in mezzo ad altrettante chiassose fans, l'avrebbe fatto.

Era seduta sugli spalti, a braccia conserte e con le gambe accavallate mentre invece le ragazze che le stavano attorno saltavano in piedi già prima dell'inizio del concerto, sfoggiando le loro voci melodiche.

Aveva già mal di testa.

Sbuffò appena, guardandosi attorno, mentre faceva dondolare con noncuranza il piede della gamba accavallata, chiedendosi quando quel tormento avesse avuto inizio. Prima avrebbe affrontato quella seccatura e prima avrebbe potuto rannicchiarsi sotto il tepore delle lenzuola dell'albergo. Per lo meno era riuscita a convincere Bill a non obbligarla a partecipare anche al Backstage; sarebbe stato altamente traumatico, altrimenti.

I Tokio Hotel erano in ritardo di ben quarantacinque minuti. Poteva benissimo essere una loro tattica per destare attesa ed impazienza nelle loro fans, ma per Ingie rappresentava una seccatura ancora più seccante.

How boring, continuava a ripetersi nella testa.

Ma finalmente le luci si spensero. Finalmente era uno modo di dire, dato che le ragazze che la circondavano presero a strillare come in preda a convulsioni, facendole aumentare drasticamente il mal di testa.

What the fuck!

Per il suo compleanno si sarebbe fatta regalare da qualcuno un paio di timpani nuovi e sapeva già a chi sarebbe toccata tale azione di carità.

I quattro componenti della band fecero il loro nobile ingresso, degno di vere rockstar, sul palco, dove presero ben presto posizione. Non ci volle molto per capire che i prediletti erano i gemelli Kaulitz, cosa che Ingie non riusciva a comprendere. Georg e il batterista sembravano i più normali – se mai fosse esistito un personaggio normale in quel gruppo – ed erano quelli che, anche se silenziosi, le infondevano più simpatia. Invece le ragazzine urlanti, soprattutto al di sotto del palco sembravano più intenzionate a spingersi verso sinistra, in direzione del chitarrista, o verso il centro, in direzione del vocalist.

Ora che vi rifletteva, il batterista, di cui ancora non sapeva il nome, era l'unico della band che non aveva conosciuto.

Per fortuna, pensò, se tutti sono come i Kaulitz.

Mano a mano che i ragazzi proseguivano con le canzoni, forse, le donzelle sedute attorno a lei cominciavano a placarsi appena, anche se non del tutto. Si chiese da dove riuscissero a trarre così tanta energia e così tanta voglia di urlare. Doveva ammettere che i Tokio Hotel erano bravi e professionali – ammissione che le costò fatica fare anche solo a se stessa – nonostante non ricreassero esattamente il suo genere musicale; eppure non riusciva a concepire l'idea di dover strillare dall'inizio alla fine di un concerto, senza capire principalmente nulla.

Come sprecare soldi, formulò scettica la sua mente.

Un suono dolce, pareva di un pianoforte, catturò all'improvviso la sua attenzione, portandola a puntare il proprio sguardo accigliato verso il palco con maggiore intensità. Era una melodia completamente differente da ciò che aveva potuto udire in precedenza. Era una melodia malinconica, che infondeva una punta di tristezza, un qualcosa che solo poche canzoni le trasmettevano. Non poteva credere che quella musica fosse sul serio opera loro; così differente da ciò che aveva ascoltato fino a quel momento. Ma la cosa che più la lasciò sbalordita fu che quella composizione così dolce, delicata e profonda era creata proprio dall'ultima persona che si sarebbe mai aspettata di vedere seduta davanti ad un pianoforte, rilasciante guizzanti fiammelle che andavano a definire al meglio l'atmosfera: Tom Kaulitz.

Gli occhi chiusi, la testa che si muoveva appena a ritmo delle note che le sue dita andavano a comporre, sfiorando con immensa delicatezza ed immenso riguardo i tasti bianchi e neri, come fossero un qualcosa di fragile. Il ragazzo sembrava immerso in un suo intimo mondo, dove quel concerto non esisteva, così come la gente attorno a lui, e Ingie non poté fare a meno di rimanerne sorpresa.

Pensò che avrebbe impiegato giorni per riprendersi da quello shock.





***





Non aveva mai apprezzato la morbidezza di un bel letto comodo e caldo come quella sera. La sua schiena aveva finalmente potuto dare vita ai cori dell'Alleluia, non appena aveva toccato il materasso, e le dita dei suoi piedi compivano movimenti minuscoli ma ripetitivi, ringraziando probabilmente il cielo di non dover essere più costrette in quelle scomode e dolorose scarpe da ginnastica.

Il concerto era durato un'ora e mezza, ma a Ingie sembrò passata un'eternità.

Mai più concerti, si era ripetuta più volte, calcando particolarmente quel mai. Aveva accontentato la richiesta di Bill, giusto per sdebitarsi, nonostante non sembrasse ancora abbastanza, e per il momento aveva concluso con tali follie; ora voleva solo riuscire a dormire un po'.

Non aveva avuto nemmeno la forza di togliersi quel lieve tocco di mascara che si era data prima di uscire, giusto per non sembrare totalmente un'evasa, nonostante i fatti reali fossero un po' quelli. La spossatezza l'aveva sopraffatta.

Improvvisamente però, un lieve bussare alla porta mandò a monte il suo tentativo di assopirsi.

Rifletté qualche istante se compiere l'indecente atto di alzarsi dal letto ed aprire la porta o far finta di non aver sentito nulla e richiudere gli occhi. La seconda opzione era decisamente più allettante, ma la coscienza le diceva di optare per la prima. Con un gran sospiro, cacciò con le gambe il piumino, che andò ad arrotolarsi in fondo al letto, e camminò con passo strascicato verso la porta.

Chi è?” domandò prima.

L'uomo dei tuoi sogni.”

A Ingie non occorsero infiniti minuti per capire che dietro lo spesso legno color crema attendeva Tom Kaulitz. La cosa non la sorprese, poiché era sempre lui l'artefice di ogni suo fastidio, ed il suo pisolino non poteva di certo essere interrotto da qualcuno che non fosse lui.

Mi spiace, ha sbagliato porta, non lo aspettavo.” commentò ironicamente, nascosta a braccia conserte, sperando che il ragazzo capisse l'antifona.

Allora sono solo un'affascinante chitarrista che potrebbe cambiarti la vita.”

Oh, questo è sicuro.” Aprì la porta. “Ma in peggio.” sorrise sarcastica, guardandolo negli occhi. Tom fece schioccare la lingua sul palato.

Ritieniti privilegiata, di Tom Kaulitz ce n'è solo uno.” le sorrise con malizia, prima di entrare in camera sua, senza nemmeno chiedere il permesso.

Per fortuna.” ribatté Ingie, mentre richiudeva la porta e si voltava in direzione del ragazzo, che si era già seduto in fondo al letto. “Prego, accomodati.” commentò scettica, prendendo posto sulla sedia, di fronte a lui. “Che vuoi?”

Ho saputo che vivrai con noi.”

Non vivrò con voi. Mi darete semplicemente asilo per un breve periodo.”

Sì, beh, è uguale.”

No, it isn't.”

Comunque so anche che lavorerai con Ivan.”

Così pare.”

Siamo molto amici ed io vado a comprare sempre da lui.”

L'espressione di Ingie mutò immediatamente. Quando Bill le aveva comunicato quel piccolo e rilevante particolare non vi aveva fatto caso più di tanto, ma ora che aveva Tom di fronte e poteva constatare con i propri occhi quale fosse il suo tipo di vestiario, il panico imperversò.

Quindi è... Un negozio di... Hip-hop?” scandì con lentezza, timorosa della sua risposta, nonostante la sua fosse una domanda retorica. Poteva ben capire che si trattava proprio di quello stile.

Già, voi ragazze non siete molto interessate a questi capi, ma ti assicuro che sono molto comodi.” Le nocche di Ingie avevano preso un colore biancastro, vista l'incessante forza con cui stava stringendo i pugni sulle proprie cosce. Si schiarì appena la voce e rispose con un semplice 'immagino'. “Allora, come ti è sembrato il concerto?” le domandò all'improvviso il chitarrista, scrutandola con attenzione e con una sfumatura speranzosa nelle pagliuzze color nocciola.

Ingie fece una smorfia, scrollando le spalle.

Rumoroso.” rispose secca.

Rumoroso?” sollevò un sopracciglio il ragazzo, con espressione divertita.

Rumoroso.” confermò Ingie.

Rumoroso e nient'altro?”

Chiassoso.”

Un aggettivo che non sia un sinonimo di 'rumoroso'?”

Ingie si prese qualche secondo per pensare.

Un toccasana per il mal di schiena.” Tom sorrise appena, scettico, inclinando leggermente la testa verso destra, mentre i suoi occhi la scrutavano con eloquenza. “Però siete bravi.” decise quindi di accontentarlo. “Ma, con questo non voglio assolutamente dire che mi piacete.” si affrettò a chiarire.

Donna orgogliosa.” commentò il moro, compiaciuto.

No, donna molto stanca e desiderosa di andare a dormire.”

È solo l'una.”

Per te sarà solo l'una, ma io ho sonno e gradirei che mi lasciassi riposare.”

Sei sempre così diligente?”

Non è essere diligenti, è voler dormire e mettere a tacere i lamenti di una povera schiena in preda ad una crisi di identità.”

Posso farti un massaggio, se vuoi.”

Get out of here, right now.” Tom si lasciò andare ad una lieve risata e poi decise di obbedirle. Si alzò dal letto con estrema lentezza e si stiracchiò appena, continuando ad osservarla di sottecchi e con un'aria maliziosa che non piacque per niente ad Ingie. “What?” domandò quest'ultima, con sospetto.

Potrei dormire qui con te, giusto per abituarci all'idea, prima del trasferimento ufficiale.” sussurrò furbescamente.

Buona notte, Pigtail.” borbottò quindi lei, posando le mani sulla sua schiena, per spingerlo fuori dalla stanza, sotto le sue risate.





***





Che c'è? Stanotte in bianco?” sorrise Gustav, percorrendo il lungo corridoio, sul quale il chitarrista camminava silenzioso, dopo esser stato sbattuto fuori dalla stanza di Ingie. Quella ragazza aveva polso duro; gli sarebbe piaciuto un sacco stuzzicarla.

Ti piacerebbe.” rispose con malizia. “Notte, GusGus.”

Aprì la porta della propria camera e sorrise nel momento in cui i suoi occhi poterono posarsi su un paio di gambe lunghe e snelle, dall'abbronzatura piuttosto pronunciata: una succulenta brasiliana, dal nome ignoto, a sua unica disposizione, già distesa sul letto; non avrebbe potuto trascorrere nottata migliore, dopo la stanchezza post-concerto.

Ti aspettavo.” sussurrò suadente la mulatta, mentre si attorcigliava una ciocca di capelli castani al dito.

Tom non rispose. Si limitò a slacciarsi la camicia.





***





Sbuffò seccata.

Di lì a poco quella tortura avrebbe avuto una fine, ne era certa.

Si voltò sul fianco destro.

D'altronde, non sarebbe durata per delle ore; era tecnicamente impossibile.

Tornò sul fianco sinistro.

Eppure, ascoltava ormai da un'ora e quarantacinque minuti.

Sbatté con violenza entrambe le mani sul materasso e, con un gran sospiro, si mise in piedi, dopo aver scacciato con rabbia il caldo piumino che le proteggeva il corpo intorpidito. Pochi passi ed era sicura che l'avrebbe raggiunto, a constatare dai rumori. Spalancò la porta della propria stanza e con passo pesante ed espressione furibonda, si incamminò velocemente e con decisione verso la fonte del suo perenne malessere.

Immediatamente le sue nocche planarono con violenza su quella dannata porta color panna che nascondeva la sua prossima vittima. Se c'era una cosa che non poteva sopportare era essere disturbata nel sonno o che la gente non le permettesse di addormentarsi.

L'inquilino della stanza impiegò qualche istante di troppo nell'aprirle ed il motivo le fu perfettamente chiaro nel momento in cui Tom le apparve finalmente di fronte: si era degnato di indossare un paio di boxer.

Ehm, che cosa c'è? Sono un tantino occupato.” commentò il chitarrista piuttosto a disagio, con la pelle umida di sudore, ma cercando comunque di mantenere un tono pacato e cordiale. Ingie non fu dello stesso avviso.

Sì, ho notato, a costatare dal casino che state facendo.” sbottò ancora insonnolita, infreddolita e scossa da continue scariche elettriche di nervosismo. “Ti avverto, Pigtail, se sento ancora un solo rumore, un solo gemito, una semplice lettera dell'alfabeto, io ti uccido. O meglio, te lo taglio, così sarò sicura di non sentire più nulla.” lo minacciò con un dito puntato sul suo viso, a pochi millimetri dal naso. “E dì alla tua amica di infilarsi una calza in bocca, così fa un po' di silenzio: sai, c'è gente che gradirebbe dormire. Buona notte.”

Detto questo, girò sui propri tacchi – o meglio pantofole – con aria altezzosa e ripercorse i metri di parquet quasi crepato dai suoi stessi piedi, qualche minuto prima.

Tom si limitò ad osservarla sbigottito.





***





Per l'ennesima volta, la segreteria telefonica gli annunciò che era di nuovo irraggiungibile.

Si portò le mani al viso, in segno di disperazione.

Dove ti sei cacciata?

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Capitolo 5
*** Four - It's all because of him! ***


4


Four
It's all because of him!





Quando scorse le occhiaie profonde e chilometriche sotto i suoi occhi, cercò di non imprecare. Non che fosse una questione di vita o di morte, ma si sentì sempre più ispirata nel progettare l'imminente omicidio del chitarrista. Si sistemò come meglio poté viso e capelli, non per chissà quale smania di apparire perfetta, ma solo per non recare danni alla salute di chi la circondava.

La sua valigia era pronta – non era mai stata disfatta – e sapeva che i ragazzi l'attendevano per la colazione, sebbene avesse lo stomaco chiuso.

Scese le scale, accompagnata da un gran sospiro, e giunse a destinazione, dove localizzò i diretti interessati, già seduti al tavolo ed intenti a chiacchierare con quello che doveva essere il loro manager.

Oh, buongiorno, Ingie!” la salutò Bill sorridente, non appena la vide fare il suo ingresso in sala.

Morning.” borbottò lei, fermandosi alle spalle di Georg, a braccia conserte.

Vieni a sederti qui in mezzo!” le disse ancora il vocalist, fin troppo entusiasta per i suoi gusti, mentre sbatteva ripetutamente una mano sulla sedia posizionata fra lui e suo fratello.

Oh, perfetto, in mezzo ai Kaulitz, pensò scettica, prima di avvicinarsi a loro e fare come le aveva chiesto.

Buongiorno.” commentò il chitarrista a bassa voce, con un mezzo sorrisetto a sostargli in viso. “Dormito bene, poi?” le domandò senza abbandonare il suo sorriso che avrebbe ben presto fatto perdere la pazienza alla ragazza.

Sparati.” fu l'affettuosa risposta di Ingie, seguendo il suo esempio, e quindi senza degnarlo di uno sguardo.

Durante la notte insonne aveva deciso di non buttare totalmente all'aria quegli interminabili istanti e si era chiesta più volte quale divinità avrebbe dovuto invocare durante la sua permanenza allo studio di registrazione della band, con un soggetto come Tom Kaulitz perennemente nei paraggi. In poche ore aveva già dato il meglio di sé e non si era presentato nel più eccellente dei modi; come sarebbe stato viverlo per settimane? Avrebbe avuto bisogno di una lavanda gastrica solamente al termine della prima.

Io sono David Jost, il manager di questi quattro squinternati.” si presentò all'improvviso l'uomo sulla trentina con cui i ragazzi stavano parlando prima del suo arrivo, porgendole nel frattempo la mano.

Oh bene, qualcuno la pensava come lei.

Ingie C...” si accorse in tempo di ciò che stava per pronunciare e rimediò. “Ingie.” tagliò corto, mentre ricambiava la sua stretta. Non voleva far sapere in giro il suo cognome, solo per evitare piccoli inconvenienti; avrebbe fatto meglio a tacere, almeno per un po'.

Bene, Ingie, armati di tanta pazienza perché vivere assieme a loro non è facile.” le sorrise amabilmente David.

Voleva essere un incoraggiamento?

Lo temevo, sì.”





***





Aveva infilato la sua unica valigia nel furgone ed aveva atteso che anche il resto del gruppo facesse la stessa cosa.

Da una parte, era grata a Bill per ciò che aveva fatto per lei senza esitazione, mettendo per un attimo a tacere tutti i pregiudizi della gente riguardo l'egoismo e la superficialità che macchiavano ripetutamente la figura dei personaggi famosi. Dall'altra però sentiva dentro di sé una grande ansia. L'ansia dell'inizio di una nuova vita; l'ansia di sbagliare ancora e ancora. Per natura, era una ragazza forte, ma ultimamente sentiva che questa sua forza iniziava a vacillare e la cosa le faceva tanta paura. Aveva come l'impressione di non riuscire a reggere a lungo, se qualcuno non l'avesse immediatamente salvata dal buco nero entro il quale stava lentamente cadendo, solo per causa sua.

Bill aveva rappresentato un'ancora di salvezza, almeno per il momento.

Possiamo andare.” annunciò David, prendendo posto sul sedile accanto all'autista, mentre i Tokio Hotel, assieme ad Ingie, salirono sul retro, dove vi era abbastanza spazio per tutti quanti.

La mora gettò immediatamente lo sguardo oltre il finestrino, per fare intendere a chiunque provasse a rivolgerle parola di voler essere lasciata in pace. Doveva riflettere. Erano tante le cose su cui avrebbe dovuto riflettere; così tante che nemmeno sapeva da dove cominciare. Una piccolissima parte del suo cervello le suggeriva che stava commettendo un grosso errore e che avrebbe dovuto riprendere il primo aereo disponibile per New York. Ma non aveva il coraggio di tornare alla sua vita precedente. Non aveva il coraggio di rivedere persone e luoghi che le avrebbero trasmesso solo malinconia e dolore. Aveva voglia di riprendere in mano la sua vita, seppur difficilmente, e cercare di dimenticare il passato.

Certo, quell'ultima prospettiva pareva impossibile.

Comunque, piacere, io sono Gustav.” Una voce accanto a lei la risvegliò bruscamente dai suoi pensieri contorti. Quando voltò lo sguardo, notò il batterista dal viso angelico sorriderle timidamente. “Siamo stati talmente presi dai preparativi che non ci siamo nemmeno presentati.” commentò divertito.

Ingie gli strinse la mano che le stava gentilmente porgendo.

Piacere mio, Ingie.”

Sono contento che per un po' verrai a stare da noi. È come una ventata d'aria fresca. Vivere con questi qui non è facile.” le sorrise.

Ti sento.” fu il borbottio di Tom, stravaccato di fronte ad Ingie, a braccia conserte e con gli occhiali da sole sul viso, intenzionato a dormire un po'.

Perché non ascolti anche tu l'i-pod come tuo fratello?” domandò il batterista.

Perché devo controllare che tu non le racconti stronzate. Le farei una brutta impressione, altrimenti.”

Guarda che tu mi fai già una brutta impressione.” precisò Ingie, terribilmente sarcastica.

Tom si calò gli occhiali da sole sulla punta del naso e la osservò al di sopra di essi, con le sopracciglia inarcate in un'espressione scettica.

Ti farò ricredere, allora.” sorrise malizioso.

Potresti iniziare rimettendoti a dormire, per esempio.” commentò amabile la mora.

Solo perché sono particolarmente stanco.” la accontentò, rimettendosi a posto gli occhiali e tornando poi ad incrociare le braccia al petto.

Se avessi evitato di farti tutto il personale dell'albergo...” commentò Gustav, con ironia.

Il chitarrista, per tutta risposta, sollevò il dito medio.





***





Non credeva ai suoi occhi. Raramente le era capitato di assistere a qualcosa di tanto meraviglioso.

Di fronte a lei, un'enorme villa gialla occupava la sua visuale ed attorno non vi era altro che verde. Alberi imponenti, vastissimi giardini ed una tranquillità di cui raramente lei stessa aveva potuto godere. Aveva immaginato più volte l'abitazione dei ragazzi come un luogo sicuro, certamente lontano da sguardi indiscreti, ma non sperduto dal mondo.

Lì non vi era anima viva.

Probabilmente le avrebbe fatto solo bene; aveva bisogno di estraniarsi per un po' dalla confusione, di rimettere in sesto alcune cose, di prendersi del tempo per se stessa e di certo vi sarebbe riuscita solamente immersa nella totale quiete.

Percorse il vialetto con la valigia in mano e seguì i ragazzi fino alla porta. Quando questa venne aperta e lei poté finalmente fare il proprio ingresso, restò senza parole. Aveva intuito dall'esterno la grandezza di quello studio, ma aveva evidentemente commesso qualche piccolo errore. L'enorme salone che le si prospettava di fronte era solo un minuscolo dettaglio. Esso era di proporzioni quasi esagerate, circondato da pareti color arancio, che trasmettevano una piacevole sensazione di calore. Il camino, che occupava la parete centrale, era spento e aveva di fronte a sé un divano color panna, munito di chaise longue, a sua volta affiancato da un altro a tre posti sulla sinistra e da una poltrona sulla destra. Un tavolino di vetro fra loro, a completare l'arredo. Ingie spostò lo sguardo verso sinistra e notò l'entrata alla cucina, anch'essa di dimensioni – a sua veduta – cosmiche.

Ti piace?” le domandò un Bill piuttosto sorridente. Evidentemente stava imparando a decifrare le espressioni del suo volto, cosa che quasi nessuno sapeva fare.

Mi piace sminuirebbe tutto.” rispose, sincera.

Fatele fare un giro dello studio, per favore. Comportatevi da gentiluomini.” intervenne David, impegnato ad accendere il riscaldamento, aprire le persiane, e portare a termine ogni singolo rituale necessario durante il ritorno in una casa, fino ad allora vuota.

Vieni.” le sorrise Gustav, cominciando a camminare in direzione della cucina. Questa era di colore giallo tenue, dall'arredamento moderno e molto spaziosa. Ingie aveva sempre adorato le grandi cucine e fino a poco tempo prima le piaceva sperimentare nuovi piatti. Spesso si chiudeva lì dentro, vietando a chiunque vi provasse di entrare, ed utilizzava ogni singolo angolo della stanza, mettendo a dura prova le sue doti culinarie. Gustav le mostrò tutto: la lavanderia, il bagno, la camera da letto di David, la saletta di registrazione e quella riservata al tecnico del suono. Quando cominciarono a salire le scale per raggiungere il piano superiore, si chiese cos'altro vi avrebbe trovato. “Qui ci sono le nostre camere da letto.” le spiegò il batterista con un sorriso, non appena giunsero a destinazione. “E questa è la tua.” Quando aprì la porta, Ingie la osservò da cima a fondo. Le pareti erano di colore lilla, un colore che riusciva a rilassarla. Il letto matrimoniale era posizionato al centro della stanza, alla sua sinistra una scrivania color panna e alla sua destra un enorme armadio, marrone scuro. La porta finestra alle spalle del letto, dava sul balconcino, che a sua volta si affacciava sul vasto giardino dello studio. “Ti piace?” le domandò il ragazzo.

Sì.” annuì. “Grazie.” aggiunse, senza sapere come esprimersi.

Ti lascio sola, allora. Così sistemi la tua roba.”

Grazie.”

A dopo.”

Detto questo, Gustav chiuse la porta e la stanza cadde nel silenzio più totale.

Si guardò attorno qualche minuto, prima di aprire il suo borsone. Pareva non si fosse ancora resa conto di quello che stava accadendo nella sua vita. Si era gettata in una nuova dimensione senza pensarvi due volte di più; chiunque l'avrebbe considerata folle, perché non vi era altra spiegazione: solo qualcuno di veramente folle avrebbe fatto una cosa del genere. Doveva ammettere però che aveva avuto anche infinito coraggio – che poteva venir considerato invece come semplice codardia, da certi punti di vista – nell'abbandonare la sua vita, chiunque la circondasse e sparire senza lasciare sue notizie.

Si portò una mano al petto e percepì il suo cuore spingere violentemente e ripetutamente contro la gabbia toracica, come volesse uscire da lì ed urlare tutto il proprio disappunto.

Si sedette a terra, accanto all'armadio ed aprì la cerniera del suo borsone. Non aveva nemmeno avuto il tempo di controllare cosa si fosse portata dietro da New York e l'idea di ritrovare ricordi dolorosi le metteva addosso solamente una grande ansia. Prese a smistare i suoi vestiti, cercando di scacciare dalla mente i brutti pensieri.

Doveva semplicemente guardare avanti. La sua nuova vita le sarebbe piaciuta.

Ma quando le giunse alle mani una fotografia, scoppiò in un pianto disperato, dimenticandosi di quell'ultimo suo pensiero.





***





Oh, eccoti qui, giusto in tempo per la cena.” sorrise Georg non appena scorse Ingie scendere le scale. Si era rifugiata in bagno ed aveva lavato via dal viso ogni singola presenza di rossore post-pianto. Odiava quando la gente le faceva domande del tipo, che hai? Va tutto bene?

Nulla andava bene se lei piangeva, quindi, perché chiederlo?

Oh, bene, io e Tom abbiamo cucinato una nostra specialità!” esclamò Bill, che era appena uscito dalla cucina, mentre batteva entusiasta le mani. Ingie sgranò gli occhi e si voltò immediatamente in direzione del bassista, come per farsi assicurare che ciò che aveva sentito non era vero. Quest'ultimo chiuse gli occhi e sollevò le spalle, in segno di resa.

Bene, come inizio non è male.” borbottò Ingie, una volta fatto il proprio ingresso in cucina, dove tutti si preparavano a sedersi a tavola. “Pigtail, prega di aver cucinato qualcosa di commestibile o la mia ira ti perseguiterà.” lo minacciò. Tom le dava le spalle, intento a condire la pasta di un colore rosso piuttosto intenso ed inquietante.

Poté udire forte e chiaro il ghigno del ragazzo.

La violenza mi eccita.” sorrise, una volta che si fu voltato in direzione del tavolo, con la pentola fra le mani.

Tu sei anche perverso, lo sai, vero?” domandò la mora, con un filo di seria preoccupazione nel tono.

Tom la ignorò divertito e prese a servire ogni singolo piatto, partendo proprio da lei.

Prima le signore.” canzonò, mentre le versava la pasta. Ingie era perplessa: non aveva mai visto una salsa o un sugo di quel colore. Cosa diavolo avevano cucinato? “Invece di fare quella faccia sospettosa e schifata, assaggia.” sorrise il chitarrista, dopo aver servito tutti quanti ed essersi seduto al proprio posto, a capotavola.

Ma David non mangia?” domandò improvvisamente Georg, che aveva già infilato la forchetta tra le penne.

Dice che ha mal di schiena. La vecchiaia si fa sempre più vicina.” rispose Bill, con un'allegra soddisfazione nello sguardo.

Ce ne ricorderemo quando avrai sessantanni, Bill.” lo stuzzicò Gustav, con la bocca piena.

Ingie rigirava da qualche secondo la forchetta nel piatto, ma ancora non aveva avuto il coraggio di sperimentare la cucina dei gemelli Kaulitz. Per venire su a quella maniera nel corso degli anni, si dovevano essere per forza nutriti in modo del tutto ambiguo, non poteva esservi altra spiegazione.

Si fece coraggio e si portò il primo boccone alle labbra. Sentiva gli occhi di tutti puntati addosso alla sua figura, impazienti di conoscere il responso, ma lei era troppo concentrata per capire cosa fosse quella strana salsa rossa.

Allora?” le domandò impaziente Tom.

Commestibile.” lo stuzzicò una volta ingoiato il tutto. “Non riesco solo a capire che cosa sia questa salsa. Ha uno strano retrogusto.” aggiunse, prima di portarsi il bicchiere d'acqua alla bocca.

Ketchup.” sorrise fiero il chitarrista.

Ingie sgranò gli occhi e tirò indietro il fiato talmente in fretta che le andò di traverso l'acqua. Tossì fino a divenire bordeaux in faccia, mentre Gustav, seduto accanto a lei, le dava delle leggere pacche sulla schiena e Georg le riempiva ulteriormente il bicchiere d'acqua.

Ketchup. Ketchup! Fra tutti gli ingredienti esistenti sulla Terra, non poteva credere che sarebbe andato a scegliere proprio quello. La fortuna ultimamente le era decisamente avversa.

Io sono intollerante al Ketchup.” mormorò, come uscisse dall'oltretomba, fulminando con sguardo tetro il chitarrista. Quest'ultimo sgranò gli occhi.

Cosa intendi per intollerante?” domandò sospettoso.

Che potrei avere qualche piccolo problema a dormire, questa notte, brutto cretino.”

Perché mi offendi? Non potevo saperlo!”

Perché quando mi irrito, stranamente, ci sei sempre tu di mezzo!”

Sei prevenuta!”

No, realista!”

Acida e presuntuosa!”

Senti da che pulpito!”

Prevedo cose interessanti.” commentò Gustav con un sorrisetto ad increspargli le labbra.





***





Come previsto, non riusciva nuovamente a chiudere occhio. E nuovamente per colpa di Tom.

Tom and his fucking Ketchup.

Stava divenendo una legge fisica: i suoi guai erano direttamente proporzionali all'onnipresenza del chitarrista. Per qualche strana ragione, Tom non aveva fatto altro che darle noia in pochissimi giorni, pur senza intenzione. A volte si chiedeva se mai sarebbe riuscita a porre da parte l'astio con cui gli si rivolgeva. Non che le importasse più di tanto di instaurare un qualche legame con lui; a dire il vero, avrebbe preferito tenersene alla larga per una serie di motivi più che validi, ma la cosa – anche se allettante – era palesemente impossibile, considerato il fatto che sarebbero stati soggetti ad una convivenza forzata. Che fosse per poco tempo o per l'eternità non poteva dirlo; sperava solo di riprendersi la propria autonomia il più presto possibile. Odiava dipendere dalle persone, la faceva sentire più piccola di quel che era. Ma soprattutto odiava rappresentare un peso. Lei amava la sua indipendenza, la sua autonomia; non poteva accettare di creare disagio ad altra gente.

Con un sospiro, decise che non vi era più speranza di potersi appisolare, così si sedette sul morbido materasso, giusto il tempo di incalzare le sue pantofole, e si alzò dal letto per dirigersi verso la portafinestra. Non dimenticò di certo il pacchetto di sigarette sul comodino e, dopo aver preso posto sulla poltroncina in vimini, solitaria sul balconcino, lasciò che i suoi polmoni si riempissero di nicotina ed aria fredda.

Il fumo uccide.

Lo scrivevano ovunque, ma nessuno lo leggeva sul serio. Si era ritrovata a pensare che il mondo fosse un grande suicida. Perché l'essere umano, compresa lei, era così sicuro di sé, così superficiale e menefreghista da ignorare una pubblicità simile, a discapito di se stesso? Se l'era sempre chiesto, rigirando fra le proprie dita il pacchetto di Marlboro. Giunta a quel punto della sua vita, non le importava nemmeno se quella scritta avesse presto assunto concretezza. Si sentiva talmente vuota, talmente immune ad ulteriori dolori, se non lo stesso che albergava nel suo cuore da giorni, che non le importava nemmeno di danneggiarsi.

Una sigaretta in più, una in meno, che sarà mai? Si diceva sempre.

Represse una smorfia di disgusto, non appena percepì un altro conato salirle in gola.

Concentrati, si ripeteva.

Ormai era tutta la notte che andava avanti quella tortura. Non si sapeva spiegare come fosse possibile essere intollerante al Ketchup. Solitamente non aveva problemi a mangiare il pomodoro e se la sua memoria non la ingannava, poteva con certezza affermare che il Ketchup fosse fatto proprio di quello.

Gli strani casi della vita.

Tirò nuovamente dalla sua sigaretta, quasi conclusa.

Di lì a poche ore l'attendeva il fatidico colloquio di lavoro con il presunto Ivan.

Era stranamente agitata. Aveva paura di non essere all'altezza, aveva paura di commettere degli errori, di non sapere più come funzionasse quel tipo di ambiente, da lei reputato più usuale. Negli ultimi anni si era dedicata totalmente ad altro, nonostante avesse già avuto esperienza con negozi, bar, e postazioni simili. Forse aveva paura di tornare alla normalità.

Era sempre stata una ragazza particolare, una ragazza che di consuetudine non voleva sentire nemmeno l'odore. Aveva sempre strafatto nella sua vita, si era presa le sue soddisfazioni e poteva dire di essere stata per lo meno serena. Gli ultimi avvenimenti erano stati un fulmine a ciel sereno. Tutte le sue sicurezze vacillavano o forse si erano già sgretolate. I suoi sogni, ancora irrealizzati, nemmeno li ricordava più e l'orgoglio che bruciava nel suo sguardo aveva ceduto il posto a semplice apatia.

Si strinse nelle spalle, piuttosto infreddolita, ma non tornò in stanza. Le piaceva sedere su quel balconcino, a notte fonda, accarezzata quasi con violenza dalla brezza gelida notturna. Non le importava nemmeno se si fosse presa un raffreddore; in ogni caso nessuno le avrebbe impedito di uscire e andare a lavorare.

In lontananza poteva scorgere i primi raggi del sole sbucare da dietro gli alberi, segno che la mattina stava ormai giungendo e che lei avrebbe dovuto prepararsi per il colloquio. Chiuse gli occhi e sorrise appena, nel percepire quel potente ammasso di fuoco illuminarle il viso. Un calore che le mancava, di cui necessitava ma che non accennava a scaldarle il cuore.

Spense la sigaretta nel posacenere che aveva trovato sul tavolino affianco alla poltroncina e tornò in camera, tirando un sospiro di sollievo non appena entrò nuovamente in contatto con il suo caldo tepore. Era giunto il momento di vestirsi.

Non aveva portato un granché in fatto di abbigliamento, ma cercò di accontentarsi di ciò di cui disponeva.

Come avrebbe dovuto vestirsi per un incontro di quel genere? Le pareva tutto troppo nuovo e troppo terrificante.

Dopo aver passato in rassegna ogni singolo capo che aveva posto nell'armadio, alla fine optò per un paio di jeans piuttosto attillati, ed una camicetta bianca. Ai piedi, un semplice paio di scarpe da ginnastica bianche – anche perché era l'unico che possedeva, assieme alle pantofole. Sulle palpebre aveva sfumato un po' di ombretto dalla tonalità marroncina, che a malapena si intravedeva, ed aveva reso più scure le sue ciglia con una lieve passata di mascara.

Era pronta.

Quando aprì la porta della sua stanza, si accorse che alcune luci erano già accese. Probabilmente i ragazzi si erano svegliati. Scese lentamente le scale, reprimendo qualche sbadiglio di tanto in tanto, fino a che non si affacciò in cucina.

Buongiorno, Ingie. Dormito bene?”

David Jost le sorrideva dai fornelli, sui quali si stava scaldando un po' di caffè.

Verità o bugia? Si domandò la ragazza in pochi secondi.

Benissimo, grazie.” sorrise appena, dopo aver optato per la seconda.

Siediti pure, Tom e Bill scenderanno a momenti.”

Ingie aggrottò le sopracciglia.

Come mai loro due?” domandò, mentre faceva come le era stato chiesto.

Perché ti accompagneranno loro da Ivan. È un loro amico e sapranno certamente come parlargli e cosa dirgli.” rispose David, mentre poggiava sul tavolo la caffettiera. “Serviti pure.”

Ingie, senza dire nulla, si versò un po' di caffè nella tazza che aveva recuperato dalla credenza, mischiandolo poi con un goccio di latte.

Non la allettava particolarmente l'idea di essere accompagnata dai gemelli.

Che buon odorino!” sentì improvvisamente una voce maschile provenire dalle scale, fino a che la sua figura non apparve in cucina, facendole calare automaticamente le palpebre. “Ma buongiorno!” le sorrise Tom piuttosto ilare.

Hi.” borbottò Ingie, nascondendo poi il viso dietro la sua tazza. Osservò con la coda dell'occhio il ragazzo che ne recuperava una dalla credenza, mentre dava due pacche sulla testa del manager, per poi tornare sorridente nella sua direzione. “Come fai ad essere così pimpante di mattina?” chiese in tutta sincerità, mentre il chitarrista le si sedeva accanto.

Sono un artista.” rispose semplicemente. Ingie non riuscì ben a comprendere il senso di quella risposta, ma si disse che era stato un Kaulitz a dargliela, quindi non si fece ulteriori domande. “Come hai dormito stanotte?”

La ragazza percepì il proprio sangue gelare ed una gran quantità di nervi a fior di pelle scatenare tutta la loro ira.

Bene.” disse, a denti stretti. Attese solamente il momento opportuno in cui David abbandonò la cucina e finalmente si voltò di scatto verso il chitarrista. “Di merda, brutto stupido!” esclamò con rabbia. Il ragazzo sgranò gli occhi. Probabilmente non si aspettava quel suo improvviso cambiamento di umore. “Grazie alla vostra prelibatezza, ho passato la notte in bianco, a reprimere disgustosi conati di vomito.”

Senti, ti ho già detto che la colpa non è nostra. Non potevamo saperlo! Nessuno è allergico al Ketchup a questo mondo, diamine!” si difese il ragazzo.

Sono le sette di mattina e già litigate?” Bill fece il proprio ingresso in cucina, ancora assonnato, ma con un lieve sorriso a decorargli il viso. “Devo cominciare a sospettare che vi amiate alla follia?”

Io amare questo essere umano? Non diciamo idiozie.” commentò Ingie, quasi schifata.

Io potrei anche amarla, se non fosse per questo suo caratterino irritante.” borbottò Tom, per poi sorseggiare il suo caffè. Ingie roteò gli occhi, decidendo quindi di ignorarlo. Bill nel frattempo le si sedette di fronte.

Pronta per il colloquio?” le sorrise amabilmente.

Bill, così agiteresti anche me.” intervenne nuovamente Tom, mentre intingeva un biscotto nel caffè. Per una volta Ingie si trovò costretta a dargli ragione. Pensiero che, ovviamente, non esternò.

Non deve agitarsi, Ivan è un bravo ragazzo e ha disperatamente bisogno di personale. Questo colloquio sarà solo una formalità.”

Speriamo, si disse Ingie.

Una volta che tutti e tre ebbero terminato la loro colazione, si alzarono da tavola ed indossarono i rispettivi cappotti. Ingie si strinse nelle spalle non appena venne a contatto con il gelo di Berlino. Camminarono lungo il vialetto, fino a che non giunsero di fronte ad una Q7 bianca.

Però, commentò Ingie in silenzio.

Siediti pure davanti, Ingie.” le sorrise Bill, non appena notò che la ragazza stava per aprire la portiera posteriore. Ingie ricambiò il sorriso e si sedette affianco a Tom, come la aveva detto. Quest'ultimo attese che suo fratello chiudesse la portiera e mise in moto, per poi uscire lentamente dalla villa.

Si sorprese della facilità con cui Tom guidava la sua macchina: braccio sinistro poggiato al finestrino, le dita a tenere il volante. Il braccio destro invece era tranquillamente poggiato sulla sua gamba. E solo allora le venne in mente una cosa: le mancava da morire la sua macchina. Era una delle poche cose che era riuscita ad acquistarsi da sola, grazie al denaro guadagnato con fatica. Era stata una delle sue più grandi soddisfazioni ed il fatto di averla lasciata in America un po' le dispiaceva. Prima che fosse riuscita a comprarsene un'altra – se fosse mai successo – sarebbero passati secoli. Si chiese anche come avrebbe viaggiato in quella città ogni giorno. Lo studio di registrazione era talmente sperduto dal mondo che si chiedeva persino se i pullman passassero per quella strada.

Passano dei pullman per la vostra via?” le venne spontaneo chiedere.

Purtroppo no.” rispose Bill. Ingie si sentì decisamente delusa. “Per i primi tempi ti farai accompagnare da qualcuno di noi per andare al lavoro.”

Mi dispiace, non voglio disturbare.” si sentì di dire in tutta sincerità.

Oh, oh, cosa sentono le mie orecchie? Questa è remissività?” la stuzzicò Tom, cominciando a punzecchiarle un dito sul braccio. La stava irritando ai limiti della pazienza.

Se non la smetti, te lo stacco, questo dito.” lo minacciò, osservandolo con la coda dell'occhio e con sguardo di fuoco.

In pochi minuti, finalmente giunsero a destinazione. Per tutto il viaggio non aveva fatto altro che ignorare le provocazioni del chitarrista e le altrettante risate di suo fratello. Sentiva che l'esaurimento nervoso era vicino.

Quando scesero dalla macchina, Ingie si guardò attorno. La città si presentava finalmente davanti ai suoi occhi: era immensa. File di negozi si susseguivano per lunghi metri e la gente entrava ed usciva da essi in gran numero. Tom e Bill si erano coperti il più possibile, probabilmente per passare inosservati in mezzo alla gente. Il vocalist le posò una mano sulla schiena e la invitò a seguirli, fino a che non fronteggiarono un negozio di abbigliamento hip-hop.

È questo, pensò Ingie, osservandolo attentamente con una strana agitazione addosso.

Non appena varcò la soglia e la sua vista venne a contatto con i capi in vendita, trattenne il fiato per un momento.

Ivan?” chiamò Tom, guardandosi attorno, alla ricerca dell'amico. Ingie seguì lo sguardo del chitarrista, finché non intravide un ragazzo biondo camminare nella loro direzione.

Hey!” esclamò il proprietario del negozio, con un grande sorriso in volto, mentre li raggiungeva. “Mi siete mancati.” disse, slanciandosi in direzione di Tom per abbracciarlo con forza. Il chitarrista ricambiò la stretta, sorridendo.

Mi spiace molto per quello che è successo.” ammise.

Ah, non ci badare. Mi riprenderò.” rispose Ivan, per poi salutare anche Bill. “Tu devi essere Ingie.” sorrise poi in direzione della ragazza, alla quale venne spontaneo stringersi nelle spalle.

Sì, piacere.” disse, per poi tendergli la mano che il ragazzo strinse con sicurezza.

Ingie capiva tante cose da una semplice stretta di mano e ciò che aveva momentaneamente dedotto da quella scambiatasi con Ivan fu che il ragazzo doveva essere una persona molto forte, determinata e socievole. Apprezzava la gente di quel tipo.

Hai già avuto esperienza in questo campo?” le domandò gentilmente, senza abbandonare il sorriso che da minuti gli ornava il viso.

Oh, sì. Ho lavorato in molti negozi, bar, gelaterie e cose simili.” annuì Ingie.

Non sei tedesca.” constatò il biondo.

Sono di New York.” confermò lei.

Caspita, bellissima New York. Ci sono stato due anni fa in vacanza. Non volevo più andarmene.”

Infatti io mi chiedo come abbia fatto a trasferirsi in Germania.” intervenne Tom, piuttosto perplesso.

Ti ho detto che ho i miei buonissimi motivi.” ribatté seccata la mora.

Beh, lasciamo perdere. Non riprendete a discutere. Devi sapere, Ivan, che dal primo giorno in cui si sono conosciuti già litigano come si conoscessero da una vita.” prese la parola Bill, cercando di stroncare qualsiasi tipo di discussione dalla nascita.

Beh, sopportare uno come Tom non è sempre facile.” scherzò Ivan, ricevendo in cambio una sberla sul collo da parte del chitarrista, cosa che lo fece ridere ancora di più. “Va bene, mi sembri una sveglia, direi che non ho bisogno di sapere altro, se non vederti direttamente in azione.” si rivolse poi ad Ingie, la quale fremeva dalla voglia di conoscere una risposta concreta.

D'accordo.” annuì.

Allora noi passiamo a prenderti a mezzogiorno.” annunciò Bill soddisfatto del proprio lavoro. Ingie confermò sorridendogli appena e non disse nulla finché i gemelli non abbandonarono il negozio, dopo aver salutato entrambi.

Bene!” esclamò Ivan, osservandola sereno. “Iniziamo!”





***





Il male ai piedi era una sensazione che quasi aveva rimosso dalla memoria. Correre a destra e a manca per soddisfare la clientela era una cosa che non faceva da tempo e riscoprirla quel giorno era stato per lei quasi traumatico. In poche ore era riuscita ad imbattersi in vecchiette con problemi d'udito desiderose di fare un regalo al nipotino senza però capire una parola di ciò che veniva loro detto, donne di mezza età – probabilmente già vittime della menopausa – con gravi problemi di indecisione ed insoddisfazione croniche nello scegliere la giusta maglia per il proprio figlio viziato, uomini sessantenni ancora speranzosi di accaparrarsi l'attenzione di qualche ventenne semplicemente indossando dei jeans col cavallo basso, ragazzini dodicenni già fomentati alla sola vista di una ragazza rigorosamente vestita ed infine bambini strillanti perché troppo affamati.

Il mal di testa che l'aveva successivamente colpita era un insulso dettaglio.

Ivan le era sembrato piuttosto compiaciuto e questo le aveva trasmesso la carica necessaria per giungere illesa – o quasi – all'ora di pranzo.

Te la sei cavata molto bene.” le sorrise il ragazzo, mentre chiudeva la serranda del negozio.

Ho fatto del mio meglio.” scrollò appena le spalle Ingie. “Non ero più abituata a tutto questo via vai di gente.”

Prima cosa facevi?” le domandò interessato Ivan.

Ingie irrigidì la mascella e si morse lievemente il labbro inferiore.

Nulla. Diciamo che giravo molto per l'America. Avevo altre occupazioni.”

Troppo vaga, si disse, ma il biondo non sembrò porvi attenzione. Si limitò a nascondersi le mani in tasca e poggiare un piede al muro, dietro di sé.

Vivevi con l'adrenalina in corpo.”

Già.”

Estrasse una sigaretta dal pacchetto e se l'accese mentre osservava distratta le automobili sfrecciare velocemente lungo la strada di fronte a sé.

Sei una ragazza molto discreta.” rifletté Ivan, scrutandola con un lieve sorriso.

Mi piace la discrezione.” sputò il fumo, senza guardarlo.

Io ti sembro indiscreto?”

No.” si voltò nella sua direzione. “L'indiscrezione è cosa riguardante solo i Kaulitz.”

Il ragazzo si lasciò andare ad una piccola risata.

Sono tipi particolari ma ti assicuro che hanno un cuore grande.”

Ingie rifletté qualche attimo e poi annuì.

Beh, che rimanga tra noi, l'ho potuto constatare quando hanno deciso di aiutarmi.” ammise la mora. “Ma ciò non toglie che sono due palle al piede.” sorrise successivamente.

Trascorsero pochissimi istanti prima che l'auto dei gemelli, appena tirati in causa, comparisse di fronte a loro, proprio affianco al marciapiede. Il finestrino oscurato scorse lentamente verso il basso, fino a scoprire il viso del chitarrista alla guida. Era solo.

Parli del diavolo...” sorrise amabilmente la mora. Tom aggrottò le sopracciglia.

Ti riferisci a me?” domandò sospettoso.

A chi altro mi dovrei riferire, Pigtail?” borbottò Ingie, mentre apriva la portiera della macchina, dopo aver gettato la sigaretta a terra. Ivan al seguito.

Vedi come mi tratta male?” obiettò il moro, cercando sostegno nel suo amico. Questo si limitò ad una scrollata di spalle.

Beh, almeno hai qualcosa da fare durante la giornata, amico mio.” sorrise spiritoso.

Ingie chiuse energicamente la portiera, lasciando aperto il finestrino.

Come se non ne avessi già abbastanza.”

Ivan decise di ignorarlo spudoratamente, voltandosi in direzione di Ingie.

Allora ci vediamo domani mattina.” sorrise il commesso alla sua nuova collega, che annuì ricambiando il gesto. “Ciao, ragazzi.” salutò poi, prima che l'auto ripartisse, diretta allo studio di registrazione.

Allora, sei riuscita a vendere un laccio di scarpe, con questo tuo adorabile caratterino?” parlò immediatamente Tom con estrema ironia, mentre i suoi occhi erano fissi ed attenti sulla strada. Ingie lo fulminò con lo sguardo.

Per tua informazione, ho venduto dieci capi, stamattina.”

Impressionante.” la prese in giro con un sorriso. Ingie roteò gli occhi e si voltò ad osservare la città al di fuori del finestrino, decisamente più interessante dell'essere appartenente a non sapeva ancora quale specie animale, che le sedeva affianco. “Non ti preoccupare, gli sei piaciuta.” Quelle parole, pronunciate con un po' di serietà in più, la fecero ammorbidire. “Ora mi dici per cosa stanno le due acca?”

Le sue palpebre calarono di nuovo.

Mi sembrava strano che fossi diventato improvvisamente serio.” borbottò, incrociando le braccia al petto.

Ma io sono serio! È una domanda innocente!” si difese il ragazzo, spostando lo sguardo da lei alla strada, più e più volte.

Ma lo sai che non voglio rispondere!”

Tutto questo mistero mi rende semplicemente curioso. Magari sei una serial killer.”

Oh, sì. E la mia prossima vittima sarai sicuramente tu.”

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Capitolo 6
*** Five - Trying to get used ***


5


Five
Trying to get used





'Giorno.”

Non appena sentì quella voce, si voltò in direzione di Gustav, con un piccolo sorriso.

Buongiorno, biondo.” rispose, poggiando il fondo schiena contro il bancone della cucina, dove era intenta a prepararsi la colazione. “Caffè?” gli propose successivamente.

Sì, grazie.” sorrise il batterista, per poi sedersi al tavolo, di fronte a lei. Aveva un'espressione rilassata, serena, come se mai avesse subito torti nella vita.

Sei sempre così mattiniero e di buon umore?” gli chiese poi, mentre finiva di scaldare il caffè.

Qualcuno in questo studio deve pur esserlo.”

Ingie ridacchiò.

Gustav le era piaciuto da subito. Aveva quella naturalezza, che sfociava quasi in tenera ingenuità, che non faceva altro che rallegrarle la giornata. Era l'unico coinquilino con cui riusciva a non esternare il lato più oscuro e violento di sé, troppo presa dall'infinita dolcezza e dal riguardo che aveva non solo nei suoi confronti ma in quelli del mondo intero. Stava imparando a conoscerlo sempre di più, in ogni sua sfumatura, e sentiva che sarebbero riusciti ad instaurare un bel legame.

Riempì le tazzine di caffè e ne porse una al ragazzo, mentre l'altra la poggiò di fronte a sé, quando gli si sedette davanti. Chiuse gli occhi ed inspirò con delicatezza l'aroma del liquido fumante sotto di lei.

Ricordava di adorare quell'odore sin da quando era piccola. Non vi era giorno in cui non si posizionava accanto a sua madre, mentre preparava il caffè, per godere di quel profumo così inebriante, che un po' la rilassava.

A ripensarci, provava una grande malinconia.

Allora, come ti trovi al lavoro?” le domandò all'improvviso Gustav.

Ingie sorrise appena.

Molto bene. Ivan è un ragazzo simpatico ed un grande lavoratore. A volte capitano dei clienti insopportabili, ma fa parte del contratto.” spiegò, mentre girava il cucchiaino nella tazzina, con fare distratto. “Lui riesce ad alleggerirmi tutto con le sue battute.”

Effettivamente Ivan le piaceva; lo trovava persino un bel ragazzo, e sarebbe stato sicuramente il suo tipo, con quegli occhi azzurri ed i suoi capelli biondo cenere, se fosse stata aperta a nuove conoscenze.

Reclamava solo un po' di solitudine, che sarebbe stata in grado di aiutarla a smaltire alcuni pensieri opprimenti, anche se cercare di cancellarli sarebbe stato inutile.

Sono contento. Sai, si vede che sei una brava ragazza e che meriti il meglio. Vedrai che tutti i tuoi problemi si risolveranno.”

Strinse le dita attorno alla tazzina.

Come poteva godere di una tale intuizione? Per di più, senza essere invadente.

Era sempre così riservato, così tremendamente dolce ed incoraggiante. Eppure, quasi con un solo sguardo o ascoltando una singola parola, riusciva a scavare nel profondo di un'anima, estrapolandone preoccupazioni e gioie. Riusciva a coglierne l'essenza ed i sentimenti, senza troppa fatica, perché sapeva ascoltare e conoscere chi aveva di fronte. Più trascorreva il tempo e più provava per lui una grande ammirazione.

Sperava sul serio che ciò che le aveva appena detto si avverasse, ma sapeva anche che la situazione era molto più complicata di quel che sembrava.

Lui non poteva di certo immaginare cosa lei stessa avesse fatto.

Lo spero anch'io.” si limitò a rispondere con un lieve sorriso, dopo essersi presa qualche secondo.

Si incantò ad osservare il vuoto; per un attimo azzerò la mente.

Dopodomani arriva Simone.” annunciò all'improvviso il ragazzo.

Ingie aggrottò le sopracciglia; si chiese chi mai fosse Simone. Avrebbe dovuto saperlo?

Chi è?” domandò in tutta sincerità, una volta finito di bere il suo caffè, pregando di non commettere una delle sue solite figuracce.

La mamma di Tom e Bill.”

Corrugò la fronte piuttosto sorpresa.

Mamma Kaulitz?

Non riuscì immediatamente a comprendere il motivo per cui le parve tanto strano e quasi illogico assimilare tale notizia. Era più che ovvio che anche i gemelli, come tutti gli esseri umani e non, avessero una madre. Per qualche assurdo motivo, quasi aveva escluso quell'ipotesi.

Sono i loro modi di fare così alieni a mandarmi fuori strada.

Oh, non lo sapevo.” si limitò a rispondere, evitando accuratamente di lasciar trapelare la più impercettibile perplessità.

Gustav però sembrò comprenderla e si lasciò andare ad una lieve risata.

Credevi fossero esseri nati da sé?” le chiese, con quella piccola ironia cui raramente si lasciava andare.

Sinceramente, sì.” ammise.

Sorrisero.

Porterà qui anche i cani.” continuò lui, giocherellando con il cucchiaino.

I cani?” ripeté Ingie, con occhi quasi sgranati. Con quante cose ancora doveva venire a conoscenza?

Sì, di solito se li portano ovunque, ma questa volta non è stato possibile. Così li hanno lasciati alla mamma. Sono molto attaccati a loro, li trattano come figli.”

Scusami, ma è più forte di me: non riesco ad immaginare Tom padre.”

Ti ci abituerai. Non crederai mai ai tuoi occhi.”

Di certo tratterà meglio loro che noi esseri umani.”

Ehm, più o meno.”

Ingie si curò di pulire il tavolo e lavare le stoviglie, sotto continua obiezione di Gustav. Non aveva ancora conosciuto il lato più cocciuto della ragazza.

Mi accompagni tu al lavoro?” gli propose successivamente, dopo aver terminato il tutto. “Non ho voglia di sorbirmi i discorsi di grande intelligenza di Pigtail.” spiegò.

Volentieri.” le sorrise. Trascorsero pochi minuti prima che entrambi si trovassero chiusi nella macchina del batterista, decisamente meno vistosa di quella dei gemelli – motivo in più per amarlo. “Non riesci proprio a sopportarlo, eh?”

Ingie, fino a quel momento sovrappensiero, si voltò di scatto nella sua direzione.

Eh? Chi?” domandò confusa.

Tom.”

Sollevò le sopracciglia con fare scettico e si girò nuovamente in direzione del finestrino.

Diciamo che abbiamo stili di vita completamente differenti.” buttò lì.

Sì, ma sembra che lo odi, nonostante tu non lo conosca.”

Sapeva che non la stava accusando, lo capiva dal suo tono dolce e dallo sguardo spensierato. Era semplicemente curioso di conoscere una realtà a lui estranea.

Non lo odio. Mi irrita. È troppo diverso da me.”

Si stava arrampicando sugli specchi, lo sapeva. A dire il vero, non conosceva nemmeno lei il vero motivo per cui Tom la irritasse ai limiti della pazienza. O meglio, sapeva che dietro quel suo comportamento vi era una ragione, ma non voleva ammetterlo e soprattutto voleva smettere di scavare fra ricordi che non sarebbero mai più tornati in vita.

Ti sbagli.” sorrise Gustav, sorprendendola. “Tu e Tom siete identici, è per questo che vi stuzzicate ed apparentemente non andate d'accordo.”

Biondo, la mia stima nei tuoi confronti, dopo questa frase, potrebbe vertiginosamente precipitare.” commentò quasi scioccata. “Mi hai appena paragonato a Pigtail, dovrei sentirmi offesa.”

Invece no, fidati. Entrambi avete delle ottime qualità, solo che fate fatica a mostrarle.”

Ingie scoppiò a ridere.

Stai peggiorando la tua posizione.” esclamò divertita. Aveva in realtà compreso cosa il ragazzo stesse cercando di dirle ed era perfettamente consapevole del fatto che non volesse essere scortese. Voleva farle un complimento, anche se a sua maniera, cosa che le fece adorare maggiormente quel suo modo di fare, come aveva pensato qualche attimo prima, così puro ed ingenuo.

Non sono bravissimo con le parole.” arrossì Gustav, concentrato nella guida.

Non preoccuparti, ho capito benissimo ciò che intendevi dire.” Gli scompigliò appena i capelli biondi con la mano, per poi tornare composta sul suo sedile. “Parlami un po' di te. Non ami molto farti conoscere dalla gente, mi sembra di aver capito.”

Hai capito bene.”

Beh, io sono curiosa.”

Per una frase del genere, hai preso Tom e Bill a pesci in faccia.”

Ma loro sono un caso a parte.”

Gustav accostò l'auto ad un marciapiede, che Ingie riconobbe subito come quello che l'avrebbe condotta al negozio.

Avrai occasione di conoscermi meglio nei prossimi giorni.” le sorrise. Ingie adottò un'espressione piuttosto delusa e quasi infantile. Era da un bel pezzo che non provava quella curiosità; forse aveva trovato finalmente una persona con cui condividere i suoi pensieri ed i suoi stati d'animo, perché sapeva che poteva fidarsi.

D'accordo, mi arrendo.” sospirò. “Grazie per il passaggio. Ci vediamo stasera.”

Di niente, buon lavoro.”

La salutò con un sorriso, prima di rimettere in moto e sparire dietro l'angolo.

Improvvisamente Ingie sentì il cellulare nella sua tasca vibrare. Il cuore prese a pompare il sangue più velocemente ed anche se aveva un'idea di chi potesse essere, decise ugualmente di leggere il mittente del messaggio appena ricevuto.

Ma quando lo lesse, si sentì mancare il fiato, presa in contropiede.

Mom.





***





Ingie, molla quello straccio.”

La voce di Bill aveva fatto capolino all'interno dell'immenso salone, dove Ingie, da qualche minuto, si stava dedicando alla pulizia degli immobili. Si era resa conto che il favore che le avevano fatto i ragazzi, accogliendola nel loro studio di registrazione, era incommensurabile ed il minimo che poteva fare per ricambiare era occuparsi delle faccende domestiche.

Bill, dovrò pur rendermi utile in qualche modo.” ribatté la ragazza, decisa a non mollare la presa sullo strofinaccio con il quale stava spolverando la televisione.

Bill le si avvicinò. “Non abbiamo deciso di ospitarti perché ci serve una donna delle pulizie.”

Non mi pesa, davvero.”

Non riuscì a finire la frase, che il vocalist le tolse gentilmente di mano il panno ormai sporco.

Sono intransigente. Non voglio.” le intimò, osservandola attentamente negli occhi.

Ed io sono molto più intransigente di te, quindi...” non terminò la frase. Semplicemente riafferrò il panno.

Ha ragione Tom: hai la testa dura.” sorrise il ragazzo.

Senti da che pulpito.” Sollevò un sopracciglio, riprendendo le sue pulizie.

L'importante è che tu non ti senta in obbligo.”

Assolutamente.” Improvvisamente udirono dei passi affrettati scendere le scale, fino a che la figura smagliante di Tom, provvisto di tuta e borsone, non fece la propria nobile entrata in soggiorno. “Oh, eccoti, mi mancava la tua presenza.” commentò ironica la mora, tornando poi ad occuparsi dei mobili con immensa indifferenza.

Grazie, lo so.” si atteggiò il chitarrista. “Vieni con me in palestra?” le domandò successivamente. Ingie aggrottò le sopracciglia: credeva di non aver capito bene, ragione per cui si voltò nella sua direzione con sguardo perplesso.

Dici a me?” domandò.

No, a quella mezza sega di mio fratello.”

Bill lo fulminò con lo sguardo ma decise di non ribattere.

Una giornata di palestra con Tom? Indubbiamente, se avesse avuto tendenze autodistruttive.

No.” concluse Ingie.

No, cosa?” chiese Tom, confuso.

No, grazie, ma rifiuto l'invito.”

Il chitarrista scrollò le spalle; non sembrava particolarmente toccato. “D'accordo.” Afferrò nuovamente il suo borsone e si avviò verso la porta. “Torno tra un paio d'ore.”

Ingie attese che uscisse dallo studio per togliersi un madornale dubbio.

Tom va in palestra?”

Bill ridacchiò qualche istante, prima di guardare la sua espressione scioccata.

Sì.” rispose semplicemente. “So che non si direbbe. Ha cominciato da poco.”

Effettivamente si era accorta dei muscoli che il chitarrista aveva sviluppato, seppur non eccessivamente, ma non pensava fosse un tipo dotato di costanza.

Ad ogni modo, se doveva essere sincera, non le sarebbe dispiaciuto trascorrere qualche ora in palestra. Era convinta che avrebbe solamente giovato alla sua salute, soprattutto mentale. Le mancava la sensazione del sudore sulla pelle, del piacevole dolore ad ogni muscolo del suo corpo, della stanchezza fisica, prima ancora che psicologica. Eppure non le piaceva in modo smisurato l'idea di stare con Tom. Sapeva che il suo era un blocco psicologico che aveva nei confronti del chitarrista per svariati motivi, ma non riusciva ad evitarlo, nonostante non vi si sforzasse nemmeno più di tanto. Semplicemente, non doveva spartire nulla con lui.

A parte una casa.

Serve qualcosa, Bill? Avrei intenzione di fare un po' di spesa.” esordì successivamente, come risvegliatasi dalle sue riflessioni. Bill la osservò accigliato.

Se vuoi andare a fare la spesa, ti accompagno.” disse tranquillo. “Tanto, non ho nulla da fare.”

Non aveva esattamente intenzione di trascorrere una giornata in compagnia. Avrebbe di gran lunga gradito di più passare qualche ora in piena solitudine, ma nemmeno il suo lato più gelido riusciva a controbattere, allo sguardo da orata del vocalist.

Fine.” si limitò a rispondere, con un'alzata di spalle. Ripose nel cassetto del mobile lo strofinaccio e si sollevò in piedi, per poi indossare le scarpe ed il cappotto.





***





Guarda che meraviglia! No, questo è troppo carino!” Ingie poteva giurare di non aver ancora del tutto compreso la psicologia di quel ragazzo. Più passava il tempo, più lo studiava e più si rivelava un esperimento scientifico malriuscito. “È inutile, sono un gran figo.” Certo, aveva incontrato tipi bizzarri lungo il suo cammino, ma non credeva possibile che il peggio dovesse ancora arrivare. “Guarda, Ingie, non mi dona?” le chiese improvvisamente, con sguardo luccicante.

Ingie squadrò l'enorme cappello a tubo che il vocalist aveva coraggiosamente posato sulla sua testa e la risposta fuoriuscì dalle sue labbra con vergognosa sincerità.

Fa schifo.”

Pensò quasi di ritrattare, allo sguardo da cuore spezzato del ragazzo, ma decise che la cruda realtà poteva solamente giovare a lui e soprattutto a lei. Non sarebbe riuscita nemmeno con lo sforzo più disumano a vederlo girovagare in studio – o peggio, fuori – con quel cappello inquietante.

Affranto, Bill posò l'articolo dove l'aveva preso.

Aveva appena distrutto il suo Ego, ne era consapevole, ma aveva anche salvato l'umanità.

Tu non hai visto nulla di carino per te?” le domandò quindi.

A dire il vero, ero venuta qui con l'idea di riempire il vostro frigo, non di fare shopping.”

Ma se c'è qualcosa che ti piace, non vedo perché non dovresti farci un pensierino.”

Non mi interessa nulla, Bill.”

Trascorse qualche secondo, prima che il ragazzo riprendesse la sua ispezione per il negozio, dopo aver pronunciato un “Certo che sei proprio strana” piuttosto eloquente.

Ovvio, Bill non poteva sapere cosa volesse dire essere a corto di soldi; ma soprattutto cosa volesse dire aver completamente perso ogni singola attrattiva o semplicemente l'entusiasmo per cose – a sua veduta – futili.

Era convinta che non avesse mai dovuto affrontare, nella sua vita, una tragedia grande quanto la sua. Aveva tutto: soldi, famiglia, una casa. A lei non era rimasto nulla. Nemmeno una speranza cui aggrapparsi ed aveva deciso di affrontare le gioie, i dolori, le paure della vita da sola.

In poco tempo si trovarono nel reparto dei salumi: finalmente avrebbe potuto comprare qualcosa di commestibile, dato che nello studio di registrazione girovagavano solamente Ketchup e birra. Non voleva decisamente ridurre il proprio stomaco in poltiglia, nonostante tutto.

No!”

Sobbalzò. La busta di prosciutto, che aveva afferrato qualche secondo prima che Bill le distruggesse un timpano, era rovinosamente atterrata alle sue spalle, a causa dello spavento.

What?!” esclamò esterrefatta, mentre si apprestava a raccogliere ciò che aveva involontariamente lanciato.

È prosciutto!” esclamò Bill, come fosse ovvio. Ingie lanciò un'occhiata alla busta con fare teatrale.

Sì, lo vedo.” rispose ironica.

Noi non mangiamo prosciutto.”

Perché ciò che fa bene vi fa schifo?”

Non si tratta di un capriccio: siamo vegetariani.”

Avesse potuto, la mandibola di Ingie sarebbe senz'altro crollata a terra. Con quante scoperte ancora avrebbe dovuto fare i conti? Evitava di mettere piede nelle stanze dei ragazzi per paura di trovare bombe a mano.

Siete vegetariani.” commentò atona.

Esatto.”

Vegetariani.” ripeté.

Che c'è di tanto strano nell'essere vegetariani?”

Il fatto che tu e Pigtail lo siate.”

Siamo poco credibili?”

Unfortunately yes.” Bill sorrise appena, mentre Ingie gettava in ogni caso il prosciutto nel carrello: ci avrebbe pensato lei a mangiarlo; non che la cosa le dispiacesse. “Dunque, vediamo. Cos'altro ingurgitate voi esseri d'altra specie non meglio identificata?” domandò poi, riprendendo a camminare con il carrello, mentre il suo sguardo saettava da un punto all'altro del negozio. “Il fieno vi piace?” commentò con sarcasmo.

Lo mangiamo solo in occasioni particolari.” scherzò il ragazzo. “Caramelle gommose.” decise poi, fiondandosi nel reparto dei dolci, o meglio, della distruzione di fegato, come preferiva definirlo Ingie.

I can't believe it.

Bill, cosa stai facendo?”

Scelgo la qualità migliore.” rispose, setacciando le varie buste.

Esiste una qualità migliore tra quella robaccia?”

Il vocalist si voltò esterrefatto nella sua direzione, come avesse appena finito di udire un'enorme bestemmia uscire proprio dalle sue labbra.

Robaccia?” domandò quasi sotto shock. “Non puoi capire quanto queste caramelle gommose siano essenziali, oserei dire vitali, nella mia quotidianità.” I suoi occhi scintillavano. “Riescono a strapparmi un sorriso nelle mie giornate più buie; sono come un arcobaleno nel bel mezzo di un diluvio, come Tom che ammette di sbagliare, come...”

Okay, mi hai convinto!” sbottò Ingie, incredula. “Però il resto, lo scelgo io o nel giro di una settimana saremo affetti da diabete.” concluse, con fare autoritario.

Come vuoi.” accettò Bill, per poi fiondarsi con entusiasmo sui suoi dolci preferiti.





***





Le goccioline di sudore continuavano a tracciargli linee quasi invisibili sulla fronte. Era appena uscito dalla palestra e non aveva avuto il tempo di farsi la doccia, poiché suo fratello gli aveva eloquentemente intimato di portare il culo a casa perché avrebbe dovuto parlargli.

Quando varcò la soglia dello studio di registrazione, percepì un gradevole profumo proveniente dalla cucina e non fu difficile intuire che Bill stava cucinando qualcosa. Eppure, l'immagine di suo fratello con indosso un grembiule con i fiorellini, proprio non riusciva a crearla, così, per dare una concreta spiegazione ad ogni suo dubbio, entrò in cucina.

Come previsto, il soggetto in questione era una graziosa donzella che gli dava le spalle.

Buona sera, dolcezza.” salutò con un sorriso, mentre si avvicinava alle spalle di Ingie, intenta a girare il mestolo all'interno della pentola che stava scaldando qualcosa di ignoto.

You're late.” commentò la ragazza, ignorando del tutto la sua presenza. “Your brother's gonna kill you.”

Perché devi parlare americano?”

Perché mi devi ronzare attorno?”

Perché sei deliziosamente irritante e mi piace stuzzicarti.”

Anche tuo fratello è irritante. Vai a stuzzicare lui.”

Ma con lui non c'è gusto.” Poggiò le braccia sul bancone, affianco a lei, osservandola con un lieve sorriso. “Perché dovrebbe uccidermi?” domandò poi, prendendo ad osservare l'ipnotico movimento del mestolo.

Perché ti ha inviato un messaggio circa un'ora fa.” rispose lei, continuando ad ignorarlo con lo sguardo. Poi, inalò più volte l'aria, aggrottando le sopracciglia. “Vai a farti una doccia. Puzzi.” commentò contrariata.

Tom sorrise maggiormente. L'atteggiamento di quella strana ragazza l'aveva da subito incuriosito ed interessato. Non riusciva bene a darvi una spiegazione, ma inconsapevolmente lo divertiva. D'altronde, non gli erano mai piaciute le cose semplici: la sua conosciutissima indole di cacciatore infallibile continuava a trapanargli il cervello, come a voler reclamare il proprio ruolo, come a volergli ricordare che esisteva ancora.

Vieni con me?” le propose, furbescamente.

Lei fece finta di pensarci su.

Guarda, mi piacerebbe davvero, ma purtroppo sto cucinando.” disse, con finto dispiacere nel tono di voce. “Sarà per la prossima volta.”

Astuta, si disse compiaciuto.

Ci conto.”

Il ragazzo si sollevò e si allontanò, mentre Ingie continuava ad occuparsi della cena, con un lieve sorriso ad ornarle il volto.





***





Bussò un paio di volte alla porta, finché suo fratello, da dietro il legno spesso, non gli intimò di entrare.

Che hai?” domandò un Tom piuttosto interrogativo, mentre faceva il proprio ingresso nella stanza quasi buia, a causa delle tende chiuse. Avrebbe tanto voluto chiedere al suo adorabile fratellino la spiegazione di tale atmosfera, degna di un thriller, ma decise di sorvolare.

Bill era seduto sul letto, il portatile sulle gambe ed un'espressione vacua in viso.

Sei in ritardo.” si limitò a soffiare, senza nemmeno degnarlo di uno sguardo – ancora puntato sul computer, ad osservare chissà quale sciocchezza.

Lo so.” scrollò le spalle Tom. “Era tanto importante?”

Il ragazzo abbassò con un colpo secco lo schermo del portatile – probabilmente frantumatosi – e lanciò un'occhiata focosa a suo fratello.

Era tanto importante? Da quando prendi alla leggera un mio messaggio?” esclamò offeso.

Non l'ho mai fatto, Bill.” si difese il chitarrista, quasi sorpreso dalla sua reazione.

A me sembra di sì.”

Ci furono attimi di silenzio che Tom sfruttò al meglio per trovare un modo per calmare suo fratello: sapeva che, di quel passo, sarebbero sfociati nella lotta libera. E questa volta non sarebbe stato lui a dare il via.

Bill, mi spieghi cos'è successo, con calma?”

Dev'essere per forza successo qualcosa? Non può essere che io voglia trascorrere un po' di tempo col sangue del mio sangue?”

Impiegò qualche secondo a metabolizzare ciò che aveva appena udito.

Effettivamente non riusciva a ricordare una vera conversazione con suo fratello dai tempi dei Devilish. Allora erano piccoli ed immaturi, decisamente poco pronti per affrontare argomenti esistenziali o qualcosa di simile. Non aveva riflettuto sul fatto che fossero cresciuti e non avessero tuttavia ancora trovato un momento tutto loro, alla larga dalle folle, dal caos, dai riflettori. Forse prendersi una piccola pausa da quel mondo non era stata una cattiva idea, soprattutto se fosse servita per ricostruire il rapporto semi-congelato con Bill.

Sorrise appena, per poi avvicinarsi a lui.

Potevi dirlo subito che volevi passare un po' di tempo con me, esattamente come una volta. Prima che questo nuovo mondo ci sconvolgesse la vita.” mormorò, sedendoglisi affianco, sul letto. Bill continuava ad osservare i propri piedi. Forse era imbarazzato o solo malinconico; nostalgico del loro rapporto complice che, nonostante non fosse mai svanito, aveva dovuto sopportare per anni la pesantezza di un ambiente da molti reputato pericoloso.

Mi mancano le nostre chiacchierate fino a notte fonda.” ammise il vocalist, quasi vergognandosi. Tom non poté fare a meno di sorridere. Adorava quando suo fratello trovava il coraggio di aprirsi con lui; non voleva che si tenesse tutto dentro.

E facciamolo, Bill. Facciamolo. Chiacchieriamo fino a notte fonda, come una volta. Sono qui, ora. Puoi dirmi tutto quello che ti passa per la testa ed io farò lo stesso.”

Non voglio che tu ti senta in obbligo.”

Bill, chiacchierare con te è la cosa che mi rende più felice al mondo, perché ti voglio bene.”

Non poteva credere nemmeno lui che avesse pronunciato sul serio quelle parole. Aveva sempre trovato molta, troppa difficoltà ad ammettere i propri sentimenti e soprattutto esternarli. L'orgoglio non c'entrava nulla, aveva semplicemente paura dei giudizi della gente.

Anch'io ti voglio bene, Tomi.





***





Sospirò, una volta rifugiatasi al di sotto delle coperte calde e particolarmente morbide. Era tardi; aveva finito di cenare da poco ma non aveva trovato il coraggio di prendere ancora parte alle chiacchiere di Gustav e Georg. Tom e Bill erano chiusi in camera del biondo da molto, ormai. Si erano persino dimenticati di scendere a mangiare, nonostante i richiami. Probabilmente si stavano prendendo un po' di tempo per loro stessi. Aveva intuito che Bill avesse qualcosa in sospeso con suo fratello e che sembrava inquieto o nascondere qualcosa di irrisolto. Certo era che riuscire a parlare con un tipo come Tom non era sempre del tutto facile.

Si ricordò che l'indomani mattina non avrebbe lavorato ma, cosa più importante, mamma Simone avrebbe fatto il proprio ingresso allo studio. Era tremendamente curiosa di conoscerla e voleva seriamente capire da cosa fosse dovuta l'anomalia dei gemelli.

Sospirò appena, voltandosi nel letto.

A dire il vero, era semplicemente curiosa di vedere di nuovo che sembianze potesse avere una madre.

Chiuse gli occhi con forza, cercando di reprimere di nuovo l'ansia che per tutta la giornata l'aveva travolta.

Ricordava di aver ricevuto quel messaggio e ricordava anche di essersi rifiutata di leggerlo, ma l'idea di poter avere ancora un contatto con sua madre – anche se unilaterale – poteva darle forza o buttarla ancora più giù; non lo sapeva. Ora sapeva solo che scoprirlo era ciò che più bramava.

Prese un bel respiro e recuperò velocemente, quasi senza pensarci, il cellulare dal comodino. Aprì la cartella dei messaggi ormai vuota, se non per quell'unico che aveva deciso di leggere.

La mancanza di sua madre la stava soffocando, non poteva attendere oltre.

Tremò quando lo aprì.


Amore mio, dove sei finita? Sono giorni che non dormo, che non mangio, che non sto tranquilla. Ti prego, dimmi che stai bene, che tornerai a casa. Io e papà non possiamo permetterci di perderti, lo sai. Torna, vedrai che insieme riusciremo a superare tutto, non ti sentire in colpa. Non c'entri nulla e lo sappiamo. Non ci abbandonare, piccola mia. Ti vogliamo bene.


Strinse il cellulare fra le mani tremanti, mentre la prima goccia di infinite lacrime cadde sullo schermo.

Aveva commesso un enorme errore a leggere quelle dannate parole.

Mamma.” pianse. Sapeva che ora sarebbe stato tutto molto più difficile. “Mamma.”

Ripeté il suo nome per tutta la notte, ma la risposta al messaggio non gliela inviò mai.





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Note finali

Perdonate il ritardo ma il caldo atroce mi ha deliberatamente carbonizzato i neuroni! Un bacio!

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Capitolo 7
*** Six - T ***


t

Six
T





Sorrise. Una gioia enorme ed indescrivibile le riempiva il cuore, nonostante questo mancasse di un pezzo importante della sua vita. Osservare con quanta velocità era riuscita a mettere da parte i soldi che con impegno aveva guadagnato, grazie al negozio, le faceva ricordare che, forse, aveva ancora qualche chance nella vita; doveva solo trovare il modo giusto e la forza per andare avanti.

Voltò il capo verso il suo cuscino e, dopo aver infilato una mano sotto di esso, ne tirò fuori la fotografia che teneva ormai da un mese con sé.

Quegli occhi. Quegli occhi sembravano sorridere proprio a lei e mostrarle il suo orgoglio per ciò che stava facendo.

Ti penso sempre.

Ignorò il magone, si era ripromessa di non piangere più, e sospirando appena ripose quel piccolo tesoro al di sotto del cotone. Lanciò un'occhiata all'orologio e constatò che erano le dieci del mattino: era sabato ed aveva la giornata libera, così decise di farsi una bella doccia per pensare.

Si alzò dal letto e, dopo aver recuperato un cambio della biancheria intima dal cassetto, si avviò verso il bagno.

'Giorno.”

Inchiodò suoi propri piedi, subito dopo aver aperto la porta. Tom sostava di fronte al lavandino, con lo spazzolino in bocca ed un asciugamano legato in vita. Ingie scorse alcune goccioline d'acqua scorrere lungo la sua colonna vertebrale, segno che aveva appena finito di fare la doccia. Il profumo del bagnoschiuma che emanava la sua pelle ne era la conferma.

Scusa, entro dopo.” borbottò, facendo per richiudere la porta.

No, entra pure. Tanto ho finito.” la precedette lui, continuando a spazzolarsi i denti. Ingie decise di non fare storie, non quella mattina, e lo affiancò recuperando dal bicchiere lo spazzolino ed il dentifricio.

Come mai così mattiniero?” gli domandò sinceramente curiosa, mentre si infilava lo spazzolino in bocca.

Sono le dieci.” ribatté lui, confuso.

Sì ma di un sabato mattina. E tu il sabato dai il meglio di te, non facendoti vedere prima delle cinque del pomeriggio.”

Mi osservi, allora.”

L'espressione compiaciuta che aveva assunto Tom, la urtò non poco. Eppure, aveva deciso che quel giorno non si sarebbe fatta guastare il buonumore, specialmente da lui. Si limitò quindi ad alzare gli occhi al soffitto e continuare a lavarsi i denti come se niente fosse.

Lascia perdere.” tagliò corto.

Osservò il chitarrista, attraverso lo specchio, sciacquarsi la bocca, per poi passarvi l'asciugamano, ed in quello stesso istante non poté fare a meno di studiare il suo fisico. Doveva ammettere che con la palestra stava facendo dei gran passi avanti; i muscoli si stavano formando sempre di più e non poteva negare che il suo corpo fosse particolarmente bello ed attraente.

Se non fosse così insopportabile.

Vado in palestra.” la accontentò. Ingie sollevò nuovamente lo sguardo su di lui.

Non ti starai ammazzando un po' troppo in questo periodo?” domandò.

Sento della preoccupazione?” sorrise beffardo, osservandola con la coda dell'occhio.

Notavo solo una cosa palese.”

Tranquilla, il mio fisico è forte.”

Passarono qualche attimo in silenzio, in cui lui si spruzzava del deodorante e lei si lavava la faccia.

Quella scena le ricordava tanto le mattine trascorse assieme a lui, intenti a scherzare e prendersi in giro, farsi le boccacce attraverso lo specchio, per poi schizzarsi reciprocamente l'acqua sul viso. Rammentava quei momenti con nostalgia e tristezza, mentre il sapore amaro dell'ingiustizia tornava ad offuscarle i sensi.

Sexy quegli slip.”

Automaticamente, il suo sguardo si posò sulla propria biancheria in pizzo nero, appena menzionata con poco tatto dal chitarrista, che giaceva sul mobile, affianco al lavandino.

Non perdi mai occasione, eh?” commentò seccata, mentre la raccoglieva con gesti altrettanto stizziti. Tom si limitò a sorridere, osservandola divertito. “Quindi, ora scenderesti in centro?” indagò poi la mora, mentre si asciugava il viso.

Sì, perché?”

Se ti chiedessi un passaggio?”

Mi sorprenderei.”

Bene, niente di grave. Riesci ad aspettare che mi faccia la doccia?”

Dipende. Posso guardare?”





***





Osservava ogni singolo angolo della città che le si stagliava davanti agli occhi durante la corsa in macchina. Tom, al suo fianco, guidava canticchiando qualcosa di ignoto, ma stranamente piacevole. Non avevano parlato molto: Ingie era come presa da altri pensieri, immersa in un altro mondo, decisa a non uscirne per un po'. Si era letteralmente chiusa in se stessa e, ad essere sincera, non aveva nemmeno molta voglia di chiacchierare, conoscendo perfettamente il tipo di dialogo che ogni volta instaurava con Tom.

Ultimamente le capitavano spesso momenti di distrazione, di vera e propria evasione. Era come se ne sentisse la necessità; come se fosse per lei un modo per rigenerarsi. Sapeva che per ripulirsi di tutto il fango che l'aveva macchiata in quel periodo avrebbe dovuto attendere anni, e forse non ci sarebbe mai riuscita; ma riponeva ancora in se stessa una piccolissima speranza.

Nel frattempo, aveva pensato a lungo di portare a termine ciò che aveva in programma di fare quella mattina. Non aveva esitato, anche se l'idea l'agitava. L'agitava perché era come mettere un punto definitivo; come confermare un qualcosa che era accaduto e che lei continuava, ogni giorno, a negare a se stessa. Era come porsi di fronte alla realtà ed affrontarla per ciò che era.

Decisione difficile, certo, ma inevitabile.

Cazzo!”

L'esclamazione di Tom le provocò un forte nodo alla gola. L'improvvisa frenata ed il suono del clacson la fecero urlare, risvegliando in lei ricordi perfettamente nitidi.

Attento!”

Un forte impatto.

Una vita che si spegne.

Porca puttana, la gente che lascia i cani da soli, per strada! Fortuna che non è successo nulla.” si lamentò il ragazzo, per poi voltarsi in direzione di Ingie. “Stai bene?” Lei tremava. Tremava e respirava con affanno. “Hey, che ti succede?” le domandò di nuovo il ragazzo, facendosi più vicino, per controllare come stesse.

Di nuovo quella sensazione, di nuovo quella paura.

Fammi scendere.” soffiò, mentre il panico prendeva il sopravvento. “Ti prego.”

Tom aggrottò le sopracciglia, ma non indagò oltre. Trovò un posto dove accostare l'auto, a lato della strada, e spense il motore. Ingie, con gesti scoordinati ed incontrollati, si affrettò ad aprire la portiera e scendere dall'abitacolo.

Sentiva il cuore premerle contro il petto, desideroso di sfondarle la gabbia toracica. L'aria quasi faticava a raggiungerle i polmoni e percepiva un forte peso sullo stomaco. La vista le si era spaventosamente annebbiata ed i pensieri non trovavano più flusso regolare.

Hey.” sentì la voce di Tom che le si avvicinava, una volta sceso dalla macchina. “Va tutto bene, non è successo niente. Calmati.” le disse, posandole una mano sulla spalla. Ingie non riusciva a trovare una via d'uscita. “È stato un cane ad attraversare la strada all'improvviso, ma ho frenato in tempo.” spiegò.

Ingie aveva lo sguardo perso nel vuoto, mentre il fiatone non accennava a svanire.

Aveva rivisto quelle immagini in una frazione di secondo. Aveva rivisto ogni cosa.

Anche i suoi occhi che si chiudevano.

Serrò i suoi, portandosi una mano alla fronte umida. Le dita non riuscivano a tracciare percorsi regolari sulla pelle e tutto attorno a lei era divenuto nero. Sentì le ginocchia cederle, ma una presa forte riuscì a sorreggerla.

Non seppe cosa succedette dopo, si rese solo conto di essere seduta su un divanetto, affianco al chitarrista che le reggeva davanti agli occhi un bicchiere d'acqua.

Una gran confusione le stava dilaniando il cervello.

Certo che sei strana forte.” lo sentì commentare. Lei aggrottò le sopracciglia e fece una smorfia stanca.

Non potevi dire di meglio, in questo momento.” borbottò tristemente sarcastica, raddrizzandosi a sedere. Sbatté più volte le palpebre: la vista non era ancora del tutto limpida e la testa le pulsava fastidiosamente; poi si voltò verso il ragazzo, il quale la fissava come stesse assistendo all'accoppiamento di una scimmia ed una gazzella. “Come ci sono finita in un bar?” sospirò, mentre il chitarrista le passava il bicchiere d'acqua.

Bevi.” le intimò. Lei obbedì, seppur con fatica. “Mi sei svenuta addosso.”

Lo dici come se ti scocciasse.” ribatté lei, per poi sorseggiare un altro po' di liquido fresco.

Beh, sei un po' destabilizzante, devi ammetterlo.” Ingie tacque. Scrutò apparentemente distratta le proprie dita trattenere il bicchiere. Non riusciva a spiegare cosa le accadesse in quei momenti. Era tutto talmente strano e spaventoso al tempo stesso, che quasi aveva timore a parlarne. “Cosa ti è successo?”

Quella domanda era stata formulata con più delicatezza ed un pizzico di preoccupazione, eppure non abbastanza da convincerla a dirgli la verità.

Ho un po' paura delle auto, tutto qui.” pronunciò quella mezza verità con un'alzata di spalle, come fosse un qualcosa di estremamente irrilevante. “Degli incidenti, più che altro.” aggiunse, senza guardarlo.

Lo sentì ridacchiare.

Allora c'è qualcosa che ti spaventa, a questo mondo. Non sei tutta artigli e canini affilati, come vuoi far credere.” la prese in giro. Ingie ignorò quella deliberata provocazione – oro, per un tipo come lei – e posò il bicchiere sul tavolo. “Va meglio?” le domandò quindi il chitarrista.

Sì.” annuì lei, per poi alzarsi in piedi, con qualche indugio. “Usciamo di qui.”

Camminò spedita verso l'uscita del bar, con un Tom al seguito sempre più basito, ed una volta fuori tirò un sospiro di sollievo. Non era ancora pronta per risalire in auto, ma non aveva scelta. Aprì la portiera e non perse tempo a sedersi in macchina, mentre Tom, sempre più confuso, la imitò. Sentì i suoi occhi scrutarla ancora per qualche attimo prima di rimettere in moto, come per accertarsi che stesse veramente bene e potesse sopportare ancora qualche minuto lì dentro.

Dove ti devo lasciare?” le chiese poi, senza staccare gli occhi dalla strada, timoroso di incontrare un altro animale che l'avrebbe fatta svenire di nuovo.

Vicino a dove lavoro va bene.” scrollò le spalle lei. Non era sicura, ma credeva di aver visto ciò che cercava a qualche metro dal negozio, un giorno in cui era di turno. Improvvisamente, la macchina accostò. “Thanks.” mormorò, prima di scendere.

La palestra è a pochi metri. Se non mi vedi qui, quando hai finito di fare quello che devi fare, raggiungimi pure. Altrimenti chiamami.” le disse.

D'accordo, Pigtail.” lo prese in giro. “A dopo.”

Vedi di non svenire per strada.” si raccomandò prima di ripartire, con un sorrisetto derisorio.

Vedi di non gonfiarti troppo!” gli urlò di rimando, per poi vederlo sparire dietro l'angolo.

Stette qualche attimo immobile.

Non lo sopporto.





***





Quello era il paradiso. Raramente gli era capitato nell'ultimo periodo di dedicare un po' del suo tempo a se stesso, senza dover sopportare gli schiamazzi dei suoi compagni.

Relax; puro e sano relax.

Si stava abbandonando alla quiete più totale, alle porte del paradiso. La sua testa stava lentamente scivolando lungo lo schienale del divano, mentre un rivolo di bava aveva ormai tracciato il proprio percorso lungo la mandibola.

Sentiva che l'Eden era vicino.

Bill, giù il culo dal divano, vi devo parlare.”

La voce di David fu talmente inaspettata che in pochi secondi il vocalist si trovò sul pavimento.

Cazzo, David!” protestò il biondo, portandosi una mano al petto. “Stavo cercando di dormire!”

Motivo per cui sono intervenuto in tempo. Dov'è tuo fratello?”

Sarà in palestra.”

Vieni in cucina.” Seguì l'uomo con passi strascicati e pesanti, cercando di reprimere uno sbadiglio. Sembrava già abbastanza teso. Seduti al tavolo vi erano Georg e Gustav in attesa, anche loro perplessi e curiosi. “Una domanda: cosa state facendo?” parlò il manager, una volta ottenuto il silenzio e l'attenzione.

I tre ragazzi si scambiarono un'occhiata confusa.

In che senso, David?” domandò un Gustav decisamente contrito.

Bill, stai scrivendo qualcosa, in questo periodo?” continuò l'uomo.

Bill aggrottò le sopracciglia, sentitosi pericolosamente preso in causa. Non riusciva a comprendere dove David volesse andare a parare con quelle sue strane domande. Non si era mai comportato a quella maniera e la cosa lo preoccupava.

Esitò prima di rispondere.

No.”

Tuo fratello sta lavorando su delle nuove composizioni?”

No.”

A qualcuno di voi è mai balenata l'idea di mettersi a fare qualcosa, di lavorare per il nuovo album?”

Ancora una volta si osservarono fra loro.

David, abbiamo appena concluso il tour. Avevamo detto che ci saremmo presi un attimo di pausa.” tentò di spiegare Georg, con cautela.

Bill sapeva che David in quelle condizioni e soprattutto di quell'umore sarebbe stato in grado di dar vita alla Terza Guerra Mondiale.

L'attimo di pausa è riferito alle uscite in pubblico, ai concerti. Non di certo al vostro lavoro!” sbottò infatti il manager. “Voi avete idea di quanto siano pericolosi per il vostro ambiente questi momenti di stallo? Avete avuto un mese intero per rigenerarvi, non potete perdere altro tempo. Se voi avete deciso di far parte di questo mondo, dovete prendervi tutte le sue conseguenze. Se invece non volete più fare gli artisti, basta che siate chiari fino in fondo. Se non vi date una mossa sin da ora, il pubblico non vi ricorderà per tutta la vita, come forse siete convinti. Presto si stancherà e vi dimenticherà! Qualcun altro di più furbo arriverà e vi soffierà il posto! È questo che volete per i Tokio Hotel?”

David, senti, secondo me ne stai facendo una questione di stato. Non ti sembra di esagerare un pochino?” osò Bill.

Effettivamente quel discorso gli pareva fin troppo melodrammatico per uno come David. Era già capitato che la band si prendesse dei momenti di pausa, ma mai aveva reagito a quella maniera. Dopotutto loro sapevano fare molto bene il proprio lavoro ed erano anche perfettamente consapevoli di cosa fare e quando farlo.

Ti sembra che io stia esagerando? Allora non hai capito proprio nulla del tuo lavoro, Bill.”

Quella frase gli fece male più del previsto. Non avrebbe mai immaginato che David fosse capace di tanto, ma soprattutto di ferire con le sue stesse parole. Era un lato della sua personalità che non aveva ancora scoperto, nemmeno in tanti anni di convivenza e collaborazione. Era chiaro che dietro quella sua reazione così violenta ci fosse dell'altro.

David, sei sicuro di stare bene?” domandò con cautela. La situazione cominciava seriamente ad angosciarlo.

Io sto benissimo, Bill. Non cercare di capovolgere la situazione.”

Detto questo, il manager non aggiunse altro ed uscì dalla cucina, lasciando i ragazzi con un tremendo sapore amaro in bocca.





***





Si era illusa. Si era illusa di aver rimosso dalla memoria quelle immagini ma ancora una volta le si erano mostrate con violenza, sempre più chiare, sempre più vive. Si era ripromessa di combatterle, di non cedervi più, ma tutto si era rivelato inutile e di gran lunga impossibile. Proprio quando sembrava che le cose stessero per trovare un loro equilibrio, seppur precario, le sue certezze erano crollate, così come la sua forza di volontà. Ora sentiva solo un grande vuoto. Di nuovo.

A volte si domandava se era scritto da qualche parte, se era un volere del destino, che la gente fosse costretta a vivere quel tipo di calvario, pur desiderando il contrario. Si domandava se potesse servire a qualcosa e soprattutto se fosse giusto. La sua anima voleva ribellarsi, voleva urlare, voleva porre fine a tutto ma percepiva anche una forza esterna che le impediva di farlo. Era come se una parte di lei la riportasse con i piedi per terra, le facesse ritrovare un piccolissimo contatto con la realtà, ben conscia del fatto che lui ne sarebbe stato molto fiero.

Devo pensare a lui, ma in modo più positivo, se mai sia possibile, si ripeteva nella mente. Lui vuole il mio bene, esattamente come io volevo il suo.

Represse una piccola lacrima, concentrandosi sulle sue dita intrecciate.

Era curiosa di sapere quanto tempo avrebbe impiegato per fare i conti con la realtà ed accantonare il dolore. Vi erano momenti in cui si spaventava e sentiva che la quiete non sarebbe mai giunta, per lei.

Solamente un cinico, insensibile potrebbe riuscirci.

Lei lo sapeva, non era così. Anche se a volte avrebbe tanto desiderato essere cinica ed insensibile, a dispetto della sofferenza che le dava la caccia.

Accavallò le gambe, in attesa.

Sua madre le diceva sempre che Dio sceglie le persone che sa che potranno affrontare e superare il dolore, pur essendo buone, motivo per cui le mette alla prova. Ma lei non aveva mai creduto a quel tipo di storie.

L'ho finito, venga pure.” Sollevò improvvisamente lo sguardo sull'uomo davanti a lei e si affrettò ad alzarsi dalla sedia. Entrò agitata nello studio e si sedette nuovamente alla scrivania. “Ecco, vede, ho fatto tre disegni, tutti in stili differenti.”

Ingie abbassò lo sguardo sul foglio che le stava mostrando ed osservò con attenzione i lavori. Effettivamente, trovava molto belli tutti e tre, ma quello al centro la rapì in particolar modo. Era fine, discreto, un po' come lei.

Ecco, il simbolo che avrebbe rappresentato la svolta.

Mi piace questo.” lo indicò.

Allora, facciamo questo?” le domandò quindi l'uomo, piuttosto muscoloso. Doveva ammettere che le incuteva un certo timore, nonostante la sua gentilezza.

Pensò a quella domanda qualche secondo ma poi si disse che non era più tempo di pensare, doveva solo seguire il suo istinto.

Sì.” rispose, convinta.

Allora si accomodi. Si sdrai sul lettino.”

Ingie fece come le aveva detto.

E non appena l'ago le trafisse la pelle, sorrise, forse consapevole di dar vita ad un nuovo inizio.





***





Se ne stava poggiata al muro da qualche minuto, sfiorandosi di tanto in tanto il petto ancora pulsante. Aveva scelto di non entrare in palestra ed aspettare Tom al di fuori di essa, con impazienza. Doveva rifornirsi di un po' di sano ossigeno, prima di perderne ogni singolo granello con il botta e risposta che, sapeva, avrebbe dovuto affrontare con il chitarrista. Ormai si era arresa all'evidenza: detestava Tom e non poteva fare a meno di provocarlo, anche se intimamente desiderava di essere lasciata in pace, non le sembrava di chiedere molto. Era un tipo che non demordeva facilmente e se si fosse impegnato un minimo di più, non l'avrebbe lasciata vivere.

Sbirciò appena attraverso il vetro e localizzò immediatamente il fulcro dei suoi pensieri.

Era seduto su di un attrezzo, intento a sollevare dei pesi con le braccia. Il viso era contratto in una piccola smorfia di fatica, palesemente umido di sudore. Osservò i bicipiti contrarsi e rilassarsi regolarmente, mentre rifletteva su cosa avrebbe potuto fare: odiava attendere, ancora di più che affrontare immediatamente il problema.

Sbuffò, mentre decise di recuperare il telefono, e scrisse velocemente un messaggio.


Alza il tuo culetto scarno. Sono qui fuori.


Pochi secondi dopo, guardò il ragazzo posare il tutto e dare un'occhiata al proprio cellulare. Successivamente, sollevò lo sguardo accigliato su di lei – attraverso il vetro –, la quale gli fece un gesto eloquente con la mano, accompagnato da un sorrisino ironico. Non ci volle molto perché si alzasse con l'asciugamano in spalla e raggiungesse lo spogliatoio maschile.

Ingie sospirò ancora una volta e si poggiò nuovamente con la testa contro il muro, fino a che non percepì la presenza di Tom affianco a lei.

Sembrava ci stessi lasciando i bicipiti, su quell'attrezzo.” commentò con sarcasmo, senza spostarsi di un centimetro.

Sai, io sono abituato a fare le cose seriamente.” sorrise lui, avvicinandosi ad Ingie, mentre poggiava una mano accanto al suo viso, proprio sul muro.

Ingie ignorò quella frase che sapeva tanto di doppio senso ed esercitò una lieve pressione sul petto con la mano, facendolo così indietreggiare.

Davvero?” domandò scettica, per poi dirigersi verso l'auto di Tom, che la seguì divertito. “Torniamo a casa in fretta, sono stanca.” aggiunse, mentre si accingeva a salire. Tutto ciò che voleva fare era tornare a casa in tempo per godersi un breve sonnellino, prima dell'arrivo di Simone.

Cosa avrai mai fatto di così estenuante.” sospirò il chitarrista, dopo aver messo in moto ed aver imboccato la strada principale. “A proposito, si può sapere che cosa hai combinato, nel frattempo?” le domandò poi, senza guardarla.

Ingie si voltò verso di lui compiaciuta.

Stai ancora pensando alla storia della serial killer?” ridacchiò.

No, cerco di auto convincermi che tu sia normale.”

Non devi preoccuparti, ho tutto al proprio posto.”

Sì, questo lo vedo.” commentò lui, lanciando al contempo un'occhiata veloce al suo seno, cosa che non sfuggì alla ragazza.

I hate him. Really, really hate him.

Se vuoi davvero rimanere in vita, ti conviene non farlo mai più.” lo minacciò con occhi infuocati.

Come ti pare.” sospirò lui, tornando a concentrarsi sulla strada di fronte a sé. “Allora, mi vuoi dare una risposta?”

Ingie esitò qualche attimo, ma poi si rese conto che continuare a fare la misteriosa a tutti i costi non avrebbe giovato particolarmente alla sua salute. Sapeva che Tom le avrebbe reso la vita impossibile per saperlo, quindi decise di giocare d'anticipo.

Ho fatto questo.” si arrese, scoprendosi appena il petto, in corrispondenza del cuore, dove la pelle era ancora arrossata e lucida. Impressa, stanziava una lettera nera, semplice, senza troppi fronzoli.

Una T.

Tom aggrottò le sopracciglia, poi sorrise appena. Fu un sorriso che non le piacque per niente; ormai aveva imparato a riconoscerlo, ad ogni occasione.

Non pensavo ti fossi già affezionata così tanto a me.” esclamò infatti, con la soddisfazione che ardeva negli occhi. “Ti offendi se non ricambio il gesto?” le domandò poi con una vena di finto dispiacere.

Le palpebre di Ingie calarono vertiginosamente. Per qualche strana ragione il suo cervello si era messo in moto, un istante prima, ed aveva messo in preventivo una reazione ad alto tasso di ignoranza, proprio come quella. Ancora una volta Tom le si era dimostrato il ragazzino idiota che aveva conosciuto nella dannata Amburgo.

Non crederai sul serio che io mi imprima sulla pelle un idiota come te, vero?” sollevò un sopracciglio. Si sentiva indignata, quasi offesa. Aveva scelto di realizzare quel tatuaggio per una persona a lei molto cara, che non avrebbe più potuto starle accanto, ed il fatto che Tom avesse commentato con superficialità l'evento, non faceva altro che sminuire quella persona. Ed era una cosa che non poteva accettare.

Beh, sei strana. Mi aspetterei qualsiasi cosa da te. Persino di trovarti nuda nel mio armadio.” commentò, decisamente convinto di ciò che diceva.

Era quello ciò che più spaventava Ingie: il fatto che le assurdità e le idiozie che diceva quel ragazzo fossero pronunciate con la serietà negli occhi, con tutto l'impegno possibile. Da una parte aveva sperato che fosse il suo modo di scherzare – pur sempre discutibile – ma aveva dovuto presto fare i conti con la cruda realtà: Tom era stupido, fine della storia.

Non era così impossibile da accettare, no? Aveva passato di peggio.

Farò finta di non aver sentito.” sospirò, arresa all'evidenza.

Immagino sia inutile chiederti cosa voglia dire, giusto?”

Giusto.”

Passarono momenti interminabili di silenzio. Momenti che Ingie conosceva bene.

Le si erano sempre presentati attimi tranquilli come quello, ad un certo punto della giornata. Ed era proprio in quegli attimi che le capitava di riflettere. Da una parte le piacevano, le davano un senso di pace. Dall'altra desiderava che qualcuno parlasse di nuovo perché, a lungo andare, il silenzio e la solitudine la spaventavano.

L'improvvisa suoneria di un telefono le venne in aiuto. Si guardò attorno, cercando di capire da dove provenisse, fino a che non vide Tom estrarre il proprio cellulare dalla tasca dei pantaloni.

Bill.” disse, dopo aver tirato un'occhiata al display. “Rispondi tu.”

Le passò il telefono e lei prontamente rispose.

Bill.”

Tom?

Ti sembro Tom?”

Effettivamente, c'era qualcosa che non andava.” Ingie roteò svogliatamente gli occhi. “Dove siete?

In macchina, stiamo tornando.”

Digli che nostra madre sta arrivando e sarebbe carino che lui fosse già a casa per quel momento.

Dice che ti devi muovere. Mamma Simone in arrivo.” si rivolse a Tom che, se il suo sguardo avesse potuto aiutarlo, l'avrebbe di sicuro incenerita. “Why that look?” strinse le palpebre, con sospetto.

Dovrei beffarmi dei cartelli stradali, investire i vecchietti e fondere il motore?” domandò come fosse una cosa tanto ovvia.

Che vuoi da me? È tuo fratello che detta legge, non io.” si difese la ragazza, continuando a mantenere il cellulare contro l'orecchio.

Ingie, non importa. Vi aspetto a casa.” parlò a quel punto Bill, dall'altro capo.

Whatever.” tagliò corto, riattaccando. Restituì il cellulare a Tom. “Sua maestà deve avere i sintomi premestruali.” commentò, con sarcasmo.

Se non altro, vi intendete.” ribatté il chitarrista. Trascorsero altri cinque minuti, prima del loro arrivo allo studio di registrazione – occupato da una macchina decisamente meno vistosa di tutte le altre parcheggiate. “L'auto di mia madre.” sorrise il ragazzo, prima di spegnere il motore ed uscire.

A Ingie non era mai capitato, prima di allora, di leggere sul viso di Tom un'espressione che racchiudeva così tanta contentezza ed impazienza. Era proprio vero che una madre poteva cambiare la vita. Ignorando la fitta allo stomaco, camminò alle sue spalle, fino a che non furono dentro lo studio.

Non fecero in tempo a guardarsi attorno, che tre cani – due grandi ed uno piccolo – corsero loro incontro, come indemoniati. Tom scoppiò a ridere, abbracciandoli come poteva, uno ad uno, mentre Ingie restò imbambolata nell'ingresso ad osservare quella scena insolita.

Pareva un'altra persona. Li stringeva a sé, li baciava, sorrideva pieno di gioia, come ripresosi da una lunga astinenza. Tutto ciò le sembrò quasi paradossale.

Ti ci abituerai. Non crederai mai ai tuoi occhi.

Erano state le parole di Gustav che, come sempre, aveva ragione.

Eccolo, il figlio Sono tenero ma faccio il duro!”

Sollevò lo sguardo. Una donna bionda, bellissima, si stava avvicinando con le braccia spalancate e gli occhi luccicanti a Tom.

Il cuore prese ad accelerare il battito.

Mamma.” sorrise Tom, stringendola forte. “Mi mancavi.” ammise.

Simone schioccò un bacio sulla guancia del figlio, più alto di lei di almeno una decina di centimetri, e poi si voltò in direzione di Ingie, che si sentì improvvisamente arrossire.

E tu sei Ingie!” esclamò la donna, avvicinandosi a lei. “Piacere di conoscerti.”

Le porse la mano, prendendola quasi in contropiede. Si affrettò a stringergliela, cercando di celare come poteva l'agitazione.

Si sentiva strana, non le era mai capitato prima di allora.

Quasi non ricordava più quale meravigliosa sensazione si provasse ad avere una madre al fianco.





***





Ultimamente Gordon sta dando un po' di matto.”

Ingie ormai ascoltava da minuti interminabili quella conversazione, intenta nel frattempo a giocherellare con la forchetta in mezzo all'insalata – il primo esperimento di cucina sana nello studio di registrazione. Alla fine, era riuscita a manipolare Bill a suo piacimento, il quale si era arreso al suo caratterino così spiccio. Georg e Gustav avevano accolto la novità con immensa approvazione, stanchi anche loro di non immettere altro nello stomaco se non il cibo spazzatura che continuavano a rifilare loro i gemelli. Tom non aveva fatto una piega, se non per stuzzicarla, ribadendo quanto fosse cocciuta. La risposta da parte di Ingie era stata, come sempre, rapida e concisa.

Come mai?” domandò Bill a sua madre, piuttosto preoccupato.

Da tanto Ingie si chiedeva perché lui e suo fratello non avessero mai nominato il padre biologico. Non voleva fare domande, perché era la prima ad odiarle, quindi continuava a riporre i tasselli del puzzle mancante al proprio posto grazie all'intuizione e nient'altro, ma ancora non era riuscita a completarlo.

Perché il lavoro continua a scarseggiare sempre di più, il guadagno è inferiore mese dopo mese. Insomma, siamo un po' preoccupati, tutto qui.” spiegò Simone, ormai dimentica del cibo che aspettava freddo nel piatto.

Ingie ricordava perfettamente quella sensazione di paura e vuoto, ma soprattutto di impotenza, un mese addietro. Anche lei si era ritrovata a farsi i conti sulle dita e la sfortuna aveva voluto che non possedesse nemmeno un lavoro cui aggrapparsi. Doveva ritenersi fortunata ad averlo trovato in così poco tempo ed essere grata – anche se le costava ammetterlo – ai ragazzi, che le avevano offerto un posto dove stare, senza un limite di tempo. Certo era che non aveva intenzione di disturbarli troppo a lungo. Fra i suoi progetti, quei pochi che ancora aleggiavano nella sua testa, c'era quello di mettere abbastanza soldi da parte per comprare una casa tutta sua, smettendola di gravare in questo modo sulla band.

Mamma, lo sai che per qualsiasi cosa puoi contare su di noi. Se avete bisogno di aiuto non devi fare altro che dirlo.” disse Tom, improvvisamente serio, cosa che stupì non poco Ingie.

Lo so, tesoro, e per questo ti ringrazio. Ma ora non ne abbiamo bisogno e soprattutto non voglio che voi vi preoccupiate per noi.” sorrise la madre. Si leggeva nei suoi occhi l'immenso orgoglio che provava per i figli. “Ma ora basta parlare di me. Ingie.” La mora sollevò immediatamente lo sguardo, come ripresasi dallo stato di trans in cui si era rifugiata per un po'. “Dimmi di te. Hai parlato così poco, fino ad ora.” la incitò amabilmente.

Per quanto odiasse essere interrogata, non riuscì a provare fastidio, di fronte a quella donna.

Si guardò attorno, per tutta la tavolata, mentre cinque paia di occhi erano attentamente posati sulla sua figura, rendendola per un momento inerme. Cominciava a sentirsi a disagio.

Beh.” si schiarì la voce. “Che posso dire? Non c'è molto da dire su di me.” sorrise in imbarazzo, continuando a torcersi le mani in grembo. “Vengo da New York e penso che si intuisca.” scherzò appena. “Ehm, diciamo che non ho avuto una vita facile, fino ad ora. E, devo dire, che sono stata fortunata a trovare un lavoro ed una casa a tempo record. Vista la situazione in cui mi trovavo.”

Non era riuscita a regalarle dettagli sulla sua storia, ma Simone non sembrò offesa o perplessa. Sembrava invece aver capito ogni cosa, nonostante non le avesse detto nulla.

Beh, i miei figli sono un po' irritanti e particolari, ma sanno essere generosi con tutti.” disse soddisfatta, ignorando spudoratamente le occhiatacce da parte dei diretti interessati. “Sono sicura che riuscirai a risolvere tutti i tuoi problemi, sei un ragazza sveglia.”

La ringrazio.” sorrise, quasi commossa.

Oh, ti prego, dammi del tu!” rise la donna.

Le era grata. Le era grata perché aveva saputo prenderla con le pinze. Non aveva scavato a fondo, nella sua vita o nel suo passato, con l'intuito che solo una madre poteva avere.

Ricordava le conversazioni che spesso teneva con la sua. Ricordava la complicità, l'attenzione, ma soprattutto l'amore.

Le saltarono alla mente tutte le letterine che, fino all'età di dodici anni, aveva scritto a sua mamma, elencandole ogni pregio, ogni cosa buona che faceva per lei, dalla più futile alla più importante.


Cara mammina, oggi la maestra mi ha detto che ho fatto un bel tema. Non le ho detto che mi hai aiutato! Comunque, grazie, mammina. Ti voglio tanto bene!


Cara mammina, oggi Mark mi ha sorriso. Avevi ragione! Forse gli piaccio!


Cara mammina, ti volevo solo dire che sei la mamma migliore del mondo! Ti voglio tanto, tanto, tanto bene!


Quelle letterine – o meglio, biglietti – scritte con imprecisione, con immaturità, ma anche con la spontaneità e la sincerità tipiche dei bambini. Se le ricordava tutte. Quanto avrebbe desiderato riavvolgere il tempo e tornare a quel periodo.

Sentiva gli occhi pizzicare, ma si concentrò per ignorarli.

Faccio i piatti.” annunciò improvvisamente Simone, facendo per alzarsi dalla sedia.

Ma no, mamma, faccio io. Tu vai a riposarti. Domani mattina devi ripartire presto, hai bisogno di dormire.” si affrettò Tom a precederla, cominciando a sparecchiare.

Sicuro?” chiese la donna, decisamente assonnata. Il chitarrista annuì convinto con uno sguardo che non ammetteva repliche. “D'accordo, allora. Grazie. Buona notte a tutti.”

La salutarono in coro, mentre usciva dalla cucina, per dirigersi al piano superiore, dove l'attendeva una delle innumerevoli stanze a disposizione. In pochi secondi, la cucina si era svuotata.

Ingie, a quel punto, decise di rendersi utile in qualche modo e prese a sparecchiare assieme a Tom.

Carina tua madre.” parlò, senza pensarci. Era giunta l'ora di tornare a provocarlo. “Di certo, non hai preso da lei.” sorrise furba.

Fidati, ho preso tutto da lei, fortunatamente.” rispose, cupo in viso, mentre riponeva un piatto nel lavandino. La ragazza si fermò qualche attimo, osservandolo di sottecchi. Che fosse una battuta acida per suo padre? Decise di rimanere in silenzio e riprendere il lavoro. “So che ti stai chiedendo se odio mio padre.” ridacchiò Tom, senza guardarla. “E la risposta è .” Ingie continuò a fare finta di nulla, toccata però da quella confessione. “E non ho intenzione di spiegarti il motivo o dirti altro, finché tu non lo farai con me.” concluse, soddisfatto.

Colpita e affondata.

Se non altro, la differenza è che a me non interessa.” lo osservò in viso, con espressione ironica, mentre posava l'ultimo bicchiere nel lavabo. “Non sono un'insopportabile ficcanaso, come te.” sorrise, senza smettere di guardarlo. Tom ricambiò lo sguardo e le si avvicinò.

Sarà, ma sei un'insopportabile saccente.” rispose, dandole un colpetto sul naso con l'indice.

Ingie rimase quasi allibita da quel gesto così stupido eppure, a sua veduta, così intimo. Dopo qualche attimo di silenzio, in cui Tom aveva cominciato a lavare le stoviglie, decise tagliar corto.

Non prenderti certe libertà, Piggy.” fu l'ultima cosa che disse prima di uscire dalla cucina e dirigersi in giardino, con il pacchetto di sigarette pronto per l'uso.

Aveva avuto una buona intuizione, riguardo il padre dei gemelli. C'era qualcosa che non andava. Sembrava strano, ma era riuscita a leggere la minima sfumatura di odio e sofferenza negli occhi di Tom, durante quei pochi secondi in cui gliel'aveva nominato. Era ovvio che a tormentarlo fosse qualcosa di particolarmente rilevante.

Una volta fuori, trovò Georg, intento a consumare la sua sigaretta, che osservava i cani dei Kaulitz correre per tutto il giardino. Era poggiato al muro con la schiena, non troppo distante dall'ingresso, e lei decise di affiancarlo, sedendosi però sui gradini. Recuperò il pacchetto e ne estrasse quella che ormai era diventata un'amica, nonostante le nuocesse alla salute.

Ti serve l'accendino?” le chiese Georg.

No, ce l'ho.” rispose lei, per poi accendersi la sigaretta. “Che casinisti.” commentò successivamente con un sorriso, scrutando ogni minimo movimento degli esseri pelosi che non facevano altro che inseguirsi per tutto lo spazio a disposizione.

Sono stati tutti raccolti per strada.” parlò il bassista.

Davvero?” domandò lei, sorpresa.

Quello lì nero veniva picchiato e gli veniva data la birra da bere.” Ingie sgranò gli occhi. “Tom e Bill l'hanno trovato in condizioni pietose quando era solo un cucciolo, così hanno deciso di portarlo a casa. Gli altri non hanno una storia così tragica, ma sono tutti trovatelli.” La ragazza non disse niente. “Non hai detto nulla nemmeno a Simone.” cambiò improvvisamente discorso lui, facendola sorridere scetticamente.

Ah, lo sapevo che ci saresti arrivato.” commentò, dopo aver tirato una boccata di fumo.

Notavo solo.” scrollò le spalle il rosso.

Qui dentro, soffrite un po' tutti di curiosità cronica.” rifletté lei. “Vivete tranquilli.” gli consigliò con ironia.

Beh, sai, penso sia normale voler sapere qualcosa in più della persona con cui vivi. Non mi sembra una cosa così fuori dal mondo.” ribatté, buttando un po' di cenere a terra. Questa volta sembrava un po' scocciato. “Potresti essere una serial killer.” aggiunse poi, tornando ad adottare un tono più giocoso.

Ingie sorrise.

Tom mi ha detto la stessa, identica cosa.” disse. “Fammi un favore, Redhead. Dormi su sette cuscini perché non uccido la gente per hobby.” commentò ironica. “Potrei farlo solo con Piggy, ma in un caso del tutto particolare.”

Ricevuto.” sorrise il ragazzo, per poi spegnere la sigaretta nel posacenere. “Vado a dormire, prima che ti salti in testa di uccidere anche me.” scherzò, mentre risaliva i gradini.

Tonight. Be ready.” fece Ingie, con finta voce minacciosa, scatenandogli una lieve risata.

Buona notte.” le augurò prima di chiudere la porta di ingresso e sparire dietro essa.

Lei sospirò appena, per poi accarezzare il pelo bianco e nero del cane più grosso che le si era avvicinato nel frattempo.

Perché tutti credono che io sia una serial killer?” domandò a quel muso tenero. “Ho lo lo sguardo così diabolico?”

Ma tutto ciò che ricevette in risposta fu uno sbadiglio.



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Capitolo 8
*** Seven - Just a picture ***


7


Seven
Just a picture





Per qualsiasi cosa, chiamami pure, tesoro. Ecco il mio numero.

Era stato tutto ciò che Simone le aveva detto con dolcezza, prima che il suo viso venisse oscurato dal finestrino dell'automobile. Ingie aveva percepito un senso di vuoto, osservando quella donna sparire dietro l'angolo della strada, consapevole del fatto che sarebbero passati mesi, anni, un'eternità prima di rivederla. O forse, non l'avrebbe semplicemente mai più rivista.

L'idea un po' la spaventava ed il tutto era inspiegabile. Simone non era sua madre, non aveva legami di sangue con lei, non erano nemmeno vecchie conoscenti. Eppure aveva sentito una piccola fitta allo stomaco, al momento della sua partenza. Forse era stata la sua gentilezza, la sua dolcezza ed il suo istinto materno così forte a congelarla come un ricordo felice nella mente di Ingie.

Si osservò stancamente allo specchio e si pettinò velocemente, quasi senza riguardo. Il cervello vagava altrove e, nonostante il suo riflesso la fissasse, lei non si vedeva.

Scese al piano inferiore vestita ma ancora assonnata. Una lunga giornata di lavoro l'attendeva. La settimana era ricominciata, così come la realtà e la vita quotidiana. Si era sentita, quel poco tempo che aveva passato in compagnia di Simone, come su un altro pianeta, lontano dai problemi; come se, in qualche modo contorto ed inspiegabile, fosse riuscita a colmare per un attimo la mancanza della madre.

Quando entrò in cucina, trovò un Bill piuttosto pensieroso seduto al tavolo, con le dita intrecciate sotto il suo mento e lo sguardo fisso nel vuoto. Sembrava pensare o forse era solo preoccupato per qualcosa a lei ignoto.

Vuoi perforare il frigorifero?” le venne spontaneo domandare, seppur con ironia. Bill sollevò le pupille scure su di lei, aggrottando le sopracciglia. “Con lo sguardo.” chiarì, eloquente, mentre gli si sedeva di fronte, dopo aver recuperato una tazza dalla credenza.

Sono sovrappensiero.” rispose lui, con una scrollata di spalle.

Lo vedo.” commentò lei, in tutta tranquillità, riempendosi nel frattempo la tazza di caffè-latte. “Pensare fa male, a voi Kaulitz. È troppo al di là delle vostre capacità.” lo prese in giro.

Lui non riuscì ad offendersi; al contrario, sorrise.

Ti accompagno io al lavoro.” le disse quindi, alzandosi dalla sedia.

Ingie stava ancora bevendo il suo caffè, motivo per cui lo fulminò con lo sguardo.

Stai calmo, Speedy. Devo ancora finire, qui.”





***





Erano le due di notte e non era ancora riuscito a chiudere occhio. Aveva deciso di passare qualche giorno a casa di Kayla, poiché la sua sembrava così vuota ed inquietante.

Sedeva al tavolo con la schiena ricurva su di esso e teneva una tazza di latte fumante fra le mani. Il vapore gli carezzava delicato il viso ed i suoi occhi si chiudevano automaticamente, come in pieno relax.

Aveva passato giorni a cercarla, ad inviarle messaggi, ma nulla. Non aveva mai ricevuto risposta. Aveva perfino cominciato a pensare al peggio ed il solo pensiero che potesse essere fondata tale preoccupazione gli raggelava il sangue e gli impediva di dormire.

Luke.”

La voce di Kayla fece capolino in cucina, facendolo voltare di scatto verso la porta, dove si stagliava la sua figura in camicia da notte.

Kayla. Scusa, ti ho svegliata?” domandò cauto, mentre lei gli si avvicinava scuotendo appena la testa.

No, tranquillo. Che fai ancora in piedi?” gli domandò, con un sorriso triste in volto. Conosceva già la risposta. Luke tornò ad osservare la sua tazza.

Non riesco a dormire.” sussurrò.

Kayla sospirò e gli si sedette affianco, scrutandolo con attenzione mentre gli carezzava appena la schiena.

Riusciremo a trovarla, Luke.” mormorò tristemente. “Ci riusciremo.”

Ma non ci credeva nemmeno lei.





***





Un'altra mattinata estenuante era appena giunta al termine. Questa volta aveva perso il conto delle persone dalle strane richieste o di quelle che si erano impegnate per renderle la vita impossibile. Sapeva solo che erano aumentate esponenzialmente. Tuttavia, era venuta a conoscenza di un fatto tanto sorprendente quanto inquietante: lei aveva il dono della pazienza. Ancora non si era data una risposta per tale assurdità, forse nascosta per anni nei luoghi più reconditi della sua anima, e vi aveva repentinamente rinunciato, poiché la testa non accennava a smettere di riprodurre il frastuono di un martello pneumatico in continua azione contro il suo cervello.

Se solo avessi la stessa pazienza con Pigtail.

Piegò con cura una maglietta che un cliente aveva maleducatamente fatto cadere a terra – decisamente poco intenzionato a raccoglierla, prima di uscire dal negozio – e la ripose sul suo scaffale. Ivan si trovava a qualche metro di distanza, intento a fare la stessa cosa con le felpe firmate LA.

Toccare quegli indumenti, quasi la faceva sentire male, ma con un po' di buona volontà era riuscita ad accantonare il sentimento.

Stasera, ti va di cenare insieme?”

Per poco non inciampò sui suoi piedi, nell'udire quella domanda così improvvisa ed inaspettata.

Si voltò in direzione del suo capo ed aggrottò le sopracciglia, perplessa.

A cena?” chiese, pur avendo compreso perfettamente.

Sì.” scrollò le spalle Ivan, come se niente fosse, con un sorriso quasi puerile ad illuminargli il volto.

Ingie prese a torcersi le mani. Non le era mai piaciuta l'idea di uscire con un datore di lavoro. Certo, Ivan non le dispiaceva come ragazzo; era carino e la sapeva prendere, privilegio di pochi, se non di nessuno. Eppure, oltre all'etica professionale che si era decisa a mantenere, l'idea di frequentare una qualsiasi persona di sesso maschile non l'allettava.

Ehm, non credo sia il caso, Ivan.” cercò di essere il più gentile possibile.

Perché?” le domandò, quasi deluso.

Beh, per prima cosa perché sei il mio capo. Secondo, non ho voglia di immischiarmi in situazioni che al momento mi potrebbero stare strette.” spiegò in completa sincerità.

Non ti ho chiesto di sposarmi. Ti ho proposto una cena da amici.”

Da amici?”

Amici.”

Rifletté qualche istante, ma lo sguardo gentile – ed appena speranzoso – di Ivan l'aiutò a ricordare che era tempo che non si prendeva una pausa dal mondo e non si dedicava ad una semplice cena spensierata fra – così detti – amici.

D'accordo, allora.” si arrese, con un piccolo sorriso.

Sapeva che stava andando ad immischiarsi in una situazione scomoda, ma quel che era fatto era fatto. D'altronde, non avrebbe saputo quale altra scusa rifilare.

Perfetto.” esultò il ragazzo. “Ti passo a prendere alle otto.”

Vada per le otto.” commentò poco convinta Ingie, per poi infilarsi la giacca. “A stasera.”

Detto questo, uscì dal negozio, già in cerca con lo sguardo della macchina di Bill. Si sorprese quando al posto del vocalist, trovò il bassista ad attenderla nella sua automobile.

Buon giorno, Redhead.” lo salutò non appena salì a bordo. “Sua Altezza ha avuto un contrattempo?” domandò ironica.

Sta litigando con suo fratello.” rispose Georg, mentre metteva in moto la macchina. “Pare gli abbia buttato un Mascara.”

Ingie non si sorprese per ciò che aveva appena udito. Discussioni di quel tipo erano più che ricorrenti allo studio di registrazione. Spesso il chitarrista scambiava i trucchi del fratello per oggetti inutilizzabili e, senza prima chiedere conferma, gettava nella pattumiera, generando veri e propri Apocalissi che solitamente si propagavano per l'intera giornata e, a volte, fino all'indomani.

Qual'è il problema? Ne avrà quindici per colore.” scrollò le spalle, decisamente poco preoccupata.

Pare fosse quello più usato da Bill. Non so niente di questa roba e sinceramente non mi voglio immischiare.” tagliò corto il rosso, apparentemente seccato dall'ennesima discussione futile che si era venuta a creare.

Trascorsero qualche attimo in silenzio, in cui Ingie ripensò all'invito a cena di Ivan. Ora che si trovava lontana da lui, si chiedeva per quale improponibile motivo avesse accettato. Aveva immaginato sin da subito che si sarebbe pentita perché si conosceva molto bene. Uno dei suo peggiori difetti era l'irrazionalità. Aveva sempre riconosciuto di non essere una ragazza molto riflessiva; quando sentiva qualcosa, dava libero sfogo all'emozione. Prova di tale teoria era stato proprio il trasferimento immediato in Germania, senza dire una parola a nessuno, nemmeno ai familiari. Forse non era semplicemente in grado di affrontare le sfide, così come le venivano presentate.

Sospirò.

Ivan mi ha invitata a cena.” buttò lì, come niente fosse.

Notò con la coda dell'occhio che Georg si era voltato una frazione di secondo nella sua direzione, prima di tornare a concentrarsi sulla strada.

E tu?” domandò curioso.

Ho accettato.”

Il ragazzo sollevò le sopracciglia sorpreso.

Sul serio?” domandò quasi allibito, cosa che la disturbò un poco.

Che c'è di male? È una semplice cena fra amici.”

No, è che mi sembra strano. Insomma, sei materiale e grezza, non pensavo accettassi una cena con un ragazzo.”

Dovrei offendermi per il materiale e grezza, ma mi consolo pensando che a dirmelo sia stato un fastidioso hobbit.”

Georg sorrise appena, divertito.

Dai, non era una critica.” le lanciò un'occhiata. “Più o meno.” ritrattò.

Comunque, non ha importanza. Ormai, ho detto di sì ed Ivan mi ha assicurato di non avere secondi fini. Dovrò fidarmi, immagino.”

Non ti piace l'idea di una storia?”

Al momento, è l'ultimo dei miei pensieri. A dire il vero, ne sono allergica.”

Confermo ciò che ho detto: sei strana.”

Trascorsero i minuti restanti a scambiarsi provocazioni, fino a che non giunsero a destinazione. Non appena Ingie scese dalla macchina, i cani le corsero in contro, per poi alzarsi su due zampe ed accoglierla con entusiasmo.

Avete dovuto sopportare i vostri padroni alle prese con un Mascara, vero?” cantilenò la mora, inginocchiatasi per carezzarli uno ad uno. “Che mondo crudele, eh?”

Già, questo è un mondo seriamente crudele.” borbottò Tom, una volta uscito dallo studio. “Tu.” disse poi, indicandola quasi minaccioso. “Vieni con me.”

Primo: non mi dare ordini.” ribatté, ma il chitarrista la anticipò.

Senti, Bill è nel bel mezzo di una crisi isterica e ti posso assicurare che non è un bello spettacolo. Perciò, possiamo rimandare gli insulti, le frecciatine e l'odio represso?” si lamentò, mentre la afferrava per la mano e la trascinava in casa. Georg li seguì, scuotendo appena la testa. “Mi sono messo a rovistare nella spazzatura, okay? Nella cazzo di spazzatura per quel cazzo di Mascara.” continuò a predicare il chitarrista, mentre la conduceva in cucina.

Parli come uno scaricatore di porto.” commentò lei, ma lui la ignorò. “Se evitassi di mettere sempre mano nella roba altrui...”

Io stavo solo facendo pulizia!”

Da quando Piggy fa pulizia?”

La fulminò con lo sguardo.

Quando ti ci metti, sai essere proprio fastidiosa.”

Lei roteò gli occhi e scrollò velocemente le spalle, non troppo interessata a ciò che aveva da dire sul suo conto. Piuttosto, era curiosa di sapere quale fosse la ragione per cui Tom l'avesse presa in modo così rude.

Esattamente, cosa vuoi che faccia?” domandò sinceramente perplessa.

Tu sei brava nelle lavate di capo, no? Bene, renditi utile e vai a spegnere quella radio di mio fratello.”

Ingie inarcò le sopracciglia.

Come, prego?” domandò esterrefatta.

Hai capito.” tagliò corto lui.

Io non faccio da balia a nessuno.”

Ti diamo asilo, ricordi?”

Nessuno mi ha mai parlato di fare da baby-sitter a quattro esseri ancora affetti da crisi adolescenziale.”

Divertente. Ora, fila.”

Sai, vero, che parlarmi con quel tono non ti aiuta?”

Tom chiuse gli occhi e si massaggiò lentamente le tempie, cercando di prendere più aria possibile.

Cortesemente, potresti andare a parlare con mio fratello?” fece con sarcasmo.

Mi chiedo a cosa possa servire ma va bene.” decise di accontentarlo, più per sfinimento che per reale gentilezza.

Grazie mille.” continuò a prenderla in giro, a denti stretti, ma lei fece finta di nulla, per non ricominciare da capo con la discussione. Anche lei aveva bisogno dei suoi spazi e trascorrere tutta la giornata a litigare con Tom non era ciò che più la appagava.

Sospirando pesantemente, uscì dalla cucina e, con passo strascicato, salì le scale.

Com'era finita in quella situazione? Possibile che più cercasse di tirarsi fuori dalle questioni, più vi si invischiava, in un modo o nell'altro? Che idea si era fatto Tom? Cosa credeva che potesse dire a Bill? Quella situazione le pareva assurda, ancora di più montare un intero show per un semplice Mascara che – con tutti i soldi che possedeva – si sarebbe potuto ricomprare con uno schiocco di dita.

Bussò alla porta della stanza di Bill ed aspettò che questo le rispondesse con un grugnito. Non attese il permesso per entrare; lo fece e basta.

Bene, facciamola breve, perché non sono un tipo da psicanalisi. Perché frigni per un dannato Mascara?” parlò, del tutto priva di tatto, come sempre.

Bill, che era seduto sul suo letto a testa bassa, sollevò lo sguardo cupo su di lei.

Ti ha spedito qui mio fratello? Digli pure che non mi serve la baby-sitter.” rispose con astio.

Ingie incrociò le braccia al petto.

Senti, principessa, anche io ho il mio bel da fare e ti assicuro che non mi entusiasma l'idea di ascoltare un mucchio di lamentele inutili da parte di quattro ragazzini. Per questo motivo, o sputi il rospo e mi dici cosa ti ha fatto reagire così – perché sono convinta che non si tratti solamente di uno stupido Mascara – o ti lascio qui e mi vado a fare un giro, cosa che in questo momento apprezzerei molto di più.”

Attese qualche secondo, battendo un piede per terra.

David ci ha rimproverato.” mormorò il vocalist, senza guardarla.

Oh, fine, ci hai messo meno del previsto a cedere.” si avvicinò, fino a sedersi sul letto, di fronte a lui. “Mi chiedevo quanto tempo avresti impiegato per dire la verità.” disse quasi con superficialità, come avesse risolto il quiz più semplice del mondo.

Sai, mi irrita il fatto che capisci sempre tutto.” borbottò lui, guardandola di sottecchi. La mora sollevò le spalle.

So?” lo incoraggiò, come impaziente.

Ci ha praticamente detto che siamo degli scansafatiche.”

Ingie si prese qualche attimo per riflettere.

Sicuro di volere un mio parere?” domandò.

No.” rispose lui, secco. “Dice che non stiamo lavorando sul nuovo disco e che presto la gente ci dimenticherà. Ci ha parlato in modo veramente brusco, come non aveva mai fatto.”

Ora che ci pensava, Ingie non aveva più visto David girare per lo studio di registrazione. Sapeva che aveva la sua famiglia, ma solitamente passava ogni giorno a controllare la situazione. Il fatto che non vi si fosse ancora presentato era piuttosto sospetto. Che ci fosse qualcos'altro?

Beh, cominciate a lavorare.” concluse semplicemente.

Ingie, ci siamo presi un periodo di pausa. Abbiamo appena finito un tour. Siamo sfiniti! E poi non è la prima volta che lo facciamo e David è sempre stato d'accordo.”

Magari non era d'accordo ma non ve l'ha mai detto.”

No, per me c'è qualcosa dietro.”

Ingie lo osservò qualche istante in silenzio.

Bene, mentre tu ti diverti a fare l'allegro investigatore, perché non smetti di tormentare tuo fratello con la storia del Mascara?” parlò, quasi allegra. “Tanto è tutta una montatura per scaricare il nervosismo, no? E, tanto per dire, fossi in te ne parlerei con lui.” Si alzò dal letto e si diresse alla porta, contenta di aver fatto tutto in brevissimo tempo.

Ingie.” la chiamò il vocalist, facendola voltare nella sua direzione. “Sei un vero disastro per queste cose.” commentò. “Ma apprezzo il gesto.” sorrise.





***





Fece saltare con poca grazia il tappo della bottiglia di birra che aveva appena tirato fuori dal frigorifero, troppo bisognoso di mandare giù certi pensieri, assieme ad un po' di alcol. Bevve a canna, senza curarsi di Georg, che sedeva al tavolo, vicino a lui, e lo osservava con interesse.

Hai intenzione di ubriacarti in pieno giorno?” gli domandò, per niente preoccupato.

Il chitarrista deglutì un altro sorso di birra prima di rispondere.

Ho solo bisogno di una distrazione.” borbottò, senza degnarlo di uno sguardo.

Già, è da un po' che non porti una ragazza allo studio.” sorrise appena il rosso, osservando l'amico di sottecchi. Tom fece di tutto per non incrociare il suo sguardo. “Qualcosa a che vedere con Ingie?” domandò poi, malizioso. Il chitarrista tirò talmente di fretta il fiato che la birra gli andò di traverso, facendolo tossire in modo compulsivo. Gli occhi gli lacrimarono ed il colore della pelle sfumò in un rosso acceso, dallo sforzo, mentre il bassista gli batteva una mano sulla schiena. “Toccato un tasto dolente?”

Ma che ti salta in testa?! Chi la vorrebbe mai quella strega! Hai per caso visto come mi tratta?” obiettò il moro, decisamente indignato per quell'assurda insinuazione.

Ingie era una bella ragazza, solo un cieco non lo avrebbe ammesso. Questo non faceva di lei una persona adorabile. Raramente nella sua vita aveva avuto modo di conoscere persone tanto irritanti e scontrose e lei, con il suo caratterino odioso, non lo aveva di certo rapito. Ovvio, lo incuriosivano la sua vita, la sua riservatezza e ciò che si ostinava a nascondergli, ma lui era solito cercare ragazze dall'attitudine decisamente differente e meno sgraziata. A volte, se non fosse stato per il seno mediamente prosperoso – sì, non aveva fatto a meno di notarlo – faticava a credere che fosse una donna. Lui aveva bisogno d'altro, non di certo di una ragazza dal ciclo mestruale permanente che gli urlasse ogni giorno quanto fosse imbranato.

Non sarà proprio questo suo modo di fare ad attrarti?” insistette Georg e Tom cominciava ad innervosirsi.

Georg, non sono ancora diventato masochista.” rispose, per poi riattaccarsi alla bottiglia.

Quindi mi vuoi dire che non ti sei mai fatto un pensierino su di lei?” indagò ancora il rosso, probabilmente convinto di estorcergli qualche strana verità. “Nemmeno uno piccolo, piccolo?”

Se vuoi sapere se ho mai sognato di farci sesso, la risposta è no.” tagliò corto, per poi bere l'ultima goccia di birra rimasta nella bottiglia. “Il suo caratteraccio non mi eccita nemmeno un po'.”

Non mi riferisco semplicemente al sesso, Tom.”

Hobbit, qualsiasi cosa tu stia ingegnando in quella tua testolina bacata, non provo niente per Ingie.”

Allora non ti dispiacerà sapere che stasera cena con Ivan.”

Ci furono un paio di secondi di silenzio, in cui Tom cercò di analizzare ciò che aveva appena udito. Aggrottò le sopracciglia ed osservò il rosso, stranito.

Cosa?” domandò esterrefatto.

Georg gli puntò velocemente un dito contro.

Ah-ah!” urlò, con tono incriminante. “Lo sapevo!”

Non cominciare a montarti la testa, mi sono stupito solo perché si tratta di Ivan.”

E perché mai dovrebbe stupirti, sentiamo?”

Perché si è lasciato da un mese con la ragazza che voleva sposare. Mi rimane un po' strano da pensare che ora ci provi con Ingie, non credi? Soprattutto che le piacciano donne dal caratterino così... Sofisticato.”

Beh, qualcosa di buono ci avrà visto, no?” Georg si diresse verso il salotto ma, prima di uscire dalla cucina, si voltò appena verso Tom. “In ogni caso, lei non sembra molto interessata ad intraprendere una relazione, se ti può tranquillizzare.” parlò.

Georg, mi hai stufato con questa storia. Ti ho detto che non me ne può fregar di meno di quella strega, formato ragazza affascinante.”

Ora sei tu che fraintendi, io lo dicevo per Ivan.” sorrise furbo il rosso, prima di sparire.





***





Stava sbagliando tutto.

Si guardava allo specchio, intenta ad indossare un tubino nero – di qualche centimetro al di sopra delle ginocchia – e si sentiva un'ipocrita.

Perché si era cacciata in quella situazione? Sapeva che non sarebbe riuscita ad evitarla perché, per quanto testarda, distaccata e rude fosse, non era insensibile. Ivan le era sembrato così trasparente e quasi ingenuo che rifiutare il suo invito le sarebbe parso una cattiveria immane.

Ed ora si era pentita. Una serie di regole che si era prefissata a confermarle la tesi.

Primo: mai uscire con un datore di lavoro, era una questione di principio. Secondo: mai dare false speranze al prossimo per non ferire i suoi sentimenti. Terzo: mai, e di nuovo mai, agire contro il proprio volere.

In pochi attimi aveva infranto ben tre principi fondamentali che si era da sempre imposta e non ne conosceva nemmeno il motivo.

Istintivamente portò lo sguardo sul suo cellulare, posato sul comodino affianco al letto, dallo schermo nero. Si avvicinò e, deglutendo appena, accese il display.

Non aveva più ricevuto messaggi o chiamate da parte di Luke e la cosa un po' la rincuorava, benché dall'altra parte si sentisse un'immensa egoista.

Finì di sistemarsi i capelli sciolti sulle spalle e diede un'occhiata al trucco. Una passata di Mascara ed un leggero strato di gloss era tutto ciò che si era applicata; non voleva rendere l'idea di una ragazza particolarmente interessata o entusiasta per quella cena. Indossò le scarpe col tacco che si era permessa di acquistare grazie ai suoi guadagni ed aprì la porta della stanza.

Si spaventò quando per poco non urtò il corpo di Tom, che era proprio in corridoio, forse diretto alla sua camera da letto.

Piggy!” esclamò. Tom non le rispose, semplicemente la osservò con attenzione da capo a piedi.

Deve proprio piacerti Ivan, se sei arrivata ad indossare qualcosa di femminile.” la stuzzicò.

Pareva in ogni caso sorpreso.

Non è per Ivan, ho semplicemente sfruttato l'occasione. E comunque non mi offendi.” sorrise furbescamente, picchiettandogli un dito sul petto.

Inaspettatamente, il chitarrista le afferrò la mano per immobilizzarla.

Ti conviene fare attenzione a come ti comporterai stasera. Ivan è una persona che, quando si innamora, si annulla completamente. Perciò, se non ti interessa, non lo illudere.” la mise in guardia, con il viso decisamente più vicino di quanto si aspettasse.

Si liberò dalla sua presa e lo fulminò con lo sguardo.

Ho vent'anni, Tom. So esattamente come comportarmi.”

Il chitarrista storse il naso.

Mhm, sei ancora piccina.” commentò con un lieve sorriso.

Come se non ci fossero solo tre anni fra noi.” obiettò, senza interesse, mentre si lisciava il tubino lungo il corpo. “Ora vado.” disse poi, posando nuovamente lo sguardo su di lui, prima di avvicinarsi alla scala. “Buona serata.” disse con disinteresse, per poi cominciare a scendere i gradini, facendo attenzione ai dodici centimetri in più di altezza che – se lo sentiva – avrebbero potuto farle perdere l'equilibrio da un momento all'altro.

Contro ogni aspettativa, riuscì a raggiungere il piano inferiore, dove un Gustav piuttosto allegro si divertiva a giocare con Scotty, il cane nero, con il suo pupazzo preferito, a forma di orsacchiotto.

Sorrise spontaneamente.

Non hai già un bel da fare con gli altri bimbi?” gli domandò, ammirata. “Certo, capisco che un cane possa essere più intelligente e divertente di Piggy o Redhead o Speedy.” continuò, facendo ridere il batterista.

Brava, hai capito bene.” Si sollevò in piedi e si girò ad osservarla, rimanendo per qualche attimo a bocca aperta. “Sei bellissima.” fece stupito.

Grazie.” rispose lei, soddisfatta. Un complimento da parte di Gustav era sempre bene accetto. Proprio in quell'istante, il citofono trillò, segnalando l'arrivo di Ivan. Per mezzo secondo le mancò il fiato, cosa del tutto inaspettata. Si sentiva tremendamente nervosa; a dire il vero non vedeva l'ora che quella serata giungesse al termine e sperava con tutto il cuore che il tempo passasse il più velocemente possibile. Finì di abbottonarsi il cappotto che recuperò dall'appendi abiti e poi salutò Gustav con due pacche sulla testa, come fosse anche lui un cagnolino. “Ciao, biondo. A più tardi o a domattina.”

Sperava tanto che fosse la prima opzione.

Camminò lungo il vialetto della villa stringendosi nelle braccia, a causa dell'aria piuttosto pungente di Berlino. Quella sera faceva particolarmente freddo e se già si era pentita di aver indossato un tubino, ora cominciava a maledirsi.

Prese un bel po' di fiato, prima di raggiungere Ivan, che l'attendeva fuori dal cancello.

Non appena la vide, sorrise ammirato.

Ciao.” la salutò sereno. “Stai benissimo.” si complimentò compiaciuto, studiandola da capo a piedi, cosa che la mise tremendamente a disagio. Forzò un sorriso.

Grazie.”

Sali.” la invitò, mentre le apriva la portiera da bravo galantuomo.

Ingie non era più abituata a tali attenzioni e premure e, se in un altro momento le avrebbe apprezzate, ora si sentiva solamente infastidita. Perché cominciava a sviluppare quello strano sentimento? Le piaceva Ivan, le stava anche simpatico. Eppure da quando l'aveva invitata a cena, dentro di lei era mutato qualcosa, così come il suo atteggiamento. Ed era proprio per quel motivo che avrebbe fatto bene a declinare perché sapeva che al lavoro, nei giorni seguenti, si sarebbe comportata in maniera decisamente differente con lui.

Era riuscita a trovare una buona situazione, un buon equilibrio ed il fatto che si stesse sfasando le stava rovinando i piani. Forse si stava anche costruendo tanti castelli nella testa e pregava che fosse così, ma qualcosa le diceva che non sbagliava.





***





Tavolo appartato, lento di sottofondo, luci offuscate.

Doveva ammettere che quella cena sembrava tutto fuorché amichevole.

Appena avevano fatto ingresso nel ristorante, particolarmente lussuoso – cosa che stupì non poco Ingie –, si era resa perfettamente conto che la situazione stava degenerando. Ivan non aveva fatto altro che rassicurarla sulle sue intenzioni, ma non poteva togliersi dalla testa quel dubbio. Era fin troppo evidente che il ragazzo provasse qualcosa per lei. Che fosse solo attrazione fisica, non poteva in ogni caso accettarlo.

Tuttavia, durante il pasto, non aveva fatto altro che comportarsi nel modo più spontaneo possibile.

Perché non mi racconti come mai sei venuta a vivere in Germania? Ce ne vuole di coraggio per fare una scelta simile.” parlò Ivan, mentre tagliava la sua bistecca ai ferri.

Volevo semplicemente cambiare aria.” tagliò corto lei.

Dai, non ci credo. Se vuoi cambiare aria te ne vai in un paesino accanto al tuo.” sorrise il biondo.

Non mi sarei accontentata.”

Sei una ragazza pretenziosa?”

Quando occorre.”

Anche in fatto di ragazzi?”

Soprattutto.” Sperava che capisse l'antifona ma lui non sembrò scomporsi più di tanto. Continuava a sorridere compiaciuto, come se quella conversazione lo stesse divertendo particolarmente, e ingeriva bocconi di carne ad ogni pausa. “Sai, Ivan, io sono una ragazza molto difficile. Se decido di non innamorarmi, posso farlo.”

Ivan sorrise e scosse la testa.

No, Ingie. Non puoi decidere di chi innamorarti. Lo fai e basta.”

Si prese qualche secondo prima di rispondere.

Beh, al momento, non mi interessa.” mise subito in chiaro. Voleva a tutti i costi che Ivan capisse che non poteva fare nulla per conquistarla. Non era pronta.

Sai, da un mese mi sono lasciato con la mia ex. Ho sofferto tantissimo ma col tempo ho capito che non faceva per me e che Tom aveva perfettamente ragione a mettermi in guardia. Sono stato stupido. E tutto perché mi ero innamorato incondizionatamente. Ora ho paura di commettere di nuovo lo stesso errore.” spiegò ed Ingie non riusciva a capire dove volesse arrivare. “Se anche a te è successa la stessa cosa, sappi che è normale.”

Sgranò gli occhi.

Come?” domandò irrequieta.

Sì, insomma, se ti sei lasciata con il tuo ragazzo perché ti ha deluso, è normale avere paura.”

Non è successo niente di tutto questo.” Aveva improvvisamente cambiato umore. La piega che aveva preso quel discorso non le piaceva per niente e ciò che aveva insinuato della sua vita privata le aveva dato molto fastidio. Nonostante intendesse essere carino con lei e conoscerla, non poteva pretendere di leggerle la vita. “Non ti ho neanche mai detto di essermi lasciata con qualcuno o di essere fidanzata, come puoi pretendere di sapere ciò che ho vissuto o che vivo?” sbottò. “Potrei essere impegnata, non avere mai avuto un ragazzo, essere lesbica o volermi fare suora. Non sai niente di me ed odio quando la gente pretende di sapere tutto.”

Il viso di Ivan si era contratto in una smorfia allibita e dispiaciuta allo stesso tempo. Forse aveva esagerato a parlargli a quella maniera, ma aveva inglobato così tanto nervosismo che ora era pronto ad esplodere.

Cominciava a sentirsi in colpa.

Scusa.” mormorò il ragazzo. “Non volevo essere presuntuoso.”

No, scusami tu. Non avrei dovuto.” Trascorsero qualche minuto in silenzio, fino a che Ingie non decise di rimediare. “Beh, beviamoci su.” disse quindi, versando del vino bianco nel bicchiere del ragazzo, cui tornò il sorriso.

La tua famiglia è rimasta in America?” continuò quindi Ivan, dopo aver sorseggiato un po' di bevanda fresca.

Ingie deglutì appena.

Ehm, sì.” rispose, vagamente.

E come l'hanno presa, questa tua decisione?”

Bene.” mentì. Non si sentì di aggiungere altro. Finché si trattava di essere vaga, non aveva problemi, ma mentire e ricamare una bella storia di pura invenzione era una cosa che non sapeva proprio fare.

Magari, un domani, decideranno di raggiungerti.”

Ingie sorrise amaramente.

Sì. Forse.”





***





Non aveva parlato molto.

Lui e suo fratello Bill avevano chiarito – era anche venuto a conoscenza della vicenda con David, per cui si sentiva molto inquieto – ed ora sedeva affianco a lui a tavola, ad ascoltarlo distrattamente, senza sollevare lo sguardo dal proprio piatto.

Ripensava alle parole di Georg di quel pomeriggio ed a quanto gli dessero fastidio. Non voleva che si insinuasse in giro che lui fosse attratto da Ingie, perché non era così. Per essere precisi, non se ne sentiva attratto dal punto di vista mentale; era ovvio che fisicamente l'avesse rapito sin dal primo giorno in cui l'aveva conosciuta, affianco al ponte. I capelli scuri, gli occhi dal taglio a mandorla – un po' come i suoi –, color cioccolato; la bocca lievemente carnosa, i lineamenti regolari ed il corpo longilineo. Quella sera era rimasto folgorato dalla sua figura elegante, nonostante non glielo avesse detto.

Insomma, aveva sicuramente tutte le carte in regola per incarnare il suo tipo di ragazza ideale, se non fosse stato per quel suo carattere incomprensibile. Doveva ammettere che ne era incuriosito, ma niente di più.

Secondo me, stasera succede qualcosa fra Ingie ed Ivan.” sorrise Gustav, eccitato. Tom sollevò un sopracciglio con sarcasmo. “Era bellissima; l'avrà di sicuro fulminato.”

Sperava che il suo amico non si fidanzasse con una ragazza così scontrosa, acida e grezza. Non avrebbe sopportato l'idea di fare loro da testimone di nozze.

Ho i miei seri dubbi, lei non sembra intenzionata ad intraprendere una relazione, al momento.” intervenne Georg, rimescolando la sua insalata – quella insistentemente richiesta dalla ragazza, per una dieta sana ed equilibrata, come continuava a ripetere ogni volta che facevano la spesa.

E perché mai? È una bella ragazza, sarebbe un peccato.” disse la sua Bill.

Sì ma ha anche un caratterino niente male.” gli ricordò il chitarrista. “Per stare con lei ci andrebbe la pazienza di nostra madre.”

Beh, Ivan è un ragazzo molto paziente.”

Sì, ma a volte rischia di essere appiccicoso.” parlò di nuovo Georg. “E Ingie è troppo indipendente e solitaria per lui. Lo farebbe solo soffrire.”

Per assurdo, lei e Tom hanno lo stesso carattere.” rise il batterista.

Non osare paragonarmi a lei.” borbottò il moro.

È la verità, Tom. Accettala.” lo stuzzicò il biondo. “In ogni caso, non mi dispiacerebbero come coppia Ingie ed Ivan. Penso che Ivan si meriti un po' di serenità, dopo l'ultima delusione che ha avuto.”

Tom si astenne dal commentare.





***





Non appena il motore si spense, si voltò verso Ivan.

Grazie per la serata.” disse con un sorriso sincero. “Dopotutto, sono stata bene.”

Perché dopotutto?” le domandò, divertito.

Perché sai benissimo che ho preso questa cena come una semplice serata fra amici.” rispose, lanciandogli un'occhiata eloquente.

Certo, è quello che ho detto anch'io, fin dall'inizio.”

Beh, Tom mi ha detto che avrei fatto bene a non illuderti ed è quello che sto facendo.”

Tom ti ha detto questo?”

Sì, ma l'ha fatto per il tuo bene. Perché ti conosce ed ha voluto semplicemente proteggerti da un'ulteriore delusione. D'altronde, me ne hai parlato tu stesso, no?”

Ivan si voltò verso la strada con un piccolo sospiro.

Quindi mi stai dicendo di mettermi l'anima in pace?” domandò, quasi abbattuto. Ingie soffrì nel vederlo così.

Per ora, è la cosa migliore per tutti e due. Ed è meglio per te, prima che la questione possa farsi più seria.”

La verità è che tu mi attrai parecchio fisicamente e stasera ho cercato di conoscerti caratterialmente e non mi sembravi poi così male.”

Ingie ridacchiò appena.

Non ti sembravo così male? Che complimento.” scherzò, per niente offesa.

Diciamo che cominciavi ad interessarmi. Perciò, penso tu abbia fatto bene a mettere subito le cose in chiaro. Ti ringrazio.” ammise, sincero.

Tutto ciò stupì Ingie. Ivan si era rivelato un ragazzo estremamente maturo – cosa rara fra gli uomini – ed il fatto che non se la fosse presa ed avesse accettato il rifiuto con dignità ne erano prove più che evidenti.

Figurati.” rispose sorpresa. “Comunque, ora vado.” disse poi, aprendo la portiera. “Grazie ancora. Buona notte.” sorrise prima di richiuderla ed avviarsi al cancello dello studio.





***





Era tremendamente annoiato. L'intero studio dormiva e lui era ancora in salotto, davanti al televisore che trasmetteva muto uno strano canale di musica. Non aveva sonno, ma non aveva nemmeno più voglia di starsene lì da solo a far nulla.

Con un gran sospiro, spense la TV, per poi lanciare il telecomando sul divano dal quale si era appena alzato. Con poca grazia, distese i muscoli, sbadigliando appena, poi – con passo strascicato – raggiunse la rampa di scale. Salì ogni gradino con lentezza disarmante, fino a che non raggiunse il piano superiore, dove la sua camera da letto lo attendeva pazientemente. Giunse quasi a destinazione, quando una luce proveniente dalla stanza di Ingie attirò la sua attenzione. Poiché non era ancora tornata, si disse che l'aveva lasciata accesa, prima di uscire.

Sbuffò ed aprì la porta già socchiusa, guardandosi attorno. La stanza, come previsto, era vuota e la luce che aveva precedentemente scorto apparteneva alla lampada che teneva sul comodino, affianco al letto. Si avvicinò per spegnerla, ma il suo sguardo fu attratto da un ulteriore dettaglio. Da sotto il cuscino, sbucava un angolo di quella che doveva essere una foto.

Sapeva bene che avrebbe dovuto far finta di nulla, non impicciarsi delle cose altrui, soprattutto di Ingie – così misteriosa ed irascibile – ma sapeva anche che la sua curiosità l'avrebbe mangiato vivo, così si disse che una sbirciatina non avrebbe fatto del male a nessuno e, soprattutto, Ingie non l'avrebbe mai saputo.

Sollevò appena il guanciale, tanto quanto bastava per tirarne fuori la fotografia.

Ciò che vide gli fece aggrottare le sopracciglia. La foto ritraeva un ragazzo in primo piano – avrà avuto all'incirca la sua età –, che sorrideva dolcemente all'obbiettivo. Occhi castani e capelli del medesimo colore. Si chiese chi potesse mai essere e quale fosse il motivo per cui Ingie teneva quella foto sotto il cuscino, come fosse una reliquia.

Che cosa stai facendo?!”

Si voltò, spaventato, così velocemente verso la porta – dove un'Ingie furibonda lo squadrava – che la foto cadde pericolosamente a terra.

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Capitolo 9
*** Eight - Something about you ***


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Eight
Something about you





Quando l'aveva sorpreso di spalle, non sapeva cosa stesse facendo; ma quando si voltò verso di lei e vide cadere a terra la fotografia, sentì solo una rabbia cieca impossessarsi del suo corpo e della sua testa. La pelle cominciò a prudere e la gola le si chiuse, impedendole di respirare.

Con le lacrime agli occhi si avvicinò velocemente a Tom, il quale si ritrasse appena con fare automatico, e raccolse dal pavimento la foto, che strinse forte al petto.

Chi ti ha dato il permesso di curiosare?!” urlò fuori di sé, contro il ragazzo che continuava a scrutarla, con la preoccupazione negli occhi. Sembrava addirittura impaurito ma non poteva sapere il motivo, non riusciva a guardarsi in viso. “Perché sei qui?!” Lo spinse appena sul petto, con la mano libera.

Ero venuto a spegnere la luce che tu avevi lasciato accesa, tutto qua! Non ti sembra di esagerare?” ribatté lui esterrefatto.

Ingie strinse i denti, mentre reprimeva l'istinto di correre via.

Vattene.” sibilò fra i denti.

Senti, Ingie...”

Ho detto, vattene!”

Il chitarrista non se lo fece ripetere una terza volta e la lasciò presto sola nella sua stanza vuota, dopo aver chiuso la porta.

Questa volta, non impedì alle lacrime di tracciare il proprio sentiero lungo le sue guance. Questa volta, con il suo viso fra le mani, si concesse un lungo pianto, stringendosi la foto al petto, dove il tatuaggio bruciava.





***





Non aveva chiuso occhio. Era tempo che non trascorreva nottate così tormentate ed insonni. Aveva ripensato per ore a ciò che era successo in camera di Ingie, alla sua reazione – a sua veduta così spropositata. Eppure, sentiva che c'era dell'altro dietro. Aveva scorto le sue lacrime, il dolore che cercava di celare al di là dei suoi occhi. Aveva visto le sue mani tremare così come aveva sentito il suo respiro accelerare drasticamente.

Quella non poteva essere una semplice foto. Per lo meno, chiunque fosse quel ragazzo che vi aveva visto ritratto, non poteva avere un trascorso del tutto comune o Ingie non si sarebbe messa ad urlare a quella maniera.

Era strano: si sentiva in colpa. Si era reso conto di aver violato – pur senza intenzione – la privacy della ragazza, forse risvegliando in lei sentimenti che faticava a nascondere a chiunque le si presentasse davanti. Sentiva di aver sgretolato un pezzo di muro che si era costruita attorno e non era sicuro che l'avrebbe perdonato tanto presto.

Ho sentito Ingie urlare, stanotte. Perché ho il tremendo sospetto che tu c'entri qualcosa?”

Chiuse gli occhi, senza voltarsi in direzione di suo fratello, sulla porta della cucina. Già lo immaginava scrutarlo con fare superiore, le braccia conserte ed una ramanzina fresca di elaborazione nella testa. Sicuramente non vedeva l'ora di predicargliela contro.

Senti, Bill, non ti ci mettere anche tu, per favore.” sospirò, mentre si rigirava la tazza di tè fra le mani. Si voltò sulla sedia in modo tale da non dover vedere suo fratello. “Ho già passato una nottata di merda, senza che tu ti ci metta.” continuò, dopo aver sorseggiato un po' di liquido caldo.

Sì? Beh, immagino che anche Ingie abbia passato una nottata non del tutto tranquilla. Quindi non fare la vittima.”

Si voltò di scatto verso il vocalist, sentendo la rabbia rimontare.

Perché incolpi subito me, senza nemmeno sapere cosa sia successo?!” esclamò, furente.

Perché sono sicuro che Ingie non sia ancora così pazza da urlare da sola!”

Sai che c'è, Bill? Continua a difendere lei ed accantonare tuo fratello. Non mi interessa.”

Oh, non provare a metterla su questo piano, ora. Ti conosco fin troppo bene.”

Pare di no, invece.”

Mi vuoi dire che tu non c'entri nulla con quello che è successo ieri sera?”

Se mai ci dovessi entrare, non era mia intenzione!”

Vedi che non sei innocente?!” Tom stava per ribattere, stavolta pronto a lanciare la tazza, ma si fermò in tempo non appena sentì dei passi scendere per le scale. Attesero qualche istante, fino a che Ingie non fece il proprio ingresso in cucina. Tom sentì una fitta allo stomaco, quando vide il suo sguardo posarsi irato sulla sua figura. Non appena lo scorse, la notò irrigidirsi appena, ma non disse una parola. “Buongiorno, Ingie.” la salutò Bill.

Ciao.” tagliò corto lei, mentre recuperava una tazza dalla credenza.

Tom non disse una parola. Non si sentiva di dirle nulla. Qualsiasi cosa avesse fatto, sapeva che sarebbe apparsa fuori luogo e che lei avrebbe usato un pretesto qualsiasi per insultarlo.

Com'è andata la cena, ieri sera?” domandò il vocalist, come se nulla fosse. Tom invidiava la sua disinvoltura.

Bene.” si limitò a rispondere la ragazza, una volta sedutasi al tavolo, proprio di fronte al chitarrista. Non l'aveva degnato di uno sguardo, mentre il suo era perennemente posato sulla sua figura per cercare di scorgerne il minimo cambio di espressione, la minima movenza.

La vide improvvisamente guardarsi attorno, sul tavolo, in cerca di qualcosa di ignoto. Suppose che stesse cercando lo zucchero, così lo afferrò e glielo porse, in silenzio. Ingie lo osservò in viso, solo per la seconda volta da quando aveva messo piede in cucina, e dopo una breve esitazione ed uno sguardo di puro odio, afferrò bruscamente la confezione.

Ovviamente, nessun grazie. Non che se lo aspettasse.

Vi rivedrete?” continuò ad informarsi Bill, cercando di ignorare quella situazione zelante.

Ingie storse appena la bocca.

Penso che continueremo a vederci solo al lavoro.” disse, mentre girava il cucchiaino nel tè. “Ho messo le cose in chiaro. Non volevo illuderlo.” A quell'ultima affermazione sollevò lo sguardo freddo su Tom, il quale comprese che aveva ripensato all'avvertimento che le aveva dato, prima della cena. “In ogni caso, non ne voglio più parlare. È stata una parentesi.”

Bill, nonostante fosse chiaro che non era soddisfatto di quella risposta, si arrese.

Allora io vado da David.” annunciò quindi e Tom vide Ingie saltare sul posto, con la tazza ancora alla bocca.

Mhm!” esclamò, ingoiando di fretta il liquido bollente, che le fece strizzare gli occhi. “Aspetta, vengo con te.”

Bill si voltò verso di lei con sguardo perplesso.

Non ti doveva accompagnare Tom, stamattina?” chiese.

Ingie sembrava scocciata.

Preferisco scendere in macchina con te, dato che stai già andando.” spiegò, poco convincente. Tom nemmeno li guardò, si era semplicemente messo a fissare il vetro della finestra con disinteresse.

D'accordo.” concluse Bill, non prima di aver lanciato un'occhiata a suo fratello. “Ciao, Tom. A dopo.”

Tom non rispose; semplicemente attese che la cucina si svuotasse per tirare un sospiro di sollievo. Tutta quella tensione cominciava ad ucciderlo.

Si alzò dalla sedia e, dopo aver lavato la tazza, si diresse in salotto, dove i suoi amici a quattro zampe lo attendevano privi di rancore.





***





Era in silenzio da qualche minuto. Non sapeva cos'avrebbe potuto dire.

Bill, accanto a lei, guidava con un'espressione apparentemente serena e tranquilla, mentre lei navigava nell'inquietudine.

Aveva trascorso la nottata a ripensare alle sue urla nei confronti di Tom. Doveva ammettere di non essere stata carina e delicata, ma non riusciva ancora ad accettare che lui l'avesse visto. Portava avanti la sua vita a nascondere quella foto alla vista degli altri; voleva cercare di preservare la sua immagine, il suo viso. Voleva egoisticamente che fosse un qualcosa di concesso solamente a lei, perché ne aveva il diritto e se ne sentiva unica proprietaria. Sapeva che sbagliava, ma non poteva farne a meno.

In ogni caso, quel silenzio le stava dando alla testa, così decise di parlare.

Cercherai di indagare con David?” domandò, senza guardarlo.

Beh, per lo meno, proverò ad estrapolargli uno straccio di indizio. Non l'ho più visto dalla discussione e non riesco a capire perché si stia comportando a questa maniera.” rispose il vocalist, picchiettando nel frattempo le dita sul volante, con fare nervoso. “Tu invece?” le chiese poi, guardandola di sottecchi. La mora si sentì tirata ingiustamente in causa.

Io, cosa?”

Ora, per quanto tempo hai intenzione di non rivolgere la parola a mio fratello? Comprendo che sia un completo disastro ma... La situazione è tanto grave?”

Ingie sospirò appena. Doveva immaginare che Bill sapesse. Si domandava invece chi non avesse udito le sue urla, la sera prima.

Ha ficcato il naso dove non doveva.” mormorò, cupa in volto.

Niente di nuovo, allora.” rispose come niente fosse Bill, con un sorriso.

Sapeva che voleva farle intendere che stava esagerando, ma non gli volle dar tale soddisfazione ed attese che la macchina si accostasse al marciapiede per parlare di nuovo.

Non fare il sapientone con me, Speedy. Vai prima a risolvere la questione Manager Impazzito.” disse mentre scendeva dalla macchina e richiudeva la portiera. “Buona giornata.”

Attese che l'auto ripartisse e poi si diresse verso il negozio.

Un'ansia inspiegabile si era appropriata del suo stomaco, all'idea di rivedere Ivan. Si domandava se avesse metabolizzato il suo rifiuto, se fosse arrabbiato con lei e avesse intenzione di non parlarle per tutta la mattinata. Eppure, la sera precedente, si era dimostrato un ragazzo intelligente, sveglio e – cosa più importante – poco invadente.

Invadenza.

Solo la parola l'irritava a dismisura. Non era in grado di accettare un qualcosa che si avvicinasse solamente a tale concetto. Per natura, era una ragazza molto discreta e riservata; raramente le capitava di interessarsi della vita della gente e non per puro menefreghismo, quanto per semplice rispetto.

Fece il proprio ingresso in negozio e si guardò attorno, in cerca del capo.

Buongiorno.” le sorrise inaspettatamente, non appena la scorse, da dietro il bancone.

Hey.” ricambiò appena Ingie, decisamente sorpresa da tale atteggiamento disinvolto. Pareva non avessero mai cenato assieme, solo qualche ora prima. “Già all'opera?” cercò di parlare con tranquillità. Tutta quella situazione era quasi assurda e non sapeva se esserne rincuorata o basita.

Sì, avevo voglia di mettere un po' a posto, così sono venuto prima.” le disse, mentre faceva il giro del bancone e la raggiungeva. “Hai dormito, stanotte? Hai una faccia decisamente sbattuta.” commentò ironico, all'insaputa della ragazza.

Si chiese se stesse adottando una sorta di psicologia inversa.

Diciamo che anche io ho avuto il mio bel da fare.” rispose, mentre posava la borsa, e solo qualche secondo dopo si rese conto del doppio senso di quella frase. “Ehm, intendo dire che ho avuto un piccolo battibecco con Tom. Niente di nuovo.” si corresse, del tutto vaga. Non era decisamente intenzionata a raccontargli ogni singolo dettaglio di quella discussione; Ivan non doveva entrare nelle sue questioni.

Passate molto tempo insieme tu e Tom.” notò il ragazzo, dandole intanto le spalle. Aveva avvertito in quell'affermazione un pizzico di fastidio.

Sì ma il novantanove percento del tempo lo usiamo per litigare.”

Cominciò a piegare qualche maglietta non ancora toccata da Ivan. Discorsi come quello dovevano essere accompagnati da azioni concrete o non avrebbe saputo dove mettere le mani. Era un limite che l'aveva sempre perseguitata, sin dall'infanzia.

Si comincia sempre così.” commentò Ivan con cupo sarcasmo.

Ingie si fermò e lo osservò con la fronte aggrottata. Che intendeva dire?

Qualunque cosa tu stia pensando, io e Tom non potremmo mai stare insieme.” mise le cose in chiaro e non sapeva nemmeno lei il reale motivo. D'altronde, non gli doveva niente. “Se io vedo nero, lui vede bianco, è una legge naturale, ormai. E no, gli opposti si attraggono non è una teoria in cui credo.”

Beh, mi viene da pensare che tu non creda in nulla perché non perdi nemmeno tempo a conoscerle, le persone.”

Il retrogusto amarognolo ed acido di quella supposizione le aveva colpito direttamente il cervello. Non se l'era fatto sfuggire quel tono seccato ed irritato, e non faticava a comprendere da cosa fosse causato.

Ivan, ascolta, non devi farmene una colpa. Non è vero che non voglio conoscere le persone. Ti ho spiegato che non voglio avere storie, al momento.” spiegò nel modo più pacato possibile. Non voleva rischiare di litigare anche con il suo datore di lavoro e correre di conseguenza il rischio di venire licenziata.

Non è vero. Avresti potuto conoscermi di più ma non l'hai fatto. Non puoi decidere quando innamorarti o meno, te l'ho già detto, ma tu non vuoi capirlo. Rifletti: credi di conoscere così bene i tuoi coinquilini?” Ormai si era inalberato ed era l'esatto risultato cui non voleva arrivare. Eppure, quell'ultima domanda così chiara e diretta l'aveva fatta ammutolire, consapevole. Era vero, non li conosceva per nulla e non si era nemmeno impegnata a farlo. Ma cosa poteva fare? Era la sua personalità, così testardamente chiusa e riservata. “Ti potresti innamorare di chiunque, se solo lo conoscessi un po', anche del più – da te reputato – improbabile. Come Tom.” Si prese un secondo. “Come me.” abbassò il tono, a quell'ultima ammissione, quasi con malinconia.

Ingie si sentì tremendamente in difficoltà. Non le era mai capitato nella vita di dover affrontare una situazione del genere, sul lato sentimentale. Non avrebbe mai saputo come comportarsi ma non riuscì a fare a meno di riflettere con attenzione su tutto ciò che le aveva detto Ivan, fino a quell'istante. Si era sentita improvvisamente piccola ed immatura, cosa rara per un tipo tutto pepe come lei.

Fortunatamente, in suo aiuto, decise di giungere, come manna dal cielo, il primo cliente della mattinata.





***





Hey, amico, non ti stai impegnando. Non sento la competizione.”

La voce di Georg – così impegnato nel distruggere il chitarrista attraverso un joystick, la lingua fra i denti a testimoniare – non lo distrasse di certo dai soliti pensieri, che ormai avevano occupato tre quarti della sua insignificante mattinata.

Si sentiva irrequieto, decisamente instabile e non era uno stupido videogioco, accompagnato da un imbarazzante hobbit sobbalzante al suo fianco, la chiave per la sua spensieratezza.

Se c'era una cosa che non riusciva ad accettare e comprendere era vedere come quella dannata ragazza, terribilmente problematica ed irrimediabilmente riservata, riuscisse ad essere protagonista di buona parte dei suoi pensieri.

Non poteva sentirsi in colpa per una semplice fotografia. Non poteva sentirsi in colpa per lei.

Lui, che di sensi di colpa non viveva.

Eppure era così.

Quando aveva accettato di giocare con Georg a quel maledetto videogioco, aveva pensato di poter staccare momentaneamente la spina dalle sue inutili paranoie ed inoltrarsi nel magico mondo della perdizione, ma il tutto si era rivelato un palese insuccesso.

Scusa.” borbottò, lanciando sul divano affianco il proprio joystick. “Non sono molto dell'umore per giocare.” ammise, contro ogni sforzo.

Il bassista si limitò a sbuffare per poi alzarsi dal divano.

Allora, andrò a fare un po' di spesa, che oggi sarà sicuramente più divertente di te.” si lamentò, mentre indossava il cappotto. “Ultimamente, sei proprio deprimente.” Gli lanciò l'ultima frecciatina, prima di uscire dallo studio.

Tom si massaggiò le tempie.

Aveva raggiunto l'apoteosi della monotonia.

Si alzò dal divano e, seguito da Scotty, si recò in cucina, dove una bottiglia di birra fresca lo attendeva. Avrebbe cercato di comporre qualche melodia, se la sua fantasia glielo avesse consentito.

Ma, ovviamente, gli dei del cielo, quel giorno, si erano coalizzati contro di lui.

Tom?”

Gustav entrò in cucina.

Sì, sono sempre io.” borbottò il moro con sarcasmo, dopo aver sorseggiato un po' di liquido frizzantino.

Sono usciti già tutti?” gli domandò il batterista

Anche piuttosto in fretta.”

Poté percepire lo sguardo del biondo farsi sempre più insistente, cosa che lo mise alquanto a disagio.

Va tutto bene, Tom?” Quella domanda aveva uno strano retrogusto di consapevolezza e, se avesse giocato bene in difesa, sarebbe riuscito a non affondare nel discorso Ingie. “Hai litigato con Ingie?”

Come non detto.

Il chitarrista scrollò le spalle, svogliato. Sperava che Gustav recepisse il messaggio e smettesse di fargli domande.

D'accordo, non ne vuoi parlare. Vorrà dire che andrò a trovare Ivan. Tra poco dovrebbe finire di lavorare.” si arrese intelligentemente. Si diresse verso la porta della cucina, quando improvvisamente si fermò per tornare a guardarlo. “Cerca di essere più comprensivo con lei. Se è così riservata, non devi fargliene una colpa. Fossi in te cercherei di capirla nel profondo, più che indagare sul suo passato. Quegli occhi non sprigionano serenità, Tom.”

Detto questo abbandonò la cucina e lo studio di registrazione, lasciando il chitarrista nella solitudine e nel silenzio totali.

Capirla nel profondo, rifletté. Fosse facile.





***





Era tornata a casa con un taxi. L'aveva trovato per puro caso e vi si era fiondata senza indugio.

Necessitava semplicemente di un po' di tempo per rigenerarsi, prima di tornare ad avere a che fare con i suoi coinquilini.

Si era resa conto che vivere con quattro uomini non era per nulla facile. A volte, sentiva il bisogno quasi indispensabile di confrontarsi con una donna; le mancava l'idea di confidarsi senza riserve, di poter parlare di argomenti prettamente femminili. Ed improvvisamente si rammentò di Simone, quella donna che in poche ore le aveva dato l'impressione di capirla, come una buona madre.

Vi erano momenti in cui si sentiva stupida a pensare a cose simili, ma era inevitabile.

Infilò le chiavi nella serratura e la fece scattare. Tre cani impazziti le corsero incontro, manifestando tutta la propria gioia nel rivederla. Era incredibile come quelle creature in poco tempo si fossero affezionate tanto a lei e doveva ammettere che la loro compagnia le rallegrava la giornata.

Si sbottonò il cappotto.

Non toglierlo.” La voce improvvisa del chitarrista la fece quasi sobbalzare; si immobilizzò e sollevò lo sguardo. Tom era davanti a lei con tre guinzagli in mano. “Devo portare fuori i cani e ho due mani sole.” le spiegò, porgendogliene uno.

Lei fu presa talmente in contropiede che si sentì infastidita.

In ogni caso, afferrò il guinzaglio e lo legò al bassotto, senza dire una parola; era ancora arrabbiata con lui, in ogni caso.

Fecero tutto in silenzio: uscirono dallo studio e si incamminarono in direzione del parco, dove Tom portava sempre a correre i suoi cani. Era un posto estremamente tranquillo, silenzioso e caratterizzato da un piccolo laghetto, dove i suoi amici a quattro zampe si divertivano sempre a fare il bagno.

Attorno, vigeva solamente il rumore dei loro passi e la situazione poteva essere annoverata fra le più imbarazzanti e scomode che lei stessa avesse mai vissuto.

Gli camminava affianco, facendo ben attenzione a non toccarlo, nemmeno per errore. Quella vicinanza le trasmetteva quasi un senso di sconosciuta soggezione. Non le era mai capitato con il chitarrista poiché era sempre lei a detenere le redini nel loro semi-rapporto. Ora, però, si sentiva più piccola rispetto a lui – e non solo anagraficamente, com'era di fatto.

Una volta giunti a destinazione, sganciarono i guinzagli, permettendo ai cani di scatenare la propria felicità e di approfittare di quel breve momento di libertà.

Ingie adorava osservarli rincorrersi e giocare; leggeva nei loro occhi spensieratezza ed entusiasmo. Pareva quasi sorridessero.

Tempo fa, ti dissi che odiavo mio padre e che non ti avrei spiegato il motivo fino ad un tuo ipotetico racconto sulla tua vita.” Sobbalzò, non appena il chitarrista pronunciò quelle parole così inaspettate. “Mi sono reso conto che queste tattiche con te non funzionano, anzi, ti rendono ancora più intrattabile.” Ignorò quella deliberata provocazione. “Quindi, te lo dirò in ogni caso. Odio mio padre perché ci ha abbandonati sin da quando eravamo bambini.” Si prese qualche secondo di pausa, mentre Ingie si chiese cosa avesse potuto fare, anche solamente per fermarlo. Non voleva sentire, non era obbligato a dirle quelle cose tanto personali. “Lo odio perché mi chiedo cosa mai gli abbiamo fatto di male. Lo odio perché non ha mai voluto un chiarimento; ancora oggi non ne vuole sapere nulla, di noi.” Gli tremò appena la voce ma non si scompose. “Lo odio perché ha alzato le mani più volte, su di noi e su mia madre, ultima persona che a questo mondo debba essere toccata. Io e Bill non abbiamo vissuto un'infanzia facile, al contrario di ciò che crede la gente, e non te lo sto raccontando per fare la vittima o farti provare compassione, ma per farmi conoscere da te.” Fece un'altra pausa, per poi posare gli occhi su di lei, che fremette appena. “Sei la persona più testarda ed ostinata che io abbia mai incontrato ma ho cercato di fare in ogni caso un piccolo sforzo di riflessione. Mi sono detto che, probabilmente, uno dei motivi per cui non mi parli di te è che non mi conosci abbastanza, così voglio provare ad escludere questo problema, nonostante anche io potrei volere riservatezza, dato che non ti conosco. Ma, visto e considerato che sono un uomo, porto i pantaloni e sono il sesso forte, ho deciso di accantonare l'orgoglio e cercare di capirti.”

Ingie – ignorando quell'ultima affermazione palesemente maschilista – non sapeva se dovesse sentirsi sorpresa, lusingata o offesa.

Tom aveva, come sempre a modo suo, cercato di esplicarle un concetto alquanto semplice da comprendere. Aveva cercato di prendere in mano la situazione, sbaragliando ogni tipo di muro costruito fra loro due. Aveva accettato la condizione di calpestare il proprio orgoglio per venirle incontro, così come le aveva ricordato ancora una volta quanto fosse testarda ed inetta. Avrebbe sicuramente avuto piacere di aprire un capitolo alquanto lungo riguardo la sua teoria del sesso forte, ma decise di reprimere l'istinto rivoluzionario e radicale per lasciar spazio ad un'indole che sapeva di possedere ma che teneva nascosta, decisamente più pacata e razionale.

Si prese qualche minuto ancora per riflettere su ciò che le aveva appena detto, osservando distrattamente l'acqua dolce di fronte a lei.

Chi ti ha suggerito di dirmi questo?” le venne spontaneo chiedere. Non riusciva a cancellare quella parte provocatoria e sarcastica che le apparteneva, nonostante avesse timore di distruggere ogni limite. Era più forte di lei.

Saresti pregata di prendere seriamente ciò che ti ho detto.” ribatté il chitarrista con una serietà che non pensava gli appartenesse.

Lo sto facendo.” chiarì lei. “Sono solo un po' spiazzata, tutto qua.”

Detto da una come te, è un complimento.”

Per un momento non seppe cosa rispondere. Quella situazione era talmente anomala e differente dalle solite, che nemmeno le pareva possibile stessero sul serio parlando, con i cani attorno.

Io non ti ho chiesto di parlarmi della tua vita o di tuo padre.” mormorò, quasi sentendosi in colpa per quella nuova conoscenza che non gli aveva mai chiesto e non avrebbe mai fatto.

Lo so. È stata una mia scelta.”

Perché?”

Oh, andiamo, viviamo assieme, no? Che senso ha rimanere estranei fino alla morte?”

Non vivremo insieme per sempre.”

Ma fino al momento in cui te ne andrai potremmo almeno capire con chi abbiamo a che fare tutti i giorni, non credi?”

Conoscere il mio passato ti aiuterebbe?”

Mi aiuterebbe a capirti di più. A darmi spiegazioni plausibili su certi tuoi strani comportamenti. Forse riuscirei a giustificarli con meno fatica.”

E se io non volessi tutto questo?”

Saresti una stupida.”

Non replicò. Quell'affermazione così schietta e dura non le aveva lasciato alcun margine di protesta.

A volte si domandava il motivo della sua cocciutaggine, della sua ostinazione, non venendone però a capo. Si rendeva conto di non essere una persona facile da trattare, essendo lei la prima a non capirsi.

Avrebbe dovuto dare una possibilità al chitarrista? Il suo cuore le diceva di no; in lei prevaleva l'istinto, se ne era resa conto in più occasioni, nonostante la razionalità cercasse di spingerla a tutti i costi sulla giusta strada. Ma qual'era la giusta strada?

Io non posso raccontarti ciò che mi ha spinto a trasferirmi in Germania, perché sto ancora cercando di metabolizzarlo ed accettarlo.” disse quasi remissiva. Eppure non voleva dargli motivo di esultanza.

E allora non farlo.” scrollò le spalle il ragazzo, come se non gli importasse. “Parlami di altro. Della tua vita, prima che venissi qui, di cosa facevi. Quando e se sarai pronta a parlare anche di questo, lo farai.”

Ingie non poteva credere che parole così pesate, così mature e razionali potessero fuoriuscire dalle labbra del chitarrista e si domandava quante altre scoperte spiazzanti avrebbe dovuto fare.

Sospirò appena, combattuta, mentre i suoi occhi si posarono distratti suoi cani, che si rotolavano nell'acqua contendendosi un rametto, trovato chissà dove.

Per una volta, le ripeteva una vocina nella testa, accantona l'orgoglio.

Non farlo, ti devi difendere, le diceva invece il cuore.

Meditò ancora qualche istante, fino a che non giunse ad una conclusione che spiazzò persino lei: seguire la testa.

Quando andavo al liceo, tutti i ragazzi mi prendevano in giro perché avevo i capelli viola.” cominciò dalla vicenda più ridicola ed insignificante, ma non le sfuggirono gli occhi sgranati di Tom ed il suo sorrisetto sorpreso.

Tu? I capelli viola?” le domandò compiaciuto.

Lei si limitò ad annuire col capo, toccandosi appena i capelli, ora corvini, con un piccolo sorriso nostalgico.

Ero una vera ribelle.” ammise. “Tutto ciò che mia madre mi diceva di non fare, io lo facevo. Ma, nonostante tutto, avevamo un bellissimo rapporto. Molto confidenziale.” si sorprese di averla nominata. “Accettava tutto di me, anche le mie stravaganze. Io facevo molte cose contro il suo volere. Come, ad esempio, il primo tatuaggio.”

Le due acca?” Annuì nuovamente. “Non mi dici cosa significano?” tentò lui.

Solo perché ti sto raccontando certi miei cazzi, non significa che su alcune cose io non sia ancora intransigente.” lo fulminò con lo sguardo, facendolo però ridacchiare, per la prima volta. Forse aveva compreso quale sforzo lei stesse facendo a raccontargli anche solamente quelle stupidaggini. “Le ho disubbidito anche sul piercing all'ombelico. Per questo, però, non mi ha parlato per due settimane.” rammentò con un sorriso divertito, al ricordo di quel fantastico periodo, quando i veri problemi ancora non sapeva cosa fossero.

Non voglio immaginare allora cosa abbia fatto alla scoperta della tua prima esperienza sessuale.” ridacchiò il chitarrista, mentre raccoglieva da terra un bastoncino e lo lanciava in direzione dei cani, che corsero all'impazzata fino a raggiungerlo.

Ha urlato di meno.” rise Ingie. “Conosceva il mio ragazzo, era un tipo a posto.” spiegò. “Poi avevo diciotto anni.” disse, quando Tom si voltò a scrutarla. “Ho fatto cazzate, ma per questo ho sempre preferito aspettare il momento giusto.”

Che ragazza coscienziosa.” la prese in giro lui. “Non come me.” aggiunse poi, tornando a guardare il lago. “A dodici anni sapevo già cosa fosse il sadomaso.” ridacchiò.

Vedi che ti piace essere trattato male? Quello schiaffo che ti ho dato non deve averti rovinato la giornata più di tanto.” commentò ironica la ragazza. “Ispiri violenza.”

Tom si voltò verso di lei con uno sguardo talmente malizioso, che per un attimo le girò la testa.

Lo prendo come un complimento.” sorrise con voce roca.

Ingie ignorò il brivido inspiegabile che le attraversò la colonna vertebrale e distolse lo sguardo.

Asshole.

Gli occhi di Tom si fecero improvvisamente più seri.

Perché ti sei arrabbiata così tanto per la foto?” le domandò.

Sembrava curioso ma preoccupato al tempo stesso. Forse temeva una sua folle reazione, com'era successo in camera, la sera precedente. Lei, invece, cercò di non farsi prendere dal panico.

Perché stavi curiosando fra le mie cose e non è educato.” rispose con sufficienza.

Andiamo, Ingie. Eri sconvolta.” le fece notare lui. “Non può essere una semplice foto.”

Sì, invece. Non cercare significati nascosti.”

Come ti pare.” L'aveva scampata ancora una volta. Si chiese per quanto tempo ancora sarebbe riuscita a sorvolare. Era più che consapevole del fatto che prima o poi la band avrebbe conosciuto qualcosa in più della sua vita, ma faceva di tutto per rimandare quel momento. “Ti piace la discoteca?” le domandò improvvisamente, cogliendola alla sprovvista.

Why?” chiese con sospetto.

Perché avevamo intenzione di andarci, una di queste sere. È da un po' che non usciamo a divertirci.”

Per divertimento intendi del sesso selvaggio con una sconosciuta?”

Diciamo che non mi diverte più come una volta, ma se dovesse capitare, ben venga. Sono un maschio con dei bisogni, dopo tutto.”

Incredibile come vuoi uomini prendiate il sesso come una questione di vita o di morte.”

Per me è la natura, Ingie, non puoi farci nulla.” Ingie restò qualche attimo in silenzio. Non avrebbe saputo che rispondere. “Allora, verrai con noi?”

Perché ti interessa così tanto che io venga?”

Perché voglio farti ubriacare così tanto da spingerti a dire tutta la verità, senza remore.”

La mora non poté fare a meno di ridere a quell'affermazione. Sembrava tenere davvero a conoscerla, non solo per come era fatta ma anche e soprattutto per ciò che aveva vissuto.

Era consapevole del fatto che Tom, nonostante l'apparenza, fosse un bravo ragazzo. Il vero problema era e restava la sua introversione.

Non è un bicchierino di alcol a farmi cedere.” lo derise.

Vedremo.”

In quell'istante, Ingie scorse Scotty correre da lontano in direzione del padrone. Sembrava particolarmente allegro e la foga con cui si muoveva verso Tom le fece quasi paura.

Il tutto successe in pochissimi istanti e ad Ingie sembrò di assistere ad una scena in Slow Motion: Scotty arrivò alle sue spalle, urtò con violenza le gambe di Tom – nel bel mezzo della corsa –, il quale perse inevitabilmente l'equilibrio. Ingie, in quei pochi secondi, cercò di afferrarlo per la maglia, ma non riuscì a trattenersi dal ridere – con le mani allo stomaco – quando lo vide cadere goffamente in acqua.

Non resistette; gli occhi le lacrimavano e lo stomaco le doleva. Non ricordava di aver riso così tanto da quando aveva abbandonato l'America. Per un attimo le sembrò di fluttuare su un altro mondo; un mondo tranquillo, dove i problemi non esistevano e lei era semplicemente felice.

L'espressione esterrefatta di Tom, non appena riemerse dall'acqua, fu impagabile e la spinse a ridere ancora più forte.

Brutta stronza!” le urlò, ma lei non riuscì a smettere di prenderlo in giro. “Ti diverte così tanto?” le domandò, prima di allungarsi verso di lei, afferrarle con forza la mano e trascinarla in acqua.

Quasi non se ne accorse, fino a che non sentì il freddo pungente penetrarle le ossa ed i vestiti appiccicarsi fastidiosamente alla pelle.

Sgranò gli occhi, quando si trovò sul corpo di Tom, immersa nel lago. Osservò le pupille, ora macchiate di una vena divertita e soddisfatta, del ragazzo e sentì la collera farsi strada nelle vene.

Brutto cretino che non sei altro!” urlò, saltandogli addosso e cercando di fargli male come poteva, sotto le sue risate. “Che razza di gentiluomo sei?!” Lui, in tutti i modi, cercava di evitare le sue mosse, immobilizzandole le braccia, fino a che non la fece immergere nuovamente con la testa. Questa tornò a galla ancora più sconvolta, mentre lui continuava a ridere divertito. “Poi ti chiedi perché ti tratto male.” borbottò lei, dandogli le spalle, per uscire dall'acqua e tornare a riva, dove i cani li osservavano incuriositi.

Dai, non ti incazzare. Sono nella tua stessa situazione.” cercò di farsi perdonare il chitarrista, senza smettere di singhiozzare. Una volta fuori, cercarono di scrollarsi di dosso il peso maggiore e, completamente fradici, si diressero nuovamente allo studio di registrazione, assieme ai cani altrettanto umidi. “Ti dona il look bagnato.” commentò Tom, compiaciuto, osservando il sedere di Ingie, fasciato da pantaloni bianchi, ora divenuti trasparenti. “Ti fa più sexy.”

A te invece fa ancora più rachitico di quello che sei.” rispose per le rime.

Io non sono rachitico!”

Ingie non rispose. D'altronde, la sua, era una semplice provocazione.

Sentiva il freddo perforarle le ossa. Sapeva che si sarebbe ammalata; solitamente era piuttosto incline a prendersi un raffreddore o la febbre.

Avrebbe ucciso il chitarrista.

Eppure, una parte di sé, era più serena, spensierata. Era tanto tempo che non faceva qualcosa di bizzarro come quella volta, ma soprattutto era tanto tempo che non rideva in maniera così naturale e sentita. Chi l'avrebbe mai detto che sarebbe stato proprio Tom l'artefice del suo divertimento.

Quando rientrarono allo studio, si tolsero immediatamente le scarpe; mossa poco furba visto e considerato che anche le loro calze erano zuppe d'acqua. Si affrettarono a portare i cani in bagno, dove li avrebbero sciacquati, prima che potessero camminare per casa ed imbrattare il pavimento di fango.

Se mi viene la febbre, ricordami di ucciderti.” gli intimò, fulminandolo con lo sguardo, mentre si toglievano le rispettive giacche.

Smettila, lo so che ti sei divertita.” la rimbeccò il chitarrista, dopo averle appese. “Non ti ho mai vista ridere come poco fa. Sono anche disposto a ridicolizzarmi tutti i giorni, se dovesse aiutare.” disse, mentre si dirigeva in bagno.

Ingie restò qualche attimo sulla porta, come in trans.

Tutta quella gentilezza; era sicura di meritarsela?

Per la prima volta, si rese conto del fatto che Tom nascondeva un lato di sé – che lei sapeva apprezzare – estremamente positivo, dietro una maschera strafottente e rozza. Parole che contenevano un significato dolce, altruistico e di grande intelligenza venivano deformate da quel tono ironico ed apparentemente menefreghista.

Sorrise e lo raggiunse in bagno.

Sai, Piggy, saresti anche una persona gradevole, se solo lo volessi.” parlò, raggiungendolo ai piedi della vasca, dove aveva posizionato i cani.

Lo stesso vale per te.” le rispose semplicemente, mentre si faceva aiutare a sciacquarli.

Lei si limitò a sorridere. Ormai aveva capito che con Tom ogni parola era pari a zero; per lo meno, stava imparando ad accettarlo per quello che era.

Ignorò la sensazione di gelo che i vestiti bagnati, ancora appiccicati al corpo, le diffondevano; piuttosto si concentrò per evitare di urtare in qualsiasi modo le mani del chitarrista.

Improvvisamente, udirono un rumore proveniente dall'ingresso che li portò a scrutarsi contemporaneamente, perplessi. Si alzarono da terra, abbandonando i cani incuriositi nella vasca, ed uscirono dal bagno.

Bill sostava di fronte alla porta d'ingresso, silenzioso e con lo sguardo stranamente vacuo.

Bill?” domandò Tom, piuttosto preoccupato.

Il vocalist, come risvegliatosi solo in quel momento, sollevò le iridi nocciola sulla figura del fratello.

La fidanzata di David è incinta.”

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Capitolo 10
*** Nine - What's the big deal? ***


9


Nine
What's the big deal?





Il tono di voce con cui Bill aveva annunciato il lieto evento, aveva pensato Tom, era sembrato quasi funebre.

Non appena era venuto a contatto con quella notizia, una vertigine – una sola – indescrivibile gli aveva percorso la bocca dello stomaco, destabilizzandolo per qualche istante; ma non appena metabolizzò ciò che suo fratello gli aveva detto, gli venne spontaneo sorridere con gioia.

Ricordava tutti i discorsi di David, sul fatto di crearsi una famiglia con quella donna di cui era tanto innamorato e che voleva sposare a tutti i costi, e non poteva fare a meno di ringraziare un Dio – se esisteva – perché non avrebbe potuto ricevere dono più bello. Sapeva quanto il manager amasse i bambini e quanto desiderasse averne uno tutto suo ed ora che il suo sogno poteva realizzarsi, fece un po' della sua felicità propria. Voleva bene a David quanto ad un famigliare e l'idea di veder vagare un piccolo Jost per lo studio lo rallegrava quasi inspiegabilmente.

Ora erano riuniti tutti al tavolo, un po' di birra per ciascuno, ed un sorriso lieto e quasi ebete sul viso.

Direi che abbiamo bevuto abbastanza per festeggiare questa bella notizia.” disse Georg all'improvviso, con le guance particolarmente arrossate, forse per il caldo che l'alcol gli aveva diffuso in tutto il corpo.

Tom non poté fare a meno di ridacchiare. Sapeva che il bassista non era un gran bevitore.

Tu, forse; io ho appena iniziato.” rispose il chitarrista, con un sorrisetto furbo in volto. “Bill, non credi sia arrivato il momento di riprendersi dallo shock?” si rivolse poi a suo fratello, il quale fissava ancora il vuoto – suo più grande interesse da più di mezzora, ormai – senza dare segni di vita, se non attraverso il respiro.

Lascialo stare.” gli intimò un Gustav particolarmente divertito. “Per una volta che non parla.” aggiunse poi, osservando con la coda dell'occhio il vocalist, in attesa di una sua reazione che non arrivò. “Questo è grave.” commentò quindi, per niente preoccupato.

Sai, Speedy, anche tua mamma è rimasta incinta di te e tuo fratello.” intervenne Ingie. Poi fece un'espressione fintamente scandalizzata, che fece ridere Tom. “Che shock!” lo prese in giro, con le mani sul viso.

Forse credeva che David fosse un essere incapace di riprodursi.” sorrise Georg. “O addirittura, di fare sesso.”

Piantatela, tutti quanti!” fu la prima reazione di Bill.

Oh, finalmente è tornato fra noi.” esclamò Tom, dopo aver sorseggiato un altro po' di birra dalla bottiglia.

Scusatemi, se sono un attimo sorpreso!” si difese ancora suo fratello, con occhi sgranati.

Scosse la testa, desolato.

Bill, anche noi siamo sorpresi ma non ci siamo messi a fare sesso visivo col muro per trentadue minuti.” sbuffò. “Non credi di esagerare?”

Certo, io esagero in tutto quello che faccio!”

Okay, diamoci una calmata. Non mi sembra il caso.” intervenne Gustav, piuttosto seccato.

Ci fu qualche attimo di silenzio, fino a che Bill non si alzò dalla sedia.

Io vado a dormire.” annunciò, per poi sparire su per le scale.

Tom si chiedeva perché suo fratello reagisse in maniera così enigmatica e poco matura. Sembrava fosse spaventato o che avesse altri strani pensieri a tormentarlo, molto probabilmente infondati. Sentiva che avrebbe dovuto fare la parte del fratello comprensivo e parlare con lui, per cercare di capire cosa non gli andasse a genio di tutta quella situazione. Una cosa era certa: l'avrebbe fatto una volta sbollito il nervoso.

Credo che prenderò esempio.” disse quindi un Gustav piuttosto assonnato, dopo aver terminato la sua birra. “Domani, faremmo bene ad invitare David e Amanda a pranzo.”

Tutti annuirono in silenzio.

Tom lanciò un'occhiata ad Ingie, la quale si rigirava una ciocca di capelli fra le dita, mentre – di tanto in tanto – sorseggiava un po' di birra dalla propria bottiglia. Sembrava pensierosa, ma stranamente tranquilla.

Io mi fumo una sigaretta e poi vado a dormire anche io.” disse all'improvviso la ragazza, sollevandosi dalla sedia. “Good night.” fece, prima di uscire dalla cucina.

Tutti simpatici.” fu il commento di Georg. “Scusa, amico, ma credo che, a questo punto, ti tradirò anche io.” fu l'ultima cosa che il chitarrista si sentì dire prima di restare solo nell'immensa cucina.

Dopo un gran sospiro, pieno di stanchezza mal celata, si curò di buttare le bottiglie di birra vuote, quando – arrivato a quella di Ingie – constatò che ve ne era ancora qualche sorso. Afferrò il pacchetto di sigarette e, con la bottiglia in mano, uscì dalla cucina. Non appena aprì la porta di ingresso allo studio, trovò la ragazza seduta sui gradini, intenta a fumare silenziosamente la propria sigaretta.

Hai lasciato un po' di birra.” le disse, sedendosi accanto a lei e porgendole distrattamente la bottiglia. Lei si limitò a storcere il naso, senza guardarlo.

Non mi va più.” mormorò, per poi tirare un altro po' di fumo.

Come vuoi.”

Ci pensò il chitarrista, a finirla, leccandosi poi le labbra impregnatesi del sapore della fragola, che sapeva appartenesse al burro di cacao di Ingie, ne era dipendente.

Bill ha il ciclo?” domandò lei all'improvviso, con tono ironico.

Può darsi.” sorrise Tom, prima di tastarsi le tasche e rendersi conto di aver dimenticato l'accendino. “Cazzo, l'accendino.” roteò svogliatamente gli occhi, ma Ingie – prima che si potesse alzare – si sporse col viso verso di lui, porgendogli la sigaretta con le labbra. Il chitarrista, ringraziandola con lo sguardo, fece la stessa cosa, facendo unire le due sigarette. Utilizzò quei due secondi – tempo di accedere la propria – per studiare il suo viso, ma in particolare i suoi occhi, in quel momento posati sui suoi. Si rese conto solo in quel momento che il loro colore era identico. “Grazie.”

Presero a fumare in silenzio, ognuno osservando un punto indistinto del giardino.

Sono sinceramente contenta per David.” parlò improvvisamente Ingie. “Non posso dire di conoscerlo bene, ma immagino che non stia nella pelle.”

Tom sorrise e buttò un po' di cenere a terra.

Diciamo che era nell'aria.” sospirò beato. “Si spiega anche il suo nervosismo.”

Già.” mormorò la mora. “Com'è Amanda?” domandò poi, all'insaputa di Tom.

Si rese conto che era la prima volta che si ritrovavano a parlare come due buoni amici, in un'atmosfera del tutto pacifica e piacevole. La scrutò appena, notando la sua rispettosa curiosità; gli parve quasi dolce.

Giovane, ha ventotto anni. È bionda ed ha degli occhi azzurri bellissimi.” parlò lui, prendendosi poi una pausa per respirare l'ultimo tiro di nicotina, prima di buttare la sigaretta. “È una persona molto riservata; un po' come te. Ed è pazzamente innamorata di David. Credo che ti piacerà, è difficile non volerle bene.”

Allora deve essere al settimo cielo, per questa gravidanza.” sorrise sognante.

Tom la osservò attentamente, quasi accigliato. Non aveva mai visto la ragazza con occhi tanto brillanti; leggeva in essi una scintilla del tutto nuova, che riconosceva in quelli di sua madre.

Tu sogni la maternità?” le chiese, quasi vergognandosene. Non si sentiva a proprio agio a trattare argomenti di quel tipo, prettamente femminili, ma era al tempo stesso curioso.

Penso che sia il sogno di quasi tutte le donne.” scrollò le spalle Ingie, come si sentisse in imbarazzo ad ammettere una verità del genere. “Sembri sorpreso.”

No, è che, ti ho sempre vista come una maschiaccio, fredda e acida. Non pensavo possedessi anche tu un istinto materno.” ammise Tom, fin troppo sincero.

Ti ringrazio, Piggy! Effettivamente anche io mi sento male al pensiero di un tuo futuro figlio e alla poverina che ne sarà coinvolta.”

Credimi, sarò un padre coi fiocchi.”

Speriamo bene.”

Perché cazzo stiamo parlando di questo?” domandò Tom, sinceramente perplesso.

Lo chiedi a me? Sei tu che hai cominciato.” ribatté Ingie, divertita.

Beh, allora, finiamola qua.” continuò il chitarrista, con una scrollata di spalle, come fosse logico.

Come vuoi.” concluse la ragazza, per poi alzarsi in piedi. “Allora io me ne vado a dormire. Vedi di non bruciarti quei pochi neuroni che ti restano, con tutti questi pensieri sulla paternità. Ne hai, di tempo.” lo prese in giro.

Sognami.” la canzonò, senza guardarla.

Con piacere; a pezzetti, però.”

Sentì la porta chiudersi e ne dedusse di essere di nuovo solo.

Sorrise, divertito.





***





Si chiese se stesse esagerando con tutte quelle decorazioni. L'idea dell'arrivo di David e di Amanda per l'ora di pranzo le aveva dato l'ispirazione giusta per apparecchiare la tavola, sprigionando – dopo tempo – tutta la fantasia che aveva tenuto fino ad allora segregata in un cassettino del suo cervello. Sapeva che non avrebbe potuto dare il meglio di sé tramite una semplice tavola apparecchiata, ma vi aveva comunque messo impegno, affinché apparisse gradevole agli occhi.

La notizia di quella gravidanza inaspettata aveva risvegliato in lei un lato estroso e sensibile che aveva dimenticato di possedere.

Le era da sempre piaciuto osservare le donne incinte. Le scrutava in ogni loro movenza o cambio di espressione, trovando quelle particolarità tremendamente dolci ed emozionanti. Spesso si chiedeva cosa si provasse a tenere un bimbo in grembo, a sentirlo muoversi all'improvviso ed inaspettatamente, e a volte si dava anche della stupida per tali interrogativi. Avrebbe avuto molto tempo ancora per pensarci e non avrebbe di certo bruciato le tappe.

Sistemò i fiori che aveva adagiato al centro del tavolo, aggiustandone le foglie con immensa cura.

Non sapeva nemmeno lei perché stesse impiegando tanto tempo a perfezionare il tutto; forse per tenersi la mente occupata.

Però, che eleganza!” l'esclamazione di Gustav, non appena entrò in cucina, la fece spontaneamente sorridere.

I complimenti del batterista erano sempre bene accetti.

Ti piace?” domandò soddisfatta. “Avevo voglia di strafare.”

Beh, senza dubbio, hai buon gusto.”

Thanks, Sweetie.”

Udirono dei passi scendere di corsa le scale, fino a giungere in cucina.

Arriva Elisabetta dall'Inghilterra?” domandò Tom con ironia – come se la Regina fosse una sua vecchia amica –, dopo aver scrutato il lavoro di Ingie, la quale si sentì particolarmente urtata.

È un qualcosa che va troppo al di là dei tuoi standard, Piggy.” ribatté con sadico sarcasmo.

Poi, un giorno mi spiegherai perché sei passata dal chiamarmi treccina a porcellino.”

Perché credo che la seconda ti si addica di più.” Fece appena in tempo a notare la mano del chitarrista avvicinarsi ai fiori per schiaffeggiargliela senza ritegno, facendo ridacchiare Gustav e corrugare Tom. “Giù le mani! Sei capace di distruggerli solamente con il pensiero.” borbottò, fiera di aver salvato in tempo il suo vaso.

Sono mostruosi.” obiettò Tom.

Tu sarai mostruoso. Per Gustav sono belli.”

Ma li hai posizionati in mezzo al tavolo; non riusciremo nemmeno a guardarci in faccia!”

Sai che dispiacere. Per lo meno non mi andrà di traverso il pranzo.”

Sei perfida.”

I know.”

Proprio in quel momento, il campanello trillò, dando motivo ai due di smettere di punzecchiarsi, come da copione. Gustav ne approfittò per allontanarsi dal dibattito in corso, così andò ad aprire la porta, mentre Ingie, Tom, Georg, Bill e i cani saltellanti si posizionarono alle sue spalle, pronti ad accogliere i futuri genitori. Con la coda dell'occhio, la mora notò un Bill non propriamente sorridente; probabilmente era ancora arrabbiato dalla sera prima, cosa che trovò poco educata.

Non appena la porta venne aperta, la prima cosa che videro fu il viso gioioso del manager. Ingie lo notò subito: aveva una luce totalmente diversa negli occhi; più consapevole e serena.

Al suo fianco, una giovane donna dai capelli color oro e vaporosi, sorrideva, lasciando che i suoi occhi meravigliosamente celesti – un celeste che Ingie raramente aveva avuto il piacere di osservare – sprigionassero la quiete che – era palese – provava in quell'istante.

Le bastò questo: subito le piacque, senza alcun bisogno di presentazioni che però non tardarono ad arrivare.

Amanda, piacere.” sorrise, stringendole la mano.

Ingie.” ricambiò la stretta la mora, cercando di essere il più gentile e dolce possibile.

David ti ha sempre descritta come un peperino.”

Non le ha reso giustizia.” borbottò Tom, ricevendo in risposta un leggero pugno sul braccio da parte di Ingie.

Amanda ridacchiò, compiaciuta.

Allora, finalmente, abbiamo trovato una ragazza in grado di tenerti testa, Tom.” commentò, divertita, per poi avvicinarsi ad Ingie e sussurrarle – assicurandosi però che il ragazzo sentisse – poche parole che la soddisfecero maggiormente. “Fai bene a trattarlo male; ha bisogno di essere messo in riga.”

Hey, da quando sei coalizzata contro di me?” obiettò il chitarrista, fingendosi offeso.

Lo sai che ti voglio bene.” rise lei, abbracciandolo affettuosamente.

E qui, chi abbiamo?” sorrise poi Tom, chinandosi appena, per parlare faccia a pancia, ancora inesistente. “Un piccolo David o una piccola Amanda?”

Prega che non sia una piccola Amanda, David, altrimenti Tom è capace di provarci con lei sin da neonata.” commentò un Georg particolarmente scettico.





***





Tom sorrise soddisfatto quando David tolse dal tavolo i fiori, sostenendo che gli impedivano la visuale, completamente ignaro del fatto che li avesse posizionati Ingie a quella maniera. La ragazza, dal canto suo, non aveva proferito parola a riguardo, se non incenerendo il chitarrista con gli occhi.

Il pranzo, nel complesso, stava procedendo bene. David ed Amanda raccontavano le loro giornate, cos'era cambiato e cosa no; le vicissitudini della futura mamma, con tutti i sintomi – belli e brutti – di una gravidanza.

Tom si convinceva sempre di più che l'idea di avere una fidanzata incinta era piuttosto inquietante, stando ai loro racconti apparentemente straboccanti di entusiasmo. Doveva essere spaventoso uscire di casa alle tre di notte per andare a comprare un cibo raro, in una stagione poco favorevole e sorbirsi l'ira della propria donna in caso di fallimento.

Eppure David ed Amanda facevano apparire tutto paradisiaco e quasi stentava a crederlo, ma era gioioso per loro. Leggeva negli occhi del suo manager l'impazienza e l'emozione che da tempo non vi brillava più.

Una sola cosa rovinava quell'atmosfera allegra e gioviale: Bill. Tom gli lanciò un'occhiata eloquente, per invitarlo a parlare, dato che non aveva ancora proferito parola, se non qualche sorrisetto palesemente tirato, di tanto in tanto. Il vocalist non sembrò degnarlo di attenzione anzi, se possibile, lo irritò ancora di più.

Vado a fumare.” disse improvvisamente, alzandosi dalla sedia, senza attendere una risposta da parte degli altri.

Tom, la cui rabbia prendeva ad aumentare, decise di fare lo stesso.

Anche io.” tagliò corto per poi uscire dalla cucina, all'inseguimento di suo fratello, che raggiunse in giardino, dopo aver chiuso la porta dello studio, per evitare che gli altri sentissero. “Che cazzo significa?” fu la domanda diretta che gli fece, vedendolo fumare come nulla fosse.

Cosa?” fece disinteressato Bill, senza guardarlo.

Ti credi furbo, Bill?” lo sfidò il moro. “Sappi che stai solo facendo la figura dell'idiota.”

Attento a come parli.”

Mi spieghi che ti prende? Ti comporti che se non ti importasse niente, come se ti desse fastidio il fatto che David diventerà papà.”

Mi biasimi per questo?”

Tom restò qualche attimo ad osservarlo, esterrefatto.

Ti è partito il cervello, Bill?” sibilò, non riuscendo a capire il motivo per cui suo fratello si stesse comportando in una maniera tanto deplorevole.

No, il vostro è partito.” rispose il vocalist, avvicinandoglisi pericolosamente. “Non riuscite nemmeno a capire che questo è un problema per la band.”

E perché mai dovrebbe esserlo?”

Perché i figli portano via tempo, Tom, ed il tempo, nel nostro lavoro, è una questione di sopravvivenza.”

Non vedo perché il figlio di David dovrebbe rappresentare un problema.”

Perché lui è il nostro manager, Tom! Non può permettersi di lasciarci per strada!”

Ma perché dovrebbe farlo?”

Perché quando nascerà il bambino, non vedrà altro che lui.”

Com'è giusto che sia.”

No, quando scegli di fare una carriera di un certo tipo.”

Cosa dovrebbe fare, abbandonarlo? Ciò che ci ha fatto papà non ti ha insegnato niente, Bill?” Fu quella la frase che tolse ulteriori parole di bocca a suo fratello. Sapeva di aver toccato un nervo ancora scoperto. “Dimostra di essere più intelligente di lui.”

Ciò non toglie che il problema ci sarà.” ribatté Bill.

Pensala come vuoi, Bill. Questo bambino nascerà, che ti piaccia o no, e noi lo accoglieremo con il dovuto affetto.” tagliò corto il chitarrista. Non voleva sentire altro. “Ora torno dentro perché è ciò che farebbe una persona educata. Tu fai come ti pare.”

Detto questo rientrò allo studio, lasciando suo fratello solo, con i suoi pensieri.





***





Aveva sorriso quando Amanda si era offerta di aiutarla a lavare i piatti.

Aveva trascorso tutta la sera ad ascoltare i suoi racconti con grande interesse e non aveva, nemmeno per un momento, pensato di interromperla. L'idea di saperla incinta, nonostante non la conoscesse, le trasmetteva un senso di serenità, come fosse stata lei a portare in grembo una creatura. Era sempre stata debole su quell'aspetto, sebbene non riuscisse a tollerare l'idea di diventare madre ora.

Mi fa piacere vedere che ti sei integrata bene in famiglia.” parlò Amanda, mentre passava la spugna su di un piatto.

Ingie sorrise.

Nonostante qualche divergenza, di tanto in tanto.” confermò, dopo aver riposto un bicchiere nella credenza.

Sì, beh, con i Kaulitz in giro, non si può pretendere altro.” scherzò la bionda. “Hai intenzione di andartene tanto presto?” le domandò poi, prendendola quasi in contropiede.

Non appena i soldi saranno abbastanza.” annuì lei.

Si stava quasi abituando all'idea di vivere con i ragazzi ma non poteva gravare su di loro ancora a lungo – visto e considerato anche che presto avrebbero ripreso un tour mondiale – ed inoltre rivoleva la sua indipendenza e la sua privacy. Non voleva continuare a litigare con Bill per il bagno, con Tom per il telecomando e con Georg per il cibo.

Con Gustav, il problema non sussisteva.

Sarà dura per loro salutarti.” Ingie aggrottò la fronte. “Si sono affezionati molto a te. Si vede.”

La mora non rispose. Doveva ammettere che persino lei si era attaccata a loro, anche se non lo dava a vedere. Nonostante le apparenze, aveva imparato a voler bene a quel gruppo di squinternati.

Sicura che sia un bene per te venire a ballare?” decise di cambiare discorso.

Si era deciso, qualche attimo prima, che sarebbero andati a ballare tutti insieme, in una discoteca al centro di Berlino. Ingie, inizialmente restia, aveva accettato, per non recitare la parte della ragazza asociale.

Non si sentiva molto bene.

Figurati. Sono solo al primo mese.” la tranquillizzò la futura mamma. “Poi, ho David che mi starà accanto in modo quasi assillante.” ridacchiò. “Ultimamente, è diventato iperprotettivo.”

Penso che sia normale.” sorrise Ingie, riponendo l'ultimo piatto in credenza, segno che avevano finito di lavare.

Parlate di me?” sentì la voce del manager alle sue spalle. Lo vide avvicinarsi ad Amanda ed abbracciarla da dietro, così le venne spontaneo sorridere e congedarsi, con la scusa del vestirsi.

A volte sentiva la mancanza di un ragazzo, sebbene quello studio ne pullulasse.

L'ennesima morsa allo stomaco che ignorò.

Salì le scale, fino a raggiungere la propria stanza, dove si prese tutto il tempo per decidere cosa indossare.

Erano mesi che non si era presentata l'occasione di vestire qualcosa di particolarmente elegante – a parte la cena con Ivan – e doveva ammettere che l'idea di potersi svagare per un intera nottata, ora che ci pensava, non le dispiaceva; anche se cercava in tutti i modi di ripetersi che non si stava comportando da egoista, invano. Cercava di eludere i problemi ed il dolore in ogni modo possibile.

Si spogliò. Aveva deciso di ripristinare un vestito nero, senza maniche ma accollato, legato in vita da una cintura in acciaio e lungo fino a metà coscia. Ai piedi, un paio di decoltè del medesimo colore. Si era quasi dimenticata di come si camminasse su un paio di tacchi particolarmente alti. Quelle scarpe risalivano al periodo in cui conduceva una vita frenetica e spensierata, che rammentava con malinconia.

Si sciolse i capelli e li fece cadere lunghi sulle spalle, appena ondulati. Ricordava che a scuola tutti le facevano i complimenti per la sua folta chioma; i riflessi ramati – naturali – catturavano spesso lo sguardo interessato delle altre ragazze.

Uscì dalla stanza, per dirigersi in bagno ma, non appena aprì la porta trovò Tom, come sempre a petto nudo, intento a farsi la barba davanti allo specchio. Non si sorprese nemmeno, di trovarlo lì, motivo per cui entrò comunque, senza che lui facesse una piega.

Possibile che ogni volta che entro in bagno, ci sei tu? Non puoi chiuderti a chiave?” domandò, afferrando il proprio beauty, una volta affiancato il chitarrista, di fronte allo specchio.

Tanto entri lo stesso.” rispose lui, passandosi il rasoio sulla guancia, con attenzione. Lei non rispose, si limitò a spalmarsi un leggero strato di fondotinta sul viso, lanciando ogni tanto delle occhiate al chitarrista. “Non capisco perché voi donne vi mettiate chili di petrolio in faccia.” commentò il moro, improvvisamente, senza smettere di osservarsi allo specchio.

Quell'uscita la fece sorridere.

A volte è necessario, per la salute del prossimo.” rispose.

Capirai, io ti vedo tutti i giorni nelle condizioni più pietose. Quel che è fatto è fatto.” scrollò le spalle il chitarrista.

Infatti, non è il tuo giudizio ad interessarmi.” precisò lei.

Beh, dovrebbe, sono pur sempre un uomo.”

Parliamone.”

L'occhiata focosa di Tom la fece tacere, divertita.

Lo osservò sciacquarsi il viso – pulendo ogni residuo di schiuma – poi si apprestò a stendere un po' di ombretto nero sulle palpebre; completò il tutto con del mascara ed un gloss trasparente, nel momento in cui Tom indossò la camicia bianca che aveva precedentemente preparato.

Per un attimo, si soffermò a scrutarlo, attraverso lo specchio. Era la prima volta che lo vedeva indossare la camicia.

Merda, fu il primo pensiero che le attraversò la mente.

Faticò prima di ammettere a se stessa che Tom era bello. Era una constatazione oggettiva che doveva forzatamente prescindere dal personaggio irritante, quale era.

I muscoli erano delineati dal cotone quasi trasparente e poteva vederli contrarsi e distendersi di nuovo. La pelle più scura evidenziava lo stacco con il bianco della camicia.

Deglutì.

Mi passi il profumo?” le chiese all'improvviso, risvegliandola dai propri pensieri del tutto sbagliati, come una doccia congelata.

Sì.” borbottò, prima di aprire il mobiletto davanti a lei. Riconobbe la boccetta che Tom usava sempre e gliela passò. Decise di fare la stessa cosa con la propria. Ignorò il braccio del ragazzo che le sfilò sotto il naso per riporre il profumo al suo posto.

Sbrigati a scendere.” le intimò, prima di uscire dal bagno e richiudere la porta.

Grazie, Dio.





***





Le luci a intermittenza le arrivarono dritte agli occhi, quasi accecandola. La musica a tutto volume le riempì le orecchie e la gente che si scatenava in pista la fece sorridere. Aveva fatto un tuffo momentaneo ai vecchi tempi, quando tutto ciò che osservava ora poteva essere considerato quasi il suo pane quotidiano.

Salirono tutti insieme le scale, in direzione del privé.

Ingie non aveva dimenticato le sue serate nelle discoteche di New York; rammentava l'adrenalina, il sudore sulla pelle, l'evasione dal mondo intero. Il controllo diveniva un lontano ricordo e lei non si preoccupava mai di acquisirlo di nuovo, almeno fino alla mattina seguente.

Una volta preso il loro divano, ordinarono alcune bottiglie di alcolici, che avrebbero potuto mischiare a loro piacimento.

Ingie, ancor prima di uscire dallo studio, aveva deciso che quella notte avrebbe accantonato qualsiasi brutto pensiero e senso di colpa, facendo rivivere l'Ingie di un tempo; la newyorchese folle e spensierata che tutti guardavano con ammirazione.

Quella sera si sarebbe divertita.

Si gettò sul divano e diede il via alle bevute, sotto lo sguardo sorpreso dei ragazzi. Decise di prepararsi un Long Island; quasi ne aveva dimenticato il sapore. Chiuse gli occhi, sorridendo appena, nell'esatto istante in cui il liquido frizzantino le sfiorò le papille gustative.

Affianco a lei, Tom si riempì il bicchiere dello stesso cocktail, per poi sollevarlo nella sua direzione – come volesse brindare a lei –, e se lo portò alla bocca.

Ancora non era riuscita ad ignorare quella maledetta camicia e pregò che l'alcol l'aiutasse a cancellare pensieri del tutto sbagliati che le avevano inquinato la mente.

Si alzò dal divano, decisa a scendere in pista e scatenarsi.

Vado a ballare.” annunciò, per poi raggiungere Gustav. “Tu vieni con me. Ti faccio fare cose che nemmeno immagini. Ti fa bene un po' di follia, ogni tanto.” disse ironica, facendo ridere chiunque attorno a lei, tranne il diretto interessato che, al contrario, sembrava preoccupato per la propria vita.

Mentre scendevano le scale, gli altri si affacciarono dalla ringhiera, curiosi di osservare un Gustav fuori dal normale. Quella era un'occasione più unica che rara ed Ingie lo sapeva bene, motivo per cui aveva scelto proprio lui come compagno di ballo.

Ingie, ti prego, non mi far fare cose imbarazzanti. Ricordati che ho una reputazione.” le pregò, una volta raggiunta la pista, in mezzo alla folla.

Andiamo, Gustav, fammi vedere il tuo lato oscuro!” scherzò lei, prendendo a muoversi a ritmo di musica.

Musica. La sua anima, ciò di cui viveva. La percepiva percorrerle le vene come sangue ed inebriarle i sensi come droga. Aveva trascorso l'intera esistenza accompagnata dalla musica; poteva affermare di aver posseduto una colonna sonora per ogni singolo avvenimento della sua vita.

Gustav, davanti a lei, provava a fare qualche mossa impacciata, guardandosi attorno, come si vergognasse di ballare.

Gli afferrò le mani e le sollevò, cercando di coinvolgerlo nella sua danza sfrenata – contro la sua espressione esterrefatta. Chiuse gli occhi e si lasciò andare con un sorriso estasiato, per poi incrociare le braccia attorno al collo del ragazzo, il quale le afferrò timidamente i fianchi.





***





L'espressione sorpresa e compiaciuta del chitarrista non passò inosservata a Georg, il quale gli si avvicinò, continuando ad assistere ai movimenti – osò pensare sensuali e quasi maliziosi – di Ingie e Gustav.

Certo che quella ragazza fa miracoli.” rise. “Non ho mai visto Gustav scatenarsi così.”

Già, stento a riconoscerlo.” annuì Tom, senza staccare gli occhi dalla coppia, ma in particolare da Ingie.

Era inutile negare che quella ragazza stuzzicasse il suo interesse. Forse era quel suo carattere dalle mille sfaccettature a suscitargli curiosità ed attrazione. Il fatto che fosse anche estremamente sexy non lo aiutava.

Le aveva messo gli occhi addosso, ed in particolare su quel vestito succinto, ancora prima che uscissero dallo studio. Nel momento in cui aveva varcato la porta del bagno, un'ora prima, era rimasto senza parole, nonostante non l'avesse dato a vedere; aveva ancora uno straccio di orgoglio.

Il punto era che si era definitivamente reso conto di provare un'attrazione fisica nei suoi confronti, che quasi si vergognava a quantificare. Non sopportava il suo carattere, ma non poteva fare a meno – al tempo stesso – di esserne attratto.

Si passò una mano sul viso.

Devo bere.” disse, prima di allontanarsi dal bassista, per dirigersi verso il tavolo dove gli alcolici lo attendevano.





***





Sorrise quando vide Ingie e Gustav fare il loro ritorno con il fiatone. Il viso del batterista era a dir poco sconvolto, impregnato di sudore.

Cazzo, ti ha spompato.” fu il commento divertito di Tom, seduto a gambe larghe sul divano; il bicchiere in mano. Seguì con lo sguardo la ragazza camminare verso di lui, per poi gettarglisi affianco con un sospiro estasiato. I suoi capelli erano scomposti e la sua pelle brillava, appena umida, mentre il petto le si alzava ed abbassava velocemente. Osservò le sue gambe nude accavallarsi, poi tornò a scrutarla in viso. “Vuoi?” le offrì il proprio drink a metà, con sguardo ironico. Lei non rispose, semplicemente accettò il bicchiere e lo svuotò in un solo sorso. “Hey, vacci piano.” le disse con sarcasmo.

Georg, tocca a noi scatenarci.” disse David all'improvviso. “Vieni, amore?” porse la mano ad Amanda, la quale accettò volentieri.

I tre sparirono giù per le scale.

Ti stai scatenando.” constatò Tom piuttosto sorridente alla ragazza, che nel frattempo aveva poggiato la testa al muro, dietro di lei.

Stasera non si pensa.” rispose lei, senza guardarlo.

Non fece in tempo a dirle altro, che la vide alzarsi nuovamente dal divano.

Era semplicemente esterrefatto; aveva intuito che fosse una ragazza dall'indole particolarmente focosa, ma non credeva fosse in grado di divertirsi a quella maniera, di perdere il controllo e trascinare gli altri nella sua follia.

Stasera non si pensa.

Si alzò anche lui dal divano ed afferrò il polso di Ingie, che si voltò immediatamente verso di lui. Le sorrise, prendendo a muoversi assieme a lei, a ritmo di musica. La musica rimbombava altissima nelle sue orecchie e le luci ad intermittenza gli permettevano di scorgere il viso umido della mora come lampi ogni frazione di secondo.

Percepì le dita sottili di Ingie infiltrarsi nei suoi rasta, legati in una coda, in una sorta di carezza sul collo. I loro sguardi erano come legati magneticamente e Tom poteva perfettamente scorgere la disinibizione di chi aveva considerevolmente bevuto, nelle sue pupille. Faceva vagare le proprie mani lungo le sue curve, saggiando con i polpastrelli la morbidezza del suo vestito, ma non osò sfiorarle la pelle nuda. Le passò le dita fra i capelli, senza mai porre fine alla loro danza frenetica sul ritmo house, ora particolarmente veloce. Le loro pelli umide di sudore si sfioravano continuamente, senza mai interrompere il contatto divenuto bollente.

Tom era posseduto da un'adrenalina del tutto nuova, che forse gli stava trasmettendo proprio Ingie, con quella sua pazzia, quei suoi sorrisi nel gettare la testa all'indietro – come estasiata – nel bel mezzo del loro ballo sfrenato. La canzone, quasi violenta, lo invogliava a non smettere, nemmeno per un secondo.

Le poggiò il palmo della mano sulla fronte, scostandole i capelli che vi si erano appiccicati. Si sentiva pieno di vita, pieno di follia pronta ad esplodere; chiuse gli occhi e buttò la testa all'indietro, beandosi del contatto del corpo di Ingie pressato al suo, in movimenti voluttuosi.

Non seppe dire con certezza quanto durò il tutto; sapeva solo che ora sedeva sul divano, completamente sudato, con Ingie affianco a lui, altrettanto stanca. La testa della mora era poggiata alla sua spalla e – a constatare dagli occhi chiusi – pareva quasi dormisse.

Voltò il viso in direzione di suo fratello, seduto sul divano affianco, con un bicchiere semivuoto in mano ed uno sguardo pericolosamente vacuo.

È ubriaco.

Bill?” lo chiamò. “Stai bene?” gli domandò, premuroso.

Il vocalist, in risposta, sollevò talmente di scatto il bicchiere che si versò addosso il liquido restante.

Cazzo.” biascicò, per poi crollare con la schiena contro il cuscino.

Il chitarrista si passò una mano sul viso, poi lanciò un'occhiata ad Ingie.

Fantastico.” commentò.
Proprio in quel momento tornarono un Georg sconvolto, assieme a David ed Amanda. Quest'ultima aveva l'aria di essere particolarmente esausta, mentre il manager sembrava volesse continuare a ballare per altre ore consecutive.

Forse è arrivato il momento di tornare a casa, sono le tre ed Amanda è stanca.” notò Gustav, osservando la bionda.

Sì, credo che sia meglio per tutti.” intervenne Tom. “Non credo che loro due stiano bene.” aggiunse, indicando prima Ingie, poi Bill che ormai pareva entrato in coma, sul suo divano. Provò ad alzarsi, sorreggendo la mora – ancora poggiata a lui –, e chiese a Georg di occuparsi di suo fratello. “Dai, ce la fai a camminare?” chiese quasi con tono paterno ad Ingie.

Certo, non sono cretina.” borbottò lei, staccandoselo lentamente di dosso.

Dietro di lei, le teneva una mano poggiata alla schiena, poiché non si fidava dei barcollii che di tanto in tanto la minacciavano. Riuscì, in ogni caso, a camminare perfettamente da sola, fino all'uscita della discoteca.

Appena fuori, impuntò sui propri piedi.

Una scarica di flash quasi lo accecarono; erano circondati dai paparazzi.

Gettò immediatamente un'occhiata ad Ingie, la quale sembrava completamente spaesata e quasi ipnotizzata da tutte quelle luci violente e ripetute. Bastò un attimo perché la sua espressione si tramutasse in pura ira. Tom si affrettò a coprirle il viso con la sua felpa, stringendola al petto, mentre prendevano a correre verso l'enorme auto parcheggiata a qualche metro di distanza.

Cazzo, erano i paparazzi! Erano i paparazzi, Tom!” urlò Ingie, una volta salita a bordo, con il chitarrista di fronte a lei. Non era del tutto lucida per via dell'alcol, ma capì che era spaventata per una ragione reale, a lui ignota. “Questo non doveva succedere! Non doveva succedere!” continuò a pronunciare frasi quasi sconnesse, mentre un cumulo di lacrime cominciavano a riempirle gli occhi dal trucco sbavato.

Ingie, calmati.” cercò di rassicurarla Tom, posandole una mano sul ginocchio, ma lei si scostò come scottata. “Ora non sei in te. Andiamo a dormire e domani analizzi la cosa con lucidità.”

Sembrava voler ribattere, ma la vide trattenersi, tremante. Non l'aveva mai vista così indifesa, così fragile. Aveva sempre dovuto combattere con i suoi artigli ed avere una risposta pronta e tagliente per tenerle testa; ma ora con il trucco sbavato, i capelli scompigliati, il vestito un po' sgualcito e gli occhi colmi di lacrime, non faceva altro che suscitargli tanta tenerezza che quasi gli fece venire voglia di abbracciarla.

Nel giro di una mezzora tornarono allo studio; David ed Amanda li avevano abbandonati a metà strada, per tornare a casa loro, stanchi ed assonnati.

Questa volta, Ingie fu aiutata da Georg a scendere dall'auto, e Tom li seguì in silenzio, chiedendosi cosa continuasse a tormentare la ragazza. Più passava il tempo e più rischiava di impazzire perché ogni giorno veniva a contatto con un avvenimento o un indizio del tutto nuovi che l'avrebbero aiutato a ricostruire il passato di Ingie, ma non riusciva mai nel suo intento.

Decise di raggiungere suo fratello, del tutto fuori uso, per accompagnarlo per lo meno dentro casa. Quest'ultimo non gli diede di certo una mano e decise di buttarsi a peso morto sul divano, rinunciando così ad un bel letto caldo. I tentativi di Tom di trascinarlo in camera ovviamente furono vani, dato che il vocalist si era già addormentato.

Con un sospiro, decise di cambiare soggetto e quindi raggiunse Georg, che manteneva Ingie, sempre più incosciente.

Lascia, ci penso io.” gli disse Tom, prima di inginocchiarsi per sfilare le scarpe alla ragazza. Successivamente – dopo averle tolto anche la giacca, che Gustav appese –, le passò una mano dietro la schiena ed una sotto le ginocchia, prendendola in braccio. “Tu portale su le scarpe.” chiese al bassista, per poi cominciare a salire le scale, facendo ben attenzione a non perdere l'equilibrio.

Con qualche difficoltà raggiunse il piano superiore, si fece aprire la porta della stanza di Ingie e vi entrò, accendendo la luce con la spalla.

Buona notte.” lo salutò il rosso, dopo aver posato le scarpe per terra.

'Notte.” rispose, mentre sentiva la porta alle sue spalle chiudersi. “Eccoci.” sospirò, adagiando lentamente la mora sul letto. “Evito di spogliarti per avere la testa ancora attaccata al collo, domani.” disse ironico, mentre le rimboccava le coperte.

Lei aveva gli occhi chiusi, ancora inondati di lacrime, ma sapeva che non si era addormentata completamente. Le passò un dito su quelle gocce salate, sentendo la tristezza montargli nel corpo.

Mi hanno vista, Tom.” mormorò all'improvviso, poco chiara, evidentemente ubriaca. “Mi hanno vista.” pianse quasi silenziosamente.

Tom si sedette sul bordo del letto, accanto a lei.

Ingie, calmati, non succede nulla.” cercò di tranquillizzarla, per quanto potesse comprenderlo. “Sono fotografi, è il loro lavoro.” le spiegò, come fosse una bimba bisognosa di rassicurazioni.

La osservò assopirsi sempre di più; sapeva che di lì poco avrebbe ceduto. Le spostò una ciocca di capelli dal viso ed attese che varcasse la soglia del mondo dei sogni, mentre un enorme punto interrogativo prese a tormentarlo.


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Capitolo 11
*** Ten - When everything happened ***


Ten


Ten
When everything happened





Fece scorrere le dita sulla propria tempia, massaggiandola. Corrugò la fronte, emettendo dei mugolii infastiditi, non appena i sottili raggi del sole le colpirono gli occhi ancora assonnati. Percepiva un enorme peso nel cranio che le impediva di sollevare il capo e la vista era annebbiata. Un freddo pungente la portò a stringersi il piumone addosso, tremando appena. Si sentiva strana; la stanza vorticava attorno a lei, creandole un fastidioso senso di nausea.

Voltò lo sguardo in direzione della radiosveglia e constatò con stupore che erano già le tre del pomeriggio.

Qualcuno mi ha drogato? Si domandò sospettosa. Non era mai successo prima di allora che dormisse così a lungo.

A fatica, scostò il piumone dal proprio corpo infreddolito e poggiò i piedi sul parquet. Tutto attorno a lei prese a vorticare e chiuse gli occhi per alleviare quella spiacevole sensazione, invano. Con una smorfia di disgusto, si alzò lentamente – per evitare capogiri improvvisi e ritrovarsi con la faccia sul pavimento – e si incamminò verso la porta. Quando la aprì, sentì un particolare silenzio all'interno dello studio e si chiese se vi fosse rimasto qualcuno.

Facendo bene attenzione a non perdere l'equilibrio, cominciò a scendere le scale, gradino dopo gradino e, nel giro di quasi un minuto, giunse al piano inferiore. Nemmeno i cani le vennero in contro, quella volta.

Si affacciò in cucina.

Ah, sei viva!” fu l'esclamazione di Gustav, non appena la vide. “Cominciavamo a preoccuparci.”

Dove sono gli altri?” domandò lei, confusa.

Bill è andato a farsi la manicure, Georg è andato a fare un po' di spesa e Tom è in giro con i cani.” spiegò tranquillamente il batterista, invitandola nel frattempo a sederglisi affianco, a tavola. “Hai fame?” chiese poi, scrutandola mentre lei si sedeva. Scosse appena la testa, evitando movimenti bruschi. “Ti senti bene? Sei pallida.”

Mi sento uno straccio.” mormorò lei, portandosi una mano sul viso. Quella sgradevole sensazione non svaniva.

Saranno i sintomi post-sbornia.” commentò il biondo, per poi posarle una mano sulla fronte. “Però sei piuttosto calda. Ti conviene misurare la febbre.”

Detto questo, il ragazzo si alzò ed uscì dalla cucina. Ingie posò la testa sul tavolo, beandosi del fresco che emanava, a contatto con la pelle del viso bollente. Ora cominciava anche lei a sospettare di un'influenza; d'altronde l'aveva predetta, il giorno in cui Tom l'aveva trascinata nel lago assieme a lui. Aveva cominciato a star male già dalla sera prima, quando ancora era indecisa se uscire o meno.

A quel punto, le tornò alla mente tutto ciò che era successo durante la notte e, come un flash – un altro – rammentò i paparazzi al di fuori della discoteca che l'avevano immortalata, contro il suo volere.

Percepì un violento nodo nello stomaco mozzarle il fiato, quando Gustav rientrò in cucina con un termometro a portata di mano.

Grazie.” sussurrò, ponendoselo quindi al di sotto dell'ascella. “Spero per Tom di stare bene.”

Perché Tom?” domandò lui curioso.

Storia lunga.” borbottò la mora, facendo un gesto svogliato con la mano. Gustav la squadrò sospettoso ma non indagò oltre. “Ieri sera sono riuscita a farti scatenare.” sorrise poi, fingendo disinvoltura, guardandolo di sottecchi.

Gustav diventò paonazzo.

Beh, diciamo che riesci ad essere abbastanza convincente.” si giustificò.

Improvvisamente sentirono la porta dello studio aprirsi. Non uscirono dalla cucina per verificare chi fosse, preferirono aspettare, fino anche la testa rossa del bassista non fece capolino.

Ah, buongiorno, Ingie!” salutò la mora, per poi entrare con due sacchetti pieni e trasbordanti di acquisti. “Credevamo fossi morta nel sonno.” disse, mentre posava sul tavolo le buste.

Grazie del bel pensiero, Redhead.” fece lei scettica. Si sentiva decisamente troppo nervosa ed aveva preso a mordicchiarsi le unghie, in tensione.

Aveva sempre saputo che soggiornare allo studio dei Tokio Hotel non sarebbe stato sicuro a lungo. Erano persone ben più che note e non avrebbe mai potuto sperare di non venire fotografata almeno una volta. Già immaginava i titoli dei giornali, con la sua foto in bella mostra. Solo il pensiero le faceva venire voglia di scoppiare in un pianto ininterrotto. Pregò che quelle foto non facessero il giro del mondo, ma soprattutto che non giungessero in America; anche se sapeva bene di pretendere l'impossibile.

Cinque minuti sono passati.” annunciò Gustav, risvegliandola dai suoi pensieri vorticosi.

Stai male?” le chiese Georg, perplesso. “Effettivamente sei pallida.”

Ingie afferrò il termometro e vi buttò l'occhio.

Trentotto e due.” sibilò, mentre l'istinto omicida nei confronti del chitarrista tornava a farsi vivo e pulsante nelle sue vene. “Piggy è un uomo morto.” concluse, riponendo l'oggetto sul tavolo.

Vai a metterti a letto.” le ordinò il batterista, con tono che non ammetteva repliche di alcun tipo. “Ti preparo una tisana.”

Ingie preferì non ribattere e soprattutto non opporsi; stava troppo male per sostenere una discussione. Aveva passato a letto fin troppo tempo e l'istinto le diceva di perlustrare ogni singolo giornalaio per assicurarsi che quelle foto non venissero pubblicate, per lo meno non su una rivista.

Si alzò lentamente dalla sedia, stando attenta ai capogiri, e salì nuovamente le scale, in direzione della camera da letto.





***





Un volta rientrato in casa, sganciò i guinzagli dei cani e li lasciò liberi di correre in contro ai ragazzi che sedevano sul divano del salotto, di fronte ad un quiz televisivo.

Hey.” esclamò, annunciando la propria presenza. “Che fate?” domandò, avvicinandosi a loro.

Stiamo testando la nostra intelligenza.” rispose Georg. “Inutile dire che Gustav mi sta umiliando.” aggiunse poi, decisamente insoddisfatto di tale dichiarazione.

Tom sorrise appena.

Ingie non si è ancora svegliata?” indagò poi allibito. Possibile che stesse ancora dormendo?

Sì, si è svegliata.” disse Gustav, senza staccare gli occhi dallo schermo. “Ha la febbre.”

Tom sbatté le palpebre più volte, piuttosto sorpreso.

Febbre?” fece, cominciando a presagire la propria morte.

Sì. È in camera, se la vuoi salutare.”

Tom annuì lentamente, pensieroso. Ancora non si era tolto dalla testa ciò che era successo la sera prima; la ricordava così indifesa, così spaurita che non poté fare a meno di chiedersi il perché. Che non volesse essere vista assieme a loro? O che non volesse essere semplicemente vista? Forse si nascondeva da qualcuno?

Era tutta la mattina che si poneva quegli interrogativi ma non era ancora riuscito a darsi una risposta certa.

Senza dire più nulla, prese a salire le scale.





***





Percepiva la testa scoppiarle ed il caldo imperversare. Sentiva che la febbre stava raggiungendo livelli improponibili e temeva di prendere fuoco da un momento all'altro. La televisione di fronte a lei parlava da sola, poiché il suo sguardo era perso nel vuoto e le sue orecchie non stavano per nulla prestando attenzione. Ogni tanto, tirava su con il naso per poi starnutire due o tre volte di fila. Si sentiva un completo straccio ma il mal di testa le impediva in ogni caso di dormire.

Udì bussare.

Avanti.” mormorò, senza alzare la testa dal cuscino, lievemente sollevato per permetterle di guardare la televisione.

La porta della sua stanza si aprì e rivelò la sagoma del chitarrista.

Ciao, chiavica.” le sorrise.

Oh, giusto te mi servivi, oggi. Vieni qui, che devo pensare ad un modo originale per ucciderti.” commentò sarcastica, mentre Tom richiudeva la porta divertito. Lo osservò avvicinarsi, fino a che non si sedette sul bordo del letto, accanto a lei, facendo inclinare appena il materasso nella sua direzione.

Non perdi il tuo spirito dell'umorismo nemmeno da malata, vero?” le domandò ironico.

Mi spieghi perché sei perfettamente sano?” gli chiese quasi invidiosa, ma soprattutto indignata per quella colossale ingiustizia. “Eri con me in quel dannato lago.”

Che vuoi farci?” si pavoneggiò lui. “Ho un fisico marmoreo che mi permette di non ammalarmi.” Lei non rispose. Si limitò a roteare gli occhi e tornare ad osservare disinteressata il programma a lei sconosciuto che stavano trasmettendo da qualche minuto. “Quanto hai?”

Ora, trentotto e sette. Si sta alzando.” borbottò lei, senza guardarlo. Non aveva voglia di chiacchierare; non era dell'umore e soprattutto nelle giuste condizioni fisiche per farlo. Sospirò svogliata. “Che cazzo di caldo.” si lamentò in un sussurro, scostandosi di dosso le coperte, che andarono a finire in buona parte addosso a Tom.

Questo rise.

Sembri un'anima in pena.” la prese in giro.

Odio essere malata.”

Oh, avanti, prendi la vita con più filosofia.”

Disse colui che leggeva fumetti.”

Io non leggo fumetti!”

Whatever.” Stettero qualche attimo in silenzio. Ingie non aveva per nulla voglia di portare avanti quella conversazione, aveva già troppi pensieri per la testa ed un milione di fazzolettini ancora da consumare. Buttò gli occhi sul chitarrista, il quale osservava distratto la televisione; pareva stesse pensando ad altro, forse a cosa poter dire in quelle circostanze. “Sei venuto qui per guardare la TV?” gli domandò, un po' seccata.

Lui, come risvegliatosi dai propri pensieri, voltò velocemente il viso verso di lei con sguardo assente.

No.” rispose come un automa. Ingie sollevò le sopracciglia, come per incitarlo a darle delle spiegazioni, così Tom si voltò completamente verso di lei e prese a parlare. “Andrò dritto al punto.”

Come pensavo.” fece lei scettica.

Non cominciare ad alzare il muro fra me e te.”

L'ho mai tolto?”

Ieri sera pensavo di sì.”

Ingie irrigidì ogni muscolo, ricordandosi della vicenda in discoteca.

Era solo un ballo, così come quello con Gustav. Ed io ero ubriaca.” mise subito le cose in chiaro.

Perché ti agiti tanto? Se era una semplice ballo, non vedo perché tu debba mettere immediatamente le mani avanti.” la sfidò lui. “In ogni caso, non volevo parlare di quello.” cambiò poi tono, ora più serio. “Ma di ciò che è successo fuori. Eri semplicemente sconvolta e io vorrei sapere per quale motivo ti terrorizza tanto il pensiero di apparire in qualche foto.”

Ingie si prese qualche attimo per riflettere, o meglio, per costruire una scusa plausibile.

Mi scoccia il pensiero di essere immortalata e finire su qualche giornale. È tanto strano?” rispose, come nulla fosse.

Se qualcosa ti scoccia, ti lamenti cinque secondi. Tu eri, non lo so, sconvolta?”

Credo che ubriaca sia il termine corretto.”

Non me la dai a bere.”

Non è un mio problema. Ora, se hai finito di giocare all'allegro investigatore, ti dispiacerebbe lasciarmi riposare? Ho la testa che mi scoppia.”

Da chi stai scappando, Ingie?”

Quella domanda la prese in contropiede, ma non si fece cogliere impreparata.

Senti, credo che tu stia ricamando una storiella dallo sfondo un po' troppo poliziesco. D'accordo, devo ammettere che la fantasia non ti manca, ma non pensi di esagerare?”

E tu non pensi che se mi dicessi la verità una volta per tutte, sarebbe molto più facile ed io ti lascerei stare? È ovvio che se continui a divagare, io costruisco un mucchio di possibilità nella mia mente. Perché non mi vuoi rendere la cosa più facile?”

Perché non c'è niente da spiegare.”

Siamo sempre al solito discorso. Da quando hai messo piede qua dentro non hai fatto altro che nascondermi la tua identità!”

Ora non esagerare, non ti ho mai nascosto la mia identità.”

Ah no?! Mi hai mai detto qual'è il tuo cognome?!”

La mora si fermò ad osservarlo direttamente negli occhi, ammutolendo per qualche istante.

Aveva ragione, non aveva mai rivelato il proprio cognome, ma non per un qualche strano motivo. Semplicemente sentiva di doverlo tenere nascosto ancora per un po'. Sapeva che se glielo avesse rivelato, il chitarrista si sarebbe messo subito al lavoro per trovare informazioni su di lei che voleva solamente cancellare dalla sua vita.

Tom, più che dirti che non sono una serial killer, non sono una delinquente di nessun tipo, per farti stare meglio, non so che fare.” mormorò, ormai stanca.

Potresti essere un pochino più aperta e sincera, tutto qui.” rispose lui freddamente, per poi sollevarsi dal letto ed uscire dalla stanza, prima di sbattere violentemente la porta.





***





Bill non riusciva a comprendere come fosse possibile litigare ogni venti minuti. Nessuno se ne accorgeva, ma lui era solito osservare ogni singola mossa di suo fratello nei confronti di Ingie. L'aveva visto scendere le scale con passo veloce e piuttosto pesante, mentre il viso contrito non fece altro che confermare l'idea che si era fatto: aveva per l'ennesima volta litigato con Ingie.

Era incredibile come quei due non si sopportassero, tanto quanto si attraessero. Solo un cieco non si sarebbe reso conto che alla base di tutte quelle provocazioni e quei litigi vi era una buona dose di tensione sessuale, da parte di entrambi. Riusciva a respirarla e vedeva il tutto come fosse un qualcosa di estremamente elementare. Il suo istinto era quello di prenderli da parte e schiaffeggiarli, mostrando loro quanto fosse semplice la realtà dei fatti. Personalmente, non aveva mai più visto suo fratello così interessato o coinvolto da una ragazza, come lo era con lei. Si ostinava a voler sapere tutto della sua vita, cosa che non avrebbe mai avuto intenzione di fare con un'altra. E sotto le mani, gliene erano passate tante; aveva ormai perso il conto, o forse non lo aveva mai tenuto perché sapeva che sarebbe stato solo tempo perso. Ultimamente era cambiato. Aveva smesso di interagire con il sesso femminile solamente per divertimento. Ora aveva il bisogno di andare oltre e questo Bill, lo sapeva bene. Si era semplicemente sforzato di attendere i tempi lunghissimi del chitarrista, affinché arrivasse a capire ciò che più voleva veramente dalla vita.

Come sta Ingie? Mi ha detto Gustav che ha la febbre.” decise di domandare a Tom, fingendosi ignaro della situazione, una volta sceso dalle scale.

Direi benissimo.” sputò acido il chitarrista. “Nemmeno quarantadue gradi di febbre riescono a toglierle tutto il veleno che ha in corpo.”

D'accordo, dato che io mi ero ripromesso di fare finta di nulla ma tu mi hai spiattellato tutto come al solito, mi vedo costretto a parlare.”

Nessuno ti ha chiesto un parere, Bill. Almeno oggi risparmiami la predica.”

Detto questo, il chitarrista afferrò le chiavi della macchina ed uscì dallo studio, prima che Bill potesse dire solamente una parola. Il vocalist sospirò pesantemente. Quella situazione stava diventando insopportabile da gestire persino per lui.

Entrò in cucina, da dove recuperò il vassoio che aveva preparato per Ingie, munito di aspirina e mela. Salì le scale, fino a che non raggiunse la porta della ragazza.

Vengo in pace.” esclamò al di là di essa.

Come in.” sentì dall'altra parte la sua voce, così entrò sorridendo. La trovò sommersa dalle coperte e con la testa sprofondata nel cuscino.

Hai un aspetto orribile.” le disse tranquillamente, avvicinandolesi.

Anche il tuo non è male.” ribatté lei con sarcasmo.

A che punto è la febbre?”

Tuo fratello si è impegnato perché mi salisse a cinquanta.”

E nella pratica?”

Trentotto e mezzo.” Bill si sedette sul letto, affianco a lei – dove un momento prima era seduto Tom – e le posò il vassoio sulle gambe, dopo che lei si fu raddrizzata appena con la schiena. “Ti sei fatto la manicure?” gli domandò successivamente.

Sì.” si limitò a rispondere lui. Notò che la ragazza lo osservò per un attimo con sguardo più che eloquente, ma lui decise di tergiversare. “Mela.” disse, porgendogliela. Lei lo fissò ancora, per poi arrendersi ed afferrarla.

Non ho molta fame.” borbottò la ragazza, prendendo però a sbucciarla.

O la mela o il medico.”

Che simpatico.” Bill si soffermò un attimo a guardarla, mentre portava alla bocca la prima fetta. “Che vuoi?” domandò quindi la mora. “Te lo leggo negli occhi, che muori dalla voglia di parlare, quindi sputa quell'enorme rospo che ti tieni in bocca e facciamola finita.”

Mi chiedo solamente perché ti comporti così con lui.”

Con chi, con Scotty? Hai ragione, ultimamente lo sto un po' viziando con tutti quei biscottini per cani.”

Ingie.”

Bill.”

Non fare la spiritosa.”

Oh, andiamo, siamo sempre al solito discorso. Mi comporto così con Tom perché non riesce a tenere il naso fuori dalle questioni altrui.”

Sai, per quanto io possa considerare mio fratello un invadente, rozzo, megalomane, indelicato...”

Dimentichi petulante.”

... Petulante e borioso, una parte molto nascosta del mio cervello non può fare altro che dargli ragione.”

La cosa comincia a farsi interessante.”

Tu sei così distaccata e misteriosa con lui; è un uomo, un maschio dominante, come pensi che possa accettare tutto questo?”

Ora è colpa mia se Piggy ha i complessi di inferiorità?”

I suoi non sono complessi di inferiorità. Io credo che lui abbia il diritto di conoscerti meglio, come ce l'abbiamo noi.” Bill si alzò dal letto, lasciando Ingie in silenzio. Prima di raggiungere la porta, si voltò verso di lei. “Alla fine, se accantoni il successo e i soldi, Tom non ha avuto niente dalla vita.” ammise, con la tristezza negli occhi. “Sei una delle poche persone cui sta dando la sua fiducia.” Le sorrise appena prima di aprire la porta a sparire dietro essa.





***





Alla fine, se accantoni il successo e i soldi, Tom non ha avuto niente dalla vita.

Sei una delle poche persone cui sta dando la sua fiducia.

Quelle frasi continuavano a rimbombarle nella testa, come un disco.

Odio mio padre perché ci ha abbandonati sin da quando eravamo bambini.

Si era aperto con lei. Si era spogliato di ogni difesa, a prescindere dalla sua ostilità.

Strinse a sé il cuscino, continuando ad osservare intensamente il vuoto che aveva di fronte. Un gran magone minacciava di farla scoppiare a piangere, senza mezze misure.

Si odiava.

Si odiava perché quella non era l'Ingie che conosceva. Quella era una ragazza acida, ostile, chiusa con il mondo. Una ragazza che mai sarebbe riuscita ad instaurare nuovamente dei legami se non si fosse migliorata.

Chiuse gli occhi, facendo scorrere una piccola lacrima lungo la guancia, che andò a morire sulla fodera del cuscino. Infilò una mano sotto di esso ed afferrò la foto. La scrutò per dei momenti interminabili, senza mai staccare gli occhi inondati e rossi dai suoi.

Vorrei che tutto questo non fosse mai successo.” mormorò, con voce rotta dal pianto silenzioso. “Vorrei che fossi qui a darmi la forza ed il coraggio per andare avanti.”

Un tonfo improvviso la fece sobbalzare ed il cuore prese a batterle all'impazzata dallo spavento. Si guardò attorno cercando di capire cosa fosse successo, quando si rese conto che la sua agenda – precedentemente sul comodino, affianco al letto – era caduta per terra, aprendosi.

Sospirò scocciata, mentre si allungava per recuperarla, quando qualcosa attirò la sua attenzione. Aggrottò le sopracciglia nello scrutare la pagina che le si presentava davanti agli occhi.

Due Marzo.

Stringendosi al petto l'agenda, scoppiò a piangere ma, questa volta, un lieve sorriso le incorniciava il volto arrossato.





***





Quella sera aveva deciso di mangiare in cucina; si sentiva sufficientemente in forze per poter sedere su una normalissima sedia. Il motivo principale era che non aveva più voglia di fossilizzarsi nel letto, nonostante la febbre fosse ancora alta. Gustav le aveva esplicitamente intimato di tornare a letto in meno di tre secondi e mezzo, ma lei si era rifiutata, mettendo in pratica la cocciutaggine che più la caratterizzava.

Indossava una vestaglia, al di sopra del pigiama di flanella, dei calzettoni e delle pantofole fucsia, gentilmente prese in prestito da Bill. Quella sera, i maniaci non le avrebbero indubbiamente dato noia. I capelli erano legati in una coda di cavallo, piuttosto alta, ed il viso sbattuto e pallido completava quella perfetta immagine di antisesso.

Tom non era ancora tornato a casa e dubitava che potesse farlo da un momento all'altro. Lui era così. Quando era nervoso e non aveva voglia di affrontare la gente, usciva dallo studio ed era capace di non tornarvi fino a mattina inoltrata; sapeva che avrebbe passato la serata e, se necessario, la nottata in un locale a bere qualcosa, in compagnia di qualche suo amico.

Quella situazione, per la prima volta, la fece sentire male. Non era abituata a sentirsi in colpa nei suoi confronti. Eppure ora sentiva di dovergli delle scuse perché, se qualche giorno prima erano riusciti ad instaurare una sorta di rapporto appena confidenziale, era riuscita a distruggere tutto con poche parole. Ormai era divenuta la sua specialità. Era diventata così cinica e guastafeste che stentava a riconoscersi.

Però, fai proprio paura.” fu il commento particolarmente sincero di Georg, non appena la vide entrare in cucina, con passo lento e pesante.

Oggi avete tutti voglia di riempirmi di complimenti, a quanto vedo. Non vedo l'ora di vedere quanto voi siate sexy con la febbre a trentanove.” rispose con sarcasmo, mentre si sedeva su una sedia, il più lontano che poteva dai ragazzi, per evitare di contaminarli in qualsiasi maniera.

Io mantengo un certo charme.” intervenne Bill distrattamente, mentre attendeva che Gustav gli riempisse il piatto di minestrone di verdura. “Devo dire che questa cena mi mette allegria.” disse poi, con una cupa ironia.

La prossima volta, cucini tu qualcosa di allegro, invece di perdere tempo a farti la manicure.” si difese Gustav, piuttosto irritato da quell'affermazione. Ciò bastò per ammutolire il vocalist. “Tom non torna?” domandò poi il biondo.

Bill le lanciò un'occhiata veloce e poi tornò ad occuparsi del minestrone.

Penso di no. Oggi è la sua giornata incazzosa.” rispose, mentre girava il cucchiaio nel piatto, decisamente svogliato.

Ingie ringraziò Gustav non appena ebbe finito di riempirle il piatto.

Allora non tornerà prima di domani.” scrollò le spalle il rosso, dopo aver ingoiato l'enorme cucchiaiata che si era portato alla bocca. “Ci mette un po', a smaltire i nervi.”

La mora stette in silenzio e continuò a mangiare.





***





Te l'ho detto, Tom. Non te la devi prendere.”

Tom ormai non dava più ascolto a ciò che Ivan gli stava dicendo da ore. Si erano dati appuntamento ad un locale nel centro di Berlino ed avevano deciso di passare una serata in compagnia dell'alcol e delle chiacchiere. Il chitarrista aveva subito pensato a lui; aveva bisogno di parlare con qualcuno e lui era l'unica persona vicina che avrebbe potuto comprenderlo. Poi, conosceva Ingie.

Sembra facile.” borbottò il moro, dopo aver buttato giù un po' di birra.

So che non lo è e so anche che Ingie ha un caratterino per niente facile, ma ci devi almeno provare. Hai capito com'è fatta; hai capito che è orgogliosa, poco elastica e riservata. Che vuoi farci?”

Tom sospirò nervosamente.

Viviamo assieme da qualche mese. Non vedo perché non dovrebbe fidarsi di me.” obiettò.

Forse non è questo il problema. Probabilmente lo fa con tutti. Sai se ha raccontato delle cose agli altri?”

No. E comunque non c'entrano gli altri; credevo che con me avesse un altro tipo di rapporto. Nonostante ci stuzzichiamo, litighiamo e non ci sopportiamo più di tanto, stiamo più tempo a farci compagnia. Ma ciò che più mi innervosisce è che io mi sono aperto con lei. Le ho raccontato di mio padre, Ivan. Di mio padre.” Vide la faccia dell'amico contrarsi in un'espressione sorpresa. “Pensavo di aver messo le basi per un rapporto confidenziale ed aperto e invece no. Si è limitata a raccontarmi che, da adolescente, portava i capelli viola.” fece scettico.

I capelli viola?” fece divertito l'amico.

Così pare.”

Insomma, ti sta davvero così a cuore?”

Non lo so nemmeno io. E se mi chiedo il perché non riesco a darmi una risposta plausibile.”

Forse ti piace?”

Andiamo, no. È bella, ma non mi piace in quel senso.”

Beh, la trovi anche interessante dal punto di vista caratteriale.”

Come compagnia, niente di più.”

Anche io, all'inizio, la pensavo come te.”

Tom lo scrutò per qualche istante in silenzio. Parlando a raffica si era quasi dimenticato del fatto che Ivan fosse attratto da Ingie. Aveva persino rimosso il loro appuntamento, conclusosi con un imbarazzante due di picche da parte della ragazza. Ora si chiedeva se per il biondo fosse acqua passata o meno.

Sei ancora preso da lei?” decise di chiedere. Ivan sospirò e scrollò appena le spalle.

Beh, è ovvio che mi piaccia fisicamente e che mi attiri mentalmente. Forse non ci spero più come prima, ma se mi chiedesse di uscire di nuovo e conoscerci, non rifiuterei.” spiegò senza guardarlo negli occhi. Tom si sentì particolarmente a disagio per quella risposta. Era come se sentisse di fargli un torto, in qualche modo assurdo e contorto, e non conosceva il motivo. “Perché non ammetti che piace anche a te?”

Quella domanda lo prese talmente in contropiede che per poco non si strozzò con la birra.

Ti ho detto di no. Non mi piace.” ribatté, convinto.

Ma sei dannatamente curioso. Ora sei qui a bere birra, rifiutandoti di tornare allo studio, per evitare di vederla. Come me lo spieghi?”

Avevo semplicemente voglia di passare una serata fuori; non resto di certo fuori dallo studio per lei.”

Andiamo, Tom. Sono tuo amico.”

Perché insistete tutti con questa storia?”

Perché è dannatamente evidente. Solo tu non vuoi farci i conti.”

Siete voi che non volete fare i conti con la realtà; ovvero che Ingie non mi piace in quel senso.”





***





Tom continuava a non parlarle da tre giorni, ormai. Ingie si stupì di quanto cocciuto ed ostinato fosse il chitarrista. Non credeva potesse trasformare un motivo così futile in una vera e propria questione di stato. In settantadue ore le aveva detto solo tre parole, una al giorno: sì, no, 'fanculo.

La prima risposta gliel'aveva data alla domanda 'Stasera mangi l'insalata?' La seconda a 'Vuoi il formaggio?'. La terza invece, particolarmente interessante, gliel'aveva data alla domanda 'Portiamo avanti questa sceneggiata ancora a lungo?'.

Doveva ammettere di aver annoverato quella terza risposta fra le più interessanti ricevute in tutta la sua vita, seconda in classifica dopo 'Suck it'.

Accantonate le divertenti vicende con il chitarrista, era contenta di essere finalmente guarita ed aveva approfittato della situazione per chiedere a Georg di accompagnarla per negozi, alla ricerca di qualche regalo per Natale. Il venticinque dicembre era alle porte, mancava poco meno di un mese, ed il fatto di trascorrerlo in una famiglia che non fosse sua, in una casa che non fosse sua, la metteva parecchio a disagio. Inoltre, avrebbe dovuto decidere dove andare, poiché i ragazzi si sarebbero divisi per festeggiare con le rispettive famiglie.

Per la prima volta nella sua vita, si sentiva seriamente sola, e l'idea di dover festeggiare una giornata in cui solitamente le famiglie si riuniscono, quando lei non ne aveva più una, le metteva un'enorme tristezza addosso.

Spero che le tue intenzioni siano pure. Non voglio girare trecento negozi ed aspettare che tu faccia shopping. Per quello devi chiamare Bill.” le disse il bassista, alla guida dell'auto.

Aveva gentilmente accettato di farle compagnia, ma soprattutto aiutarla a capire quali fossero i gusti degli altri coinquilini. Di Georg già sapeva qualche cosa; aveva indagato grazie a Gustav.

Tranquillo. Voglio sul serio dare un'occhiata per i regali di Natale, non farò shopping.” sorrise lei, senza staccare gli occhi dalla strada. “Anche se sarà dura. Mi devi assolutamente dare una mano.”

Te l'ho detta, la mia teoria. Birra per tutti.”

Ingie si voltò nella sua direzione, studiandolo appena.

Tu non hai molto lo spirito natalizio, vero?” commentò sarcastica e Georg le rispose con una semplice smorfia.

In pochi minuti, giunsero a destinazione. Il rosso parcheggiò l'auto proprio di fronte l'enorme centro commerciale che li attendeva. Non aveva mai visitato quel posto e sperò di poter trovare qualcosa di carino per tutti. Non poté fare a meno di sorridere amaramente non appena si rese conto di quanto fosse già addobbato e colorato; respirava già l'aria natalizia e non poteva credere mancassero così pochi giorni. Nella sua testa il Natale non sarebbe mai più arrivato e poteva dire di essersi quasi convinta che fosse vero. “Tu hai già qualche idea, Redhead?” domandò, non appena varcarono l'ingresso del primo negozio: Bershka.

Ricordava con piacere e nostalgia tutte le giornate che trascorreva dentro quel negozio, in America. L'aveva da sempre adorato ed era il suo preferito in assoluto. Riusciva sempre a trovare tutto ciò che le serviva e la tentazione di provarsi qualcosa che riusciva ad adocchiare, di tanto in tanto, era fortissima. Eppure, per il bene di Georg, cercò di concentrarsi sui capi maschili.

A Bill potresti regalare un pigiama di Walt Disney.” le disse il ragazzo, mentre si guardava in giro con relativo interesse.

Georg, se ti ho fatto venire per sentire queste fesserie tutta la giornata, possiamo tornare indietro.” borbottò lei, senza degnarlo però di un'occhiata.

D'accordo.” sbuffò lui. “Che ne dici di quella?” indicò una giacca nera in pelle, munita di borchie sulle spalle.

Ne avrà un centinaio, di fatte così.” rispose lei, poco convinta.

Prendigli la centounesima.” scrollò le spalle il rosso, ma ad un'occhiata di fuoco da parte della mora, si ammutolì e riprese a cercare. “Questa potrebbe piacere a Gustav.” disse poi, riferendosi ad una maglia in lana, semplice, color crema. Ingie la osservò attentamente qualche secondo, per poi storcere il naso.

Non mi convince.” concluse.

Non ti convince.” ripeté atono il bassista.

Non mi convince.” confermò lei, riprendendo a camminare.

Sono già stufo.”

Non costringermi ad usare la violenza.”

E se ci prendessimo un caffè in quel bar? Cinque minuti, poi ti prometto che farò il bravo per tutto il giorno.”

Ingie sollevò disperata gli occhi al cielo e, con un gran sospiro, si voltò nuovamente vero di lui.

Fine!” esclamò con esasperazione. “Cinque minuti! Ma poi farai tutto quello che ti dico.”

Affare fatto.”

Scosse la testa, seguendo il bassista che – gli occhiali da sole calati sul naso – sgattaiolava in mezzo alla gente, in direzione del baretto menzionato. Si chiedeva se avesse fatto bene a chiedere proprio a Georg di accompagnarla in quell'impresa. Probabilmente, Gustav si sarebbe rivelato molto più utile, e questo lo sapeva bene. Il problema si era presentato quando il biondo, alla sua proposta, le aveva risposto che aveva moltissimo da fare e che avrebbe potuto chiedere a Georg.

Si sedettero ad un tavolino piuttosto appartato ed ordinarono due caffè.

Uscire a far compere con voi uomini è qualcosa di impossibile.” commentò la ragazza, fissandolo negli occhi.

Che vuoi farci. Non tutti siamo nati con i geni di Bill. Per fortuna.” rispose lui con noncuranza. “Parlando di geni di Kaulitz...” disse poi, osservandola di sottecchi, osò pensare con malizia. “C'è qualche assurdo, oscuro ed inquietante motivo per cui tu e Tom non vi rivolgete la parola da tre giorni?” le domandò, molto interessato.

Ingie cominciò ad innervosirsi. Parlare di Tom, ultimamente, la faceva sentire a disagio e non le piaceva toccare determinati argomenti.

I soliti motivi.” rispose vaga.

Lui lascia la lametta nella doccia e tu ci metti il piede sopra?”

Non quei motivi.”

Facciamo che me li dici?”

Facciamo che non ne parliamo e basta?”

Ti piacerebbe vincere questa battaglia contro di me, vero?”

Non la voglio proprio combattere, è differente.”

Ritieniti sfortunata.”

Georg.”

Ingie.”

Il tuo caffè si sta raffreddando.”

Ingie.”

Georg.”

D'accordo. Vorrà dire che mi costruirò una bella storiella in testa, su cosa potrebbe essere accaduto. Per esempio, avete fatto sesso, sei rimasta incinta e lui – dalla disperazione – si sta dando ad alcol e solitudine.”

Un po' troppo fantasioso, non credi?”

Ma non impossibile.”

Va bene, la pausa è finita.”

Forse non hai ancora capito che non mi puoi scappare, oggi. Ti stresserò per tutto il giorno, fino a che non mi dirai ogni cosa.”

Mio Dio, che pesantezza.





***





Era rannicchiata sul divano, intenta a dedicare a Scotty un po' del suo tempo e soprattutto delle sue coccole. Quel cane si era affezionato a lei in modo quasi spasmodico ed era tremendamente strano come fosse possibile che un animale potesse regalarle così tanto affetto, a volte anche più di un essere umano.

Osservava distratta la televisione di fronte a lei, silenziosa; vedeva solo immagini ma non poteva sentire cosa quella gente avesse da dirsi.

Inutile dire che l'uscita con Georg si era rivelata del tutto improduttiva ed era tornata allo studio a mani vuote.

Erano le nove di sera. Era sola in casa; aveva deciso di lasciare i ragazzi liberi di divertirsi come ai vecchi tempi. Avevano insistito perché anche lei partecipasse, ma aveva gentilmente declinato l'invito. Anche lei aveva bisogno di stare un po' da sola.

La cosa che più le aveva fatto male era sapere che Tom non stava partecipando a quell'uscita tutta al maschile. Probabilmente lui era altrove, chissà a combinare cosa. Era decisamente esausta; non riusciva più a trascinare quella situazione. Le pareva del tutto assurdo che il chitarrista ancora non le rivolgesse parola, nemmeno per sbaglio. D'altronde, a lui non doveva niente.

Improvvisamente, lo scattare della serratura della porta dello studio la fece sobbalzare sul posto, tanto che Scotty – spaventato – saltò giù dal divano. Si voltò in direzione dell'ingresso con la fronte corrugata ed attese, fino a che non si trovò di fronte Tom.

Si scambiarono un'occhiata piuttosto lunga, senza dirsi una parola, fino a che lui non spezzò il contatto per richiudere la porta.

Come mai già qui?” domandò lei, spontaneamente.

L'unica risposta che ebbe dal ragazzo fu una gelida occhiata, che la fece rabbrividire. Non volle aggiungere altro. Lo osservò avvicinarsi con un giornale in mano, che ben presto venne gettato sul tavolino, di fronte a lei. Deglutì appena, adocchiando la copertina, che ancora non le diceva nulla.

Spero per te non sia una questione di vita o di morte e, visto e considerato che non so di che si tratta, non mi importa nemmeno più di tanto.” sussurrò più che gelido. Sentì quelle parole penetrarle nelle ossa, ma si concentrò sulla rivista, che prese a sfogliare nervosamente sul suo grembo. Quasi non riuscì a comprendere immediatamente, non appena giunse alla pagina che, sapeva, le interessava. I suoi occhi si posarono insicuri sull'enorme foto che occupava l'intera facciata. Solo una didascalia completava il tutto.

Tom Kaulitz e la sua nuova fiamma? Diceva il titolo, a caratteri cubitali.

Nella foto, riusciva ad intravedere il suo viso, una frazione di secondo prima che Tom riuscisse a nasconderlo con la propria felpa. Gli occhi semiaperti, il trucco sbavato, l'espressione contrita e chiaramente disinibita.

Chiuse gli occhi.

Questo non doveva accadere.

Che c'è, l'FBI ora ti darà la caccia?” la provocò nuovamente Tom.

Smettila.” tagliò corto lei. “Ora stai esagerando.”

Parlo solo per ipotesi; d'altronde, in quale altro modo posso farlo? La verità sembra essere diventata privilegio di pochi.”

Ti stai comportando da persona estremamente immatura.”

La faccia di Tom si contrasse in una smorfia quasi disgustata.

Ora sei tu, che vieni a dare lezioni di maturità a me? Tu che non sei neanche in grado di dire come stanno veramente le cose? Io mi sono aperto con te, sin dal primo momento e ho mostrato di essere paziente e comprensivo. Se qui c'è qualcuno di estremamente immaturo, sei tu.” disse con disprezzo, prima di uscire nuovamente dallo studio, sbattendo la porta con forza.

Il suo cuore batteva all'impazzata e non per il giornale che ancora teneva fra le mani, ma per ciò che Tom le aveva appena gridato contro. Anche lei non ne poteva più, era quella la verità. Era arrivata anche lei al limite della sopportazione ed era stato proprio ultimamente che si era resa conto di quanto fosse difficile dover celare delle cose a tutti i costi, a persone vicine.

Tom aveva ragione. Non era giusto nei suoi confronti tenerlo all'oscuro di alcune cose, quando lui aveva deciso di aprirsi con lei.

Alla fine, se accantoni il successo e i soldi, Tom non ha avuto niente dalla vita.

Sospirò, posando il giornale sul comodino. Camminò fino alla porta, torcendosi continuamente le dita. Pochi secondi in cui il cervello formulò infiniti pensieri, uno a cavallo dell'altro, e dubbi. Ad ogni domanda, cercò di darsi una risposta, fino a che non aprì. Trovò la figura del ragazzo seduta sul dondolo, con una sigaretta in bocca e lo sguardo perso, a contemplare il vuoto. Sembrava tormentato.

Richiuse la porta alle proprie spalle e camminò silenziosamente fino a raggiungerlo. Nessuno dei due proferì parola, come per un tacito accordo, nemmeno quando gli si sedette accanto, senza degnarlo di uno sguardo.

Aspettò qualche secondo, prima di prendere la sua decisione.

Tutto è cominciato la notte del venti Ottobre.”

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Capitolo 12
*** Eleven - Blackout ***


11


Eleven
Blackout





Venti Ottobre duemiladodici.


Festeggiamo quest'ennesima vittoria!”

Vennero sollevate una decina di bottiglie di birra, per brindare alla felice notizia che ancora una volta erano riusciti a ricevere. Per il terzo anno consecutivo si erano visti vincitori indiscussi del Contest di ballo Hip-Hop tra i più importanti in America. Per il terzo anno consecutivo portavano a casa medaglia e coppa, senza contare le innumerevoli proposte da parte di coreografi di partecipare ai loro spettacoli.

Ingie si sentiva leggera, inebriata di felicità e del profumo della vittoria. Adorava vincere; adorava sudarsi un premio assieme ai suoi colleghi, amici prima di tutto. Ma più di ogni altra cosa, adorava condividere quel tipo di emozioni con suo fratello, che proprio assieme a lei aveva deciso di intraprendere quella che ormai era divenuta una vera e propria carriera, oltre che una passione.

Brindiamo a Elena che ha rischiato di salire sul palco in mutande!” esclamò Ingie.

A Steven, che ha ballato tutto il tempo con le scarpe slacciate!” aggiunse Hanna.

E ad Ingie, che ha avuto la brillante idea di storcersi un dito, prima del nostro turno!” concluse Ty. Scontrarono tutti insieme le bottiglie di birra e cominciarono a sorseggiarla, particolarmente allegri. “Comunque, siamo stati da orgasmo.” commentò successivamente, piuttosto compiaciuto.

Ingie scosse la testa sorridendo.

Penso che i tuoi continui ammiccamenti al giudice abbiano sortito qualche effetto.” disse.

Beh, era una bella fettina di carne. Di quelle al sangue, come piacciono a me.”

Perché associ sempre le donne al cibo?” domandò divertita Hanna.

Perché penso che non troverei termini di paragone in grado di rendere meglio le mie idee.”

Improvvisamente, Ingie fu affiancata da suo fratello. Pareva parecchio stanco.

Che dici, andiamo a casa?” le domandò.

Così presto?” rispose lei, un po' contrariata.

Domani mattina devo lavorare, lo sai.” le disse con dolcezza.

Quel ragazzo era così, calmo e gentile in ogni situazione. Tutto il vicinato lo conosceva e ne parlava in maniera stupenda. Chiunque riusciva a mettere una buona parola sul suo conto; era una persona molto amata da tutti.

D'accordo.” sbuffò Ingie, prima di recuperare il cappotto, gettato sulla sedia. “Ragazzi, noi leviamo le tende.” annunciò, portando tutti quanti a grugnire con disapprovazione. Eppure non impiegarono troppo tempo per divincolarsi ed in pochi minuti si trovarono fuori dal locale, a camminare lungo il marciapiede, in direzione della macchina. Ingie, la cui tolleranza nei confronti dell'alcol aveva già raggiunto livelli considerevoli, prese a saltellare per la strada, canticchiando una melodia sconosciuta persino a lei.

Sei imbarazzante.” scherzò il fratello.

No.” rispose lei, sorridendo, una volta raggiunta l'auto. “Sono esilarante.” esclamò in una sorta di cantilena, dandogli un colpo sulla spalla.

Se lo dici tu.” la prese in giro prima di salire a bordo. Ingie fece il giro correndo sui tacchi, con qualche difficoltà, fino a che non lo affiancò. “Fammi il favore di metterti la cintura, questa volta.”

Andiamo, come sei noioso, un po' di vita! Abbiamo appena vinto il nostro terzo premio consecutivo!”

Questo dovrebbe convincermi a non mettere la cintura?” Ingie sollevò gli occhi al tettuccio e continuò ad agitarsi sul proprio sedile, senza raccomandarsi di fare come lui le aveva detto. Non aveva voglia di sottostare ad inutili convenevoli. Era la loro serata e se la sarebbe goduta fino in fondo. Accese la radio, alzando il volume al massimo. La musica dance che diffondeva la scosse nelle ossa e nelle vene, portandola a muoversi come stesse danzando nel bel mezzo di una discoteca. D'altronde, i suoi sensi avevano preso a viaggiare ed a percepire tutto in modo amplificato. “Ingie, non mi venire addosso, sto guidando.”

Lo ripeto: sei NOIOSO.” rimarcò quella parola, punzecchiandolo appena su un fianco.

Ingie!” esclamò lui. “Piantala, sei stupida?”

Non festeggi!” si giustificò lei, come fosse qualcosa di assolutamente normale.

Sto guidando!” ribatté lui per l'ennesima volta.

Ingie scoppiò a ridere, senza un motivo particolare. Tutta quella situazione la divertiva in un modo sconosciuto ed assurdo; probabilmente le due bottiglie di birra, il Mojito e il Long Island non avevano contribuito a rendere la serata meno confusionaria.

Allora, fermati lì, così balliamo un altro po'!” esclamò all'improvviso afferrando il volante e girandolo – in direzione di un'area di sosta – talmente all'improvviso che suo fratello si ritrovò ad urlare ancora una volta il suo nome, ormai perso il controllo dell'auto.

L'improvviso suonare di un clacson, con fare ripetuto, due enormi luci sempre più accecanti nella loro direzione ed un camion di proporzioni cosmiche.

L'impatto fu devastante.

Quando aprì gli occhi, vide una nube di fumo attorno a lei; sentiva di aver perso i sensi per qualche tempo, non riusciva a dire quanto. Ci vollero pochi secondi prima che una fitta lancinante le perforasse il ginocchio destro ed un forte mal di testa la prendesse in contropiede. Emanò qualche mugolio dolorante, mentre cercava in ogni modo di mettere a fuoco ciò che aveva di fronte. La vista era tremendamente annebbiata e quei dolori quasi non la facevano respirare.

Portandosi una mano alla tempia, si rese conto che era sporca di sangue e, non appena riuscì ad osservare ciò che era successo al di fuori del vetro, sgranò gli occhi alla vista del muso dell'auto completamente distrutto ed il guardrail frantumato dall'impatto.

Cominciò a tremare; prese a respirare con affanno, pregando perché ciò che stava vedendo fosse solo un terribile incubo, e – con lentezza spaventosa – voltò lo sguardo alla sua sinistra.

Il cuore le scoppiò.

Non vi era traccia del sedile, non vi era traccia del resto della macchina, non vi era traccia di suo fratello; solo un mucchio di macerie accartocciate.

Urlò fino a che i polmoni non minacciarono di esplodere.





***





Non si era resa conto di tremare.

Le mani, quasi ibernate per il gelo tedesco serale, continuavano a sfregarsi fra loro, le dita ad intrecciarsi nervosamente.

Il riportare alla mente, ma soprattutto il dar voce a quei ricordi le aveva fatto ancora più male di ciò che aveva predetto. La gola le si era improvvisamente chiusa, il fiato esaurito. Il cuore stava lentamente tornando a battere in modo regolare, dopo i continui tentativi di sfondarle il petto.

Quasi non aveva il coraggio di voltarsi in direzione di Tom. Si chiedeva quale espressione stesse macchiando il suo viso, quale pensiero gli stesse passando per la testa. Si chiese persino se l'avesse anche solo ascoltata.

Tirare fuori ciò che era accaduto quella notte le era costato fatica, tempo e riflessione. Il punto era che lei stessa doveva ancora cercare di metabolizzare quanto accaduto; l'idea di raccontarlo ad una persona esterna l'aveva sempre terrorizzata, poiché si ostinava a non voler fare i conti con la realtà. Forse aveva paura di prendere una facciata contro un muro troppo grande e di rendersi realmente conto del momento che lei e la sua famiglia stavano vivendo.

Con un lieve sospiro, dopo aver avuto la meglio sulle lacrime che minacciavano di sgorgare dai suoi occhi, si voltò in direzione del chitarrista, il quale fissava il vuoto di fronte a sé, senza pronunciare parola.

Beh, hai fatto così tanto casino in questi mesi, perché ti raccontassi un po' della mia vita, e ora che lo sto facendo non dici nulla?” cercò di sdrammatizzare, anche se la sua voce tremolante la tradì.

Per la prima volta, il ragazzo la guardò negli occhi.

Io non so che dire.” ammise. “Non mi aspettavo una cosa del genere. Ti ho sempre preso per una ragazza viziata, ottusa e cocciuta, ma non immaginavo un episodio simile.” disse, quasi dispiaciuto.

Ah, alla fine ne avevi il diritto. Non ti ho mai detto nulla su di me.” alleggerì la tensione. “Mi sono resa conto di essere stata insopportabile, fino ad ora, ma devi anche capire che, per me, metabolizzare tutto questo è... Doloroso. Forse non volevo accettarlo e, negandolo a te, lo negavo a me stessa.”

Penso sia una reazione comprensibile.” mormorò il chitarrista.

Inoltre, non appena ti ho conosciuto, alcune cose si sono rivelate curiose e quasi inquietanti.” aggiunse, ripensando al primo giorno in cui l'aveva incontrato. Allo sguardo accigliato di Tom, spiegò immediatamente: “Mio fratello si chiamava Tom. Ed aveva la tua età.” Lui sollevò le sopracciglia, sorpreso. “Non sapevo se prenderlo come un buon segnale o qualcosa di terrificante. Inutile dire che subito la presi male. Io stavo scappando e mio fratello, in qualche modo, mi seguiva. Sono arrivata persino a pormi delle domande sulla reincarnazione, ma mi sono ripresa abbastanza in fretta.”

A quell'ultima affermazione, Tom sorrise.

Quindi la T che ti sei tatuata...” cominciò. “... Sta per Tom, ma non sono io.” scherzò appena. Ingie si limitò ad annuire. “Ci avevo quasi preso.”

E le due acca, per cui ti sei tanto tormentato, stanno semplicemente a simboleggiare la passione che io e lui condividevamo.”

L'Hip Hop.”

Ma non è questo il punto di tutta la storia.” si prese qualche attimo, rabbuiandosi. “Il punto è che Tom è morto per causa mia.”

Aveva pronunciato talmente in fretta quella frase che si rese conto in ritardo di ciò che aveva detto. Quella consapevolezza che si era portata dietro per mesi, che era stata anche la ragione della sua fuga, ora la leggeva nitida davanti ai propri occhi, che le sbatteva in faccia tutta la sua ira.

Un dolore lancinante le prese la bocca dello stomaco, che la costrinse a piegarsi appena su se stessa, fino a che – inaspettatamente e senza controllo – scoppiò a piangere.

Non le importava se il ragazzo la stava osservando, non le importava se si stava rendendo ridicola; tutto quel dolore doveva essere sfogato, in un modo o nell'altro. Per mesi si era ripromessa di non piangere, di accantonare tutti i problemi, ma assieme ai buoni propositi si era dimenticata di avere un cuore, una memoria e una coscienza.

Si era illusa di poter ricominciare a vivere come nulla fosse successo, nonostante portasse suo fratello sempre nel cuore – come testimoniava il tatuaggio –, si era illusa di poter accantonare i sensi di colpa, ma questi continuavano a riemergere senza ritegno.

Singhiozzò come mai aveva fatto fino a quel momento, portandosi le mani tremanti al viso.

Ingie...” sussurrò Tom, forse incapace di intervenire in maniera adeguata.

Ho ucciso mio fratello.” balbettò lei, senza smettere di piangere, con la mente annebbiata.

Hey, che dici, non l'hai ucciso.” Lei non sentì ragioni. Continuò a piangere come non ne avesse mai avuto occasione in tutta la sua vita. “Non eri in te.”

Sì, invece!” urlò all'improvviso la ragazza, alzandosi dal dondolo e prendendosi la testa fra le mani, in segno di disperazione. “Stavo facendo l'idiota; doveva toccare a me! Dovevo esserci io, in tutte quelle macerie! La colpa è solo mia.”

Anche Tom si alzò in piedi e prese ad avvicinarlesi lentamente.

Ingie, smettila di incolparti.” le disse con decisione.

Per te è facile parlare, Tom. Tu non hai la pesante responsabilità della morte di tuo fratello sulle spalle.”

Si sentiva stanca; stanca di parlare e di piangere.

Per questo sei scappata?” le domandò all'improvviso, destabilizzandola.

Tremò, prendendosi qualche istante.

Io...” balbettò. “Volevo andarmene dal caos. Volevo stare da sola, dimenticare tutto. Perché le immagini di quella notte sono ancora terribilmente nitide, davanti a me.” Le lacrime non cessavano di bagnarle le gote arrossate come i suoi occhi, irritati e gonfi. “Ogni notte rivivo tutto; ogni notte ho davanti il viso di mio fratello che mi dice di vergognarmi. Per essere stata una codarda, per essere scappata, per aver lasciato i miei genitori soli, con il loro dolore. Non hanno perso solamente un figlio, ma due. Io non ho pensato a questo, ho pensato a me stessa, da perfetta egoista. Non ho avuto né il coraggio né la forza di confortarli, perché io per prima mi sentivo responsabile. Mi sentivo sporca e non potevo permettermi di stare con loro, perché il loro figlio maggiore era morto per colpa mia. Non mi sentivo più degna di vivere in quella casa, in quella città, a contatto con le persone che frequentavamo. Non potevo più entrare in camera di Tom, senza sentirmi in colpa e sporca.” Era accecata dalle lacrime; la figura del chitarrista, davanti a lei, era tremendamente sbiadita e poteva scorgere solamente la sua espressione contrita e triste. “Io ho sbagliato, ho sbagliato tutto. Ho sbagliato con lui, con la mia famiglia... E non posso più rimediare. Non posso più.”

Si portò nuovamente le mani al viso, riprendendo a singhiozzare con forza e disperazione.

Ogni giorno si chiedeva dove avesse potuto racimolare la forza per abbandonare la sua famiglia in un momento così difficile della loro vita; si chiedeva cosa potessero pensare di lei. Non avrebbe mai potuto tornare indietro, come non meritava il loro perdono.

Improvvisamente, sentì un corpo caldo entrare in contatto con il suo, avvolgendola in un tenero abbraccio.

Cosa fai?” piagnucolò, tentando di allontanare il ragazzo, senza successo.

Stai zitta.” fu la secca risposta di Tom. “Smettila di fare la scontrosa del cazzo.” continuò, stringendola forte a sé e senza aggiungere altro.

Ingie, a quell'affermazione, non si sentì di replicare. Semplicemente, quasi con timidezza, portò le proprie mani sulla schiena del chitarrista, per ricambiare come meglio poteva quella stretta, per lei così strana.

Non ricordava cosa volesse dire ricevere affetto, ma soprattutto darlo. Da quando suo fratello l'aveva lasciata, si era chiusa in se stessa ed aveva represso ogni suo sentimento o capacità di un qualsiasi gesto insignificante di amore. Ora Tom la stava cogliendo impreparata.

Mi sento uno schifo.” sussurrò appena, ormai esausta. Le lacrime avevano smesso di bagnarle il viso, ma il dolore era ancora lì, che bruciava vivo nel suo cuore. “Non merito più nulla.”

Piantala di autocommiserarti. Non è salutare, né per te, né per me.” la riprese lui. “E non sei la causa della morte di tuo fratello. Non portarti questo peso per tutta la vita, non ti aiuta. E penso seriamente che tu debba parlare con i tuoi.”

No.” esclamò lei, immediatamente, allontanandosi da lui. “Se prima non potevo perché non mi sembrava giusto, ora non posso perché li ho abbandonati nel momento del bisogno. Non sono stata una buona figlia.”

Sono i tuoi genitori. Capirebbero e ti perdonerebbero per essertene andata.”

No, Tom, non ce la faccio.”

Il chitarrista non replicò; si fermò ad osservarla, pensieroso.

Hai intenzione di non riprenderti più?” domandò poi, con tono più basso.

Ingie lo guardò per qualche istante prima di rispondere.

Mi manca.” mormorò, come fosse una confessione di cui doveva vergognarsi. “Mi manca da morire. Lui era il mio confidente, il mio amico, tutto. Per qualsiasi problema mi rifugiavo da lui; è stato sempre lui ad aiutarmi nei miei momenti più difficili, a consolarmi quando ne avevo il bisogno, a dormire con me quando avevo paura di qualcosa. È sempre stato il fratello maggiore che tutti vorrebbero, era buono con tutti. Ed era un ballerino spettacolare. Condividevamo la stessa passione da anni. Facevamo tutto insieme; ci eravamo ripromessi di diventare dei ballerini professionisti e di girare il mondo con una compagnia.” ricordò quelle loro parole con un sorriso malinconico. “Ora tutto questo non si può più realizzare. Non senza di lui.” strinse i pugni.

Tom corrugò la fronte.

Perché non si può più realizzare?” chiese, non capendo.

Perché era una cosa che dovevamo fare insieme.” rispose lei con dolore.

Ma è una cosa che ti rende felice? Che ami fare?”

Certo che lo è o non l'avrei perseguita per dieci anni.”

Allora fallo, Ingie. Prova ancora a realizzarla.”

No, non sarebbe la stessa cosa. Mi sembra ingiusto nei suoi confronti e non riuscirei ad esserne felice. Ormai non ha più senso.”

Sei tu che hai deciso che la tua vita non debba avere più senso. Tom ne sarebbe felice perché era ciò che voleva anche lui.”

Ingie si limitò a scuotere la testa. Sapeva che non avrebbe mai più potuto ballare. Il cuore e la testa non glielo avrebbero permesso. Suo fratello era vivido nei suoi pensieri e nelle sue priorità; non poteva accantonarlo a quella maniera e perseguire un sogno che era di entrambi. Non sarebbe stata la stessa cosa, senza di lui.

Sospirò.

No, non sento più nulla.” mormorò con voce rotta.

Invece tu puoi sentire di nuovo, Ingie. Puoi.” si avvicinò di nuovo il ragazzo, stavolta senza toccarla.

In che modo, Tom? Non ho più mio fratello al mio fianco, non ho più nessuno.”

Questo non è vero. Certo, la perdita di tuo fratello è reale e nessuno potrà mai colmarla. Io stesso, solo il pensare ad una cosa simile mi fa venire i brividi; ma non per questo ti devi annullare. Devi andare avanti, per te e per lui, e devi aprire i tuoi sentimenti alla gente, devi darle la possibilità di aiutarti.”

Io non voglio essere aiutata.”

Perché no?”

Perché non merito nulla.”

Ingie, non gli hai puntato una pistola al petto. È stata colpa del destino, non tua. Quel camion poteva non passare, in quel momento. Smettila di darti la colpa e sentirti un'assassina.”

Sai cosa mi fa stare più male? Il fatto che lui ci sia sempre stato per me. Mi ha sempre protetta, a costo della vita. Io invece? Io non ho fatto lo stesso, perché è stata la sua vita a spegnersi.”

Cosa potevi fare, Ingie? Cosa potevi fare? Fermare il camion con la sola forza delle braccia?”

Potevo evitare di fare l'idiota e lasciarlo guidare in pace! Saremmo tonati a casa sereni ed il giorno dopo avremmo ancora festeggiato, per poi rifugiarci in fretta in palestra, pronti a mettere su un'altra coreografia per l'anno seguente. Ecco cosa avremmo dovuto fare! Gli ho distrutto un sogno, assieme alla vita!”

Non si può parlare con il senno di poi. Ingie, basta, ti prego. Basta. Ti stai struggendo, ti stai condannando, non è giusto. Non accetti nessuno, non vuoi farti aiutare. Io ti voglio aiutare, Ingie. Che tu ci creda o no, io ti voglio aiutare. Devi uscire da questo tunnel senza fine; devi tornare a vivere perché hai vent'anni, la vita è ancora lunga, e non puoi rinunciarvi così. Non potrai mai dimenticare tuo fratello, come è giusto che sia, ma devi imparare a conviverci. Devi cercare di metabolizzare ed esorcizzare ogni tuoi senso di colpa. Per lo meno, dimmi che ci proverai.”

Non ce la posso fare.”

Non da sola, ovvio. Ti aiuterò io.”

Tom, non voglio il tuo aiuto.”

Infatti non te lo sto offrendo, te lo sto imponendo. E non me ne può fregare di meno se dovrò combattere con il tuo carattere di merda. Io sono più testardo di te.”

Ormai non sapeva più che cosa rispondere. Si era sfogata, aveva urlato, pianto, tirato tutto fuori, dalla prima all'ultima parola ed ora si sentiva esausta. Aveva bisogno di riposarsi, aveva la testa tremendamente vuota, ma pesante al tempo stesso.

Direi che, per stasera, basta così.” disse. “Se pensi che non volevo raccontarti nulla e invece sono crollata a questa maniera, è un po' strano.” commentò, guardandosi attorno.

Ti ha fatto bene, invece.” rispose lui. “Hai tirato fuori un peso che molto probabilmente ti saresti portata dietro a vita. Ho fatto bene a insistere con te.”

Sì, beh... Non pensare che questo cambi qualcosa; resti sempre Piggy.” lo mise in guardia con un lieve sorriso. Prima di dargli le spalle per rientrare in casa. “Comunque ti ringrazio.” gli disse, fermatasi all'improvviso per tornare a guardarlo negli occhi. “Sei stato... Carino.” ammise, con gli occhi ancora arrossati e la pelle del viso secca per le copiose lacrime che vi si erano asciugate.

Lui scrollò le spalle come nulla fosse, per alleggerire la tensione.

D'altronde sono un gentleman.” si vantò, facendola sorridere divertita.

Già.” affermò ironica. “Ti chiedo solo di non raccontare niente agli altri. Non ancora.” Tom annuì, comprensivo. Si sentiva decisamente meglio. Quello sfogo si era inaspettatamente rivelato salutare. Era riuscita a dar voce ai suoi sentimenti più profondi, alle sue paure e ai suoi sensi di colpa. Aveva affrontato la realtà per la prima volta in tutti quei mesi ed era riuscita ad esorcizzare argomenti che mai si sarebbe aspettata di tirar fuori. Tutto grazie a Tom. Doveva ammetterlo, si era rivelato tremendamente d'aiuto. Il suo insistere per quel paio di mesi affinché lei riuscisse a confidarsi con lui aveva finalmente dato i suoi frutti ed al contrario di ciò che lei stessa aveva sempre sostenuto, aveva fatto bene. Sapeva che gliene sarebbe stata grata, sebbene non fosse entusiasta di dimostrarglielo. Tornare ad essere gentile ed affettuosa era un lavoro interiore che avrebbe dovuto fare nel corso del tempo, lentamente, per se stessa. “Un'ultima cosa.” disse, prima di rientrare in casa, attirando l'attenzione del ragazzo. “Il mio cognome è Cook.”





***





Si sentiva appena stordito. Era accaduto tutto talmente in fretta che quasi non se ne era reso conto.

Per mesi aveva trascorso le sue giornate a litigare con Ingie, a fondersi il cervello, perché lei gli spiegasse cosa fosse successo di tanto grave da farla scappare dall'America ed ora che l'aveva finalmente reso partecipe, si sentiva un idiota.

Non avrebbe mai immaginato qualcosa di simile; non aveva mai pensato si trattasse della morte di qualcuno. Aveva sempre dato per scontato che Ingie nascondesse determinate cose solo per vizio o per dargli fastidio. Ora si sentiva quasi in colpa, per averla messa sotto pressione. Come gli era stato detto, aveva bisogno dei suoi tempi per metabolizzare la cosa e di certo lui non glieli aveva dati.

Ora capiva il perché di tutti quei silenzi e di quel suo volersi continuamente nascondere dagli altri.

Vederla piangere l'aveva fatto stare sinceramente male. Non l'aveva mai vista in quelle condizioni e si era sentito in dovere di consolarla ed infonderle un minimo di calore umano; immaginava non ne ricevesse da mesi. Aveva fatto il tutto in modo automatico, come fosse stato un qualcosa di estremamente naturale.

Dopo aver gettato il mozzicone di sigaretta nel posacenere, rientrò in casa. Si guardò attorno, fino a che non scorse la figura della ragazza rannicchiata sul divano, con le gambe avvolte fra le braccia. Gli parve dannatamente piccola. Le si avvicinò, fino a gettarsi affianco a lei, osservando ciò che la televisione stava trasmettendo. Era un programma di cucina.

Ti piace proprio soffrire, eh?” disse con ironia, facendola ridacchiare appena. Tutte quelle pietanze gli stavano facendo tornare la fame, ed aveva cenato da un paio d'ore. “Crêpes.” sussurrò improvvisamente, mentre il suo stomaco reclamava cibo.

Fu illuminato da un'idea improvvisa. Con uno scatto, spense la TV e si alzò in piedi, facendo sussultare la ragazza, che lo fissava come fosse un fenomeno da baraccone.

Hai il pepe nel sedere?” domandò accigliata.

Vai a vestirti, usciamo.” le ordinò, ignorando la sua battuta. Lei inarcò le sopracciglia. “Andiamo a mangiare le crêpes.” chiarì, entusiasta come un bambino.

Alle nove e mezza?” ribatté Ingie, perplessa.

Niente di meglio! Su, muoviti, il mio stomaco sta chiedendo pietà.”





***





Ancora nulla?” domandò Kayla, ormai stremata. Le occhiaie marcate, lo sguardo spento e le rughe sempre più accentuate. Il suo dolore non faceva altro che triplicarsi, giorno dopo giorno, e la speranza sembrava abbandonarla sempre più velocemente. Si era chiesta più volte se valesse la pena continuare, in momenti di puro sconforto, ma il suo cuore di madre continuava a suggerirle di non arrendersi.

No, Kayla. Non risponde né ai messaggi né alle chiamate.” mormorò Luke. “Ormai, non so più che fare. Mi sembra tutto inutile.”

Kayla si prese la testa fra le mani e fece scorrere una lacrima, l'ennesima, lungo la guancia.

Perché?” si chiese, scoraggiata. “Perché mi fa questo? Fare le valigie ed andarsene. Perché?”

Luke non rispose. Probabilmente non sapeva come replicare alle sue domande. O forse quelle domande non potevano trovare risposta.





***





Ho deciso che non sopporto mio fratello.”

Gustav e Georg non avevano fatto una piega all'affermazione di Bill, che da ore predicava su quanto Tom fosse idiota e non riuscisse a mettere a posto ogni cosa con Ingie.

Beh, pensavo fosse ovvio, visto che borbotti contro di lui da più di due ore, ormai.” commentò Georg, con il mento poggiato alla mano ed il gomito sul tavolo.

Stavano ancora cenando, visto e considerato che il vocalist aveva deciso di dare sfogo ad ogni sua paturnia proprio in quel ristorante, dove avrebbero dovuto trascorrere una serata divertente, a base di alcol, come si era stabilito allo studio. Quella invece aveva preso una piega del tutto differente ed il bassista ed il batterista cominciavano a pentirsi di essere usciti.

Semplicemente non capisco il perché non riescano ad andare d'accordo, tutto qua!” si lamentò ancora Bill, dopo aver bevuto un po' di birra dal suo bicchiere, ancora pieno.

Perché si piacciono, ecco tutto.” rispose Gustav con un'alzata di spalle, come fosse la cosa più ovvia del mondo.

In effetti, quella consapevolezza era sulla bocca di tutti ormai e solamente i diretti interessati non l'avevano ancora metabolizzata a dovere, motivo per cui spendevano ogni singolo attimo della giornata a ripetersi a vicenda quanto fossero stupidi e quanto si detestassero.

Sì, ma l'amore non dovrebbe funzionare a questa maniera. È una cosa assurda.”

Non puoi stabilire come debba essere l'amore, Bill. Conosci tuo fratello; il romanticismo non è mai stato il suo forte ed Ingie non mi sembra propensa alle cose smielate, quindi fattene una ragione.” lo riprese Georg.

Mi chiedo solo come facciano a non accorgersene.”

Perché sono orgogliosi e non accettano di piacersi. Ormai hanno dato inizio a questo loro rapporto fatto di botta e risposta e sarebbe addirittura un'umiliazione, per loro, cedere al fascino dell'altro.”

Mi faranno scoppiare le coronarie.”

Tienile al sicuro, ci servono ancora per un po'.”





***





Ancora si domandava come fosse finita in quella macchina. La sua voglia di uscire e divertirsi era pari a zero, anche se doveva ammettere che un po' di Nutella, nei momenti bui, era un toccasana. Ed in quel momento, di Nutella, ne aveva bisogno a palate. Forse era stato proprio quello a convincerla ad uscire con il chitarrista; era piuttosto debole da quel punto di vista.

Ripensando a qualche attimo addietro, non riusciva a credere di aver raccontato al ragazzo dell'incidente, ed ora come ora stava realizzando di non poter dire di essersene pentita. Per quanto Tom fosse invadente, testardo e curioso, sapeva per certo che non era il tipo da diffondere notizie nel giro di due minuti, come invece faceva Bill. Si era stranamente fidata di lui, pur dopo avervi posto tutta la resistenza di cui disponeva.

Si era sbagliata. A volte, capitava anche a lei di ammetterlo, contro la propria volontà. Si era presa una bella cantonata, con lui; credeva che l'avrebbe tormentata a vita con quella storia, invece ora si trovavano in macchina, diretti ad una creperia, a chiacchierare e stuzzicarsi, come sempre.

Poi mi spiegherai perché anche la sera indossi gli occhiali da sole.” parlò Ingie improvvisamente, dopo aver osservato di sbieco il ragazzo.

I paparazzi sono sempre in giro.” rispose lui, senza scomporsi.

Sì, ma solo tu giri con gli occhiali da sole di notte; non fai altro che attirare l'attenzione ancora di più.”

Tom non rispose e non si mosse per qualche secondo, fino a che con un sospiro seccato non se li tolse, porgendoglieli.

Mettili in borsa.” borbottò, sotto lo sguardo compiaciuto e soddisfatto della mora, che fece come le aveva detto.

Quando vuoi, sei ubbidiente.” sorrise, prendendolo in giro. “Allora, è ancora lontano questo posto?” domandò poi.

Siamo arrivati.” annunciò lui, non appena prese a fare manovra per parcheggiare l'auto. Scesero e, stringendosi nei rispettivi cappotti, cominciarono a camminare in silenzio lungo il marciapiede. Ingie si guardava attorno, come non avesse mai avuto l'opportunità di osservare Berlino. A dire il vero, non l'aveva visitata di sera; la notte in discoteca non era nemmeno da considerare. Dovette ammettere che quella città, ora illuminata dalle luci natalizie, era piuttosto suggestiva ed affascinante. Scrutava le vetrine con interesse, curiosa di adocchiare qualche cosa che potesse darle consiglio sui regali che avrebbe dovuto fare ai suoi coinquilini. “Stasera, i paparazzi sembrano dormire.” disse lui, all'improvviso.

Ingie scrollò le spalle.

Sarà festa anche per loro.” rispose pensierosa.

Effettivamente, le strade erano piene di gente; in particolare di famiglie che, contagiate dall'atmosfera natalizia, passeggiavano a braccetto con i propri figli. Fidanzati per mano, pronti a scambiarsi timide effusioni, di tanto in tanto. Ingie lanciò un'occhiata veloce al chitarrista affianco a lei e quasi si sentì a disagio; come se quella situazione particolarmente romantica fosse troppo per loro.

Improvvisamente lo vide deviare in direzione di una vetrina e, con gioia, vide l'insegna – con la scritta Crêpes – brillare sopra la sua testa.

Lo sbalzo di temperatura fu rilevante e le venne spontaneo sfilarsi immediatamente il cappotto, mentre seguiva Tom in direzione di un tavolo appartato.

Vado a ordinare.” le disse, prima di allontanarsi. Ingie sospirò appena, per poi sedersi, ed osservò pensierosa il chitarrista parlare con il cameriere, dietro al bancone. Le venne spontaneo sorridere. Sapeva che, dentro di lei, qualcosa stava cambiando. Stava lentamente imparando a volergli bene ed in una maniera del tutto naturale e serena. Sentiva di volergli bene perché era un disastro in tutto ciò che faceva. Non aveva delicatezza nel dire le cose, non aveva il minimo tatto, eppure aveva scoperto che sapeva ascoltare. Ma soprattutto, Tom Kaulitz non giudicava. Ingie alternava momenti in cui non riusciva a sopportarlo a momenti in cui sembrava le andasse un po' più a genio. Erano incompatibili, ma avevano entrambi la stessa temperanza, il che non faceva altro che deteriorare ulteriormente qualsiasi loro dialogo. Entrambi volevano vincere una lotta sconosciuta, entrambi volevano prevalere. E forse, non erano nemmeno così tanto opposti come credeva. Probabilmente, il fatto di avere lo stesso carattere andava a rafforzare quella sorta di amichevole competizione che si era instaurata fra loro. “Ho chiesto una tripla dose di Nutella, tanto ho avuto prova che non ti fai problemi con il cibo.” parlò il ragazzo, non appena tornò al tavolo e le si sedette di fronte.

Stai insinuando che mangio da far schifo?” sollevò un sopracciglio, sospettosa.

Sto dicendo che per quello che mangi non dovresti più entrare dalle porte.” chiarì lui, disinteressato.

Lo prenderò come uno strano, insano e debole complimento.” scrollò le spalle.

Sicuramente non farai complimenti a mia madre, al pranzo di Natale.”

Sollevò lentamente gli occhi sul chitarrista, con espressione perplessa e sorpresa allo stesso tempo. Credeva di non aver sentito bene ma, per sicurezza, chiese conferma.

Pranzo di Natale?” domandò.

Lui la scrutò come fosse sorda.

Sì, a casa di mia madre.” rispose, probabilmente convinto fosse una cosa ovvia.

Non ne sapevo niente.” mormorò, senza sapere che dire.

L'aveva semplicemente presa in contropiede. Aveva da sempre dato per scontato che avrebbe trascorso il Natale in completa solitudine ed ora Tom le stava stravolgendo i piani.

Beh, io e Bill l'abbiamo sempre dato per scontato. Mia madre lo sa già ed è molto contenta. Lo sai che le sei piaciuta parecchio.” Ingie sorrise, ripensando alla figura di Simone. Per poche ore aveva percepito tutto l'amore materno che ora le mancava e l'idea di trascorrere il Natale con lei ed essere coccolata la rallegrava appena, per quanto potesse essere possibile. “Non ha ancora avuto l'onore di conoscere il tuo caratterino.” sorrise poi furbescamente.

Ingie si limitò a fulminarlo con lo sguardo, prima che il cameriere giungesse al tavolo con le crêpes. Queste la presero decisamente di sorpresa.

Non scherzavi quando dicevi di aver chiesto una tripla dose di Nutella.” commentò con sarcasmo.

Quando si parla di cibo, non scherzo mai.” Si avventarono entrambi sui loro dolci, come non mangiassero da secoli. “Oh, sì, potrei avere un orgasmo in questo preciso istante.” esclamò lui, dopo il primo morso.

Ti basta poco.” commentò lei con sarcasmo. “Le tue donzelle non ti soddisfano abbastanza?” lo provocò.

Sai, a volte so anche io tenermelo nei pantaloni.”

Ma non mi dire.”

Tu piuttosto.” Ingie sollevò un sopracciglio. “Con Ivan?”

Che c'entra Ivan, ora?” domandò basita, per poi pulirsi la bocca con un tovagliolo.

Nemmeno un pensierino veloce?”

Non sei stato tu quello che mi ha puntato il dito contro, mettendo bene in chiaro che non avrei dovuto illuderlo?”

Sì, infatti la mia è una domanda tranquilla ed innocente.”

Beh, è un bel ragazzo, piacevole, ma niente di più. Poi, non voglio storie serie.”

Non dovrei essere io a dire una cosa simile?”

Credo che tu possa capire perché non sono in grado di impegnarmi mentalmente, al momento.”

Nemmeno io, dopo Ria.”

Le orecchie della mora si fecero più attente.

Ria?” chiese, interessata.

Siamo stati insieme tre anni.” scrollò le spalle lui. Ingie sembrò aver visto Babbo Natale. “Che c'è, è strano che io sia stato fidanzato per così tanto tempo?” fece lui, con un sorrisetto sbieco.

No, è strano che qualcuna ti abbia sopportato per così tanto tempo.” rispose lei, fintamente scioccata.

Simpatica.” le fece il verso il chitarrista. “Di lei ero veramente innamorato.”

Ingie sembrò sempre più esterrefatta, come qualcuno le stesse tirando delle travi sulla fronte.

What?!” esclamò con tono più acuto. “Are you Tom Kaulitz?!”

Smettila di fare la stupida.”

Scusami, ma sei tu quello che sta dicendo cose che noi comuni mortali non ci aspetteremmo mai.”

Non mi conosci nemmeno un po'.” le disse con un sorrisetto quasi rassegnato.

Evidentemente no.”





***





Doveva ammettere a se stesso che si stava divertendo. Non che la cosa lo sorprendesse; d'altronde sapeva bene che Ingie, nonostante le apparenze, era una tipa spassosa. Le loro provocazioni non trovavano mai una fine, così come i loro battibecchi, ma in qualche modo riuscivano a rendere divertenti anche quelli.

Avevano costruito una sorta di rapporto che non comprendeva bene nemmeno lui. Apparentemente si detestavano, ma succedeva spesso che perdessero delle ore a ridere assieme; proprio come stava accadendo in quell'istante.

Tom non riusciva ancora a capire cosa fosse di Ingie che lo attraesse. Ormai aveva appurato che la sua fosse un'attrazione fisica, ma sentiva che qualcosa del cervello di quella ragazza problematica ma risoluta lo stava mandando fuori strada. Per tutta la sera non aveva fatto altro che osservarla muoversi, gesticolare e parlare, alternando sorrisi a smorfie di disapprovazione. La trovava dannatamente bella e, con il tempo, si era reso conto che quel senso di piacere si stava lentamente trasformando in semplice e puro desiderio.

Si sentiva confuso. La sua testa formulava pensieri opposti e contorti e non riusciva a comprendere cosa realmente volesse da lei. Vi erano momenti in cui desiderava ucciderla ed altri in cui la desiderava e basta. Non sapeva dire se fosse qualcosa di prettamente carnale, ma in ogni caso vi si avvicinava molto. Alcuni suoi atteggiamenti, se a volte lo irritavano, in altre lo eccitavano.

Eppure la sua mente era in piena lotta. Vivevano assieme; avere una relazione – anche solamente fisica – avrebbe di certo complicato le cose. Doveva anche tenere in conto che non aveva alle spalle un passato semplice e che tutt'ora cercava di uscirne, come gli aveva raccontato poche ore prima. Fare un passo avventato e sbagliato non era nella migliore delle ipotesi.

Si chiese il motivo per cui stesse pensando a quelle cose proprio in quel momento e così all'improvviso, quando aveva cercato tantissime volte di reprimere il proprio istinto e negare a se stesso l'evidenza. Non poteva abbassarsi ad una cosa simile, non poteva prendere decisioni affrettate, ma soprattutto non poteva confondersi le idee ancor di più di quanto già non facesse. Non aveva voglia di buttarsi a capofitto in una nuova relazione, dove – per di più – non esistevano basi sufficienti; e, pensandoci bene, anche Ingie gli aveva comunicato chiaramente la stessa cosa.

Doveva semplicemente cedere al desiderio carnale o combatterlo con tutte le sue forze? L'avrebbe aiutato a capire? Forse sì o forse no; ma quali sarebbero state le conseguenze?

Scesero dalla macchina e percorsero il vialetto che li avrebbe condotti nello studio, del tutto buio. Deglutendo nervosamente, diede un'occhiata al proprio cellulare, dove trovò un messaggio di Bill.


Non ci aspettate in piedi, stiamo andando a ballare.


Percepiva ancora la tensione. Aveva rifiutato l'invito a passare una serata tutta al maschile perché non era dell'umore, per via della lite con Ingie, ma poi quelle ore erano state soggette ad una svolta inaspettata. Bill non poteva saperlo ed era normale che gli scrivesse messaggi così freddi e concisi. L'indomani gli avrebbe chiesto sicuramente scusa per la freddezza di quei giorni.

Ora il problema era un altro: lui ed Ingie erano di nuovo da soli. Niente di strano se non fosse stato per il fatto che stava accadendo nel bel mezzo di una crisi esistenziale. Aveva persino cercato di convincersi – per tutto il tragitto in macchina – che quell'improvvisa sensazione nei confronti della ragazza fosse dettata dall'astinenza. Ma poi si era anche detto che aveva sopportato periodi decisamente più lunghi e che Ingie lo attraeva a prescindere.

Quella situazione si presentava al momento sbagliato.

Gli altri sono andati a ballare.” riferì alla ragazza, sforzandosi di essere il più naturale possibile.

Oh, allora torneranno domattina.” rispose lei, tranquilla, mentre si dirigeva al piano superiore. Tom la seguì. “Ti sei perso questa serata fra uomini.” gli fece improvvisamente notare.

La colpa è tua.” si difese lui con una scrollata di spalle.

Oh, certo, continua a dare la colpa di tutte le tue disgrazie a me.”

Sei una donna e le donne portano guai.”

Le tue donne.” Si fermarono nel corridoio, osservandosi appena. “Grazie per la crêpes.” gli disse.

Lui sorrise compiaciuto e malizioso.

Oggi mi hai già ringraziato due volte. Stiamo diventando melense?”

Ingie sollevò le sopracciglia con sarcasmo.

Volevo essere gentile, non volevo gonfiare ulteriormente il tuo ego.”

Dico solo che forse non hai il cuore di pietra come vuoi far credere.”

E tu non sei così stupido ed inutile come pensavo.”

Anch'io ho tantissime qualità che non conosci, sai?”

Sì, sono veramente curiosa di scoprirle.”

Ingie aveva sorriso con ironia ancora una volta e Tom aveva percepito la stessa scossa di qualche minuto prima. Stava cercando di ignorare con tutte le proprie forze quella sensazione, quasi di bisogno, ma era troppo pesante.

Il cervello si scollegò e l'istinto prevalse su tutto il resto.

Con respiro pesante, le posò una mano sul petto, fino a spingerla delicatamente con la schiena contro il muro. Si perse ancora qualche attimo ad osservarla e la vide ricambiare con occhi sorpresi e confusi. Senza riflettere ulteriormente, chiuse i suoi e si chinò con il viso verso il suo.

Blackout.

Le loro labbra entrarono per la prima volta in contatto. Il tocco fu inizialmente insicuro, forse per il gesto inaspettato, forse per il contesto confusionario. Tom si sorprese della morbidezza della sua bocca e quasi smise di respirare quando percepì quelle labbra carnose muoversi sulle sue, incastrandovisi perfettamente.

Nessun rifiuto.

La brama tornò a farsi viva come un fuoco ardente, che lo portò ad aderire completamente il proprio corpo a quello della ragazza, schiacciata contro il muro.

La voleva; ora non poteva fare altro che rendersi conto di volerla disperatamente.

Ingie infiltrò le dita fra i suoi rasta, mentre lui le stringeva possessivo una coscia, portandosela al fianco. I loro baci si fecero più bisognosi, veloci e passionali.

Tom percepiva un istinto del tutto nuovo, forte, quasi violento che aveva annebbiato del tutto la sua mente. Fino a pochi secondi prima si stava struggendo, chiedendosi quale potesse essere la scelta migliore; ora era lì, contro una parete, a baciare la ragazza che non sopportava, con cui litigava ogni giorno.

Fece salire le mani desiderose sulla sua schiena, al di sotto della camicetta, mentre Ingie faceva lo stesso sul suo petto, risvegliando nervi che parevano assopiti. Le sue mani più piccole e sottili gli fecero girare la testa, che rifugiò fra i suoi capelli, inalandone l'odore dolce. La sentì gemere appena, al tocco avido delle proprie labbra sul suo collo esposto.

Non aveva mai provato tanto desiderio ed impazienza in vita sua.

Non seppe come erano arrivati in camera, spargendo – ad uno ad uno – i capi che avevano indossato quella sera sul pavimento, fino a buttarsi fra le lenzuola fresche completamente nudi e stretti l'uno all'altra.

La sentiva minuscola fra le sue braccia e quella sensazione gli piaceva. Esplorò ogni singolo lembo della sua pelle profumata, carezzandola con riguardo, fino a quando l'attesa divenne insopportabile.

Ben presto, la stanza fu pervasa di gemiti, sospiri, fruscii di lenzuola; passione ed urgenza, confusione e bisogno.

Tom l'aveva sovrastata, senza smettere di assaporarla con le labbra ed accarezzare il suo corpo eccitato. Ingie aveva stretto le proprie gambe attorno al suo bacino e si era abbandonata completamente a lui, che l'aveva presa, possessivo. Le loro pelli umide si strusciavano continuamente fra loro, senza abbandonarsi, i respiri sempre più pesanti si scontravano, con le loro bocche ancora in contatto ma semplicemente dischiuse; gli sguardi si incrociavano con desiderio misto a tormento e le unghie della ragazza lasciavano graffi indolori sulla schiena del chitarrista.

Tom le morse appena il labbro, mentre le mani si insinuavano fra i suoi capelli lunghi ed umidi. Sentiva che per entrambi il Paradiso era alle porte; il battito cardiaco furioso a testimoniare.

Stava impazzendo. Chiuse gli occhi, lasciando che tutti gli altri sensi godessero di quel momento, mentre la possedeva sempre più avido ed i gemiti si facevano più acuti per il piacere quasi doloroso che li stava investendo.

E fu quando Ingie gli si aggrappò al collo – la bocca dischiusa, il volto contrito – ed i loro occhi si catturarono a vicenda, che entrambi raggiunsero l'apice di quella passione inaspettata e spaventosa che li aveva travolti come un uragano.

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Capitolo 13
*** Twelve - Upside down ***


siiiiiiii


Twelve
Upside down





Aprì gli occhi con fatica; sentiva le palpebre tremendamente pesanti. I suoi muscoli erano piacevolmente intorpiditi ed uno strano benessere l'aveva invasa nel corpo. Mosse appena le dita dei piedi, per riprenderne il controllo, e stiracchiò le gambe, come addormentate. In un primo momento non seppe dire dove si trovasse, poiché la memoria le stava giocando brutti scherzi, ma quando abbassò lo sguardo sul proprio bacino, tutto le tornò in mente.

Un braccio muscoloso giaceva su di esso, come pesante. Deglutì appena e voltò lentamente il viso verso la sua destra ed i brividi tornarono a farle visita. Tom era profondamente addormentato, a pancia in giù, con il volto nella sua direzione. Inizialmente non si mosse, quasi domandandosi cosa potesse fare.

Aveva una gran confusione nella testa. Tutto ciò che era successo quella notte l'aveva destabilizzata. Era accaduto tutto talmente in fretta che non aveva avuto il tempo di sottrarsi e riflettere. Tom l'aveva presa all'improvviso, con passione, e lei non si era sentita di tirarsi indietro. Ora però, qualcosa dentro di lei le stava dicendo che aveva fatto la cosa sbagliata. Non sapeva come sentirsi a riguardo; il tutto era molto strano, quasi assurdo.

Aveva fatto l'amore con Tom.

Il solo pensarlo le metteva i brividi. Tom non era un fidanzato, non era un estraneo ma non era nemmeno un amico. O doveva pensare che lo fosse? In ogni caso, quella situazione si prospettava imbarazzante e complicata. Non facevano altro che urlarsi ogni giorno quanto si detestassero ma, non appena si era presentata l'occasione, si erano buttati assieme sotto le coperte. Qual'era la verità?

Non era innamorata di lui e su questo era particolarmente sicura; non aveva mai nascosto a se stessa di esserne attratta fisicamente e, ora che vi rifletteva, poteva essere lo stesso per lui.

Forse si erano semplicemente comportati da ragazzini immaturi, presi dagli impulsi, ed avevano agito in modo totalmente irrazionale. Doveva essere per forza così. Lei personalmente aveva sentito un incessante desiderio, ad ogni suo tocco, e quasi se ne vergognava. Raramente aveva trascorso nottate come quella, che la facessero sentire realmente desiderata, proprio come una donna voleva essere, e doveva a malincuore ammettere che Tom sapesse particolarmente il fatto suo.

Arrossì a tale pensiero e cercò di rimuoverlo. Doveva tornare in sé, il più velocemente possibile. Non sapeva dire cosa sarebbe accaduto una volta che Tom si sarebbe svegliato, ma non era sicura di voler portare avanti quella sorta di rapporto che si era instaurato.

Voltò il viso verso il comodino del ragazzo e scrutò la radiosveglia. Le undici del mattino.

Sospirò appena e, dopo aver dato un'ultima occhiata al chitarrista, prese a spostargli delicatamente il braccio, senza svegliarlo. Scese dal letto e cominciò a cercare i suoi vestiti, sparsi per la camera. Una volta racimolati, uscì come una ladra, per poi correre in bagno, dove si lavò e si vestì.

Sentiva ancora sulla pelle l'odore mascolino del chitarrista, così come il suo profumo.

Una volta legati i capelli, uscì dal bagno e prese a scendere le scale, fino a giungere al piano inferiore, dove i cani le vennero in contro facendole le feste. Sorrise appena, dedicando qualche secondo ad ognuno, per poi rifugiarsi in cucina. Aveva bisogno di fare qualcosa, qualsiasi cosa per distrarsi; così diede un'occhiata al frigo e ad ogni cassetto, per capire cosa mancasse da mangiare. Successivamente, dopo aver chiamato un taxi, si buttò sulle spalle il cappotto ed uscì dallo studio.

Faceva tremendamente freddo e si affrettò ad abbottonarselo, mentre attendeva. Doveva anche comprarsi le sigarette; sapeva che quel pomeriggio ne avrebbe fumate almeno trenta.

Perché non riusciva a togliersi dalla testa le immagini del ragazzo che la possedeva? Se ne vergognava e ringraziò Dio perché nessuno potesse ascoltare i suoi pensieri, così rumorosi.

Giunse al centro di Berlino in una manciata di minuti, senza che lei se ne accorgesse.

Le vetrine dei negozi erano tutte addobbate di ghirlande, alberelli, palline e qualche Babbo Natale di tanto in tanto. Sorrise appena a quell'atmosfera, stringendosi nel cappotto.

Rammentava il Natale che lei e la sua famiglia erano soliti trascorrere insieme, nella perfetta serenità. L'aveva sempre detto: erano una famiglia felice, di quelle rare da trovare. C'era amore, affetto, complicità, tutto ciò che una bambina potesse desiderare. Ricordava i pranzi infiniti con tutti i parenti, il rito dello scarto dei regali, tutti attorno all'albero addobbato. Ma soprattutto, quando ancora era una bambina, attendere con impazienza Babbo Natale, schiacciando l'orecchio contro la porta della sua camera, nella speranza di sentirlo passare.

Le mancava molto quel tipo di innocenza ed avrebbe pagato oro per tornare a quel bellissimo periodo della sua vita, dove lei e suo fratello Tom erano due bambini instancabili ed inseparabili.

Hey, ciao, Ingie!”

A quel saluto, la mora si voltò, trovandosi davanti Ivan che le camminava in contro con un gran sorriso.

Ciao, Ivan.” lo salutò sorpresa. “Che fai in giro?” chiese quindi.

Faccio gli ultimi acquisti natalizi. Tu?” le rispose, rifugiando le proprie mani infreddolite nelle tasche dei jeans.

Ehm.” l'aveva presa in contropiede. “Anche io.” buttò lì.

Bene, allora possiamo andare insieme.” esclamò lui entusiasta, per poi prendere a camminare verso il centro commerciale. Ingie decise di seguirlo, non sicura di volerlo fare davvero. “Ti stai godendo le tue ferie?” le domandò sorridente.

Ingie sorrise appena, quasi con una smorfia.

Sto facendo un casino, che è diverso.

Sì.” annuì poco convinta.

Mi sei mancata in negozio.”

Ancora per poco, dato che Natale è fra tre giorni.”

Sapeva perfettamente che il giorno seguente lei, Tom e Bill sarebbero partiti per Lipsia, dove si trovava la loro vecchia casa. Simone li attendeva entusiasta ed anche lei era eccitata all'idea di rivederla. Ora però non era più in grado di prevedere quale sarebbe stata l'atmosfera che avrebbe accompagnato lei e Tom per tutta la vacanza.

Devi fare ancora qualche regalo?” le chiese quindi Ivan.

Praticamente tutti.” ammise.

Vuoi una mano? Tanto mi manca solo quello di Bill.”

Ingie sollevò un sopracciglio.

Di solito, fare regali a Bill non è la parte più facile?”

Contro ogni aspettativa, è il più complicato.” Entrarono in un negozio di abbigliamento. “Dal mio negozio, ho preso una felpa per Tom, dato che è il suo stile.” Ingie annuì appena, sovrappensiero. “Tu hai solo qualche idea, per cominciare?”

Nulla. Odio dover fare regali a voi uomini, non so mai cosa vi possa piacere.”

Videogiochi, cibo, porno...” L'occhiata di Ingie lo fece scoppiare a ridere. “Qualsiasi cosa ci va sempre bene. Vieni.”





***





Un brivido di freddo gli fece rannicchiare le gambe al petto. Con la mano prese a tastare il materasso, alla ricerca della coperta, mantenendo gli occhi rigorosamente chiusi; non voleva rischiare di svegliarsi definitivamente. Eppure fu un piccolo particolare che lo portò a sollevare una sola palpebra.

Aveva percepito l'assenza di Ingie, accanto a sé.

Aggrottò le sopracciglia e sollevò appena la testa, controllando il pavimento. I suoi vestiti non erano più lì.

Buttò nuovamente il capo sul cuscino, con un gran sospiro.

Tipico di Ingie.

Non seppe dire il motivo, ma aveva immaginato di non trovarla al suo fianco, al suo risveglio. Era il tipo di persona che agiva di impulso e poi si pentiva; a testimoniare, la sua fuga dall'America. Affrontare la realtà era qualcosa che la spaventava a morte e che, se poteva, evitava.

Osservò il soffitto per qualche istante, ripensando alla notte trascorsa assieme.

Non si era pentito.

Trascorrere quelle ore con Ingie era stato fantastico, anche se la cosa lo spaventava di gran lunga. Aveva provato un desiderio del tutto nuovo, più forte, che l'aveva preso come un animale. L'attrazione fisica che provava per lei ormai era assodata e forse triplicata. Riusciva ancora a sentirne il profumo.

Non poteva dire con esattezza in che tipo di situazione si fossero immischiati. Era ovvio che nessuno dei due provasse amore nei confronti dell'altro, ma pura attrazione; ed ora che la lucidità si era impossessata nuovamente di lui, si chiese se ne fosse valsa la pena. Fare l'amore era venuto da sé, senza alcun tipo di riflessione, e non avevano minimamente pensato alle conseguenze. Non avevano pensato al fatto di essere coinquilini ed all'imbarazzo che si sarebbe creato, qualora uno dei due si fosse pentito.

Si passò una mano sul viso.

Quella situazione cominciava seriamente a preoccuparlo. Personalmente, non avrebbe avuto problemi con lei e non si sarebbe sentito in imbarazzo, poiché ciò che avevano fatto, l'avevano voluto entrambi. Ingie aveva avuto tutto il tempo materiale per respingerlo, ma non l'aveva fatto. Senza contare che entrambi avevano messo precedentemente in chiaro di non essere pronti a costruire una nuova relazione. Come avrebbero definito quella nottata? Una scappatella? Un momento di crisi d'astinenza? Un voler cedere alla tentazione? O un soddisfare semplicemente l'attrazione reciproca, senza motivazioni nascoste?

Eppure, non riusciva a definire Ingie come una sveltina, come faceva da immaturo adolescente. Aveva ventitré anni, era un uomo; era in grado di prendere decisioni razionali ed agire da persona matura. Senza contare che da quando Ria aveva messo piede nella sua vita, non aveva mai più nemmeno pensato alle famose One Night Stand, che avevano dato tanto da mangiare ai giornalisti, che gli affibbiavano ogni giorno una ragazza differente.

Con la mora era diverso. Loro avevano instaurato, prima di tutto, un rapporto di amicizia, nel bene o nel male; anche se il solo pensarlo gli dava i brividi. Giudicarla un'amica, nonostante non la sopportasse e vi litigasse ogni secondo, era strano, ma veritiero. D'altronde avevano condiviso tante cose in quei mesi, che con gli altri non era accaduto, e di questo Tom era felice. Era felice perché sentiva che la ragazza aveva un tipo di confidenza con lui, che con gli altri membri dello studio non aveva. Si sentiva un po' speciale, in quel senso. Inoltre con lei, nonostante i battibecchi, si divertiva un mondo; perché era ironica ed esuberante, qualità che apprezzava dannatamente in una donna.

Diede un'occhiata al cellulare sul comodino, per controllare che non vi fossero messaggi non letti. Successivamente, decise di alzarsi dal letto; sarebbe stato altamente inutile rimanervi e pensare fino a farsi scoppiare il cervello. Tutte le risposte di cui necessitava sarebbero arrivate con il ritorno di Ingie a casa.

Che faccia sbattuta.” fu il commento di Gustav, non appena fece il proprio ingresso in cucina.

Grazie, anche tu non sei male.” rispose senza scomporsi, del tutto pensieroso. Si diresse alle tazze.

Hey, va tutto bene?” gli domandò allora il batterista, studiandolo da capo a piedi.

Sì, perché?” rispose Tom, per poi sedersi al tavolo con il caffè avanzato del biondo ed i biscotti.

Ti vedo strano. Con la testa altrove.”

Sono solo un po' stanco.”

Ancora non vi parlate tu ed Ingie?”

Tom, preso alla sprovvista, sollevò lo sguardo confuso su di lui. Poi ricordò che i ragazzi sapevano ancora del loro litigio e che non si rivolgevano parola da un paio di giorni.

Oh, no, abbiamo chiarito.” borbottò, portandosi poi un biscotto alla bocca.

Oh, meno male. Non potevo sopportare ancora a lungo i vostri musi.” disse Gustav, dirigendosi verso il lavandino, per lavare la sua tazza. “Per lo meno, passerete un Natale tranquillo, a casa di tua madre.”

Smise improvvisamente di masticare. Si era quasi dimenticato che il giorno seguente sarebbero partiti per Lipsia ed avrebbero passato il Natale a casa sua. Quegli ultimi avvenimenti si erano presentati, forse, nel momento meno opportuno.

Già.” si limitò a rispondere.





***





Sentì improvvisamente bussare alla porta. Si era svegliato da poco e non aveva decisamente voglia di parlare con nessuno.

Bill, posso entrare?”

Sentì la voce di suo fratello al di là della porta. Non si erano quasi visti il giorno prima, poiché Tom era troppo preso dal non parlare con nessuno, per via di Ingie.

Bill adorava Ingie; da quando era entrata nel loro studio, aveva portato un po' di allegria in più, ma odiava quando le discussioni con suo fratello divenivano più pesanti. Sentiva che quella situazione non poteva andare bene a quella maniera, soprattutto perché nessuno dei due aveva ancora capito che fra loro stava nascendo qualcosa di molto serio. Non aveva mai visto suo fratello così preso da qualcuno, da quando si era lasciato con Ria. Ricordava quanto male aveva passato e, dentro di sé, aveva sempre avuto paura che si chiudesse di nuovo all'amore, che tornasse ad essere il ragazzo stronzo e menefreghista che era da adolescente. Ciò non era successo, per fortuna, e da quando Ingie era arrivata ed aveva visto suo fratello riprendere a sorridere ma soprattutto ad interessarsi di qualcuno, si era sentito sollevato.

La porta si aprì, senza che lui desse il permesso. Era sottinteso.

Tom sembrava intimidito e dispiaciuto.

Ti è passato lo scazzo?” gli domandò immediatamente Bill, con tono ancora glaciale. Tom abbassò lo sguardo con un lieve sorriso e richiuse la porta dietro di sé. “Io, personalmente, sono stufo di fare da babysitter a due persone grandi e vaccinate come voi.” disse ancora, mentre andava a sedersi sul letto. Tom si sedette di fronte a lui.

Ti volevo chiedere scusa per come ti ho trattato in questi giorni. Ero nervoso per via di Ingie e me la sono presa anche con te. Mi dispiace.” parlò il moro, con sorpresa del vocalist.

Questo si prese qualche attimo per riflettere, osservandolo attentamente negli occhi, poi parlò.

Sai cosa mi fa incazzare? Che siete due cretini.” borbottò, sotto lo sguardo interrogativo del chitarrista. “Entrambi vi comportate come ragazzini delle elementari, quando litigano e si tengono i musi per giorni. Ma soprattutto, mi urta il sistema nervoso il fatto che vi piacete da morire e vi uccidete ogni giorno. Che senso ha?” Tom scoppiò appena a ridere, abbassando lo sguardo sul materasso. “Non avrebbe più senso fare l'amore, a questi punti?”

Bill, io ed Ingie... Insomma, non siamo fatti l'uno per l'altra.” disse Tom, con un lieve sorriso.

Forse no, ma vi piacete, vi attraete come il colore rosso attira un toro imbizzarrito. Che senso ha distruggervi a vicenda, senza motivo? Solo per orgoglio, Tom?”

Il chitarrista scosse la testa.

No, non è orgoglio. Hai ragione, litighiamo ma non riusciamo a stare lontani, è più forte di noi. Il problema è che siamo uguali. Abbiamo lo stesso modo esplosivo di reagire e la cosa non va a nostro favore.”

Il punto è che con le vostre esplosioni mandate a fuoco anche tutta casa. Non possiamo risponderne anche noi, Tom.”

Hai ragione.”

Ora, anche il fatto del Natale...”

Non ti preoccupare, abbiamo chiarito.”

Bill sollevò le sopracciglia sorpreso. “Oh.”

Abbiamo... Parlato tanto, ieri sera.” spiegò, un po' insicuro, ma Bill preferì passarvi sopra.

Bene, mi fa piacere. L'importante è che questi giorni che passeremo a Lipsia siano piacevoli.”

Te lo prometto.” Restarono qualche attimo in silenzio. “Bene, allora, pace?” domandò il chitarrista, come succedeva quando erano bambini – subito dopo essersi lanciati a vicenda pesanti pentole e mestoli.

Pace.” annuì Bill.





***





Non poteva credere di aver finalmente concluso con gli acquisti natalizi. Ivan le si era rivelato di grandissimo aiuto e doveva ammettere che senza di lui non ce l'avrebbe mai fatta.

Erano usciti dal centro commerciale alle tre del pomeriggio. Ingie aveva inviato un messaggio a Gustav, avvisandolo che non sarebbe tornata allo studio per pranzo. Per lo meno si era presa ancora un po' di tempo prima di rivedere Tom. Sapeva che quel momento, prima o poi, sarebbe giunto e che non sarebbe stato nemmeno molto corretto continuare a rimandare. Eppure, più vi pensava, più la testa minacciava di esploderle.

Ti riporto allo studio.” le disse Ivan, mentre camminavano lungo il marciapiede, con i sacchetti in mano.

No, grazie, non ce n'è bisogno. Prendo un taxi.” rispose lei, decisa a non farlo scomodare ulteriormente.

Assolutamente. Vieni con me. Ne approfitterò per salutare i ragazzi prima di Natale.”

A quell'affermazione, Ingie accettò. Forse la sua entrata in casa avrebbe tolto un altro po' di tempo, che avrebbe utilizzato a suo favore.

Durante il tragitto in auto, si raccontarono dei reciproci progetti per Natale. A quanto pareva, Ivan già sapeva che avrebbe trascorso la festa con i gemelli. Evidentemente l'unica che non l'aveva saputo fino a quell'istante era lei, la diretta interessata.

Quasi non si accorse che il ragazzo aveva spento la macchina.

Il cuore prese a batterle all'impazzata, cosa che non aveva previsto, fino a quel momento. Stava per rivederlo e la cosa cominciava a terrorizzarla. Camminò lungo il vialetto il più lentamente possibile, ma non poteva dare troppo nell'occhio o Ivan le avrebbe subito fatto delle domande. E quel giorno le domande potevano aspettare.

Quando aprì la porta, deglutì pesantemente.

Eccoti.” sorrise Georg, che stava passando per il soggiorno. “Ciao, Ivan!” esclamò poi, una volta notato il biondo alle spalle della ragazza.

Ciao, Georg, come stai?” sorrise Ivan, abbracciandolo.

Ingie si osservò attorno, non trovando traccia del chitarrista, fino a che Gustav non uscì dalla cucina, mentre un rumore di passi veloci scendevano le scale.

Sentiva che era giunto il momento.

Quando lo vide scendere i gradini con suo fratello, sentì una morsa allo stomaco, ma non poté fare a meno di tenere gli occhi fissi su di lui. I loro sguardi si incrociarono e poté notare Tom rallentare un momento, osservandola pensieroso, fino a raggiungerli.

Ciao, Ivan.” disse sorpreso. Sembrava quasi spaesato.

Tom, l'ho già visto l'altra sera; volevo salutarvi tutti quanti, prima che partiste.”

Che pensiero carino.” sorrise Gustav, sedendosi al tavolo.

Beh, allora io vi lascio.” intervenne quindi Ingie.

No, Ingie, perché non rimani?” chiese curioso Bill.

No, Bill, vado a farmi una doccia. Tanto sono stata tutta la mattina con lui.” rispose, notando con la coda dell'occhio il chitarrista cambiare espressione. “Ciao, Ivan. Buon Natale e grazie ancora.” lo salutò, baciandogli le guance.

Figurati, anche a te.” sorrise lui, prima che la ragazza sparisse su per le scale.





***





Aveva sentito, al piano di sotto, che Ivan aveva appena lasciato lo studio. Volgendo lo sguardo verso l'orologio affianco al lavabo, notò che erano le quattro. Era già trascorsa quasi un'ora da quando si era rilassata dentro quella vasca da bagno. Aveva abbandonato il capo dietro di sé, sul ripiano, ed aveva chiuso gli occhi con un gran sospiro, cercando di non riflettere. Inutile dire che non vi era riuscita.

Per tutto il tempo, non aveva fatto altro che pensare a Tom, a come l'avrebbe affrontato. Forse si stava facendo troppe paranoie; probabilmente lui nemmeno pensava più a quella notte.

Il punto era che non si era ancora data una risposta. Perché si era lasciata trascinare a quella maniera? Perché l'istinto l'aveva portata ad abbandonarsi a lui così facilmente? Non era da lei.

Sbuffò, decidendo che sciogliersi in quell'acqua ormai gelida non aveva più senso. Si alzò in piedi e, dopo essersi sciacquata e legata un asciugamano attorno al corpo, si incamminò verso la sua camera.

Oh, God!” esclamò, con un acuto innaturale, impuntando sui propri piedi, non appena trovò il protagonista dei suoi tormenti seduto sul suo letto. “Dio, che spavento!” si lamentò, cercando di riportare a velocità normale il battito del suo cuore. Decisamente, non se lo aspettava.

Coscienza sporca?” le domandò con un piccolo sorriso sbieco, quasi impercepibile.

Io no. E tu?” fece lei, quasi sfidandolo.

Tom non disse nulla per qualche istante; la osservò pericolosamente serio.

Chiudi la porta, dobbiamo parlare.” le disse con una fermezza che le fece quasi paura.

Ti dispiace se mi rivesto? Non mi sento proprio a mio agio per parlare, in queste condizioni.” chiese lei, con cupo sarcasmo.

Tom si alzò dal letto e le passò affianco con le mani in tasca.

Muoviti.” le disse, prima di uscire e chiudersi la porta alle spalle.

Ingie era stupita. Credeva che il chitarrista le avrebbe tirato qualche stupida battuta – degna di un uomo privo di tatto – sul fatto di essere stati a letto insieme, il che avrebbe giustificato il cambiarsi davanti a lui. Invece no; si era dimostrato stranamente rispettoso. Forse non voleva metterla ancor di più in imbarazzo. Tom era strambo, ma non stronzo.

Sorrise appena, inconsapevolmente.

Entra.” disse, non appena ebbe finito di indossare una tuta e si fu seduta sui cuscini del suo letto, con le gambe rannicchiate al petto che aveva circondato con le proprie braccia, forse per autodifesa.

La porta si riaprì e Tom fece il suo ingresso, per poi richiuderla. Le si avvicinò, fino a che non si sedette sul bordo del letto, di fronte a lei. Il silenzio che ne derivò fu per lei snervante, fino a che non rabbrividì, sentendolo parlare.

Perché te ne sei andata, stamattina?” le domandò. Non era arrabbiato, sembrava anzi piuttosto tranquillo.

Sarei dovuta restare?” le venne spontaneo chiedere. Dall'espressione di Tom, si disse che era meglio deporre le armi e rimediare. “Avevo bisogno di pensare.” buttò lì, senza guardarlo negli occhi.

L'hai fatto?”

Ingie esitò appena, prima di rispondere. “Sì.” Tom non disse nulla, semplicemente la guardò, come si aspettasse che portasse avanti il discorso. Ciò la mise ancora più in difficoltà. “Abbiamo sbagliato, Tom.” ammise, affranta.

Ah, ecco, sapevo che questa frase sarebbe arrivata.” disse lui con tetro sarcasmo, spostando lo sguardo verso la finestra chiusa. “Ora mi dirai anche che ti sei pentita, che siamo stati due incoscienti e che non eri in te.” continuò a parlare in una sorta di cantilena, come ripetesse a memoria il copione di un film già visto.

Ingie si torturò le mani.

Invece no.” mormorò, impossessandosi nuovamente del suo sguardo, ora sorpreso. “Ero perfettamente in me, non sono una bambina.” affermò. “Ma non riesco non pensare che siamo stati troppo avventati.”

Tom si prese qualche attimo.

Perché, non l'hai voluto anche tu?” domandò, retoricamente.

Ingie si agitò.

Certo che l'ho voluto o non l'avrei fatto.” ammise.

E allora cosa ti spaventa?”

Non lo so, sono confusa.”

Tom fece nuovamente una pausa e lei si chiese cos'avrebbe potuto dire.

Ivan ti ha fatto cambiare idea?” domandò, lasciandola senza parole. Quella frase decisamente, non se l'aspettava.

Aggrottò le sopracciglia in un'espressione quasi indignata.

Fammi capire. Tu credi che io abbia chiamato Ivan come ripiego?” chiese esterrefatta. Lui non rispose, ma la guardò attendendo una risposta, il che la offese. “Oh, non ci posso credere. Mi fai davvero così vuota e subdola, Tom?”

No, è per quello che te lo chiedo.”

Beh, la tua è una filosofia molto contorta.”

Non sei nemmeno tornata per pranzo. Forse hai voluto schiarirti le idee con lui, non deve essere forzatamente subdolo.”

Ingie si alzò velocemente dal letto.

Ora basta, sei fuori di testa e queste tue insinuazioni mi offendono.” disse, ma il chitarrista si alzò con lei e le si parò davanti.

Non scappare di nuovo, come tuo solito.”

Ingie sentì una fitta allo stomaco che la fece ammutolire per qualche secondo.

Ora sei tu quello subdolo.” mormorò indietreggiando, fino a sedersi di nuovo sul letto, come esausta. “Dai, parla.” lo esortò con un'alzata di spalle, mentre lui le si risedeva di fronte.

Lui si guardò un momento le mani, poi tornò a posare gli occhi su di lei con una tale intensità che la fece rabbrividire.

Senti, Ingie, mio fratello ha ragione quando dice che siamo due idioti e che ci distruggiamo l'anima per niente.” cominciò. “Ormai, mi sembra palese che tra noi ci sia un'attrazione piuttosto forte. Non credo ancora sia mentale, dato che non riusciamo ad andare d'accordo un momento ma, di qualunque tipo sia, è difficile ignorarla.”

E cosa dovremmo fare? Chiuderci in camera sei ore al giorno e darci dentro all'infinito?”

Tu credi che io ti abbia presa per una scopata, Ingie?” La mora rimase esterrefatta. “Perché, da come parli, sembra che io voglia sesso e ancora sesso. Non sei stata una scopata e via.”

Beh, non credo si possa dire sia stato amore.” fece lei, scettica.

Non lo è stato, infatti. Ma non è stato neanche un rapporto fine a se stesso. Mi pare ovvio provare affetto per te, nonostante tutto.” Ingie fremette a quelle parole. “Sai come la vedo io? Ci piacciamo, d'accordo, ormai è inutile negarlo. Siamo giovani, anche questo è vero. Ma non siamo degli incoscienti, tanto meno degli adolescenti che non sanno nemmeno cosa sia il sesso e a cosa può portare.”

A noi ha portato guai.”

Perché?”

Perché viviamo insieme, ci sarà imbarazzo anche con gli altri.”

Non mi sembri una che possa provare imbarazzo.”

Beh, che tu ci creda o no, anche io sono un essere umano.”

Tom le si avvicinò ancora, toccandole una caviglia con le dita. Quel lembo di pelle cominciò a bruciare.

Ingie, ti prego, dimmi quello che senti. Di cos'hai paura?” le domandò con una dolcezza tale da farle quasi mandare tutto al Diavolo e baciarlo. Tremò. “Hai paura che per me non sia significato nulla?” La ragazza non rispose. “Ingie, io lo rifarei. Non mi sono pentito, nemmeno un po'.” Quelle parole, pronunciate con tanta serietà, le fecero mancare per un attimo il respiro e si sentì nuovamente piccola, come stesse rivivendo un momento felice ed impacciato con il suo primo fidanzatino del liceo. I brividi non cessavano di tormentarla ed allungò una mano verso quella di Tom, cercando di spostargliela dalla caviglia, ma lui le strinse le dita congelate dall'agitazione. “Perché non ti calmi?”

Perché non ci riesco.” Sospirò e si portò le mani alla fronte, poggiando i gomiti sulle ginocchia. “Non so cosa mi stia succedendo.”

Stai ricominciando a vivere, Ingie. Stai ricominciando a provare emozioni. Lo so che non ti sembra corretto nei confronti di tuo fratello, ma hai diritto a ricominciare.”

Tom, fra noi non c'è nulla. Solo attrazione fisica.” Lo guardò.

Lo so.” annuì lui, come niente fosse.

Allora, che senso ha portare avanti questa cosa?”

Perché reprimerla, allora?”

Perché è tutto troppo avventato. Viviamo assieme, ci sono gli altri. No, non... No.”

Smettila di sentirti a disagio.”

Non puoi pretendere che io mi comporti come non fosse successo nulla.”

Invece è qui che ti sbagli. Io non voglio che ci comportiamo come non fosse successo nulla. Mi spiace, Ingie, ma non lo voglio sminuire. Sembrerà infantile, ma non riesco a passarci sopra. Non ti sto facendo una dichiarazione, lungi da me; non ti sopporto, in certi momenti, e lo sai bene, credo. Ma non riesco a non volerti bene comunque. Per quanto tu sia pazza e sclerata, non riesci a non farti adorare da tutti.”

Si vuole bene anche ad un gattino, Tom, ed è diverso dal provarlo per una ragazza con cui sei andato a letto.”

Mi spieghi che male c'è a voler portare avanti questa cosa e capire?”

Ma in che modo vorresti portarla avanti, se non a ritmo di sesso?”

Vorrei che la prendessimo con più calma. Che provassimo a scoprire nuovi lati di noi che ancora non conosciamo, che provassimo a capire se c'è qualcosa che ci accomuna.”

E se dovesse essere un fiasco?”

Amici come prima.”

Fai sembrare tutto estremamente facile.”

Lo sarebbe, se lo volessimo.”

Silenzio.

Tom, io non sono pronta per una relazione.” fece lei, quasi a bassa voce.

Nemmeno io.”

Di qualunque tipo.”

Ingie, ti prego, stai tranquilla. Non ti sto chiedendo di sposarmi, ti sto chiedendo di conoscerci.”

Basta sesso?”

Basta sesso. Una semplice frequentazione.”

Ingie lo squadrò sospettosa.

Spiega meglio il tuo concetto di frequentazione.”

Tom chiuse gli occhi e portò la testa all'indietro, in segno di disperazione.

Oh, mio Dio, Ingie! Non farò nulla che tu non voglia, se è questo che ti preoccupa.”

La mora rifletté ancora qualche istante.

D'altronde, potevano provare.

Non era sicura di riuscire a resistergli a lungo. Conosceva il detto che chi prova una volta, non torna più indietro. Lei e Tom erano già arrivati al sesso e sapeva, era sicura che non sarebbero riusciti a tenersi lontani, almeno dal punto di vista fisico. Sentiva che, prima o poi, sarebbero caduti nuovamente nella trappola della tentazione e dell'attrazione. Perché era tanta, troppa, e sapevano già come sarebbe stato.

Violento, passionale, bellissimo.

D'accordo.” Si arrese. “Cercherò di fidarmi di te.” E di me stessa, aggiunse nella propria testa. “Solo noi potevamo fare tutto al contrario.” borbottò poi, facendo scoppiare Tom a ridere.

Siamo alternativi.” scrollò le spalle lui, compiaciuto.

Si presero qualche attimo.

Devo fumare.” disse poi Ingie, all'improvviso.

Ancora una volta la risata del chitarrista le riempì le orecchie.





***





Erano seduti tutti insieme in giardino, quella sera, come non succedeva da un po' di tempo. Avevano deciso di trascorrere qualche ora in compagnia, a chiacchierare e fumare, prima di separarsi il giorno seguente per il Natale.

Ingie si sentiva incredibilmente leggera. Chiarire con Tom si era rivelato liberatorio e forse aveva aiutato il buon senso e l'intelligenza del chitarrista, per lei sorprendenti. Non aveva mai pensato che Tom potesse essere così uomo, dal punto di vista mentale. L'aveva messa a proprio agio in pochi minuti; vi riusciva sempre. Era una cosa che apprezzava dannatamente di lui e le faceva venire strani crampi allo stomaco.

Ed ora sedeva accanto a lei – sui gradini del pianerottolo –, anche lui a fumare una sigaretta con il sorriso sul viso ed a scambiarsi battute con i suoi amici. Bill e Gustav sedevano alla loro destra, sulla sedia a dondolo, mentre Georg se ne stava in piedi, di fronte, con la schiena poggiata all'albero.

Le piaceva quel tipo di atmosfera; era tremendamente familiare.

Redhead, perché non ti siedi?” domandò Ingie ad un Georg particolarmente divertito.

Era da un po' che non mi chiamavi così.” commentò compiaciuto.

Ritieniti fortunato. A me chiama ogni giorno Piggy.” borbottò Tom, dopo aver aspirato un po' di fumo.

Perché lo sei, Piggy.” scrollò le spalle la mora, facendo sollevare gli occhi di Tom al cielo stellato.

Hey, non è giusto che non chiami in qualche modo assurdo anche Gustav!” si lamentò Bill.

Perché lui è un angioletto, Speedy. Non posso chiamarlo con nomi assurdi.” si difese lei.

Mi sento preso in giro.” borbottò il vocalist.

Ingie ridacchiò appena, prima di spegnere la sigaretta nel posacenere, fra lei e Tom. Era tremendamente stanca. Quella giornata era stata ricca di eventi, come la sera prima, e la sua mente ne stava risentendo.

Io vado a dormire.” annunciò, alzandosi in piedi.

Adesso andiamo anche noi.” annuì Gustav, stiracchiandosi appena.

Buona notte, a domani mattina.” parlò, prima di rientrare in casa. Lei e Tom si erano scambiati una breve occhiata, che non seppe nemmeno lei cosa potesse voler dire.

Era decisamente strana tutta quella situazione che si era venuta a creare fra loro; ma soprattutto era incredibile dover nascondere tutto quanto al resto della band. A dire il vero, non l'avevano deciso. Era semplicemente qualcosa che avevano entrambi dato per scontato. Era ancora troppo presto e, soprattutto, non vi erano basi sufficienti per poter dire qualcosa. D'altronde fra lei e Tom non vi era ancora nulla di concreto.

Una volta finito di lavarsi i denti, uscì dal bagno, pronta per entrare in camera ed infilarsi il pigiama che l'attendeva caldo e morbido. Sentì un brivido quando vide Tom salire le scale, fino a trovarsi di fronte a lei.

Le sorrise appena.

Hai messo la sveglia per domani mattina?” le domandò, mentre le si avvicinava lentamente, con l'intenzione di raggiungere la propria stanza.

Sei tu quello disorganizzato, qui dentro.” lo stuzzicò appena.

Restarono qualche attimo in silenzio, come se per la prima volta non sapessero cosa dirsi.

Fu in quel momento che Ingie giunse ad una consapevolezza tremendamente spaventosa: lei voleva Tom, disperatamente. E fu per la prima volta che si rese conto di non volerlo solamente dal punto di vista carnale; anche un solo abbraccio, sentire ancora il suo odore per un po' le sarebbe bastato.

Perché mi guardi così?” le chiese con un tono di voce più dolce del solito, il che le fece battere ancora più forte il cuore.

Ho solamente sonno.” tagliò corto, riprendendo a camminare verso la sua camera. Ignorò il suo profumo, quando gli passò affianco. “Buona notte, Piggy.” disse, prima di chiudersi la porta alle spalle.

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Capitolo 14
*** Thirteen - Getting into your life ***


13


Thirteen
Getting into your life





Appena udì il suono della sveglia farsi vivo e squillante accanto al suo orecchio, le venne voglia di piangere.

Non poteva già essere ora di alzarsi.

Aveva trascorso la nottata completamente in bianco. Troppi pensieri le affollavano la mente, poche risposte la soddisfacevano, ma soprattutto poco autocontrollo l'aiutava.

Aveva provato più volte, durante quelle ore, a posare idealmente una croce sul viso di Tom che continuava ad apparirle davanti agli occhi, nonostante lei facesse di tutto per impedirlo.

Sapeva che ben presto sarebbe accaduto. Fare l'amore non era stata la migliore delle idee ed ora la sua mente pareva pervasa da una guerra continua ed infinita. Avrebbe dovuto immaginarlo; nonostante tutto, si definiva una ragazza piuttosto sentimentale – anche se le apparenze portavano su tutt'altra strada – ed il fatto di aver condiviso un momento così intimo con lui non riusciva a non farle battere il cuore.

Non avrebbe mai voluto giungere a quella situazione ma, d'altro canto, non poteva fare nulla.

Si alzò lentamente con il busto, impedendo alla sua testa di girare, come succedeva ogni volta che si alzava dal letto. Quella mattina fu peggio del solito, si sentiva uno straccio.

Si legò i capelli, senza badarvi troppo, ed uscì dalla stanza come uno zombie. Gli occhi erano semichiusi, le braccia abbandonate lungo il suo corpo stanco ed i suoi piedi strisciavano sul pavimento con pesantezza. Fu un miracolo per lei riuscire a scendere l'intera rampa di scale. Quando entrò in cucina, trovò Bill seduto al tavolo con i capelli scompigliati, due occhiaie che facevano invidia alle sue e una guancia spiattellata contro una mano.

Bill, sei un mostro, stamattina.” le venne spontaneo commentare. Georg, seduto affianco a Bill, per poco non si fece uscire il caffè dal naso, scoppiando a ridere.

Con Ingie in casa, uno si toglie il problema di farti i complimenti per forza.” rise il bassista, compiaciuto, mentre si puliva la bocca, dalla quale era gocciolato un po' della bevanda calda.

Bill grugnì, senza degnarlo di ulteriore attenzione ed Ingie gli si sedette di fronte.

Seriamente, sei inquietante.” continuò la mora, fin troppo sincera e colpita.

Tu non sei da meno, se ti interessa la mia opinione.” borbottò il vocalist.

Infatti non mi interessa.” confermò, senza guardarlo. “Poi mi dovrete ancora spiegare perché dobbiamo svegliarci alle sette del mattino per andare a Lipsia.” grugnì, riempendosi la tazza di caffè.

Perché le due ore che normalmente impieghereste per arrivare diventano cinque, viste le innumerevoli volte in cui Bill si deve fermare per andare in bagno, fumare o mangiare.” rispose Georg, come se avesse assistito a ciò che diceva almeno una trentina di volte.

Ingie non si sentì rincuorata.

Non potresti andare in bagno una volta sola e mangiare qui?” gli chiese, come fosse ovvio, per poi portarsi alla bocca un pezzo di brioche.

No, perché quando Tom guida mi agito.” spiegò, come fosse normale. Ingie sollevò un sopracciglio ma Georg fece un gesto eloquente con la mano, per farle capire che era inutile portare avanti quel discorso, quindi decise di non continuare.

Buon giorno.” esclamò Tom, stranamente sveglio, una volta entrato in cucina. Ingie per poco non morì di infarto. “Oh, Cristo, Bill, sei più orribile del solito.”

Georg scoppiò di nuovo a ridere, stavolta con le mani allo stomaco. Il vocalist si voltò nella sua direzione con sguardo assassino.

La smetteresti di divertirti così tanto, ogni volta che mi tirano un insulto?” commentò tetro.

Nel frattempo, Tom si era seduto accanto ad Ingie.

Ah, ci avevi già pensato tu?” le domandò il chitarrista, divertito.

Come sempre.” rispose lei con una scrollata di spalle, tornando poi a bagnare il croissant nel caffè.

Se anche Gustav gli dice qualcosa, giuro che sputo il caffè in faccia a Tom.” ridacchiò Georg, dopo aver sorseggiato un po' dalla sua tazza. In risposta, Tom lo scrutò con un sopracciglio sollevato.

Piggy, mi spiegheresti per quale assurdo motivo Bill si agita quando guidi?” domandò la ragazza con indifferenza, senza guardarlo. Il ragazzo sorrise sotto i baffi.

Diciamo che ho il piede un po' pesante.” fece vago.

Bene, sappi che te lo stacco, quel piede, se superi i centotrenta.”

Hai paura anche tu?”

Semplicemente, non ci tengo a morire.” Cambiò espressione non appena si rese conto di ciò che aveva appena detto. Anche lui si voltò a guardarla, teso; evidentemente entrambi avevano pensato a suo fratello Tom. Ingie si schiarì la voce, ingoiando il masso. “Comunque, Bill, non possiamo impiegare trent'anni ad arrivare a Lipsia, per la tua incontinenza.” parlò come nulla fosse.

Più volte vado in bagno io, più sigarette fumi tu.” la provocò il vocalist.

Ingie cercò di mantenere tutta la propria professionalità.

Questo è giocare sporco.” borbottò, sotto le risate di Tom e Georg.

Lo so.” si vantò lui.

Improvvisamente sentirono dei passi veloci scendere le scale e Georg si preparò all'entrata trionfale di Gustav. Ingie sorrise appena, attendendo il batterista con impazienza. Non appena questo fece il proprio ingresso, tutti puntarono gli occhi su di lui, aspettandosi che dicesse qualcosa sull'aspetto di Bill.

Perché mi fissate così?” domandò il biondo, dall'espressione perplessa.

Ah!” esclamò Bill, alzandosi all'improvviso dalla sedia, con espressione soddisfatta. “Godo, stronzi!”





***





Si trovavano in macchina da una ventina di minuti, ormai. Bill aveva insistito per sedersi sui sedili posteriori, perché potesse sdraiarsi e dormire quando avesse voluto. Ingie non si era mai trovata a discutere per stare dietro e quel giorno l'aveva fatto.

Era una sensazione stupida; cos'altro sarebbe potuto accadere con Tom? Erano riusciti a bruciare ogni tappa in una sola notte. Cosa mai poteva essere sederglisi affianco? Si sentiva una bambina, un'adolescente alle prime armi ed odiava quella sensazione, nonostante facesse di tutto per comportarsi come sempre.

Prima che uscissero dallo studio, Gustav e Georg avevano dato ad ognuno i propri pacchetti regalo per il Natale, come avevano fatto loro tre prima della partenza.

Ingie, personalmente, era dispiaciuta di non poter festeggiare con loro, ma al tempo stesso era eccitata all'idea di rivedere Simone. Ricordava di avere ancora il suo numero, ma di non averne mai fatto uso.

Non aveva mai osato farlo; temeva di essere invadente, benché fosse stata proprio la donna a chiederle di telefonarle tutte le volte che voleva. Ingie non era una persona che amava osare; credeva sempre di essere di troppo e si riduceva a non fare mai nulla.

Osservò con la coda dell'occhio il profilo del chitarrista. Guidava con estrema tranquillità ed un'espressione serena sul viso; sapeva che non vedeva l'ora di rivedere sua madre.

Una cosa aveva imparato di Tom, in quegli ultimi giorni. Benché volesse nascondersi dietro false apparenze e non volesse mostrare alla gente i suoi veri sentimenti, Tom Kaulitz era un ragazzo dal cuore grande, ma soprattutto con tanta voglia di amare ed essere amato. Più il tempo passava e più se ne rendeva conto. Aveva una sensibilità nascosta fortissima che mai avrebbe osato immaginare. Viveva di emozioni, esattamente come lei. Entrambi indossavano una maschera che per molti non aveva senso portare, ma loro sapevano chi erano veramente e sapevano anche che quella maschera serviva loro per proteggersi.

La cosa più bella era che stavano imparando a conoscersi a vicenda, sempre di più. A volte, si sentiva nuda, davanti a lui perché sapeva leggerla negli occhi e nell'anima. Forse era la loro somiglianza a non renderli solamente incompatibili, ma anche facili da capirsi.

Spostò lo sguardo sulla mano con la quale teneva il volante; quella stessa mano che aveva carezzato il suo corpo per ore interminabili. Tornò a guardare il finestrino prendendo fiato; improvvisamente cominciava a sentire caldo.

Sorrise sorpresa, non appena Scotty, dai sedili posteriori, le poggiò il muso sulla coscia, scrutandola come se riuscisse a leggerle nel pensiero. Gli posò una mano sulla testa e prese a fargli piccoli grattini che parve gradire. Anche Tom prese a carezzarlo un paio di volte, sfiorandole involontariamente la mano, per poi tornare a concentrarsi sulla guida.

Ingie, non senti i tuoi genitori per Natale?” fu la domanda improvvisa ed inaspettata di Bill.

Ingie congelò e cercò immediatamente Tom con lo sguardo, il quale ricambiò, teso.

Ehm, certo! Li ho sentiti in questi giorni.” rispose, il più convinta possibile.

E perché non li vedi? Potevi invitarli.” continuò il vocalist, sinceramente dispiaciuto.

No.” sorrise lei, sotto lo sguardo del chitarrista. “Hanno deciso di passare un Natale romantico a casa.”

Che carini.” commentò il biondo, sognante. “Devono essere innamorati. Mi sono sempre piaciute queste famiglie.”

Bill, c'è un Autogrill. Mi fermo così vai in bagno e io fumo una sigaretta.” intervenne Tom, prontamente. Ingie lo ringraziò mentalmente in tutte le lingue del mondo. Per lo meno, aveva un ottimo tempismo. Una volta fermi, nel parcheggio, attesero che Bill scendesse dalla macchina e sparisse all'interno dell'Autogrill per parlare. “Mi dispiace.” disse lui.

Figurati, non lo può sapere. È normale.” lo tranquillizzò, sincera.

Questa situazione è un tantino scomoda. Vedi quanto è controproducente non dire la verità?”

Tom, va bene così. Non voglio che lo sappiano, lo sai.” Poté scorgere con la coda dell'occhio il viso del chitarrista contrarsi in un sorriso soddisfatto. “What?” domandò sospettosa.

Mi sto sentendo importante.” gongolò compiaciuto.

Oh, man.” borbottò lei, sotto la sua risata sottile. “Ho bisogno di fumare.” continuò, per poi scendere dall'auto. Tom la seguì, con la sigaretta già alla bocca ed un'espressione sempre più compiaciuta sul viso. “Piantala.” borbottò lei, mentre si accendeva la Marlboro.

Non sto facendo nulla.” sollevò le mani con un sorriso quasi angelico.

Ma il tuo cervellino sta elaborando cose pericolose, quindi piantala.”

Fumarono per qualche istante in silenzio. Ingie non lo guardava ma percepiva ancora il sorriso stampato sulla sua faccia. Aveva deciso che la cosa migliore da fare era ignorarlo; prima o poi avrebbe finito di darle noia.

Il problema di quella questione era che ciò che aveva detto era reale.

Lui era diventato, in un modo del tutto strano ed inspiegabile, decisamente rilevante nella sua vita.

Nei prossimi giorni conoscerai Andreas.” parlò il chitarrista, ad un tratto. Ingie si voltò ad osservarlo con sguardo corrucciato. Non aveva mai sentito quel nome. “Un amico di infanzia.” le spiegò.

Andavate a scuola insieme?” domandò, curiosa.

No, ci siamo conosciuti nel vicinato. Sai, quando da bambini ci si incontra al parco e ci si rotola nel fango.”

Ingie sorrise alla sua espressione nostalgica e serena. Immaginare Tom bambino, giocare con i suoi amici, la rendeva quasi inerme e la riempiva di dolcezza. Avrebbe pagato oro per avere una sua foto, di quando era piccolo. La sua mente diabolica stava già architettando di procurarsela tramite Simone. Le mamme, solitamente, erano piuttosto inclini a tirare fuori album-ricordo.

Sarai stato un teppista, da piccolo.” disse, dopo aver aspirato un po' di fumo.

Diciamo che tenevo mia madre occupata.” sorrise lui.

Sono curiosa di sentire quante storielle sul tuo conto mi possa raccontare.”

Brucerò tutti gli album di fotografie, non appena arriveremo a casa.”





***





Non appena il sorriso radioso di Simone li aveva accolti in casa, si era sentita immediatamente scaldata nel cuore. Aveva desiderato tanto rivederla ed ora che finalmente era stretta fra sue braccia materne, quasi non volle staccarsi da lei.

Un profumo di mamma, che le mancava da morire.

Sono così contenta di vederti, Ingie.” disse la donna, dopo aver interrotto quell'abbraccio così spontaneo ed intriso di affetto. “Ti vedo un po' sciupata. Mangi, tesoro?” le domandò preoccupata.

Il cibo era la principale preoccupazione delle madri e delle nonne, da ciò che poteva ricordare, e la cosa la fece involontariamente sorridere.

Non ti preoccupare, mangia da far schifo.” intervenne Tom, posando i borsoni in corridoio.

Per il pranzo di Natale ho pensato ad un bel po' di cosette, che spero ti piacciano.” parlò ancora Simone, particolarmente entusiasta, il che fece ridacchiare Ingie.

Non ti preoccupare, Simone. Mangio tutto.” annuì con un sorriso.

Effettivamente, il cibo non era mai stato un suo problema. Aveva la fortuna di mangiare fino a scoppiare e prendere massimo un chilo di peso. Fin dai tempi in cui ballava era così; ed allora, di cibo, ne assumeva a valanghe.

Gordon?” domandò Bill, guardandosi attorno.

Lavora. Tornerà stasera.” spiegò Simone, mentre si dirigeva in cucina, seguita dal gemello biondo.

Ingie si era ritrovata ad osservarsi attorno, con particolare attenzione per ogni angolo di quella casa relativamente piccola, ma incredibilmente accogliente. Le pareti rosate, il divano imbottito e ricoperto di una federa a fiori, un piccolo caminetto spento ed un televisore di medie dimensioni.

Le ricordava tantissimo casa sua, a New York. Lei e la sua famiglia non avevano mai vantato una condizione economica fiorente, ma erano sempre riusciti – nel loro piccolo – a rendere confortevole tutto ciò che circondava loro, con immensa dignità.

Te l'aspettavi più grande?” le chiese Tom, affiancandola. Probabilmente aveva notato il suo sguardo assorto.

No.” rispose sinceramente. “Mi piace. Mi ricorda tanto casa mia.” mormorò, con sorriso lieve, celante una marea di ricordi che la riempirono di nostalgia. Percepì lo sguardo intenso di Tom addosso e si voltò verso di lui con un sorriso più sereno. “Tranquillo, non sto per scoppiare a piangere.” ridacchiò, per poi recarsi in cucina, dove Bill era seduto al tavolo con un bicchiere d'acqua in mano.

Simone, invece stava preparando il pranzo, ai fornelli.

Sedetevi e raccontatemi un po' che cosa avete combinato in questo periodo.” sorrise Simone, senza distogliere lo sguardo dalla pentola.

Ingie e Tom si scambiarono un'occhiata veloce, quasi colti in flagrante, e si sedettero assieme a Bill.

Abbiamo combinato un bel po' di guai, pensò Ingie. Da una parte si chiese cosa potesse pensare Simone di ciò che era successo fra lei e Tom. Li avrebbe giustificati o l'avrebbe giudicata una sgualdrina?

Io, personalmente, mi sto grattando la pancia, in questi giorni. Non ho combinato un bel niente.” commentò Bill, per poi sorseggiare un po' d'acqua.

I cani, nel frattempo, trotterellavano attorno al tavolo, impazienti di afferrare qualunque cosa cadesse a terra da mangiare.

David? L'avete sentito? Come sta la fidanzata?” domandò la donna, come illuminata.

Oh, sta bene. È al secondo mese e ha detto che la gravidanza sta andando avanti benissimo. David continua ad uscire alle tre di notte per andare alla ricerca di gelaterie aperte, ma per il resto va tutto bene. Per lo meno ora è sereno ed è meno sclerotico.” spiegò il chitarrista.

Dice che a Gennaio tornerà allo studio, per riprendere a lavorare con noi sul nuovo album.” intervenne Bill.

Ingie lo scrutò attentamente e notò ancora quell'espressione decisamente poco entusiasta sul suo volto. Possibile che non avesse ancora accettato quella gravidanza? Che fosse ancora convinto che avrebbe tolto del tempo alla band?

Non avevano più discusso, quindi non sapeva cosa stesse accadendo nella sua testa ma sperava vivamente che si decidesse a gioire di quella notizia, invece che soffrirne.

Quanto invidio Amanda.” fece Simone, sognante. “Il periodo della gravidanza, benché difficile, è qualcosa di davvero emozionante. Io tutti i giorni non vedevo l'ora che questi due marmocchi nascessero.” disse con gli occhi lucidi, tipici di una mamma nostalgica ed amorevole. Ingie sorrise automaticamente. “Ti auguro di diventare mamma, Ingie, perché è il regalo più bello che la vita ti possa fare.”

La ragazza arrossì appena. Non aveva mai fatto discorsi simili con nessuno e l'idea di diventare mamma l'aveva sempre un po' spaventata, anche se era un suo grande desiderio, come aveva confessato a Tom qualche tempo prima. Questo infatti la osservava quasi con tenerezza.

Eh, bisogna trovare la materia prima.” sdrammatizzò lei, facendo scoppiare tutti a ridere.

Ah, figurati se una bella ragazza come te non riesce a trovare il ragazzo giusto. Dai tempo al tempo, la persona della tua vita salterà fuori quando meno te lo aspetti.”

Ingie sorrise in imbarazzo, non appena il suo sguardo incrociò involontariamente quello di Tom. Lui, per fortuna, non sembrava avervi dato peso.

Quella situazione era al limite dell'imbarazzante. Non faceva altro che ripensare alla notte trascorsa insieme, benché non provasse nulla a livello sentimentale per lui, se non affetto. Erano immagini che si ripresentavano nella sua mente all'improvviso e la agitavano, perché ancora scossa da quegli stessi brividi che il chitarrista le aveva procurato possedendola, e sperava potessero svanire col tempo.

Per lo meno tu hai questa visione della famiglia. I miei figli non mi vogliono far diventare nonna.” borbottò la donna.

Forse quando avrò sessant'anni.” commentò Tom, con un sorrisetto.

Quando avrai sessant'anni, non avrai nemmeno più la forza di procreare.” ribatté Bill con sarcasmo.

Tu, forse. Sessualmente parlando, non avrò mai problemi. Nemmeno a ottant'anni.” si vantò il moro, facendo scoppiare a ridere sia Ingie che Bill.

Come sei profondo, Tomi.” commentò la madre, fintamente impressionata.





***





Sorrideva mentre sciacquava una posata alla volta, per poi passarla a Simone, che l'asciugava e la riponeva al proprio posto, nella credenza. Le sembrava di tornare indietro nel tempo e ritrovarsi con sua madre in cucina, intente a collaborare e chiacchierare al tempo stesso su cosa accadesse nella sua vita.

Tom e Bill erano usciti con i cani; avevano deciso di fare una passeggiata lungo il quartiere e ripercorrere i luoghi più frequentati durante la loro infanzia. Ingie ne aveva immediatamente approfittato per passare un po' di tempo con Simone, declinando gentilmente la loro offerta di partecipare. Aveva decisamente bisogno di fare una chiacchierata fra donne.

Allora, Ingie? Come sta andando la convivenza?” domandò la donna, curiosa.

Ingie aveva deciso di parlare con il tono più tranquillo ed innocente che potesse sfoderare.

Bene. Devo ammettere che credevo peggio.” sorrise, passandole un piatto.

Sono piacevoli, se ci fai l'abitudine.” ridacchiò Simone. “Stai ancora cercando casa?”

Ogni tanto do un'occhiata agli annunci, ma devo aspettare di guadagnare qualche soldo in più o non posso permettermi un affitto.”

Beh, non so quanto potrà far piacere ai ragazzi la tua assenza.” mormorò la bionda, mentre riponeva in credenza una pentola. “Soprattutto a Tom.” aggiunse. Ingie aggrottò le sopracciglia e voltò lo sguardo verso di lei, come per chiedere spiegazioni che non tardarono ad arrivare. “Ingie, sono mamma. Ho partorito mio figlio. Non dico che gli leggo nel pensiero, ma quasi.” sorrise amorevolmente, facendola arrossire.

Non so di cosa parli.” si finse ignara, tornando a sciacquare una forchetta.

Vedo che c'è un'intesa particolare fra voi. Non so cosa stia succedendo, ma non mi importa. Qualsiasi cosa stiate combinando, sono contenta perché sei tu.”

Non sta succedendo nulla, Simone.”

Forse. Ma vedo come vi guardate. Te lo posso dire, non vedevo Tom guardare una ragazza in questo modo dai tempi di Ria.” Ingie sentì un brivido sulla schiena. La famosa ex fidanzata di Tom. Per un qualche strano motivo, le dette fastidio. “Quella è stata la sua prima, vera delusione d'amore. Ha sofferto tanto.” Ingie non indagò oltre, benché la questione la incuriosisse particolarmente. “Se tu tornassi a fargli credere nell'amore, ne sarei contenta.”

Sono l'ultima persona in grado di farlo.”

Perché?”

Sono problematica, non gli sarei decisamente d'aiuto.”

A mio figlio piaci, Ingie. Te lo dico da mamma. Se anche a te non è indifferente, pensaci.” Sorrise. “Lo vedo che non ti è indifferente.”

Ingie non si trattenne dal sorridere ed abbassò lo sguardo, rossa in viso.

Quel discorso cominciava a metterla a disagio perché doveva fare i conti con una realtà che cercava di ignorare. L'istinto le diceva di spifferare ciò che era successo a Simone, per chiederle aiuto e consigli, ma la parte più razionale di lei le diceva che era sbagliato. Non era sua madre ed avrebbe mancato di rispetto il chitarrista, se lo avesse fatto.

Sai, mi ricordi tanto mia madre.” le venne spontaneo dire. Simone sembrò riempita di una forte tenerezza.

Che mi dici di lei? Come mai non sei con la tua famiglia?” le domandò.

Ingie si torturò le mani.

Diciamo che non siamo più in buoni rapporti.” mentì. “Me ne sono andata di casa e non so più cosa sia giusto fare.”

La donna sembrava corrucciata.

Hai paura che non ti accetti più?” le chiese, comprensiva. Sembrava averle letto nel pensiero. La mora annuì appena. “Tesoro, ascoltami. Tu ora non lo puoi capire perché non sei mamma. Tua madre ti aprirà sempre la sua porta. Sempre. Perché sei il suo sangue; so che è difficile per voi giovani comprendere una cosa del genere, ma lo farete. Non devi aver paura del suo giudizio, qualunque cosa sia successa, perché ti perdonerà sempre. Quello di una madre verso il proprio figlio è un amore incondizionato.” Ingie non si trattenne. Una lacrima calda scorse lenta lungo la gota e cercò di scacciarla il più velocemente possibile. “Non vergognarti, tesoro.” le disse la donna, per poi stringersela al petto. Ingie avvolse le proprie braccia attorno al suo corpo e permise ad altre lacrime di uscire allo scoperto. Le mancava piangere sul petto di una madre. Le mancava sentirsi compresa e non respinta. Le mancava percepire tutto il calore materno avvolgerla e consolarla. “Qualsiasi cosa ti porti dentro, si risolverà. Perché sei una ragazza d'oro.”

Furono quelle parole e toccarla ancor di più nel profondo.

Adorava quella donna. Nonostante la conoscesse da poco tempo, non poteva fare a meno di provare affetto incondizionato nei suoi confronti. Aveva un cuore immenso ed una capacità di comprensione che rasentava livelli impressionanti. Era la mamma che le mancava.

Va tutto bene?” sentì improvvisamente la voce di Bill alle sue spalle, probabilmente rientrato a casa con suo fratello.

Ingie era semplicemente in silenzio, ancora stretta a Simone, e non aveva il coraggio di staccarsi da lei.

Sì, state tranquilli. È solo un crollo momentaneo.”

Percepì Simone sorridere con leggerezza e la ringraziò mentalmente.

Nulla di grave?” domandò Tom, perplesso.

No, tranquillo. Adesso passa. Lo sai come siamo, noi donne. Aveva solo bisogno di una presenza femminile, tutto qui.”





***





Mi è dispiaciuto vedere Ingie così. Chissà cosa sta passando.” mormorò Bill, una volta entrati nella loro vecchia stanza. Tom fece finta di nulla, per il bene della mora. Sapeva perfettamente cosa Ingie stesse passando e cosa la stesse tormentando ed il fatto di non poterne parlare con suo fratello lo metteva a disagio. Uno scambio di opinione con lui sarebbe stato di grandissimo aiuto, ma aveva promesso alla ragazza di non farne parola con nessuno, almeno fino a quando lei non si fosse sentita pronta. “Secondo me, è triste perché non passa il Natale con i suoi.” rifletté il vocalist e Tom sperò che il suo cervello si fermasse a quel pensiero.

Sì, sarà sicuramente così.” affermò il chitarrista, sedendosi sul proprio letto singolo, mentre Bill faceva la stessa cosa, dall'altra parte della camera, afferrando un peluche.

Perché oggi non la porti un po' in giro?” propose ad un certo punto, risvegliando Tom dai propri pensieri.

Mh?” fece lui, confuso.

Sì, le fai fare un giretto in macchina, le fai vedere qualche posto della nostra infanzia. La fai svagare un po'.” spiegò il biondo e Tom non pensò fosse una brutta idea. “Ha bisogno di sentirsi in famiglia, in questo momento. Di sentirsi coinvolta.”

Annuì distrattamente.

Sì, penso sia una buona idea.” disse.

Effettivamente avrebbe potuto aiutare Ingie a non pensare più di tanto. Avrebbe potuto distrarla in qualche modo perché, doveva ammetterlo, anche a lui faceva male vederla in quello stato.

Ho sentito Andreas.” annunciò Bill, all'improvviso. “Ha detto che viene a fare un salto domani, per salutarci.”

Domani è già la vigilia?” domandò Tom confuso.

Già.” annuì suo fratello. Era incredibile come i giorni fossero passati talmente in fretta. Nemmeno se ne era reso conto. “Potremmo fare qualcosa di particolare. Che ne so, andare da qualche parte.” Passarono qualche minuto in silenzio, a riflettere. Era da tanto che non vedevano Andreas e passare un po' di tempo insieme fuori casa non era una cattiva idea. “Ho trovato!” esclamò come illuminato suo fratello. Tom sollevò lo sguardo su di lui, con espressione curiosa, in attesa. “Se andassimo a trascorrere un bel pomeriggio alle terme?” Tom sollevò le sopracciglia sorpreso. “Potrebbe essere un modo per stare insieme, divertirci e rilassarci al tempo stesso. Credo che tutti noi, compresa Ingie, ne abbiamo bisogno.”





***





Osservava la sigaretta che lenta si consumava fra le sue dita e rifletteva.

Sfogarsi con Simone, forse, le aveva fatto bene. Si sentiva incredibilmente più leggera, benché ancora scossa, ed un lieve sorriso ora le ornava il volto rilassato. Finalmente aveva avuto occasione di parlare con una donna e di sentire un parere femminile, nonostante non le avesse rivelato cosa l'avesse spinta a rifugiarsi in Germania. Sapeva che Simone non avrebbe scavato a fondo perché era una persona tremendamente riservata e delicata. Avrebbe potuto prendere in considerazione l'idea di parlargliene, ma sapeva bene che le avrebbe ripetuto le stesse parole di Tom perché, se si fosse osservata dall'esterno, si sarebbe detta le stesse cose anche lei.

Sigaretta post-crisi?”

Sorrise, senza voltarsi. Sapeva che Tom aveva appena aperto la porta di casa e l'aveva trovata seduta sul pianerottolo a fumare.

Mi aiuta sempre.” rispose, mentre sentiva il chitarrista sedersi accanto a lei con un sospiro.

Già, anche io me ne convinco, per non pensare ai miei polmoni.” annuì, dopo essersi acceso anche lui una sigaretta. “Passata?” le domandò poi, scrutandola. Lei si limitò ad annuire.

Tua madre è fenomenale.” ammise.

Lo so.” sorrise Tom, gettando un po' di cenere a terra. “Sai, ha sempre confessato a me e Bill di aver desiderato per anni una figlia femmina.” continuò, sereno. Ingie si voltò ad osservarlo. “Probabilmente in te vede la figlia che non ha mai avuto.”

Tom immerse gli occhi nei suoi con una tale intensità da farla rabbrividire. Sorrise appena, stringendosi nelle spalle.

Mi trovo bene a parlare con lei.” mormorò. “Mi mancava scambiare due parole con una... Mamma.”

Sentì lo sguardo di Tom ancora su di sé e si presero qualche attimo di silenzio entrambi, fino a che non lo sentì alzarsi. Sollevò gli occhi su di lui e lo vide porgerle la mano, dopo aver gettato la sigaretta non del tutto consumata.

Andiamo.” la esortò, sorridendo.

Dove?” domandò lei, stringendogli la mano per alzarsi.

Ti faccio conoscere un po' della mia vita.” scrollò le spalle lui, tirando fuori dalla tasca dei jeans le chiavi della macchina.

Ehm, non te l'ho chiesto.” borbottò lei, con la sua solita delicatezza, ma ciò non scompose Tom, il quale si limitò a sorridere maggiormente.

Sempre la solita testona. Muoviti.” Le aveva già dato le spalle ed era già salito in auto. Ingie scosse la testa divertita e lo seguì. “Cintura.” la ammonì.

I know!” esclamò lei seccata, sotto le sue risate.

Mi piace stuzzicarti.” disse, mentre faceva manovra per uscire dal parcheggio. “Bene, ora tieni presente che tutta la strada che faremo da casa fino a scuola, me la facevo a piedi, ogni mattina.” cominciò, una volta in strada.

Oh, costruirò una statua in tuo onore.” fece lei con sarcasmo.

Bill invece optava per il pullman. Io non l'ho mai voluto prendere.”

Perché mai, di grazia?”

Perché dietro quella cabina telefonica...” Le indicò il punto interessato non appena vi passarono davanti. “... Mi incontravo con la mia fidanzatina dell'epoca.” Ingie non riuscì a trattenersi dallo scoppiare a ridere. “Hey, non prendermi in giro. Eravamo carini!” esclamò lui, divertito.

Oh, sì. Vi vedo, a pomiciare, elettrizzati dal rischio di essere scoperti.” disse lei con fare teatrale.

A dire il vero, è successo.”

Cosa?!”

Eravamo a casa sua. Avevamo deciso di fare sesso.”

L'avete deciso a tavolino? Che romanticismo.”

Beh, non a tavolino. Diciamo che mi aveva fatto capire di essere pronta. Così, tutto euforico, mi presento a casa sua, pronto a farla felice. Inutile dire che non perse mai la verginità con me perché suo padre entrò nel bel mezzo dei preliminari ed io non feci mai più ritorno in quella casa.”

Ingie non riusciva a smettere di ridere, immaginando la scena.

La prima volta che Tom Kaulitz andò in bianco.” recitò, divertita. “Quanti anni avevi?”

Dodici.”

Dodici? Eri già assetato di sesso a dodici anni?”

Ho anche perso la verginità a dodici anni.”

Non è da andarne fieri!”

Perché? Sapevo quello che facevo.”

Oh, andiamo, Tom. Io a dodici anni giocavo ancora con le bambole!”

Dovevi incontrarmi a quell'età. Ti avrei fatto dimenticare presto le bambole.”

Sono contenta di aver passato un'infanzia felice e non traumatica.”

Ecco la scuola.”

Ingie si voltò verso il finestrino e gettò un'occhiata all'enorme edificio bianco che le indicava il chitarrista.

Fammi indovinare: eri un asino?” domandò con sarcasmo, voltandosi di nuovo verso di lui, che sorrise ironico, senza abbandonare la strada con gli occhi.

Al contrario, ero un secchione e la cosa dava fastidio ai miei professori.” rispose, fiero.

E perché mai?” sollevò un sopracciglio, perplessa.

Perché ero una sorta di teppista, mettiamola così. Mettevo la colla sulle maniglie delle porte, la pittura sulle sedie dei professori...”

Sul serio facevi questo?” lo interruppe, quasi scioccata. “E ti hanno sempre promosso?”

Dovevano. Avevo sempre il massimo dei voti, in tutte le materie.” scrollò le spalle, soddisfatto.

Sono allibita.” commentò lei.

Immaginava che Tom fosse un bambino difficile da tenere a bada, ma non era mai giunta a certi stadi di pensiero.

Odiavo la scuola.” si giustificò lui, come fosse normale.

Anche io odiavo la scuola, ma non per questo davo fuoco all'edificio.” obiettò lei.

Ci ho provato, una volta.” Ingie si voltò scioccata verso di lui. “Scherzo!” rise, il che la sollevò. “Non dirmi che anche tu non hai mai fatto qualche cazzata.” la guardò poi con sfida.

Ingie sorrise appena, furbescamente, rammentando qualche episodio.

Ho fatto sesso nei bagni della scuola.” Tom si girò verso di lei, con occhi sgranati. “Che c'è? Te l'avevo detto che ero scalmanata.”

Beh, non pensavo fino a questi livelli. Insomma, non è da te.” borbottò lui. “Quanti anni avevi?”

Diciotto, ero all'ultimo anno di liceo ed avevo voglia di fare qualcosa di pazzo, per salutare quella scuola che avevo tanto odiato.”

E hai pensato bene di imboscarti con uno. Brava.” fece compiaciuto. “Questo supera persino le mie aspettative.”

Improvvisamente, Tom rallentò ed Ingie si accorse solo in quel momento di trovarsi in collina, vicino ad un prato deserto che cominciava a divenire più scuro, a causa del sole che lentamente tramontava.

Che posto è?” domandò curiosa, guardandosi attorno, mentre Tom scendeva dalla macchina. Decise di seguirlo.

Questo è il posto dove venivo a giocare da piccolo con Andreas e Bill.” sorrise lui, camminando su quel prato immenso, seguito dalla ragazza. “Ci inventavamo un sacco di cose. Avevamo tutto questo spazio per noi.” parlò, per poi sedersi, proprio al limite di quella sorta di collinetta, da dove si poteva osservare la città illuminata, sottostante.

Ingie gli si sedette accanto, rapita da quello spettacolo serale.

Era un'atmosfera che, in altre occasioni, avrebbe considerato tremendamente romantica e dolce. Lei era una ragazza che, nonostante le apparenze, credeva ancora in quelle piccolezze. Era una ragazza la cui stima veniva conquistata con piccoli gesti ed attenzioni; le bastava poco per essere felice. Si era accorta che stare con Tom la rendeva serena, per quanto possibile. Con lui si divertiva, nonostante i battibecchi, si sentiva a suo agio. A volte, persino protetta.

Si era chiesta cosa avesse provato a stringersi fra le sue braccia, senza secondi fini. Si era chiesta come potesse essere per una ragazza stare con lui.

Tom.” esordì, quasi tremante, attirando la sua attenzione. “Che mi dici di Ria?” domandò poco convinta. Non seppe nemmeno lei spiegarsi quella domanda. Era nata all'improvviso e non era riuscita a reprimerla.

Il punto era che voleva sapere che tipo di rapporto aveva legato i due ragazzi, ma soprattutto come lui avesse vissuto quella relazione.

Il ragazzo, dal suo canto, sembrava sorpreso, ma non fece nulla per metterla ulteriormente in imbarazzo.

Si voltò nuovamente ad osservare la città ed Ingie si limitò a scrutare il suo profilo delicato.

Ria... Beh, Ria era energia pura.” parlò e la mora non fu più così sicura di voler sapere. “Aveva un modo di fare così esuberante che ne venivi travolto e spesso non capivi più nulla.” Rifletté qualche istante. “L'amavo.” ammise con una scrollata di spalle, come fosse tutto quello che si dovesse sapere. Ingie aveva sentito una scossa. “Con lei ho vissuto la storia più importante. Ma anche la delusione più grande.” Aggrottò le sopracciglia perplessa, attendendo spiegazioni. “Mi ha tradito.”

Sentì la mandibola quasi toccare terra. Non riusciva a credere a ciò che aveva sentito.

Ria aveva tradito Tom Kaulitz? Da sempre aveva ritenuto più facile da credere il contrario.

Ti ha tradito?” domandò allibita ed il chitarrista annuì sorridendo appena alla sua sorpresa. “Avrei detto il contrario.” ammise, sincera.

Io non ho mai tradito Ria. Mai. E credimi, mi si sono presentate tante occasioni, ma non mi sono mai permesso di farle il minimo torto.” rispose, guardando dritto, davanti a sé. “So che do l'impressione dell'uomo infedele, con tante groupies e chissà cos'altro. Con il lavoro che faccio sarebbe comprensibile. Ma mai una volta mi è passato per la testa di tradirla. Contrariamente a ciò che la gente pensa di me, non ho mai tradito nessuna ragazza con cui sono stato, importante o non.”

Ingie era semplicemente rapita dalle sue parole. Doveva ammetterlo: anche lei si era mescolata a quella gente di cui parlava, da perfetta ignorante. Anche lei aveva dato per scontato che Tom potesse usare tutte le ragazze che gli ronzavano attorno a suo piacimento. Mai aveva pensato che potesse comportarsi in modo corretto con loro, pur non volendolo.

Scusa, ti facevo un cornificatore accanito.” cercò di sdrammatizzare, facendolo scoppiare a ridere.

Non sei l'unica a pensarlo.” rispose, per niente offeso.

Quindi con Ria pensavi di fare le cose seriamente.”

Le cose erano già serie con lei.”

E allora perché ti ha tradito?”

Questo vorrei saperlo anche io. Era qualche mese che non ci vedevamo; io ero nel bel mezzo dell'ultimo tour ed un giorno mi viene la brillante idea di farle una sorpresa a casa. La sorpresa l'ho trovata io. Classica scena da film.”

Quindi quando ti ho conosciuto io, ti eri lasciato da poco.”

Da un paio di mesi, esatto.”

Ingie annuì distrattamente, per poi abbandonarsi con la schiena sull'erba. Si sentiva quasi stremata, come se quella confessione le fosse pesata come un macigno. Sentì il chitarrista sdraiarsi accanto a lei, osservando distrattamente il cielo ormai buio.

Se Ria tornasse...” cominciò lei, insicura.

No.” rispose lui, prontamente. “So cosa mi vuoi chiedere e la risposta è no. Ho perso fiducia in lei, non riuscirei a guardarla con gli stessi occhi di prima.” Quella risposta, stranamente, la sollevò. “E poi non sono più innamorato di lei, è normale.” aggiunse infine il chitarrista, con più leggerezza.

Tom Kaulitz cornuto.” le venne spontaneo dire, con pochissimo tatto ed un filo di divertimento nella voce.

Tom ridacchiò.

Grazie, mi mancava la tua delicatezza.” commentò compiaciuto.

Non c'è di che.” sorrise lei.

Restarono qualche attimo in silenzio a contemplare le stelle, senza il minimo rumore.

Ingie ripensava alle sue parole e le analizzava una ad una. Tom era un ragazzo sensibile ed ogni giorno che passava con lui ne era la prova tangibile. Ogni minuto conosceva una nuova parte di lui, ancora più intelligente, ancora più sensibile. Ripensando ai primi giorni di convivenza, non l'avrebbe mai creduto possibile.

Tom che tipo era?”

Quella domanda la prese in contropiede e dire che cominciò a tremare era un eufemismo.

Deglutì con fatica, cercando di reprimere il senso di nausea che l'aveva improvvisamente attanagliata e rifletté qualche istante, pesando le parole da pronunciare.

Che tipo era suo fratello?

Le venne spontaneo sorridere.

Tom era un ragazzo splendido. Amico di tutti, sempre pronto ad aiutare il prossimo.” parlò con nostalgia. “Era il classico fratello maggiore, geloso di sua sorella. Non riesco a ricordare quante volte mi abbia difeso con i ragazzi con cui mi frequentavo. Una volta si è preso persino a botte per me.”

Davvero?” domandò Tom, curioso, voltandosi verso di lei. Ingie annuì, divertita.

Un ragazzo di nome Kevin aveva tentato un approccio particolarmente spinto nei miei confronti, facendomi proposte poco eleganti. Non voleva andarsene. E quando Tom ha visto che non mi toglieva le mani di dosso e mi voleva trascinare chissà dove, non ci ha visto più.”

Ha fatto bene!” esclamò Tom, convinto. “Anche io avrei reagito alla stessa maniera, avessi avuto una sorella.”

Sì, peccato che sia tornato a casa con un occhio nero ed il labbro spaccato.” sorrise lei, sarcastica. “Non era il migliore per fare a botte.”

Tom ridacchiò appena.

Doveva essere un tipo simpatico.” commentò, interessato.

Lo era.” affermò lei. “Era un tipo piuttosto innocuo ma quando parlava, sapeva cosa dire.”

Avete sempre ballato assieme?”

Sì. Era la sua più grande passione ed era bello condividere qualcosa di così grande.”

Non credeva possibile il fatto che stesse parlando con immensa disinvoltura con Tom. Stava imparando a fidarsi di lui, sempre di più e la cosa, se la spaventava da un lato, la rendeva felice dall'altro. Forse il chitarrista stava riuscendo, a poco a poco, a distruggere quel muro che nel corso del tempo aveva costruito attorno a sé, tenendo chiunque al di fuori della sua vita.

Raccontami di quando ballavate.” le disse poi, sdraiandosi su un fianco, per poterla guardare più attentamente.

Lei non si mosse, continuò a contemplare il cielo, prendendosi qualche istante prima di rispondere.

Tutto era amplificato. Vivevamo di emozioni pure, di adrenalina pura.” mormorò, immergendosi nei ricordi. “Ogni giorno ci chiudevamo in palestra a ripassare le coreografie o ad inventarci nuovi passi. Eravamo bravi. Giravamo l'America per partecipare a più contest possibili, che spesso vincevamo. Ci guadagnavamo da vivere, anche se non bastava. Eppure eravamo felici. Sai, non erano soldi assicurati. Poteva capitare che a volte nemmeno ci piazzassimo sul podio e tornavamo a casa a mani vuote, ma comunque con il sorriso in faccia. Erano tutte esperienze magnifiche che facevamo e non ci importava ricevere delusioni; ci spronavano a fare sempre meglio ed allenarci sempre di più.”

Non siete mai stati presi da una compagnia di ballo?” domandò Tom, assorto in quel racconto.

No.” sorrise lei, appena. “Non sembra, ma è molto difficile. Per quanto noi lavorassimo sodo, non abbiamo mai ricevuto una vera proposta di lavoro. Non ci è mai stato presentato un contratto. Un paio di volte abbiamo partecipato a spettacoli, come ospiti ma niente di più.”

Tu e Tom lo volevate però.”

Era il nostro obiettivo, assieme ai nostri compagni.”

Non parlò per qualche istante, attendendo che Tom le dicesse qualcosa.

Ingie, se si ripresentasse l'occasione, torneresti a ballare?” le domandò all'improvviso con una dolcezza del tutto nuova.

Lei sospirò, scuotendo la testa.

Te l'ho spiegato. Non mi sembrerebbe giusto nei confronti di mio fratello. Era un sogno che condividevamo. Non è giusto portarlo avanti senza di lui.” mormorò con un nodo in gola.

Era ancora dannatamente legata al ballo, Dio solo sapeva quanto. Ma non aveva il coraggio di ammetterlo.

Io invece penso che vorrebbe che andassi avanti anche per lui.” ribatté Tom. “Non lo conoscevo ma, da quello che mi hai raccontato, mi sembra di capire che fosse una persona molto intelligente e che volesse solo il tuo bene.”

Non mi sento degna, Tom.” sospirò lei, come esausta. “Non lo so.”

Non lo sai perché tu ami ancora la danza.”

Certo che la amo ancora. Sarei ipocrita a dire il contrario.”

Tom non aggiunse altro ed anche lei non si sentì in grado di parlare.

Era strano confidarsi a quella maniera con lui, ma liberatorio.

Tom poteva anche avere ragione, riguardo suo fratello, ma rimaneva il fatto che una parte di lei non riuscisse a sconfiggere quella paura e quel dannato senso di colpa che non le permetteva di dormire la notte.

Forse un giorno ci sarebbe riuscita.

Improvvisamente un costante vibrare, fece sobbalzare entrambi. Tom sollevò appena il busto ed afferrò il cellulare, accendendone il display.

Bill chiama. Vuole che andiamo a dargli una mano con la cena. Gordon sarà a casa a momenti.” le riferì il ragazzo, dopo aver letto il messaggio inviatogli da suo fratello. Si sollevò in piedi e le porse nuovamente la mano. “Continuiamo a parlarne in macchina, ti va?” le propose con una delicatezza che la fece sorridere.

Annuì appena, afferrandogli la mano.

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Capitolo 15
*** Fourteen - Does this feel wrong? ***


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Fourteen
Does this feel wrong?





24 Dicembre 2012

La vigilia di Natale era giunta con una tale fretta che nemmeno era riuscita a rendersene conto. Forse, da una parte, aveva sperato che non arrivasse mai; le festività da qualche tempo non erano più la sua preoccupazione. Se poteva, le evitava, ma quella volta avrebbe dovuto sottostare alle esigenze della famiglia Kaulitz.

La sera prima aveva finalmente conosciuto il famoso Gordon, patrigno dei gemelli. Il rapporto che lo legava ai ragazzi era stato per lei sorprendente; pareva quello che di solito legava un padre ad un figlio. Ingie aveva pensato che, molto probabilmente, quell'uomo aveva preso il posto del loro vero padre, stando al piccolo racconto – non ancora del tutto chiaro – che Tom le aveva rivelato a riguardo.

Gordon era un uomo simpatico, socievole ed alla mano. Per tutta la sera, non aveva fatto altro che ascoltare le sue parole così interessanti e coinvolgenti. Formava, assieme a Simone, una splendida coppia.

Fu allora che Ingie si rese conto che Tom aveva una famiglia fantastica e le venne spontaneo associare quella fortuna alla mentalità del chitarrista. Nonostante le apparenze, Tom vantava di solidi principi morali che da sempre aveva recepito.

Durante la cena, le era stato riferito il curioso programma della giornata che l'attendeva. Bill, entusiasta come un bambino, le aveva comunicato l'idea di trascorrere il pomeriggio alle terme, assieme ad Andreas. Dapprima stupita, Ingie aveva accettato di buon grado la proposta e quella mattina era corsa a comprare un costume da bagno assieme a Simone.

Certo, avrebbe gradito la presenza di una ragazza, motivo per cui aveva prontamente chiesto se Andreas avesse una fidanzata, ma ancora una volta la fortuna aveva preferito voltarle le spalle. Rilassarsi alle terme in compagnia di tre uomini, proposta allettante per l'intero universo femminile, rappresentava per lei quasi motivo di disagio. Tom, con la sua solita delicatezza, le aveva intimato di non preoccuparsi poiché col suo caratterino poco femminile sarebbe riuscita a tener testa anche una cinquantina di uomini, del tutto sola. Inutile dire che l'aveva elegantemente messo a tacere.

Bill, porta immediatamente il culo in macchina! Siamo già in ritardo!” L'urlo del chitarrista, seduto al volante accanto a lei, – oltre a distruggerle il timpano sinistro – le fece intuire che Bill si trovasse alle prese con qualche strano oggetto di bellezza, il che portava via tempo al loro viaggetto. “Odio mio fratello quando fa così.” borbottò il ragazzo, poggiandosi stancamente allo schienale del suo sedile.

Io proporrei di lasciarlo qui.” fece lei con una scrollata di spalle.

Buona idea.” annuì Tom per poi mettere in moto l'auto.

Ingie, con un sorriso malizioso, voltò lo sguardo verso la porta di casa, dalla quale uscì di corsa un Bill trafelato ed indignato. Rise quando salì in macchina nel momento in cui le ruote avevano già preso a spostarsi.

Coglioni!” esclamò il vocalist, aggiustandosi i capelli biondo platino sulla testa.

Sei dannatamente lento, Bill.” borbottò suo fratello, una volta in strada.

Tu fai presto a parlare! Con quei dannati rasta sei sempre pronto. Io invece devo cercare di dare a questi capelli un motivo per esistere!” si difese Bill, incrociando le braccia al petto.

Bill, se ce la faccio io, ce la puoi fare anche tu.” intervenne la mora, senza staccare gli occhi dalla strada.

Il tragitto fino a casa di Andreas non fu troppo lungo. Ingie osservò l'enorme palazzo, in attesa, fino a che non vide una testa bionda camminare velocemente verso di loro. Dedusse fosse lui.

Hey!” esclamò il ragazzo, non appena fece il proprio ingresso sui sedili posteriori, affianco a Bill. Questo lo abbracciò calorosamente. “Finalmente vi vedo, superstar!” Diede due pacche sulla spalla di Tom, in segno di saluto. “Tu sei Ingie.” le sorrise poi, stringendole la mano.

Piacere.” ricambiò lei.

Allora, And, cosa racconti? Che cosa hai combinato in questo periodo?” domandò Tom, una volta ripreso a guidare.

Ho lavorato.” scrollò le spalle il biondo, desolato. “I bei tempi delle discoteche e delle belle ragazze sono finiti.”

Addirittura?” ridacchiò Bill. “Non c'era una certa Hanna?”

Andreas schioccò la lingua contro il palato.

È lesbica.” mormorò affranto.

Cosa?!” esclamò divertito Tom, osservandolo attraverso lo specchietto retrovisore.

Una cosa traumatica.” confermò Andreas.

Fate una cosa di gruppo. È eccitante.” sorrise malizioso il chitarrista.

Ingie scosse la testa.

Gliel'ho proposto.” ridacchiò il biondo. “Mi ha mandato a 'fanculo.” Bill e Tom scoppiarono a ridere, mentre Ingie preferì non pronunciarsi. “Comunque, Ingie, mi ha detto Tom che sei americana.”

La ragazza si voltò verso di lui con un lieve sorriso.

Sì.” affermò. “Cos'altro ti ha detto? Dammi una buona ragione per picchiarlo, ti prego.”





***





Quando entrò nel centro benessere, le venne quasi da piangere. Da quanto tempo non si concedeva un po' di relax?

Il solo ingresso le aveva trasmesso incredibile quiete e leggerezza. I divanetti erano disposti in maniera circolare sulla destra e sulla sinistra, mentre al centro – proprio di fronte a loro – una donna li attendeva sorridente, al di là dell'enorme bancone.

Benvenuti.” li accolse con la dovuta gentilezza.

Salve, avremmo prenotato per il pomeriggio. Kaulitz.” parlò Tom, poggiandosi con un braccio al banco, attendendo che la donna controllasse nel suo computer.

Quando tutto fu accertato e le sue spiegazioni terminate, si recarono negli spogliatoi. Ingie si trovò da sola, in quello femminile, dove si prese tutto il tempo di cui aveva bisogno per indossare il costume e l'accappatoio al di sopra di esso.

Sospirò.

Non riusciva a spiegarsi il motivo della sua agitazione. Ancora una volta si sentì una stupida adolescente alle prime armi, nel pensare all'immagine del corpo marmoreo di Tom che di lì a qualche minuto le avrebbe fatto girare la testa. D'altronde, quel corpo lo conosceva bene, eppure se ne sentiva comunque estranea, come non l'avesse mai seriamente osservato.

Si schiaffeggiò mentalmente, per poi alzarsi dalla panca ed uscire dallo spogliatoio. Prima o poi, avrebbe dovuto affrontarlo.

Eccola.” sorrise Andreas non appena la vide in corridoio.

Lei, dal suo canto, non seppe dove posare lo sguardo. Tre ragazzi in costume – ignari dei suoi pensieri poco casti – le sostavano di fronte e la cosa cominciava ad agitarla. Doveva ammettere che tutti facevano del proprio meglio per tenersi in forma, ma l'unica figura che i suoi occhi realmente faticavano a sostenere era quella del chitarrista.

Dannata palestra, pensò.

Bene, andiamo ad immergere le chiappe al caldo!” esclamò Bill entusiasta, prendendo a camminare in direzione della prima stanza più vicina.

Ingie ridacchiò e lo seguì assieme agli altri due, fino a che non giunsero di fronte ad un'enorme piscina rilasciante invitanti vapori. Si lasciò inebriare dai profumi quasi afrodisiaci e, senza pensarci una seconda volta, si tolse l'accappatoio. Non fece in tempo a poggiarlo sulla panca, che si sentì prendere in braccio e correre fino a tuffarsi nell'acqua meravigliosamente calda. Quando riemerse, si accorse che il fautore era Bill.

Da quando hai tutta questa forza da sollevare un peso umano?” domandò, sinceramente colpita.

Bill si batté fieramente una mano sul bicipite.

Tutto merito della palestra.” rispose, mentre Tom ed Andreas li raggiungevano. “Qui è il Paradiso.” sospirò poi, poggiando la testa contro il bordo della vasca con gli occhi chiusi. “Sì, sono il re dell'organizzazione.”

I tre ignorarono il confabulare del vocalist, ormai partito per un altro pianeta.

Ingie prese a nuotare appena, allontanandosi dai ragazzi, per godersi a pieno quel momento. Dopo qualche bracciata, si voltò verso il soffitto e, con occhi chiusi, si tenne a galla. Udiva il rumore rilassante dell'acqua nelle sue orecchie, il tepore inebriante sulla sua pelle ed una sensazione di infinita leggerezza a sopraffarla.

Improvvisamente, sentì un braccio circondarle la vita, cosa che la portò ad aprire gli occhi ed un brivido le percorse la schiena, dove la toccava, non appena si accorse che si trattava di Tom.

Che cosa vuoi, Piggy?” domandò, sospettosa.

Farti compagnia.” rispose, sbruffone.

Mi rovini la quiete, torna da tuo fratello.” ribatté lei, tornando a chiudere gli occhi.

Non fare la stronza.” lo sentì sorridere.

E tu non fare il guastafeste.”

Voglio solo un po' di compagnia.”

Andreas non è all'altezza?”

Ho voglia di dar fastidio a te.”

Lo immaginavo. Il problema è che io non voglio essere infastidita.”

Sai, questo costume è troppo stretto per te.” le comunicò, tastandole con un dito il pezzo di sopra.

Al contrario del tuo, che è troppo largo.” rispose a tono, schiaffeggiandogli la mano.

Sei un essere spregevole.”

Me lo dicono in tanti.”

'Fanculo, stronza!”

Ingie ridacchiò appena, sbirciando attraverso un occhio: si stava allontanando. Le piaceva da morire stuzzicarlo, rendeva il loro rapporto meno monotono e decisamente più interessante. Sapeva che Tom la pensava alla stessa maniera, quindi non si preoccupò di raggiungerlo.

Le parve di trascorrere un'infinità in quella posizione e quasi temette di addormentarsi ed affogare, senza che se ne rendesse conto. Doveva ammettere che – anche se raramente – i lampi di genio di Bill funzionavano.

Non seppe dire quanto tempo passò prima di udire proprio lui richiamare la sua attenzione.

Ingie, hai voglia di farti un bagno turco con me?” le domandò, da lontano.

Certo, Speedy. Se me lo chiedi così non posso rifiutare.” rispose lei con malizia, facendolo scoppiare a ridere, rosso in faccia, mentre si rialzava e lo seguiva al di fuori della vasca.

Noi stiamo ancora un po' qui.” disse Andreas, mentre Tom pareva parecchio urtato.

Ingie, assieme a Bill, raggiunse una seconda stanza, provvista di sauna e bagno turco. Entrambi si rifugiarono nel secondo, stranamente vuoto, dato che la maggior parte della gente si stava dedicando alla prima.

Ah, sì, che goduria.” fece Bill, una volta sedutosi sul ripiano in marmo.

Ingie fece la stessa cosa con un lieve sorriso sul volto.

Vedi che, se ti impegni, il tuo cervellino produce qualcosa di buono, ogni tanto?” gli fece notare, ironica.

Sì, a volte mi sottovaluto anche io.” rispose lui, facendola ridere. “Senti, vedo che le cose con mio fratello vanno meglio. Non litigate più.” sorrise poi, apparentemente contento.

Ingie si strinse nelle spalle, cercando di parlare il più spontaneamente possibile. D'altronde, l'unica cosa che avrebbe dovuto celare agli altri era la questione del sesso. Lei e Tom non erano una coppia, non stavano insieme. Si stavano solo frequentando da amici, curiosi di scoprire nuovi lati caratteriali che avrebbero permesso loro – forse – di approfondire la conoscenza. Doveva semplicemente stare tranquilla.

Oh, non credere, ci scorniamo eccome.” parlò sarcastica.

D'accordo, ma non ai livelli di qualche giorno fa.” la corresse Bill. “Sono contento. Davvero.”

Ingie si limitò a scrollare le spalle per non darvi troppo peso.

Toglimi una curiosità.” esordì poi con malizia, facendogli corrugare la fronte. “Tu non me la racconti giusta. Si può sapere perché non so niente della tua vita amorosa? Insomma, Gustav è prevedibile perché è timido, Georg è fidanzato e Tom è... Tom.” spiegò sotto lo sguardo divertito del biondo. “Ma tu.” lo squadrò con sospetto. “Tu hai una doppia vita e non lo dici a nessuno.” fece convinta.

Bill, per tutta risposta, scoppiò a ridere.

Ma che film guardi?!” esclamò quasi con le lacrime agli occhi.

Non cercare di deviare, Speedy, non mi freghi.”

Non sai nulla semplicemente perché non c'è niente da dire.” le sorrise, sincero, con un'alzata di spalle.

Oh, andiamo. Non c'è nemmeno qualcuno che ti piaccia?” insistette lei.

Al momento, no.” Ingie strinse maggiormente le palpebre, adottando un'espressione ancora più sospettosa, degna di una vera detective al lavoro. Eppure, il ragazzo non gliela raccontava giusta. Pensandoci bene però, allo studio non frequentavano nessuna ragazza a parte lei. Che si vedesse di nascosto con qualcuno? No, era impossibile. “Ma visto che insisti tanto su di me, perché non mi parli della tua vita amorosa? Se è per questo, nemmeno tu hai mai detto nulla a riguardo.” fece poi lui, con espressione furba e compiaciuta, propria di chi si sentisse soddisfatto dell'aver risolto un difficilissimo arcano.

Ingie ignorò il brivido lungo la schiena e voltò lo sguardo dalla parte opposta con fare altezzoso.

Figurati.” borbottò.

Giochi sporco.” la accusò, soddisfatto. Ingie sospirò disinteressata, per poi stendersi interamente sul marmo umido. Il suo corpo era interamente ricoperto di goccioline tiepide ed i suoi muscoli si stavano lentamente rilassando a quel tepore. “Quel costume è un po' strettino.” cambiò improvvisamente discorso.

Me l'ha già fatto notare tuo fratello.” commentò lei, annoiata. Poi si schiacciò le braccia al petto, continuando a tenere gli occhi chiusi. “E non ho un cambio, pertanto siete pregati di smettere di guardarmi le tette.”

Sono loro che si impongono alla vista altrui.” si difese Bill, senza scomporsi.

Questa, non l'avevo ancora sentita.”





***





Posso dirlo?” chiese Andreas, non appena Ingie e Bill sparirono. “Una gran gnocca!”

And.” borbottò divertito Tom.

Dico sul serio, ha un fisico fenomenale!”

Lo so, avrebbe tanto voluto rispondere ma quel poco di raziocinio che aveva posto delle deboli radici nel suo cervello gli impose di tacere. D'altronde, aveva sempre apprezzato il fisico delle ballerine.

In ogni caso, non fa per te.” scrollò le spalle, cercando di riportarlo sulla giusta via. “Non hai idea di quanto sia difficile.” aggiunse, rincarando la dose.

Meglio. Trovo la semplicità dannatamente monotona.” sorrise il biondo, compiaciuto.

And, dico sul serio. Non ci pensare.” ripeté il moro, poggiandosi con i gomiti all'indietro, sul bordo della piscina.

Non seppe perché quelle frasi uscissero dalla sua bocca in modo tanto franco. Riflettendoci, non ne aveva il diritto. Ingie non era la sua ragazza; Andreas avrebbe potuto fare di lei tutto ciò che voleva. Eppure, il solo pensiero gli metteva addosso una strana agitazione ed un'inspiegabile senso di fastidio. Pensò che fosse il suo orgoglio maschile a farlo reagire a quella maniera così impropria, secondo l'infantile concetto 'L'ho vista per primo, la frequento per primo'. Il mondo non funzionava a quella maniera e soprattutto Ingie non era il premio di una maratona. La verità era che Tom, pur con qualche fatica, aveva confessato a lei e a se stesso il proprio interesse. Che fosse, al momento, solo carnale non poteva avere importanza. D'altra parte, però, doveva anche imparare a non avere pretese, soprattutto se queste andavano ad intaccare la liberà altrui. E così era: Ingie era libera; libera di fare ciò che voleva. “Ancora di più, se non pensi di fare qualcosa di serio, dimenticatela.”

E perché mai?” domandò confuso il biondo. “Non capisco cosa possa cambiare a te.”

A me nulla, ma resta comunque il fatto che se tu la usassi, non mi starebbe bene.”

Senti da che pulpito, si disse fra sé e sé.

Pensandoci bene, a prima vista, si poteva dire che anche lui l'avesse usata. O meglio, che si fossero usati a vicenda. Eppure, sapeva che non era così. Lui aveva agito in buona fede, quella notte. Sapeva di non averla considerata un oggetto da buttare via, una volta soddisfatti i propri bisogni. Ingie era qualcosa di più, cui nemmeno lui sapeva dare una chiara definizione. Si sentiva legato a lei, in qualche modo confuso. E la confusione era proprio l'elemento più pesante che la sua mente ospitava, in quel periodo. Voleva Ingie ma non la voleva. Forse la voleva ma non completamente, se tutto ciò potesse mai avere un senso. La voleva come compagnia, durante le sue giornate; la voleva come amica, come amante e come complice. Ma non era sicuro di volerla come fidanzata. O forse sì ma ancora non lo sapeva o non lo voleva accettare. La verità era che aveva paura; paura che si ripetesse ciò che era successo con Ria.

Non stava capendo più nulla.

Oh, andiamo, Tom. Da quando mi fai questioni sulle mie scopate?” si lamentò Andreas.

Tom irrigidì la mascella.

Scopate?

And, te lo dico una sola volta: Ingie non è una scopata. E che tu l'abbia solo pensato mi urta il sistema nervoso.” cercò di mantenere la calma. Non tollerava che il suo migliore amico parlasse a quella maniera.

Hey, stai tranquillo, Tom. Guarda che scherzavo.” sollevò le mani, con un lieve sorriso quasi intimorito. “So che Ingie ora è di casa e non mi permetterei di trattarla male, lo sai.” Tom distolse lo sguardo, passandosi una mano sulla faccia. Stava impazzendo. “Sei un po' teso o sbaglio?” gli domandò Andreas, preoccupato.

Lui tolse la mano dal viso.

Sì.” borbottò per poi uscire dall'acqua. “Andiamo dagli altri.”





***





Il vapore le impedì inizialmente di vedere chi aveva appena varcato la soglia del bagno turco, fino a che non riconobbe l'imponente sagoma del chitarrista, accompagnato da Andreas. Tom sembrava particolarmente nervoso; Ingie percepiva avesse qualcosa che non andava ma non osò proferire parola a riguardo. Andreas, dal suo canto, pareva piuttosto disteso e si andò a sedere accanto a Bill, il quale sembrava entrato in un'improvvisa catalessi, contro il muro umido.

Si voltò ad osservare attentamente Tom – non appena le si sedette accanto – ed allungò le gambe, fino a poggiarle sulle sue. Era ancora stesa, con un braccio sotto la testa ed un'espressione curiosa in volto.

Ti sei sciolto per bene, Piggy?” domandò, facendo finta di nulla al tocco della sua mano sulle caviglie. “Non vorrai consumare quei due muscoletti che sei riuscito a mettere su?” lo stuzzicò.

Il chitarrista sorrideva appena, il che era strano.

Invece io vedo che quel costume è sempre lo stesso.” mormorò lui ironico.

Si schiacciò nuovamente le braccia sul seno.

Piantala.” borbottò. Stettero qualche attimo in silenzio, ascoltando le parole in sottofondo di Andreas e Bill. Ingie continuò a scrutare il profilo di Tom, che pareva piuttosto assorto. Sentiva che era successo qualcosa ma non avrebbe potuto spiegarsi cosa, da sola. Mosse appena un piede contro la sua gamba, coperta dal costume, ed aspettò che si voltasse verso di lei per scuotere la testa con un'espressione interrogativa, chiedendogli con lo sguardo se qualcosa non andasse. Lui scosse la testa con espressione apparentemente calma, per poi farle una carezza – forse involontaria – sulla caviglia. Le piaceva quella sorta di complicità che si era creata fra loro; riuscivano a comprendersi con un solo sguardo e pareva condividessero un qualcosa di cui solo loro erano al corrente. Ed era la verità: entrambi condividevano un passato, dei sentimenti ed una notte. Nessun altro era al corrente di quei segreti; erano qualcosa di solamente loro, e ciò non poteva fare altro che farla sentire bene e un po' speciale. “Avevo intenzione di farmi fare un bel massaggio.” parlò improvvisamente.

Tom la guardò di nuovo con un sorriso evidentemente malizioso.

Io sono bravo con i massaggi.” disse. “Soprattutto con un certo tipo di massaggi.”

Ingie si impegnò per non arrossire e mantenere un certo controllo etico.

Offerta allettante, ma credo che opterò per una massaggiatrice professionista.” rispose, indifferente.

Come ti pare.” scrollò le spalle lui, compiaciuto.

Ho sentito massaggio?” parlò Andreas, distrattosi dalle sue chiacchiere con Bill. Ingie si voltò nella sua direzione. “Non mi pare una brutta idea. Vengo anche io.” esclamò, alzandosi dal marmo.

Bene.” sorrise lei, facendo la stessa cosa. “Voi non sciupatevi troppo!” scherzò poi con Bill e Tom, prima di uscire con Andreas dal bagno turco.





***





Avanti, predica.”

Tom si voltò immediatamente verso Bill con espressone perplessa in volto.

Cosa?” domandò, come caduto dal cielo per sbaglio.

Tira fuori quel centinaio di parolacce che, con tutte le forze, cerchi di trattenere.” lo guardò suo fratello con fare da chi sapeva un mucchio di cose ed aveva capito tutto dalla vita. Tom si voltò verso il muro. D'accordo, era seccato. Ma non perché ora si trovavano soli a farsi bellamente massaggiare la schiena, ma perché si trovavano soli a farsi bellamente massaggiare la schiena dopo la conversazione avuta su Ingie. Credeva che Andreas avesse capito l'antifona, era il suo migliore amico da una vita. Non capiva se l'avesse fatto a posta o avesse agito d'impulso. In ogni caso, non riusciva ad accettare quella situazione, benché avesse intrapreso un milione di ragionamenti sul fatto che stesse sbagliando, a pensarla a quella maniera. Ingie non era sua e doveva farsene una ragione. “Tom, per una volta, dì quello che pensi.” lo incoraggiò più dolcemente suo fratello.

A quel punto esplose.

D'accordo, mi da fastidio!” esclamò, paonazzo. “Ma non perché è Ingie, ma perché prima io e Andreas abbiamo fatto un discorso molto chiaro su di lei.”

Del tipo?”

Gli ho detto che non fa per lui.”

Tutto qui?”

Bill, se la vuole portare a letto e basta.”

Ma dai, Andreas non lo farebbe mai.”

Ha fatto battute inequivocabili e, quando gliel'ho fatto notare, ha ritrattato. Ma non sono sicuro che abbia capito.”

Perché non gli hai detto chiaramente che Ingie ti interessa?”

Perché non mi pare il caso.”

Ma perché? Siamo amici dai tempi del pannolino.”

Bill, non mi va!”

Bill attese qualche minuto per replicare. Il silenzio era calato nuovamente in quel dannato bagno turco. Tom stava perdendo le staffe e non riusciva nemmeno a capire perché stesse accadendo. Non riusciva ad acquisire la calma nemmeno con suo fratello, il quale lo guardava come avesse qualche serio disturbo mentale.

Io non ti capisco.” borbottò allora il vocalist e Tom sollevò gli occhi al soffitto, come esausto.

Ci risiamo.” sospirò, annoiato.

Sì, ci risiamo. Tom, sei una contraddizione unica.”

E perché, sentiamo?”

Perché prima dici che Ingie non ti interessa, poi ritratti. Poi dici che non potreste mai stare insieme e che non ti importa di quello che lei faccia e, non appena vedi che Andreas parte all'attacco, sferri la spada. Sei un tantino confuso, per caso?” Il chitarrista sbuffò. “Invece di continuare a sbuffare, perché non ti calmi e mi spieghi per bene cosa sta accadendo in quella tua testolina contorta?”

Bill, lo sapessi, te lo direi.” si arrese lui.

Sentì gli occhi di suo fratello insistere sulla sua figura, ma non aggiunse altro. Non se la sentiva. Ormai, aveva accantonato ogni briciola di dignità ed autocontrollo; cos'altro avrebbe potuto fare per rovinarsi ulteriormente?

Tom, questa volta non ti dico nulla, semplicemente perché devi capire tu cosa sta accadendo. Solo una cosa, però: se non riesci a vedere Ingie con qualcun altro, fai qualcosa per renderla tua. Se davvero ci tieni.”





***





Le sembrava di volare, su pianeti lontani e ancora sconosciuti. Il Paradiso era alle porte, lo sentiva.

Le mani esperte della massaggiatrice cinese continuavano a premere punti strategici sulla sua schiena e le sembrò di rinascere. Gli occhi chiusi, il respiro tranquillo ed il battito regolare. Non poteva chiedere di meglio. Lo stress che stava vivendo in quei giorni, sommato a quello precedente, la stava radendo al suolo e non si sarebbe più rialzata se non avesse trovato una soluzione. Doveva imparare a dare meno sfogo ad ogni pensiero; doveva imparare a non prendere le cose in modo troppo viscerale. Qualsiasi cosa accadesse, si lasciava travolgere da essa senza mezze misure. La viveva a pieno, dimenticandosi però di avere un fegato. E questo, da qualche tempo, stava chiedendo pietà.

Ci voleva.” parlò all'improvviso Andreas, sdraiato sul lettino accanto al suo, a sua volta massaggiato.

Ingie aprì gli occhi e gli sorrise.

Già.” mormorò, quasi assonnata.

Sei da tanto in Germania?” le domandò.

Da qualche mese.” rispose, vaga.

Hai intenzione di starci ancora a lungo?”

Credo di sì.”

Beh, allora, possiamo vederci qualche volta.”

Ingie fremette.

No, si disse, non pensare subito male.

Certo.” si limitò a dire. “Tutte le volte che Tom e Bill vorranno tornare a Lipsia...” continuò, ma venne interrotta dal ragazzo.

Sì, beh, nel caso volessi venire anche senza di loro...” Lei aggrottò la fronte. Quella conversazione stava prendendo una piega che non le piaceva. Nonostante non stesse dicendo nulla di sconcertante, quella sua iniziativa aveva suscitato in lei disturbo. “Spazio in casa, ne ho.”

Lei si prese qualche minuto, prima di chiedere un accappatoio alla massaggiatrice, presa in contropiede, e – una volta rivestitasi – si alzò dal lettino.

Direi che il mio massaggio finisce qui.” asserì. “Tu fai con calma.”

Andreas la osservava inquisitorio, quasi deluso, ma decise di ignorarlo. Si voltò verso la donna cinese e la ringraziò sinceramente appagata, per poi abbandonare la stanza ed incamminarsi nel corridoio.

Andreas non le piaceva. C'era qualcosa, in quel ragazzo, che non la convinceva. La prima volta che Tom le aveva presentato Ivan, non aveva percepito la stessa sensazione negativa. Con Andreas era stato diverso: non appena aveva messo piede in macchina, le aveva trasmesso una sensazione di malessere, che non voleva cessare. Aveva provato, per tutto il tempo, a farselo andare a genio, ma proprio non vi era riuscita. Quello era uno dei suoi tanti problemi: seguire le sensazioni. Forse, in fondo, era un bene più che un problema. Non sapeva spiegarselo, ma l'aiutava di certo a capire immediatamente chi le stava di fronte.

Hey.” Tom si trovava in fondo al corridoio, da solo. Il suo corpo era ancora ricoperto di goccioline umide, segno che aveva appena abbandonato il bagno turco. La definizione dei muscoli era più marcata, gli addominali lucidi, così come ogni lembo di pelle lievemente abbronzata per natura. Il battito cardiaco prese ad accelerare il suo ritmo. “Sei già uscita?” le domandò, perplesso.

Sì, non mi andava più di stare lì.” fece lei vaga ma dovette vacillare appena, perché Tom la osservava con sospetto.

È successo qualcosa?” indagò, serio.

Ma no, non è successo nulla.” tagliò corto lei, gesticolando appena. “Dove l'hai lasciato, Bill?” domandò quindi, cercando di cambiare discorso come meglio poté e nonostante Tom non sembrasse convinto, seguì il suo esempio.

Si è immerso nella vasca idromassaggio. Vuoi andare?” le propose.

Ingie sentì un improvviso masso nello stomaco; un'improvvisa esigenza che non poteva ignorare, pur sforzandosi, che la portò a parlare come un automa.

Perché non andiamo a fumarci una sigaretta, invece? C'è una terrazza.”

Tom, dapprima meravigliato, sorrise quasi intenerito.

Sì.” annuì, indossando l'accappatoio che teneva fra le mani, per poi seguirla. “Andreas è ancora dentro?” le domandò quindi, una volta usciti sulla terrazza, dove trovarono dei divanetti color panna. Si sedettero uno affianco all'altra.

Sì.” si limitò a rispondere, mentre tirava fuori dalla tasca dell'accappatoio il pacchetto di sigarette. Ne offrì una a Tom, che la ringraziò, e se ne portò anche lei una alla bocca. Accese la sua e quella del chitarrista e prese a fumare silenziosamente, osservando il cielo chiaro di fronte a sé. “Domani è Natale.” disse ad un tratto, pensierosa.

Domani è Natale.” ripeté Tom, fissando davanti a sé qualcosa di ignoto. “Stanotte si aprono i regali.” aggiunse poi con un sorriso.

Si voltò verso di lui.

Di solito fate così?” domandò incuriosita.

Sì. Tu facevi in modo diverso?”

Da noi, si aprivano i regali dopo il pranzo di Natale.”

In casa nostra, i regali non sono mai arrivati al pranzo.” ridacchiò il ragazzo, gettando a terra un po' di cenere. “Sai, è la prima volta che passiamo il Natale con qualcuno che non sia della famiglia.”

Ingie sorrise appena, quasi in imbarazzo.

Spero di non essere di troppo.” ammise, tornando ad osservare il panorama di fronte a lei ed aspirando un po' di fumo.

Non pensarlo.” la rassicurò. “Sinceramente, è bello averti con noi.”

Ingie si voltò di nuovo verso di lui, sorridendo appena alla sua espressione un tantino imbarazzata, come se fare un'ammissione simile gli fosse costato oro.

Grazie, Piggy, anche tu non sei male.” sdrammatizzò.

Improvvisamente, percepì la sua mano infiltrarsi fra i capelli ancora umidi, il che sembrò smuoverle un toro imbizzarrito nello stomaco. Si chiedeva cosa le stesse succedendo e perché stesse cominciando a vivere quelle emozioni così strane ed incredibili.

Hai i capelli ancora bagnati, ti conviene rientrare.” le disse con nuovo interesse. Lei si limitò a scrollare le spalle. “Ti devo ricordare che l'ultima volta ti è venuto un febbrone?”

Da quando ti preoccupi?” lo stuzzicò maliziosa.

Lui si strinse nelle spalle, ritraendo la mano.

Se vuoi non lo faccio più.” si limitò a rispondere, divertito.

No.” mormorò lei, senza guardarlo. “Mi fa piacere.” aggiunse quasi timida. Si scambiarono uno sguardo che parve durare ore. Il suo cuore stava battendo all'impazzata e la cosa, oltre a farla sentire una stupida, la sconcertava tremendamente. “Comunque, direi che hai ragione. Mi conviene rientrare.” tagliò corto, dopo aver spento la sigaretta.

Non fece in tempo ad alzarsi dalla sedia, che la sua mano venne afferrata dalla presa salda di Tom ed in pochi secondi si trovò seduta sulle sue gambe. Realizzò ciò che stava accadendo solamente quando assaggiò nuovamente le sue labbra. In un primo momento immobile, ricambiò quel bacio così improvviso ed inaspettato, quasi senza sapere dove mettere le mani. Il suo stomaco sembrò fare continue capovolte ed il suo cuore non voleva saperne di rallentare il ritmo, cosa che quasi la spaventò.

Non ci volle molto prima che gli afferrasse il viso e si gettasse in quel bacio con la passione che era riuscita a reprimere forzatamente in quei giorni. Sentì le braccia del ragazzo avvolgerle il corpo ed una mano insinuarsi nuovamente fra i suoi capelli, dietro la nuca. Le piacevano dannatamente il sapore e la morbidezza delle sue labbra, ne era estasiata. Gli anelli metallici le facevano il solletico, portandola a sorridere senza accorgersene. Lo sentì sospirare appena sulla sua bocca, come avesse sentito la necessità di quel bacio, sin dai giorni addietro. Quella stessa necessità che aveva percepito anche lei ma che per il suo bene – almeno così credeva – aveva ignorato. Sentiva con quanta bramosia la stringesse a sé e quanto – come lei – cercasse una sorta di sostegno in quel bacio dannatamente passionale. Entrambi volevano di più e lei lo sapeva. Il punto era che aveva ripensato a quella notte ogni giorno ed aveva avvertito un'inspiegabile mancanza, un vuoto incolmabile. Voleva di nuovo quel contatto, voleva di nuovo sentirlo contro la propria pelle e voleva sentirlo sospirare al suo orecchio, come aveva fatto per ore senza sosta. Non si era mai sentita così tanto desiderata da un uomo; per lei era come una bellissima novità. Tom era una bellissima novità. All'improvviso, aveva scoperto che le piaceva farsi stringere da lui, le piaceva ricevere attenzioni e concedervisi totalmente. Sapeva che era sbagliato, sapeva che non era così che funzionava, perché non vi era amore; ma sapeva anche che non poteva farne a meno. Forse si stava trasformando in una di quelle ragazze – che aveva sempre criticato – che si lasciavano andare al sesso, senza l'ombra di sentimenti. Ma non poteva fare nulla per evitarlo; Tom stava divenendo un bisogno fisico e tutto ciò lo odiava. Non era giusto, si sarebbero solamente fatti del male ma non poteva sopportare l'idea di non averlo più. Forse era egoistico, forse era solamente viziata. Non lo sapeva; sapeva solo che non riusciva ad ignorare le emozioni che quel ragazzo le faceva vivere.





***





Il viaggio di ritorno era stato particolarmente chiacchiericcio per Bill ed Andreas, i quali continuavano rimembrare i paradisiaci e rilassanti trattamenti di quella giornata. Tom ed Ingie erano rimasti in silenzio, seduti sui sedili anteriori, con gli sguardi fissi sulla strada. Entrambi però godevano di un'espressione particolarmente serena sul volto, del tutto involontaria. Ascoltavano il sottofondo di quella conversazione e si limitavano a vivere nel proprio mondo.

Rientrati a casa si erano recati ognuno nelle proprie stanze; erano già le undici di sera e sarebbe trascorso poco tempo dal momento dell'apertura dei regali. Ingie si era gettata pesantemente sul letto, portandosi le mani alla fronte, in modo da massaggiare le proprie tempie pulsanti.

Non sapeva che cosa provare; la voglia di Tom ed al tempo stesso la consapevolezza di doverlo tenere lontano. Stava facendo una grandissima cazzata, se lo sentiva; ma perché privarsi di una cosa che apparentemente la faceva stare bene? Aveva bisogno di un po' di benessere, in quel periodo, e si era resa semplicemente conto che quel benessere era in grado di regalarglielo – per assurdo – solamente il chitarrista. Non riusciva a spiegarsi come egli potesse catturarla a quella maniera, pur detestandolo tremendamente. Forse la sua era una sorta di perversione: amava avere ciò che all'apparenza odiava. O era così che funzionava realmente? D'altronde aveva sentito spesso dire che l'amore e l'odio andavano di pari passo. L'uno non era possibile senza l'altro.

Il punto era che il loro rapporto non era definibile “amore-odio”. Come poteva invece chiamarlo? “Sesso-odio”? Suonava malissimo persino a lei. Forse, “affetto-odio” poteva andar bene.

Dio, quanto sono stupida.

Gettò un'occhiata alla radiosveglia sul suo comodino e notò che mancava un solo quarto d'ora all'apertura dei regali, fino a che non udì un lieve bussare alla porta. Un brivido le percorse la bocca dello stomaco e si chiese se potesse essere lui. Come l'avrebbe affrontato? Cos'erano diventati?

Mi pare quel dannato film, Amici di letto.

Avanti.” disse, incerta.

La testa di Bill, con sua gioia, sbucò oltre la porta.

Vieni in salotto?” le domandò sorridente. “Stiamo per aprire i regali.” aggiunse con entusiasmo.

Sembrava un bambino che ancora credeva a Babbo Natale e la mora non poté fare altro che sorridere ed annuire. Si diresse verso l'angolo della camera, ne recuperò le buste con i propri regali e lo seguì, fino al salotto, dove trovò Tom, Gordon e Simone ad attenderli, sereni.

Le venne quasi da piangere. Le sembravano passati secoli dall'ultima volta che le si era presentata un'immagine familiare così bella davanti agli occhi.

Erano tutti seduti per terra, davanti all'albero, in cerchio. Al centro, una bottiglia di champagne.

E quella?” sorrise ironica, sedendosi accanto a Tom, che venne affiancato anche da suo fratello.

Una modifica personale della tradizione.” rispose Gordon. “Mancano cinque minuti alla mezzanotte.”

Che cosa stressante.” borbottò Bill.

Non ti preoccupare, Speedy, tra poco vedrai Babbo Natale.” lo stuzzicò Ingie, facendo ridere i presenti tranne lui, il quale gonfiò le guance in un broncio, quasi risentito.

Fatto stava che la mezzanotte non tardò ad arrivare.

Buon Natale.” dissero tutti quanti, prendendo a scambiarsi affettuosi baci ed abbracci.

Bene, ora scartiamo i regali!” esclamò Bill, fiondandosi su un paio di sacchetti, come non aspettasse altro. “Scarto io per primo!” aggiunse, entusiasta ed impaziente, sotto le risate degli altri. “Questo di chi è?” domandò interessato, sollevando un pacchetto di medie dimensioni.

Nostro.” sorrise la madre, riferendosi a lei e Gordon.

Bill non impiegò più di tre secondi e mezzo per scartare l'intero pacchetto. Ne estrasse un bellissimo Rolex, nuovo di zecca, che Ingie ricordava richiesto assiduamente da lui. Sapeva che aveva intenzione di andare a comprarlo, ma probabilmente Tom aveva spifferato tutto a Simone, battendolo sul tempo.

Grazie, è stupendo!” esclamò contento, indossandolo subito. “Come facevate a sapere che volevo comprarmelo?” domandò poi.

Un uccellino.” rispose Simone, vaga. Il vocalist baciò entrambi e poi passò al regalo di Tom.

Vediamo cosa mi ha comprato il mio fratellino.” cantilenò, fino a che non estrasse la scatola colorata. “Uh, un i-pod nuovo!” strillò come una donnina.

Un i-pod?” domandò Gordon, incuriosito. “Non ce l'hai già?”

Mi si è rotto qualche giorno fa, ci sono rimasto malissimo.” spiegò Bill. “Grazie fratellino!”

Ingie scoppiò a ridere nel vederlo lanciarsi in braccio a suo fratello, facendoli crollare entrambi a terra, uno sopra all'altro.

Okay, Bill, ho capito.” ridacchiò il chitarrista, togliendoselo di dosso.

Bill tornò a sedersi compostamente ed afferrò il pacco di Ingie, la quale si sentiva estremamente nervosa. Fare regali era da sempre stato un motivo di frustrazione per lei. Aveva sempre timore di scegliere qualcosa di sbagliato, che non fosse all'altezza delle aspettative di chi le stava di fronte.

Osservò con impazienza il ragazzo aprire la scatola, fino a che non ne estrasse il paio di scarpe che aveva scelto apposta per lui.

Oh, Dio, che meraviglia!” esclamò Bill saltellando sul sedere. Era un paio di scarpe, decisamente scenografico, che Ingie aveva visto in vetrina durante l'uscita con Ivan al centro commerciale. Erano altissime e sprovviste di tacco al tempo stesso; non aveva mai visto scarpe del genere in vita sua ed aveva pensato che Bill le potesse apprezzare, viste le sue stravaganze. “Sono stupende!”

Come fai a camminare su scarpe del genere?” ridacchiò Tom, osservando attentamente suo fratello indossarle.

Si sollevò in piedi in tutta la sua altezza e prese a camminare su quella sorta di trampoli.

Le adoro!” continuò il biondo, facendo avanti e indietro per la stanza.

Bene, sono contenta.” sorrise Ingie, che venne travolta – come Tom poco prima – dal corpo di Bill, intento ad abbracciarla calorosamente.

Grazie!”

Tocca a me!” esclamò Tom, afferrando il primo pacco.

La procedura fu molto più veloce di quella di Bill: ricevette un bellissimo cappotto nero, molto elegante, da parte di Simone e Gordon. Bill invece gli aveva regalato una macchina fotografica, visto e considerato che Tom adorava scattare foto di paesaggi, familiari e momenti giornalieri. Gli piaceva immortalare l'attimo, diceva che lo manteneva vivo e che aiutava a non dimenticare. Ingie non poteva essere più d'accordo. Anche lei amava fare fotografie con i suoi amici, con i suoi famigliari, in vacanza o semplicemente a casa. Una foto che teneva sempre con sé era quella di suo fratello Tom.

Il chitarrista passò al suo regalo e l'agitazione la prese un'altra volta. Non voleva essere scontata ma sapeva anche che non poteva competere con tutti i regali precedenti: lei non aveva la stessa quantità di denaro per potersi permettere qualcosa di molto costoso. D'altro canto però sapeva che nessuno badava al fattore economico.

Scartò il suo regalo con un lieve sorriso in volto, cosa che la portò a sorridere di rimando, e – non appena scoprì cosa fosse – alzò lo sguardo contento su di lei.

Grazie.” disse sinceramente. Tra le mani stringeva una giacca, firmata LA, in pelle. Era molto elegante, ma sportiva al tempo stesso e non appena Ingie vi aveva posato l'occhio, aveva subito immaginato di vederla sul corpo di Tom con un mal celato desiderio. “È bellissima.” sorrise, una volta indossata. Era proprio come se l'era immaginata; gli stava benissimo. Lei ricambiò il sorriso e quasi sobbalzò quando le schioccò un tenero bacio sulla tempia. Non era abituata a quelle dimostrazioni d'affetto, soprattutto davanti agli altri, ma non poteva fare altro che apprezzarle. “Ora tocca a te.” le disse quindi il ragazzo.

Ingie annuì appena e prese il pacco che sapeva essere da parte di Bill; sorrise involontariamente.

Chissà quale pazzia mi avrai mai regalato.” mormorò con ironia, sotto il suo sguardo divertito. Sfilò la carta arancione e sorrise, colpita. Era un bellissimo abito da sera, rosso e lungo, con un po' di strascico. Pareva uno di quei vestiti che spesso ammirava ed invidiava, indossati dalle celebrità sul Red Carpet. Doveva fasciare la vita, per poi scendere morbido lungo le gambe; intravide anche uno spacco piuttosto profondo e notò con piacere che era sprovvisto di spalline. “Speedy, è stupendo.” fece, senza parole. Intuì che doveva averlo pagato un occhio della testa; certo, i soldi non erano un loro problema.

Però, fratellino, hai gusto.” commentò Tom ammirato, senza staccare gli occhi da quel bellissimo capo che Ingie ancora teneva in mano. “Troveremo il prima possibile l'occasione giusta per fartelo indossare.” aggiunse con un sorriso.

Grazie.” si rivolse al vocalist, per poi sporgersi a schioccargli un bacio sulla guancia. Questo si sorprese.

Sai che è la prima volta che mi dai un bacio?” domandò divertito, facendola arrossire.

Sì, beh... Non sono una tipa molto espansiva.” si giustificò, evitando accuratamente di incrociare lo sguardo di Tom.

Ora toccava proprio al suo regalo. Era un dannatissimo regalo, un innocente gesto di circostanza che la gente si divertiva a compiere sotto le feste di Natale. Eppure, non riusciva a placare la curiosità. Sgranò gli occhi. “È un cellulare nuovo, Piggy?” domandò, esterrefatta.

Sì, il tuo è un catorcio.” rispose lui.

Piggy, mi hai comprato un cellulare nuovo?” chiese nuovamente, senza staccare gli occhi dall'I-Phone.

Non ti piace? Pensavo di fare una cosa carina dato che il tuo...”

Ma, Piggy, sei geniale!” esclamò la ragazza, contenta. “Non dovevi.” aggiunse poi, un po' dispiaciuta, questa volta voltandosi nella sua direzione. Conosceva perfettamente i prezzi degli I-Phone ed il pensiero che lui avesse potuto spendere quei soldi per lei la faceva quasi sentire in colpa.

Ma figurati.” scrollò le spalle lui con un sorriso. “Ti serviva.” aggiunse un po' in imbarazzo.

Grazie.” mormorò quindi, non sapendo se avvicinarsi o meno per dargli un bacio. Lui parve capirlo e sorrise.

Perché il bacio a Bill sì e a me no?” domandò, ironico, facendola ridere.

Approfittò di quell'atmosfera più distesa per schioccargliene uno sulla guancia, appena irruvidita dalla barba.





***





Stesa sul letto, fissava il cellulare sul comodino, intento a caricarsi lentamente. Sorrise.

Tom era stato carino a comprarle un cellulare nuovo; sapeva che quello vecchio era da buttare e non si era fatto problemi nel scegliere il più costoso in commercio. Ingie non era una persona attaccata al valore economico dei regali, bensì guardava oltre, guardava al pensiero. Tom aveva guardato a quella che ormai era divenuta una necessità, poiché il vecchio Nokia stava cadendo a pezzi.

Si raggomitolò come una gatto. Avvicinò le ginocchia al petto e nascose le braccia dietro esse.

Fremeva.

Sentiva la sua mancanza come un fuoco che ardeva incessante nello stomaco. Improvvisamente volle sentire tutto il suo calore, le sue braccia avvolgerla ed infonderle protezione. Aveva bisogno di quel contatto come l'ossigeno ed aveva paura. Aveva paura perché dipendere da una persona era una cosa che da sempre l'aveva terrorizzata; dipendere da una persona significava annullare se stessi, non riconoscersi più. Dipendere da una persona non era positivo. Per niente.

Improvvisamente, sentì bussare alla porta.

Un brivido le percorse la colonna vertebrale ed un desiderio nascosto manifestò l'idea del chitarrista al di là del legno. Con un sospiro si alzò dal letto ed andò ad aprire. Un campanello d'allarme, non appena constatò la sua reale presenza, le fece presagire come quella serata – o meglio, nottata – si sarebbe conclusa. Il sorriso insolitamente dolce del chitarrista non le fu d'aiuto.

Hey.” sussurrò lui, per non farsi sentire dagli altri. Il corridoio era buio e silenzioso e tutti i componenti di quella casa stavano già dormendo da un pezzo. “Posso entrare?” le domandò con lo stesso tono di voce.

Lei non rispose; semplicemente si scostò per farlo passare. Ignorò il profumo che le inebriò i sensi e richiuse la porta.

Non dormi?” domandò a tono normale, dirigendosi verso il letto, dove si sedette per osservarlo interessata. Lui scrollò le spalle e le si accomodò di fronte.

Volevo solo finire di darti il mio regalo.” rispose, facendole aggrottare la fronte. Era una frase a doppio senso? “Sì, insomma, il telefono non è l'unico regalo che ti ho fatto.” aggiunse, probabilmente vedendola così disorientata.

Cos'altro c'è?” chiese, basita. Tom abbassò per un momento lo sguardo, come per prendersi tempo, poi tornò ad osservarla attentamente.

So che probabilmente mi ucciderai per averlo fatto ma... Ti ho iscritta alla palestra.” ammise.

Ingie non capiva. Perché avrebbe dovuto ucciderlo?

Beh, grazie.” commentò confusa. “Perché dovrei ucciderti?”

Perché ti ho fatto riservare una sala da ballo per tre giorni a settimana. Puoi andare tutte le volte che vuoi, chiuderti lì dentro ed ideare nuove coreografie.”

Ingie sgranò gli occhi. Non riusciva a credere alle sue orecchie ma soprattutto non riusciva a riprendere contatto con la realtà. Studiò a fondo quell'ultima frase ma non riusciva proprio a metabolizzarla. Le sembrava tutto assurdo; le sembrava di essere catapultata in una dimensione parallela, o meglio passata, senza preavviso. Tutto d'un tratto poteva riprendere a ballare, ad occuparsi di ciò che per anni l'aveva impegnata nel tempo e nel cuore. Ciò che anche suo fratello amava e che, assieme a lei, aveva racchiuso in un sogno.

Prese inconsapevolmente a tremare. Non sapeva che dire ma soprattutto non sapeva come reagire a quel regalo. Non sapeva se esserne contenta o soffrirne perché, nonostante avesse ripetuto più volte a Tom che non era giusto riprendere a ballare senza suo fratello, dall'altra parte non riusciva a rifiutare seccamente quella proposta. Si sentiva di nuovo stupida; una bambina confusa che non era in grado di prendere decisioni riguardanti la sua vita.

Io non so che dire.” mormorò.

Dì che riprendi a ballare, Ingie. Ti prego.”

La ragazza non resistette. Gli si gettò fra le braccia, stringendolo come non aveva mai fatto prima di allora. Gliene era terribilmente grata, in qualche modo strano e contorto. Nonostante si sentisse combattuta, non poteva non apprezzare quel gesto e quelle parole. Sapeva che voleva la sua felicità e che, nel suo piccolo, stava cercando di guidarla verso la giusta via.

Grazie, Tom.” sussurrò al suo orecchio, quasi timida. Sentì il chitarrista sorridere contro la sua pelle e carezzarle appena la schiena con le mani.

Lo prendo per un sì.” disse lui, dopo aver sciolto l'abbraccio.

Forse hai ragione. Mio fratello non vorrebbe che smettessi. Forse devo solo metabolizzare l'idea. Devo farmi forza e basta.” disse più a se stessa che al ragazzo. “Non posso assicurare di riuscirci ma, per lo meno, ci proverò.”

Tom annuì con un sorriso sincero.

Per quanto riguarda oggi.” cominciò poi, dopo essersi preso una pausa. Ingie fremette. “Lo so che sei furiosa con me per non aver rispettato l'accordo.” Cominciò a sentire caldo. Che senso aveva scusarsi? Aveva voluto anche lei quel – bellissimo – bacio. Un nuovo istinto la stava pervadendo e sapeva che non sarebbe riuscita a reprimerlo. Il cuore minacciava di sfondarle la gabbia toracica ma non poteva privarsi di quelle emozioni. “Ti avevo promesso che non avrei fatto niente contro il tuo volere e invece l'ho fatto. Ma ti assicuro che, d'ora in avanti...”

La frase venne interrotta.

Le labbra di Ingie sulle sue. La ragazza non aveva riflettuto un secondo di più; si era semplicemente spinta verso di lui ed aveva dato vita a quell'ennesimo bacio passionale che le scaldò in pochissimi secondi ogni lembo di pelle. Il chitarrista, dapprima disorientato, la strinse fra le braccia, prendendo a carezzarle il corpo in fermento.

Ingie si sentiva nuovamente piena, nuovamente appagata. Desiderava sentirlo più vicino ed il bisogno crescente che le divorava lo stomaco sembrava volerle anche impedire di respirare.

Con la lingua, Tom tracciava disegni irregolari sulle sue labbra, facendola sospirare piacevolmente, per poi rituffarsi nel bacio con più intensità e desiderio. Gli artigliò con delicatezza i rasta e lo spinse impercettibilmente contro il materasso, stendendovisi sopra con lentezza esasperante. Le mani grandi e venose del chitarrista si infiltrarono al di sotto della maglia, carezzandole la schiena ad ogni centimetro, mentre lei lasciava una scia di baci infuocati – alternati a piccoli morsi – a lato del suo collo, gustando il sapore di quella pelle così profumata di cui non riusciva a fare a meno. Si fermò qualche attimo sul pomo d'Adamo – facendolo deglutire più volte – fino a scendere ancora.

Il cervello era in totale blackout, esattamente come la prima notte che avevano fatto l'amore.

Con le mani sollevava la sua maglia, scoprendo secondo dopo secondo gli addominali perfettamente scolpiti che attendevano di ricevere attenzioni. Poi – preso come da una voglia irrefrenabile – lo sentì afferrarla con desiderio e ribaltare le posizioni, schiacciandola sotto il suo peso. Ingie chiuse gli occhi non appena cominciò a baciarle il collo, come lei aveva fatto qualche secondo prima, concedendosi di sospirare al suo orecchio, estasiata. Le sue labbra morbide erano divenute una sorta di droga.

Lo voleva da morire, quasi da star male. E poteva capire perfettamente quanto anche lui la desiderasse.

Le maglie vennero tolte e lanciate ai lati della camera. Di nuovo il contatto bollente con la sua pelle eccitata. Quella pelle così morbida che non riusciva a smettere di carezzare. I baci divenivano sempre più veloci, passionali e quasi violenti.

Era incredibile come la tensione fra loro fosse così forte e come nessuno dei due riuscisse a controllarla. Insieme creavano una perfetta sintonia, una perfetta alchimia. Entrambi ardevano e si consumavano, impazienti. Buffo pensare che caratterialmente si respingevano, come due poli identici della stessa calamita, mentre sessualmente si attraevano con una forza disarmante.

Tom spinse il bacino contro il suo con un lieve gemito impaziente e lei maledisse i pantaloni che ancora impedivano quel contatto così intimo e piacevole. I rasta continuavano a solleticarle il viso, il che la portava a sorridere. Ben presto, ogni singolo indumento che faceva ancora da impostore venne lanciato in angoli sconosciuti della stanza e fu proprio quando i loro corpi completamente nudi si trovarono a pieno contatto che Ingie sospirò, bisognosa di sentirlo ancora più vicino.

Tom era diventato una sorta di rifugio. Sembrava quasi un qualcosa di malato, se vi rifletteva. Era come se solo lui potesse farle dimenticare momentaneamente ogni singolo dolore che il suo cuore provava.

Si beò dei suoi morbidi baci sul ventre cosparso di brividi, per poi afferrargli il viso con le mani e riportarlo alla sua altezza. Lo baciò ancora e ancora, non riusciva a farne a meno e, mentre i loro corpi tornavano a fondersi, ringraziò il cielo di avere la bocca occupata. Lo strinse con le braccia e con le gambe, mentre lui iniziava a possederla con passione e delicatezza, al contempo.

Strinse le palpebre, cercando di reprimere ogni singolo gemito che la sua gola minacciava di rilasciare. Il respiro caldo del ragazzo le bruciava l'orecchio mentre le sue braccia rappresentavano per lei un appiglio essenziale. I muscoli della sua schiena umida si contraevano sotto le sue mani.

La tentazione di protrarre all'infinito quel momento era incessante, così come le scariche di piacere lungo tutto il corpo.

Morsi, baci, carezze, gemiti strozzati, respiri bollenti ed affaticati.

Due cuori pulsanti, in perfetta sincronia, ed un solo pensiero nella mente di Ingie.

Does this feel wrong?


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Capitolo 16
*** Fifteen - New Year's resolutions ***


15


Fifteen
New Year's resolutions





Si era svegliata da qualche minuto ma non aveva osato muoversi. Sentiva la gamba del chitarrista fra le sue, mentre il braccio muscoloso sostava sulla sua vita, pesante. Il respiro rilassato, sulla sua nuca, le faceva intuire che stesse ancora beatamente dormendo.

Quella volta non era scappata, sebbene trovasse fosse sempre la cosa più semplice da fare.

Erano andati a letto insieme. Di nuovo. Se la prima volta si era sentita nervosa e disperata, ora tutto ciò che percepiva era una forte sconsolatezza. Era incredibile come nel bel mezzo della passione si sentisse la nuova eroina mondiale e Dea della disinibizione, e poi, una volta terminato tutto, si sentisse tremendamente stupida ed imbranata. Era possibile possedere una forza di volontà pari a zero come la sua? Evidentemente, sì, si era sopravvalutata.

Vorrei poter dire in mia difesa, parlò la vocetta nella sua testa, che acquisire forza di volontà davanti agli addominali di Tom non è così facile come sembra.

Sospirò col naso, cercando di non far rumore. Lanciando un'occhiata alla radiosveglia, si era resa conto che erano solo le sette del mattino e che, probabilmente, tutti ancora dormivano.

Si era sempre sentita a disagio le volte in cui si era svegliata prima degli altri e non poteva trovare diversivi perché non si trovava a casa sua. Da una parte desiderava che il chitarrista si svegliasse, dall'altra preferiva rimandare la conversazione che sapeva avrebbero intrapreso.

Un movimento impercettibile del muscolo del suo braccio fece suonare in lei una campanellino d'allarme. Forse avrebbe potuto godere di quegli attimi di solitudine e riflessione ancora per poco.

Ripensando alle sensazioni fortissime che aveva vissuto durante la notte, quasi stentava a credere fosse successo davvero. Ora si sentiva estremamente tranquilla, posata, come avesse vissuto un qualcosa di del tutto naturale. Effettivamente, ciò che avevano fatto poteva essere definito naturale, se non si fossero contate le innumerevoli circostanze in cui era accaduto.

Quando sentì il ragazzo alle sue spalle sospirare appena, capì che si era svegliato.

Avevamo detto basta sesso.” parlò, senza nemmeno voltarsi o salutarlo o ancora dargli il tempo di capire che si trovava sulla Terra e si chiamava Tom Kaulitz. Udì silenzio per un attimo – forse il tempo di realizzare quanto detto – e poi lo sentì sollevare il braccio da lei, mantenendo comunque la gamba in mezzo alle sue – posizione non del tutto comoda per la ragazza.

È vero, l'avevamo detto.” si limitò a rispondere lui, per niente preoccupato, osò pensare dal tono di voce.

Si liberò da quel groviglio di gambe e si voltò di centottanta gradi per poterlo guardare negli occhi assonnati. Non appena i loro sguardi si incrociarono, percepì un brivido alla schiena. Appena sveglio pareva un'altra persona; una persona molto più dolce, più indifesa e dannatamente tenera. Gli occhi erano appena dischiusi e la osservavano con stanchezza.

E quindi, tutti i buoni propositi dove sono andati a finire?” domandò lei, fintamente severa.

Devo ricordarti che mi sei letteralmente saltata addosso?” le fece notare con le sopracciglia sollevate ed un'espressione sardonica.

Già, e il solo pensarlo le dava la nausea.

Beh, tu non hai fatto molto per evitarlo.”

Quando diventerò gay, te lo farò sapere.” Lei assottigliò gli occhi. Non fece in tempo a parlare che si trovò la mano di Tom completamente piantata in faccia, impedendole la visuale. “Piantala, di guardarmi con quegli occhietti accusatori.”

Lei si tolse la sua mano di dosso e tornò a scrutarlo.

Ti odio, lo sai?” borbottò, facendolo sorridere appena.

Lo so.” confermò lui. Ingie annuì soddisfatta e si voltò sulla schiena, stringendosi la coperta sul seno, prima che potesse scivolare vertiginosamente vero il basso. Quel pudore che avrebbe dovuto provare ore prima. “Non facciamoci più domande.” lo sentì parlare e sapeva bene a cosa si riferisse. Per la prima volta, si sentì di dargli ragione. Nemmeno lei aveva più la forza fisica e mentale per portare avanti quei fastidiosi interrogativi che mai avrebbero trovato risposta. Probabilmente, l'unica soluzione era vivere alla giornata, senza pensare al futuro o alla correttezza di ciò che faceva. Per lo meno, il suo fegato avrebbe ricominciato con le sue funzioni vitali. Sentì Tom muoversi appena, prima di sedersi sul bordo del letto, dandole le spalle. Si voltò verso di lui e lo scrutò per qualche attimo. Aveva scoperto una cosa apparentemente stupida: adorava la sua schiena. Strano a dirsi, ma era la verità; era muscolosa, imponente, anche se non esageratamente. Ma soprattutto morbida. Era una parte corporea che non poteva fare a meno di osservare ed apprezzare in un uomo. Rappresentava una sorta di appiglio, di cui aveva tremendamente bisogno. “Hai per caso visto i miei boxer?” le domandò ad un tratto, risvegliandola da quelle discutibili riflessioni.

Lei si voltò dalla parte opposta, gettando lo sguardo sul pavimento, fino a che non li trovò proprio sotto di lei. Allungò una mano e li afferrò.

Tieni.” disse, lanciandoglieli. Lui si sollevò dal letto, dandole le spalle, e li indossò. Ingie ignorò il rossore che sentiva si fosse appropriato delle sue gote. “Fai già colazione? Sono solo le sette e un quarto.” gli fece notare, senza sollevarsi dal cuscino.

No, mi fumo solo una sigaretta.” le rispose, per poi rubare il suo pacchetto di Marlboro.

Prego, fai pure.” fece lei con sarcasmo. Lui le sorrise furbescamente.

Grazie, gentilissima.” la prese in giro, prima di uscire sul terrazzino della camera, richiudendosi quindi la portafinestra alle spalle. Ingie non si mosse dal letto. Tutta quella situazione era terribilmente insolita; talmente tanto che quasi non sapeva come comportarsi. Picchiettò le dita sul materasso, in attesa di non sapeva bene cosa. Avrebbe dovuto aspettarlo ancora a letto? Avrebbe dovuto alzarsi, vestirsi e comportarsi come nulla fosse? Come funzionavano quelle cose non ufficiali? Sbuffò seccata, continuando a fissare il soffitto con disinteresse. Aveva vent'anni e si cacciava ancora in quei casini. Ciò le faceva pensare che non aveva imparato niente dalla vita. Quasi si spaventò non appena udì la portafinestra riaprirsi e chiudersi di nuovo. Vide Tom, con la coda dell'occhio, riavvicinarsi ed infilarsi nuovamente sotto le coperte con un sospiro. “Sono stanco.” borbottò, portandosi le mani al viso.

Rimettiti a dormire.” rispose lei, come niente fosse.

Non ci riesco se so che tu sei sveglia.” continuò lui, senza staccarsi le mani dalla faccia. Ingie sollevò un sopracciglio.

Non ti osserverò adorante mentre dormi, se è quello che ti preoccupa. Fortunatamente, ho altri interessi.” fece sarcastica, facendolo voltare divertito verso di lei.

Non per rovinare quest'atmosfera pacifica ma la mia buona coscienza mi impone di chiedertelo.”

Buona coscienza?” lo beffeggiò, ma lui portò avanti il suo discorso ignorandola.

Dato che, preso dal momento, mi sono dimenticato tutte e due le volte di prendere precauzioni, mi chiedevo se tu...”

Prendo la pillola.” lo anticipò, estremamente tranquilla. Lo vide sollevare un sopracciglio.

E da quando?” domandò curioso.

Da sempre.”

Non ho mai visto una scatola.”

Questo perché la tengo sempre in borsa. La prendo al mattino.”

Restarono qualche attimo in silenzio.

Perché la prendi?” domandò lui ad un tratto, prendendola in contropiede.

Che razza di domanda è?” ribatté lei.

Per prenderla da sempre, deve pur esserci un motivo.”

Non tengo a rimanere incinta a vent'anni, tutto qui.” Lui scrollò le spalle, disinteressato. “Non mi sembri convinto.” aggiunse quindi.

Mi chiedevo se avessi una seconda vita.” disse del tutto tranquillo.

Ingie scosse appena la testa.

Purtroppo, al momento, ci sei solo tu.” lo prese in giro.

Hai detto niente.” si vantò lui. Il silenzio calò nuovamente su di loro. Ingie odiava tremendamente quei momenti e pregò che il chitarrista potesse ricominciare a parlare o non avrebbe saputo come gestire la situazione. “Toglimi una curiosità.” parlò all'improvviso, come fosse stato in grado di udire i suoi pensieri. Si voltò verso di lui e trovò gli occhi nocciola puntati sui suoi. “Andreas ti ha detto qualcosa di strano, durante il massaggio?”

Lei fremette. Iniziò seriamente a preoccuparsi e a chiedersi se i pensieri fuoriuscissero rumorosi dal suo cervello, senza che lei se ne accorgesse.

Perché questa domanda?” chiese, vaga.

Lui, dal suo canto, scrollò appena la spalla libera.

Quando sei uscita eri un tantino nervosa e criptica e, se ti conosco bene, direi che eri infastidita da qualcosa.”

Ingie si morse appena il labbro inferiore. Ormai non riusciva più a sviare quegli occhi inquisitori.

Diciamo che ha tentato un approccio un po' esplicito.” parlò, come se ciò che diceva non avesse importanza. In effetti, non ne aveva.

Ti ha messo le mani addosso?” domandò lui con un fremito.

Figurati, gliele avrei staccate.” rispose lei, schifata. “Mi ha proposto di dormire a casa sua, caso mai avessi avuto intenzione di andare a Lipsia da sola.” Vide Tom sgranare appena gli occhi. “Beh, non sapevi che il tuo amico era così diretto?” gli domandò allora, scettica. Attese una sua risposta, fino a che non lo vide voltarsi verso il comodino dove aveva poggiato il suo cellulare la sera prima ed afferrarlo con decisione. “Che fai?” domandò, sospettosa, fino a che, come illuminata, non capì che stava per chiamare Andreas. “Piggy, no!” esclamò, lanciandoglisi addosso e cercando di togliergli il cellulare di mano. Lui cercava di allontanare il braccio il più possibile, ma lei l'aveva completamente schiacciato sotto il suo corpo, allungando il proprio per afferrarlo.

Senza accorgersene, avevano cominciato a ridere.

Sentì Tom stringerla, cercando di annodarle le braccia e le gambe. Lei, divertita, prese a mordergli la mano, con l'intento di svincolarsi dalla sua presa.

Ma sei un cannibale!” esclamò lui, ridendo. Le lasciò braccia e gambe e si limitò ad abbracciarla, questa volta con delicatezza. Ingie sentì un brivido lungo la colonna vertebrale, nonostante si trovassero ancora sotto le coperte, e si abbandonò contro il suo corpo, rifugiando il viso nell'incavo del collo. “Le tue tette mi stanno schiacciando lo sterno.” le fece notare con ironia, senza però slegare le proprie braccia dal suo corpo.

Sei tu che mi tieni incollata qui.” rispose lei, poco intenzionata a staccarsi da lui.

Stava bene a contatto con la sua pelle calda e, nonostante fosse ancora completamente nuda contro un solo paio di boxer, non si sentì in imbarazzo.

Forse, per la prima volta, si sentì a casa.





***





Quando rientrò in camera di suo fratello in punta di piedi, trasse un sospiro di sollievo nel constatare che stava ancora dormendo. Alla velocità della luce, si rifugiò sotto le coperte del suo letto singolo, per poi chiudere gli occhi e fingere di dormire.

Ripensò a quella notte e sorrise involontariamente.

Ingie era qualcosa di straordinario, continuava a ripeterselo. Per quanto non la sopportasse, fosse lunatica e un tantino pazza, non riusciva a non catturarlo in ogni cosa. Non sapeva bene come si potesse definire la loro relazione, ma non se ne preoccupava nemmeno più di tanto. Era vero ciò che le aveva detto: voleva vivere alla giornata, senza farsi troppe domande. Se avesse avuto voglia di stringerla, l'avrebbe fatto, se avesse voluto baciarla, l'avrebbe fatto, se avesse voluto semplicemente parlare, l'avrebbe fatto. Non sapeva quanto potesse essere considerato giusto, ma era ciò che si sentiva di fare ora. Dopo Ria, avvertiva un forte panico divorargli lo stomaco e l'idea di gettarsi in un'altra storia non gli piaceva per nulla. Avrebbero lasciato le cose a quella maniera, giuste o meno, senza porsi domande o dubbi su cosa sarebbero diventati.

Per ora, gli andava bene così.





***





Il pranzo di Natale era stato per Ingie qualcosa di indescrivibile. La tavola magnificamente addobbata, le pietanze più deliziose ad attenderli ed un'atmosfera tremendamente festosa e familiare. Simone e Gordon erano stati stupendi con lei; si era sentita accolta in quella famiglia con amore ed entusiasmo. Lei stessa faticava a credere che delle persone l'avessero presa così a cuore. Forse Tom aveva ragione: Simone la vedeva come la figlia che non aveva mai avuto. Ingie sentiva che con lei aveva instaurato una complicità fuori dal comune, in pochissimo tempo. Di lei si poteva fidare, in lei poteva rivedere sua madre e ne era felice, anche se parzialmente. Sentiva che forse quel periodo della sua vita le avrebbe portato gioia, benché relativa. Aveva Simone, aveva l'affetto di Bill e soprattutto quello di Tom, lo sapeva. Per quanto giocasse a recitare la parte dello scorbutico e menefreghista, aveva imparato a vedere in lui un ascoltatore ed una persona cui fare affidamento, al di là del rapporto carnale che si era instaurato fra loro. Avrebbe sempre potuto contare su di lui, ne era certa, perché sapeva che Tom era una persona fedele, soprattutto in fatto di amicizie e affetti.

Salutare la famiglia e Lipsia era stato duro per lei, ma era fiera di poter dire di andarsene con un bagaglio d'affetto non indifferente. Ancora una volta, Simone le aveva pregato di telefonarle qualora avesse sentito il bisogno di parlare e sfogarsi, alludendo anche a suo figlio Tom.

Il viaggio di ritorno del ventinove Dicembre era stato meno stressante; Bill era ancora su di giri per la bella giornata che avevano trascorso insieme e per i bei regali ricevuti. Talmente tanto che si era anche dimenticato di fermare Tom ogni minuto per andare in bagno. Tom, dal suo canto, lanciava di tanto in tanto sguardi ad Ingie, la quale faceva finta di non rendersene conto, benché lo scorgesse con la coda dell'occhio. Forse la loro era divenuta complicità. Strana parola da associare a loro due, ma estremamente veritiera. Ingie sentiva un calore del tutto nuovo dentro di lei, felice di bruciare, e per la prima volta nella vita si rese conto che il non pensare al domani era un degno toccasana.





***





Quando aprì la porta di casa, si guardò velocemente in giro.

Dov'è GusGus?” domandò con un sorriso. “Dov'è il mio angioletto?” continuò, vagando per lo studio, sotto i sorrisi di Tom e Bill. Improvvisamente, il biondo fece la sua nobile uscita dalla cucina. “Gus!” esclamò la ragazza, buttandoglisi fra le braccia, decisamente contenta di vederlo. Le erano mancate la sua pacatezza e la sua saggezza.

Hey, come state?” chiese felice il batterista, ricambiando la calorosa stretta della mora.

Tutto bene, abbiamo mangiato come dei maiali.” rispose Bill, posando il borsone a terra.

L'Hobbit?” domandò a quel punto il chitarrista, perplesso, mentre i cani prendevano a trotterellare per il salotto.

Sta tornando con Isa.” rispose Gustav, dopo aver sciolto la presa con la ragazza.

Con Isa?” fecero Tom e Bill sorpresi.

Chi è Isa?” indagò Ingie.

La sua fidanzata.” le rispose Tom.

Ingie sorrise. Con un po' di fortuna, avrebbe finalmente potuto conoscere una ragazza a lei coetanea.

Mentre Tom e Bill si rifugiavano al piano superiore, forse per mettere a posto i vestiti, Ingie trotterellò alle spalle di Gustav, seguendolo nuovamente in cucina.

Perché mi scodinzoli dietro?” sorrise lui, facendo finta di ignorarla. Lei gli circondò il collo con le braccia, affacciandosi oltre la sua spalla, per poterlo vedere in viso. “E da quando sei così affettuosa?” aggiunse, scoccandole un'occhiata divertita. Ingie si finse indignata.

Che brutta immagine ti sei fatto di me?” recitò con voce melodrammatica, senza però lasciare la presa.

La tua.” ridacchiò lui, mentre tirava via l'acqua bollente dai fornelli.

Lei, a quel punto, si staccò da lui e gli diede una pacca sulla schiena, risentita.

Cattivo, Gus.” borbottò, dirigendosi quindi verso il tavolo, dove si sedette. Gustav le sorrise, fino a che non le si sedette di fronte con due tazze di tè fumante. “Io ti offro il mio affetto e tu mi tratti così.” continuò a mormorare, per poi afferrare la propria tazza.

Ti sei divertita a casa Kaulitz?” le domandò lui, ignorandola con un sorriso.

Sì.” rispose nuovamente pimpante la mora. “Simone è un tesoro.” aggiunse, per poi sorseggiare un po' di tè caldo. Proprio ciò che ci voleva.

Più che altro, è una donna paziente.” precisò Gustav.

Molto paziente.” rimarcò lei. “Tu cos'hai combinato, GusGus?” domandò poi, spaventosamente interessata.

Io sono stato dalla mia famiglia. Tutto nella norma.”

Non hai portato nessuna fidanzata da presentarci?”

Figurati.”

Oh, andiamo, Gus! Se non riesci a trovare nessuno, sappi che io ti sposerei volentieri.”

Anche se non credi nel matrimonio?”

Per te potrei anche farlo.”

Che carina.” Ingie ridacchiò. Si divertiva con Gustav, benché non parlasse molto. Ora che ci pensava seriamente, avrebbe gioito alla notizia di un suo ipotetico fidanzamento. Gustav era troppo intelligente, troppo dolce, troppo tutto per poter stare da solo. Qualche giovane donzella avrebbe dovuto godere di quei pregi, rari a trovarsi nei comuni ragazzi, o sarebbero andati sprecati. “Tu non hai portato nessun fidanzato invece?” la squadrò con malizia.

Sì.” si vantò lei, gongolando. “Io e Scotty ci siamo promessi eterno amore.”

Che cosa romantica.” commentò lui, divertito. “Posso fare da testimone di nozze?”

Certo, Gus. Per te, questo ed altro.”





***





Conoscere Isa era stato come essere catapultati indietro nel tempo, quando lei e la sua amica Elena ballavano assieme nel gruppo numeroso che lei e suo fratello erano riusciti a creare. Isa era una ragazza dolcissima, alla mano ed anche un po' timida. Vederla scambiarsi occhiate così complici con Georg, aveva riempito di gioia il cuore di Ingie. La mora aveva sempre avuto un debole per quelle storie così apparentemente perfette, intrise d'amore e fiducia. Non era esattamente una sostenitrice accanita dell'eccessivo romanticismo, ma le piaceva – a volte – credere che le favole esistessero ancora, benché lei avesse smesso di farlo da un po'.

Era stata felice nell'apprendere la notizia che Isa si sarebbe fermata allo studio per un paio di giorni – giusto il tempo di festeggiare con Georg il Capodanno. I ragazzi le avevano pregato di prolungare la sua permanenza, ma lei aveva dovuto rifiutare a causa del lavoro che la chiamava, con urgenza.

Fa il bravo quando non ci sono?” domandò Isa, seduta in braccio al bassista, accoccolati sul divanetto.

Schifosamente bravo. Talmente bravo che ti cascano le braccia.” rispose Ingie con un sorriso, rannicchiata sul divano affianco a Bill.

Sì, a volte io gli dico di guardarsi un po' in giro, ma lui niente.” fece ironico Tom, seduto sul bracciolo del divano, affianco a suo fratello. Ingie scosse la testa divertita e fu lieta di vedere il cuscino lanciato da Isa planargli in piena faccia. “Hey!” esclamò offeso, restituendole il favore.

Sei sempre il solito buffone. Mi domando quando ne troverai una al caso tuo.” ridacchiò Isa, stringendosi un po' di più a Georg, il quale le faceva dolci grattini sulla schiena.

A Ingie – a quell'affermazione – venne spontaneo guardarsi attorno, con finta disinvoltura. Quei discorsi la mettevano sempre a disagio perché non sapeva mai come comportarsi.

Oh, non hai mai visto mio fratello innamorato.” esordì Bill. “Sembra un'altra persona.”

Responsabile.” parlò Gustav.

Generoso.” continuò Georg.

Dolce.” aggiunse Bill. “Schifosamente romantico.”

Oh, piantatela, tutti quanti!” esclamò Tom, seccato.

Non è una brutta cosa.” sorrise Isa. “Vuol dire che anche tu hai un cuoricino.” lo prese in giro, sfarfallando con le ciglia.

Sì, come vi pare. Io vado in palestra.” tagliò corto il chitarrista prima di alzarsi dal divano e salire le scale, in direzione della sua stanza.

Ingie lo osservò con la coda dell'occhio. Sapeva quanto Tom fosse ancora suscettibile su quel lato. La storia con Ria l'aveva letteralmente buttato a terra e anche se non voleva ammetterlo, la cosa lo addolorava ancora. Sapeva che non era più innamorato di lei, ma sapeva anche che un torto del genere era difficile da mandar giù, soprattutto per un uomo.

Si è offeso?” domandò Isa, preoccupata, a Georg.

No.” sorrise Bill per rassicurarla. “Va sempre in palestra a quest'ora.”

Credo che oggi andrò anche io.” esordì Ingie, sollevandosi dal divano. “Vado a prepararmi.” Abbandonò il salotto e prese a salire le scale, con l'intento di raggiungere Tom. Non appena si trovò davanti alla sua stanza, bussò lievemente. Il ragazzo, dopo un'attesa di qualche secondo, le aprì con indosso un solo paio di pantaloni da ginnastica. Ingie distolse immediatamente lo sguardo dai pettorali nudi; non si era ancora abituata a quel tipo di visione. “Sei incazzato?” gli domandò a bruciapelo. Lui sorrise appena e le fece segno di entrare, per poi chiudere la porta alle sue spalle.

Incazzato no.” rispose, dirigendosi verso il letto, dove aveva abbandonato la maglietta che avrebbe indossato per la palestra. “Seccato è il termine adatto.” precisò, per poi infilarsela, dopo essersela rigirata fra le mani.

Non lo facevano con cattiveria.” disse la ragazza, senza muoversi da dove l'aveva lasciata.

Lo so.” rispose lui, per poi infilarsi le scarpe. “Vieni con me?” le domandò poi, sollevando lo sguardo sulla sua figura, come avendole letto nel pensiero.

Pensavo di sì.” rispose, stringendosi nelle spalle e facendolo sorridere compiaciuto.

Vatti a preparare, ti aspetto di sotto.” le disse quindi, affiancandola, fino ad uscire dalla stanza.

Sorrise inavvertitamente.





***





Stava distrattamente vagando su Internet. Quel giorno non aveva decisamente voglia di uscire, poiché i suoi pensieri continuavano a vertere su un solo ed unico nome: Ingie. Possibile che non fosse ancora riuscito a rintracciarla? Possibile che si fosse nascosta chissà in quale zona di New York? O dell'America? O chissà cos'altro. Il solo pensiero lo faceva rabbrividire, sconcertato. Con la guancia schiacciata contro il palmo della mano, continuava a scorrere quel sito di celebrità fotografate a qualche strana serata o festicciola o altre cose da VIP, come le definiva lui. Si domandò come fosse finito in quel sito cui lui non era per nulla interessato; la noia faceva fare cose inspiegabili.

Lindsay Lohan, sempre peggio.

Britney Spears, ormai ha fatto la sua strada.

Ian Somerhalder e Nina Dobrev, bella coppia.

Tokio Hotel, chi li conosce?

Jennifer...

Come risvegliatosi da una sorta di trans, tornò indietro, alla foto che ritraeva i Tokio Hotel all'uscita di una discoteca. Strinse maggiormente le palpebre e si avvicinò col viso allo schermo, cercando di capire se fosse del tutto impazzito o meno. Possibile che la ragazza al fianco del tizio con i rasta – che cercava di coprirla con la sua felpa – gli ricordasse tremendamente... No, non era possibile. La foto era lievemente sfocata e la felpa quasi le copriva il viso intero.

Afferrò velocemente il cellulare posato sulla scrivania e si affrettò a comporre il numero. Muoveva nervosamente una gamba, in attesa della risposta.

Pronto?

Kayla, devo farti vedere una cosa.”





***





Dai, continua.”

È inutile, sono fuori forma.”

Stronzate, vai avanti.”

È facile, per te, parlare. Non sei sdraiato a testa in giù con il sangue a riempirti il cervello.”

Smettila di borbottare e continua.”

Ingie si trovava su uno di quei maledetti attrezzi, intenta a fare gli addominali che aveva abbandonato da quasi tre mesi, mentre Tom, con una mano poggiata sul suo addome in contrazione – cosa che non le consentiva la lucida concentrazione – da bravo tedesco, le ordinava di proseguire.

Sei uno schifoso mangia-crauti.” borbottò lei, sforzandosi di sollevare la schiena per l'ennesima volta.

E tu una dannata mangia-hamburger. Vuoi tornare a ballare, senza spaccarti le ossa?” ribatté lui, senza staccarsi da lei per controllare che facesse tutto al meglio.

Chi ti ha detto di farmi da personal trainer? Guarda che so fare benissimo da sola.”

Il chitarrista schioccò la lingua contro il palato, scettico.

Come no. Al terzo volevi già smettere.” fece con sarcasmo.

Bullshit.” borbottò lei, colpevole. “Quanto cazzo devo andare avanti?” esclamò poi, decisamente urtata ed affaticata.

Direi basta.” si limitò a rispondere lui, staccandole la mano dal busto, così che lei poté lasciarsi cadere all'indietro, a braccia penzolanti, per riprendere fiato. Sentiva il sangue salirle al cervello, ma non aveva la forza di alzarsi. Percepì la maglietta scoprirle appena la pancia, fino a scivolare all'altezza del reggiseno. “Permetti?” fece infastidito il chitarrista, afferrando il cotone e riportandolo al suo posto.

Geloso?” domandò lei con malizia, per poi sollevare la schiena, con l'intento di scendere da quella macchina della tortura.

Pff.” fece lui, afferrandole una mano per aiutarla a rimettersi in piedi. “Non mi conosci.” Una volta scesa, Ingie si portò una mano alla tempia, dato che la palestra era divenuta completamente nera. “Così impari a startene a dormire a testa in giù.” commentò il ragazzo, soddisfatto, fino a che Ingie non acquisì nuovamente la vista.

Questa si soffermò ad osservarlo salire sull'attrezzo che lei aveva appena abbandonato e cominciare la sua serie di addominali.

Oh Cristo, fu tutto ciò che la sua mente fu in grado di pensare, alla vista di tutti quei muscoli in contrazione.

Vado a fare un po' di tapis roulant.” decise quindi, per poi allontanarsi da lui.

Era incredibile come la situazione fosse degenerata; ora non riusciva nemmeno più a guardargli un bicipite.

Grande, Ingie, si disse.

Quando mise piede sul tapis roulant e lo azionò, prendendo quindi a camminare velocemente, le venne spontaneo sorridere. Tutto, tutto la stava riportando indietro nel tempo, quando era tremendamente fissata con il fisico. Ricordava di chiudersi sempre in palestra e cercare di preparare il suo corpo al meglio, per le competizioni che si susseguivano senza sosta. Una buona muscolatura era necessaria per ballare, o avrebbe danneggiato articolazioni e chissà cos'altro.

Rammentava le chiacchierate con Tom, su quei tapis roulant, riguardo le nuove coreografie. Perdevano le ore a discutere su cosa potessero modificare e cosa andasse bene.

Non so se sei arrabbiato, gli parlò mentalmente, ma spero davvero che tu sia orgoglioso di me e di quello che sto ricominciando a fare.

Una scarica elettrica le attraversò la colonna vertebrale, non appena il suo sguardo tornò a posarsi sul chitarrista. Una biondina – indiscutibilmente ossigenata – sostava al fianco del ragazzo, ancora intento a fare gli addominali, chiacchierando e ridendo a crepapelle con lui.

Non hai alcun diritto di essere infastidita.

Aumentò la velocità del tapis roulant, presa da un'improvvisa voglia di correre, e continuò a tenere sotto controllo la situazione.

La biondina ora, facendo finta di appoggiarsi per le eccessive risate, posò una mano sull'anca del ragazzo.

Da quando Piggy è così comico, da far piegare in due le ragazze?

Aumentò la pendenza del tappeto: ad un tratto, tutto le sembrò più facile e meno faticoso. Vide Tom sollevarsi e sorridere alla Barbie, cedendole il posto, per poi farle un cenno di saluto. Si avvicinava.

Oh, grandioso.

Fece finta di nulla, continuando a correre. Solo ora si rese conto di quanto avesse esagerato con velocità e pendenza, così decise di diminuire il tutto, visto e considerato che il cuore sembrava pretendere la libertà dalla gabbia toracica tramite la sua distruzione.

Vedo che ci stai dando dentro.” sorrise il moro, una volta accanto a lei.

Sì, certe visioni ti danno la giusta carica per esagerare.” fece con lugubre sarcasmo, mentre Tom saliva sul tapis roulant libero, accanto a lei.

Quali visioni?” domandò lui, confuso.

Ingie, per salvarsi da quella conversazione scomoda, indicò sopra di lei lo schermo che trasmetteva il corpo seminudo di Rihanna, nel bel mezzo di un'esibizione canora.

Che tempismo, pensò.

Effettivamente...” commentò lui, compiaciuto, prendendo a camminare velocemente.

La conosci?” non riuscì a non reprimere quella domanda, indicando con la testa la biondina che ora faceva gli addominali sull'attrezzo lasciato precedentemente libero da Tom. Questo si voltò nella sua direzione, per capire a chi si riferisse.

Ah, sì, Micol.” rispose lui con un sorriso. Micol, fece il verso la mente della ragazza. “La vedo tutti i giorni qui in palestra.” Fantastico. Si chiese per quale empio motivo continuasse a formulare pensieri del genere. Lei e Tom non stavano insieme e, per tanto, non aveva il diritto di essere gelosa. Il solo pronunciare mentalmente quella parola le dava la nausea. Era sicura che fosse il suo smisurato orgoglio femminile ad agire a quella maniera e doveva al più presto trovare una valida soluzione. “Perché?” le domandò quindi, tornando ad osservarla interessato.

No, così.” tagliò corto lei.

Ora sei tu quella gelosa?” la stuzzicò con eccessiva malizia.

Non scherziamo, Piggy.”

Si presero qualche attimo di silenzio, ascoltando distrattamente la canzone di Rihanna, 'Diamonds'. Ingie aveva sempre adorato quella canzone; la trovava estremamente dolce ed emozionante. Ogni volta, sentiva la pelle d'oca impossessarsi del suo corpo e sorrideva distrattamente alla voce potente di Rihanna che cantava tutto il suo amore, che pareva quasi sofferenza. Un po' si sentiva come lei.

Si voltò appena verso Tom ed osservò il suo profilo, in direzione del televisore, intento ad osservare il video in religioso silenzio.

I saw the life inside your eyes.

Sentì una morsa allo stomaco che la portò a distogliere lo sguardo.

Vado a fare un po' di glutei.” disse, spegnendo la macchina ed allontanandosi. Sbuffò. Era nervosa e non si spiegava il motivo. Si inginocchiò sul tappetino e poggiò il piede contro la leva alle sue spalle, per la quale aveva impostato venti chili di peso, e cominciò a sollevarla, forzando il muscolo della gamba.

Dio mio, quanto sono stupida, continuava a ripetersi nella testa. Vent'anni buttati nel cesso.

Non sopportava l'idea di non riuscire a controllare le sue emozioni, di fronte al chitarrista. Era qualcosa che la mandava letteralmente in bestia.

Improvvisamente sentì una pacca leggera sul sedere e, sollevando lo sguardo, vide proprio lui passarle affianco, in direzione dell'attrezzo in fondo alla palestra.

Piggy, mi hai appena toccato il culo?” domandò minacciosa, senza nemmeno smettere di fare l'esercizio.

No.” rispose innocente lui, con espressione furba in viso, allontanandosi come nulla fosse.

Sorrise.





***





Il trentuno Dicembre si era avvicinato a vista d'occhio.

Ingie si sentiva particolarmente strana. Festeggiare il Capodanno era come un rituale, una cerimonia di chiusura del duemiladodici, come avesse dovuto porvi una croce sopra. Ma porre una croce sopra quell'anno voleva dire anche porre una croce sopra la morte di suo fratello. Nel profondo del suo cuore, sapeva che era la cosa giusta da fare. Avrebbe dovuto ricordarsi di suo fratello per com'era l'ultima volta che avevano condiviso qualcosa di bello assieme, non per come l'aveva visto sfigurato, in seguito all'incidente. Avrebbe dovuto smettere di pensare e ripensare a quelle immagini perché non l'avrebbero riportato indietro, anzi, avrebbero solamente tenuto vivo un dolore troppo forte da combattere. Tom le era stato di grande aiuto, in quel periodo. L'aveva aiutata a sorridere, a pensare ad altro, a ricordare suo fratello con la gioia nel cuore e gliene era terribilmente grata. La sua buona coscienza le diceva che era sbagliato buttare tutti i suoi sforzi. Così, aveva deciso che uno dei suoi buoni propositi per l'anno nuovo era proprio quello: pensare a suo fratello con la gioia nel cuore e smettere di piangere la sua morte. Sapeva che non era facile e non era sicura di poterlo rispettare, ma per lo meno ci avrebbe provato.

Per la serata avevano organizzato una grande cena ad un ristorante del centro di Berlino, con mezzanotte in strada, dove avrebbero assistito ai fuochi artificiali, per poi recarsi in discoteca e bere come spugne, stando alle parole di Bill. Ingie doveva ammettere che non vedeva l'ora di festeggiare. Percepiva l'adrenalina nelle vene e attendeva solamente il momento giusto per farla esplodere. Aveva scelto dal suo armadio, che lentamente si riempiva di capi nuovi, il vestito rosso che Bill le aveva regalato per Natale. Aveva pensato di non poter trovare occasione migliore per indossarlo. Il rosso era un colore opportuno, così come l'eleganza dell'abito. Mentalmente, venerò Bill per quella sua scelta grandiosa. Ai piedi, aveva deciso di indossare delle decoltè, mentre i capelli, ormai lunghi fino a metà schiena, li aveva stirati e sciolti sulle spalle, raccogliendo solamente un ciuffo alla tempia sinistra con un piccolo fiore rosso.

Improvvisamente, proprio mentre era intenta a scrutarsi allo specchio con attenzione, sentì bussare alla porta.

Avanti.” disse, voltandosi verso di essa, per vedere chi fosse. Isa si affacciò con la testa all'interno della stanza, chiedendo il permesso per entrare. “Certo.” esclamò la mora, sorridendo. La rossa si chiuse la porta alle spalle e le si avvicinò. Era bellissima. Indossava un vestito bianco, abbastanza corto, in pizzo con le maniche a tre quarti. Ai piedi un paio di decoltè nere ed i capelli raccolti in uno chignon che lasciava cadere un paio di ciuffi ondulati davanti al viso. “Stai benissimo.” sorrise Ingie, sincera.

Grazie, anche tu stai da favola. È bellissimo quel vestito.” rispose Isa, colpita.

Merito di Bill.”

Lo dico sempre che ha gusto.” Le si avvicinò appena. “Devi ancora truccarti?” le domandò curiosa ed Ingie annuì. “Ti volevo chiedere se potevi truccare anche me perché non sono molto brava.” fece timidamente.

Ma certo. Andiamo in bagno.” sorrise la mora, prima di aprire la porta della camera e prendere a correre appena – per quanto i tacchi potessero permetterglielo – verso il bagno. Nel frattempo Tom passava per il corridoio e, osservandole, fischiò loro dietro, cosa che portò Ingie a lanciargli un'occhiata assassina. Una volta chiuse al sicuro da sguardi indiscreti, disse ad Isa di sedersi sul gabinetto chiuso. La rossa obbedì ed attese che la mora frugasse nella sua pochette alla ricerca del giusto fondotinta. “Pensavo di truccarti sul grigio-nero.” le disse, finalmente in possesso del prodotto.

Qualsiasi cosa mi va bene. Sicuramente farai meglio di me.” ridacchiò la rossa.

Da quanto tempo state insieme tu e Georg?” parlò Ingie, una volta cominciato a spalmarle il fondotinta sul viso.

Ormai un annetto.” sorrise Isa. Sembrava così innamorata. “Sto bene con lui.”

Si vede che vi amate alla follia.”

E tu?” domandò curiosa. “Sei fidanzata?”

Ingie fremette. Le era parso strano che ancora nessuno, dal primo giorno in cui aveva messo piede in Germania, le avesse fatto quella domanda. Ora sì che cominciava a sudare.

No.” sorrise lievemente.

Appena arrivata, credevo stessi con Tom.”

Ingie scoppiò a ridere, decisamente divertita per quell'affermazione.

Io e Tom? No, non potrebbe mai accadere. Perché quest'impressione?”

Ho visto degli scambi di sguardi, degli atteggiamenti di Tom nei tuoi confronti. Mi ero convinta che steste insieme.”

No, no.”

Però gli piaci.”

Ingie sorrise appena e ringraziò che Isa tenesse gli occhi chiusi per farsi spalmare l'ombretto sulle palpebre.

Figurati.” mormorò.

Fidati, lo conosco bene.”

Le era sembrato di tornare a parlare con Simone. Le aveva detto le stesse cose. Possibile che Tom la guardasse in un modo tanto palese e che solo lei non se ne accorgesse? Certo, si erano reciprocamente dichiarati l'attrazione che provavano l'uno per l'altra, ma non avevano mai pensato a dei sentimenti veri e propri.

Ecco fatto.” annunciò dopo qualche minuto, ad opera terminata.

Isa si alzò in piedi e si avvicinò allo specchio per osservarsi da vicino.

Ma è bellissimo. Grazie mille, non sarei mai riuscita a fare una cosa del genere.” sorrise compiaciuta.

Non c'è di che.” La porta del bagno si aprì all'improvviso e Georg quasi saltò sul posto spaventato, non appena vide le ragazze all'interno. “Fuori, Redhead, stiamo creando.” lo minacciò Ingie, puntandogli contro il pennello dell'ombretto come fosse un'arma pericolosa.

Scusate.” borbottò lui, richiudendo la porta.

Sentì Isa ridere.

Mi diverte come riesci a tenere a bada tutti quanti. Hai un caratterino niente male.” le disse.

Ingie si ritrovò ad arrossire.

Grandioso, si disse, tutti mi ritengono una trita-palle dal caratterino difficile.

Diciamo che non riesco a smussare alcuni lati di me.” si limitò a rispondere, per poi cominciare a truccare i propri occhi. Aveva deciso di truccarsi sul nero, per avere un minimo di stacco di tonalità dal vestito.

Non devi farlo, secondo me.” parlò Isa, sedendosi sul ripiano del lavello per osservarla all'opera. “Vorrei poter essere forte come te, sai?” Ingie si fermò e si voltò verso di lei, rapita dalle sue parole. “In questi giorni ti ho osservata e mi sono sempre detta, cavolo, vorrei poter essere anche io energica come lei, far ridere la gente ed essere così al centro dell'attenzione per un momento.”

Ingie stette in silenzio qualche attimo, riflettendo sulle sue parole. Effettivamente, aveva notato fin da subito la timidezza della ragazza ma non aveva mai pensato che fosse una nota a suo sfavore; tutt'altro. A volte desiderava anche lei di essere in grado di mordersi la lingua, invece di rispondere sempre a tono.

Non è sempre positivo essere una buffona, sai?” sdrammatizzò, facendola ridacchiare.

Vedi? È a questo che mi riferisco.”

Pochi secondi ancora e la mora finì di truccarsi, giusto in tempo per udire Gustav, al piano di sotto, urlare alle ragazze di scendere perché si stava facendo tardi. Uscirono di fretta dal bagno e, cercando di non rotolare, scesero le scale molto lentamente. Ingie aveva notato – non sapeva se con piacere o con disappunto – che lo spacco del suo vestito era decisamente alto; quasi le arrivava all'intimo.

Andiamo con due macchine.” disse Georg, non appena raggiunsero il piano inferiore.

Ma quello è il mio vestito!” strillò Bill entusiasta, battendo ripetutamente le mani, alla vista di Ingie.

Sì, Speedy, te lo lascerò indossare se farai il bravo.” rispose lei con sarcasmo.

Andiamo?” intervenne Gustav.

Uscirono tutti di casa. Ingie seguì Tom nella sua macchina, assieme a Bill, mentre Isa e Gustav seguirono Georg nella sua. Una volta dentro, la mora accese lo stereo.

Non me lo rompere.” la mise in guardia Tom mentre si allacciava la cintura, facendole sollevare un sopracciglio.

Come te lo rompo? Con la forza del pensiero?” ribatté con sarcasmo.

Voi donne siete pericolose per auto come queste.”

Sempre il solito maschilista del cazzo.”

Bill, alle loro spalle, rise appena.

David, Amanda e Ivan ci aspettano al ristorante.” parlò per metterli a tacere.





***





Vederla scendere le scale, avvolta in quel vestito rosso, era stato per lui un colpo al cuore. Mai, mai l'aveva vista così bella ed aveva fatto di tutto perché non glielo leggesse negli occhi. Si sentiva strano al suo fianco, quella sera. Aveva una voglia matta di mandare tutto e tutti al Diavolo e correre in camera assieme a lei per farla di nuovo sua.

Seduta al tavolo di fronte a lui, rideva e scherzava con tutti con quel suo modo di fare così schietto e divertente.

Si era accorto che gli piaceva tremendamente stare in sua compagnia perché lo faceva ridere, come nemmeno Ria era mai stata in grado di fare. Aveva un senso dell'umorismo fuori dal comune, decisamente particolare, quasi pungente e lui non poteva fare altro che apprezzarlo. Ovunque si trovasse, era a suo agio e Tom non poteva chiedere di meglio. Ma continuare ad osservarla dall'altra parte della tavolata gliela faceva desiderare ancora di più, quasi fino a farlo star male.

Bill, risvegliandolo dai propri pensieri, sollevò nuovamente il suo bicchiere di vino bianco e propose l'ennesimo brindisi.

Bill, se continuiamo a fare brindisi ora, non arriveremo nemmeno al dolce.” sorrise David, seduto accanto ad Amanda che – per ovvie ragioni – non aveva toccato un goccio d'alcol.

Oh, andiamo, è Capodanno!” ribatté suo fratello. Tom, dal suo canto lo accompagnò, così come Ingie, Isa ed Ivan. “Voi sì che siete di compagnia.” commentò compiaciuto il biondo, prima di buttare giù il contenuto del suo bicchiere.

Amore, non starai esagerando?” domandò un Georg particolarmente preoccupato alla sua fidanzata, la quale fece una smorfia infastidita.

Non fare il papà rompiscatole.” ribatté.

Tom lanciò un'occhiata ad Ivan, seduto accanto ad Ingie, e notò con fastidio che i suoi occhi si posavano frequentemente sulla ragazza. Quella sera, si sentiva particolarmente geloso di Ingie. Non l'avrebbe mai ammesso nemmeno sotto tortura ma era la pura verità. Era in quei momenti che il suo lato più egoistico prendeva il sopravvento, volendola tutta per sé.

Tolti i pezzetti di plastica dal tappo della bottiglia d'acqua, li lanciò addosso alla ragazza, che sobbalzò appena, presa in contropiede. Posò lo sguardo perplesso su di lui, che sorrise furbescamente.

Strane smanie da Peter Pan?” domandò lei, lanciandogli indietro la plastica.

Forse.” rispose lui, enigmatico, facendole aggrottare la fronte. Voleva la sua attenzione, era più forte di lui. Quella sera necessitava del suo sguardo su di sé, esattamente come lui non lo distoglieva da lei. Scrutò un momento l'orologio al polso e constatò che erano già le undici e un quarto. “Mancano tre quarti d'ora a mezzanotte.” annunciò.

Sarà meglio ordinare il dolce, allora.” fece Gustav.

Puoi ordinare per me una crema catalana?” gli chiese gentilmente il chitarrista, per poi afferrare la giacca dallo schienale della sua sedia. “Ingie, mi accompagni un attimo alla macchina?”

La ragazza parve incuriosita ma annuì senza battere ciglio.

Anche per me.” disse a Gustav, prima di seguirlo al di fuori del ristorante. La sentiva alle sue spalle e quando si voltò e la rivide in tutta la sua bellezza, con il vestito rosso a fasciarle il corpo, provò di nuovo quel desiderio incontenibile. La osservò chiudersi il cappotto e stringersi le braccia al petto, infreddolita. “Che c'è, Piggy?” domandò, tranquilla. A quel punto si decise: le afferrò delicatamente la mano e la portò con sé al di là di una siepe piuttosto alta. Si guardò qualche secondo attorno, per assicurarsi che non vi fossero paparazzi in vista, poi – presole il viso fra le mani – si chinò su di lei, facendo incastrare perfettamente le loro labbra.

Un brivido.

La sentì fremere appena, forse sorpresa da quel gesto inaspettato, ma poi gli posò le mani sui fianchi, con l'intenzione di approfondire il bacio. Non seppe quanto andò avanti, prima che si allontanasse da lei e la guardasse attentamente negli occhi, ma riuscì a goderselo in ogni attimo.

Semplicemente perché non potrei farlo davanti a tutti, a mezzanotte.” le sussurrò con sua sorpresa, prima di rientrare al ristorante lasciandola sola.





***





Erano in strada da qualche minuto, in attesa della fatidica ora. Tutti erano su di giri, con le bottiglie di champagne in mano ed una lucidità sempre meno presente. Ingie era ancora piacevolmente scossa per ciò che aveva fatto Tom. Non se lo sarebbe aspettato da un tipo come lui, che difficilmente si lasciava andare quasi mettendosi a nudo a quella maniera. Era serena; era serena perché quello stesso desiderio che provava da tutta la sera per il chitarrista, lo provava anche lui.

Sentì le braccia di Bill e Gustav circondarle le spalle e poté notare con piacere che tutti, nessuno escluso, avevano fatto la stessa cosa fra loro, formando una sorta di catena di abbracci.

Le piaceva dannatamente quella sensazione. Talmente tanto che le venne quasi da piangere.

Dieci!”

Accettazione.

Nove!”

Affetto.

Otto!”

Casa.

Sette!”

Sollevò lo sguardo al cielo, dove una stella brillava più delle altre.

Sei!”

Sorrise appena.

Cinque!”

Grazie, fratellino.

Quattro!”

Sarai sempre nel mio cuore.

Tre!”

E ti voglio un bene infinito.

Due!”

Riportò lo sguardo su tutti gli altri.

Uno!”

Un boato si levò nel bel mezzo di Berlino. David stappò la bottiglia di spumante, che prese a spruzzare schiuma in ogni direzione, sotto le risate dei ragazzi.

Ricominciare a vivere con quelle persone magnifiche al suo fianco.

Poteva essere un buon proposito.


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Capitolo 17
*** Sixteen - Past, present and future ***


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Sixteen
Past, present and future





Pungi, sei fastidioso.”

Tom sbuffò sonoramente, allontanandosi dalla gola di Ingie – dove posava lievi baci da qualche minuto – e tornò a sdraiarsi a pancia all'aria.

Riesci sempre a trovare il momento adatto per dire le cose.” borbottò senza guardarla.

Se ti decidessi a farti la barba, ogni tanto...” ribatté lei, punzecchiandogli la guancia ispida con un dito.

Ti è sempre andata bene, fino ad ora.” si lamentò lui.

Beh, la mia povera pelle comincia a chiedere pietà.”

Tom schioccò la lingua contro il palato.

Esagerata.” commentò.

Non vedo perché io debba soffrire a suon di cerette mentre tu non ti degni nemmeno di raderti.”

Ma che razza di discorsi fai?” La mora fece un verso simile ad un grugnito e, con uno scatto, gli diede le spalle, abbracciando il proprio cuscino. “Dì la verità, ti deve venire il ciclo.”

Non poté fare a meno di sorridere, presa in castagna, e lanciare il cuscino alle sue spalle, colpendolo in piena faccia. Lo udì ridere, fino a che non la afferrò fra le braccia, prendendo a farle il solletico.

Piantala, Piggy!” esclamò la mora, non riuscendo a fermare le lacrime per il troppo ridere. “Ti odio, quando fai così!”

Improvvisamente, Tom si fermò, immobilizzandola nuovamente sotto il suo corpo caldo e ancora scosso da lievi risate. Ingie sentì una morsa allo stomaco, nell'esatto momento in cui i loro occhi si catturarono a vicenda, senza muovere un muscolo per secondi che parvero interminabili.

Invece, mi adori.” sorrise lui, sfiorandole il naso con il suo.

Sei un tantino presuntuoso.” gli fece notare, sollevando un sopracciglio.

Lui si limitò a chiudere gli occhi e carezzarle le labbra con le sue. La scarica elettrica che Ingie percepì alla schiena fece un baffo ad un'intera tempesta. Ogni volta che la baciava, percepiva il proprio cervello sconnettersi ed ogni briciola di forza di volontà dare le dimissioni.

Con la bocca scese a saggiarle il mento, poi la gola – come qualche attimo prima – lasciandole anche piccoli morsi che la fecero sospirare piacevolmente.

Aveva imparato a conoscere Tom da ogni punto di vista e si era ritrovata a dover ammettere che, per quanto riguardava la sfera passionale, era un amante con la A maiuscola. Il piacere che ogni volta le faceva provare non era quantificabile. Si prendeva cura di lei con minuziosa attenzione; non era egoista come la maggior parte dei ragazzi con cui aveva avuto l'occasione di dormire, benché non fossero molti. Tom la sapeva prendere; sapeva alternare momenti dolci ad attimi più passionali. La sfiorava, la baciava, la assaggiava permettendole di rifugiarsi per un momento su un mondo a parte, lussurioso e fatto di perfezione. Poi la possedeva ed era proprio in quei momenti che Ingie perdeva la capacità respiratoria. Le piaceva aggrapparsi al suo corpo marmoreo ed imponente, nel bel mezzo della passione, le piaceva sentire la pelle umida e calda a contatto con la sua, le piaceva guardarlo negli occhi e leggervi ogni sfumatura di piacere. Le piaceva sentire il suo fiato corto sul viso, le piaceva stare fra le sue braccia muscolose; si sentiva tremendamente piccola fra di esse. Più volte aveva pensato che Tom fosse per lei L'Uomo, quello vero, quello possente, quello protettivo, nei momenti in cui si lasciavano andare al sesso, ed il solo pensiero la faceva arrossire.

Sentì le labbra del chitarrista scivolare sul suo petto – sulla T impressa nella pelle – al di là del quale il cuore batteva all'impazzata, per poi scendere sull'addome, dove stampò piccoli e teneri baci. Poi riprese il cammino, sempre più in basso. Ingie sentì il fiato venire meno e dei brividi percorrerle ripetutamente il basso ventre, ma quando percepì la bocca del ragazzo posarsi leggera sul suo inguine, si mosse appena, afferrandolo per il viso con l'intenzione di farlo risalire.

Arrossì non appena sentì una lieve risata.

Volevo vedere fin dove si spingeva la tua sfacciataggine.” le disse con un sorrisetto ironico, quasi ridicolo, sul viso.

Lei, per dispetto, gli tirò appena un rasta.

Ti diverti a mettermi in imbarazzo?” borbottò risentita, ma ancora scossa da brividi di piacere.

Non credevo che una come te potesse essere in grado di provarne. Volevo verificare.” fece divertito, carezzandole appena il collo con le mani.

Sono una ragazza anche io, fino a prova contraria, e – udite, udite – con un minimo di pudore.”

Adesso lo so.” Sospirò appena, circondandogli il bacino nudo con una gamba. Lo vide sorridere con malizia. “Ora sei tu che provochi spudoratamente.” le sussurrò.

Effettivamente, percepì un certo eccitamento da parte del ragazzo, cosa che non poté lasciarla del tutto indifferente. Lei scrollò le spalle con espressione fintamente innocente che si tramutò ben presto in una smorfia sorpresa ed appagata, non appena il chitarrista la fece di nuovo sua, senza preavviso.





***





Non avrebbe mai immaginato di pensare una cosa simile, ma le era mancato lavorare. Tornare al negozio, assistere i clienti irritanti, combattere con il mal di testa e litigare con le felpe che cadevano dagli appendini era stato quasi piacevole. La compagnia di Ivan era tornata ad allietarle le giornate ed uno strano buon umore le impediva di imprecare.

Ammettilo, ha a che fare con Piggy.

Scosse la testa. Da giorni, quella dannata vocetta non faceva altro che farle notare cose che nemmeno sotto tortura, su una sedia elettrica, avrebbe ammesso. Piggy non c'entrava un bel niente con il suo buon umore. A volte capitava anche a lei di essere serena senza alcun motivo.

Come no. Non sei più frustrata da quando hai ripreso ad avere una vita sessuale.

Oh, taci.

Ciao.” salutò cordialmente la ragazza che aveva appena fatto il proprio ingresso al negozio. “Se hai bisogno, chiedi pure.” disse da copione, per poi dirigersi al reparto delle scarpe e riordinare alcune scatole.

Ormai, vi stava prendendo gusto.

Hey, scusa.” udì una voce femminile alle sue spalle. Quando si voltò, si trovò davanti la stessa ragazza che aveva accolto qualche attimo prima.

Sì, dimmi.” le sorrise gentilmente.

Dov'è Ivan?” le domandò.

Ingie si sorprese nel sentirle pronunciare quel nome.

Oh, è sceso un attimo in magazzino, arriva subito. Hai bisogno?” rispose, facendo finta di nulla.

Sì, vorrei parlargli.”

La mora la osservò ancora un attimo, mentre le dava le spalle e si avvicinava al bancone in attesa di Ivan, e si chiese chi potesse essere. Aveva un atteggiamento strano, quasi infastidito ed estremamente severo. Di certo, aveva qualcosa di serio a che fare con lui.

Improvvisamente, la lampadina – a volte funzionante – nel suo cervello si accese. Poteva essere l'ex fidanzata del biondo. D'altronde, Tom le aveva confidato che Ivan si era lasciato da qualche mese con la sua ragazza e che non l'aveva presa bene. Che fosse tornata per un chiarimento? Come avrebbe reagito lui?

La dannata curiosità cominciò a divorarle il cervello e, nonostante la lontananza, fece di tutto per non perdere d'occhio la situazione. Poi, vide Ivan in cima alla scala e non le sfuggì il cambio repentino d'espressione.

Ci ho preso.

Lo vide avvicinarsi a lei, come sospettoso, per poi prendere a parlare. Non riusciva a cogliere una sola parola e la cosa cominciava a darle sui nervi.

Io e la mia smisurata curiosità.

Non poteva avvicinarsi e fare la figura dell'impicciona; così decise di tenersi in disparte ed attendere il momento giusto per intervenire. Non seppe dire quanto si protrasse quella conversazione ma, non appena vide la sconosciuta uscire dal negozio, si avvicinò al proprietario.

Mi chiedo come la gente abbia la faccia tosta di ripresentarsi dal nulla, a questa maniera.” borbottò il ragazzo e ciò confermò la tesi di Ingie. “Dopo quello che ha combinato, pensa di tornare come se nulla fosse.”

Non sapevo chi era, mi dispiace. Ti voleva vedere ed io non pensavo fosse lei.” si scusò la mora, mortificata.

Figurati, hai fatto bene. Probabilmente sperava che io le dessi l'occasione per rimediare ai suoi danni.”

Ci sono ragazze che hanno perso anche l'ultima dose di dignità di cui disponevano.”

Ivan scrollò le spalle.

Ormai non ha più importanza.” commentò, prendendo a trafficare dietro al bancone.

E tu cosa le hai detto?” domandò Ingie, posando le braccia su di esso, piuttosto interessata.

Di non rompermi più le palle e, piuttosto, di andare a parlare al diretto interessato.”

Ingie aggrottò la fronte.

Intendi l'altro con cui sta?” chiese confusa. Ivan sollevò lo sguardo su di lei, decisamente perplesso.

Non lo so se ora sta con un altro ma di certo a Tom non può fregar di meno.” ridacchiò. Ingie sentì una fitta allo stomaco, come se un enorme macigno le fosse planato lì senza preavviso, devastandola. “Voglio dire, l'ha tradito. Cosa pretende?” Si sentì un'emerita idiota. Come aveva potuto pensare che si trattasse dell'ex fidanzata di Ivan? Era ovvio che gli dei del cielo le volessero stravolgere quella giornata cominciata così allegramente. Ria. Come aveva fatto a non arrivarci? Posò la fronte sulla sua mano, scuotendo appena la testa, vergognandosi sempre di più della propria stupidità. “Se si aspettava che io le facessi da portavoce, ha sbagliato persona.” continuò il ragazzo, rancoroso; tipico di un amico sinceramente protettivo.

Ma cosa ti ha detto, precisamente?” indagò, non sicura di volerlo veramente sapere.

Che cerca un modo per parlare con Tom, che vuole chiarire... Cazzate. Non è mai stata innamorata di lui; almeno non quanto lui lo è stato di lei.” Cominciava a percepire il fiato farsi sempre più corto e si chiese il motivo. Il punto era che non si sarebbe mai aspettata quell'incontro; non si sarebbe mai aspettata che Ria Sommerfeld tornasse nell'esatto istante in cui le cose fra lei e Tom... Non sapeva nemmeno come potesse definirle. D'altronde, non la dava a bere a nessuno. La loro relazione era circoscritta ad una camera da letto. Al di fuori di essa, erano semplicemente amici, niente di più. L'avevano voluto loro; avevano deciso loro che sarebbe stato solo sesso e lei avrebbe potuto benissimo tirarsi indietro, ma non ne aveva avuto il coraggio. Forse doveva solamente pagarne il prezzo. “Mi domando come la possa prendere Tom.”

Un giorno, mi ha detto esplicitamente che, se si ripresentasse, non tornerebbe a stare con lei.” cercò di parlare, forse più per convincere se stessa e per ricevere una conferma da Ivan, che per il semplice gusto di partecipare a quella conversazione. Fremette quando Ivan fece una smorfia per nulla convinta.

Purtroppo, ho paura che si lasci trasportare, prima o dopo. Io so quanto l'ha amata e non sono convinto che l'abbia dimenticata del tutto.”

Questa volta, Ingie non trovò la forza di replicare.





***





No, non mi piace.”

Tom sollevò gli occhi al soffitto, stando ben attento a non lanciare la chitarra contro il muro – visto quanto gli era costata – e si voltò verso suo fratello, che per l'ennesima volta aveva interrotto la registrazione.

Bill, non capisco cos'è che non ti piace.” parlò Gustav, decisamente perplesso, con le bacchette ancora in mano.

Non lo so.” borbottò il vocalist, alzandosi dalla sedia e prendendo a camminare in lungo e in largo per la stanza con fare nervoso. “David si aspetta un certo tipo di lavoro in un certo limite di tempo. Non mi sento in grado di farlo.”

Certo, se continui a fermarci ogni cinque secondi.” intervenne Tom, seccato. Bill si voltò verso di lui, quasi offeso.

Scusami se voglio produrre qualcosa di decente.” gli spuntò in faccia.

Tom non sapeva mai come prendere suo fratello durante quei momenti. Era incredibile come divenisse così insicuro e pignolo per ogni singolo dettaglio del loro lavoro. Certo, lui era il primo ad essere perfezionista a livelli nauseanti, ma Bill stava veramente distruggendo ogni limite.

Bill, devi solo prenderla un po' più serenamente.” intervenne Georg, che ancora teneva il basso in grembo. “Di questo passo non riusciremo nemmeno a pubblicare il singolo.”

Vorrà dire che non lo faremo!” sbottò il cantante, allargando le braccia con disperazione.

Come, scusa?!” si alzò dalla sedia Tom, fuori di sé. “Bill, mi hai rotto il cazzo. Smettila di fare l'idiota e torna a posare il culo su quella merda di sedia.” gli disse a denti stretti, tremendamente vicino e più scurrile del solito. Il nervoso che provava nel sentire tali ragionamenti era cosa conoscibile solamente a lui. Non poteva esprimere pienamente ciò che sentiva quando suo fratello parlava a quella maniera.

Tu invece smettila di darmi ordini.” sibilò il biondo, con sguardo quasi carico d'odio.

Ragazzi.” li ammonì Gustav, probabilmente conscio dell'imminente litigio. “Per favore, dobbiamo lavorare.”

Tom si voltò di scatto verso il batterista.

Dillo a questo coglione!” esclamò indicando suo fratello con fare esasperato.

Coglione lo dici a qualcun altro.” ribatté Bill, spingendolo appena da una spalla.

Okay, adesso basta.” intervenne Georg, in mezzo ai due, non appena vide Tom pronto a ricambiare il gesto con il doppio della forza. “Possibile che dovete sempre finire col mettervi le mani addosso?” fece, stufo.

Alla fine è sempre lui a cominciare.” commentò Tom, voltandosi per tornare a sedersi.

Non interessa a nessuno chi comincia. Smettetela e basta.” si impose il bassista.

Bene.” concluse Bill, uscendo dalla sala d'incisione e sbattendosi violentemente la porta alle spalle.

Ma che cazzo succede, si può sapere?!” alzò la voce Gustav, sollevandosi dalla sua postazione.

Non chiederlo a me.” borbottò Tom prima di alzarsi ed uscire anche lui dalla sala, alla ricerca di suo fratello. Non riusciva a spiegarsi quel suo assurdo comportamento e quella volta non vi sarebbe passato sopra. Camminò con passo marcato per tutto lo studio, fino a che non decise di controllare in giardino, dove effettivamente Bill era intento a fumare nervosamente una sigaretta – seduto sul pianerottolo – in compagnia dei cani che correvano davanti a lui. Il chitarrista sospirò e gli si sedette affianco, per poi rubargli una sigaretta dal pacchetto, senza pronunciare parola. Nemmeno Bill gli disse nulla; neanche una lamentela. Inspirò un po' di fumo, per poi buttarlo fuori con immensa tranquillità. “Che hai, Bill?” gli domandò improvvisamente con tutta la calma possibile.

Mi sento un incapace.” parlò il vocalist, come previsto. In ventitré anni di vita, aveva imparato come prendere suo fratello nei momenti di estremo scazzo. Per questo non rispose, semplicemente lo lasciò libero di esprimere tutto ciò che si teneva dentro. “È come se avessimo buttato tutti questi anni di lavoro e concerti. Mi sento come se dovessi ricominciare da capo.”

È l'ansia che ti viene ogni volta che devi produrre un nuovo album, Bill. Non è nulla di nuovo.” gli fece notare.

Devo farmene una colpa se non riesco a reagire in maniera differente? Mi sento sempre appeso a un filo, Tom. Come se la mia vita fosse destinata a dover compiacere sempre qualcuno. Come se dovessi preoccuparmi di soddisfare ogni singola aspettativa e mi pesa. Mi pesa da morire.” si sfogò il biondo, lasciando che la sigaretta si consumasse lentamente fra le sue dita.

Tom sapeva bene cosa si provasse a dover accontentare sempre qualcuno. Sapeva cosa significasse sentire quel tipo di stress e di peso, quella sorta di responsabilità nei confronti del mondo intero. Quell'ambiente era crudele; bastava fare un solo passo falso e la loro carriera era segnata.

Lo so, Bill. Ma non possiamo roderci il fegato. Alla fine, come va, va. L'importante è che ci sia salute ed affetto. Saranno cose scontate, ma sono anche le più vere che io possa dire in questo momento.”

A volte non bastano.”

Forse, ma è già un buon punto di partenza.”

Bill restò qualche attimo in silenzio, forse per riflettere su ciò che gli aveva appena detto con pazienza. Non era la prima volta che Tom si trovava a dover 'psicanalizzare' suo fratello ed ormai aveva imparato ad utilizzare la giusta chiave di lettura.

Sono un idiota.” mormorò Bill, facendolo scoppiare a ridere.

Un pochino.” scherzò, tirandogli un lieve pugno sul braccio. “Più che altro, dobbiamo già sopportare la fase mestruale di Ingie – che tra l'altro non ha mai fine; non vorrei dover fare lo stesso con te.” cercò di sdrammatizzare, riuscendo a farlo sorridere. “Torniamo dentro?” domandò poi, dopo aver spento la sua sigaretta.

Bill annuì appena rimettendosi in piedi e Tom fece la stessa cosa, fino a che il suo cuore non si fermò.

Capelli rossi, carnagione olivastra, occhi a mandorla color cioccolato. Prese a tremare.

Il suo sguardo non si spostò, come scioccato, dalla ragazza che sostava al di là del cancello, in silenzio, immobile, scrutandolo quasi con un forte senso di colpa o non sapeva cos'altro. La sua mente stava accavallando pensieri senza porvi un ordine preciso ed ebbe quasi paura che gli esplodesse da un momento all'altro.

Perché era tornata? Perché era lì, a qualche metro da lui, a guardarlo quasi con affetto? Il suo stomaco si strinse in una morsa ma non seppe dire se fosse per la rabbia smisurata che provava nei suoi confronti o per la nostalgia.

Bill, al suo fianco, si era altrettanto immobilizzato, fissando Ria con espressione indecifrabile.

Tom.” mormorò insicuro.

Vai dentro, Bill.” gli disse senza staccare gli occhi dalla ragazza che fino a qualche mese prima riteneva l'amore della sua vita. Sentì il tocco della mano del vocalist stringersi sul suo braccio, come ad infondergli coraggio, prima di sentire la porta chiudersi alle sue spalle.

Prese a camminare insicuro verso di lei, dimenticandosi di distogliere lo sguardo di tanto in tanto, fino a che non le fu di fronte, al di là del cancello.

Ciao.” lo salutò lei inespressiva. Lui fece un semplice gesto con la testa; probabilmente la osservava confuso o con odio. “Posso entrare?” gli domandò per la prima volta remissiva.

Tom indugiò.

Farla entrare o no? Farle riprendere un contatto con la loro vecchia vita? Risvegliare in lui ricordi che avrebbero fatto solo male?

Premette il pulsante che aprì automaticamente il cancello.

Che ci fai, qui?” gli venne spontaneo chiedere, freddamente. Non dimenticava; non dimenticava tutto il dolore che aveva vissuto a causa sua.

Vorrei parlarti.” rispose lei, forse troppo pretenziosa per i suoi gusti.

Parlare? Di cosa?” fece lui, scettico, mentre il cancello si richiudeva alle spalle della rossa.

Possiamo entrare?” cambiò discorso lei, cosa che lo fece innervosire maggiormente.

Non saresti degna nemmeno di calpestare questo giardino.”

Lei sorrise appena, amaramente.

Mi odi.” mormorò consapevole.

No, non ti odio. L'odio è comunque una forma d'amore.” la corresse lui. “Mi fai schifo. Questo sì.” La osservò annuire appena con espressione colpevole ed un lieve sorriso sul volto. “Come fai a tornare e chiedermi di parlare dopo quello che hai fatto?” le domandò quindi, sinceramente curioso.

Penso che a tutti vada data la possibilità di spiegare. Tu non me l'hai data.”

Non te l'ho data?!” alzò la voce lui, mentre la rabbia cominciava a scaldargli pericolosamente il corpo. “Ne avevi il bisogno?! Ti ho trovata direttamente a letto con quel cazzone! Che razza di possibilità ti dovevo dare?!”

Almeno ti avrei spiegato il motivo.”

Si sentiva sempre più preso in giro e non sapeva se ridere o sputarle in faccia.

Sinceramente, non me ne frega un cazzo. E mi sembra anche assurdo stare qui ad ascoltare e farmi prendere per il culo da una pazza, psicotica con seri problemi di autostima e di memoria.”

Non ti sto prendendo per il culo. Voglio solo spiegarti cosa mi passava per la testa in quel periodo.”

Ria, non mi interessa cosa diamine ti passasse per la testa in quel fottuto periodo! Hai una vaga idea di cosa passasse per la mia, quando ti ho vista con quello?!” Merda. La sua voce si era incrinata appena, a causa di un forte magone che forse non aveva mai provato nella vita, ma non aveva intenzione di darle anche quella soddisfazione. “La verità è che sei solo una stronza, egoista, che ora prova anche a fare la vittima, ribaltando la situazione. Non hai proprio un briciolo di dignità, vero?”

Tom, mi sentivo trascurata.”

Il chitarrista sgranò gli occhi come impazzito. Sentiva un'ira del tutto nuova, che non gli apparteneva, prendere il sopravvento. Quasi ebbe paura di metterle le mani al collo.

Non mi fai solamente schifo, mi fai venire voglia di vomitare.” cercò di mantenere la calma, mentre il cuore batteva furioso in petto. “Io ti ho dato tutto, Ria. Tutto. Lo sapevi bene che eri la prima ragazza di cui mi ero follemente innamorato e sapevi anche che paura fottuta avevo. Ti ho dato anima e corpo. Ti ho dato la mia fiducia e tu l'hai calpestata senza indugi. Ti ho sempre detto che eri la donna della mia vita e sai quanto mi sia costato pronunciare certe parole; eppure l'ho fatto perché lo sentivo. Ho ripetuto di amarti innumerevoli volte; ti ho chiamato durante il tour fino alla nausea, pur di sentirti vicina. Ti ho accolto nella mia vita, così come mio fratello. Ti abbiamo amata tutti. Non mi venire, ora, a rifilare la stronzata del 'mi sentivo trascurata', perché non attacca. Mi fa solamente incazzare di più.”

Tutto quello che dici è vero. Ma io non riuscivo più a sopportare la lontananza.”

La lontananza o l'astinenza? Sai, sono due cose estremamente differenti.”

Aveva pronunciato quella frase con un sarcasmo cupo, acido, quasi cattivo.

Non scherzare. Lo sai che ti amavo.” mormorò lei, come offesa.

Cazzo, Ria!” urlò Tom fuori di sé. “Chi ama non tradisce! Io non ti ho mai tradito! Mai! E sai benissimo che avevo migliaia di occasioni per farlo! Avevi bisogno di scopare?! Non riuscivi ad aspettare il mio ritorno? Cazzi tuoi. Sai, anche io, ogni tanto, avevo bisogno di scopare, ma non andavo ad inseminare in giro!”

Parli di me come fossi una prostituta.”

Tom le scoccò un'occhiata assassina.

Devo seriamente commentare?” sibilò rancoroso. Dei semplici insulti non potevano bastare per farle realmente comprendere quanto fosse insignificante di fronte a lui. “Toglimi una curiosità. Cosa pensavi di ottenere, oggi, venendomi a parlare?” le domandò quindi, presagendo la risposta.

Pensavo di poter spiegare con calma la mia posizione, chiederti scusa e provare a ricominciare.”

Ricominciare? E tornare nella merda proprio ora che sto ricominciando a vivere? Se non riesci a trovare qualcuno con cui fare sesso, sappi che io non riuscirei nemmeno più a toccarti senza avere conati. Cercati qualcun altro.”

Non è per il sesso, non fare finta di non saperlo.”

Io non so più niente, Ria. Hai idea di quanto io ora faccia fatica a fidarmi di nuovo di qualcuno? Hai idea di quanto io faccia fatica ad immergermi in una nuova storia, da capo? E vorrei tanto poterlo fare, credimi.”
“Possiamo riprovarci, insieme.”

Forse non hai capito che 'insieme' non esiste più. Non esiste più un 'noi', non esiste più un bel niente. Ti sei solamente resa ancora più ridicola venendo qua.”

Io ti amo ancora.”

Tom ignorò la fitta che percepì allo stomaco.

Mi fai veramente pena. Ora vattene, dovrei lavorare ad un album, decisamente più importante di una buffona come te.” le disse a denti stretti, schiacciando nuovamente il pulsante del cancello, ma lei non sembrava volersi muovere. “Esci.” le ordinò. “E fammi il favore di non farti mai più vedere.”

Stai sbagliando.” rispose lei, convinta. Tom strinse i pugni.

Non ti metto le mani addosso solo perché sei una donna.” commentò gelido. Lei non disse più una parola, si limitò a guardarlo dritto negli occhi mentre indietreggiava, fino ad uscire dal giardino. “Addio, Ria.” disse più a se stesso, una volta che il cancello si richiuse davanti al suo sguardo.





***





Quella stronza, megera!” esclamò Bill, continuando a camminare avanti e indietro per lo studio, con un diavolo per capello. “Lo sapevo che prima o poi sbucava di nuovo, come i funghi velenosi!” continuò, sotto gli sguardi preoccupati di Georg e Gustav, seduti sul divano in attesa.

Bill era fuori da ogni grazia. Non si spiegava come fosse possibile che quella ragazza avesse la faccia tosta di ripresentarsi come nulla fosse, dopo il male che aveva fatto a suo fratello. Aveva sentito il suo stesso dolore sulla pelle, per quel loro legame così forte e viscerale; aveva sofferto, pianto per lui. Poi aveva ricominciato a sperare assieme a lui in qualcosa di nuovo, in qualcosa di positivo. Rivedere Ria era stato come prendere un intero macigno in testa; come se tutti gli sforzi che aveva fatto Tom fino ad allora fossero stati del tutto vani. Aveva persino cominciato a vedere in Ingie una sorta di via d'uscita per il suo smarrimento ed ora si ripresentava la donna che Tom aveva amato con tutto se stesso, per la prima volta in vita sua. Era semplicemente ingiusto.

Stanno ancora discutendo?” domandò Georg, nervoso. “Dio, spero la mandi a cagare.”

Confido nel suo buon senso.” aggiunse Gustav, con una gamba sussultante.

Se dovesse tornare a star male per lei, giuro che la vado ad uccidere. Non proprio ora che si stava risollevando; non proprio ora che abbiamo da lavorare e da essere concentrati.” continuò Bill, in preda ad una crisi isterica. “Lo sapevo, lo sapevo che succedeva qualcosa! Ero nervoso oggi! Sono un dannato uccello del malaugurio! Io me le sento, le cose!”

Bill, calmati. Agitarsi ora non serve a nulla. È tutto nelle mani di tuo fratello.” intervenne il bassista.

E se dovesse darle un'altra opportunità? Io non la rivoglio in casa!” si disperò il biondo.

Sentiva la paura, quella vera, montare sempre più violenta dentro di sé.

Improvvisamente, udirono la porta dello studio aprirsi con un lieve scatto. Tutti si voltarono in allerta in quella direzione e videro Tom rientrare appena scosso. Quando richiuse la porta, Bill ebbe un fremito. Lo vide sollevare lo sguardo, cercare il suo e sospirare lievemente.

L'ho mandata via.”

Non pensò un secondo di più: corse ad abbracciare il suo fratellino con tutta la forza che aveva.





***





Aveva lasciato il negozio con una stanchezza immane. Lavorare si era alla fine rivelato più faticoso del previsto, nonostante i buoni propositi con cui aveva dato il ben venuto a quella giornata. Aveva passato il tempo a rimuginare sulle parole di Ivan con un'immensa paura che potessero rivelarsi veritiere. Non sapeva il motivo; aveva creduto fino a quel momento di non essere emotivamente coinvolta dal chitarrista ma si era sbagliata. Era la pura verità; per lei, Tom non rappresentava semplicemente qualcuno con cui fare sesso, l'aveva sempre saputo ma non aveva mai voluto ammetterlo, nemmeno a se stessa. Non era innamorata, ma non poteva nemmeno dire di sentirsi totalmente indifferente a ciò che sarebbe potuto accadere con Ria. Forse era semplicemente il suo orgoglio femminile ad agire, ma il suo stomaco non le avrebbe dato il tormento tutta la mattina con fitte insopportabili, se fosse stato veramente così. Non aveva fatto altro che pensare al ragazzo e sperare intimamente che ciò che le aveva detto tempo prima – sul fatto di non voler tornare con Ria – fosse vero. Si sentiva un'egoista; non poteva sperare una cosa simile, loro non sarebbero diventati nulla di concreto e lo sapeva bene perché era la prima a credere fermamente che non fossero fatti per stare insieme. Quindi perché pretenderlo tutto per lei? Si odiava perché era una contraddizione vivente.

Camminò lungo il marciapiede, fino a che non giunse in palestra. Non voleva tornare allo studio; non vi era un motivo preciso, sapeva solamente che non le andava ancora di vederlo.

Ciao.” parlò alla proprietaria, in segreteria. “Tom mi ha detto che ha prenotato a mio nome una sala per il ballo.”

Sì, per tre giorni a settimana.” sorrise la donna. “Ecco la chiave.”

Ingie la afferrò e la ringraziò, per poi camminare alla ricerca della sala. Il suo cuore batteva all'impazzata perché non aveva previsto di provare nuovamente a ballare, per la prima volta, proprio quella mattina. Ricordava che, quando ancora viveva a New York e la sua vita era quasi perfetta, si rifugiava nel ballo non appena si sentiva giù di morale. Voleva vedere se funzionava ancora.

Non appena fece il suo ingresso a destinazione e richiuse la porta per stare in solitudine, si guardò attorno mentre un mucchio di ricordi tornavano a farle visita. Il parquet chiaro, gli enormi specchi addossati alla parete, le sbarre su quella opposta ed uno spazio che quasi la fece sentire minuscola. Voltò lo sguardo e notò uno stereo con delle casse enormi, posizionate su ogni angolo di quella stanza.

Le prudettero le mani; esitava.

Hai promesso che avresti ricominciato a vivere, le disse la voce che ormai aveva preso residenza nella sua testa. Così, decisa, posò la borsa a terra e si avvicinò allo stereo. Alcuni cd erano posati in pila, a disposizione. Si sorprese nel constatare che vi era un cd per ogni genere musicale e sorrise non appena afferrò il suo.

Hip hop.

Quanto tempo era passato prima di tornare a leggere quella parola. Le due acca stampate sulla sua pelle non erano paragonabili. Con mani tremanti – aveva paura di romperlo – estrasse il disco e lo inserì nel lettore.

Play.

Un ritmo familiare ed incalzante prese a riempire l'intera sala, facendola sorridere commossa. Quasi non si accorse di restare immobile per istanti interminabili. Si era persa nell'ascoltare quelle note tanto amate, dimenticandosi di muoversi. Era troppo tempo che non percepiva di nuovo quelle magnifiche sensazioni.

Si asciugò una piccola lacrima che le era scappata al controllo, sorrise appena e si voltò, dirigendosi al centro della sala e posizionandosi di fronte allo specchio. I muscoli presero a muoversi da soli, come avessero saputo fin dall'inizio cosa fare e come farlo. Una sensazione di benessere, di libertà, di leggerezza; la sensazione di volare.

Stava ballando. Stava ballando di nuovo.

Chiuse gli occhi e sorrise, continuando a muoversi a ritmo della musica R&B.

Non le sembrava vero. Aveva quasi voglia di piangere, ma era troppo felice per farlo.

E intanto un pensiero costante le trapanava il cervello.

Sarò grata a Tom per sempre.





***





Non appena entrò allo studio, senza fare il minimo rumore, una dolce melodia le catturò l'attenzione. Spostò lo sguardo alla sua destra e vide Tom darle le spalle, seduto sul divano, intento a carezzare le corde della sua chitarra acustica con estrema gentilezza. Sorrise appena. Ricordava il giorno in cui aveva assistito al suo concerto; era rimasta semplicemente strabiliata dalla bravura del chitarrista, ma soprattutto della sua dolcezza e della sua sensibilità nell'esatto istante in cui aveva fatto scivolare le sue dita sul piano di vetro. Le note che produceva in quell'esatto istante erano per lei piene di sentimento, piene di una malinconia tangibile ma anche di un amore incommensurabile. Sapeva che Tom aveva due amori nella vita: la sua famiglia e la musica. Due nuclei da cui non poteva prescindere. Da quel punto di vista, avrebbe potuto affermare fossero identici.

Gli si avvicinò appena alle spalle, in silenzio, per poi fare il giro del divano e sederglisi accanto. Lui, sorpreso, si fermò, sorridendole.

Era da un po' che non ti sentivo suonare.” parlò lei, sinceramente compiaciuta. Lui scrollò le spalle, senza abbandonare il suo sorriso lieve, ed abbassò lo sguardo sulla chitarra ancora in grembo.

Ne avevo bisogno.” mormorò. “Mi aiuta sempre.”

Pare che oggi abbiamo ripreso le cose che più amiamo, entrambi.” sorrise lei, dolcemente.

Lui si voltò nuovamente verso di lei, sorpreso.

Hai ballato?” le domandò, speranzoso. Lei annuì appena, serena e grata. “Sono contento, Ingie. Davvero.” le disse, sincero.

Beh, è successo grazie a te, quindi...” Non seppe come portare avanti quella frase, quindi decise semplicemente di abbandonarla in sospeso, lasciando intendere cose che sapeva avrebbe capito. Lui, in risposta, sorrise ed annuì impercettibilmente. “Come mai suoni? Cos'è successo?” decise di cambiare discorso, poggiandosi meglio contro lo schienale del divano con un braccio.

Lui distolse nuovamente lo sguardo, scrollando le spalle. Sembrava avesse timore di dirle una verità che, purtroppo, già immaginava.

È successa una cosa che mi ha un po' sconvolto.” Quella frase non le piacque per niente; non le sembrava di buon auspicio. “Ho rivisto Ria.” Nonostante lo avesse quasi dato per certo, sentirgli pronunciare quelle parole le causò una forte fitta allo stomaco. Era incredibile come le sembrasse di vivere in un film e non voler sentire altro, perché già conscia di come le cose si sarebbero concluse. “Non me lo aspettavo.” ammise. Ingie non disse una parola; non aveva idea di come poter replicare, mentre la morsa allo stomaco si faceva sempre più forte. “Ho provato rabbia. Tanta rabbia.” parlava lentamente, come volesse pesare le parole da pronunciare perché toccavano lui per primo. “Lei è così. Se ne va quando stai bene con lei e torna quando stai bene senza di lei.” Ingie non sapeva più cosa pensare. Sapeva solo che il suo cuore minacciava di sfondarle il petto. “Sai cosa mi ha detto?” le domandò poi, senza guardarla. “Che si sentiva trascurata.” Tom restò qualche attimo ad osservarsi le mani riunite e poi nascose il viso fra esse. “Cristo.” sussurrò con nervoso. Ingie si sentiva sempre più a disagio; si sentiva tremendamente fuori luogo, come non fosse lei la persona adatta alla quale fare confidenze simili. Effettivamente, lei era l'ultima persona raccomandata per ascoltare tali parole, ma non aveva il coraggio di respingerlo. “Ria ha conosciuto tutto di me, anche le mie debolezze. Mi sono messo completamente a nudo con lei e sa quello che ho fatto per tenere salda la nostra storia. Mi sento un idiota.” Ingie si strinse nelle spalle, posando lo sguardo altrove. Poi sentì il chitarrista sospirare, scuotendo la testa. “Scusa, non dovrei parlare di questo con te.” mormorò, tornando a guardarla.

Lei sorrise appena, scrollando le spalle.

Figurati. Non stiamo mica insieme.” rispose lei, senza incrociare il suo sguardo.

No, però... Stiamo condividendo comunque qualcosa.” rispose Tom.

La camera da letto?” fece lei con sarcasmo, forse troppo pungente. Tom aggrottò la fronte.

Ingie, vuoi cancellare tutte le confidenze che ci siamo fatti? Noi condividiamo cose che nessun altro sa. Mi dispiace sentirti parlare così.”

Ingie si sentì tremendamente in colpa. Era stata cattiva a fare quell'uscita infelice. Era vero, lei e Tom condividevano tanto della loro vita, non condividevano solamente il sesso.

Scusami.” mormorò. Si schiarì appena la voce. “Beh, com'è finita?” domandò quindi, cercando di guardarlo.

L'ho mandata via.”

Ingie sollevò le sopracciglia, non seppe dire se con sorpresa o con scetticismo.

L'hai mandata via?” ripeté ed il chitarrista annuì tranquillamente.

Non potrei mai tornare a stare con una persona che mi ha deluso così tanto. Anche se mi emoziona ancora, in fatto di ricordi. Non sono più innamorato di lei; non mi fido più, sono deluso. Non riuscirei più a toccarla senza provare schifo o a vivere le giornate con lei come nulla fosse successo. È stata una parentesi della mia vita. Un'importante parentesi, ma ora non ha più importanza.”

Sorpresa, incredulità... Sollievo.

Erano troppe le emozioni che toccavano il cuore di Ingie e si sentì improvvisamente stupida per aver trascorso la mattinata a logorarsi stomaco e cervello, pensando a quella situazione. Ancora di più per provare quella strana forma di gioia, che mai si sarebbe aspettata di provare per lui.

Distolse lo sguardo quasi imbarazzata per l'espressione da ebete che sapeva la sua faccia aveva assunto e si sentì ancora più idiota quando lo udì sorridere appena, probabilmente divertito dalla sua reazione.

Capisco.” fece, vaga, cercando di alleggerire la situazione. “Beh, io vado a farmi una doccia.” aggiunse poi, alzandosi dal divano, sotto lo sguardo fastidiosamente divertito del chitarrista. “Smettila, Piggy.” borbottò, facendolo scoppiare a ridere.

Nulla era cambiato.





***





Osservava le lacrime di Kayla scorrere sul suo volto, mentre reggeva con mani tremanti la fotografia stampata. Luke lesse in quello sguardo tutto il dolore di una madre che aveva perso tutto. Un figlio, per un'ingiustizia che ancora non si spiegavano, ed una figlia per non sapevano quale assurdo motivo.

Sì, è lei.” mormorò la donna, ancora singhiozzante. “Sai dove possa trovarsi?” chiese poi, speranzosa.

Sì, ho fatto delle ricerche. So che i Tokio Hotel, attualmente, si trovano in Germania. Pare a Berlino.” rispose lui. La vide chiudere gli occhi, facendo scivolare altre lacrime salate. “Io ho intenzione di partire, Kayla.” aggiunse, facendole sollevare lo sguardo su di lui.

Lo faresti davvero?” domandò lei, incredula e grata al tempo stesso. Lui annuì convinto; nemmeno lui poteva starsene ad attendere un ritorno che sapeva non ci sarebbe mai stato. Conosceva la sua cocciutaggine. “Grazie, Luke. Davvero.”





***





Si era buttata sul letto, con la pancia rivolta al materasso, non appena ne aveva avuto l'occasione. Il mal di schiena lancinante che l'aveva colpita spudoratamente quasi non le dava la forza di sollevare la testa. Guardava con la coda dell'occhio la televisione accesa alla sua sinistra, un canale di musica, senza seguirlo realmente. Le era capitato di assistere ad un video musicale dei Tokio Hotel, che l'aveva fatta sorridere. I ragazzi, dopo cena, si erano rintanati in sala a suonare, con la ferma intenzione di produrre qualcosa di orecchiabile, sotto le imprecazioni di un Bill piuttosto agitato.

Buttò lo sguardo sulla radiosveglia e notò che erano già le undici di sera.

Avrebbe tanto voluto dormire, ma quel dolore insopportabile le impediva di chiudere solamente gli occhi. Avrebbe dovuto immaginare che tornare a ballare dopo mesi di ozio totale non sarebbe stata la cosa più furba da fare, soprattutto senza un minimo di riscaldamento e senza prima un corretto allenamento in palestra, come le aveva intelligentemente suggerito Tom. Odiava dovergli dare ragione, ma non aveva resistito alla tentazione.

Quando sentì bussare alla porta, alle sua spalle, non si scomodò.

Avanti.” borbottò, senza staccare gli occhi dal televisore. Udì la porta aprirsi e richiudersi, poi percepì il materasso sotto di lei sobbalzare appena, fino a che il suo sguardo non venne incrociato da quello di Tom, che si era sdraiato accanto a lei. “Mi copri la visuale.” gli fece notare, senza il minimo cambio d'espressione.

Tom schioccò la lingua contro il palato.

La mia non ti basta?” fece, ironico. Ingie sorrise appena. Aveva sentito un brivido ed un'improvviso desiderio di baciarlo, ma non si mosse. “Stai male? Non reagisci.” ridacchiò lui sorpreso.

Mi fa male la schiena.” mormorò lei.

Le venne voglia di prenderlo a testate, non appena lo vide sorridere con sarcasmo, misto a soddisfazione.

Io te l'avevo detto di fare esercizio.” la bacchettò, prendendo però a passarle una mano sulla schiena.

Ingie si impegnò per non arrossire e stringersi a lui. Forse era la debolezza, ma aveva una voglia tremenda di farsi coccolare.

Improvvisamente, vide Tom alzarsi appena col busto e sparire dietro di lei; poi lo sentì mettersi a cavalcioni sulle sue gambe, senza pesarle addosso.

Cosa stai facendo, Piggy?” domandò, sospettosa.

Alle terme ti avevo detto che ero bravo con i massaggi. È giunto il momento di provartelo.” si vantò, per poi sollevarle la maglietta del pigiama, fino a sfilargliela delicatamente.

Sicuro che non sia una scusa per finire a fare altro?” domandò lei scettica, non appena lo sentì slacciarle il reggiseno.

Può darsi.” sorrise lui, per poi posare le mani calde sulla sua schiena, la quale prese a riempirsi di brividi. “Però vedo che non sei indifferente alla cosa nemmeno tu.” la beffeggiò, probabilmente notando la pelle d'oca.

Se devi fare questo massaggio, per lo meno taci.” borbottò, beandosi del tocco delicato del ragazzo. Faceva scorrere le mani sulle sue spalle, premendo in punti che la facevano sospirare appena, per poi farle scendere fino alla fine della colonna vertebrale e tornare indietro per ripetere il percorso. “Mi scoccia ammetterlo, ma sei mostruosamente bravo.” sussurrò, chiudendo gli occhi, estremamente rilassata.

Io non racconto palle.” lo sentì sorridere, continuando a massaggiarle la parte centrale della schiena.

Alternava pressioni a carezze delicate; si sentiva in paradiso.

Improvvisamente però, le venne in mente una questione di cui avrebbero dovuto trattare.

Ascolta, Piggy, dobbiamo parlare.” esordì, forse con un tono troppo serio, che portò il chitarrista a fraintendere.

Sei incinta?” domandò, immobilizzandosi. Ingie sollevò un sopracciglio e si voltò appena per scrutarlo con la coda dell'occhio.

Mi domando come tu possa vivere con una coscienza tanto sporca.” commentò. “Volevo parlare della mia permanenza qui.” chiarì, rimettendosi a posto. Tom sembrò tirare un sospiro di sollievo, riprendendo a massaggiarla.

Ovvero?” le chiese, curioso.

Ovvero, penso che con il mio stipendio, io stia arrivando a permettermi di pagare un affitto.”

Sentì il suo tocco rallentare appena ma senza fermarsi.

Vuoi andartene?” le domandò. Le parve quasi timoroso della sua risposta.

Beh, i patti erano questi. Mi avreste ospitato fino a che non fossi riuscita a pagare un affitto altrove.” spiegò lei come niente fosse.

Sì, ma – ” borbottò Tom. Lo sentì fare una pausa. “Non so, non – ”

Cosa, Tom?” lo incoraggiò lei.

Non è un po' presto? Voglio dire, sei sicura di poterti permettere un affitto con il tuo stipendio?”

Beh, magari non subito, ma fra pochi mesi.”

Non lo sentì più parlare. Pensò stesse riflettendo per conto suo, così nemmeno lei pronunciò parola, continuando a godere di quel massaggio rilassante. Si chiese cosa gli passasse per la testa; era riuscita a percepire quanto il chitarrista non fosse d'accordo con quella sua decisione e si chiese il motivo. D'altronde era ciò che avevano stabilito fin dall'inizio. Inoltre, non le sembrava giusto continuare a gravare su di loro.

Perché non rimani qui?”

Quella domanda, posta con tanta insicurezza, la fece fremere.

Tom – ” cominciò, ma lui la interruppe.

Tutti si sono affezionati a te. Non abbiamo mai più parlato di questa cosa. Ormai, ci siamo abituati ad averti intorno. Un coinquilino in più che problemi ci potrebbe mai dare?”

Non è quello, Tom. Non posso stare da voi senza pagare un centesimo. E poi, voi avete la vostra vita, io dovrei cercare di ricominciare la mia.”

Ricominciala con noi.” Quella frase la toccò dritta al cuore. “E se ti tormenta la questione dei soldi, vorrà dire che invece che pagare l'affitto di un'altra casa, pagherai quello dello studio.”

Ingie non sapeva cosa rispondere. Quel discorso, fatto con così tanta speranza da parte del chitarrista l'aveva quasi scioccata. Non se lo sarebbe mai aspettata, ma le aveva fatto piacere. Si sentiva quasi amata.

Io non – ” cominciò, insicura.

Pensaci, almeno.” la interruppe di nuovo. Ingie non aggiunse altro. Sì, vi avrebbe pensato. Sospirò a stento e chiuse nuovamente gli occhi. Con il braccio steso lungo i fianchi, cercò la gamba di Tom; quando la trovò, gli tirò appena i peli del ginocchio. “Hey!” esclamò lui, dandole uno schiaffetto sul sedere.

Ogni scusa è buona per toccarmi il culo, vero?” commentò lei, con sarcasmo.

Non ho bisogno di scuse. Quello, posso toccartelo quando voglio.” disse sicuro, tornando a carezzarle la pelle delle spalle.

Mh.” fece lei. “Io, fossi in te, starei attento a parlare con così tanta sicurezza; potresti ritrovarti a bocca asciutta.

Certo.” la beffeggiò lui.

Improvvisamente, percepì le labbra morbide del chitarrista posarsi all'inizio della colonna vertebrale, dietro al collo.

Piggy.” lo ammonì, percependo un brivido al bassoventre.

Che c'è?” lo sentì sorridere sulla sua pelle, prendendo a seguire la colonna vertebrale con la bocca, con lentezza disarmante. “Lasciami fare.” le sussurrò poi, facendola rabbrividire. Con i denti le stuzzicò il lato destro del collo, per poi inumidirlo appena con la lingua.

Oh, Cristo, fu tutto ciò che la sua mente riuscì a formulare.

Le sue mani avevano preso a vagare per il suo corpo con dolcezza, mentre scendeva a darle baci leggeri lungo la schiena. Sentiva di non riuscire a mantenere il controllo; avvertiva brividi lungo tutto il corpo che la fecero agitare impercettibilmente. Maledì il fatto che Tom ci sapesse fare.

Le baciò un fianco, poi risalì, accompagnando il tutto con i movimenti delle sue mani che non smettevano di massaggiarla e carezzarla.

Ingie stava per spiccare il volo verso un altro pianeta, molto lontano dalla Terra.

Tornò a mordicchiarle il collo e stavolta non riuscì a trattenere un lieve gemito. Odiava quella sensazione di attesa; la stava uccidendo.

Tom.” si lamentò appena, mentre lo sentiva baciare con una maggiore pressione quel lembo di pelle.

Lui fece finta di non udirla, ma poté perfettamente accorgersi che fosse eccitato quanto lei. Sentì il suo petto caldo schiacciarsi sulla sua schiena nuda, senza pesarle addosso, e la maglietta che indossava le sembrò una crudele costrizione. Lui parve essere dello stesso parere, infatti lo sentì allontanarsi leggermente, per poi tornare a sovrastarla, libero dal cotone.

Quel massaggio stava divenendo qualcosa di altamente erotico e non era sicura di riuscire a subire ancora per molto.

Lui le baciò con dolcezza una guancia, avvicinandosi sempre di più all'angolo della sua bocca, senza mai toccarla davvero. Il suo profumo le stava inebriando le narici e le sue mani grandi di certo non l'aiutavano. La musica in sottofondo rendeva quell'atmosfera ancora più lussuriosa.

Girati.” quel sospiro da parte di Tom la fece quasi morire.

Non tardò a fare come le aveva chiesto e buttarsi fra le sue braccia, lasciandosi travolgere dalla passione ancora una volta.


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Capitolo 18
*** Seventeen - The best or the worst ***


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Seventeen
The best or the worst





Bill era da giorni tormentato da un dubbio.

Osservò suo fratello mangiare in tutta tranquillità la propria insalata, senza accorgersi della sua attenzione.

Un enorme dubbio.

Spostò lo sguardo su Ingie, al suo fianco, intenta a fare la medesima cosa.

Assottigliò gli occhi, come sospettoso.

Quella mattina, aveva sorpreso suo fratello uscire dalla stanza della ragazza come un ladro, in punta di piedi. Se aggiunto agli strani comportamenti e alla particolare alchimia che legava Tom ed Ingie da qualche tempo, poteva essere considerato alquanto sospetto.

Era ovvio che gli stesse nascondendo qualcosa.

Forse, stava lavorando eccessivamente con la fantasia, ma quante possibilità potevano esserci per un ragazzo ed una ragazza, da soli in una camera da letto, oltre a seguire l'istinto animale? Conosceva suo fratello fin troppo bene e qualcosa gli diceva che non gli avesse riferito tutto.

Oggi, vi ho messo un'intervista alle tre e mezza.” parlò David, seduto a capotavola.

Avevano ricominciato con le interviste ed i servizi fotografici. Era incredibile quanto i giornali tornassero ad avere fame di notizia, non appena cominciava ad avvicinarsi la data di uscita del nuovo album. A dire il vero, erano ancora lontani dal farlo, ma avevano già sparso la voce, suscitando così l'interesse altrui.

Fantastico.” borbottò Georg con la bocca piena. “Quasi preferivo starmene in vacanza.”

Oziare non fa per te, Hobbit. Sei ingrassato, sai?” gli fece notare il chitarrista con sarcasmo.

Almeno lui ha un culo.” cantilenò Ingie, facendolo voltare verso di lei, indignato.

Il mio culo è perfetto.” obiettò.

Se ne sei convinto...” commentò lei con sarcasmo.

Era giunto il momento di intervenire.

Tom, poi vieni un attimo in camera mia? Ti devo parlare.” esordì il vocalist, dopo aver studiato suo fratello con lo sguardo.

Questo lo osservò perplesso ma annuì.





***





Che cosa?” ridacchiò nervosamente Tom, guardando suo fratello come stesse dicendo assurdità.

Si sentiva nervoso. Come era arrivato a quella conclusione?

Hai capito bene, sta succedendo qualcosa?” ripeté Bill con pazienza. Braccia incrociate al petto ed espressione severa, degna di un vero padre autoritario.

Bill, no.” sorrise il chitarrista, come nulla fosse. “Perché mi fai questa domanda?”

Perché ti ho visto uscire dalla sua stanza, stamattina.” Tom sentì un macigno atterrare sul suo stomaco. Quello, non l'aveva previsto. Eppure era convinto che quella mattina non vi fosse nessuno, in corridoio. Sapeva che era stato imprudente uscire così tardi; solitamente sgattaiolava via verso le sette, quando tutti ancora dormivano. Stavolta, invece, il sonno lo aveva tenuto arpionato al corpo caldo della ragazza fino alle nove. “Da quanto va avanti?” domandò quindi Bill, probabilmente notando la sua espressione da 'mi hai colto con le mani nel sacco'.

Bill –” cominciò a disagio.

Da quanto?” ripeté il biondo, senza ammettere repliche.

Tom si prese qualche attimo prima di arrendersi.

Un mesetto.” rispose, quasi con tono colpevole. Vide Bill spalmarsi le mani sulla faccia. “Bill, guarda che non è niente di che.”

Niente di che? Tom, non me l'hai detto. Da quando mi tieni le cose nascoste?” gli domandò dispiaciuto.

Gli lesse negli occhi la delusione, più che la rabbia, e sapeva di aver sbagliato nei suoi confronti, ma lui ed Ingie avevano deciso di tenere la cosa nascosta per non creare imbarazzo e per non farla sembrare più seria di quello che in realtà era.

Bill, non era mia intenzione. In realtà non ci ho pensato. È una cosa talmente... Leggera, che –”

Leggera? Sei tornato a scopare per divertimento, Tom? Devo seriamente uccidere Ria?”

Bill, sta bene anche ad Ingie.”

Non me ne frega nulla di ciò che le sta bene o meno. Pensavo avessi superato quella fase.”

Tom sospirò appena, per poi sedersi stancamente sul letto congiungendo le mani sul suo grembo. Doveva trovare le parole giuste per affrontare quella conversazione. Voleva che suo fratello sapesse che non era tornato lo stronzo di un tempo. Doveva fargli capire che con Ingie era tutto diverso.

Bill, io voglio bene ad Ingie.” esordì, stupendosi di tale frase. Non aveva mai ammesso, nemmeno a se stesso, di volerle bene. Le aveva sempre sputato in faccia di non sopportarla, benché provasse comunque affetto per lei, ma mai aveva pronunciato quelle parole. “So che sembra strano e che non giustifica la nostra relazione, ma è così. È vero, andiamo a letto insieme e la cosa si ferma lì; ma non mi passerebbe mai per la testa di farle del male perché, come ti sei affezionato tu, mi sono affezionato anche io.” Bill ancora non parlava. Probabilmente anche lui era stupito da quelle confessioni. “L'hai capito sin dall'inizio, che ho un'attrazione per lei incontenibile. Non riusciamo a star vicini senza metterci le mani addosso; non mi è mai successa una cosa del genere. A volte abbiamo anche avuto paura che la cosa si stesse trasformando in malata ossessione.” Sospirò. “Credimi, Bill. Una sera ne abbiamo parlato chiaramente: abbiamo entrambi paura e non ci sentiamo pronti a dare inizio ad una storia seria. Ci sta bene così, per il momento, e so che sembra assurdo ed incosciente ma fidati se ti dico che questo non ha cambiato nulla. La stiamo vivendo come viene, senza porci troppe domande su cosa stiamo facendo o cosa diventeremo. Abbiamo stima reciproca, attrazione reciproca, condividiamo delle cose, non possiamo far finta di nulla. Ormai è successo, che senso avrebbe cancellare tutto?”

Queste cose non funzionano, Tom, lo sai.”

Bill, non riusciamo a starci lontani. Credimi, ci abbiamo provato ma ci siamo cascati un'altra volta.”

Se dovesse cambiare qualcosa? Se dovesse andare male?”

Non succederebbe nulla. È stato bello, ci siamo divertiti. Non ci sarebbero problemi.”

Adesso la pensi così.”

No, Bill. Se la tua paura è che io ne possa uscire nuovamente con il cuore spezzato, mettiti l'anima in pace. È una cosa che abbiamo scelto.”

L'amore non si sceglie.”

Non siamo innamorati.”

Bill si prese la testa fra le mani.

Ti vedi con qualcun'altra?” gli chiese a bruciapelo.

No.” rispose lui confuso.

Lei?”

Mi ha detto di no.”

Tom, tu non ti rendi conto di come la guardi.” mormorò a quel punto il vocalist, cosa che lo lasciò interdetto per un attimo. “So che ti scoccia sentirlo, ma la guardi come guardavi Ria.” Quella frase lo trafisse come una spada. “Tu credi di non essere innamorato, o comunque preso, Tom. In realtà cerchi solamente di negarlo e di convincerti che sia solo sesso, ma non è così. Tu hai una paura fottuta. Hai paura di buttarti in una nuova storia e per questo ti castri sentimentalmente. Al tempo stesso però non riesci a starle lontano, quindi avete intavolato questa sorta di relazione sessuale come per sopperire al bisogno reale che avete l'uno dell'altra.” L'aveva preso talmente in contropiede con quelle frasi che non seppe come rispondere. L'uso della parola l'aveva momentaneamente abbandonato, cedendo il posto ad un disagio che mai fino a quel momento aveva provato davanti a suo fratello. Il fatto era che quel suo discorso pareva talmente veritiero e sensato che nemmeno lui si era preparato ad un simile affronto. Ciò che lo mandava in confusione era la non prevedibilità di Bill e la sua particolare bravura nell'intraprendere conversazioni degne di nota. “Tom, io non voglio mettere lingua su ciò che state facendo perché alla fine non mi riguarda. Ma, poiché ti voglio bene, mi sento di dirti di capire che cosa provi realmente e se questa vostra relazione è ciò che realmente desideri. Scava nel tuo cuore, senza timore, e rifletti: ti basta questo o hai bisogno di altro?”





***





Sapeva di trovarla a casa, David gliel'aveva riferito.

Quel giorno, i Tokio Hotel sarebbero stati impegnati in un'intervista e, visto e considerato che Ingie non aveva molta voglia di trascorrere quelle ore chiusa allo studio, aveva deciso di fare un salto a casa di Amanda per fare due chiacchiere.

La donna, il cui ventre cominciava a prendere forma, le aveva gentilmente offerto una tazza di tè accompagnata da qualche delizioso biscotto che aveva personalmente cucinato qualche ora prima. Le aveva raccontato che, con la gravidanza, aveva trovato un grandioso passatempo in cucina, dove si divertiva ad inventare nuove ricette per David.

Allora, come sta andando la ricerca per la nuova casa?” le domandò Amanda all'improvviso, prendendola in contropiede.

Ingie posò silenziosamente la tazza di tè che stava per portarsi alle labbra e la scrutò, indecisa sul da dirsi. Probabilmente, la pura verità sarebbe stata la cosa migliore.

Ho provato a parlarne con Tom.” mormorò. “Diciamo che non è molto d'accordo. E, in poche parole, mi ha chiesto di stare da loro.” gesticolò eccessivamente, come non sapesse in che modo spiegare la situazione.

Non voleva dare troppo nell'occhio con la storia di Tom. Non voleva assolutamente che Amanda sospettasse solamente di ciò che stava accadendo tra loro due, visto che un sacco di gente le aveva fatto notare quanto fosse palese la loro attrazione, dagli sguardi che si scambiavano senza nemmeno rendersene conto.

Lo immaginavo.” sorrise Amanda, come se la sapesse lunga. “Non è pronto per questo. Non lo è nessuno.” continuò, quasi intenerita dal solo pensiero. “Te l'ho detto: sei entrata nel cuore di tutti.”

Ingie sorrise appena, abbassando lo sguardo sulle proprie mani intrecciate sul tavolo.

Quel pensiero la lusingava parecchio. L'idea di piacere a qualcuno, di sentirsi amata, suscitava in lei quasi emozione. Per anni si era preoccupata di sentirsi accettata dal mondo, con il suo ballo, e sapeva bene cosa significasse per lei raggiungere un simile traguardo.

Anche io mi sono affezionata a loro, anche se non lo dimostro.” ammise, quasi vergognandosi di tale verità.

Aveva sempre trovato difficile ammettere di avere dei sentimenti, o meglio, esternarli. Era qualcosa che fin da piccola l'aveva tormentata. Abbracciare, baciare, dire 'ti voglio bene' o 'ti amo' erano cose quasi fuori dal comune, per lei. A volte, pensava al suo rapporto con Tom. Il chitarrista era pieno di affetto da regalare; era sempre il primo ad abbracciarla, a farle delle carezze. Lei, a parte il bacio alle terme, non era mai stata la prima in nulla. E forse era un bene che Tom, nonostante la sua ironia sfacciata, fosse capace di tali gesti affettuosi, benché la facesse sentire ancora più piccola di quello che era.

Oh, lo so che hai un cuore grande, nonostante tu faccia la ragazza un po' burbera.” annuì Amanda. “Nonostante tu ponga un muro fra te e la gente, sei un libro aperto.” Quelle parole la colpirono. Solo una persona che la conosceva realmente poteva pronunciarle, eppure Amanda era stata in grado di farlo ugualmente. “Penso che Tom sia in grado di tirare fuori tutto il bello e il brutto che c'è in te.”

Ingie sollevò le sopracciglia, sorpresa.

Tom?” domandò, spaesata.

Sì. Insomma, ti stuzzica, fa venire allo scoperto qualsiasi tua sfumatura. Ecco perché penso che lui sarebbe perfetto quanto dannoso per te.” Ingie ascoltava quelle parole, rapita. Mai aveva pensato a qualcosa di simile. “Lui potrebbe essere il tuo bene o il tuo male. Anche se sono fermamente convinta che lui ti faccia solo bene. Ti fa ridere, ti capisce. Hai bisogno di questo, credo.”

Non capisco perché mi stai parlando in questo modo di lui.”

Perché sono una donna, il che significa che sono istintiva. Inoltre, vi guardo da fuori, con obiettività, e posso dire che fra voi c'è intesa.”

Devo capire perché tutti continuate a dircelo.”

Perché è la verità, Ingie. È ovvio.”

Ingie scostò nuovamente lo sguardo, per concentrarlo sulla tazza di tè.

E David?” decise di cambiare discorso. “Tira fuori il meglio o il peggio di te?” sorrise, tornando a guardarla negli occhi.

David?” domandò lei, ironica. “David tira fuori il peggio di me!” esclamò, facendola ridere appena. “Ma lo amo tanto.” aggiunse poi con sguardo spensierato. Ingie ricambiò quell'espressione. Adorava vederli assieme; adorava sentirli parlare l'uno dell'altra. Erano, a suo parere, la coppia perfetta, quella che avrebbe augurato a chiunque, anche a se stessa. “Sai, sono un po' spaventata da questa gravidanza.” Ingie aggrottò la fronte, a quella confessione. “Ho paura che possa cambiare qualcosa fra di noi. Non potrei mai vederci come quelle coppie che, una volta arrivati i figli, guardano la televisione in silenzio. Non potrei mai sopportarlo.”

La mora sorrise, comprensiva.

Non accadrà. Guardatevi, insieme siete energia pura.” cercò di rassicurarla.

Non si può sapere.” rispose Amanda.

Allora, vi impegnerete per non farlo accadere. Ti conviene dargli le solite attenzioni, anche dopo il parto, perché so che gli uomini diventano tremendamente gelosi.”

Farò il possibile, anche se la creatura mi prenderà un sacco di tempo.”

Ingie rifletté qualche attimo all'idea di crescere un bambino. Un brivido le percorse la colonna vertebrale.

Non hai paura?” chiese quindi, quasi timida.

Di cosa?”

Di crescere un bambino. Di avere un'intera vita nelle tue mani.”

Beh, detta così, terrorizzerebbe chiunque. Un po', è ovvio, mi spaventa. C'è però una parte di me che non vede l'ora che ciò accada. Non vedo l'ora di stringere tra le braccia il fagottino, mio e di David. Non vedo l'ora di affrontare tutte le cose belle e brutte che questo comporterà. Sai, Ingie, io credo che ogni donna abbia un istinto materno nascosto. Io, prima di scoprire di essere incinta, dicevo che non volevo assolutamente avere figli. Guardami, ora. Non vedo l'ora di conoscerlo.”

Io a volte ci penso e mi dico... Non potrei mai esserne in grado.”

Io invece dico di no. Quando ci rendiamo conto di avere una responsabilità simile, ci rimbocchiamo le maniche e facciamo ciò che solo una donna può fare. Siamo forti, Ingie. Non dimenticarlo.”

Quelle parole, le sentì ancora più importanti e personali di ciò che volevano essere.

Siamo forti, Ingie. Non dimenticartelo.

Avrebbe dovuto rammentare quella frase, per acquisire quella stessa forza.

Sentì un nodo allo stomaco, non appena i suoi pensieri la portarono verso una strana direzione. Un'improvvisa sensazione di fiducia, di benessere, le suggerì un qualcosa che probabilmente mesi addietro avrebbe respinto con determinazione.

Amanda.” mormorò, incerta, catturando nuovamente la sua attenzione. “Se – se ti sentissi... In colpa, per la – la morte di... Qualcuno.” Non seppe nemmeno lei come fosse riuscita a pronunciare tali parole. Scorse la fronte aggrottata di Amanda, davanti a lei, causa di un'espressione perplessa e curiosa al tempo stesso. Ingie sospirò appena, portandosi una mano alla fronte. “Se – se avessi un enorme peso, qui nello stomaco, a tormentarti giorno e notte.” si sforzò di mantenere un tono di voce fermo, con poco successo. Le mani le tremavano ma nemmeno una lacrima aveva bagnato il suo volto. Aveva promesso di non piangere più. “E avessi peggiorato ulteriormente le cose.”

Il suo discorso venne interrotto dalla mano di Amanda che si posava delicata sulla sua, giacente sul tavolo.

Ascoltami, Ingie. Io non so cosa sia successo di brutto e non te lo voglio nemmeno chiedere per non sembrarti invadente.” parlò con un'incredibile saggezza. “Ma so che sei una ragazza buonissima e che tutti gli errori che tu possa aver commesso, siano stati dettati dal fatto che sei ancora molto giovane, non perché sei cattiva.” la rassicurò, facendola sentire quasi un'idiota. “Se senti di aver fatto qualcosa di cui ti sei pentita, sei sempre in tempo per tornare indietro. Nessuno ti condannerà mai.”





***





Muoveva freneticamente una gamba, com'era solito fare ogni qual volta si sentisse nervoso. L'intervistatrice stava divenendo particolarmente noiosa, con tutte quelle domande conosciute e ripetute, e lui non vedeva l'ora di rifugiarsi in palestra, per dedicarsi ad un bel po' di addominali, almeno fino a quando il suo fisico avrebbe retto.

Le parole di suo fratello ancora vagavano nella sua mente, come un disco in ripetizione, e niente gli permetteva di porvi una croce sopra, nemmeno la voce stridula della donna che sedeva di fronte a loro.

Sapeva di non provare nulla nei confronti di Ingie, se non semplice affetto. Era solamente un dannato paranoico; non appena Bill gli metteva in testa determinate cose, continuava a riflettervi senza un valido motivo.

Avrebbe tanto voluto sbuffare con forza, interrompere quella maledetta cornacchia ed uscire dalla stanza; fortunatamente, era un'intervista registrata, sprovvista di pubblico.

Quindi, avete detto che il nuovo album uscirà tra autunno e inverno di quest'anno.” parlò l'intervistatrice. Sì, santissima donna, l'abbiamo ripetuto un milione di volte. “Quindi a che punto siete con la realizzazione?”

Che sagacia, pensò con sarcasmo, lasciando parlare suo fratello. Bill era quello delle risposte serie e tecniche, Georg ridacchiava ogni tanto, Gustav si limitava ad ascoltare, mentre lui era l'addetto alle risposte ironiche, ogni tre domande. Quel giorno però era sprovvisto di battute da lanciare, era decisamente più occupato a riordinare il proprio cervello.

Quando arrivò il momento della fatidica domanda – quella riguardante l'amore – si assicurò che la donna nemmeno lo guardasse o sarebbe stato capace di sputarle in un occhio.

Terminata la tortura, finalmente si alzò dal divano.

Cristo, non finiva più.” borbottò, imboccato il corridoio, affianco a Georg, il quale era occupato a mandare un messaggio, probabilmente ad Isa.

Ed è durata solo dieci minuti.” commentò quindi il bassista, una volta riposto il cellulare in tasca. “Senti, stasera pensavamo di andare a mangiare al ristorante giapponese. Ne hai voglia?”

Tom storse il naso. In realtà aveva pensato di vedersi con Ivan, anche se niente era ancora deciso.

No, stasera passo.” mormorò, osservando il pavimento, mentre camminavano.

Stai bene? Sei strano, oggi.” gli domandò a quel punto l'amico, che lo conosceva fin troppo.

Sì, sì. Non ti preoccupare.”





***





Prendila!”

Ingie non si era mai trovata a ridere così tanto, quegli ultimi tempi. Assieme a Georg e Gustav correva per tutto il giardino, inseguita dai cani, i quali cercavano di rubare loro la pallina che continuavano a passarsi per deviare la loro corsa. Lanciò la palla a Georg, dall'altra parte del giardino, non appena Scotty le posò le zampe sull'addome con l'intento di rubargliela. Georg la prese al volo e cominciò a correre, inseguito da tutti e tre i cani, per poi lanciarla all'ultimo secondo a Gustav, il quale ripeté la stessa operazione.

Ingie si stava divertendo. Era un modo per staccare la spina dalla serietà della vita di tutti i giorni e per tenere in forma i cani con un po' di movimento.

Appena tornati a casa, Tom l'aveva salutata con le solite frecciatine, Bill le aveva sorriso in modo enigmatico – cosa che l'aveva per un momento fatta insospettire – mentre Georg e Gustav le avevano proposto di fare impazzire – letteralmente – i cani.

Basta, non ce la faccio più!” rise Georg, gettandosi a sedere sui gradini del pianerottolo.

Sei fuori forma.” lo prese in giro Gustav, affiancandolo.

Allora, perché ti sei seduto anche tu?” lo sfidò il bassista, scrutandolo con la coda dell'occhio, piuttosto sarcastico. Ingie, a quel punto, si arrese e lanciò la pallina verso il cancello, in direzione del quale tutti i cani presero a correre. Anche lei era stanca; quegli adorabili animali l'avevano sfinita, mentre loro sembravano intenzionati a giocare ancora per ore. “Ingie, tu stai andando in palestra, vero?” la domandò il rosso.

Sì, un po' di esercizio non mi fa male.” rispose lei, in piedi, di fronte a loro.

Tu, almeno, hai un bel fisico.” commentò Gustav, facendole sollevare un sopracciglio, scettica.

Ma se non avete, a momenti, più spazio per altri muscoli.” ridacchiò, sinceramente sorpresa da quell'uscita.

Diciamo che è difficile mantenerli.” continuò il batterista, con un lieve sorriso. “Però, devo ammettere che suonare la batteria mi aiuta molto.” aggiunse, soddisfatto.

Già, chissà quanto bruci, durante un concerto.” rifletté la mora. “Di certo sei quello che si stanca di più.”

Assolutamente sì.” annuì Georg. “Io non credo reggerei. A volte, mi sorprendo.”

Quanti crampi.” mormorò Gustav, come si fosse reso conto solo in quel momento della fatica che provava ad ogni esibizione. “Tom lo sa bene. Ad ogni concerto, una volta finito, viene subito da me per aiutarmi a stendere le gambe. Ormai, è una routine.”

Ingie sorrise appena. Il suo caro Piggy era sempre disponibile e scrupoloso con tutti, benché lo negasse.

Hey, Ingie, stasera ti va di venire con me, Gustav e Bill al ristorante giapponese?” le propose all'improvviso Georg, sorridendole speranzoso.

A quella domanda, la mora aggrottò le sopracciglia.

Tom non viene?” chiese, perplessa.

No, ha deciso di fare l'asociale.” fece il rosso con una scrollata di spalle. “Dai, dopo andiamo anche a ballare.”

Ingie ci pensò un po' su. Quasi si vergognava ad ammetterlo a se stessa, ma era da quando erano rientrati allo studio, che aveva sentito la voglia di passare un po' di tempo con il chitarrista. Quel giorno, non l'aveva ancora visto – non che fosse di vitale importanza – ma qualcosa dentro di lei le suggeriva di rimanere allo studio con lui. Avrebbero mangiato qualcosa assieme, magari si sarebbero guardati un film – accompagnato da qualche dispetto – e poi... Beh, le solite cose. Ma non era al sesso che pensava; quella sera sentiva il bisogno di qualche... Coccola. Arrossì al solo pensiero, perché non era da lei. Era come se il chitarrista la stesse facendo diventare sempre più sentimentale, benché di sentimentale non vi fosse nulla, in ciò che facevano.

Grazie, ma forse stasera preferisco rimanere a casa.” sorrise all'espressione delusa dei ragazzi.

Ma dai, ci divertiamo. Mangiamo, beviamo e balliamo fino a domattina.” si lamentò Georg, pregandola con lo sguardo.

Siete stati carini a propormelo, davvero. Ma sono molto stanca. Preferisco venire a ballare quando il fisico me lo consente.”

Allora, vieni solo al ristorante.” insistette Gustav.

Ingie sospirò appena, riflettendovi.

Effettivamente, avrebbe potuto concedersi una cenetta con i ragazzi; sarebbe tornata allo studio prima che gli altri andassero a ballare, così avrebbe potuto passare del tempo anche con Tom.

D'accordo.” si arrese.





***





Bussò lievemente, fino a che non sentì la sua voce permetterle di entrare. Quando si affacciò con la testa nella sua stanza, lo vide sdraiato sul proprio letto – la schiena poggiata alla testata – intento, forse, a mandare messaggi con il cellulare.

Hey.” mormorò lei, non appena lo vide sollevare lo sguardo, curioso. “Posso?” domandò, incerta.

Quella giornata si era rivelata particolarmente strana. Non si erano visti fino a quel momento – Tom si era alzato dal letto quando lei ancora dormiva – e lui non l'aveva nemmeno cercata. Forse, aveva cominciato a farsi paranoie come le ragazzine alle prime esperienze con il fidanzato. D'altronde, non era scritto da nessuna parte che lei e Tom fossero obbligati a vedersi e stare insieme ogni minuto della giornata.

Una volta richiusa la porta, si andò a sedere sul bordo del letto, affianco a lui, che le sorrise appena.

Vai al ristorante?” le domandò, probabilmente riferendosi al suo abbigliamento un po' più elegante.

Sì.” annuì lei. “Tu come mai non vieni?”

Tom scrollò appena le spalle.

Non ne ho molta voglia.”

Ingie lo scrutò qualche attimo.

Va tutto bene?” gli chiese, sinceramente preoccupata.

Sì.” si limitò a rispondere lui, sorridendole.

Okay.” mormorò lei, prima di alzarsi dal letto. Per la prima volta, non sapeva come controbattere e si era sentita in dovere di andarsene. “Buona serata, allora.” gli augurò, dandogli le spalle.

Ingie.” lo sentì chiamarla. Lei si voltò nuovamente nella sua direzione, attendendo. “Vieni.”

Si avvicinò incerta sul da farsi, fino a che non gli fu nuovamente affianco, curiosa di sapere che intenzione avesse, fino a che non lo vide allungare una mano verso di lei – fino a posarla sulla sua nuca – e avvicinarla al proprio viso. Il cuore di Ingie fece una capovolta, non appena percepì il contatto con le sue labbra morbide e calde. Era leggero, un semplice bacio, casto ed innocente, che la fece rabbrividire da tanta dolcezza. Un semplice e silenzioso schiocco, per poi allontanarsi nuovamente da lei.

Perché così tenero, Piggy?” cercò di alleggerire la tensione che tutto d'un tratto aveva percepito.

Lui sorrise quasi timido, per poi scrollare le spalle.

Perché oggi non ci eravamo ancora visti.” rispose.

Allora, anche lui vi aveva pensato. Quel pensiero le trasmise un senso di gratificazione.

Sei tu che sei piuttosto sfuggente.” ribatté lei, ironica.

Lo vide portarsi le mani al viso.

No, è che sono stanco.” sospirò appena.

Povero, piccolo.” lo prese in giro, carezzandogli la testa piena di rasta. “Vado.” disse poi, dandogli nuovamente le spalle.

Quel vestito ti fa un bel culo.”

Sorrise. Era il solito Tom.





***





Si era portata le mani allo stomaco dal troppo ridere.

Georg e Gustav avevano avuto pienamente ragione: quella serata si stava rivelando per lei altamente salutare. Aveva bisogno da un po' di tempo di qualcosa di simile per cercare di deviare le sue preoccupazioni; ultimamente si era accorta che perfino passare del tempo con il chitarrista – per quanto fantastico lo trovasse – era motivo di confusione, per la sua testa. Un attimo di svago, ecco cosa le serviva.

No, ragazzi, vi giuro. È stato il concerto più divertente che io abbia mai tenuto in vita mia.” continuò a parlare Georg, ancora scosso dalle risate, asciugandosi una lacrima che minacciava di bagnargli una guancia. Aveva appena finito di rammentare un esilarante aneddoto, riguardante una povera ragazza che il bassista aveva scorto, in prima fila, sotto di lui. “Per tutto il tempo, cercavo di non ridere. È stato tremendo.”

Beh, come quella volta che una ragazza, lanciandoti il suo reggiseno, ti ha colpito in piena faccia, facendoti stonare con gli accordi.” ridacchiò Gustav, dopo aver sorseggiato un po' di vino.

Oddio, mi ricordo che ti ho guardato come se fossi ubriaco. Mi sembra di aver stonato di conseguenza.” intervenne Bill, come illuminato a quel ricordo.

Sì, gli unici a ad andare avanti in modo corretto sono stati Tom e Gustav.” annuì Georg.

Sì. La dannata professionalità di mio fratello, per lo meno, si vede.” commentò ironico il vocalist.

Sì, ma alla fine sono sempre io che vi paro il culo.” li beffeggiò Gustav. “Sono io l'anello portante.” si vantò, facendoli scoppiare a ridere.

Ma smettila.” ridacchiò Georg.

Povero GusGus.” cantilenò Ingie, divertita. “Nessuno ti capisce.”

Eh, è una disgrazia.” resse il gioco il batterista, con un lieve sorriso in volto.

Ingie, quando partiremo con il nuovo tour, tu verrai con noi!” esclamò all'improvviso Georg, prendendola in contropiede. “Non puoi perderti tutto il divertimento.”

Ingie sorrise appena. I ragazzi, tutti, davano per scontato che lei avrebbe passato la sua vita in loro compagnia, ma non era convinta di questo. Lo stesso Tom le aveva proposto di vivere assieme, come aveva fatto fino a quel momento, ma qualcosa dentro di lei le suggeriva che ciò non era possibile. I ragazzi avevano una loro vita, lei stava cercando di ricostruire la sua. Non era giusto continuare a togliere loro del tempo o dello spazio.

A proposito di questo, Ingie, Tom mi ha detto che stai pensando di andartene.” le disse Bill, all'improvviso.

Tom gliene aveva parlato?

Beh, diciamo che era ciò che avevamo stabilito sin dall'inizio. Non appena riuscirò a permettermi l'acquisto di una casa, pensavo di –”

Ma, ormai, non era stato deciso che rimanevi con noi?” domandò Georg, perplesso.

Ingie si voltò verso di lui, aggrottando la fronte.

Era stato deciso?” ripeté non capendo.

Beh, noi l'avevamo dato per scontato.” parlò di nuovo Bill. “Anche mio fratello ha provato a parlartene, o sbaglio?”

Ingie era sempre più confusa.

Andiamo, ragazzi, è molto carino da parte vostra, ma non mi sembra il caso.” borbottò, per la prima volta a disagio davanti a loro.

Perché? Dove sta il problema? Siamo in quattro, diventeremo cinque.” parlò ancora il bassista.

Ingie non sapeva più cosa ribattere, quindi optò per la via migliore.

Fatemi pensare, va bene?” Quella sua frase aveva dato un minimo di speranza in più agli occhi dei ragazzi, che sembrarono particolarmente soddisfatti della sua risposta. All'improvviso, aveva bisogno di una sigaretta. “Mentre aspetto il dolce, esco un attimo a fumare.” annunciò, per poi sollevarsi dalla sedia, sotto i loro sorrisi. Il contatto con l'aria gelida le fece per un momento pentire di aver messo piede fuori dal ristorante, ma poi decise di stringersi nel cappotto e resistere al freddo. Doveva fumarsela, quella dannata sigaretta. Non fece in tempo a dedicarsi al primo tiro, che la voce di Bill, alle sue spalle, la fece voltare quasi spaventata. “Hey, Speedy.” fece lei, sorpresa. “Perché esci anche tu al gelo?” domandò, per poi fumare beatamente.

Mi offri una sigaretta?” le chiese con un sorriso strano. Lei gli lanciò semplicemente il pacchetto.

Non dovresti fumare, ti fa –”

Male alla voce, lo so.” sorrise lui. “Tom me lo dice sempre.”

E tu, invece, non lo ascolti.” trasse le sue conclusioni la mora, divertita.

Trascorsero qualche attimo in silenzio, fino a che non fu Bill a riprendere parola.

Che combini con mio fratello?” Un macigno, grosso quanto una casa, le planò sullo stomaco. Si voltò verso Bill, quasi atterrita, ma vide solo un'espressione serena, pacifica, addirittura consenziente. “Mi ha detto tutto.” le chiarì con un sorriso.

Cosa si diceva, in quei casi? Mai le era capitata una cosa simile in vita sua.

Ehm, non è niente di –”

Serio, lo so.” la interruppe nuovamente. “E forse è questo che mi preoccupa un po'.” Si prese ancora un momento, prima di continuare. “Mio fratello ha sofferto molto con Ria, l'hai visto anche tu. Io, in quanto fratello, mi preoccupo per lui. Non vi sto facendo la ramanzina, assolutamente, non è il mio ruolo. Voi siete liberi di fare tutto ciò che volete. Voglio però assicurarmi di una cosa, Ingie: tu non farai soffrire mio fratello, vero?”

Quella domanda, come tutto il suo discorso, la prese talmente in contropiede che cominciò quasi a balbettare.

Bill, no. Voglio dire, non stiamo insieme, non ti devi preoccupare.” gli sorrise, cercando di tranquillizzarlo, come poteva.

Che non state insieme, l'avevo capito.” ridacchiò lui. “Ma voi cosa provate veramente l'uno per l'altra?” Boccheggiò a quella domanda. “Non vi voglio mandare in confusione, con queste domande. Voglio solo assicurarmi che voi sappiate cosa state facendo.”

Gli hai chiesto le stesso cose?” domandò incerta.

Diciamo che gli ho fatto un discorso simile.” Che fosse quello il motivo per cui il chitarrista era stato così sfuggente, quel giorno? “Credimi, Ingie, non lo sto facendo con cattiveria. Lo sto facendo per voi. Vi vedo, non sono scemo, e conosco mio fratello. Voi avete bisogno l'uno dell'altra e non solo sessualmente. Non riuscite a starvi lontani anche fuori dalla camera da letto; questo non ti dice nulla?”

Bill, siamo – amici, ecco tutto. Amici che hanno piacere a stare insieme.” spiegò lei, incerta delle sue stesse parole.

Non passate il tempo a ripetervi che non vi sopportate?”

Beh...” Ingie non sapeva più come controbattere. Dannazione, lei sapeva sempre cosa dire, in qualsiasi momento e si chiedeva perché in quel preciso istante avesse perso l'uso della parola. Il discorso del vocalist la stava mandando ancor di più in confusione, perché sembrava dannatamente veritiero. Tutti le facevano sempre notare quanto il suo rapporto con Tom fosse speciale; tutti non facevano altro che ripeterle quanto l'alchimia fra loro fosse tangibile. Ma non poteva essere reale, lei non provava nulla per lui e lui non provava nulla per lei, se non semplice attrazione fisica – che stavano già placando andando a letto insieme. Cos'altro poteva esservi fra loro? Sospirò appena. “Bill, non farò soffrire tuo fratello, puoi starne certo. Non ricopro il giusto ruolo per farlo. E poi, andiamo, nemmeno io vorrei mai vedere Tom soffrire, non è ovvio?” fece quell'ammissione con fatica e pregò di non arrossire o si sarebbe sentita tremendamente stupida.

Bill sorrise appena, a quella sua confessione.

D'accordo, Ingie. Mi fido di te, so che sei una brava ragazza.” le disse, rincuorandola, per poi gettare la sigaretta a terra. “Ti prego, fa come se non ti avessi detto nulla, d'accordo?” le sorrise quindi, con le mani in tasca.

Ingie si limitò ad annuire, per poi osservarlo rientrare nel ristorante.





***





Quando rientrò in casa, dopo aver abbandonato i ragazzi diretti alla discoteca, aveva trovato il chitarrista perfettamente vestito, che camminava per lo studio, alla ricerca di qualcosa. Sembrava pronto per uscire.

Esci?” le venne spontaneo chiedere, aggrottando la fronte, mentre richiudeva la porta.

Hey.” fece lui sorpreso di vederla. “Sì, mi vedo con Ivan. Tu non eri con gli altri?” le domandò, perplesso.

Improvvisamente si sentì un'emerita idiota. Come aveva anche lontanamente potuto pensare di tornare allo studio prima, per passare del tempo con lui? Era ovvio che avesse i suoi impegni, non poteva aspettarsi che fosse rimasto a casa ad attenderla. Si sentì piccola, stupida, ridicola. Quasi le venne voglia di piangere.

Oh, ehm, avevo detto che non andavo a ballare.” rispose, grattandosi appena la fronte, con fare inquieto.

Perché?” chiese lui, sorpreso.

Perché volevo stare un po' con te. Che pensiero idiota, eh?

Non ne avevo molta voglia.” si limitò a rispondere, gettando la borsa sul divano.

Io non pensavo tornassi a casa.” parlò lui di nuovo. “Vieni con me?” le chiese quindi, come per rimediare.

No, figurati. È una serata fra te ed Ivan, ci mancherebbe altro.” gesticolò lei. Più gli sostava di fronte e più si sentiva deficiente. “E poi, ho sonno. Penso che mi guarderò qualcosa alla televisione e dormirò quasi subito.” mentì.

Sei sicura?”

Certo.”

Beh, in ogni caso, non penso di fare molto tardi. Se vuoi, dopo –”

No, tranquillo. Per quando torni, io dormirò.”

Tom sembrò appena deluso, ma non le disse altro.

Okay.” fece il ragazzo, prima di infilarsi la giacca nera. “Allora, a domani.” le disse, sulla porta. Ingie annuì. “Non farti fuori tutti gli alcolici senza di noi.” ridacchiò poi, facendola sorridere.

Ciao, Piggy, buona serata.” tagliò corto, spingendolo lievemente, fino a farlo uscire dallo studio, scosso dalle risate.

Richiuse la porta e, senza nemmeno comprendere il motivo, scoppiò a piangere.





***





Si guardò attorno, cercando di capire quale direzione avrebbe dovuto prendere per l'albergo più vicino. Trovarsi in quella città grande e sconosciuta lo metteva a disagio, ma una parte di lui lo spingeva con tutta la forza a continuare. Aveva fatto quel viaggio lunghissimo per trovarla, non si sarebbe tirato indietro proprio ora che gli mancava così poco. Non sarebbe stata un'impresa facile, ma con la buona volontà, con la determinazione che sapeva gli appartenesse, l'avrebbe raggiunta e sarebbe riuscito a riportarla a casa.





***





Si trovava davanti al televisore, senza seguirlo realmente. Da sola, in salotto, se ne stava stravaccata sul divano, sgranocchiando qualche cereale, mentre i cani le dormivano attorno, sul tappeto. Si sentiva apatica, dopo aver pianto per un buon quarto d'ora. Fissava lo schermo, come ipnotizzata, e si sentiva ancora più ridicola, al solo pensiero di aver versato lacrime inutili. La verità era che Bill l'aveva messa di fronte ad una realtà che non le piaceva. Tutta la tensione che aveva accumulato dalla cena, l'aveva sfogata non appena si era ritrovata sola.

Che cosa provava per Tom? Per la prima volta, aveva avuto il coraggio di chiederselo. Quel coraggio che l'aveva destabilizzata, facendola scoppiare a piangere, inerme. Aveva paura, quella era la verità. Aveva paura di se stessa e dei suoi sentimenti, perché tremendamente sbagliati, lo sapeva bene. Non poteva innamorarsi di Tom. Il solo pensiero la faceva rabbrividire. Ultimamente si era resa conto di voler passare sempre più tempo con lui; si era resa conto di soffrire un po' la sua assenza; si era resa conto di provare un interesse più forte per lui, che andava oltre alla semplice questione fisica. Quella sorta di rapporto che avevano costruito le aveva confuso le idee. Avrebbe dovuto saperlo fin da subito che il sesso non avrebbe aiutato, anzi, avrebbe solamente peggiorato le cose. Si era ritrovata ad arrossire al pensiero delle sue braccia attorno al corpo, a fremere al pensiero dei suoi baci, a sospirare al pensiero di essere posseduta da lui.

Cosa le stava succedendo? Era tutto sbagliato, tremendamente sbagliato. Era possibile toglierselo dalla testa? Era possibile tornare indietro? No, lo sapeva. Ormai, Tom le era entrato nel cuore, volente o nolente; era stato un qualcosa di non previsto e non voluto, eppure era accaduto. Si sentiva impotente, debole, piccola. Una parte di lei, voleva stringersi a lui, un'altra le suggeriva di non farlo per il suo bene.

Cosa sentiva lui? Provava le stesse emozioni?

A quel punto, sperava con tutto il cuore di no.





***





Aprì la porta dello studio senza fare rumore; ricordava che Ingie gli aveva detto che sarebbe andata a letto abbastanza presto e non voleva svegliarla.

Sospirò appena.

Quella serata gli era servita per staccare la spina. Ultimamente le cose con la mora stavano divenendo strane e particolari; non con lei in maniera diretta, ma nel suo cervello. Nuovi pensieri tormentavano la sua mente, pensieri che fino a quella mattina – quando Bill gli aveva confuso le idee – aveva ignorato. Aveva deciso di uscire con Ivan apposta, per riflettere per conto suo, in un luogo neutrale, e soprattutto senza vederla.

Conclusione? Gli era mancata.

Salì silenziosamente le scale, fino a raggiungere la stanza dove sapeva stesse riposando. Aprì lievemente la porta e si affacciò: Ingie dormiva tranquilla, raggomitolata su un fianco, come una bimba. Gli venne spontaneo sorridere ed avvicinarsi, cercando di non fare rumore. Si abbassò appena col busto, così che riuscisse a scorgerla in viso.

Quella ragazza che non sopportava, quella ragazza con la quale si stuzzicava giorno e notte, quella ragazza che lo attraeva come una calamita. Quella stessa ragazza aveva risvegliato in lui sentimenti ed emozioni che parevano sopiti.

Allungò una mano, facendo ben attenzione a non disturbarla, e le carezzò appena una tempia calda.

Dio, che mi stai facendo, Ingie?


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Capitolo 19
*** Eighteen - Falling to pieces ***


18


Eighteen
Falling to pieces





Ma sei pazza?! Mi vuoi squartare?!” Rise a quell'ennesima uscita disperata da parte del chitarrista. “Guarda che il mio organo sessuale è diverso dal tuo, nel caso non te ne fossi accorta!”

Da minuti interminabili, Ingie si stava divertendo a mettere Tom alla prova con lo stretching. Si erano chiusi entrambi nella sala da ballo – lui aveva insistito per vederla all'opera – e, prima di accontentarlo, la mora aveva avuto la brillante idea di farlo ballare assieme a lei. Sotto i suoi continui rifiuti, Ingie era finalmente riuscita a farlo sedere a terra, a gambe larghe. Posizionatasi alle sue spalle, gli aveva poggiato le mani sulla schiena, esercitando una lieve pressione per farlo scendere col busto. Inutile dire che Tom era elastico come un pezzo di ferro.

A cosa ti riferisci? A quel fagiolino che nascondi nelle mutande?” lo stuzzicò, ancora alle sue spalle, osservandolo attraverso lo specchio con un sorriso ironico.

Quel fagiolino però ti fa urlare.” La mano della ragazza planò poco delicata sul suo braccio. “Hey!” esclamò lui, massaggiandosi la parte colpita. “Tu mi puoi insultare dicendo falsità e io non mi posso difendere a tono?”

Sei volgare.” borbottò lei, continuando a spingergli la schiena verso il basso.

Se tu non provassi da ore a castrarmi...”

Mi avevi promesso che provavi a ballare.”

Esatto, a ballare – e già non ero d'accordo –, non ad evirarmi.”

Va bene.”

Ingie si sollevò nuovamente in piedi, permettendo al ragazzo di riprendere a respirare regolarmente. Rise quando lo vide richiudere con lentezza le gambe, probabilmente indolenzite, con smorfie contrariate.

Stasera avrò bisogno di un bel massaggio all'inguine, sai?” la provocò con sguardo malizioso, per poi rialzarsi.

Fattelo da solo, visto che sei il re dei massaggi.” ribatté lei prontamente.

Sai che sei proprio perfida?” Ingie ridacchiò, mentre gli dava le spalle, intenta a cambiare canzone nello stereo. “Ma almeno ascolti musica decente.” aggiunse compiaciuto Tom, una volta partita la nuova traccia, decisamente più energica della precedente.

Ingie si spostò nuovamente al centro della sala.

Tremava, erano mesi che non ballava davanti a qualcuno e farlo sotto lo sguardo di Tom non era il modo migliore per ricominciare. La innervosiva, si sentiva a disagio. Ricordava che ai tempi degli spettacoli, lo stesso problema la tormentava: ballare di fronte ad un pubblico, a teatro, era per lei un gioco da ragazzi; ballare di fronte a un conoscente o un famigliare le creava un blocco emotivo che non riusciva a scacciare. La sentiva come la cosa più stupida ed illogica del mondo, ma era ciò che accadeva nel suo cervello senza che potesse evitarlo.

Sei sicuro di volermi vedere ballare, insomma –”

Muoviti.” la interruppe il chitarrista. Era tutta la mattina che continuava a fargli quella domanda ma lui si era rivelato irremovibile. Era come se stesse rivendicando alcuni diritti che gli spettavano, senza che lei ne fosse al corrente. Aveva da sempre sostenuto che lui era il motivo per cui aveva ripreso a ballare – ed effettivamente era vero – ed ora pretendeva la sua parte. “Facciamo sesso. Ballare davanti a me non può metterti più in imbarazzo.”

Taci.” ribatté la ragazza, cercando di concentrarsi.

Prese un bel respiro, ce la poteva fare.

Mosse il piede sinistro, accompagnandolo con una mossa del braccio destro. Senza nemmeno rendersene conto, aveva cominciato a ballare, proprio lì, sotto i suoi occhi che non vedeva. Aveva chiuso i suoi, aveva dato libero sfogo al linguaggio del suo corpo e si era concentrata su ogni singola emozione che questo le trasmetteva. Non sapeva quale espressione macchiasse il volto del chitarrista e non aveva nemmeno il coraggio di scoprirlo. Voleva finire ciò che aveva iniziato, senza deconcentrarsi. Sapeva che se avesse guardato i suoi occhi nocciola, piantati su di lei, come minimo sarebbe caduta a terra. Erano giorni che stava imparando a convivere con quella nuova consapevolezza: non sentiva più Tom una semplice attrazione sessuale. Aveva dovuto farci i conti ma poi si era detta che avrebbe dovuto continuare a recitare la sua parte, a comportarsi come se nulla stesse succedendo nel proprio cervello, benché fosse dura. Tom non l'aiutava lanciandole determinati sguardi, sorridendole, toccandola.

Era divenuta una sfida imparziale.

Quando si fermò, col finire della canzone, ebbe finalmente il coraggio di aprire gli occhi e ciò che trovò davanti a lei la sorprese: Tom la osservava con l'ammirazione nelle pupille e la bocca lievemente aperta, come fosse incredulo di ciò cui aveva appena assistito. Era curiosa di sapere cosa ne pensasse ma, da quell'espressione, poteva benissimo farsi un'idea.

Ma tu sei brava.” mormorò, facendola scoppiare a ridere. “Dai tuoi racconti, non pensavo fino a questi livelli. Certo, sono ignorante in materia, ma posso dire con certezza che quello che ho visto mi è piaciuto e mi ha... Spiazzato.” Ingie sorrise appena, abbassando lo sguardo. “Ingie, tu non ti devi fermare.” Quella frase, pronunciata con tanta serietà le fece riportare l'attenzione sul ragazzo, curiosa. “Tu devi continuare a ballare, devi cercare di costruirti una carriera. Devi sfruttare questo tuo talento.”

Il cuore della ragazza batteva all'impazzata. Sentire quelle parole uscire dalla sua bocca era gratificante, forse troppo. Da tempo si era accorta che il suo giudizio, per lei, era importante.

Figurati. Non ci riuscirò mai.” borbottò lei.

Tom le si avvicinò pericolosamente e rabbrividì quando le sue mani le si posarono sulle spalle.

Smettila di buttarti giù così. Voglio che cominci a credere un po' di più in te stessa.” le disse severamente, guardandola dritta negli occhi.

Se mi avessi detto queste cose qualche mese fa, ti sarei scoppiata a ridere in faccia.” ghignò lei, cercando di alleggerire la tensione che si era creata.

Guarda che ancora non ti sopporto.” ridacchiò lui, dandole le spalle.

Nemmeno io.” sorrise lei. Eppure sentiva che qualcosa, fra loro, stava cambiando. “Eppure siamo qui, a darci consigli a vicenda. Un po' strano, no?”

E andare a letto insieme, aggiungerei.” sorrise di rimando il chitarrista, voltandosi di nuovo verso di lei, ora un po' più lontano. “Il mondo è strano.”

Ingie restò qualche attimo in silenzio, senza abbandonare il sorriso che aveva posto le radici sul suo volto.

Dai, vieni, ti faccio ballare.” esordì, avvicinandosi a lui ed afferrandogli le mani, che lui cercò prontamente di allontanare dalla sua presa.

Vattene!” ridacchiò, dandole le spalle e piegandosi appena su se stesso per evitare che la mora gli riafferrasse le mani grandi e calde.

Dai, Piggy, me l'avevi promesso!” si lamentò lei, arrampicandoglisi addosso.

Io non mantengo le promesse!” continuò a ridere lui, mentre lei riusciva a riprendergli le mani.

C'mon, you stupid –”

Non fece in tempo a finire l'insulto che sentì le sue braccia muscolose avvolgerle la vita, schiacciandola contro il suo petto marmoreo, e farla indietreggiare, fino a poggiarla con la schiena allo specchio.

Le labbra premute sulle sue. Il cuore le esplose.

Quel bacio era bisognoso, passionale, le toglieva il respiro. Le braccia del chitarrista la stringevano possessive, ma Ingie percepiva qualcosa di nuovo in quella stretta: affetto. Insinuò le proprie mani fra i suoi rasta e si lasciò andare ad ogni emozione, ogni battito.

Amava baciarlo. Amava percepire di nuovo il suo sapore, amava sentirlo respirare sul suo viso. La sensazione della sua lingua bollente, in contrasto con il freddo dei piercing, la barba leggermente incolta. Adorava tutto di lui, benché le costasse fatica ammetterlo.

Lo strinse forte a sé, quasi si vergognò di desiderarlo a quella maniera. Sentire le sue braccia circondarla le trasmetteva un magnifico senso di protezione; con lui si sentiva donna.

Gli ultimi baci che le diede furono più delicati, le assaggiava le labbra, vi lasciava qualche lieve morso, poi tornava a catturarle fra le sue, destabilizzandola ancora una volta. Quando si staccò da lei con un piccolo schiocco umido, si guardarono negli occhi, con i respiri quasi mozzati, senza abbandonare il contatto fra i loro nasi che ancora si sfioravano.

L'ho sempre detto che giochi sporco.” sussurrò lei, sulle sue labbra. Lui sorrise appena, prendendo a regalarle lievi baci a fior di pelle su una guancia. Scese sul collo, smuovendole quello che sembrava un toro imbizzarrito nello stomaco. Ingie non riuscì a fare altro se non chiudere gli occhi e abbandonarsi alle sue attenzioni, carezzandogli la nuca con una mano. Improvvisamente, si sorprese nel sentirlo abbracciarla semplicemente, rifugiando il viso fra i suoi capelli, e tenerla stretta per non seppe quanto tempo. Ingie gli avvolse a sua volta il collo con le braccia ed attese. “È la prima volta che mi abbracci e basta.” soffiò al suo orecchio.

Voleva sembrare ironica, ma ancora le mancava il fiato.

A volte, anche i bambini cattivi possono essere affettuosi.” le disse, facendola sorridere.

Ma solitamente lo fanno per farsi perdonare qualche marachella.”

Mi hai scoperto.” scherzò lui.

D'accordo, hai vinto. Non ti farò ballare.” sorrise Ingie, ben conscia che quel suo gesto affettuoso era stato dettato semplicemente dal suo cuore, senza alcun secondo fine.





***





Non seppe nemmeno dire come fossero finiti su quel letto, una volta rientrati in studio. Tom la sovrastava, ma non accennava a nulla, se non semplici carezze e baci. I loro corpi, separati solamente dai vestiti, bruciavano a contatto. Alla mora piaceva quando il chitarrista se ne stava sdraiato su di lei, senza però pesarle troppo addosso. Ma quella volta, qualcosa di insolito le mordeva lo stomaco; qualcosa che non le permetteva di rilassarsi come avrebbe voluto. Cercò di abbandonarsi ai suoi baci così insolitamente delicati, alle sue carezze fra i capelli, ma il cuore sembrava volerle perforare il petto, rendendola inquieta.

Bill mi ha detto che sai.” esordì all'improvviso Tom, dopo averle dato un piccolo bacio sul collo. Ora la osservava negli occhi, immobile.

So che sa.” confermò lei, giocherellando appena con un rasta che gli pendeva a lato del viso rilassato.

Perché non me l'hai detto?” le domandò quindi, abbassando lo sguardo sulle sue labbra.

Sembrava non ne avessero mai abbastanza l'uno dell'altra e che facessero fatica a parlare senza toccarsi.

Ingie scrollò appena le spalle e lui tornò a guardarla negli occhi.

Non mi sembrava importante.” rispose.

Mh.” fece lui pensieroso. “Come l'hai presa? Sei incazzata?”

No, non sono incazzata. Mi sorprendo solamente di quanto tu non riesca a mentire davanti a tuo fratello.” Sorrise appena, vedendo il chitarrista abbassare un po' il capo, come colto sul fatto. “Guarda che è una cosa buona.” precisò.

Io e mio fratello ci siamo sempre detti tutto.” sembrò volesse discolparsi, ma Ingie gli posò una mano sul braccio tatuato.

Ed è giusto così, Piggy.” sorrise appena, ironica. “Non l'ha presa tanto male. Ha solo paura che io possa...” Indugiò appena, chiedendosi se avesse fatto bene a terminare la frase.

Che tu possa...?” la incoraggiò lui.

Farti soffrire.” soffiò, come non fosse nulla di importante. “Gli ho detto che non c'è pericolo.” cercò di sdrammatizzare, sventolando una mano con leggerezza.

Non voleva cadere in discorsi troppo seri perché non sarebbe stata in grado di difendersi, davanti ai suoi occhi castani. Conversazioni riguardanti i sentimenti erano per lei vietate perché si sarebbe sentita tremendamente inerme.

Tom sorrise appena, come pensieroso.

No, anche io l'ho rassicurato.” disse poi, aiutandola ad uscire dall'imbarazzo che sentiva si era creato.

Ingie gliene fu grata.

Bene.” mormorò.

Si osservarono ancora qualche istante, fino a che il chitarrista non si abbassò nuovamente su di lei, baciandola sulle labbra. La sua mano l'accarezzò sul collo, per poi scendere sul seno e posizionarsi sul suo fianco, che stinse lievemente come possessivo. Scese ancora sulla gamba, facendogliela piegare appena per permettergli di posizionarsi più comodamente. I baci, ora sul collo, divenivano più roventi, lo sentiva.

Strinse le palpebre, cercando di abbandonarsi, ignorando il groppone che le si era formato in gola e alla bocca dello stomaco. Insinuò le mani sotto la sua maglia larga, accarezzandogli gli addominali, fino a sfiorargli i pettorali. Lo sentì sospirare al suo orecchio, per poi sollevarsi appena col busto e sfilarle la camicetta. Fece lo stesso con la sua maglia, che gettò a terra, per poi tornare a sdraiarsi su di lei.

Non pensare, si ripeteva nella testa, provando in tutti i modi a partecipare a quel momento. Rabbrividì quando lo sentì baciarle l'addome, carezzandole una gamba, ancora fasciata dal jeans. È ciò che fate sempre, niente di più. Aggrottò la fronte, tormentata da quei pensieri.

Doveva reagire.

Gli spinse le mani sul petto, facendolo cadere con la schiena sul materasso, permettendole di sedersi a cavalcioni sul suo bacino. Percepiva quanto la desiderasse e quasi le mancò il fiato. Gli baciò il collo, scendendo sui pettorali – che vezzeggiò anche con i denti – e poi scese sugli addominali contratti. Ciò che le piaceva di Tom era il suo petto completamente glabro; la pelle era liscia e rovente ed adorava carezzarla.

Comportati come sempre, ripeté ancora la sua mente, mentre prendeva ad armeggiare con la cintura dei jeans del ragazzo. Le sue mani tremavano e lei diveniva sempre più inquieta.

Perché non riusciva a distrarsi? Perché non riusciva a tornare l'Ingie spensierata di quando avevano dato inizio a quella relazione puramente sessuale?

Con sorpresa, vide le mani di Tom stringere le sue ed allontanarle dal suo bacino. Lei sollevò lo sguardo confuso su di lui che ora aveva sollevato appena il petto, poggiandosi sui gomiti, per guardarla meglio in viso. Il suo sguardo era rilassato, non sembrava nervoso.

Che cos'hai, Ingie?” Quella domanda la prese talmente in contropiede che non seppe trovare risposta. Era stata come uno schiaffo in pieno volto. “Ti sento, che sei tormentata da qualcosa. Cosa c'è che non va?”

Il suo tono sorprendentemente dolce l'aveva ammutolita ancora di più.

Ho paura perché sento nuove emozioni con te. Avrebbe voluto urlarglielo ma sapeva che era ingiusto e avrebbe solamente fatto loro – ma soprattutto a se stessa – del male.

Che dici? Non ho niente che non va.” rispose, cercando di essere il più disinvolta possibile. “Perché mi hai fermato?” aggiunse, quasi seccata.

Perché non ce la faccio con te così.” spiegò lui del tutto calmo.

Perché mi complichi le cose?

Tom, non ho niente che non va.” ripeté.

Il chitarrista la osservò ancora qualche attimo con espressione indecifrabile. Non capiva se stesse sorridendo lievemente o stesse semplicemente riflettendo.

D'accordo.” concluse lui, pacato, facendola spostare per scendere dal letto.

Dove vai?” chiese lei quasi spaventata.

Paura dell'abbandono. Paura di aver rovinato tutto.

A fumare una sigaretta.” rispose lui, continuando a darle le spalle, mentre si infilava di nuovo la maglia.

Ingie si sentì quasi in colpa. Si sentì piccola, abbandonata a se stessa; aveva freddo senza di lui, necessitava di nuovo la sua vicinanza, il contatto con il suo corpo. Lo guardò uscire sul balconcino, chiudendosi la portafinestra alle spalle per non fare entrare aria nella stanza.

I suoi occhi si riempirono di lacrime che però non accennarono a scorrere lungo il volto contratto. Rannicchiò le ginocchia al petto, avvolgendole con le braccia, e vi posò il mento, con lo sguardo fisso nel vuoto.

Si sentiva un'idiota. Aveva rovinato un bel momento; un momento che sapeva di desiderare ardentemente, benché le facesse paura. Non capiva il perché di quella sua confusione improvvisa, non capiva il perché del suo smarrimento. Avrebbe tanto voluto accantonare quei suoi sentimenti così contrastanti fra loro e ricominciare da capo con lui; avrebbe voluto ricominciare ad abbandonarsi al suo corpo senza il minimo coinvolgimento. Avrebbe tanto voluto azzerare completamente la mente ed ascoltare solo le sensazioni che le trasmetteva.

Con un sospiro, si infilò di nuovo la camicetta e si sollevò dal letto. Lo cercò con lo sguardo: era seduto sulla sedia in vimini, intento a fumare di spalle con lo sguardo rivolto al giardino sottostante. Prese coraggio e si incamminò verso la portafinestra. Quando questa venne aperta, lui non si mosse; attese semplicemente che gli si posizionasse di fronte, con le braccia poggiate alla ringhiera alle sue spalle.

Si scrutarono a vicenda per attimi che parvero infiniti. Sembravano parlarsi con gli occhi, scambiarsi dubbi, incertezze, forse paure. Sembravano entrambi bisognosi di capire cosa stesse accadendo.

Perché te ne sei andato?” chiese, incerta. Mai si era sentita così inerme davanti a lui.

I suoi occhi scuri la osservarono talmente intensamente che per un attimo si sentì a corto d'aria.

Che dovevo fare?” domandò lui di rimando, scrollando appena le spalle.

Non lo so, magari riprendere ciò che avevi interrotto.” gesticolò lei, non del tutto convinta che fosse la risposta più sensata che potesse dare. “Ti ho detto che non ho niente.” aggiunse.

Ingie, non sono cretino.” Quell'uscita la fece sentire addirittura ridicola. “Sei turbata da qualcosa, è inutile che cerchi di negarlo.”

Ingie si torturò le mani.

Potevi benissimo ignorarmi.” ribatté, quasi scocciata.

Tom inclinò di poco il capo, aggrottando la fronte.

E io, secondo te, avrei fatto sesso, facendo finta di non sentire che non stavi bene?” le domandò, sinceramente curioso. “Per quanto io sia uomo, non arrivo a fregarmene di te.”

Ingie si sentì inspiegabilmente lusingata da quelle parole. Tom si preoccupava per lei, l'aveva sempre saputo, a differenza di altri ragazzi egoisti che pensavano solamente a soddisfare i propri bisogni. Tom era diverso e – benché fosse l'ultima persona che potesse sembrare altruista e sensibile – era comprensivo.

Era su questo che avevamo impostato la nostra relazione.” gli fece notare.

Sul sesso? Sì. Ciò non vuol dire che io debba sfruttare il tuo corpo a mio piacimento. Era una cosa che doveva stare bene ad entrambi, qualcosa che avremmo scelto di fare insieme, per divertimento. Non abbiamo mai firmato un contratto che ci imponesse di farlo dalla mattina alla sera. Il fatto che tu ti senta in obbligo di venire a letto con me, mi delude.”

Io non mi sento in obbligo di venire a letto con te.”

Sembrava di sì, prima. Io non voglio che sia così fra noi, Ingie.”

Senti, Tom, ho vent'anni e sono perfettamente in grado di scegliere cosa fare. Di certo, non mi sento obbligata a fare determinate cose, soprattutto con te. Mi sembrava avessimo chiarito che l'attrazione fosse reciproca, no?”

Sì, ma se prima non ti sentivi di farlo, perché hai continuato ugualmente? Guarda che non sono un assetato di sesso, non sono nemmeno uno di quei ragazzi che si incazzano se gli viene rifilata la scusa del mal di testa. Ti avrei capito, Ingie, non devi pensare che io possa infastidirmi per stronzate simili.”

Io invece ti sto dicendo che non avevo nulla in contrario.”

Tom inspirò altro fumo, come per non ribattere a quella sua ulteriore risposta.

Non le credeva, lo sapeva benissimo, ma non era necessario e soprattutto non voleva portare avanti quella discussione.

Va bene.” concluse il ragazzo, con un lieve sospiro, per poi alzarsi dalla sedia, dopo aver spento la sigaretta ormai consunta. Avrebbe tanto voluto dirgli di fermarsi lì con lei, che si sentiva una cretina, che avrebbe fatto di tutto per averlo vicino ancora un momento, ma tutto ciò che riuscì a fare fu tacere, osservandolo darle le spalle. “Vado a lavorare un po'.” le disse, prima di rientrare in camera.

Attraverso il vetro, lo vide uscire dalla stanza, richiudendosi la porta alle spalle.

Stupida.





***





Sospirò, posando la chitarra a terra. Avevano suonato per due buone ore, ininterrottamente, ma a lui parve essere trascorso un decennio. Il malumore si era impossessato del suo corpo, nel preciso istante in cui era uscito dalla stanza di Ingie.

Più passava il tempo e più faticava a capirla. Sfiorando le corde della sua chitarra, non aveva mai prestato realmente attenzione a ciò che stava facendo assieme agli altri; piuttosto, aveva pensato sempre a lei, al perché di tale comportamento. Voleva sapere cosa la tormentasse, voleva sapere se avesse fatto involontariamente qualcosa di sbagliato. Odiava vederla così, ma d'altro canto non poteva fare nulla per rimediare, se non lasciarla sola a riflettere.

Hey, Tom, tutto bene? Ti vedo pensieroso.” udì Georg, che gli aveva posato una mano sulla spalla, come per infondergli coraggio, benché non fosse a conoscenza dei suoi pensieri.

No, sono solo un po' stressato.” rispose lui, sorridendogli appena.

Senti, se andassimo a farci una corsetta? Scarichiamo un po' di tensione.” gli propose il bassista.

Effettivamente, una bella corsa era ciò che forse gli avrebbe fatto bene in quel momento. Uscire dallo studio, staccare dai pensieri, fare due chiacchiere con il suo amico. Poteva andare.

D'accordo, Hobbit.” accettò con entusiasmo.





***





Il fumo biancastro fuoriusciva regolarmente dalla sua bocca, a ritmo del respiro. I battiti accelerati, i muscoli lievemente affaticati, la pelle leggermente umida. Correvano ormai da mezzora e si chiese come fossero riusciti ad aver raggiunto tale livello. Lui non si era mai definito un tipo da corsa; piuttosto era un tipo da pesi, attrezzi. La corsa non era mai stata la sua migliore amica, vista anche la dipendenza dal fumo che limitava la sua resistenza in fatto di fiato. Eppure, quel pomeriggio, non si era nemmeno accorto di quanto tempo fosse trascorso da quando avevano messo piede nel parco vicino casa. La sua testa, benché si fosse impegnato, ancora vagava altrove.

Hey, hey, frena!” udì Georg richiamarlo, alle sue spalle. Si voltò nella sua direzione curioso e lo vide con le mani poggiate alle ginocchia, intento a riprendere aria. “Hai messo il turbo, oggi?” ridacchiò poi, guardandolo. Solo in quel momento, Tom si rese conto di essere anche lui senza fiato. “Sicuro che sia tutto a posto?” gli domandò di nuovo il bassista.

Il chitarrista voltò lo sguardo altrove. Con Georg si era sempre confidato su tutto; loro due avevano un'intesa particolare, diversa da quella che invece poteva avere con Gustav. Si capivano immediatamente, a volte senza bisogno di parole inutili. Doveva però riflettere: se gli avesse confidato ciò che stava succedendo fra lui ed Ingie, avrebbe mancato di rispetto alla ragazza, cui aveva promesso di non spifferare niente a nessuno.

No.” sospirò infine, arreso.

Vide Georg sorridere consapevole.

Ingie.” disse come la sapesse lunga e il chitarrista sollevò gli occhi al cielo.

Possibile che tutti quanti me la tiriate sempre fuori?” esclamò quasi esasperato.

Non passava giorno in cui un membro di quello studio non gli facesse notare quanto lui ed Ingie fossero circondati da un alone di attrazione reciproca. Non che fosse falso ma cominciò a chiedersi se fosse davvero così evidente o fosse un'idea che tutti si erano fatti.

Non è così?” chiese il bassista, senza abbandonare quel suo furbo sorriso sul volto.

D'accordo.” sospirò Tom. “Ho paura di...” cominciò, senza il coraggio di proseguire. “Oh cazzo.” borbottò, portandosi una mano alla faccia, in difficoltà.

Ti stai innamorando, Tom?” gli venne in contro l'amico, facendolo rabbrividire a tale parola.

Non aveva più utilizzato quell'espressione dai tempi di Ria ed il pensiero di farlo per qualcun'altra lo terrorizzava.

Io non lo so.” sbottò. “Sto bene con lei.” ammise con qualche fatica. “A volte sento cose che sentivo solo con Ria e mi spaventa.” si confidò, nascondendo ogni briciola di orgoglio. “Ho paura di ricominciare tutto da capo, Georg.” sospirò.

Tom, Ria era un'altra persona.”

Ma tu l'avresti mai detto?” Georg non rispose. “All'inizio sembrava una ragazza seria, sensibile, carina. Se fosse lo stesso per Ingie? Se poi si rivelasse una delusione come lei?”

Beh, la differenza è che hai già conosciuto tutti i lati peggiori di Ingie.” rispose il rosso, ironico. “Meglio diffidare dalle acque chete, com'era Ria, piuttosto che dalle persone più esuberanti, che si mettono immediatamente a nudo, tirando fuori anche il peggio di loro.”

Tom rifletté. Era d'accordo con quel tipo di discorso, ma il timore di scottarsi nuovamente era lì nascosto, pronto a esplodere. Non poteva permettersi di arrivare al punto si soffrire di nuovo; non da quando aveva scoperto di provare tanto dolore per una donna, cosa che aveva sempre escluso con presunzione, prima di conoscere Ria.

Andiamo a letto da un po'.”

Quasi non si accorse di come quelle parole gli fossero uscite così improvvisamente dalle labbra. D'altra parte, non poté biasimarsi. Aveva il disperato bisogno di confidarsi totalmente con un amico. Suo fratello c'era, ovvio, ma era qualcosa di diverso.

Georg, dapprima sorpreso, sorrise appena.

Chissà perché avevo intuito qualcosa.” mormorò. “Cosa provi quando sei con lei?”

Quella domanda lo prese in contropiede. Non aveva preparato una risposta.

Georg, non lo so. I primi tempi non ci facevo caso. A dire il vero, non ci ho fatto caso fino a qualche giorno fa, quando Bill ha cominciato a mettermi in testa strane cose, confondendomi le idee. Ora non faccio altro che pensare e chiedermi se ciò che mi ha fatto notare sia reale. Ora sto più attento alle mie emozioni e vorrei non doverlo fare perché mi sto rendendo conto sempre di più che stanno divenendo incontenibili.”

Georg si prese qualche attimo, forse per riflettere sulle sue parole.

E lei? Ti ha mai detto qualcosa su ciò che prova lei?” gli domandò poi.

Tom sospirò appena, riflettendo.

No. Non lo so, è enigmatica. Prima abbiamo avuto una piccola discussione ma non so se è dovuta dal fatto che anche lei si senta confusa o meno.” disse, ripensando a qualche attimo prima.

Perché non glielo chiedi?”

Perché se anche tu la conosci, saprai che non mi darà mai una risposta. È dannatamente orgogliosa e cocciuta.”

Ma se avete instaurato questo tipo di rapporto vuol dire che la basi già ci sono e che lei ha già buttato giù un muro bello spesso. Con tutte le cose che vi siete sempre detti e tutti gli insulti, poteva sembrare impossibile che lei si piegasse a venire a letto con te, no?”

Sì ma è completamente diverso dal parlare dei propri sentimenti. Lei non è in grado di farlo; è sempre restia nel dire ciò che prova. Ha paura di mettersi veramente a nudo.”

Io, fossi in te, le chiederei cosa sente. Tentar non nuoce, giusto?”

Ho paura che mi risponda che prova per me sentimenti più forti.”

Perché?”

Perché credo che non riuscirei a respingerla.”





***





Il dito le tremava. Bastava premere un semplice tasto per avviare quella chiamata. Non seppe dire di preciso da quanti minuti si trovasse in quella posizione, sapeva solo che aveva percepito quel bisogno improvviso, senza una ragione. Le aveva lasciato il suo numero e l'aveva invitata più volte a telefonarle ogni qual volta avesse voluto. Che male c'era? Ma cosa avrebbe potuto dirle? Che era confusa a causa di suo figlio?

Si strofinò la faccia con la mano libera, fino a che il dito finalmente non si posò sull'I-Phone, avviando la chiamata. Il cuore prese a batterle all'impazzata, non appena si portò il cellulare all'orecchio. L'attesa era snervante e più passava il tempo, più cercava di trovare qualcosa di plausibile da dire.

Pronto?

Boccheggiò. Quasi aveva sperato che non rispondesse.

Simone, sono Ingie.” mormorò, incerta.

Ingie! Che bella sorpresa, tesoro! Come stai?” la sentì entusiasta dall'altro capo del telefono, cosa che la fece sorridere.

Bene, tu?” rispose, mentre la sua gamba continuava a muoversi freneticamente, proprio come succedeva al chitarrista quando era nervoso.

Tutto bene, grazie. Che state combinando in questo periodo? So che i ragazzi stanno lavorando molto.

Sì, sono quasi sempre chiusi in sala di incisione, ormai. Si stanno impegnando.”

Immagino che Bill sia sempre isterico, allora. A volte, Tom mi chiama disperato.

Diciamo che siamo ad un livello di isteria ancora sopportabile.”

Bene, quello è l'importante. Come va al lavoro?

Tutto bene, tutto regolare.”

Qualche novità con la casa?

Ingie si prese qualche attimo di riflessione, prima di rispondere.

Non la sto più cercando.” ammise.

Oh, come mai?” le chiese la donna, probabilmente sorpresa.

Tutti insistono perché io rimanga qui. Ci sto riflettendo.”

Giocherellò con una ciocca di capelli, cercando di calmarsi.

Secondo me, è la scelta migliore, sai?” le confidò la bionda e ciò non poté fare altro che farla sorridere.

Me lo dite tutti.” sospirò appena.

E allora, dove sta il problema? Basta, non ci pensare più; nuova vita!

Ridacchiò lievemente per il tono gioioso e spensierato che Simone aveva usato per enfatizzare quella frase. Sembrava tutto così semplice, eppure era perennemente frenata da qualcosa. Cosa ne sarebbe stato di lei e Tom, se fosse rimasta a vivere con loro? Quella sorta di relazione sarebbe andata avanti a vita? Si sarebbe evoluta? Si sarebbero allontanati, trasformando la convivenza in qualcosa di forzato e pesante? Tanti erano gli interrogativi che le affollavano la mente ma poche, se non esistenti, erano le risposte.

Già.” sorrise impercettibilmente. “Simone, sono in crisi.” soffiò, quasi senza voce.

Che succede, tesoro?” le chiese immediatamente, con fare materno.

Si sentiva un'idiota. Stava per rovinarsi con le sue stesse mani e tutto perché si era dannatamente affezionata a quella donna. Perché sentiva l'impellente bisogno di confidarsi con lei? Era la madre dell'artefice di ogni suo dubbio, diamine!

Non so nemmeno come dirlo.” borbottò, sfregandosi una mano sulla faccia.

Lo sai che con me puoi parlare di tutto.

Sì, lo so ma – oddio.” sbuffò, sollevando gli occhi al soffitto. “La questione è un tantino complicata persino da spiegare.”

Prova.

Prese un bel respiro, concedendosi qualche secondo di silenzio per formulare la frase. Schietta e diretta, da infarto, o mille giri di parole, senza arrivare mai al dunque?

Se –” si schiarì la voce. “Se mi stessi innamorando – di tuo figlio?”

Non seppe nemmeno lei quale dio del cielo le avesse permesso di pronunciare proprio quelle parole. Nella testa si era preparata tutt'altro discorso, o meglio, tutt'altri termini.

Innamorando. Da quando lo pensava?

Aveva paura di ciò che avrebbe potuto dire Simone e si pentì amaramente di essersi abbandonata a quella maniera.

Inutile che ti chieda quale dei due, giusto?” Sorrise appena a quella domanda retorica. “Ingie, io l'avevo capito.” le disse dolcemente, facendola sentire piccola. “Perché sei in crisi?

Perché non doveva accadere e non so cosa fare.” ammise, con voce tremolante. “Io non so ancora cosa provo per lui. Sono confusa. Amo stare con lui, amo le sue attenzioni. Simone, mi sento una cretina.”

Quasi le venne da piangere. Come aveva fatto a ridursi a quella maniera? Era da quando frequentava il liceo che non si sentiva così impotente e travolta da sentimenti incontrollabili.

Dio, vorrei tornare ad avere vent'anni.” sentì sospirare Simone e la immaginò sorridere spensierata. “Tesoro, non devi sentirti così. Non andare in crisi, non passare nemmeno le ore a chiederti cosa possa essere questo sentimento. Vivi il secondo, come direbbe Bill.

Non posso innamorarmi di Tom.”

Perché no? Guarda che è un bravo ragazzo.

Lo so ma – non posso.” Aveva un milione di motivi per non innamorarsi di lui e lo sapeva bene. “Non so, forse è anche per questo che sarebbe meglio se mi trasferissi. Vivere con lui non mi aiuta a schiarirmi le idee.”

Invece è il modo migliore per capire cosa provi.

Ma io non lo voglio capire. Simone, mi sento stupida a dirti queste cose. D'altronde, tu sei a Lipsia e non puoi fare nulla. Non puoi entrarmi nella testa e ripulire la mia mente di tutti questi pensieri. Anzi, mi dispiace di averti chiamato per un motivo così futile.”

Scherzi, Ingie? Perché mai ti avrei dato il mio numero di telefono? Mi puoi chiamare anche ogni secondo della giornata, se ne hai bisogno. Mi fa piacere parlare e sono contenta del fatto che tu scelga di chiamarmi. Mi sono affezionata molto a te perché ti sento quasi come una figlia, nonostante io ti abbia visto solamente due volte. Sei una ragazza adorabile e ti confesso che mi piacerebbe saperti assieme a mio figlio.” Il cuore di Ingie prese a galoppare e si ritrovò a sorridere involontariamente. “Sai, Ingie, io l'ho visto stare male. Quando l'ho trovato con le lacrime agli occhi per colpa di Ria, non puoi capire cos'ho sentito allo stomaco. È raro che Tom pianga, davvero raro. Da quando sei entrata in casa loro, si è miracolosamente ripreso. Io non so cosa tu faccia, ma è diverso. Anche ora, quando lo sento al telefono, è inspiegabilmente allegro.” Saperlo piangere le toccò il cuore. Non aveva mai visto Tom piangere e sperò con tutta se stessa di non doverlo mai fare. Il suo odio per Ria stava lentamente crescendo. “Se tu senti il bisogno di passare del tempo con lui, fallo. Se senti il bisogno di parlargli, fallo. Fai tutto ciò che ti dice il cuore, Ingie, te lo dico da mamma. Perché potresti rimpiangere di non averlo fatto. E poi, ho la sensazione che Tom provi le stesse cose.” La mora sorrise impercettibilmente. “Conosco anche il suo più semplice sguardo. Prova qualcosa per te, che sia amore o meno. Per questo ti dico di non indugiare a mostrarti.”

Tremò appena, prendendosi qualche secondo.

Ho paura.” soffiò con un filo di voce, come si vergognasse di tale ammissione.

L'amore fa paura.” rispose Simone. “Ma è anche qualcosa di stupendo, se vissuto nella giusta maniera.

Non mi posso permettere di buttarmi a capofitto in questa faccenda. Ci sono troppe cose che –” Chiuse gli occhi senza terminare la frase. “Simone, non potrei tornare indietro, capisci?”

Vuoi vivere per sempre con questo enorme dubbio? Vuoi vivere chiedendoti come sarebbe stato provarci? E se fosse proprio Tom la persona giusta, Ingie?

No, io non credo.”

Perché?

Perché non andiamo d'accordo. Un conto è divertirsi, un conto è fare qualcosa di serio.”

Si maledì per quella sua ultima uscita. Simone non era assolutamente al corrente della relazione sessuale che aveva intrapreso con il ragazzo e si sentì un'emerita idiota per aver pronunciato tali parole. Eppure, Simone non sembrò farci caso o forse, da donna matura, aveva deciso di evitarle l'imbarazzo.

A volte, bisogna fare delle scelte. Bisogna avere il coraggio di manifestare un proprio desiderio, pur conoscendo le possibili conseguenze. Spesso, è necessario anche questo per raggiungere un po' di serenità.” Quella frase la fece riflettere. Lei? Quando avrebbe raggiunto la sua serenità? “Inoltre, non lo sai che andare sempre d'accordo rende una relazione noiosa?” cercò di sdrammatizzare, facendola nuovamente sorridere.

Sono tante le persone che potrebbero uscirne scottate. Io, Tom, Bill... Tu. Persino Georg e Gustav; non posso permettermi di rovinare un equilibrio simile. Ci ha già pensato Ria ed io non voglio essere solamente un suo clone.”

Non potrai mai esserlo perché tu hai avuto la possibilità di conoscerli meglio di chiunque altro e di condividere con ognuno di loro delle cose. Ria aveva un rapporto con Bill, ecco tutto. Con Georg e Gustav non si è mai frequentata più di tanto.

A maggior ragione. Rischio ancora di più di deluderli ed è una cosa che non sopporterei mai. Non potrei mai leggere nei loro occhi l'odio nei miei riguardi. Non me lo perdonerei.”

Allora, cos'hai intenzione di fare? Vuoi precluderti questa cosa?

Ingie si prese qualche attimo per pensare, nonostante quelle riflessioni le facessero troppo male.

Penso sia la cosa migliore per tutti.” mormorò infine, arresa all'evidenza.

Sentiva una fortissima morsa allo stomaco che quasi le impediva di parlare. Giungere a quella conclusione era stato per lei doloroso ma si era anche resa conto che era l'unico modo per far sì che nessuno soffrisse e che ognuno uscisse perfettamente illeso da tutta quella strana storia. Avrebbe portato avanti quella sorta di rapporto con Tom, ignorando egoisticamente i propri sentimenti, per quanto incontenibili stessero divenendo.

Stai sbagliando, Ingie. Ma non posso fare nulla per farti cambiare idea. La decisione è tua.” le disse dolcemente la donna, facendola sospirare per l'ennesima volta.

Grazie, Simone, per avermi ascoltato, davvero. Ora come ora, mi chiedo perché ti abbia chiamato per dirti questo. Mi sento stupida ma ne sentivo il bisogno. Sei – sei come una mamma per me e... Ti voglio bene.”

Il cuore minacciava di sfondarle il petto. Non le era mai capitato di dire una cosa simile a qualcuno, benché lo pensasse. Quella volta, era accaduto con una spontaneità tale che quasi l'aveva spaventata.

Anche io te ne voglio, Ingie. Sappi che, per qualsiasi cosa, sono qui.

Grazie. E, Simone?”

Sì?

Potresti –”

Non ne farò parola, tranquilla.





***





Bill aveva un diavolo per capello. Odiava lavare la macchina, era un qualcosa di snervante per lui.

C'era gente che odiava attività molto più estenuanti; lui odiava lavare una semplice macchina, punto. Era come dover scalare una montagna e trovava sempre qualche scusa per rimandare il più possibile quel compito. Aveva chiesto aiuto a Gustav, il quale si era immediatamente defilato con la scusa di andare a fare la spesa. Incredibile come quel ragazzo, alle volte, da angioletto si trasformasse in un insensibile essere umano.

Sbuffò, girando attorno all'auto di suo fratello.

Maledetto mio fratello e la sua dannata passione per le auto enormi.

Improvvisamente, sentì dei passi alle sue spalle e, non appena si voltò, trovò la testa di Ingie sbucare dalla porta di casa.

Hey, non c'è nessuno?” gli domandò la ragazza, curiosa.

No, se la sono svignata in tempo.” borbottò lui, con le mani sui fianchi.

In tempo per cosa?” chiese di nuovo lei, uscendo definitivamente dallo studio, per avvicinarglisi.

Devo lavare la macchina ed è una cosa che odio con tutto me stesso.”

Vide la mora ridacchiare, per poi rimboccarsi le maniche.

Dai, ti aiuto io.” si offrì con sua gioia.

Tu sì che sei un angelo.” cantilenò con gli occhi che brillavano. “Quando vuoi.” aggiunse poi, ironico. In meno di un minuto, si erano ritrovati ad insaponare l'auto insieme, scherzando di tanto in tanto. Doveva ammettere che farlo in compagnia era decisamente più divertente. “Sai, con le canzoni siamo a buon punto.” le disse ad un tratto, decisamente fiero di darle quella notizia.

Sì?” sorrise lei, contenta.

Certo, mancano ancora un sacco di pezzi, ma almeno non siamo più in alto mare come prima.”

Ecco perché sei meno isterico. Di solito i nostri cicli mestruali coincidono.”

Simpatica.”

Comunque sono contenta. Per lo meno, siete più tranquilli.”

Già.” Si prese qualche attimo. “Senti, con –”

No.” lo interruppe, secca, cosa che lo portò a sgranare gli occhi perplesso. “Non ho voglia di parlare di tuo fratello.”

No, è che l'ho visto un po' pensieroso. Volevo solo sapere se era tutto a posto.” spiegò, gesticolando eccessivamente.

Sì, tutto a posto.” tagliò corto lei.

Bill decise di non indagare oltre. Poteva ben capire che per lei e per Tom non fosse del tutto facile continuare a parlare di quella strana situazione. Si rendeva anche conto di essere un po' pesante, a volte, con tutte quelle domande; ma era più forte di lui. Stavano parlando del suo stesso sangue, era normale preoccuparsi, soprattutto dopo ciò che Ria gli aveva fatto passare. Sapeva che poteva fidarsi di Ingie ma, doveva ammetterlo, era anche dannatamente curioso.

Posso fare solo una domanda? Poi giuro che non ti rompo più le palle!” esclamò, parlando velocemente, per impedirle di interromperlo di nuovo. La vide sollevare gli occhi al cielo, sospirando. Poi tornò a guardarlo, in attesa. “Dimmi solo che prendete precauzioni, ti prego.” parlò.

Bill!” esclamò la ragazza, divenendo improvvisamente rossa in viso. “Che razza di domanda impertinente è questa?! Non eri tu quello discreto dei primi tempi?!”

Senti, non mi fraintendere, è il mio sogno diventare zio ma... Non è esattamente il periodo –”

Bill, per carità, nessuno diventerà zio, qui dentro! Puoi dormire su sette cuscini!”

D'accordo!”

Gli venne quasi da ridere ma si guardò bene dal farlo, prima di rischiare di perdere tutti i denti. Il fatto che Tom non stesse attento, durante i rapporti, era qualcosa che lo tormentava. Forse erano pensieri stupidi, ma non poteva evitarli.

Poi non capisco perché non fai queste domande a lui. Tra uomini è più normale, no?” continuò a borbottare la ragazza, sotto il suo sguardo divertito.

Salve, gente!” Quell'improvvisa esclamazione li portò a voltarsi verso il cancello, dal quale rientravano Georg e Tom. Era stato il bassista a parlare. “Oh, Bill all'opera. Che gioia per gli occhi.” lo prese in giro, avvicinandosi all'auto piena di schiuma.

Taci, Hobbit, o comincio a commentare sulla stranissima voglia improvvisa di tenerti in forma.” lo stuzzicò il ragazzo.

Non gli era sfuggito nel frattempo che Tom non fosse partito alla carica, stuzzicando Ingie all'inverosimile. Se ne stava semplicemente immobile, con le mani in tasca, ad osservarli distrattamente. Ci aveva visto giusto: era successo qualcosa.

Vado a farmi una doccia, che è meglio.” commentò il rosso, per poi sorridere ad Ingie e sparire in studio.

Ingie, mi faresti un favore? Mi puoi andare a prendere una lattina di birra in frigo? Mi è venuta sete.” si rivolse alla ragazza. Era stata la prima scusa a balzargli in mente per scambiare due parole con suo fratello.

Ti porto l'acqua.” si oppose lei, facendolo sorridere, prima di chiudersi la porta alle spalle.

Bill si voltò immediatamente verso il chitarrista.

Dieci secondi e pochissime parole per riassumermi cos'è successo con Ingie.” parlò velocemente, puntandogli gli occhi inquisitori addosso. Tom sembrava spaesato.

Nulla.” si limitò a rispondere, con una scrollata di spalle.

Muoviti, sta per tornare.” insistette il biondo, battendo infantilmente un piede a terra.

Abbiamo avuto una piccola discussione, non abbiamo nemmeno litigato. È una stronzata, Bill, davvero.”

Allora perché non vi parlate?”

Chi ha detto che non ci parliamo? Certo che ci parliamo.”

Non mi è sembrato, prima.”

Non avevamo semplicemente nulla da dirci.”

Acqua!” esclamò la ragazza, di nuovo in giardino, facendoli nuovamente voltare verso di lei, come nulla stesse accadendo. Sventolava una bottiglia nella direzione del vocalist. “Tieni, Speedy.”

Grazie, Ingie.” sorrise lui, incerto.





***





Odiava doverla ignorare. Aveva trascorso l'intera cena a scrutarla con la coda dell'occhio, senza dire una parola. Eppure non avevano litigato, non si erano detti nulla di così grave da portarli a non interagire, se non per chiedere il sale. Non era decisamente da loro. I loro pasti erano sempre accompagnati dalle provocazioni, dai dispetti reciproci, dalle risate, che poi terminavano in camera da letto. Non seppe dire il motivo per cui quella sera tutto fosse differente.

Era rimasto solo in salotto, davanti al televisore dall'audio quasi disattivato, intendo a carezzare distratto Scotty, che gli dormiva tranquillo sulle gambe. Sbuffava di tanto in tanto, come fosse perennemente tormentato da qualcosa. Aveva voglia di raggiungerla ed infilarsi semplicemente sotto le coperte assieme a lei, ma l'orgoglio maschile a volte prendeva il sopravvento. Sospirò di nuovo, buttando un piede sul tavolino di fronte al divano. Le donne gli avevano sempre e solo portato guai nella vita e si chiese perché non imparasse mai la lezione.

Arreso, spense la televisione, per poi buttare il telecomando sul divano. Spostando delicatamente il cane, si sollevò in piedi e prese a salire silenziosamente le scale.

Alla fine, non riusciva mai a tenere duro con lei.

Quando si trovò di fronte alla porta di Ingie, non bussò nemmeno; la aprì e la richiuse, insinuandosi nell'oscurità. Non sapeva se stesse dormendo ma non gli importò più di tanto. Si avvicinò a tentoni al letto e, piano, vi si sdraiò, coprendosi con il piumino. Con le mani trovò il suo corpo caldo e profumato e, senza dire una parola, la avvolse con le braccia, poggiando il proprio petto contro la sua schiena. Aveva capito che era sveglia dal lieve sussulto che aveva provato, vicina a lui, cosa che lo fece sorridere involontariamente.

Ti odio.” le sussurrò sulla nuca. “Non riesco mai a lasciarti perdere.”

Questo perché sei un piccolo, tenero Piggy.” parlò di rimando la ragazza, senza voltarsi verso di lui.

Potresti venire tu, ogni tanto, da me. Sei dannatamente orgogliosa.” si lamentò appena. “Se non faccio io la prima mossa, sei capace di non rivolgermi parola per mesi.”

Non te lo chiedo io, di venire tutte le volte da me.”

Ecco, mi stai già irritando.” borbottò il chitarrista, facendo per alzarsi dal letto, ma percepì le mani sottili della ragazza stringersi attorno alle braccia che la tenevano ancora stretta. Era stato come un riflesso incondizionato che servì a farlo nuovamente rilassare alle sue spalle. “Lo prenderò come un passo avanti da parte tua.”

Ingie non rispose ma poteva benissimo immaginare che stesse sorridendo.

Sai, Piggy, penso di essere arrivata ad odiarti, qualche tempo fa.” mormorò la ragazza.

Tom sogghignò.

Non ce lo ripetiamo tutti i giorni?” la stuzzicò.

Parlo seriamente.” lo rimbeccò lei.

E perché mi sembra che questo ti preoccupi?”

Perché non ti odio più.”

Tom deglutì appena. Non sapeva il motivo, ma quel discorso lo agitava un poco, nonostante continuasse a sorridere. Adorava semplicemente quando Ingie decideva di aprirsi con lui di sua spontanea volontà.

Beh, grazie.” ridacchiò, divertito. “Neanche io ti odio davvero.” Gli pareva un discorso assurdo ma, conoscendola, doveva accettarlo per quello che era. Sapeva che aveva un modo tutto suo per esprimere le sue emozioni e sapeva anche che nel campo affettivo era un completo disastro. La cosa, ovviamente, lo inteneriva parecchio. “È questo che ti preoccupa? Il fatto che non mi odi più?” le domandò poi, carezzandole un braccio, senza nemmeno rendersene conto.

Un po'.” sospirò lei.

Tom capì immediatamente qual'era il vero problema. Ingie era tormentata dagli stessi suoi dubbi ed interrogativi. Entrambi stavano attraversando una fase di confusione, che vedeva protagonisti i loro sentimenti. Mai la capì realmente come in quell'istante, tanto che la strinse un po' di più.

Non credere di essere l'unica ad avere paura.” soffiò, quasi vergognandosene. Aveva solamente deciso di andarle in contro, esattamente come lei si era impegnata per pronunciare quelle parole così vaghe in superficie ma piene di significato in profondità. “Mi fai dormire qui, stanotte?” le chiese poi, per non seppe nemmeno quale motivo.

Come se le altre notti avessi dormito nel tuo letto.” rispose lei con sarcasmo.

Sorrise, chiudendo gli occhi.

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Capitolo 20
*** Nineteen - Facing the reality ***


ciao


Nineteen
Facing the reality





Canticchiava. Sapeva che Ivan la scrutava come se un alieno si fosse impossessato del suo corpo. Lo stava facendo da minuti interminabili ormai, vagando per il negozio, intenta a riordinare tutti i capi d'abbigliamento come se ciò fosse la sua più grande passione.

Per lei, canticchiare era come chiedere a Gustav di ballare la lap-dance. Stessa cosa.

Era da tempo che non si sentiva particolarmente spensierata e sapeva che quel suo benessere e quel suo buon umore erano dovuti esclusivamente al chitarrista. Stavano attraversando un periodo non molto chiaro fra loro; non sapevano esattamente come definirlo. Non stavano insieme ma entrambi avevano compreso che la loro relazione non poteva più essere definita puramente sessuale. Sapevano che i sentimenti che stavano lentamente crescendo fra loro non erano da sottovalutare ma la paura di scottarsi era sempre lì in agguato, motivo per cui nessuno dei due faceva il passo più lungo della gamba. Non avevano mai più manifestato emozioni e parole dall'ultima volta; avevano semplicemente portato avanti quel loro rapporto intriso di prese in giro, frecciatine, ma pieno di affetto. Era così: Tom con lei esternava una dolcezza che credeva non esistere in lui.

Ingie aveva deciso di non farsi più domande o paranoie. Struggersi l'anima non l'avrebbe fatta stare meglio e non avrebbe risolto molte cose in sospeso di cui lei era a conoscenza. Doveva semplicemente scollegare il cervello per un momento e godersi le attenzioni del ragazzo, che la facevano sempre sorridere.

Ingie, sei particolarmente di buon umore, oggi.” parlò improvvisamente Ivan.

La ragazza si era chiesta quanto tempo ancora avrebbe dovuto attendere per la prima domanda. Sapeva che era da un po' di ore che avrebbe voluto instaurare quella conversazione, senza osare.

No.” rispose lei con una scrollata di spalle, cercando di sembrare il più vaga possibile.

Certo.” ridacchiò il ragazzo, facendola sorridere. “Beh, non ti chiedo nulla. Sono semplicemente contento di vederti così.”

Lei si limitò ad annuire, facendogli capire quanto apprezzasse.





***





Non sapeva dire esattamente da quanto tempo non toccasse più il proprio letto. Dormire con Ingie, ormai, era divenuta un'abitudine talmente naturale che nemmeno le chiedeva più se potesse fermarsi da lei. Sapeva che non le dispiaceva, proprio come non dispiaceva a lui. Tutt'altro. Aveva riscoperto il piacere di dormire abbracciato a qualcuno, benché non si trattasse della sua ragazza. Certo, quella situazione pareva strana persino a lui; d'altronde, chi li avesse visti con occhio esterno, avrebbe sicuramente affermato che fossero fidanzati e che l'unica cosa che mancava era una semplice ufficializzazione. La realtà era molto diversa, poiché al di fuori della camera da letto – e soprattutto davanti agli altri – si comportavano come nulla fosse.

Rivelare anche a Gustav cosa stesse accadendo fra loro era stata una semplice conseguenza al fatto che lo sapessero tutti tranne lui. Doveva ammettere però che i ragazzi erano stati molto bravi a comportarsi nella maniera più genuina possibile, per non mettere in imbarazzo né lui né Ingie.

Pizzicava distratto le corde della sua amata chitarra acustica, mentre Scotty gli dormiva affianco, sul divano. Lo strumento rilasciava una melodia sconosciuta, del tutto improvvisata, piuttosto rilassante. Rispecchiava appieno il suo stato d'animo che, attualmente, sentiva estremamente leggero e privo di ogni preoccupazione.

Ripensò alle volte che si fermava in palestra con Ingie per assistere alla nuova coreografia che stava montando, giorno dopo giorno, e non poté fare a meno di sorridere. Vederla ballare era per lui qualcosa di straordinario e odiava non poter rivelare ai ragazzi a cosa stesse lavorando, perché desiderava che anche loro potessero osservarla nella sua bravura. Inutile dire però quanto si sentisse lusingato alla richiesta di tacere, segno che di lui si fidava ciecamente ormai.

Ogni qual volta Ingie cominciava a muovere braccia e gambe, i suoi occhi erano come ipnotizzati e non riusciva a distoglierli dalla sua figura così elegante, nonostante il genere musicale. E più la guardava, più si convinceva che avrebbe fatto strada, cosa che scoprì di desiderare per lei quanto desiderava il successo per la sua band.

Osservarla ballare lo emozionava semplicemente.

Perché non la porti a cena fuori?”

Quella domanda fu una doccia talmente fredda, che le sue dita quasi si incastrarono fra le corde, producendo un suono sordo e terribilmente stonato. Sollevò lo sguardo su suo fratello, seduto sul divano di fronte.

Chi?” domandò come un idiota. Bill sollevò un sopracciglio, senza rispondere. A quel punto, il chitarrista sospirò pesantemente. “Bill, non lo so. Mi sembra una cosa troppo seria ed ufficiale.” borbottò, tornando a posare lo sguardo sulla sua chitarra, questa volta senza suonarla.

Io invece credo che la faresti contenta.” ribatté il vocalist, con una scrollata di spalle.

Tom fece una smorfia.

Non la conosci. È l'anti-romanticismo per eccellenza.” commentò con sarcasmo.

Una cena non deve essere per forza romantica. È per fare qualcosa di diverso, per stare un po' da soli.”

Stiamo da soli a sufficienza.”

Intendo fuori di qui.”

Ed è proprio questo che mi agita. È il fuori di qui. Sarebbe come, non so, presentarci al mondo? Non stiamo insieme, non so come ripeterlo.”

Io non ci vedo nulla di male.”

Perché tu sei puro ed ingenuo. I paparazzi e la gente non sono dello stesso avviso.”

Bill scrollò nuovamente le spalle, come se la cosa non lo interessasse.

Beh, fai come vuoi.” concluse semplicemente.





***





D'accordo. Ciao, Amanda.”

Chiuse la telefonata, tornando poi ad impastare assieme a Gustav.

Impastare.

Non ricordava come e perché avesse accettato di rimboccarsi le maniche con il batterista e cimentarsi in una pasta fatta in casa, all'italiana. Loro, che dell'Italia non conoscevano nulla, avevano dato un'occhiata su Internet, per capire come quella dannata pasta all'uovo, come apparentemente la chiamavano gli italiani, si facesse.

Doveva ammettere, in ogni caso, che l'idea l'aveva sin da subito divertita ed entusiasmata.

Secondo te è normale che non si indurisca?” borbottò Gustav all'improvviso, facendola scoppiare a ridere. Era da minuti interminabili che impastavano quella strana poltiglia di uova, farina e non ricordava cos'altro senza un evidente risultato.

Aggiungiamo un altro po' di farina.” improvvisò Ingie, spolverandone un po' sull'impasto. Non era mai stata un genio dell'arte culinaria e pregò che quelle sue iniziative non facessero saltare in aria la cucina, una volta giunto l'intervento del fuoco.

Da quanto tempo non cucini, per curiosità?” domandò Gustav senza guardarla.

Credo di non aver mai cucinato in vita mia, a parte la colazione. Se vale come cucinare.” rispose, divertita. D'accordo, aveva volontariamente esagerato.

Bene.” fece ironico il batterista.

Cosa cacchio state facendo?” fu la domanda di Georg, non appena fece il proprio ingresso in cucina.

Pasta all'uovo!” esclamò la mora, pensò con una tremenda pronuncia italiana.

Scusa?” fece di nuovo Georg, avvicinandosi ai due.

Una strana pasta italiana.” rispose Gustav.

E perché mai vi sarebbe venuta la voglia di cucinare?”

Tu hai qualcosa di meglio da fare? E poi era da tanto che volevo provarla.” ribatté il biondo, senza abbandonare il suo lavoro. “Guarda, forse si sta indurendo.” disse poi ad Ingie.

Effettivamente, la poltiglia stava assumendo sembianze più simili ad una pasta.

Sono il genio del male.” ghignò la ragazza con soddisfazione.

La cosa è altamente preoccupante.” commentò Georg, mentre recuperava un bicchiere dalla credenza per riempirlo d'acqua che buttò giù in un solo sorso. “Vi lascio. Vado a correre.”

Dì un po', Isa ti ha ordinato di dimagrire? È un periodo che non fai altro che andare a correre.” lo stuzzicò Gustav, mentre il bassista gli dava le spalle, intento ad uscire dalla cucina.

Può darsi.” cantilenò il rosso, per poi sparire, sotto le risate di Gustav ed Ingie.

Improvvisamente, una fitta intensa al basso ventre la fece piegare appena su se stessa. Sbuffò, riconosceva quel tipo di dolore.

Scusami, arrivo.” borbottò a Gustav, congedandosi. Recuperò un cambio di intimo da camera sua, per poi chiudersi in bagno. Non appena constatò che il suo sospetto era fondato, aprì il mobiletto di fronte a lei. Per lo meno Tom avrebbe smesso di preoccuparsi di una presunta gravidanza. Rovistò fra i prodotti, trovò addirittura un pacco di preservativi, ma di ciò che le serviva nemmeno l'ombra. “Are you kidding me?” esclamò al vuoto, cominciando ad innervosirsi. Possibile che si fosse dimenticata di fare la spesa? “Fuck!” chiuse con un tonfo l'anta del mobiletto e rimuginò sul da farsi. Cosa diamine poteva combinare in quelle condizioni? Chiuse gli occhi mordendosi il labbro inferiore. Sapeva che la soluzione poteva essere solamente una. “Tom!” urlò, sperando che la sentisse. L'avrebbe mandata a quel paese, se lo sentiva. “Tom!” ripeté, più forte.

Ingie, mi hai chiamato?” sentì la voce del chitarrista al di là della porta. Quando percepì la maniglia abbassarsi quasi morì di infarto.

Non entrare o ti uccido!” urlò, senza pensarci e vide la maniglia tornare immediatamente al suo posto.

Hey, tutto bene?” le chiese di nuovo. Sentì la preoccupazione nel tono di voce.

No.” borbottò lei. “Sto per chiederti il favore più grande che potresti mai farmi nella tua vita.” parlò, non sapendo come articolare la domanda. Era imbarazzante.

Non farò uno spogliarello per te, stasera.” mise immediatamente le mani avanti il ragazzo, come sempre.

Ingie aprì la bocca per ribattere ma poi pensò che non era una brutta idea. Ridacchiò mentalmente di quel pensiero e tornò a parlare.

Dovresti andare a comprarmi delle cose.” disse vaga, torturandosi le mani.

Tutto qui? Dimmi cosa ti serve.”

Morte certa. Ingie si schiarì la voce, tossicchiando.

Gli assorbenti.” farfugliò. Udì silenzio dall'altra parte, il che non era un buon segno, lo sapeva. “Tom?” lo chiamò incerta.

Te lo puoi scordare.” ribatté finalmente il ragazzo, come previsto.

Tom!” si lamentò lei.

No, Ingie, ti pare?!”

Non sapeva se ridere o piangere.

Tom, mi servono! Non posso stare chiusa in bagno!” esclamò con decisione. Non poteva assolutamente passare ore o addirittura giorni lì dentro solamente perché il chitarrista si vergognava di acquistare degli assorbenti.

Quanto durano? Cinque giorni? Ti porto da mangiare e da bere.”

Non sei spiritoso.”

Non volevo essere spiritoso, infatti.”

Sgranò gli occhi esterrefatta.

Tom, ma scherzi?! Hai davvero il coraggio di lasciarmi qui dentro?! Sono dei cazzo di assorbenti! Non ti ho detto di andarmi a prendere della droga!”

Magari con quella avrei avuto meno problemi!”

Oh, andiamo!” batté il piede a terra, scocciata. “Tom, veramente, non so a chi altro chiedere! Non posso uscire io, faccio un macello!”

Cristo, Ingie!” si lamentò il ragazzo. “Perché cazzo non li hai comprati tu?!”

Perché mi sono dimenticata, capita!” sbuffò lei. “Dai, Piggy.” lo pregò di nuovo. Sapeva che stava per cedere.

Quando uscirai dal bagno, te la farò pagare.” borbottò, facendola sorridere.

Grazie, Piggy. Lo sapevo che avevi un cuore d'oro.” cantilenò sotto le sue imprecazioni. “Ah, Tom.” si ricordò all'improvviso.

Cosa?” sputò lui.

Interni.”

Cazzo, Ingie!” La ragazza non riuscì a trattenersi e scoppiò a ridere. “Smettila, di ridere! Un ragazzo non vorrebbe neanche conoscere determinate cose!”

Oh, come sei melodrammatico.” lo prese in giro. “Dai, vai, prima che metabolizzi e cambi idea.”

Sono tentato.” farfugliò lui, prima di allontanarsi dal bagno.

Ingie scosse la testa, divertita.





***





Chi me l'ha fatto fare? Quando torno a casa, la uccido.

Continuava a borbottare mentalmente da quando aveva messo piede fuori dallo studio ed era salito in macchina. Si era avvicinato con circospezione al reparto assorbenti, come se avesse commesso qualche omicidio. Sbuffò seccato, cercando ciò che Ingie gli aveva chiesto, ignorando gli sguardi delle signore che gli sostavano affianco, intente anche loro a scegliere il prodotto.

Cristo.

Più cercava di velocizzarsi con la commissione, più perdeva tempo, poiché non riusciva a capire quale scatola dannata fosse quella giusta.

Ma di quanti tipi ne fanno? Non ne basta uno?

Quando adocchiò una scatola che illustrava qualcosa che poteva combaciare con la descrizione di Ingie, chiuse gli occhi e la afferrò, per poi abbandonare il reparto in fretta e furia. Pensò che giungere alla cassa con quell'unico acquisto sarebbe stato ancora più imbarazzante, così decise di rifornirsi anche di schiuma da barba e confezione di birra, giusto per riaffermare la sua virilità. Ignorò gli occhi accigliati della commessa e si affrettò ad uscire dal negozio. Quando aprì la macchina e vi lanciò dentro il sacchetto, tirò un sospiro di sollievo.

Hey, scusa.”

A quel richiamo, si voltò automaticamente. Di fronte a lui, un ragazzo biondo dagli occhi azzurri lo guardava incuriosito.

Sì?” domandò.

Tu sei Tom, dei Tokio Hotel, giusto?” gli chiese.

Può darsi.” rispose lui, guardandosi attorno circospetto, cosa che fece sorridere lo sconosciuto.

Potresti farmi un autografo? È per la mia sorellina, è una vostra fan.”

Oh, certo.” mormorò il chitarrista, attendendo che il ragazzo tirasse fuori carta e penna. “Come si chiama?” si informò, prima di scrivere.

Lara.” Scarabocchiò sul pezzo di carta un 'A Lara, con affetto. Tom' e glielo porse nuovamente. “Grazie mille.” sorrise il biondo.

Figurati.” rispose Tom prima di risalire in macchina.





***





Ecco i tuoi dannati assorbenti.”

Quando Ingie udì la voce del chitarrista al di là della porta del bagno, sorrise traendo un sospiro di sollievo.

Grazie.” rispose, avvicinandosi ad essa. Aprì appena, giusto per affacciarsi con gli occhi e si fece passare il pacco, prima di richiudersi dentro. Una volta sistematasi, finalmente uscì dal bagno. Tom era ancora lì fuori ad attenderla con sguardo severo e braccia conserte. “Dai, smettila di fare l'indignato.” sorrise appena.

La prossima volta ti spedisco a comprare tre pacchi di preservativi, così mi dici.” ribatté lui.

Quelli ne hai già a sufficienza, lì dentro.” si riferì al mobiletto, cosa che lo portò a sorridere furbescamente. “Hai delle alte aspettative su di me, eh?” lo punzecchiò, per poi incamminarsi verso camera sua, seguita dal chitarrista.

Sì, peccato che non ne usiamo nemmeno uno.”

Ingie si buttò sul letto, mentre il ragazzo le si sdraiava accanto.

Siamo dei bambini cattivi.” disse lei, mentre lui prendeva a carezzarle la pancia.

Già.” mormorò Tom, per poi osservarla attentamente negli occhi. Ingie percepiva le così dette 'farfalle' divorarle lo stomaco. Perdersi in quel castano così intenso era divenuto quasi doloroso e si chiedeva cosa riuscisse a trattenerla dal saltargli addosso, ogni volta. Chiuse gli occhi, beandosi delle carezze della sua mano calda sul ventre. Ormai era divenuta una routine: il ragazzo sapeva quanto stesse male durante quei periodi e, senza dire più nulla, si sdraiava sempre accanto a lei, regalandole quelle coccole che, come per magia, la facevano già stare meglio. Adorava le attenzioni e le cure che le dedicava, pur non essendo costretto. “Senti, ti sembrerà una proposta strana.” esordì lui all'improvviso, portandola a posare nuovamente lo sguardo sul suo viso rilassato.

Ormai non mi spaventa più nulla.” lo prese in giro.

Se andassimo a cena fuori, stasera?”

Certo, l'hai detto agli altri?”

Intendo da soli.”

Oh.” Dire che era sorpresa di quella richiesta era poco. Sapeva quanto il ragazzo fosse restio a farsi vedere in giro insieme e doveva ammettere che la cosa non entusiasmava nemmeno lei. Non perché si trattava del chitarrista, ma perché i paparazzi erano sempre in agguato e lei doveva stare molto attenta, dall'ultima fotografia, fuori della discoteca. “Non eri contrario?” gli domandò, curiosa.

Lo sono ancora.” rispose lui, facendole sollevare un sopracciglio con sarcasmo. “Però, non lo so. Mi sembra ingiusto.”

Non è ingiusto. È per salvaguardare tutti quanti.”

Tom sbuffò appena, scompigliandole così i capelli che lei riportò al loro posto con un gesto automatico.

Per una volta vorrei fregarmene, sai?” la sorprese. “Se sei d'accordo.”

Questi tuoi sporadici momenti di ribellione sono destabilizzanti, ne sei consapevole?” sorrise lei, giocherellando con un rasta. Adorava farlo. “Gustav!” esclamò poi all'improvviso, come illuminata, spaventando il ragazzo. “L'ho abbandonato in cucina con la pasta all'uovo!” continuò dispiaciuta, alzandosi dal letto.

La cosa?” domandò Tom confuso ma lei era già uscita di corsa dalla stanza, catapultandosi giù per le scale.

GusGus!” prorompette una volta invasa la cucina. “Scusami, ho avuto un piccolo problema tecnico. A che punto sei?”

Gustav era tranquillamente seduto al tavolo, sorseggiando beato un po' di tè.

Ho finito. Ho infilato tutto in freezer.” rispose con un gran sorriso soddisfatto.

Ingie, dal suo canto, assunse un'espressione di pura delusione.

Mi dispiace, volevo finire assieme a te.” mormorò come una bimba colta in flagrante con la mano nella busta di cioccolatini.

Non ti preoccupare! L'ho semplicemente tagliata.” sventolò una mano il ragazzo, con noncuranza, forse per rassicurarla.

Vorrà dire che la prossima volta cucineremo un bel dolce!” esclamò quindi Ingie, decisa.

Gustav sorrise.

D'accordo.”





***





Sei fottuto.”

Piantala.”

Se ti sei deciso a portarla a cena fuori, sei veramente fottuto.”

Da minuti cercava di ignorare tutte le supposizioni che Georg continuava a sputargli in faccia, senza il minimo ritegno, impegnandosi quindi in una questione molto più importante: il vestiario. Aveva frugato nell'armadio sprovvisto di bussola alla ricerca dei giusti abbinamenti per la serata ormai prossima. Non che si sentisse particolarmente in dovere di apparire elegante, ma si era accorto di tenere al fatto che Ingie lo vedesse di buon occhio. Non avrebbe mai indossato uno smoking, poteva giurarlo, e non era nemmeno il contesto adatto per farlo, ma aveva in fine deciso di optare per una maglia più stretta del solito, di lanetta morbida con strisce orizzontali, nere e bianche. Un paio di pantaloni neri, di una taglia in meno dei consueti a coprirgli le gambe e scarpe da ginnastica bianche a completare il tutto.

Si sentiva decisamente a suo agio.

Georg, non vuol dire nulla. Andiamo a cena fuori come se dovessimo mangiare popcorn sul divano.” parlò in un sospiro continuo, mentre si infilava la maglia.

Anche io dissi così, prima di fidanzarmi ufficialmente con Isa.” gli fece notare il rosso con il sarcasmo puro negli occhi.

Beh, tu sei tu e io sono io.”

Grazie per la sconvolgente rivelazione.”

Dico sul serio, Hobbit, levati dalla testa tutto ciò che stai pensando in questo momento.” Diveniva irrequieto ogni qual volta qualcuno cercasse di fargli notare quanto i suoi atteggiamenti nei confronti della ragazza divergessero tutti ad una sola ed unica spiegazione: l'amore. Avevano deciso assieme di non farsi più domande ed era la filosofia che aveva adottato da lunghissimi giorni; cercò di mantenerla intatta. Osservandosi allo specchio, raccolse i rasta in una sorta di coda, facendo cadere parte delle punte sulla fronte. “Sto seriamente pensando di tagliarli.” parlò all'improvviso, mentre li posizionava con le mani, dando loro la giusta forma.

Scorse Georg osservarlo accigliato.

Perché?” domandò il bassista.

Comincio ad essere stufo. Non sono la comodità personificata.” spiegò il moro, una volta voltatosi verso l'amico.

Provaci. Al massimo te li rifai.” rispose questo con una scrollata di spalle. “Chiedi consiglio ad Ingie.” aggiunse poi con la malizia che veniva lanciata nell'aria da ogni singolo poro.

Tom sollevò gli occhi al soffitto.

Ciao, Hobbit!” sbuffò, uscendo dalla stanza con l'intenzione di andare a recuperare proprio la ragazza. Una volta di fronte alla sua porta, bussò un paio di volte, prima di ricevere il consenso per entrare. “Sei pronta?” domandò, affacciandosi con la testa.

Ingie era davanti allo specchio, intenta a lisciare con le mani i capelli sulle spalle.

Sorrise automaticamente.

Era bellissima. Anche lei aveva optato per un vestiario semplice; un paio di jeans grigio scuro e attillati fasciavano le sue gambe snelle e toniche, mentre una camicetta bianca, molto sobria, cadeva morbida su di essi. Ai piedi, un paio di decoltè nere, non troppo alte. Pensò fosse perfetta nella sua semplicità.

Sì, prendo solo la borsa.” rispose lei, cominciando a girovagare per la stanza, alla ricerca dell'oggetto smarrito. Ogni suo movimento rilasciava un inebriante profumo di cui Tom si riempì i polmoni, estasiato. Anche le fragranze che indossava erano pura delicatezza, uno dei tanti motivi per cui adorava stringerla e mordicchiarla, durante i loro momenti più intimi. “Let's go!” esclamò la ragazza, con la borsa nera in spalla e il trench al braccio, pronto per essere indossato.

Tom la seguì per le scale, fino a che non giunsero in cucina, dove i ragazzi li attendevano. Anche Georg li aveva raggiunti.

Noi andiamo.” annunciò Tom mentre indossava la giacca.

Buona serata.” sorrise Gustav.

Ah, noi usciamo dopo cena, torneremo tardi.” riferì Bill.

D'accordo. Ciao.” salutò il chitarrista per poi aprire la porta dello studio, in attesa che anche Ingie salutasse.

Una volta fuori, si rifugiarono velocemente in macchina, colpiti dal freddo inaspettato.

God!” esclamò la mora, sfregandosi quasi istericamente le mani, mentre il chitarrista si affrettava ad accendere il riscaldamento.

Forse sei un po' leggera.” notò il ragazzo, con la coda dell'occhio. “Vuoi tornare dentro a prendere una giacca più pesante?”

No, vai. Adesso mi scaldo.”

Tom mise in modo ed uscì dal cancello, immettendosi in strada.

Il ristorante dove aveva prenotato non era molto distante dal centro di Berlino e non avrebbero impiegato troppo tempo per raggiungerlo. La decisione non era stata semplice; doveva ammettere che suo fratello – soddisfatto del suo repentino cambiamento di idea – gli aveva dato una grande mano con la ricerca. Avevano dovuto tener conto di un luogo povero di fotografi, che non fosse una catapecchia. Missione del tutto particolare perché era ovvio che i paparazzi ricercassero i ristoranti eleganti e raffinati di cui aveva proprio bisogno quella sera.

Scrutò un paio di secondi Ingie, senza farsi notare, e fu contento di trovarla del tutto rilassata e serena. Le cose fra loro stavano proseguendo nella maniera più positiva che si potesse desiderare e non avrebbe cambiato nulla di tale andamento. Vi erano la pace e la spensieratezza che per un breve periodo – intriso di dubbi e scoperte sentimentali – erano mancate. Ora avevano imparato a convivere con le loro emozioni, senza più avere paura. E quelle emozioni erano forti, implacabili, se ne accorgeva sempre più. Il bisogno di un suo contatto ora lo faceva quasi star male, il bisogno di semplici parole, sguardi di complicità. Forse era vero, tutte quelle forti sensazioni potevano facilmente far pensare che fosse amore – e probabilmente lo era – ma non se ne curava. Gli piaceva abbandonarsi a quel vortice di emozioni e lasciarsi trascinare da esse senza opporvi la minima resistenza, benché si sentissero entrambi più tranquilli nel non rendere le cose più serie del dovuto.

Finalmente giunsero a destinazione e a Tom venne spontaneo guardarsi attorno prima di scendere dall'auto; i paparazzi non sembravano nei paraggi. Affiancò Ingie – la quale si era stretta tremante nel suo lungo trench – e la guidò verso l'entrata del ristorante. Un piacevole tepore li colse di sorpresa, scuotendoli con piccoli brividi. L'ambiente era accogliente, benché di grandi dimensioni ed eleganza. Molto luminoso – teneva a che l'atmosfera non fosse troppo romantica – ospitava un numero indefinibile di tavoli, già gremiti di gente.

Il cameriere li accolse con il dovuto garbo e mostrò loro dove li attendeva la loro postazione – in fondo alla sala, in un angolo non eccessivamente appartato. Quando finalmente si sedettero, si sorrisero appena.

Bravo, Piggy. Bella scelta.” lo stuzzicò la ragazza. Sembrava realmente soddisfatta e ciò lo rincuorò.

Dai il tuo giudizio dopo mangiato.” rispose, fintamente puntiglioso. “Ah e, per favore, non essere paranoica. Prendi tutto quello che vuoi.” la mise in guarda, con sguardo severo che lei ricambiò con un lieve sorriso.

Conosceva l'eccessiva preoccupazione di Ingie, riguardante le spese. Non riusciva ancora a metabolizzare il fatto che lui – era la verità – non aveva problemi di soldi e che avrebbe potuto permettersi il lusso di qualcosa di molto costoso; si sentiva sempre estremamente a disagio quando lui pagava per lei ed era una cosa che un po' lo inteneriva.

Tom, con le ordinazioni, si attenne ai suoi principi di bravo vegetariano, mentre Ingie non resistette a chiedere della carne.

Sai, Piggy, mi ha sorpreso questa tua iniziativa.” sorrise improvvisamente la ragazza. “Devo credere davvero che sia stata una tua idea?” lo stuzzicò successivamente, portandolo a nascondere un piccolo ghigno dietro la mano.

Diciamo che Bill mi ha dato un po' di ispirazione.” ammise. “Però il ristorante, l'ho scelto io.” aggiunse fiero.

Oh, quello lo sapevo.” annuì Ingie, consapevole. “Poco romantico, ben illuminato, piuttosto grande... Proprio da te.”

Hey, se non ti piaceva, bastava dirlo!”

Invece mi piace proprio per questo. Siamo uguali, no? Ci siamo arresi all'evidenza.”

Tom tacque per un momento, osservando il suo viso sereno, luminoso, e un po' sperò di essere parte del motivo di quella quiete.

Sai, ripensando al nostro primo incontro, non avrei mai detto che saremmo finiti... Così.” esordì, come nostalgico di quel momento.

Ricordava perfettamente le parole taglienti, ma soprattutto lo schiaffo anche aveva ricevuto da lei senza mezze misure. Forse era stato proprio in quel momento che si era reso conto di quanto fosse diversa dalle solite ragazze che gli cadevano ai piedi, senza conoscerlo realmente. Era stato in quel momento che aveva sospettato che fra lui e lei non si sarebbe conclusa a quella semplice maniera.

Effettivamente, sembra un paradosso.” concordò la mora. “Per lo meno, non ci si annoia.” Un altro vantaggio del passare il tempo con lei: l'assenza della noia. Potevano litigare, fare l'amore, parlare o semplicemente stuzzicarsi; non si annoiava mai. Con lei la novità non aveva mai fine, così come il divertimento. Si capivano: capivano quando era il momento di passare delle ore insieme e capivano quando era il momento di stare soli. Era vero ciò che tutti dicevano e che avevano imparato ad ammettere anche loro: erano uguali. Le prime portate giunsero al tavolo in poco tempo, cosa che entrambi apprezzarono, e vennero immediatamente addentate dai due. “Ora posso dirlo: bravo, Piggy. Ottima scelta.” sorrise Ingie, gustando il proprio piatto con soddisfazione nello sguardo.

Grazie, grazie, lo so.” si pavoneggiò lui. Effettivamente, aveva fatto un buon lavoro. Talmente tanto che si sorprese potesse essere tutto farina del suo sacco. Certo, quando stava con Ria, aveva fatto di tutto per lei – persino romanticherie che non si sarebbe mai sognato di pensare. Eppure, quella sera, si sentiva realizzato. “Se ti dico che mi piaci particolarmente, stasera, ti monti la testa?” le domandò poi con un sorriso, senza guardarla. Si sentiva inspiegabilmente timido a confessarle una cosa simile. Era incredibile come a gesti, durante i momenti di passione, non conoscesse freni, mentre a parole si sentiva totalmente inesperto.

Potrei.” scherzò la ragazza. “Grazie, comunque. Anche tu non sei male.”

Grazie della gentile concessione.”

Piggy.” Sollevò lo sguardo su di lei. “Che sei bello, te lo dicono già tutti quanti.”

Ma tu non sei tutti quanti.” Quasi si morse la lingua. Non seppe dire come quella frase fosse uscita dalle sue labbra con tanta disinvoltura. “Nel senso che sei orgogliosa e non ti abbassi a fare complimenti.” cercò immediatamente di rimediare. Il sorriso enigmatico che illuminava il volto della ragazza lo fece agitare. “Smettila. Non ho detto nulla di strano.” borbottò, facendola scoppiare a ridere.





***





Si sentiva estremamente bene, quella sera. Tutto era così perfetto che quasi stentava a credere che stesse accadendo a lei. Dopo tanto tempo passato a soffrire e piangere, ora stava lentamente riscoprendo cosa volesse dire vivere. Tom si stava comportando in maniera impeccabile, cosa che l'aveva sorpresa parecchio. Nulla di romantico – e ciò le piaceva – ma sapeva in ogni caso cosa dire e fare al momento giusto. Il fatto che saltuariamente non riuscisse a trattenersi dal confessarle piccoli suoi pensieri la faceva sorridere, quasi intenerita.

Seriamente?”

Quella voce le fece aggrottare la fronte e sollevare lo sguardo, a fianco del tavolo.

Un colpo al cuore: Ria.

Si voltò immediatamente in direzione del chitarrista e notò l'espressione inquieta e corrucciata.

Cosa cazzo fai qui, non sono stato chiaro l'ultima volta?” le domandò lui freddamente, forse per non farsi sentire dalla gente attorno a loro.

Non pensavo fossi qui e di certo non con lei.” ribatté la rossa – alle sue spalle quella che doveva essere un'amica – indicando sprezzante Ingie con un gesto del capo. “Non sei la commessa?” le chiese con superiorità.

Ria, vattene, per favore. Non farmi alzare la voce.” mormorò Tom, nuovamente.

Te la scopi per farla contenta?”

Tom fece per alzarsi con uno scatto che fece spaventare persino Ingie.

Tom!” esclamò la ragazza in tempo, fermandolo per un braccio. Il chitarrista la scrutò per un attimo e sembrò calmarsi.

Dai, andiamocene, Ria.” intervenne annoiata l'amica della rossa. “Lo sai come funziona con le groupies.”

Ingie cercò di comportarsi da superiore e non rispondere con un pugno in faccia alla biondina e fortunatamente Ria sembrò voler seguire il suo consiglio.

Effettivamente, dopo di me, pensavo puntassi un po' più in alto. Conoscendo i tuoi gusti, mi hai deluso.” commentò, osservando il chitarrista, il quale non la guardava nemmeno più, forse per evitare di spaccarle la faccia. Ingie aveva lo stesso tipo di istinto ma – gliel'avevano sempre insegnato – con la gente ignorante era inutile reagire da ignoranti. “Buon proseguimento di serata.”

Furono le ultime parole, prima di osservarla uscire dal ristorante, accompagnata dalla bionda.

Mi dispiace.” borbottò Tom, per poi bere un bicchiere d'acqua.

Di cosa? Non è colpa tua.” rispose Ingie, comprensiva. “La odio, tra parentesi.” aggiunse, divertita.

Tu.” ridacchiò il ragazzo. “Grazie per avermi fermato. Non so cosa avrei potuto fare.”

Non farti prendere dal nervoso con lei. Non ne vale la pena.”

Lo so, ma in quel momento non ho pensato a nulla. È stato un istinto.”

Ha insultato me, avrei dovuto spaccarle la faccia io.” Tom scrollò le spalle ancora seccato. “Dimenticala. Riprendiamo da dove eravamo rimasti.” sorrise quindi per tirarlo su di morale. Non avrebbe certamente permesso a Ria Sommerfeld di guastare quella bellissima serata fra lei e Tom. Non le avrebbe mai regalato tale soddisfazione. “Prendi il dolce?” gli domandò, una volta posati forchetta e coltello sul piatto, segno che aveva finito di mangiare.

Direi di sì.” annuì Tom facendo la stessa cosa. Entrambi ordinarono una torta alle mandorle ed attesero il suo arrivo. “Sai, non mi hai ancora detto come tu faccia a conoscere così bene il tedesco.” esordì il chitarrista all'improvviso, seriamente incuriosito.

Ingie sorrise appena prima di rispondere.

I miei nonni sono tedeschi. Con loro ho sempre e solo parlato il tedesco.” spiegò, nostalgica.

Da parte di madre o di padre?” si informò il moro.

Di madre. Ha vissuto in Germania fino ai diciotto anni, poi si è trasferita a New York dove ha conosciuto mio padre. Ancora adesso non ha una buona pronuncia americana.” ridacchiò pensando all'accento tedesco di sua mamma.

E i tuoi nonni dove stanno?”

A Francoforte.”

Li vedi spesso?”

Diciamo che prima li vedevo, sì e no, una volta ogni tre, quattro mesi, circa. Ora non li vedo da molto più tempo. Sai, dall'incidente e tutto.” Tom si prese qualche attimo di silenzio, osservandola attentamente, cosa che la fece sorridere quasi in imbarazzo. “Che c'è?” domandò un po' a disagio.

Niente.” scosse lievemente la testa lui, ricambiando il piccolo sorriso. I loro dolci arrivarono appena in tempo, salvandola dal lieve impaccio che si era creato. “Salute!” ridacchiò Tom, prima di fiondarsi sulla torta, assieme a lei.





***





Avevano deciso di fare un giro in macchina, poiché passeggiare per i marciapiedi sarebbe stato un tantino rischioso. La musica, a basso volume, riempiva l'abitacolo, ricreando un'atmosfera particolarmente dolce e tranquilla. Ingie si sentiva dannatamente bene.

Si voltò appena verso Tom, osservando il profilo così perfetto e delicato, ed un'irresistibile voglia di baciarlo le divorò lo stomaco. Desiderava stringersi a lui e farsi coccolare, come sapeva, ma non disse una parola.

Improvvisamente, l'auto si fermò vicino ad un enorme parco vuoto – un po' le ricordava quello di Lipsia – e Tom spense il motore, rilassandosi sul suo sedile. Entrambi slacciarono la cintura e si presero qualche attimo di silenzio, spezzato solo dalla musica che ancora suonava. 'Just give me a reason' di Pink – tanto amata da entrambi – teneva loro compagnia, facendoli sorridere impercettibilmente, illuminati solo dalla luce del lampione.

Un silenzio che nascondeva mille parole molto importanti e pericolose.

Rabbrividì quando scorse gli occhi profondi di Tom posarsi sulla sua figura. Per un momento non seppe che fare e si sentì estremamente a disagio; fremeva dalla voglia di sfiorarlo ma non volle fare nulla di avventato, fino a che non lo vide avvicinarsi appena con il viso. Sentì il suo respiro sulla pelle e lo stomaco sembrò divorarla dall'interno quando la baciò. Si aggrappò al suo collo, quasi con bisogno, come necessitasse di un supporto che solo lui poteva darle.

Si baciarono con una dolcezza quasi insolita. La grande mano del chitarrista si insinuava fra i suoi capelli, carezzandole la nuca, mentre la sua bocca esperta la sfiorava con delicatezza. Sentiva il proprio cuore minacciare di esplodere e pregò che il ragazzo non se ne accorgesse.

Improvvisamente, le sue mani la afferrarono per i fianchi, facendola sollevare e sedere a cavalcioni su di lui. Spostò il sedile all'indietro per evitare di schiacciarla contro il volante e riprese a baciarla con passionalità maggiore. Ingie gli strinse le braccia al collo, facendo aderire i loro petti pulsanti, e si abbandonò completamente alle sue attenzioni, mentre una nuova consapevolezza, forte, violenta, terrificante, si faceva largo nella sua testa e nel suo cuore.

Tirò indietro il capo, lasciandosi baciare la gola.

Lo amava.

Sospirò non seppe se per i suoi baci o per quell'intima confessione. Un magone feroce si impossessò di lei, cosa che la portò ad afferrargli il viso per ritrovare le sue labbra. Lo baciò come mai aveva fatto fino ad allora, con urgenza, con bisogno, con consapevolezza, con amore. Sentì le sue braccia muscolose abbracciarla forte, mentre le sospirava sulle labbra. Non seppe cosa stesse succedendo ad entrambi, ma era certa che si trattasse dello stesso tipo di emozione.

Si abbassò a baciargli la pelle del collo, carezzandogli nel frattempo il petto caldo. Una cascata di parole nella sua mente minacciava di uscirle dalle labbra e cercò con tutta se stessa di nasconderla.

Tom le aveva fatto riscoprire la vita. L'aveva aiutata sin dal primo giorno, si era preso cura di lei, si era interessato del suo benessere. Le aveva infuso il coraggio che le mancava per riprendere in mano ciò che aveva dolorosamente abbandonato, l'aveva sostenuta in qualsiasi scelta, in qualsiasi intimo pensiero. L'aveva coccolata, l'aveva inconsapevolmente amata. Le aveva fatto nuovamente provare emozioni che credeva sopite, l'aveva fatta piangere di felicità, le aveva fatto credere nuovamente in se stessa.

Si strinse più forte a lui, approfondendo ancora di più il bacio.

Lo amava, ne era certa.

Infiltrò le mani fra i suoi rasta, sospirando.

Amava incondizionatamente il ragazzo che l'aveva fatta rinascere ed il solo pensarlo la faceva rabbrividire.

Gemette ad un suo piccolo morso.

Sì, lo amava e basta.





***





Avevano trascorso l'intero viaggio di ritorno in silenzio. Nessuno aveva più parlato dall'istante di passione che avevano passato. Non avevano fatto altro, se non baciarsi per istanti che erano parsi interminabili, ma entrambi avevano trovato ugualmente piacevole quel semplice momento. Forse i loro sentimenti cominciavano a riempire qualsiasi vuoto. Ingie aveva sentito il ragazzo diverso, osò pensare emozionato. Mai l'aveva percepito così indifeso sotto il suo corpo, ma al tempo stesso così desideroso di lei.

Osservandolo di sottecchi, lo vide sorridere impercettibilmente, forse sovrappensiero.

Non sapeva dire cosa sarebbe successo una volta tornati a casa. Sentiva che qualcosa di significativo era cambiato fra loro e per la prima volta nella vita si sentì pronta per affrontarlo. Sapeva che tutto sarebbe cambiato, sapeva che entrambi avevano fatto pace con il cervello. Entrambi sapevano perfettamente cosa volevano e Ingie si sentì tremendamente impaziente di vivere ciò che la vita avrebbe loro offerto al loro ritorno.

Si sentiva felice.

Quando con la macchina giunsero davanti al cancello dello studio, entrambi osservarono una sagoma scura al di fuori di esso.

Chi è?” domandò Tom, curioso, mentre il cancello si apriva automaticamente.

Magari non è qui per voi.” improvvisò Ingie con la fronte aggrottata.

Entrarono con l'auto nel giardino e, non appena Tom spense il motore, scesero.

Okay, la cosa comincia a farsi inquietante.” sorrise nervosamente il chitarrista, rivolto alla sagoma che Ingie ancora non riusciva a distinguere. “Non dirmi che mi hai seguito, oggi. Non sei il tizio dell'autografo?” chiese ancora Tom, avvicinandosi allo sconosciuto. Ingie ancora non riusciva ad individuare la sua figura, a causa del buio attorno a loro. Inoltre l'estraneo si nascondeva dietro la siepe.

Non ho nessuna sorellina.” Il cuore le mancò di un battito, facendola sobbalzare. Non poteva essere. “Volevo solo assicurarmi che fossi la persona che cercavo.” Si sentì mancare e si poggiò alla macchina con una mano, cercando di respirare regolarmente. Era un incubo, non stava accadendo realmente.

E perché mi cercavi?” domandò Tom divertito. “Non vorrei risultare indelicato ma... Non sono gay. Ora, se volessi tornare a casa, mi faresti un favore, dato che la cosa si sta facendo abbastanza strana.”

Perché non chiedi ad Ingie di avvicinarsi?”

Ingie non respirò per secondi interminabili, sentiva il petto tremendamente pesante. Vide Tom voltarsi verso di lei con espressione perplessa, mista a preoccupazione.

Lo conosci?” le domandò confuso. Lei non riuscì a pronunciare parola, così il chitarrista si voltò nuovamente verso il ragazzo. “Potrei sapere chi sei?”

Silenzio in cui Ingie credette di morire.

Luke.” rispose poi lui. “Il suo fidanzato.”


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Capitolo 21
*** Twenty - Crossroads ***


ciao


Twenty
Crossroads





Il mondo sembrò crollargli addosso. Si sentì strappare il respiro che, spezzato, gli era rimasto. Aveva sentito un colpo al cuore, durissimo, dal quale non era certo di riuscire a risollevarsi. Non sapeva quali parole pronunciare, ad un tratto sembravano incredibilmente inutili. I muscoli parevano intorpiditi, incapaci di muoversi e si sentì tremendamente stupido. Aveva cominciato a credere in qualcosa che in pochi secondi si era dissolto nell'aria, come l'oggetto più inutile del mondo. In pochi secondi era stato sminuito ciò che sentiva di aver creato con la persona che improvvisamente si era accorto di amare in un modo del tutto strano ed incondizionato. Si sentiva semplicemente ridicolo per avervi solo creduto.

Con il briciolo di forza di volontà che gli era rimasta, si voltò lentamente verso Ingie, la quale aveva il viso segnato dalle lacrime – che all'improvviso non gli facevano più male, ma lo facevano solamente infuriare di più – e la osservò con tutta la delusione che in quel momento provava per lei.

È vero?” le domandò con un filo di voce. Una parte di lui sperò che la ragazza gli urlasse che era uno scherzo, che non era reale ciò che il così detto Luke aveva appena finito di dire. Eppure, per la prima volta, la mora non disse una parola. Lo stomaco sembrò volerlo dilaniare con talmente tanta violenza che quasi dovette piegarsi su se stesso. Tutto ciò che si ritrovò a fare fu annuire appena con occhi delusi, stanchi, arrabbiati e vuoti. “Bene.” soffiò. Non riusciva nemmeno a parlare.

Prese a camminare quasi a fatica verso la porta dello studio, passandole affianco. Fece ben attenzione a non sfiorarla nemmeno per sbaglio – quello stesso corpo che aveva stretto a sé fino a pochi istanti prima. Ora gli sembrava tutta una stupidissima favola. Sentiva di essersi risvegliato da un lungo e bellissimo sogno ed essere tornato con i piedi nella realtà; quella cruda, quella egoista, quella cattiva.

Tom.” fu un sussurro quello della ragazza, che provò ad afferrargli incerta un braccio.

Lui lo allontanò come scottato e non si voltò, convinto che avrebbe solamente alimentato il suo dolore. Guardarla negli occhi non poteva più fargli solamente bene. Quando si chiuse la porta dello studio alle spalle e si ritrovò solo nel buio, riprese a respirare. Si portò una mano tremante all'altezza del cuore e quasi morì nel percepire lo stesso dolore che aveva provato con Ria.





***





Le lacrime non smettevano di scorrere copiose sul suo viso, eppure lei non aveva emesso nemmeno un gemito, un verso, nulla. Tutto stava accadendo in maniera così inaspettata e violenta che quasi si chiese se fosse reale o stesse solamente sognando.

Sollevò gli occhi lucidi sul ragazzo che ancora sostava di fronte a lei e non seppe dire cosa provasse in quel momento, se non una voglia incontenibile di correre nello studio per dare a Tom spiegazioni che non conosceva nemmeno lei.

Come –” cominciò per poi deglutire, incapace di parlare. “Come mi hai trovato?”

Domanda più stupida non poteva porla, ma non sapeva davvero cosa dire.

Una foto.” rispose Luke. Ingie non ebbe bisogno di ulteriori chiarimenti; sapeva benissimo quale fosse la foto cui si riferiva. “Mi devi delle spiegazioni.”

Ingie non riuscì a non pensare che avesse ragione. Aveva il diritto di ricevere spiegazioni; d'altronde aveva abbandonato tutto e tutti senza dire nulla.

Lo so.” mormorò.





***





Erano tornati in centro. Ingie non aveva proferito parola in taxi, esattamente come Luke. Le lacrime le si erano seccate sul viso, ma il suo sguardo era ancora spento, perso nel vuoto, mentre la sua mente ricreava solo immagini del chitarrista. Si chiese cosa stesse facendo, cosa pensasse di lei e pregò tanto che l'armonia che erano riusciti a creare non fosse saltata in aria, benché sapeva fosse impossibile. Non avrebbe mai creduto che prima o poi la verità sarebbe venuta a bussare alla porta, senza preavviso. Forse, intimamente, aveva sperato di non doverla mai affrontare; forse aveva sperato che ignorandola non si sarebbe mai fatta viva. Era stata incredibilmente stupida.

Sedevano in un bar. Erano le undici e mezza di sera ma la gente sembrava ancora in grado di fare passeggiate con amici, fidanzati, parenti. Tutti parevano così felici e spensierati attorno a loro, che provò un sottile senso di invidia. Fissava il proprio bicchiere d'acqua – tutto ciò che era riuscita ad ordinare, solo per educazione – posato sul tavolino all'aperto e non osava sollevare lo sguardo su quello che – era vero – era ancora il suo fidanzato.

Prima di fare domande su questo Tom, vorrei che mi spiegassi dall'inizio tutto quanto.” Quella frase aveva spezzato improvvisamente il silenzio, facendola sobbalzare. “Cosa ti è passato per la testa fuggendo a questa maniera?” Ingie non rispose; continuò ad osservare il bicchiere di fronte a lei. “Ingie.” richiamò la sua attenzione il ragazzo, portandola a sollevare lo sguardo su di lui.

Fu come rivederlo per la prima volta. Gli occhi azzurri puntati addosso le risvegliarono una serie di ricordi che ormai parevano sopiti e sepolti. Ricordò quanto fosse innamorata di lui, prima di scappare, eppure ora che gli sedeva di fronte, non provava nulla, se non nostalgia e affetto.

Rifletté ancora qualche istante prima di cominciare a parlare.

Non lo so.” rispose. “Ero sconvolta per la morte di Tom, lo sai bene.”

Dosò ogni parola.

Anche i tuoi erano e sono sconvolti. Non ci hai mai pensato?”

Sei venuto a farmi la paternale?”

Ti devo ricordare che sei sparita senza dire niente nemmeno a me?”

Aveva tremendamente ragione, non poteva dire il contrario. D'altronde, non aveva alcun diritto di dargli contro; si era comportata da ragazzina ribelle, immatura e scapestrata. Aveva ignorato ciò che avrebbero potuto provare i suoi genitori, aveva ignorato anche le esigenze del suo fidanzato, benché fossero relative. Si era comportata in modo deplorevole, lo sapeva, ed era il pensiero che l'aveva sempre tormentata, fino a quell'istante, e del quale aveva parlato solo con Tom.

Volevo solamente cambiare aria. Stavo soffocando.” mormorò, colpevole.

Sei scappata nel momento più brutto per i tuoi.” ribatté Luke, severo. “Nemmeno un biglietto, un messaggio.”

In che lingua devo dire che ero sconvolta?”

Non è una giustificazione.” L'aveva ripresa con tono talmente duro che per un momento non seppe cosa rispondere. Era vero, continuava ad arrampicarsi sugli specchi. Non aveva attenuanti. “Hai idea di quanto tua madre stia male?”

Sì, lo so. Non c'è bisogno che tu me lo venga a dire.”

Perché hai ignorato tutte le nostre chiamate e i nostri messaggi?”

Volevo stare da sola.”

Potevi tranquillizzare tua madre, dirle che stavi bene e che volevi solo un momento per te. L'avrebbe capito.” Ingie si prese la testa fra le mani, poggiando i gomiti sul tavolino bianco. “Potevi dire qualcosa a me.”

Cosa avrei dovuto dirti? Mi avresti seguita in ogni caso.” sbottò la ragazza, tornando a raddrizzarsi sulla sedia, nervosa.

Sono il tuo ragazzo, d'altronde ne ho il diritto.”

Ingie posò lo sguardo sulle proprie mani giunte sul tavolo. In pochi secondi si era ritrovata in una situazione che difficilmente le avrebbe offerto vie d'uscita. Il suo ragazzo era seduto di fronte a lei, molto probabilmente ignaro di ciò che era successo fino a quell'istante con Tom. Poteva essere considerato un vero tradimento? Ovviamente sì. Era vero, se n'era andata, abbandonando ogni cosa e chiunque, ma non aveva mai rotto con lui. Certo, poteva sembrare scontato, ma Luke non pareva dello stesso avviso. Quando era scappata da New York, non aveva pensato minimamente di lasciarlo. La sua mente era talmente occupata dalla vicenda con suo fratello, che non aveva avuto il tempo materiale per decidere di lei e Luke. Poi aveva conosciuto gente nuova, fra cui Tom, e le cose si erano evolute nella prospettiva di una nuova vita. Forse aveva erroneamente dato per scontato che non l'avrebbe mai più rivisto, che lui si sarebbe rifatto una vita. Evidentemente aveva preso una bella cantonata ed ora si trovava in un problema molto più grande di lei.

Io non volevo fare del male a nessuno. Specialmente alla mia famiglia.” sussurrò, sentendosi tremendamente in colpa. “In quel momento, avevo il cervello in blackout.”

Potevi chiederci aiuto.” disse il biondo, con sguardo più dolce. “Sapevi che io ci sarei sempre stato per te.”

Non lo volevo.” ribatté lei. “Te l'ho detto, volevo solamente stare da sola e riflettere su ciò che mi era accaduto. Non volevo tornare nella stanza di mio fratello e piangere, sentendomi perennemente in colpa per ciò che era successo.”

Si è trattato di un incidente. La colpa non è di nessuno. I tuoi genitori lo sanno perfettamente.”

Ma hanno perso comunque un figlio a causa mia. Nessuna scusa sarebbe mai abbastanza.”

Le sembrò di tornare a parlare con Tom di quell'inspiegabile situazione e dei suoi sentimenti contrastanti. Ricordava le parole di conforto che aveva usato per lei; ricordava come in pochi secondi l'aveva fatta stare meglio. Ora, di fronte a Luke, si sentiva nuovamente vuota, incompresa, per quanto il ragazzo cercasse di fare il possibile.

Se tornassi a casa, tua madre sarebbe la donna più felice del mondo.” le disse.

Ingie abbassò lo sguardo, riflettendo. Le mancava sua madre, dannatamente. L'idea di riabbracciarla e non lasciarla più andare era qualcosa che la faceva inevitabilmente emozionare. In quel periodo, aveva cercato di sopperire a quella mancanza grazie alla figura di Simone. Doveva ammettere che la donna si era rivelata di grande aiuto, di grande supporto morale. Ma, ovvio, non era sua madre.

Come posso ripresentarmi a casa come nulla fosse, dopo quello che è successo e dopo la mia fuga? Capisci che ho solamente peggiorato le cose?” domandò esausta.

Tua madre ti ha già perdonata. Vuole solo rivederti.”

Quelle parole la toccarono nel profondo. Certo, sapeva che sua madre l'adorava, sapeva che ci sarebbe sempre stata per lei, ma sentirsi dare una garanzia talmente importante era stato quasi inaspettato e lungimirante.

Non mi guarderà mai più con gli stessi occhi.” mormorò con voce spezzata, mentre altre lacrime si accumulavano sul suo sguardo.

Questo, lo dici tu.” Luke le posò una mano sul braccio, facendola quasi sobbalzare, come scottata. Erano mesi che non sentiva il suo contatto. “Se torni, potrete aiutarvi a vicenda. È ciò di cui avete bisogno.”

Ingie si allontanò lentamente dal suo tocco, per non dare troppo nell'occhio, e si prese qualche attimo di silenzio.

La sua vita era giunta nuovamente ad un bivio. Cos'avrebbe dovuto fare? Aveva immensamente paura. Tornare a casa e rivedere sua madre sarebbe stato per lei indispensabile; ciò avrebbe significato anche abbandonare Tom e probabilmente non rivederlo mai più. Sapeva benissimo che il ragazzo sarebbe stato furioso con lei, per il fatto che non gli avesse mai parlato dell'esistenza di Luke, e ne avrebbe avuto tutto il diritto. Si sentiva nuovamente divisa a metà, benché il bisogno di riabbracciare sua madre, in quel momento, prevalesse su tutto.

Voglio solo un po' di tempo per pensarci.” sussurrò, senza guardarlo negli occhi.

Quanto tempo, Ingie? Non te ne sei preso già abbastanza?”

Non era arrabbiato e ciò fu un bene.

Voglio solo poter parlare con i ragazzi, tutto qui. D'altronde mi hanno dato ospitalità fino ad oggi, mi sembra il minimo.”

Luke la scrutò per qualche istante, come pensieroso.

D'accordo.” si arrese in fine. “Parla con loro, fai quello che devi fare.” Ingie annuì appena. “Solo una cosa vorrei sapere, ancora.” La mora percepì il cuore accelerare il suo battito. “Tom che ruolo ha in tutto questo?”

Era la domanda che aveva temuto fino a quell'istante. In pochi secondi la sua mente fu affollata di infinite domande. Come si era cacciata in quella situazione? Cosa gli avrebbe risposto? Cos'avrebbe dovuto fare?

Sospirò appena.

Tom –” cominciò, insicura. “Luke, Tom è colui che mi ha aiutato a rialzarmi.” ammise.

E in che modo, posso saperlo?”

Lo guardò attentamente negli occhi e poté leggere tantissime sfumature differenti: paura, sarcasmo, curiosità, consapevolezza. Forse immaginava. Forse immaginava cosa lei e Tom avessero condiviso fino a quell'istante, ma non voleva ammetterlo a se stesso.

Sai, quando sono arrivata in Germania, quasi avevo perso la mia vera identità. Non ero più me stessa; volevo solamente ricominciare una nuova vita. Volevo gettarmi il passato alle spalle e, come l'ho fatto con la mia famiglia...”

L'hai fatto con me.”

Ingie lo osservò per secondi che le parvero interminabili, con espressione colpevole. Ora che l'aveva di fronte, si sentiva ancora più insensibile, piccola, indegna del bene che ancora le voleva.

Io –” provò a parlare nuovamente. “Credevo di –”

Non riuscì a terminare la frase.

Sai, Ingie...” Lo scrutò interrogativa. “Io ti ho sempre amata e continuo a farlo tutt'ora perché in tutto questo tempo non ho mai smesso di cercarti. In tutto questo tempo forse mi sono illuso che anche tu stessi pensando a me. Per me l'amore è anche comprensione e perdono. Io posso provare a comprenderti, Ingie.” Si ritrovò a boccheggiare. Tutto si sarebbe aspettata, ma non quelle parole. “Posso sforzarmi di pensare a quanto sia stato difficile per te tutto questo. Posso sforzarmi di giustificare qualsiasi cosa tu abbia fatto in questi mesi.” Percepiva nelle ossa la difficoltà con cui parlava; lo vedeva combattuto. Sapeva che una parte di lui lottava per ignorare la rabbia che in realtà provava e solo in quel momento si rese realmente conto di quanto la amasse. “Posso sforzarmi di pensare che sia, in un modo del tutto strano e curioso, normale che tu ti sia attaccata a qualcuno durante la lontananza da casa tua, dalla tua famiglia e da me. Io posso farlo, questo sforzo.” Aveva parlato per tutto il tempo con una lentezza disarmante, deglutendo più volte il dolore che provava. Ingie si sentiva una nullità e si chiese cosa avesse fatto per meritare ancora l'amore di un ragazzo così buono. “Dipende solo da te.” concluse con grande fatica.

Gli occhi di Ingie si riempirono nuovamente di lacrime.

Tom significa molto per me.” mormorò con un filo di voce, cercando di strozzare i singhiozzi.

Non poteva più sopportare il suo sguardo, senza sentirsi in colpa. Non sapeva come confessargli la verità.

Vide Luke annuire lentamente con espressione vuota.

Ho capito.” sussurrò. “Lo immaginavo.” sorrise poi tristemente. “Io sono venuto qui per trovarti e riportarti alla tua famiglia. Manterrò la promessa fino all'ultimo. Fra qualche giorno riparto; sta a te decidere se venire con me o no.” Si alzò dalla sedia ed Ingie percepì una violenta morsa allo stomaco nel vedere i suoi occhi umidi. “Sei libera di scegliere, Ingie.” fu l'ultima cosa che disse prima di darle le spalle ed incamminarsi lungo il marciapiede, lontano da lei.





***





Per la prima volta, apprezzò il vuoto ed il silenzio che regnavano all'interno dello studio.

Sedeva stancamente sul divano – nessuna luce ad illuminare il salotto, solamente quella lunare – con una bottiglia di birra in mano. Lo sguardo era perso, davanti a sé, apatico mentre le gambe poggiavano pesanti sul tavolino di fronte.

Sapeva che se n'erano andati; si era affacciato dalla finestra e li aveva visti abbandonare la villa in taxi. La morsa che aveva percepito allo stomaco fu solamente l'ennesima; per quanto ne sapeva, la mora avrebbe persino potuto decidere di non mettere più piede allo studio.

Bevve un altro sorso di birra, senza distogliere lo sguardo dal televisore spento. Si sentiva un idiota.

Improvvisamente, il rumore di chiavi nella serratura catturò la sua attenzione, senza però smuoverlo dalla sua posizione statica e dimessa. Il suono dei tacchi sul pavimento gli fece dedurre si trattasse proprio della ragazza e non seppe dire se ne fosse sollevato o meno. Lo udì alle sue spalle, farsi sempre più vicino, ma lui era deciso a non muovere un muscolo, fino a che non distinse una sagoma scura davanti a lui, illuminata per metà dalla luna. Posò lo sguardo vuoto su di lei, senza proferire parola, come attendendo una qualsiasi sua reazione. Ora, averla davanti faceva ancora più male di quanto ricordasse.

Aveva il viso distrutto – per quel poco che riusciva a distinguere attraverso l'oscurità – forse da un pianto interminabile. Improvvisamente, non gli importava.

Possiamo parlare?” mormorò Ingie, con voce ancora tremante. Pareva incredibilmente stanca.

Di cosa vorresti parlare?” domandò lui, spaventosamente tranquillo ma pur sempre freddo. Anche lui si sentiva stanco.

Ingie non rispose e ciò che udì per almeno un minuto fu il silenzio.

Mi dispiace.” disse poi lei, con voce rotta. “Avrei dovuto dirti di lui.”

Sì, avresti dovuto.” Quella sua risposta gelida l'aveva momentaneamente zittita. Lui, nel frattempo, si era di nuovo portato la bottiglia alla bocca, bevendo le ultime gocce di birra rimaste, prima di poggiarla sul pavimento. “Toglimi una curiosità.” esordì nuovamente, senza guardarla. “Come hai fatto a venire a letto con me per tutto questo tempo, sapendo di lui e tenendomelo nascosto?” Aveva posato nuovamente lo sguardo su di lei. “Proprio tu, che hai tanto criticato Ria.”

Non paragonarmi a lei.”

Perché non dovrei? D'altronde hai fatto la stessa cosa a Luke.”

Le circostanze erano diverse.”

Non c'è un cazzo di diverso!” Tom si sollevò di scatto dal divano, cominciando a camminare nervosamente per il salotto con le mani alle tempie. “Come hai fatto a guardarmi negli occhi, a toccarmi, sapendo di nascondermi una verità così grande?!”

Riuscì a scorgere un luccichio negli occhi di Ingie, segno che stava nuovamente piangendo.

Tom, ti sembrerà assurdo ma avevo paura.” sussurrò la mora.

Di cosa?! Di cosa avevi paura?! Che non ti avrei più accolta nel mio letto?”

Non parlare così, questo non sei tu.”

Neanche quella che mi trovo davanti in questo momento sei tu.” La ragazza non replicò, probabilmente colta sul fatto. “Sai cosa mi fa più male, Ingie? Il fatto che ci eravamo promessi di dirci tutto. Credevo ti fossi aperta completamente con me, che ti fidassi.”

Mi fido di te, Tom. Sei la persona di cui mi fido di più.”

Non mi sembra. Hai avuto infinite occasioni per dirmi la verità. Non l'hai mai fatto.”

Non volevo rovinare ciò che stavamo costruendo.”

Sapevi cosa mi è successo con Ria. Sapevi quanto per me fosse importante la sincerità. Nemmeno questo ti ha fatto riflettere.”

Ingie abbassò momentaneamente lo sguardo, prima di tornare a scrutarlo, colpevole.

Ho sbagliato. Mi dispiace davvero tanto. Non so, il fatto che volessi ricominciare da capo, forse mi ha fatto perdere il contatto con la realtà. Forse mi ha fatto illudere di poter dimenticare o addirittura cancellare parti della mia vita.” soffiò ormai invasa dalle lacrime. “Non avrei mai voluto farti del male. Tu non lo sai.” La voce le tremò. “Non sai quanto io tenga a te. So di non riuscire a dimostrarlo ma tu sei diventato... Importante.” Tom ignorò il pesante magone che gli si era formato in gola, senza preavviso. Quelle parole gli avevano fatto più male del previsto, nonostante volessero essere consolatorie. “Talmente importante che, sì, ho completamente accantonato l'idea di Luke. Per l'ennesima volta mi sono comportata da bambina immatura e ho ferito le persone attorno a me. Ma nulla di tutto ciò era premeditato. La verità è che non è vero che a vent'anni so perfettamente cosa fare. Devo ancora crescere, avevi ragione tu.”

Tom tacque per un istante prima di replicare.

Io mi sono fidato di te.” mormorò, cercando di mascherare la voce rotta. “Ero appena uscito da una situazione dalla quale credevo di non risollevarmi più. Con te, mi sono gettato nuovamente nel vuoto. Con te ho voluto riprovare a vivere emozioni, senza avere più paura. Mi sono rimesso in gioco e tu non hai pensato nemmeno per un attimo di essere sincera con me. Te ne sei fregata.”

No, Tom, non è vero. Sono stata sincera su tutto con te. È vero, ti ho tenuto all'oscuro della cosa che forse più ti riguardava, in qualche modo, ma non l'ho fatto con cattiveria.”

Sai, mentire su una cosa simile è molto difficile. Il fatto che tu ci sia riuscita con così tanta facilità mi turba.”

Ingie chiuse gli occhi e voltò il viso alla sua sinistra. Tom, dal suo canto, provava emozioni sempre più contrastanti: rabbia, delusione, dolore, affetto, amore. Una parte di lui avrebbe solamente voluto abbracciarla, dimenticare tutto, avere la forza di passare sopra quell'ennesima delusione. Il suo cuore però era stanco di riceverne.

Quindi hai intenzione di non perdonarmi.” sussurrò la ragazza, consapevole.

Che senso potrebbe mai avere? Non potremmo tornare ad avere il rapporto che avevamo prima.”

Pronunciare tali parole era doloroso ma era ciò che si sentiva di dire in quel momento. Cercò di ignorare lo sguardo addolorato e pieno di lacrime di Ingie; era furioso con lei. Era furioso perché aveva mandato all'aria ciò che di bello avevano costruito. Aveva mandato all'aria tutto quanto, senza la minima fatica, e ciò l'aveva ferito più di ogni altra cosa.

Bene, allora credo tu debba sapere che Luke mi ha chiesto di tornare in America. Gli avevo domandato un po' di tempo per riflettere e parlare con voi ma, viste le circostanze, a questo punto non ho più alcun motivo per aspettare. Non sarei comunque più gradita in questo studio.”

Non respirò per istanti che gli parvero interminabili. Quella notizia era giunta con una tale velocità da destabilizzarlo violentemente. Il suo cuore prese a battere furioso in petto all'idea di non rivedere Ingie mai più. Era davvero ciò che voleva? Voleva chiudere così con lei? Al momento, il suo orgoglio e il male non gli permettevano di comportarsi diversamente.

La scelta è tua. Come sempre.” mormorò, prima di darle le spalle e abbandonarla in salotto. Salì le scale con una certa velocità, prima di chiudersi in camera sua – dove non aveva più messo piede se non per vestirsi – e poggiò la schiena alla porta.

Desiderò solamente svegliarsi da quell'incubo.





***





Quella mattina era giunta con una lentezza insopportabile. Aveva trascorso le ore a girarsi nervosamente nel letto, senza chiudere occhio nemmeno per sbaglio. Aveva persino sentito rientrare i ragazzi verso le tre e mezza e non aveva preso sonno fino a quell'istante. Erano le otto ed aveva sopportato fin troppo di rimanere a letto, fissando il soffitto. Stare su quel materasso si era rivelato più difficile del previsto; i cuscini, le lenzuola, ogni cosa era ancora impregnata dell'odore del chitarrista e ciò le aveva fatto incredibilmente male.

Si sedette con un lieve sospiro e poggiò la schiena sulla testata, alle sue spalle. Lo sguardo fisso nel vuoto.

Cosa poteva fare? Non esisteva nulla in suo potere che fosse in grado di ottenere il perdono del ragazzo, lo sapeva. L'aveva guardato attentamente negli occhi, la sera prima, e vi aveva letto troppa delusione.

Chiuse i suoi, poggiando la testa all'indietro.

L'idea di fare le valigie le faceva venire voglia di piangere ancora più forte. L'idea di abbandonare tutto e tutti era insopportabile. Un'intima parte di lei sperava ancora che Tom la raggiungesse, che le pregasse di restare. Forse l'avrebbe messa ancora più in difficoltà con la scelta, ma per lo meno avrebbe saputo che l'aveva perdonata. Inoltre, come avrebbe spiegato quella situazione agli altri? Loro non conoscevano nulla del suo passato; avrebbe dovuto spiegare tutto dall'inizio.

Si sfregò il viso con le mani, in segno di disperazione, per poi scendere dal letto. Indossò una semplice tuta ed uscì dalla camera. Gettò un'occhiata veloce alla porta di Tom e, scuotendo la testa, prese a scendere le scale. Quando fece la sua entrata in cucina, per poco non inciampò sui suoi stessi piedi. Tom e Bill erano seduti al tavolo, uno di fronte all'altro, con espressioni fin troppo serie in volto. Improvvisamente, si sentì tremendamente fuori luogo e desiderò sparire seduta stante nel momento in cui entrambi si voltarono verso di lei. Non seppe decifrare lo sguardo di Bill, ma fu colpita da quello di Tom. Aveva occhiaie profonde ed un'aria così stanca che si sentì ancora più male. Dedusse che nemmeno lui avesse dormito quella notte e che, probabilmente, Bill era stato informato.

Vado in palestra.” parlò Tom, rivolto al fratello, il quale annuì tristemente.

Il moro si alzò dalla sedia e, non appena le si avvicinò, Ingie percepì una morsa fortissima divorarle il petto. Le passò affianco senza toccarla ma la scia di profumo che si portò dietro fu per lei quasi uno schiaffo in pieno volto. Si torturò le mani scambiandosi uno sguardo con Bill che nascondeva infiniti significati ancora ignoti; si sentiva in colpa anche nei suoi confronti e non un fiato riusciva a farsi largo fra le sue labbra.

Vieni a sederti.” Era quasi sobbalzata a quella sua uscita. Il tono non era stato né distaccato né amorevole; pareva piuttosto tranquillo. Si avvicinò titubante a lui, fino a sederglisi affianco. Non proferì parola, semplicemente attese che fosse lui il primo a parlare. E tremò quando la guardò attentamente negli occhi. “Tom mi ha detto tutto.” le disse. Ingie, per niente sorpresa, mosse appena il capo. Era giusto così. “Dire che sono colpito è poco.” Non rispose. “Vorrei prima dirti che mi dispiace per tuo fratello. Non immaginavo una cosa simile.” Ingie lo osservò qualche attimo, prima di annuire lentamente. “Però, Ingie, mi dispiace anche per mio fratello.” Sapeva che la parte brutta del discorso sarebbe arrivata; d'altronde se lo meritava. “La cosa che più mi ha fatto male è che mi avevi promesso che non l'avresti fatto soffrire.”

Ingie chiuse gli occhi qualche secondo per poi scuotere nuovamente la testa.

Bill, ti giuro, non...”

Lo so, non l'hai fatto con cattiveria. Sei stata superficiale però. Lo sapevi, che prima o poi la verità sarebbe venuta fuori e che gli avrebbe fatto male.” Ingie annuì per l'ennesima volta. Sembrava incapace di parlare, di reagire. Non ne aveva più la forza e sapeva di aver sbagliato, quindi era inutile tentare di difendersi. “Ingie, io non sono qui per giudicarti, non è il mio ruolo. Penso che tu abbia già riconosciuto il tuo sbaglio. E nonostante io sia arrabbiato perché ho visto mio fratello star male di nuovo, vorrei che tu non te ne andassi.”

Quell'ultima frase la prese talmente in contropiede che si trovò a sollevare lo sguardo su di lui con espressione corrucciata.

Come?” domandò, sentendosi incredibilmente stupida.

Sì, insomma, l'hai ferito ma non posso nemmeno ignorare il bene che gli hai fatto in tutti questi mesi. Con te è rinato, Ingie, e non posso non essertene grato.” Ingie percepì un nuovo magone farsi strada nella sua gola. “Con te è riuscito a mettere una pietra sopra il nome di Ria. Con te ha riprovato a fidarsi della gente. Inoltre sarei un bugiardo a dire che non mi sono reso conto di come vi guardiate.” La mora si trovò a sorridere lievemente, in imbarazzo. “Non ho intenzione di giustificare questo tuo errore. Ma non voglio nemmeno condannarti. Non faccio mistero del fatto che ho sempre desiderato che tu e mio fratello vi metteste insieme; non so, ho sempre pensato che in qualche modo tu fossi quella giusta, per quanto burbera, strana e una marea di aggettivi simili che ora mi farebbe perdere solo tempo. Sai, è come se vi foste salvati a vicenda. Sarebbe un peccato buttare tutto all'aria, no?”

Ingie si sentiva talmente spaesata, presa alla sprovvista, che per un attimo non seppe come rispondere. Non era in grado di esprimere il piacere che le parole di Bill le avevano fatto. Certo, nascondevano un retrogusto amarognolo, malinconico e un po' deluso, ma erano tremendamente propositive.

Non mi aspettavo queste parole da te. È giusto che tu sia deluso, per ciò che ti avevo promesso, ma ti ringrazio per quello che mi hai detto. Per me è davvero qualcosa di speciale, che mi porterò dietro sempre.” I suoi occhi si inumidirono. “Io ho provato a parlare con Tom. Gli ho chiesto scusa, ho fatto tutto ciò che potevo ma non è servito. L'ho visto davvero amareggiato ed è giusto che sia così. Sinceramente non so cos'altro potrei fare per farmi perdonare. Bill, io prima o poi sarei dovuta tornare a casa; mai come adesso ho bisogno di rivedere mia madre.” Una lacrima le sfuggì al controllo, che subito scacciò con un dito. “Certo, partire sapendo che Tom mi ha perdonato sarebbe meraviglioso. Ma l'idea di farlo e non vedervi più...” Strozzò un singhiozzo, portandosi una mano al viso e nascondendo altre lacrime che non smettevano di scorrere lungo le sue guance. Riportò lo sguardo sul vocalist. “Mi sento tremendamente legata a lui.”

Lo so.” sorrise appena Bill, comprensivo.

Io non so se ce la faccio.” mormorò, prima di scoppiare nuovamente a piangere. Non avrebbe mai immaginata di farlo davanti ad uno dei componenti della band che non fosse il chitarrista. Il suo orgoglio gliel'aveva sempre impedito. E si sorprese quando percepì le braccia del ragazzo avvolgerla con affetto. “Non dovresti consolare me. Sono stata scorretta con tuo fratello.” sussurrò stringendo però la sua maglia per trovare quel poco di conforto e supporto che in tutte quelle ore terribili le era mancato.

Sentì Bill ridacchiare appena, carezzandole la testa.

Tutti facciamo degli sbagli.” ribatté lui. “L'importante è rimediare.”

Non saprei come farlo.” sospirò lei, senza staccarsi dall'abbraccio. Nemmeno Bill probabilmente lo seppe perché non proferì parola. “Ho visto il suo sguardo, Bill. E vorrei non rivederlo mai più. Sapere che ora sta di nuovo male per causa mia è troppo.”

Posso provare a parlarci io.”

Ingie sollevò di nuovo la testa e posò lo sguardo inondato di lacrime sul viso di Bill.

Davvero?” chiese con un fil di voce. Il vocalist annuì serio. “Bill, io –”

Non sapeva cosa dire. Non si sentiva nemmeno degna di quell'aiuto che le stava offrendo.

Tom sa essere molto testardo, ma solitamente mi ascolta. Per lo meno, posso provarci.”





***





Inutile dire che gli innumerevoli tentativi di Bill furono un fiasco dietro l'altro. Fortunatamente, Ingie non si era illusa di ottenere risultati soddisfacenti. Il suo cervello le aveva suggerito, fino a quel momento, di prepararsi al peggio, così da non giungere disarmata a ciò che stava realmente succedendo.

Ivan le sedeva davanti con la fronte corrugata e gli occhi increduli. Alla parola licenziamento aveva quasi cambiato colore al viso già pallido. Gli sforzi per farle cambiare idea erano stati troppi e vani. Ingie, ormai, aveva le idee chiare: soggiornare in Germania non aveva più senso. Era la verità, ciò che la teneva ancora radicata a quel paese non le rivolgeva nemmeno la parola, quindi domandarsi perché rimanere era qualcosa di istintivo.

Ingie, io – non so, mi hai preso in contropiede.” mormorò Ivan una volta raggiunta la porta del negozio, pronta per andarsene per sempre. “Non so cosa dire.”

Non devi dire niente, Ivan. Sono io che ti devo ringraziare. Grazie al lavoro che mi hai offerto, sono riuscita a risollevarmi da una situazione drastica. Quindi non posso fare altro che portarti nel cuore, davvero.”

Pronunciare quelle parole era stato più doloroso del previsto ed il magone minacciava di farla crollare nuovamente. Eppure, cercò di essere forte. In quei pochi giorni, non aveva fatto altro che piangere e si sentiva stanca, impotente. Sentiva che le lacrime erano finite; ne aveva versate troppe.

Senza aggiungere altro, lo abbracciò con tutto l'amore che potesse esprimere. Ivan era una persona che, nonostante tutto, aveva occupato un ruolo importante nella sua vita. Abbandonare quel negozio si era rivelato più difficile di quanto si fosse immaginata.

Si liberò dall'abbraccio e gli sorrise tristemente.

Mi mancherai, Ingie. Davvero.” disse il ragazzo, guardandola attentamente negli occhi. Lo sguardo era tremendamente addolorato. “Lavorare con te è stato divertente.”

Anche tu mi mancherai, Ivan. Mi raccomando, fai il bravo.”

La voce le si ruppe e bastò quello per far sì che il ragazzo l'abbracciasse di nuovo. Questa volta, una nuova lacrima sfuggì al suo controllo, incontenibile.

Era inevitabile. Aveva costruito rapporti forti in quei mesi ed il distacco aveva fatto da testimone a tutto l'affetto che aveva trovato in Germania.

Si staccò nuovamente dal ragazzo e, dopo avergli sorriso un'ultima volta, abbandonò il negozio alle sue spalle, senza mai voltarsi indietro.





***





Ti aspetto in aeroporto domani.


Chiuse gli occhi, sospirando.

Luke le aveva inviato quel messaggio subito dopo essere venuto a conoscenza della sua decisione. L'aereo sarebbe decollato alle undici del mattino ed alle undici del mattino avrebbe detto addio ai ragazzi ed alla Germania per sempre.

Non era pronta. Non era pronta a tornare a New York, non era pronta a rivedere sua madre ma, più di ogni altra cosa, non era pronta per lasciare Tom. La cosa che le faceva più male era che non le aveva mai più rivolto parola dall'ultima discussione. La loro vita allo studio era proseguita nell'indifferenza più totale, per lo meno da parte del chitarrista. I silenzi durante i pasti erano stati agghiaccianti e i ragazzi – ormai tutti consci di ciò che era accaduto e di ciò che ancora doveva accadere – non si erano permessi di fiatare. Nessuno aveva provato a rompere il ghiaccio; avevano semplicemente passato il tempo a discorrere di cibo e clima. Dire che la tensione si tagliava col coltello era un eufemismo.

Sospirò nuovamente.

Non poteva lasciare Tom a quella maniera. Lo amava, lo amava disperatamente e tutto ciò che stava accadendo nella sua vita sembrava volesse remare contro di lei, contro i suoi sentimenti, facendola soffrire ancora una volta. Aveva cominciato a pensare che non potesse essere possibile una sua realizzazione personale, che non fosse possibile per lei essere felice.

Doveva fare qualcosa, ma non sapeva cosa. Ormai, le aveva provate tutte.

Si alzò dal letto con gesti nervosi ed uscì dalla sua stanza fino a che non si trovò di fronte alla porta del chitarrista. Il cuore prese a battere più velocemente nel suo petto e la paura dilagò. Quasi ci ripensò, fino a che una voce nella sua testa le urlò che era ingiusto cedere. Doveva combattere per ciò che amava, era quello che i suoi genitori e suo fratello le avevano sempre ripetuto.

Prese coraggio e bussò un paio di volte.

Chi è?” domandò il ragazzo da dietro il legno, facendola rabbrividire.

Si prese qualche secondo.

Ingie.” soffiò poi, timorosa della sua reazione.

Udì un breve silenzio che la fece quasi sperare.

Puoi andare all'Inferno.”

Buttò la testa all'indietro quasi con disperazione. Avrebbe dovuto immaginare una risposta simile.

Tom, lo so che sei furioso con me. Ma, ti prego, fammi entrare.” parlò speranzosa e stanca.

Perché dovrei?” rispose lui freddamente.

Perché domani mattina parto, lo sai. Potremmo non rivederci mai più e non posso sopportarlo, che tu ci creda o no. Non posso partire così.”

Non cambierebbe nulla.”

Fammi almeno entrare.” insistette lei. “Ti prego.” mormorò poi.

Non udì altro e credette quasi che si fosse messo a dormire, ignorandola, ma poi sussultò non appena sentì la porta aprirsi. Apparve davanti a lei in tuta con sguardo serio ed impenetrabile. Avrebbe tanto voluto baciarlo e mandare tutto al Diavolo.

Beh?” le domandò impaziente.

Posso entrare?” chiese di nuovo lei.

Tom sollevò gli occhi al soffitto e, dopo un grande sospiro, si fece da parte. Ingie, tremante, gli passò affianco fino a che lui non chiuse nuovamente la porta.

Che vuoi?” parlò ancora, alle sue spalle.

Quando si voltò verso di lui, lo vide con le braccia conserte e lo sguardo distrutto.

Quello che vorrei è che tu mi perdonassi ma so che è impossibile.” ammise.

Mi hai preso in giro per cinque mesi. Non so come vorresti che mi comportassi con te. Vuoi che ti prenda e ti sbatta di nuovo sul mio letto? Mi spiace, non ce la faccio.”

Tu pensi davvero queste cose quando mi parli così?”

E tu?”

Lo sai che le penso.” Attese. “Ti ho detto che sei la cosa più importante che mi sia capitata in questi mesi.”

Tom sospirò con sarcasmo, per poi incamminarsi verso il letto.

Smettila con queste stronzate.” commentò continuando a darle le spalle.

Non sono stronzate, è la verità. Ed il fatto che tu lo metta ancora in dubbio mi ferisce molto.”

Tom si voltò di nuovo verso di lei, questa volta nervoso.

Anche tu mi hai ferito, Ingie. Lo sai perfettamente.” ribatté con il dolore negli occhi.

Ed io ti ho detto che ho sbagliato e che non è stata mia intenzione. Dimmi come posso rimediare.”

Non puoi farlo.”

Perché no? La tua è una presa di posizione.”

Non sminuire ciò che hai fatto, Ingie.”

Non lo sto sminuendo. Sono stata ipocrita, codarda, cattiva, tutto quello che vuoi. Accetto tutto. Desidero solamente che tu mi dica cosa posso fare per farmi perdonare.”

Nulla ho detto.”

Ingie restò qualche secondo ad osservarlo tristemente. Sapeva che il chitarrista stava soffrendo, lì davanti a lei; glielo leggeva negli occhi. Era una ragione in più per la quale non mollare.

Tom, tra poche ore parto. Mi vuoi dire che saresti veramente in grado di lasciarmi andare così? Dopo tutto quello che c'è stato?”

L'hai rovinato tu.”

Io ci credo ancora.”

Io no, non ce la faccio.”

Ingie gli si avvicinò mentre lui indietreggiò automaticamente.

Tom, non ti allontanare da me, ti prego.” le tremò la voce e poté leggere la stessa emozione nello sguardo del chitarrista. “Io non posso sopportare l'idea di partire e non vederti più.”

Tanto doveva andare comunque a questa maniera. Prima o poi saresti tornata dalla tua famiglia e forse è meglio così. Non vedersi più potrebbe essere la soluzione.”

No, Tom.” Gli si avvicinò di nuovo e questa volta riuscì a toccarlo. “Guardami negli occhi.” lo pregò mentre lui cercava di distogliere lo sguardo ed allontanarsi dalla sua salda presa sulle braccia, senza successo.

Ingie, vattene, allontanati.” le disse lui, agitandosi. Continuava a non guardarla.

Guardami.” insistette lei.

Magone. Occhi umidi.

Ingie, non rendere le cose più complicate.” Udì la sua voce rotta e seppe che provava lo stesso tormento. Gli strinse le mani, mentre lui cercava di divincolarsi senza troppi sforzi dalla sua presa ferrea. “Ingie.” ripeté con voce strozzata.

Ho bisogno di te, Tom.” Non avrebbe mai immaginato di pronunciare tali parole. Non avrebbe mai immaginato di gettare l'orgoglio sotto le scarpe e spogliarsi di ogni difesa davanti a lui. Si era mostrata debole, inerme. Gli aveva fatto capire che senza di lui era fragile, instabile. “Ho bisogno di sapere che ci sarai ancora, che non abbiamo buttato all'aria tutto ciò che abbiamo condiviso.”

Ingie, ti prego.”

Dammi una certezza. Dimmi che per te è ancora importante.”

Quando vide gli occhi umidi del ragazzo, il suo cuore percepì un dolore troppo forte da sopportare.

Mi stai facendo male, Ingie.” sussurrò, facendole sgranare gli occhi. “Sto percependo di nuovo un dolore che non volevo provare e che mi spaventava. Se veramente tieni a me, lasciami andare.” Il suo cuore quasi si era fermato e le sue mani avevano lasciato quelle del chitarrista, all'improvviso bollenti. Quasi faticava a respirare e desiderò che ciò che stava udendo fosse un brutto incubo. “Forse è l'unico modo per farmi stare meglio.”

Si allontanò lievemente da lui, incredula.

Tu davvero stai rinunciando a tutto? Davvero, Tom?” soffiò con voce spezzata dalle lacrime che avevano di nuovo ripreso a scorrere lungo il suo viso. “Hai davvero tutto questo coraggio? Perché io non ce l'ho.” pianse silenziosamente. “Ho paura di salire su quel cazzo di aereo e non essere sicura di risentirti.” Gli occhi lucidi di Tom continuavano a darle la speranza, oltre che il dolore. “Hai questo coraggio? Sì o no?”

Il silenzio che ne derivò la spaventò a morte.

Sì.”

E fu in quel preciso istante che la sua anima morì.





***





Camminava per quell'aeroporto svuotata di ogni sua essenza. Le occhiaie profonde – resti di una notte insonne e crudele – troneggiavano sul suo viso, così come la stanchezza ed il dolore palpabili. I ragazzi, alle sue spalle, camminavano in silenzio, ma sapeva che uno solo provava realmente le sue stesse emozioni. Quando vide Luke in lontananza fare un gesto con la mano, si fermò e si voltò verso di loro, conscia del fatto che il momento che più aveva temuto – quello degli addii – era giunto.

Si schiarì la voce per evitare di scoppiare a piangere prima del previsto.

Io... Vi ringrazio davvero tanto.” La voce tremò. “Con voi ho passato dei mesi stupendi. Mi avete ridato la gioia di vivere, mi avete aiutato quando più ne ho avuto bisogno. Siete stati la mia famiglia e mi avete accettata da subito con un affetto che mai potrei ritrovare nella mia vita.” Si asciugò una lacrima che le era sfuggita al controllo. La morsa allo stomaco era dolorosa, insopportabile, quasi le impediva di respirare. Non era ancora riuscita a guardare Tom. “Credetemi quando vi dico che vi voglio davvero bene e che per me siete importanti ed un pezzo significativo del mio cuore.”

Non ce la fece. Scoppiò a piangere e fu lieta di sentire le braccia di Gustav stringerla calorosamente. Si aggrappò con forza alla sua maglia sfogando la sua paura, il suo fallimento, tutto ciò che la tormentava.

Con te ho passato momenti stupendi, sono sincero.” le mormorò all'orecchio. “Mi hai fatto ridere tanto, Ingie, e le nostre chiacchierate rimarranno sempre con me.”

Strinse gli occhi. Come avrebbe potuto abbandonarli? Per un momento desiderò tornare indietro nel tempo.

Quando fu stretta da Georg, sorrise amaramente, senza frenare quelle gocce salate che erano diventate protagoniste di quei giorni.

Mi hai fatto davvero divertire, Redhead.” soffiò. “Grazie.”

Anche tu, Ingie. Ti prego, non sparire. Hai i nostri numeri.”

Si chiese se fosse stato possibile farlo. Improvvisamente le sembrava tutto così inutile che le veniva voglia di urlare.

Quando passò a Bill, strozzò un singhiozzo.

Grazie, veramente.” bisbigliò al suo orecchio, riferendosi al grande aiuto – seppur vano – che le aveva dato con Tom. “Grazie per avermi compreso fin da subito.” Lo strinse più forte che poté e sorrise appena percependo quanto ricambiasse quel gesto.

Non mollare, Ingie.” Quel sussurro la sorprese. Sapeva a cosa si riferisse. “Fallo per me.”

Chiuse gli occhi addolorata.

Vorrei promettertelo, Bill, ma ho paura di deluderti di nuovo.” mormorò tristemente.

Quando abbandonò il corpo del vocalist smise di respirare per un momento. Tom la guardava distrutto, combattuto – lo sapeva – e privo di parole. Lei non riuscì a muoversi, davanti a lui. Continuò semplicemente a piangere in silenzio.

Tutto ciò che potevo dirti, l'ho detto.” sussurrò tremante. “So che, ora come ora, è inutile che aggiunga altro. Solo una cosa, però. Pensaci. E se un domani ci riuscirai, perdonami.” Non riusciva ad aggiungere altro. Non riusciva più a sostenere il suo sguardo, non riusciva più ad averlo così vicino senza poterlo toccare. “In ogni caso, grazie, Tom. Per tutto.” La voce le si era rotta prima che finisse la frase e si portò una mano al viso, cercando di strozzare i singhiozzi. Poi tornò a guardarlo con fatica poiché le lacrime impigliate fra le ciglia le impedivano di vedere limpidamente. “Ti sarò sempre grata per ciò che hai fatto per me.” gli sorrise appena, cercando di ingoiare il groppone. Gli occhi del ragazzo non la abbandonavano e lei non riusciva a capire che cosa avesse intenzione di fare. Sperò fino all'ultimo che la prendesse, la stringesse a sé e la baciasse, ma tutto ciò non avvenne. Forse si era illusa fino alla fine di avere il suo lieto fine, come in tutti i film che aveva guardato e che aveva sempre criticato. La realtà era ben diversa. La realtà le faceva schifo e le ricordava quanto miserabile fosse l'essere umano. Il silenzio del chitarrista pesò più di ogni altra cosa. Sapeva che non la stava guardando con odio ma con dolore, eppure non riusciva ad accettare di lasciarlo senza una sua ultima parola. Non seppe quanto tempo stesse immobile davanti a lui, in attesa del minimo gesto, del minimo cambio d'espressione, ma l'avviso del check-in giunse al suo orecchio come una bomba atomica. Era giunto il momento. “Ciao, ragazzi.” disse senza fiato, per poi dare loro le spalle.

Allontanarsi il più velocemente possibile da loro era l'unico modo per raggiungere Luke senza il minimo ripensamento. Quando lo affiancò, gettò un ultimo sguardo a Tom, che ancora la guardava smarrito, come non si fosse ancora reso conto di ciò che stava accadendo.

Sussurrando a se stessa un ti amo mai pronunciato, lo abbandonò forse per sempre.





***





Il mal di stomaco persisteva, così come il dolore al cuore che non accennava a sparire.

L'aveva lasciata andare, senza dire una parola. L'aveva lasciata andare senza confessarle ciò che provava realmente per lei. Si era lasciato sfuggire l'occasione per colpa della delusione, dell'orgoglio, e ora si sentiva terribilmente male. Ora che non l'aveva più accanto, ora che aveva visto l'aereo salire in cielo, aveva percepito la sua reale assenza con una forte fitta al petto che gli impedì di respirare per un momento. Come se si fosse risvegliato da un sogno, si era reso conto che lei non c'era più ed il tempo per parlare era finito.

Strinse i denti, cercando di ingoiare il groppo che aveva in gola. Accanto a lui, sapeva che suo fratello lo stava scrutando per cercare di capire cosa la sua testa gli stesse dicendo.

Sei un idiota, Tom.”

Quell'uscita lo fece voltare verso di lui con la fronte corrugata.

Cosa?” domandò smarrito.

Era davanti a te! E tu non hai fatto niente, non hai mosso un muscolo, non le hai detto una parola.” esclamò, gesticolando furiosamente. “Ha pianto tutte le lacrime che aveva in corpo, ha messo da parte dignità ed orgoglio, ti ha detto tutto ciò che poteva dire per farsi perdonare e tu? Niente. Come fai, Tom? Come cazzo fai?”

Quelle parole lo toccarono nel profondo. Sentirle pronunciare da suo fratello, con gli occhi fissi nei suoi, era ancora più doloroso perché si rendeva conto, maggiormente, di quanto vuoto era stato.

Non ce l'ho fatta, Bill.” mormorò colpevole. “Era troppo.”

Era troppo che cosa?! L'amore che provi per lei?! L'amore che provate l'uno per l'altra?! Cristo, Tom, svegliati! Sei così acuto per tutto e quando ti si presenta l'occasione per dimostrarlo cadi in questo modo! L'hai persa, Tom, lo sai?!” Tom chiuse appena gli occhi. “Tutto perché sei un orgoglioso del cazzo! Hai accettato cose peggiori, ti sei piegato con quella stronza di Ria e non riesci a farlo con Ingie?! Dio, non ti capisco!”

Con quell'ultima imprecazione, Bill si allontanò rabbiosamente da lui, dirigendosi verso l'uscita dell'aeroporto dove gli altri ragazzi li attendevano.





***





Era stato il viaggio più lungo della sua vita. Testa poggiata al sedile, sguardo abbandonato al di là dell'oblò, lacrime ancora fresche sul suo viso. Aveva trascorso quelle dodici ore a ripensare al loro addio e continuava a ripetersi nella mente che tutto ciò era ingiusto. Luke, al suo fianco, non le aveva detto nulla per tutto il tempo. L'aveva lasciata da sola con il suo dolore per rispetto, lo sapeva, e gliene era grata.

Quando i suoi piedi toccarono il suolo americano, un'emozione incontenibile la pervase. Cinque mesi dall'ultima volta che aveva respirato l'aria newyorchese, cinque mesi dall'ultima volta che aveva visto la sua famiglia. Cinque mesi dall'incidente.

Prese un bel respiro e salì sul taxi che l'avrebbe condotta a casa. Questa volta il viaggio fu di breve durata, nonostante lei avesse sperato in un traffico devastante per guadagnare altro tempo. All'improvviso, tutti quei mesi le parvero insufficienti e l'idea di rivedere sua madre, ora, le fece paura.

Spesso, chiedere perdono è arduo.

Inspiegabilmente si considera una bassezza, un'umiliazione bella e buona. Ma si è mai commesso un errore più grande di se stessi? Così tanto da mozzare il fiato? Più grande di ogni altra umiliazione?

Lei sì. Lei lo aveva fatto.

Ed assieme a se stessa, aveva ferito le persone più importanti della sua vita, senza riflettere, senza pensare a loro, da perfetta egoista.

E per questo doveva chinare la testa, raccogliere il fardello dei propri sbagli ed affrontare chi aveva ferito.

Ingie stava per farlo.

No, non l'aveva capito subito; aveva agito d'impulso fin dall'inizio, commesso madornali errori e continuato a commetterli, senza rendersi conto del dolore inutile che stava procurando ad altre persone.

La nostalgia ardeva dentro di lei come un tizzone, che la dilaniava giorno dopo giorno.

Ed era la nostalgia l'unica spiegazione per cui si trovava di fronte a quella casa, intenta a torturarsi le mani umide mentre esitava sul prossimo passo da compiere.

Non sapeva cos'avrebbe trovato dall'altra parte. Accettazione? Rifiuto? Un cinquanta percento di possibilità pesante come un macigno.

Ingie si sentiva sempre più ansiosa e la tentazione di girare sui tacchi e correre via era opprimente; ma non poteva farlo, non di nuovo. Era giunto il momento per lei di accantonare i suoi timori, per una volta nella vita.

Preso un bel respiro, quindi, pigiò con l'indice quel dannato pulsante, il quale la pose, con un trillo, di fronte ad uno spaventoso bivio.


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Capitolo 22
*** Epilogue ***


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Epilogue





Il suo cuore mancò uno, due, tre battiti e quasi credette di svenire.

Sua madre; la donna che per cinque mesi le era mancata, la donna che per tutta la vita le era stata accanto e che lei aveva egoisticamente abbandonato ora si trovava davanti a lei con uno sguardo distrutto, incredulo, intriso di emozioni contrastanti.

Le sue mani tremavano e per un momento si chiese se le avesse chiuso la porta in faccia ma, come aveva sperato fino a quell'istante, la donna corse verso di lei e la strinse a sé con tutta la forza che aveva ancora in corpo. Di nuovo quel calore materno che aveva cercato inutilmente di ritrovare in Germania, di nuovo quel profumo.

Entrambe scoppiarono in un pianto ininterrotto, che avevano trattenuto per troppo tempo. Il suo stomaco sembrava voler scoppiare poiché una bestia continuava ad agitarsi al suo interno.

Piccola mia.” ripeteva Kayla come in una cantilena incredula.

Una parte di lei aveva sempre saputo che sua madre non le avrebbe mai voltato le spalle, nemmeno in seguito ad azioni terribili, perché aveva combattuto così tanto per averla, a partire da una gravidanza difficile. Eppure, per un momento aveva avuto paura perché sapeva bene di non aver compiuto un bel gesto, fuggendo nel bel mezzo di una tragedia come quella che avevano dovuto affrontare.

Scusami.” sussurrò senza lasciarla andare, sentendosi tremendamente in colpa.

Non ti preoccupare, tesoro. Sei a casa.”





***





Sedevano al tavolo di fronte a una tazza di tè e continuavano a stringersi una mano a vicenda con affetto, con nostalgia, come avessero paura di perdersi di nuovo. Le erano mancate le sue mani morbide, il suo sorriso amorevole, le sue parole sempre dannatamente giuste. Le era persino mancato parlare in americano, cosa che la fece sorridere appena.

Entrare nuovamente in quella casa non era stato per nulla facile. I ricordi erano tornati a farle visita troppo violentemente, a cominciare da una foto che la ritraeva con suo fratello Tom, appesa alla parete della cucina. Non avevano ancora avuto il coraggio di nominarlo e non seppe dire se fosse qualcosa di positivo o negativo. La sua mente però fremeva al pensiero di entrare in camera del ragazzo, dove avrebbe ritrovato il suo letto, il suo computer, i suoi vestiti. Tutto. Non era sicura di sentirsi pronta. Suo padre Gale era ancora al lavoro – poiché il fuso orario voleva che fossero le cinque del pomeriggio – e sarebbe tornato per ora di cena. Per lui, sarebbe stata una sorpresa poiché, come Kayla, non sapeva del suo ritorno.

Mi ha detto Luke che per tutto questo tempo hai vissuto con dei ragazzi famosi, in Germania.” esordì la madre, dopo aver sorseggiato un altro po' di tè. L'emozione era ancora tangibile, fra loro.

Sì.” annuì sommessamente la ragazza. “Sono stati molto gentili da ospitarmi. Ho anche trovato un lavoro in un negozio che mi ha aiutato a mantenermi.”

Si sentiva a disagio a parlare di tutto ciò perché era stato il motivo della sofferenza di sua madre, per tutti quei mesi. Si sentiva quasi in colpa a darle tutti quei dettagli. Pensare che per tutto il tempo non aveva solamente pianto e sofferto ma aveva anche passato momenti divertenti e si era innamorata le pareva ancora più egoistico.

Luke è stato adorabile. Ci è sempre stato vicino ed ora ti ha riportato da noi. Non gliene sarò mai abbastanza grata. Sei fortunata ad avere un ragazzo come lui.” Ingie sorrise appena, incerta. Non era il caso di rivelare dettagli della sua vita che ormai non avevano più importanza. “A proposito, perché non è venuto? Non era con te?”

Ha preferito andare a casa a riposare, era stanco.” mentì. Non voleva parlare a sua madre di ciò che era successo nel frattempo con lui. “Ma sono sicura che passerà a salutarvi nei prossimi giorni.” aggiunse per rimediare. Qualche attimo di silenzio che parve un'eternità. Strinse convulsamente le dita attorno alla sua tazza, poiché non sapeva dove mettere le mani, ma soprattutto perché non sapeva quali parole fossero le più opportune da pronunciare. Non vi era la spontaneità che ricordava e sapeva anche che non sarebbe stato possibile ottenerla senza aver prima affrontato il tema principale, da cui entrambe si tenevano alla larga. Decise di fare il primo passo; o prima o dopo, sarebbe stato necessario. “Come stai, mamma?”

Poteva sembrare una domanda stupida, già posta in precedenza, ma Kayla aveva perfettamente capito a cosa si riferisse quella volta, lo sapeva. La vide fremere, lanciarle uno sguardo come presa in contropiede. Non passò molto tempo prima di scorgere il suo mento tremare debolmente e i suoi occhi inumidirsi.

La donna abbassò lo sguardo e sollevò appena le spalle, come a disagio.

È tutto così strano.” mormorò con voce tremante. “La casa è strana, senza di lui.” Era la prima volta che facevano anche solamente un lontano riferimento a suo fratello e ciò la fece rabbrividire impreparata, nonostante avesse intavolato proprio lei quel discorso. “Non riesco ancora a capacitarmene.” Si interruppe poiché un singhiozzo la prese alla sprovvista, portandola a coprirsi momentaneamente gli occhi con una mano.

Ingie poté vedere il dolore di una madre, che aveva perso un figlio di quasi ventiquattro anni. Poteva vedere quanto fosse morta nell'anima, seppur ancora fisicamente viva. Fu anche lei colta da un magone pesante ma cercò di tenere duro per la persona che aveva di fronte, così le afferrò dolcemente la mano che aveva stretto fino a pochi istanti prima.

Sai, andare in Germania per me è stato lungimirante sotto molti punti di vista.” parlò a fatica, ingoiando il dolore. “Ho incontrato persone che mi hanno capito, che mi hanno fatto aprire gli occhi e che mi hanno aiutato a risollevarmi, in qualche modo.” Pausa. “Una persona in particolare mi ha detto cose che mi hanno aiutato a riflettere.” La prima lacrima la tradì, ma si affrettò a scacciarla. “Tom è con noi, mamma.” Al pronunciare il suo nome, entrambe sussultarono. “Tom non se n'è andato. È semplicemente partito per una gara di ballo che lo rende tremendamente felice.” Sorrise appena, tirando su con il naso. “Lui sa che lo pensiamo sempre e che gli vogliamo bene. E lui prova lo stesso per noi, il che vuol dire che non vorrebbe mai vederci piangere, distruggerci e smettere di vivere. Dobbiamo cercare di reagire, mamma, per lui. Io ci sto provando, tutti i giorni. Non è per niente facile, ma mi voglio impegnare. Voglio provare a portare avanti il sogno che abbiamo condiviso fino a poco tempo fa. Non voglio pensare che tutti i suoi sforzi compiuti fino ad ora siano stati vani. Voglio tenerli vivi, con noi. Con me.” Sua madre la guardava incredula, con lo sguardo pieno di lacrime, ma una nuova luce negli occhi. Sapeva di non aver lenito il loro dolore con le sue parole, ma voleva essere certa che anche sua madre sapesse in che modo Tom Kaulitz l'aveva aiutata a risorgere come persona. “Lui ne sarebbe contento.”

Kayla si asciugò maldestramente le lacrime e cercò di stirare un sorriso.

Chi ti ha detto queste cose deve essere una persona speciale.” le disse in un sussurro.

Ingie sorrise amaramente.

Sì, lo è.” mormorò cercando di ignorare l'ulteriore fitta che il cuore le aveva dato.

Ed ha ragione.” aggiunse la donna. “Cercherò di farlo per il mio bambino.” Ingie sorrise toccata. Ricordava le risate fra lei, Tom e sua madre, ogni qual volta Kayla li chiamasse a quella maniera. Ripeteva sempre che anche a quarant'anni, loro due sarebbero sempre stati 'i suoi bambini'.

Annuì serenamente. In quello, Luke aveva avuto ragione. Solamente sostenendosi, avrebbero potuto aiutarsi a vicenda e sconfiggere il dolore nel miglior modo possibile. Dovevano solamente pensare positivo, accantonare l'immagine macabra dell'incidente ed adottare una nuova filosofia di vita. Avrebbe potuto funzionare.





***





Georg si sentiva a disagio ma, più di ogni altra cosa, gli mancava il suo migliore amico.

Tom non era più la stessa persona da quando Ingie aveva abbandonato la Germania. Quando gli parlava, lo vedeva sempre sovrappensiero, nonostante facesse di tutto per fargli credere che stesse attento. Georg non era stupido; aveva capito perfettamente che qualcosa non andava. Chiusi in sala di registrazione, provavano per ore ma nemmeno un fiato sgattaiolava fuori dalle labbra del chitarrista. Nemmeno lui riusciva più a punzecchiarlo, poiché il suo malumore aveva contagiato ogni componente di quello studio.

David, di conseguenza, era sempre più nervoso, se presa in considerazione anche la gravidanza di Amanda. Questa aveva sofferto molto la partenza di Ingie e sapeva che non avevano perso i contatti. Un'ulteriore cosa di cui era a conoscenza era che Bill si sentisse ancora con la mora, seppur saltuariamente, ed era sicuro che Tom non lo sapesse. Forse era meglio così, almeno per il momento.

Uscì in giardino, dove il moro sedeva, intento a fumare una sigaretta ed osservare i suoi cani giocare fra loro.

Me ne offri una?” gli chiese con un mezzo sorriso, prendendolo alla sprovvista. L'aveva visto sussultare, segno che ancora una volta la sua testa era altrove. Il chitarrista annuì distrattamente e gli passò il pacchetto, non appena gli si sedette affianco. “Sai, pensavo di venire in palestra con te. Isa mi sta seriamente minacciando di lasciarmi se non dimagrisco un po'.” ridacchiò all'improvviso, trovando la prima scusa che gli passò per la testa.

Notò con la coda dell'occhio Tom sorridere appena, senza guardarlo.

Quando vuoi.” si limitò a rispondere.

Pensò ancora.

Allora, hai deciso di tagliarli, questi rasta?” buttò lì, dopo la prima boccata di fumo.

Tom sembrò sorpreso di quella domanda, come si fosse dimenticato di averlo accennato qualche tempo prima. Parve riflettervi un attimo.

Sì.” rispose come illuminato. “Sì, mi sa proprio che me li taglio.”

Georg sorrise. Sapeva che dietro quell'affermazione vi era un 'Fanculo tutto, voglio dare un taglio e cercare di dimenticare'; ma sapeva anche che non sarebbe stato un semplice taglio di capelli a renderlo nuovamente sereno.

Vengo con te.” sorrise, facendolo voltare incuriosito. “Sono anche io stufo dei miei capelli. Voglio cambiare.” scrollò le spalle per dare una spiegazione. A dire il vero, l'aveva deciso in quel preciso istante, forse più per infondergli coraggio, per affiancarlo in qualcosa di apparentemente stupido. Non voleva lasciarlo solo. Avrebbe fatto di tutto per il suo amico, quello era certo. “Anzi...” esordì nuovamente, buttando la sigaretta a terra, non ancora terminata. Si sollevò in piedi con decisione. “Vieni.” lo esortò, sotto il suo sguardo perplesso. Rientrò in studio, seguito dal chitarrista, e si recò in bagno, mentre si legava i capelli in una coda. Si posizionò di fronte allo specchio ed estrasse le forbici dal cassetto del lavabo. Quando le porse al moro, questo quasi sussultò. “A te l'onore.” gli sorrise.

Cosa?” domandò il rasta, confuso.

Un taglio netto. La coda.” lo incoraggiò, continuando a porgergli l'arma del delitto.

Scherzi?” sgranò gli occhi Tom.

Dai, è un inizio. Poi, insieme, andiamo a tagliarceli come si deve.” Tom sbatté più volte le palpebre, sorpreso. “Dai, ti sto chiedendo di tagliare i miei capelli, mica i tuoi.” ridacchiò a quel punto il bassista e finalmente il ragazzo afferrò le forbici.

Gli diede nuovamente le spalle e sorrise tranquillo.

Alla fine, non gli dispiaceva. Lo stava facendo per lui, per distrarlo, per dimostrargli quanto bene gli volesse, benché fosse un qualcosa di semplice. Con quel gesto simbolico voleva dirgli di non preoccuparsi, che non era solo e che lui ci sarebbe sempre stato per un supporto morale.

Quando udì il rumore di un taglio netto e veloce, sorrise ancora di più. Attraverso lo specchio vide i suoi capelli in mano all'amico ed il suo cuore si scaldò al suono della risata di Tom, che dopo giorni si era rifatta viva.





***





L'incontro con suo padre era stato fantastico. Si erano stretti l'uno all'altra ed avevano versato lacrime che mai aveva visto sul volto di Gale prima di allora, se non alla morte del figlio. Aveva sempre avuto un rapporto molto corporale con suo padre che normalmente avrebbe avuto un figlio maschio. Piccoli pugni giocosi e dispetti erano solamente un dettaglio, rispetto a ciò che si facevano l'un l'altra. Eppure, quei momenti riuscivano ad essere affiancati ad altri – altrettanto belli – fatti di parole, confidenze e sostegno morale reciproco. Il rapporto che aveva con lui era semplicemente speciale e riabbracciarlo dopo cinque mesi era stato per lei qualcosa di indimenticabile ed estremamente emozionante.

Gale, com'era giusto che fosse, si informò su ogni singolo particolare della sua breve vita a Berlino e, nonostante avesse sofferto la sua assenza, non si mostrò ostile a tali racconti. Anche nei suoi occhi poteva continuamente scorgere il dolore per la perdita di suo figlio, con il quale aveva un rapporto quasi viscerale – forse dettato dal fatto che fosse maschio –, ma al tempo stesso notava con quanta forza di volontà cercasse di non farlo notare a lei ma soprattutto a sua moglie. L'uomo, in molti casi, è il solo in grado di dare forza in una famiglia e questo Gale, lo faceva divinamente.

Una volta finito di cenare, Ingie decise di congedarsi, poiché il viaggio l'aveva stancata molto ed il fuso orario cominciava a sortire i suoi effetti più devastanti. Dopo aver baciato i suoi genitori – routine che le era mancata disperatamente – si ritirò in corridoio, in direzione della sua stanza. Un brivido però la travolse non appena, lungo il tragitto, il suo sguardo incrociò la porta di Tom. Il suo cuore prese a battere all'impazzata e la salivazione fu all'improvviso un vago ricordo. Non aveva mai più messo piede nella stanza di suo fratello e non si sentiva nemmeno lontanamente pronta a farlo poiché aveva paura di crollare di nuovo. Eppure, una parte di lei si disse che per ricominciare da capo in una sorta di serenità – seppur vacillante – era necessario fare i conti con i ricordi, proprio come il chitarrista le aveva sempre suggerito.

Preso fiato, posò la mano tremante sulla maniglia, che venne lentamente abbassata. Quasi smise di respirare non appena fece il suo ingresso in quella camera, dove nulla era stato tolto o anche solamente spostato. Tutto si trovava nella stessa posizione in cui l'aveva lasciato.

Respirò a fatica, richiudendo la porta alle sue spalle, e si guardò attorno.

Il letto, di fronte a lei, era fatto; la scrivania, sulla destra, era perfettamente in ordine. Ricordava quanto suo fratello, al contrario di lei, fosse tremendamente puntiglioso. Detestava il caos, motivo per il quale entrava raramente nella stanza di sua sorella che, come sempre, avrebbe trovato in disordine. L'armadio, sulla sinistra, conteneva ancora tutti i suoi vestiti, che Ingie annusò appena, chiudendo gli occhi.

Era incredibile come l'odore di suo fratello ancora regnasse lì dentro, come se non se ne fosse mai realmente andato.

Una lacrima scorse sul suo viso, mentre stringeva a sé una sua maglietta con la quale ballava. Si avvicinò lentamente al letto e vi si sdraiò sopra, rannicchiandosi su un lato, senza mai abbandonare quel capo profumato che le faceva nuovamente apparire Tom davanti agli occhi.

Mi manchi tanto, fratellino, pensò piangendo silenziosamente. Nemmeno quella volta era riuscita ad essere forte.

Chiuse gli occhi e si lasciò trasportare dal suo ricordo, nel mondo dei sogni.





***





Fissava da ore il televisore di fronte a sé, senza ben capire cosa stesse trasmettendo. Vi aveva messo buona volontà, ma non riusciva ad isolare i suoi pensieri così ridondanti. Era inutile che cercasse di negarlo agli altri e a se stesso: Ingie era sempre nella sua testa e non accennava a lasciarlo in pace, nemmeno con tutti gli sforzi che faceva per cancellarla dalla sua memoria. Forse, una parte di lui non voleva dimenticarla e probabilmente rappresentava uno dei problemi più grandi con cui fare i conti. Continuare a ripetersi cose cattive di lei non lo aiutava a smettere di desiderarla accanto a sé. Si chiedeva cosa stesse facendo, si chiedeva come la sua vita stesse proseguendo senza di lui; se fosse felice, se anche lei sentisse la sua mancanza.

Hey.” Sollevò lo sguardo alla sua destra, preso in contropiede. Bill sostava affianco al divano, dove sedeva lui, e lo guardava con un piccolo sorriso in volto. “Non mi hai nemmeno sentito arrivare. A cosa pensi?” gli domandò, sedendoglisi accanto.

Tom sospirò appena, tornando a posare lo sguardo sullo schermo. Ormai, era inutile nascondere i proprio sentimenti a suo fratello; in ogni caso, avrebbe decifrato ogni suo sguardo.

Alle solite cose.” mormorò con una lieve scrollata di spalle.

Bill si prese qualche attimo prima di ribattere.

E a che punto siamo con l'analisi?” chiese con una punta di ironia che lo fece sorridere appena.

Bill, per favore.” borbottò.

Sai, Tom, mi piace che tu continui a pensare ad Ingie, ma dopo tanto pensare, non sarebbe bene anche agire?”

Effettivamente, quel ragionamento non era per niente errato. Certo, sarebbe stato perfettamente d'accordo con lui se avesse accantonato i sentimenti. Aveva messo l'orgoglio da parte tante volte con lei ed aveva paura a farlo per l'ennesima volta.

Non so cosa fare, Bill. Sono combattuto. Una parte di me vorrebbe rivederla, l'altra mi dice che rimarrò nuovamente scottato. È inutile.” spiegò come poté, gesticolando eccessivamente, come succedeva quando non sapeva come spiegare il suo stato d'animo o non si sentiva propriamente a suo agio. “E comunque lei è in America, sono passati mesi, avrà ripreso la sua vita. Nemmeno ci penserà più a me.”

Invece ti sbagli. Mi chiede sempre di te.”

Una scarica elettrica gli percorse la colonna vertebrale così violentemente che si voltò di nuovo verso suo fratello con sguardo perplesso e quasi risentito.

Tu la senti?” domandò esterrefatto.

Tanto, prima o poi, l'avresti scoperto.” scrollò le spalle il biondo.

Si sentiva infastidito. Il fatto che Bill la sentisse e lui no lo rendeva quasi... Geloso.

E... Come sta?” chiese con cautela, senza guardarlo. Il cuore batteva furioso.

Diciamo che cerca di andare avanti. Con i suoi va tutto bene.” Quella notizia gli trasmise un inaspettato senso di gioia. Il fatto che lei si ritrovasse con la sua famiglia era una questione che gli era sempre stata a cuore. “Però, Tom, quando parla di te, le si spezza ancora la voce.”

Abbassò lo sguardo torturandosi le mani. D'accordo, una parte di lui era felice di tale notizia, eppure non riusciva a gioirne pienamente. Forse, sarebbe stato più facile se gli avesse detto che non pensava più a lui, che aveva intenzione di rifarsi una vita e fregarsene. A quel punto, vi avrebbe messo una pietra sopra con più facilità. Ora che sapeva che le mancava, si sentiva nervoso.

Si prese la testa fra le mani, con i gomiti poggiati alle ginocchia.

Bill, non so che cosa fare.” ammise in difficoltà. “A volte, vorrei non averla mai conosciuta.”

Conosco questa sensazione, ma non devi lasciarti schiacciare di nuovo dalla paura, Tom. Hai lavorato tanto perché tornassi a fidarti delle persone, non buttare tutto all'aria.”

L'ha fatto lei, non io.”

Sì, ma ora tu stai rendendo le cose ancora più complicate di quello che sono. Lasciati andare, per una volta.”

Tom rifletté qualche minuto su quelle parole, prima di rispondere.

Mi sono già lasciato andare con lei una volta. Al momento, è l'unica cosa cui riesco a pensare.”





***





Scrutò per l'ennesima volta il suo cellulare, con sguardo speranzoso, ma non riusciva a vedere ancora nulla che potesse farla sorridere e gioire. Non sapeva cosa ancora la spingesse a sperare in una chiamata, in un semplice messaggio da parte del chitarrista; il fatto era che non riusciva ad accettare quella loro lontananza fatta di silenzi e rancore per oltre due mesi, ormai.

A volte, quando era possibile, sentiva Bill. Era stupido pensarlo, ma era come se sentire il vocalist le facesse credere di essere più vicina anche a Tom. Forse per la parentela, forse per il fatto che le raccontasse ogni suo stato d'animo, ogni sua mossa ed ogni sua parola. Bill continuava a sostenere di non mollare, poiché pensava che suo fratello avrebbe presto ceduto all'amore che provava per lei, ma Ingie non pareva dello stesso avviso. Aveva imparato a conoscere Tom ed aveva capito che, se deluso, non era facile che tornasse sui suoi passi.

Ad ogni modo, doveva cercare di ricostruire nuovamente la sua vita, anche senza di lui. Motivo per cui aveva preso forse l'avventata, folle ed inaspettata decisione di partecipare ad un'audizione per entrare a far parte di una compagnia americana di ballo, che le permettesse finalmente di realizzare il suo sogno, assieme a quello di suo fratello.

Il provino era stato tremendamente emozionante e non vi aveva dormito per notti intere, passate a fissare il soffitto e ripassare mentalmente ogni singolo passo, per la paura di dimenticarsene. Ad esaminarla, i coreografi della compagnia. Non seppe dire immediatamente quale fosse stato il loro giudizio sulla sua performance, ma sperò con tutto il cuore di averli almeno un po' sorpresi. Aveva fatto tutto anche un po' per gioco, poiché era convinta che ottenere un contratto di lavoro per loro sarebbe stato impossibile. Vi aveva comunque provato ed aveva sperimentato un'emozione del tutto nuova ed un'esperienza che l'aveva arricchita.

Ora doveva solamente attendere il responso.





***





Ormai, Luglio era giunto. Quasi inaspettatamente.

Quattro mesi erano passati dall'ultima volta che si erano visti e non vi era stato giorno in cui Tom non si fosse chiesto se avesse preso la giusta decisione.

Tante cose erano accadute nel frattempo: lui ed i ragazzi avevano terminato il nuovo album, che sarebbe uscito a settimane, inaugurando così l'anno a venire con il tour. David era in fibrillazione per aver ottenuto da loro ciò che aveva chiesto, ma soprattutto perché Amanda aveva finalmente raggiunto il nono mese di gravidanza ed il piccolo o la piccola sarebbe nato a giorni. L'intero studio era in tensione a tale pensiero e l'insonnia era divenuta routine, per la paura di ricevere qualche telefonata nel cuore della notte da parte di un manager sull'orlo di una crisi isterica.

Tom, dal suo canto, aveva passato il tempo a cercare di non pensare. In vano. Aveva avuto modo di confrontarsi più volte con Ivan, Georg, Gustav e suo fratello. Persino con Amanda e sua madre aveva parlato, il che era prova tangibile di quanto si sentisse confuso e disperato. In definitiva, l'unica conclusione cui era giunto era molto semplice, ma al tempo stesso terrificante: Ingie gli mancava disperatamente. Ed era stata proprio quella fastidiosa conclusione a spingerlo ad acquistare un biglietto aereo per New York. Aveva agito d'impulso, aveva di nuovo accantonato l'orgoglio e seguito il cuore e l'istinto. Non aveva pensato a nulla nell'esatto momento in cui aveva prenotato il volo; sperò solamente di non aver commesso qualche cazzata, di cui si sarebbe pentito in futuro. Inutile dire quanto suo fratello fosse entusiasta di quella scelta; 'meglio tardi che mai' aveva prontamente esclamato, facendolo sentire ancora più idiota. Ed ora che stringeva fra le mani quel biglietto aereo, il panico imperversò. Fu come rendersi conto per la prima volta di ciò che aveva realmente fatto. Era pronto a gettarsi nel vuoto a quella maniera, senza nemmeno immaginare il riscontro che avrebbe avuto dalla ragazza? D'altronde, non era certo che anche lei pensasse ancora a lui e lo attendesse a casa sua.

Oddio.

Cominciava a vedere nero e la cosa lo agitava all'inverosimile.

Che diavolo ho fatto?

Hai fatto ciò che qualsiasi persona innamorata avrebbe fatto, avrebbe risposto Bill e non era sicuro che ciò gli piacesse.

Sarebbe partito l'indomani mattina e sperò vivamente che il figlio di David non nascesse proprio durante la sua assenza. Se non altro, una cosa aveva capito: il tempismo non era decisamente il suo forte.

L'indirizzo della casa di Ingie, era riuscito ad ottenerlo grazie ad Amanda, sempre in contatto con lei, con la scusa di andarla a trovare con il bambino non appena fosse stato possibile. Se l'avesse chiesto Bill, avrebbe immediatamente sospettato. In ogni caso, Tom non conosceva New York, se non di passaggio, e sperò con tutto il cuore di non perdersi in quell'immensa metropoli. Aveva implorato Bill di accompagnarlo, ma il suo adorabile fratellino aveva gentilmente declinato l'offerta.

I vantaggi di avere un gemello altruista.

Sbuffò agitato, gettando uno sguardo alla radiosveglia accanto al suo letto. Erano le due di notte ed ancora non riusciva a prendere sonno. Il biglietto era ancora stretto fra le sue mani, nonostante dovesse cercare di dormire almeno qualche ora.

Si chiedeva cos'avrebbe pensato Ingie di tale gesto. Doveva ammettere che era la prima volta che faceva qualcosa di così eclatante per una ragazza; nemmeno con Ria gli era mai capitata l'occasione. Non a quei livelli, almeno. Eppure, se tralasciata la paura, non gli pesava affatto. Era un qualcosa che era quasi venuto da sé; aveva semplicemente seguito l'istinto, senza porsi troppe domande.

Improvvisamente, sentì bussare alla porta. Accigliato, diede il permesso ad entrare.

Suo fratello Bill si affacciò nella stanza.

Sapevo che non dormivi.” sorrise soddisfatto, prima di richiudere la porta. Tom non si mosse di un muscolo; attese semplicemente che si sdraiasse accanto a lui. “Agitato?” gli domandò, retoricamente.

No.” fece con sarcasmo il moro, facendolo sorridere. “Me la sto solo facendo sotto.”

Perché?” chiese ancora il vocalist.

Perché non so come la possa prendere.”

Rigirava il biglietto fra le mani, senza guardarlo.

Come la dovrebbe prendere? Sicuramente sarà senza parole.”

Tom sospirò strofinandosi la fronte.

Non so, è la prima volta che faccio qualcosa di simile. Mi sembra un po' un salto nel vuoto.” ammise.

Tu pensa che Ingie ne ha fatto uno molto più grande e rischioso, venendo in Germania.” Effettivamente, era vero. Ingie aveva avuto un grande coraggio ad abbandonare tutto e tutti ed immergersi in una dimensione sconosciuta e pericolosa per una ragazza giovane e sola. Inoltre, l'aveva fatto in un periodo di grandissima fragilità psicologica; ciò che avrebbe fatto lui non poteva essere così traumatico. “Tom, stai facendo una cosa bellissima, credimi.” cercò di tranquillizzarlo, a quel punto. “Ed io ti ammiro molto per questa tua scelta.”

Magari sono solamente stupido ed avventato.”

Tom, tu la ami.” Quell'affermazione secca, dura ed improvvisa lo fece sobbalzare, ma non fece in tempo a ribattere, che suo fratello continuò. “E lei ama te. Non vedo nulla di stupido o avventato.”

Tom sorrise appena, abbassando lo sguardo. Era grato a suo fratello per stargli sempre vicino, per sostenerlo in ogni sua decisione, per non farlo sentire un idiota in ogni cosa facesse.

Ti voglio bene, Bill.” gli venne spontaneo dire. Era raro che manifestasse a parole il suo affetto, ma a volte ne aveva davvero bisogno.

Anch'io.”





***





Non appena quella lettera era giunta a casa sua, il suo cuore si era fermato. Quella doveva essere la risposta da parte della compagnia. Era al corrente del suo arrivo, ma non avrebbe mai immaginato sarebbe accaduto proprio quel giorno. Non si sentiva pronta.

Prese a respirare velocemente ed a fatica. Era sola a casa e mai come in quel momento ebbe bisogno di sostegno, di vicinanza con qualcuno. In quell'esatto istante, sentì il vuoto che suo fratello aveva lasciato; lo percepì nelle vene e nelle ossa. Avrebbero dovuto affrontare insieme quel momento, avrebbero dovuto gioire o piangere, stringendosi con forza, e quasi si sentì in colpa. Un senso di colpa fortissimo che la fece esitare sul prossimo passo. Era veramente giusto vivere tutto questo senza di lui?

Sospirò pesantemente, sperando che il cuore non le sfondasse il petto.

Con mani tremanti, prese a scartare la busta.





***





Aveva trovato casa sua; alla fine, non si era rivelato troppo difficile. Tutte le ore d'aereo non erano nulla in confronto alla paura incontenibile ed inevitabile che lo facevano tremare, respirare con affanno davanti a quella porta che attendeva solamente di essere aperta.

L'aveva fatto per lei. Solo per lei e pregò che tutto ciò non si rivelasse inutile.

Si sfregò la fronte con una mano, sentendo quasi gli occhi pizzicare per la potenza con cui l'ansia lo stava assediando.

Forza.

Prese un bel respiro e quasi morì, non appena sentì il suono del campanello levarsi nell'aria.





The end… For now.





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Note finali

Siamo giunti alla fine di questa prima storia. Vorrei prendermi qualche minuto per dirvi poche cose.

Innanzitutto – anche se mi sembra ovvio – questa storia avrà un sequel, come avevo già detto all'inizio della pubblicazione. Questo sequel, che posterò presto, si intitolerà Sinners; quindi, tenete gli occhietti aperti, se vi farà piacere seguire ancora le vicende di questi personaggi. Spero di trovarvi ancora tutti e magari anche qualche new entry (:

Finite le comunicazioni di servizio, passiamo a quelle più sentimentali (:

Che dire, grazie. Non immaginate nemmeno quanta gioia e quanto sprone mi avete dato per continuare questa storia, cui mi sono affezionata tantissimo, così come ai suoi personaggi. Duecento e passa recensioni per alcuni sono poche; per me sono un'infinità. Ma poi, è ciò che scrivete, è il contenuto che mi lascia sempre senza parole, quindi mi ritengo fortunata. Mi avete sempre sostenuto dall'inizio e ve ne sono davvero grata. Inoltre, volevo ringraziare, oltre ai recensori queste altre persone: le 82 che hanno inserito questa storia fra seguite, ricordate e preferite e le 76 che hanno inserito me fra gli autori preferiti. Io non so cosa ne pensate voi, ma per me quest'ultimo è un numero stratosferico e spero vivamente di meritarmelo. Essere fra gli autori preferiti è qualcosa di, non so, grande. Quindi, ancora grazie mille.

Fatemi sapere che ne pensate di questo epilogo (:

Mi avete tenuto tanta compagnia in questi mesi e spero che continuerete a farlo fra poco, con Sinners. Non mi dilungo troppo, perché tanto non è finita e torno fra qualche giorno. In ogni caso, vi mando tantissimi baci.

A presto!




Kyra.

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