Amore

di Distress_And_Coma
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cap. 1 La scelta di adottare qualcuno e... ***
Capitolo 2: *** cap. 2 ***
Capitolo 3: *** cap. 3 ***
Capitolo 4: *** cap. 4 ***
Capitolo 5: *** Cap. 5 ***
Capitolo 6: *** Cap. 6 ***
Capitolo 7: *** Cap. 7 ***
Capitolo 8: *** Cap. 8 ***
Capitolo 9: *** Fall ***



Capitolo 1
*** Cap. 1 La scelta di adottare qualcuno e... ***


Amore

Amore

れ いた

Ho deciso di adottare una bambina. Una bambina molto sfortunata. Perchè io soffro, e vorrei almeno aiutare le persone che soffrono.
Sono dieci anni che ormai faccio parte dei The Gazette.
Sono dieci anni che tu ormai sei il mio pensiero fisso, Takanori.
Spero di poter aiutare una bambina. Compongo il numero di Green Umbrella, un'associazione di beneficenza a protezione dei bambini.
"Sono Akira Suzuki. Vorrei poter adottare una bambina."
La signora mi dice di recarmi venerdì alla sede giapponese di Green Umbrella. E quel giorno io non ho nulla ad intralciare il mio piano.


Venerdì pomeriggio:


Sono finalmente arrivato, vedo l'impiegata nel vestito color crema che mi guida in un ufficio più appartato. Dietro alla scrivania c'è un signore sulla cinquantina, che mi sorride.
"Ma lei è Reita dei The Gazette!" mi dice, sorpreso.
"Si. Vorrei poter adottare una bambina." aggiungo io, innocente.
"Non che io dubiti dei suoi mezzi, ma è sicuro di avere il tempo di fare una cosa del genere?" mi chiede quello, forse un po' sfacciato.
"Per mia figlia avrò sempre tempo!" dico, deciso ma anche dolce. Allora il signore tira fuori da uno scaffale un enorme raccoglitore.
Mi spiega che ci sono le foto dei bambini e delle bambine che soffrono e che sono aiutati dall'associazione.
Le guardo tutte molto attentamente, non mi rendo neanche conto del tempo che passa. Alla fine la mia scelta ricade su Amina.
Ha quattro anni e mezzo, e viene dall'Africa. Che però è indicato come luogo di residenza attuale.
Continuo a leggere la sua scheda identificativa.
E' nata in Giappone, a Saitama, ma la sua famiglia è ritornata in Africa dopo il disastro di Fukushima.
I genitori sono morti in una sparatoria, da quel momento è muta. La scheda aggiunge che è una bimba molto dolce, e che è stata sfortunata.
"Voglio poter adottare Amina." aggiungo, soddisfatto.
"Tra circa tre settimane al Narita atterrerà l'aereo della speranza che le affiderà Amina. Completi questa scheda per l'affidamento, e poi si rechi all'anagrafe con questo foglietto. Lì sapranno cosa fare appena lo vedranno. Lo richiameremo per dirle l'ora e il giorno esatti."
Faccio come mi è stato detto. All'anagrafe vengo indicato come padre adottivo di Amina, e mi viene consegnata la sua carta di identità.
Visto che i The Gazette sono in vacanza, ho tutto il tempo di preparare il mio appartamento per l'arrivo di Amina. Per fortuna non è un monolocale.
Entro in una stanza che di solito non uso (neanche come sgabuzzino, quello è ancora più piccolo), per vedere dove mettere cosa. C'è una finestra, così potrò ariarla tutti i giorni.
"Dunque... Per una bimba di quattro anni serve il lettino con le sbarrette speciali, così non sbatte. Poi, le comprerò il box in cui tenere i suoi giochi e tanti, tanti giochi. Le tende colorate, e devo ridipingere il muro."
Esco di casa, indossando varie cose per non raffreddarmi. La prima tappa è il negozio di articoli per la casa. Compro un grande barattolo di vernice, i pennelli che mi servono, un'altra scopa. La tappa successiva è il negozio di articoli per bambini. Compro una culla con le sbarrette, un box per giocattoli, i peluches che avevo intenzione di farle trovare. E delle simpatiche tendine con gli scoiattoli. Una volta in casa, scelgo di sgomberare a poco a poco la stanza.
Trovo (ma va?) un non ben precisato numero di mutande di Takanori. Tutte quelle volte che mi ha chiesto di dormire qui...
Mi ripeto che non può essere vero. Mi ripeto che non può amarmi.
Scaccio questi pensieri dalla testa, tornando a concentrarmi sulla pulizia di quella parte della mia casa.
Mi ripeto, come più volte, che forse in questi due mesi di vacanza riuscirò finalmente a conquistare il suo amore. Cerco di farglielo capire con molte premure, ma poi, per coprirmi, uso quelle stesse premure verso gli altri. Non ho mai detto a nessuno del mio sentimento per lui. Deve essere il primo.
Sospiro sconsolato. Pensando a come sarebbe la mia vita con una bimba da accudire.
"Ma una bimba ha bisogno del padre e della madre. Di una figura di riferimento maschile e di una femminile"
Ma perchè devo stare qui a farmi seghe su seghe? Non si può semplicemente adottare una bimba per amore?
Non si può semplicemente insegnarle che l'amore, se è vero, non ha limiti, che non c'è nulla di sbagliato nell'amare qualcuno del tuo stesso sesso?
La mente dei bambini è malleabile. Certo.

A sera ho già sistemato l'ingombro da qualche altra parte della casa. La pittura l'applicherò domani.
Ora vado solo a farmi una bella dormita...
Driin! ma mi pareva strano, che io non avessi scocciatori!
Mi affaccio,decisamente contrariato, ma quello che vedo mi scioglie le forze. Perchè Takanori sembra triste??
Lo faccio entrare subito, e magari gli preparo anche del thè verde.






Entro tristemente in casa di Akira.
Tutto ciò che sento è un grande buco nel petto. Là dove ci dovrebbe essere il mio cuore, ora non c'è nulla.
Lo guardo, mi guarda. Ora anche nei suoi occhi c'è tristezza.
"Vieni, entra" mi fa strada in casa sua. Lascio le scarpe nel genkan, come ormai da anni quando lo vado a trovare.
Mi dice di accomodarmi sulla sedia, quando noto che armeggia con il bollitore per il thè. Verso di me ha sempre mille premure, come mi fa illudere.
Soffro perchè questo mio amore non è ricambiato, se lo fosse, allora potrei dire di vivere.
"Akira...ecco..." si volta a guardarmi, ma non mi interromperà "volevo dirti che mi sento solo... e triste... e non so il motivo. Forse è perchè mi sento stanco..."
“Davvero? Allora forse ti dovresti riposare…”
“Hm… Sarà… Ma non ne ho voglia, voglio stare con te…”
Nel frattempo versa del thè in due tazzine, ed entrambi iniziamo a bere quasi con foga.


れいた

Forza Akira, è ora di dirglielo!
Un respiro profondo, due respiri profondi… Niente. Ancora quel vuoto al centro del mio petto.

 

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Capitolo 2
*** cap. 2 ***


れ いた

"Uhm... Allora... Allora io vado, Akira... Grazie!"
"Va bene, ma riguardati! Ci sentiremo nei prossimi giorni..." gli dico. Mentre in realtà ho praticamente la testa tra le nuvole. Come ogni volta in cui vedo lui.
Da quando è entrato in casa mia non ha parlato molto, il che è strano perchè di solito è un gran chiacchierone, non ha neanche fatto i movimenti stereotipati che ormai per me sono la norma. Perchè se non si era capito, lui di solito mi gironzola per la casa. Ah, è vero, ho dimenticato di restituirgli le mutande che ha dimenticato da me...
Ritorno al mio proposito di quando sono uscito, leggasi terminare la stanza di Amina, che oltretutto non ho usato per anni e quindi è fredda.
Almeno ho tutti i materiali che mi servono.
Solo che sono talmente stanco che penso che mi farò una bella dormita...


Stamattina sono pronto! Devo davvero metterla in ordine.
Esco un momento dalla mia camera con un grande letto matrimoniale. Uhm... Di chi è l'altra parte?? Di Takanori :) ma lui non lo sa...
Preparo la pappa a Keiji ed Oscar. Che di prima mattina iniziano a cantare. Non che sia tanto prima mattina, sono le nove e mezzo.
Mi procuro delle forbici ed inizio a tagliare dei sacchi per la spazzatura, di quelli grandi e neri, che poi metto ordinatamente a terra. Ed ora cominciamo con questi pennelli, sperando di non intingerci noi al posto del muro...
Ci sto fino al primo pomeriggio, perché non riuscivo a dipingere quel soffitto di azzurro, poi mi libero dei pennelli e mi procuro del pranzo.
Chiamo quelli del McDonald's, chiedendo due cole grandi ed altre schifezze grasse. Anche perchè fondamentalmente non ho problemi di linea, con tutto il movimento che faccio sul palco altro che Mc Donald's...
Solo quando finisco di mangiare torno alla camera della bambina, che finisco di arredare con la culla e i peluches, qualche mobile colorato lo farò arrivare nei prossimi giorni.

Quasi quasi vado da Ikea; in effetti è fin da quando sono piccolo che mi piace l’arredamento proposto dalla multinazionale svedese.

Cammino serenamente, prendendo a calci la mia amata palla bianca e nera. Forse per un calcio troppo forte, o per un errore nell’impostazione del tiro, lancio la palla troppo in là, oltre la siepe. Mi tappo le orecchie spaventato, temendo di aver colpito qualcuno e che sto per ricevere una bella sgridata.
Dopo un po’ sento una voce di bambina: “Moder*, Moder, là c’è una palla.”
Una voce di madre risponde che va restituita al proprietario, quindi vedo una bimba uscire.
“Oh… Ciao! Come ti chiami?”
“Mi-Mi chiamo Suzuki…” sono imbarazzato. Vorrei solo che mi restituisse la palla, che continua a tenere in mano e che freneticamente indico. “Questa palla è tua? Tieni, prenditela. Comunque mi chiamo Agnes Ulvaela.” mi dice lei. Poi sorride e se ne va.

In questo modo ho conosciuto Agnes. Una bellissima ragazza, per carità, e me ne sarei innamorato se fossi stato etero, ma per mia fortuna non lo sono. Di conseguenza per lei non posso far altro che provare una grande stima accompagnata ad una sincera amicizia. Abbiamo iniziato ad incontrarci spesso nella villa dei suoi. Mi sono calmato quando mi hanno spiegato che in Svezia dare schiaffi è vietato dalla legge, perché all’inizio avevo paura dei suoi genitori.
Facevamo i compiti insieme e poi giocavamo. Mi aveva mostrato la sua stanza, che era arredata in modo semplice. Mi ha spiegato che quelle forme erano diffuse nei paesi del nord Europa, semplici ed utili al loro scopo.
Lei è tornata in Svezia con la famiglia, ed io… Ho trovato Takanori. Alle scuole superiori, un gruppetto di bulli, piuttosto noiosi con le loro moine, lo aveva preso di mira. Io l’ho salvato. E lui da quel momento mi ha guardato con quegli occhi profondi che tanto amo.
Ed è da quel momento che soffro d’amore. Perso nei miei pensieri ho già raggiunto Ikea. Ma che cavolo mi è successo da quando sono innamorato??

Mi reco nella sezione dei mobili, comprando un armadio con cassettiera inferiore ed un grande specchio rettangolare. Molto semplice. La commessa mi assicura che in due settimane arriverà tutto, ed io devo ringraziare il cappello e il raffreddore che mi è venuto ieri sera. E’ merito della mascherina se non ha visto che ero Reita, la grande star acclamata da quasi tutto il Giappone. Se uscissi di casa come Reita la mia vita normale sarebbe da chiamare “anormale”. Perché non potrei più fare nulla, da solo intendo, sarei sempre inseguito da fan impazzite. A volte mi chiedo che cosa le attiri così tanto di noi. Forse il fatto che creiamo musica. Una musica che non è poi molto commerciale. Intendiamoci: i testi di Ruki sono poesie.

Reita-Akira. No. Akira-Reita. No. Non mi piace ancora. Quale dei due me piace a Takanori? Perché altrimenti il giorno in cui l’ho salvato da quei bulli a scuola non potrebbe mai avermi guardato in quel modo. Con quegli occhi così limpidi. Gli piace Akira, quello tenero e timido, o Reita, quello che si atteggia a spaccone?

Ahhhhhhhhhhhhhhhhhh Takanori! Mi farai impazzire!!

ルキ

Vado a casa di Pon, forse lui mi può aiutare. Suono, e mi fa entrare subito dopo. Ho bisogno di parlarne a qualcuno. Io… Non so bene cosa provo per Akira. Perché se lo sapessi glielo direi subito. Beato Uruha, lui che ha trovato tutto. Ha la fama, i soldi, l’amore… Già, l’amore.
Lui ha l’Amore con la a maiuscola, quello di Aoi. Tutti noi Gazette sappiamo che lui e Yuu si amano. Da un anno e mezzo più o meno, i giorni non li ho contati, loro di sicuro lo hanno fatto. E come loro contano i loro giorni insieme io vorrei contare i nostri. “Dimmi, Takanori, che c’è?”

“Uhm…Ecco… Ti sei mai chiesto se una persona che ti piace… Cioè…Con cui tu stai bene insieme, perché ti senti bene e basta… Tu la ami?”
“Si. Sai bene che l’unica persona per me è Aoi.”
“Certo… Lo so, ma quello che intendevo è… Se una persona ti piace come fai ad essere sicuro che quello che provi è amore?”
“Beh… Farei un bilancio. Mi chiederei che cosa arriverei a fare per questa persona, e concluderei che se arrivassi a farmi uccidere per salvarla, allora la amo.”
“E se è una cottarella? Scusami, sai, ma sono talmente spaventato che non so che pensare, e allora ho pensato di venire da te per parlarne con un amico fidato.”
“Spaventato?”
“Si… Quando sono con lui, ma anche quando sono solo, sono pervaso da questo forte sentimento. E’ un calore che parte dal centro del mio petto, e quando sono con lui mi sembra di toccare il cielo con un dito. Ma non so dirmi se è una cottarella. Forse dovrei aspettare ancora.”
“Lo hai già fatto, Takanori? Se come vedo dal tuo viso, hai sofferto, molto probabilmente il tuo sentimento è vero. Sai, quando ero confuso, sono andato da Yuu, e gli ho parlato di questo. Lui mi ha detto che anche lui mi amava e che avrebbe tanto voluto passare il resto della sua vita con me. E non sai come mi ha riempito di gioia.” Quando mi guarda mi sorride.

Sono sicuro che se Yuu ci vedesse adesso diventerebbe geloso.
Ridacchio al pensiero.
“A che pensi?”
“Ah… Nulla. Grazie Koyou, sei un vero amico. Salutami Yuu!”
“D’accordo. Alla prossima!”
Esco un po’ più sereno dal suo appartamento.

Poi ricordo che in casa di Akira c’era una porta chiusa, chissà che ne farà. Poco più in là mi trovo davanti il faccione sorridente di Aoi, con quelle che evidentemente sono buste della spesa. “Aoi-ojichan, yo!”
“Yo Ruki! Che fai qui?”
“Sono stato da Uruha. Ero spaventato per una cosa, ne ho parlato con lui e mi ha aiutato.”
“Quindi ora tutto bene, vero?”

“Si…Si…” e lo lascio andare. Parlare con Uruha mi è stato di aiuto.

Ricordo di quando alle superiori, il gruppetto di bulli della scuola mi aveva preso di mira perché ero basso. Alla mia famiglia come al solito questo non poteva importare, io ed i miei manco avevamo un dialogo. Ma Reita quel giorno mi ha salvato. Quel giorno orribile in cui sono stato pestato malamente in palestra. Quando mi sono ripreso per la paura mi sono nascosto nelle docce, temendo di essere scoperto da qualcuno. Fino a che sentii le porte degli spogliatoi adiacenti aprirsi, e temetti per la mia incolumità.

“Yoshiko?” riconobbi quella voce, era…Era di Akira! Cercai di respirare, ma così lo spaventai.
“Chi è la’?”
“Akira kun… sono Takanori…” entrò in bagno e mi trovò. Poi mi portò in casa sua, dove mi tenne per tre giorni. Li ricordo bene, perché è in quel periodo che iniziai ad innamorarmi di lui. Mi medicò le ferite con… Quasi con amore. Sua madre faceva l’infermiera in ospedale, e gli aveva insegnato come curare le ferite. Lui tirò fuori la cassetta del pronto soccorso e mi medicò con molta attenzione. Quando guardai nella mia cartella però, vidi che c’era scritto” frocio”. Era una scritta grande, con dei punti esclamativi. In più trovai riviste porno all’interno. Reita le bruciò nel forno, poi mise il mio zaino in lavatrice. Mi spiegò che lo aveva nascosto nel suo armadietto*, e che aveva coperto la scritta tenendo la parte anteriore contro la pancia. Lavò anche la mia divisa scolastica, in modo tale che tornasse come nuova. E la volta successiva mi accompagnò dal direttore dell’istituto, denunciando l’accaduto per me. Per fortuna gli credettero subito, ed espellettero quei bulli dalla scuola.

Rientro in casa sorridente, trovo Kou seduto sul divano con faccia sognante.
“Ciao, amore mio. A che pensi?”
“Uhm… Pensavo a te, a come ci siamo conosciuti…”
“Aspetta che poso la spesa.”

Quando torno in salotto, dopo aver ordinato tutto in frigo, però, il mio corpo si gela.
Guardo Koyou, che fissa un punto indefinito ai suoi piedi.
Trema, è pallido, troppo.
Singhiozzi. Singhiozzi e lacrime, lacrime che amare chiedono di uscire.
Piange amaramente, ma perché?
“Amore mio… Che c’è? Che cos’hai? Perché piangi?” dico visibilmente angosciato.
“Cosa…I-Io…N-Non è niente…U-Un pensiero stupido…”
“Parlamene, ti prego” gli dico, prendendo le sue mani tra le mie, e sedendomi accanto a lui.
“Ecco io… Mi… Mi chiedevo… Tu dici di amarmi più della tua stessa vita… Ma… Ma io non ho mai… Mai avuto una cosa da te…”
“Dimmi tutto, Koyou, sai che ti ascolto e che farei tutto per te…” piange sulle mie ginocchia.
“Io mi chiedevo se… Se tu avevi intenzione di lasciarmi e quando lo avresti fatto.”
“COSA??? COME MAI HAI PENSATO A QUESTO???”
“Yuu koi, per favore… lasciami spiegare…”
“Vuoi spiegare?? No, tu non mi spiegherai un bel niente!”
“Yuu Koi ti prego!!”
“Va bene!” dico, freddo e brusco.
“Come mai in un anno e mezzo con me non hai mai fatto l’amore?”

Ah… E’ questo che vuole sapere da me… Bene… Calmiamoci.
“Io…Scusa, non… Non pensavo che tu… Non ho mai fatto l’amore con te, amore mio, perché temo di ferirti. Ferirei un angelo, facendoti male, e non potrei mai perdonarmelo. Scusami, davvero, amore.” dico serio, guardandolo dritto negli occhi. Lo stringo a me, finché lo sento smettere di piangere.
“Allora mi ami! Oh com’è bello…” il mio piccolo Pon, che piange se gli dico che lo amo. Sorrido stanco.
“Non mi ferirai mai… Perché sei dolcissimo.”

*Moder: vuol dire madre in svedese. Anche a me piace IKEA (per informazione)

*riguardo agli armadietti, in Giappone gli studenti hanno ognuno un armadietto di cui sono personalmente responsabili e di cui custodiscono la chiave.

Questo è il nuovo capitolo. Stavolta è venuto un po' più lungo *si sente fiera di sè* :)

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Capitolo 3
*** cap. 3 ***



 
 Quasi quasi oggi mi dedico alla composizione di qualche nuovo pezzo. E’ un bel po’ di tempo che non compongo musica, e non vorrei uscire dall’allenamento. In più, vorrei continuare a suonare la mia amata bimba. Sta lì, dinanzi a me, grande e possente, quasi a volermi rassicurare con voce materna: “Sono qui, Kai”. 
Ahhhhhhhhhh cielo! Non siamo neanche più in tour ed ancora penso a queste cose? Si vede che sono un inguaribile musicofilo penso, sognante. Tanto fra poco più di un mese e mezzo dovrò riprendere a fare prevenzione, vorrei evitare di spaccarmi le mani da solo stringendo le bacchette. L’ultima canzone l’ho composta circa tre mesi fa, di solito ci pensa Reita. Già, chissà che sta facendo adesso… D’istinto inizio a ricordare una specie di visione che ho avuto mentre ero perso nei meandri dell’economia domestica: Reita con una bimba in braccio. Una bimba molto piccola, e molto molto dolce.
 Ci manca solo che io preveda il futuro, puah!
Traccio pentagrammi sui fogli che ho sopra la scrivania, tanti fogli, fittamente piegati. Tra qualche giorno saranno anche fittamente scritti. Tutti quanti, nessuno escluso. Almeno io cercherò di portare avanti il gruppo, a differenza di Takanori. Lui è da qualche tempo che pare si sia alienato, perché in studio si distrae spesso. Non segue più il mio tempo come faceva una volta, sembra che sogni ad occhi aperti. Oppure va lui fuori tempo, spedendoci poi tutti quanti noi. Si è anche beccato una sgridata dal manager per questo.

“Takanori! Che ti è successo, piccolo vocalist? E’ da un pezzo che ti vedo strano, nel gruppo non stai più svolgendo il tuo lavoro come una volta. Forse hai bisogno di staccare un po’ la spina, perché vedo che non solo non segui il tempo dei tuoi compagni, ma ce li mandi addirittura fuori. Il tour è finito da poco, e tu sei rientrato subito in sala con gli altri. Ti ho visto stanco, oppure mi sbaglio?” Questo è ciò che allora il manager gli chiede. Gli siamo tutti accanto come sempre. In un certo senso mi sento anche io responsabile della sua condizione in quanto leader, e mi dispiace molto per lui. Vedo i suoi occhi tristi da dieci anni ormai, ma sembra che lui qualora se ne accorga cerchi di nasconderlo. E non è così solo con me, ma con tutti. Il manager allora ci dice che i prossimi due mesi li possiamo passare in ferie e che ce lo meritiamo, perché abbiamo fatto davvero un buon lavoro.   

Spero davvero che Takanori in questi due mesi riesca a riprendersi. Non mi è piaciuto l’attacco di panico che ha avuto durante quella pausa, quella di cinque giorni fa, e spero davvero per tutti noi Gazette che si riprenda. Perché la salute, almeno per me, è più importante della carriera. Secondo me se n’è accorto anche Sawatari, quindi ci ha lasciato campo libero.   
Mi ricordo dei concerti che abbiamo avuto nel tour, quasi tutte le volte le arene avevano tutti i posti pieni, perché con i biglietti avevamo fatto il tutto esaurito. Spero davvero che tutto questo possa continuare, quando Ruki si riprenderà.

Takanori è pallido, troppo. Siamo nella sala relax della casa discografica da almeno un’ora buona. Tutti i giorni così, iniziamo alle 9:00 con un caffè annacquato delle macchinette, poi fino alle quattro registrazioni su registrazioni e prove su prove. Poi due ore di pausa. 
“Takanori, tutto bene?” chiedo io. “Uhm?” mi fa lui, steso sul piccolo divano inondato di luce, come tutta la sala “Si, si, tutto bene riidasama, grazie.” Lo vedo bere quasi con foga la sua bottiglietta d’acqua. “Ti porto qualcos’altro?” gli chiedo io, sempre gentile. “Grazie, dell’acqua” risponde lui. Io esco fino alle macchinette, gli prendo dell’acqua e torno. E’ una cosa da poco, ma appena rientro vedo che Takanori è seduto a malapena sullo stesso divanetto di prima.   
“Takachan, cos’hai?” chiede Reita, e per la prima volta negli occhi di Reita leggo qualcosa che non è noia. Leggo terrore, il più puro terrore. Guarda Takanori che fatica a reggersi, si avvicina a lui e lo prende.

Scaccio quel pensiero dalla testa, e torno a concentrarmi sulle partiture degli spartiti. Magari poi vado a casa di Taka a sentire come sta. 
 Quando ho finito prendo le chiavi, controllo che il sistema di sicurezza sia inserito, e vado da Ruki, a capire che razza di cosa me lo abbia bloccato. Mi fa entrare subito, e con molto sollievo, vedo a occhio che qualcosa in lui è cambiato, che lui è più sereno. “Immagino di sapere perché tu sei qui” esordisce “ma stai tranquillo, ora ne ho parlato ad una persona fidata, e mi sento meglio. Comunque, se vuoi farmi compagnia puoi restare.”     
 “Non è questo che intendevo io. Si, vedo con piacere che effettivamente stai molto meglio rispetto a prima, ma pensavo di farti uscire a prendere aria. Aria, capito Taka? E’ quella che ti manca.”
Si guarda allo specchio critico, e mi ringrazia per avergli fatto notare un pallore che non fa altro che distruggerlo.
 

ルキ
 
Yutaka è arrivato fino a qui da casa sua. Ha fatto tutta la strada solo per  assicurarsi che io stessi bene… E’ davvero una persona cara. Ed effettivamente ha ragione, mi manca l’aria. Usciamo insieme, spero solo che Reita non ci veda, o penserà male di noi.     
“Dì un po’, ti andrebbe di andare al parco di Ueno?” 
 “Al parco? Si… Anche se non c’è nulla da vedere.” 
“E’ per farti prendere aria, Taka…”  
“Lo so, riida, lo so…” brontolo io. 
  Prendiamo il prossimo treno, ahimè mi devo spicciare perché è tra poco più di trenta minuti. Vado in bagno cambiandomi in fretta, aggiungo due linee leggere di trucco da giorno, fisso i capelli con la lacca ed esco. Ma quello che mi si para davanti me ne fa pentire. 
“Eh, no, no… Tu così con me non esci! Vieni in bagno e sistemati meglio… Fissa il capello, idrata la pelle… Dici a me che sono uno zombie, ma a me lo sembri tu…”
 “Che c’è? Voglio portare avanti la band!”  
 “Hai continuato a comporre nonostante il manager ci avesse fermato??”                                   
 “Beh, certo… Mi pare ovvio… Sono io il responsabile di tutti voi…”                               
 Lui fa in fretta ad uscire dal bagno tutto sistemato, poi scappiamo alla stazione di Shinjuku, stampiamo al volo due biglietti dalle automatiche* e ci fiondiamo sul treno. Siamo lì in appena tredici minuti…
 
“Ah, guarda lì… Paperi!” 
 “Scommetto che se Koyou fosse qui, salterebbe di gioia” mi dice lui. 
 “Portiamocelo, no?” e sta lì a guardarmi come un fesso. 
  “Come??” 
  “Lo andiamo a prendere.”
  “D’accordo. Ho un’idea! Ce l’hai una benda in quella borsa?” 
“Uhm…” dico spulciandoci dentro “Si, trovata!” 
“La mettiamo sugli occhi a Koyou, lo portiamo davanti alle papere e poi lo sbendiamo.”  
“Mmmm… Ok!” ed in circa mezz’ora mettiamo in atto il nostro piano. Andiamo a prendere i due amorini sotto casa, bendiamo Pon, lo portiamo al parco fino alle papere e poi lo sbendiamo.
“Ma… Le papere!”  ci guarda con una faccia meravigliata, poi guarda Aoi, indicando sempre gli animaletti che starnazzano felici. Almeno abbiamo accontentato uno di noi. Mi sembrava un’eternità che non uscivo di casa a prendere aria buona.
“A proposito, sapete dov’è Reita?” domando poi. Uruha mi guarda con un cenno di assenso, per dirmi che sa delle mie pene d’amore e che non ne parlerà ad alcuno.  
 “Io so solo che aveva un impegno molto importante” ci dice Aoi. 
“Un impegno molto importante? E che razza di impegno avrebbe, sentiamo?” sentenzio, spazientito da questo suo assenteismo. Un assenteismo che da tre settimane mi sta uccidendo lentamente. Cerco di passare più tempo con i miei altri amici oltre a lui per evitare di pensare a lui così spesso, per evitare di dover scrivere una lettera di scuse agli altri Gazette in cui dica “Perdonatemi ma per la disperazione mi sono buttato sotto un treno”.    
“Non lo so, questo non me lo ha detto”. Oh, perfetto, ora che altro devo fare? Svenire dal dolore? Piangere? Implorarlo di accorgersi di me? E invece no, tutto ciò che faccio è ricacciare indietro un groppo di lacrime.
“Ruki tutto ok?”. Guardo Aoi con occhi liquidi.
“Si, si… Devo andare… Ho da fare!”
Si guardano straniti, molto probabilmente penseranno che sono matto. Beh, forse è meglio così. Voglio solo allontanarmi da tutti loro, poter arrivare a casa e trovare la persona che amo ad abbracciarmi, a dirmi che lui c’è sempre. 
Ma quando arrivo a casa rimango molto deluso, perché lì non c’è nessuno ad aspettarmi. Mi butto sul letto a piangere, piango istericamente, fino ad addormentarmi per la troppa stanchezza.                                                                                  
 Quando mi risveglio è già notte. Di solito la notte non esco, ma per ora farò un’eccezione. Torno al parco di Ueno. Per avere aria.                                            
 Forse è meglio che io mi dimentichi di Reita, per sempre. L’ho amato, ma lui non mi degna nemmeno di uno sguardo.
 Mi siedo su una panchina, poco lontano scorgo una sagoma. Dannata illuminazione assente! Sembra Reita. Beh, almeno non mi ha visto. Sento una voce tanto familiare, troppo. “Ah, la mia piccola Amina…”.                                                                      Un… Un  momento, quello è Reita. Il mio Reita. Che dice la mia Amina?
E chi è  questa Amina? Allora è innamorato di un’altra… 
 “Chi è là?” sento distintamente. Ma ora non ho voglia di risponderti, Reita, voglio solo piangere.

 
 
れいた
 
Ripenso a quel giorno, in cui Takanori tremava spaventato. Stava tremando, aveva occhi assolutamente dilatati, il che non era normale. Solo sentendogli cambiare la frequenza respiratoria mi angosciai e mi avvicinai a lui. Il tempo di chiedergli che cosa avesse e già aveva sviluppato un bell’attacco di panico. Io ne sono rimasto così sconvolto che per gli ultimi cinque giorni non ero riuscito a parlare, ed anzi non facevo altro che pensare a quello. Una cosa sconosciuta che stava uccidendo il mio piccolo vocalist.  Eravamo nella saletta relax, Kai era appena entrato con dell’altra acqua per lui, ed anche lui era spaventato. Mi fissava, come a dire “va’ da lui, su!”. Io l’ho fatto, e sono riuscito a sentire deboli parole: “Akirachan…Aiutami, ti pre-go…”. L’ho tenuto stretto, l’ho coccolato, come farebbe un padre con il suo bimbo, ed ho cercato di nascondere il mio terrore. Quello che mi aveva infettato le vene e le arterie. Poi si è addormentato. 
Spero solo che si stia riprendendo. Intanto io penso ad Amina. Sento il telefono che squilla, sono quelli di Green Umbrella. Il volo che mi unirà ad Amina arriverà alle 17:45 al Narita, primo terminal, quarto gate.
Mancano solo due ore!! Accidenti!! Io sono all’aeroporto, si ci sono, e allora perché diavolaccio sono qua che corro come una papera starnazzanteeee???
 Poi penso: il terminal, il gate. Oggi Yuu voleva venire con me, ma io gli ho detto che avevo un urgentissimo impegno.
 Ma ora come ora, con tutto il caos intorno a me, mi tornano in mente le parole della segretaria: io ho davvero il tempo materiale per adottare una figlia? Tentenno un po’, indeciso se tornare indietro con la mia decisione, poi penso alle disastrate condizioni di vita africane. L’Africa, il paese della mia bimba, l’unica cosa che conosce. In più lei ha perso i genitori. Ancora non lo sa, o forse lo sa già: la bambina ha solo me, Amina ha solo me. Non è giusto che io l’abbandoni.
C’è una fila di aspiranti genitori adottivi che si accalca eccitata al gate, io mi accodo. Viene chiamato il mio nome, lo sento distintamente. Ringrazio di aver adesso inesistenti contatti con il mondo, altrimenti Aoi lo ucciderei davvero.   
“Akira Suzuki” avanzo, fiero. Per una volta un po’ più felice di essere anonimo.
Una giovane hostess tiene per mano una piccola bambina, che io prendo in braccio dopo aver firmato alcuni documenti.  
 Istintivamente le sorrido, rispondendo al sorriso che mi ha fatto appena mi ha visto. Le sorrido rassicurante.  
 “Io sono Akira, tuo padre. Benvenuta nel mio mondo, figlia mia.” e la bacio.    
 La porto a casa, per fortuna non c’è nessuno dei miei amici. Volevo aspettare che si ambientasse da me, prima di presentarle gli altri.     
 Le allaccio la cintura del seggiolino e poi lo fisso con quella di sicurezza.                               
  “Si chiama cintura di sicurezza” le spiego. “Serve per proteggerti mentre papà guida. Puoi anche guardare fuori dai finestrini, se vuoi.” La vedo annuire con la coda dell’occhio, in dieci minuti siamo già a casa. Lei non ha fatto altro che guardarsi intorno. Quando entriamo in casa, inizia piano a girarsi in tondo, quando ha visto una stanza, cambia e va in un’altra. Le mostro anche la sua. Non so quanto tempo passa, ma in fondo, ora non mi importa, sul serio. Voglio che Amina si senta amata.
“Questo è il tuo lettino, e questa è la tua cameretta. Spero che ti piaccia.” le dico con un sincero sorriso. Avrei tanto voluto sentire il suono della sua voce, sentirla dire “Papà ti voglio bene”, ma mi ricordo che è muta. Forse non avrebbe mai parlato. Cerco comunque di mostrarmi forte per la mia Amina, ora per lei comincia una nuova vita, lontana dalla fame e dalle carestie africane. Si tocca la pancia, molto probabilmente deve di certo avere una gran fame, vista anche la durata del viaggio. Le preparo una cena leggera che le dia l’energia che le sarebbe servita fino a notte.
Dopo mangiato, come avevo previsto, sbadiglia. E’ così buffa! La prendo in braccio e la metto nella culla. Poi le leggo una storiella e le canto la ninna nanna.  Si addormenta placida nel lettino. La bacio dolcemente e mi preparo del thè verde per cena, così da andare a letto anche io.
La mattina quando mi sveglio, sento un dolce peso premermi sul petto. Takanori…
Sei tu, vero? Sei venuto a prendermi, vero??
Mi rendo conto che è solo Amina, il suo piccolo corpo è addormentato placidamente sul mio, la stringo a me in un gesto di tenerezza. Il pigiamino rosa che le ho dato la fa sembrare ancora più buffa. 

“Amina, amore di papà? Sveglia, piccola, è ora di mangiare!” apre piano i suoi occhietti nocciola, prima uno e poi l’altro. Mi sembra un micio. Mangiamo insieme panini con nutella e succhi di frutta. Pensavo che fare il genitore fosse cosa più difficile, evidentemente mi sbagliavo. 
Inizia piano ad accorgersi di Keiji ed Oscar. “Prima devi togliere le cose dal tavolo, Amina. Portale lì.” le dico. Le metto in mano il suo vassoietto, visto che è ancora troppo bassa, e le mostro dove mettere cosa. Quando ha finito torna a concentrarsi sugli uccellini. Li guarda con grande curiosità, quasi come se non li avesse mai visti. Piano mi rendo conto che molto probabilmente è davvero così, che lei i parrocchetti ondulati non li ha davvero mai visti in vita sua. 
“Vuoi accarezzarlo, Amina chan?”
“Si”.    
Un suono.  
Una voce.  
Una voce bianca, cristallina come quella di una fata.
“Amina, Amina chan, tu parli! Sai parlare, Amina, non è bellissimo??”  dico io, facendola volteggiare.  
“Si” mi dice lei. E piange, come me.  La stringo ancora per calmarla, le piacciono i miei abbracci. 
“Stai calma, piccola, buona, papà è qui con te… Va tutto bene, Amina, tutto ok…”     
 Apro la gabbietta lentamente “Devi fare piano, devi essere dolce con l’uccellino, altrimenti gli fai male, ok? Guarda.” Avvicino il mio dito all’entrata della gabbietta, Keiji ci salta sopra ed inizia a saltellarmi su e giù per il braccio, fino alla spalla. Amina mi imita perfettamente con Oscar, si diverte a sentirlo cantare e a vederlo saltellare.

Le mostro tutto ciò che faccio nella mia vita reale, il luogo in cui lavoro, dove vado a fare la spesa, lei mi segue, sempre, super super curiosa di tutto.  Entro nel negozio per fare la spesa, acquisto tutto ciò di cui posso aver bisogno per Amina e me. “Amina, tesoro, quando pagheremo dovrai salutare la signorina che sta alla cassa” mi guarda stranita “quella cosa nera che scorre, si chiama cassa. E’ un nastro. Pagherò tutto ciò che compro per noi.”                                                        “Capito, papi” e mi sorride.  “Dì un po’, li vuoi i biscotti al cioccolato, per domani a colazione?”
“Si! Grazie papi!” mi dice felice. Lei sorride, ed io, mi sento la persona più felice al mondo. Un pensiero fa capolino nella mia testa. Il mio cuore batte, nonostante sia pieno di amore per la mia bimba è anche vuoto perché non ho Taka con me. Lui non c’è, non è al mio fianco. Scaccio il pensiero dalla testa e le lacrime dagli occhi tornando a concentrarmi sulla bambina, che impaziente mi tira la manica della giacca.
“Ciao, Akira Dono”  
“Ciao, Akiko chan. Salutala, Amina” in quel momento, vedo Akiko accorgersi di Amina e viceversa.    
“Buongiorno, signorina” dice lei timidamente. 
 “Oh, buongiorno a te, piccola bimba. Sai che sei davvero molto bella?”   
 “Grazie signorina.”    
  “Ti meriti proprio un bel regalo. Tieni.” e le porge una caramella.  Usciamo dal negozio, sistemo prima Amina sul seggiolino e la spesa nel baule, per tornare poi a casa.                                                                                             “Papà che cos’è quello che mi ha dato?”  
“Una caramella, un dolce. Ti ha fatto un regalo perché sei stata obbediente.” 
 “Un regalo?”  
 “Si, una cosa che ti rende felice e che tu non devi necessariamente ricambiare.”  
 “Che cosa vuol dire ricambiare?”
 “Vuol dire fare una cosa per ringraziare una persona di una cosa già fatta.”
“In Africa i miei genitori vivevano in una casa piccola, quando sono uscita con loro una persona mi ha detto che dormivano, ma mi ha assicurato che un giorno io li rivedrò. Mi sono spaventata. Da quel momento ho iniziato a essere sola. Non mi davano mai la pappa… E io avevo freddo… Mi facevano così.” Imitò uno schiaffo. 
  Rimasi pietrificato. Tornati a casa poggiai i sacchetti vicino al tavolo e rassicurai mia figlia. “Figlioletta cara, sai, voglio assicurarmi che tu da oggi in poi non abbia più freddo, ti preparerò la pappa tutti i giorni e non ti ferirò mai così. E’ una cosa che non si deve fare ai bambini. Perché sennò si spaventano. Quello che ti hanno fatto è sbagliato, è una cosa che non si deve fare.” Parlo lentamente, per assicurarmi che capisca tutto. Poverina, sta così male da tempo perché era sottoposta a chissà quali torture… Mi sento così triste per lei. 
 Le preparo il pranzo, non sono mai stato molto bravo ma lei sembra gradirlo, e questo mi fa piacere. 
 Le mostro tutti i passaggi. Voglio fare in modo che a giorni alterni assuma verdure e carne, oltre a legumi e a tutto ciò di cui ha  bisogno il nostro corpo. Mia madre mi ha detto che da piccolo ero anemico e per quello mangiavo carne di cavallo, vorrei evitare che questo succeda alla mia bimba.  
“Bello, questo” indica il coltello “No, amore, è pericoloso! Tu… Non lo sai usare ancora bene. Quando sarai più grande ti insegnerò io, promesso.” Concludo io, imbarazzato.
Tsè. Ci mancava anche che finissi in imbarazzo per un coltello, ma guarda tu!
La sera, dopo cena le faccio vedere Cenerentola, sperando che la stanchi abbastanza da farla dormire. Quando la prendo in braccio alla fine del film, la sento mormorare e borbottare come una fanciulla che sogna. Beh, in fondo è una fanciulla, mi ha detto che lei era come Cenerentola, senza mamma e papà. Ed io le ho detto che il papà ce l’ha. Le ho messo il pupazzetto accanto e le ho detto di proteggerlo per la notte. Quando sono sicuro che lei dorme, mi assicuro che il sistema di sicurezza sia inserito ed esco un po’ per calmarmi. Sono talmente agitato che dubito una tazza di thè mi possa aiutare. 
 Vado al parco di Ueno, cammino lentamente, respiro,  quando noto una figurina bassa sotto quello che sembra un ciliegio. Da lontano mi sembra Takanori, e se è vero che è lui, sono cazzi amari. Perché avrà riconosciuto la mia voce. Pensavo alla mia bimba. Inizio a rincorrerlo, ma lui scappa, scappa, scappa lontano. 
 “Takanori! Takanori aspetta!” 
 “No, io non aspetto! Sono stanco del tuo  giocare con i sentimenti degli altri!”
  “Cosa?” 
“Sono stanco del tuo giocare col mio POVERO CUORE  FERITO!”
   
 
 
 
 
 
 
 
 
*automatiche: le stampatrici automatiche di biglietti ferroviari, molto più comuni nel paese del sol levante che qui, e che di sicuro funzionano meglio.
Beh, ho scritto sul serio otto pagine, stavolta, spero che vi piaccia il capitolo.
 Ja Ne!

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Capitolo 4
*** cap. 4 ***


ル キ

“No, Takanori! Takanori! No! Non scappare…”
“Non ne voglio più sapere niente di te! Vai via, torna dalla tua Amina! Coccolala e dille pure che ti piace farmi sentire uno schifo!”

E’ davvero questo, quello che io vorrei fare? No, non lo è per nulla. E allora perché lo sto facendo? Ma si, lui mi ha ferito con tre settimane del suo assenteismo, perché mai io non potrei ripagarlo con la stessa moneta?

Mi fermo e respiro.
Mi basta così poco per tornare lucido, e far muovere le mie gambe verso Akira.
Ma lui si volta, e quello che dice fa tremare così tanto i miei propositi, da far quasi terminare la mia vita.

Ah, adesso mi dici che non ne vuoi sapere?!”
“Akira… Io…”
“No, tu ora mi spieghi perché mai ti sei voltato se davvero non ne vuoi più sapere un cazzo di me! E poi lavoriamo nella stessa band. Oh per tutti i Kami, te lo devo ricordare io, questo?”
“Akira… Akira… Scus-ami… STRINGIMI, TI PREGO!” ormai singhiozzo disperato.
Mi sento molto meglio quando sento le sue braccia stringermi. Non ho bisogno di chiedermi come mai, perché credo di saperlo. Sento che lui mi ama.
La sensazione che mi avvolge, quella di cui avevo accennato ad Uruha, si fa spazio nel mio petto. Ed io mi sento, per una volta, al sicuro.

れ いた

Stringo forte a me Takanori. Sento il mio petto umido, sta piangendo come una fontana. Continua a chiedermi in modo frenetico di stringerlo, ed io non posso fare altro che ringraziare la mia calma e chiedermi come mai non mi sia accorto prima che entrambi ci amavamo senza saperlo. Mah…
“Uhm… Takanori, ascoltami bene…” esordisco io, sa benissimo che qualora ci chiamiamo con i nostri nomi personali, allora è per parlare di qualcosa di serio “Io ho adottato una bambina.” Glielo dico con tutta la calma e la franchezza che posso mettere insieme in questo momento molto emozionale per entrambi.
“C-Come?” mi guarda con i suoi occhioni gonfi, è spaesato.
“Adesso vieni a casa con me, che inizia a far freddo, su” lo trascino dolcemente e lui obbedisce al mio volere.
Ritorno a parlare lentamente, così che possa avere il tempo di assimilare ogni parola e lavorarci su.
“Da tantissimo tempo amo una persona. Si, amo la persona che mi cammina al fianco, da dieci anni. Per l’esattezza da quando ho messo gli occhi su di te, Takanori. Solo che da te non ricevevo alcun segnale. Cercavo di conquistarti con la gentilezza e l’affetto che ti dimostravo, ma poi, per coprirmi e non farti sospettare nulla, mostravo quello stesso atteggiamento verso gli altri.”
“Allora perché non me lo hai detto subito?”
“Perché io non sapevo che tu… eri omosessuale. Se lo avessi saputo avrei avuto un dubbio in meno a bloccarmi. Così, per donare un po’ del mio amore a qualcuno, ho pensato di adottare Amina. E’ bellissima, ora la vedrai. Entriamo, su.”

ル キ

Saliamo le scale che portano al suo appartamento. Sembra un po’nervoso mentre mi fa entrare in casa sua, così gli stringo la mano, e lo sento rilassarsi. Quasi non ci credo, lui mi ama.
“Prego” mi fa entrare. “Fai piano, sta dormendo” mi dice ancora, con voce ovattata dalla stanchezza. Mi porta alla camera della bambina, nella penombra non riesco a vedere molto.
“Guardala, sta lì nel lettino.”
Rimango incantato a fissarla. E’ piccola, sembra sparire nelle copertine con gli orsetti. I suoi occhietti a mandorla sono chiusi, e tiene una mano sopra alla testolina ondulata.
Le accarezzo i capelli molto scuri, poi guardo Akira. Penso che il mio amico mi amava da sempre, e per colmare un vuoto che io gli avevo causato, ha adottato questa creatura.
Lo porto in salotto, sempre tenendogli la mano, mi decido finalmente a parlargli.
“Ho osservato attentamente Amina. E’ una splendida creatura. Hai fatto una grande scelta, sono fiero di te.” gli dico stringendogli la mano, piangendo calde lacrime, commosso dalla bambina.
“Stai tranquillo, piccolo Takanori. Io mi prenderò cura di entrambi. Ho scelto di fare il padre perché così potevo colmare un vuoto che sentivo da tanto. Sapevo che essendo omosessuale non potevo avere figli naturalmente, e quindi…”
“Hai scelto l’adozione.”
“Esatto, amore. Il mio amore è cresciuto, con il mio cuore. E la parte che non occupi tu la occupa lei.” mi dice sorridendo.

Mi porta a letto, ed io posso finalmente pensare alla persona che amo, potrò dormire sonni tranquilli perché lui è accanto a me, e sono sicuro che anche per lui sarà lo stesso.

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Capitolo 5
*** Cap. 5 ***


ルキ

“Pa-Papà…” Reita prende in braccio Amina, le tiene la mano e la chiama dolcemente. Vedo che la bambina si sveglia, e non so perché, ma questa scena mi mette addosso una malinconia tremenda. Quasi piango. “Ehi, piccolo, tutto ok?”
“Come?? Si, si.” respingo un groppo di lacrime, e lo seguo in cucina.
Prepara del cibo per Amina. Vedo che sono gustosi panini al cioccolato, molto probabilmente le piacciono.
“Lui si chiama Takanori” la bimba mi guarda, con quei suoi grandi occhi nocciola, forse spaventata.
“E’ la persona che amo. Vi amo tutti e due.”
“Papà… Che vuole dire amare?”.
“Vuol dire volere tanto ma tanto bene.”
“Tanto tanto?”
“Si, piccola. Tanto tanto” rispondo io ad Amina, guardandola fiero. Questa bambina è mia figlia, nostra figlia.
“Anche Taka mi vuole tanto tanto bene?”
“Certo, piccola. Non te lo devi chiedere, sappi solo che ti voglio bene”.
“Tesoro, quando finisci di mangiare ricordati di pulire tutto, ok? Perché oggi pomeriggio vengono gli amici di papà e mamma. Poi te li presento, sta’ tranquilla.”
“Ok, papà”.
La bambina pulisce tutto, poi insieme giochiamo con dei burattini che a dire il vero neanche avevo notato, visto che stavano tutti in una scatola in fondo al salotto.

Puntuali come sempre arrivano i nostri amici.

Arrivo a casa del mio bassista, per oggi ci aveva invitato, parole sue poi, per mostrargli la cosa più bella del suo mondo.
Davanti ci sono già Uruha con Aoi, che evidentemente hanno già suonato, poiché poco dopo Ruki apre.
“Reita?” chiedo, sorpreso.
“E’ di là, con nostra figlia.”
Rimango sorpreso. Molto sorpreso. Aspettate un secondo, ma due maschi mica possono avere un figlio insieme, no?
Entro, incuriosito dalla storia della figlia, mi torna in mente in quel momento la visione che ho avuto mentre pulivo.
Reita lo sento muoversi nella stanza attigua a questa saletta, molto probabilmente sta parlando alla figlia di chi siamo e di cosa facciamo, anche se credo che lei lo sappia già.
Poco dopo entra, tenendo per mano una piccola creatura dagli occhi molto dolci ed espressivi, che timidamente si nasconde dietro di lui.
Si siede di fronte a noi, in modo che la creatura possa guardarci e conoscerci meglio.
Anche Takanori è seduto accanto a lui, e ciò non mi sorprende affatto. Molto probabilmente si sono già dichiarati.
Mi avvicino alla bambina, la studio, e solo dopo le parlo. “Ciao!”, la sua risposta è un balzo indietro, si nasconde dietro a Takanori.
“Non aver paura di me, piccola. Il mio nome è Yutaka. Yu-ta-ka” scandisco bene il nome perché temo che non lo capisca. “Yuta…Yuta…”

“Tutti mi chiamano Kai, puoi farlo anche tu, se vuoi”.

“Va bene! Kai! Kai-Kai!”.
“Hm…Hm…Hm” mi fa sorridere.
Aoi si avvicina lento alla bambina, con un sorrisone le chiede come si chiami.
“Mi chiamo Amina. Sono la figlia di papà e mamma. Me lo hanno detto loro.”
Uruha la guarda e le chiede “Quanti anni hai, piccola Amina?”
“Uno… Due… te… Quatto! Papà dice che ho quatto anni!”
“Quattro. Capisco, sei molto piccola. Mamma ti vuole bene. Anche noi ti vogliamo bene. Tanto.”
“Mamma… mi vuoi bene?”
“Certo, piccola amore mio!” e la abbraccia.
“Ti andrebbe di uscire, Amina? Andare a spasso?”
“Spasso! Spasso!”
“Si, tesoro. Andiamo al parco. Vediamo le papere”

Questa bambina è magica. L’ho vista per meno di mezz’ora, ma già l’amo. Anche se non sono suo padre. Non mi sorprende che Reita e Ruki siano innamorati di lei. E innamorati di loro. Forse anche io troverò l’anima gemella. Penso che parlarne ad Aoi non sia una bella idea, dato che spiattellerebbe tutto ad U-sama. Scelgo di ripiegare su Eriko. Fa l’insegnante, per quello che so, magari verso sera sarà libera. Oggi ha lezione fino alle quattro.

売る葉

Che bello, andiamo a vedere le mie papere! Spero solo che un giorno il mio adorato Aoi me ne doni una, magari gialla.

Amina non ha ancora smesso di battere i piedi felice, così Takanori la mette a terra e la conduce per mano. Ci manca solo che si perda, piccola com’è. E il colmo è che conosca la città. “Zio-zio…”
“Che c’è? Vuoi venire da zio Uruha?”
“Uru…Pon!”
“Va bene, amore, chiamami anche solo Pon!”
“Come fa la papera?” mi chiede lei.
“Quack!”
“Prova a dirlo, piccola” la incita Takanori.
“Va bene Takanori. Uno…Due… Quack!”

Ci avviciniamo a delle strisce pedonali. Le macchine passano veloci. Istintivamente stringo a me la mano di Aoi. La bambina molto probabilmente sente la mia ansia, perché si stacca da me e chiama freneticamente Takanori.
“Mamma-Mamma!”, così lui la prende in braccio. Quell’omino è piuttosto lento a venire, ma appena scatta il verde attraversiamo.

Dopo un po’ a piedi giungiamo al parco, ma neanche allora lascio la mano della persona che amo. Io lo amo per ciò che è, anche se la società dice che tutto questo è sbagliato. Sempre poi per la storia del generare figli. Non lascerò certo che si separi da me. Lo terrò sempre al mio fianco. Ricordo quando ci siamo giurati amore eterno. Eravamo sotto la luna. Era una calma serata estiva. Aoi mi prese la mano e mi disse che mi amava. Guardai le stelle lucenti, pensai che per lui avrei fatto qualsiasi cosa, e se il dio che era lassù non avrebbe accettato questa cosa, allora non mi sarebbe importato. Io lo avrei amato.

れいた

“Ecco amore, le papere sono lì. Stanno là in quel laghetto, vieni sulle mie spalle”.
Takanori alza Amina sulla mia testa. “Devi solo tenerti piccola. Non aver paura, papà non ti farà mai cadere”.
Mi avvicino solo un po’ in modo che la bambina possa vedere tutto.
“Che belle… Guarda zio Pon! Fanno Quack!”
“Già… E’ vero, piccola Amina, fanno proprio quack! Oh, guarda, Amina! Là c’è una papera con le paperette gialle!”
“Quella è la mamma… Vero Mamma?”
“Certo…”

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Capitolo 6
*** Cap. 6 ***


Sono le cinque… Stasera volevo andare a trovare Eriko, speriamo solo sia in casa. Anni di amicizia mi hanno insegnato che è molto abitudinaria. Dalle elementari ricordo che è una persona estremamente insicura, alle volte anche impacciata, e data la sua insicurezza, si rifugia in una esistenza noiosa quanto monotona. Io, invece, con tutta la mia voglia di fare, e i miei dicevano sempre “sei un vulcano di idee”, sono arrivato fin qui. Faccio il musicista, sono il batterista e leader di una delle più grandi band di sempre, e ne vado spaventosamente fiero.

Mi dirigo, immerso in questi pensieri, alla fermata della metropolitana, ma dato che è l’orario di punta è difficile che trovi un posto a sedere. Invece ne trovo subito uno, è all’angolo della porta e soddisfatto mi ci fiondo. Mi accoccolo meglio su me stesso e sostanzialmente penso a come potrei confidarmi con la mia vecchia amica. Scendo alla fermata, poi percorro una piccola strada laterale. Porta al suo appartamento, che si trova in uno di quei grigi grattacieli.

Tokyo è come il visual kei, cambia aspetto e carattere ogni giorno un po’ di più, ma cambia tutta, regolarmente, cambia senza lasciare trapelare nulla, tutto scorre via, scorre, scorre e scorre…

Suono.

ルキ

Quella stessa sera, penso ad un bel regalo da fare alla mia bambina. La mia piccola Amina, che è stata così dolce oggi al parco. Abbiamo lasciato i nostri amici proprio sotto le loro case, hanno promesso ad Amina che domani torneranno a trovarla. Tiro fuori dal cassetto uno di quei kit fai-da-te che avevo ricevuto chissà quando e chissà dove.

Kit per bambole

Giusto! Potrei regalarle una bambola di plastica! Una di quelle con cui giocano le bambine! Le piacerà, ne sono sicuro. Inizio a lavorare, seguendo le istruzioni contenute nella scatola. Ora che ci sto per provare non potranno più dirmi “fare le bambole in casa è facile!” perché avrò di che ribattere! Si, si…

Fare i capelli è un lavoro monotono e ripetitivo, molto stancante. Inserire le ciocche una ad una nei buchi sulla testa della bambola, poi tirare fino a che non si blocca la ciocca tramite il nodo ma sono felice di farlo per vedere la felicità della mia bambina.

Quando all’alba ho concluso l’intera bambola, la guardo, fiero di me. Ha occhi europei, ed i suoi capelli abboccolati le stanno così bene.

OPS, no, manca il vestito. Che pirli, quando mi hanno donato questo kit (dovevo creare una bambola per la sorellina della mia ex, come regalo di compleanno. Ma questo al liceo, quando ancora non sapevo la differenza tra “gay” ed “etero”.)

Poi ho trovato i Gazette, Akira e quindi, gli amori della mia vita. I The Gazette per me sono fratelli, Akira è mio marito e Amina è la mia figlioletta tanto cara. Questo almeno secondo il mio cervello malato che non è per niente malato ma va bene così.

“Tesoro, che fai?” sobbalzo, spaventato. E’ Akira.

“Ciao, amore. Sto realizzando una bambola per la nostra piccola Amina, spero che le piacerà. Sei il mio migliore amico, il mio confidente, il mio fratello maggiore che non ho mai avuto, un marito fantastico e mi hai reso padre e madre di una splendida creatura. Non so come ringraziarti” gli dico, con le lacrime agli occhi. Non so nemmeno che cosa c’entri con la situazione, ma glielo dico.

れいた

Takanori mi parla con le lacrime agli occhi, d’istinto lo stringo a me e lo bacio. Sento le mie labbra poggiarsi sulle sue, siamo delicati, in questo bacio, delicati come il fior di loto rosso che lui canta in Guren.

Lo trascino sul letto, poggia la bambola che ancora tiene in mano sul comodino. Inizio a stenderlo sui cuscini e a spogliarlo. Poi afferro una boccetta che mi hanno regalato le fans, contiene olio essenziale di loto*, che dolcemente inizio a spalmare su tutto il suo corpo, partendo dal collo ed arrivando fino ai piedi. Ogni tanto continua a cercare la mia bocca con la sua, ed io, sconfitto, lo accontento.

Quando la mattina dopo chiamo Amina, non la trovo nel suo letto. Si è come volatilizzata. E’ sparita penso io. Mi angoscio subito, ma riesco a calmarmi quando sento la voce di Takanori che dalla tavola parla con lei. Così mi reco in sala da pranzo.

“Papà oggi Takanori fa buon profumo…” “Ah, lo hai notato, amore? Si chiama olio essenziale di Loto. Aspetta, vado a prenderlo.”
“Ok, papà. Takanori…”
“Si, amore?”
“Sorpresa!”
“Si, è vero. Akira, mi porti la sua sorpresa?”
“Certo…” Stai calmo, Akira, va tutto bene, Amina è con lui… con queste parole riesco a calmarmi.

Prendo l’olio e il regalo, e poi torno da loro. Lo mostro alla bambina che curiosa mi chiede quando si metta su.
“Dopo la doccia, o dopo il bagnetto. Stasera facciamo un bagnetto e dopo papà e mamma te lo spalmano, ok?”
“Va bene… Sorpresa! Bella, la mia sorpresa!”
“Ti piace?” chiede Taka.
“Si… Una bambola, una bambola tutta per me….!! Grazie mamma e papà…”

Delucidazioni:

*olio essenziale di fior di Loto: non so se esiste, nel caso, bene, in caso contrario è una licenza poetica. Come vedete qui mancano i pov di Aoi e Uruha, ma non avevo molta ispirazione e sono riuscita a scrivere solo questo. L mi sento triste… E annoiata.

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Capitolo 7
*** Cap. 7 ***


amore 11111111111111 れいた

"Ora vieni, Amina, facciamo il bagnetto..." prendo la piccola in braccio e la porto in bagno.
"Va bene, papà, arrivo... Mamma?"
"Mamma è già in bagno, ha riempito la vasca. Oggi ti mostro come eseguire un perfetto ofuro*"
"Va bene, papà... Domani vengono gli zii?"
"Certo, piccola. Così potrai anche mostrargli la tua bambola!" le dico con un sorriso. Quando siamo in bagno, inizio spogliandomi, mentre si spoglia Takanori spoglio Amina. "Non vergognarti, non succede nulla. Ora ti mostro come devi fare, amore" dice Taka per tranquillizzarla.
"Così dopo vai a letto profumata come un fiore."
"Li voglio vedere i fiori, un giorno..."
"Poi ti ci porteremo"dico io, convintissimo. Inizia pulendo i sanitari con un detergente, poi si insapona molto bene, si sciacqua. Io faccio lo stesso e noto che Amina cerca di imitarmi, buffamente. Il sapone le salta via dalla mano per tre volte, è così buffa!
"Uffa! Papà, il sapone è cattivo!"
"Lo so, amore, ora lo sgrido!! Brutto sapone! Cattivo cattivo! Ecco, prova ora, dovrebbe andare". Come avevo previsto, il sapone non le scivola, e lei inizia ad insaponarsi. Ci sciacquiamo tutti di nuovo e poi le mostro che può entrare in acqua.
"In poco tempo ti ci abitui, amore, tranquilla."
"Lo so, ma è bella, calda..."

ルキ

Entro in acqua per primo, poi prendo in braccio la mia bambina e la faccio sedere sul punto più alto della vasca "altrimenti quest'acqua la bevi. Non la devi bere."
"Mamma? Ti voglio bene."
"Ah...An-nche io te ne voglio... Tanto."
"Non vedo l'ora che domani arrivano lo zio Aoi e Uruha, e Kai-kai."
"Se dormi il tempo passa più in fretta. Non usciamo ancora dalla vasca perchè questa la usiamo per rilassarci. Guarda Akira, è così sereno che forse nemmeno si ricorda più dove sta."
"Mamma, ho il visino freddo... Forse è perchè non è in acqua"
"Aspetta..." le dico. Akira la prende in braccio ed io mi allungo sotto al lavandino per prendere un telo. Lo bagno nell'acqua e poi le dico di passarselo sulla testa.

Nel momento in cui usciamo dalla vasca, le metto l'accappatoio con le papere che Pon le ha regalato. La porto in camera, si sta rilassando. "Adesso spalmiamo questa, amore... Si chiama crema idratante. O preferisci l'olio?"
"Preferisco l'olio, voglio provarlo." Così ne presi un poco e glielo spalmai. Quando iniziai, notai che nei suoi occhi c'era un'estasi tale... "Questo è il paradiso, figlia mia, il nostro paradiso..." disse Akira entrando, lo sussurrò piano, quasi con il terrore di disturbarla. Quando mi assicuro che dorme,le metto il pigiama con le paperette e le do un bacio. "Buona notte, tesoro..."
"Vieni, piccolo..."
"Mhmh.Sono tutto tuo, Akira." mi conduce a letto "Non sai quanto ho desiderato una vita come questa, grazie di esistere"


売る葉

Guardo il mio ragazzo. Se ne sta steso sul divano a guardarmi, se ne accorge, sposta lo sguardo. Poi ancora, e ancora, e ancora.
"Insomma, Yuu, potrei sapere cosa c'è? Sono ore che fai lo stesso movimento." gli dico, molto dolce. Forse ce l'ha con me perchè ho pianto.
"Non c'è nulla, Koyou" non mi chiama nemmeno più amore, ma se ha detto che mi ama... voglio credergli. Non voglio che mi passino per la testa quei brutti pensieri. In tanti mesi non ci ho pensato, perchè dovrebbe venirmene voglia adesso?
"E' solo che... Mi sento uno schifo, ecco. Più o meno diciamo che sono incazzato. Per come ti ho trattato. Da schifo"
"Mhm... Io avrei altro per la testa..." e lo guardo sognante. "Sweet and mellow, like a cello..." una mia mano va ad insinuarsi sotto la maglietta.
"Mhm... vengo... Va b-" gli lascio troncare il discorso così, e lo porto nel letto. Ricordo questa sua fissazione per il binomio letto-sesso. O sesso-letto. Lui è casto e tradizionalista cerco di dirmi senza scoppiare a ridere. L'importante è che siamo l'uno dell'altro. La mia bocca è sulla sua.
Le mie mani si insinuano sotto i suoi vestiti, ci spogliamo lenti, a vicenda, come due fiori che sbocciano. Puliti, casti, dolci.

La mia bocca sulla sua.
Le nostre lingue che si intrecciano, i nostri corpi che si toccano. I nostri bacini si sfiorano, cercandosi a vicenda, le gambe accaldate, come le braccia, per il lavoro svolto.
Lui si mette su di me, dolcemente, entra e mi rende la persona più felice del mondo. Le lacrime stanno per scendere, e scendono.

Con dolcezza esce.

Si è steso accanto a me, dorme, beato. Io sono ancora sonnolento. Guardo fuori. Le stelle luccicano.
Lui è accanto a me, non sparira certo adesso che mi ha promesso che staremo insieme tutta la vita, no? E allora perchè piango come una stupida femmina?
Cerco di trattenere i miei singhiozzi. Lui è accanto a me, è solo che dorme. Perchè lui dorme, vero?
Mi sento così stanco... Schiaccierò un pisolino.

Mi risveglio. Qui è tutto bianco e irreale, quasi. Provo a respirare... Che strano, che non sento nulla.
Appoggio un orecchio al suo petto, vorrei sentire il suo cuore. Ma io non sento niente. Vuoto. Mi guardo intorno, vedo delle sagome scure che avanzano. Se non sono i miei amici, allora chi sono? Mi stringo al corpo del mio Yuu nel tentativo di proteggerlo.
Piano, le sagome nere spariscono. Pur tuttavia, un senso di paura la fa da padrone nel mio corpo. Chiamo Yuu, ma lui non risponde.
Poi, piano, realizzo. Si sono presi la sua anima.
E' morto.

Mi sveglio.
Piango, cerco il mio Yuu. Ma lui non c'è. Mi accorgo che il bianco del sogno è sparito, sostituito dai colori del mondo reale.
"Y-Yuu...Yuukoi..."
"Sono qui! Tesoro, cosa c'è?"
"Oh Yuu... Tesoro, è stato terribile... Ci stavano ammazzando tutti... Dio, spero che li perdonino... Era terribile!"
"Cosa hai visto? Delle persone che ci stavano ammazzando? Qui non c'è nessuno, tesoro... Nessuno vuole farci del male."
"Invece ti dico che è così... Nei loro occhi c'era odio... Tu eri morto, non avevo più il tuo calore..."
"Shht, shht, amore mio... Domani andremo alla casa discografica, incideremo i nuovi pezzi, sarà tutto come sempre. Non ci sono i cattivi qui. Li ho mandati via."
"Davvero?"
"Si, certo, amore... Ora facciamo colazione."
"Va bene... Scusami, se ti ho spaventato. Io non volevo, ma sembrava tutto così vero..."
"Questo è il mondo reale, ci sono i nostri amici, e nessuno mai ti farà del male se ci sono io."




Eriko mi apre la porta, è sorpresa di vedermi, non si aspettava la mia visita.
"Yutaka dono, è bello vedervi dopo tanto tempo..."
"Puoi dormi del tu, se vuoi, Eriko. Era tanto che non ti vedevo. Volevo passare a trovarti per vedere come se la cavava la mia vecchia amica."
"Ti ringrazio del pensiero. Ti va un thè?"
Accetto volentieri, e la vedo sparire dietro il muro divisorio. Nel mentre mi accomodo in salotto, sul piccolo divano. Dopo poco torna, con un vassoio su cui stanno due eleganti tazze da thè e una teiera. Sparisce di nuovo per poi tornare con lo zucchero. La lascio fare senza interromperla, molto probabilmente questa mia visita a sorpresa l'ha già destabilizzata abbastanza.
Quando si accomoda per bere le chiedo "Sai, Eriko chan, mi chiedevo... Mi chiedevo quale fosse la persona perfetta per me. Speravo che tu mi potessi aiutare."
Dio santissimo, io prego, ormai, che lei mi aiuti. Se c'è una cosa che sa fare benissimo, oltre ad insegnare, quella è occuparsi delle questioni di cuore.
"Come mai, sei tanto preoccupato delle questioni di cuore?"
"Beh... I miei compagni di band, sono già accoppiati, io... Diciamo che mi sento estraneo. Vedo che ad esempio Yuu e Koyou hanno un'alchimia speciale tra di loro, Akira e Takanori stessa storia... Io sono il forever alone del gruppo."
"Ah. Vorresti sentirti come gli altri. Intanto, prova a capire se questo sentimento così forte, lo puoi provare per una persona in particolare."

Ripenso per dei lunghi momenti che lei è stata il fulcro dei miei pensieri, qualora io non lavorassi, o non stessi con gli altri Gazette.
"Quanto pensi a questa persona?"
"Direi moltissimo, specie ora."
"Cosa? Ah... Bene."
E' sempre stata innamorata di me, da che io ricordi ha iniziato addirittura alle elementari a dimostrarmi interesse. Per me allora era solo un'amica. Non una... Ragazza.
Ok, ok, è la mia ragazza. Bene. Che stai aspettando, Kai? Su, ora mollale quell'anello, e smettila di essere imbarazzato.
"Eriko... Vieni di là... Ho una piccola sorpresa per te."
"Davvero? Arrivo."
"Tieni." estraggo il portagioie e le mostro l'anello. Lo guarda meravigliata. Poi mi guarda negli occhi. I suoi occhi luccicano, credo che nei miei, lei abbia appena trovato la sua luce.
"Voglio sposarti."
"Ma... Ma io... Ma cioè, io..."
"Shht!"


Delucidazioni:
*Ofuro, scritto お風呂, è un modo tutto giapponese di lavarsi. Prima si puliscono i sanitari con una soluzione, in seguito ci si insapona molto bene fuori dalla vasca, specie se si suda, ci si risciacqua di nuovo. In questo modo si è completamente puliti e pronti per entrare nella vasca, che si è riempita precedentemente. Molte vasche giapponesi sono controllate da un piccolo computer che viene impostato sulla quantità d'acqua e sulla temperatura. in questo modo l'acqua in cui ci si rilassa è sempre calda.


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Capitolo 8
*** Cap. 8 ***


Amore

ルキ

Sento un forte rumore, che mi sveglia. Vengo abbagliato da una luce. Poi, piano, inizio a capire che non è un sogno. E' un temporale. Sveglio il mio Akira, ancora spaventato. Mi trova che tremo in modo violento e che piango, abbracciato a lui.
"Takachan, che c'è??"
"Mh...Mh. Ho una paura fottuta dei tuoni e dei temporali... aiutami..."
"Calmo, Takachan... Piangi terrorizzato, stai tranquillo... Non è niente, sono solo rumori..."
Visto che non riuscivo a calmarmi, mi guardò, e mi fece la domanda che temevo più di tutte. Non volevo mostrare di essere debole.
"Takachan... Ti va di spiegarmi come ti è venuta questa fobia??"
"Vorrei, ma ho paura..."
"Di me?"
"No, non di te...Più del fatto che mi giudicheresti come una femmina... I maschi non devono mai piangere, non lo sai?"
"Chi ti ha detto queste sciocchezze?"
"I miei genitori."
"Uhm... Ok. E' una cosa sbagliata, anche i maschi si possono spaventare, e poi piangere è un diritto di tutti. Ti va di raccontarmi che cosa ti è capitato per terrorizzarti tanto di un temporale?"
"Beh... I miei genitori dicevano che io ero un figlio degenere, semplicemente perchè non ero come loro volevano" mi guarda interrogativo "Loro volevano che io fossi uno studente modello, che non saltassi mai un giorno di scuola, che frequentassi l'università con ottimi profitti, che la mia divisa fosse sempre in ordine e senza spille, trovassi un buon lavoro e guadagnassi molto. E che mi costruissi una famiglia identica alla mia. Io invece mi tingevo i capelli, e poi li coprivo ripetutamente per non essere scoperto, mettevo lo smalto ed ascoltavo la musica, divertemdomi con la chitarra... A pensarci bene, era l'unica cosa di cui i miei andavano fieri. Non ho mai detto loro di essere omosessuale, ma loro ovviamente lo avevano capito. Per quello mi schiaffeggiavano spesso, dicevano che non avrei mai concluso niente. La notte leggevo manga, al posto di dormire, o anche al posto di fare i compiti, oppure guardavo film con le cuffie perchè non mi sentissero."
"Non sapevo questo, perchè non me lo hai detto subito, amore? Sai che ti avrei appoggiato. Le paure non vanno mai nascoste o sminuite, dimmi come è successo, ed io ti aiuterò a superarla."
"Non te l'ho detto prima per lo stesso motivo. Una sera, per punirmi di una marachella che nemmeno avevo fatto apposta, mi hanno messo fuori di casa, chiudendo la porta. In quel momento scoppiò un temporale. Io cercai di rifugiarmi sotto alla tettoia per non bagnarmi. Quando mi fecero rientrare, tremavo come una foglia. Mi ero spaventato molto... E mi ammalai proprio perchè ero solo in pigiama mentre intorno a me era freddissimo. Mi sgridarono anche per quello."
"Oh santo cielo... Io non lo sapevo... Scusami, piccolo. Vorrei davvero dirti qualcosa ma non trovo le parole. Temo che qualsiasi cosa dica sia inopportuna o sbagliata. Non sai quanto mi dispiace."
Sentiamo che la nostra porta viene aperta. E' Amina. L'avevamo messa a letto poco fa, perchè è qui?
"Mama! Papà! Ho paura..."
"Di cosa, amore?" dice Aki, scattando in piedi. Stringe a sè la bambina, agitato, e la porta nel nostro letto.
"Non so... Cosa sono... i rumori... La notte non c'è la luce! Me lo ha detto mamma!"
"Tesoro, non è niente...Si chiama temporale. E'... Una cosa naturale. Quando non c'è il sole c'è la pioggia, solo che ogni tanto diventa forte come è adesso."
"Poi passa, amore, non temere..." le dico, per tranquillizzarla. Si calma dopo poco, e si addormenta con noi nel letto.




Mi sento scuotere... Ma chi è che disturba il mio sonno??
Quando mi sveglio, noto che Eriko è sul mio collo, con il suo corpo sul mio.
Io sono dentro di lei e in me si accendono i ricordi della nostra notte focosa.
"Ehi, Yutaka... Che cosa stavamo facendo?"
"Credo che stessimo facendo qualcosa di eccitante..."
"Mhm... Non ricordo..."
"Forse così ti ricorderai" e la sovrasto col mio corpo, ma lei mi ferma "Va bene... Ora ricordo, ma dimmi almeno che ora è". Rimango a fissarla come un ebete.
L'ora. Già. Beh, fuori è scuro, quindi è palese che non sia in ritardo per andare agli studi. Guardo la sveglia con le mani dinanzi al viso, per non accecarmi.
"Uhm... sono le sei e mezza" dico, arricciando il naso in quella smorfia bambinesca che di me ama tanto.
"Abbiamo tutto il tempo che vogliamo, itoshii... Ma mi chiedevo solo... Come Takanori e Akira si prenderanno cura di Amina."
"Amina? E chi è?"
"Oh... Già, non te l'ho detto. E' la figlioletta che hanno adottato da due mesi. Scusami, ho la testa tra le nuvole... Forse sono solo stressato..."
"Beh... Questa mattina me la presenterai. Mi prenderò un giorno di vacanza, in fondo... A disposizione ne ho trenta*... Che vuoi che sia. Tra un po' mando un messaggio al direttore della scuola. Comunque... La medicina contro lo stress ce l'avrei io..." e torna a baciarmi.
Beh, si sarebbero fatte un giro insieme, così noi potevamo stare in studio di registrazione e nessuno ci avrebbe disturbato. E' un bel piano... Sperando che il direttore della scuola non se la prenda troppo.

"Questi sono gli studi della SMEJ, dove registriamo i nuovi pezzi. Credo che Akira arriverà tra poco... Di solito alle otto è già sveglio... Il che è strano..."
"Per il fatto che è un pigrone?" mi chiede lei, sempre sorridente.
"Hahaha!!! Sì, ci hai preso!"
"Oh, guarda chi arriva!"
"Yuuuuu, Koyou!! Siamo qui!"
"Buon giorno, Eriko. Buon giorno, Yutachan."
"Giorno! Ma voi due... Non avete dormito, o sbaglio?"
"Esattamente... Per il motivo che pensi tu!" mi dice Koyou.
"Beh, se ne avevi bisogno..."
"Yuu! Non mettermi in imbarazzo!!" e scoppiamo tutti a ridere.
Dopo un po' vediamo giungere Takanori e Akira che tengono per mano Amina, che indico ad Eriko con un movimento della testa.

"Oh... Buongiorno, signorina... Chi sei? Sei un'amica di mama e papà?"
"Certo, piccola. Il mio nome è Eriko Misakabe. Sono la fidanzata di Kai. Tu sei Amina, vero?"
"Si, signorina. Sei la fidanzata dello zio? Ti vuole molto molto bene."
"Ti va di stare con me? Andiamo al café**?"
"Va bene... Però poi mi riporti da mama?"
"Certo, piccola. Poi ritorno dallo zio Yutaka, e ti riporto dalla tua mamma e dal tuo papà. Noi siamo al café al piano terra, ok? Quando c'è la pausa passiamo a farvi un saluto."

亜美奈

Mamma e papà sono al lavoro... Almeno mi divertirò con la zia...
"Zia, che cos'è un café?"
"Ora lo vedrai, tesoro. Ecco, è là in fondo. Che cosa vorresti mangiare?" mi conduce per mano e mi porta fino a quel posto... Quello che si chiama come la bevanda di papà...
"Buon giorno, signora. Desidera?" ci saluta una persona nuova.
" Un secondo, prego. Ecco... Puoi scegliere." Zia vuole che scelgo... Bene.
"Uhm... Questo qui... E... E questo qui."
"Due porzioni di patatine fritte, per favore, e una di pasticcini."
"Altro, signora?"
"Dell'acqua. Naturale, grazie."
"Mangiate qui o portate via?"
"Mangiamo qui."
"Accomodatevi"
Tutte queste parole mi danno la nausea, anche se non ci sono i rumori.
Dopo un po' per fortuna arriva il mio amato cibo.
"Ti serve aiuto per imboccarti?"
"Grazie, zia..." piano piano, mi mette il cibo in bocca.
La signorina è stata gentile, ci ha portato il cibo... Papà e mama dicono che vanno ringraziate.
Quando finisco il mio pasto, la zia paga e insieme ringraziamo.
Mi insegna anche due nuove canzoni, che non conoscevo.

"Mamma? Mi manca la mamma... E anche il papà..."
"Stai tranquilla, piccolina. La tua mamma e il tuo papà stanno lavorando ai piani superiori. Si... Ai piani superiori. Il cartello dice quarto piano, stanza cinque. Adesso è la loro pausa... Ti ci porto? Voglio anche vedere il mio Kai."
Prendiamo una cosa che lei chiama "asciore", o qualcosa così... Così magari dormo in braccio al papà...


Note: * riguardo i trenta giorni di riposo, ogni azienda ne deve garantire un minimo di dieci. Ci sono quelle che garantiscono solo questi dieci giorni, altre che invece sono più "generose". Credo che una scuola ne garantisca trenta, ma non ne sono sicura.
I giapponesi infatti non ritengono opportuno avere più giorni di vacanza, se non fanno nulla si annoiano. E chiamano noi italiani "sfaticati" perchè per i loro canoni non lavoriamo mai (ma guarda tu...). Normalmente ci si riposa nella Gold Week, ovvero una settimana, tra febbraio e marzo (se non erro) in cui si concentrano la maggior parte delle festività. Se si vuole prenotare una vacanza in quella settimana bisogna farlo con largo anticipo. Per i giapponesi è usanza prenotare dei pacchetti vacanze nel fine settimana (es. tre giorni a Shangai).
** I giapponesi trovano maleducatissimo il mangiare in strada, se hanno fame entrano nei café per mangiare, in cui vengono serviti dalla commessa. Ella è gentile solo perchè sta lavorando, poichè per loro essere gentile è inteso come "in famiglia" mentre noi lo intendiamo come "con gli estranei".


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Capitolo 9
*** Fall ***


Kai’s pov

“Ah, finalmente un po’ di pausa!”

“A chi lo dici…Lavoriamo come matti dalle 9 in punto… Più o meno. Direi che anche questa volta ce la siamo meritata, Takachan.”                                                                                                                                  “E non chiamarmi Takachan, odio quel soprannome”                                                                                         Sento risate in sottofondo. Che siano Eriko e Amina che ritornano?

“Papa’! Ciao papà! Mi sei mancato…” dice lei mettendo su un adorabile broncio. Non posso sopportare di vederla piangere. Akira la stringe a sé e le sussurra qualcosa all’orecchio.                                                                “No, piccina, è tutto a posto. Papà è qui. Sai, ogni giorno lavora, così porta i soldi a casa e ti può dare ciò che tu hai bisogno. Anche per la mamma è così.”                                                                                             “Quando sarò grande voglio essere come te, papà. E come la mamma. Che cos’ha la mamma? Sta male?”                                                                                                                                             “Mamma è solo stanca, tesoro. Guarda come pisola…”                                                                              “Allora lasciamolo riposare, papà… Volevo dormire in braccio a te.” “Stai tranquilla… Ora riposati…” Akira se la appoggia al petto, si sorregge contro il muro per controbilanciare il suo peso. Tiro fuori il cellulare e scatto loro una foto, gliela manderò su skype.

“Andiamo a prendere dell’acqua, volete?” mi fanno Yuu e Koyou, che non avevo notato da quanto erano silenziosi.

“Si, grazie… Portatene anche per Reita, per favore.” dico, sempre leggendo nei suoi pensieri.

“Che avete fatto, amore?”

“Abbiamo mangiato patatine fritte e pasticcini al cafè. Le ho insegnato due nuove canzoni, è brava a cantare. Non sembra importarle molto quando una persona la guarda negli occhi. Voglio dire, quando ero piccola ero molto più timida di lei. Lei ha la fortuna di essere un bel peperino se ci si mette.”

“Tutta sua madre…” brontolò Reita. “A proposito, dobbiamo iscriverla all’asilo. Cercavamo un ottimo asilo privato per la nostra bambina” dice Reita, che stende Amina sulla chaise longue accanto a quella di Ruki.                    

 “Per noi i soldi non sono un problema. Cerchiamo un ambiente in cui lei cresca sicura, un asilo privato che la curi e le insegni ciò che noi non potremmo mai insegnarle. Che sia vicino a casa nostra o comunque ci si arrivi con pochi cambi nei mezzi di trasporto.”                                                                                                              “Posso cercare asili affiliati alle migliori università, se volete.” Si offre la mia ragazza. “No, Erikosan, quello che noi volevamo dirvi è che io e Ruki non sappiamo quale scegliere tra i tanti che ci sono.”

“Ah. Capisco. Vi ho frainteso, scusate, Reita san. Vi aiuterò.”                                                                          “Non darmi del voi, e non chiamarmi Reita san. Mi fai sentire vecchio” dice Reita con un mezzo sbuffo.              “Va bene, scusami. Dunque… Asilo, asilo… aspettate che mi connetta a Internet. Nel caso la ricerca duri a lungo e voi doveste tornare a lavoro, vi manderò una mail con i nomi.”                                                                      “Ci troviamo dopo, vuoi?”                                                                                                                          “Va bene, carissimo. Buon lavoro.”                                                                                                         “Asilo, asilo… Asilo dell’Università Ochanomizu. Bene. Asilo dell’Università Gakushuin. Due anni. Asilo Sakura, tre anni… Università Keio… Waseda…”                                                                                                        Quando esco per seguire gli altri vedo ancora Eriko che appunta sul piccolo portatile i nomi degli asili di Tokyo. Cosa le fa fare Reita… Si vede che ama proprio la sua figlioletta.

“Kai! Mano sul fianco!” mi chiama Mai, la fotografa. “Più a sinistra! Bene, verso la finestra!” Oh… E poi si chiedono perché non mi lamento mai. Io mi vorrei lamentare, ma non ci riesco, no no.                                      “Truccatrice! Ritocchi Reita! Parrucchiere! Fissi il ciuffo di Kai!”                                                                     Già. Ciuffo, avevo il ciuffo lungo a destra, con tutti i cambi d’abito mi si era sciolto il trucco e mi hanno pure dovuto ritoccare la piega. Che poi, oh… Più normale di così…

“Ora le foto degli altri! Le singole, poi faremo quelle di coppia.”

Ruki’s pov:

Click, click, click… Ormai non ci vedo più, non mi meraviglio che Reita si sia spostato la fascetta dal naso agli occhi. Una sedia devo avere… Bene, almeno riposerò.

“E dai, Ruki, un ultimo sforzo! Sguardo da macho caliente! Perfetto!” Click

E poi devo concentrarmi, se perdo il filo ora dovrò fare il doppio delle foto. Mhm, meglio farne il doppio ora, così sarò a posto per domani.

“Vieni, cambio d’abito.” Seguo Chieko. Indossa una mini rosa, e una magliettina bianca che le fa risaltare il seno, le scarpe hanno lievi zeppe che la slanciano. Mi aiuta ad infilarmi quella specie di gioiello ambulante che sarebbe il mio nuovo costume e poi ad infilarmi le scarpe, a punta, ma molto più rialzate delle sue. Però in generale sono uguali. Stesso motivo, stesso colore… “Ma le hai comprate insieme? Chieko, sono uguali alle tue!”

“Hahaha, ci hai preso Ruki! Vieni, prendiamoci un caffè prima di svenire! Portiamo anche qualcosa a Kai e Aoi, che mi sembrano giù.”

Mi guardo allo specchio prima di imboccare il corridoio, ho una maglia nera a maniche lunghe, due parti libere si incrociano tra loro sul davanti, con strass neri e bianchi a formare delle enormi X. Dietro sta scritto Magical Dimension, in argento.

“Questa, mi piace.”

“Grazie, l’ho trovata alla fiera a Shibuya.” Intanto siamo arrivati alle macchinette, le porgo il bicchierino del caffè. Recupero io due merendine e poi torniamo, prima che ci diano per dispersi.

Aoi’s pov:

La truccatrice finisce di spennellarmi il rossetto rosso. Che poi perché diamine si era impuntata sul Grand Rouge di Shiseido? Vuole proprio che io le sbavi dietro. Ah, lasciamo perdere.

Mi giro verso destra, così si nota la scalatura dei capelli. Mi piacciono di più corti. Uruha voleva che me li abboccolassi. Io? Ma scherziamo?

Magari lo farò quando mi saranno ricresciuti.                                                                                             “Apri la camicia. Chieko, alzagli la manica sinistra!” Chieko si avvicina, diligentemente esegue il lavoro. Mai ringrazia.                                                                                                                                            “Incrociate le braccia e state spalla a spalla. Bene.” Click “Amia, porta lo sfondo…. Si, quello con i pipistrelli… Bene, grazie, scenografo. Cerca quello successivo.” 

Mi brontola la pancia. Stamattina non ho fatto colazione. La colazione che voleva Uruha era… diversa. Anzi, non volevo altro! Ma ora, con lo stomaco riempito solo di acqua, la fame si fa sentire. Ho mandato giù solo una merendina…  

Si cambia lo sfondo. Ora c’è un cimitero. Sembra tipo Halloween, il vapore è stato ottenuto usando quello che sembra un aerografo. Non l’avevo mai uno sfondo così.                                                                                 La voce della fotografa mi rimbomba nella testa, va bene, ora mi affianco a Kai.

Sotto di lui. Click.

Parti da dietro. Click.

Sorridi. Click.

Guarda verso la macchina fotografica. Click.

Mi sento leggero e allo stesso tempo pesante…

Puff.

 

Puff.

Si sente un rumore forte. Come di un corpo che cade. Uruha si gira, bianco di spavento si butta su di lui. Addosso a lui sta Kai, lo ha preso in braccio all’ultimo, è molto pesante, anche se il leader ha molta forza.

“Amore! Amore ma che hai? Yuu! Amore! Amore!” urla scuotendo il suo corpo esanime.                                       “Spostati, Uruha. Cerchiamo di farlo respirare… Sembra solo svenuto.” Kai chiude il naso del ragazzo con la mano e inizia una respirazione bocca a bocca. “No, non mi allontano da qui! Non lascerò mai la persona che amo!” dice, arrabbiato e piangente, il castano.

 

“Mhm…Cosa… Amore…” 

“Y-Yuu, oh, Yuu… Stai calmo, tesoro, adesso ci sono qui io. Va tutto bene, riposati…”. Perdo di nuovo i sensi.

Mi sembra di sentire delle voci… Uruha, spicca su tutto, terrorizzato, poverino. Mi dispiace. Vorrei alzarmi, ma non ci riesco. Sono ovattate. Lontane chilometri e poi vicine…

 

 

L’ambulanza è parcheggiata sotto agli studi, se si scopre che uno dei GazettE sta male, sarebbe il finimondo. Ruki parla con i giornalisti e curiosi, che si sono affollati alle porte. Fanno passare l’ambulanza. Spiega che ha avuto un serio calo di pressione, ma che per domani starà già meglio.

Quando Aoi arriva all’ospedale universitario, Uruha gli tiene la mano. E’ costretto a separarsi da lui per il tempo di effettuare le analisi del sangue classiche e alcune più specifiche.

Dopo un tempo che sembra infinito, un’infermiera si para davanti al chitarrista solista “Se vuole può vedere il suo compagno, ma stia attento, sta riposando.”

“Che cosa ha avuto?”

“Un serio calo di pressione. Non aveva zuccheri nel sangue. Resterà in ospedale per questa notte, domani verrà dimesso, ma dovrà avere tre giorni di assoluto riposo in casa. Niente schiamazzi, così ha detto il dottore.”

 “Oh, grazie al cielo.” Uruha entra in camera.

“Amore mio… Finalmente sei venuto. Ti ho atteso tanto, sai?”

“Sono qui, Aoi. Ho avuto tanta paura…”

“Puoi piangere, piccolo…” mi stringe la mano nelle sue e me la bacia sorridente. Sono contento che non sia nulla di grave, dovrò solo riposare. Mi dice che avvertirà Chieko, Mei e Amia, e anche gli altri. Amina a quanto pare si era svegliata con gli schiamazzi della gente, ma sembra che le parole di Reita l’abbiano calmata.

“Beh, credo che per ora puoi restare, ma fra un po’ devi andare via… Non voglio…”.

“Lo so, Aokoi, magari farò qualcosa con Reita, Ruki e Amina. Che cosa le devo dire da parte tua?”                                                                                                                                                   “Beh, è una bambina curiosa, dille che zio Aoi è stanco morto per via del lavoro e che tra un po’ potremmo rivederci tutti. Kai che sta facendo?” gli dico con un filo di voce. La mia voce è debolissima, tanto che a tenermi la mano è Uruha, io non ho forze. “Finisce le foto singole, probabilmente studierà qualche nuova canzone per Ruki. Hai notato anche tu che la sua voce si sta affaticando. Lo hanno visto tutti.”

 “Mi sa che è meglio che in queste giornate ci riposiamo. Saremo come i mici. Buon Ripo…ahhh…caro…”

Uruha’s pov:

Tengo ancora un po’ la mano di Aoi. Quando, stanco per via delle mie “colazioni” o “cene” si addormenta, adoro stare come uno scemo a guardarlo dormire. Per fortuna non è nulla.                                                          Quando mi risveglio dal mio stato di trance, il mio orologio dice che sono le 21.00.    Aoi dorme ancora beato. Gli bacio le labbra. Scrivo su un biglietto che tornerò domattina e glielo lascio sul comodino accanto al letto. Poi chiudo la porta e vado via.

Arrivato a casa mia mando un messaggio a Reita e uno a Kai.

Meno male!” Reita. Un po’ più lungo chiedere troppo.

Grazie al cielo. Eriko si era spaventata.” Kai.

Quando tocco il cuscino sono già nel mondo dei sogni…

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