The Witch

di fafnir
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La strega ***
Capitolo 2: *** i pantaloni, la pizza, i fianchi ***
Capitolo 3: *** La dolce notte ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4: la principessa ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5: Ricordati che è una strega ***
Capitolo 6: *** Ritornerò, sempre. ***
Capitolo 7: *** Il gatto che veniva dalla luna ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8: Che nomi infelici! ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9: Non è sempre come sembra! ***
Capitolo 10: *** capitolo 10: tutta colpa di hime! ***
Capitolo 11: *** Non è zoofilia! ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12: Alla faccia del gatto! ***



Capitolo 1
*** La strega ***


The Witch. Capitolo 1:La strega

"
Era tutto molto confuso.

Un miscuglio di denti, sangue, feroci ruggiti e raggelanti urla. Una mano impugnava una katana, la mia katana.

Un fruscìo, una chiostra di denti, ognuno alto quanto me, poi

Il buio.



"Grande è la gioia del famiglio che trova la sua strega.

Egli veglia, aspetta, spera.

La chiama col cuore,

La chiama con l'anima.

La cerca nel cielo, nel mare, nella terra, nel fuoco.

Non si legherà ad altri che alla sua prescelta.

Grande è la gioia del famiglio che trova la sua strega.

Egli sorride al suo sguardo,

Le dona il suo cuore,

Le dona la sua anima.

Le dona il cielo sulla sua testa, il mare in cui si specchia, la terra su cui cammina, il fuoco con cui si scalda.

Insieme con la strega, il famiglio rinasce.

Insieme, vivranno attraverso le ere.

Due anime che

Suonano come una sola."



Capitolo 1:

La Strega.



La testa gli doleva da far paura.Aveva dolore anche alle unghia. Alzò una mano ed, in effetti, alcune erano saltate. Le dita, però, erano state accuratamente fasciate e le bende erano si, macchiate di sangue, ma ancora fresche e profumate. Si guardò intorno.

Era in quella che sembrava la soffitta di una casa, con il doppio tetto a spiovente.Lui era su una pedana rialzata su cui era posto un materasso molto grande. Per essere ua soffitta era pulita e arredata, evidentemente ci viveva qualcuno. I mobili erano tutti semplici, ricordavano quelli dei templi buddisti. Su un tavolino basso sotto la finestra, ampia e centinata, coperta da sottili tende blu, c'era quello che sembrava un'altare. Da dove era messo, Sajin riusciva a vedere la tovaglia verde ricamata con fili dorati, un calice di legno,diverse candele colorate,incensi accesi, foglie, ramoscelli e altri oggetti di vario genere che non riuscì a distinguere. Il resto della stanza era dipinto, qua e là, con scene di radure con cascate, alberi secolari, oppure c'erano drappi e stoffe appese qui e lì. Alla parete opposta alla sua, c'era un armadio bianco, con davanti un separè in legno con i decori azzurri. Al tetto erano attaccati diversi scacciapensieri e c'era anche un lucernaio chiuso. Qualche peluche, principalmente di lupi, gatti e volpi, erano poggiati nell'angolo del suo letto. Sulla parete destra, proprio di fronte alla finestra, era raffigurato con estrema maestria un maestoso licantropo bianco dai riflessi argentati, accanto ad uno specchio ovale.

Si guardò addosso. Indossava un paio di pantaloni neri, un po' larghi perfino per lui, ma sembravano di cotone buono.Era ferito al petto, a una coscia, e probabilmente, anche se in modo più leggero, anche alla spalla.

Tentò di alzarsi a sedere, ma la ferita al petto gli inflisse una fitta di dolore che lo costrinse a risdraiarsi, lasciandosi sfuggire un gemito. Tutto, nella sua testa, era confuso. Ricordava vagamente il mostro e la katana... ma non ricordava perchè stesse affrontando quel mostro, nè perchè stesse brandendo un'arma contro di lui.

Ed ovviamente, non ricordava affatto cosa ci facesse lui in quella stanzetta tanto graziosa. Di sicuro, era un luogo che trasmetteva pace e serenità.

Sospirò. Era quasi sul punto di riaddormentarsi quando sentì scattare una serratura. Drizzò le orecchie, girando la testa verso il resto della stanza. Al centro, la botola d'ingresso si stava aprendo. Sajin rimase a guardarla, allarmato.  Ne uscì,un pò a fatica, una ragazza. Sedette sul bordo della botola, tirò su le gambe e si mise a gattoni per richiuderla.

Guardò verso di lui e sorrise. -Ti sei svegliato!- disse con un sorrisone stampato in faccia. Sajin si rilassò un po': quella che aveva davanti sembrava una ragazza sui diciotto, massimo diciannove anni. Aveva i capelli castano chiaro, sfrangiati, un po' più corti nella parte alta della testa con le ciocche alla base della nuca lunghe.

Era lievemente in carne rispetto alle classiche ragazze giapponesi, stereotipo che, in effetti, non incarnava proprio. Sembrava avere tratti occidentali, con i suoi fianchi larghi, morbiddi e femminili e i seni prosperosi. Il naso era grazioso e proporzionato, le labbra piene che davano a Sajin la sensazione di essere morbidissime, ma soprattutto, quello che lo colpì furono gli occhi della nuova arrivata: grandi occhi nocciola, luminosi, allegri, limpidi.

Indossava una maglia viola lunga che le cascava da una spalla e una gonna nera, di quelle lunghe e scampanate da gitana, ai fianchi una cintura a stelline.Sul petto era adagiato un amuleto a forma di pentacolo, simbolo dei 5 elementi ovvero acqua, fuoco, terra, aria e spirito, con al centro una pietra viola, probabilmente un frammento di ametista.

La ragazza andò fino al letto, sedendosi sul bordo. -Non pensavo che ti avrebbero mandato da me in quelle condizioni!- ridacchiò allegra. -Ti confesso che, all'inizio, mi sono impressionata, cavolo! Eri pieno di sangue! Temevo che morissi! Poi ho ho pensato che no, la Madre non mi avrebbe mandato un famiglio morto, quindi ti ho curato. Stai bene? Devi avere una gran fame! Dormi da due giorni e non hai toccato cibo!-  disse tutto d'un fiato. Ma respirava, ogni tanto? Sajin la trovò comunque simpatica. Non ricordava nulla, ma aveva il sentore che nessuno l'avesse mai trattato con tanta spontaneità, nonostante il suo aspetto. -Io.. che ci faccio qui? Chi.. sei tu?- chiese titubante il volpone. La ragazza sorrise. -Il mio nome è Aki, sono una strega!- disse tutta contenta. -Qualche giorno fa ho fatto un rituale per evocare un famiglio e una sera, mentre camminavo, ti ho trovato sanguinante per terra. Non ti vedeva nessuno a parte me, quindi ho pensato "Caspita! Deve essere lui allora!" e così ti ho portato qui.- sorrise di nuovo. Komamura era sempre più confuso. Strega, rituale, famiglio? Aveva un'idea di cosa fossero. -Allora.. tu hai chiamato come famiglio me?- chiese. Aki scosse la testa.-Non puoi evocare uno spirito in particolare se non lo conosci. Io avevo chiesto qualcosa come lui.- disse indicando il licantropo disegnato sulla parete. -Tu sembri più una volpe che un lupo, in effetti, ma cambia poco! Io sono felicissima lo stesso!- e si vedeva. Se avesse avuto una coda, pensò sajin, probabilmente avrebbe scodinzolato. -E quindi... io da dove vengo?- chiese. Se lei lo aveva portato lì, doveva averlo preso da qualche parte!

Aki alzò le spalle.-Se non lo sai tu! Per me vieni dalla parallela di questa strada, all'incirca al centro, dove ti ho trovato sanguinante. I tuoi vecchi vestiti.. erano strappati per la metà, quindi li ho buttati. Ma ti facevano sembrare una specie di stufa gigante!- spiegò, accompagnango la "stufa gigante" con un ampio segno delle braccia. -Cioè, all'inizio ho detto "Checcarino! Un licantropo ciccione!" poi ho aperto i vestiti per vedere le ferite e ho scoperto che non eri ciccione affatto! Anzi! Hai un fisico da paura! Un vero pettorale tonico da licantropo! Troppo arcano!-

Sajin sorrise al suo entusiasmo. Continuava a non capirci niente, comunque. -Ma perchè...- ricominciò lei. -Non ricordi da dove vieni?- chiese. Komamura scosse la testa. -No, purtroppo no... solo ricordi confusi e... non ho idea di come si faccia il famiglio.- ammise lui.

Aki si morse il labbro inferiore. -E vabbè!- disse. -Ti aiuto io a recuperare la memoria!- sorrise.

-Lo... faresti davvero?- chiese lui, sbigottito dalla sua spontaneità. La strega annuì. -Certo! Ormai sei il mio famiglio! Dobbiamo collaborare. Ora su, fammi vedere le ferite!- disse avvicinandosi a lui.

Sajin sospirò e si sdraiò da bravo, lasciando che la sua nuova protetta controllasse lo stato delle sue ferite. Per distrarsi, iniziò a sforzarsi di ricordare  qualcosa, a pensare come avrebbe fatto a ritrovare la memoria... soprattutto, pensò che doveva aver dimenticato anche delle persone, persone importanti. Evidentemente doveva aver assunto un'espressione eccessivamente concentrata, dalla quale fu distratto quando Aki gli mise gentilmente una mano sulla guancia dicendo:-Ehi.. non serve a niente farsi tutti i problemi che sicuramente ti stai facendo in quella tua testolina pelosa!- sorrise dolcemente. -La vita è fatta di passaggi. Se sei finito qui, sicuramente avrai qualcosa da portare a termine. Per ora libera la mente dalle cose brutte e pensa a quante  belle opportunità potresti avere davanti. Alla tua memoria provvederemo nel frattempo, con calma e serenità. Ok?-

Lui ascoltò tutto il discorso, ammaliato dalle parole tenere e spensierate della ragazza. Annuì.

Aki sorrise contenta. -Bene...- fece una pausa. -Senti ma tu.. come ti chiami? Te lo ricordi?- chiese. Il 'famiglio' si trovò preso alla sprovvista. Ci pensò un poco su, fino a quando, per abitudine gli venne fuori. -Sajin. Sajin Komamura.- rispose.

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SONO TORNAAAAAAAATAAAAAAAAAAA! *w*

Dopo tanto, troppo tempo, sono tornata a scrivere fan fiction, sperando, questa, di poterla finire!  L'ultima storia che avevo scritto aveva riscosso un discreto successo, ma poi, rivedendola, ho pensato che i personaggi fossero troppo piatti, la protagonista troppo altera e distaccata, i nomi totalmente osceni.

Insomma, ora sono di nuovo qui!

La prima parte della storia è impiantata principalmente sul nostro adorato Komacucciolo e la sua nuova amica, in realtà molto autobiografica, dato che adoro i licantropi e vorrei un komachan tutto mio x3

Cercherò di mettere il capitolo nuovo al più presto! fatemi sapere che ne pensate! Nya!

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Capitolo 2
*** i pantaloni, la pizza, i fianchi ***


capitolo 2: I pantaloni, la pizza, i fianchi.

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Capitolo 2: I pantaloni, la pizza, i fianchi.

-Ecco fatto!-  disse compiaciuta Aki, dopo avergli cambiato le bende. -Come ti senti?- chiese. Sajin si mosse un po', tentando di mettersi a sedere. Con qualche lamentela e l'aiuto della ragazza, riuscì a tirarsi su. -Abbastanza bene.- rispose.  Lei lo guardava seria, pensosa, con una mano sul mento. -Qualcosa... qualcosa non va?- chiese Komamura, lievemente a disagio sotto quello sguardo corrucciato. -Secondo me...- disse lei -Doremmo accorciare questi!- disse prendendo gli sbuffi di pelo attorno al muso di Sajin. -Dici?- chiese lui.-Come mai?-

-Perchè senza saresti tremendamente più figo e meno peluche.- disse sicura. -Ma se non vuoi li lasciamo, a me i peluche piacciono pure!- disse porgendogli uno specchio circolare dal diametro di circa trenta centimetri. lungo il bordo era disegnato un cerchio con strani simboli dentro. -E questi cosa sono?- chiese lui. -Ignoralo, è solo un incantesimo. Guardati tu!- disse alzandosi.

Sajin si guardò allo specchio, titubante. Aki gli andò alle spalle, appiattendo il pelo sulle guance. In effetti, gli sfilava il muso e lo rendeva più minaccioso. Così sembrava davvero uno dei peluche della ragazza. Ne vedeva uno proprio nell'angolo, sotto l'unicorno lilla. Aki notò che lo stava guardando e scherzò dicendo.-Sai, quel peluche... pensavo proprio di chiamarlo Koma-chan!-

Sajin guardò il peluche, poi la sua immagine riflessa. Poi il peluche, poi di nuovo lil riflesso.

Peluche.

Riflesso.

Riflesso.

Peluche.

Ad un certo punto non trovò alcuna differenza. -Taglialo.- disse secco, aggiungendo poi un -Per favore..- più educato. Aki sorrise, prese il rasoio elettrico da un cassetto (che ci facesse, resterà un mistero) e iniziò a spuntarlo. Quando ebbe finito, lo fece specchiare nel suo grande specchio ovale. Sajin pensò di essere diventato la copia rossa del licantropo bianco sulla parete. -Stai benissimo!-disse Aki, facendo capolino da dietro di lui. Komamura sorrise. -Si, mi vedo meglio.- rispose, ammirandosi allo specchio. Per un momento ebbe la sensazione di non conoscersi affatto. Come se mai, nemmeno nel suo passato dimenticato, si fosse mai soffermato a pensare a se stesso come "bello".

Sobbalzò, sentendo le braccia di Aki stringersi attorno ai suoi fianchi. La ragazza si era teneramente poggiata alla sua schiena. -E' da quando sono diventata una strega che sogno un famiglio così.- disse a bassa voce.-Sono felice.-

Sajin ne fu imbarazzato, in un primo momento, poi riflettè bene sulle parole della ragazza e sorrise. Non ricordava niente della sua vita di prima ma quella, in fondo, non sarebbe stata male.

-Ho preso questi.- disse poi, staccandosi dal famiglio e andando a rovistare in un cassetto. Lo stesso del rasoio. Ne tirò fuori quelli che, evidentemente, dovevano essere pantaloni piegati. -Tu sei uno spirito, quindi li ho portati da un tizio che ha fatto in modo che quando li indossi diventino anche questi di particelle spirituali. Altrimenti vedrebbero tutti un paio di bei pantaloni che camminano soli!-

Sajin li prese. -Li hai fatti fare per me?- chiese. -Ovvio! Per chi, sennò?- rispose lei. -Mica puoi sare sempre con quegli stracci! Li ho fatti al volo con un lenzuolo, giuso per metterti addosso qualcosa! Lì c'è il separè, se ti vergogni, usalo pure!-disse andandosi a sedere sul letto con un libro.

Lui andò al separè. Gli arrivava a mala pena al petto, ma poteva andare. Tolse i pantaloni vecchi e mise quelli nuovi. Erano neri, con il cavallo basso, in un tessuto simile alla pelle, abbelliti con cinture e borchiette qui e lì. Un po' stravaganti per il suo gusto, ma tremendamente comodi. C'era anche il buco per la coda. Uscì perchè la ragazza potesse guardarlo.

Aki lo ispiezionò con lo sguardo da capo a piedi, coda compresa. -Ti stanno bene, si!- disse poi, sorridendo. Si alzò per spostare le tende. Era buio. -Sarà ora di cena, aspetta qui.- disse scendendo  di sotto, un po' impacciata dalla gonna.

Komamura si trovò solo, con i pantaloni di pelle, nella stanza di una ragazza sconosciuta che lo aveva curato, vestito, sistemato e ora lo stava anche per nutrire. Eppure, non si sentiva minimamente a disagio. Sedette a terra, riguardando la stanza. "Però... non è questa la mia vita..." pensò. " La mia vita è quella  di prima... quella che non ricordo. " Si distese a terra e si addormentò.

Sognò una battaglia, di nuovo quel mostro, quei denti, quel ruggito raggelante. Accanto a lui, un uomo, con gli occhiali, i baffi.

Il rumore della botola che si apriva lo riscosse dal suo sonno. Sajin si alzò, avvicinandosi. Dal buco fece capolino un'enorme scatola sottile che profumava inconfondibilmente di pizza. Lui la prese e la tirò su, poggiandola lì accanto. Sotto c'era un'affannata Aki che sorrideva , lui la afferrò da sotto le ascelle e la tirò su senza alcuna fatica. Lei si rannicchiò uso micio e, quando la poggiò al pavimento, la strega aveva gli occhioni grandi dallo stupore e le guance rosse. -Mi hai... mi hai tirata su come se fossi aria!- disse lei. -Di solito non ci riesce nessuno.-

Sajin la guardò, corrugando la fronte.-Ma non pesi mica duecento chili.- disse lui. -Ma scherzi?! Sono una balena!-protestò la ragazza.

Lui non pensava che fosse una balena. Ok, qualche chiletto in più c'era ma era tutto ben distribuito e proporzionato, le forme definite anche sensuali, i fianchi scendevano morbidi e scoscesi, in modo dolce e...ipnotico...

Scosse la testa. -No, non lo sei.-disse lui, chiudendo la botola. -Ci vivi da sola qui?- chiese lui, mentre la ragazza preparava una tovaglia da pic-nic per terra. -No, sotto ci sono gli altri ragazzi, vieni a mangiare!-

Le sedette accanto.-Non vivi con la tua famiglia?- chiese. -No..- rispose lei.- Sono idealmente in Giappone per studiare.-

-Ma non sei giapponese.- continuò lui. Aki scosse la testa. -I miei genitori sono italiani, ma io sono nata qui.- gli passò una fettona di pizza. Sajin la prese, ringraziò, dando il primo morso. -E i tuoi parenti?- chiese. -Sono tornati in patria.- rispose. -Io ero con loro fino all'anno scorso. Poi ho...sentito di dover venire in Giappone. Sai come ti dicevo prima, la vita è fatta di passaggi. Tutti abbiamo un fine, grande o piccolo che sia. Io sentivo che il mio era qui a Karakura.- sorrise.

Komamura ricordava vagamente che Karakura era importante, ma  non riusciva bene ad agganciarne il significato. Scosse la testa. -E... gli altri ragazzi che vivono con te, non trovano strano il fatto che hai praticamente salito in camera tua una teglia di pizza che dovresti mangiare idealmente  da sola?- chiese lui. Aki rise.-Per loro sono strana a prescindere.- disse.-Sono strana perchè vivo in una mansarda in cui non faccio entrare quasi nessuno, vado vestita in modo strano, dico cose strane, compro cose strane... Se dicessi loro che ho un uomo volpe in camera, mi direbbero  "Basta che il tuo uomo volpe immaginario non caghi sulle scale, poi puoi tenere tutti gli amici immaginari che vuoi!"- disse facendo il verso a quello che era evidentemente un suo coinquilino.

Finirono di cenare, tolsero tutto. -Vuoi fare il bagno?- chiese Aki. -Oggi è sabato, i ragazzi escono tutti, quindi puoi usarlo tranquillamente.- disse con un sorriso. Sajin ci pensò su.-Ma con le ferite...- Aki lo bloccò. -Sono guarite.- disse con cipiglio sicuro. Il volpone si controllò il petto e in effetti erano sparite.-Ma come...-

-Taci, le domande dopo!- disse dandogli un'asciugamano grande e un paio di megapantaloni in cotone neri, migliori di quelli che aveva all'inizio.-Ecco! Sull'intimo dobbiamo ancora lavorarci!- rise, spingendolo verso la botola.-Hai mezz'ora al massimo, poi entro io, che tu sia vestito o no!- rise.

Komamura sorrise e scese di sotto.

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Capitolo 3
*** La dolce notte ***


capitolo 3: la dolce notte

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Capitolo 3: La dolce notte.

Quando Aki risalì dal bagno indossava una camicia da notte con le bretelline, azzurra ricamata rosa, così come rosa era il finto piumino sull'orlo. Addosso ad un'altra, quell'abbigliamento sarebbe sicuramente risultato da smorfiosa mentre, su Aki, aveva qualcosa di tenero e di divertente.

Sajin era sdraiato sul materasso di prima, a pancia in giù. -Dove dormi?- chiese lui. Aki indicò il materasso. -Sul mio letto.- rispose. -E... io?- chiese ancora lui. La ragazza rise, continuando ad indicare il materasso. -Sul mio letto.- disse. Komamura ebbe l'impressione che la cosa fosse mortalmente sbagliata, ma la strega stava ormai entrando sotto le coperte, rimboccandole anche a lui.

-Bene!- esordì. -Riguardo al tuo passato, non ricordi niente?- chiese. Sajin si fece pensieroso e cominciò a parlarne del mostro, dei denti, della katana, del tizio coi baffi.  -E i tuoi vestiti da stufa?- chiese lei. -Ti dicono niente?-.  Lui ci pensò su.-Non me li ricordo bene...- ammise.  Aki sorrise.-Non fa niente, domani faremo qualche esercizio per la memoria, ok?-

Komamura annuì.-Si... si , va bene..- balbettò incerto. -Allora buona notte!- disse la strega spegnendo le luci con uno schiocco di dita e raggomitolandosi sotto le coperte.

Sajin rimase qualche secondo imbambolato a fissare il muro davanti a lui, prima di realizzare di essere nel letto con una ragazza.  "Suvvia, Sajin... nella vita che non ricordi l'avrai fatto qualche volta, no?"  si chiese, ma dalla vita che non ricordava non arrivava, ovviamente, risposta alcuna.

Si impose di mantenere la calma, continuando a fissare il muro e solo dopo diversi minuti, trovò il coraggio di spostarsi sul fianco. Trasalì. Aki gli si era teneramente avvinghiata alla pancia, affondando il viso nel petto del  poverino  borbottando una cosa del tipo "petto pelosetto evvai"

A quel punto fu il panico. Sajin guardò a destra, poi a sinistra, in alto e in basso ma  ovunque era buio e la stanza  intera era piena dell'odore della strega. -Sajin...- chiese lei dopo un po'.-Mi abbracci?-

Nonostante la cosa lo mettesse ampiamente a disagio, gli sarebbe sembrato  decisamente troppo cattivo rifiutare, specie dopo il modo tenero e candido in cui la ragazza gliel'aveva chiesto. "Sono il suo famiglio, in fondo..." si disse. "I famigli proteggono le streghe..."  Non era sicuro che le abbracciassero pure, ma non ci vedeva nulla di sbagliato, in fondo.

Così, tra la timidezza e l'imbarazzo, abbracciò la piccola strega, stringendola a se cercando di creare la minor pressione possibile. Non appena, però, Aki sentì la stretta del famiglio, si spalmò su di lui con una tenerezza ed una disinvoltura disarmante. Sajin sobbalzò. Nemmeno su questo argomento gli arrivavano consigli dal suo precedente vissuto, così pensò che fosse la cosa giusta esaminare minuziosamente l'evento per accettarlo nella sua interezza, in modo da prenderne atto e non trovarsi più in situazioni di imbarazzo.

Prese un respiro profondo, iniziando ad esaminare ciò che percepiva. Cominciò constatando di avere una ragazza poggiata addosso.

La cosa era evidente ma scoprì che la sola idea lo spaventava, così cominciò appunto dall'ovvio. Una volta accettata la sua situazione di contatto con un essere di sesso femminile, cominciò a sondare cosa questo comportasse di conseguenza.

Partì dall'alto, sentendo la testa della strega affondata nel suo "petto pelosetto" come lo aveva chiamato lei, il che lo fece sorridere. Dopo qualche secondo di riflessione si convinse che la cosa gli faceva piacere e passò oltre, alle braccia della strega, strette attorno a lui. Era una presa morbida e fiduciosa, candida ed affettuosa. Anche per quello, Sajin impiegò poco.

La parte difficile venne dopo, quando sentì sul suo corpo i seni pieni e morbidi. "In fondo non c'è niente per cui sentirsi a disagio... E' una femmina e le femmine hanno le mammelle per allevare e nutrire la prole." pensò.

Trovò comunque la cosa troppo difficile, così pensò di passare oltre per tornare dopo alla domanda più difficile.

"Oltre" prevedeva l'esplorazione dei fianchi della strega. Sajin passò a tastarli in maniera delicata, scoprendo che oltre ad essere fantasticamente scoscesi, erano anche morbidi al punto giusto, belli e femminili come se ne vedevano pochi. Toccarli gli piacque talmente tanto, che rimase a farlo per diversi secondi, in modo istintivo, rilassandosi totalmente. Gli davano una sensazione di sicurezza e calma e in quel frangente, tutto l'imbarazzo, tutti i suoi problemi, svanirono in quella morbidezza. "Questo è quello che fa di una donna ciò che é" pensò. "non il seno, non le gambe... il punto più femminile di una donna sono i fianchi..." si disse calmo.

Continuò per un periodo che non riuscì a determinare, ma smise subito intimidito quando sentì sfuggire da Aki un mugolio compiaciuto. -No, Komachan, continua...- disse la strega con il tono che avrebbe avuto un bambino che chiedeva un altro cioccolattino.

Sajin deglutì poi, con titubante attenzione, riprese a coccolare i fianchi della strega. L'imbarazzo durò poco, poi lei prese a fargli i grattini sulla schiena e il senso di rilassamento fu accompagnato dalla stanchezza che ebbe la meglio su entrambi, facendoli addormentare l'una tra le braccia dell'altro.

Komamura sorrise nel sonno. Non era male, la vita da famiglio.



Nel frattempo, alla Soul Society...


Cadeva fitta la pioggia, ormai da diversi giorni.

Byakuya, dalla veranda della sua grande villa, guardava le goccie cadere violente ed esplodere al suolo con la grazia violenta che solo i temporali potevano avere, accompagnati dalla loro colonna sonora di tuoni e violento scrosciare.

Il mondo aveva colori più tenui, alla poca luce che filtrava dalle nuvole spesse. A occhio e croce, doveva essere il tramonto.

Osservava compiaciuto quel paesaggio che pareva tanto calmo nel suo muoversi e tanto silenzioso nel suo frastuono, quando  vide una macchia scura attraversare uno dei suoi ponticelli in giardino.  "Sarà Yoruichi.." pensò scocciato, intuendo la forma di un gatto ma quando questo balzò sulla veranda, scrollandosi di dosso l'acqua, Byakuya si accorse che quel micio non era decisamente l'ex capitano della seconda compagnia.

A guardarlo così bagnato, col pelo attaccato addosso dall'acqua, sembrava un comune gatto randagio. Byakuya cambiò idea quando il felino, accortosi di lui, lo guardò dritto negli occhi. Senza distogliere lo sguardo, sedette in modo regale, alzando la testa. Sul muso delicato svettavano due grandi, espressivi occhi azzurro brillante.

Il capitano di inginocchiò sulla veranda, sporgendo appena una mano verso l'animale, anche lui in modo fiero e composto, spostando nella sua direzione solo il braccio e la testa. Dopo qualche secondo di esitazione, il gatto si avvicinò, tenendo la coda alta, con un passo elegante e dondolante. Odorò la mano di Byakuya, lo guardò dritto negli occhi, poi poggiò a lui il muso, facendo le fusa. "Asciutto deve essere molto bello." pensò lui. Chiamò una domestica. -Prepara il bagno per questo nostro ospite..- disse.










































 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4: la principessa ***


capitolo 4: ricorda che è una strega



Capitolo 4: La principessa.

Komamura aprì gli occhi, svegliato da un frastuono indecente. Stretta tra le braccia, con la schiena poggiata al suo petto, c'era Aki che ancora dormiva con un sorrisone stampato in faccia. Evidentemente si era girata durante la notte.

Sorrise a sua volta, vedendola tanto serena, poi tornò a concentrarsi sui rumori. Provenivano dal piano di sotto e Sajin sentì chiaramente che erano le voci concitate di quelli che dovevano essere i coinquilini di Aki.

"E quella dov'è?" chiese una rozza voce maschile

"Sarà ancora lì, chiusa nel suo buco. Dove vuoi che sia?" rispose un'acida voce femminile.

"E dille che ci resta! " rimò il ragazzo. I due risero. Sajin non approvava quello che stavano dicendo e nemmeno il loro tono. Tornò a guardare Aki e trasalì nel vedere che era sveglia e lo guardava. Sorrise. -Ho notato che non usi la mimica delle orecchie.-disse. -E nemmeno quella della coda.-

-Stavano parlando male di te.- le disse lui.

-Parlano sempre male di me.- rispose la strega. -Ma ad essere sincera, non ne faccio un dramma.- si stiracchiò. -Ma tu non usi la mimica facciale tipica degli animali.- ribattè. Sajin si mise a sedere.-Io non sono un animale.- rispose. Aki sorrise. -Balle. Non sei una pianta, non sei un sasso, non sei un fungo. Quindi sei un animale.- annuì. -Ti pare, anche io lo sono! Solo che sono un animale meno figo di te!-

Komamura continuava a guardarla. -Io non sono un animale figo.- pontificò sulla difensiva. -Sono un non meglio identificato ibrido volpe umanoide.-

Ma la strega sembrava non essere d'accordo. -E qui ti sbagli, mio ipertricotico amico!- disse facendo cenno di no con il dito. Scese dal letto e corse verso la sua mistica cassettiera. Ne tirò fuori un quadernetto in cuoio sdrucito con le pagine ingiallite. Corse di nuovo da lui e gli mostrò i vari studi che aveva fatto. -Secondo il mio modesto parere, tu sei la cosa più vicina alla perfezione che io abbia mai visto!- e a dispetto della disinvoltura con cui la strega aveva parlato, Sajin trovò quella frase il complimento più bello del mondo. -Io..non sono.. non sono perfetto.- disse abbassando la testa.

-Oh, ovviamente no. Non esiste la perfezione e se esistesse sarebbe noiosa, ma vedi..- disse mostrando ancora i vari disegnini e appunti che aveva.-Io sono sempre stata appassionata di licantropi e uomini bestia in genere e quindi, col passare del tempo, mi sono convinta che la mente razionale umana, unita alle straordinarie capacità del corpo animale, diverrebbe una cosa.. una cosa...- fece un gesto che indicava una cosa enorme con le mani.-Una cosa così!-

-Così come?- richiese il famigliio. Aki ripetè il gesto.-Così!-

Sajin sorrise, divertito dal modo tenero e appassionato con cui la ragazza gli mostrava la sua convinzione di essere qualcosa di splendido. Guardando il quaderno su cui lei aveva disegnato varie parti del corpo animale, indicandole le capacità, comparandole al proprio corpo, Komamura ebbe davvero l'impressione di avere un qualcosa di speciale. Fu la sensazione di un attimo, ma lo fece sentire bene.

Aki andò a posare il quaderno. -Ora perdonami, ma devo andare a fare la pipì.- disse con candore, andando ad aprire la botola. -Tu non devi?- chiese. In effetti, anche lui aveva una certa urgenza e, conscio che gli altri non potessero comunque vederlo, scese con la ragazza. Il bagno non era lontano dalla scala e per prima entrò Aki che, veloce come il vento, lavò anche denti e faccia. Sajin fece subito dopo di lei, mentre la ragazza intratteneva i coinquilini.

-Buongiorno ragazzi!- disse sorridente, entrando in cucina. -Oh, guarda chi si vede!- rispose ironico il ragazzo.-Hai deciso di smettere con gli amici immaginari e cominciare con quelli veri?-

Lei scosse la testa.-Temo di no. Ma se dovessi iniziare con gli amici veri, non comincerei con voi!- sorrise, mentre Sajin usciva dal bagno e andava verso la botola , per poi correre via tra gli sguardi furenti dei coinquilini. Quando furono di nuovo su, Aki non perse tempo e prese i resti della pizza della sera prima per fare colazione. -La pizza a quest'ora?- chiese lui. Aki annuì solenne. -é sempre ora per la pizza!- rispose. La mattinata fu interamente dedicata all'uso delle orecchie e della coda, in cui la strega era stranamente un'esperta. Fu così che Sajin scoprì che la sua era una strega specializzata nel contatto con animali e creature varie. Riusciva a capirli e a farsi capire. -Basta mandare immagini mentali.- spiegava. -E' inutile parlare agli animali, non capiscono la mia lingua, ma possono capire le mie intenzioni.-

All'ora di pranzo, Komamura aveva riscoperto la sua intera mimica animale e non gli dispiaceva affatto. Chiese il permesso ad Aki per togliere le borchie dai pantaloni e mentre stava dedicandosi appunto a quella mansione, squillò il cellulare della strega. Lei rispose in una lingua che lui non comprendeva, ma intuì che dovesse essere italiano.

Aki passò il tempo della chiamata con il telefono tra orecchio e spalla, tagliano e cucendo quelli che, alla fine, divennero un altro paio di pantaloni per Sajin. -Erano i miei.- annunciò mettendo a posto il cellulare. -Ora pranziamo, poi si parte con gli esercizi per la memoria!-

Soul Society.

La gatta si crogiolava al sole sulla veranda della caserma della Sesta Compagnia del Gotei 13, accanto al capitano Kuchiki.

Byakuya aveva visto bene riguardo la gatta. Aveva il pelo grigio scuro, medio-lungo, con riflessi dorati qui e lì, quando era illuminato dal sole. La coda era lunga, folta e morbida che sventolava soffice e placida nell'aria della mattina. "Sembra una principessa" pensò il capitano, osservando il modo composto con cui stava sdraiata accanto a lui. Da quando Byakuya l'aveva presa con se, la micia, da lui ribattezzata Hime, non l'aveva mai lasciato un attimo. Lo seguiva anche a lavoro ma lui non se ne dispiaceva, era una gatta elegante, adatta al suo lignaggio e gli shinigami avevano iniziato a provare un certo rispetto anche per lei che camminava per il Seiretei con il suo pregiato fiocco azzurro.

Con sommo orgoglio del padrone, Hime si era già imposta sul resto degli shinigami... in mezza mattinata.

Lei, dal canto suo, pareva disinteressata a chiunque Byakuya non prestasse attenzione. Renji si era subito conquistato la sua simpatia, anche se lo trattava con più sufficenza di quanta gliene riservasse il capitano ed ogni carezza, più che un atto di gentilezza da parte del luogotenente, sembrava una misericordiosa concessione che la gatta faceva a quell'essere inferiore, permettendogli di toccarla. Ovviamente, questo con Byakuya non avveniva, lui la carezzava e lei lo ringraziava con delle timide fusa, il tutto con estremo contegno da parte di entrambi.

Il capitano poteva dirsi soddisfatto di aver trovato la compagnia ideale per il suo thé e la giornata, tra un lavoro e l'altro, era passata serena. A casa, Byakuya aveva fatto preparare una grande cesta piena di comodi cuscini azzurri, ma Hime aveva dimostrato da subito di preferire il futon del padrone o, al massimo, quello di Rukia che giocava entusiasta con la gatta ogni istante che poteva.

Quella notte, come la precedente, Hime si raggomitolò sotto le coperte con Byakuya risvegliandosi solo il mattino seguente, quando lo shinigami le grattò la testa. Lei lo salutò facendo le fusa, per poi stirare la schiena uscendo le unghie, sbadigliò. Dopo i bisognini e il bagnetto, trovò un piattino ricolmo di panna ad attenderla a terra, accando al padrone. Lo svuotò con grazia per poi leccarsi i baffi e mettersi a sedere.

Cominciava un'altra giornata per Hime che, al seguito di Byakuya, non aveva idea di che incontro stava per fare.

________________
Ed eccomi al quarto capitolo!  La tenerezza a palate deve ancora arrivare, mia cara, solitaria recensitrice xD

So che la figura di Hime può risultare misteriosa, ma non hai  ancora visto niente! Yohohohohoh!
Spero che questo capitolo sia piaciuto anche ai lettori che non recensiscono (se ce ne sono T^T) ed alla mia cara mogliettina.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5: Ricordati che è una strega ***


capitolo 5: ricordati che è una strega



Capitolo 5: Ricorda che è una strega.

Sajin si risvegliò intontito. A giudicare dalla luce, era notte fonda e Aki non era a letto. La cercò con lo sguardo per tutta la stanza e la trovò seduta al lume di candela al suo altare, su cui era poggiato un tomo antico che la strega studiava con attenzione. Indossava un semplice vestitino nero lungo con le maniche a palloncino, la scollatura ampia e squadrata, stretto sotto il seno, che scendeva morbido lasciando indovinare la forma dolce dei suoi fianchi soffici.

-Aki..- la chiamò piano e lei si girò subito.-Sajin!- disse alzandosi e correndo da lui. Si inginocchiò al suo fianco e lui si alzò a sedere.-Come stai?- chiese a strega preoccupata. Durante gli esercizi per la memoria, che consistevano nell'aprire il vocabolario e leggere parola per parola, sperando che qualcuna gli ricordasse qualcosa, Sajin era svenuto alla parola "corte", dopo essersi sentito male in seguito alle parole "anima" e  "capitano".

Lui tirò indietro le orecchie.-Meglio, ora.- disse quieto e lei sorrise rassicurata, il pentacolo le scintillava, poggiato nell'incavo tra i seni e Sajin ebbe l'impressione che il pezzo di ametista a suo interno brillasse di una tenue luce blu. -Sai, dopo che sei svenuto mi sono messa a cercare nei miei libri.- disse. -Non è una cosa normale il fatto che tu sia svenuto in quel modo.- si fece pensosa. Sajin pensò che quell'aria seria le stesse davvero bene ma non lo disse, si limitò a muovere appena la coda.-E cosa hai scoperto?- chiese.  Aki si massaggiò la nuca. -Secondo ciò che ho letto, inizio ad avere il timore che tu non abbia perso la memoria per caso.- spiegò.-Probabilmente si tratta di un anatema o una maledizione. Qualcosa che vuole impedirti di ricordare determinati eventi.- puntò lo sguardo in un punto del materasso, corrugando la fronte.

-E... allora?- la incalzò delicatamente.-Allora mi sembra strano che mi abbiano mandato un famiglio con questi problemi. Magari non dovremmo tentare di risolverli, magari il blocco ti impedisce di ricordare qualcosa di brutto che hai fatto in passato o.. chessò.. qualche trauma... Mentre mi sembra strano perchè... è un fatto anomalo e io.. mi sto impegnando davvero ma non ci vedo chiaro e...- sospirò.- Sono confusa, ecco.- disse.

Sajin abbassò le orecchie, lievemente intristito. Era stato bello sentirsi speciale, quando Aki gli aveva detto di essere quasi perfetto ma ora, vedendola così in difficoltà per colpa sua, si sentiva un peso, qualcosa di sbagliato, superfluo. -Mi spiace di farti preoccupare così.- disse in un sussurro.  -Ehi...- la strega gli carezzò dolcemente la guancia, avvicinandosi a lui. -Non devi fare quel faccino triste, ok? Altrimenti mi preoccupo di più.- sorrise dolce e gli diede un bacio sulla guancia. -Hai fame?- gli chiese ma lui scosse la testa.-Ho ancora un po' di nausea.-
-Allora adesso spengo tutto e torniamo a riposare, va bene?- chiese. Komamura la guardò ed annuì.

Aki mise il quaderno degli appunti in mezzo al tomo antico e lo chiuse, con un soffio spense le candele. Andò sul letto e prese la camicia da  notte da sotto il cuscino. Si sistemò in ginocchio sul letto e fece per sfilarsi il vestito. Sajin capì la situazione solo quando vide la figura del corpo della strega stagliarsi semi nudo contro la luce della luna che penetrava la finestra. Imbarazzato, distolse lo sguardo e riabbassò le orecchie cercando di pensare ad altro ma il lieve fruscio dell'abito che la ragazza stava sfilando, suonava nelle orecchie di Komamura come un frastuono che non poteva ignorare ed ogni minimo "strush" riportava alla mente l'immagine in controluce di Aki che si spogliava, provocandogli delle vampate che dal ventre gli salivano fino in gola. Stranamente, si trovò a scodinzolare.

Quando trovò il coraggio di alzare lo sguardo di nuovo, Aki aveva già messo la camicia da notte e stava piegando l'abito, che lasciò di lato al materasso, poi andò gattonando fino al famiglio, accoccolandosi al suo petto.

Sajin aprì gli occhi la mattina dopo,  con la testa sulle gambe della strega, che sfogliava il pesante tomo, messo accanto a lei e prendeva appunti su un quadernetto. -Non è presto per mettersi a lavoro?- chiese. Aki gli sorrise. -Sono sveglia da un bel po'.- rispose. -Non avevo sonno.-

Komamura si alzò. -Sono giorni che non esci.- disse. -Andiamo a fare una passeggiata?- chiese  guardandola. Lei annuì.-Si, vado a lavarmi.- mise da parte il lavoro e corse di sotto.

Quando uscirono, Sajin indossava un paio di pantaloni dal cavallo basso, e Aki aveva confezionato di corsa una larga sciarpa ad anello "per fare figo", come aveva detto lei. Era decisamente più sobrio dei pantaloni con le borchie e stava comodo. In ogni caso, non lo vedeva nessuno, quindi non sarebbe stato un problema.

Si rese conto dell'ascendente che Aki aveva sugli animali solo quando vide una miriade di gatti raccogliersi al suo richiamo, facendo le fusa. Lei dispensò coccole a tutti, sorridendo come una bambina. Non solo, anche gli uccelli, i cani, erano tutti attratti dal suo passaggio.

Rimasero in giro fino a sera tardi. Stavano quasi per tornare a casa quando una palazzina non lontana dalla casa della strega collassò su se stessa. Komamura vide ergersi dalle macerie un grosso mostro con il corpo di un gorilla, la maschera di un toro ed un grandissimo buco nel petto. L'immagine gli riportò alla testa una serie di visioni confuse che gli passavano davanti senza sosta, causandogli un insostenibile dolore, seguito da un ronzio di fondo.

Il mostro si scagliò contro di loro e il pensiero di Sajin, fu solo uno: difendere Aki.

Nonostante il mal di testa, nonostante la confusione, il famigliò si lanciò addosso al mostro, puntando istintivamente alla maschera. Riuscì a farvi sopra una crepa con un pugno, ma fu poi scaraventato via da un movimento della testa dell'avversario. Fortunatamente mantenne l'equilibrio e cadde all'impedi, pronto di nuovo ad attaccare. Guardò Aki.

La sua piccola, dolce strega, in quel momento sembrava un'altra persona: le iridi le brillavano dorate, come se fossero fatte di oro fuso. Tracciava nell'aria dei simboli che andavano a disporsi attorno a lei e cambiavano continuamente colore. La pietra sul ciondolo splendeva di una forte luce blu-viola mentre recitava una qualche formula. Sembrava una lingua incomprensibile e Sajin riuscì a capire solo la parte finale, nonostante tutto. Diceva "L'Acqua, il mio sangue. L'Aria, il mio respiro. La Terra, il mio corpo. Ed il Fuoco,  il mio spirto."

Sajin si sentì pervaso da un calore immenso, come se i suoi occhi e la sua bocca grondassero fuoco. Guardò il mostro e con un unico, feroce balzo, gli fu di nuovo addosso. La maschera cedette sotto il suo morso, che penetrò fino alla carne. Poi, con una fiammata, divise il mostro a metà. Tornò accanto ad Aki, i simboli erano spariti ed iniseme era sparito quel senso di calore. Aveva davvero emesso una fiammata tanto potente? Sajin non era sicuro di poterci credere, ma il suo nemico era ora diviso in due, per terra ed andava dissolvendosi gradualmente.

Con il fiatone, sedette a terra, stremato. -Forse non è il caso di sovraccaricarti ancora con incantesimi di questo tipo...- disse Aki, che sedette accanto a lui totalmente in forma. Nonostante non brillassero più, i suoi occhi rimasero dorati e trasmettevano un profondo senso di saggezza e potenza. Sajin rabbrividì a quella vista, fino a quel momento aveva sempre visto Aki come una ragazza semplice, dolce e carina e per questo aveva quasi dimenticato cosa fosse davvero. "Ricorda che è una strega..." si disse. "E' normale che abbia certe capacità."

In effetti non ne era certo, non ricordava di aver mai avuto a che fare con le streghe ma tutta quella dimostrazione di potenza, passata attraverso il suo corpo quasi senza che lui lo sapesse, lo turbò alquanto. In secondo luogo gli venne in mente il mostro. Gli ricordava qualcosa. Si sforzò di ricordare, ma smise quando sentì la testa dolergli troppo.

-Vieni, andiamo a casa.-Gli disse Aki, aiutandolo ad alzarsi. Il contatto con la strega gli provocò un brivido di terrore puro lungo la spina dorsale. Una paura ancestrale lo scosse da capo a piedi. Senza accorgersene, si trovò a balzare violentemente indietro e a ringhiare alla strega, con la coda dritta, le orecchie basse, pronto all'attacco.

"Perché?" pensò. "Perchè mi fa così paura?" rimase a fissarla così, con ostilità e quando lei fece un passo verso di lui, Sajin ringhiò più forte, muovendo un altro passo indietro. La sua parte cosciente e quella istintiva contrastavano. Una gli diceva di smetterla, che quella era Aki,  che lo aveva salvato, nutrito, coccolato; l'altra gli diceva di stare lontano da lei, perchè era forte, antica, selvaggia e pericolosa. In un certo qualmodo sembrava anche più bella.

Sajin fece un passo avanti e ringhiò minaccioso e stavolta fu la strega a fare un passo indietro. L'ultima immagine che Komamura vide prima che se ne andasse era di lei con le mani alla bocca e gli occhi inondati dalle lacrime, poi si voltò e corse via.

Il famiglio rimase solo, in mezzo alla strada, accanto alla casa distrutta. Pian piano si calmò, la paura svanì e tutto quello che gli rimase in testa fu l'immagine di Aki in lacrime. Come aveva potuto ringhiarle? Come aveva potuto comportarsi in quel modo? Come poteva avere tanta paura della persona che senza sapere nulla di lui lo aveva raccolto e portato in casa, trattandolo come se fosse un dono, con gentilezza, allegria, premura?!

Lei era stata sveglia chissà quanto tempo a lavorare ad un modo per fargli recuperare la memoria e...

"E' da quando sono diventata una strega che sogno un famiglio così. Sono felice."

Gli aveva detto questa frase, solo qualche giorno prima, mentre lo stringeva con tenerezza. Il solo pensiero lo rendeva tremendamente felice, gli faceva battere il cuore e la coda.

Venne però poi sostituito ancora dalle lacrime della ragazza, portandogli atroci fitte di rimorsi e sensi di colpa.

Perso nei suoi pensieri, Sajin non si era accorto che la polizia e i curiosi si accalcavano attorno alla palazzina crollata. Lui si infilò in un vicoletto buio e poggiando la schiena ad un muro si lasciò scivolare a terra.

Soul Society.

Quel giorno, Hime era particolarmente di buon umore. Byakuya le aveva fatto preparare un fiocco azzurro totalmente in pizzo, che ondeggiava elegante, all'unisono con la sua coda. Passeggiava al suo fianco, mentre il padrone camminava verso la sua caserma. Tutti si giravano a riverire lui e complimentare lei, il che la rendeva piena di gaudio.

Una volta arrivati, Hime corse a dare il buongiorno a Renji che, ancora assonnato, mangiucchiava Qualcosa nel cortile degli allenamenti. La gatta gli saltò in grembo, facendo le fusa e sventolandogli la coda in faccia. -Si, si! Ho capito che ne vuoi un pezzo!- sorrise lui staccanto un morso dalla sua colazione e porgendola al gatto. Lei lo assaggiò ma decise che era troppo dolce, lo sputò per terra e scese, tornando sulla sua solita  veranda.

La mattinata stava passando noiosa ed Byakuya sembrava troppo occupato per prendersi cura di lei, quella mattina per cui decise di andare a fare un giro. Le compagnie erano numerate, e Hime pensò di girarle tutte in ordine di numero. Cominciò ovviamente dalla prima ma la vide piena di vecchi e passò oltre. La seconda pullulava di cosi simili a ninja, ma molto più tristi. Il capitano sembrava una zitella inacidita e il suo vice un ciccione represso con manie di narcisismo.

Delusa anche da quella, passò alla terza, dove l'umanità diveniva più simile a quella a cui era abituata. -Tu devi essere la gattina del capitano Kuchiki..- disse un tizio biondo, con un ciuffo triste davanti la faccia e gli occhi chiari. Guardò la fascetta che aveva al braccio. Era come quella di Renji, quindi doveva essere un luogotenente. Con uno sforzo, ricordò di aver letto su qualcuno dei documenti di Byakuya che il vice della terza compagnia di cognome faceva Kira. Il nome non lo ricordava ma non le interessava tutto questo gran che. Si lasciò sfiorare, guardando altrove, muovendo la coda per fargli capire di non osare troppo. Dopo che si fu stancata, andò alla ricerca del capitano, un tipo biondo, dal cipiglio elegante di nome Rose. Decise che le stava simpatico, quindi si lasciò carezzare per un paio di minuti.

Corse poi verso la quarta compagnia dove, essendo quasi tutte donne, chiunque cercava di coccolarla, toccarle la coda, le orecchie, la pancia, con una vocina da idioti su cui era meglio sorvolare.

Alla quinta trovò un cretino coi capelli a caschetto che la salutò con un "fila via, bestiaccia" che bastò a metterlo sulla sua lista nera. Decise che qualche volta lo avrebbe fatto inciampare passandogli in mezzo alle gambe... e mentre stava in cima alle scale. E lo avrebbe guardato rotolare come un cretino, sperando che si rompesse qualche braccio nel frattempo, povero scemo!

Passò anche dalla sesta caserma, giusto per farsi vedere da Byakuya per poi partire alla volta della settima compagnia.

Vi trovò un signore con i baffetti e gli occhiali, che sembrava tanto triste, solo sulla veranda a bere il saké. Da quello che aveva sentito, era il luogotenente ed il suo capitano, a cui era parecchio affezionato, era sparito da tempo e non riuscivano a rintracciarlo in alcun modo. Mossa da compassione verso quell'uomo, andò a sedersi accanto a lui, concedendogli di toccarle l'orecchio. Il sorriso del vice capitano le diede il segnale che era stata abbastanza misericordiosa e andò verso l'ottava compagnia.

Sorvolando sulla luogotente che dava l'idea della classica segretaria vergine a trent'anni e perciò sessualmente repressa, trovò che il capitano fosse decisamente molto sexy e glielo fece notare strusciandosi appena contro la sua caviglia. Sorridente, lui l'aveva accarezzata, per poi farl gioccare un po' muovendo un rametto per terra.

Riuscì anche a beccarsi un pezzetto di salmone, prima di andare alla compagnia numero nove.

E decise che era cosa buona e giusta. Sia il capo che il vice erano due bei quarti di montone. Ed in effetti li guardò dal davanzale del loro ufficio, leccandosi i baffi. Il luogotenente, quel freg...bravo ragazzo di nome Shuhei si accorse per primo di lei, dicendo -Ehi, quella è la gatta di Kuchiki! Caspita quanto é bella!Ci credo che l'ha chiamata Hime!- e andò a farle i grattini sul collo. Nel suo codice morale era scritto di non rinunciare ai grattini della gente sexy, per cui lo lasciò fare, mantenendo comunque il suo contegno regale.

"Si, lodami, uomo sexy" pensava la gatta. Notando però che il capitano, ancora più maschio del vice, la ignorava, gli saltò sulle gambe facendo un accenno di fusa. Kensei la guardò sorpreso, facendole un paio di grattini dietro le orecchie e tornando a lavorare.

Nel frattempo si era fatta ora di pranzo. Soddisfatta dalla mattinata, pensò che fosse cosa buona continuare il giro dopo il cibo ed il riposino del primo pomeriggio.



Ebbene eccoci al quinto capitolo ù.ù

Sono stata felice di vedere che non ho più una sola recensitrice solitaria, ma anche una nuova lettrice! T^To


E  per questo comincerò proprio da lei!
Jeanny cara! Grazie mille per il tuo commento! In effetti la figura di Komamura non è mai valorizzata quanto dovrebbe, a mio parere! Figurati che quando ho creato la storia non l'ho nemmeno trovato tra i protagonisti da selezionare! In ogni caso, la sua indole comprensiva, fedele e quieta mi è sempre piaciuta ed avendo una passione sfrenata per i licantropi (che per le persone a casa ricordo che NON sono come quelli di Twilight) ho pensato che creare una fan fiction basata anche su di lui sarebbe stata un'idea originale. Riguardo la figura del gatto.. beh, ce ne saranno delle belle! Grazie ancora e continua a seguirmi!

PASSIAMOQUINDIALLAMIARECENSITRICESOLITARIACHEPERO'ORANONLOE'PIU'!

Breakfast_with_Panda che, non so se te l'ho mai detto, ma é un nome troppo tenero!

Povero Komachan in questo capitolo, vero? T^T Mi ha fatto tanta tenerezza ma un pezzo del genere ci stava un sacco. Soprattutto perchè l'hollow che poppa fuori era molto utile ai fini della trama ed apre un'altra scena su Aki che esce dal suo ruolo di ciccina streghetta! *cuoricini random*

Riguardo Hime.. temo per l'incolumità del povero Shinji ma, Oh! Se l'é cercata!  Aspetto il prossimo commento con tVepidazione! *altri cuoricini random*

Passando ad altro... Moglie mia adorata, aspetto ancora il tuo commento!

CIAO GENTAGLIA! ALLA PROSSIMA!

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Capitolo 6
*** Ritornerò, sempre. ***


Capitolo 6: ritornerò, sempre.



Capitolo 6: Ritornerò. Sempre.

Faceva freddo, fuori.

Era notte fonda e Sajin era stanco ed affamato. Soprattutto era triste.

Non vedeva Aki da almeno una settimana, che aveva passato struggendosi nel rimorso, nella paura, nel senso di colpa.  "Sono comunque il suo famiglio, dovrei stare al suo fianco e stare attento che nessuno le faccia del male... e invece sono qui, troppo spaventato, troppo codardo per tornare da lei..." pensava. Si era stabilito in un parco nelle vicinanze e già stava spargendosi la voce dello spirito del lupo mannaro che si aggirava in quella tranquilla macchia di verde cittadino.

Una volta gli era sembrato di vederla passeggiare nel parco ed il suo cuore si era riempito di gioia pensando che, nonostante tutto, era venuta a cercarlo. Alla fine aveva visto che si era sbagliato, che quella ragazza era troppo scheletrica rispetto alla florida bellezza di Aki. Il suo entusiasmo era quindi scemato e la delusione ne aveva preso il posto.



Pioveva, quando Sajin decise di tornare a casa. Pioveva a dirotto e si gelava, i fulmini illuminavano a giorno l'aria notturna e i tuoni erano così forti da far vibrare la terra. In tutta quel temporale, riusciva a pensare solo alla sua strega sola in casa, rannicchiata contro la parete, avvolta nel piumone, spaventata ed in lacrime.

Si alzò, si guardò intorno e prese la strada di casa, correndo più veloce che poteva. La pioggia gli sferzava il corpo e lo accecava ma a lui interessava solo arrivare, tanto che si mise a correre a 4 zampe per avere più potenza. Diminuivano le distanze, cresceva l'inquietudine. Una strana sensazione lo colse. Gli batteva il cuore come se avesse paura, ma non era la sua paura. Sentiva singhiozzi riempirgli la testa, l'immagine della stanza buia di Aki, un rumore rantolante. Due occhi gialli rotondi e sporgenti e una chiostra di zanne acuminate.

Per un attimo gli parve di non essere per strada. Vide nitidamente la stanza della strega, lei schiacciata contro il muro, nascosta sotto le coperte, singhiozzante. Sembrava terrorizzata e ripeteva "Sajin.. Sajin.. aiutami...-

Non riusciva a capire perchè lei stesse piangendo in quel modo, poi un fulmine illuminò la stanza, ed eccola...

Una creatura scheletrica, gobba. Avanzava un millimetro alla volta, come se fosse respinto da una chissà quale forza che gli impediva di andare più in fretta. Dopo un primo momento di resistenza riuscì ad avanzare di scatto di una decina di centimetri, prima di arrestarsi di nuovo, ma quello bastò a far strillare Aki.

Una rabbia cieca montò dentro Komamura che tornando in se, accellerò il passo. Ecco cos'era stata quella necessità impellente di tornare da lei: la strega lo stava chiamando e lui, come suo famiglio, aveva sentito la chiamata per correre a salvarla.

Svoltò l'angolo e vide la soffitta da lontano. Finalmente era arrivato. Si arrampicò con pochi, rapidi balzi e irruppe dentro la soffitta con un ululato che fece voltare la creatura. Era una specie di essere umanoide, alto e magrissimo, dalla pelle livida ed i lunghi artigli. La colonna vertebrale sporgeva dalla pelle in modo grottesco, ma la cosa perggiore era il viso. Scuro e semi decomposto, con un innaturale sorriso che andava da orecchio a orecchio, aperto su una chiostra di denti acuminati e ricurvi lunghi almeno venti centimetri. Gli occhi erano a palla, totalmente gialli e sporgenti, il naso mancava, così come e palpebre e le sopracciglia. In cima alla testa, alcuni sparuti ciuffi di capelli neri ed unti si tenevano aggappati al cranio martoriato.

Non appena vide Sajin, emise un minaccioso suono basso e gorgogliante ma il famiglio non si lasciò intimidire e balzò tra lui e Aki. Improvvisamente, la creatura ruggì, inferocita da quella intrusione. Balzò addosso a Komamura, tentando di morderlo ma senza successo perchè Sajin lo afferrò mordendolo alla schiena e sbattendolo violentemente a destra e a sinistra come se fosse un giocattolo. La stanza si riempì del rumore delle ossa fratturate e degli organi, se ce n'erano, spappolati ma questo al famiglio non interessava. Un feroce istinto animale si era impossessato di lui e gli diceva di continuare finchè quel coso non si fosse bloccato per sempre.

-Sajin... fermo...-Sussurrò Aki e lui subito obbedì, notando che la creatura aveva terminato di muoversi e giaceva inerte tra le sue zanne. Non c'era una sola goccia di sangue in giro. Sajin aveva fatto un lavoro pulito ed efficace. Lo lasciò cadere per  terra e corse verso la ragazza, stringendola forte. -Per fortuna stai bene...- sussurrò carezzandole la schiena e la testa. La guardò negli occhi, controllò che
non fosse ferita, con perizia. Aki lo guardava senza commentare, lasciano che Sajin la ispezionasse. Quando ebbe finito, la strega prese la parola, tormentandosi il labbro inferiore.

-Scusami..- sussurrò. -Non avrei mai dovuto... usare quell'incantesimo su di te.- abbassò lo sguardo sulle mani che torturavano un lembo del lenzuolo. Sajin sapeva che Aki si sentiva in colpa, almeno tanto quanto lui, che l'aveva trattata male, le aveva ringhiato contro. -Non fa nulla.- sorrise e la fece sdraiare, mettendosi accanto a lei e circondandola con la coda.  -Domani mi spiegherai cosa è successo, così la prossima volta sarò preparat...- Sajin non finì la frase. La creatura si era rialzata di scatto e si era attaccata al tetto con un unico balzo, sibilando minacciosa. Al famiglio bastò tirare le orecchie indietro  ringhiare perchè il mostro sparisse in un angolo.

-Cos'è quello schifo?- chiese continuando a fissare l'angolo,mentre tornava ad accucciarsi vicino ad Aki. -Hai presente quello che chiamano uomo nero? Quello con cui mettono paura ai bambini che non vogliono andare a dormire?- domandò di rimando la strega, affondando il viso nel petto di Komamura ed abbracciandolo. -Si...- rispose, scodinzolando a quel contatto.

-Ecco. Era uno di quelli.- continuò la ragazza. -Sono esseri orrendi. Prendono le forme più orripilanti e si nutrono del tuo terrore. Se te ne lasci sopraffare e provi a scappare, ti attaccano. La cosa migliore è rimanere immobili. All'alba scompaiono. -

-Ma tu sei forte. Non riesci a scacciarlo?- chiese. -No, Komachan.- rispose lei con dolce comprensione. -Ci sono cose a cui nemmeno le streghe più esperte possono far fronte. Per questo esistono i famigli.- gli poggiò un bacio sul petto. -Ora riposiamo, sono stanca... -

Il famiglio strinse a se la strega, felice oltre ogni dire di essere lì.

-Komachan...- riprese lei dopo un po'.
-Si?- fece lui.

-Grazie per essere tornato.-

-Io ritornerò, sempre.-

________________________________
Gotei 13

Hime, seduta con la coda elegantemente poggiata davanti a lei, osservava Renji che si apprestava a riempirle la ciotola del pranzo. Quel giorno era carpaccio e funghi grigliati.

Dato che ci stava mettendo decisamente troppo, per i suoi gusti, Hime cominciò a muovere la coda, innervosita da cotanta incompetenza. Prese anche a fare dei bassi e rochi ringhi di fondo, per sottolineare il suo disappunto, che parvero dare al luogotenente un certo nervosismo che lo portò a finire presto ma rovesciando metà dei funghi per terra.

Lei roteò gli occhi, si fece avanti a coda alta, facendo allontanare un povero Renji sotto pressione. Si era scocciata di avere quell'imbranato tra i piedi. L'avrebbe fatto notare a Byakuya, in una maniera o nell'altra.

Mangiò metà del carpaccio e nemmeno due terzi dei funghi, poi si leccò i baffi, allontanandosi senza degnare lo shinigami di uno sguardo. Andò dal suo padrone, anche lui in pausa , e si acciambellò sulle sue gambe. Lui prese a carezzarla dietro la testa e Hime lo ringraziò con delicate ma decorose fusa.

Arrivò per il Kuchiki l'ora di tornare a lavoro, così Hime riprese il suo giro.

L'itineraro prevedeva la decima compagnia. Fu deludente. Il capitano era solo un bambino e il luogotenente una volgare tettona ridanciana e rumorosa che le fece antipatia da subito. Evitò di perdere tempo con quella feccia e corse all'undicesima. Purtroppo, nemmeno lì l'accoglienza fu migliore: un'epopea di omoni rubicondi, sudati e puzzolenti che dormiva o se le dava di santa ragione. Fiumi di alcolici scorrevano ininterrotti insieme a turpiloqui di vario genere che le facevano rizzare il pelo sulla schiena. A darle una boccata di sollievo fu il quinto seggio, quel simpatico ragazzo , a suo parere ovviamente omossessuale, di nome Yumichika Ayasegawa. Il pensare che fosse gaio la rese ancora più allegra. Aveva una certa simpatia per gli omosessuali, tanto discriminati eppure tanto sensibili, gentili e con gusti estetici ed artistici talmente raffinati da essere lontani dalla normale plebe da cui si distinguevano.

Lui le fece i grattini e le offrì del latte. Dalle battute che faceva capì che non era gay, ma ci sembrava soltanto. Pazienza, non poteva andare sempre tutto a gonfie vele! Il quinto seggio le aveva sistemato la ciotola proprio accanto al terzo seggio, il pelatone di nome Ikkaku. Pelatone o no, il fatto che non le dedicasse particolari attenzioni, sudato com'era dopo l'allenamento, non le dispiaceva affatto.

-Oh, salve capitano Kuchiki.- salutò Yumichika, guardando Byakuya che si faceva largo tra la folla, guardandola con lo stesso dispreszzo di Hime. -Buongiorno, quinto seggio Ayasegawa.-rispose. Salutò anche Ikkaku. -Cercavo Hime. Immaginavo che fosse da queste parti ma volevo evitare che entrasse in luoghi poco consoni al suo rango, come questa caserma, ad esempio.-la prese in braccio.

-Ovvio, con il suo rango è meglio che cresca tra i senza palle che cresci nella tua , di caserma, dannato figlio di puttana!- disse un vocione grezzo e raschiante alle loro spalle. Hime si voltò a guardare.

Appena uscito dalla doccia, con l'haori sotto braccio e la divisa abbassata fino alla vita, c'era Kenpachi Zaraki, capitano dell'undicesima divisione.

Un tripudio di muscoli e maschianza, con quel cipiglio sicuro da guerriero vissuto, quel fascino rude dell'uomo grezzo, maschio nel senso primitivo del termine.

 Il santuario del testosterone.

Sotto gli occhi increduli di Byakuya, saltò giù dalle braccia del capitano della sesta compagnia per andarsi a strusciare sulle gambe del capitano dell'undicesima, facendo rumorosissime fusa, alzandosi sulle zampe posteriori per strofinarsi meglio su di lui, miagolando e artigliandogli la divisa per farsi prendere in braccio.

Perché lei voleva che Kenpachi la prendesse... in molti più versi di quelli che una gatta potesse desiderare. Lui la guardò, sorrise.- Pare che alla tua micia io piaccia.- disse  lanciando a Byakuya un'occhiata di scherno.

-Suppongo che tra animali vi capiate molto bene.- rimò l'altro ma Zaraki parve non cogliere l'offesa. O forse non lo fece di proposito. Prese la gatta con una mano sola, rendendo Hime felice come un cucciolo, per posarla tra le mani di Byakuya. -Porta la tua bestiolina fuori di qui, prima che diventi una di noi. O peggio: che diventi come Yumichika.- sorrise e se ne andò.

Guardando le sue spalle forti, Hime capì di aver trovato il suo vero amore.

... no, vabbè, proprio vero amore no...

Diciamo che, g
uardando le sue spalle forti, Hime capì di aver trovato il suo sogno erotico proibito.



Vi chiedo umilmente perdono per il vergognoso ritardo nell'aggiornamento *inchin*

In questo periodo ho preparato il book per gli esami di ammissione all'accademia e non ho avuto nè il tempo nè la forza di scrivere. E nemmeno la fantasia, dato che la prosciugavo tra matite ed acquerelli! In ogni caso, ecco l'aggiornamento!

Breakfast_with_panda: Visto? il mio Komachan si è redento! E' troppo morbido per essere cattivo! Eeeeeeee Hime ha espresso nuovi gusti in fatto di maschi... COSA VORRA' MAI DIREEE? Beh, lo scoprirai! A presto!

Jeanny991_ : Salve! Beh, personalmente preferisco i cani come animali da compagnia, ma adoro comunque i gatti! Mi piacciono quelli grigi tigrati! In ogni caso, Hime sta conquistando anche me, lo ammetto! Fammi sapere che ne pensi!

Nata dalla tempesta:  ecco il prossimo capitolo, contenta? :D  A te mando un cuoricino! x3 fammi sapere che ne pensi!

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Capitolo 7
*** Il gatto che veniva dalla luna ***



Capitolo 7: Il gatto che veniva dalle stelle.
Soul Socety.
Hime saltò un’altra volta. Non riusciva ad aprire la porta dell’ufficio di Byakuya, in cui il capitano l’aveva confinata dopo l’incontro con Kenpachi, per evitare che un altro simile, indecoroso spettacolo si riproponesse.
-Tra tutti gli scimmioni senza cervello, ti sei andata a cercare giusto il meno civilizzato.- le aveva detto il capitano della sesta divisione mentre la riportava alla sesta. –Tu sei una gatta di un certo rango, ci si aspetta qualcosa da te. Qualcosa che ovviamente non comprenda il simpatizzare con uno della risma del capitano Zaraki.- e dal tono duro che aveva, Hime capì che Byakuya era particolarmente irritato.
Dalla mattinata successiva, l’aveva tenuta chiusa nel suo ufficio, facendo uscire solo quando lui era in grado di vedere dove andava ed impedendole di mettere piede fuori dalla caserma. La cosa aveva suscitato l’indignazione assoluta di Hime che si rifiutava categoricamente di mangiare, guardare, farsi toccare dal Kuchiki.
Stanca dopo l’ennesimo tentativo, sedette sconsolata davanti alla porta. Non sarebbe mai riuscita ad uscire, non in quelle condizioni. Era quasi riuscita a fregare Renji, una volta, ma poi Byakuya l’aveva ripresa e chiusa di nuovo.
Frustrata e furiosa, tornò nella sua comoda cesta e si acciambellò.

Hime passò una settimana nell’ufficio del capitano. Una noiosissima settimana senza mangiare per il nervosismo atroce che l’attanagliava.
Quando Byakuya si avvicinò a lei, la gatta era sdraiata sulla veranda della magione dei Kuchiki, assaporando il rumore della pioggia che cadeva in maniera costante e violenta sui ciottoli e il laghetto in giardino. L’aria era gravida dell’odore della terra bagnata e l’umidità le solleticava i baffi, le riempiva le narici dell’odore nostalgico dell’autunno che avanzava.
Il nobiluomo sedette al suo fianco, col suo semplice yukata scuro e rimase in silenzio. Hime, infastidita, cominciò a muovere nervosamente la coda, segnale che lui parve non cogliere, forse di proposito. –Detestarmi non migliorerà le cose, mia piccola Hime.- disse prendendola in braccio. Lei tentò di divincolarsi, ma con presa delicata e decisa, Byakuya la tenne ferma. –L’undicesima compagnia è un luogo pericoloso, Hime.- le carezzava mentre il collo e le orecchie. –Piena di villani che con i gatti delicati come te fanno merenda. Ti sta simpatico Zaraki? Va’ a trovarlo, se preferisci, ma evita di ripetere incresciosi spettacoli come quello della scorsa settimana, è stato un insulto alla tua dignità di nobile.-
Il primo impulso fu quello di saltargli sulla faccia e graffiargli quel bel faccino da figo represso, giusto per sfogarsi, ma l’energia calma che lui proiettava, la rassicurò tanto da cominciare a fare le fusa.
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Caserma dell’undicesima compagnia.
Faceva un freddo cane sotto quella pioggia scrosciante.
Si era risvegliata di colpo, come da un incubo, con quella chiostra di zanne affilate che si chiudevano di scatto davanti a lei giusto un secondo prima di svegliarsi.
Si era ritrovata in mezzo alle campagne abbandonate ed ora stava cercando un riparo. Ormai allo stremo delle forze, aveva imboccato una struttura a caso, mentre la pioggia si faceva tanto pesante da sembrare una cascata di proiettili dritti sulla sua esile schiena dal pelo rado.
La copertura della veranda arrivò come una mano divina. Il vento, però, continuava a soffiare gelido. Era notte fonda e con l’ausilio delle tenebre, si infilò dentro una porta. Ovviamente, all’interno era buio pesto, ma i suoi occhi da felino le permettevano di vedere abbastanza bene, seppur appannati dalla stanchezza. All’interno, sopra un futon, c’era un umano che dormiva alla grande. Sentiva il calore di quelle coperte chiamarla a gran voce ed allora si infilò, facendo attenzione a non svegliare l’umano. Si accoccolò per poi addormentarsi soddisfatta.

Kenpachi si svegliò sentendo contro il petto nudo, una pallina umida e calda di pelo che faceva un rumore simile a delle fusa. Alzò la coperta, alzando di seguito un sopracciglio. –Ma che razza di merda è?- si chiese, dando sfogo al suo poetico intercalare mattutino. A prima visa, sembrava un serval. Era leggermente più piccolo, ma con una lunga coda. Il bordo dell’orecchio destro era pieno di orecchini e attorno alla parte terminale della coda erano avvolti tre anelli tintinnanti, di cui uno più largo ed inciso.
Il sensibile capitanò Zaraki fece scivolare l’animale su un fianco con la stessa delicatezza con cui Arale punzecchiava le cacchette rosa. Non riuscendo a svegliarlo così, lo scosse con tutta la sua poderosa mano, ma con l’unico effetto di ottenere delle calorose fusa compiaciute mentre ancora dormiva.
Esasperato, lo alzò dalla collottola, portandoselo all’altezza del viso. Il micio si svegliò, iniziando ad agitarsi, miagolando freneticamente. Si ritrovò davanti un Kenpachi assonnato e decisamente di cattivo umore e si bloccò. –Smettila di fare casino, o ti macino.- intimò lui ed il gatto deglutì a vuoto, muovendo nervosamente la coda. Il capitano lo squadrò bene. –Sei meno checca della gattina smorfiosa di Kuchiki.- disse, mettendola giù.
La micia sedette, agitando la coda mentre guardava l’uomo. A dispetto del suo fare duro, le fece fare colazione lanciandole due fette di carne cruda. Poi tornò nella camera da letto.
La gatta gli andò dietro, pensando che quello fosse il classico caso dell’omone duro fuori con un morbido ripieno di cioccolato, ma quando lo vide spogliarsi degli abiti della notte per mettere quelli da lavoro, pensò che, in fondo, anche il duro guscio esterno non era male.
E più era duro, più le piaceva….
Il guscio, ovviamente.
Rimase dunque lì, a gustarsi lo spettacolo fino a quando, dopo che Zaraki fu pronto, non piombò in camera una tenera bimba dai capelli rosa. Che fu tenera solo fino a quando non iniziò a tirarle la coda e gli orecchini. La gatta tentò allora di trovare salvezza sulla schiena dell’omone, ma la bambina la raggiunse e lì cominciò un vero e proprio conflitto.
Almeno fino a quando Kenpachi non intimò ad entrambe di stare zitte e ferme.
-Kennino, come chiamiamo il nostro gatto?- chiese candidamente Yachiru. –Quale gatto?- chiese lui, quasi si fosse dimenticato del secondo ospite sulla sua spalla. –Lei!- disse Yachiru prendendola e sventolandogliela davanti alla faccia. Per la paura, il povero animale si aggrappò disperatamente alla faccia di Kenpachi con gli artigli.
Altrettanto disperatamente sentì il bisogno di spostarsi quando si ritrovò davanti l’occhio non proprio felice del capitano. Con finta noncuranza e decisamente molto tesa, si spostò sulla sua spalla, leccò il punto dove aveva infilato gli artigli e lo spolverò con la coda, come a dire che non fosse successo niente di che, poi distolse la sua attenzione con fare vago.
Lui sembrò dimenticare del tutto l’avvenimento ed insieme misero piede nella caserma dell’undicesima compagnia.
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Salve! Scusate il ritardo ma mi sono trasferita a Roma da poco ed ho avuto parecchio da fare!
Beh, spero che questo capitolo sia stato di vostro gradimento! Fatemi sapere cosa ne pensate e a presto!

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Capitolo 8
*** Capitolo 8: Che nomi infelici! ***



Capitolo 8: Che nomi infelici!

-Ehi Salsiccia! Vieni qui!- urlò Yachiru, correndo dietro al malcapitato gatto maculato che, da ormai quasi una settimana parassitava la loro casa.
Salsiccia, così battezzata dalla bambina, correva, cercando rifugio tra i rami degli alberi, ma quel mostriciattolo rosa sembrava poter arrivare ovunque.
Dopo un’altra mezza giornata di fuga, Salsiccia riuscì a trovare riparo su un albero lontano dall’undicesima caserma. Non era mai uscita di lì prima, ma in quel momento pensò che avrebbe dovuto pensarci prima. Il mondo, fuori da quel covo di omoni corpulenti, era decisamente più calmo… e tremendamente noioso.
Yachiru a parte, quegli energumeni che si picchiavano, ruttavano e cantavano canzoncine sconce le piacevano e si divertiva un sacco a guardarli durante i loro momenti di pausa. A volte, qualcuno le passava anche qualche alcolico. Perfino Kenpachi, che aveva deciso deliberatamente di battezzarla col nome di Puttanella, sembrava essersi affezionato a lei, tanto che qualche volta le lanciava dei coltelli da evitare per farla allenare…
O forse era un tentativo di toglierla di mezzo?
Di fatto, aveva cibo, casa e coccole e tutto sembrava filare liscio fino a quando non la vide: morbido pelo grigio scuro, occhi azzurri, camminata elegante. Era impossibile sbagliarsi.
Balzò di sotto, atterrando senza fare rumore, dritto davanti a Hime. Anche la gatta nobile si bloccò, squadrando l’altra. Rimasero a fissarsi per qualche secondo, poi Salsiccia ( o Puttanella) andò a strusciarsi su Hime, che ricambiò con calde fusa.
Puttanella guardò la gatta grigia negli occhi. –è bello rivederti dopo tanto tempo, sorellina.-
Hime ricambiò lo sguardò. –Anche tu mi sei mancata-
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Sajin si passò le zampe sulla testa, sospirò. La situazione si faceva sempre più difficile e si sentiva vicino al perdere l’autocontrollo.
Negli ultimi tempi, le coccole di Aki si erano fatte sempre più dolci, sempre più premurose, sempre più provocanti.
In quel momento, lei era a fare la doccia e Komamura non riusciva a pensare ad altro che non fosse l’acqua che scivolava silenziosa lungo le sinuose curve della sua strega. La sera gli si accoccolava al petto non prima di avergli dedicato una buona mezz’ora di grattini e bacetti, all’inizio innocenti. Non che Aki avesse cambiato di molto i punti o i modi in cui coccolava il famiglio, semplicemente lui li percepiva ormai in maniera diversa.
Il vero panico arrivava quando la strega decideva di dormire poggiando al petto di Sajin la schiena. Lui le cingeva la vita con un braccio, appena sotto il seno. Era andato tutto perfettamente bene fino a quando per Komamura non erano arrivati i problemi… mattutini.
Erano avvenimenti che il povero famiglio non riusciva a controllare, né sapeva come gestire.
Il flusso dei suoi sempre meno casti pensieri fu interrotto da Aki che risaliva dalla doccia con addosso una lunga maglietta azzurra con decori blu, che ormai la strega usava come pigiama. Le arrivava appena a metà coscia, ma Sajin sapeva già che si sarebbe sollevata durante la notte, lasciando scoperti i morbidi e sodi glutei della ragazza, sotto le mutandine di cotone con gli elefantini colorati.
-Eccomi!- annunciò lei, chiudendo la botola e correndo verso il letto, su cui saltò, rotolando fino al famiglio e accoccolandosi nel suo caldo abbraccio. Aki adorava Komamura. Gli dedicava quasi tutto il tempo libero, gli comprava cose, era sempre attenta e affettuosa ma mai asfissiante e fastidiosa. Fece sdraiare il famiglio e gli si sdraiò sul petto, poggiando la testa sul profumato collo peloso. –Ah, quanto sono stanca!- disse strusciandosi, fingendo delle tenerissime fusa. Sajin le carezzò la schiena e Aki fu felice. Nulla la rilassava quanto le coccole del suo fedele famiglio che, più che un servitore, per lei era un amico, qualcuno su cui contare sempre. –Cosa hai fatto oggi?- le chiese l’uomovolpe, facendole i grattini sulla nuca. –Ho imparato a cucire i Kimono.- disse.- Ho aiutato le mie compagne di classe, portato la spesa ad una vecchietta e rimesso un uccellino sul nido. E poi sono stata in palestra!- disse orgogliosa.
-Ti sei iscritta in palestra?- chiese sajin e lei annuì. –Si, ti sembra tanto strano?- rispose. –Voglio togliere un po’ di ciccia!-
-A me piace la tua ciccia.- scherzò il famiglio punzecchiandole il fianco morbido e femminile. Aki rise. –Tranquillo, non diventerò rachitica.- disse poggiandogli un bacio sul muso. Sajin fu colto da un’ondata di calore che dallo stomaco gli pervase tutto il corpo. Scodinzolò, mentalmente pronto al fatto che anche quella notte, nei suoi sogni, Aki non gli avrebbe baciato il muso.
Non solo quello.
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Probabilmente sarete ancora più confuse di prima! :D
Si, insomma, questi capitoli sono un po’ così ma serve a creare la giusta atmosfera di mistero per i prossimi capitoliii!
Ma vorrei parlare con voi, mie accanite ed esigue sostenitrici, del nostro piccolo Komachan che scopre che il gingillino non serve solo a marchiare i pali della luce o i cerchioni delle macchineee! Insomma, fatemi sapere cosa ne pensate! Aspetto con ansia i vostri commenti! Ciau!

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Capitolo 9
*** Capitolo 9: Non è sempre come sembra! ***



CAPITOLO 9: Byakuya era lì sulla soglia tra il sonno e la veglia. Più proteso verso l’uno che l’altra. Era stata una giornata particolarmente stancante. Ogni muscolo del corpo gli doleva ed il calore confortante del suo futon era un toccasana per le sue membra.
Il tocco arrivò delicato, inaspettato e, stranamente, in modo tremendamente piacevole. Una carezza che partiva dal collo, scivolando giù fino alla spalla e poi la clavicola. Le dita della mano che lo sfioravano erano affusolate e lunghe, morbide come seta, tiepide e confortanti. Sentì una scossa percorrerlo da capo a piedi ed un senso di calore che si diffondeva dallo stomaco in su.
Forse per colpa della stanchezza, mista a quel senso di benessere, Byakuya fece difficoltà a distinguere cosa fosse la sensazione che stava provando in quel momento. Di certo era simile a qualcosa che aveva sperimentato in passato, ma i sensi offuscati gli impedivano di collegare l’evento al ricordo.
In seguito, arrivò il profumo di ninfea e cenere, seguito da una cascata di capelli che gli solleticò il petto.
Capelli… dovevano essere lunghi e ricci, da quello che percepiva sulla pelle. Boccoli grandi, lenti e morbidi e profumati, come quelli di una principessa. Quando la mano misteriosa arrivò ad accarezzargli lascivamente il petto, Byakuya capì che sensazione era quella appena sperimentata.
Senza ombra di dubbio, si trattava del tocco di una donna. Un’emozione da tempo seppellita, insieme alla sua amata Hisana. Il ricordo della defunta moglie lo colpì come uno schiaffo, strappandolo al suo stato di incoscienza, deciso a scoprire chi mai fosse a toccarlo in quella maniera sfacciata e confidenziale che uno come lui non poteva di certo tollerare. Ma quando allungò la mano per afferrare quella aggraziata che fino a poco prima lo stava sfiorando, trovò solo Hime, accoccolata al suo petto che faceva le fusa. Sentendosi afferrare di colpo, la micia ebbe un sussulto e miagolò piano, agitando la coda.
Il nobile capitano tirò un sospiro di sollievo, rilassando dolorosamente i muscoli che aveva contratto nello scatto fatto per afferrare la mano misteriosa. Con un gemito strozzato, si girò supino, fissando il tetto. Sicuramente, quel sogno era stato provocato dalla gatta che andava infilandosi nel futon del nobile padrone. Niente da stupirsi di ciò, il pelo di Hime era morbido e profumato come seta. La gatta andò ad appallottolarsi sul ventre del capitano, che carezzandola distrattamente, aveva iniziato a rivangare vecchi e dolorosi ricordi. Tanto dolci quanto affilati erano i momenti passati con la moglie che gli risalivano alla mente.
Si sentì in colpa.
Perché, in fondo, una parte di lui aveva gioito sentendo le mani morbide di una donna tornare a solcargli la pelle, affondandovi calde, roventi, vogliose e mentre dolci e premurose. Troppo a lungo era fuggito dall’idea di trovare un’altra compagna perché in lui era ancora vivo l’amore per Hisana.
Nonostante ciò, non poteva negare che se aveva scambiato il tocco della sua gatta per quello di un’amante, evidentemente qualcosa in lui cominciava a cambiare. Ed il solo pensiero faceva male, gli dava l’idea di star tradendo la sua unica amata, la sua unica sposa che ormai non riempiva il suo letto e scaldava il suo corpo da decenni.
A strapparlo da quella vergognosa valanga di autocommiserazione arrivò Hime a leccargli la faccia, facendo le fusa. Byakuya sorrise grato alla micia, si rimise di fianco stringendola al petto e, piano piano, si addormentò.
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Annoiato dal troppo stare in casa, Sajin aveva deciso di seguire Aki nella sua giornata tipo. La scuola si era rivelata divertente. Era una specie di laboratorio di sartoria e guardando Aki imparare dall’insegnante, una signora tipicamente giapponese ormai avanti con gli anni, capì com’era che la strega fosse tanto veloce a confezionare per lui abiti perfetti prendendo misure a occhio.
Komamura era grato che lei non gli prendesse personalmente le misure. Sarebbe stato un altro imbarazzante momento di stretto contatto fisico. Il volpone era chiaramente in un momento di conflitto interno. Una parte di lui tremava all’idea di essere toccato dalla strega perché l’altra parte di lui, invece, non desiderava altro che toccare ed essere toccato da lei.
Mezzo Sajin moriva dall’imbarazzo quando, la sera, la strega gli carezzava il petto a palmo aperto, vagando dal collo all’ombelico. Un altro mezzo Sajin impazziva dalla gioia, gasato e contento tanto da scodinzolare freneticamente, mentre desiderava che Aki scendesse ancora di più con le sue mani morbide.
Ecco, l’ultimo Mezzo Sajin era quello con cui Komamura aveva problemi. O meglio, con cui aveva problemi la prima metà.
Un’altra cosa con cui aveva decisamente qualche problema, erano i fianchi di Aki. Quei bellissimi fianchi, caldi e larghi e morbidi e femminili. Giusto la sera prima era successa una cosa che Sajin faceva fatica a togliersi di testa.
Stavano giocando a rotolarsi nell’immenso letto di lei, quando tra una capriola e l’altra, preda di risate nate dalle cose più stupide e semplici, Aki non era finita addosso a Komamura, sedendosi a cavalcioni sulla sua pancia, ridendo a crepapelle. Nulla di strano fin lì, erano cose al normale ordine del giorno. Ma quando Sajin le prese i fianchi per lanciarla di nuovo sul materasso e farla rotolare, si bloccò. Proprio lì, sulle ossa del fianco, c’era un morbido strato di carne calda appena accennato ma che assicurava una presa forte e salda sul corpo della strega. Aveva cominciato a carezzare quei fianchi in maniera dapprima timida, poi sempre più sicura e istintiva, fino a quando non si accorse che usava proprio quel punto perfetto di morbidezza per far leva e spingere il bacino di Aki contro il proprio corpo. Sajin si domandò come potesse mai essergli passata per la testa una cosa del genere. Perché nella sua testa, lui non voleva di certo spingere Aki contro la propria pancia… magari giusto un po’ più sotto. Era stato più forte di lui, un richiamo profondo ed istintivo a cui il povero Komamura non era riuscito a far fronte.
Ma la parte peggiore doveva ancora arrivare. Alzando lo sguardo, imbarazzato, Sajin notò le mani di Aki che stringevano le sue, ancora strette ai fianchi, con una presa soffice. Le dita di lei colmavano i vuoti tra quelle del famiglio, senza tensione o vergogna. Aveva la schiena leggermente inarcata in avanti, con un cipiglio sicuro e complice. Ancora peggio, Sajin si sentì morire quando, giunto al volto della strega, vide che lei lo guardava dritto negli occhi con le sue sfavillanti iridi dorate che brillavano come oro liquido. Komamura ebbe quasi la certezza che quello sguardo potesse trapassarlo da parte a parte e leggere ogni suo pensiero. Tale fu la vergogna, che distolse lo sguardo, tirando le orecchie indietro e la coda tra le gambe. Tentò di sdrammatizzare facendo rotolare la strega sul materasso con un gesto fluido, mettendosi a sedere. Lei aveva riso, rimanendo supina, con le mani sul ventre ad osservare il famiglio.
Sajin non era sicuro di essere ancora riuscito a far scemare l’imbarazzo, mentre Aki sorrideva come niente fosse. Il flusso dei suoi pensieri fu rotto da un ragazzo che si era avvicinato alla strega con una scusa banale del tipo “Scusa, ma per caso il tuo telefono qui prende? Perché il mio non dà segni di vita!”
Il dettaglio che aveva fatto allarmare Komamura era stato l’aspetto del ragazzo: alto, capelli biondi e lunghi, chiaramente occidentale e nordico, con una barba curata ed il fisico atletico. Proprio il genere di ragazzo che la sua strega decantava sognante quando parlava del suo uomo ideale.
La scusa del telefono sembrava aver funzionato perché lui aveva cominciato a chiacchierare amabilmente con Aki su quanto fosse difficile cucire un kimono. Guardando la scena, con le orecchie dritte e la coda immobile, Sajin sentì il petto invaso da un bruciore acuto, accompagnato da un vago senso di nausea, rabbia, stizza e tristezza. Non voleva che quel belloccio si avvicinasse oltre alla ragazza che, dal canto suo, sembrava sempre più a suo agio, dispensando sorrisi e battute.
Aki dispensava sempre sorrisi e battute, non serviva essere un aitante nordico spigliato per scherzare con lei, ma il fatto che fosse tanto propensa verso un ragazzo simile, rendeva Komamura sempre più irrequieto. Ma la goccia che fece traboccare il vaso, l’insolenza tra le insolenze fu il modo in cui il biondone infilò le mani nella sciarpa di lei per prendere il ciondolo a forma di mezzaluna che aveva messo stretto attorno al collo, quella mattina. Sajin si infuriò talmente tanto da ringhiare. Aki sussultò al verso del famiglio, il che servì a rimettere al suo posto mr. Capello Perfetto.
Fortunatamente, quel belloccio era arrivato circa alla fine della lezione per cui non ebbe il tempo di tentare un altro dei suoi audaci attacchi. Aki lo salutò con un cenno della mano ed uscì, diretta in palestra. Sajin le camminava accanto, ancora ampiamente seccato dalla disinvolta performance del ragazzo e dall’atteggiamento aperto che la strega aveva dimostrato nei suoi confronti.
-Come mai tutto questo silenzio?- chiese Aki, continuando a camminare. –Quale silenzio?- ribattè lui. –Il silenzio che ostentavi fino a poco fa.- rispose lei. Il famiglio pensò per bene a che risposta dare. Prima gli sarebbe piaciuto capire esattamente cosa non gli faceva venire voglia di parlare con la sua adorata protetta. –Non ostento silenzio, non so cosa dire.- provò.
-Prima hai ringhiato.- continuò la strega, più in tono di affermazione che di domanda. Komamura annuì, in silenzio. –Lui… si era … ti ha toccata…- farfugliò. –Io pensavo… ti volevo proteggere…- abbassò le la testa e le orecchie. Aki lo guardò dritto negli occhi per qualche istante. –Ti sei arrabbiato perché lui mi ha toccata?- chiese. –No.- mentì il famiglio.
-Mhn..- la strega tornò a guardare la strada come se pensasse a qualcosa di importante. Sajin si mise a sua volta a guardare per terra, pensando a sua volta. Gli tornò in mente la scena del capellone che metteva la mano sul collo morbido di Aki e quella sensazione sgradevole tornò a riempirgli il petto, seguita da qualcosa di peggio. Nella testa del volpone si fece strada l’immagine del ragazzo che carezzava il collo della strega, la tirava a se e la baciava con ardore, tenendola stretta al suo corpo forte e scolpito e Aki non si ribellava, anzi, sembrava felice e ricambiava con altrettanta passione. Seguiva la scena di lui che arrivava, prendeva il biondone per la collottola e rivendicava la ragazza a zanne snudate urlando qualcosa tipo “Nessuno tocca la mia Aki!”
Scosse la testa, cercando di scacciare via quel brutto pensiero. Il Mezzo Komamura cattivo cominciò a sussurrargli cose all’orecchio, che Sajin non voleva ascoltare.
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Puttanella era teneramente a pancia all’aria sulle gambe di Kensei, che la carezzava distrattamente ma con energia mentre parlava con Hirako, in taverna. Lei, teoricamente, non ci poteva entrare ma infilarsi nel kimono del capitano si era rivelato tanto efficace quanto piacevole. Pur non essendoci confronto con la paurosa carica di testosterone di Kenpachi, anche il capitano Muguruma portava con se un odore di maschio che metteva di buon umore la socievole gatta dell’undicesima compagnia.
A differenza di Hime, Puttanella era socievole e giocosa. Le piaceva essere carezzata da chiunque, senza distinzione di età o sesso e trovava che tutti gli ufficiali fossero persone interessanti. A parte Kenpachi, sempre e comunque il suo preferito, specie quando faceva il bagno, il suo preferito era Akon. A parte l’aspetto sempre poco allegro e corrucciato, cercava sempre di darle qualcosa da mangiare quando lo andava a trovare. In cambio, Salsiccia si lasciava guardare le orecchie o controllare la coda o misurare la lunghezza del corpo, il tutto accompagnato da coccole, grattini e carne cruda.
Poi c’erano Hirako e Kensei ma il capitano della undicesima restava comunque il suo preferito. Di fatti, guardando il sole tramontare, Puttanella scattò in piedi, fece le fusa ai capitani e corse verso casa a tutta velocità. “Non piovere, non piovere, non piovere!” pensava, notando le pericolose nubi gravide di pioggia che andavano addensandosi. Gli dei furono misericordiosi e Salsiccia arrivò agli alloggi di Kenpachi appena bagnata. Saltò sulla verandina, scuotendo il corpo per cacciare via quelle odiose goccioline ed entrò a coda alta, annunciando il suo arrivo con un miagolio.
Con sua grande gioia, scoprì che Yachiru non c’era. Probabilmente era andata a dormire dal luogotenente Hinamori. A giudicare dall’umidità in casa, Kenpachi si era già lavato, il che fece diminuire drasticamente il morale di Salsiccia.
-Ehi, Puttanella, vieni qui!- la chiamò Kenpachi, con la sua solita, melodica voce dalla cadenza lirica. La gatta corse in camera sua con la coda in su e lo trovò seminudo, con addosso l’asciugamano e sdraiato con una mano sotto la nuca a cercare di capire come funzionasse quella diavoleria che chiamavano “televisore” e che sulla Terra andava tanto forte.
La gatta gli si andò a strusciare sul viso, sulla spalla, saltando oltre il braccio ed accoccolando sul ventre muscoloso del capitano, facendo le fusa. Lui spense il televisore e lasciò il telecomando, abbandonandosi stanco sul cuscino. Prese a carezzare la schiena della micia, nel silenzio rotto solo dal rumore della pioggia e le fusa del micio, che gli rombavano calde sulla pancia, rilassandogli i muscoli. Stretta tra le mani ed il corpo di Kenpachi, Puttanella si sentiva in paradiso. Quando Yachiru se ne andava, il guerriero si rilassava quasi totalmente e carezzare la gatta faceva parte del suo rituale di rilassamento. In quel momento si creava un’atmosfera assolutamente intima, in cui il colosso abbandonava il suo involucro di pietra per mostrare il dolce ripieno al cioccolato che portava dentro.
Pian piano, lo shinigami scivolò in un sonno profondo e sereno. Puttanella tese le mani all’indietro e tirò la coperta su di se e su Kenpachi. Non voleva che quella meraviglia prendesse freddo.
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Mi scuso per il ritardo, ma ho compensato con un bel capitolone luuuuuuuuugoooooo!
Spero che sia stato di vostro gradimento :3 i vostri dubbi sulle gattine andranno pian piano fugati!
Detto ciò, vi ringrazio in anticipo per le recensioni (sia positive che negative, si accettano entrambe volentieri) e vi do appuntamento al prossimo capitolo!
Ciao! :3

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Capitolo 10
*** capitolo 10: tutta colpa di hime! ***


capitolo 10


CAPITOLO 10: Tutta colpa di Hime.

Kenpachi capì che qualcosa non andava.

Decisamente,  qualcosa non andava.

Era appena rientrato dal lavoro, sudato come sempre e quando aveva aperto la doccia li aveva trovati. Erano solo due, ma c’erano.

Capelli.  Ed erano capelli lunghi. E siccome non sembravano né di Yachiru, né tantomeno suoi, aveva deciso di metterli da parte. Aveva fatto la doccia, messo un kimono pulito e poi era andato dalla sola persona fidata che potesse identificare in modo inequivocabile quei capelli: Yumichika.

Lo trovò seduto a leggere chissà cosa, talmente intento da non rendersi conto dell’arrivo del capitano. –Sei sempre il solito frocio!- esordì magistralmente Kenpachi. Il quinto seggio saltò sul posto, terrorizzato da quell’attacco improvviso alle spalle. –Capitano! Che ci fate qui a quest’ora?- chiese ignorando l’insulto.

Oramai ci si era abituato e dopo anni passati arrabbiandosi e ribadendo quanto fosse una calunnia infondata, aveva deciso semplicemente di non reagire. Prima o poi si sarebbero scocciati di dargli della checca. Ed in effetti era accaduto, ma non per il suo capitano, che oramai considerava “Frocio” il secondo nome del suo quinto seggio.

-Ho bisogno che tu faccia una cosa. Una volta tanto potresti essere utile a questa compagnia. -continuò Zaraki. Ayasegawa sorrise. -Allora ditemi pure, capitano.- disse invitandolo a sedersi.

Dopo essersi accomodato, Yumichika gli porse un po’ del thè che aveva preparato poco prima per se e chiese –Dunque, come posso aiutarvi, capitano?-

Kenpachi prese il fazzoletto dalla tasca, tirando fuori i capelli  e passandoglieli. Se appartenevano a qualcuno del Seireitei, il suo effemminato quinto seggio lo avrebbe capito al volo.

Il ragazzo corrugò la fronte e prese uno dei capelli, rigirandoselo tra le mani con fare da intenditore. –Allora…- cominciò. –Biondo ramato, lievemente tendente al castano, ma appena appena. Ed è riccio.. sembra un boccolo lento, ben definito.- Lo annusò. –Sicuramente di una ragazza. Una bellissima ragazza, se ha questi capelli.- alzò lo sguardo verso il capitano con sguardo indagatore, curioso come una vecchia comare. –Dove li avete trovati?- chiese.  –Nella doccia di casa mia.- rispose noncurante il capitano, guardando altrove.

Yumichika mise su una faccia del tipo “Era ora, porco Spirit King!” mista a meraviglia, confusione e soprattutto invidia. Pareva ormai chiaro che la proprietaria di quei capelli dovesse essere una giumenta purosangue. Ma come aveva fatto uno scimmione come il suo rispettabile superiore a trovare una topa del genere? E soprattutto, perché quel gioiellino era entrato nella doccia del capitano? La risposta era evidentemente solo una…

Kenpachi inzuppava il biscotto in una tazza di latte intero di prima qualità.

-Beh… - riprese Ayasegawa, dopo aver superato il suo momento di sconcertanti intuizioni. –Insomma, congratulazioni, capitano! Non capita tutti i giorni di riuscire a montar… conoscere una ragazza così!- disse sollevando il lungo e lucente capello. –Posso sapere come si chiama?- chiese. A quel punto, Kenpachi si girò verso di lui e gli disse. –Secondo te, se lo sapevo venivo a portarti quei fottuti capelli, deficiente?!-  con queste parole, il capitano dell’undicesima compagnia del Gotei 13 regalò all’umanità tutta un altro momento di aurea letteratura.

Il quinto seggio incassò la testa tra le spalle. –Io… cioè.. mi scusi! Pensavo che era un modo per  farmi sapere che eravate andato in buca! Insomma… un momento di condivisione tra uomini, di confidenza e vanto!- rispose cercando di far fronte all’attacco di Zaraki.  Kenpachi, dal canto suo, alzò un sopracciglio, fissando il sottoposto negli occhi e con aria di ovvia superiorità gli disse. –Non ho bisogno di venire a vantarmi con TE delle mie avventure sessuali, Yumichika. –

Il quinto seggio quasi non subì il colpo brutale che il capitano aveva inflitto alla sua già poco affermata virilità e scosse la testa. –Capitano, non sapete proprio come si tratta una donna! E’ deplorevole che ve la siate portato a letto senza nemmeno chiederle il nome!- si mise a braccia conserte, evidentemente schifato da quell’errore grossolano. Sfortunatamente per Yumichika, Kennino aveva finito i cartellini “pazienza”.

-MA PORCO YAMAMOTO, YUMICHIKA! A FURIA DI PIPPE TI SEI FOTTUTO IL CERVELLO?! NON MI SONO SCOPATO NESSUNA DANNATA PUTTANELLA BIONDA! SONO TORNATO A CASA E HO TROVATO QUEI CAPELLI IN DOCCIA! ED A PARTE YACHIRU L’UNICA ALTRA FEMMINA CHE VIVE DA ME E’…- si bloccò di colpo, mentre uno strano, insensato dubbio si faceva strada dentro la sua mente. Per qualcun altro sarebbe sembrata un’ipotesi assurda, ma l’istinto suggeriva a Kennino che potesse essere quella giusta.- Dannata…. Puttanella!- si alzò e corse via come un treno, lasciando il quinto seggio solo sulla veranda. Elegantemente, Yumichika, sospirò, tornando a sorseggiare il thè.

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All’uscita da scuola, Aki aveva deciso di non andare in palestra, così lei e il famiglio erano tornati a casa insieme. Sajin si era subito raggomitolato sul letto, stanco e deluso da quella giornata. Chiuse gli occhi e  tentò di rilassarsi. Il tentativo fu vano perché la strega andò a sedersi proprio accanto a lui, portandosi dietro la borsa a sacco. Ne tirò fuori un quadernetto rilegato in pelle dal quale, a sua volta, estrasse un pezzettino di carta che si rigirò tra le mani con un mistro tra la curiosità ed il totale disinteresse.  Il famiglio alzò la testa  e guardò il fogliettino.  C'era scritto sopra un numero di telefono ed un nome: Luke.  Non ci mise molto a realizzare che
quello fosse il nome del biondone di quel pomeriggio che, insolentemente si era anche  prodigato di lasciare il suo numero alla ragazza.  Colto da un'altro moto di stizza, Sajin  ripiegò le orecchie all'indietro, tornando a poggiare la testa sul  materasso. Aki  guardò il bigliettino. -Che ragazzo simpatico!- disse, riponendo il pezzo di carta nell'agenda.  -Simpaticissimo.- rispose secco Komamura. -Mi pare di capire che tu non lo abbia molto a genio.- continuò la strega. -Non è che non ho a genio lui.- disse ancora il famiglio, cercando di capire e di calmare quel misto di rabbia e tristezza e solitudine che provava. -Io ho... ho solo paura...- sussurrò.

La strega mise via il quaderno e lasciò andare il foglietto, che si perse tra le pieghe del piumone. Si distese sulla schiena grande e forte del suo Komachan ed iniziò a massaggiargli la base del collo con lenti , dolci ma decisi movienti circolari. -Paura di cosa?- gli sussurrò in un un orecchio. La voce di Aki si insinuò dentro Sajin, morbida e setosa come il bacio di un amante, densa e travolgente come un peccato di lussuria. Sentì un brivido lungo la schiena ed insieme salì dal ventre una vampata calda che gli riempì il petto e la gola, arrivando fino al cervello. Senza che se ne rendesse conto, la sua coda aveva cominciato a muoversi, la  testa si era reclinata all'indietro e il viso della strega aveva trovato posto nell'incavo tra il collo e la spalla dell'uomo volpe, lì dove ora stava poggiando ardenti baci che mandarono Sajin ancora più in confusione. Fece leva sulla sua forza di volontà per tentare di riaversi un attimo e capire cosa stava accadendo ma proprio quel tentativo peggiorò la situazione. Il momento di lucidià che era faticosamente riuscito a conquistare gli aveva fatto sentire le gambe di lei che scivolavano lungo la sua schiena, posizionandovisi sopra a cavalcioni. La botta finale fu la sensazione dei denti di Aki che affondavano nel suo collo in maniera appena accennata, insieme alle mani che gli carezzavano energicamente le spalle.

Qualcosa i potente scattò in lui. Un istinto ancestrale, un richiamo profondo e potente, un tamburo che suonava nel suo ventre e nel suo petto, scuotendolo da capo a piedi.  Con un unico, rapido e fluido movimento, Komamura si tolse Aki di dosso, la stese sul materasso e le salì sopra, bloccandole i polsi al letto. Lei lo guardava dritto negli occhi, con le gambe appena divaricate per lasciare spazio al corpo del famiglio, totalmente calma . -Di cosa ho paura?- chiese Sajin, con le orecchie dritte e la coda che frustava l'aria. -Ho paura che lui ti guardi, ti parli, ti tocchi. Ho paura che tu lo lasci fare, ho paura che lui ti prenda e ti conquisti e ti porti via da me. Ho paura che ti tolga dalle mie braccia la notte, che mi privi delle tue carezze e del tuo affetto.-disse con strasporto, fissando intensamente la sua Aki negli occhi. -Ho paura..- continuò -che lui ti piaccia ed ho paura del fatto che io non potrò mai piacerti perchè non sono un avvenente ragazzo dai capelli lunghi come lui, ma solo un enorme cane e... ed ho paura anche... del fatto che proprio per questo, non potrò averti mai.- si zittì, ansimante per la confessione animata, stremato dal peso e dalla disperazione e dalla vergogna che saliva mentre si rendeva conto piano di quello che aveva appena detto. La cosa buona è che dentro di lui, ogni sensazione trovava un suo posto. La cosa cattiva era che più lui capiva cosa fosse quello che provava, più temeva la risposta della ragazza. Tuttavia, ormai era fatta e tornare indietro sarebbe stato stupido ed inutile. Era perso in questi pensieri quando la mano di Aki sorprese la guancia di Sajin con una carezza dolcissima. Il come l'avesse tirata fuori dalla presa ferrea del famiglio era un vero mistero, ma ora era lì e lo carezzava con una tenerezza disarmante. -Sajin...- disse lei.- Quelli dipinti sulle mie pareti ti sembrano avvenenti ragazzi dai capelli lunghi?- chiese. Il famiglio si voltò a guardare gli uomini lupo magistralmente dipinti che sembravano uscire dalle pareti, tanto raffinata era la loro fattura. In particolare si soffermò su quello bianco, davanti alla finestra a cui, da quando aveva accorciato il pelo sulle guance, Komamura somigliava tantissimo. -No...- rispose. -Sembrano... me...-

La strega sorrise. Passò la mano dietro la nuca del famiglio, avvicinando il muso al suo viso. Tirò fuori l'altra mano da sotto la zampa di Sajin e cominciò a carezzargli il petto a palmo aperto, in un tocco energico e sensuale. -Allora secondo te...- gli sussurrò mentre gli  cingeva il corpo con le gambe, spingendolo verso di se. -Secondo te... chi desidero tra te e lui?-

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Byakuya si passò la mano sul viso, stanco. Era successo ancora e lui non era riuscito a prendere più sonno.

La sera prima si era steso, esausto, e subito si era addormentato. Il passaggio di Hime gli aveva provocato un'altra di quelle assurde sensazioni, solo che stavolta era stata decisamente peggiore. Tra il tepore delle sue coperte aveva distintamente sentito il corpo delicato di una fanciulla sfiorare in modo intraprendente il suo. Una volta svegliatosi aveva scoperto che si trattava semplicemente di Hime che si era spalmata a dormire su di lui, ma il capitano della sesta aveva il presentimento che gli mancasse qualche pezzo della vicenda. La percezione che aveva avuto era stata decisamente troppo accurata. Il corpo che lo aveva toccato aveva una pelle morbida e delicata, liscia come seta. I seni sodi e proporzionati a quel corpo tonico dalla vita stretta ed i fianchi ben delienati. Quella visione si era strofinata col petto su di lui partendo dal basso ventre fino al petto, strappandogli un sospiro poco signorile e sicuramente inadatto ad un vedovo ancora in lutto. Allora si era svegliato del tutto ed aveva teso le mani per afferrare quell'insolente illusione che ormai in maniera abituale turbava le sue notti e di nuovo aveva trovato la sua povera gatta che strappata dal sonno dalla presa del padrone, aveva miagolato, sobbalzando.

Quand'anche non fosse chiaro il motivo per cui Byakuya sognasse cose simili, sicuro era il fatto che avessero il potere di farlo rimanere sveglio a fissare il tetto, per paura che potessero tornare.

-Capitano, siete sicuro di stare bene?- chiese Renji che guardava apprensivo le occhiaie del suo capitano. Il nobile Kuchiki annuì.-Si, Abarai. Semplicemente Hime non mi fa dormire la notte.- rispose, tornando diligentemente ai suoi documenti. -Allora fatela dormire in un'altra stanza, così non potrà disturbarvi.- proprose. L'acuta osservazione del luogotente lasciò basito Byakuya. Come aveva fatto a non pensarci prima?  Diede la colpa alla troppa stanchezza e tornò al suo lavoro, ripromettendosi di mettere in atto il consiglio di Renji.

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TADAAAAAN!  Ecco il decimo capitolo! Caspita, non avrei mai pensato di arrivare tanto lontano! Beh, a quanto pare Kenpachi sembra aver intuiiiito qualcosa! Oh beh, evito di andare oltre, preferisco lasciavi nei vostri dubbi ancora un po'! YOHOHOHOHOH!

Innansi tutto ringrazio la mia mogliettina, Nata dalla Tempesta, che trova sempre il modo di spronarmi a scrivere. Anche quando mi perdo d'animo, riesce sempre a tirarmi su di morale e mi spinge a fare del mio meglio! Grazie AmmoVe!

Dopo di che, voglio ringraziare la mia recensitrice storica, Breakfast_with_Panda. Sappi che aspetto sempre la tua recensione xD  Aki perversa? NOOOOOOOOOOOO! (non poco)  In ogni caso, scusa per l'attesa, ma a volte sono talmente stanca che non ho proprio il tempo o l'ispirazione giusta! Però cerco di farmi perdonare poi!

Passando a TooSixy.. comincio ringraziandoti dei consigli! Appena posso li sistemo! ( per ora ho troppo sonno, sto dormendo sulla tastiera! T^T)  Continuo ringraziandoti per la recensione. Me ne arrivano davvero poche e  quelle poche che arrivano sono davvero un regalo splendido! Riescono anche a migliorarmi la giornata perchè significa che qualcuno apprezza quello che scrivo e ripaga pienamente le ore piccole fatte per finire i capitoli!  Come vedi, i pensieri perversi qui non sono un problema ma temo che dovrai tenere i tuoi dubbi riguardo alle gatte ancora per un po'! Spero che la storia continui a piacerti abbastanza da spingerti a lasciare un commentino anche stavolta! Ti ringrazio in anticipo!

Ringrazio tutti! Grazie per il tempo che dedicate alla mia storia.

Grazie di cuore, Faffy.

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Capitolo 11
*** Non è zoofilia! ***


capitolo 11


CAPITOLO 11:   No, non è zoofilia.

Hime camminava per il seireitei, indignata.

La sera prima, Byakuya l’aveva fatta chiudere in una stanza piena di cuscini, con una ciotola di panna e salmone fresco. Per la gatta, quello era stato un insulto bello e buono. Quel nobilastro pensava forse che i suoi cuscini morbidi e caldi ed il suo raffinatissimo e costosissimo cibo sarebbero bastati a placare la furente ira della gatta?

Si sbagliava di grosso! L’aveva deliberatamente allontanata da lui e questo era un insulto che Hime non avrebbe perdonato molto facilmente. A nulla era servito miagolare tutta la notte, non era entrato nessuno, tanto meno Byakuya. A giudicare dalla faccia del padrone, però, era almeno riuscita a non fargli chiudere occhio. Per manifestare apertamente il suo disprezzo nei confronti della condotta del padrone, Hime stava andando alla ricerca di Kensei per farsi coccolare un po’ da un maschio vero. Uno che sapeva ancora usare il pisello e che non stava a rimuginare su un’ex di mezzo secolo prima.

Caso volle che, sfortunatamente, il capitano della nona si era preso un giorno libero. Tirò le orecchie all’indietro, la coda che frustava l’aria a sottolineare il suo disappunto. Stava quasi per andarsene quando vide Puttanella uscire dalla nona compagnia, con la coda alta, allegra come sempre.

Era ovvio che fosse allegra, pensò Hime, viveva con un omone super virile, rozzo come un vichingo e forte come Marte in persona.

-Cercavi Kensei?- chiese Puttanella avvicinandosi. –Purtroppo oggi non c’è.- disse. Hime agitò la coda. –Si, ci ero arrivata anche io.- rimò. La gatta maculata passò oltre quella grigia. –Io stavo andando da Akon. Vieni con me?-

Hime scosse la testa. –No, la dodicesima compagnia mi inquieta. Cercano sempre di infilarti una sonda dove non vorresti.-  Puttanella rise.- Esagerata!-

Fece per andarsene, saltando agilmente sul tetto accanto. La nobilgatta rimase a guardarla per qualche secondo, sedendosi elegantemente con la coda attorno al corpo. –Mira, senti…- cominciò prima di vedere la sorella balzare giù dal tetto con uno scatto fulmineo.  Un Kenpachi in carica era atterrato proprio dove prima c’era il serval e la fissava intensamente. –Io e te dobbiamo parlare, Puttanella.- disse deciso. Salsiccia, da parte sua, tirò indietro le orecchie, abbassandosi e agitando la coda. –Ma anche no!- rispose per poi scattare via dicendo a Hime. –Ci vediamo in giro, Ceti!-

-Ci vediamo in giro, Mira.- rispose lei, guardando la sorella che correva via con dietro il pauroso capitano dell’undicesima. Con un sospiro rassegnato, la raffinata gatta di villa Kuchiki scosse il setoso fiocco azzurro che teneva al collo ed andò ad affrontare il padrone, decisa a riavere posto nel suo letto. Perché lei lo avrebbe riconquistato.


Byakuya aveva appena terminato di firmare la solita, imbarazzante pila di documenti ed aveva deciso di andare fuori a godere della luce del sole che quel giorno splendeva radioso, bellissimo e superbo nel cielo terso di un azzurro così intenso da togliere il fiato. Contemplò in silenzio l’inseguirsi di passeri in quell’immensità cristallina e sorrise appena nel vederli volare, liberi e spensierati.

Con un sospiro, abbassò lo sguardo a terra, dove trovò la sua gatta, seduta elegantemente davanti a lui. –Quando ti guardo ringrazio gli dei che tu non sia come Yoruichi. Se ti avessero concesso la parola, con il carattere che ti ritrovi, probabilmente lo staresti guidando tu il Gotei 13, ora.- le disse abbassandosi con fare elegante e tendendole la mano. Hime rimase a guardare la mano, palesemente indecisa sull’avvicinarsi o no. L’istinto suggeriva a Byakuya che la gatta avesse già preso una sua decisione ma volesse farsi desiderare. Pazientemente, attese. Dopo qualche secondo ancora, la micia si alzò ed andò a strofinarsi contro la mano del capitano a coda alta, regalandogli una commovente cascata di fusa.

In quell’istante cominciò una guerra silenziosa nella quale lei metteva in atto tutte le migliori doti di persuasione mentre lui cercava in tutti i modi di resistere a quella valanga di morbida tenerezza che ora stava strusciandosi sulle sue ginocchia. Alla fine, con un sospiro, Byakuya decise che non fosse il caso di perpetrare quello scontro ed allora prese la gatta in braccio e la riempì di grattini dietro il collo. In fondo, gli era mancata. La presenza di Hime tra le sue coperte lo faceva sentire meno solo ed i sensuali incubi che la gatta gli procurava erano sopportabili rispetto all’asfissiante solitudine che lo aveva attanagliato la notte precedente, quando era solo nel suo nobile giaciglio e nulla di caldo e morbido faceva le fusa contro la sua pancia.

Soddisfatta e vittoriosa, Ceti rimase a godere in beatitudine della propria vittoria.

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Il cielo  era ancora buio e nella stanza filtrava appena la luce della luna, illuminando con la sua pallida luce l’interno della stanza.

Sajin era sveglio e carezzava dolcemente le curve sinuose del corpo nudo della strega, stesa di fianco accanto a lui, dandogli la schiena. Sereno e felice come non ricordava di essere mai stato, con le orecchie piegate all’indietro ed i muscoli totalmente sciolti, la osservava, ancora incredulo e sorpreso del dono che la ragazza al suo fianco aveva deciso di concedergli. La notte, con Aki, era stata dolce ed aveva lasciato nel famiglio la stessa sensazione che si lasciano dietro i sogni, quelli particolarmente vividi e tanto realistici da sembrare veri.

Chiudendo gli occhi, Sajin poteva ancora sentire le mani di lei che gli artigliavano la schiena, le gambe avvinghiate ai propri fianchi e le dolci parole che la strega gli ansimava nelle orecchie. Per un periodo di tempo che Komamura non avrebbe saputo definire, si era scordato di essere una volpe gigante, si era scordato di avere un passato da ricordare, si era scordato del mostro che turbava i suoi incubi.

Era stato semplicemente Sajin, fuso con il corpo e con lo spirito dell’unica persona che oramai era sicuro di amare.

Si chiese se fosse una cosa giusta, la loro unione. In fondo, lui era una specie di uomo lupo mentre lei era un’umana. Eppure non riusciva a trovare cosa ci fosse di sbagliato nel forte sentimento che lo legava ad Aki. Cosa importava la forma, il colore o l’altezza. Che cambiava nell’avere o meno le orecchie e la coda quando il cuore e l’anima di entrambi pulsavano e suonavano allo stesso ritmo, in armonia perfetta.

Cosa importava dell’aspetto lì dove c’era il sentimento?

Anche l’acqua e la terra hanno due consistenze diverse eppure, quando si incontrano, creano cose meravigliose.

-Non riesci a prendere sonno?- chiese la voce della strega, facendo sussultare Sajin e distogliendolo dai propri pensieri.

-Già…- rispose lui, lasciando che Aki si girasse per guardarlo. –Ho forse turbato il tuo animo, mio tesoro?- chiese lei, carezzandogli il petto. I suoi occhi brillavano dorati, con le pupille estremamente dilatate, come quelle dei gatti. Nonostante fosse lievemente inquietante a vedersi, Komamura non percepì alcun segnale di pericolo. –In realtà, mi hai dato la pace.- ammise, esaminando attentamente dentro se stesso. –Mi chiedevo solo se non fosse… eccessivamente perverso il fatto che io e te…-

Aki ridacchiò. –No, non è zoofilia.- rispose la strega, intuendo i pensieri del famiglio. –Io non sono umana.-

-La tua natura è ancora un mistero per me.- rispose allora Sajin. Aki si alzò a sedere ed al volpone parve che i capelli di lei fossero un po’ più lunghi e decisamene mossi. –Noi streghe…- iniziò. –Siamo spiriti creati dalla natura stessa, siamo emanazione della terra. Siamo un concentrato di vita pura. La terra è il nostro corpo, l’acqua il nostro sangue, l’aria il nostro respiro ed il fuoco è il nostro spirito.-

Sajin  ricordò la litania che Aki aveva intonato prima di possederlo ed una nuova scarica di paura lo pervase per un istante.

-Siamo fatte della stessa sostanza di cui è composto il mondo, l’universo, le stelle. Quando una strega muore, il suo spirito non trapassa ma resta attaccato alla terra da dove rinasce, in una maniera o nell’altra. Noi conteniamo al nostro interno i segreti della caccia dei leoni, del volo delle farfalle, delle migrazioni degli uccelli e del parto dei cervi. Conosciamo la furia di un uragano ed il tocco del sole all’alba di un giorno di primavera. Il gelo della neve e la superbia dei fiori estivi. Per noi che conosciamo tutto nulla è scontato, perché la vita è talmente magnifica che pur sapendo esattamente come funziona, non riesci mai a capacitarti di come possa essere tanto perfetta.- disse con trasporto e dolcezza. Gli carezzò il viso e Sajin rimase a guardarla intensamente. –Quindi sai cosa sono.- affermò. La strega annuì. –Mi ci è voluto un po’ per capirlo, devo ammettere. Ad ogni rinascita ci tocca risvegliarci pian piano. La conoscenza che ho io che sono ancora giovane, non sarà mai come quella che riacquisterò una volta vecchia.- sospirò, per poi guardarlo a sua volta.

-Si, so cosa sei, Sajin Komamura. La domanda è: tu sei sicuro di volerlo sapere?-

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Mira si fermò a riposare in mezzo ad un folto cespuglio di periferia, esausta ed ansimante, avvolgendosi nella lunga coda maculata.  Guardò il cielo da uno spiraglio tra le fronde: era il tramonto. Sospirò rincuorata, con il calare delle tenebre, sfuggire a quel terrore di capitano sarebbe stato più semplice.

Il motivo per cui Kenpachi la stesse inseguendo in quella maniera era un mistero. Che avesse scoperto il segreto della gatta che teneva in casa?

“Certo che l’ha scoperto, cretina! Gli hai anche risposto! “ pensò con stizza, tirando le orecchie all’indietro ed agitando la coda. Si acciambellò in quel posto sicuro, poggiando la testa sulle zampe anteriori e sbadigliò. La stanchezza ebbe la meglio ed alla fine, Puttanella si addormentò all’ombra del cespuglio.

Si svegliò di soprassalto, sentendo una presa ferrea sulla schiena che la sollevò di peso, tirandola fuori dal suo nascondiglio senza alcuna delicatezza.  Graffiata dai rami e dolorante, Puttanella non dovette nemmeno voltarsi per sapere che Kenpachi l’aveva trovata. –Adesso io e te facciamo due conti.- disse serio.

La portò a casa tenendola così, in silenzio, con lo sguardo fisso davanti a se. Era nervoso e arrabbiato e la curiosità che provava nel pensare a cosa potesse essere in realtà quella micia era sorpassata da un profondo disgusto verso quell’essere che si era approfittato della sua casa, del suo letto, dei suoi momenti di debolezza e rilassamento senza nemmeno avere la cura di dire cosa fosse esattamente. Ogni notte quella fottuta Puttanella si era raggomitolata contro il suo corpo facendo le fusa, strusciandosi al suo fianco e mostrandogli un affetto disinteressato che solo gli animali sapevano dare. >

Ma ormai, Kenpachi non era più certo che si trattasse di un animale.

Arrivarono nell’alloggio del capitano in cui Puttanella fu letteralmente lanciata. La stanza era buia e solo qualche flebile raggio di luce filtrava fino a dentro. Atterrò agilmente e si raggomitolò in un angolo terrorizzata dalla possibile reazione del padrone, tremante. Lui chiuse la porta, si tolse l’haori con un gesto secco e nervoso e si girò a guardarla, fissandola negli occhi con il suo sguardo scuro e minaccioso. Puttanella sapeva benissimo che quell’espressione truce sapeva diventare docile e rilassata quando la sera lo guardava addormentarsi e tutta la furia combattiva che lo pervadeva lasciava spazio al tepore dei sogni.

Quella volta, però, la gatta sapeva che non se la sarebbe cavata con la coda alzata e qualche tenera moina. –Tu..- cominciò Kenpachi, inchiodato davanti alla porta con la zampakuto in mano, per fortuna ancora nel fodero. –Basta scherzare. Voglio sapere chi sei, cosa diavolo sei e cosa accidenti vuoi.- sibilò gelido. Puttanella pressò la schiena contro il muro, terrorizzata. –Scusami Kenpachi… io non.. non volevo…- non riuscì a continuare. Il capitano era scattato nella sua direzione, afferrata per il collo e sollevata. E stava iniziando a stringere. –Chi sei?- ripeté.

La gatta cominciò a dimenarsi, con la coda che frustava l’aria. –Non.. non posso…- rantolò mentre sentiva l’aria venirle meno e Kenpachi stringeva sempre di più. Ogni cosa in lui trasudava una malcelata furia che tratteneva a stento, spinto da non si sa quale moto di compassione verso quell’esserino impotente tra le sue mani.

Puttanella sentiva i polmoni bruciare, la stanza vorticava ed i suoni si facevano sempre più ovattati e lontani mentre il buio diventava sempre più fitto. –E’… pericolo..so..- disse prima di perdere i sensi.

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TADAAAAAAN!

Ecco il capitolo undici ù.ù

Finalmente si comincia a capire qualcosa, almeno su certi aspetti. Di sicuro adessio siamo sicuramente certi che le gatte non sono proprio gatte e che Aki non è zoofila.

Avrei voluto dettagliare meglio quest'ultima parte tra Puttanella e Kennino, ma ho trovato qualche difficoltà T^T Purtroppo Kenpachi è un tipo che si presta più a istinto e comunicazione non verbale, pensieri semplici e diretti e non mi sembrava il caso di insistere con monologhi interiori intricati e complessi. Ho preferito riportare la semplice sensazione di tradimento nel modo più lineare che potevo. Spero che vada bene lo stesso ^^"

Ma ora passiamo ai commentinininini! *^*

ILARIA: TU! Mia compagna di banco! Mia compagna di scleri mattutini, pause caffè di un'ora emmezza, shopping e cazzate di ogni sorta! Eccoti svelato come mai Aki non è zoofila!  E ricorda che Komachan non merita di essere isolato solo perchè ha le orecchie e la codina, ecco! T^T anche lui ha un cuore (e svariate altre parti anatomiche) che cercano conforto e amore sincero e necessità che censuriamo per ovvi motivi di decenza. Spero che il capitolo ti sia piaciuto e ricordami che ti devo uncaffè xD.

NATA DALLA TEMPESTA: mio ammore al caraMMello. Ecco svelato un altro segreto su Aki e le nostre simpatiche e allegre canaglie!  Anche per te c'è la risposta al dubbio sulla presunta zoofilia di Aki! Lei ama Komachan a prescindere dal suo (adorabile e spupazzevole) aspetto e la sua natura di strega la rende comunque affine a lui, ordunque ecco fugata ogni calunnia! Riguardo Byakuya, io direi che sia il caso di perderci le speranze. Ha appeso il suo  [CENSURA]  al chiodo quando è morta Hisana penso tristemente che dopo tutto quel tempo attaccato lì si sia anche essiccato... tipo il baccalà. Magari è buono col sugo...  MAVABBE', cazzate a parte grazie per il commentino, lo sai che mi rendono tanto tanto tanto felice *^*  Fammi sapere che ne pensi!

BREAKFAST WITH PANDA: la mia storica e fedelissima recensitrice! Colei senza la quale questa ff sarebbe morta a capitolo 3. Rinnovo i miei sentitissimi ringraziamenti commossi T^T   Spero che la storia stia rispecchiando le tue aspettative! Aki è una porcona atomica, anche se lei smentisce sempre.. però non ci crede nessuno! xD Ma la sua zozzaggine è una dimostrazione di tenerezza e dedizione!  Temo che lo sclero che ti aspettavi non ci sarà. O almeno non ancora! Insomma, ci sono ancora un po' di cose da mostrare prima dell'epilogo finale! Conto nella tua assidua presenza. Grazie tante ancora!

 

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Capitolo 12
*** Capitolo 12: Alla faccia del gatto! ***


capitolo 12 CAPITOLO 12: ALLA FACCIA DEL GATTO!


-Penso che il signor Urahara potrebbe spiegarti tutto meglio.- disse Aki, passandogli distrattamente la mano dietro le orecchie. Sajin corrugò la fronte, quel nome non gli era nuovo.

-Il... signor Urahara?- chiese. Lei annuì. -Si, è un tuo... beh, chiamiamolo vecchio amico, anche se non sono sicura che sia la descrizione migliore. Io potrei anche tentare un rituale per farti riavere tutta la memoria ma sarebbe lungo e complicato ed alcuni materiali necessari sarebbero molto difficili da recuperare.- si alzò e con un movimento fluido raggiunse l'altare sotto la finestra, recuperando il grosso tomo e portandolo a letto. Se lo mise sulle ginocchia e cominciò a sfogliarlo con attenzione. Sajin rimase colpito dalla maniera in cui le dita esperte della strega sfogliavano le pagine spesse e polverose del libro, scritto in una lingua che sajin era sicuro di non conoscere, fatta di segni fitti e spigolosi in alcune pagine, morbidi e seducenti in altre.

-Ecco!- disse Aki, fermandosi su una pagina in particolare e picchiettandola con il dito. -Sono quasi quattro pagine di invocazioni per l'apertura del cerchio. Solo per quello! Poi ci sarebbe da scrivere per bene la formula seguendo le dritte che cita qui, un po' del tuo sangue, ossicini e piante che vengono dall'Africa o dall'Irlanda... insomma, un po' di casino.- Tirò le ginocchia al petto. -Per non contare che il rituale sprigiona un'elevatissima quantità di energia spirituale che potrebbe attirare hollow da tutte le parti. E l'irruzione di uno di quei cosi manderebbe all'aria il rituale, il che potrebbe avere gravissime ripercussioni..- disse ancora.  Sajin tirò indietro le orecchie, impressionato da quanto la magia fosse complessa e da quante cose conoscesse la sua adorata compagna.-E questo... Urahara... che cosa dovrebbe fare?- chiese, titubante. Aki alzò una spalla.-Attaccarti ad uno dei suoi macchinari da tentacle rape e schiacciare un bottone.- rispose.

Komamura drizzò le orecchie. -tentacle.. che?- chiese ed Aki scosse con non curanza la mano. -Un genere hentai, poi ti farò vedere.- disse.- In sostanza dovrebbe, teoricamente, attaccarti qualche sondino addosso e premere un magico pulsantino che romperà la maledizione inflittati da Cetus.- concluse abbastanza soddisfatta. Sajin aveva voglia di chiederle chi fosse questo "Cetus" che si era preso la briga di mettergli addosso la maledizione, ma fu bloccato dal cambio di atteggiamento di Aki che aveva nascosto il viso tra le ginocchia, rannicchiandosi su se stessa. -Ehi...?- la chiamò il volpone, toccandole la schiena.

Singhiozzava. Komamura si sentì mancare: perchè la sua piccola e dolce strega stava piangendo. -Tutto bene?- chiese.-Questo... Cetus.. ti ha fatto per caso del male?-

Perchè se così fosse stato, Sajin sarebbe andato fino ai confini del mondo per farlo pentire amaramente ma Aki scosse la testa. -No... a me ha fatto un enorme regalo, togliendoti la memoria.- rispose.- Ed è questo il punto... Tu, ora, sei qui con me perchè Cetus ti ha attaccato e ti ha tolto i ricordi e mi chiedevo... quando li avrai recuperati tu... vorrai stare ancora con me? Rimarrai al mio fianco o tornerai alla vita di prima?- ormai piangeva senza ritegno. -Mi sentirei così sola, senza di te!- si strinse a lui. -Senza stringermi a te la sera per addormentarmi, senza svegliarmi la mattina con calore del tuo petto sulla schiena... senza... senza te...-  affondò il viso nel petto dell'inconsapevole capitano, che l'abbracciò con tutta la tenerezza di cui era capace. -Tu mi hai raccolto quando ero ferito. Mi hai curato, sfamato.. e soprattutto mi hai amato come sono sicuro mai nessuno ha fatto e mai nessuno farà. No... non ti lascerò per niente al mondo, è una promessa...- disse, serio e sicuro. Perchè niente e nessuno meritava la sua lealtà quanto quella piccola, morbida, a volte inquietante e dolcissima figura che stringeva al petto.

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Sotto gli occhi increduli di Kenpachi, il corpo di Puttanella stava cambiando forma, avvolto in una specie di alone dorato. Gli arti si allungavano, la testa si ingrandiva. Ben presto, quello che teneva per il collo non era più un piccolo e bizzarro serval, ma una donna fatta e finita. E pure bellissima.

Esattamente come aveva detto Yumichika, i suoi capelli erano ricci e morbi, biondo scuro, lievemente tendente al castano ed incorniciavano uno dei visi più belli che Kenpachi avesse mai visto in vita sua. Aveva un corpo morbido e dalle curve sensuali e ben definite. Anche con la poca luce che filtrava dalla finestra, kenpachi poteva notare che la sua pelle era ambrata  e profumava di incenso al sandalo e mirra.

Quando la trasformazione fu completa, Kenpachi lasciò la presa su quella che una volta era la sua gatta. Aveva solo perso i sensi e nel giro di poco si sarebbe ripresa.

Non appena il corpo di Puttanella toccò terra, tutta la Soul Society tremò al suono riecheggiante di un lucchetto che scattava, aprendosi.

Subito dopo, un ruggito. Immenso, spaventoso, fortissimo ed assordate. Zaraki sentì le pareti di casa ondeggiare sotto quel suono ed il sangue che gli ribolliva nelle vene ne chiamava altro e chiedeva con insistenza la gioia della battaglia. L'istinto diceva a Kenpachi di correre fuori e cercare il mostro capace di generare un boato simile. Cercarlo, trovarlo, ucciderlo. Sarebbe sicuramente stato divertente.

Fece per andarsene ma prima ancora di muovere un passo si voltò a guardare ancora il corpo per terra. Posò lo sguardo sui seni pieni, sui fianchi tondi e sodi e giù sulle coscie. La guardò tutta, dai capelli alle caviglie, sulla cui sinistra era agganciata una cavigliera della stessa foggia dell'anello inciso che la gatta portava alla coda. Un'ondata di puro e sfrenato desiderio carnale attraversò il guerriero dalla nuca al coccige, infiammandogli il petto ed il ventre. Si abbassò accanto a Puttanella, indeciso sul da farsi per qualche secondo, poi scostò i capelli che le coprivano il collo, saggiandone la consistenza. Dopo un altro momento di indecisione le prese la mano destra, su cui gli era sembrato di vedere qualcosa. In effetti, nella parte interna del polso era tatuato un nome. -Mira...- lesse il capitano. Lasciò andare il braccio, guardandole il viso. Prima di svenire, lei aveva detto che " era pericoloso", ma cosa lo era? E perché? Kenpachi non era abituato a porsi tante domande ma se i sensi non lo avevano ingannato, la sua non era l'unica felide in zona a saper parlare, Yoruichi esclusa.

Decisamente a malincuore decise di mettere da parte gli asfissianti istinti riproduttivi che quel ben di dio aveva risvegliato in lui e si alzò. -Mi fa impressione scoparti mentre sei svenuta, dannata.- disse recuperando la zampakuto. -Ma non ti preoccupare, tanto dopo torno e poi col cazzo che mi fermi.-

Uscì. Dopo il ruggito, tutti gli shinigami delle varie compagnie si erano riversati nelle strade, cercando di capire cosa fosse successo e correndo nel Rukongai per placare la paura nelle folle.

-Ken-chan!- urlò Yachiru, saltandogli in spalla. -Ohi, Yachiru. Non eri da Hinamori?- chiese e la bimba annuì. -Si, ma quando ho sentito tutto quel rumore sono corsa via! Cosa è successo? Pensi che sia qualcosa di divertente?- continuò la bimba. Il capitano annuì. -Si, decisamente qualcosa di divertente.- disse ma non percepiva più alcun sintomo di pericolo imminente. -Ma non è ancora il momento di giocare. Vuoi delle caramelle?- le chiese, imboccando sicuro le vie del Seireitei.

-Aaah! Si che le voglio!- disse lei, con gli occhioni languidi ed un sorriso che le attraversava il viso da orecchio a orecchio. -Allora tieniti forte, le andiamo a prendere.- sorrise, divertito.

-E dove le andiamo a prendere, Ken-chan?- domandò la bimba curiosissima.

-Da Byakuya.- rispose cominciando a correre alla volta di villa Kuchiki.

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Hime alzò la testa, improvvisamente allarmata. Byakuya guardò la gatta che fino a pochi secondi prima era seduta comodamente sulle sue gambe a godere dei suoi grattini, insospettito dalla strana reazione. -Cosa c'è, Him..-il rumore del lucchetto, il ruggito del mostro lo colsero alla sprovvista. Anche il nobile Kuchiki si fermò, immobile e in allarme, silenzioso, pronto a cogliere ogni minimo cambiamento di pressione, ogni singola vibrazione, suono, sensazione. Pronto a scattare in piedi ed andare a prendere la sua fedele zampakuto. Eppure, dopo il tremendo boato che fece tremare la sua immensa villa e gli gelò il sangue nelle vene, tutto tornò ad essere silenzio.

-Nobile fratello!- urlò Rukia, andandogli incontro. -Cosa è stato?- chiese trafelata. Lui scosse la testa, togliendosi Hime dalle gambe ed alzandosi. -Non ne ho idea, Rukia.- si diresse alle sue stanze. -Vado a controllare come procedono le cose in caserma.- disse, ma in quel momento giunse uno dei domestici.-Nobile Byakuya, il capitano Zaraki chiede di vedervi, urgentemente!

Kuchiki si voltò piano a guardare l'uomo. -Zaraki?- chiese. Se anche Byakuya fosse stato sorpreso, non lo diede a vedere. -Si, nobile Byakuya. Vi attende nel giardino.- continuò il servo.

Sospirò. -Bene, digli che sto arrivando.- disse. Rukia gli si avvicinò. -Nobile fratello, io...-

-Rukia..- la interruppe. -Per favore, vai tu in caserma per conto mio.- Lei annuì. -Si, nobile fratello.- e si dileguò con uno shunpo. Byakuya si voltò a guardare Hime. -Andiamo, Hime, abbiamo ospiti.-



Kenpachui attendeva, snervato. Non gli era mai piaciuto aspettare, men che meno quel bell'imbusto di Kuchiki, che lo irritava tantissimo. Nel suo immaginario, Hisana si era suicidata per la noia all'idea di dover passare il resto della vita con quella mummia di Byakuya. Sorrise, divertito da quei pensieri.

-Sembrate di buon umore, capitano Zaraki- disse Kuchiki, arrivando il quel momento in tutto lo splendore della sua divisa da capitano. -Potrebbe essere- sorrise truce il capitano dell'undicesima.

Byakuya sedette davanti al Kenpachi e chiese che fosse portato loro del thé, -E'... singolare che.. voi mi veniate a trovare. Specie a quest'ora.- esordì, mentre Hime gli si raggomitolava accanto alla coscia. -Suppongo che non si tratti di una visita di piacere.

Zaraki rise.-Come se mi facesse piacere sentire le tue onorevoli stronzate, Kuchiki! Ovvio che non è una visita di piacere!- poi si fece serio, guardandolo negli occhi. -No, sono qui per un altro motivo.- lanciò un'occhiataccia a Hime, che incassò la testa nelle spalle, sollevando il pelo e soffiando. Poi si alzò e corse a nascondersi dentro casa. Che Kenpachi fosse lì per lei? Magari aveva costretto Mira a sputare il rospo, magari le aveva fatto del male. Era possibile... per quale altro motivo Mira avrebbe dovuto cedere? Lei sapeva bene che era pericoloso sbloccare il sigillo, specie in quel momento in cui era debole e sottile. Agitando la coda, Hime cominciò a camminare avanti e indietro per la stanza da letto del padrone, ansiosa.

Byakuya guardò la gatta correre via, poi tornò a rivolgere lo sguardo a Kenpachi. -Ebbene?- chiese. Il capitano dell'undicesima guardò quello della sesta con fare serio ed altrettanto seriamente gli chiese. -Hai provato a strozzare il tuo gatto?-

Stavolta, il nobile Kuchiki incassò male il colpo, corrugando la fronte. Di tutte le idiozie che Zaraki avrebbe potuto sparare in quel loro inusuale incontro, quella non l'aveva proprio presa in considerazione. - E perchè, di grazia, dovrei provare a strozzare il mio gatto?- chiese atono. Kenpachi annui col fare di chi la sapeva lunga. -Tu fidati di me, prova a strozzarla.-  "E se va come dico io, guarda com'è che te la scordi subito, la tua Hisana" pensò, sogghignando.

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Ordunque! Eccomi qui con il nuovo capitolo. Mi scuso per il ritardo ma ho avuto il pc rotto e quindi aggiornare è stato impossibile!

Ringrazio tutti coloro che leggono anche senza recensire (ammesso che esistano altri lettori oltre quelli che commentano! T^T *depressione acuta*) e recensitori o no, spero che la storia stia procedendo secondo il vostro gradimento ù.ù

Ma ora passiamo ai ringraziamenti.

Nata dalla Tempesta: eh si, strozzare gattini è una cosa brutta, ma Kenpachi era un pelino poco poco incazzato. Ringrazia che l'abbia solo stordita, avrebbe potuto disintegrarla ruttandole sopra!  In ogni caso, grazie mille per il commentino! T^T

Ilaria: tu, che mi sproni continuamente chiedendomi "senti, tu! Ma il prossimo capitolo?". Io ti ringrazio, ti ringrazio sempre! T^T  E beh, eccolo qui il capitolo! Mandami un whatsapp e fammi sapere che ne pensi! x3

Breakfast_with_Panda: che fine ha fatto la mia recensitrice storica? T^T

Beh, è tutto! Ci sentiamo presto! (spero)

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