Days go by

di LoveLustFaith
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Giorno 136 ***
Capitolo 2: *** Giorno 137 ***
Capitolo 3: *** Giorno 137 - pt.2 ***
Capitolo 4: *** Giorno ... ***



Capitolo 1
*** Giorno 136 ***


Giorno 136.

 




E’ stupido cominciare qualcosa partendo da un numero cosi alto di giorni. Ma in tutto questo tempo, l’unica cosa che sono stata in grado di fare è stato piangere. Non che oggi non lo faccia, ma trovo il coraggio per esprimermi, almeno.
Scrivere mi aiuta a calmarmi. Scrivere mi aiuta a tenere vicino le cose lontane. Scrivere mi aiuta ad asciugare le lacrime. Scrivere mi fa sentire innamorata.
Non so dove ho trovato il coraggio di contare il numero dei giorni in cui vivo senza cuore. Un numero a tre cifre. Mi spaventa.
Le attività svolte durante tutti questi giorni sono le stesse. Sempre le stesse, ogni giorno. Per non parlare dei pensieri e delle domande che mi attanagliano. Certe volte mi uccidono, altre mi feriscono.
Faccio in modo da trarne ispirazione e qualcosa di buono, ma nulla.
Destinata ad assaporare il sapore delle lacrime ogni singolo attimo, di ogni singolo giorno. I sorrisi sono pochi e le risate ancor meno. I muscoli facciali lavorano solo per rendere la mia faccia triste in momenti di tristezza. Il corpo trema per il freddo, per il caldo, per il dolore che prova. Lo stomaco… lasciamo perdere.
Sono impresentabile. Il mio viso mostra solchi che nemmeno una distesa di deserto presenterebbe. Le occhiaia, gli occhi perennemente rossi e pieni di lacrime dolci e salate.
Non guardo più al Mondo perché mi impaurisce. Non ascolto più canzoni che mi riempivano le giornate. Non ascolto e basta. Mi limito a sentire i rumori provocati da questa vita che sembra ritorcersi contro di me.
Forse guardo tutto dalla prospettiva di una persona triste, ma è quello che riesco ad essere. La solitudine mi tiene compagnia e gioca con me ogni ora. Mi riesce difficile abbandonarla. E’ assillante e non mi lascia.
La mia mente è piena di ricordi che non svaniscono mai. Il colore con il quale sono stati impressi, sembra fatto di materiale super resistente, e nemmeno le lacrime acide possono corrodere il tutto. Vedo tutto nitido, come un paio di occhiali che mi mostrano la realtà.
Il cielo sembra spento anche nelle giornate di sole. La notte, invece, è interminabile. Sembro vivere su uno di quei pianeti in cui il giorno e la notte durano più di 12 ore. Il Mondo gira in senso contrario e le persone parlano una lingua incomprensibile. Sembrano figure astratte disegnate da Picasso. Tutte storte e a punta. Fanno quasi ridere.
La mia visione distorta della realtà e della vita stessa mi porta ad un mal di stomaco allucinante. Mi porta a guardarmi intorno e a non capire. Cosi me ne sto qui, seduta sul letto, con il pc sulle gambe e le cuffie nelle orecchie, sperando che il destino si ricordi di me e che la vita si dimentichi di analizzarmi ancora una volta e decidere che è meglio lasciarmi in balia di me stessa.
Suvvia, i giorni passano. Invecchio. E della mia gioventù ne brucio a dir poca, aspettando un qualcosa che, chissà, forse non arriverà mai.

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Capitolo 2
*** Giorno 137 ***


Giorno 137.

 



Una tazza di caffè latte e la pagina bianca di Word aperta sul computer. L’occhio scruta il tutto e la mente inizia a pensare da dove cominciare.
Un altro giorno è iniziato ormai da alcune ore e nulla di nuovo è accaduto. La colazione, niente pranzo, un arancio e la famosa tazza di caffè latte. La musica nelle orecchie, i pensieri in testa, le lacrime sulle guance. Tutto è uguale, come al solito.
Guardo fuori dalla finestra restando seduta sul mio letto. Cosa cerco? L’ispirazione per caso? O forse ho soltanto voglia di prendere una boccata d’aria? Non lo saprò mai, perché resterò su questo letto.
Il cellulare alla mia destra e i libri alla sinistra. Un insolito rumore si fa strada nell’aria e sembra quello di una vecchia tv che trasmette programmi inesistenti.
La mia testa va per conto suo e inizia a viaggiare. Prende il treno e se ne va, verso mari e monti irraggiungibili. Spero almeno mi mandi una cartolina.
L’occhio è in confusione e i movimenti del mio corpo sono scoordinati. Che succede?
Non lo saprò mai, resterò qui seduta sul mio letto.
Mi guardo intorno e vedo il vuoto. Ascolto il Mondo e sento il silenzio.
Le mie labbra assumono una forma strana, inconcepibile, senza senso. A cosa sto pensando? Una smorfia distorta si fa largo sul mio viso e … non lo saprò mai, resterò sul mio letto. A pensare.
Il pensiero va lì, da lei. Le fa compagnia e la protegge dai mali. La stringe a sé e la porta via, verso posti migliori.
Le mie gambe sono ferme, ma fanno male. La mia mano scorre veloce sulla tastiera per permettere alle dita di pigiare i suoi tasti. Sto scrivendo, ho ancora questa capacità.
Dov’è?
Non lo saprò mai.
Il respiro lento e affannato mi ricorda di vivere, ma il cuore dolorante mi ricorda di restare a terra, a raccogliere i pezzi di una vita progettata e caduta a terra come enormi gocce di acqua piovana in un giorno triste e cupo.

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Capitolo 3
*** Giorno 137 - pt.2 ***


Giorno 137 - pt.2

 



E ora che il sole cala, c’è la notte a tenermi compagnia. Non un’anima, non una parola intorno a me. Tutto tace.
E nell’assordante rumore del silenzio, ascolto lo scorrere del mio sangue che mi perfora i timpani e mi ricorda che sono viva.
Qui, ancora una volta, senza una parola da dire, senza un gesto da fare. Sola, nell’immenso buio dell’oscurità e il dolore nel cuore.
La luce della camera mi tiene sveglia e picchia forte su di me. Tante le sagome delle ombre che si creano sul muro. Tanti i ricordi che raffiorano nel guardarle.
La foca luce dei lampioni sulla strada interrompono il mio silenzio e lottano per entrare in questa camera sconsolata.
Il flebile urlo di voci in lontananza mi ricorda un giorno in cui non sono mai stata.
Le mie dita scorrono ancora una volta su questa tastiera ormai logorata dal tempo, e il ticchettio dell’orologio mi ricorda che il tempo passa e va, non si ferma. Non una sosta, nè nulla. Semplicemente va.
Spengo la luce, mi acceca. Mi adagio lentamente sul letto e ritorno a quei tempi in cui tutto era più semplice e colorato. Ora è come vivere in un vecchio film in bianco e nero e… muto. Chissà.
Il rumore del mio respiro si fa spazio nell’immenso vortice di tristezza e cade lentamente come un vortice impazzito sul pavimento. Lo scricchiolio del legno ormai consumato mi tiene compagnia e mi spaventa, al tempo stesso.
I battiti cardiaci aumentano come se qualcosa stesse per accadere. Qualcosa di interminabile e non permanente a tempo stesso.
Un impulso, sempre lo stesso.
 
Cercami.

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Capitolo 4
*** Giorno ... ***


Giorno ...

 



Non è il caso di contare i giorni. Il mio cuore è già abbastanza sotto sforzo.
Lo sento strano, diverso. Troppo lento e troppo veloce allo stesso tempo. Quasi caldo, bollente, e subito dopo freddo come il ghiaccio. Non lo seguo, non riesco a capire il numero dei battiti, non riesco a decifrarlo.
Le persone non capiscono quando stai male. Ti guardano e vanno avanti, proseguendo per la loro strada. Nessuno si ferma a capire, nessuno si ferma.
Ricordo qualche anno fa, quando le mie gambe probabilmente erano un tantino più corte e il mio cervello ragionava nel modo più sbagliato in assoluto, e ricordo la solitudine che s’impossessava di me, che mi faceva sua. La mia irrefrenabile voglia di urlare s’interrompeva li e taceva. Era impossibile farlo, quasi come se non avessi voce. Mi ostinavo a rimanere ferma lì, in quell’angolino semi oscurato, inoltrata nell’ombra di quella luce che non riusciva a toccarmi.
Ricordo quando parlavo delle stelle e pensavo che ognuna di esse corrispondesse ad una persona sulla terra. La propria anima gemella, la propria salvatrice. Andavo avanti pensando che una di loro, proprio una di quelle cosi belle e splendenti, stesse risplendendo per me e mi dicesse, a bassa voce, di fare dei lunghi respiri e chiudere gli occhi.
Non so quanta verità ci fosse in quei pensieri, ma mi aiutava… almeno un po’.
Spesso rimanevo a fissare il vuoto che vi era in cielo, in quelle giornate grigie in cui a riflettere non vi era nulla, e pensavo. Quando mai non lo facevo.
In quel periodo della mia vita, così buio e sconsolato, il pensiero delle stelle mi stava offuscando il cervello e un giorno decisi che avrei dovuto avvicinarmi di più a loro e toccarle con mano. Ci provai, sorpassai la soglia che mi divideva da quei bellissimi puntini enormi disegnati nel cielo, ma qualcosa mi bloccò. Forse la paura di rimanerne delusa, o forse la ragione mi prese per mano e mi tirò a se, abbracciandomi.
Quello stesso periodo è oggi. Quegli stessi momenti sono le ore di adesso e mi limito a restare lontano dalla luce, rifugiandomi nella sua ombra. Ma questa volta delle stelle non vi è ombra nella mia testa. Nessuna voglia di toccarle, né alcuna paura s’impossessa della mia mente. Guardo da lontano quello che sembrava fosse il mio futuro e ne traggo ispirazione per un qualcosa che magari, chissà, un giorno mi avvolgerà nel suo incessante splendore.

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