Twisted brother

di Irina_89
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Kapitel 1 ***
Capitolo 2: *** Kapitel 2 ***
Capitolo 3: *** Kapitel 3 ***
Capitolo 4: *** Kapitel 4 ***
Capitolo 5: *** Kapitel 5 ***
Capitolo 6: *** Kapitel 6 ***
Capitolo 7: *** Kapitel 7 ***
Capitolo 8: *** Kapitel 8 ***
Capitolo 9: *** Kapitel 9 ***
Capitolo 10: *** Kapitel 10 ***



Capitolo 1
*** Kapitel 1 ***


IMPORTANTE

IMPORTANTE:

I Tokio Hotel non mi appartengono e questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro e soprattutto avverto che è tutto frutto della mia fantasia…

 

Aggiungo dicendo che con questo mio scritto non intendo dare rappresentazione veritiera del loro carattere.

 

 

Twisted Brother

 

Kapitel 1

 

Qualcuno bussò alla porta.

Una mano uscì da sotto un caldo piumone e agguantò la sveglia sul comodino vicino al letto, per poi ritirarsi nuovamente sotto le coperte.

Qualche grugnito uscì dalle sue labbra.

“Le tre di notte… ma chi cazzo è?”

Non si alzò. Se fosse stata una cosa importante avrebbero ribussato, altrimenti tutto poteva aspettare qualche ora.

Le nocche martellarono ancora una volta contro la porta.

Il ragazzo si rigirò nel letto.

‘Fanculo a chiunque sia… lo sanno tutti che io odio nella maniera più assoluta essere svegliato… figuriamoci se poi è anche notte fonda…

Il rumore ricominciò più assordante, come se qualcuno avesse iniziato a prendere a manate la porta.

“Ho capito! Cazzo, ho capito!” scostò le coperte e scese dal letto, trascinando la sua esile figura fino alla porta.

“Chi cazzo è che rompe le palle a quest’ora?” sospirò rabbioso, passandosi una mano nella folta chioma mora.

Posò la mano sulla fredda maniglia.

“A meno che non sia una cosa della massima importanza dileguati prima che…” aprì la porta e le parole gli morirono in bocca.

Davanti a lui c’era suo fratello, con il volto sconvolto da una smorfia di paura.

“… Bill…” sussurrò a voce strozzata.

Il moro non riuscì ad emettere alcun suono. Era sconvolto da quella visione.

Tom si guardò le mani terrorizzato. Alzò poi lo sguardo su suo fratello. Era come sull’orlo di piangere per il terrore.

Anche lo sguardo di Bill si spostò dal viso di Tom e si posò sulle sue grandi mani. Erano tinte di rosso, un rosso scarlatto, acceso… e così anche la sua maglia.

Tornò a guardare suo fratello negli occhi. Erano colmi di paura.

Voleva chiedere spiegazioni, ma non riusciva a parlare.

 “… Bill… credo di aver ucciso qualcuno…” mormorò il fratello spaventato.

 

 

“Come stai?” chiese preoccupato Bill, appoggiandosi allo stipite della porta.

“Me l’hai già chiesto ottantasette volte, mammina…” gli rispose acido il fratello da sotto la doccia.

“Bè… sei chiuso in bagno da quasi un’ora! Di solito sono io che mi ci barrico dentro, non te…”

“Ti laveresti bene anche te se ti trovassi coperto dal sangue di chissà chi…!” rispose Tom chiudendo l’acqua.

“Ehi… sei sicuro che non sia tuo quel sangue?” domandò titubante.

“No… altrimenti a quest’ora sarei morto…” e prese un asciugamano dal mobiletto sotto il lavandino.

“E sai di chi potrebbe essere?” insistette Bill.

“Cazzo, no! Te l’ho già detto! Ero in discoteca con degli amici… e poi mi sono ritrovato davanti alla tua porta…” cercò di aggiustarsi l’asciugamano intorno alla vita.

“Quando ti ho aperto mi hai detto ‘Bill, forse ho ucciso qualcuno…’” precisò il moro.

Tom impallidì.

Cosa? Io…

Aprì lentamente la porta del bagno.

“Non dire cazzate…” minacciò serio il rasta.

Bill guardò suo fratello dritto negli occhi.

Era spaventato, lo vedeva troppo bene.

“Non ti ricordi di averlo detto, eh?” lo ammonì.

Tom abbassò lo sguardo e uscì dal bagno.

Bill lo prese per una spalla e lo fece voltare.

“Che hai bevuto, Tom?”

“Niente!” rispose prontamente Tom, indice che ne aveva detta una delle sue. “Era solo l’inizio della serata!” si difese, togliendosi la mano di suo fratello dalla spalla.

“Tom, te già all’inizio della serata sei ubriaco fradicio!” gridò Bill.

“Cazzo, Bill! Va bene… ho bevuto qualche bicchiere di birra… contento?” rispose brusco il fratello, sedendosi su una sedia in un angolo della stanza.

“Non devi farmi contento.. voglio solo sapere la verità…” ribatté serio. “Ti ricordi cosa è successo l’ultima volta che hai bevuto qualche bicchiere di birra?”

“No…” ammise Tom rassegnato.

“Questo dimostra che non dovresti bere…” lo avvisò Bill. “L’ultima volta hai passato una notte intera con un esercito di ragazze!”

“Lo avrei fatto anche se fossi stato sobrio! Mi conosci, no?” replicò.

Bill lo guardò negli occhi. Non sapeva cosa fare. Aveva paura per suo fratello, mentre lui invece sembrava tranquillo.

O forse voleva solo apparire tranquillo.

Già. Tom stava cercando di capire cosa gli era successo, ma non riusciva a ricordare. Tutto era confuso e questo lo spaventava terribilmente.

Bill iniziò a passeggiare nervoso per la stanza, sperando in qualche idea che li aiutasse a capire cosa era accaduto.

“Dai, Bill… rilassati… avrò appena bevuto un sorso del terzo bicchiere…”

Bill si fermò a guardarlo.

“Lo so perché…” continuò Tom, ma le parole gli morirono in gola.

Dentro di sé rivide una serie di immagini disconnesse. Immagini che gli riportarono in mente cose già vissute.

I divani della discoteca…

Ragazze dallo sguardo malizioso…

Bicchieri traboccanti di birra…

La cameriera…

Il retro della discoteca…

La strada umida…

Un avvertimento…

“Perché…?” lo incoraggiò Bill, avvicinandosi al fratello.

“Perché avevo deciso di tornare qua presto…” si ricordò, alzando lo sguardo e guardandolo in quegli occhi così simili ai suoi. “Sì… avevi detto che in questi giorni ci sarebbe stata quell’importante intervista e che tutti si doveva essere al meglio… e io… volevo essere di parola…” spiegò.

“Dimmi cosa hai fatto in discoteca…”

Era ovvio che in quella risposta c’era il motivo di tutto ciò che era accaduto quella sera, ma Tom non se lo ricordava.

Il rasta guardò il vuoto davanti a sé, cercando di sforzarsi a ricordare.

“Forza!”  insistette Bill, avvicinandosi e mettendogli una mano sulla spalla.

Tom scansò la mano di suo fratello con la sua e si alzò.

“Cazzo! Perché non mi ricordo niente?” urlò, buttandosi di peso sul letto lì vicino.

“Ti hanno messo qualcosa nel bicchiere…” ipotizzò il fratello.

“No, mammina… non accetto drink dagli sconosciuti…” rispose acido.

Bill si mosse e Tom lo seguì con lo sguardo.

Il moro si avvicinò al tavolo, posizionato in un angolo della stanza, di fronte al letto, e prese il cellulare.

Tom sentì il rumore dei pulsanti premuti.

“Che fai?” chiese preoccupato, mettendosi seduto.

“Chiamo la polizia…” ripose con tono piatto, senza distogliere lo sguardo dal display.

“E poi cosa dici? Che sono piombato qui con le mani sporche di sangue e ho detto ‘Bill, forse ho ucciso qualcuno’? Potrebbe essere sangue di animale!” protestò il ragazzo, urlando e avvicinandosi al fratello.

“E se non lo fosse? … Tom… io voglio aiutarti…” gli spiegò guardandolo negli occhi.

“Certo… e mi porti dalla polizia come se fossi un criminale!” ribatté incazzato.

“Tom! Come puoi pensare che non ti voglia aiutare? Sei diventato scemo o cosa? Cosa credi che possa fare, se non chiamarla? Io non sono un agente! Non so che fare per aiutarti!” gli urlò contro.

Perché Tom non capiva? Lui si era presentato sporco di sangue… qualcosa di grave doveva essere successo per forza!

“Bill…” Tom posò le sue grandi mani sulle spalle del fratello e lo guardò dritto negli occhi. “… io non sono andato dalla polizia… sono andato da mio fratello…”

I due ragazzi si scambiarono uno sguardo lungo e intenso. Nessuno dei due voleva andare dalla polizia. Bill non la voleva chiamare sul serio, ma non sapeva cosa fare altrimenti. Nemmeno Tom sapeva cosa fare, ma di certo non voleva farsi classificare come neo-serial killer.

“… e poi come la metti se i giornali lo venissero a sapere?” concluse il rasta.

Bill lo guardò sconcertato. “Tom… come fai a pensare ai giornali quando invece dovresti preoccuparti di cosa ti è successo?”

Entrambi tornarono tristi.

Cosa fare?

“… dovremmo dirlo anche agli altri…?” chiese Tom titubante.

“.. e se provassimo chiamare un privato?” propose Bill, senza rispondere alla domanda di suo fratello.

Tom sgranò gli occhi. “Te dici che io mi preoccupo troppo dei giornali e che dovrei essere più serio… e te allora? Chi non ci prenderebbe per assassini se gli raccontiamo le poche cose che mi ricordo?”

Bill sorrise soddisfatto. C’era una persona che li avrebbe ascoltati ed aiutati... ed entrambi la conoscevano molto bene.

“Che hai da ridere?” gli chiese Tom perplesso.

“Tom… che lavoro fa Andreas?”

 

 

***

continua...

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halloooooooooooooo!!!!!!!!!!!

lo so... sto pubblicando un'altra storia quando l'altra non è ancora finita.... mea cupla...

ma avevo l'ispirazione per questa nuova fan fiction.... che ammetto è leggermente scopiazzata da qualcosa che non dico per non rovinarvi tutta la storia... aggiungo chiedendovi un piacere... se qualcuno sapesse da dove l'ho presa non fatelo sapere... altrimenti qualcuno potrebbe rovinarsi la lettura..^^"...

comunque spero che vi piaccia...!!!!!XDD

 

mi ci sono messa d'impegno per farla tornare tutta.... e con questo vi facci ocapire che questa è già conclusa... quindi non ci dovrebbero essere troppi ritardi nell'aggiornamento... almeno questo ve lo concedo..^^

 

bè... la finisco qui perchè non mi viene nient'altro da dire... se non:

commentate!!!!!!!!!

 

ps: ringrazio inoltre tutti coloro che hanno recensito le storie precedenti a questa...^^... e prometto che ora mi metto d'impegno per finire l'altra...

 

Tschüss!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

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Capitolo 2
*** Kapitel 2 ***


IMPORTANTE

IMPORTANTE:

I Tokio Hotel non mi appartengono e questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro e soprattutto avverto che è tutto frutto della mia fantasia…

 

Aggiungo dicendo che con questo mio scritto non intendo dare rappresentazione veritiera del loro carattere.

 

 

Twisted Brother

 

Kapitel 2

 

Il cellulare squillò e Andreas posò la penna, con la quale stava cerchiando dei nomi su un pezzo di carta, rispondendo alla chiamata.

“Pronto?”

“Ciao, Andreas…” lo salutò una voce.

“Oh! Ciao, Bill! Come va?” chiese allegro, appoggiandosi allo schienale della sedia.

“Ah… diciamo che potrebbe andare meglio…” rispose Bill serio.

“Perché? Che è successo?” il tono divenne preoccupato.

“Senti.. ti dispiace fare un salto da noi?” chiese il moro senza mezzi termini.

“Oh.. certo… ma non siete in viaggio per Monaco?” chiese, alzandosi dalla sedia e iniziando a girare per la stanza.

“No… il viaggio è stato rimandato… ora siamo nel nostro appartamento sopra gli studi di registrazione di Berlino… puoi raggiungerci?”

“Sì.. mi ci vorranno un paio d’ore… devo finire il rapporto di un caso…” farfugliò, cercando di capire cosa potesse esserci di così importante.

“Ah… ti avverto… non dire nulla ai tuoi superiori di quello che succede…”

“Bill… cosa vuoi dire? Non capisco..” lo interruppe.

“Te lo spiegherò una volta che sarai qui con noi… ah! E porta il tuo computer portatile… credo che ci servirà…” poi il moro chiuse la telefonata.

Andreas rimase fermo a fissare il cellulare per qualche secondo, infine decise di prepararsi.

Chiuse il fascicolo sul tavolo, inserendovi tutti i fogli sparsi sulla scrivania.

Dopotutto erano i suoi migliori amici, non poteva non fare niente per loro.

Prese il suo inseparabile pc e lo infilò nella borsa e uscì dal suo appartamento di corsa.

 

 

“Certo che le pensi proprio tutte!” si congratulò Tom.

“Tom… la questione è seria…” disse il fratello, posando il cellulare sul tavolo.

“Lo so… ma cambia qualcosa se mi faccio triste e mi deprimo?” replicò.

Il moro sbuffò. Con Tom non c’era nulla da fare… era sempre il solito.

“Senti… mi andresti a prendere dei vestiti? Se i miei non li posso mettere, dammene altri…”

“Perché non te li vai a prendere da solo nella tua stanza? È a soli due passi…” fece Bill, guardandolo e notando che aveva ancora solo l’asciugamano addosso.

“Perché… cosa potrebbero pensare gli altri se mi vedessero uscire da camera tua con solo un asciugamano?” gli rispose, indicandosi.

“Che ci vogliamo tanto bene?” disse ironico Bill.

“Ah ah ah…” rise sarcastico il rasta. “Va bene… vado io a prendermi i vestiti…” concluse, mentre si avvicinò alla porta.

“Sennò te ne presto alcuni io…” propose il cantante.

“Ma figurati! Non voglio soffocare!” e uscì dalla stanza.

Bill lo guardò andare via, poi si sedette sul letto, nascondendo la testa fra le mani.

Perché Tom si deve sempre trovare in situazioni pericolose? Questa cosa non è assolutamente da prendere sotto gamba… era coperto di sangue… cosa gli è successo?

Poco dopo la porta si riaprì e il moro alzò la testa di scatto per non farsi vedere preoccupato, ma Tom se ne accorse; capì che il fratello era preoccupato per lui e lui non voleva questo.

Si sedette al suo fianco sul letto.

“Vedrai che si sistemerà ogni cosa…” cercò di rassicurarlo.

“Dovrei dirtelo io…” commentò Bill.

“Ma io sono il maggiore, quindi spetta a me tirarti su di morale quando sei triste…” fece Tom, gonfiando il petto, orgoglioso del suo discorso.

Bill soffocò una risata. Dopotutto Tom era sempre Tom.

 

 

Il cellulare vibrò sul tavolo e Bill corse a rispondere.

“Ciao, Bill… sono sotto il palazzo, ma non mi fanno entrare…” disse Andreas.

“Ah… scusa… vengo subito…”

Bè, era normale che non facessero entrare il loro amico. Erano solo le cinque del mattino, un’ora alquanto sospetta per le visite, soprattutto sapendo quanto loro quattro amavano dormire fino a mattina inoltrata.

“Tom.. resta qui, io scendo a prendere Andreas…” disse Bill, infilandosi un paio di pantaloni e una maglietta.

“E dove vuoi che vada?” fece il fratello buttandosi sul letto supino.

La porta si chiuse.

Che situazione assurda… come ci era finito lui, Tom Kaulitz, con le mani sporche di sangue… ma soprattutto… di chi era il sangue? Cosa era successo quella sera?

Più Tom cercava di ricordarsi, più le immagini diventavano sfuggevoli e lui si spaventava.

Si coprì gli occhi con le braccia.

Cosa è successo stanotte?

Aveva paura… paura di aver fatto qualcosa di cui si sarebbe pentito per tutta la vita.

 

Bill entrò poco dopo, seguito a ruota da Andreas, che chiuse silenziosamente la porta dietro di lui.

“Ehi… ciao!” lo salutò Tom sedendosi sul letto.

“Ciao, Tom…” lo salutò a sua volta con un rapido gesto della mano. “Senti, Bill… mi vuoi spiegare?” chiese preoccupato, mentre posava la borsa con il computer per terra e si toglieva il giacchetto, per poi  metterlo su una sedia vicino al tavolo.

Bill sospirò, incrociando le braccia.

“Possiamo fidarci totalmente di te, vero?” si assicurò il moro.

“Che domande! Certo!” rispose Andreas, spiazzato dalla domanda. Pensò che la questione dovesse essere veramente seria.

“Farai di tutto per aiutarci, vero?” chiese Tom.

“Ragazzi… mi volete spiegare?” si stava preoccupando decisamente troppo.

Tom si alzò, andò a prendere la busta con i suoi vestiti sporchi nel bagno e gliela portò.

“Non lavoro in una lavanderia…” commentò l’amico prendendo la busta.

“Guarda bene…” fece Bill, indicandogli la maglia.

Andreas posò la busta in terra e prese la maglia in mano.

“Ma… ma è sangue?” chiese intimorito, sgranando gli occhi.

I due annuirono. “O almeno… crediamo che sia sangue… verso le tre Tom ha bussato alla mia porta e aveva le mani insanguinate…” spiegò il fratello minore.

“Ti sei ferito?” domandò preoccupato il biondino, guardando Tom.

“No… non ho ferite…” rispose serio, tornando a sedersi sul letto.

“Capisco…” si mise ad osservare di nuovo la maglia.

“Avete chiamato la polizia?”

“No… per questo abbiamo chiesto il tuo aiuto…” rispose Bill.

A quelle parole Andreas si alzò e li guardò negli occhi.

“Ragazzi… io sono un agente della squadra omicidi…” disse estraendo il suo cellulare dalla tasca dei pantaloni.

“No… Andreas…” la mano del moro gli bloccò un braccio.

“Bill… io devo chiamare la polizia... ho delle responsabilità... devo avvertire almeno il mio capo…” chiarì, mentre cercava lo sguardo di Tom.

Il rasta era seduto sul letto con i gomiti sulle ginocchia e la testa tra le mani. Non l’aveva mai visto in quello stato.

Era più che naturale sentirsi distrutti, spaventati e terrorizzati in circostanze del genere… ma questa era una situazione veramente pericolosa… ma era anche vero che Tom era suo amico… il suo migliore amico, come Bill… cosa doveva fare, allora?

Andreas riportò lo sguardo sul cellulare. Il numero della polizia era già digitato, c’era solo da premere un tasto per avviare la chiamata.

Guardò Bill e poi di nuovo Tom.

Con un gesto fulmineo chiuse il cellulare e lo rimise in tasca.

“Posso occuparlo?” disse indicando il tavolo con tutti gli oggetti di Bill ammucchiati sopra.

“Sì… certo…” un sorriso pieno di speranza illuminò il viso del cantante e di suo fratello, che si alzò e si diresse verso Andreas.

Con una rapida passata di mano, il rasta e il moro presero tutto quello che c’era sul tavolo e lo buttarono sul letto, mentre l’amico vi stese la maglia, i pantaloni e vi poggiò le scarpe.

“Dentro la busta c’è proprio tutto?”

“Bè… io mi sono tolto maglia, pantaloni e scarpe e ho buttato tutto in un angolo del bagno…” spiegò Tom.

“Sì.. gli ho passato questa busta di nylon per metterci la roba dentro…” intervenne Bill.

“Guardare film polizieschi delle volte serve a qualcosa…” commentò sarcastico il chitarrista.

“Ma non avevi anche borse o zaini…?” chiese Andreas.

“No.. lo sai no che metto tutto in tasca…”

L’amico iniziò a frugare nelle tasche dei pantaloni XXL e vi trovò dei soldi, una tessera magnetica, un paio di preservativi e dei fazzoletti usati, che posò accuratamente sul tavolo con una smorfia di disgusto. Infine tirò fuori un cartoncino con dei buchi.

“E quello cos’è?” chiese Bill.

“È il tesserino per le bevute gratis che puoi fare solo pagando l’entrata della discoteca…” spiegò Tom.

“Quindi posso vedere che te hai detto la verità, dicendo che hai bevuto solo tre bicchieri… ” concluse il fratello, indicando delle croci su dei quadratini stampati sul cartoncino che Andreas si stava rigirando tra le mani.

“Certo… e se guardi bene vedi anche che mi mancavano altri due giri per finire la tessera…” puntualizzò il rasta.

“Ragazzi… posso tornare alla macchina? Mi servono gli attrezzi da lavoro…” li interruppe Andreas.

“Ma non ti avevamo detto nulla riguardo a questo…” osservò il moro.

“Lo so… ma me li porto sempre dietro per ogni evenienza…” spiegò.

“Ah… allora vai…” rispose Bill, frugandosi in tasca e dandogli una tessera magnetica. “Questa ti serve per aprire il portone d’ingresso…”

Andreas prese la tessera e uscì dalla stanza.

I due fratelli si guardarono negli occhi. Sì.. andrà tutto bene… si dissero a vicenda.

Presero a sistemare la confusione che avevano tirato sul letto e poi Tom vi si stese. Era stanco e questa situazione lo aveva privato di tutte le forze.

Bill, invece, si sedette sulla sedia, con i gomiti sulle ginocchia e aspettò il ritorno di Andreas.

Tom… troveremo il modo di aiutarti…

 

* * *

continua...

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Hallo!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

ed ecco a voi il secondo capitolo di questa fan fiction... prodotta come sempre dalla mia mente contorta.... (cosa mi è mai successo per arrivare a scrivere una cosa del genere????? su Tom, poi!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! ç___ç)

 

questo capitolo non è dei più affascinanti... lo so... ma serve per la storia... anche perché è da qui che i tre ragazzi cercano di fare il possibile per capire cosa è successo.... e anche perché qui entra in scena uno dei personaggi fondamentali... Andreas, il loro migliore amico nella realtà e anche in questa fan fiction... che sinceramente non ho le minima idea di che lavoro faccia.. sempre che ne faccia uno.. ^^"... ma qui mi è tornato moooooooolto utile che facesse parte di una squadra investigativa... per giunta di quella omicidi...^^...

 

oddio!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! già addirittura 7 commenti??????????????????????? O_o

guardate che poi ci faccio gusto!!!! se non ne trovo altrettanti o più, mi arrabbio!!!!! >_<

ovviamente scherzo..^^.... comunque sono strafelice che vi incuriosisca.... anche perché solo una mente malata come la mia poteva essere riuscita a creare una cosa del genere...^^"...

innanzitutto ringrazio tutti coloro che hanno letto questo primo capitolo.... VIELEN DANKE!!!!!!!!

e soprattutto ringrazio tutti quelli che hanno recensito!!!!!!!!

 

Barbycam: eheh... grazie infinite dei complimenti!!!

dirò da dove ho presa la trama solo alla fine...^^... sennò non c'è suspance!!!!!! XDDD

comunque credo che siano tipo 10 capitoli.... precisamente non so quanti.. perché l'ho scritta tutta insieme, senza dividerla... e per pubblicarla sto cercando di dividerla in modo tale da lasciarvi sempre il più possibile in sospeso (credo vi siate fatte un'idea di me come una sadica... ^^"...) ... senza fare nemmeno i capitoli troppo corti...^^"...

 

alice94: per la trama vale la stessa cosa che ho detto a Barbycam... comunque vielen danke per la recensione!!!!!

 

Zizzy94: chissà cosa ha fatto Tom...? ... le prove parlano da sole.... e parleranno ancora di più nei prossimi capitoli... non dico altro... hihihi

 

Lidiuz93: ehm.. mi sa che con questo ti deluderò un po'... ma apparirà al massimo Georg per una misera battuta.... il povero Gustav non ha un grande spessore in questa fan fiction... V_V...

 

SWeetPissy: già... povero Tom.. per capire cosa ha fatto dovrai aspettare qualche capitolo... ^^"...

 

marty: ovviamente questa è la domanda più ricorrente nei commenti.. ^^"... e io continuo a dire che lo scoprirete solo leggendo... perché non voglio anticipare assolutamente niente!!!! ^^

 

LadyofUmbar: tranquilla.... va bene anche lo stile telegrafico.. basta che sia comprensibile.. e il tuo è stato molto comprensibile... aggiungerei anche sintetico e diretto.. ^^

 

via... ora sparisco per un altro po'... al prossimo aggiornamento...!!!!!!!

 

KUSSE!!!!!

 

TSCHÜSS!!!!!!!!!!!!!!!!

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Capitolo 3
*** Kapitel 3 ***


IMPORTANTE

IMPORTANTE:

I Tokio Hotel non mi appartengono e questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro e soprattutto avverto che è tutto frutto della mia fantasia…

 

Aggiungo dicendo che con questo mio scritto non intendo dare rappresentazione veritiera del loro carattere.

 

 

Twisted Brother

 

Kapitel 3

 

Tom venne svegliato dal bussare alla porta. Si era addormentato solo per qualche minuto.

Bill andò ad aprire.

Il loro amico si affrettò ad entrare, accompagnato dalla sua fedele valigetta, che teneva in mano.

“Una vera fortuna che tu ti sia trasferito a Berlino per il tuo lavoro…” commentò Bill, per alleviare la tensione ed il silenzio che si era creato nella stanza durante la sua assenza. una tensione e un silenzio che lo avevano sfinito.

Andreas posò in terra la valigetta e l’aprì. All’interno c’erano tutti quegli oggetti che si potevano vedere in un qualsiasi giallo televisivo.

I due fratelli si avvicinarono curiosi, mentre l'agente iniziò a frugare nella valigetta.

“Tieni…” disse a Tom,  porgendogli un contenitore.

“E che ci devo fare?” chiese lui, analizzando l’oggetto tra le mani.

“Pisciaci dentro…” spiegò in modo molto diretto.

“Ma non devo pisciare, ora…” gli fece notare.

“Allora scolati due litri d’acqua! Piscia il prima possibile lì dentro…” scandì tutte le parole, fissandolo negli occhi e indicando il barattolo.

Tom si diresse verso il bagno sbuffando. “Che palle…”

Andreas, intanto, prese un paio di guanti bianchi e se li infilò. Poi pescò delle buste di plastica dalla valigetta e vi inserì in una il cartoncino delle bevute, in un’altra i soldi… fino ad avere cinque sacchettini, che posizionò in bella vista sul tavolo, insieme ai vestiti di Tom.

Poi prese una piccola bottiglietta di plastica con del liquido dentro e ci tirò fuori un bastoncino con del cotone all’estremità. Lo passò sopra la grande e irregolare macchia rossa sulla maglia di Tom, raccogliendo un po' di quel colore, e lo reinserì nella boccetta, versando, infine, alcune gocce del suo contenuto su un pezzetto di plastica che era in grado di evidenziare la presenza di sangue umano.

L’agente osservò attentamente l’oggetto che teneva in mano per qualche secondo e Bill stava letteralmente tremando nell'attesa di una risposta.

“Sì...” deglutì. “... è sangue umano…” annunciò serio, senza staccare lo sguardo dall’oggetto. A Bill mancò il fiato. Non è possibile...

Andreas rimise tutto nella valigetta proprio quando Tom tornò con il barattolo pieno di urina. “To’…” disse il rasta, appoggiando il contenitore sul tavolo e fissando l'amico con aria imbronciata, incrociando le braccia sul petto. Il ragazzo prese il contenitore con faccia schifata, controllò che fosse chiuso a modo e mise anche quello nella valigetta.

C'era troppo silenzio e Tom non riusciva a capire perché. Cioè, capiva più che bene la situazione in cui erano, ma non poteva sopportare che in quella stanzaa ci fosse così tanta tensione da poterla tagliare con qualunque cosa. Cercò, quindi, lo sguardo di suo fratello, ma appena lo guardò negli occhi un'ondata di paura lo invase. Bill aveva gli occhi sgranati. sembrava aver visto un fantasma. O forse peggio. Forse Andreas aveva trovato qualcosa, qualcosa che, dalla strana espressione spaventata dipinta sul viso del gemello, Tom capì non essere positiva.

Quando Bill sembrò tornato in sé, Tom intensificò lo sguardo, che implicava una spiegazione e come sempre con una sola ed unica occhiata i fratelli si capirono.

improvvisamente Tom assunse l'identica espressione del moro, sentendosi come se qualcuno gli avesse appena tirato un pugno in pieno stomaco.

Quel sangue doveva essere proprio sangue umano.

Andreas guardò i due amici. Su entrambi si leggeva troppo bene la paura in dipinta sul volto.

“Tom.. ho bisogno di sapere tutto…” ordinò.

“Il mio tutto è molto parziale…” confessò il rasta, rilassando i muscoli del fiso da quella smorfia di spavento.

“Fa lo stesso… raccontami tutto quello che ricordi da quando sei uscito…” ripeté, chiudendo la valigetta.

“Allora… sono uscito per andare a prendere una pizza, come faccio sempre quando voglio stare un po’ solo…” iniziò, cominciando a passeggiare per la stanza nervoso.

“Sei andato a prendere una pizza?” chiese Bill, seguendolo. “Questo non lo sapevo…”

“Volevi che dicessi anche quante volte sono andato in bagno?” gli rispose acido. “Avevo fame e mi sono fermato al pub, come ogni sera prima di andare in discoteca… tutto qua…”

“Da solo?” domandò Andreas.

“Da solo…” confermò il rasta. “Poi sono andato in discoteca con degli amici… abbiamo bevuto… e poi mi sono ritrovato davanti alla porta di Bill…”

“Non è granché…” mormorò l’agente.

Andreas prese dalla sua borsa il portatile. Si sedette sul letto e lo accese.

“Tom.. avvicinati… dimmi esattamente i luoghi in cui sei stato e le ore…” disse, aprendo una cartina digitale della città di Berlino.

Tom si avvicinò e si sdraiò stanco dietro di lui, per avere una visione totale dello schermo.

“Allora… sono partito da qui verso le sette e mezza e mi sono diretto verso il pub…questo qui..” e toccò lo schermo del portatile.

“Ti dispiacerebbe non toccare?” chiese pignolo l'amico.

Tom sbuffò ricordando quanto odia questo suo lato. Troppo preciso per Tom, che viveva nel caos ventiquattr'ore su ventiquattro.

“Comunque... erano le sette e quasi quaranta quando sei uscito… me lo ricordo perché mi è squillato il cellulare e ho visto l’ora…” intervenne Bill, sedendosi accanto ad Andreas.

“Perfetto… ” il biondo digitò qualcosa sulla tastiera e sullo schermo apparvero dei segni che indicavano posto ed ora.

“Poi?”

“Poi sono andato in discoteca…”

“A piedi?” chiese Andreas.

“Sì…  avevo voglia di stare da solo… guarda, questa è la discoteca…“ e indicò un altro edificio sulla mappa, questa volta senza toccare lo schermo e lanciando un'occhiata sarcastica al biondo della serie 'visto che ora non ho toccato niente?' .

“A che ora hai lasciato il pub e sei arrivato in discoteca?” chiese ruotando gli occhi e sbuffando.

“Sinceramente non me lo ricordo… ci sarò stato poco meno di un'ora... e quando sono arrivato in discoteca saranno state verso le nove e venti… quanto ci vuole dal quel pub alla discoteca, Bill? Più o meno quaranta minuti in macchina, no?” cercò conferma, guardando il fratello.

“Più o meno…” rispose.

“Ma non eri andato a piedi?” chiese il biondo.

“Infatti… ci avrò messo un’ora… credo…”  

“Sei sicuro?” si assicurò.

“Penso di sì…”

“Tom… lo so che non è facile.. ma devi essere il più preciso possibile… dire ‘forse… più o meno.. quasi..’ non aiuta per niente le indagini…” Andreas lo guardò. Il volto di Tom, il volto da eterno bambino beffardo, questa volta tradiva un velo di tristezza, mista a paura. “Comunque… altre cose che potrebbero tornare utili?”

“Sì.. ha bussato alla mia porta alle tre di notte… anche in questo caso ne sono sicuro perché ho visto la sveglia…” rispose Bill.

“Ok…” l’agente premette altri tasti nella tastiera e portò la cartina ad una visuale di tutto il percorso che avrebbe fatto Tom quella sera.

“È quasi  per cinque ore e quaranta minuti che non ti ricordi nulla…”

“Aspetta… conta che in discoteca sono sicuro di esserci stato almeno due ore… tra una bevuta e l’altra due ore credo che siano passate…” puntualizzò Tom.

“Cosa hai bevuto?” chiese.

“Birra…” rispose.

“Che ti abbiano messo qualcosa nel bicchiere?” mormorò l’agente Schneider.

“Me l’ha già fatta Bill questa domanda… no… non ho accettato nessun bicchiere da estranei..” ripeté seccato.

“Tom.. non ti ho chiesto se hai accettato della birra da qualcuno.. ho detto se qualcuno ti ha messo qualcosa nel tuo bicchiere…” specificò Andreas.

“Questo non lo so! Se lo sapessi secondo te sarei ancora qui a cercare di capire cosa mi è successo?” replicò irritato. Alcune domande gli sembravano veramente inutili.

“Comunque… ricapitolando… alla fine te non ricordi più nulla ciò che è successo in quelle tre ore e quaranta…”

Calò il silenzio per qualche istante, poi Tom sospirò.

“Sono senza parole!” esclamò sarcastico. “E così il tuo lavoro è questo?”

Andreas annuì orgoglioso, senza capire il tono del rasta.

“Ripetete cose ovvie e fate dei segni sugli stradali?” commentò ironico il rasta.

Il viso del biondo mostrò un velo di delusione.

“No… colleghiamo fatti e formuliamo teorie…” spiegò irritato. “Ma se pensi di poter fare di meglio…” disse con tono di sfida.

“Oh…” borbottò Tom. “Penso di sì…”

Si alzò dal letto e si avvicinò al tavolo che mostrava tutte le prove in mano loro.

Iniziò ad osservarle con attenzione, portandosi una mano sotto il mento.

Bill ed Andreas lo guardarono, curiosi di sapere cosa avrebbe detto.

“Allora… all’appello mancano circa tre ore e mezzo..” iniziò, girandosi verso di loro. “… di cui io non mi ricordo nulla…” aggiunse seccato. “… quindi.. o ho bevuto più di quando pensi… o ho rimosso dalla memoria un evento traumatico… o sono stato drogato…” continuò elencando le tre possibilità sulle dita. “... ma il sangue sulle mani e il fatto che faccia molta attenzione a cosa bevo mi portano all’evento traumatico…” concluse.

I due ragazzi seduti sul letto lo guardarono stupiti. In effetti per ora poteva tornare tutto.

“Ma… come ci sono arrivato qui?” pensò ad alta voce il chitarrista, fissando il vuoto davanti a i suoi piedi.

Gli sguardi di Bill ed Andreas si incrociarono, per poi tornare a guardare Tom, che stava ancora guardando nel vuoto per cercare di arrivare ad una spiegazione.

“Tutto qui?” alzò le spalle Andreas. “Credevo che il tuo cervellino altamente sofisticato avesse trovato qualcosa di più utile…”

“Cazzo! Sei ancora arrabbiato per la battuta?” sbuffò esasperato il rasta, alzando gli occhi verso l’alto. “Sei più permaloso di Bill!” sospirò. “Comunque.. penso di avere una soluzione…” disse, tornando serio e guardando negli occhi Andreas.

“Sentiamo…”

“Quando sono uscito mi ricordo benissimo che mi ero portato dietro trenta euro…” e prese il sacchettino con i soldi, sventolandolo davanti all’agente. “Come possiamo benissimo vedere, ne sono rimasti due…”

“Quindi?” incalzò l’amico.

“Il costo di una pizza al pub è quasi sei euro… l’entrata in discoteca è di dieci euro… e dalla discoteca a qui sono dodici euro di taxi…” rifletté Bill, appoggiando quella che sapeva essere l’ipotesi di suo fratello.

“Giusto… quindi potrebbe essere che io sia tornato qui in taxi…” concluse Tom.

“Potrebbe… ” ripeté pensieroso Andreas.

“Ora dobbiamo cercare il tassista di quel taxi… gli chiediamo se veramente mi ha trovato alla discoteca… e poi possiamo scoprire cosa mi è successo…” concluse Tom sdraiandosi di nuovo sul letto dietro i due ragazzi.

“Ehi… c’è un piccolo intoppo…” gli fece notare l’agente.

“E sarebbe?” chiese Tom, sbadigliando.

“E se non avessi preso il taxi?… come credi che possiamo rintracciarlo?” spiegò il biondino, guardandolo negli occhi.

“Bè… prova almeno a cercare i tabulati delle corse… se sarà una ricerca produttiva, tanto meglio… altrimenti possiamo ritenerci soddisfatti per aver capito che non ho preso un taxi.. anche se saremo di nuovo al punto di partenza…” spiegò Tom, sostenendo lo sguardo dell’amico.

Andreas fissò Tom intensamente.

Non era una cattiva idea… ma non era detto che sarebbe stata una cosa positiva. Dopotutto era solo un’ipotesi.

Tom continuava a sostenere il suo sguardo, senza dare cenni di rassegnazione. Lui voleva capire cosa era successo. Aveva trovato una possibile traccia da seguire. Perché non poteva funzionare?

Anche l’amico pensò esattamente le stesse cose. Non avevano altro se non quella pista da seguire.

Il biondo sospirò ancora e si rigirò verso il computer che teneva sulle gambe.

“C’è la possibilità di collegarsi ad internet?” chiese determinato l’agente.

“Sì sì… ” confermò Bill.

“Prefetto…” sorrise, soddisfatto.

“Cominciamo con il controllare le chiamate ai taxi provenienti dalla discoteca…” annunciò, iniziando a digitare qualcosa di incomprensibile sulla tastiera.

Bill si avvicinò ancora di più allo schermo, curioso di sapere cosa volesse fare l’amico.

“Abbiamo tre grandi società di taxi… supponendo che tu abbia preso il taxi alla discoteca… e che appartenga ad una delle grandi società, che registrano le corse… ” pensò ad alta voce, continuando a premere i tasti sulla tastiera.

“Ehi… ma sei proprio sicuro di aver preso un taxi dalla discoteca? Non potrebbero averti derubato?” domandò Andreas, girandosi verso il rasta per una risposta.

Tom non rispose.

Si era addormentato a causa della stanchezza fisica e psicologica che aveva accumulato in queste ultime ore.

Bill, non avendo sentito una risposta da parte del fratello, si voltò. Osservò il fratello con un tenero sorriso sulle labbra.

Come poteva Tom aver ucciso qualcuno? A guardarlo poteva sembrare tutto… tutto... tranne che un assassino.

 

***

continua...

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Halloooooooooooooooooooooo!!!!!!!!!!!

come potete vedere sono abbastanza rapida con gli aggiornamenti con questa fan fiction... meglio..^^

 

come sempre passo ai ringraziamenti...

DANKE!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

in particolare ringrazio Barbycam, Naysha 13, Alice 94, Sahne (cavoliiiii!!!!!!! un'altra fan di 'quello'!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! XDDDDDD grandissima!!!!!!!!!!! bè.. in effetti... da come puoi vedere la storia possiamo definirla pesantemente scopiazzata da 'quello'.... ma quando mi è tornato in mente quel coso  non ho resistito alla tentazione di scrivere questa fan fiction!!!XDDDD... ci ho lavorato per far tornare tutto... e non hai idea dei rompicapi per far tornare ore, fatti.... perché dopotutto un qualcosa di mio volevo mettercelo...^^... pensa che mi vengono ancora i brividi a pensare quante volte avrei voluto lasciare perdere... ma alla fine ho tenuto duro e ce l'ho fatta a finirla!!!XDDD ... e sono anche soddisfatta per come è uscita.... spero piaccia anche a tutte voi!!!), Margy (come hai potuto vedere Andreas non li ha traditi... anche perchè sono i suoi migiori amici!!!!! come potrebbe tradirli???????? XD), tom ti amo + della mia stexa vita (mi piace il tuo nick...^^.. rende!!!!XDD... ma apparte queste mie uscite idiote... grazie del commento!! ps: però ti appoggio in pieno sul nick!!! XD), Lidiuz93, Zizzy94 (lo scoprirai... prima o poi lo scoprirai... ma devi aspettare... sennò non c'è più gusto!!!!)...

 

O.O

cavoli!!!! non me le aspettavo tutte queste recensioni!!!!!! XDDDDD

sono felicissima!!!!!!!!!

grazie grazie!!!!!!!!!

 

ora mi eclisso di nuovo.... voi intanto continuate a commentare!!!!! mi raccomando!!!^^

al prossimo capitolo!!!!

 

TSCHÜSS!!!!!!

 

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Capitolo 4
*** Kapitel 4 ***


IMPORTANTE

IMPORTANTE:

I Tokio Hotel non mi appartengono e questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro e soprattutto avverto che è tutto frutto della mia fantasia…

 

Aggiungo dicendo che con questo mio scritto non intendo dare rappresentazione veritiera del loro carattere.

 

 

Twisted Brother

 

 

Kapitel 4

 

La macchina di Andreas percorse velocemente le vie di Berlino, fino ad arrivare alla discoteca indicatagli da Bill, seduto sul sedile accanto a lui.

Parcheggiarono davanti all’entrata principale e scesero.

“Mi scusi signore…” lo fermò un uomo così grosso da sembrare un gigante con la divisa di guardiano. “Deve spostare l’auto… quello è un parcheggio riservato ai taxi… non può…”

L’agente della omicidi lo interruppe mostrandogli il suo distintivo.

“Oh… allora ha sbagliato parcheggio…” grugnì il guardiano.

“Il distintivo che le ho mostrato mi autorizza a parcheggiare dove voglio…” ribatté lui con aria superiore.

“Sì, lo so, signore… solo che i suoi colleghi sono tutti laggiù…” concluse l’uomo, indicando un vicolo che portava all’entrata posteriore della discoteca, che si trovava ad una trentina di metri di distanza.

Bill seguì lo sguardo del suo amico, sembrava in trance.

Entrambi si avvicinarono titubanti al vicolo e si affacciarono.

Vide un’area recintata, con uomini in uniformi della polizia che giravano con macchine fotografiche appese al collo, circondati da una marea di gente curiosa.

“Ma quelli non sono…?” chiese il moro.

“Cazzo… sono della omicidi…” lo interruppe Andreas.

“Cosa facciamo?” chiese Bill preoccupato.

“Bè.. di certo non dobbiamo farci vedere… primo perché mi sono dato malato… se mi vedessero sarei nei guai… secondo.. e cosa più importante… non vorrei che venissero a scoprire di voi due… il fatto che qui ci sia un cadavere non mi piace per niente…” concluse.

Bill deglutì spaventato.

Non era la prima volta che parlava di cadaveri… ne aveva visti milioni nei film… ma questa era la prima volta che si trovava dentro una situazione che interessava suo fratello in prima persona… e di conseguenza anche lui ci si sentiva dentro…

“Vieni, presto… torniamo in macchina ed andiamocene…” gli ordinò Andreas.

Bill lo seguì senza fiatare, lasciando alle sue spalle il guardiano che li guardava senza capire.

 

 

Tom aprì gli occhi.

Si era addormentato in camera di suo fratello, che poi l’aveva svegliato per farlo tornare nella sua stanza. Dopo qualche borbottio di dissenso, si trascinò per il corridoio per la stanchezza e aprì la sua porta, per poi buttarsi sul letto senza nemmeno spogliarsi.

Si mise seduto, cercando di ripescare gli ultimi ricordi del giorno prima, come faceva ogni mattina, ma gli venne in mente solo il sogno di quella notte. Aveva visto le sue mani e la sua maglia sporche di sangue. Aveva sognato che era andato a bussare da Bill… e che Andreas era venuto appositamente per aiutarli…

Rise tra sé e sé.

Che sogno assurdo! Si disse.

Io che uccido qualcuno…

Si alzò in piedi e, con equilibrio ancora non del tutto stabile, si diresse verso il bagno.

Si sciacquò il viso con acqua gelida e si fece una doccia.

Sentì bussare alla porta. “Avanti!” urlò dal bagno.

Qualcuno entrò e si avvicinò al bagno, appoggiandosi contro lo stipite della porta.

“Come stai?” gli chiese Bill.

“Bene.. che ci fai te qui?” fece Tom, allungando una mano dalla cabina della doccia e agguantando un asciugamano, che come al suo solito si mise intorno alla vita.

“Volevo assicurarmi che stessi bene…” rispose.

“Ah… grazie del pensiero… ora vai… mi devo vestire…” lo liquidò, uscendo dal bagno.

“Ascolta, Tom… potresti venire nella mia stanza… io e Andreas dobbiamo parlarti…” spiegò Bill con tono piatto e triste.

“Cosa?” ripeté confuso.

Che ci fa Andreas in camera sua?

Gli rivenne in mente il sogno.

Allora… non era un sogno…

Tom si sentì investire da un’ondata di paura che lo colpì in pieno.

Senza emettere nessun suono, chiese conferma al fratello.

Bill capì il suo sguardo e annuì serio.

“Ah…” fece Tom, rendendosi conto che non aveva niente da aspettare ancora in quello stato.

Si infilò velocemente boxer, pantaloni e maglietta e seguì il moro nella sua stanza.

Appena entrò vide Andreas chino sul pc.

“Buongiorno…” lo salutò timoroso.

“Buongiorno…” contraccambiò il saluto l’amico con tono cupo.

“Potevate svegliarmi anche prima…” disse Tom, sedendosi sul letto.

“Volevamo che ti riposassi un po’ per tutto quello che ti è successo…” spiegò Bill sedendosi accanto al fratello.

“Avete tutti e due un’aria troppo seria, per i miei gusti… cosa è successo?”

“Tom…” mormorò Andreas, girandosi verso il rasta.

“… avete trovato il taxi?” domandò spaventato.

“Non abbiamo ancora trovato l’autista, ma abbiamo il tabulato di tutte le corse…” spiegò soppesando tutte le parole.

“E…?” lo incoraggiò Tom, che non riusciva a capire perché fossero così angosciati e dannatamente seri.

“Hai preso un taxi stanotte… dalla discoteca…” iniziò a spiegare l’agente della omicidi.

Tom si alzò preoccupato e si avvicinò lentamente a lui.

“Stamattina io e Bill siamo andati laggiù… e c’era la polizia…” concluse.

Tom sgranò gli occhi spaventato.

“Che ci faceva la polizia?” chiese con un filo di voce.

Andreas guardò Bill, che abbassò lo sguardo, poi tornò a guardare il rasta.

“Si trovavano lì… per un cadavere…”

Tom guardò suo fratello, che incrociò lo sguardo. Era spaventato… proprio come lui.

Aveva paura.

Un cadavere? Si ripeté Tom.

E se avesse veramente ucciso qualcuno? E se lui si fosse trasformato in un assassino?

Non voleva crederci. Era semplicemente troppo assurdo…

Voltò le spalle al ragazzo biondo davanti al lui e si diresse verso la porta.

Bill si alzò di scatto e prese suo fratello per un braccio.

“Fermo! Dove vuoi andare?”

“Non lo so… so solo che non voglio stare qui…” gridò nervoso, cercando di sottrarsi alla presa.

“Tom! È stato ritrovato un cadavere vicino alla discoteca dove tu eri andato ieri sera!” gli urlò contro Andreas. “Forse è del suo sangue che eri sporco!”

“Forse! Ma potrebbe essere anche il sangue di un animale!” ribatté Tom, riuscendo a liberarsi dalla presa del fratello.

“No… quando lui ha fatto il test ieri sera, ha visto che era sangue umano…non ricordi?” gli rispose Bill.

Tom sgranò gli occhi e una nuova ondata di paura lo invase.

“Dobbiamo andare dalla polizia…” concluse Andreas.

“Perché proprio dalla polizia?”

“E dove vuoi andare? Ad un reality show?” il tono era irritato. Possibile che non capisse la gravità della situazione?

“Sarebbe sempre più divertente di questa situazione!” ribatté Tom con tono strafottente.

“Cazzo! Se tu invece di bere come una spugna ti regolassi un po’… forse tutto questo non sarebbe accaduto!” sbraitò l’amico.

“Ah! È così, quindi? Per te io sarei un assassino!”

“Per me sei un amico… ma se non ti fai aiutare, essere etichettato da assassino è quello che ti succederà!”

“No! Se tu non mi porterai dalla polizia, loro non riusciranno mai ad arrivare a me!”

“Tom… falla finita! Andreas ha ragione!” sbottò Bill.

Tom guardò suo fratello determinato, che sostenne lo sguardo con altrettanta determinazione.

Possibile non capisse come si poteva sentire? Voleva stare da solo. Voleva provare a ricordarsi… non sapeva ancora come.. ma in un qualche modo ci avrebbe provato…

Sospirò. “Come ti pare, allora…” disse allontanandosi dalla porta. Era irritato. “Sai per caso anche chi era il cadavere?”

“No… sono entrato illegalmente nel compuetr dell’ufficio e ho scoperto solo che era una ragazza bionda… è stata uccisa con una coltellata al petto… l’unico segno particolare che hanno trovato è un tatuaggio… un paio di ali d’angelo tatuate sulla schiena…” gli spiegò l’amico.

Una ragazza con un paio di ali d’angelo tatuati sulla schiena?

No… non è possibile!

Tom si portò una mano alla testa.

Dentro di lui altre immagini tornarono a frammenti.

Una ragazza…

Delle labbra calde sul proprio corpo…

I lunghi capelli biondi raccolti…

Un grande tatuaggio…

Occhi selvaggi…

Occhi felini…

Un paio di ali d’angelo…

Carezze…

‘Ehi, Tom!’…

Il rasta si avvicinò al letto e si sedette lentamente.

“Sapete come si chiama?” mormorò fragile, guardando il vuoto.

“Te l’ho già detto… no.. mi dispiace…” rispose Andreas con tono cupo.

Tom lo guardò con uno sguardo pieno di paura.

Non era possibile… quella ragazza…

“Io sì…” sussurrò a voce strozzata.

I due ragazzi lo guardarono stravolti, mente il rasta appoggiò i gomiti sulle ginocchia e nascose la testa tra le mani.

Non è possibile!

 

***

continua...

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Hallo!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

tornata!!!!!!!

piaciuto il capitolo????????

eheh...^^... qui le cose diventano ancora più gravi.... perché Tom conosce la vittima????????? O_o

lo so... sono sadica a far finire qui il capitolo.... V_V...

 

comunque.... oltre a ringraziare tutti coloro che hanno letto la fan fiction fino a qui... (che ho visto sono davvero tanti!!!!! GRAZIE!!!!!!!!!!! XDDD)... ringrazio più nello specifico... cioè ringrazio tutte quelle che mi hanno lasciato un commentino... che mi fa sempre tanto piacere ricevere...^^... quindi continuate a commentare!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! XDDDD

 

allora.... un VIELEN DANKE a:

Lidiuz93

Barbycam

Kikketta

_PuCiA_

alice94

Zizzy94

 

più o meno tutte mi avete fatto questa domanda... 'cosa ha fatto Tom???????'

allora..^^"... come sempre non vi anticipo nulla.... e lascio che vi distruggiate per la suspance....

ovviamente scherzo.. anche perché se vi succede questo smettetela di leggerla!!!!! non voglio avere nessuno sulla coscienza!!!XDDD

ok... le mie battute tristi la prossima volta le evito..^^"... scusate...^^"

 

ok... ora sparisco di nuovo e apparirò forse tra un paio di giorni con il 5....

 

e ricordate: commentateeeeeeeeeee!!!!!!! XDDDD

che come già detto mi fa piacere... tanto piacere!!!!!! XDD

 

Kusse!!!!!!

Tschuss!!!!!!

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Capitolo 5
*** Kapitel 5 ***


IMPORTANTE

IMPORTANTE:

I Tokio Hotel non mi appartengono e questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro e soprattutto avverto che è tutto frutto della mia fantasia…

 

Aggiungo dicendo che con questo mio scritto non intendo dare rappresentazione veritiera del loro carattere.

 

 

Twisted Brother

 

Kapitel 5

 

“Tom!” urlò Bill, bussando alla porta del bagno. “Vuoi aprire?”

Tom non lo ascoltò. si appoggiò alla parete e si lasciò scivolare per terra. Portò le gambe al petto, come faceva da bambino, le abbracciò e vi nascose la testa. Era distrutto.

Come potevano pensare che, dopo aver scoperto una cosa del genere, potesse essere come prima? Lui conosceva quella ragazza… quella era una delle poche e rare ragazze che gli erano piaciute… piaciute davvero...

Era una ragazza che decisamente significava molto per lui. Sapere che era morta lo aveva sconvolto… e la cosa peggiore era che forse era stato proprio lui a causarne la morte.

“Tom!” urlò Andreas picchiando sulla porta. “Dimmi tutto di quella ragazza! Non posso aiutarti altrimenti…”

Perché non capiscono?

Il rasta si premette le mani sulle tempie. La testa gli sembrava che potesse scoppiare da un momento all’altro.

Perché era successo tutto questo? Perché proprio a lui?

“Tom… ti prego.. apri la porta…” lo supplicò il moro con voce flebile. Anche Bill era spaventato, lo poteva sentire e per questo stava ancora peggio, perché se uno tra i due soffriva, l’altro soffriva con lui. E Tom non voleva far soffrire suo fratello. Lui era il fratello maggiore, quello più forte.

Respirò profondamente per darsi coraggio e ricacciare indietro le lacrime che stavano per rigargli il volto.

Si alzò e girò la chiave nella toppa della porta del bagno, aprendola lentamente.

Bill si allontanò leggermente, lasciando spazio a suo fratello per passare, ma Tom non oltrepassò la soglia e non guardò nessuno negli occhi.

“Avanti… parla…” gli ordinò Andreas, guardandolo con uno sguardo serio e duro.

Tom respiro profondamente ancora una volta e incrociò lo sguardo del suo amico.

“Conoscevo quella ragazza…” sussurrò, avvicinandosi lentamente alla sedia nell’angolo della stanza e sedendocisi.

Appoggiò le braccia sulle gambe e iniziò a fissare il vuoto.

I due ragazzi lo osservavano in silenzio, aspettando che continuasse.

“Sono stato a letto con lei…più volte…” confessò. “Ma poi, lei ha iniziato a vedersi con un altro…” continuò, sussurrando.

“E tu?” chiese Andreas.

“E io…” gli venne un groppo in gola. “Ho minacciato di ucciderla…”

Bill sgranò gli occhi.

“… un paio di volte…”

L’amico lo guardava con occhi penetranti.

“… no… forse tre…” ammise con voce strozzata il rasta.

Suo fratello si inginocchiò accanto a lui.

“È la ragazza con la quale ti ho visto un po’ di sera fa in discoteca? Avevi detto che sarebbe stata una notte e via…” chiese conferma.

“Ma cosa cazzo volevi che ti dicessi? Lei è stata una delle poche che mi sia piaciuta sul serio!”  rivelò il rasta. “Non riuscivo a credere che avesse preferito quel paramecio palestrato a me…” continuò con disprezzo.

“Hai minacciato di ucciderla solo perché ti aveva mollato!” gli fece notare Bill con tono incredulo. “Sai quante minacce di morte dovresti ricevere te, allora?”

“Cazzo! Ma io non volevo ucciderla! Sono cose che si dicono!” urlò Tom spaventato.

“Ti hanno sentito mentre lo dicevi?” intervenne Andreas.

“Non gliel’ho detto…” rispose irritato per il tono usato dall’amico.

Come cazzo faceva a starsene tranquillo ed accusarlo?

Bill alzò un sopracciglio. Non capiva.

“Le mandavo dei messaggi al cellulare…” confessò Tom, guardandolo negli occhi, quasi con aria di sfida. Non voleva che Andreas pensasse che lui potesse essere un assassino.

“Dobbiamo andare subito dalla polizia…” decise il biondo.

“Perché? Non ho fatto niente di male!” protestò Tom.

“E come fai ad esserne sicuro?” replicò l’agente della omicidi.

Tom sgranò gli occhi e sentì una dolorosa fitta allo stomaco. “Non crederai che…”

Guardò Andreas negli occhi e lui sostenne lo sguardo. Poi portò lo sguardo su Bill, ma lui guardò altrove.

Bill non sapeva cosa fare. Non voleva nemmeno lui chiamare la polizia. Cazzo! Era suo fratello! Come poteva consegnarlo alla polizia? Ma sapeva anche che non c’era altra scelta.

“Voi… lo credete…” concluse Tom con tono di disprezzo.

“Non da sobrio… ma avevi bevuto… potrebbe essere stato un incidente!” si affrettò a dire Bill.

“Ti giuro su quello che vuoi che…” replicò il rasta, senza avere tempo di concludere la frase.

“Come puoi giurare, se non ricordi come è andata?” urlò Andreas.

Tom si sentì invadere da una nuova ondata di paura.

Cercò lo sguardo di suo fratello. Lui l’avrebbe sostenuto. Lui lo avrebbe capito.

Bill lo guardò triste. Tom… non so cosa fare… devi farti aiutare da Andreas…

“Se non mi crede nemmeno mio fratello… non mi crederà nessuno…” concluse con tono piatto e impaurito.

“Tom…” mormorò suo fratello, allungando una mano e poggiandola sulla sua gamba per dargli forza.

Il rasta, sentendo quel contatto, si alzò e di diresse verso la porta.

Andreas lo prese per un braccio e lo costrinse a girarsi.

“Cosa vuoi fare? Arrestarmi?” gli gridò contro Tom, liberandosi dalla presa dell’amico con uno strattone.

Bill osservava la scena. Voleva aiutare il fratello, ma per farlo, Tom avrebbe dovuto fidarsi di più di Andreas.

L’agente distolse lo sguardo dall’amico e gli voltò le spalle, avvicinandosi al tavolo in fondo alla stanza, dove avrebbe preso il cellulare e chiamato il suo capo.

Tom aveva paura. Non voleva andare dalla polizia. Lo avrebbero rinchiuso in prigione. Nessuno gli avrebbe creduto.

“No… vorrei farti capire che la nostra unica possibilità è andare dalla polizia…” spiegò l’amico di spalle.

Il rasta approfittò del momento per scattare verso la porta. La aprì e corse via, sbattendola alle sue spalle.

I due ragazzi non fecero in tempo a fermarlo.

“Cazzo!” imprecò Andreas, buttando il cellulare sul letto e provando a correre dietro a Tom, ma quando uscì dalla porta non lo vide già più.

Bill, invece, rimase fermo, inginocchiato vicino alla sedia, dove fino a poco tempo prima stava seduto suo fratello. Perché sei corso via? Perché non vuoi farti aiutare?

Intanto, Tom correva. Correva nel modo più veloce che il suo corpo e i suoi vestiti potessero permettergli. Corse fino all’ingresso. Uscì e corse sotto la pioggia di quella cupa mattina di novembre.

Voleva stare da solo e nessuno glielo avrebbe impedito.

 

 

“Bill… seguimi… prendiamo la macchina…” decise Andreas, prendendo il giacchetto e infilandoselo.

“E dove andiamo? A cercare Tom?” chiese il moro, imitandolo.

“Mi sembra ovvio, no?” disse raccogliendo il suo cellulare e infilandoselo nella tasca dei pantaloni.

Bill sorrise. Tom… ti troveremo e ti aiuteremo… Te lo prometto!

Uscirono in fretta dalla stanza, ma mentre correvano nel corridoio una voce li fermò.

“Ehi, Bill… dove stai correndo? È da un po’ di tempo che sento casino provenire dalla tua camera… che succede? Oh.. ciao Andreas…”

I due ragazzi si voltarono e incrociarono lo sguardo di Georg.

“Usciamo…” tagliò corto il cantante.

“Ma abbiamo quell’importante intervista nel pomeriggio…” ribatté il bassista.

“Annullala.” rispose determinato.

“Ma perché? È importante…”

“Georg… mia madre sta male… sto andando da lei… Tom è già a casa nostra… per piacere, annulla l’intervista e non contattateci finché non torneremo…” disse Bill serio.

Georg rimase turbato sia dal gelido sguardo che il cantante gli aveva rivolto sia dalla notizia e non volendo sembrare troppo ficcanaso, si voltò. “Va bene… lo dirò anche a David… e te porta i miei saluti a Simone…” concluse, allontanandosi.

“Sì.. ciao…” rispose con tono piatto.

I due ragazzi ripresero a correre, fino ad arrivare alla macchina dell’amico.

Salirono e Andreas mise in moto.

“Dove va il più delle volte Tom quando vuole star solo?” chiese a Bill, allacciandosi la cintura di sicurezza.

“Non lo so… delle volte l’ho visto a quel pub dove va a mangiare la pizza… a qualche isolato da qui…” rispose il moro, facendo lo stesso. “Comunque prova a chiamarlo sul cellulare… non credo che ti risponda… ma potresti provare lo stesso…”

Andreas non rispose. Era arrabbiato. Lui stava infrangendo troppe regole per aiutare un suo amico… e lui come si comportava? Da perfetto idiota… lui voleva aiutarlo… perché non capiva?

Imboccò la strada principale e accelerò. Poi prese dalla tasca il cellulare e cercò nella rubrica il numero di Tom.

“Stai attento alla strada… non voglio morire giovane…” lo ammonì Bill, aggrappandosi con una mano al sedile.

“Lo so…” mormorò lui, portandosi il cellulare all’orecchio.

Squillò a vuoto parecchio tempo.

Chiuse la chiamata e riprovò.

Al terzo squillo una voce ripose.

“Pronto?” non sembrava quella di Tom, ma il biondo pensò che fosse modificata a causa proprio del telefono.

“Finalmente! Dove cazzo ti sei cacciato?” chiese furioso.

Silenzio.

Dopotutto se lo aspettava.

“Schneider?” chiese una voce in cerca di conferma.

Andreas sgranò gli occhi.

“Capo…?” mormorò a voce strozzata.

“Sì…” rispose scontroso.

“Come mai hai il cellulare di un mio amico?” chiese, senza capire come potesse il cellulare di Tom essere finito nelle sue mani.

“Ho io una domanda da fare a te… come mai il cellulare di questo tuo amico era accanto ad un cadavere?”

L’agente della omicidi non rispose. Bill voleva chiedergli cosa fosse successo, ma non riuscì a formulare una domanda coerente, spaventato per l’espressione sconvolta, dipinta sul volto di Andreas.

L’unica cosa che capì, fu che la situazione era peggiorata.

E di molto.

 

***

continua...

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Hallo!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

ed eccomi tornata con un nuovo capitolo di questa ff!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

piaciuto??????... cioè... come vi ha lasciato??????...^^"...

 

bè... qui si scopre qualcosina.... ma ina ina... di quella ragazza.... e lo so... ho esagerato un tantinello a far ammettere a Tom che la minacciava con messaggi di quel genere.... V_V... perdono... lo so (e come???O_ò) che Tom non lo farebbe mai!!!!!! X°°DDD

 

anche oggi passo ai ringraziamenti!!! come al solito, dopotutto..^^"...

un grazie a chi l'ha letta fin qui e in particolare a coloro che hanno lasciato un commentino...^^... (maky my 94, Ludiuz93, Barbycam, Zizzy94, alice94 (oddio!!!!!!! ci credi che ora sono curiosissima di sapere cosa potresti aver capito?????? X°DD... vabbè... non te lo chiedo ora... casomai una volta che la storia sarà finita mi racconterai quello che, forse, hai capito...^^ )e jess..^^)

grazie veramente tanto!!!!!!!!!!!!!!

 

ora saluto di nuovo tutti e vi lascio come sempre con la suspance..^^

ci vediamo con il prossimo capitolo!!!!!!!!!!!!!

 

ps: commentate!!!!!!!!!!!!!!!!!XDDD

 

kusse!!!!!

tschuss!!!!!!!!!!!!!!!

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Capitolo 6
*** Kapitel 6 ***


IMPORTANTE

IMPORTANTE:

I Tokio Hotel non mi appartengono e questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro e soprattutto avverto che è tutto frutto della mia fantasia…

 

Aggiungo dicendo che con questo mio scritto non intendo dare rappresentazione veritiera del loro carattere.

 

 

Twisted Brother

 

Kapitel 6

 

Andreas stava aspettando nell’ufficio privato del suo capo da ormai quindici minuti. Non era mai stato più teso in vita sua. Avrebbe preferito fronteggiare un terrorista faccia a faccia, piuttosto che dover affrontare il suo capo.

Due suoi colleghi lo salutarono beffardi dalla porta.

Il giovane avrebbe volentieri spaccato loro il viso.

Si voltò di spalle per non doverli guardare in faccia.

Subito sentì la porta sbattere violentemente alle sue spalle.

Andreas trasalì.

“Che diavolo ti è saltato in mente?” gli urlò contro il capo.

“Vorrei scusarmi… ma so già cosa direbbe…” sussurrò.

“L’influenza ti è passata, vedo…” notò sarcastico, sedendosi sulla sedia davanti a lui.

“Non l’ho mai avuta…” spiegò l’agente tremante.

“Ma non mi dire…!” mormorò con disprezzo l’uomo sulla cinquantina che lo stava fronteggiando.

Calò il silenzio. Andreas non aveva mai avuto più paura di quel momento.

“So che l’occultamento di prove costituisce violazione del dovere…” iniziò a parlare il ragazzo.

“… è anche reato!” lo interruppe il capo.

Il biondo non rispose.

“Perché non sei corso da me?” chiese l’agente Wolf furioso.

“Volevo farlo…” iniziò Andreas, strusciandosi le mani tra loro. “Quando ho visto il cadavere ho pensato di portare Tom qui…”

“No… intendo prima!” ruggì il capo.

“… non potevo rischiare…” confessò il ragazzo.

È mio amico, è come un fratello… non potevo rischiare di farlo finire in carcere…

Seguì qualche secondo di silenzio. Qualche secondo eternamente lungo.

“… io non so se sia coinvolto o no… ma so che le apparenze… bè… come diciamo sempre… ‘meglio dieci colpevoli in libertà, che un innocente in prigione’… ma sappiamo che non funziona sempre a questo modo…” deglutì. “Non potevo esporlo al rischio… dirlo alla polizia… e nemmeno a lei… è come un fratello per me…”

Il silenzio li avvolse ancora.

L’agente Wolf stava fissando il giovane come se volesse leggergli dentro.

Poi si alzò, si avvicinò al ragazzo e gli posò una mano sulla spalla

“Scuse accettate, agente Schneider…” mormorò, per poi uscire dall’ufficio.

Il biondino non pensava di poter sopravvivere a quel colloquio con il suo capo. Eppure era ancora tutto intero.

Dovette ricredersi. Anche il suo capo, in fondo, aveva un cuore.

 

 

Andreas aspettò qualche istante prima di seguire il capo nella stanza con i colleghi, dove Bill lo stava aspettando.

“Come? Andreas è ancora vivo? Con il tempo ti stai rammollendo, capo…” scherzò Adam Stein, uno dei suoi colleghi che era intento a leggere dei fascicoli seduto alla sua scrivania. Il capo lo guardò storto. “Ah… no…è nel fiore degli anni, signore…” sorrise falso.

Sullo schermo attaccato alla parete stavano scorrendo molte immagini di Tom.

“A che servono così tante foto?” chiese preoccupato Bill, avvicinandosi all’amico.

“È per l’ordine di ricerca…” spiegò una collega, che stava facendo scorrere le immagini sullo schermo, senza evitare qualche mormorio di approvazione per il ricercato.

“Non l’avrete emesso per…” chiese Andreas, venendo interrotto.

“… ordine di ricerca per furto d’auto…” concluse Adam.

Bill sospirò sollevato.

“Meglio per furto che per omicidio…” commentò Andreas.

“Dobbiamo rintracciarlo… al momento è l’unico sospettato…” avvertì Daphne, l’altra collega.

“Testimone…” chiarì Bill, intromettendosi.

L’agente Wolf digitò qualcosa sulla tastiera del pc ad una delle quattro scrivanie.

“Ho parlato col tassista che ha caricato tuo fratello, si trovava sulla scena del crimine…” disse il capo rivolto a Bill, che trattenne il fiato per qualche istante.

Tom…

“E per Hanna, la donna della scientifica, il sangue sui suoi vestiti corrisponde a quello della ragazza trovata morta…” disse Adam.

“Poi ci sono i messaggi sul cellulare…” aggiunse Daphne.

“Già… da quella che inizia con ‘perché cazzo l’hai fatto…?’ a quella che finisce con ‘guardati le spalle…’…” lesse da un fascicolo Adam. “…questi messaggi già costituiscono…”

“… circostanze e movente…” concluse Daphne.

Incredibile cosa aveva fatto Tom per essere stato scaricato da quella ragazza, pensò Bill sarcastico, ma subito si pentì di quel pensiero… non era il caso di usare sarcasmo…

“Perché scappa?” chiese il capo a Bill.

“… è sconvolto… ha paura.. dice che non c’entra e pensa che noi non gli crediamo…” spiegò.

“È così?” chiese Daphne seria ai due ragazzi.

“… io non credo che sia colpevole…” iniziò il moro abbassando lo sguardo.

“Ma?” lo incitò il capo.

“Ma può capitare di tutto… se era ubriaco…” continuò Andreas.

“Escluso… dall’analisi delle urine che hai dato ad Hanna, il tuo amico era pulito…” disse Daphne, andando a sedersi alla sua scrivania.

“Ci sono altri sospettati?” chiese il capo, tornando davanti allo schermo del computer.

“Forse il ragazzo di Kornelia Berger, la vittima… tuo fratello non era il solo a mandarle dei messaggi…” spiegò Adam.

“Indirizzo…” ordinò l’agente Wolf. Adam gli passò un foglio. “Stein fa portare qui il taxi…” l’agente alzò la cornetta del telefono. “Daphne… l’amico di Andreas…”

“Oh… sarà un vero piacere…” commentò maliziosa.

“Capo, non sarebbe meglio se ci mandasse Adam…?” chiese Andreas, che gli dava fastidio l’idea che una sua collega potesse finire, anche se in un'idea abbastanza remota, a letto con il suo migliore amico.

“Andreas… tu va… non puoi lavorare al caso…” decise il capo, mentre si allontanava per andare a trovare il ragazzo definito da Tom ‘paramecio palestrato’.

“Ma se andassi a casa e ci lavorassi da solo?” propose.

Il capo lo guardò per qualche istante.

“Suvvia!” e gli fece segno di seguirlo. “Anche te…” disse al moro. “Voglio che voi due stiate con me…”

I ragazzi si impossessarono dei loro giacchetti e seguirono l’agente Wolf.

 

 

Wolf si aggirava curioso nella stanza di Kurt Werner, il paramecio palestrato, ammirando le medaglie di canottaggio che il ragazzo aveva vinto.

Andreas e Bill, invece, stavano ascoltando la loro conversazione seduti su un divano della stanza accanto, dove il capo gli aveva ordinato di rimanere.

“Questa è una foto di voi due?” chiese il capo, prendendo in mano una foto incorniciata.

Il ragazzo si avvicinò e la osservò con dolcezza.

“Sì.. ci conoscevamo fin da piccoli… questa foto l’abbiamo fatta due anni fa… eravamo andati a Milano per festeggiare i suoi diciott’anni…”

“Quando l’hai vista per l’ultima volta?” domandò il capo, mettendosi a guardare i cd del ragazzo.

“Ieri sera … eravamo in discoteca… avevamo bevuto un po’… poi io ero andato in macchina per accompagnarla a casa e… sì.. insomma… ha capito per cosa… ” spiegò, rimettendo la foto sullo scaffale.

“… ma lei non si è più vista…” concluse l’agente.

Il silenzio li avvolse.

“Mi sembra, quindi, che voi due foste una coppia felice…” commentò il capo, guardandolo negli occhi.

“Già…” si limitò a dire.

Respirò profondamente.

“Devo fargliela pagare!” mormorò con disprezzo Kurt.

“A chi?” chiese Wolf, sedendosi su una sedia che si trovava nella stanza.

“A quel pezzo di merda di Tom Kaulitz!” a quel nome, Bill trasalì. “È un ragazzino a cui la fama ha dato alla testa! Ha passato qualche notte con lei solo perché lei beveva… era un periodo in cui avevamo litigato e lei era stressata… quando ci siamo chiariti lei lo ha rifiutato e lui per questo lui le mandava messaggi minacciosi!”

“Sapevi dei messaggi?”

“Certo! Quando le arrivavano non era più la stessa!” ruggì il ragazzo. “Ma volete arrestarlo o no?”

L’agente lo guardò serio.

“Ieri sera l’ho visto in discoteca e quando ha visto che lei stava con me e non con lui è si è alzato furioso!” urlò Kurt.

“Forse voleva solo andarsene!” intervenne Bill, alzandosi dal divano e irrompendo nella stanza, incazzato.

“No! Perché l’ha uccisa!” ruggì Werner.

Il capo si alzò e spinse il moro di nuovo nella sala accanto. “Ehi! Ti avevo detto di aspettare qui!”

“Ma l’ha sentito?” protestò.

“Si. Per questo ti ho detto di aspettarmi qui!” chiarì Wolf.

Bill non rispose. Si limitò a guardarlo dritto negli occhi.

Il capo si allontanò da lui e si diresse di nuovo nella stanza di Werner.

Bill lo seguì con lo sguardo.

Perché non capiva che Tom era innocente?

 

***

continua...

______________________________________________________________________________________________________________________________

 

hallooooooooooooooo!!!!!!!!

scusate se ho postato in ritardo... ma i questi giorni mi sono successe un po' di cose...^^".... e quindi ho avuto la testa da un'altra parte..^^"..

 

come potete vedere in questo capitolo Tom non è presente... ma tranquilli.... si rifarà vivo! sicuro!!!!! XDDDD

 

e come ogni volta, ora passo ai ringraziamenti!!!!

oltre a tutti coloro che hanno letto, ringrazio di cuore anche chi ha lasciato un commentino... cosa sempre ben accetta..^^

 

grazie mille a:

natalia (non ti dico niente....XD... sennò dove è la suspance???... continua a leggere!!!!XDDD *me felice che ti piaccia!!*), Sahne (grazieeeeeeeeeeeeeeeeeee!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! X°DDD .... eheh... anche per me 'quello' è il mio preferito!!!! XDDD cercherò di non deludere le tue aspettative...^^), Lidiuz93, jess, Zizzy94 (non preoccuparti...^^.. comunque ho letto entrambi i commenti...^^... vielen danke!!!!), puffetta (bè... come detto nel primo capitolo.. mi sono leggermente ispirata a qualcosa.. che finché la storia non sarà finita non svelerò per non togliere la suspance..^^...)

 

via... me ne vado ancora una volta.... sperando di non pubblicare troppo tardi il prossimo capitolo..^^...

vi avverto... nei prossimi capitoli la storia si farà più fitta...!!!!!.. ma non vi dico altro..^^..

 

buona lettura....

 

e lasciatemi un commentino!!!!!! che li accetto sempre volentieri!!!!XDDDD

 

Kusse!!!!!!

 

Tschuss!!!!!

 

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Capitolo 7
*** Kapitel 7 ***


IMPORTANTE

IMPORTANTE:

I Tokio Hotel non mi appartengono e questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro e soprattutto avverto che è tutto frutto della mia fantasia…

 

Aggiungo dicendo che con questo mio scritto non intendo dare rappresentazione veritiera del loro carattere.

 

 

Twisted Brother

 

Kapitel 7

 

Il cellulare vibrò nella tasca dell’agente Daphne Schwarz, che passeggiava lentamente lungo la piccola strada che l’avrebbe portata proprio davanti a casa sua. “Schwarz…” rispose.

“Abbiamo trovato l’amico di Schneider…” gli rispose Adam, che stava seduto alla scrivania dell’ufficio.

“Comunicalo al capo…” gli disse, aprendo il portone.

“Già fatto… vuole che glielo portiamo…”

“Ok… arrivo…” e chiuse la telefonata, rimettendo il cellulare in tasca.

Era appena entrata in casa. Sbuffò. “Che palle… neanche oggi una cena tranquilla…”

 

 

Tom era solo, davanti ad una parete ricoperta di graffiti con una bomboletta in mano.

Era l’unico modo per sfogarsi. L’unico modo per riflettere.

Aveva tracciato linee senza senso, che alla fine lo avevano portato a rappresentare un mare in tempesta.

Era un’immagine cupa, grigia… sembrava che mostrasse il suo stato d’animo.

Proprio come me… già…

Tom era confuso, agitato, spaventato. Non sapeva cosa fare. Era come se non potesse più fidarsi di nessuno. Nemmeno di suo fratello. Lui lo voleva portare alla polizia.

Ma sarebbe stato giusto andare dalla polizia?

Io non ho ucciso nessuno! Continuava a ripetersi.

Ma fuggendo non dimostrava altro che la sua colpevolezza.

Forse doveva dare ascolto ad Andreas. Forse era vero che loro volevano aiutalo.

Tom continuava a pensare. Continuava a cercare una soluzione. Provava a ricordare gli avvenimenti di quella dannata sera, ma tutto era inutile. Vedeva solo le solite immagini sfuocate, confuse. Vedeva e rivedeva sempre i soliti ricordi frammentati, ricordi che non lo avrebbero aiutato.

Iniziò a piovere.

Era la seconda volta che pioveva quel giorno. E per la seconda volta lui era senza un riparo. Era scappato dal suo riparo ed era troppo orgoglioso per voler tornare indietro.

Continuò a spruzzare del colore sul muro, facendo affiorare sulla superficie della parete gli schizzi delle onde.

Il mare era sempre più agitato. Proprio come lui.

Il mare era sotto la pioggia, senza alcun riparo. Proprio come lui.

Il mare era solo. Proprio come lui.

La bomboletta spruzzò i suoi ultimi getti di colore.

Tom si allontanò per ammirare il suo graffito, circondato da altre sue composizioni.

Quello era il suo muro, era la sua valvola di sfogo.

Uno psicologo ci avrebbe letto tutti i suoi stati d’animo, tutta la sua vita.

Improvvisamente sentì qualcuno alle sue spalle che si avvicinava.

Sentiva i tacchi delle scarpe.

“Mi dispiace bellezza, ma oggi non sono in vena per passare la notte con te…” disse senza girarsi.

“E invece mi sa proprio che dovrai…” ribatté lei, posizionandosi davanti a lui, riparata da un ombrello rosso, e mostrandogli il suo distintivo della omicidi.

A Tom mancò il fiato. L’avevano trovato. Ora l’avrebbero rinchiuso in prigione e nessuno gli avrebbe creduto. Avrebbe passato la vita dietro le sbarre.

Ma non ce la faceva più a scappare.

“Va bene… per stasera farò un’eccezione…” sospirò, mettendo per terra la bomboletta di spray.

L’agente Adam raggiunse la sua collega e iniziò a fissare il ragazzo.

“Siete venuti ad arrestarmi?” chiese rassegnato.

“No…” rispose l’agente Stein.

“Ma devi venire lo stesso con noi…” concluse Daphne.

“Uhm…” annuì il rasta. “Siete così gentili solo perché sono un amico di Andreas?” chiese acido.

“No… siamo sempre gentili con le persone…” rispose Adam ironico.

“Certo…” farfugliò Tom, incrociando le braccia.

“Forza… prendi…” Adam lanciò a Tom un piccolo ombrello, che lui prese al volo.

“Non era necessario…” commentò il ragazzo con tono piatto.

Daphne sbuffò. “Ora seguici…”

 

 

“Tom!” urlò Bill, correndogli incontro e abbracciandolo.

“Bill…” mormorò lui.

“Uh.. che schifo! Sei tutto bagnato…” commentò il fratello staccandosi con una smorfia schifata sul viso.

“L’ho fatto apposta per farti stare lontano…” disse ironico.

“Ah ah ah… spiritoso…” rise sarcastico il moro.

“Andreas, dov’è il capo?” chiese Adam al biondo, che era seduto su una sedia dietro una scrivania.

“È da Hanna, nel garage deposito prove… ha detto che ha trovato qualcosa nel taxi…” rispose alzandosi.

I due agenti si diressero verso l’ascensore per scendere nei sotterranei, dove si trovava il laboratorio della scientifica.

“È il taxi che ho preso io?” domandò il rasta, girandosi verso la scrivania di Andreas.

“Sì…” confermò l’amico.

“Possiamo andare anche noi?” chiese Tom, che voleva vedere se c’era qualcosa in quel taxi in grado di fargli tornare la memoria.

“Ehm… credo di sì… seguitemi…” e si avviarono anche loro verso il laboratorio. “Stein, Schwarz! Aspettateci!” urlò loro Andreas, correndo per il corridoio.

Adam coprì le fotocellule dell’ascensore con una mano, facendo riaprire le porte che si stavano chiudendo.

Tom e Bill lo seguirono all’interno dell’ascensore.

“Non si corre per i corridoi… lo dovresti sapere…” lo ammonì Daphne.

Il biondo sbuffò, incrociando le braccia.

 

 

Le porte dell’ascensore si aprirono.

“Ehi capo…” lo chiamò l’agente Stein.

Wolf si girò e andò verso di loro.

Tom si guardò intorno. Gli sembrava di essere in un film, un film poliziesco. Ma purtroppo, quella era la realtà.

Nella enorme stanza che aveva davanti c’erano le attrezzature più strane avesse mai visto. Fece vagare lo sguardo per il soffitto, seguendo i vari fili che univano altrettanti macchinari. Poi guardò sulla sinistra, dove trovò una donna davanti ad un taxi.

Quel taxi…

Quel taxi gli ricordava qualcosa. Che sia…? Il rasta sgranò gli occhi.

Nuove immagini invasero la sua mente come un fiume in piena, e come tale erano confuse, intrecciate, agitate.

Un pianto…

Un pianto spaventato…

L’interno di un taxi…

La strada umida…

‘Tom! No! No!’

Le proprie mani insanguinate…

Tremare…

La paura dentro di sé…

Un coltello…

Un coltello sul sedile del taxi…

Un coltello sporco di sangue…

Tom distolse lo sguardo dal taxi. Possibile che tutto quello che aveva ricordato fosse vero? Sentiva la paura diffondersi in lui.

Guardò la donna. Aveva in mano un coltello. Quel coltello…

Tom aveva paura, tanta paura. Troppa paura. Non era possibile. Tutto questo doveva essere un sogno, anzi… un incubo.

“Dove l’hai trovato?” chiese Adam ad Hanna.

“Tra i sedili del taxi…” rispose prontamente.

Il rasta si sentì come se avesse appena ricevuto un pugno in pieno stomaco e così anche suo fratello, che trattenne il fiato, sgranando gli occhi, incredulo.

Il capo e i tre agenti si voltarono in direzione di Tom, fissandolo intensamente.

Erano sguardi differenti tra loro, ma tutti indicavano un’unica cosa.

Tom aveva ucciso qualcuno.

 

***

continua...

______________________________________________________________________________________________________________________________

 

Hallooooooooooooo!!!!!!!!!

e rieccomi!!!!!!

vi sono mancata???? hihi

con questo nuovo capitolo sentite la voglia di uccidermi????? ^^"

vabbè... me lo farete sapere nelle vostre recensioni...

 

allora.... sinceramente non so che dire per intrattenervi... quindi... passo come al solito ai saluti....

un grazie a tutti coloro che leggono costantemente ogni capitolo!!!!!!! e uno a chi ha lasciato un commentino!!!!!!! che ho visto sono numerosissimi!!!!! O_o

 

continuate a recensire numerosissimissimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!XDDDD

 

allora... un DANKE veramente grosso a: michela, Lidiuz93, jess, _PuCiA_, smokeygirl, Valefantasy94, Valux91, puffetta e alice94 (tranquilla!!!!! tra qualche capitolo scoprirai la verità... ma alla fine mi dirai assolutamente cosa pensavi e se veramente è come avevi pensato!!!!!!! XDDDD)

 

ora mi eclisso..... XDDDD..... al prossimo capitolo!!!!!XDDD

 

KUSSE!!!!!!!!

 

TSCHUSS!!!!!!

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Capitolo 8
*** Kapitel 8 ***


IMPORTANTE

IMPORTANTE:

I Tokio Hotel non mi appartengono e questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro e soprattutto avverto che è tutto frutto della mia fantasia…

 

Aggiungo dicendo che con questo mio scritto non intendo dare rappresentazione veritiera del loro carattere.

 

 

Twisted Brother

 

Kapitel 8

 

“Tom l’ha minacciata di morte nei messaggi che le mandava…” annunciò il direttore della polizia, seduto ad un lungo tavolo, sfogliando il fascicolo del caso.

Andreas era seduto davanti a lui, impaurito, ma determinato a sostenere il colloquio. Il suo capo stava fissando l’intera scena, appoggiato al muro.

“È salito su un taxi vicino alla scena del crimine e all’ora dell’omicidio…” continuò il direttore furente, chiudendo il fascicolo e iniziando a fissare con occhi colmi di rabbia l’agente Schneider. “Il sangue sui suoi vestiti corrisponde a quello della vittima e sull’arma del delitto compaiono le sue impronte…”

Andreas iniziò a mordersi le labbra e a strusciare le mani tra loro.

“Oltre al fatto che è un tuo amico, ci sono altre ragioni per le quali non dovremmo incriminarlo formalmente?” concluse, sputando veleno ad ogni parola.

Andreas respirò profondamente e posò le mani sul tavolo, avvicinandosi. “Conosco Tom, direttore…” lasciò cadere il silenzio per trovare le parole giuste, evitando qualche mancamento di rispetto. “Tom ha un brutto carattere, ma aggredisce a parole, non a coltellate…”

“Il tuo attaccamento a quel ragazzo non ti basta per scagionarlo, agente Schneider…” ribatté il direttore.

“L’hanno drogato…” iniziò Andreas. “Quando è arrivato da suo fratello era confuso e stava in piedi a stento… poteva ricordare solo di essere stato in discoteca…” spiegò.

Il direttore tornò a sfogliare i dati del caso e il capo lo fissava colpito da come il discorso si sarebbe potuto evolvere.

“Dall’analisi non risulta che avesse assunto alcool o droghe…” lo interruppe il direttore.

“Ma sono state fatte troppo tardi! Il suo corpo aveva già metabolizzato…” obbiettò l’amico.

“E se è così di chi è la colpa?” replicò il direttore.

“Mia. Avrei dovuto portarlo subito…”

“Però non l’hai fatto! Sono stati l’agente Stein e l’agente Schwarz a trovarlo!” urlò il direttore. “Con quello che hai fatto, o meglio… con quello che non hai fatto, tu non hai di certo aiutato il tuo amico, ma hai minato l’integrità della omicidi!”

“Mi scusi, direttore, per non aver posto l’integrità della omicidi davanti al mio amico!” urlò Andreas, alzandosi dalla sedia e togliendosi il distintivo e la pistola, per poi buttarli sul tavolo davanti al direttore. “Ora non potrà più accadere!” uscì e sbatté la porta dietro di lui.

 

 

“Schneider!” lo chiamò il capo per le scale. “Ehi!”

L'agente fece finta di non sentirlo e continuò a scendere. “Non cerchi di farmi cambiare idea…” iniziò Andreas, ma venne interrotto dal solito scappellotto del capo che aveva corso per raggiungerlo.

“Non farti più manipolare da nessuno in questa maniera!” lo ammonì il capo, quasi minacciandolo. “Nemmeno dal direttore!”

Andreas sgranò gli occhi. “Lui voleva che mi dimettessi?” chiese incredulo.

“Certo. Lui ha il compito di proteggere la omicidi…” disse l’agente Wolf, dirigendosi nell’ufficio. “Siediti!” ordinò indicandogli con il dito una scrivania.

“Cosa è successo?” chiese Bill, togliendosi le cuffie dagli orecchi.

“Capo, non crederà che…” ribatté il biondo, senza prestare attenzione al suo amico, che era rimasto tutto il tempo del colloquio ad aspettarlo nell’ufficio.

“Sta seduto qui finché non ritorno!” lo interruppe il capo, buttando il suo distintivo e la pistola sulla scrivania.

“Non crederà che Tom…” cercò di farsi valere, seguendo gli ordini del capo.

“Tom cosa?” chiese nuovamente Bill, alzandosi da una sedia dietro la scrivania ed avvicinandosi al suo amico.

“Non lo so, Schneider!” urlò. “Lo saprò dopo averlo interrogato…” concluse più calmo.

“Posso assistere?” chiesero all’unisono i due ragazzi.

“No!”

“Dalla camera di osservazione!” propose Andreas.

“No!”

L’agente Schneider sbuffò. “E cosa faccio seduto qui?”

Il capo prese un blocco e una penna e glieli mise sotto il naso. “Tieni… fai un bel disegno…” e se ne andò.

Il biondo sbuffò ancora una volta. “Che palle…”

Bill, irritato per la mancanza di attenzione da parte loro, batté le mani sulla scrivania del suo amico, che si ricordò solo ora della presenza del moro. “Ora mi spieghi cosa è successo, chiaro?”

 

 

Tom stava seduto, immobile a fissare il vuoto sopra il tavolo davanti a lui.

Era stato portato nella stanza degli interrogatori. Non c’era nulla intorno. Solo lui, un tavolo e due sedie.

Le pareti erano vuote e quel colore lugubre di cui erano intrise rendeva la situazione ancora più cupa.

Tom alzò lo sguardo davanti a lui, fissando il grande specchio, dietro al quale stavano aspettando l’arrivo del capo l’agente Stein e l’agente Schwarz.

Improvvisamente la porta si aprì e Tom guardò l’uomo appena entrato.

L’agente Wolf girò intorno al tavolo, sedendosi poi sulla sedia di fronte al rasta.

“Parlami della discoteca…” ordinò.

“Musica, luci, ragazze e birra…” rispose semplicemente, ma con tono di arroganza.

“Parlami, allora, delle persone… ” sospirò il capo, capendo all’istante il tipo di ragazzo che aveva davanti. Della peggio specie… pensò. Gli idioti.

“Ragazze… e ragazzi…” rispose con lo stesso tono, incrociando le braccia sul petto e iniziando a dondolarsi sulla sedia.

“C’era anche la vittima tra queste ragazze?”

Capire che per ‘vittima’, il capo intendeva Kornelia, gli procurò una fitta al petto.

“Sì… c’era anche Kornelia…” sputò veleno, sottolineando il nome della ragazza, smettendo di dondolarsi.

Non osare chiamare così Kornelia! Biascicò dentro di sé. Non riusciva ancora a credere che fosse morta. No. Non Kornelia!

“E oltre a lei?” riprese il capo.

“Altre ragazze…”

“Oltre alle ragazze?”

“Già detto… altri ragazzi…”

“Conosci questi altri ragazzi?”

“No… solo di vista…”

“Descrivimi solo quelli che vedevi più spesso…”

“Perché?” chiese il ragazzo, con tutta l’intensione di irritarlo.

“Le domande le faccio io… rispondi.” ordinò duro l’agente.

“Il paramecio palestrato…” roteò gli occhi e nel nominarlo ricordò quanto stesse sempre troppo vicino a Kornelia.

“Werner… chi altro?”

“Il suo inseparabile amico…”

“Descrivimelo…”

“Capelli scuri, occhiaie da far invidia ad un cadavere…” subito si morse un labbro pensando che ora anche lei  era solo un corpo senza vita. Gli venne un groppo in gola. Deglutì e respirò profondamente. “Occhi incavati, scuri… la corporatura è simile a quella del paramecio… e lo stesso il cervello…”

“Perché?”

“Perché era sempre a scatenare qualche rissa…”

“Che altro sai di questo tizio?”

“Dell’ameba cerebrolesa?” chiese conferma Tom, che ormai conosceva quei tizi solo per gli stupidi e offensivi nomignoli che aveva affibbiato loro. Tutto questo dimostrava quanta stima avesse dei due tipi.

Daphne rise da dietro il vetro, seguita da Adam.

Tom alzò le spalle. “Che stava con una ragazza troppo… focosa per un tipo idiota come lui…”

Il capo alzò un sopracciglio.

“Sì… anche lei è stata con me, ma un po’ tempo prima di incontrare Kornelia…”

Calò il silenzio per qualche minuto.

Tom continuava a guardarsi intorno, pronto a rispondere con il dovuto tono ad ogni altra domanda dell’uomo seduto davanti a lui.

Il capo invece stava riflettendo su ciò che avrebbe potuto fare. Era inutile continuare su questa linea. Tom era il classico ragazzo che faceva tutto quello che voleva. Il solito ragazzo strafottente, che non gli importava se infrangeva qualche regola. Era un ragazzo che era capace di rendere l’esistenza del suo avversario un inferno. Un ragazzo che pur di dimostrare qualcosa in cui credeva diventava troppo testardo e arrogante, riuscendo a non farsi mettere i piedi in testa da nessuno. E il capo lo sapeva. Anche lui era stato così da giovane.

Doveva, quindi, trovare un modo per ingannarlo, per fargli abbassare le difese e renderlo vulnerabile alle sue parole, in modo da constatare se fosse veramente la verità ciò che Tom raccontava.

“Allora… che facevi sotto la pioggia davanti a quel muro?” chiese, mettendo in atto il suo perfido piano.

“Niente… facevo graffiti…” rispose con tono piatto, tornando con lo sguardo sul capo.

“Graffiti?”

“Sì.. ha presente quei disegni fatti con le bombolette spray?” spigò acido Tom.

“E perché non sei rimasto a casa con tuo fratello e l’agente Schneider?” domandò l’uomo, appoggiandosi allo schienale della sedia.

“Perché non volevo più stare con loro…” rispose semplicemente, imitando l’agente.

“Perché?”

”Perché voi della polizia non fate altro che fermarvi alle apparenze…” disse con disprezzo Tom, portando i gomiti sul tavolo e avvicinandosi all’uomo.

“Perché pensi questo della polizia?” chiese, avvicinandosi a sua volta al rasta.

“Perché tutti voi pensate che io sia colpevole…” gli fece notare, facendo diventare gli occhi due fessure.

“Questo non è vero…” lo interruppe il capo.

“Oh… invece sì!” ribadì.

“Andreas, per esempio…”

“Andreas mi ha ingannato! Mi ha fatto rinchiudere qua dentro!” urlò, battendo le mani sul tavolo.

“Ascoltami bene! Siamo riusciti ad arrivare a te senza Andreas!” ribatté a voce alta e autoritaria.

“Ah sì? E perché?” chiese sarcastico.

“Il tuo cellulare era vicino al corpo della vittima…” spiegò l’agente Wolf.

Tom sgranò gli occhi.

“E oltre a ciò, sappi che Andreas si è dimesso a causa tua…”

Cosa? No!

“No… Andreas tiene troppo al suo lavoro!” disse, cercando di non far tremare la voce. Lui non poteva mostrarsi insicuro e vulnerabile, non sarebbe stato degno di lui.

“Evidentemente tiene maggiormente a te…” commentò.

No…

Tom si sentiva colpevole per la scelta presa dall’amico. Perché mai si era dimesso? Lui… lui che voleva portarlo dalla polizia… ma che in effetti alla fine non ha mai fatto…

Perché ha mollato tutto?

Tom aveva il groppo in gola. Lui teneva esclusivamente a poche persone e tra loro c’era in assoluto suo fratello, seguito da Andreas. Sapere che a causa sua queste persone soffrivano, lo faceva soffrire maggiormente.

“Mi dispiace…” disse con voce strozzata, abbassando lo sguardo sul tavolo.

“Smettila con queste false scuse…” lo ammonì con tono piatto.

“Non sono false…” ribatté Tom, portando lo guardo sull’uomo e fissandolo furente.

“Ma sono finti i tuoi vuoti di memoria…” concluse.

“Ma non ricordo davvero!” protestò Tom, alzando la voce.

L’agente non disse nulla. Lo fissava intensamente e Tom sosteneva quello stesso sguardo.

L’agente stava aspettando che parlasse, sapeva che avrebbe ceduto.

Alla fine Tom si appoggiò allo schienale della sedia e sospirò. “Ricordo solo alcune immagini… solo dei frammenti…”

“Ricostruiscili…” ordinò il capo.

“Che cazzo! Se potessi, lo avrei già fatto!” urlò.

“O forse non vuoi…”

“Lo voglio, invece…”

“Se volessi davvero, ricorderesti…”

Tom lo guardava con disprezzo. Cosa dava a quell’uomo tutta quella sicurezza? Come faceva a dire certe cose? Per tutto questo tempo lui non ha fatto altro che cercare di ricordare… e ora questo tizio veniva a dirgli che non era vero?

Solo Bill poteva sapere cosa veramente aveva passato lui in quel periodo. Solo suo fratello poteva capire come si sentiva.

Perché allora quell’agente voleva fargli credere che se voleva ricordare veramente lo avrebbe fatto? Parlava come se lui ci fosse già passato, ma in verità nessuno, se non Bill, poteva capire e sentire tutta la paura che Tom si teneva dentro.

“La paura di ricordare fa dimenticare…” disse Wolf.

Tom non sapeva cosa fare. Non era vero che lui non voleva ricordare, era solo che non ci riusciva. Sentiva che la testa poteva esplodergli in qualunque momento.

Improvvisamente un’altra serie di immagini invase la sua mente.

La discoteca…

Le birre traboccanti di birra sul tavolo…

‘Tom! Smettila!’

Un viso spaventato…

Il viso di lei…

‘Cosa vuoi fare?’

Il suo corpo che cade a terra…

Le mani sporche di sangue…

Il coltello tra le proprie mani…

‘No!’

Un grido…

Tom iniziò a respirare velocemente.

Quello che aveva appena ricordato aveva un solo significato.

“Io…” non finì la frase. La voce gli tremava.

Quelle immagini che aveva rivissuto così violentemente erano ancora davanti ai suoi occhi.

“L’ho pugnalata…” sussurrò con voce strozzata.

“L’ho pugnalata!” urlò, nascondendo il viso tra le mani.

No! L’ho pugnalata!

Voleva urlare, piangere, sfogarsi.

Come era arrivato ad uccidere Kornelia? Cosa diavolo era successo?

 

***

continua...

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ehilà!!!!!!

ciao a tutti!!!!!!!!!!!!!!!!!

e con questo capitolo come la mettiamo????

se la voglia di uccidermi nel capitolo precedente era tanta, ora come minimo vorreste avermi tra le mani e torturarmi vero?????

spero di no...^^"

 

comunque... ho visto le numerosissime recensioni.... grazieeeeeeeeeeeeee!!!!!!XDDDDDDDD

sono troppo felice che questa ff piaccia tanto!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!XDDDDDD

 

quindi ora passo ai ringraziamenti... un danke a:

 

Zizzy94, Lidiuz93, loryherm, natalia, Valefantasy94, elena93, puffetta, jess, V x V...DevilGirl...V x Vendetta, alice94 e tom ti amo + della mia stexa vita.

 

oltre a loro, non mi dimentico assolutamente di ringraziare tutti coloro che seppur non commentano leggono con passione (forse..^^") questa ff...!!!!!!!

grazie!!!!!XDDD

 

cavolo!!!!!!!!! più di 50 recensioni non me le aspettavo davvero!!!!!!!!!

continuate!!!!!! continuate a commentare!!!!XDDD

 

e anche per questa volta sparisco.... chissà come andrà a finire la storia....

muahahahah!!!!!!! *me sadica* (non troppo, però... dai..^^")

 

KUSSE!!!!!!!!

 

TSCHUSS!!!!!!

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Capitolo 9
*** Kapitel 9 ***


IMPORTANTE

IMPORTANTE:

I Tokio Hotel non mi appartengono e questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro e soprattutto avverto che è tutto frutto della mia fantasia…

 

Aggiungo dicendo che con questo mio scritto non intendo dare rappresentazione veritiera del loro carattere.

 

 

Twisted Brother

 

Kapitel 9

 

“Schneider!” Hanna irruppe nell’ufficio, facendo sbattere la porta e trasalire i due amici per lo spavento.

“Cosa c’è Hanna?” chiese Andreas ricomponendosi.

“Cazzo! Mi hai fatto perdere venti anni di vita!” commentò Bill, alzandosi dalla sedia e portandosi una mano sul petto.

“Scusate… ma quello che ho scoperto è troppo importante!” annunciò con il sorriso sulle labbra.

“E allora dicci subito cosa!” disse il biondo, fremendo per sapere le novità.

“Prima rispondimi… qual è la pizza preferita del tuo amico?”

“Ehm.. Bill?”

“Di solito prende quella con mozzarella, funghi e prosciutto cotto… perché?”

“Ah! Lo sapevo!” sorrise beffarda la donna.

“E allora perché me l’hai chiesto, scusa?” commentò Bill, spostando il suo peso da una gamba all’altra e alzando un sopracciglio.

“Per sicurezza…”

“Hanna… cosa hai scoperto?” chiese impaziente Andreas.

“L’hanno drogato!” iniziò a saltellare.

Bill sgranò gli occhi. “Davvero?”

Allora Tom è innocente!

“Dov’è Wolf?” chiese Hanna elettrizzata, senza considerare la domanda del moro.

“Sala interrogatori…” rispose prontamente l’agente.

“Bene… va a chiamarlo e portalo da me!” e corse via, con tutta la confusione con cui era arrivata.

“Bill, vieni con me…” ordinò Andreas.

 

 

I due ragazzi scesero le scale correndo e Bill rischiò di inciampare più volte, ma alla fine arrivarono davanti alla sala d’osservazione.

Il biondo spalancò la porta.

“Hanna ha belle notizie! Cioè.. non belle notizie… brutte notizie… ma ora almeno sappiamo perché Tom non ricorda…”

“Cosa ha fatto quell’uomo a mio fratello?” lo interruppe Bill, che si era attaccato al vetro, preoccupato.

Tom era seduto sulla sedia, con le mani sul viso. Stava respirando a fatica e la strana luce, che illuminava la sala interrogatori, fece brillare due piccole gocce sulle sue guance.

“Niente… lui ha appena ammesso di aver pugnalato Kornelia Berger…” spiegò Adam cupo.

Schneider corse verso la porta, seguito dal moro, per entrare improvvisamente nella sala accanto.

“Tom non sa quello che dice!” urlò.

“Schneider…” lo ammonì il capo.

“Capo, è stato drogato! Hanna ha le prove!” lo informò Andreas.

Il capo fissò il biondo per qualche istante, poi si alzò e si diresse verso la porta.

“Te resta con tuo fratello…” ordinò a Bill. “E te vieni con me…”

Andreas seguì l’agente Wolf fuori dalla stanza.

“Tom…” sussurrò dolce il moro, avvicinandosi e inginocchiandosi vicino a suo fratello.

“… Bill… mi ricordo il coltello…” disse con voce strozzata, asciugandosi le lacrime dal viso. “Mi ricordo Kornelia stesa lì, davanti a me…”

“No, Tom… tranquillo… te non hai ucciso nessuno…”

“… Bill…” mugolò il rasta.

I due si abbracciarono. Un abbraccio fraterno dei più profondi.

Tom, sono qui… tranquillo… non hai ucciso nessuno…

Bill... cosa mi è successo? Non so più cosa fare…

L’abbraccio di Bill riusciva a trasmettere forza a suo fratello. Gli dava coraggio. Riusciva a calmarlo. Anche da bambini era così. Le uniche volte che Tom aveva pianto, era stato calmato dal dolce abbraccio di suo fratello e ora, anche se sono cresciuti, quell’abbraccio aveva conservato ancora tutto quel suo immenso potere.

 

 

“Stavo ricontrollando tutti gli elementi di prova…” annunciò Hanna, mostrando un tavolo sormontato da oggetti di ogni genere agli agenti che erano scesi nel suo laboratorio. “… insomma, tutti quelli provenienti dalla scena del crimine e dall’interno del taxi e mi sono accorta che il tappetino ha uno strano odore…”

Adam prese il tappetino e l’annusò, per poi emettere un verso di disgusto.

“È l’odore di un prodotto per pulire il vomito…” spiegò la donna della scientifica.

“Oddio…” mugolò Adam, che alla notizia stava per dare di stomaco.

“Quindi l'ho analizzato di nuovo e ho trovato qualche residuo…” disse, dirigendosi verso lo schermo del computer alle sue spalle. “L’ho messo nello spettrometro di massa e ho trovato tracce di quella che, a sentire l’amico di Schneider, è la pizza preferita del rastone: funghi, prosciutto cotto, mozzarella…”

“Che schifo!” commentò Daphne, ricordando a tutti quanto potesse odiare i funghi.

“Quindi Tom ha vomitato nel taxi...” commentò Andreas.

“Esattamente…” confermò Hanna. “Ma oltre alla pizza ho trovato anche tracce di GHB, ovvero acido gamma-idrossibutirrico, normalmente chiamato Scoop…”

“Aspetta… vuoi dire che qualcuno voleva violentare Tom?” chiese Andreas, perplesso.

Daphne si lasciò sfuggire una risata sarcastica.

“Non credo… penso che abbiano usato il GHB solo per le sue caratteristiche… infatti questa sostanza causa la perdita di coscienza e fa svanire il ricordo di ciò che è accaduto… Non risultava nell’analisi delle urine perché viene metabolizzato subito…” spiegò la donna della scientifica.

“Hanna, arriva al punto…” la interruppe l’agente Schneider nervoso.

“Ok… dai livelli di GHB sono stata in grado di risalire ai tempi di esposizione...”

“Quindi?” domandò impaziente l’agente Wolf.

“È stato drogato quando era al pub…” rivelò la donna.

“Ma certo! Come abbiamo fatto a non pensarci prima! Eravamo così concentrati con le birre della discoteca che non abbiamo pensato al pub dove ha preso la pizza!” pensò ad alta voce Andreas.

“Anche se ti tenevi per te questo commento, lo avremmo capito da soli…” gli fece notare Daphne.

Il biondo sbuffò.

“Stein…”

“Telecamere sorveglianza pub…” finì la frase Adam.

“Schwarz…”

“Nome di cuochi, inservienti e di chiunque fosse di turno…” concluse lei.

Entrambi gli agenti uscirono dalla stanza per affrontare i compiti a loro commissionati dal capo.

“Ottimo lavoro, Hanna…” la salutò il capo, sorridendo beffardo.

Quella matassa ingarbugliata si stava sciogliendo e la soluzione del caso era sempre più vicina.

Tom sarebbe stato scagionato.

 

 

“Voglio Tom da quando entra a quando se ne va da questo pub…” ordinò Wolf.

“Subito, capo…” l’agente Stein era dietro una scrivania, pronto ad eseguire qualsiasi ordine riguardante la registrazione delle telecamere di sicurezza, che era riuscito a recuperare in sole quattro ore.

“Stein, isola il suo tavolo…”

Sul grande schermo alla parete si visualizzò la registrazione, subito ingrandita intorno al tavolo di Tom.

Dalla registrazione gli agenti videro Tom alzarsi e lasciare il tavolo, per poi tornarci una decina di minuti dopo.

“Stein, ingrandisci e guarda dove è andato…”

Adam eseguì l’ordine.

“Sono andato in bagno…” rispose Tom, alle spalle del capo.

L’agente si girò e vide che entrambi i gemelli Kaulitz erano seduti su delle sedie in un angolo della stanza.

“Invece di guardare dove vado, non dovreste controllare il cibo? A quanto ho capito mi hanno drogato in quel pub…” fece notare il rasta.

“Sì… Stein, evidenzia il tavolo…”

Adam digitò qualcosa sulla tastiera, riportando la visione come prima.

Sullo schermo, proprio quando Tom era assente, apparve una figura maschile che si avvicinò al tavolo, guardandosi intorno. Si chinò sulla pizza mezza mangiucchiata del rasta e se ne andò via, lasciando ben intravedere il suo viso.

“Ma quello…” sussurrò Tom, sgranando gli occhi e alzandosi dalla sedia, avvicinarsi allo schermo per essere sicuro di aver visto bene.

“Lo conosci?” chiese il capo.

“Sì… è l’inseparabile amico del paramecio palestrato…”

“Paramecio palestrato?” rise Daphne, ricordando i soprannomi. L’agente Wolf la guardò male. “Ok.. mi scusi, capo…” disse tossendo e distogliendo lo sguardo da lui.

“Bene… Stein, Schwarz…” ordinò l’agente.

“Sì, capo…” i due presero i rispettivi giacchetti e seguirono il capo, diretti all’appartamento di Kurt Werner, per cercare informazioni sul suo amico.

“Andiamo anche noi…” disse Tom. Il suo tono permetteva solo una risposta affermativa.

“Ovvio…” rispose Bill.

“Dovrei essere io a dirlo… comunque…” tossì Andreas per farglielo presente.

I gemelli lo guardarono con lo stesso sguardo. “Allora?” lo spronarono all’unisono.

“Ovvio! Andiamo!” e con il giacchetto sotto braccio uscì dall’ufficio, seguito da Tom e Bill.

 

***

continua...

______________________________________________________________________________________________________________________________

 

hallo!!!!!!!!!

sono i ritardo con l'aggiornamento... lo so.... scusate davvero tanto....V_V...

spero che il capitolo mi faccia in parte scontare la pena del ritardo..^^"

 

allora...?  che ne dite??

il caso sta per chiudersi.... il prossimo sarà l'ultimo capitolo, e proprio perché sarà l'ultimo ci sarà la spiegazione di tutto...

 

ps: non so se l'avete notato anche voi... ma ho fatto un errore nel capitolo 7, scrivendo che l'agente Schwarz sarebbe andata a cena... perdonate il mio errore.... non poteva essere cena, visto che erano ancora le prime ore del pomeriggio... quindi mi scuso... dicendo che stava semplicemente andando a casa a riposarsi... V_V... scusate nuovamente l'orribile errore....V_V...

 

dopo questa interruzione passo ai ringraziamenti....

DANKE a: Lidiuz93, _PuCiA_ (grazie davvero dei complimenti!!!XDDD), Gufo, jess, Pikkola Rin (eheh..^^"... scusa il ritardo... come vedi però ora si è chiarito qualcosa...^^), loryherm, smokeygirl, puffetta, Zizzy94, V x V...DevilGirl...V x Vendetta

 

via... ora me ne rivado via... sperando di tornare presto per l'ultimo capitolo...^^

grazie a tutti coloro che hanno letto la ff fino a questo capitolo!!!!! e mi raccomando... continuate a commentare numerosi!!!!XDDDDD

 

KUSSE!!!!!

 

TSCHUSS!!!!!

 

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Capitolo 10
*** Kapitel 10 ***


IMPORTANTE

IMPORTANTE:

I Tokio Hotel non mi appartengono e questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro e soprattutto avverto che è tutto frutto della mia fantasia…

 

Aggiungo dicendo che con questo mio scritto non intendo dare rappresentazione veritiera del loro carattere.

 

 

Twisted Brother

Kapitel 10

 

La mano batteva incessantemente sul legno.

“Porca puttana! Apri questa maledetta porta!” ruggì Tom.

“Calmati, ragazzo…” lo ammonì il capo, spostandolo bruscamente.

“Agenti della omicidi… se non apri immediatamente questa porta, dovrò procurarmi un mandato…” urlò l’agente Wolf.

Nessuna risposta.

“Stein…” ordinò il capo.

“Sì, capo… vado a chiedere un mandato…” concluse la frase, girandosi per andarsene, ma proprio in quel momento la porta si aprì e apparve Kurt Werner.

“Meglio tardi che mai…” sospirò Daphne.

“Scusate… ma come potete vedere ero sotto la doccia…” spiegò, indicandosi i capelli ancora bagnati. “Mi sono dovuto vestire velocemente… Ma prego, entrate…”

Le sei persone entrarono nella piccola sala.

“Viktor! Certo che potevi anche venire ad aprire te!” urlò il ragazzo, rivolto a qualcuno nella stanza alle sue spalle.

“Chi è Viktor?” chiese Wolf.

“Il mio coinquilino… dividiamo appartamento e spese… non lo farei con chiunque, ma io, lui e Kornelia eravamo amici fin da piccoli… quindi…” e fece accomodare gli ospiti sul divano, ma nessuno si sedette.

“Potrei parlare con questo tuo amico?” chiese il capo aggirandosi per la stanza in cerca di qualcosa.

“Certo…” Werner si diresse verso una porta chiusa e bussò. “Viktor… quelli della polizia vogliono parlare con te…”

L’unica risposta che ottenne fu uno strano rumore.

“Viktor!” bussò nuovamente alla porta.

“Stein!” urlò il capo.

“Vado!” Adam uscì correndo dalla stanza, mentre l’agente Wolf con una spallata, aprì la porta.

La stanza era vuota. Non c’era nessun Viktor là dentro. L’unica cosa che notarono fu la finestra aperta, prova che l’intuizione dei due agenti era corretta. Era scappato.

“Vado anch’io!” ringhiò Tom, seguendo l’agente Stein fuori dall’appartamento.

“Aspetta, Tom!” cercò di fermarlo Bill, ma il fratello non lo ascoltò.

“Certo che questo tizio ha proprio la coda di paglia… fuggire dal secondo piano di un palazzo… che coraggio…” commentò sarcastica Daphne. “Sperò si sia rotto almeno una gamba…” aggiunse sorridendo sadica.

 

Tom, al fianco di Adam, stava correndo più forte che poteva e per la prima volta maledì i suoi abiti troppo larghi, perché non gli permettevano di aumentare troppo la velocità.

Dove cazzo si è cacciato quel verme?

“Tom, seguimi!” ordinò l’agente.

“Perché dovrei fare quello che dici te?” ribatté Tom, che odiava le persone che gli impongono di fare qualcosa.

“Perché credo di sapere dove sia andato!” rispose.

“E come lo sai? Potrebbe essere dappertutto!”

“Senti… dopo aver passato dieci anni nella squadra omicidi, credi che non sappia cosa gira nella testa ad un criminale?”

“Esatto!”

“Allora fa come diavolo ti pare!” concluse l’agente svoltando a sinistra.

Tom lo seguì, non tanto perché voleva sottostare agli ordini di quel tipo, quanto perché in effetti lui aveva ragione.

Infatti, a qualche metro di distanza i due inseguitori videro un individuo stava correndo come un pazzo tra la folla della piazza davanti a loro.

“È lui!” gridò Stein.

Tom accelerò, sorprendendosi di poter correre ancora più veloce di quanto stesse già facendo. “Fermati, stronzo!” urlava furioso.

Ma quella persona non accennava minimamente a rallentare.

L’uomo era esausto, lo potevano capire da come correva, dal momento che non riusciva più ad evitare le persone che si trovava davanti. Anche Tom e l’agente erano stanchi, ma continuarono a correre imperterriti.

Improvvisamente l’uomo urtò una donna. Entrambi caddero per terra e il rasta ne approfittò per raggiungerlo definitivamente. Con un ultimo scatto, riuscì a bloccargli un braccio, quando stava cercando di alzarsi e riprendere a correre, mentre l’agente aiutò la signora per terra.

“Stronzo!” gli gridò Tom, girandogli il braccio in modo da impedirgli qualche brusco e improvviso movimento, evitando quindi che si liberasse.

“Ben fatto…” si congratulò l’agente, che aveva solo ora raggiunto Tom e Viktor. Tirò fuori le manette e gli bloccò le mani dietro la schiena.

“Tom, tienilo…” disse.

“Che palle.. ancora ordini… ma chi ti credi di essere?” protestò, eseguendo l’ordine.

Adam sbuffò e tirò fuori dalla tasca il cellulare. “Capo, siamo riusciti a prenderlo… sì… va bene…” e chiuse la chiamata.

“Allora? Che dobbiamo fare con questo idiota?” chiese il rasta.

“Dobbiamo aspettare qui… vengono loro… mi ha detto anche che è arrivata una chiamata dalla centrale…” rispose. “Ah… se tu non l’avessi capito…” l’agente mostrò il distintivo al prigioniero. “Omicidi…”

L’uomo ci sputò sopra e lo guardò minaccioso.

Stein fece una smorfia di disgusto, pulendo il distintivo agli abiti di Viktor. “… colpevole anche di oltraggio a pubblico ufficiale…” commentò.

 

Poco dopo arrivò nella piazza una macchina della polizia, da cui scese il capo, seguito dall’agente Schwarz, Andreas, Bill e il paramecio palestrato.

Adam consegnò il prigioniero al capo.

Tom, sentendosi libero dal suo incarico di controllare ogni movimento di quel tizio, si sistemò davanti a lui con aria minacciosa. “Credo tu sappia chi sono, vero?”

Viktor non rispose.

Tom gli tirò un pugno sul viso. “Questo è per qualunque strana sostanza tu mi abbia messo nella pizza…”

Poi caricò un secondo pugno, che ovviamente andò a segno. “Questo per tutto quello che mi hai fatto passare…”

Tom stava per colpirlo ancora una volta, mettendoci il massimo della forza che potesse avere in corpo, ma suo fratello intervenne e lo fermò. “E il pugno che non sono riuscito a rifilarti è per Kornelia!” ruggì.

“Viktor?” chiese confuso Kurt.

“Non  è vero! Io non ho fatto niente!” si difese lui.

“Abbiamo visto quello che hai fatto in quel pub…” disse Andreas.

“Hai messo il GHB nella pizza di Tom…” concluse Daphne.

“Senza contare che sei scappato…” intervenne Bill.

“Inoltre abbiamo scoperto che hai corrotto una guardia della discoteca…” aggiunse Schneider.

“Cosa? Hai ucciso tu Kornelia?” domandò Kurt, che ormai sapeva già la risposta.

“No! Volevo servirmi di quella guardia per vendicarmi di questo stronzo! Mi ha rubato la ragazza! Stavo con lei da due mesi e in una sera tutto il nostro rapporto è andato a puttane!” urlò, provando a colpire Tom con un calcio, che venne abilmente schivato.

“Perché hai ucciso Kornelia?” gridò Tom, fissandolo minacciosamente negli occhi, non potendo più colpirlo in alcun modo.

“Quella sgualdrina si è messa di mezzo quando ti ha visto litigare con la guardia! Aveva visto troppo!”

Il rasta sgranò gli occhi. Tutto ciò che non riusciva a ricordarsi, gli apparve davanti agli occhi in tutta la crudeltà e la sofferenza che quei ricordi portavano con sé.

 

La discoteca…

‘Ehi, Tom… un altro giro!’ urlava un ragazzo vicino a lui, alzando un bicchiere.

‘Mi dispiace… ma devo andarmene… sarà per un’altra volta…’e si alzò dal divano, posando il bicchiere che aveva in mano sul tavolo davanti a lui.

Mentre si dirigeva verso l’uscita, qualcuno lo fermò prendendolo per la spalla e facendolo voltare.

‘Cerchi rogne?’ sibilò Tom.

‘No… sei te che cerchi rogne…’ gli rispose con lo stesso tono un tizio grosso il doppio di lui.

‘Io? Ma figuriamoci… comunque se hai qualcosa contro di me fammelo sapere… addio…’ e si liberò dalla presa dell’uomo.

‘Bene… allora apri bene le orecchie…’ ribatté l’uomo prendendolo per la maglia e trascinandolo fuori dalla porta di servizio.

‘Che cazzo vuoi fare?’ urlò il rasta.

‘Farti pagare l’entrata… non sono ammessi clandestini qua dentro…’ rispose.

‘Guarda che l’ho già pagata…’

‘Dal registro non risulta…’

‘Ricontrollalo, allora! E lasciami!’ protestò, riuscendo ad allontanarsi da quell’enorme individuo con uno strattone, che lo fece barcollare sull’asfalto umido della sera.

‘Già fatto… e te non sei in regola… paga, altrimenti non torni a casa tutto intero…’ minacciò l’uomo.

‘Provaci soltanto…’ sfidò Tom.

L’uomo si avvicinò e lo riprese per la maglietta, sollevando il rasta da terra.

‘Cosa succede?’ chiese una voce timorosa.

‘Kornelia..?’ chiese Tom, sorpreso di vederla in un momento come quello.

‘Tom…’

‘E te che vuoi? Sei venuta per salvare questo finocchio?’ ringhiò contro la ragazza quell’uomo.

‘Lasciala stare…’ minacciò Tom.

‘Poverino… la tua ragazza che ti vede mentre te la fai addosso…’ e rise goffamente.

Tom era furioso.

Si liberò  dalla morsa dell’uomo e lo colpì con un pugno sul viso.

‘Questo ti costerà caro…’ sibilò l’uomo, portandosi una mano sullo zigomo sanguinante.

L’enorme essere caricò un pugno per vendicarsi, ma Kornelia si mise tra i due, incassando il colpo.

La ragazza cadde a terra.

‘Kornelia!’ urlò Tom, correndo verso di lei per aiutarla.

La guardò negli occhi. Era spaventata. Aveva paura. Il sangue usciva dalle sue labbra carnose abbondantemente.

‘Puttana! Non ti mettere in mezzo!’ le urlò contro quell’uomo.

‘Non ti azzardare più a chiamarla così!’ gridò Tom, facendo incassare un altro pugno al suo avversario.

‘Tom! No! No!’ supplicava la ragazza, ma il rasta non la voleva sentire. Doveva fargliela pagare a quel mostro. Colpire una ragazza era inammissibile. Colpire Kornelia era inconcepibile!

La ragazza si alzò e si aggrappò alla maglia del ragazzo. ‘Tom! Ti prego! Smettila!’ piangeva.

L’uomo intanto, subì il colpo con tutti gli interessi per ciò che aveva fatto alla ragazza, e cadde a terra.

Tom si girò verso di lei e le prese il viso tra le mani. ‘Kornelia, vattene immediatamente da qui…’ le ordinò.

Lei non gli rispose. Piangeva spaventata. I suoi grandi occhi azzurri erano coperti da un velo di lacrime. I lunghi capelli biondi erano arruffati. La candida pelle del viso era macchiata dal suo sangue.

Tutto questo era ingiustificabile.

Tom la prese per mano e iniziò a correre per portarla lontana da quell’uomo, ma venne trattenuto per un braccio.

‘Kornelia, tu continua a correre!’ le urlò, ma lei si fermò con lui, spaventata.

Tom si voltò, pensando di ritrovarsi di nuovo faccia a faccia con il gorilla, ma al suo posto trovò qualcun’altro. Qualcuno di familiare, ma che non riuscì ad identificare.

Quell’uomo tirò lentamente fuori dalla tasca un coltello, senza farsi vedere dalla sua preda..

‘Tom! Attento!’ gridò piangendo la ragazza, che si era accorta delle sue intensioni.

Tom si girò verso di lei, spaventato dal tono della voce di Kornelia, per poi tornare a guardare quell’individuo. Aveva il braccio alzato, pronto a colpire con il coltello. Tom chiuse gli occhi istintivamente.

Un colpo.

Tom cadde per terra.

 

Buio.

 

Gli parve di sentire qualcosa di freddo tra le mani. Poi sentì come se qualcuno gli stesse frugando nelle tasche, ma non riuscendo a capire bene, non gli diede importanza.

 

Buio.

 

Tom aprì gli occhi dopo un tempo indeterminato.

Era stato colpito? Non riusciva a capirlo.

Cercò di alzarsi e quando ci riuscì vide un corpo steso per terra, vicino a lui.

I lunghi capelli biondi cadevano disordinati sull’umida strada, coprendo il volto della ragazza.

‘Kornelia!’ urlò disperato Tom, avvicinandosi a lei. ‘Kornelia apri gli occhi, ti prego!’

La prese tra le braccia, cullandola, sperando di vedere ancora quell’intenso sguardo che era riuscito a farlo innamorare di lei. La abbracciò, stringendola forte a sé.

Sentiva il corpo della ragazza sempre più freddo.

Le lacrime cominciarono a rigargli il viso. ‘Kornelia… ti supplico… apri gli occhi e guardami… non lasciarmi! Kornelia!’ piangeva.

Una flebile luce di speranza si accese, quando lei aprì gli occhi.

‘Tom…’ sussurrò lei, cercando di sorridere.

‘Kornelia!’esclamò, felice di sentirla ancora parlare. Ma parlando lei avrebbe consumato troppe energie. ‘Kornelia… non parlare…’

‘No, Tom… voglio che tu sappia…’ mormorò lei, tremando.

‘Cosa?’ chiese titubante.

‘Tom… ti amo… non sai nemmeno quanto…’ strinse i denti gemendo. ‘Quei tuoi messaggi, anche se minacciosi, mi facevano credere che forse potevo essere importante per te… ma tra noi so che non poteva esserci niente…’ chiuse gli occhi, respirando affannosamente. ‘So di essere stata solo una tra le tante… per questo ho deciso di stare con Kurt…’ confessò, con voce strozzata e affaticata. ‘… ti prego… digli che mi dispiace… non potrò passare il resto della mia vita con lui…’

‘Kornelia… glielo potrai dire tu stessa… ma ascolta… anch’io…’ sussurrò Tom, tremando a sua volta.

‘… Tom… ricorda che… ti amo…’ la ragazza portò la sua fredda mano sul viso di lui, seguendone i delicati lineamenti. Poi i suoi occhi azzurri si chiusero, facendo scorrere un’ultima lacrima sul suo candido viso e la sua mano scivolò pesante verso il basso, privata di ogni forza.

‘Kornelia!’ la chiamò, ma lei non rispose. ‘Kornelia!’ pianse.

La allontanò leggermente da sé. La guardò attentamente, anche se le lacrime non gli permettevano di vederla in tutto il suo splendore. Le scostò i capelli dal viso e le pulì le macchie di sangue.

Sì avvicinò a lei, voleva sentire il suo respiro, il suo odore, ma l’unica cosa che riuscì a sentire era l’odore del sangue. Il suo leggero e dolce respiro si era dissolto nella fredda aria di quella sera.

Tom piangeva.

Seguì con lo sguardo il suo corpo, quel corpo che gli aveva donato piacere, quel corpo che aveva amato.

Il suo sguardo venne catturato da qualcosa che brillava nella sua mano.

Si girò leggermente verso quell’oggetto.

Un coltello.

Quello era il coltello di quell’uomo. Cosa ci faceva Tom con il coltello di quell’uomo in mano?.

Era sporco di sangue. Del sangue di lei. Del sangue di Kornelia.

Tornò a guardare la ragazza, i cui vestiti si stavano tingendo di un rosso scarlatto.

Lei l’aveva salvato.

‘Kornelia!’ urlò Tom disperato, abbracciando nuovamente la ragazza.

Poi…

Buio.

 

“Stronzo!” urlò Tom, cercando di dare un altro pugno a Viktor, ma Bill lo fermò per la seconda volta. “Bill! Lasciami!” ruggì il fratello.

Il moro lo guardò triste, ma non lasciò la presa.

“È stata la guardia a pugnalarla! Non io!” cercò di difendersi.

“Non raccontare cazzate!” gli urlò contro Andreas. “Mi hanno informato quelli della centrale che quella guardia è venuta in centrale per denunciare Tom per come gli aveva conciato la faccia… e oltre a questo ha dichiarato di aver assistito ad un omicidio, in cui tu hai ucciso quella ragazza!”

“Non è vero!”

“Certo che è vero! Tu poi hai messo il coltello in mano a Tom e gli hai preso il cellulare mentre era svenuto a terra!” ribatté l’agente Schwarz.

“Non è vero! Vuole incastrarmi!” gridò Viktor.

“Quell’uomo ha assistito a tutto! È stato solo troppo codardo per non averci informato prima!” concluse Adam.

“Ha il diritto di rimanere in silenzio…” intervenne l’agente Wolf, trascinando Viktor dentro la macchina.

Tom si avvicinò a Kurt. “Mi dispiace…” disse triste. “Kornelia ti amava… ti amava moltissimo…”

“Come lo sai?” chiese, sconvolto per tutto l’accaduto.

“Lo so perché me lo ha detto…” rispose. “Prima che ci lasciasse, mi ha detto che aveva trovato in te l’uomo della sua vita…” mentì Tom. “… e di chiederti scusa se non ha potuto passare il resto della vita con te…”

Kurt non riuscì più a trattenere le lacrime. Pianse. Pianse per la persona che amava. Pianse per la ragazza più importante per lui. Pianse per Kornelia.

Tom gli posò una mano sulla spalla. “Mi dispiace…”

Gli occhi del rasta incontrarono quelli di Bill. Erano tristi, proprio come i suoi.

Si avvicinò al fratello, che lo accolse in un caloroso abbraccio.

“… Bill…” sussurrò, stringendosi a lui, avvolto dal dolore.

Bill non disse nulla, tutto quello che gli voleva dire glielo faceva capire tramite quel contatto tra di loro.

Tom pianse, si sfogò. Bill lo sentiva tremare, non per il freddo, ma per il dolore, quel dolore che anche Bill poté sentire dentro di sé, come se in quel momento fosse stato al posto di suo fratello.

Cosa avrebbero fatto ora? Tutto sarebbe rimasto come prima? Tom sarebbe tornato quello di sempre? Sarebbe tornato ad essere il solito eterno bambino beffardo?

 

 

I giorni passarono senza che nessuno della band sapesse cosa era veramente successo ai due ragazzi, convinti che fossero veramente andati a trovare la madre malata, e la questione di Kornelia non finì su nessun giornale, come avevano chiesto esplicitamente i gemelli all’agente Wolf.

Nessuno si accorse del cambiamento di Tom, perché lui per primo voleva che nessuno lo notasse, ma nella notte, Bill lo sentiva piangere.

Tom non aveva ancora superato la perdita di Kornelia, ne soffriva ancora molto. Lui amava Kornelia e lo aveva capito solo una volta che lei se ne era andata. Soffriva per questo. Avrebbe voluto farglielo sapere, ma ormai era troppo tardi. Lei non era più con lui. Lei non c’era più per nessuno. Ora lei si era dissolta nell’aria, in quell’aria fredda e pungente di quella sera. Quell’aria fredda e pungente che Tom credeva di sentire ogni volta che pensava a lei.

Si ricordava delle notti passate insieme a lei, ma le sue calde labbra, le sue calde mani, il suo caldo corpo, ora era freddo. Così come era fredda l’ultima immagine che aveva di lei, stesa sull’umida strada, senza più vita negli occhi.

Bill era l’unico in grado di capire come potesse sentirsi Tom. L’unico in grado di aiutarlo.

Gli abbracci del fratello gli infondevano coraggio e forza, e lui non poteva farne a meno. Da quegli abbracci il moro capiva tutto ciò che Tom provava, perché loro erano come una cosa sola.

Bastava un sussurrò per chiarirsi.

Uno sguardo per sorridere.

Un abbraccio per andare avanti.

 

***

 Ende

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ecco a voi l'ultimo capitolo....

scrivendolo non avete idea di quanto abbia pianto... e a rileggerlo anche peggio!!! che sia normale?... vabbè.. spero che mia fan fiction vi sia piaciuta...^^

 

via.. è arrivato il momento di svelare il segreto...

l'idea di questa ff mi è venuta ricordandomi di un episodio di NCIS... non so se lo conoscete... è una serie di gialli (per tutto quello che dico.. no scopo di lucro...)... l'episodio è 'una terribile sorella'...

come potete vedere... se lo vedete... è pesantemente scopiazzato..^^"... ma non potevo non scrivere la ff!!!! mi ha preso troppo!!!!

 

bè.. non so che altro dire... se non GRAZIEEEEEEEEEEEEEE!!!!!!!!

ho visto le recensioni!!!!

cavolo, sono tantissime!!!!!!!

davvero grazie!!!!!! sono super mega iper ultra (ecc...) felice che abbiate apprezzato..^^...

 

in particolare un GRAZIE (oltre a ovviamente a tutti coloro che l'hanno letta...) a:

_PuCiA_

elena93

V x V...DevilGirl...V x Vendetta

Lidiuz93

Pikkola Rin

puffetta

smokeygirl

jess

Barbycam

Valefantasy94

Gufo

loryherm

alice94

Zizzy94

 

come avete visto alla fine non era nemmeno il 'paramecio palestrato' il colpevole... era il suo 'amichetto'... e poi che 'amichetto'...! va ad uccidere la sua ragazza!!! (*********!!!!!)

 

comunque.. per rispondere un po' a tutte... non sapete quanto dispiaccia pure a me che sia l'ultimo!!!! mi ci ero affezionata a questa ff!!!! X°D

 

per Valefantasy94: se scriverò altre storie di questo genere non lo so... casomai... mi venisse un'altra ispirazione.. scopiazzo pesantemente qualcos'altro..^^"... se invece cerchi altre mie ff già pubblicate o in corso... sono 'Du bist und warst und wirst alles sein...' (la mia prima ff!!!! sono solo 4 capitoli.. ma mi piace tanto rileggrmela ogni tanto...XDD.. è molto semplice come trama.. e c'entra come sempre il mitico Tom!!XDDD)... e 'le apparenze ingannano...' (in corso.. con aggiornamenti non troppo frequenti perché non l'ho ancora finita di scrivere...^^"... anche questo è genere romantico e non giallo..)... ok.. mi scuso per aver fatto pubblicità occulta....V_V... 'tschuldigung....

 

per _PuCiA_: anch'io ho pensato a questa cosa dell'essere visto dall'altre persone nel pub.. ma nella mia mente Viktor è una sorta di 'capo'... uno che non viene mai contraddetto... quindi non ha avuto troppi problemi a fare ciò che ha fatto... anche se alla fine è stato beccato!

mi scuso comunque per non aver descritto il carattere di questo personaggio e come agisce... che ad essere sincera, l'idea mi attirava parecchio... ma tutto sommato non mi è sembrato nemmeno il caso di dilungarmi troppo su di lui, quando invece erano i main character che dovevano avere la mia più totale attenzione... anche se in effetti una spiegazione sul pub poteva entrarci... ^^"

 

vabbè...

ora saluto tutti... e chissà.. forse ci rivedremo per un'altra ff di questo genere... sennò... boh! ^^"...

 

KUSSE!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

 

TSCHUSS!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

 

XDDDD

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