Twisted brother di Irina_89 (/viewuser.php?uid=32402)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Kapitel 1 ***
Capitolo 2: *** Kapitel 2 ***
Capitolo 3: *** Kapitel 3 ***
Capitolo 4: *** Kapitel 4 ***
Capitolo 5: *** Kapitel 5 ***
Capitolo 6: *** Kapitel 6 ***
Capitolo 7: *** Kapitel 7 ***
Capitolo 8: *** Kapitel 8 ***
Capitolo 9: *** Kapitel 9 ***
Capitolo 10: *** Kapitel 10 ***
Capitolo 1 *** Kapitel 1 ***
IMPORTANTE
IMPORTANTE:
I Tokio Hotel non mi appartengono e questa storia è stata scritta
senza alcuno scopo di lucro e soprattutto avverto che è tutto frutto della mia
fantasia…
Aggiungo dicendo che con questo mio scritto non intendo dare
rappresentazione veritiera del loro carattere.
Twisted Brother
Kapitel 1
Qualcuno bussò alla
porta.
Una mano uscì da sotto
un caldo piumone e agguantò la sveglia sul comodino vicino al letto, per poi
ritirarsi nuovamente sotto le coperte.
Qualche grugnito uscì
dalle sue labbra.
“Le tre di notte… ma chi
cazzo è?”
Non si alzò. Se fosse
stata una cosa importante avrebbero ribussato, altrimenti tutto poteva aspettare
qualche ora.
Le nocche martellarono
ancora una volta contro la porta.
Il ragazzo si rigirò nel
letto.
‘Fanculo a chiunque
sia… lo sanno tutti che io odio nella maniera più assoluta essere svegliato…
figuriamoci se poi è anche notte fonda…
Il rumore ricominciò più
assordante, come se qualcuno avesse iniziato a prendere a manate la porta.
“Ho capito! Cazzo, ho
capito!” scostò le coperte e scese dal letto, trascinando la sua esile figura
fino alla porta.
“Chi cazzo è che rompe
le palle a quest’ora?” sospirò rabbioso, passandosi una mano nella folta chioma
mora.
Posò la mano sulla
fredda maniglia.
“A meno che non sia una
cosa della massima importanza dileguati prima che…” aprì la porta e le parole
gli morirono in bocca.
Davanti a lui c’era suo
fratello, con il volto sconvolto da una smorfia di paura.
“… Bill…” sussurrò a
voce strozzata.
Il moro non riuscì ad
emettere alcun suono. Era sconvolto da quella visione.
Tom si guardò le mani
terrorizzato. Alzò poi lo sguardo su suo fratello. Era come sull’orlo di
piangere per il terrore.
Anche lo sguardo di Bill
si spostò dal viso di Tom e si posò sulle sue grandi mani. Erano tinte di rosso,
un rosso scarlatto, acceso… e così anche la sua maglia.
Tornò a guardare suo
fratello negli occhi. Erano colmi di paura.
Voleva chiedere
spiegazioni, ma non riusciva a parlare.
“… Bill… credo di aver
ucciso qualcuno…” mormorò il fratello spaventato.
“Come stai?” chiese
preoccupato Bill, appoggiandosi allo stipite della porta.
“Me l’hai già chiesto
ottantasette volte, mammina…” gli rispose acido il fratello da sotto la doccia.
“Bè… sei chiuso in bagno
da quasi un’ora! Di solito sono io che mi ci barrico dentro, non te…”
“Ti laveresti bene anche
te se ti trovassi coperto dal sangue di chissà chi…!” rispose Tom chiudendo
l’acqua.
“Ehi… sei sicuro che non
sia tuo quel sangue?” domandò titubante.
“No… altrimenti a
quest’ora sarei morto…” e prese un asciugamano dal mobiletto sotto il lavandino.
“E sai di chi potrebbe
essere?” insistette Bill.
“Cazzo, no! Te l’ho già
detto! Ero in discoteca con degli amici… e poi mi sono ritrovato davanti alla
tua porta…” cercò di aggiustarsi l’asciugamano intorno alla vita.
“Quando ti ho aperto mi
hai detto ‘Bill, forse ho ucciso qualcuno…’” precisò il moro.
Tom impallidì.
Cosa? Io…
Aprì lentamente la porta
del bagno.
“Non dire cazzate…”
minacciò serio il rasta.
Bill guardò suo fratello
dritto negli occhi.
Era spaventato, lo
vedeva troppo bene.
“Non ti ricordi di
averlo detto, eh?” lo ammonì.
Tom abbassò lo sguardo e
uscì dal bagno.
Bill lo prese per una
spalla e lo fece voltare.
“Che hai bevuto, Tom?”
“Niente!” rispose
prontamente Tom, indice che ne aveva detta una delle sue. “Era solo l’inizio
della serata!” si difese, togliendosi la mano di suo fratello dalla spalla.
“Tom, te già all’inizio
della serata sei ubriaco fradicio!” gridò Bill.
“Cazzo, Bill! Va bene…
ho bevuto qualche bicchiere di birra… contento?” rispose brusco il fratello,
sedendosi su una sedia in un angolo della stanza.
“Non devi farmi
contento.. voglio solo sapere la verità…” ribatté serio. “Ti ricordi cosa è
successo l’ultima volta che hai bevuto qualche bicchiere di birra?”
“No…” ammise Tom
rassegnato.
“Questo dimostra che non
dovresti bere…” lo avvisò Bill. “L’ultima volta hai passato una notte intera con
un esercito di ragazze!”
“Lo avrei fatto anche se
fossi stato sobrio! Mi conosci, no?” replicò.
Bill lo guardò negli
occhi. Non sapeva cosa fare. Aveva paura per suo fratello, mentre lui invece
sembrava tranquillo.
O forse voleva solo
apparire tranquillo.
Già. Tom stava cercando
di capire cosa gli era successo, ma non riusciva a ricordare. Tutto era confuso
e questo lo spaventava terribilmente.
Bill iniziò a
passeggiare nervoso per la stanza, sperando in qualche idea che li aiutasse a
capire cosa era accaduto.
“Dai, Bill… rilassati…
avrò appena bevuto un sorso del terzo bicchiere…”
Bill si fermò a
guardarlo.
“Lo so perché…” continuò
Tom, ma le parole gli morirono in gola.
Dentro di sé rivide una
serie di immagini disconnesse. Immagini che gli riportarono in mente cose già
vissute.
I divani della
discoteca…
Ragazze dallo sguardo
malizioso…
Bicchieri traboccanti
di birra…
La cameriera…
Il retro della
discoteca…
La strada umida…
Un avvertimento…
“Perché…?” lo incoraggiò
Bill, avvicinandosi al fratello.
“Perché avevo deciso di
tornare qua presto…” si ricordò, alzando lo sguardo e guardandolo in quegli
occhi così simili ai suoi. “Sì… avevi detto che in questi giorni ci sarebbe
stata quell’importante intervista e che tutti si doveva essere al meglio… e io…
volevo essere di parola…” spiegò.
“Dimmi cosa hai fatto in
discoteca…”
Era ovvio che in quella
risposta c’era il motivo di tutto ciò che era accaduto quella sera, ma Tom non
se lo ricordava.
Il rasta guardò il vuoto
davanti a sé, cercando di sforzarsi a ricordare.
“Forza!” insistette
Bill, avvicinandosi e mettendogli una mano sulla spalla.
Tom scansò la mano di
suo fratello con la sua e si alzò.
“Cazzo! Perché non mi
ricordo niente?” urlò, buttandosi di peso sul letto lì vicino.
“Ti hanno messo qualcosa
nel bicchiere…” ipotizzò il fratello.
“No, mammina… non
accetto drink dagli sconosciuti…” rispose acido.
Bill si mosse e Tom lo
seguì con lo sguardo.
Il moro si avvicinò al
tavolo, posizionato in un angolo della stanza, di fronte al letto, e prese il
cellulare.
Tom sentì il rumore dei
pulsanti premuti.
“Che fai?” chiese
preoccupato, mettendosi seduto.
“Chiamo la polizia…”
ripose con tono piatto, senza distogliere lo sguardo dal display.
“E poi cosa dici? Che
sono piombato qui con le mani sporche di sangue e ho detto ‘Bill, forse ho
ucciso qualcuno’? Potrebbe essere sangue di animale!” protestò il ragazzo,
urlando e avvicinandosi al fratello.
“E se non lo fosse? …
Tom… io voglio aiutarti…” gli spiegò guardandolo negli occhi.
“Certo… e mi porti dalla
polizia come se fossi un criminale!” ribatté incazzato.
“Tom! Come puoi pensare
che non ti voglia aiutare? Sei diventato scemo o cosa? Cosa credi che possa
fare, se non chiamarla? Io non sono un agente! Non so che fare per aiutarti!”
gli urlò contro.
Perché Tom non capiva?
Lui si era presentato sporco di sangue… qualcosa di grave doveva essere successo
per forza!
“Bill…” Tom posò le sue
grandi mani sulle spalle del fratello e lo guardò dritto negli occhi. “… io non
sono andato dalla polizia… sono andato da mio fratello…”
I due ragazzi si
scambiarono uno sguardo lungo e intenso. Nessuno dei due voleva andare dalla
polizia. Bill non la voleva chiamare sul serio, ma non sapeva cosa fare
altrimenti. Nemmeno Tom sapeva cosa fare, ma di certo non voleva farsi
classificare come neo-serial killer.
“… e poi come la metti
se i giornali lo venissero a sapere?” concluse il rasta.
Bill lo guardò
sconcertato. “Tom… come fai a pensare ai giornali quando invece dovresti
preoccuparti di cosa ti è successo?”
Entrambi tornarono
tristi.
Cosa fare?
“… dovremmo dirlo anche
agli altri…?” chiese Tom titubante.
“.. e se provassimo
chiamare un privato?” propose Bill, senza rispondere alla domanda di suo
fratello.
Tom sgranò gli occhi.
“Te dici che io mi preoccupo troppo dei giornali e che dovrei essere più serio…
e te allora? Chi non ci prenderebbe per assassini se gli raccontiamo le poche
cose che mi ricordo?”
Bill sorrise
soddisfatto. C’era una persona che li avrebbe ascoltati ed aiutati... ed
entrambi la conoscevano molto bene.
“Che hai da ridere?” gli
chiese Tom perplesso.
“Tom… che lavoro fa
Andreas?”
***
continua...
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halloooooooooooooo!!!!!!!!!!!
lo so... sto pubblicando un'altra
storia quando l'altra non è ancora finita.... mea cupla...
ma avevo l'ispirazione per questa
nuova fan fiction.... che ammetto è leggermente scopiazzata da qualcosa
che non dico per non rovinarvi tutta la storia... aggiungo chiedendovi un
piacere... se qualcuno sapesse da dove l'ho presa non fatelo sapere...
altrimenti qualcuno potrebbe rovinarsi la lettura..^^"...
comunque spero che vi piaccia...!!!!!XDD
mi ci sono messa d'impegno per farla
tornare tutta.... e con questo vi facci ocapire che questa è già conclusa...
quindi non ci dovrebbero essere troppi ritardi nell'aggiornamento... almeno
questo ve lo concedo..^^
bè... la finisco qui perchè non mi
viene nient'altro da dire... se non:
commentate!!!!!!!!!
ps: ringrazio inoltre tutti coloro che
hanno recensito le storie precedenti a questa...^^... e prometto che ora mi
metto d'impegno per finire l'altra...
Tschüss!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
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Capitolo 2 *** Kapitel 2 ***
IMPORTANTE
IMPORTANTE:
I Tokio Hotel non mi appartengono e questa storia è stata scritta
senza alcuno scopo di lucro e soprattutto avverto che è tutto frutto della mia
fantasia…
Aggiungo dicendo che con questo mio scritto non intendo dare
rappresentazione veritiera del loro carattere.
Twisted Brother
Kapitel 2
Il cellulare squillò e
Andreas posò la penna, con la quale stava cerchiando dei nomi su un pezzo di
carta, rispondendo alla chiamata.
“Pronto?”
“Ciao, Andreas…” lo
salutò una voce.
“Oh! Ciao, Bill! Come
va?” chiese allegro, appoggiandosi allo schienale della sedia.
“Ah… diciamo che
potrebbe andare meglio…” rispose Bill serio.
“Perché? Che è
successo?” il tono divenne preoccupato.
“Senti.. ti dispiace
fare un salto da noi?” chiese il moro senza mezzi termini.
“Oh.. certo… ma non
siete in viaggio per Monaco?” chiese, alzandosi dalla sedia e iniziando a girare
per la stanza.
“No… il viaggio è stato
rimandato… ora siamo nel nostro appartamento sopra gli studi di registrazione di
Berlino… puoi raggiungerci?”
“Sì.. mi ci vorranno un
paio d’ore… devo finire il rapporto di un caso…” farfugliò, cercando di capire
cosa potesse esserci di così importante.
“Ah… ti avverto… non
dire nulla ai tuoi superiori di quello che succede…”
“Bill… cosa vuoi dire?
Non capisco..” lo interruppe.
“Te lo spiegherò una
volta che sarai qui con noi… ah! E porta il tuo computer portatile… credo che ci
servirà…” poi il moro chiuse la telefonata.
Andreas rimase fermo a
fissare il cellulare per qualche secondo, infine decise di prepararsi.
Chiuse il fascicolo sul
tavolo, inserendovi tutti i fogli sparsi sulla scrivania.
Dopotutto erano i suoi
migliori amici, non poteva non fare niente per loro.
Prese il suo
inseparabile pc e lo infilò nella borsa e uscì dal suo appartamento di corsa.
“Certo che le pensi
proprio tutte!” si congratulò Tom.
“Tom… la questione è
seria…” disse il fratello, posando il cellulare sul tavolo.
“Lo so… ma cambia
qualcosa se mi faccio triste e mi deprimo?” replicò.
Il moro sbuffò. Con Tom
non c’era nulla da fare… era sempre il solito.
“Senti… mi andresti a
prendere dei vestiti? Se i miei non li posso mettere, dammene altri…”
“Perché non te li vai a
prendere da solo nella tua stanza? È a soli due passi…” fece Bill, guardandolo e
notando che aveva ancora solo l’asciugamano addosso.
“Perché… cosa potrebbero
pensare gli altri se mi vedessero uscire da camera tua con solo un asciugamano?”
gli rispose, indicandosi.
“Che ci vogliamo tanto
bene?” disse ironico Bill.
“Ah ah ah…” rise
sarcastico il rasta. “Va bene… vado io a prendermi i vestiti…” concluse, mentre
si avvicinò alla porta.
“Sennò te ne presto
alcuni io…” propose il cantante.
“Ma figurati! Non voglio
soffocare!” e uscì dalla stanza.
Bill lo guardò andare
via, poi si sedette sul letto, nascondendo la testa fra le mani.
Perché Tom si deve
sempre trovare in situazioni pericolose? Questa cosa non è assolutamente da
prendere sotto gamba… era coperto di sangue… cosa gli è successo?
Poco dopo la porta si
riaprì e il moro alzò la testa di scatto per non farsi vedere preoccupato, ma
Tom se ne accorse; capì che il fratello era preoccupato per lui e lui non voleva
questo.
Si sedette al suo fianco
sul letto.
“Vedrai che si sistemerà
ogni cosa…” cercò di rassicurarlo.
“Dovrei dirtelo io…”
commentò Bill.
“Ma io sono il maggiore,
quindi spetta a me tirarti su di morale quando sei triste…” fece Tom, gonfiando
il petto, orgoglioso del suo discorso.
Bill soffocò una risata.
Dopotutto Tom era sempre Tom.
Il cellulare vibrò sul
tavolo e Bill corse a rispondere.
“Ciao, Bill… sono sotto
il palazzo, ma non mi fanno entrare…” disse Andreas.
“Ah… scusa… vengo
subito…”
Bè, era normale che non
facessero entrare il loro amico. Erano solo le cinque del mattino, un’ora
alquanto sospetta per le visite, soprattutto sapendo quanto loro quattro amavano
dormire fino a mattina inoltrata.
“Tom.. resta qui, io
scendo a prendere Andreas…” disse Bill, infilandosi un paio di pantaloni e una
maglietta.
“E dove vuoi che vada?”
fece il fratello buttandosi sul letto supino.
La porta si chiuse.
Che situazione assurda…
come ci era finito lui, Tom Kaulitz, con le mani sporche di sangue… ma
soprattutto… di chi era il sangue? Cosa era successo quella sera?
Più Tom cercava di
ricordarsi, più le immagini diventavano sfuggevoli e lui si spaventava.
Si coprì gli occhi con
le braccia.
Cosa è successo
stanotte?
Aveva paura… paura di
aver fatto qualcosa di cui si sarebbe pentito per tutta la vita.
Bill entrò poco dopo,
seguito a ruota da Andreas, che chiuse silenziosamente la porta dietro di lui.
“Ehi… ciao!” lo salutò
Tom sedendosi sul letto.
“Ciao, Tom…” lo salutò a
sua volta con un rapido gesto della mano. “Senti, Bill… mi vuoi spiegare?”
chiese preoccupato, mentre posava la borsa con il computer per terra e si
toglieva il giacchetto, per poi metterlo su una sedia vicino al tavolo.
Bill sospirò,
incrociando le braccia.
“Possiamo fidarci
totalmente di te, vero?” si assicurò il moro.
“Che domande! Certo!”
rispose Andreas, spiazzato dalla domanda. Pensò che la questione dovesse essere
veramente seria.
“Farai di tutto per
aiutarci, vero?” chiese Tom.
“Ragazzi… mi volete
spiegare?” si stava preoccupando decisamente troppo.
Tom si alzò, andò a
prendere la busta con i suoi vestiti sporchi nel bagno e gliela portò.
“Non lavoro in una
lavanderia…” commentò l’amico prendendo la busta.
“Guarda bene…” fece
Bill, indicandogli la maglia.
Andreas posò la busta in
terra e prese la maglia in mano.
“Ma… ma è sangue?”
chiese intimorito, sgranando gli occhi.
I due annuirono. “O
almeno… crediamo che sia sangue… verso le tre Tom ha bussato alla mia porta e
aveva le mani insanguinate…” spiegò il fratello minore.
“Ti sei ferito?” domandò
preoccupato il biondino, guardando Tom.
“No… non ho ferite…”
rispose serio, tornando a sedersi sul letto.
“Capisco…” si mise ad
osservare di nuovo la maglia.
“Avete chiamato la
polizia?”
“No… per questo abbiamo
chiesto il tuo aiuto…” rispose Bill.
A quelle parole Andreas
si alzò e li guardò negli occhi.
“Ragazzi… io sono un
agente della squadra omicidi…” disse estraendo il suo cellulare dalla tasca dei
pantaloni.
“No… Andreas…” la mano
del moro gli bloccò un braccio.
“Bill… io devo chiamare
la polizia... ho delle responsabilità... devo avvertire almeno il mio capo…”
chiarì, mentre cercava lo sguardo di Tom.
Il rasta era seduto sul
letto con i gomiti sulle ginocchia e la testa tra le mani. Non l’aveva mai visto
in quello stato.
Era più che naturale
sentirsi distrutti, spaventati e terrorizzati in circostanze del genere… ma
questa era una situazione veramente pericolosa… ma era anche vero che Tom era
suo amico… il suo migliore amico, come Bill… cosa doveva fare, allora?
Andreas riportò lo
sguardo sul cellulare. Il numero della polizia era già digitato, c’era solo da
premere un tasto per avviare la chiamata.
Guardò Bill e poi di
nuovo Tom.
Con un gesto fulmineo
chiuse il cellulare e lo rimise in tasca.
“Posso occuparlo?” disse
indicando il tavolo con tutti gli oggetti di Bill ammucchiati sopra.
“Sì… certo…” un sorriso
pieno di speranza illuminò il viso del cantante e di suo fratello, che si alzò e
si diresse verso Andreas.
Con una rapida passata
di mano, il rasta e il moro presero tutto quello che c’era sul tavolo e lo
buttarono sul letto, mentre l’amico vi stese la maglia, i pantaloni e vi poggiò
le scarpe.
“Dentro la busta c’è
proprio tutto?”
“Bè… io mi sono tolto
maglia, pantaloni e scarpe e ho buttato tutto in un angolo del bagno…” spiegò
Tom.
“Sì.. gli ho passato
questa busta di nylon per metterci la roba dentro…” intervenne Bill.
“Guardare film
polizieschi delle volte serve a qualcosa…” commentò sarcastico il chitarrista.
“Ma non avevi anche
borse o zaini…?” chiese Andreas.
“No.. lo sai no che
metto tutto in tasca…”
L’amico iniziò a frugare
nelle tasche dei pantaloni XXL e vi trovò dei soldi, una tessera magnetica, un
paio di preservativi e dei fazzoletti usati, che posò accuratamente sul tavolo
con una smorfia di disgusto. Infine tirò fuori un cartoncino con dei buchi.
“E quello cos’è?” chiese
Bill.
“È il tesserino per le
bevute gratis che puoi fare solo pagando l’entrata della discoteca…” spiegò Tom.
“Quindi posso vedere che
te hai detto la verità, dicendo che hai bevuto solo tre bicchieri… ” concluse il
fratello, indicando delle croci su dei quadratini stampati sul cartoncino che
Andreas si stava rigirando tra le mani.
“Certo… e se guardi bene
vedi anche che mi mancavano altri due giri per finire la tessera…” puntualizzò
il rasta.
“Ragazzi… posso tornare
alla macchina? Mi servono gli attrezzi da lavoro…” li interruppe Andreas.
“Ma non ti avevamo detto
nulla riguardo a questo…” osservò il moro.
“Lo so… ma me li porto
sempre dietro per ogni evenienza…” spiegò.
“Ah… allora vai…”
rispose Bill, frugandosi in tasca e dandogli una tessera magnetica. “Questa ti
serve per aprire il portone d’ingresso…”
Andreas prese la tessera
e uscì dalla stanza.
I due fratelli si
guardarono negli occhi. Sì.. andrà tutto bene… si dissero a vicenda.
Presero a sistemare la
confusione che avevano tirato sul letto e poi Tom vi si stese. Era stanco e
questa situazione lo aveva privato di tutte le forze.
Bill, invece, si sedette
sulla sedia, con i gomiti sulle ginocchia e aspettò il ritorno di Andreas.
Tom… troveremo il
modo di aiutarti…
* * *
continua...
____________________________________________________________________________________________________________________________________
Hallo!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
ed ecco a voi il secondo capitolo di
questa fan fiction... prodotta come sempre dalla mia mente contorta.... (cosa mi
è mai successo per arrivare a scrivere una cosa del genere????? su Tom,
poi!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! ç___ç)
questo capitolo non è dei più
affascinanti... lo so... ma serve per la storia... anche perché è da qui che i
tre ragazzi cercano di fare il possibile per capire cosa è successo.... e anche
perché qui entra in scena uno dei personaggi fondamentali... Andreas, il
loro migliore amico nella realtà e anche in questa fan fiction... che
sinceramente non ho le minima idea di che lavoro faccia.. sempre che ne faccia
uno.. ^^"... ma qui mi è tornato moooooooolto utile che facesse parte di una
squadra investigativa... per giunta di quella omicidi...^^...
oddio!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! già addirittura 7
commenti??????????????????????? O_o
guardate che poi ci faccio gusto!!!!
se non ne trovo altrettanti o più, mi arrabbio!!!!! >_<
ovviamente scherzo..^^.... comunque
sono strafelice che vi incuriosisca.... anche perché solo una mente malata come
la mia poteva essere riuscita a creare una cosa del genere...^^"...
innanzitutto ringrazio tutti coloro
che hanno letto questo primo capitolo.... VIELEN DANKE!!!!!!!!
e soprattutto ringrazio tutti quelli
che hanno recensito!!!!!!!!
Barbycam: eheh... grazie
infinite dei complimenti!!!
dirò da dove ho presa la trama solo
alla fine...^^... sennò non c'è suspance!!!!!! XDDD
comunque credo che siano tipo 10
capitoli.... precisamente non so quanti.. perché l'ho scritta tutta insieme,
senza dividerla... e per pubblicarla sto cercando di dividerla in modo tale da
lasciarvi sempre il più possibile in sospeso (credo vi siate fatte un'idea di me
come una sadica... ^^"...) ... senza fare nemmeno i capitoli troppo
corti...^^"...
alice94:
per la trama vale la stessa cosa che ho detto a Barbycam... comunque vielen
danke per la recensione!!!!!
Zizzy94: chissà cosa ha fatto
Tom...? ... le prove parlano da sole.... e parleranno ancora di più nei prossimi
capitoli... non dico altro... hihihi
Lidiuz93: ehm.. mi sa che con
questo ti deluderò un po'... ma apparirà al massimo Georg per una misera
battuta.... il povero Gustav non ha un grande spessore in questa fan fiction...
V_V...
SWeetPissy: già... povero Tom..
per capire cosa ha fatto dovrai aspettare qualche capitolo... ^^"...
marty: ovviamente questa è la
domanda più ricorrente nei commenti.. ^^"... e io continuo a dire che lo
scoprirete solo leggendo... perché non voglio anticipare assolutamente
niente!!!! ^^
LadyofUmbar: tranquilla.... va
bene anche lo stile telegrafico.. basta che sia comprensibile.. e il tuo è stato
molto comprensibile... aggiungerei anche sintetico e diretto.. ^^
via... ora sparisco per un altro
po'... al prossimo aggiornamento...!!!!!!!
KUSSE!!!!!
TSCHÜSS!!!!!!!!!!!!!!!!
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Capitolo 3 *** Kapitel 3 ***
IMPORTANTE
IMPORTANTE:
I Tokio Hotel non mi appartengono e questa storia è stata scritta
senza alcuno scopo di lucro e soprattutto avverto che è tutto frutto della mia
fantasia…
Aggiungo dicendo che con questo mio scritto non intendo dare
rappresentazione veritiera del loro carattere.
Twisted Brother
Kapitel 3
Tom venne svegliato dal
bussare alla porta. Si era addormentato solo per qualche minuto.
Bill andò ad aprire.
Il
loro amico si affrettò ad entrare, accompagnato dalla sua fedele valigetta, che
teneva in mano.
“Una vera fortuna che tu
ti sia trasferito a Berlino per il tuo lavoro…” commentò Bill, per alleviare la
tensione ed il silenzio che si era creato nella stanza durante la sua assenza.
una tensione e un silenzio che lo avevano sfinito.
Andreas posò in terra la
valigetta e l’aprì. All’interno c’erano tutti quegli oggetti che si potevano
vedere in un qualsiasi giallo televisivo.
I due fratelli si
avvicinarono curiosi, mentre l'agente iniziò a frugare nella valigetta.
“Tieni…” disse a Tom,
porgendogli un contenitore.
“E che ci devo fare?”
chiese lui, analizzando l’oggetto tra le mani.
“Pisciaci dentro…”
spiegò in modo molto diretto.
“Ma non devo pisciare,
ora…” gli fece notare.
“Allora scolati due
litri d’acqua! Piscia il prima possibile lì dentro…” scandì tutte le parole,
fissandolo negli occhi e indicando il barattolo.
Tom si diresse verso il
bagno sbuffando. “Che palle…”
Andreas, intanto, prese
un paio di guanti bianchi e se li infilò. Poi pescò delle buste di plastica
dalla valigetta e vi inserì in una il cartoncino delle bevute, in un’altra i
soldi… fino ad avere cinque sacchettini, che posizionò in bella vista sul
tavolo, insieme ai vestiti di Tom.
Poi prese una piccola
bottiglietta di plastica con del liquido dentro e ci tirò fuori un bastoncino
con del cotone all’estremità. Lo passò sopra la grande e irregolare macchia
rossa sulla maglia di Tom, raccogliendo un po' di quel colore, e lo reinserì
nella boccetta, versando, infine, alcune gocce del suo contenuto su un pezzetto
di plastica che era in grado di evidenziare la presenza di sangue umano.
L’agente osservò
attentamente l’oggetto che teneva in mano per qualche secondo e Bill stava
letteralmente tremando nell'attesa di una risposta.
“Sì...” deglutì. “... è
sangue umano…” annunciò serio, senza staccare lo sguardo dall’oggetto. A Bill
mancò il fiato. Non è possibile...
Andreas rimise tutto
nella valigetta proprio quando Tom tornò con il barattolo pieno di urina. “To’…”
disse il rasta, appoggiando il contenitore sul tavolo e fissando l'amico con
aria imbronciata, incrociando le braccia sul petto. Il ragazzo prese il
contenitore con faccia schifata, controllò che fosse chiuso a modo e mise anche
quello nella valigetta.
C'era troppo silenzio e
Tom non riusciva a capire perché. Cioè, capiva più che bene la situazione in cui
erano, ma non poteva sopportare che in quella stanzaa ci fosse così tanta
tensione da poterla tagliare con qualunque cosa. Cercò, quindi, lo sguardo di
suo fratello, ma appena lo guardò negli occhi un'ondata di paura lo invase. Bill
aveva gli occhi sgranati. sembrava aver visto un fantasma. O forse peggio. Forse
Andreas aveva trovato qualcosa, qualcosa che, dalla strana espressione
spaventata dipinta sul viso del gemello, Tom capì non essere positiva.
Quando Bill sembrò
tornato in sé, Tom intensificò lo sguardo, che implicava una spiegazione e come
sempre con una sola ed unica occhiata i fratelli si capirono.
improvvisamente Tom
assunse l'identica espressione del moro, sentendosi come se qualcuno gli avesse
appena tirato un pugno in pieno stomaco.
Quel sangue doveva
essere proprio sangue umano.
Andreas guardò i due
amici. Su entrambi si leggeva troppo bene la paura in dipinta sul volto.
“Tom.. ho bisogno di
sapere tutto…” ordinò.
“Il mio tutto è molto
parziale…” confessò il rasta, rilassando i muscoli del fiso da quella smorfia di
spavento.
“Fa lo stesso…
raccontami tutto quello che ricordi da quando sei uscito…” ripeté, chiudendo la
valigetta.
“Allora… sono uscito per
andare a prendere una pizza, come faccio sempre quando voglio stare un po’
solo…” iniziò, cominciando a passeggiare per la stanza nervoso.
“Sei andato a prendere
una pizza?” chiese Bill, seguendolo. “Questo non lo sapevo…”
“Volevi che dicessi
anche quante volte sono andato in bagno?” gli rispose acido. “Avevo fame e mi
sono fermato al pub, come ogni sera prima di andare in discoteca… tutto qua…”
“Da solo?” domandò
Andreas.
“Da solo…” confermò il
rasta. “Poi sono andato in discoteca con degli amici… abbiamo bevuto… e poi mi
sono ritrovato davanti alla porta di Bill…”
“Non è granché…” mormorò
l’agente.
Andreas prese dalla sua
borsa il portatile. Si sedette sul letto e lo accese.
“Tom.. avvicinati… dimmi
esattamente i luoghi in cui sei stato e le ore…” disse, aprendo una cartina
digitale della città di Berlino.
Tom si avvicinò e si
sdraiò stanco dietro di lui, per avere una visione totale dello schermo.
“Allora… sono partito da
qui verso le sette e mezza e mi sono diretto verso il pub…questo qui..” e toccò
lo schermo del portatile.
“Ti
dispiacerebbe non toccare?” chiese pignolo l'amico.
Tom sbuffò ricordando
quanto odia questo suo lato. Troppo preciso per Tom, che viveva nel caos
ventiquattr'ore su ventiquattro.
“Comunque... erano le
sette e quasi quaranta quando sei uscito… me lo ricordo perché mi è squillato il
cellulare e ho visto l’ora…” intervenne Bill, sedendosi accanto ad Andreas.
“Perfetto… ” il biondo
digitò qualcosa sulla tastiera e sullo schermo apparvero dei segni che
indicavano posto ed ora.
“Poi?”
“Poi sono andato in
discoteca…”
“A piedi?” chiese
Andreas.
“Sì… avevo voglia di
stare da solo… guarda, questa è la discoteca…“ e indicò un altro edificio sulla
mappa, questa volta senza toccare lo schermo e lanciando un'occhiata sarcastica
al biondo della serie 'visto che ora non ho toccato niente?' .
“A che ora hai lasciato
il pub e sei arrivato in discoteca?” chiese ruotando gli occhi e sbuffando.
“Sinceramente non me lo
ricordo… ci sarò stato poco meno di un'ora... e quando sono arrivato in
discoteca saranno state verso le nove e venti… quanto ci vuole dal quel pub alla
discoteca, Bill? Più o meno quaranta minuti in macchina, no?” cercò conferma,
guardando il fratello.
“Più o meno…” rispose.
“Ma non eri andato a
piedi?” chiese il biondo.
“Infatti… ci avrò messo
un’ora… credo…”
“Sei sicuro?” si
assicurò.
“Penso di sì…”
“Tom… lo so che non è
facile.. ma devi essere il più preciso possibile… dire ‘forse… più o meno..
quasi..’ non aiuta per niente le indagini…” Andreas lo guardò. Il volto di Tom,
il volto da eterno bambino beffardo, questa volta tradiva un velo di tristezza,
mista a paura. “Comunque… altre cose che potrebbero tornare utili?”
“Sì.. ha bussato alla
mia porta alle tre di notte… anche in questo caso ne sono sicuro perché ho visto
la sveglia…” rispose Bill.
“Ok…” l’agente premette
altri tasti nella tastiera e portò la cartina ad una visuale di tutto il
percorso che avrebbe fatto Tom quella sera.
“È quasi per cinque ore
e quaranta minuti che non ti ricordi nulla…”
“Aspetta… conta che in
discoteca sono sicuro di esserci stato almeno due ore… tra una bevuta e l’altra
due ore credo che siano passate…” puntualizzò Tom.
“Cosa hai bevuto?”
chiese.
“Birra…” rispose.
“Che ti abbiano messo
qualcosa nel bicchiere?” mormorò l’agente Schneider.
“Me l’ha già fatta Bill
questa domanda… no… non ho accettato nessun bicchiere da estranei..” ripeté
seccato.
“Tom.. non ti ho chiesto
se hai accettato della birra da qualcuno.. ho detto se qualcuno ti ha messo
qualcosa nel tuo bicchiere…” specificò Andreas.
“Questo non lo so! Se lo
sapessi secondo te sarei ancora qui a cercare di capire cosa mi è successo?”
replicò irritato. Alcune domande gli sembravano veramente inutili.
“Comunque…
ricapitolando… alla fine te non ricordi più nulla ciò che è successo in quelle
tre ore e quaranta…”
Calò il silenzio per
qualche istante, poi Tom sospirò.
“Sono senza parole!”
esclamò sarcastico. “E così il tuo lavoro è questo?”
Andreas annuì
orgoglioso, senza capire il tono del rasta.
“Ripetete cose ovvie e
fate dei segni sugli stradali?” commentò ironico il rasta.
Il viso del biondo
mostrò un velo di delusione.
“No… colleghiamo fatti e
formuliamo teorie…” spiegò irritato. “Ma se pensi di poter fare di meglio…”
disse con tono di sfida.
“Oh…” borbottò Tom.
“Penso di sì…”
Si alzò dal letto e si
avvicinò al tavolo che mostrava tutte le prove in mano loro.
Iniziò ad osservarle con
attenzione, portandosi una mano sotto il mento.
Bill ed Andreas lo
guardarono, curiosi di sapere cosa avrebbe detto.
“Allora… all’appello
mancano circa tre ore e mezzo..” iniziò, girandosi verso di loro. “… di cui io
non mi ricordo nulla…” aggiunse seccato. “… quindi.. o ho bevuto più di quando
pensi… o ho rimosso dalla memoria un evento traumatico… o sono stato drogato…”
continuò elencando le tre possibilità sulle dita. “... ma il sangue sulle mani e
il fatto che faccia molta attenzione a cosa bevo mi portano all’evento
traumatico…” concluse.
I due ragazzi seduti sul
letto lo guardarono stupiti. In effetti per ora poteva tornare tutto.
“Ma… come ci sono
arrivato qui?” pensò ad alta voce il chitarrista, fissando il vuoto davanti a i
suoi piedi.
Gli sguardi di Bill ed
Andreas si incrociarono, per poi tornare a guardare Tom, che stava ancora
guardando nel vuoto per cercare di arrivare ad una spiegazione.
“Tutto qui?” alzò le
spalle Andreas. “Credevo che il tuo cervellino altamente sofisticato avesse
trovato qualcosa di più utile…”
“Cazzo! Sei ancora
arrabbiato per la battuta?” sbuffò esasperato il rasta, alzando gli occhi verso
l’alto. “Sei più permaloso di Bill!” sospirò. “Comunque.. penso di avere una
soluzione…” disse, tornando serio e guardando negli occhi Andreas.
“Sentiamo…”
“Quando sono uscito mi
ricordo benissimo che mi ero portato dietro trenta euro…” e prese il sacchettino
con i soldi, sventolandolo davanti all’agente. “Come possiamo benissimo vedere,
ne sono rimasti due…”
“Quindi?” incalzò
l’amico.
“Il costo di una pizza
al pub è quasi sei euro… l’entrata in discoteca è di dieci euro… e dalla
discoteca a qui sono dodici euro di taxi…” rifletté Bill, appoggiando quella che
sapeva essere l’ipotesi di suo fratello.
“Giusto… quindi potrebbe
essere che io sia tornato qui in taxi…” concluse Tom.
“Potrebbe… ” ripeté
pensieroso Andreas.
“Ora dobbiamo cercare il
tassista di quel taxi… gli chiediamo se veramente mi ha trovato alla discoteca…
e poi possiamo scoprire cosa mi è successo…” concluse Tom sdraiandosi di nuovo
sul letto dietro i due ragazzi.
“Ehi… c’è un piccolo
intoppo…” gli fece notare l’agente.
“E sarebbe?” chiese Tom,
sbadigliando.
“E se non avessi preso
il taxi?… come credi che possiamo rintracciarlo?” spiegò il biondino,
guardandolo negli occhi.
“Bè… prova almeno a
cercare i tabulati delle corse… se sarà una ricerca produttiva, tanto meglio…
altrimenti possiamo ritenerci soddisfatti per aver capito che non ho preso un
taxi.. anche se saremo di nuovo al punto di partenza…” spiegò Tom, sostenendo lo
sguardo dell’amico.
Andreas fissò Tom
intensamente.
Non era una cattiva
idea… ma non era detto che sarebbe stata una cosa positiva. Dopotutto era solo
un’ipotesi.
Tom continuava a
sostenere il suo sguardo, senza dare cenni di rassegnazione. Lui voleva capire
cosa era successo. Aveva trovato una possibile traccia da seguire. Perché non
poteva funzionare?
Anche l’amico pensò
esattamente le stesse cose. Non avevano altro se non quella pista da seguire.
Il biondo sospirò ancora
e si rigirò verso il computer che teneva sulle gambe.
“C’è la possibilità di
collegarsi ad internet?” chiese determinato l’agente.
“Sì sì… ” confermò Bill.
“Prefetto…” sorrise,
soddisfatto.
“Cominciamo con il
controllare le chiamate ai taxi provenienti dalla discoteca…” annunciò,
iniziando a digitare qualcosa di incomprensibile sulla tastiera.
Bill si avvicinò ancora
di più allo schermo, curioso di sapere cosa volesse fare l’amico.
“Abbiamo tre grandi
società di taxi… supponendo che tu abbia preso il taxi alla discoteca… e che
appartenga ad una delle grandi società, che registrano le corse… ” pensò ad alta
voce, continuando a premere i tasti sulla tastiera.
“Ehi… ma sei proprio
sicuro di aver preso un taxi dalla discoteca? Non potrebbero averti derubato?”
domandò Andreas, girandosi verso il rasta per una risposta.
Tom non rispose.
Si era addormentato a
causa della stanchezza fisica e psicologica che aveva accumulato in queste
ultime ore.
Bill, non avendo sentito
una risposta da parte del fratello, si voltò. Osservò il fratello con un tenero
sorriso sulle labbra.
Come poteva Tom aver
ucciso qualcuno? A guardarlo poteva sembrare tutto… tutto... tranne che un
assassino.
***
continua...
________________________________________________________________________________________________________________________________________
Halloooooooooooooooooooooo!!!!!!!!!!!
come potete vedere sono abbastanza
rapida con gli aggiornamenti con questa fan fiction... meglio..^^
come sempre passo ai ringraziamenti...
DANKE!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
in particolare ringrazio Barbycam,
Naysha 13, Alice 94, Sahne (cavoliiiii!!!!!!!
un'altra fan di 'quello'!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! XDDDDDD
grandissima!!!!!!!!!!! bè.. in effetti... da come puoi vedere la storia possiamo
definirla pesantemente scopiazzata da 'quello'.... ma quando mi è tornato
in mente quel coso non ho resistito alla tentazione di scrivere questa fan
fiction!!!XDDDD... ci ho lavorato per far tornare tutto... e non hai idea dei
rompicapi per far tornare ore, fatti.... perché dopotutto un qualcosa di mio
volevo mettercelo...^^... pensa che mi vengono ancora i brividi a pensare quante
volte avrei voluto lasciare perdere... ma alla fine ho tenuto duro e ce l'ho
fatta a finirla!!!XDDD ... e sono anche soddisfatta per come è uscita.... spero
piaccia anche a tutte voi!!!), Margy (come hai potuto vedere Andreas non
li ha traditi... anche perchè sono i suoi migiori amici!!!!! come potrebbe
tradirli???????? XD), tom ti amo + della mia stexa vita (mi piace il tuo
nick...^^.. rende!!!!XDD... ma apparte queste mie uscite idiote... grazie del
commento!! ps: però ti appoggio in pieno sul nick!!! XD), Lidiuz93, Zizzy94
(lo scoprirai... prima o poi lo scoprirai... ma devi aspettare... sennò non
c'è più gusto!!!!)...
O.O
cavoli!!!! non me le aspettavo tutte
queste recensioni!!!!!! XDDDDD
sono felicissima!!!!!!!!!
grazie grazie!!!!!!!!!
ora mi eclisso di nuovo.... voi
intanto continuate a commentare!!!!! mi raccomando!!!^^
al prossimo capitolo!!!!
TSCHÜSS!!!!!!
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Capitolo 4 *** Kapitel 4 ***
IMPORTANTE
IMPORTANTE:
I Tokio Hotel non mi appartengono e questa storia è stata scritta
senza alcuno scopo di lucro e soprattutto avverto che è tutto frutto della mia
fantasia…
Aggiungo dicendo che con questo mio scritto non intendo dare
rappresentazione veritiera del loro carattere.
Twisted Brother
Kapitel 4
La macchina di Andreas
percorse velocemente le vie di Berlino, fino ad arrivare alla discoteca
indicatagli da Bill, seduto sul sedile accanto a lui.
Parcheggiarono davanti
all’entrata principale e scesero.
“Mi scusi signore…” lo
fermò un uomo così grosso da sembrare un gigante con la divisa di guardiano.
“Deve spostare l’auto… quello è un parcheggio riservato ai taxi… non può…”
L’agente della omicidi
lo interruppe mostrandogli il suo distintivo.
“Oh… allora ha sbagliato
parcheggio…” grugnì il guardiano.
“Il distintivo che le ho
mostrato mi autorizza a parcheggiare dove voglio…” ribatté lui con aria
superiore.
“Sì, lo so, signore…
solo che i suoi colleghi sono tutti laggiù…” concluse l’uomo, indicando un
vicolo che portava all’entrata posteriore della discoteca, che si trovava ad una
trentina di metri di distanza.
Bill seguì lo sguardo
del suo amico, sembrava in trance.
Entrambi si avvicinarono
titubanti al vicolo e si affacciarono.
Vide un’area recintata,
con uomini in uniformi della polizia che giravano con macchine fotografiche
appese al collo, circondati da una marea di gente curiosa.
“Ma quelli non sono…?”
chiese il moro.
“Cazzo… sono della
omicidi…” lo interruppe Andreas.
“Cosa facciamo?” chiese
Bill preoccupato.
“Bè.. di certo non
dobbiamo farci vedere… primo perché mi sono dato malato… se mi vedessero sarei
nei guai… secondo.. e cosa più importante… non vorrei che venissero a scoprire
di voi due… il fatto che qui ci sia un cadavere non mi piace per niente…”
concluse.
Bill deglutì spaventato.
Non era la prima volta
che parlava di cadaveri… ne aveva visti milioni nei film… ma questa era la prima
volta che si trovava dentro una situazione che interessava suo fratello in prima
persona… e di conseguenza anche lui ci si sentiva dentro…
“Vieni, presto… torniamo
in macchina ed andiamocene…” gli ordinò Andreas.
Bill lo seguì senza
fiatare, lasciando alle sue spalle il guardiano che li guardava senza capire.
Tom aprì gli occhi.
Si era addormentato in
camera di suo fratello, che poi l’aveva svegliato per farlo tornare nella sua
stanza. Dopo qualche borbottio di dissenso, si trascinò per il corridoio per la
stanchezza e aprì la sua porta, per poi buttarsi sul letto senza nemmeno
spogliarsi.
Si mise seduto, cercando
di ripescare gli ultimi ricordi del giorno prima, come faceva ogni mattina, ma
gli venne in mente solo il sogno di quella notte. Aveva visto le sue mani e la
sua maglia sporche di sangue. Aveva sognato che era andato a bussare da Bill… e
che Andreas era venuto appositamente per aiutarli…
Rise tra sé e sé.
Che sogno assurdo!
Si disse.
Io che uccido
qualcuno…
Si alzò in piedi e, con
equilibrio ancora non del tutto stabile, si diresse verso il bagno.
Si sciacquò il viso con
acqua gelida e si fece una doccia.
Sentì bussare alla
porta. “Avanti!” urlò dal bagno.
Qualcuno entrò e si
avvicinò al bagno, appoggiandosi contro lo stipite della porta.
“Come stai?” gli chiese
Bill.
“Bene.. che ci fai te
qui?” fece Tom, allungando una mano dalla cabina della doccia e agguantando un
asciugamano, che come al suo solito si mise intorno alla vita.
“Volevo assicurarmi che
stessi bene…” rispose.
“Ah… grazie del
pensiero… ora vai… mi devo vestire…” lo liquidò, uscendo dal bagno.
“Ascolta, Tom… potresti
venire nella mia stanza… io e Andreas dobbiamo parlarti…” spiegò Bill con tono
piatto e triste.
“Cosa?” ripeté confuso.
Che ci fa Andreas in
camera sua?
Gli rivenne in mente il
sogno.
Allora… non era un
sogno…
Tom si sentì investire
da un’ondata di paura che lo colpì in pieno.
Senza emettere nessun
suono, chiese conferma al fratello.
Bill capì il suo sguardo
e annuì serio.
“Ah…” fece Tom,
rendendosi conto che non aveva niente da aspettare ancora in quello stato.
Si infilò velocemente
boxer, pantaloni e maglietta e seguì il moro nella sua stanza.
Appena entrò vide
Andreas chino sul pc.
“Buongiorno…” lo salutò
timoroso.
“Buongiorno…”
contraccambiò il saluto l’amico con tono cupo.
“Potevate svegliarmi
anche prima…” disse Tom, sedendosi sul letto.
“Volevamo che ti
riposassi un po’ per tutto quello che ti è successo…” spiegò Bill sedendosi
accanto al fratello.
“Avete tutti e due
un’aria troppo seria, per i miei gusti… cosa è successo?”
“Tom…” mormorò Andreas,
girandosi verso il rasta.
“… avete trovato il
taxi?” domandò spaventato.
“Non abbiamo ancora
trovato l’autista, ma abbiamo il tabulato di tutte le corse…” spiegò soppesando
tutte le parole.
“E…?” lo incoraggiò Tom,
che non riusciva a capire perché fossero così angosciati e dannatamente seri.
“Hai preso un taxi
stanotte… dalla discoteca…” iniziò a spiegare l’agente della omicidi.
Tom si alzò preoccupato
e si avvicinò lentamente a lui.
“Stamattina io e Bill
siamo andati laggiù… e c’era la polizia…” concluse.
Tom sgranò gli occhi
spaventato.
“Che ci faceva la
polizia?” chiese con un filo di voce.
Andreas guardò Bill, che
abbassò lo sguardo, poi tornò a guardare il rasta.
“Si trovavano lì… per un
cadavere…”
Tom guardò suo fratello,
che incrociò lo sguardo. Era spaventato… proprio come lui.
Aveva paura.
Un cadavere?
Si ripeté Tom.
E se avesse veramente
ucciso qualcuno? E se lui si fosse trasformato in un assassino?
Non voleva crederci. Era
semplicemente troppo assurdo…
Voltò le spalle al
ragazzo biondo davanti al lui e si diresse verso la porta.
Bill si alzò di scatto e
prese suo fratello per un braccio.
“Fermo! Dove vuoi
andare?”
“Non lo so… so solo che
non voglio stare qui…” gridò nervoso, cercando di sottrarsi alla presa.
“Tom! È stato ritrovato
un cadavere vicino alla discoteca dove tu eri andato ieri sera!” gli urlò contro
Andreas. “Forse è del suo sangue che eri sporco!”
“Forse! Ma potrebbe
essere anche il sangue di un animale!” ribatté Tom, riuscendo a liberarsi dalla
presa del fratello.
“No… quando lui ha fatto
il test ieri sera, ha visto che era sangue umano…non ricordi?” gli rispose Bill.
Tom sgranò gli occhi e
una nuova ondata di paura lo invase.
“Dobbiamo andare dalla
polizia…” concluse Andreas.
“Perché proprio dalla
polizia?”
“E dove vuoi andare? Ad
un reality show?” il tono era irritato. Possibile che non capisse la gravità
della situazione?
“Sarebbe sempre più
divertente di questa situazione!” ribatté Tom con tono strafottente.
“Cazzo! Se tu invece di
bere come una spugna ti regolassi un po’… forse tutto questo non sarebbe
accaduto!” sbraitò l’amico.
“Ah! È così, quindi? Per
te io sarei un assassino!”
“Per me sei un amico… ma
se non ti fai aiutare, essere etichettato da assassino è quello che ti
succederà!”
“No! Se tu non mi
porterai dalla polizia, loro non riusciranno mai ad arrivare a me!”
“Tom… falla finita!
Andreas ha ragione!” sbottò Bill.
Tom guardò suo fratello
determinato, che sostenne lo sguardo con altrettanta determinazione.
Possibile non capisse
come si poteva sentire? Voleva stare da solo. Voleva provare a ricordarsi… non
sapeva ancora come.. ma in un qualche modo ci avrebbe provato…
Sospirò. “Come ti pare,
allora…” disse allontanandosi dalla porta. Era irritato. “Sai per caso anche chi
era il cadavere?”
“No… sono entrato
illegalmente nel compuetr dell’ufficio e ho scoperto solo che era una ragazza
bionda… è stata uccisa con una coltellata al petto… l’unico segno particolare
che hanno trovato è un tatuaggio… un paio di ali d’angelo tatuate sulla
schiena…” gli spiegò l’amico.
Una ragazza con un
paio di ali d’angelo tatuati sulla schiena?
No… non è possibile!
Tom si portò una mano
alla testa.
Dentro di lui altre
immagini tornarono a frammenti.
Una ragazza…
Delle labbra calde
sul proprio corpo…
I lunghi capelli
biondi raccolti…
Un grande tatuaggio…
Occhi selvaggi…
Occhi felini…
Un paio di ali
d’angelo…
Carezze…
‘Ehi, Tom!’…
Il rasta si avvicinò al
letto e si sedette lentamente.
“Sapete come si chiama?”
mormorò fragile, guardando il vuoto.
“Te l’ho già detto… no..
mi dispiace…” rispose Andreas con tono cupo.
Tom lo guardò con uno
sguardo pieno di paura.
Non era possibile…
quella ragazza…
“Io sì…” sussurrò a voce
strozzata.
I due ragazzi lo
guardarono stravolti, mente il rasta appoggiò i gomiti sulle ginocchia e nascose
la testa tra le mani.
Non è possibile!
***
continua...
______________________________________________________________________________________________________________________________
Hallo!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
tornata!!!!!!!
piaciuto il capitolo????????
eheh...^^... qui le cose diventano
ancora più gravi.... perché Tom conosce la vittima????????? O_o
lo so... sono sadica a far finire qui
il capitolo.... V_V...
comunque.... oltre a ringraziare tutti
coloro che hanno letto la fan fiction fino a qui... (che ho visto sono davvero
tanti!!!!! GRAZIE!!!!!!!!!!! XDDD)... ringrazio più nello specifico... cioè
ringrazio tutte quelle che mi hanno lasciato un commentino... che mi fa sempre
tanto piacere ricevere...^^... quindi continuate a
commentare!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! XDDDD
allora.... un VIELEN DANKE a:
Lidiuz93
Barbycam
Kikketta
_PuCiA_
alice94
Zizzy94
più o meno tutte mi avete fatto questa
domanda... 'cosa ha fatto Tom???????'
allora..^^"... come sempre non vi
anticipo nulla.... e lascio che vi distruggiate per la suspance....
ovviamente scherzo.. anche perché se
vi succede questo smettetela di leggerla!!!!! non voglio avere nessuno sulla
coscienza!!!XDDD
ok... le mie battute tristi la
prossima volta le evito..^^"... scusate...^^"
ok... ora sparisco di nuovo e apparirò
forse tra un paio di giorni con il 5....
e ricordate: commentateeeeeeeeeee!!!!!!!
XDDDD
che come già detto mi fa piacere...
tanto piacere!!!!!! XDD
Kusse!!!!!!
Tschuss!!!!!!
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Capitolo 5 *** Kapitel 5 ***
IMPORTANTE
IMPORTANTE:
I Tokio Hotel non mi appartengono e questa storia è stata scritta
senza alcuno scopo di lucro e soprattutto avverto che è tutto frutto della mia
fantasia…
Aggiungo dicendo che con questo mio scritto non intendo dare
rappresentazione veritiera del loro carattere.
Twisted Brother
Kapitel 5
“Tom!” urlò Bill,
bussando alla porta del bagno. “Vuoi aprire?”
Tom non lo ascoltò. si
appoggiò alla parete e si lasciò scivolare per terra. Portò le gambe al petto,
come faceva da bambino, le abbracciò e vi nascose la testa. Era distrutto.
Come potevano pensare
che, dopo aver scoperto una cosa del genere, potesse essere come prima? Lui
conosceva quella ragazza… quella era una delle poche e rare ragazze che gli
erano piaciute… piaciute davvero...
Era una ragazza che
decisamente significava molto per lui. Sapere che era morta lo aveva sconvolto…
e la cosa peggiore era che forse era stato proprio lui a causarne la morte.
“Tom!” urlò Andreas
picchiando sulla porta. “Dimmi tutto di quella ragazza! Non posso aiutarti
altrimenti…”
Perché non capiscono?
Il rasta si premette le
mani sulle tempie. La testa gli sembrava che potesse scoppiare da un momento
all’altro.
Perché era successo
tutto questo? Perché proprio a lui?
“Tom… ti prego.. apri la
porta…” lo supplicò il moro con voce flebile. Anche Bill era spaventato, lo
poteva sentire e per questo stava ancora peggio, perché se uno tra i due
soffriva, l’altro soffriva con lui. E Tom non voleva far soffrire suo fratello.
Lui era il fratello maggiore, quello più forte.
Respirò profondamente
per darsi coraggio e ricacciare indietro le lacrime che stavano per rigargli il
volto.
Si alzò e girò la chiave
nella toppa della porta del bagno, aprendola lentamente.
Bill si allontanò
leggermente, lasciando spazio a suo fratello per passare, ma Tom non oltrepassò
la soglia e non guardò nessuno negli occhi.
“Avanti… parla…” gli
ordinò Andreas, guardandolo con uno sguardo serio e duro.
Tom respiro
profondamente ancora una volta e incrociò lo sguardo del suo amico.
“Conoscevo quella
ragazza…” sussurrò, avvicinandosi lentamente alla sedia nell’angolo della stanza
e sedendocisi.
Appoggiò le braccia
sulle gambe e iniziò a fissare il vuoto.
I due ragazzi lo
osservavano in silenzio, aspettando che continuasse.
“Sono stato a letto con
lei…più volte…” confessò. “Ma poi, lei ha iniziato a vedersi con un altro…”
continuò, sussurrando.
“E tu?” chiese Andreas.
“E io…” gli venne un
groppo in gola. “Ho minacciato di ucciderla…”
Bill sgranò gli occhi.
“… un paio di volte…”
L’amico lo guardava con
occhi penetranti.
“… no… forse tre…”
ammise con voce strozzata il rasta.
Suo fratello si
inginocchiò accanto a lui.
“È la ragazza con la
quale ti ho visto un po’ di sera fa in discoteca? Avevi detto che sarebbe stata
una notte e via…” chiese conferma.
“Ma cosa cazzo volevi
che ti dicessi? Lei è stata una delle poche che mi sia piaciuta sul serio!”
rivelò il rasta. “Non riuscivo a credere che avesse preferito quel paramecio
palestrato a me…” continuò con disprezzo.
“Hai minacciato di
ucciderla solo perché ti aveva mollato!” gli fece notare Bill con tono
incredulo. “Sai quante minacce di morte dovresti ricevere te, allora?”
“Cazzo! Ma io non volevo
ucciderla! Sono cose che si dicono!” urlò Tom spaventato.
“Ti hanno sentito mentre
lo dicevi?” intervenne Andreas.
“Non gliel’ho detto…”
rispose irritato per il tono usato dall’amico.
Come cazzo faceva a
starsene tranquillo ed accusarlo?
Bill alzò un
sopracciglio. Non capiva.
“Le mandavo dei messaggi
al cellulare…” confessò Tom, guardandolo negli occhi, quasi con aria di sfida.
Non voleva che Andreas pensasse che lui potesse essere un assassino.
“Dobbiamo andare subito
dalla polizia…” decise il biondo.
“Perché? Non ho fatto
niente di male!” protestò Tom.
“E come fai ad esserne
sicuro?” replicò l’agente della omicidi.
Tom sgranò gli occhi e
sentì una dolorosa fitta allo stomaco. “Non crederai che…”
Guardò Andreas negli
occhi e lui sostenne lo sguardo. Poi portò lo sguardo su Bill, ma lui guardò
altrove.
Bill non sapeva cosa
fare. Non voleva nemmeno lui chiamare la polizia. Cazzo! Era suo fratello! Come
poteva consegnarlo alla polizia? Ma sapeva anche che non c’era altra scelta.
“Voi… lo credete…”
concluse Tom con tono di disprezzo.
“Non da sobrio… ma avevi
bevuto… potrebbe essere stato un incidente!” si affrettò a dire Bill.
“Ti giuro su quello che
vuoi che…” replicò il rasta, senza avere tempo di concludere la frase.
“Come puoi giurare, se
non ricordi come è andata?” urlò Andreas.
Tom si sentì invadere da
una nuova ondata di paura.
Cercò lo sguardo di suo
fratello. Lui l’avrebbe sostenuto. Lui lo avrebbe capito.
Bill lo guardò triste.
Tom… non so cosa fare… devi farti aiutare da Andreas…
“Se non mi crede nemmeno
mio fratello… non mi crederà nessuno…” concluse con tono piatto e impaurito.
“Tom…” mormorò suo
fratello, allungando una mano e poggiandola sulla sua gamba per dargli forza.
Il rasta, sentendo quel
contatto, si alzò e di diresse verso la porta.
Andreas lo prese per un
braccio e lo costrinse a girarsi.
“Cosa vuoi fare?
Arrestarmi?” gli gridò contro Tom, liberandosi dalla presa dell’amico con uno
strattone.
Bill osservava la scena.
Voleva aiutare il fratello, ma per farlo, Tom avrebbe dovuto fidarsi di più di
Andreas.
L’agente distolse lo
sguardo dall’amico e gli voltò le spalle, avvicinandosi al tavolo in fondo alla
stanza, dove avrebbe preso il cellulare e chiamato il suo capo.
Tom aveva paura. Non
voleva andare dalla polizia. Lo avrebbero rinchiuso in prigione. Nessuno gli
avrebbe creduto.
“No… vorrei farti capire
che la nostra unica possibilità è andare dalla polizia…” spiegò l’amico di
spalle.
Il rasta approfittò del
momento per scattare verso la porta. La aprì e corse via, sbattendola alle sue
spalle.
I due ragazzi non fecero
in tempo a fermarlo.
“Cazzo!” imprecò Andreas,
buttando il cellulare sul letto e provando a correre dietro a Tom, ma quando
uscì dalla porta non lo vide già più.
Bill, invece, rimase
fermo, inginocchiato vicino alla sedia, dove fino a poco tempo prima stava
seduto suo fratello. Perché sei corso via? Perché non vuoi farti aiutare?
Intanto, Tom correva.
Correva nel modo più veloce che il suo corpo e i suoi vestiti potessero
permettergli. Corse fino all’ingresso. Uscì e corse sotto la pioggia di quella
cupa mattina di novembre.
Voleva stare da solo e
nessuno glielo avrebbe impedito.
“Bill… seguimi…
prendiamo la macchina…” decise Andreas, prendendo il giacchetto e infilandoselo.
“E dove andiamo? A
cercare Tom?” chiese il moro, imitandolo.
“Mi sembra ovvio, no?”
disse raccogliendo il suo cellulare e infilandoselo nella tasca dei pantaloni.
Bill sorrise. Tom… ti
troveremo e ti aiuteremo… Te lo prometto!
Uscirono in fretta dalla
stanza, ma mentre correvano nel corridoio una voce li fermò.
“Ehi, Bill… dove stai
correndo? È da un po’ di tempo che sento casino provenire dalla tua camera… che
succede? Oh.. ciao Andreas…”
I due ragazzi si
voltarono e incrociarono lo sguardo di Georg.
“Usciamo…” tagliò corto
il cantante.
“Ma abbiamo
quell’importante intervista nel pomeriggio…” ribatté il bassista.
“Annullala.” rispose
determinato.
“Ma perché? È
importante…”
“Georg… mia madre sta
male… sto andando da lei… Tom è già a casa nostra… per piacere, annulla
l’intervista e non contattateci finché non torneremo…” disse Bill serio.
Georg rimase turbato sia
dal gelido sguardo che il cantante gli aveva rivolto sia dalla notizia e non
volendo sembrare troppo ficcanaso, si voltò. “Va bene… lo dirò anche a David… e
te porta i miei saluti a Simone…” concluse, allontanandosi.
“Sì.. ciao…” rispose con
tono piatto.
I due ragazzi ripresero
a correre, fino ad arrivare alla macchina dell’amico.
Salirono e Andreas mise
in moto.
“Dove va il più delle
volte Tom quando vuole star solo?” chiese a Bill, allacciandosi la cintura di
sicurezza.
“Non lo so… delle volte
l’ho visto a quel pub dove va a mangiare la pizza… a qualche isolato da qui…”
rispose il moro, facendo lo stesso. “Comunque prova a chiamarlo sul cellulare…
non credo che ti risponda… ma potresti provare lo stesso…”
Andreas non rispose. Era
arrabbiato. Lui stava infrangendo troppe regole per aiutare un suo amico… e lui
come si comportava? Da perfetto idiota… lui voleva aiutarlo… perché non capiva?
Imboccò la strada
principale e accelerò. Poi prese dalla tasca il cellulare e cercò nella rubrica
il numero di Tom.
“Stai attento alla
strada… non voglio morire giovane…” lo ammonì Bill, aggrappandosi con una mano
al sedile.
“Lo so…” mormorò lui,
portandosi il cellulare all’orecchio.
Squillò a vuoto
parecchio tempo.
Chiuse la chiamata e
riprovò.
Al terzo squillo una
voce ripose.
“Pronto?” non sembrava
quella di Tom, ma il biondo pensò che fosse modificata a causa proprio del
telefono.
“Finalmente! Dove cazzo
ti sei cacciato?” chiese furioso.
Silenzio.
Dopotutto se lo
aspettava.
“Schneider?” chiese una
voce in cerca di conferma.
Andreas sgranò gli
occhi.
“Capo…?” mormorò a voce
strozzata.
“Sì…” rispose scontroso.
“Come mai hai il
cellulare di un mio amico?” chiese, senza capire come potesse il cellulare di
Tom essere finito nelle sue mani.
“Ho io una domanda da
fare a te… come mai il cellulare di questo tuo amico era accanto ad un
cadavere?”
L’agente della omicidi
non rispose. Bill voleva chiedergli cosa fosse successo, ma non riuscì a
formulare una domanda coerente, spaventato per l’espressione sconvolta, dipinta
sul volto di Andreas.
L’unica cosa che capì,
fu che la situazione era peggiorata.
E di molto.
***
continua...
______________________________________________________________________________________________________________________________
Hallo!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
ed eccomi tornata con un nuovo
capitolo di questa ff!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
piaciuto??????... cioè... come vi ha
lasciato??????...^^"...
bè... qui si scopre qualcosina.... ma
ina ina... di quella ragazza.... e lo so... ho esagerato un tantinello a far
ammettere a Tom che la minacciava con messaggi di quel genere.... V_V...
perdono... lo so (e come???O_ò) che Tom non lo farebbe mai!!!!!! X°°DDD
anche oggi passo ai ringraziamenti!!!
come al solito, dopotutto..^^"...
un grazie a chi l'ha letta fin qui e
in particolare a coloro che hanno lasciato un commentino...^^... (maky my 94,
Ludiuz93, Barbycam, Zizzy94, alice94 (oddio!!!!!!! ci credi che ora sono
curiosissima di sapere cosa potresti aver capito?????? X°DD... vabbè... non te
lo chiedo ora... casomai una volta che la storia sarà finita mi racconterai
quello che, forse, hai capito...^^ )e jess..^^)
grazie veramente
tanto!!!!!!!!!!!!!!
ora saluto di nuovo tutti e vi lascio
come sempre con la suspance..^^
ci vediamo con il prossimo
capitolo!!!!!!!!!!!!!
ps: commentate!!!!!!!!!!!!!!!!!XDDD
kusse!!!!!
tschuss!!!!!!!!!!!!!!!
|
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Capitolo 6 *** Kapitel 6 ***
IMPORTANTE
IMPORTANTE:
I Tokio Hotel non mi appartengono e questa storia è stata scritta
senza alcuno scopo di lucro e soprattutto avverto che è tutto frutto della mia
fantasia…
Aggiungo dicendo che con questo mio scritto non intendo dare
rappresentazione veritiera del loro carattere.
Twisted Brother
Kapitel 6
Andreas stava aspettando
nell’ufficio privato del suo capo da ormai quindici minuti. Non era mai stato
più teso in vita sua. Avrebbe preferito fronteggiare un terrorista faccia a
faccia, piuttosto che dover affrontare il suo capo.
Due suoi colleghi lo
salutarono beffardi dalla porta.
Il giovane avrebbe
volentieri spaccato loro il viso.
Si voltò di spalle per
non doverli guardare in faccia.
Subito sentì la porta
sbattere violentemente alle sue spalle.
Andreas trasalì.
“Che diavolo ti è
saltato in mente?” gli urlò contro il capo.
“Vorrei scusarmi… ma so
già cosa direbbe…” sussurrò.
“L’influenza ti è
passata, vedo…” notò sarcastico, sedendosi sulla sedia davanti a lui.
“Non l’ho mai avuta…”
spiegò l’agente tremante.
“Ma non mi dire…!”
mormorò con disprezzo l’uomo sulla cinquantina che lo stava fronteggiando.
Calò il silenzio.
Andreas non aveva mai avuto più paura di quel momento.
“So che l’occultamento
di prove costituisce violazione del dovere…” iniziò a parlare il ragazzo.
“… è anche reato!” lo
interruppe il capo.
Il biondo non rispose.
“Perché non sei corso da
me?” chiese l’agente Wolf furioso.
“Volevo farlo…” iniziò
Andreas, strusciandosi le mani tra loro. “Quando ho visto il cadavere ho pensato
di portare Tom qui…”
“No… intendo prima!”
ruggì il capo.
“… non potevo
rischiare…” confessò il ragazzo.
È mio amico, è come
un fratello… non potevo rischiare di farlo finire in carcere…
Seguì qualche secondo di
silenzio. Qualche secondo eternamente lungo.
“… io non so se sia
coinvolto o no… ma so che le apparenze… bè… come diciamo sempre… ‘meglio dieci
colpevoli in libertà, che un innocente in prigione’… ma sappiamo che non
funziona sempre a questo modo…” deglutì. “Non potevo esporlo al rischio… dirlo
alla polizia… e nemmeno a lei… è come un fratello per me…”
Il silenzio li avvolse
ancora.
L’agente Wolf stava
fissando il giovane come se volesse leggergli dentro.
Poi si alzò, si avvicinò
al ragazzo e gli posò una mano sulla spalla
“Scuse accettate, agente
Schneider…” mormorò, per poi uscire dall’ufficio.
Il biondino non pensava
di poter sopravvivere a quel colloquio con il suo capo. Eppure era ancora tutto
intero.
Dovette ricredersi.
Anche il suo capo, in fondo, aveva un cuore.
Andreas aspettò qualche
istante prima di seguire il capo nella stanza con i colleghi, dove Bill lo stava
aspettando.
“Come? Andreas è ancora
vivo? Con il tempo ti stai rammollendo, capo…” scherzò Adam Stein, uno dei suoi
colleghi che era intento a leggere dei fascicoli seduto alla sua scrivania. Il
capo lo guardò storto. “Ah… no…è nel fiore degli anni, signore…” sorrise falso.
Sullo schermo attaccato
alla parete stavano scorrendo molte immagini di Tom.
“A che servono così
tante foto?” chiese preoccupato Bill, avvicinandosi all’amico.
“È per l’ordine di
ricerca…” spiegò una collega, che stava facendo scorrere le immagini sullo
schermo, senza evitare qualche mormorio di approvazione per il ricercato.
“Non l’avrete emesso
per…” chiese Andreas, venendo interrotto.
“… ordine di ricerca per
furto d’auto…” concluse Adam.
Bill sospirò sollevato.
“Meglio per furto che
per omicidio…” commentò Andreas.
“Dobbiamo rintracciarlo…
al momento è l’unico sospettato…” avvertì Daphne, l’altra collega.
“Testimone…” chiarì
Bill, intromettendosi.
L’agente Wolf digitò
qualcosa sulla tastiera del pc ad una delle quattro scrivanie.
“Ho parlato col tassista
che ha caricato tuo fratello, si trovava sulla scena del crimine…” disse il capo
rivolto a Bill, che trattenne il fiato per qualche istante.
Tom…
“E per Hanna, la donna
della scientifica, il sangue
sui suoi vestiti corrisponde a quello della ragazza trovata morta…” disse Adam.
“Poi ci sono i messaggi
sul cellulare…” aggiunse Daphne.
“Già… da quella che
inizia con ‘perché cazzo l’hai fatto…?’ a quella che finisce con ‘guardati le
spalle…’…” lesse da un fascicolo Adam. “…questi messaggi già costituiscono…”
“… circostanze e
movente…” concluse Daphne.
Incredibile cosa aveva
fatto Tom per essere stato scaricato da quella ragazza, pensò Bill sarcastico,
ma subito si pentì di quel pensiero… non era il caso di usare sarcasmo…
“Perché scappa?” chiese
il capo a Bill.
“… è sconvolto… ha
paura.. dice che non c’entra e pensa che noi non gli crediamo…” spiegò.
“È così?” chiese Daphne
seria ai due ragazzi.
“… io non credo che sia
colpevole…” iniziò il moro abbassando lo sguardo.
“Ma?” lo incitò il capo.
“Ma può capitare di
tutto… se era ubriaco…” continuò Andreas.
“Escluso… dall’analisi
delle urine che hai dato ad Hanna, il tuo amico era
pulito…” disse Daphne, andando a sedersi alla sua scrivania.
“Ci sono altri
sospettati?” chiese il capo, tornando davanti allo schermo del computer.
“Forse il ragazzo di
Kornelia Berger, la vittima… tuo fratello non era il solo a mandarle dei
messaggi…” spiegò Adam.
“Indirizzo…” ordinò
l’agente Wolf. Adam gli passò un foglio. “Stein fa portare qui il taxi…”
l’agente alzò la cornetta del telefono. “Daphne… l’amico di Andreas…”
“Oh… sarà un vero
piacere…” commentò maliziosa.
“Capo, non sarebbe
meglio se ci mandasse Adam…?” chiese Andreas, che gli dava fastidio l’idea che
una sua collega potesse finire, anche se in un'idea abbastanza remota, a letto con il suo migliore amico.
“Andreas… tu va… non
puoi lavorare al caso…” decise il capo, mentre si allontanava per andare a
trovare il ragazzo definito da Tom ‘paramecio palestrato’.
“Ma se andassi a casa e
ci lavorassi da solo?” propose.
Il capo lo guardò per
qualche istante.
“Suvvia!” e gli fece
segno di seguirlo. “Anche te…” disse al moro. “Voglio che voi due stiate con
me…”
I ragazzi si
impossessarono dei loro giacchetti e seguirono l’agente Wolf.
Wolf si
aggirava curioso nella stanza di Kurt Werner, il paramecio palestrato, ammirando
le medaglie di canottaggio che il ragazzo aveva vinto.
Andreas e Bill, invece,
stavano ascoltando la loro conversazione seduti su un divano della stanza
accanto, dove il capo gli aveva ordinato di rimanere.
“Questa è una foto di
voi due?” chiese il capo, prendendo in mano una foto incorniciata.
Il ragazzo si avvicinò e
la osservò con dolcezza.
“Sì.. ci conoscevamo fin
da piccoli… questa foto l’abbiamo fatta due anni fa… eravamo andati a Milano per
festeggiare i suoi diciott’anni…”
“Quando l’hai vista per
l’ultima volta?” domandò il capo, mettendosi a guardare i cd del ragazzo.
“Ieri sera … eravamo in
discoteca… avevamo bevuto un po’… poi io ero andato in macchina per
accompagnarla a casa e… sì.. insomma… ha capito per cosa… ” spiegò, rimettendo
la foto sullo scaffale.
“… ma lei non si è più
vista…” concluse l’agente.
Il silenzio li avvolse.
“Mi sembra, quindi, che
voi due foste una coppia felice…” commentò il capo, guardandolo negli occhi.
“Già…” si limitò a dire.
Respirò profondamente.
“Devo fargliela pagare!”
mormorò con disprezzo Kurt.
“A chi?” chiese Wolf,
sedendosi su una sedia che si trovava nella stanza.
“A quel pezzo di merda
di Tom Kaulitz!” a quel nome, Bill trasalì. “È un ragazzino a cui la fama ha
dato alla testa! Ha passato qualche notte con lei solo perché lei beveva… era un
periodo in cui avevamo litigato e lei era stressata… quando ci siamo chiariti
lei lo ha rifiutato e lui per questo lui le mandava messaggi minacciosi!”
“Sapevi dei messaggi?”
“Certo! Quando le
arrivavano non era più la stessa!” ruggì il ragazzo. “Ma volete
arrestarlo o no?”
L’agente lo guardò
serio.
“Ieri sera l’ho visto in
discoteca e quando ha visto che lei stava con me e non con lui è si è alzato
furioso!” urlò Kurt.
“Forse voleva solo
andarsene!” intervenne Bill, alzandosi dal divano e irrompendo nella stanza,
incazzato.
“No! Perché l’ha
uccisa!” ruggì Werner.
Il capo si alzò e spinse
il moro di nuovo nella sala accanto. “Ehi! Ti avevo detto di aspettare qui!”
“Ma l’ha sentito?”
protestò.
“Si. Per questo ti ho
detto di aspettarmi qui!” chiarì Wolf.
Bill non rispose. Si
limitò a guardarlo dritto negli occhi.
Il capo si allontanò da
lui e si diresse di nuovo nella stanza di Werner.
Bill lo seguì con lo
sguardo.
Perché non capiva che
Tom era innocente?
***
continua...
______________________________________________________________________________________________________________________________
hallooooooooooooooo!!!!!!!!
scusate se ho postato in ritardo... ma
i questi giorni mi sono successe un po' di cose...^^".... e quindi ho avuto la
testa da un'altra parte..^^"..
come potete vedere in questo capitolo
Tom non è presente... ma tranquilli.... si rifarà vivo! sicuro!!!!! XDDDD
e come ogni volta, ora passo ai
ringraziamenti!!!!
oltre a tutti coloro che hanno letto,
ringrazio di cuore anche chi ha lasciato un commentino... cosa sempre ben
accetta..^^
grazie mille a:
natalia (non ti dico niente....XD...
sennò dove è la suspance???... continua a leggere!!!!XDDD *me felice che ti
piaccia!!*), Sahne (grazieeeeeeeeeeeeeeeeeee!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
X°DDD .... eheh... anche per me 'quello' è il mio preferito!!!! XDDD cercherò di
non deludere le tue aspettative...^^), Lidiuz93, jess, Zizzy94
(non preoccuparti...^^.. comunque ho letto entrambi i commenti...^^... vielen
danke!!!!), puffetta (bè... come detto nel primo capitolo.. mi sono
leggermente ispirata a qualcosa.. che finché la storia non sarà finita non
svelerò per non togliere la suspance..^^...)
via... me ne vado ancora una volta....
sperando di non pubblicare troppo tardi il prossimo capitolo..^^...
vi avverto... nei prossimi capitoli la
storia si farà più fitta...!!!!!.. ma non vi dico altro..^^..
buona lettura....
e lasciatemi un commentino!!!!!!
che li accetto sempre volentieri!!!!XDDDD
Kusse!!!!!!
Tschuss!!!!!
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Capitolo 7 *** Kapitel 7 ***
IMPORTANTE
IMPORTANTE:
I Tokio Hotel non mi appartengono e questa storia è stata scritta
senza alcuno scopo di lucro e soprattutto avverto che è tutto frutto della mia
fantasia…
Aggiungo dicendo che con questo mio scritto non intendo dare
rappresentazione veritiera del loro carattere.
Twisted Brother
Kapitel 7
Il cellulare vibrò nella
tasca dell’agente Daphne Schwarz, che passeggiava lentamente lungo la piccola
strada che l’avrebbe portata proprio davanti a casa sua. “Schwarz…” rispose.
“Abbiamo trovato l’amico
di Schneider…” gli rispose Adam, che stava seduto alla scrivania dell’ufficio.
“Comunicalo al capo…”
gli disse, aprendo il portone.
“Già fatto… vuole che
glielo portiamo…”
“Ok… arrivo…” e chiuse
la telefonata, rimettendo il cellulare in tasca.
Era appena entrata in
casa. Sbuffò. “Che palle… neanche oggi una cena tranquilla…”
Tom era solo, davanti ad
una parete ricoperta di graffiti con una bomboletta in mano.
Era l’unico modo per
sfogarsi. L’unico modo per riflettere.
Aveva tracciato linee
senza senso, che alla fine lo avevano portato a rappresentare un mare in
tempesta.
Era un’immagine cupa,
grigia… sembrava che mostrasse il suo stato d’animo.
Proprio come me… già…
Tom era confuso,
agitato, spaventato. Non sapeva cosa fare. Era come se non potesse più fidarsi
di nessuno. Nemmeno di suo fratello. Lui lo voleva portare alla polizia.
Ma sarebbe stato giusto
andare dalla polizia?
Io non ho ucciso
nessuno! Continuava a ripetersi.
Ma fuggendo non
dimostrava altro che la sua colpevolezza.
Forse doveva dare
ascolto ad Andreas. Forse era vero che loro volevano aiutalo.
Tom continuava a
pensare. Continuava a cercare una soluzione. Provava a ricordare gli avvenimenti
di quella dannata sera, ma tutto era inutile. Vedeva solo le solite immagini
sfuocate, confuse. Vedeva e rivedeva sempre i soliti ricordi frammentati,
ricordi che non lo avrebbero aiutato.
Iniziò a piovere.
Era la seconda volta che
pioveva quel giorno. E per la seconda volta lui era senza un riparo. Era
scappato dal suo riparo ed era troppo orgoglioso per voler tornare indietro.
Continuò a spruzzare del
colore sul muro, facendo affiorare sulla superficie della parete gli schizzi
delle onde.
Il mare era sempre più
agitato. Proprio come lui.
Il mare era sotto la
pioggia, senza alcun riparo. Proprio come lui.
Il mare era solo.
Proprio come lui.
La bomboletta spruzzò i
suoi ultimi getti di colore.
Tom si allontanò per
ammirare il suo graffito, circondato da altre sue composizioni.
Quello era il suo muro,
era la sua valvola di sfogo.
Uno psicologo ci avrebbe
letto tutti i suoi stati d’animo, tutta la sua vita.
Improvvisamente sentì
qualcuno alle sue spalle che si avvicinava.
Sentiva i tacchi delle
scarpe.
“Mi dispiace bellezza,
ma oggi non sono in vena per passare la notte con te…” disse senza girarsi.
“E invece mi sa proprio
che dovrai…” ribatté lei, posizionandosi davanti a lui, riparata da un ombrello
rosso, e mostrandogli il suo distintivo della omicidi.
A Tom mancò il fiato.
L’avevano trovato. Ora l’avrebbero rinchiuso in prigione e nessuno gli avrebbe
creduto. Avrebbe passato la vita dietro le sbarre.
Ma non ce la faceva più
a scappare.
“Va bene… per stasera
farò un’eccezione…” sospirò, mettendo per terra la bomboletta di spray.
L’agente Adam raggiunse
la sua collega e iniziò a fissare il ragazzo.
“Siete venuti ad
arrestarmi?” chiese rassegnato.
“No…” rispose l’agente
Stein.
“Ma devi venire lo
stesso con noi…” concluse Daphne.
“Uhm…” annuì il rasta.
“Siete così gentili solo perché sono un amico di Andreas?” chiese acido.
“No… siamo sempre
gentili con le persone…” rispose Adam ironico.
“Certo…” farfugliò Tom,
incrociando le braccia.
“Forza… prendi…” Adam
lanciò a Tom un piccolo ombrello, che lui prese al volo.
“Non era necessario…”
commentò il ragazzo con tono piatto.
Daphne sbuffò. “Ora
seguici…”
“Tom!” urlò Bill,
correndogli incontro e abbracciandolo.
“Bill…” mormorò lui.
“Uh.. che schifo! Sei
tutto bagnato…” commentò il fratello staccandosi con una smorfia schifata sul
viso.
“L’ho fatto apposta per
farti stare lontano…” disse ironico.
“Ah ah ah… spiritoso…”
rise sarcastico il moro.
“Andreas, dov’è il
capo?” chiese Adam al biondo, che era seduto su una sedia dietro una scrivania.
“È da Hanna, nel garage
deposito prove… ha detto che ha trovato qualcosa nel taxi…” rispose alzandosi.
I due agenti si
diressero verso l’ascensore per scendere nei sotterranei, dove si trovava il
laboratorio della scientifica.
“È il taxi che ho preso
io?” domandò il rasta, girandosi verso la scrivania di Andreas.
“Sì…” confermò l’amico.
“Possiamo andare anche
noi?” chiese Tom, che voleva vedere se c’era qualcosa in quel taxi in grado di
fargli tornare la memoria.
“Ehm… credo di sì…
seguitemi…” e si avviarono anche loro verso il laboratorio. “Stein, Schwarz!
Aspettateci!” urlò loro Andreas, correndo per il corridoio.
Adam coprì le
fotocellule dell’ascensore con una mano, facendo riaprire le porte che si
stavano chiudendo.
Tom e Bill lo seguirono
all’interno dell’ascensore.
“Non si corre per i
corridoi… lo dovresti sapere…” lo ammonì Daphne.
Il biondo sbuffò,
incrociando le braccia.
Le porte dell’ascensore
si aprirono.
“Ehi capo…” lo chiamò
l’agente Stein.
Wolf si girò e andò
verso di loro.
Tom si guardò intorno.
Gli sembrava di essere in un film, un film poliziesco. Ma purtroppo, quella era
la realtà.
Nella enorme stanza che
aveva davanti c’erano le attrezzature più strane avesse mai visto. Fece vagare
lo sguardo per il soffitto, seguendo i vari fili che univano altrettanti
macchinari. Poi guardò sulla sinistra, dove trovò una donna davanti ad un taxi.
Quel taxi…
Quel taxi gli ricordava
qualcosa. Che sia…? Il rasta sgranò gli occhi.
Nuove immagini invasero
la sua mente come un fiume in piena, e come tale erano confuse, intrecciate,
agitate.
Un pianto…
Un pianto spaventato…
L’interno di un taxi…
La strada umida…
‘Tom! No! No!’
Le proprie mani
insanguinate…
Tremare…
La paura dentro di
sé…
Un coltello…
Un coltello sul
sedile del taxi…
Un coltello sporco di
sangue…
Tom distolse lo sguardo
dal taxi. Possibile che tutto quello che aveva ricordato fosse vero? Sentiva la
paura diffondersi in lui.
Guardò la donna. Aveva
in mano un coltello. Quel coltello…
Tom aveva paura, tanta
paura. Troppa paura. Non era possibile. Tutto questo doveva essere un sogno,
anzi… un incubo.
“Dove l’hai trovato?”
chiese Adam ad Hanna.
“Tra i sedili del taxi…”
rispose prontamente.
Il rasta si sentì come
se avesse appena ricevuto un pugno in pieno stomaco e così anche suo fratello,
che trattenne il fiato, sgranando gli occhi, incredulo.
Il capo e i tre agenti
si voltarono in direzione di Tom, fissandolo intensamente.
Erano sguardi differenti
tra loro, ma tutti indicavano un’unica cosa.
Tom aveva ucciso
qualcuno.
***
continua...
______________________________________________________________________________________________________________________________
Hallooooooooooooo!!!!!!!!!
e rieccomi!!!!!!
vi sono mancata???? hihi
con questo nuovo capitolo sentite
la voglia di uccidermi????? ^^"
vabbè... me lo farete sapere nelle
vostre recensioni...
allora.... sinceramente non so che
dire per intrattenervi... quindi... passo come al solito ai saluti....
un grazie a tutti coloro che
leggono costantemente ogni capitolo!!!!!!! e uno a chi ha lasciato un
commentino!!!!!!! che ho visto sono numerosissimi!!!!! O_o
continuate a recensire
numerosissimissimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!XDDDD
allora... un DANKE veramente
grosso a: michela, Lidiuz93, jess, _PuCiA_,
smokeygirl, Valefantasy94, Valux91, puffetta e
alice94 (tranquilla!!!!! tra qualche capitolo scoprirai la verità... ma alla
fine mi dirai assolutamente cosa pensavi e se veramente è come avevi
pensato!!!!!!! XDDDD)
ora mi eclisso..... XDDDD..... al
prossimo capitolo!!!!!XDDD
KUSSE!!!!!!!!
TSCHUSS!!!!!!
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Capitolo 8 *** Kapitel 8 ***
IMPORTANTE
IMPORTANTE:
I Tokio Hotel non mi appartengono e questa storia è stata scritta
senza alcuno scopo di lucro e soprattutto avverto che è tutto frutto della mia
fantasia…
Aggiungo dicendo che con questo mio scritto non intendo dare
rappresentazione veritiera del loro carattere.
Twisted Brother
Kapitel 8
“Tom l’ha
minacciata di morte nei messaggi che le mandava…” annunciò il direttore della
polizia, seduto ad un lungo tavolo, sfogliando il fascicolo del caso.
Andreas era
seduto davanti a lui, impaurito, ma determinato a sostenere il colloquio. Il suo
capo stava fissando l’intera scena, appoggiato al muro.
“È salito su
un taxi vicino alla scena del crimine e all’ora dell’omicidio…” continuò il
direttore furente, chiudendo il fascicolo e iniziando a fissare con occhi colmi
di rabbia l’agente Schneider. “Il sangue sui suoi vestiti corrisponde a quello
della vittima e sull’arma del delitto compaiono le sue impronte…”
Andreas
iniziò a mordersi le labbra e a strusciare le mani tra loro.
“Oltre al
fatto che è un tuo amico, ci sono altre ragioni per le quali non dovremmo
incriminarlo formalmente?” concluse, sputando veleno ad ogni parola.
Andreas
respirò profondamente e posò le mani sul tavolo, avvicinandosi. “Conosco Tom,
direttore…” lasciò cadere il silenzio per trovare le parole giuste, evitando
qualche mancamento di rispetto. “Tom ha un brutto carattere, ma aggredisce a
parole, non a coltellate…”
“Il tuo
attaccamento a quel ragazzo non ti basta per scagionarlo, agente Schneider…”
ribatté il direttore.
“L’hanno
drogato…” iniziò Andreas. “Quando è arrivato da suo fratello era confuso e stava
in piedi a stento… poteva ricordare solo di essere stato in discoteca…” spiegò.
Il direttore
tornò a sfogliare i dati del caso e il capo lo fissava colpito da come il
discorso si sarebbe potuto evolvere.
“Dall’analisi
non risulta che avesse assunto alcool o droghe…” lo interruppe il direttore.
“Ma sono
state fatte troppo tardi! Il suo corpo aveva già metabolizzato…” obbiettò
l’amico.
“E se è così
di chi è la colpa?” replicò il direttore.
“Mia. Avrei
dovuto portarlo subito…”
“Però non
l’hai fatto! Sono stati l’agente Stein e l’agente Schwarz a trovarlo!” urlò il
direttore. “Con quello che hai fatto, o meglio… con quello che non hai fatto, tu
non hai di certo aiutato il tuo amico, ma hai minato l’integrità della omicidi!”
“Mi scusi,
direttore, per non aver posto l’integrità della omicidi davanti al mio amico!”
urlò Andreas, alzandosi dalla sedia e togliendosi il distintivo e la pistola,
per poi buttarli sul tavolo davanti al direttore. “Ora non potrà più accadere!”
uscì e sbatté la porta dietro di lui.
“Schneider!”
lo chiamò il capo per le scale. “Ehi!”
L'agente fece finta di
non sentirlo e continuò a scendere.
“Non cerchi di farmi cambiare idea…” iniziò Andreas, ma venne interrotto dal
solito scappellotto del capo che aveva
corso per raggiungerlo.
“Non farti
più manipolare da nessuno in questa maniera!” lo ammonì il capo, quasi
minacciandolo. “Nemmeno dal direttore!”
Andreas
sgranò gli occhi. “Lui voleva che mi dimettessi?” chiese incredulo.
“Certo. Lui
ha il compito di proteggere la omicidi…” disse l’agente Wolf, dirigendosi
nell’ufficio. “Siediti!” ordinò indicandogli con il dito una scrivania.
“Cosa è
successo?” chiese Bill, togliendosi le cuffie dagli orecchi.
“Capo, non
crederà che…” ribatté il biondo, senza prestare attenzione al suo amico, che era
rimasto tutto il tempo del colloquio ad aspettarlo nell’ufficio.
“Sta seduto
qui finché non ritorno!” lo interruppe il capo, buttando il suo distintivo e la
pistola sulla scrivania.
“Non crederà
che Tom…” cercò di farsi valere, seguendo gli ordini del capo.
“Tom cosa?”
chiese nuovamente Bill, alzandosi da una sedia dietro la scrivania ed
avvicinandosi al suo amico.
“Non lo so,
Schneider!” urlò. “Lo saprò dopo averlo interrogato…” concluse più calmo.
“Posso
assistere?” chiesero all’unisono i due ragazzi.
“No!”
“Dalla camera
di osservazione!” propose Andreas.
“No!”
L’agente
Schneider sbuffò. “E cosa faccio seduto qui?”
Il capo prese
un blocco e una penna e glieli mise sotto il naso. “Tieni… fai un bel disegno…”
e se ne andò.
Il biondo
sbuffò ancora una volta. “Che palle…”
Bill,
irritato per la mancanza di attenzione da parte loro, batté le mani sulla
scrivania del suo amico, che si ricordò solo ora della presenza del moro. “Ora
mi spieghi cosa è successo, chiaro?”
Tom stava
seduto, immobile a fissare il vuoto sopra il tavolo davanti a lui.
Era stato
portato nella stanza degli interrogatori. Non c’era nulla intorno. Solo lui, un
tavolo e due sedie.
Le pareti
erano vuote e quel colore lugubre di cui erano intrise rendeva la situazione
ancora più cupa.
Tom alzò lo
sguardo davanti a lui, fissando il grande specchio, dietro al quale stavano
aspettando l’arrivo del capo l’agente Stein e l’agente Schwarz.
Improvvisamente la porta si aprì e Tom guardò l’uomo appena entrato.
L’agente Wolf
girò intorno al tavolo, sedendosi poi sulla sedia di fronte al rasta.
“Parlami
della discoteca…” ordinò.
“Musica,
luci, ragazze e birra…” rispose semplicemente, ma con tono di arroganza.
“Parlami,
allora, delle persone… ” sospirò il capo, capendo all’istante il tipo di ragazzo
che aveva davanti. Della peggio specie… pensò. Gli idioti.
“Ragazze… e
ragazzi…” rispose con lo stesso tono, incrociando le braccia sul petto e
iniziando a dondolarsi sulla sedia.
“C’era anche
la vittima tra queste ragazze?”
Capire che
per ‘vittima’, il capo intendeva Kornelia, gli procurò una fitta al petto.
“Sì… c’era
anche Kornelia…” sputò veleno, sottolineando il nome della ragazza,
smettendo di dondolarsi.
Non osare
chiamare così Kornelia!
Biascicò dentro di sé. Non riusciva ancora a credere che fosse morta. No. Non
Kornelia!
“E oltre a
lei?” riprese il capo.
“Altre
ragazze…”
“Oltre alle
ragazze?”
“Già detto…
altri ragazzi…”
“Conosci
questi altri ragazzi?”
“No… solo di
vista…”
“Descrivimi
solo quelli che vedevi più spesso…”
“Perché?”
chiese il ragazzo, con tutta l’intensione di irritarlo.
“Le domande
le faccio io… rispondi.” ordinò duro l’agente.
“Il paramecio
palestrato…” roteò gli occhi e nel nominarlo ricordò quanto stesse sempre troppo
vicino a Kornelia.
“Werner… chi
altro?”
“Il suo
inseparabile amico…”
“Descrivimelo…”
“Capelli
scuri, occhiaie da far invidia ad un cadavere…” subito si morse un labbro
pensando che ora anche lei era solo un corpo senza vita. Gli venne un
groppo in gola. Deglutì e respirò profondamente. “Occhi incavati, scuri… la
corporatura è simile a quella del paramecio… e lo stesso il cervello…”
“Perché?”
“Perché era
sempre a scatenare qualche rissa…”
“Che altro
sai di questo tizio?”
“Dell’ameba
cerebrolesa?” chiese conferma Tom, che ormai conosceva quei tizi solo per gli
stupidi e offensivi nomignoli che aveva affibbiato loro. Tutto questo dimostrava
quanta stima avesse dei due tipi.
Daphne rise
da dietro il vetro, seguita da Adam.
Tom alzò le
spalle. “Che stava con una ragazza troppo… focosa per un tipo idiota come
lui…”
Il capo alzò
un sopracciglio.
“Sì… anche
lei è stata con me, ma un po’ tempo prima di incontrare Kornelia…”
Calò il
silenzio per qualche minuto.
Tom
continuava a guardarsi intorno, pronto a rispondere con il dovuto tono ad ogni
altra domanda dell’uomo seduto davanti a lui.
Il capo
invece stava riflettendo su ciò che avrebbe potuto fare. Era inutile continuare
su questa linea. Tom era il classico ragazzo che faceva tutto quello che voleva.
Il solito ragazzo strafottente, che non gli importava se infrangeva qualche
regola. Era un ragazzo che era capace di rendere l’esistenza del suo avversario
un inferno. Un ragazzo che pur di dimostrare qualcosa in cui credeva diventava
troppo testardo e arrogante, riuscendo a non farsi mettere i piedi in testa da
nessuno. E il capo lo sapeva. Anche lui era stato così da giovane.
Doveva,
quindi, trovare un modo per ingannarlo, per fargli abbassare le difese e
renderlo vulnerabile alle sue parole, in modo da constatare se fosse veramente
la verità ciò che Tom raccontava.
“Allora… che
facevi sotto la pioggia davanti a quel muro?” chiese, mettendo in atto il suo
perfido piano.
“Niente…
facevo graffiti…” rispose con tono piatto, tornando con lo sguardo sul capo.
“Graffiti?”
“Sì.. ha
presente quei disegni fatti con le bombolette spray?” spigò acido Tom.
“E perché non
sei rimasto a casa con tuo fratello e l’agente Schneider?” domandò l’uomo,
appoggiandosi allo schienale della sedia.
“Perché non
volevo più stare con loro…” rispose semplicemente, imitando l’agente.
“Perché?”
”Perché voi
della polizia non fate altro che fermarvi alle apparenze…” disse con disprezzo
Tom, portando i gomiti sul tavolo e avvicinandosi all’uomo.
“Perché pensi
questo della polizia?” chiese, avvicinandosi a sua volta al rasta.
“Perché tutti
voi pensate che io sia colpevole…” gli fece notare, facendo diventare gli occhi
due fessure.
“Questo non è
vero…” lo interruppe il capo.
“Oh… invece
sì!” ribadì.
“Andreas, per
esempio…”
“Andreas mi
ha ingannato! Mi ha fatto rinchiudere qua dentro!” urlò, battendo le mani sul
tavolo.
“Ascoltami
bene! Siamo riusciti ad arrivare a te senza Andreas!” ribatté a voce alta e
autoritaria.
“Ah sì? E
perché?” chiese sarcastico.
“Il tuo
cellulare era vicino al corpo della vittima…” spiegò l’agente Wolf.
Tom sgranò
gli occhi.
“E oltre a
ciò, sappi che Andreas si è dimesso a causa tua…”
Cosa? No!
“No… Andreas
tiene troppo al suo lavoro!” disse, cercando di non far tremare la voce. Lui non
poteva mostrarsi insicuro e vulnerabile, non sarebbe stato degno di lui.
“Evidentemente tiene maggiormente a te…” commentò.
No…
Tom si
sentiva colpevole per la scelta presa dall’amico. Perché mai si era dimesso?
Lui… lui che voleva portarlo dalla polizia… ma che in effetti alla fine non ha
mai fatto…
Perché ha
mollato tutto?
Tom aveva il
groppo in gola. Lui teneva esclusivamente a poche persone e tra loro c’era in
assoluto suo fratello, seguito da Andreas. Sapere che a causa sua queste persone
soffrivano, lo faceva soffrire maggiormente.
“Mi
dispiace…” disse con voce strozzata, abbassando lo sguardo sul tavolo.
“Smettila con
queste false scuse…” lo ammonì con tono piatto.
“Non sono
false…” ribatté Tom, portando lo guardo sull’uomo e fissandolo furente.
“Ma sono
finti i tuoi vuoti di memoria…” concluse.
“Ma non
ricordo davvero!” protestò Tom, alzando la voce.
L’agente non
disse nulla. Lo fissava intensamente e Tom sosteneva quello stesso sguardo.
L’agente
stava aspettando che parlasse, sapeva che avrebbe ceduto.
Alla fine Tom
si appoggiò allo schienale della sedia e sospirò. “Ricordo solo alcune immagini…
solo dei frammenti…”
“Ricostruiscili…” ordinò il capo.
“Che cazzo!
Se potessi, lo avrei già fatto!” urlò.
“O forse non
vuoi…”
“Lo voglio,
invece…”
“Se volessi
davvero, ricorderesti…”
Tom lo
guardava con disprezzo. Cosa dava a quell’uomo tutta quella sicurezza? Come
faceva a dire certe cose? Per tutto questo tempo lui non ha fatto altro che
cercare di ricordare… e ora questo tizio veniva a dirgli che non era vero?
Solo Bill
poteva sapere cosa veramente aveva passato lui in quel periodo. Solo suo
fratello poteva capire come si sentiva.
Perché allora
quell’agente voleva fargli credere che se voleva ricordare veramente lo avrebbe
fatto? Parlava come se lui ci fosse già passato, ma in verità nessuno, se non
Bill, poteva capire e sentire tutta la paura che Tom si teneva dentro.
“La paura di
ricordare fa dimenticare…” disse Wolf.
Tom non
sapeva cosa fare. Non era vero che lui non voleva ricordare, era solo che non ci
riusciva. Sentiva che la testa poteva esplodergli in qualunque momento.
Improvvisamente un’altra serie di immagini invase la sua mente.
La
discoteca…
Le birre
traboccanti di birra sul tavolo…
‘Tom!
Smettila!’
Un viso
spaventato…
Il viso di
lei…
‘Cosa vuoi
fare?’
Il suo
corpo che cade a terra…
Le mani
sporche di sangue…
Il
coltello tra le proprie mani…
‘No!’
Un grido…
Tom iniziò a
respirare velocemente.
Quello che
aveva appena ricordato aveva un solo significato.
“Io…” non
finì la frase. La voce gli tremava.
Quelle
immagini che aveva rivissuto così violentemente erano ancora davanti ai suoi
occhi.
“L’ho
pugnalata…” sussurrò con voce strozzata.
“L’ho
pugnalata!” urlò, nascondendo il viso tra le mani.
No! L’ho
pugnalata!
Voleva
urlare, piangere, sfogarsi.
Come era
arrivato ad uccidere Kornelia? Cosa diavolo era successo?
***
continua...
______________________________________________________________________________________________________________________________
ehilà!!!!!!
ciao a tutti!!!!!!!!!!!!!!!!!
e con questo capitolo come la
mettiamo????
se la voglia di uccidermi nel capitolo
precedente era tanta, ora come minimo vorreste avermi tra le mani e torturarmi
vero?????
spero di no...^^"
comunque... ho visto le numerosissime
recensioni.... grazieeeeeeeeeeeeee!!!!!!XDDDDDDDD
sono troppo felice che questa ff
piaccia tanto!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!XDDDDDD
quindi ora passo ai ringraziamenti...
un danke a:
Zizzy94, Lidiuz93,
loryherm, natalia, Valefantasy94, elena93, puffetta,
jess, V x V...DevilGirl...V x Vendetta, alice94 e tom ti
amo + della mia stexa vita.
oltre a loro, non mi dimentico
assolutamente di ringraziare tutti coloro che seppur non commentano leggono con
passione (forse..^^") questa ff...!!!!!!!
grazie!!!!!XDDD
cavolo!!!!!!!!! più di 50 recensioni
non me le aspettavo davvero!!!!!!!!!
continuate!!!!!! continuate a
commentare!!!!XDDD
e anche per questa volta sparisco....
chissà come andrà a finire la storia....
muahahahah!!!!!!! *me sadica* (non
troppo, però... dai..^^")
KUSSE!!!!!!!!
TSCHUSS!!!!!!
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Capitolo 9 *** Kapitel 9 ***
IMPORTANTE
IMPORTANTE:
I Tokio Hotel non mi appartengono e questa storia è stata scritta
senza alcuno scopo di lucro e soprattutto avverto che è tutto frutto della mia
fantasia…
Aggiungo dicendo che con questo mio scritto non intendo dare
rappresentazione veritiera del loro carattere.
Twisted Brother
Kapitel 9
“Schneider!” Hanna
irruppe nell’ufficio, facendo sbattere la porta e trasalire i due amici per lo
spavento.
“Cosa c’è Hanna?” chiese
Andreas ricomponendosi.
“Cazzo! Mi hai fatto
perdere venti anni di vita!” commentò Bill, alzandosi dalla sedia e portandosi
una mano sul petto.
“Scusate… ma quello che
ho scoperto è troppo importante!” annunciò con il sorriso sulle labbra.
“E allora dicci subito
cosa!” disse il biondo, fremendo per sapere le novità.
“Prima rispondimi… qual
è la pizza preferita del tuo amico?”
“Ehm.. Bill?”
“Di solito prende quella
con mozzarella, funghi e prosciutto cotto… perché?”
“Ah! Lo sapevo!” sorrise
beffarda la donna.
“E allora perché me
l’hai chiesto, scusa?” commentò Bill, spostando il suo peso da una gamba
all’altra e alzando un sopracciglio.
“Per sicurezza…”
“Hanna… cosa hai
scoperto?” chiese impaziente Andreas.
“L’hanno drogato!”
iniziò a saltellare.
Bill sgranò gli occhi.
“Davvero?”
Allora Tom è
innocente!
“Dov’è Wolf?” chiese
Hanna elettrizzata, senza considerare la domanda del moro.
“Sala interrogatori…”
rispose prontamente l’agente.
“Bene… va a chiamarlo e
portalo da me!” e corse via, con tutta la confusione con cui era arrivata.
“Bill, vieni con me…”
ordinò Andreas.
I due ragazzi scesero le
scale correndo e Bill rischiò di inciampare più volte, ma alla fine arrivarono
davanti alla sala d’osservazione.
Il biondo spalancò la
porta.
“Hanna ha belle notizie!
Cioè.. non belle notizie… brutte notizie… ma ora almeno sappiamo perché Tom non
ricorda…”
“Cosa ha fatto
quell’uomo a mio fratello?” lo interruppe Bill, che si era attaccato al vetro,
preoccupato.
Tom era seduto sulla
sedia, con le mani sul viso. Stava respirando a fatica e la strana luce, che
illuminava la sala interrogatori, fece brillare due piccole gocce sulle sue
guance.
“Niente… lui ha appena
ammesso di aver pugnalato Kornelia Berger…” spiegò Adam cupo.
Schneider corse verso la
porta, seguito dal moro, per entrare improvvisamente nella sala accanto.
“Tom non sa quello che
dice!” urlò.
“Schneider…” lo ammonì
il capo.
“Capo, è stato drogato!
Hanna ha le prove!” lo informò Andreas.
Il capo fissò il biondo
per qualche istante, poi si alzò e si diresse verso la porta.
“Te resta con tuo
fratello…” ordinò a Bill. “E te vieni con me…”
Andreas seguì l’agente
Wolf fuori dalla stanza.
“Tom…” sussurrò dolce il
moro, avvicinandosi e inginocchiandosi vicino a suo fratello.
“… Bill… mi ricordo il
coltello…” disse con voce strozzata, asciugandosi le lacrime dal viso. “Mi
ricordo Kornelia stesa lì, davanti a me…”
“No, Tom… tranquillo… te
non hai ucciso nessuno…”
“… Bill…” mugolò il
rasta.
I due si abbracciarono.
Un abbraccio fraterno dei più profondi.
Tom, sono qui…
tranquillo… non hai ucciso nessuno…
Bill... cosa mi è
successo? Non so più cosa fare…
L’abbraccio di Bill
riusciva a trasmettere forza a suo fratello. Gli dava coraggio. Riusciva a
calmarlo. Anche da bambini era così. Le uniche volte che Tom aveva pianto, era
stato calmato dal dolce abbraccio di suo fratello e ora, anche se sono
cresciuti, quell’abbraccio aveva conservato ancora tutto quel suo immenso
potere.
“Stavo ricontrollando
tutti gli elementi di prova…” annunciò Hanna, mostrando un tavolo sormontato da
oggetti di ogni genere agli agenti che erano scesi nel suo laboratorio. “…
insomma, tutti quelli provenienti dalla scena del crimine e dall’interno del
taxi e mi sono accorta che il tappetino ha uno strano odore…”
Adam prese il tappetino
e l’annusò, per poi emettere un verso di disgusto.
“È l’odore di un
prodotto per pulire il vomito…” spiegò la donna della scientifica.
“Oddio…” mugolò Adam,
che alla notizia stava per dare di stomaco.
“Quindi l'ho analizzato
di nuovo e ho trovato qualche residuo…” disse, dirigendosi verso lo schermo del
computer alle sue spalle. “L’ho messo nello spettrometro di massa e ho trovato
tracce di quella che, a sentire l’amico di Schneider, è la pizza preferita del
rastone: funghi, prosciutto cotto, mozzarella…”
“Che schifo!” commentò
Daphne, ricordando a tutti quanto potesse odiare i funghi.
“Quindi Tom ha vomitato
nel taxi...” commentò Andreas.
“Esattamente…” confermò
Hanna. “Ma oltre alla pizza ho trovato anche tracce di GHB, ovvero acido
gamma-idrossibutirrico, normalmente chiamato Scoop…”
“Aspetta…
vuoi dire che qualcuno voleva violentare Tom?” chiese Andreas, perplesso.
Daphne si
lasciò sfuggire una risata sarcastica.
“Non credo…
penso che abbiano usato il GHB solo per le sue caratteristiche… infatti questa
sostanza causa la perdita di coscienza e fa svanire il ricordo di ciò che è
accaduto… Non risultava nell’analisi delle urine perché viene metabolizzato
subito…” spiegò la donna della scientifica.
“Hanna, arriva al
punto…” la interruppe l’agente Schneider nervoso.
“Ok… dai livelli di GHB
sono stata in grado di risalire ai tempi di esposizione...”
“Quindi?” domandò
impaziente l’agente Wolf.
“È stato drogato quando
era al pub…” rivelò la donna.
“Ma certo! Come abbiamo
fatto a non pensarci prima! Eravamo così concentrati con le birre della
discoteca che non abbiamo pensato al pub dove ha preso la pizza!” pensò ad alta
voce Andreas.
“Anche se ti tenevi per
te questo commento, lo avremmo capito da soli…” gli fece notare Daphne.
Il biondo sbuffò.
“Stein…”
“Telecamere sorveglianza
pub…” finì la frase Adam.
“Schwarz…”
“Nome di cuochi,
inservienti e di chiunque fosse di turno…” concluse lei.
Entrambi gli agenti
uscirono dalla stanza per affrontare i compiti a loro commissionati dal capo.
“Ottimo lavoro, Hanna…”
la salutò il capo, sorridendo beffardo.
Quella matassa
ingarbugliata si stava sciogliendo e la soluzione del caso era sempre più
vicina.
Tom sarebbe stato
scagionato.
“Voglio Tom da quando
entra a quando se ne va da questo pub…” ordinò Wolf.
“Subito, capo…” l’agente
Stein era dietro una scrivania, pronto ad eseguire qualsiasi ordine riguardante
la registrazione delle telecamere di sicurezza, che era riuscito a recuperare in
sole quattro ore.
“Stein, isola il suo
tavolo…”
Sul grande schermo alla
parete si visualizzò la registrazione, subito ingrandita intorno al tavolo di
Tom.
Dalla registrazione gli
agenti videro Tom alzarsi e lasciare il tavolo, per poi tornarci una decina di
minuti dopo.
“Stein, ingrandisci e
guarda dove è andato…”
Adam eseguì l’ordine.
“Sono andato in bagno…”
rispose Tom, alle spalle del capo.
L’agente si girò e vide
che entrambi i gemelli Kaulitz erano seduti su delle sedie in un angolo della
stanza.
“Invece di guardare dove
vado, non dovreste controllare il cibo? A quanto ho capito mi hanno drogato in
quel pub…” fece notare il rasta.
“Sì… Stein, evidenzia il
tavolo…”
Adam digitò qualcosa
sulla tastiera, riportando la visione come prima.
Sullo schermo, proprio
quando Tom era assente, apparve una figura maschile che si avvicinò al tavolo,
guardandosi intorno. Si chinò sulla pizza mezza mangiucchiata del rasta e se ne
andò via, lasciando ben intravedere il suo viso.
“Ma quello…” sussurrò
Tom, sgranando gli occhi e alzandosi dalla sedia, avvicinarsi allo schermo per
essere sicuro di aver visto bene.
“Lo conosci?” chiese il
capo.
“Sì… è l’inseparabile
amico del paramecio palestrato…”
“Paramecio palestrato?”
rise Daphne, ricordando i soprannomi. L’agente Wolf la guardò male. “Ok.. mi
scusi, capo…” disse tossendo e distogliendo lo sguardo da lui.
“Bene… Stein,
Schwarz…” ordinò l’agente.
“Sì, capo…” i due
presero i rispettivi giacchetti e seguirono il capo, diretti all’appartamento di
Kurt Werner, per cercare informazioni sul suo amico.
“Andiamo anche noi…”
disse Tom. Il suo tono permetteva solo una risposta affermativa.
“Ovvio…” rispose Bill.
“Dovrei essere io a
dirlo… comunque…” tossì Andreas per farglielo presente.
I gemelli lo guardarono
con lo stesso sguardo. “Allora?” lo spronarono all’unisono.
“Ovvio! Andiamo!” e con
il giacchetto sotto braccio uscì dall’ufficio, seguito da Tom e Bill.
***
continua...
______________________________________________________________________________________________________________________________
hallo!!!!!!!!!
sono i ritardo con l'aggiornamento...
lo so.... scusate davvero tanto....V_V...
spero che il capitolo mi faccia in
parte scontare la pena del ritardo..^^"
allora...? che ne dite??
il caso sta per chiudersi.... il
prossimo sarà l'ultimo capitolo, e proprio perché sarà l'ultimo ci sarà la
spiegazione di tutto...
ps: non so se l'avete notato
anche voi... ma ho fatto un errore nel capitolo 7, scrivendo che l'agente
Schwarz sarebbe andata a cena... perdonate il mio errore.... non poteva essere
cena, visto che erano ancora le prime ore del pomeriggio... quindi mi scuso...
dicendo che stava semplicemente andando a casa a riposarsi... V_V... scusate
nuovamente l'orribile errore....V_V...
dopo questa interruzione passo ai
ringraziamenti....
DANKE a: Lidiuz93,
_PuCiA_ (grazie davvero dei complimenti!!!XDDD), Gufo, jess,
Pikkola Rin (eheh..^^"... scusa il ritardo... come vedi però ora
si è chiarito qualcosa...^^), loryherm, smokeygirl, puffetta,
Zizzy94, V x V...DevilGirl...V x Vendetta
via... ora me ne rivado via...
sperando di tornare presto per l'ultimo capitolo...^^
grazie a tutti coloro che hanno letto
la ff fino a questo capitolo!!!!! e mi raccomando... continuate a commentare
numerosi!!!!XDDDDD
KUSSE!!!!!
TSCHUSS!!!!!
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Capitolo 10 *** Kapitel 10 ***
IMPORTANTE
IMPORTANTE:
I Tokio Hotel non mi appartengono e questa storia è stata scritta
senza alcuno scopo di lucro e soprattutto avverto che è tutto frutto della mia
fantasia…
Aggiungo dicendo che con questo mio scritto non intendo dare
rappresentazione veritiera del loro carattere.
Twisted Brother
Kapitel 10
La mano batteva
incessantemente sul legno.
“Porca puttana! Apri
questa maledetta porta!” ruggì Tom.
“Calmati, ragazzo…” lo
ammonì il capo, spostandolo bruscamente.
“Agenti della omicidi…
se non apri immediatamente questa porta, dovrò procurarmi un mandato…” urlò
l’agente Wolf.
Nessuna risposta.
“Stein…” ordinò il capo.
“Sì, capo… vado a
chiedere un mandato…” concluse la frase, girandosi per andarsene, ma proprio in
quel momento la porta si aprì e apparve Kurt Werner.
“Meglio tardi che mai…”
sospirò Daphne.
“Scusate… ma come potete
vedere ero sotto la doccia…” spiegò, indicandosi i capelli ancora bagnati. “Mi
sono dovuto vestire velocemente… Ma prego, entrate…”
Le sei persone entrarono
nella piccola sala.
“Viktor! Certo che
potevi anche venire ad aprire te!” urlò il ragazzo, rivolto a qualcuno nella
stanza alle sue spalle.
“Chi è Viktor?” chiese
Wolf.
“Il mio coinquilino…
dividiamo appartamento e spese… non lo farei con chiunque, ma io, lui e Kornelia
eravamo amici fin da piccoli… quindi…” e fece accomodare gli ospiti sul divano,
ma nessuno si sedette.
“Potrei parlare con
questo tuo amico?” chiese il capo aggirandosi per la stanza in cerca di
qualcosa.
“Certo…” Werner si
diresse verso una porta chiusa e bussò. “Viktor… quelli della polizia vogliono
parlare con te…”
L’unica risposta che
ottenne fu uno strano rumore.
“Viktor!” bussò
nuovamente alla porta.
“Stein!” urlò il capo.
“Vado!” Adam uscì
correndo dalla stanza, mentre l’agente Wolf con una spallata, aprì la porta.
La stanza era vuota. Non
c’era nessun Viktor là dentro. L’unica cosa che notarono fu la finestra aperta,
prova che l’intuizione dei due agenti era corretta. Era scappato.
“Vado anch’io!” ringhiò
Tom, seguendo l’agente Stein fuori dall’appartamento.
“Aspetta, Tom!” cercò di
fermarlo Bill, ma il fratello non lo ascoltò.
“Certo che questo tizio
ha proprio la coda di paglia… fuggire dal secondo piano di un palazzo… che
coraggio…” commentò sarcastica Daphne. “Sperò si sia rotto almeno una gamba…”
aggiunse sorridendo sadica.
Tom, al fianco di Adam,
stava correndo più forte che poteva e per la prima volta maledì i suoi abiti
troppo larghi, perché non gli permettevano di aumentare troppo la velocità.
Dove cazzo si è
cacciato quel verme?
“Tom, seguimi!” ordinò
l’agente.
“Perché dovrei fare
quello che dici te?” ribatté Tom, che odiava le persone che gli impongono di
fare qualcosa.
“Perché credo di sapere
dove sia andato!” rispose.
“E come lo sai? Potrebbe
essere dappertutto!”
“Senti… dopo aver
passato dieci anni nella squadra omicidi, credi che non sappia cosa gira nella
testa ad un criminale?”
“Esatto!”
“Allora fa come diavolo
ti pare!” concluse l’agente svoltando a sinistra.
Tom lo seguì, non tanto
perché voleva sottostare agli ordini di quel tipo, quanto perché in effetti lui
aveva ragione.
Infatti, a qualche metro
di distanza i due inseguitori videro un individuo stava correndo come un pazzo
tra la folla della piazza davanti a loro.
“È lui!” gridò Stein.
Tom accelerò,
sorprendendosi di poter correre ancora più veloce di quanto stesse già facendo.
“Fermati, stronzo!” urlava furioso.
Ma quella persona non
accennava minimamente a rallentare.
L’uomo era esausto, lo
potevano capire da come correva, dal momento che non riusciva più ad evitare le
persone che si trovava davanti. Anche Tom e l’agente erano stanchi, ma
continuarono a correre imperterriti.
Improvvisamente l’uomo
urtò una donna. Entrambi caddero per terra e il rasta ne approfittò per
raggiungerlo definitivamente. Con un ultimo scatto, riuscì a bloccargli un
braccio, quando stava cercando di alzarsi e riprendere a correre, mentre
l’agente aiutò la signora per terra.
“Stronzo!” gli gridò
Tom, girandogli il braccio in modo da impedirgli qualche brusco e improvviso
movimento, evitando quindi che si liberasse.
“Ben fatto…” si
congratulò l’agente, che aveva solo ora raggiunto Tom e Viktor. Tirò fuori le
manette e gli bloccò le mani dietro la schiena.
“Tom, tienilo…” disse.
“Che palle.. ancora
ordini… ma chi ti credi di essere?” protestò, eseguendo l’ordine.
Adam sbuffò e tirò fuori
dalla tasca il cellulare. “Capo, siamo riusciti a prenderlo… sì… va bene…” e
chiuse la chiamata.
“Allora? Che dobbiamo
fare con questo idiota?” chiese il rasta.
“Dobbiamo aspettare qui…
vengono loro… mi ha detto anche che è arrivata una chiamata dalla centrale…”
rispose. “Ah… se tu non l’avessi capito…” l’agente mostrò il distintivo al
prigioniero. “Omicidi…”
L’uomo ci sputò sopra e
lo guardò minaccioso.
Stein fece una smorfia
di disgusto, pulendo il distintivo agli abiti di Viktor. “… colpevole anche di
oltraggio a pubblico ufficiale…” commentò.
Poco dopo arrivò nella
piazza una macchina della polizia, da cui scese il capo, seguito dall’agente
Schwarz, Andreas, Bill e il paramecio palestrato.
Adam consegnò il
prigioniero al capo.
Tom, sentendosi libero
dal suo incarico di controllare ogni movimento di quel tizio, si sistemò davanti
a lui con aria minacciosa. “Credo tu sappia chi sono, vero?”
Viktor non rispose.
Tom gli tirò un pugno
sul viso. “Questo è per qualunque strana sostanza tu mi abbia messo nella
pizza…”
Poi caricò un secondo
pugno, che ovviamente andò a segno. “Questo per tutto quello che mi hai fatto
passare…”
Tom stava per colpirlo
ancora una volta, mettendoci il massimo della forza che potesse avere in corpo,
ma suo fratello intervenne e lo fermò. “E il pugno che non sono riuscito a
rifilarti è per Kornelia!” ruggì.
“Viktor?” chiese confuso
Kurt.
“Non è vero! Io non ho
fatto niente!” si difese lui.
“Abbiamo visto quello
che hai fatto in quel pub…” disse Andreas.
“Hai messo il GHB nella
pizza di Tom…” concluse Daphne.
“Senza contare che sei
scappato…” intervenne Bill.
“Inoltre abbiamo
scoperto che hai corrotto una guardia della discoteca…” aggiunse Schneider.
“Cosa? Hai ucciso tu
Kornelia?” domandò Kurt, che ormai sapeva già la risposta.
“No! Volevo servirmi di
quella guardia per vendicarmi di questo stronzo! Mi ha rubato la ragazza! Stavo
con lei da due mesi e in una sera tutto il nostro rapporto è andato a puttane!”
urlò, provando a colpire Tom con un calcio, che venne abilmente schivato.
“Perché hai ucciso
Kornelia?” gridò Tom, fissandolo minacciosamente negli occhi, non potendo più
colpirlo in alcun modo.
“Quella sgualdrina si è
messa di mezzo quando ti ha visto litigare con la guardia! Aveva visto troppo!”
Il rasta sgranò gli
occhi. Tutto ciò che non riusciva a ricordarsi, gli apparve davanti agli occhi
in tutta la crudeltà e la sofferenza che quei ricordi portavano con sé.
La discoteca…
‘Ehi, Tom… un altro
giro!’ urlava un ragazzo vicino a lui, alzando un bicchiere.
‘Mi dispiace… ma devo
andarmene… sarà per un’altra volta…’e si alzò dal divano, posando il bicchiere
che aveva in mano sul tavolo davanti a lui.
Mentre si dirigeva
verso l’uscita, qualcuno lo fermò prendendolo per la spalla e facendolo voltare.
‘Cerchi rogne?’
sibilò Tom.
‘No… sei te che
cerchi rogne…’ gli rispose con lo stesso tono un tizio grosso il doppio di lui.
‘Io? Ma figuriamoci…
comunque se hai qualcosa contro di me fammelo sapere… addio…’ e si liberò dalla
presa dell’uomo.
‘Bene… allora apri
bene le orecchie…’ ribatté l’uomo prendendolo per la maglia e trascinandolo
fuori dalla porta di servizio.
‘Che cazzo vuoi
fare?’ urlò il rasta.
‘Farti pagare
l’entrata… non sono ammessi clandestini qua dentro…’ rispose.
‘Guarda che l’ho già
pagata…’
‘Dal registro non
risulta…’
‘Ricontrollalo,
allora! E lasciami!’ protestò, riuscendo ad allontanarsi da quell’enorme
individuo con uno strattone, che lo fece barcollare sull’asfalto umido della
sera.
‘Già fatto… e te non
sei in regola… paga, altrimenti non torni a casa tutto intero…’ minacciò l’uomo.
‘Provaci soltanto…’
sfidò Tom.
L’uomo si avvicinò e
lo riprese per la maglietta, sollevando il rasta da terra.
‘Cosa succede?’
chiese una voce timorosa.
‘Kornelia..?’ chiese
Tom, sorpreso di vederla in un momento come quello.
‘Tom…’
‘E te che vuoi? Sei
venuta per salvare questo finocchio?’ ringhiò contro la ragazza quell’uomo.
‘Lasciala stare…’
minacciò Tom.
‘Poverino… la tua
ragazza che ti vede mentre te la fai addosso…’ e rise goffamente.
Tom era furioso.
Si liberò dalla
morsa dell’uomo e lo colpì con un pugno sul viso.
‘Questo ti costerà
caro…’ sibilò l’uomo, portandosi una mano sullo zigomo sanguinante.
L’enorme essere
caricò un pugno per vendicarsi, ma Kornelia si mise tra i due, incassando il
colpo.
La ragazza cadde a
terra.
‘Kornelia!’ urlò Tom,
correndo verso di lei per aiutarla.
La guardò negli
occhi. Era spaventata. Aveva paura. Il sangue usciva dalle sue labbra carnose
abbondantemente.
‘Puttana! Non ti
mettere in mezzo!’ le urlò contro quell’uomo.
‘Non ti azzardare più
a chiamarla così!’ gridò Tom, facendo incassare un altro pugno al suo
avversario.
‘Tom! No! No!’
supplicava la ragazza, ma il rasta non la voleva sentire. Doveva fargliela
pagare a quel mostro. Colpire una ragazza era inammissibile. Colpire Kornelia
era inconcepibile!
La ragazza si alzò e
si aggrappò alla maglia del ragazzo. ‘Tom! Ti prego! Smettila!’ piangeva.
L’uomo intanto, subì
il colpo con tutti gli interessi per ciò che aveva fatto alla ragazza, e cadde a
terra.
Tom si girò verso di
lei e le prese il viso tra le mani. ‘Kornelia, vattene immediatamente da qui…’
le ordinò.
Lei non gli rispose.
Piangeva spaventata. I suoi grandi occhi azzurri erano coperti da un velo di
lacrime. I lunghi capelli biondi erano arruffati. La candida pelle del viso era
macchiata dal suo sangue.
Tutto questo era
ingiustificabile.
Tom la prese per mano
e iniziò a correre per portarla lontana da quell’uomo, ma venne trattenuto per
un braccio.
‘Kornelia, tu
continua a correre!’ le urlò, ma lei si fermò con lui, spaventata.
Tom si voltò,
pensando di ritrovarsi di nuovo faccia a faccia con il gorilla, ma al suo posto
trovò qualcun’altro. Qualcuno di familiare, ma che non riuscì ad identificare.
Quell’uomo tirò
lentamente fuori dalla tasca un coltello, senza farsi vedere dalla sua preda..
‘Tom! Attento!’ gridò
piangendo la ragazza, che si era accorta delle sue intensioni.
Tom si girò verso di
lei, spaventato dal tono della voce di Kornelia, per poi tornare a guardare
quell’individuo. Aveva il braccio alzato, pronto a colpire con il coltello. Tom
chiuse gli occhi istintivamente.
Un colpo.
Tom cadde per terra.
Buio.
Gli parve di sentire
qualcosa di freddo tra le mani. Poi sentì come se qualcuno gli stesse frugando
nelle tasche, ma non riuscendo a capire bene, non gli diede importanza.
Buio.
Tom aprì gli occhi
dopo un tempo indeterminato.
Era stato colpito?
Non riusciva a capirlo.
Cercò di alzarsi e
quando ci riuscì vide un corpo steso per terra, vicino a lui.
I lunghi capelli
biondi cadevano disordinati sull’umida strada, coprendo il volto della ragazza.
‘Kornelia!’ urlò
disperato Tom, avvicinandosi a lei. ‘Kornelia apri gli occhi, ti prego!’
La prese tra le
braccia, cullandola, sperando di vedere ancora quell’intenso sguardo che era
riuscito a farlo innamorare di lei. La abbracciò, stringendola forte a sé.
Sentiva il corpo
della ragazza sempre più freddo.
Le lacrime
cominciarono a rigargli il viso. ‘Kornelia… ti supplico… apri gli occhi e
guardami… non lasciarmi! Kornelia!’ piangeva.
Una flebile luce di
speranza si accese, quando lei aprì gli occhi.
‘Tom…’ sussurrò lei,
cercando di sorridere.
‘Kornelia!’esclamò,
felice di sentirla ancora parlare. Ma parlando lei avrebbe consumato troppe
energie. ‘Kornelia… non parlare…’
‘No, Tom… voglio che
tu sappia…’ mormorò lei, tremando.
‘Cosa?’ chiese
titubante.
‘Tom… ti amo… non sai
nemmeno quanto…’ strinse i denti gemendo. ‘Quei tuoi messaggi, anche se
minacciosi, mi facevano credere che forse potevo essere importante per te… ma
tra noi so che non poteva esserci niente…’ chiuse gli occhi, respirando
affannosamente. ‘So di essere stata solo una tra le tante… per questo ho deciso
di stare con Kurt…’ confessò, con voce strozzata e affaticata. ‘… ti prego…
digli che mi dispiace… non potrò passare il resto della mia vita con lui…’
‘Kornelia… glielo
potrai dire tu stessa… ma ascolta… anch’io…’ sussurrò Tom, tremando a sua volta.
‘… Tom… ricorda che…
ti amo…’ la ragazza portò la sua fredda mano sul viso di lui, seguendone i
delicati lineamenti. Poi i suoi occhi azzurri si chiusero, facendo scorrere
un’ultima lacrima sul suo candido viso e la sua mano scivolò pesante verso il
basso, privata di ogni forza.
‘Kornelia!’ la
chiamò, ma lei non rispose. ‘Kornelia!’ pianse.
La allontanò
leggermente da sé. La guardò attentamente, anche se le lacrime non gli
permettevano di vederla in tutto il suo splendore. Le scostò i capelli dal viso
e le pulì le macchie di sangue.
Sì avvicinò a lei,
voleva sentire il suo respiro, il suo odore, ma l’unica cosa che riuscì a
sentire era l’odore del sangue. Il suo leggero e dolce respiro si era dissolto
nella fredda aria di quella sera.
Tom piangeva.
Seguì con lo sguardo
il suo corpo, quel corpo che gli aveva donato piacere, quel corpo che aveva
amato.
Il suo sguardo venne
catturato da qualcosa che brillava nella sua mano.
Si girò leggermente
verso quell’oggetto.
Un coltello.
Quello era il
coltello di quell’uomo. Cosa ci faceva Tom con il coltello di quell’uomo in
mano?.
Era sporco di sangue.
Del sangue di lei. Del sangue di Kornelia.
Tornò a guardare la
ragazza, i cui vestiti si stavano tingendo di un rosso scarlatto.
Lei l’aveva salvato.
‘Kornelia!’ urlò Tom
disperato, abbracciando nuovamente la ragazza.
Poi…
Buio.
“Stronzo!” urlò Tom,
cercando di dare un altro pugno a Viktor, ma Bill lo fermò per la seconda volta.
“Bill! Lasciami!” ruggì il fratello.
Il moro lo guardò
triste, ma non lasciò la presa.
“È stata la guardia a
pugnalarla! Non io!” cercò di difendersi.
“Non raccontare
cazzate!” gli urlò contro Andreas. “Mi hanno informato quelli della centrale che
quella guardia è venuta in centrale per denunciare Tom per come gli aveva
conciato la faccia… e oltre a questo ha dichiarato di aver assistito ad un
omicidio, in cui tu hai ucciso quella ragazza!”
“Non è vero!”
“Certo che è vero! Tu
poi hai messo il coltello in mano a Tom e gli hai preso il cellulare mentre era
svenuto a terra!” ribatté l’agente Schwarz.
“Non è vero! Vuole
incastrarmi!” gridò Viktor.
“Quell’uomo ha assistito
a tutto! È stato solo troppo codardo per non averci informato prima!” concluse
Adam.
“Ha il diritto di
rimanere in silenzio…” intervenne l’agente Wolf, trascinando Viktor dentro la
macchina.
Tom si avvicinò a Kurt.
“Mi dispiace…” disse triste. “Kornelia ti amava… ti amava moltissimo…”
“Come lo sai?” chiese,
sconvolto per tutto l’accaduto.
“Lo so perché me lo ha
detto…” rispose. “Prima che ci lasciasse, mi ha detto che aveva trovato in te
l’uomo della sua vita…” mentì Tom. “… e di chiederti scusa se non ha potuto
passare il resto della vita con te…”
Kurt non riuscì più a
trattenere le lacrime. Pianse. Pianse per la persona che amava. Pianse per la
ragazza più importante per lui. Pianse per Kornelia.
Tom gli posò una mano
sulla spalla. “Mi dispiace…”
Gli occhi del rasta
incontrarono quelli di Bill. Erano tristi, proprio come i suoi.
Si avvicinò al fratello,
che lo accolse in un caloroso abbraccio.
“… Bill…” sussurrò,
stringendosi a lui, avvolto dal dolore.
Bill non disse nulla,
tutto quello che gli voleva dire glielo faceva capire tramite quel contatto tra
di loro.
Tom pianse, si sfogò.
Bill lo sentiva tremare, non per il freddo, ma per il dolore, quel dolore che
anche Bill poté sentire dentro di sé, come se in quel momento fosse stato al
posto di suo fratello.
Cosa avrebbero fatto
ora? Tutto sarebbe rimasto come prima? Tom sarebbe tornato quello di sempre?
Sarebbe tornato ad essere il solito eterno bambino beffardo?
I giorni passarono senza
che nessuno della band sapesse cosa era veramente successo ai due ragazzi,
convinti che fossero veramente andati a trovare la madre malata, e la questione
di Kornelia non finì su nessun giornale, come avevano chiesto esplicitamente i
gemelli all’agente Wolf.
Nessuno si accorse del
cambiamento di Tom, perché lui per primo voleva che nessuno lo notasse, ma nella
notte, Bill lo sentiva piangere.
Tom non aveva ancora
superato la perdita di Kornelia, ne soffriva ancora molto. Lui amava Kornelia e
lo aveva capito solo una volta che lei se ne era andata. Soffriva per questo.
Avrebbe voluto farglielo sapere, ma ormai era troppo tardi. Lei non era più con
lui. Lei non c’era più per nessuno. Ora lei si era dissolta nell’aria, in
quell’aria fredda e pungente di quella sera. Quell’aria fredda e pungente che
Tom credeva di sentire ogni volta che pensava a lei.
Si ricordava delle notti
passate insieme a lei, ma le sue calde labbra, le sue calde mani, il suo caldo
corpo, ora era freddo. Così come era fredda l’ultima immagine che aveva di lei,
stesa sull’umida strada, senza più vita negli occhi.
Bill era l’unico in
grado di capire come potesse sentirsi Tom. L’unico in grado di aiutarlo.
Gli abbracci del
fratello gli infondevano coraggio e forza, e lui non poteva farne a meno. Da
quegli abbracci il moro capiva tutto ciò che Tom provava, perché loro erano come
una cosa sola.
Bastava un sussurrò per
chiarirsi.
Uno sguardo per
sorridere.
Un abbraccio per andare
avanti.
***
Ende
_______________________________________________________________________________________________________________________________
ecco a voi l'ultimo
capitolo....
scrivendolo non avete
idea di quanto abbia pianto... e a rileggerlo anche peggio!!! che sia
normale?... vabbè.. spero che mia fan fiction vi sia piaciuta...^^
via.. è arrivato il
momento di svelare il segreto...
l'idea di questa ff mi è
venuta ricordandomi di un episodio di NCIS... non so se lo conoscete... è
una serie di gialli (per tutto quello che dico.. no scopo di lucro...)...
l'episodio è 'una terribile sorella'...
come potete vedere... se
lo vedete... è pesantemente scopiazzato..^^"... ma non potevo non scrivere la ff!!!!
mi ha preso troppo!!!!
bè.. non so che altro
dire... se non GRAZIEEEEEEEEEEEEEE!!!!!!!!
ho visto le
recensioni!!!!
cavolo, sono
tantissime!!!!!!!
davvero grazie!!!!!! sono
super mega iper ultra (ecc...) felice che abbiate apprezzato..^^...
in particolare un
GRAZIE (oltre a ovviamente a tutti coloro che l'hanno letta...) a:
_PuCiA_
elena93
V x V...DevilGirl...V
x Vendetta
Lidiuz93
Pikkola Rin
puffetta
smokeygirl
jess
Barbycam
Valefantasy94
Gufo
loryherm
alice94
Zizzy94
come avete visto alla
fine non era nemmeno il 'paramecio palestrato' il colpevole... era il suo
'amichetto'... e poi che 'amichetto'...! va ad uccidere la sua ragazza!!!
(*********!!!!!)
comunque.. per rispondere
un po' a tutte... non sapete quanto dispiaccia pure a me che sia l'ultimo!!!! mi
ci ero affezionata a questa ff!!!! X°D
per Valefantasy94:
se scriverò altre storie di questo genere non lo so... casomai... mi venisse
un'altra ispirazione.. scopiazzo pesantemente qualcos'altro..^^"... se invece
cerchi altre mie ff già pubblicate o in corso... sono 'Du bist und warst und
wirst alles sein...' (la mia prima ff!!!! sono solo 4 capitoli.. ma mi piace
tanto rileggrmela ogni tanto...XDD.. è molto semplice come trama.. e c'entra
come sempre il mitico Tom!!XDDD)... e 'le apparenze ingannano...' (in
corso.. con aggiornamenti non troppo frequenti perché non l'ho ancora finita di
scrivere...^^"... anche questo è genere romantico e non giallo..)... ok.. mi
scuso per aver fatto pubblicità occulta....V_V... 'tschuldigung....
per _PuCiA_:
anch'io ho pensato a questa cosa dell'essere visto dall'altre persone nel pub..
ma nella mia mente Viktor è una sorta di 'capo'... uno che non viene mai
contraddetto... quindi non ha avuto troppi problemi a fare ciò che ha fatto...
anche se alla fine è stato beccato!
mi scuso comunque per non
aver descritto il carattere di questo personaggio e come agisce... che ad essere
sincera, l'idea mi attirava parecchio... ma tutto sommato non mi è sembrato
nemmeno il caso di dilungarmi troppo su di lui, quando invece erano i main
character che dovevano avere la mia più totale attenzione... anche se in effetti
una spiegazione sul pub poteva entrarci... ^^"
vabbè...
ora saluto tutti... e
chissà.. forse ci rivedremo per un'altra ff di questo genere... sennò... boh!
^^"...
KUSSE!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
TSCHUSS!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
XDDDD
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