Good times Bad times

di Grahammish
(/viewuser.php?uid=98882)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** PROLOGO- Ticket to ride ***
Capitolo 2: *** CAP.1: I've just seen a face. ***
Capitolo 3: *** CAP.2: Anytime at all. ***
Capitolo 4: *** CAP.3: Do you want to know a secret? ***
Capitolo 5: *** CAP.4: Let it be. ***
Capitolo 6: *** CAP.5: You've got to hide your love away ***



Capitolo 1
*** PROLOGO- Ticket to ride ***


La trama di questa storia nasce da un’idea di Little Bird_, che gentilmente me l’ha ceduta (in)consapevole di cosa le avrei fatto, dunque oltre che ringraziarla per avermi concesso l’idea base le chiedo scusa LoL.

PROLOGO- Ticket to ride

Poteva ricordare benissimo quel volto leggermente allungato con la mascella accentuata e maschia,
ma che nonostante questo possedeva una dolcezza virile donata dai lineamenti nordici.
I capelli che stavano ordinati, quel sorriso carismatico, quella voce, che sembrava subire una modellazione lungo il percorso che compiva fino alle labbra, leggermente carnose e davvero provocanti.

La ragazza scrollò il capo, mentre un sorriso silenzioso che coinvolgeva le sue labbra si faceva spazio in tutto il volto.
Immaginò mentre parlavano che le sue gote probabilmente fossero diventate rosse e un brivido di contentezza la percorse.
Si sgridò mentalmente rammentandosi che Stuart era il fidanzato di Astrid, una delle sue amiche più strette, ma questo non decrebbe la sua attrazione per lui, la rese unicamente più strisciante.

Il sorriso nacque ancora una volta nel momento in cui realizzò che quel pomeriggio avrebbe rincontrato Stuart, e avrebbe conosciuto anche i membri del suo gruppo. La sua mente, ancora impressionata dall’impronta del bassista, immaginava altri quattro ragazzi che avevano qualcosa di simile a quest’ultimo, ma razionalmente era consapevole che avrebbe potuto trovarsi qualunque tipo di persona.

Chiuse la finestra, mentre un odore di sigaretta le inondava le narici.
Tranciò in maniera decisa i Jeans troppo lunghi sgraffignati a una megera che abitava poche strade più avanti e li infilò,
sperando che non le andassero grandi.
Salì sulla sedia e poi sulla scrivania per vedersi le gambe nello specchio a mezza figura appeso a metà parete.
Le evidenziavano le cosce rotonde e sode mentre cadevano larghi sulle gambe e anche un po’ sulla vita.
Esultò in silenzio, i jeans erano un capo di ultima tendenza e non tutti ne possedevano un paio.
Avrebbe dovuto toglierseli, perché andando al lavoro rischiava di sporcarseli, ma era troppo impaziente di indossarli.

Diede un ultimo sguardo alla stanza, come tentando di rammentare qualcosa.Si infilò il giubbotto, e uscì.
Nell’atrio del palazzo diede uno sguardo all’orologio, era tardi, avrebbe ancora una volta dovuto correre fino al lavoro.
Percorse le strade ben conosciute, ma non familiari, fino a giungere al locale aperto notte e giorno. 
Sgusciò tra i clienti e i camerieri, passando per la cassa e poi per le cucine, e raggiungendo i grandi lavandini dove qualche pila di piatti sporchi la aspettava.

Era un lavoro umile e faticoso. Alle volte le sue braccia erano così distrutte, e le mani rosse e gonfie.
Ma il suo unico modo di mantenersi era quello, al momento, anche se sperava di trovare un’occupazione migliore.
Quel giorno ad ogni modo, il lavoro fu meno pesante del solito.
Non perché i piatti fossero di meno o meno sporchi, ma perché la prospettiva di incontrare i ragazzi occupava i suoi pensieri. In realtà rimbombavano in mente le immagini dell’incontro con Stuart.

Non poteva proprio togliersi dalla mente il discorso che avevano portato avanti sull’arte, il modo di parlare del giovane, e quello sguardo. I suoi ripetuti tentativi di distogliere  per qualche momento lo sguardo da quella figura che emanava sia luce che ombra, con potenza straordinaria.

Almeno quel pomeriggio, una volta uscita dal locale in cui l’odore di carne era insopportabile, non sarebbe corsa a casa per una stupida questione seria, ma per mettere un po’ di trucco su quella faccia da bambina e allietare il tempo.
Non che fosse mai stata una persona troppo seria, giudiziosa o responsabile, anzi era una ragazza che seppur sensibile era molto distratta e frivola, che non amava  seguire ciò che veniva imposto. Nel corso degli anni chi l’aveva conosciuta l’aveva giudicata perfino matura, ma era una maturità che preservava per poche occasioni.
Tutto ciò che aveva intenzione di fare era divertirsi e spostarsi, non riusciva a stare ferma, tutto ciò che sapeva fare era cambiare.

Quando scoccarono le quattro la ragazza corse nel bagno del locale per lavarsi la faccia e si mise un po’ di matita. Era troppo tardi per tornare a casa, per fortuna che aveva pensato a portarsi una maglietta di ricambio. Salutò i gestori, intascando la paga del giorno e corse al di fuori del ristorante. Faceva freddo e il vento era forte, il suo cappotto si era lacerato di lato ed esso entrava colpendola alle costole. Raggiunta la fermata dell’autobus si sedette sulla pensilina, mentre il cuore le batteva a mille.

Era quasi sul punto di tornarsene a casa, voleva andare da Stuart.
Ma la timidezza, che era solita a celare dietro l’arroganza, le impediva di affrontare l’incontro serenamente.
Si aggiustò i capelli sulla fronte sebbene non avesse alcuno specchio con sé, e si alzò sventolando le braccia per far fermare l’autobus.

Il mezzo era più piccolo degli altri e un odore di umido si faceva spazio tra i sedili freddi e scomodi.
Si accomodò, la fredda plastica sembrava toccare la pelle del suo fondoschiena, pregando in silenzio perché non salisse il controllore. Se l’avesse visto salire avrebbe deciso dalla faccia se schizzare via o mettere su una qualche farsa.
Il bar dove dovevano incontrarsi non era troppo lontano, non rischiava più di tanto.

Osservava i palazzi, le strade asciutte che nelle ore notturne si sarebbero infuocate delle sconcezze notturne di quella città brava.  Poche fermate dopo, i suoi occhi si spostarono fulmineamente, e un senso di agitazione la percorse.
Con la sua uniforme color  senape e le grosse sopracciglia marrone scuro, aggrottate sopra quegli occhi incavati e vuoti, l’uomo si preparava a svolgere il suo mestiere. Fece per alzarsi e scendere, ma tutte le porte erano chiuse,
allora si appoggiò alla sbarra fingendo disinvoltura. In pochi minuti, l’uomo preciso e scattante aveva controllato tutti i passeggeri seduti davanti, e stava dirigendosi verso di lei. Egli si schiarì la gola e disse con voce profonda e pomposa:

-Biglietto signorina?

La ragazza guardo l’uomo annuendo in silenzio e simulò un controllo nei jeans e nel cappotto.
Fece una faccia agitata, e disse timidamente cercando un tremore nella voce:

-Un attimo solo, non lo trovo.

-Non si preoccupi signorina.

Quella fece finta di guardare nella piccola sacca che portava sulle spalle, mentre simulava una crescente agitazione. L’uomo sembrava essersi leggermente innervosito ma aveva ancora un’espressione benevola.

- Mio dio non lo trovo!- disse mentre controllava nella piccola tasca posteriore della sacca- Deve essermi caduto..
signore giuro che lo avevo!

- Ma io non posso saperlo, anche volendo crederle, mi dispiace ma devo farle la multa.
- Eccolo qui- disse una terza voce dall’accento straniero, che si trovava alle spalle della ragazza- la signorina deve averlo perso quando è salita sull’autobus.

La ragazza si girò con gli occhi spalancati verso il suo salvatore.
Era un giovane di normale statura, con i capelli biondo scuro e il naso leggermente lungo.
Aveva gli occhi vispissimi che saettavano da un volto all’altro, e la sua voce era di un colore particolare e accattivante.

-         L’ho notato proprio poco fa vicino alle porte dell’autobus.- aveva proseguito il ragazzo- ora se permette io e la signorina avevamo intensione di scendere proprio a questa fermata.

Il controllore scrutò i due, obliterò il biglietto e li lasciò andare.
La ragazza scese in silenzio seguendo il giovane che, rifletté tre sé e sé, era davvero attraente.

- Dio santo, avevo solo quel biglietto, se mi avesse chiesto il mio saremmo stati fregati. Tu devi essere Lily, vero?

La ragazza lo guardò con fare interrogativo negli occhi castano chiaro allungati.

- Si sono io, Lily Evans. Ma tu come lo sai?
- Stu. Comunque piacere, sono John, John Lennon. Faccio parte del gruppo con Stu e altri miei amici,
  un gruppo sconosciuto perso nel cuore del puttanaio chiamato Amburgo.

 
---- ----
Come andrà l’incontro? Lily penserà ancora a Stuart dopo aver conosciuto i Silver Beetles? E i Silver Beetles saranno interessati a questo nuovo incontro? E Astrid..? 
E' la mia prima long che pubblico , forse anceh la prima cosa sui Beatles che pubblico abbiate pietà pls.
Se sei arrivato fino a questo punto ti do un premio:
recensisci, LoL.
Bye Bye!

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** CAP.1: I've just seen a face. ***


La trama di questa storia nasce da un’idea di Little Bird_, che gentilmente me l’ha ceduta (in)consapevole di cosa le avrei fatto, dunque oltre che ringraziarla per avermi concesso l’idea base le chiedo scusa LoL.
 

CAP.1 I've just seen a face


John aveva scrutato la ragazza a lungo durante il tragitto, gli ricordava qualcuno ma non riusciva proprio a capire chi.
Non erano esattamente i lineamenti, o forse si, più che altro l’aspetto in generale.
Aveva fissato quei riccioli biondo scuro, con qualche sfumatura ramata e d’oro. Ricadevano disordinati ma in una bella maniera, forse per il taglio corto della ragazza. Si disse che avrebbe chiesto a Stu se gli ricordasse qualcuno.

Una volta arrivati al locale, dato il baccano che diffondevano,
non c’era voluto molto a trovare i restanti membri della band e Astrid.
Erano seduti a un tavolo di forma ovale, Astrid e Stuart incollati come cozze,
mentre gli altri tre erano intenti in un discorso sulla birra che gli sarebbe stata servita di lì a poco.

Non appena Astrid aveva scorto i nuovi arrivati si era staccata dal partner per corrergli incontro.
Aveva una strana espressione sul volto, quasi come se si fosse pentita di aver introdotto la ragazza nel gruppo.
Le due amiche si abbracciarono con confidenza, e poi Astrid la presentò ai nuovi arrivati.

-  Ragazzi, lei è Lily. Loro sono Paul, Ringo e George… e John da quanto vedo lo conosci già.

A Lily parve di scorgere una nota di disappunto nell'ultima frase, ma si disse che poteva benissimo avere immaginato.

- Oh si, è stato tanto gentile da salvarmi da un controllore.

Aveva detto lanciando occhiate ai presenti.
I ragazzi ridacchiarono, probabilmente immaginando la scena, dal momento che John era sempre stato quello da salvare dalle grinfie dei controllori. La ragazza sedendosi tra Astrid e John, indugiò un attimo su Stuart.
Ecco che l’eccitazione ritornava, non poteva trattenere il sorriso e probabilmente un rossore si faceva spazio sulle  gote. Era solo che.. quegli occhi.
Dio santo, quegli occhi sembravano essere un processo all’animo umano.
Quel volto, non sembrava di un uomo, sembrava di una statua.

Decise di soffermarsi sugli altri, Astrid non doveva minimamente sospettare di nulla,
Lily non voleva e non poteva farla preoccupare.
Guardò il ragazzo che doveva chiamarsi George,
sembrava più piccolo di John e Stuart,anche Paul sembrava piccolo. Paul doveva essere il più piccolo.

Il primo era molto minuto, con dei bei lineamenti regolari, due occhi penetranti sotto le  sopracciglia molto folte.
L’altro aveva qualcosa di molto femmineo.
Il volto seppur un po’ allungato era tondeggiante con le guance ben riempite.
Gli occhi grandi con lunghe ciglia da cerbiatto, il naso all’insù e la bocca a cuore, sembrava una ragazzina.

Il ragazzo  le sorrise, mostrando una sfavillante dentatura un  po’ irregolare, che ricordava quella di un tenero coniglio. Accanto a lui c’era Ringo, con un bizzarro ciuffo bianco di capelli, occhi enormi e di un azzurro indefinibile.
Si riscosse accorgendosi che John le stava parlando, era riuscita a distrarsi bene.

-  Occhi belli, tu cosa prendi?

Occhi belli? Si stava riferendo a lei? Aveva dei banalissimi occhi marroni tendente al verde, nulla di degno di nota.
Ad ogni modo incassò il complimento di buon grado, aveva sempre sognato che qualcuno considerasse i suoi occhi belli,
e alle volte era capitato.

-  Per me una birra, grazie.

Aveva detto abbassando lo sguardo come a soffermarsi sul materiale del tavolo.

- Lily,  dato il tuo nome mi chiedevo se fossi inglese…

Era intervenuto il ragazzo femmineo, che aveva parlato con voce piuttosto bassa e sensuale.
Lei si era apprestata a rispondere con fare cortese.

-Oh si, sono di Birmingham.
- Come mai qui?- era intervenuto John imitando buffamente l'accento del sud.
- Un amico di mio zio mi ha procurato un alloggio a basso prezzo e c’è lavoro, anche se spero di trovarne uno migliore che lavare piatti. In realtà speravo di fare qualcosa nel campo dell’arte, o magari della musica. Voi di dove siete?
- Liverpool- disse quello con il ciuffo  di capelli bianco, con un'aria soddisfatta e orgogliosa.- ognuno di noi tenta da anni di suonare, ma ancora non ci siamo riusciti.

Uno scoppio di risa coinvolse il tavolo, l'abituale umorismo laconico di Ringo era sempre sottilmente divertente.

- Oh tu scherzi, io non ci sono riuscita  davvero.

Aveva detto lei, sollevando l'allegrezza ancora una volta.
Fissò di nuovo Stuart, che fino ad allora aveva osservato in silenzio, si chiese perché doveva essersi innamorata proprio di lui. Lei non aveva bisogno di amare Stuart, lei aveva bisogno di amare e basta, di essere amata.
Di trovare una persona con cui si sentisse in contatto, in simbiosi, perché doveva succedere proprio con lui?

A quel tavolo c’erano seduti giovani dal bell’aspetto e con begli interessi e lei si era infatuata dell’unico impegnato con una sua amica. Guardò John, con quel naso aquilino che non stava affatto male sul volto vispo.
Irrazionalmente sentiva già di volergli bene, ma come un amico. Si disse che non sarebbe mai potuta stare con lui.
Il suo sguardo si spostò su quello che aveva pensato fosse il minore, aveva un volto così grazioso e tenero.
Non aveva mai visto un volto tanto dolce e attraente, anche se non possedeva minimamente il fascino del pittore Stuart.

Paul, seduto accanto a John, scrutava la ragazza di sottecchi. Quando l’aveva vista entrare aveva per un attimo preso in considerazione fosse una ragazzina, dato che non superava circa il metro e sessanta e aveva un viso dolce.
La trovava graziosa nel complesso, osservando le belle curve prorompenti, e qualcosa nella sua mente gli diceva di averla già vista da qualche parte. Non avrebbe mai espresso quel dubbio, perché era consapevole di vedere somiglianze dovunque, ma segretamente avrebbe continuato  interrogarsi su chi fosse somigliante a lei.

Una volta finito di consumare le loro bevande decisero di pagare per apprestarsi a fare una passeggiata tra le vie di quella città fredda e stramba. La ragazza si era già avvicinata alla cassa che Paul l’aveva bloccata con galanteria.

-  Faccio io, Lily.

La ragazza aveva riflettuto un attimo sul significato della frase per evitare gaffe,
era sempre impacciata in questo genere di situazioni.
Una volta realizzata l’idea che il ragazzino volesse davvero pagare per lei ridacchiò leggermente.

- No ma scherzi!?
- Davvero non preoccuparti, è un piacere.
- Ti giuro non posso, non voglio approfittare della tua gentilezza.
- Insisto, voglio darti il benvenuto.
- Allora grazie, grazie mille, ma la prossima volta tocca a me.

Lily nascose un sorriso con la mano. Le persone che aveva conosciuto ad Amburgo fino a quel momento erano così diverse,
aveva ricevuto segni di affetto e di amicizia, segni di amore, ma nessuna persona sembrava bella e affascinante come ogni singolo elemento che facesse parte di quel gruppo. Rammentò il rude vicino di casa che aveva tentato di attirare l'attenzione con un automobile, o il cuoco che si era messo a parlare con lei della freschezza delle uova.
Sorrise in silenzio, voleva frequentare quelle persone appena conosciute che sarebbero potute rivelarsi le più stronze della terra. La sua timidezza non si era ancora volatilizzata del tutto, ma aveva già iniziato a sentirsi a suo agio, si era sentita davvero voluta e accettata per la prima volta dopo un bel po’.

Paul era stato davvero così gentile, così galante.
Scrutò il ragazzo, il cui fisico si slanciava in una figura elegante seppur non scolpita o particolarmente esile.
Aveva delle belle gambe lunghe,
e delle spalle e un torace di media prestanza che si addicevano a un ragazzo dal volto dolce come il suo.
Egli si stava avviando alla cassa, e intanto sorrideva tra sé e sé.
Il modo timido ma carismatico di rapportarsi di Lily lo affascinava,
nel suo parlare si potevano scorgere sia sfumature di sarcasmo che di apertura, come anche toni di riservatezza.

Intanto Astrid, che camminava avvolta nell’abbraccio di Stuart, rimuginava innervosita.
Non le era piaciuta la complicità con cui la ragazza era entrata insieme a John,
e poteva dirsi gelosa che la nuova arrivata sembrasse già così in armonia con gli altri.
Aveva anche notato come guardava il suo Stuart, e anche quanto Paul fosse stato galante con lei.
Improvvisamente si chiedeva il motivo per cui l’avesse voluta inserire nel gruppo,
e interrogandosi su ciò si malediceva anche per averlo fatto.

A parte le donzelle occasionali,
Astrid era l’unica ragazza fissa intorno al gruppo, ed era abituata a ricevere le attenzioni di ognuno di loro.
Ripensò a come aveva visto Lily fissare Stuart, un moto di rabbia si animò dentro di lei.
Sarebbe stato meglio se la ragazza avesse eliminato il suo interesse per lui,
altrimenti Astrid sarebbe potuta diventare davvero cattiva.

Si disse che poteva sempre spingere Paul a infatuarsi di Lily,
era sempre stata brava a condizionare le persone e una come lei avrebbe di certo ceduto alle avance di un così bel ragazzo. Poteva anche essere gelosa del gruppo in generale, ma pur di salvare il suo rapporto con Stuart sarebbe stata disposta a tutto.


---- ----
Ciao lettori inesistenti <3,
ecco l'aggiornamento di cui non fotte a nessuno Lol.
Se c'è qualche errore perdonatemi ma ho riletto e non mi sembra ci sia nulla (di giusto lol).
Dal prossimo capitolo dovrebbero nascere dinamiche più interessanti e cominceremo ad entrare nella trama,
penso che posterò Venerdì o Sabato.
Dato che è oggi è 17 e ricorre l'anniversario di Linda,
volevo dedicarle un pensiero e ringraziarla per quanto è stata grande.
Bye Bye.
E mi raccomando, fatemi sapere cosa ne pensate tramite una recensione! 
Non importa che dobbiate farmi complimenti o critiche, che vogliate scrivere tanto o poco,
basta che mi facciate sapere cosa ne pensate.
Per me è importante!

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** CAP.2: Anytime at all. ***


La trama di questa storia nasce da un’idea di Little Bird_, che gentilmente me l’ha ceduta (in)consapevole di cosa le avrei fatto, dunque oltre che ringraziarla per avermi concesso l’idea base le chiedo scusa LoL.

CAP.2 Anytime at all
 

-Vuoi smetterla di parlare di Lily, Astrid? Sembra che tu debba sposartici.

Aveva detto John, senza nascondere il tono stizzito.
Non sapeva ben interpretare la morsa allo stomaco che lo prendeva,
quando la ragazza si divertiva a interessare Paul parlando di Lily.

Non era proprio gelosia, o forse si.
Ma che senso aveva essere geloso del suo amico Paul? Scosse la testa, emettendo un risolino acuto.
A volte la sua possessività non aveva limiti, anche se era infastidito che Astrid stesse condizionando Paul.
John sinceramente non capiva neanche perché. Lily era una ragazza intelligente e abbastanza carina, non aveva bisogno di sponsor, se Paul si fosse sentito attratto da lei lo avrebbe deciso da solo.
Ripercorse per un attimo con la mente il fisico per niente inglese della ragazza, si era carina.

-Cos’è Lennon sei geloso della tua amichetta?

Aveva detto Stuart schernendolo, mentre tirava a sé la sua ragazza con famelicità.

- Ma va… se Astrid vuole che Paul ci scopi sono affari suoi, non sarò io ad ostacolare. Sapete benissimo che sono innamorato di Cyn.

Rispose fingendosi estraneo al discorso.
Il pensiero di essere geloso di Lily non lo aveva neanche sfiorato,
ma rifletté sulla sua risposta tanto che quasi non sentì ciò che venne dopo.

-Non sembravi così follemente innamorato l’altra sera, mentre espletavi la notte con quella spogliarellista.

John scosse la testa stizzito, gli dava fastidio che qualcuno mettesse in dubbio il suo amore per Cynthia.

-  Era solo sesso, solo fottutissimo sesso.
-  Va bene, va bene! non ricominciamo con questa storia.

Paul era intento, in un angolo, ad accordare la sua chitarra.
Aveva ascoltato distrattamente i discorsi che Astrid gli aveva fatto su Lily, 
sentiva che sarebbe potuto essere condizionato facilmente.

La ragazza aveva esercitato un certo fascino su di lui,  ma non era sicuro se gli piacesse davvero.
Paul rifletté un attimo, era stato malizioso a pensare che Astrid volesse condizionarlo.
Probabilmente voleva solo che la sua amica si inserisse del tutto ad Amburgo.
Qualcuno si sedette accanto a lui,  era John.  

Lily era nel suo piccolo appartamento, sull’orlo della depressione.
Era passato quasi un mese dal primo incontro con i ragazzi.
E mentre il suo legame amichevole con John sembrava infittirsi sempre di più,  Astrid sembrava raffreddarsi e scacciarla. Quante volte sarebbe scappata a metà incontro se i ragazzi non l’avessero trattenuta.  
Si sentiva ferita dal comportamento di Astrid, anche se quest’ultima non aveva fatto nulla, in effetti.
Era solo che Lily era profondamente sentimentale.

Aveva conosciuto Astrid ed erano diventate subito amiche, era stata la prima persona amica ad Amburgo.
Lei si era legata ad Astrid, aveva riposto fiducia in lei. Grazie a lei aveva conosciuto John, e gli altri, grazie a lei aveva  conosciuto il suo primo vero grande amore, Stuart. Ma lei era diventata fredda, aveva cominciato a sfuggirla, forse aveva addirittura tentato di farla sentire non voluta dal gruppo. Bloccò ancora una volta le lacrime ponendo pollice e indice alla giuntura degli occhi. Non poteva permettersi di crollare, non ora, non lì, non da sola.

Era arrivata ad Amburgo con  l’intensione di lasciarsi alle spalle quell’incubo che erano state per lei infanzia e adolescenza.         Smettere di indossare quella maschera di sarcasmo, cercare per una volta di mostrare se stessa davvero. 
Voleva per una volta non aver bisogno di cambiare, rimanere ferma materialmente e interiormente.
Ma il comportamento di Astrid le faceva venire voglia di scappare lontano, dove non avrebbe potuto più sbagliare.
Ma questa volta era diverso, non era più una bambina, si sarebbe imposta di affrontare i problemi.     

Poteva essere fragile ma non era debole, questa volta non sarebbe scappata.
Proprio in quel momento qualcuno bussò alla porta, si alzò con circospezione.
Era una ragazza forte ma la sua stazza non le permetteva di affrontare chiunque.
Sarebbe stato meglio far finta di non essere in casa nel caso si fosse trovata difronte una faccia poco affidabile.
Avanzò fino alla porta scrutando in silenzio dallo spioncino.
Felicità e ansia piombarono nel suo stomaco come un alcolico troppo pesante che occlude la testa.
Aprì la porta di scatto, quasi senza pensarci.

-   Pensavo non ci fossi.

Era lì, sull’uscio della porta. Con la sua giacca di pelle nera e i capelli mossi, con quel suo sorrisetto vispo.

-  John, entra… - esclamò incapace di dire altro, sconvolta e felice di sentirsi meno sola.

Si voltò verso l’umile dimora,
ammesso che una stanza in cui convivevano fornelli letto e cesso potesse anche collegarsi a questa denominazione,
facendo strada all’amico.

-   Sai bene che puoi buttarti sul letto come al solito, purtroppo non ho nulla da offrirti.

Il ragazzo si sedette con un tonfo, e poi mise in vista delle birre che aveva in mano.

-  Quando ho sgraffignato queste a Klaus ti ho pensato subito.
 
Trafficò nel mobiletto e si diresse verso il giovane.

-  Grazie- disse sedendosi accanto a lui e stappando una birra con una forchetta- non dovresti essere a suonare?

L’unica illuminazione nella stanza era quella del lampione fuori la finestra, ma non c’era alcuna tensione sessuale.
Due amici, un’intesa istantanea, la fiducia, la complicità.

-  Stasera iniziamo più tardi. Anzi Paul ed io ci chiedevamo se volessi venire a vederci…

Aveva detto parlando in inglese, con quell’accento scouse che Lily amava e aveva tentato di imitare per anni.
John mentre pronunciava quelle parole ripensava alla discussione con l’amico.

-Oh, non so, non credo sia il caso…
- Beh l’ambiente non è dei migliori è vero, ma ci sarà anche Astrid.

Se prima aveva pensato di andarci, ora aveva cambiato idea. Doveva trovare una scusa, e in fretta.

-  Johnny, mi piacerebbe ma sai… non mi sento troppo bene, e poi ritornare da sola a casa...

Il ragazzo parve sussultare alla comparsa di un dettaglio che non aveva calcolato.

- Puoi dormire con noi… certo non è una suite, e abbiamo una bandiera dell’Inghilterra come coperta… ma giuro che non ti toccheremo con un dito,al massimo sarai tu a buttarti tra le mie braccia come una dodicenne arrapata.

Risero entrambi, ma non di gusto, giusto un riso accennato, quel riso di chi ha il cuore dolorante ma non riesce a comunicare. Lennon cambiò espressione e disse con fare circospetto:

- Devo chiederti una cosa.
-  Dimmi- disse curiosa e spaventata, mentre nella penombra fissava quei vivaci occhi nocciola.
-   Ti piace Paul e ne hai parlato con Astrid vero?
La ragazza fu presa da un misto di rabbia, disperazione e divertimento. Scoppiò in un risolino isterico, poi si calmò.
Non voleva chiarire troppo la realtà perchè nessuno doveva scoprire che era innamorata di Stuart,
non avrebbe detto sì perché se fosse stata innamorata di Paul davvero non l’avrebbe mai ammesso,
ma non sarebbe dovuta essere troppo credibile sul no.

- Non ne ho parlato con Astrid.
- Ma lei ha capito comunque che ti piace.
-  Non ho mai detto che mi piace.
-  Non hai neanche detto il contrario però …

Uno sghignazzo si profuse dalla sua bocca mentre le pizzicava la guancia.
Sorseggiò un po’ di birra, gelata, come se ci fosse il bisogno di raffreddarsi. Anche lei fece lo stesso.

-  Sei venuto qui solo per questo?

Aveva detto lei simulando apatia.

- In realtà no…non solo per questo..
-  E allora perché?
-  Ti vedo un po’ strana… intendo, ti ho visto giù negli ultimi giorni.

Aveva abbandonato la birra sul pavimento freddo, ancora quasi piena,
mentre le lacrime improvvisamente cominciavano a premere contro i suoi occhi.
Che senso aveva? Rischiare di scoppiare a piangere per una frase senza alcun significato,
non razionalmente collegata ai suoi dolori. Un senso c’era.

Quella voglia di esprimersi, di dire come si sentiva, ma l’incapacità di farlo.
Questo la caratterizzava da sempre. Quel pudore, la paura di mostrarsi fragile difronte a qualcuno, familiare o amico che fosse. Una gabbia, la gabbia più terribile che un uomo possa avere, se stesso.  
La mutilazione dell’istinto sopravvive tragicamente nella negazione di sé che depaupera le nostre esistenze*,

ripeté tra sé e sé quella frase, che un tempo non era solo sua.      
Un fiotto di malinconia e sconforto si fecero presenti in gola, due lacrime sgorgarono silenziosamente.
Pensò che John non avesse notato nulla, giocando sulla penombra e sulle sue capacità visive sotto la media,
ma si sbagliava.  Ecco subito la mano grande e infreddolita che asciugava prima la guancia destra e poi la sinistra con tenerezza infinita.

- Ssh, non piangere, non  piangere…

Il suono di quelle parole, e l’abbraccio caldo rassicurante, quasi paterno che ne conseguì le fecero uno strano effetto.
Era così confortante, così strano. Sapere, sentire che lui ci sarebbe stato in qualsiasi momento.
Non poté fare a meno di scoppiare a piangere. Avrebbe potuto aspettarsi quel conforto un po’ da tutti, ma non da John.
Il forte e sarcastico John, lo strafottente, ma in fondo Lily aveva sempre intravisto una certa dolcezza e profondità dietro la maschera del cinico leader. Si riscosse dalle lacrime, mentre il suo volto era ancora bagnato e disse:

-  John, forse dovresti andare, dovete suonare...- Lui le accarezzò i capelli.
- Non stasera, Lily, penso tu abbia bisogno di me, gli altri si arrabatteranno senza di me.


------------
*citazione da "Il ritratto di Dorian Gray" Oscar Wilde.

Ebbene le cose incominciano a muoversi un po',
Lily è ferita per Astrid, soffre per Stuart... come reagirà? Cosa succederà?
Prossimo aggiornamento domenica o lunedì (anche se non fotte a nessuno lol).
Scusatemi se c'è qualche errore, ho la febbre abbiate pietà pls.
Bye bye.

E mi raccomando, fatemi sapere cosa ne pensate tramite una recensione! 
Non importa che dobbiate farmi complimenti o critiche,
che vogliate scrivere tanto o poco,

basta che mi facciate sapere cosa ne pensate.
Per me è importante!
 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** CAP.3: Do you want to know a secret? ***


La trama di questa storia nasce da un’idea di Little Bird_, che gentilmente me l’ha ceduta (in)consapevole di cosa le avrei fatto, dunque oltre che ringraziarla per avermi concesso l’idea base le chiedo scusa LoL.

    CAP.3 Do you want to know a secret?

La fioca luce proveniente dall’esterno illuminava parte dell’abitazione e l’ombra dell’unica sedia presente appariva spaventosa. John, nell’penombra aveva gli occhi socchiusi, mentre avvolgeva ancora a sé la ragazza.
Le accarezzò il volto, come avrebbe potuto fare un fratello, portando via quelle che sperava sarebbero state le sue ultime lacrime. Le parole di Lily gli rimbombavano nelle orecchie, le sue sensazioni tremavano ancora sulla pelle.
Gli aveva parlato della paura, della voglia di scappare, dell’incapacità di essere se stessa…

-         La verità Johnny è che… non sono venuta ad Amburgo per una ragione… sono scappata, come sempre, scappata dalla mia infanzia e dalla mia adolescenza. Non so fare altro, scappare, cambiare… sono un cazzo di camaleonte…

John rabbrividì pensando che avrebbe potuto pronunciare lui stesso quelle parole.  
Dopo quella notte passata a vomitare parole, entrambi sapevano quanto fossero simili.
Le loro storie si assomigliavano, così come i loro sentimenti, le loro reazioni, i loro caratteri.
La ragazza scosse la testa nel dormiveglia, e farfugliò qualcosa.

-          Lo sapevi che parlo nel sonno?
-         L’ho imparato stanotte…

La ragazza si strofinò al petto del giovane con fare affettuoso, toccandogli la guancia.

-         Ho sempre sognato di avere un fratello come te.
 
Paul era disteso in silenzio,  era nervoso e non sentiva l’urgenza di mettersi a dormire.
John non era tornato, aveva dovuto cantare anche le sue canzoni. Ma cosa aveva da fare tutta la notte a casa di Lily? “Siamo solo amici” si, certo, ma va. Aveva mollato il gruppo mezz’ora prima di andare in scena, non solo non era arrivato non aveva neanche avvisato in nessuna fottutissima maniera.
Un pensiero malizioso gli disse che forse John era troppo occupato… Basta.
La rabbia non doveva sopraffarlo, John era suo amico.
Avevano parlato poco prima e non lo avrebbe tradito così oscenamente.

-Su dolce, dolcissimo Paulie ammettilo che muori per Lily.
 - Come mai ti interessa così tanto del tuo amico di serie b eh?
- Madonna quanto siamo permalosetti…
- Permaloso? PERMALOSO? Stuart di qua, Stuart di là… chi è che ti ha aiutato a suonare la chitarra? E non farmi parlar d’altro.
-Hai il ciclo per caso Paul?
-E’ che stavo accordando la chitarra ecco.
- A chi vuoi raccontarlo checca mestruata! Perché non ti fai avanti con lei?
-Non so se mi piace davvero…
- E’ carina, è intelligente… cosa le manca?
- Ecco, penso che forse Astrid potrebbe condizionare il mio parere. Forse non sono infatuato davvero.
- Il primo giorno però hai fatto il galante… Su avanti non sei mica vecchio, buttati.
-Dal balcone magari…
- Cosa ti blocca?
-Lei…

Perché doveva farsi tanti problemi? L’amava, forse dal primo giorno.
Non doveva porsi limiti,  era così semplice… amare.                                                                            

Paul si strofinò gli occhi, per un attimo si sentì immensamente vuoto,
poi si alzò meccanicamente mentre il suo raziocinio non aveva ben afferrato cosa stesse andando a fare.
Aveva afferrato il cappotto, quasi con foga,  sistemandosi i capelli con la mano destra mentre la sinistra era intenta ad estrarre delle chiavi dal cappotto di Ringo. 

Silenzioso in maniera pericolosa, uscì dal retro del locale, aggirò l’edificio e una volta trovatasi difronte l’automobile dell’amico l’aprì e vi saltò dentro. Non era del tutto lucido, ma poteva guidare fino a casa di Lily.
Non era troppo distante, i pensieri si affollavano nella sua mente.

Sarebbe piombato lì, disinteressato a quello che era successo poco prima e avrebbe parlato a Lily, una volta per tutte.
Dopo aver soggiogato le strade con il veicolo, come un cavaliere con la sua bestia, in modo da destreggiarsi girò con disinvoltura fino a inalberarsi tra le traverse silenziose e appena irrorate da fiochi riverberi del mattino.

Paul aveva da sempre un ottimo senso dell’orientamento, forse perché viveva in lui silenziosa la paura di perdere.
Doveva sempre sapere dove si trovava,  doveva orientarsi, altrimenti usciva pazzo. Una volta giunto alla squallida palazzina  tinta di un verde giallognolo, scese con veemenza dalla macchina e si buttò con una certa brutalità verso le scale. Quanti fottuti gradini c’erano? Faceva freddo ma stava sudando, quelle fottute scale sembravano infinite.

Fissò il passamano rotto in alcuni punti, poi alzò il volto verso la porta rossa che sembrava mangiucchiata.
Abbassò lo sguardo verso i suoi piedi, si sentiva un bambino.
Come quando correva da suo padre e aspettava in silenzio di sentirsi dire:

-Cosa c’è?

Ecco, lui stava aspettando che Lily aprisse la porta e dicesse “Sei venuto qui per chiedermi di fidanzarmi?”
Avanzò e bussò, deciso come non mai.
Il sonoro rumore di uno sbadiglio lo accolse nella realtà, e poi la soave voce del suo amico Lennon:

-Un minuto!

Attese, mentre il biondo apriva la porta con pigrizia.

-Castoro, che ci fai qui?
-Devo parlare con Lily.
-Ti sei deciso eh… adesso sta dormendo, non è stata una notte tranquilla.

Paul lo fissò con un misto di paura e stupore, strabuzzando gli occhi.

-John.. co- cosa?
-No no aspetta, castorino, non pensare male. Era un po’ triste, abbiamo parlato per ore sai.

Quella frase gli ricordò che doveva essere arrabbiato con John.

-  TU- LURIDO- STRONZO- CI- HAI- MOLLATO! La mia povera gola è a pezzi! E SAI PERCHE’? PERCHE’ HO DOVUTO CANTARE PER OTTO ORE DI FILA!
- Allora va a dormire così eviti di svegliarmi occhi belli.
-  STA ZITTO!-aveva detto infastidito dal nomignolo confidenziale usato per la ragazza
-Ssh, entra amore, fa silenzio ti do un po’ di camomilla.

Paul scosse la testa, entrando silenziosamente, poi si soffermò sulla ragazza.
Sembrava dormire profondamente nonostante le sue urla, posata teneramente sul giubbotto di John.
Ma poi la vide sbirciare di sottecchi, lui sorrise e si mise sulle ginocchia toccandole dolcemente la punta del naso,
piccolo e all’insù.

-Da quanto fai finta di dormire?-aveva detto John con fare quasi oltraggiato.
-Da quando ti ho detto se sapevi che parlavo nel sonno.
-Ad ogni modo ora vi lascio, te e polletto, due cuori e una catapecchia.

John si era incamminato e stava accostando silenziosamente l’uscio.

-John.. aspetta- aveva farfugliato la ragazza- il giaccone!

Ma lui fece finta di non sentire cominciando a fischiettare allegramente.

-Glielo porto io, devo parlarti.

-Su avanti dimmi..

Paul riflettè, doveva avere il fegato e il carisma.

- Vuoi sapere un segreto?- disse con una faccia ammiccante.

Lily sorrise, era una persona molto curiosa.

-Non lo dirò a nessuno.
- Ti amo.



-----
Bene, come reagirà Lily? Non pensate che sarà una decisione semplice.
Prossimo aggiornamento martedì o mercoledì.
forse la prossima volta ci sarà una piccola sorpresa!
scusate se c'è qualche errore, riguarderò.
Bye bye,
lasciatemi una recensione.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** CAP.4: Let it be. ***


La trama di questa storia nasce da un’idea di Little Bird_, che gentilmente me l’ha ceduta (in)consapevole di cosa le avrei fatto, dunque oltre che ringraziarla per avermi concesso l’idea base le chiedo scusa LoL.
 

CAP.4 Let it be


Lily rimase paralizzata.

-Lily? Lily?-la scosse con fare dolce il ragazzo.

Lei sorrise, fissò Paul,gli accarezzò la guancia.

-Quanti anni hai Paul? Sedici ?

- Il problema è davvero l’età Lily? E comunque ne ho diciotto.
- Ma.. ma… George ne ha diciassette! Tu non puoi averne meno di George!
-Rispondimi Lily è questo il problema?

La ragazza si fissò le punte delle scarpe. No, non era quello il problema.
Il fottutissimo problema era che lei era innamorata di Stuart.
Paul era bello, galante, romantico, non era Stuart.
A volte le era anche parso di arrossire, o sentire il suo cuore aumentare la velocità dei battiti, guardando Paul…

ma semplicemente, razionalmente sapeva di amare Stuart.
L’ultima cosa che voleva era ferire Paul, l’ultima cosa che voleva era perdere un ragazzo d’oro come lui.
Rammentò l’assurda rivalità tra i due, se poi Paul avesse capito il motivo… Un guizzo di malizia balenò nei suoi pensieri. MA NO, non poteva assolutamente usare Paul per arrivare a Stuart.

Ma la rivalità era tale tra loro, per colpa di John, che Lily pensò sarebbe bastato quello per spingere Stuart tra le sue braccia. Come poteva osare fare quei pensieri? Era davvero una persona così cattiva o … semplicemente così innamorata? Così innamorata da usare e ferire un ragazzo per avere l’oggetto del suo amore?

Scacciò dalla mente quel pensiero, alzò il volto. 
Il ragazzo, più alto di lei di una ventina di centimetri le aveva preso il volto tra le mani.
Lily rabbrividì al tocco di quelle mani calde,  quelle mani non troppo affusolate, vide il volto del giovane a pochi centimetri dal suo.

Così vicino le sembrava di sentire i suoi pensieri cantati da quella voce pazzesca.
Le labbra piccole e carnose, rosee come la primavera, quel naso perfetto, improvvisamente sembrava che il suo cuore fosse rimbalzato nel cranio per far ragionare il cervello. Stava davvero dicendo di no a quel ragazzo?

Era razionale una situazione del genere, al mondo esisteva davvero qualcosa di razionale?  
Ed era così che ci si innamorava, con uno schiocco di dita? O era solo solitudine, brama di essere amata?
Brama di essere accolta dalle braccia di un uomo, come suo padre non aveva mai fatto? La sua mano, così piccola al confronto di quella del ragazzo, percorse il volume delle sue guance fino a toccare quei capelli fatti di seta.
Le sue orecchie sembravano esplodere, riusciva in quel momento a dire qualcosa di sensato?

-Emh.. Paul.. è che tu sei, sei così…
-Così?- disse quello con un’aria perdutamente preoccupata.

Gli occhi di Lily erano così umidi che faticava a distinguere le forme, ed era già miope di suo. Si morse il labbro inferiore.

-Sei così alto per me.  Sei così fottutamente alto- scoppiò a piangere, lei stessa stupita da questa reazione, cominciò a picchiare per finta il petto del giovane.-  sono una tappa, tu sei altino ma è colpa mia che sono hna tappa. Vuoi davvero stare con me? Con una povera nanetta da giardino?

-Amore, cosa stai dicendo? Non sei troppo bassa. Sono davvero questi i limiti che ti poni?

Cercò di mandare via le lacrime insensate, si fece una risata mentre prendeva a parlare.

- Pollo, pollo, pollo… sono una scemina- disse lei mentre raggiungeva il viso del giovane con un bacio a stampo.

Ma cosa stava facendo? Quell’odore di.. di.. di Paul la stava rincitrullendo.                     
Lei amava Stuart, lei – amava- Stuart!
Lei amava Stuart fino a poco prima, si disse di ripensarci per vedere se qualcosa era cambiato.

Non vi riuscì, ogni volta che tentava di uscire da quella nube di leggerezza la sua vista si annebbiava,
più di quanto non lo fosse… Silenzio, calma, TI SEI PER CASO FATTA UNA CANNA LILY EVANS?
Troppe, davvero troppe.

-Ho bisogno di sedermi… Paul.

Si spostò come al buio indietreggiando verso la brandina che era il suo letto e sentendo con le mani vi si appoggiò.

-Sono un po’ confusa Paul. E’ che improvvisamente mi sembra da amarti così forte…
-Non c’è bisogno che tu mi dica subito ti amo, o che ci fidanziamo. Capisco se sei confusa, dopotutto ci conosciamo solo da un mese… L’importante per me è che tu sappia che io t’amo e  sapere che non ti sono indifferente.

L’abbracciò dolcemente, baciandole il culmine del capo.

-Che ne dici se andiamo a riportare il giubbotto a John?
-Si, starà schiattando di freddo. Prima mi do una rinfrescata però.

Una volta che si fu sciacquata, Paul la prese per mano , chiusero la porta a chiave e scesero le scale uno accanto all’altra. Poteva sentire il suo cuore spingersi verso il ragazzo accanto a lei.
L’edificio pareva incantato, e sembrava che i passamano rotti si fossero appiattiti in silenzio,
durante i loro sospiri assorti.

La luce era ormai piena, le nuvole sembravano leggiadre, il ragazzo fece tintinnare le chiavi difronte al volto di Lily.

-        UNA MACCHINA? Tua?
-         No, me l’ha prestata, senza saperlo, Ringo.
-         Che birbone che sei!- disse simulando disapprovazione.

Paul ora guidava rilassato, mentre scambiava qualche parola con Lily, che aveva un sorriso stampato sulla faccia.
Le loro voci sembravano intrecciarsi dolcemente, Paul si sentiva strano. La ragazza non gli aveva detto “ Ti amo”,
eppure sentiva che lei stava provando qualcosa di forte. 

Non doveva cantare vittoria eppure in cuor suo non poteva fare a meno di notare tutta quell’estasi, quel buon umore, quell’amore che fluttuava. Arrivati al locale, girarono sul retro mentre una pioggerellina silenziosa ticchettava su Amburgo. Si infilarono da quella porta piccola e cigolante e sgattaiolarono in silenzio dove gli altri dormivano.

John era seduto a gambe incrociate, la ragazza gli corse incontro levandosi il suo cappotto di dosso e posandoglielo gentilmente sulle spalle, e gli mollò un bacio sulla guancia.

-Paul forse tu hai sonno no? Non dovresti riposare un po’?

Il ragazzo sbadigliò,  allungando i suoi arti superiori verso il soffitto e facendo scrocchiare il collo.

-Sì, non ho chiuso occhio.
-Ti metto al letto pollo…- disse la ragazza ridendo un po’.

John fece una smorfia simile ad un sorriso e lì osservò incamminarsi verso la stessa direzione.
Il capo della ragazza superava di un po’ la spalla dell’amico,  stavano bene insieme nonostante la differenza di altezza.

Lei bionda e lui bruno, ma entrambi con lineamenti delicati come il latte che tingeva  le loro pelli, dentro e fuori belli.  
Li osservò mentre lui si stendeva e lei gli teneva la mano accarezzandogli il volto dolcemente,
seguendo il contorno di quei lineamenti da bambino.                     

Quella scena gli lasciava una stretta al petto che John non voleva ancora analizzare bene, era così tranquillo,
così appagato dal vedere la sua amica serena, così lontano da tutto.
Il fulcro della vita era lasciare che fosse, lasciarsi amare, lasciare amare, lasciare che le cose andassero- in maniera sbagliata o no- il fulcro della vita era lasciarsi vivere.

E non avrebbe potuto dire se tutto sarebbe andato bene,
ma sentiva che tutto alla fine sarebbe andato per il verso giusto, e se pure non fosse successo non era la fine,
perché per John Lennon la parola fine non esisteva.


----
Per prima cosa dedico il capitolo alla mia mamma perchè oggi è il suo compleanno <3
Devo riguardarlo, ma sono di frettissima, prometto che domani sarà corretto.
Prossimo aggiornamento venerdì suppongo, domani sarò un po' impegnata... ma potrei anche farcela per Giovedì.
Innanzi tutto volevo ringraziare tutti quelli che hanno recensito fino ad adesso, quelli che hanno solo letto, quelli che hanno messo la storia tra le seguite,e volevo ricordarvi di farmi sapere sempre il vostro parere che per me è molto importante! Bye bye, alla prossima!

 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** CAP.5: You've got to hide your love away ***


La trama di questa storia nasce da un’idea di Little Bird_, che gentilmente me l’ha ceduta (in)consapevole di cosa le avrei fatto, dunque oltre che ringraziarla per avermi concesso l’idea base le chiedo scusa LoL.

CAP.5 You've got to hide your love away

All’inizio della serata non poteva credere ai suoi occhi, li aveva già visti suonare certo, ma non sul palco.
Erano tutti così belli, e non si trattava della bellezza dei lineamenti, ma di una bellezza forte e irruente che sembrava impossessarsi dei membri della band spesso. Una sorta di energia, una luce negli occhi,  che Lily poteva vedere sbrilluccicare sul volto pronta a esploderti in faccia e a lasciarti senza fiato.

E poi quella musica, che sembrava insieme aggressiva e avvolgente, il volto di John,
la sua bocca che si muoveva come in una danza, quello sguardo, quell’energia,
quelle parole che qualunque fossero sembravano mandarti una scossa elettrica e donarti una forza innaturale.
La canzone andò a dissolversi fino a terminare, John si avvicinò il microfono nuovamente, mentre ammiccava. Ma non cantò, parlò, nel suo tedesco rozzo e strafottente.

-   Il mio amico Paul vorrebbe dedicare questa canzone a Lily.

La ragazza lo fissò, mentre il giovane sorrideva fissando il pavimento,
intercettò il sedere di Stuart, che girato si preparava a suonare.
Mentre la musica scorreva e sentiva quella voce prendere colore ogni cosa sembrava sfocata,
si chiese se avesse bevuto troppo.

Quella voce, quei suoni, le sembrava di essere nel viaggio più profondo e sperduto che potesse mai fare.
Sciogliersi, fino a non percepire la spina dorsale, abbandonarsi in un sogno lungo una notte.
I suoi sentimenti erano così cambiati. Si era accorta che non era vero e proprio amore quello per Stuart,
ma attrazione. Una potentissima attrazione, che sembrava travolgerla come un vento. 


Lei non era innamorata di Stuart, lei era innamorata del suo fascino.
Era innamorata dei baci e delle carezza che riservava ad Astrid, del suo modo di camminare,
di quell’aria elegante e talvolta imbronciata.

Semplicemente perché Stuart, anche se non era capace di suonare,
riusciva a stare sul palco con un certo effetto anche mostrando solo il suo fondoschiena.
E poi era così bravo a dipingere.

Ecco era affascinata, terribilmente succube di quell’eleganza e in un certo senso arroganza inglese, ma poi c’era Paul.
Paul che le faceva battere il cuore all’impazzata, con una carezza o una parola dolce, che era così follemente scatenato.

La notte con il cuore palpitante scorreva in silenzio, nel rumore che sembrava completare ogni spazio vuoto che si nascondeva nelle anime dei presenti.
Le canzoni si succedevano con ardore, mentre un sapore metallico tingeva ogni cosa,
Lily si fece spazio tra la folla sgusciando nella tranquillità dello spazio privato.

Da un po’ di minuti a quella parte aveva cominciato a non sentirsi troppo bene,
avrebbe potuto mettersi a riposare dal momento che quella notte avrebbe dovuto dormire lì,
ma era andata solo a controllare se John o Paul avessero qualcosa per il mal di testa.

La penombra regnava nella stanza umida che risultava quasi incombere terrore, si chinò a terra per controllare nello zaino. Il cerchio alla testa sembrava stringersi, e con la sua vista difettata e la scarsa luce sembrava davvero un’impresa controllare se ci fosse qualche medicina o meno.

Avrebbe dovuto chiamare Astrid per essere aiutata, ma preferiva crepare per il mal di testa.
Un piccolo fiotto di nervosismo si stava facendo spazio nei suoi arti che cominciavano a vagare smarriti nello zaino.
Se qualcuno l’avesse vista sarebbe potuta sembrare benissimo una ladra, ma non si preoccupava, John le aveva detto espressamente di utilizzare la sua roba come le pareva. 

Un rumore di passi l’allertò- dovevano essere vicini se riusciva a sentirli con quel frastuono-,
era comunque imbarazzata dall’idea che qualcuno potesse sgridarla come una bambina.
 Si dirigevano proprio verso la squallida stanzetta,
dove una piccola finestra rettangolare spuntava timidamente nel muro colmo di sporcizia.

Cercò di sbrigarsi, ma qualcuno era già giunto, si girò pronta a giustificarsi, ma era solo…

Era solo Stuart. Tirò un sospiro di sollievo, magari poteva chiedere aiuto a lui, di certo aveva una vista migliore.

-  Che ci fai qui?
- Non mi sento tanto bene, cercavo se Johnny ha qualcosa per il mal di testa. Puoi aiutarmi?
- Certo.

Il ragazzo si chinò accanto a lei, cominciando a rovistare nello zaino dell’amico.

-Che idiota che sono che ti trattengo qui, tu non dovresti suonare?

Il ragazzo cacciò un risolino, senza scomporsi.

-  Ammesso che quello che faccio si chiami suonare..- disse mentre fissava la ragazza con fare malizioso- sono in pausa…- completò mentre posava una mano sopra la sua.

Il tocco caldo la fece saltare forse per la sorpresa, e ritrasse la mano involontariamente.
Quella sera, rischiava davvero di saltare addosso a Stuart.

- Dovresti andare.. da Astrid, non trovi?
- Ah, ah – disse lui negando e accompagnando con un gesto della testa- l’ho già accompagnata a casa.

Stuart osservava la ragazza di sottecchi, non gli era mai interessata da un punto di vista romantico o sessuale,
ma il suo strusciarsi a Paul aveva risvegliato in lui una bestia.
La rivalità che scorreva tra i due era notevole, in primis perché si contendevano John come due bambini delle elementari.

Quando aveva visto quanto erano intimi Paul e la ragazza, la voglia di strappargliela era tale da farlo impazzire.
Stuart era consapevole di quanto irrazionali fossero i suoi pensieri, ma l’istinto prendeva il sopravvento.
Cercò ancora una volta la mano della ragazza, accanto a lui.

Questa volta lei non osò muoversi, il suo respiro era come bloccato,
non avrebbe avuto ancora una volta il fegato di ritrarsi.
Non sei innamorata di lui, ti attrae solamente, tu ami Paul.

Ma ecco che due secondi dopo, lei gli aveva stretto la mano, mentre la testa pulsava.
Poi la sua mano salì e accarezzò il volto del giovane, a seguire i contorni di quel volto che aveva sognato in maniera asfissiante. Stuart giocò con i suoi capelli in silenzio, fino a scivolare sul volto.

-Senti Stuart.. cosa diavolo stiamo facendo?

Ebbe appena il tempo di pronunciare quelle parole, che le sue labbra furono flagellate dalle altre, secche e affamate.
La sua mente, il suo buon senso e il cervello erano in quel momento tre cose completamente diverse.
Rispose con entusiasmo al bacio, zittendo gli eventuali riverberi di una lontana coscienza caduta sul fondo dello zaino di John. 

Il contatto dei due corpi produceva un ardore senza precedenti, le loro pelli che sfregavano senza sosta,
le loro mani giunte.  Gli uomini e le donne erano solo bestie governate a tratti dall'interesse, ma pronte subito a farsi dominare dal loro istinto.
Amava Paul, amava Paul, amava Paul... ma quello era Stuart.

Si staccò violentemente, fissandolo negli occhi
-Non succederà mai più, non importa cosa succede con le altre, io sono amica di Astrid… e tu sei amico di Paul.



---------------------------
Grazie di nuovo a voi! La mia storia è entrata nella classifica dei preferiti del fandom (anche se è tra le ultime posizioni)
Aggiornerò più tardi dato che domani parto... con tutta probabilità Lunedì.
Come al solito non ho ancora avuto tempo di riguardare, scusate se c'è qualche errore!
Ciao a tutti, ditemi cosa ne pensate :3

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1769012