Lawrence Trueman: Beyond the Courtroom di Pikachu4Ever (/viewuser.php?uid=31904)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Lawrence Trueman Ace Attorney: Senza via di fuga - I ***
Capitolo 2: *** Lawrence Trueman Ace Attorney: Senza via di fuga - II ***
Capitolo 3: *** Lawrence Trueman Ace Attorney: Senza via di fuga - III ***
Capitolo 4: *** Lawrence Trueman Ace Attorney: Senza via di fuga - IV ***
Capitolo 1 *** Lawrence Trueman Ace Attorney: Senza via di fuga - I ***
LTBTC1
... Solo quando ti trovi in una situazione di pericolo capisci quanto sia importante la tua vita.
Dai tutto per scontato, pensando che non ti succeda mai nulla di
male... e poi, all'improvviso, ti ritrovi con la tua sopravvivenza
appesa a un filo.
Un filo in procinto di spezzarsi, senza che tu possa fare nulla per tornare alla tua normalità.
Quando io e Jean siamo stati invitati qui alle Torri Hebert, non ci
saremmo di certo immaginati di finire in una situazione del genere.
Pensavamo che avremmo semplicemente partecipato ad un ricevimento,
magari anche avendo modo di parlare per bene con Travis, dopo gli
ultimi eventi.
Ed invece ora mi ritrovo sospeso nel vuoto, facendo del mio meglio per
non fare cadere Jean ed Otom mentre il mio braccio inizia a perdere la
presa sulla trave...
Strinsi la presa un pò più forte, non volendo cadere, mentre guardavo in basso. Pessima idea...
Preso dal panico, concentrai il mio sguardo sulla trave, cercando di
dimenticarmi delle centinaia di metri che c'erano tra noi ed il suolo...
... Non avrei mai pensato che questo sarebbe stato il giorno della mia morte.
LAWRENCE TRUEMAN ACE ATTORNEY: SENZA VIA DI FUGA
Parte 1
Studio Legale Grossberg
14 Luglio
Ore 12.50
Quella giornata era iniziata in modo parecchio normale, e francamente, avrei preferito che lo rimanesse.
Io ed il mio capo, il signor Grossberg, eravamo seduti alla scrivania, entrambi bevendo un pò della sua famosa limonata.
"Hmmm... che te ne pare, Law? A mio parere è uscito un pò
troppo aspro..." mi chiese quindi il mio mentore, osservandomi voglioso
di sapere il mio giudizio.
... A dire il vero, a me la limonata non è piaciuta mai troppo: è come bere acido, per me...
Il mio capo però me l'ha offerta con molta gentilezza, e non ho avuto il coraggio di dirgli che non mi piaceva...
... Osservai per qualche secondo la spremuta nel mio bicchiere, facendo
un forte respiro mentre mi preparavo alla mia condanna, avvicinando il
bicchiere alle labbra...
Prima che potessi ingerire la velenosa sostanza, però,
sentìi bussare alla porta, e colsi l'occasione per scappare
dalla mia responsabilità, posando il bicchiere ed alzandomi
dalla sedua, dicendo "Vado io!"
Arrivato quindi alla porta, la aprì ed osservai in volto il mio salvatore, una sorridente Jean Watson.
... Jean, mi hai salvato la vita: ti prometto che ti comprerò quel set di lenti d'ingrandimento per il tuo compleanno!
"Buongiorno, Law!" salutò con energia la mia amica, mentre io
ricambiavo rispondendole con un sorriso "Buongiorno, Jean. Ti vedo
piuttosto bene: è successo qualcosa di bello?"
"Oh, meglio, meglio! Siamo stati invitati ad un ricevimento!" disse
lei, piuttosto eccitata mentre mostrava due biglietti, mentre io
sgranavo gli occhi per la sorpresa.
"Uh... un ricevimento?" domandai, curioso di approfondire... ed in un
certo senso, preoccupato: quando tre settimane fa Jean si era
presentata con dei biglietti in mano, sono rimasto coinvolto nel mio
secondo caso come avvocato... e vista la mia sfortuna, non penso che
venire invitato da qualche parte possa portare a buoni risultati.
"Già! Recentemente hanno completato la costruzione delle Torri
Hebert, ed oggi ho ricevuto l'invito per il ricevimento. Il secondo
è proprio per te!" spiegò quindi la mia amica, mentre
osservavo il biglietto nelle mani della mia amica.
Era di colore blu scuro con dei lineamenti dorati ai lati, con su
scritto in corsivo 'Hebert Towers' con un carattere in corsivo
piuttosto elegante, che presumevo essere parte della firma della nuova
costruzione: dall'altro lato, vi era scritto a mano con un'ottima
calligrafia "Con la presente lettera, si comunica che Lawrence Trueman
è invitato al ricevimento per il completamento delle Torri
Hebert alle ore 14:45 del 14 Luglio 2024, al numero 15 di Washington
Avenue, nel quartiere Eastwood. Speriamo che lei sia interessato.
Sinceri saluti, Kurt Hebert."
"Hm... beh, non c'è che dire: mi fa piacere essere stato
invitato... ma non ti sembra un pò strano?" domandai quindi,
grattandomi la nuca e rileggendo nuovamente la lettera. Non so
perchè, ma il cognome mi suona familiare... è come se
l'avessi già sentito. Ma dove...?
"Intendi per il fatto che tu sia tecnicamente uno sconosciuto, e che
non capisci il motivo per cui il signor Hebert dovrebbe interessarsi a
te?" affermò Jean, deducendo immediatamente e con precisione
quali pensieri stessero attraversando la mia mente.
In risposta io annuì, dicendole "Esattamente." mentre lei si
metteva un dito di fronte al volto, ragionando sul mio dubbio.
"Beh, in effetti ci ho pensato anch'io... ma a rifletterci bene, non
è poi così strano: hai presente l'omicidio di Steve
Arwen, giusto?" mi chiese allora di rimando, ricordandomi del mio
secondo caso.
"Sì...?" feci, aspettando di vedere dove arrivasse con il suo ragionamento.
"Dopo aver risolto quel caso, hai ricevuto un sacco di esposizione
mediatica, e sei stato definito spesso un astro nascente
dell'avvocatura: sono certa che il signor Hebert è rimasto
colpito, e per questo motivo ha deciso di invitarti. E' sinceramente un
pò strano... ma non direi sia il caso di rinunciare ad un invito
per una festa, non credi?" mi spiegò, facendomi arrossire per
l'imbarazzo ed abbassare il capo.
... Non credo che dopo quello che è successo mi meriti di essere
diventato famoso in qualunque modo, ma non credo di poter influenzare
quello che televisione e giornali dicono di me...
Personalmente, preferisco non vedere nulla che mi riguardi quando
parlano di me, verrei solamente preso dal panico... e preferisco agire
senza essere a conoscenza della mia reputazione. Penso sia la cosa
più giusta fa fare.
"Uh... capisco. Non sapevo di avere tutta questa fama... sono un
pò imbarazzato." ammisi, grattandomi nuovamente la nuca mentre
tenevo lo sguardo basso.
"Oh, andiamo: non sentirti così! Dovresti essere fiero di
questo, te lo sei perfettamente meritato!" Mi disse Jean, dandomi una
amichevole pacca sulla spalla e cercando di sollevarmi il morale,
sospirando leggermente mentre alzavo lo sguardo. Vorrei esserne sicuro
quanto te, Jean...
"Ora però, andiamo! Dobbiamo muoverci!" mi disse quindi la mia
amica con una certa fretta, dando un'occhiata al suo orologio da polso
prima di voltare lo sguardo verso di me, con fare frettoloso.
"Eh? Perchè?" domandai subito dopo, non capendo il motivo della
sua preoccupazione, ricevendo quindi un'occhiataccia da parte della
ragazza dai capelli color sabbia.
"Ma come perchè, non hai letto l'invito? Il ricevimento inizia
tra poco!" mi fece quindi notare, mostrandomi l'orario: erano le 12.56,
e per arrivare ad Eastwood sarebbero state decisamente necessarie
almeno due ore di macchina... che io non ho. Le cose non promettono
bene...
"A-Aspetta! Non posso presentarmi così! Devo farmi una doccia,
vestirmi elegante, e..." provai a dire, imbarazzato e pensando di non
essere presentabile nelle mie attuali condizioni.
"Il tuo completo da avvocato va già benissimo, non preoccuparti!
Ora avanti, marsh!" disse quindi la mia assistente in risposta,
prendendomi per un braccio e dirigendosi verso le scale con passo
pesante.
"S-signor Grossberg, mi spiace ma devo uscire! Tornerò al
più presto!" affermai quindi mentre venivo tirato via, chiudendo
la porta verso di me mentre il signor Grossberg mi osservava confuso,
non capendo il motivo di tanta fretta nell'uscire, e probabilmente
ancora nel buio riguardo la qualità della limonata.
Procura
Ufficio di Travis Harley
14 Luglio
Ore 12.35
[Travis]
...
Continuavo ad osservare la lettera arrivatami mezz'ora prima, stringendola nelle mie mani e digrignando i denti.
... Chiunque mi abbia mandato questo, probabilmente sa del caso di
dieci anni fa... e del ruolo che mio padre ha giocato in esso.
La domanda, più che altro, è per quale motivo lo abbiano spedito a me...
Mi alzai dalla mia sedia, prendendo in mano la mia fida racchetta ed
iniziando a fare qualche palleggio: mi ha sempre aiutato a rilassarmi e
calmare la mente, quando avevo bisogno di riflettere per bene su
qualcosa, anche se finora non ha avuto chissà quale effetto sul
mio rendimento in tribunale.
Non pensavo che, di tutti i modi in cui potessi scoprire qualcosa su
mio padre, avrei finito per essere coinvolto proprio con le Torri
Hebert: tuttavia, se qualcuno mi ha mandato una soffiata del genere,
dubito fortemente che egli abbia intenzioni oneste e piacevoli.
... Mio padre è stato uno dei motivi per cui ho deciso di
intraprendere la strada del pubblico ministero. E' una cosa che non ho
mai detto a nessuno, nemmeno a Law, che probabilmente ha sempre pensato
che l'avessi fatto per poterlo sfidare in tribunale una volta raggiunte
le rispettive professioni.
Forse un pò è stato anche così, ma non è
stato di certo il motivo focale per cui ho intrapreso questa strada.
... Non ho molto tempo da perdere, però: devo avvertire
immediatamente la polizia e prendere le misure di sicurezza necessarie.
Le Torri Hebert sono state completate appena qualche giorno fa... e
visto che ormai sono stati invitati tutti i VIP e personalità
importanti al ricevimento non penso che il signor Hebert voglia
annullarlo all'improvviso, soprattutto se sapesse che la soffiata
è stata ricevuta da Travis 'Harley'.
Beh, fortunatamente ho un mio caro amico nelle forze dell'ordine che può aiutarmi per gestire una simile situazione.
Presi quindi il mio cellulare dalla tasca, continuando a palleggiare
mentre digitavo il numero ed aspettavo che la chiamata venisse
accettata, venendo poi accolto dalla familiare voce di un detective
dire "Pronto, chi parla?"
"Detective Hayes, sono il procuratore Harley. Abbiamo un caso di cui
occuparci." fu tutto ciò che dissi, prima di guardare fuori
dalla finestra, dalla quale erano chiaramente visibili le torri Hebert.
Non so chi ha intenzione di fare questa bravata... ma gli dimostrerò che con Travis Harley non si scherza.
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Questo è il primo capitolo di uno spin-off di Lawrence Trueman:
Ace Attorney, il quale racconterà sidestories rispetto alla
serie principale.
Il cast varierà molto, ma tutte le storie qui presenti verranno
considerate canoniche per la serie principale: in questa prima storia
(ambientata cronologicamente tra il secondo caso di Lawrence Trueman:
Ace Attorney ed il secondo), Law, Jean e Travis si ritroveranno
coinvolti in un problema diverso dai soliti casi, e durerà per
qualche capitolo prima di concludersi e lasciare spazio ad una storia
differente.
Spero che questa storia vi piacerà, nonostante il cambio di genere, e che il risultato possa essere piacevole da leggere.
Detto ciò, vi do appuntamento al prossimo capitolo, e ringrazio chiunque leggerà!
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Capitolo 2 *** Lawrence Trueman Ace Attorney: Senza via di fuga - II ***
LTBTC2
LAWRENCE TRUEMAN: ACE ATTORNEY - SENZA VIA DI FUGA
Parte 2
[???]
"Hmph... quindi, tutte le persone che ci interessano sono dentro?"
"Sì... non abbiamo potuto chiamare il Giudice Bree Hughes
nè Lauren Trueman, e suo marito Christopher Trueman è
deceduto qualche anno fa... ma abbiamo fatto sì che il signor
Hebert invitasse tutte le persone che ha chiesto, capo, oltre a qualche
celebrità di cui non ho per nulla sentito parlare."
"Molto bene... hai anche mandato la soffiata in procura, spero."
"Ovviamente. Però... non rischieremo di causare problemi al nostro piano?"
"... Non hai prestato la minima attenzione quando l'ho spiegato, vero?"
"Ehm..."
"Questo E' il nostro piano. Dobbiamo soltanto radunare tutta quella
gente nelle Torri e poi agire. Nulla di complesso, e nulla che possa
fallire."
".... Non la capisco alle volte, capo."
"Tu non devi capire infatti. Solo eseguire. Io sono la mente,
l'artista, il mastermind dell'opera d'arte a cui si assisterà.
L'importante è la presenza di Fantom Dethlone, Samantha e Jean
Watson, Lawrence Trueman... ed ovviamente lui, Travis Harley. Fintanto
che si troveranno lì, il piano andrà come eseguito."
"... Non si tratterebbe solo di una semplice e misera vendetta, però?"
"Una vendetta? Certo. Una SEMPLICE e MISERA vendetta? Nemmeno per idea.
Ho intenzione di fare le cose in grande ed alla perfezione. Per questo
ho deciso di usare le Torri Hebert come fulcro della nostra operazione:
c'è un qualcosa di poetico nell'usare il luogo in cui tutto
è iniziato dieci anni fa per dare il via a tutto..."
"... Signore, sinceramente, può rispiegarmi il piano? Mi sto perdendo con tutte queste iperboli..."
"... hmph. Il problema di farsi circondare da idioti... ma non
preoccuparti, avrai modo di vedere tutto in azione tra meno di qualche
ora..."
Quartiere Eastwood
Entrata Torri Hebert
14 Luglio
Ore 14.40
Wow... immaginavo sarebbe stato qualcosa di imponente, ma non mi aspettavo qualcosa di COSI' grosso!
Io e Jean eravamo appena arrivati di fronte alle Torri Hebert, ed io
stavo osservando l'esterno, chiedendomi quanto lavoro e soldi fossero
stati usati per realizzarlo.
Di fronte a noi c'era una grossa e vasta fontana, adorante ai lati da
alcune statue di divinità greco-romane (non sembravano essere
estremamente significative, e penso le avessero messe principalmente
per il senso di imponenza che trasmettevano) che tenevano in mano urne
dalle quali sgorgava acqua, con una statua d'oro massiccio al centro
della grande fontana raffigurante un uomo in giacca e cravatta, con
'KURT HEBERT - Owner of the Hebert Towers' scritto in caratteri
cubitali al di sotto, lasciando pochi dubbi su chi rappresentasse.
Attorno a noi, vi erano due aiuole altrettanto estese, con fiori di
molti colori e varietà diverse, disposti in modo tale da
comporre 'KURT' e 'HEBERT' rispettivamente (non mi piaceva giudicare la
gente, ma pensavo di poter dire senza troppi dubbi che il signor Hebert
avesse un'alta opinione della sua persona...).
Subito dopo, vi era la costruzione in sè: due grattacieli di
almeno un centinaio di piani l'uno, perfettamente simmetrici e con un
gran numero di finestre di vetro ache permettevano di vedere il
panorama circostante, interconnessi più o meno ogni cinque piani
da dei corridoi trasparenti che collegavano le torri.
Era davvero uno spettacolo incredibile a vedersi, e più tenevo
lo sguardo su quella costruzione, più mi sembrava assurdo che
fossi davvero stato invitato all'inaugurazione...
... Ho un brutto presentimento. Spero davvero che non succeda nulla, ma mi sembra fin troppo strano questo invito...
"Davvero bella, vero?" mi chiese quindi Jean, voltandosi verso di me e
sistemandosi gli occhiali, mentre io mi voltavo verso di lei, annuendo
distrattamente e dicendole "Sì..."
Jean sbuffò lievemente, per poi mettersi le mani sui fianchi e
domandarmi, "Sei ancora preoccupato? Dai, sarà divertente!
E se
anche succedesse qualcosa, avrai modo di affrontare il tuo terzo caso
in tribunale!", sorridendomi con l'intento di rassicurarmi.
Beh, effettivamente, in genere le cose per noi avvocati vanno
così... anche se non pensavo avrei affrontato così tanti
casi in meno di un mese: per quel che ho visto, avvocati come Phoenix
Wright a malapena facevano quattro casi all'anno...
Non volendo far preoccupare la mia amica, annuì nuovamente, prima di dire "D'accordo... sai a che piano dobbiamo andare?"
"Hm... sull'invito non c'è scritto, ma penso che alla reception
ce lo diranno. Andiamo!" mi comunicò quindi la mia assistente,
prendendomi la mano e dirigendosi verso la reception.
Gli interni della torre erano in marmo bianco finissimo, che insieme
alle ampie vetrate che davano verso l'esterno donavano al luogo un'aria
imponente e quasi futuristica, in netto contrasto con le statue
presenti all'esterno.
Mi sarei fermato ad osservare l'interno della struttura, ma visto che
il party stava iniziando in quel momento e non volendo arrivare in
ritardo, io e la mia amica ci limitammo a chiedere alla reception a
quale piano si stesse tenendo il ricevimento: dopo che ci fu detto che
era al cinquantottesimo piano, ci infilammo in fretta e furia
all'interno dell'ascensore (notando all'interno un avviso concernente
il fatto che solo alcuni piani sono connessi da scale, e che
l'ascensore era l'unico modo di accedere i piani tra il decimo ed il
ventesimo) e ci dirigemmo verso la Sala Ricevimenti, con io che speravo
davvero di non fare una figuraccia in mezzo agli invitati...
Torri Hebert
Sala Ricevimenti
14 Luglio
Ore 14.52
Una volta che l'ascensore arrivò al piano che ci
interessava, io e Jean ci guardammo attorno a bocca aperta, stupiti
dall'aspetto della sala in cui ci trovavamo ora.
Al contrario dell'entrata, questa sala era molto più adatta ad
occasioni mondane: vi erano varie colonne in stile greco-romano divise
ordinatamente e simmetricamente per la sala, ognuno con un paio di
tavoli a lato con cinque sedie ciascuno, al di sopra della sala
torreggiava un elaborato candelabro di cristallo, ed al centro della
sala vi era un'enorme tavolo circolare, dove varie pietanze erano
ordinatamente divise e pronte ad essere prese da chiunque volesse
mangiare, con al completare il tutto un'enorme statua di ghiaccio
rappresentante lo stesso uomo della stuatua all'entrata (come a voler
sottolineare per l'ennesima volta che il signor Hebert avesse un'alta
stima di sè, probabilmente), con una fontana di punch attorno.
Otto colonne (che immaginai essere quelle portati) si trovavano poi
attorno al tavolo centrale, facendo rassomigliare ancora di più
la sala ad una sorta di tempio antico.
"Wow! Questo posto è oltremodo chic!" fece Jean, guardandosi
attorno eccitata mentre mi trascinava con sè per la mano, mentre
io cercavo malamente di mantenere il passo.
"Ouch! Ferma, Jean! Mi stai staccando il braccio!" dissi io, ed in
risposta la mia amica si fermò di calmo, lasciando la presa sul
mio braccio e permettendomi di liberarmi e massaggiarmi il polso.
"Ops..." fece lei, guardandomi un pò imbarazzata mentre si
grattava la tempia, per poi scusarsi sentenziando "Scusa, Law, mi sono
lasciata prendere dall'entusiasmo: questo posto è fantastico!
Non riesco a credere che ci abbiano davvero invitato qui!"
Beh, c'era da aspettarselo, visto come mi ha letteralmente trascinato con sè per venire... anche se posso capirla.
Mi guardai intorno per un attimo, dicendo distrattamente "Sì,
è davvero un bel posto...", mentre guardavo nuovamente la sala
ed i vari invitati.
... Non mi sento molto a mio agio. Ogni volta che ho partecipato ad una
festa, sono sempre rimasto da solo in un angolino a parlare con le
persone con cui sono venuto. Incluso al mio compleanno.
Non riesco ancora a capire perchè abbiano invitato me e Jean
qui... so di stare diventando ripetitivo, ma c'è qualcosa che
non mi torna, e spero davvero che sia solo una mia impressione...
Fortunatamente, prima che io iniziassi a fare qualcosa di imbarazzante
pur di non sembrare una statua, io e la mia amica vennimo chiamati da
una voce familiare, che disse con aria confusa "Uh? Jean? Law? Siete
stati invitati anche voi?"
"Eh...?" io e soprattutto la mia assistente riconoscemmo immediatamente
la voce, e ci voltammo verso colei che aveva appena parlato.
Di fronte a noi si trovava una signora di cinquantatrè anni con
i capelli color bianco chiaro corti e pomposi, con un pò di
ciuffi rialzati vicino alla fronte, con gli occhi verdi e vestita con
una giacca nera, pantaloni grigio chiaro e sopra di esso uno spolverino
grigio, le cui tasce erano strapiene delle cose più varie senza
alcun ordine o perchè.
Si trattava della madre di Jean, Samantha Watson, amica di vecchia data di mia madre ed investigatore privato.
"Mamma? Che cosa ci fai qui?" domandò quindi la mia amica, sorpresa nel vedere il genitore lì.
Lei sorrise leggermente e chiuse gli occhi, prima di iniziare a dire
"Sono stata invitata a questo party, ovviamente: qualche anno fa ho
lavorato ad un'indagine con il signor Hebert, ed a quanto pare ha
voluto ricompensarmi per il mio aiuto durante il processo.",
controllandosi le tasche mentre parlava.
"Uh...? Quando è stato? Non mi sembra tu lo abbia mai avuto come
cliente..." fece quindi la mia assistente, confusa: se non erro, ogni
tanto ha fatto da 'segretaria' alla madre, ed ha praticamente
memorizzato tutti i clienti che l'hanno contattata negli ultimi anni.
"Infatti non è stato un mio cliente, il caso a cui mi riferisco
è avvenuto una decina di anni fa, quando ero ancora un detective
nella polizia." spiegò allora Samantha, mentre tirava fuori un
paio di squadre dalla tasca sinistra e le posava nuovamente nella tasca
destra, senza guardare nè me nè Jean negli occhi.
Sì... se non sbaglio, mia madre mi ha detto che Samantha
è stata la detective incaricata di molti casi di mio padre, fino
ad una decina di anni fa: non so perchè abbia deciso di mettersi
in proprio, ma non penso sia il caso di chiederlo... anche
perchè immagino che non sia stato qualcosa di piacevole.
"E perchè avrebbe dovuto
farlo...?" domandò quindi la mia assistente, per nulla convinta
da ciò che aveva detto.
"... Beh... ecco..." provò a dire sua madre, visibilmente
insicura su cosa dire, prima che il suo cellulare iniziasse a squillare
e lei lo afferrasse di fretta, per poi dire "Oh, scusate, devo
rispondere: magari ve lo dirò dopo. Divertitevi!", prima di
allontanarsi a passo lungo.
"..." sia io sia Jean (e soprattutto lei) rimanemmo senza parole di
fronte al comportamento dell'altra Watson. Era come se non volesse
parlare con noi del motivo per cui era qui... il che non faceva
altro che rendere la situazione ancora più sospetta.
"... Beh... dai, probabilmente non era una ragione importante..." suggerì, nonostante non ne fossi per nulla sicuro.
"... Io ho i miei dubbi, ma penso che mia madre avrà avuto le
sue ragioni per non dirmelo. Appena la troverò libera non
perderò tempo nel chiederglielo, però." ammise lei,
determinata.
Io le sorrisi, prima di iniziare a girare per la sala: visto che era la
prima volta che ci trovavamo in una situazione del genere, però,
i nostri primi tentativi di integrarci e di fare conversazione non
ebbero molto successo, e probabilmente avrebbero continuato ad esserlo,
se qualcuno non fosse venuto in nostro soccorso.
"Vi vedo un pò spaesati. E' la prima volta che venite ad
una festa del genere?" ci chiese in quel momento una voce sconosciuta,
ed io e Jean ci voltammo verso il parlante, incuriositi.
Di fronte a noi si trovava un ragazzo all'incirca della mia età,
con i capelli biondo metallo che terminavano con dei ricci al lato e
gli occhi azzurro-grigi: era vestito con un abito bianco molto formale,
con un farfallino a scacchi (che mi fece venire in mente Arwin Loose
per un attimo, chiedendomi dove fosse finito dopo il mio secondo caso)
e con delle scarpe con rialzo nere e lucide.
Era un completo perfetto per un occasione del genere... ad eccezione
della sua cintura, sulla quale portava un marsupio che stonava
tremendamente con la formalità del resto del suo abito: avrei
voluto chiedergli a che servisse... ma non credo di essere nella
posizione di giudicarlo: io mi sono anche scordato di togliermi il
distintivo da avvocato prima di venire...
"Ehm... sì, non siamo molto abituati a venire a questo genere di
eventi..." dissi io, grattandomi la nuca imbarazzato, per poi
ricompormi e presentarmi dicendo "Il mio nome è Lawrence
Trueman, comunque, sono un avvocato difensore. Lei invece è Jean
Watson, la mia assistente.", introducendo entrambi.
"Molto piacere di conoscerla, signor...?" chiese quindi la mia amica,
sembrandomi parecchio sospettosa: probabilmente, dopo tutti i tipi
misteriosi che abbiamo incrociato, avrà avuto qualche sospetto sulle
intenzioni di questo tipo... e non aveva tutti i torti.
"Sean O'Quinn, sono venuto in rappresentanza di un mio superiore, un
importante funzionario statale. Ho sentito parlare di lei, comunque...
ha fatto davvero un buon lavoro nel caso di Cody Hackins." si
complimentò quindi l'altro, osservandomi con un leggero
sorrisetto, anche se non sembrava avere cattive intenzioni.
"... La ringrazio, ma è una faccenda un pò complessa, e
buona parte del merito va al procuratore Travis Harley..." dissi io,
riflettendo su com'era finito il caso.
"Non c'è bisogno di essere modesti, ha comunque lavorato anche
lei al caso: dica quel che vuole, ma al banco della difesa c'era lei."
fu la semplice replica di O'Quinn, continuando ad osservarmi.
"..." non risposi nulla, un pò per imbarazzo ed un pò
perchè non sapevo cosa dire, e lo stesso pareva valere per Jean,
che probabilmente era dello stesso parere.
"So che la condanna di Remy Horace non è semplice da accettare
da un punto di vista etico, ma non penso di essere la prima persona a
dirle che non è colpa sua: onestamente, non penso che se avesse
permesso alla signora Horace di uscire dall'aula senza colpe le cose
sarebbero finite bene. Ha fatto la cosa giusta, anche se non era di
sicuro la più semplice." mi rispose quindi Sean, estendendo poi
il braccio di fronte a sè con il palmo aperto, come a voler
rinforzare in tal modo la sua frase.
... Sarà la ventesima volta che me lo dicono, ma io ho passato
gli ultimi momenti di quel processo a cercare di scagionare la signora
Horace. Tutti mi stanno dicendo che ho fatto la cosa giusta, ma se non
fosse stato per Travis, non penso che avrei anche solo pensato di far
finire il caso in modo diverso.
... Devo smetterla di pensarci, non voglio rovinare l'atmosfera o far
preoccupare Jean, specie dopo quella strana reazione di sua madre... so
che è difficile, ma devo farcela.
Scossi lievemente la testa, per poi sforzarmi di apparire calmo e
sorridere, dicendo "Sì, ha ragione, signor O'Quinn: la
ringrazio per avermelo detto."
Anche se probabilmente si era accorto della mia reazione, Sean si
limitò ad annuire prima di riprendere la parola, estendendo un
braccio
verso il tavolo del rifresco ed il resto degli invitati prima di
comunicarci "Ad ogni modo, non c'è molto da fare qui: basta fare
conversazione e mangiare qualcosa al rinfresco finchè la festa
non finirà. Non è esattamente eccitante, ma le persone
dell'alta società paiono andare pazze per occasioni come
queste..."
"Da come parla sembra che nemmeno lei sia del tutto contento di essere
qui..." notò Jean, mentre Sean si limitava a fare le spallucce,
non sembrandomi avere particolari pensieri sull'evento in questione.
"Onestamente non mi dispiacciono
eventi come questo, ma preferisco situazioni un pò più
movimentate ed incerte... l'imprevisto è il sale della vita,
dopotutto." fu la pronta risposta dell'uomo in bianco, sorridendo lievemente.
"Uh... giusto..." feci io in risposta, un pò insicuro su cosa
dire: personalmente, sono una persona che preferisce la
tranquillità, ma non mi andava di contraddire O'Quinn.
"L'importante comunque è saper apparire bene." spiegò quindi lui.
"... Non è quello che sta facendo proprio adesso?"
domandò allora Jean, aguzzando gli occhi, probabilmente
più per poca fiducia verso gente come lui che per qualsiasi cosa
avesse detto.
"Dai, Jean, non essere scortese..." dissi io, "Dai, Jean, non essere scortese..." dissi io. O'Quinn ridacchiò in risposta.
"Ahah, ma no... stavo solo cercando di darvi dei consigli utili, mi spiace se ha frainteso, signorina Watson. Posso assicurarle, tuttavia, che non ho nulla da guadagnare da voi, quindi, per quale motivo dovrei cercare di farmi ingraziare?" domandò allora Sean, con tono tranquillo.
Jean rimase ad osservare Sean per qualche secondo, probabilmente
pensando a ciò che aveva detto il nostro interlocutore, per poi
rilassarsi e dire "Beh... ha ragione, in effetti. Mi spiace di essere
saltata alle conclusioni."
"Di nulla."
affermò quindi il biondo, con tono ancora una volta calmo.
Proprio in quel momento, però, Sean estraette un cellulare (o
almeno qualcosa che gli somigliava, non avendo mai visto un modello
come quello) e controllò rapidamente lo schermo, prima di
voltarsi verso di noi e comunicarci "Pare che il mio datore di lavoro
mi stia cercando. Spero non vi dispiaccia se mi allontano
un attimo per rispondere."
"Non c'è problema, signor O'Quinn: grazie mille per i consigli."
lo ringraziai, mentre Jean annuiva: il nostro interlocutore allora ci
salutò, prima di allontanarsi lentamente, tenendo lo sguardo
fisso sul suo cellulare.
Mi voltai quindi verso Jean, per poi domandarle, un pò imbarazzato "Quindi... cosa si fa ora?"
"Beh, non penso sia il caso di dirlo: proviamo a prendere qualcosa da
mangiare!" disse quindi lei, trascinandomi verso il tavolo al centro ed
iniziando ad arraffare varie pietanze dal tavolo, dopo aver preso dei
piatti.
"Non vi consiglierei di toccare quel cibo, se posso permettermi: ho
già avuto a che fare con l'antisimmetrico cuoco che ha preparato
il rinfresco durante un mio processo, ed ho buoni motivi per sospettare
non sia una buona idea mangiarlo." ci suggerì però
qualcuno alla nostra sinistra, verso il quale io e Jean ci voltammo.
Ad aver parlato fu un uomo molto alto sulla trentina, con i capelli
scuri corti che terminavano con ciocche di color rosso scuro e con gli
occhi celeste chiaro. Indossava poi un soprabito nero scuro, con una
camicia grigio scuro ed una cravata rossa al di sotto, tutto
meticolosamente sistemato e, cosa più importante, simmetrica.
Normalmente mi sarei chiesto chi fosse, se non lo avessi saputo già in questo caso.
"Uh... aspetti, ma lei è... Fantom Dethlone, il vice-capo
procuratore?" domandai sorpreso, riconoscendolo all'istante e
conoscendolo di fama.
Il procuratore annuì con aria seria, per poi rispondermi "Sì, sono io. Voi siete l'avvocato difensore Lawrence Trueman e Jean Watson, vero? Ho saputo del vostro processo. Il comportamento del procuratore Harley è stato piuttosto antisimmetrico e freddo, come anche il vostro verso la fine, se posso permettermi di dirlo. Comprendere le persone e aiutarle, sì, è giusto… ma quella donna ha comunque compiuto azioni illegali. Non ha senso pensare di lasciare qualcuno impunito solo in base alla sua condotta. Ho personalmente provveduto a disporre le condizioni dell’arresto della Horace dopo quel processo, visto che il procuratore Harley non lo ha fatto… quando invece avrebbe dovuto.", facendomi abbassare lo sguardo e riflettere, un pò colpito negativamente dalle sue parole.
Non ha perso nemmeno un secondo per metterlo in mezzo... Ma perlomeno
qualcuno riconosce che il mio comportamento non è stato il
massimo. Non so se sentirmi male o bene, al riguardo.
Forse notando la mia reazione, il signor Fantom sorrise lievemente,
prima di dirmi "Non si preoccupi: siete entrambi ancora inesperti, ed è perfettamente plausibile che un caso come quello possa portare a delle decisioni non sempre corrette. Purtroppo nella nostra epoca stanno iniziando a spuntare tra i nostri colleghi i semi di un comportamento piuttosto antisimmetrico e lontano dall'ideale di giustizia che ci dovremmo prefigurare, e poche persone cercano di comportarsi diversamente, ormai. Mi raccomando, non abbandonate mai la giustizia.", con tono serio e paterno.
"... Comprendo quello che state dicendo, e la ringrazio per la
fiducia." dissi io, un pò imbarazzato dal sentirmi dire
ciò dal vice-capo procuratore in persona.
Spero davvero che non sia mal riposta... anche perchè, non so,
mi è sembrato quasi che si stesse sforzando di dirlo.
Probabilmente sono io ad essere troppo paranoico...
"Già che c'ero, volevo anche dirle una cosa, avvocato Trueman."
affermò quindi Dethlone con serietà, tornando ad
osservarmi fisso negli occhi.
"... Sì?" feci io, un pò nervoso che arrivasse qualche altra critica, ma cercando di mostrarmi calmo.
"Volevo farle i complimenti per i suoi capelli. E' raro trovare
qualcuno con una pettinatura così perfettamente simmetrica,
soprattutto quando si tratta di ricci indomabili come onde che si
infrangono su degli scogli..." affermò, unendo il pollice e
l'indice in un rombo di fronte al suo volto ed 'inquadrando' i miei
capelli all'interno.
... E' la prima volta che qualcuno mi fa i complimenti per i miei
ricci. Non credevo qualcuno li avrebbe mai apprezzati... finalmente
tutta la cura per renderli al meglio non sembra più tempo
sprecato!
"E' stato invitato anche lei qui dal signor Hebert, procuratore
Dethlone?" domandò allora Jean, mentre io mi allisciavo
lievemente i capelli con la mano.
"Sì. Ho avuto a che fare con lui durante il mio primo processo.
Mi è ignoto il perchè avrebbe voluto invitarmi, ma mi
piace pensare che sia stato per via del mio contributo nel toglierlo da
una situazione piuttosto scomoda in cui si era trovato. Immagino che
lei sia stato invitato al posto del vostro defunto e simmetrico padre,
avvocato." rispose, voltandosi verso di me alla fine della frase.
"... Mio padre ha affrontato un processo relativo al proprietario delle
Torri?" domandai, non ricordandomi di un processo del genere.
"Esattamente." rispose affermativamente l'uomo sulla trentina.
"... E per caso il detective incaricato delle indagini era mia madre?" domandò Jean dopo aver fatto due più due.
"Sì, era la detective Samantha Watson." confermò nuovamente il vice-capo, annuendo.
... Quindi era QUELLO il caso in cui Hebert e la madre di Jean si sono
conosciuti... e se davvero ha tolto dai guai il signor Hebert, rende
chiaro il perchè abbia invitato anche lei.
"Potrebbe darci qualche dettaglio in proposito, se non le è di
troppo disturbo?" domandai, non volendo perdere l'occasione per fare un
pò di chiarezza.
"Certo, non avrei alcun problema a raccontarvelo: se posso chiedere,
però, come mai vi interessa?" chiese a sua volta, osservandomi
con aria interessata.
"Beh, l'invito ci ha colti piuttosto di sorpresa, ed eravamo
interessati a sapere cos'hanno fatto i nostri genitori per guadagnarsi
la stima del proprietario." ammisi, mentre il signor Dethlone si
schiariva la voce.
"D'accordo, in tal caso. Inizierò a parlarvene immediatamente."
affermò allora il signor Fantom, unendo gli indici alle
estremità ed abbassando lo sguardo mentre iniziava a parlare.
"Si è trattato di un caso che ha riguardato proprio il cantiere
edile in cui è iniziata la creazione delle Torri in cui ci
troviamo in questo preciso istante. Alla difesa vi erano Christopher e
Lauren Trueman, mentre io, come ho già menzionato, ero al banco
dell'accusa, mentre il processo era presieduto dal Giudice Bree Hughes,
una donna squisita e simmetrica che condivide con me una passione
elevata per la sua professione, sotto la quale ho svolto la maggior
parte dei miei processi finora. L'imputato del processo è
stato..." iniziò quindi a dire, ma prima che potesse continuare
la narrazione del fatto, qualcuno lo interruppe.
"Oh, signor Dethlone! Non immaginavo ci fosse anche lei qui! Dovrei
chiederle una cosa riguardo un caso di cui mi sto occupando, se non le
dispiace." fece una voce maschile (dalla frase e dal tono immaginai
fosse un altro procuratore). In risposta, il vice-capo procuratore si
voltò per un attimo verso la persona che lo aveva chiamato, per
poi tornare a rivolgere lo sguardo verso di noi.
"... Scusatemi, il dovere mi chiama. Non appena avrò finito,
tornerò e finirò di raccontarvi del caso. Mi spiace per
l'inconveniente." si scusò quindi, visibilmente dispiaciuto.
"Non fa nulla, davvero: grazie per la disponibilità, signor
Dethlone." lo ringraziai io in risposta, anche se non era riuscito a
dirci moltissimo.
Lo vidi accennare un lievissimo sorriso, prima di rivolgersi verso il
procuratore che lo aveva appena chiamato (non lo vidi benissimo, ma
notai che aveva degli occhiali da sole ed un taglio di capelli da
moicano, anche se non mi parve di riconoscere chi fosse).
Mentre si allontanava, io chiusi gli occhi. Mi sembrava che mio padre mi avesse accennato di un caso simile...
10 Anni Prima.
Tribunale Distrettuale
Sala Imputati n°2
14 Luglio
Ore 9:40
[Christopher]
... Okay, calma e sangue freddo. Calma e sangue freddo.
Andrà tutto bene.
... COL CAVOLO!
ALTRO CHE ANDRA' TUTTO BENE!
... Calmati, Christopher, calmati! Non c'è bisogno di scaldarsi così tanto!
... Non è la prima volta che affronto un caso del genere, ma
tendo sempre a farmi prendere dal panico. Spero davvero che a Lawrence
non capiti lo stesso, in futuro...
Sospirai, prima di gettarmi sul comodo divano della sala imputati, in
attesa che il processo iniziasse. Avrei voluto ripetere un pò
qualcosa, ma ero conscio che a fare così non avrei fatto altro
che stressarmi ancora di più: e poi, Lauren e l'imputato non
sono ancora arrivati.
Tanto per fare qualcosa, controllai un pò se avevo tutto a
posto: il mio completo grigio cenere era sistemato alla perfezione,
come anche i miei capelli castani, inclusi i miei due ciuffi a 'falce'
sulla fronte rivolti verso l'esterno (probabilmente è anche per
come sono affilati che mi hanno soprannominato 'il Diamante della
Giustizia'...). Mi sistemai poi il distintivo da avvocato sul lato
sinistro della giacca ed i miei occhiali a lenti esagonali sul naso,
per poi sorridere leggermente: perlomeno non avevo nulla fuori posto, e
visto che il Giudice sarà Bree Hughes, è meglio
così.
Mi alzai dal divano e mi diressi a prendere un caffè: una volta
giunto alla macchinetta, misi una moneta ed aspettai che la bevanda
uscisse completamente, per poi prenderlo ed iniziare a berlo con calma.
Proprio mentre bevevo, però, la porta della Sala Imputati si
aprì di scatto, facendomi andare di traverso il caffè:
tossendo, mi voltai verso la porta, vedendo chi aveva appena fatto
irruzione.
Si trattava di mia moglie, Lauren (che in diciotto anni da quando ci
siamo conosciuti non ha ancora capito che non mi piace che apri le
porte così), ed un paio di agenti di polizia che stavano
scortando l'imputato.
Dopo aver smesso di tossire, mi ricomposi e dissi, con una nota di
sarcasmo "Oh, finalmente: pensavo che voleste perdervi il processo,
visto che manca solo un quarto d'ora all'inizio...", mentre mia moglie
mi guardava un pò male: mi accorsi che si era vestita con una
camicetta a maniche lunghe di colore violetto, con una gonna blu scuro
e delle scarpe nere, e stava tenendo i suoi capelli nella treccia
appoggiata sulla spalla che aveva iniziato a portare sin da quando
è nato Lawrence.
"Non è il caso di fare l'antipatico, eh: semplicemente, la
polizia ha voluto fare ulteriori controlli per assicurarsi che Conrad
non avesse nulla di pericoloso addosso, ed io dovevo chiamare un attimo
Law. E' appena arrivato il signor Pasted per la lezione di oggi e
volevo assicurarmi che fosse tutto a posto." mi disse quindi lei, per
poi rivolgersi verso gli agenti e dire loro "D'aaaaccordo, potete
andare ora: ce ne occupiamo noi adesso."
"Ehm... veramente, dovremmo rimanere, sapete, è un caso molto
particolare e..." provò a dire uno degli agenti, prima che
Lauren lo interrompesse.
"Oh, andiamo! Andatevi a prendere un caffè e rilassatevi!" si
lamentò la mia consorte, sbattendo il piede ed aspettando che i
due poliziotti se ne andassero.
"Ma il caffè possiamo tranquillamente prenderlo qu-"
provò a puntualizzare l'altro, prima che Lauren li prendesse per
la collottola e lanciasse loro uno sguardo infuriato.
"FUOOOOOOOORIIIIIIIIIIIIII!!!!!!!!!!!!!!" sbraitò quindi mia
moglie, letteralmente lanciandoli fuori dalla porta, per poi chiudere
loro la porta in faccia, lasciando loro (e me) completamente di stucco.
... Certe volte mia moglie mi fa paura. Tanta paura.
"Mph, questi poliziotti ficcanaso..." sbuffò Lauren, per poi
calmarsi e voltarsi verso l'imputato, dicendogli "E' tutto a posto,
signor Conrad?"
"Sì, non c'è di che, la ringrazio per avermi tolto quei
piedipiatti di dosso: ancora un pò ed avrebbero iniziato a
contare il numero di respiri che facevo ogni minuto..."
ringraziò l'imputato, sorridendo.
Era un uomo sulla quarantina, vestito con un pesante spolverino marrone
piuttosto consunto sotto ad un completo elegante di colore grigio
scuro, e con dei capelli spettinati di colore grigio scuro, che mi
parvero simili a delle fiamme per come si alzavano verso l'alto. Aveva
poi una barba piuttosto folta, ed un grosso taglio che gli attraversava
il volto da sotto all'occhio sinistro fino alla guancia destra,
piuttosto profondo e probabilmente causato dall'incidente a cui ha
preso parte.
In generale, dava l'impressione di un senzatetto... anche se, visto che
a quanto pare non è andato a casa per più di una
settimana ed è stato trovato così sulla scena del
crimine, non mi stupisce. Sembra aver passato davvero un brutto
periodo... eppure, lo vedo piuttosto allegro. Meglio chiedere al
riguardo...
"La vedo piuttosto gioioso nonostante la situazione, signor Harley.
Perchè?" chiesi, sistemandomi gli occhiali con la mano destra,
mentre il mio cliente si voltava verso di me, senza perdere il suo
sorriso.
"Oh, semplicemente ho fatto una telefonata a mio figlio ed a mia
moglie, ho assicurato loro che stavo bene ed ho ricordato a mia moglie
di prendere le medicine: sapete, ha il diabete e deve costantemente
prendere l'insulina..." mi spiegò lui, incrociando le braccia di
fronte a sè.
Ah, sì, me ne aveva accennato: ha un figlio di nome Travis ed
una moglie di nome Helen, e se non sbaglio suo figlio è un
compagno di classe di Lawrence, anche se non ho mai avuto modo di
conoscerlo bene nè di vederlo di persona...
Mh... non sembra stare mentendo. Però, non so, c'è qualcosa che non mi quadra...
Mentre io mi interrogavo su ciò, però, il mio cliente mi
osservò con aria seria, dicendomi "Oltretutto, ho fiducia in lei
e nelle sue capacità, signor Trueman. So che è
un'avvocato da molti anni, e non penso che un processo come questo vi
causerà grandi grattacapi..."
Io fui un pò imbarazzato dal venire complimentato in quel modo,
grattandomi lievemente la nuca per poi rispondere "Beh, la ringrazio,
ma non penso che un processo per distruzione di un cantiere edile ed
omicidio sia una materia facile da trattare, non importa quanta
esperienza possa avere..."
"Posso capirlo, ma sono sicuro che riuscirà a dimostrare la mia
innocenza: stia tranquillo e faccia il suo lavoro." mi rassicurò
lui, sembrandomi piuttosto fiducioso.
"Beh... lei come si dichiara, però? Sarei molto più
tranquillo se sapessi cosa si aspetta da me." domandai, anche se il mio
fine era anche quello di vedere se avesse qualche momento di dubbio o
specifiche di cui dovrei essere a conoscenza.
"Non Colpevole, ovviamente." mi rispose subito, chiudendo gli occhi ed osservandomi con serietà ed un mezzo sorriso.
Hm... non ha esitato nemmeno per un secondo. Forse dovrei fidarmi...
anche se, visto ciò che so del caso, ci sono molti dettagli che
non quadrano. Spero davvero che vada tutto bene...
"D'accordo, allora, le garantisco che uscirà dal tribunale come
un uomo libero." promisi, mentre Conrad si limitava a continuare a
sorridere, probabilmente pensando che ce l'avrei fatta.
Spero davvero che sia una promessa che potrò mantenere, visto il
caso... non sarebbe la prima volta che perdo un caso, ma non mi piace
per nulla il pensiero di mandare degli innocenti in prigione.
Mentre io riflettevo, però, mia moglie iniziò a
strattonarmi leggermente la manica della giacca per attirare la mia
attenzione, dicendomi "Ehm... Christopher?"
"Sì, Lauren?" feci io, voltandomi verso di lei con aria confusa.
"C'è qualcuno alla porta." puntualizzò poi mia moglie, inclinando la testa verso l'entrata della Sala Imputati.
"Uhm?" mi voltai verso la direzione che stava indicando, trovandomi di
fronte un ragazzo di ventuno anni dagli occhi azzurri, vestito con una
sorta di completo vittoriano di colore scuro, con sotto una sottoveste
di colore rosso sangue con rilegamenti dorati, con al collo un
cravattone annodato in una forma a croce e dei pantaloni in tono con la
giacca. Aveva poi dei capelli neri frastagliati con due ciuffi al
centro a forma di mezzaluna di colore rosso: ma la cosa più
strana è che, nonostante pettinature del genere finiscano per
essere disordinate, quella del ragazzo era perfettamente simmetrica da
entrambe le parti.
Sembrava appena uscito da una festa in maschera... anche se il suo
aspetto mi ricordava vagamente uno dei procuratori che ho affrontato
nel corso della mia carriera, Manfred von Karma.
"Mi scuso se non mi sono presentato prima, ma visto che stavate
parlando con l'imputato pensavo non fosse il caso di disturbare." si scusò quindi lui, con tono cortese ed educato.
"Non c'è alcun problema: lei deve essere il procuratore affidato
al caso, immagino." azzardai, avendo già sentito che il mio
avversario sarebbe stato un giovane al suo primo caso, senza che
sapessi molto altro in proposito.
"Esattamente. Molto lieto di conoscerla, il mio nome è Fantom
Dethlone." si presentò il giovane, facendo un elegante inchino
mentre teneva entrambe le mani perpendicolari al corpo.
"Altrettanto: io sono Christopher Trueman, e lei è mia moglie
Lauren." presentai io in risposta, mentre mia moglie si limitava ad
annuire: generalmente in occasioni come questa non tende a parlare
molto... e viste le sue conoscenze legali, penso sia meglio
così, visto che altrimenti non mi farebbe fare altro che
figuracce, cosa che l'esperienza ha dimostrato più di una volta.
"Ho già avuto modo di conoscerla: ha affrontato qualche processo
contro il mio maestro, il signor von Karma." puntualizzò allora
lui, con tono serio e calmo.
Quindi è per questo che è vestito in questo modo... avrei dovuto immaginarlo:
però, mi pare un pò strano. Non mi da lo stesso senso di
'pericolo' e di minaccia del suo mentore...
Hm... però, Dethlone... mi pare di aver già sentito questo cognome. Ma dove?
"Signor Dethlone, buongiorno. Come si sente oggi?" chiese quindi
l'imputato, e notai che il procuratore sembrò sorpreso della cortesia... probabilmente perché veniva dall'imputato stesso.
"Molto bene, grazie. Sono pronto per affrontare questo processo, ed ho
intenzione di raggiungere un verdetto perfettamente simmetrico."
proclamò quindi Dethlone, con un leggero sorrisetto.
... Un verdetto simmetrico? Cosa sarebbe?
... Anche se, a ben vederlo, TUTTO il suo stile è perfettamente
simmetrico, persino i suoi gesti vengono perfettamente riflessi da
entrambi i lati...
... Oddio, non ditemi che è anche lui uno di quei procuratori
con tic assurdi... perchè pare che tutti debbano avere qualche
strana ossessione?
Lauren trovò anch'essa strano il termine adoperato dal
procuratore, ma decise di non dire nulla per non sembrare inopportuna,
ed io feci lo stesso.
Fantom riprese quindi la parola, aggiungendo "So che probabilmente
starete pensando che io sia come il mio mentore... ma non è
assolutamente così: al contrario del signor von Karma e dei miei
fratelli adottivi Miles e Franziska, io non perseguo l'ideale della
perfezione, bensì la simmetria. Come procuratore, ciò che
mi interessa è il raggiungere un verdetto equo, senza
incolpare gli innocenti: se c'è una cosa che più odio al
mondo sono i criminali, e se applicassi gli insegnamenti del mio
maestro nello stesso modo in cui lui li utilizza, non farei altro che
antisimmetricamente scendere al loro stesso livello.", accompagnando le
sue parole dall'unire gli indici, ovviamente in modo perfettamente
simmetrico.
Da come parla, pare piuttosto dedito al suo lavoro... anche se è
il suo primo caso come procuratore, penso che non debba abbassare la
guardia.
Fantom controllò allora l'orario sull'orologio della sala
imputati, per poi comunicarci "Sono quasi le 10, a breve
inizierà il processo: penso sia il caso che io mi avvii. Ci
rivedremo dentro, avvocato."
Io annuì in risposta, per poi dire "Le auguro buona fortuna,
procuratore, e spero si riesca a raggiungere un verdetto equo e
giusto.", sorridendo al mio 'avversario'.
Sul volto del giovane si delineò un leggero sorriso a sua volta,
per poi tornare serio e rispondermi "Lo spero anch'io: conto su di lei
per il perseguimento di tale scopo, allora."
Subito dopo, Fantom Dethlone si girò e si allontanò,
augurandomi "Buon lavoro, signor Trueman." prima di uscire dalla Sala
Imputati.
"... Che tipo strano." fu il commento di mia moglie, piuttosto stranita dal modo in cui si era presentato il procuratore.
Io sospirai seccato, prima di ammonire la mia consorte dicendole
"Lauren, sai bene che apprezzo che tu mi voglia aiutare, ma come ti
dico da anni... non dire nulla di strano con il procuratore ed il
Giudice, okay? So che in procura si discute ancora del fatto che io
sono caduto in una piscina mentre passeggiavo senza accorgermene, dopo
che ti è scappato durante un processo..."
"Oh, andiamo! E' stato divertente!" ribattè lei, mentre io
sbuffavo lievemente, incrociando le braccia e voltandomi dall'altra
parte.
"Per te, magari." aggiunsi io, mentre notavo con la coda dell'occhio
che Lauren aveva fatto le spallucce e scosso la testa, seccata a sua
volta.
"Sei troppo serio, Christopher." mi rimproverò mia moglie, facendomi
girare nuovamente verso di lei e replicare con "Ehi, guarda che ho un
ottimo senso dell'umorismo!"
"Che fa ridere solo te." fu la precisazione di Lauren, zittendomi immediatamente e facendomi abbassare lo sguardo imbarazzato.
"Ehm..." provai a dire, ma prima che potessi dire qualcosa di senso
compiuto, Conrad si mise in mezzo, osservando entrambi con aria
annoiata.
"Mi spiace interrompere la lite coniugale, ma penso che sia il caso di
entrare in Sala Udienze: il processo dovrebbe iniziare tra pochi
minuti, dopotutto." puntualizzò, ricondandoci di
quell'importante dettaglio.
Io mi ricomposi subito, grattandomi la nuca con imbarazzo mentre mi
scusavo con un "Err... ha ragione, signor Harley, mi scusi. Ha ragione,
e mi scuso per la poca professionalità."
... Mamma mia, mi sento come un bambino che viene sgridato dalla
mamma... dovrei davvero provare ad essere più professionale,
credo...
"Non è un problema. Andiamo, allora?" chiese quindi l'imputato, sembrandomi impaziente.
Io mi limitai ad annuire e rispondergli "D'accordo.", prima di
dirigermi con lui e mia moglie verso la sala udienze, mentre io
riflettevo sull'incontro che avevo avuto poco prima.
Ammetto che questa non me l'aspettavo. Non credevo che avrei affrontato un procuratore allievo di von Karma in questo processo.
... Non mi è mai andato troppo a genio come persona, e sono
contento che almeno Fantom pare non voler proseguire sulla stessa
strada del suo insegnante: ho il timore che sempre più
procuratori e persino avvocati inizieranno a seguire l'esempio negativo
che sta ponendo, cosa che sta già iniziando ad avvenire.
Io voglio continuare a credere nella giustizia ed a fare il mio lavoro
come ho sempre fatto per quasi vent'anni, e spero davvero di non essere
l'ultimo a farlo.
...
Prima che potessi pensare altro in materia scossi la testa, togliendomi
dalla mente quei pensieri e decidendo di concentrarmi sul caso.
Ho una promessa da mantenere, ed ho intenzione di combattere fino all'ultimo per realizzarla.
Con questa determinazione, io, Lauren e Conrad abbandonammo la Sala
Imputati, per poi dirigersi nella Sala Udienze, pronti per l'inizio del
processo.
... In quel momento, non potevo assolutamente immaginare cosa noi
avremmo finito per scoprire, e come il caso si sarebbe chiuso...
Presente.
[Lawrence]
... Non è un caso su cui so molto e non so nemmeno il nome
dell'imputato, ma ricordo chiaramente che mio padre me ne aveva
parlato. Ed appunto, è anche lo stesso caso in cui la madre di
Jean ha conosciuto il signor Hebert...
Mentre io mi perdevo nelle reminiscenze, però, il flash di una
macchina fotografica mi abbagliò per un attimo, facendomi
coprire gli occhi mentre sentivo una voce conosciuta dire "Gotcha! Con
questa, ho catturato l'immagine di una persona persa negli abissi della
memoria, reminiscendo di eventi che non lo riguardano ma che
sicuramente avranno effetto su eventi futuri!"
Sorpreso dal risentirla, io aprì gli occhi, e dopo qualche
secondo riuscì a riconoscere la figura di fronte a me: aveva i
capelli castani increspati divisi in varie punte a casaccio, con gli
occhi blu, una giacca pesante blu e dei pantaloni dello stesso
colore addosso e con una fotocamera un mano, legata al suo collo con un
laccetto.
Si trattava del mio primo cliente, Ralph Otom, fotografo al lavoro
presso il giornale scandalistico Hall of Shame, insieme a mia cugina
Colette.
"Buongiorno, signor Trueman! Come sta? E vedo che ha con lei la sua
assistente!" salutò quindi con aria allegra il fotografo,
lasciando penzolare la sua macchina fotografica e salutandoci con la
mano allegramente.
"Signor Otom?" feci io, sorpreso dal vederlo, mentre la mia assistente lo osservava altrettanto confusa.
"Otom? L'imputato del tuo primo caso?" mi chiese lei, ed io
annuì in risposta: prima che potessi presentarla, però,
Otom mi anticipò, alzando nuovamente un braccio energicamente e
proclamare "Eh sì, sono proprio io! L'imputato universale! Colui
che tutti vogliono difendere e che vive di cause! Sono già stato
messo sotto processo una dozzina di volte da quando mi avete visto!"
"Eh...? Sul serio?" domandai, basito: com'è possibile che qualcuno finisca sotto processo COSI' spesso!?
"Eh già! Pare che sia il mio destino essere difeso dalle forze
del male da qualunque avvocato abbia una storia da raccontare!"
commentò quindi
Mamma mia... ha una sfortuna peggiore di Maggey Byrde, quella ragazza
che è stata due volte imputata di Phoenix Wright... eppure, non
mi sembra troppo preoccupato di essere processato così spesso. E
cosa intende dire con 'qualunque avvocato abbia una storia da
raccontare'?
"Ehm... capisco. Molto piacere di conoscerla, comunque." fece quindi la
mia assistente, un pò confusa ma comportandosi in modo educato,
mentre Ralph continuava a sorridere.
"Il piacere è tutto mio! Tra parentesi, posso farle una foto,
signorina Watson? Mi servirebbe una sua foto, visto che ha saltato il
primo caso!"
"Uh... okay..." fece quindi Jean, ancora più confusa di prima, mentre si metteva in posa e Otom scattava la foto.
"Gotcha! Con questo ho la foto di una assistente con un ego grosso
quanto Giove, la cui fallacità nel considerare il proprio
intelletto la porterà sulla via dell'autodistruzione personale,
fisica e mentale! Un aggiunta immancabile per il mio Otomdex!"
proclamò Ralph, osservando con aria contenta e soddisfatta la
sua macchina fotografica.
"..." fui un pò preoccupato al vedere l'espressione di Jean
rabbugliarsi, pensando che si sarebbe arrabbiata con il mio primo
cliente, ma fortunatamente ella riuscì a contenersi, limitandosi
a grattarsi la tempia e cambiare discorso, domandando "Ehm... comunque,
signor Otom, potrei farle una domanda? Che cosa sta facendo qui?"
"Beh, è ovvio: sono venuto per scattare foto per il nostro
articolo sulle Torri Hebert! Sarebbe venuta anche Colette, ma è
impegnata nella ricerca di informazioni su alcuni problemi alla
spiaggia Gembeach, quindi per oggi sono da solo." spiegò quindi
Ralph.
"Oh, capisco: immagino che ci rivedremo nel corso della festa, quindi."
dissi io, immaginando che avrebbe continuato a fare foto per il resto
dell'evento.
"Esattamente: ora però scusatemi, devo prepararmi a fare delle
foto al signor Hebert, è appena entrato!" si scusò allora
lui, per poi girare su sè stesso e correre di fronte a
sè, all'altro capo della sala in cui trovavamo.
"Uh?" feci io, voltandomi verso la direzione in cui il fotografo era appena 'scappato'.
Da una porta sul muro opposto a quello dalla quale eravamo entrati io e
Jean con l'ascensore erano appena entrate quattro persone, riconoscendo
immediatamente una di esse: si trattava dello stesso uomo raffigurato
nella statua all'entrata (che presumetti essere quindi il signor
Hebert), un uomo in giacca e cravatta di colore grigio antracite, dalla
muscolatura piuttosto pronunciata e con dei capelli brizzolati, corti e
ben ordinati: notai anche che aveva una piccola cicatrice all'altezza
del sopracciglio destro ed una sulla guancia sinistra (dettagli che non
aveva incluso nella sua scultura), ed aveva l'aria di essere piuttosto
nervoso.
Attorno a lui si trovavano altre tre persone, due donne ed un uomo,
tutti vestiti con un completo dello stesso tipo di 'Hebert', ed avevano
rispettivamente i capelli di colore rosso e biondo per le due donne e
castano per l'uomo, anche se non sembravano aver nulla che risaltasse
all'occhio, e sembravano piuttosto anonimi ammassati attorno al
proprietario della torre.
Una volta che l'attenzione dei presenti si calamitò su di loro,
Kurt aprì gli occhi, sforzandosi visibilmente di sorridere prima
di dire, con tono allegro "Benvenuti, signori e signore! Io, Kurt
Hebert, sono venuto qui per porvi personalmente i miei saluti. Vorrei
ringraziare tutti voi che siete venuti, ed in particolare il mio staff
per avermi aiutato nella costruzione delle Torri Hebert! Ringrazio di
cuore Amelia Vent, Maddie Oscar, e Victor Timm per avermi permesso di
realizzare questo progetto, dopo dieci anni di lungo lavoro! Vorrei
tanto dire altro, ma penso che siano cose che molti di voi già
sanno, e probabilmente non vedete l'ora di poter iniziare
effettivamente con i festeggiamenti: quindi, non posso che augurarvi
una buona festa! Grazie ancora per essere stati qui in questo
importante giorno!", indicando le varie persone mentre le ringraziava
(Amelia era la rossa, Maddie la bionda e Victor il moro) e ricevendo in
risposta uno scrosciante applauso dai presenti (alla quale ci
aggiungemmo anche io e Jean, nonostante non pensassimo avesse detto
nulla di così eclatante).
Detto questo, Kurt si allontanò, probabilmente dovendo fare
qualcos'altro prima di unirsi effettivamente ai festeggiamenti: proprio
mentre si allontanava, però, sentì qualcuno sbuffare
seccato a poca distanza da noi.
"Mah, un salutino da quattro soldi e neanche un accenno di qualcosa un
pò più elaborato. Tipico di Kurt." affermò
qualcuno aria seccata, e voltandomi mi trovai di fronte un uomo vestito
con un abito estremamente simile a quello di Hebert e del suo staff,
con una grossa zazzera di capelli castani ricci e dagli occhi dorati,
oltre ad avere la pelle piuttosto screpolata e 'ruvida'.
"Uh?" feci io, un pò confuso dalle sue parole, mentre l'uomo si
voltava verso di me, tenendo le braccia incrociate con aria un
pò seccata.
"Dicevo che fa sempre così. Vuole avere un attimo di attenzione
e poi via, tutti a fare quel che vogliono. Non è una cattiva
persona, ma vuole sempre avere l'attenzione della gente... per poi non
sapere che farsene." ammise, un pò più calmo di quanto
fosse prima.
"Uhm... lei chi sarebbe?" chiese quindi Jean, interessata ed inclinando la testa di lato.
Il castano fece un lieve sorrisetto, mettendo le mani sui fianchi prima
di presentarsi dicendo "Waylon Dent, molto piacere. Voi siete Lawrence
Trueman e Jean Watson, giusto? Ho seguito il vostro processo. Un ottimo
lavoro per dei principianti."
Io abbassai la testa un pò imbarazzato, grattandomi la nuca e rispondendo "Ehm... grazie. Troppo gentile..."
Mi chiedo se ci sia qualcuno che NON ha seguito il mio caso, qui attorno, visto che me lo stanno ricordando ogni due secondi...
"Come mai sta parlando con noi, però?" chiese allora Jean,
alzando un sopracciglio e visibilmente sospettosa del fatto che ci
conoscesse, come prima con O'Quinn.
Waylon fece le spallucce, per poi confessare senza problemi
"Così, volevo scambiare giusto un paio di parole con il figlio
di Christopher... mi aveva fatto un'ottima impressione, tempo fa."
"Conoscete il padre di Law?" fu la domanda successiva della mia amica,
non poi tanto sorpresa, mentre io osservavo il nostro interlocutore
incuriosito.
"Certo, ed anche tua madre, Samantha Watson... entrambi delle splendide
persone. E' un peccato che la situazione in cui ci siamo conosciuti sia
stata tremendamente scomoda..." ammise quindi Dent, alzando lo sguardo
con aria nostalgica ed un'espressione allegra sul volto.
Probabilmente Jean lo avrebbe ora tempestato di domande, se Waylon non
avesse aggrottato le sopracciglia, come se avesse ricordato qualcosa di
importante.
"... Umpf, scusate, mi sono ricordato di avere una discussione
importante da fare con Kurt adesso. Spero di potervi incontrare in
futuro... se non vi succederà nulla." affermò quindi,
prima di girarsi e darci le spalle.
E così, misterioso come si era presentato, si allontanò
verso la stessa porta dalla quale Kurt era uscito, abbandonando la sala.
Certo che oggi nessuno riesce più a parlare più di due
secondi con qualcuno... anche se immagino sia così che funzioni
in questo tipo di eventi.
... Però, questa è già la seconda volta che
menzionano mio padre qui. Ed il nome di Kurt Hebert non mi suonava poi
tanto poco familiare... che abbiano affrontato un caso insieme? Questo
magari giustificherebbe meglio il motivo per cui io sono stato
invitato...
... Continuo ad avere quel brutto presentimento. Devo proprio smetterla
di pensarci... ma continuo a pensare che succederà qualcosa di
brutto.
Jean sbuffò, ammettendo che avrebbe voluto inseguire Waylon per
avere più informazioni, anche se fortunatamente comprese lei
stessa che sarebbe stato solo imbarazzante, in un'occasione come quella.
Io e la mia amica avremmo provato subito dopo a fare conversazione con qualcuno dei
presenti al momento, anche per distrarci da questo tipo di pensieri, se un urlo non avesse attirato la nostra
attenzione come quella di tutti gli altri invitati.
All'altro capo della stanza, due uomini stavano avendo un acceso
dibattito: uno di loro aveva i capelli e gli occhi castani ed era
vestito con un completo giallo canarino, con le lettere RR ricamate
sulla giacca ed un paio di occhiali da sole sul volto, mentre l'altro
aveva un completo con giacca e cravatta grigio scuro, con degli occhi
azzurri e capelli castani legati in un codino, ed una rosa nel taschino
della giacca.
"E non osare farti più vedere! Sai bene che posso fartela
pagare! Non farmelo ripetere!" sbraitò l'uomo dal completo
giallo, stringendo con forza i pugni ed allontanandosi, visibilmente
nervoso, mentre il suo altro interlocutoresi limitava a guardarlo di
traverso e sbuffare stizzito, prima di allontanarsi a sua volta nella
direzione opposta.
Mi stavo chiedendo cosa potesse essere successo, quando qualcuno prese
la parola vicino a noi, dicendo "Ehm... scusatelo, Ricardo ha avuto
alcuni problemi con il signor Nolan di recente, e per questo non gli ha
fatto piacere vederlo qui..."
Ad aver parlato era una ragazza più o meno della mia età,
con i capelli di colore rosa shocking ed un abito da principessa dello
stesso colore, che insieme ai lineamenti del volto piuttosto rotondi,
la facevano sembrare più giovane ed infantile di quanto
probabilmente era.
"Non c'è alcun bisogno di scusarsi, signorina..." provò a
dire Jean, mentre la 'principessa' si presentava con un energetico
"Grace Sugar, piacere di conoscervi! Voi chi sareste?"
"Il mio nome è Lawrence Trueman, avvocato difensore, e lei
è la mia assistente Jean Watson. Molto piacere di conoscerla,
signorina Sugar." affermai io in risposta, cercando di mostrarmi
cordiale come O'Quinn aveva consigliato.
"Il piacere è tutto mio! Siete stati invitati anche voi qui dal
signor Hebert?" chiese quindi Sugar con interesse, mentre teneva lo
sguardo fisso su di me.
"Sì, esatto. Immagino anche lei, giusto?" domandò allora Jean al mio posto, battendomi sul tempo.
"Non proprio, sono venuta insieme a Ricardo! E' lui che è stato
invitato, io lo sto solo accompagnando." rispose lei, mostrando un
sorriso a trentadue denti nonostante non si fosse voltata verso Jean,
cosa che aveva visibilmente irritato la mia amica, anche se non disse
nulla.
"Uh... sei la sua fidanzata o qualcosa del genere?" domandai io, un
pochino imbarazzato dal modo in cui continuava ad osservarmi... e a
dire la verità, anche un pò intimorito.
"Beh... ecco..." provò a dire lei, ma prima che potesse finire la sua frase, qualcuno la interruppe.
"Grace, vieni subito qui. Ti ho già detto che non voglio tu
parli con degli estranei." disse quindi l'uomo con il completo giallo
di prima (che, viste le iniziali sull'abito, immaginai essere il signor
Ricardo), con aria seccata ed osservando la ragazza in rosa con sguardo
penetrante e severo.
"S-sì, Ricardo." rispose preoccupata la ragazza, staccando gli
occhi da me e voltandosi verso l'uomo, per poi dirci, sorridendo senza
nemmeno voltarsi verso di noi "Scusate, devo andare adesso.
Divertitevi!", per poi avvicinarsi in fretta all'uomo.
"Uh... okay..." feci io, mentre vedevo Ricardo prendere Grace con
sè ed allontanarsi a passo pesante, probabilmente per andare in
una qualche zona più appartata della sala.
Io e Jean rimanemmo confusi dall'evento, e lei li avrebbe seguiti
per capire cosa stava succedendo (come voleva fare anche per Dent
prima) se non le avessi detto che non era il caso di metterci in mezzo.
Dopo quell'episodio, nonostante fossimo ancora confusi dal modo in cui
Grace si era allontanata, sia io sia Jean cercammo di continuare a fare
come O'Quinn ci
aveva suggerito ed iniziammo a parlare con il resto degli ospiti:
incontrammo in questo modo varie persone piuttosto particolari e
cordiali, come il professore di scienze dell'Università Lupius
Matt Tennant, fissato con i farfallini e le radici quadrate (mi
ricordò un pò Hayes, anche se a quanto ho capito
l'abitudine l'ha presa da un professore sotto cui ha studiato, un certo
Simon Matth); Anita Savoir, una giovane campionessa di scacchi
piuttosto nota nella contea e di fragile costituzione fisica (l'ho
vista più volte usare un inalatore, cosa che suggeriva avesse
problemi respiratori), ma abbastanza sarcastica e della lingua
tagliente, seppur comunque socievole; Ronald Dlanor, un tizio anche
più eccentrico di Tennant che diceva di venire da una
città chiamata Deepsea, ed il cui cognome mi ricordò
Richard McDlanod, il colpevole del terzo caso di Wolf Lonnie, motivo
per cui non parlai molto con lui e tentai di tenermi relativamente a
distanza; ed infine Wolfram Beng, un simpatico venditore di auto usate
(nel business da 28 anni, a quanto diceva) che ha aiutato parecchio il
signor Hebert all'inizio della sua carriera. Ebbimo modo di parlare
molto con tutti loro, discutendo del più e del meno, delle
nostre famiglie, del nostro lavoro (mi era anche parso di sentire un
tipo di nome Keith discutere del signor Parfrey, anche se non
riuscì a parlarci molto, nonostante mi sarebbe piaciuto farlo),
e su cosa ci aspettavamo succedesse in futuro.
Ma nonostante tutto, nessuno di noi si sarebbe di certo aspettato quello che, in meno di un'ora, sarebbe avvenuto...
[Keith]
Wow, questo sì che è un posto fantastico! Non riesco a
credere che il signor Todds abbia deciso di farci venire qui!
Oh, giusto: penso sia il caso di presentarmi, in genere si fa così quando ci si trova in una situazione come questa!
Salve a tutti, il mio nome è
Keith Forrest! Sono un giovane e promettente avvocato... o almeno, lo
sarò a breve (anche se purtroppo mi manca il nome legale... ma
non è un dramma)! Presto dovrò partire per la Germania,
ed il signor Todds, il padre dei miei amici Arno ed Ellie, ha deciso di
mandare me e sua figlia a questa festa, non potendo venire di suo.
Davvero un ottimo regalo d'addio, non c'è che dire!
Ho, come da copione, dei capelli piuttosto strambi: dei normalissimi
capelli di colore rossiccio, con un bellissimo e coloratissimo ciuffone
multicolore dietro. Oltre a quello ho degli occhi marrone castagna,
anche se purtroppo ho delle sopracciglia piuttosto normali e anonime...
nessun segno particolare lì, spiacente!
Non sapendo cosa mettermi, mi sono vestito con il completo che
userò per la mia carriera: un semplice abito verde chartreuse.
E... beh, questo è quanto. Non pretendete di certo che vi dica tutto in un prologo, vero?
"Ehi Ellie, tecnicamente quella che dovrebbe essere la mia prima
comparsa in senso cronologico non concerne un caso uno... significa che
avrò un po' di background? O pensi che avverrà qualche
macello di qui a poco?" domandai speranzoso, osservando la mia amica:
aveva i capelli castani raccolti in una coda, con un graffio sul
sopracciglio sinistro. Indossava in quel momento i suoi soliti abiti
'da lavoro': un pantalone di jeans blu scuro con bretelle ed una
camicia a righe blu e rosse, che le davano un aspetto piuttosto da
nerd... anche se a mio parere è comunque carina, così! Ed
è perfetta come assistente!
"Potrebbe anche essere solo e soltanto una costruzione di un elaborato
prologo: sai com'è, oggigiorno bisogna essere creativi con gli
inizi... mi spiace che Arnold non sia potuto venire, però.
Immagino mio padre non volesse facessimo brutte figure." affermò
lei, sbuffando un pò seccata: probabilmente era preoccupata che
succedesse qualcosa ad Arno, visto che probabilmente il signor Todds
l'aveva lasciato da solo... ma sinceramente credo che stia bene. E' un
bravissimo ragazzo, dopotutto.
"Ma dai, tuo fratello avrebbe potuto mettersi in un angolo e non
avrebbe dato nell'occhio... mi dispiace per lui, comunque. Anyway
listen! Hai visto quanti procuratori supermegacool ci sono in giro?
Tipo quel Fantom Dethlone? Se me lo rivalizzo la mia serie avrà
un avversario potente e ne guadagnerà molto! Che ne pensi?"
domandai io in risposta, mentre continuavo a cercare qualche
procuratore importante: con un pò di fortuna, magari avrei
potuto incontrare persino Miles Edgeworth in persona! Quello sì
che sarebbe un rivale coi fiocchi!
"Beh, penso che purtroppo sarà impegnato nella storia di
qualcun'altro... però, già che c'ero ho invitato un'altra
persona: volevo fartela conoscere prima che partissi per la Germania, e
pensavo sareste andati d'accordo!" mi avvertì quindi lei,
sorridendomi.
"OH YEAH! Sei la migliore, una assistente che mi procura un rivale
è un ottimo aiuto! Temevo per il fatto che Arnold non lo
è diventato, però questa svolta inaspettata giunge al
momento giusto!! EBBENE EBBENE, fammelo vedere, il mio futuro
avversario!" le risposi io, mostrandole il pollice alzato ed impaziente
di conoscerlo.
"D'accordo, allora! Killian, vieni!" fece quindi la mia amica, intimando il mio futuro rivale a presentarsi.
"Eccomi, Ellie!" affermò quindi il mio nemico forense, mentre io
lo osservavo con attenzione: al contrario di tutti gli altri presenti
era vestito in modo piuttosto informale, con una giacca di jeans sopra
ad una maglietta nera a maniche corte, con dei pantaloni grigi e delle
scarpe nere, con degli occhiali da sole sul volto ed i capelli biondi
tenuti (con moltissimo gel, immagino) in un taglio da moicano sulla
sommità del capo.
Hm... non male, non male davvero! L'amico si presenta davvero bene, non c'è che dire!
"Hm... quindi, tu sei il famoso Keith Forrest, eh? Ellie mi ha parlato
spesso di te. Mi chiamo Killian Edward, molto piacere di conoscerti: e
prima che te lo chieda, no, non sono imparentato con Wicky Edwardson,
se la conosci." si presentò quindi il mio futuro rivale,
indicandosi il volto con il pollice della mano destra.
"Uhhh no mai sentito parlare di costei, tra l'altro ha un nome molto
anonimo rispetto alla media... COMUNQUE molto molto molto molto molto
piacere! Saltiamo i convenevoli e andiamo al punto: io e tu, tu e io
diventeremo amici-rivali e affronteremo MOOOOOLTI processi insieme, non
è così?" chiesi io, indicandolo con l'indice (in perfetto stile avvocato! Anche se penso debba trovare qualche gesto più originale... ma avrò tempo per pensarci!).
Il procuratore sorrise con aria allegra, per poi rispondere con tono
divertito "Eh eh eh! Non mi dispiacerebbe per nulla! E magari possiamo
anche fare qualche sessione di karaoke tra un caso e l'altro, che ne
dici? Magari riusciremo anche a scoprire qualche strana cospirazione
che coinvolge la nascita di questa nazione o crimini iniziati secoli
prima!"
"No, quelli sono esclusivi degli avvocati di tier più alto, mi
sa." fece notare allora Ellie, ed io feci le spallucce, per nulla
preoccupato.
"Tanto prima o poi ci arriveremo, per quello non c'è problema.
Piuttosto, bello 'sto party ma mi sto piuttosto annoiando... dimmi un
po' Killian! Quando sei divenuto procuratore, e come mai conosci
Ellie?" chiesi con grande curiosità: se devo avere un rivale,
devo essere pronto e sapere tutta la sua backstory in ogni dettaglio!
"Oh, l'ho conosciuta un pò di tempo fa durante una delle mie
avventure fuori dal tribunale! E' stata una testimone fondamentale
durante un importante furto di gioielli! Probabilmente verrà
accennato durante la tua carriera, e tornerà ad essere
importante durante il corso della mia storia personale! E per la tua
prima domanda, semplicemente mi andava di fare qualcosa di figo, e non
c'è nulla di più figo che essere un avvocato in questo
paese!" spiegò quindi Killian, stringendo le mani in un pugno e
mettendole di fronte a sè con fare emozionato.
Oh yeah! E' eccitato quanto me, se non di più! Bene! MOLTO BENE!
"Sai cosa pensavo? Le persone più improbabili diventano spesso e
volentieri testimoni dei casi più assurdi... e anche questo mi
è sempre piaciuto dell'avvocatura, che non sai mai cosa ti
capiterà!" spiegai poi io, motivando il perchè avessi
deciso di intraprendere quella professione (oltre ad essere
estremamente bravo in quel simulatore di avvocato, si intende!).
"Esatto! E' un lavoro in cui non puoi mai annoiarti!" condivise
Killian, cosa che mi convinse perfettamente che eravamo sulla stessa
lunghezza d'onda.
Ci divertiremo, eccome se ci divertiremo nei miei prossimi processi!
"Ehm... scusate, è questa la festa delle torri Hebert? So che
era scritto a caratteri cubitali qui fuori, ma volevo essere sicura,
non vorrei essere entrata nella torre sbagliata..." domandò
subito dopo un'altra new entry infiltrandosi nella conversazione: era
una ragazza sui ventiquattro anni con occhi e capelli cortissimi neri
(con come unico segno particolare un paio di fiori rossi al di sopra
dell'orecchio destro, a mò di fermaglio), vestita con un
completo turchese con gonna, scarpe azzurre ed una collana di perle al
collo.
"Oh ehi! Chi abbiamo qui? Salve, lei chi è? E comunque
sì, direi che è il posto giusto... a meno che non cercava
la toilette!" feci io, gettando una battuta così su due piedi.
"Oh, andiamo, Keith: questa era tremenda persino per i tuoi
standard..." si lamentò la mia assistente, girando gli occhi con
aria basita.
"Ehi, ma io la conosco! E' l'avvocato Gladys Lexer, giusto? Abbiamo
già affrontato un paio di casi insieme!" disse quindi Killian,
sorridendo alla mora ed attirando la sua attenzione.
"Oh, procuratore Edward! Non mi aspettavo di vederla qui! Ho visto il
dignor Dethlone, ma non credevo questo posto fosse un raduno di
avvocati... anche se questo spiegherebbe perchè il signor Miller
era stato chiamato qui." fece 'Gladys', piuttosto sorpresa dal vedere
il mio rivale lì.
"Eh, noi avvocati siamo superstar... io lo diventerò a breve, ma
non ho mai sentito parlare di lei..." feci io: probabilmente era
qualche personaggio di sfondo per nulla necessario ai fini della
storia, come quella Edwardson di cui Killian parlava!
"Ehm... ho iniziato ad esercitare l'anno scorso, ma sono sicura che
riuscirò a diventare famosa in breve tempo! Verrò
ricoperta di cascate di clienti e di soldi!" affermò con aria
ambiziosa la ragazza con il fiore in testa, sorridendo determinata.
"Qualcuno ha prospettive di carriera più rosee delle tue, Keith!
Rischi di dover dividere lo spotlight con lei!" mi avvisò Ellie,
ed in risposta guardai male la signorina Lexer.
"... Tsk, solo perché ha iniziato prima... e lo sanno tutti gli
avvocati, viene prima la giustizia, poi i soldi, poi tutto il resto!
Principiante!" sbuffai, mentre guardavo male l'avida avvocatessa.
"Ehi! Guarda che anche noi avvocati dobbiamo mangiare! Non si riempie
lo stomaco con la giustizia!" ribattè lei, con aria un pò
irritata.
"Oh, dai, non c'è bisogno di litigare: pensiamo a goderci la
festa, adesso. Sono sicuro che qualunque cosa succederà,
sarà qualcosa di indimenticabile... e non vedo l'ora avvenga!"
disse quindi Edward, sorridendo e mettendosi le mani sui fianchi, in
attesa di ciò che sarebbe successo.
Allora non ero l'unico a sentirmelo! Questo significa che succederà sul serio qualcosa!
Benissimo... non vedo l'ora! Se questo è il preludio per il mio
primo caso (anche se non sono ancora avvocato), sono certo che
sarà fantastico!
[Lawrence]
In generale, la festa non mi stava dispiacendo moltissimo: non era
esattamente eccitante, ma non era nemmeno davvero noioso, ed alcuni
degli invitati si erano rivelati
Tuttavia, era chiaro che il divertimento non sarebbe durato in eterno,
e nel momento in cui vidi una serie di agenti della polizia iniziare ad
entrare nella sala con discrezione, compresi che i sospetti che avevo
avuto fin dall'inizio forse non erano così tanto infondati...
Io, Jean e pochi altri li notammo non appena entrarono, mentre per il
resto degli invitati ci volle qualche secondo: notammo poi che, tra i
poliziotti, vi erano anche due persone a noi molto note... ovvero,
Travis ed il detective Paul Hayes.
"Non preoccupatevi, non sta succedendo nulla. Continuate pure con i
festeggiamenti. Siamo qui solo per un semplicissimo controllo, ma non
c'è alcun pericolo." affermò con calma il mio amico,
anche se nessuno credette a ciò che stava dicendo nemmeno per un
secondo, con tutti i presenti che iniziarono a mormorare tra di loro
sul motivo per cui potevcano essere lì.
"Dobbiamo iniziare i preparativi per l'evacuazione il prima possibile,
se ciò che era scritto in quella lettera è vero, il
risultato della corrente equazione rischia di essere tragico."
affermò a bassa voce Hayes, mentre come suo solito continuava ad
effettuare calcoli sulla sua calcolatrice.
"Me ne rendo conto, ma non possiamo permetterci di scatenare il panico.
Gli artificieri sono pronti?" chiese immediatamente Travis, mentre si
osservava attorno alla ricerca di qualcosa.
"Sì, anche se penso abbiate riportato i fattori in modo troppo
affrettato, non credo che..." provò a dire il poliziotto
calcolatore, prima di venire interrotto dal procuratore.
"Hayes, apprezzo la tua opinione, ma l'hai detto tu stesso: non abbiamo
tempo da perdere. Dobbiamo essere rapidi e non perdere nemmeno un
secondo in azioni inutili. Sei d'accordo?" domandò quindi
Travis, osservando con aria seria ed intransigente il suo detective.
"Sì, signor procuratore." rispose quindi Hayes prima di
abbassare la testa, tornando silenzioso come sua norma mentre
continuava a concentrarsi sui suoi adorati numeri.
"Travis?" chiesi io con preoccupazione, ma come stava diventando ormai
un'abitudine, la mia amica mi anticipò nel chiedere più
informazioni.
"Che diavolo sta succedendo qui?" domandò quindi Jean,
mettendosi di fronte a me con aria seccata e pretendendo risposte per
l'irruzione.
Travis si voltò di scatto verso di noi, sgranando gli occhi per
un istante prima di abbassare lo sguardo, mormorando tra sè e
sè "... Siete stati invitati anche voi? Quindi si tratta sul
serio di lui..."
"Uh? Lui chi? Di che cosa stai parlando?" chiesi io, non potendone
più di tutti questi misteri che mi stavano piombando addosso.
"... Dovete allontanarvi subito, finchè rimarrete qui sarete in
grave pericolo." proclamò quindi lui, osservando me e la mia
assistente con estrema serietà, mentre entrambi sgranavamo gli
occhi a nostra volta.
Eh...!?
Torri Hebert
Ufficio di Kurt
14 Luglio
Ore 16.47
[Kurt]
... Non è colpa mia. Non è colpa mia. Non è colpa mia...
Il bastardo mi guarda. So bene cosa vuole dire. Noto con la coda dell'occhio che anche Victor, Maddie ed Amelia hanno compreso.
Mi staranno odiando. Staranno sapendo bene che non sono altro che un lurido codardo.
Me lo merito. Me lo merito completamente.
Waylon mi osserva. Sogghigna, il bastardo.
"Hai fatto un ottimo lavoro, Kurt. Sapevo che avresti cooperato." mi
disse, con sguardo pieno di falso orgoglio, prendendomi in giro con gli
occhi.
L'ho fatto solo perchè ho capito chi sei veramente. E se avessi detto no, avrei solo fatto una brutta fine.
"... Non azzardarti a chiamarmi così, sai bene che io..." provai
a dire, venendo però fermato dal bastardo, che mosse una mano a
simulare una bocca che si apriva e chiudeva, osservandomi divertito.
"Sì, sì, non avresti mai voluto farlo, sono un mostro,
bla bla bla... non sai quante volte me lo sono sentito dire. Ma gli
uomini sono una razza paurosa, facilmente controllabile... e quello che
faremo adesso è esattamente ciò che serve per iniziare
questo processo. Gioisci, Kurt: grazie a te, il crollo del nostro paese
inizierà... sarai ricordato come il martire che ha permesso di
ricostruire tutto da zero."
"..."
"Ronald si assicurerà che l'esplosione abbia massimo effetto. Ed
ora... scusatemi, ma devo andare: voglio godermi lo spettacolo dalla
distanza."
... Non è colpa mia. Non è colpa mia. Non è colpa mia...
"Addio, Kurt Hebert, è stato un piacere fare affari con te..."
mi dice Waylon, aprendo la finestra ed entrando nell'elicottero con
un piccolo salto, per poi salutarmi con aria soddisfatta.
Prima di sparire dalla mia vista, però, il bastardo mi mostra il
detonatore, come se avesse piacere nel ricordarmi cosa intende fare.
Conoscendolo, probabilmente sta godendo nel rigirare il coltello nella
piaga.
Io cado sulle mie ginocchia, respirando pesantemente. Un solo pensiero mi attraversa la mente, rapido ed inesorabile:
Non è colpa mia non è colpa mia non è colpa mia non è colpa mia NON E' COLPA MIA!!!
Vi scongiuro... chiunque... fate qualcosa! Qualunque cosa! Fermatelo! FERMATELO!
Impotente e stressato, sbatto un pugno contro il muro. Sento il dolore ma non urlo.
Osservo la mia mano. Sto sanguinando. Non mi importa.
Amelia e Maddie si avvicinano, mi mettono una mano sulla spalla. Mi confortano.
Non me lo merito. E' tutta colpa mia. E' tutta colpa mia...
Voglio morire...
[Lawrence]
Non ebbi modo di rispondere a Travis, che attorno a noi si iniziarono a
sentire un sacco di ticchettìi, tutti provenienti dalle varie
colonne sparse attorno alla sala.
Tutti i presenti capirono cosa significasse, ma prima che chiunque
potesse reagire, il mio amico provò ad avvisarli urlando "GIU'!
L'INTERO PALAZZO E' PIENO DI ESPLOSIVI! ESPLODERANNO A MOME-"
Il suo avvertimento arrivò troppo tardi, però, visto che le cariche esplosero in quell'esatto momento.
E fu così che cominciò l'inferno.
*********************************************************************************
Dopo moltissimo tempo, finalmente pubblico questo capitolo. Ringrazio
moltissimo Renna e The Shadow per i commenti e l'assistenza che mi
hanno dato in tutto questo tempo, e mi scuso per il ritardo con cui
arriva.
I personaggi di Fantom Dethlone, Sean O'Quinn, Arnold
Todds e Wicky Edwardson appartengono a The Shadow (rispettivamente a
'Wolf Lonnie Ace Attorney: Fighting for Truth' e 'Deeper than Void'),
così come Richard McDlanod e la città di Deepsea.
Il Giudice Bree Hughes invece appartiene a Renna ed alla sua storia 'Eyes, Lies and Trusting Times'.
Alfredo Pasted appartiene sia a Renna (che lo ha sviluppato) sia a The Shadow (che lo ha creato).
Keith Forrest, Ellie Todds e Killian Edward sono di proprietà mia e di The
Shadow: i primi due appartengono alla storia di 'The Unsung Trials -
Stories by The Shadow' 'Turnabout Starfall' (di cui consiglio la
lettura, con il caso che si ambienta cronologicamente un anno dopo
Senza Via di Fuga), mentre il terzo debutta in questa storia.
Il personaggio di Sean O'Quinn è due anni più giovane
rispetto alla sua storia, e gli eventi qui presenti si ambientano
quindi prima dell'inizio di Deeper than Void.
Gladys Lexer è un mio personaggio che debutterà in una fic futura, intitolata 'Gladys Lexer: Women at Law', parzialmente ispirata ad un'idea scartata di The Shadow per un'altra storia. Questa storia si ambienta cronologicamente tre anni prima dell'inizio della sua serie, ed un anno prima di 'A Robbed Turnabout', una storia di 'The Unsung Trials - Stories by the Shadow' che sto scrivendo insieme a The Shadow: a chiunque sia interessato ad un approfondimento su di lei, consiglio caldamente la lettura di suddetto caso.
Ringrazio poi infinitamente The Shadow per avermi aiutato nella scrittura del frammento di Keith per il suo dialogo.
Detto ciò, vi do appuntamento al prossimo capitolo, e ringrazio chiunque leggerà!
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Capitolo 3 *** Lawrence Trueman Ace Attorney: Senza via di fuga - III ***
LTBTC3
LAWRENCE TRUEMAN: ACE ATTORNEY - SENZA VIA DI FUGA
Capitolo 3
10 Anni Prima.
Tribunale Distrettuale
Sala Udienze n° 2
14 Luglio
Ore 10.00
[Christopher]
Aaaah… la sala udienze…
… Non è il momento di fare gli estatici, Christopher.
Io e Lauren siamo al banco della difesa, e di fronte a noi
c’è il procuratore Dethlone. In mezzo a noi alla sua
postazione, invece, si trovava il Giudice in sessione: Bree Hughes, una
donna intelligente con cui ho avuto già modo di lavorare
più volte. Anche se effettivamente sa essere piuttosto pignola
quando vuole, ma sa fare il suo lavoro e si vede chiaramente che le
piace.
“Bene bene, siamo tutti pronti per il processo al signor Harley?
Sono pronti tutti gli elementi noumenici?” domandò quindi
la Giudice.
“Certamente, Vostro Onore. Ho fatto del mio meglio per preparare
un’udienza approfondita valutando tutti i possibili
elementi.” rispose Dethlone, apparendomi piuttosto sciolto e
rilassato. E’ ammirabile, considerato che è il suo primo
processo… che abbia qualche prova decisiva?
“Temo di non conoscerla, procuratore. Può presentarsi?” chiese poi la Hughes.
“Naturalmente. Il mio nome è Fantom Dethlone, sono un
allievo del maestro von Karma. Onorato di fare la sua conoscenza,
signora Hughes.” si presentò quindi il pubblico ministero.
“Von Karma eh? La loro chiave critica è spesso frettolosa
e poco approfondita, ci capisco poco o nulla quando è presente
quell’uomo all’accusa! Urla in maniera barbara e
incivica!” affermò Bree, suonando piuttosto contrariata: e
non si può di certo darle torto, alla fine.
“Non si preoccupi, eviterò di alzare la voce. Il mio fine
è solamente il condurre un’udienza equilibrata e giusta.
Ovviamente pecco di esperienza essendo questo il mio primo processo e
chiedo venia anticipaticamente nel caso sorgano problemi, ma è
nel mio interesse fare le cose per bene senza sceneggiate o problemi.
Sono solo un pubblico ministero e tale mi considero, niente di
più.” spiegò allora il ragazzo con modestia.
“Hmm… mi scusi se glielo faccio notare ma sembra poco
credibile con quelle ciocche rosse da teppistello.”
puntualizzò la Giudice in carne.
“Non ci faccia tanto caso. Comprendo il problema ma ritengo che
un uomo non vada giudicato dal suo aspetto quanto dalle sue
azioni.” affermò quindi Dethlone, dicendo qualcosa con cui
mi trovavo pienamente d’accordo.
“Non si può dire che non sia educato, procuratore
Dethlone. Beh, in tal caso mi aspetto una chiave critica valida e
comprensibile… quindi, inizi con il fornirmi una introduzione
squisitamente noumenica del caso!” richiese la Hughes, osservando
il procuratore.
Hm… sembra piuttosto teso, nonostante come gestualità
voglia sembrare sciolto. Probabilmente non è impassibile come
pensavo… o forse è anche la Hughes che lo sta mettendo
sotto pressione.
Ma se l’ho compreso bene, credo che si troverà a suo agio
con il proseguire del processo… il che sarà un grosso
problema per me, a meno che non riesca a girare il caso per allora.
“Immediatamente. Le dispiace se, onde evitare errori
antisimmetrici, faccio riferimento ai miei documenti?”
domandò il ragazzo, prendendo in mano dei documenti ma evitando
di appoggiarli sul banco.
“Prego, nessun problema, non c’è bisogno di
chiedermelo!” il tono della Hughes sembrava essersi in qualche
modo addolcito, forse per via dell’educatezza di Dethlone.
“Non è una faccenda semplice che può essere
spiegata in poche parole. L’imputato, Conrad Harley, è un
venditore di proprietà, e il luogo dove è avvenuto
l’incidente era stato giustappunto venduto da lui. Una settimana
prima dell’incidente, sappiamo che l’uomo ha partecipato a
una cena di lavoro… e poi è sparito senza lasciar traccia
né avvisare nessuno, il che lo valuto piuttosto sospetto e degno
di considerazione.
La settimana successiva il cantiere edile da lui venduto, ed
attualmente di proprietà del signor Kurt Hebert, è
crollato. Apro parentesi per sottolineare che oltre al reato di
distruzione di proprietà privata l’imputato è anche
accusato e ritenuto responsabile della morte di uno dei lavoratori,
Hardy Walker.
Perché la polizia sospetta di Conrad Harley per la distruzione
del cantiere? La risposta è la seguente: l’uomo è
stato ritrovato privo di sensi nei pressi della scena del crimine con
un detonatore sporco di fango. L’analisi delle impronte è
ancora in corso dato che il fango e il terriccio sono da ostacolo
all’esame ma si presume che appartengano al signor Harley.
In conclusione: l’accusa ha i suoi motivi per sospettare di
Conrad Harley, probabilmente il più importante è il
comportamento ambiguo dopo la cena di lavoro, ma il fatto stesso che
l’uomo sia stato ritrovato privo di sensi conduce ovviamente a
pensare alla sua non colpevolezza.
Questo è quanto, spero di aver fatto una dichiarazione discreta,
simmetrica e comprensibile.” fu la precisa, articolata ma
coincisa spiegazione del neo-procuratore.
Dal nervosismo, Dethlone si sistemò la giacca, ma per non
mancare di rispetto faceva del suo meglio per continuare a guardare
negli occhi la Hughes.
“Mi creda, ha fatto davvero un buonissimo lavoro, signor
Dethlone. Noto con piacere che è stato condotto in maniera
diligente e pulita, raggiungendo il crisma della chiave critica,
proprio come io apprezzo!”
“La ringrazio.” l’uomo sorrise appena un poco, probabilmente soddisfatto di aver fatto un buon lavoro.
Non lo si può negare: è ancora un novizio, ma parte
davvero bene. E’ una delle dichiarazioni d’apertura
più professionali e dilungate che abbia mai visto, alla pari di
alcuni dei migliori procuratori che ho affrontato (e decisamente meglio
delle dichiarazioni ultra-striminzite e prive di dettagli di Manfred):
se continua così, ce lo vedrei a diventare almeno
Vice-Procuratore Capo nel giro di qualche anno.
“Molto bene! Iniziamo in gran carriera, noto! Signor Trueman, a
lei la parola: come considera l’imputato? Dimostri una chiave
critica all’altezza di quella del signor Dethlone.” mi
disse allora la Hughes, portando l’attenzione su di me.
Io deglutìi e mi schiarì la voce, prima di parlare.
“La difesa considera il proprio imputato innocente dei crimini di
cui è accusato, e farà del suo meglio per dimostrare
ciò, approfittando di alcuni dettagli discordanti presenti nelle
prove agli atti.” provai a dire, in poche parole ma tentando di
suonare convinto.
Notai che vicino a me Lauren non mi sembrava particolarmente
impressionata dalle mie frasi… probabilmente o non lo sono
suonato, oppure ho fatto una replica troppo striminzita di mio.
“... Mi auguro comunque che la difesa e l’accusa possano
lavorare in congiunzione per riuscire ad ottenere un processo equo e
con un risultato giusto.” aggiunsi quindi frettolosamente,
sperando aumentasse un pò il valore della mia risposta.
“Sì,
sembra che oggi si possa lavorare in tranquillità, ne sono
felice! Prego signor Dethlone, convochi pure il suo primo
testimone.”
“Venga pure, signora.”
Ad entrare fu quella che riconobbi essere una nostra vecchia
conoscenza: una donna di quarantatrè anni con capelli biondicci
corti ma pomposi, con gli occhi verdi e vestita principalmente in nero,
con giacca, pantaloni e spolverino tutti dello stesso colore… e
con le tasche strapiene di roba come sempre, mentre lei controllava
come sempre che ci fosse tutto.
Era Samantha Watson, che immaginavo essere il detective incaricato
delle indagini. Ha anche una figlia, se non erro, ma non ho mai avuto
il piacere di conoscerla.
“Nome e professione, testimone. Mi scusi se la disturbo
signora… ma è necessaria la sua deposizione, in maniera
simmetrica e ordinata possibilmente.”
“Non c’è nessun problema: è il motivo per cui
sono qui, dopotutto.” rispose allora Samantha, mentre rivangava
nelle sue tasche con aria pensosa.
“Hm… se Samantha è la detective incaricata delle
indagini, immagino abbia fatto bene i ‘compiti a
casa’.” affermò mia moglie, mentre io annuivo.
Già. Sarà difficile cavarci qualcosa, ma alla peggio
posso sfruttarla per informarmi su quanti più dettagli possibili
sulla scena del crimine.
“Testimone! Non ha risposto alla domanda, faccia più
attenzione! Non è il momento di controllarsi le tasche!
Comunque, non è importante, già la conosco e so benissimo
che è la detective Samantha Watson. Mi aspetto una deposizione
intelligente e costruttiva!”
“La ringrazio, Vostro Onore. Inizierò
immediatamente.” affermò allora la Watson, smettendo di
cercare ed appoggiandosi al banco dei testimoni, per poi deporre.
Deposizione del Testimone
-- IL CASO --
- Per iniziare, come ha già detto il procuratore, un detonatore è stato trovato vicino all’imputato.
- Tale detonatore era connesso a quattro cariche esplosive, collegate ai punti chiave delle impalcature del cantiere.
- Non è chiaro quando esse siano state posizionate, ma il
periodo di scomparsa dell’imputato potrebbe essere collegato.
- L’imputato è stato trovato dai vigili del fuoco arrivati
sul posto, ed è stato immediatamente messo in custodia.
- Nessuno ha detto di averlo visto prima del crollo, né risulterebbe essere stato visto nei giorni precedenti.
- L’imputato si ritrova quindi a non avere un alibi, nè scusanti per il motivo per cui si trovava lì.
- E’ palese che i fatti mostrino senza ombra di dubbio chi sia stato colpevole di entrambi i crimini in discussione.
“Sì, più o meno. Mi dispiace se alcuni punti sono
poco chiari, ho cercato di fare il possibile. Ritengo che il caso
diverrà simmetrico man mano andando avanti.” si
scusò quindi Dethlone.
“Beh, direi che ci sono abbastanza elementi noumenici per avviare
l’interrogatorio. Deposizione chiara ma che non aggiunge
moltissimo. Signor Trueman, lascio la parola a lei!”
affermò allora il Giudice Hughes.
Io presi un respiro profondo, prima di dare un’occhiata a Lauren:
lei recepì il messaggio e mi diede un sorriso di rimando, cosa
che mi incoraggiò molto prima di voltarmi verso Samantha, con
sguardo determinato.
Vediamo cosa posso fare, adesso...
Presente.
Torri Hebert
Sala Ricevimenti in rovina
14 Luglio
Ore 16.52
[Lawrence]
Non ricordo precisamente cosa è successo. E' stato troppo veloce e troppo improvviso.
Ci fu solo un lampo bianco ed un rumore assordante.
Subito dopo, io e varie persone attorno a me mettemmo le braccia di
fronte al volto, riportando varie bruciature (almeno a quanto vedo) e
venendo sbalzati verso l'esterno, con le pareti che crollavano attorno
a noi.
Io riuscì fortuitamente ad aggrapparmi ad una trave rimasta
sporgente a seguito dell'esplosione, riuscendo anche fortunatamente ad
afferrare Jean e Otom prima che venissero sbalzati fuori, entrambi con
bruciature su vestiti e pelle ma relativamente a posto a parte per
quello... cosa che purtroppo non potevo dire per molti degli altri
invitati...
Ho avuto modo di vedere pezzi di corpi, carbonizzati e non, finire per
cadere dai muri caduti per decine e decine di metri prima di
spappolarsi al suolo... qualcosa che mi orripilò e fece venire
voglia di vomitare, ma non potevo assolutamente permettere che il
ribrezzo avesse la meglio su di me, non quando la mia vita era
letteralmente appesa alla trave alla quale ero attaccato…
Ero preoccupato anche per la madre di Jean, Dethlone, tutte le persone
che erano nella sala, e soprattutto Travis... ma al momento, ero
più spaventato per ciò che stava per succedermi piuttosto
che a quello che fosse successo agli altri.
Sentivo che la mia mano stava iniziando a farsi sudata, iniziando a scivolare via dalla trave nonostante i miei sforzi...
... Solo quando ti trovi in una situazione di pericolo capisci quanto sia importante la tua vita.
Dai tutto per scontato, pensando che non ti succeda mai nulla di
male... e poi, all'improvviso, ti ritrovi con la tua sopravvivenza
appesa a un filo.
Un filo in procinto di spezzarsi, senza che tu possa fare nulla per tornare alla tua normalità.
Quando io e Jean siamo stati invitati qui alle Torri Hebert, non ci
saremmo di certo immaginati di finire in una situazione del genere.
Pensavamo che avremmo semplicemente partecipato ad un ricevimento,
magari anche avendo modo di parlare per bene con Travis, dopo gli
ultimi eventi.
Ed invece ora mi ritrovo sospeso nel vuoto, facendo del mio meglio per
non fare cadere Jean ed Otom mentre il mio braccio inizia a perdere la
presa sulla trave...
Strinsi la presa un pò più forte, non volendo cadere, mentre guardavo in basso. Pessima idea...
Preso dal panico, concentrai il mio sguardo sulla trave, cercando di
dimenticarmi delle centinaia di metri che c'erano tra noi ed il suolo...
... Non avrei mai pensato che questo sarebbe stato il giorno della mia morte.
Chiusi gli occhi quindi, cercando con tutte le mie forze di rimanere
attaccato, ma con la mano sudata ed il peso di Jean ed Otom, stavo
lentamente ma inesorabilmente perdendo la presa...
... Era finita. Era davvero finita...
Non riuscivo a pensare ad altro, in preda al panico e pregando
qualunque dio affinchè qualcuno, non importava chi, non
importava come, venisse a salvarci.
Fu allora che sentìi qualcuno urlare "TENETE DURO!" e,
voltandomi verso l'alto, spalancando gli occhi, ebbi modo di vedere chi
era.
Il vice-procuratore capo Fantom Dethlone, con una manica strappata, che
mi tendeva un braccio con varie escoriazioni, mentre qualcuno (quello
che aveva gridato) lo stava tenendo per l'altro braccio.
Non volendo perdere nemmeno un secondo, diedi una spinta con tutta la
forza che avevo con la mano e strinsi con forza quella dell'altro,
sperando davvero di non cadere o sbagliare nel fare così...
“OTTIMO! LO TENGA SALDO, SIGNOR DETHLONE! JEAN, DEVI RISALIRE
DELICATAMENTE FINO A RAGGIUNGERE LA MIA MANO!! CE LA PUOI FARE!!”
sentìi di nuovo urlare (riconoscendo il signor O’Quinn), e
Jean, visibilmente terrorizzata e rimasta in silenzio finora,
annuì con forza, prima di afferrare dopo qualche secondo di
esitazione una trave sporgente a due passi da lei, aggrappandovisi con
entrambe le mani prima di rimanervi attaccata solo con una, spostando
l'altra verso “l’aiutante" di Dethlone, il quale la
tirò su facendo forza.
“SIGNOR OTOM TOCCA A LEI! SI FACCIA CORAGGIO! COME VEDE POSSIAMO
FARCELA!” disse poi O'Quinn, ed immediatamente Otom si
staccò da me, tentando di eseguire gli stessi movimenti di
Jean... ma calcolando male la distanza e mancando di appena un
centimetro la trave: temetti il peggio, quando il mio primo cliente
riuscì ad afferrare comunque la trave in tempo, facendomi tirare
un sospiro di sollievo.
Rimase quindi fermo per un paio di secondi sulla trave, chiaramente
spaventato e con il cuore a mille anche lui, prima di provare ad
offrire la sua mano ad O'Quinn, saltando però un secondo prima
che il suo soccorittore fosse pronto a prenderlo.
Lui tentò quindi di sporgersi un pò per afferrarlo, ma
non ce la fece in tempo e Otom continuò a cadere, con la paura
negli occhi: io fui estremamente spaventato dall'idea, urlando un
fugace "OTOOOOOOOOM!", mentre osservavo con timore ciò che gli
sarebbe successo...
Per puro miracolo, al piano inferiore vi era un'altra trave, alla quale
il fotografo riuscì ad attaccarsi all'ultimo secondo, frenando
la sua caduta e trovandosi a pochi passi da un'entrata sul piano
inferiore.
“LO VADO DI CORSA A PRENDERE! SIGNOR DETHLONE, AIUTI IL SIGNOR
TRUEMAN!” disse allora O’Quinn, prima di correre via di
scatto e lasciarci soli.
“S-s-sì, g-grazie, FACCIA ATTENZIONE… per
favore!” si raccomandò il procuratore, per poi voltarsi
verso di me: capendo che ora fosse il mio turno, mi voltai verso di lui
e, mi tenni aggrappato all'uomo con tutta la mia forza, mentre lui si
rialzava insieme a me verso l'interno della sala ricevimenti,
portandomi finalmente alla salvezza dopo minuti e minuti di puro
terrore.
Io mi accasciai al suolo, prendendo forti respiri mentre tenevo
la mano destra sul cuore, che sembrava voler fuggire fuori dalla gabbia
toracica dopo quello a cui avevo partecipato.
Ebbi modo ora di dare un'occhiata a come mi aveva ridotto l'esplosione:
la mia giacca, la camicia ed i miei pantaloni erano stati bruciati e
distrutti in più punti, con vari graffi ed escorsioni ovunque:
solo allora, dopo che tutto era finito, iniziai ad accorgermi di quanto
dolore stessi provando, stringendo i denti per non urlare.
Nonostante questo, però, e nonostante il pericolo non fosse
decisamente ancora passato, ero decisamente felice di essere vivo, e
tale emozione stava superando qualunque altra cosa potessi provare in
quel momento: fu solo dopo un paio di minuti che, preoccupato, osservai
poi come Jean stesse.
Si era ranicchiata in un angolo, con il suo abito lacero e bruciato, e
con varie ferite sanguinanti su braccia e gambe: gli occhiali le erano
anche volati via, e stava singhiozzando in preda al panico. Vederla
così fu un vero shock per me... era perfettamente comprensibile
vista la situazione, ma non l'avevo mai, mai vista così
vulnerabile...
... Mi venne l'impulso di abbracciarla per un mezzo secondo, ma
decidetti di non farlo, anche perchè ero troppo dolorante per
muovermi al momento.
“Signor Trueman, non voglio m-metterle ansia ma d-dobbiamo
f-fuggire al p-più presto da questo p-posto! S-se ci
riesce… r-regga la sua amica e m-mi segua…
cercherò d-di farle strada!” disse allora Dethlone,
cercando di suonare calmo ma mascherando difficilmente il suo
nervosismo, per ovvi motivi.
Io annuì con forza, avvicinandomi e prendendo Jean con me, mentre davo uno sguardo ai resti della sala.
Era solo l'ombra della sfarzosa area che era meno di una ventina di
minuti prima: tutte le colonne eccetto quelle portanti erano esplose,
pezzi di vetro, cemento e calcestruzzo erano ovunque, ed oltre ai vari
sopravvissuti piangenti e spaventati, vi era anche un grosso numero di
persone morte, alcuni dei quali erano stati ridotti molto peggio di
quanto di qualunque vittima di omicidio io avessi visto.
Riuscì a riconoscere vagamente il signor Ricardo, Grace Sugar...
persino Wolfram Beng ed Anita Savior. Tutti morti in un secondo, senza
probabilmente nemmeno avere avuto il tempo di accorgersi di cosa stesse
succedendo.
... Non riuscirò mai a ringraziare nessuno abbastanza per essere ancora vivo. Non ci riuscirò assolutamente mai.
Mi avvicinai quindi al procuratore, la cui figura imponente era
parecchio di conforto, considerato quanto disperata sembrasse la
situazione...
“... QUALCUNO RISPONDERA’ DI TUTTO QUESTO. GIURO SULLA MIA
VITA CHE PAGHERANNO PER CIO’ CHE STA AVVENENDO!!!”
urlò quindi il procuratore, in preda al nervosismo ed alla
rabbia: io abbassai lo sguardo, concordando in pieno con ciò che
aveva appena detto.
... Però, cosa possiamo fare? Questo... questo è molto,
molto peggio rispetto ad un casucolo da quattro soldi come quelli di
cui mi sono occupato finora.
Cosa dovrei fare? Andare a portare in tribunale i responsabili ed
accusarli dei loro crimini? E' quello che dovrei fare... ma mi sembra
tutto troppo irreale, troppo difficile, e chiunque sia il responsabile
troppo distante ed invincibile per poter essere 'sconfitto' così.
E' davvero qualcosa di cui noi possiamo occuparci? E' qualcosa che un
'misero' avvocato come me può in qualche modo contrastare?
Non ne ho idea. Non ho assolutamente nessuna idea. L'unica cosa che
voglio è tornare a casa... da mia madre... oh mio dio, non sa
nemmeno che sono venuto qui... sarei potuto morire qui e lei non
l'avrebbe nemmeno... nemmeno saputo...
Stavo iniziando a respirare profondamente ed andando nel panico, quando
qualcuno richiamò la nostra attenzione, dicendo "E-ehi, voi...
s-state cercando di u-uscire, vero...?"
Lo riconobbi subito, nonostante i vestiti stracciati e la faccia
parzialmente rovinata da escoriazioni gravissime: era Harvey Nolan, la
persona che stava litigando in precedenza con Ricardo.
“Sì… venga con noi, non abbiamo tempo da
perdere!!” fece quindi Dethlone: Nolan non se lo fece ripetere
due volte e corse vicino a noi, mentre il 'capo' del nostro gruppo si
dirigeva verso le scale, che erano fortunatamente un pò malmesse
ma ancora intatte.
Iniziammo quindi a scendere, sperando di non trovare brutte sorprese,
mentre riflettevo su chi fosse con noi sul piano... e ricordandomi
della madre di Jean, del detective Hayes e di Travis, nessuno dei quali
avevo visto.
Speravo davvero che fossero ancora vivi, e non fossero tra i tanti cadaveri irriconoscibili che ormai popolavano quelle torri..
“... M-maledizione… il terreno s-sta c-cedendo…
DOBBIAMO ANDARE PIU’ VELOCEMENTE O NON CE LA FAREMO!”
gridò poi: accelerammo il passo, cercando di riuscire a
raggiungere il piano inferiore senza che ci succedesse nulla... ma
avevamo cantato vittoria troppo presto.
Notai un pò di sabbia cadere dalla rampa di scale sopra di noi. Alzai lo sguardo.
Avrei voluto urlare, ma non feci in tempo ad avvisare del pericolo...
... Un grosso ed appuntito macigno cadde sopra Fantom Dethlone, prendendolo in pieno alla schiena...
"S... SIGNOR DETHLONE!" urlai allora io, sgranando gli occhi.
Torri Hebert
Sotto la Sala Ricevimenti
14 Luglio
Ore 16.52
[Samantha]
Chemalechemalechemalechemale...
Cercai di rialzarmi, ma lo trovai estremamente difficile: probabilmente, dovevo essermi rotta qualche osso... eheh...
Alla mia età, è già tanto riuscire a sopravvivere
un crollo del genere. Soprattutto quando finisci anche per cadere nel
piano inferiore...
Tuttavia, sopravvivere è inutile se non riesco ad alzarmi... ghhhhh...
Facendomi forza ed usando le braccia, riuscìi almeno a mettermi supina, nonostante il dolore.
Ghh... non era esattamente un miglioramento incredibile, ma mi
permetteva almeno di osservare con attenzione ciò che c'era
attorno a me.
... Una desoluzione assoluta e totale. Non molto diversa da quel giorno
di dieci anni fa, quando questo era solo un cantiere ed un'esplosione
più piccola era avvenuta...
Ma almeno quel giorno non vi erano cadaveri sparsi ovunque, chi
bruciato e chi schiacciato, nè la costruzione dava alcun senso
di timore...
Ho avuto modo di vedere molte scene del crimine, e se c'è una
cosa che ho capito, è che non ci si può mai abituare a
ciò che si deve vedere, non importa quante volte debba
succedere...
“Signora, lasci che la aiuti, dobbiamo fuggire di qui quanto più rapidamente possibile!”
Quelle parole dette all'improvviso attirarono completamente la mia
attenzione, facendomi girare verso chi aveva parlato: l'agente di
polizia che era entrato prima dell'esplosione... Paul Hayes, mi sembra:
sembrava essersi fatto male anche lui a seguito dell'esplosione e della
caduta, ma sembrava aver resistito molto meglio di me: anche se sembra
esile, deve essere davvero robusto.
"Vorrei... ma non riesco ad alzarmi..." dissi quindi io, cercando di
alzarmi di nuovo ed ottenendo solo una smorfia di dolore sul volto.
“Signora la capisco ma la situazione è urgente e grave.
Deve fare un pò di sforzo.” disse lui, teso e
probabilmente voglioso di allontanarsi da lì il prima possibile.
Lo guardai male, affermando "Ci sto provando, ma...", venendo però interrotta a metà frase.
*THUMP!*
Il mio cuore mancò di un battito al sentirlo: tale rumore
proveniva dal punto in cui il muro era ceduto ed era visibile
l'esterno... e non avevo assolutamente idea di cosa potesse essere.
"C... Cos'è stato?" chiesi, voltandomi verso l'agente.
“Mi scusi, devo verificare, torno subito! Se ci riesce mi
segua.” disse allora il poliziotto, correndo poi verso il punto
da dove il rumore proveniva.
Con molto sforzo e molto, molto dolore, riuscìi finalmente a
rialzarmi, nonostante sentissi le gambe pesanti come macigni e riuscivo
a muoverle a malapena: non era di certo il massimo, ma era meglio che
non riuscirci e basta...
Con molta fatica raggiunsi il detective... e, una volta lì,
ebbimo modo di vedere chi era stato a fare rumore: era uno degli
invitati al ricevimento, Ralph Otom se non erro.
"Phew... L'ho passata davvero brutta stavolta..." ammise con aria
spaventata il fotografo, prendendo respiri profondi e probabilmente non
accorgendosi nè di me nè del detective.
“Sta bene? Ce la fa a muoversi? Dobbiamo andarcene alla svelta!
Segua i miei ordini: aiuti la signora e mi segua!” fece quindi
Hayes senza perdere tempo.
Hm... non è tipo da perdersi in chiacchiere o sprecare il tempo
inutilmente. Mi piace, e mi ricorda parecchio dei miei tempi come
poliziotta...
"Subito, subito... scusate se faccio un pò lento, ma dopo essere
rimasto penzoloni con Jean e Law ho bisogno di stare calmo per un
secondo..." affermò Otom con aria stanca, prendendomi per il
braccio ed aiutandomi a camminare...
... Aspetta, COSA HA DETTO?
"Come sarebbe a dire a penzoloni? Che cosa è successo a Jean!?"
domandai, osservando estremamente preoccupata il mio soccorritore.
"Non si preoccupi! Davvero! Sì, è vero, ha rischiato di
spappolarsi, ma ora sta bene! E' al sicuro! O almeno credo... forse non
era il caso che lo dicessi, vero?" fece in risposta il fotografo, con
una risatina nervosa alla fine.
No. Per nulla.
Jean stava per morire. STAVA PER MORIRE. E non ci ho nemmeno pensato.
Che razza di madre sono!? Come ho fatto a non preoccuparmi per lei!?
"Dobbiamo salire! SUBITO!" urlai, preoccupatissima e respirando a
malapena: dovevo accertarmi che mia figlia stesse bene, DOVEVO.
Chen... scusami. Scusami davvero. Ed anche tu, Jean: sono una pessima madre...
“SIGNORA dobbiamo andarcene! Se costui ha detto che sta bene,
vuol dire che sta bene e sta cercando sicuramente di scappare! Andando
sopra non cambia nulla, perdiamo solo tempo!” mi fece notare
Hayes, ma io non lo ascoltai.
"Decido IO cosa fa perdere tempo e cosa no! Ed io voglio VEDERE MIA
FIGLIA!" urlai, preoccupata oltre ogni limite. Notai che Otom mi stava
osservando senza sapere cosa dire, ma non mi importava: non mi
importava nemmeno dell'edificio sul punto di crollare, o sul dolore che
stavo provando. L'unica cosa importante era Jean, lei e nessun'altro...
"Signora... Watson, giusto? Non pensa che sua figlia potrebbe essere
semplicemente scesa anche lei? Se sta bene, per forza di cose è
l'unica azione che potrebbe intraprendere..." mi suggerìi quindi
il fotografo.
“Lo penso anche io ma non importa, le concedo due minuti signora.
Se entro questi due minuti non troveremo sua figlia io me ne
andrò, è chiaro?” affermò quindi il
poliziotto, con uno sguardo serio che mi fece capire che non era un
bluff per farmi muovere: era serio, ed era comprensibilissimo...
"... Saliremo giusto per una rampa di scale, se non è lui
continueremo a scendere, vi va bene?" suggerìi io, sperando che
questo compromesso andasse bene a tutti. Eccetto a me, ovviamente.
"Per me andrebbe bene, mi pare accettabile. Dopotutto, non credo che il
mondo inizierà a crollarci addosso tra due secondi, no?"
domandò allora Otom. Non l'avesse mai fatto.
Esattamente due secondi dopo che parlò, il palazzo iniziò
a tremare leggermente... segno inequivocabile che almeno parte della
torre non avrebbe retto ancora per molto...
“ANDIAMO!” urlò il poliziotto: Otom non se lo fece
ripetere due volte ed iniziò ad andare avanti quanto più
rapidamente possibile, mentre io cercavo di rimanere al passo con lui
ed Hayes correva in avanscoperta.
Raggiungemmo le scale e come detto andammo prima verso il piano
successivo... ma non ebbimo modo di procedere troppo, prima di sentire
qualcuno urlare “... M-maledizione… il terreno s-sta
c-cedendo… DOBBIAMO ANDARE PIU’ VELOCEMENTE O NON CE LA
FAREMO!”
Non ebbimo nemmeno modo di capire cosa stesse succedendo che, alzando
lo sguardo, vedemmo Fantom Dethlone... mentre un grosso macigno cadeva
sopra di lui, seguito dalla voce di Lawrence che urlava "S... SIGNOR
DETHLONE!"
Torri Hebert
Sala Ricevimenti in rovina
14 Luglio
Ore 17.00
[Sean]
“WOW HAI FATTO TOMBOLA INGRAZIANDOTI IL VICE-CAPO PROCURATORE EH PICCOLO O’QUINN CHE FURFANTELLO CHE SEI”
“Ho fatto come da ordini, Clown.” risposi al Clown, picchiettando rapidamente per formulare il messaggio.
Ed effettivamente, è stato un colpo di fortuna guadagnarmi un
testimone simile nel caso sopravvivesse. Non lo facevo così
ingenuo.
Comunque, devo agire alla svelta: ho qualcosa come un minuto e mezzo
prima che Dethlone, Trueman e Watson si dirigano qui e devo ancora
iniziare ad eliminare i vari obiettivi… il che non mi dispiace
affatto.
Stanno crollando pareti e pavimento, l’adrenalina mi pompa a
mille nelle vene e tra poco dovrò sfruttare vie alternative per
raggiungere i piani bassi e rischiare di morire, il tutto assicurandomi
la morte di vari obiettivi strada facendo e non lasciando
tracce… questa sta diventendo una delle giornate più
memorabili della mia vita e mi sento elettrico come non mai!
Analizzai rapidamente la situazione attorno a me: l’elegantissima
sala si era tramutata, a seguito degli esplosivi piazzati nelle
colonne, in un pandemonio di calcestruzzo, roba distrutta e vetri.
Mi guardai bene attorno per verificare che nessuno mi stesse
osservando, poi, scattando in un angolo piuttosto nascosto, mi misi di
corsa maschera, guanti e abito scuro aderente infilando gli abiti
eleganti in un fagotto.
Tornai di corsa nella sala e la esplorai cercando sopravvissuti od obiettivi.
Eccone uno… Ricardo Rivales, il capo di una famiglia
mafiosa… e, accanto a lui, c’è una donnicciola che
purtroppo dovrò togliere di mezzo in quanto testimone.
Rivales sembrava aver riportato ferite più o meno gravi ma si
teneva in piedi e faceva per avanzare verso le scale… mentre la
donna avanzava lentamente trascinandosi per terra.
Come immaginavo, non hanno abbastanza energie per scappare via MA
sapere che con altissime probabilità verranno coinvolti nel
crollo non è abbastanza, devono morire e basta senza che nessuno
li salvi.
Mi avvicinai furtivo e chinato a Rivales che si accorse della mia
presenza e fece per voltarsi, ma nello stesso momento gli acchiappai il
collo e glielo spezzai con un *crack!* disgustoso delle ossa.
Mi adoperai immediatamente a risistemarlo per terra e a non far sembrare che qualcuno gli avesse rotto il collo.
La donna aprì la bocca per urlare, ma intervenni velocemente
prima tappandole la bocca, poi prendendole la testa e fracassandola
contro il pavimento.
La girai a pancia in su e buttai il cadavere accanto a un masso caduto
in modo che sembrasse essere stata travolta in viso dal masso.
W-wow… mi tremano le mani e sono nervosissimo, ma devo calmarmi o rischio di fallire le operazioni successive.
Con il pavimento che tremava come un preda a un terremoto, ispirai
profondamente due volte e sgomberai i pensieri e le immagini della
donna e di Rivales morti.
“Rivales è stato ucciso in modo che sembri un incidente. Ho fatto altrettanto per una testimone.”
“BRAVISSIMO PICCOLO O’QUINN TI PIACE QUESTA MISSIONE EH IL
TUO CLOWN AZZECCA SEMPRE I TUOI GUSTI ORA SCENDI AL PIANO
QUARANTACINQUE CI SONO TRE CIVILI E UN OBIETTIVO IMPORTANTE”
“Ricevuto.”
Mi feci strada fino a raggiungere un balcone che era in procinto di collassare (la parte finale era già distrutta).
Fortuna (ne ho sempre tanta, non c’è che dire) volle che
intravidi un altro degli obiettivi… stavolta toccava a Randy
Mongers. Stava lì lì a valutare la possibilità di
buttarsi di sotto o meno. Occasione d’oro per non lasciare tracce
e assicurarmi un’altra eliminazione.
Come per Rivales, mi avvicinai a lui di soppiatto e semplicemente lo spinsi per poi vederlo cadere di sotto.
Tirai un lungo sospiro riprendendo le energie e preparandomi a fissare
la mia fida corda autoestensibile. Sapendo di quello che sarebbe
avvenuto, mi ero anche comprato una piccozza da trekking per ogni
emergenza. Kilik mi ha detto che sono matto all’idea di scalarmi
un palazzo con una piccozza ma, a parte che farci pratica IN QUESTA
SITUAZIONE potrebbe essermi davvero utile per altre missioni, mi piace
provare giocattolini nuovi ogni tanto. E poi adoro fare il matto e
sfuggire alle convenzioni!
Contemplai per due secondi la vista magnifica e mozzafiato del
quartiere di Eastwood visto da una torre in crollo, immagine che non
avrei potuto probabilmente mai più visualizzare, e quasi
rimpiansi di non avere qualcosa come una macchina fotografica dietro a
immortalare questo momento irripetibile della mia vita.
Allargai le braccia respirando appieno l’aria e quasi godendomi il terremoto in atto, poi mi decisi a prendere la corda.
Fu in quel momento che, tuttavia, sentii "E-ehi, voi... s-state
cercando di u-uscire, vero...?" subito dopo risposto dalla voce di
Dethlone “Sì… venga con noi, non abbiamo tempo da
perdere!!”.
Mi nascosi dietro una colonna crollata e osservai la situazione
all’interno della sala distrutta: Dethlone, Trueman e Watson
avevano formato un gruppetto a cui il quarto obiettivo, Harley Nolan,
si era unito. PERFETTO.
Sono talmente presi dalla situazione e a scappare che non faranno assolutamente attenzione se scompare o meno.
Il quartetto fece per scendere dalle scale. L’obiettivo rimase un
po’ indietro per via di qualche ferita riportata, e…
troppo tardi per lui.
Lo acciuffai per la faccia da dietro alle spalle tappandogli la bocca,
gli ruppi il collo e lo trascinai fino al balcone per poi scaraventarlo
di sotto a tenere compagnia a Mongers.
Mi venne quasi da sorridere dalla soddisfazione ma un vago senso di
rispetto verso la vita altrui che provai in quel momento mi
impedì di farlo. Ci sono abituato ad ammazzare su richiesta del
Clown… ma non lo sarò mai troppo, poco ma sicuro.
Purtroppo in quel secondo di distrazione il pavimento collassò
sotto ai miei piedi e mi ritrovai proiettato nel vuoto e in caduta.
Disperatamente, acchiappai la piccozza dal marsupio e, aiutandomi con
una mano, riuscii a fermare la mia caduta agganciandomi alla base di un
finestrone.
In pratica ero all’esterno della torre, penzoloni nel vuoto, la
mia vita letteralmente appesa e affidata a una piccozza da montanari.
Mio Dio, chi può dire di aver vissuto una vita come la mia!?
Mi calmai respirando e concentrando lo sguardo SOLO sulle sporgenze che
mi sembravano essere utili ed evitando di guardare di sotto… e
notai un altro balcone semidistrutto che faceva al caso mio poco sotto
a me.
Mi oscillai piano piano nel vuoto dandomi lo slancio per coprire
abbastanza distanza e ci atterrai con il busto, usando la piccozza per
fissarmi e sollevarmi. Ma quanto diavolo è utile?
Il seguente messaggio del Clown mi informò dove mi trovavo:
“PIANO QUARANTANOVE PICCOLO O’QUINN UN ALTRO SFORZO DAI CHE
LO SO CHE NON VUOI CHE LA MISSIONE FINISCA SUBITO” e sorrisi,
pensando a quanto mi conoscesse bene. Sto letteralmente AMANDO questa
missione così spericolata!
Per evitare di incrociare Dethlone e compagnia mi limitai a scalare il
palazzo che intanto si stava inclinando (e i piani superiori si stavano
riversando di sotto) con piccozza e mani. Il rischio era certo
altissimo e mi sentivo talmente tanto galvanizzato che il tutto mi
sembrava un sogno, ma… forse questa piccozza, per quanto utile,
rende tutto un po’ troppo facile durante le scalate. Se avessi
usato la corda autoestensibile ALMENO avrei avuto un po’ di sfida
a trovare sporgenze o cose così su cui arrampicarmi e tenermi
dopo averla usata (sì, mi piace handicapparmi da solo anche se
talmente mi viene una tale paura da pentirmene).
Senza ahimé particolarissime difficoltà arrivai al piano
quarantacinque (nell’esatto momento in cui vidi un uomo, che
riconobbi essere il procuratore Killian, gettarsi di sotto).
Le pareti crollarono proprio davanti a me, inabissandosi nel pavimento.
In pratica adesso si trattava di superare il pavimento e di trovare il
successivo obiettivo… tale Ronald Dlanor. Sotto di me, intravidi
tre persone intrappolate in una stanza, di cui una riconobbi essere un
avvocato principiante… Gladys Lexer, mi pare.
Il problema era che una civile, una ragazzina, si stava sentendo male e
in pratica solo la Lexer stava cercando di rimuovere senza successo un
detrito che ostacolava loro la fuga.
Questo potrebbe essermi utile per avanzare (basta che poi salgo le
scale che portano al piano di sopra)… ma rischio di essere
visto. E in sostanza farebbe parte della missione salvare i civili,
ma… come sempre, devo prima di tutto pensare a non lasciare
tracce. Forse è più utile eliminarli tutti e tre? Come
posso fare? Se mi presento incappucciato possono riconoscere il
marsupio e dovrei abbandonarlo, non mi va per nulla al mondo.
No, dov’è il problema? Basta che indosso di nuovo gli
abiti eleganti strappandoli e bruciacchiandoli un po’ e facendo
finta di cadere di sotto.
Cercai di ricambiarmi quanto più rapidamente possibile DAVVERO
rischiando di rimanerci secco per il pavimento che collassava, poi usai
le fiamme che si propagavano per bruciarmi i vestiti, aggiunsi qualche
strappo qua e là e mi lasciai cadere di schiena dopo aver
intravisto un punto più o meno morbido (un tavolo).
Praticamente valutai male le circostanze e mi ci fracassai sopra: ero
stanco morto, pieno di sudore, probabilmente talmente spaventato da non
rendermene neanche conto come in questi casi e la schiena mi bruciava
di dolore sia per lo schianto sul tavolo che per il fatto che i vestiti
erano in parte roventi.
"S-signore! E' tutto a posto? Si è fatto male!?" mi soccorse la
Lexer. Finsi di essere più dolorante di quanto fossi in
realtà (e comunque, sono abituato a sopportare il dolore).
“N-non ha importanza… d-dobbiamo s-scappare!” finsi,
assumendo un’espressione adeguata, lasciandomi aiutare a mettermi
in piedi.
“N-non possiamo, s-siamo b-bloccati qui dentro!” prevedibilmente, la Lexer mi indicò il macigno.
Non risposi nulla e continuai a sembrare un povero disperato impazzito.
Poi afferrai il macigno valutando quanto fosse pesante: ce l’avrei fatta a malapena a muoverlo.
Finsi di non farcela e la Lexer mi soccorse: “A-aspetti, l-la aiuto!” e, al mio tre, spostammo l’ostacolo.
“SCAPPIAMO VIA!” gridai, e come un branco di conigli in
fuga la Lexer e i due ragazzini se ne andarono, io finsi di stare loro
dietro.
A un certo punto svoltai, mi nascosi dietro l’ennesimo pilastro caduto e mi ricambiai.
“Vado a sbarazzarmi dell’ultimo obiettivo e poi scappo.”
“BRAVISSIMO PICCOLO O’QUINN MA VEDI E UNO UN POCHINO PARTICOLARE”
Fissai perplesso il messaggio allontanandomi dalla piattaforma che stava per crollare e dirigendomi verso le scale.
“MAI SENTITO PARLARE DI DEEPSEA” mi chiese il Clown.
… Deepsea? Non è la città portuense poco distante da qui? Che c’entra? Che me ne dovrebbe importare?
“Vagamente. E comunque perché non usi le emoticon.”
sì, vedere il Clown scrivere senza usare smile era un po’
disorientante. Tra l’altro stava anche sbagliando la
punteggiatura.
“PERCHE SCRIVO DI FRETTA VISTO CHE UN PALAZZO STA PER CROLLARE E
PURE TU DOVRESTI DARTI UNA MOSSA COMUNQUE PICCOLO E BEL SEAN SI TRATTA
DI UNO STRONZO QUINDI DEVI FARE LO STRONZO PIU DI LUI E SOPRATTUTTO FAI
TANTA ATTENZIONE”
… Dio, i suoi testi tutti appiccicati… comunque, che diavolo intende…?
“Ok.” ma perché ha menzionato quella cittadina?
Cos’è, devo temere la rivolta dei pescatori a missione
finita?
Detto fatto scalai le scale, e… una fortissima folata di vento
mi fece volare via, facendomi sbattere contro una parete di fondo.
L’obiettivo… Ronald Dlanor… era lì. E a vederlo in faccia… non sembrava essere come gli altri.
L’uomo aveva un vestito verde acquamarina piuttosto elegante e
soprattutto non scalfito dalle fiamme, il che mi spiazzò…
capelli lunghi e ondulati dello stesso colore, uno sguardo allucinato e
la lingua di fuori da pazzo furioso.
… Che diavolo di bestia è…!?
Feci per rialzarmi nuovamente ma un’altra raffica mi tenne
inchiodato al muro. Qualunque cosa stesse succedendo… la causa
era LUI.
"Guh uh uh uh. Ma chi abbiamo qui? Qualcuno che si sta divertendo, vedo… non va bene, no no..."
Esterno Torri Hebert
Elicottero in volo
14 Luglio
Ore 17.08
[Waylon]
"Molto bello, non credi? Questo ammasso di cemento si sta sgretolando
come merita... e ciò a cui davvero puntiamo si sta rivelando: la
squadra è già sul posto e sta recuperando il bottino. E
come bonus, probabilmente stiamo eliminando anche buona parte di coloro
che hanno partecipato al processo di dieci anni fa e che potrebbero
fare il collegamento... eh eh eh."
"Non capisco però, capo. Come mai ha permesso a Connie di
incontrare quell'altro tipo? Quello che ora è sull'altro
elicottero..."
"Non mi causa problemi se vuole discutere con quel ragazzino: è
un pesce piccolo e anche se parlasse non verrebbe ascoltato. Tanto,
sarà Hebert a prendersi la colpa di questo crollo, ed essendo
morto è altamente difficile che possa perdere le accuse..."
"Come vuole lei, capo... però, sono un pò curioso. E'
sicuro che Ronald coso sia affidabile? Ha quel giochetto di prestigio
con il vento, ma non so... non mi convince."
"Oh, fidati... l'ho ottenuto tramite una persona decisamente
affidabile. Ho dovuto fare un lavoro un pò complesso per
garantirmelo, ma ne è valsa decisamente la pena, visto come
stanno crollando queste Torri..."
Deepsea
Dimora Excelles, sala di Alexis
12 Aprile
Ore 15:35
"E' un piacere incontrarla, signorina Excelles. Non conto di
disturbarla troppo, quindi arriverò al sodo. Ha già avuto
i dettagli su ciò che pianifico fare e cosa mi servirebbe,
giusto?" domandai, guardandomi intorno: tutto si poteva dire, meno che
la padrona di casa non avesse classe.
Sembrava di essere nella sala del trono di qualche re, con pareti
ricoperte di arazzi e dai muri bianchi e blu, con un sacco di piante e
divani rossi di ottima fattura, insieme a lampadari ed altre
ammenità volte a far sembrare il luogo sfarzoso (e facendo un
buon lavoro, anche), ma mai quanto il trono sulla quale la ragazza era
seduta.
“Ooooh ma che carino e quanto sei forbito! Dove hai preso
lezioni? Oh se l’educazione manca al giorno d’oggi, tutti a
dire parolacce appena vola una mosca… ma prego, fai come se
fossi a casa tua, levati pure le scarpe, mangia, sporca che poi i
domestici puliscono! Ho saputo qualcosina ma te lo dico papale papale
my friend, non me ne frega niente se non quello che puoi darmi in
cambio. Sai, mi piace fare baratti con gente strana in questo posto
poco raccomandabile, mi fa sentire importante.”
... E' davvero un peccato che non possa dire lo stesso della nostra
amica. Ad ognuno il suo, alla fine, e poi, già mi sembra troppo
giovane per comportarsi in modo educato: non troppo alta, capelli
corvini e lunghi di colore buono, ed aveva persino ancora le lentiggini
sul volto... ma ciò nonostante, aveva uno sguardo che non
sembrava per niente ingenuo, al contrario di quanto il suo
comportamento potesse far pensare. Oltre a questo, vestiva con una
sorta di abito da ballo bianco grigio e, alla sua sinistra, aveva un
bambino incappucciato e abbardato, troppo piccolo per poter essere una
sorta di guardia... in teoria. Ma se ciò che ho sentito su di
lei è vero e considerato ciò per cui sono qui, non mi
stupirebbe se lo fosse davvero.
"Non vi è da preoccuparsi, comunque: anche se il mio scopo
avrà alla fine effetti devastanti su tutto questo paese, le
prometto che lascerò stare Deepsea. Per il resto, sto già
tenendo fede alla mia parte dell'accordo: voleva l'eliminazione
completa di ogni informazione riguardo Deepsea di proprietà del
governo, giusto?" domandai retoricamente.
"Yes my love. C’è gente che rompe le palle ficcanasando da
queste parti e non devono venire a battere cassa. Cosa ne sai
concretamente di questo posto a parte che c’è
un’ottima zuppa di polipi e che la gente è un po’
suonata? Avrai che c’è un clima un tantinello strano da
queste parti, e non parlo del fatto che faccia molto freddo in inverno.
Oooh e parli proprio come Abyss eh! “Effetti devastanti su
questo paese”, UUUUUUUHHHHH!!! Quanto sono evil e crudele!
L’evilezza mi scorre nelle vene forte e fiera!" rispose lei, ed
io annuì comprendendo cosa intendesse ed evitando di considerare
ciò che non mi interessava delle sue parole: dopotutto, era una
tangente che non mi interessava, e chiunque fosse questo Abyss sarebbe
di sicuro crepato a breve.
"Concretamente? Molto poco, a dire il vero. So solo che qui è
possibile trovare molte cose... 'interessanti', per così dire, e
non mi interessa approfondire: dopotutto, se ne devo cancellare ogni
traccia al di fuori della città stessa, non penso avrebbe senso
fare ricerche in primis. Non crede?" risposi io con nonchalance: una
cosa che avevo in comune con lei è che anch'io non mi curavo di
nient'altro che non mi aiutasse a completare i miei obiettivi. E dopo
quasi dieci anni di attesa, ci sarebbe voluto poco prima che potessi
iniziare.
“Vedo che ci intendiamo, ad ognuno la sua carissimo! Sai, tanto
per non farlo sembrare una ciofeca, il garçon che ti sto per
consegnare è tipo quei vecchietti borbottoni tanto affezionati
al loro paese d’origine, no? Sta lì a dire cose strane, a
sembrare uno noioso… poi CAPISCI che puoi usarlo per sostituirlo
al ventilatore di casa e che ti tiene fresco, pure troppo!
C’è scarsità di gente come lui… dovrebbero
seguire di più il suo esempio! Ti faccio proprio un favore da
amica a consegnartelo, eh! Ronald… carissimo… puoi
presenziare? Ti presento un nuovo e simpatico compagno di
merende.” fece lei, ed in quel momento entrò un uomo
piuttosto giovane, i cui capelli ed il cui abito erano tutti
uniformemente di verdeacquamarina.
"Guh uh uh uh! Benvenuto, carissimo! Spero che finora ti sia piaciuto
il tuo soggiorno a Deepsea. Qual buon VENTO ti porta qui? AHAHAHAH!
Capita!?" affermò lui, forzando parecchio la parola 'vento'
prima di puntare una mano verso di me.
Subito dopo, una forte scarica di vento si abbattè su di me: mi
misi due mani davanti al volto per coprirmi, ma venni comunque
scaraventato verso il muro, mentre 'Ronald' continuava a ridacchiare,
tenendo la lingua di fuori.
“È un burlone come varia gente che abita qui, non farci
tanto caso e se ti stai chiedendo nel cervello come cristo sia
possibile che uno spara vento dalla mano confidati pure con la zia
Alexis.” mi disse lei, mentre io mi rialzavo e mi grattavo la
tempia, dolorante.
"Ghhh... effettivamente, almeno questo mi piacerebbe saperlo. Se non
è troppo chiedere, ovviamente." le risposi, cedendo almeno su
questo alla curiosità.
“Ahhh, lo sapevo! Vedi? Deepsea è davvero un posto figo e
interessante, altro che pescatori rincoglioniti. Come te lo spiego?
HMMMMM. AH. Trovato! Devi sapere che questo posto è sempre stato
un banalissimo ritrovo di gente fino a che… non è
successo qualcosa un sacco di tempo fa. Io, che sono il patrono del
posto in quanto prima erede Excelles, ne so davvero poco a riguardo.
Circola la leggenda di un uomo fighissimo che ha fatto cose strane
dietro le quinte e questo ometto sparavento dovrebbe essere il
risultato di una di quelle azioni, ma… ahimé ne so
davvero poco e davvero poco me ne interessa, ripeto. La storia di
Deepsea è davvero ricca ed è un peccato che tu non voglia
fare il turista ed abbia altri grilli per la testa.
COOOOOMUNQUE, dolcezza. Ascolta a me. Nei prossimi giorni controllo un
po' a che punto stai e come sta procedendo l’eliminazione delle
prove. Questa specie di monaco shintoista non sta qui per bellezza e
credimi, vale dieci volte dell’omino sparavento. Forse è
meglio che non scendo nei dettagli. C’è, sai, addirittura
chi, come Abyss, ha il suo pupazzetto personale che distorce
addirittura la realtà a piacimento. MA LA FINISCO DI CIANCIARE.
Vai e divertiti con il tuo nuovo pupazzetto! E se non dovesse piacerti,
torna qui con lo scontrino eh!”
...
Salutai, ringraziai per l'"affare" e andai via insieme a Ronald, senza
smettere di pensare a ciò che avesse detto la signorina Excelles
nè rimangiarmi la parola, anzi richiedendo che i miei soci
divenissero più zelanti nel rimuovere ogni possibile prova
relativa a Deepsea, devolvendo parte della nostra organizzazione
specificamente al distruggere tutto ciò che le fosse pericoloso.
... Nonostante tutto, io sono solo un umano. Ho i miei obiettivi, ed
è per questo che ho preferito mantenere i miei occhi su questo
paese piuttosto che su tutto il mondo... ma quello che lei ha detto mi
aveva intimorito, e non poco. Se davvero esisteva gente simile...
andava eliminata, subito. Una volta finito tutto, avrei fatto del mio
meglio per togliere di mezzo ogni cosa che avrebbe potuto darmi
problemi.
O meglio, questo avrei fatto, se non avessi davvero temuto a causa
delle parole della ragazzina. Cosa potevo davvero fare contro di loro,
se il potere da loro posseduto era davvero così elevato...?
... Non era il caso di crucciarsi, e per questo motivo, decisi di
preparare contro-misure solo nel caso che sarebbe stato inevitabile un
conflitto con loro.
Se fosse successo, questa sarebbe stata la mia guerra, per il bene
della mia utopia. E se doveva davvero crollare, avrebbero dovuto
combattere a sangue per distruggerla.
*********************************************************************************
Terzo capitolo di Senza Via di Fuga, scritto interamente con l'aiuto di
The Shadow (nello specifico, ha usato Fantom Dethlone, Bree Hughes,
Paul Hayes, Sean O'Quinn, il Clown, alcune frasi di Gladys Lexer e
Alexis Excelles): lo ringrazio quindi molto per l'aiuto nella stesura e
per il permesso di usare i suoi personaggi.
Il personaggio di Ronald Dlanor è stato creato basandosi su una
serie di concetti della storia Lilith Light: Parallel Ways di The
Shadow: non si tratta tuttavia di un 'WL000X0', ma di un comune
cittadino di Deepsea dotato di poteri speciali. Per maggiori
informazioni, consiglio la lettura della suddetta storia.
I personaggi di Fantom Dethlone, Sean O'Quinn, Arnold Todds e Wicky
Edwardson appartengono a The Shadow (rispettivamente a 'Wolf Lonnie Ace
Attorney: Fighting for Truth' e 'Deeper than Void'), così come
Alexis Excelles, Abyss, il bambino (Apocalypse) e la città di
Deepsea.
Il Giudice Bree Hughes invece appartiene a Renna ed alla sua storia 'Eyes, Lies and Trusting Times'.
Alfredo Pasted appartiene sia a Renna (che lo ha sviluppato) sia a The Shadow (che lo ha creato).
Keith Forrest, Ellie Todds e Killian Edward sono di proprietà
mia e di The Shadow: i primi due appartengono alla storia di 'The
Unsung Trials - Stories by The Shadow' 'Turnabout Starfall', mentre il
terzo debutta in questa storia.
Il personaggio di Sean O'Quinn è due anni più giovane
rispetto alla sua storia, e gli eventi qui presenti si ambientano
quindi prima dell'inizio di Deeper than Void.
Detto questo, spero che questo capitolo vi sia piaciuto e vi do appuntamento al prossimo! Grazie a chiunque abbia letto!
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Capitolo 4 *** Lawrence Trueman Ace Attorney: Senza via di fuga - IV ***
LTBTC4
LAWRENCE TRUEMAN: ACE ATTORNEY - SENZA VIA DI FUGA
Capitolo 4
Torri Hebert
Quarantanovesimo Piano
14 Luglio
Ore 17:09
[Sean]
"Guh uh uh uh uh... Sai, devo dire che assicurarsi che
l’esplosione di questo edificio fosse quanto più efficace
possibile è stato più barboso di quanto immagginassi!
Preferivo decisamente di più la cara vecchia Deepsea... sai,
dovresti venire! E' il luogo ideale per darsi una RINFRESCATA!
AHAHAHAHAHAH! Ma come mi vengono!? Dai, ridi con me! Mi sto annoiando!
FAMMI DIVERTIRE! ORA!"
Mi
sparò contro un’altra folata continuando a tenermi
inchiodato, intanto sbrodolava la lingua come un cane impazzito.
Questo tizio è completamente suonato e… la cosa MI PIACE.
No seriamente, preparerò un’ottima banana split al Clown
solo per ringraziarlo di avermi lasciato fronteggiare costui!
Ma tra il dire e il fare, c’è di mezzo il mare… ovviamente.
La folata di vento era davvero forte, gelida e mi teneva inchiodato al
muro, lacerandomi il volto e le braccia come piccole lame. Ma che
cos’ha in mente di fare!? Vuole tenermi bloccato al muro intanto
che il palazzo collassa!?
No… prima di tutto, in qualsiasi stato mentale versi, devo
provare a calmarlo e a fargli smettere di usare quelle folate di vento,
poi approfittare di un qualche secondo di distrazione e studiarmi una
strategia rapidamente!
“O-onestamente, t-trovo che tu sia d-davvero interessante, sai?
Non dico tanto per scherzare, mi piacciono un sacco i supereroi,
soprattutto Spiderman, ma non avrei mai pensato c-che avrei incontrato
uno capace di fare cose simili!”
Modulai il tono affinché suonasse contemporaneamente spaventato ma eccitato… cosa che effettivamente ero.
Lanciai uno sguardo a Dlanor… che aveva smesso di smuovere la
lingua al vento (letteralmente) e mi fissava con un’espressione
allucinata e divertita. Spero che sia un fatto positivo.
"Ma CERTO che sono interessante! Più di qualunque supereroe di
fumetti! Dovrebbero fare una serie solo su di me, sai? Porterebbe
davvero una VENTATA DI ARIA FRESCA! AHAHAHAHAH! Te lo immagini!?
Potrebbero chiamarmi Air Man! E nessuno mi sconfiggerebbe mai! NEMMENO
TU!"
Qualunque problema abbia, questo tizio è troppo figo. Ad ogni
modo, per via dell’ennesima folata di fila, mi accorsi di una
piccolezza: il vento che sparava aveva SEMPRE la stessa
intensità, frequenza ed usciva SEMPRE dalla mano sinistra.
Io ero inchiodato per timore di volare via, ma… se voleva
mettermi k.o., perché non ha adoperato entrambe le mani? Posso
solo andare alla cieca, ma… ho come il presentimento che costui
non abbia un perfetto controllo delle sue abilità!
Decisi di non rispondere nulla e mi beccai un’altra folata ancora, purtroppo notando di starmi spellando il braccio.
Poi, nell’istante in cui finì, feci un balzo sulla destra, FINALMENTE cambiando posizione.
Come credevo, Dlanor spalancò gli occhi in una maniera esagerata
e fece per inseguirmi con la mano sinistra, ma… sembrava far
fatica ad orientare lo sguardo perché socchiudeva continuamente
le palpebre! Ho capito… ha qualche problema alle pupille e ha
difficoltà a seguire oggetti veloci!
“Hai difficoltà a seguirmi, EH?” lo provocai io,
continuando a scappare e a muovermi velocemente intorno alla stanza,
saltando i detriti e rotolandomi per mantenere la velocità e
confermare la mia teoria.
"GUH UH UH UH UH! MA DAI! Credi sul serio che il carissimo fondatore di
Deepsea mi avesse dato un potere tanto fatto male!? Sì, non sono
una bomba atomica che cammina, ma questo non significa che sia una
schifezza! GUARDA COME APRO GLI OCCHI! GUARDA COME CAMBIA IL VENTO!
AHAHAHAHAH!"
Di nuovo Deepsea… quella cittadina ha SICURAMENTE qualcosa di strano.
Purtroppo per me, la mia teoria si rivelò sbagliata: nel momento
in cui mi ritrovai di fronte a un muro sgretolato, Dlanor cambiò
mano e fece per farmi volare via.
Mi arrivò una raffica potentissima e PER POCO non venni sbalzato
su Eastwood incontro a una fine certa. Riuscii ad acchiappare a
transenna che stava per cadere di sotto, mi dondolai e ritornai
dov’ero. Il cuore mi pompava a duemila e la paura aveva avuto la
meglio sull’eccitazione: dovevo fermare questo tizio ad ogni
costo il prima possibile.
Cercai di trarre una conclusione quanto più rapida possibile: o
ha FINTO di avere problemi ma non mi sembrava (dalla sua espressione
sofferente quando cercava di seguirmi), o… molto semplicemente,
ha difficoltà a seguire oggetti poco illuminati, il che avrebbe
senso… perché nell’attimo in cui ho toccato una
zona di luce mi ha individuato subito!
…
… Ho solo una mossa a disposizione prima che questo edificio
crolli del tutto. Le macerie continuano a riversarsi all’esterno
e il pavimento continua a collassare a tremare.
SPERO CHE SIA LA SECONDA IPOTESI. Lo spero con tutto il cuore perché altrimenti… è la mia fine.
Mi allontanai SUBITO dalla zona di luce saltando una buca enorme e
gettandomi dietro ad una serie di detriti. Dlanor era al centro della
stanza e, di nuovo, sembrava fare fatica a guardarsi intorno. Nel
momento in cui mi vedrà mi sparerà contro una raffica
micidiale e sarò sconfitto e terra per ceci.
Cercai di mantenere il controllo e di continuare a muovermi
silenziosamente dietro detriti, colonne cadute e sfruttando i rumori in
modo da non farmi sentire.
“DOVE SEI!?” mi gridò l’uomo… il
mutante… QUELLO CHE È, con una tale rabbia da farmi quasi
accettare la teoria.
…
… Vediamo… è talmente nervoso che si agiterà nel momento stesso in cui accadrà qualcosa.
HO UN’IDEA!
Presi un sasso e lo scagliai verso di lui NEL MOMENTO stesso in cui iniziai a spostarmi in cerchio per tentare di raggirarlo.
INDOVINATO. Dlanor ruggì e sparò un’altra raffica contro il sasso.
È LA MIA OCCASIONE!
Presi di corsa la piccozza, sfruttai una colonna caduta per saltare in
alto su un muro alle spalle di Dlanor, mi fissai, mi dondolai
rapidamente e atterrai su di lui nel momento in cui si stava per
voltare.
MA NON C’ERA TEMPO DA PERDERE.
Dlanor contrattaccò sparandomi una raffica di vento in faccia MA
PREVENDENDOLO mi ero aggrappato saldo al pavimento sia con la piccozza
che con la mano.
Nell’attimo in cui la folata terminò, estrassi la piccozza
e gliela frantumai in testa tre volte fino a fratturargli il cranio e
fino a che non riuscii più a sfilarla.
Dlanor mosse un’ultima volta la sua mano tremante verso di me… e poi, perse le forze.
HO VINTO! È MORTO!
Ma c’era poco da esultare: il pavimento collassò sotto ai
miei piedi e precipitai prima al piano di sotto, poi collassò di
nuovo e riuscii a salvarmi aggrappandomi ad una sporgenza.
Sotto di me, un abisso. DEVO FUGGIRE IMMEDIATAMENTE DI QUI.
Mi arrampicai di corsa sulla sporgenza e cercai disperatamente una qualche terrazza.
MALEDIZIONE, HO PERSO TROPPO TEMPO!
Cercai di tenermi saldo alla parete esterna continuando a scendere, ma
in pratica sia per la paura, che per la mancanza di concentrazione e di
appigli saldi continuavo a cadere e ad aggrapparmi alla bell’e
meglio alle poche sporgenze che trovavo.
… COSA DEVO FARE!? Dannazione… mi sono… dato troppe arie.
Mi trovavo appeso al bordo di una finestra, ma la stanza stava per slittare verso di me.
… È LA FINE! NON SO PIU’ COSA FARE!! NON VEDO ALTRE SPORGENZE!!
“BELLOOOOOO!!! STO QUI DI SOTTO!!! LASCIATI CADERE!!”
KILIK! OH MIO DIO SANTO KILIK!!
Mi sporsi di poco per notare che, circa a dieci metri sotto di me,
c’era una camionetta con il retro sopraelevato… LA
camionetta! Travestita da camionetta per i traslochi con tanto di targa
falsa, la uso ogni tanto per scappare in maniera rocambolesca quando la
situazione si fa complicata, e… quanto sono stato stupido a non
avergli chiesto il suo aiuto! Se non c’era lui morivo spiaccicato!
Mi buttai di sotto nel vuoto atterrando sul retro sopraelevato e sui
materassi (solita vecchia tattica), poi il mio amico lo abbassò
fino a livello terra. Ci mancò poco che delle macerie ci
travolsero, ma UNA VOLTA TANTO Kilik ebbe i riflessi pronti e
partì giusto in tempo.
Mi cambiai immediatamente mettendomi la maschera da tizio dei traslochi
con tanto di giacca e mi sistemai al fianco del mio amico.
“O-o-onestamente c-c-credevo d-davvero che ci a-avrei r-rimesso le penne, Kilik…”
“Bello basta, calmo, tranquillo, respira! Hai fatto un macello e sei finito in un bordello!”
… Ma come gli vengono rime pure quando stavamo per crepare seppelliti dalle macerie a questo matto…!?
“Be’, a-avviso un attimo il Clown, ad ogni modo davvero
grazie di cuore! Te ne devo un’altra… magari fai un salto
da me stasera, ti cucino qualcosa per ringraziarti!”
“Yo bello, vai tranquonzolo, il tuo amico Kilik sta pronto a
raccattarti quando vuoi e a salvarti le chiappe in ogni momento! E la
tua roba spacca proprio! Siamo d’accordo, allora!” come
d’abitudine, gli battei il cinque.
Caro vecchio Kilik… ho anche bisogno di rilassarmi due secondi, quindi organizzo pure una partitella a biliardo, dai.
Ora pensiamo ad avvisare il Clown…
“Missione compiuta. Anche Dlanor è stato eliminato.”
“BRAVISSIMO PULCINO MIO MANCO I MUTANTI PAZZI TI FERMANO IL TUO CLOWN È FIERO DI TE”
Accennai un sorriso… fa sempre piacere ricevere complimenti da lui.
“Cos’è Deepsea, e chi era.” chiesi, ancora
incuriosito dall’intera faccenda, ma… non che mi
aspettassi chissà quale risposta se prima era stato così
vago. E appunto…
“NIENTE DI CUI TU DEBBA INTERESSARTI E SOPRATTUTTO TI VIETO DI
FARLO NON È ROBA CHE FA PER TE E TI ESPORRESTI TROPPO SO CHE
BRUCI DI CURIOSITÀ MA STATTENE BUONO O MI INCAZZO”
… Alle solite.
Non ho idea di quel che faccio, del perché lo faccio e in cosa
vengo immischiato. Però vorrei davvero saperne di
più… non ha importanza, effettivamente.
Un conto è affrontare gente grande, grossa e muscolosa…
un conto è affrontare gente che spara vento dalle mani.
In quell’istante, tirando un sospiro sia di sollievo che di
fatica, mi accorsi anche di quanto avessi fatto bene a togliere di
mezzo i vari obiettivi piuttosto che lasciare che il palazzo
collassasse.
Successivamente, mi capitò di imbattermi in qualche vicenda
sovrannaturale, specie riguardanti Lonnie, ma tra una cosa e
l’altra mi passò il pensiero di Deepsea per quanto
quell’incontro mi avesse incuriosito e mi fosse rimasto impresso.
Purtroppo ho l’abitudine che, se non ho un souvenir o un ricordo
materiale di qualcosa, tendo a lasciarmi coinvolgere dal nuovo,
e… mi sarebbe davvero piaciuto portarmi via qualcosa di quella
giornata.
Torri Hebert
Scale
14 Luglio
Ore 17:02
[Lawrence]
"S... SIGNOR DETHLONE!"
Sgranai gli occhi e, prima che potessi realizzare cosa stesse
succedendo, mi precipitai insieme a Jean vicino al vice-procuratore
capo, cercando di sollevare il macigno (grande più o meno quanto
uno zaino) da sopra di lui e sperando stesse ancora bene, non riuscendo
però a fare più di tanto nonostante i nostri sforzi.
"Signor Dethlone, come sta!? E' ancora vivo!?" domandai, sperando con tutto il cuore di venire risposto.
“... C-c-c-ce l-l-la f-f-faccio… n-n-non si p-p-preoccupi!
D-d-dovete s-scappare… n-non pensate a me...” provò
a dire l'uomo debolmente.
Io lo osservai con nervosismo, urlando "Neanche per idea! Jean,
insieme!", riafferrando il macigno e mettendo un pò più
di forza nel tirarlo, e così sia io che la mia amica riuscimmo a
togliere via il masso liberando il nostro compagno.
Ebbi modo così di vedere il risultato del macigno: lungo la
schiena, il procuratore Dethlone ora aveva una grossa ferita lunga che
gli attraversava la schiena... e, oltretutto, era perfettamente
verticale. Avrei trovato la cosa ironica, ma non era il momento
nè l'occasione per ridere.
Il macigno lo aveva prima colpito di striscio cadendo, poi l’uomo
è caduto dalle scale e gli è rotolato sopra...
"Mi dispiace moltissimo, signor Dethlone..." dissi, mentre Jean mi prendeva la mano, preoccupata.
"NON è il momento di pensare a cose del genere, Law. *COFF*
*COFF* Dobbiamo andarcene, e subito! *COFF*" fece lei, con la mano
tremante ed un'espressione spaventata: molto probabilmente voleva solo
uscire da lì quanto più in fretta possibile, come anche
io e probabilmente il procuratore volevamo.
“G-grazie… s-signorina, le do l-la mia g-giacca, n-non
respiri la polvere… *COFF* *COFF*” fece quindi il
procuratore, dando la giacca alla mia amica, mentre io osservavo la
scena coprendomi la bocca con la mano.
... Avrei dovuto pensarci io, ed invece non ho fatto nulla. Finora non
ho fatto altro che pensare a me stesso e non mi sono curato per nulla
di aiutare Jean... sono davvero un egoista.
Un tremolìo dell'edificio mi fece tornare concentrato sul
problema, urlando con aria preoccupata "Dobbiamo fuggire, e subito! Non
perdiamo tempo!", ma prima che potessimo allontanarci, una voce molto
familiare disse nella nostra direzione "Ehi! Aspettate! Ci siamo anche
noi qui!", arrivando da poco più avanti la sala in cui ci
trovavamo.
Aguzzai la vista... e trovai Hayes, la madre di Jean e Ralph Otom, con quest'ultimo che ci salutava con la mano.
"Come state lì!?" domandai immediatamente, comunque contento e
sollevato che anche loro fossero riusciti a cavarsela fino a quel
momento.
"Qui tutto bene, voi!?" urlò Otom di rimando, anche se Fantom
preferì interrompere il dialogo dicendo “BASTA
CONVENEVOLI… p-per favore…! S-signora, l-la aiuto
io… detective, ci faccia s-strada…”.
Hayes annuì e Otom passò Samantha al procuratore, prima
che noi riprendessimo a camminare: onestamente non mi sembrava per
nulla giusto che fosse lui a doverla portare... ma non pensavo che
fosse il caso di protestare, anche perchè a discuterne avremmo
solo perso tempo prezioso.
Notai però che la signora Watson osservò Jean con aria
sollevata, e ne fui contento... per poi pensare ancora una volta che
mia madre era ancora a casa, da sola e probabilmente ignara di tutto.
Non potevo permettermi di morire lì, non potevo assolutamente.
Continuammo quindi a scendere, riuscendo bene o male a proseguire per
vari piani: cercai di tenere il conto all'inizio, ma a causa della
rapidità e della foga con cui stavamo proseguendo nonostante la
stanchezza con tutta l'adrenalina che avevamo in corpo
(con soprattutto Samantha che, nonostante l’aiuto del
procuratore, stava comunque avendo notevoli difficoltà a
muoversi, sembrando quasi robotica), persi il conto quasi subito, fino
a che non arrivammo al... non so, credo il piano quarantaqualcosa
o trentaqualcosa.
Il piano sembrava relativamente solido... ma Jean si fece avanti,
dicendo "Fate andare me avanti *COFF* *COFF*... voglio assicurarmi che
*COFF* *COFF* tutto sia sicuro...", probabilmente avendo respirato un
pò di polvere durante il tragitto.
"E' una buona idea Jean, ma... *COFF* *COFF* devi proprio farlo tu?
Posso fare io..." suggerìi, mentre Samantha osservava la figlia
con preoccupazione.
"JEAN, ha ragione Lawrence: non osare allontanarti da qui! Se proprio
andiamo, andremo insieme!" fece lei, chiaramente non volendo che Jean
si cacciasse nei guai
"Voglio solo controllare... *COFF* *COFF* non credo che mi
succederà qualcosa..." provò a dire, per poi camminare di
fronte a sè, facendo attenzione a ciò che era ai suoi
lati ed ai suoi piedi.
“*COFF* *COFF* UN MOMENTO *COFF* ASPE *COFF*” cercò
di bloccarla Dethlone, ma non fece in tempo e stava soffocando dalla
polvere.
Tuttavia... non controllò ciò che c'era sopra, e dopo appena una decina di secondi da quando si era allontanata...
"AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHH!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!"
... Jean cacciò un urlo di dolore, mentre un pezzo di cemento
meno grande di quello che era caduto sul procuratore, ma comunque di
notevoli dimensioni, cadde dritto sul piede della mia amica.
"JEAAAAAAAAN!!!" urlai, precipitandomi verso di lei con preoccupazione.
"JEAN! COME STAI!? JEAN!" sentì dire la signora Watson,
sforzandosi di staccarsi dal signor Dethlone ed avvicinandosi insieme a
me alla figlia, rimuovendo insieme il pezzo di cemento ed avendo modo
di constatare il danno.
Il piede era rimasto piuttosto ridotto male, era pieno di sangue ed
arrossato... non avevo idea se fosse grave o meno, ma ero sicuro che
almeno per un pò Jean non sarebbe più riuscita a
camminare.
"Ah... ah... aaaaah... s-scu... sate... mi..." fece debolmente la mia
amica, probabilmente in preda al dolore, cosa che mi fece stare
piuttosto male mentre continuavo ad osservarla... avrei potuto evitare
tutto questo. Avrei potuto, ma non l'ho fermata...
"Non abbiamo tempo per medicarla! Dobbiamo andare avanti!" fece Otom,
alzando lo sguardo ed osservando con preoccupazione come la sala in cui
ci trovavamo non aveva l'aria di poter durare ancora a lungo.
"Tuttavia, rischiamo di essere troppo rallentati così: dobbiamo
già trasportare la signora Watson... chi porterà sua
figlia adesso?" fece poi notare Hayes, con tono serio ma anche lui con
fare frettoloso.
Aiutai la mia amica ad alzarsi, per poi affermare un semplice "La
porterò io, non vi preoccupate: pensiamo solo ad andare
avanti!", per poi iniziare a camminare di mia iniziativa.
"G... grazie, Law..." mi ringraziò quindi la mia amica, osservandomi e suonandomi ancora dolorante dalla voce.
"Non c'è di che: ora sta calma che ci penso io." provai a dire,
facendole una smorfia vagamente simile ad un sorriso, prima che io ed
il resto del nostro gruppetto (con la signora Watson che accetto
fortunatamente di andare avanti insieme a Dethlone invece di restare
insieme a Jean e rischiare di rallentarci) andassimo avanti, passando
per la sala successiva del piano.
“M-mi dispiace… *COFF* *COFF* s-signorina W-Watson…
a-avrei… d-dovuto… r-reagire prima. Non è
assolutamente… PER NULLA giusto che due persone giovani come lei
o il signor Trueman siano stati coinvolti in questa follia
spaventosa.”
“N-non si preoccupi, s-signor Dethlone… *COFF* *COFF*
n-non è colpa sua…” provò a dire la mia
amica, mentre notai che stava chiudendo lievemente gli occhi.
“Non sforzarti, Jean! Pensa a riposarti!” Dissi io, mentre
andavo un pò più avanti (evitando però di
distanziarmi troppo), sperando di poter trovare qualcuno che potesse
aiutarci nella sala.
Lì, avemmo modo di incrociare tre persone: tutti e tre persone
che erano nella sala dei ricevimenti con noi, spaventate quanto noi e
di cui al momento non ricordavo nemmeno i nomi.
"Ehi, voi! Dove state andando!?" urlai quindi io, sperando che
potessero suggerirci qualche strada più facile per arrivare alla
salvezza, nonostante ciò fosse estremamente improbabile, o
perlomeno aiutarci a trasportare Jean.
“SIAMO SENZA VIE DI FUGA, MORIREMO TUTTIIIII!!! NON E’
POSSIBILE PROSEGUIRE AL PIANO DI SOTTO!!!” urlò
quindi il ragazzo con il completo verdastro, in preda al panico.
"Diamine...!" feci io, digrignando i denti e stringendo i pugni con nervosismo.
Una ragazza con dei fiori dei capelli ci si avvicinò,
spiegandoci "Abbiamo già provato a spostare noi i detriti, ma
sono troppi e non abbiamo la forza necessaria per farcela!"
“Ci provo io signorina L-Lexer! D-detective, p-per favore, m-mi
serve una mano!” disse quindi Dethlone, passando la madre di Jean
ad Otom, mentre Hayes annuiva e lo seguiva a ruota, con noi subito
dopo: dopo quel che era successo a Jean, era meglio evitare di rimanere
troppo distanti l'uno dall'altro.
Una
volta arrivati alle scale dove i detriti erano stati spostati, vidi il
ragazzo dai capelli rossi e con il ciuffo a pavone (che disse di
chiamarsi Keith), Lexer, il signor Dethlone ed Hayes iniziare a
rimuovere le macerie, mentre io ed Otom tenendo le rispettive Watson e
la ragazza che stava con Lexer e Keith rimanevamo in disparte,
osservandoli lavorare mentre controllavamo con timore il proseguimento
del crollo, che diventava sempre e sempre più rapido... non so
se perchè stesse effettivamente crollando più in fretta o
perchè fossi in preda al panico.
Avrei voluto urlare loro dietro di fare più in fretta... ma non
mi sembrava il caso e ci avrebbe solo fatto perdere più tempo,
quindi preferìi rimanere in silenzio e non fare nulla.
Dopo mezzo minuto di infruttuosi tentativi, però, iniziammo a
sentire un rumore di pale che si muovevano... un rumore che non si
sentiva molto spesso, ma che era facilissimo da identificare.
Il rumore di un elicottero. A pochissima distanza da dove ci trovavamo.
Una volta arrivati alle scale dove i detriti erano stati spostati, vidi
il ragazzo dai capelli rossi e con il ciuffo a pavone (che disse di
chiamarsi Keith), Lexer, il signor Dethlone ed Hayes iniziare a
rimuovere le macerie, mentre io ed Otom tenendo le rispettive Watson e
la ragazza che stava con Lexer e Keith rimanevamo in disparte,
osservandoli lavorare mentre controllavamo con timore il proseguimento
del crollo, che diventava sempre e sempre più rapido... non so
se perché stesse effettivamente crollando più in fretta o
perché fossi in preda al panico.
Avrei voluto urlare loro dietro di fare più in fretta... ma non
mi sembrava il caso e ci avrebbe solo fatto perdere più tempo,
quindi preferii rimanere in silenzio e non fare nulla.
Dopo mezzo minuto di infruttuosi tentativi (perché il soffitto
continuava a franare creando altri detriti da rimuovere), però,
iniziammo a sentire un rumore di pale che si muovevano... un rumore che
non si sentiva molto spesso, ma che era facilissimo da identificare.
Il rumore di un elicottero. A pochissima distanza da dove ci trovavamo.
“ANDIAMO VERSO IL BALCONE E CERCHIAMO DI FARCI NOTARE! È
LA NOSTRA UNICA POSSIBILITA’!” urlò allora il
procuratore, e come sempre da quando era iniziato tutto quello, nessuno
si oppose o ebbe alcun problema con ciò che aveva detto.
Salendo le scale al piano successivo (che purtroppo per noi era in
piena fase di crollo, con noi che stavamo facendo quanta più
attenzione possibile per evitare passi falsi), riuscimmo poi a trovare
un punto da cui accedere ad una balconata... e da lì, a pochi
metri di distanza, vi era l'elicottero. La nostra ancora di salvezza.
Sorrisi dalla felicità e feci qualche passo avanti una volta
fuori, tenendomi ancora stretta Jean... e quell'attimo di distrazione
mi costò caro.
Il terreno sotto di me, infatti, cedette immediatamente... stavo cadendo, E NON POTEVO SALVARMI!
Rapido, lanciai Jean a terra per assicurarmi che almeno lei non venisse
coinvolta, sorridendo nuovamente una volta accertatomi che l'avevo
messa al sicuro.
Non so dire quanto durò la caduta. Qualche secondo, penso.
L'ultima cosa che vidi fu lo sguardo preoccupato di Jean e degli altri, e lei che gridava il mio nome.
Dopodichè, non seppi più nulla.
Esterno Torri Hebert
Elicottero di soccorso
14 Luglio
Ore 17.24
[Jean]
...
Alla fine, eravamo riusciti ad entrare nell'elicottero... era
fortunatamente abbastanza grande e riuscimmo ad entrare tutti senza
problemi... incluso Law.
Il procuratore Dethlone ed il detective Hayes avevano formato una
catena umana per recuperarlo, e fortunatamente ci sono riusciti prima
che dei detriti potessero schiacciarlo al piano inferiore. Io ne ho
ricevuto solo uno sul piede e continua a farmi male... non oso
immaginare cosa sarebbe successo se Law fosse rimasto sepolto sotto una
tonnellata di quelli...
... Non sono mai stata così spaventata in tutta la mia vita, ed
ora, mentre vedo le Torri Hebert continuare a sgretolarsi senza paura,
non riesco a vedere altro che la fine di un incubo dal quale temevo di
non svegliarmi.
... E mentre mi guardavo attorno, mi rendevo conto che per molti
l'incubo non era decisamente ancora finito, soprattutto Law, a pochi
centimetri da me.
Stavo cercando di evitare di guardarlo quanto più possibile,
anche perchè mi faceva seriamente senso... era ricoperto di
sangue e di ferite ancora aperte, aveva un sacco di graffi. una gamba
lievemente storta ed ematomi su tutto il corpo, e probabilmente anche
qualche ferita alla testa, visto che aveva una quantità copiosa
di sangue tra i capelli... l'unica cosa che mi sollevava era che stava
ancora respirando senza problemi, quindi le condizioni erano
probabilmente gravi ma stabili.
Non era per nulla un bello spettacolo, e se non mi avesse lanciata, probabilmente sarei nel suo stesso stato...
... Non se lo meritava per nulla, e fino ad adesso non penso di aver
fatto nulla per meritarmi davvero di venire salvata così...
Non volendo però concentrarmi su questi pensieri, mi guardai attorno, controllando come stessero tutti gli altri.
In disparte dal nostro 'gruppo', Keith Forrest e Gladys Lexer
parlottavano tra di loro, entrambi decisamente sollevati dall'essersi
salvati (e con il primo anche troppo energico, a mio parere), mentre
Ellie Todds rimaneva pensierosa in un angolino, senza dire una parola.
Più vicino a me, invece, Otom ed Hayes stavano parlottando tra
di loro, con serietà ma anche una certa allegria per quanto
riguardava il primo (è in qualche modo riuscito a fare delle
foto tra una cosa e l’altra, pare degli scatti prodigiosi…
come ha fatto mentre crollava tutto!?). Vorrei tanto avere il suo entusiasmo, adesso.
... In disparte c'era mia madre, ma non sapevo onestamente cosa dirle.
Era persa nel suo mondo e non diceva nè sembrava voler fare
nulla... e, anche se non era sicuramente un comportamento esemplare,
preferivo non parlarle, non me la sentivo di discutere con lei e
probabilmente sorbirmi una ramanzina sull'essere cauta.
Colui che mi preoccupava di più era Fantom Dethlone,
però: era anche lui piuttosto chiuso in sè stesso... ma
piuttosto che triste, mi sembrava essere arrabbiato, probabilmente
vendicativo nei confronti di chiunque avesse causato il crollo delle
Torri. Non riusciva a stare fermo nemmeno per un secondo... ed avrei
mentito se non avessi detto che mi stava preoccupando ed anche
intimorendo, in un certo senso.
“Quel che è successo è semplicemente INAMMISSIBILE.
La sozzeria dei criminali che infanga con il suo lerciume e il suo
lezzo nauseante e nocivo la vita tranquilla dei cittadini e un evento
spensierato e allegro quale doveva essere questo, in un modo tanto
vergognoso, efferato e privo di scrupoli… chiunque sia
stato… la pagherà cara. CARISSIMA. Non la passeranno
liscia PER NULLA AL MONDO. Ugggh… hanno osato farsi beffe della
procura, dei giovani, delle signore, della polizia… DI CHIUNQUE.
Provvederò io alle spese mediche perché NON ESISTE CHE LE
VOSTRE FAMIGLIE PAGHINO PER L’OPERATO RIVOLTANTE DI QUEI TOPI DI
FOGNA. In qualche modo salveremo Lawrence Trueman. Non
permetterò che la vita di giovani come voi venga rovinata dalla
malvagità dei criminali. Resistete… andremo
all’ospedale e provvederò a tutto io.”
ringhiò a denti stretti, e riuscivo chiaramente ad avvertire
l'odio di cui ogni sua parola era intriso. Non era semplicemente rabbia
dovuta allo stress... era vero, puro odio rivolto alla 'feccia' che
aveva causato tutto questo, e non mi sentivo per nulla in posizione di
calmare o di contraddirlo.
Io mantenni lo sguardo basso, rispondendogli "Grazie davvero, signor
Dethlone... apprezzo molto la cosa. Lei... lei per caso ha idea di chi
possa essere stato a fare tutto questo...? Non riesco ancora a capire
perchè io e Law siamo stati invitati, se il crollo era... era
stato prestabilito... almeno credo...", incerta anch'io su cosa stavo
chiedendo e come lo stavo dicendo.
“... Sì… almeno penso. La vicenda di cui vi avevo
accennato dovrebbe avere molto a che fare e credo che avvierò le
indagini a partire da cosa conosco. Più esattamente, ho due nomi
collegati a Kurt Hebert. Signorina Watson… uggggh…
v… vuole che condivida il resto delle informazioni? In modo che
lei e il suo amico non abbiate altre sorprese in futuro e perché
è vostro diritto venirne a conoscenza.” mi disse,
osservandomi negli occhi.
Io esitai per qualche secondo, ma alla fine la mia curiosità
ebbe la meglio, facendomi rispondere "D'accordo, mi dica pure,
procuratore Dethlone... se le va bene."
10 Anni Prima.
Il
processo era fino a quel momento proseguito in modo molto equilibrato:
dopo Samantha Watson (dalla quale si riuscì solo ad estrapolare
informazioni, senza riuscire sul momento a contraddire la sua
deposizione) si passò ad interrogare qualche lavoratore del
cantiere, a seguito del quale si iniziò ad aprire uno spiraglio
di luce, non appena Christopher fece giustamente notare che la
detective stessa avesse specificato che nessuno avesse visto Conrad al
cantiere prima del crollo, motivo per quale nessuno avrebbe potuto
provare che la persona che aveva premuto il bottone sul detonatore
poteva tranquillamente non essere stata l'imputato, cosa poi confermata
dalle analisi della scientifica, le quali provarono che le impronte non
appartenevano ad altri che a Kurt Hebert, il proprietario del cantiere
stesso. Fantom fu colto parecchio di sorpresa da questa rivelazione, e
chiamò quindi il signor Hebert al banco degli imputati, il quale
depose riguardo il come Conrad lo avesse incontrato qualche giorno
prima alla cena di lavoro prima della quale scomparisse, dandogli il
detonatore e dicendogli che avrebbe rivelato alcune informazioni
riservate a dei suoi rivali in affari che lo avrebbero portato al
fallimento se non avesse cooperato ed avesse fatto esplodere il
cantiere. E lì Christopher obiettò nuovamente, esprimendo
cosa secondo lui non andasse.
“Sembra che stiamo procedendo verso una risoluzione
soddisfacente e noumenica! Si esprima pure, signor Trueman.”
disse allora Bree. Io mi schiarìi la voce, prima di spiegarmi.
"Vorrei prima di tutto far notare alla corte come non ci siano prove
dell'affermazione di Kurt Hebert. Tali minacce non sono supportate da
prove fisiche, come lettere minatorie o videoregistrazioni, e se ne
avesse avute credo che le avrebbe già dovute consegnare alla
corte. Anche ammettendo che la minaccia fosse stata semplicemente
orale, non è da ignorare la possibilità che ci fosse
un'assicurazione sul cantiere. Forse il terreno non era adeguato alla
costruzione ed ha preferito far esplodere tutto per evitare problemi
nel continuare il suo lavoro, ed ha in qualche modo coinvolto il signor
Harley specificamente da incastrarlo e dargli la colpa per
l'esplosione, uscendo dalla vicenda con le mani pulite. Si tratta solo
di speculazioni e me ne rendo conto, ma inviterei la corte a riflettere
sulla teoria della difesa." dissi, con calma e sperando che la Hughes
venisse influenzata dalle mie parole.
Non ho prove anche se nel nostro sistema legale rappresentano
letteralmente ogni cosa... ma penso che il mio ragionamento sia
comunque giusto a livello di base. Anche perchè Hebert mi sembra
essere piuttosto preoccupato, al banco dei testimoni...
"Ottimo lavoro come sempre, tesoro: ti vedo parecchio in forma oggi." mi disse allora Lauren, sorridendomi.
"Non è cosa da nulla. E poi, è merito tuo se ci ho
riflettuto: sei davvero un aiuto insostituibile." ammisi, senza
iperboli e dicendo solo la verità.
“Mi dispiace signor Trueman, ma temo che ci sia qualcosa di cui
non è a conoscenza… qualcosa di cui io stesso non ero ben
sicuro precedentemente.” affermò Dethlone, con fare
composto e serio, senza sorrisi di sbeffeggiamento à la von
Karma, ed assumendo semplicemente una posa laterale facendo segno di
‘no’ con l’indice, ricordandomi in qualche modo la
gestualità del suo maestro.
“Obiezione!
Vostro Onore, il dialogo citato dal signor Hebert è invece
supportato da prove abbastanza valide. Deve sapere che è stata
inviata alla procura, dunque a me, una registrazione apparentemente
priva di concetto. Ho valutato la prova antisimmetrica non sapendo chi
l’avesse spedita e ritenendona un bluff o una trappola,
ma… dopo aver ascoltato la testimonianza di Kurt Hebert, ritengo
l’esatto opposto. Prima di tutto ci tengo a specificare che la
registrazione è stata fatta con un modello di cellulare
specifico, una delle ultime tecnologie disponibili sul mercato che
permettono registrazioni di circa 3 Megabyte. Ho già verificato
in precedenza i modelli in possesso di Kurt Hebert, e… il
testimone possiede un solo apparecchio che dispone di applicazioni
concernenti statistiche, calcoli e sondaggi, ma nulla che abbia a che
fare con tecnologie ‘futili’ quali fotocamera, riproduttore
di musica e… registrazioni, per l’appunto. Ho controllato
qualsiasi posto. Questo in pratica ci spiega che non può essere
stato lui a farla e dato che la sua testimonianza coincide
simmetricamente con quanto vi sto per far ascoltare… non
v’è ombra di dubbio che l’imputato abbia minacciato
il signor Hebert usando le stesse modalità da lui descritte. In
soldoni: il fatto che la registrazione non sia stata fatta da Hebert
dimostra che non è un suo antisimmetrico tentativo per
scagionarsi e che qualcuno ha trovato il modo di incastrare Conrad
Harley. Beninteso: se tale è la verità, il signor Hebert
verrà comunque arrestato per complicità, avendo un
movente tutto sommato egoistico e trascurabile.”
... COSA!?
Strinsi i pugni, riflettendo sul da farsi: mi sembrava piuttosto strano
che quella prova fosse spuntata così... e visto che
apparentemente non è di proprietà do Kurt, non va in
contraddizione con quanto detto fino ad adesso. Diamine.
... Potrebbe trattarsi di una prova falsa, però. Non mi
stupirebbe se c'entrasse quel volpastro di Gerald... ma ho idea che
Dethlone non l'abbia richiesta e sia genuina: non ce lo vedo
assolutamente come qualcuno capace di infrangere la legge, soprattutto
al suo primo processo.
Christopher provò a continuare
a ribattere, ma c'era poco su cui lavorare: grazie a quella
rivelazione, la difesa aveva perso buona parte delle armi a sua
disposizione. Kurt Hebert venne comunque tenuto sotto custodia per
poter essere processato in un secondo momento per aver comunque
compiuto distruzione di proprietà con l'aggravante dei futili
motivi, ma non vi erano dubbi che, come poi è successo, avrebbe
potuto pagare la cauzione senza problemi di alcun genere, uscendo
immediatamente di prigione. Successivamente, il procuratore
chiamò Conrad stesso a testimoniare, ma nonostante ciò,
la sua testimonianza non diede assolutamente nulla di utile,
semplicemente rendendo le cose più difficili quando ammise di
aver incontrato e detto quelle cose, giustificandosi dicendo che era
'fuori di sè'. Christopher provò a dire che poteva aver
bevuto molto ed aver fatto richieste che normalmente non avrebbe
nemmeno pensato di effettuare, ma Fantom stroncò sul nascere
tale idea obiettando a sua volta.
“Obiezione!
Mi dispiace di nuovo, signor Trueman, soprattutto odio recitare la
parte del castigatore malefico e antisimmetrico, ma, anche se fosse
vero, questo non giustifica in nessun modo l’imputato, e comunque
non esistono prove. Posso tuttavia confermare che ho già
provveduto, durante l’arresto, a misurare il tasso alcolico
dell’imputato, e… supera di molto la soglia limite. Ma
ciò non giustifica COMUNQUE le sue antisimmetriche
azioni.” stavolta Dethlone sembrò… come
dire… più preso dalle sue argomentazioni, dall’idea
di vincere. Aveva un tono meno passivo e formale e più focoso.
“Ha ragione il procuratore, signor Trueman. E poi, significa che
l’imputato, il signor Harley, aveva l’intenzione di fare
una sceneggiata simile e l’aveva già pianificata a priori.
L’alcool avrà anche fatto il suo effetto, ma uno sbronzo
non può dire cosa che non pensa e che non ha mai pensato!
Rappresenterebbe il crisma dell’assurdità! Purtroppo, per
come la vedo io, l’imputato è colpevole e lei, signor
Trueman, non sembra essere in grado di fornire chiavi critiche che
suggeriscano altrimenti. Mi ha un po’ deluso. Quanto a lei,
signor Dethlone, per essere il suo primo processo ha fatto un lavoro
squisitamente noumenico! Lo apprezzo davvero! Mi chiedo solamente
perché questo caso non sia stato presieduto dal signor
Lonnie… quell’esaltato con i petardi avrebbe adorato
discutere di un caso riguardante un’esplosione!” aggiunse
quindi Bree, puntualizzando piuttosto bene da quale parte stesse la
corte.
Avevo intenzione di ribattere, ma mia moglie sbattè le mani sul banco della difesa, prendendo la parola.
"Obiezione!
Vostro Onore, a parte che a mio parere lei sembra piuttosto dalla parte
dell'accusa, non pensa che bisogni prima stabilire un movente? Non mi
risulta si sia mai detto finora PERCHE' esattamente avrebbe voluto
l'esplosione, ed a maggior ragione se era ubriaco si sarebbe dovuto
lasciare scappare qualcosa!" replicò lei, con tono serio e
deciso.
... Ha ragione. Abbiamo discusso di tutto meno del perchè
avrebbe dovuto fare così: tutte le accuse si basavano sul suo
alibi e la sua posizione al momento del delitto...
La Hughes batté il suo martelletto palesemente infastidita.
“SIGNORA TRUEMAN non osi rivolgersi a me in questo modo se non
vuole rischiare di farmi perdere la pazienza! Che l’assistente
della difesa rimanga tale e non si permetta queste scenate! Il fatto
che non sia stato menzionato durante quel colloquio non ha la minima
importanza, quel che importa sono i fatti, ciò che è
accaduto!” ma come?! Prima chiede dettagli su qualsiasi cosa, poi
appena si innervosisce prende posizioni?
“Obiezione! In realtà, durante le mie indagini è
saltato fuori un dettaglio… si tratta di una copia del contratto
di vendita che stava per essere inviato via fax ad un altro
acquirente… tale Waylon Dent. Ecco qui.”
… Di male in peggio!!
“Riunendo simmetricamente quanto sappiamo, se ne può
evincere che, dopo aver raccolto informazioni sul signor Hebert, il
signor Harley ha prima fatto soldi vendendogli il terreno,
dopodiché aveva intenzione di guadagnare ulteriormente facendo
avvenire un incidente. Ecco tutto. Non avevo bene idea di quando
menzionare tale scoperta...”
“Assolutamente impeccabile signor Dethlone. Ha verificato ogni
singolo dettaglio e ha fornito una chiave interpretativa STUPENDA.
Bene… imputato, come si dichiara? Direi che ho abbastanza
elementi per fornire un verdetto, e naturalmente sappiamo già
tutti quale.”
...
Mi voltai verso Conrad, sperando davvero che potesse dare qualche
aiuto... anche se riuscivo ad essere abbastanza razionale da
comprendere che avevo fallito.
Rimasi però piuttosto perplesso una volta notato che Conrad
stava sorridendo... prima che iniziasse a ridere a crepapelle.
"AH AH AH AH AH AH AH AH AH AH AH AH!!! Finalmente! Credevo ci avreste
messo più tempo, sapete?" fece lui, con aria gioiosa ed
estendendo le braccia ai suoi lati.
"Signor Harley...?" chiesi, sbattendo gli occhi un paio di volte con perplessità.
"Eh eh eh... avete fatto appena in tempo, anche! Meglio così,
non mi sarebbe piaciuto lasciare il dibattito in sospeso..." disse
quindi lui: volevo chiedergli cosa intendesse... ma non ebbi modo di
capirlo, che un forte botto venne sentito appena sopra di noi.
Tutti urlarono e si accovacciarono ovunque potessero rifugiarsi,
mentre milioni di scheggie di vetro cadevano attorno a noi: tutti i
presenti erano nel panico... eccetto Conrad, il quale nonostante stesse
ricevendo un sacco di tagli non sembrava curarsene, mentre osservava
qualcosa provenire dall'alto.
“M-MALEDIZIONE! SPARATE UN COLPO TRANQUILLIZZANTE! DOVETE
BLOCCARE L’IMPUTATO!” gridò Dethlone alle guardie,
le quali provarono a sparare, ma… non riuscirono a prendere la
mira a causa delle scheggie.
Non riuscì ad osservare bene cosa stava succedendo mentre mi
assicuravo che Lauren stesse al sicuro, ma ebbi modo di vedere che
qualcuno aveva calato una corda, che ora il mio cliente stava scalando,
osservando con un grosso ghigno tutti noi dall'alto della sua posizione.
"Vi saluto, carissimi! Grazie mille per tutto ciò che avete
fatto per me! E non si preoccupi, signor Trueman, farò sì
che venga ricompensato per avermi fatto guadagnare abbastanza tempo da
fuggire! AH AH AH AH AH AH AH!!!!" disse quindi, mentre il forte rumore
che ancora si sentiva (un elicottero? Forse un aereo? Non ci avevo
fatto troppo caso per esserne sicuro) iniziava ad allontanarsi... fino
a che tutto non si ammutolì e la tempesta di vetro finì,
con Conrad Harley ormai fuggito.
... Non sapevo cosa dire nè come sentirmi. In venti anni di carriera, non era mai, MAI successa una cosa simile...
... La Hughes era spaventata a morte e completò il processo
lì. A causa della fuga dell'imputato il processo è stato
in ogni caso dichiarato vinto dall'accusa, e Conrad considerato
colpevole. Anche perchè dopo quello spettacolo era difficile
pensare diversamente.
Ci fu qualche ferito, ma fortunatamente nessun morto, solo moltissime
persone spaventate e che temevano potesse succedere qualcosa di peggio.
Nonostante avesse tecnicamente vinto, però, il procuratore
Dethlone non sembrò per nulla contento di come il processo era
terminato. Appena usciti dalla sala udienze, mi venne incontro per
parlarmi.
“Signor Trueman… l’imputato era palesemente
colpevole ma credo di… doverle qualche scusa. Purtroppo mi sono
lasciato prendere dalla foga del processo e temo di non aver
considerato qualche dettaglio sufficientemente, e… ormai
è un fatto che continua a verificarsi e talmente comune da
rasentare il ridicolo, ma non credevo che sarebbe fuggito. Sono
mortificato.”
Io scossi la testa, prima di rispondergli “Non c’è
nulla di cui scusarsi. Mi spiace soltato che il caso si sia concluso in
questo modo… immagino che stia già provvedendo ad avviare
le ricerche per Conrad Harley, giusto?”
“Naturalmente. Mi perdoni infinitamente se le ho mancato di
rispetto, avvocato Trueman. Provvederò ad avviare le indagini
sulla fuga di Harley ma, per eventi come questi, ho poche speranze
purtroppo… anche la giudice Hughes era su tutte le furie,
e… mi sento frustrato e vilipeso a mia volta. Se anche la
giustizia riesce a svolgere il suo corso, non è detto che il
criminale riceva punizione adeguata… o una punizione e basta.
E’ stato il mio primo processo ma sono ben consapevole di come
vadano le cose.”
Sì, capivo perfettamente come si sentiva. Anche io mi sono
sentito parecchio preso in giro a seguito dello svolgimento del
processo, soprattutto per il ‘ringraziamento’ che avevo
ricevuto da parte di Harley mentre scappava…
Successivamente, venni anche a sapere che nel corso del processo Helen
Harley, la moglie di Conrad, fosse stata trovata morta avvelenata nella
sua casa, di fronte al figlio. Quando Conrad le ha ricordato di
prenderla, l’ha letteralmente condannata a morte…
… Non ho mai saputo come mai avesse fatto quel gesto, nè
francamente ne riuscivo a comprendere il significato. Era come se
all’improvviso avesse deciso di gettare tutta la sua vita al
vento per poi darsi in pasto a dei criminali.
… Io voglio molto bene a mia moglie e mio figlio Lawrence. So
benissimo come si sentirebbero se io scomparissi dalle loro vite, e
penso che anche Conrad sapesse come si sarebbero sentiti sua moglie e
suo figlio.
Non mi è sembrato un uomo completamente falso. Era come
se… avesse dato una possibilità al figlio e alla moglie.
Se il processo fosse andato bene, sarebbe tornato da loro. Se il
processo fosse andato male, avrebbe spalancato le braccia alla nuova
vita. Ma con chi ha stretto accordi? E per quale motivo? Perché
era così insoddisfatto di sé stesso al punto da
ubriacarsi completamente e da progettare di ricostruirsi la vita usando
dei criminali? Che movente aveva per quanto riguarda il cantiere e Kurt
Hebert? In fondo, quegli stessi criminali sembravano volerlo aiutare a
prescindere. Cosa c’è dunque dietro a questo caso? Il
colpevole era veramente lui, ma… c’è qualcosa di
irrisolto che ha continuato a sfuggirmi.
Il procuratore Dethlone chiarì che Helen Harley era morta a
causa del marito, il quale… probabilmente le avrebbe impedito di
prendere l’insulina ad esito positivo del processo. Ma appunto lo
stesso Conrad Harley era ormai svanito nel nulla.
Mi capitò qualche volta di affrontarlo in sala udienze: Dethlone
era veramente abile, forse non uno degli elementi migliori della
procura e non a livello dei von Karma (che, a quanto seppi, lo
disprezzavano per il suo ricercare giustizia), ma notai in lui dei
cambiamenti… divenne, un poco alla volta, più
intollerante verso i criminali… aveva costantemente paura di
fallire, di fargliela passare liscia, e per questo si opponeva con
tutte le sue forze. Ma non sempre i risultati sono stati positivi e
spesso era deluso e insoddisfatto, per quanto si rivolgesse
educatamente a chiunque.
Presente.
“Questo è quanto. Nel mio primo processo, la giustizia
venne presa clamorosamente per i fondelli… la situazione, al
giorno d’oggi, non è assolutamente cambiata e anzi va
peggiorando. Criminali che fuggono alla giusta condanna, testimoni che
non presenziano in tribunale, casi di estradizione…
all’epoca credetti che, tutto sommato, era una cosa che prima o
poi mi sarebbe dovuta succedere… quasi tutti i procuratori che
ho conosciuto hanno affrontato almeno un caso che ha riguardato azioni
impreviste da parte dell’imputato. Per non parlare di come
è facile minacciare la corte. Usare un detonatore e una bomba
per commettere un crimine è quanto di più facile
esista… non lascia traccie e qualunque cosa viene
decimata… basti citare l’esempio ‘primo’ e il
‘maggior esponente’ dei crimini esplosivi, Thomas Lonnie e
le sue azioni.
Le forze dell’ordine sono un colabrodo e i criminali stanno
cominciando a disporre di un potere insormontabile, come dimostrato
oggi.”
Ascoltai tutti i discorsi del vice-capo procuratore con interesse: era
un uomo che sapeva esprimersi e che era piacevole da sentire, ma
imprimeva molta malinconia, rimorso e frustrazione nelle sue parole.
“Fate attenzione in futuro… per favore. E vi prego, non
tentate azioni azzardate sulla base di quanto saputo.”
…
Successivamente, proprio come stabilito dal vice-capo procuratore,
venimmo ricoverati all’ospedale St. Gabriel. Il procuratore fu
tanto gentile da pagarci le spese mediche e addirittura farci ricucire
i vestiti da un sarto specializzato.
Se ne andò poi rabbuiato e sconfitto una volta rimessosi.
Per fortuna, Law stava bene, ma era quello nelle condizioni peggiori e
quindi ebbe bisogno di tempo per riprendersi…
tant’è che, quando circa una settimana dopo Ralph Otom ne
combinò un’altra delle sue, pur volendolo difendere non
poté, e… fu quando io incontrai, per la prima volta,
l’avvocato Wolf Lonnie (avevo ancora la stampella e facevo fatica
a reggermi in piedi)... il migliore amico dell’ormai defunta
Ayane. Conoscendolo, ho anche visto con miei occhi quanto sia doloroso
perdere un proprio caro, e… non oso immaginare come sarebbe
stata mia madre se per un motivo o per un altro sarei morta.
E’ stata una giornata terrificante, sconvolgente… doveva
essere un evento tranquillo, e invece, proprio come per quanto riguarda
il processo di Cody Hackins, è stato un incubo.
…
… Sto iniziando a riflettere che, forse, prendo troppo
sottogamba le situazioni, o… non faccio la giusta attenzione.
Ci sono cose che non posso ancora affrontare… cose per cui sono
ancora inesperta, e… questa giornata me l’ha insegnato
nella maniera più dura.
Ma cosa accadde invece a Travis Harley, l’unico che non incontrammo durante la fuga?
Esterno Torri Hebert
Elicottero in volo
14 Luglio
Ore 17.15
[Travis]
Ghhh...
Dove... dove mi trovo...?
Provai a rialzarmi, grattandomi la testa dolorante... quando il
movimento del terreno mi fece tornare seduto: fui confuso per un
attimo, prima di capire il perché.
Non era il terreno. Mi trovavo sopra ad un elicottero, in volo... e con le Torri Hebert che crollavano in bella vista.
Ero piuttosto confuso, e cercai di rialzarmi tenendomi verso l'interno
del velivolo, mentre mi chiedevo cosa ci facessi lì: era ovvio
che qualcuno mi avesse prelevato dopo l'esplosione, ed infatti avevo
varie bruciature, ferite e strappi sul vestito e sulla pelle... ma mi
sfuggiva il perchè fossi tanto 'importante' da essere salvato
dal crollo.
... anche se avevo una mezza idea su chi potesse essere, ma speravo davvero che fosse sbagliata.
"Travis... ti sei svegliato, finalmente..."
Quella voce fu la conferma che mi serviva a capire che era davvero lui.
Ne ero già convinto, tra le Torri Hebert e quella lettera che
avevo ricevuto...
Mi voltai con rabbia verso colui che aveva parlato... e, di fronte a
me, appena entrato dall'abitacolo, c'era l'uomo che probabilmente
più odiavo al mondo.
Vestiva in modo più pomposo e si era fatto qualche aggiustamento
al volto, ma riuscivo a riconoscere indistintamente la voce ed il suo
sguardo.
Mio padre, Conrad Harley.
"Tu...! BASTARDO!" urlai, osservandolo con puro odio prima di gettarmi
contro di lui: mio padre sembrò aspettarsi che io avrei agito
così, visto che mi prese per le mani e mi gettò per
terra, mettendosi sopra di me per impedirmi di rialzarmi.
"Sì, anch'io sono molto felice di vederti." mi disse, con tono
misto tra il sarcastico spento ed il triste. O forse era quello che
volevo sentire, che gliene fosse fregato qualcosa di me o di mia madre.
"Allora, come va la vita? Ho avuto modo di seguire la tua carriera...
procuratore distrettuale. Ti è andata decisamente meglio di me.
Ti invidio, davvero. Moltissimo." aggiunse subito dopo, guardandomi
dritto negli occhi.
... E' così. L'unico motivo per cui volevo diventare procuratore
all'inizio era per assicurarmi personalmente che marcisse in galera.
Con il tempo e nessun risultato alla fine mi sono concentrato solo sul
vincere processi... pensavo fosse morto in qualche vicolo puzzolente,
ed invece...
"Cosa vuoi da me, brutto bastardo? Io non ho un padre! Non dopo tutto
quello che hai fatto! Non dopo che hai UCCISO MIA MADRE!" ringhiai,
mentre il mio genitore sorrideva divertito, come se ciò che gli
avessi detto non gli facesse nessun effetto.
"Ooooh, andiamo. Helen era una donna fantastica, non lo metto in
dubbio... ma dopo quattordici anni di vita di coppia, anche la persona
più speciale del mondo non diventa altro che una barbosa parte
della propria quotidianità. Non c'è nulla di nuovo e si
finisce per diventare passivi, a pensare le cose peggiori quando si
è da soli… non so nemmeno come ho fatto a resistere per
più di un decennio… quando il parassita assorbe tutto il
sangue, deve cercare un nuovo obiettivo." mi disse, con una calma ed
una... una IMPERSONALITA’ che mi fece rabbrividire.
... Possibile che persino ricordare mia madre non gli facesse assolutamente alcun effetto? Non significava NULLA per lui...?
"... Mi fai assolutamente schifo..." dissi, resistendo a malapena all'invitante tentazione di sputargli nell'occhio.
"Bla bla bla. Sei ancora giovane e la tua vita è stata una
continua evoluzione, quindi non mi aspetto che tu capisca. Volevo solo
parlarti perché, alla fine, sei comunque sangue del mio sangue,
e penso che tu meriti almeno un paio di spiegazioni… e
perché ho notato che anche tu hai subito molte vicende in modo
passivo, assorbendo da parassita. Dopodiché, atterreremo e ti
lasceremo andare via. Tutto quel che ti chiedo è dieci minuti
del tuo tempo, non di più, non di meno." mi disse quindi subito
dopo.
... Non voglio assolutamente sentire nulla che abbia a che fare con lui. Preferirei gettarmi dall'elicottero, piuttosto.
Non dissi però nulla, anche perchè non riuscivo comunque
a liberarmi dalla morsa del mio genitore, prima che lui chiudesse gli
occhi e iniziasse a rispondere a ciò che mi ero chiesto per gli
ultimi dieci anni della mia vita.
"Devi sapere che, quando si diventa adulti, il mondo si aspetta
immediatamente che qualcuno si prenda tutte le responsabilità
connesse alla propria ottenuta 'maturità': trovarsi un lavoro,
mettere su famiglia... ed è ciò che ho fatto. Ho sposato
una donna straordinaria con cui sono stato fidanzato per molto tempo,
mi piaceva sia di carattere che di aspetto tutto sommato... l'ho
sposata ed ho avuto un bellissimo bambino, ho ottenuto un sicuro posto
come venditore di proprietà... insomma, nulla di speciale, ma
anche nulla di particolarmente brutto." iniziò a spiegare, prima
che io lo interrompessi, dicendogli "Una vita perfetta che tu hai
voluto buttare all'aria."
Lui mi guardò male, prima di correggermi aggiungendo "Una vita
PASSIVA basata sull’approfittarmi del prossimo che io ho voluto
buttare all'aria. All'inizio era stato bello, e persino divertente
vederti fare i primi passi, il tuo primo giorno di scuola, i tuoi
esami, passare del tempo con te e tua madre... è stato un
periodo fantastico e non mi dispiacerebbe assolutamente riviverlo di
nuovo per qualche istante. Ma poi... è tutto finito. La
passività ha preso il sopravvento in me. L’evoluzione si
è interrotta. Anche la passione nei confronti di tua madre aveva
iniziato a scemare... ho cercato di supplire frequentando altre donne a
sua insaputa, ma erano relazioni vuote e prive di significato, nulla
che valesse la pena continuare a perseguire… che mi impedisse di
essere passivo. Era come essere un parassita. Non mi piaceva essere
così viscido, ma non riuscivo a resistere a me stesso. Anzi, per
meglio dire, sono sempre stato un parassita e volevo sfuggire a questo
mio lato, ma come ti ho già detto il parassita ha bisogno di
continuare a succhiare linfa vitale per sopravvivere.
Stavo persino contemplando il suicidio piuttosto che supplire al tedio,
o magari effettuare qualche attività come cambiare lavoro,
divenire più riconosciuto... qualcosa che cambiasse le carte in
tavola ed eliminasse il mio lato passivo e parassitario. Ed è
così che ho incontrato lui."
"... lui chi?" domandai. Scosse la testa.
"Non ha importanza: è il capo di un'associazione di cui faccio
parte, del cui obiettivo non mi interessa granché. L'ho
incontrato qualche giorno prima che sparissi... mi spiegò che
aveva grandi piani per questo paese e mi chiese se ero insoddisfatto
della mia vita. Io gli risposi di sì, e lui mi fece unire al suo
gruppo, dandomi una semplice missione in cambio della promessa di una
vita migliore, o almeno la possibilità di fare qualcosa di utile
e di rilevante, qualcosa che mi permettesse di fuggire alla mia
passività, che mi permettesse di ‘succhiare linfa
vitale’ e continuare ad evolvermi.
Tale missione era la seguente: avrei dovuto sparire per una settimana
dopo aver venduto un terreno ad un miliardario, Kurt Hebert.
Dopodichè, sono stato mandato per minacciarlo mentre un mio
collega registrava il tutto tramite un telefono cellulare. Mi hanno
pompato di alcool e mi hanno gettato nel cantiere vestito come un
barbone e con il telecomando a due passi, venendo quindi arrestato per
distruzione di proprietà privata ed omicidio. Avevo anche
preparato un finto contratto con tale 'Waylon Dent' che ho lasciato
'dimenticato' nel mio ufficio, in modo che il procuratore del caso
potesse formulare un qualche stupido movente da affibbiarmi."
"Questo lo so. Raccontami qualcosa che non sia annotata nel registro del tribunale." affermai con sarcasmo.
"Oh oh, abbiamo la lingua tagliente, eh? Bene bene, ti
accontenterò, allora. Devi sapere che il mio superiore ha messo
le mani su dei progetti particolari, roba che scotta e di cui
francamente mi interessa poco, ma che bisognava far sparire al
più presto e non trovare... quindi, abbiamo deciso di far
esplodere il cantiere delle Torri e depositare nelle fondamenta una
valigetta estremamente resistente contenente i documenti, per far
sì che non venissero trovati, così da consultare in un
secondo momento.
Sapevamo già che Hebert avrebbe ripreso a costruire le Torri
subito dopo, ed in questo modo, i documenti sarebbero rimasti al sicuro
sotto tonnellate e tonnellate di cemento. L'unica cosa che avremmo
dovuto fare era aspettare la fine delle costruzioni per far saltare
tutto in aria. Abbiamo nel mentre inviato una squadra a recuperare la
valigetta in questo momento, e probabilmente il mio capo possiede
già i documenti nelle sue mani adesso." replicò lui, con
assoluta calma e... impersonalità, ancora una volta.
"... E cosa c'entrava in tutto ciò Helen? Perchè hai
ucciso TUA MOGLIE? Non credo che lei avesse nulla a che fare con tutto
questo..." domandai. Al sentire ciò, il mio genitore si
rabbuiò, prima di tornare a parlare
"... Lei era una variabile, infatti. Vedi, quando sono stato
selezionato per essere il capro espiatorio, mi avevano dato due piani,
a seconda del risultato del processo: se in qualche assurdo modo il mio
avvocato sarebbe stato capace di provarmi innocente, avrei chiamato tua
madre prima che prendesse l'insulina, salvandola. Altrimenti... avrei
dovuto recitare la parte del pazzo lunatico e furioso, facendo una fuga
teatrale e facendo morire mia moglie contemporaneamente, per far
sembrare questo caso opera di un pazzo. Lo scopo finale era quello di
far sembrare che non ci fossero ulteriori motivi dietro alla
distruzione del cantiere... ed ovviamente, ci siamo riusciti."
... Io... io... non posso crederci. Non riesco a credere che mio padre
abbia fatto parte di qualcosa di così complicato... solo
perchè SI ANNOIAVA E AVEVA BISOGNO DI ESERCITARE IL SUO
PARASSITISMO ALTROVE.
"... Ed a che pro tutto questo? Qual'è lo scopo finale di questo
gruppo?" domandai, ricevendo però un cenno negativo da parte di
mio padre.
"Non ha importanza nient'altro. Ho risposto alle tue domande e non
credo di doverti nulla. Non impicciarti e non fare nulla contro di noi,
e tutto andrà bene: vivi e lascia vivere, in poche parole. Vai
contro di noi, ed anche se sei mio figlio non potrò garantire la
tua incolumità. Non dovrai fare altro che essere passivo e non
agire di tua iniziativa... come hai sempre fatto finora, dopotutto." mi
spiegò, con tono quasi canzonatorio, mentre sentivo il pilota
dell'elicottero avvisarci che saremmo atterrati a breve.
Mio padre si alzò e, senza dirmi più nient'altro, mi
lasciò stare fino a quando l'elicottero non toccò terra:
una volta fatto ciò, io scesi ed il velivolo riprese quota
subito dopo, con mio padre che mi salutava con la mano, mentre io mi
allontanavo disgustato dalle ancora crollanti Torri Hebert.
... Non dissi nulla a nessuno di ciò che avevo sentito da mio
padre, preferendo tenermelo per me. Avrei fatto delle ricerche dopo un
pò, ma immaginavo che per il momento sarebbe stato meglio
evitare di attirare l'attenzione di chiunque e continuare normalmente con il mio lavoro.
Ebbi quasi la tentazione di lasciarla finire lì... ma né
mio padre né chiunque stesse lavorando insieme a lui potevano
passarla liscia. Non dopo quello che era successo, e tutte le persone
che erano morte.
Per i mesi successivi non ebbi alcun contatto di alcun genere con
ciò che era successo, fino a quando, qualche tempo dopo, non
venni coinvolto in una serie di casi tutti in qualche modo collegati al
mio passato, alla mia famiglia ed ai progetti di cui mio padre aveva
accennato. Una serie di eventi che sono culminati in quello che
è ora classificato come il caso AZ-27.
Ma questa è un'altra storia per un'altro tempo. Un tempo in cui
io sono divenuto più pronto per occuparmi di eventi di
così larga portata, insieme ad altri procuratori decisamente
più bravi di me.
... Avrò la mia vendetta, papà. Non riuscirai a scamparla ancora per molto, è una promessa.
Parola di Travis Harley.
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Quarto ed ultimo capitolo di Senza Via di Fuga, che chiude scritto
interamente con l'aiuto di The Shadow (nello specifico, ha usato Fantom
Dethlone, Bree Hughes, Keith Forrest, Sean O'Quinn, Kilik Ndomba, parti
finali dei POV di Jean e di Christopher, buona parte dello scontro tra
Dlanor e Sean ed alcune correzioni di piccola entità): lo
ringrazio quindi molto per l'aiuto nella stesura e per il permesso di
usare i suoi personaggi.
Il motivo per cui Thomas Lonnie viene identificato qui come 'primo' e
'maggior esponente' di crimini esplosivi è perchè, a
livello di timeline, è il primo a compierne in grande
entità, seguito nella timeline della storia da Conrad e Reginald
Darketh e nella timeline della serie regolare dai due casi con
esplosivi di Dual Destinies.
Il personaggio di Ronald Dlanor è stato creato basandosi su una
serie di concetti della storia Lilith Light: Parallel Ways di The
Shadow: non si tratta tuttavia di un 'WL000X0', ma di un comune
cittadino di Deepsea dotato di poteri speciali: i problemi mentali e
visivi qui dimostrati sono da considerarsi una debolezza comune di
tutti i personaggi di questo tipo. Per maggiori informazioni, consiglio
la lettura della suddetta storia.
I personaggi di Fantom Dethlone, Sean O'Quinn, Kilik Ndomba, Thomas
Lonnie, Arnold Todds e Wicky Edwardson appartengono a The Shadow
(rispettivamente a 'Wolf Lonnie Ace Attorney: Fighting for Truth' e
'Deeper than Void'), così come Alexis Excelles, Abyss, il
bambino (Apocalypse) e la città di Deepsea.
Il Giudice Bree Hughes invece appartiene a Renna ed alla sua storia 'Eyes, Lies and Trusting Times'.
Alfredo Pasted appartiene sia a Renna (che lo ha sviluppato) sia a The Shadow (che lo ha creato).
Keith Forrest, Ellie Todds e Killian Edward sono di proprietà
mia e di The Shadow: i primi due appartengono alla storia di 'The
Unsung Trials - Stories by The Shadow' 'Turnabout Starfall', mentre il
terzo debutta in questa storia.
Il personaggio di Sean O'Quinn è due anni più giovane
rispetto alla sua storia, e gli eventi qui presenti si ambientano
quindi prima dell'inizio di Deeper than Void.
Detto questo, spero che questo capitolo vi sia piaciuto e vi do
appuntamento al prossimo capitolo, insieme alla fic in cui questa trama
proseguirà, "Ace Attorney Investigations: Travis Harley". Grazie
a chiunque abbia letto!
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