The stranger. di DK in a Madow (/viewuser.php?uid=152458)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The stranger. ***
Capitolo 2: *** The moment. ***
Capitolo 3: *** The eternity. ***
Capitolo 1 *** The stranger. ***
The stranger.
17 marzo 1975;
Seattle Center
Coliseum, Seattle.
- It's been a
long time since
I rock and rolled, it's been a long time since I did the Stroll!
Folla.
Una folla immensa
al loro cospetto. Seattle bruciava dietro la voce e le parole di
Robert, Jimmy
dietro di lui misurava il palco saltando e correndo, mentre Jonesy e
Bonzo
trascinavano tutti nel loro ritmo incalzante fino a portarli
all’apice
dell’adrenalina.
Robert
continuava a
cantare e nel frattempo con lo sguardo fotografava ogni singola
espressione dei
volti che componevano il grande pubblico di fronte a lui. Canzone dopo
canzone
sentiva l’eccitazione montargli addosso fino a bruciargli il
petto nudo,
iniziando così a sudare.
Non
era nemmeno iniziata The Rain Song
che ebbe un sentore, un
allarme; c’era qualcosa, o qualcuno, di maledettamente
familiare nel pubblico.
I
suoi occhi presero a
scrutare felini tra la gente fino a quando non si soffermarono alla
loro
destra, dove una nuvola di fumo si alzava leggera
all’estremità delle prime
file.
Lo vide.
Lo
fissava con interesse, quasi stesse analizzando la sua performance, con
una
canna tra le labbra e gli occhi turchesi stretti in uno sguardo
concentrato.
“Non posso crederci, che cazzo ci fa qui?”
pensò continuando a
cantare, anche se la sua voce era diventata improvvisamente nervosa,
tesa.
Sentì gli occhi di Jimmy sulla propria nuca, poteva quasi
vedere il suo sguardo
turbato nonostante gli desse le spalle. Cercò di darsi una
calmata,
concentrandosi sulle parole e lasciandosi rubare dal ritmo.
Il
concerto andò avanti e
si concluse tranquillamente; Robert aveva dato ogni fibra di
sé anche quella
sera, nonostante lui lo fissasse
come
se fosse una specie di leopardo che punta la preda. Non lo aveva
imbarazzato,
anzi. Effettivamente, esso stesso non riusciva a ritenersi una persona
timida.
Guardò un’ultima volta verso la platea, ma
quegl’occhi azzurri erano già scomparsi,
chissà dove.
Si erano incontrati per caso. Lui,
biondo e magro, era
ancora un roadie preciso e amante della chitarra. Se ne stava
silenzioso a
guardare e ad accompagnare quattro giovani di Cambridge, come lui,
immersi
anima e corpo nella scena psichedelica degli ultimi anni sessanta.
Robert, invece, era riuscito ad
infilarsi nel
backstage per godersi lo spettacolo da più vicino. Non che
ammiccasse a quella
psichedelia, che invece sembrava infuocare gli occhi neri del bel
giovane che
cantava sul palco, ma quei testi lo affascinavano e lo spingevano a
godere da
ascoltatore di quella musica così
“celeste”.
“Hey, che ci fai qui?
Nessuno può entrare nel
backstage!”
Plant si voltò verso il
roadie con sguardo innocente.
“Ce l’hai con
me?” chiese indicandosi il petto.
Il giovane dai capelli color grano
gli si avvicinò;
Robert credeva lo avrebbe cacciato fuori a pedate. Non che fosse
più alto di
lui, ma di certo era un po’ più robusto e
abbastanza forte da prenderlo a calci
in culo. Non sapendo che fare, sfoderò un sorriso
ammiccante. Magari gli andava
bene. Quando gli fu vicino, vide che il ragazzo non era per niente
arrabbiato;
anzi sembrava che lo stesse supplicando con lo sguardo.
“Ti prego, non mettermi
nei guai. Se vuoi stare qui
non fare casino, altrimenti ci cacciano entrambi a calci nel
sedere!”.
Robert sorrise trionfante. Gli era
andata meglio di
quanto avesse previsto.
“Fidati di me!”
disse, dando una generosa pacca sulla
spalla dell’altro, che nel frattempo aveva tirato fuori un
pacchetto di
sigarette.
“Vuoi?”
“Grazie!”
esclamò Robert, afferrando una sigaretta dal
pacchetto del ragazzo. “Lavori da molto con loro?”.
“Sì!”
rispose il roadie buttando fuori la prima nuvola
di fumo: “Io e Syd abbiamo anche frequentato la stessa scuola
… è il cantante!”
precisò, notando lo sguardo interrogativo
dell’altro.
“Ha talento!”
disse Plant sincero.
“Già!”
confermò l’altro abbassando lo sguardo per
fissarsi le scarpe.
Robert non se lo fece scappare.
“E tu? Cosa sai
fare?”
“Suono la chitarra. Sia
classica che elettrica. Da quando
ho lasciato la scuola, è diventata il mio pane quotidiano.
Sono andato anche a
Parigi, vivendo come artista di strada. Lo stesso ha fatto
Syd.”
A bocca spalancata, Robert fissava
ammaliato il
ragazzo.
“Parigi?”
“Sì”
confermò l’altro: “È
meravigliosa! Tu invece che
fai? Oltre a imbucarti ai concerti, ovviamente!”
“Canto e sono determinato
a farmi sentire fino alla
fine del mondo.”
“Ambizioso!”
“Tanto. Tu non lo
sei?”
“Io sono un
sognatore.” disse il roadie sorridendo
dolcemente. “Oh, cazzo, hanno finito! Credo sia meglio che tu
vada via!”
“Perché?”
“Oh, ti prego!”
insistette il biondo, iniziando a
spingere Robert verso l’uscita del backstage. Ci
riuscì, aprì la porta che dava
sul parcheggio e uscì fuori tirando l’altro con
sé.
“Scusami, ma dovevo
farlo, altrimenti mi cacciano. Ora
devo tornare!”
“Aspetta!”
Robert lo afferrò per un
braccio, lui gli rivolse uno
sguardo confuso.
“Come ti
chiami?”
“David.”
“Oh!”
sussurrò Plant avvicinandosi “Grazie per avermi
fatto vedere il concerto, Dave!” e così dicendo,
gli diede un bacio a stampo
sulle labbra carnose. Si allontanò correndo, la chioma
riccia che ondeggiava
nell’aria notturna.
“E tu? Come ti
chiami?”
Arrestò la corsa.
“Robert Plant!”
urlò, ormai lontano di qualche metro: “E,
vedrai, un giorno sentirò parlare di te!”
“E io di te!”
Robert sorrise fiero e riprese a
correre, mentre David
rientrava nel backstage.
“Ho sentito dire che
pubblicherete a Settembre!”
“Esatto!”
Robert
si bloccò nel
corridoio che portava al backstage.
“Cristo, è qui!”
“E
come si chiamerà l’album?”
stava chiedendo Jimmy, la voce gracchiante di chi ha la gola secca.
“Veramente
abbiamo solo
qualche canzone, non so se si possa ancora parlare di album. Comunque
abbiamo
un pezzo che potrebbe funzionare anche come titolo per
l’album, Wish You Were Here.”
“Hmm, bel titolo!”
Sì,
era David, e a Robert
non era sfuggita la nota amara che aveva attraversato la voce del
chitarrista
nel dire quel titolo. La storia dei Pink Floyd non era un mistero per
nessuno,
ormai, quindi poteva comprenderne le ragioni. Prese fiato e si decise
ad entrare nel backstage.
Lì,
tra groupies,
organizzatori e roadies, ritrovò i suoi compari, tra cui
Jimmy che parlava tranquillamente
con Dave, seduti su un divanetto davanti a parecchie birre gelate.
“Salve,
Dave.”
David
alzò lo sguardo
verso Robert, il quale gli rispose con un sorriso venato di malizia,
come lo
era stato il suo saluto. Il chitarrista sorrise dolcemente da dietro la
folta
barba che gli ricopriva guance e mento, si alzò e gli porse
la mano. Il
cantante la strinse con forza e decisione, spazzando via ogni traccia
d’incertezza
che aveva caratterizzato il loro incontro di qualche anno prima. Nel
frattempo,
Jimmy osservava la scena in silenzio mentre Bonzo afferrava una birra
dietro l’altra
e Jonesy andava a parlare con Peter che si trovava dall’altra
parte della
stanza. Page non aveva più fiatato, semplicemente aveva
piantato le sue iridi
verdi nel volto di Plant per capire da dove saltasse fuori quella
malizia e confidenza
rivolta a David.
“Sai,
Jimmy. Io e Dave ci
siamo conosciuti quando ancora eravamo degli sconosciuti”
annunciò Robert
passando un braccio attorno le spalle di Gilmour. Aveva notato la
faccia
interrogativa e leggermente contrariata di Jimmy e di certo non si
sarebbe
fatto sfuggire l’occasione di stuzzicare entrambi i
chitarristi. “Lui era il
roadie dei primi Floyd, mentre io ero un ragazzetto innocente, in cerca
di
fortuna, che s’imbucava ai concerti.”
Il
cantante concluse il
racconto rivolgendo una risata radiosa a David, il quale si
grattò la testa
imbarazzato, lo sguardo di uno che sta cercando una scusa per poter
scappare
via dalle grinfie di una persona appiccicosa.
“Ma
che incontro
fortunato!” esclamò Jimmy con una punta di
sarcasmo, afferrando una birra e
innalzandola alla loro salute. Robert ne afferrò due in
fretta, ne porse una a
David e i tre brindarono alla musica.
“Beh,
io dovrei andare a
fare una telefonata. C’è un telefono da queste
parti?” chiese David dopo aver
svuotato la sua bottiglia.
“Nel
corridoio che porta
ai camerini” disse Jimmy indicando l’uscita che si
trovava di fronte a quella
che portava al palco. Così, si congedò con i due,
si alzò e si diresse verso le
groupies, sedendosi in mezzo a loro, mentre David lasciava Robert
dirigendosi
verso il corridoio.
Ritrovandosi
da solo,
Robert ebbe il tempo di realizzare il fatto che David fosse davvero
lì.
Improvvisamente gli ritornò alla mente quel bacio innocente
che aveva lasciato
su quelle labbra pochi anni prima. Gli sembrò quasi di
poterne sentire il
profumo di sigaretta e la morbidezza di rosa. Si guardò
intorno: Jimmy era come
se non ci fosse, immerso tra le grazie delle ragazze, Bonzo era
incollato alle
birre e Jonesy parlava ancora con Peter. Decise di parlare con lui.
“Hey
John, se mi cercate,
sappiate che sono andato a cambiarmi.”
“Oh,
ok Robert!” gli rispose
Jonesy, prima di tornare a parlare con Peter.
Robert
si avviò verso l’uscita
e, prima di lasciare la stanza, diede l’ultima occhiata a
Jimmy, il quale lo
stava fissando con uno sguardo vuoto, freddo, per poi girargli
definitivamente
le spalle.
Plant
sospirò, poi si
buttò nel corridoio alla ricerca di David. Lo
trovò dopo aver girato l’angolo
che portava ai camerini, poggiato al muro che parlava al telefono a
bassa voce.
Si avviò verso di lui, il quale lo guardò con
sguardo
acceso, poi gli fece un cenno di
saluto e lo superò. Quando gli fu alle spalle,
notò che il suo petto, per un attimo, si era allargato e sollevato in un sospiro di sollievo. Era teso, e la cosa piacque
particolarmente al cantante, che si mordicchiò le labbra con
gusto, prima di avvicinarsi
alla schiena di David.
“Sì
Ginger, tesoro. Domani
torno in Europa.” stava sussurrando alla cornetta con
dolcezza, prima di
sussultare silenziosamente appena avvertì la presenza di
Plant alle proprie
spalle e il suo naso esploragli il collo.
“Non è nemmeno
iniziato il tour e già mi manchi, amore
mio!”
“A-anche
tu, cara.” rispose
David, mentre Robert aveva preso a baciargli dolcemente la mascella.
“Amore mio, non ti
stresserà troppo tutto questo
lavoro?”
“Chi?”
sussurrò con
trasporto, mentre una mano di Plant scivolava pericolosamente lungo il
suo
basso ventre e avvicinando le labbra andava a sussurrargli
nell’orecchio libero:
“Mmmh, tesoro torna
a casa!”
“Come chi Dave? Mi
senti?”
“S-si,
ti sento.” provò a
dire mentre la mano di Robert ormai si stringeva spudorata contro il
rigonfiamento del suo cavallo. “S-sto bene, niente
stress” aggiunse, mentre
prese a guardare disperatamente il corridoio pregando che
improvvisamente non
arrivasse qualcuno.
“Lo spero tesoro, anche
perché abbiamo i preparativi
per il matrimonio.”
“S-si,
il ma-matrimonio.” balbettò,
la mano che ormai si muoveva avida tra le sue gambe.
“Riattacca!”
ordinò Robert
sussurrando all’orecchio di Dave, il quale annuì
come in trance.
“Chiamami prima di
partire.”
“S-si.
Tranquilla. Ora
devo andare.”
Ginger
non fece nemmeno in
tempo a salutarlo con un “ti amo”, che David aveva
riposto il telefono con
violenza, girandosi di scatto contro Robert, il quale rise trionfante.
“Che
cazzo ti passa per la
testa, Plant?” disse infervorato, rosso di rabbia ed
eccitazione, mentre
inchiodava il cantante contro il muro.
“Beh,
non mi è sembrato ti
dispiacesse, Gilmour!” rispose provocante, mentre con le mani
insisteva a
volergli accarezzare il sedere. David, mani al muro e volto a pochi
centimetri
da quello di Robert, combatteva tra la sua voglia di fiondarsi affamato
sul
quel corpo fremente sotto il suo e il senso del pudore. Chiuse gli
occhi, come
un assetato che finalmente ha trovato l’acqua e ne gode a
ogni sorso, cedendo
ai tocchi esperti di Plant che ormai gli metteva le mani ovunque. Li
riaprì e
con uno scatto incollò il suo corpo infuocato contro quello
dell’altro,
premendo le proprie labbra contro quelle del cantante e
schiudendogliele senza
tante cerimonie. S’insinuò con la sua lingua nella
bocca dell’altro,
assaggiandone il sapore, dando inizio a una danza affamata fatta di
tocchi,
morsi, scontri.
“Ti
facevo più timido,
Dave!”
“Mi
fai salire il sangue
al cervello quando mi chiami così” rispose, prima
di zittirlo nuovamente con
altri baci.
Robert
sentiva l’eccitazione
crescere momento dopo momento. Spostò le labbra contro il
collo del
chitarrista, leccandone ogni singolo centimetro di pelle.
“Te
lo dissi che avrei sentito parlare di te!” gli
soffiò a pochi centimetri dal
suo pomo d’Adamo, prima di mordicchiarglielo con gentilezza.
“Anche
io ho sentito parlare di te, Plant” rise David, facendo
scivolare una mano tra
i capelli di Robert, mentre l’altra andava a posarsi lieve
sulla sua erezione
ancora fasciata nei pantaloni a zampa d’elefante:
“Ma non solo come cantante!”
Robert
si bloccò e guardò interrogativo Dave che invece
gli sorrise beffardo prima di
stringere con forza la propria mano sul rigonfiamento crescente
dell’altro, che
strizzò gli occhi e spalancò la bocca in cerca
d’aria.
“Chissà
se sono vere queste voci.” sussurrò malizioso.
“Vuoi
provare, Gilmour?”
Angolo della demente:
Salve.
^^’
Ora
vi chiederete, chi è sta deficiente che prima scrive boiate,
le pubblica e poi
se ne vergogna?
Io!
*sventola la manina*
Lo
so, non sono normale. Però sì, una spiegazione su
come e da dove sia nata
questa cagata, la meritate.
Bene
il “come” è questo: sono fan sia dei Led
che dei Floyd (ma va?).
Il
problema è il “dove”: non so in quanti
di voi conoscano la leggenda attorno a
questa foto:
In
molti hanno sempre sostenuto che fosse una foto che ritraeva, appunto,
David,
Paul e signora al concerto dei Led Zeppelin. Da qui è nata
l’idea malsana di
questa storia.
Poi,
mi sono informata meglio riguardo la foto, che è stata
scattata il 21 agosto
del 1976.
Beh,
il 1976 vi dice nulla?
Ecco,
in realtà David, Paul e Linda stavano assistendo a
un’esibizione dei Rolling
Stones al Knebworth Fair, una specie di Woodstock che aveva luogo nel
Regno
Unito.
Però,
da sempre, la leggenda vuole che in realtà il trio si stesse
godendo i Led
invece che gli Stones. Inoltre, vi sono in giro per il web svariate
foto
recenti che ritraggono David e Robert insieme.
Quindi
mi sono detta, perché non fantasticare?
Chiedo
davvero tanto, tanto perdono per questa boiata. Spero solo che vi abbia
lasciato un sorriso sul viso, tutto qui. ^^
Addio!
:D
Franny.
|
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Capitolo 2 *** The moment. ***
Non
rispose a quella domanda. Si limitò a fissarlo,
specchiandosi in quegli occhi
accesi da un fuoco che lo pervadeva da capo a piedi. Il silenzio di
quel
momento era riempito semplicemente dai loro respiri affannati che si
mescolavano, mentre Dave non mollava la presa su di lui. Sorrise di
nuovo,
questa volta con un’espressione rigata dal dispetto. Tolse le
mani e si
allontanò, poggiando le spalle contro il muro opposto a
quello su cui aveva
lasciato, affannato e deluso, Robert. L’espressione beffarda,
aveva fatto posto
a una di rabbia.
-
Fanculo, Gilmour! – disse, la voce rotta dal desiderio
rimasto insoddisfatto.
David
non rispose, rimanendo fermo con le spalle contro il muro, le braccia
incrociate sul petto ormai tornato a muoversi regolarmente. Vedendo che
l’altro
non dava segno di voler cambiare idea, Robert girò sui
tacchi, si tolse di
dosso la camicia già sbottonata fradicia di sudore e si
avviò verso il
camerino. David lo seguì con lo sguardo, lo stesso che non
aveva perso di vista
lo stesso Robert pochi minuti prima sul palco. Lo vide avvicinarsi ad
una
porta, quella del suo camerino, e solo allora si staccò dal
muro, accelerò il
passo e gli fu dietro non appena Robert aprì la porta.
Questo, preso alla
sprovvista, per poco non perse l’equilibrio, ma David lo
afferrò saldamente per
i fianchi, prima di lanciarsi sulle sue labbra quasi mordendole. Robert
si fece
scappare una risata compiaciuta, mentre affondava le mani tra i capelli
setosi
e lisci di Dave. Quel bacio divenne una lotta continua che faceva
sbattere i
loro respiri contro le guance, mentre Dave allungava un braccio verso
la porta
e la chiudeva rumorosamente. Robert strinse l’altro contro di
sé, lasciando che
lo sbattesse violentemente contro il muro. Allontanò le
labbra per un istante
per riprendere fiato, cercando di scrutare lo sguardo di David nella
penombra
del camerino illuminato solo da una piccola lampadina posta sopra lo
specchio
di fianco a loro, trovandolo acceso della stessa lussuria che
sicuramente
illuminava i suoi.
-
Cristo, che labbra! – esclamò spudorato,
disegnando con un dito il contorno
della bocca, seminascosta dalla barba, di David, il quale rispose
poggiandole
famelico sulla pelle morbida e ancora sudata del collo di Robert, che
prese a
muoversi contro il chitarrista, strusciando il bacino contro la sua
coscia. Con
le mani, prese a percorrere il petto di Dave da sotto la maglietta
nera,
trovandolo morbido e bollente, non esattamente atletico, ma sicuramente
accogliente. Poi, tornò ad armeggiare con l’orlo
della maglietta e gliela sfilò
via, facendo così ricadere i lunghi capelli color grano sul
viso.
-
Hai fretta? – esordì Dave dopo esser rimasto per
tanto tempo in silenzio,
mentre Robert armeggiava con i suoi jeans. La sua voce, arrochita
dall’affanno,
aveva aggiunto una nota di sarcasmo che Robert non si fece sfuggire.
-
Effettivamente, credo che qualcuno di là stia lottando contro l’istinto
omicida e la voglia di
farmi il culo – rise Robert, la voce tesa di chi ha fretta.
David
rise di gusto, mentre l’altro, chinatosi di fronte a lui, lo
liberava degli
stivali e, con un solo gesto, dei pantaloni e delle mutande, guardandolo
dal basso
verso l’alto con uno sguardo affamato.
-
A quello ci penserò io! – dichiarò il
chitarrista, afferrando il cantante per
le spalle, sollevandolo e mettendolo faccia al muro. Aderì
col petto alla sua
schiena e nel frattempo percorreva a mani aperte il torace asciutto
dell’altro,
facendole scivolare lentamente pantaloni neri,
togliendoglieli. Nel
risalire, passò le dita callose dalle caviglie fino ai
glutei di Robert,
massaggiandoli sensualmente.
-
Ah, la delicatezza dei Floyd – sospirò il cantante
– Non la capirò mai! –
aggiunse mentre portava una mano indietro. Trovò subito
l’erezione dell’altro,
la strinse senza ombra d’incertezza o vergogna, carezzandola.
David lo imitò,
mentre l’impazienza lo portava a muoversi col bacino nella
mano di Plant, il
quale aveva iniziato ad ansimare pesantemente. David
avvicinò le labbra rosee
al suo orecchio.
-
Voglio sentire la tua voce.
-
Non ti è bastato sentirla per un concerto intero?
– gemette Robert, cercando di
mantenere il tono basso, nonostante le dita di David, strette sul suo
membro, l’avrebbero
portato dì lì a poco a urlare come se fosse la
sua Fender.
-
No! – soffiò David tra i capelli ricci
dell’altro, respirandone il profumo a
pieni polmoni. Nel frattempo, portò l’altra mano
vicino all’apertura dell’altro,
l’intenzione di volerlo preparare fino a quando non gli
avrebbe supplicato di
prenderlo. Robert, però, staccò la mano con cui
lo stava accarezzando e gli
bloccò il polso.
-
Non c’è tempo ... – sospirò,
il respiro che s’inspessiva con lo scivolare degli
attimi e della mano di David tra le sue cosce – Prendimi, Dave.
Quella
frase, quel suo gemere quasi da puttanella, quella voce pregna di
malizia
arrivò alle orecchie di David come se la stesse ancora
sentendo da un amplificatore, chiara eppure sporca di sesso e l’aria sembrò colorarsi
di rosso. Quelle parole, il
suo nome sospirato in quel modo, lo portò quasi ad uncinare
con le dita i
fianchi rotondi dell’altro, entrandogli dentro con furia.
- Cazzo! –
imprecò Robert a denti stretti, l’urlo
soffocato male gli uscì fuori come un tuono, accompagnando i
gemiti sabbiati di
David, il quale gli riservò la premura di fermarsi un attimo
e di asciugargli
una piccola lacrima che gli rigava la guancia destra, mentre la
sinistra
rimaneva premuta contro la parete. Dopo pochi istanti, Robert
recuperò un po’
di fiato e prese a muoversi piano contro David, che lo
assecondò prima con
dolcezza, poi con trasporto, fino a quando le sue spinte non si fecero
possenti
e irregolari, mentre la sua mano ancora stretta sull’erezione
dell’altro continuava
a scivolare su e giù velocemente.
La
stanza, pregna dell’odore di sudore, andò
a riempirsi dei loro gemiti; più quelli
di David diventavano rochi e possenti, più quelli di Robert
diventavano acuti e
sguaiati.
-
Dave! – urlò
ancora Robert, prima che
una scossa gli attraversasse l’inguine, trascinandolo verso
un profondo
orgasmo. David, invece, continuava a gemere ad occhi chiusi sulla
spalla dell’altro,
fino a quando, stringendo le proprie braccia attorno al petto di
Robert, non
venne anche lui. La stanza tornò silenziosa, fatta eccezione
per i loro respiri
pesanti che dopo un po’ tornarono regolari. Rimasero contro
quel muro, guancia
contro guancia, sentendo il cuore muoversi, l’uno contro la
mano e la schiena
dell’altro. Il resto era tranquillo, completa quiete, fino a
quando l’aria non
venne rotta come un cristallo da un rumore di passi che da vicino la
porta si
allontanavano nel corridoio.
-
Merda! – sussurrò Robert, deglutendo rumorosamente.
David
gli si staccò di dosso, si sedette sul pavimento,
intrecciando una mano in
quella di Robert, invitandolo con lo sguardo tornato più
celeste di prima, a sedersi
tra le sue gambe. Lo abbracciò di nuovo, con tenerezza,
affondando il naso tra
i capelli dell’altro, cullandolo lieve.
-
Non disperare. – disse con tono profondo, uno di quelli che
ispira sicurezza
anche con una sola parola – Io e te siamo l’istante.
Robert
alzò lo sguardo, immergendosi negli occhi di David,
l’espressione ammaliata e
persa che aveva avuto quando, durante il concerto dei Floyd, il
chitarrista gli
accennò di Parigi, aspettando la fine del discorso.
-
Tu e Jimmy siete l’eterno.
Robert
sorrise ingenuamente e tuffò il capo sul petto di David.
-
Un po’ come tu e Wright.
-
Come fai a saperlo? – tossì David con espressione
shoccata.
-
Certe cose si sentono, non si sanno. – sussurrò
– La gente crede che quei
suoni, quell’accompagnarsi e seguirsi a vicenda sia solo un
discorso di ricerca
del suono o cazzate varie. La verità è che
l’unione dello spirito porta a
creare insieme…
-
Non ti facevo così profondo, Plant! – lo
interruppe David.
-
E anche a grandi scopate! – ridacchiò Robert,
tirando uno schiaffo leggero su
una coscia di David, che rise a sua volta.
-
È meglio che ci rivestiamo entrambi e che tu vada da lui.
– consigliò David
saggio, poggiando una guancia sul capo del cantante. Questo
annuì in silenzio.
Si
alzarono, si rivestirono e uscirono dal camerino, trovandolo silenzioso
e vuoto
come l’avevano lasciato. Robert si voltò verso
David che lo seguì richiudendo
la porta; gli prese dolcemente il viso sulle mani e gli diede un bacio
breve,
ma intenso.
-
Mi mancheranno quelle labbra. – sospirò Robert.
-
Smettila di fare l’idiota, Plant! – rise il
chitarrista.
-
Grazie di nuovo, Dave.
-
È meglio che tu vada, altrimenti questa volta il culo te lo
prendo a calci!
Risero
e insieme tornarono nel backstage. Erano tutti lì.
Tranne lui.
Angolo della pazza:
*tossicchia
imbarazzata*
Sì,
ritorno da queste parti e ritorno con la continuazione della precedente
OS.
Il
problema è che, quando l’ho scritta, credevo che
l’immaginazione si sarebbe
sfogata ed esaurita. Invece no. ^^’
Così,
mi ritrovo qui. Sono sincera, ho un’idea per un eventuale
terzo capitolo.
Non
so dove andrò a finire e se
finirò.
Ne
approfitto per ringraziare coloro che hanno recensito la OS originaria,
in
particolare la piccola Nao! :3
Grazie
anche a chi ha semplicemente letto! ^^
Ci
si becca!
Franny
|
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Capitolo 3 *** The eternity. ***
And
I know that I should leave,
but I know I'm gonna stay.
No
good man I've ever known
has made me love this way.
(Bad Love is Good Enough - Beth Hart)
-
Ma tu non dovevi andare a cambiarti? – chiese Jonesy non
appena vide entrare
Robert e David, notando che il primo aveva esattamente gli stessi vestiti indossati sul palco.
-
Mi sono fermato a fare quattro chiacchiere con Dave. –
rispose il cantante,
mentre con lo sguardo perlustrava ogni centimetro della stanza, ma del
chitarrista moro nemmeno l’ombra. John lo guardò
dubbioso, così decise di
parlare con Gilmour che ormai era in preda all’imbarazzo.
-
Logorroico il nostro Robert, eh? – chiese il bassista per
rompere il silenzio.
-
Parecchio! – confermò David cercando di assumere
un tono di voce e una faccia
convincenti.
-
Il mese prossimo sarete in tour vero?
-
Sì, passeremo anche da qui! – rispose David,
mentre con la coda dell’occhio
scrutava Robert. Era ormai un fascio di nervi e mentre beveva la
seconda birra
da quando erano tornati, non faceva altro che ravvivarsi i capelli
riccioluti e
a sobbalzare ad ogni persona che entrava nel backstage.
-
Oh, bene! – concluse John, dando una pacca sulle spalle del
chitarrista che
sorrise imbarazzato – Io credo che andrò in
albergo! – aggiunse, consultando
l’orologio che aveva al polso – John, vieni con
me?? – urlò al batterista
dall’altra parte della stanza che sonnecchiava pigramente sul
divano, mentre a
terra giacevano una cinquina di bottiglie di birra, ormai vuote.
Il
povero batterista sobbalzò, trascinato via dal proprio sonno
dall’urlo del
bassista.
-
Jonesy, oggi la delicatezza ce l’hai in culo, eh?
-
Dai non fare storie, andiamo.
-
Dove?
-
In albergo.
-
Ok! – acconsentì il batterista pigramente,
alzandosi dal divano barcollando
leggermente e raggiungendo il bassista -Ciao Dave! - aggiunse, salutando cordiale il chitarrista che gli rispose con un gran sorriso.
-
Scusaci Dave! È stato un piacere averti tra il pubblico,
davvero! – sorrise
John e tese la mano a David.
-
Piacere mio! – rispose lui, stringendola cordiale.
Improvvisamente,
Robert si avvicinò a John e Bonzo.
-
Dov’è Jimmy? – chiese, lo sguardo
infiammato e disperato.
-
Ha detto che andava a cambiarsi pure lui, poi non l’ho visto
più! – rispose
Jonesy aggrottando la fronte.
-
Quello è un paranoico cronico in cerca
d’attenzioni. – disse improvvisamente
Bonzo che, nonostante la notevole quantità
d’alcool in corpo, sembrava essere
quello più vigile sulla situazione –
Sarà andato a scoparsi qualcuno.
A
quelle parole, il volto di Robert si distese in
un’espressione di desolazione,
mentre i suoi amici salutavano ancora Dave e andavano via.
-
Andiamo a cercarlo, dai!
-
Che? Sei impazzito? No. Devo cercarlo da solo. – rispose
Robert con voce
isterica.
-
Ho detto che andremo a cercarlo, non a parlarci insieme. –
rispose rassicurante
David – Fatti aiutare, dai!
-
Va bene! – sospirò il cantante e insieme si
avviarono verso l’uscita dello
stadio.
***
-
Dov’è che non abbiamo cercato? – si
chiese Robert, ormai esasperato dalla
sparizione nel nulla di Jimmy, passandosi una mano sulla fronte, mentre
David,
seduto accanto a lui, guardava fuori dal finestrino del taxi.
-
In albergo.
-
Sono sicuro che non è lì.
-
Plant, so che l’ovvietà non è roba per
artisti, ma per una persona ferita è
tutto. – disse David quasi con tono di rimprovero, fissando i
suoi occhi nello
sguardo scoraggiato di Robert. Sospirando, diede l’indirizzo
dell’hotel
all’autista.
-
Bravo! – approvò David, stringendogli un ginocchio.
-
Grazie mille Dave. – sorrise l’altro.
In
pochi minuti furono di fronte all’albergo e Robert
sembrò avere quasi paura di
scendere dall’auto.
-
Io tra mezz’ora dovrò partire, altrimenti verrei
con te!
-
Non c’è bisogno Dave! – rispose Robert
carezzandogli lieve una guancia. – Dovrò
sdebitarmi, prima o poi. – aggiunse, con la solita malizia
nella voce.
-
Lo hai già fatto, Plant.
-
Quando la smetterai di chiamarmi per cognome? – rise il
cantante.
-
Vai ora! – sorrise David, mentre Robert scendeva
dall’auto.
-
Ci rivedremo, vero? – disse, mentre tirava fuori il
portafoglio dai pantaloni
per pagare il taxi.
-
Ci penso io al taxi! – lo fermò David,
prendendogli il polso – Buona fortuna, Robert!
Questo
gli regalò l’ennesimo sorriso acceso di sole.
-
Ne avrò bisogno. Arrivederci, Dave!
–
e così, chiuse lo sportello dell’auto. David lo
salutò con un cenno della mano,
mentre l’auto andava via.
***
L’ascensore
che portava alla suite di Jimmy sembrava non voler risalire mai, mentre
Robert
batteva ritmicamente il piede in uno sfogo nervoso. Poi, finalmente, la
risalita terminò e le porte si aprirono e sembrò
che l’augurio di fortuna fatto
da Dave fosse andato a buon fine.
-
Jimmy.
Solo
un filo tremante di voce riuscì a superare le labbra di
Robert, mentre il
chitarrista di fronte a lui lo scrutava con sguardo spento, oscurato
dalla
rabbia.
-
So come mi chiamo. – disse con tono monocorde - Devi uscire o
vuoi rimanere lì?
Io dovrei scendere.
-
Per fare cosa? – balbettò Robert.
A
quelle parole, Page sgranò gli occhi, afferrò
saldamente le spalle di Robert e
lo trascinò fuori dall’ascensore, sbattendolo
contro il muro.
-
Dato che io non ti chiedo la lista delle persone a cui dai il culo.
– disse a
denti stretti, la rabbia che gli faceva alzare il petto in un respiro
affannoso, sotto lo sguardo spaventato di Robert – Gradirei
che almeno
continuassi a farti i cazzi tuoi e che non t'intromettessi nei miei.
– sibilò a
pochi centimetri dalla faccia del biondo, prima di staccarsi da lui ed
entrare
nell’ascensore.
Prontamente,
Robert bloccò le porte con un piede, sotto lo sguardo sempre
più spento di
Jimmy.
-
Possiamo parlare? – chiese, sperando fermamente che il
chitarrista mettesse per
un attimo da parte l’orgoglio. Invece, continuava a fissarlo
in silenzio, come
se in lui si stesse svolgendo una lotta di sentimenti che cercava
perfettamente
di celare con una fredda immobilità. Poi, lasciò
cadere lo sguardo sulle sue
scarpe abbassando la testa, i riccioli neri che gli ricoprivano il
volto,
entrando nel corridoio e avviandosi verso la sua stanza. Robert lo
seguì in
silenzio, con una leggera sensazione di speranza che iniziava a
crescergli nel
petto.
Page
frugò nelle tasche dei pantaloni finché non
trovò la chiave della stanza, aprì
la porta ed entrò, senza curarsi che Robert lo stesse
seguendo o meno. Ma lo
sapeva. Sapeva che era lì e, anche se non poteva vederlo,
poteva immaginare il
suo sguardo a metà tra il colpevole e la supplica. Una volta
accese le luci, si
avvicinò al mobile bar, afferrando una bottiglia di Jack
Daniel’s e
versandosene un po’ in un bicchiere. Robert continuava a
rimanere in silenzio, osservando
ogni singola mossa del chitarrista, dal primo sorso fino a quando non
si
sedette su una poltrona di fronte al letto.
-
Di cosa vuoi parlarmi? – disse improvvisamente, staccando
l’altro dalla sua
piccola trance – Ti avverto che puoi risparmiarti i
particolari di quello che è
successo prima. Il casino che facevate si sentiva anche nel corridoio!
– e così
dicendo diede l’ultimo sorso al suo whiskey, versandosi
prontamente l’altro.
-
Non capisco perché ti ostini a farti del male. –
sospirò Robert staccando lo
sguardo da quello del chitarrista.
Jimmy
scoppiò in una risata, lugubre quanto vuota di ogni traccia
di felicità. Si
alzò, andò alla finestra, poggiando sul davanzale
il bicchiere e accendendosi
una sigaretta.
-
Ti ricordi il primo tiro che facesti a una sigaretta, Plant?
Il
cantante tornò a guardarlo spaesato, senza capire che cosa
intendesse.
-
Bruciava la gola, i polmoni, persino il respiro. –
continuò, fissando un punto
nel vuoto – Eppure, non sei riuscito più a
smettere. Come se quel fuoco che ti
bruciava il petto potesse essere più forte di qualsiasi
dolore, come se questo
fottuto catrame che ti avvelena l’aria potesse sottolineare
addirittura un
momento felice come quello post-scopata. Sai che quella sigaretta ti
sta
sporcando il respiro, eppure sembra la più sana delle
consolazioni.
Robert
lo ascoltava in silenzio, chiedendosi dove sarebbe andato a parare.
-
Quel giorno a Pangbourne, a casa mia, quando arrivasti avevi tra i
capelli un
profumo d’incenso e vaniglia. Quell’odore dolce,
così in contrasto con la voce
che ti ritrovi. Sporca e rude. – Jimmy sembrava perso in quel
racconto, mentre
Robert si domandava ancora come potesse servire quel ricordo al suo
ragionamento – Quel dannato contrasto per me è
diventato come il fumo. Il tuo
profumo e la tua voce mi hanno avvelenato l’anima eppure non
riesco più a farne
a meno! – concluse, rivolgendo al biondo uno sguardo intenso,
carico di
sofferenza e passione, prima di spalancare la finestra e buttare via il
mozzicone di sigaretta.
Robert
era senza parole, non riusciva a crederci. Dopo tutti quegli anni
passati
insieme, a sfiorarsi lievemente sul palco, a sorprendersi occhi negli
occhi e
distogliere lo sguardo con imbarazzo, come se non fosse giusto, come se
non
fosse da uomini, eppure continuando a stuzzicarsi come bambini. E poi,
cambiare
letto e donna ogni notte solo per non avvertire quel piccolo spazio
vuoto che
si era creato tra il cuore e i polmoni, come se l’anima
avesse fatto spazio a
qualcosa che però non arrivava. O rimaneva taciuta.
-
Non ci credi nemmeno tu, eh? – rise Jimmy, una risata
schiacciata dal
nervosismo e dalla tensione – Non volevo crederci nemmeno io.
Eppure sono di
fronte a te, sono solo al mio secondo bicchiere – disse
buttandolo giù d’un
fiato – e … non lo so. Sto sputando fuori tutto il
veleno che mi hai iniettato.
Jimmy
fece silenzio, accendendosi lentamente l’ennesima sigaretta,
mentre scrutava
col suo sguardo tagliente ogni singola goccia di sudore freddo che si
faceva
strada sulla fronte di Robert.
-
Perché non me l’hai mai detto prima? –
chiese, in un filo di voce venato d’isteria.
-
Oh, Plant, cosa volevi per caso? Che mi mettessi in ginocchio di fronte
a te
con un mazzo di rose e ti dichiarassi amore eterno? – la voce
di Jimmy era
intrisa di scherno e la sua faccia era pervasa dal compiacimento
vedendo
finalmente il suo bel cantante in difficoltà – Non
vedo nulla di così romantico
nell’amore, niente di simpatico,
visto che il tuo passatempo preferito è stuzzicarmi con le
tue battute da
puttanella. L’amore è un casino, è una
storia triste, uno schiaffo in faccia,
un colpo al cuore! È una cagna affamata che lascia il vuoto
ad ogni promessa
che puntualmente non viene mantenuta!
Ormai
urlava, mentre la bocca di Robert si apriva e tremava dallo stupore, e
un po’
anche dal senso di colpa.
-
Eppure la gente pagherebbe per trovare una persona buona da amare e per
lasciarsi amare. E io? – si fermò, versandosi il
terzo bicchiere di Jack Daniel’s
– Io affido l’anima non a chiunque, ma a qualcuno
che si prende gioco di me!
Dio solo sa quanto vorrei odiarti. E ogni volta che provo a farlo,
cerco
disperatamente di perdonarmi. – e così
buttò giù anche quel bicchiere, prima di
dire – Eppure, se solo avessi un cuore, te lo darei.
Una
valanga di parole, che li aveva travolti entrambi. Un rumore assordante
accompagnò la caduta del bicchiere che Jimmy stringeva in
mano poco prima che
lui lo lasciasse scivolare a terra, come un segno di resa. Buttò via anche il secondo mozzicone, sii
allontanò dalla
finestra e si buttò sul letto, mentre l'ultima nuvola di fumo gli
ricopriva il viso incorniciato
dai riccioli neri. Le ultime parole che aveva pronunciato ruotavano nel
cervello di Robert e ben presto s’incollarono allo stomaco,
provocandogli un
conato. No, non di vomito. Di disperazione. Scavalcò i vetri
rotti e raggiunse
Jimmy sul letto, sovrastandolo.
-
Smettila! – urlò, la rabbia che tentava di
inumidirgli gli occhi, ma che lui
prontamente cercava di ingoiare – Smettila di farti
… di farci del male!
– e così dicendo, aprì con un solo
gesto la camicia
vermiglia di Jimmy, facendo saltare i bottoni – Dici di non
avere un cuore e
allora mi spieghi cosa si muove qui? – concluse, premendogli
una mano sul
petto, lì dove il cuore del chitarrista galoppava fiero e
forte, antitesi
esatta del suo proprietario che ora distoglieva silenziosamente lo
sguardo da
Robert, girando la testa da un lato, come a volersi arrendere.
-
Vattene, Robert. – sussurrò.
-
No cazzo! So perfettamente che dovrei andarmene, ma io voglio
restare. – urlò Robert – Voglio restare
per contare ogni
singolo battito che si muove sotto la mia mano, sentirti respirare.
Nessuno ha
mai detto che amare sia facile. Amare è la parte
più difficile del percorso, ma
se mi prendi per mano arriveremo al traguardo insieme. Sai cosa mi ha
detto
prima, David?
Jimmy
non rispose, semplicemente chiuse gli occhi facendo scattare la
mascella, ma
Robert continuò lo stesso.
-
Che io e lui eravamo solo un istante, ma che io e te siamo
l’eterno.
-
Anche l’eterno è fatto d’istanti, Plant!
– rispose Jimmy con tono glaciale.
-
Ti sbagli Jimmy! – sorrise Robert –
L’eterno è quel singolo,
irripetibile istante vissuto con tale intensità da
poter spostare i confini del tempo, così tanto che una vita
è troppo breve per contenerlo e la
morte non basta per fermarlo. E noi possiamo cogliere
quell’istante, Jimmy.
Potremmo averlo, se solo ora mi stringessi la mano.
Calò
nuovamente la quiete, interrotta solo dai loro respiri pesanti che
accompagnavano le scosse di adrenalina che scuotevano i loro petti.
Lentamente,
Jimmy riaprì gli occhi, ruotò la testa e
incontrò lo sguardo cristallino e
inumidito di Robert che ancora teneva una mano sul suo petto. Il
cantante
avvertì subito il cambiamento di ritmo del cuore del
chitarrista, divenuto
talmente veloce da sembrare un rullante non appena il verde dei suoi
occhi
incontrò i propri.
-
Stringimi, Jimmy! –
sussurrò supplichevole.
Un
grande sospiro sollevò il petto del chitarrista. Poi, con
uno scatto, la sua
mano sinistra si strinse attorno a quella di Robert, mentre con
l’altra lo
afferrava per i capelli e lo spingeva contro il proprio viso. Le loro
labbra s’incontrarono
così come i loro petti che andarono a unirsi quasi fino a
fondersi, con in
mezzo le loro mani che si trasmettevano calore a vicenda, fino a
diventare
bollenti. Un bacio, il primo che si davano e l’uno lo
lasciava all’altro come
se fosse l’ultimo, con una disperazione che gli faceva
scoprire i denti per
mordersi, con una fame che li spingeva ad assaggiarsi con la punta
della
lingua, mentre rimanevano immobili, uno sopra l’altro, senza
il minimo
movimento dei loro corpi che potesse esprimere un desiderio urgente. La
fretta
non esisteva e così le parole di Robert si realizzavano.
Quell’istante si
sarebbe dilatato così tanto che non c’era bisogno
di bruciare il tempo, perché ormai
erano fuggiti dallo scandire dei secondi, delle ore, dei secoli.
Si
staccarono, riprendendo fiato. Jimmy che ormai aveva perso la sua
espressione
glaciale, facendo posto a una rosea serenità; Robert aveva
ripreso a splendere
più del consueto, come un secondo sole che ha incastrato nei
suoi occhi il
cielo. La mano di Jimmy lasciò quella di Robert e
andò ad accompagnare
quella che si trovava intrecciata nei biondi capelli del cantante, per
poi
scivolare sul suo viso in una carezza lieve, mentre l’altro
gli cingeva la vita
in un abbraccio rassicurante.
-
Rimani con me stanotte, Robert?
Robert
sorrise, ingenuamente, mentre una luce diversa, quasi malefica, si
faceva
strada tra gli occhi di Jimmy.
-
Ogni notte, Jimmy.
Angolo della pazza:
Arieccomi! :3
Ho aggiornato in fretta perché questa storia mi perseguita
durante le mie giornate infestate di noia totale.
La cosa straziante è che ora sono convinta che questo
sarà l'ultimo capitolo, eppure lascerò la storia
"in corso", perché effettivamente non so se dopo aver messo
"completa" non mi balzerà di nuovo in mente l'idea malsana
di continuare.
Bene, che dire?
Ringrazio quelle pie donne che hanno recensito i primi due capitoli e
anche quelle persone che hanno semplicemente letto, preferito,
ricordato e seguito la storia. E' solo grazie al numero di
visualizzazioni se la mia mente malata continua ad elaborare fuori dal
mio controllo. ^^'
Bene, spero davvero tanto che questo capitolo vi sia piaciuto,
perché mi è piaciuto tanto scriverlo (pardon il
giro di parole!).
Ah, sì, ascoltate la canzone che ho utilizzato durante la
stesura del capitolo e che ho usato anche come "soundtrack". E' un
brano della meravigliosa Beth Hart cantante
rock/jazz/blues/soul/pop, fan sfegatata di Robert (infatti nei suoi
live canta spesso Whole Lotta Love), che spesso fa coppia con Joe
Bonamassa (chitarrista con i controcavoli) e Slash.
Niente, credo di avervi rotto abbastanza i cosiddetti, ergo smonto la
baracca.
A presto! ^^
Franny
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