A new beginning

di DeirdreGloom
(/viewuser.php?uid=154754)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Professor John H. Watson ***
Capitolo 2: *** Festeggiamo? ***
Capitolo 3: *** Brillante, Holmes ***
Capitolo 4: *** Colpito e affondato ***
Capitolo 5: *** Sfumature ***
Capitolo 6: *** Insonnia e rimedi ***
Capitolo 7: *** Buonanotte, John ***
Capitolo 8: *** Et cetera ***
Capitolo 9: *** Italia ***
Capitolo 10: *** Tutto il superfluo ***
Capitolo 11: *** Ossitocina ed endorfine ***
Capitolo 12: *** Il giorno dopo ***



Capitolo 1
*** Professor John H. Watson ***


1. Professor John H. Watson


“Allora fratellino, sei pronto per il primo giorno di scuola?”
“Scommetto che non stavi più nella pelle all’idea di farmi questa domanda.”
“A quanto pare mi conosci meglio di quanto pensassi! Ma, a parte gli scherzi, come va?”
“Sono agitato. È ovvio che sono agitato. Anche se non dovrei. Oh cazzo.”
“John, è normale, è così per tutte le persone quando iniziano un nuovo lavoro. Non fare di ogni cosa una tragedia.”
“Harry, non offenderti, ma avere a che fare con 25 ragazzini in fase ormonale decisamente poco assetati di conoscenza è giusto un po’ più impegnativo che fare la cameriera alla tavola calda del tuo migliore amico.”
“John, smettila di continuare a pensare di essere il centro dell’universo, di essere un caso particolare e che tutto ti andrà male! E poi in fondo hai passato di peggio!”
“Per non parlare dei nuovi colleghi. Oh, Cristo.”
“Oh, smettila! Ti scongiuro! Hai lì Mike che conosci da una vita e di sicuro ti presenterà a tutte le insegnanti più avvenenti dell’istituto. Non vedo di cosa tu debba lamentarti!”
“Ho l’ansia da prestazione, Harry, l’ho sempre avuta. Cazzo, era meglio quando stavo nell’esercito e l’adrenalina non mi dava il tempo di pensare.”
“Non dire stupidate e smettila di farti le seghe mentali come tuo solito. Sei stato in guerra, John Watson. Ora piantala di fare le scene da prima donna, tira fuori gli attributi e fai vedere a quei mostriciattoli di che pasta sei fatto!”
“Signorsì, signora. Ora però devo andare a portare Gladstone a fare la sua passeggiatina serale.”
“Ok, ok. Ti chiamo domani per sapere come è andata!”
“Va bene. Prega per me.”
“Vai a cagare. A domani.”
“A domani.”
 

***

 
La cacca di cane è qualcosa di disgutoso, anche se si tratta della cacca di un graziosissimo e raffinatissimo carlino. Raccoglierla non è tra le attività preferite di John. No, decisamente no.
Se fosse stato per lui si sarebbe trovato un hobby più stimolante, ma Ella, la sua psicoterapeuta, aveva consigliato l’acquisto di un cane perché:

1. Occuparsi di un altro essere vivente l’avrebbe aiutato con il reinserimento nel mondo civile e degli affetti.

2. Occuparsi di un altro essere vivente l’avrebbe aiutato a pensare a qualcosa che non fosse se stesso o la guerra. Soprattutto la guerra, ipotizzava John.

3. Occuparsi di un altro essere vivente Portare tutti i giorni, tre volte al giorno, quell’essere pulcioso a fare il giro dell’isolato perché potesse espletare i suoi bisogni, avrebbe aiutato John a fare del movimento e questo sarebbe servito a far diminuire il dolore alla gamba, che continuava a non dargli tregua.

Ma a John non sembrava che tutto questo movimento servisse a molto, soprattutto quando doveva piegarsi a raccogliere le feci dell’animale (John si chiedeva quale forse il termine più politicamente corretto da usare, in questo caso). Il dolore era lancinante. La vergogna pure, quando la gente lo guardava durante quell’operazione piuttosto delicata. Soprattutto quando erano le vecchine ficcanaso a guardarlo mentre si chinava faticosamente su quella cacchina (in presenza delle vecchine, John si ritrovava a pensare per vezzeggiativi, come se fosse una forma di decoro e di rispetto). Inoltre le vecchine sembravano decisamente più arzille di lui. A volte portavano a passeggio 3 o 4 barboncini insieme (che cani inutili e stupidi), legati ad un guinzaglio multiplo, di cui John fino a qualche settimana prima ignorava l’esistenza, e si chiedeva se non dolesse loro la schiena a raccogliere tutte quelle numerose cacchine. Merdine. Cacche di cane. Feci canine.

Restava il fatto che John al momento non riusciva a pensare a un’attività peggiore e più imbarazzante: ne avrebbe fatto volentieri a meno.
Ma, purtroppo, medico militare di servizio in Afghanistan, John Watson era stato ferito da un colpo di arma da fuoco e costretto a ritirarsi e tornare alla monotona e non meno faticosa vita di tutti i giorni. Unico souvenir del Medio Oriente portato fino a Londra era una zoppia persistente alla gamba destra, a quanto pare psicosomatica, di cui John non riusciva a liberarsi. E, per ora, ogni attività fisica degna di questo nome era da evitare, se non voleva aggravare la situazione. Ciò nonostante si chiedeva come questa tortura dei giretti col cane potessero essergli d’aiuto.
Su consiglio di Ella aveva anche momentaneamente lasciato da parte la carriera medica. Sarebbero riaffiorati troppi ricordi dolorosi. Situazioni a cui era meglio che John non pensasse. Come se non lo facesse già ogni notte prima di riuscire ad addormentarsi. Come se non lo facesse comunque tutti i giorni. Come se fosse possibile dimenticare quello che aveva vissuto.
Erano fatti così vicini, così ricorrenti nei suoi pensieri e sogni, eppure ormai sembravano far parte di una vita precedente.
John in quei mesi in cui era stato costretto a stare fermo e tranquillo, in attesa di riprendersi dalla ferita alla spalla, chiuso nel piccolo appartamento di sua sorella Harry e senza nulla da fare, aveva preso una decisione. Non riusciva a stare senza far niente, John Watson era un uomo d’azione, dalla forte disciplina morale e con un sano senso del dovere: la sua giornata non prevedeva momenti d’ozio se non meritati e dopo la giuste dose di lavoro. Aveva ripreso in mano i libri dell’università e in un annetto aveva dato gli esami in più che gli avrebbero permesso di insegnare in una scuola secondaria.
In fondo cosa poteva fare, se era consigliabile non riprendere la carriera medica, per il momento?La sua formazione era quella, ma gli era venuto in mente che poteva utilizzare la sua esperienza di vita per provare ad insegnare qualcosa agli altri, a persone più giovani, qualcosa che avesse a che fare non solo con l’educazione a livello strettamente scolastico, ma più generale e umano. Oh, insomma, voleva fare qualcosa di buono dopo aver visto la guerra, la sofferenza, la morte. E se doveva chiudere col passato, far sparire quella cazzo di zoppia e inziare una nuova vita, non doveva avere a che fare con malati, anziani o altro. E tanto valeva utilizzare le sue competenze scientifiche. E tanto valeva avere a che fare con gente giovane, fresca, senza i problemi degli adulti.
E poi un giorno, per caso, aveva incontrato al parco Mike Strandford, suo compagno di Università, che ora insegnava in questa scuola e non faceva che raccontare meraviglie dell’insegnamento. Nell’istituto dove lavorava e, in effetti, era vice-preside, uno dei professori di biologia sarebbe andato in pensione quell’anno e stavano cercando qualcuno che potesse sostituirlo. E tanto valeva provarci. John Watson era un uomo che non sapeva stare con le mani in mano, John Watson non si tirava indietro davanti ad una sfida. Ed Ella era d’accordo (e accadeva raramente), Harry pure (e accadeva ancor più raramente). Sapeva di potercela fare.
 

***

 
Merda merda merda merda. Merdissima merda. Merdissimissima.
John si era macchiato la camicia con il caffè quella mattina e non faceva in tempo a tornare a casa per cambiarsi. Mike sembrava non essersi accorto di nulla, ma Mike era lui stesso una persona piuttosto sbadata e probabilmente la considerava la normalità.
Mh, e probabilmente i colleghi di Mike pensavano che fosse del tutto naturale che il nuovo amico di Mike avesse i suoi stessi difetti. O forse non se ne erano nemmeno accorti, visto quanto erano stati gentili ed educati. Il professore di educazione fisica, un certo Anderson, aveva perfino fatto qualche battuta per metterlo a suo agio. E in effetti John aveva iniziato a rilassarsi, quando aveva preso il registro della sua classe, primo anno, sezione B, 24 studenti.
E quando era entrato nella classe, era addirittura riuscito a sorridere in modo convincente. Si era diretto con passo sicuro (la zoppia era momentaneamente scomparsa) alla cattedra e gli studenti si erano seduti ai loro posti. Aveva scritto alla lavagna il suo nome, Professor John H. Watson, come nei film, e si era presentato.
“Ciao a tutti, sono il professor Watson, il vostro nuovo insegnante di scienze. Oggi direi di prendercela con calma e di iniziare a conoscerci. Chi mi vuole raccontare come sono andate le sue vacanze?”.
Un ottimo inizio, non c’è che dire, professore, pensò John. E sorrise di nuovo.
 

***
 

“Allora, fratellino, come è andata oggi a scuola?”
“Vaffanculo.”
“Dovresti apprezzare il mio interessamento nei tuoi confronti, Sherlock. Sai che avrei cose ben più importanti di cui occuparmi.”
“Giusto, vedrò di assumere un’aria abbastanza commossa, Mycroft.”
“Fai poco lo spiritoso. Piuttosto, com’è il nuovo insegnante di biologia?”
“Per una volta le tue informazioni non sono del tutto corrette, Mycroft. Quest’anno avremo Stramford, quello nuovo a quanto pare è talmente incapace che l’hanno mandato dritto dritto dalle matricole, al primo anno.”
“Non male. Almeno Stramford è già abituato al tuo carattere così cordiale ed accomodante.”
“Sai bene che è l’amabilità è un dono di famiglia.”


 


 

Hello! 
Ringrazio tantissimo tutti coloro che sono arrivati alla fine di questo capitolo! :D
Piccolissima presentazione: questa è la prima fanfiction che scrivo in questo fandom, ma seguo la serie televisiva della BBC da almeno un anno e mezzo, amandola e venerandola come merita sui vari social network!

Vi do qualche informazione veloce sulla storia: 
- Come potete vedere, questa fanfic è una school!AU, in cui Sherlock è uno studente dell'ultimo anno (18-19 anni) e John è un insegnante (28 anni circa). Qui è fondamentale la sospensione dell'incredulità da parte vostra: mi sono informata per quanto ho potuto sul sistema scolastico inglese, ma non ho idea se un soldato possa effettivamente diventare insegnante nel corso di 1-2 anni. Facciamo finta di sì, ecco u.u
Trovo che il backround di John riguardante la guerra sia interessantissimo e quindi volevo mantenerlo! 
- Ho cercato di mantenere i personaggi il più IC possibile ma, siccome hanno età diverse e si trovano in un contesto differente rispetto al canon, qualche comportamento è possibile che sfocerà nell'OOC (anche perché a un certo punto ci sarà del romanticismo e sappiamo bene che Sherlock Holmes non indulge in certe cose, i sentimenti), spero che non vi dia troppo fastidio! :)
- I dialoghi tra John e Harry a volte contengono dei termini un po' scurrili. Spero nuovamente che la cosa non vi disturbi, ma tra di loro me li immagino parlare così (sarcarmo e parolacce) e non usare un linguaggio aulico! xD
- Questo primo capitolo è di introduzione e introspettivo, così sarà anche per il prossimo. Spero che non li troviate noiosi, ma prima di entrare nel vivo dell'azione mi sembrava giusto delineare un po' i caratteri dei personaggi, la loro situazione e il rapporto con i familiari! :)
- Questa fanfic avrà tra i 10 e i 15 capitoli, ancora non so bene. Per ora ne ho già scritti 8, per cui pensavo di aggiornare 2 volte alla settimana. Cosa ne pensate? O preferite il canonico una volta alla settimana? 

Vi ringrazio ancora tantissimo per l'attenzione! Fatemi sapere cosa ne pensate, perché mi farebbe davvero piacere! ^^
DeirdreGloom


 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Festeggiamo? ***


2. Festeggiamo?
 

John si tolse le scarpe nuove, comprate apposta per fare una buona impressione sul posto di lavoro, le sistemò nel ripostiglio di fianco alle scarpe da ginnastica che Harry usava per andare a correre. A quanto pareva serviva per sfogare lo stress. Di sicuro sembrava avere più successo del suo esperimento con Gladstone. Harry non beveva da almeno 5 mesi e da quello che aveva intuito dalle telefonate furtive dietro alla porta del bagno chiusa a chiave, stava frequentando una donna. Sapeva che comunque era meglio non fare domande, perché Harry odiava sentirsi con il fiato sul collo, Harry in effetti odiava qualsiasi forma di controllo.
John si riscosse dai suoi pensieri e si infilò le ciabatte che aveva lasciato nell’appartamento di sua sorella. A casa sua amava camminare a piedi nudi d’estate e solo con i calzini d’inverno; probabilmente anche lui non amava particolarmente il controllo e preferiva sentirsi libero, anche se le sue forme di anarchia avevano una dimensione più privata e meno eclatante di quelle di Harry: scalzo nel suo appartamento (da Harry no, aveva il sospetto che non pulisse con regolarità i pavimenti), due cucchiaini (non uno) di zucchero nel caffè, doccia più lunga di quanto fosse strettamente necessario, Mc Donald’s almeno una volta al mese. Ogni tanto attraversava col rosso. Oh be’, scrollarsi di dosso la disciplina militare non è cosa semplice. Invece Harry, se fosse nata qualche decennio prima, sarebbe stata sicuramente un’hippie, di quelle con i capelli lunghi e senza reggiseno, un animo indipendente e selvaggio, sebbene non dedita all’amore libero, vista la sua possessività nei rapporti di coppia.
 
“John, smettila di sorridere guardandoti i piedi, non sembri normale!”
“Gentile come sempre! Stavo pensando a quando eravamo giovani…”
“Oddio, John, non dirmi che stare a stretto contatto con i tuoi studenti ti porta a rivangare vecchi ricordi. Non sopporterei un fine settimana all’insegna di tristi rievocazioni del nostro entusiasmante passato.”
“Non ti preoccupare, non è colpa degli studenti, ma delle tue scarpe da ginnastica!”
“Mh, no, davvero, appassionante, ma al momento sarei più interessata a sapere come è andata a scuola!”
“In effetti ci sarebbe qualche novità…”
“Oddio, non dirmelo. È la professoressa di letteratura. O peggio, filosofia. Stai lontano da quelle, non portano altro che guai, lo sai bene!”
“Harry, mi lasci finire la frase? Comunque no, il professore di filosofia è un uomo. E non fare quel sorrisetto, non ho intenzione di passare all’altra sponda! Dicevo, Mike mi ha proposto una cosa. Tutti gli anni a quanto pare a scuola vengono organizzati dei laboratori pomeridiani, sai le solite cose tipo teatro o canto o disegno, non lo so. Comunque, quest’anno ne faranno uno di approfondimento di anatomia per i ragazzi dell’ultimo anno che intendono poi proseguire con gli studi scientifici o medici. E allora stavano pensando a me, dato che sono un medico. E, naturalmente, lo stipendio sarebbe più alto.”
“Mi sembra fantastico, John! Non permettere assolutamente ad Ella di dirti che potrebbe essere dannoso per la tua psiche o altre stronzate freudiane! L’ho capito che non vedi l’ora di iniziare!”
“Be’, sì, in effetti sì! Insegnare scienze ai quattordicenni dopo un po’ diventa frustrante. E poi così posso finalmente iniziare a pensare di trasferirmi in un appartamento più grande e più vicino alla scuola, ora ci metto 50 minuti per arrivarci! Cosa ne pensi?”
“Penso che stasera festeggiamo!”
“Cinese e film sul divano?”
“Andata!”
 

***

 
I fine settimana in casa Holmes erano sempre particolarmente imbarazzanti. Sherlock pensò ad altri aggettivi che potessero esprimere la condizione in cui si trovava in quel momento, seduto di fronte a sua madre, a pranzo, mentre sorseggiava silenziosamente il brodo, freddo, che la nuova cuoca, un’inetta, aveva preparato, in ritardo rispetto all’ora convenuta.
Imbarazzanti, spiacevoli, fastidiosi, sgradevoli. Quattro sinonimi. Sono pochi. Questi tediosi ed interminabili pranzi gli intorpidivano il cervello.
A sua madre piaceva fingere di avere la famiglia perfetta, nei fine settimana. Ma questa volta il marito aveva rovinato tutto trattenendosi un giorno in più ad Edimburgo per la complicazione verificatasi in seguito ad un intervento delicato. Era una situazione grave ed indipendente dalla volontà di Wystan. La signora Holmes sorrideva, suo marito era assente perché era una persona importante e stava salvando una vita. In fondo erano ancora una famiglia modello.
Mycroft aveva già finito la prima portata e Sherlock sapeva esattamente cosa stava pensando, anche se in realtà Mycroft non faceva molto per nasconderlo.
Dita che tamburellano sul tavolo con una frequenza di due picchiettii al secondo: Mycroft è seccato. Fino a un picchiettio al secondo è annoiato, dopodiché la noia diventa fastidio.
Sguardo che percorre la stanza, tedio, ma si sofferma più del necessario sull’orologio a pendolo che Sherlock ha dietro di sé, impazienza, e sulla porta che dà sul corridoio, premura. Probabilmente qualcosa che riguarda il lavoro.
Troppo facile, Mycroft è annoiato, infastidito ed impaziente il 73, 2% del tempo (e non solo in famiglia, anche con i suoi colleghi), approssimando la cifra ai decimali.
La signora Holmes era l’unica che si godeva il cibo e la compagnia dei figli, non faceva finta. Quelle loro riunioni familiari in sala da pranzo erano il suo modo di dimostrare il suo affetto e che si occupava di loro.
“Sherlock, allora, com’è andata la prima settimana di lezioni? Mycroft mi ha detto che hai preso il massimo dei voti in fisica.”
Sherlock non perse nemmeno tempo a chiedersi come Mycroft facesse a saperlo.
“È andata bene, mamma. Le cose non sono cambiate un granché rispetto all’anno scorso. Mi sono iscritto al laboratorio di anatomia, a quanto pare sarà tenuto da un medico, non uno dei soliti professori, pigri ed impreparati. Spero che possa essere utile.”
“Fantastico, tesoro! Stasera potremmo festeggiare, cosa ne pensi?”
“Dirò ad Herbert di aprire il Brunello di Montalcino della cassa che papà ha portato quando è stato in Italia.”
“Ottimo!”

 


 



Buongiorno a tutti! :)
Innanzitutto ringrazio tantissimo chi sta seguendo la storia e chi ha lasciato un commento allo scorso capitolo, perché siete stati tutti gentilissimi, grazie grazie grazie! :3
Visto che non l'ho detto l'altra volta, volevo avvisarvi che questa fanfic nasce principalmente per far sorridere e per vedere interagire John e Sherlock, non ci saranno conflitti forti né momenti angst! Ecco, non aspettatevi una tramona complicata, solo un po' di introspezione, perché quella mi piace! :)
Ed ora il momento chiacchiera che potete anche sentirvi liberi di saltare!
Uhm, mi rendo conto che questo capitolo sia vergognosamente corto, ma è anche per questo che faccio due aggiornamenti alla settimana (anche perché sembrate tutti d'accordo, bien!). Comunque questo Festeggiamo? serve per iniziare a mettere a fuoco i due protagonisti e soprattutto per metterli a confronto (il dolce e premuroso John e l'impassibile e snob Sherlock) e per preparare il momento in cui finalmente si incontreranno, yeee!
Inoltre viene approfondita un pochino la figura di Harry e introdotto come si deve Mycroft. Io amo moltissimo Mycroft, anche se mi sa che l'ho reso un po' freddino, ma tanto lo sappiamo che è tutta apparenza! Ehm, cercherò di evitare l'eccessivo fangirling! :P
Spero che il capitolo vi piaccia e fatemi sapere insomma! :)
Un bacione,

DeirdreGloom


 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Brillante, Holmes ***


3. Brillante, Holmes



John entrò nell’aula con il migliore dei suoi sorrisi, ma non la migliore delle camminate. Era teso, quella notte aveva dormito poco e male, si era svegliato all’alba per colpa di diversi incubi e la gamba continuava a tormentarlo fitte incessanti. Rischiò di inciampare nello zoccolo della pedana rialzata su cui era posizionata la cattedra.
Maldestro, goffo, insicuro. Sherlock Holmes alzò gli occhi al cielo. Sperava che non avessero reclutato anche questa volta un inetto che si era dedicato alla scienza medica solo con la speranza di poter curare se stesso e di fare del bene. Sono i peggiori: sensibili, emotivi, poco efficienti.
Si mise a sgranocchiare svogliatamente una galletta di mais, poiché non aveva mangiato nulla a pranzo. Aveva cose più importanti da fare, non poteva permettersi di perdere tempo in attività superflue: stava facendo delle prove di impollinazione assistita nel retro del giardino della scuola e sembrava aver avuto successo, ma doveva accertarsene e monitorare la situazione quotidianamente.
Rispose con un indolente Ci sono, quando il professore chiamò il suo nome per l’appello. L’insegnante lo guardò infastidito e Sherlock riprese a sgranocchiare le sue gallette, enumerando nella propria mente tutte le varianti di ibridi che poteva creare con le piante presenti nel giardino della scuola. Oh sì, aveva grandi progetti per quel trimestre!
Sherlock riportò la propria attenzione sul professor Watson quando iniziò a presentare il programma del corso. Era l’ultima possibilità che gli dava, se non fosse riuscito ad incuriosirlo, avrebbe abbandonato il laboratorio senza remore, come aveva già fatto con quelli degli anni precedenti.
Ok, nessuna introduzione toccante e verbosa sull’utilità della medicina per l’umanità. 10 punti. Il professor Watson era partito direttamente dall’elencazione degli argomenti che avrebbe trattato. Avrebbe saltato l’introduzione sull’evoluzione e la genetica: Ne parlerete già abbastanza durante le normali lezioni di biologia, questo laboratorio serve come approfondimento, quindi spero che siate tutti abbastanza interessati e volenterosi perché passeremo direttamente ad argomenti più complicati, ma anche decisamente più appassionanti, per quanto mi riguarda. Altri 10 punti.
Sarebbero andati spesso nel laboratorio di scienze. 5 punti, quello era il minimo per un corso pomeridiano. Avrebbero sezionato il cuore di un maiale. 20 punti.
A quanto pare il professor Watson non ne poteva già più di spiegare la struttura delle molecole ai ragazzini del primo anno. Moriva dalla voglia di passare ad argomenti più seri. Sherlock ridacchiò.
“Signor Holmes, la vedo disattento dopo già i primi 20 minuti di lezione. Non è un buon segno. Sarebbe così gentile da ripetere quello che ho appena detto?”
“Il corso si svilupperà in due moduli. Primo modulo: Pelle, ossa, muscoli. Digestione e nutrizione. Respirazione, circolazione. Difesa dell’organismo, omeostasi. Secondo modulo: Percezione e coordinazione.
Sostanze psicoattive. Sistema endocrino. Riproduzione dell’uomo. Prerequisiti: Avere conoscenze di
Chimica elementare. Conoscere la cellula e la sua struttura. Conoscere i tessuti.”
“Va bene, signor Holmes. A quanto pare la sua disattenzione equivale al livello massimo di attenzione degli altri suoi compagni. Ora però se non vuole farsi richiamare la smetta di guardare fuori dalla finestra e di ridere da solo.”
“Lo prenderò come un complimento, professore.”
John evitò di rispondergli e riprese la lezione.
 

***

 
“Allora, il nuovo docente ha avuto l’onore di ricevere la tua approvazione o no?”
“Come puoi ben immaginare, Mycroft, non è nulla di particolare. Seguirà il programma canonico.”
“Mmm, un giudizio eccezionalmente positivo, considerando la media.”
“Il fatto che non sia un professore gioca a suo favore.”
“Mi sembrava che avessi detto che insegna al primo anno.”
“Sì, ma questa è la sua prima esperienza nel meraviglioso mondo dell’istruzione. Prima era un medico militare. Non è stato difficile da dedurre.”
“Immagino. Ricordati che il 22 devi accompagnare mamma dal mobiliere.”
“Uff, lo so. Ora ho da fare, Mycroft, se mi facessi il favore di lasciare la mia stanza.”
“Sì, certo, non ruberò altri attimi preziosi del tuo tempo.”
“Buonanotte.”
“Buonanotte.”
 

***

 
Mentre John Watson pronunciava parole quali apparato tegumentariotessuti di origine ectodermica e mesodermica, poteva percepire quasi fisicamente la noia che si propagava per l’aula. Aveva già visto qualche sbadiglio. La realtà è che aveva voglia di fare una lezione pratica esattamente quanto i ragazzetti che sedevano, visibilmente soprappensiero, ai loro banchi. Ma il suo compito come insegnante di scuola secondaria era prepararli prima di tutto nella teoria. Represse a fatica un sospiro proprio mentre Sherlock Holmes si lasciava andare a un vistoso sbadiglio.
“Signor Holmes, l’avevo già avvertita ieri, dovrebbe cercare di mostrare un po’ più di partecipazione alle lezioni.”
“Lo farei, se lei mettesse un po’ più di entusiasmo nelle spiegazioni, professor Watson. Forse dovrebbe raccontarci della sua esperienza sul campo. Medio Oriente, giusto?”
John rimase un attimo interdetto, “Ve ne ha parlato il professor Stramford?”
Sherlock fece quel suo sorriso saccente che ormai tutti gli insegnanti dell’istituto consocevano bene,  “Ovviamente no. Non sarebbe professionale parlare della della vita privata di un collega. Basta un po’ di osservazione per capirlo. Lei è un medico militare ed è stato invalidato in Afghanistan. La sua terapeuta pensa che la sua zoppia sia psicosomatica, diagnosi alquanto corretta, temo.”
John fece fatica a non rimanere a bocca aperta. Quel ragazzo era prodigioso. Tuttavia era un soldato, diamine, ed era abituato a mantenere la calma anche nelle situazioni di tensione, “Brillante, Holmes, tuttavia non vedo come questo possa c’entrare con l’argomento della lezione. Penso che ora possiamo tornare a parlare del ruolo fisiologico della cute. E la prossima volta che deve sbadigliare, si metta almeno la mano davanti alla bocca.”
 

***

 
John, concluse le lezioni, osservava gli studenti che percorrevano il vialetto davanti all’istituto attraverso la finestra dell’aula degli insegnanti, mentre lui e Mike prendevano un caffè alle macchinette. Era visibilmente preoccupato, ma Mike sembrava non dare peso alla cosa. “Sì, fa sempre così”, ridacchiò sinceramente divertito, il doppio mento gli tremolò appena.
John sospirò, “Mi potevi avvisare. Non avevo davvero idea di come comportarmi, se cacciarlo fuori dall’aula o cosa. Mioddio.”
“John, stai tranquillo. È il suo modo di fare, cerca di mettere alla prova gli insegnanti, li porta fino all’esasperazione, la cosa migliore da fare è ignorarlo, o non ti darà tregua.”
“Ma se è davvero così in gamba forse dovremmo cercare di stimolarlo, di interessarlo a qualche materia, non so…”
“È tutto inutile con lui, non dà ascolto ai professori, in fondo hai visto anche tu com’è. Fortunatamente questo è l’ultimo anno che lo abbiamo qui, poi saranno grane dell’Università.”



 



Momento-chiacchiera:
Ciao a tutti!
Ringrazio nuovamente chi ha commentato il capitolo precedente, apprezzo davvero tantissimo! Vi mando un abbraccione virtuale! :3
Ta-daaaà! I due stupidotti finalmente si incontrano! Non che sia questo grande incontro, visto che comunque sono a scuola e Sherlock non può proprio fare a meno di essere così irritante! xD Poi Mycroft fa le sue solite comparse random per provocare Sherlock ^^ 
Vedrete che poi le cose andranno meglio, eheh! 
Fatemi sapere cosa ne pensate, se avete suggerimenti o altro! 
Bye,

DeirdreGloom

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Colpito e affondato ***


4. Colpito e affondato


John Watson non era mai stato un gran nuotatore. Preferiva il mare invernale a quello estivo, le passeggiate solitarie sulle scogliere  alle spiagge affollate. Ma sentiva la mancanza del movimento fisico e di un qualsiasi sport che gli tenesse la mente lontana dalle preoccupazioni di tutti i giorni. Ella allora gli aveva proposto il nuoto, la gamba non ne avrebbe risentito.
Così John Watson, uomo coscienzioso, si era subito iscritto in piscina e quel giovedì mattina stava già facendo la sua prima vasca (in mattinata la piscina è frequentata da pochi anziani e il giovedì John aveva lezione solo al pomeriggio).
L’acqua era fredda, la cuffia troppo stretta e l’odore di cloro fastidioso, ma finalmente il dolore alla gamba era svanito e John poteva rilassarsi e lasciar correre i pensieri. Prima accarezzò l’idea di trasferirsi entro poche settimane nel nuovo appartamento, ne aveva già trovato uno che faceva al caso suo, al 221b di Baker Street. Posizione centrale, bel quartiere, prezzo onesto. Il nuovo appartamento era più luminoso del suo e vicino c’era un parco in cui avrebbe potuto portare Gladstone.
Sì, John era felice, anche se il trasloco avrebbe occupato tempo e fatica. Ma andava bene così.
La luce del sole penetrava dalle grandi vetrate che percorrevano tre lati della piscina e John poteva sentire il calore sulla propria pelle. Aveva perso da tempo l’abbronzatura dorata che aveva abitualmente in Afghanistan ed era tornato in fretta al pallore londinese. John temeva di aver perso gran parte del suo fascino insieme alla tintarella. John finì le dieci vasche a dorso e passò a farne altre dieci a rana.
La pelle di Sherlock Holmes sembrava non averla mai vista la luce del sole, invece. Da adulto sarebbe diventato un uomo di intelletto, in realtà lo era già. John sorrise. Gli capitava spesso di sorridere quando pensava a Sherlock Holmes. E ultimamente gli capitava di frequente di rivolgere a lui i suoi pensieri. Lo turbava il fatto che un ragazzo così brillante avesse una media scolastica così bassa in quasi tutte le materie. Di certo non gli servivano ripetizioni. Sherlock Holmes non era uno studente come gli altri. Era più intelligente, più acuto, più spiritoso perfino. E anche più bello. John, come medico, aveva visto uomini di tutti i generi, corpi di tutti i tipi. Ma mai una pelle così candida e perfetta. E quegli zigomi. Probabilmente si sarebbe tagliato se avesse provato a colpirli.
Ok, no. No.
Però le ragazzine che ora lo snobbavano, lo consideravano strano e lo lasciavano solo durante tutti gli intervalli, si sarebbero mangiate le mani tra qualche anno. Ne era sicuro.
John Watson si avvicinò alla scaletta sul lato della vasca, uscì dall’acqua, indossò accappatoio e ciabatte e si diresse verso le docce. Fra tre ore avrebbe avuto lezione, ma prima avrebbe pranzato alla mensa della scuola.
 

***

 
I professori non pranzano mai alla mensa scolastica, vanno alla tavola calda a due isolati di distanza.
John Watson invece sedeva da solo ad un tavolo vicino alle finestre, guardava fuori, pensieroso. Ma non preoccupato. Probabilmente era metereopatico e quella era una delle rare giornate di sole autunnali.
Non stava mangiando in quel momento. Nel piatto: ceci, proteine. Era ancora abituato al pasto dell’esercito, pur non gradendolo particolarmente.
“Buongiorno, professor Watson. Che sorpresa trovarla qui. Di solito si ferma a scuola solo per prendere il caffè alle macchinette.”
John spostò lo sguardo sul ragazzo, “Buongiorno, Holmes. Non c’è bisogno che fai mostra delle tue capacità di osservazione, siamo soli e io sono perfettamente consapevole della tua intelligenza.”
“Mi limitavo ad esprimere il mio stupore per averla trovata. Le dispiace se le faccio compagnia?”, Sherlock si sedette di fronte a lui prima che il professore avesse il tempo di rispondergli.
“No, non ti preoccupare, ho quasi finito. Questo cibo fa davvero schifo, ma ammetto di aver provato di peggio.”
“Domani c’è la pizza. Dovrebbe provarla, girano voci che sia particolarmente buona.”
“Mh, penso che continuerò a limitarmi al caffè.”
“Ottima decisione. Personalmente detesto il cibo della mensa. Se conoscesse gli ingredienti rabbrividirebbe, professore.”
“Capisco. E quindi cosa ci fai qui oggi?”
“La stessa cosa che fa lei. Aspetto che inizi il suo corso. Oggi andremo in laboratorio?”
“No, lo sai, l’ho detto la scorsa lezione.”
“Sì, sì, era giusto per far conversazione. Non sono sicuro di ciò che la gente si aspetti che io dica in questi casi. Per quanto mi riguarda si potrebbe anche stare in silenzio.”
“Sono perfettamente d’accordo, amo il silenzio.”
“Per questo ha pensato di dedicarsi al nuoto? O è per la gamba? Se è per quello non le servirà, la zoppia è psicosomatica.”
John ride piuttosto divertito, riprende a mangiare, “Da cosa l’hai capito? Questa tua tecnica di deduzione mi incuriosisce.”
Sherlock gli sorride di rimando, “Questa volta è stato piuttosto semplice. Ho sentito l’odore di cloro ancora prima di sedermi, anche se ha provato a nasconderlo con la colonia. Invece di solito lei odora di sapone e borotalco.”
John sorride un po’ imbarazzato, “Colpito e affondato. Questa cosa è davvero stupefacente, eccezionale.”
“Non è quello che la gente dice di solito.”
“E cosa dice?”
“Vaffanculo.”


 


Buondì!
Ecco il quarto capitolo, che, di nuovo, è imbarazzantemente corto, ma a me più lunghi proprio non vengono, cercherò di migliorare su questo frangente!
Ad esempio mi è venuto in mente che potevo almeno mettere una descrizioncina di John in costume, ma boh, non sono riuscita ad infilancerla, mi sembrava che stonasse con il resto. Però più avanti, magari... xD Voi per ora limitatevi a immaginarvelo palliduccio e con qualche chiletto in più sulla pancia, morbidoooo :3 No, non è vero, John è un gran figo, punto.
Di positivo c'è che le cose iniziano a smuoversi! Direi che Sherlock non è del tutto indifferente a John e che John non è del tutto indiferrente a Sherlock! :P
Un'altra cosa: questa settimana sarò piuttosto impegnata, quindi potrò aggiornare solo domenica/lunedì. Spero che non sia un problema! 
Come al solito, mi farebbe davvero tanto piacere sapere cosa ne pensate e ringrazio tutti coloro che seguono la storia e che lasciano un commentino, vi adoro, mi date la giusta carica per continuare! :*
Adios,

DeirdreGloom




Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Sfumature ***


5. Sfumature


Quel sabato pomeriggio Sherlock Holmes smanettava pigramente col cellulare, lasciando che sua madre continuasse a credere di essere indecisa su quale sfumatura di blu avrebbe scelto per il sofà della veranda (blu ardesia scuro o blu aviazione?), quando per Sherlock era palese già da ben 23 minuti che avrebbe scelto l’ardesia scuro unicamente perché il nome aveva un suono più elegante.
 
La sera prima si era iscritto a twitter per poter seguire il profilo del professor Watson (@JHWatson). A quanto pareva sua sorella (sorella, SORELLA! Diamine, credeva che fosse un fratello, c’era sempre un particolare che sbagliava!) aveva letto un articolo su questo nuovo metodo di insegnamento innovativo ed interattivo e il professore aveva accolto volentieri il suggerimento.
Tuttavia Sherlock si chiedeva chissà quali fondamentali informazioni un professore avrebbe potuto dare in 140 caratteri.
Sapete, se avete qualche dubbio sulla lezione, oppure nel caso in cui io fossi assente, vi avviserei con maggiore rapidità e facilità. Insomma, da quello che ho capito twitter può essere utilizzato per qualsiasi tipo di notizia, più o meno importante.
Sherlock ridacchiò come suo solito, oh sì, ci sarebbe stato da divertirsi. 
Fece il login del suo account (@SH) giusto per passare il tempo. Sua madre ci avrebbe messo circa altri 13 minuti per prendere la sua decisione, secondo più secondo meno.
 
Dr. John Watson @JHWatson
A pesca con il professor Stramford. Ricordate di spostare l'orologio un'ora avanti stanotte e passate un buon weekend! 

 
Il garbato e premuroso John Watson! Il titolo di dottore davanti al nome non sarebbe bastato a dargli un’autorevolezza tale da riuscire a nascondere il suo carattere gentile e quel suo modo di fare un po’ titubante.
 
Sherlock Holmes @SH
@JHWatson Già finita la battuta di pesca professore? Se sta utilizzando il wifi vuol dire che è già tornato in albergo.
 
Dr. John Watson @JHWatson
@SH Il tempo non è stato particolarmente clemente oggi.
 
Sherlock Holmes @SH
@JHWatson Ah, Kent quindi. In effetti il professor Stramford non ama andare troppo lontano da casa. Dungeness Beach?
 
Dr. John Watson @JHWatson
@SH Naturalmente.
 
Sherlock Holmes @SH
@JHWatson È fortunato, ho fatto una ricerca sul merluzzo bianco poche settimane fa, potrebbe esserle utile: http://thescienceofdeduction.co.uk/gadus-morhua
 
Dr. John Watson @JHWatson
@SH Il tuo blog ha un titolo alquanto pretenzioso, Holmes.

 
“Tesoro, alla fine ho scelto il blu ardesia scuro, mi sembra abbia un qualcosa di più raffinato, non trovi?”
 

***

 
Sabato sera, cena in famiglia. Suo padre questa volta era presente, ma ciò, ovviamente, non aveva impedito a Mycroft di punzecchiare il fratello minore.
“A quanto pare hai un ammiratore, Sherlock. Qualcuno ha commentato ogni singolo articolo che hai scritto su quel tuo insulso blog su internet.”
Sherlock non ci mise poi molto a capire a chi si riferisse, anche se dovette celare una certa aria di sorpresa,
“Evidentemente il professor Stramford non è di grande compagnia il sabato sera. Fossi in te, Mycroft, non sarei sorpreso che il professor Watson abbia trovato più interessanti i miei esperimenti.”
 

***

 
Sherlock quella settimana aveva portato a termine con successo i suoi esperimenti di impollinazione assistita. Martedì aveva scritto l’articolo per La Scienza della Deduzione. Il professor Watson gliela aveva commentata il giorno dopo, alle 02.37 del mattino. Orario che andava a confermare la supposizione di Sherlock che il suo insegnante soffrisse di insonnia. Era molto comune tra i reduci di guerra.
Ma ora il problema per Sherlock era solo uno: la noia.
Fortunatamente quel giovedì sarebbero andati in laboratorio. Avrebbero sezionato il cuore di un maiale. Sherlock non stava più nella pelle. Aveva già fatto esperimenti di quel tipo, ma era riuscito a procurarsi solo animali di taglia inferiore. Perlopiù gatti randagi. E di certo i mezzi che aveva avuto a disposizione erano più rudimentali di quelli offerti dalla scuola.
Sherlock Holmes si sentiva esaltato, riconosceva i sintomi: l’eccitamento euforico e la magalomania.
 
Il giovedì pomeriggio Sherlock era ancora in quello stato d’animo, quando gli fu affidata come compagna di laboratorio Molly Hooper, che gli sorrise imbarazzata, come faceva ogni volta che Sherlock si accorgeva che lo fissava. Sherlock ogni tanto la salutava, si fermava a chiacchierare con lei durante le ore di educazione fisica e con minor frequenza le chiedeva qualche piccolo favore per i suoi esperimenti. L’adorazione di Molly nei suoi confronti era tale che Sherlock sapeva di potersi fidare.
Immaginava che Molly lo considerasse un suo amico. In tal caso forse ciò faceva di Molly la sua unica amica, pff. Sherlock non sprecava mai molto tempo a pensare a questo genere di faccende, si limitava ad essere consapevole di trovare la compagnia di Molly sopportabile.
Quel giorno però Molly rovinò l’umore entusiasta di Sherlock perdendo i sensi non appena il professor Watson aveva iniziato a praticare la prima incisione sul tessuto più esterno del cuore suino.  
Sherlock non si ricordava di cosa aveva pensato in quel momento, sicuramente una qualche imprecazione, probabilmente cazzo, ma aveva la spiacevole sensazione di essersi limitato a seguire l’istinto quando aveva raccolto tra le sue braccia il corpo inerte di Molly Hooper, evitando così che crollasse malamente a terra.
 
Fortunatamente Molly si era ripresa in fretta; a quanto pare ora si considerava debitrice di Sherlock e lo adorava ancora di più.
Sherlock si costrinse a considerare questo fatto positivo, mentre raccoglieva i suoi libri per tornarsene a casa. La lezione non era stata portata a termine ed era finita in anticipo.
Quello sarebbe dovuto essere l’evento più importante della settimana, caspita. Sherlock poteva percepire l’amarezza e la delusione salirgli su per la gola. Ma tutto si bloccò quando sentì una mano gentile stringergli la spalla destra.
“Sei stato un vero cavaliere oggi con Molly. So che tenevi particolarmente a questa lezione, ma non ti preoccupare, ripeteremo l’esperienza la prossima settimana. Ovviamente chi non se la sentirà non sarà tenuto a partecipare, so bene che l’odore e la vista del sangue sono difficili da sopportare le prime volte”, John gli fece l’occhiolino.
Sherlock Holmes in quel momento sentì di apprezzare particolarmente il carattere garbato, premuroso e gentile del professor Watson. Sospirò e sorrise un po’ sconfortato,  “Sì, immagino che per alcune persone sia così”.
Il professore gli strinse un po’ più forte la spalla, prima di togliere la mano e raccogliere le sue cose, “Non ti preoccupare, Sherlock. Ho in mente altri approfondimenti che potrebbero interessarti. Non rimarrai deluso”.
Si diresse verso la porta dell’aula, “Ci vediamo in giro, Holmes!”




Aloha! :D
Innanzitutto grazie a tutti voi che state continuando/avete iniziato a leggere e a commentare! Mi riempite di giuoia! 

Poi fate i bravi bambini e salutate Molly! Anche lei si è aggiunta al club! :)
Mh, ho riletto questo capitolo e non mi convince particolarmente, non so come mai, forse dipende anche dal fatto che sono stanca e ho un mal di testa terribile. Fatemi sapere cosa ne pensate voi!
Comunque, se resisterete, nel prossimo ci sarà una novità, eheheh! ;)
Alla prossima,

DeirdreGloom

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Insonnia e rimedi ***


6. Insonnia e rimedi
 

John Watson finì di trasferirsi al 221b di Baker Street nell’ultima settimana di novembre.
Su consiglio di Mike, quella sera aveva festeggiato il grande evento in compagnia di una donna, presentatagli da Mike. E da diverso tempo che John non aveva un appuntamento e aveva portato Sarah in un ristorante, suggeritogli anch’esso da Mike.
Fu un disastro totale.
John aveva cercato di essere piacevole e spiritoso, ma quando si era accorto che Sarah era una di quelle donne in carriera senza senso dell’umorismo e che probabilmente avrebbe richiesto molta più attenzione di quanta John avrebbe potuta dargliene in quel periodo della sua vita, non si era impegnato neanche più di tanto. Alle 10 e mezza era già a casa e, dopo una rapida doccia, era addirittura riuscito a finire di correggere le verifiche di scienze.
A mezzanotte in punto, si stava rigirando nel letto nuovo cercando di prendere sonno e non riuscendoci affatto. I pensieri continuavano a infastidirlo, la mente non voleva saperne di riposare.
No, non era particolarmente turbato dal fatto che l’appuntamento con Sarah fosse stato un tale insuccesso, d’altronde non aveva intenzione di imbarcarsi in una relazione in quel periodo. Proprio no, aveva già abbastanza cose di cui preoccuparsi. Però, ecco, gli mancava il sesso.  
Cavolo, con le donne era sempre tutto così complicato. Loro erano complicate.
Si girò dall’altra parte e, stanco di rimuginare, prese il cellulare dal comodino.
 
Dr. John Watson @JHWatson
Per la 1^B: domani vi riconsegno le verifiche. Sono andate bene, potrete andare a festeggiare!

 
Si sentiva abbastanza patetico. Ma a quell’ora non poteva chiamare sua sorella. Di parlare con Mike non ne aveva voglia.
 
Sherlock Holmes @SH
@JHWatson Non riesce a dormire, professore?
 
Quel ragazzo era fenomenale, ci aveva messo meno di 30 secondi a rispondergli.
 
Dr. John Watson @JHWatson
@SH Mh, già. E tu cosa ci fai ancora sveglio a quest’ora?
 
Sherlock Holmes @SH
@JHWatson Esperimenti. Comunque provi a controllare se questo può esserle utile http://thescienceofdeduction.co.uk/rimedi-per-l’insonna
 
Dr. John Watson @JHWatson
@SH Grazie, Holmes. Ora vai a nanna!
 
Sherlock Holmes @SH
@JHWatson Prima suonerò un po’ il violino. Mi aiuta a rilassarmi. (Le pareti della stanza sono insonorizzate, non si preoccupi)
 
Dr. John Watson @JHWatson
@SH Quella era l’ultima delle mie preoccupazioni! Buonanotte, Holmes.
 
Sherlock Holmes @SH
@JHWatson Buonanotte, professor Watson.

 
John chiuse twitter, si girò sul fianco e si addormentò poco dopo, sereno, senza bisogno di consultare il blog di Sherlock. Il suo ultimo pensiero fu qualcosa del tipo Se le donne avessero anche solo un decimo dell’umorismo e del senso pratico di Holmes, sarebbe tutto più semplice.
Naturalmente, il mattino dopo non ne conservava alcun ricordo.
 

***

 
Passo zoppicante e incerto sull’erba. Perfino Molly si era accorta che si stava avvicinando il professor Watson, prima di allontanarsi per tornare a giocare a pallavolo.
“Holmes, come mai non partecipi alla lezione di educazione fisica con i tuoi compagni?”
“Sono in punizione per aver risposto male al professor Anderson.”
“Di nuovo?”
“Se continua ad ostinarsi a vietarmi di partecipare alla sua lezione ogni volta che lo faccio, temo che la cosa si ripeterà fino alla fine dell’anno”, sbuffò annoiato.
Lo sguardo di rimprovero di John non lasciò quasi subito lo spazio a un sorriso divertito. Aveva sempre avuto un debole per le forti personalità, “Holmes, sei diabolico.”
“No, è il professor Anderson che è un fesso. Senza offesa, s’intende.”
“Naturalmente, anche perché se no sarei costretto ad andare a riferirglielo.”
“Lei sì che è un insegnante ligio al suo dovere.”
Sherlock fece uno di quei suoi sorrisi stiracchiati e, per gli osservatori attenti, rivelatori di un autentico divertimento. Non succedeva spesso, ma John si era reso conto che con lui il ragazzo era più rilassato e a suo agio. E non nascondeva che ne era piuttosto compiaciuto.
 Si sedette sulle tribune di fianco a lui.
“Comunque, come si trova nel nuovo appartamento? Spero che il trasloco abbia avuto più successo del suo appuntamento di ieri sera.”
John questa volta era davvero allibito e a disagio.
Sherlock lo anticipò, “No, non passo le mie serate a spiarla, professore. Ma la colonia si sente fino a qui, anche se risale a ieri sera. E non credo che di solito la metta per vedersi con Mike o con sua sorella, quindi la sua era un’uscita galante, che non è stata conclusa da un’amplesso amoroso, visto che a mezzanotte lei era su twitter e aveva anche avuto il tempo di correggere le verifiche delle matricole.”
John non arrossì (non che Sherlock se lo aspettasse, il professor Watson era un soldato), anzi, si rilassò, rise e gli appoggiò la mano sulla spalla, come in laboratorio, “È tutto esatto, complimenti, Holmes! Comunque l’appartamento nuovo mi piace molto, a parte il materasso, che è scomodo!”
“Ha provato a leggere un libro prima di dormire? Credo che sia più utile che contare le pecore.”, Sherlock fece una smorfia per sottolineare la sua disaprovvazione nei confronti di una tale pratica.
“Magari dovrei provare a suonare uno strumento anch’io. No, aspetta, la scuola non mi dà uno stipendio sufficiente per pagare l’insonorizzazione della camera!”
“Se era una battuta, professor Watson, le è venuta davvero male.”
“Sono reduce da un appuntamento andato in bianco e da una nottata insonne, sii clemente per oggi!”
“Mmm, solo se mi permette di farle da assistente la prossima volta che andremo in laboratorio.”
La mano era ancora sulla sua spalla. A Sherlock sembrò di percepire il pollice della mano destra del professore muoversi, accarezzandolo piano. Ma non poteva esserne sicuro, tra le due epidermidi c’erano tre strati di indumenti.
“Immagino che si possa fare, è un accordo conveniente per entrambi.”
“Benissimo, sugelliamo il patto.”
Sherlock tese una mano verso di lui, John la allontanò dalla sua spalla e gliela strinse vigorosamente.
 

***

 
Sherlock finì di sciacquarsi i capelli e si dedicò alla sessione di autoerotismo che avveniva sotto la doccia ogni due settimane. Questo lo aiutava a tenere a bada gli stimoli sessuali che avrebbero potuto deconcentrarlo quando era alle prese con qualcosa di più importante e che meritava la sua totale attenzione. Voleva rimanere lucido e non avere distrazioni durante la sua giornata.
Di solito non aveva bisogno di avere particolari fantasie per masturbarsi, la sola idea dell’imminente conseguimento della soddisfazione sessuale bastava a portare a termine l’operazione.
Non provava alcuna curiosità per il genere femminile, quindi probabilmente era omosessuale. Ma la realtà era che a Sherlock il sesso non interessava né lo reputava utile.
Durante la pubertà aveva avuto qualche rara infatuazione per qualche accademico particolarmente ingegnoso e perspicace, che ammirava e che aveva idealizzato un poco. Ma con la maggior parte di loro non aveva avuto contatti diretti, ne aveva conosciuti un paio a delle conferenze, nulla di più.
Aveva provato a immaginarsi un contatto fisico con loro durante la masturbazione, ma non ne era rimasto particolarmente appagato.
Quella sera, però, mentre la sua fronte era appoggiata sulla parete bagnata della doccia e la sua mano destra premuta tra le sue cosce, nella sua mente si insinuò l’immagine di John Watson, il ricordo della sua mano grande, calda, dalla presa salda e dalla pelle un po’ indurita, in realtà.
Quella mano su di lui. E in breve, le dita strette ai capelli della sua nuca. La pelle, il volto, a contatto con la sua barba ruvida e sfatta. La sensazione di tutto il suo peso sopra di sé, in quella doccia.
Le epidermidi a diretto contatto, i corpi che premono impazienti, che si strofinano l’uno contro l’altro.
Per il resto tutto fu come sempre, veloce e silenzioso.
Sherlock finì di lavarsi, uscì dalla doccia e iniziò ad asciugarsi.


 



Buonasera sherlockians! 
Spero che abbiate apprezzato il colpo di scena finale. Coff coff. *va a nascondersi*
In realtà a mio parere è inevitabile che un adolescente abbia delle pulsioni sessuali e Sherlock cerca di reprimere tutto ciò che ha a che fare con la sfera sentimentale, finché il sesso non implica avere a che fare con altre persone non credo che lo ignori, anche perché ciò darebbe solo più fastidio, immagino. E' un impulso naturale e tanto vale soddisfarlo, finché non crea complicazioni. 
Inoltre, questa scena è funzionale allo sviluppo del personaggio, FUCK YEAH! 
Un avviso più importante: è iniziata la sessione d'esame estiva e sono presissima con lo studio, quindi per le prossime settimane aggiornerò solo una volta alla settimana perché se no rischiate di rimanere un sacco di tempo senza aggiornamenti e non mi va. Purtoppo arrivo a sera stanca morta e non riesco proprio a scrivere ç__ç  Per ora sono arrivata all'undicesimo capitolo, quindi per un po' ce n'è di materiale! :)
Fatemi sapere cosa ne pensate del capitolo e del resto! :D Ancora grazie un sacco a chi utilizza un po' del suo tempo per leggere e commentare questa storiella! *w*
Un bacione,

DeirdreGloom



Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Buonanotte, John ***


7. Buonanotte, John


Quando John comunicò ai ragazzi del corso di anatomia che avrebbe accompagnato gli studenti dell’ultimo anno in gita a Firenze, in Italia, con il professor Anderson e la professoressa Donovan, Sherlock Holmes aveva reagito con un sospiro infastidito, ma John non ci fece caso, considerò quella reazione come parte del normale atteggiamento di superiorità che Sherlock riservava a qualunque argomento che non rientrasse nella categoria “esperimenti”. Non c’era da stupirsi che una notizia così banale non lo entusiasmasse.
Quando però John iniziò a spiegare la lezione e dopo 30 minuti in cui parlava del cuore e delle sue funzioni, Sherlock continuava a non guardarlo nemmeno in faccia e ad ostentare un palese disinteresse, John Watson perse la pazienza.
“Holmes, chiederle un minimo di attenzione è pretendere troppo oggi?”
Sherlock finalmente si voltò verso di lui, aveva un’espressione profondamente irritata.
“Non vedo perché dovrebbe interessarmi una lezione sul cuore, professore, visto che non ne ho uno.”
John rimase spiazzato per un momento, era chiaro che quel giorno Sherlock aveva qualche pensiero che lo turbava. Evidentemente anche lui poteva avere normali giornate no come qualsiasi altro essere umano, ma era comunque meglio non dargli corda, aveva paura di non essere in grado di controllare una scenata madre di Sherlock, soprattutto non a lezione.
“Sappiamo entrambi che non è vero.”
Poi John proseguì a spiegare la lezione senza dargli il tempo di rispondere e Sherlock continuò ad ignorarlo per il resto dell’ora, probabilmente ancora più indispettito di prima, ma John era tranquillo e consapevole di aver fatto il proprio dovere.
 

***

 
John Watson quella sera si sentiva particolarmente stanco, la mattina era andato a nuotare, il pomeriggio aveva avuto lezione, aveva portato Gladstone a fare un lungo giro ai Queen Mary’s Gardens ed era arrivato fino a Regent’s Park. La gamba stava migliorando, però doveva stare attento a non sforzarla in quel modo troppo spesso.
Poi aveva mangiato gli avanzi del giorno prima, polpettone, e si era fatto una lunga doccia bollente: la considerava uno dei maggiori piaceri della vita, dopo aver provato a stare per giorni senza lavarsi o ad arraggiarsi con le acque putride di qualche sorgente in Afghanistan.
Quella sera avrebbe letto un po’, ultimamente si stava appassionando alle storie di spionaggio, e sarebbe andato a letto presto.
John era fiero di sé, si stava abituando in fretta alla nuova vita, anche se ogni tanto sentiva la solitudine di quella casa premergli come un macigno sul petto. Forse l’idea di Ella di prendersi un animale di compagnia non era stata del tutto inutile e stupida.
Quella sera però John apprezzava quel velo di malinconia che sembrava impregnare l’appartamento, si sentiva a suo agio in quell’atmosfera che, se non fosse stato solo, non avrebbe potuto godersi adeguatamente. Oh sì, quello che ci voleva in quel momento era un bel bicchiere di vino rosso, poi si sarebbe potuto rannicchiare sotto le coperte con il suo libro.
Si spostò in cucina giochicchiando con il cellulare, anche se in realtà non aveva scaricato molte applicazioni, solo quelle che gli aveva consigliato Harry: il meteo, l’email, il programma dei film in tv, Angry Birds e Twitter. Più che abbastanza, per l’uso che ne faceva lui.
 
Sherlock Holmes @SH
@JHWatson Professor Watson, mi servirebbe un suo parere sul funzionamento dei riflessi nervosi nelle rane.
 

Mh, evidentemente qualcuno si sentiva in colpa e quello era il suo modo per chiedere scusa. John non potè fare a meno di sorridere. Nonostante tutto, provava tenerezza per quel ragazzo, sapeva che qualcosa era scattato tra loro, si trovavano bene insieme, se avessero avuto la stessa età probabilmente sarebbero stati grandi amici. John avrebbe compensato l’esuberanza e l’eccentricità di Sherlock con il proprio senso pratico e forse un po’ di affetto.
Prese il cellulare e mandò un messaggio privato a Sherlock su twitter.
 
Sentiamoci sulla chat di gmail, vorrei evitare di intasare la bacheca di twitter dei tuoi compagni con i particolari macabri dei tuoi test. Contattami qui john.watson221@gmail.com
 
Neanche un minuto dopo Sherlock lo aveva contattato, ma come caspita faceva?
 
· Effettivamente se non sono in grado di reggere la vista di un organo suino, dubito che potrebbero avere più fortuna con una rana morta.
 
· A parte uccidere poveri animali innocenti, che cosa fai di bello stasera?
 
Ok, forse John aveva voglia di chiacchierare un po’, avrebbe rimandato la serata di lettura. Non avrebbe dovuto essere interessato alla vita privata di un suo studente, ma lo era. Sherlock Holmes lo incuriosiva.
 
· La rana era già morta, abbiamo uno stagno nel giardino, professore. Sono cinico, non sadico.
Comunque sono in camera mia. Mio fratello stasera ha portato a cena un suo collaboratore. Un certo Lestrade.
 
· Capisco, quindi questo Lestrade non ti sta particolarmente simpatico. Di cosa si occupa tuo fratello?
 
· Occupa un posto inferiore nel Governo Britannico. L’ispettore Lestrade lo aiuta in qualche caso, ma mi sta indifferente, è noioso. In privato Mycroft lo chiama Greg, è patetico.
 
· Non capisco il tuo punto di vista. Sono amici, no?
 
· Mycroft è come me, professore, non ha amici. Credo che abbia un debole per l’ispettore, però.
 
· Mh, credo di comprendere la situazione. Anche io ho una sorella maggiore. Grazie al cielo il periodo della pubertà è finito!
 
· Davvero, professore? E io che pensavo che ricordasse con piacere la propria adolescenza! Scommetto che era popolare e faceva parte di qualche squadra sportiva.
 
· Credo che l’adolescenza sia un periodo traumatico per tutti. E poi io avevo non pochi complessi sulla mia statura. Harry è sempre stata più alta di me.
 
· Suvvia, con un corpo atletico come il suo, di certo l’altezza non le impediva di avere delle interazioni sociali con l’altro sesso.
 
· Se il tuo è un modo carino di chiedermi se ero un tombeur de femmes, no, non lo ero. Ho avuto le mie esperienze, ma di certo non ero il “figo” della situazione.
 
· E come mai ha deciso di andare in guerra?
 
· Perché volevo essere medico militare, non lo so con esattezza, è qualcosa che si sente dentro, no?
 
· E ora le piace insegnare?
 
· Sì, devo dire che è meglio di quanto mi aspettassi, è un lavoro che dà soddisfazione! Anche se devo ammettere che mi trovo meglio con voi dell’ultimo anno che con i primini. A parte quando vengo continuamente interrotto mentre spiego!
 
· Guardi che io la fermo e la correggo spesso solo per rendere più movimentate le sue lezioni, lo so che le fa piacere e si diverte ad avere qualcuno che interagisce.
 
· Certo, Sherlock, se però non facessi notare a tutta la classe ogni mio singolo errore, apprezzerei i tuoi interventi ancora di più.
 
· Dovrebbe esserne contento, lei è l’unico professore che è riuscito a guadagnarsi la mia attenzione.
 
· Lo so, Sherlock. E a quanto pare tu sei l’unico studente che sono riuscito a far interessare ad anatomia.
 
· Veramente mi interessa più lei come essere umano che il suo corso. Mio padre è chirurgo, mi è capitato di leggere qualcuno dei suoi manuali. Però devo ammettere che la cosa del cuore di maiale ha attratto particolarmente la mia attenzione.
 
· Quindi sei contento che vi accompagno in gita.
 
· Veramente ne ero già al corrente. Anderson accompagna sempre quelli dell’ultimo anno perché non ha una vita sociale che lo tenga lontano dalla scuola. Ovviamente si porta dietro la Donovan perché hanno una relazione e avranno diverse occasioni pe scambi di fluidi corporei durante quei 5 giorni. La Adler è incinta, quindi è ovvio che lei rimanga a casa, Stramford invece non viene mai perché è pigro, dovrebbe saperlo anche lei. L’unica scelta disponibile era lei, professor Watson.
 
· Ah. Come a dire l’ultima ruota del carro.
 
· Comunque sì, sono contento che ci accompagni lei.
 
· Grazie, mi hai tolto un peso dallo stomaco! :p Senti, va bene se ti spiego a scuola il funzionamento dei riflessi delle rane? Ora sono un po’ stanco.
 
· Siccome ho rispetto delle persone di una certa età e del loro bisogno di riposo, farò uno sforzo e aspetterò fino a domani.
 
· Tutta questa gentilezza mi commuove!
Buonanotte, Sherlock.
 
· Buonanotte, John.

                                                                                                                      
John spense il cellulare e lo ripose sul comodino. Aveva il batticuore. Aveva passato la serata a flirtare con un suo studente e gli era pure piaciuto.
Oh, caspita! Non prendiamoci in giro, un po’ si aspettava che sarebbe successo, Sherlock Holmes aveva un certo ascendente su di lui, era una persona decisamente interessante. Ecco, forse quello che l’aveva più sorpreso era che Sherlock gli avesse dato corda. Forse questa strana fascinazione aveva effetto su entrambi.
John non era così ingenuo da pensare che Sherlock non se ne fosse accorto. Eppure la cosa non sembrava turbare minimamente il ragazzo.
Oh, insomma, le cose andavano bene così. Era evidente che entrambi avevano bisogno di compagnia e di un po’ di attenzione, e se Sherlock Holmes finalmente riusciva a fidarsi di qualcuno non poteva che essere un bene. Aveva letto la sua scheda a scuola: i professori non lo avevano in simpatia, i compagni lo ignoravano, la famiglia sembrava non accorgersi del disagio che probabilmente stava vivendo il ragazzo. Ok, Sherlock sarà stato pure un genio, ma aveva comunque 19 anni e certe cose sono uguali per tutti. E se John era l’unico in grado di capire questa cosa, be’, non si sarebbe certo tirato indietro.


 


Buongiorno!
Eccoci qui con un capitolo un po' sconclusionato, non succede nulla di particolare, mi rendo conto! 
Però io ho un debole per queste situazioni in cui la consapevolezza di quello che sta succedendo arriva pian pianino, in cui ci sono questi corteggiamenti lunghi e delle circostanze poco chiare, quando due persone si girano attorno, senza ancora sapere bene cosa vogliono! E' una cosa che adoro, spero che sia così anche per voi! 
Ringrazio tantissimo chi continua e chi ha iniziato a seguire la storia! Vi saluto, lo studio mi reclama ç__ç
Alla prossima!

DeirdreGloom

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Et cetera ***


8. Et cetera



Le tapparelle erano alzate e la luce tenue del tramonto illuminava debolmente la camera, di per sé già piuttosto cupa. Una sensazione di claustrofobia, acuita dal disordine esagerato e dalla presenza di strani oggetti ammassati ovunque, assalì Mycroft non appena mise un piede calzato Yves Saint Laurent nella stanza.  Sherlock non sopportava la luce artificiale, diceva sempre che falsava le sue percezioni.
Lo sguardo di Mycroft face una rapida ricognizione della stanza prima di posarsi sul fratello minore, seduto a gambe incrociate sotto la finestra e chino su un barattolo di vetro apparentemente vuoto, “Domani ti accompagno io a scuola. Nostra madre è particolarmente emozionata per la tua prima gita all’estero e vuole fare di tutto per rendere l’occasione speciale.”
Sherlock fece un piccolo sbuffo tediato, “Non avevo dubbi.”
“Dovresti ringraziare il cielo che abbiano abolito i balli scolatistici.”
“Non credo che mi sarebbe costato un particolare sforzo trovare una scusa credibile per non andarci.”
“Mh, certo. E come mai allora non hai fatto in modo di evitare anche questa inutile scampagnata con i tuoi amichetti? A Firenze accompagnati da un professore di biologia e uno di educazione fisica. È ridicolo.”
“Dimentichi la Donovan, lei insegna letteratura.”
“Dubito che quella donna sia realmente laureata. Se non fosse troppo vecchia direi che ha preso la laurea via internet.”
“Mi vedo costretto ad essere d’accordo con te, Mycroft.”
“Comunque, con chi condividerai la camera?”, Mycroft non si sforzò nel cercare di trattenere un sorrisetto sardonico.
“Oh, sono stato previdente. Victor Trevor è fidanzato con Ellie McField e la raggiungerà ogni sera. Probabilmente, se tutto va secondo i miei piani, si tratterà da lei tutta la notte o quasi.”
“Mh, dimentichi che deve eludere la sorveglianza dei professori. Non tutti hanno le tue abilità, Sherlock.”
“E tu dimentichi che le cose sono cambiate dai tuoi tempi. Ora i professori hanno la camera su un altro piano.”
“Quindi niente rendez vous al chiaro di luna col professor Watson, immagino.”
Sherlock rimase un poco disorientato, ma riprese in un attimo la sua aria beffarda, “Non avevo in programma nulla del genere, ma se mi venisse voglia di una chiacchierata notturna, non sarebbe certo una rampa di scale a fermarmi.”
Il blackbarry di Mycroft vibrò nella tasca dei suoi pantaloni, “Comunque domani partiamo da casa alle 7, vedi di farti trovare pronto”, e uscì dalla stanza chiundendo la porta. Tutti i componenti della famiglia Holmes avevano rispetto della privacy altrui, almeno all’apparenza.
Sherlock fece appena in tempo a sentire Mycroft che rispondeva alla chiamata, “Buongiorno, qui è Mycroft Holmes. Oh, ciao Greg!”. Si alzò e iniziò a sistemare cinque paia di calzini stirati nella valigia.

 
***

 
John Watson si era appena alzato dalla poltrona per avvicinarsi alla finestra e controllare se piovesse ancora: ovviamente sì, anche se con meno irruenza rispetto al pomeriggio. Harry era arrivata un’oretta prima bagnata fradicia e John l’aveva mandata subito a farsi una bella doccia ristoratrice. Sperava davvero che in Italia il tempo fosse più clemente; stava giusto controllando sul cellulare quali fossero le previsioni del tempo per la settimana successiva, quando gli arrivò un messaggio per posta elettronica.
 
· Professor Watson, si ricordi di portare l’adattatore. La presa della corrente elettrica è diversa in Italia.
 
John sorrise e tornò a sedersi sulla poltrona. Anche se quella sera sarebbe stato in compagnia di Harry, aveva proprio voglia di sentire Sherlock, ormai stava diventando un’abitudine.
 
· Mi stai avvisando un po’ in ritardo! Fortunatamente mi trovi già preparato!
 
· Professore, tutti quei punti esclamativi non si addicono ad un uomo della sua età.
 
· Sarà l’andropausa, la crisi di mezza età. Oddio!!!
 
· Oppure è semplicemente entusiasta di partire domani. È cosapevole del fatto che perderemo un sacco di tempo e che nessuno ascolterà le spiegazioni della guida e che per lei sarà un’esperienza estremamente faticosa et cetera?
 
· Sherlock, l’utilizzo del polisindento non si addice alla tua personalità. Comunque sì, ne sono consapevole, ma al contrario di te, ho intenzione di divertirmi!
 
· Potrei sapere come?
 
· Diciamo che sono una persona paziente. I tuoi compagni non mi faranno innervosire tanto facilmente.
 
· In ogni caso io mi porterò qualcosa da leggere nei momenti morti.
 
· Quello anche io, naturalmente! Ma immagino che le tue chiacchiere mi impediranno di annoiarmi troppo.
 
· Cercherò di fare del mio meglio, professore.

 
In quel momento Harry, che era entrata nella stanza senza che suo fratello se ne accorgesse, si chinò sulla sua spalla per leggere i messaggi. John, preso alla sprovvista, sussultò.
“Mioddio, non c’è bisogno di agitarsi in questo modo! Volevo solo vedere a chi stavi scrivendo. È dai tempi di Mary che non ti vedevo con quel sorriso, mi hai fatta incuriosire! Allora, chi è lei?”
John sbuffò non sapendo bene cosa rispondere, “E’ solo un mio studente, mi stava informando sulle differenze della presa in Italia. Ho seguito il tuo consiglio e ho iniziato ad usare twitter.”
Harry si sedette sul bracciolo della poltrone, “John Hamish Watson, non provare a cambiare argomento, chi è questo tuo affascinante studente?”
John le lanciò un’occhiata in tralice, “Abbiato già fatto questo discorso, non sono gay. Semplicemente questo è l’unico dei miei allievi che mi risponde su twitter, gli altri tendono ad ignorarmi.”
Harry alzò gli occhi al cielo, “Probabilmente scrivi solo cose noiose. Devi linkare video musicali, citazioni famose, fare qualche battuta, se no è ovvio che nessuno ti caga!”
“E io che pensavo che servisse come strumento di insegnamento! Comunque mentri ti stavi lavando ho preparato il tavolo, mangiamo?”
“E me lo chiedi pure?”
 

***

 
H. 23.51

John prese in mano il cellulare per programmare la sveglia per la mattina seguente.
 
· Buonanotte, Sherlock. Scusa per prima, ma è arrivata mia sorella.
 
· Non si preoccupi. Si ricordi che io vivo con Mycroft, agente governativo con le manie di controllo. Credo di poterla capire.
 
· Non riesco a dormire.
 
· Si prepari una camomilla.
 
· Impara a leggere tra le righe, genio della deduzione: ho voglia di chiacchierare!
 
· Harry sta già dormendo?
 
· È al telefono. :(
 
· Nuova regola se vuole continuare a comunicare con me: niente smile.
 
· :) :) :)
 
· Molto divertente, professore. Degno di Anderson, davvero.
 
· Credo di essere un po’ nervoso.
 
· L’ultima volta che ha preso un aereo è stato quando è tornato dall’Afghanista, giusto?
 
· Mh, non ci avevo pensato.
 
· Si potrà sedere di fianco a me, se vuole. Vedrò di distrarla.
 
· Grazie, Sherlock.
 
· Di niente, John. (D’altronde l’alternativa sarebbe Molly. E Molly non ha mai preso l’aereo, quindi mi immagino le conseguenze).
 
· No, ok, direi che Molly ha bisogno di te più di quanto ne abbia io! Stringerò la mano di Anderson, al massimo :P
 
· Allora forse è meglio così, perché io la mia non gliela avrei fatta tenere stretta. Se il contatto fisico non è necessario, perferirei evitarlo.
 
· Mh, per contatto fisico necessario intendi interazioni con l’altro sesso? No, perché volevo che fosse chiaro che non ho quelle intenzioni verso il professor Anderson!
 
· Mi sa che è stanco anche oggi, professore, perché il suo umorismo continua ad essere piuttosto scadente.
 
· Allora forse è meglio se andiamo a dormire tutti e due, immagino.
 
· Immagina male perché io andrò a letto tra un paio d’ore, però è meglio se lei cerca di riposare.
Buonanotte, John.
 
· Buonanotte, Sherlock. E grazie per la chiacchierata! :)

· Non si preoccupi, è stato un piacere. 




Heilà! Inizio in tono spumeggiante anche se ho sonnissimo e sono solo le 20.34, ok. 
Spero che non mi maledirete per tutti questi capitoli di passaggio, ma io mi sto divertendo moltissimo a scriverli! Ora mi sto dedicando ai capitoli 11-12 che sono dei lunghi pov di Sherlock e one does not simply enter in the mind of Sherlock Holmes
Volevo chiedervi, visto che non sono ancora espertissima del funzionamento di EFP, dovrei segnare come avvertimento l'OOC? Io sto cercando di mantenere Sherlock e John il più IC possibile, ma mi rendo conto che l'essere così flirtatious da parte di entrambi non è molto aderente al personaggio. #FirstWorldProblem
Vi mando un bacione grande grande perché continuate a seguire la storia e a commentare e non avete idea di quanto mi faccia piacere! :*

Deirdre


Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Italia ***


9. Italia


"L’amore consiste in questo: due solitudini che si proteggono, si toccano e si accolgono."
Rainer Maria Rilke


 


John si tolse la giacca e aprì le finestre della sua stanza, che davano verso il giardino interno dell’hotel, una cortesia riservata ai professori: una vista piacevole e un poco di riparo dal caos della strada.
Allora non tutte le dicerie sull’Italia erano false: il clima mediterraneo era effettivamente caldo e piacevole, anche se per certi versi gli ricordava l’Afghanistan. Gli mancava la sensazione del sole che faceva scottare la pelle e il cielo limpido sopra la propria testa.
John era davvero felice, aveva voglia di uscire, di camminare, di esplorare quella nuova città fino a tardi, di mangiare tanto e di tornare in hotel stanco morto, ma soddisfatto. Anche questo non gli succedeva dai tempi del servizio militare. Si chiedeva se in fondo in fondo ogni tanto la guerra non gli mancasse, il duro lavoro che impedisce di pensare e che non lascia spazio a notti insonni, il rischio, l’adrenalina. Certo, poi c’erano le attese interminabili, il caldo soffocante, il terrore puro, il dolore, la nostalgia di casa o del corpo di una donna. Quella era la parte di cui non sentiva la mancanza, naturalmente.
John si mise a disfare le valigie per allontanare i cattivi pensieri, che comunque sconfisse in fretta perché era di ottimo umore. In realtà lo era dalla sera prima, quando si era sentito con Sherlock. Non sapeva quanto fosse etico affezionarsi tanto a un proprio studente. Sherlock era strafottente, egocentrico  e perfettamente consapevole della propria intelligenza. John aveva pensato parecchio al fatto che loro due andassero così d’accordo ed era giunto alla conclusione che forse un po’ dipendeva dal fatto che questi comportamenti gli ricordavano Harriet. I loro genitori non erano mai stati particolarmente affettuosi e John e sua sorella, per imitazione, non lo erano nemmeno tra di loro. Il riavvicinamento che era avvenuto dopo l’Afghanistan era, appunto, un qualcosa di recente e dettato dalla necessità.
John alla fine aveva imparato a cercare la tenerezza e i buoni sentimenti al di fuori della famiglia, ma per Harry la situazione era più complicata e le sue barriere difensive più resistenti. Faceva fatica a fidarsi delle persone, aveva imparato a bastarsi da sola e si era arroccata dietro a uno scudo fatto di disfattismo e alcool. Ora sembrava esserne più o meno uscita, ma John si ricordava ancora bene quel periodo.
Fortunatamente la situazione di Sherlock non era così tragica, ma la sua apparente freddezza, l’osservazione attenta propria delle persone sole e l’ironia insolente avevano subito colpito John. Sapeva di essere in grado di comprenderlo e che Sherlock era in grado di comprendere lui. Probabilmente Sherlock era in grado di scavare in profondità nelle persone più di quanto lui stesso non si accorgesse. Solo che con John lo faceva volontariamente, il suo indagarlo e dedurlo avevano uno scopo, erano fomentati da un vero interesse. John e Sherlock si stavano studiando reciprocamente  ed erano entrambi incuriositi da questa cosa. Se si potevano aiutare a vicenda, bene!
Era a Firenze ed era felice! Si sciacquò velocemente il volto, prese il marsupio con i documenti, i soldi e la macchina fotografica e si diresse all’atrio dell’hotel.
 

***
 

Sherlock Holmes stava giusto notando dei residui di briciole di un qualche cibo non meglio identificato sul comodino del letto vicino alla finestra, quando Victor annunciò allegramente “Io prendo il letto vicino alla finestra”, e per sottolineare la validità della sua frase lanciò la propria valigia sopra ad esso.
Sherlock si diresse quieto all’altro lato della stanza, non capiva perché i maschi della sua età avessero questa necessità così prepotente di marcare il proprio territorio, “Oh, fai pure, Vic. Per me non c’è problema”.
Sistemarono le proprie cose nei rispettivi armadi e Sherlock fece anche un rapido tour del bagno, approvando la presenza del bidet, ma rabbrividendo per le condizioni della doccia. Decise che avrebbe lasciato a Victor l’onore di utilizzarla per primo. Aspettò i diciotto minuti necessari perché Victor lo abbandonasse e andasse a controllare la situazione della sua adorata Ellie, per invadere la sua metà della stanza e chiudere le tende della finestra, odiava il sole e il caldo eccessivo. Lo facevano sudare e lo distraevano. E tutto questo era profondamente fastidioso.
 

*** 


L’allegria di quella prima giornata di svago, verso sera si era già trasformata in una mesta stanchezza del corpo, a cui si aggiungeva, per John, anche un po’ di preoccupazione. Sherlock era rimasto tutto il giorno chiuso nella sua camera, adducendo come scusa un improvviso e fortissimo mal di testa, secondo le parole di Victor Trevor. Ma John non era sicuro di potersi fidare di Victor, e ancora meno di Sherlock.
Sherlock uscì dalla sua camera solo alle otto e mezza, quando loro erano ormai alla fine della cena, giusto in tempo per spiluccare una fetta di torta al limone e per scambiare due parole con Molly, che, al contrario di John, non aveva minimamente cercato di controllare il panico per le condizioni di Sherlock e si era procurata tutta una serie di rimedi omeopatici per la cefalea: belladonna, spigelia e qualche altra erba di cui sinceramente John non si intendeva più di tanto.
Alla fine della cena, qualche spirito particolarmente vivace propose di uscire, ma tra il risveglio mattiniero, il volo e tutto il resto, erano tutti talmente stanchi che decisero di rimanere in hotel.
I ragazzi si divisero in gruppetti e andarono subito nelle camere o si misero a chiacchierare sulle poltrone della hall dell’albergo. Sherlock invece si fermò a parlare con una cameriera del ristorante e John aspettò pazientemente di poter avvicinarsi a lui.
“Allora, come va questa terribile cefalea? Potevi dirmelo, ho portato dietro l’aspirina.”
Sherlock gli lanciò una lunga occhiata divertita, “John, io non soffro mai di mal di testa, ma quando succede, l’unico rimedio che funziona è suonare il violino.”
John, sospirò, non esattamente sorpreso, “Quindi perché non sei venuto con noi? E cos’hai fatto da solo tutto il giorno da solo, si può sapere?”.
“Il programma di oggi prevedeva il tour della campagna chiantigiana. Non avevo voglia né mi sembrava utile stare tutto il giorno chiuso dentro un pullman a cantare sinceramente non so bene cosa. Ho letto e ho chiacchierato un po’ con la servitù. Questi italiani sarebbero interessanti, se sapessero esprimersi in un inglese corretto.”
John era incredulo, aveva la mano sinistra, chiusa a pugno, che gli tremava appena, “Sherlock, non si chiama servitù, ma personale dell’hotel! Smettila di essere sempre così snob e arrogante! Pensavo che stessi male davvero o che avessi qualche motivo serio per non essere venuto con noi! Lo so che le cose che spiego in classe per te sono noiose, che le conosci già, lo so che sei intelligente. Ma per una cazzo di volta in cui facciamo qualcosa di diverso, non ti costa nulla partecipare. E non mi interessa se ti senti superiore agli altri tuoi compagni, se ti senti adulto. Hai solo 19 anni! E sei sotto la mia tutela e degli altri professori. E ci tenevo che tu venissi oggi, ci tenevo che ti divertissi, almeno un po’. Ma a quanto pare ti ho sopravvalutato.”
Sherlock era solo leggermente più pallido del solito, ma la sua voce era ferma, “Io credo che lei sia piuttosto stanco. Stanotte non ha dormito bene. Si faccia una doccia, vada a letto e recuperi le energie. I prossimi giorni, siccome visiteremo la città, parteciperò alle vostre attività. Per il resto sono perfettamente in grado di badare a me stesso, lei non si deve preoccupare.”
John scosse la testa, si passò stancamente una mano tra i capelli, “Sì, Sherlock, penso proprio che ora andrò a dormire e tu dovresti fare la stessa cosa. Buonanotte”.
“Buonanotte, John”.
 

***

 
Alle undici e mezza in punto, quando John, dopo aver fatto la doccia, stava rimettendo in ordine nell’armadio i suoi vestiti, cercando di smaltire la rabbia e di distrarsi con la televisione accesa su un canale italiano su cui trasmettevano un programma che sembrava assomigliare in maniera preoccupante a una telenovela sudamericana, sentì bussare alla porta. John andò ad aprire la porta svogliato, aveva la sensazione di non avere una bella cera.
“Le va un po’ di compagnia, mentre guarda la televisione?”
John osservò Sherlock, perfettamente a suo agio nel suo pigiama grigio, con un sorriso allegro e per niente pentito. Si rese conto di quanto Sherlock Holmes fosse una persona estremamente fastidiosa, del fatto che la maggior parte delle persone probabilmente non lo potevano soffrire e che entrambi si rendevano perfettamente conto che John era l’unico in grado di sopportarlo anche dopo una litigata del genere.
“Non so se è una buona idea. Non c’è Victor nella tua camera?”
“E’ da Ellie. E credo che ci rimarrà per tutta la notte. Gli altri sono stipati in una ventina in una camera sola a mangiare patatine e a fare il gioco della bottiglia, suppongo.”
John si lasciò andare a un sorriso tra il dolce e il divertito, “E così il piccolo Sherlock Holmes non ha voglia di passare la notte da solo in un posto che non sonosce, eh? Dai, su, entra!”
John lasciò che Sherlock si guardasse intorno, probabilmente deducendo quello che aveva fatto nella ultima ora solo osservando la posizione della sua valigia nella stanza e dal grado di apertura della porta del bagno.
“Allora, che film stava guardando?”
John si sedette in fondo al letto, sul bordo, “Mh, da quello che ho capito, i canali inglesi sono a pagamento”.
“Allora glielo offro io, ammetto di essermi un po’ annoiato a stare qui tutto il giorno, ho voglia di passare un po’ di tempo con lei.”
John rise, “Quindi ti mancano già le nostre chiacchierate serali?  Va be’, tanto non lo ammetteresti mai. Guarda se riesci a capire come funziona il televisore, intanto io vado alle macchinette a prendere qualche schifezza da mangiare, così possiamo fare anche noi un pigiama-party come i tuoi compagni.”
“Basta che non chiama anche Anderson e la Donovan!”
“Stanco, Sherlock? Non è una delle tue battute migliori!”, John ridacchiò e lasciò Sherlock da solo nella stanza, il quale si limitò a chiamare la reception e a far mettere sul conto di suo padre il costo corrispondente alla visione di un film.
John rientrò con le braccia cariche di pacchetti di patatine di vari gusti, popcorn, haribo e due bottigliette di coca-cola, trovando Sherlock comodamente seduto sul lato destro del letto, con la sua solita aria annoiata, come se lo stesse aspettando da ore e non da pochi minuti.
“John, lei sa che non mangio molto, vero?”
John rise divertito, era così contento di averlo lì con sé che si era quasi dimenticato la litigata risalente a solo un’ora prima, “Non ti preoccupare, cinque giorni sono più che abbastanza per finire tutta questa roba! Oh, vedo che ti sei già sistemato! Hai scoperto cosa possiamo vedere stasera?”
“Una storia di detective, non so molto di più, sinceramente di solito non guardo la televisione.”
John si infilò sotto le coperte e aprì subito il pacchetto di patatine al formaggio, in realtà le aveva puntate fin da quando erano arrivati in albergo e aveva intenzione di mangiarsele anche da solo quella sera, “La cosa non mi sorprende! Dai, fai partire il film che è già tardi!”
Sherlock allungò un braccio per rubargli una patatina, perché a quanto pareva nemmeno lui era immune alle tentazioni del cibo spazzatura. Nonostante la sua spocchia era ancora un adolescente e John gli voleva bene proprio perché riusciva a vedere anche questo suo lato.
“E io che pensavo che volesse fare il giovane e stare sveglio tutta la notte!”
“Mh, in realtà sono piuttosto stanco, ma un film lo guardo volentieri! Però non pensare che ti abbia già perdonato per oggi. Mi hai fatto davvero incazzare, Sherlock.”
“Non pensavo che avrebbe reagito così male.”
“Non devi pensare a me… Ma alla scuola, non so come spiegarmi e sinceramente non ho voglia di ricominciare a discutere.”
“Professor Watson, l’unica cosa che mi interessa della scuola è lei, per il resto non vedo l’ora di allontanarmi da tutto questo.”
“Puoi chiamarmi John, quando non siamo a lezione, non ti preoccupare. Capisco che non hai interesse ad avere a che fare con certe persone, però devi imparare ad interagire, è qualcosa che serve nella vita.”
“John, io sono capace di interagire, semplicemente non spreco le mie energie per chi non mi interessa. Ora guardiamo il film per favore.”
John sospirò e fece partire il film.
 
Per una decina di minuti entrambi seguirono il film sgranocchiando le cibarie, John interessato, Sherlock sforzandosi di esserlo.
“John, ho capito chi è l’assassino.”
“Ti assicuro che è impossibile, non dopo 10 minuti.”
“Be’, ma c’è uno degli alibi che non regge, è evidente.”
“Non per me, Sherlock. Guai a te se provi a svelarmi il finale o ad addormentarti per la noia.”
“Se resisto alle sue lezioni, non c’è nulla che io possa temere.”
John ridacchiò, “In alternativa al film ti posso sempre proporre una battaglia con i cuscini, sai? E’ un’esperienza che non dovrebbe mancare nella vita di un uomo.”
Sherlock lo guardò accigliato, “Professore, John, posso sapere che tipo di educazione ha ricevuto quando aveva la mia età?”
John rise di nuovo, “Smettila di infastidirmi, sto cercando di seguire il film!”
Sherlock sbuffò, si rannicchiò accanto a lui cercando una posizione in cui potesse stare più comodo, con le baccia appoggiate sulle gambe e la testa sulla spalla di John, con il suo respiro e i suoi riccioli che gli solleticavano il collo.
John seguiva tranquillo il film, che peraltro aveva davvero una trama molto semplice, chiedendosi a cosa stesse pensando Sherlock, in silenzio, gli occhi fissi sullo schermo della televisione.
John sorrise, “Ti sei addormentato?”
Sherlock alzò la testa per guardarlo, “Se non dovessi farmi perdonare per oggi, probabilmente sì, starei già dormendo. Francamente, è orribile.”
John sospirò, “E’ vero. Fortunatamente domani sera probabilmente usciremo, quindi potrai evitare questa opera di carità nei miei confronti.”
Shelock smise di guardarlo e riappoggiò la tempia contro il suo collo, “Ho finito il libro di chimica analitica che mi ero portato dietro da leggere. Non avevo niente da fare.”
John allungò un braccio per accarezzargli piano i capelli, probabilmente era da prima della guerra che non si concedeva un gesto così affettuoso nei confronti di qualcuno. Lui ed Harry si limitavano agli abbracci un po’ forzati in occasioni particolari.
Sherlock rimase tranquillo accanto a lui, “John, capisco che lei senta la mancanza del suo cane, ma non si aspetti che le lecchi la faccia dopo questa sua manifestazione di affetto.”
John sbuffò, “Non aspettarti che io ti chieda come fai a sapere che ho un cane.”
“No, in effetti, perché se no si distrarrebbe ad ascoltare la mia risposta e perderebbe un sacco di battute fondamentali di questo film meraviglioso.”
John gli diede un pizzicotto leggero sul collo, “E io che pensavo che fossi venuto qui per cercare di farti perdonare. Invece era tutta una scusa per potermi dare fastidio.” Potè sentire la bocca di Sherlock tirarsi in un mezzo sorriso contro il suo collo, “Semplicemente mi piace essere al centro dell’attenzione, John. Soprattutto della sua.”
John arrossì un poco, spostò lo sguardo dalla nuca di Sherlock al film in televisione. Sherlock Holmes non stava flirtando con lui. Sherlock Holmes non stava flirtando con lui. Probabilmente Sherlock Holmes non aveva nemmeno idea di cosa significasse flirtare.
Cercò di dire qualcosa che avesse il tono più neutro possibile, “Me n’ero accorto. Ora cerchiamo di concentrare entrambi la nostra attenzione sul film, però.”
Sherlock annuì piano, spostò leggermente l’angolazione della testa per poter guardare la televisione. John avvertiva il suo respiro silenzioso e tranquillo contro la pelle, che finì per contagiarlo e far rilassare anche lui. Finirono di vedere il film senza altre interruzioni, con John che aveva ripreso ad accarezzare e a giocare con i capelli sulla sua nuca e con Sherlock che, silenzioso, aveva tutta l’aria di godersi quelle coccole. John aveva l’impressione che anche la sua famiglia non dovesse essere particolarmente calorosa.
Era come se le loro solitudini si fossero incontrate, studiate, riconosciute ed accettate, e si stessero dando conforto a vicenda.
Alla fine del film, si alzarono dal letto, in silenzio, entrambi un po’ stanchi. Sulla porta della camera di John, lui alzò la testa per posare un bacio un po’ assonnato sulla fronte di Sherlock, il quale si limitò a sorridergli, sentiva ancora il tepore della serata passata vicino a John, accompagnato da uno strano torpore, invadergli il corpo, “A domani, John.”
“A domani, Sherlock. E buonanotte.”


 


Buonasera a tutti!
Il fatto che stiate continuando a seguire e a commentare la storia mi riempie davvero di gioia, non so come ringraziarvi, anche perché si tratta davvero solo di una sciocchezzina romantica! Quindi, be', sono commossa e mando un abbraccione a tutti! :)
Pooooiiii... La frase che trovate in quintulima riga è apertamente ispirata alla frase di R. M. Rilke che trovate in apertura di capitolo e quindi mi sembrava carino citarla lì, anche perché secondo me si adatta perfettamente agli Sherlock e John del canone e della BBC. Il loro rapporto io lo vedo esattamente così, mi pare che anche Moffat abbia detto qualcosa del genere: si sono salvati a vicenda. Piango. ç__ç
 Mi è balenata in mente l'idea di intitolare il capitolo "Due solitudini" ma poi mi sembrava troppo drammatico, anche perché il contenuto invece non lo è affatto! Quindi ho virato verso la banalità più assoluta, va be'! xD Terrò buona l'idea per una one-shot o qualcosa del genere! 
Inoltre dovreste ringraziarmi perché in realtà questo capitolo è l'unione degli originari capitoli 9 e 10. Mi sono accorta che il capitolo 9 era davvero troppo breve e che vi sto già facendo penare abbastanza per un po' di azione... eheh! u.u Quindi... boh, love is in the air!
Ah, mi sono accorta che qui Sherly nostro potrebbe sembrare un po' OOC, ma tanto nei prossimi due capitoli vi ammorberò con suoi lunghissimi pov e anche le sue ragioni verranno spiegate! :)
Niente, vi ringrazio ancora tantissimo e scusate se metto sempre delle note infinite. ^^
Alla prossima,

Deirdre

 

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Tutto il superfluo ***


10. Tutto il superfluo



· Il primo giorno a Firenze è stato soddisfacente? – MH

· Non mi posso lamentare. Il clima è mite e gli italiani rumorosi, ma questo era preventivato. – SH

· Mandami una cartolina. – MH

· Pensavo che avresti apprezzato di più dei biscotti di Prato o dei cantucci di Siena. – SH


· A proposito come va la dieta? – SH

· Mamma ti manda i suoi saluti. Ci risentiamo prossimamente. – MH
  

***

Sherlock Holmes si rese conto che non osservava il professor Watson con attenzione dal primo giorno di lezioni. E d’altronde non ce n’era davvero bisogno, aveva già dedotto tutto quello che gli era necessario sulla sua vita quella prima volta.
Eppure quel giorno, mentre i suoi compagni ascoltavano, chi più e chi meno attentamente, la guida che ripeteva nozioni imparate a memoria sulla Cattedrale di Santa Maria del Fiore, Sherlock, che aveva lasciato vagare il suo sguardo lungo la figura del suo professore, di sicuro più interessante, si accorse che John Watson aveva qualche capello grigio, nonostante la sua relativamente giovane età. L’esperienza della guerra doveva essere stata più traumatica di quanto John avesse lasciato ad intendere. Non ne parlava mai, eppure a Sherlock avrebbe fatto piacere stare ad ascoltarlo, non aveva mai avuto prima d’ora delle testimonianze dirette riguardanti eventi di guerra.
Quel piccolo particolare era sfuggito alla prima occhiata con cui Sherlock aveva esaminato il suo docente, e non era l’unico. Le labbra di John erano sempre un poco screpolate, non usava burrocacao. Non usava o indossava nulla di superfluo: no profumo, no cravatte, no creme per le mani. Aveva le occhiaie e delle piccole rughe d’espressione intorno agli occhi e alla bocca che lo facevano sembrare leggermente più maturo della sua età. Quando era concentrato o pensieroso gli capitava spesso di umettarsi le labbra con la lingua. Dopo due anni aveva ancora il taglio alla militare, che gli lasciava le orecchie scoperte, quando avrebbe fatto meglio a coprirle perché troppo grandi, giudicandole secondo un fattore puramente estetico. E anche il naso, ma non troppo. Sherlock giudicò il viso del suo professore tutto sommato gradevole. Sicuramente più di quello di Anderson. O di Victor. O di Molly. O di chiunque altro.
La sua zoppia era migliorata in quei mesi e lì a Firenze quasi completamente sparita. A John Watson mancava la guerra e l’adrenalina, era un uomo d’azione. Aveva messo su qualche chilo da quando era tornato dall’Afghanistan, il suo addome doveva essersi ammorbidito. Si ritrovò a sorridere al pensiero che probabilmente John se ne faceva un cruccio. Ma la sua forma fisica era perfettamente adeguata ad un uomo della sua età e probabilmente John ne era consapevole, essendo un medico.
In quel momento, il soggetto di quelle riflessioni si accorse di essere osservato e ricambiò il sorriso in modo dolce e caloroso, trasmettendo quel calore direttamente allo stomaco di Sherlock, togliendogli l’ossigeno per qualche decimo di secondo, annodandogli la gola. Era successa una cosa simile la sera prima, quando John gli aveva infililato le dita tra i capelli e lui aveva sentito un lungo brivido percorrergli tutta la schiena. Erano tutti indicatori di piacere, Sherlock aveva letto parecchio riguardo a queste reazioni fisiologiche.
Nulla di preoccupante, sarebbe stato sufficiente ignorarle. La sua mente, al contrario di quella degli altri, era allenata, e quindi più forte del corpo.

***

 · Sappi che ti sto invidiando DA MORIRE. Cerca di non divertirti troppo. – Harry

· Sto facendo da balia a 24 ragazzini, sei sicura di voler far cambio? – John

· Ma almeno mi porti un souvenir?? – Harry

· Veramente l’ho già preso! – John

· Sei un tesoro! Cosa stai facendo di bello? Fammi rosicare un po’ :P – Harry

· Pausa pranzo al Giardino di Boboli. Ora sto chiacchierando con Sherlock. – John

· Scrollatelo di dosso e rimorchia qualche giovane italiana dalle curve procaci! – Harry

· No comment. E poi mi piace stare con lui! – John

· Allarme cotta! ALLARME COTTA! – Harry

· Piantala. – John

· Scherzavo! Da quand’è che sei così permaloso? – Harry

· Scusami, deve essere la stanchezza del viaggio. – John

· Ti lascio alla tua pausa! Divertiti, mi raccomando! L’Italia è così bella! – Harry

· Ci puoi scommettere! :D Ci sentiamo, sorellina! – John
 

***

 Discoteca. Musica assordante, più di 100 dB. Calore insopportabile perfino in quel periodo dell’anno. Persone che urlano per riuscire a comunicare. Corpi sudati che che si accalcano, premono gli uni contro gli altri e ciondolano in maniera più o meno scomposta. Scambi di fluidi corporei piuttosto frequenti. Rischio di contrarre malattie relativamente gravi.
Capitava raramente che Sherlock Holmes si sentisse a disagio in una qualche situazione, ma questa non gli risuciva particolarmente confortevole.
Si sentiva incompleto senza il suo cappotto di Belstaff. Il clima mediterraneo aveva messo a dura prova la sua pazienza ed ora sedeva ad un tavolino con Molly Hooper, indossando solo la sua camicia viola e un paio di jeans neri. Il resto della classe si agitava sulla pista da ballo, cercando di interagire con alcuni esemplari autoctoni e fallendo miseramente perché la comunicazione in due lingue diverse è palesemente difficoltosa. Nel giro di mezz’ora i 3/5 dei suoi compagni avrebbe raggiunto lui e Molly ai tavoli o sui divanetti.
Per quanto lo riguardava, sperava soltanto che la serata finisse il prima possibile, aveva mal di testa e gli mancava il suo violino.
Sperava che Molly non lo avrebbe abbandonato per raggiungere gli altri e per evitare questo, si impegnò ad essere irresistibile per tutta la serata. Lasciò che lei gli ordinasse una qualche bevanda dal nome discutibile, a base di frutta e da un sapore fastidiosamente dolce. Flirtò, notò che si era messa il rossetto e che aveva cambiato pettinatura. Le sfiorò ad intervalli regolari il braccio o il ginocchio sotto il tavolo, la lasciò parlare sorridendole interessato.
Ma anche quella sera fu il professor Watson che attirò la sua attenzione: stava in piedi al bancone, lontano un paio di decine di centimentri dagli altri due docenti. La solita camicia a quadri, i soliti jeans neri, i soliti mocassini. Il piede sinistro batteva a terra a ritmo di musica. Probabilmente se fosse stato in compagnia di qualcun altro, si sarebbe divertito. John Watson sapeva stare da solo, lo dimostrava la sua vita da scapolo, ma era anche un uomo che apprezzava la compagnia: si era abituato in fretta al cameratismo dell’esercito.
Ma quella sera era stanco, provato dalla giornata passata a camminare sotto il sole, a tenere d’occhio i suoi studenti e a cercare di essere abbastanza spiritoso per avere una conversazione funzionale con lui. La mano sinistra, che teneva in mano un drink presumibilmente analcolico, tremava appena.
Anderson e la Donovan lo ignoravano. Sherlock provò un velo di fastidio nell’accorgersi di questo. Che due imbecilli. John osservava i ragazzi muoversi per il locale, pareva contento di vederli divertirsi, faceva l’occhiolino alle ragazze che sembravano avere fatto una conquista e canticchiava le canzoni un po’ più rétro e che quindi conosceva anche lui. Ma la maggior parte del tempo Sherlock sentiva i suoi occhi su di sé, anche mentre parlava con Molly e non poteva osservarlo perché non  era nel suo campo visivo. Ogni tanto, quando passava una ragazza con un vestito particolarmente atroce, cercavano ognuno lo sguardo e si scambiavano velocemente un sorriso divertito.
No, Sherlock odiava essere dipendente da qualcuno. Odiava il senso di esultanza ogni volta che, durante la giornata, John cercava il suo sguardo anche da lontano. Odiava la morsa allo stomaco quando erano seduti vicini e le loro gambe erano in contatto, quando rimanevano indietro rispetto agli altri e John gli afferrava un braccio per invitarlo a muoversi, quando ripensava alle sue dita fra i propri capelli. Odiava desiderare che questo si ripetesse ancora. Odiava il battito cardiaco accelerato e la gola secca.
Sì, riconosceva i sintomi, ma se non era in grado gestirli, poteva almeno controllare la loro causa. Avrebbe eliminato tutto il superfluo: visite notturne in camera, sguardi, sorrisi, chiacchierate che divagavano da argomenti di interesse puramente scientifico.
Non c’era niente di più semplice.

 

***
 

Il giorno dopo

 
· Sherlock ha gli stessi tuoi sintomi di quando hai il ciclo. – John
 
· Prima di andare a comprargli degli assorbenti, dovresti chiedergli se preferisce quelli interni o esterni e di quale marca. – Harry
 
· Ahah, Harry, sto morendo dalle risate! Voglio dire che è irritabile e lunatico. Oggi sta facendo di tutto per evitarmi. – John
 
· John, ricordati che è ancora un ragazzino, non pretendere che si comporti come un adulto. Lasciagli il suo spazio. – Harry
 
· Hai ragione, è solo che i miei colleghi non sono di grande compagnia, non ho nulla di meglio a cui pensare.  – John
 
· Chiamami, stupidone! – Harry
 
· Ti chiamo stasera quando torniamo in albergo! Ci sono altri 23 ragazzini che hanno bisogno di me ora! – John
 
· John, dovresti darti una calmata. Sei sempre stato troppo serio e responsabile. Rilassati! Divertiti! – Harry
 
· Bene. Va bene. Ho capito! Ce la posso fare. – John
 
· Non impegnarti troppo, divertirsi dovrebbe essere una cosa che viene naturale! – Harry
 
· Già, sei tu l’esperta in questo campo. :p Seguirò i tuoi consigli! – John
 
· Ecco, bravo! Ci sentiamo stasera! - Harry

 


Heilà!
Muahahah, rido perché anche questo è un capitolo di passaggio in cui non succede nulla di concreto. Spero che vi piaccia lo stesso, anche se, va be', direi che gli ormoni di Sherlock che ballano la samba sono comunque qualcosa di notevole e di certo John non aiuta! xD 
Fatemi sapere cosa ne pensate e come al solito vi ringrazio tutti tantissimo! SMACK! :*
Alla prossima,

Deirdre

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Ossitocina ed endorfine ***


11. Ossitocina ed endorfine


Sherlock aveva ignorato John per l’intera giornata, ma ciò non gli aveva impedito di sentire il suo sguardo incollato adosso per tutto il tempo, anche se nessuno dei due aveva osato rivolgere la parola all’altro, dopo che John aveva fatto dei timidi tentativi di avvicinamento all’inizio della mattinata, come era avvenuto il giorno precedente, parlando della varietà dei gusti dei gelati italiani o del fatto che non avrebbe mai pensato di sentire la mancanza di Gladstone. Ma quando le uniche risposte che ricevette furono dei secchi “Io non mangio il gelato” o “I sentimenti sono solo un difetto chimico”, mollò ben presto la presa.
Tuttavia, al contrario di quanto aveva previsto Sherlock, le cose non migliorarono affatto. Mentre nei momenti in cui stava vicino a John, si limitava a godersi la sua compagnia e una conversazione curiosamente stimolante, senza che la sua mente si ponesse particolari quesiti sulla situazione e sulle sue implicazioni, quando gli era lontano, percepiva in modo distinto l’acuto bisogno di un contatto con lui. Ne sentiva la mancanza e non riusciva a pensare ad altro, per quanto si sforzasse. Nemmeno le bellezze dell’Italia rinascimentale riuscivano a distrarlo dal pensiero fisso del professor Watson, saldo nella sua mente, qualunque cosa facesse. Non riusciva a concentrarsi su nulla perché sentiva il suo sguardo su di sé, e quando non era così, desiderava che lo fosse.
Mentre di solito tendeva a considerare se stesso come un’entità di puro pensiero e il proprio corpo come un’appendice secondaria, marginale e a volte fastidiosa, in quei giorni percepiva chiaramente e per la prima volta la propria fisicità. Sentiva gli occhi di John fissi sulla propria nuca e provava un pizzicore in quella zona, quando parlavano il suo sguardo scivolava spesso alle labbra di Sherlock e lui si chiedeva come John dovesse vederle. Non mai fatto caso alle proprie labbra prima d’ora, non aveva mai rivolto ad esse il proprio pensiero nemmeno per sbaglio. Per quale motivo John ne era attratto? Non erano sottili, erano piene e morbide e rosse. Sembrava la descrizione di una (ancora) virginea fanciulla nella scena d’apertura di un romanzetto harmony. Puah!
 John gli appoggiava una mano su una spalla mentre erano in fila in un ristorante e lui percepiva il calore del suo tocco e desiderava che si spostasse anche sul resto del corpo. E allora il calore si estendeva in altre zone, dove l’afflusso di sangue era maggiore: petto, viso, inguine. Sentiva tutto il suo corpo in tensione e desiderava che John Watson condividesse quella particolare e sottile forma di tortura che legava Sherlock a lui in una morsa sempre più stretta e che non poteva essere allentata in alcun modo, voleva che pensasse solo a lui. Fuggire non era una possibilità contemplabile né attuabile.
A Sherlock era capitato di sentirsi così totalmente assorbito da qualcosa soltanto quando progettava uno dei suoi esperimenti. Ma gli esperimenti li progetti, li esegui, la quasi totalità delle volte provano quello che volevi dimostrare. E poi sei soddisfatto. La loro mancanza ti provoca questo tormento, questo dolore lancinante, questo bisogno così penoso?
Di solito è solo noioso, quando non ci sono sperimentazioni da testare. Infinitamente noioso, ma nulla di più. È dipendente dai suoi esperimenti? Sì, ma ne può avere quanti ne vuole, quando vuole. Più o meno.
È dipendente da John?
No.
Non c’è motivo perché debba avere bisogno di lui.
Allora come fare a non pensare più a lui? Alle labbra sottili e screpolate, al suo parka verde francamente imbarazzante, alla zoppia psicosomatica in fase di miglioramento, alle mani sulla sua nuca, ai mocassini fuori moda, all’odore di sapone e di talco, alle occhiaie sempre presenti, perfino alle sue lezioni di anatomia.
Tutto questo era controproducente, perché se la sua mente era occupata solo ed esclusivamente dalla figura di John Watson, Sherlock non poteva concentrarsi con sufficiente attenzione su nessun’altro argomento, che invece sarebbe stato sicuramente più interessante e meritevole e di considerazione di un professore di biologia. Ex medico militare. Che pensava che le sue deduzioni fossero grandiose. E non lo considerava solo un pallone gonfiato.
Doveva trovare il modo di sfuggire a quella che aveva tutta l’aria di essere una trappola senza via d’uscita.
 
Eppure anche quella sera, dopo una cena durante la quale Sherlock aveva mangiato più del solito, pensando che concentrarsi sulla masticazione potesse in qualche modo distrarlo dal professor Watson e dal modo in cui i suoi piedi si muovevano impazienti sotto il tavolo o dal modo in cui accavallava le gambe, o posava la forchetta, o si puliva la bocca col  tovagliolo: solo un angolo della bocca, in modo elegante, come probabilmente faceva l’artistocrazia del secolo precedente e come erano abituate a fare le persone con una buona educazione ancora oggi, Sherlock compreso.
Però John aveva smesso di prestargli attenzione. Parlava con Anderson e sembrava divertirsi, anche se era stanco. Perché John appariva sempre così stanco, più di quanto avrebbe dovuto essere? Era anche questa una problematica risalente all’epoca del servizio militare in Afghanistan? Oppure era collegata all’insonnia di cui soffriva John? La quale comunque dipendeva da un trauma subito in quel periodo.
Sherlock continuò a rimuginarci sopra anche quando salì nella sua camera e dopo che Victor lo lasciò solo per raggiungere Ellie sull’altro lato del corridoio.
Solo quando si trovò sotto la doccia a sciacquarsi di dosso il sudore, la polvere, lo smog, l’odore della città e parte dei pensieri della giornata, decise che l’unica cosa da fare fosse smetterla di pensare e fare  effettivamente qualcosa, sbloccare la situazione, affrontarla di petto. In fondo Sherlock era un amante del pericolo e un uomo d’azione, non solo un grande pensatore. In fondo da piccolo voleva diventare un pirata.
 
E così per la seconda volta si trovava di fronte alla porta della camera di John Hamish Watson nel cuore della notte, indossando soltanto il proprio pigiama e un paio di ciabatte di cuoio vecchio stile e più adatte ad un uomo in là con gli anni.
Il professor Watson gli aprì subito la porta e anche se fu immediatamente chiaro che non si aspettava una sua visita, non cercò di nascondere la sua sorpresa, “Sherlock, cosa ci fai qui a quest’ora?”.
Sherlock gli sorrise furbescamente, “Siccome siamo nello stesso edificio, mi sembrava inutile sentirci via email questa sera”.
John sospirò e lo lasciò entrare.
Appena messo piede nella stanza, i recettori olfattivi di Sherlock si riempirono dell’odore di John, più acuto del solito. Si guardò intorno: il letto non era ancora stato disfatto, i vestiti indossati durante il giorno dal professore erano piegati con cura sulla sedia di fianco al letto (a Sherlock veniva da sorridere ogni volta che scorgeva qualche residuo delle sue abitudini militari), dalla porta del bagno si poteva intravedere lo specchio ancora in parte appannato. John infatti indossava un pigiama lungo di cotone, blu scuro. Nessuna fantasia, taglio lineare. Non era un regalo della sorella, l’aveva scelto da solo. Quindi, il professor Watson doveva essere uscito pochi minuti prima dalla doccia. L’odore al cocco del bagnoschiuma e dello shampoo - questi sì che erano regali di Harry - si poteva percepire distintamente.
John si sedette stancamente sul letto e scrisse un sms col cellulare, probabilmente alla sorella. Evidentemente erano abituati a sentirsi a fine giornata.
“Scusami, ma ho avvisato Harry che stasera non potrò chiamarla perché tu sei qui”. Il tono recriminatorio era piuttosto evidente.
Sherlock gli sorrise cortese, “Non si preoccupi per me, non mi offendo se la chiama lo stesso.”
John sospirò e come al solito si lasciò strappare un sorriso rassengnato, “Non discuterò fatti della mia vita privata di fronte a te, Sherlock. E comunque si può sapere cosa sei venuto a fare qui, visto che mi hai evitato per tutto il giorno?”.
“Se l’è presa? Le sono mancato?”. Sherlock non aveva un programma chiaro e definito di quello che avrebbe dovuto fare quella sera, aveva solo bisogno di smetterla di pensare, di far scomparire quel terribile mal di testa che non lo lasciava in pace dalla tarda mattinata, ma trovava divertente vedere John indispettito. Per la prima volta durante quella giornata non sentiva quello strano e pesante macigno premergli nello stomaco. Era rilassato. Il piano stava funzionando, qualsiasi fosse questo piano.
“Se devo essere sincero sì, mi ha infastidito il tuo comportamento oggi. E Anderson non capisce le mie battute, mentre la Donovan non le ascolta proprio.”
Sherlock ridacchiò, cambiò posizione e si sedette con la schiena appoggiata alla testiera del letto, “Venga qui e guardiamoci un film. O se vuole le posso enumerarle le differenze dei 243 tipi di cenere di tabacco esistenti per farla addormentare.”
John lo raggiunse sul letto e rise di gusto, “Capisci perché mi sei mancato?”, lo guardò per un attimo e poi abbassò lo sguardo, imbarazzato. Cosa imbarazzava John? Quello che aveva appena detto: che gli mancava? Che preferiva la sua compagnia a quella di chiunque altro? Sicuramente a quella degli altri componenti della classe e del corpo insegnanti, ma a quanto pare anche a quella di sua sorella. Il professor Watson era consapevole che quello non era l’atteggiamento da tenere nei confronti di uno studente. Erano soli, in camera sua, sul suo letto. E stavano flirtando? Sherlock non era sicuro di aver catalogato correttamente tutti i fattori peculiari di questo tipo di comportamento, che implicava un interesse di tipo sentimentale o sessuale.
C’era tensione sessuale tra loro in quel momento? No. Non ancora. Sherlock sapeva che una parte di lui, quella irrazionale, quella a cui permetteva di prendere il sopravvento solo ogni due settimane sotto la doccia, sì, lo desiderava. John cosa provava per lui però? No, questo non era importante. I sentimenti non sono importanti, e nemmeno gli istinti sessuali, tanto più che John era perfettamente in grado di controllarsi e aveva ben presente quali fossero i suoi doveri in quanto professore e persona adulta e responsabile. Ecco, John Watson era una persona responsabile. Quindi lui poteva permettersi di abbassare la guardia. Poteva farlo? Sherlock era sorpreso di essere giunto a questa conclusione, ma il suo cervello non sbagliava mai. Quindi poteva farlo, poteva fidarsi di John.
“Avevo alcune cose da ponderare oggi. Ora ho finito, quindi eccomi qua. Allora, film o altro?”.
John sorrise, sembrava aver preso quella frase come un gesto di scuse. Evidentemente aveva inziato a comprendere il linguaggio di Sherlock, “Potevi comunque avvertirmi. Va be’, almeno lo stai facendo adesso. Comunque direi di vederci un film che duri poco perché sono davvero distrutto. Che ne dici di un cartone animato?”.
Sherlock storse la bocca, “Dobbiamo proprio?”.
John scoppiò a ridere, “Non dirmi che non ne hai mai visto uno? Sherlock Holmes, che razza di infanzia hai avuto?”.
Sherlock aggrottò la fronte, risentito, “Nella mia famiglia non guardiamo la televisione. Distrae ed è una perdita di tempo. Da piccolo leggevo. E osservavo.”
John gli rivolse uno sguardo inconsciamente intenerito, “Dai, guardiamoci La Sirenetta così puoi divertirti a cercare tutti i messaggi subliminali”, poi si alzò ed iniziò a trafficare con la televisione.
Sherlock sospirò, “Va bene. Almeno il signor Walt Disney era più brillante di coloro che girano i film ai nostri tempi. Sarà interessante.”
John tornò sul letto tutto soddisfatto e Sherlock si strinse un poco a lui, concentrandosi sulle immagini che scorrevano sullo schermo della televisione, “Sa che è più avvincente di quel film fracamente di pessimo gusto che abbiamo visto l’altra sera?”.
John rise, “Sherlock, vuoi stare zitto? Tra poco inizia In fondo al mar!”.
Sherlock ridacchiò a sua volta e appoggiò la testa sulla sua spalla, gli piaceva il calore che si sprigionava tra i loro corpi quando stavano vicini. John, in risposta a quel gesto, gli mise un braccio intorno alle spalle per stare più comodo.
Erano accoccolati. Sherlock cercò di continuare a rimanere concentrato sul cartone, “John, sei sicuro che sia educativo per dei bambini dall’età compresa tra i 0 e i 7 anni vedere un essere ibrido che si accoppia con un umano?”.
John gli infilò la mano sotto il pigiama e gli diede un pizzicotto su un fianco, “Sherlock, ti assicuro che anche la scemenza di noi persone normali ha un limite! Cerca di goderti le canzoncine e metti a riposo il cervello.”
Sherlock sbuffò, “Non dirmi che sei una di quelle persone che non sopporta chi parla al cinema. I film non dovrebbero servire apposta per far ragionare e confrontare le persone? Anche se in effetti ultimamente la maggior parte dei film ha come fine il mero intrattenimento, ma, anche in questo caso, proprio perché il film non presenta una trama, non vedo perché dovrebbe importare a qualcuno se la visione viene interrotta da un po’ di chiacchiere.”
John sospirò, “Sì, mi eri proprio mancato, piccolo presuntuosetto che non sei altro!”.
Sherlock stava per ribattere, quando sentì la mano del professor Watson accarezzargli lentamente un fianco. Un contatto inaspettato. Il suo pollice compiva piccoli movimenti circolari. La pelle ruvida del suo polpastrello contro la pelle delicata e tesa sopra le ossa dell’anca.
Sentì il proprio cuore accelerare i battiti. Inspirò per calmarsi ma ciò servì solo a percepire più chiaramente l’odore di John. Lo conosceva così bene che avrebbe potuto elencarne a memoria ogni componente. Era familiare e tuttavia elettrizzante, supponeva che dipendesse dal testosterone.
Avrebbe voluto averlo più vicino, assaporare la sua pelle, confondere i suoi odori con i suoi sapori, riempirsi di lui. Rimase fermo diversi minuti, non riuscendo a concentrarsi su altro. Si chiese se l’unico modo per far smettere quei pensieri non fosse cedere all’impulso. Il suo istinto fino ad adesso non aveva mai sbagliato, anche se era sempre stato guidato dal ragionamento. Sherlock poteva permettersi di cedere? Se non avesse ceduto sarebbe impazzito. Non riusciva a pensare ad altro e se voleva che il suo cervello riprendesse a funzionare normalmente, doveva accettare questo compromesso: pochi attimi di irragionevolezza, di puro istinto, in cambio del ritorno alla normalità. Ruotò leggermente la testa fino a trovarsi con le labbra contro il collo di John. Le premette leggermente e lo sentì trattenere il respiro. La mano si fermò sul suo fianco.
Sherlock accarezzò lentamente il collo del professore con le proprie labbra, spostandosi fino alla gola, che leccò piano, morbida e salata sulla propria lingua, e sentì John rabbrividire.
Ora c’era tensione sessuale. Ed era una sensazione inebriante.
Sherlock scostò il volto, si spostò fino a trovarsi di fronte a John e si chinò sulle sue labbra, succhiandogliele piano. Questo era soddisfacente.
Le sue labbra erano morbide e cedevoli nella propria bocca, contro i propri denti, e Sherlock provò una fitta di piacere quando sentì una mano di John infilarsi tra i suoi capelli e l’altra, sulla sua schiena, attirarlo contro di sé, la bocca catturargli la sua, la lingua introdursi tra le sue labbra e lasciarlo senza fiato, rubandogli la capacità di pensare.
Non sentiva nemmeno il bisogno di pensare, con John stretto a lui, gli occhi serrati, il fiato corto e i fuochi d’artificio in testa.
Fu un bacio senza eccessive tenerezze, ma precipitoso, impetuoso, guidato da un impulso tenuto a freno fino a quel momento da parte di entrambi. Le mani di John lo stringevano a sé impazienti, mentre Sherlock, assorbito in qualcosa di totalmente nuovo e travolgente, non riusciva a fare altro che tenere le proprie strette alla maglia del suo pigiama, aggrappandosi a lui.
Quando fu sul punto di non avere più fiato, John si staccò dalla sua bocca, continuando a tenerlo abbracciato e accarezzando con più gentilezza i suoi capelli. Gli diede un altro bacio più dolce sulle labbra, uno sul collo, uno dietro ad un orecchio. “Immagino di aver fatto una cazzata, giusto?”.
Sherlock, ancora con il fiato corto e le labbra tumide, cercò di razionalizzare quanto appena accaduto, “A me è piaciuto. Penso che potrei anche considerare di ripetere l’esperienza”.
John si scostò piano da lui e gli sorrise, “E’ stato bello. Io… credo di averlo desiderato da un bel po’ di tempo, ma non va bene, lo sai. Sono un tuo insegnante. Non va bene, non è corretto nei tuoi confronti.”
Sherlock sbuffò, “Sono maggiorenne. E contro ogni previsione mi è piaciuto avere la sua saliva in bocca. E mi pare chiaro che sto molto meglio ora di quando cercavo di starle lontano. Mi sembra che il baciarci abbia avuto un buon esito.”
John scosse la testa, “Questo non è un esperimento, Sherlock. Ci sono fattori che non hai considerato, che nemmeno io ho avuto il tempo di considerare. Io… Se tu sei sicuro di stare bene, io direi di dormirci su, di rifletterci un po’.”
Sherlock si rialzò dal letto e si diresse verso la porta, “Ho la tendenza a non tornare sulle mie decisioni, professore. Non credo che domani la situazione cambierà molto.”
John lo guardò spossato, “Sherlock, per favore.”
Sherlock annuì piano e si diresse alla porta della stanza, “In ogni caso non si preoccupi, domani non la metterò in imbarazzo. Sono in grado di controllare le emozioni e tutto il resto.”
John accennò un sorriso, “Lo so che non sei una ragazzina con gli sbalzi ormonali, mi fido di te. Direi in ogni caso di comportarci come al solito e poi, boh, vediamo.”
Sherlock sospirò, “Cerchi di riposare stanotte e la smetta con tutte queste sovrastrutture mentali, è peggio di me.”
John rise, più tranquillo, “Va bene, mi sembra che tu stia bene, quindi è tutto ok. Buonanotte, Sherlock.”
Sherlock lo salutò e tornò alla propria camera con la testa resa piacevolmente leggera e priva di pensieri dalla produzione di ossitocina e di endorfine.


 


Buonasera, carissimi!
Finalmente ce l'hanno fatta!!!


   

Ok. Mi sento scemissima, ma bisognava festeggiare! :P
Bene, spero che le elucubrazioni di Sherlock non vi abbiano annoiato troppo e che la scena sia stata credibile. A mio parere John non avrebbe mai fatto la prima mossa perché ha un senso del dovere e una morale troppo forti, quindi il compito spettava per forza a Sherlock, che sì, cede, ma solo dopo attente riflessioni, per questo ho mantenuto il suo pov. Fatemi sapere se dopo tutta questa attesa siete soddisfatti, se avreste cambiato qualcosa o altro! Sono curiosaaaaa! u.u
Il prossimo capitolo lo devo ancora scrivere, quindi è possibile che aggiornerò con un po' di ritardo. Mi dispiace un sacco, ma la sessione estiva mi sta prosciugando ogni energia. Soffro. 
Ultimamente siete attivissimi (dipenderà dalla fine della scuola? eheh) e quindi vi ringrazio davvero tanto, in modo particolare WibblyWobbly e _ThePonds_ che commentano imperterrite ogni capitolo! Grazie <3
Un bacione,

DeirdreGloom

 

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Il giorno dopo ***


12. Il giorno dopo
 

 
Harry stava sorseggiando tranquilla il primo tè della giornata e osservava con una tenerezza per lei insolita la ragazza sdraiata sul suo divano, con il cuscino finito a terra, i capelli castani spettinati e ribelli più del solito e un braccio abbandonato mollemente da un lato, con le dita che sfioravano il pavimento.
Quando la sera prima aveva ricevuto il messaggio di John, stava discutendo con Lara e affrontando quella che probabilmente poteva essere considerata la loro prima litigata, dopo due mesi che si frequentavano. E poi era stata troppo impegnata a fare pace, quindi non aveva fatto particolarmente caso al contenuto dell’sms, anzi, il fatto che John fosse impegnato tornava decisamente a suo favore. Ma ora che si stava godendo una tranquilla mattina di pace con perfino gli uccellini cantavano, mise a fuoco quello che la sera prima le era sfuggito: John non poteva chiamarla perché Sherlock era lì con lui, nella sua camera d’hotel. E si sarebbe intrattenuto per diverso tempo, se John non aveva intenzione di chiamarla più tardi.
Harry non aveva sospetti sulla condotta del fratello, era lei quella scapestrata e dai comportamenti avventati tra i due. Ma di certo questo era un atteggiamento al di fuori della norma.
Harry finì di bere il tè e di sgranocchiare un paio di biscotti integrali e si alzò per lavare la tazza.
Sì, ne era sicura, quando si erano visti, il giorno prima che John partisse, era felice, sorrideva e aveva gli occhi luminosi. E si stava sentendo con Sherlock.
John non le aveva parlato molto di questo suo studente, Harry sapeva solo che era molto intelligente, divertente, un po’ emarginato dalla classe. E a quanto pareva ricambiava l’adorazione che John aveva nei suoi confronti.
Quella mania di John di aiutare la gente, era per quello che si era arruolato. E ora, che era tornato alla vita civile e non aveva più soldati feriti, amputati e semimorenti da riportare in vita, si stava dedicando a un ragazzino con probabilmente problemi familiari alle spalle e un particolare interesse per la materia che insegnava John. Tipico.
Quindi quali erano le conclusioni? Che John si era preso una cotta colossale per un diciottenne?
Francamente a Harry non era mai venuto il dubbio che John potesse avere un interesse verso le persone del suo stesso sesso, fin dalla pubertà erano giornalini con donne pettorute in copertina quelli che nascondeva sotto il letto. Mh, che in Afghanistan fosse successo qualcosa e John avesse deciso di cambiare prospettiva? Possibile. In realtà abbastanza improbabile, Harry se ne sarebbe accorta. Era questo Sherlock che aveva cambiato le carte in tavola. Faceva stare bene John come non succedeva da tempo, da anni.
Il punto era se John si era reso conto di questa cosa. Forse era il caso di dargli un aiutino, in fondo era quello il compito delle sorelle maggiori.
 

***

 
John Watson spense la sveglia impostata sul cellulare alle 7,15 del mattino e si accorse di aver ricevuto un messaggio:
 
· Cosa ne pensi della bisessualità? – Harry
 
Sospirò e si mise seduto. Aveva un leggero mal di testa, ma tutto sommato aveva dormito bene.
Rilesse il messaggio. Harry non aveva scelto proprio il momento migliore per avere una crisi d’identità sessuale. Caspita, non proprio nello stesso momento in cui la stava avendo lui!
 
· Harry, sai bene che non ho mai avuto nulla da ridire sulla scelta dei tuoi partner, se sei attratta da un uomo per me non c’è problema! – John
 
Si alzò, andò in bagno, si sciacquò il viso e si lavò i denti. Ok, ora poteva iniziare a pensare in modo lucido.
La sera prima Sherlock Holmes l’aveva baciato e lui aveva ricambiato con un certo entusiasmo. Non si era reso conto di desiderare così tanto un contatto con il ragazzo. La situazione era sfuggita dal suo controllo, lui pensava che quella nei confronti di Sherlock fosse una semplice infatuazione, che gli sarebbe bastato coccolarlo un po’, farlo sentire a suo agio, scherzarci insieme e arrivare con tutta tranquillità alla fine dell’anno scolastico. Invece ora era tutto decisamente più complicato. Cazzo. Sapeva cosa avrebbe dovuto fare: interrompere la cosa sul nascere, mettere in chiaro con Sherlock che quell’episodio non si sarebbe più ripetuto. Magari raccontargli che non era in sé. Ma erano tutte palle, certo che era in sé. E si era goduto ogni attimo, ogni dettaglio di quel bacio. Era stato intenso, non era preparato a una cosa simile, non pensava che si sarebbe springionata una simile scarica di elettricità tra loro due. Quanto cazzo lo desideravano quel bacio? Era stato lunghissimo e profondo, Sherlock sembrava non volersi più staccare. Istintivamente sorrise al ricordo. Non c’era sintonia solo tra le loro menti, ma anche tra i loro corpi ed era stata una scoperta interessante, inaspettata e meravigliosa! Sentiva di nuovo l’adrenalina ripercorrere il suo corpo.
Tonrò nella camera e finì di vestirsi. Aveva ricevuto un altro sms da Harry.
 
· Non parlavo di me, stupidone! Parlavo in generale. – Harry
 
· Harry, lo sai che sono tollerante per quanto riguarda queste cose. – John
 
· E tu? Prenderesti mai in considerazione di andare con un uomo? – Harry
 
· Se ne fossi attratto sì. Perché no? – John
 
No, ma meraviglioso! Farsi psicoanalizzare dalla propria sorella a distanza. Evidentemente Harry aveva subodorato qualcosa. Certo che aveva dei sospetti, era intelligente  e intuitiva e lui era stato così cretino da dirle che aveva Sherlock in camera sua. Be’, sapeva bene che Harry non aveva problemi a frequentare persone con la sessualità fluida, per così dire. In realtà neanche lui aveva pregiudizi di quel tipo, d’altronde sua sorella era lesbica e lui le voleva bene e quindi la accettava, non avrebbe potuto essere altrimenti.
E lui? Lui non era bisessuale. Sinceramente l’idea di andare a letto con un uomo gli faceva ribrezzo. Però l’idea di andare a letto con Sherlock Holmes no. La situazione era parecchio complicata. No, non era vero, erano tutte scuse. Chissene degli altri uomini, il problema erano lui e Sherlock. Lui desiderava Sherlock. Sherlock desiderava lui. Ma era evidente che non potevano avere una relazione. Avrebbe perso il suo posto di lavoro e Sherlock sarebbe stato ancora più emarginato. Per non parlare del disprezzo di colleghi e di come avrebbe reagito la famiglia Holmes. No, non si poteva fare. Ne avrebbe parlato con Sherlock e lui avrebbe capito.
 

***

 
Erano al museo degli Uffizi e Sherlock Holmes non riusciva a concentrarsi nemmeno su un’opera. La cosa non lo stupiva. Comunque sapeva quali siti internet consultare nel caso in cui, in futuro, avesse avuto bisogno di riproduzioni di quegli stessi quadri in alta definizione. Quella della sera precedente era stata una delle esperienze più gradevoli della sua vita, era inutile mentire a se stessi, e non aveva mentito nemmeno quando aveva detto a John che non gli sarebbe dispiaciuto ripeterla. Avrebbe voluto esplorare l’intero volto di John con la propria bocca, accarezzare ogni piccola ruga, sfregarsi contro la ruvidità della sua barba e mordicchiargli di nuovo le labbra. Sicuramente solo l’assunzione di droghe avrebbe avuto un effetto altrettanto destabilizzante sulla sua psiche e sul suo corpo, solo che John era più sicuro. In quel momento incontrò il suo sguardo, mentre procedeva lentamente per la stanza, senza degnare della minima attenzione La nascita di Venere di Botticelli. Gli sorrise. John ricambiò il sorriso. Aveva promesso di non metterlo in imbarazzo ed era chiaro che era John quello maggiormente turbato dalla situazione, quindi decise che non gli si sarebbe avvicinato per il resto della giornata, era meglio lasciarlo riflettere, ne avrebbe approfittato per fare la stessa cosa.
Al momento ovviamente gli veniva più naturale vedere gli aspetti positivi di ciò che era successo, non era ancora passato abbastanza tempo perché potesse raggiungere una certa oggettività di giudizio, però era sicuro di non aver commesso un errore: John non l’aveva rifiutato, non aveva reagito male, il bacio gli era piaciuto ed effettivamente il mal di testa del giorno prima si era placato. Era certo che appena avessero risolto la loro situazione, sarebbe anche tornato ad avere un pensiero lucido.
Quella sera avrebbero parlato, John non sarebbe mai tornato a Londra senza prima aver chiarito la faccenda. Anche se il giorno prima, per pochi minuti, sembrava esserselo completamente dimenticato o quantomeno messo da parte, John Watson era un uomo di giudizio e con una morale che rispettava (quasi) sempre.
Sherlock si voltò a guardarlo di nuovo, stava sgridando alcuni suoi compagni per le risate di un volume davvero eccessivo dovute alle dimensioni degli organi riproduttivi di certe statue, un classico.
John intercettò il suo sguardo, come sempre, “Sherlock, meno male che ci sei tu, questi teppistelli mi stanno facendo impazzire!”.
Sherlock gli si avvicinò e sorrise, “Devono pur dissimulare l’imbarazzo in qualche modo, professore. Si ricorderà che effetto fa avere troppi ormoni in circolo quest’età!”.
John ridacchiò, “Fin troppo bene, temo!”.
Sherlock fu piacevolmente sorpreso da questa frecciatina velata di autoironia. Davvero era così difficile per John stargli lontano? Non aveva valutato la situazione da questo punto di vista, ma poteva rivelarsi interessante.
Prese il professore per un braccio, “Direi di avviarci verso le sale dedicate all’arte religiosa, prima che la situazione degeneri, allora.”
John ridacchiò di nuovo, “Se intendi farmi da guida, molto volentieri, purtroppo io non ne so molto.”
Sherlock sospirò, “Purtroppo, invece, questo genere di manufatti sono una delle passioni di mio padre e di mio nonno prima di lui e ho motivo di sospettare anche di non pochi dei miei avi.”
John lo guardò di sottecchi, “Non voglio immaginare come sia arredata casa Holmes, allora! Dev’essere abbastanza inquietante.”
Sherlock sbuffò, “Com’è prevedibile, professore!”, e lo trascinò con sé attraverso le sale del museo.
 

***

 
Terza notte di fronte alla porta della camera del professor Watson, con l’unica differenza che questa volta era stato invitato. Per parlare. Per chiarirsi. Niente film sotto le coperte, niente baci che tolgono il fiato. Sherlock ne era leggermente indispettito.
Quando John lo fece entrare, Sherlock notò che aveva già preparato la valigia e indosssava il suo solito pigiama, ma era più agitato del solito. Probabilmente aveva già preparato il discorsetto da fargli ma non sapeva come iniziare.
Sherlock si sedette sul bordo del letto e sorrise cordiale a John, “Lasci che le faciliti il compito, professore. Siamo qui per parlare del fatto che ieri sera l’ho baciata, lei ha ricambiato ed entrambi lo abbiamo apprezzato. Ciò nonostante, lei ritiene che sia meglio che questa cosa non si ripeta più e che il nostro rapporto torni ad essere quello di prima, possibilmente evitando di cercare di sedurci a vicenda, cosa che prima invece facevamo, più o meno consapevolmente.”
John si sedette di fianco a lui e, nonostante fosse molto teso, gli concesse un sorriso, “Dovevo aspettarmi che avresti reagito così. Ma questo non è un gioco, non vince chi indovina per primo cosa prova l’altro. Semplicemente, sebbene sia stata un’esperienza piacevole, deve finire qui. Anche se sono umano e posso sbagliare, sono un tuo professore, ho il compito di educarti e non posso approfittare di te… E comunque devo rimanere imparziale nei tuoi confronti e questo implica che non posso avere una relazione con te. E il bello è che non sono nemmeno gay, cazzo.”
Sherlock annuì piano, “A mio parere, la sessualità è qualcosa di molto fluido e non bisognerebbe cercare di suddividerla in gruppi, regolarla e normalizzarla. Se lei prova qualcosa per me, non c’è niente di male, si tratta di stimoli, di ormoni, di chimica, non può mica sceglierlo. Lo stesso vale per me, anche se odio quando succede e cerco di limitarlo il più possibile.”
John lo guardò con tenerezza e gli accarezzò piano un ginocchio, “Credo che proverei la tentazione accarezzarti, baciarti, toccarti, proteggerti e provare a renderti felice, qualunque forma tu avessi, Sherlock. Ma non posso farlo. Sei un mio studente e… una relazione con me ora… Devi ancora diventare adulto, conoscere il mondo, conoscere altra gente, innamorarti di qualcuno della tua età. Rischierei di esserti d’intralcio. Soffriremmo entrambi.”
Sherlock scosse la testa, “Io non mi accontento mai né mi faccio guidare solo dall’istinto, John. Io scelgo a chi rivolgere la parola, con chi passare il mio tempo, con chi condividere qualcosa. E voglio te. Non mi interessa del resto, anzi, sai pure tu che rapporto ho con il resto.”
John per un attimo gli strinse con più forza il ginocchio, colpito dalle sue parole, “All’inizio è sempre così. Ti sei innamorato. Ma non possiamo e lo dico per il tuo bene. Tra pochi mesi finirà la scuola e non ci vedremo nemmeno più e tu sei così brillante… Troverai sicuramente qualcun altro che ti saprà apprezzare come meriti.”
Sherlock si alzò in piedi, contrariato, “Io non mi sono innamorato. L’amore è per le ragazzine che guardano troppi film e leggono troppi libri. Io sono interessato, attratto, affascinato e stimolato da te. Ma se tu non te la senti di affrontare questa cosa, vuol dire che rivolgerò la mia attenzione altrove. Mycroft è riuscito a procurarmi dei fossili scartati dai musei di Londra.”
John seguì il ragazzo alla porta, profondamente scosso e dispiaciuto, “Io ti voglio bene, Sherlock. Vorrei che lo capissi. Vorrei poter cambiare la situazione. Vorrei poterti baciare ancora. Vorrei avere dieci anni in meno e starti sempre vicino. Mi dispiace… Io… Non lo so…”.
Sherlock gli diede un bacio gentile all’angolo della bocca, “Anche io ti voglio bene, John. Ma a questo punto è meglio finirla qui, forse hai ragione tu e non voglio che tu ti senta forzato… Non voglio essere un peso per nessuno. Questo non fa che confermare la mia teoria che i sentimenti sono pericolosi. Ho imparato la lezione, è stata un’esperienza educativa. Buonanotte.”
John chiuse la porta e si sdraiò sul letto con il cuore che pesava tonnellate, con tutto che pesava troppo, con la gola secca e le lacrime che premevano per uscire. Il senso di colpa lo schiacciava sul letto e la consapevolezza di aver perso qualcosa di importante gli martellava nelle tempie.
Non stava così dai tempi di Mary, aveva ragione Harry.

 


Eccomi di nuovo, anche se dopo millenni! Mi dispiace immensamente avervi fatto aspettare tanto, mi sento una cacchina! D:
Purtroppo lo studio mi ha portato via più tempo di quanto mi aspettassi. Avevo iniziato a scrivere il capitolo già un mesetto fa, ma stava diventando ancora più triste e lacrimevole di quanto non sia ora, quindi ho preferito lasciar perdere e continuare in tempi migliori.
Mi rendo conto che sia comunque tristissimo e che sia John che Sherlock sono molto più sentimentali di quanto dovrebbero essere, ma si tratta di una situazione davvero complicata da gestire e John, con tutti i sensi di colpa che ha e la responsabilità che sente nei confronti di Sherlock, forse non avrebbe reagito tanto diversamente... Sherlock sì. Ma proprio non ce l'ho fatta a mantenerlo freddo e indifferente, non con John in queste condizioni, mea culpa.
I prossimi capitoli saranno più piacevoli, credo. Be', all'inizio ci sarà un po' di stallo e sofferenza da entrambe le parti. ç__ç Mi sento crudele. Ma finirà bene. 
Purtroppo non posso promettervi aggiornamenti regolari, perché prossimamente sarò via a più fasi ed è impossibile mettersi a scrivere di uomini che si amano con gente intorno. Vi lascio immaginare... Ecco. Non posso che dirvi di resistere, ormai ci stiamo avviando al finale! 
Nell'ultimo capitolo ho ricevuto davvero un sacco di commenti e non posso davvero che ringraziarvi di cuore, non me l'aspettavo! Grazie tantissime! Vi mando a tutti un bacione e vi auguro buone vacanze (finalmente)! 

Deirdre

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1775525