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di shellby
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una domenica abbastanza tranquilla ***
Capitolo 2: *** Collana ***
Capitolo 3: *** Help! Indagine su mio fratello Itachi! ***
Capitolo 4: *** Indubbiamente astuto ***
Capitolo 5: *** Hanno visto! ***
Capitolo 6: *** Ammalati ***
Capitolo 7: *** Brutto presentimento ***
Capitolo 8: *** Road to a Ninja ***
Capitolo 9: *** Offensive attack ***
Capitolo 10: *** Two of the same kind ***
Capitolo 11: *** Hate ***
Capitolo 12: *** Eyes ***
Capitolo 13: *** Running in circles ***
Capitolo 14: *** Say my name ***



Capitolo 1
*** Una domenica abbastanza tranquilla ***


I.Una domenica abbastanza tranquilla

Era una bella domenica soleggiata. Gli uccellini cinguettavano allegramente, posandosi graziosamente sui rami dei ciliegi in fiore che abbellivano le stradine lastricate, mentre i raggi luminosi del Sole appena levatosi filtravano debolmente attraverso la carta delle porte scorrevoli, creando un'atmosfera pacifica che metteva gli animi di buon umore.
Itachi, alzatosi di buona mattina, apprezzò molto quello strano silenzio che si era creato in casa sua, non perché normalmente non ce ne fosse, ma perché quello non era carico di tutta l'oppressione che si poteva normalmente avvertire al suo interno.
I suoi genitori quel giorno erano usciti per andare a trovare dei parenti, lasciando lui e Sasuke soli a casa. Nessuno dei due si era preoccupato, poiché sapevano che potevano tranquillamente lasciare il figlio minore al fratello.
Pur amando i suoi genitori, era contento di quella giornata in solitudine. Non aveva nessuna missione quel giorno, nessun altro impegno fuorché quello di trascorrere una giornata serenamente in compagnia dell'otouto, che presupponeva stesse ancora dormendo.
Probabilmente quel giorno doveva essersi svegliato in maniera diversa del solito, perché sentiva nonostante la fatica un certo buon umore diffondersi anche nelle sue membra. Forse stava venendo contagiato dall'ambiente placido e tiepido, tant'è che si mise persino ad intonare un motivetto, essendo il solo a gironzolare per casa.
Si diresse con calma verso la cucina, i passi che non si sentivano neanche, rimirando gli alberi in fiore.
In quello stesso momento, Sasuke, sentendo il flebile canticchiare di qualcuno fuori dalla sua porta, si svegliò. Vedendo che il sole non penetrava ancora con intensità dentro la stanza, capì  che doveva essere ancora abbastanza presto per scendere giù dal letto. Fu tentato dal farsi coccolare un po' la schiena dal suo morbido letto, ma gli tornò in mente il motivetto che aveva sentito poco prima di aprire gli occhi.
La curiosità fu così tanta che alla fine si tirò su cercando di scollare gli occhi impastati dal sonno e scostare le coperte per scendere dal suo covo caldo ed accogliente.
Si lavò la faccia e vestì in fretta, dirigendosi verso la cucina, dalla quale sentiva provenire un lieve calpestio e la stessa voce bassa che intonava quello strano motivetto di prima.
Si fermò sulla soglia con l'intenzione di spiare chi ci fosse dentro, insospettito: la sola che canticchiava in casa era la madre, ma non ricordava che avesse una voce così profonda, quasi maschile.
Possibile che fosse il padre?
Sasuke scartò quell'idea con la stessa rapidità con la quale gli era venuta in mente. Non pensò proprio alla possibilità che fosse il fratello dentro quella cucina, data la sua scarsa presenza in casa nell'ultimo periodo.
Decise dunque di scostare pianissimo le porte mobili per intravedere tramite la fessura chi si era intrufolato nella loro cucina di nascosto, tenendo una mano sulla tasca dei shuriken e deglutendo in modo da non fare il minimo suono.
La prima cosa che mise a fuoco fu una ciocca di capelli cenere ricadenti su una maglietta nera con sopra stampato il simbolo Uchiha.
"Almeno non è un nemico" pensò Sasuke, in parte sollevato, in parte eccitato dalla situazione che stava vivendo in quel momento “E non sembra nemmeno essere un individuo ostile”.
Itachi si era già accorto della sua presenza, ma preferì non dire niente per vedere cosa avrebbe fatto il suo otouto.
Sorrise dunque tra il divertito e l'intenerito assottigliando l'udito, mentre con gli occhi seguiva la teiera che bolliva sul fuoco e con la bocca continuava a fischiettare a basso tono.
Intanto Sasuke si era fatto una mezza idea sull'identità della persona sospetta che si trovava nella cucina di casa Uchiha: da una parte credeva che codesta fosse il suo Nii-san, dall'altra si domandava se suo fratello potesse davvero trovarsi lì quel giorno, addirittura fischiettando allegramente, cosa che non gli aveva mai sentito fare e che lo aveva lasciato notevolmente perplesso.
Combattuto in cuor suo, il ragazzino di 6 anni rimase sulla soglia, indeciso se entrare o meno.
A quel punto fu Itachi a rompere il silenzio, intuendo che l'otouto doveva trovarsi in difficoltà.
«Entra pure, Sasuke».
A quel punto il minore la fece scorrere ed entrò dentro, un tantino imbarazzato per essersi fatto beccare a spiare proprio dall'oggetto del suo spionaggio.
«Buongiorno Nii-san» sussurrò con un filo di voce guardandolo intimorito.
«Buongiorno a te» gli rispose il maggiore, continuando a dargli le spalle e mantenendo il tono di voce neutro, sebbene si stesse un po' divertendo.
Nonostante ciò Sasuke prese coraggio e gli domandò dei loro genitori, mentre si avvicinava al fratello.
«Sono andati in visita dagli zii» rispose Itachi pacatamente spegnendo il fuoco e versando il tè nelle tazze.
Nell'udire ciò Sasuke si illuminò: significava che avrebbe potuto passare una giornata con il suo fratellone completamente da soli, una cosa veramente rara per lui.
Sebbene il più piccolo non aveva esternato quei suoi pensieri, Itachi comprese anche quello, sorridendo tra sé e sé.
Afferrò le due tazze e si diresse verso il tavolino, subito imitato da Sasuke.
Andò a prendere i biscotti, riposti da sua madre accanto al lavello, e tirò fuori dal frigo gli onigiri al tonno, alla vista dei quali il suo otouto spalancò gli occhi piacevolmente sorpreso, ed una ciotola di riso bianco per lui.
Ripose dunque il tutto sul tavolo basso e si inginocchiò di fronte al fratello, sorridendogli a mo' di scusa.
«Oggi dovrai accontentarti di questo, mi dispiace».
Udendo ciò, Sasuke si affrettò a scuotere la testa, affermando che era più che sufficiente come colazione. Avrebbe voluto dire “appetitosa”, ma si trattenne per non sembrare troppo infantile.
Mentre sceglieva quale onigiri sacrificare prima come cibo per il suo stomaco, il minore si rese conto che Itachi non era arrabbiato per il suo spionaggio: al contrario, sembrava essere piuttosto contento, anche perché gli aveva offerto uno dei suoi cibi preferiti e gli aveva sorriso in modo tranquillo, per non parlare del canticchiare e fischiettare di prima.
Mangiarono in silenzio, Itachi sorseggiando di tanto in tanto il tè con fare calmo e Sasuke guardando il primo di sottecchi e mentre addentava i suoi adorati onigiri.
Stava pensando cosa poter chiedere al suo Nii-san di fare, prendendola come un'occasione più unica che rara. Meglio comunque accertarsi prima delle intenzioni dell'altro.
«Nii-san,» prese a dire il piccolo Uchiha, fissando negli occhi il più grande, «Hai qualche piano per oggi?»
Itachi aprì un poco gli occhi, appoggiando sul tavolino il suo tè per poter parlare con il suo otouto.
«Pensavo di leggere in giardino» svelò Itachi, il quale non mancò di notare l'espressione dispiaciuta che si dipinse immediatamente sul volto di Sasuke.
Sorrise intenerito, e guardandolo in modo significativo negli occhi disse: «Ma visto il bel tempo potrei anche uscire a fare due passi».
La delusione se ne andò così come se n'era venuta, in un attimo di secondo.
Se non conoscesse abbastanza bene suo fratello, non avrebbe mai capito che quello era il suo modo per chiedergli di uscire un po' fuori con lui.
«Dove andiamo?» domandò Sasuke entusiasta, alzandosi un po' dai talloni nell'atto di sporgersi verso Itachi.
«Potremmo andare un po' a spasso per la città» propose Itachi, ben sapendo che al fratellino piaceva camminare.
«E mangiare qualche dango» ipotizzò Sasuke guardandolo euforico mentre stringeva i pugni, «Possiamo anche allenarci insieme poi?»
Itachi non replicò, limitandosi a sorridere come suo solito in direzione del fratello ed annuire.
Finito di sgranocchiare i biscotti e rifocillarsi con gli onigiri, i due si prepararono ad uscire.
Il quartiere Uchiha si era già svegliato, mostrando i suoi abitanti per le strade, alle finestre o semplicemente seduti su una panchina a prendere il sole.
Alcuni bambini mattinieri avevano prontamente occupato un lato della strada, discutendo tra di loro che cosa fare e facendo un gran baccano, mentre i grandi erano impegnati nelle loro faccende di tutti i giorni. I due fratelli seguirono le mamme che si recavano al mercato, nel centro della cittadella, pensando che, per una volta, potevano pure farla loro, la spesa.
Tutti, dal fruttivendolo al panettiere, li salutarono con gioia vedendoli passare, complimentando in un modo o nell'altro entrambi, e qualcuno non mancò di chiedere dove fossero il signore e la signora Mikoto, ricevendo puntualmente la sostanziale risposta dei due che i loro genitori si erano recati in visita dagli zii.
Ad un certo punto della loro passeggiata, Itachi fu fermato da Sasuke, che avendo per primo individuato un negozietto di dango, glielo indicò con il dito facendogli un sorriso furbo.
Itachi sollevò gli angoli della bocca, pensando che l'otouto sapeva essere deciso quando voleva una cosa.
Chiesero due spiedini al venditore, che glieli pose salutandoli con il suo vocione grosso.
Nonostante la stazza e l'aspetto intimidatorio, costui era incredibilmente bravo coi bambini, tanto che piacque subito a Sasuke.
Mentre i due discorrevano, Itachi li osservava silenziosamente posando fare protettivo una mano sulla testa dell'otouto.
Sasuke non capì il significato di quel gesto, ma ne fu felice lo stesso, continuando a conversare ancora con più slancio, raccontando al venditore di come avesse beccato il fratello a canticchiare quella mattina.
L'uomo si sorprese e poi rise del tentativo fallito di Sasuke di mettere in imbarazzo il suo Nii-san, dato che questo non si era minimamente scomposto, continuando ad avere un'espressione serena.
Proprio in quel momento una voce conosciuta richiamò la loro attenzione da dietro:
«Ah, eravate qui! Io vi stavo cercando in casa da mezz'ora!»
Si voltarono entrambi per incontrare lo sguardo del cugino, che solare si stava avvicinando a passo spedito.
«Shisui» si sorprese un poco Itachi vedendo il nuovo arrivato, «Non sei rimasto a casa con gli zii?»
«No, ho ascoltato per un po' e poi me ne sono andato perché non sapevo più che cosa fare» gli rispose questo salutando intanto con la mano di Sasuke, il quale lo guardava tra l'incuriosito e l'infastidito.
«Come va, Sasuke?» gli chiese piegandosi sulle gambe e rivolgendogli un sorriso amichevole, «Sempre attaccato ad Itachi come al solito?»
Il ragazzino di 6 anni lo guardò male, ritirandosi dietro Itachi, gesto al quale Shisui si mise a ridere di gusto.
«Permaloso e geloso, fa pure rima!» esclamò il cugino alzando lo sguardo sulla faccia di Itachi, che gli scoccò uno sguardo simile a quello del fratello, ma molto più implicito.
Shisui sorrise divertito ed ordinò anche lui un dango, proponendo agli altri due di fare un giro in città insieme a lui.
"Come se non lo stessimo già facendo" pensò il maggiore degli Uchiha, evitando però di esprimersi con testuali parole ed acconsentendo col capo.
In meno di un minuto si era ritrovato tra due fuochi ardenti: il fratellino da una parte ed il migliore amico dall'altra, tutti e due intenti a carpire la sua attenzione per farsi un dispetto reciproco. Itachi sapeva che Shisui lo faceva per stuzzicare il suo otouto, ma non poteva fare a meno di preoccuparsi per Sasuke che, a giudicare dal modo in cui gli stava appresso, la stava considerando sempre più come una sfida.
Mentre camminavano, Itachi teneva per mano il fratello per il timore di perderlo di vista nella calca e guardava contemporaneamente tutte le bancarelle che il cugino gli indicava, ognuna della quale aveva la sua storia che doveva essere raccontata.
Sasuke, vedendo il fratello così assorbito da Shisui, faceva del suo meglio per attirare la sua attenzione rivolgendogli ogni tipo di domanda che gli venisse in mente, in modo da sviare il suo interesse su di lui.
Caos totale insomma.
A salvare il primogenito Uchiha da quella situazione fu il brontolio famelico proveniente dallo stomaco del suo otouto. I maggiori si girarono verso di Sasuke fissandolo con uno sguardo stranito, mentre questo imbarazzato cercava di farsi piccolo piccolo al loro sguardo.
Itachi sorrise mentre Shisui rideva divertito; era da un'ora che andavano avanti ed indietro freneticamente senza meta, era ovvio che il ragazzino avesse fame.
Il maggiore degli Uchiha allora fece cenno al minore di avviarsi verso casa ed invitò il cugino a venire con loro, dato che non gli sembrava avesse altro da fare.
Chiacchierando del più e del meno arrivarono in fretta a casa Uchiha.
Questa era davvero una bella casa, grande e spaziosa, munita di giardino abbastanza esteso ed abbellito da alberi in fiore. Tutto in lei esprimeva maestosità.
Una volta all'interno si tolsero le scarpe e si diressero tutti e tre in cucina.
«Cosa vorreste da mangiare?» domandò Itachi mentre posava i sacchetti della spesa sul ripiano della cucina, uno dei quali era pieno di pomodori, ortaggio prediletto dal fratellino. In mezzo a quelli spiccava il colore verde chiaro di un cavolo, ortaggio preferito dal maggiore.
«Pomodori!» fu la prima risposta che ricevette, ovviamente pronunciata da Sasuke.
«Anch'io voglio i pomodori, mamma!» li prese in giro Shisui imitando un bambino capriccioso.
«E pomodori siano» concesse Itachi sconsolato, tirandoli fuori dal sacchetto e cominciando a lavarli, facendo attenzione a scegliere i più succosi.
Nel frattempo il cugino si era avvicinato per mettere sul fuoco un po' di sano riso, non intendendo veramente mangiare solo pomodori come pranzo. Lui, poi, preferiva di gran lunga di più le melanzane, perciò che se ne faceva di così tanti pomodori?
Itachi lo lasciò fare, sicuro che almeno non avrebbe fatto saltare niente in aria, mentre contava mentalmente i pomodori che passava sotto l'acqua. Sasuke, interpretando quel gesto come un permesso speciale riservato solo al migliore amico, si alzò irritato per andare anche lui a dare una mano ad Itachi.
«Nii-san, cosa posso fare per aiutarti?» la voce candida del bambino innocente qual era Sasuke risuonò nelle orecchie di Itachi estremamente adorabile.
Lo guardò un attimo negli occhi, pensando di rimandarlo a sedersi liquidando la faccenda con un semplice sorriso, ma vedendo la scintilla di determinazione che sprizzava vivace dentro di essi, non ce la fece a dirgli di no.
«Puoi occuparti tu della spesa?» gli chiese allora gentilmente poggiando a terra i sacchetti pieni di cibo. Sasuke annuì con energia, mettendosi subito all'opera.
Shisui non poté che trovarlo spassoso: il comportamento del piccolo Uchiha gli ricordava tanto quello di un cagnolino ubbidiente che faceva in tutto e per tutto ciò che gli ordinava il padrone.
Piegò le labbra all'insù guardando Itachi, che fece la stessa cosa, e si andò a sedere.
«Dì un po', perché sei così affezionato a tuo fratello, Sasuke?» chiese al bambino che indaffarato non gli prestava granché attenzione, credendo vinta la sua sfida con lui.
Il nemico si era ritirato a sedere, e suo fratello non aveva fatto niente per impedirlo, il che significava che non aveva più bisogno di lui.
A quella domanda Sasuke passò dal bianco caratteristico della sua faccia al rosso bordeaux, restando in silenzio.
Anche Itachi non disse niente, in parte spettando anche lui la risposta che non arrivò poiché il fratellino si era completamente inceppato.
Un lampo di tristezza gli attraversò per un attimo gli occhi, mentre finiva di affettare i pomodori, subito disperso da un sorriso malinconico.
«Shisui» lo riprese Itachi con un tono di ammonimento spingendo intanto col coltello le fette di ortaggio su un piatto ovale, «se vuoi mangiare, stai in silenzio».
Sasuke, nell'osservare che il fratello non aveva dato peso a quella domanda ma al contrario l'aveva deliberatamente ignorata, divenne ancora più costernato di prima.
Dopo di ciò nessuno proferì più parola.
Sasuke finì in fretta di mettere le varie cibarie che avevano comprato nel piccolo frigo situato sotto il ripiano della cucina e nelle varie mensole, per affrettarsi poi a sedersi di fronte al cugino, il quale lo guardava con una punta di quello che al piccolo Uchiha parve disappunto, ed Itachi spense il fuoco, distribuì il riso in porzioni uguali nelle ciotole e portò il tutto in tavola, tirando fuori dal frigorifero anche delle alghe e delle salse nel caso qualcuno avesse voluto servirsene.
Mangiarono nel totale silenzio, sebbene ognuno dentro di sé non cessava di pensare all'accaduto.
Ad un certo punto tuttavia Shisui decise di rompere il silenzio, girandosi a fissare Itachi con insistenza: «Però io non vedo cosa ci sia di male in quello che ho chiesto».
Il maggiore dei fratelli Uchiha seguitò a mangiare con calma, mentre Sasuke veniva dilaniato da sentimenti contrastanti: affetto, invidia e gelosia, senso di inferiorità, vergogna, ma soprattutto un tremendo imbarazzo.
Non vi era dubbio che amasse il fratello più di qualsiasi altra persona, ma al contempo si sentiva di tradirlo nel provare gelosia ed invidia nei suoi confronti. Complice era anche l'imbarazzo ad ammettere una cosa del genere ad alta voce.
«Non sono questioni che ti riguardano» replicò improvvisamente il maggiore, non scomponendosi affatto nel pronunciare ciò.
Shisui continuò a guardarlo intensamente. Lasciò dunque perdere, visto che il cugino non sembrava voler discutere della cosa di fronte al fratello, già abbastanza colpito dalla tensione che si era creata tra i due.
«Ho capito» si arrese infine, posando le bacchette ed alzandosi dal tavolo, «Grazie per il pranzo».
«Dove stai andando?» gli domandò Itachi senza però muoversi dal suo posto.
L'unica risposta che si sentì fu un “A dopo” accompagnata da un cenno sbrigativo con la mano, ed in men che non si dica il ninja scomparve.
Nel frattempo Sasuke taceva ed osservava tutto sempre più allibito.
«Sasuke» richiamò la sua attenzione Itachi dopo una breve pausa sorridendogli in modo rassicurante «non ti preoccupare, Shisui è solo strano».
Il minore annuì senza tuttavia rispondere, limitandosi a guardarlo. Si vedeva che non era per niente convinto.
Il primogenito sospirò lievemente:
«Avvicinati un attimo» gli ordinò pacatamente, «hai qualcosa sulla guancia».
Sasuke fece come gli fu detto, sporgendosi un poco sopra il tavolo, aspettandosi che la mano del fratello gli sfiorasse la guancia, invece della fronte e dei capelli.
Sgranò un po' gli occhi, sorpreso, ed anche Itachi era turbato in cuor suo: non capiva se l'aveva fatto più per sé stesso che per il fratellino. Non era totalmente sicuro della risposta.
«Hai finito?» chiese allora al piccolo Uchiha mentre posava anch'egli le bacchette.
Sasuke annuì.
«Bene, allora sparecchiamo ed incamminiamoci verso il bosco».
Annuì nuovamente, sbrigandosi a fare ciò che gli aveva detto il fratello.
Non sapeva bene né cosa pensare, né cosa provare. Il sole che splendeva fuori non rispecchiava per niente ciò che provava dentro...
Circa mezz'ora dopo erano già nel bosco, indecisi sul da farsi.
Sasuke insisteva perché il fratello gli insegnasse la tecnica della moltiplicazione. Passò dunque al tono supplichevole, visto che quello insistente non aveva nessuna presa su Itachi, il quale si trattenne dal ridere solo per amore dell'orgoglio del suo otouto.
Si stava apprestando ad acconsentire, quando una voce famigliare giunse dall'alto:
«Ce ne avete messo di tempo, fratelli Uchiha!»
I diretti interessati sollevarono il capo verso gli alberi, individuando non con poca fatica un Shisui mezzo assonnato seduto su un grosso ramo, che li salutò agitando poco la mano.
«Shisui» fu l'unico commento di Itachi, abituato a ritrovarsi il cugino dappertutto.
«Anch'io sono contento di rivederti, amico mio» scherzò balzando giù dal suo nascondiglio, atterrando subitaneo di fianco al maggiore degli Uchiha.
«Hey Sasuke!» ghignò flettendosi sulle ginocchia per essere sullo stesso livello del cuginetto «Che ne dici se te la insegno io la tecnica della moltiplicazione?»
Sasuke lo squadrò in silenzio, ritirandosi piano dietro il fratello esattamente come fece al negozietto dei dango.
«Preferisco che sia Nii-san ad insegnarmela» contestò guardandolo negli occhi.
Lo aveva detto con una tale serietà che persino Itachi ne rimase nel profondo stupito, ed in un certo senso lusingato.
«Illuso» mormorò Shisui sorridendo. Il cugino non lo vide, dato che gli stava dando le spalle ed era chinato verso il suo otouto, perché altrimenti avrebbe compreso al volo che aveva in mente qualcosa.
Infatti il Fulmineo, come lo aveva denominato il villaggio già alla tenera età di 13 anni, scattò in piedi, si girò verso il maggiore degli Uchiha e lo tramortì per poi sollevarlo di peso.
Itachi non ebbe il tempo di reagire, ma Sasuke non si rese neanche conto di cosa stava succedendo.
«Se è così, allora prova a prendermi! Devi meritartelo, tuo fratello!» affermò non smettendo di sorridere neanche per un secondo.
Sasuke rimase dapprima pietrificato. Sapeva per sentito dire dagli abitanti del villaggio, dal padre e dal fratello che il cugino era praticamente il ninja più veloce nell'intero clan.
Come avrebbe potuto lui compararsi con una persona simile?
«Guarda che non te lo restituisco finché non mi prendi ed arrendersi non rientra nelle opzioni» tenne a precisare al minore degli Uchiha Shisui saltando su un ramo di media altezza, mentre Itachi cercava inutilmente di sciogliere la presa del migliore amico e protestava mantenendo però il suo tono pacato di sempre.
«Anche se, per te, potrei anche decidere di andarci piano».
Quelle parole sortirono l'effetto desiderato: Sasuke si irritò notevolmente, lasciando trasparire la rabbia sul volto. Aveva colpito con precisione il nervo dell'orgoglio.
Shisui si voltò e cominciò a correre sghignazzando e prendendo in giro Sasuke, mentre questo gli stava alle calcagna.
Il pomeriggio lo passarono così, tra le risate di Shisui, tredicenne un po' anomalo, e le minacce del piccolo di casa Uchiha, bambino di 6 anni.
Nessuno pensava al povero Itachi che, sballonzolato di qua e di là, si tratteneva a fatica dal rimettere.
Almeno però quella domenica i fratelli Uchiha impararono qualcosa di molto importante: mai ignorare una domanda, specie se a porgerla era Shisui Uchiha.
Per il resto, fu una domenica abbastanza tranquilla. Abbastanza.

Quella stessa sera.
«Allora, vi siete divertiti in nostra assenza?» domandò mamma Mikoto mentre tirava fuori le stoviglie per apparecchiare il tavolo. Papà Fugaku era andato un attimo in bagno, ma ovviamente non lo aveva detto ad alta voce.
Inclinò il capo all'indietro per studiare le espressioni dei suoi due figli, le quali le parevano alquanto indecifrabili a prima vista: Itachi non sollevò nemmeno la testa alle sue parole, continuando a fissare il tavolo, e Sasuke lo guardava inquieto.
«Sì, mamma, Shisui è venuto a tenerci compagnia» le rispose infine il maggiore dei due, girandosi a sorriderle tranquillo.
La signora Uchiha non colse i significati celati all'interno di quella frase, continuando ad interrogarli con interesse.
"Beata ignoranza" pensò Itachi mentre la ascoltava parlare.

Nota dell'autrice:
Buona sera! Non avendo tempo non posso dilungarmi, perciò vorrei solo precisare che il personaggio di Shisui non corrisponde a quello del manga, ma dato che non vi sono descrizioni precise sulla sua personalità ed età, mi son presa la libertà di plasmarlo a mio piacere.
Ringrazio chiunque abbia letto/buttato un occhio/sbadigliato!
Alla prossima,
Dia
 

 

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Capitolo 2
*** Collana ***


II.Collana

Le grida, il rumore delle spade affilate che si scontravano, il tonfo dei corpi feriti e boccheggianti che cadevano e morivano, i rantoli di dolore di chi era sopravvissuto ma si trascinava a fatica avanti, i pianti di chi non poteva più tornare indietro risuonavano nelle sue orecchie con una tale intensità da fargli credere che le sue orecchie – ed il suo cuore – non avrebbero più retto.
In quel caos infernale Itachi riconobbe però chiaramente una faccia, il volto di un ninja, un Uchiha come lui. Era un uomo gioviale che aveva chiacchierato volentieri con lui al villaggio, un amico del padre. Non ricordava esattamente il suo nome in quel frangente, ma solo che era una figura alta, con dei lineamenti gentili sul volto, i capelli leggermente mossi e gli occhi vispi e del nero caratteristico del loro clan.
L'unico altro dettaglio che riusciva a venirgli in mente era una collana che aveva portato con sé prima di partire. Un regalo per la moglie, gli aveva sussurrato ad un certo punto mentre correvano verso il campo di battaglia sorridendogli con un'espressione dolce, la stessa che neanche la morte era riuscita a strappargli.
Vagando infatti per quella landa desolata, ricolma soltanto di cadaveri dopo che la furia mostruosa della guerra aveva spazzato via tutto, qualcuno aveva richiamato la sua attenzione. Era sdraiato pancia a terra, con innumerevoli shuriken e kunai conficcati nella schiena, coperta dalla divisa ormai piena di sangue.
Si era affrettato a raggiungerlo, chinandosi davanti a lui e chiedendogli delle sue condizioni.
Aveva però capito da solo che le sue possibilità di sopravvivenza erano nulle, convinzione che era stata confermata dal cenno di testa negativo dell'uomo.
«Hanno colpito la colonna vertebrale, le mie gambe sono paralizzate» sussurrò lui con una fatica immane, sentendo la sua coscienza venire a poco a poco risucchiata nel buio.
Itachi chiuse per un attimo gli occhi, oscurando quella triste, orrida visione.
Sapeva che niente sarebbe cambiato dopo averli riaperti. Lo sapeva, eppure pregò che invece accadesse un miracolo una volta che la luce avrebbe riflesso l'immagine dell'uomo davanti a lui nei suoi occhi.
«Posso...» riprese l'uomo respirando affannosamente e portando il braccio destro in avanti, «Posso chiederti... un favore...?».
Riaprì gli occhi neri come la pece, richiamato dalla sua voce flebile. Con le lacrime che già scendevano giù per il viso, acconsentì in un soffio.
«Potresti...» un colpo di tosse troncò la sua frase a metà, facendogli sputare sangue.
Itachi si piegò ancora di più per sentire anche solo il minimo sospiro, continuando a piangere in silenzio, la vista offuscata dalle gocce d'acqua salata.
Il silenzio riempì l'aria, creando un'angoscia opprimente.
«... dare questa... a mia moglie?» finì lui tempo dopo, aprendo il suo pugno per lasciar cadere sulle dita del bambino quella collana con tre piccoli anelli che gli aveva visto indosso in precedenza.
La sua mano tremò nel separarsi da quell'oggetto, così come le sue labbra. E, nonostante il fatto che stesse morendo tra atroci sofferenze, sorrise.
«Puoi anche dirle...» articolò per l'ultima volta, gli occhi ormai grigi che si chiudevano adagio «... che io...».
Le parole furon portate via dalla morte, che sopraggiunse proprio in quel momento a prenderlo.
Itachi però aveva compreso cosa aveva voluto dire il morente.
Lo aveva capito dal suo sguardo sereno, dal modo in cui aveva proteso la mano, come se andasse in cerca di qualcuno, dal tono di voce, appena udibile, ma infinitamente dolce, un po' tremolante per l'emozione.
Raccolse con lentezza la collana, fissandola a lungo, per poi stringerla nel suo pugno, mentre la pioggia cominciava a scendere.
L'altra mano andò a posarsi sugli occhi ancora semi aperti del ninja. Li chiuse, e finalmente, dopo tanto indugiare, si allontanò.

Una volta tornato al villaggio, il che successe due giorni dopo, quando tutti i superstiti furono riportati nel modo più veloce e sicuro possibile al quartiere Uchiha, andò a cercare quella persona.
Sapeva bene la strada per casa sua, ci era stato un paio di volte insieme ai suoi genitori.

La trovò sulla soglia, probabilmente in attesa che il marito tornasse da lei spuntando improvvisamente da un vicolo e salutandola con quel suo fare gioioso. Capelli lisci lunghi fino alle spalle, occhi scuri ma vivaci, un vestito estivo indaco fino alle ginocchia. Un'espressione di speranza.
Ma invece del suo uomo vide solo un piccolo bambino di 4 anni, che si avvicinò con estrema lentezza a lei. Quando lei mise bene a fuoco il suo volto, si ricordò immediatamente di lui.
«Itachi-kun?» tentennò la signora Shizuka avvicinandosi sicura.
Lui si fermò ed annuì, salutandola mestamente. Strinse i pugni mentre cercava di parlare, ma non ci riuscì. Aprì e chiuse la bocca tante volte, ma ne uscì solo un straziante silenzio.
La giovane ed appena sposata Uchiha fu assalita dall'ansia.
«Itachi-kun... ma... mio marito?»
Alle sue parole, vide gli occhi di quel bambino assottigliarsi in un'espressione addolorata, fissati su qualcosa di indefinito per terra.
Poi lui alzò la mano sinistra, afferrò una delle sue e con l'altra fece scorrere il filo d'argento nel suo palmo.
La donna sgranò gli occhi, passando le dita sui tre piccoli anelli di metallo analizzandone la fattura.
«Questa...?» pronunciò con un soffio, guardando confusa ed al contempo spaventata il piccolo davanti a sé.
«Un regalo» disse, senza trovare la forza di alzare la testa per guardarla negli occhi.
«Un regalo d'addio» ripeté, notando che lei non aveva colto il senso della sua frase.
La vedova intese subito ciò che voleva insinuare Itachi.
«È vero dunque...» disse piano, mentre le lacrime le salivano rapidamente agli occhi.
Cercò  di trattenersi, di mantenere un contegno, portandosi invano le mani sulla faccia in un gesto protettivo verso sé stessa.
«Mi ha anche chiesto di dirle...» riprese poi con un filo di voce sentendola singhiozzare a tratti, «... che l'ha sempre amata e la amerà per sempre».
Lei a quel punto lo guardò con le lacrime agli occhi, cadde in ginocchio e, abbracciandolo, scoppiò a piangere di un pianto straziante, stringendo la collana con una tale forza che se fosse stata acuminata le avrebbe perforato la pelle. Itachi non poté far altro che ricambiare il gesto.
Le stette vicino per molto tempo, finché lei non si riprese un attimo dalla sua disperazione. La accompagnò in casa, facendola sedere nella cucina spaziosa e ben illuminata, e quindi si recò a casa dei suoi genitori per avvisarli di andare subitaneamente a visitare la figlia.
Non ritornò più in quella casa, se non per il funerale, ma in realtà non abbandonò mai quella signora, né con lo sguardo e né col cuore.
Alcune volte si ritrovava a passeggiare nelle vie che portavano a casa sua, dove la si vedeva spesso passare per andare a fare la spesa al mercato. La seguiva con gli occhi, giudicando ogni suo movimento, ogni espressione che le si dipingeva in volto quando parlava qualcuno, ed anche quando era sola ai suoi pensieri. Spesso lo sguardo finiva sulla collana che aveva allacciata al collo, portata con dolore ed al contempo con orgoglio, per poi distoglierlo subito dopo.

Non parlò con nessuno di quei ricordi, nemmeno col padre o con Shisui, il quale, dopo averlo beccato due volte piangere da solo in un luogo appartato, aveva intuito qualcosa ma aveva preferito aspettare che fosse l'amico a prender parola, liberamente, quando e dove avesse voluto lui.
Ma aspettò per nulla, perché gli anni passarono, il paesaggio rinnovò di continuo il suo aspetto, le persone crebbero ed il bambino di 4 anni diventò di colpo un adulto, con missioni, responsabilità, preoccupazioni. Ed infine giunse anche il fatidico giorno dello sterminio.
Quella notte, Itachi si era preparato mentalmente per compiere la sua missione senza fallo, ma nonostante ciò, il cuore vacillò nel suo petto quando varcò la soglia di quell'abitazione.
Entrando, vi trovò la signora Shizuka seduta sulla stessa sedia di quel giorno lontano, con una foto incorniciata del marito in mano ed una candela appoggiata in mezzo al tavolo ad illuminare la stanza.
Era l'anniversario della morte di Daiki-san, realizzò lui assistendo a quella scena.
Si avvicinò dunque senza il minimo rumore, notando non appena le fu dietro che la donna teneva fra le dita una collana che in quel momento brillava intensamente alla luce della luna. La collana che il marito, quella che l'ormai morto coniuge le avrebbe voluto regalare di persona, ma che in realtà fu lui stesso a recapitarle.
Serrò gli occhi per l'ultima volta di fronte a loro, stringendo forte il manico della sua spada, e dunque procedette trafiggendole il petto.
Un tremito lo scosse forte, e la voglia di piangere lo invase con una violenza inaudita.
Le parole dell'uomo gli ritornarono in mente, invadendola prepotentemente, mentre la guardava cadere e sentiva il suono della collana sbattere contro il duro pavimento.
Puoi anche dirle... che io...
Si voltò, lanciando un ultimo sguardo verso la figura esanime della donna, ed uscì rapidamente da quel posto. Non lasciò il minimo spazio ai suoi sentimenti, che altrimenti sarebbero esplosi dentro di lui travolgendolo come un fiume in piena.
«E tu, tu potresti dire al mio fratellino che io lo amerò per sempre?» sussurrò apparentemente al vuoto, sicuro però che il diretto interessato stesse ascoltando, da qualche parte sopra di lui, sebbene non avrebbe mai potuto dargli la risposta che aspettava.
Sorrise amaramente e continuò a correre, portandosi dietro la consapevolezza dell'ennesima vita infranta.
Qualche anno dopo, Itachi si trovò ad essere a Konoha sotto mentite spoglie.
Aveva fatto le sue scelte, giuste o meno che fossero, ed era andato avanti.
A fatica, trascinandosi, consumato dalla malattia, era andato avanti.
Quel giorno però fece un incontro inaspettato per le strade del mercato.
No, non si imbatté in una vecchia conoscenza, ma con la coda dell'occhio scorse un oggetto scintillante al sole, che quel giorno brillava intenso nel cielo azzurro e terso.
Gli sembrò vagamente famigliare, così voltò il capo in sua direzione, e spalancò impercettibilmente gli occhi.
Si avvicinò alla bancarella dove la collana affidatagli tantissimi anni prima da un consanguineo morente giaceva riposta con estrema cura su un tessuto di stoffa rossa.
“Non può essere” pensò lui sorpreso nel profondo, sebbene il suo volto non mostrasse che una minima parte del suo sbalordimento.
Guardò il prezzo, una cifra esorbitante, che però non esito a sborsare.
Non avrebbe mai immaginato che avrebbero rubato quel cimelio, quell'effetto personale così caro ad una persona, morta oltretutto, per rivenderla chissà dove.
Si chiese inoltre perché, dopo tanto tempo, fosse ancora senza proprietario, dato il suo notevole valore.
"Daiki-san..."
Non volendo che cadesse ancora in mani sconsiderate, del tutto ignare del vero significato esistenziale di quel gioiello, lo prese con sé, e dopo averlo fatto, gli venne spontaneo guardare verso il cielo.
Dapprima la luce lo accecò, cosicché non vide niente, però gli sembrò di poter ancora udire quelle parole sussurrategli dal ninja morente nelle orecchia, e di percepire nel sole il calore di quel sorriso dolce e malinconico comparso sulle sue labbra prima di spengersi per sempre.
Se la allacciò al collo e dunque si voltò per continuare il suo cammino nel più totale silenzio, confortato e dal contempo crucciato dai suoi stessi ricordi.
Dall'alto, i coniugi Uchiha lo guardavano con un misto di tenerezza e malinconia, tenendosi per mano in una dimostrazione di immortale amore.
Si allontanarono senza fretta dal bordo del cielo e ritornarono verso i loro parenti, amici, fratelli, congiunti a vivere la loro vita ultraterrena in pace.
L'unica cosa che li legava ancora al mondo terreno era ormai in mani sicure, e loro non avrebbero dovuto fare altro che buttare un occhio sul suo portatore di tanto in tanto, giusto per assicurarsi che stesse bene e se la cavasse in qualche modo, certi che alla fine ce l'avrebbe fatta.


Note dell'autrice:
Come al solito il mio orario è off, sempre per il rotto della cuffia XD
Chiedo scusa a chiunque stia leggendo questo capitolo... è veramente angst, Itachi centric, sebbene alla fine io abbia cercato di aprire uno spiraglio... Non so se ci son riuscita XD
Visto che non c'era nessun riferimento alla collana di Itachi nel manga, ne ho preso spunto per scrivere qualcosa... Purtroppo è così che me lo immagino, anche perché Itachi difficilmente avrebbe comprato di sua spontanea volontà qualcosa per sé (questo è il mio pensiero, poi non so XD). Inoltre il signor Daiki funge un po' da "modello" al giovanissimo Itachi, che già a 4 anni ha sperimentato la guerra e di sicuro ha avuto un pessimo contraccolpo.
Grazie comunque a tutti coloro che hanno letto fino alla fine!
Inoltre un ringraziamento speciale va alle 4 persone che hanno recensito il capitolo precedente.
Thank you!


 

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Capitolo 3
*** Help! Indagine su mio fratello Itachi! ***


III. Help! Indagine su mio fratello Itachi!

Mi chiamo Sasuke Uchiha ed ho 6 anni. Oggi ho una missione da compiere, una missione che preparo accuratamente da due giorni ormai.
Essa consiste nel raccogliere il maggior numero di informazioni sull'identità di mio fratello Itachi, 11 anni, dagli abitanti del quartiere Uchiha.
Ovviamente ho già calcolato tutto nei minimi dettagli: dall'equipaggiamento richiesto, ovvero zainetto con acqua ed onigiri al tonno – rubati dal frigo all'insaputa di mamma – visto il sole cocente che c'è fuori, alla modalità con la quale poter andare in città senza la presenza di famigliari stretti.
Quando infatti ho detto alla mamma che Shisui mi aveva proposto un giorno prima di andare a spasso con lui per un'intera giornata, ignorando il fatto che io l'abbia implorato in realtà ad essere il mio accompagnatore, ha opposto una flebile resistenza all'inizio, ma poi si è lasciata convincere dalle mie parole e dal mio sguardo – il più implorante del mio repertorio, è ovvio – e mi ha accordato il permesso di uscire a patto di non allontanarmi mai da mio cugino.
Non sono riuscito a trattenermi dal sorridere contento, mentre saluto ad alta voce lei. In parte sono contento perché papà è al lavoro e non può scoccarmi uno di quegli sguardi severi che di solito riserva solo a me.
Mi affretto a recarmi all'entrata ed infilarmi le scarpe, senza dimenticare di prendere lo zaino appoggiato sul pavimento in legno ed infilare il mio leggero mantello blu scuro con cappuccio per camuffarmi.
Non appena apro la porta socchiudo gli occhi, accecato momentaneamente da così tanto sole, che un attimo dopo mi inonda di piacevole tepore con i suoi raggi.
Riaprendoli mi accorgo che Shisui è già arrivato. Sta con la schiena appoggiata al muro di casa mia, gli occhi chiusi e le braccia incrociate, dando l'impressione di apprezzare quel tepore mattutino sulla pelle.
«Sei pronto?» mi chiede subito dopo che sono uscito, staccandosi dal muro e venendomi incontro.
Io annuisco energicamente per dimostrargli la mia determinazione, stringendo le spalline della mia sacca blu, e mi affianco a lui, accorgendomi che è vestito in civile quel giorno.
Insieme ci avviamo verso il centro del quartiere, accompagnati solo dal cinguettio degli uccelli e dal basso parlottare delle persone ai margini della strada. Non è ancora giunta l'ora in cui tutta la gente si riversa per le vie indaffarata nelle sue faccende quotidiane, così possiamo goderci il relativo silenzio della mattina. Ad un certo punto sento qualcosa premermi sulla testa, così alzo lo sguardo e fisso la mano di Shisui che intanto si è messo un cappello in testa nel tentativo – abbastanza fallito secondo me – di cacciare sotto di esso la sua chioma di ciuffi ribelli.
«Itachi è in missione oggi, ma è meglio prendere misure di sicurezza» mi spiega senza fermarsi, mentre io guardo di sbieco il cappello blu da pescatore ficcatomi in testa.
Borbotto qualcosa in risposta contrariato, affrettando il passo per non lasciare che mi semini, mentre lui ride alla mia sinistra.
L'idea di spiare Itachi l'avevo effettivamente considerata per qualche secondo, ma poi dopo una breve riflessione ho deciso di accantonarla subito: credo che mi siano bastate tutte le volte che mi ha beccato a fissarlo dalla fessura della porta di camera sua oppure a seguirlo per un certo tratto di strada prima di perderlo di vista in un attimo. Abbastanza figuracce insomma.
«Tu non è che potresti già dirmi qualcosa, cugino?» lo interrogo impaziente io, sperando in una risposta affermativa che non arriverà mai.
Shisui sorride e scuote la testa, mormorando un “Forse dopo” misterioso e che mi suona parecchio dubbioso.

Finalmente giungiamo nei pressi del centro. Scorgo immediatamente la zia Uruchi sulla porta di casa, e le vado incontro incurante delle precauzioni da prendere durante la nostra missione.
La saluto gioiosamente come sempre e lei mi guarda stranita, non riconoscendomi subito.
Quando sollevo il lembo del cappello per farle vedere il mio viso, scoppia dunque in una risata allegra, chiedendomi dove mai lo avessi preso. Io lancio un'occhiata accusatoria di sottecchi a Shisui, che fa finta di non aver né sentito né visto e procede anche lui a dare il buongiorno.
Quella volpe!
«Non starai mica andando in giro da solo, vero Sasuke-kun?» lo riprese lei smettendo di spazzare e portandosi una mano su un fianco, inarcando le sopracciglia in un'espressione bonaria di rimprovero.
«No, mi accompagna mio cugino» rispondo io di getto per non farla impensierire, parole alle quali Shisui annuisce con un sorriso rassicurante alla zia, che pare soddisfatta della risposta.
E quindi, l'ora è ormai giunta. Si parte con l'interrogatorio!
«Obaa-chan, cosa sapresti dirmi di mio fratello?» balbetto un po', cercando di non dare a vedere l'emozione che mi provoca il fare una cosa del genere alle spalle di Itachi.
Lei mi risponde con uno sguardo interrogativo, abbandonando il cipiglio da finta arrabbiata.
Mi rendo conto di non essermi espresso bene, quindi riformulo la domanda in un modo un po' più comprensibile, chiedendole se non aveva mai notato delle cose particolari sul mio Nii-san.
Lei sgrana un po' gli occhi sorpresa e poi si porta una mano alla bocca, il che sta a indicare che ci sta riflettendo su.
Io intanto attendo con trepidazione, curioso di saperne di più sui segreti di Itachi, mentre Shisui osserva il tutto con un sorriso sornione e rimane in silenzio.
Non credo che capirò mai cosa passa per la testa a mio cugino, i suoi modi di fare sono ambigui tanto quanto quelli di Itachi. Ammetto che è più aperto di lui, ma quando sorride in quel modo enigmatico mi ricorda molto il mio Nii-san.
«Ora che me lo chiedi, qualche volta l'ho visto dar da mangiare ad un gatto nero che gironzola per il quartiere. È l'unica cosa che ho notato» mi rivela la zia, lasciandomi alquanto perplesso.
«Non sapevo che gli piacessero i gatti, perciò ho fatto la tua stessa faccia quando l'ho visto, Sasuke-kun» sorrise lei divertita guardando la mia espressione.
Una preferenza acquisita, la prima vittoria della mia missione!
Le rivolgo un sorriso furbo e la ringrazio per la sua cooperazione, continuando il nostro giro in caccia di validi indizi sull'indole nascosta di mio fratello.
Ci fermiamo dal negozietto di dango, poco distante dalla casa degli zii. Il venditore assottiglia gli occhi alla nostra vista, ma ci dà lo stesso due spiedini con le deliziose palline dolci speziate infilate dentro.
Sembra che stia cercando di indovinare la nostra identità, ma a quanto pare i cappelli da pescatore, il mantello ed il modo di fare circospetto funzionano.
«Senta, un'informazione» prendo la parola io tra un morso e l'altro, «Saprebbe dirmi qualcosa di strano su Itachi Uchiha?».
Lo vedo sporgersi pericolosamente verso di me da dietro il bancone e domandarmi il perché di questo quesito. Lancio uno sguardo d'intesa a Shisui il quale mi fa un cenno affermativo del capo, ed a quel gesto sollevo appena la testa ed il cappello. L'uomo barbuto mi riconosce subito, ma io gli impedisco di gridare con energia come fa sempre quando vede uno dei bambini frequentatori del suo negozio facendogli immediatamente cenno di rimanere in silenzio.
Ripetuta la domanda, pare che si stia spremendo le meningi per darmi una risposta soddisfacente.
«Beh» indugia lui grattandosi una tempia con una mano, «tuo fratello viene spesso a mangiare dango qui in compagnia del suo migliore amico».
Entrambi giriamo il viso verso Shisui, che non smentisce niente di ciò che è stato detto.
«Mi pare che gli piacciano particolarmente quelli dolci con il tè verde» afferma lui muovendo le labbra in quella che mi sembra la conta di quante volte ha servito quel tipo di prodotto al mio Nii-san.
«Sì» asserisce poi più convinto guardandomi negli occhi con un sorriso «Sono quelli che ha ordinato di più».
Lo ringrazio ed insieme a Shisui mi avvio per altri negozi, contenendo a fatica il mio entusiasmo.
Tutti i presenti nel centro, dai venditori ai compratori ed ai semplici passanti, collaborano con noi, chi con più pazienza e chi con meno, fornendoci informazioni talvolta già conosciute, come per esempio il fatto che a mio fratello piacciano i cavoli – non per questo mamma ne ha sempre una scorta, affiancata da quella di pomodori – , e talvolta totalmente estranee alle mie orecchie: qualcuno è arrivato a dire che una volta ha intravisto qualcuno che “sembrava mio fratello” fare il funambolo sui cavi elettrici della città, affermazione negata immediatamente da un cenno di testa di Shisui e che è passata nelle top 10 delle baggianate più eclatanti.
Dopo però tanto andare avanti ed indietro, soprattutto nell'andirivieni del mercato, mi viene una fame pazzesca, che la mia mente vuol tacere ma il mio stomaco spiffera a tutti i venti borbottando forte.
Mi volto per osservare la faccia di Shisui, che si rivela essere identica a quella di quel giorno in cui ha accompagnato me ed Itachi a fare la spesa, ovvero con gli occhi leggermente sgranati per la sorpresa.
Come sospettavo sin dal principio, si mette a ridere di gusto, credo per la mia faccia che ora deve essere di un colore simile a quello dell'ortaggio che tanto mi piace.
Accidenti a lui, non la smette più!
Mi verrebbe voglia di fargli qualcosa, ma mi trattengo per buonsenso, informandolo che io ho degli onigiri da mangiare per pranzo.
Finito di ridere mi intima a seguirlo a casa sua, non dando retta a ciò che ho appena detto, dato che siamo nelle vicinanze.
Percorriamo la strada parlando di tanto in tanto di ciò che abbiamo scoperto, o per meglio dire, di ciò che io ho scoperto, visto che dubito mio cugino non sapesse tutte quelle cose su Itachi. L'unico problema è che lui non vuole essere mio complice, resta impuntato nel suo silenzio, incorruttibile.
Tra una chiacchiera e l'altra giungiamo davanti ad una villetta relativamente modesta, che assomiglia molto alla nostra.
Shisui apre la porta e mi fa spazio, cosicché io possa entrare per primo.
Dopo aver fatto tutto il necessario prima di mettere piede sul pavimento di un'abitazione, ci dirigiamo in cucina, dove troviamo, seduti intorno ad un tavolino già a mangiare, gli zii.
Zio Kagami smette di fissare con astio l'uva passa, infilata per l'ennesima volta dalla moglie in un onigiri in modo strategico di modo che il marito non la veda e la mandi giù, per rivolgere il suo sguardo verso la fonte del rumore.
Vedere lo zio mi mette di buon umore: è una persona solare che ama sempre scherzare, per non citare poi la sua comicità quando battibecca con la zia per ragioni stupide.
Il suo viso si illumina, scacciando in un secondo le ombre della depressione per l'ennesimo attentato della zia, e la sua mano si alza automaticamente in segno di saluto.
Zia Misaki ci accoglie con un “Buongiorno” e si alza dal suo posto, mentre noi ci accomodiamo, anche se non mi sento bene nell'esser piombato in mezzo al pasto così.
Mi affretto a chiarire che io il pranzo ce l'ho, e non so perché ma tutti scoppiano a ridere dopo avermi fissato intensamente in volto.
Possibile che lo facciano per prendermi in giro? Il dubbio mi assale.
«Sei cresciuto dall'ultima volta che ti ho visto, Sasuke-kun!» prorompe gioioso zio facendomi segno di sedermi accanto a lui, «Adesso hai 6 anni, vero?».
Io annuisco e tiro fuori gli onigini dal mio zaino, cominciando a mangiarli senza preoccuparmi dei loro sguardi ilari.
Intanto la zia torna indietro portandoci due porzioni abbondanti di cibo.
Protestare con lei è inutile, quindi mi rassegno ai fatti tirando un sospiro sconsolato.
Finiamo di pranzare verso le due, uscendo da casa di Shisui pesanti come sassi.
Continuiamo il nostro giro, raccogliendo però ben poche informazioni interessanti: la maggior parte delle persone loda Itachi in modo profuso, ma non sa niente in più sul suo conto se non che è un genio.
Il mio buon umore si smorza, e l'eccitazione lascia il posto ad una leggera delusione.
Più vado avanti con il mio interrogatorio, più mi rendo conto che quello che si nota di mio fratello è il suo portamento pacato, la gentilezza innata ed il talento naturale: la sua personalità però non viene mai completamente alla superficie.
All'improvviso Shisui dichiara di voler concludere l'indagine visto che si sta rivelando inconcludente.
A malincuore acconsento, tirando su lo zaino.
«Vorrei fermarmi un attimo al lago, ti va bene?» mi chiede avviandosi già verso il luogo da lui indicato, che io conosco.
Lo seguo senza fare domande e, quando giungiamo lì, mi siedo sul ponticello insieme a lui, guardando l'acqua limpida e stagnante in silenzio.
Non capisco molto bene cosa sta succedendo, ma preferisco rimanere così. Sospiro scoraggiato.
«Tu pensi di conoscerlo meglio degli altri?».
La sua domanda mi giunge lontana, ma ha comunque il potere di spiazzarmi.
Mi sento disturbato dal fatto che me lo abbia chiesto. Me lo sono domandato anche io oggi, ma sinceramente non ho voluto rispondere per paura di sapere che non era così.
Sento Shisui sospirare vicino a me, il che mi fa girare il volto verso di lui.
«Neanch'io so bene che cosa passi per la testa di tuo fratello» ammette lui infine dopo un breve silenzio, sollevando gli angoli della bocca in un sorriso accennato.
La sorpresa è tanta che mi si spalancano gli occhi. Shisui è il suo migliore amico da quando ho memoria, colui con il quale Itachi ha speso più tempo come persona eccettuando i famigliari stretti, quindi mi viene spontaneo voler affermare che ciò non può essere vero, ma non ne ho il tempo.
«Itachi è un ragazzo... chiuso, se così si può dire. Non esterna le sue emozioni ed i suoi pensieri come facciamo noi, preferisce più tenersi tutto dentro per non farci preoccupare».
Il suo tono serio mi convince senza che io me ne renda conto. Rimango in silenzio e penso a ciò che lui mi ha appena detto: ricollegando il comportamento schivo di mio fratello con la sua affermazione, questo mi risulta così semplicemente logico che è quasi incredibile non averlo realizzato prima.
«Però penso che sarà lui stesso a mostrarci il suo io, in modo del tutto inaspettato» continua lui guardando un punto indeterminato davanti a sé, la voce sicura e lo sguardo determinato «Nel limite dei suoi tempi, certo, ma per questo si può aspettare».
Le sue parole, non so esattamente come, mi tranquillizzano. Continuo a fissarlo, mentre lui si volta e mi rivolge un sorriso.
«Oppure potremmo rinchiuderlo in una camera, immobilizzarlo ed intimargli di tirare tutto fuori» scherza lui ridendo della sua stessa proposta.
Io gli sorrido furbo, l'idea non è poi così malvagia... Ma non potrei mai farlo, non da solo almeno, poiché Nii-san non si lascerebbe mai scoperto.

Il sole è appena tramontato, così di comune accordo decidiamo di incamminarci verso casa. Una volta arrivati mi rendo conto di esser stanchissimo – cosa che non ammetterò mai – , e dalla faccia un po' scura di Shisui capisco che anche lui ha girovagato abbastanza per oggi. Poggio lo zaino per terra nell'ingresso e mi tolgo il mantello ed il cappello.
Per una fortuita combinazione è mia mamma che ci viene ad accogliere – se fosse stato Itachi oppure mio padre mi sarebbe preso un bel colpo – , con un sorriso dolce che sembra appena sfornato e quindi fresco fresco.
Come d'abitudine, invita gentilmente mio cugino a fermarsi un po' a riposare e rifocillarsi, visto anche il fatto che la sua abitazione è abbastanza distante da dove viviamo noi. Shisui, togliendosi finalmente quel ridicolo cappello da pescatore che a fine giornata, osservando bene, sembra esser diventato più la coperta di un porcospino, accetta di buon grado, ringraziandola per l'ospitalità e procedendo a sfilarsi le scarpe.
Ci dirigiamo nel bagno di fronte alla cucina per lavarci le mani e rinfrescarci un po', e poi ci rechiamo in cucina. Nel corridoio si può sentire il buon profumo di miso e pesce grigliato, che mi fa venire immediatamente l'acquolina in bocca.
Il tutto è già stato ordinatamente disposto a tavola, cosicché io e Shisui non dobbiamo far altro che sederci e darci dentro.
«Mangiate tranquilli ragazzi, noi abbiamo già finito» ci informa mia madre sorridendoci, al che noi annuiamo soltanto, troppo presi dal mangiare quelle prelibatezze.
«Mamma» mi viene un dubbio all'improvviso, visto che lei ha parlato il plurale pur non essendo papà ancora tornato dal lavoro «ma Itachi è a casa?».
«Sì, dovrebbe essere di sopra. È tornato prima del solito: aveva l'aria di essere molto stanco e così dopo cena gli ho preparato un bel bagno caldo» mi risponde lei senza smettere di lavare i piatti.
«In effetti è da un po' di tempo che è dentro... Che abbia già finito e sia andato a dormire?» aggiunge poi pensierosa, voltandosi in mia direzione.
Io e Shisui ci scambiamo uno sguardo d'intesa e ci fondiamo fuori dalla cucina, mentre mamma tenta inutilmente di richiamarci.
Mio fratello di solito saluta sempre prima di entrare, uscire oppure andare a dormire, questo lo so bene.
Diretti al piano di sopra, sentiamo un rumore d'acqua che cade sul parquet, il quale proviene esattamente dalla vasca da bagno in legno. Arriviamo alla velocità della luce, apriamo la porta scorrevole ed entrambi vediamo con estremo orrore Itachi con mezza faccia sott'acqua, gli occhi chiusi ed il corpo immobile.
Caccio un urlo che mi assorda quasi, precipitandomi per sollevarlo al di sopra del pelo dell'acqua, anche se le mani mi tremano leggermente.
Anche Shisui mi aiuta, agguantandolo per il braccio destro e tirandolo su con forza, finché non osserviamo che Itachi sta pian piano riaprendo gli occhi.
Gli lasciamo le braccia per chiedergli – quasi urlando – cos'è successo: lui, vedendoci così preoccupati, spalanca gli occhi e rimane un attimo a squadrarci confuso, per poi bofonchiare che non era successo niente di grave e che si era solo appisolato un attimo.
Intanto arriva anche mia mamma, al quale non raccontiamo subito l'avvenuto per via dell'agitazione.
In realtà è stato solo un colpo di sonno, come il mio Nii-san ci ha ripetuto con voce flebile un sacco di volte nel concitare confuso che si è creato in cucina dopo ciò che è accaduto, ma ormai nessuno riesce a fermare Shisui che gli sta facendo una ramanzina da almeno mezz'ora con un cipiglio severo ed arrabbiato sul non dover strafare e non doverci far prendere dei tali infarti, mentre io guardo Itachi preoccupato e mamma con una leggera apprensione.
Le cose degenerano ulteriormente quando arriva papà a casa, che si mette ad interrogare Itachi su cos'è successo con una tale serietà da risultare quasi opprimente, sebbene lui in realtà sia, come tutti noi, solo profondamente preoccupato per Itachi.
Povero Nii-san, che serata di fuoco... credo che non se la scorderà mai, come tutti noi d'altronde.
In un modo o nell'altro alla fine riesce a calmarci tutti – a me ha fatto una gentile carezza sulla testa – rassicurandoci che non succederà mai più. Anche Shisui si zittisce, sebbene quel furbo di mio cugino, sono sicuro, si è più divertito che altro a far la predica a mio fratello.
Gli do mentalmente della volpe, e proprio in quel momento lui si volta verso di me è mi lancia uno sguardo del tipo "Cosa ti avevo detto?".
Capisco perfettamente a cosa si riferisce, così gli annuisco.
Il mio fratellone è davvero gentile, ma soprattutto è umano.


Note dell'autrice:
Scusate per questo delirio, e scusate per i tempi lunghi di attesa, ma tra una cosa e l'altra non riuscivo mai a finire questo capitolo!
Qui si vede il nostro chibi Sasuke che va a caccia di informazioni su Itachi, subdolamente ed inconsciamente indotto da Shisui senza che lui se ne sia reso conto XD
È molto improbabile come fatto, anche perché se Shisui si fosse messo nella realtà del manga a spiegare come ragionava internamente Itachi a Sasuke credo che la storia ne uscirebbe un po' stravolta.
Ora passiamo ai personaggi inventati. Mi diverte molto inserire personaggi che non c'entrano molto in senso stretto con i fratelli Uchiha ed affibbiare loro un nome, ma è tutto frutto della mia fantasia (a parte per la zia Uruchi che nel manga e nell'anime è descritta come una persona davvero affabile), quindi non garantisco niente.
Enormi dubbi mi son venuti scrivendo su Kagami, il padre di Shisui. Non so voi a che punto siate arrivati/e, e non è mia intenzione fare spoiler, ma ho davvero l'impressione che zio Kagami muoia prima del mancato colpo di Stato. Insomma, era un pacifista e persino uno degli uomini più fidati dell'Hokage, non so se avrebbe lasciato suo figlio morire così ed onestamente non credo che non abbia cercato una soluzione in quella situazione, sebbene può darsi benissimo che, come Shisui e Itachi, non l'abbia trovata.
Voi che ne dite? Il suo personaggio mi intriga molto, perciò vorrei sentire anche i vostri pareri su questa faccenda.
Detto questo mi dileguo: Buona serata!
Un "Grazie" grande come una casa per chi legge/commenta/si annoia/inserisce tra le seguite!
Dia

 

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Capitolo 4
*** Indubbiamente astuto ***


IV.Indubbiamente astuto
 
“And,
in the end,
we lie awake
and we dream
of making our escape”
Death and All His Friends, Coldplay
Quella mattina d'estate Itachi si svegliò prima del previsto.
Aprì gli occhi piano, rimanendo sdraiato per un po’ nel letto, godendosi per un attimo la quiete mattutina ed il lieve cinguettio degli uccelli che gli giungeva da lontano.
Si beò dei passi leggeri della madre, che come ogni mattina si alzava presto per preparare la colazione per la sua famiglia, del fruscio delle foglie verdi, leggermente spostate da un venticello fresco, e del sole che filtrava tra la chioma dell’albero davanti alla sua finestra per andare a illuminare il perfettamente il centro della sua stanza, ancora immersa nel semibuio.
 Erano arrivati a metà luglio, miracolosamente sopravvissuti all'afa ed al caldo che quella stagione portava inevitabilmente con sé ogni anno senza nemmeno un'insolazione da parte di Sasuke o del cugino Shisui, la cui occupazione estiva preferita era dilettarsi in estenuanti gare di velocità e resistenza sotto il sole cocente impiegandoci ore ed ore a finire.
Itachi aggrottò la fronte e sorrise all’immagine della faccia soddisfatta del “Fulmine” ogni volta che lo batteva.

Una volta indossati pantaloncini e maglietta a maniche corte, si diresse verso la cucina facendo il minimo rumore possibile, i piedi nudi sul pavimento di legno.
Il sonno era ormai completamente svanito, lasciando spazio alla consapevolezza che un altro giorno stava per aver inizio, e che non era un giorno qualunque.
Giunse sulla soglia della cucina ed aprì la porta piano cosicché non scricchiolasse, giusto quel poco di spazio che gli serviva per entrare dentro.
La madre non si accorse neppure della sua presenza, rivelatale solo dal saluto che il figlio poi le rivolse quando le fu di fianco.
Si trattenne a fatica dal sobbalzare, per poi lasciarsi sfuggire un sorriso mentre ricambiava il “Buongiorno” di Itachi.
Le sue abilità di ninja miglioravano di giorno in giorno, cosa che scatenava sentimenti contrastanti in lei: da una parte vi era l’orgoglio per un figlio tanto brillante, dall’altra la paura ed il rimorso per quello che il suo figlio maggiore pativa a causa di un dono così grande.
Itachi, accortosi di aver colto di sorpresa la madre, le chiese scusa, chinando appena il capo. Dopo un momento di stupore, lei rise leggermente: sollevando lo sguardo nuovamente, Itachi non lesse che amore nei suoi confronti nei suoi occhi scuri. Non vide nessun segno di rimprovero o spavento, ma solo una punta di tristezza che il bambino non riuscì a spiegarsi.
La donna finì di preparare la colazione e gli chiese di aiutarla a mettere tutto in tavola con un tono gentile.
Il bambino fece come gli fu detto, disponendo le varie pietanze secondo l'ordine in cui abitualmente la loro famiglia si sedeva a tavola, mentre un raggio di sole si intrufolava dalle tende e finiva dritto in mezzo al tavolo.

Proprio in quel momento entrò il padre, che a bassa voce salutò la moglie ed il figlio e si andò a sedere al suo posto senza più dire una parola.
La sua figura esprimeva sempre serietà, ed era in qualche modo intimidatoria, ma la mattina le spalle erano più rilassate, lo sguardo più assonnato e gli occhi meno penetranti.
Anche per quel motivo ad Itachi non dispiaceva quando si svegliava prima e si recava in cucina ad aiutare la madre: era il momento della giornata in cui il padre era più calmo e bendisposto ad ascoltare le loro chiacchiere, per non parlare del fatto che loro erano gli unici a poterlo vedere in quello stato, non pienamente sveglio ma comunque vigile, che di sicuro non avrebbe mai mostrato a nessun altro.
Inoltre, la mattina non faceva caldo in casa, perciò Itachi poteva muoversi senza sentire la pressione soffocante dell'afa sul viso ed il corpo, che spesso rappresentava un problema per lui.

Ebbe a malapena il tempo di sedersi in modo composto davanti al padre e mettersi in bocca il primo boccone di riso, che già li sentì: erano rapidi e rumorosi, decisi.
Erano i passi del suo fratellino, Sasuke, che si avvicinavano rapidamente.
Accennò un sorriso, ascoltando il fragore che questo produceva correndo verso di loro, testimone della sua energia prorompente.
Si aspettava una entrata in scena rumorosa, che puntualmente arrivò rompendo il silenzio idilliaco preesistente: Sasuke aprì la porta con forza, salutandoli a gran voce e schizzando subito al suo posto accanto al fratello.
Per quell'entrata si beccò un'occhiata infastidita da Fugaku da sopra il giornale, un sorriso divertito da Mikoto ed uno sguardo affettuoso da Itachi, che lo salutò a sua volta incurvando le labbra all'insù.
«Come siamo mattinieri oggi» commentò la madre mentre gli riempiva prontamente la ciotola di riso.
Tutti sapevano perché il piccolo della casa fosse in tale fermento: la ragione andava cercata sul calendario, nella data del giorno dopo.
«Sasuke, sii più silenzioso quando entri in cucina» lo riprese invece il padre riportando i suoi occhi sul giornale con una voce profonda, conscio che ciò avrebbe fatto calmare all'instante l'esuberanza del minore dei suoi due figli, la quale andava crescendo da un paio di giorni.
Sasuke infatti abbassò gli occhi sulla propria ciotola di riso, mormorando sommessamente un “Sì padre” di risposta e cominciando a mangiare.
A Mikoto venne voglia di sorridere apertamente, ma si trattenne dal farlo: era consapevole che anche Fugaku aspettava la venuta del giorno dopo, ma non voleva darlo a vedere cercando di sembrare più tranquillo di quel che era. A quanto pareva però la cosa non gli riusciva così bene, data la fronte aggrottata ed il broncio appena accennato sul volto del piccolo Uchiha.
"Assolutamente adorabile" pensò la madre scrutandolo.
Itachi e la madre si scambiarono uno sguardo, sorridendosi reciprocamente.
«Sasuke» richiamò la sua attenzione il maggiore dei due fratelli Uchiha, volgendo lo sguardo verso di lui e posando le sue bacchette mentre formulava la domanda nella sua mente, « ti andrebbe di accompagnarmi in città oggi? Ho un paio di cose da sbrigare».
Il minore, che lo aveva attentamente ascoltato, sgranò appena gli occhi, per poi annuire subito con foga ed attaccarsi a lui.
Mikoto gli intimò immediatamente di lasciarlo in pace, e Sasuke si staccò sbuffando sonoramente, mentre Itachi non poté far altro che sorridere pacatamente.

Una volta che i loro figli si furono congedati, il signor Uchiha guardò la moglie con le sopracciglia aggrottate.
Lei provò a rivolgergli un sorriso dispiaciuto, ma vedendo che il marito non accennava ad abbandonare il suo cipiglio irritato, smise di lavare i piatti e si girò completamente verso di lui, per poi andarsi a sedere di fronte a lui.
Prese fiato, richiamando il suo coraggio.
«Se lo meritano, Fugaku» affermò con voce determinata, sostenendo il suo sguardo, «soprattutto Itachi».
Fugaku voleva replicare che Itachi avrebbe dovuto partecipare ad un’importante missione in quel momento, e che Sasuke avrebbe dovuto smetterla di essere così attaccato al fratello e distrarlo in continuazione; voleva ardentemente farlo, ma gli occhi della moglie lo fecero desistere.
Quegli occhi di mamma, che lo imploravano di lasciare i suoi figli divertirsi insieme, almeno in occasione del compleanno del piccolo Sasuke.
Sospirò forte, chiudendo gli occhi scocciato.
«D’accordo» sussurrò infine, seppur riluttante, «però solo per oggi e domani».
La signora Uchiha sorrise solare, consapevole della propria vittoria.
Con dolcezza e gratitudine, gli posò una mano sulla guancia, accarezzandogliela.
«Grazie, caro».
Fugaku non aprì gli occhi né disse qualcosa, però pian piano inclinò la testa contro quella mano.
La sua signora accentuò il sorriso, prolungando  un po' quel contatto.

Quella mattina trascorse frenetica.
Prima di tutto, si recarono da Shisui.
Agli occhi di Sasuke il ragazzetto che venne ad aprire alla porta sembrava il solito rompiscatole che si divertiva a tormentarlo con quel sorriso a trentadue denti.
Itachi invece lesse in quei due occhi neri una profonda stanchezza, mista ad una bella dose di sonnolenza.
“Probabilmente la missione di ieri” pensò mentre tirava fuori da una manica un rotolo sigillato e glielo porgeva, augurandogli nel frattempo buongiorno.
Sia il cugino che il fratellino guardarono l’oggetto incuriositi, per poi posare gli occhi sulla faccia di Itachi.
Il più piccolo del gruppo non ricavò nessuna informazione scrutando in quelli completamente inespressivi del fratello, che continuava semplicemente a fissare Shisui senza dire una parola.
Sasuke stava quasi per chiedergli spiegazioni quando un sorriso idiota comparì sul volto del ragazzo assonnato. Il Fulmine si appoggiò allo stipite della porta e assottigliò gli occhi per poi prendere la parola. «Non è un po’ presto per una lettera d’amore, Itachi-chan?»
Sasuke lo guardò malissimo, urlandogli di non dire fesserie, mentre lui sghignazzava fissando Itachi divertito.
«Andiamo, Sasuke» si limitò a dire lui ritenendo fosse meglio per la pace della casa sottrarsi alle speculazioni inutili del cugino, «qui abbiamo finito».
Sentirono Shisui ridere dietro di loro.
«Scappi, eh?»
Lui non si irritò per quell’accusa, lasciandosela scivolare addosso come se fosse acqua, mentre Sasuke gli lanciava lo sguardo più spaventoso del suo repertorio.
In assenza del suo fratellone, probabilmente avrebbe cercato di fargliela pagare cara.
«Hey! Possiamo vederci questo pomeriggio?» gli gridò allora, riprendendo il tono serio.
Non poteva significare che una cosa, ed il maggiore dei due fratelli sapeva bene di cosa si trattava: una missione. 
Una missione importante.
Itachi si voltò e guardò a lungo il cugino, poi posò gli occhi su Sasuke, senza replicare niente.
E sentì come la sua piccola manina gli strinse ancora di più le tre dita che riusciva a comprendere.
Due scelte erano a sua portata, e lui, per quella volta, scelse quella che si avvicinava di più ai suoi desideri umani ed alle necessità del suo migliore amico.
«Non oggi, Shisui» replicò allora il maggiore degli Uchiha voltandosi e trascinando dietro a sé Sasuke, il quale era sorpreso da quel rifiuto netto che raramente il cugino riceveva da Itachi.
La sorpresa si trasformò in gioia, che si espanse in tutti il suo corpicino sotto forma di calore.
Rivolse un rapidissimo sguardo trionfante a Shisui, che stranamente gli rispose con un sorriso; ma la cosa più strana era che gli sembrava sincero, e non uno di quei ghigni di scherno o divertiti che spesso gli rivolgeva.
Non ebbe il tempo di rifletterci sopra ulteriormente che la mano di Itachi lo guidò verso l'uscita del cancello, stretta dolcemente intorno alla sua.
«Brutto marmocchio fortunato...» si sentì poi sussurrare da dietro; se non ci fosse stato il suo fratellone a rafforzare prontamente la presa su di lui, si sarebbe girato a fulminare il cugino con uno degli sguardi del padre, certo che quello screanzato stesse ancora sorridendo.

In seguito passarono dalla zia Uruchi, trovandola intenta a sfornare i cracker di riso da vendere in giornata mentre lo zio aspettava i clienti seduto su uno sgabello in compagnia del suo solito giornale.
Davanti al negozietto si poteva sentire un intenso profumo di cotto, di buono. 
Come li vide, la donna li salutò calorosamente e propose loro di dare un morso ai suoi crackers, ricevendo un assenso entusiasta da Sasuke, mentre il maggiore declinò educatamente l’offerta.
Anche il signor Teyaki, abbassato il giornale, si prestò a salutare i nipoti, chiedendo loro novità dei loro genitori. 
Dopo aver chiacchierato ancora un po' finalmente Itachi venne al punto.
Con un movimento della mano richiese momentaneamente l'attenzione dei due coniugi, «Sono venuto per sapere la risposta». 
La coppia si guardò un attimo negli occhi, per poi acconsentire con un sorriso. 
«Ci saremo di sicuro!» 
Anche sul maggiore dei due fratelli si formò un sorriso che fu seguito da un piccolo inchino con la testa.
«Grazie mille!»
«Di cosa state parlando?» si intromise allora Sasuke con gli occhi luccicanti dalla curiosità, ritenendo fosse giunto il momento di sapere.
Guardò uno per uno i suoi parenti, mentre questi sembravano esser tutti ammutoliti.
«Noi…» sua zia esitò un attimo e guardò Itachi, mentre lo zio le metteva una mano sulla spalla.
Il bambino dal codino color cenere allora prese in mano la situazione, ritenendo che aveva procrastinato troppo le spiegazioni ardentemente volute dal bimbo.
«Mamma voleva sapere se la prossima domenica ci sarebbero stati al pranzo di famiglia» mentì lui poggiandogli una mano sulla testa e scompigliandogli leggermente i capelli.
Non era completamente una bugia: la signora Mikoto aveva davvero parlato di un pranzo in famiglia, ma era una proposta che alla fine non aveva riscontrato alcun consenso, dato che i loro parenti erano quasi tutti indaffarati con altre faccende.
Sasuke annuì piano con la testa, ma i suoi occhi dicevano chiaramente che non era per niente convinto.
"Concedimi il beneficio del dubbio almeno..." pensò ironicamente Itachi mentre chinava il capo agli zii in segno di saluto e prometteva loro che sarebbero sicuramente passati ancora.


«Otouto…» Itachi lo richiamò con voce pacata.
Sasuke alzò la testa in sua direzione, dando segno di essere in ascolto.
«Ti va se andiamo fino in centro?» si sentì chiedere gentilmente il piccolo.
Una sensazione di contentezza lo pervase di nuovo da capo a piedi.
«Sì!»
Passeggiarono a lungo per le vie affollate dal centro del quartiere Uchiha.
Un turbinio di colori, suoni, rumori, persone lo riempiva, rendendolo vivace e attivo: a Sasuke piaceva la quiete di casa sua, così come ad Itachi, ma in quel momento non trovava fastidioso camminare in mezzo a quella folla vociante, anche se quella calura causava problemi ad entrambi.
Ma non gli importava, non voleva dargli peso, perché il suo Nii-san stava dedicando un po' del suo tempo a lui e questo lo rendeva oltremodo felice.
Era con simili pensieri che seguiva il maggiore, entrando ed uscendo dai negozi ed al contempo mangiucchiando dei dango presi dal loro venditore di fiducia.
Non aveva idea di cosa cercasse il suo fratellone, ma visto che di tanto in tanto chiedeva velatamente un suo parere su un indumento, un'arma ed altre cose affini, lui glielo dava sempre.
Si divertì a fare il critico, anche perché Itachi gli rivolgeva spesso un sorriso dolce oppure divertito in rimando, scompigliandogli talvolta i capelli.
La fine del divertimento però non tardò ad arrivare: il suo fratellone lo annunciò che era ora di pranzo, il che significava dover tornare a casa.
Il piccoletto provò ad insistere a rimanere ancora un po', tirandolo per una mano e guardandolo imbronciato, ma lui lo convinse con le buone a far ritorno alla villa.
Sasuke ci pensò un po' su, poi sciolse il finto broncio e corse dietro a suo fratello, che si era già messo in moto.

Quando arrivarono a casa, il pranzo era già pronto, come annunciava un piacevole profumino di pesce fritto proveniente dalle fessure della porta. 
Durante il pranzo, Itachi informò la signora Mikoto che gli zii e Shisui ci sarebbero stati.
Una volta ingoiato anche l'ultimo boccone, lanciò un'occhiata di conferma alla madre.
Lei sostenne lo sguardo per un po', scrutando quelle pozze nere.
«E va bene…Però non ritornate troppo tardi!» si assicurò di dirgli assumendo un cipiglio spaventosamente duro.
Il maggiore degli Uchiha annuì e le rivolse un sorriso rassicurante, confortandola.
«Grazie per il pranzo» disse gentilmente guardandola negli occhi.
La voce chiara ed infantile del fratellino seguì immediatamente la sua, strappando un sorriso a Mikoto.
«Grazie per il pranzo!»
Dopo aver informato Sasuke del suo piano ed averlo osservato schizzare dentro camera sua a cambiarsi ad una velocità impressionante, Itachi si diresse verso il bagno, intenzionato a rinfrescarsi la faccia con un po’ di acqua fredda.
Fuori faceva molto caldo, il sole batteva forte nel cielo azzurro e terso.
Si asciugò le ultime goccioline d'acqua che scivolavano giù rapide per il collo e si rifece la coda, guardandosi allo specchio.
Respirò a fondo, chiudendo gli occhi, per poi voltarsi ed uscire rapidamente dalla sua stanza, seguito solo dal senso d'inquietudine che negli ultimi tempi era cresciuto sempre di più e che non era ancora riuscito completamente a cacciare via dalla sua mente.

Si fermò dirimpetto alle scale, in attesa che il suo otouto lo raggiungesse, controllando intanto nelle sue tasche di avere tutto l'occorrente.
«Eccomi, Nii-san!»
Piegò leggermente la testa verso il basso per vedere Sasuke avvicinarsi di corsa con un sorrisone sulla faccia.
I suoi piccoli occhi neri come la pece brillavano di gioia.
La cosa intenerì molto Itachi che, dopo aver accennato un sorriso anche lui, cominciò a scendere le scale.
«Che cosa mi insegni oggi, Nii-san?» ruppe il silenzio il minore seguendolo diligentemente di sotto, nella voce una nota di eccitazione.
Itachi non si fermò a rispondergli, mettendosi le scarpe con un gesto veloce.
«Mhhh, vediamo...»  sussurrò dopo, aprendo la porta, pronto ad uscire.
In quel momento, vedendolo di spalle, inondato dalla luce calda ed accecante del sole, al piccolo Uchiha parve proprio che il fratello fosse una persona speciale.
«La tecnica della moltiplicazione va bene?» chiese intanto Itachi, ma le sue parole furono sentite solo dal vento.

Quel pomeriggio, immersi in una moltitudine di sfumature di verde, parve volare.
Sasuke era, oltre ad un bambino adorabile, anche un tipetto sveglio e veloce nell'apprendimento.
Al fratello, una volta mostratogli i sigilli e dimostratogli la tecnica eseguendola lui stesso, non rimase che guardarlo lavorare assiduamente appoggiato ad un albero.
Gli diede qualche consiglio quando pensò gli servisse, ma per il resto rimase in silenzio.
Quando lo vide finalmente riuscire nel suo intento, nel suo intimo desiderò che il suo otouto non fosse così talentato.
Voleva che lui avesse una vita normale.
Ed ogni volta che provava ciò, rivedeva davanti agli occhi il padre, che ignorava deliberatamente Sasuke, prestando tutta la sua attenzione a lui.
I suoi occhi divennero vuoti e freddi per un secondo, ma la vocina del piccolo Uchiha lo risvegliò da quel gelido buio che sentiva dentro.
«Nii-san?»
Itachi spostò lo sguardo sul viso dell'otouto con un pizzico di curiosità.
«Mmmh?»
Il suo apprendista si avvicinò barcollando un po', stanco per l'allenamento intensivo, e si fermò ad un passo da lui, afferrando con entrambe le manine il lembo della maglietta viola scuro dell'aniki.
«Grazie» disse semplicemente guardandolo negli occhi.
Il maggiore aggrottò le sopracciglia, invitandolo così a spiegarsi meglio.
«Per tutto quello che stai facendo per il mio compleanno!» sorrise lui furbo, sicuro di aver colpito nel centro.
Itachi rimase oltremodo sorpreso da tanta schiettezza: non credeva realmente di poterla farla franca, siccome il bimbo era veramente osservante su tutto ciò che lo riguardava, ma non si aspettava neanche un'affermazione così sicura da parte sua.
Il sorriso di Sasuke si accentuò, vedendo che era riuscito a stupire il suo fratellone.
Itachi si lasciò allora andare ad un sorriso sconsolato, scuotendo leggermente la testa.
«Sicuro di non avere altri poteri, oltre lo Sharingan?»
La risposta fu, come ci si poteva aspettare, una risata cristallina, che riempì nuovamente, come molte altre volte, il cuore di Itachi di un caldo affetto. 
«Grazie, otouto...» sussurrò piano, sorridendogli sincero.

La festa, che era stata fissata per il giorno dopo all'una, non fu ovviamente a sorpresa, ma Sasuke fu lo stesso estremamente contento, sebbene l'irritazione nello sguardo del padre smorzasse talvolta la sua allegria.
Fu Shisui a terminare la torta, con nessuna sorpresa dei presenti, che erano a conoscenza dell'amore sconfinato del Fulmine per i dolci; neppure Itachi, che aveva cercato di persuadere il cugino a comportarsi più degnamente in assenza del polso fermo di mamma Misaki, in missione insieme al marito, era riuscito a fermarlo.
Sasuke non se la prese più di tanto, poiché i dolci non erano proprio il suo forte, ma si sentì comunque infastidito dall'ingordigia del cugino, che stava mangiando con evidente gusto la sua torta.
Scegliendo così il momento opportuno, gli sferrò indispettito un attacco ben assestato di panna sul naso, al che quasi tutti, compreso il colpito,  scoppiarono a ridere.
Papà Fugaku si concesse un assenso.

Quando tutti gli ospiti se ne furono andati, il maggiore chiamò il fratellino a sedere davanti al giardino.
Il piccolo Uchiha fece come gli fu detto, prendendo posto alla sua sinistra. 
Il silenzio veniva rotto puntualmente dal ticchettio della fontana di bambù.
«Ti sei divertito oggi?»
Sasuke assentì energicamente guardandolo direttamente in faccia, ma Itachi notò un'ombra di delusione nel suo sguardo.
Senza più indugiare, aprì piano il borsellino che conteneva le sue armi e ne tirò fuori una scatoletta rettangolare di legno.
Quando tornò a posare gli occhi sul suo otouto, gli venne quasi da ridere nel vedere il suo faccino illuminato dalla curiosità.
«Buon compleanno, otouto» disse infine, porgendo il regalo al festeggiato.
Sasuke allungò le braccia rapido, e quando il contenitore fu tra le sue mani, tirò fuori il suo contenuto senza indugi.
Quello che il suo Nii-san gli aveva regalato erano un paio di kunai nuovi, che lui desiderava da tanto.
Non ci furono bisogno di parole per comprendere la gioia e l'eccitamento del bambino, palesemente dipinti sulla sua faccia.
Lo ringraziò e gli diede un forte, lungo e stritolante abbraccio.
«Nii-san.... Posso dormire con te questa notte?» gli chiese allora con due occhioni da cucciolo, la sua carta migliore.
Itachi sapeva che non avrebbe potuto dire di no, così si arrese subito.
Alla gioia di Sasuke sorrise tra lo sconfitto ed il divertito.

Continuò a sorridere, perdendosi in altre memorie di quei giorni pacifici, di dango rubati e grida di protesta e minaccia indirizzati ovviamente al cugino, di sedute nel bosco rinfrescante oppure lunghe passeggiate all'ombra degli alti alberi, di allenamenti con gli shuriken, sporadici come i funghi ma preziosi, di bagni nel lago che lui non adorava ma faceva comunque per restare vicino al suo fratellino, al suo otouto di 4 anni, di sgridate dalla mamma per essere arrivati in ritardo la sera e occhiate di ammonimento del padre, che come suo solito preferiva esprimersi a gesti e non a parole.
Continuò a sorridere, e pregò con tutto sé stesso che le cose non cambiassero mai, che non gli fosse mai impedito di restare vicino al fratello, di proteggerlo, di vederlo crescere nella tranquillità che si meritava, di guidarlo nel percorso della vita e non lasciarlo sperimentare ciò di cui lui purtroppo era stato testimone alla sua stessa età.
Lo sperò con tutto se stesso, mentre si accingeva ad affrontare eroicamente il pericolo "koala notturno".


Note dell'autrice: Uff... finally done!
Chiedo scusa a tutti coloro che stavano seguendo questa raccolta, mi spiace!
Non credo sia utile spiegare la lunga assenza, visto che ripeterei cose già dette e ridette sia da me che da altri autori XD
Vi lascio con questo AMV, che a me è piaciuto moltissimo e che tenevo farvi conoscere.
E, se vi è piaciuta questa one-shot, vi prego di recensire, qualsiasi cosa voi vogliate scrivere, anche solo una parola è sufficiente, tenetelo a mente.
Grazie per aver letto/buttato un occhio/sbadigliato!
Dia
http://www.youtube.com/watch?v=k7AK0NUhXcE&list=FLx4Hp6nRN72SlVrQW5oIB5g&feature=mh_lolz
P.S.: Ho modificato un po' il capitolo, in quanto sembra che il programma abbia sballato un po' gli spazi.

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Capitolo 5
*** Hanno visto! ***


V.Hanno visto!

In un piovoso giorno d'autunno il piccolo Sasuke si stava recando silenzioso in camera sua: dopo la merenda la mamma gli aveva ordinato di rimettere a posto i giocattoli, e lui era salito obbediente al piano di sopra, intenzionato ad eseguire ciò che gli era stato detto. La porta semiaperta della stanza di Itachi finì tuttavia inevitabilmente per attirarlo.
Sapendo che il suo fratellone non c'era in quel momento, sgusciò dentro senza fare un rumore, sentendosi improvvisamente come un esploratore che intraprendeva una nuova avventura.
Non era la prima volta che entrava nella camera del maggiore, ma farlo da solo gli dava insieme un senso di libertà ed una scarica di adrenalina: poteva frugare un po' tra le cose di suo fratello senza riserve, e magari scoprire qualche suo piccolo segreto.
La camera di Itachi era tuttavia assai anonima: oltre la mobilia, le uniche cose presenti erano i libri sugli scaffali della libreria, il materiale scolastico sul tavolino che fungeva da scrivania ed un paio di rotoli appesi al muro con il simbolo degli Uchiha. Non vi erano quegli effetti personali che Sasuke sperava di trovare.
Il minore trotterellò fino al tavolo basso, senza scoraggiarsi, e diede un'occhiata. Individuò, in un angolo e ben nascosto da una pila di libri, un oggetto che non aveva visto fino a quel momento: si trattava di una cornice con una foto di loro quattro, scattata in occasione del suo primo compleanno.
Senza esitare, spinto da un'ingenua e pura curiosità, prese la foto tra le sue manine per vederla meglio.
Com'era piccolo!
Anche il suo Nii-san aveva tratti più infantili; il sorriso appena accennato e gli occhi rivolti verso il visino del bimbo stretto nelle sue braccia testimoniavano tutto l'affetto che provava per lui già sin dalla più tenera età. Sasuke sorrise di rimando all'immagine, continuando a rimirarla per un po': anche i suoi genitori, in piedi uno a destra ed uno a sinistra del primogenito, parevano diversi, sebbene il padre avesse un'insolita espressione di sofferenza negli occhi. "Non gli sarà piaciuta la torta?" pensò il piccolo, comprensivo.

Qualche istante dopo, un colpetto di tosse attirò la sua attenzione, spaventandolo.
La signora Mikoto era sulla soglia e lo guardava a braccia conserte con un cipiglio di bonario rimprovero.
"Mi sembrava di averti detto di riordinare la stanza, Sasuke" lo riprese la mamma, avvicinandoglisi. Imbarazzato per essersi fatto scoprire, Sasuke si voltò verso la madre e nascose la cornice dietro la schiena.
"Che cosa stai facendo in camera di Itachi?" chiese poi con un tono di voce un po' più dolce, accorgendosi che il piccolo teneva in mano la cornice che il figlio maggiore le aveva chiesto di nascosto come regalo di compleanno.
Il modo gentile di Mikoto alla fine lo tranquillizzò, così arrossendo un po' gliela mostrò, aprendosi in un sorriso solare. "Guarda mamma, me e Nii-san da piccoli!"
Mikoto si sedette di fianco a lui ed incurvò anche lei le labbra all'insù.  "Eravate dolcissimi insieme" gli confessò con voce affettuosa. "Tuo fratello non la smetteva di coccolarti in continuazione." aggiunse sfiorando il vetro della cornice e puntando il dito sui suoi due figli.
Al piccolo di casa si illuminarono gli occhi. "E cosa faceva ancora quando ero più piccolo?"
Mikoto ci pensò un attimo. "Quand'eri appena nato mi ricordo che dormiva sempre nella tua stanzetta" gli rispose con voce carica di amorevolezza, guardando in un punto imprecisato nell'aria, "gli avevamo steso un futon vicino alla tua culla perché spesso lo trovavamo addormentato per terra con le mani attaccate ai suoi bordi."
Sasuke non si perdeva una sola parola: quello che stava sentendo gli stava evidentemente piacendo molto. Osservandolo Mikoto rise piano.
Dato che per una volta aveva la sua completa attenzione, gli raccontò di come Itachi lo prendesse spesso in braccio, seduto sulle travi del corridoio, e lo cullasse piano parlandogli dolcemente, a volte cantandogli la ninna nanna.
"Dopo aver imparato a camminare non stavi un attimo fermo" affermò ad un certo punto senza poter fare a meno di ridere pacatamente, "Itachi ti correva sempre dietro per acchiapparti e portarti di peso in cucina, che rifuggivi come se fosse stata maledetta. Se non ci fosse stato lui penso saresti morto di fame."
Sasuke la ascoltava con gli occhi spalancati e le orecchie tese al massimo, le manine chiuse a pugno sulle gambe, la bocca semiaperta in un segno di stupore.
"E poi ci fu quella volta in cui inciampasti sui tuoi piedi correndo a salutare Itachi che stava entrando in cucina... stavi per sbattere la testa contro lo spigolo del tavolo ma fortunatamente tuo fratello ti prese al volo. Quando ti lasciò andare per poco non svenne dalla paura che gli era venuta!" Scoppiò in una breve risata che contagiò anche il piccolo.
"Quando eri nel pancione della mamma, il tuo Nii-san mi chiedeva ogni giorno di fargliela accarezzare, e mentre lo faceva ti parlava lentamente, dicendoti che non aspettava che la tua venuta e che se saresti venuto al mondo in fretta ti avrebbe fatto conoscere tante cose meravigliose. Ti prometteva di proteggerti da tutto il male del mondo... fino alla fine."
La sua voce si incrinò un poco dalla commozione ed il morettino, che era rimasto a sua volta incantato da quelle parole, lo notò.
Sua mamma allora gli si avvicinò e con fare complice si accostò un dito alla bocca, piegata in un sorriso divertito, in segno di silenzio. "Mi raccomando però, non dire niente a tuo fratello! Gli avevo promesso che non ti avrei detto niente, ma era così tenero che non ho saputo resistere!"
Sasuke annuì con vigore, sancendo l'alleanza mamma-figlio con un bel sorriso a trentadue denti.

Poco dopo, Itachi entrò nella stanza e li salutò sorpreso. Si accorse subito che c'era qualcosa di strano: sua madre fece rapida l'occhiolino al suo otouto, che le rispose con un breve cenno affermativo della testa.
"Cosa state facendo?" chiese con garbo, sfilandosi la cartella di spalle mentre si avvicinava.
"Niente, niente!" gli risposero allora in coro gli interpellati, affrettandosi ad uscire dalla stanza ridacchiando.
Itachi restò un attimo in piedi ad osservare il punto in cui erano spariti, confuso.
"Quei due non me la raccontano giusta..." pensò, poggiando a terra la sacca con i libri. Quando vide la cornice che aveva nascosto dietro una pila di libri spostata di qualche centimetro si irrigidì.
Considerò che il modo più veloce per sapere tutto fosse il fratellino, la creatura più ingenua e trasparente che conoscesse. Lasciò passare un po' di tempo, poi si recò nella stanza di Sasuke, affianco alla sua.
"Otouto?" lo richiamò vedendo che era di spalle. Il bambino, che era ancora intento a mettere via i suoi giocattoli, ebbe un sussulto. La consapevolezza di aver promesso alla mamma di non dire niente lo metteva in agitazione: non voleva assolutamente tradirla, eppure non era sicuro di riuscire a dissimulare la sua voglia di andare subito ad abbracciare il suo fratellone e parlargliene.
"Sì, Nii-san?" rispose ugualmente Sasuke inquieto, girandosi verso il suo fratellone e cercando di mantenere un tono neutro, ma che in cambio parve ancora più sospetto.
Itachi stava quasi per fargli la domanda fatidica, così da osservare il suo comportamento e cavargli il segreto di bocca, ma proprio in quel momento la voce di Fugaku lo costrinse a desistere dal suo piano.
Un po' dispiaciuto per essere stato interrotto, Itachi scompigliò i capelli dell'otouto con la promessa di parlare dopo e si recò di sotto.
Sasuke, pensando di non esser udito, tirò un sospiro di sollievo. Ma il maggiore lo sentì.
Quel segreto lui lo avrebbe definitivamente scoperto, a costo di utilizzare l'arma segreta del solletico. Parola di Uchiha.

Note dell'autrice:
Uhhh, non ho niente da dirvi di particolare XD
Mi venne quest'idea e così la concretizzai. Ed adesso la vedete qui, anche se magari non la vedete proprio *ride*
Spero di aver messo l'avvertimento What if?, perché tutte le one-shot che sto scrivendo sono un po' campate nei miei castelli celesti XD
Ringrazio gentilmente tutti coloro che seguono questa raccolta! Un ringraziamento speciale va a chi ha recensito, come Thya *bows*
Buona settimana ragazzi! O forse dovrei dire ragazze XD
Dia

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Capitolo 6
*** Ammalati ***


VI.Ammalati

Finita la missione del giorno, Itachi salutò frettolosamente Shisui e si diresse rapido verso la sua dimora, incurante della pioggia che scendeva piano su tutta Konoha e che rendeva la città ancora più oscura del solito.
Arrivò a destinazione in meno di un minuto ed un attimo dopo stava già bussando alla porta della stanza di Sasuke, impaziente.
"Avanti" gli rispose la voce velata della madre da dentro.
Lui la salutò educatamente, per poi avvicinarsi al letto del fratellino, che sentiva respirare a fatica. Il cuore gli si contrasse dolorosamente.
"Come sta?" chiese apprensivo dopo che mamma Mikoto ebbe ricambiato il suo saluto.
La donna gli rivolse un sorriso rassicurante, informandolo che la febbre si stava lentamente abbassando. Itachi allora si concesse un piccolo sospiro sollevato, prima di riservare la sua completa attenzione all'otouto.
"Hai sentito Sasuke?" prese a parlargli con voce bassa e dolce, poggiandogli intanto una sua mano sulla fronte per misurarne la temperatura. "Ancora un po' e sarà tutto finito."
Non scottava più, ma era ancora calda.
La signora Mikoto sorrise, intenerita dal gesto del figlio. Poco tempo dopo se ne andò, lasciando il piccolo alle cure del fratello maggiore.
"E mi raccomando asciugati subito, Itachi" si era premurata di dirgli prima di varcare la soglia ed uscire definitivamente dalla stanza. "Non vorrei proprio che anche tu finissi come Sasuke."
Dopo essersi cambiato e lavato le mani come richiesto dalla madre, Itachi prese il suo posto sulla sedia affiancata al piccolo ammalato.
Raccolse il pezzo di stoffa che galleggiava sull'acqua fredda della bacinella, riposta sul comodino, lo strizzò e lo collocò con cura sulla piccola fronte calda.
Esitò un pochino prima di posargli la mano destra, nuovamente asciutta, sui capelli, per poi cominciare ad accarezzarglieli lentamente.
"Riprenditi presto, otouto" sussurrò senza staccare gli occhi dalla faccia leggermente rossa del fratellino, il cui respiro si stava gradualmente regolarizzando.
Calò dunque il silenzio, il penetrante silenzio di un'attesa snervante.

Dopo un quarto d'ora Sasuke si svegliò leggermente intorpidito ed accaldato.
Roteò gli occhi e vide che seduto di fianco a lui c'era il suo fratellone, col suo sorriso pacato.
Quando percepì il suo tocco leggero sui capelli, una sensazione diversa di calore pervase il suo corpo: era un calore gentile, che non faceva male.
"Come ti senti, otouto?" si sentì chiedere da Itachi, che intanto aveva ritirato la mano. Sasuke rispose con un mugugno insoddisfatto per segnalare il suo disappunto.
Il maggiore incurvò le labbra in un sorriso, divertito dall'atteggiamento del bambino.
"Vado un attimo ad informare la mamma," gli disse alzandosi mentre quello lo seguiva con occhi allarmati. "Devi mangiare qualcosa."
Sasuke saltò su di colpo. "No, non andare Nii-san!" Fu inevitabilmente colto da un capogiro, che lo fece pericolosamente oscillare in direzione del pavimento.
Il fratello senza pensarci due volte gli mise le mani sulle spalle per stabilizzarlo, e lui ne approfittò per aggrapparsi con forza alla sua maglietta. ...Oh no, pensò Itachi chiudendo gli occhi e dandosi mentalmente dello sprovveduto.
"Non andare, Nii-san!" lo supplicò il minore con voce lamentosa per un po', per poi cambiare tattica osservando che il maggiore rimaneva impassibile.
Sfoderò allora la sua arma migliore, ovvero gli irresistibili occhioni da cucciolo, ma tutto ciò che ottenne fu solo un sorriso tra il dispiaciuto e l'intenerito.
Non era facile per Itachi ignorare quelle suppliche insistenti da parte dell'otouto, ma era necessario.
Lo convinse con le buone a lasciarlo andare, dopo aver contrattato a lungo su un periodo massimo di assenza di 1 minuto.
"E tu promettimi che non ti allenerai più sotto la pioggia, va bene?" disse guardandolo con un cipiglio bonario, che però non ammetteva repliche.
"Sì, Nii-san," mormorò colpevole Sasuke abbassando lo sguardo. "Scusa." aggiunse prima che Itachi uscisse dalla stanza, che a quelle parole annuì rivolgendogli l'ennesimo sorriso.
La promessa, come c'era da aspettarsi, fu mantenuta, e così Sasuke non poté lamentarsi quando la madre entrò in stanza con una brodaglia per ammalati.
Due giorni dopo, grazie alle assidue premure dei suoi famigliari ed ai medicinali che fu costretto ad ingoiare, il piccolo di casa era tornato come nuovo: gli effetti di tale ricovero furono maggiormente sentiti da Itachi, che si ritrovò di nuovo con il paperotto alle calcagna ogni momento.
A lui però non dava per niente fastidio. Era davvero felice di riaverlo nel pieno delle sue forze, perché il suo otouto era l'unico a portare infallibilmente un po' colore nella sua vita grigia, a tratti bianco e nera.

Qualche tempo dopo...
"...Itachi?" Sasuke richiamò con voce flebile il suo fratellone, che stava uscendo per andare ad allenarsi.
Il cielo era grigio e minacciava pioggia. Itachi si fermò sulla soglia, girandosi a guardare il bambino.
Il minore si fece coraggio e prese la parola, evitando però di incrociare suoi occhi. "Nii-san... non mi sento tanto bene."
Lui allora si accigliò, dimenticandosi di star uscendo."Cosa succede?"
"Ho un po' di mal di pancia..." rispose impacciato il suo otouto fasciandosi subito la parte dolorante con le braccia.
"Lo hai detto alla mamma?" gli chiese Itachi inquieto tornando sui suoi passi.
Sasuke scosse il capo in segno di diniego, imbarazzato. "E' fuori a ritirare i panni, ed io non voglio disturbarla."
Il ragazzino gli lanciò uno sguardo indagatore, ma non commentò nulla. Si tolse le scarpe, rinunciando definitivamente al suo impegno, e condusse il fratellino in cucina.
Lo invitò a sedere mentre lui armeggiava coi fornelli. "Ti preparo una tisana." precisò posizionando la teiera sul fuoco.
Il bambino, sinceratosi che il fratello fosse di spalle, si lasciò dunque scappare un sorriso trionfante.

Quando la tisana fu pronta Itachi si sedette al tavolo, versandone una tazza piena a Sasuke e riempiendo una seconda per se stesso fino a metà.
Si trattenne a fatica dal ridere davanti al fratellino, che sorseggiava il liquido amaro con una faccia concentratissima e le guancie leggermente arrossate.
"Dì la verità, Sasuke," lo intimò appoggiando la tazza sul tavolo, imponendosi di controllarsi, "Tu non hai nessun mal di pancia, non è così?"
Il breve silenziò che seguì quella domanda ed il rossore che si dipinse sul faccino del fratellino furono abbastanza eloquenti per non necessitare altre risposte.
"C-certo che ho mal di pancia, Nii-san!" gonfiò allora le guancie scandalizzato il piccolo Sasuke, l'orgoglio ferito a morte.
Itachi preferì non insistere oltre. Se ci si metteva d'impegno, il suo otouto sapeva essere davvero testardo, così assecondò le sue pretese pacifico. "Va bene, ti credo."
Ripresero a bere in silenzio.

Fu Sasuke dopo un po' di tempo a rompere l'apparente quiete: "Nii-san?"
Il maggiore posò la tazza sulla sua mano, così da non metterla direttamente sul legno del tavolo visto che era ancora calda. Lo guardò in volto, in attesa. "Sì?"
Come risposta gli giunse un mormorio. "Non è vero che ho il mal di pancia..."
Itachi si aprì piano in un sorriso. In quel momento non poté astenersi dal pensare che il suo fratellino fosse adorabile.
Gli accarezzò i capelli mentre Sasuke lo guardava con le guanciotte rosse di vergogna.
"Non ti preoccupare, non lo dirò alla mamma" affermò con voce calma e dolce, rassicurando il bambino. Poco dopo starnutì.
"Hai preso il raffreddore, Nii-san?" gli chiese Sasuke aggrottando le sopracciglia.
Itachi non rispose, ma come si suol dire, chi tace acconsente.
"Questa volta allora tocca a me curarti!" esortò il piccolo contento all'idea di poter stare di più con il suo fratellone.
"Sì," replicò Itachi, sorridendogli, "Prima però ci penso io."
Sasuke protestò: alla fine riuscì comunque ad ottenere il posto da infermiere, visto che il termometro confermò subito che il maggiore aveva qualche linea di febbre.
Evidentemente quelle che pronunciò Mikoto furono le sue ultime parole famose.

Appurato ufficialmente lo stato di malattia di Itachi, mamma Mikoto non aveva voluto sentire ragioni: anche se non era niente di grave -probabilmente il giorno dopo la febbre sarebbe già scomparsa-, ordinò al primogenito di filare a letto e starci per tutto il pomeriggio.
A quell'ordine Sasuke sorriso compiaciuto, occupandosi personalmente di trascinarlo per una mano in camera.
La madre arrivò poco dopo con la bacinella indaco ed il panno per bagnargli la fronte, dopodiché si ritirò in cucina a preparare del riso in bianco, lasciando Sasuke a sorvegliarlo.
Il bambino non aprì bocca se non per chiedere come stava, limitandosi a posargli il panno sulla fronte di tanto in tanto e guardare il suo viso dispiaciuto per essersi fatto beccare e confinare a letto quando avrebbero potuto invece passare un pomeriggio piacevole.
Sasuke scoprì che non era poi così divertente come si era immaginato, ma almeno poteva stare in compagnia del fratello senza disturbi di nessun genere. O quasi.

Dopo che ebbe mangiato il riso, Itachi si sdraiò di nuovo sotto le coperte. Sentì che sarebbe presto scivolato nel sonno, ma cercò di resistere, non volendo dare quella delusione al fratello.
La cosa gli parve in seguito vagamente strana, visto che le medicine che la madre gli aveva somministrato non sarebbero dovute essere così potenti per farlo subito addormentare.
Guardò Sasuke, che se ne stava seduto su una sedia di fronte al letto e leggeva concentrato l'etichetta del contenitore bianco.
"Nii-san," lo richiamò ad un certo punto alzando gli occhi ingenui, "cosa sono i sonniferi?"
 Ma l'interpellato non fece in tempo a dirglielo che cadde in un sonno profondo. Sasuke...


Note dell'autrice:
Uhh, sto cominciando a sciogliermi da sola. Questi due sono diventati parte integrante della mia linfa vitale *^*
Non so se la mia interpretazione coincida veramente con i caratteri dei personaggi, se non vi sembra chiedo scusa XD
Sasuke sta uscendo fuori come un piccolo combina guai XD
Nell'ultimo pezzo ha invertito per sbaglio i medicinali, finendo per dare ad Itachi un sonnifero. Povero 'Tachi XD
Non è granché, ma spero che sia comunque di vostro gradimento. A me è piaciuto scriverla, quindi ve la prendete comunque, volenti o nolenti ù__u *ride*
Ringrazio di cuore, ma davvero di cuore, chi ha recensito/preferito/messo nelle ricordate e nelle seguite. Grazie! Buona settimana!
One Dya

 

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Capitolo 7
*** Brutto presentimento ***


VII.Brutto presentimento

Sasuke si svegliò di colpo, agitato. Non capiva cosa gli stava succedendo: aveva un'improvvisa voglia di piangere.
Spaventato scese giù dal letto e si recò nella stanza di Itachi, aprendo piano la porta.
Vedendo che il fratello non dava segni di essersi accorto della sua presenza, pensò che fosse profondamente addormentato, e così si infilò a rallentatore sotto le sue coperte.
Scrutò silenzioso quelle spalle così famigliari in cerca di conforto, ma stranamente non lo trovò. C'era qualcosa di sbagliato in quel buio, in quel silenzio, in quella quiete.
Senza pensarci allungò le manine verso la sua schiena, afferrandogli la maglia del pigiama. "...Nii-san?"
Itachi si voltò quasi subito verso di lui, gli occhi semi-aperti.
"Otouto? Cosa c'è?" gli chiese sorridendogli ed accarezzandogli affettuosamente i capelli con una mano."Hai avuto un incubo?"
Il piccolo Sasuke non rispose. Poi, cogliendo completamente di sorpresa il maggiore, gli sfiorò una guancia con la sua manina calda.
"Nii-san, perchè sei triste?" gli domandò con la sua voce infantile, infinitamente ingenua. "E' successo qualcosa? Non stai bene?"
Itachi spalancò impercettibilmente gli occhi, guardando quelli scuri ed angosciati del fratello.
Per un attimo non riuscì a capacitarsi delle parole che erano uscite dalla sua bocca, non aveva previsto una situazione del genere in nessuno dei suoi scenari immaginari.
Gli spuntò sulle labbra un sorriso spontaneo: era sempre stato così, Sasuke era l'unica persona che riusciva a sorprenderlo, l'unica a disarmarlo i
nfallibilmente ogni volta.
"No, non è successo niente." affermò abbracciandolo lentamente, senza smettere di arruffargli piano i capelli. "Non ho nessun motivo per essere triste."
Quella fastidiosa sensazione che Sasuke avvertiva però non si placò del tutto. "Davvero?"
"Davvero." sussurrò con voce sicura Itachi, intenerendosi molto quando il piccolo ricambiò la stretta.
Perchè adesso ci sei tu qui con me.
Sasuke allora si rilassò completamente e, cullato dall'amorevolezza del suo Nii-san, si addormentò.
Ed anche Itachi lo seguì nel mondo dei sogni, chiudendo gli occhi poco dopo, nuovamente sereno.







Note dell'autrice:
Mhh, una fluff un po' triste. In questi giorni oscillo un po' tra la malinconia e la contentezza e non riesco proprio a discernere questi sentimenti dalla raccolta.
Ammetto di essermi ispirata ad una mia esperienza personale: non so se sono io ad aver interpretato l'evento, ma una volta mi è capitato di sentirmi così triste da piangere all'improvviso, senza un reale motivo, come se avessi avuto il presentimento che la mia migliore amica fosse triste in quel momento. Non so, che sia stata una coincidenza? XD
Ma tornando alla fiction, credo che Itachi non si sarebbe mai fatto veder mentre piangeva dal suo adorato otouto per ovvie ragioni, perciò alla fine Sas'ke non l'ha smascherato, anche se ci è andato molto vicino XD Ad Itachi diamo il premio Oscar già fin da bambino XD
Tenerelli <3
E beh, last but not least, ringrazio moltissimo tutti coloro che seguono questa raccolta, l'hanno recensita e le due persone che l'hanno inserita rispettivamente nelle ricordate e nelle preferite! Grazie! E se qualcuno ha voglia mi lasci un suo pensiero, sarò sicuramente felice di leggerlo!
Buona serata e buon weekend,
Dia

P.S.: Sbaglio o i capitoli stanno diventando sempre più corti? Mhhh XD

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Capitolo 8
*** Road to a Ninja ***


VIII VIII.Road to a Ninja

"Itachi!" gridò un piccolo Sasuke di tre anni individuando il fratello nel giardino.
"Itachi!" ripeté il paperotto, che pretendendo l'attenzione del maggiore gli si fermò davanti.
L'interpellato abbassò leggermente il capo verso di lui, sorridendogli appena. "Cosa c'è, otouto?"
Il bambino lo guardava con gli occhi pieni di aspettativa, tenendo in mano il suo shuriken di gomma. "Giochiamo!"
La parola non esprimeva esattamente una richiesta, ma piuttosto era stata pronunciata come un ordine.
Itachi se ne accorse e rise piano. "Mi aspetteresti ancora un po'? Finisco di stendere queste lenzuola insieme alla mamma ed arrivo."
La madre guardò il suo secondogenito, pinzando intanto un lembo della stoffa che teneva nelle mani sulla corda.
"Sasuke, sii paziente," lo riprese bonariamente quando osservò le sue guancie gonfiarsi e le sopracciglia aggrottarsi per quello che lui considerava un rifiuto.
"Non ti ruberò il tuo Nii-san per molto" scherzò allora prendendolo un po' giro.
Sasuke non capì la sottile ironia.
"Sì!" rispose deciso cogliendo di sorpresa e suscitando il riso pacato degli altri due.

Quando ebbero finito, i lenzuoli bianchi volteggiavano con grazia mossi da un venticello gradevole, disperdendo nell'aria buon profumo di pulito.
"A cosa vuoi giocare?" chiese Itachi al fratellino, dirigendosi già verso casa.
Quello, che intanto aveva osservato tutto con occhi attenti, rimase fermo dov'era con un sorriso a trentadue denti.
"Ai ninja!" rispose nascondendosi rapido dietro ad una delle fodere immacolate.
Itachi si fermò a guardare il punto in cui era sparito, riposando il piede che stava per mettere sul pavimento in legno a terra.
"Buona idea, otouto" si limitò a commentare sorridente.
Diede un po' di vantaggio al minore, lasciando che si allontanasse quanto ritenesse necessario, per poi cominciare a muoversi a sua volta.
Mentre lo rincorreva lo udì ridacchiare eccitato.
"Non mi prendi!" dichiarò Sasuke correndo con un'espressione raggiante e sicura.
Ad un certo punto, vedendo che Itachi era a pochi passi da lui, gli scagliò contro il suo shuriken giocattolo.
Quello si accovacciò stringendosi il braccio colpito e lasciandosi intenzionalmente sfuggire un mugolio di dolore.
Il piccolo ninja, sentendosi in colpa, si precipitò subito verso di lui, finendo solo per essere intrappolato nella sua morsa. "Preso" sorrise pacato il più grande.
"Non è giusto!" protestò il piccolo a gran voce divincolandosi una volta capito l'inganno, "Nii-san, hai barato!"
Ma lui non si scompose, anzi si lasciò sfuggire una risata. "In una battaglia seria tutto è concesso."
"Itachi, Sasuke, vi va un po' di té con dei dango?" propose mamma Mikoto spuntando da dietro l'angolo del corridoio stroncando di netto le nuove lamentele di Sasuke.
"Arriviamo" le rispose Itachi, liberando il minore.
"Ieri Shisui ne ha portati un po' a tua insaputa, Itachi" aggiunse la madre dalla cucina, anche se non fu sentita.
E' stato parecchio veloce, pensò Itachi divertito una volta che ebbe preso un Sasuke mezzo imbronciato e l'ebbe posizionato sulle spalle a mo' di sacco, provocando in lui un impercettibile mugolio di apprezzamento, anche se l'espressione rimase testardamente corruciata.
Sorrise.
Peccato che gli si son visti i piedi per tutto il tempo.




Note dell'autrice:
Heilà! Come va?
Questa è proprio niente di che: l'idea mi sembrava solo carina *O*
Non credo sia troppo verosimile, se posso spiattellare così i miei pensieri ai quattro venti, ma pazienza XD
Itachi sarebbe potuto diventare un buon casalingo nella mia versione dei fatti *ride* Cucina, apparecchia e stende il bucato! Sarebbe stato un marito perfetto.. TwT
Il titolo non è un eccesso di originalità, l'ho sfruttato a mio vantaggio per chi sa a cosa io mi stia riferendo.. >w>
Un grazie gigantesco a tutti coloro che con pazienza leggono, seguono questa raccolta e/o recensiscono. Grazie <3
Devo ringraziare molto anche una delle autrici qui sul sito che mi ha fatto riscoprire la stupenda opera di Minekura-sensei, Saiyuki! Mica lo sapevo che mi era rimastro altro da vedere *___*
Mi ha reso felicissima in questi ultimi giorni =W=
Ed adesso, fatti i ringraziamenti, non mi resta che augurarvi una buona domenica gente!
Have a nice day,
Diana

P.S.: Per il prossimo theme sono autorizzata a scrivere qualcosa di un po' pesantuccio? Sì? *parla da sola*
P.P.S.: La scrittura non si vede in grassetto vero? Ho qualche problema ad impostare il carattere sul programma fornito da EFP, quindi spero che qualcuno me lo faccia notare se si vede male. Grazie!



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Capitolo 9
*** Offensive attack ***


Cap, Per chi volesse un sottofondo musicale, che mi ha ispirato durante la stesura: http://www.youtube.com/watch?v=2qVMJrMiV4U

IX.O
ffensive attack

"Quando saremo grandi, ci sposeremo!" affermò decisa una vocina acuta indicando Itachi con il suo ditino paffuto mentre questi era intento a scrivere la soluzione di un problema su carta.
Subito dopo un'altra voce infantile riecheggiò forte e chiara per la stanza.
"Gno!" urlò allarmato un pargoletto sbattendo ripetutamente con foga le mani sul tavolo.
Si beccò uno sguardo focoso, segno che quella risposta non era piaciuta per niente alla piccola interlocutrice. La tensione che si era creata nella stanza era arrivata all'apice.
"Sì invece!" protestò imitando il gesto di Sasuke, fissandolo testarda.
Lui per tutta risposta si appiccicò ad Itachi, in modo da rimarcare il concetto di appartenenza del fratello maggiore alla propria persona.
La bimba di 5 anni strillò isterica fiondandosi su Sasuke, ma Itachi prontamente lo sollevò e lo mise a sedere alla sua destra.
Poi guardò quella creatura scatenata che aveva portato scompiglio dal momento in cui aveva varcato la soglia di casa loro.
"Saki-chan, non puoi picchiare il mio otouto perchè ha detto no" la sgridò calmo, accarezzandole leggermente i capelli.
Lei mise su il broncio e non rispose, ma gli si avvinghiò ugualmente al braccio come una cozza.
La mossa dell'avversaria non fece altro che irritare il piccolo Sasuke ancora di più, il quale si mise a piangere, attirando così su di sè tutta l'attenzione del maggiore.
Il disputato lo prese in braccio e cercò di calmarlo parlandogli dolcemente, ma il silenzio non durò due secondi che sentì la bambina scoppiare in lacrime, le mani protese con gelosia verso di lui.
Itachi sospirò debolmente, gettando un'occhiata sconsolata al cugino Shisui che col gomito appoggiato sul tavolo osservava la scena sorridendo, estremamente divertito.
"Perchè?" gli chiese solamente, nel tentativo di capire perchè una tranquilla giornata come quella era finita in tragedia da un momento all'altro.
Shisui abbandonò il suo ghigno e si raddrizzò per affrontare meglio la faccia desolata del cugino. "Non sai che testa ha fatto a me prima di venire..."
Si guardarono l'un l'altro con pietà, poi Itachi appoggiò Sasuke a terra e li convinse con non poca fatica a disegnare pacificamente.
I due accolsero la sua proposta come una sfida, perciò si misero a scarabocchiare con determinazione.
Quand'ebbero finito, mostrarono fieri i loro disegni ad Itachi, aspettando un suo giudizio. Lui li esaminò a lungo: quello della piccola Saki poteva simbolicamente rappresentare il loro matrimonio, visto che una ipotetica lei era vestita nel tradizionale abito da sposa bianco, mentre quello di Sasuke li raffigurava felici mano nella mano nel bosco.
Tecnicamente parlando, il primo era nettamente migliore del secondo, ma i suoi sentimenti da fratello maggiore gli rendevano difficile essere imparziale.
Rimase in silenzio per un pezzo.
"Bellissimi" decretò infine scompigliando ad entrambi i capelli.
Entrambi si illuminarono di gioia, per poi fissarsi in cagnesco.
"Che tu sia d'accordo o meno, io sposerò Itachi-nii-sama da grande, Sasuke!" dichiarò lei in faccia al bambino di tre anni.
"Gno!" replicò lui arrabbiato, "'Achi pe sempe co me!"
"Non fare il bambino! Itachi-nii-sama non può stare con te per sempre! Avrà una moglie, sai!" gli spiegò gesticolando infervorata.
"GNO! Non vollio!"
Itachi e Shisui si scambiarono uno sguardo esasperato.
Ci risiamo...

Un'ora più tardi si addormentarono l'uno sull'altro, sfiniti dal lungo e difficoltoso dibattito.
Sasuke le teneva ancora i capelli che aveva strattonato brutalmente nel tentativo di concludere la discussione in modo definitivo utilizzando le maniere forti.
Lei dal suo canto teneva i pugnetti chiusi sopra le sue guance: probabilmente aveva avuto l'intenzione di tirargliele.
Itachi e Shisui sollevarono da terra rispettivamente i propri fratelli e li adagiarono sul letto del maggiore.
Poi Itachi li coprì con una bella coperta morbida, sorridendo per un attimo teneramente in loro direzione.
"Itachi?" lo richiamò Shisui. L'interpellato si voltò verso di lui in silenzio.
"Non è che comincia a piacerti, quella piccola peste, vero?"
Seguì un lungo silenzio.
"No."
Il quale si prolungò ancora.
"Capisco."
Shisui si fermò sulla soglia, dando le spalle al cugino. "Itachi?"
"Sì?" rispose lui senza staccare gli occhi dal visino dormiente dell'otouto. L'altro esitò.
"Buona fortuna" si limitò a dire uscendo dalla stanza. Itachi sorrise con aria abbattuta.



Note dell'autrice:
Quello che vorrei fare onestamente adesso è prolungarmi in una serie lunghissima di apologie, scuse per il fatto di aver magari deluso quelle persone che mi seguivano, e per esser riapparsa con una one-shot del genere. Scusate se per caso vi ho deluso, purtroppo sto sbattendo contro un muro e questo è il risultato.
Ma parlando della storia, che è quello che dovrebbe contare di più in fondo, volevo provare a fare qualcosa di un po' comico, ma non so se sortirà l'effetto desiderato >__>
Saki è mia pura invenzione: Itachi doveva avere almeno una fangirl, e chi peggio se non la pestifera sorellina del suo migliore amico? XD
Praticamente la perfetta rivale di Sasuke, decisa, sicura di sè e di ciò che vuole, una bimba determinata sin da piccola!
Riuscirà Itachi a scampare? Mhhh XD
Ringrazio chi vorrà ancora leggere questa raccolta, e chi la leggerà per la prima volta.
Se vi va fatemi sapere cosa ve ne pare.





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Capitolo 10
*** Two of the same kind ***


X.Two of the same kind

Non riusciva a dormire. Aveva perso la cognizione del tempo mentre era abbandonato contro la dura e gelida parete della stanza.
Si passò stancamente una mano sugli occhi, per poi aprire la finestra. Guardò fuori, ispirando piano la fredda aria invernale.
Approfittando della presenza di un albero spoglio di ciliegio, balzò fuori di lì per andarsi a sedere su uno dei punti più alti.
Non si curò del freddo, o forse non ci fece caso. Osservò senza reale interesse le nuvolette di vapore che si venivano a formare davanti alla sua bocca, finchè non lo vide.
Era un piccolo punto bianco che luccicava con un'insistenza tale da chiedersi il perchè di tanto sforzo. Eppure, quando levò gli occhi e vide un cielo di quegli insignicanti puntini bianchi, pensò che fosse più vivo di qualsiasi altra cosa avesse visto in quei giorni. Se non altro era sicuramente più vivo di lui, che a fissare lo sfondo nero pece di tale opera sentì ancora una volta l'oscurità confluire dentro di lui.
Lenta ed inesorabile, andava al suo passo, una signora dal sorriso freddo e gli occhi vagamente consolatori, perchè lei ci sarebbe stata sempre.
L'avrebbe sempre ritrovata, in se stesso e negli altri. Negli occhi di coloro che la vedevano e perivano di fronte a lei.
Una stella più luminosa catturò improvvisamente la sua attenzione. Un tremolio degno di nota, una grandezza fuori dal comune.
Ed allora pensò a Sasuke. Il suo pensiero fisso. L'unico che lo confortasse davvero negli attimi di tempo libero.
Rivide davanti ai suoi occhi il volto delicato, quasi diafano, del fagotto che sarebbe diventato suo fratello, il suo broncio quando qualcosa non andava secondo le sue aspettative, il sorrisone soddisfatto che gli aveva rivolto quando aveva ricevuto il primo kunai.
Se solo sapesse cosa significa tenere davvero in mano un kunai. Stringere il manico e sferrare un attacco mortale. Togliere la vita anche ad un bambino, che poteva avere sì e no la sua età.
La consapevolezza che anche lui sarebbe stato preda di quella disperazione faceva ancora più male che essere costretto a togliere la vita ad un altro vivente.
Sentì una fitta insopportabile all'altezza del cuore, come se si stesse strappando in mille parti, in decine di migliaia di piccole parti, logori come i pezzettini di carta bianca che Shisui stava lasciando cadere davanti al suo viso.
Alzò lo sguardo verso di lui e vide che gli stava sorridendo.
"Dì la verità, hai pensato fosse neve" disse poi fissandolo con i suoi stessi occhi nero pece.
In realtà per un nanosecondo aveva valutato quell'opportunità, ma era stato così breve che quasi non se lo ricordava. Rimase in silenzio, raccogliendo uno dei pezzetti. 
"Che ci fai qui?" gli chiese allora il cugino con garbo, intuendo che c'era qualcosa che non andava. Poi visto che non riceveva risposta borbottò: "Si muore di freddo!" 
Itachi tornò a fissare le stelle davanti a sè. Non rispose per un bel pezzo, ma poi alla fine disse conciso: "Non avevo sonno."
Shisui capì. Non c'era bisogno di dire altro, quelle tre parole erano state più eloquenti di un discorso intero. Perchè gli incubi che inseguivano Itachi erano gli stessi che inghiottivano anche le sue notti.
Calò un sentito silenzio. Il maggiore si sedette vicino al cugino e cominciò anche lui a rimirare il cielo, finché non senti il suo corpo tremare impercettibilmente.
"Oh, mi sono ricordato di una cosa" esclamò Shisui girandosi a guardare dietro di lui e lasciandosi andare all'ennesimo sorriso.
Itachi distolse gli occhi dalla volta celeste e lo fissò con aria interrogativa. Avvertiva la presenza di qualcuno noto, ma non capiva il motivo per il quale uno dei loro compagni li aveva raggiunti in missione.
"Ciao Fukaku" lo salutò Shisui con un cenno della mano, che fu contraccambiato da un sorriso accennato. "Ce ne hai messo di tempo!"
Quello si sistemò meglio gli occhiali neri sul naso, lamentandosi con tono scherzoso di non essere lui a detenere il titolo di Fulmine. Shisui rise, ed Itachi lo guardò senza sentirlo realmente.
"Fukaku-kun" salutò a sua volta alzandosi in piedi e accennando un leggero cenno del capo, risvegliato da un pizzicotto sulla mano. Il ragazzo fece lo stesso, ma all'Uchiha non sfuggì come le sue spalle si irrigidirono nonappena incontrò i suoi occhi.
Non ci diede peso, aspettando con pazienza le debite spiegazioni del cugino.
"Bene, ora direi che puoi andare, Itachi" gli comunicò questo allegro, dandogli una pacca fraterna sulla schiena. "Oggi è il 31, no? Se ti sbrighi sei ancora in tempo."
Sentì i suoi occhi allargarsi per la sorpresa e la parte più recondita e vera di riempirsi di un affetto e di un rispetto sincero.

Si risvegliò di colpo. Fece mente locale, realizzando di essere nella sua stanza. Si passò una mano sul viso.
Un ricordo.
Prima che se ne rendesse conto si alzò e scese senza alcun rumore le scale. Il piano di sotto era deserto, immerso in una calma quasi surreale, nella luce della luna, che pareva anch'essa di un altro universo.
Soffocò la nausea, più per stanchezza che per stizza, e si sdraiò sul pavimento freddo dell'engawa. Ma non durò molto prima che si ritrovasse a schiudere nuovamente occhi al mondo.
Una sensazione di inspiegabile angoscia lo pervase, costrigendolo a sbrigarsi a recarsi in cucina.
Una volta introdottosi con successo, con la lentezza e la fredezza che convenivano ad uno shinobi, si avvicinò al tavolo. Sua madre e suo padre si trovavano riversi su di esso: immobili, parevano tranquillamente addormentati mano nella mano. Volle sorridere, ma non ci riuscì, colpito da un'improvvisa consapevolezza.
I loro cuori non battevano, i petti non si alzavano e si abbassavano piano come quelli di normali persone addormentate, il loro chakra non si percepiva da nessuna parte.
Represse l'ennesimo dolore, la consapevolezza di esser stato lui ad ucciderli, ma quello lo invase senza dargli alcuna tregua.
E poi fu buio.

Aprì gli occhi. La voce ovattata di qualcuno che lo stava chiamando. Era insistente, ma non riusciva a trovare nessuna forza per rispondere.
"Stai meglio?"
Il suo campo visivo era sfuocato, ma gli pareva di scorgere i lineamenti di una persona. La luce che proveniva da sopra di lui di certo non aiutava.
"Mi senti?"
Era gentile con lui, ma capiva dal tono di voce che era preoccupato. ...Shisui?
"Non hai preso le medicine?"
Provò a fissarlo interrogativo, chiedendosi di cosa stesse parlando. Poi i suoi sensi tornarono alla normalità e con loro anche la sua conoscenza.
Quello non era Shisui, e lui non a casa. Ricordò di essere svenuto dopo aver tossito sangue per un lungo tempo mentre stavano andando ad una riunione dell'Akatsuki.
Capì senza dover chiedere che quello era uno dei rifugi dell'organizzazione in vicinanza nei quali Kisame doveva averlo portato dopo la sua crisi.
Aggrottò le sopracciglia, seccato, e l' uomo squalo ghignò. "Sembra che io abbia ragione."
Fissò la luce bianca del neon sopra la testa del compagno.
La luna.
"Così pare." commentò in un sussurro alzandosi a sedere, rispondendo più a se stesso che all'altro. Kisame si sorprese un poco: si leggeva dalla sua faccia che non si aspettava certo una risposta.
Itachi si accorse di essersi scomposto, ma troppo tardi. Chiuse gli occhi, indifferente, come se nulla fosse successo, ma quello non impedì al compagno di aprirsi in un sorriso sghembo.
"Hai fatto un incubo, Itachi-san?" domandò guardando apertamente l'Uchiha in viso. E quella volta il responso non arrivò, ma l'Hoshigaki pensò che in fondo per quella volta non aveva bisogno di una conferma.



Note dell'autrice:
*Si tormenta*
Allora, sì, uhm... Ero profondamente indecisa se postare questa specie di missing moment oppure lasciar perdere e non rovinare le feste a qualcuno.
Il motivo per il quale l'ho postata è stata una frecciatina che mi ha stuzzicato, proveniente proprio dalla persona alla quale intendevo dedicarla, ovvero colei che mi sta smisuratamente viziando con le sue parole gentili e la sua puntualità, alla quale io potrò aspirare probabilmente solo quando andrò all'altro mondo. 
Cara Thya, spero che non terrai conto del testo e che dall'alto della tua magnanimità prenderai nota solo delle mie buone intenzioni di ringraziarti per esserci sempre e per tutte le belle cose che ti vedo scrivere, sia a me che alla comunità di EFP, delle tue risposte e del fatto che sopporti i miei scleri su Madara Uchiha anche se tu preferisci Hashirama. Non ho idea perchè sia finita anche io a scrivere di Kisame, mi son svegliata con te che mi avevi già preceduto XD
Detto questo, auguro un Buon anno a tutti *offre champagne*



 

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Capitolo 11
*** Hate ***


VIII
Dedicata a Misashi Kishimoto.
Siate sempre sinceri con voi stessi e con gli altri.


XI.H
ateful, hopeless, Hate

Sei cambiato, Nii-san, troppo perchè io possa capirlo, nonostante tutti i miei sforzi.
Io...voglio indietro il mio vero fratello. Voglio rivedere il tuo sorriso, voglio sentire ancora la tua mano accarezzarmi i capelli, voglio che la tua voce mi parli ancora ed ancora.
Voglio osservare la tua espressione preoccupata, la tua faccia dispiaciuta, le tue sopracciglia aggrottate per la confusione e il tuo raro ghigno canzonatorio.
Tutto fuorchè questa indifferenza. Tutto fuorchè questo continuo fuggire. 
Non voglio che tu esca con altri, ignorando la mia presenza, mettendomi in secondo piano.
Non voglio che tu parli di te con altri, io sarei disposto ad ascoltarti per ore.
Non voglio che tu guardi altri, guarda me, alza gli occhi da quei documenti e vieni a parlare con me, distogli i tuoi occhi freddi da nostro padre e vieni a parlare con me!
Non voglio che tu ti interessi alle tue missioni, ai tuoi doveri, alle tue priorità, interessati anche a me.
Fa male non poterti avvicinare. Guardami, Nii-san!
Non andare con altri!
Non promettermi che ci sarai in futuro, perchè non ci credo.
Non scappare, Nii-san!
Non ignorarmi, ti prego... NON IGNORARMI!
Cosa ci trovi di così interessante in Shisui? Perchè lui invece che me? Che cos'ha in più di me?
Lo odio. Li odio tutti. Sono stati loro a farti cambiare. Ed odio anche te, Nii-san, esattamente come ora tu mi disprezzi.
Ma certo. Che bisogno ha il genio degli Uchiha di un fratello come me?
Tu che sei ammirato ed amato da tutti, tu che sei che il figlio perfetto che nostro padre voleva, che bisogno hai del mio di affetto?
Che bisogno hai di un incapace che ti assilla e sciupa il tuo tempo con le sue futili domande?
Nessuno, è ovvio.
Provo tanta rabbia. Tanta da pensare che potrei spaccare qualcosa.
Se non hai bisogno di me perchè hai già tutto quello che ti serve, allora anche io farò a meno di te.
Non sono l'inetto che tu credi.
Non hai nessun diritto di credermi inferiore. Non hai nessun diritto di guardarmi così freddamente. Non hai nessun diritto di ignorarmi.
Sei crudele. Sei troppo crudele perchè io lo possa accettare.
Nii-san.
Nii-san.
Perchè mi stai facendo questo? Anche se io ti voglio così bene? Anche se io non riuscirei mai a detestarti completamente? Anche se ogni volta cerco disperatamente di attirare la tua attenzione? Non è abbastanza?
Non odiarmi, Nii-san. Non odiarmi, ti prego...
Tutto questo fa tanto male. Mi manchi.
Non c'è davvero nessun modo per tornare indietro? Non posso fare niente?
...
Non voglio provare questo sentimento.
Non voglio odiarti, ma non posso farne a meno, Itachi...





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Capitolo 12
*** Eyes ***


XII.Eyes
 
Ho visto i tuoi occhi per la prima volta sul campo di guerra, dove non avrei mai immaginato di poterli incrociare. I tuoi veri occhi, così come ho imparato a conoscerli negli anni trascorsi fianco a fianco, nei pomeriggi di duro allenamento, nelle notti bianche di studio, di discussioni, di strategie ed talvolta di pazze gare di corsa.
Io avevo otto anni. Tu invece, quattro.
Non potrò mai scordare il dolore cupo, la precoce presa di coscienza che questo mondo è dominato dalla guerra, che l’odio è tanto radicato quanto infimo e che estirparlo è un faticoso, disperato nuotare controcorrente.
In fondo, quello sguardo era anche il mio.
Come un grido senza voce.
 
Quando poi li ho rivisti, ci ho scorto dentro una muta determinazione, la ferma volontà di lottare, di opporti a quel ciclo vizioso che costituisce da tante, troppe generazioni la maledizione degli Uchiha.
Mi è piaciuto, così ho deciso di condividere con te tutto: ideali, speranze, sogni per un futuro migliore, diverso, unito.
 
Dopo la morte di mio padre avevo pensato di aver perso senza rimedio l’unica persona della quale potessi mai fidarmi ciecamente, il mio solo alleato, ma tu mi hai provato che sbagliavo.
Ti ho preso sotto la mia ala e ti ho insegnato tutto quello che avevo appreso da lui, e tu mi hai accettato, rispettato e sostenuto. Sei cresciuto saggio e fedele per il villaggio, e complice per me.
I tuoi occhi hanno sempre comunicato in modo pacato, non intromettendosi in nessun caso, mai invadenti, ma hanno sempre usato una sottile cortesia, così insolita per un ragazzino.
Le parole non sono mai state il tuo forte, d’altronde, perciò quelle braci nere sono state degli specchi che mi hanno permesso di capirti, scorgere il tuo animo ed afferrare i tuoi pensieri.
Mi hai concesso di vedere in quelle iridi così scure un compagno fedele, un amico, un fratello. Per questo ti sarò eternamente riconoscente.
 
Non so più quante volte, davvero non lo so più o forse ho smesso di contarle ad un certo punto, ho trovato conforto in quell’oscurità notturna che replicava la mia.
Anche se eri a pezzi, tormentato da strazianti dolori, non ti sei mai avvicinato ad abbracciare il male, quel buio brillare ha mantenuto sempre la gentilezza così intrinseca al tuo essere.
C’eri sempre ad alleviare quella comune sofferenza che non poteva essere cancellata e mai potrà finché avrai vita.
Non sei voluto capitolare davanti all’odio che lo Sharingan si porta dentro, testardo, seppure la vita ti abbia intrappolato e schiaffeggiato, fornendoti molti motivi per lasciarti andare.
No, è più corretto dire che non hai potuto, eri troppo forte.
Il tuo volto bianco, illuminato dai raggi lunari, era in aperto contrasto col vivo rosso sangue dei tuoi occhi, quasi a dichiarare il suo sdegno, il suo disgusto di fronte a quell’abominio.
 
Eppure quando eri a casa tutto svaniva ed il tuo campo visivo si restringeva drasticamente ad un unico essere vivente: tuo fratello Sasuke.
Quella piccola pulce gelosa ha avuto il potere di catturare completamente la tua attenzione sin dal primo momento in cui l’hai visto: l’affetto che ti lega a lui si notava da come il tuo viso perennemente serio si addolciva pian piano, fino al portarti a sorridere, e si legge tuttora.
E’ impossibile sbagliare, ignorare il sommesso raccontare, non vedere quanto amore è celato, stipato e conservato con cura dietro quelle due pozze nere.
Per lui mi hai pure trascurato, ma ormai è tardi per ricominciare a punzecchiarti per questo, anche se mi diverte oltre ogni misura.
Proprio perché ho tastato con le mie mani quel sentimento così vivo e potente, mi duole ancora la memoria della freddezza che nell’ultimo periodo ho scorto dietro le tue palpebre stanche e la vista del velo d’indecifrabilità e indifferenza che ti hanno costretto a indossare e che ti ha portato a distanziarti da quella piccola peste che ami tanto.
 
Non c’è mai stato un vero bisogno di utilizzare le parole fra di noi.
Né io né te siamo delle persone troppo loquaci. Tu soprattutto, quando ti ci metti sai essere davvero silenzioso, sai?
… Avrei voluto conoscerti meglio, vegliare su di te, guidarti quando ne avevi bisogno.

Non credo di aver meritato tutto il rispetto e l’ammirazione che hai dimostrato nei miei confronti.
Sento di aver tradito la tua fiducia, ma non trovo altre soluzioni.
 
Il momento è giunto, adesso devi permettermi di far calare il sipario su Shisui il Fulmineo, uno de ”I due geni Uchiha”.
Ti chiedo perdono, sono cosciente del fardello che ti lascerò sulle spalle, mi rendo conto di alimentare col mio gesto la tua disapprovazione nei confronti del clan, ma ormai non posso fare altro che lasciare tutto nelle tue mani. Porta avanti i nostri ultimi desideri, te ne prego.
 
Heh… Scusami per essere per un secondo contento di vedere lo sconcerto e lo sconforto dipinti sul tuo volto, ma almeno così posso lasciare questo mondo con l’amara certezza di avere un’ultima persona che mi piangerà di tutto cuore.
 

Addio, Itachi.
 
Grazie.

 
 
 
 
---Note di una catastrofe umana:
Uh… tocca a me? Accidenti.
Torno, senza una reale scusa da proporre, e mi presento con un capitolo a dir poco ambiguo.
Ribadisco (anche se avrei dovuto farlo all’inizio in effetti) che non sono per niente una scrittrice. Ciò che sostanzialmente rimane dopo la lettura è sempre un’idea e non un testo omogeneo XD
Spero vi vada bene comunque, confido nella vostra bontà _ _
Qui ho voluto fare un omaggio ad Itachi utilizzando il punto di vista di Shisui, onorando al contempo anche questo personaggio che io ho cominciato presto ad adorare.
Cioè, come si fa a resistere al fascino di quelle cigliette? Per non parlare dei capelli, del bellissimo Sharingan Ipnotico, del sorriso!
I loro occhi non valevano solo perché avevano dei Sharingan potentissimi, ma perché nascondevano animi nobili.
 
Non ho voluto in alcun modo “creare” una versione definitiva di Shisui – qualcuno probabilmente noterà che ci sono delle incongruenze tra questo Shisui e quello descritto in altri capitoli-, non ne sono capace. Questo è solo un esperimento, qualcosa che a me sembra plausibile.
Finalmente sono arrivata a -2 dalla fine. Ce ne vorrà di tempo affinché mi venga un’altra idea, ma ce la farò a concludere questa raccolta XD
Ringrazio tutti: coloro che leggono in silenzio, coloro che l’hanno messa tra le ff seguite, le ricordate, addirittura le preferite, e le recensitrici!
Love you guys!
Dia

 

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Capitolo 13
*** Running in circles ***


XIII.Running in circles

Senti le tue gambe accelerare veloci in una corsa silenziosa.
Eviti di chiederti il perché, anche se in realtà conosci la risposta.
La disprezzi, la risposta. Il pensiero che sia un disegno predestinato, una strada che molti prima di te hanno percorso e che tu dovrai condividere, ti nausea.
Il ciclo dell’odio degli Uchiha è impresso nel tuo corpo, è simboleggiato dai piccoli tomoe del tuo Sharingan, che si inseguono vicendevolmente senza fine, e macchia di rosso i tuoi occhi decisi. Mai gli hai permesso però di toccare la tua anima.
 Stai andando in contro ai nemici, sei consapevole che dovrai ucciderli, eppure la dimostrazione della tua “abilità” non è per nulla un motivo di vanto per te, non è niente che una abominevole realtà che ti soffoca.
Il tuo piede atterra leggero sul ramo di un albero.
Lo sforzi perché ti faccia avanzare verso il prossimo appiglio, sei quasi arrivato.
Non puoi scappare.
Non ti è possibile ignorarlo, come eviti Sasuke.
Che direzione prendere?
C’è un’unica possibilità: proseguire sempre avanti.
La lama lucente del tuo kunai ti sta aspettando.



 
Note:
Mhhh, coza ezzere qvesto? Mbfah.
Potrebbe ezzere tentativo di drabble -fallito ovviamente- e di Angst.
*scratches head*
Comunque, quest’idea nacque un po’ di tempo fa: riscoprendola ho voluto condividerla.
Chi è contro con me?
Parlando seriamente, vi auguro di avere una buona settimana!
Ci rivediamo all’ultimo capitolo,
Dia

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Capitolo 14
*** Say my name ***


XIV.Say my name

“Itachi”, ti chiamava la mamma dolcemente la mattina guardandoti col sorriso sulle labbra  e magari carezzandoti la testa, prima di posarti una scodella di riso davanti ed invitarti a mangiare.

“Itachi”, ripeteva tuo padre scrutandoti con un’espressione indecifrabile da dietro il giornale, con una lieve intonazione nella voce che tradiva il suo orgoglio.

“Ah, Itachi!”, esclamava zia Uruchi smettendo di spazzare e regalandoti un piccolo sorriso, per poi tirare fuori i suoi cracker e augurarti una buona giornata.

“Itachi!” gridava forte e chiaro Shisui salutandoti con la mano da dov’era, per poi venirti incontro e cominciare a parlarti dell’ultima tecnica che aveva imparato, della corsa a rotta di collo che si era fatto per arrivare in tempo all’Accademia e delle grida furiose di sua madre che risuonavano ancora nella sua testa minacciose.

“Itachi”, bisbigliavano le bambine guardandoti ammirate, sognando di poterti avvicinare per chiederti di mangiare insieme.

“Itachi”, ti nominavano con invidia i bambini, gettandoti occhiate diffidenti, sguardi sprezzanti.

 “Itachi!”  scandiva bene il maestro, prima di congratularsi soddisfatto con te ed invitarti a risiederti in mezzo ai tuoi compagni.

“Itachi” sussurravano gettando rapide occhiate i genitori che venivano a prendere i loro figli dall’Accademia, che di te sicuramente avevano sentito parlare e che nutrivano nei tuoi confronti una certa simpatia o una malcelata diffidenza a seconda di ciò che i figli raccontavano loro.

“Itachi”, ti salutavano i membri del Clan con rispetto o con una punta di invidia sulla via verso casa, voltati a guardare il genio degli Uchiha passare.

Eppure a ciascuna di quelle voci mancava qualcosa, una vibrazione, un’intonazione, un suono caratterizzante, confortante, infantile, ricco, ingenuo, una nota a volte entusiasta, a volte dispiaciuta, a volte irritata, a volte imbarazzata, troppe volte ammirata.

Era un piccolo miracolo, quello che succedeva puntualmente quando arrivava sulla soglia della porta.

Anche se avevi tante sfaccettature, anche se la tua identità di Itachi era messa in dubbio e perdeva i suoi confini definiti e nell’arco della giornata era faticoso non perderti in te, quel semplice e chiaro “Nii-san!” bastava per farti ritrovare il vero Itachi, la vera ragione per cui esistevi.

E tu gli rispondevi felice: “Sono a casa.”

 

Note:

Mi sento abbastanza… svuotata. Ho finito.

Ho finito anche se su questi due non si può mai finire di pensare, poiché sono infiniti qua dentro *punta il dito verso il suo cuore*

Vorrei ringraziare tutti coloro che mi hanno seguita fin qui, che hanno recensito (soprattutto una certa persona) con pazienza, che hanno persino preferito, ma anche coloro che sono andati via.

Grazie per avermi dato la possibilità di esprimere le mie idee liberamente, di dare sfogo alla mia fantasia da accanita fan girl e di condividerle qui.

Un abbraccio forte,

Dia

P.S.: Viva gli Uchiha Brothers! (chissà se si capisce ciò che intendo XD)

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