Perduti nell'aria ...

di rora02L
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Julliet Scarlet. ***
Capitolo 2: *** Romeo Whitemore. ***
Capitolo 3: *** La Mietitura. ***
Capitolo 4: *** Ritrovarsi. ***
Capitolo 5: *** Arrivo ***



Capitolo 1
*** Julliet Scarlet. ***


Julliet ...

La mia famiglia è incollata alla televisione. Ci saranno i nuovi Hunger Games, i noni.
Io ho 17 anni e non sono ancora stata estratta.
D'altronde, c'è solo un biglietto con scritto il mio nome. Perchè dovrei uscire io ?
Mio padre, un uomo grande dai baffi lunghi e bianchi, mi fa cenno di sedermi accanto a lui.
Anche la mamma si mette sul divano rossiccio, senza staccare gli occhi dallo schermo. Obbedisco per non litigare.
Un presentatore di Capitol City dai capelli arancioni fosforescenti annuncia l'evento dell'anno.
"Questi saranno i Giochi più fantastici della storia di Panem, signori. L'Arena di quest'anno ha in serbo un sacco di sorprese ..." dice con la sua voce acuta da femminuccia.
Ma l'hanno castrato o cosa ?
Si interrompe appena vede che il presidente sta per fare la sua entrata spettacolare sul balcone della Vittoria.
"Arriva, ecco ... il nostro amato presidente Snow !" esclama, mentre la folla saluta il ventenne più potente di tutta Panem, che fa solo un cenno con la mano destra.
La folla si calma, ascoltando il discorso del suo amato presidente: "Cittadini di Panem, per commemorare anche quest'anno il Grande Tradimento dei Distretti, annuncio che da domani ci saranno le Mietiture per decidere i prossimi partecipanti alla nona edizione degli Hunger Games !"
La platea esplode in applausi e urla emozionanti.
"Odio questi giochi." commento io secca. Ed è vero. "Li trovo assurdi."
Mio padre sospira e si gira verso di me, con aria paziente: "Ti ricordo che i tuoi avi, gli Scarlet, hanno combattuto fianco a fianco con i Ribelli.
Dobbiamo pagare lo scotto delle nostre azioni, anche se non ce ne pentiamo.
Almeno non abbiamo fatto i codardi come i Whitemore ..."
Questa storia va avanti da generazioni, mio padre è troppo orgoglioso per finirla con questa faida con i Whitemore.
Ma è il sindaco del Distretto e non può mostrarsi così scontroso con i Whitemore.
Fin da quando ero piccola, ho imparato ad odiarli.
Mia madre tossisce per attirare l'attenzione e sorride, dicendo: "Sarà meglio che preparo l'abito buono per domani ...
Sarà un grande evento."
Evento ... o meglio macello.



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Capitolo 2
*** Romeo Whitemore. ***


Romeo ...

Esco dalla porta di servizio della fabbrica senza farmi notare, camminando in punta di piedi. Non ne posso più di questo strazio.
Ho bisogno di svagarmi un po' ... domani c'è la Mietitura, oggi si deve festeggiare !
Mi assicuro che nessuna delle donne che lavora alla macchina da cucito mi abbia visto.
Scannerizzo l'area con i miei occhi verde acqua.
Nessuno ...
Parto a razzo verso il bosco, saltando come un grillo. C'è il filo spinato. Sorrido.
Spento da secoli ... che scemi.
Non era da tanto che c'era quel filo a separare il Distretto 8 dal resto del mondo, ma non ha mai funzionato. Troppi soldi da spendere.
L'importante era far finta che funzionasse.
Lo scavalco agilmente e con naturalezza, guardando la foresta di abeti davanti a me. Finalmente ...
Inspiro lentamente, chiudendo per un attimo gli occhi. E mi tuffo tra gli alberi con impeto, saltando i tronchi caduti.
Mercuzio aveva detto che sarebbe stato qui ad aspettarci per mezzogiorno ... chissà se viene anche Benvolio.
Sono orgoglioso del nostro segreto. Anche se so che il nostro intero clan, mio e di mio cugino Mercuzio, non sarebbe d'accordo.
Per niente. Sono degli stupidi pacifisti che sarebbero capaci di stare fermi a guardare mentre i loro figli vengono uccisi davanti ai loro occhi.
E lo fanno, durante gli Hunger Games. Il Distretto 8 non ha vinto ancora nemmeno una edizione, a differenza dei Favoriti del 2 e del 1.
"Mercuzio !" lo saluto agitando la mano. Lui si gira, è un ragazzo piuttosto alto e più grande di me: ha 20 anni.
I suoi capelli neri come i miei e lisci gli coprono l'occhio destro e li sposta con la grande e possente mano, allenata come il resto del corpo per anni.
Sorrido appena vedo le due spade rimaste su un ceppo.
“Non dovresti prendere la mia spada … lo sai che mi arrabbio.” Esclamo io, facendogli segno di ridarmela.
Mio cugino ridacchia e ribatte: “Se la rivuoi, vieni a prendertela !” Faccio un sorriso sghembo e mi lancio all’inseguimento.
Mercuzio è veloce, ma riesco a stargli dietro e sto per afferrare il pomello della spada, che ha legato alla cintura, quando una voce mi sorprende, facendomi mancare il bersaglio.
“Ancora a giocare come bambini, eh ?” esclama Benvolio, scendendo dalla boscaglia verso la riva del lago.
“E tu devi sempre fare il superiore, Benvolio ?” ribatte Mercuzio, scarcastico. “Ti ricordo che il maggiore tra noi sono io …”
“Ma non mentalmente !” risponde lui, balzando davanti a Mercuzio ridacchiando. Ridiamo tutti e ne approfitto per riprendermi la spada.
“Ehi, Romeo !” protesta lui, girandosi, ma orami è tardi. Ti riconoscerei tra mille, piccola mia …
Guardo la lama lucente della spada brillare ai raggi del sole che arrivano dalla boscaglia, il pomello d’acciaio semplice ornato da croci gotiche. Lei è mia, essendo il diretto successore dei Whitemore. Perché questa spada, la Cross Sword , era di mio padre, quando era giovane come me. E quella di Mercuzio del suo. La terza era un cambio, ma adesso appartiene a Benvolio.
L’ultimo arrivato mi da una pacca sulla spalla e domanda: “Come vanno le cose con Rose ?” Mi strizza l’occhio, complice.
Arrossisco un po’, imbarazzato, e rispondo: “Insomma … lo sai che da allora non penso ad altro che a lei.” Sospiro, tra i sogni.
I miei amici si guardano e poi scuotono entrambi la testa, contrariati. “Lei è una Scarlett, lo sai. A parte i nostri genitori, nessun Whitemore o semplice cittadino del 8 ha delle armi … e lei aveva ben cinque coltelli !” mi ricorda mio cugino, severamente.
E ha ragione, perfettamente. Ma non riesco a scordarla, con i suoi fantastici capelli rossi fuoco e mossi dal vento, le mani delicate ma forti, il corpo da mozzare il fiato, una voce sexy che mi ha fatto tremare e degli occhi scintillanti d’orati. Per non parlare delle sue labbra scarlatte, in contrasto con la sua morbida pelle candidissima.
“Sveglia !” interviene Mercuzio, scioccando le dita della mano destra davanti ai miei occhi persi nel vuoto. Sbatto le palpebre e chiedo scusa ai miei amici. Benvolio sbuffa, infastidito dal mio comportamento irrazionale ed egoista.
Faccio un sorriso imbarazzato ed esclamo, portando la spada davanti a me, in posizione d’attacco: “ Bene, fatevi avanti ! Sono pronto a battervi per la centesima volta !” Mercuzio fa un sorriso sghembo ed entrambi partono alla carica. Li blocco con la mia sola spada e grazie alla mai forza, concentrata sulle braccia e le gambe, li rispedisco indietro.
Mi sento vivo e in fiamme quando combatto. E penso a lei, la mia ragazza scarlatta di cui non so nemmeno il nome.
Dovrei sposarmi con Rose, la mia promessa sposa. La amavo, lei no. Ma adesso anche i miei sentimenti sono cambiati: sono innamorato della ragazza dai capelli scarlatti, che lancia i suoi pugnali con ardore e abilità. Ti ritroverò … magari domani, visto che c’è la Mietitura.
Ma non avevo mai pensato alla Mietitura come una minaccia, c’era solo una decina di biglietti col mio nome. Perché sarei dovuto uscire io ?
 
Mi getto contro i mei amici, pronti a combattere.
La lotta stimola ogni muscolo del mio corpo, rilassando la mia mente, che si lascia guidare dagli impiulsi e dall'istinto, che non sbaglia mai.
Sono nato per combattere, come mio padre.
Lui avrebbe voluto lottare contro Capitol City, insieme agli altri del Distretto. Ma mio nonno glielo impedì, dicendo che non sarebbe servito a nulla.
Che i nostri nemici erano troppo superiori a noi, che eravamo senza una guida e un piano per tutti i Distretti di Panem.
Eravamo scordinati, allo sbaraglio e inesperti. Carne da macello ...
Così i bollenti spiriti di mio padre dovettero calmarsi. E incontrò mia madre, una brillante insegnante di letteratura alla scuola superiore del Distretto.
E si innamorò follemente di lei, non riusciva più nè a dormire nè a mangiare. Ma non trovava il coraggio di parlarle, nonostante lei fosse sempre così gentile e disponibile.
Il suo sorriso lo raggelava e aumentava il battito del suo cuore, più simile al ritmo di un tamburo.
Decise che non servivano le parole. La baciò con impeto.
Dopo qualche mese, si sposarono, nonostante la guerra appena iniziata. E naqui io. Combattemmo per circa dieci anni. Poi venne Snow.
E gli Hunger Games, la più grande umiliazione mai subita dai Distretti.
I Whitemore riuscirono a mantenere il controllo delle loro fabbriche tessili, le uniche del Paese.
Gli Scarlett, invece, finirono sotto il diretto controllo di Capitol e, dopo aver giurato fedeltà eterna al suo Governo, diventarono la famiglia del sindaco, anno dopo anno.
Io mi sono innamorato di una Scarlett, è ovvio. Non c'è futuro per noi.
Non so nemmeno cosa prova lei per me ... Scaglio un fendente contro Benvolio, che lo schiva prontamente.
                                 

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Capitolo 3
*** La Mietitura. ***


La Mietitura.

Odio questi avvenimenti scemi ... che senso ha ?
Mia madre sistema il fiocco del mio vestito rosso fuoco dietro la mia schiena ed esclama soddisfatta: "Sei bellissima, Julliet !"
Mi osservo allo specchio scettica: i miei capelli ramati e ondulati cadono sulle mie spalle scoperte e candide, finendo poi sul vestito scarlatto che mette in risalto il mio seno.
Mi piace, ma mi sembra eccessivo per la Mietitura.
Ma è inutile discutere con mia madre, non mi sta mai a sentire e fa di testa sua. È testarda, proprio come me.
Mi prendo i capelli tra le mani e sorrido a mia mamma, dicendo dolcemente: “Va bene.”
Mia madre fa un sorriso triste, è sempre preoccupata quando si tratta della Mietitura. Nessuno Scarllet è mai stato estratto, siamo i beniamini di Capitol City, dopotutto. Ma non si sa mai.
“Il destino è imprevedibile.” mi dice sempre mio padre. Ma io non credo nel destino. Credo solo nelle mie azioni. Queste determinano il mio passato, il mio presente e faranno lo stesso con il mio futuro. Non importa quale prove mi troverò davanti.
Per questo ho insistito per imparare a lanciare i coltelli, la mia arma preferita dopo l’arco. Li trovo molto più versatili di un paio di frecce.
Mio padre mi mise sotto la custodia del mio mentore, Kaidan. Lui è un uomo di colore alto quanto un albero, dai corti capelli neri ed un sorriso smagliante. Ma il so corpo è anche una perfetta macchina da guerra, dopo anni di allenamento per diventare Pacificatore e poi essere respinto perché “non idoneo.”
Kaidan è sordo da un orecchio, il destro. Sperava che non lo scoprissero, ma alla fine è successo. Ed è diventato il mio tutore e mentore, da quando avevo 5 anni. Gli voglio bene come un fratello maggiore.
Chiedo a mia madre dov’è. “Oh penso che sia con tuo padre al palco della Mietitura…”
Sbuffo, non ho la minima voglia di andare. Tutta quella gente ammassata e nervosa. Le telecamere ovunque. E quell’odioso filmato che ci fanno vedere ogni santo anno, sono davvero stanca di questo. Anche se sono solo i noni Hunger Games.
                                                                                                                        *
“Julliet !”
Mi giro e vedo la mia migliore amica, Charle, che mi saluta da lontano agitandosi tutta nel suo vestitino azzurro cielo.
Sorrido e vado verso di lei, salutandola con la mano.
“Sei stupenda !” esclama lei, guardando ammirata il mio vestito rosso. “Anche tu, ti sta bene l’azzurro, si intona con il colore dei tuoi occhi ed il biondo dei tuoi capelli …”
“Grazie !” risponde lei, trillando e sorridendomi tranquilla. A volte la detesto, è sempre così felice e tranquilla.
Nessun incubo, nessuna preoccupazione e nessuna paura. Io invece tengo sempre dentro un solo ed unico terrore: essere estratta. Non mi sono allenata per andare al macello, ma per sapermi difendere nel caso in cui succedesse.
Ma non ho mai voluto che accadesse.
Sorrido anche io e vado a mettermi in coda per il prelievo del sangue, guardando la gonna del vestito di Charle che si agita al vento. Charle ha 16 anni, un anno in meno di me. Ma sembra sempre più piccola e giovanile.
Anche lei appartiene ad un ramo della famiglia Scarlett, anche se il suo cognome non è uguale al mio. Siamo parenti alla lontana, in un certo senso. Ma non ci somigliamo per nulla.
Mi prendono la goccia di sangue senza che io me ne accorga e mi chiedono gentilmente di andare al posto. Persino i Pacificatori sanno chi sono.
Una donna dall’aspetto a dir poco ridicolo ed eccessivo sale sul palco di metallo in cui accogliamo la Mietitura silenziosi come agnellini.
Ha una gonna a tubino color zafferano che ferisce gli occhi e una maglietta dalle maniche a sbuffo color blu elettrico. Una parrucca blu fosforescente troneggia sulla sua minuta testa incipriata e truccata come mai ne avevo vista una.
I suoi piccoli tacchi a spillo blu elettrico sembrano cedere da un momento all’altro, mentre sale traballante sugli scalini per fare il solito annuncio.
Nei maxi schermi, riesco a leggere il suo nome: Sotiria Gasper. Che nome assurdo, ma da dove viene ? Ah, è vero … da Capitol City
Faccio un sorriso storto e torno a guardarla. Apre goffamente una bustina bianca, stropicciandola e strappandola tutta.
Si avvicina al microfono e si schiarisce la voce con un colpo di tosse. Proprio ridicola.
“Felici Hunger Games ! E possa la buona sorte essere seeeempre a vostro favore !” esce da quella sua boccuccia a cuore, con un tono stridulo ed irritante. La odio già.
Fa un cenno della mano verso il maxi schermo accanto a lei e parte il video, con la solita tiritera sui “ribelli cattivi” che soccombono sotto la “buona e misericordiosa Capitol City”. Sotiria, alla fine del video, si lascia scappare una lacrimuccia che asciuga subito e si scusa col pubblico: “Mi commuovo sempre … Ed ora il momento che aspettavate tutti !
Scopriremo i nomi dei giovani fortunati che parteciperanno a questa edizione degli Hunger Games !”
Ci guarda, aspettandosi qualche esclamazione o cose del genere. Silenzio assoluto, ovvio.
Quasi patetica. Quasi.
Fa una faccia confusa e si guarda attorno, in cerca di sostegno. Ma poi si arrende e ricomincia: “Come da tradizione … prima le signore !”
Si avvicina inferma alla sfera di vetro ricolma di bigliettini che sta alla sua destra. Infila la mano grassoccia con enfasi e scava per qualche secondo. Vuole farci stare ancora più male … stronza.
Finalmente la sua mano emerge dalla bolla di vetro, stringendo tra le unghia finte giallo limone il biglietto. Fa che non sia il mio …
Lo apre lentamente, assaporando l’atmosfera. Fa un altro odioso colpetto di tosse e annuncia con voce squillante: “Julliet Scarlett !” Gira la sua testolina a destra e a manca, ansiosa di vedere la prima estratta. Di vedere me.
Ha detto … ha detto proprio il mio nome. No …
Il mio corpo inizia a tremare, consapevole più di me di ciò che è appena successo. Il mio cuore martella in petto e vorrebbe che io scappassi. Le persone intorno a me si allontanano, sanno il mio nome. Faccio un passo avanti, in equilibrio sui tacchi scarlatti.
Sotiria si illumina appena mi vede: “Oh ! Sali cara, sali.” Mi fa cenno con la mano di avvicinarmi. No … no … non voglio.
Costringo il mio corpo ad andare, devo. Cammino con passo di marcia, lenta ed inesorabile. Verso il mio patibolo.
Salgo sui gradini e cerco di non incrociare lo sguardo dei miei genitori e di Kaidan. Mi verrebbe l’impulso di scappare …
Arrivo accanto alla donna di Capitol, tremante come una foglia. Lei mi sorride, come se non fosse successo nulla. Mentre la mia vita ed il mio futuro sono stati appena stravolti.
Sotira zampetta come uno stambecco verso la seconda bolla. Sento la mente vuota, non riesco a pensare a nulla se non a ciò che è appena successo. Il mio incubo peggiore divenuto realtà. Le forze mi abbandonano lentamente e vorrei cadere a terra, urlare e mettermi a piangere, implorando pietà. Ma penso a ciò che mi ha insegnato Kaidan. “La loro arma migliore contro di noi è questa: umiliarci. Non permettergli di piegarti al loro volere, non trasformarti nel loro pupazzo da manovrare. Non sei una pedina, ma una persona. Anzi, una guerriera.”
Mi stropiccio gli occhi umidi e alzo il capo, orgogliosa e fiera. Guardo i miei compagni di Distretto. Tornerò.
In quel momento, la voce tintinnante di Sotiria interrompe i mie pensieri: “Ora il Tributo maschio, il giovane uomo …”
Apre con infinita calma il secondo biglietto e lo legge chiaramente: “Romeo Whiteore.” Cosa ? Romeo … Whitemore ?!
Due occhi blu come il mare si fissano su di me. Sono di un ragazzo dai corti capelli corvini e dalla carnagione chiara, che ora è ancora più pallida per il terrore. Io … l’ho già visto.
Il mio cuore perde un battito quando quel ragazzo stupendo si avvicina al palco.
 

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Capitolo 4
*** Ritrovarsi. ***


Ritrovarsi.

Guardo, ancora frastornato, la stupenda ragazza dai capelli ramati che risponde al nome di Julliet. 
E nella mia testa ronza ancora la voce stridula di quella donna antipatica, che mi appena estratto.
Mi sto avvicinando lentamente e meccanicamente al palco, so che sto per morire.
Ho giusto il tempo di incrociare gli sguardi dei mie cari per un attimo: Mercuzio, Benvolio, mia madre e mio padre.Tutti abbassano la testa subito. 
Mi sento abbandonato, solo con i miei problemi. Mi chiedo perché nessuno si offre al posto mio. Perché sta succedendo proprio a me.
La mia famiglia non ha già pagato a sufficienza ? Il nostro Distretto non ha versato già abbastanza sangue ?
No. Capitol City vuole anche il mio cadavere. E quello di Julliet.
Ormai sono accanto alla strana donna venuta da Capitol, che cinguetta allegra: “Ecco i nostri Tributi, giovani coraggiosi ! Vi aspettano grandi cose … -aggiunge, rivolgendosi a noi- Un bel applauso !” 
Silenzio. Tutti la guardano con rancore e rabbia, so che se potessero la squarterebbero subito.
Ma ci sono i Pacificatori, non c’è da scherzare. E la gente ha già sofferto e perso a sufficienza, hanno troppa paura.
La strana tipa arriccia le labbra con disappunto e ci porta dentro al Palazzo di Giustizia.
                                                                Rinchiude me e la giovane Scarlett in due stanze separate, chiuse a chiave e sorvegliate da due Pacificatori ciascuna, in attesa dei saluti alle famiglie e agli amici. La sala in cui mi trovo è una specie di salotto, con delle poltroncine in pelle verde cupo e un tavolino di legno scuro.
                                                          Ha un ampia finestra, con vista sui boschi del Distretto.
La fisso, cercando di visualizzare i momenti felici che ho passato lì, in modo da calmarmi e allontanarmi mentalmente da quella situazione così paranormale.
                 Ma il mio sogno ad occhi aperti viene interrotto dall’arrivo di mia madre, che si getta addosso a me per abbracciarmi, e di mio padre, che mi guarda con viso truce, cercando di nascondere la tristezza che alberga anche nel suo cuore.                           
Mamma inizia ad accarezzarmi i capelli, piange silenziosamente e mi sussurra: “Tesoro mio, promettimi che farai di tutto per tornare a casa ! Io e tuo padre … -si volta un attimo per guardarlo- non riusciremmo mai a vivere senza di te.”                  
Scoppia a piangere, il solo pensiero di perdermi la sconvolge. E finalmente mi rendo davvero conto di cosa sta per accadere.
Sto per morire.
Inutile far finta che non sia così. Sto per morire. Lascerò per sempre questo mondo, i mie cari, i miei sogni … tutto.
                                                                     Sento come un colpo al cuore. Sgrano gli occhi e mi porto una mano al petto.           
Guardo mio padre, in cerca di un consiglio o di una frase che mi dica che non è così. Che è solo un sogno e che presto mi sveglierò nel mio letto, al sicuro.                                 
Ma lui si avvicina con passi fermi a me e mi dice, con fare risoluto: “So che puoi farcela. Vivi, figlio mio. Vivi.”
Ci abbracciamo, come fanno i veri uomini. In quel momento, entra un Pacificatore, per annunciarci che il tempo è finito.
                                                                     Mi stacco da papà, ma la mamma non ha alcuna intenzione di lasciarmi e urla, mentre il Pacificatore la trascina via di peso: “Torna a casa, Romeo !”                                         
Mi siedo spossato su una delle due poltroncine. Incrocio le mani, appoggiando i gomiti sulle ginocchia e guardo il pavimento in piastrelle bianche.                                Finché non sento la porta che si apre nuovamente, facendo entrare Benvoglio e Mercuzio.
                                                                Hanno entrambi gli occhi umidi e arrossati. Non li ho mai visti piangere.                           
Mi fissano, senza sapere bene cosa dire. Allora parlo io per primo: “Amici miei … siete stati i più fedeli che un uomo possa desiderare. Vi ringrazio per la vostra amicizia. So di non potervi chiedere troppo …- si coprono la bocca con le mani, vergognandosi per non essersi potuti offrire al posto mio- Ma voglio chiedervi ancora un favore.
Se non dovessi tornare … occupatevi della mia famiglia. Soprattutto di mia madre.” “Ma …” tenta di protestare mio cugino. Lo fermo con un gesto della mano.
                  Lui capisce, capiscono entrambi. Sanno che potrebbero essere le ultime parole che ci diciamo. 
Benvolio fa un sospiro e prende la parola: “No, Romeo. Per noi è un onore essere tuo amico. E lo sarà per sempre.
                                                                  Torna a casa, amico. Metticela tutta !” 
“Falli neri ! Per l’onore dei Whitemore !” si aggiunge Mercuzio.                                      
Ci stringiamo in un abbraccio fraterno, carico di promesse e di speranza. Perché sono le uniche cose a cui posso appigliarmi. 
La speranza di vincere e tornare a casa, al Distretto8.                                                             
Mi auguro di non dover essere io ad uccidere Julliet. Non credo che ce la farei.              
Ma probabilmente, sarà qualcun altro a farlo per me. Io dovrò solo cercare di restare vivo. Di sopravvivere, per i miei cari. Non posso arrendermi per alcun motivo.
                                                                       *
Sono in un auto blu insieme a quella donna grassoccia e alla ragazza del mio Distretto, diretti alla stazione per prendere il treno diretto a Capitol City.                        
La grassona, di nome Sotiria, inizia a blaterare qualcosa a proposito del lusso che troveremo a Capitol e delle delizie che gusteremo in questi giorni, prima di finire nell’Arena. 
Guardo le case in stile vittoriano del Distretto, che passano veloci davanti al finestrino. Mi lascio scappare una lacrima. Ho paura.                                              
Memorizzo ogni particolare di casa mia: il colore del cielo, così chiaro e limpido; il verde della boscaglia in lontananza; il rumore delle fabbriche sempre a lavoro e i gridolini dei bambini mentre giocano per le strade.                                                         
Non voglio pensare. Non voglio pensare che, forse, non tornerò mai più qui. Arriviamo alla stazione, dove ci attende un treno nero dalle strisce bianche ai lati. Sotiria ci fa entrare, dopo aver premuto un pulsante accanto alle porte meccaniche.  Ci ritroviamo in una elegante salotto, con tanto di mini bar, divano in pelle bianca, televisore e un tavolo stracolmo di dolcetti invitanti ben disposti su un vassoio d’argento a più piani. 
Sotiria batte le manine grassocce e ci fa accomodare sul divano, esclamando: “Uh, tra poco trasmetteranno le altre Mietiture ! Non possiamo perdercelo …”                       
Accelera verso il televisore, posizionato davanti al divanetto, e si fionda sul telecomando per accendere il congegno. Io e Julliet ci guardiamo negli occhi.                
Un brivido mi percorre la schiena ed arrossisco imbarazzato.                                            
Ci dirigiamo insieme ai lati del divanetto, sedendoci accanto a quella donna pazza.         
Il televisore mostra il Distretto 7, dove una donna anoressica e molto alta, dal viso sciupato, la voce stridula e una parrucca blu elettrico addosso, estrae teatralmente il primo biglietto dalla boccia. 
Indossa un vestitino corto, che scopre le bambe ossute, di un colore violaceo e dei tacchi neri smisurati.
Apre il foglietto lentamente, con le dita fragili e scheletriche, per poi annunciare: “Astrid Oak !”Una ragazzina di circa quindici anni, dai lunghi capelli biondi legati in una treccia e dalla elegante corporatura, sale sul palco, cercando di mantenersi orgogliosa.
Ma noto subito che trema leggermente e che vorrebbe scoppiare a piangere. Ma è troppo orgogliosa per farlo.                                                           
Guarda la gente del suo Distretto, pregando che qualcuno la salvi. Ma non accade.  La donna increspa le labbra tinte di viola e passa alla seconda sfera.                             
“Duncan Scoth !” esclama infine, dopo aver letto il secondo foglietto.                                    
Un ragazzo dai cortissimi capelli biondi e dagli occhi scuri cammina anche lui verso il palco.
                                                                     Ora sono entrambi accanto alla donna di Capitol City, che li presenta come i Tributi del Distretto 7. 
Il ragazzo ha l’aria frustrata, non sembra per nulla fiducioso, anche se ha un corpo forte e prestante, alto e muscoloso. 
La comunicazione con il Distretto 7 si interrompe per dare la parola al presentatore Wherter Flick e al primo stratega, Faust Crime.
                                                           Wherter ha una chioma verde in stile afro che lo fa assomigliare ad un cespuglio ed indossa uno smoking blu luccicante e pieno di paillette.                                                     
Le palpebre sono coperte da un blu cobalto sfavillante e le labbra verde scuro sono piene di brillanti.
                                                                 Ha una voce stranamente profonda e carismatica, la corporatura robusta, ma non muscolosa. 
                                                            Accanto a lui, seduto su una specie di poltroncina nera galleggiante, è seduto il Primo Stratega.
Ha dei lunghi capelli color platino legati in una coda ampia e una linea di eyeliner argentato sugli occhi neri.
                                                                       Indossa  una camicia bianca con sopra una giacca argentata e luccicante.                            
Inizia a rispondere alla domanda di Wherter con non curanza e quasi con eccitazione, ha una voce roca: “I Tributi di quest’anno sono molto interessanti … giovani nel pieno della bellezza e della loro forza, vedremo chi sarà in grado di farmela !”                                                      
I due ridono, complici, insieme al pubblico.                         
Io e Julliet rimaniamo a fissare quell’uomo che ci metterà i bastoni fra le ruote senza ombra di dubbio.               
Lui riprende la parola: “Ma dobbiamo ancora conoscere i Tributi dei Distretti 4,3,2 ed 1 … i Favoriti, solitamente !”                  
Wherter domanda: “Ma allora quante possibilità hanno i Tributi degli altri Distretti di vincere ?”                    
“Ah, non si può mai sapere ! Non conta solo da che Distretto vieni, ma anche dalle tue abilità … e dalla dea della fortuna, che cambia sempre favorito.”                                      
So bene che siamo in svantaggio. Non abbiamo nemmeno un mentore e Sotiria non sa certo qualcosa di sopravvivenza. Spero almeno che ci sappia fare con gli Sponsor … altrimenti …  
Guardo Julliet di nascosto. La trovo stupenda, nonostante il suo volto mostri disprezzo, ma verso Capitol. 
Mi domando se avrò mai il coraggio di ucciderla o di dirle cosa sento per lei. Sarà orribile entrare in quell’Arena, chissà cosa ci aspetta !
                                                     Sotiria spegne infastidita il televisore e ci chiede cosa vogliamo mangiare, visto che dopo patiremo la fame senza dubbio o moriremo subito.                                                  
“Dovete godervi i vostri forse ultimi momenti, ragazzi …” ci consiglia, mentre beve un bicchiere contenente un liquido ambrato dall’odore di alcool.                                          
Io e Julliet ci guardiamo di nuovo, finché lei non si alza: “Non posso condividere la stessa stanza con … un Whitemore …”
                                                                       Stringo i pugni e ribatto, alzandomi: “Ma che importanza ha ?! Stiamo per morire, lo capisci ! Tanto vale cercare di andare d’accordo e, magari, di vincere !”                             
“Ah e andando d’accordo vinceremo ?! Io sarò costretta ad ammazzarti !” sbraita lei, infuriata. 
“E chi ti dice che sarai ancora viva per farlo ?!”                                                                 
Lei si ferma di botto, paralizzata dalla mia affermazione decisa, che somiglia ad una minaccia. Anche se io non potrei mai farle del male.                                                        
Sotiria si avvicina zampettando a noi e ci offre dei bicchieri contenenti lo stesso liquido che stava bevendo lei, dicendo che ci sarebbe stato d’aiuto per calmare i nervi.  
Io la ringrazio e ne bevo un sorso, ma Julliet lascia cadere il bicchiere a terra ed, infuriata, si dirige alla sua stanza.
                                                                  Sotiria comincia a schioccare la lingua e a scuotere la testa, borbottando: “Che maleducazione !” 
Io sorrido sprezzante, perché so che il comportamento scontroso di Julliet denota solo la sua grande paura e diffidenza. Probabilmente non ha mai potuto fidarsi di qualcuno. 
E non vuole certo cominciare a farlo ora.
                                                                          *
All’ora di pranzo, una strana donnina vestita con una specie di uniforme viene a bussare alla mia porta.
                                                                    Quando la apro e le chiedo cosa c’è, lei non mi risponde e mi indica la sua destra. Solo allora capisco che è una delle poche senza-voce che a Capitol City fanno da serve. 
“Oh, capisco …” esclamo io, uscendo dalla mia camera e chiudendo la porta scorrevole. 
Non so bene come comportarmi, mi limito a seguire la giovane dai corti capelli viola a caschetto, con due ciuffi laterali che le incorniciano il volto incipriato e passivo. Vorrei sapere chi è, come le è capitata questa disgrazia, quanti anni ha, anche solo come sta. Ma so che non è questo che voglio dirle. 
Quando arriviamo al vagone pranzo, lei me lo indica e fa un inchino rispettoso prima di andarsene. La fermo: “Aspetta …”
Lei si gira educatamente, le mani congiunte in grembo e aspetta i miei ordini. 
Prendo un bel respiro: “Mi dispiace … davvero. Vorrei poter fare qualcosa per te …”  Il suo sguardo si illumina, per poi essere nascosto da grandi lacrime, che non scendono sul suo viso diafano. Fa un altro inchino, più profondo.                              
Comincia ad andarsene, quando all’improvviso si volta a guardarmi. E alza il braccio. La sua mano ha solo le tre dita in mezzo alzate. E capisco.  
Mi sta dicendo che anche lei è dispiaciuta per me. Sto per piangere.                               
Ma non lo faccio e le dico, teneramente: “Grazie …”
                                                                *
La sala da pranzo è, come tutte le altre, fin troppo sgargiante e piena di oggetti inutili. Al centro c’è una grande tavola per quattro, laccata in oro, e a capo tavola c’è Sotiria che mi saluta allegra: “Ben tornato, Romeo ! Ti è piaciuta la tua stanza ?”                     
“Sì … ma ho avuto difficoltà con la doccia, è diversa da quella che ho a casa.” le rispondo, sedendomi accanto a lei su una sedia sempre d’oro dalla foggia ottocentesca.   
“Diversa ?” commenta lei sorpresa. 
Mi limito ad annuire, sperando che quella testarda di Julliet si presenti per il pranzo, anche se so benissimo che odia sia me che Sotiria. 
Lei perché è di Capitol, io perché sono un Whitemore e un altro Tributo da dover presto uccidere.
                                                             Ammiro le posate d’argento ben riposte sopra ad un candido tovagliolino in lino, davvero pregiato.
Un bicchiere cristallino dal collo lungo è davanti a me, aspetta solo di essere riempito.
                                                                Sotiria comincia a picchiettare il tavolo con le sue unghie finte laccate, nervosa per il ritardo del suo altro Tributo. Sorrido divertito. 
“Ma dove si è cacciata ?!- esclama impaziente- Quella ragazza deve proprio imparare le buone maniere, assolutamente !” 
Mi trattengo a stento dal riderle in faccia e mi alzo, proponendomi di andare a cercarla.
                                                                 Sotiria annuisce, commentando: “Tu sì che sei un bravo ragazzo, Romeo ! Dovresti insegnarle …”
Sorrido imbarazzato ed esco a cercare Julliet.                                                               
Ma non devo fare troppa strada, la trovo davanti a me nel corridoio verso la sala. Mi fissa quasi offesa dalla mia presenza.
                                                               Sorrido:” Ti stavo cercando, Sotiria stava per andare in paranoia …”                               
Lei sbuffa stizzita e sibila a denti stretti: “Vengo solo perché ho fame, sia chiaro … non ho alcuna intenzione di stare con voi due."
Detto questo, mi sorpassa, spostandomi brutalmente.                                                        
Sorrido, perché è buffo vederla così. Sempre altera e orgogliosa, ma sa benissimo di non poter fare nulla da sola.   
Ha, purtroppo per lei, bisogno sia di me che di quella oca grassa di Sotiria. Anche se non lo ammetterà mai.         
Avanza orgogliosa verso la sala da colazione e si siede il più lontano possibile da noi, feccia del creato.
Fa finta di non guardare i dolci invitanti sulla tavola e le bevande fumanti che aspettano di essere mangiate e allunga distrattamente una mano verso un dolcetto a forma di cerchio farcito di uvetta e crema pasticciera.                         
Lo annusa per assicurarsi che non sia avvelenato o cose del genere, facendomi sorridere mentre porto una tazza di caffè alla bocca.
                                                         Alla fine, ne assaggia un pezzettino e lo mangia, nascondendo il piacere che prova. A casa nostra non c’è cibo del genere. 
Ma a Capitol sì, infatti Sotiria sta facendo una strage, mangiando più pasticcini possibili e bevande al gusto cioccolato di svariati tipi.  
                                                     Quando finisce, si pulisce delicatamente e con eleganza la labbra ancora dipinte, utilizzando un tovagliolino bianco. 
                                                                 Sospiro e chiedo alla donna quanto manca alla destinazione: “Dovremmo arrivare fra poco. Per fortuna, Capitol non è lontana !” squittisce lei contenta.                          
Mi limito ad annuire e guardo negli occhi Julliet. Sono davvero belli, nonostante quella luce di disprezzo e quella smorfia di odio verso di me.
                                           Vorrei che non fosse così. 
Ma forse lo fa solo per convincersi che sono un suo nemico e che cercherò di tradirla alla prima occasione. Non può fidarsi di me. Vince uno solo.
                                       Appena Sotiria va a cambiarsi per l’arrivo alla capitale, rimaniamo solo io e lei e ne approfitto per parlarle. Lei non vuole, lo so.
                                                                   Infatti si alza per andare via, in camera sua, ma io la prendo per un polso e la blocco. “Che vuoi, Whitemore ?” gracchia lei, infastidita.   
Io digrigno i denti e rispondo: “Ho un nome, sai ? Romeo, signorina Scarlett.”                 
Lei increspa le labbra e ribatte: “Tsk. Tanto tra pochi giorni non avrà alcuna importanza … saremo tutti cenere.”  
So che ha ragione: “Ma adesso ne ha. E non so te, ma voglio almeno provare a vincere. Sopravvivere almeno per qualche giorno. E potremmo aiutarci a vicenda. Almeno ora.”     
“Perché ti importa tanto ? Io spero solo … di non morire soffrendo, se proprio devo.” “Io invece spero che il mio nome non venga dimenticato e sostituito con Tributo. Non sono un semplice Tributo, sono una persona. Combatterò fino alla fine.”                             
Lei mi guarda scettica: “Perché vuoi me come alleata ? Le nostre famiglie sono nemiche … dovremmo esserlo anche noi.”
                                                               “Dovremmo – sottolineo io- ma non lo siamo. Non ancora.”                                     
Abbasso istintivamente la mia mano, andando a sfiorare il dorso della sua. Così liscio e morbido, curato. Sento il suo corpo irrigidirsi, deve essere sorpresa.                             
Alla fine, arrivo alle sue dita. E le intreccio con le mie.                                                   
Julliet spalanca gli occhi d’orati e balbetta imbarazzata e confusa: “C-cosa stai …?”  Con l’altra mano, le poso un dito sulle labbra, soffici e scarlatte. Vorrei baciarla. Ora. Ma non avrebbe senso. O forse sì ?   
Indugio un attimo, pensieroso. 
Sento il suo respiro sul mio indice. Nei suoi occhi vedo qualcosa che pensavo fosse solo nei miei. Lei socchiude gli occhi, aspettando.
Ma in quel momento la stanza si oscura, siamo passati sotto ad un tunnel. E vediamo i paesaggi fantastici di Capitol, con le sue cascate dalle acque cristalline ed i grattacieli lucenti. 
Siamo arrivati.


Angolo autrice (me):
Allora, per iniziare devo assolutamente scusarmi per il modo in cui questo episodio è impostato ...
Come al solito ho litigato con l'editor e questo è il risultato -.-
Spero che apprezzerete ugualmente, anche se non leggo molte recensioni (1)
Se non ne vedrò altre, temo che dovrò eliminare questa storia, anche se mi diverte molto sciverla ...
Non so ... Fatevi sentire !
La vostra Rora-chan ! <3

 

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Capitolo 5
*** Arrivo ***


Arrivo ...

Capitol City è proprio come me la immaginavo: sfarzosa e irriverente. Odiosa nel suo lusso, mentre negli altri Distretti si sente ancora l’odore del sangue e della guerra. Ma ai vincitori non importa.                                                                                             
Analizzo in fretta il posto dove ci troviamo, mentre il treno rallenta inesorabilmente: dovrebbe essere una stazione ferroviaria.                                                                           
Ma da lontano sembra uno zoo, pieno di piume e pellicce colorate, o un quadro fatto male, in un momento di follia dell’artista, che ha preso a caso i colori che li capitavano e li ha gettati con rabbia sulla tavolozza. 
I colori degli abitanti di Capitol feriscono gli occhi, sono luccicanti e fluorescenti. Orribili, in poche parole. Sembrano delle chimere, create in laboratori infernali. Soprattutto per il loro sguardo, desideroso di sangue e puntato dritto sul treno dove mi trovo. 
Rabbrividisco. Mi accorgo solo ora che il Whitemore ha lasciato la mia mano e guarda anche lui il nostro destino, impaurito ed arrabbiato.
Sotira entra anche lei dalla stanza, dopo essersi cambiata per l’ennesima volta: adesso capisco benissimo chi è. Provo rancore nei suoi confronti e di quelli come lei.                   
Ma la sua immagine è davvero ridicola, con quell’abito fucsia elettrico e quelle scarpette viola dal tacco improponibile. Sembra che debba scoppiare da un momento all’altro. Il ragazzo accanto a me sorride appena, probabilmente ha avuto il mio stesso pensiero.                                                                                                                         
Sotiria finalmente squittisce, battendo le mani cicciotte:” Forza, è ora, ragazzi miei ! Il treno sta per fermarsi.” E si avvia zampettando verso l’uscita, ansiosa di ricongiungersi ai suoi concittadini.                                                                                     
Io e il moretto la seguiamo silenziosamente. Appena le porte del treno si aprono meccanicamente, una morsa soffocante mi prende lo stomaco. Il terrore si impossessa di me, perché mi rendo finalmente davvero conto di cosa sta succedendo.                       
Sto per morire. Morire. Lo capisco dai loro sguardi compiaciuti, pregustano il colore rosso del mio sangue e il candore della mia carne morta.                                               
Scuoto la testa, cerco di non pensarci perché devo mostrarmi forte. Sempre, anche quando non lo sono.                                                                                                         
Seguo la gongolante Sotiria, cercando di svuotare la mente. Penso alla neve, fredda e tenera. Un inverno nel mio Distretto, la mia prima nevicata, avevo cinque anni.              
Mi perdo in quei ricordi. Perché da piccola mi ero detta che volevo essere solida e fredda come la neve, che finge di essere tenera, ma in realtà è dura ed incorruttibile. Pura e celeste.                                                                                                                     
In quel momento era arrivato Kaidan e gli avevo detto orgogliosa che volevo essere come il ghiaccio. Lui aveva sorriso e, scompigliandomi i capelli, mi aveva detto: “Mi spiace Julliet, ma tu non sei per niente come il ghiaccio o la neve. Tu sei il fuoco scoppiettante ed implacabile, distruttore e creatore, che riscalda e brucia. Passionale ed impulsiva, l’esatto opposto del ghiaccio. Ma, quando ne avrai bisogno, pensa a questa neve ed il tuo viso sarà una perfetta maschera di ghiaccio e freddo.”
Ora voglio solo questo: mostrare alla gente che sono fredda come il ghiaccio e che nessun sentimento mi potrà sopraffare. Nemmeno la paura che, in realtà, mi sta scorrendo nelle vene, come una tossina, rischiando di paralizzarmi il corpo.                     
Mi muovo senza pensare. Romeo fa lo stesso, ma vedo che sta stringendo i denti, probabilmente per controllarsi.
Finalmente entriamo in un auto, che ci porterà al luogo degli addestramenti.              
Chiudo lo sportello di scatto e bruscamente. Romeo mi guarda preoccupato, ma non voglio dargli a vedere che ho paura quanto lui. Deve credermi più forte, per la mia sopravvivenza. Così rompo il silenzio e sbotto: “Questi capitolini sono dei veri pagliacci !”
Immediatamente Sotira inizia ad urlarmi che sono una maleducata, che non devo dire assolutamente cose del genere, che dovrei essere più riconoscente e bla bla bla. Smetto di ascoltarla quasi subito, non mi interessa cosa ha da dirmi. Guardo le ville moderne di Capitol e le metto a confronto con le modeste abitazioni del 8. Sorrido, pensando a quanti schifosi soldi guadagnano grazie al lavoro della mia gente. Con tutti quei vestiti appariscenti e pieni di lustrini, vistosi e costosi.                                       
Come se fossero la cosa più importante, apparire. Le loro maschere mi fanno venir voglia di vomitare.
Arriviamo ad una specie di grattacielo cupo. Scendiamo silenziosamente, Sotira ha  appena finito di gracchiare, mentre Romeo non ha aperto bocca per tutto il viaggio.
                                                             *
“Ehi ehi, che diavolo volete farmi ?!” strillo spaventata, mentre mi legano mani e piedi ad una specie di letto di metallo.
Prima mi avevano tolto i vestiti ed infilato una specie di tunica bianca. Due donne strane, una bassissima e l’altra decisamente alta, mi si avvicinano. Indossano dei guanti.                                                                                                                             
La più alta, che indossa una parrucca in stile vittoriano rosa, mi rassicura con la sua vocina stridula: “Non preoccuparti, mia cara. Ti faremo bellissima per il tuo debutto, oh!” Prende con una paletta una specie di gelatina rosea calda e la spalma sulla mia gamba, per poi appiccicarci sopra una striscia bianca. Strappa ed io trattengo un urletto.
                                                                                                                                        
“Ma si può sapere chi diamine siete ?!” sbotto, non mi piace non sapere chi mi trovo di fronte.                                                                                                                                   
La bassotta dalle ciglia lunghe blu e gli occhi da gatto, che ha sopra la testa una specie di cerchietto dalle orecchie da gatto e dei graffi sulle guance, squittisce: “Oh, che sbadate ! – si mette una mano davanti alla bocca dipinta di blu- Io sono Katy e lei è Elener. Piacere, Tributo del Distretto 8 ! Miao !”                                                               
La guardo perplessa. Ha detto davvero “miao” ?                                                              
L’altra tipa continua la sua opera, mentre la donna mezza gatto mi sta strappando i peli superflui delle sopracciglia.
Inizio sempre più a preoccuparmi, perché il tempo scorre e le due capitoline non finiscono mai. Elener scuote la testa e dice: “Ah, madamigella ! Qui c’è un sacco di lavoro da fare … ma per fortuna sei nelle mani delle due più esperte estetiste di Panem, oh !”
L’altra annuisce e continua: “Sì, non faremo le solite figuracce che si facevano gli anni scorsi. Con quei vestiti terribili, miao ! Il nuovo stilista ti piacerà sicuramente !”  Non sapevo ci fosse un nuovo stilista per il nostro distretto. Credevo fosse l’oca degli anni scorsi, Trisca, a fare i vestiti. Erano dei veri obbrobri, degli ammassi di lana, seta e altro messo insieme alla rinfusa. A nessuno piacevano.                                                       
Anche se non ho mai dato molta importanza a queste cose, credo che una buona presentazione possa fare colpo sugli Sponsor. Da quanto ho visto negli scorsi Giochi, anche solo un pezzo di pane mandato da loro può fare la differenza.                                
“Ahi !- mi lascio sfuggire, mentre Katy mi strappa un altro pelo- Come si chiama questo stilista ?” chiedo curiosa.
Elener risponde subito: “Willie. Vedrai, ti piacerà, mia cara. Oh !”strappa un’altra striscia bianca. Stringo i denti per non lamentarmi nuovamente.
                                                         *
Le due donne mi portano in un’altra stanza, finalmente la tortura è finita. Dicono che mi faranno incontrare lo stilista, Willie.                                                                                      
E che con lui c’è già Romeo, visto che con lui avevano meno lavoro da fare.                  
Sono in una sala illuminata grazie alle pareti vetrate. Un uomo dai baffi bianchi e arricciati mi guarda dall’alto di una specie di trono.
 Indossa uno strano abito: dei pantaloni rossi a strisce gialle a sbuffo e una giacchetta degli stessi colori con le spalle a sbuffo. Sembra una specie di pagliaccio.                    
Mi chiedo se davvero lui sarà capace di darmi un aspetto decente.                                  
Poco dopo, sento dei passi. L’erede dei Whitemore entra in sala, ha anche lui la stessa tunica che indosso io, ma è seguito da un uomo dalla pelle ambrata, gli occhi rossi ed i capelli biondo platino lunghi.                                                                                         
Appena i nostri sguardi si incrociano, mi sorride. E non so perché, arrossisco, per poi distogliere subito lo sguardo.                                                                                            
Quel ragazzo è strano. Nonostante sappia che siamo nemici, mi tratta come se fossi dalla sua parte.                                                                                                               
Solo ora mi accorgo che le scarpe di Willie hanno un aspetto orientale, con quelle punte arricciate. Deve essere un tipo eccentrico, come tutti a Capitol.
L’uomo batte le mani ed esclama: “Benvenuti benvenuti, miss Julliet e signorino Romeo ! Vi stavo aspettando, yes !”
 Ora ne ho la conferma: qui sono tutti matti.                                                                      
Con un balzo, lo stilista scende dalla sua poltrona rilegata in pelle rossa e si avvicina a me, facendomi un inchino e baciandomi il dorso della mano: “Incantato di vederla, miss ! Yes !”                                                                                                                          
Non so come comportarmi e balbetto un insicuro: “G-grazie, Willie…”                              
Lui mi rivolge un sorriso e si dirige verso l’altro Tributo, stringendogli vigorosamente la mano e presentandosi.                                                                          
“Ora veniamo alle cose importanti, yes ! –esclama all’improvviso- So che voi appartenete a due casate in guerra da generazioni, è corretto ?”                                                 
“Sì …” rispondiamo insieme.                                                                                             
Willie inizia a strillare: “Com’è romanticoo ! Due giovani innamorati che non possono stare insieme a causa della lotta che divide le loro famiglie, yes ! E adesso estratti in un Gioco all’ultimo sangue !”                                                                            
“Ma di che diamine stai parlando ?!- sbotto io, indignata- Noi non siamo … innamorati.”                                                                                                                  
Romeo invece non dice nulla. Willie fa un sorriso furbetto e dice: “E chi lo ha detto ? Ricordati, mia cara miss, che questo è uno spettacolo per il pubblico. Vogliono qualcosa di originale, yes ? E noi glielo daremo.”                                                              
Ora capisco cosa vuole fare: inscenare una storia d’amore tra me e Romeo. Mi chiedo come la prenderanno i miei genitori. Spero chi mia madre non si faccia venire un infarto. Ma, se voglio avere qualche speranza di vittoria, devo fingere.                             
“Ci state, yes ?” chiede ad entrambi Willie. Io annuisco: “Se è per salvarmi la pelle … fingerò.”                                                                                                                                   
Romeo risponde: “Per me non c’è problema, allora.”                                                        
Willie batte le mani, gongolante: “Benissimo, yes ! Allora ditemi … che armi sapete usare ?”                                                                                                                                  
“Ma che diavolo c’entra coi vestiti ?” ribatto io, furibonda.                                                
Lui fa uno strano gesto con la mano e risponde: “Fidati, mia cara miss !”                      
Decido di dare ascolto a questo strano pagliaccio: “Coltelli. E un po’ la spada.” Romeo risponde dopo di me: “Spada. E qualcosa con la pistola.”
Willie sospira sconsolato: “Ah, fa niente … del resto, non penseranno mai che voi sappiate usare queste armi. Venite da un Distretto in cui sono proibite, yes. Quindi non c’è problema per il costume che ho ideato per voi… miei cari Romeo e Julliet, yes !”                                                                                                                           
Mi domando cos’abbia in mente questo folle. Ma non ho scelta, devo fidarmi. 
                                                                 *
Incontro Sotiria davanti all’ascensore. Accanto a lei vedo Romeo, con lo sguardo perso nel vuoto.                                                                                                                      
Lei mi saluta, agitando la manina grassoccia e ci invita a salire nell’ascensore. Preme il tasto numero 8. Saliamo, nessuno osa emettere una parola.                                            
Finché Sotiria non esplode, riempiendoci di domande. Sbuffo irritata, mentre Romeo cerca di calmarla, rispondendo ad alcune delle sue domande sugli estetisti e sul nuovo stilista.                                                                                                                    
L’ascensore si ferma. Davanti a noi c’è una appartamento lussuoso. Non ne avevo mai visto uno così … 
I divani in pelle blu, una lunga tavolata in mogano già apparecchiata e tre stanze da letto ampie.                                                                                                                        
Alzo la testa, ammirando il lampadario in cristallo. Due donne vestite con una specie di tuta bianca e con addosso delle maschere strane si inchinano davanti a noi.                
Una attira l’attenzione di Romeo, portandolo nella sua stanza. Mentre l’altra si rivolge a me e mi fa cenno di seguirla.
Entro in una ampia stanza, con al centro un enorme letto dalle lenzuola color porpora. Alla parete c’è un armadio in ciliegio enorme e dall’altra parte ho la visuale di tutta Capitol, grazie ad una enorme finestra.                                                                                  
La donna che mi aveva accompagnato abbozza un inchino e si ritira, chiudendo la porta.
Noto solo ora la porta per il bagno privato. Decido di farmi una doccia risanatrice, anche se prima del trattamento mi avevano già lavata. Ma ho solo voglia di sentire la pelle a contatto con l’acqua calda che esce dal rubinetto, al Distretto 8 non c’è.              
Dopo il bagno, mi stendo sul letto. Ed inizio a pensare.                                                      
Mi chiedo se riuscirò a salvarmi. Se tornerò mai a casa. Il mio cuore ora è stretto dalla morsa della paura. Devo lottare anche con essa.                                                          
Ma io sono l’erede degli Scarlett. Non posso perdere, soprattutto contro un Whitemore.
So come combatte Romeo, è abile con la spada. Ma penso sia troppo altruista e misericordioso. E questa sarà la sua rovina.
Quanto a me, non ho punti deboli. Sono stata addestrata all’arte della guerra, so come controllare le mie emozioni e non avrò nessuna pietà per i miei nemici.                       
Perché è più semplice uccidere un avversario, che lasciarlo vivere, sapendo che vi rincontrerete. E che, quella volta, potresti avere la peggio.                                                 
Io mi nutro di vita e uccidendo rimango viva. Questo mi ha insegnato Kaidan. Ed è vero, lo faccio quando mangio, ad esempio. Se non mangio, muoio. Ma mangiando altri esseri viventi, uccido.                                                                                           
Ci sono troppe questioni in sospeso perché io mi lasci ammazzare. Devo tornare a casa, mamma e papà mi stanno aspettando. Da vincitrice.                                                
Dovrò vedere gli altri partecipanti come nemici. Nessuna alleanza. Nemmeno con Romeo.
Non voglio dover avere legami con nessuno. Ma, se seguo il piano di Willie, dovrò allearmi almeno con Whitemore. Anche solo per poco tempo.
I miei occhi iniziano a farsi pesanti, sono esausta. Ma poi il mio stomaco inizia a brontolare.
Probabilmente è ora di cena.
 Qualcuno bussa alla porta e sento la voce di Romeo che mi chiama. Mi alzo e apro appena, sbottando: “Che vuoi ?”                                                                                      
Lui mi sorride gentile e dice: “ Vuoi venire a cenare con noi, amore ?”                 
Istintivamente gli sferro un pugno in faccia, strillando: “Come mi hai chiamata, Whitemore ?!”
 Lui si massaggia la guancia, esclamando: “Non c’è bisogno di reagire così, ti ci dovrai abituare !”
Mi blocco e mi accorgo che ha ragione. Dovrò fingere di essere innamorata di lui. Ed anche lui dovrà mentire.                                                                                                 
Romeo sorride: “Allora andiamo ?”                                                                            
Annuisco. Mi porge la sua mano ed io la accetto. Ci dirigiamo verso la grande tavolata, dove Sotiria sta già facendo razzia di ogni cosa, dall’arrosto agli antipastini. Mi fa quasi schifo, pensando alla fame che c’è nel mio e negli altri Distretti. Mentre questi si godono la vita. Se vincessi, potrei portare un po’ della ricchezza di Capitol a casa, risolvendo così i problemi economici.                                                                        
Ma se mi toccherà uccidere Romeo, potrebbe scoppiare una guerra civile. Vedrò di farlo ammazzare da qualcun altro, per poi fingere di vendicarlo. Così, anche i diverbi tra i Whitemore e gli Scarlett cesseranno.                                                                           
Mi chiedo se Romeo non stia pensando lo stesso. Lo vedo sereno, mentre chiacchera con Sotiria e mangia lentamente la sua porzione di anatra.                                                 
Ma si vede dalla sua mano tremante che ha paura. Ma non vuole dimostrarlo. Come me.                                                                                                                                        
Forse, anche se è un Whitemore, non è uno sciocco smidollato e traditore. Forse potrei anche fidarmi di lui. Ma non troppo.                                                                              
Azzanno un boccone.
                                                                  *
Un rumore mi sveglia nel cuore della notte. Nonostante sia esausta, mi alzo di scatto, allarmata.                                                                                                                         
Accanto a me, seduto sul mio letto, c’è qualcuno. “Ben svegliata, Julliet.”                         
Lo colpisco in testa: “Che diamine fai qui, Whitemore !”                                                     
Sto preparando un altro colpo, quando lui si volta e mi prende per un polso, avvicinandomi a lui. Il mio cuore perde un battito. Sento il suo alito caldo sul collo, mentre la sua voce mi sussurra all’orecchio: “Dovresti chiudere a chiava la porta, qualche mal intenzionato potrebbe entrare …”                                                             
“Sei venuto per eliminarmi prima dei giochi ?” ringhio, pronta ad allontanarmi.             
“Se così fosse, avrei potuto ucciderti subito, non pensi ?” ribatte lui candidamente.  Allunga una mano verso il mio viso, lasciandomi libero un polso. Ma non riesco a muovermi. Inizia ad accarezzarmi la guancia e bisbiglia: “Sono venuto perché … credo sia giusto che tu … sappia una cosa.”
La sua mano sul mio viso è tiepida. Ma probabilmente è perché sto andando a fuoco, non so cosa mi stia succedendo. Lo sento sospirare: “Oh, Julliet … se tu sapessi …” Allontana il viso dal mio orecchio e mi guarda negli occhi. Sta per piangere. Non capisco cosa gli sia preso.
Mi abbraccia, portando il mio viso sulla sua spalla. Un brivido mi percorre la schiena e non capisco come mai il mio corpo e la mia mente non vogliano reagire.
Romeo inizia ad accarezzarmi i capelli. Poi mi lascia un bacio delicato sul capo. Sgrano gli occhi, mi chiedo cos’abbia intenzione di fare.
Lo sento sorridere, amaramente: “Che cosa strana … vorrei tanto che non dover fingere. Vorrei davvero …”
Finalmente riesco a parlare, staccandomi dalla sua spalla: “Whitemore, io non capisco di cosa tu …” Mi metto un dito sulla bocca per zittirmi. Arrossisco, ma con il buio non si vede.                                                                                                             
Mi stringe ancora di più a sé, avvicinandosi al mio volto. Chiude gli occhi. E mi bacia. Una strana sensazione di calore mi invade. Non mi era mai successo prima. Cerco di pensare in modo razionale. Lui è il mio nemico, da sempre. Ma non capisco perché faccia questo. Ed in più, mi costa ammetterlo … ma mi fa sentire amata e protetta. Mi piace.                                                                                                       
Allontana appena le sue labbra dalle mie, indeciso. Lo prendo per il bavero della camicia. E ricominciamo a baciarci, piano. E con le lacrime agli occhi. 
Forse mi sono innamorata. Oh no … 

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