Linea 94

di appleschoice
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Chapter 1 ***
Capitolo 2: *** Chapter 2 ***
Capitolo 3: *** Chapter 3 ***
Capitolo 4: *** Chapter 4 ***
Capitolo 5: *** Chapter 5 ***



Capitolo 1
*** Chapter 1 ***










Parigi.
Sì, Parigi: la città dell'amore, degli innamorati, dei sogni, della speranza e di tutte quelle robe lì.
Sono esattamente quattro mesi che sono qui.
Oggi è il primo di novembre e fa un freddo cane, ma io non posso lamentarmi.
Mi guardo allo specchio e seguo ogni particolare che quel vestitino mette in evidenza.
Mi sento bella, forse perché tutti me lo continuano a ripetere ogni santissimo giorno.
O forse perché è l'unica cosa di cui posso ancora vantarmi.
Stretto, di pelle, corto e che copre poco.
Come ci sono arrivata fin qua? Questo me lo ricordo.
Il primo di Luglio sono partita dall'Italia, da casa mia, dal mio paese, alla ricerca di un vita diversa e forse anche migliore, anche se l'ultima cosa di cui mi lamentavo era di come vivevo. I miei genitori sono sempre stati dolci e comprensivi e quando mi hanno regalato un biglietto di sola andata per Parigi e duemila euro ero al settimo cielo.
Mi avevano detto che se ciò che volevo era andare in un posto all'estero per provare a vivere sola senza l'aiuto di nessuno, loro mi avrebbero lasciato.
Sono arrivata piena di grinta, di voglia di vivere, di lavorare e di sognare ed ha funzionato il primo mese.
Finché non ho finito i soldi dei miei, mi rendo conto che ho l'affitto da pagare e che di lavoro non ne ho cercato.
Allora ho iniziato ha raccontare cazzate ai miei genitori, dicendogli che la casa che avevano affittato per me è bellissima, che ho trovato un lavoro come cameriera in un lussuoso ristorante e che il francese inizia a piacermi.
Solo l'ultima non è una bugia.
Dopo un mese di relax, è iniziato l'inferno: il tipo dell'appartamento vuole l'affitto, che io però non riesco a pagare e così mi caccia di casa.
Nel giro di una mattina e un pomeriggio trovo un lavoro da barista in un night-club squallido nel terzo quartiere messo peggio di Parigi, dove le puttane e il sesso in mezzo alla strada sono all'ordine della notte. Dove la polizia gira per farsi una scopata con quelle povere ragazze che sorridono, ma che piangono dentro.
Mi pagano di merda in quello schifo di locale, ma non importa, io almeno non devo fare la puttana.
La prima notte che non ho più un posto per dormire, conosco Debbi, una ragazza lesbica e francese con i genitori di origine Italiana, ma che non vede da quando era piccola.
Lavora nel mio stesso locale, solo che lei fa la spogliarellista e ha 25 anni, e quando non lavora la notte fa la puttana, perché i soldi che le danno non sono abbastanza.
Mi offre di dormire a casa sua, ma che avrei dovuto pagare metà affitto, più metà delle spese.
Mi va bene, almeno avrei iniziato a fare qualcosa.
Passo tre mesi così, lavorando la notte e dormendo il giorno.
Debbi diventa una buona amica anche se non la ritengo affidabile, ma comunque mi fa ridere qualche volta.
Il francese ormai lo so quasi perfettamente e la mia vita va avanti così.
Mi chiamo Serena, ho 20 anni e tra un mese e 13 giorni ne faccio 21, ma questo non mi interessa.
Sono ancora davanti allo specchio, mentre penso a questi mesi passati.
Pochi, ma mi sembrano un'infinità. Forse perché li ho vissuti da schifo.
E' il primo di novembre e fa un freddo cane, ma io non posso lamentarmi, perché i soldi che mi danno in quel - si fa per dire - locale, non sono sufficienti per vivere e me ne servono altri.
E devo averli.
E' la prima notte per me e ho paura. E Debbi lo nota mentre mi guarda dal letto pronta per mostrarmi quello schifo di mondo che non ho mai creduto di poter conoscere da così vicino.
«Si vede che sono una puttana?» sussurro con uno sorriso di disgusto sul volto.
Debbi si alza dal letto e mi abbraccia da dietro. Ora siamo in due riflesse su quello specchio.
Mi bacia il collo e io chiudo gli occhi facendo un lungo respiro.
«Ti prometto che passerà velocemente questa notte.» mi sussurra nell'orecchio.
Io torno a guardarci riflesse nello specchio. Entrambe puttane da stasera.
Una lacrima mi scappa senza nemmeno che me ne rendo conto e la mia espressione è terrorizzata.
«Tieni.» dice Debbi prendendo qualche preservativo dal suo giubbotto.
Lo infilo nella tasca del mio cappotto, più lungo del vestito.
Usciamo fuori da casa e il vento gelido mi graffia i polpacci, l'unica parte nuda e ancora visibile finché ho addosso il cappotto.
Sono le 2:03 di notte e Parigi non dorme, anzi questo è il momento di vivere e per me di morire.
Si accosta una macchina rosso fuoco e il finestrino si abbassa. Osservo Debbi che si china e parla con tono provocatorio con il conducente, sorride e lo provoca mostrando il suo seno.
Quell'uomo sulla sessantina tira fuori dei bigliettoni da 500 euro e Debbi fa il giro della macchina per poi salire davanti con l'uomo.
Mi lancia uno sguardo preoccupato e poi mi fa un occhiolino prima di partire e mi lascia lì da sola, con uno scopo: soddisfare gli uomini e farmi pagare.
In trenta minuti sette macchine si sono fermate accanto a me.
Inizialmente provo a fare come ho visto fare da Debbi, ma poi qualcosa dentro di me mi ferma e faccio capire che non sono quello che pensano, e loro ripartono, pronti a trovarsene un'altra.
Sono seduta sul marciapiede, che mi massaggio i piedi e maledico quei tacchi di merda che mi ha dato Debbi.
E noto quel tatuaggio sul mio polso, che avevo fatto quando avevo diciotto anni per il mio compleanno, quando finalmente non dovevo più avere il consenso dei miei genitori.
Sorrido guardandolo e mi ricordo di ciò che facevo fino a tre mesi fa. Prima di finire dove ora sono.
«One direction…» sussurro sfiorandomi il polso.
Ascoltavo musica, e vivevo della loro musica.
«Ecco cosa mi faceva star bene.» dico incantandomi a guardare il tatuaggio.
E ora sono qui, che sciupo la mia vita, o per meglio dire provo a farla funzionare in un modo che nessuna persona su questa terra vorrebbe fare.
Amavo ascoltare musica, amavo quei cinque ragazzi. Io vivevo grazie a quei cinque ragazzi, sognavo e non smettevo di sperare.
Ma poi la mia testa ha imposto al mio cuore di frenare i sentimenti e i sogni e di rinchiuderli in un cassetto, e sigillarlo. E io ho ceduto, dimenticando l'amore e la libertà che provavo ascoltando la loro musica, i battiti che creavano le loro voci, la sua voce...
Li ho dimenticati perché io devo smetterla di illudermi. Perché ormai è questa la mia vita e non andrei mai a chiedere aiuto ai miei genitori, per orgoglio, per vergogna e per paura di ferirli.
Mi infilo i tacchi, mi alzo in piedi e impongo a me stessa di fare ciò per cui sono uscita questa notte. Inizio a camminare, slacciandomi il cappotto e lasciando il vestitino di pelle in bella vista.
Dopo dieci minuti una macchina accosta.
Il mio cuore balza in gola e le mie mani prendono a tremare, non per il freddo.
Mi giro lentamente verso il finestrino e una macchina nera e grossa mi appare davanti.
Il finestrino scende lentamente e scorgo al suo interno un uomo riccio e moro, con occhi verdi e stanchi, con un viso magro, ma è dannatamente bello e... familiare.

No, non può essere lui.






•••

Ciao amorini, eccomi con una nuova storia. E' un po' diversa da quelle che avete sempre letto, almeno lo spero.
Faccio un appunto: Harry ha tre anni in più della protagonista, quindi la storia è ambientata in un 'futuro prossimo'.
Detto ciò, non vi svelo niente e vi lascio leggere.
Spero vi piaccia, bacioni.


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Capitolo 2
*** Chapter 2 ***










Buonasera.» dice in francese.
Le sue parole sono come una coperta che mi avvolge e ripara dal freddo.
'No, non può essere lui' è l'unica cosa che riesco a pensare e pensare e pensare.
Anzi, penso anche a quanto sia strana la vita: dieci minuti fa pensavo a loro e ora lui è davanti a me.
Deglutisco rumorosamente e lui non smette di fissarmi da testa a piedi, perché probabilmente gli piace ciò che vede.
Istintivamente penso al tatuaggio e con le dita tiro la manica del cappotto affinché lo copra.
Penso a ciò che ha fatto Debbi e non posso credere di fare la prima esperienza con il mio idolo, e non posso credere che lui sia venuto da una che fa questo… mestiere? Lavoro?
Non so esattamente come chiamarlo.
Forse 'schifo' è la parola migliore.
Mi avvicino di un passo e i suoi occhi sono a 40 centimetri dai miei.
Il cappotto aperto, la scollatura del vestito di pelle che indosso è in bella mostra.
Lui lo nota, ma torna a fissarmi negli occhi.
«Sali?» Mi chiede senza tanti giri di parole.
Il mio cuore batte sempre veloce e sembra che mi stia per scoppiare.
Le mie gambe tremano e ora, cazzo, non è il freddo.
Le mie mani stringono le maniche del cappotto.
Annuisco senza proferire parola.
Faccio il giro della macchina e lui mi apre la portiera dall'interno.
Mi accomodo accanto a lui e un piacevole calore mi riscalda.
Mi accorgo che dietro c'è qualcuno e incontro due occhi, anch'essi familiari.
Zayn...
«Ciao babe.» dice con tono assonnato.
Mi volto a guardare Harry, sorpresa e preoccupata.
Avrei dovuto soddisfare entrambi?
Forse lo capisce dal mio sguardo, ma non risponde e parte.
Usciamo da questo schifo di quartiere e mi porta nel cuore della città, e vedo la vera bellezza di Parigi, che ormai da tre mesi non vedevo più.
Arriviamo sotto l'entrata di un hotel lussuoso a quattro stelle: Hotel Le Tourville.
Accanto a noi c'è la Torre Eiffel.
«Parli inglese?» mi chiede Harry quando spegne l'auto.
Annuisco solo.
Lui esce dalla macchina, ma io non mi muovo. Fa cenno a Zayn di scendere, e così rimango da sola nell'abitacolo.
Sento che parlano di qualcosa e dopo un paio di minuti il moro bussa al finestrino e mi saluta con un dolcissimo sorriso.
Se non li avessi incontrati così, chissà se li avrei mai incontrati.
Io accenno un sorriso.
Vedo che entra nell'hotel lasciando Harry solo fuori.
A quel punto lui apre la portiera dalla mia parte e io aspetto che dica qualcosa.
«Vieni.» dice frettolosamente.
Io appoggio i piedi sull'asfalto e chiudo la portiera.
Si avvicina all'entrata dell'albergo, ma prima di entrare si volta verso di me.
Mi guarda da testa a piedi e io non mi sono mai tanto vergognata in vita mia, ma resto impassibile cercando di non far trapelare nessuna emozione sul mio viso.
Avvicina le sue mani verso di me, io sobbalzo facendo un piccolo passo indietro.
Lui si avvicina ulteriormente e con le sue lunga dita mi abbottona il cappotto, poi mi prende per mano indicandomi la strada.
Arriviamo nella hall e si fa dare le chiavi dalla segretaria che mi fissa con un strano sguardo, posso capire perché.
Prendiamo l'ascensore.
Io ancora non dico nulla, lui nemmeno.
Quando si apre la porta siamo già dentro la stanza.
Sì, è la suite.
«Prego.» dice facendomi cenno che posso entrare.
Mi guardo intorno e mi chiedo come posso essere arrivata fin qui.
«Vuoi qualcosa da bere o mangiare?» chiede avvicinandosi ad un frigorifero.
Scuoto il capo, avvicinandomi all'enorme vetrata.
Sento dei passi dietro di me.
«Parleresti?» chiede una volta accanto a me con in mano un bicchiere d'acqua.
Prendo coraggio, finalmente, senza naturalmente guardarlo.
«Quando dovrò dire qualcosa, parlerò.» dico sorridendo leggermente, guardando la città illuminata.
Sento che ride, e a questo punto cedo voltandomi verso di lui.
I suoi occhi sono... l'insieme di tutti gli aggettivi positivi che posso dargli.
Si accomoda sul divano.
Mi propone di sedermi accanto a lui picchiettando la mano sul cuscino.
Mi avvicino e mi siedo, cercando di tranquillizzarmi.
Oltre che star parlando con il mio idolo che non sa che sono una directioner, sto facendo la prima notte come prostituta.
Anche se come prima notte non mi è andata male.
Debbi mi racconta sempre che le tocca andare spesso con uomini sudici, brutti e ubriachi, e violenti alcune volte.
«Come ti chiami?» chiede distruggendo i miei pensieri.
«Non dovrei dirlo.» rispondo schietta fissando a terra.
Lui scoppia a ridere.
«E' una delle vostre regole?»
Il cuore perde un battito.
Mi ha appena dato della puttana e io non posso controbattere perché... è così.
Sorrido cercando di trattenere il nervoso.
«Beh, io sono Harry.» allunga la sua mano verso la mia, io lo fisso nelle pupille degli occhi e gli stringo la mano delicatamente.
Rimango così per una decina di secondi, poi svincolo lo sguardo e penso a ciò che mi ha detto Debbi prima di uscire di casa: «Fatti dare in soldi prima di farti portare a letto e obbligalo ad usare i preservativi e se non vuole vattene. Non baciarlo mai, neanche se è il più figo sulla terra e soprattutto quando hai finito vattene, a meno che non ti paga per stare di più.»
Mi alzo in piedi e lo fisso intensamente negli occhi.
«Prima di farmi fare ciò che vuoi devi pagarmi. Questa è un'altra regola.» chiarisco con la voce che trema leggermente.
Lui si alza dal divano e si ferma davanti a me. Il nostro viso è a pochi centimetri di distanza.
Il mio cuore torna a battere velocemente.
Lui si sposta da davanti a me e prende dalla tasca del suo giubbotto il portafoglio.
Tira fuori cinquecento euro e si riavvicina.
Me li porge.
Io li fisso e dopo pochi secondi glieli sfilo dalla mano.
«Grazie.» sussurro, infilandoli nel cappotto.
Lui sorride e torna a sdraiarsi sul divano.
Ormai il mio cuore è andato e finché starò con lui probabilmente resterà così.
Ora devo mettermi… al lavoro.
Mi avvicino lentamente e con addosso ancora il cappotto mi siedo a terra appoggiando la testa sul bordo del divano.
Lui è sdraiato di fianco che picchietta sul suo cellulare.
Nota che non smetto di fissarlo, così appoggia l'affare sul tavolino e inizia a fissarmi anche lui.
«Cosa vuoi?» chiedo prendendo l'iniziativa e soprattutto coraggio.
«Sei tu qui la professionista.» risponde prendendo ad accarezzarmi la guancia.
Le mie guance si colorano un po' di rosso.
Faccio un lungo respiro e dopo una trentina di secondi appoggio la mia mano sul suo petto, scendendo lentamente sempre più in basso e arrivando lì.
Lui rimane fermo, impassibile e non smette di fissarmi.
Slaccio il bottone dei pantaloni, delicatamente, e faccio scendere la sua cerniera.
Ora chiude gli occhi e un'espressione sollevata si fa spazio sul suo viso d'angelo.
Quando la mia mano è dentro le sue mutande mi ferma improvvisamente.
Toglie la mia mano da dove è e mi prende per il braccio.
Arriviamo in quella che è la camera e la luce della luna illumina la stanza.
Mi appoggia contro lo stipite della porta e prende a baciarmi il collo.
‘Non baciarlo mai, neanche se è il più figo sulla terra.’ le parole di Debbi mi ritornando in mente.
Quando le sue labbra si avvicinano alle mie, lo fermo.
«Non puoi baciarmi.» dico seria.
«Un'altra regola?» chiede sorpreso.
Annuisco e lui prende a baciarmi il collo facendo viaggiare le sue mani sul mio corpo.
Slaccia il cappotto, buttandolo da qualche parte nella stanza. Poi mi spinge sul letto e quando incontro la coperta soffice gli tolgo la maglia di dosso.
'IL TATUAGGIO!' penso improvvisamente.
«Aspetta!» esclamo togliendomelo da sopra a cercando il cappotto.
Quando lo trovo sfilo dalla tasca un bracciale.
Lo indosso per coprirlo.
Prendo anche un preservativo e torno velocemente da lui nel letto.
Glielo sventolo davanti agli occhi.
Lui annuisce, ma dopo avermelo rubato dalle mani torna sopra di me, facendomi capire chiaro e tondo cosa vuole ora senza più interruzioni.
Lo soddisfo, per praticamente un'ora. Mi faccio usare e faccio ciò che vuole senza dire nè 'ma' nè 'però'. Proprio come mi ha detto di fare Debbi.
Alle 4:01 lo osservo dormire tra le coperte baciato dalla luce della luna.
Mi infilo le mutandine, il vestito, infine le scarpe e il cappotto.
Controllo se i soldi ci sono ancora, alla fine torno in salotto e chiamo l'ascensore.
Dopo un minuto è già arrivato e cinque minuti più tardi sono già fuori dall'albergo con il freddo che mi gela l'anima.
Mi sento una merda, mi sento usata... Mi sento una puttana.
E mi accorgo che quei cinquecento euro mi pesano nella tasca, perché ciò che ho fatto per averli è stato uno schifo.
Mi accorgo che ho scopato con il mio idolo e che lui sa solo che sono una puttana, nulla di più.
Chiamo un taxi e finalmente per le 5:07 sono sotto 'casa'.
Apro la porta dell'appartamento e trovo Debbi con un'espressione preoccupata in piedi davanti alla porta.
Mi abbraccia e mi stringe forte e io inizio a piangere.
Resoconto della prima notte da puttana:
- ho scopato il mio idolo;
- e vorrei morire.






•••

Buon pomeriggio a tutte!
Scusatemi se non ho postato prima, ma sono piena fino al collo di verifiche, mortacci.
Comunque, spero vi piaccia il capitolo!
Se volete lasciate qualche recensione, poi io cercherò di postare al più presto possibile.
Inoltre grazie a tutte quelle che la volta scorsa hanno recensito o messo la storia tra le preferite/seguite/ricordate: meeeeow ❤
Bacioni


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Capitolo 3
*** Chapter 3 ***










Sbatto tre volte le palpebre prima di aprire definitivamente gli occhi.
Il sole mi da fastidio.
Lentamente mi siedo sul bordo del letto e mi metto a guardare fuori dalla finestra.
Sono le 17:03.
Fino alle 7:32 sono rimasta abbracciata a Debbi a piangere e piangere e piangere, poi finalmente mi sono addormentata dimenticando tutto, fino al mio risveglio.
Accanto a me non c'è Debbi, ma sento l'acqua della doccia scendere.
Mi avvicino alla finestra e tiro la tenda.
Mi tolgo il vestito finalmente, che ho tenuto su persino per dormire.
Apro la porta del bagno e una volta nuda mi metto sotto la doccia con Debbi.
Lei mi saluta con un sorriso a trentadue denti, ma capisce che ancora non mi sento bene.
Verso le 18:00 mi metto ai fornelli e cucino due bistecche alla veloce.
Io avrei iniziato il turno alle 19:00 e avrei finito all'1:00, mentre Debbi avrebbe iniziato alle 21:00 fino alle 3:00 e poi avremmo rifatto tutto ciò che abbiamo fatto ieri notte.
Mi sono imposta di smettere di comportarmi come una ragazzina, altrimenti i miei quasi 21 anni perché cazzo ce li ho?
Mangio velocemente e poi torno in camera a vestirmi.
Un paio di pantaloni lunghi in jeans, una maglia nera a maniche corte e converse.
Almeno lavorare come barista ha un pregio.
Per le 18:52 mi infilo il cappotto e dopo aver salutato Debbi scendo in fretta e furia le scale.
Apro il portone e il buio della notte mi avvolge.
Il 'locale' è praticamente sotto casa, e nel giro di due minuti sono dentro intenta ad allacciare quel grembiulino nero che mi stava sulle palle.
«Serena, devi pulire tutti i tavoli e i bagni e svuotare le due lavastoviglie. Muoviti che tra un'ora e mezza bisogna aprire.» mi avverte il mio datore di lavoro.
Mi fa rabbrividire il fatto che uno come lui sia il mio capo.
Pulisco i tavoli e i bagni e poi svuoto entrambe le lavastoviglie.
Sistemo i bicchieri e le bottiglie e solo alle 20:12 finisco di far tutto.
Sono in tempo per fumarmi almeno una sigaretta, che non fumo da esattamente ieri sera.
La mia mente è riuscita a rimuovere un po' di dolore e amarezza che provo, e il lavoro fino ad adesso mi ha dato una mano a tenere la mente occupata.
Esco e accendo la sigaretta, e digito il numero di casa in Italia.
«Ciao tesoro!» mi saluta mia madre allegra.
«Ciao mamma. Tutto bene?» chiedo cercando di apparire il più felice possibile.
Passo solamente due minuti al telefono con lei, dicendole che dovevo andare a lavorare.
Faccio un lungo tiro dalla sigaretta, prima di rientrare dentro.
La musica parte a palla, anche se il locale è ancora vuoto.
Io mi metto dietro il bancone.
Verso le 21:00 entrano i primi clienti e noto che Debbi insieme ad altre due ragazze è già pronta sul palchetto per fare uno dei suoi numeri.
E' una serata infernale, come sempre.
Persone che vanno e vengono e che fanno anche battutine maniache su di me.
Io però non posso dire nulla, perché avrei comunque torto.
Così servo, senza spiaccicare parola.
Verso le 23:24 il ragazzo che sta dietro il bancone con me, mi offre di uscire e fumarmi una sigaretta, che intanto ci pensa lui.
Io accetto e esco accendendomi velocemente una sigaretta.
Fa un freddo cane.
Mi guardo in giro intanto, pensando a come anche questa notte sarebbe andata.
La mia attenzione si sofferma su due ragazze poco distanti da me, soprattutto su ciò che si stanno dicendo o, per meglio dire, urlando: «Dianna qui dentro ho appena visto Zayn Malik. Oh mamma mia, ti rendi conto? Zayn, amore mio, stiamo arrivando!».
Porca puttana.
Butto la sigaretta a terra e corro dentro.
Torno al lavoro, ma ora sto attenta a qualsiasi persona servo.
Vedo che stanno allestendo qualcosa infondo alla sala e che il mio capo sta per dire qualcosa.
Presenta due ragazzi alla consolle e loro salgono energici su quel mini palchetto pronti a scatenarsi e a fare scatenare le persone.
A un certo punto noto Zayn, balla in modo strano e mi fa ridere, e quando sorride mi si apre il cuore.
Ho sempre sognato di vederlo ‘tunzeggiare’ e ora che ho l'occasione sono bloccata dietro questo bancone.
«Merda.» L'ho trovato.
In un angolo, lontano dalle luci e con una birra in mano, sorride e ridacchia guardando l’amico.
Istintivamente mi volto dall'altra parte e mi copro il viso.
Poi rifletto… 'Probabilmente così non mi riconosce.'
Torno frettolosamente al mio lavoro e finalmente verso l'1:00 il mio turno termina.
Devo comunque aspettare Debbi, quindi decido di nascondermi in un camerino, così avrei evitato di incontrare uno dei due, o peggio ancora di farmi riconoscere.
Sono seduta sulla sedia quando qualcuno bussa sullo stipite.
Mi volto con poca voglia per controllare chi è.
Mi alzo di scatto dalla sedia e faccio un passo all'indietro.
«Scusa se ti ho spaventata, mi domandavo dove posso trovare il bagno.» dice non smettendo di fissarmi.
«Come ci sei arrivato fino ai camerini?» gli chiedo irritata.
«Non lo so, sai com'è, si gira e si gira e ci si perde.»
Ma che cazzo sta dicendo?
Mi avvicino lentamente e esco dal camerino senza sfiorarlo.
Imploro non so chi, sperando che non mi abbia riconosciuta.
Lo porto fuori da lì e passiamo in mezzo al casino.
Le persone si strusciano e molte non avrebbero problemi a scopare davanti a tutti.
Gli indico il bagno degli uomini e lui mi ringrazia.
Ho il cuore che non smette di battere velocissimo.
Quando mi volto per tornare verso i camerini, sento che mi prende per il polso e mi volta di nuovo verso di lui.
E anche se non sempre ha una forza impressionante nelle braccia.
Mi ritrovo dentro il bagno degli uomini con lui, contro il muro e il suo viso a massimo tre centimetri dal mio.
«Cosa fai?» chiedo preoccupata, agitata, con il fiatone di fronte a quegli occhi.. di fronte a LUI.
«Credevi che non ti avessi riconosciuta vero? Devo ammettere che senza i tacchi e quel vestitino appari molto diversa.» mi sussurra all'orecchio per poi tornare a guardarmi negli occhi.
Io ora cambio espressione e lo fisso negli occhi impassibile.
«Cosa vuoi?» gli chiedo irritata.
Lui scoppia a ridere e fa un passo all'indietro mollandomi il braccio.
Istintivamente copro il tatuaggio.
«Niente.» mi assicura.
«Bene, allora ciao.» dico aprendo la porta.
Esco fuori e la musica mi rincoglionisce.
Corro nei camerini.
Sono le 2:53 e Debbi ora torna.
Non riesco a fare a meno di pensare a ciò che è successo e Debbi si accorge che sono pensierosa.
Le dico che non ho niente e di non preoccuparsi.
Verso le 3:21 di notte usciamo dal locale, già vestite per fare quell'altro lavoro.
Le mie mani tornano a tremare dalla paura e Debbi mi stringe forte a sè.
Lei trova già pane per i suoi denti all'uscita del locale, io invece voglio tornare prima a casa per lasciare il cellulare.
Quando svolto l'angolo non credo ai miei occhi.
«Cosa ci fai qui?»






•••

Buon pomeriggio amori!
Scusatemi un sacco se sono stata assente per un sacco di tempo, so sorry. Ho avuto una serie di problemi che non sto qui a raccontarvi… Comunque, sono tornata con il nuovo capitolo!!! Spero vi piaccia.
Inoltre ringrazio tutte quelle che hanno recensito o messo la storia tra le seguite/preferite/ricordate: un doppio meow ❤
Poi, mi sono scaricata gimp – finalmente – e ho creato il banner per questa storia. Vi piace?
Inoltre volevo dirvi che sono disposta a realizzarvi dei banner nel caso me lo chiediate.
Bene, ora vado. E aggiornerò tra pochissimo, contateci.
Bacioni.

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Capitolo 4
*** Chapter 4 ***










« Si volta velocemente verso di me.
Mi guarda da testa a piedi. Probabilmente ora mi riconosce di più se vestita in questo modo.
Io abbasso lo sguardo e con il cuore che batte a mille mi avvicino al portone di casa.
Sfilo le chiavi dal cappotto e le infilo dentro la serratura.
Lui non ha ancora spiaccicato parola.
Ora mi deve spiegare che cazzo ha.
Mi volto prendendo più coraggio possibile.
«Posso fare qualcosa?» chiedo cortesemente, ma con l'organismo in subbuglio.
Le mie mani tremano ma non per il freddo e non voglio darlo a vedere.
Di nuovo compare quel suo dannato sorriso sul suo viso.
Io sono confusa e non so che fare, e non so più che dire.
Mi sembra di parlare per nulla, mi sembra di aver perso la voglia, la forza e la capacità di spiaccicare parola o muovere anche un solo muscolo.
«Stavo pensando…» Finalmente prende a parlare, però tiene distanza e non si muove da dove è.
«... che allora ho una buona memoria. Ieri è qui che ci siamo visti giusto?»
Io annuisco senza dire nulla.
E' bellissimo. Quei pantaloni neri sono un dono di Dio.
Anzi lui è il mio dono di Dio.
«Vieni?» Ora mi sta proponendo di salire in macchina.
Io aspetto prima di rispondere. Guardo prima lui, poi la macchina, poi il portone di casa e di nuovo lui.
«Io… dovrei lavorare.» Dico per poi schiarirmi la voce.
«E se vieni con me cosa pensi di fare?»
Che stronzo!
Quella frase mi ha ferita. Anche se è ovvia. Cioè non posso aspettarmi risposta diversa, ma il tono con cui l'ha detta…
Ora tremo anche per il nervoso.
Sfilo le chiavi dalla serratura e le rimetto nella tasca del cappotto.
Questa sera fa meno freddo di ieri.
Forse è perché ogni volta che lo guardo negli occhi divento fuoco.
Mi faccio strada da sola e lui è dietro di me. Arrivo alla portiera e la apro infilandomi dentro al caldo.
Lui mi raggiunge dopo tre secondi.
Mette in moto e non spiaccichiamo parola finché non arriviamo come ieri sera all'entrata dell'albergo.
Mi chiudo per bene il cappotto, perché mi ricordo che lui ieri sera mi aveva fermata prima di farmi entrare solo per non mostrare come non ero vestita sotto.
Lui accenna un sorriso quando siamo nel salotto di questa enorme camera.
Mi allunga una birra ma io non la accetto.
«C'è qualcosa che puoi fare?» chiede con tono sarcastico.
Lo guardo sdraiato sul divano accanto a me, proprio come ieri sera, e mi accorgo che non me lo ero mai immaginato così.
Forse perché da ragazzine ci si immagina l'uomo dolce e amorevole.
Lui invece sembra un bastardo senza cuore quando si tratta di amare una donna.
A differenza di come invece tratta i fan, anzi la sua famiglia.
Quando lo vedevo su internet mi sembrava di vedere un adolescente che parlava della sua morosa con cui avrebbe voluto passare il resto della sua vita.
Ecco forse perché sono tanto persa per lui…
Cambia posizione e appoggia la testa sulle mie gambe e inizia a parlare di qualcosa. I suoi occhi sono di un verde intenso, bello bello e bello.
Mi metto ad accarezzargli i capelli e a lui fa piacere.
Sono le 4:02 e ancora siamo sul divano a chiacchierare.
Io non mi ricordo nemmeno cosa dovevo fare stanotte intanto che sono qui con lui, lontana dalla vita e in paradiso.
Ad un tratto le parole escono fuori dalla mia bocca con naturalezza e indifferenza, ma la curiosità è sincera: «Io non capisco una cosa…»
Lui prende a fissarmi negli occhi ancora con la testa appoggiata sulle mie gambe.
«Perché spendere tanti soldi, quando volendo potresti rimorchiarne una in giro?»
Dimentico che lui non sa che io so chi è lui, però comunque prima di essere Harry Styles è un uomo molto bello.
Lui scoppia a ridere, ma dopo poco torna serio.
«Davvero non lo sai?»
Il mio cuore prende a battere forte. Avrei dovuto mentire?
«Sapere cosa?» chiedo con tono finto curioso.
Lui scoppia di nuovo a ridere.
«’One direction’ non ti dice nulla? Oppure solo Harry Styles?»
Ora mi fissa negli occhi e io non riesco a distogliere lo sguardo.
«Ah… Sì, mi ricordavi qualcuno di famigliare…» Dico con un filo di voce.
Ci vuole tutta me stessa per smettere di fissarlo negli occhi. Forse ha capito che mento.
Gli occhi spesso e volentieri parlano di più di 10 persone messe insieme.
Beh, comunque, rispondendo alla tua domanda, non lo so perché. Se vuoi che io sia sincero è la prima volta che chiedo ad una come te di passar la notte con me. Nel senso qualcuna che devo pagare per far star con me. So che molte lo farebbero al volo, ma la maggior parte correrebbero a sbandierarlo ai quattro venti.»
Fa una smorfia e poi con un tono di voce per prendere in giro qualcuno aggiunge: «Oddio, sono stata con Harry Styles! Oddio sono incinta! Oddio mi ha chiesto di sposarlo! Oddio!»
Si passa una mano sulla fronte e sbadiglia: «Invece oggi ho controllato sui giornali francesi e locali se c'era qualche notizia in cui c'ero di mezzo io con una ragazza, ma sono rimasto sorpreso di non aver letto nulla. E credo che è per questo che stasera sono venuto a cercarti. Se no ti avrei mandato a fanculo.» ammette con un sorrisetto sul volto.
Mi scappa un sorriso anche a me comunque.
«Preferisco dover pagare per un po' di compagnia e di sesso, piuttosto che leggere sempre qualche cazzata diversa ogni settimana.»
«Quindi stasera avevi solo bisogno di un po' di compagnia e di una compagna per chiacchierare?» chiedo facendomi scappare uno sbadiglio.
«Non mi programmo le serate. So solo che mi rendo conto che spesso è brutto sentirsi soli e capire di non avere qualcuno su cui contare sempre, escludendo i ragazzi. E allora cerco qualcuno, e quel qualcuno lo cambio quasi ogni sera.»
Si tira su e si siede accanto a me.
Si volta a fissarmi e le mie guance si tingono un po' di rosso.
«Andiamo a dormire.» annuncia alzandosi in piedi ed allungando la mano verso di me aspettando che l'afferri.
Io lo guardo un po' perplessa: «A dir la verità devo andare ora...»
«Ti pagherò anche per quest'ora se è questo che ti preoccupa.» Dice non smettendo di guardarmi negli occhi.
Al diavolo Styles! A me dei soldi non interessa più un cazzo se sto con te.
Annuisco e mi alzo in piedi senza però prendere la sua mano.
Lo seguo e la camera, come ieri notte, è illuminata dalla luna, anche se tra qualche ora sarebbe sorto il sole.
Mi sfilo gli stivali e mi tolgo il cappotto.
Il polsino copre perfettamente il tatuaggio, fortunatamente.
Il mio cuore sento che può scoppiare da un momento all'altro.
Harry è già sdraiato nel letto che mi osserva.
Intimidita da tale attenzione mi sdraio il più velocemente possibile.
Ma non mi azzardo a sfiorarlo. Mi metto di fianco e lo fisso negli occhi.
«Vieni qui…» sussurra.
Il mio cuore sussulta.
La sua mano si appoggia sul mio fianco e mi avvicina al suo bacino.
I nostri volti sono a pochissimi centimetri di distanza.
«Mi dispiace non poterti baciare…» dice con gli occhi chiusi e con un sorriso sul viso.
Io non dico nulla però penso a quanto vorrei baciarlo.
Lui si addormenta e io rimango a fissarlo per un'oretta.
Verso le 5:19 mi metto le scarpe e il cappotto e prima di uscire definitivamente dalla camera mi soffermo a fissarlo per una manciata di secondi.
E' così bello da farmi sentir male.
Non mi ha dato i soldi, ma non importa, perché alla fin dei conti mi ha solamente fatto felice e queste ore con lui non le ritengo una perdita di tempo.
E spero con tutto il mio cuore di poterlo comunque rivedere.






•••

Ciao amorini-ini-ini!
Sono tornata in grande stile, ossia con un immenso ritardo…….. Perdonatemi, solo che ultimamente sono troppo incasinata, tra scuola e altre cose sono veramente sfinita e non riesco mai ad aggiornare! Vi chiedo umilmente perdono. Comunque non preoccupatevi, ho già pronti altri due capitoli che posterò quando questo riceverà un po’ di recensioni.
Poi pensavo che nel prossimo capitolo potrei pubblicizzare due storie tra quelle che mi proporrete, che ne dite?
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, anche se per me non è un granché. Questi sono capitoli di passaggio, perché la ‘grande cosa’ succederà un po’ più avanti. Quindi se volete scoprirla, vi tocca continuare a leggere!
Ora vado bellezze, a prestissssimo xx Inoltre grazie a tutte quelle che la volta scorsa hanno recensito o messo la storia tra le preferite/seguite/ricordate: meeeeow ❤
Bacioni


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Capitolo 5
*** Chapter 5 ***










Apro la porta di casa cercando di far il meno rumore possibile.
Mi sfilo il cappotto, mi tolgo le scarpe e mi dirigo verso la camera, dove Debbi dorme beata nel letto.
Mi ci avvicino e mi stendo accanto alla mia coinquilina.
Non so se sia normale sorridere, forse sarebbe opportuno che io non provassi nulla.
Peccato non sia così, e non posso negarlo a me stessa.
E’ la seconda notte che passo con Harry. Il mio idolo, il cantante con quella voce che sa farmi ridere,
piangere, entusiasmare e gioire.
Non ho ancora riflettuto su quello che mi sta accadendo, su quello che sto vivendo. Mi sono accorta adesso che l’emozione e la sensazione di volerlo accanto è tornata ancora più forte di come la ricordavo, come un uragano che spazza via tutto.
In questi ultimi tre mesi sono scesa agli inferi e ci sono rimasta fino al momento in cui non sono annegata nei suoi occhi. Un angelo. Ecco cos’è, un angelo che è venuto a salvarmi.
Sorrido spensierata e, stringendomi nelle calde coperte, abbraccio Debbi.
Ma cos’è questo? E’ un sogno?
Mi sembra come se fosse già finito tutto, come se mi fossi svegliata. Ma io questo non riesco ad accettarlo.
Ma forse, forse lo avrei rivisto.
Con questa speranza incatenata al mio cuore, chiudo gli occhi e crollo in un sonno profondo.

«Serena, svegliati!»
Mi rotolo sotto le coperte.
«Debbi? Cosa c’è?» chiedo coprendomi il volto con il cuscino.
«Svegliati, bella addormentata. Io sono di turno al locale fino all’una, poi sono ancora fuori. Tu non lavori oggi?» domanda, togliendomi le coperte e aprendo le finestre.
«Stronza – mormorai – comunque no, stasera il capo mi ha detto che non serve, c’è la nuova ragazza.» spiego prima di fare un grande sbadiglio.
«Okay, allora all’una vengo su per cambiarmi. A dopo ma cherie.» dice stampandomi un bacio sulle labbra.
«Debbi!» urlo scoppiando a ridere.
«Che vuoi?» chiede, ridacchiando anche lei, per poi uscire di casa.
Dopo circa dieci minuti, decido finalmente di alzarmi.
Guardo l’orologio, sono le nove di sera.
Faccio un bagno caldo per una trentina di minuti, causando un opprimente vapore nella stanza, e mi preparo qualcosa da mangiare.
Non so cos’avrei fatto questa sera.
Il mio cuore perde un battito, poi aumenta il ritmo. Il motivo è evidente.
Il solo pensiero di poterlo rivedere o della possibilità che possa chiedermi di passare un’altra notte con lui mi fa tremare le gambe e girare la testa.
Poi però un’altra situazione si fa largo. La paura di dover stare con qualche altra persona perché magari lui questa sera non ne ha voglia.
Mal di stomaco. Riluttanza. Non penso riuscirei a farlo, anche se comunque mi servono soldi.
Cerco di non pensarci, lavo i piatti e i bicchieri per far passare il tempo.
Mi siedo sul divanetto e accendo la televisione, provando a concentrarmi, con scarsi risultati, su qualche programma. Debbi sarebbe tornata tra circa due ore, dovevo resistere.
Qualcuno bussa alla porta.
Giro di scatto la testa e la fisso per due secondi, poi mi alzo e la apro di poco, quanto basta per riuscire a scorgere chi c’è fuori.
Perdo un battito, forse due, anche di più. Il mio cuore si ferma.
Non so quale sia la mia espressione, ma posso immaginarla e facendolo capisco perché lui stia sorridendo divertito.
«Non ti preoccupare, tanto non fa freddo qui.» dice con tono sarcastico.
Torno immediatamente alla realtà e apro la porta. Sono sorpresa, agitata, confusa, impacciata, praticamente non capisco più niente.
Lui si pulisce velocemente le scarpe sullo zerbino e entra nell’appartamento.
Si guarda in giro e poi torna a fissarmi negli occhi.
«Ciao anche a te.» saluta scoppiando in una risata angelica.
«Ehm, sì scusa, ciao. C-che ci fai qui? No, cioè, non voglio essere scortese, mi chiedevo perché…»
«Ho suonato a tutte le porte del condominio prima di arrivare a te, finalmente. In più i tuoi vicini fanno paura, lo sai?» chiede diventando tutt’un tratto più serio.
Io annuisco con un sorriso leggero a fior di labbra.
«E’ strano vederti così.» aggiunge poi indicando il mio corpo.
Abbasso lo sguardo per darmi un’occhiata.
Indossavo i pantaloncini corti elasticizzati che Debbi definisce ‘anti-stupro’, la canotta bianca e un paio di ciabatte a forma di topo.
Sorrido timida e imbarazzata, le mie guance si colorano di rosso.
«Beh… diciamo che non mi metto in tiro quando devo dormire.» rispondo dirigendomi verso la piccola cucina.
Lui mi segue.
«Vuoi qualcosa?» chiedo avvicinandomi al frigo.
«No, grazie.» dice appoggiandosi con la spalla allo stipite.
Io chiudo il frigo e lo guardo.
E’ così bello. I suoi occhi verdi, i boccoli che gli ricadono sul viso, il suo sorriso, la maglietta bianca che definisce gli addominale, le sue spalle… Basta!
Dopo un minuto ci arrivo.
«Ah, ma sei venuto per… - non finisco la frase, capisce al volo cosa voglio dire – Beh, ma così non ti faccio alzare bandiera neanche a volerlo.» dico scoppiando a ridere e sedendomi sul bordo del tavolo.
Lui si avvicina a me, con un sorriso stampato sulle labbra.
«Non potevi aspettare questa notte? – aggiungo – Almeno ero più presentabile.»
Il mio cuore inizia a battere sempre più velocemente ad ogni suo passo verso di me, è come se da un momento all’altro scoppiasse, lacerandomi il petto.
Quando appoggia le sue mani sulle mie cosce e le allarga per riuscire ad avvicinarsi di più, sento che potrei veramente morire.
Oh Styles, perché mi fai quest’effetto?
«A dir la verità, sono venuto qui così presto per ridarti i soldi di ieri notte.» dice vicinissimo al mio viso.
Quanto vorrei annullare le distanze, quanto vorrei assaporare le sue soffici labbra. Ma, oltre a non potere, non ne ho il coraggio.
«Grazie.» dico, prendendo i soldi e cercando di riprendere il controllo di me stessa.
«Non sapevo se ti avrei rivista e io non voglio avere debiti, quindi sono venuto presto apposta, dato che al locale oggi non c’eri.»
«No, questa sera no.»
E’ ancora dannatamente vicino a me, le sue mani sono ancora sulle mie cosce e io lo voglio con tutto il mio corpo e il mio cuore.
«Quindi stasera non vuoi più compagnia o ne ha già trovata?» chiedo cercando di fare l’indifferente, spostandolo di un po’ per poter scendere dal tavolo e rimanere in piedi.
«Ancora non l’ho trovata e non so se ne avrò voglia. Ma se cambiassi idea, tu potresti?»
CHE STUPIDE DOMANDE STYLES! STUPIDE DOMANDE!
Fortunatamente me la cavo discretamente nel campo della recitazione, anche perché Debbi mi ha insegnato come comportarmi in modo da non lasciare trapelare alcuna emozione.
«Se è sicuro sì, altrimenti spera di aver fortuna che qualcun altro non mi voglia prima di te. In questo caso avrei qualche altra bella ragazza che potrebbe farti felice.» dico spostandomi da davanti a lui.
Mi dirigo verso la mia camera e sento i suoi passi dietro di me. Mi sta seguendo.
In questo momento sto aspettando che parli, o meglio, l’unica cosa che vorrei sentirmi dire sarebbe “No, io voglio te”.
Apro l’armadio di Debbi alla ricerca di un vestito e lui apre la bocca, ma ovviamente non per pronunciare quello che avevo sperato.
«Vedrò più tardi.»
Sospiro facendo in modo che non se ne accorga, quando riprende a parlare.
«Comunque, puoi dirmelo il tuo nome. Ho chiesto ad una ragazza che lavora nel tuo locale come spogliarellista e mi ha detto che non c’è alcuna regola di questo genere.»
Io scoppio a ridere e mi volto a guardarlo negli occhi: «Non cambierebbe comunque nulla.»
«Ma a me piace chiamare per nome le persone.»
«Come vorresti che mi chiamassi?»
«Cosa?»
«Che nome pensi mi si addica di più?» chiedo guardandolo negli occhi e incitandolo.
«Ma cosa ne so io…» dice scoppiando a ridere, scompigliandosi i capelli e strofinandosi le mani sugli occhi.
«Vedi? Vuol dire che non è poi così importante allora.»
E con un sorriso beffardo mi volto verso l’armadio, prendendo un vestito a caso.
Passa qualche secondo, forse un minuto.
«Nancy!» esclama all’improvviso.
«Scusa?! – dico guardandolo con gli occhi spalancati – Un nome un po’ meno da troia no, vero?»
«Oh, ma non ti va bene nulla allora eh!» afferma con un risolino
«Va bene! Scusa. Come preferisci. Nancy sia allora.»
Alzo le mani in segno di resa, dirigendomi nuovamente in soggiorno.
«Senti, adesso io devo andare. I ragazzi mi aspettano.» dice prendendo dalla tasca dei pantaloni il cellulare.
«Okay» dico fissando un punto a caso sulla parete di fronte a me.
Lui intanto si rimette la giacca che aveva lasciato sul divano e apre la porta.
Non ti voltare Serena, non ti voltare a guardarlo. NON TI VOLTARE.
«Allora a dopo, forse, Nancy!» saluta provando a trattenere una risata, poi esce.
La mia vita è squilibrata al massimo, ma qualcosa di positivo adesso c’è-
«A dopo, forse, Styles.» sussurro, quando ormai la porta si era chiusa dietro di lui.






•••

Ciao amorini ❤
Allora, lo so che lo scorso capitolo l’ho postato ieri, ma siccome questo l’avevo scritto e l’altro aveva già raccolto cinque recensioni (tutte in un giorno, precisiamo AHAH) ho deciso di postarlo lo stesso.
Grazie, grazie, grazie, grazie, grazie, grazie, grazie per le recensioni allo scorso capitolo. Mi avete fatto felicissima! Quindi io vi ringrazio con questo capitolo… miao, sono proprio una micina.
Ahah, vabbe lasciate stare i miei schizzi!
Spero vi piaccia, tornerò prestissimo con il prossimo!
Voi non dimenticatevi di recensire e, se volete, suggerirmi qualche storia, dal momento che dal prossimo capitolo ne pubblicizzerò due. Grazie ancora a tutte quelle che la volta scorsa hanno recensito o messo la storia tra le preferite/seguite/ricordate: meeeeow ❤❤❤
Bacioni


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