A Light in The Shadows

di Lady Castalia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo I ***
Capitolo 3: *** Capitolo II ***
Capitolo 4: *** Capitolo III ***
Capitolo 5: *** Capitolo IV ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Eccomi qui con una nuova fic! Non so ancora bene che fine farà, per questo vorrei tanto avere il vostro parere se continuarla o no, e mi raccomando non risparmiatevi con i commenti belli o brutti che siano!

Un grazie anche ad Ilaria che mi ha dato una "scossa"!

Naturalmente i personaggi appartengono a J.K.Rowling ( tranne quello inventato da me).




Prologo


In una stanza di un piccolo appartamento nella vicina periferia di Londra, una giovane ragazza si svegliò di soprassalto.
Si passò il palmo della mano sulla fronte madida di sudore per poi scrutare l'oscurità con i suoi occhi verdi. Si volse verso la finestra socchiusa alla sua sinistra sentendo le imposte sbattere.
Fuori, nella notte, imperversava un temporale dove tuoni e lampi la facevano da padrone nel paesaggio londinese.

    Lo stesso temporale di quella notte...

Alzandosi lentamente, appoggiò i pedi nudi sul morbido tappeto, infilandosi la vestaglia adagiata in fondo al letto. Si strinse maggiormente i lembi del collo per proteggersi meglio dal freddo che filtrava nella stanza attraverso la finestra aperta.
Sapeva già che non sarebbe riuscita a riprendere sonno. Con lenti passi si avvicinò ad essa chiudendola.
Rimase ad ammirare per un attimo il paesaggio che si mostrava ai suoi occhi, fulmini che serpeggiavano nel cielo di quella notte senza stelle.
Quel paesaggio che riusciva a spaventarla tanto quanto ad affascinarla.

    Era forse un gioco sadico del cielo per farle ricordare il suo peccato?

Da parecchie notti si svegliava con una strana sensazione, anche se ormai conosceva abbastanza bene le bizzarrie della sua mente per non darvi troppo importanza.
Perché infondo erano solo stranezze, nulla di più.
E pensare che la sua vita era sempre stata abbastanza normale, fino a due anni prima, al compimento dei suoi 16 anni, giorno che non avrebbe mai scordato, non tanto perché fosse il suo compleanno ma perché era stata la data della morte dei suoi genitori.

    Il 2 ottobre del 1995

Si scostò di scatto dalla finestra come per scacciare quel doloroso ricordo.
Con movimenti quasi meccanici, afferrò una cornice d'argento adagiata sul comodino e una lacrima le scivolò lungo il contorno del viso.
In quella foto, una bambina di appena due anni con una folta chioma di capelli neri sui quali spiccava una inopportuna ciocca argentea, era ritratta sorridente tra le braccia dei suoi genitori.
Sul bordo più basso vi era incisa una scritta

"Saprai trovare la via attraverso la tua luce.
   Ad Alexandra con amore, i tuoi genitori"

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Capitolo 2
*** Capitolo I ***


Ok, ci siamo. Questo è il primo capitolo di questa nuova storia in cui mi sono lanciata. E' appena iniziata e ci sarà ancora parecchia strada da fare. Spero comunque che possa piacervi!

A Ilaria, la mia nuova compagna di una società a delinquere!




Capitolo 1



Finalmente il sole sorse andando ad accarezzare con i suoi deboli raggi il viso di Alexandra, ancora appisolata fra le lenzuola candide.
Aprì piano le palpebre ancora assonnata, strizzando poi subito dopo gli occhi per la troppa luce.
Un fruscio nelle lenzuola attirò la sua attenzione e mettendosi a sedere le sue labbra si incrinarono in un dolce sorriso.
Un batuffolo di pelo completamente nero stava, senza successo, cercando di arrampicarsi sulla sponda del letto per cercare di raggiungere la ragazza emettendo una serie di miagolii frustrati.
"Forza, vieni qui, piccola peste." - disse la ragazza sporgendosi per prendere in braccio la bestiola, adagiandola sulle coperte in mezzo alle sue gambe.
"Possibile che tu non riesca a stare ferma." - l'ammonì dolcemente. L'unica risposta fu un altro miagolio.
Mentre osservava la gattina giocare con le sue mani che si muovevano sotto al lenzuolo, saltellando da una parte all'altra, pensava a cosa sarebbe potuto capitarle se non l'avesse trovata.
L'aveva raccolta la sera prima davanti al portone della palazzina, completamente zuppa e infreddolita. Chi mai aveva avuto il coraggio di abbandonare un così tenero cucciolo!
L'unica stranezza di quella bestiola erano gli occhi, neri con la pupilla giallo ocra, davvero singolari.
Avevano un che di magico.
Per questo aveva deciso di darle quello strambo nome, le si addiceva.
"Strega adesso basta giocare." - disse ridacchiando sollevandola in aria davanti al suo viso - "Devo andare al lavoro."
La gattina per tutta risposta la guardò con aria interrogativa, girando la testolina prima a destra e poi a sinistra.
"Sei davvero un amore!" - esclamò dandole un bacio di striscio sul capo, per poi appoggiarla delicatamente a terra.
Nonostante quella notte fosse stata pessima, quella gattina era riuscita ad infonderle un po' di buon umore.
Si diresse verso l'armadio prendendo un paio di jeans scuri, una camicetta bianca e un maglioncino con uno scollo a V abbastanza profondo di colore verde scuro da abbinarci e per finire i suoi stivali neri preferiti.
Guardandosi allo specchio soddisfatta, si sistemò i lunghi capelli leggermente mossi in una coda bassa. Per quella mattina poteva andare.
Non amava vestirsi molto elegante, soprattutto perché la sua vita sociale era abbastanza, come dire... assente.
Non le piaceva molto stare in mezzo alla gente, se doveva, lo faceva solo per lo studio e per il lavoro.
Infilato il cappotto e la sciarpa, prese una busta chiusa da una mensola vicino all'entrata e mandando un ultimo bacio a Strega si chiuse la porta alle spalle.

Quella mattina era stata chiamata ad analizzare una vecchia pergamena, si perché con le sue "strane doti", come le definivano la maggior parte di quelli che la conoscevano, riusciva a vederci chiaro nelle cose.
Si poteva definire una specie di archeologa free-lance.
Le piaceva essere trasportata e immersa in quei mondi antichi ancora pieni di magia e di misteri, come ormai in nostro mondo non lo era più.
Il suo nuovo cliente doveva essere una altro uomo piuttosto anziano, forse troppo! Solo il fatto che l'avesse contatta tramite una lettera ingiallita, chiusa dalla ceralacca, trovata sotto la porta la sera prima, avvalorava la sua tesi.
Chi usava più carta a penna per comunicare al giorno d'oggi?!
All'inizio era stata un po' scettica, ma infondo in quei due anni in cui aveva deciso di intraprendere quell'attività, ne aveva incontrati di tipi strani ed eccentrici, la maggior parte collezionisti, e poi qualcosa di quella busta l’attirava inverosimilmente.
Passeggiando per le vie di Londra avvolta in un cappotto color piombo, rigirandosi tra le mani quella lettera, notò un particolare che gli era sfuggito: sotto al sigillo che aveva tolto per aprire la lettera c'era un disegno di un vecchio castello, peccato non si riuscisse a leggere il nome, strappato nella sua poca delicatezza nell'aprire la busta.
Poco male, lo avrebbe scoperto di li a poco.
Dopo aver dato un'occhiata ad i numeri sulle case si fermò davanti ad un cancello, rimanendo un tantino perplessa.
Il numero che indicava la lettere non c'era. Che quel vecchio suonato si fosse sbagliato a scrivere...
Sbuffando si mise a guardarsi intorno, ritornando per un attimo sui suoi passi.
L'appuntamento era alle 10.00, forse la stavano aspettando li sulla strada, ma non si vedeva nessuno nel raggio di un chilometro.
Ad un tratto avvertì un leggero tremolio provenire da dove si trovava un attimo prima e, tornando indietro, si accorse che la casa che cercava era proprio davanti ai suoi occhi.
Diede la colpa alla stanchezza, dopo tutto non aveva chiuso occhio quella notte.
Aprì il cancello e una volta saliti i pochi gradini per raggiungere la soglia, si apprestò a suonare il campanello.
Ancora prima che riuscisse nel suo intento la porta si aprì lentamente, con un leggero cigolio.
"Collezionisti..." - sbuffò ad alta voce, pensando alle manie strane di quella gente. Le diede una leggera spinta ed entrò nel piccolo atrio della casa.
"C'è nessuno?" - chiese, non vedendo nessuno ad accoglierla.
Guardandosi in giro notò come quella casa fosse davvero strana, non ne aveva mai viste arredate in quel modo, per non contare il fremito che aveva avuto appena vi aveva messo piede.
Non ricevendo risposta si incamminò su per la scala, avendo sentito come un borbottio provenire da lassù, ma si dovette ricredere, trovandosi davanti ad un quadro coperto da un telo e nessun anima viva in giro.
Era sempre più convinta che il padrone di quella casa doveva essere per lo meno un centenario.
"C'è nessuno in casa?" - chiese di nuovo sperando che finalmente qualcuno si facesse vivo e così finalmente accadde.
"Avanti mia cara, ti stavo aspettando." - proferì una voce roca, che proveniva da una stanza in cima alla prima rampa di scale.
Timidamente entrò, vedendo un uomo che stava comodamente seduto su una poltrona di velluto rosso in stile antico, illuminato dalla luce fioca del camino.
Doveva essere all'incirca sulla settantina, con una lunga barba e vestito in modo per lei alquanto bizzarro.
"Salve, sono Alexandra Crawley, mi avete contattata per una consulenza in merito ad un'antica pergamena." - disse stringendogli la mano.
"Ma certo." - uno strano bagliore attraversò gli occhi dell'uomo - "Si accomodi pure signorina Crawley." - le disse gentilmente, facendole cenno con la mano verso una poltrona identica, posizionata di fronte alla sua.
"Mi chiami pure Alexandra. Scusi se le sembrerò indiscreta ma vorrei poter esaminare al più presto l'oggetto." - disse la ragazza con tono professionale.
"Mia cara, mi dispiace ma la pergamena non è qui con me, al momento." - rispose pacato.
"Scusi ma..." - iniziò con voce perplessa, ma non fece in tempo a finire la frase.
"Vedi Alexandra, il motivo per cui ti ho fatto venire è per informarti che la pergamena in questione è custodita in luogo in cui vorrei che tu ti recassi per qualche giorno l'indomani mattina.
Purtroppo non mi è possibile trasportarla, rischierei di comprometterla."
"Capisco, e dove si trova questo luogo?" - chiese curiosa.
"Per questo non ti devi preoccupare, domattina troverai tutte le istruzioni necessarie." - rispose il suo interlocutore - "E ora, se vuoi scusarmi mia cara, avrei delle faccende da sbrigare e non voglio trattenerti ulteriormente." - continuò senza darle il tempo di aprire bocca per ribattere.
Sempre più perplessa si congedò da quello strano tizio senza fare ulteriori domande, preferiva non sapere.
Un attimo prima di uscire dalla stanza, si voltò pensando che non gli aveva nemmeno detto come se chiamava.
"Potrei sapere il suo nome?" - chiese gentilmente.
"Oh, che sbadato, ma certo! Il mio nome è Albus Silente. A domani signorina Alexandra." - la salutò facendole un cenno con la mano, abbozzando un sorriso.
Salutandolo a sua volta, si avviò giù per le scale pensando sempre più fermamente di avere a che fare con un vecchio fuori di testa.
Una volta in strada scoccò un ultima occhiata alla casa per poi incamminarsi.
Stavolta aveva davvero superato se stessa.
Chissà in che cavolo si stava cacciando, e poi che razza di nome era Albus Silente!

Il resto della mattina decise di andare ad assistere a qualche lezione all'università, giusto per distrarsi un po' e non pensare a quello che l'aspettava il giorno dopo.
Frequentava la facoltà di psicologia, era dura ma le piaceva.
L'idea di comprendere meglio la psiche umana la allettava.
Pensava che forse, se avesse avuto più padronanza di quella materia avrebbe potuto gestire meglio i suoi "problemi", anche se fino a quel momento le cosa non erano migliorate molto, ma non aveva intenzione di darsi per vinta.
Uscì dall'università che ormai era pomeriggio inoltrato, aveva perso un sacco di tempo in biblioteca e ora, doveva correre come una pazza per organizzarsi e fare almeno uno straccio di bagagli, visto che il suo incarico a quanto pareva questa volta l'avrebbe costretta ad allontanarsi per un paio di giorni.
Si precipitò a prendere l'autobus e fece appena in tempo a salire, prima che il conducente chiudesse le porte.
Le sembrava ancora incredibile di avere accettato, anche se infondo le avrebbe fatto bene cambiare un po' aria, magari conoscere gente nuova, che non la guardasse come se fosse stata un'aliena.
Non ricordava più ormai da quanto tempo non aveva avuto anche solo un rapporto simile all'amicizia con qualsiasi persona.
Nemmeno quando era stata sbattuta all'orfanotrofio era riuscita ad avvicinarsi a qualcuno.
Additata per quello che era successo ai suoi genitori.
Fino al compimento dei suoi 18 anni, quel giorno per lei aveva significato libertà.
Per fortuna, nonostante fosse rimasta completamente sola era riuscita ad arrangiarsi, a mettere via un po' di soldi facendo alcuni lavoretti in giro, come portare giornali, fare pulizie nelle case, e tutto per riuscire finalmente ad andarsene da quell'orribile posto.
Doveva maledire se stessa per la situazione in cui si trovava, non c'era nessun altro colpevole se non lei.
Immersa in quei tristi pensieri, si accorse di essere arrivata finalmente alla fermata vicino a casa.
Scesa dall'autobus si affrettò ad entrare in casa, per rendersi conto di aver scordato un piccolissimo particolare: Strega!
Dove avrebbe potuto lasciarla in quei giorni? Non era abituata a dover pensare a qualcun'altro che non fosse se stessa, e adesso si trovava con una bella gatta da pelare.
- Metaforicamente parlando, ovvio. -
Iniziò a pensare ad ogni possibile soluzione ma le scartò tutte, in primis l'eventualità di mandarla in una di quelle orribili pensioni per animali.
Così non trovando alternative alla fine prese la sua decisione.
"Strega domattina partirai con me." - disse prendendo in braccio il batuffolo che aveva iniziato a girale fra le gambe.
Quella la guardo strana, per poi emettere una serie di miagolii in segno di approvazione.
"Ok, allora adesso non resta altro che fare i bagagli." - continuò, posandola a terra e andando ad aprire l'armadio con aria preoccupata.
Adesso si che veniva la parte migliore, cosa avrebbe messo in valigia?
Quel Silente non le aveva nemmeno accennato il luogo dove si doveva recare e questo costituiva un problema fondamentale.
Tirandosi indietro i capelli e riaggiustandosi la coda di cavallo, si rimboccò le maniche. Sarebbe stata una serata molto lunga.
Scoccata la mezzanotte era finalmente riuscita a finire di fare la valigia e naturalmente, per chiuderla, aveva dovuto sedercisi sopra più volte.
Le ultime ore le aveva passate a tirare fuori ogni cosa avesse nell'armadio, che sembrava inspiegabilmente senza fondo.
Ci era andata a finire di mezzo anche Strega, più volte sommersa da camicette, magliette, canotte, gonne e ogni altra cosa che era uscita da li dentro.
Esausta si lasciò andare sul letto, più o meno soddisfatta, con il presentimento che alla fine avrebbe finito per scordarsi qualcosa.
Raggiunta immediatamente da Strega, la aiutò a salire sul letto e si distese su un fianco con la gattina tra le braccia.
Si addormentò poco dopo e, forse per l'agitazione, forse per merito di quella palla di pelo nera, dopo tanto tempo il suo sonno non fu popolato da quell'incubo.

La sveglia iniziò a squillare all'impazzata ed erano solo le...8.00 del mattino!
"Merda!" - soffiò fiondandosi giù dal letto facendo quasi franare per terra la piccola Strega, che emise un miagolio di protesta per poi iniziare a giocherellare con un foulard lasciato sul letto dalla sera prima.
"Strega, non è il momento di giocare. Siamo in ritardo." - l'ammonì Alexandra buttandosi sotto la doccia per poi uscirne come una furia, iniziando a vestirsi in fretta.
Si era addormentata vestita dalla sera prima. Se non altro si sentiva riposata.
Finalmente l'uragano di nome Alexandra che aveva preso possesso dell'appartamento si fermò, era riuscita ad essere in orario perfetto.
Certo, aveva rischiato di ammazzarsi un paio di volte, prima uscendo dalla doccia rischiando di rimetterci il naso per lo scampato scivolone e poi di nuovo attorno alla sponda del letto rimettendoci quasi il ginocchio. Ma infondo l'importante era il risultato, no?
Infilandosi cappotto, sciarpa e mettendo, anche con poca delicatezza, la gattina in una gabbia, si apprestò ad uscire di casa.
Appena fuori dalla porta iniziò a guardarsi in torno, poi guardando nella cassetta della posta trovò un lettera.
"Ma questo è proprio fissato." - disse tra se, appoggiando valigia e gabbietta per aprire la busta che, secondo quanto gli era stato detto da questo Silente, doveva contenere le istruzioni per recarsi in quel fantomatico posto.
Lesse il contenuto con attenzione, dovendo ammettere che le istruzioni erano più che precise. C'era anche una piccola piantina.

"Cara Alexandra, come promesso, qui di seguito troverai le istruzioni necessarie per recarti al Paiolo Magico, dove troverai una guida pronta ad accompagnarti a destinazione.
Ti prego di tenere ben presente queste mie ultime mie parole: abbi fiducia nel tuo istinto e non allarmarti nel caso dovessi trovarti di fronte a situazioni come dire, alquanto insolite, e ricorda, non tutto ciò che all'occhio umano può sembrare inspiegabile, deve per forza essere pericoloso.
I miei più cari saluti.

Albus Silente"


"Bene, direi che siamo a cavallo." - disse ironicamente un po' spiazzata da quelle parole, ma nello stesso tempo sempre più curiosa di scoprire cosa c'era dietro a tutto quel mistero.
"Pronta Strega? Si parte." - così dicendo raccolse le sue cose e la gattina, naturalmente, e si diresse sulla strada per chiamare un taxi.
"Dove la porto signorina?" - disse l'uomo corpulento con un cappellino del New York alla guida.
"All'angolo tra Shaftesbury Avenue e Charing Cross Road, la ringrazio."
Durante il tragitto in macchina, con Strega a fianco che sembrava quasi che soffrisse il mal d'auto - non faceva altro che ballonzolare per la gabbia come se fosse ubriaca - ebbe modo di pensare agli avvenimenti degli ultimi giorni.
Prima quella busta, poi la gattina, trovata la stessa sera davanti alla sua porta, infine quel vecchio bizzarro e quella sensazione che non riusciva a cacciare dalla sua mente.
Ripensandoci si sentiva ancora strana, non voleva essere precipitosa, ma le dava quasi l'impressione che qualcosa dentro di lei stesse cambiando.
"Siamo arrivati signorina. Sono 10 sterline."
"Ecco a lei. Buona giornata." - disse Alexandra porgendo il denaro al conducente, scendendo poi dal taxi.
Incamminandosi sul marciapiede, pochi metri più avanti alla sua destra, come era indicato sulla lettera, vide l'insegna che stava cercando: Il Paiolo Magico.
"Che posto è mai questo? Non ricordo di averlo mai sentito nominare. Comunque ormai ci siamo e tanto vale andare avanti, non sei daccordo piccola peste?" - disse guardando la gattina che le rispose con il solito miagolio.
Stava per entrare quando la porta di aprì, facendo passare un uomo altissimo, con folta barba e capelli ricci, vestito come se fosse uscito direttamente da uno di quei libri delle favole dove si narrava di streghe e maghi.
Rimase a bocca aperta, mollando per terra valigia e gabbia con grande protesta di Strega.
Il gigante, perché non c'era altro modo per definirlo, le stava davanti con aria preoccupata, in attesa che riuscisse a prendere fiato.
"Tu...tu chi sei?" - balbettò Alex incredula.
"Ciao, il mio nome è Rubeus Hagrid, custode delle chiavi di Hogwarts." - disse fiero -"E tu, devi essere Alexandra Crawley."
"Hogwarts?" - chiese flebile.
"La scuola di magia più famosa del mondo." - affermò con orgoglio Hagrid.
"Scuola di magia?" - ripete sempre più confusa e sull'orlo di un collasso.
Il custode ignorò il suo stupore e rivolgendole un caldo sorriso continuò la sua spiegazione.
"Albus Silente mi ha dato l'incarico di scortarti. Hai con te la lettera che ti ha mandato?"
"Si." - rispose con un filo di voce, tirandola fuori dalla tasca e porgendogliela senza riuscire a staccargli gli occhi di dosso.
Nel passargli la busta gli sfiorò appena la mano e la sensazione che aveva provato entrando in quella casa il giorno prima, la colse di nuovo.
"Bene Alex! E' ora di partire. Posso chiamarti Alex vero?" - chiese bonariamente il gigante abbassandosi un poco per guardarla meglio negli occhi.
"C...certo, non c'è problema." - balbettò ancora un po' scossa.
"Silente ti avrà già accennato il fatto che non dovrai avere paura di ciò che potresti vedere e ti posso assicurare che non dovrai aver alcun timore anche di me. Per quanto la mia mole possa essere impressionante, in realtà sono un gran timidone." - disse strizzandole un occhio, riuscendo a strapparle un timido sorriso.
"Scusami Hagrid, potrei farti alcune domande?" - abbozzò Alex decisa a quel punto a capire che cosa stesse realmente accadendo.
"Mi dispiace ma le spiegazioni le avrai da Silente in persona, io ho solo il compito i portarti a destinazione."
Non le rimaneva altro che dare ascolto alle parole che questo Silente gli aveva scritto sulla lettera, e poi sentiva che poteva davvero fidarsi del simpatico gigante che si trovava ancora di fronte a lei.
"Vogliamo andare." - disse Hagrid indicando alla ragazza una moto parcheggiata sul ciglio della strada vicino a loro, apparsa da chissà dove.
Alexandra annuì un po' perplessa per l'ennesima stranezza. Dopo aver sistemato valigia e gabbia sulla moto, in modo che non potessero cadere, i due si apprestarono a partire, ma quello che Alex non sapeva era che le sorprese non erano ancora finite.
A distanza di un'ora circa si trovarono fuori Londra, in uno spazio aperto che faceva intravedere la tipica campagna di quelle parti e fu allora che accadde.
Mentre Alexandra era impegnata a tenersi alla schiena di Hagrid per non cadere, dando un'occhiata ogni tanto alle condizioni di Strega, che sembrava essere abbastanza tranquilla, sentì il vento sferzarle il viso in modo prorompente e guardandosi in torno si accorse che stavano ... VOLANDO!
D'istinto si strinse di più alla schiena di Hagrid cacciano un urlo.
"Oddio, ma che succede, non è possibile! Noi stiamo volando! Devo essere impazzita!" - urlò con tutto il fiato cercando di farsi sentire dal gigante.
"Alex stai tranquilla è tutto a posto, vedrai che non succederà nulla, ancora un po' e saremo arrivati." - l'ammonì bonariamente.
"Certo, stare tranquilla, è tutto normale. Una moto volante e che sarà mai!" - continuava a ripetersi sempre più agitata.
Dopo un'altra mezzora passata dalla ragazza a sproloquiare sulla sua imminente perdita della sanità mentale, la voce di Hagrid arrivo alle sue orecchie, facendole spostare il viso quel tanto per vedere il paesaggio che si mostrava davanti ai suoi occhi, ora sbalorditi ed estasiati.
"Alexandra, benvenuta alla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts." - disse orgoglioso Hagrid iniziando a scendere piano verso terra.
Un castello in stile gotico, contornato da numerose torri, si ergeva imponente su di un enorme scogliera al margine di un lago.
Il sole stava tramontando dietro alle maestose montagne circostanti, illuminando con la sua debole luce le alte arcate e le splendide vetrate multicolore, che ne rifrangevano i raggi.
Nell'istante in cui fu rapita dalla visione di quel paesaggio magnifico, tutte le paure, le incertezze la abbandonarono.
Tutto perse importanza.
"Ma è meraviglioso." - disse in un soffio, sentendo gli occhi inumidirsi dalle lacrime.
"Si, lo è davvero." - rispose Hagrid toccando terra.
Ancora tremante davanti a quell'imponente struttura, si fece aiutare da Hagrid a scendere dalla moto.
Guardandosi intorno estasiata vide che si trovavano all'interno di un giardino circondato da un porticato, al cui centro si trovava una fontana.
"Coraggio, vieni. Ti porterò da Silente." - disse bonariamente vedendo che la ragazza non riusciva a muoversi di un millimetro.
Rimase ancora ferma davanti al portone dove Hagrid le stava facendo cenno di seguirlo, dandosi un forte pizzicotto sulla guancia.
"Ahi!" - esclamò, guadagnandosi un'occhiata perplessa del custode - "Allora non è un sogno." - sussurrò impercettibilmente.
Il gigante, intendendo quello che aveva voluto fare, si mosse verso di lei con una risata, poggiandole una mano dietro la schiena per accompagnarla oltre l'ingresso.
Varcata la soglia del castello, con il cuore in tumulto, pensò di essere arrivata nel luogo dei suoi sogni.
Quelle favole che si leggevano da bambini, dove castelli fatati, draghi e cavalieri davano vita a un mondo fantastico in cui non desideravi altro che farne parte.
Non avrebbe mai creduto possibile che una cosa del genere potesse essere realtà.
Asciugandosi con il dorso della mano le lacrime di pura emozione che le rigavano le guance, dalle sue labbra affiorò un sorriso sincero, felice e sereno, come non lo era più stato da molto tempo.

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Capitolo 3
*** Capitolo II ***


Capitolo 2



Ad ogni passo che percorreva dietro al gigante, Alexandra rimenava sempre più estasiata e rapita.
Il castello era arredato in stile Medioevale, con grandi mura e finestre che si affacciavano sul bellissimo paesaggio circostante.
Ancora frastornata dal viaggio e dalle mille novità che l'avevano colta completamente alla sprovvista venne scortata da Hagrid attraverso corridoi e arcate, fino a giungere davanti ad una grossa statua di un Grifone.
Il gigante pronunciò alcune parole, di cui Alex non colse il significato.
La mente troppo lontana, immersa in mille pensieri.
Si riscosse sentendo un rumore, come di pietre che venivano smosse.
La statua di fronte a lei salì, girando su se stessa, per dar luce ad una piccola scala a chiocciola.
"Alexandra io qui ti lascio. Sali, ed entra nella porta di fronte te. Troverai Silente ad aspettarti." - disse Hagrid.
Con un cenno affermativo del campo, dopo averlo salutato, si diresse nella direzione che le era stata indicata.
Salendo uno ad uno i gradini si ritrovò davanti a quella porta.
Finalmente la sua curiosità sarebbe stata appagata.
Tirando la maniglia entrò in una sorta di ufficio, dalla forma tondeggiante.
Le pareti erano completamente cosparse di quadri.
Di fronte a lei una scrivania con a fianco un elegante trespolo per uccelli.
Guardandosi intorno, compiendo un giro su se stessa, si accorse dei mille oggetti strani, che le davano nonostante tutto, l’idea di un ambiente accogliente.
"Benvenuta Alexandra." - la raggiunse la voce di Silente.
Rivolse la sua attenzione alla scrivania, vuota fino ad un attimo prima, dove l'anziano uomo stava con le mani incrociate sotto il mento.
"Prego, accomodati." - disse rivolgendole un caldo sorriso.
"Grazie." - rispose in un soffio la giovane, ravvivandosi la ciocca argentea dietro l’orecchio.
"Dunque. Immagino lei si stia chiedendo dove si trovi." - iniziò Silente che, al gesto affermativo della ragazza, sorrise di nuovo, per poi continuare il suo discorso.
"Questa, è la Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts." - non cogliendo nessun cenno da parte della ragazza di voler proferir parola, decise di proseguire.
"Devo essere sincero con te. La pergamena non era altro che un pretesto per poterti portare qui. Questo è il tuo posto, il luogo dove avresti dovuto trascorrere gli ultimi 6 anni."
La ragazza, sempre più incredula, non riusciva a dare un senso a quelle parole troppo assurde.
"Alexandra Crawley tu sei una strega."
La giovane si alzò di scatto dalla sedia, il suo colorito iniziò ad assumere una vaga tonalità di rosso.
"Che cosa???" - sbottò di colpo - "Ma lei è completamente pazzo! Si rende conto di quello che mi sta dicendo! Non è possibile." - concluse flebilmente, lasciandosi scivolare di nuovo sulla sedia in stile antico.
"Non sai quanto mi rammarica dover essere io a comunicarti una notizia di questa portata, senza aver avuto la possibilità di spiegarti le cose con calma." - disse amareggiato Silente, conscio di quanto per lei, tutta la situazione doveva essere difficile.
"Io...io non capisco, com'è possibile?" - disse la ragazza mantenendo il tono della voce a poco più di un sussurro.
"Devi sapere che tu discendi da un'antica dinastia di maghi, proprio come tuo padre."
"Mi stà dicendo che mio padre era uno stregone?" - chiese incredula tornando a rialzare la voce.
"Proprio così." - confermò Silente, cercando di nascondere il sorriso che gli era affiorato alle labbra per il termine, alquanto babbano, usato dalla ragazza.
"Mi perdoni, ma capirà che la cosa mi è un po' difficile da credere." - ribatte con tono piatto Alex.
"Capisco che sia una notizia complicata da accettare, ma le posso assicurare che è la verità. Comprenderà meglio ogni cosa quando inizierà ad usare i suoi poteri." - concluse Silente.
Una risatina isterica giunse alle orecchie del mago.
Alexandra ora stava con la testa bassa, stringendo convulsamente con le mani, i fini braccioli della poltrona.

Tutto quel tempo passato a chiedersi per quale ragione, fosse così diversa dai suoi coetanei.
Gli ultimi anni trascorsi nella convinzione di essere una specie di mostro, di scherzo della natura.
Ogni giorno della sua vita, aveva visto le persone accanto a lei allontanarsi, spaventate da ciò che non riuscivano a comprendere.
Solo i suoi genitori le erano rimasti vicini.
Fino al momento in cui erano morti.
Da allora era rimasta sola.
Non aveva avuto più nessuno accanto.
Se l'era cavata da sola, creandosi con i denti e con le unghie il proprio spazio, in quel mondo che non l'accettava.
Ma col tempo aveva imparato a conviverci.
Faceva male, era vero.
Non passava giorno in cui soffriva, sentendosi responsabile di tutto quello che le accadeva intorno.
Persino della loro morte.
Quell'uomo gentile aveva aperto uno spiraglio di luce nell'oscurità del suo mondo.
Poteva fidarsi?
Poteva davvero permettere di lasciar entrare quella luce?
Era così abituata all'oscurità.
Era ormai convinta di farne parte.
Di meritarla.

Piano piano alla rabbia si aggiunse la disperazione e l'angoscia per gli anni di inferno passati.
"Perchè non mi avete cercata prima? Perchè avete lasciato che mi rinchiudessero in quell'orrendo posto dimenticatoi da Dio, perchè?" - urlò alla fine, alzando il volto e fissando gli occhi verdi smeraldo in quelli di Silente, sentendo le lacrime pizzicarle gli occhi.
"Giuro che è stata una decisione alquanto difficile da prendere, ma abbiamo ritenuto opportuno aspettare che crescessi, maturassi, in modo che fossi in grado di capire maggiormente lo stato delle cose." - concluse pensieroso, convinto, dallo stato della ragazza che aveva di fronte, di aver fatto l'ennesimo errore, credendo di proteggerla.
Invece, com’era stato per altri, le aveva causato solo maggiori sofferenze.
Sapeva però, di non poterle svelare del tutto la verità.
Ancora non era giunto il momento.
Alexandra con la rabbia e la tristezza nel cuore, scorse negli occhi di Silente la medesima tristezza che lei stessa stava provando.
Non era lui il colpevole per quello che le era successo.
Suo padre, lui le aveva precluso la conoscenza della sua vera natura, di quella che potrebbe essere stata la sua vera vita.
Nella sua mente, senza che se ne rendesse davvero conto, tutti i pezzi del puzzle iniziarono a ricongiungersi.
Era una strega.
"Perché solo ora?" - ripeté con voce roca.
"Purtroppo, per cause a noi sconosciute, non siamo stati in grado di rintracciarti, nonostante sapessimo della tua esistenza. Appena siamo riusciti nell'intento ho cercato di mettermi in contatto con te, ma la morte dei tuoi genitori ha complicato le cose. Non ho creduto saggio sconvolgere la tua vita ancora di più del dovuto." - disse dolcemente Silente alzandosi in piedi, vedendo la ragazza di fronte a lui irrigidirsi maggiormente.
Con passi lenti ma decisi fece il giro della scrivania e le si mise di fronte, coprendole con la propria, la mano destra, serrata attorno al bracciolo della sedia, sperando di riuscire a darle un po' di conforto.
Eppure il vecchio Preside sapeva che le uniche cure, per lenire quelle ferite, sarebbero state l'amore e il tempo.
La ragazza, percependo il tocco gentile di Silente, alzò gli occhi vitrei per incontrare un caldo sorriso, che riuscì finalmente a tranquillizzarla un poco.
"Non posso dirti che i dolori passati saranno dimenticati, ma una cosa ti posso promettere: qui avrai la possibilità di conoscere persone meravigliose, sincere, che sapranno aiutarti ad affrontare questa tua nuova vita."
Alex si sentì, per quanto fosse possibile, rassicurata da quelle parole e facendo un cenno affermativo con la testa, diede modo a Silente di continuare.
Il vecchio mago stava per riprendere la parola, quando un leggero bussare attirò l'attenzione di entrambe, specialmente dell'uomo, che sorrise bonariamente.
"A proposito di aiutarla ad ambientarsi, mi sono permesso di chiamare una nostra straordinaria alunna che cercherà di darle una mano, in tutto quello che le sarà necessario. Avanti signorina Granger."
"Buongiorno signor Preside, mi ha fatta chiamare?" - chiese la nuova arrivata.
La mora la scrutò attentamente da capo a piedi.
Alta all'incirca quanto lei e con un fisico molto simile al suo. Una cascata scomposta di ricci color cioccolato e due occhi castani che sprizzavano una insolita luce d'orata.
Quella ragazza le trasmetteva una sensazione di forza, fierezza e orgoglio, mai provata prima.
"Signorina Granger, l'ho fatta chiamare perché quest'anno le sarà affidato il compito di seguire nel suo inserimento una nuova alunna." - disse Silente spostando lo sguardo su Alex, rimasta seduta - "Le presento la signorina Alexandra Crawley. Prenderà posto nel settimo anno e pensavo di farle seguire dei corsi intensivi, con il suo appoggio, s’intende, in modo da facilitarle l'apprendimento. Anche se credo non ce ne sarà particolarmente bisogno." – concluse, scrutando furbescamente da sotto gli occhiali la diretta interessata.
Quella ragazza ancora non conosceva la portata dei poteri che aveva a disposizione.
Dovevano essere in oltre modo cauti.
"Piacere di conoscerti Alexandra, io mi chiamo Hermione Granger. Vedrai, ti troverai benissimo." - disse fiera e sicura, allungando la mano in direzione della ragazza.
Quella, un po' titubante, si alzò e porse gentilmente la mano alla ragazza, ricambiando il saluto con un sorriso.
Nel momento in cui strinse la mano della giovane, un turbinio di immagini le affollarono la mente.
Immagini sconnesse e confuse, dove poteva solo avvertire la presenza di quella ragazza.
Non poté fare a meno di ritrarre velocemente la mano, cercando di non dare a vedere quanto fosse rimasta turbata.
Hermione dal canto suo, non si fece di certo sfuggire il repentino scatto da parte nella nuova arrivata, ma si ripromise che le domande le avrebbe fatte in seguito. D’altronde, nonostante fosse abituata a rimanere in allerta per gli eventuali pericoli, doveva ancora sentire la sua storia e poteva permettersi di concederle il beneficio del dubbio.
"Bene signorina Granger. La informo fin da ora che la signorina è nuova a tutto questo, sta affrontando per la prima volta il mondo della magia, di cui prima ignorava l'esistenza. Quindi le devo chiedere di mantenere la maggior discrezione possibile al riguardo. Sa fin troppo bene quanto le novità e i pettegolezzi infieriscano miseramente sulle persone, perciò mi raccomando, la massima discrezione. Diremo che la signorina proviene da un'altra scuola, giunta fin qui per frequentare l'ultimo anno. Per quanto riguarda la sua vera storia, credo che sarà un valido argomento per cercare di conoscervi meglio. Come ultima cosa ma non meno importante, la signorina deve essere ancora smistata, ma anche se non dovesse appartenere alla casa dei Grifondoro la prego comunque di prendersi cura di lei personalmente. Con questo vi lascio e mi raccomando signorina Granger, si tratta di un segreto di sui solo lei deve essere a conoscenza, sono stato chiaro?" - disse marcando con enfasi la parola solo, guardando la Grifondoro sottecchi.
"Certo signor Preside, può contare su di me." - rispose seria Hermione.
Promesse da mercante ovviamente.
Come poteva non raccontare tutto a Harry e Ron e... anche a lui.
Vedendo il sorrisetto sornione del Preside in risposta alla sua affermazione, prese la nuova arrivata per un braccio, tirandosela dietro senza tante cerimonie, lasciando così l'ufficio.

Una volta fuori Alexandra tirò un profondo respiro passandosi una mano tra i capelli corvini.
Incredibile, pensò, la sua vita era stata completamente stravolta nel giro di una mezza giornata. Ora si domandava cosa sarebbe mai potuto succederle nell'altra metà.
Tanto valeva cercare di conoscere questa ragazza e sperare che, almeno lei non la trattasse come un'appestata.
"Allora." - iniziò Hermione con voce decisa, portandosi le braccia conserte sotto il petto - "Qual'è la tua storia? Se dobbiamo conoscerci e cercare di fidarci l'un l'altra potresti iniziare con il raccontarmi come mai sei finita in questa gabbia di matti." - concluse stirando un sorriso divertito all'espressione spaesata della ragazza.
Alex decise da quel momento, che quella strega le dava i brividi.
Tutta quella sicurezza e fierezza la mettevano un pochino a disagio, senza contare che si sentiva sondata ai raggi x. La stava studiando senza cercare minimamente di nasconderlo, come per metterla in guardia se avesse fatto un passo falso.
"Hai a disposizione tutto il pomeriggio?" – chiese la mora abbozzando un sorriso, sperando di riuscire ad infonderle un po' di fiducia - "E chiamami pure Alex." - disse decisa a lasciarsi alle spalle la rabbia e la malinconia, travolta da quel tornado di una Grifondoro.
Ci sarebbe stato tempo per pensare a quello che le era successo.
Per pensare a suo padre.
Ora voleva solo cercare di tornare a vivere.
Finalmente.
"Ok Alex, tu invece puoi non chiamarmi Herm, è un diminutivo che odio!" - rispose a tono la ragazza dagli occhi d'oro, sorridendo.
"Forza, vieni, intanto che chiacchieriamo, ti faccio fare un giro della scuola. Sono sicura che te ne innamorerai." – disse, prendendola sotto braccio, pensando che infondo poteva fidarsi di quella ragazza, se era arrivata a fidarsi di quella serpe.

La giornata trascorse tranquilla. La neo-strega dovette ammettere a se stessa di trovarsi piuttosto bene con Hermione.
Avevano scoperto di avere in comune più di quanto avrebbero mai creduto. La passione per i libri, per lo studio.
La sete di conoscenza.
La Grifondoro, le aveva fatto fare il giro completo del castello, non smettendo un attimo di parlare. Era stato alquanto stancante, ma meraviglioso.
Ormai poteva vantarsi di sapere la storia di quel luogo a menadito, grazie a quella stramba ragazza.
Hermione le aveva raccontato la storia della fondazione della scuola, la divisione delle case e dei punteggi, dello smistamento. Quest’ultimo lo avrebbe dovuto affrontare quella sera, come da istruzioni di una lettera del Preside, recapitata loro mentre si trovavano in giardino.
Hermione, le aveva descritto alla leggera anche tutte le materie dei corsi e nominato al volo, senza soffermarvisi troppo, lo sport praticato: il Quidditch.
Non che ci avesse capito gran chè, però soltanto il fatto di volare, l’aveva in oltremodo incuriosita e si era già fatta promettere da Hermione di accompagnarla a qualche allenamento.
Le menzionò anche i luoghi nel castello dove non avrebbe mai potuto mettere piede.
Le parlò anche di un villaggio dove passavano la domenica, Hogsmade.
Dalla descrizione non vedeva l'ora di vedere anche quel magico luogo.
Era estasiata da tutte quelle novità.
Il fatto che le avessero stravolto la vita, era passato senza che se ne rendesse conto, in secondo piano.
Verso sera la portò fuori per farle ammirare il castello illuminato solo dalla luna e dalle centinaia di stelle che addobbavano il cielo.
Era uno spettacolo meraviglioso e inimmaginabile.
Se quel castello l'aveva stregata di giorno, ora osservandolo rapita, se ne innamorò perdutamente.
Hermione intanto continuava a impartirle importanti nozioni sulla scuola, ma Alex ormai non l’ascoltava più.
Fissava quel castello come ipnotizzata, pensando a tutto e niente allo stesso tempo.
Quando aveva raccontato alla ragazza, ora al suo fianco, come aveva trascorso la sua vita dalla morte dei suoi genitori e di come non avesse mai avuto molte persone accanto, la Grifondoro non l’aveva compatita.
Non aveva fatto commenti.
Le aveva semplicemente confermato le parole di Silente poco prima.
In quel luogo avrebbe trovato persone pronte a starle vicino ed ad aiutarla, quando ne avesse avuto la necessità. Ora sapeva che una di quelle persone sarebbe stata proprio Hermione Granger.
Un sorriso sereno le affiorò sulle labbra rosee, per poi trasformarsi in una risata cristallina di pura gioia.
Hermione rimase un attimo interdetta da quella reazione improvvisa, in fondo le stava raccontando come si sarebbe svolto probabilmente il suo smistamento e non ci trovava sinceramente nulla da ridere.
“Si può sapere che cosa ti prende? Guarda che io ti stavo facendo un discorso serio. Lo smistamento potrebbe influire sul tuo futuro qui dentro.” – sbottò la strega piantandosi di fronte ad Alex, scrutandola con aria irritata.
“Scusami.”- sospirò la ragazza mora, volgendole lo sguardo, continuando a mantenere quell’aria felice – “È che stavo pensando a quanto fosse imprevedibile e ironica la vita. Solo ieri ero sola in un minuscolo appartamento con solo una gatta a farmi compagnia.” – disse rabbuiandosi impercettibilmente, ritornando poi a sorridere con lo sguardo rivolto alle torri più alte del castello - “Oggi mi ritrovo circondata da gente che non mi considera un’emarginata, con una nuova casa e mille cose ancora da scoprire.”
Hermione pensò a quanto doveva essere stato difficile per quella ragazza, vivere nel mondo dei babbani fino a quel giorno, orfana da due anni e senza una sola persona accanto.
In comune avevano molto di più dell’amore per lo studio, avevano forza e volontà d’animo.
“Merda!” – esclamò Alexandra, che con il suo ultimo ragionamento si era scordata di un particolare piuttosto importante, un batuffolo nero di cui non aveva più visto tracce dal suo ingresso nella Scuola.
“Per Merlino, si può sapere che ti prendere ora?” – chiese Hermione.
“Strega.” – rispose quella allarmata.
“Cosa? Credevo che ormai la cosa ti fosse chiara e che l’avessi digerito, so che non è semplice ma...” – Hermione stava per intavolare un discorso alquanto lungo, quando ragazza mora la interruppe.
“No, no.” – le spiegò trafelata – “Strega è la mia gatta. L’ho lasciata ad Hagrid quando sono arrivata, sai quel simpatico gigante, ma non so dove sia finita.” – concluse un po’ preoccupata.
“Tranquilla.” – le rispose seria la Grifondoro, ancora indispettita – “Hagrid è il nostro guardiano, si occupa di tutti gli animali in modo adeguato, la troverai ad attenderti nella tua stanza.”
“Anche se è con me solo da poco più di due giorni, il pensiero di poterla perdere mi angoscia e... scusami ancora per prima, non intendevo deriderti.” – disse infine Alex, guardando seria la ragazza di fronte a lei, che fino a quel momento aveva mantenuto il suo cipiglio alterato.
“Scuse accettate. Infondo capisco che tutta questa situazione possa avere dell’assurdo.” – disse la Grifondoro sorridendole – “Ma ora pensiamo a cose serie: il tuo Smistamento.”
Annuendo Alexandra raggiunse il fianco della strega castana, era giunta l’ora di tornare nell'ufficio del preside per quella faccenda. Cosa in cui ci aveva capito poco. La storia del cappello poi, non la convinceva per niente.

Alex entrò per la seconda volta in quel bizzarro ufficio che, si rese conto, osservandolo con maggior attenzione, rispecchiava alla perfezione il suo occupante.
"Prego accomodatevi." – disse il Preside in piedi di fronte a loro - "Come la signorina Granger le avrà sicuramente spiegato, lei non è ancora stata smistata, per questo motivo lo farà qui, ora, in via del tutto eccezionale." - disse il mago facendole cenno di accomodarsi su di un vecchio sgabello.
In mano teneva un logoro cappello, che si animo nell'istante in cui le venne adagiato in testa. Colta alla sprovvista, sobbalzò leggermente.
Hermione si era scordata di raccontarle un piccolo particolare: il cappello logoro parlava e si muoveva!
"Mmmm, bene, cosa abbiamo qui?" - iniziò a dire il cappello, senza che Alexandra riuscisse ad aprire bocca, troppo frastornata per essersi trovata sul capo un cappello parlante.
Ad un certo punto sentì come la presenza di una voce nella sua mente, qualcosa che cercava di frugarvici dentro, riportando a galla ricordi felici e dolori.
"Sento intelligenza, tenacia, sete di sapere."
Più il cappello continuava nella sua ricerca, più faticava a controllare i propri ricordi.
"Un passato doloroso si cela qui dentro."
Non voleva ricordare, non voleva rivivere di nuovo tutto. Ma quel dannato cappello non accennava ad arrestare la sua avanzata.
"Molto coraggio hai avuto."
Non voleva mostrarsi debole, non più.
Sentì le sensazioni di quella notte invaderla di nuovo e se ne spaventò, cercando di tirarsi indietro con tutte le sue forze.
"Siamo testardi vedo."
Basta, ne aveva avuto abbastanza, non avrebbe ceduto alla rabbia.
Non di nuovo.
Doveva controllarsi, doveva riuscirci.
"E va bene, testarda ragazza.”
Grifondoro!"

Il cappello emise il suo verdetto, con un sospiro di sollievo, per nulla celato, da parte di Silente.
La ragazza inconsciamente ringraziò il cappello, per aver messo fine a quella tortura. Non sarebbe riuscita a resistere ancora a lungo.
"Alexandra Crawley, in qualità di Caposcuola della casa di do il benvenuto a Grifondoro.” – disse solennemente Hermione, per poi lasciare da parte i convenevoli e abbracciare la ragazza, ancora mezza intontita sullo sgabello.
La Granger dopo il pomeriggio passato in sua compagnia aveva messo da parte dubbi e sospetti.
Quella neo-strega era fantastica, con un gran cuore e meritava molto di più di quello che la vita le aveva riservato fino ad ora.
Lei le sarebbe stata accanto, per aiutarla a riconquistare la propria vita.
Alex una volta libera dall’abbraccio, al cui aveva risposto dopo un attimo d’incertezza, scese dallo sgabello. Guardandosi attorno, si accorse solo in quel momento, che non erano i soli presenti nell’ufficio del Preside.
Ai lati opposti della scrivania vi erano altri due professori, che Hermione le presentò rispettivamente come il Professor Piton, docente di pozioni e la Professoressa McGranit, docente di Trasfigurazione e direttrice della casa dei Grifondoro.
"Bene signorina Crawley, da stasera potrà soggiornare nella torre di Grifondoro." - s’intromise la McGranit con una punta d’orgoglio nella voce, per averla nella propria casa - "E ora potete andare signorine, siete ancora in tempo per la cena."
Senza farselo ripetere due volte, prese di volata la porta dietro ad Hermione, dopo aver salutato cordialmente i professori e il Preside.

Uscite l'ennesima volta da quell'ufficio la Caposcuola la tirò a forza verso la Sala Grande, quasi di corsa, senza darle il tempo di pensare ulteriormente.
Quella ragazza dagli occhi d’oro ci avesse preso gusto, pensò fra se Alexandra, era tutto il giorno che se la trascinava dietro come una bambola di pezza!
"Ti devo far conoscere tantissime persone. Sono sicura che ti piaceranno." - le disse a voce alta Hemione, correndo per raggiungere al più presto la Sala Grande.
Poco prima di un enorme portone aperto la Granger si bloccò e la ragazza dietro di lei per poco, non le franò addosso.
Stava per ribattere sulla sua brusca frenata, quando l’altra zittì, portandosi un dito sulle labbra.
La Sala era enorme con quattro tavoli disposti in lunghezza, due per ciascun lato.
Al centro, lo spazio tra i tavoli formava un lungo corridoio che conduceva fino al fondo della sala, dove si trovava il tavolo dei Professori.
Tutto era come la Grifondoro le aveva descritto quel pomeriggio.
"Ascolta.” - disse Hermione a bassa voce – “Devi sapere che qui a Hogwarts le novità sono alla mercè dei curiosi, cioè il 90% della popolazione di questa scuola. Quindi il tuo ingresso attirerà su di te tutte le attenzioni. Tu cerca di non farci caso, stammi vicino e non calcolarle nessuno, vedrai che non succederà nulla".
"Fantastico! Non vedevo l'ora di trovarmi a sfilare nel mezzo ad una specie di passerella, è sempre stato il mio sogno nel cassetto." - sbuffò Alex sarcastica.
"E questo è niente tesoro, vedrai domattina." – la rimbeccò Hermione angelica.
Senza darle il tempo di ribattere si infilò nella sala e lei non poté fare altro che seguirla senza fiatare.
Come la strega le aveva preannunciato, Alexandra si senti gli sguardi di tutti puntati addosso.
Nemmeno fosse stata verde, con in testa delle buffe antenne.
"Sono solo curiosi. Vieni." - le sussurrò Hermione, sporgendosi verso di lei, mentre raggiungevano la destinazione.
Giunsero ad un punto di un tavolo con dei posti vuoti ed Hermione le fece cenno di sedersi al suo fianco.
"Ragazzi." – disse la Grifondoro seria, come se stesse per fare un annuncio di stato - "Questa è Alexandra Crawley." Salutò tutti con un cenno della mano e un sorriso, che venne incredibilmente ricambiato.

Dal tavolo di Serpeverde si alzò un brusio concitato.
Gli occupanti più grandi del tavolo della casa di Salazar iniziarono a bisbigliare sommessamente.
Molti di loro le rivolsero sguardi maligni, sogghignando con il compagno vicino.
Uno di loro in particolare fisso gli occhi su di lei.
Due iridi argentee si fissarono nelle sue. Il giovane ragazzo piegò la bocca in un ghigno compiaciuto.
Alexadra ora capiva cosa aveva voluto intendere Hermione.
Istintivamente si portò una mano ai capelli, dove la sua ciocca argentea spiccava tra i crini corvini. Non avrebbe abbassato lo sguardo.
Hermione avvertì nell’aria odore di guai. Il tavolo dei Grifoni iniziava a dare segni di agitazione, per l’impertinenza dei Serpeverde.
Così, posò gentile la mano sul braccio di Alex per costringerla a voltarsi, lasciando perdere le Serpi. La tensione si allentò e preso l’intera sala tornò alla normalità.
La neo-strega iniziò a guardarsi intorno, per cercare di non pensare a quegli occhi di ghiaccio che l’avevano fissata come se l’avessero conosciuta.

Al fianco opposto di Hermione era seduto un ragazzo moro che le dava tutto l’aria di essere un imbranato. Goffo, ma simpatico.
“Ciao, io sono Neville.” – disse trafelato diventando rosso fin sopra la punta delle orecchie.
Poi spostando lo sguardo di fronte a lei, vide altri due ragazzi con cui Hermione aveva subito intavolato un'accesa discussione, per il modo al quanto animalesco di mangiare di uno dei due. Il rosso.
L'altro ragazzo era moro con occhi verdi quanto i suoi o forse di più. Sulla sua fronte spiccava una cicatrice con la forma di un fulmine.
"Ronald se mi fai il piacere di smettere di abbuffarti per un solo misero secondo, potresti salutare la nuova arrivata come si deve." - disse Hermione fulminando con lo sguardo il ragazzo rosso, che la guardò come se la richiesta fosse altamente inaccettabile.
Ad Alex scappò un risata sommessa, attirando l'attenzione del moro che allungò una mano nella sua direzione.
"Benvenuta a Grifondoro, io sono Harry.” – disse gentilmente il ragazzo stringendole la mano – “Se aspetto che questi due la piantino di beccarsi, facciamo notte." - continuò ricambiando il sorriso.
Quella ragazza lo aveva lasciato per un attimo senza parole, per questo non era riuscito a farsi avanti prima.
Quegli occhi così verdi e così luminosi, brillavano di una strana luce, quasi ammaliante.
Le luci della sala riflettevano su quella bizzarra ciocca argentea tra quella cascata di crini corvini, facendola risplendere come di luce propria.
I lineamenti del viso erano dolci ma definiti e il colorito della sua pelle candida metteva in risalto le sue labbra rosee.
Era bellissima.
Per fortuna la schermaglia tra i due suoi migliori amici era riuscita a riscuoterlo per dargli l’occasione di presentarsi.
“Non ti preoccupare.” – rispose Alex guardandolo dritto in quelle iridi smeraldine – “Ho trascorso ormai tutto il giorno con Hermione, e sono arrivata alla conclusione che è una svitata.” – disse marcando la parola finale, in modo da attirare l’attenzione della diretta interessata.
“E tu mi sa che inizi prenderti un po’ troppe confidenze per essere appena arrivata.” – rispose seria Hermione, riuscendo a zittire gli studenti nei paraggi.
Con grande stupore di tutti, la guardò piegando le labbra in un ghigno divertito, per poi darle una spintarella con la spalla.
Poterono così tirare un sospiro di sollievo.
Che quella ragazza riuscisse a scalfire la corazza di Hermione?
Harry se lo augurò con tutto il cuore, dato che la sua migliore amica ultimamente si comportava in maniera alquanto strana.
“Ciao Alex, io sono Ron.” - disse Ronald, che aveva rivolto finalmente la sua attenzione alla ragazza rimanendone a sua volta abbagliato.
“Che ne dici, potremo finire di cenare e poi mostrare alla nuova arrivata come si trascorrono le sere a Grifondoro.” – continuò il rosso, rivolgendosi ad Harry, per distogliere lo sguardo.
Guardarla dritta negli occhi l’aveva fatto sentire a disagio e non se ne spiegava il motivo.
Certo era bellissima, ma non aveva mai provato una sensazione simile.
“Ronald Wesley, non se ne parla nemmeno!” - ululò un Hermione al quanto contrariata – “Ha bisogno di riposo. E’ stata una giornata faticosa e piena di eventi, quindi permettimi di dirti che non credo proprio che un festino sia la cosa più adatta.”
“Ma io volevo solo darle un’accoglienza come si deve.” - cercò di giustificarsi Ron, rosso per l’imbarazzo di quella piazzata, degna di mamma Wesley.
“Si cero Ron.” – intervenne anche Harry, che fino a quel momento era rimasto in silenzio ad osservare la nuova arrivata, cercando si non farsi notare – “Come iniziare meglio l’anno per una nuova arrivata se non con una bella sbronza?! Avanti possiamo trovare qualcosa di più tranquillo, tipo farle visitare un po’ il castello?” – disse angelico verso Hermione.
Ma non era proibito girare per il castello di notte? Pensò Alex scrutando con fare interrogativo i tre.
“Niente da fare. Le mostrerò un po’ la Torre e poi di corsa a letto. Domattina ci saranno le sue prime lezioni.” – ribadì la Granger decisa.
“Scusate, se non vi dispiace io sono proprio qui e sono perfettamente in grado di badare a me stessa e di decidere cosa e meglio per me, no?” – chiese la mora, iniziando a domandarsi dove fosse capitata.
“No!” – le risposero in coro i tre, girandosi all’unisono verso di lei, per poi riprendere a discutere animatamente sul suo imminente futuro.

Andarono avanti fino al termine della cena, proseguirono lungo i corridoi e su per le gradinate fino all’ingresso di Grifondoro ed oltre, dimenticandosi di una sbalordita ragazza, affascinata, per l’ennesima volta in quella giornata, dalla splendida stanza dove aveva fatto ingresso, seguendo quei tre disgraziati.
“Ronald te lo ripeto per l’ultima volta, niente festini a base di alcool per Alex stasera!” – lo rimproverò per l’ennesima volta Hermione.
“D’accordo, va bene, hai vinto.” – disse Ron rassegnato alzando le mani in alto in segno di resa, accasciandosi poi sulla poltrona di fronte al camino della Sala Comune.
Intanto Alexandra continuava a guardare quella sala estasiata, prendendosi tutto il tempo di esaminarne attentamente ogni particolare, ogni colore.
Il rosso o l’oro prevalevano, in quel caldo e accogliente ambiente.
Le pareti erano decorate da arazzi raffiguranti animali mitologici, come grifoni e unicorni.
Si fermò proprio di fronte al camino godendo di quel piacevole tepore, in grado di riscaldarle anche il cuore.
Harry Potter aveva preso posto nella poltrona di fronte a Ronald dove, al suo fianco Hermione era rannicchiata con le ginocchia al petto, sul comodo divano.
Il Bambino Sopravvissuto osservava quella nuova e misteriosa ragazza.
I suoi occhi saettavano per la stanza come per cercare di imprimersi ogni cosa che il suo sguardo scorgeva.
Quegli stessi occhi che ora erano incatenati ai suoi, di nuovo.
Alexandra sentì un fremito invaderla.
Harry la stava fissando intensamente.
Distolse in fretta lo sguardo, per poi andarsi a sedere al fianco della riccia Grifondoro.
Potter dal canto suo rimase turbato dalla reazione della ragazza, infondo la stava solo osservando, ma i sui pensieri furono interrotti dalla dolce voce della ragazza.
“Bè, mi avete trascinato fin qui e ora non mi dite nemmeno dove ci troviamo? Anche se ho la vaga idea di essere nella torre del Grifondoro e questa, deve essere la Sala Comune, giusto?” – chiese rivolgendosi ad Hermione.
“Allora mi hai ascoltato sul serio oggi pomeriggio? E io che credevo di aver parlato al vento.” – concluse sarcastica.
“Spiritosa!” – le rispose a tono di rimando la mora.
Le due ragazze si guadarono serie per un secondo, per poi scoppiare a ridere all’unisono, lasciando a bocca aperta gli altri due Grifondoro, che le osservavano come se avessero dei seri problemi mentali.
Alexandra liberandosi in quella risata gioiosa si rese conto di non essere mai stata così felice e serena da molto tempo.
Poi, verso le 22.00 Hermione spedì tutti a letto, come promesso.
Prima però mostrò alla nuova Grifondoro il dormitorio femminile e la sua stanza, adiacente e comunicante con la propria, tramite una porta magica.
Solo loro erano in grado di aprirla.
Entrata nella sua stanza, dopo aver augurato la buona notte e ringraziato Hermione, Alex si abbandonò sul letto, completamente esausta.
Quel giorno era stato a dir poco sbalorditivo e ormai la sua mente stanca, sentiva un assoluto bisogno di riposo.
Decise di godersi una rinfrescante doccia.
Quella camera era fantastica, come il resto dell’intero castello del resto, ma quella sera non se la sentiva di soffermarsi più di tanto, troppo spossata e provata dalla marea di novità che l’avevano investita come un fiume in piena.
Avrebbe avuto tempo per ammirarla e imprimersi nella mente ogni più piccolo particolare.
Avrebbe avuto un anno intero davanti per farlo, pensò sorridendo tra se.
Rimase sotto quel getto ristoratore per una buona mezzora e alla fine, dopo essersi infilata nel suo adorato pigiama di seta blu notte, si distese nel confortevole letto, cadendo in un sonno profondo.

Purtroppo per Alexandra, la pace in quel luogo durò poco.
Quella stessa notte, nei suoi sogni apparve lo stesso incubo che tormentava le sue notti da anni.
Questa volta però qualcosa cambiò.
Un volto.
Confuso nelle ombre dei suoi ricordi.
Sorrideva maligno.
Un viso che presto avrebbe acquistato vita.

Si svegliò di soprassalto urlando. Si diede dell’ingenua, per aver creduto di aver diritto alla pace.
Lei non la meritava.

Sentì la porta comunicante spalancarsi di colpo, mostrando con i riflessi fiochi della candela che reggeva in una mano, Hermione Granger.
“Che succede? Ho sentito gridare e sono corsa qui.” – chiese allarmata la strega sulla soglia.

Era appena passata l’una di notte del 3 Settembre e ormai Alex non aveva più alcuna voglia di tornare a dormire.
La stessa cosa valeva per la ragazza riccia seduta al suo fianco nel letto, che la scrutava con sguardo inquisitore.
“Mi dispiace averti svegliato.” - disse la mora flebilmente.
“Non ti preoccupare, non dormivo ancora.” – ripose Hermione porgendole una tazza uguale a quella che anche lei aveva in mano, cercando di sembrare il più naturale possibile.
Era trascorsa ormai un’ora da quando Alexandra l’aveva attirata li, con quel terribile grido da far accapponare la pelle, e non era ancora riuscita a farsi dire che cosa fosse successo.
Con un sospiro la ragazza mora, si fissò con lo sguardo nel fondo della tazza di the fumante, che emanava un dolce profumo di vaniglia e lamponi.
“So che non sono affari miei.” – riprese, notando che Alex si ostinava a non aprire bocca - “Ma se c’è qualcosa che ti turba puoi parlarmene.”
L’altra rimase nella stessa identica posizione.
Hermione era stata la prima persona, dopo Silente, ad essersi dimostrata amica e aveva paura che raccontandole la verità avrebbe finito per perderla.
Sicuramente, si disse, l’avrebbe guardata con occhi diversi.
Ma infondo, pensandoci bene, che importava.
Era solo all’inizio di quella nuova avventura e non le sarebbe poi cambiato molto tornare alla sua vecchia vita.
La solitudine per lei era ormai come una fida compagna.
Al peggio, avrebbe fatto ritorno al suo appartamento a Londra insieme a Strega, che se ne stava accoccolata al suo fianco guardandola con i profondi occhi neri.
Senza alzare lo sguardo dalla propria tazza, Alexandra trasse un altro profondo respiro.
“Quando ti ho raccontato la mia storia ho omesso qualche particolare.”
Hermione sentendo quelle parole uscire dalle labbra di Alex, le si avvicinò, sperando di infonderle il coraggio per continuare.
“Sai, con mio padre non andavo sempre molto d’accordo. Litigavamo facilmente, ma gli volevo bene. Due anni fa stavamo tornando in auto da una piccola gita fuori porta, per sfuggire un po’ al caos di Londra. Era pomeriggio, il sole illuminava la campagna che ci circondava. Il paesaggio era meraviglioso. Era tutto perfetto. Fino a quando, per un mio stupido capriccio iniziai a discutere con lui. Era una cosa così sciocca che non riesco nemmeno a ricordarla.” – disse Alex con un amaro sorriso.
Man mano che le parole uscivano dalle sue labbra, la voce diventava sempre più cupa e triste.
“Ad un tratto mi riproverò seriamente e io mi arrabbiai.” – esitò un attimo, sentendosi un nodo in fondo alla gola che non accennava a sciogliersi.
Le lacrime affiorarono, inumidendo le iridi smeraldine. Deglutì a fatica prima di riuscire a continuare il suo racconto.
“Fu un attimo, un battito di ciglia. Mio padre perse il controllo dell’auto finendo fuori strada. Io fui sbalzata fuori. I soccorsi arrivarono in fretta ma...” – trattenne a stento un singhiozzo – “per loro non ci fu più nulla da fare.” – ormai le lacrime scendevano copiose, ma senza che la ragazza alzasse gli occhi dalla tazza di the, ormai freddo.
La stringeva con entrambe le mani.
La serrava così forte tra quelle dita sottili che Hermione per un attimo, ebbe il timore che potesse frantumarla.
E ora, cosa mai avrebbe potuto dire per consolarla, non c’era nulla come perdere le persone che più ami, come i tuoi genitori.
Questo lei lo sapeva bene.
La sua fortuna erano stati Harry e Ron.
L’avevano aiutata con tutte le loro forze a superare quel brutto momento.
Ma Alex?
Lei non aveva avuto nessuno accanto.
Le si strinse il cuore al solo pensiero.
Cercò di trovare le parole adatte per farle capire che ora, aveva qualcuno vicino: lei.
“Ascolta, non ci sono parole con cui posso consolarti ma ti posso assicurare che...”.
“No, non rifilarmi anche tu le solite stronzate! Tu non puoi capire. Tu non sai come mi sento.” – la interruppe Alex con una voce roca, come un sottile ringhio di rabbia e frustrazione.
“Lo so ma...” – cercò di proseguire la strega riccia.
“Dannazione! Li ho uccisi io non capisci!” – urlò allora Alex al limite dell’esasperazione, mandando in frantumi la tazza.
“E’ tutta colpa mia e non me lo perdonerò mai.” – concluse per poi lasciarsi andare in un pianto disperato.
Hermione, rimase senza parole.
Probabilmente colta dalla rabbia aveva scatenato la magia presente in lei, provocando l’incidente.
Aveva ragione, lei non era in grado di comprendere la portata del peso che Alex portava sul cuore. Capiva solo che la ragazza al suo fianco, stava soffrendo in un modo inimmaginabile.
Con movimenti lenti e calibrati le prese le mani, ancora tremanti, tra le sue. Per un attimo la mora le ritrasse. Hermione però, non aveva alcuna intenzione di cedere.
Lentamente ma senza smettere di piangere, Alexandra si abbandonò con la testa sulle ginocchia dell’amica che con tocco gentile prese a carezzarle la testa cercando di calmarla.
Fortunatamente si addormentò dopo una mezz’ora, stremata.
Hermione decise così di rimanerle accanto quella notte, non se la sentiva di lasciarla sola.
Per quella sera il suo Principe avrebbe fatto a meno di lei.



***



Nei sotterranei di Serpeverde, Draco Lucius Malfoy girava insistentemente avanti indietro per la sua stanza di Caposcuola.
“Questa me la pagherà cara.” – sibilò, traendo nervosi tiri dall’ennesima sigaretta.
Era più di un’ora che l’aspettava, andando su è giù per la stanza come una tigre in gabbia. Tirò anche un calcio ad un malcapitato tavolino in mogano, che arredava elegantemente la stanza.
Si fermò solo nell’istante in cui sentì bussare alla porta. Come una furia si diresse alla porta, spalancandola con forza per poi cacciare solo, l’ennesima imprecazione.
Era convinto che finalmente si fosse degnata di presentarsi all’appuntamento, ed era pronto a spigarle bene come stavano le cose.
Davanti invece si trovò un Blasie Zabini con stampato in viso un sorriso sornione.
“Hai deciso di farmi invecchiare qui davanti?” – chiese sarcasticamente il moro.
Draco si fece da parte, ringhiando qualcosa, che Blasie preferì non aver capito.
“Aspettavi qualcuno per caso?” – chiese ingenuamente, sapendo di minare ulteriormente al già delicato equilibrio dei nervi dell’amico.
Cosa da cui Blasie traeva particolare divertimento.
Non ricevendo risposta, decise di continuare a stuzzicarlo.
“Per caso la Mezzosangue ti ha dato buca?” – rimarcò sapendo perfettamente di aver toccato il tasto giusto.
Non ebbe nemmeno il tempo di compiacersi della faccia inferocita di Draco che in un balzo il biondo gli fu addosso, stringendolo per il colletto del costoso pigiama.
“Non devi nemmeno nominarla.” – gli sibilò ad un centimetro dal naso, mollandolo l’attimo dopo.
Blasie con fare annoiato, alzò le mani in segno di resa per poi lisciarsi l’indumento spiegazzato. Draco proprio di delicatezza per certe cose non ne aveva.
“Ah, Draco?” – cinguettò, mentre si dirigeva verso l’uscita della stanza, richiamando così l’attenzione del biondo.
Malfoy, ormai rassegnato al fatto che i suoi piani per quella notte fossero sfumati, si era sdraiato sull’enorme letto.
“Si può sapere che vuoi ancora?” – chiese scocciato accendendosi un’altra sigaretta.
“Un consiglio. Se non la smetti di fare tutto quel baccano, finirai per attirarci tutto il dormitorio qui dentro e allora si che il tuo prezioso segreto verrà scoperto.” – disse ghignando, per poi richiudendosi velocemente la porta alle spalle.
Nel sentire un oggetto, quasi sicuramente uno di quegli orribili soprammobili in vetro, infrangersi contro di essa, emise una risata sommessa.
Soddisfatto del suo operato si diresse verso la propria camera, pensando che Draco infondo, stesse facendo la scelta giusta.















Ringraziamenti:

selene_87: Serpeeeee! Adesso sono io quella che si commuove. Come farei senza di te love. Grazie per i mille complimenti, sono ancora qui che sbrillo! E come mi dici sempre tu, fai sput sput a quelli che non capiscono, capito???? Ti lovvo socia

Maldragola: Anna mio tesoro! Con tutti i complimenti che mi hai fatto sei più che scusata^^ Mi sa che ti ho fregato per la pergamena :P spero lo stesso che la storia continui ad incuriosirti. Un bacione tesoro.

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Capitolo 4
*** Capitolo III ***


Capitolo 3



Una volta fuori dalla stanza del Principe delle Serpi, Blasie attraversò il corridoio dei sotterranei, giungendo davanti alla porta della sua stanza.
La aprì, mantenendo il suo ghigno soddisfatto per l’ottimo lavoro svolto.
Solcata l’entrata, si ritrovò davanti l’immagine di un ragazzo seduto a cavalcioni della finestra, che fumava distrattamente, dandogli le spalle.
“Allora, come se la passa il nostro principino?” – disse il ragazzo con voce calda e avvolgente.
“Dunque, vediamo...” – rispose Blasie portandosi due dita sotto il mento, con finto fare meditativo – “Dallo stato osceno della sua stanza e dagli ultimi rumori che ho sentito prima di andarmene, doveva essere lievemente scocciato, forse un po’ irrequieto e, per finire, direi alquanto incazzato.”
“Capisco... “ – constatò il ragazzo di fronte a Zabini girandosi per poterlo guardare in volto - “Il solito insomma.”
Un lieve sorriso ad increspargli la bocca perfetta. “E tu...” - continuò portandosi la sigaretta alle labbra, per poi soffiarne fuori il fumo – “Immagino non centri nulla”.
“Ti pare che io mi diverta con simili bassezze! Erick, ma per chi mi hai preso?” - affermò Blasie sarcastico.
I due giovani si fissarono per un attimo, quando Erick proruppe in una sottile risata.
“Prima o poi ti appenderà di nuovo al muro per il collo e io sinceramente, mi sono stancato di venirti sempre a salvare il culo.” - affermò serio.
“Erick lo sai che mi diverto a farlo incazzare e poi non arriverebbe mai a farmi seriamente del male.” - rispose prontamente Blasie.
“Io comunque la smetterei di sfotterlo, anche se, devo ammettere che quella ragazza lo sta davvero facendo uscire di testa.” – appurò l’altro.
“Già, quella Grifondoro ha fegato e sono quasi sicuro, che finirà per fregarlo.”
“Se lo dici tu.” – lo rimbeccò Erick, scendendo dal davanzale per poi sedersi sul letto, al fianco sinistro della finestra.
Blasie rimase un attimo a scrutare l’amico senza fiatare, anche se gli sarebbe tanto piaciuto sapere che cavolo aveva in quella testa di legno. Tra lui e Draco non sapeva chi avrebbe volentieri preso a bastonate per primo.
Erick Donovan era con loro da quando avevano iniziato la scuola e, pur non essendo di origini Inglesi, avevano legato subito, fin dal primo anno.
Era un ragazzo piuttosto riservato e le uniche persone con cui si concedeva di lasciarsi andare erano proprio lui e Draco.
Proveniva da una famiglia di nobili purosangue americani, del Texas per essere precisi. Rimasto orfano da giovanissimo, aveva ricevuto in eredità un patrimonio immenso, che gli permetteva di soddisfare qualsiasi sfizio.
Inoltre Erick era un gran bel ragazzo.
Alto, muscoli ben delineati, capelli biondi scuri con alcuni riflessi più chiari, mossi e lunghi appena sotto le spalle. A conferire al suo viso un chè di malinconico ma freddo allo stesso tempo, due occhi azzurri come il cielo d’estate.
Ad un tratto, Blasie decise che sarebbe andato a letto soddisfatto, quella sera si sentiva proprio in vena di fare il bis.
“A proposito di belle donne.” – disse verso Erick, con tono indagatore, andandosi a buttare sul letto al suo fianco – “Hai visto la nuova arrivata?”
“Si, carina.” - rispose il ragazzo biondo con indifferenza. Zabini lo fissò per un attimo, come per accertarsi che stesse scherzando, poi sbottò incredulo.
“Parola mia, tu hai davvero dei seri problemi.” - disse perplesso.
“Stai dicendo che ho dei problemi, solo perché non sbavo dietro a qualsiasi essere femminile che mi passa davanti agli occhi?” – chiese Erick scocciato.
“Sto solo dicendo, che anche un cieco se ne sarebbe accorto e tu, la snobbi così, come nulla fosse.” – rincarò il moro costernato.
“Senti...” - sospirò frustrato il Texano, guardandolo negli occhi – “Lo sai come la penso, e non ho intenzione di lasciarmi trascinare di nuovo in uno di quei tuoi assurdi discorsi”.
“Discorsi?” – chiese Blasie alzando un sopracciglio interrogativo – “Ah, tu li chiami così. Io che parlo e tu che guardi altrove, finchè non mi rispondi con una serie di strani grugniti?”
Erick rispose con un suono gutturale a fondo gola.
“Perfetto, siamo già arrivati all’ultimo atto, senza nemmeno partire dall’inizio.” – disse Zabini, esasperato da tanta testardaggine.
Il texano spense la sigaretta nel portacenere di pietra nera, si infilò sotto le lenzuola e si girò, dando le spalle a Blasie, segno che non aveva più alcuna intenzione di parlare.
“Voi due mi farete venire un esaurimento nervoso, uno di questi giorni!” – sospirò Zabini rassegnato ed alzandosi per dirigersi verso il proprio letto, per poi a sua volta infilarsi sotto le coperte.



***



Quella mattina Alexandra aprì piano gli occhi rendendosi conto di non essere sola.
Al suo fianco, una ragazza dai capelli arruffati dormiva rannicchiata in un angolo del letto.
Era rimasta accanto a lei.

Ora ricordava.
L’incubo non era finito.

Nulla era cambiato.

Senza fare rumore per paura di svegliare Hermione, carezzo amorevolmente Strega. Aveva avvertito la sua presenza calda e confortevole per tutta la notte.
Anche lei non l’aveva abbandonata un attimo.
Strega si stiracchiò, per poi rispondere alle attenzioni della padrona con leggere fusa.
La ragazza scese dal letto, seguita dalla gattina, per poi avvicinarsi alla finestra, che dava sul cortile della scuola.
Allargando il suo sguardo a quel paesaggio da sogno, si sentì subito meglio.
Chi l’avrebbe mai detto?

La magia era reale e ora faceva parte della sua vita.

Guardando oltre il giardino, scorse quella che doveva essere la Foresta Proibita.
Nel momento in cui vi posò lo sguardo avvertì un leggero brivido, che la fece stringere le spalle nel pigiama ancora caldo.
Tornò a volgere lo sguardo al proprio letto.
Si rese conto di essersi addormenta senza ringraziarla. Aveva dovuto subire i suoi sfoghi e sicuramente non doveva averla trattata molto bene. Doveva sdebitarsi con lei, a tutti i costi.

E questo sarebbe accaduto prima di quanto la ragazza credesse.

Hermione pian piano, iniziò a muoversi nel letto, per poi posare gli occhi sulla ragazza in piedi di fronte a lei, che le stava regalando il più riconoscente dei sorrisi.
Le sorrise a sua volta per poi saltare energicamente giù dal letto.
“Allora sei pronta? Stamattina parteciperai alle tue prime lezioni!” – esclamò radiosa Hermione.
“Diciamo che sono piuttosto agitata ma... sì! Sono pronta!” – rispose Alex allegramente.
Quella ragazza dagli occhi d’oro non faceva che stupirla, era convinta che al suo risveglio l’avrebbe sommersa di mille domande, invece non aveva fatto altro che fare finta che nulla fosse accaduto.
Era bastato un sorriso per intendersi, per capire che era tutto a posto.
“Grazie.” – disse semplicemente Alex, vedendola avviarsi verso la sua camera per andare a prepararsi.
“Per cosa?” - chiese Hermione sorridendo furbescamente, prima di chiudersi la porta alle spalle.
Serena, la mora rimase per un attimo a fissare la porta dietro la quale la ragazza era sparita, pensando di aver trovato una persona speciale.
Riscossa dallo scalpitio di piedi che si iniziava ad avvertire nelle altre stanze, decise che era ora di prepararsi e indossare per la prima volta la divisa dei Grifondoro.



***



Al tavolo delle Serpi intanto, una specie di duello tra “chi avesse la testa più dura” era in atto sotto lo sguardo scocciato di Blasie Zabini.
Due ragazzi, rispettivamente alla sua destra e sinistra, si guardavano in cagnesco da quando erano usciti dal dormitorio e Blasie ormai ne aveva piene le tasche. Quei due erano delle inguaribili teste calde e di solito finivano per mettersi le mani addosso, dopo essersi rifilati una quantità di insulti irripetibili.
Il moro Serpeverde a volte riusciva ad arrivare giusto in tempo per fare da paciere. Anzi, diciamo che riusciva a distrarli dal loro litigio con un’uscita poco felice, ritrovandoseli coalizzati e pronti a spaccargli la faccia.
Proprio come era accaduto quella mattina.
Il motivo?
Ovviamente nessuno.
Una risposta data male, entrambi con le palle girate e il gioco era fatto.
Eccovi servita una bella rissa mattutina nella sala comune di Serpeverde.
A colazione la situazione era migliorata, almeno per Blasie, visto che avevano entrambi rinunciato all’intento di fargli la pelle.
Il ragazzo però non sapeva più da che parte prenderli.
Alla sua sinistra aveva il Principe delle Serpi, più incazzato di un Aspide.
Alla sua destra il Bel Tenebroso Texano sul piede di guerra.
Cercando di ignorarli, prese a sfogliare la Gazzetta del Profeta, mentre i due trangugiavano caffè. La richiuse però dopo pochi minuti, scocciato dalla marea di stronzate che si leggevano su quel giornale da quattro zellini.
Ma la sua fonte di scocciature non di certo solo il giornale.
“Voi due mi avete stufato. E’ inutile che rimaniate li a bollire come calderoni, mettetevi l’anima in pace e rassegnatevi al fatto che siete due imbecilli!” – sbottò il moro.
Senza aspettare risposta, poggio i palmi aperti sul tavolo ai lati del giornale e si alzò di scatto dirigendosi verso l’aula di difesa.
Che quei due dannati zucconi si arrangiassero!
Erick rimase a bocca aperta con il croassaint in mano e Draco per poco non si versò l’intera tazza di caffè sull’immacolata camicia, visto che stava per scivolargli dalle dita.
Si scrutarono con aria interrogativa per un po’, poi Erick diede un’alzata di spalle e riaddentò il suo croassaint.
Draco fece altrettanto, riprendendo a bere il suo caffè.

A poca distanza dai due ragazzi, e precisamente al tavolo dei Grifondoro, una ragazza dai lunghi capelli neri, aveva notato tutta la scena a non aveva potuto fare a meno di lasciarsi sfuggire una risata sommessa.
“Alex, si può sapere cosa c’è di tanto divertente?” – chiese Hermione contrariata, visto che era già la seconda volta che si vedeva ridere in faccia della sua già ex-amica, dopo nemmeno due giorni passati insieme.
“Scusa ma, sembra che da quelle parti stamattina, ci sia qualcuno che è sceso dalla parte sbagliata del letto.” – rispose Alex, guardando in direzione delle Serpi.
La riccia Grifondoro si voltò all’istante.
Lui era lì e con indifferenza continuava a consumare la sua colazione.
Hermionie era sicura che quella Serpe sapesse di essere osservato, ne era certa. Ma non accennò nemmeno ad uno sguardo in sua direzione, ignorandola completamente.
Si rivoltò seccata verso l’amica, masticando una frase tra i denti, della quale la mora afferrò solo le parole “stupido arrogante” e “permaloso”.
Per quanto ne fosse rimasta sorpresa, Alex decise che avrebbe rimandato le spiegazioni a momenti migliori, cogliendo che per Hermione non era ne il momento, ne il luogo adatto per parlarne.



***



Erano le 8.30 di un soleggiato Sabato mattina e le classi del settimo e sesto anno, erano riunite davanti alla porta dell’aula di Difesa contro le Arti Oscure.
Quella sarebbe stata la prima lezione per Alexandra e, a giudicare dall’entusiasmo generale, doveva essere una materia molto apprezzata.
“Qualcuno ha un’idea di chi sarà il nuovo professore di Difesa?” – chiese Micheal Brooks, un aitante studente del settimo anno di Corvonero, diventato amico di Harry dall’anno precedente, quando quest’ultimo si era fatto beccare in una delle sue uscite serali con il mantello dell’invisibilità.
“Non sappiamo ancora nulla, purtroppo.” - rispose prontamente Hermione.
“Speriamo solo che non ci capiti una vecchia megera come la Humbridge.” – rise sotto i baffi Ronald, a fianco di Harry.
Una risata generale contagiò tutti i ragazzi nei paraggi.
“Chi è questa Humbridge?” – chiese Alex, curiosa come non mai.
“Ti basti sapere che era una vera e propria dittatrice rompi scatole.” - le rispose Weasley con aria schifata.
Prima ancora che Harry riuscisse a spiegare alla ragazza la storia della megera, qualcuno li interruppe.
“Hey Lenticchia, per caso la professoressa non ti andava a genio?” – Draco Malfoy, seguito a poca distanza da Erick si parò di fronte a Ron con la sua solita aria strafottente.
Blasie, prevedeva già come sarebbe andata a finire la cosa... Comodo sfogare le proprie turbe mentali sugli sfigati, pensò il ragazzo scotendo la testa, rassegnato.
“Di certo Malfoy, tu non hai avuto questi problemi, dato che eri diventato il suo galoppino.” – sputò con astio Harry in difesa dell’amico.
“Rimangiati subito quello che hai detto, Sfregiato, o giuro che te ne pentirai amaramente.” – ringhiò Malfoy fronteggiandolo.
Ed eccoli lì, nemici da sempre, da quel giorno in cui Harry Potter non accettò la stretta di mano di Draco Malfoy.
Il giorno in cui, una volta per tutte, la rivalità tra Serpi e Grifoni fu irrimediabilmente segnata.
“Lascia perdere Harry, non ne vale la pena.” – giunse Ron strattonandolo per la manica, ma invano.
I due continuavano a fissarsi negli occhi, senza il minimo cenno da parte di nessuno di loro a voler mollare.
Hermione stranamente non aveva osato aprire bocca.
Ancora una volta Draco non le aveva rivolto una sola occhiata, era come se al fianco di Harry non ci fosse stato nessuno.
Possibile che...
No, non poteva già essere tutto sfumato, come una bolla di sapone.
Doveva assolutamente riuscire a parlargli.
Quegli occhi così indifferenti le stringevano il cuore.
Ad un tratto il rumore di passi catturarono l’attenzione di tutti gli studenti, costringendo i due rivali a lasciar correre.
Dietro l’angolo del corridoio vicino comparve, in tutto il suo splendore, una donna vestita completamente di nero con un mantello sulle spalle color cenere.
I suoi lunghi capelli, rossi come il fuoco ondeggiavano in una sensuale danza ad ogni suo passo.
Gli occhi erano di uno strano verde, quasi tendente all’azzurro e le conferivano ancora maggior splendore.
Tutto di lei trasmetteva sensualità, forza e fierezza.
Con il suo fisico mozzafiato catturò il consenso di ogni essere maschile e le invidie di ogni essere femminile.
Un silenzio quasi reverenziale si abbatté sull’intero gruppo.
Arrivata dinnanzi a loro, la donna si fermò, portandosi entrambe le mani suoi fianchi.
Rimase così per alcuni minuti.
Osservandoli.
Studiandoli.
Scorse una presenza tra la folla di studenti e per un attimo si sentì vacillare, ma durò solo un istante.
Lo sapeva, ed era pronta ad affrontare qualsiasi cosa.
Con un cenno della mano, fece aprire le porte dell’aula, invitando gli studenti ad entrare.
I ragazzi, sempre senza fiatare, una volta entrati, presero posto in circolo intorno a lei, come da sue indicazioni.
“Bene ragazzi, dopo avervi spaventato a dovere sembra arrivato il momento di fare le presentazioni.” – la voce della donna, nonostante l’impressione iniziale, risultò dolce e serena.
“Mi chiamo Danielle Costantine e sarò la vostra nuova insegnate di Difesa contro le Arti Oscure, almeno per quest’anno.” – disse la strega con un caloroso sorriso.
“Bene, prima di iniziare mi sembra giusto informarvi su come verranno svolte le mie lezioni. Inizierò...” – si fermò, volgendo lo sguardo verso l’entrata dell’aula, incrinando le labbra in un dolce sorriso.
Gli studenti non fecero in tempo a capire cosa fosse successo alla loro nuova professoressa per interrompersi, che un'altra persona fece il suo ingresso nell’aula, lasciando tutti a bocca aperta.
“Miseriaccia!” – sfuggì a Wesley volgendo la sua attenzione alla splendida presenza, che aveva appena fatto ingresso nell’aula.
“Sei in ritardo, come al solito!” – la rimbeccò – “Ti sembra questo l’esempio da dare agli studenti?” – chiese seria verso la figura che ora stava a braccia conserte, sbuffando una ciocca di capelli che le era ricaduta a coprire un occhio.
Il nuovo arrivo non era altro che una donna identica alla nuova professoressa di Difesa.
Solo una cosa le distingueva.
I capelli, neri come la pece, che risplendevano di lucenti riflessi ad ogni suo minimo movimento.
“Danielle, non mi scocciare, abbiamo dormito pochissimo stanotte e io avevo bisogno di altri 10 minuti, prima di essere buttata in una bolgia di ragazzini urlanti.” – disse la donna con fare annoiato.
I ragazzi sempre più perplessi, continuavano a non fiatare. O almeno, la maggior parte di loro.
In un angolo appartato, Erick aveva seguito l’intera scena, cupo in viso come non lo era mai stato.
Il passato era tornato a fargli visita e, anche se c’era qualcosa in quel quadro che non gli tornava, era sicuro che il gioco era appena cominciato.
Pian piano, un leggero brusio salì dagli studenti e la prima arrivata, pensò che fosse giunto il momento di dar loro delle spiegazioni.
“Ragazzi un attimo di attenzione.” – disse ad alta voce, attirando così i loro sguardi – “Questa è Isabelle Costantine, la mia sorella gemella. Mi affiancherà nelle lezioni come vostra insegnante”.
“Già ragazzi, avrete due rompiscolatole al prezzo di una!” – disse ironica l’altra, dirigendosi verso la sorella.
Questa alzò gli occhi al cielo, continuando poi le spiegazioni.
“Vi premetto che quest’anno non sarà una passeggiata, voglio il massimo impegno da parte vostra. La mia intenzione è quella di trasformarvi in veri maghi e esigo il meglio da ognuno di voi.” – spiegò seria, puntando gli occhi su tutti gli studenti.
“Dittatrice.” – soffiò la gemella.
La rossa si girò di scatto, fulminandola all’istante con lo sguardo.
La sorella per tutta risposta fece finta di nulla, continuando a guardarsi intorno con noncuranza.
Poi, ad un tratto, il suo vagare si fermò.
Per un attimo un’ombra incupì il chiarore dei suoi occhi, identici in tutto e per tutto a quelli della sorella, e la gemella se ne accorse all’istante.
La loro non era telepatia, piuttosto una specie di connessione, dovuta al loro legame di sangue, ma per questo altrettanto potente.
La strega mora aveva notato Alexandra tra gli studenti e non solo.
La gemella, avendo appena terminato un veloce giro di presentazioni, colse al volo l’occasione.
“Allora, a questo punto mi sembra logico conoscervi un po’ meglio, così che io e Isabelle potremo farci un’idea su di voi e sulle vostre capacità. Te la senti di iniziare?” – chiese la strega rossa, in direzione della fonte del loro interesse.
Alexandra si sentì presa alla sprovvista.
Possibile che tra una trentina di studenti avessero scelto proprio lei, che era nuova e non sapeva assolutamente nulla?
Le insegnanti di Difesa le fecero cenno di farsi avanti.
“Mi scusi professoressa.” – Hermione si intromise, vedendo la preoccupazione dell’amica - “Ma Alexandra è nuova, per lei è la prima lezione. Se vuole posso iniziare io.”
“Signorina Granger giusto?” – chiese la rossa scrutandola – “Credo che la sua amica se la caverà benissimo, è soltanto una dimostrazione, quindi Isabelle non farà uso di magia complessa.” - concluse, invitando ulteriormente Alex a salire sul palco.
Harry, nel frattempo, era rimasto sorpreso dall’interesse delle due donne verso la nuova Grifondoro.
Aveva scorto qualcosa di strano in loro nel momento in cui avevano posato gli occhi su di lei.
La cosa più strana in assoluto, poi, era il fatto che non l’avessero nemmeno preso in considerazione.
Qualcuno l’avrebbe definita mania di protagonismo, ma era praticamente impossibile che quelle due non fossero incuriosite della leggenda del Bambino Sopravvissuto.
Per la prima volta era stato trattato alla pari di tutti gli altri e, anche se la cosa gli sembrava alquanto strana, lo fece sentire stranamente bene.
Rivolse uno sguardo di incoraggiamento ad Alexandra e si prestò ad assistere al duello.
Era in oltre modo curioso di sapere che poteri possedesse quell’incanto di ragazza.

La Grifondoro salì sul palco titubante.
Era impaziente di sapere cosa sarebbe successo, ma allo stesso tempo era anche molto nervosa.
Ricordava alla perfezione le parole di Silente a proposito “dell’usare i suoi poteri” e anche in quel momento, come successe nell’ufficio del preside, si sentì percorsa da un brivido.
“Bene.” – disse la voce della sua insegnate alle sue spalle – “Ora rilassati e non avere paura. Isabelle scaglierà un incantesimo di attacco ma ci sarò io qui dietro di te, pronta a deviarlo.”
Alex annuì, tenendo gli occhi puntati sulla strega di fronte a lei.
Tutto accadde in un attimo.
Nel preciso momento in cui l'incantesimo scaturì dalla punta della bacchetta di Isabelle, Alexandra sentì qualcosa dentro di se cambiare.
All’altezza del petto, iniziò a sentire uno strano formicolio, che poco a poco si trasformò in qualcosa di più potente.
Qualcosa dentro di lei cresceva, espandendosi in ogni fibra del suo essere.
Ad un tratto quel qualcosa esplose in tutta la sua forza, come un scarica elettrica all’altezza del cuore.
I presenti, e per prime le due gemelle, rimasero stupefatti al cambiamento della ragazza.
Il verde era completamente sparito dai suoi occhi, per tramutarsi in lucenti perle nere che brillavano di una strana luce.
I lunghi capelli si muovevano come animati di vita propria in torno al suo fragile corpo.
Fra loro, la ciocca argentea risplendeva di una luce quasi accecante.
La ragazza, caduta come in trans, non rispondeva al richiamo disperato di Harry, che aveva cercato di raggiungerla, prima che Ron e Micheal lo trattenessero a forza per le braccia.
Alexandra alzò il palmo della mano aperto in direzione della strega.
Con quell’unico movimento deviò la magia verso la sua avversaria, che, colta alla sprovvista, capitolò a terra bruscamente.

L’intera Sala duelli si era immobilizzata.
Nessuno più parlava.
Nessuno più si muoveva.
Recuperate le sue sembianze, Alexandra iniziò a guardarsi intorno spaventata.
Vide la sua insegnate rialzarsi da terra, aiutata dalla sorella e lo sguardo degli altri ragazzi.
Chi terrorizzato, chi stupito, chi maledettamente interessato.
Non poteva credere a quello che aveva appena fatto.
Non aveva saputo resistere, non era riuscita a controllarsi.
Aveva lasciato che quel potere si impossessasse completamente di lei, non era riuscita ad opporsi.
Non aveva voluto opporsi.
Quella consapevolezza la colpì come una frustata in pieno petto.
Ora tutto nella sua mente era chiaro, i ricordi per tanto tempo relegati nel profondo della sua mente, fino a quel momento poco più di ombre del suo passato, divennero nitidi.

Hermione non poteva credere ai suoi occhi. Mai una strega, qualsiasi fosse la grandezza del potere posseduto, aveva subito un tale cambiamento. Senza contare che Alex aveva scoperto da poco più di un giorno di essere una strega, e i suoi poteri erano rimasti sopiti per anni.
Era impossibile che possedesse tale forza.
Chi era quella ragazza in realtà?
Tutti i dubbi e le domande che si era ripromessa di dimenticare dopo averla conosciuta ritornarono inesorabilmente a galla. Doveva scoprire chi fosse, doveva sapere, a qualsiasi costo.

Mezz’ora più tardi la Sala Duelli si era svuotata, lasciandosi alle spalle il brusio degli studenti ancora scossi da quello che era accaduto.
Le due gemelle si erano ritrovate con una situazione piuttosto difficile da gestire, ma era necessario scoprire se fosse davvero chi stavano cercando, da ormai due anni.
Alexandra era stata accompagnata nell’ufficio del Preside da una delle due professoresse, l’altra era rimasta con gli studenti fino alla fine della lezione.
Danielle, credendo di essere rimasta sola, si affacciò alla finestra pensierosa, ma non fece in tempo a formulare nulla di concreto.
“Credevi che non ti avrei riconosciuta, pensavi davvero che sarebbe stato così facile?” – una voce maschile, roca e carica di risentimento giunse alle sue spalle come un gelido sibilo.
La ragazza non mosse un muscolo, continuando a guardare il lago, oltre la finestra.
Sapeva perfettamente chi fosse sopraggiunto alle sue spalle, quella voce avrebbe potuto riconoscerla tra mille.
Poteva riuscirci, doveva resistere.
Infondo non era stato nulla di importante, giusto?
“Credevi che non ti avrei scoperto, non è vero? Ne eri convinta.” – rincarò il ragazzo.
Quando l’aveva vista apparire nei corridoi qualche ora prima il suo cuore aveva perso un battito.
Per un’attimo aveva creduto che i suoi occhi, ma soprattutto il suo cuore, lo avessero tradito.
Mai si sarebbe aspettato che un giorno il fato gli avrebbe concesso di rivederla, di riaverla.
Perché lui doveva averla.
Non ricevendo ancora nessun cenno, l’afferrò per un polso facendola girare verso di lui.
“Per quanto possiate essere uguali io ti riconoscerei comunque, anche se fossi cieco.” – le disse a pochi centimetri dal viso.
“Lasciami.” – sibilò la ragazza con voce dura – “Io non sono Isabelle.”
Non doveva cedere, lei non era Isabelle.
O almeno, non più.
“Ah davvero, quand’è così...” – senza lasciarle libertà di qualsiasi movimento, la sospinse contro la parete, afferrandola saldamente per le spalle.
Non sapeva cosa voleva dimostrare, la sua mente era annebbiata e il suo cuore era impazzito.
La sola presenza di lei offuscava ogni sua percezione.
Si avvicinò al suo collo, arrivando quasi a sfiorarla con le labbra. Rimase in quella posizione per minuti che sembravano non avere fine.
Nulla.
Non poteva davvero essersi sbagliato, era lei, doveva essere lei.
Allontanandosi e lasciandola andare, arretrò di qualche passo senza smettere di fissarla.
La strega non distolse lo sguardo.
Non poteva cedere proprio ora, anche se era consapevole che se avesse insistito ancora nel suo sadico gioco ogni sua difesa sarebbe crollata, sgretolata da quel sentimento che le spaccava il cuore e l’anima.
Il ragazzo biondo attese ancora, come ad aspettare un cambiamento, un cenno di una misera speranza in quegli occhi disarmanti.
Ma ciò non avvenne.
“Lo so che sei tu, continuate pure i vostri giochetti. Ho un intero anno davanti, aspetterò.” – proferì lapidario.
Senza attendere una risposta che non sarebbe arrivata, Erick le diede le spalle per scomparire poi dietro la porta dell’aula, lasciandola definitivamente sola.
La donna rimase ferma, appoggiata a quell’umida parete.
Rabbrividì, ma era il freddo, non poteva essere altro.
Erick non avrebbe rinunciato, lo sapeva.
Per questo la farsa doveva continuare, per quanto dolorosa e inutile potesse essere.






La realtà dell'altro non è in ciò che egli ti rivela, ma in ciò che non può rivelarti.
Perciò, se vuoi capire l'altro, non ascoltare ciò che egli ti dice, ma piuttosto a ciò che egli non dice.
- Kahlil Gibran -








Spazio autrice:
Eccomi finalmente con il terzo capitolo. Credevo che non ce l’avrei mai fatta… Tra il lavoro e il resto è stato davvero un periodo d’inferno.
Come al solito grazie alla Serpe, che mi dice che sono contorta ma forse ha ragione!^
Ma ora passiamo a qualche spiegazione.
Come avete potuto notare sono apparsi nuovi personaggi e due di questi hanno una dedica particolare: Isabelle e Danielle non sono altro che le mie due lovve, le due Twin per eccellenza, Ilaria e Ivana!
Non so se si nota ma le ho pensate appositamente per voi XD
Spero che questa dedica possa farvi piacere, e se avete reclami in merito al comportamento dei vostri alter-ego, padellate pure la sottoscritta!


LaDyDeMeTra: Vale! *_* Che bello, sono così contenta che tu abbia letto e ancora di più che ti sia piaciuta! Spero sia lo stesso per questo capitolo, ti lovvo!
Maglodra: Anna tesora mia, non riusciamo mai a sentirci…. Grazie per i complimenti, mi emoziono! Su Alex, intuizione azzeccata, per il resto ho la bocca cucita XD Ti lovvo anche io!
Kaileena1987: Si esatto parli proprio tu, creatrice di infarti a tradimento! Per il fatto di Alex archeologa, bè mi è venuta il mente l'idea pensando a te! *_* Spero che anche questo capitolo ti piaccia tesoro! Ti lovvo ^^
mellymiao: Grazie per i complimenti, davvero! Spero di riuscire ad aggiornare in minor tempo la prossima volta. Un bacio.

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Capitolo 5
*** Capitolo IV ***


Capitolo 4


Era arrivata ormai davanti alla porta dell’ufficio di Silente da un quarto d’ora.
La professoressa di Difesa era appoggiata al muro con aria annoiata, a differenza sua, che faticava ormai a nascondere il tormento che le agitava l’animo.
Passarono ancora alcuni minuti, quando finalmente la porta si aprì e la professoressa McGranitt si affacciò, facendo cenno ad entrambe di entrare.
Una volta dentro, le fecero sedere sulle sedie a fronte della scrivania, proprio come le era successo il giorno prima, quando la sua vita era stata totalmente stravolta da una sola, semplice, unica parola.

Magia.

Incredibile come un luogo che fino al giorno prima, le aveva infuso calore e sicurezza, in quel momento riuscisse solo a trasmetterle angoscia e solitudine.
Erano tutti li, di fronte a lei, in silenzio.
La strega, seduta al suo fianco non mostrava ne ansia, ne preoccupazione.
Alex sapeva che avevano discusso su quello che le era capitato, e nonostante bramasse sapere cosa le fosse realmente successo, lo temeva.
Era li, in presenza di quei maghi, che avevano esaminato e tratto conclusioni sulla sua vita.

Sul suo futuro.

Chissà cosa sarebbe successo ora.
Forse sarebbe stata cacciata.
O peggio ancora sarebbe rimasta.
Sentiva già ogni singolo sguardo puntato su di lei, il brusio della gente che la circondava, additandola come diversa.
La storia si sarebbe ripetuta e sarebbe rimasta sola, di nuovo.

Assorta in quei tristi pensieri, non si accorse che la McGranitt si era avvicinata alla sua sedia e ora le stava di fronte con aria seria.
"Signorina Crawley, temo che sia mio dovere informarla, come capo della casa dei Grifondoro, che per un periodo indefinito verrà trasferita in una stanza al di fuori dalla Torre."
In quel momento fu come ricevere uno schiaffo in pieno viso.
Lo sentiva bruciare.
Faceva male, dannatamente male.
A stento riuscì ad aprire bocca, rivolgendosi a tutti i presenti, non solo alla donna che le stava davanti con aria dispiaciuta.
"Perché?" - chiese Alex, in un soffio.
Una sola semplice domanda, che avrebbe potuto porre fine ad ogni suo dubbio.
Ma, che ancora una volta, non avrebbe avuto risposta. La McGranitt sospirò, senza sapere cosa fare, tanto che si volse in direzione di Silente in cerca di aiuto.
"Alexandra capisco il tuo turbamento per l’accaduto, ma ti assicuro che è per la tua sicurezza. La tua stanza verrà momentaneamente spostata vicino a quelle delle tue insegnanti di Difesa." - spiegò con calma e con tono bonario il Preside.
Purtroppo non avevano trovato altra soluzione possibile, temevano che il fenomeno potesse accadere di nuovo e finché la ragazza non avesse imparato a controllare i suoi poteri, sarebbe stato più sicuro per tutti tenerla sotto controllo.
"E’ una soluzione temporanea, non temete. Appena la signorina Isabelle e la signoria Danielle lo riterranno opportuno, farà ritorno alle sue stanze nella Torre. Per ora la prego di attenersi alle nostre istruzioni." - cercò di rassicurarla ulteriormente la McGranitt.
Per un attimo si guardò in torno, scrutando l’espressione della strega mora al suo fianco.
Non aveva aperto bocca e non aveva espresso giudizi in alcun modo. Ma la guardò dolcemente, come per confortarla.
"Infondo, non ho altra scelta." - disse infine Alex seria, un’ombra a incupirle i limpidi occhi verdi.
"I suoi effetti personali verranno trasferiti nella stanza accanto a quella delle signorine... questa sera stessa. Mi dispiace." - concluse la professoressa di Trasfigurazione, poggiandole una mano sulla spalla per confortarla, tornando poi alla sinistra di Silente, ancora seduto dietro la sua scrivania.
"Per oggi può ritenersi esonerata dalle lezioni, è stata una lunga mattinata e immagino desideri riposare." - le disse Silente.
Ormai non c’era più nulla da dire, la decisione era stata presa.

Congedate entrambe, la McGranitt scrutò il vecchio preside con occhio inquisitorio.
"Dimmi Minerva, ho come la sensazione che qualcosa non ti convinca." - assentì Silente, incrociando le mani nodose sotto il mento.
"Albus niente in questa storia mi convince, e tu lo sai meglio di me!" - sbottò la donna indispettita.
"Converrai con me che non c’era altra soluzione." - rispose Silente scrutandola attentamente.
La professoressa emise un sospiro rassegnato.
"Lo so Albus, ma quella ragazza dovrà essere messa al corrente di ogni cosa al più presto."
"Non temere, tutto a tempo debito. Alexandra scoprirà quanto prima le sue vere origini." - un bagliore attraversò gli occhi dell’anziano preside.
Hermione Granger era stata la scelta più giusta e ora che le due professoresse di Difesa erano arrivate, sperava con tutto il cuore che le cose sarebbero andate per il meglio.

Appena varcata l’uscita Alex si lasciò andare appoggiata al muro, esausta e afflitta.
Nemmeno un giorno e già veniva allontanata da quelli che sarebbero potuti diventare i suoi amici.
Fantastico!
Non osava immaginare cosa sarebbe potuto succedere ad arrivare alla fine dell’anno.
"Finalmente!" - sbuffò la strega mora appoggiandosi a sua volta contro il muro, al suo fianco – "Non ne potevo più di stare tappata li dentro, mi da i nervi. Non capisco perché non sia venuta mia sorella ad accompagnarti! E’ lei quella con la diplomazia, che sbriga tutte queste faccende." - asserì la strega scocciata.
Alexandra la guardò sottecchi, abbastanza perplessa, per poi lasciarsi sfuggire un discreto risolino.
Quella di tutto aveva, tranne che di una professoressa.
Per lo meno era riuscita a farla sorridere, data la situazione.
"Coraggio torniamo in Sala Duelli, quella megera di mia sorella ci starà aspettando." - le disse rivolgendole a sua volta un sorriso, per poi incamminarsi lungo i corridoi.



***




Erick Donovan aveva deciso che per quella mattina i professori e l’intera scuola, avrebbero fatto a meno di lui.
Stava seduto in riva al Lago Nero con aria assorta, traendo tiri nervosi dalla sigaretta fra le sue eleganti dita.
Quando poche ore prima aveva intravisto il suo volto, avrebbe voluto svegliarsi nel suo letto, per rendersi conto che era stato soltanto un incubo.
Ma era reale, era li, in quella scuola.

Perché?

Di sicuro non per lui, visto che era stata proprio lei a scaricarlo.
Anzi, la parola più adatta da usare era, abbandonarlo.
Aveva ancora vivido nella mente il ricordo di quel giorno.
Una mattina si era svegliato nelle fredde lenzuola dell’appartamento della ragazza.
Appena il tempo di mettere a fuoco le ombre circostanti, per rendersi conto che non vi era più traccia ne di lei, ne di quella sadica di sua sorella.
Solo un misero pezzo di carta, abbandonato sul cuscino vuoto al suo fianco.
Poche righe, fredde, scostanti.
Troppo, per essere lette più di una volta, senza sentire una morsa attanagliargli il cuore.
Non l’aveva più vista.
I primi tempi, non si era dato pace.
Ooh si, l’aveva cercata per interi giorni, senza sosta.
Poi si era arreso all’evidenza di averla persa.

Per sempre.

Il destino però, avevo deciso di tendergli un insidioso tranello.
Quella mattina il suo castello di ghiaccio era caduto in mille pezzi davanti a quel viso, quegli occhi.
Certe volte, aveva creduto che il suo ricordo pian piano stesse svanendo, rendendo la sua figura sempre più opaca, labile.
Ma appena l’aveva vista tutto era tornato, come un fiume di lava a sciogliere la sua fortezza.
Ora cosa sarebbe accaduto?
Il suo unico desiderio era riaverla tra le braccia.
Riaverla e basta.
Con quest’ultimo pensiero si avvio verso i cancelli del Castello.
Aveva bisogno di distrarsi, di tenere la mente lontana e per farlo aveva un solo modo...



***




Per Draco Malfoy quella giornata si stava prospettando un vero Inferno.
Già dalla mattina, avrebbe volentieri ingoiato del veleno piuttosto che svegliarsi e ritrovarsi davanti quella maledetta con quello sguardo indifeso e ferito.
In tutta quella storia, se c’era uno che era stato preso per il culo era lui!
Poi come se non bastasse quell’idiota di Erick, non si vedeva dalla fine della lezione di Difesa e anche se non l’avrebbe mai ammesso, era preoccupato.
Arrivato al dormitorio, decise di andare a controllare di nuovo la stanza che il biondo divideva con Blasie. Forse a quell’ora aveva fatto ritorno, ovunque quel disgraziato fosse stato.
Entrando nella stanza, l’oscurità lo inghiottì.
La luce, proveniente dal corridoio, gli permise appena di intravedere una sagoma, mollemente adagiata su di una poltrona.
Era quasi sdraiato, con le braccia abbandonate ai lati dei braccioli. La testa rivolta all’indietro, completamente appoggiata allo schienale. Gli occhi ridotti a due fessure.
Senza attendere oltre, Draco entrò nella stanza, chiudendosi con un sonoro tonfo la porta alle spalle.
Con la bacchetta ridette luce alla stanza, per mostrare ai suoi occhi uno spettacolo che poteva definire in un solo modo: degradante.
Erick stava su quella poltrona immobile, inerte, pareva privo di sensi.
Gettando uno sguardo di ispezione all’intera stanza, trovò finalmente quello che temeva.
Avvicinandosi alla cassettiera a ridosso della parete di fronte alla sedia dove si trovava il suo amico, prese tra le dita una piccola fiala contenente del liquido violaceo.
La scrutò per un attimo e se la infilò nella tasca anteriore dei pantaloni. Poi si volse verso il Texano.
"Idiota." - sibilò Malfoy, prima di raggiungerlo e afferralo per il bavero e rifilargli un sonoro ceffone.
Un po’ alla volta, le palpebre del ragazzo iniziarono a fremere, Draco riusciva ad intravedere il movimento degli occhi sotto di esse.
Stava iniziando a riacquistare conoscenza.
Il giovane, nonostante fosse ancora in stato di semi incoscienza, sentì una sensazione di intorpidimento alla guancia, tanto da riuscire a riportarlo alla realtà.
"Draco ma... che diavolo...?" - sussurrò appena Erick, nel momento in cui mise a fuoco la figura che gli stava davanti.
"Razza di deficiente! Dovrei chiedertelo io che diavolo ti è preso?! Ti rendi conto di che cazzo hai fatto?" - tuonò il biondo senza preoccuparsi del suo stato, mollandogli il bavero della camicia per vederlo ricadere malamente sulla poltrona.
"Sono affari miei, lo sai bene." - rispose con indifferenza, massaggiandosi la nuca per il contraccolpo.
"Affari tuoi un corno, quella roba finirà per ucciderti dannazione! Avevi giurato di aver smesso con quella porcheria!" – continuò imperterrito.
Erick spostò lo sguardo da Malfoy per poi fissare un punto indefinito alle sue spalle.
La Serpe aveva ragione. Era stato un deficiente, eppure non aveva resistito.
Era uscito di nascosto dal Castello e si era inoltrato nelle vie malfamate di Notturn Alley, sapendo che avrebbe trovato quello che stava cercando.
"E’ stato più forte di me." - ammise il Texano, passandosi una mano tra i capelli scompigliati, ormai usciti dalla perfetta coda, in cui era solito acconciarli.
Draco, ancora in piedi di fronte a lui compì lo stesso gesto, come per scaricare la rabbia che ancora gli ribolliva nelle vene.
"Sentimi bene, questa..." – disse perentorio mostrandogli la fiala, per poi rimetterla immediatamente nella tasca - "viene con me, e farò in modo di farla sparire senza che nessuno se ne accorga. Giusto per evitare di farci espellere. E tu..." - continuò fissandolo tagliente negli occhi azzurri - "vedi di piantarla con questa merda."
Il Principe delle Serpi uscì dalla stanza, senza voltarsi indietro, senza dargli la possibilità di ribattere.
Rimasto solo, non poté fare altro che pensare a quanto Malfoy avesse ragione.
Si stava rovinando con le proprie mani.

Nella sua stanza da Caposcuola Draco stava aspettando con impazienza che Zabini si degnasse di rispondere al suo messaggio, quando finalmente se lo ritrovò sulla porta ansante.
"Lo hai trovato?" - chiese preoccupato il moro.
Draco non rispose, tirò fuori dalla tasca anteriore dei suoi pantaloni la fialetta, mettendogliela davanti al naso.
"Una nuova pozione?" - chiese curioso Blasie, osservandola.
"Carino il colore, ma ti dispiacerebbe rispondermi?" - domandò di nuovo.
Spostando la sua attenzione dalla boccetta prese a scrutarlo attentamente, rendendosi conto che stava per esplodere.
"Quell’idiota, deficiente di un Texano maledetto, ha intenzione di mandarmi dritto al manicomio!" - urlò Draco, assestando un calcio alla sedia lì accanto.
Continuava a stringere nella mano la fialetta e fu allora che Blasie capì che quel testone l’aveva combinata davvero grossa.
"Draco per favore, cerca di calmarti e spiegami che cosa è successo." -
"Succede che il TUO amico è una testa di cazzo! Quel demente si vuole ammazzare! Ecco cosa succede!" - urlò in un fiato Malfoy.
"Cosa c’è in quella fiala?" - chiese serio, conscio che la cosa era davvero grave.
"Questa" - sibilò Malfoy tornandogli a mettere la boccetta davanti agli occhi - "è una droga Babbana, si chiama Salvia Divinorum, migliorata, per così dire, con l’uso della magia. Ti fa sprofondare in un luogo dove non provi più nulla, nessun sentimento, nessuna emozione. Il tuo corpo rimane in una specie di trans, fuori dal mondo esterno fino all’esaurirsi dell’effetto. La magia serve ad amplificarne l’effetto, non solo a livello fisico, ma anche a livello mentale. Un uso spropositato di questa schifezza può ridurti allo stato di un vegetale, per sempre."
Blasie non poteva credere alle sue orecchie.
Senza emettere un fiato oltrepasso Draco, ancora in piedi e arrivato a fianco del letto del Caposcuola vi si lasciò andare. Fosse rimasto ancora li in piedi, molto probabilmente sarebbe caduto a terra.
Era a dir poco sconvolto.
Non poteva credere che Erick lo avesse fatto, di nuovo.
"Dobbiamo fare qualcosa." - scandì serio, mettendosi a sedere sul grande letto.
"E come di grazia?" - chiese Draco, ormai sfinito da tutta quella storia.
"Ma che ne so!"– sbuffò il moro a sua volta sconcertato - "Forse potremmo dirglielo, magari lei riuscirebbe a migliorare la situazione."
"Perfetto, perché non gli ficchi direttamente in gola un litro di quella porcheria?" - sbottò Malfoy al limite - "Se è in quello stato è colpa solo di quella dannata stronza!"
"Ok, forse ripensandoci, non è l’idea migliore." - rispose Blasie con rassegnazione.
Avrebbe dovuto immaginarselo, figurati se Draco sarebbe mai stato d’accordo.
Quella la odiava.
Certo, anche a lui non andava molto a genio, ma sapeva che Erick infondo ne era ancora innamorato.
Guardando Malfoy girovagare per l’ennesima volta avanti e indietro per la sua stanza, calciando qualsiasi cosa animata e inanimata, si rese conto che se voleva fare qualcosa, avrebbe dovuto pensarci da solo.
O forse avrebbe trovato un aiuto?
"Dove te ne vai?" - chiese Malfoy bruscamente, vedendolo dirigersi verso la porta.
"A farmi un giro. Perché non posso?" - chiese Blasie angelico.
Malfoy non gli diede risposta, si limitò ad alzare un sopracciglio dubbioso.
Quel maledetto Serpeverde stava tramando qualcosa.
Ne era più che certo.



***




Hermione non si dava pace.
Da quando Alex era stata portata nell’ufficio di Silente da una delle professoresse non faceva altro che pensare a quello a cui aveva assistito.
Ma come era potuto succedere?
Doveva assolutamente scoprire da dove veniva Alexandra. La sua curiosità però venne frenata da un pensiero, un volto, con due occhi di ghiaccio in grado di perforarti l’anima.
Non riusciva ancora a non pensare allo sguardo che le aveva rivolto quel pomeriggio, prima di entrare in sala duelli.
L’aveva ferita.
Doveva assolutamente parlagli, ma come?
Di solito lo incontrava sempre negli stessi luoghi, fingevano di litigare come al solito, poi finivano per darsi l’appuntamento nella Stanza delle Necessità oppure nella camera da Caposcuola di lui.
Ma ora la stava evitando.
Come un aiuto provvidenziale vide arrivare nella sua direzione il Serpeverde che avrebbe potuto aiutarla.
I libri di cui aveva bisogno per una volta, avrebbero atteso.
"Granger hai un minuto, ti stavo cercando." - scandì Blasie Zabini, in piedi di fronte a lei, con lo sguardo preoccupato.
Era la prima volta che lo vedeva così.
Di solito quel ragazzo era piuttosto solare, un po’ fuori dalle righe del solito stronzo infido Slitheryn, ma ora sul suo viso traspariva palesemente la preoccupazione.
"Ho un’ora buca prima dell’ultima lezione, dimmi tutto." - rispose accondiscendete Hermione.
"Ho bisogno di parlarti di una cosa importante, ma non qui." - guardandosi in torno con circospezione le fece cenno di seguirlo, fino ad arrivare alla Stanza delle Necessità.
Al suo interno era apparsa una stanza, completamente vuota, fatta eccezione per due comode poltrone.
Blasie non aveva bisogno di fronzoli in quel momento, doveva solo parlarle e pensare ad un modo per aiutare il suo amico.
Una volta seduti, l’uno di fronte all’altro, Hemione rimase in attesa.
Dopo lunghi minuti di silenzio Blasie trasse un profondo respiro e iniziò a parlarle di quello che stava succedendo a Donovan, e suo malgrado di tutta la storia che lo aveva portato fino a quel punto.
Non sapeva ancora bene cosa avrebbe potuto fare per lui, ma sapeva di poter contare sull’aiuto della Grifondoro. Grazie al suo aiuto forse sarebbero riusciti a dare una mano ad Erick, augurandosi che Draco non venisse a sapere nulla prima del tempo.




***




La sera vide tutti i ragazzi sparsi nelle rispettive Sale Comuni, ma in una in particolare, regnava un clima particolarmente teso.
Harry Potter era rimasto a gufare sul divano dalla fine delle lezioni, alzandosi ogni tanto per fare qualche passo avanti e indietro davanti al camino, imprecando al vento.
Era preoccupato per Alexandra.
Il Preside li aveva semplicemente informati che la stanza della ragazza, era stata momentaneamente spostata vicino a quella delle nuove professoresse di Difesa.
Hermione era tornata circa un’ora prima dalla biblioteca carica di tomi polverosi, sulla storia delle casate dei maghi degli ultimi 100 anni, e da allora non aveva schiodato gli occhi da quelle pagine.
Le sfogliava nervosamente, scorrendole con occhi febbrili.
Questo si poteva ricondurre al fatto che non solo fosse preoccupata dalla sorte di Alex, ma anche dai recenti avvenimenti che avevano a che fare con la casa di Salazar.
Dopo l’incontro con Blasie non aveva ritenuto opportuno metterlo al corrente delle sue turbe amorose. Avrebbe dovuto rimandare la chiacchierata con Malfoy.
Dannati tutti i Serpeverde!
Ronald come al solito se ne stava comodo in poltrona, a guardare quei due suonati, dannarsi l’anima per gli avvenimenti della mattina.
Ad un tratto Hermione si bloccò, sistemandosi meglio il libro sulle ginocchia, fissando la sua attenzione sulla pagina in cui si era soffermata.
Harry scorse il cambiamento nella ragazza e senza attendere oltre le si avvicinò, sedendosi al suo fianco sul divano della Sala Comune.
"Allora?" - le chiese ansioso.
"Credo di aver trovato qualcosa." - rispose la Grifondoro emozionata - "Qui." – disse indicando una delle pagine ingiallite che raffigurava un uomo.
Harry si avvicinò leggendo la dicitura al di sotto di essa.
Aleister Crawley ( Royal Leamington, 12 ottobre 1875 – Hastings, 1 dicembre 1947).
"Edward Alexander Crawley è a tutt’oggi considerato dalla comunità magica uno dei maggiori esponenti nella padronanza delle Arti Oscure. I suoi scritti sono famosi in tutta la Gran Bretagna. La maggior parte delle sue opere è andata perduta quando il Ministero della Magia ha decretato che ogni volume scritto di suo pugno venisse distrutto. Solo poche opere sono sopravvissute, ma nessuno sa di preciso dove siano custodite. Fu trovato morto per cause sconosciute all’età di 72 anni. Non era sposato ma si crede comunque che abbia avuto un erede maschio. Stando alle poche informazioni ancora presenti presso il Ministero, non è ancora stato possibile rintracciare alcun erede, per questo si crede sia possibile che i poteri della famiglia siano andati perduti nel corso delle generazioni. L’unica caratteristica che potrebbe ricondurre ad individuare il discendente più prossimo, sarebbe l’insolita particolarità dei loro occhi. Essi assumono una colorazione completamente nera quando utilizzano le Orti Oscure. A tutt’oggi comunque, non vi è alcuna certezza della sua esistenza."
"Alexandra..."- sussurrò Harry, dopo alcuni minuti in cui nessuno di loro era stato in grado di proferire parola.
La magia oscura scorreva nelle vene di quella ragazza, la stessa magia che in questi anni avevano fatto di tutto per sconfiggere.
Nessuno di loro sapeva come affrontare la situazione.
Come al solito fu Hermione, dopo aver riflettuto a rompere quella tensione che si era creata.
"Ragazzi, io non sono sicura che Alexandra sia cosciente dei suoi poteri. L’avete vista stamattina, era sconvolta e incredula quanto noi."
"Ma come ha fatto a non accorgersi dei suoi poteri? Voglio dire, ha la nostra stessa età, i suoi poteri avrebbero dovuto palesarsi già da anni." – constatò dubbioso Harry, con una stretta al cuore che non riusciva a spiegarsi.
"Harry ha ragione, non è normale che i suoi poteri vengano fuori solo ora." - constatò Ronald che si era seduto accanto agli amici.
"E cosa dovremo fare? Io non credo che Silente l’abbia chiamata qui senza sapere le sue vere origini. Sono convinta che ci nascondo qualcosa. E poi come ve lo spiegate la coincidenza che le professoresse di Difesa abbiano scelto proprio lei per la prova, e non l’abbiano fatta duellare con uno studente ma con una di loro?"
"Vorresti dire che le nuove professoresse di Difesa sapevano già chi fosse?" – chiese sbigottito il rosso.
"Esatto Ronald. In tutta questa storia, non credo ad una sola coincidenza." – affermò, tenendo per se stessa ciò di cui Blasie l’aveva messa al corrente quella mattina, cioè che sia lui, Draco ed Erick conoscevano queste due donne già dal loro primo anno ad Hogwarts.
Anche se, forse, era la sola coincidenza in tutta quella storia.
Harry, alzandosi per dirigersi di fronte al camino, si voltò poi verso di loro.
"Non credo che dovremo metterla a conoscenza di quello che abbiamo scoperto." – constatò serio.
"Ma Harry, come puoi pensare una cosa del genere? Ha il diritto di sapere. Non ti sembra scorretto nei suoi confronti." – sbottò Hermione contrariata.
"Rifletti Harry." – lo pregò a sua volta Ron – "Ti sei già trovato anche tu nella sua stessa situazione, cose sul tuo passato ti erano state nascoste, e le cose non sono mai finite bene. Mi dispiace ma questa volta sono d’accordo con Hermione." – asserì guadagnandosi un’occhiata riconoscente dall’amica.
"D’accordo." – sospirò il Bambino Sopravvissuto, ancora non del tutto convinto – "Alla prima occasione, lontano da occhi indiscreti le spiegheremo ogni cosa."
"Domani saremo tutto il giorno ad Hogsmeade e avremo l’occasione di parlarle senza attirare l’attenzione dei curiosi." - concluse la Grifoncina, richiudendo il libro e alzandosi.
"Sarà meglio andare a dormire, è stata una lunga giornata per tutti." – e augurando loro la buona notte, si diresse verso il dormitorio femminile.
Troppi pensieri, troppi avvenimenti e il timore di aver perso la persona che amava, resero il suo sonno inquieto, come quello del Bambino Sopravvissuto che non sembrava volersi dare pace.
Quella ragazza esisteva nella loro vita da solo sue giorni, eppure era riuscito a turbarlo e sconvolgerlo come mai gli era successo prima.
Qualcosa in lei lo attraeva a se, come una falena dalla luce di una candela.
Il suo timore, era quello di rimanerne irrimediabilmente bruciato.


***




Lontano dalla torre e dai suoi amici, ignara di ciò che su di lei era stato appena scoperto, Alex stava affrontando l’ennesima notte in una nuova stanza.
Sdraiata sul letto, stava cercando di dare un senso a quello che le era accaduto quella mattina, senza trovarne alcuno.
Come sempre Strega accoccolata al suo fianco, sembrava volerle infondere coraggio, scrutandola con i suoi insoliti occhi.
Suo padre le aveva tenuto nascoste troppe cose e per troppo tempo.
Era arrivato il momento di sapere la verità, tutta la verità su quello che era stata la sua famiglia.
Il flusso dei suoi pensieri venne bruscamente interrotto da un urlo disumano, proveniente dalla stanza delle due professoresse.
Senza attendere oltre si precipitò fuori, iniziando a bussare con urgenza alla porta delle due ragazze.
Dopo pochi secondi, la strega rossa le fu davanti e con aria assolutamente tranquilla, e dopo averle fatto un cenno di saluto, si fece da parte per lasciarla entrare nella stanza.
Intanto un uragano moro, stava invadendo una parte di essa adibita ad armadio, seduta a gambe incrociate intenta ad aprire, per poi buttare all’aria, numerose scatole e pacchi.
Alex fissò quella scena, senza avere il coraggio di aprire bocca.
Intanto la rossa era tornata a sedersi comodamente in una poltrona dalla parte opposta, vicino alla finestra.
Riprese tra le mani il libro che aveva abbandonato e si ributtò nella lettura, alzando di tanto in tanto gli occhi al cielo per il macello assurdo che la sua gemella stava combinando.
"Alex, avevi bisogno di qualcosa?" - le chiese gentilmente la strega.
"Mi è sembrato di sentire qualcuno urlare e volevo solo assicurarmi che fosse tutto a posto." - rispose, guardando in direzione dell’altra strega con aria interrogativa.
"Non ti preoccupare. Mia sorella ogni tanto ha qualche attacco isterico, ma nulla di cui preoccuparsi. Puoi tranquillamente tornare a dormire, domani ti aspetta una giornata intensa."
"Allora vi lascio, buona notte." - disse Alex, continuando a non capirci assolutamente nulla.
Preferì comunque non indagare ulteriormente, salutando ed uscendo.

"Ma sei completamente uscita di testa??" - Danielle si alzò da tutto quel trambusto, andandosi a piazzare di fronte alla sorella, con le mani posate sui fianchi e con tutta l’aria di essere piuttosto incazzata.
"Calmati, non è poi la fine del mondo." - rispose con tranquillità la strega rossa.
"Tu sei pazza, vuoi per caso farmi morire di infarto??" - continuò l’altra, senza prestare minimamente attenzione alle sue parole.
"Danielle vuoi calmarti." - l’ammonì di nuovo la sorella.
"Calmarmi un corno! Lo farò quando avrò la tua testa su un piatto d’argento!" - sibilò Danielle in risposta.
"Adesso inizi a scocciarmi sorellina." - assentì Isabelle con tono melenso.
"Allora non capisci!" - sbottò, tornado a sedersi in mezzo a scatole e pacchi sparsi ormai ovunque - "Era il mio paio di scarpe preferito e tu che hai fatto?? Lo hai buttato!!" - sbraitò senza ritegno.
Isabelle per tutta risposta, la ignorò, continuando la sua lettura.
"Ti avverto, se non le trovo sarai costretta a ricomprarmele, o ti giuro che do fuoco ai tuoi preziosi libri di poesia!" - la minacciò, alzandosi di nuovo e incrociando le braccia al petto, attendendo la reazione della sorella, che non tardò ad arrivare.
Tutto ma non i suoi preziosi libri di Edgar A. Poe.
"Non ti azzardare a toccarli, o potrei decidere di fare ulteriore spazio nell’armadio, liberandomi non di un solo paio di scarpe, ma di tutte quelle che ogni volta che viaggiamo ti ostini a portarti appresso!" - rispose con tono minaccioso, alzandosi in piedi a sua volta.
Una di fronte all’altra, si fissarono negli occhi come se avessero voluto incenerirsi a vicenda, fino a quando un debole sorriso affiorò sulle labbra di entrambe per poi tramutarsi in una allegra risata.

Dalla sua stanza Alexandra aveva percepito tutto quel trambusto, e non aveva potuto fare a meno di premersi una mano sulla bocca per soffocare le risate, carezzando la sua preziosa Strega.
Quelle due erano davvero fuori di testa!
Alla fine, era riuscita a togliersi dalla mente pensieri che ora non avrebbero avuto comunque alcuna risposta, addormentandosi in un sonno profondo, tranquillo.
E anche quella notte nessun incubo si affaccio tra i suoi sogni.



La pia finzione secondo la quale il male non esiste
lo rende soltanto vago, enorme e minaccioso.
- The Confessions of Aleister Crowley -










Spazio Autrice:
Incredibile ma finalmente sono riuscita a postare, ancora stento a crederci.
Purtroppo, come a volte succede, la mia ispirazione era andata a farsi un giro, così questo capitolo non ne voleva sapere di arrivare alla fine.
Bè non mi resta altro che sperare che vi sia piaciuto.
Cercherò di aggiornare in tempi più brevi da ora in avanti, ma non assicuro nulla eh. XD
Nota: Aleister Crowley non è di mia proprietà, ma è un personaggio storico realmente esistito al quale mi sono ispirata.



Maglodra: Tesora che dire se non che sono felicissima che la storia ti piaccia. Bè per i tuoi dubbi non so se in questo capitolo sono riuscita a chirirne qualcuno, anche se a dir la verità credo di avertene piuttosto creati degli altri. Per scoprire tutto su Alex ci vorrà ancora un po' e di sicuro Erik (anche io lo adoro XD)non è così angelico come sembra. Spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto. Un bacio enorme (L)
Kaileena1987: AmoVa ecco il capitolo tanto sudato, non sai quanto mi faccia piacere che i nuovi personaggi ti piacciano, sono i complimenti che preferisco! *-* Per Alex, certo che mi sono ispirata a te, quindi tieniti pronta per futura consulenza. XD Una spupazzata
LaDyDeMeTra: Oh la Genia!*O* E' un sacco che non ti sento, decisamente troppo. =.= Comunque vedere i tuoi commenti non può che farmi felice, come sempre. Un bacione formato gigante

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