Flashback

di Little Black Dragon
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Segreti, tremori, vite. ***
Capitolo 2: *** Il paradiso e l'inferno distano tre passi ***
Capitolo 3: *** Adagio. ***
Capitolo 4: *** Dannazione. ***
Capitolo 5: *** Coazione a ripetere ***



Capitolo 1
*** Segreti, tremori, vite. ***


Bieeeen u.u Questa la dedico a Yuli.



1.Segreti tremori, vite

Lucy guardò Reneé, mentre una folla di xeniti convinti applaudiva ossessivamente e urlava.
-Ma… è la convention numero…? - Chiese la mora, lontana dal microfono.
-Boh, ho perso il conto. Tanto sta per finire. Manca solo il ballo. Vuoi restare?
-Si dai… l’altra volta non ci siamo state…
-Bene… - Sorrise Reneé.
Lucy ricambiò e gli occhi le luccicarono per un momento. “E' bellissima” pensò per un istante, specchiandosi negli occhioni verdi dell’altra, per poi distogliere lo sguardo, pur sapendo che la sua amante combatteva una voglia identica alla sua.
-Non so come farò a resistere fino alla conclusione- sussurrò poi. Reneé represse una risata e scese dal palco, mentre i fan già iniziavano a spostarsi nella sala attigua al teatro. Lucy la fissò ancora, con un sorriso beato, e non riuscì a sopprimere il flashback che le illuminò la mente.


Era un gennaio lontano e la convention era alle porte. Fu uno dei giorni più belli della sua vita.
Lucy stava alla finestra della sua camera d’albergo, a guardare la neve scendere lenta e imbiancare ogni cosa, o almeno apparentemente. Il fiato che appannava il vetro glielo impediva, ma non le importava granchè. Nella sua mente, in realtà, aleggiava un viso femminile dai capelli biondi, gli occhi verdi e un sorriso che avrebbe fatto sciogliere un cuore di pietra. Un viso femminile e bellissimo… Era il viso di Reneé O’Connor.
Il suo segreto.
Il suo tremore.
La sua vita.
Se n’era innamorata profondamente, con disperazione, con ansia, con terrore. Innamorarsi di una persona dello stesso sesso non era, nella sua situazione, cosa buona: né cosa buona né cosa giusta… Ma ormai n’era certa: l’amava di quell’amore che le faceva cedere le gambe ogni volta che l’altra sorrideva; di quell’amore che le provocava una fitta perpetua allo stomaco in sua presenza. Per la prima volta, sentiva questo. Per la prima volta, guardava qualcuno e si sentiva veramente a casa.
L’aveva solo incontrata troppo tardi…
Un leggero ed elegante bussare alla porta la scosse dal torpore e dai suoi pensieri che giusto incominciavano a farle seccare le labbra.
-Avanti - disse distrattamente, senza voltarsi.
La porta si aprì e una voce timida salutò:
-Ehm, Luce, sono io… disturbo?
Lucy sgranò gli occhi e di scatto si voltò verso la bellissima figura di Reneé, ferma sulla soglia della sua stanza. Deglutì.
- Ciao… entra, entra.
La mora si sedette sul letto matrimoniale e con la mano le fece gesto di accomodarsi accanto a lei; Reneé richiuse la porta dietro di se e scosse la testa. Sembrava inquieta. Tremava e si stringeva le mani in grembo. Fu allora che Lucy se ne accorse…
- Ma Reneé! Non dovevi venire con questo tempo… togliti la roba- pausa - o ti prenderai una polmonite!
- Valeva la pena… - Bisbigliò, mentre Lucy le porgeva un suo maglione e dei pantaloni asciutti. Le sarebbero stati un po’ grandi, ma almeno si sarebbe scaldata, pensò. E per come tremava…
Reneé fissò i vestiti leggermente imbarazzata e le sue gote si fecero ancora più rosse di quanto non fossero già.
- Oh, adesso non fare la timida… - Borbottò la più alta dopo un attimo di silenzio, facendola ridere. Lo sguardo le si illuminò: era più bella quando rideva.
- D’accordo… - accettò finalmente con un sorriso. Prese la roba delicatamente dalle sue mani e si rifugiò quasi correndo in bagno; Lucy scosse la testa divertita. Non avrebbe mica voluto che le scatenasse una tempesta ormonale. E conoscendola, ne sarebbe stata capace…
La bionda uscì nemmeno due minuti dopo, con il maglione che le arrivava fino alle ginocchia e i pantaloni con diversi risvolti per non essere pestati, le braccia conserte, un’espressione sofferta sul volto. Lucy le sorrise teneramente.
- Allora Reneé… è successo qualcosa?
Ma lei chinò il capo e non rispose, continuando a tremare come una bambina. La mora capì. Prese una trapunta dal suo armadio e con dolcezza le afferrò una mano, accarezzandola piano. Reneé alzò le sguardo e le due si fissarono negli occhi. E Lucy seppe che qualunque stratagemma avesse progettato e qualsiasi il posto in cui sarebbe fuggita, quegli occhi sarebbero stati capaci di farla sciogliere fino alla fine della sua vita e, con tutta probabilità, anche nella prossima.
-Vieni. – Bisbigliò, e la condusse davanti alla finestra, che sotto il davanzale nascondeva un termosifone caldo. Si sedette sulla moquette, appoggiando la schiena all’apparecchio, e fece sedere Reneé fra le sue gambe, adagiandola sul suo petto; infine, coprì entrambe con la trapunta e le cinse la vita con le braccia, posando delicatamente il naso sulla sua spalla. I suoi capelli biondi le stuzzicarono il viso.
“Profuma come sempre”. E dèi, se profumava. Poche volte erano state così vicine senza che qualcuno arrivasse – tipo Daisy, o Steve, o Robert – a rompere le palle.
Lucy percepì il corpo dell’altra scaldarsi, lentamente, rinchiuso fra le sue braccia, e si accorse che ancora prima di baciarla, di toccarla, di fare l’amore con lei, aveva il bisogno impellente di sussurrarle “ti amo”.
Dopo qualche minuto trascorso in quel dolce abbraccio, in religioso silenzio, Reneé improvvisamente prese vita.
- Senti Lucy… - Esordì, rigirandosi fra le sue braccia. Ora era seduta sulle sue cosce, guardandola negli occhi e “Cristo” pensò la mora.
- Si?... – Mormorò invece, mentre i loro sguardi luccicavano.
La più piccola le prese una mano, e pensando che non ci potesse essere gesto più dolce di quello, il cuore di Lucy cominciò a martellare seriamente.
- Ascolta… la prima volta che ti ho visto… io… io… Cazzo! Cristo, mi ero preparata un discorso, ma ora non mi ricordo niente! – Quasi pianse.
Lucy sorrise e la baciò sulla fronte. Entrambe arrossirono.
- Qualunque cosa tu mi voglia dire, fallo con l’anima – le suggerì all’orecchio. Dopidichè, le sorrise ancora una volta e, scostandole una ciocca di capelli biondi dietro l’orecchio per poterla guardare meglio in viso, rimase in febbrile e speranzosa attesa.
Reneé prese un gran respiro.
- Lucy… sei… sei una delle persone più importanti della mia vita. Mi… hai fatto crescere e… capire chi sono… e … - una lacrime le solcò la guancia - e credo… anzi no. Lo so. So di amarti, Lucy… e so che ti amerò anche quando tu non ne vorrai più sapere niente di me, quando mi terrai a distanza. Morirò di dolore, ma… ti amerò lo stesso… giuro che saprò farmi da parte… s-scusami…
Deglutì e riprese fiato. Riapirì la bocca, ma non riuscì ad aggiungere nient’altro. Senza parole, Lucy le accarezzò il volto bagnato, ma avrebbe potuto dire che ci mancasse poco perché anche lei scoppiasse in lacrime.
- Non piangere… non piangere… - riuscì solo a mormorare, posandole una mano sui capelli e l’altra sulla schiena e tirandola a sé. Chiuse gli occhi. Sentiva solo il suo singhiozzare sommesso contro la spalla, e le baciò i capelli con immensa dolcezza. Vederla così le distruggeva l’anima.
Dopo qualche minuto Reneé si calmò, ed in un sussurro struggente all’orecchio di Lucy, chiese:
- Non mi odi?
Lucy la guardò nei suoi occhioni verdi e lucidi e per un attimo rivide quelli di Friend in need I, quelli che l’avevano pregata di non autoinfliggersi la stretta. Si sentì morire.
- Ren… come posso… - Un sorriso commosso le comparve sul volto, mentre anche sulle sue guancie le lacrime correvano silenziose. – Io… io ti amo… fra le tue braccia io… mi sento a casa…io ti amo…
- Cosa?!
- Si!
- Mi ami?!
- Da morire!
Le due si guardarono spaesate, gioiose, folli.
- Ren.
- Dimmi.
- Posso darti un bacio?
Neanche a finire di parlare che si trovò le labbra impegnate in una delle effusioni più belle della sua vita. Fu delicato ma impetuoso, dolce ma passionale. Quel bacio fu tutta la sua vita. Perché sentire per la prima volta le loro labbra incontrarsi, le loro lingue, dapprima timide e poi audaci, abbracciarsi, le loro dita che accarezzavano il viso dell’altra, fu come rinascere.
Al suo termine, le due cercarono gli occhi dell’altra.
- Casa. – Bisbigliò la mora con una nota d’affetto nella voce.
Reneé sorrise commossa.
- Casa. – Ripetè.
Lucy la strinse a sé più forte che mai. La sua Reneé…
La baciò su una guancia e la bionda sorrise come una bambina.
- E tu che ti scusavi… - Ridacchiò dopo un momento di silenzio.
- Non sfottere! – Rise Reneé.
Lucy la fissò con dolcezza, un sorriso beato sulle labbra.
- Sei bellissima quando ridi.
La bionda divenne color tramonto e si limitò ad accarezzare il viso della sua amante.
Un altro bacio, profondo, passionale, più sicuro, più certo.
- Ecco, so che magari è un po’ presto… - Elargì poi Lucy, dondolando la testa per accarezzare il suo naso con il proprio – ma quel maglione ti sta veramente male!
Reneé sbuffo.
- E’ orribile! Toglimelo… - Replicò alzando le braccia, ed lei glielo sfilò, cominciando poi a baciarle il collo appassionatamente.
- Vedo che ti sei scaldata. – Sghignazzò poi all’orecchio della più piccola, che non riuscì a trattenersi e scoppiò a ridere.
- Non puoi dirmi queste! Mi fai perdere la concentrazione! – Rise, mollando uno schiaffetto sul braccio dell’altra.
- Sicura? – Mormorò suadentemente l’altra, e le morse il lobo. Reneé si lasciò sfuggire un gemito e Lucy ridacchiò ancora. La tentazione di fare l’amore lì, per terra, con la trapunta e il termosifone vicino era allettante; ma quella era la loro prima volta. “Deve essere romantica” decise la più alta. – Sai… hai anche il viso molto, mooolto, stanco… - bacio – devi – bacio – andare – bacio – a letto… - bacio.
- Solo se mi ci accompagni… - Sussurrò appena con voce roca la bionda.
Sogghignò.
- Ma certo, madame! – La prese in braccio e la portò nel letto matrimoniale, sotto le coperte; Lucy sopra, Reneé sotto.
Si guardarono ancora come solo due innamorati sanno fare, e la mora allungò il braccio a spegnere la lampada, unica fonte di luce nella stanza.
Si sorrisero, complici. E lentamente, dolcemente, follemente, incredibilmente, profondamente, disperatamente cominciarono a fare l’amore…



Lucy si riscosse da quel ricordo con una scollata del capo ed un sorriso beato. La folla di xeniti si stava riversando nei corridoi, seguendo le indicazioni per l’enorme stanza dove si sarebbe festeggiata l’ultima sera di convention. La mora sospirò. “Avrei preferito cantare” rimurginò, mentre si avviava anche lei per ultima, ma poi si ricordò del premio che Reneé le aveva promesso. Sorrise. “Non vedo l’ora che questa stramaledetta serata finisca”.

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Capitolo 2
*** Il paradiso e l'inferno distano tre passi ***


-          Lucy? Lucy, aspetta!  – Chiamò una voce poco distante.
Lucy si stava incamminando per il corridoio, le voci dei fans che già sfiorivano in un eco festoso, quando si voltò. Anche se, in effetti, non si sarebbe mai aspettata di trovare quella persona. Lì. Quella sera.
Esibì un sorrisetto falso.
-          Rob!
-          Ciao! Eh… uh… come stai?
Lucy inarcò un sopracciglio e Robert pensò che quel gesto gli era fin troppo familiare.
-          Oh, sto bene… molto bene! Tu?
-          Si… me la cavo…
Calò un silenzio imbarazzato. La mora pensò, in quel momento, che forse gli aveva già fatto male abbastanza. Forse.
-          Come sei messo ultimamente con le fiamme? – Scherzò quasi con affetto.
Rob deglutì.
-          Proprio di questo volevo parlare… - Esordì dondolando le braccia avanti e indietro come un adolescente. – Ehm… mi dispiace… per.. quello che è successo.
Nonostante la situazione, Lucy non riuscì a trattenersi e scoppiò a ridere.
-          Ti dispiace? Ahhahahahaha Sul serio?! TI DISPIACE?! Ahhahahaha – Le sue guancie divennero fucsia. – Oh, ti prego. E’ stata una cosa alla pari. Certo, è stato assurdo… ma almeno siamo stati meglio entrambi, da quel giorno. No?
-          No! – Asserì ferito Rob. Lucy smise di ridere e lo fissò. – Io mi sono pentito da morire per quello che ho fatto!! Ogni singolo giorno della mia vita ricordo quel pomeriggio e mi tormento! …Hai la minima idea di che significa? Suppongo… suppongo di no… - Un’espressione amara comparve sugli occhi di Tapert. – Io mi distruggo  tu ti diverti con… la O’Connor. Bello.
-          Robert! …Tu hai lavorato con Ren per anni… e … e ora la chiami per cognome… senti, la colpa è stata di tutti e due. Ognuno ha promesso che non avrebbe detto niente alla stampa, che avrebbe fatto finta che nulla fosse successo, e fine. Okay? Basta. Devo andare, Reneé si starà preoccupando. – Lucy si voltò e fece per allontanarsi in corridoio, quando sentì Rob gridare alle sue spalle.
-          Reneé, Reneé, Reneé… non c’è altro, vero, nella tua vita?! Reneé e i tuoi bambini…. Niente altro! Anche quando stavamo insieme: Reneé di là, Reneé di qua, eddai Reneé  ha bisogno di un passaggio, vado a cena da Reneé torno tardi non mi aspettare sveglio, esco con Reneé, vado a trovare Reneè, oggi è il compleanno di Reneé, non puoi far indossare a Reneé quel costume o morirà di freddo, è Natale devo comprare un regalo a Reneé... – Rob fece una pausa, poi riaprì nuovamente la bocca, ma non riuscì a dire niente: Lucy gli era già addosso e aveva il colletto stretto fra le sue dita.
-          Robert. Caro. – Ringhiò con i volti a poca distanza fra loro. – Che altro c’è da aggiungere? Pensavo che quel pomeriggio avessi capito perché voglio sempre averla vicino, perché voglio sempre tenerla stretta a me, perché ho bisogno di proteggerla, perché il suo sorriso mi rende felice… hai una grande fantasia, Tapert, ma di certo non sei proprio sveglio. Io la amo, Rob. Io la AMO. Mi dispiace… ma sai, forse neanche tanto. – Fece una piccola pausa, poi mollò il colletto dell’uomo. - Se stasera torni a casa, dì ai ragazzi di andare a dormire e che tornerò domattina. Buonanotte.
E finalmente s’allontanò, lasciando suo marito (ma per solo lui, Lucy e Reneè, ex) nel teatro. S’infilò nei corridoi a passo svelto, deciso, ma lasciò i suoi piedi andare per lei. Il dialogo l’aveva turbata. E ripensò a quel fatidico pomeriggio di primavera, in cui la sua stanza, da paradiso s’era trasformata in inferno…
 
 
-          La casa è vuota! – Aveva sghignazzato Lucy, girando la chiave nella toppa. Gli occhi verdi di Reneé si illuminarono e le due si precipitarono in casa Lawless prima che qualcuno potesse vederle insieme e destare sospetti come al solito.
-          Wo-hooo! – Aveva riso allegra Reneé, piroettando verso il salotto. – Hai avuto un’ottima idea…
Lucy sorrise maliziosamente e le si avvicinò.
-          Lo so – replicò, e le cinse la vita con un braccio. – Steve è al lavoro…
-          Robert è sul set…
-          Miles è a casa tua…
-          E Judah è con lui!
Risero e Lucy chinò un po’ il volto per depositare un bacio leggero sulla bocca di Reneé, l’ombra dell’allegria ancora sulle labbra.
-          Saremo un po’ troppo malvagie?! – Ipotizzò Ren, specchiandosi negli occhi cerulei dell’altra, che sorrise.
-          Può darsi. – Senza abbandonare i fianchi della sua amante, Luce si sporse e prese il telecomando dello stereo; premette il classico bottone rosso e accese il sistema.
Everybody hurts partì immediatamente e le labbra di entrambe si allargarono in un sorriso innamorato.
-          Che ricordi questa canzone… - Sospirò la bionda, chiudendo gli occhi e appoggiando la fronte sul petto dell’altra.
-          Già. – Sussurrò soltanto Luce, posando il mento sui capelli biondi di Reneé e cullandola fra le sue braccia.
 Non era mai stata una persona di molte parole, e soprattutto quel momento così perfetto la spingeva a tacere, a non dire niente; nemmeno il “ti amo” che adorava mormorarle all’orecchio, perché sapeva che lei lo sapeva. Preferì pensarlo mille e mille volte, in quel momento, mentre il respiro dell’amore della sua vita le sfiorava appena la pelle.
Portò leggermente il volto indietro e le baciò dolcemente la fronte. Pensò a quante volte Xena l’aveva fatto con Gabrielle e si rese conto che erano stati i pochi momenti in cui aveva stimato e adorato Robert… “chissà se se lo merita” rifletté. Ma decise di non rispondersi. Non poteva pensare a lui quando aveva il suo amore fra e braccia senza sentirsi impura... Chissà quanto l’aveva fatta soffrire… aveva dovuto sempre mostrarsi in pubblico accanto a Tapert, sorridente per non far alzare voci, pur sapendo che al suo fianco non avrebbe voluto lui, ma la sua biondina, e che la sua biondina altrettanto voleva… Avevano dovuto nascondersi quasi fossero malate di lebbra, vedendosi di nascosto, vestendosi in modo da non farsi riconoscere, amandosi di soppiatto.
Ma Lucy incominciava ad essere stanca. E quel giorno, incurante, se l’era portata a casa, e grazie a chissà chi nessun fotografo e nessuna telecamera erano comparse dal nulla come al solito. O almeno, non ne avevano viste. Ed ora stavano lì, abbracciate strette al centro del salotto, senza muoversi, con la loro canzone di sottofondo ad illuminare i loro occhi dei momenti migliori che avevano passato insieme.
Lucy le alzò mento con un dito e i loro sguardi si incontrarono, lucenti, fulgidi, brillanti. Senza dire nulla di più, si baciarono. Dopotutto, da dire, cosa c’era? Si amavano. Che Tapert, o Muir, o il mondo intero lo volesse o no. Si staccarono lentamente, il sapore altrui ancora sulle labbra. Lucy ridacchiò piano.
-          Chettiridi. – Sorrise Reneé debolmente.
-          Sono felice. Sono… - La mora si staccò dall’abbraccio – felice. – E son una mossa energica spinse una leva sotto il divano, trasformandolo in un divano letto. – Molto felice. – Concluse.
Con un ghignò sulle labbra, le passò un braccio sotto le gambe e la sollevò da terra, posandola poi sul materasso.
-          Ah, non dirmi. – La sfotté la bionda, mentre il peso della più alta le gravava improvvisamente addosso.
-          Già! – Sghignazzò Lucy.
E senza aggiungere nient’altro, le prese con forza i polsi e glieli incrociò alti sopra la testa, scivolando poi su di loro e incominciando baciarli lentamente.
-          Dio, Lucy. – Mormorò Reneé, chiudendo gli occhi e  percependo le labbra della sua amante scendere piano lungo il braccio, il gomito, l’avambraccio, la spalla… il collo…
-          Sei bellissima. – Fu l’unica risposta di Luce al suo orecchio, per poi tracciare una via sulla guancia liscia della bionda col labbro superiore, e infine baciarla appassionatamente.
 Sentì la sua amante tremare lievemente sotto di lei e decise che si, doveva stuzzicarla, ma lei stessa non sarebbe riuscita ad aspettare troppo. Fece correre un mano verso il basso e iniziò a tirare su la maglietta nera attillata di Reneé, attaccando quel collo elegante con baci e leggeri morsetti. E troppo impegnate in quello che stavano facendo, non sentirono i passi sul marciapiede diventare sempre più forti; quattro piedi avvicinarsi alla porta di casa e solo quando udirono la chiave girare si bloccarono, fissandosi terrorizzate negli occhi. Migliaia di pensieri attraversarono le menti di entrambe, ma la porta si aprì lo stesso. Nel peggiore dei modi e con le peggiori persone che avrebbero mai dovuto scoprire l’intrigo più complicato della televisione da molti, molti anni.
Inizialmente videro solo una schiena. Grossa, bassa e tozza, per giunta. Ma poi capirono che la prima persona stava entrando di spalle e, con un passo all’indietro, rivelò capelli chiari e forme non proprio longilinee; il viso non si vedeva ancora, ma a Lucy non serviva: aveva già capito chi era. Semplicemente:
-          Cazzo – sussurrò, così piano che anche Reneé la sentì a malapena.
Il ciccione fece un secondo passo all’indietro e il suo profilo fu visibile. La bionda deglutì a fatica. Terzo passo.
L’inferno.
Con l’uomo, c’era donna, una donna molto conosciuta, anche troppo. Lunghi capelli ricci e castani le correvano per la schiena e sulla spalle, il viso bello, quasi angelico, di chi sa recitare la propria parte; magra, alta. Il tizio le teneva le mani sui fianchi e stessa cosa faceva la tizia, mentre i due si scambiavano languidi sguardi.
Quarto passo, e la donna chiuse con una pedata la porta bianca dietro di sé. Le mascelle di Lucy e Reneé caddero.
Robert Gerard Tapert. E Adrienne Marie Wilkinson. Il modo in cui si stringevano e si guardavano era inconfondibile, almeno per Lucy e Reneé, che tante e tante volte s’erano strette e guardate così; il fatto che Rob cominciasse a baciarle il collo fu solo un inutile conferma.  Adrienne ridacchiò divertita.
Non si accorsero delle due donne che si stringevano terrorizzate e che li fissavano da oltre l’arco del salotto con gli occhi velati da una bella miscela fra stupore, incredulità e shock, finchè Lucy non esclamò:
-          Naaaaaaaaaaah! Non è vero!
Lo stesso sguardo ora lo avevano Rob e Adrienne. Come biasimarli.
Lucy, improvvisamente, si rese conto che la sua compagna era in reggiseno e l’abbracciò tentando di coprirla. Frettolosamente, la bionda si infilò la maglietta nera, ma la sua amante non si staccò comunque, e allora ricambiò la stretta, impaurita alle conseguenze che quel pomeriggio avrebbe portato.
Cinque minuti dopo stavano tutti e quattro seduti al tavolo della cucina, discutendo più o meno civilmente sul da farsi.
-          La storia  è iniziata due mesi fa. – Spiegò con voce priva di emozione Wilkinson. – Ci siamo incontrati per caso. Rob mi ha offerto un caffè, e da lì è iniziato tutto. Ma, insomma… non siamo proprio amanti…
-          Diciamo scopamici. – concluse amareggiato Tapert. Poi si rivolse a Lucy con sguardo ferito. – Ti sentivo distante. Non stavamo insieme da tanto tempo… E… E… E’ successo. Niente più…
-          Robert – lo interruppe Lucy. Il momento che temeva più di qualunque altro era giunto. Era strano: credeva che si sarebbe sentita impaurita, ma in quel momento aveva solo voglia di togliersi quel macigno dal cuore. Strinse forte la mano di Ren, accasciata sulla sedia accanto alla sua con sguardo basso, e prese un profondo respiro. – Io e Reneé stiamo insieme da tre anni.
-          COOOOOOOOOOOOOOSA?! – Urlò Tapert, alzandosi dalla sua sedia di scatto. – TRE ANNI?! Vuoi scherzare?! Mi hai preso in giro per TRE ANNI?! La mia in confronto è una cotta dell’asilo!!!!!!!! …Hai idea di cosa sarebbe potuto succedere se lo avesse scoperto qualcuno??! – Poi, all’improvviso, si bloccò, e un sorrisetto folle gli piegò le labbra, quasi fosse stato folgorato.
-          Oh no. – Lo dissuase Lucy scuotendo il capo lentamente. – Tu non lo farai. Brutto coglione, tu non lo farai…
Questa volta fu Adrienne a scattare.
-          Non chiamarlo così!!! Tu e la tua.. puttanella… - Sibilò con rancore, fissando Reneé.
Lucy sgranò gli occhi e, piano, si alzò.
-          Questa non gliela dovevi dire. – Asserì, e rapida alzò la mano per mollare a Adrienne un sonoro schiaffo sulla guancia. Probabilmente l’avrebbe fatto, se Ren non l’avesse fermata in tempo.
-          Ok, calma. – Li invitò cauta. I tre si lasciarono cadere sulle rispettive sedie. – In fondo, siamo pari. Perciò, nessuno dirà niente alla stampa, noi faremo finta che nulla sia successo, ma continueremo a vivere i nostri… piccoli segreti. D’accordo?
-          Tu ti aspetti di continuare  veder Lucy dopo che… - Iniziò Robert con espressione schifata.
-          Si – lo interruppe Reneé, e questa volta fu il suo turno di stringere la grande mano di Luce nella sua – per lei rifiuterei mille volte Steve.
Un lieve sorriso increspò le labbra delle due amanti, mentre un terzo compariva anche su quelle di Tapert, seppure ben diverso. Il suo era quasi esasperato.
-          Voi due vi amate, non è vero? – Intuì con le lacrime agli occhi. Lucy e Reneé si limitarono a sorridere ancora. – Credo di averlo sempre saputo…
 
“Ma mai accettato” riflettè Lucy, entrando nella sala che per quella sera avrebbe funto da discoteca. Prima che venisse sommersa dall’orda di fan, riuscì a trovare Reneé con lo sguardo. E capì che il sorriso che le aveva rivolto, quello che serbava solo a lei, quello innamorato, valeva ogni lotta e sacrificio che le era costato.  

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Capitolo 3
*** Adagio. ***


Per la gioia di un mio amico (è.é) e un po' in ritardo (scusate) pubblico il terzo :3 A voi. (muahauahauhau Lopy.)
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Lucy sbuffò impercettibilmente.
Stava ballando con degli inesauribili xeniti da almeno un’ora, Reneé era circondata dalla folla in lontananza e la musica a palla le faceva vibrare i capelli e un lieve mal di testa le incominciava ad affiorarle dalle tempie, e in tutto questo, manteneva sulle labbra il suo miglior falso e utilissimo sorriso.
Perché aveva solo voglia di raggiungere la sua amante, prenderla in braccio e portarsela nei camerini, o a casa, o dove semplicemente sarebbero rimaste sole, e baciarsela dalla testa ai piedi, ma “più tardi” si consolò. Continuò a ondeggiare, ridendo e scherzando con i suoi fan per un po’, cercando di rilassarsi e non pensare a niente. Fin lì, no problema. Il punto era non fingere e provarci veramente. E poi i piedi cominciavano a farle male, muniti di quei tacchi di cui aveva dimenticato l’altezza… o forse non l’aveva mai saputa…


-Oh, guarda che belle! – Esclamo Reneé estasiata, prendendo da una pila di scatole il modello di una scarpa.
Si trovavano in un negozio d’abbigliamento, nel reparto calzature, e la bionda correva di qua e di là come una bimba fra i giocattoli. Lucy si guardò intorno, studiando il posto con occhio critico.
- Reneé. – Chiamò.
Lei alzò lo sguardo e sorrise beata.
- Si?...
-  Andiamo via. Siamo capitate nella zona delle armi bianche. Potrebbe essere pericoloso… Ouch! – S’interruppe ghignando e massaggiandosi il braccio.
- Smettila. – L’avvertì Reneé seria, puntandole l’indice davanti al naso. Lucy sorrise.
- Altrimenti che mi fai? – Replicò piano, e le leccò la punta del dito.
- Non qui!! – Sibilò la bionda, ritraendo in fretta la mano. La mora rise.
- Ok, ok… - S’arrese divertita. – Su, fammi vedere quelle dannate scarpe… prima andiamo via di qui, meglio è.
Reneé annuì e le mostrò il modello.
- Ti dovrebbero andar bene…
Lucy le squadrò. Erano sottili, nere, lucide, e con esagerati tacchi a spillo.
- Vero. Sono belle. – Considerò. Poi alzò lo sguardo, cercando qualcosa che teneva sott’occhio da appena entrata nel negozio. Sorrise. – E sai cosa dovrebbe stare bene a te?... – Sussurrò. Prese l’amante per le spalle e la volse con una mossa secca verso il reparto intimo. – Quello. – E indicò un completino di pizzo scarlatto.
Reneé avvampò e non disse niente.
- Io compro le scarpe se tu lo compri. Che ne dici? – Mormorò con voce calda all’orecchio di lei.



Lucy sorrise appena alla visione di Reneé in quelle vesti, trovandosi improvvisamente a rabbrividire con le labbra secche. Con un movimento rapido, ci passò sopra la lingua e finalmente riuscì ad abbandonarsi al ritmo, cosciente della serata che l’aspettava.
Dopo un po’, cercò la sua bionda con lo sguardo. Era ancora lì, che ballava insieme e fra i suoi fan, con un sorriso sicuramente più bello e sincero di quello di Lucy sulle sue labbra perfette. Dopotutto, lei amava ballare, e Lucy quasi s’inorgoglì della sua bellezza.
Qualunque xenita, se solo non avesse visto ciò che voleva vedere – Xena tranquillamente e felicemente sposata col suo Ares – ma quello che c’era realmente, avrebbe capito come stavano le cose. Non ci voleva poi tanto. Il modo in cui Reneé impallidiva appena mentre la guardava, e come al contrario Lucy leggermente arrossiva; il modo in cui si sorridevano, con sincerità, con dolcezza, con imbarazzo; il modo, molto più passionale ed emotivo del richiesto, in cui s’erano baciate più volte sul set… la verità era ovunque. Com’erano cechi… E anche Rob! Com’era stato sciocco!
Lucy scosse la testa a quei peniseri. Se ci si fosse soffermata solo un altro po’, sarebbe potuta scoppiare a piangere. Sospirò e smise lentamente di ondeggiare. I fan smisero insieme a lei e la fissarono leggermente perplessi. Lei sorrise un momento.
- BAR?! – Urlò per farsi sentire oltre la musica. Gli xeniti risero come bambini alzarono i pollici in segno di approvazione, per poi seguire la donna come un gregge di pecore.
Reneé si alzò in punta di piedi, per tentare di inquadrare la situazione oltre lo spesso strato di ancora entusiasti fan che sembravano non terminare mai la propria energia; ma la su statura non glielo permise. Immediatamente, due mani grandi e forti le si posarono in vita da dietro e la sollevarono ondeggiando.
La bionda guardò a destra e a sinistra, disorientata, mentre risate ed applausi si levavano dal pubblico. Poi, finalmente, abbassò lo sguardo e trovò un William Gregory-Lee più sorridente che mai.
La sua presenza era stata accordata per la prima parte della giornata, ma aveva disdetto per un imprevisto. Che ci facesse lì se lo chiedeva anche Lucy, e “in memoria dei vecchi tempi” aveva ragionevolmente pensato lui; risposta che per Xena non sarebbe stata granchè sufficiente.
Reneé gli sorrise allegra e stupita e le passò momentaneamente di testa cercare Lucy; solo dopo vari e divertiti giri in tondo se ne ricordò e rialzò gli occhi, improvvisamente preoccupati, sulla sala.
Stava seduta allo sgabello del bar, sorseggiando piano una birra e digrignando contemporaneamente i denti. Le scarpe giacevano lì accanto, una sull’altra come se fossero state sfilate via con frustrazione ed impazienza. Plausibile.
Il suo gruppo di xeniti le stava tutto intorno, fissandola e sorridendo stupidamente, come se si aspettasse che da un momento al’altro si mettesse a fare salti mortali, o l’urlo di guerra, o ancora tirasse fuori il chakram e prendesse a farlo rimbalzare fra le pareti.
Ma Lucy non ci badò. Continuava a tenere sott’occhio William e Reneé, perché quella scena le era fin troppo familiare…
- Come sei arrivato qui?! – Chiese la bionda all’amico con un gran sorriso appena fu posata a terra.
- Eh?!
Ren riflettè un momento, per poi ripetere:
- COME SEI ARRIVATO QUI?!
- OH!... EHM, MI HA ACCOMPAGNATO ROBERT!
Il sorriso svanì rapidamente dalle sue labbra.
- ROBERT?... IL CICC…TAPERT E’ QUI?!?
William annuì, ma volendo il destino dare ulteriore conferma della presenza intrusa, un boato scoppiò tra i fan.
Il Cicc-Tapert era tornato.
Lucy digrignò i denti ancora di più. La maggioranza tutti gli xeniti presenti (più il dj, dopo  aver abbassato la musica drasticamente) scemarono verso di lui, permettendo alle due donne di respirare; la mora, ignorando il dolore ai piedi, infilò con velocità le scarpe e si avvicinò alla sua amante a grandi falcate, tentando di mascherare comunque la sua rabbia. Per la prima volta, non le riuscì troppo bene, e alcune persone si voltarono a fissarla mentre passava.
William seguì i fan, terrorizzato da quel demone in tacchi.
Lucy sorrise falsamente. Cinse la vita di Ren con un braccio, e insieme si diressero di nuovo al bar.
- Che cazzo ci fa William qui. – Sibilò la mora.
- Potrei fare la stessa domanda per tuo marito. – Ringhiò Reneé.
- Non è mio marito.
- E allora cos’è.
- Un fottuto idiota.
L’ombra di un sorriso compiaciuto comparve sul volto della bionda.
- Non hai mica tutti i torti… E’ per lui che hai tardato ad arrivare?
Lucy annuì piano.
- Ha fatto lo stronzo. Ha incominciato a insultarti. Non potevo fargliela passare.
- E tu cos’hai risposto?...
- Gli ho detto che è tardo. – Rispose la mora con noncuranza. – E naturalmente, ho colto l’occasione per specificare quanto ti ami. -  Il sorriso tornò ad aprirsi magnificò sulle labbra di Reneé, e lei si strinse di più all’amante.

Per tutta la conversazione, entrambe avevano portato sul volto un’espressione forzata, ma ora l’increspatura sulle loro labbra era maledettamente sincera. Riuscirono a sedersi sugli sgabelli del bar con nessuno intorno. Miracolo, in effetti.
Nei loro occhi comparve la dolcezza invisibile di chi si tiene la mano di nascosto.
- Grazie per avermi difeso. – Incominciò Ren. Chiuse gli occhi. –Sai che ti amo anch’io – mormorò appena per non farsi sentire neppure dal barista.
I loro sorrisi s’allargarono ancora e si voltarono a guardarsi con una tenerezza che Robert, né Steve, avrebbero mai conosciuto. Rimasero in silenzio per qualche istante, a contemplarsi con gli occhi che brillavano, per un momento perse nella convinzione di essere sole al mondo… finché il barista non fece un passo di troppo.
Lucy si schiarì la gola e lo fissò con tale istinto omicida da farlo allontanare in tutta fretta, imbarazzato. Reneé rise, ma l’incanto era ormai rotto.
Entrambe maledissero mentalmente i maschi.
- Allora… ti irriti se mi sfilo queste torture dai piedi?!
- Naaaah, il premio te lo sei guadagnato… Replicò Ren, fingendo di grattarsi una spalla e mettendo invece in mostra una delicata bretellina scarlatta. Lucy sgranò gli occhi. Immediatamente, afferrò il boccale e bevve un sorso della birra appoggiata sul bancone poco prima, giusto per placare l’improvvisa sete.
Reneé ridacchiò, ma le sue guance presero violentemente colore quando vide il segno della schiuma sul volto della sua mora.
- Ha… hai… ehm… - e indicò confusamente le labbra dell’altra. Lucy la scrutò perplessa ed inarcò un sopracciglio.
- Cosa…?
La bionda sbattè velocemente le palpebre, poi prese un fazzoletto al bancone e tastò le labbra dell’amica per asciugarle.
Il respiro di entrambe aumentò notevolmente e le due tornarono a specchiarsi in quegli occhi che bruciavano, distruggendo ogni brutto ricordo, distruggendo la voce di Tapert che s’udiva oltre le grida entusiaste della folla.
Deglutirono a fatica, e rimasero in quella posizione per un po’.
Ma l’idillio venne nuovamente interrotto dalle voci degli xeniti, dalle loro risate, dai loro passi, che si avvicinavano capitanati dal Ciccione – formula che, ovvio, gli si addice più del suo nome. Senza degnare Reneé di uno sguardo, porse con un sorriso crudele la mano a sua moglie.
- E ORA – gridò il dj al microfono – UNA CANZONE RICHIESTA DAL NOSTRO TAPERT IN PERSONA! WISH YOU WERE HERE! E VAI COL PRIMO LENTO DELLA SERATA – E alzò il volume di botto.
Le prime note soavi della canzone dei Pink Floyd rimbombarono nella sala. I fan applaudirono entusiasti, gridando e fischiando in segno di approvazione per la galanteria di Tapert, alzandosi sulle punte per vedere la scena. Lucy fissò Reneé per un istante.
Gi occhi verdi supplicavano, gli azzurri chiedevano scusa.
La mora, tristemente, ma forzandosi di essere allegra, stupita e lusingata dal gesto del marito, posò la mano su quella di lui, ed un altro boato di felicità esplose. Reneé si costrinse a sorridere ed applaudire, con le lacrime agli occhi ricacciate indietro a forza, recitando la parte dell’amica contenta.
In fondo, recitare era il suo lavoro
…ma voleva gridare..
Voleva gridare il suo dolore, voleva gridare che l’amava, davanti ai suoi fan, davanti agli xeniti, davanti a Tapert, davanti a Will; voleva gridare che le stava facendo male… tanto, tanto, tanto male.
Voleva chiederle perché.
Se era vero che l’amava, perché. Se desiderava stare con lei… perché. Ma la risposta la sapeva; era inutile fare scenate, sputtanarsi, finire nei casini… non le avrebbero accettate… semplicemente, non le avrebbero accettate.
Reneé strinse il boccale fra le dita con forza, mentre Lucy abbracciava Tapert rigida come il legno. Nemmeno lei desiderava quello che stava accadendo.
Non voleva lui fra le braccia. Voleva lei.
Non voleva ballare quella canzone con lui. Voleva ballarla con lei.
Non voleva che gli xeniti acclamassero lui. Voleva che acclamassero loro.
Chiuse gli occhi, mentre Rob ghignava quasi perfidamente, e immaginò di stare ondeggiando con la sua biondina preferita…. Forse, se si concentrava, riusciva quasi a ricordare il primo lento che avevano ballato insieme…


Era stato qualche settimana dopo la loro confessione, e dopo la loro prima notte.
La casa di Reneé, quella sera, era vuota. Miracolo, anche quello. Il loro amore sarebbe stato formato, a dir la verità, da tanti piccoli miracoli, se il loro amore non fosse stato anch’esso uno di loro.
All’esterno della grande finestra del salotto pioveva a dirotto, quasi il cielo cercasse un paragone con il diluvio universale, e nessuno si sarebbe azzardato ad uscire con quel tempaccio. Solo Lucy, e non le servì nemmeno troppo coraggio. La sua Ren l’aveva avvertita. Non poteva lasciarsi sfuggire un’occasione del genere, che piovesse, nevicasse, grandinasse, o bruciasse il paradiso.
- Rob, vado a cena da Reneé. – esordì la mora, scendendo le scale e contemporaneamente infilandosi gli orecchini che l’amante le aveva donato per compleanno.
- Quando torni? – Domandò Tapert, comodamente spaparanzato sul divano davanti alla tv, con una ciotola di popcorn accoccolata su quei prosciutti che si ritrovava per cosce.
- Lucy esitò un momento, aggiustandosi il cappotto beige.
- Tardi.
- Fai attenzione con questo tempo. – L’avvertì Rob, finalmente degnandosi di alzarsi per salutare la moglie.
- Va bene. – assentì la mora. Tapert sorrise e si alzò sulle punte per baciarla; immediatamente, Lucy scostò il volto e le labbra dell’uomo piombarono sulla guancia di lei.
Rimase un attimo spiazzato, con un’aria confusa sul volto. Fece un passo indietro e deglutì a fatica. Lei inarcò un sopracciglio.
- Passa… un buona serata.
- …Anche tu. – E di fretta uscì di casa, aprendo l’ombrello giusto per arrivare fino alla macchina incolume.
Judah si avvicinò piano al padre.
- Papà…
- Che c’è, tesoro?
- Dove va la mamma?
Gli occhi dell’uomo si fecero lucidi.
- Non lo so, piccolo… non lo so…
Lucy, durante il tragitto, cominciò a sentirsi leggermente in colpa. Non per Robert, ovviamente, ma per suo figlio… Insomma, non aveva fatto niente. Non aveva colpa d’essere finito in una famiglia così disastrata, in cui il padre amava la madre, la madre amava la “zia”, la “zia” amava la madre e lo “zio” amava la “zia”. Era, insomma, una situazione piuttosto complicata, e la mora cercava di parlargliene il meno possibile, ma non c’era modo di non coinvolgere tutti, pensava con un pizzico di rassegnazione.
Pizzico di rassegnazione che svanì nel nulla quando imboccò la via in cui abitava Ren. Parcheggiò e, nell’eccitazione, dimenticò l’ombrello in macchina. Semplicemente, corse fino alla porta della sua amante, che trovò socchiusa, ed entrò nella casa in cui avrebbe adorato vivere. Reneé l’aspettava già sull’uscio.
- Ciao! Ti ho vista arrivare! – Salutò allegra. Ma prima che la più alta potesse dire o fare qualcosa, il suo sguardo si fece preoccupato ed aggiunse: - Ti sei bagnata?...
Lucy non rispose, ma sorrise maliziosamente e si tolse il cappotto, rivelando un vestito rosso senza maniche e che la arrivava appena al ginocchio. Inutile parlare della scollatura. Reneé avvampò, e la mora le si avvicinò lentamente, sorridendo diabolicamente.
- No. – Replicò. La sua voce mandò un tremito lungo la schiena della bionda, che aveva persino dimenticato la sua domanda. – E tu?
La più bassa rise e le due si baciarono, felici di poter passare una serata insieme.
Cenarono con calma, rilassate. Avevano tempo. Si tennero sempre per mano, con della musica soffusa di sottofondo, e quando finirono di mangiare Lucy si alzò e, inchinandosi, le chiese un ballo.
Proprio in quel momento terminava Love is all di Marc Anthony e partiva Everybody Hurts dei REM. Si strinsero ed iniziarono ad ondeggiare piano, sorridenti.
Fuori pioveva ancora. Le serrande erano alzate, nonostante l’ora, e gli stoppini ardevano sparsi. Qualunque persona si fosse azzardata ad uscire, avrebbe potuto tranquillamente vedere la scena, scattare una foto, girare video…
Ma nessuno sarebbe uscito, la pioggia era troppo forte…
Don’t let yourself go
‘cause everybody cries
Everybody hurts…
…sometimes.
Lucy si sentiva così meravigliosamente bene. Era come se il mondo intorno a loro si fosse bloccato, o non esistesse, o non fosse mai realmente esistito, o come se trattenesse il fiato… ma a lei del mondo non importava… A lei importava solo del piccolo mondo biondo che teneva fra le braccia. Perché era il suo mondo, e stava fra le sue braccia. E non si sentiva per niente strana, o a disagio… si sentiva a casa…. E allora Lucy pensò, accarezzandole appena i capelli, che il cielo non era così lontano, e tanto meno il Paradiso doveva esserlo. Il Paradiso era quella casa… Il Paradiso era Reneé. E il Paradiso, e tutta la Terra, andavano così… Adagio.
Avvicinò le labbra all’orecchio di lei e sussurrò:
- Ultimamente te l’ho detto che ti amo?...
La bionda sorrise dolcemente e scosse piano la testa.
- Allora ti amo. – Mormorò Lucy, appoggiando la fronte su quella dell’altra.
- Anch’io… ti amo anch’io.



Lacrime salirono agli occhi di Lucy.

Oh how I wish,
How I wish you were here…

Reneé si sfregò una guancia. Non lo sopportava. Non lo sopportava.
Robert ghignò.
-  Basta. – Sussurrò pianissimo la mora. – Smettila.
- Di fare cosa?... – Mormorò Tapert.
- Di starmi fra i piedi.
- Sono tuo marito. Ne ho il diritto.
Lucy strizzò gli occhi.
- Devi per forza ricordarmi sempre l’errore più grande della mia vita?...
Robert fece finta di nulla.

- Quando terminiamo, baciamoci.
- Cosa?! – Sibilò l’altra.
- Hai capito. Stai facendo delle facce assurde. Non si devono insospettire.
- Scordatelo.
- Fallo.
- Voglio il divorzio.
- Io i documenti, tanto, non li firmo.
- Voglio il divorzio.
- Non m’interessa.
- Ti denuncio.
- Saresti finita.
- Ti odio Robert… - Una lacrima scivolò silenziosa lungo la guancia di Lucy. – …Ti odio…

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Capitolo 4
*** Dannazione. ***


Scusate il ritardo. Non è stato un periodo particolarmente allegro, ma ora… ora è tutto a posto.
Sempre a Lei, naturalmente, e so che leggerà fra le righe – ma anche direttamente le righe.
(E Fra, giuro che se appena finisci di leggere inizi a scartavetrarmi per il quinto, Mish rimane vedova.)

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Reneé osservò la scena, lo sguardo lievemente spaesato e che – dentro – aveva voglia di devastare ciò che le rimaneva dentro di solo vagamente tranquillo, o calmo.
Le labbra le tremarono. E guardando Lucy e Rob ondeggiare piano, fra gli xeniti così entusiasti di vederli assieme; così felici, in fondo - realizzati – nel vedere la loro coppia che entusiasta si abbracciava lì, poté percepire… tutte le incertezze… i dubbi, le domande, le ansie, le insicurezze rinascere. Le poté percepire annodarsi in gola, da dove le aveva represse, senza che potesse far nulla per sopprimerle di nuovo; e allora, prendendo un corridoio riservato, scappò in bagno.
Non corse solo perché aveva i tacchi.
I pochi fan che fecero caso a lei non le diedero troppo spazio; erano troppo presi dai loro idoli, troppo cechi.

Si era fidata di lei. E lei l’aveva fatto comunque.
Sapeva che era giusto così – non potevano stare insieme, non potevano – eppure le sembrava allo stesso tempo così… così fondamentale. Come se non avesse potuto andare diversamente.
Si guardava intorno, ci pensava – e si rendeva conto che quei momenti che avevano vissuto erano i risultati di tutte le difficoltà che avevano attraversato… erano i risultati di tutte le volte che si erano guardate, e Reneé aveva abbozzato un sorriso, Lucy sorriso più ampiamente e le labbra della bionda illuminate di più. Perché il sorriso di una era il sorriso dell’altra. Erano i risultati delle lotte interiori, combattute chiedendosi se fosse giusto o meno; se le distanze che dovevano spesso – anche troppo spesso - dividerle sarebbero riuscite a rovinare quello che c’era fra loro; se ne valesse la pena. Se davvero ne valesse la pena.
“Oh, andiamo” sussurrò a sé stessa mentre si fissava allo specchio, “Non aveva scelta”.
Eppure, solo qualche secondo dopo sentì un boato immenso - l’ennesimo, quella sera - e non le ci volle molto per capire cos’era successo.
Chiuse gli occhi verdi.
“Dannazione” sussurrò.
Strinse fra le dita sottili il bordo del lavandino e si costrinse a non versare lacrime: le si sarebbe sbavato il trucco. Non poteva permetterselo. Non poteva permettersi di essere così dannatamente evidente. Doveva essere forte.
Ma più pensava a tenere indietro e a controllare le gocce d’acqua sul suo viso, più queste cercavano impellenti di uscire; cos’era? Una sorta di autodistruzione?
Sbatté le palpebre e si costrinse a guardarsi negli occhi. Erano irritati, e la voglia di piangere faceva risplendere ancora di più il loro colore.
“Perché reagisci così?” si mormorò. “Ti sei sempre nascosta bene. Dov’è il problema ora? Lo hai sempre saputo. In fondo, lo hai sempre saputo. E’ questo? Che lo sapessi? Che lo sapessi non essere riuscita ad evitarlo?”. Prese un respiro profondo. “O forse il fatto di aver fatto tutti quei merda di sacrifici per lei, e lei non sia riuscita nemmeno a evitare un ballo con il suo maritino ufficiale davanti a te?”.
Si morse il labbro inferiore.
Colpito e affondato.
“Dannazione” bisbigliò. E non era per la lieve sbavatura del rossetto che si era procurata.
Si sfregò con delicatezza una guancia, attenta a non rovinare il fondotinta, e si sistemò il trucco sotto gli occhi. Provò a fare un sorriso. Provò a ridere un po’. E cercò di replicare la luce nello sguardo che aveva fino a pochi minuti prima – quello di quando aveva la sua Luce davanti – ma subito sentì dei passi risuonare appena fuori dalla porta.
Sgranò gli occhi.
-          Ma che cazzo. – Imprecò, nascondendosi velocemente nella toilette, la schiena contro la piccola porta.

Respirò piano.
Conosceva i passi di Lucy. E per quanto desiderasse che fossero suoi, non lo erano…
Eppure… anche quelli… le tornavano, in qualche modo, familiari.
Le ci volle un attimo per scavare nella sua mente, ma poi se ne rese conto. Sgranò gli occhi. “Ma cos… No… No, no, no, merda, no”. Si stava sbagliando. Si stava sbagliando per forza.
La porta del bagno si aprì e una camminata sfarzosa riempì il silenzio. Si fermò davanti agli specchi, dopo poco prima si trovava Ren.
La bionda salì sulla tavolozza, in equilibrio precario; si sollevò sulle punte e il suo caschetto biondo spuntò da dietro la cima della portellina.

E fissò il riflesso nello specchio di quei capelli ricci, e castani, che incorniciavano il viso magro e bello… quasi angelico… il fisico asciutto, le labbra sottili, gli occhi grandi. La figura si stava passando del rossetto color sangue sulla bocca, attenta a non sbaffarsi, e si sistemava con precisione l’acconciatura.
“Dannazione” sussurrò Ren, impercettibile, prima di scendere con delicatezza sul pavimento senza far rumore.
Adrienne non si accorse della sua presenza, e la bionda sperò solo che quel supplizio finisse in fretta. Che potesse uscire da lì come vi era entrata – e magari anche tranquilla, sapendo che la sua Luce l’amava. Anche se, davanti a quel ballo, tutto quanto era come svanito in una nebbiolina sottile – tutti i ricordi, risate, baci, lacrime – tutto andato all’aria. Aveva l’impressione che Lucy, con quello sguardo di scuse, le avesse chiesto perdono per ogni male che le aveva fatto, che le stava facendo, e che era sicura le avrebbe fatto. Uno scusa perché non avrebbe smesso facilmente.

Si appoggiò di nuovo con delicatezza alla porticella, senza osar fiatare, il pianto silenzioso che voleva inondarle le guance.
Perché?
Perché l’aveva fatto?
Non aveva alcun senso. Ne avevano passate a migliaia, e ora? L’abbandonava così? Perché?

Ma ecco, altri passi. Altri passi. Altri passi, che si avvicinavano al bagno… di corsa.
Percepì Adrienne bloccarsi.
Ren chiuse gli occhi e sorrise commossa – quei passi li conosceva bene. Anche solo dal semplice fatto che fossero privi di scarpe – rimbombava il classico rumore che fanno i piedi scalzi quando percorrono una moquette – era un gridare al mondo “Amore, sono tornata”. E poi, perché conosceva bene il rumore lieve e dolcissimo che facevano i suoi piedi quando correva scalza e agitata; ed era orgogliosa, mentre la porta del bagno si apriva per la terza volta quella sera, di saperli riconoscere.
-          Adrienne?... – Una voce calda e allegramente accentata si acuì di sorpresa.
-          Lucy… ?
Reneé salì nuovamente sulla tavoletta, il tempo di vedere l’espressione di Luce variare dallo stupita all’incazzata.
-          Spiegami un attimo perché sei qui.
-          Oh, mi ha accompagnato Rob. Pensava sarebbe stato carino.
-          … Carino.
-          Carino.
-          Prima lui, poi Will, poi Hudson*, poi tu. Tutti venuti con la sua macchina. Non so, c’è da aspettarsi di veder spuntare Claire** dai cessi da un momento all’altro.
“Woh, woh, woh” pensò la più piccola. “Hudson? Hudson Leick?” Si alzò sulle punte e inarcò le sopracciglia. Lucy la vide. Sbiancò.
-          Uh? – Fece Adrienne, voltandosi verso la toilette in cui si nascondeva la bionda.
Ren si accovacciò fulminea, paonazza nel reprimere le risate.
-          Uh, niente. – Minimizzò Luce dopo un momento, distogliendo lo sguardo con naturalezza. – Dicevamo.
La clandestina si risistemò in posizione eretta, e mimò all’amante con le labbra: “Problemi con la gente che spunta dai cessi?”.
La mora si morse il labbro inferiore.
-          Dicevamo che la convention è di Xena, non tua. Perciò, possiamo venire a nostro piacimento.
-          Potevate fare uno squillo, tutti quanti – sospirò amareggiata – se l’avessi saputo, almeno non sarei venuta io.
-          Evviva la sincerità! – Sorrise falsamente l’altra, un finto scatto di gioia sul viso.
-          Ma almeno ditemi che vi avevano fatto di male Will e Huds.
-          Oh, nulla di che. Avevamo bisogno di qualcuno che ci accompagnasse, o la cosa sarebbe parsa sospetta. Will è molto ingenuo, sai, e Huds…
-          Non dirmi che Huds è ingenua, perché l’ultima volta che l’ho vista si stava allenando per una lap dance!
-          Infatti – rise la Wilkinson – qualcuno doveva pur intrattenere i fan.
-          Capisco – annuì lentamente Luce.
Adrienne sorrise divertita.
-          Oh, e a proposito. Dov’è la piccola O’Connor?
Lucy prese un respiro profondo.
-          La… la stavo appunto cercando.
-          Beh, qui non c’è. Cerca da un’altra parte.
Ren esibì una splendida smorfia.
-          Anche perché io dovrei andare al bagno, quindi… - e si diresse verso il nascondiglio della più piccola con uno scatto improvviso.
Lei imprecò e si accovacciò nuovamente.
-          EHI – Chiamò Lucy rapidamente, per ottenere la sua attenzione. – Eh… Uh… Mh…
-          … Cosa – ribattè stancamente Adrienne, girandosi l’ennesima volta.
-          Uh… quello… mi hanno detto che il primo ha un guasto… vai negli altri.
La Wilkinson la fissò per qualche secondo, scettica, poi si allontanò ed entrò nell’ultima toilette.

Ren sospirò di sollievo, e pianissimo si raddrizzò. Lucy si avvicinò e le aprì la portellina, la preoccupazione sul viso; e senza dire niente le offrì la mano. La bionda esitò un momento, poi posò la propria sulla sua, e delicatamente scese.
Si guardarono un attimo, poi Lucy l’attirò a sé e la strinse.
L’altra accoccolò la testa sotto il mento di lei, e chiuse gli occhi, abbracciandola a propria volta.
Respirarono piano.
Senza dire nulla.
Lucy le baciò i capelli. Reneé non si mosse.
Poi si voltarono piano verso lo specchio, in modo che la mora abbracciasse da dietro la bionda ed entrambe si potessero riflettere.
La più alta avvicinò le labbra all’orecchio dell’altra.
-          Sei una scema completa. – Mormorò.
Ren sorrise.
-          Lo so.
Luce sorrise e quell’increspatura sulle labbra di lei, per solo un attimo, le portò via il respiro. 
-          Ma odio quando… quando mi fai venire tutti questi dubbi, queste ansie. Mi sale l’angoscia.
-          Mi… mi spiace.
Gli occhi verdi di Reneé si illuminarono appena, velati. E studiando il riflesso di quell’abbraccio…


-          Lucy…
-          Ehi Ren. Dimmi.
-          S… s… Io…
-          E’ successo qualcosa?
-          Sono incinta.
-          O… oh. Congratulazioni. 
 
-          E’ bellissimo. Somiglia alla mamma.
-          Lucy… piantala.
-          Sul serio.
 
-          Per gli dèi, Lucy, i tuoi capelli sono un disastro.
-          Strano, non sento il pettine tirare.
-           Forse perché preferisco vederti in condizioni disastrose piuttosto che farti male.
 
-          Lucy? LUCY?
-          Gn, stavo dormendo… dimmi.
-          HO CHIESTO IL DIVORZIO A STEVE.
-          EH?
-          HO CHIESTO IL DIVORZIO A STEEEEEVE!
-          AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAH 
 
-          E’… è bello.
-          Cosa?
-          Starsene abbracciate così. E’ semplicemente… semplicemente bello.
-          Già.
 
-          Ehi tu. Muovi le chiappe e torna. Mi manchi.
-          Anche tu mi manchi. Robert ieri ci ha provato con me…
-          E che gli hai detto?!
-          Che non avevo voglia!
-          Viva la sincerità! Lo prenderò a sprangate.
-          Meh, purtroppo avere rapporti con il proprio coniuge potrebbe essere vagamente normale.
-          Appunto, è il tuo coniuge. Grazie per avermelo ricordato, ora se ne becca il doppio.
 
-          Piccola O’Coooooonnoooooor dove ti sei nascosta?
-          Ghghgh.
-          Ti ho sentito, scema.
-          Allora vieni a fare tana!...
-          Sei ubriaca per caso?...
-          Nah, non particolarmente. Sai una cosa?
-          Cosa?
-          Gli unicorni sono belliiiiiiiiiiiiiiiiiiiiissimi.
 
-          RENEE’, DANNAZIONE
-          Diiiimmi?
-          PIANTALA
-          Ma mi piace farti il solletico…
-          GNAAAAAAA
 
-          Lucy?...
-          Mh?
-          Sei davvero bellissima.
 
-          Me lo fai un sorriso?
-          Non sono dell’umore…
-          Quando sorridi, risplendi. E’ una cosa magnifica.
-         
 
-          Grazie.
-          Di… ?
-          Ora che me lo chiedi, potrei risponderti in mille modi diversi; ma in questo momento… grazie di essere l’unica a farmi ridere quando ho solo voglia di ammazzare qualcuno. E per ammazzare intendo prendere sotto con un trattore. E per qualcuno, intendo Rob.
-          Happy to help.
 
-          Lucy?
-          Mh?
-          Sono… sono davvero felice.
-          Per?
-          Tutto. Tutto.
 
-          Uh… Luce… ?
-          Sì… ?
-          Da quanto sei sveglia?
-          Una decina di minuti…
-          E mi stai guardando da dieci minuti?
-          Sei un angelo quando dormi.
 
-          Sei così bella che al vederti Zeus s’inchinerebbe.
-          Davanti a te, allora?
 
Lucy le posò il naso sul collo.
-          Non ho mai… mai… mai, smesso di amarti. Nemmeno per un secondo.
Reneé abbandonò la testa sulla sua spalla, immergendosi nel suo profumo e fra i suoi capelli.
-          Mi spiace… dubitare di te.
L’altra sospirò e le posò un leggero bacetto sul collo, sfregando poi delicatamente per cancellare le tracce di rossetto.
-          Non è un qualcosa che puoi controllare. Devi solo capirlo, non ti abbandono.
-          E’ che… a volte… sembri felice fra le braccia di Robert… e…
-          Ren, sono un’attrice, che ti aspetti?
La bionda tacque.
-          Non lo so – sussurrò – non lo so. Forse… forse soltanto che lo lasci. E’ così tanto che aspetto…
Lucy respirò piano.
-          Andiamo. Da un’altra parte magari. Adrienne sta per uscire. – Aggiunse a voce bassa.
Ren annuì; esitò, poi si tolse le scarpe.
-          ADRIENNE. – Chiamò.
-          R… Reneé? – Si sentì incredulamente rispondere dalla toilette.
Chiuse piano gli occhi, si schiarì la voce, e poi – finalmente – lo disse. 
-          Vaffanculo, puttana lo dici a tua sorella.
E subito entrambe scattarono fuori, correndo scalze per i corridoi del teatro, ridacchiando divertite.
 





*Hudson: Hudson Leick, l'attrice che interpreta Callisto. 
** Claire: Clare Stansfield, Alti - altrimenti doppiato Antinea.  

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Capitolo 5
*** Coazione a ripetere ***


Give a little time to me 
I'll burn this out
We'll play hide-and-seek 
To turn this 'round 
All I want is the taste that your lips allow
My my, my my,
oh give me love.

- Ed Sheeran.





Lucy osservò Ren correre al suo fianco per i corridoi, senza nulla ai piedi nudi, le scarpe in mano, il respiro leggermente affannoso e un gran sorriso su quelle labbra tenere.

E per poco non andò a sbattere contro una colonna.

-          Idiota – l’apostrofò la bionda in un mugolio divertito – guarda dove metti i piedi.
-          Ma mi distrai – sospirò Luce, le scarpe che ondeggiavano fra le dita.
-          Pensa a trovare una stanza vuota – replicò l’altra, senza accennare a rallentare.
-          Fanculo – annaspò la mora, afferrandole un braccio e tirandola a sé, nascondendosi dietro un angolo.
Un istante dopo, osservarono una Hudson Leick leggermente su di giri saltellare per il corridoio, seguita da un’orda di fan festanti e altrettanto saltellanti.
-          … Occhei. – Commentò perplessa Lucy, il respiro ancora corto mentre si esponeva per sbirciare.
Ren scoppiò a ridere.
-          Lì c’è un posto. – Indicò.
Le due si catapultarono dentro un magazzino e chiusero la porta a chiave, per poi accasciarsi a terra.
Lucy gemette e Reneé sorrise.
-          Stai diventando vecchia.
-          E tu stai ringiovanendo? – Sbuffò. – Ma come ti viene in mente di nasconderti nei bagni?!   
-          Non mi stavo nascondendo – protestò la più piccola – mi stavo dando una sistemata. E poi è arrivata la Puttana.
-          Quindi ti sei nascosta.
-          No. Ho impedito al suo naso di rompersi. E’ stato un gesto di gentilezza.
-          Oh, certo. Perché tu arrivi al suo naso.
-          Se salto sì. Piuttosto, spiegami quando è arrivata Hudson, perché me la sono proprio persa.
-          Vorrei saperlo. Avevo appena finito di ballare con Robert, quando si sono spente le luci e abbiamo visto questa sagoma assatanata cominciare la lap dance…
-          Così. All’improvviso.
-          Puff. Non era neanche tanto male da ved--- ouch!
-          Evita commenti del genere.
-          Ahia – mugugnò la mora massaggiandosi la costola dalla recente gomitata.
-          … Ti sta bene.

Lucy la fissò per un momento, poi abbassò lo sguardo e le cinse la vita con le braccia.
-          Mi dispiace. Mi dispiace, giuro. Lo sai.
Reneé si accoccolò appena contro di lei e chiuse gli occhi, senza rispondere.

-          Gli ho chiesto il divorzio. – Aggiunse la mora dopo qualche secondo.
-          Cosa?!
-          Ha detto che non firmerebbe.
Reneé rimase ancora in silenzio, lo sguardo vuoto.
-          Ho minacciato di denunciarlo… E ha detto che sarei finita. La cosa peggiore è che ha ragione, ha ragione, quel pezzo di merda ha ragione. Lo odio, Reneé, davvero.
-          Non… - Reneé batté ripetutamente le palpebre, cercando le parole adatte. – Che facciamo?
-          Non lo so. Ucciderlo?
-          Mi sembra una buona idea. Ci sono spranghe nelle vicinanze?
-          Dobbiamo farlo sembrare un incidente!
-          La spranga che gli casca accidentalmente in testa!
-          Pffff – replicò Lucy ridendo. – Mh, io gli lancerei addosso Adrienne. Con una bomba. Legata alla schiena.
-          Ottimo – approvò Reneé con un enorme sorriso diabolico.
Lucy inarcò le sopracciglia.
-          Scherzavo…
-          Ah.
La mora rimase immobile qualche secondo.
-          … Ok. In ogni caso… Io voglio lasciarlo, d’accordo? Io voglio lasciarlo, tremendamente, perché non lo sopporto! E’ così… così…
-          Irritante? Arrogante? Stupido? Stronzo? Disgustoso? Grasso?
-          Sì. Pallone gonfiato.
-          Mi chiedo come dannazione Adrienne abbia fatto. Non è possibile che si siano incontrati così, all’improvviso, per strada, e poi…
-          E poi bumbumbum? Sotto il mio naso? In effetti…
Reneé non rispose più.
Troppi intrighi, troppe bugie – maschere e inganni – e solo una serata per poter chiarire. Perché lo sapeva: quella sera, appena tornate in sala, sarebbe accaduto l’inferno.


 
-          Adrienne.
-          Dimmi.
-          Che… Come? Cioè... Perché?
Robert e Adrienne erano stesi sul letto della casa di lei, le lenzuola completamente sfatte, al termine della sessione di sport settimanale. Lui, appoggiato alla spalliera, fumava placidamente una sigaretta, lo sguardo vacuo come quello della donna rannicchiata accanto a lui.
-          Perché cosa?
-          Perché… perché sei qui. – Rob spense la sigaretta e si girò su un fianco, a guardarla. – Insomma, è strano. Tu… tu vuoi qualcosa? Cerchi qualcosa?
Adrienne rimase in silenzio per qualche secondo.
Si era spesso ritrovata a guardare dall’altra parte del letto chiedendosi perché quell’uomo fosse lì in quel momento, perché ci stesse andando – era un uomo sposato, dannazione – perché non sentisse niente, e non era riuscita a trovare risposta.
O almeno fino al giorno prima, quando aveva colto da un discorso fra passanti, e aveva capito.
-          Coazione a ripetere. – Rispose.
-          … Cosa?
-          … Coazione a ripetere. Freud…. Freud ci ha fatto degli studi, sai. Si tratta dell’elaborazione di un trauma da parte del nostro cervello, che ci spinge a ripetere la situazione in modo da neutralizzarne l’impatto. Il tutto, inconsciamente.
-          … Oh. E… quale sarebbe il trauma in questione?
Adrienne strinse le labbra – che bella domanda. Si alzò e si affacciò alla finestra, una figura nuda e sottile contro la luce del sole che brillava ancora a fatica.
-          Thomas. – Sussurrò.

 
Lucy accarezzò la spalla di Reneé, nel buio della stanza.
-          Andrà tutto bene – mormorò. – Te lo prometto.

 
Robert si alzò, avvolgendosi in una coperta, e si affacciò accanto a lei.
-          Parlamene.
-          Non… - cercò le parole. – Non…
-          Se non te la senti…
-          Un anno fa, anche meno. Un anno fa. Lo conobbi, ed era probabilmente l’uomo più bello che avessi mai visto. Non so come accadde di preciso, sai… Né quando, né perché, ma me ne sono innamorata subito – la sua voce si fece flebile – forse fin dalla prima volta che ci siamo visti. Forse, per il semplice fatto che si trattava di lui. Mi bastava questo, credo.
Rimasero in silenzio per qualche attimo.
-          Che successe?
-          Successe che pensavo. Successe che ci mettemmo insieme. Successe che, per un po’, ho creduto di poter essere felice, perché credevo di poterlo rendere felice, anche se… anche se spariva sempre. In continuazione. E morivo. – Fece una piccola paura, mordendosi il labbro e tremando. - Successe che un bel giorno mi lasciò un biglietto. “Scusa, mi sono innamorato di un’altra donna. Perdonami. Perdonami, per favore”.
Le passò una mano fra i capelli.
-          Hai una sua foto? – Bisbigliò.
Adrienne gli indicò il comodino. Nascosta, fra le cornici, la piccola immagine di un uomo castano e dal viso mascolino risplendeva come oro.
Robert schiuse le labbra, immobile. Soffocato dall’incredulità. Strano che non se ne fosse mai accorto prima.
Poi tornò a guardare Adrienne, lasciandosi alle spalle la fotografia di Steve Muir, una nuova luce nello sguardo sempre stato così freddo, congelato dal sangue secco delle sue ferite, e le cinse la vita con un braccio, mentre lei scoppiava a piangere.
-          Andrà tutto bene – mormorò – te lo prometto.
 

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