Alya, la serva del Signore Oscuro

di Dark_soul
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Vendetta. ***
Capitolo 2: *** L'incubo ***
Capitolo 3: *** L'ombra di un sorriso ***
Capitolo 4: *** La Coppa del Mondo di Quidditch ***
Capitolo 5: *** Il quarto anno ad Hogwarts ***
Capitolo 6: *** Il ricatto ***
Capitolo 7: *** Beauxbatons e Durmstrang ***
Capitolo 8: *** Il quarto campione ***
Capitolo 9: *** La prima prova ***
Capitolo 10: *** Un appuntamento con il passato ***
Capitolo 11: *** L'agguato ***
Capitolo 12: *** Nella Foresta Proibita ***
Capitolo 13: *** Una lettera da Seginus ***
Capitolo 14: *** Inganno ***
Capitolo 15: *** Tutto perduto. ***
Capitolo 16: *** E adesso? ***
Capitolo 17: *** Sulle rive del Lago Nero ***



Capitolo 1
*** Vendetta. ***


Lei aspetta. Era notte.

Era una delle tante fredde notti, così fredda da far gelare il cuore. In una cella una donna attendeva.

Nulla decorava le pareti spoglie di quella prigione se non una piccola immagine in bianco e nero su cui tante volte la maga posava lo sguardo. Quell’immagine era il suo obiettivo ed era ciò che non permetteva alla sua mente di venire risucchiata nel baratro della disperazione.

Certo, era dura.

In quello spazio angusto, dove ogni ricordo felice, dove ogni emozione veniva strappata via con forza e gettata lontano, spesso, nei momenti più difficili era caduta nel delirio sperando di trovarne conforto.

Ma era sempre tornata, sempre salvata da quella foto appesa alla parete.

In realtà quell’immagine non rappresentava altro che una bambina paffuta di circa 5 anni, con i capelli raccolti, avente gli occhi così profondi e vivi da cui si può scorgere un’estrema determinazione che li fa brillare di luce propria.

Sua figlia.

Lei era la cosa più importante rimastale in questo mondo. Non perché avessero un particolare legame affettivo, sia chiaro, ma perché lei era il simbolo della sua vendetta.

L’aveva appositamente affidata a mani esperte quando l’avevano rinchiusa ad Azkaban, per educarla nelle Arti Oscure. Perché quella bambina era speciale, perché lei stessa l’aveva offerta al Oscuro Signore al momento della nascita e lui l’aveva marchiata con il Marchio Nero, così da consacrarla al Lato Oscuro.

Seduta sul letto la maga fissava quella fotografia. Oramai era solo la patetica ombra della donna bellissima che era stata; solo gli occhi, scuri, sempre accesi dal fervore e dall'ossessione, rimanevano, come una sorta di traccia della vita perduta.

Strinse i pugni. Era cambiata ogni cosa da quando Voldemort era caduto, la cattura, la prigionia. Tutto, per colpa di uno stupido neonato: “Colui- che- è- sopravvissuto”, Harry Potter.

Lui, lui aveva rovinato tutto, tutto quello che avevano costruito in tanti anni di fatica, tutto quello in cui credevano, tutto quello in cui lei credeva, ciecamente.

Ma avrebbe pagato. Non ora, non subito, ma presto.

Sorrise. C'era tempo.

Bellatrix Lestrange sapeva aspettare.




Ciao! E' da un po' che stavo pensando a questa storia, ma mai avrei pensato di metterla per iscritto, figuriamoci poi per pubblicarla. E di questo vorrei ringraziare le mie compagne che mi hanno aiutato a porre le basi per cominciare una nuona fanfiction. Alya qui non viene ancora presentata, ma credo che abbiate ormai capito chi sia. Il prossimo capitolo vi schiarirà le idee, per adesso vi lascio il beneficio del dubbio! Ho appena cominciato! Alla prossima!

Dark Soul

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Capitolo 2
*** L'incubo ***


L'incubo Ansimava. Pesantemente.

In ginocchio, non riusciva nemmeno a trovare la forza per alzarsi in piedi, o sollevare almeno la testa, tanto il fisico era provato. Era già da un po’ che le braccia le tremavano e continui spasmi si percuotevano lungo il corpo. Alcune ciocche di capelli castano chiaro scappati dall’elastico le s’incollavano sul viso, bagnato di sudore e lacrime.

Si trovava in una stanza orrendamente familiare. Pareti spoglie e sudice la opprimevano da ogni parte e solo la porta alle sue spalle rappresentava la via di salvezza. Il soffitto sembrava volersi chiudere su di lei e schiacciarla contro il pavimento freddo e coperto di macchie di sangue.

Ma non aveva paura. Non più ormai. Tante e troppe volte si era esercitata in quella stanza ed altrettante volte si era ritrovata per terra, esanime.

Non riusciva a respirare, lo sforzo di resistergli ancora una volta l’aveva prosciugata d’ogni forza fisica e mentale.

“Alzati, buona a nulla. Non te lo ripeterò una seconda volta.” disse una voce gelida e tagliente.

Sapeva che doveva ubbidire, lo sapeva per esperienza, e chiese al suo corpo un’ultima briciola di energia per eseguire l’ordine. Si sollevò sulle gambe e, penosamente, disperatamente cercò l’equilibrio, aggrappandosi furiosamente ad esso per non cadere, inutilmente.

L’uomo, il suo maestro, parlò ancora: “Devi metterci più impegno. Sembri una mezzosangue qualsiasi. Non esiste che tu sia così debole. Forse non ti è bastata la lezione dell’altra volta, rimedierò subito.” La ragazzina spalancò gli occhi.

“Crucio!”



Alya si svegliò di soprassalto. Si guardò intorno e vide solo un buio angosciante, e lottò furiosamente per liberarsi dalle coperte e dalle tende del letto a baldacchino. Finalmente riuscì a districarsi e si ritrovò carponi sul pavimento della stanza del dormitorio femminile della casa di Serpeverde.

Fece un respiro profondo.

Un altro incubo.

Le ragazze che condividevano con lei la camera stavano dormendo beatamente nei loro letti.

Bene. Non le aveva svegliate.

Sospirando si alzò, tornò al suo letto e vi si sedette, appoggiando i gomiti sulle gambe e portando il viso sulle mani. C’era abituata ormai. Non avrebbe ripreso sonno facilmente.

Ripensò al sogno, alla sua infanzia, lontana dalla madre, affidata ad uno sconosciuto, l’addestramento per diventare Mangiamorte, i primi 2 anni a Hogwars. E…

Scrollò la testa. Non aveva voglia di stare a rimuginare troppo sul compito che le avevano imposto. Non era affar suo.

A dire la verità non credeva sul serio alla supremazia dei purosangue sui mezzosangue, perché non vedeva la differenza. L’importante era tenersi lontano dai guai, non le importava granché di quell’Harry Potter, né se ciò che doveva fare era giusto o sbagliato. Lei eseguiva gli ordini, perché le conveniva di più e le costava meno.

Semplice economia.

Aveva imparato nel modo più duro a non mettere in discussione i comandi imposti.

In tutta sincerità il suo compito non era troppo complesso, anzi, bastava semplicemente tenere d’occhio il ragazzino, “Colui - che - è - sopravvissuto”, e scoprire tutto di lui, le sue paure, i suoi segreti, e… alla fine… eliminarlo, al momento più opportuno.

Lentamente Alya alzò la testa e si passò un dito sull’avambraccio sinistro. Il Marchio era sparito con la caduta di Lord Voldemort lasciando solo pelle bianca e morbida.

Spontaneamente gli occhi cominciarono ad inumidirsi; aveva una gran voglia di piangere, senza alcun motivo, solo per sfogarsi, per lasciare andare tutta la rabbia che covava dentro, per liberarsi dalla terribile oppressione che le attanagliava l’anima, e finalmente sentirsi libera, almeno per poco.

Non poteva. Non doveva mostrarsi debole.

Così con uno sforzo ricacciò le lacrime indietro, verso il suo cuore.

Con rabbia si buttò nel letto e cacciò una mano sotto di esso, estraendo un libro voluminoso che stava leggendo.

Così, immergendosi nella lettura, il suo volto si rilassò, rasserenandosi, e le acque che si agitavano dentro di lei si acquietarono, evolvendosi in una distesa calma e piatta, mentre la sua mente si rifugiava già in un mondo nuovo senza catene né Marchi.










Ciao! Ecco un nuovo capitolo! Finalmente vi presento Alya, almeno psicologicalmente! Un avvertimento: la mia protagonista, come avrete notato, ha avuto una infanzia non proprio piacevole, ma non dovete essere tratti in inganno. Non è decisamente uno di quegli orsacchiotti coccolosi tanto teneri e carini. Lo scoprirete presto.

Ladymarie : scusami. La protagonista non è Bellatrix Lestrange, è che, essendo la mia prima ff ho sbagliato a selezionare. -.-" Spero che ti piaccia lo stesso!

Grazie per quei 5 minuti che avete dedicato per leggere il mio racconto, spero che non ve ne siate pentiti!
A domenica prossima!

Dark Soul

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Capitolo 3
*** L'ombra di un sorriso ***


Un'ombra di un sorriso Era mattina e Alya camminava spedita per la lezione di Pozioni.

I lunghi capelli raccolti ondeggiavano e riflettevano la luce che entrava dalle grandi finestre laterali, mandando riflessi dorati.
I raggi solari si posavano sul suo viso, mettendo in risalto la bocca sottile, gli occhi, marrone scuro, e il naso, leggermente più grande del normale.

Quando sorrideva, raramente, comparivano nel suo volto delle piccole fossette, che la facevano sembrare più giovane di quanto già non fosse. Una pesante borsa a tracolla oscillava al suo fianco, piena zeppa di pergamene di libri, penne e calamai.

Non si poteva certo definire la ragazza più bella della scuola, infatti c’era qualcosa nel suo sguardo ferreo che metteva a disagio chi la guardava, costringendo a distogliere lo sguardo; però, quando era assorta nei suoi pensieri e il suo sguardo si perdeva nell'infinità dell'orizzonte, qualcosa in lei cambiava e ad un tratto i suoi occhi perdevano tutta la freddezza, sciogliendosi e rendendo il suo viso quasi dolce.

Entrò sicura nel sotterraneo e si sedette accanto ad un calderone; fintanto che lei predisponeva gli ingredienti, giunsero gli studenti più ritardatari.

Dato che oltre al terzo anno di Serpeverde, vi era anche il corrispondente di Grifondoro, alle ore di Pozioni, c'era un interessante scambio di battute tra le due fazioni. Quando però, entrava il professor Piton, calava repentinamente un silenzio di tomba. Nessuno mai osava fare chiasso alle sue lezioni, altrimenti la pena era esemplare, specie per i Grifondoro.

Così, anche stavolta, dopo l’appello, sovrastando un religioso silenzio, il professore si mise a spiegare la pozione da preparare quel giorno, a dire la verità piuttosto complessa.

La classe cominciò subito a fare la pozione, mentre il professore passeggiava tra i calderoni. All’improvviso, esclamò: “Potter, mi stupisco ogni giorno di più della tua crescente inettitudine. Mi pare di aver spiegato che il succo di sanguisuga doveva essere aggiunto prima del Grinzafico. Mi sbaglio forse?”

 Si levò un brusio di risatine dai Serpeverde.

“Su, Potter, rispondi.”

“No, signore, non sbaglia” rispose Harry, secco.

“E allora spiegami perché tu non l’hai fatto.” Altre risate.

“Forse –continuò- è meglio se separo il terzetto dei Miracoli, non ti pare? Magari così riusciresti a combinare qualcosa di accettabile.”

Detto ciò indicò al Grifondoro, livido di rabbia, il posto accanto ad Alya.

“Spero che qui ti applicherai di più alla mia materia, Potter, non vorrei essere costretto a bocciarti.”

Piton fece un sorriso compiaciuto, e continuò la sua ispezione per la classe.

Intanto Harry borbottava a denti stretti, sistemando il suo calderone e regolando la fiamma.

Alya lo guardava di soppiatto, osservando la sua espressione furente. Era molto buffo osservarlo mentre imprecava tra sé, rosso in viso e le maniche arrotolate fino ai gomiti.

Harry invece non se la stava proprio spassando; senza i consigli di Hermione non sarebbe mai riuscito a preparare una pozione degna di questo nome, questo lo sapeva. Il suo intruglio, che a quello stadio doveva essere di un azzurro cielo, era un arancione acceso. Decisamente qualcosa non quadrava. Colto da un senso di panico, si accorse che Piton stata tornando.

“Hei, Potter! –si sentì chiamare- aggiungi subito la radice di asfodelo e mescola 3 volte in senso antiorario e 5 in senso orario”. Si voltò, era la ragazza di Serpeverde che gli stava affianco, mai notata prima. Annuì. Tanto, peggio di così. Si affrettò ad eseguire il consiglio e la sua pozione cambiò radicalmente colore, diventando di un azzurro intenso.

Quando giunse il professore, non trovando niente da dire, passò oltre, visibilmente contrariato.

Harry, raggiante, si volse alla ragazza e le bisbigliò: “Grazie”

Alya non dette segno di aver sentito e continuò a trafficare con la sua pozione, come se niente fosse. In realtà lei stessa era molto sorpresa di quello che aveva appena fatto.

Aiutare Potter.

Doveva essere impazzita.

Lei aveva smesso di fare queste sciocchezze. Non doveva più ripetersi. Aiutare gli altri? Mai più.

Passarono i giorni e finalmente arrivò il primo fine settimana a Hogsmeade. Tutti gli studenti del terzo anno erano eccitati dalla novità e non vedevano l’ora di visitare il villaggio, dal negozio di dolci di Mielandia alla Stamberga Strillante.

Harry, non potendo unirsi ai suoi compagni, mancandogli l’autorizzazione, si pregustava già il pomeriggio nella noia più totale.

“Tranquilla, –ripeteva ad una preoccupata Hermione-  non ti preoccupare, ho già qualcosa da fare. Penso che mi porterò avanti con i compiti. Divertitevi tu e Ron!”.

Detto ciò li guardò uscire dal cancello diretti a Hogsmeade. Era una bugia bella e buona, non aveva per niente voglia di mettersi sui libri mentre immaginava gli altri a divertirsi come matti. Decise perciò di tornare alla Sala comune; almeno lì avrebbe trovato qualcosa con cui distrarsi.

Mentre stava attraversando l’Ingresso Principale, notò che nella Sala Grande c’era qualcuno. Si sporse per vedere meglio, e vide che era quella ragazza che qualche giorno prima l’aveva aiutato.

Era china su un libro, che stava avidamente leggendo, davanti a lei coppa dimenticata di succo di zucca. Incuriosito si avvicinò.

“Hei, chi si vede!” esclamò allegramente.

La Serpeverde alzò la testa e lo guardò, ma non rispose al saluto.

“Non sono riuscito a ringraziarti abbastanza per l’altro giorno, ti sono debitore. Non mi pare che ci siamo presentati, io sono Harry Potter.” Allungò la mano.

“Alya Johnson, tanto piacere.” Rispose fredda, rimettendosi subito a leggere, lasciando la mano di Harry sospesa nel vuoto.

“Come mai non sei a Hogsmeade? Tu sei del terzo anno, no? Potresti andare.”

“Non mi interessa.” Rispose, senza alzare gli occhi dal libro.

“Come mai?”

“Non mi piace stare in mezzo alla confusione”, disse, e girò pagina.

“Bene, ehm, stai leggendo qualcosa di interessante?”

Alya sospirò, posò il libro e sollevò lo sguardo verso quello di Harry:

“Senti, parliamoci chiaramente. Solo perché in una determinata occasione ho pensato di risparmiarti la figuraccia che meritavi, adesso non vuol dire che diventeremo amici per la pelle.” E, detto questo, ripose di nuovo tutta la concentrazione sul libro.

“Ok, scusami tanto se ti ho disturbato!” Il ragazzo si allontanò, irritato.

La ragazza ascoltò il rumore dei suoi passi allontanarsi, inquieta. Era stata troppo severa? In fondo quel povero Grifondoro voleva solo parlare un po’, conoscersi.

Si scosse. Ma no. Lei voleva solo essere lasciata in pace. Era forse chiedere troppo? Tornò al suo libro, chiudendo la riflessione.


Quella sera stessa, a cena Harry era di cattivo umore e quasi non rivolgeva parola a Ron e a Hermione. L’amica era preoccupata, ma sembrava essere l’unica, poiché l’altro Grifondoro era ben concentrato sulle sue costicine.

“Harry, cosa hai? Mi sembri distratto..” esordì, titubante.

“Cosa? No, niente.” Rispose il compagno, non proprio convinto.

“Se c’è qualcosa che ci vuoi dire siamo qui, non so, se per caso ti ha dato fastidio che oggi ti abbiamo lasciato da solo, diccelo così..”

Harry sorrise.

“No, stai tranquilla Hermione. E’ solo una sciocchezza.”

“Sicuro?” l’amica lo guardò con occhio critico.

“Beh, siccome tu sei una ragazza, potresti aiutarmi a capire, perché io proprio non ci riesco. Questo pomeriggio, quando voi eravate via..” e si mise a raccontare quello che era accaduto con Alya, esprimendo la sua irritazione.

“Perché mi ha trattato così? Non le ho fatto niente e..” si interruppe guardando l’espressione divertita di Hermione.

“Dai Harry, non capisci? Insomma, guarda Alya al tavolo di Serpeverde e dimmi cosa vedi.”

“Beh, sta mangiando delle patate fritte e..”

La ragazza scosse la testa.

“No, Harry. Vedi che non parla con nessuno? Mangia da sola, nonostante sia circondata da gente della sua stessa casa. Sembra che non abbia amici.”

“E’ normale! Con quel carattere che si ritrova! Sfido chiunque a riuscire a sopportarla!”

“Chi?” esclamò Ron a bocca piena, sollevando appena la testa dal piatto.

Hermione lo ignorò.

“Harry, è così semplice! Ha creato una barriera attorno di sé, e non permette a nessuno di oltrepassarla. Non so il motivo preciso, ma penso che quella ragazza abbia sofferto molto. Questo comportamento è un tipico meccanismo di difesa.” E riprese a mangiare.

Il compagno la guardava a bocca aperta.

“E perché allora a Pozioni mi ha aiutato?”

“Penso che sia un riflesso della personalità che nasconde. Magari è simpatica e disponibile, in fondo. E’ che non lo lascia trasparire.”

Harry abbassò la testa e pensieroso si mise a mangiare in silenzio.


Arrivò ancora una volta il lunedì, e con esso un’altra dura settimana di scuola. Nella mattinata, gli alunni del terzo anno di Serpeverde e di Grifondoro avevano il loro ritrovo nella doppia ora di Pozioni.

Quando Alya entrò nel sotterraneo, si sedette e cominciò a prepararsi per la lezione, sorda alle conversazioni dei suoi compagni.

Improvvisamente, notò un movimento accanto di lei e, alzando la testa, si trovò seduto a fianco Harry Potter, che come lei, sistemava i suoi ingredienti.

“E tu cosa ci fai qui?” esclamò sorpresa.

“Pozioni” rispose tranquillo il Grifondoro, senza degnarla di uno sguardo.

“No, intendevo in questo posto.” Disse la ragazza, inarcando un sopracciglio.

“Non mi pareva che fosse occupato.”

“Infatti, ma tu dovresti stare con i tuoi compagni, di certo non qui. Credi forse che io ti aiuti ancora come ho fatto la volta scorsa? Perché se così fosse, ti stai sbagliando di grosso.” Gli scoccò uno sguardo compassionevole.

Harry sospirò, indifferente.

“Non sono qui di certo per farmi aiutare. Sono del parere che il tuo gesto dell’altra volta dimostri che ci sia qualcosa sotto quella faccia imbronciata, una ragazza completamente diversa, forse perfino educata. Sono curioso di vedere se ho ragione.”

“Ah, si? E cosa vorresti fare? Diventare il mio amico del cuore?” rispose l’altra, infiammandosi.

“No di certo. Ma mi inventerò qualcosa. Per adesso mi basta stare qui.”

“Ma… tu non puoi!” ripetè incredula, sgranando gli occhi.

In quel momento entrò il professore.

“Mi pare di averlo già fatto.” Rispose Harry, chiudendo il discorso.

Furiosa e irritata, Alya procedé con la pozione, maledicendo lui, se stessa e quel giorno. Proprio non capiva perché quel ragazzo si ostinasse tanto.

Più tardi, alla fine della lezione, la Serpeverde gettò alla rinfusa il libro e gli ingredienti nella borsa e sparì dalla porta. Harry sorrise. Questo era solo l’inizio.


Passarono i mesi, e ad ogni lezione di Pozioni, Alya si trovava accanto il ragazzo di Grifondoro. Dalla irritante novità che era stata, era passata a una costante prova di resistenza, il primo che cedeva o parlava era dichiarato perdente.

La ragazza, dopo la prima discussione, teneva un silenzio rigoroso, ed era attenta a non rivolgere allo scomodo compagno neanche il più piccolo accenno d’attenzione.

Dall’altra parte Harry era assai divertito dalla situazione. Nonostante i silenzi tesi che persistevano tra loro due, riusciva a intravedere un’incrinatura nel muro della ragazza, e tutto quello che doveva fare era attendere.

Alya non sapeva più come comportarsi. Di certo, all’inizio, non sopportava l’idea che quel ragazzo le stesse accanto. Lei non aveva amici, e non li aveva mai voluti. Eppure, col passare del tempo, nel suo profondo, era diventata quasi felice di quello che stava accadendo, anche se non l’avrebbe mai ammesso.

Per lei era una questione d’orgoglio, e in questo ambito, non c’era nessuno che poteva eguagliarla.


Arrivò il giorno del ritorno a casa per le vacanze estive. Harry, Ron ed Hermione erano nel loro scompartimento e stavano leggendo una lettera arrivata via gufo.

Per caso, Alya passò davanti al loro scompartimento, e, proprio nel momento in cui il Grifondoro alzava gli occhi dalla lettera, e i loro sguardi s’incrociarono.

Alya si voltò, indifferente, e Harry la osservò mentre spariva dalla sua visuale.

Che strano.

Gli era sembrato quasi che tra le labbra della compagna, aleggiasse come un’ombra, di quello che si poteva definire, un sorriso.










Ciao ragazzi!! Ecco una nuova puntata di questa long fic. Sono più o meno riuscita a fare incontrare Alya e Harry, e a farli conoscere, anche se mi ci è voluto un po' e parecchi tentativi a vuoto per riuscire a fare una storia plausibile, e non è detto che ci sia riuscita! In questo brano ho puntato sopratutto alla "mania" di Harry di fare l'eroe, di voler aiutare tutti, come fa con Neville al primo anno (con la ricordella), con Ginny al secondo, e potrei citare tanti altri esempi.
Naturalmente devo ringraziare Fairy e Shia per l'aiuto, perchè senza di loro avrei cambiato completamente la caratterizzazione di Harry, rendendolo più simile a suo padre, e hanno fatto in modo che questo capitolo facesse un po' meno pena (diciamo pure che non è uno dei più riusciti). Vi ho presentato il personaggio fisicamente e caratterialmente, così ora posso cominciare a narrare la vera storia. Sono sicura che vi sorprenderò con il prossimo capitolo. Grazie a tutti!! A domenica prossima!

                                        Dark Soul

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Capitolo 4
*** La Coppa del Mondo di Quidditch ***


La COppa del Mondo di Quidditch C’era stato gran subbuglio quel giorno. Già all’alba, orde di maghi di tutte le nazionalità si erano accampati al di fuori dello stadio per la Coppa del Mondo di Quidditch. Era l’evento dell’anno, e questa edizione si teneva in Inghilterra. Non si potevano contare le persone venute da ogni angolo del globo, né tutti i colori che il campo mostrava. Lo stadio era colmo, e circondato da ogni parte da fitti accampamenti, quasi posti uno sull’altro.

Ora che mancava poco all’inizio dello spettacolo, tutto sembrava pieno di vita e tutto era in movimento. Si prospettava una grande partita: Bulgaria contro Irlanda, senza esclusione di colpi. Grande era l’eccitazione e ormai era solo questione di tempo.

Su una piccola altura, poco distante, Alya era intenta ad osservare l’enormità della scena. Era difficile non rimanere impressionati dalla quantità di maghi e della grandiosità del campo sportivo.

Accanto a lei, c’era un uomo, con un lungo mantello scuro e lunghi capelli argentei, e l’aspetto glaciale.

“Ancora non capisco perché siamo qui, maestro, –disse la ragazza- non sapevo che le piacessero le occasioni mondane.”

“Infatti non è così, mia cara. –rispose il mago in tono affabile- vedi, da ciò che ho appreso dalla mie fonti questa sera ci sarà un grande spettacolo. Penso che per la tua istruzione sia l’ideale.”

Alya corrugò la fronte, incredula.

“La coppa del Mondo? Mi scusi, ma non riesco a trovare il nesso.”

“Ogni cosa a suo tempo, bambina mia. Capirai quando sarà il momento”

Detto ciò, si incamminò per il campo, seguito dalla ragazza.


Harry non aveva mai visto nulla di simile, tanti maghi assieme con un’unica passione. Era davvero spettacolare. Per non parlare del Quidditch, lo sport più entusiasmante del mondo. Da quando la partita era cominciata non riuscita a credere alla mostruosità della bravura di quei campioni.

Per lui era come ricevere una scarica ogni volta che andava a segno un tiro, o anche semplicemente ogni volta che passavano accanto a lui. Era talmente assorto dallo spettacolo, che non si accorse dello scorrere del tempo, e dopo 2 ore di una intensa lotta il Cercatore dei Bulgari prese il boccino d’oro, determinando la fine della partita, ma non la loro vittoria. Infatti la Coppa venne vinta dalla squadra dell’Irlanda, per il maggior punteggio, anche se, in quella partita, tutti erano campioni, solamente per il fatto di aver giocato, e aver fatto scorrere l’adrenalina in ognuno degli spettatori.

Harry tornò alla tenda, insieme al signor Weasley e a 4 dei suoi figli più giovani e a Hermione, commentando a più non posso lo spettacolo appena assistito. Appena dentro, Fred e George si misero a contare le monete d’oro guadagnare ad una scommessa e Ron ed Harry analizzarono ogni fase della partita, mentre Hermione assistita da Ginny cominciava a preparare il thè.

La festa era appena iniziata e ogni parte del campo era invasa dalla musica e dalle danze.

Si sentivano ancora tutti eccitati e rimasero alzati fino a tarda notte. Stavano ancora parlando della magnifica presa del boccino d’oro, quando il signor Weasley fece una faccia preoccupata.

“Zitti tutti per favore, voi non sentite niente?”

Gli altri si guardarono esterrefatti: “Cosa c’è papà?” esclamò George.

“Silenzio! Sto cercando di ascoltare.”

Calò il silenzio nella tenda e giunsero fino a loro le urla di festa del campo. Ma erano diverse da quelle sentite prima, sembravano più acute, come se fossero spaventate, e la musica era stata spenta. Harry non riusciva a capire cosa ci fosse di terribile nel Quidditch, e il perché di questo cambiamento di umore, quando giunse proprio accanto a loro una voce nitida:

“I Mangiamorte!”

Il signor Weasley scattò immediatamente in piedi e sfoderò la bacchetta.

“Vado a vedere cosa succede. Voi ragazzi, andate via subito da qui e rifugiatevi nel bosco qui vicino. Io vi verrò a prendere là. Mi raccomando state uniti! Fred, George, badate a vostra sorella.” detto questo uscì di scatto dalla tenda.

Spaventati i ragazzi corsero fuori e vennero travolti dalle persone che scappavano. La scena si presentava drammatica. Gente che correva da ogni parte, cercando di mettersi in salvo, grida, e la paura che dilagava.

Fred riuscì a malapena ad afferrare Ginny, e insieme al suo gemello scomparirono tra la folla, mentre Harry Ron ed Hermione rimasero indietro. Harry non riusciva a capire perché ci fosse il panico, e chi fossero questi Mangiamorte. Ad un certo punto però inciampò in uno stendardo e cadde sopra una tenda, distaccandosi dai suoi compagni. Ron ed Hermione cercarono in ogni modo di raggiungere il ragazzo per terra, ma non poterono nulla contro una folla presa dal panico e vennero trascinati avanti.

Harry nella caduta aveva perso gli occhiali e non appena lì senti sotto le dita, se li inforcò con forza. Provò ad alzarsi in piedi, ma scoprì di avere la caviglia dolorante.

Improvvisamente sentì in mezzo alle urla e al rumore, qualcosa di estraneo, una musica strana, eterea, come una litania. Non riusciva a capirne la provenienza, fino a quando non comparvero dal nulla delle figure incappucciate con un lungo mantello nero e una maschera bianca sul volto. Camminavano spediti e appiccavano il fuoco con le bacchette ad ogni cosa che incrociavano nel loro cammino. Sembravano divertirsi a distruggere tutto e ad intonare quella strana sequela.

La folla era passata e ora era completamente allo scoperto, si guardò intorno disperatamente per trovare un riparo, ma all’improvviso apparve una figura che gli venne incontro. Il ragazzo prese uno spavento, ma subito la riconobbe.

“Alya!”

“Potter, tu cosa diavolo ci fai qui? Perché non sei scappato?” disse la ragazza, brusca, chinandosi su lui.

“Ci ho provato ma sono inciampato, penso di avere una caviglia slogat… AH!”

Alya toccò la giuntura dolorante e veloce estrasse da sotto il mantello una strana stoffa, che Harry riconobbe come un mantello dell’invisibilità.  La ragazza lo gettò addosso a sé e al compagno, ma purtroppo il mantello era stato creato per una sola persona ed entrambi dovettero restare vicini il più possibile.

Harry, si sporse un po’ per vedere il campo devastato. I maghi incappucciati, che credeva fossero i Mangiamorte, sembravano non essersi accorti della loro presenza e continuavano la loro opera di distruzione. Si voltò verso la compagna e vide il suo volto illuminato dalle fiamme contrarsi in una smorfia di disgusto.

Ad un tratto una tenda esplose accanto a loro, colpita da una palla di fuoco e dei frammenti volarono in ogni direzione.

Istintivamente, si avvicinarono ancora di più e il ragazzo poté sentire il profumo lieve della compagna. Alya alzò la testa e si trovò a pochi centimetri dagli occhiali di Harry. Si guardarono negli occhi, incerti, finché la ragazza distolse lo sguardo e si mise ad ascoltare.

“Ok, se ne sono andati.” E detto ciò si tolse il mantello e lo ripose. Poi si fece passare un braccio di Harry attorno le spalle e lo rimise in piedi.

“Potter, adesso noi dobbiamo allontanarci il più possibile da qui. Cerca di camminare più veloce che puoi.”

E detto questo si incamminarono per il sentiero. Harry era silenzioso e sudato dallo sforzo di camminare, mentre Alya continuava a stringere la bacchetta nella mano destra e guardarsi intorno. Ad un certo punto il ragazzo alzò la testa e osservò la compagna.  

“Alya, posso farti una domanda?” disse Harry.

“Se proprio devi.” Rispose con la solita indifferenza la ragazza, guardandosi attorno.

“Come mai tutti sono scappati? Chi sono questi Mangiamorte?”

“Mi stai prendendo in giro, per caso?” incredula, si voltò verso il compagno.

“No, perché?” rispose il ragazzo, sincero.

“Davvero mi sorprende che tu non lo sappia. I Mangiamorte sono i seguaci del Signore Oscuro. Al tempo della sua massima potenza loro eseguivano i suoi comandi e diffondevano il terrore tra la popolazione, devastazione, morte. Ora capisci perché tutta questa gente sia fuggita? E’ bastato anche solo il ricordo dell’antica paura a seminare il panico.”

Harry stette ancora in silenzio, e si rese effettivamente conto di cosa fosse successo se lo avessero trovato.

“Ti ringrazio, davvero, senza di te chissà cosa sarebbe successo.” Disse, con un sorriso tirato e la voce carica di sofferenza.

Alya sbuffò, ed evitò accuratamente di incrociare lo sguardo di Harry.

Avevano appena percorso pochi metri che ad un tratto Alya si fermò di colpo e Harry per poco non cadde un’altra volta.

“Che cos…” sbottò, irritato. Guardò più avanti e si sentì ghiacciare il sangue.

Davanti a loro si stagliava un’alta figura incappucciata, con la bacchetta puntata verso di loro. Aveva un lungo mantello, e l’oscurità lo avvolgeva.

Improvvisamente alzò la bacchetta verso l’alto ed esclamò “MORSMORDRE!”

Dalla punta partì qualcosa di enorme, verde e lucente che si stagliò nel cielo illuminato dai fuochi del campo. Era un teschio colossale, che sembrava occupare tutta la volta celeste, con un serpente che gli usciva dalla bocca, come fosse una lingua.

Sentì Alya irrigidirsi al suo fianco e borbottare: “Il Marchio Nero, il simbolo del Signore Oscuro.” Capendo improvvisamente il significato di ciò che stava accadendo, Harry tornò a guardare la figura che aveva pronunciato l’incantesimo e scoprì che era sparita.

“Dove…?” cominciò ma non riuscì a finire che apparsero maghi del Ministero intorno, ognuno con la bacchetta puntata verso di loro.

“GIU!” urlò e trascinò Alya per terra, esterrefatta.

Esplosero incantesimi ovunque e Harry sentì alzarsi i cappelli della nuca.

“Fermi! Fermi! Sono dei ragazzi!” esclamò una voce familiare.

Era il signor Weasley che avvicinandosi riconobbe una figura stesa a terra.

“Harry! Sei tu! Finalmente ti ho trovato!” disse e sollevò in piedi il ragazzo, barcollante. E sarebbe caduto per terra ancora una volta se la mano pronta del signor Weasley non l’avesse sostenuto.

“Arthur, tu sai chi sono?” Disse una voce asciutta.

Si avvicinarono gli altri maghi, per vedere meglio, facendo cerchio su di loro.

“Si, si, Barty, uno è Harry Potter, e l’altra è…”

“Il mio nome è Alya Johnson.” Rispose la ragazza alzatasi in piedi, rispondendo ad un’occhiata interrogativa del signor Weasley.

“Alya, cosa ci fai qui?” all’improvviso un alto mago dai capelli argentei fece un passo avanti.

“Non ora Johnson, devo chiarire un paio di cose. Chi di voi è stato?” riprese il mago chiamato Barty.

“Chi di voi ha evocato il Marchio Nero?” indicando in alto.

“Noi non abbiamo fatto niente, signore.” Disse Harry, convinto.

“Non mentite, eravate qui al momento del fatto, e siete gli unici che abbiamo trovato sul luogo del delitto.”

Una donna ossuta si fece avanti.

“Andiamo Crouch, stiamo parlando di Harry Potter. Come puoi fare una simile accusa?”

Barty Crouch fece un passo indietro.

“Si, forse hai ragione. Ma come la mettiamo con la ragazza?”

“Su, su, stiamo parlando di mia figlia, -riprese Seginus Johnson - posso assicurarti che la mia bambina non oserebbe mai fare una cosa del genere. Ci scommetto il buon nome della mia famiglia.”

L’altro mago strabuzzò gli occhi.

“Lei non ha fatto niente, signore, era con me.” Rispose Harry, scambiandosi uno sguardo con Alya. “L’incantesimo l’ha pronunciato un mago apparso da quella parte. Noi ci stavamo mettendo al riparo dai Mangiamorte quando l’abbiamo incontrato. Dopo che ha lanciato il Marchio si è Smaterializzato.”

E detto questo, ognuno si voltò verso il punto indicato, senza ovviamente trovare nulla.

“D’accordo allora” convenne “Arthur, accompagna Harry via da qui, potrebbe essere pericoloso. Seginus, portati via tua figlia.” E detto ciò si voltò, allontanandosi a passi decisi.

Alya intercettò lo sguardo del tutore, che le disse. “Devo seguire le cose come vanno, sei capace di ritornare al campo da sola?”

Alya annuì.

Il signor Weasley rispose: “Non ti preoccupare, Seginus, ci penso io. Devo andare nella stessa direzione.”

“D’accordo, Arthur, ti devo un favore.” E detto questo si allontanò, raggiungendo Barty Crouch.

“Su, andiamo ragazzi.” Disse il signor Weasley, passando una mano sulla vita di Harry e dicendogli sotto voce “Gli altri sono tutti molto preoccupati per te.”

Si incamminarono per la strada, in silenzio. Ognuno rimuginava su ciò che era successo, e il ragazzo gettava continue occhiate alla compagna per cercare di intuire le sue emozioni.

Ad un bivio, Alya si voltò verso il signor Weasley e disse sicura:

“La ringrazio molto per avermi accompagnato fino a qui, ma io ora devo proseguire per questa strada. Mi scuso per la confusione che si è venuta a creare.”

Il signor Weasley annuì.

La ragazza continuò: “Potter, noi ci rivedremo a scuola. A presto.” E detto ciò si incamminò, senza dare il tempo al compagno di rispondere.

Mentre Harry la guardava allontanarsi, un po’ dispiaciuto, Alya si fermò come se avesse dimenticato qualcosa e si voltò, esclamando “Comunque, bei riflessi!” e detto ciò riprese il cammino.

Il ragazzo, rallegrandosi, si fece guidare dal signor Weasley fino da Hermione e gli altri Weasley, che lo asserragliarono di domande, felici di rivederlo.


Intanto Alya percorreva un sentiero della collina, immersa nei suoi pensieri. Arrivata in cima si fermò e disse:

“Maestro, ho capito.”

Dall’oscurità apparve il suo protettore.

“Questo lo deciderò io. Cosa avesti inteso?”

“Ho visto i servi infedeli che si divertono e scorazzano liberi, mentre mia madre è rinchiusa ad Azkaban per la loro codardia. Come osano portare ancora le vesti del Mangiamorte, quando loro stessi hanno rinnegato ciò che esse significano?” Rispose la ragazza, con la voce carica di risentimento.

“Avranno ciò che si meritano al ritorno del Signore Oscuro, di questo non hai da preoccuparti.-disse l'uomo, affabile- Ora toglimi una curiosità. Per quale ragione hai aiutato quel Mezzosangue?” e la sua voce si indurì.

Alya si irrigidì e affrettò a chinare la testa. “Io… Non volevo che gli infedeli lo scoprissero. E’ il mio obiettivo e loro non devono averci niente a che fare.” Rispose servile con la voce che vibrava di paura.

Il mago la osservò un momento, poi sorrise, rimanendo freddo.

“Hai agito bene. Sono rincuorato dal fatto che non cedi più alla tua debolezza di aiutare gli altri. Sono fiero di te.”

“La ringrazio” rispose la ragazza, sollevata.

“Molto bene. Ora torniamocene a casa.” E detto ciò si voltò.

“Un momento, maestro. Lei sa chi ha evocato il Marchio Nero? Non aveva maschera, ma non l’ho riconosciuto.”

Il mago si girò e la guardò freddamente, facendo abbassare istantaneamente lo sguardo di Alya, spaventata dall’effetto che poteva aver causato la sua domanda impertinente.

Inaspettatamente Seginus rispose, asciutto: “No, purtroppo. Sono certo però che questo sia un segno da parte dell’Oscuro Signore. Per ora l’importante è mantenere la copertura, e continuare a cercare. Al ministero mi giungeranno certamente notizie.”

Sorrise, e la ragazza, che egli aveva adottato come una figlia, lo guardò di soppiatto, notando come quel sorriso non si espandesse agli occhi.

Seginus Johnson era molto contento di come stavano procedendo le cose. Il suo lavoro al Ministero era un’ottima fonte d’informazioni, e se ci fossero state novità nell’indagine, sarebbe venuto a saperlo molto prima del Ministro in persona. Era convinto che se Voldemort stesse tornando veramente, quello era solo un avvertimento.

Il bello doveva ancora arrivare.




Ciao! Eccovi un altro capitolo! Qui ho introdotto un altro personaggio importante per la storia: il tutore di Alya. Vi voglio far notare che non è il padre biologico della ragazza, che ha i genitori in carcere, ma le ha solo prestato il nome. Sarebbe stato un po' troppo sospetto il cognome Lestrange, non trovate?
Come penso si noti, ho deciso che la mia storia doveva seguire più o meno i libri originali. Naturalemente ci metto del mio, ma preferisco non stravolgere troppo il racconto originale, anche se mi riesce difficile. Qui, come in "Harry Potter e il Calice di Fuoco", Harry non sa chi siano i Mangiamorte, e per questioni tecniche ho deciso di non cambiare questo fatto nella mia storia.
Vi ringrazio per aver letto questa ff, e vorrei dei vostri consigli per migliorarla, perchè ci tengo molto avere dei vostri giudizi.
Grazie, a domenica prossima!
Dark Soul.

Fairydreams: grazie per le lodi che mi ha tessuto ^^, ma non credo di meritarle tutte.

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Capitolo 5
*** Il quarto anno ad Hogwarts ***


Il quarto anno a Hogwarts A Settembre iniziò la scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. Molte cose quell’anno si scoprirono cambiate. Innanzi tutto, la Coppa di Quidditch era stata annullata, per lasciare posto ad un evento che non si teneva da più di un secolo: il Torneo Tremaghi.

Anticamente questo avvenimento consisteva in una competizione amichevole tra tre scuole di Magia: Hogwarts, Beauxbatons, Durmstrang. Ogni istituto sceglieva il suo campione e questi gareggiavano in tre prove.

Al termine di tale manifestazione era data in premio la Coppa Tremaghi alla scuola cui alunno aveva superato egregiamente tutti gli ostacoli imposti, o quello che perlomeno era riuscito a sopravvivere.

Ora le prove erano protette da ogni misura di sicurezza che permetteva anche allo studente più imbranato di uscirne, se non illeso, vivo; ed era in vigore la ragionevole restrizione agli studenti al di sotto del diciassettesimo anno di età di non poter partecipare. In conclusione potevano candidarsi solo gli alunni che frequentavano il sesto o il settimo anno.

Un ulteriore mutamento avvenne nell’insegnamento della materia Difesa contro le Arti Oscure. La cattedra era stata affidata ad un ex Auror, Alastor (Malocchio) Moody. Questo strano personaggio aveva lavorato al Ministero come cacciatore di Maghi Oscuri proprio nel periodo di massimo potere di Voldemort, ed era riuscito a catturare parecchi Mangiamorte. Per questo motivo viveva sempre in costante all’erta, sempre pronto a ritorsioni, e vedeva in ogni piccolo gesto una minaccia alla propria incolumità. Era un uomo basso, sfregiato da centinaia di cicatrici, con una folta chioma grigio scuro, ma ciò che colpita più di lui erano gli occhi. Uno doveva essere naturale, piccolo, scuro e lucente, l’altro invece era grande, tondo, di un blu elettrico e sembrava avere la sconcertante abilità di vedere attraverso le cose.

Ma fu Alya ad osservare il cambiamento più sconvolgente e terrificante.

All’alba del secondo giorno in cui si trovava ad Hogwarts, la ragazza era in bagno, dopo una doccia calda e rilassante. Si avvicinò allo specchio appannato e lo toccò con la bacchetta, per asciugarlo e vedere il proprio riflesso. Aveva avvolto attorno al suo corpo un asciugamano che la copriva dal seno fino a metà coscia. La sua pelle bianca risplendeva al contrasto con i capelli bagnati, lasciati sciolti sulle spalle. Si era resa conto che erano cresciuti parecchio durante l’estate, e non solo quelli; le curve si erano fatte più accentuate e si era alzata di qualche centimetro. Il suo viso si stava affusolando, perdendo così ogni carattere infantile.

Era diventata una bella ragazza, come sua madre prima di lei.

Mentre contemplava la sua immagine allo specchio e decideva a quale lunghezza tagliare i capelli, si grattò distrattamente l’avambraccio sinistro.

Afferrò la bacchetta, prese una ciocca di capelli con la mano, e si preparò a formulare l’incantesimo, quando vide un alone rossastro sul vetro dello specchio. Si chinò per vedere meglio e si accorse che non era una macchia sulla superficie, ma su ciò che essa rifletteva.

Terrificata, si prese il polso sinistro e, all’interno dell’avambraccio, vide con orrore un segno indistinto, che si poteva facilmente scambiare per un livido.

Il Marchio Nero.

Sconvolta, rimase parecchi minuti a fissarlo.

Non poteva essere. Come poteva? Il Signore Oscuro era caduto.

Eppure, come a sfidarla a ribadire il contrario, il segno era lì, inconfutabile, ed era la prova che si sbagliava. Stava sorgendo. Stava riacquistando i propri poteri.

Barcollante si vestì ed uscì dal bagno. Nella sua camera le ragazze stavano già tornando dalle braccia di Orfeo, e cominciavano a muoversi nei propri letti.

Stralunata, prese le scale e si diresse verso l’uscita. Era presa da uno sconforto che le serrava la gola. Ma d’altronde doveva aspettarselo. Come aveva sempre predetto il suo maestro, quel momento sarebbe giunto, presto o tardi. E la sua vita sarebbe mutata.

Incapace di reagire e di assimilare l’idea, non si rese conto dell’ora e della sua meta, vagava da sola, con i suoi pensieri, per cercare, per trovare un’altra spiegazione. Ci doveva essere.

Eppure, quando arrivò a lezione, qualche ora più tardi, nulla era cambiato.

O forse, era già cambiato tutto.


Quella mattina la classe di Grigondoro del terzo anno aveva la sua prima lezione con il professor Moody insieme al corrispettivo anno di Serpeverde.

Alya entrò nell’aula e si sedette in un posto qualsiasi. Era ancora scossa, ma faceva di tutto per non darlo a vedere. Avrebbe preferito di gran lunga rinchiudersi nel sotterraneo di Serpeverde e non uscire mai più, ma non era nel suo carattere nascondersi.

Aveva ancora la testa alta, e quello che si sarebbe presentato l’avrebbe affrontato, in un modo o nell’altro.

Era ancora immersa nei propri pensieri, quando notò entrare Harry Potter e i suoi amici, e sedersi poco più avanti di lei. Si rese improvvisamente conto che lui non sapeva del ritorno dell’Oscuro Signore. Forse doveva sapere. In un certo senso riguardava anche lui. Poi realizzò: non poteva certo parlargliene lei. Che idea sciocca, si doveva arrangiare; e poi magari così viveva meglio il poco tempo che gli restava, in fondo gli faceva un favore.

Entrò il professore e fece l’appello, soffermandosi a scrutare i volti man mano che rispondevano. Quando pronunciò il nome di Alya, alzò lentamente la testa e la fissò intensamente. La ragazza sostenne lo sguardo, ma percepì un’inspiegabile sensazione di disagio, che scomparve inspiegabilmente non appena il mago passò oltre. La Serpeverde pensò di esserselo immaginato.

Terminate le presentazioni, Moody fece un breve discorso introduttivo sulle Arti Oscure, e sulla vigilanza costante:

“… le tre Maledizioni Senza Perdono, Imperius, Crucius e Avada Kedavra, venivano usate largamente dai Mangiamorte, e il loro uso comportava (e comporta) la condanna a vita ad Azkaban. Non esiste alcuna contromaledizione che le possa contrastare, ma solo una vigilanza costante vi permetterà di sopravvivere.

La classe pendeva dalle sue labbra ed erano affascinati da ogni sua parola, certamente non del tutto consci del significato che portavano, ma esterrefatti dalla sua conoscenza.

 Il mago continuò.
“Ora, vorrei provare a testare su di voi la Maledizione Imperius. Non ci sarà pericolo, non vi preoccupate. Io vi scaglierò la maledizione e voi dovrete cercare di contrastarla con la sola forza della mente. Non c’è niente pericolo. Meglio imparare adesso che a vostre spese in futuro.”

All’improvviso i volti dei ragazzi si fecero più ansiosi. Si guardavano tra loro, cercando la conferma che quello fosse soltanto uno scherzo. Insomma, come avrebbe potuto parlare sul serio?

Alya osservava divertita le loro reazioni. Naturalmente lei era già stata addestrata per non cadere vittima della Maledizione Imperius, ma, per amore della discrezione, aveva già deciso di non opporre resistenza ai comandi del professore, per quanto sottomettersi le era difficile. Avrebbe attirato un po’ troppo l’attenzione se l’avesse sconfitta al primo tentativo, no?

Moody, proruppe: “D’accordo allora, visto che non ci sono volontari, scelgo io.” Forse notando l’espressione sicura della ragazza o forse per caso, disse: “Signorina Johnson, vuole essere la prima?”

Alya si alzò, lentamente. Il professore, con un colpo di bacchetta, spostò alcuni banchi rimasti vuoti, proprio davanti alla cattedra, ed entrambi si posizionarono nello spazio libero, l’uno di fronte all’altro. I compagni li guardavano con accurata attenzione, senza sapere cosa aspettarsi.

Harry osservò con cura la ragazza, da lontano, e notò la sua determinazione. Non riusciva a percepire i pensieri che vagavano nella sua mente, e ammirò la sua capacità di controllo. Di certo non si aspettava che la Serpeverde in realtà si stesse divertendo come non mai nel vedere le facce sconvolte dei compagni.

Il mago alzò la bacchetta e disse, con un sorriso che forse doveva essere rassicurante: “Pronta?”

Alya fece un cenno d’assenso con il capo, “Certo, signore.”

“Bene, IMPERIO” e un raggio d’oro colpì la ragazza, che indietreggiò per la potenza del colpo.

Alya riconobbe all’istante quella sensazione straordinaria, di galleggiare, senza più problemi, senza più pensieri, e sentirsi quasi felice, senza motivo. Si rilassò e attese il comando.

Una voce distante le disse: “Fai il giro della stanza camminando sulle mani.

“D’accordo.” Rispose accondiscendente la ragazza e ubbidì, ritornando poi di fronte al professore ed alzandosi in piedi.

Molto bene, –continuò la voce lontana– ora io ti porrò delle domande e tu dovrai rispondere con sincerità, un semplice si o no. Hai capito?

“Si.” Rispose ad alta voce Alya, in modo che tutta la classe sentisse, anche se loro non avevano udito la domanda.

Brava. Il tuo vero nome è Alya Johnson?

La ragazza ebbe un tuffo al cuore, ma mantenne la calma.

“Si.”

La risposta fu così secca da far vibrare la bacchetta del professore puntata su di lei.

Mi hai risposto sinceramente?

“Si.” Ad Alya questo gioco non stava piacendo.

Arrotolati la manica del braccio sinistro.

La ragazza rimase immobile.

ORA!” La voce risuonò secca, potente nella mente della ragazza.

La Serpeverde, messa alle strette, si oppose, ma scoprì che il mago non cedeva e dovette ricorrere a tutta la sua forza, nonostante il piano stabilito.

“NO!” urlò improvvisamente, con foga.

All’improvviso comparve una piaga sulla mano del professore, quella che stringeva la bacchetta, e Alya riebbe il controllo di sé. Moody la guardava attentamente, proruppe: “Davvero molto bene, signorina Johnson. E’ riuscita a contrastare la mia maledizione. Ora può pure ritornare al suo posto.”

Proprio in quell’istante suonò la campanella, ma gli studenti allibiti, rimasero ai loro posti. Non riuscivano a capire cosa fosse successo, ma a giudicare delle espressioni dei loro volti di certo era qualcosa di sconvolgente.

Alya, lanciò uno sguardo cupo al professore, poi si voltò, prese la sua borsa e uscì velocemente, senza voltarsi indietro. Si mise a correre per il corridoio, tra la gente che usciva dalle classi.


Se prima era sconvolta, ora era terrorizzata. LUI come poteva SAPERE? Conoscevano la sua esistenza solamente il Signore Oscuro, i suoi genitori, e pochi altri Mangiamorte rinchiusi ad Azkaban. Non poteva essere! E se qualcuno avesse parlato? No, era un’ipotesi da escludere, altrimenti lo sarebbero venuti a sapere anche gli uomini del Ministero, e di conseguenza il suo maestro. No, ci doveva essere un’altra spiegazione. Quale?

Trovò la porta del bagno femminile, e vi si chiuse dentro. Andò al lavandino, aprì il rubinetto e con le mani tremanti si portò l’acqua fredda al viso, per rinfrescarsi le idee.

Alzò la testa e guardò il proprio riflesso sullo specchio, il volto era segnato da una preoccupazione profonda. Fece un respiro profondo e si impose la calma.

Una spiegazione plausibile ci doveva essere. I Mangiamorte alla Coppa del Mondo, il Marchio Nero, l’ex Auror. Stavano succedendo troppe cose nello stesso tempo, tutte troppo simili tra loro per essere slegate. Ma qual era il nesso?

Certamente se il professore conosceva la sua vera identità, lo doveva sapere anche Silente, era naturale. Ma perché allora quest’ultimo non aveva mai fatto niente contro di lei? E perché Moody aveva deciso di agire ora? Doveva sapere che sarebbe stata in grado di resistere alla Maledizione Imperius.

Alya si chinò sul rubinetto lasciato aperto e bevve.

Troppe domande, troppo pochi indizi. Decise che d’ora in poi doveva essere molto più vigile, e non lasciare nulla al caso, o il suo piano andava in fumo. Doveva uccidere Potter, questo era lo scopo che le era stato dato. Dopo tutto, la sua riuscita era più che mai importante ora che il Signore Oscuro stava per risorgere.

Chiuse l’acqua corrente, prese la borsa e si guardò un’altra volta nello specchio. Una ragazza mora dagli occhi determinati rispose al suo sguardo, e nessun’emozione era svelata.






Ciao! Eccomi qui con un'altra puntata. Cosa ne pensate? Questo è uno dei miei capitoli preferiti, anche se a dire il vero non è che ne abbia scritti poi molti fino ad adesso ^^. Spero che vi sia piaciuto. Se lasciate un commento mi farete veramente felice! A domenica prossima!

Dark Soul

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Capitolo 6
*** Il ricatto ***


Il ricatto Alya era in Sala Comune di Serpeverde, intenta a leggere per l’ennesima volta una lettera appena giunta, scritta con una calligrafia familiare, spigolosa e stretta.

Il prossimo week end. Niente domande.

Sapeva che questo breve messaggio proveniva dal suo maestro. Lo aveva capito non solo dalla calligrafia, ma anche dal marchio che era stato usato per sigillare la busta: la figura di una bacchetta impressa su cera nera.

Naturalmente chiunque avesse letto quelle poche parole, non avrebbe capito e sarebbe risultato un messaggio alquanto strano e incomprensibile. Invece esso corrispondeva ad un codice precedentemente accordato tra Alya e Seginus: esso avvertiva la ragazza che quello stesso sabato, alle 17 in punto, nel bosco di Hogsmeade, al centro di una piccola radura, il suo tutore sarebbe stato ad aspettarla.

Certamente dovevano essere notizie importanti per far esporre così il mago e farlo viaggiare fino ad Hogwarts, informazioni che non potevano essere scritte per lettera.

Alya gettò la pergamena nel fuoco del camino e la guardò scomparire tra le fiamme.
Non ne afferrava bene il motivo, ma un vago senso di inquietudine le artigliò lo stomaco, come se quello che stesse per accadere non le sarebbe piaciuto.


Harry entrò nell’aula di Pozioni, affranto. Quella era la prima lezione dell’anno con il suo professore meno amato: Piton, non si poteva certo chiamare contento.
Spaziò la stanza con lo sguardo, finché non vide una figura familiare china su un libro. Si avvicinò e le si sedette accanto.

“Potter, speravo che l’estate ti avrebbe schiarito le idee.” Proruppe Alya, voltantosi verso il compagno.

Harry rispose, enigmatico: “Purtroppo no, almeno finché non dimostrerò che ho ragione.”

“Ancora con questa storia?” e gli scoccò uno sguardo compassionevole.

“Già.” Rispose con un mezzo sorriso il ragazzo. Non aveva ancora dimenticato cosa lei aveva fatto alla Coppa del Mondo.

Stizzita Alya riprese la sua lettura; meno dava retta a quello scomodo compagno, prima si sarebbe stancato e l’avrebbe lasciata in pace, almeno così sperava.

Intanto, qualche fila più indietro, Draco Malfoy osservava la scena.


Arrivò così il primo fine settimana ad Hogsmeade. Era ormai autunno inoltrato e un vento freddo sferzava il viso dei ragazzi che spuntava dal mantello.
Le vie dei negozi erano affollate da studenti allegri, che si volevano rilassare dopo il primo mese di scuola.
L’argomento preferito nelle locande era l’imminente arrivo della delegazione delle scuole straniere Beauxbatons e Durmstrang. Un’aria di aspettativa aleggiava tra gli studenti, che non contenevano più l’eccitazione.

Alya camminava spedita per una delle vie laterali, più discosta e meno rumorosa. Ogni tanto la si intravedeva dalla via principale, mentre camminava veloce nella stradina buia, e il suo viso veniva illuminato dal riflesso delle luci. Si riusciva a scorgere la sua espressione, più malinconica, triste, ma allo stesso tempo dura e determinata, come sempre.
Era ben diversa l’atmosfera scherzosa e allegra che regnava tra gli studenti, e il vortice di cupo presentimento che persisteva nella mente della ragazza.
Procedeva in fretta, mancava poco all’orario stabilito e doveva affrettarsi, se non voleva rischiare di essere punita per il ritardo.

Raggiunse la foresta oltre il villaggio e vi si addentrò tenendo la bacchetta a portata di mano, seguendo un sentiero ormai in disuso, che si snodava tra gli alberi. I suoi passi venivano attutiti dalle foglie cadute, e, dalla confusione del villaggio, si passò a un silenzio teso, attento.
Dopo aver camminato per un po’, il percorso si allargò in una piccola radura.

Alya si fermò, cercando di riprendere un respiro normale, ma non ripose la bacchetta e aguzzò tutti i sensi, nell’attesa di percepire l’arrivo del suo maestro.

Ad un tratto sentì un forte schiocco e apparve innanzi a lei una figura, avvolta in un lungo mantello scuro e i lunghi capelli sciolti danzavano al vento.

Si affrettò subito ad inchinarsi, assumendo un atteggiamento servile, che si addiceva assai poco al suo temperamento.

“Porto notizie.” esordì Seginus Johnson.

“Buone o cattive?” rispose Alya, alzando appena il capo.

“Hai notato anche tu il Marchio Nero che sta apparendo sul braccio?” e prese a camminare attorno alla ragazza.

Come potrei non averlo visto? Si disse la ragazza, ma rispose: “Si, signore.”

“Bene. Come certo avrai capito il Signore Oscuro sta risorgendo, e l’ho trovato.”

Il cuore di Alya mancò un battito, e lei cominciò a tremare impercettibilmente, anche se forse era solo una sua impressione.

“Davvero? Dove? Come?”Alzò la testa e osservò il volto del suo tutore, che continuava a camminare nervosamente. Sembrava preoccupato, ma per quale motivo?

“Si. Ho fatto le mie indagini, e l’ho trovato. Non è stato facile, ma alla fine ce l’ho fatta.” Una nota di orgoglio vibrava tra quelle parole.
“Ma c’è un problema. –continuò – Ora è imprigionato in una forma che a stento si può riconoscere come umana, e ha bisogno di Potter per riavere tutti i suoi poteri. Vivo.”

Alya corrugò al fronte. “Quindi? Vuole che noi glielo portiamo?” Non capiva il motivo per cui il suo protettore appariva così insoddisfatto.

“No. Ha già un piano, ma non vuole renderci partecipi. Ci ordina di rimanere in disparte: non si fida di noi.”

La ragazza sospirò, ma colse l’irritazione profonda nella voce del mago e si ritrasse.

“Quindi dobbiamo solo aspettare.” esordì piano.

“No! Sciocca ragazza!” disse Seginus, assai irritato. “Non capisci? Non possiamo tornare dall’Oscuro Signore a mani vuote! Dobbiamo provare la nostra fedeltà! O tutti gli anni che ho passato per addestrarti, saranno stati inutili! TU DIVENTERAI INUTILE! E COSA MI SERVIRAI ALLORA, SE NON MI PROCURERAI NESSUNA RICOMPENSA?”

Il mago scagliò un incantesimo ad un tronco spoglio lì accanto, e quello prese subito fuoco.
La ragazza capiva che doveva placare subito l’ira del tutore, o la prossima sarebbe stata lei.

“Ma, non resteremo di certo con le mani in mano. Troveremo la soluzione.”

Seginus riprese a camminare avanti ed indietro, in un silenzio rabbioso.

Alya rimase zitta, perché capiva benissimo che se avesse distratto il mago in questo momento, non se la sarebbe cavata con poco. Non le dispiaceva affatto non dover più uccidere Potter, le evitava così un sacco di seccature.
Intanto il tronco d’albero continuava a bruciare.

Ad un tratto l’uomo si fermò.

“Potter è del tuo stesso anno, non è vero?”

La Serpeverde si affrettò a fare un cenno di assenso. “Si, signore.”

“Bene. Il Signore Oscuro vuole Potter vivo, quindi avrà già un piano per la sua rinascita. Tu dovrai scoprire in cosa consiste questo piano, dovrai prendere più informazioni possibili su ciò che gli accade intorno, dovrai prendere tutte le informazioni che lo riguardino. Voglio che tu sappia perfino quando va in bagno.”

La ragazza sospirò. “Lo sto già facendo, signore. Lo osservo sempre.”

Seginus sorrise. “No, mia cara ragazza. Le informazioni che raccogli sono inutili, ora. Riguardano solo il suo modo di comportarsi, in apparenza. Ma tu dovrai fare in modo che lui ti dica tutto, che lui ti confidi ogni suo desiderio, paura, sogno, delusione. Tutto. Ogni singolo elemento che potrebbe valere come oro per l’Oscuro Signore. Dovrai essere sua amica.”

Scese il silenzio, interrotto soltanto dagli schiocchi del legno che stava bruciando, poco discosto.

Era assurdo.
Totalmente assurdo.

Cosa poteva servire all’Oscuro Signore sapere i pensieri di un ragazzino di quindici anni?
Cercò di farlo notare al suo maestro nel modo più gentile e meno pericoloso possibile.
“Ma, signore…”

Seginus scoccò uno sguardo rabbioso alla ragazza, intuendone i pensieri:
“Stolta. Se il piano del nostro Signore dovesse fallire, avrà bisogno di qualcuno che sia molto vicino a Potter, per riuscire nella sua impresa. Noi gli offriremo il suo nemico su un piatto d’argento, e allora mi accoglierà con grandi onori.”
Nei suoi occhi passò un lampo di gioia folle.

Alya si ritrasse. “Ma, sarò comunque al castello. Posso fare qualunque cosa anche senza diventare la confidente di quel babbanofilo.”

Il mago estrasse la bacchetta.
“Crucio.”

La ragazza cadde e venne trafitta in ogni centimetro del suo corpo da migliaia di pugnali invisibili, e un dolore inimmaginabile prese a scorrerle nelle vene. Un urlo di profonda sofferenza si elevò dalla foresta, finché Seginus non alzò la bacchetta, e riprese a parlare con la sua voce glaciale.
“Pensavo di averti tolto il vizio di discutere gli ordini. Ogni singola informazione in più che riuscirai ad estrarre da quel bamboccio, potrà rivelarsi utile per la nostra causa. Una spia vicino a Potter, una spia insospettabile, tu. Mi sono spiegato abbastanza chiaramente?”

Alya si rialzò a fatica in ginocchio, ansimante, e rispose in modo soffocato senza alzare la testa. “Si, signore.”

“Bene. Sai già cosa ti aspetta se fallirai.” E detto ciò scomparve con un sonore crac, lasciando la ragazza a carponi per terra con poche braci accanto, i resti di un albero bruciato.


Alya camminava lentamente nella strada principale di Hogsmeade. Camminava lenta, pensierosa, e molte persone dovevano scansarsi per non urtarla. Era ancora leggermente scossa dagli strascichi della Maledizione Cruciatus, ma la sua mente era altrove.

Il Signore Oscuro voleva Potter vivo. Bene, così si evitavano un sacco di problemi. Il suo maestro però voleva che diventasse una spia, per poter offrire qualunque informazione sul nemico.

I piani erano cambiati, e lei doveva essere amica di Potter. Male. Quest’idea non le piaceva per niente. Quel ragazzo era un essere petulante e lagnoso, almeno dal suo punto di vista. Sarebbe stato molto più semplice ucciderlo che provare simpatica per lui.
Ma non aveva scelta. Sapeva cosa sarebbe accaduto se avesse fallito, come le aveva ricordato il suo tutore.

Sospirò. Forse qualcosa da bere le avrebbe schiarito le idee, ed entrò nella locanda “Tre Manici di scopa”.
Lì l’atmosfera era calda e rilassata, tutti i tavoli erano occupati e un piacevole tepore le scaldava le mani gelide.
Andò al bancone ed ordinò una burrobirra, immersa nei suoi pensieri.


Harry, Ron ed Hermione erano seduti ad un tavolo e stavano parlando animatamente del Torneo Tremaghi, quando Hermione notò entrare la Serpeverde che aveva le guance rosse dal vento freddo e i capelli raccolti in una coda di cavallo.
“Harry, – disse incerta – quella ragazza non è la stessa con cui ti siedi a Pozioni?”
Il ragazzo si voltò e la notò.

“Si, certo. E’ la stessa che mi ha aiutato alla Coppa del Mondo. L’anno scorso mi ha detto che non le piaceva venire ad Hogmeade, però.”

Ron la guardò e rispose. “Beh, a quanto pare ha cambiato idea.”

“Harry – riprese Hermione – vai a chiederle se vuole unirsi a noi.”

Ron la guardò offeso. “Ma… Hermione! E’ una Serpeverde!”

La ragazza gli scoccò uno sguardo irritato.
“Certo! Ma ha aiutato Harry! Mi pare il minimo!”

“Ma l’ha già ringraziata! Che cosa vuoi fare di più? Iscriverla al CREPA?”

La Grifondoro aprì la bocca per ribattere quando Harry la interruppe.
“D’accordo. Adesso vado a parlarle.” Con aria rassegnata lasciò i due che si battibeccavano.

Raggiunse il bancone e affiancò ad Alya.
“Ciao! Non sapevo che saresti mai venuta ad Hogsmeade.”

La ragazza si voltò e gli scoccò uno sguardo penetrante.
“Potter, ci incontriamo dappertutto. Cosa vuoi?” e bevve un sorso di burrobirra.

“Beh, mi chiedevo se ti andrebbe di venire al nostro tavolo, invece che stare qui da sola.”

Alya lo guardò attentamente, riflettendo. Se doveva diventare sua amica, tanto valeva cominciare da adesso. Almeno le era stata risparmiata l’umiliazione di fare il primo passo.

“D’accordo.” Rispose tranquillamente.

“Davvero? Tu vuoi venire con me al mio tavolo?” disse Harry, sorpreso. Non aveva mai pensato che la Serpeverde avrebbe accettato.

“Si, certo! Te lo devo ripetere un’altra volta?” e detto ciò seguì il ragazzo da Ron ed Hermione, che stavano ancora litigando.

Harry, fece qualche colpetto di tosse, per riuscire ad attirare la loro attenzione e presentare la ragazza ai due, ma essi non sembravano accorgersi di niente.

“Ehm, ragazzi…?”
Ron finalmente alzò la testa e incontrò lo sguardo dell’amico, notando finalmente la ragazza e interrompendo Hermione.

Alya guardava la scena leggermente sconvolta. Avrebbe dovuto passare il resto dell’anno con una compagnia del genere?

Harry riprese: “Ron, Hermione questa è Alya, la ragazza che mi ha aiutato alla Coppa del Mondo. Alya, questi sono Ron ed Hermione, i miei amici.”

La Serpeverde fece un sorriso di circostanza, e si impose di sedere, nonostante l’impulso di andarsene fosse forte.

Cadde il silenzio.

“Allora, Alya, - cominciò Harry, consapevole dello sguardo men che lieto del suo amico rivolto alla ragazza – suppongo che ti piaccia il Quidditch, visto che c’eri anche tu alla Coppa del Mondo.”

pensò fra sé la Serpeverde.
“Beh, diciamo che non ne vado matta.” Rispose indifferente.

“Capisco. Neanche a me piace molto. – disse Hermione – E’ solo uno sport in fondo, non capisco cosa…”, ma venne interrotta da Ron.

“Hemione, tu non capisci niente di Quidditch, lascia che te lo dica. Non è normale preferire di stare in Sala comune a leggere “Storia di Hogwarts” o qualcosa di simile…, invece che andare a vedere una bella partita di Quidditch.”

“Beh, non ha tutti i torti, – rispose Alya – vedere una dozzina di maghi a cavallo di manici di scopa che si azzuffano per una palla, non mi pare il massimo del divertimento. A me sembra uno sport piuttosto insignificante.” Ad Hermione si illuminarono gli occhi.

Ron la guardò a bocca aperta, sconvolto.
“Forse perché non lo capisci… In effetti voi ragazze non capite niente di sport” disse, scuotendo la testa.

“Sapessi invece quante cose i ragazzi non capiscono…” Rispose Alya, guardandolo con un sorriso ironico.

Quando Harry vide che Ron stava per ribattere qualcosa che sarebbe stato meglio non sentire, decise che era meglio fuorviare il discorso.
“Ed invece cosa ne pensi del Torneo Tremaghi?” disse frettolosamente.

La Serpeverde rimase un attimo a guardare il viso del rosso, prima di rispondere.
“Beh, sicuramente sarà molto interessante. Dopotutto, si tratta di un evento che non avviene da secoli. In più ci saranno anche membri delle altre scuole. Potrebbe essere molto divertente.”

Hermione rispose: “Già. E’ anche un’ottima occasione per conoscere culture diverse dalla nostra. Infatti Beauxbatons, è francese, mentre Durmstrang penso che sia molto più a Nord…”

“Come fai a dirlo…?” Disse Harry, incuriosito.

“Sul “Comprendio delle scuole d’Europa” – rispose Alya – si vede chiaramente che la divisa degli studenti di Durmstrang comprende una pelliccia. Perciò dovrebbe fare molto freddo alla loro scuola.”

“Esatto! – disse Hermione, raggiante – hai letto anche tu quel libro?”

“Si, mi sono documentata in biblioteca dopo l’annuncio di Silente.” Disse indifferente la Serpeverde.

Ron fece una faccia preoccupata, rivolgendo uno sguardo terrificato ad Harry, che invece sorrideva.

All’improvviso proprio dietro al rosso apparve una figura molto familiare al trio: Draco Malfoy, accompagnato dagli onnipresenti Tiger e Goyle, più imponenti che mai.

“Hei Wesleyuccio. Scommetto che ti piacerebbe iscrivere al Torneo, il premio in denaro potrebbe farti comodo. Forse riusciresti perfino a comprare qualche abito nuovo.”

Si avvicinò al tavolo con un sorriso, mentre Harry  cercava di trattenere Ron dallo saltare addosso al Serpeverde.

“Certo, penso che tu Potter lo farai sicuramente, visto che non perdi mai occasione di metterti in mostra.” Continuò il ragazzo.

Hermione scattò in piedi.
“Malfoy, se sei venuto fin qui per rompere le scatole, potresti anche tornartene indietro.”

Draco rivolse uno sguardo sprezzante alla ragazza.
“Non sarai certo tu a dirmi quello che devo o non devo fare, sporca Mezzosangue.”

La ragazza fece un passo indietro, come colpita da uno schiaffo.

Alya intanto osservava la scena, incerta sul da farsi. Stranamente si sentiva come dispiaciuta per Hermione, e questo le era strano. Cosa doveva fare, mettersi in mezzo e farla pagare a Malfoy, o rimanere in disparte e vedere cosa succedeva? In fondo a lei non aveva fatto niente quel ragazzo.

Draco intanto aveva rivolto il suo sguardo gelido alla Serpeverde:
“Toh, guarda chi si vede. Non pensavo che potessi cadere così in basso, unendoti a questi…”

Ma Alya non gli fece finire la frase. Si alzò in piedi, e, sfoderando la bacchetta, lanciò un’incantesimo così veloce che Harry non fece in tempo a vederlo.

Draco, colpito in pieno, cominciò a roteare su sè stesso, con il mantello tirato sulla testa. L’intera sala scoppiò a ridere, finché la ragazza non alzò la bacchetta e il Serpeverde finì a terra, stordito. Tiger e Goyle, non potendo picchiare una ragazza, per di più armata di bacchetta, presero il rampollo di Casa Malfoy per le braccia e lo strascinarono fuori dalla sala, tra le risate generali.

La Serpeverde si sedette composta, con un sorriso ironico stampato sulla faccia.

Mentre le risate piano piano si spegnevano, Ron, con le lacrime agli occhi, si rivolse alla ragazza:
“Alya, sarai anche una Serpeverde, ma non smetterò mai di ringraziarti per lo spettacolo che hai appena fatto. Ho un nuovo sogno adesso: Malfoy, la trottola.”

La ragazza, intercettò uno sguardo di gratitudine di Hermione, e per la prima volta in vita sua si sentì in imbarazzo.

“Io proporrei un brindisi per Alya!” disse Harry, con un sorriso e una bottiglia di burrobirra in mano.
La Serpeverde alzò lo sguardo, incontrando quello limpido verde del ragazzo.

“Ad Alya!” disse Ron e si scolò l’intera bottiglia.


Il resto del pomeriggio passò molto più in fretta di quanto la ragazza si aspettasse. Quando uscirono dal locale, era buio ormai. Alya salutò il trio e si allontanò verso il castello.
Aveva bisogno di stare da sola e riflettere.

Alya doveva ammettere di aver passato bene il tempo, e stare in compagnia di quei tre, così diversi tra loro. Aveva afferrato il carattere principale di ognuno: Hermione era la saccente del gruppo, eppure non era mai pesante, sapeva ridere e inoltre (questo non lo avrebbe mai detto) aveva molte cose in comune con la Serpeverde, soprattutto per quanto riguardava la lettura.

Ron invece, non era così stupido come sembrava: aveva un umorismo vivace, e spesso la ragazza si era ritrovata a sorridere ad alcune sue battute, nonostante avesse la leggerezza di un elefante.

E doveva ammettere che doveva ricredersi anche su Harry, non era poi così petulante e lagnoso.

Certo, aveva ancora un certo numero di riserve sul loro conto, e avrebbe ancora preferito di gran lunga rimanere in disparte, ma non credeva più che la sua fosse una missione impossibile. Forse si sarebbe pure divertita.

Stava salendo la scalinata che portava al castello quando notò una figura poco più avanti di lei, ferma. Alzò lo sguardo e vide che era Draco Malfoy.
Sospirò e continuò a camminare, come se niente fosse, intanto la mano già correva tra le pieghe del mantello, in cerca della bacchetta.

Quando arrivò proprio innanzi a lui, fece per scansarsi e passare, ma Draco si parò davanti e le disse: “Non pensavo che tua madre ti permettesse di stare con i Mezzosangue e Babbanofili.”

Alya immediatamente alzò gli occhi e li fissò su quelli freddi del compagno, mentre il cuore mancava un battito.
“Mia madre è morta. Cosa vuoi saperne tu di quello che avrebbe voluto oppure no.” E detto ciò si spostò per passare.

Draco la bloccò di nuovo. “Oh, no. A me non puoi mentire. Dopotutto, mia madre conosce bene la tua, Bellatrix Lestrange: è sua sorella. Non lo sapevi?”

“E’ ridicolo…” e spinse Draco di lato e cominciò a risalire le scale.

Il ragazzo però le prese un polso e la tirò indietro.
“Non ti conviene avermi come nemico. Posso essere pericoloso, magari rivelare ai tuoi nuovi amichetti la tua vera identità…”

Alya ebbe un tuffo al cuore. Se Harry avesse scoperto la verità, il suo piano sarebbe andato in fumo, e non osava nemmeno immaginare la reazione del suo maestro, se lo fosse venuto a sapere.
Ma d’altronde non poteva certo rivelare i suoi piani a Draco, o lui li avrebbe spiattellati ai suoi genitori, cosa che avrebbe fatto infuriare il suo tutore in ugual modo. Non si poteva ancora sapere da che parte si sarebbero schierati i Malfoy alla rinascita dell’Oscuro Signore. Doveva cavarsela da sola.

“Tu non puoi ricattare me.” Sibilò, e una scarica elettrica passò alla mano di Draco, che la ritrasse subito.

Nonostante il ragazzo si fosse spaventato un po’ nel sentire la scossa, riprese subito il controllo e sorrise sarcastico.
“Oh, si che posso. Ho io il coltello dalla parte del manico, mi dispiace.”

La Serpeverde lo fissò con odio negli occhi, ma doveva ammettere che non aveva tutti i torti. Era nei guai.
“Che cosa vuoi, Malfoy?” rispose rabbiosamente la ragazza.

“Niente. Stai tranquilla. Solo qualche piccolo favore...”

 “Ah! Se credi che io diventi la tua schiavetta, ti sbagli di grosso.” Disse, sprezzante.

“Hai qualche scelta?” rispose Draco, allargando il suo sorriso.

Alya trattenne il respiro. No, non aveva proprio scelta.
“E chi mi assicura che non rivelerai mai a nessuno la mia identità?” domandò, rabbiosa.

“Se tu farai ciò che io ti chiederò, non vedo il motivo per cui dovrei rinunciare alla mia arma di ricatto.”Rispose il ragazzo, tranquillamente.

Alya sfoderò la bacchetta, gliela puntò alla gola e sibilò.
“Dammi una buona ragione per cui non potrei ucciderti ora, all’istante, trasfigurare il tuo corpo e nasconderlo in mezzo alla foresta, senza lasciare traccia. Mi costerebbe molto meno.”

Il Serpeverde sprezzante: “Perché Tiger e Goyle ti hanno visto arrivare, prima che li mandassi via. Gli ho detto che dovevo parlare con te, e che mi fosse successo qualcosa sarebbero dovuti andare dal professor Piton a riferire.”

Alya scrutò gli occhi del ragazzo, per cercare la menzogna, poi ritrasse lentamente la bacchetta, e fece un passo indietro.
“Che genere di favore vorresti?” disse, instillando in ogni parola, tutto il suo disprezzo.

Draco sorrise compiaciuto, salì di qualche scalino e si chinò sull’orecchio di Alya.
“Lo scoprirai presto.” Sussurrò, e si voltò per risalire al castello, ridendo sonoramente.


Alya entrò arrabbiata nel dormitorio femminile e sbattè la porta alle spalle. Era semplicemente furiosa. Le sue compagne di stanza erano ancora a cena, e nella camera regnava il silenzio.

Prese a girare avanti ed indietro per cercare di calmarsi.
Odiava sentirsi così, in trappola, incapace di scegliere il proprio futuro. Prima il suo tutore, poi Malfoy. Tutti e due pensavano che fosse una schiava, una bambola, di cui si poteva fare qualunque cosa e gettarla da ogni parte e decidere cosa doveva fare e cosa no.
Perché diavolo tutti credevano di poter fare di lei ogni cosa? Perché non potevano lasciarla in pace, invece che incatenarla al proprio volere?
Si sentiva debole e incapace, e non le piaceva.

Urlò di rabbia e scagliò un pugno contro la porta del bagno, poi un secondo, e un terzo, finché il dolore alle mani alleviò un poco il senso di oppressione e la rabbia che covava dentro di sé.
Allora si fermò, ansimando e lentamente andò a sedersi sul proprio letto.

Guardò tristemente le proprie mani insanguinate, e improvvisamente si sentì sola, terribilmente sola.
Si sdraiò con uno sguardo spento, quando un pensiero le trapassò la sua mente.
Loro l’avevano accettata così com’era, avevano parlato, scherzato, riso insieme, e non le avevano imposto nessuna costrizione, nessuna regola in cambio di quel senso di benessere che le avevano fatto provare.

Incredibilmente si sentiva meglio con quelli che dovevano essere suoi “nemici”, piuttosto che con i suoi “alleati”.

Si mise a ridere istericamente, per l’ironia di quella situazione. Una risata vuota, senza allegria, molto più triste di qualsiasi pianto.
Si girò sul fianco e, ridendo, cadde dal letto. Rimase lì, per terra, finché quella risata non si trasformò in un singhiozzo, e una sola lacrima amara scese dagli occhi.





Salve a tutti! Ecco a voi un altro capitolo. Mi scuso per il ritardo, dovevo postare la settimana scorsa, ma il raccondo era ancora in fase di costruzione e ho avuto un po' di problemi. Comunque finalmente ce l'ho fatta, e spero che vi piaccia. A me personalemente piace molto la parte finale, anche se a dire il vero questo è capitolo pieno di suspance. Volevo fare notare, nella scena in cui Alya sta andando alla foresta, la contrapposizione tra le luci e la vitalià del villaggio, con la malinconia di Alya.
Sono curiosa di sapere cosa ne pensate di Seginus e Malfoy!! A domenica prossima!!

Dark Soul

Chicca: sono contenta che ti piaccia ^^, e cosa ne pensi di Alya?

Kadma32a: non ti preoccupare! Anzi! Sono contenta che tu abbia trovato il tempo di tornare a leggere! (comunque, cosa vuol dire besos? perdona la mia ignoranza)

Fairydreams: per questa volta ti perdono... Scherzo! Sai che mi fa veramente piacere se mi recensisci, sopratutto quando mi lodi ^^

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Capitolo 7
*** Beauxbatons e Durmstrang ***


ff6 Era un lunedì speciale per gli studenti di Hogwarts. Tutta la scuola era stata preparata e addobbata, ogni angolo del castello pulito, ogni armatura oliata, per accogliere finalmente le delegazioni di Beauxbatons e Durmstrang.
Gli alunni erano in agitazione già dalla mattina a colazione, e un intenso brusio accolse Alya quando entrò in Sala Grande.

Aveva un forte mal di testa, il suo pessimo umore persisteva dal giorno prima. Quando si sedette seccata al tavolo di Serpeverde, cominciò ad imburrarsi con impazienza una fetta di pane tostato, lanciando occhiate perforanti a chiunque si avvicinasse.

Aveva trovato il modo per liberarsi di Malfoy in un vecchio libro di pozioni della biblioteca, ma il problema persisteva: come avrebbe fatto a somministrare il liquido al ragazzo? Non era certamente uno sprovveduto.

Non aveva ancora addentato il pane, quando un ragazzo le si sedette accanto.
Si voltò irritata, pronta ad scagliare epiteti contro il malcapitato, quando vide che era Draco. Si rabbuiò e stette in silenzio.

Il Serpeverde sorrise: “Non fai più la sbruffona, ora che so il tuo piccolo segreto.”
Alya mantenne la calma, rigida sulla panca, e non rispose.
Draco le rivolse un sorriso mellifluo e prese a chiacchierare con Blaise Zabini.

Intanto la mente della ragazza lavorava in gran fretta: se solo avesse saputo cosa Malfoy voleva da lei, di sicuro avrebbe saputo come comportarsi. Questa situazione di bilico la irritava, e decise di agire.
Distrattamente, prese la caraffa con il succo di zucca e si versò la bevanda nel suo bicchiere, poi, con altrettanta scioltezza, ne versò anche nel bicchiere di Draco, che stava parlando con il suo compagno. Ripose la caraffa e aspettò.

Il ragazzo ignorò il suo bicchiere fino a quando Blaise se ne andò, poi lo prese in mano e ne versò il contenuto in quello di Alya: “Non sono stupido, certo non mi puoi ingannare così.”

La Serpeverde rivolse uno sguardo sprezzante al compagno. “E io che pensavo il contrario.” Ironica, prese il proprio calice e ne bevve un sorso.

Draco rimase un momento interdetto sul da farsi, poi continuò: “Suppongo che tu sia curiosa di ciò che io voglio da te.”  E riprese il suo sorriso sicuro.
Alya rispose, beffarda: “No, semplicemente perchè tu non puoi tenere sotto controllo una situazione del genere, Draco. Non sei abbastanza, ehm, sveglio.”

Il ragazzo parve gonfiarsi dall’indignazione: “Ti ricordo che io ho potere su di te! Dovresti strisciare ai miei piedi!”
La Serpeverde sorrise: “Ma se non hai nemmeno il coraggio di darmi ordini, e sei terrorizzato perfino dal bere dal tuo bicchiere. E’ logico che non sai come comportarti.”

Draco rispose con foga: “Ah, si? Bene, ti dico io quello che devi fare…”, venne interrotto però da Blaise, che era ritornato con la propria borsa e quella del compagno in mano. Il ragazzo scoccò uno sguardo irritato alla compagna e si alzò, andando a lezione.

Alya lo guardò allontanarsi, rivolgendogli un sorriso ironico, ma dentro di se era frustata: ancora per poco e Malfoy avrebbe rivelato esattamente quello che lei desiderava…
La ragazza rimase a lungo a rimuginare, traboccante d’ira.

Arrivò presto la sera, il momento in cui tutti gli studenti dovettero uscire dal castello e mettersi in ordine per accogliere gli studenti stranieri.
Gli insegnanti passavano tra le file e sgridavano i ragazzi più acidamente del solito.

Alya era avvolta stretta nel suo mantello, ed era impaziente. Voleva che questi stranieri si sbrigassero ad arrivare, così finalmente sarebbe potuta tornare nella sua stanza e rimanere per conto suo. Aveva la pozione da fare, se voleva liberarsi di Malfoy al più presto. Inspirò a fondo, chiudendo le palpebre e l’aria fredda che entrò nei polmoni sembrò rinfrescarla, alleggerirla.

Aprì gli occhi e li puntò verso il cielo scuro, riflettendo.
C’era mancato così poco quella mattina a colazione, ed il pensiero ancora la irritava. Sembrava quasi che Malfoy godesse nel farla rimanere nell’incertezza, e senza dubbio la sua tattica funzionava. Voleva farle capire chi era il capo, ma lei, orgogliosa com’era, non l’avrebbe mai ammesso.
Una volta basta e avanza. Pensò
Tornò con la mente alla pozione che doveva preparare e una nuova fitta d’impazienza si fece sentire.

Ad un tratto vide un piccolo puntino tra le nuvole che si stava avvicinando, ma non riuscì a capire cosa fosse. L’oggetto volante fu presto notato anche dagli altri studenti, che si misero ad indicarlo eccitati.
Alya rimase a fissarlo ancora un po’ incuriosita, mentre si ingrandiva a mano a mano che si avvicinava, poi capì.

Una grossa carrozza blu, grande quanto una casa, avanzava fluttuando trainata da una dozzina di cavalli alati, grandi come elefanti.
Atterrò pesantemente di fronte alla Foresta Proibita, mentre i cavalli d’oro frenavano la loro corsa.
Subito si aprì la porta della carrozza e ne scese una donna, la donna più grande che avesse mai visto. Doveva essere alta più di due metri ed era vestita di santin nero.
Dietro di lei uscirono alcuni studenti, maschi e femmine, tra i diciassette e i diciotto anni.

Silente cominciò ad applaudire e subito tutta la scuola lo imitò, quindi andò ad accogliere la preside di Beauxbatons.
“Madame Maxime – disse – benvenuta ad Hogwarts”
“Mon cher, Silonte” rispose quella, con voce profonda.
“Suppongo che vogliate scaldarvi, vi invito ad accomodarvi nella Sala Grande”.
“Oui, merchi” e detto ciò passò tra la folla di studenti di Hogwarts seguita dai suoi alunni ed entrò nel castello.


All’improvviso si sentì un ribollio, e tutti volsero lo sguardo verso il centro del lago, sulla cui superficie si aprì un vortice.
Un grande palo nero cominciò ad affiorare e rapidamente apparve un grande vascello.
Aveva un’aria trascurata, e vele stracciate pendevano dal sartiame. Velocemente raggiunse la riva, e venne calata una passerella.
I passeggeri sbarcarono sotto la luce lunare, che li rese simili a fantasmi nella notte. Quando raggiunsero il castello, e la luce li illuminò, si poté notare come gli studenti portassero grandi pellicce ispide, mentre un uomo innanzi a loro ne aveva una liscia ed argentea, come i suoi capelli.

Mentre Silente accoglieva anche il preside di Durmstrang, Karkaroff, e tutta la scuola applaudiva nuovamente, Alya venne attratta da una figura non del tutto illuminata dalla luce, che le sembrava familiare. Rimase ad osservarla finché gli studenti stranieri non cominciarono ad entrare, e, quando la luce si posò sul suo volto, il suo stomaco fece un balzo all’indietro.

Era un viso non vedeva da anni ormai, pparteneva ad un ragazzo alto e ben proporzionato, con capelli marroni e folte sopraciglia. Alya sapeva che sotto quella spessa pelliccia il suo corpo doveva essere snello e forte, leggermente muscoloso, come un tempo. Egli incrociò lo sguardo sbalordito di Alya, e i suoi occhi scuri si indurirono improvvisamente, riconoscendola. Il viso divenne una maschera di odio, e alla ragazza mancò il respiro.
Sargas era tornato.





Salve a tutti!! Un altro capitolo pronto per voi! Scommetto che questa non ve l'aspettavate... Un nuovo personaggio! Già, e che personaggio aggiungo io!! Vi sorprenderà!! Comunque, partendo dall'inizio: la mossa astuta di Alya per ingannare Malfoy, in cui cerca di puntare sulla sua arroganza per ottenere l'informazione che le manca, è uno dei tanti insegnamenti dell'addestramento del Mangiamorte, e nei prossimi capitoli ne vedrete degli altri, più pratici diciamo.
Successivamente c'è la descrizione dell'arrivo delle scuole, in cui mi sono affidata quasi interamente al quarto libro di Harry Potter, riprendendo certi aggettivi, per essere più vicina possibile al libro.
Nel finale presento invece un nuovo personaggio molto importante per Alya (anche per me a dire il vero), e nel prossimo capitolo vi spegherò la sua storia. Volevo aggiungerla in questo, ma siccome il Natale non mi fa effetto, ho deciso di essere cattiva e lasciarvi con il fiato in sospeso.
Vedrete... Bwahahahahahah! (Anche se sono curiosa di sapere le vostre congetture sull'argomento).
Colgo comunque l'occasione per augurarvi un Buon Natale, e vi dò appuntamente per domenica prossima. Ciao!!

Dark Soul

Chicca: grazie per la recensione, e si, in effetti Alya è fragile in fondo, ma molto in fondo. Lei trova sempre la forza per alzarsi e combattere, e non si fa mettere sotto da nessuno. E' vero che dentro di sè soffre di ciò che deve sopportare, ma lo fa sempre con la testa alta, e nel prossimo capitolo capirai il perchè. =)

Chiby_elyon: ti ringrazio infinitamente per la tua recensione, che mi ha fatto saltare di gioia per una mezz'oretta. Peccato che sia stata cancellata... Comunque si, ho lavorato molto per dare una struttura logica alla mia storia, anche se la maggior parte del lavoro è stato fatto dai miei frequenti colpi di genio che mi colgono quando meno me lo aspetto (le mie amiche ormai sono abituate a sentirmi urlare IDEA!! nei momenti meno oppurtuni, per poi mettermi a ridere istericamente)... Spero vivamente di non deluderti con i prossimi capitoli.

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Capitolo 8
*** Il quarto campione ***


Il quarto campione Mancava poco all’alba, e Alya era sulla torre di astronomia, avvolta in una spessa coperta. Quella notte non era andata a dormire, sapeva che sarebbe stato inutile, ma si era rifugiata nel luogo più alto del castello, per osservare le stelle, e riflettere.

Non avrebbe mai creduto che un giorno avrebbe rivisto Sargas. Lui era il figlio legittimo del tutore di Alya, e aveva quattro anni più della ragazza. Erano cresciuti insieme, avevano combattuto insieme, si erano addestrati insieme, ed erano stati amici di infanzia.

Un velo cupo calò sulla ragazza, mentre ricordava l’espressione dura che Sargas le aveva rivolto. Non poteva biasimarlo. L’aveva deluso, e ora ne pagava le conseguenze.
Alzò lo sguardo al cielo scuro, trovando la stella da cui prendeva il nome, e ricordi creduti dimenticati riaffiorarono alla memoria.

Era una fresca notte d’estate, e due figure curve correvano impacciate sotto il peso degli zaini attraverso un campo di granoturco. Una era un ragazzino di non più di quindici anni, mentre l’altra era una bambina di appena undici. Ansimavano forte per la corsa, ma non si fermarono. Il ragazzo teneva stretta la mano della bambina e la tirava in avanti, mentre gocce di sudore gli colavano dal viso.

All’improvviso si fermò innanzi a un bosco, ed alzò la bacchetta, illuminando attorno. Si voltò verso la ragazzina, che aveva il volto segnato dalla paura, ma conservava ancora uno scintillio di determinazione negli occhi, e le disse:
“Sei pronta? Qui dobbiamo separarci, o mio padre ci troverà subito. Ti ricordi dove dobbiamo incontrarci?”

“Si, Sargas – rispose la bambina – tranquillo: so badare a me stessa.”
Il ragazzo sorrise. “Non ne dubito.”
E si lasciarono, prendendo due direzioni opposte.

Alya si addentrò tra gli alberi, con il cuore che martellava dall’eccitazione. Stavano fuggendo finalmente, stavano scappando da quella vita di prigionia e oscurità, e lo stavano facendo insieme. Sapeva che non sarebbe stato facile, lui, Seginus, li avrebbe cercati ovunque, ma non aveva paura perché, finché era con Sargas, si sarebbe sempre sentita protetta. Avrebbero vissuto felici finalmente, non più tormentati da un destino imposto su di loro.

Aveva appena passato un fitto cespuglio di rovi, quando si fermò di colpo. Una figura bloccava il sentiero, una sagoma conosciuta e terribile.
Spaventata fece un passo indietro, e aprì la bocca per gridare, ma nonne  uscì nessun suono; alzò la bacchetta, ma venne bloccata da un incantesimo che gliela fece volare lontano.

Scappare era inutile lo sapeva, così rimase ferma, immobile davanti al suo maestro. Una risata di ghiaccio si elevò nelle foresta.
“Credevi forse che vi avrei lasciato scappare così facilmente? – disse Seginus, divertito – Non credevo che foste così ingenui.”  Un’altra risata.

“Noi non vogliamo diventare Mangiamorte, non vogliamo avere come unico scopo servire un pazzo. Non saremo mai schiavi.” Rispose Alya, con più coraggio di quanto in realtà non avesse.
La risata si interruppe.

“Tu non hai scelta. Sei nata per questo scopo, e con questo dovrai vivere. Credi forse di poter decidere? Il tuo destino è già stato tracciato, e a dimostrarlo è il Marchio che hai impresso sul braccio. Non si vede, ma questo non significa che non ci sia. Tu sei segnata, e non ti lascerò mai fuggire. Mai.” Seginus fece un passo in avanti.
“Ora inchinati, e forse deciderò di essere clemente con la tua punizione.”

Alya tenne alto lo sguardo, e rispose: “Non mi sono mai inchinata prima, e non lo farò di certo adesso.”
“Tu ti inchinerai ogni volta che io te lo ordinerò!” E detto ciò alzò la bacchetta, e un macigno invisibile pesò sulle spalle della ragazza, che barcollò in avanti, finché le ginocchia non si piegarono.
Ma nei suoi occhi brillava ancora il fuoco della ribellione.

“D’accordo. – disse Seginus – ora che tu hai preso il tuo posto, parliamo un po’ di Sargas. Lui non ha il marchio sai?”
Il cuore di Alya prese a battere più forte.
“E con questo?”, ed alzò lo sguardo.

Il mago alzò la bacchetta, e repentinamente la bambina si rimise in piedi, scrutando negli occhi del suo tutore.
“E con questo, lui non è obbligato a seguire l’addestramento. Lui potrebbe andarsene da solo, se volesse.”
Alya rispose con un sussusso. “Ma non lo farebbe mai, non senza di me.”

“Infatti, l’unica cosa che lo lega ancora alla mia casa sei tu.”
La ragazza si sentì una terribile stretta al cuore, ma rispose “Perché mi stai dicendo questo?”
“Perché mia cara ragazza – disse in tono mellifluo, facendo un passo in avanti – io ti prometto che se lui se ne andasse da casa, io non lo cercherei e lo lascerei fare la vita che vuole. Non mi interessa avere come figlio un mago che rinnega il suo stesso sangue. In cambio ovviamente pretendo qualcosa da parte tua.”

“E sarebbe?” bisbigliò.

“La tua completa ubbidienza.”

Alya si sentì come se una mano le stringesse il petto e non le permettesse si respirare.
“Allora? Cosa ne pensi?” disse l’uomo, con un sorriso sicuro stampato in faccia.
La ragazza sollevò lo sguardo, e vide davanti a sé un destino buio, in catene.
“Accetto.” E si chinò lentamente davanti a Seginus.


Pioveva forte e Sargas aveva appena raggiunto una vecchia catapecchia di legno. Era scoppiato un violento acquazzone, e nonostante fosse bagnato fradicio, era felice. Finalmente era scappato, e si sentiva libero, una sensazione che non aveva mai provato prima d’ora.

Posò lo zaino contro una parete e si avvicinò al focolare per accendere un fuoco ed asciugarsi. Tra poco sarebbe arrivata anche Alya e finalmente avrebbero vissuto alle loro regole, senza sottostare a nessuno.
Prese un po’ di legna, e anche se umida, non ebbe difficoltà ad accendere un fuocherello schioppettate.

Proprio in quel mentre, sentì la porta aprirsi e vide la ragazzina grondante di pioggia entrare.
Sargas sorrise e si avvicinò per accoglierla quando notò l’espressione del suo volto.
“Cosa è successo? – disse spaventato – sei ferita?”

Alya scosse la testa, con gli occhi fissi sul pavimento, cercando la voce per parlare. “No. Ci ho pensato su, e ho deciso di restare”

Improvvisamente tutta la gioia nel cuore di Sargas scomparve, come se non fosse mai esistita.
“Perché?” sussurrò.
“Perché mi sono resa conto che conviene di più. Qui potrò imparare incantesimi potenti, e conoscere ogni cosa della magia. E quando risorgerà il Signore Oscuro potrò allearmi con lui.”
Rispose l’altra, con voce atona.

“No, non è vero. Tu non sei così. Tu non credi in queste sciocchezze. E’ stato Seginus vero? Cosa ti ha detto? COSA TI HA FATTO?”
Alya ricacciò con uno sforzo le lacrime indietro, e rispose.
“No, ho riflettuto. Io voglio il potere, e se vengo via con te non lo potrò mai avere”

Sargas si avvicinò alla ragazza e la scrollò con forza.
“NO! NON E’ VERO! GUARDAMI NEGLI OCCHI E DIMMI LA VERITA’!”
Cercando disperatamente di non piangere, Alya alzò lo sguardo e incontrò quello del ragazzo, sentendo il proprio coraggio vacillare.
“E’ vero.” Bisbigliò.

Cadde il silenzio, mentre i due si guardavano negli occhi, e il volto di Sargas, stravolto dalla tristezza, si mutò in uno d’odio.
“Vattene – disse con ribrezzo, lasciandola andare come se fosse velenosa – non ti voglio vedere mai più.” E si voltò.

Alya fece un passo indietro e, sentendo le lacrime scorrerle sul viso, si voltò e uscì dalla stanza, prima che lui potesse vederle. Corse a perdifiato nella foresta, si graffiò le mani e le braccia con i rami più bassi, ma non si fermò mai, fino a che non inciampò su un sasso e cadde per terra, sporcandosi di fango il viso. Rimase lì, piangente, e le lacrime si univano alla pioggia, mentre il cuore dentro di lei si rinchiuse dietro sbarre d’acciaio, per non soffrire più.

Il cielo si era fatto rossastro, e il sole appena nato, disperse le ultime tenebre del cielo, illuminò delicatamente il volto della ragazza, che si alzò rassegnata. Lanciò un ultimo sguardo all’alba che spuntava tra le montagne, e se andò.

A cena quella stessa sera, tutta la scuola si ritrovò nella Sala Grande per assistere alla scelta dei campioni. Infatti il giorno prima Silente aveva posto un calice fiammeggiante su un piedistallo, predisponendo che tutti gli studenti che avessero voluto partecipare al Torneo Tremaghi scrivessero su di un pezzo di pergamena il proprio nome e quello della scuola per poi inserirlo nel calice. Per assicurarsi che nessun studente al di sotto del limite di età s’iscrivesse, il professore aveva tracciato una Linea d’età attorno al calice.

E ora era giunto il momento di sapere il nome dei campioni.
I piatti furono puliti, e le luci scesero, lasciando la Sala nella penombra, mentre le fiamme blu e biancastre splendevano nel Calice.

Ad un tratto si sprigionarono scintille e le fiamme diventarono rosse, mentre una lingua di fuoco dardeggiò nell’aria e un foglietto di carta volò fuori, e una mano pronta di Silente l’afferrò.
“Il campione di Durmstrang – disse, con voce forte e chiara mentre tutta la sala tratteneva il respiro– è Viktor Krum.”.

Un boato si levò dalla Sala, mentre dal tavolo di Serpeverde il prescelto si alzava e raggiungeva il professore, che lo indirizzò in una stanza accanto.
Alya batté educatamente le mani, rivelando assai poco interessamento all’evento.
Qualche istante dopo il Calice tornò rosso e il silenzio calò repentinamente sulla sala.

Un secondo foglietto venne catturato dalle dita del professore che lesse: “Il campione di Beauxbatons è Fleur Delacour”.
Una ragazza dai lunghi capelli argentei si alzò dal tavolo di Corvonero, soddisfatta e raggiunse anche lei la stanza assegnata.
Una terza volta le fiamme si tinsero di rosso, e ancora un altro frammento schizzò fuori, preso al volo da Silente.
La Sala venne percorsa da un fremito.

“E il campione di Hogwarts è Cedric Diggory”.
Il tavolo di Tassorosso esplose in urla di festa, mentre il terzo campione sfilava tra i tavoli e raggiungeva Fleur e Viktor.
Silente prese la parola: “Bene! Ora che abbiamo concluso la cerimonia…” ma si interruppe, notando con sorpresa che il Calice di Fuoco si era fatto scarlatto un’ennesima volta, sputando un altro foglietto.

Meccanicamente il mago lo prese, e leggendolo, rimase impietrito, mentre l’intera Sala aspettava.
“Harry Potter” lesse, alzando gli occhi verso il tavolo di Grifondoro.

Alya rimase di stucco, mentre tutti gli studenti cominciarono a bisbigliare tra loro ed ad occhieggiare il ragazzo. Questo era un fatto insolito. Lui non aveva diciassette anni, e non avrebbe potuto mettere il proprio nome nel Calice. Harry intanto si era alzato, e lentamente percorreva la distanza che lo separava da Silente.
Alya escluse immediatamente l’eventualità in cui il ragazzo avesse messo di sua spontanea volontà il proprio nome, non era abbastanza esperto nelle arti magiche per oltrepassare la linea d’età. A meno che non avesse chiesto ad un altro di mettere il proprio nome, ma allora sarebbe stato scelto al posto di Cedric Diggory, e non ci sarebbe stato un secondo campione per Hogwarts. Non aveva senso.

Lo guardò sparire dietro la porta, e si chiese se la sua nomina non avesse a che fare con il piano di Voldemort, ma non ne vedeva il nesso. Era ancora un ragazzino, e le prove da affrontare erano pericolose, c’era perfino la remota eventualità di morte. E allora, perché?

Silente intanto congedò gli studenti, e un forte rumore di panche spostate riportò Alya dai suoi pensieri. Mentre si alzava, notò con un tuffo al cuore Sargas poco più indietro di lei, ma decise di distogliere lo sguardo. Doveva occuparsi di Harry, come le aveva ordinato il suo tutore, e lasciar perdere inutili rimpianti.

Appena fuori, nell’Ingresso si mise in disparte e lasciò passare la calca di studenti che si affollavano per tornare nei propri alloggi. Scorse però Draco Malfoy che discuteva con i suoi compagni poco più discosto e si chinò in fretta per evitare di essere vista: non voleva seccatori, non ora almeno. Passò in quel momento Sargas, che la vide mentre si nascondeva dietro una ragazza alquanto robusta del sesto anno. Alya, sollevò lo sguardo e lo incrociò con quello del ragazzo, sorpreso. La Serpeverde imprecò piano con se stessa, e fissò questi occhi con superiorità e orgoglio, raddrizzandosi.

Sargas, dopo un momento di sconcerto, riprese la sua espressione velenosa, e passò avanti.
Alya lo guardò allontanarsi, mentre il flusso di studenti piano piano diminuiva.

Harry, confuso e ancora intontido dalla novità, uscì dalla stanza che fino a poco prima aveva condiviso con gli altri campioni e dove il professore aveva confermato la sua presenza al torneo, illustrando poi le caratteristiche della prima prova. Non riusciva ancora a credere di essere stato scelto come secondo campione di Hogwarts, e di certo non se lo era aspettato.

Stava percorrendo la Sala grande, quando riconobbe una figura appoggiata allo stipite della porta, che lo guardava con un sorriso ironico stampato in faccia.
“Devo cominciare a credere a Malfoy – parlò Alya – quando dice che hai manie di protagonismo”

Harry scattò nervosamente. “Non l’ho messo io il nome nel Calice”. Disse, passando oltre.
“Oh, certo. Questo lo so, ma pensavo che tu avessi una spiegazione plausibile.” E detto ciò si affiancò al ragazzo, salendo per le scale.

Il Grifondoro scosse la testa, amareggiato. “No purtroppo. Forse per ridicolizzarmi?”
Alya soppesò quella risposta. “No, per quello ci pensi da solo senza tanti incentivi. ”

Harry si voltò, irritato. “Ah, grazie, sai. Oltre al danno, la beffa!”
La Serpeverde sbuffò. “Siamo parecchio suscettibili stasera, eh? No, davvero. Non hai proprio idea di chi possa aver messo il tuo nome nel Calice? Qualcuno che ce l’abbia con te?”

Il ragazzo ci pensò su. “A parte Malfoy… No, non credo… Mica vorrai sospettare di Malfoy!”
Alya scosse la testa. “Ma certo che no! Ti odia è vero, ma non avrebbe mai potuto oltrepassare quella linea, e poi che motivo avrebbe? No, non è sicuramente stato lui.”

Intanto i due ragazzi giunsero al ritratto della Signora Grassa.
“Bene Harry – disse Alya – pensaci e se hai novità sappimi dire.”
“Certo – rispose il Grifondoro – ma come mai questo improvviso interessamento?”

La ragazza intanto scese qualche gradino. “Diciamo che mi sembrava strana la tua candidatura, e speravo di capirci qualcosa di più parlando con te. Buona notte.” E detto ciò, si voltò mentre il ragazzo la osservava non del tutto convinto.
Harry pensò Alya se sapessi il vero motivo…



Ciao! Dopo mille peripezzie, sono riuscita a postare un altro capitolo. Finalmente vi ho narrato la storia di Sargas, almeno la parte che conosce Alya. A me personalmente piace molto questo personaggio, e sto cercando di caratterizzarlo al meglio. Vi do qualche dritta: Sargas ha tramutato tutto l'affetto che prova per Alya in odio, tanto la sua sofferenza è stata grande. Ma nonostante tutto, è ancora dispiaciuto per la scelta che ha fatto la sua compagna e tra qualche capitolo questo fatto darà i suoi frutti.
In questo capitolo ho fatto Alya un po' più disponibile verso Harry, sopratutto per la missione di Seginus ma anche perchè piano piano sta cambiando idea sul ragazzo.
Spero di riuscire a pubblicare il prossimo capitolo domenica prossima anche se sarà un po' difficile visto che andrò in montagna, intanto però auguro a tutti un felice anno nuovo! Ciao!

Dark Soul

Chibi-elyon: grazie mille per la tua recensione!! Sono sempre contentissima di leggere ciò che mi scrivi... Comunque, per rispondere alla tua domanda: Sargas è una stella della costellazione dello Scorpione, infatti per trovare tutti i nomi per i personaggi che invento, li cerco su un elenco delle stelle più luminose e li scelgo a seconda del suono e della loro costellazione. Per esempio Seginus è della costellazione del Bootes, il Bifolco, mentre Alya è di quella del Serpente.

Arianna e Fairydreams: grazie mille per la vostra recensione, davvero! E non dovete preoccuparvi se vi sembra "inferiore", perchè non è vero! Per me è una specie di simbolo del vostro gradimento per la mia storia, e poi sono sempre contenta di ricevere complimenti!! :)

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Capitolo 9
*** La prima prova ***


Tu fai quello che ti dico io Tutta la scuola gremiva gli spalti ed urlava a squarciagola, animata dallo spettacolo. Un ragazzo mingherlino su un manico di scopa fronteggiava un drago rosso e aggressivo, e scartava in aria evitando agilmente le lingue di fuoco del drago.
La folla era in delirio e acclamava a gran voce il suo campione.

Alya era seduta sulle tribune ed osservata attenta Harry destreggiarsi nell’aria, con gli occhi puntati sul volto concentrato del ragazzo, e ripensava a tutto quello che era accaduto nel corso delle ultime settimane.
Dopo la nomina di Harry a campione di Hogwarts, Seginus si era fatto più nervoso, certo che questo fatto facesse parte del piano del Signore Oscuro, e le aveva intimato di stare vicino al ragazzo il più possibile.

Non devi fallire. Il tuo futuro dipende dalla riuscita del piano.

Alya non si era spaventata dalle parole del Maestro, sapeva che il suo scopo era sempre stato servire l’Oscuro Signore, e che se non si fosse dimostrata all’altezza, la morte sarebbe stata inevitabile.
“Non ha alcun’utilità un servo incapace di svolgere il proprio lavoro. – ripeteva spesso Seginus – Anzi, rallenta il lavoro degli altri servi più esperti e capaci. La morte del servo incapace è necessaria e alleggerisce gli altri di un’ulteriore responsabilità.”

Così aveva ingoiato il suo orgoglio e aveva offerto il proprio aiuto al ragazzo; nelle ultime settimane non avevano fatto altro che andare in biblioteca ed esercitarsi nell’incantesimo di Appello. Aveva passato molto tempo con Hermione ed Harry, a volte in un silenzio concentrato, a volte discutendo del Torneo, mentre altre parlando semplicemente degli eventi quotidiani, e tutto le era riuscito così facile da sorprenderla.
Era da tanto tempo che non aveva un rapporto sereno con una persona. Da Sargas…

Un boato la risvegliò dai suoi pensieri, e vide Harry che esultava in aria facendo acrobazie spericolate con l’uovo d’oro stretto a sé.
Con un mezzo sorriso si alzò in piedi e si fece spazio tra la folla in festa, per uscire dalle tribune e finalmente riprendere fiato dopo la calca. Non le era mai piaciuto stare in mezzo alla confusione, e ritrovare la libertà dei movimenti dopo tanto tempo stretta e pigiata negli spalti, era come la manna dal cielo. Lanciò un ultimo sguardo ad Harry ormai sceso a terra, e si diresse al lago.

Di solito le sue sponde erano piene di coppiette in cerca di intimità, ma Alya supponeva che fossero tutti ad assistere la prima prova, e la sua teoria si rivelò esatta.
La foresta era silenziosa, e il lago calmo, e permeava un’atmosfera di grande tranquillità.
L’aria di novembre era fresca, e la aiutava a scrollarsi di dosso tutte le preoccupazioni, almeno per un poco.

Cominciò ad incamminarsi per il sentiero che costeggiava il lago, e una sua vecchia amica fece ritorno: la solitudine. Ma era diversa, il suo sapore amaro sostituito da uno quasi dolce, e aveva una leggerezza lenitiva, così diversa da prima.
Era strano come tutto fosse cambiato così velocemente, e il solo passare del tempo con delle persone cambiasse ogni prospettiva; come, nonostante il suo mantenersi distaccata, avesse intaccato una parte di lei.
Si fermò vicino ad una sponda del lago, e respirando profondamente, chiuse gli occhi, e la calma la pervase. Tutto divenne etereo, irreale, e Alya si abbandonò al flusso dei suoi sensi.

All’improvviso sentì un fruscio dietro di sé, e rapidamente estrasse la bacchetta per puntarla nel folto degli alberi. Qualsiasi cosa fosse non la rassicurava, e molto probabilmente era umana. Non aveva sentito zoccoli, né il suono delle foglie smosse da un animale, ma solo un lieve fruscio assai simile a quello di un mantello. Era un mago.
Attenta scrutò nelle ombre del sottobosco, ma era inutile. La poca luce che filtrava dagli alberi non bastava per illuminare tutte le zone d’ombra, e la luce riflessa dal lago non l’aiutava certo.
Si era fatta prendere allo scoperto, mentre il mago poteva giocare tra i nascondigli degli arbusti.

Mentre cercava di prendere una decisione, un nuovo scricchiolo di rametti spezzati arrivò da un lato e si voltò velocemente in quella direzione, per vedere finalmente davanti a sé Draco Malfoy.
Alya si ricompose subito, ma non ripose la bacchetta nel mantello.
“Che ci fai qui?” chiese brusca.

Malfoy rispose ghignando: “Ti dovevo parlare. Come mai tutto questo nervosismo?” e la raggiunse tranquillamente vicino alla riva.
Alya lo fissò per un istante, poi si voltò verso il lago. “Cosa vuoi?”

Il ragazzo si sedette su un tronco caduto e riprese, sorridendo: “La sera di Natale ci sarà una grande festa al castello: il Ballo del Ceppo. Hai presente?”
La ragazza sospirò, appoggiandosi distrattamente ad un albero accanto. “Se questo è un invito ad andarci con te, declino volentieri. Preferisco di gran lunga rimanere nei sotterranei di Serpeverde, da sola. Che c’è? Sei rimasto senza accompagnatrici?” sorrise sarcastica.

“Non ti preoccupare, ho già la mia compagna. Tu invece dovrai venirci per forza, ho un lavoro da farti fare. Ricordi? Devi ripagare il mio silenzio, come d’accordo.”
Alya cercò di nascondere un fremito, che Draco però notò. “Non è curiosa la faccenda? La figlia di Bellatrix che esegue qualsiasi cosa io le dica di fare…”
“Malfoy dacci un taglio, dimmi cosa hai in mente e sbrigati. Non ho tutto il giorno da dedicarti.” Lo interruppe Alya, con falsa noncuranza.

Il ragazzo rimase leggermente contrariato, ma prese ad illustrarle i dettagli.
“Mi raccomando – disse, alzandosi – hai capito cosa devi fare?”
Alya annuì, irritata. “Certo. Hai altro da dirmi?”

Il ragazzo scosse la testa e fece per andarsene. “Anzi, un ultima cosa. Non credere che io sia uno sprovveduto: quel giorno dovrai consegnarmi la bacchetta, solo per precauzione.”
La Serpeverde fece un passo in avanti, riscaldandosi. “Non dirai sul serio! Io non intendo…”
Malfoy non si scompose. “Tu fai quello che ti dico io.”

La ragazza non demorse. “Non ci penso nemmeno! Io…”
“Tu? Tu cosa? Cosa pensi di fare, sentiamo…” rispose beffardo.
I due ragazzi si scambiarono sguardi di fuoco, ma alla fine fu Alya a dover distogliere il proprio, imprecando piano con se stessa.

“Bene. – riprese il ragazzo – Per quello che dovrai fare la bacchetta non ti servirà. Cerca solo di trovare qualcosa di decente da metterti, – la squadrò dall’alto in basso, con un lieve disgusto – non vorrei che il piano andasse in fumo solo perché tu non sai comportarti da ragazza.”
Alya fece un passo indietro, e sibilò furibonda. “Certamente. Ora te ne vuoi andare?”

Il ragazzo le lanciò uno sguardo compiaciuto e si allontanò ridendo.
Alya lo fissò con odio finché non scomparì tra il fogliame, poi si avvicinò irata all’acqua del lago. Non avrebbe dovuto perdere la calma in quel modo, specie con lui. Le emozioni erano un lusso che non poteva concedersi.
Respirò profondamente, e si abbandonò ai propri pensieri, ricercando la tranquillità.

Il momento più propizio per eliminare il problema del ricatto era il Ballo del Ceppo; e per quel giorno la pozione sarebbe stata pronta. La mancanza della bacchetta complicava le cose, ma bastava aver un po’ di fortuna, sperando nell’unica incognita che ancora le rimaneva: Harry. Il piano era deciso, era giunto il momento di togliere di mezzo Malfoy.
Cercò di sciogliere un po’ i muscoli dalla tensione accumulata, ma non ci riuscì, aveva un’inspiegabile sensazione di disagio, forse attribuita alla visita inaspettata.

Scocciata si voltò e riprese la via del ritorno, mentre una figura acquattata nel sottobosco la guardò allontanarsi.






Ciao! Chiedo perdono per non aver aggiornato prima, ma è stato un periodo pieno di impegni. Spero che vi piaccia, ma il pezzo forte deve ancora arrivare. Il Ballo del Ceppo sarà pieno di sorprese! Un ultima cosa, vi sfido ad indovinare la figura tra gli alberi, anche se non credo che sia poi così difficile. Alla prossima domenica se riesco! Un bacio.

Lolly94: ti ringrazio molto per i complimenti e sono felice che ti piaccia! Ci vediamo nel forum ^^!

Arianna: per rispondere alla tua domanda: Sargas non è stato marchiato perchè lui non è figlio dell'oscurità. Mi spiego meglio: Alya è stata donata alle tenebre ancora in fasce, un dono puro e innocente, contaminato sin dal momento in cui è stato generato. Ha un valore simpbolico altissimo, per questo Seginus non lascierà mai andare Alya, è un'arma micidiale. Per Sargas invece la storia è diversa, è nato sì da un Mangiamorte, ma Seginus ha preferito comportarsi in un modo diverso rispetto a Bellatrix. Ricordati che lui non ha la stessa devozione all'Oscuro Signore, infatti non è andato ad Azkaban. (e questo è uno dei motivi per cui deve fare in modo che Alya riesca nel suo intento, è il suo riscatto). Spero di aver risposto alla tua domanda ^^.

Chibi: grazie mille per la tua recensione, ma non voglio costringerti a recensirmi ogni volta se non te la senti o non hai tempo ^^ (Fay e Ari, per voi questo discorso non vale ovviamente...). E non ti preoccupare, non scriverò mai in rosa sparaflescio, in primo luogo perchè non si adatta bene all'atmosfera della storia, secondo perchè non ci tengo proprio ad accecarti, e terzo perchè non lo riesco a vedere neppure io ^^. Sono veramente contenta che Sargas ti piaccia (anche perchè io lo adoro...), ma sono sicura che con il prossimo capitolo ti piacerà ancora di più.

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Capitolo 10
*** Un appuntamento con il passato ***


Alya si trovava nei sotterranei di Serpeverde e dalla Sala Grande, sebbene attutita dallo spessore delle mura, giungeva una musica brillante e vivace. La festa era già iniziata da un pezzo, ma alla ragazza non importava un granché. Voleva trovare la concentrazione prima di unirsi ai festeggiamenti.

Un’ora prima aveva consegnato a Malfoy la sua bacchetta, e aveva assistito impotente mentre se la infilava in una tasca e spariva attraverso il ritratto a braccetto con Pansy Parkinson, diretti al ballo. Mai prima d’ora si era sentita così vulnerabile, e questo pensiero la faceva impazzire. Era rimasta fino a quel momento rinchiusa nel suo dormitorio, preparandosi con estrema lentezza, cercando di reprimere la rabbia e raffreddare i suoi istinti. Quella sera aveva bisogno di restare lucida.

Dopo una doccia ristoratrice, si era raccolta i capelli con un asciugamano e aveva indossato il suo vestito da sera. L’abito era nero con dei riflessi blu scuro, piuttosto semplice ma elegante. Senza spalline, le lasciava le spalle scoperte, e le segnava la vita stretta. La gonna lunga le scendeva morbida fino alle caviglie e lasciava intravedere le scarpe con i tacchi da qualche centimetro.

Non l’entusiasmava l’idea di indossare un vestito da sera, che era poco pratico e le limitava i movimenti, ma, sfruttando l’ampiezza della gonna, era riuscita a fissare una fascia al ginocchio, nascosta ma comoda alla portata, dove aveva riposto la fiala della pozione. Neppure i tacchi  le davano molta sicurezza, ma non erano molto alti e le lasciavano un certo margine di stabilità.

Si era sciolta i capelli dall’asciugamano e se li pettinò, asciugandoseli con un colpo di bacchetta. Decise di raccoglierli, come sempre, per non intralciarle la vista.
Ora, terminati i preparativi, si presentò davanti allo specchio, per controllare che la fascia al ginocchio non si scoprisse, e il livido rossastro sul suo avambraccio sinistro catturò la sua attenzione.

Il Marchio Nero rimaneva ancora sbiadito, ma andava lentamente prendendo forma, risaltato dalla carnagione bianca della ragazza. Ogni volta che lo vedeva, Alya rimaneva sempre incantata ad osservarlo, come una terribile promessa del destino che l’attendeva.
Quella sera ebbe una fitta di angoscia, ma si infilò velocemente i guanti neri e sottili che le coprivano il braccio fino gomito, controllando che aderissero perfettamente.

Lanciò un’occhiata distratta allo specchio e, prendendo con sé una giacca nera, uscì dal ritratto di Serpeverde. Appena fuori, la musica si alzò di volume e un ritmo martellante vibrava tra le pareti del castello.
Alya salì le scale che la portarono all’Ingresso Principale, dove il chiasso della festa la aggredì. Per lei che aveva dovuto sviluppare un udito fine, la musica era a dir poco assordante, ma aveva un compito da svolgere e non poteva tirarsi indietro.

Si diresse verso la Sala Grande e non appena entrò le parve subito di soffocare. La maggior parte degli studenti era in pista da ballo, e formavano una massa compatta che si muoveva ad un ritmo comune, mentre i pochi altri occupavano i tavoli. Si addentrò tra la folla, sicura, ma la sensazione di oppressione aumentò: aveva sempre mal sopportato la ressa, soprattutto perché non poteva tenere sotto controllo la situazione intorno a sé. Nonostante tutto, riuscì ad individuare Harry e Ron seduti ad un tavolo, del tutto alieni all’atmosfera della festa, e fece un sospiro di sollievo: se fossero stati sulla pista, non li avrebbe mai trovati.

Prima di riuscire a raggiungerli si trovò davanti un ragazzo del sesto anno, che non aveva mai visto prima, che le sorrideva.
Alya fece per spostarsi, ma il ragazzo la fermò e, per farsi sentire, urlò: “Vuoi ballare con me?”

“No” urlò Alya in risposta, e lo spostò di lato per passare. Ma il ragazzo non demorse e l’afferrò per un braccio, facendole perdere l’equilibrio, già precario a causa dei tacchi.
Sorpresa e del tutto impreparata, Alya si ritrovò addosso allo sconosciuto, che già approfittava del momento in modi poco opportuni. Allora lei, arrabbiandosi, con un pugno ben assestato lo fece piegare in due, e gli sussurrò piano ad un orecchio: “Se provi a toccarmi un’altra volta, il dolore che sentirai sarà decuplicato rispetto a quello che senti ora.”

E si girò, lasciandolo afflosciarsi su se stesso, e nascondendo tra le pieghe della giacca quello che doveva essere la sua bacchetta. Con un sorriso soddisfatto raggiunse Harry e Ron, che rimasero di stucco nel vederla alla festa, specie in un abito da sera.

“E tu che ci fai qui?” urlò Ron, per farsi sentire.
“Ho pensato di fare un salto” rispose con non curanza la ragazza, sedendosi al loro tavolo e approfittando per infilare la bacchetta alla fascia del ginocchio.
Harry la guardò con un sorriso scettico. “Tu?”
“Si, io. Perché? Pensavo ci si divertisse, ma dalla faccia che avete non sembra proprio.” E lanciò uno sguardo verso la pista dove Hermione e Cho ballavano con i loro partner.

I due Grifondoro di incupirono improvvisamente, e non risposero.
“Sentite, - disse Alya - qui non si può parlare, che ne dite di fare un giro fuori? Per prendere una boccata l’aria, magari.”
Entrambi mugugnarono qualcosa di indefinito, però si alzarono e si avviarono verso la porta. Alya li seguì e mentre attraversava la sala, con la coda dell’occhio vide il ragazzo a cui aveva sottratto la bacchetta cercare di nascondersi dietro una coppia che ballava. Sorridendo soddisfatta, uscì e si incamminò insieme ad Harry e Ron per i viottoli del parco di  Hogwarts.

Sargas aspettava impaziente nell’Ingresso Principale, dove poco prima aveva visto passare Alya. Ogni volta che la vedeva, i momenti passati da una’intera vita gli ritornavano in mente, e un dolore sordo gli invadeva il cuore. Gli mancava, ma aveva perso da tempo la speranza di un suo ritorno.

Era notte, e nevicava. Era fuggito dall’Inghilterra e si era rifugiato più a nord, in un piccolo villaggio sconosciuto.
L’aveva abbandonata, e il suo ricordo era più doloroso a mano a  mano che il tempo passava. Era stato stupido a lasciarla così, sicuramente lei non avrebbe mai accettato di diventare una Mangiamorte di sua spontanea volontà. Non poteva essere altrimenti. Eppure sembrava così decisa…
Ad un tratto bussarono alla porta, e si alzò andando ad aprire. Davanti a lui si presentò una figura esile, con lunghi capelli neri e occhi scuri, che lo guardava.
“Alya!” gridò e la abbracciò forte, non potendo credere ai proprio occhi.
“Ehm, mi faresti entrare?” rispose lei, soffocata da quel gesto improvviso.
Subito Sargas si fece da parte e la accompagnò dentro. “Giusto. Ti prendo qualcosa di caldo, fa freddo fuori.” Andò al fornello e prese una tazza, riempiendola di thè dalla teiera.
“Sono così felice di rivederti. – continuò –  Sapevo che in realtà…”
“Aspetta. Non sono venuta qui per quello che tu credi…” riprese Alya, con voce atona e fredda.
Sargas si voltò verso di lei, e la guardò incredulo. “Cosa…?”
“Sono venuta qui per ucciderti.” Riprese, e sfoderò la bacchetta.
La tazza cadde sul pavimento e un rumore di porcellana infranta echeggiò nella stanza.

Una voce eccitata lo riportò alla realtà, e lo fece sobbalzare.
“Eccomi Sargas, scusami ma avevo visto una bella ragazza e non potevo perdere l’occasione, sai.”
“Si si, Poliakoff, come al solito. – rispose Sargas, infastidito – allora? E’ andato tutto bene?”
“Certo! E’ filato liscio come l’olio e ha preso la bacchetta.”
“Non ti ha riconosciuto?”
“No, però per precauzione quando è passata per uscire mi sono nascosto. Non volevo che mi vedesse  mentre venivo da te. Devo ammettere però che ha un bel caratterino oltre che a…”
“Quando vorrò sentire i tuoi commenti lascivi, te ne farò richiesta. Ora scusami, ma non ho tempo.” Sargas si avviò verso l’esterno.
“Dove vai?” gli gridò in rimando l’amico.
“Ho un appuntamento, con il passato.” Sussurrò Sargas, piano.

 

 

Salve a tutti!! Mi scuso per il ritardo con cui ho aggiornato, ma il mio computer si è fuso e ho dovuto aspettare quello nuovo ^^. Comunque ora sono qui, e questo è solo l'inizio! Ho dovuto spezzare il capitolo del Ballo del Ceppo in tre parti, purtroppo, o veniva troppo lungo e il risultato non era lo stesso. Questa è la prima parte, e spero che sia piaciuta! A domenica prossima!

Kadma32: ti ringrazio per la tua recensione! Sono contenta che Draco sia risultato IC, visto i miei maldestri tentativi nelle bozze. Ti ringrazio sopratutto per la fiducia e spero di esserne all'altezza!

Tokio_girl: Non ti posso svelare niente per ora, e spero che questo capitolo ti piaccia, visto che non hai avuto l'occasione di leggerlo in anteprima!

Chibi_elyon: Purtroppo non si sono avverate tutte le anticipazioni che ti avevo promesso via msn, ma non ti preoccupare, arriveranno!

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Capitolo 11
*** L'agguato ***


Alya stava passeggiando tranquillamente per il parco di Hogwarts, in compagnia di Harry e Ron. Dal castello provenivano gli echi del Ballo ancora in corso, ma nessuno di loro voleva ritornarci.  Parlavano tranquillamente del più e del meno, in un’atmosfera rilassata e cordiale.
“Allora Harry, - disse Alya – hai già provato ad aprire l’uovo?”

Il Grifondoro arrossì leggermente, ma nella penombra delle lanterne non si notò. “Ehm.. diciamo che si sto lavorando.”
“Quando l’abbiamo aperto nella Sala Comune – continuò Ron – si è sentito solo un strillo acuto, spacca timpani. Ma che razza di indizio è?” E scosse la testa.
“Mmm… Non saprei. Potrebbe essere il verso di qualche animale… Sei sicuro che non fosse umano?” domandò Alya, dubbiosa.
“No, a meno che non fosse Percy sotto la doccia.” Rispose Ron, serio.

I tre ridacchiarono divertiti, e continuarono a camminare. Le stelle brillavano sulla volta celeste, e nonostante il freddo pungente, c’erano molte altre coppie nascoste per il parco, in luoghi mai pensati. Dopo l’ennesimo cespuglio da cui provenivano suoni più o meno indistinti, Ron si fermò di colpo e si mise ad osservare due figure che passeggiavano poco più in là nella direzione opposta alla loro. La ragazza aveva capelli lisci e fluenti, mentre il ragazzo era molto alto con una grossa pelliccia, e si tenevano per mano.

Socchiudendo gli occhi, Ron sbottò “Scusate, vi raggiungo dopo.” E si diresse rapidamente verso la giovane coppia.
“Ron , che fai!?” sibilò Harry, cercando di trattenere l’amico, ma afferrando solo aria.

“Non ti preoccupare – disse Alya – non è Hermione.” E riprese a camminare.
“E tu come fai a saperlo?”  domandò Harry, sarcastico.
“Il vestito di Hermione era chiaro, mentre da come riflette la luce, quello di quella ragazza è scuro. E poi il suo “amico” dovrebbe essere almeno un metro e 90, troppo per Victor Krum.” Rispose seriamente la ragazza.
“Ah. Hai spirito di osservazione.” Disse Harry, affiancandosi all’amica.
“Si, diciamo di sì.”

Camminarono per un po’, in silenzio, seguendo un sentiero che costeggiava la Foresta Proibita, quando all’improvviso Alya mise un piede in fallo e ruzzolò imprecando per terra.  Harry le fu subito accanto. “Ti sei fatta male?” e con un braccio la aiutò ad alzarsi.

“No, non ti preoccupare. Maledetti tacchi, io non so proprio come riescano le ragazze a camminare con questi cosi.” Disse irritata e si riassettò la gonna.
Harry ridacchiò “Ah beh, se non lo sai tu…”

All’improvviso da una svolta del viottolo fece la sua comparsa Draco Malfoy con la bacchetta sfoderata e un ghigno malvagio. “Ma che bella coppia! Johnson e Potter! Curioso incontrarvi così per caso…”
“Malfoy, vattene e lasciaci passare. Non voglio rovinarmi la serata per colpa tua.” Rispose Harry, facendo un passo in avanti e frapponendosi fra lui ed Alya.

“Oh, non ti preoccupare Potterino. Alla mia cara Serpeverde non torcerò un capello. Piuttosto non ti senti un po’… svantaggiato?”
E dietro di loro comparvero Tiger e Goyle a sbarrare la strada.

“Malfoy, cosa vuoi?” disse Harry, cercando a tentoni la bacchetta nel suo mantello.
“E’ inutile che cerchi Potter, la tua bacchetta ora ce l’ha qualcun altro. O forse dovrei dire qualcun’altra.”
Harry si voltò verso Alya, incredulo, ma lei a testa bassa si avviò verso Draco, che teneva la mano aperta.

“Ecco, e ora questa faccenda è finita.” Sibilò la ragazza, consegnando la bacchetta di Harry al Serpeverde.
“Oh, per ora sì.”
Alya non si voltò ma si spostò dietro Draco, a occhi bassi. Harry stentava a credere ai propri occhi.
“La mia cara compagna ti ha preso la bacchetta mentre tu, con un gesto di cavalleria, la aiutavi a alzarsi. Dovresti vedere la tua faccia in questo momento Potter! E’ così patetica!” e Malfoy scoppiò in una risata, seguito a ruota da Tiger e Goyle.

Harry strinse i pugni, ma non ribattè, tenendo fissi gli occhi sulla ragazza, che non alzava lo sguardo.
“Bene – riprese Draco, divertito – ora che abbiamo chiarito bene i ruoli, si può cominciare…”

Tarantella!”  Un getto di luce colpì in pieno Goyle, che barcollò e cadde per terra, incapace di reggersi in piedi.
Tutti si voltarono verso quell’improvvisa apparizione, che si rivelò essere Ron a bacchetta sfoderata.

Tiger fece un passo in avanti, ma Harry estrasse la bacchetta dal mantello e lo colpì con una fattura in pieno volto.
Esterrefatto Draco si voltò verso Alya che sorrideva ironicamente e gli teneva puntato la bacchetta appena estratta da sotto la gonna. “Ma… ce l’ho io… Com’è possibile?”

“Malfoy, ti avevo avvertito: tu, non mi puoi ricattare.  Stupeficium!”
Draco cadde con un tonfo, e Alya ne approfittò per perquisirlo e prendere sia la sua bacchetta, che quella del ragazzo.
“Grande idea quella di trasfigurare un legnetto e di farlo assomigliare alla bacchetta di Harry, complimenti!” disse Ron , raggiungendo la ragazza e sfilando dalla mano del Serpeverde la bacchetta finta. “Io non ci avrei mai pensato.”

“Già – sorrise Harry, raggiungendoli – sei stata fenomenale. Insomma se non ci fossi stata tu…”
“Beh, – rispose Alya, alzandosi in piedi e dando una pacca con il piede al corpo di Draco – non ci sarebbe stato neanche Malfoy ad aspettarvi. Insomma, il mio compito era quello di portarvi qui, possibilmente disarmando te. E comunque non è che mi sia riuscita molto la trasfigurazione. Per fortuna è scuro e non si vedono i particolari.”

“Ma perché? Come è riuscito a convincerti a farlo?” domandò Harry, con la fronte corrucciata.
“Gli dovevo un favore, e non ho potuto tirarmi indietro. – disse Alya, frettolosamente – dovete togliere Tiger e Goyle dalla strada, se qualcuno passa di qui adesso potremmo trovarci in guai seri. A Malfoy ci penso io.”

Harry e Ron si affrettarono a nascondere i due Serpeverde dietro ad un cespuglio, sudando sette camicie per riuscire a spostarli. Quando anche l’ultima scarpa sparì dalla vista, affannato Ron si rivolse ad Alya: “Beh, grazie comunque Alya, noi…”,  ma si interruppe nel veder avvicinarsi da lontano una figura imponente.  “Quello non è Hagrid?” sorpreso, aguzzò la vista.

“Non è solo… Madame Maxime?” esclamò Harry, stupito.
“Meglio non farsi vedere qui, nemmeno da Hagrid – disse Alya, guardandosi attorno – nascondiamoci dietro quella statua, presto!”

I due Grifondoro corsero veloci nel luogo indicato, ma non appena furono al sicuro nell’ombra della statua si accorsero che l’amica non li aveva seguiti.
“Ma dove si sarà cacciata?” preoccupato Harry, si guardò in giro.
“Zitto! Stanno arrivando. Dopo la ritroveremo. “ sussurò Ron, sbirciando il sentiero.

“L’ho capito dal primo momento che ti ho vista” stava dicendo Hagrid, con voce curiosamente roca.
I due ragazzi rimasero impietriti, immobili. Non era certo il genere di discussione che volevano origliare.

“Perfetto – penso Alya, nascosta poco più lontano – questo li terrà occupati per un po’. Non noteranno neanche la mia assenza.” Silenziosa, scivolò dove poco prima aveva sistemato Draco, privo di conoscenza.
“Ora noi due facciamo un giretto…” sussurrò la ragazza, e con un leggero colpo di bacchetta lo sollevò a pochi centimetri da terra, e senza farsi notare si rifugiò tra i primi alberi della foresta proibita.

 “Qui potremo parlare tranquillamente.” Sorrise, addentrandosi all’interno.

 

Salve a tutti! Con un po' di ritardo sono riuscita ad aggiornare ^^.Questa è il secondo dei tre capitoli che trattano il Ballo del Ceppo, inutile dire che il prossimo sarà quello più sconvolgente. Ve l'aspettavate il colpo di scena della bacchetta? Beh, all'inizio nemmeno io, ma poi piano piano l'idea è andata formandosi, spero solo che non sembri troppo azzardata. Pensavo magari di usare una bacchetta finta dei fratelli Weasley, ma non potevo rischiare che si trasformasse in pollo nel bel mezzo della scena di suspance. Sarebbe stato troppo ^^.  *Televenditrice MODE ON* Cosa farà Alya con Malfoy? Cosa succederà nella Foresta Proibita? Se volete saperne di più, leggete anche il prossimo capitolo! *Televenditrice MODE OFF" Alla prossima!

Dark Soul

Arya26: ti ringrazio molto per il tuo complimento. Spero che ti piaceranno anche i prossimi capitoli!

Arianna: cambi nick ogni volta così ho deciso di chiamarti per nome. Sono davvero contenta della assiduità con cui recensisci, e visto che non avevi ancora letto in anteprima il capitolo (come questo in effetti) sono stata ancora più soddisfatta della tua reazione. Proprio quella che volevo suscitare nei lettori: mi hai dato la conferma di aver centrato il bersaglio che mi ero preposta. Grazie ^^. Comunque il "porco maniaco" tecnicamente non è amico di Sargas, diciamo che a lui serviva qualcuno che facesse il lavoro sporco. Il motivo ti sarà chiaro nel prossimo aggiornamento.

Fairydreams: Grazie tesora. Significa molto per me...

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Capitolo 12
*** Nella Foresta Proibita ***


Alya procedeva tranquilla nel folto della Foresta Proibita, tenendo sollevato a mezz’aria il corpo privo di conoscenza di Draco Malfoy.  Tutt’intorno si udivano rumori sinistri, il vento leggero creava strani fruscii, e la fantasia accentuava le sagome contorte degli alberi.  La delicata luce lunare filtrava a malapena dall’intrico dei rami e solo il flebile chiarore della bacchetta illuminava a stento il cammino che percorreva, ma la ragazza si sentiva sicura. Ora che aveva ancora una volta la propria bacchetta in mano sapeva difendersi senza problemi, e nonostante la vista fosse assai penalizzata,  la compensava l’udito fine sviluppato in tanti anni di addestramento. Tuttavia per non imbattersi in animali selvatici notturni, decise di non addentrarsi troppo all’interno della Foresta, tenendosi comunque abbastanza lontano dal parco di Hogwarts per evitare che dei seccatori la disturbassero mentre interrogava Draco. Anche se dubitava fortemente che qualcuno decidesse di passeggiare nella Foresta proibita, specie in una serata così movimentata. 


Giunta in un piccolo spiazzo, da cui la luna si vedeva più chiaramente, si fermò e appoggiò Draco contro un tronco d’albero. Fece un respiro profondo, in apparenza per trovare la concentrazione, e si preparò a lanciare la Maledizione. Odiava doverne fare ricorso, l’odiava soprattutto perché faceva parte del suo essere Mangiamorte, ma non poteva farne a meno. Non aveva più scelta, perché era già stata presa molti anni prima.
“Imperio”


Il corpo di Draco si irrigidì e scattò in piedi, la testa diritta, e nonostante gli occhi chiusi, pronto ai suoi ordini.  La mente del ragazzo era scivolata in un  nuovo torpore leggero, cullato dolcemente in una vaga felicità.
“Draco – sussurrò una voce lontana, dolce e ammaliante – ora parliamo un po’. Ti farò qualche domanda ma tu dovrai essere sincero”.
Sincero. Sì, perché no? Mentire era impossibile in quella pace sconfinata.
“Bene. Tu hai cercato di ricattare Alya Johnson. Anzi Lestrange. Come hai scoperto la sua vera identità?” Sussurrò piano quella voce soave.
E’ stato fin troppo semplice.


In una notte di 4 anni fa, pioveva forte e i tuoni rimbombavano per la casa. Non riuscivo a dormire, così mi sono alzato e sono uscito dalla mia stanza. Volevo andare nelle cucine a bermi una cioccolata calda, ma uno spiraglio di luce mi fermò, e notai che proveniva dalla porta dello studio semichiusa.  All’interno un caldo fuoco bruciava nel camino e sulle comode poltrone di velluto sedevano i miei genitori. Riconobbi subito la voce vellutata di ma madre.
“… Hanno cercato di scappare un’altra volta. A quanto pare suo figlio ce l’ha fatta, ma Alya è stata presa, per fortuna.”
“Infatti. – le rispose mio padre – Anche se non capisco tutto questo zelo per l’educazione di quella ragazzina. Il Signore Oscuro è morto e Bellatrix ormai dovrebbe farsene una ragione. A che scopo continuare?
“Tu non capisci. Mia sorella crede fermamente nella Sua Rinascita, e ha posto in sua figlia Alya tutte le sue speranze e la sua vendetta. Per lei è l’unico modo per sopravvivere ad Azkaban.
“Se non sbaglio la bambina ha la stessa età di Draco. Sarà iscritta a Hogwarts?”
“Si, naturalmente come figlia di Seginus:  Alya Johnson. A quanto pare quest’anno farà la sua comparsa anche Harry Potter, e questa credo sia l’unica ragione per cui …”
Un forte tuono mi fece sobbalzare, e caddi in avanti spalancando la porta. I miei genitori si alzarono di scatto, sorpresi,  e mio padre mi si avvicinò, alzandomi per la collottola.
“Non si origlia alla porta. Non te l’ho mai insegnato?”
Io non sapevo cosa dire, e non riuscivo ancora a capacitarmi di avere una cugina mai incontrata. Per fortuna mia madre si avvicinò e pose la sua mando delicata sulla spalla di suo marito.
“Non importa, Lucius. Lascialo andare. Draco, tesoro mio, cosa hai sentito?”
“Tutto, che ho una cugina, la figlia di Bellatrix , però ora ha un altro cognome, Johnson mi pare.”  Risposi velocemente, mangiandomi qualche parola.
“Ho capito. Devi sapere che questo è uno dei più importanti segreti della nostra famiglia, e noi vogliamo che non si sappia in giro. Sei capace di tenere un segreto Draco?”
“Certo!” dissi, con orgoglio.
“Bene. Non dovrai dirlo a nessuno, neppure al nostro elfo domestico. E d’ora in avanti non ne parleremo più. Sarà come se fosse dimenticato, hai capito?”


 “E tu hai mantenuto la promessa?”
Si. Non l’ho mai rivelato a nessuno, nemmeno a Tiger e Goyle.
“L’hai scritto da qualche parte?”
No.
“Bene. Ma perché allora hai deciso di ricattarla?”
“Perché un giorno alla locanda “Tre manici di scopa” mi ha umiliato davanti a tutta Hogsmeade. E’ stato un affronto che non ho potuto dimenticare. Naturalmente non avrei mai rivelato a nessuno quel segreto, meno che meno a Potter, ma godevo del fatto di tenere in pugno quella ragazza che si era presa gioco di me.”


Alya uscì dalla sua mente, e lasciò che il corpo di Draco si afflosciasse contro l’albero. Era incredibile come tutto quello che era successo, dipendesse solo dal suo stesso orgoglio ferito.
“Che bella famiglia mi ritrovo.” Si ritrovò a pensare la ragazza, con disgusto.
Gli si avvicinò ed estrasse la fiala dalla fascia, svuotandone piano piano il contenuto nella bocca semiaperta del ragazzo, massaggiandogli la gola per farlo scendere.
Il suo corpo si irrigidì una seconda volta, e spalancò gli occhi, tremando visibilmente. Alya gli prese la testa fra le mani e avvicinò il viso a quello del ragazzo.
“Tu dimenticherai quello che è successo quella notte di 4 anni fa. – sussurrò con voce lenta e sicura – per te Alya Johnson è e rimarrà solo una compagna di Serpeverde. Niente vi accomuna. Niente altro. Tu dimenticherai il resto. “
“S- ss- i.” rispose il ragazzo, e svenne.


“Forse ho aggiunto troppa rosa canina.”  Pensò Alya, ma noncurante lo sollevò in piedi e gli sussurrò ad un orecchio: “Ora vai, segui la strada per il ritorno. E quando sarai uscito dalla Foresta Proibita ti risveglierai e non ricorderai niente di quello che è successo qui stanotte.
Il corpo di Draco si mosse, rigido e si avviò verso il castello. La ragazza lo seguì fino a che non raggiunse il limitare del bosco, per assicurarsi che non gli accadesse nulla di grave. Appena uscito, Alya ritornò ella piccola radura e cancellò le tracce. Ora che aveva terminato il suo compito, avrebbe dovuto sentirsi più allegra, ma si sentiva sempre più nervosa. Non ne capiva il motivo, ma quella sensazione di malessere non si placava. Improvvisamente si rese conto finalmente di cosa non andava. Sembrava che la foresta, in cui poco prima si udivano rumori e bisbiglii di ogni sorta, si fosse improvvisamente spenta in un silenzio teso. Non era un buon segno.


Rimase immobile, a occhi chiusi e cercò di aguzzare il più possibile l’udito. Niente. Neppure il più piccolo fruscio. Spense la luce della bacchetta per evitare di attirare l’attenzione con il suo chiarore, ma probabilmente era tardi. Rimase diritta, pronta a captare qualsiasi movimento nella notte, e finalmente sentì dietro di lei un fruscio, che si spense subito. Bene, aveva capito la sua posizione. Delicatamente fece scivolare il piede fuori dalla scarpa, e lo appoggiò sul terreno, seguito a ruota dal secondo. Non sarebbe mai riuscita a correre con i tacchi. Strinse forte la bacchetta, pronta allo scatto.


All’improvviso si voltò e lanciò un incantesimo un in cespuglio. Una figura nera saltò fuori, e correndo si immerse nella boscaglia. Era un mago. La ragazza si gettò veloce dietro di lui, ma l’oscurità era fitta, e il sentiero tutt’altro che agevole, con arbusti e rami che si impigliavano nella gonna, e lo perdette di vista, nelle ombre della foresta. Alya rallentò il passo, e si mosse attenta per il fogliame. Cercava un qualche indizio sulla direzione che aveva preso lo sconosciuto, quando un getto di luce rossa sprizzò da un lato, cogliendola di sorpresa.


Fece appena in tempo a chinarsi e schivarlo. Si slanciò dietro un albero e corse via, zigzagando per la foresta. Trovava spesso rami di rovi ad intralciarle la strada, ma con un colpo di bacchetta li allontanava e correva più veloce di prima. Lanciava dietro di sé incantesimi di ostacolo, ma non sentiva nessuno dietro di sé. Non sapeva dove stesse correndo, ma cercava di non addentrarsi troppo nel bosco, o il suo inseguitore non sarebbe stato il suo unico problema. Ad un tratto vide davanti di sé uno stretto passaggio tra due tronchi d’albero e ci passò in mezzo, fissando un incantesimo di inciampo.
Subito si nascose dietro un masso e cercò di ridurre il fiatone. Fissò lo sguardo su un albero spoglio ricoperto di edera selvatica davanti a sé, e si tese ad ascoltare. Niente rompeva la quiete della foresta, e il silenzio faceva da padrone. Alya si sporse cauta dal suo nascondiglio, e un altro getto di luce colpì la roccia poco sotto il suo viso.

Veloce scappò ancora tra gli alberi, cambiando spesso direzione. Rami si impigliavano alla sua gonna, e i suoi piedi scalzi avevano molteplici ferite. Si nascose più volte in luoghi sempre diversi, ma lo sconosciuto la scovava sempre, costringendola a fuggire.
Cercava di mantenere i nervi saldi e il senso dell’orientamento, ma era un’impresa disperata.  Per la prima volta da tanto tempo, era in difficoltà.
Senza fiato, si infilò in un cespuglio e cercò di prevedere da dove sarebbe arrivato, ma le sembrava inutile. Era come se sapesse esattamente dove fosse, e trovasse il modo di forzare la sua guardia costringendola di nuovo a scappare in un circolo vizioso.
Cercò di riflettere lucidamente, e chiuse gli occhi per concentrarsi. In quella calma apparente sentiva il sangue pulsare sulle lievi ferite procurate nella fuga.

All’improvviso si rese conto di un calore estraneo  al ginocchio destro, in corrispondenza della fascia.
La scoprì e notò che proveniva dalla bacchetta rubata al ragazzo del ballo. La mente di Alya  cominciò  lavorare velocemente. E se …


Un lieve fruscio giunse da una parte, nell’oscurità. Silenzio. Un altro movimento leggero , poco più spostato, e di nuovo più nulla. Ad un tratto la figura venne allo scoperto, tenendo sul palmo aperto della mano la propria bacchetta che indicava il punto in cui Alya si era nascosta poco prima. Si avvicinò quatto e smosse un poco le foglie secche, scoprendo una bacchetta. Non fece a tempo ad alzarsi che Alya da dietro un albero lanciò incantesimo, colpendo il nemico alla schiena e facendolo cadere oltre al cespuglio che poco prima l’aveva ospitata.


Cautamente la ragazza si avvicinò un passo alla volta, tenendo gli occhi e le orecchie bene aperte, ma non appena fu sul posto scoprì che non c’era nessuno steso a terra. Troppo tardi si rese conto del pericolo, e improvvisamente un incantesimo la colpì alla mano destra, facendole cadere la bacchetta.  Fece appena in tempo a voltarsi, che una sagoma spuntò fra le ombre e la bloccò contro un albero, con una mano stretta attorno al suo collo e la bacchetta premuta sotto il mento.
Rimasero immobili, qualsiasi movimento avrebbe significato un rischio, una possibilità per l’altro di reagire. Alcuni raggi lunari filtravano tra i rami contorti della foresta ed Alya sgranò gli occhi nel riconoscere la figura che la sovrastava. Sargas le sorrideva ironicamente, sicuro di sé, con gli occhi scuri puntati su quelli della ragazza.


“Ho vinto” proruppe, con la sua voce calda, senza accennare ad abbandonare la posizione.
“Ne sei sicuro?” gli rispose Alya, con una chiara nota d’orgoglio, alzando un sopracciglio e abbassando il proprio sguardo sul petto del ragazzo.
Sargas abbassò gli occhi e vide la bacchetta che poco prima aveva lasciato sulle foglie di quel cespuglio stretta nel pugno sinistro della ragazza, puntata sul cuore.
Alzò la testa, e scosse lieve il capo, allentando la presa sul collo della ragazza e facendo u passo indietro. “Parità.” Aggiunse con una velo d’amarezza. Alya riconobbe la frase, e un ricordo di tanti anni prima  le riaffiorò in mente.


In una calda giornata di sole due ragazzini giocavano nel prato. La bambina era stesa al terra, con la bacchetta puntata sul petto del bambino più grande, che le era seduto sopra con una bacchetta puntata sulla gola. Entrambi erano immobili ed ansanti, con la faccia seria e tesa per lo sforzo. Ad un tratto il ragazzino scoppiò a ridere e si raddrizzò, alzandosi in piedi. “Parità” le disse con un sorriso, porgendole la mano. “Se se, parità – rispose la bambina allegramente, alzatasi – se sapessi usare l’Avada Kedavra ti avrei già ucciso un milione di volte.”Entrambi risero spontaneamente, spensierati. Il ragazzino con le lacrime agli occhi le pose una mano sulla testa, e le spettinò i capelli, aggiungendo: “Sbruffona.”


“Ora conosci l’Avada Kedavra vero?” disse Sargas, serio, così diverso dal bambino del ricordo.
Alya non gli rispose, ma andò a raccogliere la propria bacchetta senza alzare lo sguardo su quello del ragazzo.  Quel ricordo era così diverso dal presente, da sembrare quasi buffo pensare che il gelo tra i due una volta era qualcosa di assai più profondo e caldo.
“Perché? – domandò Alya, con voce atona –  Perché hai fatto in modo che prendessi quella bacchetta rivelatrice dal tuo amico? Che cosa vuoi?”
“Sapevo che eri senza bacchetta.” le rispose Sargas, e in risposta ad un sguardo dubbioso della ragazza aggiunse: “il giorno della prima prova, al lago. Ero io tra i cespugli.”
Alya non rispose. Ora capiva l’inspiegabile sensazione di disagio, ed era seccata della sua intromissione nelle sue faccende personali. “So cavarmela da sola.”


“Volevo parlarti e ho colto l’occasione.”
“Potevi farlo comunque, senza attaccarmi e correre per la foresta.”
“Hai ragione. Ma ti ricordo che mi ha attaccato tu per prima. “
Alya fece un moto di stizza, e non rispose. Lo guardò, e mai come ora lo sentiva lontano da sé, e mai come ora le mancava. Così vicino, eppure così lontano. Per un attimo provò il folle desiderio di rivelargli tutto, di parlargli del suo sacrificio, di buttare la sua maschera. Ma fu questione di un attimo, e distolse lo sguardo.
“Hai detto che mi devi parlare. Ebbene ora solo qui.” Disse, con noncuranza.


“Sai – sorrise tristemente Sargas, incrociando le braccia – in tutti questi anni mi sono fatto molte domande. Quasi tutte senza risposta. Eppure ora che ti ho qui davanti adesso, mi sembrano inutili.”
“Povero piccolo Sargas. – ghignò Alya – non riuscivi a dormire la notte, pensando alla cattiva Mangiamorte?”
Il ragazzo fece un passo in avanti, irato. “Io sono venuto qui, pensando di ritrovare qualcosa, di ritrovare te. Speravo di poter capire …”
“Capire che cosa? – gli rispose Alya, arrabbiata – Non c’è niente da capire, niente è rimasto. Il passato è passato, e mai più ritornerà.”
Sargas fece un passo indietro, e si passò una mano tra i capelli, abbattuto. “Hai ragione: sono stato proprio uno stupido a tornare. Non so neanche io in cosa speravo, ma ormai è chiaro che la Alya che conoscevo io è morta quello stesso giorno in cui ci siamo separati. Dovevo rendermene conto molto tempo prima, soprattutto dopo quella sera in cui hai cercato di uccidermi.”
La ragazza, che poco prima lo stava guardando con sufficienza, spalancò gli occhi. “Cosa?”

 

Sargas sorrise, triste. “Non dirmi che te lo sei dimenticata. E’ stato così di poco conto per te? Allora facciamo che ti rinfresco io la memoria. Poco dopo la nostra separazione, una notte, hai bussato alla mia porta. Io ti ho accolto felice di rivederti, ma tu eri cambiata già allora. I tuoi occhi non erano mai stati così freddi, la tua voce, gelida e sprezzante. – il ragazzo fece una pausa, cercando di trovare le parole – E’ stato un miracolo che io mi sia salvato, se non mi avesse trovato Karkaroff sarei morto di certo.”


Alya non si mosse, impietrita. Non riusciva a crederci. Non riusciva a trovare una spiegazione. Smarrita continuò a fissare il volto di Sargas.
“Non avrei mai creduto che tu un giorno avresti cercato di uccidermi, proprio tu. La mia unica amica, la mia famiglia. Hai la più vaga idea di come mi sia sentito?”


La ragazza non reagì. Sembrava sprofondata nell’incoscienza, immobile, gli occhi fissi a terra, con un solo pensiero in mente, una sola spiegazione. Seginus. Aveva mancato la promessa. Una notte di tanti anni fa, lo aveva visto tornare di nascosto a casa nel cuore della notte, con una veste più piccola della sua in braccio e i capelli più lunghi del normale. Non ci aveva fatto caso, ma ora le era tutto chiaro. Tutti quegli anni passati, tutto il tempo sprecato con l’unica convinzione di averlo fatto per LUI, di averlo aiutato. Tutto in fumo.


Sargas era furibondo, lei era distrutta. Sulle sue guancie sentì qualcosa di caldo scenderle, una lacrima seguita da un’altra, e un’altra ancora, finchè non divenne un flusso continuo. Tutto inutile, tutto per niente. Fece un passo in avanti per andarsene, prima che lui la vedesse, prima che vedesse le sue lacrime.
Ma Sargas la fermò e la costrinse ad alzare la testa. “Non hai più nemmeno il coraggio per …” ma si interruppe nel vedere i suoi occhi, una reazione che mai si sarebbe aspettato. Alya lo guardava, sofferente, e sconvolta, senza più un appiglio né un punto di riferimento. Cominciò a singhiozzare, cercando uno sfogo per tutto quella sofferenza che sentiva dentro, che le faceva male il cuore di un dolore insopportabile. Sargas la lasciò andare, stupito ed incredulo, ed inditerggiò.


Alya fece un passo indietro, si voltò, e comiciò a correre verso il castello, lasciandolo indietro, solo nella foresta.

 

Salve!! Avevo promesso di aggiornare prima della mia imminente partenza (Puglia, sto arrivanto!!) così eccomi qui, alla vigilia del "grande viaggio" ^^. Prima di tutto devo chiedere scusa, ma io non sono proprio brava a scrivere le scene di azione, così vi dovete accontentare di questa caricatura delle scene di battaglia. Forse potrebbe essere considerato uno dei miei aggiornamenti migliori, ma a me non piace molto la prima parte. L'ultima si, ma la battaglia proprio no. Nelle mie anticipazioni avevo avvertito una svolta, e in effetti scommetto che nessuno si aspettava un crollo così da parte di una dura come Alya. Scommetto che sarete delusi per la reazione di Sargas, ma dovete capire che è stato preso alla sprovvista, non sapeva cosa fare, e sopratutto cosa pensare. Comunque tutto sarà spiegato nel prossimo aggiornamento. Spero vi sia piaciuto il capitolo, nonostante la suspance quasi assente nella foresta. Un bacio! (Recensite please...)

Dark Soul

Fairydreams: mi dispiace averti costretto a recensire, e mi rendo conto che è difficile farlo quando si sa già tutti gli avvenimenti con capitoli in anticipo e si rischia di fare spoiler. Ti ringrazio comunque per lo sforzo, e spero un giorno troverai il tempo per rifarlo.

Nana style: carissima, ti ricordi quanto mi sono arrabbiata quel giorno, quando hai detto quella cosa spiacevole su Alya (solo perchè non avevi letto tutto il capitolo, me ne rendo conto, ma comunque spiecevole)? Ebbene direi che con la recensione ti sei fatta perdonare. Sono proprio curiosa di sapere cosa ne pensi di questo ^^.

Enifpegasus: ti ringrazio per i complimenti, e sono veramente contenta che la mia storia ti abbia appassionato al tal punto da leggerla tutta in una volta. spero di non deluderti mai!

Arya26: grazie! ho aggiornato abbastanza presto?? :p

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Capitolo 13
*** Una lettera da Seginus ***


NOTE: Per motivi stilistici, ho cancellato il precedente aggiornamento, ma per non perdere il capitolo l'ho aggiunto a questo . Ho diviso con una linea i due testi, così chi avesse già letto il capitolo precedente non deve far altro che partire a leggere dalla linea orrizontale.

 

Hogwats splendeva sotto i raggi lunari, e il suo riflesso imponente specchiava sulle acque del lago. Il vento lieve ne increspava la superficie, si insinuava tra le foglie della foresta e giocava tra le fessure del castello.  Non un rumore rompeva l’atmosfera tranquilla, solo il sospiro del vento si aggirava in quella notte fredda.
Alya sedeva immobile sulla torre di Astronomia. Aveva avvolto attorno a sé una spessa coperta, che proteggeva la testa, appoggiata al muro, dal freddo della pietra. Si vedevano i suoi occhi, chiusi, mentre le stelle del cielo si riflettevano sull’ultima lacrima ancora sulle sue gote. Il suo respiro lieve nemmeno si udiva, svelato solo da un ritmico soffio delle sue narici, e le sue mani stringevano ancora i lembi della coperta.
Sargas la osservava attentamente, seduto appoggiato al parapetto con ai suoi piedi la scopa di Victor Krum. Non era stato difficile trovarla: avrebbe giurato che si sarebbe rifugiata nel punto più alto del castello, dove le stelle si vedevano più chiaramente. Aveva sempre conservato un affetto quasi religioso verso la stella da cui prendeva il nome, sin da quando erano piccoli. Almeno questo non era cambiato.
Passò lo sguardo sul suo volto, familiare ma allo stesso tempo estraneo. Sorrise: sembrava una bambina, piccola piccola in una coperta troppo grande.
Poi vide quella lacrima sulle sue guancie e il sorriso gli morì sulle labbra. Un'unica domanda gli rimbombò nella testa: perché?
Non riusciva a capirne il motivo. Lei era sempre stata una ragazza forte, sicura, e mai, mai, avrebbe pensato che piangesse, per lui? Era impossibile, eppure sembrava che non serbasse ricordo di quella notte, ma l’aveva vista, o no? Che cosa aveva visto in quegli occhi poche ore prima, tristezza? Lei? In una mangiamorte?
Troppe domande, troppi dubbi per lasciar correre. Già una volta l’aveva persa, e se c’era anche una sola possibilità per riaverla accanto a sè, non l’avrebbe sprecata. Non un’altra volta.
Si alzò lentamente e si avvicinò ad Alya silenzioso. Uno sguardo di malinconia si dipinse sul volto di Sargas, e allungò la mano, asciugando l’ultima lacrima della sua amica, mangiamorte.

Alya aprì di scatto gli occhi, e un vento freddo le accarezzò il viso, facendola rabbrividire. Le era sembrato di sentire una presenza accanto di sé, ma forse era solo il vento. Alzò gli occhi verso il cielo e vide che le stelle erano già scomparse nel chiarore dell’alba, ormai vicina.
Si passò le mani sul viso umido e ripensò ai fatti della sera precedente. Era stata così sciocca da lasciarsi andare proprio davanti a Sargas, proprio da chi non doveva sapere niente.  Era stato un gesto avventato e adesso doveva trovare il modo di uscire fuori da questa situazione.
Seginus non aveva rispettato il patto, aveva mentito, ingannandola per ottenere i suoi scopi. Si era offerta per salvare Sargas da un destino che non desiderava, ma il suo sacrificio era stato inutile. Inutile. Alya sentì la rabbia montarle, e tutto il disprezzo per quel mago si accrebbe. Non solo perché l’aveva ingannata, ma perché aveva fatto del male al suo amico.
Era chiaro che Seginus voleva vedere suo figlio morto, e per punirlo ulteriormente per la sua insubordinazione gli aveva portato una morte crudele sotto forma della sua migliore amica.  Ma aveva fallito.
Era possibile però che Seginus non sapesse che Sargas era ancora vivo, dato che il ragazzo aveva detto: “se non mi avesse trovato Karkaroff sarei morto ”.
Forse non era ancora tutto perduto. Se avrebbe tenuto duro, poteva ancora fare qualcosa per Sargas: stare zitta. Se avesse spiegato al ragazzo come erano andate le cose, lui certamente sarebbe rimasto o avrebbe fatto chissà quale altra sciocchezza. L’avrebbe riavuto, ma per quanto? Fino a che non sarebbe venuto Seginus a mettere le cose a posto. No. Lui poteva ancora salvarsi. Per il suo bene, era meglio tacere e così nessuno avrebbe perso qualcosa. O almeno, non qualcosa che aveva già perso in passato.



“Harry, per fortuna avevi detto di aver già risolto l’indovinello dell’uovo.” Proruppe Hermione, irritata.
Lei, Ron, Harry e Alya si trovavano nella biblioteca in cerca di un modo per respirare per un’ora sott’acqua. Harry infatti aprendo l’uovo d’oro sott’acqua, aveva scoperto in cosa consisteva la prima prova: immergersi nell’acqua gelata del lago e andare a riprendere ciò che le sirene avevano rubato e che era più caro al ragazzo.

I quattro erano seduti su un tavolo circolare, con al centro una grande quantità di libri che quasi non permetteva loro di vedersi l’un l’altro. Avevano avuto una pesante giornata nelle lezioni, ma tutto il tempo libero era stato speso in biblioteca per aiutare Harry. Ma ormai era quasi ora di andare.
“Hermione, è la trecento quindicesima volta che lo ripeti. Direi che ha afferrato il messaggio.” Le rispose Ron, mentre sfogliava di malavoglia un grosso libro nero.
“Lo spero bene! Manca solo una settimana alla prima prova e noi siamo ancora in alto mare!” sibilò la Grifondoro, chiudendo di scatto il libro che aveva tra le mani, gettandolo nel mucchio davanti a lei.

Harry non rispose, e cercò di concentrare tutta la sua attenzione sul libro che stava leggendo. Una terribile morsa gli si strinse allo stomaco.
“Hermione, se fossi in te non userei metafore sull’acqua.” Le sussurrò Ron, con aria cospiratoria. “E guardalo, mi pare che stia abbastanza male senza che ti ci metta anche tu.”
La ragazza si allungò sopra la montagna di libri, e, vedendo l’aria afflitta di Harry, soggiunse ad alta voce: “beh, meglio tardi che mai. Ora siamo qui, e sono sicura che troveremo qualcosa.” Ma nella sua voce non c’era troppa sicurezza. “Oh, ci sarà qualcosa.”

Alya non rispose, e continuò nel suo lavoro: inutile immischiarsi in futili battibecchi. Harry pochi giorni prima le aveva chiesto se poteva dargli una mano nelle ricerche, e lei, osservando la sua aria smunta e pallida, non poteva fare altro che accettare. In verità era anche un’ottima scusa per evitare Sargas, che ultimamente aveva cominciato ad aggirarsi per il castello. Ogni volta accompagnato da una ragazza diversa.
La ragazza chiuse di scatto il libro e ne prese un altro, mentre Hermione la osservava di soppiatto.
“Alya, conosci per caso un certo Sargas? E’ un ragazzo di Durmstrang.” Chiese la Grifondoro, con una certa curiosità.
Alya non si mosse, e continuò a sfogliare il libro indifferente. “Di vista. Perché?”

“Perché l’altro giorno sono uscita con Victor …” ma venne interrotta da un tonfo. Ron strabuzzò gli occhi e disse: “Con Viky? E come è andata con Viky?
Hermione non lo degnò di uno sguardo e continuò a parlare: “e c’era anche Sargas con un’altra ragazza  (piuttosto stupida a dire il vero). Abbiamo parlato del più e del meno, quando mi ha fatto delle domande su di te: da quanto tempo ti frequento, la mia impressione, e poche altre.”
“Anche a te?” la interruppe Ron, cambiando espressione curioso, cercando di vedere Alya oltre il mucchio di libri. “Una volta ha fermato me e Harry appena fuori dalla Sala Grande, subito dopo pranzo …”
“Sì, e ci ha fatto le stesse domande: come ti comporti, cosa noi pensiamo di te, …” disse Harry, annuendo.

“Curioso.” Commentò Alya, ironicamente.
“Ma, c’è una ragione in particolare? Vi frequentate?” disse Hermione, seria.
Alya scosse la testa, cercando di rimanere impassibile. “No. E’ un ragazzo che ci ha provato con me al ballo, ma io l’ho respinto e ora cerca tutti i modi per avvicinarmi. Patetico.”
Ron, rimasto deluso dallo scoop mancato, si afflosciò sulla sedia e continuò a girare le pagine svogliato, sotto gli occhi severi di Hermione. Harry non commentò, e lanciando un’occhiata fuori dalla finestra vide un allocco che raspava il vetro per entrare. Incuriosito, si alzò ed andò ad aprire la finestra, facendolo entrare. L’animale si alzò in volo e planò sopra Alya, lasciandole cadere una busta proprio innanzi. Seginus.

Sbigottita, riconobbe la scrittura e infilata velocemente la pergamena nella borsa, si alzò in piedi. “Mi dispiace non potermi trattenere ancora, ma devo rispondere alla lettera di mia zia. Non sta molto bene, e spero non ci siano cattive notizie.”
Velocemente uscì dalla biblioteca, senza lasciare il tempo agli altri di rispondere. Svoltato l’angolo , si nascose dietro una statua e aprì la busta. Dentro c’era un biglietto con la stessa scrittura fluida che aveva tracciato l’indirizzo sulla busta, con poche parole scritte: “Ha un servo fedele all’interno. TROVALO.”

Alya fece un sospiro di sollievo: Seginus non aveva ancora scoperto di Sargas. Ma come avrebbe potuto? Perché preoccuparsi per niente? Si stava creando problemi da sola, come se ne avesse pochi. Sbuffò, e si concentrò sulla lettera appena ricevuta, dirigendosi verso i dormitori.
Così Seginus era riuscito a scoprire un dettaglio del piano dell’Oscuro Signore. Un servo fedele. Facile a dirsi. C’erano centinaia di persone dentro la scuola e sicuramente si nascondeva sotto un’altra identità, forse un alunno o addirittura un insegnante. Certo! Un’insegnante poteva aver accesso a tutto il castello, esser vicini al preside e prender parte ai retro scena di Hogwarts. Senza dubbio per una talpa doveva essere la posizione migliore. Ma anche la più difficile. Silente non era uno sprovveduto, e non si faceva abbindolare facilmente.

Bisogna anche considerare che ogni insegnante godeva della più completa fiducia del preside, e viveva ad Hogwarts da … Un momento! C’era solo un professore nuovo per quest’anno, ed era quello di Difesa contro le Arti Oscure. Moody. Ma no. Era un ex auror: ha combattuto per anni contro i Mangiamorte. Impossibile. Eppure, come poteva sapere della vera identità di Alya? Quel giorno, con la maledizione Imperius, sembrava sapesse esattamente cosa ci fosse sul suo avambraccio sinistro. Forse, avendo  avuto contatti con i Mangiamorte per anni potrebbe sapere molte più cose di quanto non sappia il Ministero.  E perché tenerlo nascosto allora?

Era strano, e anche se le sembrava impossibile, decise di tenerlo d’occhio. Tuttavia un altro insegnante le destava maggior sospetto: Piton. Era stato un Mangiamorte, lo sapeva, ma non era chiaro il motivo per cui si diceva che fosse passato all’altra fazione durante la guerra.  Un Mangiamorte pentito? Ne aveva visti tanti, ma tutti dopo la caduta del Signore Oscuro. Perché cambiare quando Voldemort era potente? Non aveva senso ...

Mentre rifletteva, quasi non si accorse di essere arrivata davanti al ritratto di Serpeverde, e, avendo pronunciato la parola d’ordine a mezza voce, attraversò la Sala Comune così immersa nei propri pensieri che quasi andò addosso a Pansy Parkinson.
“Hei! Stai un po’ attenta, Babbanofila dei miei stivali.” Sibilò Pansy, risentita. Aveva preso l’abitudine di chiamare Alya così da quanto passava più tempo con Harry e gli altri.

“Pansy, non è colpa mia se occupi la quasi totalità di spazio qui dentro."
La ragazza fece un’aria risentita, fece per allontanarsi altezzosa quando un pensiero le passò  in mente e si rivolse ad Alya, che stava già aprendo la porta per il dormitorio.
“Senti un po’ – disse, con il tono misteriosamente cambiato, gentile forse – c’è un ragazzo di Durmstrang che fa domande su di te in giro …”
“E’ tutto tuo Pansy.” Le rispose Alya con sufficienza, nascondendo un mezzo sorriso. Almeno così Sargas se ne sarebbe stato lontano dal castello per un po’ pur di non incontrare Pansy per i corridoi.
“Beh, non ti lamentare se dopo starà con me allora.” Le rispose l’altra con un ghigno. Alya scosse la testa alzando gli occhi ed entrò nel dormitorio, mentre Pansy pensava già al metodo migliore di abbordaggio.

Alya chiuse con forza la porta, e controllò che in camera non ci fosse nessuno. Poi lanciò la borsa sopra il letto, e cominciò a prendere a pugni il cuscino. Di tutte le persone del castello, proprio a Pansy doveva andare a parlare quello stupido? Non si poteva fare gli affarracci suoi? Sembrava che fosse venuto ad Hogwarts solo per scombinarle la vita. Prima del suo arrivo non c'era nessuno che la scocciava, se ne stava pacificamente da sola e stava bene così! Ora invece si ritrovava Pansy Parkinson fuori dalla porta che studiava un piano di conquista del suo migliore amico che poche settimane prima l'aveva vista piangere. Oh, ma gliel'avrebbe fatta pagare, in un modo o nell'altro. Anche a costo di rimandarlo nella sua scuola a suon di Cruciatus.

Alya con un sospiro si distese a letto, osservando il soffitto in pietra. Cercò di accantonare il pensiero di Sargas, per concentrarsi sulla missione che le aveva affidato Seginus, ma le riusciva sempre più difficile pensare con lucidità mentre le venivano in mente scene del ragazzo abbracciato a Pansy. Con un brivido di disgusto si rigirò nel letto e, vestita com'era, chiuse gli occhi, rimandando ogni decisione al giorno dopo.

 



 

Ciao! Mi scuso con i lettori per il casotto che ho fatto con il capitolo (sopratutto con nana_stile per aver dovuto cancellare la sua recensione), ma quello precendete non mi piaceva proprio (e neanche a voi visto il numero di letture) e ho deciso di agglomerarlo a questo nuovo. Mi scuso anche se non aggiorno più con regolarità, ma trovo sempre più difficile trovare un momento per scrivere e il risultato non è sempre ottimo. Comunque, parlando della FF: ho cercato di adattare la prima reazione di Alya alla lettera di Seginus con quella che potrebbe avere il lettore. Si, insomma, ho creduto che dopo 5 capitoli incentrati solo su Sargas il lettore sia portato a pensare al ragazzo, o no? Ditemi se sbaglio!

Ringrazio tutti per la lettura! Alla prossima!

Dark Soul

 

nana_style:scena d'amore!! scena d'amore!! Non c'era nessuna scena d'amore... Anzi non mi apreva proprio che tra i due ci fosse un sentimento benevolo. Non so tu dove l'hai visto l'amore =.=

Erika91:Ti ringrazio per avermi consolata, almeno così so che non faceva proprio tanto schifo! xDD

chibi_elyion:Chibiiiiiiiiii! Mi sei mancata T_____T Ogni giorno accendevo il computer con la speranza di una tua possibile recensione, e alla fine sono stata soddisfatta. Grazie. Nella tua recensione mi hai fatto una domanda e spero che questo capitolo ti abbia dato la risposta. Alya è fragile, sì, ma non per questo si piange addosso. Mi pareva di averlo già detto, ma lei trova sempre in un modo o nell'altro la forza per riemergere. e in questo senso è molto più forte di tante altre persone che conosco. Sarà anche fragile, ma ha anche una forza da leone.

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Capitolo 14
*** Inganno ***


"Harry, muoviti o sarai squalificato!"

Alya e Harry correvano a perdifiato in un corridoio, mentre l'eco dei loro passi si disperdeva per il castello deserto. Ormai tutti erano usciti per assistere alla seconda prova sulla riva del lago, mentre l'unico che non poteva permettersi di mancare arrancava ancora nelle scale per raggiungere l'uscita. Harry per l'appunto. La sera prima si era intrufolato di nascosto nella biblioteca con il suo mantello dell'invisibilità insieme ad Alya, e con lei si era addomermentato sui libri in cerca di una soluzione per la seconda prova. La mattina dopo la ragazza era stata svegliata dal compagno, che aveva in mano una strana sostanza gelatinosa che, a detta di Harry, sarebbe servita proprio al loro scopo. Ma non c'era stato tempo per indagare: l'importante era raggiungere il lago il più velocemente possibile. I due ragazzi uscirono nel parco di corsa, e senza rallentare il passo raggiunsero la riva dove gli altri campioni attendevano.

Harry si avvicinò a al gruppetto, e cercò di riprendere fiato appoggiandosi sulle ginocchia. Era evidente dalle espressioni dei presidi delle scuole straniere che pensavano che Harry non si sarebbe presentato, ma il ragazzo non ebbe tempo per preoccuparsene: Ludo Bagman stava disponendo i campioni sulla riva per l'imminente inizio della prova. Si voltò per scambiare uno sguardo con Alya, ma non la vide dietro di sè. Spaziò con gli occhi gli spalti sulla riva a fianco: ancora nulla. Scrollò lievemente la testa, e si mise in pozione pronto per il tuffo: doveva trovare Ron.

Alya salì sulle gradinate appena in tempo per vedere il tuffo dei campioni al suono della sirena. Aveva ancora il respiro irregolare, ma non si sedette, osservando con cura gli spalti. Gli occhi di tutti erano puntati sul lago, ma con la mancanza di azione cresceva il vociare degli studenti: alcuni alzatisi, si spostavano tra le gradinate, altri stavano in gruppo e parlavano del più e del meno. Non era semplice cercare una persona in quella folla, ma finalmente riuscì ad individuarla. Sargas stava in piedi contro il parapetto con intorno alcuni studenti di Durmstrang, ridendo e scherzando. Come se avesse sentito su di sè lo sguardo di Alya, il ragazzo alzò lo sguardo e incontrò quello di lei. Con un sorriso ironico alzò il braccio e le fece un saluto con la mano, mentre ad Alya cresceva il desiderio di fargli provare una morte lenta e dolorosa.

Sargas mantenne il sorriso, nonostante lo sguardo non proprio benevolo della ragazza, e le indicò con la stessa mano la foresta proibita, oltre il parapetto. Alya fece un cenno d'assenso, e si voltò, scendendo le scale e avviandosi verso la foresta. Imboccò un piccolo sentiero e lo seguì fino a raggiungere un piccolo spiazzo libero dagli alberi, abbastanza lontano dalla riva per evitare scocciatori e allo stesso tempo abbastanza vicino per sentire lo svolgimento della seconda prova.

Si sedette su un tronco caduto, e aspettò l'arrivo del ragazzo. La seconda prova era stata provvidenziale per lei: tutta la scuola era occupata ad assistere allo spettacolo, così lei poteva parlara a faccia a faccia con Sargas senza troppe scocciature, ma quello non era il motivo principale del loro incontro: Alya aveva in tasca un seconda fiala della pozione per Malfoy, e aveva l'intenzione cambiare la memoria del ragazzo, forse perfino cancellare il ricordo che Sargas aveva di lei, ma sarebbe stato molto più difficile riuscire a somministrarla rispetto a Draco. Sargas era capace quanto Alya di contrastare la maledizione imperius, ed era veloce quanto lei nel lanciare incantesimi, grazie all'addestramento. L'unico vantaggio per lei era la sorpresa, a dire la verità piuttosto limitata: il ragazzo doveva aver visto la pozione la sera del ballo e sicuramente si sarebbe aspettato un simile trucco. Purtroppo non aveva avuto il tempo di ideare un piano migliore con tutto il tempo perso per aiutare Harry, ma avrebbe tentato comunque. Con un po' di fortuna ...

Un rumore di arbusti spostati la distolse dai propri pensieri, e vide Sargas avanzare nella radura. Alya si alzò in piedi, commentando ironicamente: "Ce ne hai messo di tempo. e dire che ho lasciato traccie piuttosto evidenti ..."

Il ragazzo sbuffò: "Sarei arrivato prima, se una piattola non mi avesse scocciato appena fuori dalle gradinate. Sembrava non volesse più lasciarmi andare, così ho dovuto confonderla un pochino per riuscire a scrollarmela di dosso. Era della tua stessa casa mi pare..."

Alya non commentò, ma le sue labbra si curvarono in un sorrisetto ironico che a Sargas non sfuggì. "Tu! Me l'hai mandata tu! Ma ..."

"Ma cosa? Io non ho fatto niente, sei tu che te ne vai in giro a fare domande sul mio conto mentre te la spassi con una cinquantina ragazze diverse ..."

"E da quando in qua devo rendere conto a te su quante ragazze io esco, scusa? Non sarai mica gelosa?" domandò Sargas, alzando un soppracciglio.

Alya arrossì un poco: "Tu puoi uscire con quante ragazze vuoi, anche con Pansy Parkinson se ti garba, basta che la smetti di porre un questionario alla gente su di me. Stai creando un sacco di problemi, quindi se eviti di impicciarti in affari che non ti riguardano mi fai un piacere."

Sargas incrociò le braccia e fece un sospirò di sollievo. La ragazza non capì la reazione aggrottando la fronte, così Sargas vedendo la sua espressione interrogativa disse: "Per fortuna che mi hai detto che posso uscire con Pansy, perchè ho accettato il suo invito prima, fuori dalla foresta."

Alya rimase un momento immobile, a bocca aperta, alzò gli occhi e, frustata perchè lui non aveva ascoltato niente di quello che aveva appena detto, fece per andarsene, superando Sargas. Il ragazzo non la trattenne, ma disse: "Beh? Tutto qui? Pensavo volessi aggredirmi o qualcosa del genere."

Alya rallentò fino a fermarsi, soppesando la risposta e sentendo su di sè lo sguardo del ragazzo, che continuò: "Dai, non dirmi che tutto il lavoro che ho fatto è servito solo per parlarti una decina minuti."

La Serpeverde si girò lentamente fissando il viso sorridente dell'altro, confusa. Sargas scoppiò a ridere, e continuò: "Si, secondo te qual è il motivo per cui ho fatto domande in giro su di te? A parte una discreta quantità di informazioni intendo."

Alya rimase ancora confusa, mordendosi il labbro inferiore, quando un pensiero le balenò in mente, e, alzando piano la testa sibilò: "Vuoi dire che tu ... "

"Si - rispose con un sorriso il ragazzo - Sapevo che avresti saputo che stavo facendo ricerche sul tuo conto, e che avresti fatto di tutto per fermarmi. Non ti è mai piaciuto attirare l'attenzione. Dopo la sera del ballo io volevo parlarti, ma sapevo che tu avresti evitato. Così ho dovuto giocare d'astuzia..."

Alya chiuse le mani apungo, irritata, e fece per andarsene, ma il ragazzo le si parò davanti bloccandola, così esclamò: "Sei veramente esasperante!"

Sargas le sorrise, ma l'amica fece un passo indietro commentando: "Ma cosa ridi? Bene, ora sono qui. Dimmi quello che mi devi dire che me ne vado."

Il ragazzo si fece serio, guardandola negli occhi. "Eri tu quella sera?."

Il cuore della ragazza mancò un battito: "Sii più preciso. Quella in cui ho scelto di essere mangiamorte? Quella in cui ti ho quasi ammazzato? Specifica, ce ne sono tante."

"Quella in cui mi hai quasi ucciso."

"Certo che ero io! - esclamò irritata - l'hai detto anche tu! Quante persone conosci con la mia stessa faccia?"

" Sì, ho detto che ti avevo riconosciuta, ma solo come aspetto. Lo sappiamo tutti e due che con una pozione Polisucco chiunque poteva aver preso le tue sembianze."

Alya non rispose, e riflettè sul da farsi. "Ero io. Ma più di dirtelo non so cosa fare per convincerti. Devo ucciderti qui e subito, così finalmente mi crederai?" disse, estraendo la bacchetta.

"No - rispose Sargas, calmo, non facendo alcun accenno a prendere la propria - basta solo che rispondi a qualche mia domanda."

"Ah. Mi dispiace, ma non ho tempo da perdere con i tuoi dubbi esistenziali." e cercò di andarsene, ma Sargas non si spostò.

"Se risponderai alle mie domande e mi darai la prova che eri veramente tu, giuro che ti lascierò in pace e non sentirai più parlare di me. Potrai perfino darmi stessa pozione che hai somministrato al tuo amico nella foresta, così scorderò ogni particolare della tua esistenza." disse Sargas, allargando le braccia.

La ragazza non si mosse, cercando una via d'uscita. Se avesse risposto no, avrebbe automaticamente proclamato al sua innocenza, ma se avesse accettato sarebbe stato palese che non era lei l'aggressore. A meno che ...

"Accetto. Avanti, fai queste domande e che sia finita." rispose Alya, guardandolo fisso negli occhi.

"Bene - commentò il ragazzo, ricambiando lo sguardo - a che ora ti sei presentata davanti alla mia porta?"

Alya rispose esattamente, sicura, senza distogliere gli occhi da quelli di Sargas. E lui le pose un'altra domanda, e un'altra ancora, senza mai cambiare espressione e ascoltando le risposte in cerca di qualche imprecisazione. Le fece descrivere ogni dettaglio della tua tortura, ogni parola e ogni gesto. La ragazza alla fine non aveva ancora sbagliato, ma aveva gli occhi un poco lucidi. Sbattè con forza le palpebre e riprese a guardare Sargas negli occhi, in attesa della domanda successiva.

"Molto bene, questa è l'ultima. Quando ti ho fatto entrare in casa, ti ho offerto una tazza con qualcosa di caldo: cosa era?

Alya strabuzzò gli occhi per la banalità della frase, ma rispose comunque sicura: "Caffè". Rimasero per um momento immobili, poi Sargas fece un passo in avanti: "Alya, - disse terribilmente serio, mettendole una mano sulla spalla - sei brava con la Legimanzia, ma in Occlumanzia lo sono di più io ."

La ragazza spalancò gli occhi, mentre un sorriso enorme si apriva sulle labbra di Sargas. Frustata e arrabbiata, cercò di sciogliere la presa sulla sua spalla per andarsene, ma lui felice come non mai, fece un altro passo in avanti e la abbracciò, ignorando bellamente le sue proteste.

"Ma ... Come ... Cavolo ..." Rossa come non lo era mai stata, Alya agitò la bacchetta e con un incantesimo scagliò Sargas per terra, che si mise a ridere a crepapelle.

Offesa ed indignata, nonostante il forte impulso di cancellare il sorriso ebete che il ragazzo aveva stampato in faccia, si voltò e corse fuori dalla foresta, ancora incapace di pensare con lucidità. Era successo tutto così rapidamente da non averle lasciato il tempo di reagire.

Sbucò dal sentiero come una furia, mentre sentiva dietro di sè le grida di richiamo di Sargas. Aumentò il passo e si avviò verso il castello, ma tutti gli studenti stavano tornando per la stessa strada, dopo aver assistito alla seconda prova. Si aggiunse alla massa, cercando di superare e raggiungere il più velocemente possibile il dormitorio, o comunque un luogo dove nessuno le avrebbe dato fastidio. Mentre stava cercando di superare una studentessa del settimo anno particolarmente robusta, si sentì tirare il mantello. Con una scarica di frustazione di voltò indietro, aprendo la bocca per scagliare epiteti non proprio eleganti a quello che credeva fosse Sargas, invece si trovò davanti Harry, raggiante e bagnato, con a fianco Ron nelle medesime condizioni.

Alya cambiò repentiamente espressione, cercando di non sembrare troppo sgarbata: "Ciao, non ho tempo. Ci vediamo a cena." e, senza lasciare gli altri rispondere sgusciò agile fra due alunni, senza aggiungere altro.

Harry rimase un momento interdetto, mentre Ron aggiunse: "Le donne. Chi le capisce è bravo."





Salve! Scusate per il ritardo ^^""" ma sono stata impegnatissima tra scuola, corsi di teatro e fotografia, e pianoforte, e tennis, e ... Insomma, mi sono presa un sacco di impegni, che mi hanno praticamente sommerso. Ora sono qui con un capitolo che credo riveli il vero carattere di Sargas. Il soprannome che gli ho dato è Coglione, con la C maiuscola, e direi che gli calza a pennello. Diciamo pure che non è del tutto normale, sembra stupido, ma non lo è! Ho avuto un sacco di problemi per la stesura di questo aggiornamento, perchè Sargas mi sembrava sempre un ragazzo perfetto: bello, aitante, intelligente, etc etc. insomma un Gary Stu. Non sapete quanto fastidio mi ha dato pensare a Coglione come a un Gary Stu e ho cercato di fare di tutto per cambiarlo. Sero di esserci riuscita ^^. Volevo far notare solo una cosa: è incredibile come Alya risponda correttamente su particolari importanti come la tortura di Sargas, e poi cada su un dettagli insignificante, come la tazza da thè. E' un po' comico non vi sembra?

Ringrazio tutti i miei lettori, pochi, ma buoni. Ciao! Un baciotto.

Dark Soul

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Capitolo 15
*** Tutto perduto. ***


Alya sedeva in biblioteca, e sfogliava concentrata il libro di fronte a sé, uno dei tanti che aveva sparsi intorno al suo tavolo. Ogni tanto prendeva appunti su un pezzo di pergamena che aveva accanto: date, avvenimenti, ma per lo più nomi. Delle frecce partivano da ogni parola per collegarsi ad un’altra, spesso senza alcun ordine apparente, ma la cosa più strana di quegli appunti erano i segni accanto a ciascun nome, insignificanti a tutti fuorché a lei stessa, naturalmente.

La ragazza chiuse con un sospiro il libro, e si strofinò gli occhi stanchi. Ormai era già dalla mattina che si trovava in biblioteca sul compito che le aveva affidato Seginus: trovare la spia. Aveva approfittato del fatto che quel giorno era in programma una gita ad Hogsmeade, e che anche il trio sarebbe andato. Una volta tanto né Harry né gli altri l’avevano invitata ad unirsi a loro, cosa del tutto innaturale, e lei era stata più che felice di rimanere al castello. Certo, le era venuto qualche sospetto sull’improvvisa riservatezza della gita, e sulla quantità abnorme di cibo che avevano trafugato dalla mensa quella mattina, ma del resto Alya doveva fare qualche ricerca per conto proprio, e meno la importunavano meglio era.

Spostò di lato il tomo che aveva appena letto e ne prese un altro: “Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato: i sospettati e i condannati.” Il titolo sembrava senza dubbio il più promettente, e Alya si preparò con la piuma già nel calamaio, pronta a scrivere ogni notizia interessante.
Il volume si rivelò essere una lunga catalogazione di dati sugli imputati nei processi durante tutta la guerra, e gli anni successivi.

“Aaron Mcknight” lesse Alya, il primo nome della lista: “arrestato per sospette attività illecite.” La ragazza fece un mormorio di interesse, sollevando la punta delle piuma. Poco più in basso però c’era scritto: “Rilasciato per evidente impossibilità di compiere magie: Magonò.”
La ragazza corrugò la fronte, e passò al secondo nominativo.

“Aetatis Linch: arrestata per essere stata sorpresa sul luogo dove è stato lanciato il Marchio Nero.” Scorse la pagina con la piuma fino ad arrivare: “Condannata a pagare 20 galeoni di multa, per sciacallaggio.”
Alya scosse la testa e girò pagina.

Quando arrivò a una buona metà del libro, era piuttosto irritata: quasi tutti gli arrestati erano dei poveri disgraziati capitati nel posto sbagliato nel momento sbagliato, o gente che suscitava malelingue e perciò accusata ingiustamente, o semplicemente qualcuno che poteva servire come capro espiatorio. Non c’era da stupirsi se in quel periodo in tutta l’Inghilterra regnava il caos: il Signore Oscuro aveva vita facile, almeno da parte del Ministero.

Sospirò votando un’altra volta pagina, e si trovò davanti la foto in movimento di Bellatrix Lestrange. Come unica reazione alzò un sopracciglio e, dopo un attimo di incertezza, si mise a leggere: “Bellatrix Lestrange, arrestata per il sequestro e la tortura di Frank e Alice Paciock.” E di seguito tutti gli atti e le prove presentate. Dopo aver scorso i dettagli dello stato mentale dei due coniugi, Alya si sentì invadere da un forte disgusto per la madre, mentre pensava alle atrocità che avevano dovuto patire i genitori di Neville Paciock. Riguardando ancora una volta l’immagine sulla pagina, esclamò a bassa voce: “Chi non vorrebbe una madre così?” e passò al nome seguente: “ Rodulphus Lestrange”.

“Ok, saltiamo anche questo.” Commentò la ragazza e lesse un altro nome: “Bartimeius Crouch, arrestato per il sequestro e la tortura di Frank e Alice Paciock.”
“Questo potrebbe essere interessante: se ha partecipato alla missione con i miei genitori voleva dire che era un pezzo grosso.” E scorse la pagina trovando: “Condannato a vita nella prigione di Azkaban. Deceduto dopo un anno di detenzione”

Alya sbuffò contrariata e continuò, trovando finalmente la persona che stava cercando: “Severus Piton, indagato per gli omicidi di Rober e Renee Callagan, e di Bernard Hugo, scagionato dalla deposizione di Albus Persival Wulfric Silente.”
“Tutto qui?” commentò ad alta voce la ragazza, girando la pagina più volte, avanti e indietro, per cercare qualche informazione perduta. Aveva cercato in ogni dannatissimo libro informazioni sul suo sospettato numero uno, il mago che secondo lei aveva maggiori possibilità di essere la spia che stava cercando, e tutto quello che aveva trovato erano due misere righe? “Non è possibile!” borbottò.

“Cosa non è possibile?”

Alya si rizzò a sedere sulla sedia, presa alla sprovvista. Lentamente si voltò dietro di sé, per trovare appoggiato ad uno scaffale Sargas, che la stava guardando sorridente. Con violenza chiuse il libro – che emise un sibilo di disappunto – e lo ripose nella pila già alta di tomi che aveva sopra il tavolo, senza degnare altra attenzione al nuovo arrivato.

Sargas si avvicinò al tavolo e prese un libro tra i tanti sparsi sul tavolo tra le mani: “La nascita e la caduta dell’impero del terrore.” E si mise a sfogliarlo.

Alya glielo strappò con violenza dalle mani: “Che ci fai qui?” sibilò con cattiveria, riponendo il volume dove si trovava prima, e cercando allo stesso tempo di sistemare tutti i fogli di pergamena sparsi sul tavolo.

“Avevo voglia di leggere un libro, e siccome nella nave l’unica biblioteca si trova negli alloggi privati di Karkaroff, ho deciso di venire qui.” Le rispose il ragazzo, gettando occhiate curiose sugli appunti nei fogli.

“Beh, allora prendilo e vattene!” disse Alya irritata, mettendo un grande volume sopra i fogli, e appoggiandoci sopra i gomiti.

“D’accordo, d’accordo!” sorrise Sargas e, dirigendosi verso uno scaffale, sparì dalla vista.

Alya fece un sospiro di sollievo, si strofinò ancora una volta gli occhi e si guardò intorno con aria sconfitta, decidendo che per quel giorno poteva anche fermarsi lì. Spostò il libro e sistemò le pergamene nella borsa, avviandosi poi verso l’uscita: con Sargas in giro per il castello il posto più sicuro dove rivedere gli appunti era il dormitorio.

Stava per scendere il primo gradino delle scale, quando vide uscire dalla biblioteca proprio la persona che stava cercando di evitare. Contrariata cominciò a scendere le scale cercando di non guardarlo, sperando con tutto il cuore che non la seguisse. Dopo la seconda prova qualche giorno prima, non si erano mai visti né parlati e la cosa certo non le dispiaceva. Ma perché oggi non se ne era andato a Hogsmeade con una delle tante ochette che conosceva?

Stupita si rese conto che il rumore dei passi del ragazzo si stava affievolendo, così si voltò per controllare e lo vide continuare a passeggiare per il corridoio con un sorriso stampato in faccia, come se avesse riconosciuto qualcuno. Una voce esclamò: “Sargas! Sei arrivato finalmente!” e Alya sentì dei passi correre verso di lui.
Era Pansy Parkinson.

“Che faccia di …” borbottò Alya, incerta se riferirsi a lui o a lei. Riprese a scendere le scale, a dire la verità piuttosto irrigida, quando all’improvviso proruppe in farsetto: “Volevo solo leggere un libro!”
“Patetico.” disse tra sé a bassa voce.

Scese l’ultima rampa e arrivò nell’Ingresso principale, ma, voltando lo sguardo sulla porta che dava sui sotterranei, vide proprio Sargas che bloccava il passaggio, mentre fissava apparentemente interessato l’immenso lampadario sopra di lui.
Come fosse arrivato all’Ingresso prima di Alya non se lo spiegava neppure lei, ma osservandolo più attentamente la ragazza vide che l’amico aveva il fiato grosso, e cercava di dissimularlo respirando con il naso.

Alya alzò un sopracciglio e un sorriso ironico le spuntò sulle labbra, mentre si avvicinava al ragazzo. Sargas dal canto suo sembrava non notare null’altro che le affascinanti candele spente.
“Scusa, potresti spostarti? Vorrei passare.” Proruppe la ragazza ad alta voce, con falsa cortesia.

“Oh, Alya! – esclamò l’altro, facendo un clamoroso balzo indietro – scusami, ma non ti avevo visto. Potresti aspettare solo un secondo, da qui si ha un’ottima visuale della magnifica fattura di questo lampadario.”

“Ehm, no. Avanti dai, dopo che mi avrai fatto passare potrai guardarti quel coso tutto il tempo che vuoi.” Rispose Alya, con un tono sbrigativo.

“Non credo sia possibile sai. Ho appena notato un particolare che voglio imprimere bene nella mia memoria, e se ti facessi passare ci metterei chissà quanto altro tempo per riuscire a ritrovarlo dopo.”

La ragazza stava ormai raggiungendo il limite di sopportazione. “Sargas, spostami immediatamente o ti sposto io con la forza.”

“Oh, per Merlino! - sconvolto Sargas si portò una mano sulla bocca, guardando con finto stupore Alya – non ci posso credere! Io non potrei niente contro le tue note abilità magiche: mi chiedo come farò a sostenere un tuo attacco.”

“Avanti spostati.” Sibilò la ragazza, ormai a corto di pazienza.

“No. Sto bene qui, grazie. Ma credevo volessi spostarmi con la forza, o sbaglio?”

“Tu vuoi prenderle.” Disse a bassa voce Alya, guardandolo in cagnesco.

Il ragazzo si raddrizzò, mentre un sorriso sornione fece la sua comparsa sul suo volto. “Avanti, fammi vedere se riesci a battere chi non sei mai riuscita a stendere.”

Alya punta sul suo orgoglio, estrasse con un solo movimento fluido la bacchetta, ma non fece in tempo a pronunciare l’incantesimo che una voce la fermò: “Johnson!”
Un’imprecazione salì alla bocca della ragazza, ma la trattenne, voltandosi verso Moody, che era appena entrato nell’Ingresso Principale dall’esterno.

“Signorina Johnson, come si permette di tentare di aggredire un studente di una scuola ospite?” ringhiò il professore, con l’occhio normale puntato sulla ragazza, e quello magico su Sargas.

“Professore … ehm.. noi veramente …” esordì Alya, ma venne bloccata da una mano di Sargas, che continuò: “La signorina mi mostrava le meraviglie di questo castello, professore. Questa che ha in mano in realtà è la mia bacchetta, che le avevo prestato per sollevarmi per vedere meglio il lampadario.” Annuì con faccia convinta, mentre con un movimento fulmineo sfilò di mano la bacchetta della ragazza e se la mise in tasca. “Ora me la riprendo io.” Disse con un tono accodiscendente, rivolgendosi ad Alya.

Moody lo guardò attentamente: “Qual è il tuo nome, ragazzo?”

“Sargas Kofferhand.” Rispose prontamente.

“Benissimo, per questa volta lascerò correre. Signor Kofferhand: se non vuole che la sollevi da terra, e di certo non per vedere un lampadario, le consiglio di non raccontarmi più frottole. Ora vi conviene andarvene, prima che cambi idea.”

Sargas gli sorrise lieto, e prese per un braccio Alya, trascinandola fuori, nel parco del castello. Appena oltre la visuale di Moody, la ragazza tirò il braccio e si liberò dalla stretta, esclamando: “Tu sei un pazzo furioso. “Sollevarmi per vedere meglio il lampadario.” Certo che potevi trovare una scusa migliore.”

“Non lamentarti, se non fosse stato per me ora saresti in punizione. Dopotutto, hai estratto tu la bacchetta, non io.”

“Si, ma sei tu che mi hai provocato.”

“Io? Volevo solo vedere un lampadario.” Le sorrise Sargas.

“Si va bene. Ora dammi la mia bacchetta che me ne torno al castello.”

Il ragazzo riprese a camminare, rigirandosi la bacchetta della ragazza tra le mani: “Quale? Questa intendi?”

Alya socchiuse piano gli occhi, seguendolo: “Si, proprio quella.”

“Ah, ma non sono sicuro di volerla restituire. Insomma, ne fai un uso davvero scorretto, mia cara Alya.”

“Quello che ci faccio con la MIA bacchetta solo affari miei. Avanti dai, non fare lo scemo e ridammela.”

Sargas la guardò sconvolto una seconda volta, camminando all’indietro: “Ora offendi pure? Non ti hanno mai detto che bisogna essere gentili con le persone? Specie se si chiede un favore.”

“No, mi dispiace. Sargas, dammela. Adesso.” Gli rispose Alya, irritata.

“Ah beh, allora credo che sia ora che qualcuno ti insegni le buone maniere.” E detto questo fece uno scatto e si mise a correre uscendo dal sentiero e dirigendosi verso il lago.

“Ehi! Fermati immediatamente!” presa alla sprovvista, Alya si lanciò all’inseguimento.

La ragazza corse quanto più velocemente ne era capace, ma Sargas aveva un vantaggio di un paio di secondi e non aveva l’impedimento di una borsa a tracolla. Così appena raggiunse il lago e i primi alberi, si liberò dello zaino e questo aumentò considerevolmente la sua velocità. Lui rideva come un matto, gridando provocazioni dietro di sé, mentre lei gli rispondeva con epiteti non esattamente raffinati: si sentiva offesa e arrabbiata, anche se forse, un pizzico si divertiva anche lei.

Sargas si infilò tra gli alberi che costeggiavano il lago, e cominciò a zigzagare fra i tronchi, mentre Alya lo seguiva appresso e cominciava ormai a recuperare terreno. Quando ormai lei stava quasi per afferrarlo, lui si spostò a destra, cogliendola di sorpresa e facendola quasi andare a sbattere contro un faggio. Lo evitò per un soffio deviando a sinistra, così Sargas si girò rallentando e le urlò: “Sbaglio, o durante tutti questi anni ti sei rammollita?”

“Rammollita a chi scusa?” gli gridò di rimandò Alya, facendo uno scatto e ricominciando a correre.

Sargas sorrise di rimando, ma cercando di voltarsi e scappare, prese con il piede una radice sporgente e rotolò a terra. Stupito, si ritrovò a faccia in giù nella polvere, e, non appena alzò la testa, tossicchiando per la polvere che aveva in bocca, cercò la ragazza, che lo guardava con un misto di compatimento e soddisfazione mentre raccoglieva la propria bacchetta atterrata lì accanto.

Alya, che fino a un attimo prima aveva conservato un cipiglio severo e irritato, non appena vide il volto dell’amico sporco e con una sincera espressione sorpresa, non ce la fece più a trattenersi e scoppiò a ridere a crepapelle, tenendosi la pancia. “Oh, per Morgana! Sembri uno spaventapasseri.”

“Ah si?” esclamò Sargas, mettendosi in ginocchio e lanciandosi verso Alya, che venne buttata a terra mentre ancora rideva, e ancora una volta la bacchetta scivolò di mano.

“Non sei affatto un cavaliere!” esclamò Alya, mentre cercava di spostare di lato Sargas.

“Chi ha mai detto di esserlo?” le rispose lui, cercando di farle il solletico e di trattenerla giù.

Rotolarono per terra ridendo e divertendosi, fino a quando Alya non venne bloccata definitivamente a terra dal peso superiore del ragazzo. “Ok, basta – capitolò la ragazza, con il fiatone – mi arrendo.”

“Di già?” le sorrise Sargas, ma aveva anche lui il fiato pesante, anche se cercava di non farlo vedere.

Alya gli tirò un pugno in pancia: “Non ti vergogni di battere una ragazza di quattro anni in meno di te?”

Sargas le prese il braccio avvicinandosi al viso della ragazza, e le disse: “A dire il vero, no.”

Alya spalancò gli occhi, rendendosi improvvisamente conto di quello che stava accadendo, di aver spazzato via in pochi minuti il lavoro di 4 anni, di aver sbagliato di nuovo tutto, e quando lui le lasciò il braccio, si ribellò violentemente e con uno trattone spinse Sargas di lato e si alzò in piedi, ansimante.

“Ehi, ma cosa …?” esclamò il ragazzo, trovandosi per terra.

Sul volto di Alya si dipinse una rabbia improvvisa, un dolore immenso, poi si guardò intorno e corse verso la sua bacchetta, ma non fece in tempo a raccoglierla che due braccia forti la cinsero e la bloccarono. “Lasciami – urlò la ragazza – lasciami, brutto idiota. Lasciami …”

Sargas non accennò a mollare la presa, incapace di capire il repentino cambiamento di umore, ma si rendeva conto se se l’avesse lasciata andare adesso, non l’avrebbe rivista mai più. Ben presto le proteste di Alya crebbero di intensità. “Perché? Perché Sargas? Io non posso, NOI NON POSSIAMO! Non capisci niente, TU NON CAPISCI NIENTE!” La ragazza si voltò verso l’amico furibonda e cominciò a battergli pugni sul petto, per sfogare la rabbia improvvisa, un dolore che aveva radici profonde.

“Tu sei arrivato qui, e pretendi di cambiare tutto. Ma non si può Sargas, NON SI PUO’!!”

Il ragazzo non rispose, serio e impassibile, né accennò a reagire o a lasciarla andare, cercando di dare un senso alle parole che Alya gli lanciava addosso.

La ragazza lo guardò negli occhi, furiosa con sé stessa e con lui, perché non capiva, perché non la lasciava andare; DOVEVA cercare di fargli capire che doveva andarsene, che non poteva rimanere lì, DOVEVA liberarsi, spiegargli? “Io volevo solo darti un'altra possibilità, un’altra occasione. Se resti con me non avrai mai un futuro, perché non lo vuoi capire?”

Sargas rispose al suo sguardo e le disse: “Il mio futuro l’ho scelto accanto a te.”

Alya spalancò gli occhi, mentre Sargas si chinò sul suo viso e accosto le labbra alle sue, in un bacio dolce che sapeva di dolore.








Ciao! Scusate ancora un'altra volta i tempi di aggiornamento, ma ho avuto un po' di problemi, tra cui pulire la casa per l'imminente matrimonio in famiglia evarie ed eventuali. Spero con tutti il cuore che questo capitolo vi piaccia, e sopratutto perchè questo è uno degli ultimi, ce ne sarà ancora uno o due, al massimo tre. Ok, lo so che non sarà una grande mancanza, ma ringrazio comunque in anticipo tutti i lettori e rencensitori, mi auguro di avervi fatto divertire.

Ho avuto un po' di problemi con l'ambientazione, e mi rendo conto che con questo capitolo ho lasciato parecchi punti in sospeso, ma appena riesco a trovare il quarto libro di HP, mi metto subito all'opera ^^. Grazie ancora a tutti. Un bacione.

Dark Soul

Nana_Style: questo capitolo è il massimo di morbidoso che riesco a fare, mi dispiace. Spero che ti accontenterai ^^"".

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Capitolo 16
*** E adesso? ***


Il sole del tardo pomeriggio illuminava Hogwarts e creava strani giochi di luce sulle increspature del lago. Gli studenti stavano cominciando a ritornare dal villaggio di Hogsmeade alla spicciolata: ormai era quasi ora di cena.

Nella foresta, Alya aveva perso ormai la cognizione del tempo, mentre pensieri confusi le annebbiavano la mente. Sentiva solo un’unica lacrima scivolarle piano sulle guancie, per arrivare sulle labbra, congiunte nel bacio leggero ed insperato di Sargas.  Le sue braccia forti erano strette attorno alla vita, mentre si sentiva confortata, appagata, conscia solo del contatto con lui.
Mille domande, di cui non c’era alcuna risposta, e se ne rimaneva lì immobile, incapace di reagire, cercando di dare un significato a quello che stava accadendo.

Sargas si scostò, allontanandosi dal suo viso, e allentò l’abbraccio, come se volesse darle una possibilità di scappare, un’ultima occasione. Alya inizialmente non si mosse, completamente svuotata di tutta la rabbia e la frustrazione che aveva dentro, sostituita quasi immediatamente dalla paura, dal sentirsi perduti, come se con quel piccolo gesto di allontanamento, Sargas se ne potesse andare.
Le mani si chiusero a pugno sul suo petto, le stesse mani che prima lo avevano picchiato, con la testa bassa per non incontrare gli occhi di lui, come se fosse possibile, con le palpebre chiuse.
E adesso?

Sargas aspettava, non accennò a lasciarla, né a parlare. Aspettava che fosse lei a decidere: doveva farlo lei, e nessun’altro.
E adesso?

Nella mente si Alya si susseguivano decine immagini: il Marchio impresso sulla pelle, le lettere del Maestro, le torture in quella camera, e alla fine, Seginus, il suo volto truce, la vendetta negli occhi.
Serrò più forte le palpebre.
E adesso?

Alya accennò un passo indietro, incerta, e sentì Sargas irrigidirsi. Non alzò lo sguardo al viso, non poteva vederne la delusione e la tristezza. Le braccia del ragazzo divennero più deboli, non le avrebbero impedito la fuga. Un’altra?
Una nuova visione si fece spazio: una notte piovosa, una bambina che piangeva per terra, infangata. Il ricordo della perdita di quattro anni fa. Non aveva ancora smesso di scappare?
Un pensiero strano si insinuò nella sua coscienza: perché avrebbe dovuto farlo, andarsene? Cosa le importava di fatti che stavano accadendo a centinaia di chilometri di distanza, quando accanto a sé poteva avere Sargas, il suo calore e il suo sorriso? Perché non cedere alla questa bellissima tentazione, lasciando fuori dal mondo, anche solo per un poco, tutte le ingiustizie e l’oscurità?
In fondo, anche se non ha mai voluto ammetterlo, non poteva continuare a negare che l’unica cosa che desiderava in quel momento era sentirsi abbracciata a lui, protetta come tante volte tanti anni fa. Perché non smettere di mentire a se stessa? Perché non concedersi il lusso dell’egoismo?
Alya allentò lentamente  i pugni sul suo petto, e, vacillando un poco, si lasciò andare, finalmente, appoggiando la testa vicino al suo cuore ed assaporando il suo odore.
Sargas non rispose subito all’abbraccio inaspettato, ma quando capì che lei aveva finalmente deciso, sorrise teneramente e le circondò al schiena con le braccia, nascondendo il suo viso tra i capelli di lei.



Le porte delle aule si aprirono al suono della campanella e gli studenti uscirono finalmente nei corridoi, sgranchendosi le gambe dopo due ore seduti a lezione.  C’era chi si fiondava immediatamente in bagno, chi aspettava qualcuno all’uscita di porte ancora chiuse, e chi si aggregava ai campanelli di studenti che parlavano del più e del meno, mentre si dirigevano in Sala Grande per il pranzo.


Alya si mise in coda per uscire dall’aula del professor Ruf dopo un trio di ragazze di Tassorosso, che a quanto pare durante l’ora di Storia della Magia si erano messe lo smalto sulle unghie delle mani, e ora le ammiravano con grande orgoglio. Impaziente sbuffò, ma dovette aspettare con calma l’avanzamento della fila, così percorse mentalmente il tragitto per arrivare nell’aula dove doveva incontrare  il trio e preparare Harry alla terza prova.
Si divertiva un mondo ad insegnare al ragazzo gli incantesimi più elementari per la difesa e l’attacco, anche se doveva far attenzione a non lasciarsi prendere troppo la mano. Meglio non far vedere che era piuttosto preparata nell’argomento.

Ma chi poteva insegnarli meglio di lei? Certo, Hermione insisteva sempre nel leggere la teoria prima di passare alla pratica, e senza dubbio era d’aiuto. Almeno ad Hermione stessa.  Ma quasi sempre serviva un esempio pratico, e in questo Alya era maestra. Ovviamente il più delle volte sbagliava la mira apposta, oppure li compiva il più debolmente possibile, così da procurare il minimo dei danni:  non poteva certo lanciare un incantesimo perfetto, o avrebbe sicuramente destato sospetti. Ma certamente, si divertiva lo stesso. Quest’oggi avevano in programma di imparare lo Schiantesimo, incantesimo piuttosto comune, ma molto efficace.
Finalmente uscì dall’aula, ma non fece a tempo di avviarsi che notò subito una figura familiare appoggiata al muro opposto, accanto a una finestra. Il suo cuore improvvisamente accelerò, ma fece finta di niente e si incamminò verso le scale, e quasi subito venne affiancata da Sargas, sorridente come sempre.

“Sai? Non mi piace quando hai quel sorriso: hai in mente qualcosa.” Proruppe Alya guardandolo con aria scettica.
“Io? Quando mai? Tu sei troppo sospettosa, mia cara. Io sono venuto qui solo per salutare la mia ragazza.”  E detto ciò si sporse per abbracciare Alya e darle un bacio sulla guancia.
La ragazza agilmente si sfilò dall’abbraccio ed evitò il contatto allontanandosi di qualche passo da Sargas. Gli lanciò un’occhiata fulminante, si guardò attorno ed entrò in una classe vuota, chiudendo immediatamente la porta quando il ragazzo la seguì all’interno. Sargas si guardò attorno, esclamando ironicamente : “Vuoi già imbucarti? Non è da te!”, ma girandosi verso la ragazza, si zittì, osservando la sua espressione furiosa.

“Ah, no. Forse non hai capito bene. E’ da tre settimane che ti ripeto che odio quando mi chiami “tua ragazza” o “fidanzata”, o qualsiasi altro genere di appellativo più o meno simile.” Proruppe Alya, irritata.
“Tesoro va bene?” chiese soavemente il ragazzo.
“No.”
“E Amore?”
La ragazza fece finta di non aver sentito e continuò: “E non voglio dimostrazioni di affetto in pubblico. Mi da fastidio.  E’ già tanto che io ti lasci avvicinare per parlare.”
“Per merlino! Non ho mai sentito una ragazza fare richieste così assurde.” Esclamò Sargas incrociando le braccia, assumendo un’aria di compatimento.
“Ah beh, l’hai voluto tu, eh …”
Sargas sopirò, afflitto: “In che guaio mi sono cacciato …” Poi guardò Alya, che lo osservava con un sopracciglio alzato, e fece un sorriso sornione. “Però qui siamo noi due da soli …”


Le guancie della ragazza improvvisamente si colorarono di rosso vivo, mentre Alya si malediva per l’idea geniale di entrare in una classe vuota. Cominciò ad arretrare verso la porta: “beh, c’è Harry che mi sta aspettando per …”
Sargas in due soli passi colmò la distanza tra sé e la ragazza, e che ormai si vedeva preclusa ogni via d’uscita. “Harry, può aspettare, non è vero?”
Alya, evitando accuratamente lo sguardo di Sargas, sentì il cuore battere all’impazzata, e il proprio autocontrollo vacillare pericolosamente. “Si … No!..  no, no, non si può, perché …”


Il ragazzo sorrise davanti al suo imbarazzo, mise le mani sul muro e si chinò su di lei, sussurrandole all’orecchio: “Questa sera dopo la mezzanotte alla torre di astronomia, d’accordo?” e le baciò i capelli, lasciandola andare per poi uscire dalla classe.
Alya non si mosse finché non sentì la porta chiudersi dietro di sé, cercando di ritrovare la calma e la lucidità nonostante il tumulto di emozioni.
Proruppe in un “Quanto sono stupida!!!” pestando un piede a terra. Non si era mai sentita così in imbarazzo prima, oltretutto arrossire non era certamente un fatto abituale per lei. Tutto perché “quell’altro” aveva fatto un passo in avanti di troppo.
“Ti odio.” Disse, volgendosi verso la porta, come se lui fosse là. Ma subito un sorriso incurvò le labbra della ragazza, che si sistemò la borsa e uscì in fretta dall’aula, dirigendosi spedita verso la classe dove gli altri la aspettavano.


Arrivò di corsa e aprì la porta, trovando però i tre che stava già sistemando i cuscini che avevano usato per attutire la caduta mentre si esercitavano. Ron esclamò: “Eccoti qui. Dove ti eri cacciata?”
“Ho avuto un contrattempo. Avete già finito?”
Hermione lanciò un grosso cuscino ad Harry, che lo rispose sullo scaffale. “Si, mi dispiace – le rispose la ragazza, guardando l’orologio – tra poco inizia le lezione di Aritmanzia, e non voglio fare tardi.”
Ron sbuffò e riprese “lei non vuole saltare la lezione. Noi invece abbiamo Divinazione, sai che utilità.”
Harry annuì, e si rivolse ad Alya: “Tu invece che fai? Ti alleni insieme a noi? Se ci sei tu possiamo anche continuare.”
Alya ci pensò un attimo su, incerta, ma poi intercettando lo sguardo di Hermione rispose: “Mi piacerebbe, ma non sono poi così brava e rischieremmo solo di fare danni, specie se non c’è Hermione a vigilare. E’ meglio se continuiamo più tardi.”


Entrambi i Grifondoro si incupirono, pensando già alla sfilza di presagi di morte che avrebbero dovuto subire nella prossima ora, mentre Hermione prese un’espressione  da l’avete-voluto-voi, ma non commentò.
“Ok,  – riprese Alya – oggi avete imparato lo Schiantesimo giusto?”
“Esatto – le rispose Hermione – la prossima volta c’è in programma l’incantesimo di ostacolo.”
“Perfetto, allora ci vediamo quando?”
I quattro ragazzi consultarono gli orari e si misero d’accordo per quella stessa sera, subito dopo cena.
“Avremo un’ora e mezza prima del coprifuoco, penso potrebbe bastare.” Commentò Harry, guardando l’amica Grifondoro.
“E’ possibile, sempre se Alya non voglia provare anche lei lo Schiantesimo …” gli rispose la ragazza, rivolgendosi alla Serpeverde.
“Oh, no, no, non ti preoccupare  Hermione, l’importante è preparare Harry. Io posso imparare anche in un’altra occasione.” Osservo Alya con noncuranza, mentre proprio in quel momento suonò la campanella d’inizio delle lezioni.
“Ok – esclamò la Grifondoro, fiondandosi sulla porta – a più tardi!” e scomparve nel corridoio. Harry e Ron mugugnarono un saluto e uscirono dalla classe insieme ad Alya, salutandosi e dividendosi poi per andare alle rispettive aule.

 

Alya aprì la porta dei sotterranei, entrando  nell’Ingresso Principale, e si aggregò alla massa di studenti diretti alla Sala Grande per la cena. Il suo stomaco protestava rumorosamente, complice anche il fatto che aveva saltato il pranzo quel giorno. Quando si sedette al tavolo di Serpeverde scrutò tutta la tavolata, ma non vide Sargas da nessuna parte, un po’ delusa si voltò verso il tavolo dei Grifondoro e non trovò Harry né Hermione né Ron da nessuna parte. Dove si erano cacciati tutti?


Mangiò in fretta un po’ di patate e roasbeef, pensando che era possibile che i tre avessero già mangiato e avessero già cominciato ad allenarsi, e, stava quasi per alzarsi quando sentì un frammento di una discussione di due serpeverde del quarto anno lì affianco: “… e ha urlato come un ossesso con una mano sulla cicatrice, cadendo a terra e interrompendo la lezione. Dovevi vedere la Cooman, era praticamente impazzita: era convinta che lui avesse avuto una premonizione o qualcosa di simile. Quando Potter ha aperto gli occhi, ha cercato di farlo parlare su cosa avesse visto, ma lui è scappato via subito, dicendo che voleva andare in infermeria a farsi medicare. Te lo dico io, quello là ha finto tutto ….”
“Si – gli rispose l’altro – quasi sicuramente l’ha fatto per attirare l’attenzione: scusate, sono il povero ragazzo sopravvissuto, guardatemi! …”

Alya si alzò uscendo dalla Sala Grande e salendo le scale per raggiungere l’aula dove si erano dati appuntamento lei e i Grifondoro qualche ora prima. Così Harry era svenuto durante la lezione di Divinazione; forse era per questo che il trio non si era fatto vedere a cena. Si fermò di colpo nel corridoio, incerta: quasi sicuramente non si sarebbero fatti vedere neppure all’allenamento.
Aggrottò la fronte, incerta, ma decise di entrare comunque nell’aula per aspettarli all’interno: doveva assolutamente saperne di più sulla “visione”.  Si sedette su un banco a gambe incrociate e si perse nell’intrico dei propri pensieri.

Cosa poteva aver visto Harry? Riguardava il Signore Oscuro? Quasi certamente si, dato che l’altro ragazzo aveva detto si stava toccando la cicatrice quando era caduto a terra. Non poteva certo essere un caso l’improvvisa visione e la rinascita di Voldemort. Magari poteva aver qualche indizio sull’identità della spia ad Hogwarts senza nemmeno accorgersene. Una cosa era certa, qualsiasi cosa avesse visto  non era confortante, indicava solo che l’Oscuro Signore stava riprendendo i suoi poteri.
Distrattamente si accorse di aver stretto la mano destra sull’avambraccio sinistro, e, con il cuore in gola, sbottonò la manica della camicia e la sollevò, trovandosi a fissare il Marchio Nero, quasi completamente formato. Non era decisamente un buon auspicio.
La mente volò immediatamente a Sargas, e sentì al coscienza roderle: è giusto che corra dei pericoli solo per stare con me?
Alya zittì subito quella vocina maligna, anche se ormai, la punzecchiava da tempo.


La ragazza si alzò in piedi, e guardò l’orologio: era passata ormai l’ora fissata per l’incontro, era ovvio che non sarebbero venuti. Riabbottonò la manica sinistra e si diresse verso l’uscita. Avrebbe aspettato nel dormitorio l’ora per andare alla Torre.

 

 

Ciao! Chiedo umilmente perdono per il solito ritardo, ma è stato veramente difficile riuscire a scrivere qualcosa di decente, sopratutto per quanto riguarda la prima parte. La seconda era pronta da settimane ormai, ma non andava sicuramente bene: dovevo spiegare la decisione di Alya di rimanere con Sargas. Bene, ora finalmente ho ritrovato l'ispirazione, almeno per questo capitolo xD. Comunque buona metà del prossimo è pronta, manca solo il finale. Ringrazio di cuore una mia amica compaesana che mi ha prestato il libro di HP che mi serviva, visto e considerato che il mio non lo trovo più... Questo capitolo lo dedico a lei. Quando avrò un po' più di tempo provvederò a rispondere alle recensioni. Auguro a tutti buone vacanze! :)

Dark Soul

 

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Capitolo 17
*** Sulle rive del Lago Nero ***


Alya aprì con un lieve cigolio la porta della torre di Astronomia, guardandosi bene attorno prima di uscire dal riparo e chiudere piano il battente. Era leggermente in anticipo, ma non ce la faceva più a rimanere nel dormitorio. Venne accolta da un vento freddo che soffiava lieve sul terrazzo, che la fece rabbrividire, ma di Sargas nemmeno l’ombra. Si sfilò il mantello dell’invisibilità, e lo piegò con cura, per infilarlo poi in una tasca della divisa.


La notte era buia e fredda, nonostante fosse ormai giugno, e ombre cupe di delineavano in ogni angolo. Solo il vento muoveva le cose, creando effetti spaventosi e maligni. Nel più perfetto silenzio, un gufo tubò nella notte, e la fece sobbalzare. Alya incrociò le braccia, mentre si guardava intorno. Da quando in qua aveva paura del buio? Vide l’ombra di un uccello notturno volteggiare sopra la foresta, e un'altra immagine si affacciò nella sua mente: un gufo che raspava alla finestra, una lettera che bruciava nel camino.
Si riscosse. Quello non era certo il momento di pensare a quelle cose.

Il vento spazzò ancora il terrazzo, passando sul viso e sul collo della ragazza, che rabbrividì per una seconda volta. Ricordando con rammarico il suo mantello sull’attaccapanni nel dormitorio, Alya si appiattì al muro, considerando l’idea di estrarre la mano dall’incavo del braccio e far apparire una coperta.

All’improvviso sentì un live rumore sopra di sé, e, alzando lo sguardo, vide un’ombra svolazzare in cerchio sopra di lei: una figura nera, che la salutava con la mano, a cavalcioni su una scopa molto più grande e grossa del normale. Inutile dire che poteva essere soltanto Sargas. Alya sentì aumentare il battiti del cuore, ma mantenne comunque il sangue freddo, incurvando appena le labbra in un mezzo sorriso, che tradiva però tutta la sua gioia.

Sargas abbassò la scopa ad un metro dal pavimento e scese con un sorriso stampato in faccia, lasciando il manico sospeso in aria, in attesa.
“Ciao! Da quanto tempo non ci vediamo!” esclamò Sargas avvicinandosi a braccia aperte verso Alya, che si scansò, continuando ad osservare con una certa apprensione mista a curiosità l’oggetto sospeso.

“Non ho mai visto scope come questa. Dove l’hai presa?” chiese Alya, inarcando un sopracciglio.
Sargas si grattò la testa, in un tipico gesto teatrale: “Non so esattamente da dove provenga, me la sono fatta prestare da un mio amico. Vuoi farci un giro?” chiese, con un sorrisetto ironico.

“No, grazie. Non mi piacciono le scope, e sinceramente sto bene qui, con i piedi a terra.” Rispose Alya, allontanandosi dalla scopa come se improvvisamente  potesse mordere.
“E Dai. Non mi dire che soffri ancora di vertigini?” Chiese Sargas, facendo un passo in avanti.
Alya, di tutta risposta arretrò: “Anche se fosse? Non sono affari tuoi. Non mi piace volare e non ci tengo a salire su quel trabiccolo.”
Sargas,non rispose, ma fece un altro passo in avanti. Alya non riusciva a vedere il suo volto, per il buio, ma era certa che lui stesse sorridendo.
La ragazza fece un altro passo indietro: “Sargas, no. No no no …”
Sargas fece un balzo in avanti per prenderla, ma Alya riuscì a sfuggirgli scappando di lato, mentre il ragazzo si mise a rincorrerla.

Alya girò attorno alla scopa correndo sulla terrazza e lanciando occhiate dietro di sè, e, nonostante Sargas provasse in mille modi ad afferrarla, lei era comunque più piccola e agile e riusciva sempre in un modo o nell’altro a svincolare.
Alla fine Sargas si fermò, ansimante, guardando Alya oltre la scopa che li divideva, ed alzò le braccia in segno di resa: “Ok d’accordo. Niente giretto. Adesso però vieni qui, dai.”
Alya fece un sorrisetto ironico, portando la mano destra nell’incavo del gomito sinistro in un tipico gesto provocatorio, e disse: “Tu pensi veramente che io mi faccia fregare così?”

“E dai …”  sorrise Sargas, aggirando la scopa.
Alya seguì i suoi movimenti,  girando anche lei il manico dall’altro lato. “Ahah! Provaci soltanto …”
Sargas si fermò un momento, poi con uno scatto riprese l’inseguimento, ma questa volta estraesse la bacchetta, e, con un solo movimento fluido, lanciò un incantesimo poco più avanti di dove aveva il piede Alya.
“Hei!! – Esclamò la ragazza, vacillando – Non vale!!”

Sargas ne approfittò e finalmente riuscì ad afferrarla da dietro, bloccandole le braccia. “Certo che vale! A mali estremi …”
Alya cercò di divincolarsi, ma era impossibile riuscire a sciogliersi dall’abbraccio. “Lasciami immediatamente, baro che non sei altro. Ho detto lasciami!!”
“Ahaha! No, con tutta la fatica che ho fatto!! ” e detto ciò le diede un bacio sul collo, poi, trascinando anche Alya si diresse verso il manico di scopa e vi salì, non senza una certa difficoltà, date le violente proteste della ragazza.

"Sargas, mettimi giù!” Il ragazzo non le rispose, ma con un lieve tocco la scopa si sollevò e, lasciata la terrazza, volarono nel vuoto.
Alya si morsicò forte il labbro per non urlare, ma la tentazione era forte. Chiuse gli occhi e si aggrappò disperatamente a Sargas, che ovviamente rideva, felice come una pasqua. “Sargas!! Tu sei un uomo morto, questa è una promessa!”
Il ragazzo rise ancora di più, e, ignorando le minacce che Alya gli sibilava, accelerò, stringendo a sé la ragazza con affetto, e appoggiò una guancia sulla sua testa, dandole poi un bacio sui capelli.
“Non credere di salvarti con questo – gli disse Alya, anche se era già notevolmente più calma – quando atterreremo te la parò pagare.”
Sargas ridacchiò. “Non vedo l’ora.”

Alya sbuffò, ma in fondo non stava poi così male. Odiava andare sulla scopa, e soffriva di vertigini, ma a dire il vero, in quel momento, non poteva certo lamentarsi: stretta attorno a quel corpo caldo, a occhi chiusi …
“Ehm, – esordì Sargas, accarezzandole un braccio – non che mi dispiaccia stare qui, ma siamo arrivati …”

Alya aprì immediatamente gli occhi, accorgendosi di essere immobile ad un metro da terra, e arrossendo scese velocemente sull’erba, allontanandosi dalla scopa il più velocemente possibile. Sargas ridacchiò mentre appoggiava i piedi a terra, e automaticamente la scopa andò ad appoggiarsi ad un albero lì vicino, in attesa come sempre.
Alya si guardò intorno, sfruttando la luce della luna, cercando un punto di riferimento che le indicasse dove si trovasse esattamente. Erano su una sponda del lago, in un ansa da dove non si poteva scorgere il castello, e a circondare il piccolo spiazzo dove erano atterrati, una fitta ombra scura, quasi sicuramente degli alberi. Accanto a sé c’era un grande masso e poco più lontano un tronco caduto. Ad Alya tutto questo sembrava familiare, ma dove ..?
“Siamo nel luogo dove ti ho seguito il giorno della prima prova – proruppe Sargas, avvicinandosi con in mano una lanterna appena accesa – il giorno in cui Malfoy ti ha avvicinato per stabilire per il Ballo del Ceppo.”
“Già, e tu mi stavi spiando.” Commentò la ragazza, funerea.

Sargas sorrise, alzando la mano libera: “Ehi, volevo tenerti d’occhio. Non sapevo ancora che non eri stata tu ad attaccarmi.”
Alya sbuffò, e con un cenno del capo indicò la lanterna: “Non è pericoloso accendere una luce? Specie qui, di notte.”
“Non ti preoccupare, solo noi possiamo vedere la luce di questa lanterna, l’ho stregata apposta. E in più ho lanciato degli incantesimi di protezione qua intorno, questo pomeriggio. Dovrebbe bastare.” Le rispose il ragazzo, appoggiando al masso la luce.
“Hai pensato proprio a tutto.”
“Tutto questo per il mio tesoruccio amoruccio adorato …”

Alya si rivolse un’occhiata fulminante: “Com’è che mi hai chiamato?”
Sargas incrociò le braccia, provocandola: “Cucciolotta? Patatina? Goccia di rugiada?”
“Brutto idiota!!” Alya reagì di istinto e gli si avventò contro, cercando di prenderlo a calci: il ragazzo, ridendo, d’altro canto non riusciva a arrestare la furia che si aveva aizzato contro (da solo) e arretrava vistosamente, fino a quando non inciampò su un sasso e cadde a terra. Alya sorridendo, gli piantò un piede sul petto, e alzò le braccia al cielo, in segno di vittoria.

Sargas, che ovviamente non era molto d’accordo sul fatto di avere un piede sopra di sé, afferrò con entrambe le mani la caviglia e tirò verso l’alto, facendo perdere l’equilibrio alla ragazza, che ruzzolò a terra.
Alya non fece in tempo ad alzarsi in piedi che Sargas si girò e le bloccò entrambe le gambe con il proprio peso. La ragazza si mise a sedere puntellandosi con le braccia, e incrociò lo sguardo di Sargas, che non prometteva niente di buono. Cercò allora di sfilare da quell’abbraccio indesiderato le proprie gambe, tirando all’indietro, invano.
“Grosso… Stupido… Ominide.” sbuffò la ragazza, facendo altri tentativi, senza però riuscire a cambiare di una virgola la situazione. “Lasciami!”
Sargas venne scosso da una risatina maligna, mentre, sempre tenendo ferme le gambe con le braccia, raccoglieva le proprie gambe sotto si sé e si inginocchiava. “Non ti sei resa conto della situazione vero?”

“Cosa vai blaterando?” gli rispose malamente la ragazza, continuando a tirare.
“Tu e io. Soli in mezzo alla foresta. Chi mai potrebbe sentirci?”
Alya si irrigidì, rimanendo immobile. “Cosa vorresti dire?”
Un’altra risatina. “Quello che ho detto. Ti ho in pugno."

La ragazza spalancò gli occhi, facendo un altro debole tentativo di liberarsi. “Tu stai scherzando vero?”
Sargas alzò la testa, guardandola diritto negli occhi. “ Ti sembra che io stia scherzando?” E detto questo strattonò con forza le gambe di Alya verso di sé, facendola slittare in avanti, e le montò a cavalcioni sopra, bloccandola a terra.

La ragazza fece un grido inarticolato, e subito la sua mano corse verso la tasca dove teneva la bacchetta, ma venne bloccata dalla morsa ferrea della mano di Sargas, che le strinse il polso a terra. Allora Alya si portò l’altra mano sul viso, nascondendosi nell’incavo del gomito.
Strinse forte gli occhi, in attesa di qualcosa. Già, ma di cosa? Sentiva vagamente l’altra mano di Sargas scorrerle tra i capelli, e sfilare delicatamente l’elastico che li teneva raccolti. Poi più nulla. Il peso di Sargas era sparito e poteva muoversi liberamente. Aprì gli occhi e cautamente si mise a sedere, guardandosi intorno.
Sargas stava saltellando da una parte all’altra, con un ridicolo ciuffo di capelli tenuto irto sulla testa dall’elastico appena sottratto.

Alya si portò una mano tra i capelli sciolti, incredula. “Tutto qui?”
Sargas smise di saltellare e la guardò stupito. “Come tutto qui? Cosa pensavi?”
La ragazza arrossì violentemente, voltandosi dall’altra parte. “Niente.”
Sargas, si avvicinò, con un sorriso malizioso stampato in faccia. “Come niente? E perchè sei tutta rossa allora?”
Alya sbuffò, cercando di riprendere velocemente il controllo. “Non è vero. E ridammi il mio elastico!”
Il ragazzo scosse la testa, avvicinandosi ancora: “Non cambiare argomento! Perché sei così imbarazzata?”

La ragazza scattò in piedi, con le braccia rigide lungo i fianchi. “Ho detto che non ho niente! E non sono imbarazzata!”
Sargas si raddrizzò, portandosi una mano sul mento, facendo finta di pensare. “Uhm. Cosa potrebbe mai essere?”
Alya, se possibile, divenne ancora più rossa in viso, ed esclamò: “Niente! E voglio il mio elastico!” E detto questo allungò le braccia per sfilarglielo dai capelli.
SArgas fece un passo indietro, e al secondo tentativo di attacco le prese i polsi con le mani e l’attirò a sé, abbracciandola e bloccandola contro il proprio corpo. “Vediamo... Lo sai che non ho proprio idea?”

Alya intanto sbuffava cercando di spingere via il corpo del ragazzo, ma come al solito, otteneva ben poco.
“Ah! Aspetta! – esclamò Sargas, fingendo di aver finalmente ricevuto l’illuminazione – forse ho capito.”
Mantenne la presa con una mano su fianco della ragazza, mentre l’altra la fece passare sul collo di Alya, che si bloccò. Le alzò la testa, guardandola negli occhi.

“Forse tu intendevi questo.” Si chinò su di lei e congiunse le proprie labbra con quelle di Alya, in un bacio casto e dolce.
La ragazza rimase perfettamente immobile, pietrificata davanti quel gesto.
La mano di Sargas le accarezzava lievemente il collo, poi si infilò tra i suoi capelli nella nuca e l’attirò più vicino, mentre schiudeva con la lingua le labbra di Alya. La sua presa si fece più forte, mentre Alya rispondeva al bacio con lo stesso trasporto.
Dentro si sé, la ragazza aveva un miscuglio di emozioni, e si sentiva totalmente persa tra le sue braccia, mentre si lasciava trasportare dalla sua bocca. Pregava che quel momento non finisse mai, e che quell’abbraccio non potesse mai sciogliersi.

Dopo poco, troppo poco per quello che sembrava ad Alya, Sargas si staccò dalle sue labbra, e le baciò la fronte, raddrizzandosi.
“Mi sembra di aver azzeccato.” Disse sorridendo verso Alya, che lo guardava stralunata.
La ragazza cercò di darsi un contegno, abbassando la testa –per non far vedere il sorriso– e divincolandosi dall’abbraccio.
 Sargas la lasciò andare allargando le braccia, e la ragazza si allontanò, lanciando un altro fugace sguardo al viso di Sargas. Vedendo che stava ancora sorridendo, si voltò subito, e si diresse verso il lago.
Giunta sulla riva, si sedette e si portò le gambe al petto, nascondendovi il viso. 
Incredibile –pensava – io che so molto più incantesimi di un mago del settimo anno, mi faccio abbindolare da un … da un … da lui. C’è qualcosa di sbagliato in tutto questo.

Ma interruppe qui le sue riflessioni, dato che sentì un corpo caldo premuto contro la schiena e due braccia stringerle la pancia. Sargas si era seduto dietro di lei a gambe aperte, mentre aveva appoggiato le sua testa nell’incavo del suo collo, tra i suoi capelli sciolti.
Alya sentiva il suo respiro caldo sul collo, e, dopo un primo momento di tensione, chiuse gli occhi, rilassando i muscoli tesi e abbandonandosi contro di lui.

Non ci fu una parola, entrambi godendo di quel contatto semplice, fino a quando Sargas non alzò un braccio, e con la mano spostò delicatamente i capelli dove si era appoggiato, e posando le sue labbra sulla pella delicata della ragazza.
Alya rabbrividì lievemente, e sentì Sargas stringerla di più a sé, mormorando: “Hai freddo?”
La ragazza sorrise, scuotendo lievemente la testa. “Non ho freddo.”

Sargas sorrise anche lui, dando baci leggeri sul collo di Alya, respirando avidamente il suo profumo.

La ragazza chiuse gli occhi, ma un cupo presentimento si fece strada dentro di lei, impedendole di rilassarsi. Aprì le palpebre e guardò il cielo notturno, trapuntato di stelle. Cosa c'era che non andava? All'improvviso notò un'ombra volare verso la loro direzione, poco sopra gli alberi della foresta dall'altra parte del lago. Socchiuse gli occhi e cercò di identificarla meglio. Forse un uccello? Un gufo? Si sporse un po' in avanti, facendo levare il capo a Sargas, che domandò: "Che c'è?", e guardò nella stessa direzione.

"Non ne sono sicura" sussurrò Alya, in risposta, consapevole solo del fatto che quella strana inquietudine strava crescendo.

"Ma è solo un gufo con la posta. Vedi? Ha una grossa lettera aggrappata alla zampa. Cosa c'è di tanto interessante?"

"Niente..." Ma ad Alya non era chiaro. Chi spediva posta a quest'ora? Poi improvvisamente un pensiero le balenò in mente, cancellando tutto il resto. Si alzò immediatamente in piedi e si diresse verso la scopa, prendendola in mano. Intanto Sargas l'aveva raggiunta, e le aveva messo le mani sulle spalle.

"Ma cosa c'è? Cosa vuoi fare?"

"Andiamocene." rispose Alya, voltandosi verso di lui e mettendogli la scopa in mano. "Ora."

Lui la guardò stupito, proprio non capiva questo improvviso cambiamento d'umore. Poco prima era tranquilla e serena, ora non la smetteva di lanciare occhiate a quel gufo, e sembrava sul punto di ...

"Seginus" sussurrò piano Sargas, guardando la scopa come se la vedesse la prima volta.

"No." disse Alya, aggrappandosi a lui, con la disperazione nella voce "No, ti prego. Andiamocene."

"No." Rispose risoluto Sargas, lasciando cadere la scopa. "Io non scapperò un'altra volta. Non ti lascerò un'altra volta!" E detto questo si voltò e andò alla riva del lago, estraendo la bacchetta verso il gufo ormai vicino.

"No." mormorò Alya, sfoderando anche lei la bacchetta. "Mi dispiace." Sargas si voltò verso di lei, e vide una lacrima scenderle dalla guancia.

Alya alzò la bacchetta, e un getto di luce colpì Sargas, che cadde a terra.

 

 

 

 

Salve! xD Lo so, scrivo con la retromarcia, ma che ci posso fare? xD Ok, questo capitolo è un bel colpo di scena non trovate? xD Vabbè, vado a dormire che è meglio... Colgo l'occasione per ringraziare ancora una volta chi mi legge e chi mi recensisce, ricordando in particolare una mia cara amica che purtroppo sta molto male e non la vedò da un po'. Non vedo l'ora che tu ritorni, Ari. ^^ Ora è veramente ora che io vado a dormire, o rischio di fare danno ancora una volta xD ciao!

 

 

 

 

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