i Giorni Di Tom Orvoloson Riddle Sedicenne ad Hogwarts... Secondo me.

di Sabry_Narumaki89
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Tom Orvoloson Riddle in una lezione irritante con Horace Lumacorno ***
Capitolo 2: *** Fredda Anima... ***
Capitolo 3: *** L'intelligenza è quella che vale. ***
Capitolo 4: *** Il momento sta per giungere. ***
Capitolo 5: *** Desiderare l'eterno consente di conoscere la parola, Horcrux... ***
Capitolo 6: *** Chi era a conoscenza di quella segreta formula? ***
Capitolo 7: *** Se non sono un purosangue! ***



Capitolo 1
*** Tom Orvoloson Riddle in una lezione irritante con Horace Lumacorno ***


 

AVVISO: Nella classe di Tom Riddle ho voluto far comparire Bellatrix Lestrange anche se le loro date non combaciano, motivo; personaggio conosciuto, e perchè nella storia reale tra i due sembrava esserci un legamento sospsetto, e ho voluto usarlo per la mia fantasia. Poi anche Peter Minus, motivo; peronaggio conosciuto. E per chi avesse già letto i miei capitoli, ho deciso di eliminare il personaggio di Lucius, perchè creava troppo shok.

 

 

 

 

 

Tom Orvoloson Riddle osservava con riluttanza il suo compagno di classe poco più avanti di lui alla sua destra. Luridi mezzosangue, in quale mondo una feccia come quella aveva il diritto di vivere?

<< In nessun mondo… >> Strinse delicatamente il diario segreto che portava sempre con sé.

Walden Macnair si voltò verso di lui con espressione interrogativa. << Hai…hai detto qualcosa Tom? >>

Tom mosse solamente gli occhi verso quella domanda. Occhi verdi e velenosi, come quelli di un serpente. << Prego? >>

Walden si ritrasse, come se fosse stato accecato da quel rigido sguardo. << Forse mi sono sbagliato ma mi sembrava di averti sentito parlare. >> Sussurrò per non farsi udire dal professore Horace Lumacorno che in quel momento era preso a spiegare una pozione magica non molto interessante alle orecchie di Tom. Accennò a un sorriso e stavolta fissò Walden nelle pupille. << Hai per caso la capacità di entrare nella mia mente…Walden? >>

Il compagno strabuzzò gli occhi come se non avesse capito la domanda. << Assolutamente no… >>

Tom fece un ghigno. << Allora ti sei sbagliato. >>

<< Sì, sicuramente. >> Una ciocca di capelli platino gli saltò davanti al viso.

Tom posò di nuovo gli occhi su quel lurido mezzosangue che a ogni tre secondi annuiva, attento a prendere appunti su quel sudicio libro prendi appunti. Tutto quello che apparteneva a un mezzosangue lo riteneva sudicio.

Tom si mostrava agli altri apparentemente calmo, quasi gentile, raffinato, ma non avevano la minima idea dell’odio e della rabbia che nascondeva dentro di sé. Di quel padre babbano che aveva osato procrearlo in modo che venisse alla luce come un mago inferiore ai puro sangue. Lo detestava con tutte le sue forze. Persino il proprio nome a volte non riusciva a sopportare. Sapeva che prima o poi, un giorno lo avrebbe modificato. Non adesso, aveva appena sedici anni. Avrebbe solamente destato sospetto. Loro, tutti loro, non dovevano sapere cosa c’era in serbo per il futuro. Sarebbe diventato il mago più potente mai esistito. Era l’unico in quella scuola ad averne le capacità e le possibilità. Avrebbe cancellato dalla faccia della terra gli inferiori a lui, i mezzosangue e tutta la sua stirpe. Il primo sarebbe stato suo padre. Della madre non doveva preoccuparsi, era morta appena era nato. Lei era una purosangue in realtà ma solo il fatto che aveva sposato un babbano non meritava più il suo rispetto. Avrebbe preso in mano il mondo e lo avrebbe comandato a sua volontà. Infine avrebbe cercato l’eternità.

E come? Fu risucchiato da tutti quei pensieri quando si accorse che il professore Lumacorno stava cercando di rianimare la sua attenzione. << Tom? Per caso questa lezione ti sta annoiando? >> Pareva quasi preoccupato.

Rispose con codesta calma. << No, professore. La lezione di oggi mi fa venire voglia di imparare ancora molto di più da lei. Glielo assicuro. >> Assunse un aria affascinante e ipnotizzante.

Il professore Lumacorno gli sorrise eccitato. << Bene Tom, per un attimo ho pensato che per te fosse più interessante il capo di Thomas Flerik. >>

Thomas Flerik, il mezzosangue preso di mira quel giorno dai suoi occhi verdi. Il ghigno sulla faccia di Tom sparì, strinse le mandibole e frenò la voglia di urlare. Thomas Flerik interessante? Quel lurido mezzosangue? Interessante sarebbe stato ucciderlo davanti agli occhi di tutti gli studenti chiusi in quella stanza e vedere nei loro occhi la paura. Il professore Lumacorno gli aveva appena addebitato un insulto. Un insulto che gli fece contorcere lo stomaco. Se avesse avuto un gabinetto davanti ci avrebbe vomitato dentro.

<< Che hai Tom? Non stai bene? >>

Si sforzò di sorridere. << No professore. Sto benissimo. E comunque non trovo la testa di Thomas Flerik più interessante della pozione magica di cui ci sta parlando quest’oggi. Voglio dire, non c’è paragone. >>

Il professore ridacchiò in una sorta di divertimento e imbarazzo, scese i due scalini che lo mettevano in risalto in modo che gli occhi degli studenti arrivassero tutti quanti a lui, si avvicinò al banco di Tom. << Suvvia Tom! Ne sono onorato ma non è un complimento per il Signor Thomas. Dico bene? >> Abbracciò il voluminoso libro che teneva fra le braccia.

Thomas Flerik si voltò verso Tom con aria offesa e quasi lo affrontò con lo sguardo. Tom gli sorrise ma era meglio se il mezzosangue non vedesse oltre il suo petto, c’era qualcosa che in quel momento sarebbe voluto evadere. << Dice bene professore, mi rammarica saper di avere offeso qualcuno. Quindi mi scuso con Thomas Flerik. Non si ripeterà più. >>

Quando Il mezzosangue vide che Tom non accennava a cambiare sguardo altrove decise di voltarsi e inchiodò gli occhi sulla pozione fumante del professore Lumacorno. E finalmente Tom dedicò uno sguardo di compiacimento al professore che lo stava ancora osservando, lui gli sorrise e gli diede una pacca sulla spalla. << Bene, bene Tom. Possiamo procedere. >> Tornò alla sua gigantesca scrivania.

L’uccello canterino avvisò che le lezione finiva proprio in quel momento.

<< Ohoo, ragazzi la lezione è finita. Ci vediamo domani. Fate buona giornata e vi raccomando di tenere bene a mente quello che vi è stato insegnato oggi. >>

Tom raccolse le sue cose e con Walden e altri quattro studenti a presso, tra cui Bellatrix Lestrenge, si diresse verso l’uscita dell’aula.
<< Arrivederci professore. >>

Oltre a Thomas Flerik altri due mezzosangue gli passarono accanto con passo incerto e deciso a evitarlo. E ancora adesso dopo cinque anni si chiedeva com’era possibile che tre luridi mezzosangue potevano stare nella sua stessa casata. La casata dei serpeverde.

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Capitolo 2
*** Fredda Anima... ***


Quando tutti gli studenti della casata serpeverde si rifugiarono nelle proprie lenzuola, Tom, seduto sulla sua poltrona preferita a rigirare la sua bacchetta bianca ed affilata tra le dita, si ritrovò di fronte i suoi numerosi ammiratori che lo guardavano eccitati. I loro nomi, Walden Macnair, Bellatrix Lestrange, Antonin Dolohov e quel nanerottolo grottesco di Peter Minus. Loro erano solo una parte degli ammiratori. Non sempre aveva l’umore giusto per avere così tanta gente in mezzo alle scatole. Ma doveva agire d’astuzia, se li sarebbe tenuti buoni perché un giorno gli avrebbero fatto comodo. Un giorno sarebbero stati i suo seguaci. Aveva già tutto architettato nella mente.

Bellatrix si sporse verso di lui con gli occhi spalancati. << Tom? >> Tom era del parere che quella ragazza non si sarebbe mai stancata nell’osservarlo ed ammirarlo. Il più delle volte aveva colto sul fatto i suoi occhi che lo squadravano da capo a piedi, lei guardava a terra imbarazzata con un pizzico di pazzia, che era secondo Tom, il pregio migliore in lei. Si era spesso chiesto se oltre all’ammirazione c’era dell’altro. Alzò lo sguardo penetrante su di lei.
<< Hai qualcosa da dire Bellatrix? >>

Lei affogò un risolino frenetico. << A cosa stai pensando? >>

Tom fece scivolare l’indice e il pollice sulla lunga bacchetta che emanava energia oscura. << Prova ad indovinare…>>

Si piegò su se stessa con la braccia strette al grembo. << Pensi di provvedere al comportamento di quel lurido…sporco…stupido…Mezzosangue..?? >> La sua voce era un sibilo che avrebbe dato i brividi a chiunque ma non a lui.

Tom sorrise freddamente. << Bellatrix, fai attenzione cara, qui dentro ci sono occhi e orecchie, chiunque potrebbe ascoltarti… >>

La ragazza incurvò il labbro in un espressione dispiaciuta. << Mi dispiace…hai ragione Tom… >>

Si comportava così quando si sentiva rimproverata, ovviamente solo da lui.

Tom si sporse verso di lei e le prese dolcemente il mento facendole sollevare il viso. << Non ti devi scusare, ho fatto solo un osservazione… >>

L’attenzione di Bellatrix scese tra le sue labbra carnose. << Sì… >>

Tom si ricompose inchiodando la schiena al sedile della poltrona.

Walden e Antonin lo guardarono sempre più sorpresi e ammaliati dalle sue inaspettate rispettabili gesta. Un flash back si frappose nel cervello di Tom, socchiuse gli occhi. Improvvisamente si rivolse a Peter con fare brusco. << Peter dato che sei qui a non fare un accidente vai a vedere se nell’armadietto porta segreti ci sia una bottiglia di vino bianco Palatios! E spicciati! >>

Peter Minus chinò la testa divenendo rosso sulle guance. << Sì, Tom come desideri… >>

Walden e Antonin si alzarono in sincronia per allontanarsi per qualche istante, sapevano quando era ora di tirare aria. Mentre Bellatrix puntò gli occhi dritti a terra infilando le mani tra le ginocchia.

Tom puntò sulla sua fronte, poi lo sguardo andò oltre trafiggendola. Bellatrix aveva detto bene. Doveva provvedere a Thomas Flerik. Quel sudicio Mezzosangue aveva osato guardarlo di sbieco e si era preso pure dell’interessante, si era addirittura preso le sue scuse, le sue, le scuse di Tom Orvoloson Riddle, e qualche oretta fa nella sala comune, dove adesso sedevano loro, blaterava qualcosa ai suoi amichetti di cui i nomi erano Martin Swiht e Tetra Lowmn, e di tanto in tanto si voltava nella sua direzione in modo da fargli perdere ancora di più la ragione. No… non c’era ragione al mondo che quel fetente topo di fogna potesse respirare ancora a lungo. Lo odiava a morte, lo odiava quanto odiava suo padre. Il mostro che c’era in lui lo stava supplicando di farlo uscire. Non adesso… ma lui insistette. Si voltò verso le scale che portavano alla camera da letto. Dove lui era forzato a dormire nella stessa dimora dove Thomas Flerik, il Mezzosangue dormiva. Per fortuna le notti spesso rimaneva sveglio a pensare, pensare e a pensare.

E se salissi per quelle scale… con un incantesimo facessi cadere gli altri studenti nelle più totali profondità del buio… se arrivassi svelto e silenzioso come un serpente… se nella notte pronunciassi senza rumore la più terribile delle maledizioni… la maledizione senza perdono… se come un serpente annientassi il mio nemico… quanto potrebbe essere facile? Quella succulenta scena si formava sempre più velocemente nella sua testa, era come se in quell’attimo l’anima avesse abbandonato il suo corpo, tu resta lì immobile… via, via, la sala comune si allontana dalle sue spalle, i gradini sono freddi, ma la sua anima ammalata d’odio lo è ancor di più, la sua anima fantasma trova chi stava cercando nella mente del suo corpo appartenente, luridi Mezzosangue… la pagherete… questo mondo non appartiene a voi… e lui non vi appartiene e non vi apparterrà mai… solo io posso farlo appartenere a me… nessun’altro avrà questo potere… io metterò fine alle vostre disonorate esistenze… un fascio di luce verde ricordò che l’oscuro, non arrivava mai troppo tardi. 

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Capitolo 3
*** L'intelligenza è quella che vale. ***


 

Tom, si vestì a pennello, aggiustandosi pignolescamente la divisa, in modo che il suo aspetto risultasse perfetto, e preso da esempio. Si osservò, attraverso il riflesso della finestra del dormitorio. I suoi occhi verdi non avevano chiuso occhio quella notte. Erano troppi i pensieri, che da due anni a questa parte, gli martellavano la testa. Tortuosi ed estenuanti. Thomas Flerik, era uno di quelli. Il mezzosangue era ancora vivo, grazie alla sua indulgenza. Quello che era successo ieri notte, era successo solo nella sua fantasia. Quasi rimproverò se stesso, per non aver agito al suo impulso. Io, Tom Riddle, non devo avere pietà per nessuno. Era maledettamente sicuro, non era stata di certo la sua pietà a non fargli compiere l’atto. Non sapeva nemmeno cosa significasse veramente, la parola “pietà”. Si convinse che era stata pura intelligenza. Anche consapevolezza, dei guai in cui si sarebbe andato a cacciare, sapeva che per una cosa simile, per un omicidio, le conseguenze erano devastanti. Se la mattina avessero trovato il cadavere del ragazzo , su chi sarebbe caduta la colpa? Era un grosso rischio uccidere, per di più, nel luogo in cui solo loro, i serpeverde sapevano la parola d’ordine. Ci sarebbe stato l’enorme rischio, che il preside Dippet, avrebbe dato l’ordine di interrogare tutti gli studenti della sua casata, con il permesso di usare su ognuno, a costo di scoprire il colpevole, la pozione Veritaserum. Anzi, a pensarci bene sarebbe stato un terribile rischio. Se l’avessero scoperto, sarebbe finito alla prigione di Azkaban, se non peggio nel mondo babbano in cui era nato. Non poteva commettere errori. Ringraziò se stesso per il suo autocontrollo. Sì… se fosse successo davvero, avrebbe potuto addossare la colpa su quel mostriciattolo di Peter Minus. No! La serpe avvinghiata al suo cervello, gli gettò la risposta immediata. Minus avrebbe confessato, che Tom, con il grande potere che possedeva già a sedici anni, l’aveva obbligato ad entrare nel dormitorio dei serpeverde senza difficoltà, benché Minus, faceva parte dei grifondoro. Si rivolse alla serpe, che occupava in quel momento una parte della sua testa. Lo sai che io, potrei tappargli la bocca, indurlo a non dire una sola parola, lo sai, serpe che lui ubbidirebbe a me, a Tom Riddle. Lui ha paura di me, lo sento quando mi sta vicino... ho già conquistato il suo rispetto. Con un scatto felino, schiacciò contro il vetro la nauseante mosca, che interruppe la connessione con la sua mente più profonda. La spiaccicò per bene, fino a disintegrare quell’inutile essere vivente, compiacendosi sempre più attraverso il suo riflesso. Era inutile che ci stava a rimuginare, il mezzosangue non era morto nel suo letto, nel suo stesso dormitorio, Tom Riddle, non sarebbe stato spedito ad Azkaban e tanto meno, non sarebbe tornato nel mondo che odiava tanto. Era giunto il momento, di recarsi nella sala comune assieme agli altri per la colazione. Avrebbe ucciso Thomas Flerik, in un altro momento e in un altro luogo. Afferrò la bacchetta nella tasca della tunica, la puntò sul suo palmo sporco di sangue. Amava, osservare il sangue di morte violenta. << Gratta e Netta. >> La sua mano fu pulita in uno schiocco di dita. Ora era pronto.

Raggiunse la sala comune, dove tutte le casate si riconciliavano, per colazione, pranzo, cena e per informazioni importanti che dovevano arrivare alle orecchie di tutti gli studenti presenti in quella scuola. Tom, si guardò attorno, prima a destra e poi a sinistra. Il professore Silente, comparì alle sue spalle e gli toccò una delle due.

<< Buongiorno Tom. Passato una buona notte? >>

Tom, si bloccò, gli regalò uno dei suoi soliti sorrisi ipnotizzanti.

<< Buongiorno a lei professore. Sì, ho passato una buonissima notte, non c’è che dire. Ma come sa, quando a fine giornata le lezioni terminano, bramo sempre l’arrivo del giorno dopo, per ricominciare ad imparare. Non sono mai sazio. >>

Silente lo osservò, esaminò qualcosa che Tom, non sapeva cosa. Il cuore prese a sbattere forte dentro al petto, ma rimase calmo, senza togliere mai il sorriso che aveva stampato in faccia. << Qualcos’altro professore? >>

Silente serrò le labbra, rendendole ancora più sottili di quelle in natura. << No, Tom. Vai paure a fare la tua colazione. >> Il professore gli sorrise e raggiunse il corpo insegnanti in fondo alla sala.

Tom, tirò spiritualmente un respiro di sollievo. Quella piccola conversazione, l’aveva messo in parecchia agitazione. Il professore Albus Silente, era unico nel suo genere. L’unico, che secondo Tom, non si fidava appieno di lui. Ricordava bene ancora, quel lontano giorno, a Londra, in quell’orfanotrofio, quando Silente si interessò a lui. Silente era venuto a conoscenza di quello che Tom, faceva capitare agli altri bambini spaventandoli. O di quando rubava gli oggetti per puro divertimento. Ma allora, era soltanto un bambino, e soprattutto, non era totalmente cosciente del potere che possedeva. Era la magia. La magia che non riusciva a controllare. Silente era stato il primo a fare conoscenza con lui. Perché, si chiedeva, era l’unico professore che non riusciva a fidarsi cecamente di lui? Doveva pure esistere una spiegazione. Perché era rettilofono? Perché era l’erede di Salazar Serpeverde? Era troppo intelligente per la sua età? Era troppo ansioso di imparare? Forse non si fidava e basta. Per Tom non era fissazione. Era convinto di questo, perché notava di come il professore Silente lo guardava, di come gli rivolgeva la parola. Appariva meticoloso. Pareva che volesse stare attendo, a non usare parole fuori dal comune, parole che potessero interessare impropriamente o pericolosamente la mente suprema di Tom. Già da molto tempo Tom, si era promesso che non avrebbe mai donato le sue confidenze personali a un mago così dubitoso come Silente, mai. Neanche se avesse avuto un piccolo mal di pancia. Ovvio che Tom, non si confidava nemmeno con gli altri se è per questo, ma Silente, non avrebbe mai conosciuto i suoi pensieri, le sue domande o le sue preoccupazioni.

Si voltò verso la voce di Bellatrix, che lo chiamava con grande felicità nel vederlo. Raggiunse gli altri serpeverde, stando il più lontano possibile da Thomas Flerik. Con la coda dell’occhio Tom, vide quel lurido, sudicio mezzosangue che gli rivolse un frettoloso sguardo, nel grande vuoto di mezza tavolata che li separava.

La tua ora sta per arrivare… lurido mezzosangue…

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Capitolo 4
*** Il momento sta per giungere. ***


Erano quasi le nove e mezza di sera. La notte si era già abbassata su Hogwarts. Le lezioni erano giunte al termine e la cena era stata già servita. Tom aveva pensato a tutto il giorno, il luogo in cui avrebbe ucciso una volta per tutte, Thomas Flerik. Tra tutte le idee, solo una poteva funzionare, in modo che la colpa non sarebbe caduta sugli studenti. In modo che lui non avrebbe rischiato di essere scoperto. Se voleva farlo, quella era l’unica strategia a disposizione.

Nella sala comune della casata serpeverde, c’era un gran baccano di chiacchiere, di chi si raccontava di come si era svolta la giornata, di chi zabbettava sulle altre tre casate, di chi si lamentava per un interrogazione finita male, di chi canticchiava per rilassarsi a suo modo, dopo un giornata di studio e apprendimento.

Tom sedeva sulla solita poltrona, indeciso sul da farsi. Bellatrix era seduta a gambe incrociate, accanto al camino che ardeva con calorose fiamme. Il suo sguardo era puntato come ogni altra volta su di lui. Le ombre sul su viso, erano esageratamente grottesche per colpa dei duri contrasti, che si formavano a causa del fuoco che si dibatteva con frenesia. Tom pensava a Bellatrix come una dea vendicatrice, in quei cinque anni, più quello che era iniziato quest’anno, era riuscito a carpire i lati che componevano il suo carattere. Era fredda e distante con tutti quelli che le rivolgevano la parola, cattiva e dispettosa. Perfida con chi gli mancava di rispetto. Poi il suo carattere si addolciva tutto d’un tratto, quando i suoi occhi si infondevano in quelli di Tom. Nei primi anni era un comportamento che lo faceva innervosire, ma con il passare del tempo, ora gli faceva quasi piacere. Dopo tutto, non era una brutta ragazza, in lei c’era qualcosa che lo attraeva, più di tutte le altre. Anzi, le altre non erano niente in suo confronto. Sarà stato il suo carisma, il suo lato oscuro che dominava su quello benevolo, il suo modo di guardarlo con ammirazione, rispetto e forse amore. Ma in quel momento, i suoi occhi avevano un ché di strano, come se gli stesse leggendo nel pensiero e lo stesse invitando a non farlo. Forse era solo un impressione. Tom decise finalmente di procedere al suo piano. Con calma assoluta, si avvicinò al trio mezzosangue. Thomas Flerik e gli altri due, gli rivolsero la loro attenzione.

Tom non accennò a sorrisi. << Flerik. >>

<< Riddle. >> Thomas Flerik lo guardò di sottecchi.

Mentre Tetra Lowmn e Martin Swiht, lo salutarono a malapena con un cenno del capo.

Cosa che lo fece molto irritare. << Questa notte, come Prefetto mi è stato incaricato, di fare dei piccoli sorvegliamenti presso la foresta proibita. Niente di faticoso e difficile. Mi hanno dato la possibilità di scegliere uno studente della mia casata, che mi accompagnerà in tale compito. Tu, Thomas Flerik sei lo studente che ho scelto. >>

Sì, sei proprio tu lurida feccia.

Thomas Flerik diventò bianco come un cencio, si puntò un dito contro. << I-io? >>

Tom annuì deciso. << Sì, proprio tu. >>

<< Posso sapere il motivo? >>

Tom sorrise. Devo rassicurarlo. Esatto! La serpe avvinghiata alle sue cervella, non attese un istante a sostenerlo. Lui deve fidarsi di te, in questo modo cadrà facilmente nella tua trappola.

Tom serrò le palpebre per un lampo di luce, e quando li riaprì, osservò che Thomas Flerik, lo scrutava perplesso.

<< Ho scelto te, per sdebitarmi. Voglio farmi perdonare, per l’offesa che ti ho recato l’altro giorno. Facciamo due chiacchiere, come si fa normalmente con i proprio compagni. >> Normalmente, sì, ma Tom non lo era.

Thomas Flerik iniziò a deglutire velocemente. << Non devi sdebitarti con me, le tue scuse me le hai già porte, facciamo finta come se non fosse successo niente. >>

Facciamo-finta-come-se-non-fosse-successo-niente-?

Ma chi si credeva di essere quello stolto? Lo prendeva in giro per caso? Tom strinse i denti talmente forte, da riuscire a frantumarli. Quello schifoso doveva stare attento. Non doveva fargli perdere la pazienza, sarebbe stato molto pericoloso, se avesse perso la pazienza ci sarebbe stato il rischio che lo avrebbe freddato lì dov’era. Decise di alzare il tono di voce, quel poco che bastava, impedendo alla serpe interiore di non spingerlo ad urlare. << Flerik! Io sono un Prefetto, io do gli ordini e tu li esegui, non discutere con me o prenderò nota del tuo comportamento e lo riferirò a chi di dovere, ti farò togliere cinquanta punti se non obbedisci! E’ chiaro ora? >> Gli occhi di Tom, si trasformarono in due saette.

Thomas Flerik chinò il capo imbarazzato. << Ok, sono a tua disposizione, se è proprio necessario. >>

<< Lo è infatti. Ci vediamo tra un ora, giù nei corridoi. E non farmi attendere. Ricordati che sono… >> Sono una serpe affamata, che vorrebbe nutrirsi della tua anima. << Sono un Prefetto. >> Terminò secco la conversazione.

Imbestialito, salì le scale che portavano al dormitorio. Camminò spedito tra i letti, arrivando a pochi centimetri dal vetro della finestra, in cui si era riflesso quella mattina. Si armò della sua bacchetta, la strinse con forza nel palmo della mano, si accorse che tremava da capo a piedi, tremava di rabbia, di frustrazione. Quanto era stata vicina la voglia ucciderlo davanti a tutti, davanti ai suoi amichetti mezzosangue, che lo guardavano come se lui fosse stato l’idiota che aveva parlato a vanvera. Con un incantesimo dettato dal pensiero, causò una crepa lunga tutto il vetro, udiva con piacere lo scricchiolio che assopiva il dolore, che lo implorava di smettere.

Ci siamo quasi… fra poco toccherà a te… Thomas Flerik.

 

Per fortuna Tom, si era fatto intendere a meraviglia. Thomas Flerik non lo aveva fatto aspettare neanche un po’. Armati di lanterna, avanzarono lontani dal castello, in direzione della foresta proibita. Il mezzosangue fissava davanti a sé, rigido come un pezzo di ghiaccio. Tom si voltò verso di lui. << Hai paura Flerik? >>

<< N-no, perché dovrei avercene? >>

<< Non so, sei così tirato, più tirato di una corda di violino, direi. >>

<< Si può sapere che cosa dobbiamo speculare nella foresta proibita? >>

Tom ghignò. << Speculare? Chi ha parlato di speculazione? >>

Thomas Flerik si voltò di scatto, sempre più spaventato. << Che vuoi dire? >>

Ormai erano sul confine proibito. Erano vicini. Per fortuna Hagrid non presenziava quell’anno. Tom sapeva il perché. << Io ho parlato di sorveglianza. Forse non mi hai dato perfettamente ascolto. >> I suoi denti digrignarono, come una belva feroce.

<< E cosa dobbiamo sorvegliare? Qui non c’è nulla! >> Ora anche la sua voce, stava perdendo il senso della dignità.

I giganteschi alberi li sovrastarono, rendendo tutto quanto invisibile agli occhi di chiunque. Tom afferrò rapido la bacchetta e la puntò contro il mezzosangue. << Everte Statem!! >>

Thomas Flerik si ritrovò improvvisamente nell’aria, con un tonfo sordo cadde a terra tramortito. La bocca era spalancata verso il cielo scuro, respirò tutto l’ossigeno necessario, il cuore voleva esplodere, la paura lo stava uccidendo. Aveva paura, troppa paura. Che intenzioni aveva Riddle? Il davanti dei suoi pantaloni si bagnò come un lago.

Tom rimase in piedi, imponente su di lui, con la bacchetta di osso ancora puntatagli contro.

Thomas lo guardò con gli occhi spalancati e terrorizzati. Gli occhi verdi di Riddle, sembravano brillare attraverso la notte, i suoi occhi si erano trasformati in occhi che non aveva mai visto, dentro ad essi, sembrava lampeggiare un colore come il sangue. Il suo viso era spaventoso come quello di un serpente. E’ vero, Lui parlava con i serpenti. Parlava serpentese. << Che cosa vuoi da me!? >>

<< Lurido mezzosangue, vuoi davvero saperlo? Io, Tom Orvoloson Riddle, ti voglio uccidere. Perché ti odio!! Schifoso mezzosangue!! >>

Agitò la bacchetta, la maledizione più crudele, la maledizione senza perdono, vagava sulla punta della sua lingua. << Avada k… >>

Una forza improvvisa lo spinse di lato, facendolo ritrovare a terra. La bacchetta gli cadde dalla mano. Tom cercò con gli occhi, chi aveva osato ostacolarlo. Piegata in due sopra di lui, c’era Bellatrix Lestrange. Bellatrix?

Tom si issò in piedi furioso come non mai. << Tu…! >>

Bellatrix indietreggiò spaventata. << Tom, io… >>

Lo schiaffo la colpì in piena guancia, lo schiocco rimbombò nell’aria, il vento iniziò a scuotere con insistenza le foglie, dei giganteschi alberi. Bellatrix si coprì con una mano la guancia che bruciava.

Tom gli fu sotto a muso duro. << Come hai osato! Non ci posso credere che tu me lo abbia impedito! >> Cercò di riacquistare il suo autocontrollo o l’avrebbe uccisa. << Ora dimmi la ragione, per cui mi hai fermato. Dimmelo o ti strangolo. >> Tom si voltò, puntando nuovamente Thomas Flerik con la bacchetta. Il mezzosangue era supino, intenzionato a fuggire, forse. << Immobilus! >> Tom lo immobilizzò a dovere, poi si voltò a guardare Bellatrix, che lo stava fissando. << Allora? Vuoi rispondermi?? >>

<< Tom, mi dispiace, io l’ho fatto per te, per la scuola e anche per me. Ti prego non odiarmi… ti scongiuro… >>

I loro volti erano a pochi centimetri, gli ansimi di Tom, imponevano a Bellatrix di sbattere continuamente le palpebre. << Se tu ora lo uccidi, non ci sarà il rischio che ti scopriranno, ho capito il tuo piano…>>

<< O meglio, mi hai seguito?? >>

<< Anche, perché ho capito a che conclusione eri arrivato, ma… per omicidio, lo sai anche tu, ci sarebbe il rischio che la scuola venga chiusa, e tu non vuoi tornare nel mondo babbano, vero Tom? Ti ricordi l’anno scorso? Quando volevano chiuderla per l’omicidio di Mirtilla Malcontenta? >>

Tom le prese una parte del viso serrandola dolcemente. << Sì, me lo ricordo. >> Tom iniziò ad accarezzarla. << Brava Bellatrix, sei una maga intelligente, che stupido non ci avevo pensato… >>

Bellatrix a quel tocco si sciolse. << Perdonami Tom, ma non voglio rischiare di… >> Si bloccò, non riusciva a dirlo.

Tom le guardò le labbra. << Che cosa? >>

Bellatrix chiuse gli occhi. << Di tornare a casa. >> Di non vederti per tutto l’anno, pensò.

Tom si staccò da lei e raggiunse il corpo immobilizzato di Thomas Flerik. << Alla fine sei ancora qui tra i piedi? Ringrazia Bellatrix Lestrange, se sei ancora vivo. >> Ghignò. << E’ inutile che mi guardi così, tanto fra poco non ti ricorderai più nulla. Ma per te non finisce qui, ci rivedremo quando saremo fuori di qui. >> Per la quarta volta gli puntò la bacchetta contro, e silenziosamente compose l’unico incantesimo, in grado di far perdere la memoria. << Oblivion. >>

Ci rivedremo Mezzosangue.

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Capitolo 5
*** Desiderare l'eterno consente di conoscere la parola, Horcrux... ***


Si era concluso un capitolo. Almeno per i prossimi due anni. La condanna caduta sulle spalle di Thomas Flerik, sarebbe giunta al termine un giorno. Il lurido mezzosangue, sarebbe tornato alla sua pacifica e tranquilla vita, ma non sapendo quale malefatta il suo destino aveva in serbo per lui.

Già, la vita era proprio crudele. Pensare che un essere umano, un essere umano speciale come un mago, doveva morire solo dopo una centina d’anni, era davvero ridicolo e sconvolgente. Almeno per Tom. Con i migliaia progetti racchiusi nella sua mente sublime, come avrebbe fatto? Tom Riddle non doveva essere sepolto per poi essere dimenticato. No! Noi dobbiamo vivere in eterno e renderci padroni del mondo per sempre. << Stai in silenzio serpe, sono io a decidere, io diventerò padrone del mondo, non “noi”, possiamo dire che tu ne farai parte assieme al grande Tom Riddle. >> Mosse le labbra attraverso il suo solito riflesso, al ché sempre affascinante.

Per diventare il più potente mago mai esistito, il più feroce e crudele di ogni altro vissuto nel passato, doveva diventare immortale. Indistruttibile. Come una divinità. E come? Questa domanda era fissa nella sua testa, fissa come un chiodo colpito a dure martellate. Eppure doveva pur esistere un arte oscura, molto oscura, che comprendeva quello che lui stava cercando da tempo. L’immortalità, l’eterno vivere era il sogno, insieme a tanti altri, che doveva assolutamente realizzare. Se così non fosse stato, sarebbe comunque diventato potente e invincibile, ma ad un limite. Con il passare del tempo sarebbe invecchiato, il suo corpo sarebbe caduto sotto alle sue stesse pieghe, sarebbe stato fragile e stanco, e infine la morte l’avrebbe preso con sé. E diventare potente, non significava non avere nemici pronti a tradirti ed ucciderti. Tom Riddle non poteva permettere che il fatidico destino, avrebbe riservato a lui, una tale fine come a tanti altri. Avrebbe potuto usufruire della sapienza dei professori. Avrebbe dovuto scegliere con grande cautela e con molta cura, a chi avrebbe rivolto le sue sospettose domande. Non sarebbe stato facile ma aveva già l’idea di un nome. Ma prima, forse…

Attese la mezzanotte. Nessuno lo avrebbe infastidito nel suo piccolo affare. Se per disgrazia avesse incontrato sulla strada un professore o il custode del castello, che spesso si aggirava nei i corridoi, avrebbe usato la scusa che lui stesso era un Prefetto e così autorizzato a controllare se tutto fosse in ordine.

Cautamente uscì dalla sala comune dei serpeverde.

<< Lumos. >> Si incamminò giù per le scale, attento a non far rumore, si addentrò poi presso il corridoio a sinistra. Hogwarts a quell’ora della notte era così piacevole e silenziosa, riusciva più facile pensare a qualsiasi cosa. Persino facile per lui, cospirare.

In meno di dieci minuti arrivò alla gigantesca biblioteca. Si fece avanti tra i vecchi e polverosi scaffali, contenenti una molteplice vasta scelta di libri su ogni genere o argomento, in grado di illuminare la mente su tutti i punti di domanda. Tom entrò nella sezione proibita. Era lì e solo lì, che poteva trovare la risposta tanto aspirata. Si mise alla ricerca. Cercò, tentò e cercò. Stava per perdere la pazienza, quando una parola scritta in rosso, sul dorso di un sottile libro, attirò la sua attenzione. “La morte in cambio del potere”. Tom spalancò le palpebre, gli iridi si allargarono sovrapponendo il verde dei suoi occhi, un brivido di eccitazione gli percosse la spina dorsale. Sfilò il libro dallo scaffale e si sedette sulla prima sedia che trovò a portata di mano. Dall’entusiasmo, quasi si ritrovò con il sedere a terra. Con una mano ancorata al bordo del tavolo si raddrizzò, assetato di sapere e conoscere. Un etichetta, appiccicata probabilmente da qualche responsabile o preside di Hogwarts, avvisava; “questo libro è vietato agli studenti di questa scuola, chi solo oserà leggerlo sarà punito”. Tom ghignò, e come se non avesse mai letto quell’avviso, aprì il libro avido come non mai. Magia oscura, magia oscura, altamente oscura, quel libro doveva avere il suo nome stampato sopra, pareva la proprietà del suo cervello malvagio e crudele. Continuò ininterrottamente a leggere e a sfogliare velocemente le pagine di quel magnifico libro, quando la parola “Horcrux” lo bloccò. Puntò gli occhi sulla definizione sottostante, lesse sempre più avido. “Un Horcrux è un oggetto in cui un Mago Oscuro ha nascosto un frammento della propria anima al fine di raggiungere l’immortalità. La creazione di un Horcrux è considerata la forma più orribile di magia, della peggior specie di malvagità, poiché viola le leggi della natura e della morale, e richiede un atto terribile come l’assassinio per essere realizzato”. A impatto Tom non riuscì a capire fino in fondo, cosa volesse dire realmente quella definizione. << Ha nascosto un frammento della propria anima… >> Si prese il mento tra le dita e cercò di concentrare la sua mente preziosa. << Oggetto… >> Doveva provare a rileggerla con più calma e forse avrebbe capito. Non era uno stupido. Lesse a un sussurro, sillabando leggermente le parole poco alla volta. << Un Horcrux è un oggetto in cui un Mago Oscuro, ha nascosto un frammento della propria anima al fine di raggiungere l’immortalità. La creazione di un Horcrux è considerata la forma più orribile di magia, della peggior specie di malvagità, poiché viola le leggi della natura e della morale, e richiede un atto terribile come l’assassinio per essere realizzato. >> Tutto gli risultava più chiaro. Ma non riusciva a capire esattamente, come si poteva nascondere il frammento della propria anima chiuso in un oggetto? E in quale oggetto? Un oggetto qualunque? Un oggetto prezioso? Sì, un oggetto prezioso per te, un oggetto che ti faccia ricordare una parte della tua vita, un oggetto talmente prezioso da non essere facilmente distrutto. La serpe in lui non sbagliava mai di un colpo.

<< Richiede un atto terribile come l’assassinio per essere… >> Soppesò quella frase. << Per essere realizzato… >> Tom si rese conto che un omicidio, lui, l’aveva già commesso. L’omicidio di Mirtilla Malcontenta. Anche l’oggetto poteva già esistere. Il diario oscuro, in cui aveva affidato le sue terribili imprese dello scorso anno, in cui raccontava della camera dei segreti, del basilisco usato su quella sciocca mezzosangue. Forse, quell’oggetto ora conteneva parte della sua anima e lui non lo sapeva? Era una teoria probabile, ma doveva avere la certezza, la conferma che lui, Tom Riddle aveva già creato un Horcrux inconsapevole, con dentro un pezzetto della sua anima. << Se ne potranno creare di più…? >> Chiese fra sè e sé.

La serpe questa volta non gli fu d’aiuto.

L’unico modo per scoprirlo era uno solo. L’indomani ci sarebbe stato il circolo informale, nominato Lumaclub, presieduto dal professore Horace Lumacorno in persona. Lui era l’unico che avrebbe potuto garantirgli una risposta definitiva. Era l’unico di cui potersi fidare. L’unico che sarebbe potuto cadere nel suo tranello, da bravo studente volenteroso di studiare, e incolpevole di apprendere. Sarebbe stato un loro segreto e nessuno lo avrebbe scoperto. E tanto per cominciare, avrebbe portato quell’ananas che faceva tanto ingolosire il professore Lumacorno.

L’eternità era a pochi passi da lui.

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Capitolo 6
*** Chi era a conoscenza di quella segreta formula? ***


Ciao banda EFP! ^_^ Sono risorta con questa storia che non scrivevo più da tempo ormai. Sono imballo con più storie e mi devo destreggiare come posso, a seconda di come mi viene l'ispirazione! Ragazze/zi volevo darvi un avvetimento; in questa mia storia ceti dettagli che non sto qua ad elencare non sono perfetti, il fatto è che è passato un sacco di tempo da quando avevo letto i libri di Harry Potter, e certe cose me le sono dimenticate, purtroppo! Quindi la mia storia ha delle imperfezioni.. con questi Hrcrux è un casino! ci sono certe contraddizioni anche sul web che mi fanno pensare... però vi prego, se entrate qui leggete questa storia cercando di godervela! E comunque io sto scrivendo delle parti sulla storia di Tom Riddle che non ci sono mai state ne nei libri, e tanto meno nei film! Mi voglio solo divertire e basta! Grazie per l'ascolto e buona lettura a tutti! ^_^






<< Bene professore.>> Tom Riddle inclinò il busto in avanti, con le braccia intrecciate dietro alla schiena per dar adito alla sua più devota riconoscenza, verso il professore Horace Lumacorno . << Sarà il nostro segreto.>> Sorrise con un spicco di espressione gentile. Ma dentro ai suo occhi verdi la folle e prestigiosa magia oscura, divampava come fiamme infuocate dal sangue, inceneriva quel barlume di civiltà che sfregiava il suo vere essere. Si sentiva orgoglioso dell’intelligenza che aveva sempre posseduto. La spiegazione del professore alle sue perplessità, non era stata tanto lontana da come lui stesso aveva interpretato quella complicata definizione stampata su un pezzo di carta. Ma era la “certezza” che a lui importava trasferire nella sua vasta mente. Tolte insicurezze inutili e aggiunto informazioni preziose, si decise a fare un passo verso l’uscita della stanza. Molto lentamente si accostò allo stipite della gigantesca porta, di varie escoriazioni artistiche in legno di quercia d’albero; assaporando e rivalutando costantemente come una avido ascoltatore, quelle parole che lui considerava divine per il suo scopo. Si voltò per l’ultima volta a scovare gli occhi irrequieti del professore Lumacorno. Forse solo ora si stava rendendo conto che aveva commesso un errore. Socchiuse le palpebre come se fosse quasi terrorizzato all’idea che quel studente tanto egoista, ripartisse all’attacco con una seconda domanda proibita.

Tom dilatò le labbra, tentò con l’attrazione di quell’ ingannevole sorriso di rincuorarlo. << Grazie ancora professore Lumacorno, grazie per essere stato tanto cortese.>> Fece un accenno verso il cesto situato a centro tavola. << La prossima volta porterò una porzione doppia.>>

Horace Lumacorno sbatté più volte le palpebre come se fosse stato impossessato, non capì al volo quello che Tom stava suggerendo. << Di che cosa, Tom?>>

Tom scoprì i denti portando il mento in avanti. << L’ananas, professore.>>

<< Oh! Ma certo Tom, è un ottima idea!>> Iniziò a sfregarsi le mani, come se avesse fretta di qualcosa.

Tom annuì. << A domani. Le auguro una buona notte.>> Uscì dalla stanza, si diresse al piano inferiore per far ritorno nella sala comune del dormitorio dei Serpeverde, con un passo più vicino all’eterno. Ma forse quel passo in più non lo convinceva ancora definitivamente.

 

 

Formulò la parola d’ordine a pochi centimetri di distanza dalla tenebrosa serpe che faceva da sfondo all’entrata privata. Il portale si spalancò e fu all’interno. Bellatrix per poco non gli saltò addosso, si vedeva lontano un miglio che ce l’aveva messa proprio tutta per non farlo. << Tom! Come è andato il circolo informale?>> Utilizzò una vocetta stridula che in certi casi non le si addiceva.

Tom si piantò sui piedi e la osservò. << E’ un circolo informale, si ricevono informazioni. Lo dice la parola stessa, Bellatrix. Quindi non può essere che andata meravigliosamente.>>

<< Hai fatto qualche nuova scoperta?>

Riddle fece un espressione scarna, malevola, geloso delle informazioni che aveva in possesso. << Niente che possa riguardare una ragazza.>> Spostò lo sguardo sull’orologio inchiostrato di verde scuro, di forma rettangolare, terminava con uno spacco in mezzo, come se fosse la lingua di un serpente. << Sono le dieci.>> Rispostò l’attenzione sulla mora dai capelli sconvolti. << E’ tardi, che ci fai ancora in piedi, se posso chiedere?>>

Bellatrix si artigliò una ciocca di capelli iniziando a rigirarsela tra le dita. << Non riuscivo a prendere sonno.>> Sulla difensiva si avvicinò di un passo verso di lui.

Tom iniziava a scocciarsi della sua indelebile presenza. Aveva bisogno di stare solo, sedersi sulla sua poltrona preferita, ragionare sulle nuove e impachettate informazione. Aveva bisogno di scartarle ed esaminarle. C’era maggiormente un solo dettaglio che lo rendeva ansioso. << Che c’è Bellatrix? Devi dirmi qualcosa?>>

La ragazza appoggiò intimorita una mano cadaverica da fare contrasto sul suo lucido mantello nero. << Tom… io…>>

Tom si stava irritando, preso dalla frustrazione ingurgitabile, le afferrò il polso, bramando la desiderata solitudine e con sé il beato silenzio. << Tornatene a letto, è troppo tardi per parlare!>> Non riuscì nemmeno a contenere il tono di voce. La spinse lontana da lui e con una mano ricattatrice le fece segno di levarsi dai piedi.

Bellatrix si fece piccola intorno alle spalle, incurvò le labbra trascinando con loro gli occhi neri come la pece. << Ok… buonanotte.>> Finalmente si decise a levare le tende.

Tom sbuffò cercando di riprendere il controllo sulla sua ipertensione nervosa. Si levò la tunica addossandola con cura sul sedile della poltrona, di cui spesso era in compagnia dei suoi pensieri oscuri. Ci si sedette sopra arpionandosi il mento tra l’indice e il pollice. Con effetto immediato iniziò a spremere la sua mente, per sfogarsi dai pensieri che aveva trattenuto fino a quel momento; Quindi avevo pensato giusto l’altro giorno, sono già in possesso di un Horcrux. Lo ebbi creato quando uccisi quella sudicia mezzosangue di Mirtilla Malcontenta… Malcontenta?! Solo a pensare al nome di quella stupida ragazzina, indegna di stare nel mondo dei maghi, lo faceva accalorare di rabbia, pure il nome era indegno. Scrollò la mente, era inutile perdersi in argomenti che non sapevano ne di sangue ne di morte. Torniamo agli Horcrux… la mia anima è già stata spezzata, l’Horcrux è esattamente il diario segreto in cui ho affidato le mie imprese… sì proprio così. Ma ricordava bene, il professore Lumacorno aveva esplicitamente detto che per rinchiudere una parte dell’anima strappata era necessaria una formula… Si chiuse la testa tra le mani, e cominciò a parlare in serpentese senza nemmeno rendersene conto. Se davvero fosse in quel modo… Gli venne a questo punto da pensare.. il mio diario segreto non è ancora un Horcrux, “non” se ci vuole una formula. Si issò in piedi camminando come un pazzo schizoide su e giù per la sala, non riuscendo a capacitarsi del fatto di essere arrivato a una scoperta ingannevole. In effetti era parso troppo facile. Dannazione! Sfrecciò dritto al tavolo, aggrappandosi maldestramente ai suoi bordi solidi. Chi era a conoscenza di quella segreta formula? Nessuno dei professori glielo avrebbe mai svelato; eccetto che lo sapessero. Il professore Lumacorno… si era quasi adirato quando gli aveva domandato di quale formula si trattasse.

Tom Riddle rilassati… non è ancora tempo… non agitarti…

Tom guardò sopra di sé, rivolto alla serpe che lo scrollò dalla sua rabbia. << Cosa?! Che hai da dire tu?!>>

Sto dicendo che risolverai la questione al di fuori di qui… quando avrai compiuto un’età abbastanza adulta… ora non potresti nemmeno se lo volessi…

<< E perché mai?!>>

Non essere avventato… hai assorbito le informazioni… resteranno qui fin che non sarai pronto a metterle in atto…

Tom rimase per vari minuti a trafiggere il vuoto con il suo malefico sguardo. Dovrò aspettare tutto questo tempo? Aveva fretta, nonostante fosse ancora un giovanotto; ma forse la serpe dentro di sé non aveva tutti i torti. Abbandonò a malincuore il pensiero “Horcrux” per il momento. Le palpebre si stavano facendo pesanti; aveva bisogno di riposare e farsi una lunga dormita. Avrebbe continuato ad apprendere esortando la sua intelligenza a crescere e diventare illimitata, questo gli sarebbe servito a sopportare quella tediosa attesa.




Lo so questo capitolo è un pò cortino! Ma spero che vi sia piaciuto! Un saluto e alla prossima... ps: e se dovete farmi qualche crititca.. vi prego non siate troppo crudeli! abbiate pietà ^_^

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Capitolo 7
*** Se non sono un purosangue! ***



Eh... whalà!!!! Eccomi qua con il settimo capitolo! Devo ammettere che ha fatto una faticaccia a scrivere questo pezzo... ci ho messo tutta me stessa.. risultato??? STANCA MORTA! Però spero di attirare un pochetto della vostra attenzione! Non sapendo che altro dire "prosciugata di parole"... vi auguro buona lettura raga Banda EFP! ^_^







Le sue mani ripugnanti cercarono di riversarsi contro di lui. << Tom! Ti prego non lo fare!>>

<< Stai lontano da me! Tieni quelle manacce luride e sporche lontane!>> L’odio usciva dalla sua bocca come un rettile avvelenato, pronto ad affondare i suoi denti pericolosi nel corpo impaurito della vittima. Rabbia. C’era tanta rabbia in quella stanza, tanto da volerlo fare a pezzi solo con l’uso delle parole. << Come puoi chiamarmi per nome!? Se non sai nemmeno chi sono!>>

L’uomo si inginocchiò a terra, come se le gambe non reggessero più il suo peso. << Non è vero! Io so chi sei! Sei mio figlio!>>

Tom rabbrividì. << Tuo figlio??>> Sputò a terra disgustato. << Non potrei mai essere il figlio di un lurido mezzosangue!>> Gli assestò un calcio in faccia. << Non osare!>> Gli girò intorno trafiggendolo con i suoi occhi lampeggianti di rosso. << Tu! E tutta la tua specie siete il cancro che ancora adesso rovina e uccide la stirpe dei Purosangue!>>

L’uomo che ora era disteso sulla schiena, fece leva sul gomito per tirarsi su. << Tua madre mi ha ingannato! Perdonami se vi ho abbandonato! Ma come avrei potuto amarvi??! Lei mi ha incantato con la magia!>>

Tom si serrò i pugni, si abbassò su di lui quasi gentilmente; come se fosse un ragazzo dalle buone maniere. << Non mi interessa chiederti perdono! Ti avrei ucciso ugualmente, anche se non te ne fossi andato al diavolo.>> Sibilò come un serpente in preda al delirio di uccidere. Quell’uomo a lui sconosciuto non faceva una minima pena. Gli sputava addosso quelle menzogne solo perché voleva appiopparsi il diritto di rendere salva la sua vita; lo sapeva, lo capiva da quegli occhi terrorizzati, in grado di usare qualunque meschinità pur di non essere ucciso dalle più terribili maledizioni. Si rigettò in tutta la sua altezza, levò la bacchetta nell’aria, facendo scintillare quell’osso affilato. << Quella cagna non avrebbe mai dovuto chiamarmi con il tuo stesso nome disonorevole! E’ colpa tua se…>> Si morse la lingua odiando anche se stesso. Se non sono un purosangue! << Tom Riddle >> !!!!!!!!

 

<< Tom!>>

Uscì da quella falsa dimensione con occhi trepidanti e squartatori. Dalla poltrona su cui si era evidentemente addormentato la sera prima, si lanciò sulle gambe, afferrando con forza la sagoma che un attimo fa stava piegata sul suo sonno; il sonno che bandiva il segreto dei suoi tormenti. La vittima era così leggera che per lui non ci volle un’esagerata energia, per farla catapultare sulla vasta tavolata quadrangolare in marmo; adempita con vari oggetti grezzi e accessori dorati costosi. Mollò la presa quando il corpo di Bellatrix si issò su esso, e per poco non capitolò dall’altra parte del pavimento. La mora dai capelli sconvolti rimase a bocca spalancata; semisdraiata e impaurita osservò Riddle dalle gambe fino al suo volto contorto, come se stesse esaminando il suo interno con gli infrarossi.

Tom alzò la mano con cui l’aveva aggredita, tremava; quasi si sentì rammaricato. Non era sua intenzione stravolgerla in quel modo… ma quel sogno… Non avrebbe garantito pietà a nessuno in quel risveglio burrascoso.

<< Bellatrix, che stavi facendo?>> Tentò di controllare i suo sospiri.

La ragazza spostò frettolosa la ciocca di capelli che le era caduta a coprirle metà viso. Fece forza sulle braccia e si mise seduta ancora in balia del timore. << Nulla, ero venuta lì per svegliarti…>> Deglutì visibilmente. << Parlavi nel sonno.>>

Tom si avvicinò al bordo del tavolo, le cinse il polpaccio con un solo palmo della mano e l’attirò a sé con un gesto selvaggio; facendo così premere contro il suo stomaco il ginocchio sottile di lei. << Che cosa dicevo?>> La calma timbrava le sue parole, al contrario del corpo che esprimeva vulnerabilità.

Bellatrix trovandosi così dannatamente vicino a lui, avvicinò la punta del naso a quello del ragazzo che tanto adorava; nei suoi occhi scuri la lucidezza sparì trasformandosi in pazzia. << “Non potrei mai essere il figlio di un lurido Mezzosangue”, sibilavi soffusamente…>> Si morse il labbro inferiore; la bocca carnosa di Tom, invocava quella impertinenza che solo con lui riusciva a dominare. << “Ti avrei ucciso”…>> Scoprì la fessura tra le sue labbra, mentre tra le cosce il richiamo di quel viso affascinante, la rendeva sommersa da folli prospettive. << E’ colpa tua…>> La lingua uscì dalla sua bocca per finire sulla punta di quel mento irresistibile. << “Tom Riddle”…>> La mano si ancorò senza fretta dietro al suo collo; le unghie punzecchiarono la sua pelle bianco latte. Al tocco si accorse del corpo maschile che tremava, sotto al palmo della sua mano. << Perché tremi? Con chi parlavi nel tuo sogno?>> Fece forza avvicinandoselo a sé, e quando il suo fiato la riscaldò, strofinò il naso tra il suo labbro superiore e quello inferiore, eccitandosi, ardendo come fuoco.

Tom chiuse gli occhi, ingessato dalle gesta di quella ragazza, si lasciò toccare; un gemito scappò dalla sua bocca senza il suo consenso. << Bellatrix…>>

Bellatrix gli leccò il labbro superiore, tastando con piacere il suo odore. << Chi vuoi uccidere?>>

Tom Riddle il Mezzosangue che ha rovinato la mia esistenza! Le arpionò le spalle e se la staccò di dosso. << Ferma…!>> Fu la prima volta nella sua vita che l’eccitazione “se così si chiamava”, lo prese di sopravvento. Il davanti dei suoi pantaloni predominava contro lo stinco di lei, che poco alla volta era sceso per strusciarsi contro di lui. Le prese il viso e gli buttò severamente la testa all’indietro per esortarla a smettere. Appiccicò la fronte sul suo sottile setto nasale; le mani fecero da tenaglia contro le mandibole della ragazza. << Io-l’ho-già-ucciso…!>>

<< Chi hai ucciso?>>

<< Chi si credeva mio padre!>> Spostò gli occhi sull’orologio, con una forma assomigliante un occhio di rettile. << Sono quasi le otto.>> Risprofondò negli occhi scuri di Bellatrix, che lo guardava ammaliata, come se le avesse appena dichiarato il suo amore. << Fra poco gli altri saranno qui.>> La lasciò libera dalla sua presa. Avanzò di qualche passo distante; si riflesse attraverso il mobile “nascondi segreti”. Aveva l’aria sconvolta; i ciuffi di capelli erano sparpagliati come bisce a lato della sua fronte. Era ora di darsi una sistemata.

Bellatrix scese in punta di piedi dalla tavolata in marmo, sorreggendosi nonostante su essa; lo guardava ancora eccitata. Fece un risolino compiaciuto. << Come lo hai ucciso, Tom…?>> Sussurrò con voce assassina marcando la parola “ucciso”.

Riddle infilò le dita tra i capelli. << Non ora.>> Varcò la sala a scattanti falcate per raggiungere il dormitorio. Desiderava dividere con qualcuno quel latitante segreto, scovato unicamente dal ricordo dei suoi occhi. Era importante per lui che quell’impresa ustionata di morte, fosse ricordata da qualcun’altro a lui molto vicino. E Bellatrix sarebbe stata la complice perfetta.

 

 

Dopo un abbondante colazione, di cui Tom non ne fece prodigamente uso. Le lezioni scorsero così rapidamente che si sentì quasi insoddisfatto quando giunse l’ultimo minuto di quella giornata. Dopo cena era già ora di rincasare nelle sale comuni. C’era una folla disordinata per i corridoi del castello. Tom era un “Prefetto” ma in quel caso se ne infischiò, non aveva nessuna voglia di tornare già al dormitorio. Aveva un compito vitale da svolgere e soprattutto, aveva bisogno un po’ di piacevole compagnia. Raggiunse Bellatrix alle spalle, le prese la mano, incitandola a voltarsi. La ragazza si voltò di scatto con gli occhi indemoniati, con la bocca stretta in avanti pronta a insultare chiunque l’avesse toccata; ma quando si accorse che era il ragazzo di cui era perdutamente innamorata, l’espressione diventò amorevole.

<< Tom?>>

<< Vieni con me.>> La tenne per mano dirigendosi al passo contrario rispetto a tutti gli altri studenti. Nessuno diede loro attenzione.

Bellatrix pensava di svenire lì su due piedi. “Vieni con me”. Quella frase la fece crogiolare tra le nuvole.

Tom in quella confusione ricevette una spallata mica da ridere, da uno studente della sezione Corvonero. Per un momento pensò di tornare indietro e buttarlo a gambe all’aria, ma si costrinse a proseguire. Superati i corridoi, raggiunsero il bislungo porticato che buttava sul grande terreno d’erba che portava alla foresta oscura, e in un secondo luogo la quale quella sera lui mirava. Tom si decise a lasciare la mano di Bellatrix. << Dai muoviti, non dobbiamo farci scoprire, ci ammoniranno o peggio, toglieranno punti alla nostra Casata.>> Si mise a correre verso l’abitazione di Hagrid, saltò sui i tre scalini armandosi della sua bacchetta. Attivò il semplice incantesimo “Alohomora”, e furono all’interno. Un puzzo di aria stantia poco gradevole li colpì alle narici. Bellatrix emise un suono nauseante, come se da lì a poco avesse rigurgitato quello che aveva appena ingerito nello stomaco. A Tom bastò pronunciare “Lumos” per illuminare la stanza buia, abbastanza da non rimanere cechi a quello spazio ristretto. Il gigantesco cane appartenente ad Hagrid, di cui il nome era “Thor”, puntò con i suo grandi occhi gialli le due sagome che ora stavano invadendo la sua casa. Abbaiò scontroso, tirandosi sul dal tappeto su cui era accovacciato.

Tom prese una piccola busta trasparente da sotto il suo mantello; ne tirò fuori tre salsicce che aveva rimediato tra le tante golosità a disposizione per la cena.

<< Stai buono!>> Gliele lanciò addosso, senza preoccuparsi di colpirlo sul muso.

Thor si avventò sulle salsicce, evocando solo dei piccoli rumori nel masticare la carne, e soprattutto non abbaiò più.

<< Perché siamo qui?>> Bellatrix non sapeva se essere sorpresa o perplessa.

Tom individuò sul tavolo sporco e polveroso, uno recipiente in metallo contente una candela. La puntò con la bacchetta. << Incendio.>> Sulla minuscola superficie che traboccava come una spina nera dalla cera, si condensò una un piccola fiamma, così sostituendo la luce artificiale richiamata dalla sua bacchetta. Ora poté dare attenzione alla mora dai capelli sconvolti, che era ancora in attesa di una sua risposta.

<< Siediti.>> Tom preferì restare in piedi, al momento.

Bellatrix prese posto sull’enorme poltrona, dove l’anno scorso sedeva il grosso culo di Hagrid; quasi ci sprofondò facendola apparire una delicata bambola di porcellana. Guardava Tom, creandosi nella testa un illusione. Forse ora lui, le sarebbe salito addosso e l’avrebbe baciata. Sorrise, facendosi scorrere le mani tra le gambe, poi serrandole tra le ginocchia.

Mentre Tom se le infilò nelle tasche dei pantaloni. << Volevi sapere, no?>>

<< C-cosa?>> Chiese angosciata.

Riddle sorrise perfidamente. << Come ho ucciso mio padre.>> Il gelo sembrò entrare come un tornado in quella stanza puzzolente e arida. Lui era in piedi, fisso come se fosse una statua da ammirare; solo la bocca avrebbe constatato che non era un corpo imbalsamato.

Bellatrix allargò un malvagio sorriso, serrando i denti dall’eccitazione in quanto quel racconto l’avrebbe fatta sentire viva e spregevole. << Raccontami, quando è successo?>>

<< Quest’estate. Prima dell’inizio della scuola.>> Lo ricordava come se fosse ieri. Un brivido lo esaltò a cominciare. Voleva riviverlo una seconda volta, ma con presente un ascoltatore quella sera…

 

Era andato alla ricerca del suo unico parente in vita. Orfin Graunt; il fratello di sua madre. L’aveva scovato in una misera casa, vecchia, deprimente, sporca e buia. Quello che in realtà era suo zio, l’aveva scambiato accidentalmente per Tom Riddle Senior. Era da Orfin che aveva saputo della terribile scoperta; “Mio padre è un babbano”, la sua mente aveva oscillato in un vicolo buio, sacramentato da orrendi disgrazie. Era Merope la vera e d’unica maga Purosangue; sua madre. Per Tom era stato un shock irrimediabile. Lui stesso da bambino era finito in quel orfanotrofio, che disprezzava, come tutti i mocciosi che lo frequentavano. La colpa era di quel babbano. Orfin lo informò che era stato lui ad abbandonare la madre quando era ancora incinta. “Di te”. Così facendo causò involontariamente la morte di Merope, addolorata per la perdita del suo amato.

“Ma mia sorella se l’è cercata. Lo aveva ipnotizzato con un incantesimo. Come una sciocca si è innamorata di lui, e per averlo, lo ha ingannato con il filtro d’amore. Un giorno sentendosi in colpa decise di smettere. Così, Tom, tuo padre, infuriato per tale inganno l’ha abbandonata, quando ti aveva già in grembo.” Aveva raccontato lo zio.

Dentro Tom quel girono si era lacerata una doppia ferita. Così profonda, così sanguinante, e soprattutto così inguaribile. L’odio era esploso come un uragano, sarebbe stato capace in quel momento di spazzare al vento tutto quello che gli stava attorno in quella stanza. La rabbia avrebbe desiderato di assassinare quell’uomo, avrebbe desiderato prendere la sua vita solo per il gusto di farlo. Lo avrebbe ucciso, perché in quella stanza lui era l’unico e lurido Mezzosangue. Ma tenne quella sfuriata di odio dentro di sé, costringendola nei suoi occhi. Si fece dire da Orfin dove abitava ora suo padre. Lo zio glielo confidò senza prevedere quello che sarebbe accaduto.

 

Attese due giorni, in modo che Orfin non potesse accusarlo con sicurezza. Giunse nel paesino di Little Hangleton, era notte. “La casa è quella bianca, con le rifiniture delle finestre in rosso mattone”, aveva precisato lo zio. Tom non ci aveva messo tanto per riconoscerla. Nel silenzio di quella notte tranquilla e silenziosa, nemmeno le mosche avrebbero udito quell’omicidio. Spalancò lo porta di quella casa con un ghigno sul viso; un ghigno che avrebbe fatto accapponare la pelle anche ad un drago arrabbiato. La richiuse docilmente.

Poco dopo le luci dell’abitazione si accesero al secondo piano. Un rumore di pantofole corse giù dalla rampa di scale; in allarme nel sentire quel trambusto. Un uomo comparve sul pianerottolo. Aveva l’espressione stralunata, come se si fosse svegliato di soprassalto; i capelli erano stiracchiati in aria, facendolo sembrare un pazzo scappato dal manicomio. Scese l’ultima rampa di scale, non togliendo mai lo sguardo dal ragazzo che lo attendeva accanto alla porta di casa. Sceso l’ultimo gradino, si bloccò di colpo. << Chi sei!? Che diavolo vuoi?!>>

Tom non riuscì a non notare, che sotto la manica della vestaglia, spuntava la punta della bacchetta magica. Il suo volto si fece buio, il rosso nei suoi occhi iniziò a lampeggiare. Provò ripudio nel guardare quell’essere, che l’aveva procreato, così disonorando la sua capacità pura nell’apprendere e usare la magia. Non poteva essere vero… Lui, Tom Riddle… non poteva essere un dannato Mezzosangue! E quell’essere era lì per ricordarglielo. << Non ti deve importare di chi sono io.>> Parlò rabbiosamente, con tutti i connotati del volto compressi in una sola smorfia malvagia.

Tom Riddle Senior fece un passo incerto. << E allora che diavolo vuoi? Che ci fai in casa mia?! Moccioso!>> Gli puntò la bacchetta contro. << Fuori di qui!!>>

Tom per nulla impressionato, rimase fermo dov’era, senza nemmeno battere un ciglio. << Voglio farti sparire dalla faccia della terra.>>

Riddle Senior rabbrividì, continuando a puntare la bacchetta facendola ondeggiare per la paura. Nel frattempo lo osservò meglio, e gli sembrò di rivedere se stesso da giovane. Quel ragazzo gli assomigliava davvero tanto.

<< Ci conosciamo?>> Un altro passo intimorito.

Tom Riddle junior annuì, ricercando un sorriso all’angolo della bocca. << Io sono tuo figlio, anche se non lo sono. Non lo voglio essere. Sono Tom Orvoloson Riddle.>> Il cuore parve strapparsi dal suo petto, ma fu più forte di lui. Quell’uomo doveva sapere chi aveva di fronte. Doveva sapere chi lo avrebbe ucciso.

Gli occhi del padre si allargarono stupiti e spaventati. Sì.. era proprio suo figlio quello che aveva davanti. Era a conoscenza del nome che gli fu dato da Merope; fu il fratello a informarlo. Lo guardò a fondo, nelle profondità di quegli occhi. Capì che stava facendo sul serio. Si avvicinò tutto d’un colpo, pochi metri li separavano; le sue mani ripugnanti cercarono di riversarsi contro il figlio, la bacchetta gli cadde dalla mano. << Tom! Ti prego non lo fare!>>

Tom agitò la bacchetta infastidito. << Stai lontano da me! Tieni quelle manacce luride e sporche lontane!>> L’odio usciva dalla sua bocca come un rettile avvelenato, pronto ad affondare i suoi denti pericolosi nel corpo impaurito della vittima. Rabbia. C’era tanta rabbia in quella stanza, tanto da volerlo fare a pezzi solo con l’uso delle parole. << Come puoi chiamarmi per nome!? Se non sai nemmeno chi sono!>>

L’uomo si inginocchiò a terra, come se le gambe non reggessero più il suo peso. << Non è vero! Io so chi sei! Sei mio figlio!>>

Tom rabbrividì. Maledetto… maledetto ipocrita. << Tuo figlio??>> Sputò a terra disgustato. << Non potrei mai essere il figlio di un lurido mezzosangue!>> Gli assestò un calcio in faccia. << Non osare!>> Gli girò intorno trafiggendolo con i suoi occhi lampeggianti di rosso. << Tu! E tutta la tua specie siete il cancro che ancora adesso rovina e uccide la stirpe dei Purosangue! Tu hai rovinato me!>>

L’uomo che ora era disteso sulla schiena, fece leva sul gomito per tirarsi su. << Tua madre mi ha ingannato! Perdonami se vi ho abbandonato! Ma come avrei potuto amarvi??! Lei mi ha incantato con la magia!>>

Tom si serrò i pugni, si abbassò su di lui quasi gentilmente; come se fosse un ragazzo dalle buone maniere. << Non mi interessa chiederti perdono! Ti avrei ucciso ugualmente, anche se non te ne fossi andato al diavolo.>> Sibilò come un serpente in preda al delirio di uccidere. Quell’uomo a lui sconosciuto non faceva una minima pena. Gli sputava addosso quelle menzogne solo perché voleva appiopparsi il diritto di rendere salva la sua vita; lo sapeva, lo capiva da quegli occhi terrorizzati, in grado di usare qualunque meschinità pur di non essere ucciso dalle più terribili maledizioni. Si rigettò in tutta la sua altezza, levò la bacchetta nell’aria, facendo scintillare quell’osso affilato. << Quella cagna non avrebbe mai dovuto chiamarmi con il stesso tuo nome disonorevole! E’ colpa tua se…>> Si morse la lingua odiando anche se stesso. Se non sono un purosangue! << Avada Kedavra!!! >> !!!!!!!! Urlò in quella notte di silenzio quell’incantesimo senza perdono, che fece breccia sul corpo di Tom Riddle Senior, uccidendolo per sempre…

 

Era di nuovo di fronte a Bellatrix. << Quella notte, uccisi anche i suoi genitori. Erano dei vecchi decrepiti. Dormivano quando l’ho fatto.>> Fece una pausa sentendosi libero. << Sai Bellatrix? Quella notte io sento di essere rinato in un certo senso. Anche se covo tanta rabbia per il destino che mi è stato affidato. Capisci? Per colpa dei miei genitori io non sono un Purosangue.>> Indurì i pugni. << E non lo sopporto!>>

Bellatrix aveva ascoltato quell’intero racconto con espressione divertita. Gli era sembrato di stare su un comodo divano a gustarsi un meraviglioso film dell’orrore. Ma dall’altra parte era dispiaciuta per lui. << Tu lo sei Tom. Come potresti non esserlo? Tu-sei-un-Purosangue.>> Pronunciò quell’ultima frase lentamente, come se volesse convincerlo. << Hai corso qualche rischio per quegli omicidi?>>

<< No. La colpa è ricaduta su mi zio Orfin. Ora se ne sta alla prigione di Azkaban. E in sua assenza, mi sono impossessato di qualcosa di molto prezioso, cara.>>

Bellatrix si staccò dal sedile della gigantesca poltrona, tirandosene quasi fuori. << Che cos’è? Che cos’è?!>>

<< Un anello.>> Si accovacciò sulle gambe, stando sotto di lei. << Ma tu non devi dirlo a nessuno. Queste cose devono rimanere tra noi per adesso. Mi fido di te, e fa che mi fidi anche in futuro.>>

Bellatrix appesantì le palpebre adorandolo. Era orgogliosa che Tom Riddle avesse scelto proprio lei. << Ma certo. Io non ti tradirò mai… perché…>> Imbarazzo nel guardare i suoi occhi verdi.

<< Perché?>>

<< Perché…>> Avanzò verso le sue labbra, con la tentazione di baciarlo.

Tom si rialzò sui tacchi, lasciandole baciare l’aria. << Si è fatto tardi, è meglio se torniamo al dormitorio.>>

Prima o poi sarebbe ceduto tra quelle labbra… lo sapeva.. In lei c’era qualcosa che lo attraeva, come lo attraevano spassionatamente i serpenti velenosi.

 


Allora che ne pensate??? Secondo voi Tom riuscirà mai a lasciarsi andare con Bellatrix?? ^_^ E sopratutto secondo voi ho fatto schifo o ho fatto un buo lavoro? hahahaha! wè! Tenete a bada gli insulti hahahaha bcixone a tutte. Uno speciale a Ladyriddle!! E grazie a chi è arrivata fino all'ultima riga! ^_^ alla prossima!

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