Always Be Together

di Faboulouis_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** "Non uscirei con te nemmeno se fossimo gli ultimi umani rimasti sulla Terra e avessimo il compito di mandare avanti la specie!" ***
Capitolo 3: *** Weakness. ***
Capitolo 4: *** We'll find a way. ***
Capitolo 5: *** I'm sorry for being such a fool. ***
Capitolo 6: *** Kissed. ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


                                                                                                                                    

 

Una polvere sottile attraversava l'aria.

I primi raggi del sole,quella mattina,mi sfiorarono gli occhi ancora chiusi e persi in un sonno profondo.

Appena li aprii,la vidi accanto a me. Mi sorrideva e mi accarezzava la guancia.

Poi sparì.

Cassidy,il suo sorriso dolce,il suo tocco leggero,sparirono come ogni mattina. E io mi ritrovai a sospirai,ancora una volta,alzandomi controvoglia dal letto,se così si poteva chiamare un materasso steso per terra.

Mi preparai un caffè veloce, e scesi giù,per girovagare un po' tra le strade di Londra.

Camminavo con la testa bassa,non guardando le vie e nemmeno a chi andassi addosso. Poi mi fermai bruscamente.

Con la coda dell'occhio vidi, dalla vetrina di un negozio,una commessa che esponeva un vestito a righe,rosso e blu. Fu strano,ma per la prima volta dopo tanto tempo,un sorriso affiorò sulle mie labbra. Quel vestito era identico a uno che avevo regalato a lei,a Cassidy,tanto tempo fa. O perlomeno a me sembrava tanto tempo fa.

Ricominciai a camminare,incerto sulla direzione da prendere. Entrai in uno starbucks per prendermi un frappè al cioccolato,e mentre vagavo ancora per le vie della città,in mezzo alla gente che attendeva di vedere il cambio di guardia a Buckingam Palace,o la folla interminabile creatasi per entrare al Madame Toussuds, o ancora i flash di qualche turista intento ad osservare da lontano la London Eye,troppo affetto da vertigini per solo provare a salirci sopra,mi ritrovai davanti al mio squallido appartamento che altro non era che due stanze: cucina,dove tenevo il mio materasso-letto e il bagno.

Depresso,molto probabilmente lo ero,come da un anno a quella parte,ormai. Rasarmi la barba per me era diventato un optional e comunque a lei piaceva quando la portavo,mi diceva che mi rendeva più sexy.

Però lei non c'era più,quindi tanto meglio farsela una rasatina.

Tornai in cucina,dopo aver finito con la mia barba, e mi soffermai a guardare una foto,posta su una mensola della cucina,che ritraeva me e Cassidy,il giorno del mio ventesimo compleanno.

Le avevo sporcato il naso e la bocca di panna,rubata dalla torta che mi aveva preparato insieme a mia sorella,Lottie.

Louis,smettila!La rovinerai tutta” mi urlava,mentre rideva e leccava le mie dita,sporche di panna. La sua voce e la sua risata contagiosa rimbombavano nella mia testa.

Le mie lacrime avevano smesso di cadere da un po', forse perché non ce ne erano più,di lacrime. Ne avevo spese così tante in quell'anno,che mi era sembrato peggio di una soap-opera.

Ma non pensate che la mia vita sia sempre stata così deprimente. Anzi. Del bello della mia vita,della mia vera vita,ne ho solo accennato.

Ed è qui che inizia la vera storia.

 

Ciaaaaaao,care! ;) Come và?

Alloors, inizio dicendo che tengo a questa ff,perché Louis è il mio preferito (senza togliere niente agli altri,ovviamente),quindi vorrei taaantissimo che questa storia avesse un po' più di considerazione dell'altra lol

Il prologo già fa capire un po' di cose (non sono molto brava con i misteri AHAHAHAH),ma non sapete le modalità,quindi questo sarà il bello da scoprire insieme! (Si,perché nemmeno io so cosa accadrà. Bene.) 

So,dunque,inZZomma, spero vi sia piaciuto come prologo e che vi abbia intrigato,ogni critica è ben accetta come anche qualche complimento (LOOOL) 

A 2 recenzion continuo! (?)

-Noe:)

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Capitolo 2
*** "Non uscirei con te nemmeno se fossimo gli ultimi umani rimasti sulla Terra e avessimo il compito di mandare avanti la specie!" ***



 

 

                                                   

 

 

Non uscirei con te nemmeno se fossimo gli ultimi umani rimasti sulla Terra e avessimo il compito di mandare avanti la specie!”

 

La mia città natale si chiama Doncaster. E' lì che sono nato e vissuto per molto tempo. Ero il maggiore di quattro sorelle,che vidi tutte

nascere.

Vivere in mezzo a tutte quelle donne non era facile,ma a quanto pareva a loro piaceva l'idea di avere un fratellone e a me piaceva renderle

felici. Charlotte, o Lottie, Felicité,ovvero Fizzy, Daisy e Phoebe erano le donne che più amavo,insieme a mia madre,Johanna.

Ero un mammone,lo ammetto. Fin da piccolo,adoravo accoccolarmi accanto a lei,vicino il camino,d'inverno,quando fuori nevicava molto e

le scuole erano chiuse. Poi,crescendo,mi sono allontanato un po' da lei,anche se non mancavo di dimostrarle il mio affetto,ma da ragazzo

forte e maturo,come avrei dovuto essere, da me ci si aspettava un comportamento adulto e meno mammone. Beh,in effetti a me non

piaceva. Avrei voluto restare per sempre bambino,per sempre giovane,un po' come Peter Pan.

A scuola ero un terremoto,combinavo sempre guai e passavo più tempo in presidenza che in classe. “Cosa hai combinato sta

volta,Tomlinson?” . Così mi accoglieva,ogni volta la preside. E poi mi offriva un cioccolattino e me ne andavo fuori di lì,come se non fosse

successo niente.

Ero fatto così e proprio questo era il bello di essere me stesso.

Adoravo viaggiare,ma non viaggiavo davvero molto. Con una famiglia del genere,essendo l'unico vero uomo di casa,non potevo

permettermi certi divertimenti.

Avevo un migliore amico,Stan. Con lui condividevo ogni cosa, e ci comportavamo peggio di due migliori amiche con problemi ormonali.

Ma lui mi ascoltava,stranamente, anche nelle mie pazzie più assurde. Mi tirava su di morale nelle giornate no e mi aiutava con la scuola

anche se nemmeno lui era una cima.

Non ero un donnaiolo,come si potrebbe pensare,guardandomi. (Modestamente,la mia bellezza è paragonabile a quella di Di Caprio di

Titanic * quanti “di” ho scritto? Bah!* ).

Preferivo divertirmi con gli amici,piuttosto che stare a sbaciucchiarmi o fare altre cose con una ragazza, non che di amiche non ne

avessi,comunque.

Stan era innamorato perso di Stephanie,invece.

<< Oh dai Stephanie,non ti chiedo molto! Solo un appuntamento! >> la pregava così Stan,rincorrendola per i corridoi di scuola. Lei

continuava a negarglielo e intanto rideva sotto i baffi,come tutti gli altri spettatori di quella scena,d'altronde.

<< Non riuscirò mai a conquistarla >> si lamentava con me.

<< Magari la mamma ti invita alla sua festa di compleanno! >> scherzavo io. Sembrava quasi che la madre di Stephanie fosse cotta di

Stan,nonostante avesse un marito e due figlie. Avrebbe finito per essere gelosa della figlia.

<< Simpatico,Lou,davvero simpatico,il mio morale è alle stelle,ora. >> Risi. << Dai,cosa vuoi che faccia? Vuoi che le parli? Magari riesco a

fartelo ottenere,un appuntamento... >> - << Perché con le tue preghiere dovrebbe cedere e con le mie,no? >> chiese Stan,infastidito.

<< Perché io so usare lo sguardo seduttore,tu no! >> - << Fanculo,Tomlinson >> mi disse,imbronciato. Risi sguaiatamente,mentre la

campanella suonava.

 

<< Quindi,Steph,ti chiedo di dargli solo una possibilità! Avanti lo sai che è un bravo ragazzo ed è innamorato di te dall'asilo! >>. Sorrise.

<< Si,lo so... >> sospirò. << Va bene,digli di venire a casa mia per il compleanno di mia madre. Almeno non sarà troppo intimo come

primo appuntamento,poi vedremo! >> - << Grande,Steph! Non te ne pentirai! >> urlai,correndo per andare a comunicare la notizia a

Stan,mentre lei scuoteva la testa,divertita.

 

<< Allora,il tuo sguardo seduttore ha funzionato? >> mi chiese il mio amico,ancora un po' imbronciato per prima. << Oh,si, io sono un

professionista! >> - << Davvero? E quindi dove ci vediamo,a che ora?! >> mi chiese,tutto fremente d'eccitazione.

<< Ehm...beh..quello è il problema. Ti ha invitato a casa sua.Per la festa di compleanno della madre... >>. Il sorriso di Stan scomparve di

botto,lasciando lo spazio a un'espressione sbalordita,che mi fece ridere.

<< Stai scherzando,vero? >> mi chiese lui.

<< No! Beh,almeno non te lo ha chiesto sua madre,direttamente... >> fu la mia risposta,soffocata dalle sue risate. << Fanc.. >> - << Si,si

lo so Stan,lo so che mi vuoi bene >> lo interruppi io,ancora ridendo,mentre lui mi guardava male.

Il giorno seguente lo preparai decentemente per “l'appuntamento”, e ,con tutta la sua impacciataggine, riuscì ad arrivare a quella

maledetta festa. Ogni tanto mi mandava un messaggio per farmi sapere come stava andando,mentre io mi crogiolavo sul divano,giocando

alla play. << Boobear,ma stasera non esci? E' sabato! >>. Ancora mi chiamava con quello stupido soprannome,mia madre. Io la guardai

male,poi risposi << Stan è ad un appuntamento >> - << E gli altri? Qualche ragazza? >> insistì lei,maliziosamente. << Lo sai che non ci

sono ragazze,mamma! Quelle poche amiche che ho sono tutte fidanzate! E poi preferisco giocare alla play piuttosto che stare con una

ragazza! >>. Mia mamma non era mai stata convinta di questo discorso. Infatti la vidi scuotere la testa,sorridendo,ma non replicò.

 

La mattina dopo la mia sveglia suonò alle sette. Alle sette. Di domenica. Dire che distrussi quell'aggeggio con un solo

pugno,frantumandolo in mille piccoli pezzi, è riduttivo. Odiavo quel coso inutile. Ma dopo avermi svegliato,non c'era modo di farmi

riaddormentare. Sgattaiolai fuori dalla mia stanza,in silenzio,per non svegliare tutte le donne. Mi fiondai in cucina,desideroso di cioccolata

calda. Con un po' di latte aggiunto e qualche biscotto,feci la mia colazione,dopodiché non avevo la minima idea di cosa fare. Era ancora

presto. Di studiare,a quell'ora, non se ne parlava. L'unica cosa da poter fare era uscire,vagare per la città di Doncaster,senza preoccuparmi

di niente. Magari avrei fatto la spesa,così mia madre avrebbe trovato una sorpresa e una commissione in meno da dover fare,al suo

risveglio. Presi il mio giubbotto di pelle e uscii,facendo attenzione a non sbattere la porta di casa,uscendo. Salutai con una carezza

affettuosa,Max,il cane di Phoebe e di Daisy. A quell'ora, per le strade di Doncaster c'era ancora una fitta nebbia che permetteva di vedere

ben poco,ma a piedi la strada era facile e l'avevo percorsa così tante volte da non potermi perdere.

Come non detto.

Vagavo da una buona mezz'ora quando realizzai di essermi perso. Per fortuna la nebbia iniziava a diradarsi e le prime macchine a fare la

loro entrata in scena. Aspettai ancora un po',non allontanandomi troppo dalla via che riportava a casa,quando,finalmente, iniziai a vederci

chiaro. Riconobbi le case intorno a me. Non mi ero allontanato molto da casa,al massimo tre isolati. Erano le otto e mezza e ipotizzai che il

supermercato fosse già aperto a quell'ora,così mi diressi verso quello più vicino e dove più spesso andava mia madre. Mentre

camminavo,ero assorto nei pensieri. Pensai a come sarebbe potuto andare il così detto “appuntamento” di Stan,alla faccia di mia madre al

solito discorso “preferisco la play alle ragazze”,al mio menefreghismo riguardo questo argomento che non avevo mai toccato nei miei

pensieri. Pensai che,forse, ero stato troppo tempo circondato da sole donne,per desiderarne un'altra al mio fianco. Pensai di essere

vulnerabile e di volere libertà,non una relazione fissa,intrisa di gelosie e tradimenti. Erano pensieri che,davvero, non avevano mai sfiorato

nemmeno l'anticamera del mio cervello,prima d'ora,nemmeno quando il “problema”,se così si poteva chiamare,mi veniva presentato da

mia madre o da una delle mie sorelle. Quindi ero piuttosto concentrato e avrei potuto superare il supermercato,se non avessi visto

l'insegna luminosa del bar di fronte. Così,essendo le porte scorrevoli già aperte,entrai nel magazzino,che tanto grande non era,ma aveva

tutto l'occorrente. Non avevo fatto una lista della spesa,a dire la verità,ma avevo in mente le cose di cui avevamo bisogno. Iniziai a vagare

per gli scaffali,ancora mezzi vuoti per l'ora e forse perché i rifornimenti erano arrivati in quei giorni e bisognava ancora sistemarli. Avevo

un piccolo carrello in cui gettai qualche bottiglia di latte,formaggio,tovaglioli e qualche schifezza che avrebbe fatto piacere a Lizzy.

Mi stavo dirigendo nel reparto dei biscotti,quando,girato l'angolo, mi scontrai con una ragazza. Anche lei stava girando l'angolo e non mi

aveva visto. << Oddio,scusa! >> mi disse,imbarazzata. Aveva varie cose in mano che le erano cadute a causa dello scontro. Capii che era

una dipendente del supermercato dal completo che aveva e così mi affrettai ad aiutarla a raccogliere le cose cadute. << Scusa tu, non ti

avevo vista >> le sorrisi io. Lei fece lo stesso e mentre raccattavamo le cose,accovacciati a terra, i nostri sguardi si scontrarono. Ebbi il

tempo di perdermi nei suoi occhi. Erano castani,ma di un castano chiaro,tendenti al verde,verde oliva. Stavano fissando i miei azzurri,le

labbra sottili si aprirono un po', per lasciare spazio a un'espressione che sembrò di stupore. Le poche lentiggini spruzzate sul viso,furono

nascoste dall'arrossire delle guance,dovuto forse all'imbarazzo che le fece anche distogliere lo sguardo dal mio. Io rimasi ancora a

guardarla. Era bellissima. Lei,poi si alzò con le sue cose in mano e mormorò un impacciato 'grazie' per poi superarmi e allontanarsi verso

un altro reparto. Rimasi immobile per qualche secondo,nei quali realizzai di aver già visto quella ragazza,tra i corridoi di scuola.

Dopo un altro paio di giri,mi avviai alla cassa dove ritrovai lei.

<< Cassidy Osborne! >> esclamai,ripresentandomi di fronte a lei. Cassidy alzò lo sguardo dalle carte che stava guardando e con

nonchalance disse: << Si,Louis Tomlinson >>. Riprese a guardare le carte. << Allora,posso pagare queste cose? >>. Lei sbuffò e iniziò a

passare le mie compre. Dopo un secondo ricominciai. << Sono famoso,a quanto pare! >> dissi spudoratamente.

<< Anche io, a quanto pare! >> disse lei ,indifferente,imitando il mio tono. << Per me si! >> le sorrisi. Lei finì il suo lavoro e mi fece,quasi

scocciata,il conto. Pagai e aspettai che mi desse il resto. << Allora, a che ora ti passo a prendere? >> le chiesi,curioso della sua risposta. <<

All'ora che si chiama 'mai' >>. Aspettavo di peggio,è recuperabile,pensai. Feci una risatina,mentre lei mi guardava con gli occhi ridotti a

due fessure. << Ho altri clienti,vedi di sparire >> mi disse,tagliente. In fila c'erano altre due persone che aspettavano,impazienti. Mi

spostai dalla fila e mi accostai a lei,lasciando spazio agli altri clienti. << Me ne vado solo se tu mi dici di si! >>. Lei fece una risata. << No.

>>. Mi guardò davvero male. << Bene,allora starò qui tutto il giorno a tormentarti! >> - << Il latte andrà a male se non lo metti in

frigorifero,va' a casa >> mi disse,come se fossi un bambino. Sorrisi. Il suo umorismo mi piaceva. << Il latte è a lunga conservazione >>

risposi,compiaciuto di stare al suo stesso livello. Lei sospirò,irritata, poi mi guardò e con il suo sguardo mi trafisse. << Non uscirei con

te,Tomlinson, nemmeno se fossimo gli ultimi umani rimasti sulla Terra e avessimo il compito di mandare avanti la specie, non mi affiderei

a te nemmeno se stessi per cadere in un burrone e tu fossi l'unica mano libera per aiutarmi. Non parlerei con te nemmeno se fossi l'unico

disponibile a farlo, non mi fidanzerei con te nemmeno se il mio oroscopo dicesse che sposerò un certo Louis Tomlinson e io mi fido

MOLTO dell'oroscopo! Non farei nulla con te, nemmeno se minacciassi di toglierti la vita per me,Tomlinson! >> concluse,riprendendo

fiato. Io ci rimasi di stucco,ma non mi arresi. << Tu non mi conosci,Osborne! >> risposi a denti stretti. << Oh,si, che ti

conosco,Tomlinson,dalla prima elementare! Sei tu che non conosci me! >> disse,spazientita. << Che ne sai che io non ti conosca meglio

di quanto tu conosci me?! >> chiesi,avvicinando il mio sguardo al suo. Lei mi fissò e dopo qualche secondo mi rispose,sempre tagliente:

<< Non mi avresti chiesto di uscire con te,se mi avessi conosciuta davvero >>.

 

TADAAAAAAAAAAAAN (?)

ALLORA VI E' MUCHATO IL CAPITOLO?

FATEMI SAPERE LA VOSTRA FLASH OPININIONE E...

PASSIAMO ALLE NOTIZIE DELLE 13.30.

 

 

ADIOS MUCHACHOS (NON CHIEDETEMI COME L'HO SCRITTO PERCHE' NON SO UN H DI SPAGNOLO. )

TAAAANTE GRAZIE A Sara_Scrive per il banner! *-*

ci sentiamo donne <3 recensite, e a 3 recenzzzzioni (?) posto il prossimo capitolino!

Noe:)

 

 

 

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Capitolo 3
*** Weakness. ***


                                                      

                                                                                                                                                                                                                                                                                                               Weakness.

Era stata una bella scossa quella che mi aveva dato Cassidy. Non sapevo perché, ma non mi ero mai interessato in quel senso a una

ragazza e per questo ero piuttosto perplesso. Immerso nei miei pensieri,rientrai a casa,posai le buste sul tavolo,davanti alla faccia

sbalordita di mia madre, e mi richiusi in camera. Chiamai Stan, e dopo qualche squillo, mi rispose una voce assonnata. << Cosa

vuoi,Louis? >> mi rispose quasi irritato. Io risi. << Hai fatto le ore piccole,Stan? >> chiesi ironico. << Ahaha. Simpatico. Sono andato a

dormire tardi e sono le nove e un quarto! >> - << Ma volevo sapere come era andata la serata! >> protestai io,ridendo. <<

Mmmm,bene,poi ti racconto. Ora torno a dormire! >> - << Si, beh..quando ti svegli vieni da me,devo parlarti >> - <
Lou! >> - <> - << E' ugual... >>. E poi riattaccò,probabilmente si era già riaddormentato. Sospirai senza

sapere il perché. Ripensai a quello che mi aveva detto Cassidy; perché non le avrei chiesto di uscire se l'avessi conosciuta? Forse era già

fidanzata, pensai. In effetti tra i corridoi di scuola l'avevo vista in compagnia di alcuni ragazzi, ma erano sempre diversi. Forse erano solo

amici, e allora perché? Mentre continuavo a spremere le meningi su quell'argomento, entrò in camera mia Daisy che mi atterrò sulla

pancia, facendomi piegare in due dal dolore. << Scusa, Lou! >> rise lei. << Cosa fai, sei impazzita? >> le chiesi, togliendomela di dosso.

<< Volevo spaventarti e poi ti volevo chiedere se potevi aggiustarmi la bambola che mi ha rotto Phoebe! Guarda, le ha staccato un braccio!

>> iniziò a piagnucolare la mia sorellina. << Avanti, da qua', fammi vedere >>. Si era staccato un braccio, ma era uno di quelli rimontabili

facilmente, così l'aggiustai, meritandomi un bacio sulla guancia da Daisy, che uscì saltellando dalla mia camera. Scesi dal letto e mi chiusi

in bagno, decidendo di fare una doccia calda. Non appena finii, sentii il campanello suonare, così scesi, pensando fosse Stan.

Mi ritrovai davanti lei, Cassidy. Ci guardammo per qualche secondo in silenzio, io con una faccia sbalordita e lei con una che sembrava

dispiaciuta. << Hai dimenticato questo in cassa. >> mi disse, mostrandomi un pacchetto di caramelle che avevo comprato per le gemelle (

* ho fatto rima lol*). Me lo porse, facendomi un timido sorriso. << Grazie! >> le risposi imbarazzato. << Senti, volevo scusarmi per quello

che ho detto prima, alla cassa. Non ero in me, ero solo nervosa, e..e.. mi sono svegliata con la luna storta,ecco tutto! >> si giustificò

lei,iniziando ad arrossire. Io la guardai, sorridendole bonariamente. << Non devi scusarti, sono stato io lo sfacciato, perdonami >>. Lei mi

sorrise di nuovo, questa volta senza timidezza. << Perdonato, ma sta comunque attento, la prossima volta, a quello che mi chiedi. >> mi

ammonì,lei. << Lo farò >> le risposi, cauto. Lei annuì e mi salutò con un cenno del capo. La osservai uscire dal cancelletto di casa mia e

riprendere i suoi passi per andare di nuovo al supermercato.

Stavo per richiudere la porta, quando sentii la voce di Stan chiamarmi. Veniva dalla parte opposta alla quale era venuta Cassidy. Appena mi

vide, fece una faccia interrogativa. << Che c'è? >> gli chiesi, irritato, facendolo entrare in casa. << Quella era Cassidy Osborne? >> mi

chiese con un sopracciglio alzato, in segno di perplessità. << Si, e allora? >> - << E allora da quando te la fai con Cassidy Osborne? >> mi

chiese, ancora perplesso. << Non me la faccio né con lei, né con nessun' altra! >> gli risposi, ancora più irritato. << E perché allora era

qui? >>. Sospirai, allentando la tensione. << E' di questo che ti volevo parlare.. >> - << Sono tutt'orecchi! >> mi disse il mio amico,

sistemandosi comodamente sul divano. Lo guardai per qualche istante, poi anche io mi sedetti. << Stamattina mi sono svegliato presto a

causa della sveglia del cazzo che mi hai regalato.. >>. Stan sghignazzò. << E così ho deciso di andare al supermercato a fare la spesa. Dopo

essermi perso, sono arrivato e.. >> - << La prossima volta ti regalo un Tom Tom, allora! >> mi interruppe Stan, ridendo. Risi anch'io e poi

ripresi. << Stavo dicendo che tra i reparti mi sono imbattuto in lei e l'ho aiutata a raccogliere delle scatole che le erano cadute, senza

all'inizio ricordare chi fosse. Poi mi è venuto in mente e alla cassa ho iniziato a fare lo sfacciato con lei, chiedendole a che ora sarei potuto

passarla a prendere e cose così. Lei ha risposto a tono a tutte le mie provocazioni, fino a che mi ha detto che se davvero l'avessi conosciuta,

non le avrei chiesto di uscire. >> - << E poi? >> chiese Stan, a bocca aperta. << E poi niente, se n'è andata e io ho fatto lo stesso. Poi

adesso è venuta qui per riportarmi delle caramelle che avevo dimenticato in cassa e per scusarsi del suo comportamento, ma mi ha

avvertito di stare attento a quello che le chiederò la prossima volta... è piuttosto enigmatica come ragazza! >>. Stan scoppiò in una risata

fragorosa che durò a lungo. Io lo guardavo senza capire il motivo di tanta ilarità. << Oddio, Lou, ahahah! Ma stai scherzando, vero? Quella

ragazza è aperta come un libro, e come le sue gambe! >> - << Le sue gambe? >> chiesi stranito. << Si, Louis! Ma non te ne sei mai accorto

che sta sempre con ragazzi diversi a scuola? >> - << Si,beh.. ma pensavo fossero amici.. >> risposi con voce flebile. Lui invece ricominciò

a ridere. << Amici? Davvero lo credevi? Nono, Lou! Sono tutti quelli che la pagano per fare una scopata e via! >>. Rimasi sconvolto. <<

Una scopata e via? Ma perché? >> chiesi. << Non lo so, sono affari suoi, so solo che è brava e basta perciò è più “ richiesta” delle

cheerleaders! >> sghignazzò Stan. Mi rabbuiai. << Anche tu lo hai fatto? >> - << Cosa? >> - << Anche tu l'hai pagata per una scopata e

via? >>. Stan rimase in silenzio e da quello capii che lo aveva fatto. Mi alzai dal divano per andare in camera mia. << Ehi, Lou! Aspettami!

>> gridò Stan, rincorrendomi. << Non voglio ascoltarti! >> urlai dalla mia camera, sbattendo la porta. Sentii Stan bussare alla porta,

sussurrando un “mi dispiace”. Poi lo sentii scendere le scale e andare via da casa mia.

Perchè, perché mi ero arrabbiato così tanto con Stan? D'altra parte era colpa di quella ragazza se faceva quello che faceva, ma Stan era

caduto nella trappola, se ne era approfittato senza capire davvero quella ragazza e andando con lei, aveva anche tradito Stephanie, se il suo

amore era vero. Sospirai. Non lo sapevo, non sapevo cosa mi aveva colpito in quegli occhi, che cosa nella sua espressione del viso sorpreso

mi aveva fatto battere il cuore più velocemente, non la conoscevo eppure mi aveva fatto effetto. Decisi di doverla conoscere. Ma non come

lei si aspettava che facessi.

Il giorno dopo, un lunedì grigio, a Doncaster, mi svegliai presto e mi preparai le parole da poter dire a Cassidy. Camminavo avanti e

indietro, davanti lo specchio, inconsapevolmente nervoso, fino a quando non mi accorsi che avrei fatto tardi se non fossi uscito subito.

Arrivato a scuola, per fortuna mancavano ancora dieci minuti alla campanella, così mi misi a cercare Cassidy nei corridoi,tra gli armadietti,

tra le classi già mezze piene. Finalmente la vidi con le spalle ad un armadietto, forse il suo o quello del ragazzo che le stava davanti con una

mano sul suo fianco e che le parlava, sorridendo come un ebete. Lei faceva lo stesso, sorrideva, ma riuscii a notare che quel sorriso, dietro

la maschera del seduttore, nascondeva una profonda tristezza, rabbia e rassegnazione. Se fosse stato per lei non avrebbe fatto tutto quello

che faceva, perciò doveva essere qualcuno o qualcosa ad obbligarla. Scossi la testa. Erano tutte supposizioni, che mi sembravano tanto

ovvie, quanto improbabili. Il fatto era che quello che mi aveva attratto, nel suo viso, era una richiesta d'aiuto che sperava di trasferirmi solo

con uno sguardo. Ma perché a me? Che ne sapeva che io non ero come tutti gli altri ragazzi che la notavano solo per le curve che aveva?

Cosa l'aveva spinta a chiedere aiuto proprio a me? Domande senza risposta che mi frullavano in testa, mentre cercavo il coraggio di andare

da lei e parlarle, ma con quel ragazzi di almeno 100 kg solo di muscoli, il mio coraggio stentava a comparire. Stan mi si affiancò. << Hey,

Lou >>. Io non gli risposi e rimasi a fissare Cassidy. Per un momento lei si voltò e i nostri sguardi si incastrarono alla perfezione come una

chiave nella sua serratura. Io cercai di trasmetterle il mio bisogno di parlarle, ma non sapevo se mi aveva compreso quando mi fece

semplicemente un sorriso timido e rivolse di nuovo la sua attenzione all'imbusto (?) di fronte a lei.

Mi accorsi solo allora che Stan aveva iniziato a parlare e che chissà quante parole aveva già detto, poiché quando doveva scusarsi per

qualcosa, attaccava a parlare a raffica ed era difficile seguirlo o fermarlo. Perciò mi limitai a guardarlo negli occhi e attraverso quelli, che

sono lo specchio dell'anima, riconobbi che diceva la verità, che era davvero dispiaciuto, e per questo lo perdonai.

La campanella suonò e tutta la massa di studenti della Doncaster High School si riversò nelle classi. Io cercai di seguire con lo sguardo

Cassidy e mi accorsi, con disgusto, che il coglione di prima le aveva messo una mano sul sedere, mentre la accompagnava in classe. Ma la

cosa che più mi dava fastidio, e che mi procurava grattacapi, era il comportamento di lei: perché non impediva tutto questo? Perché si

faceva, evidentemente, usare da quei palestrati senza cervello? E cosa voleva ottenere facendo ciò?!

Prestai poca attenzione alla lezione di storia, con la professoressa che blaterava date su date e cercava di attirare l'attenzione della classe

che, ovviamente, faceva tutto tranne che seguire la lezione. Stan era alla classe di algebra e io mi chiedevo cosa, invece, stesse facendo

Cassidy, se quel cretino senza pudore stesse a lezione con lei o, se peggio ancora, nessuno dei due fosse a lezione, ma da qualche altra

parte, insieme. Scacciai dalla mia mente quei terribili pensieri, eppure un cattivo presentimento persisteva in me, come a volermi divorare

per spingermi verso qualcosa, verso di lei. Senza pensarci due volte, chiesi alla prof di andare al bagno, e lei, rassegnata, me lo concesse.

 

I bagni delle ragazze e dei ragazzi erano vicini e quando mi avvicinai, di soppiatto, a quello delle ragazze, sentii un singhiozzare sommesso,

come se qualcuno stesse piangendo, ma non voleva farsi scoprire. Entrai, incurante delle persone che mi avrebbero potuto vedere. Man

mano che mi avvicinavo all'ultimo bagno della fila, il pianto diventava più forte. Bussai piano e il pianto si interruppe bruscamente. << Chi

è? >> chiese una voce, spezzata. << Sono io >>. Non sapevo perché avessi detto “io” e non “ Louis”, mi era sembrata una cosa naturale da

dire, come se io e Cassidy ci fossimo conosciuti da anni e fossimo migliori amici. Lei aprì piano la porta, cercando di asciugarsi le lacrime e

sistemarsi il trucco colato alla bell'e meglio. Aveva il viso basso, forse troppo imbarazzata perché l'avevo scoperta in un momento debole.

Io la guardai intensamente e le alzai il viso per farmi guardare dritto negli occhi. I suoi, di occhi si riempirono di nuovo di lacrime e si gettò

tra le mie braccia. Io la strinsi forte a me, senza parlare, mentre lei singhiozzava e mi bagnava e sporcava la maglia. Restammo così

avvinghiati fino a quando la campanella non suonò. Poi Cassidy si staccò, prese la sua borsa e uscì dal bagno, senza dirmi una parola. 

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Capitolo 4
*** We'll find a way. ***


                                                                                                                    

WE'LL FIND A WAY.

 

Dopo quello che era successo, non la vidi più, né a scuola, né in città. Mi parve di scorgere la sua chioma biondo cenere vicino una classe, ma poi ci sgusciò dentro, insieme a un ragazzo e io non ebbi il tempo di parlarle e chiederle che significato avesse quanto era successo. Ne parlai con Stan, sperando che mi potesse dare una mano. << Cercala, fai finta di voler avere una scappatella con lei e invece di darci dentro, parlate >>. Lo guardai male. << E questa sarebbe la tua brillante idea? >> chiesi, scettico. << Secondo me è perfetta! >>. Scossi la testa. << No, secondo me no. Sai perché? Perché lei mi guarda come se cercasse aiuto, come se io potessi essere l'unico a farla uscire dalla situazione in cui si trova. No, no ci deve essere un altro modo >> - << Come sei complicato, Lou! Tutte le ragazze ti guardano così, non c'è bisogno di interpretare degli sguardi! >>. Riflettei per qualche secondo. << Questa volta è diverso. >>

E lo sarebbe stato per davvero.

Dopo qualche minuto di silenzio, dopo un clacson suonato in lontananza e dopo che il sole si era nascosto dietro le nuvole, Stan parlò di nuovo. << Allora valle semplicemente vicino e parlale, come fanno tutte le persone normali! >> - << Non so se funzionerebbe. Lei vuole farsi vedere forte davanti agli altri, non una che che ci parla e basta con i ragazzi. Quando mi ha pianto tra le braccia ha rivelato la vera se stessa, è una ragazza distrutta dentro. Poi però non ha detto una parola ed è come scappata via da quella se stessa debole, che non vuole o forse non deve essere..c'è come qualcosa che la obbliga, ne sono sicuro, non può davvero essere così... >> - << Lou, sai cosa? >> - << Cosa? >> - << Dovresti fare lo psicologo >> - << Già >>.

<< Sai perché piangeva quando l'hai trovata? >> - << No, non lo so ed è quello che voglio scoprire >>.

 

Ero stanca, Lou. Ero tanto stanca.

 

Il giorno dopo decisi di andare io a fare la spesa. Era una scusa per vedere e magari parlare con Cassidy. Mia mamma fu molto sorpresa del mio sacrificio, ma non si scandalizzò più di tanto come fece, invece, Lottie. << Tu che vai a fare la spesa? HAHAHAHAH >>. Sbuffai e la lasciai ridere da sola. Quella volta non mi persi, ma probabilmente solo perché non c'era la nebbia. Arrivai presto al supermercato e l'aria condizionata mi schiaffeggiò quasi, ma fu un sollievo, dopo il caldo che ancora faceva ad ottobre. La vidi subito. Indossava il solito completo da commessa, ma sotto di esso aveva una maglia a fiori e aveva i capelli raccolti in una treccia sbarazzina. Presi le quattro cose che erano scritte sulla lista di mia madre e mi avviai alla cassa. Mi bloccai notando che, quello che sembrava il direttore del supermercato, con una faccia nervosa, stava parlando a Cassidy. << Ehi, Cassidy, devo dirti una cosa e non credo ti piacerà... >> - << Cosa è successo, signor Payne? >> chiese lei, sorridendogli, nonostante la notizia non sarebbe stata bella. << Cassidy... >> il direttore sospirò. << Devo licenziarti, mi dispiace, ma non... >> - << Perché?! Perché sono andata a letto con suo figlio e si vergogna di esserci venuto anche lei a letto con me? Si vergogna di aver tradito sua moglie con una ragazza che ha la metà dei suoi anni?! >> lo interruppe lei a denti stretti, quasi sputando quelle parole. << Non dire più una parola, puttanella! >>. Le aveva bloccato le braccia in una morsa d'acciaio. Senza pensarci due volte, uscii da dove mi ero nascosto fino a quel momento e diedi una spinta all'uomo che teneva Cassidy prigioniera. << Louis! >> esclamò lei. << La. Lasci. Stare. >> scandì bene quelle tre parole, rivolte al signor Payne. Già avevo sentito quel cognome e non mi ricordava niente di buono. Lui mi si avvicinò e, con la faccia a tre centimetri dalla mia, disse: << Vedi di far stare zitta la tua amichetta o la farò pagare ad entrambi >>. Io continuai a guardarlo, mantenendo la testa alta e non facendomi vedere debole davanti a lei. << E tu oggi sgombri e te ne vai! >> disse a Cassidy, puntandole un dito contro e andandosene nel suo ufficio, asciugandosi il sudore con un fazzoletto di stoffa. Io mi voltai verso Cassidy. << Stai bene? >> le chiesi, guardandola preoccupato. << Benissimo >> mi rispose indifferente, come se non fosse successo niente, iniziando a passare le cose che avevo preso. Mi aspettavo una spiegazione, o perlomeno un 'grazie'. << Sono 13.70 £ >>. Le diedi i soldi, ma poi ripresi. << La devi finire di ignorarmi. Sono giorni che non ti vedo, come se mi stessi evitando e appeno ti libero dalla presa di uno psicopatico maniaco, tu non mi dici nemmeno 'grazie'? E non mi hai ancora spiegato cos'è successo l'altro giorno, perché piangevi? Perché ti sei gettata nelle mie braccia? Cassidy, guardami. Perché? >> . Lei alzò lo sguardo e sospirò. Pensai che finalmente mi avrebbe spiegato un po' di cose. Invece si alzò dalla sedia su cui era seduta e puntò i suoi occhi, accesi di rabbia, nei miei. << Primo, non ho bisogno del tuo aiuto, non te l'ho chiesto e so cavarmela da sola. Secondo, quello che è successo l'altro giorno lo devi dimenticare, non ero io e non ho il dovere di spiegarti proprio niente, perché tu non sei nessuno per me e non mi conosci, quindi non hai il diritto di giudicarmi e di chiedermi niente che io non voglia dirti! Non mi sono strusciata addosso a te, Tomlinson. E' inutile che ci speri. Se vuoi che io lo faccia sono libera dal martedì al sabato dalle 14.00 alle 23.00 >>. Si rimise seduta, noncurante del mio sguardo sbalordito. Scossi la testa e iniziai a ridere. Lei ancora più irritata e nervosa mi chiese: << Perché ridi? >> - << Mi fai schifo, Cassidy. Pensavo davvero che tu fossi diversa, che tu fossi migliore >> - << Ti sei sbagliato, te l'ho detto che non mi conosci! >> - << Oh, ora si, tranquilla >>. Presi le mie cose e uscii dal supermercato.

 

Quelle parole mi fecero malissimo. Avrei voluto dirti che la verità era un'altra. Che volevo solo lasciarti fuori dal mio giro, da tutta la mia vita, che non meritavi quello che ogni giorno ero costretta a subire io. Tu avevi una bellissima vita, una bellissima famiglia e io non dovevo intromettermi, ma la verità assoluta era che io avevo un bisogno disperato di te, di sentirmi protetta come avevi fatto prima, io lo avevo apprezzato, ma non potevo dirti quel maledetto 'grazie' perché poi tu ti saresti fatto coinvolgere troppo e quello non doveva succedere. Non lo sai, ma quando uscisti da quel supermercato scoppiai a piangere.

 

Non potevo credere di essermi illuso in quel modo. Ero stato cieco fin dall'inizio e ero stato convinto di poterla aiutare, ma la verità era che non poteva essere aiutata perché lei non lo voleva.

Mentre tornavo a casa, quel giorno, mi aggredirono.

Si piazzarono in quattro davanti a me, ed erano quattro di quelli della squadra di football, quelli grossi. << Lascia stare Cassidy, lei è nostra >> - << Non va con tipi come te. >> e dopo avermi picchiato a sangue, nonostante avessi provato a difendermi, uno di loro se ne uscii così: << Se ti riavvicini a lei, ti daremo una seria lezione >>. Restai lì, agonizzante, in un vicoletto di Doncaster, fino a quando non scese la sera. Quando riacquistai le forze, chiamai Stan per farmi venire a dare una mano. << Ehi amico, sei messo male >> - << Dici? >> - << Chi è stato il fottuto bastardo che ti ha ridotto così? Io lo ammazzo! >> - << Non credo ci riusciresti. Erano in quattro ed erano della squadra di football >> - << Tutto muscoli e niente cervello, eh? >> constatò, arrabbiato il mio amico. << Già >>.

Non gli raccontai del mio fallimento con Cassidy. Non volevo che lui mi consolasse per qualcosa su cui aveva sempre avuto ragione e poi, dopo che quei quattro mi avevano pestato, la mia speranza di ' aggiustare' Cassidy si era riaccesa, più di prima, alimentata dalla rabbia e dal forte sentimento che provavo per lei, senza nemmeno sapere quale fosse precisamente. Da una parte ero arrabbiato con lei per il semplice fatto che non si lasciava aiutare, ma poi c'era qualcos'altro, quel qualcosa che mi invogliava ad aiutarla nonostante la sua testardaggine. Avevo il presentimento che quei quattro tarzan avessero come paura di me, che mi avessero pestato per farmi arretrare. Sapevano che Cassidy era facilmente influenzabile e prima o poi avrebbe ceduto e avrebbe abbattuto tutte le barriere che si era creata intorno a sé.

Cercai di nascondere i lividi a mia madre e alle mie sorelle con il cappuccio della felpa e corsi in camera mia, dicendo che non avevo fame. Per non so quanto tempo rimasi steso sul letto, come un morto e al buio, a cercare di pensare, di trovare un altro modo per convincerla, ma non mi venne in mente nulla. Sapevo solo che dovevo riuscire a far riemergere la vera lei, che avevo conosciuto solo una volta, poi il resto sarebbe venuto da sé.

Mi addormentai con la testa che mi scoppiava e il suo volto sorridente nella mia mente. Un raggio deciso si piantò sui miei occhi e mi svegliò. Mi sentivo tutto indolenzito dal pomeriggio prima e la voglia di alzarmi era pari a zero. Nonostante questo, mi alzai, mi preparai e, sempre con un cappuccio che mi copriva per bene la faccia, entrai a scuola. Era affollata, come al solito e perciò cercai di nascondermi tra la folla. Al mio armadietto trovai Stan che mi aspettava. << Campione! Come ti senti? >> - << Come se mi fossero passati sopra un mucchio di Toreador inseguiti da altrettanti tori, tu invece sei allegro, vedo >> - << Diciamo di si... Stephanie ha accettato un appuntamento! >> - << Un altro, vorrai dire >> - << Il primo non contava! >> rispose, imbronciato Stan. << Si, beh... secondo me sarà sempre il migliore che avrai! >> - << Oh,ma smettila! >> mi diede una spinta, che per i lividi, mi fece maluccio. << Ahi! >> - << Oh, scusa Lou! >> disse, ridendo sotto i baffi. Stavo per chiudere lo zaino, dopo aver messo tutti i libri e andare in classe, quando sentii una voce dietro di me. << Chi è stato? >>. Mi voltai e lei era lì, con una faccia preoccupata che la faceva sembrare ancora più bella, i capelli sciolti che le ricadevano lisci sulle spalle, una gonna lunga quanto bastava per coprirle almeno il fondoschiena e una camicetta bianca, quasi trasparente con bottoni neri. Io misi il muso e non le risposi. Stavo per sorpassarla, quando lei mi bloccò. << Chi è stato, Tomlinson? Liam? Jonathan? Mark? Zayn? Chi?! >> - << Wow, come fai? >> - << A fare cosa? >> domandò lei, confusa. << A ricordarti i nomi di tutti quelli che ti porti a letto. >>. Mollai la sua presa, ma lei si ripresentò davanti a me. << Ho una buona memoria >> - << Wow..beh, beata te! >>. Riuscii a voltarle le spalle e a dirigermi verso la classe di trigonometria. << Louis.... >>. Fu un sussurro, ma per me fu come una sirena, un grido di aiuto. Non mi aveva mai chiamato per nome ed ora lo aveva fatto, quando ero stato io a voltarle le spalle e non lei. Mi bloccai. Non la vedevo, ma riuscivo a sentire il suo respiro irregolare. Poi sentii la sua mano sfiorare la mia e mi voltai, piano. Mi scontrai con i suoi occhi e come la prima volta, mi ci persi. Il tempo era nuvoloso perciò i suoi occhi erano grigi, ma la sua espressione, fu quella che mi ricordò perché volevo aiutarla. Era la seconda volta che la vedevo, quella richiesta d'aiuto, anche se in quel momento probabilmente ero io quello bisognoso di un po' d'aiuto. Mi prese la mano e mi condusse in bagno. Senza una parola, iniziò a tamponarmi le ferite che a volte facevano male, ma evitai di farglielo notare. Quando finì sospirò, abbassando lo sguardo. << Louis, chi è stato? >> - << Io...io non lo so>>. Rialzò di scatto il viso e notai che aveva gli occhi lucidi. << Non mentirmi, Louis! >> - << Non ti sto mentendo! Davvero non lo so...erano in quattro e... e stava per farsi buio, non li ho visti bene... >> mentii. In verità li avevo visti bene, ma non volevo procurarle altri grattacapi. Sospirò di nuovo e rimise a posto il kit di pronto soccorso, dopodiché fece per andarsene, ma questa volta fui io a bloccarla. << Cassidy.... >>. Si irrigidì, sentendomi pronunciare il suo nome. << Louis, devo andare... >>. La girai verso di me e quelle lacrime, costrette a nascondersi, iniziarono a cadere copiose quando le presi le mani e la riportai tra le mie braccia. << Perché piangi? >> - << Io...io non lo so. Ti hanno picchiato e so che è colpa mia, non dovevo coinvolgerti, mi dispiace >>. Mi strinse forte e io feci lo stesso. << Io posso salvarti, Cassidy, prometto che lo farò >> - << Come? >> mi chiese lei, fra i singhiozzi. << Troveremo un modo, ti assicuro >>.

 

In quel momento seppi che di te potevo fidarmi, che volevo essere egoista e coinvolgerti, farti entrare nella mia vita, perché avevo bisogno di essere salvata. Di essere salvata da te.

 

Gienteeee!

Salve. Come ve la state spassando quest'estate? Non mi dite a studiare che vi suicido (?)

Bon. Allora che dire dello capitolo? Che la storia si smuoveeee yeah! Finalmente qualcosa di importante, mucho importante *-* e non mi dite che non amate i Lassidy ( o Couis? o.o)! il mistero si infittisce, non è vero? Quelle scritte in quel bel corsivo....beh? Chi è che parla, secondo voi?! L'idea mi è venuta mentre ricopiavo questo capitolo, figuratevi xD

va boh, a quante recensioni riusciamo a farlo arrivare questo bel capitolo? ( modesta, lo so)

buone vacanze belle donzelle, alla prossima puntatonaaa!

Noe:)

                               

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Capitolo 5
*** I'm sorry for being such a fool. ***


                                                                                  

I'M SORRY FOR BEING SUCH A FOOL.

 

Mi svegliai di soprassalto. Avevo sognato Cassidy. Tutto quello che era successo, forse, era stato solo un sogno. Poi mi tastai la faccia e sentii che l'occhio destro era gonfio. I lividi non li avevo sognati.

Ero finalmente riuscito a trovare la vera Cassidy, allora. Avevo ragione, l'avevo sempre avuta davanti. L'unica cosa era trovare un modo per aiutarla, ma per poterlo fare dovevo capire bene il problema in cui si era cacciata.

Scesi di corsa le scale. Mia madre era a lavoro e toccava a me portare le mie sorelline a scuola.

<< Su, ragazze, andiamo! >> - << Prendiamo la macchina,Lou? >>

mi chiese Phoebe.

<< No, piccola, non ho ancora la patente! >> - << Ma quando la prendi? >> - << Presto. Ora mettetevi il cappotto e usciamo! >>.

Non se lo fecero ripetere due volte e io, con loro, mi precipitai fuori, eccitato e un po' ansioso per la giornata che andava profilandosi.

Una volta accompagnate le mie sorelle mi diressi a scuola e feci giusto in tempo per adocchiare Cassidy con un altro dei suoi clienti.

Odiavo quando se ne fregava di se stessa. Non la rincorsi o cose del genere, ma mi ripromisi di parlarle appena l'avessi rivista.

Speravo di trovarla di nuovo in bagno, forse ancora a piangere, cos' entrai per consolarla, ma invece di sentire dei singhiozzi sentii qualcos'altro; dei gemiti di piacere, dei sospiri e allora capii.

Mi infuriai. La rabbia esplose, quella rabbia che avevo represso per troppo tempo.

Senza pensarci aprii la porta da cui provenivano quei rumori, sulla maniglia della quale c'era un cartello con scritto “ Non disturbare”.

La scena che mi si parò davanti era raccapricciante. Lei era incollata a lui come una sanguisuga e lui, quasi venuto, si spalmava su di lei.

Non appena aprii la porta, Cassidy mi rivolse il suo sguardo più dispiaciuto, mentre quello sfigato si volse verso di me, confuso e arrabbiato.

<< Ehi, amico è occupato. >>. Lo presi per il collo della maglietta.

<< Vattene subito >> - << Chi sei tu?! Lasciaci in pace! >>

Il mio battito stava aumentando e la vena sul collo mi pulsava.

<< Uno che ti ammazza se non la lascia subito stare. >>. Quel coglione sbuffò.

<< Almeno fammi venire e poi me ne vado! >>. Non resistetti più e gli tirai un pugno dritto in faccia.

Cassidy urlò. Il tizio sanguinava dal naso e, senza pensarci due volte, si rimise i pantaloni e se ne andò.

Aspettai che Cassidy si rivestisse,

<< Louis... >> - << Che cosa hai in mente? Hmm? Vuoi essere salvata o no? Vuoi che ti aiuti? Allora aiutami ad aiutarti, smettila di fregartene di te stessa e cresci, Cassidy, cresci! >>.

Sentii un bruciore fortissimo sulla guancia, esattamente dove Cassidy mi aveva tirato uno schiaffo. Ero troppo sconvolto per asciugarle le lacrime che le rigavano il volto.

<< Tu non sai perché lo faccio. Secondo te, davvero vorrei avere una vita del genere? Smettila di criticarmi senza conoscermi! >>.

Detto questo se ne andò, come la prima volta.

Rimasi lì, inerme, con un solo pensiero. Conoscerla.

 

<< Mi dispiace Cassidy. Io... vorrei solo aiutarti, ma se tu non mi racconti tutto io non so cosa fare... >>

<< Cosa stai facendo, Lou? >>. Lottie era entrata nella mia stanza, senza che la sentissi.

<< Oh... ehm.. nulla, perché? >> chiesi imbarazzato.

<< Mi sembrava avessi bisogno di aiuto >> - << Io? Ahah no, tranquilla! >> iniziai ad innervosirmi.

<< Chi è Cassidy? >> mi chiese lei, indifferente, sedendosi sul bordo del mio letto.

<< Nessuno, chi è? >> - << Lou, smettila, sono tua sorella e ti conosco abbastanza per sapere che c'è qualcosa che non va e questa Cassidy fa sicuramente parte del tuo problema >>. Sospirai, ormai mi aveva scoperto.

<< Veramente, è lei il mio problema >> - << Cotta? >>

<< No! >> dissi io, con una voce troppo acuta per essere credibile.

Lei alzò un sopracciglio.

<< Io... non lo so. Ma non è questo il problema che mi preoccupa. È lei! >> - << Perché cosa ha che non va? >> - << Penso sia la sua famiglia... >> - << Beh, parlale Lou. È l'unico modo per risolvere il problema. E non fare lo scorbutico! >> - << Io non sono scorbutico! >> - << A volte si >> mi fece la linguaccia e io ricambiai.

Uscì dalla stanza e mi lasciò con i miei soliti dilemmi.

 

Camminavo senza meta come spesso facevo, quando ad un tratto una ragazza con una minigonna stretta e davvero provocante, una camicia a righe aperta quasi del tutto e dei tacchi che pensavo nemmeno esistessero, venne verso di me, sbattendomi al muro.

<< Ehi, che fa... >> non mi lasciò finire la frase che mi baciò con violenza, spingendomi a forza la sua lingua nella mia gola, cosa che io non volevo assolutamente. Non feci in tempo a staccarmela di dosso che sentii una voce chiamarmi. La sua voce.

<< Louis... >> sembrava affranta e delusa. Finalmente quella piovra si staccò e guardò Cassidy con strafottenza. Lei era con uno dei suoi soliti ospiti: pelle olivastra, ciuffo e fisico statuario. Zayn Malik, se non sbagliavo.

<< Cassidy, io... >> le si inumidirono gli occhi.

<< Cosa stai facendo? >> mi sussurrò, avvicinandosi a tre centimetri da me per non farsi sentire da Zayn. Non mi lasciò il tempo di spiegarle che mi sputò in faccia queste parole:

<< Pensavo volessi aiutarmi, non spassartela con la prima che capita, Louis! Sapevo di non potermi fidare di te! >>

Mi voltò le spalle e tornò a braccetto con Malik.

Rimasi lì immobile, come un fesso.

<< Allora, che ti va di fare? >> mi chiese la biondona. Io la guardai con disprezzo.

<< Vatti a far fottere da qualcun'altro >> e mi allontanai da lei.

Perché non la stavo rincorrendo? Io non avevo fatto nulla di male, eppure avevo paura, paura che non mi credesse e che così facendo si sarebbe allontanata da me. Dovevo riconquistare la sua fiducia. Tutto per una fottutissima puttana, magari anche ubriaca.

Mi ricordai del sorrisetto di Malik; era contento ora? Lo sarebbero stati tutti i suoi amichetti, contenti? Credevano di avermi fermato, ma evidentemente non mi conoscevano affatto.

 

Corsi verso casa e arrivai con il fiatone e le gambe che tremavano. Avevo bisogno di parlare con qualcuno, dovevo risolvere la questione e in fretta.

Appena aprii la porta un profumo di crostata mi invase le narici e ipotizzai che mia madre avesse finito il suo turno e stesse preparando un dolce per cena. Infatti eccola lì, che prendeva dal forno quella crostata che solo a guardarla faceva venire l'acquolina in bocca.

<< Ehi, mamma! >> la salutai. << Ciao BooBear! Perché hai il fiatone? >>. Merda, una scusa, presto!

<< Un cane alto tre metri mi stava inseguendo e per non essere sbranato, ho corso.> Ma che cazz...?

Lei mi guardò scettica, alzando un sopracciglio.

<< Lo vedo che hai corso. Sei tutto intero? >> - << Si, mamma, tranquilla >>. Mi sedetti su uno degli sgabelli colorati della penisola e la osservai trafficare con i fornelli.

<< C'è qualcosa di cui vuoi parlarmi? >>. Come faceva a capirmi così bene, non avevo ancora detto una parola!

<< Beh, in effetti... >> - << Si tratta di una ragazza, vero? >>

<< Ma è il tuo chiodo fisso per caso? >>. Rise.

<< No, è che... sei strano in questi giorni, sempre pensieroso e sbadato e poi vai sempre al supermercato... >> mi spiegò, sorridendo. Sospirai.

<< E va bene, hai ragione! >> - << Lo sapevo! >> in un secondo fu sullo sgabello di fronte al mio, pronta ad ascoltare.

Vuotai il sacco, avevo proprio bisogno di qualche consiglio materno. Lei mi ascoltava silenziosamente, attenta ad ogni parola. Quando finii mi strinse il braccio e mi guardò rassicurante.

<< Amore, non voglio mentirti... non è una situazione facile da gestire e avrei preferito di gran lunga una ragazza studiosa, con una famiglia normale e senza problemi familiari... >> - << Mamma! >>

<< …. Ma ti capisco. I rischi vanno corsi, Lou, qualsiasi rischio soprattutto se si hanno buone intenzioni come le hai tu! E sai qual è il miglior modo per chiarire una questione? >> mi chiese quella donna che tanto adoravo.

<< No, qual è? >> - << Parlare, magari davanti una tazza di caffè o di cioccolata calda, non so. Ma non c'è miglior modo, BooBear, né il silenzio, né un litigio, né nessuna bugia è migliore della verità, semplice e chiara. Tu sei bravo con le parole, amore e riuscirai a riconquistarla! >> - << Ri? >> chiesi io.

Lei mi guardò sorridendomi e mi lasciò da solo a riflettere davanti la sua crostata.

 

La mia ansia era alle stelle. Avevo troppa paura a parlare, eppure sapevo che con l'aiuto dell'adrenalina lo avrei fatto. Girai per i corridoi della scuola senza riuscire a trovarla. Proprio quando stavo per rinunciare, scorsi il luccichio dei suoi occhi, da lontano. Teneva per mano quel verme di Malik.

Ora era la rabbia ad assalirmi, cresceva dentro di me come a volermi soffocare. Dovevo reprimerla o avrei fatto qualche cazzata davanti a tutta la scuola.

Scrissi un bigliettino, semplice e chiaro per Cassidy e lo infilai nel suo armadietto.

Dobbiamo parlare. Vieni a casa mia dopo la scuola. Ti offro una cioccolata”.

Alla fine di quella stressante giornata di scuola, tornai a casa, spossato e con tutta l'intenzione di dormire l'intero pomeriggio.

Fui sorpreso tantissimo quando, aprendo la porta di casa, sentii la voce di mia madre mischiata ad un'altra femminile che conoscevo ormai molto bene. Chiacchieravano amabilmente come se fossero state amiche da anni e non ci fosse nessun problema di cui discutere.

<< Oh, BooBear, sei tornato! >> - << Non chiamarmi così, ti prego! >> sussurrai a denti stretti. Solo mia mamma mi sentì e sorrise beffarda. << Ciao Cassidy>> il mio tono si addolcì e probabilmente arrossii. Mia madre captò la tensione e capì di doversene andare.

<< Beh, io ho preparato la cioccolata calda, servitevi pure >> dopodiché sgattaiolò nella sua stanza, lasciandoci soli.

Stemmo in silenzio per un tempo che sembrò interminabile, poi per cercare di di allentare la tensione chiesi: << Vuoi un po' di cioccolata? >> - << Si certo, grazie >> mi rispose lei, regalandomi un sorriso timido.

Ebbi un deja-vu. Il primo giorno che incrociammo i nostri sguardi, quando quel sorriso timido e un po' imbarazzato increspò le sue labbra e la terra sotto i miei piedi sparì tutto a un tratto.

 

Ebbi un deja-vu, in quel momento. Quando vidi la tua espressione, i tuoi occhi trafiggermi e fissare incessantemente il mio timido sorriso, quando anche tu mi sorridesti e la terra sotto i miei piedi sparì tutto a un tratto.

 

Mi sedetti di fronte a lei, porgendole la tazza con la bevanda calda.

<< Mi dispiace, Cassidy >> - << Per cosa? Per avermi illuso, ingannato, tradito, mentito, per esserti preso gioco di me, per avermi prima messa a nudo rivelando le mie debolezze e poi essertene fregato e essertela spassata con una più bionda di me? >> era stranamente calma e composta, mentre pronunciava quelle parole che erano come tanti coltelli che mi trafiggevano.

<< Veramente mi dispiace per non averti rincorso ieri, per non averti fermato e spiegato che era tutto un malinteso, che io credo in te e voglio davvero aiutarti. Avrei potuto farlo anche stamattina a scuola, anche a costo di essere picchiato davanti a tutti da Malik >>. Lei aveva alzato il capo, dopo aver fissato quella tazza durante tutto il suo monologo e mi aveva guardato con la bocca semiaperta, un'espressione di stupore dipinta sul volto.

<< Un malinteso? >> mi chiese, scettica.

<< Un grosso, grossissimo malinteso. Non sapevo nemmeno chi fosse quella bionda ossigenata, mai vista in vita mia, giurin giurello! >>. Cassidy sorrise, abbassando lo sguardo.

<< Katy Melson >> - << Chi? >> chiesi io, confuso.

<< La mia rivale. Il capo delle cheerleaders. >> Oooh, ora capisco.

<< Non hai nessuna rivale da temere tu, Cassidy >> la rassicurai, sinceramente. Lei sospirò.

<< E' meglio che vada, Lou >>. Di già?

<< No, aspetta... io... ti va di fare i compiti insieme? >> chiesi speranzoso. Dovevo tirarle fuori qualche altra parola perché avevo bisogno di sapere, di sapere tutta la verità.

Lei ci pensò su e poi annuì.

<< Vieni, ti mostro la mia camera >> e salimmo al piano superiore, io con il cuore che batteva forte.

 

E io con le gambe che tremavano.

 

 

 

SORRY.

Sono una merdina, lo so.

Ho aggiornato TARDISSSSSSIMO e mi scuso per questo.

Sul capitolo, beh.... nothing to say.

Lou è tormentato, ma è determinato ( rima lol) e quindi viva i Lassidy! *-*

ormai avrete capito chi è che parla in quelle scritte in corsivo, no? Bon e cosa ne pensate, cioè perché si è intromessa anche lei nel racconto di Lou?

EHEHEHHEHEHE lo scoprirete SOLO se continuerete a seguire la storiella (?)

Ringrazio le bellissime che mi hanno recensito, che preferiscono, seguono e blah blah blah.

VI AMO TUTTE, GRAZIE.

Ringrazio anche Sara_Scrive per il bellissimo banner e.... boh ALLA PROSSIMA PUNTATA!

 

Noe:)

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Capitolo 6
*** Kissed. ***




 

Quinto capitolo: Kissed.

 

POV ZAYN

 

<< Sono centodieci >>

<< Ehi, un po' di sconto, no? Sono tuo amico,porca puttana >>

<< No, Mike non ho tempo,dammi quei soldi e levati dal cazzo >>

<< Okok, calmati. Tieni. Ci vediamo a scuola >>

Grugnì in segno di assenso.

Avevo ancora qualche cliente da incontrare, quindi presi la macchina, una range rover nera metalizzata, e mi avviai nei soliti posti di incontro.

Andavo a 120 km/h nel bel mezzo della città e così una bella e lampeggiante macchina della polizia mi si mise alle calcagna. Non potevo fermarmi o mi avrebbero scoperto. Aumentai la velocità e sterzai, finendo in una strada di campagna.

La polizia non mollava e nemmeno io.

Dopo un po' di tempo, riuscii a seminarli nascondendomi in una strada stretta tra case di mattoni, subito dopo una curva. Nascosi subito tutta la roba che avevo sui sedili posteriori. Poi uscii da quella strada desolata e tornai in città.

Arrivato a destinazione, sotto un ponte lurido e umido, vidi i miei clienti che mi aspettavano.

<< Ehi, Malik. Sei in ritardo >>

<< Problemi con la macchina >> risposi, asciutto.

<< Quante bustine hai per noi? >>

<< Cinque, quante me ne avevi chieste, Tom >>.

Quello assentì e mi porse il denaro. Lo contai.

<< Non sono tutti >>. erano cinquecento, ma il costo era aumentato.

<< Questo o niente,Malik >>

<< Questo lo dico io, se mai. Sono io che vi porto la roba, voi siete solo clienti >>

Tom iniziò ad avanzare verso di me con i suoi quattro amichetti dietro.

<< Si, ma vedi... noi siamo in cinque, tu... sei uno soltanto. Quindi ti farai bastare quei fottuti soldi, Malik e la finiamo qui >> .

Guardai Tom negli occhi, con disprezzo come a volergli sputare in faccia. Poi senza dire una parola, me ne andai e li sentii shignazzare.

Non sarebbe finita lì, gliela avrei fatta pagare.

Cara.

 

POV LOUIS

 

La feci accomodare alla scrivania. Lei si stava guardando intorno, poi si avvicinò alla mia libreria.

<< Leggi molto? >> mi chiese.

<< Abbastanza... tu? >> lei mi guardò con un sorriso triste.

<< Vorrei >>

<< Cosa te lo impedisce? >> le chiesi, sperando che potessi scoprire qualcosa in più su di lei e sulla sua famiglia.

Sembrava titubante, come se si vergognasse a rispondermi.

<< Se non vuoi dirmelo, fa nien... >>

<< No, no va bene >> mi interruppe lei. Si sedette sul bordo del letto e sospirò.

<< La mia famiglia non può permetterselo... io e mio fratello andiamo a scuola, si, ma non possiamo far altro... ogni tanto mia nonna ci aiuta, ma mio padre non lo sa. Siamo una famiglia distrutta, Louis... non so come spiegartelo e non so se lo voglio fare... >> abbassò lo sguardo. Io la guardai dolcemente.

<< Ehi... non ti preoccupare, ok? Non devi dirmi tutto oggi, lo farai quando te la sentirai >> lei annuì e si strinse a me.

Io la cinsi con le mie braccia e le accarezzai i capelli.

<< Ora studiamo un po' e poi ti riaccompagno a casa, va bene? >>

Annuì di nuovo e si alzò, asciugandosi qualche lacrima, scappata dai suoi occhi, con la maglietta.

L'ora seguente la passammo a studiare letteratura. Per lei fu piuttosto difficile perché era chiaro che aveva smesso di studiare da un bel po'. La aiutai in tutti i modi possibili, fino a che lei non si stufò.

<< Basta, Louis non ce la faccio più! La mia testa sta scoppiando, il mio cervello va in fumo e non ci capisco niente! Sono stupida, lo so, ma non posso farci niente. Mi bocceranno? Sicuramente. Ma non me ne frega un cazzo, ok? Non mi frega nulla della mia vita, ormai l'ho persa e non la recupererò più, pazienza. >>

Detto questo prese la sua borsa e si catapultò verso la porta di casa.

Io ero rimasto scioccato. Era scoppiato all'improvviso e non sapevo come comportarmi.

Forse aveva il ciclo, ecco perché.

<< Aspetta Cassidy! Ma che ti è preso? >> stavo urlando per farmi sentire da lei e iniziai a rincorrerla.

<< Ma cos'è tutto questo casino?! >> disse Lottie, uscendo dalla sua camera con ancora una cuffia nell'orecchio.

Io non le badai e corsi per le scale. Cassidy aveva già sbattuto la porta dietro di sé, ma io la rincorsi.

Camminava spedita, senza guardarsi indietro.

<< Ehi! Hai per caso il ciclo per comportarti così? >> le urlai da dietro, probabilmente facendomi sentire da tutto il vicinato.

Lei si voltò chiaramente infuriata e venne verso di me, pronta a darmi uno schiaffo. Io indietreggiai vedendo la sua furia omicida- mestruale, ma lo schiaffo mi arrivò lo stesso.

Era il secondo che ricevevo da lei e a distanza di quanti? Un giorno, due?

Mi sarei ritrovato piuttosto male una volta aver finito di chiarire con lei.

<< Ma cosa hai in quel cervello del cavolo? Neve? Ti sembra normale urlare in mezzo alla strada che ho il ciclo? >>

<< Oh, allora è vero! >>

<< Si, e allora? >>

<< E allora si spiega perché tu ti sia incazzata tanto solo perché non ricordavi la data di nascita di Jane Austen! >>

Lei mise il broncio. Avevo vinto io.

Sospirai.

<< Senti Cassidy, tu non sei stupida, per niente! Sei solo stanca e devi solo studiare di più, ma le capacità le hai tutte credimi! >>

Stette per un po' in silenzio, guardandomi imbronciata.

<< Devo andare. >> disse alla fine.

<< Ti accompagno a casa >>

<< No, non c'è bisogno. Ci so arrivare da sola, grazie. >>

E così mi liquidò.

La guardai allontanarsi, impotente sapendo che aveva bisogno dei suoi spazi.

Soprattutto in quel periodo del mese.

Sospirando rassegnato rincasai e trovai Lottie sulla soglia di casa che mi fissava torva.

<< Stavo facendo il mio sonno di bellezza e sono caduta dal letto per le vostre maledettissime urla >>.

Mia sorella a 14 anni faceva sonni di bellezza? E si faceva anche quelle maschere alla Hulk?

Ma dove avevo vissuto fino a quel momento io?

<< Già, scusa Lottie, ma aveva il ciclo >>

<< E tu l'hai importunata mentre aveva il ciclo? E poi mi chiedo perché cavolo non ho una cognata,pff >> e girò i tacchi, tornando al suo sonno di bellezza.

<< Donne. Si capiscono da sole >> borbottai, tornandone in camera mia.

 

Mi pentii della mia reazione non appena ti salutai. Come ero potuta essere così ingenua? Ingenua in tutto quel tempo. Non avevo mai pensato a un salvatore, un cavaliere che mi avrebbe salvato dall'alta torre custodita da un drago. Avevo sempre immaginato un futuro grigio e ombroso per me, fatto di sesso,droga e magari un incidente di macchina per aver bevuto troppo. Non un futuro roseo, per niente. Ma sapevo qual'era il mio posto nella società, una nullafacente per il resto della mia insignificante vita.

E poi sei arrivato ty, stravolgendo del tutto i miei piani. Perché oramai mi ero rassegnata, all'oblio, alla puzza di locali troppo affollati, a baci che avevano un solo fine, a magliette bagnate per il sudore, a bicchierini di vodka mischiati a qualcos'altro e non avrei mai pensato di dover modificare tutto questo. E non avrei mai pensato che avrei voluto modificare tutto questo. E per una persona,solo per te.

 

“And even as I wander,I'm keeping you in sight.
You're a candle in the window on a cold, dark winter's night
And I'm getting closer than I ever thought I might
And I can't fight this feeling anymore”

<< Louis! La smetti di urlare? Se hai problemi ormonali, vai da un dottore,bravo. Io starei studiando! >> . Urlò dalla sua camera, mia sorella.

<< Grazie davvero, Lottie. Tu non eri quella che voleva aiutarmi? >>

<< E quando mai avrei detto una lurida menzogna del genere? >>

Sospirai rassegnato.

<< Quanto mi volete bene in questa casa. >>

<< Io ti voglio bene, Lou- Lou >> disse Phoebe, entrando silenziosa, in camera mia.

Le sorrisi. Così piccola e senza peli sulla lingua. Sarebbe stato bello avere sempre la spontaneità dei bambini. Così avrei potuto avere il coraggio di parlare veramente a Cassidy.

<< Grazie, sorellina. Tu si che sei la mia preferita! >> urlai, rivolgendomi a Lottie.

Sentii uno sbuffo dalla sua camera e risi.

 

Il giorno dopo mi svegliai con un po' di speranza in più. Non sapevo il perché, ma avevo una bella sensazione.

Nella passeggiata verso la scuola, immaginai Cassidy che mi correva incontro per i corridoi della scuola, urlando il mio nome. Poi io l'avrei presa tra le braccia e magari, si,forse l'avrei baciata.

Ma quello che vidi quando arrivai fu tutt'altro che questo.

I due bulli della scuola, Styles e Malik, si stavano divertendo, in cortile, a prendere in giro due del terzo anno. Uno biondino, che aveva un'aria spaurita, di cucciolo indifeso, e l'altro un po' più grosso, con la rabbia impressa negli occhi che faticava a trattenere.

Cinque o sei della squadra di football li avevano accerchiati e si stavano divertendo a stuzzicarli, a rubare loro soldi e merenda e a tirare qualche schiaffo.

Ricordai all'improvviso chi era quello più grosso. Liam Payne. Uno dei tanti clienti di Cassidy. Che ci faceva lì, accerchiato da quelli come lui?

<< Ehi, Malik >> urlai, con tono di sfida per farmi notare.

Gli occhi del castano si fissarono su di me e l'ilarità di quel momento scomparve dai suoi occhi.

<< Tu. >> disse semplicemente

<< Io? Io ha un nome. Mi chiamo Louis >> continuai a sfidarlo, per allontanare l'attenzione da Liam e dal biondino.

<< Lo so come ti chiami, sfigato. Cosa vuoi? >>

<< Mi stavo chiedendo se c'era la possibilità di avere un po' di tutta quella roba che ti porti ogni giorno nello zaino. >>

Urlai ancora di più, per far arrivare la voce a tutte le persone che ci stavano osservando e, magari, a qualche professore.

In un secondo fulmineo, Malik e Styles mi furono addosso, pronti a colpirmi per farmi stare zitto. Incassai un pugno nello stomaco da Harry e un secondo in faccia da Zayn, prima che qualcuno si intromettesse.

Tirò Zayn via da me e gli tirò un calcio ben assestato, prima che due professori venissero a fermare la rissa che andava creandosi.

Mi rialzai a fatica da terra e mi tolsi il sangue che mi colava dal naso. Notai Liam trattenuto da uno dei professori. Era stato lui quindi ad aiutarmi?

Incrociammo il nostro sguardo e capii che era stato lui, così gli feci un cenno di ringraziamento, mentre ci portavano in presidenza.

Tutti, nei corridoi, ci stavano osservando, bisbigliando tra loro pettegolezzi che non volevo sapere. Da un'aula, uscii sorridendo Cassidy che ci vide, me,Malik, Styles e Payne che camminavamo verso una bella punizione con due guardie di professori. Il suo sorriso si spense e negli occhi lessi dolore. Cercai di parlarle, ma uno dei professori mi spinse avanti per farmi camminare.

 

<< Bene, bene, bene. Cosa abbiamo qui? >> esordì la preside, appena ci vide entrare, tutti malconci e incazzati.

Lo stesso professore che mi aveva spinto, prese la parola.

<< Un litigio, che stava degenerando in rissa. >>

<< Un litigio, tze >> sussurrò Malik, ridendo.

La preside lo sentì e lo interrogò.

<< Non è stato un litigio, signor Malik? Pura voglia di fare a botte? >>

<< Mi hanno accusato di una cosa falsa >>

<< Lo sanno tutti che spacci, Malik >> dissi io, senza pensarci.

Lui si girò verso di me, guardandomi in cagnesco e con una voglia di prendermi a pugni che gli si leggeva in tutto il corpo. Lo dovettero di nuovo trattenere o sarei finito male.

<< Da come ha reagito, non mi sembra una cosa totalmente senza fondo, signor Malik >> .

Lui si zittì, incapace di replicare.

<< E voi altri? Cosa c'entravate nella rissa? >> chiese la preside, rivolta a Styles e Payne.

<< Io aiutavo il mio amico >> disse con un'alzata di spalle Harry.

<< E io ero una delle vittime >> rispose Liam.

<< Chi ha scatenato tutto? >> chiese, alla fine, la preside.

<< Tomlinson >> - << Malik e Styles >> dicemmo all'unisono.

Liam era dalla mia parte, d'altronde si era definito una loro vittima. Dovevo indagare sul perché.

La preside sospirò, non essendo arrivata a nessuna conclusione.

<< Tre giorni di sospensione a Styles, Malik e Tomlinson e uno a Payne. E.. Malik. Voglio il tuo zaino in presidenza tra due minuti >>

Così si chiuse la faccenda. Con un bel cartellino rosso valido per tre giorni. Mia madre avrebbe fatto scintille a casa.

 

Sbattei la porta di casa e corsi direttamente in camera mia, senza pranzare o degnare di un saluto le mie sorelle.

Sentii la porta aprirsi dopo poco, segno che mia madre era tornata dal lavoro.

<< Louis William Tomlinson! Esci subito dalla tua camera e scendi in salotto! >> .

Non avevo per niente voglia della ramanzina di mia madre.

Io non avevo fatto nulla di male, ma mia madre non sembrava della stessa opinione,quando scesi e la vidi con i capelli arruffati e la fronte aggrottata per la rabbia e per la preoccupazione.

<< Senti, ma'..>>

<< Senti mà, un paio di coglioni! >>

Alzai le sopracciglia. Wow, una parolaccia.

Daisy si girò di scatto verso mia madre, staccando lo sguardo incollato alla tv.

<< Mamma, non si dice quella parola! >> la rimproverò la mia sorellina.

<< Hai ragione, piccola. La mamma non lo farà più >>

<< Posso dire che anche il fratellone non farà più quello che ha fatto? >> azzardai io.

Mia madre rimase in silenzio per cinque minuti buoni, cosa che mi terrorizzò alquanto.

Stava elaborando un piano malefico per farmi soffrire, lo sentivo.

Alla fine sospirò,rassegnata e si sedette sulla sedia della cucina.

<< Cosa ti sta succedendo Louis? >> mi chiese, più calma.

Cosa mi stava succedendo? Cosa mi stava succedendo, cosa??

Veramente non lo sapevo neppure io. Ma era una domanda stupida quella, perché in verità non mi stava succedendo nulla, ero sempre io Louis lo scalmanato,punto e basta.

<< Niente, non mi sta succedendo niente ma'! >> risposi, alzando la voce.

Daisy fece “shh!” perché non riusciva a sentire la tv e io mi innervosii ancora di più.

Stava per tornare in camera mia, quando mia madre mi prese per il braccio con una stretta forte e autoritaria.

<< Siamo solo io e te,Louis, ricordatelo e tu non sei ancora in grado di gestire da solo la tua vita. Hai ancora bisogno di me. E io di te, ma del vecchio te, quello che non fa cose come quella di oggi. Non so cosa sia successo davvero, ma i tre giorni di sospensione vorranno pur dire qualcosa. >> si fermò per sospirare ancora.

<< Se è per quella ragazza...>>

<< No, lei non centra niente! Lasciami in pace! >> le urlai contro.

Scappai nella mia camera e chiusi a chiave.

Le parole di mia madre mi rimbombavano nella testa.

“Il vecchio te...”. Cosa mi stava succedendo? Cos'era quella sensazione che provavo ogni volta che pensavo a Cassidy, perché cercavo continuamente di proteggerla e conoscerla? Perché mentivo alla mia famiglia? Dove stavo sbagliando?

Poi presi una decisione, così, d'impulso.

Sgattaiolai dalla finestra, arrampicandomi sull'albero di fronte e strappandomi leggermente la maglietta e di soppiatto mi incamminai verso casa di Cassidy.

Non avevo la minima idea di quello che avrei fatto, né se l'avrei trovata a casa, sapevo solo che dovevo vederla, parlarle, spiegarle tutto quello che sentivo.

Arrivai quando il sole era ormai calato. Alcune nuvole si stavano addensando, segno che avrebbe potuto piovere.

L'aria frizzante della sera mi sfiorava le guance e mi dava energia.

La casa era illuminata, così presi un profondo respiro e bussai.

Dopo pochi secondi si presentò una donna sulla mezza età. Aveva i capelli biondi e gli occhi come quelli della figlia. Una bella donna, dopotutto, se non fosse stato per le terribili occhiaie che le circondavano gli occhi e per il colore smunto della pelle.

<< Buonasera, Cassidy è in casa? >> chiesi gentilmente.

Lei mi sorrise. Un sorriso un po' stanco e rassegnato.

<< Si, è in camera sua. Te la chiamo. >>

<< No, non si preoccupi, signora. Volevo farle una sorpresa, in verità >>

Lei annuì, senza dire altro e si avviò in cucina come mossa da fili.

Salii le scale della casa e trovai subito la porta di Cassidy.

C'era scritto il suo nome con una grafia da bambino.

Bussai leggermente.

Sentii il suo “avanti” e aprii la porta.

Era sul letto, sdraiata, con le cuffie nelle orecchie e gli occhi chiusi.

Li aprì e scattò subito a sedere quando mi vide.

Poi mi si avvicinò con una faccia preoccupata.

<< Cosa è successo oggi? Ho sentito di una rissa, tu stai bene? >>

Sorrisi. Era così premurosa.

<< Si, sto bene, tranquilla >>

<< Bene, menomale >> . Un silenzio imbarazzante ingombrò la stanza.

Iniziai a dondolarmi sui talloni mentre osservavo la sua stanza.

Era quasi spoglia. Non c'erano molti libri, come mi aveva fatto capire lei stessa, a parte quelli di scuola.

Un letto singolo con le coperte lilla e una scrivania bianca con una piccola lampada sopra.

<< Allora, cosa ci fai qui? Dovevi dirmi qualcosa? >>

<< Ehm, no, volevo solo assicurarmi che stessi bene >> dissi, imbarazzato.

Lei sorrise timidamente.

<< Sei tu quello che è stato picchiato oggi, non io >>

<< Già, hai ragione >> dissi, ridendo.

Poi tutto successe senza logica.

Cassidy si avvicinò così velocemente a me che non ebbi il tempo di realizzare cosa stava per fare.

Mi ritrovai con le sue labbra premute sulle mie, disperate.

Si staccò subito e mi guardò spaventata.

<< Io... non.. >> .

Non le permisi di dire altro. La presi per i fianchi e la baciai con prepotenza, appropriandomene.

Lei era il soffio di vita.

Il sole,le stelle.

Il cielo, le nuvole, il mare, la montagna, il sorriso, la risata, la felicità, le lacrime, la tristezza, l'angoscia, la preoccupazione, il sollievo, l'amore.

Sentii tutto questo mentre diventavamo un tutt'uno.

Lei era tutto questo e me lo stava trasmettendo.

Ci staccammo,lentamente, perché dovevamo assaporare il momento, realizzare, calmare il battito del nostro cuore a mille.

Poi lei fissò gli occhi nei miei e disse: << Grazie >> .

Era finalmente mia.

 

Ero finalmente sua.

 

 

…............................................................................................................

 

*GRILLI IN SOTTOFONDO*

 

Ciao.

 

ACCETTO QUALSIASI TIPO DI ACCUSA, FISICA, PSICOLOGICA PER AVERVI FATTO STRAPPARE I CAPELLI E FATTO SALIRE L'ANSIA ALLE STELLE PER...PER QUANTI? 6 MESI?

Ah,cazzo.

 

E ACCETTO ANCHE TUTTE LE MINACCE CHE LA VOSTRA FANTASTICA MENTE PUO' ELABORARE.

 

IO NE ELABORO DI MICIDIALI.

 

NOON CI SOOONO SCUSE PER QUESTO RITARDO IMMAAAAAANE,

QUINDI NON MI SPRECO A SCRIVERNE ALCUNA.

 

SAPPIATE SOLO CHE VI HO VOLUTO BENE E CHE SE ANCHE VOI ME NE VOLETE ALMENO A LITTLE BIT, VI CONCEDO DI NON METTERMI UNA BOMBA SOTTO CASA:)

 

SUSUSUSUSU, PARLANDO DELLA STORIA, AVETE VISTO CHE ALMENO FINALMENTE LI HO FATTI BACIARE STI DUE TIZI?

BRAVA MEEE.

 

ORA MI DILEGUO, CHE ANCORA DEVO INIZIARE I COMPITI EHEHE.

ALLA PROSSIMA, SPERO NON TRA ALTRI 6 MESI, SE NO METTO LA BOMBA SOTTO CASA MIA IO STESSA.

 

ADIOS.

 

Ringrassiamo sempre Sara_Scrive per lo banner (?)

e ringraziamo Iddio che mi ha dato la forza di finire questo capitolo.

 

Noe:)

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