Ansia da separazione

di Owen
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 (ultimo) ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


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Era il primo giorno di scuola per i due gemelli John ed Edward, camminavano, tenendosi per mano, nelle loro piccole uniformi nuove, sotto lo sguardo attento dei loro genitori.
Alcuni bambini li fissavano in modo strano, Edward ad ogni occhiata stringeva sempre più forte la mano di John che, guardando il gemello nervoso, gli disse:
"Stai tranquillo Ed'dard, andrà tutto bene."
Gli rivolse un sorriso di conforto.
Il più giovane ritornò a fissare gli altri bambini, alcuni giocavano, altri erano soli contro una parete, forse per la troppa paura, ed in quel momento si rese conto, ancora una volta, di quanto fosse fortunato ad avere John al suo fianco.
Una volta arrivati in una grande palestra, dove si sarebbero smistate le classi, i loro genitori se ne andarono, ricordando ai due bambini di fare i bravi.
Dopo pochi minuti una donna prese la parola e disse l'elenco delle varie classi, avevano separato i gemelli.
Al solo pensiero di doversi separare da John, Edward incominciò a tremare ma subito il gemello lo prese tra le braccia e lo tranquillizzò, poi strinse la presa delle loro mani e lo trascinò in mezzo alla confusione che si era creata, fino ad arrivare di fronte alla donna che aveva parlato.
"Scusi?" disse John, mettendosi sulle punte e tirando il lato della maglia della donna.
La ragazza si girò e subito si mise in ginocchio per arrivare all'altezza dei bambini.
"Dimmi tesoro? Ah, chiamami pure Emma." disse con un grande sorriso.
"Vede, ci deve essere stato un errore... Io e mio fratello siamo stati messi in classi diversi..." disse il più grande stringendo a sè Edward.
La donna era intenerita dalla scena a cui stava assistendo.
"Non c'è stato nessun errore, bambini. Abbiamo deciso di dividervi così noi maestre non avremo problemi nel riconoscervi, potrete conoscere un sacco di nuovi amici..."
Ma la ragazza non fece in tempo a finire perchè venne interrotta dal piccolo John.
"Ma io voglio stare con Edward!" disse con voce tremante e sbattendo un piede per terra.
Il gemello gli si avvicinò e gli sussurrò:
"Possiamo sempre provare Jawn, sono solo tre ore oggi..."
Il bambino lo guardò ed annuì, pensò che Edward era in assoluto il più ragionevole dei due, non voleva mai creare problemi e quindi gli diede retta.
Ma proprio quando i due bambini si stavano allontanando nelle loro rispettive classi, Edward si sentì vuoto, spento come se tutta la sua energia fosse svanita, forse la sua energia era proprio John.

Una volta arrivati in classe, la maestra fece disporre in un cerchio tutti i bambini, non erano molti, circa una ventina o meno.
Edward se ne stava zitto, fissando il pavimento davanti a sè, mentre ogni bambino si alzava e si presentava a tutta la classe.
Una volta arrivato il suo turno, si alzò ma si sentì mancare il fiato e gli occhi incominciarono a pizzicargli.
Si presentava sempre con John.
"Tutto bene, tesoro?" chiese Emma notando il cambio d'umore del bambino.
Edward non rispose, scoppiò in lacrime incominciando a singhiozzare.
La maestra corse subito dal piccolo e lo abbracciò per tranquillizzarlo, ma non voleva calmarsi.
"Edward, calmati, non è successo niente." disse Emma accarezzandogli i capelli.
"Vo...Voglio Jawn." disse in preda dai singhiozzi.
"Non possiamo andare da tuo fratello, disturberemo la lezione..."
La ragazza non riuscì a finire di parlare perchè la porta delle classe si aprì improvvisamente ed entrò John correndo, seguito dalla propria insegnante.
Raggiunse Edward che piangeva disperato, faceva fatica a riprendere il respiro dopo un singhiozzo, lo abbracciò, stringendolo forte a sè ed accarezzandogli  la schiena per calmarlo.
Gli sussurrò:
"Tranquillo Ed'dard, sono qui con te."
L'insegnante  che aveva seguito John, si scusò con la collega dicendo:
"Scusi se disturbiamo la lezione, ma John è scappato dalla classe dicendo che il suo gemello aveva bisogno di lui in quel momento."
Emma rimase senza parole, non aveva mai visto due fratelli così "legati" in tutti i suoi anni di insegnamento.

Per evitare altri "attacchi" di panico da parte di Edward, le insegnanti decisero di lasciare i due gemelli insieme, almeno per quella giornata.
Dopo le lezioni, Emma fermò i loro genitori per parlare.
"Salve, siete i signori Grimes?" domandò la ragazza.
"Si, siamo noi." rispose la madre, Susannah, guardando poi fuori dalla finestra che si affacciava sul parco giochi della scuola, dove i gemelli stavano giocando insieme.
"Vi ho chiamati perchè oggi è successa una cosa abbastanza... strana."
La madre aggrottò la fronte dopo quelle parole.
"Edward ha avuto questo 'attacco' di panico, piangeva, faceva fatica a respirare e continuava a ripetere di volere John... Io all'inizio ho pensato che fosse solo spaventato ma dopo pochi minuti è entrato John che lo ha abbracciato... Si è calmato subito. Penso che questo non sia un comportamento normale, forse è meglio fare vedere il piccolo da un dottore, solo per essere sicuri..." disse la maestra un pò imbarazzata.
Il padre, che era stato in silenzio ad ascoltare con attanzione le parole dell'insegnante, annuì, dicendo:
"Ovviamente faremo fare un controllo a Edward. Io penso che quel suo attacco sia dovuto all'agitazione, è sempre stato un ragazzo molto timido, al contrario di John. Ma se serve per il suo bene... Certamente."

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"Grimes" disse con voce fredda la donna che accoglieva i clienti della clinica.
Edward si alzò, tenendo John per mano con la madre di seguito.
"Buongiorno, sono il dottor Richard." disse l'uomo sorridendo ai due bambini.
Edward ricambiò il saluto con un sorriso forzato e nervoso mentre John era occupato a guardare tutti i giocattoli sparsi su un tappeto al centro della stanza.
"Allora bambini, non dovete preoccuparvi. Oggi giocherete con tutti questi giochi mentre io parlo con vostra madre, ok?"
I bambini annuirono e corsero verso il tappeto mentre i due adulti si sedevano sul lato opposto della stanza.
"Oggi voglio vedere quanto Edward dipende da John." disse il dottore alla madre.
Lei annuì, guardando i suoi figli giocare.
Passarono una decina di minuti e il dottor Richard aveva annotato degli appunti sulla sua cartella.
"Ok, ora vorrei parlare solo con Edward." disse l'uomo avvicinandosi al piccolo mentre la madre usciva dalla stanza insieme a John.
Edward, che aveva riso fino a qualche minuto fà, ora tremava e aveva gli occhi lucidi.
"Allora Edward, ti sei divertito a giocare?" disse il dottore per "rompere il ghiaccio".
Il piccolo si limitò ad annuire, guardandosi le mani sotto il tavolo.
Le domande seguenti furono simili: il dottore domandava ed Edward rispondeva muovendo solo la testa.
La prima seduta finì, la madre e John rientrarono nella stanza ed Edward corse velocemente ad abbracciare il gemello.
Si guardarono intensamente negli occhi, come se riuscissero a capirsi anche con un solo sguardo.
Il dottor Richard disse alla madre, senza farsi sentire dai gemelli che parlavano tra loro:
"Edward soffre di 'ansia da separazione' , molto diffusa nei gemelli, soprattutto quelli omozigoti. Anche se sembra innocua come 'malattia', può creare problemi seri al gemello che la soffre, sia fisici che mentali."
La madre sembrava molto preoccupata.
"Mentre giocavano, ho notato che Edward è molto dipendente da John e quest'ultimo lo asseconda, creando questo strano legame che fà sentire Edward protetto e speciale. E' per questo motivo che, quando il suo gemello non è con lui, si sente indifeso e vuoto, avendo così i suoi attacchi di panico. Non sò di preciso quante sedute dovremmo fare, può durare anche anni questa terapia, Edward è un ragazzo molto insicuro, timido e chiuso, quindi sarà molto difficile parlare con lui ed avere la sua fiducia."
Susannah annuì, rimase a parlare con il dottore e poi se ne andò, seguita dai figli che si tenevano teneramente per mano. 


















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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


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 DUE ANNI DOPO

Le vacanze natalizie erano arrivate molto in fretta, John ed Edward erano al settimo cielo, amavano così tanto il Natale.
Quel giorno era la vigilia di Natale e il loro fratello maggiore Kevin, ormai maggiorenne, aveva promesso ai bambini che li avrebbe portati alle bancarelle natalizie in centro a Dublino.
Una volta pronti, con i loro cappotti blu scuri, con i cappellini di lana con un piccolo Pon Pon blu, con le loro sciarpe beige e i guanti dello stesso colore, partirono.
Faceva molto freddo fuori, un piccolo strato di neve ricopriva il terreno e il suono delle fisarmoniche risuonava nell'aria.
Il dottor Richard aveva chiuso la clinica per le feste e non vedeva Edward da due settimane.
In questi due anni aveva fatto pochi progressi, il dottore aveva avvertito la famiglia: Edward è un ragazzo chiuso senza John e quindi il suo percorso sarebbe potuto durare anni.
I suoi attacchi d'ansia erano diminuiti, ma ad esso si erano aggiunti gli incubi che svegliano spesso il bambino durante la notte.
Incubi molto simili, dove John abbandonava il gemello proprio nel momento del bisogno.

*flashback*

Edward si teneva con una sola mano all'unica roccia sporgente e sotto i suoi piedi c'era il nero assoluto.
"John!" urlava.
"John, aiutami!"
Ma il suo gemello era fermo, immobile a fissare la scena senza far nulla e, solo quando Edward scivolò dalla roccia e cadde nell'oscurità, si avvicinò per guardarlo cadere.

"Edward! Ed'dard era solo un incubo, tranquillo." disse John avvicinandosi al letto del fratello.
Quest'ultimo aveva buttato le coperte per terra mentre si dimenava, il materasso e il cuscino erano bagnati di sudore ed Edward tramava.
John lo strinse in un forte abbraccio, lasciando piangere sul proprio petto il più piccolo che si calmò lentamente.
"Stesso incubo?" chiese John, anche se sapeva già la risposta.
Edward si limitò ad annuire.
"Vuoi venire nel mio letto?" domandò il più grande, alzandosi ma senza allontanarsi, visto che il più piccolo strinse la presa della sua mano.
Edward si alzò e lo seguì nel letto opposto, si sdraiò per primo seguito subito dal fratello che lo abbracciò da dietro, appoggiando la testa nell'incavo del suo collo.
Il respiro tranquillo di John che sfiorava delicatamente il collo di Edward, lo fece addormentare, riuscendo ad avere un sonno senza sogni.

*fine flashback*

C'era sempre tantissima gente che visitava le bancarelle natalizie ed ogni anno aumentava.
I tre fratelli camminavano uno di fianco all'altro, i più piccoli si tenevano per mano, guardando i cibi e gli oggetti esposti per strada.
L'attenzione di John venne attirata da un artista di strada che faceva caricature di persone e il bambino rimase a fissare il disegno finchè non finì.
Quando si girò, però, i suoi fratelli erano spariti.


Edward era così occupato a guardare tutti i piccoli particolari che inizialmente non aveva notato l'assenza di John, ma quando sentì il bisogno di avere un contatto fisico con il gemello, non lo trovò.
Si fermò e incominciò a tremare, guardandosi intorno alla ricerca dello sguardo di suo fratello, ma quello che vide era solo una marea di persone.
Kevin si accorse che c'era qualcosa che non andava quando si voltò e vide il fratellino con gli occhi lucidi.
"Edward, che c'è?" chiese.
Quest'ultimo non rispose.
"Ed, mi spaventi così. Dimmi cosa ti succede!" disse con voce ferma.
"J...Jawn." disse balbettando.
Solo in quel momento il più grande si accorse dell'assenza di John e subito si ricordò degli attacchi di panico che aveva l'altro gemello se quest'ultimo non era con lui.
Prese in braccio Edward che incominciò a piangere, sempre più forte, e lo portò lontano dalla folla.
"Calmati Ed! Troveremo John." disse Kevin, avvicinando il volto di Edward contro il suo petto.
"E...E se Jawn è solo? S...Se è spaventato?" disse in un bisbiglio, non aveva forze per parlare perchè i singhiozzi gli impedivano di farlo.
Il piccolo prese a grattarsi il collo, i singhiozzi gli impedivano di respirare bene, ma con le sue unghie si procurò dei piccoli graffi che presero a sanguinare, facendo spaventare il fratello maggiore.
Edward fermati!" urlò, bloccando le mani al bambino che incominciò a urlare.
La gente per strada rivolgeva un'occhiata preoccupata al piccolo che si dimenava.

 

John sentì delle urla e le riconobbe subito, era Edward.
Corse velocemente verso il suono, spingendo via le persone che bloccavano il suo passaggio.
Quando arrivò, corse ad abbracciare il gemello, gli baciò una tempia e gli sussurrò all'orecchio:
"Ci sono Eddy, sono qui e non me ne andrò mai più."
A quelle parole Edward si sciolse nell'abbraccio di John, affondò il viso nell'incavo del suo collo e lo strinse forte a sè.

Tornarono a casa, durante il tragitto i due bambini si erano addormentati uno accanto all'altro così, una volta a destinazione, Kevin li prese in bracciò facendo attenzione a non svegliarli, li portò fino alla loro camera e li mise nel proprio letto, poi usci lasciando la porta socchiusa.
"E' andato tutto bene?" chiese Susannah dalla cucina.
"Edward ha avuto un attacco di panico..." rispose il fratello maggiore.
"Come stà?!" domandò la madre preoccupata.
"Bene, ha qualche graffio sul collo ma niente di grave..."
Quando ritornarono nella camera dei gemelli, Edward si era spostato nel letto di John e i due dormivano tranquillamente abbracciati.

Dopo qualche ora di sonno, Edward si svegliò ma notò che era ancora notte fonda, guardò l'orologio che segnava le tre del mattino, poi guardò il calendario vicino, era Natale.
"John!" urlò per svegliare il gemello che dormiva beatamente.
"Ed... un altro incubo?" chiese con voce assonnata quest'ultimo, strofinandosi gli occhi e alzandosi sugli avambracci.
"Oggi è Natale!" urlò il più piccolo incominciando a saltare sul letto per la gioia.
"I regali!" urlò John correndo fuori dalla stanza, diretto verso il salotto.
Edward lo seguì e quando entrò vide una decina di pacchetti sotto l'albero, le calze attaccate al camino erano piene di dolci e il latte, che avevano lasciato sul comodino vicino al divano per Babbo Natale, era stato bevuto.
John corse verso i regali ed aprì il proprio, una nuova chitarra, mentre per Edward un blocco da disegno con una valigietta piena di atrezzi e pittura per dipingere.
Erano al settimo cielo.
"John, questo è per te." disse il gemello più piccolo, dando una piccola busta al più grande.
Quest'ultimo l' aprì e al suo interno trovò un nuovo plettro per suonare la sua nuova chitarra.
"Grazie Ed'dard, è bellissimo! Lo adoro!" urlò John abbracciando forte il gemello.
"C'è anche un biglietto..." disse guardando la busta.
John prese il piccolo pezzo di carta, dove c'era scritto, anche se non molto bene:
                                                                                                    
 

"Ti voglio un mondo di bene. "
 

Strinse di nuovo tra le braccia Edward che, al contatto, chiuse gli occhi e fece un grandissimo sorriso.
A guardare la scena c'erano i loro genitori che, svegliati dalle urla di felicità dei piccoli, si sorrisero a vicenda. 






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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Image and video hosting by TinyPic ansia da separazione cap.3


"Arrivederci Dottore." disse Edward uscendo dall'ufficio del dottor Richard.

Erano passati sei anni da quando il ragazzo aveva iniziato le sedute, ora riusciva a stare solo per mezz'ora senza John, ma aveva ancora molte difficoltà nel parlare con le persone senza avere accanto il suo gemello.

John lo aspettava seduto nella sala d'attesa, leggeva riviste che ormai conosceva a memoria.

"Ed!" disse alzando lo sguardo.

"Come è andata?" chiese ancora il più grande.

"Come al solito." disse avvicinandosi al gemello.

"Andiamo a prendere un gelato al parco?" chiese John.

"Certo!" rispose felice l'altro che prese per mano John e si avviò verso l'uscita.

Arrivarono al bar che si trovava fuori dal parco, presero il proprio gelato e si incamminarono verso una panchina libera dove potevano mangiare tranquillamente.

Finirono il proprio gelato ma decisero di rimanere seduti per parlare:

"John, sono stanco di andare dal Dott. Richard, non vedo miglioramenti..." disse Edward abbassando lo sguardo.

John strinse la mano al gemello:

"Secondo me hai fatto molti progressi Ed'dard, devi solo continuare, credere in quello che fai." disse, iniziando ad accarezzare il dorso della sua mano con il pollice.

"Il problema è che io non voglio!" disse con voce tremante.

"Perchè dici questo?" chiese il più grande.

"E' da sei anni che vado alle sedute, e con il tempo ho capito che il vero motivo per cui devo andare è perchè mi vogliono allontanare da te, Jawn." disse, iniziando a piangere in silenzio.

Il gemello, vedendo il più piccolo in quello stato, lo strinse forte a sè, baciandogli i capelli morbidi.

"Nessuno mi allontanerà da te, nessuno." sussurrò al suo orecchio.

Rimasero abbracciati per un tempo indefinito, amavano stare così e non gli importava della gente che li guardava o li prendava in giro, ogni abbraccio per loro era un momento speciale.

 Sono sempre stati abituati a scambiarsi segni di affetto in pubblico, anche se, rispetto a prima, erano diminuiti.

Avevano bisogno del contatto fisico, di sentire il gemello accanto e le carezze, gli abbracci e i baci venivano spontanei.

 Stavano per tornare a casa quando John si fermò davanti al bar dove prima avevano comprato i gelati.

"Devo andare in bagno, faccio veloce." disse lasciando la mano del gemello.

Edward rimase fuori ad aspettare.

"Guardate chi c'è! Perchè sei tutto solo? Il tuo ragazzo ti ha lasciato?" la voce arrivò alle sue spalle, seguita da risate.

Quando si voltò vide Robbie, il bullo, seguito dai suoi amici.

Edward rimase in silenzio e guardò nervosamente dentro il locale dove John era entrato.

"Ehy, rispondi principessa!" disse l'altro ragazzo avvicinandosi a Edward.

Si trovava a pochi centimentri dal ragazzo quando lui disse a denti stretti, guardando il terreno:

"Lasciatemi in pace."

"Solo se domani, a scuola, mi dai i tuoi soldi." disse con un sorriso beffardo.

Il piccolo non rispose.

"Se domani non porti i soldi, a te e a tuo fratello succederà qualcosa di brutto." disse infine, spingendo Edward a terra mentre gli altri corsero nella direzione opposta.

John uscì dopo pochi minuti dal negozio con in mano un sacchetto.

"Scusa Ed'dard se ci ho impiegato tanto, ma ho preso qualche caramella e ..." si fermò, notando che il fratello si stava alzando da terra.

"Tutto ok?" disse aggrottando la fronte e aiutando il gemello ad alzarsi.

Il più piccolo si limitò ad annuire, prendendo per mano il più grande e incamminandosi verso casa.


Il giorno sucessivo, a scuola, Edward si teneva stretto a John per paura che Robbie e i suoi amici spuntassero da un momento all'altro.

Suonò l'ultima campanella della giornata, tutti gli studenti se ne andarono e rimasero in classe i due gemelli da soli, John in piedi ad aspettare che il gemello sistemasse la sua roba nello zaino.

 "Ti aspetto all'uscita, ok?" disse, incamminandosi fuori dalla porta.

Aveva svoltato l'angolo del corridoio quando venne bloccato da alcuni ragazzi, buttarono il suo zaino a terra e uno di essi gli mise una mano sulla bocca, per impedirgli di urlare.

Robbie aprì la porta dello sgabozzino dei bidelli e ordinò ai suoi amici di portarci John.

Quest'ultimo venne letteralmente lanciato dentro, sbattendo la schiena contro le scope impolverate.

Il bullo chiuse velocemente la porta a chiave e si incamminò verso la classe da dove Edward stava uscendo.

Appena vide i bulli, il ragazzò diventò ancora più bianco di quel che era.

"Hai portato i soldi, ragazzina?" disse Robbie avvicinandosi sempre di più.

"Può darsi." rispose Edward, cercando di tenere testa al ragazzo.

"Ti conviene, abbiamo qualcosa a cui tieni molto." disse sorridendo, guardando l'amico che alzava lo zaino di John.

Edward iniziò a tremare.

"D...Dov'è?! Cosa gli avete fatto?!" urlò con le lacrime agli occhi.

"Stà bene, non gli abbiamo ancora fatto niente, per ora..." disse facendo una pausa.

"Prima dammi i soldi e dopo ti porteremo da lui." continuò fermo, porgendo la mano per prendere il denaro.

Edward mise le mani tremanti nelle tasche, le svuotò, dando i soldi al ragazzo.

Voleva farsi rispettare, non essere più trattato come una ragazzina solo perchè John lo proteggeva sempre da tutti, ma tutto questo svanì dopo aver pensato a quest'ultimo in pericolo.

"Tutto qui?" si limitò a dire, fissando le due banconote e qualche monetina.

Edward annuì, i suoi occhi erano rossi e gonfi.

"Non bastano." disse con sguardo serio, avvicinandosi al gemello.

"E'...E' tutto quello che ho..." disse Edward controllando una seconda volta le tasche.

Robbie fece un cenno con la testa ai suoi amici, uno di loro prese Edward e lo bloccò contro il muro, gli altri uscirono.

"Dove stanno andando?!" chiese Edward, nervoso e più preoccupato per John che per se stesso.

Sentiva le lacrime calde, scendere e rigare il suo viso.

Dopo pochi minuti i ragazzi che erano usciti ritornarono con John, lo tenevano fermo, impedendogli di fare qualsiasi movimento.

Quest'ultimo alzò lo sguardo e, vedendo il suo gemello in quello stato, tremante e in lacrime, gli venne un nodo alla gola.

Aveva i polsi rossi, proprio dove il ragazzo che lo bloccava lo teneva contro il muro, le lacrime gli rigavano il viso pallido e sembrava sull'orlo di un attacco di panico.

Solo lui e le professoresse sapevano del problema di Edward.

"Lasciate stare Edward, non vedete che stà male?!" urlò il più grande contro i ragazzi.

Robbie non ascoltò e ordinò all'amico di stringere ancora più forte i polsi del ragazzo.

"St...State lontani da Jawn!" urlò tra le lacrime il più piccolo.

"Dobbiamo punirti, non ci hai ascoltato." disse alzando un sopracciglio.

Dopo pochi secondi Robbie era di fronte a John e lo fece: picchiò il gemello più grande davanti a Edward che ad ogni colpo, piangeva sempre più forte, cercava di divincolarsi dalla forte presa del ragazzo, ma invano.

Solo quando il corpo di John si lasciò andare per terra, i bulli si fermarono, incominciando a correre fuori dall'edificio.

Edward si chinò vicino al gemello che incominciò a tossire, cercando di alzarsi.

Mise una mano sullo stomaco, ma fece una smorfia di dolore quando cercò di spostarsi verso il gemello.

"Jawn, st... stai bene?" domandò con voce tremante.

"Si, tranquillo." disse con voce roca, accettanto l'aiuto del gemello per alzarsi.

Sul suo viso c'era qualche graffio, il suo zigomo aveva preso colore, segno che si sarebbe gonfiato, e aveva un fortissimo dolore allo stomaco.

Non voleva far preoccupare il gemello che lo abbracciò forte una volta in piedi.

"Torniamo a casa." disse John serio, avvolgendo il braccio intorno alla vita di Edward.


Quando arrivarono a casa, la madre aveva lasciato un biglietto sul frigorifero dove diceva che la cena era in forno.

"Io non ho fame." disse il più grande incamminandosi verso le scale.

Edward lo guardò salire, la mano sempre sullo stomaco.

Riscaldò qualcosa velocemente e subito dopo aver mangiato, seguì il fratello in camera.

Quando entrò, in camera non c'era nessuno, si poteva solo sentire il rumore dell'acqua del bagno, segno che John era chiuso dentro.

Edward si sdraiò sul letto, fissava il muro in silenzio mentre aspettava il gemello.

Si sentì un singhiozzo, uno dei pochi che John aveva lasciato scappare per sbaglio.

Il più piccolo si alzò dal letto e appoggiò un orecchio sulla porta.

"John?" sussurrò.

L'acqua si arrestò.

"John, tutto bene?" chiese ancora.

"Si tranquillo..." rispose una voce tremante.

Un altro singhiozzo scosse il corpo del più grande, facendo preoccupare l'altro che entrò in bagno, trovando John seduto contro il muro in un angolo, era senza maglietta, la schiena nuda contro le mattonelle fredde della parete.

Corse verso il gemello che, automaticamente, alzò le braccia per cercare un abbraccio che non tardò ad arrivare.

Nel fare tutto questo Edward riuscì a notare i segni rossi che i bulli gli avevano procurato allo stomaco.

"John, tranquillo sono qui." disse, stringendo il gemello contro il suo petto e incominciando ad accarezzargli la schiena.

Riuscì a calmarlo finchè, sfinito, si addormentò tra le sue braccia.

Anche John aveva bisogno di lui, proprio come lui aveva bisogno di John. 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


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La mattina dopo Edward si svegliò con il profumo dei capelli di suo fratello che era abbracciato a lui nel letto, con la testa sul suo petto.

Rimase a fissare lo zigomo viola e i vari piccoli tagli che ricoprivano il viso di John, che dormiva ancora profondamente.

Si sentì in colpa per quello che era successo, era colpa sua se John era stato picchiato, era colpa sua se il gemello aveva pianto la sera prima ed era colpa sua se John lo avrebbe odiato.

Solo al pensiero di essere odiato dalla persona più importante della sua vita, gli venne un nodo alla gola e i suoi occhi divennero lucidi.

Era abbastanza presto, così decise di preparare la colazione per entrambi.

Cercò di alzarsi dal letto senza svegliare il gemello, spostò lentamente le gambe che erano intrecciate con quelle del fratello, sciolse l'abbraccio, mettendo un cuscino al suo posto.

Corse velocemente al piano di sotto e si diresse in cucina, dove trovò una tazza sporca nel lavandino, segno che la loro mamma era già uscita per andare al lavoro.

Prese due tazze e le riempì di cereali, aggiunse un pò di acqua e ritornò in camera.

John era seduto sul letto e si stava strofinando gli occhi, li aveva gonfi e aveva le guance rosse.

"Buongiorno." disse Edward, sorridendo al fratello.

"Ciao Ed." rispose l'altro con voce roca.

Si avvicinò e abbracciò il gemello.

"Come stai?" chiese il più piccolo.

"Meglio... Grazie per ieri..." rispose John.

Si sorrisero a vicenda e per la prima volta si sentirono in imbarazzo, solitamente era Edward che veniva consolato dal più grande e molto raramente succedeva il contrario.

Porse la tazza di cereali al fratello che incominciò a mangiare in silenzio, guardando fuori dalla finestra.

"Non voglio andare a scuola oggi." disse John, senza guardare in faccia il gemello che chiese:

"Per via di Robbie?"

L'altro non rispose, spostò lo sguardo sulle sue mani.

"John, non possiamo continuare a nasconderci. Loro ci stanno rovinando la vita ma non ne hanno il diritto, dobbiamo reagire, fare qualcosa perchè sono stufo di tutto questo!"sbottò Edward.

"Lo sò Ed'dard ma io ho... ho paura che ti facciano del male..." disse John, guardando negli occhi Edward che accennò un sorriso dovuto alla preoccupazione per lui da parte del gemello.

"Fin quando starò con te, sò di essere al sicuro." disse abbracciando forte il fratello.


Dopo una discussione Edward riuscì a convincere John, così si prepararono, indossarono gli stessi vestiti, si pettinarono i capelli allo stesso modo e uscirono, incamminandosi verso scuola mano nella mano.

"Sono arrivati i due fidanzatini!" urlò un ragazzo alle loro spalle, Robbie.

"John, non rispondere. Ci vogliono solo far arrabbiare." sussurrò Edward, incominciando a camminare più velocemente verso l'entrata della scuola.


La giornata passò lentamente: Robbie aveva strappato il disegno di Edward, ma rimasero calmi; durante l'intervallo avevano fatto lo sgambetto a John, ma erano rimasti calmi; durante la pausa pranzo rubarono i loro panini, ma rimasero calmi.

Solo quando al suono della campanella Robbie aveva spinto violentemente Edward contro la fila di armadietti al lato del corridoio facendolo gemere per il dolore, John perse la pazienza.

Si avventò su Robbie, lo spinse, facendolo cadere a terra e gli diede un pugno sul labbro, facendolo sanguinare.

Seguirono altri diversi colpi, fù la prima volta che Edward vide il fratello così aggressivo.

Di solito loro non erano le persone che risolvevano i problemi con le maniere forti e tanto meno che iniziavano risse.

Corse verso il gemello, urlando di smettere, ma ricevette solo una spinta che lo fece cadere all'indietro.

Un professore si mise tra i due, cercando di bloccare i ragazzi a terra, evidentemente qualcuno lo aveva avvisato.

"Grimes, in presidenza!" Urlò ai due gemelli, voltandosi e aiutando Robbie, ferito in volto e portandolo verso l'infermeria.

John rivolse immediatamente lo sguardo al gemello che però guardava per terra, incamminandosi verso la presidenza sotto lo sguardo stupito di alcuni ragazzi che si erano riuniti intorno.

Era arrabbiato con lui, lo aveva messo nei guai, senza aver fatto niente.

Edward si sentiva ferito, non perchè John lo aveva messo nei casini, quella spinta lo aveva ferito, ma non fisicamente, solo nel cuore.

La segretaria della scuola li fece attendere fuori dalla presidenza, dove rimasero fino all'arrivo dei loro genitori, che erano stati chiamati.

"Potete entrare." disse la ragazza.

I gemelli entrarono in silenzio, Edward con la testa bassa e prese posto su una delle quattro sedie vuote di fronte alla grande scrivania del preside, il signor Anderson.

Quest'ultimo entrò, seguito da Susannah e John, i genitori.

"Sedetevi pure." disse il signore, riferito ai due adulti.

I signori Grimes presero posto e guardarono i figli, nel loro sguardo si poteva chiaramente distinguere la delusione.

"Allora, vi abbiamo chiamati perchè oggi John ed Edward hanno picchiato Robert, un loro compagno di classe." disse prendendo una pausa.

"Con questo, visto che un professore li ha colti sul fatto, non posso fare altro che sospenderli per una settimana." finì, guardando i due ragazzi.

"E' strano, Edward e John non hanno mai usato le mani per risolvere i problemi con le altre persone, quindi oggi, oltre ad essere molto sorpresa per questa, sono anche molto delusa. Ovviamente saranno messi in punizione." disse la madre.

"Ragazzi, perchè avete picchiato Robert?" chiese il padre, curioso del silenzio dei suoi figli.

John guardò Edward, aveva bisogno del suo sguardo per renderlo sicuro, ma quest'ultimo aveva ancora la testa china a guardare il pavimento.

"Robbie aveva spinto Edward contro gli armadietti..." disse con voce bassa.

"Era la prima volta che succedeva?" domandò il preside, intromettendosi nella conversazione tra padre e figlio.

Il più grande guardò il gemello con la coda dell'occhio, si stava mordendo il labbro inferiore.

"No..." rispose, scuotendo leggermente la testa.

"Per quale motivo?" chiese nuovamente il signor Anderson.

"Non ha un motivo." disse subito John, facendo una risata nervosa alla fine della frase.

"Ci tormenta, è il suo hobby..." continuò, portando lo sguardo sulle sue mani, che teneva sulle ginocchia.

"In che senso vi tormenta?" domandò il preside, ormai curioso della faccenda.

"E' da anni che ci infastidisce, ci ruba il pranzo, ci prende in giro e..." il ragazzo si bloccò, aveva un nodo alla gola, non voleva mostrarsi debole di fronte ai genitori.

Il preside notò che era in difficoltà, così chiese:

"E' stato Robert a procurarti quel livido?" indicò lo zigomo.

John si limitò ad annuire, rimanendo in silenzio.

"Da quanto và avanti questa storia?" domandò il padre.

"Da anni." rispose sempre il più grande.

"E' vero Edward?" chiese la madre, notando che il ragazzo non aveva detto una parola da quando era entrato.

Non alzò lo sguardo ma annuì lentamente.

John notò una lacrima cadere sul tappeto.

Mise una mano sul ginocchio del gemello che in risposta lo spostò immediatamente, lasciando il gemello sorpreso da quella reazione.

"Noi abbiamo solo reagito, non è colpa di Edward, sono stato io a picchiare Robert, lui voleva solo fermarmi..." disse John, guardando il gemello.

Il preside sospirò.

"In questo caso sospenderemo Robert per gli atti di bullismo, John dovrà rimanere a scuola nel pomeriggio per punizione mentre per Edward non c'è nessun problema." disse alzandosi.

I genitori strinsero la mano al preside, salutarono i figli e se ne andarono.


I gemelli non si parlarono per tutta la giornata, stavano vicini ma ogni volta che John iniziava un discorso, Edward non rispondeva oppure metteva le cuffie per non sentirlo.

Edward rimase con John anche durante il pomeriggio, quando furono costretti a rimanere in classe per punizione.

"Edward, sei arrabbiato con me vero?" chiese John, guardando il gemello, preoccupato della risposta.

Silenzio.

"Ed, ti prego..." implorò il più grande.

"Sono solo stanco..." sussurrò il più piccolo.

"Non sei solo stanco, sei anche arr..." non finì la frase perchè il fratello lo interruppe.

"Sono solo stanco! Stanco di farmi prendere in giro ogni giorno, stanco di farmi chiamare 'malato' senza mai poter reagire, stanco di farmi picchiare, stanco di fare la parte del debole e stanco di tutto questo." disse, aveva le lacrime agli occhi, le guance rosse e la voce rotta.

Non riuscì più a trattenersi, scoppiò in lacrime, incominciando a singhiozzare.

John lo strinse forte tra le sue braccia, lo avvolse cercando di fargli sentire il calore e tutto il bene che gli voleva, gli sussurrò parole dolci cercando in tutti i modi di calmarlo.

La classe dove si trovavano era vuota, stavano aspettando l'insegnante che, quando arrivò, rimase all'entrata della stanza, cercando di non far rumore e si fermò per qualche minuto a guardare la scena:  i due gemelli si tenevano stretti, John accarezzava la guancia di Edward che aveva la testa adagiata sul petto del fratello, il suo corpo era scosso da singhiozzi mentre i suoi occhi erano rossi e gonfi.

John lo guardava con comprensione, non distoglieva lo sguardo da lui nemmeno per un secondo.

La professoressa decise di annullare la punizione e mandò a casa i due ragazzi, andando contro le regole del preside.


Ebbero una settimana molto tranquilla, Robbie era stato sospeso ma i suoi amici erano troppo codardi e stupidi per infastidire i gemelli.

Quando quel giorno arrivarono a scuola, erano molto nervosi.

La sospensione del bullo era finita ed erano preoccupati per la sua reazione.

Eccolo, in fondo al corridoio, con la schiena contro un armadietto, solo.

Quando vide i fratello, Robbie prese velocemente la sua borsa e se ne andò.

John sorrise ad Edward che ricambiò, entusiasta.

D'ora in poi non dovranno più preoccuparsi di essere attaccati o picchiati, erano al sicuro, si erano fatti valere e ora tutti li rispettavano.

Da quel giorno potevano camminare nei corridoi a testa alta.

Potevano essere loro stessi.



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Capitolo 5
*** Capitolo 5 (ultimo) ***


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"Il prossimo concorrente che entrerà nella casa del Grande Fratello non è proprio UNA persona. Sono i gemelli più cool del momento, direttamente dall'Irlanda... i Jedward!" urlò la presentatrice.

Le urla delle fans invasero lo studio, i cartelloni si alzarono tra la folla e le Jedheads si misero la loro cresta di cartone.

Quando i gemelli salirono sulla passerella che portava verso la casa, cercarono di salutare tutte quelle fa che erano lì per loro, ricevendo e notando 'haters' che gli urlavano contro.

Quando la porta si chiuse alle loro spalle, le grida sparirono, erano immersi nel silenzio totale e si guardarono a vicenda.

Il loro manager, Liam, gli aveva fatto un discorso prima di entrare: dovevano essere loro stessi ma non potevano scarmbiarsi molti segni d'affetto davanti alle telecamere.

Edward non era molto d'accordo ma poi Liam gli aveva spiegato che era per motivi di 'sicurezza', avevano molte persone contro e questo avrebbe peggiorato solo la situazione.

Conobbero gli altri conquilini, sembravano simpatici anche se l'idea di condividere una casa con persone sconosciute non gli andava molto a genio.

Prima di partire per Londra, Edward aveva parlato con il dottor Richard, gli aveva spiegato come si sentiva, aveva paura ma nello stesso tempo era felice.

Era felice di poter condividere quest'esperienza unica con John, ma aveva paura di poter avere una ricaduta davanti alle telecamere.

Faceva le sedute durante il suo tempo libero, non era molto visto che era sempre impegnato con la promozione e il tour del loro ultimo disco.

I primi giorni passarono abbastanza tranquilli, ancora non conoscevano bene gli altri conquilini e così usavano il tempo libero per parlare con loro.

A volte si rifugiavano in giardino per avere un loro 'spazio' perchè anche se passavano le giornate insieme, avevano bisogno di qualche momento di tranquillità dove c'erano solo loro due, per parlare e confidarsi.

Solo dopo una settimana incominciò il vero divertimento: trasformarono il bagno in un "water park", costruirono una torre fatta interamente da toast, buttarono i tavoli e le sedie nella piscina in giardino e distrussero una cucina.

Il Grande Fratello decise di mettere alla prova tutti i concorrenti: formarono due squadre, ognuna delle quali si sarebbe trasformata in due band degli anni novanta molte famose.

La prova consisteva nel stare immobili per il maggior tempo possibile davanti alle macchine fotografiche dei paparazzi.

John era stato assegnato alla squadra dei "Take This" mentre Edward nelle "Kela".   

Chi perdeva la sfida avrebbe passato la notte in giardino.

La gara iniziò e molti, incluso Edward, persero quasi subito.

Il gemello più piccolo, al contrario degli altri, era rimasto a sostenere il più grande anche se faceva parte della squadra avversaria.

John vinse la sfida e questo voleva dire che Edward e i suoi compagni avrebbero dormito fuori.

La sera arrivò velocemente e il gruppo delle Kela uscì in giardino dove trovarono delle transenne che lo dividevano in due metà: la metà riservata ai vincitori e l'altra attrezzata solo da alcuni sacchi a pelo.

Sopra una transenna c'era attaccata una busta.

Kery, una concorrente, la prese e iniziò a leggere ad alta voce:

"I concorrenti che dovranno rimanere fuori non potranno avere nessun contatto con i vincitori, non potranno entrare nella casa e non potranno uscire dalla loro metà."

Edward spalancò gli occhi.

Non poteva farcela a stare lontano da John per un giorno intero, sarebbe impazzito senza di lui.

Corse verso John e lo trascinò in un angolo, sussurandogli:

"Non credo di farcela..." abbassò lo sguardo.

"Hey" disse il più grande, sollevando il mento del gemello per poterlo guardare negli occhi.

"Troverò una scusa per venire da te, non ti preoccupare. Se c'è qualche problema basta chiamarmi." disse, sorridendo per confortare Edward.

Quest'ultimo annuì, abbracciando forte il gemello, prima di voltarsi e dirigersi nel lato opposto del giardino.

La prima ora passò tranquillamente, Edward non disse una parola mentre i suoi compagni di squadra chiacchieravano animatamente.

Non riusciva a preoccuparsi dei sentimenti o dei problemi degli altri se John non era con lui.

Decise di entrare nel confessionale, che era stato aperto anche dal giardino.

"E' così difficile stare senza John, ogni singolo momento mi chiedo: Cosa stà facendo John? Dov'è John? John stà pensando a quello che penso io? John ha i capelli cool come i miei?" fece una pausa.

"Non ho mai passato così tanto tempo separato da John, è così difficile parlare con le persone e pensare ai loro sentimenti e restare ad ascoltarle quando tutto ciò a cui stò pensando è John e a cosa stà facendo.

Siamo un'unica forza, senza John non sono niente, sono solo una persona, non sono un gemello.

Con John che mi supporta sempre, mi spinge a fare di più, mi dice quanto sono forte.

E' così difficile stare da solo con te stesso..." finì abbassando lo sguardo.

Uscì dal confessionale, l'aria fredda colpì il volto pallido del ragazzo che, senza dir nulla, si spostò lontano dal gruppo e si sdraiò con il suo sacco a pelo, non voleva nessuno, solo John.

Gli altri concorrenti dormivano abbracciati tra di loro per non sentire il freddo e uno di loro disse: "Edward, vieni qui con noi, non stare da solo!"

Ma quest'ultimo non rispose, facendo finta di dormire.

A lui serviva solo il suo fratellone, ecco perchè dormivano anche nella stessa stanza: quando qualcuno faceva un incubo, l'altro lo confortava.

Se uno aveva freddo, l'altro lo accoglieva nel proprio letto.

In quel momento aveva solo bisogno di un suo abbraccio.

Si rese conto solo ora che nessuno parlava, segno che gli altri si erano addormentati.

Si strinse forte al sacco a pelo e alzò la sciarpa che aveva preso la sera, prima di uscire.

Profumava di John.

Non riuscì a trattenere le lacrime e incominciò a singhiozzare, cercando di non svegliare gli altri.

John stava dormendo quando ad un certo punto si avegliò senza un motivo, sapeva che qualcosa non andava e subito pensò ad Edward.

Uscì dalle coperte  e se le avvolse intorno alle spalle e, cercando di non fare rumore, uscì in giardino.

Quando guardò il lato opposto del giardino illuminato solo dalla luce della luna, riconobbe subito il gemello.

Era solo e si poteva capire chiaramente che era lui grazie al ciuffo di capelli che si intravedeva dal sacco a pelo.

Era girato di spalle e il suo corpo era scosso da respiri irregolari e soffocava i singhiozzi, cercando di non farsi sentire.

John, silenziosamente e cercando di non farsi notare dalle telecamere, scavalcò una transenna e, cercando di non spaventare il gemello, si sdraiò dietro di lui.

Quest'ultimo sussultò e subitosi girò per vedere chi fosse.

Quando vide il fratello non esitò e lo abbracciò forte, sfogandosi nell'incavo del suo collo.

"Shh Edward sono qui, tranquillo." bisbigliò al più piccolo, accarezzandogli la schiena con movimenti lenti per calmarlo.

Sentiva le lacrime del fratello scendere lungo il suo collo, il suo respiro caldo contro l'orecchio che lentamente si calmava.

Era notte fonda ormai e il freddo si faceva sentire: Edward, una volta calmato, si era addormentato di nuovo contro il petto di John, una mano teneva stretta l'estremità della sua maglia, come se avesse paura di perderlo ancora una volta.

Si accorse che tremava, cercò di coprirlo con la sua coperta ma non risolse molto.

"Ed." bisbigliò, scuotendolo leggermente.

Quest'ultimo si svegliò, mostrando gli occhi leggermente rossi e gonfi.

"Entriamo, stai congelando." disse di nuovo, alzandosi e prendendo le coperte.

Il gemello non disse una parola, prese la mano di John e si incamminarono insieme verso la casa, sempre senza far rumore.

Edward si sdraiò nel letto di John che, una volta disteso dietro di lui, fece scivolare le mani sulle braccia del gemello fino ad arrivare alle sue.

Il suono della sveglia rimbombò in tutta la casa, tutti si svegliarono tranne i gemelli, ancora abbracciati.

Paddy, concorrente della squadra vincente, si svegliò nel letto di fianco e, quando li vide, corse a chiamare gli altri.

"Oww." disse Kery guardando la scena.

"Sono adorabili." continuò, sorridendo.

"Dai, lasciamoli dormire." disse Amy, uscendo dalla stanza.

John fù svegliato dalla sensazione di solletico creata dai capelli di Edward, accoccolato ancora sul suo petto.

Quest'ultimo si svegliò dopo pochi minuti, stringendo le mani del gemello, ancora unite.

"Tutto bene?" chiese John con voce roca.

Il fratello non si mosse.

"Edward?" chiese di nuovo, alzandosi leggermente sul letto per vedere il viso del più piccolo.

"Sono preoccupato..." rispose, sussurrando.

"Di cosa?" domandò John, aggrottando la fronte.

"Secondo te ci ha visti qualcuno?" chiese Edward.

"Ed'dard siamo fratelli, non c'è niente di strano nell'abbracciare il proprio gemello." disse, cercando di tranquillizzarlo.

"Hai... Hai ragione." disse con tono ancora insicuro.

"Vedrai che andrà tutto bene." continuò il più grande, accarezzando la guancia del gemello con un gesto veloce, prima di alzarsi.

Una volta solo, Edward si mise le mani sul viso e sorrise.

Sorrideva per l'amore fraterno che John gli dimostrava ogni giorno, non si sentiva più un peso ma finalmente capiva che il gemello teneva a lui più della sua stessa vita.

Le telecamere avevano ripreso tutto quello che era successo, dalla sera prima, alla notte fino a quel momento.

La videro milioni di persone, incluso il dottor. Richard che li seguiva ogni giorno dalla tv di casa sua per esaminare i miglioramenti di Edward. 

Le persone si resero conto che anche loro, dopotutto, avevano dei sentimenti e non era giusto trattarli male, erano solo dei ragazzi pieni di energia.

Il signor Richard arrivò ad un'unica soluzione: Edward non soffriva di "ansia da separazione", tutto questo era solo "amore fraterno".

Note Autrice: 

Anche questa storia è finita e quindi voglio ringraziare tutti i lettori e tutte quelle persone che ad ogni capitolo mi hanno dedicato un pò del loro tempo per scrivere una recensione che mi ha sempre reso felice.

Grazie mille, alla prossima storia!

Il link del video di Edward dentro il confessionale: 

http://youtu.be/AkEmquGi5w8

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