La voce dell'anima

di simply_me
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 3: *** Capitolo III ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV ***
Capitolo 5: *** Capitolo V ***
Capitolo 6: *** Capitolo VI ***
Capitolo 7: *** Capitolo VII ***
Capitolo 8: *** Capitolo VIII ***
Capitolo 9: *** Capitolo IX ***
Capitolo 10: *** Capitolo X ***
Capitolo 11: *** Capitolo XI ***
Capitolo 12: *** Capitolo XII ***
Capitolo 13: *** Capitolo XIII ***
Capitolo 14: *** Capitolo XIV ***
Capitolo 15: *** Capitolo XV ***
Capitolo 16: *** Capitolo XVI ***
Capitolo 17: *** Capitolo XVII ***
Capitolo 18: *** Capitolo XVIII ***
Capitolo 19: *** Capitolo XIX ***
Capitolo 20: *** Capitolo XX ***
Capitolo 21: *** Capitolo XXI ***
Capitolo 22: *** Capitolo XXII ***
Capitolo 23: *** Capitolo XXIII ***
Capitolo 24: *** Capitolo XXIV ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***


nota dell'autrice: quella che vi apprestate a leggere è la prima ff che ho scritto. La prima in assoluto. Non che ne abbia scritto molte a dire il vero ^^
E' un'opera completa, peraltro abbastanza lunga, già comunque terminata, della quale al momento sto realizzando una spin-off.
Le tempistiche non corrispondono perfettamente a quelle che si dovrebbero avere nel manga, ma ahimè me ne son accorta troppo tardi per modificarle e sinceramente son tempi coerenti all'interno della fanfic stessa.
Ho dedicato tempo e anima a scriverla e sì, ci son idee che forse son del tutto avulse da gnk, ma queste le scoprirete in seguito...
Nasce un pò in sordina, almeno nei primi tre capitoli ma poi si sviluppa con maggiore dinamicità.
beh! che altro aggiungere?
I Personaggi non son di mia invenzione ma appartengon alla amata/odiata Muichi sensei che ne ha tratto un'opera che resterà sempre nel mio cuore.
Spero tanto che questa mia ff, che non ha certo la pretesa di sostituirsi al finale che la Miuchi, spero un giorno non tanto lontano, darà a quest'opera, possa piacere a chi non l'ha ancora letta, e che chi l'ha già letta possa comunque riapprezzarne una seconda lettura.



CAPITOLO I


Lo spettacolo che si presentava agli occhi della signorina Mizuki, all’apertura della porta, era a dir poco preoccupante.

Il giovane presidente fumava, dandole le spalle, guardando l’esterno dall’enorme vetrata del suo ufficio. La tazzina da caffè in mille pezzi sul pavimento, il liquido scuro schizzato tutto intorno e… le foto, sparse per terra, come fossero state gettate lì in un impeto di rabbia.

Dal primo istante di shock legato a quella visione, la segretaria si era immediatamente destata sentendo il rumore dei passi che si avvicinavano: lo rompersi della tazzina era stato udito fin nel corridoio.

Prontamente era avanzata oltre la porta e la aveva richiuso dietro di sé: più volte ormai aveva visto quell’uomo perdere il controllo per quella ragazzina, ma nessun altro degli uffici della Daito doveva scoprirlo.

Mizuki stava lì, con le mani dietro la schiena, ancora poggiate sul pomello della porta, come a voler impedire che qualcuno girandolo potesse aprila e osservava il signor Hayami.

Era immobile, la sigaretta che si consumava tra le sue dita, fisso su quell’unico pensiero: Maya.

Quando Hijiri la prima volta gli aveva riferito di quella ragazzina e di Sakurakoji, pur provando una fitta al cuore, gli aveva risposto di non fare nulla. Aveva pensato più volte che anche lei sarebbe cresciuta un giorno, che Sakurakoji era un bravo ragazzo e più volte si era chiesto se sarebbe stato in grado di lasciarla andare. Sapeva di non esserne capace, ma che era suo dovere.

D’altronde lui… era ormai fidanzato.

Ricordava perfettamente la cerimonia di fidanzamento, lo ruppersi del bicchiere che gli aveva rivelato la presenza della ragazzina.
Ricordava che si era forzato a sorriderle chiedendole di presenziare con una buona disposizione d’animo alle sue nozze. Ricordava anche che la ragazzina gli aveva fatto le sue congratulazioni e, prima di scappare via, gli aveva urlato contro

“SIA FELICE!”


Quelle parole erano state una vera pugnalata al cuore.

Ma si era imposto di non scomporsi: Shiori era lì al suo fianco allora e sapeva che suo padre lo stava osservando.

Eisuke sospettava anche troppo.
Non doveva.
Le minacce a quella ragazza… non avrebbero mai dovuto realizzarsi, mai!

“Sia felice!”

Ma avrebbe mai davvero potuto esserlo?
Come poteva costruire un castello di felicità su fondamenta di costrizioni, menzogne, falsità?

Non aveva scelta: quello era il suo destino.
Avrebbe indossato per sempre quella maschera.


Sakurakoji…

Gli aveva già chiesto se lui e Maya stessero assieme, ma lui aveva negato: erano amici, partner di lavoro e solo sulla scena sarebbero stati anime gemelle.

Ma le cose non stavano così!

Masumi lo aveva capito quella sera dell’incidente al ristorante.
Quando Sakurakoji lo aveva anticipato salvando quella ragazzina, aveva visto il suo sguardo dolce mentre la riportava dentro il ristorante e… aveva visto quel ciondolo dietro il colletto.

Erano questi i suoi veri sentimenti: Sakurakoji la amava, dallo stesso tempo in cui la amava anche lui.

Ma quel ragazzo non era il presidente Hayami, era libero.


Da quella sera in Masumi era scattato qualcosa: si chiedeva in continuazione se anche lei volesse bene a quel ragazzo e se un giorno quei due sarebbero finiti assieme per davvero.

Li avrebbe lasciati andare?
Ma, soprattutto, sarebbe riuscito a continuare a inviarle le rose?


Le rose scarlatte…

Già: ormai da tempo per lui avevano assunto un diverso significato.

Non erano il simbolo di un’ammirazione spropositata e sincera, erano i suoi sentimenti per lei, Maya, la ragazzina di undici anni più piccola che inconsapevolmente gli aveva rubato il cuore.

Senza rendersene conto neanche lui, aveva lasciato che lei superasse ogni barriera, ogni scudo e che entrasse nel suo cuore. Glielo aveva riempito e, lentamente, glielo stava logorando.

Ma lei non aveva alcuna colpa: era stato lui, Masumi Hayami, a innamorarsene e, senza accorgersene, questo amore si era spinto oltre, più del ragionevole e gli aveva pervaso l’anima.

E adesso?
Le crepe che ormai da tempo solcavano la maschera dell’affarista senza scrupoli che indossava erano mutate in profonde spaccature e quella maschera era caduta giù.

Come poteva riacquistare la calma?
COME?

Ma… era necessario. Doveva, doveva più di tutto il resto.


La signorina Mizuki, nel silenzio, aveva capito tutto.

Ormai erano anni che lo affiancava.

Guardava il signor Hayami e sapeva che, mentre guardava all’esterno, quell’uomo stava cercando di incollare ogni minuscolo pezzetto della maschera di giovane presidente.

Mizuki aveva chinato in basso il capo, osservandosi le scarpe e pensando proprio a questo: quest’uomo amava follemente quella ragazza, ciecamente, e, nella sua cecità, non si era accorto che anche la ragazzina lo ricambiava.

Non come ammiratore, ma proprio come Masumi Hayami della Daito.

La segretaria se ne era accorta la sera della cerimonia di fidanzamento. Aveva osservato la ragazza, le sue reazioni.

Ma più volte il presidente le aveva detto di avere una fervida immaginazione e, se glielo avesse fatto notare, non le avrebbe creduto.

A che scopo poi?

Ormai lui aveva deciso il dovere.

Perchè infliggergli quest’altro dolore?

Sapere di amare e di esser ricambiato, ma di non potere manifestare nemmeno una briciola di questo amore apertamente...

Incoraggiare questo sentimento avrebbe finito di distruggere quell’uomo.

Solo quella ragazzina poteva davvero cambiare lo stato delle cose: non lui, ma lei.

Chissà!?


Mentre pensava così un sorriso appena accennato le solcò le labbra, alzò il capo e si mosse avanzando in silenzio. Raccolse le fotografie e le depose in uno dei cassetti dell’archivio alla destra della scrivania, poi attraversò in direzione opposta la sala, prese il cestino e lo spostò vicino i pezzi della tazzina. Sempre in silenzio, li gettò nel cestino, uno ad uno; tirò fuori dalla tasca della giacca del completo turchese che indossava il suo fazzoletto e asciugò meglio che potesse il pavimento, riposizionò il cestino in quell’angolo vicino alla pianta e si diresse alla porta.
Infine di spalle, a capo chino, braccio destro proteso verso la porta e mano sulla maniglia ruppe il silenzio.

- Cancellerò i suoi impegni per le prossime ore. Le porto un altro caffè? –

Al suono di quelle parole Masumi si voltò.

Sapeva della presenza della segretaria nella stanza, ma sapeva che lei meglio di chiunque altro comprendeva il suo stato.

- Si, signorina Mizuki – rispose.
- Bene... – così dicendo la segretaria aprì la porta.

Stava per richiuderla quando:

- Signorina Mizuki! La ringrazio –

La segretaria sorrise.

- Di nulla. Dovere… presidente – così dicendo chiuse la porta alle sue spalle e si diresse lungo il corridoio.

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Capitolo 2
*** Capitolo II ***


CAPITOLO II


Agli studi di recitazione le prove proseguivano già da cinque ore.

Il signor Kuronuma era instancabile: aveva diretto già buona parte delle scene degli attori di minor rilevanza, aveva osservato Sakurakoji interpretare Isshin e adesso era il turno di Maya.

- Proviamo la scena della battaglia. Tutti pronti! Kitajima, ricorda: entri in scena come una semplice fanciulla, ma man mano che cammini diventi la Dea… Fa’ molta attenzione, è una scena cruciale, il pubblico deve percepire la tua trasformazione! –
- Si, signor Kuronuma! – gli aveva risposto la ragazza.

Era insolitamente calma: quanto le era accaduto negli ultimi giorni le aveva dato modo di pensare, di riflettere, di capire.

Lei era innamorata…

Era vero, tristemente reale.
Di un amore che credeva, che sapeva impossibile e, tuttavia, non poteva fare a meno di soffrirne.

Aveva fatto fatica a comprendere se stessa e, così facendo, non era riuscita a dimenticarsi del proprio io e a diventare Akoya.

Si era chiesta migliaia e migliaia di volte, dalla sera della premiazione che le aveva permesso di confrontarsi alla pari con Ayumi per la Dea Scarlatta, “perché?”

Già, perché quell’uomo si comportava in quel modo?
Perché la scherniva, la provocava, la trattava come un oggetto, un "uovo d’oro", come le aveva più volte ripetuto, e poi invece, segretamente, anonimatamente, le inviava quelle rose?
Perché era arrivato fino al punto da farsi odiare da lei?

Odiare…

Era quello di cui era stata convinta per tanto tempo, molti anni, troppi.

Il peso di tutti quegli anni di odio sarebbe stato impossibile per chiunque, ma lui era sempre rimasto lì, nascosto dietro quelle rose e non solo: se ne era resa conto quella notte sotto le stelle.

Era stato lui a prenderla tra le braccia e portarla dentro il suo ufficio per medicarla quando all’inizio, spiando le prove dei ragazzi della compagnia Ondine, era stata aggredita dai cani; lui l’aveva protetta dalla pioggia con la propria giacca, mentre lei aspettava i membri della compagnia per la rappresentazione di Gina e i cinque vasi; lui si era occupato della signora Tsukikage quando aveva avuto il primo attacco a seguito della chiusura del laboratorio teatrale e aveva provveduto a chiamare il medico per curarla.

Quando i finanziatori della signora Tsukikage la avevano abbandonata ed era stata costretta chiudere il suo laboratorio teatrale, era stato lui a trovarle un posto dove provare con le ragazze; era stato lui a portarla in ospedale per medicarla quando la signora le aveva legato addosso quelle canne per farle capire come si muoveva una bambola; l’aveva protetta dalla caduta della colonna alla fine della rappresentazione di Cime Tempestose facendole scudo con il proprio corpo e, la sera in cui lei aveva ricevuto il premio come migliore attrice non protagonista per Hellen in Anna dei miracoli, l’aveva invitata a danzare facendo in modo che venisse notata dalle persone presenti.

L’aveva ingaggiata come attrice quando la signora Tsukikage glielo aveva chiesto affinché lei potesse apprendere la danza, potesse affinarsi come attrice recitando nello sceneggiato Lo splendore del cielo destinandola a diventare una star.

Una star...

Così le aveva detto.
E per questo aveva fatto di tutto, anche nasconderle la madre, sua madre, la madre la cui morte l’aveva fatta crollare nella disperazione totale.

Quanto lo aveva odiato, detestato per la morte di sua madre!

L’aveva sempre considerato l’assassino di sua madre.

- ASSASSINO! -

Glielo aveva urlato in faccia quella mattina, quando si era risvegliata in ospedale, e tale lo aveva considerato a lungo.

Che stupida!

Bruciante d’odio, non aveva fatto caso che era stato proprio lui a ritrovarla svenuta dentro quella barca, che l’averla schiaffeggiata davanti a fotografi e giornalisti era stato il tentativo di quell’uomo non farle perdere credibilità.

Mentre lei non riusciva a recitare, quando ormai la consideravano un’attrice fallita, le aveva proposto mille ruoli da interpretare. L’aveva soccorsa quando sotto la pioggia era svenuta, portandola a casa sua e ancora lì l’aveva riportata quando lei era fuggita.

Lui le aveva fatto ritrovare la voglia di recitare parlandole del mondo dell’arcobaleno in cui gli attori potevano vivere mille vite, lui l’aveva lasciata andare quando lei aveva deciso di farcela con le proprie forze, senza l’aiuto della Daito e soprattutto di quell’uomo.

Eppure… era stato lì!
Testimone della scommessa tra i ragazzi della compagnia e il direttore del teatro Atene.
Aveva consigliato i ragazzi e permesso loro di vincere la scommessa.

Allontanandola dai membri della compagnia, provocandola, aveva spinto i suoi piedi al teatro Nittei proprio quando occorreva una sostituta per fare l’antagonista di Ayumi.

L’aveva spinta lì a questo scopo, solo adesso se ne era resa conto.

Alla cena l’ammiratore non si era presentato.
Si era presentato lui, con una scusa, e, volutamente, aveva condotto la conversazione tra lei, Maya Kitajima, e quell’anziana donna che aveva interpretato la bellissima Ardis nella lirica, permettendole così di capire il suo ruolo, di confrontarsi con Ayumi senza temere e poi a quella festa, la festa per la prima di Isadora l’aveva umiliata, no! Soltanto provocata.

Provocata a tal punto da farle interpretare Jane la ragazza lupo con una tale rabbia, una tale passione, da suscitare l’interesse dei membri dell’associazione nazionale dello spettacolo per Lande Dimenticate.

Provocata a tal punto da farle interpretare Jane la ragazza lupo con una tale rabbia, una tale passione, da suscitare l’interesse dei membri dell’associazione nazionale dello spettacolo per Lande Dimenticate.

Aveva assistito alla prima sfidando un temporale per mantenerle una promessa che lei reputava fastidiosa.

Senza che lei se ne accorgesse, era stato lui a permetterle di vincere quel premio che l’aveva condotta lì dove era adesso, a provare per la Dea Scarlatta.

La Dea Scarlatta…

Lo spirito di un albero di susino, la valle dei susini...

L’aveva soccorsa, quando il temporale l’aveva sorpresa nella valle.
L’aveva coperta col suo impermeabile, le aveva acceso il fuoco di quella vecchia stufa affinché non si ammalasse e poi, quando il fuoco si era spento, l’aveva abbracciata e riscaldata col calore del suo corpo tutta la notte.

Ricordare quella notte le provocava sempre un leggero rossore alle guance.
Ma quella notte le aveva finalmente fatto aprire gli occhi e comprendere che lo amava.

Proprio lui, Masumi Hayami , l’affarista senza scrupoli, l’assassino di sua madre.
Lo amava, lo amava davvero e anche tanto.

Per questo non voleva deluderlo.

Ricordava perfettamente le sue parole:

"chissà quanto mi piacerà vedere la sua Dea Scarlatta

E ricordava anche le parole che lei gli aveva rivolto prima che la signora Tsukikage mostrasse a tutti i presenti la Dea Scarlatta nella valle dei susini:

interpreterò una Dea Scarlatta che la soddisferà… lo farò per lei

Era questa, questa la promessa che lei aveva fatto al signor Hayami.

Eppure, inizialmente, l’aveva dimenticato...


Quando, dopo la rappresentazione della Dea Scarlatta, aveva indossato l’abito di scena della signora Tsukikage, le parole della Dea erano servite ad aprirgli il suo cuore di ragazzina, di donna.

Chissà se lui aveva capito davvero o se quell’unione di anime che aveva vissuto con lui era stata solo il frutto della sua fantasia, un’illusione.

Era tornata dal paese natale della Dea Scarlatta proprio per scoprirlo.
Ma era troppo tardi: Masumi Hayami festeggiava la cerimonia del suo fidanzamento con quella signorina.

La signorina Shiori…

Quella donna così… così bella, elegante, gentile, così perfetta.
Troppo perfetta, rispetto a lei, Maya, una ragazzina.

Se ne era accorta proprio allora, osservando il suo riflesso in una vetrina di un negozio, mentre scappava dalla cerimonia di fidanzamento del signor Hayami: il suo ammiratore, no! il suo amore, avrebbe sposato quella donna perfetta.

Era quella donna la sua metà dell’anima, non lei.
Era stata tutta un’illusione, una stupida, stupida illusione.


Per giorni era stata incapace di provare.
L’unica cosa che era riuscita a fare era stato piangersi addosso.

Le parole di Akoya erano troppo dolorose: le anime gemelle, senza età, aspetto, condizione sociale non esistevano nel suo caso.


Kuronuma l’aveva sgridata, le aveva gridato addosso con rabbia la sua mancanza di concentrazione e sbattuta fuori dalle prove.

Assurdo!
Non le era nemmeno importato.
Era troppo presa da quel dolore: essersi innamorata di un uomo irraggiungibile...


Ma, adesso, non era più così.

Era stata la compagnia di Sakurakoji a farglielo capire.

Sakurakoji…

Un tempo tutti lo avevano considerato il suo ragazzo, ma in fondo era sempre stato un amico.

Lui non l’aveva mai dimenticata e questo le provocava un forte imbarazzo, ma adesso lui stava con Mai.

Quando aveva scoperto che sarebbe stato il suo partner in Lande Dimenticate aveva avuto paura: l’ultima volta che si erano visti lui le aveva detto che la amava e le aveva detto addio, ma quando si erano rivisti era stato gentile, non le aveva fatto pesare nulla ed era ritornato ad essere il suo carissimo amico.

Quando, ritornati dal paese natale della Dea Scarlatta, lei non era stata in grado di recitare e il regista l’aveva cacciata dalle prove era stato lui a farle ritornare un minimo di serenità, portandola a divertirsi, lasciando che sfogasse tutto il suo pianto nella ruota panoramica, regalandole un ciondolo a forma di delfino e mettendo da parte il suo stesso ciondolo della coppia che gli era stato dato dal venditore al ritorno da quella giornata di puro divertimento.

Trascorreva molto tempo con lei ultimamente: la aiutava a non pensare, le faceva forza e poi… l’aveva salvata.

Si, le aveva salvato la vita la sera dell’incidente al ristorante quando, dopo aver ricevuto la rosa scarlatta, lei aveva cominciato a cercare il signor Hayami e invece era stata trascinata e gettata in acqua dal pontile.

Era stato lui a riportarla sulla terra ferma.
Avrebbe dovuto avere ogni ragione per rimproverarla e invece anche in quel momento l’aveva confortata.

Ritornata a casa, non era stata capace di dormire.
Aveva riflettuto a lungo.
Lei era stata davvero la peggiore delle partner fino ad allora: troppo presa da sé senza considerare tutti gli altri attori, il regista Kuronuma e lui, Sakurakoji, che stavano faticando e sudando per mettere in scena uno spettacolo meraviglioso.

Nessuno di loro meritava la sua negligenza, nessuno!

Non il regista, non Sakurakoji, non tutti gli altri attori, non la signora Tzukikage, che la aveva scoperta e cresciuta affinché potesse ereditare la Dea Scarlatta, non Ayumi, che la aveva sempre lealmente considerata una rivale.

Ma soprattutto non lui, non il suo donatore di rose, non Masumi Hayami.

Chissà quanto mi piacerà vedere la sua Dea Scarlatta.

Mai e poi mai avrebbe voluto deluderlo, MAI!

Probabilmente lui non la avrebbe mai amata, ma, come attrice, voleva che fosse la sola, l’unica che lui potesse mai ammirare.

Le sarebbe bastato?
Probabilmente no.
Ma meglio che non aver neanche quella, la sua ammirazione...


Quella mattina era entrata negli studi con questa consapevolezza: doveva diventare una Dea.
Una Dea che era la natura, la forza, la fragilità, l’amore.
Una Dea meravigliosa, impareggiabile.

Forte di questa consapevolezza aveva acquisito sicurezza e aveva atteso con pazienza il suo turno: adesso era arrivato.

Avanzava nella sala lentamente, a piccoli passi tra gli attori che combattevano.
Non li osserva: girava attorno a loro con lo sguardo inizialmente stanco, poi pian piano spento, distaccato, per ultimo, infinitamente triste, di una tristezza non umana, la tristezza, lo strazio che lei, Dea, portava dentro nel vedere i propri figli, che aveva generato, cresciuto e nutrito con amore, distruggersi gli uni gli altri.

Kuronuma la osservava attentamente.

Osservava il mutare dell’espressione del suo volto, e tutti gli attori non impiegati nelle prove vedevano solamente una cosa: una Dea, la Dea Scarlatta.

Con questa espressione Maya aveva attraversato la sala sino a giungere a poco meno di un metro dal regista: non aveva parlato, solo adesso pronunciava la sua frase:

- Non capisco, perché gli uomini si combattono? –

Kuronuma battè le mani, la prova si interruppe, tutti i presenti sembravano essersi ripresi da un sogno.

- Bene così Kitajima! La tua espressione andava bene, anche la voce. Ma ancora non sei perfetta: non cammini ancora come la Dea, i tuoi movimenti sono ancora umani… - le disse.

Maya era contenta: finalmente era entrata davvero nel personaggio, ma aveva ancora tanta strada da fare.

Per prima cosa i movimenti: i suoi muscoli non erano allenati e in confronto ad Ayumi la sua goffaggine sarebbe emersa immediatamente.
Occorreva che apprendesse grazia, eleganza, femminilità.

Solo così poteva batterla, solo così poteva lasciare senza fiato lui, Masumi Hayami.

- Cinque minuti di pausa! – tuonò Kuronuma.

Gli attori si erano allontanati svuotando la sala.

Maya strinse i pugni, guidata dalla determinazione:

- Signor Kuronuma! Aspetti per favore! – aveva gridato la ragazza seguendo il regista.
- Si Kitajima? –
- Ecco io… ho bisogno di imparare come muovermi, di acquisire piena consapevolezza del mio corpo… mi aiuti la prego! –

Il regista le sorrise.

- Finalmente hai tirato fuori la grinta! Bene! Alla fine delle prove seguimi! –
- D’accordo – Maya sorrise e con voce gentile si inchinò – la ringrazio! –

Aveva fatto il primo passo, il primo vero passo...






nota: chiedo scusa per l'imperdonabile ritado con cui aggiorno ^^". Cercherò di mantenere il mio programma d'ora in poi...

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Capitolo 3
*** Capitolo III ***


CAPITOLO III


Osservarla provare con vera determinazione, per la prima volta dal ritorno dalla valle dei susini, aveva sorpreso piacevolmente Sakurakoji.

Aveva ascoltato le parole che il regista le aveva detto prima di allontanarsi dalla sala:

- finalmente hai tirato fuori la grinta! -

Finalmente…

Si chiedeva se parte di questo cambiamento della ragazza fosse legato a lui, lo sperava. Faceva sul serio lui, adesso che l’aveva ritrovata.

Ancora una volta, da quando sotto la pioggia lei aveva detto di aver bisogno di lui, del suo Stewart, se ne era riscoperto innamorato.

Le cose però adesso erano diverse: lui non era più un semplice ragazzino, ma un giovane uomo.
Si era costruito la sua strada fino a Lande Dimenticate e, spinto dalla voglia di non esser da meno come attore rispetto a Maya, si era impegnato come non mai per poter giungere a interpretare Isshin. Aveva allontanato tutto il resto: la sua famiglia, andando a vivere da solo e anche Mai.

Mai…

Gli era stata accanto in tutto questo tempo, era proprio una ragazza dolcissima. Ma anche lei se ne era accorta: lui le voleva bene, si! molto. Ma non abbastanza da amarla veramente.
Lo sapeva, lei, e ne aveva timore. Ma nonostante tutto lui cercava sempre di rassicurarla: Maya era soltanto la sua partner a teatro.

Mentiva…

La amava, la voleva, la desiderava.
Specie da quando aveva saputo che era innamorata.
Si era avvicinato ancora di più sperando che Maya si accorgesse che lui, LUI, Sakurakoji, era lì al suo fianco.

“Perdonami Mai…Perdonami…”

Era un vigliacco!
Non era stato capace ancora di dirle la verità: VIGLIACCO!

Ma adesso lui pensava a Maya, non soltanto come Isshin, ma come Yu Sakurakoji.

Lei era lì, a portata di mano.
Ancora poco e avrebbe potuto averla.

Uscita dalla sala la aveva vista avviarsi a sinistra lungo il corridoio verso i distributori di bevande: doveva seguirla.

- Maya! – gridò – Aspettami! –

La ragazza si fermò voltandosi, sentendosi chiamare:

- Sakurakoji! Dimmi? –
- Sei stata bravissima poco fa!, vieni ti offro una cola – le disse sorridendole con dolcezza.

Maya lo aspettò, poi , insieme, si avviarono verso i distributori.
Il ragazzo prese la prima cola e la porse alla ragazza dicendole:

- Sono contento che tu ti sia ripresa! –

A quelle parole per un istante la mente della ragazza cominciò a ricordare tutto il dolore che nascondeva dentro: deglutendo silenziosamente cercò di riprendersi.

- Ah… ecco… sei gentile Sakurakoji – disse con voce quasi tremante e accennando un sorriso – ma ecco… io preferirei prendere un caffè forte! – sorrise.

Non era più una ragazzina.
E l’unico modo per fare in modo che tutti se ne accorgessero, che il suo LUI, Masumi, se ne accorgesse, era cominciare a cambiare nei modi, nelle abitudini, a crescere.

Sakurakoji rimase sorpreso:

- Un... caffè forte?! Ne sei sicura? –
- Certo! Un bel caffè nero e forte! –
- D’accordo. Allora questa qui la berrò io – disse il ragazzo mostrando la cola e strizzandole l’occhio destro – vieni, ti accompagno nella hall dove fanno i caffè! -

Si avviarono fianco a fianco lungo il corridoio disadorno, i cui unici elementi decorativi erano un paio di buffe piante e vecchie fotografie di attrici passate.

- Non te la prendere per quello che ha detto il signor Kuronuma, lo sai che parla così solo per spingerci a migliorare sino al massimo risultato –
- Ma Sakurakoji non me la sono affatto presa! – rispose secca Maya – lo so anche io! E poi… aveva ragione… - il suo tono era cambiato, era fermo, sicuro – ho ancora bisogno di esercitarmi a lungo – poi sorridendo – Manco ancora di eleganza! –
- Maya… -

Sakurakoji si sentiva strano, era come trovarsi di fronte un’altra persona.

La osservò sorseggiare lentamente la calda e amara bevanda: gli occhi della ragazza si chiusero al contatto della lingua con la bevanda, poi la vide rilassarsi e adesso la assaporava tranquillamente.
Era diversa, risoluta, sicura.

Finito di sorseggiare il caffè Maya gli chiese delle sue prove.

- Le prove vanno bene, ma il signor Kuronuma è un po’ pensieroso mentre mi osserva recitare… credo che pensi che manca ancora qualcosa al mio Isshin. E ha ragione - era serio, preoccupato – non riesco ancora ad afferrare come improvvisamente Isshin capisce l’importanza della sua missione come si sente nello scoprire che tagliare l’albero vuol dire porre fine alla vita della sua amata… -
- Non preoccuparti! Sono sicura che lo capirai presto! sei un attore straordinario quindi non abbatterti! –gli disse sorridendogli - Adesso andiamo! Siamo in ritardo per ricominciare!-

Detto questo Maya incominciò a incamminarsi con passo risoluto dalla hall alla sala prove, mentre Sakurakoji la seguiva in silenzio.

Era diversa Maya: era cambiata…


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Capitolo 4
*** Capitolo IV ***


CAPITOLO IV


Il sole era ormai alto e la mattina trascorsa.

Masumi Hayami stava seduto alla poltrona della sua scrivania.
La aveva ruotata a destra di 90 gradi per guardare l’esterno dall’enorme vetrata del suo ufficio.

Se ne stava lì, seduto in silenzio, col busto interamente adagiato allo schienale e il viso leggermente ruotato per meglio osservare l’esterno.
Non guardava in basso, ma in alto verso il sole.

I suoi occhi splendevano, riflettendo la luce quasi abbagliante del sole mattutino e tuttavia c’era qualcosa in essi che non trasmetteva la solita apparente serenità: erano visibilmente provati.

Era stata una mattina intensa, difficile.


Appena arrivato in ufficio, si era diretto in sala riunioni per una riunione coi responsabili del settore pubblicitario per la promozione del nuovo film della Daito e, solo dopo, si era diretto al suo studio. Prima di entrare aveva chiesto alla segretaria, la signorina Mizuki, di portargli un caffè e si era immediatamente seduto alla scrivania sfogliare le carte per la prossima riunione.

Proprio lì seduto lo aveva trovato la signorina Mizuki entrando col caffè caldo. Aveva posato il caffè sulla scrivania, a destra di fianco al telefono, e si era allontanata ricordando al presidente, prima di uscire, l’appuntamento per le 11:30 con gli azionisti della società K e il pranzo alle 13:00 con la signorina Shiori, la sua fidanzata.

Vistala uscire dalla sala dopo averla ringraziata, il signor Hayami si era fermato, posando le carte di lavoro.
Alzandosi, aveva preso la tazzina di caffè con la mano destra sorreggendo il piattino con la sinistra e l'aveva avvicinata alle labbra.

Prima ancora di sorseggiare l’amara bevanda si era arrestato un istante a guardare il telefono: aspettava notizie da Hijiri, il dipendente ombra della Daito, riguardanti quella ragazzina.

Così aveva deposto piattino e tazzina nuovamente a fianco del telefono, aveva avvicinato all’orecchio la cornetta e digitato il numero autenticazione della sua segreteria non ufficiale: un nuovo messaggio, lasciato la notte precedente.

- Sono io. – la voce era quella di Hijiri – Come mi ha richiesto ho controllato il cellulare del signor Sakurakoji… le ho fatto una copia delle foto sue e della ragazza… le troverà domani mattina nel solito cassetto… nonostante mi abbia detto di non fare nulla attendo comunque le sue istruzioni. Buona sera.

BIIIIP!

Il suono del segnale acustico aveva annunciato la fine del messaggio.

Quel secondo cassetto sulla destra della scrivania era sempre stato chiuso a chiave.
Prima di ritirarsi suo padre, Eisuke Hayami, gli aveva dato la chiave; dopo pochi giorni Masumi aveva provveduto a cambiare la serratura senza informare il vecchio presidente.

Posata la cornetta, aveva estratto la chiave dalla tasca degli eleganti pantaloni e aperto il cassetto: dentro c’era una busta sigillata.
Sempre in piedi, si era appoggiato di fianco, a destra della scrivania, e aveva aperto la busta estraendo delle foto.

Erano quel ragazzo e lei, quella ragazzina che aveva lo incantato.

La prima foto l’aveva già vista sul cellulare di Sakurakoji, ma ciononostante gli aveva comunque procurato una leggera fitta al cuore.

Aveva tratto un forte respiro ed era passato alla seconda: erano sulla moto.

“Beh! è normale: fanno spesso tardi alle prove e lui si offre di accompagnarla.” pensò sforzandosi di mantenere la calma, “sempre meglio che lasciarla tornare a piedi da sola.”

Era passato alla terza foto: cucinavano assieme, stesso grembiule, si sorridevano.

La fitta era ricomparsa: si era alzato, posizionandosi al lato destro della scrivania.

Quarta foto: si sorridevano, dando da mangiare a degli uccellini.

La fitta era diventata lancinante, nel suo stomaco i succhi gastrici avevano cominciato a ribollire.

Quinta foto: Maya dormiva, sdraiata sul divano e quel ragazzo la copriva amorevolmente con una coperta.

Non era più stato in grado di pensare: aveva respirato affannosamente, cercando di non mettersi a gridare per la rabbia.

Sesta foto: la ragazzina, la SUA ragazzina dormiva serenamente.
Era solo il suo viso, il suo tenero, dolcissimo viso.

Masumi Hayami era impazzito dalla rabbia, dalla gelosia.

“CHE COSA!?... PERCHÉ?!”

Non era più riuscito a controllare il respiro, era diventato rosso in viso, gli occhi iniettati di sangue.
Non era riuscito ad andare avanti, a pensare.

In preda alla follia più estrema aveva scagliato le foto alla sua destra colpendo col movimento del braccio la tazzina di caffè che era caduta sul pavimento andando in pezzi.

E non era la sola cosa andata in pezzi...

Anche la maschera del giovane presidente, dell’affarista senza scrupoli era crollata: i suoi respiri si erano fatti affannosi.

Masumi aveva avuto solo un pensiero: precipitarsi fuori dallo studio e SPACCARE LA FACCIA a quel... quel... coso, quell’omuncolo da strapazzo di Yuu Sakurakoji.

Ma non avrebbe potuto.
E, anche essendone capace, che diritto ne avrebbe avuto lui, Masumi Hayami?

Aveva tratto un respiro profondo chiudendo gli occhi e tirando indietro le ciocche di capelli che nella foga gli erano ricadute sugli stessi, aveva acceso una sigaretta e si era avvicinato alla finestra: doveva, DOVEVA calmarsi.
A mente lucida avrebbe agito.

La signorina Mizuki entrando lo aveva trovato proprio alla finestra e aveva capito.


Cosa fare?

Non era capace ancora di pensarlo.

La donna uscì dallo studio e atraversò il corridoio sorridente, fingendo di non aver notato nulla di strano e alle segretarie, prendendo il caffè commentò ridacchiando:

- Il nostro presidente è un po’ distratto oggi... voltandosi ha fatto cadere la tazzina! –

Poi tornò allo studio: Masumi Hayami non era più alla finestra, ma seduto alla scrivania, coi gomiti poggiati su di essa e le mani, intrecciate a sorreggergli la fronte, tra quali emergevano ciocche scompigliate di quei morbidi capelli nocciola dai riflessi dorati.

Sebbene non riuscisse a vedere lo sguardo del presidente,potè intravederne le guance visibilmente rosse e la mascella serrata e pulsante.

- Tenga – gli disse dolcemente porgendogli la tazzina.

L’uomo la accettò senza sollevare il capo e la teneva tra le mani.

La signorina Mizuki rimase un attimo a guardarlo, poi uscì velocemente: aveva delle telefonate da fare.

Si sedette alla scrivania e cancellò tutti gli appuntamenti della mattina e del pomeriggio solo…

Il pranzo, la signorina Shiori…
Non poteva essere lei a contattarla: doveva essere il signor Hayami, il suo fidanzato.


Sentendola uscire Masumi era sprofondato nuovamente in quello stato di gelosia, rabbia, disperazione.
Doveva calmarsi: trasse un respiro profondo.

Quel… quel ragazzo… quell’essere… amava la sua ragazzina…
Se ne avesse avuto ancora qualche dubbio, ormai ne era certo: non quanto lui, ma la amava.

E Maya?
Lo amava?
Lo ricambiava?

Le foto sembravano affermare proprio questo.
E il solo pensiero che potesse esser così lo distruggeva.

Tuttavia, che male ci sarebbe stato?
Gli costava ammetterlo, ma in fondo Sakurakoji era un bravo ragazzo.


La sua ragazzina stava volando, volando dove le sue braccia non avrebbero più potuto raggiungerla.

Eppure…

Quella volta, alla valle dei susini... quella mattina dopo la notte al tempio... e quel giorno sul greto del fiume...

Aveva sentito l’anima di quella ragazzina congiungersi alla sua e chiamarlo “amore mio”.

Forse era tutta un’illusione.
E, se anche fosse stato vero, sarebbe stato un pazzo, un vero pazzo, ad assecondare questi sentimenti.

Come se fosse in grado di domarli!
Non ci sarebbe mai riuscito: lo sapeva benissimo.

Doveva sincerarsene.
Doveva capire quali erano i sentimenti di Maya per quel ragazzo.

Ma... come?

Andare da lei e chiederle se amava o meno Yuu Sakurakoji?

Pura follia.

E se lei avesse risposto di si?

No, non sarebbe stato in grado di frenare il suo impulso di picchiarlo senza un’apparente giustificazione.

Come allora?
Come?

Roteò nuovamente la poltrona in direzione della vetrata alzando lo sguardo verso il cielo.

Ebbe un’idea, si alzò di scatto: ma certo! Hijiri!

Il suo viso si illuminò: attendeva sue disposizioni.
Chissà! forse aveva previsto la sua reazione.

Compose di fretta il numero del dipendente.

- Aspettavo la sua chiamata! – gli ripose l’uomo.

Al presidente parve di cogliere un pizzico di ironia, ma non se ne preoccupò:

- Senti… ecco… - la voce di Masumi era incerta - dovresti… beh prima di agire in qualsiasi modo occorre sincerarsi dei sentimenti della ragazza! –
- Ah! – Hijiri non riuscì a trattenersi e cercando di trattenere le risate – non si preoccupi, le parlerò stasera all’uscita dalle prove… desidera la sua risposta stasera stessa o domani mattina? –
- Uhm… - era più sereno adesso il presidente – Domani, ci vedremo domani a pranzo alla villa al mare… - aveva risposto con voce ferma.
- D’accordo, a domani – aggiunse prima di riattaccare la cornetta.

Domani alla villa, avrebbe saputo allora.



Erano ormai le 12 quando il telefono dell’interno squillò nello studio.
Hayami rispose: era la segretaria.

- Signor Hayami i suoi appuntamenti sono stati cancellati. Solo… ecco... il pranzo con la signorina Shiori… -
- Shiori! – se ne era completamente dimenticato – non si preoccupi signorina Mizuki. Dopotutto è la… mia… fidanzata. – quelle due parole erano un macigno – Me ne occupo io –
- Si, presidente. –

Si sforzò nel comporre il numero di casa Takamiya.

- Pronto? –
- Shiori! sono io. –
- Masumi! Qualcosa non và? – aveva chiesto la donna.
- Si. Mi dispiace –aveva detto Masumi con garbo e gentilezza - È sorto un impegno improvviso qui a lavoro,per la costruzione del nuovo teatro e… -
- Ho capito, non ti preoccupare, pranzeremo assieme un’altra volta –
- Ti ringrazio –
- Figurati, sarei una pessima fidanzata se mi comportassi diversamente… A presto –

La sentì riagganciare, detestandosi per l'ennesima menzogna.

Si abbandonò ancora una volta sulla poltrona, puntando lo sguardo su un sole ormai alto e abbagliante.

Avrebbe saputo tutto domani, domani a pranzo…

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Capitolo 5
*** Capitolo V ***


CAPITOLO V


La mattina era interamente trascorsa anche per Ayumi.

La ragazza uscì dalla sala in un completo bagno di sudore; le guance ancora rosse erano la manifestazione dell’immane sforzo fisico cui si stava sottoponendo di ritorno dalle prove con la signora Tsukikage e Maya nella valle dei susini.

Ricordava perfettamente la sensazione di smarrimento e sconforto provata quando Maya si era trasformata mentre lei… aveva soltanto recitato…

Ma dopo la signora le aveva fatto notare la cosa più importante: Maya non sapeva controllare il suo corpo, era carente in danza, atletica...
E questo faceva di lei, Ayumi, la più avvantaggiata.

Era proprio questo quello che avrebbe dovuto sfruttare: l’espressività del proprio corpo.

Dal suo ritorno si era sottoposta ad allenamenti estenuanti ai quali neanche il migliore e più preparato degli atleti avrebbe saputo reggere: passava sei ore al giorno in palestra tra salti col tappeto elastico, ginnastica ritmica con nastro, danza e pantomima. Dopo la pausa pranzo riprendeva con la recitazione, ripetendo le battute di Akoya per altre sei ore circa, tornava al suo appartamento alle dieci distrutta e la tata le faceva trovare da mangiare soltanto del riso, acqua e verdure, come Ayumi stessa le aveva richiesto.
Finita la cena, dopo aver fatto un bel bagno rilassante, si metteva ad ascoltare musica new age che le permetteva di rilassarsi, meditare e stare in ascolto...

Si, proprio come Akoya: sentiva l'odore del mare grazie all'incenso che si era procurata, il tocco del vento stando sulla terrazza del suo appartamento, il calore del fuoco, tenendo accese delle candele tutt'intorno nel soggiorno e poi si dedicava alle piante... la sua terra.

Erano stati proprio questi gli elementi che la signora Tsukikage aveva fatto studiare alle due ragazze ed Ayumi voleva fondersi con essi.

A suo avviso i quattro elementi non erano altro che manifestazioni della Dea Scarlatta e lei adesso doveva diventare tutt'uno col personaggio.

Era la seconda volta che lo faceva.
La prima volta era stato per il ruolo della principessa Oligerad del regno di Lastonia.
In quel ruolo per la prima volta aveva fatto qualcosa che quella ragazza, Maya, la sua unica e sola rivale, faceva da sempre:fondersi col personaggio.

Maya...
Se solo non ci fosse stata lei...

Mai avrebbe provato questo senso di perenne sconfitta.

Ma non era solo questo...

Paradossalmente quella ragazzina, sciatta e insignificante fuori dal palcoscenico, su di esso splendeva.
Splendeva tanto quanto se non forse anche più di lei...

Le impressioni che quella ragazza trasmetteva al pubblico... erano molto al di sopra delle sue.
Lei era brava, senza sorta di dubbio, era stata definita un genio...
Ma era quella ragazzina il vero genio... e lei lo aveva capito subito.

Per questo motivo la aveva incoraggiata, l'aveva vendicata nel ruolo della vampira Camilla e l'aveva aspettata...

Era quanto di più vicino ad un'amica Ayumi Himekawa potesse avere...

Sempre circondata da persone che l'ammiravano, la stimavano come grande figlia d'arte, Maya era l'unica, l'unica, capace di misurarsi alla pari con lei...

Per questo non riusciva mai a capire la sensazione di inferiorità che Maya dimostrava.
Non ne aveva motivo: era tanto brava quanto lei, se non addirittura superiore.
Possibile che non se ne rendesse conto?


Se l'avesse battuta, se l'avesse superata sulla Dea Scarlatta, allora lei sarebbe stata Ayumi Himekawa l'attrice e non soltanto la figlia di Utako, stella del cinema e del teatro.

Era questa la ragione che la faceva impegnare con tutta se stessa, con maggiore concentrazione e con una forte, fortissima determinazione.

“Non mi lascerò battere da te... “


Si sedette allo sgabello del bar dove consumò velocemente la sua insalata di verdure: sapeva che l'attendeva ancora un intero pomeriggio di duro lavoro...


All'angolo del bancone sulla sinistra un uomo la osservava.

Quell'uomo notava la stanchezza che la ragazza, dopo una intera settimana di prove senza sosta, aveva cominciato a manifestare.

Eppure, il suo viso... l'espressione di quella ragazza era stupenda.
Lei era stupenda...

All'inizio aveva cominciato a seguirla spinto dall'interesse puramente professionale di fotografare una ragazza così affascinante, ma nel corso di quest'ultimo mese alla valle di susini il fotografo Hamil aveva notato altro, molto altro...

Quella ragazza, Ayumi, era incantevole...
Era bellissima, ma non solo: la cosa più bella era la luce del suo viso.
La luce che i suoi occhi manifestavano, la luce della concentrazione, della passione smodata che quella ragazza nutriva per il teatro...

La forza di quella ragazza lo aveva atterrito, paralizzato.
Non poteva fare a meno di immortalarla nelle sue fotografie, sebbene si rendesse conto di poterle apparire opprimente.
Non riusciva a farne a meno: un soggetto come lei, una donna come lei avrebbe riempito la vita di chiunque ne fosse stato spettatore e, perchè no! coprotagonista...

Hamil aveva osservato gli sforzi della ragazza, le sue insicurezze e la vitalità che aveva messo in ogni studio, in ogni tema, sino alla recitazione delle battute della Dea nella valle dei susini: era... incantevole, davvero, davvero incantevole...

Ma le prove a cui la ragazza si sottoponeva lo preoccupavano: il suo fisico poteva reggere davvero a quegli sforzi immani con dei pasti così... così inconsistenti?

Richiamò l’attenzione del barman con un rapido cenno della mano e gli sussurrò qualcosa all'orecchio, una volta avvicinatosi.
Pochi istanti dopo Ayumi si ritrovò davanti una porzione enorme di torta al cioccolato...

– Mi scusi! – lo chiamò la ragazza – ci deve essere un errore! Io non ho ordinato nessun dolce -
– Si, signorina... il dolce le viene gentilmente offerto da quell'uomo sulla sinistra. - le rispose il barista, accompagnando la frase con un gesto della mano.

Indirizzò il suo sguardo nella direzione isuggeritale e immediatamente riconobbe quell'uomo biondo dai capelli ricci.

– Ascolti – riprese a parlare al barman spingendo verso questi il piattino – ringrazi quell'uomo da parte mia, ma gli dica che non posso accettare e che sarebbe meglio non ripetesse una tale offerta. -

Detto questo si alzò e allontanò dal bar.

Lungo il corridoio,sentì il rumore di passi che si affrettavano correndole dietro per raggiungerla...

– Madamoiselle Ayumi! La prego mi aspetti! - le urlò dietro una voce maschile che si avanzava velocemente.

Ayumi si fermò, senza voltarsi...

– La prego di non considerare il mio gesto come un atto di scortesia nei suoi confronti.... – prese a parlarle il fotografo, una volta raggiuntala.
– Signor Hamil – rispose Ayumi con tono leggermente seccato – le avevo già una volta chiesto di non intralciarmi. -
– Me ne rendo conto signorina... volevo solo... farle notare una cosa... -

Ayumi si voltò a guardarlo dritto in volto...

– Che cosa? Cosa ha notato? -
– Madamoiselle Ayumi io sono un fotografo... e da buon fotografo mi soffermo non solamente su un bel soggetto, ma anche sui suoi particolari... – cominciò a risponderle Hamil i cui occhi le accarezzavano il corpo.
– Che intende dire?! – lo interruppe la ragazza, rossa in viso per via dell'ambiguità della frase.

– Parlo del suo fisico, Ayumi. – rispose l’uomo – Nonostante la sua volontà lei è una ragazza fragile... nessuno reggerebbe a lungo agli sforzi immani a cui sta sobbarcando il suo corpo. Cerchi di riposare ogni tanto, di riguardarsi... altrimenti rischia di crollare prima di raggiungere il traguardo che si è imposta -

La ragazza rimase sorpresa: nessuno, aldilà dei suoi genitori e della tata, aveva mai manifestato una tale preoccupazione per lei, per la sua salute.
Non riusciva a smettere di osservarne il viso e di concentrarsi sulla dolcezza di quell’espressione preoccupata che quell'uomo le indirizzava...

Il suo cuore, improvvisamente,cominciò ad accelerare.
Guardò in basso e trasse un respiro profondo: non era il caso di avere una tale reazione.

– La ringrazio per la sua preoccupazione, ma non c'è nulla da temere... – gli disse con tono fermo e sicuro - io non crollerò e il mio fisico reggerà. -

Sorrise con fermezza prima di voltarsi, lasciandosi alla spalle il fotografo e indirizzare i suoi passi verso la sala prove dove sapeva essere attesa dal regista Onodera e dagli attori...


“Ti mostrerò una Dea Scarlatta che nessuno, nemmeno tu, sarai in grado di superare. Vedrai Maya Kitajima, vedrai...”

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Capitolo 6
*** Capitolo VI ***


nota dell'autrice: innanzitutto mi scuso per il notevole ritardo con cui aggiorno questa ff. Avrei voluto essere puntuale, ma una "serie di eventi sfortunati"(per dirla alla Lemony Snicket XD) sta mandando a monte tutti i miei progetti. Cercherò di postare più in fretta che posto, Nel frattempo comunque sto cercando di portarmi avanti con la formattazione. Rispetto al progetto iniziale e già concluso sto cambiando qualcosina, ma nulla di significativo, certe espressioni, consecutio temporis errata, gesti dei protagonisti che trovo più adatti... nulla di sostanziale comunque. Vorrei infine ringraziare tutti coloro che, anche silenziosamente, leggono questa ff.Sapere che quacuno la legge, mi spinge ad andare avanti nel correggerla e postarla qui, quindi grazie grazie ancora.
Ah! un'ultima cosa: in questo capitolo si introducono un'idea un pò stravagante, ma che permette di sviluppare l'aspetto non romantico della storia... per quanto riguarda l'aspetto sentimentale... beh! aspettate il prossimo capitolo(spero di non postarlo fra molto) (^_-)
Buona lettura a tutti! *inchino*




CAPITOLO VI


Lo smog e le luci notturne donavano al cielo di Tokyo un insolito colorito scarlatto.

Maya se ne stava fissa in piedi, dopo aver sceso il primo dei quattro gradini dell’uscita posteriore dell’edificio in cui si tenevano le prove, a osservare il cielo.

“Che cielo scarlatto…" pensò, "ricorda quello della valle dei susini…”

Le tornò alla mente l'atmosfera di quella bellissima valle in cui era stata con lui.

- Signor Hayami… - sussurrò in maniera impercettibile.

- Maya! Finalmente ti trovo! - esclamò Sakurakoji, appena uscito anch'egli dalla porta posteriore.

A quella esclamazione la ragazza si voltò di scatto, riprendendo contatto con la realtà.

-Ah! Sakurakoji... - disse leggermente imbarazzata - io... non mi ero accorta che fossi uscito anche tu. - aggiunse con un timido sorriso.

Sakurakoji la osservò: nonostante il sorriso riusciva perfettamente a notare quel velo di tristezza che le oscurava il viso.

- Maya... - sospirò a voce bassa, non potendo fare a meno di chiedersi a cosa lei stesse pensando ferma lì, sui gradini, a guardare il cielo - Andiamo - aggiunse affiancandola - su! ti accompagno a casa - concluse dolcemente le spalle con un braccio.
- Oh! ti ringrazio Sakurakoji, - rispose con fare concitato la ragazza - ma non ce ne è bisogno. - proseguì divincolandosi - Aspetto il signor Kuronuma. -

Sakurakoji chinò il capo.
Non poteva negare di essere rimasto sorpreso della decisione con la quale lei si era cortesemente sottratta al suo abbraccio, ancor più sorpreso però dal fatto che stesse lì a aspettare il regista.
Strinse il pugno un istante e si sedette sul gradino risoluto, poi si voltò verso Maya, che lo osservava con aria perplessa.

- Ti faccio compagnia sino a quando il signor Kuronuma non esce. - aggiunse sorridente - Dopotutto, non sarebbe mica cortese da parte mia lasciare la mia amata Akoya ad aspettare tutta sola, no? -
- Sakurakoji... - sussurrò Maya.

Gli sorrise, sensendosi anch'ella un gradino più in giù.

- Che bella serata... - disse il ragazzo guardando il cielo - è raro che il cielo sia così qui in città, mi ricorda quello del paese natale della Dea Scarlatta. -

- Si... - annuì tristemente.

Rannicchiò le gambe e posò il mento sulle ginocchia sospirando.

"Signor Hayami..." pensava, "chissà che sta facendo in questo momento. Mi guardi, la prego, guardi la mia Akoya, non si dimentichi di me…"

Sakurakoji la osservava da un gradino più in alto.
Non riusciva che a vederle le spalle, ma anche da esse poteva cogliere la sua tristezza.

"Che ti succede Maya?" pensò, "perchè sei sempre così triste? Per chi?"

Strinse con forza la mano che impugnava il casco.

Il rumore della porta che si chiuse alle loro spalle fece voltare i due ragazzi: era il regista, il signor Kuronuma.

- Kitajima sei pronta? – chiese il regista, poi accorgendosi del ragazzo – Ah, bene Sakurakoji vieni anche tu con noi! Devo portare anche te in un posto… -

Salirono in auto e il regista mise in moto, allontanandosi dall'edifico, svoltando all'angolo in direzione ovest, lungo la strada principale.

Pochi istanti dopo un'altra auto partì, seguendo la prima a relativa distanza.


Durante il tragitto il regista parlava ai ragazzi, guidando distrattamente.
Sakurakoji, che gli era seduto a fianco, lo guardava terrorizzato, mentre Maya, sul sedile posteriore, cercava disperatamente qualche appiglio a cui aggrapparsi per non balzare da una parte all'altra durante le curve.

- Sono proprio contento che tu abbia ritrovato lo spirito, Kitajima. – urlò il regista guardandola dallo specchietto retrovisore – Accidenti! guarda questo qua davanti come guida!! – e suonando il clacson – LEVATI DALLA STRADA INCAPACE!!! –

I due ragazzi si scambiarono una rapida occhiata nella quale ognuno lesse negli occhi dell'altro un notevole terrore.

- Kitajima, - riprese a parlarle l'uomo - hai ragione. Non hai fatto molta danza in vita tua non è vero? –
- Beh... ecco… - rispose esitando – a dire il vero... si, non molta. –
- Per questo motivo occorre rimediare il più in fretta possibile. Mancano poco meno di tre settimane alla rappresentazione di prova. Escludendo l’ultima settimana, hai circa due settimane per imparare a muoverti correttamente. –
- Si, signor Kuronuma! – esclamò la ragazza, tutt'orecchi.

“Due settimane…” pensò, “ce la farò?... Devo farcela… non ho alternativa. Gliel’ho promesso… ho promesso al signor Hayami di essere pronta… voglio che resti incantato a guardare le mia Akoya…”

- Non preoccuparti Kitajima. - seguitò il regista - Il tempo è un po’ scarso, ma la persona che ho chiamato riuscirà a prepararti alla perfezione… vedrai. – aggiunse con una tale sicurezza da infondere alla ragazza un pò di coraggio.

Coraggio…
Si, ce ne voleva davvero per quello che l'avrebbe attesa nelle prossime settimane

- Andiamo a te Sakurakoji! – richiamò la loro attenzione il signor Kuronuma – E SPOSTATI LUMACA! - gridò all'auto davanti suonando il clacson, poi ritornando al ragazzo - Sei bravo ad interpretare Isshin… ma ti manca qualcosa… - aggiunse gravemente.

Per un istante entrambi i ragazzi dimenticarono la guida spericolata dell'uomo.

- Isshin è un personaggio cruciale che si evolve progressivamente. Tu sei passionale… ma manchi di riflessività… maturità… agisci troppo impulsivamente. Ti manca ancora l’aspetto più importante: la spiritualità! – gli fece notare.

Sakurakoji volse il capo, fingendo di concentrarsi sulla strada: il signor Kuronuma aveva ragione, lo sapeva benissimo anche lui.
Mancava qualcosa al suo Isshin e, come il regista gli aveva detto, era proprio quello: la spiritualità.

- Ma non temere… - riprese il regista con fare rassicurante - prima di uscire ho fatto una telefonata e ho rimediato anche a questo… ah! Bene! - esclamò compiaciuto - siamo arrivati, Sakurakoji. –

Sterzò bruscamente a sinistra, facendo arrestare l'auto dopo una decina di metri.

- Su, è ora si scendere. -

Mentre scendevano dall'auto, per un istante entrambi i ragazzi ringraziarono il cielo che quella folle corsa fosse terminata, poi guardarono avanti a loro.

- Ma questo è… - comnciò a dire Sakurakoji.
- Esattamente – lo interruppe il signor Kuronuma – è un tempio buddista di meditazione. Uno dei bonzi qui dentro è un mio amico d’infanzia. Sakurakoji! – proseguì perentorio puntando il dito verso il ragazzo - D’ora in poi per le prossime due settimane la mattina verrai qui a meditare… siamo intesi? – poi, con tono più sereno - Su, adesso entriamo. È scortese fare attendere le persone… -


Entrando nel tempio, i tre vennero accolti da un bonzo basso e tarchiato.
Il signor Kuronuma gli presentò i due ragazzi e poi indicò all'uomo Sakurakoji, mettendo le mani dietro sulle spalle di quest'ultimo.
Sakurakoji fece un leggero inchino, ringraziando il bonzo per la gentilezza e dsponibilità che stava loro mostrando.

Dopo una ventina di minuti l'uomo dentro l'auto che li aveva seguiti li vide uscire dal tempio e risalire nella vettura.

Era il turno di Maya adesso, lei lo sapeva bene.
Più proseguivano lungo la strada, più in lei cresceva la tensione, un senso di oppressione.
Non vedeva l'ora di arrivare.

Dopo una quindicina di minuti si fermarono e la ragazza scendendo strabuzzò gli occhi: non riusciva a credere a quanto vedeva.

Si trovavano a sud ovest, in periferia della città, e innanzi a loro si ergeva un enorme telone blu notte illuminato da una serie di luci di tutti i colori che ne delineavano i contorni.
In alto, al centro del telone, un enorme cartellone illuminato riportava una scritta che Maya lesse a voce alta con un briciolo di esitazione:

- Circo WAGNER...circo... su ghiaccio?! - esclamò.

Si volse a osservare il regista con aria perplessa.

- Signor Kuronuma, - intervenne Sakurakoji – con il dovuto rispetto… -
- Sta' zitto Sakurakoji per l’amor del cielo! – sbraitò Kuronuma interrompendolo, poi, voltandondosi verso la ragazza, riprese con voce rassicurante - Kitajima, ascolta: hai solo due settimane di tempo per imparare equilibrio, danza , eleganza… Sono poche. Per questo ho pensato al circo sul ghiaccio: in queste due settimane, se vorrai, potrai imparare a stare in equilibrio su una corda, a librarti in aria come una trapezista, a pattinare con la stessa eleganza di una ballerina sul ghiaccio… o quasi... Comunque tutto questo servirà al nostro scopo: equilibrio, conoscenza del tuo corpo, eleganza. È l’unica soluzione. - osservò l'insegna del circo - Conosco molto bene il direttore del circo: è un brav’ uomo. Lo conobbi in luna di miele… Mi deve un favore che è prontissimo a ricambiare… e soprattutto è molto, molto preparato. Ti addestrerà lui. Certo, le lezioni saranno molto impegnative… ma se ti impegni con costanza alla fine di queste due settimane i movimenti di Akoya oltre alle sue espressioni saranno perfetti… Allora Kitajima? Te la senti? –

Era difficile per lei rispondere a quella domanda. Non aveva mai pensato che il signor Kuronuma le avrebbe proposto una cosa del genere.
Tuttavia, nel sentirlo parlare, si convinse della validità di quanto le aveva detto.

Due settimane…
Strinse i pugni e assunse un’espressione determinata.

“Ayumi…" pensò, "non mi lascerò battere… La Dea Scarlatta sarà mia. È l’ultima cosa che mi lega al signor Hayami… non me la lascerò portare via senza lottare fino alla fine.”

- Si... - rispose la ragazza - si! La ringrazio tantissimo signor Kuronuma… È la mia sola occasione e non lascerò che mi sfugga dalle mani. –
- Maya… - sussurrò Sakurakoji, poi a voce alta – ne sei sicura Maya? –
- Certamente… - e sorridendo - non vedo l’ora di cominciare! –
- Bene! – disse Kuronuma – Da domani mattina verrai qui tutte le mattine; dalla sala prove ci vogliono 20 minuti con la metropolitana… Resterai qui tutti i giorni sino alle quattro del pomeriggio… dopodiché avrai un’ora di riposo e poi tornerai alla sala prove dove ti concentrerai sull’interpretazione del tuo personaggio sino a quando non reputerò che è abbastanza per la giornata. Intesi? –

La ragazza annuì sorridente.

Avanzarono, facendo il loro ingresso nel tendone.
A una decina di metri un uomo nell’ombra, lo stesso che li aveva seguiti fin lì, li osservò entrare.
Dopo un pò si mosse anche lui, avvicinandosi lateralmente all’ingresso e entrando nell’ombra, senza farsi notare...

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Capitolo 7
*** Capitolo VII ***


nota dell'autore: ringrazio blu Rei e jenny per aver lasciato un commento allo scorso capitolo. Cercherò di postare presto anche il prox capitolo, del quale son già a metà rivisitazione e formattazione. Grazie a tutti coloro che leggono...buona lettura!




CAPITOLO VII


All'interno del tendone l'aria era gelida per quella stagione.
L'enorme pista di ghiaccio la raffreddava facendo emettere dalle loro bocche una leggera nuvola di vapore ad ogni respiro.

Maya si voltò un istante concentrandosi sulla pista.
Al centro di essa poteva vedere una coppia di ragazzi danzare sui pattini allegramente, mentre, appesi ai trapezi sulla destra, due ragazzi si esibivano in capriole e salti mortali.

Il circo Wagner era un circo di origine russa, proveniente dalla Siberia occidentale.
Il diriettore, il signor Lurendos, era un ometto dalle spalle larghe e muscolose e dalle gambe corte e sottili. Figlio di madre giapponese e padre russo, portava in viso i tratti idiomatici di entrambi.
La mascella volitiva, mal celata dai baffi a punta, si univa ai caratteristici occhi a mandorla, rendendo il suo viso allungato particolarmente buffo e bruttino. Eppure caratterialmente era un uomo allegro, energico, vitale.
Questo era quanto il regista aveva detto ai ragazzi nell'entrare.

Il signor Kuronuma aveva l'aveva conosciuto in luna di miele con la moglie, quando lo aveva trovato malconcio in un angolo della strada a causa di una rissa da taverna e lo aveva soccorso portandolo in ospedale.
Da allora quell'uomo gli era rimasto estremamente riconoscente.

Vedendoli entrare gli corse subito incontro, abbracciando con forza Kuronuma e, in perfetto giapponese, salutò i due ragazzi con un inchino:

– Siate i benvenuti in questo mio modesto circo – disse facendo roteare il braccio e la mano dal centro verso l'esterno come a voler percorrere tutto il tendone, poi sollevandosi e osservando la ragazza – Oh... ma è lei la ragazza di cui mi hai parlato stamane a pranzo? - chiese scrutandone i contorni.

Maya, osservata, si sentiva leggermente a disagio e arrossì inchinandosi e ringraziando.

– Sono Maya Kitajima, lieta di fare la sua conoscenza... la ringrazio per la cortesia accordatami. -
– Oh, - continuò ridacchiando l'uomo – se sapessi cosa ti aspetta non credo ringrazieresti né me né quest'uomo – disse mettendo una mano sulla spalla del regista, troppo alto rispetto a lui perchè potesse prenderlo sottobraccio.

I due ragazzi si scambiarono una rapida occhiata e nascosero una risata sommessa.
Anche Sakurakoji si presentò, venendo accolto cortesemente, dopodichè si spostarono in un caravan dietro al tendone, mentre nell'ombra una figura continuava a osservarli.

All'interno del caravan il signor Dimitri Kojin Lurendos offrì a i ragazzi una bevanda calda e al regista porse un buon bicchierino di vodka, che quest'ultimo accettò con piacere.

– Quindi...- esordì Dimitri guardando Maya - abbiamo solo due settimane, eh? - poi con aria pensosa – Certo sono pochine... - poi in maniera positiva - ma si! Vedrai che ce la faremo! - aggiunse strizzandole l'occhio destro.

La ragazza sorrise: era contenta di trovarsi di fronte un uomo così affabile.
Era certa che avere a che fare con quel tipo sarebbe stato davvero interessante.

– Allora... - proseguì l'uomo stavolta con serietà – l'addestramento comincia domani mattina alle 6:00 in punto. Mi raccomando: non sono ammessi ritardi. Avrai mezz'ora di tempo per un leggero spuntino a base di frutta e integratore vitaminico, dopodichè continuerai con le prove sino alle 16:00. Trascorrerai molto tempo sotto le mie direttive e con i miei ragazzi, che ti insegneranno i movimenti base. Ripeto: non sono ammessi ritardi né svogliatezza. Se dovessi notare scarsa partecipazione ti butto immediatamente fuori, chiaro? -
– Si. Chiarissimo. - rispose la Maya attenta - Domani mattina alle sei in punto. -
– Bene! - disse Dimitri sorridendole e strizzandole l'occhio - Ora è meglio che torniate a casa... altrimenti rischi di tardare già dal primo giorno! - rise, indicando l'orologio che già segnava le 23:20.


Una volta congedatisi, non prima però che i due uomini si scambiassero la promessa di una buona bevuta un giorno di questi, il signor Kuronuma riaccompagnò indietro i due ragazzi, lasciando Sakurakoji alla sala prove, dove aveva la moto, e Maya nei pressi del suo modesto appartamento.

– Kitajima, - le disse il regista mentre Maya apriva lo sportello - sarebbe meglio se trovassi un mezzo o qualcuno disposto ad accompagnarti nei prossimi giorni. Non vorrei che ti stancassi eccessivamente viaggiando in autobus o in metropolitana.-
- Non si preoccupi signor Kuronuma, vedrà che ce la farò. -

Il regista le sorrise.

- A domani, Kitajima. - – A domani signor Kuronuma. - rispose la ragazza scendendo e rimanendo per un attimo al centro della strada a osservare l'auto allontanarsi.


Solo allora Maya, voltandosi pensosa, si accorse della figura nascosta nella penombra dietro di lei.

Riconobbe l'uomo dai capelli corvini e dai lineamenti delicati e gli corse incontro.

– Signor Hijiri! - esclamò la ragazza sorpresa - Cosa ci fa lei qui a quest'ora? -
– Buona sera signorina Maya. In realtà speravo di parlarle non appena uscita dalle prove, ma poi l'ho vista allontanarsi col signor Kuronuma e con quel ragazzo, il signor Sakurakoji – le rispose.
– Davvero? - gli chiese con stupore - Si, siamo andati in un posto per... migliorare le mie prove. – aggiunse a voce bassa chinando il capo.

Non potè fare a meno di pensare alla propria condizione.
Aveva solo due settimane per non deluderlo, due settimane.
Ce l'avrebbe fatta davvero?
E se non ci fosse riuscita?
Che cosa avrebbe pensatto di lei il signor Hayami, dopo tutto quello che aveva fatto per lei?
No, non poteva permettersi di fallire, non doveva.

– Qualcosa non va? - le chiese gentilmente il signor Hijiri, riportandola alla realtà.
– Come? Ah, no... Signor Hijiri... le dispiace fare due passi? - chiese timorosamente Maya.

L'uomo acconsentì: vista l'ora tarda non aveva timore che qualcuno li vedesse assieme e sospettasse qualcosa.
Si diressero così verso il parco, quel parco tanto caro a Maya, quel parco che accoglieva spesso i suoi pensieri...
Era lì che si era ammalata per comprendere Beth, lì che aveva per la prima volta sentito parlare della Dea Scarlatta alla signora Tsukikage, lì che il signor Hayami l'aveva trovata e soccorsa dopo la morte della madre, lì aveva scelto di interpretare Jane la ragazza lupo puntando scommttendo su suo 1%...

Entrati nel parco, si diressero verso l'altalena dove la ragazza si sedette su una delle due seggiole, le mani aggrappate alle catene che la sorreggevano, capo chino, sguardo fisso al pavimento.
Hijiri era in piedi poco più avanti a lei.
C'era qualcosa che avrebbe voluto chiedergli, ma fare una domanda del genere...

– Signorina Maya, posso esserle d'aiuto? - le chiese con dolcezza.

Esserle d'aiuto, come avrebbe potuto?
Se solo il signor Hijiri avesse saputo...
Ma come poteva dirgli che sapeva, che sapeva tutto, che amava Masumi Hayami e che era una sciocca perchè lui era fidanzato e di lei amava solo l'attrice?
Come dirgli che in quanto tale lei doveva essere unica per lui, splendida?
Come poter manifestare il suo timore di deludere l'uomo che amava con tutta se stessa e perdere così per sempre l'unica cosa che la legava a lui?

Strinse le mani attorno alle catene, alzò il capo e si decise a parlare.

– In quest'ultimo periodo ho faticato molto, signor Hijiri. Ho compreso che fra me e Ayumi c'è... molta differenza. Lei… è bella... è elegante... raffinata, ha studiato coi migliori maestri e professionisti del mondo dello spettacolo... Io… non ho fatto nulla di tutto ciò. - disse tristemente.
– Ha forse deciso di rinunciare? - le chiese Hijiri.
– Oh… no! – rispose Maya – Non rinuncerei per nulla al mondo! Ho sempre sognato di poter recitare per la Dea Scarlatta e potermi confrontare con Ayumi può solo rendermi fiera! Solo… - continuò esitando – ho soltanto due settimane per riuscire a mettermi in pari con lei… -
– Questa mancanza di tempo la preoccupa? –
– Uhuh ! – rispose Maya, assecondando la risposta con un cenno del capo – So che dovrò faticare tantissimo… più di quanto ho mai fatto finora e... temo di non riuscire a farcela in due settimane… -

L’uomo rimase in silenzio ad ascoltarla.

- Non fraintenda: - proseguì Maya – non ho intenzione di arrendermi e rinunciare. Temo solo di non riuscire ad ottenere un perfetto risultato e finire col deludere... tutti. -
- Tutti? –
- Si. La signora Tsukikage, i ragazzi della compagnia, il signor Kuronuma e soprattutto… il mio ammiratore… - tornò a guardare in basso.
- Signorina Maya, - le disse Hijiri con aria rassicurante – lei sottovaluta le sue capacità e potenzialità… -

La ragazza sollevò di nuovo il capo, guardando l'espressione rassicurante dell'uomo.

- Perché mai crede - proseguì il signor Hijiri - che la signora Tzukikage abbia così tanto voluto lei che non aveva mai recitato? Perché Ayumi l’ha sempre considerata la sua unica rivale? E perché ritiene che il suo ammiratore l’abbia seguita e incoraggiata finora? - fece una breve pausa, poi riprese - Sono state le sue capacità a far si che tutte le persone che le stanno attorno la stimino... quindi, si faccia forza! Se saprà combattere impegnandosi al massimo otterrà il migliore dei risultati… e se anche non dovesse ottenere la Dea Scarlatta... sono certo che nessuno mai potrà biasimarla o restare deluso. -
- Davvero signor Hijiri? – chiese Maya – Crede davvero che il mio ammiratore continuerebbe a seguirmi? –
- Lei potrà sempre contare sull’affetto del suo ammiratore, signorina Maya. –

La ragazza sorrise, col cuore in gola.
In un certo senso le veniva anche da piangere.
Perchè aveva ancora timore?

Tornò a guardare il terreno ai suoi piedi e si mise a giocare con un ciuffetto d'erba che sbucava appena di fianco al suo piede sinstro.

- Come proseguono le prove? – le chiese il signor Hijiri
- Proprio non saprei cosa risponderle… - rispose Maya a voce bassa continuando a osservare il ciuffetto d’erba – Per un po’ ho faticato a immedesimarmi in Akoya... adesso sembra che io abbia risolto, ma le mie pecche in danza e la scarsa padronanza del mio corpo non mi rendono facile evidenziare la trasformazione di Akoya nella Dea Scarlatta. Il signor Kuronuma ha deciso di sottopormi nelle prossime due settimane ad un addestramento speciale… - alzando il capo e puntando verso l'uomo – Ha mai sentito parlare del circo Wagner, signor Hijiri? –
- Certamente, il circo sul ghiaccio? –
- Esattamente. – proseguì Maya – Il direttore è un vecchio amico del signor Kuronuma: si chiama Dimitri Kojin Lurendos. –
- Ne ho sentito parlare parecchio: - la interruppe Hijiri – è un uomo dal talento e dalla preparazione eccezionale. Il suo circo su ghiaccio è noto per essere tra i più spettacolari del mondo. I virtuosismi dei suoi componenti sono capaci di incantare chiunque… -
- Ne sono lieta. - aggiunse la ragazza sorridendo timidamente - Da domani mattina alle 6:00 in punto per le prossime due settimane sarò sotto la sua direzione. Non vedo l’ora che sia domani. Non mi spaventa il viaggio, in fondo è a poco più di una quarantina di minuti di metropolitana.-
- Permetta che la accompagni. –
- Oh, la ringrazio! Ma non vorrei abusare della sua cortesia… - disse la ragazza con aria preoccupata.
- Non si preoccupi! – la rassicurò l’uomo – credo che il suo ammiratore sarebbe ben lieto di esserle d’aiuto! –

L'ammiratore...
Maya sentì gli occhi riempirsi di lacrime, nel misto di emozioni che pervadeva il suo corpo.
Gioia, tristezza, dolore.
Ogni volta che l'ammiratore veniva nominato non riusciva a gestire le proprie emozioni.
Era questa la forza di un amore impossibile?

Hijiri le osservò lo sguardo, gli occhi lucidi.
Era arrivato il momento: doveva chiderle.

- Posso farle una domanda indiscreta, signorina Maya? – esordì con discrezione.
- S…Si? –
- Ultimamente passa parecchio tempo col suo partner di lavoro il signor Sakurakoji… ecco mi domandavo se fra voi due non fosse nato un sentimento particolare… insomma se non foste innamorati! –
- Come? – chiese Maya battendo le palpebre incredula.

Non si sarebbe mai aspettata una domanda di quel genere, specie da quell'uomo, unico tramite tra lei e il signor Hayami.
Un'idea le balenò alla mente.
E se...?

– Prima di risponderle… posso chiederle se la sua è una semplice curiosità personale o se la domanda ha un differente fondamento? – chiese Maya stringendo a pugno le mani, che aveva poggiato sulle ginocchia.
- A dire il vero per entrambi i motivi. - le rispose - Ho osservato le sue prove e il suo atteggiamento… sembra proprio innamorata… e il suo ammiratore si preoccupa per lei. -
- Il mio ammiratore… - lo sapeva, lo sapeva! - smetterebbe di seguirmi se fosse così?Beh si! Insomma… se mi fossi innamorata di qualcuno? – chiese Maya terrorizzata.
- Signorina Maya, nulla potrebbe mai allontanare l’affetto e la stima del suo ammiratore da lei. - le rispose Hijiri con tono rassicurante - Teme solo che qualche maligno possa screditarla pubblicamente come in passato! -

“Il signor Hayami si preoccupa per la mia carriera, si preoccupa per me… per me.” pensò Maya.

- Non sa quanto le sua parole mi abbiano reso felice, signor Hijiri! – disse la ragazza trattenendo a stento le lacrime e alzandosi di scatto.

Fece alcuni passi in avanti, superando l'uomo sino ad averlo alle sue spalle.

- Tra me e Sakurakoji non c’è nientr’altro che una profonda amicizia… - rispose finalmente - e poi, signor Hijiri, lui ha già una ragazza! Si chiama Mai ed sembra una ragazza dolcissima! – disse allegramente, poi con tristezza e a voce bassa… – Io... è vero, sono innamorata… ma non credo che l’altra persona ricambi i miei sentimenti. - sospirò - Ho creduto a lungo di detestare quell’uomo e mi sono accorta di amarlo davvero che era ormai troppo tardi. Lui… adesso lui... è legato a una donna bellissima… Non potrebbe mai amare… una ragazzina... una ragazzina come me… - sentì il suo corpo tremare, nel tentativo di trattenere le lacrime. Non vi riuscì – arrivederci signor Hijiri! – gridò scappando via.

- Maya asp...! - provò a chiamarla Hijri, ma la ragazza era già lontana.

Sorrise, del tutto stupito.
Trattenne a stento una risata: non riusciva a credere a quanto aveva appena ascoltato.
Quella ragazza, Maya Kitajima, era innamorata di un uomo la cui descrizione era proprio quella di... Masumi Hayami!
Rise, apertamente.

“Chissà come reagirà quell’uomo domani a sentire tutto questo?!” si chiese, sempre ridendo, allontanandosi dal parco, “Chissà?!”...

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Capitolo 8
*** Capitolo VIII ***


nota dell'autore: ok dopo una lunga attesa arriva un altro capitolo... il prossimo arriverà domani, adesso sono più libera e dovrei procedere abbastanza speditamente... grazie a tutti coloro che hanno avuto la pazienza di aspettare e a coloro che avranno la pazienza di leggere... un ringraziamento particolare a Blu Rei e Celestellina per i loro commenti...beh! buona lettura!



Capitolo VIII


Scappata in lacrime dal parco, fece una corsa sino a casa.

Si fermò prima di entrare, dove Rei la trovò, aprendo la porta, piegata su se stessa a riprendere fiato ancora in lacrime.

- Maya... - le disse l'amica osservandola preoccupata, - ti stavo aspettando. Eri in ritardo... così stavo scendendo a cercarti. -

Maya alzò il capo e, cercando di ricaccare indietro tutte le lacrime che sentiva ancora risalirle agli occhi, le rispose.

- Oh... Rei... mi dispiace... Sai, le prove... ho fatto tardi. Scusami, avrei dovuto avvisarti. -

Si asciugò le ultime lacrime che le scendevano ancora dalle guance e sforzandosi in un sorriso superò l'amica, risalendo le scale sino al loro appartamento

Rei la osservò ancora più preoccupata...
Ormai erano anni che viveno assieme e mai l'aveva vista comportarsi come in questo ultimo periodo: mai Maya le era parsa così triste, così... disperata.

Disperata...
Era proprio questa l'impressione che le dava: una profonda, disarmante disperazione.

Appena entrata le chiese se le andasse di mangiare qualcosa, ma Maya rifiutò, sostenendo di aver già cenato fuori.
Mentiva. Rei lo comprese immediatamente.

Si diresse ai fornelli in silenzio, mentre Maya guardava inginocchiata l'esterno dalla finestra sulla parte opposta della stanza, e preparò una tisana: se proprio non voleva cenare avrebbe pur bevuto...

- Tieni... - le disse con estrema dolcezza mettendole tra le mani la tazza dal contenuto fumante.
- Ah! grazie Rei... - le rispose Maya accennando un sorriso che però non le raggiunse gli occhi.

Sorseggiò la bevanda in silenzio, a poco a poco.

- Sai Rei, oggi è stata una giornata intensa... Per rimediare alle mie pecche, il signor Kuronuma da domani ha deciso di sottopormi ad un addestramento speciale che crede mi permetterà di mettermi in pari con Ayumi. Da domani alle 6:00 sino alle 16:00 per le prossime due settimane mi dovrò recare al circo Wagner in periferia... È un circo su ghiaccio molto rinomato. Il signor Kuronuma e il direttore del circo sono vecchi amici... Ho tardato per questo motivo: finite le prove siamo andati al circo... poi il signor Kuronuma mi ha accompagnata a casa... –

Omise il resto.
Come avrebbe potuto raccontarle del parco, del signor Hijiri, di quello che sentiva adesso muoversi nel suo animo?
Come?


Rei le accennò un sorriso.
Aveva capito che le nascondeva qualcosa: il respiro affannoso, come dopo una lunga corsa, in cui l'aveva vista prima non era collegabile a un accompagnamento in automobile.
Mancava qualcosa, ne era certa.

Tuttavia, non poteva imporle di parlarle, di confidarsi.
Sospirò, silenziosamente, per quanto probabilmente Maya non se ne sarebbe accorta.

- Hai detto domattina alle 6:00? - le chiese cercando di mascherare la sua preoccupazione - Caspita! Ma allora è già fin troppo tardi per restare alzate! Forza, meglio andare a nanna. - aggiunse dolcemente - Cerca di riposare Maya... -

La ragazza le sorrise.
Non poteva che esserle riconoscente, sapeva che Rei stava solamente cercando di assecondarla, ma non se la sentiva proprio di raccontarle tutto, non adesso.

Annuì in silenzio e aiutò l'amica a preparare la camera.
Misero da parte il tavolino, stesero i futon e spensero le luci, mettendosi sotto le coperte.

- Rei... - chiamò Maya di spalle all'amica - ecco io... ti ringrazio. Per la tisana... grazie. -
- Di nulla... cerca di dormire adesso... - le rispose Rei senza voltarsi.

Dormire...
Lo sapeva bene anche lei, era quello che avrebbe dovuto fare.
Ma non ci riusciva.
Non riusciva a fare finta di nulla, non c'era riuscita... non con il signor Hijiri.
Proprio con lui... era stato incredibile: nonostante il dolore, aveva tirato fuori i propri sentimenti.
Adesso si sentiva... strana, leggera.
Era come se parlandone avesse lasciato cadere un peso che si portava dentro da tanto, tanto tempo e che ormai non le permetteva quasi più di respirare.

E se lui avesse capito che la persona di cui lei aveva parlato era proprio il signor Hayami?
Il signor Hijiri conosceva l'identità dell'ammiratore anche meglio di lei... e se gli avesse rivelato i suoi sentimenti?

Sentì un brivido attraversarle la schiena. Si portò una mano al petto.

Si sarebbe allontanato...
Lo avrebbe perso... perso inevitabilmente. Non soltanto come uomo, ma anche come ammiratore.

Non poteva permetterlo.
Non voleva: quelle rose scarlatte, simbolo della sua sincera ammirazione... le erano troppo importanti.
Erano l'unica cosa che la legavano a quell'uomo.
Loro e la promessa di recitare una stupenda Dea Scarlatta... di recitarla per lui.

Chiuse gli occhi.

Ecco... mantenere la promessa...
Si, era solo questo ciò su cui doveva concentrarsi adesso. Solamente questo, null'altro che questo.
Si addormentò parecchio dopo, continuando a ripetersi di doversi impegnare in questo. Mantenere la promessa.


Le poche ore di sonno, furono appena sufficienti per il suo fisico.
La attendeva una dura giornata, lo sapeva benissimo.

Erano appena le 5:15 quando uscì di casa.
Sulla strada un'automobile, un taxi, era lì ad attenderla.
L'autista, con occhiali scuri e un cappello in testa, scese dalla vettura per aprirle la portiera.
Maya lo riconobbe immediatamente: era proprio il signor Hijiri.

- B-buongiorno... - accennò con un leggero imbarazzo.

Non riuscì a non arrossire, pensando alla serata precedente.

Il signor Hijiri accennò un sorriso e chinò il capo in cenno di saluto.
Maya entrò in auto in silenzio, posizionandosi di fianco al lato guida.
L'uomo mise in moto, dirigendosi verso ovest.

Avevano percorso il tragitto quasi interamente in silenzio.
Hijiri comprendeva perfettamente l'imbarazzo della ragazza.
Parlarle adesso riportandole alla mente la conversazione della serata precedente non sarebbe servito che ad aumentare la tensione della ragazza.
Tacque.

Giunsero nei pressi del circo intorno alle 5:50.
L'automobile lo superò, portandosi a una ventina di metri dall'ingresso.

Maya aprì lo sportello, mettendo un piede a terra.

- Signorina Maya! - le disse l'uomo prima che lei scendesse - verrò a prenderla per le 16:10. -
- Ah! - esclamò Maya - La ringrazio... - gli sorrise timidamente.

Non era riuscita a parlargli.
Non era riuscita a chiedergli di non rivelare all'ammiratore l'oggetto della loro conversazione notturna.
D'altronde era passata tutta la notte... probabilmente il signor Hayami... già... sapeva.

Esitò un attimo a scendere.
Avrebbe voluto parlargli, avrebbe voluto sapere se...

- Riguardo quello che mi ha detto ieri notte... - la voce del signor Hijiri interruppe i suoi pensieri.
- S-si? - gli chiese piuttosto ansiosa.
- Non si preoccupi... le assicuro che non ho intenzione di rivelare al suo ammiratore nulla che possa metterla in imbarazzo. - aggiunse l'uomo con tono rassicurante.

Maya non potè fare a meno di tirare un sospiròo di sollievo: il suo segreto era al sicuro.

- La ringrazio signor Hijiri - gli disse con gioia inchinando il capo in segno di ringraziamento.

Scese dall'auto più serena.

- A più tardi allora. - aggiunse prima di chiudere lo sportello e allontanarsi.

Hijiri ne seguì la figura sino all'ingresso, poi mise in moto e ripartì velocemente.
Aveva del lavoro da sbrigare prima dell'ora di pranzo...

Ripensò a quello che aveva appena detto alla ragazza.
Sorrise.

Non avrebbe mai detto nulla della sera precedente che potesse imbarazzarla.
Solo... tutto ciò che potesse renderla felice... per sempre...


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Capitolo 9
*** Capitolo IX ***


Capitolo IX


Appena entrata nel tendone Maya si sentì chiamare da destra.

Dimitri era proprio in fondo, lì sulla destra, in ginocchio, apparentemente intento a spazzolare il pelo del suo bellissimo cane da slitta.
I cani da slitta che portavano i pagliacci prestigiatori erano una delle attrazioni più divertenti del ciro Wagner.

- Oh! Bene! - esclamò Dimitri sbattendo le mani sulle ginocchia emettendosi in piedi - Noto con piacere che sei puntuale! - le sorrise - Meglio così! - diede una pacca al sedere del cane che si allontanò raggiungendo gli altri.

Per un attimo Maya si guardò intorno: nonostante fossero solamente le 6:00 del mattino il tendone era affollato da buona parte dei membri del circo in piena attività.
I trapezisti dondolavano in alto, esibendosi in salti mortali e avvitamenti nel vuoto che, al solo guardarli, fecero scorrere un brivido lungo la schiena della ragazza; in basso, sulla pista, vi erano i tre pagliacci prestigiatori che, pattinando allineati, li lanciavano palline e birilli provando le gag dello spettacolo.
Passandole davanti i tre si esibirono in un buffo inchino che fece cadere loro i cappelli e parrucche strappandole una risata.
In fondo, dalla parte opposta della pista, poteva vedere una giovane coppia, la stessa della sera precedente, che provava delle prese pattinando in tondo e contando il tempo, almeno così credeva.

Maya era come incantata

Se non fosse stato per il freddo che le pungeva la pelle del viso, avrebbe creduto di sognare.
Si sfregò le mani nel tentativo di scaldarle.

- Fa un pò freddino per chi non c'è abituato qui... - le disse Dimitri che l'aveva raggiunta e affiancata - ma vedrai che presto non ci farai più caso. - le sorrise.

Maya annuì sorridente.
Era serena, per quanto potesse esserlo davvero.
L'atmosfera lì dentro era carica di energia positiva e le parole dei signor Hijiri le avevavo fatto passare il timore che i suoi sentimenti venissero rivelati.
Lui non l'avrebbe tradita... e adesso, fose, se mai ci fosse riuscita, avrebbe avuto qualcuno con cui poterne parlare.
Solo... non doveva fargli capire che sapeva anche lei che l'ammiratore era proprio il signor Hayami.

- Hai mai pattinato sul ghiaccio? - le chiese Dimitri.
- Mai... finora. - rispose timidamente.
- Meglio così. - aggiunse toccandosi il panciotto - Cominciare da zero è sempre più facile - le sorrise, poi voltandosi chiamò a voce alta in russo - Irina! Vieni! -

La giovane donna della coppia lasciò andare le mani del suo partner e si avvicinò rapidamente.

- Irina questa ragazza si chiama Maya... Per le prossime due settimane tu e Vlad dovrete addestrarla partendo da zero per quatto ore al giorno, tre al mattino e l'ultima dopo pranzo. Intesi? -
- Da... piacere Irina... - disse la donna - vieni? - chiese a Maya porgendole la mano.
- Seguila - disse Dimitri mettendo una mano sulla spalla di Maya - Irina e Vlad saranno i tuoi maestri di pattinaggio, ti spiegheranno passo dopo passo tutti i movimenti... più tardi ti verrò a chiamare io... -

Maya annuì, prendendo la mano di Irina.

- Ah! un'ultima cosa! - la fece voltare Dimitri - Tutti questi allenamenti Maya... pensa che sia come recitare una parte. -
- Recitare... una parte? - chiese la ragazza confusa.
- Si, recitare una parte. Una grande pattinatrice, una danzatrice, una trapezista, un'equilibrista. Una di esse che si sta allenando duramente. - le sorrise.

Maya non capì molto bene, però sentiva che quell'idea aveva qualcosa...
Mentre si allonanava con Irina ripetè in mente le parole di Dimitri.
Si, forse c'era. Era la sensazione del recitare, diventare un'altra persona, convincersi di poterlo fare perchè non era lei, Maya, ma una professionista del circo.
Forse adesso le era più chiaro. E forse avrebbe potuto farlo.
Se c'era una cosa che le riusciva era proprio recitare.
Sorrise.

Maya guardò bene Irina.
Non era molto più alta di lei. Era magra, bionda e dalla pelle quasi porcellanea, aveva due occhi verdi e un sorriso dolce e affabile.

"Sarà lei a insegnarmi a interpretare una pattinatrice." pensò "Devo darmi da fare."

Irina condusse Maya in uno spogliatoio all'interno di un camper, le porse una panta-calza e le mostrò diversi paia di pattini affinché la ragazza trovasse quelli della sua misura. Maya indossò entrambi e infine tornarono in pista dove Vlad le attendeva.
Era un uomo dalle spalle larghe e dalla figura elegante e slanciata, la mascella volitiva rendeva il volto particolarmente virile, gli occhi e i capelli neri.
Anch'egli le sembrò una persona affabile.

Durante la loro assenza l'uomo aveva ricevuto le medesime istruzioni della donna.
Per quanto inizialmente perlplesso, pensava che Dimitri avesse un buon motivo per istruire quella ragazza.
Le sorrise.

Maya ricambiò il sorriso timidamente, dopo si misero in opera.

Per prima cosa l'equilibrio.
Insegnarono a Maya come stare su due piedi ferma sul ghiaccio, come stare su di un piede, come camminare, come correre, come voltarsi e camminare all'indietro, come scivolare sulla superficie del ghiaccio senza cadere e come fermarsi sia dolcemente che improvvisamente.
Si spiegavano principalmente a gesti, mostrandole i movimenti, cercando di accompagnarli con quel poco di giapponese che Dimitri aveva loro insegnato e invitandola a ripeterli.

All'inizio la ragazza aveva avuto una gran paura di cadere, talmente tanta che, appena messo piede sul ghiaccio, aveva fatto un buffo scivolone che aveva disperatamente cercato di evitare aggrappandosi con tutte le sue forze ad Irina e trascinandola col sedere sulla superficie del ghiaccio...

Irina cadendo aveva urlato, ma poi si era messa a ridere e le aveva uscito la lingua e strizzato l'occhio.

- No problema, tutti cadiamo sempre – le disse.

Anche Maya, per quanto rossa in viso, si mise a ridere.

Pian piano acquistò sicurezza e cominciò a procedere spedita sulla pista.
Vlad la osservava e mentre pattinava le gridava:

- Più veloce! Forza! - e parlando con Irina – Impara in fretta! È brava. -
- Già – gli aveva risposto Irina – dopo le prime due cadute non si è più fermata... Una volta sicura di sè ha uno straordinario senso dell'equilibrio. – e a Maya – bene! Ferma ora! -

Maya si fermò prontamente, sorridendo entusiasta.
Pattinare... le piaceva...
E tanto anche: le sembrava quasi di giocare!
Ma non doveva dimenticare quello che le aveva detto Dimitri: lei doveva interpretare la pattinatrice che si allena.
Ma perchè non farlo divertendosi?

- Ora prova spirale – le disse Irina – io mostro e poi tu prova, da? -
- Si – le rispose Maya, respirando affannosamente dopo la corsa coi pattini che Vlad le aveva fatto fare.

Vlad le si mise a fianco mentre Irina si allontanò, facendo due giri dell'intera pista e poi, a circa due metri da loro, cominciò a roteare su se stessa prima lentamente, poi ancora più velocemente, ravvicinando le braccia al busto, e ancora lentamente, allargandole e tenendole distese sino a quando non si fermò. Nel frattempo Vlad le spiegò i movimenti, il fatto che la velocità venisse concentrata improvvisamente in un unico punto nel momento in cui Irina cominciava a ruotare... e pian piano le fece provare i movimenti.

Inizialmente Maya fu capace di fare solo due giri su se stessa, ma poi pian piano, a forza di provare e riprovare, riuscì a fare una lunga spirale...
Non era perfetta sicuramente e il giramento di testa che le provocò la fece cadere a terra, ma ne era contenta.

L'allenamento con Irina e Vlad proseguì così, intenso, per tutte e tre le ore.
Dall'altro lato della pista Dimitri la osservava spesso con attenzione: quella ragazzina stava riuscendo in tre ore a fare quanto molti non sarebbero stati in grado in tre giorni.
Kuronuma aveva visto bene: la chiave di tutto era convincerala che anche questo fosse recitare.
Aveva ragione.

Alle 9:10 la chiamò e la condusse fuori all'aperto: dietro il tendone del circo c'era un tappeto elastico.
Gli occhi di Maya brillarono salendo sul tappeto: si sentiva come una bambina al parco giochi.

- Allora - le disse Dimitri, salendo sul tappeto e piazzandosi di fronte a lei – adesso tutto quello che devi fare è saltare sempre più in alto... in verticale. Inizialmente ti aiuterò io altrimenti rischi di cadere fuori, poi dovrai fare da sola, intesi? -
- Si! - disse la ragazza stringendogli saldamente la mano.

Cominciarono a saltare insieme.
Dimitri si spostò e le meise una mano sulla vita e una dietro al centro della schiena, per controllare i movimenti di Maya mentre saltavano.
Dapprima si sollevarono leggermente, poco alla vota raggiunsero altezze ragguardevoli.
Maya era entusiasta e divertita: se, mentre prendeva lo slancio, si sbilanciava, indietro o in avanti o lateralmente, le mani di dimitri le correggevano la postura, metre a voce le spiegava dove sbagliava.
Saltarono a lungo, poi Dimitri la lasciò e la guardò da terra.

- Maya! senza fermarti... appena raggiungi il punto più alto chiuditi su te stessa e poi distendi nuovamente tutti gli arti ok? - le impartì da terra.

Maya cominciò a farlo pian piano.

- Si! Così! Cerca di essere un pò più veloce nel riaprirti così da ricadere sul tappeto con le gambe già distese. -

Ci riuscì.

- Perfetto! Continua così ancora per un pò. -

La fece continuare per una buona mezz'ora, poi le diede altre istruzioni.

Andarono avanti così, su quel tappeto elastico, per tutto il resto della mattina.
La ragazza imparò anche a fare le capriole in aria, a girarsi su se stessa e a saltare in avanti e indietro senza cader fuori dal tappeto.
Non era facile: doveva controllare la posizione in continuazione e correggerla da sola. Ma era necessario affinché apprendesse in fretta.
E poi... saltare così in alto le faceva sentire quasi come se stesse volando!

Dimitri, oltre a osservarne e correggerne la postura, si soffermò sull'espressione del suo viso.
Ad ogni nuovo esercizio inizialmente Maya gli appariva tesa, poi le sue espressioni cambiavano: dalla paura di cadere, alla gioia di librarsi così in alto, all'entusiasmo di riuscire.

La fece scendere dal tappeto alle 13:30 circa.
Messi i piedi a terra, Maya si rese conto di essere un bagno di sudore e che le gambe le tremavano per lo sforzo.

Anche Dimitri lo notò: era più che comprensibile.

- Maya, facciamo una pausa. Hai mezz'ora per riprenderti e pranzare... Ma solo mezz'ora! Ci attende ancora tanto lavoro. -

La ragazza annuì.

- La ringrazio signor Lurendos. -
- Eh no! Ti ho già detto almeno tre volte di chiamarmi Dimitri. Mi fai sentire vecchio così!- le disse scherzosamente, poi più dolcemete - Adesso va'. -

Maya sorrise e si allontanò quel tanto che le bastò per trovare una panchina dove sedersi.
Era stanca, ma molto divertita.

Quell'allenamento... quell'ambiente... l'atmosfera, la vivacità della gente che la circondava...
Le piaceva... piaceva davvero tanto...





nota dell'autrice: come promesso è arrivato il nono capitolo. Spero che vi sia piaciuto. Spero di avere soddisfatto parte della curiosità sul tipo di addestramento circense di Maya XD
Vi aspetto domani al decimo in cui finalmente rivedremo...Masumi!

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Capitolo 10
*** Capitolo X ***


Capitolo X


L'ora di pranzo era già passata da una buona mezz'ora quando Masumi giunse alla villa al mare.

Si tolse la giacca subito dopo esser entrato nel grande salone, lasciandola cadere sulla poltrona di fianco alla libreria, e rivoltò le maniche della camicia lasciando scoperti gli avambracci.
Mentre rivoltava le maniche, si soffermò a guardare proprio quello scaffale della libreria e quei volumi dietro i quali era nascosto l'album di foto di quella ragazzina.

Tirò fuori i due volumi e prese in mano l'album. Sedendosi sul divano, cominciò a sfogliarne le pagine.
Guardava le foto e ricordava ogni evento, ogni rappresentazione...

Come gli piaceva guardarla sul palcoscenico!
Amava vedere sprigionarsi in lei tutta quella passione.

Passione...
Era proprio questo il punto: quella ragazzina aveva mostrato una passione tale da far ardere anche lui di passione nei suoi confronti.
Una passione travolgente, alla quale non era stato capace di resistere e che, dopo aver visto quelle foto, lo stava facendo impazzire.

Le foto, quelle foto...
Al solo ripensarci sentiva le vene sotto le gote gonfiarsi e cominciare a pulsare...
Doveva sapere la verità, doveva saperla a ogni costo.

Chiuse l'album e lo depose nuovamente dietro i due volumi dello scaffale.
Aprì le ante della finestra e uscì sulla terrazza.

Il panorama di cui poteva godere era davvero bello.
Nonostante fosse già settembre, il mare era sereno e una brezza tiepida e leggera permetteva a dei surfisti in lontananza di veleggiare speditamente.
I riflessi del sole del primo pomeriggio donavano ai suoi splendidi occhi verdi un riflesso acquamarina che ne evidenziava la profondità. Le ciocche di capelli, dai riflessi dorati, ondulavano seguendo il movimento del vento...

Picchettò con le dita della mano destra il cornicione.
Quanto ci metteva Hijiri?
Ogni istante passato in quell'attesa era una vera tortura...

Dalla loro telefonata il giorno prima, non era più riuscito a pensare a nulla che non fosse quello.

Mentalmente stanco, era tornato a casa la sera prima e, senza neppur cenare, si era diretto al salone nel quale, seduto sulla sedia a rotelle, al centro sala, aveva trovato Eisuke Hayami, suo... padre.

Padre...
Poteva davvero chiamarlo così?
Non era l'affetto paterno né l'amore filiale che lo aveva legato a quell'uomo e mai glielo avrebbe legato...
Ma il tempo era passato.
E adesso, finalmente, Masumi era pronto a muoversi per attuare la sua vendetta.
Già, una vendetta nei confronti di quell'uomo che aveva causato la malattia e la morte di sua madre.

Entrato nel salone il padre lo aveva subito osservato severamente.

– Ho saputo - aveva subito esordito quell'uomo - che hai annullato il pranzo con la tua fidanzata, Masumi, per lavoro... qualche problema con la Dea Scarlatta? -
– Perché me lo chiedi, padre? - gli aveva chiesto Masumi.
– Nessun motivo in particolare... sai bene che la Dea Scarlatta è il mio unico pensiero e il mio più profondo desiderio è impossessarmene, Masumi. -
– Si. - si era sforzato di rispondere impassibile - Padre... nessun problema con la Dea Scarlatta. Solo una improvvisa riunione per la programmazione dello spettacolo al teatro Daito. Una delle attrici ha deciso di lasciare per motivi familiari, quindi occorreva organizzare un'audizione per una sostituta. -
– Attrici! Sempre le solite! - aveva esclamato con disprezzo Eisuke – Piuttosto... Masumi, - aveva ripreso con occhi indagatori - hai ricevuto altre notizie di Maya Kitajima? -

Per un istante i pensieri di Masumi erano tornati a quella mattina. Alle foto di quella ragazzina con quel... quel Sakurakoji.
Suo padre sarebbe stato ben lieto venire a conoscenza di quelle foto.

– Nessuna.- aveva risposto prontamente - L'ultima volta che l'ho vista è stato alla cerimonia... -
– La cerimonia! - lo aveva interrotto il padre - Che assurdità presentarsi senza alcun invito per poi minacciarti a quel modo! - aveva aggiunto quasi nauseato, poi più serio – Quella ragazza... il suo odio verso la Daito potrebbe costituire un serio problema. Sai già cosa ti toccherà fare con quella ragazza nel caso non accettasse di legarsi a noi? -
– Non ancora, padre, - aveva risposto Masumi stringendo il pugno della mano destra per controllare la rabbia – ma non preoccuparti... penserò anche a questo. – aveva concluso celando il dolore, che avrebbe voluto gridare, dietro la solita fredda maschera.

Eisuke Hayami era parso abbastanza soddisfatto della risposta del figlio e non gli aveva chiesto altro. Masumi si era congedato e diretto verso la sua camera da letto...

Era entrato in camera palesemente distrutto, dopo quell'ultimo colpo infertogli dalla conversazione col padre...
Si era sbottonato la camicia rapidamente, strappandosela quasi a forza di dosso: i pettorali e l'addome scolpito, i trapezi e i dorsali erano fortemente contratti per la tensione accumulata in quella giornata.
Si era diretto verso il bagno in camera, al quale si accedeva da una porta nella parete a destra di fianco al letto; aveva aperto l'acqua della doccia facendola scorrere, in attesa che si riscaldasse. Aveva slacciato la cintura, sfilato via pantaloni e biancheria intima e si era posizionato sotto il gettito fumante della doccia.
Aveva lasciato che l'acqua scorresse sul suo capo, scivolando dai capelli nocciola chiaro sul suo volto, i cui occhi, chiusi, erano segnati dalle lunghe ciglia, e poi più giù lungo tutto il corpo.
Anche i muscoli delle gambe erano contratti…
Concentrandosi sullo scrosciare dell’impatto dell’acqua sulla sua pelle, aveva lasciato scivolare via ogni pensiero per poter finalmente godere di un breve istante di rilassamento…
Era rimasto sotto il getto d’acqua sino a quando non si era ritenuto sufficientemente calmo; aveva girato la maniglia dell’acqua ed era uscito fuori, indossando il morbido accappatoio in cotone.
Rientrato nella stanza, si era seduto alla poltrona, coi capelli ancora gocciolanti, e si era versato da bere un bicchiere di scotch, che aveva sorseggiato lentamente, lasciando che la forte bevanda scivolasse lungo le sue labbra sino in gola e poi giù infuocandogli il ventre.
Dopo essersi asciugato aveva aperto un cassetto del comodino ai piedi del letto e aveva estratto un pigiama pulito…
Aveva immediatamente riconosciuto il pigiama di seta blu a righe azzurre che aveva lasciato indossare a quella ragazzina qualche anno prima: lo aveva indossato, aveva spento la luce e, al buio, era tornato a sedersi sulla poltrona osservando dalla vetrata dell’imposta l’oscurità notturna del giardino.

Non era riuscito a dormire...
I pensieri che lo avevano tormentato durante tutta la giornata avevano ripreso a farsi spazio nella sua mente lì al buio

Aveva fatto l’alba, seduto a quella poltrona, e, alla fine, si era addormentato vinto dalla stanchezza proprio lì seduto, il busto adagiato allo schienale, il capo leggermente inclinato verso destra.
Quando i raggi del sole del mattino illuminandone il viso lo avevano destato, erano già le 8:00.
Aveva fatto colazione e, dopo essersi preparato, si era diretto al suo studio nel palazzo della Daito.

La signorina Mizuki, portandogli la solita tazza di caffè caldo, gli aveva chiesto quali fossero le sue direttive: aveva intuito che il presidente era ancora fortemente turbato…

- Non si preoccupi – aveva risposto il signor Hayami – io… ho bisogno di dedicarmi al lavoro stamattina. -
- Cercherò di impiegarle la mattina non lasciandole tempo per pensare… - aveva risposto la segretaria, poi aveva sorriso ed era uscita dallo studio.

Aveva trascorso tutta la mattina immerso nel lavoro, giungendo così all’ora di pranzo. Solo a quel punto aveva abbandonato l’ufficio, impartendo istruzioni alla signorina Mizuki affinché gli lasciasse il pomeriggio privo di impegni.
Non aveva avuto appetito: aveva girovagato con l’auto aspettando che si facesse l’orario stabilito e poi si era diretto alla villa.


Era ancora sulla terrazza quando finalmente Hijiri fece il suo ingresso: mancava un quarto alle 15:00

- Buon giorno signor Masumi. – disse l’uomo - non abbiamo molto tempo… alle 16:00 devo raggiungere la signorina Maya. –

Masumi lo osservò aggrottando le sopracciglia.
Non sapeva ancora nulla dell'addestramento della ragazza.

- Il signor Kuronuma ha deciso di sottoporre la ragazza ad un allenamento speciale… - proseguì Hijiri - Sembra che conosca il proprietario del circo Wagner, il circo su ghiaccio che di recente si trova in periferia a ovest di Tokyo. La signorina Maya da stamani è seguita dal direttore del circo e dai suoi membri sino allo scadere della prossima settimana. Si addestrerà al circo tutte le mattine dalle 6:00 sino alle 16:00 e poi alle 17:00 riprenderà le prove agli studi di recitazione. Mi sono offerto di scortarla tutte le mattine dicendole che sarebbe stata cosa gradita al suo ammiratore esserle d’aiuto… -
- Hai fatto bene… - disse Masumi poggiandosi sulla balaustra della terrazza, poi si voltò nuovamente a guardare il mare – avete... parlato a lungo? –

Hijiri fece una breve pausa studiando il profilo dell'uomo che aveva innanzi.
Sapeva cosa significava quella sua domanda.

- Sufficientemente... - gli rispose distogliendo lo sguardo - La signorina Maya è innamorata. - aggiunse concentrandosi di nuovo sulla figura del signor Masumi.

Masumi chinò il capo e chiuse gli occhi.
Con le mani aggrappate alla balaustra, si protese in avanti, come quasi a volersi gettare giù da quella scogliera.
Cercò di riprendere il controllo: era volata via, non avrebbe più potuto afferrala…

Quantomeno quel ragazzo l'amava, si sforzava di ripetersi.
Doveva lasciarla andare.

- Sono... contento per lei… - disse con infinita tristezza - quel ragazzo saprà renderla felice. - proseguì voltandosi a guardare Hijiri.

Fu allora che Hijiri sorrise.

- È sorprendente… - disse ancora sorridente.
- Cosa? – chiese Masumi distrattamente, troppo immerso nel proprio dolore.
- La descrizione che quella ragazza mi ha fatto dell’uomo che ama. È davvero sorprendente… -
- Tutti gli innamorati parlano con ardore del proprio amato – lo interruppe bruscamente Masumi in un impeto di gelosia.

L'uomo ombra della Daito rise apertamente.
Masumi rimase lì a fissarlo sconvolto.
Si stava forse prendendo gioco di lui?

- Signor Masumi, la prego, mi ascolti senza interrompermi – gli disse l’uomo con fare confortante - La signorina Maya è innamorata, è vero… ma non del signor Sakurakoji. -

Masumi Hayami strabuzzò gli occhi perplesso.

- Come?! – fu l'unica cosa in grado di chiedergli.

Hijiri sorrise ancora.

- Lei... è innamorata di un uomo… che crede non la ricambi. - riprese Hijiri soppesando le parole – Di un uomo che a lungo in passato ha creduto di odiare, che ha una bellissima fidanzata… e che la considera… una ragazzina. - studiò il volto del suo interlocutore un breve istante - Le ricorda forse qualcuno? - chiese con un pizzico di malizia.

Masumi rimase immobile, occhi spalancati e increduli, come pietrificato.
Possibile?

- H-Hiji... - esitò sconvolto.
- Si guardi allo specchio signor Masumi! - lo interruppe allegramente e fiduciosamente Hijiri – Quella ragazza è innamorata di lei. Di lei, Masumi Hayami… non del signor Sakurakoji o dell’ammiratore di rose… Di lei e di nessun altro! -
- DI ME!!! – era impazzito: non lo riteneva possibile.
- Si, di lei e di nessun altro! – gli ripeté l'uomo ombra, poi, dopo una breve pausa aggiunse - Adesso è meglio che vada, così potrà riflettere in pace. -

Ancora sorridendo fece un breve inchino e si voltò, abbandonando la terrazza.

Masumi Hayami si voltò di nuovo verso la scogliera ancora incredulo.
Chiuse gli occhi, chinò il capo... sorrise.
Lo alzò di scatto aprendo gli occhi con un'espressione, un'espressione di gioia che pervadeva ogni centimetro del suo corpo.
Guardò il mare e rise.
Rise scuotendo la testa per l'assurda, stupenda verità che aveva appena appreso.

- Ragazzina... - sussurrò con gioia ancora sorridendo.

Lo amava. Come lui amava lei... lo amava.
Proprio lui... solo lui.





nota dell'autore: come promesso eccovi il capitolo su Masumi, che spero possa esservi piaciuto quanto a me è piaciuto risistemarlo e postarlo. Dite che si nota la particolare attenzione che dedico a ogni particolare di questo personaggio? XD
Finora in capitoli hanno avuto per protagonista principalmente un solo personaggio alla volta, ma da questo momento in poi la storia comincerà a procedere saltando da un personaggio all'altro procedendo con un ritmo che credo di poter definire via via più spedito.
In un certo senso si potrebbe dire che il bello della storia comincia da qui in poi...
Beh! non mi dilungo oltre, vi ringrazio per aver letto questo capitolo e vi dò appuntamento a domani al prossimo capitolo. (^__^)/

P.s. Vorrei ringraziare tantissimo BLUREI che continua a leggere e commentare... Spero tanto che questa storia possa continuare a piacerti. Per il circo non preoccuparti... vedrai altro... e non solo lì XDD
A domani!

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Capitolo 11
*** Capitolo XI ***


nota: le parti contenute negli asterischi sono le battute presenti nel manga della Miuchi.
Buona lettura ^__^





Capitolo XI

A mezz'ora dall'incontro con Hijiri, Masumi era ancora entusiasta.

Pochi minuti dopo l'uscita del primo, era uscito sorridente a passeggiare, ritrovandosi adesso lì, sulla scogliera.
Scese quei tortuosi gradini in roccia naturale, creati dall'uomo e lisciati dall'acqua del mare chissà quanti anni passati, sino a ritrovasi ai piedi della scogliera, dove si stendeva una piccola distesa di sabbia fine dal colore avorio invisibile dall'alto.

Era la sua spiaggia privata.
Per anni si era ritrovato lì esclusivamente con lo scopo di nuotare e fortificare il proprio corpo, ma adesso ne era davvero incantato.
Come era bella!

Si tolse scarpe e calzini, rivoltò le gambe dei pantaloni sino alle ginocchia e avanzò sino alla battigia.
Lasciò che l'acqua marina, fredda, gli bagnasse i piedi e rimase lì immobile, ben diritto, con le mani nelle tasche dei pantaloni, a guardare i riflessi meravigliosi che i raggi del sole pomeridiano formavano su di essa.

"Che meraviglia!" pensò.

Vedeva il mondo con occhi nuovi e, per la prima volta soprattutto, ne respirava l'essenza.
La brezza marina, mossa dal vento, gli solleticava le narici.

Sorrise.
Pensò che quel piccolo angolo di paradiso, come adesso lo riteneva, sarebbe sicuramente piaciuto a quella ragazzina, la sua ragazzina.

Il suo viso si inombrò un istante.

Sua...
Poteva davvero ritenerla tale?
Avrebbe voluto davvero che già fosse così, ma... non lo era.

Forse era solo un pazzo, un illuso che si stava aggrappando a un sogno.

Il suo primo istinto, su quella terrazza, era stato quello di correrre all'auto e precipitarsi immeditamente a quel circo, di correrle incontro e abbracciarla, stringendola forte a sè.

Avrebbe potuto farlo?
Avrebbe davvero potuto farlo?
No.
C'erano ancora parecchie cose, troppe cose, che doveva sapere, capire, prima di agire.

Innanzitutto voleva sapere cosa esattamente la ragazzina aveva detto a Hijiri, sperando, pregando che quest'ultimo non si fosse sbagliato, che non avesse frainteso.
Poi... ancora non lo sapeva.
Non sapeva cosa fare, cosa pensare... come comportarsi.

Cercò per un attimo di rimanere lucido.
Qualsiasi supposizione partiva comunque dallo stesso punto: la dichiarazione della ragazza.

Si ricordò che Hijiri gli aveva detto che alle 16:00 la avrebbe accompagnata alle prove.
Doveva parlare con lui. Lo avrebbe raggiunto lì.

Si allontanò rapido dalla battigia, tolse delicatamente i granelli di sabbia che gli erano rimasti attaccati ai piedi, risistemò i pantaloni e si rimise calzini e scarpe. Risalì rapidamente lungo la scogliera, giungendo in alto senza alcun affanno.
Tornò alla villa all'interno quale afferrò prontamente la giacca sulla poltrona e le chiavi dell'auto.
Mise in moto e partì, spedito, verso l'edificio delle prove.

Quando raggiunse la struttura, accostando al marciapiede opposto di fronte l'ingresso, guardò l'orologio: le 16:20.
Spense il motore e attese pazientemente.
Cinque minuti dopo vide un taxi, alla cui guida riconobbe il suo dipendente, accostare esattamente daventi all'ingresso e poi...

Vide lei, Maya Kitajima.
Scendeva sall'automobile sorridente. Si inchinò leggermente a salutare Hijiri prima di richiudere lo sportello e si voltò risalendo i gradini dell'edificio.

Masumi scese dalla vettura, osservandola scomparire dietro le porte d'ingresso.

Il suo sorriso, il sorriso di quella ragazzina... Dio quanto era bello!

Strinse con forza lo sportello che aveva ancora tra le mani.
Dovette sforzarsi seriamente per non seguirla dentro l'edificio.

Chiuse rapidamete lo sportello e attraversò la strada chiamando il tassista che, riconosciutolo, lo attese pazientemente.
Una volta accomodatosi nel sedile posteriore, Hijiri rimise in moto dirigendosi verso un vecchio parcheggio a una decina di isolati da lì.
Una volta arrivati cominciò a parlare.

Hijiri raccontò al signor Masumi ogni particolare della conversazione avuta con la ragazza: il timore di quest’ultima di deludere tutti e di perdere il suo ammiratore nel caso questi venisse a conoscenza che si fosse innamorata e la confessione fatta prima di scappare via la notte precedente al parco…

- E stamattina, quando ho accompagnato la signorina Maya, l’ho rassicurata che non avrei detto nulla che avrebbe potuto metterla in imbarazzo con il suo ammiratore - concluse sorridente osservando il signor Masumi dallo specchietto retrovisore.
- Capisco… quindi lei non ha fatto il mio nome? - chiese Masumi, poi continuando – In fondo... non era necessario… - sorrise - e può star certa che non hai detto nulla che potesse metterla in imbarazzo con il suo ammiratore - lo canzonò allegro.

Ci fu un attimo di silenzio e Hijiri, osservando dallo specchietto con un'espressione più seria chiese:

- Cosa ha intenzione di fare adesso signor Masumi? -

Masumi si fermò a pensare.

Che cosa avrebbe fatto?
Come avrebbe agito?
Se avesse potuto seguire soltanto il suo cuore sarebbe corso immeditamente indietro, lì da lei, e le avrebbe detto ogni cosa.
Le avrebbe detto che l'amava... se si! Le avrebbe detto che era lui, era sempre stato lui in suo ammiratore.

Come avrebbe reagito?
Sarebbe stata contenta?
Sarebbe rimasta delusa?
Lo avrebbe perdonato e accettato anche allora?

Ma se lo avesse fatto... se solo avesse accettato allora lui...

Ma poteva davvero?
Poteva davvero andare da lei adesso, in questo momento?
No.
Conosceva bene la risposta: non poteva...
Non adesso, non in quelle circostanze... con suo padre, e Shiori...

- Ancora non so Hijiri. - gli rispose seriamente - Tutto ciò che voglio... è che lei possa essere felice, che lo possa essere davvero... e io... -
- Sono sicuro che agirà nel migliore dei modi, signor Masumi. - lo interruppe confortandolo Hijiri - Su, adesso la riaccompagno... e si ricordi - aggiunse guardando l'uomo con determinazione dallo specchietto - che potrà sempre contare sul mio aiuto. Sempre. In ogni caso. -

Masumi incrociò lo sguardo dell'uomo nello specchietto.
Non mentiva, lo sapeva bene.

- Ti ringrazio. - fu l'unica cosa capace di dirgli.

Hijiri gli sorrise, prima di rimettere in moto e concentrarsi sulla strada.

Ritonarono all'auto in silenzio, Hijiri voleva lasciare a quell'uomo tutto il tempo necessario per riflettere e Masumi ne sentiva il bisogno.

Tornato alla sua auto Masumi decise di ritonare in ufficio: erano le 16:50.
Era pur sempre il presidente e occorreva che desse l’impressione di stare lavorando.
Suo padre era sospettoso, troppo sospettoso e, probabilmente, aveva già piazzato delle spie tra i suoi dipendenti: doveva essere cauto, adesso più che mai.

Ripartì in fretta.



Entrata nell'edificio delle prove, Maya si sentì chiamare da una voce maschile.
Si voltò verso destra e riconobbe Sakurakoji che le si avvicinava.

– Ah, ciao Sakurakoji! - lo salutò allegramente.
– Ciao! - ricambiò il ragazzo sorridente -Noto che sei di buon umore... allora? come è andato il primo giorno al circo? - le chiese.
– Bene, è stato... fantastico. Mi sono divertita un mondo. -
– Ma come! - disse scherzando Sakurakoji – Cominciamo bene! Invece di lavorare ti metti a giocare? - rise, strizzandole l'occhio.

Maya scoppiò a ridere.
Il ragazzo la osservò.

– Sono davvero contento di vederti ridere... era ora... - le disse dolcemente.

La ragazza comprese.

– Si, Sakurakoji... era ora... - disse serenamente, poi – Oh! E la tua mattina al tempio? -
– Tranquilla... - le rispose sereno anch'egli - l'atmosfera è davvero pacifica... - e scherzando – quasi quasi invece di meditare mi stavo addormentando! -
– E poi parli per me?! - rise Maya.

- Sono lieto - li interruppe una voce dietro loro - di vedervi sorridere - era il signor Kuronuma - Forza pelandroni!! Vi tocca provare adesso! Perditempo! -

I due ragazzi si misero sull'attenti, rispondendo all'unisono:

- Si! - prima di allontanarsi di corsa verso i rispettivi spogliatoi per cambiarsi.

Entrarono nella sala prove quindici minuti dopo che quasi erano le 17:00.

– Certo ce ne avete messo di tempo a cambiarvi! - li riprese Kuronuma - Forza, cominciamo! - batté le mani – Kitajima, Sakurakoji! Per il pomeriggio ci concentreremo sulle scene di gruppo. Cominciamo con la festa! Su, forza! Agnuno ai propri posti! Akoya, ricorda: tu sei il fulcro della festa e a te si rivolgono tutti per invocare preghiere e benedizioni. Isshin: tu te ne stai in disparte a osservarla pensieroso... cominci a intuire l'essenza divina di Akoya. Siamo intesi? -
– Si, signor Kuronuma. - rispose il ragazzo.

Il regista batté le mani una seconda volta e diede inizio alle prove, osservando e correggendo, anche bruscamente, chiunque sbagliasse o non ritenesse perfetto. Fece ripetere la scena almeno una decina di volte, poi proseguì con gli altri attori.


Erano ormai le 20:30 quando il regista lasciò andare il resto del cast. trattenendo i due ragazzi.

- Adesso siamo solo noi... - disse senza guardarli in volto - Akoya! Isshin! Fatemi vedere la scena in cui iniziate a vivere come innamorati... non tutta! cominciamo da Isshin con le battute “non si sa da dove provengo né come mi chiamo”... intesi? Forza! -

I due ragazzi preseroposizione una di fianco all'altro.
Al battito di mani del regista, Sakurakoji si voltò lateralmente, posizionandosi di spalle alla ragazza, e chinando il capo.
Strinse i pugni, cominciando con le sue battute.

- *Non si sa da dove provengo, né come mi chiamo...* - recitò gravemente – *Non ti preoccupa stare insieme a un uomo come me?* - chiese con un punta di timore, poi fece una leggera pausa - *Ma sono io a preoccuparmi...* - poi ancora gravemente – *non penso di essere un uomo adatto a te...* - si piazzò di fronte alla ragazza, le prese con la mano destra il braccio sinistro poco al di sotto della spalla, mentre tenne la sinistra parallela al corpo, stringendo il pugno – *Non ho nulla... né nome... né passato...* - alzò la sinistra e si toccò il petto – *ho solo questo corpo...* - avvicinò il viso a quello della ragazza – *e questi occhi per guardarti...* -

Maya sorrise, lo interruppe mettendogli una mano sulle labbra e fece un passo indietro.

– *Per la tua Akoya questo è sufficiente!* - esclamò amorevolmente, poi gli prese il viso con entrambe le mani e chiese sapnedo di non dover sapettare risposta - *lo sai?* - lasciò il viso del ragazzo – *Cosa sono nome e passato rispetto al poter vivere con me ora che mi hai incontrato?* -

Gli prese le mani, le strinse nelle sue.

– *Questo può bastarci...* - sollevò le mani del ragazzo congiungendole in un gesto di preghiera insieme alle sue sotto il suo mento e, con infinita dolcezza, lo implorò – *abbandona, te ne prego, il tuo passato* – fece una pausa e lo guardò fisso negli occhi – *diventa solo mio, della tua Akoya...* - lo implorò.

Per un attimo Sakurakoji rimase incantato.

"Maya.." pensò.

Si riprese.
Lasciò le mani della ragazza e le afferrò le spalle.

- *Un uomo come me?* - le chiese - * ne sei sicura Akoya?* -

Maya sorrise e, con sicurezza, aggiunse:

- *Tu sei l'altra parte di me. Io sono l'altra parte di te...* - – *Io sono te.* - riprese lui - *Tu sei me...* – le strinse le spalle con forza – *ti penso con tenerezza... non sapevo che ci fosse tanto ardore dentro me!* -
– *Amore mio... eravamo stati separati...* - con serenità aggiunse la ragazza – *ma ora torniamo a essere uno...* -
– *Ora che ci siamo incontrati come è possibile vivere separati?* - la interruppe il ragazzo, la abbracciò – *Ormai non possiamo allontanarci!* - la strinse più forte e con maggior vigore proseguì – *Il mio nome e il mio passato non sono importanti quanto te: resto... anche se non so chi sono...* - con dolcezza la rilasciò dall'abbraccio e accostò la sua fronte a quella della ragazza guardandola fissa negli occhi e mettendole le mani alla vita – *Gli occhi per guardarti, le mani per accarezzarti, questo corpo per amarti...mi bastano solo questi...* -

Maya sorrise e lo abbracciò con slancio.

– *Come sono felice caro!!* - esclamò con gioia.

CLAP!
Il regista li interruppe.

– Basta così per oggi! - gridò loro – dovete ancora migliorare... specialmente tu Kitajima... ma direi che ci siamo quasi... ricordatevi dei vostri movimenti di oggi! -

Così dicendo licenziò i due ragazzi e andò via.

Maya salutò rapidamente Sakurakoji e andò via di corsa dalla sala.

Sakurakoji rimase ancora lì.
Non era riuscito a uscire dal suo personaggio.
La dolcezza di Maya... no, quella di Akoya, lo aveva incantato.

Si riprese a stento, accorgendosi di esser rimasto solo nella sala.
Uscì di corsa cercandola in corridoio.

- Maya! - gridò - Aspetta! - si accorse che non c'era nessuno.

- ti accompagno... - sussurrò appena.

Maya era già andata via.
Aveva già smesso i panni di Akoya ed era tornata a essere la solita Maya, la solita sfuggevole Maya.
Sfuggevole... sempre...

Scosse il capo affranto.
Andò via anche lui... solo...





nota dell'autore: Mi auguro che anche questo capitolo possa essere stato di vostro gradimento.
D'ora in poi vedrete davvero un pò di tutto, personaggi, recitazione, prove, piani...
Come avrete notato in questo capitolo son presenti alcune battute della Dea Scarlatta. Ebbene sì! vedrete anche quella, o meglio, la mia visione di come dovrebbe essere in accordo alle battute dateci dalla Miuchi e alla mia immaginazione, con un pizzico di originalità in più che non guasta... ma accadrà più in là.

A BLUREI: son contenta che la storia ti stia piacendo. Si, il Masumi che ho scelto è quello della versione OAV-anime 2005...perchè quello biondo da bambina, mi ha fatto sognare, ma quello quello del 2005 da donna, mi ha fatto reinnamorare.
ancora sulla ff: si sul forum che amministro è presente la prima stesura della storia, ma quella che sto pubblicando qui penso sarà la versione definitiva...cosa cambia? Nulla di sostanziale, eppure tanto. Espressioni, maggiore chiarezza nel descrivere le situazioni, aggiunta di pensieri e azioni... cambieranno anche alcuni capitoli quasi per intero. Dato che ti accosti a leggerla per la prima volta, son contenta che hai scelto di non "guastartela" aspettando le pubblicazioni qui. continua a seguirmi eh!

A stasera, col prossimo capitolo... e grazie ancora a tutti coloro che continuano a leggermi.(^_^)/

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Capitolo 12
*** Capitolo XII ***


nota dell'autore: mi scuso per il ritardo, avrei dovuto postare questo capitolo ieri sera, ma, con la mia solita fortuna il mio modem ha deciso di fare le bizze *sob*. Tutto risolto, fortunatamente.
In questo capitolo entra in scena un altro dei personaggi della Miuchi, uno di quelli che io considero chiave in questa storia, aldilà dei prostagonisti. Indovinate chi? XD
Spero che anche questo capitolo possa piacervi...
beh! non mi resta che augurarvi una buona lettura dandovi appuntamento a domani! ^__^





Capitolo XII


Raggiunta canticchiando tra sè e sè la scrivania della segretaria, antistante il suo studio, il giovane presidente della Daito si trovò innanzi una stupita signorina Mizuki.

- Signor Masumi... - cominciò la segretaria battendo le ciglia perplessa - Cosa ci fa lei qui? -
- Oh signorina Mizuki! Buona sera… - gli rispose allegramente - come che ci faccio qui? È il mio studio questo, no? – le sorrise – A proposito… gradisce un caffè signorina Mizuki? – le chiese - Glielo porto subito. -

La donna rimase sconvolta: era quello l'uomo che era andato via affranto poche ore prima?
Era quello l'uomo che il giorno prima aveva combattuto con se stesso per incollare i pezzi di una maschera già da tempo scalfita?
E, soprattutto, da quando in qua era lui a portare il cafè alla segretaria?!

- Signor Masumi! - gli urlò praticamente sottovoce la donna - Si accomodi nel suo ufficio! - impartì - Le porterò immediatamente il suo caffè. -
- Ah. D'accordo signorina Mizuki... - rispose leggero il giovane presidente - ma... la prego, si accomodi anche lei. - le sorrise - Preferisco bere il caffè in compagnia. - aggiunse strizzandole l'occhio.

La signorina Mizuki aprì la bocca sbalordita.
Se questo atteggiamento sconveniente fosse stato notato dagli altri dipendenti...

Si risistemò rapidamente gli occhiali, tirandoli su dal naso, si alzò e, praticamente spingendolo dentro, accompagnò il giovane presidente nel suo studio, affrettandosi a richiudergli la porta dietro.
Sospirò

Pochi minuti dopo, entrò anche lei, reggendo in mano un vassoio con due tazze di caffè caldo e fumante che ripose sulla scrivania, alla cui poltrona, ad attenderla sorridente, era il presidente.

- Oh! Bene, bene signorina Mizuki, - le disse allegro il presidente - la prego, si accomodi - la invitò con un gesto della mano a prendere posto sul divanetto a sinistra della sua scrivania.

Quell'uomo era troppo allegro.
Probabilmente non se lo sarebbe mai perdonata in seguito, già una volta per un atteggiamento più personale si era presa uno schiaffo, ma...

- Signor Masumi... - esordì seria per poi proseguire in tono canzonatorio - il suo atteggiamento è alquanto singolare questo pomeriggio... - lo vide cominciare a sorseggiare il suo caffè - Devo forse arguire che la signorina Maya si sia dichiarata? -
- COFF! COFF! - tossì sorpreso il presidente, cercando di riprendersi da un mancato affogamento.

La donna rise apertamente.

Masumi la fissò, inaspettatamente imbarazzato.
Dopo un attimo tornò serio.
La signorina Mizuki era sempre stata una donna perspicace.
Senza che nessuno glielo dicesse aveva compreso già da tempo i suoi sentimenti per quella ragazzina, ma questa volta era diverso.
Come faceva a conoscere i sentimenti di Maya Kitajima?
Quando l'aveva scoperto?

Si alzò dalla poltrona alla scrivania e si venne a sedere sulla poltrona a fianco del divanetto su cui era la donna.
La guardò serio.

- Signorina Mizuki, come fa lei a sapere... - stava per chiederle.
- Che Maya è innamorata di lei? - lo interruppe con fare retorico la segretaria.

Ci fu un istante di silenzio.

La signorina Mizuki studiò l'espressione del presidente.
Temeva di aver esagerato. Preferiva evitare di osare ancora senza alcun incoraggiamento.

Masumi, dal canto suo, era desideroso di sapere, di capire.

- Si – rispose l'uomo seriamente – come l'ha capito? -

La signorina Mizuki prese la tazza e la strinze tra le mani.

- È una lunga storia. - cominciò - È più un'intuzione che altro a dire il vero. Alcuni mesi fa, quando lei cominciò a frequentare la signorina Shiori, Maya vi vide entrare assieme in un locale. Io... la incontrai per caso. Ero costretta a disturbarla per lavoro a un suo appuntamento e la vidi là sul marciapiede che fissava l'ingresso del locale in cui lei era appena entrato in compagnia della signorina Shiori. Quando richiamai la sua attenzione Maya mi chese chi era la donna in sua compagnia e io le spiegai che probabilmente sarebbe diventata la sua fidanzata. Avevo molta fretta e non avevo tempo di verificare per bene le reazioni della ragazza, ma... tremava. Di questo ne ero sicura. - si fermò un istante a osservare il volto dell'uomo.

Masumi era attento, ascoltava in silenzio, occhi fissi sulla segretaria.

- Da quel momento pensai che qualcosa era cambiato, che forse lei per Maya non era solo il suo nemico. Poi... alla sua cerimonia di fidanzamento... - si interruppe incerta.
- La prego... continui - la esortò il presidente, adesso seduto col busto chino in avanti, gomiti sulle ginocchia, mani intrecciate.
- Quando incontrai Maya all'ingresso mi sembrava un pò titubate, come se ci fosse qualcosa che volesse fare. Poi però, a un certo punto il suo sguardò si fermò sul cartellone che annunciava il suo fidanzamento. La sua espressione cambiò, sembrava... sconvolta. La vidi entrare nella sala tremando, quando finalmlente riuscì a vedere lei e la signorina Shiro abbracciati si portò una mano alla bocca. Le si avvicinò un cameriere e lei prese una coppa di champagne quasi automaticamente, senza neppure guardare cosa stesse facendo. Continuava a fissare lei... lei e la signorina Shori insieme. Pochi istanti dopo i suoi occhi si riempirono di lacrime e senza neppure accorgersene lasciò scivolare il bicchiere. Solo allora tutti si accorsero di lei. Anche lei. - fece una breve pausa - Io credo... credo che quando le urlò contro scappando... beh io penso che lo fece più per disperazione, che perchè la odiasse veramente. Ma... forse lei era troppo impegnato, in quel momento, per accorgersene. -

L'uomo chiuse gli occhi, adagiandosi sullo schienale della poltrona.

Tutto questo tempo...

Ripensò a quella telefonata fatta una sera in cui lei gli aveva chiuso il telefono in faccia urlandogli "sia felice!" e a quell'incontro in quel parcheggio in cui lei gli aveva chiesto di Shiori. Era diventata pallida allora, mentre gli aveva detto che non lo aveva mai visto sorridere a quel modo. Poi ripensò ripensò al paese natale della Dea Scarlatta, quando davanti a Shiori l’aveva presa in giro e lei, invece di urlargli contro, si era messa a piangere.
E quella notte al tempio, quando aveva detto di non odiarlo... e la mattina dopo quando gli aveva donato quel ramo... i suoi sentimenti... le battute della Dea Scarlatta che aveva recitato solo per lui, lì all'altra sponda di quel ruscello...

Maya era innamorata di lui da tutto questo tempo...

- Possibile che sia stato cieco per tutto questo tempo? – disse tristemente Masumi Hayami, rise amaramente - Mi vanto di essere abile, perspicace... ma sono stato uno stupido. -
- Glielo dissi tempo fa: - riprese la signorina Mizuki sorridendogli dolcemente - il semaforo non rimane rosso per sempre. – sospirò - Alla fine se ne è accorto anche lei! - riprese con maggiore entusiasmo - Suvvia! Non si abbatta: ora deve solo capire ciò che vuole veramente. -

L'uomo rimase silenzioso un istante.

- Cosa voglio veramente... - ripetè più tra sè e sè - Io... voglio solo... renderla felice... ma... -
- Ma ci sono molti ostacoli, non è vero? – lo interruppe la segretaria - Per prima cosa la differenza di età, di posizione sociale, i giudizi delle persone… Se lei e quella ragazza foste coinvolti in uno scandalo proprio adesso… -
- Lei perderebbe tutto. - proseguì il presidente - Avrebbe me… ma potrebbe davvero essere felice? La Dea Scarlatta è sempre stato il suo sogno. - si fermò a deliberare un istante - No, non posso ostacolarla e impedirle di provare a raggiungerla. E poi… mio padre… - proseguì – questo padre a cui sono legato dal lavoro… non ammetterebbe mai una mia disobbedienza. Non me lo perdonerebbe mai, né a me né a lei. -

Inorridì al pensiero di cosa sarebbe stato capace di fare.

- Dimentica una cosa: signor Masumi… - lo richiamò la segretaria – lei è fidanzato! E non con una donna qualsiasi, con la nipote dell'imperatore Takamiya! Una famiglia importante, troppo importante. –

Sentì la mascella contrarsi.
La signorina Mizuki aveva ragione, tristemente ragione.

- Ho seguito gli ordini di mio padre... credendo di non aver alcuna possibilità, ho lasciato che lui decidesse per me e ho accettato di conoscere Shiori. Sono stato gentile, più gentile di quanto lo sia mai stato con ogni donna, perchè questo era quello che dovevo fare, perchè lei doveva essere la mia fidanzata. Adesso lei... è innamorata di me. Se la abbandonassi lei... soffrirebbe ingiustamente. -
- Cosa farete lei e Maya, signor Masumi? -
- Io... lei ancora non sa, non sa che lo so, che l'ho capito. - e aggiunse con infinita tristezza - Forse non lo saprà mai. -

La signorina Mizuki si alzò di scatto.

- Mi perdoni se glielo dico - disse la donna amaramente - ma lei mi delude. Questo suo atteggiamento... è deludente. -
- C...-
- Lei davvero si arrende così? - gli chiese - Si sente in colpa per i sentimenti della signorina Shiori. Ma non pensa ai suoi sentimenti? Ai sentimenti di Maya? O forse solo perchè sono finora nascosti hanno meno importanza? Non prova nemmeno a lottare? Proprio lei che è noto con nome di "affarista senza scrupoli" per la sua abilità nel risolvere ogni affare in suo favore, non è capace di lottare per l'affare più importante della sua vita? Non è capace di lottare per sè e Maya? -
- Io... -
- Si faccia forza signor Masumi! Sono certa che riuscirà a risolvere abilmente anche questa situazione... - gli sorrise.

Si diresse in silenzio verso la porta, intenzionata a dare tempo all'uomo per riflettere.
La aprì e stava per uscire quando si sentì chiamare.

- Signorina Mizuki! Aspetti. Io... credo di avere un'idea... un punto di partenza. Solo...- aggiunse esitando - mi occorrerebbe anche il suo aiuto. - la guardò fisso in volto.

La donna richiuse la porta.

- La ascolto. - gli disse, con le spalle appoggiate al battente della porta.

- Prima... ho una domanda da porle. È disposta a rischiare il suo posto di lavoro? - si fermò un istante - Ho intenzione di disobbedire a mio padre... ma c'è una cosa che prima devo fare. -

La signorina Mizuki si sorprese per la domanda.
Tuttavia sapeva già da tempo come rispondere.

- Signor Masumi... - disse avvicinandosi nuovamente ai divanetti - io sono la sua segretaria, non la segretaria di suo padre. La conosco da troppo tempo per abbandonarla in quest'impresa, qualinque essa sia. - rispose ferma, decisa.

Masumi Hayami sorrise.

- Lei è più di una segretaria... lei è una grande alleata, un'amica! - esclamò, poi più sero aggiunse - Si sieda, la prego. - accompagnò il gesto con la mano.
- Beh! - esclamò la donna accomodandosi - Quanto ha appena detto mi ripaga più della mia intera carriera di segretaria per la Daito! - aggiunse allegramente, poi attenta - Coraggio: sono tutta orecchi... -


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Capitolo 13
*** Capitolo XIII ***


Documento senza titolo

Capitolo XIII

Alle 21:00 la segretaria Mizuki uscì dallo studio del giovane presidente Hayami.

Con le spalle poggiate sulla porta, mani dietro la schiena sospirò, pensierosa.
Si diresse silenziosamente alla sua scrivania e si sedette a fissare il telefono.

Il signor Masumi le aveva affidato un incarico parecchio importante: doveva chiamare una persona, una persona fidata.
Così le aveva detto il presidente.

Ripensò a l'intera folle conversazione avuta con l'uomo nel suo studio e alla conclusione di essa...


- Farò come vuole... - gli aveva risposto – ma... - era rimasta in silenzio.

Non era riuscita a fargli una domanda così... personale.
Si era alzata dalla poltrona e si stava apprestando a uscire dalla porta dello studio...

- Ma cosa? Signorina Mizuki... - la aveva incitata a parlare il presidente alzatosi anch'egli – coraggio! Domani potrebbe non trovarmi così ben disposto a parlare... - aveva aggiunto.
- Beh! Ecco... è proprio sicuro? - gli aveva chiesto - Non intendo per suo padre... né per quello che ha intenzione di fare... io dico per la signorina Maya... è sicuro di non volerle ancora dire la verità? -

Il presidente aveva tratto un respiro profondo prima di risponderle.

- Come potrei farlo adesso? - aveva infine chiesto - Io... non posso. Non fino a che non concluderò tutta questa faccenda. - aveva risposto gravemente.
- Si ma... - non aveva potuto fare a meno di chiedergli - Riuscirà davvero a comportarsi come il solito cinico presidente della Daito se la incontrasse in questo periodo? Riuscirà a tenere addosso questa maschera mentre lei la guarda, le parla, pur sapendo il dolore che questa condizione le causa? -

Per alcuni istanti Masumi Hayami era rimasto silenzioso.
Come sempre, la signorina Mizuki aveva colto nel segno: sapere di mentire e di causare dolore a quella ragazzina con il suo atteggiamento sarebbe stata la cosa più difficile da sopportare.
Sostenere lo sguardo triste che Maya gli avrebbe rivolto nel sentirsi punzecchiata da lui al solito modo fingendo indifferenza... anche solo pensarci era dolorosissimo.

- Non ho scelta... – le aveva infine risposto facendo spallucce – non fino a quando tutto non sia risolto... e soprattutto non fino a che resterò fidanzato con Shiori... non sarebbe corretto, nei confronti di nessuna delle due. -

In quel momento la segretaria aveva deciso di agire a suo modo.
D'altronde il signor Masumi aveva detto di considerarla un'amica no?
Se era davvero così avrebbe accettato un consiglio spassionato... oltre che disinteressato: vedere tutto dall'esterno le permetteva di avere una migliore prospettiva.
Lei non soffriva del senso di colpa di cui il signor Masumi si sentivagravare al momento.

- Mi permetta di darle un ultimo consiglio su quest'argomento... - aveva esordito con saggezza la donna – se lei sciogliesse il fidanzamento adesso, la signorina Shiori e la sua famiglia non la lascerebbero andare impunemente. Faccia in modo che siano loro a tirarsi indietro... -

Il signor Masumi l'aveva osservata, per poi accennare un sorriso astuto.

- Saggio consiglio... - aveva ammesso – ha anche qualche idea? -
- Se agirà come mi ha appena illustrato credo che la famiglia Takamiya si ritirerà spontaneamente, ma la sua fidanzata... non credo sarà ben disposta a lasciarla andare. In qualche modo dovrà convincerla che non è l'uomo adatto a lei... cosa non facile dato che noi donne quando siamo innamorate tendiamo a non vedere i difetti della persona che amiamo... -
- Già... non sarà facile... -
- Suvvia! C'è ancora del tempo! ha tempo sino alla designazione della Dea Scarlatta... -
- Solo tre settimane... - aveva risposto pensoso.
- Esattamente! Ancora tre settimane... - la signorina Mizuki fece una pausa e poi riprese con serenità – sono sicuro che troverà il modo. Ci pensi sopra adesso, mentre io sbrigo le faccende da segretaria. - aveva ggiunto sorridendogli prima di avviarsi alla porta.
- Un'ultima cosa signorina Mizuki! - l'aveva fermata Masumi Hayami, facendola rigirare verso di lui – C'è una cosa che dovrebbe fare al posto mio. Se ha deciso di aiutarmi, c'è una cosa che deve fare... qualcuno che deve contattare. - le aveva detto serio - Le do il numero. Risponderà un uomo... credo che cercherà subito di riattaccare. Dica che chiama da parte mia e che sono io che desidero farvi incontrare e fissate un appuntamento per domani mattina. Ci sarò anche io ovviamente... illustreremo anche a lui la mia idea. -

La segretaria lo aveva guardato con un'espressione di curiosità mista a timore.
Potevano fidarsi?

- Non si preoccupi, - le aveva detto il presidente - mi fido ciecamente di quest'uomo. - aveva aggiunto sicuro e sorridente.
- S-si... D'accordo – aveva detto la donna ancora un po' titubante.


Tirò un gran respiro, impugnò il telefono e compose il numero.
Dopo un paio di squilli sentì rispondere.

- Hijiri... - rispose l'uomo dall'altro lato della cornetta.

La voce era calda, attenta.
Mizuki cercò di immaginare a chi potesse appartenere.

- S-si? pronto? Chiamo da parte del presidente Hayami... - disse incerta la segretaria.

Ci fu un attimo di silenzio prima che la voce rispondesse.

- Non conosco nessun presidente. Credo abbia sbagliato numero – rispose telegraficamente – buona se... -
- Aspetti! - lo fermò la signorina Mizuki, quasi implorandolo affinchè non chiudesse la chiamata – Il signor Masumi mi aveva avvertita che avrebbe tentato di riattaccare... le assicuro che è lui che mi ha detto di chiamarla! -

Silenzio. L'uomo rimase in ascolto, la segretaria proseguì:

- Mi ha detto di dirle che è lui a voler farci incontrare... Ha detto che io vi aiuterò e mi ha chiesto di fissare un appuntamento con lei per domani mattina. Verrà anche lui ovviamente: dobbiamo riferirle alcune cose... - rimase in silenzio inattesa che l'uomo rispondesse.
- Domani mattina. - ripetè la voce – Potremo incontrarci alla vecchia rimessa delle auto abbandonate a sud... -
- D-d'accordo... le va bene per le 10:00? - chiese la donna cercando di mascherare la sua insicurezza in quel momento.
- Per le 10:00. - rispose la voce - Ci sarò. -

Non disse altro.
La signorina Mizuki sentì il click della chiamata che si chiude seguito dal tu-tu della liena interrotta.

Scuotendo la testa per riprendersi. compose il numero dell'interno del presidente.

- Si? - gli rispose il signor Masumi.
- L'appuntamento è fissato per domani alle 10:00 – disse la segretaria.
- Perfetto, per le 10:00 – ripetè il presidente prima di riaggangiare.

La signorina Mizuki rimase in silenzio con la cornetta in mano.
Di chi era quella voce?
Aveva detto di chiamarsi Hijiri... chi era?

"Mi fido ciecamente di quest'uomo." le parole del singor Masumi le riecheggiarono in mente.

Posò la cornetta.
Non le rimaneva che aspettare.

Guardò l'orologio appeso alla parete: avrebbe capito domani, domani alle 10:00.



nota dell'autore: come promesso eccovi qui un altro capitolo. Si mi rendo conto che è un pò piccolino e che non spiega molto, ma pazientate: saprete tutto a tempo debito, o, meglio, lo scoprirete. D'altronde che divertimento c'è a scoprore tutto adesso?
L'idea che Masumi faccia in modo che sia Shori a lasciarlo spontaneamente all'inizio mi aveva messa un pò in crisi. Non sapevo se ne avrei mai trovato una soluzione adeguata, ma penso di esserci riuscita. Come? ne avrete un assaggio tra non molti capitoli.XDD
Ringrazio ancora tutti coloro che mi seguono e vi dò appuntamento a domani con i prossimi due capitoli.
A domani! (^__^)/

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Capitolo 14
*** Capitolo XIV ***


Documento senza titolo nota: ed ecco qui il capitolo 14...vi dò appuntamento a stasera...buona lettura!



Capitolo XIV


La rimessa abbandonata a sud della città di Tokyo era un luogo isolato e non facilmente raggiungibile.

Per accedervi le auto dovevano percorrere una curva a elle molto stretta e poi procedere lungo un impervio sentiero in salita delimitato da vecchie mura alte circa due metri, nel quale potevano circolare in un unico senso di marcia.
Si giungeva così in un piccolo spiazzo in fondo al quale era un cancello solitamente aperto, dai battenti arrugginiti, che faceva da ingresso alla rimessa, dove le carcasse di vecchie auto erano impilate le une sulle altre.

Il custode della rimessa era un uomo vecchio e tarchiato, che il più delle volte, come in quella mattina, stava in fondo alla stessa dedicandosi alla demolizione nonchè a selezionare i pezzi che potessero essere rivenduti.

L'auto di Hijiri era appena entrata.
Pochi istanti dopo, l'auto della segretaria, con a bordo anche il presidente, si era piazzò dietro la prima.
Le due vetture avanzazono tra le carcasse per una decina di metri sino a svoltare a sinistra per ritrovarsi in uno spiazzale isolato.
Solo allora Hijiri, il dipendente ombra, Mizuki, la segretaria , e Masumi Hayami, il giovane presidente scesero dai loro veicoli.

La giornata era calda: il sole delle 10:00 picchiava con forza sulle loro teste e lo spiazzo, interamente circondato da vetture impilate, non offriva alcuna possibilità di riparo dal sole.

- Buon giorno – disse Hijiri salutando il signor Masumi e la segretaria con un leggero inchino.

La segretaria, un pò più indietro rispetto al presidente, osservò l'uomo con discreta curiosità, reggendo al petto le tre cartellette che aveva con sè.
Carnagione chiara, lineamenti delicati, capelli castano scuro tendenti al mogano, una figura slanciata, sguardo attento e misterioso... un uomo affascinate, avrebbe detto, ma non era quello il momento di distrarsi.

- Buon giorno – rispose il presidente – venga avanti signorina Mizuki. - la chiamò - Quest'uomo è un mio fidato collaboratore. Si chiama Hijiri Karato. - poi all'uomo – Lei è la mia segretaria, la signorina Mizuki Saeko. -
- Buon giorno – disse la segretaria avanzando e portandosi a fianco del giovane presidente.

Masumi riprese a parlare:

- Hijiri, - lo chiamò serio - ti ho fatto venire qui, in presenza anche della signorina Mizuki, perchè ho un piano che vorrei attuare e per il quale mi serve la piena collaborazione di entrambi. - fece una breve pausa - Prima di proportelo, tuttavia, devo avvertirti che quanto sto per dirti... ti pone innanzi una scelta. So che sei fedele alla famiglia Hayami, come tuo padre lo è stato per tanti anni... la mia domanda è una sola: riusciresti ad essere fedele a me anzichè al nome della famiglia Hayami? - gli chiese grave.

Hijiri rimase qualche secondo in silenzio.
Quello che gli aveva detto il signor Masumi era vero: la sua famiglia aveva vissuto nell'ombra per anni ed era riuscita da andare avanti solo grazie alla famiglia Hayami. Non aveva mai considerato l'ipotesi di non esser loro fedele.
In un certo senso non riusciva bene a comprendere: essere fedele a Masumi Hayami era essere fedele agli Hayami.
La famiglia Hayami che lui, come suo padre, aveva sempre servito finora.
Una famglia composta da due soli uomini, proprio come lui e il suo defunto padre: Eisuke Hayami e il signor Masumi.
Suo padre aveva vissuto servendo il primo, ma lui, lui aveva sempre servito il secondo.
Era grazie a Masumi Hayami che poteva continuare il lavoro di suo padre, era lui che aveva conosciuto e stimato.
Se scegeliere tra la famiglia Hayami e il signor Masumi significava scegliere tra quest'ultimo e suo padre, non aveva alcun dubbio, non ne avrebbe mai potuto avere.

- Signor Masumi, la mia famiglia deve molto agli Hayami... tuttavia, io credo di dovere molto più a lei; è stato lei che mi ha guidato e ha permesso che continuassi il lavoro di mio padre... e poi, dopo così tanto tempo, ho imparato a conoscerla e a stimarla non soltanto come presidente Hayami, ma come uomo. Un uomo che mi ha aperto il suo cuore e ha lasciato che gli stessi vicino. E poi mi ha assegnato un ruolo per lei veramente importante: farle da tramite con la signorina Maya... C'è una sola risposta che posso darle: la seguirò, qualunque cosa lei abbia intenzione di fare. – gli rispose deciso, prima di sorridergli fiducioso.

La signorina Mizuki osservò l'espressione grave del signor Masumi sciogliersi in un sorriso e non potè fare a meno di sorridere anch'ella.
Fece un respiro profondo prima di avanzare, disinvolta tra i due uomini e porgere a entrambi una della tre cartellette, tenendone una per sè.

- Direi che possiamo cominciare. - disse affaccendata – Signor Masumi, prego. – proseguì invitandolo a parlare.

Il giovane presidente sorrise, notando il contenuto della sua cartelletta.
Era uno schema di quanto le aveva illustrato il pomeiriggio prima, corredato da campi vuoti per date e scadenze e affiancato da quelle che invece sarebbero state il normale lavoro di direzione della Daito Art Production.

- Efficiente come sempre... - commentò.

La donna sorrise compiaciuta.

Masumi illustrò il suo piano per la seconda volta.
Dette istruzioni a entrambi su come agire e chiese anche le loro opinioni e i loro suggerimenti.
Fissarono date, scadenze, si distribuirono gli incarichi e analizzarono gli imprevisti, prevedendo misure correttive immediate.

La conversazione andò avanti per un paio d'ore, sotto il sole cocente, terminando all'incirca a mezzogiorno.

- Direi che per oggi abbiamo concluso. Ognuno di noi sa come agire... - commentò il giovane presidente.
- Si – annuirono gli altri due
- Signor Masumi... - chiese infine Hijiri – e... riguardo la signorina Maya? -

Masumi rispose serenamente, senza troppe esitazioni.
Era davanti alle uniche due persone con le quali poteva essere se stesso.

- Finora, Hijiri, tu sei stato il mio tramite. - disse – Io... vorrei tanto andare da lei adesso... ma non posso. Ho Shiori... Devo mettere le cose in chiaro con lei. Per questo motivo in queste tre settimane io... dovrò limitarmi a starle accanto come il suo ammiratore. Te ne prego Hijiri, riempila di ogni attenzione possibile... e poi... cerca di tenerla lontana da quel ragazzo... Sakurakoji... - aggiunse a denti stretti.
- Signor Masumi... non mi dica che è geloso? – gli chiese maliziosamente la segretaria.

A quella frecciata anche Hijiri rise.
Fra i tre si era instaurata un'ottima complicità e quella donna... era davvero arguta.

Masumi arrossì e tossì un paio di volte per rischiarasi la voce prima di riprendere a parlare, ma fu il turno di Hijiri di “difendere” il presidente.

- Signorina Mizuki! No, non è gelosia... - disse con fare canzonatorio – si preoccupa unicamente che l'eccessiva vicinanza del ragazzo possa dare adito a pettegolezzi e scandali che nuocerebbero ai due ragazzi! - rise.

Risero anche gli atri.
Non erano più il presidente, la segretaria e l'uomo ombra: erano amici, complici.

- Si, fingiamo sia così... - rispose Masumi allegro – Per questo ti chiedo - riprese serio - di accompagnarla durante ogni spostamento... al circo, alle prove e anche a casa se Maya vorrà. Inoltre... - aggiunse avvicniandosi all'auto della segretaria - oggi quando andrai a prenderla al circo falle avere questi da parte mia. -

Prese una grossa scatola e un mazzo di rose scarlatte con un biglietto, che la mattina stessa aveva provveduto a scrivere per la ragazza.

- Ancora una cosa, Hijiri... - aggiunse infine il presidente – te l'ho chiesto già una volta ma... Proteggila. Stalle vicino... sostenila come farei io. -
- Non sono lei, signor Masumi... - disse Hijiri – ma avrò massima cura della signorina Maya. Non si preoccupi. -

Il quel momento la signorina Mizuki comprese pienamente l'infinita fiducia che Masumi Hayami riponeva in quell'uomo: le stava affidando la ragazza che amava.

Mise una mano nella schiena del presidente, parlò.

- Coraggio signor Masumi... - disse cercando di confortarlo – la attende un compito difficile, ma il risultato... sarà la sua felicità. Si faccia forza! -

Masumi le accennò un sorriso.

- È ora di andare... - disse voltando il capo in direzione dell'auto.

Risalirono ognuno nelle rispettive auto, si allontanarono.
Tutto era pronto...

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Capitolo 15
*** Capitolo XV ***


Documento senza titolo

Capitolo XV

L'orologio del display dell'auto segnava le 16:00 in punto, quando Hijiri si arrestò a pochi metri dall'ingresso del circo.

Pochi minuti dopo, Maya uscì di corsa, ma sorridente.
Le gote erano ancora rosse per tutti gli esercizi fatti fino a pochi minuti prima: pattinaggio, tappeto elastico, capriole e, infine, trapezi.


Dimitri le aveva presentato i trapezisti e l'aveva lasciata l'ultima ora e mezza a provare con loro.
Erano un trio, due uomini e una donna, tutti e tre piccoletti.

"Un po' come me!" aveva pensato la ragazza.

Erano tutti e tre mori. Dei due uomini, uno aveva dei grossi baffi dalle punte ricurve e la parte superiore del corpo vistosamente sviluppata per via degli esercizi ai trapezi; l'altro era giovane, probabilmente della stessa età della ragazza. Era magrolino e leggero e questa leggerezza lo aiutava moltissimo nei volteggi. Aveva gli occhi scuri, neri, come i capelli che, lunghi, erano legati in una coda di cavallo.
La donna era leggermente più alta di lei. I capelli castano scuro erano legati come quelli delle ballerine. Indossava un paio di piccoli orecchini di perla bianca.
Vedendo quei piccoli orecchini sposarsi così bene con l'ovale del viso della donna, Maya aveva pensato alla possibilità di farsi anche lei dei buchi alle orecchie.

All'inizio, vedendoli lassù, Maya non era riuscita a capire perché sorridessero così tanto.
Al posto loro probabilmente lei sarebbe stata troppo tesa per sorridere.
Dopo una buona mezz'ora però, aveva compreso.
Il loro era un sorriso frutto della passione, dell'entusiasmo, dell'eccitazione che stare sospesi nel vuoto, librarsi nell'aria risvegliava nell'animo.

Dimitri era stato chiaro all'inizio:

– Maya, sali sul trapezio... si così! - le aveva detto – Bene. Adesso cerca di dondolare leggermente, sempre in piedi...così! Tienti forte...brava! Bene, adesso, non appena ti trovi nel punto più avanti, lasciati cadere giù! -

Maya lo aveva guardato da lassù terrorizzata, rinforzando la stretta alle mani.

- Coraggio, Maya! - l'aveva esortata Dimitri - Hai una rete sotto di te capace di reggere sino a 350 kg. Non ti accadrà nulla. - aveva aggiunto.

Per quanto le avesse detto di recitare, Dimitri aveva compreso benissimo che non le sarebbe stato facile a 15 metri dal terreno per la prima volta.
Aveva dato quelle istruzioni proprio perchè voleva che la ragazza abbandonasse la paura di cadere e farsi male e l'unico modo era renderla sicura della rete che le stava sotto.

Maya si era lasciata cadere quasi tremante e chiudendo gli occhi, ma l'impatto con la rete era stato dolcissimo. Morbido, sereno.
Era divertente...

– Hai visto? - le aveva detto l'uomo sorridendole, poi - Bene, adesso ripetilo e cadi a pancia in giù... poi di lato e poi prova all'indietro, intesi? -
– Si! - aveva risposto la ragazza afferrando la mano del più giovane dei trapezisti corso ad aiutarla a camminare sulla rete.

Dopo alcune cadute la sensazione di paura l'aveva abbandonata, lasciando completamente spazio all'euforia che le dava lasciarsi cadere giù. Ma era stato nel momento del primo vero salto, quando, dopo aver acquisito un minimo di sicurezza, si era librata in aria e, protendendo le braccia in alto e in avanti si era sentita afferrare per le mani dal più anziano dei due uomini, che un brivido di eccitazione l'aveva attraversata.
Le era piaciuto, le era piaciuto eccome.

Si era impegnata ancora di più: anima e corpo.

In quei momenti, quando era nel punto più in alto, poco prima che il suo pesola facesse scendere e si sentisse afferrata per le braccia si era sentita volare, fluttuare.

Ed era proprio questa una capacità del corpo della Dea Scarlatta: fluttuare.
La Dea Scarlatta, lo spirito del susino millenario, si agirava tra gli alberi, tra le genti, con una leggerezza tale, che sembrava fluttuare.
Quella sensazione di leggerezza era quanto di più vicino avesse alla leggerezza del corpo della Dea Scarlatta.
Non doveva dimenticarsene.


Hijiri si accorse subito del buon umore della ragazza.
La vide entrare in auto sorridente, prendendo posto a fianco al lato guida.

La salutò sorridendole e dopo, durante il tragitto, le parlò:

- Signorina Maya… nel sedile posteriore ci sono dei doni da parte del suo ammiratore… -

Maya rimase sorpresa. Non si aspettava di ricevere dei doni.
Non appena Hijiri fermò l'automobile, scese e si mise a sedere nel sedile posteriore.
Potè vedere una scatola voluminosa e un bellissimo mazzo di rose scarlatte.

Protese il braccio e la mano destra sino a impugnare il bellissimo mazzo di rose scarlatte, lo avvicinò al viso aspirandone il profumo a occhi chiusi e poi… aprì il biglietto e lo lesse in silenzio.
Trattenne il respiro e poi aprì la scatola, rimanendo a bocca aperta.

Non si sarebbe mai aspettata un regalo simile.
Erano un paio di pattini, con tanto di sacca per trasportarli: pattini da ghiaccio… e della migliore marca esistente.

“Ammiratore di rose… signor Hayami… questi… sono per me?”

Stringendo i pattini al petto, lesse ancora una volta il biglietto.

“Lei avrà sempre il mio affetto… sempre…
Spero che il mio regalo possa esserle utile nel suo addestramento…
Aspetto di vedere la sua rappresentazione della Dea Scarlatta…
il suo ammiratore”


Maya chiuse gli occhi per trattene le lacrime, per quanto alcune di esse le erano già scese silenziosamente lungo il viso.

"Il mio affetto…"

Quelle parole così dolorosamente dolci le riempirono la testa.

"Il mio affetto…"

Mai, mai lo avrebbe voluto perdere, mai.
Fosse stato anche unicamente l'affetto di un ammiratore che di lei amava l'attrice.

"La sua rappresentazione della Dea Scarlatta…"

La sua rappresentazione: non quella di Ayumi, ma la sua.

“Lei mi guarderà, signor Hayami… guarderà me." pensò, "Non smetta di guardarmi… io… reciterò per lei…”

Avrebbe recitato per quell'uomo, quell'uomo che amava…
Perché la Dea Scarlatta che lei, Maya, voleva mostrargli sarebbe dovuta sempre, sempre rimanergli impressa…
Anche se lui non l'amava come donna, lei sarebbe rimasta sempre nel suo cuore come Dea Scarlatta e voleva che mai, mai, la dimenticasse.

Hijiri la osservava dallo specchietto retrovisore.
Era preoccupato: si aspettava che la ragazza fosse felice dei doni dell'ammiratore... tuttavia la sua espressione era mista: gioia e tristezza.

Ma come avrebbe potuto immaginare che lei fosse già al corrente dell'identità dell'ammiratore e che soffrisse perché quei doni tanto tanto cari le ricordavano che l'uomo che amava non la ricambiava?
Come?

- Signorina Maya… - la richiamò Hijiri preoccupato.

Al suono della sua voce la ragazza si riprese in un istante, asciugandosi velocemente le ultime lacrime che le rigavano il viso.
Fece un respiro profondo e, guardando l'uomo dallo specchietto, gli sorrise.

- Signor Hijiri, la prego, ringrazi il mio ammiratore. Gli dica… che gli sarò sempre grata per tutti i doni che mi ha fatto in tutti questi anni… e… gli chieda di rimanermi sempre vicino… di continuare a sostenermi… - disse Maya.
- Lo farà sicuramente… - Hijiri le sorrise.

Il suo tono era fermo, sicuro.
D'altronde lui sapeva la forza del sentimento che l'ammiratore nutriva per la ragazza.

Maya scese dall'auto con il mano il mazzo di rose e la sacca dei pattini. Fece un inchino prima di chiudere lo sportello.
Hijiri le sorrise e le disse:

- Verrò a prenderla stasera all'uscita delle prove… -
- Ma… signor Hijiri… - Maya esitò.
- Suvvia signorina Maya! Non vorrà mica tornare a piedi stanca portandosi dietro tutte queste cose a mano?-
- Ma io… non so quando finiranno le prove con esattezza! Non vorrei farla attendere… -
- Sarà un piacere attenderla… sarò qui dalle 20:30 in poi. La aspetterò qui fuori. -
- … Grazie tante signor Hijiri… - ringraziò sorridendo impacciata.

Hijiri ricambiò il sorriso, chinò il capo in segno di saluto e accese il motore dell'auto.

- A dopo , signorina Maya… -
- A dopo… - disse la ragazza richiudendo lo sportello.

Vide l'auto partire e scomparire svoltando l'angolo della strada.
Si voltò e salì i gradini dell'ingresso principale.
Esitò un istante sulla porta. Avvicinò il mazzo di rose scarlatte al viso e ne respirò il dolce profumo ad occhi chiusi.
Strinse con forza il mazzo al proprio petto con il braccio sinistro e alzò il capo con un'espressione decisa, determinata.
Avvicinò la mano destra alla porta di ingresso. Aprì la porta, avanzando dentro l'edificio.

“Signor Hayami, le ho fatto una promessa. Mi aspetti… la manterrò!”

Osservò l'orologio appeso sulla parete di fronte.
Aveva ancora dieci minuti, il tempo di preparasi…

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Capitolo 16
*** Capitolo XVI ***


Documento senza titolo nota dell'autore: Come promesso ecco a voi il sedicesimo capitolo. Cambio di soggetto: si torna a Maya e Sakurakoji.
Spero che anche questo capitolo possa interessarvi.
Ditemi se vi piacciono le riflessioni che portano il personaggio a comprendere il proprio ruolo...l'altro lo scoprirà tra non molto.
Vi do appuntamento a stasera con il prox(o i prossimi due se ci riesco^^') capitolo.
Buona lettura!




Capitolo XVI

La settimana volgeva ormai al termine.

Gli addestramenti a cui Maya e Sakurakoji erano sottoposti avevano cominciato a dare qualche frutto.
Qualche. Non abbastanza per il signor Kuronuma.

Si trovavano nella sala prove e il regista li osservava già da un paio d'ore sempre sulle stessa scena. Erano ormai le 21:00 passate.

– No! No! NO! Non ci siete!! Daccapo forza! - gli urlò contro.

I due ragazzi ricominciarono, ma non appena il regista osservò le loro espressioni li interruppe nuovamente.

– Oh avanti Kitajima! Sakurakoji! Possibile che ancora non abbiate capito?! - gli urlò spazientito – Mancano poco più di due settimane e ancora non vi siete impadroniti dei vostri personaggi! Ma che diavolo fate?! - sbottò, poi al ragazzo - Sakurakoji, possibile che tu non abbia ancora capito perché Isshin abbia tutta questa ansia di ricordare la propria identità? Possibile che non ti renda conto dell'importanza della sua missione? Del suo senso del dovere e del suo dolore? -

I due ragazzi si guardarono. Sakurakoji chinò il cao incapace di rispondere.

– E tu, Kitajima? Non hai ancora capito i sentimenti della Dea Scarlatta? Non hai ancora capito il suo amore? Il suo dolore? - riprese a chiedere alla ragazza.
– Ecco... Io... - tacque, non sapeva che rispondergli.

Anche lei chinò il capo osservandosi la punta dei piedi.
Il regista sbuffò.

– Al diavolo ragazzi! - esclamò alzandosi dalla sedia nella quale era cavalcioni e lasciandola cadere a terra avanti a sè - Lasciate che vi dica una cosa: - proseguì puntandogli il dito contro - per quanto possiate essere bravi o brillanti, senza l'animo la vostra è una recitazione sterile! Dovete impadronirvi del cuore dei vostri personaggi... lo capite? - colpì il palmo della mano sinstra con la mano destra chiusa in pugno -Forza! Ricominciate! Sakurakoji tu sei Isshin e chiedi alla tua Akoya di dirti chi sei... forza! Le tue battute! - risollevò la sedia, mettendosi ancora cavalcioni su di essa.

Sakurakoji si concentrò: guardò Maya e le chiese, espressione angosciata, voce ansiosa:

– *Akoya, devi dirmi chi diavolo sono! Devo sapere chi sono!* - fece due passi allontanandosi dalla ragazza e dandole le spalle, guardando in basso – *Ci sono aspetti della mia personalità che neanche io conosco...* - e voltando solo il capo e leggermente le spalle verso Maya – *so che c'è qualcosa di importante! Ho una cosa assolutamente importante da fare... ma non riesco a ricordarmi quale!* - infine, alzando la voce e mettendosi entrambe le mani nei capelli – *perché non riesco a capire me stesso?! Ma chi...* -
– No! no! NO! - lo interruppe urlandogli contro il regista – Sakurakoji, no! Non ci sei ancora! Davvero non riesci a capire? -
– Mi scusi... - disse il ragazzo tristemente e con una espressione fortemente frustrata..

Non riusciva a capire, non capiva cosa gli stesse chiedendo.

Il signor Kuronuma puntò i gomiti sulla spalliera.

– Sakurakoji... - disse con tono pacato - dimmi: cosa fanno i monaci tutte le mattine? -
– I monaci? - chiese il giovane sbigottito – Beh! Ecco... meditano... e pregano. - rispose.
– E sai perché meditano? -
– Perché meditano? -
– Si, perché? Te lo sei mai chiesto? -
– Beh! Meditano per purificare il proprio spirito... per essere in armonia con le cose del mondo... per trovare la pace dell'anima... -
– Per trovare la pace dunque, esatto? E perché pregano? -
– Pregano... ma si! Certo! Per la pace! Per la pace di ogni essere vivente, di ogni spirito che sta sulla terra, perché nel mondo ci possa essere... armonia tra ogni creatura.... ci possa essere... pace! - gli occhi del ragazzo si illuminarono, cominciava a capire qualcosa.

Il regista sorrise.

– Ora dimmi, Sakurakoji... - proseguì – qual è la missione di Isshin? -
– La missione? Costruire una statua... per invocare la pace! - finalmente aveva capito – Ma si! La pace! È proprio questo il motivo che spinge Isshin ad agire: la richiesta della pace! Isshin vive in un periodo di forti conflitti sociali. Vive al margine, per non essere coinvolto e accetta la sua missione senza crederci veramente. Poi però, dopo aver visto il volto sereno del capo dei briganti, capisce! È la pace la sua missione! Lui deve scolpire la statua per invocare la pace! Una pace... per tutte le creature viventi... per tutti gli esseri umani, per tutti gli spiriti. Una pace che tutti desiderano... che anche lui invoca nel profondo del suo cuore! -
– Esattamente! - anche il volto del regista si illuminò – Isshin desidera la pace. Per questo motivo avverte pienamente in sé il senso della missione! La sua missione è la suprema invocazione della pace! -
– “La suprema invocazione della pace”... - ripetè Sakurakoji – Nel momento in cui Isshin perde la memoria il senso di vuoto che ha dentro non è dato dal non sapere il proprio nome... ma dal non essere in grado di realizzare la sua missione! -

Maya lo osservava: Sakurakoji si stava avvicinando. Si avvicinava all'animo di Isshin, al suo cuore.

“Sakurakoji...” pensò la ragazza “coraggio! Ci sei quasi!”

– Si. - confermò il regista -Tuttavia c'è ancora una cosa, Sakurakoji: - proseguì alzandosi e avvicinandosi a poco meno di un metro dal ragazzo – Isshin si innamora... ama una donna che però... -
– Che però capisce non essere... umana! - lo interruppe il ragazzo – Lui ama Akoya, ma più sta con lei più avverte la divinità che è in lei. E questo risveglia in lui quel senso di vuoto... la sua mancanza di identità. Nel momento in cui Akoya manifesta la sua divinità Isshin si rende conto dell'importanza di ciò che ha dimenticato e tuttavia... ha anche paura di ricordarlo. Perché in fondo al suo cuore avverte che ricordare... gli farà perdere la donna che ama per sempre! Quando ricorda... lui sa che non può fare a meno di compiere il suo dovere... perché è quello il senso della sua esistenza: costruire quella statua! Deve scegliere: o perdere se stesso e la pace dell'universo oppure... perdere Akoya, la sua amata.. -
– Ma cosa pensa dell'amore Isshin? - gli chiese ancora Kuronuma – Cosa?-
– Dell'amore? - Sakurakoji ricordò: ripeté le battute di Isshin – *non penso che l'amore finisca quando sopraggiunge la morte.* - rimase un istante in silenzio -Si, Isshin crede in un amore che va oltre la corporeità, oltre la vita terrena... un amore... eterno. Per questo nonostante il dolore, la sofferenza, è in grado di compiere la sua missione, perché egli non perderà che una forma del loro immenso amore. Avrà la pace... e terrà il suo amore per sempre... per sempre. -

Finalmente aveva capito: Isshin, il suo cuore, adesso erano suoi.

– Io... la ringrazio signor Kuronuma – disse Sakurakoji – finalmente ho capito. - sorrise.
– Bene... per oggi è tutto. La prossima settimana al tempio cerca di vivere a fondo quanto hai capito oggi, intesi? -
– Si! - rispose il ragazzo.

Il regista Kuronuma si avviò verso la porta e la aprì, prima di oltrepassarla si voltò indietro a guardare i due ragazzi.

- Ah! Un'ultima cosa… domani avete il pomeriggio libero – disse.
- Domani pomeriggio? – chiese Sakurakoji – Ma, signor Kuronuma domani è sabato pomeriggio! Mancano appena due settimane… non potremmo provare? –
- Domani pomeriggio il regista Onodera e io dovremo incontrare i membri dell'associazione nazionale dello spettacolo per decidere la scenografia - rispose il regista.
- Scenografia? – chiese Maya perplessa.
- Esattamente – riprese il regista – poiché si tratta di due rappresentazioni di prova per decidere il cast della finale Dea Scarlatta, il presidente dell'associazione nazionale dello spettacolo ha stabilito che gli attori dovranno recitare con la stessa scenografia. Per tale motivo domani pomeriggio io e Onodera dovremo incontrarci per cercare di realizzare una scenografia comune a entrambe le rappresentazioni. - fece una pausa e cambiando espressione - Capite cosa vuol dire? – chiese loro – Significa che verremo valutati tutti quanti esclusivamente in base alla capacità di trasmettere le emozioni al pubblico: chi impressionerà di più otterrà la Dea Scarlatta … -

Oltrepassò la porta allontanandosi dalla stanza.
Maya lo osservò uscire.

“Chi impressionerà di più” pensò, portandosi la mano destra al petto, "Chi impressionerà di più…”

- ASPETTI! – gridò la ragazza precipitandosi fuori dalla porta e rincorrendo il regista lungo il corridoio - Signor Kuronuma la prego! Aspetti! – lo invocò la ragazza.

Il regista si fermò a metà corridoio e si voltò a osservarla con un'espressione seria.

- Cosa c'è Kitajima? – le chiese.

Maya rimase un istante in silenzio: non era mai stato facile per lei parlare apertamente. Era sempre stata timida e insicura fuori dal palcoscenico. Fece un respiro profondo.

- Signor Kuronuma, - lo implorò – la prego, aiuti anche me come ha appena fatto con Sakurakoji… mi aiuti a capire! -
- Non posso farlo, Kitajima – rispose duramente il regista.
- Ma… perché? –
- Io posso solo dirti se la tua Dea Scarlatta ha o meno l'essenza della Dea, ma non posso dirti come interpretarla. È un tuo compito! Sei tu che competi con Ayumi per il ruolo e i diritti di rappresentazione della Dea Scarlatta. Ricordi cosa ti ha detto la signora Tsukikage dopo la sua rappresentazione nella valle dei susini? –

Maya pensò alle ultime parole della signora Tsukikage.

“Maya, crea la maschera della tua Dea Scarlatta”

Ripeté la frase al regista a voce alta.

- Esattamente: ha detto a te di creare la maschera, perché sei tu quella che la possiede. - le disse l'uomo – A me non è dato di aiutarti se non quando avrai capito come esprimerla. -
- Come... esprimerla? – chiese Maya
- Si, come esprimerla. Kitajima gli elementi che la signora Tsukikage ti ha fatto studiare nel paese natale della Dea che cosa sono? –
- Cosa? – Maya rifletté un istante – Sono le manifestazioni del cuore della Dea Scarlatta. - rispose.
- E cosa pensi stia nel cuore della Dea Scarlatta? – le chiese il signor Kuronuma – Quali sentimenti credi che alberghino nel cuore della Dea Scarlatta? Che genere di sentimenti nutre la Dea Scarlatta per gli esseri umani? –
- Per gli esseri umani? –

Maya rifletté: rabbia, amore, tristezza…

- Si, Kitajima, per tutte le creature, ma soprattutto per Isshin… quali sono i sentimenti della Dea Scarlatta per quell'uomo, Isshin? Come la Dea Scarlatta vive l'amore per Isshin? Qual è il senso delle anime gemelle? –

Maya rimase in silenzio. Finora si era solo preoccupata di esprimere i sentimenti, ma non aveva ancora capito di che profondità potessero essere.

- Non hai ancora una risposta… non è vero Kitajima? – disse il regista – A quanto pare non hai ancora compreso la chiave di lettura del cuore della Dea Scarlatta. Ti manca questo Kitajima: la chiave di lettura… e solo tu puoi trovarla. Devi trovare dentro di te, dentro il tuo cuore la chiave di lettura del cuore di Akoya, del cuore della Dea Scarlatta. Fino a che non ci riuscirai, non renderai altro che la parvenza della Dea, non la sua essenza. -

Maya ascoltava in silenzio: il signor Kuronuma aveva ragione.

- Hai ancora due settimane. - disse infine il regista – Ascolta il cuore della Dea, rifletti, senti… -

Si allontanò, lasciando la ragazza a riflettere lungo il corridoio.

“La chiave di lettura del cuore di Akoya… il senso delle anime gemelle…”

Doveva trovarla…
La chiave di lettura, la chiave del suo cuore.


Era ancora lì nel corridoio a riflettere, quando Sakurakoji la raggiunse e la chiamò.
Il ragazzo era sereno: finalmente aveva compreso, lo doveva al signor Kuronuma.

- Maya... il signor Kuronuma è già andato via? – chiese il ragazzo.
- Ah?! – Maya si riprese bruscamente dalle sue riflessioni al suono di quelle parole – Oh! Si, è già andato… - disse osservando il ragazzo
- Mi dispiace… - disse Sakurakoji mettendosi una mano nei capelli e grattandosi la nuca – volevo ringraziarlo ancora. Finalmente ho capito… e lo devo a lui, alle sua domande se ci sono arrivato… ho capito il cuore di Isshin! – sorrise.

Maya si sentì un po' triste, ma era contenta per l'amico.

- Sono contenta per te, Sakurakoji – disse sforzandosi di sorridergli

Sakurakoji la osservava: era sincera, ma anche preoccupata per se stessa.

- Maya… - disse mettendosi di fronte a lei e mettendole una mano sulla spalla sinistra – allora? Che ti ha detto il signor Kuronuma? –
- Ha detto che non può aiutarmi… - guardò in basso - Che è mio compito comprendere la chiave di lettura del cuore della Dea Scarlatta, del cuore di Akoya, del senso delle anime gemelle… - aggiunse grave – Ho solo due settimane per riuscirci. Spero tanto di farcela… -
- Sono sicuro che ci riuscirai – la confortò il ragazzo, poi pensoso ripetè - 'il senso delle anime gemelle…' -
- Le anime gemelle…- pensò a voce alta Maya – chissà cosa si prova incontrando le propria anime gemella? -

Pensò al signor Hayami.
Un velo di tristezza le sfiorò chi occhi.
No, lui non era la sua anima gemella... ma lei lo amava così tanto!

Sakurakoji vide la tristezza nei suoi occhi, ma pensò che si trattasse della preoccupazione di non riuscire.

- Su Maya! Coraggio! – cerco di confortarla – A dire il vero non so rispondere nemmeno io… credo che si impazzisca di gioia… ma non ne sono sicuro. Qualche giorno fa ho incontrato il signor Hayami… -
- Il signor Hayami!? – chiese Maya cercando di nascondere il vivo interesse che quel nome aveva destato.
- Si, il signor Hayami. Abbiamo parato delle anime gemelle… e lui ha detto una cosa molto strana… -

La ragazza lo fissava negli occhi con particolare attenzione, Sakurakoji proseguì:

- Ha detto che se uno avesse l'enorme dono di incontrarla comincerebbe a capire quanto è stato solo fino ad allora… chissà che significa? –
- Il signor Hayami... ha detto questo? – chiese Maya.

Riflettè su questa frase.
Capire la propria solitudine… che voleva dire?
Capire la propria solitudine…

- Maya! A proposito, domani abbiamo il pomeriggio libero… - Sakurakoji richiamò la sua attenzione – ti và di trascorrerlo assieme? Magari potremo andare al cinema o a prendere un gelato… Conosco un'ottima pasticceria a Shibuya. Allora? Ti va di uscire con me? –

Maya lo osservava: lui era sereno e sorridente, ma… la conversazione con Hijiri due sere prima… non poteva essere coinvolta in uno scandalo. Non adesso.
Mentì.

- Ah! Mi spiace Sakurakoji, ma Rei mi aveva già chiesto di uscire con lei. Domani pomeriggio non lavora e mi aveva invitata a fare compere. - inventò una scusa - Effettivamente anche io devo rinnovare il mio guardaroba. - disse guardandosi – Adesso devo andare anche io. Ci vediamo domenica alle prove, d'accordo Sakurakoji? – chiese sorridendogli.
- Va bene… - annuì il ragazzo un po' deluso dal rifiuto di Maya – allora a domenica. -

La ragazza scappò di corsa lungo il corridoio e giunse allo spogliatoio richiudendosi la porta dietro le spalle.
Aveva mentito. Rei non sapeva nulla, ma l'idea non era male: aveva davvero bisogno di fare compere.
Ripensò a quando, scappando dalla cerimonia di fidanzamento, si era ritrovata a specchiarsi in quella vetrina: era una ragazzina, i suoi abiti erano proprio quelli di una ragazzina…
Ayumi era sempre così elegante… lei si che era una donna. Anche la signorina Shiori era una donna bella ed elegante. Solo lei era rimasta una ragazzina.

Prese dal suo armadietto la sacca contenente i pattini e impugnò il mazzo di rose scarlatte che aveva riposto nel ripiano davanti alla specchiera. Uscì e salì nel taxi.

Hijiri mise in moto e la accompagnò in silenzio sino a casa: la vedeva pensare, riflettere, ma non voleva sembrarle indiscreto. Non le fece alcuna domanda.

Prima di scendere Maya gli parlò.

- Signor Hijiri, domani dopo l'addestramento al circo non ho le prove… potrebbe riaccompagnarmi qui a casa? –
- Certamente. - rispose l'uomo sorridendole calorosamente – La riaccompagnerò qui a casa. Buona notte, signorina Maya… -
- Buona notte, signor Hijiri. - salutò anch'ella.

Scese dall'auto e risalì i gradini di casa. Aprì la porta e vi trovò Rei intenta a lavare i piatti.

- Bentornata! – le disse l'amica sorridendole.
- Rei ascolta… ho un favore da chiederti… - disse Maya poggiando la sacca per terra accanto all'ingresso e mettendo il mazzo di rose in un vaso terracotta
- Dimmi, Maya… -

l'amica chiuse il ribinetto del lavandino, si voltò e appoggiò ad esso mettendone le mani suo bordi.

– Allora? Cosa c'è? –
- Domani pomeriggio... hai il pomeriggio libero, non è vero? Lo passeresti con me? – Maya esitò nel domandarglielo
- Ma non devi provare? –
- Uhuh! No. Il signor Kuronuma ci ha lasciato il pomeriggio libero e io… ecco… con l'ultimo spettacolo ho messa da parte una discreta sommetta… insomma vorrei andare in giro a fare compere. -
- Compere? - chiese Rei sbigottita - Che genere di compere? –

Non riusciva a crederci: Maya che voleva fare shopping!

- Ecco io… vorrei comprare qualche abito… diverso, elegante… ma ho un pessimo gusto nello scegliere. Potresti aiutarmi? Ho vent'anni e vesto ancora come una quindicenne! – esclamò spazientita – Ayumi è cosi bella, così elegante… Non voglio essere da meno rispetto a lei la sera in cui la signora Tsukikage sceglierà davanti a tutti chi sarà fra noi a succederle. Non voglio sfigurare davanti ad Ayumi.– non era solo questo - e poi… voglio essere vista come una donna non come una bambinetta!!! Mi aiuterai Rei? Non è vero? Mi aiuterai? – gli occhi della ragazza imploravano l'amica.

Rei sorrise.
Maya cominciava a mostrare del carattere.

- Finalmente hai tirato fuori le unghia! – esclamò contenta - Certo che ti accompagno! Anzi domani mattina chiamo anche le altre! Così ci faremo una bella uscita tra ragazze nel pomeriggio!!! E poi… quanto ad abbigliamento femminile… meglio che ci siano Mina e Sayaka. - Rei si mise una meno dietro la testa – Mi sa che io sono la meno indicata a suggerirti, mi scambiano sempre per un ragazzo!!! . –

Rise apertamente e anche Maya rise.

Da domani pomeriggio finalmente anche lei avrebbe vestito come una donna, una giovane donna…

 

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Capitolo 17
*** Capitolo XVII ***


Documento senza titolo nota dell'autore: sorry for the delay... ancora problemi di connessione...Uff! comunque... eccomi qui con una terna di capitoli... nel terzo vedrete parte del "piano" in atto.
Buona lettura!




Capitolo XVII


Aprì la porta del suo appartamento e guardò l'orologio alla parete: le 16:30.
Giusto il tempo di prepararsi prima di ragguingere le altre al lavoro da Rei.

Svuotò la sacca e scelse frettolosamente gli indumenti.
Pensò che un paio di jeans, scarpe da ginnastica e una maglietta a righe sarebbero stati l'ideale per il pomeriggio con le amiche.

Li indossò velocemente e si diresse al locale ove Rei lavorava: lì aveva appuntamento con Rei, Mina e Sayaka.

Le tre ragazze la aspettavano sedute ad uno dei tavolini sorseggiando un the freddo.
La giornata era calda.

Un lieve venticello le fece ondulare i capelli sciolti nel momento in cui aprì la porta del locale.
Maya avanzò, spostandosi dal viso le ciocche che il vento le aveva spinto innanzi agli occhi, e si avvicinò al tavolino.
Stettero sedute una decina di minuti tutte assieme a ridere e scherzare, poi uscirono dirigendosi verso il centro commerciale.

Mina era entusiasta. Guardava le vetrine consigliando a Maya i capi più disparati.
Rei, dal canto suo, le proponeva diversi modelli di pantaloni mentre la piccola Sayaka la invitava a provare diversi modelli di scarpe e borsette.

Maya era un po' confusa: nemmeno quando viveva con la madre aveva mai trascorso un pomeriggio simile a quello.
Le tre amiche le avevano fatto provare almeno un centinaio di capi differenti, dai più semplici ai più... come dire... bizzarri. E fra tante smorfie e sorrisi ad ogni prova le avevano consigliato un discreto guardaroba nuovo.

Dopo più di tre ore di shopping, Rei si fermò davanti a una vetrina lasciando che le altre, intente ancora a passeggiare, la distaccassero.

- Maya! - gridò Rei continuando a guardare a vetrina - Mina, Sayaka! Aspettate... avete visto questo? - indicò qualcosa in essa.

Le tre ragazze tornarono indietro fermandosi a guardare l'abito che era proprio al centro della vetrina.
Era un elegante abito da sera in seta blu notte.
Il corpetto, rigido, sorretto da due sottili bretelle, lasciava la parte superiore del corpo e le spalle completamente scoperte, mentre davanti era centralmente arricciato partendo dalle coppe che avrebbero supportato il seno della donna che lo avrebbe indossato. Aderente in vita, l'abito scendeva poi ampio sui fianchi scivolando morbidamente e vaporosamente per via della sottogonna in tulle che lo sosteneva. Dal riccio del seno, l'abito era avvolto a spirale da una serie di perline lucide che si spandevano a raggiera in basso, alternandosi tra più lunghe più corte, sino ai piedi.

– Che bello! - esclamò Mina rimanendo incantata a osservarlo.
– È davvero un abito bellissimo.. - disse Maya ammirandolo incollata alla vetrina.

La ragazza mise entrambe le mani sul vetro come quasi a volerlo toccare.

– Maya... - le disse Sayaka sorridendole – perchè non lo provi? -
– Cosa?! Ma ... io ... - esitò.
– Sayaka ha Ragione, Maya... - la interruppe Rei – coraggio provalo! -

Entrarono tutte quante assieme nel negozio.
Rei chiamò la commessa indicandole l'abito in vetrina e Maya mentre quest'ultima nascondeva il rossore delle guance tenendo il capo chino. La commessa prontamente prese un abito uguale e lo porse sorridente indicandole il camerino in cui poterlo provare.
Maya prese l'abito e entrò nel camerino. Prima di chiudere le tende lanciò un'occhiata incerta alle amiche che le sorrisero impazienti.
Uscita dal camerino con un certo imbarazzo rimase sorpresa nell'osservare la reazione delle amiche: Rei, da poggiata di fianco a un pilastro del negozio si mise in piedi deglutendo e poi sussurrando.

- Maya… -

Mina aprì la bocca senza riuscire a emettere alcun suono, mentre Sayaka lasciò scivolare il manico della borsetta facendola cadere a terra.

- Ragazze?! - disse Maya confusa dalle espressioni delle amiche – Mi sta così male? – chiese fortemente insicura cercando di guardare come le cadeva il vestito addosso.

Nessuna delle tre le rispose.
Rei si limitò a indicarle lo specchio che Maya aveva sulla destra e che finora, troppo presa dal cercare di comprendere le espressioni delle amiche, aveva ignorato.

Si voltò a guardarsi e anche lei spalancò la bocca: sembrava una principessa al ballo di una fiaba.

L'abito le stava perfettamente. Anche la lunghezza era esatta, per quanto lei fosse bassina.
Il corpetto rigido ne metteva in risalto la figura che, in effetti, era snella e flessuosa.
I suoi occhi si illuminarono: le stava bene, davvero bene.

“Che bello…” pensò la ragazza, “non sembro neppure io…”

Voleva acquistarlo.
Voleva davvero acquistarlo, ma… chissà se poteva permetterselo?
Aveva già speso parecchio fra gonne, maglie, camicette, pantaloni scarpe e borsette.
Ormai le restavano poco meno di 25.000 yen.

Tuttavia, le piaceva davvero vedersi in quel vestito.Tornò a sorridere alla figura che vedeva riflessa allo specchio.
Le tre amiche la osservavano ancora rapite: non sembrava la solita ragazzetta apparentemente comune.
Era elegante, l'abito nero le dava un'insolita grazia.

- Le sta davvero tanto bene… - commentò Sayaka alle altre sottovoce.
- Già. - aggiunse sempre sottovoce Mina – Non sembra neppure Maya. Sembra quasi come quando ha recitato il ruolo di Ardis… solo che adesso non sta recitando. Con il trucco adatto, sarebbe perfetta. -
- Hmm... - annuì Rei, continuando a fissarla specchiarsi.

Richiamò la sua attenzione, chiamandola voce alta:

- Maya! Ti sta davvero bene… perché non lo compri? – le chiese sorridente.

Maya si voltò di scatto, al suono della voce dell'amica.

- Come? – le chiese, poi si girò ancora a osservare la sua immagine riflessa allo specchio – hai ragione Rei è un abito bellissimo… -

Chiese il costo alla commessa, rimasta rispettosamente in disparte in attesa di ricevere istruzioni.

- Costa 35.000 Yen, signorina… se con gli accessori il costo totale è 45.000 Yen -

Sospirò, stringendosi le spalle: costava troppo, non poteva permetterselo.

Rei le si avvicinò.

- Cosa c'è che non và Maya? –
- È troppo caro… - anmmise tristemente - non ho abbastanza denaro per comprarlo…mi resta meno di 25.000 Yen - si guardò ancora una volta allo specchio passandosi le mani sulla vita - Pazienza! - sorrise rassegnata - Vorrà dire che cercherò qualcos'altro… - rientrò nel camernino.

Mentre si cambiava le tre amiche si misero a confabulare tra di loro.
Maya uscì dal camerino e porse l'abito alla commessa sorridendole tristemente.

- Lo prendiamo… - disse Rei decisa alla commessa
- Cosa?! – esclamò Maya stupita – ma Rei io… -
- Non preoccuparti, – la interruppe sorridendole l'amica – consideralo un regalo da parte nostra. - aggiunse gettando un'occhiata alle altre due ragazze.

Maya le osservò: anche loro sorridevano entusiaste.

- Ragazze... ma… -
- Maya… – la interruppe Mina avvicinandosi e prendendola sotto braccio – lo facciamo più che volentieri. Siamo amiche da tanti anni e tra noi la signora Tsukikage ha scelto te per competere con Ayumi per la Dea Scarlatta. -
- Infatti… - proseguì Sayaka avvicinandosi e prendendole l'altro braccio– col tempo abbiamo imparato ad apprezzarti come amica e stimarti come attrice. Per questo motivo permettici di prendere il posto del tuo ammiratore e di regalarti questo abito che ti sta così bene. Lo facciamo più che volentieri. -
- Ma io… - esitò ancora Maya
- Andiamo Maya! – la canzonò Rei – Non mi hai detto che non vuoi sfigurare con Ayumi quando la signora Tsukikage darà il suo giudizio? Beh! Questo è proprio l'abito che serve. Divideremo il costo dell'abito in quattro così la spesa non sembrerà eccessiva a nessuna… -
- Ecco… io… grazie tante. - disse Maya portandosi la mano alla bocca e trattenendo a stento lacrime di gioia – Davvero… grazie… -
- Coraggio! Facciamo tutte il tifo per te! – le disse Rei - E poi, dopo un regalo del genere... devi per forza vincere, no? - rise strizzandole l'occhio.

Anche Maya si mise a ridere

Le ragazze pagarono il conto allegramente, poi condussero Maya a farsi i buchi alle orecchie.
Nel sentire la pistola fredda posarsi sui lobi la ragazza chiuse gli occhi con forza accennando una smorfia.
Ci volle solo un attimo, un pizzico, e potè vedere un piccolo luccichio alle sue orecchie.
Guardò le atre e sorrise.

A fine pomeriggio si fermarono in una pasticceria.
Mina e Sayaka lasciarono Rei e Maya sole al tavolino e si diressero al bancone dei dolci per scegliere le fette di torta per tutte e quattro.

Maya rimase in silenzio, a pensare.
Le tre amiche erano state davvero gentili.
Erano davvero delle buone amiche e lei… non voleva deluderle. Voleva davvero che fossero fiere di vederle interpretare la Dea Scarlatta.

- A cosa stai pensando Maya? – le chiese Rei destandola dai suoi pensieri.
- Io… pensavo alla Dea Scarlatta. - rispose Maya con un filo di voce – Mi chiedevo come fare per interpretare correttamente il suo modo di amare… - aggiunse poggiando il mento sul palmo della mano.

Rei rimase in silenzio per alcuni istanti.

- È una storia molto triste… - disse gravemente
- Triste? – le chiese Maya non riuscendo a capire cosa intendesse.
- Si, Maya. L'amore della Dea Scarlatta deve essere stato un amore molto triste. Lei era una Dea, Isshin era un uomo. Doveva sentirsi molto sola… -

Maya cominciò a riflettere su questa frase e le ritornarono alla mete le parole che il signor Hayami aveva detto a Sakurakoji.

Quanto soli si è stato finora … ma certo!” pensò la ragazza “ la Dea Scarlatta era una Dea! Non avrebbe mai dovuto innamorarsi di un uomo… E tuttavia, senza rendersene conto, si è innamorata. Contro qualsiasi logica, inevitabilmente, si è sentita attrarre dall'anima di Isshin. In quel momento deve essersi sentita molto triste. Il suo essere divino non avrebbe mai potuto legarsi ad un uomo, un essere mortale. Ma come avrebbe proseguito un'eternità negando questo sentimento? La tristezza di non poter amare l'avrebbe logorata. Così lei… ha scelto di amare. Piena dell'amore per Isshin, ha rinunciato alla sua divinità per incarnarsi nello spirito di una donna, di Akoya… perché, come Akoya, avrebbe finalmente potuto amare Isshin. Ma pur avendo un corpo umano il suo spirito era divino. L'amore terreno tra Isshin e Akoya per lei era… una stagione rubata. Più passava il tempo, più lei stessa se ne rendeva conto: non poteva andare avanti così. Lasciarsi amare da Isshin semplicemente come Akoya o lasciare che lui scoprisse tutta la verità su di lei e ricordasse così quale arduo compito lo attendeva? Lei lo amava… ma era una Dea… e come tale amava tutte le creature. Sono tutte suoi figli. Non poteva smettere di essere un tutt'uno con l'intero universo per essere semplicemente Akoya. Sarebbe stata una falsità continuare la vita di Akoya. Come donna desiderava vivere l'amore con quell'uomo, ma come Dea desiderava… la pace! Quello stesso desiderio che Isshin cercava disperatamente di realizzare per gli altri e per se stesso… si! Il desiderio di tutti loro, anche il suo. Isshin doveva ricordare: sacrificarsi per la pace… sarebbe stato suo atto di amore. Amore per tutte le creature,amore per la terra, amore per lo stesso Isshin. D'altronde, non l'avrebbe mai perduto: l'amore di Isshin, le due metà della stessa anima, si erano ritrovate… e, come uno, avrebbero vissuto dentro Isshin. Il corpo di Akoya non era necessario: il suo spirito sarebbe sempre rimasto lì, dentro di lui. Gliene avrebbe fatto dono, con quell'unico gesto d'amore. ”

Aveva capito i sentimenti della Dea Scarlatta.

“Il suo cuore… il suo spirito, da quel momento sarebbero per sempre rimasti nel cuore del suo amato…" un lampo di genio le illuminò il volto "Signor Hayami!” spalancò gli occhi “Adesso ho capito: questa è la dichiarazione di amore della Dea Scarlatta! È l'essenza stressa dell'amore! Si... il mio cuore, i miei sentimenti per lei, il mio amarla… come Maya Kitajima… come Dea Scarlatta! Posso farlo! Farle dono del mio cuore come Dea Scarlatta! Posso farlo!”

Scattò in piedi facendo cadere la sedia sulla quale era seduta.

Rei la osservò scioccata.

-Maya?! – le chiese.
- Oh Rei, grazie! – rispose Maya tutta eccitata abbracciandola – Ho capito. Finalmente ho capito: posso esprimere il cuore della Dea Scarlatta! Ho capito come fare! –

Rei le sorrise.

- Bene! Sono davvero contenta per te… - disse compiaciuta.

Mina e Sayaka tornarono al tavolo reggendo quattro piattini di torta al cioccolato.

- Siamo tutte ansiose di vederti recitare il cuore della Dea Scarlatta, Maya. - le sorrise - Adesso mangiamo. – agginse prendendo il cucchiaino e affogandolo nella fetta di torta che le stava innanzi - Non so voi, ma tutto questo camminare mi ha messo un certo appetito! – rise.

Anche le altre risero di gusto.

Maya affogò il cucchiano continuando a sorridere entusiasta.
Il suo cuore adesso, attraverso il cuore della Dea Scarlatta, poteva esprimerlo…

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Capitolo 18
*** Capitolo XVIII ***


Documento senza titolo

Capitolo XVIII


Era ormai trascosa una settimana intera.

La meditazione al tempio cominciava a dare i suoi frutti.
Così come per Maya, anche Sakurakoji stava migliorando, specie dopo quella chiacchierata con il regista.
Adesso la sua recitazione appariva diversa: non c'era più nel suo Isshin la smania tipica di un ragazzo di città, ma la consapevolezza di appartenere a un mondo per il quale tutto ciò che poteva fare era... invocare la pace.
Con questa consapevolezza, aveva trascorso al tempio le due mattine di sabato e domenica e, quando si recò alle prove, domenica pomeriggio, nella sua recitazione vi era... calma... come lo specchio della superficie placida di un lago.

Kuronuma quel pomeriggio lo osservava quasi soddisfatto.
Gli era servito: adesso l'espressione del suo protagonista era quella giusta. Finalmente.

Maya era seduta in un angolo, in attesa.
Osservava le prove di Sakurakoji e anche lei si accorgeva dei suoi progressi.

Attese il suo momento, che non tardò ad arrivare: il regista Kuronuma la fece provare con tutti gli attori, con tutti ad eccezione del suo Isshin.
Probabilmente non la riteneva ancora pronta dopo il fiasco del venerdì.
Forse pensava che ancora dovesse trovarla, la sua chiave di lettura.

Trascorse così tutto il pomeriggio.
Erano già le 20:00 quando il regista decise di licenziare per quella giornata gli attori. Ad uno ad uno i membri del cast uscirono dalla sala, come quasi in fila indiana. Rimasero solo lei, il regista e Sakurakoji.
Anche quest'ultimo stava avviandosi all'uscita quando Maya lo fermò chiamandolo.

– Sakurakoji! Aspetta per favore... - disse fermandolo proprio sull'ingresso.
– Cosa c'è Maya? - chiese il ragazzo voltandosi e avvicinandosi a lei.
– Ecco.. io... - arrossì.

Era imbarazzata.
Non era da lei chiedere cose del genere.
Si voltò verso il regista.

– Signor Kuronuma, perchè non ci ha fatto provare assieme oggi? -

Kuronuma la osservò in silenzio, studiandone il volto.

– Non credo che sia ancora il momento per riprendere le prove tra voi due... - disse infine gravemente.
– No! - esclamò la ragazza – Io... sono pronta... posso farlo. Mi lasci provare con il mio Isshin, la prego... - aggiunse mettendosi una mano al petto.

Una luce particolare si riflesse nelle iridi nere del regista.

– Hai trovato la tua chiave di lettura? - le chiese.
– Si. - rispose Maya decisa.
– Bene! Allora vi farò provare assieme... - prese una sedia - Isshin! - gridò a Sakurakoji – vieni qui! Al centro della sala... -

Il ragazzo si avvicinò.

– Adesso siedi qui... - gli ordinò il regista mettendo afferrando con una mano lo schienale della sedia.

Prese poi una seconda sedia, la piazzò frontalmente a circa mezzo metro dalla prima.

– Kitajima tu sederai qui... -

La ragazza avanzò silenziosamente. Si sedette. Il regista prese una sedia e si sedette a fianco tra i due assumendo la sua solita posizione.

– Ascoltatemi attentamente... tutto quello che vi chiedo di fare adesso è di... guardarvi. -
– Guardarci? - chiese Maya.
– Esattamente. Dovete osservarvi... occhi negli occhi... come Akoya e Isshin. - proseguì il signor Kuronuma - Cominciamo da te, Kitajima. Vedi Isshin per la prima volta, quando ancosa sei la Dea Scarlatta. Batterò le mani la prima volta per darti il via e la seconda per fermati, intesi? –
– Si! – rispose Maya.

La ragazza abbassò il capo:

“Adesso io sono la Dea Scarlatta. Vedo Isshin, resto attratta dalla sua anima come mai lo sono stata da qualcosa. Capisco che lo amo…”

CLAP!
Il battito di mani di Kuronuma dette inizio alla recitazione.
Maya sollevò il capo e si fermò di scatto guardando Sakurakoji.
I suoi occhi… sembravano tremare. Si erano come incantati a osservare gli occhi di Sakurakoji.
Dalle profonde iridi castane della ragazza nasceva una stana luce.
Il viso della ragazza si infiammò, la bocca si dischiuse leggermente come quasi a voler parlare. Poi lo sguardo cambiò. Desiderio e dolore: questo adesso esprimeva il suo volto. Battè le palpebre, cambiò ancora: adesso la ragazza aveva fatto una scelta. Trasudava eccitazione, ardore, amore.
CLAP!
Tornò ad essere Maya.

Sakurakoji rimase scioccato.
Lo sguardo di Maya di pochi secondi prima... era quello di una donna che aveva appena scoperto l'amore e che pur temendolo aveva deciso di viverlo.

- Adesso voglio che vi guardiate entrambi. Kitajima, come Akoya tu guardi l'uomo che ami… e che sai che un giorno dovrai lasciarlo andare. Sakurakoji, come Isshin guardi la donna che ami, che desideri… ma che temi non potrai mai raggiungere. -

CLAP!
I due ragazzi adesso si guardavano fissi negli occhi.
Maya aveva un'espressione sincera, con una vena di tristezza: l'espressione di una donna innamorata che sa che il suo amore così com'era non si sarebbe mai potuto veramente completare. Sakurakoji la guardava perdendosi nei suoi occhi. Guardava profondamente, con estrema dolcezza.
Kuronuma li osservò attento.
CLAP!

- Basta così! Per oggi è più che sufficiente – disse il regista – Kitajima puoi andare. -

Maya si alzò dalla sedia, fece un lieve inchino in segno di ringraziamento e saluto e andò via.
Sakurakoji la seguì uscire da seduto, la sua espressione non era mutata. Non era ancora tornato in sé.

- Sembra che finalmente Kitajima sia riuscita ad esprimere il cuore di Akoya attraverso il suo cuore. – disse il regista osservandola sparire dietro la porta – e tu Sakurakoji? -
- Io?- chiese il ragazzo il cui cuore batteva ancora all'impazzata.
- Si, tu… hai espresso il cuore di Isshin? –
- Io… - chinò il capo… - non lo so… il suo sguardo… sembrava così sincero. Era sincero... ma non era per me. -
- Infatti era per Isshin! - lo risprese il regista -Tu ti sei dimenticato di Isshin in quel momento: eri solo Yu Sakurakoji. Come Kitajima, cerca anche tu di esprimere nel cuore di Isshin il tuo cuore. Devi esprimere il tuo cuore come il cuore di Isshin per Akoya… come le anime gemelle che si incontrano e vivono nel palcoscenico. Devi essere Isshin, non Yu Sakurakoji. - lo rimproverò il signor Kuronuma.

Si allontanò anche lui, lasciando Sakurakoji seduto ancora al centro della sala.

Il signor Kuronuma aveva ragione: il suo cuore aveva preso il sopravvento e negli occhi di Maya, lui, aveva cercato di vedere se stesso.
Ma tutto ciò che vi aveva letto, l'amore per Isshin che vi aveva letto, non era per Yu Sakurakoji: era Akoya, Akoya per Isshin.
Pensò a tanti anni prima, quando Maya aveva recitato Cime Tempestose.
Ricordò di esser andato via dal teatro: non aveva retto al dolore.
Ma adesso era lui Isshin e voleva che Maya vedesse lui, lui in Isshin.
Poggiò i gomiti sulle ginocchia e nascose la testa tra le mani.

“Te prego Maya… accorgiti di me… io faccio sul serio. Io… ti amo… come Yu, non solo come Isshin… accorgiti di me.”

Ma non poteva fare molto.
Solo… aspettare che lei se ne accorgesse, che i suoi occhi riflettessero il suo viso e non solo… Isshin.
L'unica cosa che adesso poteva fare era riuscire a imprimerle l sua figura in quella di Isshin e cercare di fare in modo che lei lo lasciasse entrare nel suo cuore.

Voleva entrare nel suo cuore, ma, pochi istanti prima, gli era parso così distante!

Si chiese se in quel momento Maya stesse pensando a quell'uomo che non la contraccambiava, quello di cui gli aveva accennato il regista.
Era vero?

“Se solo amassi me così io… sarei l'uomo più felice di tutti. Te ne prego, Maya, accorgiti di me.”

Sakurakoji cercò di ricomporsi.
Doveva ricomporsi.

In silenzio, tristemente, si alzò e rimise le tre sedie a posto.
Se ne andò via.
Dopo aver messo in moto, guardò il cielo per un istante con il casco in mano.

- Maya… - sussurrò – ti prego, accorgiti di me… -

Indossò il casco, fece partire la moto.
Era triste, era solo…





nota dell'autore: questa è una nota tecnica. Come avrete notato in questo capitolo c'è una scena in cui Maya e Sak nelle prove si guardano negli occhi. L'idea di nase in realtà non è propriamente mia. risale alle tavole HTY, ma lì si sviluppa in maniera del tutto differente. Ne ho tratto spunto per la posizione dei soggetti, seduni uno di fronte all'altro in silenzio, e per Kuronuma che li posiziona così, il resto è frutto della mia testolina bacata. XD

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Capitolo 19
*** Capitolo XIX ***


Documento senza titolo

Capitolo XIX


Era passata più di un'intera settimana dall'appuntamento mancato con Shiori e durante tutto quel tempo Masumi, la signorina Mizuki e Hijiri si erano incontrati segretamente diverse volte.

Il piano procedeva.

Ci volevano ricerche e documenti, ma Hijiri, come al solito, si stava rivelando estremamente abile. In poco più di una settimana era riuscito a fare quanto un'intero staff non sarebbe riuscito a ottenere in un mese intero.
La signorina Mizuki, sempre vigile e attenta, si era rivelata un'ottima organizzatrice. In molte cose era intervenuta personalmente, dando ennesima dimostrazione della sua straordinaria arguzia.
La collaborazione tra i due era eccezionale: avevano dimostrato un'ottima intesa e il presidente, Masumi Hayami, ne era contento e soddisfatto.
Tutto andava esattamente come si era prefigurato: le sue istruzioni erano state più che sufficienti ai due per fare un ottimo lavoro.

Adesso toccava a lui.

Il suo compito era quello più delicato. Non si trattava unicamente di indossare la solita maschera: doveva... peggiorarla.
Doveva seguire i suggerimenti della signorina Mizuki e mostrare a Shiori qualcosa di peggio del solito Masumi gentile ed educato. Doveva mostrarle un Masumi calcolatore, un affarista privo di qualsiasi altro sentimento se non l'avidità.
Era un compito difficile, ingrato: lei non aveva colpe. Era stato lui a farla innamorare. E adesso toccava a lui fare in modo che lei cedesse, spontaneamente.

Era quasi un controsenso: dovere indurre una persona a cedere spontaneamente.

Il loro matrimonio si sarebbe tenuto tra due mercoledì, il primo dopo la designazione della futura Dea Scarlatta.
Aeva due settimane esatte e, si augurava, doveva riuscire, senza farsi scoprire. Perché, se così fosse stato, per lui, ma soprattutto per lei, Maya, non ci sarebbe stato mai alcun futuro.

I Takamiya erano potenti.
Non avrebbero mai permesso un allontanamento dalla nipote, nemmeno se il suo piano avesse funzionato. A meno che non fosse stato questo il desiderio della nipote.

Quel martedì mattina si decise finalmente a contattarla.
Ma non chiamò lui: la fece contattare dalla signorina Mizuki, fissando così un appuntamento per la cena. Quasi fosse un impegno di lavoro...

Non fu lui ad andare a prenderla a casa.
Prese a pretesto che una riunione lavorativa del pomeriggio si sarebbe potuta protrarre a lungo e le chiese di farsi trovare in quel ristorante, lo stesso ristorante della sera in cui Maya aveva rischiato di annegare davanti ai suoi occhi.

Shiori, non curandosi della mancanza di cortesia, ma semplicemente desiderosa di vederlo, si presentò all'orario stabilito.
Un cameriere la fece accomodare nella sala privata al piano superiore e le disse che il suo compagno avrebbe ritardato.

“Strano?” pensò la signorina “No, Masumi sarà rimasto bloccato per lavoro. Non fa nulla. Da sposati queste cose capiteranno altre volte...”

Attese per più di mezz'ora, fino a che la porta della saletta privata si aprì.
La signorina Shiori si alzò immediatamente avvicinandosi alla porta.
Stava per dire:

- Finalmente! Mas... - quando si bloccò.

L l'uomo non era solo.

- Scusa il ritardo, Shiori. - si era affrettato a rispondele Masumi, poi fece le presentazioni – Signor K, le presento la mia fidanzata, la signorina Shiori Takamiya. – proseguì sorridendo – Shiori, questo è il signor K presidente della casa di moda F -
- Lieto di fare la sua conoscenza signorina – disse l'uomo facendo un inchino.

Shiori rimase visibilmente contrariata.
Da più di una settimana aspettava un invito da parte di Masumi e aveva sperato finalmente di trascorrere del tempo assieme per poter discutere dei preparativi di matrimonio col proprio fidanzato, ma questi si era presentato con un perfetto sconosciuto.

- Piacere mio, - aveva infine risposto la donna con la maggiore cortesia possibile – scusi il mio stupore iniziale, non pensavo che Masumi fosse in compagnia... - disse guardando il fidanzato leggermente stizzita.
- Mia cara, ti ci dovrai abituare. - ribattè impassibile Masumi – Sai bene che, come presidente della Daito, frequento molte persone. - una risposta affettata, un tono gelido.

La donna ne rimase colpita, fortemente colpita, ferita.
Cercò di ricomporsi.

- Certamente caro... - disse sforzandosi di sorridere.

Il cameriere bussò alla porta ed entrò portando tutto il necessario per sistemare la posateria e il carrello delle vivande.
Si sedettero a tavola.

Per tutta la durata della cena l'attenzione di Masumi fu rivolta a quell'uomo. Non uno sguardo, non un sorriso fu per la donna, nulla.
Le portate scorrevano velocemente e lei si sentiva sempre più a disagio.
Chinò il capo sulla tavola: mancava solo il dessert.

- Vogliate scusarmi – disse loro allontanandosi dalla sala per andare alla toilette nel tentativo di ricomporsi.

Masumi Hayami ne seguì l'uscita con lo sguardo: il momento stava arrivando.
L'attore che aveva ingaggiato finora era stato bravissimo. Adesso mancava solo un'ultima scena. Anche il cameriere, a cui il presidente aveva passato una cospicua mancia era pronto.
La signorina Shiori uscì dalla toilette per tornare alla saletta. Vedendola arrivare, il cameriere entrò a ritirare il carrello: era questo il segnale.
Il signor K e Masumi uscirono sul terrazzo: la farsa aveva inizio.

Shiori entrò nella saletta e, non vedendovi nessuno si avviò anch'ella in terrazza quando, da dietro le tende, poté sentire la voce di quell'uomo.

- La signorina Shiori, la sua fidanzata è davvero una donna bellissima... - disse il signor K a voce alta per farsi sentire.
- Esattamente... - rispose freddaamente Masumi – Una donna stupenda... -
- Ma ha anche un notevole cognome... - aggiunse il signor K con atteggiamento allusivo – la famiglia Takamiya è una delle famiglie più potenti di tutto il Giappone... -
- Infatti... - confermò compiaciuto.
- Anni or sono le sentii dire che sarebbe stato disposto anche a consultare un computer per trovare la moglie più adatta alla Daito. Devo dunque dedurre che lo abbiate fatto? - chiese con malizia l'attore.
- Non è stato necessario... mio padre ha provveduto anche meglio di un computer... - rispose.
– Il vostro matrimonio procurerà parecchi vantaggi alla Daito... -

Dieetro la tenda la donna si sentì venir meno. Era allibita.
Eisuke Hayami, suo padre? Era stato suo padre a indurlo a sposarsi e lui aveva accettato per cosa? Per portare vantaggi alla Daito?!

- Non soltanto... - aggiunse il signor K - ben presto anche l'impero Takamiya sarà suo. La signorina Shiori è l'unica nipote dei Takamiya e lei, in quanto marito, ne erediterà la gestione. -

“Ma come osa quest'uomo?” pensò Shiori “Masumi è forse così? Perché non rispondi? perché non neghi?”

Quest'ultimo non rispose, si limitò a ridere.

- Ha un intuito sottile... - ammise infine – sono davvero lieto di essere in affari con lei signor K - rise.

La donna si aggrappò alla tenda, mettendo una mano alla bocca: non riusciva a respirare.
Masumi Hayami non l'amava.
Era una farsa, tutta una farsa.
La sua gentilezza, le sue attenzioni, la sua cortesia nascondevano solamente una cosa: interesse.
Lei era lo strumento più facile per raggiungere l'obiettivo: impadronirsi dell'impero Takamiya.
Era solo una pedina.

Che sciocca! Credeva che lui la amasse e, invece, era solo interesse.
Cadde in ginocchio e mise una mano sul pavimento nel tentativo di sorreggersi.
Tremava, tremava di terrore.

“Perché? Perché mi hai ingannato? Perché mi stai ingannando?” si chiese.

Cercò qualche appiglio nei suoi ricordi a cui aggrapparsi disperatamente.
Masumi con lei era sempre gentile, dolce. Mai lo aveva visto comportarsi in quel modo.
E se invece stesse mentendo a quell'uomo? Non aveva confermato nulla, non direttamente.
Ma allora perché adesso lei si sentiva così insicura?

Impadronirsi dell'impero Takamiya...
Ma quali prove aveva? come poteva accusarlo di una tale crudeltà, se finora era stato così dolce?
E tuttavia, perché senza di lei adesso parlava in quel modo?
Quale delle due era la maschera? Quale?

Un terribile dubbio le pervadeva l'animo.

Tardava ormai da parecchi minuti.
Era come bloccata, incapace di muoversi.
Ma, se fossero rientrati, farsi trovare in quello stato... non poteva.
Si alzò in piedi a fatica, uscì dalla sala: non riusciva ad affrontarlo. Non adesso.
Pallida, come ritornata dal regno dei morti, si avviò lungo il corridoio e ridiscese le scale. Con lo sguardo spento, vuoto, fece chiamare la limousine della sua famiglia, scrisse un bigliettino e andò via.

Il cameriere salì e porse il bigliettino al signor Hayami.

Masumi non mi sento tanto bene,
ti prego di scusarmi col nostro ospite.
Preferisco rincasare...
Shiori.


Provò un leggero rimorso: gli dispiaceva causarle un tale dolore.
Era solo colpa sua.
Ma mai più voleva ingannare il suo cuore: non era lei che amava.

Estrasse dalla tasca della giacca un libretto di assegni, scrisse la cifra e staccò l'assegno.

- Hai fatto un ottimo lavoro... - disse il presidente Hayami all'uomo.
- È il mio mestiere... - rispose questi intascando l'assegno.

Quest'ultimo si inchinò per ringraziare e salutare, poi andò via. Masumi sorrise: Hijiri e la signorina Mizuki avevano trovato la persona ideale.

Shiori adesso sospettava, la sua parte del piano si stava compiendo...





nota dell'autore: Allora? che ne pensate? Il Masumi alle prese con il signor K non vi ricorda forse quello dei di "copertina" dei primissimi volumi? Vi piace la mia idea di come si sta sbarazzando di Shiori? E credetemi, questo è solo l'inizio (^_-)
comunicazione di servizio: domani sarò fuori città quindi vi dò appuntamento a domenica con i prossimi capitoli. A presto!(^__^)/

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Capitolo 20
*** Capitolo XX ***


Documento senza titolo

Capitolo XX

Mancava solo una settimana e mezzo, Ayumi se ne rendeva conto.


Il suo addestramento, le sue prove, il suo modo di vivere: tutto era cambiato dal ritorno dalla valle dei susini.
Adesso, a una settimana e mezzo, incominciava a sentire il peso delle parole di quel fotografo, monsieur Hamil. Il suo fisico cominciava davvero a risentirne.

Quel mercoledì sera l'auto, che di solito la accompagnava al suo appartamento, aveva avuto un guasto al motore e lei si era decisa a tornare a casa a piedi.
Ma, lungo la strada, la stanchezza cominciò a vincere sulla sua volontà.

I passanti la osservavano commentando sottovoce:

- Ehi! Guarda quella è proprio Ayumi Himekawa! Che bella! -
- Si e davvero stupenda! Non capisco come si possano aver dubbi sulla futura Dea Scarlatta... sarà certamente lei... -

Ayumi ascoltò in silenzio, nessuna cambio di espressione, solita apparente indifferenza.

Quelle parole, l'estrema fiducia che la gente le attribuiva, in realtà cominciava a pesarle.
Possibile che nessuno si accorgesse delle immani fatiche a cui si sottoponeva per raggiungere Maya Kitajima?


Avanzava in silenzio, capo puntato fieramente in avanti, ma era stanca.
Molto, troppo stanca.

Oltrepassò i due passanti:

- È strano... - disse una delle due voci – Oggi sembra diversa. Non so bene come spiegartelo, ma mi sembra... stanca. -
- Ma che dici? - ribattè l'altra - Sarà stata solo una tua impressione... Non vedi come cammina fiera tra la folla? -
- Si magari è stata solo un'impressione... -

No, aveva ragione: anche in quel momento si stava sforzando.

Cercava in ogni modo di mantenere la sua nobiltà, ma l'unica cosa che davvero avrebbe voluto era tornare al comodo letto della casa dei suoi genitori, bere la sua consueta tazza di Queen Mary e mangiare i suoi pasticcini al cioccolato preferiti.

Eppure non poteva. Non doveva pensare una cosa del genere, non fino alla fine della settimana successiva.
Quella domenica si sarebbe deciso il futuro suo e di quella ragazza: Maya Kitajima.

Si allontanò con passo deciso, ma più si avvicinava al suo appartamento più le gambe si facevano pesanti.

Attraversò una grande piazza, con un giardinetto e una fontana al centro.
Sarebbe stata una buona idea sedersi a una di quelle panchine a riposare qualche istante, giusto il tempo di riprendersi.

Si guardò intorno in cerca di una panchina libera, la trovò e vi ci sedette chiudendo gli occhi, quando la sua attenzione venne richiamata da un click.
Un suono che ormai conosceva fin troppo bene, sembrava quasi perseguitarla. Era lo scatto della macchina fotografica del signor Hamil.

Aprì gli occhi: l'uomo si trovava proprio lì, a un metro davanti alla sua panchina, obiettivo puntatole addosso.

Sbuffò palesemente contrariata: possibile che non lasciasse mai in pace?

- Signor Hamil... - disse con tono palesemente stizzito – ha intenzione di pedinarmi sino a casa? Le mie prove sono finite per oggi. Mi lasci in pace. -

Le parole ragazza erano taglienti, come al solito, e forse l'uomo ne rimaneva sempre più colpito perchè quella ragazza, quella donna, cominciava a piacergli per davvero.

- Non volevo essere invadente... - disse il signor Hamil gravemente - solo... vedendola rincasare a piedi, da sola, data l'ora ho ritenuto opportuno seguirla nel caso ci fossero stati dei problemi... -

Ayumi era sorpresa: quell'uomo temeva per lei?
Strano, nessuno aveva mai cercato di avvicinarla davvero finora. Lei era solamente quella che tutti ammiravano. Ma nessuno, a parte i suoi genitori e la sua tata, le aveva mai manifestato una tale premura.
Per un attimo le guance della ragazza arrossirono, ma subito dopo si riprese manifestando la solita alterigia con la quale si faceva scudo.

- Sono ben capace di difendermi da me... - disse – la ringrazio per il suo interessamento ma non è necessario. -

Detto questo si alzò dalla panchina sulla quale era seduta e fece un paio di passi. Ma le gambe le dolevano e anche la testa.
Era ormai di fianco all'uomo quando un forte capogiro le fece perdere il senso dell'equilibrio. Stava per cadere in avanti.

Durante la caduta due braccia forti la afferrarono e sorressero impedendole di battere il viso sul terreno.
Erano le braccia del fotografo, che, vedendola cadere in avanti, si era prontamente voltato e l'aveva afferrata in vita, inginocchiandosi per evitarle il contatto col terreno.
L'aveva aiutata, l'aveva protetta.

Ayumi si voltò rossa per l'imbarazzo di essere ancora stretta fra quelle braccia e per la pessima figura.
Lo guardò dritto in viso: i suoi occhi erano dolci, preoccupati, seriamente preoccupati.
La ragazza sentì per la prima volta il cuore battere velocemente.

- Faccia attenzione... - le disse l'uomo aiutandola a rialzarsi.

Una volta in piedi la ragazza si liberò abilmente dalla stretta.

- La... la ringrazio dell'aiuto... - era ancora rossa in viso – buona sera! -

Scappò di corsa senza che l'uomo potesse avere il tempo di dirle:

- Asp... -

“aspetti!la accompagno!” pensò.

Avrebbe davvero voluto accompagnarla: lei era più fragile di quanto facesse credere a tutti.
La vide allontanarsi in silenzio, senza avere la forza di seguirla

Come in quel giorno, nel paese natale della Dea Scarlatta, Hamil pensò la stessa cosa: era come una splendida statuina di cristallo lei.
Bellissima a vedersi e dai riflessi meravigliosi. Ma una leggera caduta l'avrebbe potuta mandare in mille pezzettini, mille diversi pezzettini.
Desiderò sorreggerla, avrebbe voluto proteggerla.


Ayumi arrivò a casa correndo.
Il cuore ancora le batteva forte. L'emozione provata le aveva fatto scordare la fatica.
La tata la osservava stupita. Lei lo comprese e cercò immediatamente di ricomporsi: adesso doveva pensare solamente a una cosa, la Dea Scarlatta.
La determinazione che finora l'aveva giudata ritornò. Tornò la solita Ayumi Himekawa.

- Tata, vado a fare un bagno... dopo vorrei restare a meditare... potresti preparare il soggiorno con l'incenso? - chiese sorridendo.
- Si Ayumi... - rispose pensosa la tata.
- Non preoccuparti... sto bene... mai stata meglio! - scherzò la ragazza.

Mentiva. Ma non voleva preoccupare l'anziana donna.
Infine si allontanò nella sua stanza.

La Dea Scarlatta.
Questo era il suo obiettivo, solo questo...





nota dell'autore: innanzitutto ci tengo a scusarmi per il ritardo con cui aggiorno... (sigh sembra che non riesca a seguire un programma per ben benino ;__;)
aggiorno adesso con una terna di capitoli tutti differenti tra di loro, questo, come avete ben visto parla di Ayumi, nel prossimo apparirà un altro personaggio, che finora in questa ff non è apparso, e il terzo...beh! credo che sarà quello che più vi lascerà con il fiato sospeso...anche perchè dopo quello dovrete aspettare un pochino prima di vedere i due successivi, son proprio quei due capitoli che ho intenzione di modificare in maniera più radicale rispetto a tutti gli altri.

a BLU REI:innanzitutto bentornata! ^__^ cerco di rispondere alle domande che mi hai fatto nelle recensioni. Perchè la Mizuki ha chiamato Hijiri? perchè Masumi ha necessità che oltre a lui anche qualcun altro per il suo piano possa contattarlo. Perchè? lo scoprirai tra non molto.
Su Shiori: sono contenta che ti piaccia come Masumi sta agendo e non ti preoccupare, avrai modo più in là di non biasimarlo affatto, fidati (^_-).
Sul mio modo di scrivere...una ragazza tempo fa lo definì quasi cinematografico, perchè accompagno il lettore ai gesti, agli ambienti.Il fatto è che quando ho pensato questa storia, ma in genere quando scrivo, io è come se vedessi proprio le immagini, i personaggi in determinati ambienti che si muovono, che si esprimono.tutto quello che posso fare in quel momento è cercare di dipingerli con le parole, sperando che il ritratto che io vedo sia quello che anche voi riusciate a vedere.Non è sempre facile, e a volte ho rischiato di perdere il filo, ma non riesco letteralmente a fare diversamente. non so come spiegarlo bene... scrivo mettendo la mia "fervida immaginazione" su un piano che spero possa essere visibile a chi legge.(ok mi fermo che mi sembra di incartarmi ^^')
Sull'originalità delle idee: io credo che in storie come questa ci siano delle tappe che sian fisse per tutti quanti e fonti a cui ci si ispira un pò tutti. Prendi questo capitolo ad esempio. Ayumi e Hamil...io credo che quando la Miuchi ha fatto entrare in scena Hamil lo abbia fatto con l'intenzione di colmare la pecca del cuore di Ayumi che è proprio quella di non amare incondizionatamente.O prendi il prossimo capitolo in cui si rivedrà un personaggio marginale... anche quella parte è ispirata a HTY, o ancora il fatto che Maya dovrà prima o poi chiamare Masumi "Masumi" e non "signor Hayami" se li vuol far finre assieme nel manga ad esempio...son tutte tappe che per me la Miuchi ha ben pensato...quello che diventa poi originalità nelle ff è il modo e i termini con cui queste "tappe" vengono trattate e affrontate, sono gli indirizzi, le tonalità e sfumature, le pieghe che noi scrittori di ff doniamo a esse.Per questo,se anche certe idee non son originali al 100%, di originale al 100% hanno il modo in cui vengon esposte e trattate e se questo è originale, l'ispirazione prima si confonde e si dimentica facilmente.quante canzoni trattano dello stesso tema e contengono le stesse parole? cosa le rende però originali? La musica, il ritmo, l'ordine con cui vengono scritte e ovviamente, cosa più importante, il cuore di chi le compone. Lo stesso vale per le ff, se scritte col cuore, in ogni istante, allora divengon proprie e originali, quindi perchè nascondere che ci si è ispirati ad altro?l'ispirazione è una cosa, la palese scopiazzatura tutt'altra.
Ti ringrazio ancora perchè continui a seguirmi e leggermi, spero che anche il seguito della mia storia possa piacerti... a presto (^O^)/

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Capitolo 21
*** Capitolo XXI ***


Documento senza titolo

Capitolo XXI

Gli ultimi giorni gli addestramento di Maya al circo si erano fatti particolarmente intensi.

La sera rientrava a casa praticamente distrutta e, a volte, era così stanca che, piuttosto che cenare, preferiva direttamente stendersi sul suo futon.

L'uscita con le amiche dello scorso sabato pomeriggio le era stata utile, da ogni punto di vista.
Le aveva fatto acquisire una maggiore fiducia e le aveva risollevato il morale, oltre a farle finalmente comprendere il cuore della Dea Scarlatta.

Per questo motivo in quella seconda settimana si stava impegnando ancora di più, facendo incredibilmente passi da gigante.

Dimitri era sempre più soddisfatto: Maya aveva preso il suo lavoro seriamente.
Ogni giorno la spingeva a compiere nuovi esercizi, sempre più complessi, ma lei, impegnandosi al massimo, li superava tutti.
La cosa che trovava eccezionale era il modo in cui Maya sorrideva sempre. Era attenta ad ogni spiegazione, imparava le tecniche con diligenza, interpretandole. Ed era proprio questo il punto: Maya stava facendo esattamente quello che le aveva chiesto, stava interpretando una di loro.

Vlad e Irina le mostravano movimenti e mosse rapide, ma non per questo meno aggraziate. Le davano istruzioni sulla postura dei fianchi, delle mani, delle gambe. Maya, senza batter ciglio, si cimentava.
La musica di sottofondo mentre pattinava era stata scelta da Irina. Era il valzer dei fiori de "Lo Schiaccianoci". La prima volta che lo aveva sentito era stato a casa di Ayumi, durante lo studio per il ruolo di Ardis.
La vivacità e la dolcezza di quel valzer ormai le erano entrati dentro e Maya era ben lieta di pattinarlo.
Ogni volta che Vlad e Irina la vedevano roteare, correre, voltarsi, notavano una maggiore sintonia con le note e maggiore grazia nei movimenti. Il suo tempismo era quasi perfetto.
Anche loro, come Dimitri, cominciavano a credere che non sarebbe stato impossibile per quella ragazza, riuscire a diventare qualcun altro, una Dea.


Anche allo studio di recitazione i suoi progressi erano notevoli.
La luce negli occhi di Kuronuma finalmente si era accesa e la sintonia che Maya e Sakurakoji avevano raggiunto nelle scene dei due innamorati era perfetta. Lo sguardo, l'espressione, il rossore del viso, il tremore delle labbra, la delicatezza del loro toccarsi, la tristezza e il dolore di doversi separare: tutto ormai funzionava.

Quel giorno poi, anche Sakurakoji stava dando il meglio di sé: aveva deciso di esprimere a Maya il suo cuore nelle vesti di Isshin.
Forse, sperava, in questo modo Maya avrebbe capito.

Avevano provato assieme tutto il pomeriggio e adesso il regista stava facendoli provare la scena in cui venivano cacciati dal villaggio: Isshin, l'estraneo, aveva rovinato Akoya, la ragazza che parlava con le creature.

La dolcezza con la quale Isshin la guardava, la sofferenza che regnava nel suo viso per averle causato quel dolore, la disperazione di Akoya nel vedere l'uomo che amava ferito per proteggerla facendole scudo col proprio corpo, le lacrime... gli attori non coinvolti nelle scene non riuscivano a credere che stessero solamente recitando: nei loro sguardi, nelle loro voci, c'era un sentimento concreto, incredibilmente reale.

Due membri del cast ne parlavano sottovoce:

– Ultimamente Maya e Sakurakoji sono molto migliorati... - diceva uno dei due.
– Già... si vede proprio che sono innamorati... d'altronde la giornata al parco trascorsa assieme può avere un solo significato... -

Una ragazza dietro loro ascoltava preoccupata.

– Infatti... Sakurakoji ha saltato un giorno di prove per lei... e poi so che l'altra sera sono usciti assieme... - disse maliziosamente il primo.
– Eh si! Sono proprio una bella coppia di fidanzatini!!! - rise il secondo.

La ragazza dietro di loro si portò una mano alla bocca.
Non riusciva a credere a quello che dicevano, ma osservarli per lei era un tale dolore...

Lo sguardo di Sakurakoji, i suoi occhi, non l'avevano mai guardata come adesso lui osservava Maya Kitajima.
E poi, lui... non l'aveva mai dimenticata.

Lei lo sapeva.
Lei, Mai, sapeva che era sempre stato così.
Sakurakoji era dolce con lei, le voleva bene, l'aveva anche rassicurata, ma in tutti questi anni aveva imparato a conoscerlo, a capire quando le mentiva. E sapeva che le aveva mentito.
Lui ne era innamorato, era innamorato di Maya. E adesso anche Maya sembrava ricambiarlo.
Così dicevano tutti, così diceva lo sguardo di Maya mente recitava la parte di Akoya.

Lei ormai si sentiva di troppo.
Una lacrima le rigò la guancia destra: era di troppo, non c'era più spazio per lei nel cuore di Yuu.

“Che cosa ci faccio qui. Che stupida... che stupida!” pensò Mai, asciugandosi la lacrima e uscendo di corsa dalla sala prove.


Nessuno l'aveva vista entrare nel pomeriggio.
Era entrata aprendo la porta in silenzio e si era piazzata sul fondo, dietro tutti gli altri e vicino a una pianta a foglie larghe che ne nascondeva per metà la figura.
Aveva assistito alle prove degli altri, aveva visto Sakurakoji aprire la porta della sala prove e fare accomodare Maya osservandola con una dolcezza infinita e infine li aveva visti recitare.

A vederli così innamorati, così in sintonia, il suo cuore a poco a poco aveva cominciato a sgretolarsi e lei, disperatamente, aveva cercato di farsi forza ripetendosi:

“Sta tranquilla Mai...Stanno solamente recitando... solo recitando.”

Ma neanche lei riusciva a crederci, in fondo.

E adesso quelle parole, le parole di quei due membri del cast, avevano reciso quel sottile filo al quale aveva appeso le proprie speranze per il loro rapporto e l'avevano fatta cadere a terra in un tonfo doloroso e disperato.

Fino a quel giorno lei gli era rimasta vicino. Aveva curato le cicatrici del suo cuore e lo aveva aiutato, confortato.
Aveva creduto, sperato, che un giorno finalmente anche Sakurakoji si sarebbe accorto dell'amore sincero che lei gli rivolgeva, ma Maya... non l'aveva mai scordata. E adesso era lei che lui aveva vicino.

Era un po' che lui non si faceva sentire.
Non aveva risposto neppure ai suoi messaggi. Era semplicemente scomparso dalla sua vita.
Adesso sapeva il perchè.

Eppure... avrebbero dovuto avvisarla.
Avrebbero dovuto parlarle.

Uscì dall'edificio lentamente, con gli occhi ancora lucidi ma rossa in viso dalla rabbia.
Si sentiva ferita, offesa, tradita.
Voleva delle spiegazioni...

Decise di aspettare là, fuori, sino a che Maya non fosse uscita.
Era con lei che voleva parlare, con Sakurakoji non ci sarebbe mai riuscita.


Le prove dei ragazzi non si protrassero a lungo: il regista Kuronuma non li trattenne quella sera.

CLAP!

Il signor Kuronuma battè le mani.

– Signori, per oggi abbiamo finito! Anche voi due, Kitajima! Sakurakoji! - disse a voce alta il regista – Ah! Quasi dimenticavo... da domani ci alterneremo allo Shuttle X con l'altro cast della Dea Scarlatta sino a venerdì prossimo... -
– Allo Shuttle X? - chiese uno dei due che prima aveva parlato sottovoce.
– Si, – proseguì il regista – sebbene gli operai stiano ancora completando e rifinendo la struttura, la sala teatrale è finalmente pronta e le sceneggiature sono state allestite dai membri dell'associazione nazionale per lo spettacolo in accordo con me e il regista Onodera. Ognuno di noi avrà a disposizione quattro giorni per provare lì prima delle rappresentazioni in cui si deciderà il cast ufficiale della Dea Scarlatta. Le nostre prove cominceranno domani. L'ultimo giorno per noi sarà giovedì prossimo. Sabato alle 21:00 si terrà la nostra rappresentazione. -

Fece una leggera pausa: tutti quanti nella sala attendevano che egli proseguisse. Parlò ancora:

- Oggi è giovedì no? Abbiamo poco più di una settimana. Per questo motivo da domani sarò ancora più severo. Esigo il massimo della concentrazione. Non soltanto per vincere... - addolcì per quanto poté l'espressione del viso e il tono della voce – recitiamo per il nostro pubblico. Trasportiamolo in quella dimensione onirica in cui tutti noi abbiamo la fortuna di potere recitare... rendiamo loro questo bellissimo sogno, vi va? -

Il signor Kuronuma aveva centrato i cuori di tutti: aveva colto lo spirito del teatro e glielo aveva mostrato con parole che mai a nessuno erano parse così vere.
Maya se ne era accorta, così come tutti gli altri: era un messaggio di incoraggiamento, ma era anche una calda sinfonia per il loro spirito di attori. Era lieta di essere sotto la guida del signor Kuronuma per la rappresentazione della Dea Scarlatta.

– Si. - rispose la ragazza con sicurezza e fiducia. - Vedrà signor Kuronuma, ce la faremo. -

Sakurakoji la osservò: come era bella in quel momento!

– Maya ha ragione: ce la faremo sicuramente. Non è vero ragazzi? - aggiunse con determinazione invitando tutti quanti a rispondere.

Un coro di acclamazioni positive si levò nella sala.
Erano tutti quanti euforici, entusiasti, carichi: la vera battaglia cominciava adesso e tutti avrebbero fatto del loro meglio per combatterla.

Ancora carica di entusiasmo Maya corse a cambiarsi e si diresse verso l'auto del signor Hijiri quando:

– Maya! - la chiamò mentre scendeva le scale una voce femminile.

Maya si voltò in direzione della voce, riconobbe la fidanzata di Sakurakoji.

– Tu sei Mai, vero? - le chiese Maya sorpresa – Ciao! - la salutò sorridendole allegramente – Era tanto che non ci si vedeva... Ah! Sakurakoji deve essere ancora dentro. Vuoi che te lo vada a chiamare? - le chiese, voltando il capo a osservare l'ingresso dell'edificio.

Mai la afferrò per un braccio.

– A dire il vero io... vorrei parlare con te Maya. - le disse nervosamente, rinforzando la stretta sul braccio – Mi concedi qualche minuto? - si sforzò di sorriderle.

Maya non sapeva che pensare.
Non conosceva bene Mai e men che meno si sarebbe aspettata che la ragazza venisse lì allo studio di recitazione in cerca di lei.

Osservò le mani che stringevano con forza il suo braccio: doveva essere qualcosa di importante.
Ascoltarla per qualche minuto non poteva di certo fare male.

– Dammi solo un minuto, ok? - le chiese sorridendo.

Mai vide Maya allontanarsi sino al taxi a una decina di metri da lei e parlare col tassista. Pochi minuti dopo vide l'auto partire e lei tornare indietro.

– Allora? - le chiese - Di che volevi parlarmi? -

La osservò in volto. Mai era a disagio, guardava in basso, serrando la mascella, come se dovesse combattere con qualcosa dentro di sé.

- Mai... ti andrebbe un gelato? - provò a renderle le cose più facili - Non so te ma io ho davvero appetito! - le disse ridendo.

Anche Mai rise: Maya aveva smorzato la tensione.

– Che ne diresti invece di un bel panino? - le chiese Mai sorridente.
– Un panino...Si! Sarebbe fantastico! - esclamò Maya congiungendo le mani e portandosele di fianco al viso e inclinandolo leggermente verso destra – Che stiamo aspettando?! Andiamo? - le chiese allegramente.

Mai sorridendole fece cenno di si. Si avviarono lungo la strada verso una panineria.

Nella panineria, le due ragazze trascorsero più di mezz'ora parlando come se fossero due amiche del più e del meno.
Maya la osservava senza chiederle nulla. Mai le raccontò di come aveva stretto amicizia con Sakurakoji e come poi, col tempo, era diventata la sua ragazza. Maya le raccontò di come aveva scoperto la passione per il teatro e la recitazione e di quando era scappata di casa pur di recitare.

- Non deve essere stato facile per te… - commentò Mai
- In effetti… - disse Maya arrossendo e portandosi una mano dietro la testa imbarazzata – ma, vedi, recitare per me era tutto, è tutto. - spostò entrambe le mani sul tavolino e le intrecciò - Quando recito non mi sento la solita ragazza pasticciona buona a nulla, riesco a dimenticare tutti i miei problemi. Posso essere una persona nuova, diversa… - sollevò lo sguardo e sorrise mettendo le mani nei bordi del sedile della sedia e stringendo le spalle – Non trovi anche tu che sia fantastico potere recitare? –

Mai la osservò in silenzio.
A lei piaceva tantissimo recitare, ma non aveva la stessa passione per il teatro di Maya. Per lei era sempre stato un passatempo la recitazione, mai l'aveva considerata così seriamente.
La ammirava per questo: Maya prendeva il teatro con la stessa serietà e impegno di Sakurakoji, forse anche più di Sakurakoji. Una serietà che lei non aveva mai dimostrato.

Dopo una decina di minuti pagarono il conto e fecero due passi assieme, fianco a fianco. Nessuna delle due parlava.
Maya non sapeva più cosa dirle e Mai non riusciva ancora a trovare il coraggio per farle l'unica domanda che davvero le interessava. Poi, infine parlò.

- Credo di dovermi scusare con te Maya… - disse gravemente Mai continuando a camminare guardando in basso – Io… -
- Scusare? Ma... che dici Mai? – la interruppe Maya parlando a voce alta e avanzando velocemente sino a piazzarsi di fronte alla ragazza – Io… credo di dover essere io a dovermi scusare con te. - aggiunse a voce bassa – In quest'ultimo periodo ti ho rubato l'attenzione di Sakurakoji... Mi dispiace… - era sincera.

Mai rimase sorpresa all'udire quelle parole… cercò di mantenere il controllo di sé, dominare la rabbia, la disperazione.

- Nel pomeriggio io… ho assistito alla vostre prove. - riprese Mai con voce tremante – Voi… siete davvero bravi assieme… davvero. - fece una leggera pausa – Sakurakoji… lui… è tanto che non ci vediamo. Io ho provato a chiamarlo diverse volte. Gli ho anche lasciato dei messaggi, ma lui… non mi ha più richiamata. - una lacrima le rigò il volto: strinse i pugni e chiuse gli occhi nel tentativo di cacciare via le altre che le risalivano agli occhi - Oggi… io… non ho resistito. Ho visto le prove: il suo sguardo, il vostro sguardo… lui non mi ha mai guardata così Maya, mai! – scoppiò in lacrime.

Maya non sapeva cosa dirle. Non riusciva a capire perché stesse parlando con lei proprio di questo.

- Io lo so... – proseguì Mai piangendo – lo so che per lui sono sempre stata come una sorella minore… ma per tutto questo tempo io… ho aspettato che si accorgesse di me… che io ero lì per lui, solo per lui! C'è stato un momento in cui ho creduto che se ne fosse accorto… e invece? Mi sbagliavo. Il modo in cui ti guardava, il modo in cui ti guarda… lui non ti ha mai scordata… mai! Perchè non ha scelto me? Perché? – scappò via di corsa, singhiozzando tra le lacrime.

Adesso tutto era chiaro a Maya: Sakurakoji era innamorato di lei e Mai credeva che lei lo ricambiasse.
No!
Non era possibile!
Era tutto un equivoco: Sakurakoji recitava.
E anche lei.
Erano solo amici.
E come vecchi amici si frequentavano: nulla di più.
Solamente come vecchi amici.

Doveva fermarla.
Si voltò di scatto, le corse dietro.

- Mai! Aspetta! – le gridò Maya inseguendola.

Riuscì a raggiungerla dopo una breve corsa e la fermò afferrandola per un braccio.

- Ascolta Mai… è tutto un equivoco! Io e Sakurakoji non siamo innamorati! – esclamò affrettata ancora col fiatone, poi più dolcemente - Ti prego, Mai, credimi: io e Sakurakoji siamo solo buoni amici. -

Mai si portò le mani alle orecchie e scosse la testa piangendo.

- Sta zitta! Zitta! Non voglio ascoltare le tue bugie! – le gridò in preda alla rabbia – Non voglio! – chiuse gli occhi.
- Mai… - le disse Maya dolcemente prendendole la testa tra le mani e costringendola a guardarla dritto negli occhi – non ti sto mentendo. Noi due stiamo recitando, solo recitando. - cercò di rassicurarla – Io non sono innamorata di Sakurakoji. Lui è solo un buon amico. Vedi, io… sono innamorata di un'altra persona. - forse questo era l'unico modo perchè Mai le credesse, continuò a dirle la verità - Il mio però è un amore impossibile, un'illusione… e Sakurakoji… credo lo abbia capito. Mi ha visto soffrirne: per questo da buon amico mi è stato vicino. Non c'è altro, credimi: io e Sakurakoji non siamo innamorati. Recitiamo soltanto Akoya e Isshin, le due anime gemelle, solo questo. -
- Ma… - disse Mai esitando
- Niente: "ma"! Mai, è la verità. Pura e semplice verità: siamo solo buoni amici. E, se recitando, diamo davvero l'impressione di essere innamorati, allora vuol dire che siamo diventati due bravi partner no? – le sorrise dolcemente inclinando la testa.

Anche Mai si sentì rassicurata. Assentì con un cenno del capo.
Maya tolse le mani dal volto della ragazza.

-Vedrai: faremo un buon lavoro! Prometto che mi impegnerò affinché tu possa essere fiera di noi due. Tu, in cambio, promettimi di non abbatterti più e di non dubitare… ci stai? – le chiese Maya sorridendo dolcemente e mostrandole il mignolo della mano destra.

Mai si asciugò le lacrime, strinse il suo mignolo a quello di Maya e sorrise:

- Si… te lo prometto… - disse serenamente.
- Era ora di vederti sorridere! – le disse Maya scherzando a voce alta.
- Già! – rise Mai, poi guardò le stelle in cielo – Si è fatto tardi. Meglio che vada, la mamma sarà preoccupata per me. Grazie ancora Maya! Non vedo l'ora di vedere la vostra Dea Scarlatta… - fece un leggero inchino e corse via salutandola agitando la mano – A presto Maya! –
- A presto! – anche Maya ricambiò il gesto.

Non appena Mai scomparve dalla visuale Maya smise di agitare la mano. Si voltò pensierosa: non si sarebbe mai aspettata quanto era accaduto.
Per un attimo ebbe il dubbio che Mai avesse ragione:

" Sakurakoji… ma no!"

Non poteva essere.

Andò a casa di corsa cacciando via questi pensieri.
Era eccitata: domani finalmente avrebbero provato al teatro, con le scenografie.
Non vedeva l'ora…

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Capitolo 22
*** Capitolo XXII ***


Documento senza titolo

Capitolo XXII


Il giorno dopo Maya era molto eccitata al pensiero di poter finalmente recitare allo Shuttle X.


Quando Hijiri le aveva comunicato che di sera non sarebbe potuto passare a prenderla perchè aveva un incarico da compiere lei si era limitata a sorridere e dire:

- Non si preoccupi. Prenderò il treno. E poi lei ha già fatto tanto per me, tantissimo. -

Aveva trascorso l'intera mattina al circo in piena euforia. Non si era fermata neanche un istante.


Pensando alla giornata precedente le tornò in mente Mai.
Le dispiaceva causarle una tale sofferenza.
Sperava di essere riuscita a confortarla almeno un po', ma non ne era molto sicura.

Certo, Sakurakoji con lei era gentile, come sempre, ma proprio per questo non riusciva a pensare che lui fosse ancora innamorato di lei.
Ormai erano cresciuti e, se davvero lui avesse nutrito per lei quel genere di sentimento, il suo atteggiamento probabilmente, sicuramente, sarebbe stato differente: la sua gentilezza, la sua dolcezza, era sempre la stessa.
Le voleva bene, lei lo sapeva, ma non credeva che la amasse. Non più.

E poi... c'era Mai.
Non voleva tradire la sua fiducia.

Ma, soprattutto, lei non ne era innamorata.
Gli voleva bene, questo era certo, ma, per Maya, Sakurakoji era solo un vecchio e caro amico.
Nulla di più: non poteva essere altro, non sarebbe mai potuto essere altro.
Lo sapeva bene.

Lei amava qualcun altro.
Avrebbe sempre amato qualcun altro.
Anche se mai avrebbe potuto essergli accanto, anche se di lei quella persona amava solo l'attrice, lei avrebbe continuato ad amarlo silenziosamente, recitando per lui in quel meraviglioso mondo dell'arcobaleno che tempo fa lui le aveva fatto ritrovare, riscoprire.
Per questo avrebbe continuato a recitare per lui, solo per lui, sempre.

No, mai avrebbe potuto amare Sakurakoji, mai.
Poteva solo essergli amica, partner a teatro... e lui questo lo sapeva.

Tuttavia, quel venerdì alle prove, Maya non riusciva a mettere da parte le parole di Mai, non quando non recitavano.

Anche Sakurakoji se ne accorse: ogni volta che si avvicinava a Maya nelle pause o mentre non erano impegnati a provare, lei con una scusa si allontanava.
Era scostante.

Solo quando recitavano tornava a essere così passionale, così coinvolta, i suoi occhi così traboccanti di amore.

“Ma perchè non guardi me Maya... perchè?” non potè fare a meno di pensare.

Quello sguardo, quella passione che mai era per lui, a poco a poco lo stava logorando.
Non riusciva più a sopportarla: voleva che fosse per lui, davvero, soltanto per lui.
Tutto quello che desiderava era che l'immagine riflessa negli occhi di Maya fosse lui, Yuu Sakurakoji, nessun altro.

Nelle ultime due settimane Maya era cambiata. Era più sicura, sembrava anche più serena. Ma con lui...
Era sempre gentile, ma gli era parsa più distante e quel giorno lo era davvero tanto.
Non riusciva a capirlo, non riusciva a sopportarlo.
Non più ormai, non in quel modo.

Recitare con Maya, costringersi a immettere tutto l'amore che nutriva per lei solo nel ruolo di Isshin, non era stato facile quella settimana: si sentiva schiacciato.
Ma non appena le si avvicinava come Yuu, lei andava via.

Possibile che non riuscisse ad accorgersi di quanto la amasse, di quanto la volesse, la desiderasse?
Possibile?

Eppure... come fare a rivelarle tutto?
Rischiava di perderla,come già era successo in passato.

Era questo che temeva: perderla, proprio adesso che l'aveva ritrovata.

Non era facile per Sakurakoji concentrarsi con tutto questo vortice di sentimenti, di pensieri.
Ma fortunatamente, apparentemente, era riuscito a mantenere addosso la solita maschera.
A quanto pareva le mattine passate in meditazione al tempio gli servivano anche a quello.

Mai come in quel giorno gli parve però così difficile, mai aveva avvertito le ore essere così lunghe: doveva comportarsi come al solito, quando invece avrebbe avuto voglia di urlare, di gridare che la amava, di implorare il suo amore.

No, non era facile, non era affatto facile.

Fortunatamente il signor Kuronuma non li trattenne a lungo dopo tutti gli altri.
Erano circa le 21:30 quando il regista licenziò anche i due ragazzi.

- Per oggi abbiamo concluso. Cercate di memorizzare i movimenti su questo palcoscenico – disse loro – anche perché non abbiamo molti giorni qui a teatro. Da domani sarà una settimana esatta: andremo in scena sabato prossimo. Domani pomeriggio siete liberi, devo ancora vedermi con quel noiosissimo di Onodera. Fate tesoro di domani pomeriggio perché vi aspetta una settimana intensa. -

Si allontanò scendendo dal palcoscenico e risalendo lungo il corridoio centrale che separava le due ale centrali della platea.

Maya lo vide allontanarsi e per la prima volta in quel giorno si soffermò sulla sala.
Le grandi tende di velluto blu notte e le poltrone, del medesimo colore, le donavano una insolita eleganza, nella loro semplicità. Le pareti erano state dipinte in una specie di stucco veneziano di una leggera tonalità tra l'azzurro cielo e il rosso dei petali di ciliegio in fiore. Il pavimento era interamente in parquet nocciola. Le luci, bianche, erano state poste a illuminare interamente la sala e, nell'oscurità, a luci spente, era possibile cogliere i riflessi di proiettori dalle tenui luci che davano al soffitto una scenario stellato.
Gli spettatori avrebbero sognato il paese della Dea Scarlatta avvolti nei riflessi della volta celeste: un'atmosfera da sogno, così come quell'opera: un sogno.

Era ancora in silenzio ad ammirare la sala quando Sakurakoji le si affiancò.

- È proprio stupenda non è vero? – le chiese guardando anch'egli la sala.

Maya lo guardò un istante: lo sguardo del ragazzo era indirizzato al soffitto pieno di stelle.
Si fermò anche lei a guardarlo.

- Si… è meraviglioso – gli rispose.
- Siamo fortunati a poter recitare in questo teatro, non pensi? – le chiese ancora Sakurakoji dolcemente.

Maya chinò il viso e abbracciò con lo sguardo l'intera sala: sorrise.

- Già… - disse.

La sua voce era serena, dolce, pacata.

- Beh! – disse infine il ragazzo guardandola in volto – Si è fatto tardi. Meglio andare. –
- Come? Ah! Si… -

Si diresse al suo camerino per cambiarsi e prendere le sue cose: la sua borsetta, la sacca coi pattini e il mazzo di rose scarlatte che da quasi due settimane il suo ammiratore non le faceva mai mancare ogni mattina.

Come erano belle!
Ogni volta che si soffermava a aspirane l'essenza si sentiva felice.
Eppure, quanta tristezza le provocavano!
E tuttavia ogni volta la ricacciava indietro pensando alla sua promessa: recitare una Dea Scarlatta che potesse renderlo fiero, fiero di lei.
Trasmettere, in quella parte, tutta la forza dei suoi sentimenti per lui, Masumi Hayami, affinché lui potesse esserne fiero, contento.
Se ci fosse riuscita avrebbe accettato tutta una vita senza il suo amore: le sarebbe bastato essere in grado di renderlo fiero, felice, di rapire il suo cuore come Dea Scarlatta per quel breve istante.

Le bastava, perché pensava non avrebbe mai potuto avere altro da un uomo innamorato di un'altra donna.
Le bastava, le sarebbe bastato, sempre.
Sapere che quel giorno il sorriso, lo sguardo, il cuore di quell'uomo era solo per la sua Dea Scarlatta, per il suo cuore di dea, per il suo cuore.

Pensando a questo Maya uscì dallo Shuttle X quando, messo un piede fuori, si accorse che pioveva.
Non sapeva che fare. Non aveva abbastanza denaro per chiamare un taxi e non poteva di certo contattare il signor Hijiri: era impegnato e non voleva disturbarlo. Non aveva molta scelta: avrebbe fatto una corsa alla stazione della metropolitana più vicina.
Erano solo cinque isolati, con un po' di fortuna non si sarebbe bagnata troppo: bastava evitare le pozzanghere e cercare di camminare vicina alle mura degli edifici.

Fece il primo passo sotto la pioggia quando si accorse che non si era minimamente bagnata. Guardò in alto e ciò che vide era un ombrello.
Si voltò a vedere chi fosse a tenerlo e vide Sakurakoji.
Il ragazzo le sorrideva dolcemente e le disse:

- Ti accompagno alla stazione d'accordo? –
- Ma… io… - esitò
- Niente ma, Maya… - la interruppe bruscamente - Non vedi come piove? Non smetterà tanto facilmente. Se vai senza ombrello sicuramente finirai per inzupparti. Non vorrai mica mettere in scena una Dea Scarlatta col naso colante? –

Maya sorrise. Sakurakoji aveva ragione: non poteva ammalarsi proprio ora.

Sakurakoji fece due passi in avanti sotto l'ombrello e poi si voltò chiedendole:

- Andiamo? – le porse la mano.

Maya fece cenno di si col capo e affiancò il ragazzo.
Ma non ne prese la mano, come quest'ultimo avrebbe voluto.

Si avviarono lungo la strada senza accorgersi che qualcuno li aveva visti: li stava seguendo.


Masumi Hayami...
Era proprio lì.

Se ne stava indietro, a quattro o cinque metri da loro e li seguiva sotto la pioggia.


Era arrivato lì un paio di minuti prima, aveva posteggiato la macchina a una decina di metri dall'ingresso dell' Shuttle X in attesa di vederla.

Voleva vederla da quel pomeriggio alla villa della settimana prima.
Aveva cercato di resistere, ma quel giorno non ce l'aveva fatta.

Sapeva che Hijiri non avrebbe potuto riaccompagnarla a casa e, nel pomeriggio, osservando dalle vetrate dello studio il cielo caricarsi di nubi grigie portatrici di pioggia, aveva pensato di andarla a prendere lui direttamente.
Non sapeva se era una buona idea o meno, semplicemente desiderava vederla.
Sarebbe arrivato lì con la scusa di informarsi sullo stato della realizzazione del teatro e di averla incontrata per caso e, dato che la ragazza era a piedi, si sarebbe offerto di accompagnarla.
Meglio un passaggio in auto che la metropolitana di sera, no?

Si, era una buona idea.
E poi, confidava sul fatto che lei avrebbe accettato.

Per questo era lì.
Era sceso dall'auto proprio quando lei era uscita dall'ingresso e, al primo passo della ragazza, si stava avvicinando, quando poi, si era fermato.
Aveva visto Sakurakoji che la riparava dalla pioggia con l'ombrello e che si offriva di accompagnarlaa piedi: lei aveva accettato.

Una forte fitta di gelosia lo aveva pervaso: quel ragazzo lo aveva battuto sul tempo.
Ma c'era altro: aveva visto lla sua espressione mentre Maya lo affiancava.
Non gli piaceva. Era la tipica espressione di chi cercava di fare colpo. E lui non doveva, non doveva permettersi di… non voleva nemmeno pensarci.
Per questo li aveva seguiti, li seguiva.


I due ragazzi svoltarono l'angolo a destra e proseguirono lungo il viale.
Per raggiungere la stazione della metropolitana dovevano camminare lungo il confine di un ampio parco, sino a raggiungerne l'estremità opposta e poi voltare a destra e risalire il confine del parco per un centinaio di metri, oppure avrebbero potuto semplicemente attraversare il parco.
Con tutta quella pioggia decisero di attraversarlo.

Era un bel parco, pieno di alberi e aiuole. Al centro era una fontana con dei puttini in marmo dalle cui bocche sgorgavano dei rigagnoli d'acqua. Dal lato opposto si procedeva attraverso tre stretti sentieri circondati dagli alberi che delimitavano una specie di boschetto artificiale.

Imboccarono il sentiero centrale e proseguirono lungo lo stretto viale.

Passeggiavano, parlando del più e del meno: del circo, del tempio, delle prove del signor Kuronuma, poi... di quel sabato.

- Quasi non riesco a crederci… manca praticamente solo una settimana! – esclamò Maya sognando a occhi aperti la sera della prima.
- Già! Ma prima pensiamo a domani. - disse Sakurakoji voltando il capo a guardarla e sorridendole – Domani abbiamo il pomeriggio libero. Ti va di andare al cinema con me? –

Maya non si sorprese dell'invito, ma sapeva bene di non poterlo accettare.
Divenne seria.

- Sakurakoji, - cominciò a chiedergli – perché lo chiedi a me? Ecco io… penso che dovresti invitare Mai. -

Sakurakoji spalancò gli occhi: non si aspettava una risposta simile.

- Mai? – chiese sorpreso.
- Si, Mai… è lei la tua ragazza. E con le prove e gli addestramenti credo che… ecco... io al posto suo mi sentirei un po' trascurata. Sarebbe meglio che passassi con lei il pomeriggio. – lo canzonò seria.
- La mia ragazza... - Sakurakoji guardò in basso, parlava sottovoce – noi... non ci vediamo da parecchio tempo. Ha provato a chiamarmi, ma io... non le ho più risposto. Ormai... per noi due... -

Maya non voleva ascoltarlo.
Lo afferrò per il braccio, facendogli allentare la presa dell'ombrello che cadde a terra rotolando sino all'albero alla loro destra.

- Per voi due ormai cosa? - gli chiese sconvolta stringendo la presa sul braccio – cosa? Perchè non la richiami? Non stai bene con lei? Non sei felice con lei ? Non sei innamorato di lei ? -

Sakurakoji non rispose.
La guardò gravemente.
Non ce la faceva più a trattenersi, a continuare a fingere di essere solo un amico.
Non voleva più mentirle.

Le mise una mano sulla guancia e la guardò dolcemente.
Maya spalancò gli occhi cominciando a tremare.
Masumi dietro l'albero serrò i pugni e contrasse la mandibola.

- Maya, io... voglio molto bene a Mai – cominciò – ma la persona che... la persona di cui io sono innamorato... sei... -
- NO!! - gridò Maya ritraendosi e allontanandosi un paio di metri - Non voglio sentire... non voglio sentire... - si voltò dando le spalle al ragazzo e si tappò le orecchie con le mani – non voglio sentire! -
- Maya! - gridò Sakurakoji – Ascoltami! - le andò alle spalle e la costrinse con forza a voltarsi.

Maya continuò a scuotere la testa, con le orecchie tappate e cercando di indietreggiare, ma finì con le spalle sul tronco di un albero.
Sakurakoji la teneva per le spalle.

- Ascoltami Maya! - gridava disperato il ragazzo – Devi ascoltarmi! Te ne prego... DEVI ASCOLTARMI! - era ormai fuori controllo.

Non poteva e non voleva più nascondere tutto, non ora che aveva deciso di dichiararsi apertamente: era andato troppo avanti per tornare indietro.
Il ragazzo afferrò con forza i polsi della ragazza e le allontanò le mani dalle orecchie.

- Maya... - la supplicò tristemente – guardami per favore... guardami! -

La ragazza sscosse ancora la testa.

– Guardami! - riprese a implorarla - Non voglio farti del male... voglio solo dirti la verità! Guardami! Ti scongiuro, guardami! -

Maya alzò un attimo il capo a osservarlo in volto: era serio, era turbato.
Gli occhi erano fissi su di lei e sembravano implorare la sua attenzione.
Era terrorizzata.
Non riusciva a distogliere lo sguardo da quegli occhi. Ne aveva paura, perché sapeva che cosa le stavano dicendo.

- La ragazza di cui io sono innamorato... - riprese lui - la ragazza che io ho sempre amato... sei tu Maya. - ammise piano, sottovoce.

Le lasciò andare i polsi liberandole le mani.

Maya rimase in silenzio.
Abbassò le braccia allineandole al corpo, lasciando che una lacrima le scivolasse lungo il viso.
Non voleva crederci, era assurdo, semplicemente assurdo.

Sakurakoji si accorse della lacrima.

- Te ne prego Maya, non piangere... non piangere! Io... non voglio che tu pianga per questo. Non piangere! - le disse, la implorò.

Ma Maya continuò a piangere.


Masumi assistette a quella scena carico di rabbia, visibilmente teso.
Tutto quello che avrebbe voluto fare in quel momento era portarla via, allontanarla da quella situazione, da quel ragazzo.
Eppure, lì in quel parco, sotto la pioggia, da solo... sapeva di non potere intervenire.
Come avrebbe mai potuto giustificare un suo intervento?
Non poteva, non poteva proprio. E questo lo faceva stare ancora peggio.
Sentì una parte del suo cuore lacerarsi.
Se solo lui non fosse stato Masumi Hayami...


- Perché Sakurakoji? Perché lo hai fatto? - chiese Maya tra i singhiozzi – Noi... eravamo amici. Perché? - continuava a piangere.
- Amici... - disse Sakurakoji scuotendo la testa: quella parola era una pugnalata al petto – amici... Maya! Amici?! Per tutto questo tempo, per tutti questi anni io... ti ho sempre amato. Io ti amo! Ho sempre desiderato essere per te più di un amico. Io volevo essere il tuo ragazzo. Io... voglio che tu possa amarmi come io amo te... - il ragazzo la supplicò.

Distese le braccia, poggiando le mani sul tronco dell'albero alle spalle di Maya.
Lei era lì, esattamente di fronte a lui.

- Te ne prego Maya... accorgiti di me! Io sono qui... sono sempre stato qui! Maya, te ne prego... lasciati amare da me... prova almeno a ricambiare il mio amore! - le prese la testa tra le mani continuò a supplicarla – Almeno una volta, Maya... provaci! -

Sakurakoji avvicinò il suo viso a quello della ragazza, la baciò.
Un bacio dolce.

Al tocco delle labbra Maya spalancò gli occhi.
Masumi raggelò.
Fece un passo in avanti, gli occhi iniettati di sangue, le nocche delle mani livide per la stretta.
Voleva precipitarsi lì.
Non gli importava più nulla di essere scoperto: lui doveva intervenire.
Doveva allontanare quel ragazzo dalla... sua ragazzina.
Doveva separarli.

Aprì la bocca.
Prese fiato, come a cercare di sedare quel misto di gelosia e rabbia che ormai avevano preso il sopravvento, preparandosi a urlare.
Ma non ebbe il tempo di farlo.

SCHIAFF!

Maya aveva appena dato uno schiaffo in pieno viso a Sakurakoji con tutta la forza e la rabbia che aveva in corpo.

- Sei crudele... - disse la ragazza con voce tremante per la rabbia – SEI CRUDELE SAKURAKOJI! -
- Ma Maya... io... ti amo. -
- MA IO NO! - gridò la ragazza – Io non ti amo! Io... sono innamorata di un altro. Possibile che tu non l'abbia capito finora!? - continuò.
- Un altro che ti fa solo soffrire a quanto pare – disse il ragazzo con sarcasmo massaggiandosi la guancia, poi riprese serio – con me potresti essere felice... io non ti farei mai soffrire! -
- Che importanza vuoi che abbia per me? - ribattè Maya guardandolo fisso negli occhi – Credi che sia facile per me? Vivere ogni giorno sapendo che la persona di cui sono innamorata non ricambia i miei sentimenti? -

Una fitta al cuore sorprese Masumi facendo scivolar via tutta la rabbia.

- Credi che sia facile?! Non ho scelto io di innamorarmi di lui... ma io lo amo!! E lo amo con tutta me stessa!! Non posso smettere di amarlo, non voglio smettere di amarlo. Perché questo amore, oltre al palcoscenico, è tutto ciò che ho! Anche se il mio amore non fosse mai corrisposto, anche se non potrà mai esserlo io... non voglio dimenticarlo... non posso! Lo capisci questo? LO CAPISCI? - cominciò a singhiozzare.

Sakurakoji non riusciva a capire.
Non voler dimenticare un amore impossibile e senza speranza.
Che senso aveva?

- Io mi fidavo di te... - continuò Maya – mi fidavo di te Sakurakoji. Non pensi a Mai? Non pensi a quanto la stai facendo soffrire in questo momento? Perché hai lasciato che fosse la tua ragazza, che si innamorasse di te, se non volevi stare con lei? Perché? -

La osservò in silenzio : aveva ragione.
Chinò il capo guardandosi i piedi: non sapeva cosa dire.

Lo scrosciare della pioggia sembrava ancora più intenso.

- Pensavo che tu mi fossi amico... pensavo che mi avresti aiutato... la tua amicizia era importante! - riprese la ragazza – Perché hai rovinato tutto? Perché? - lacrime di rabbia le scendevano dal volto – PERCHÉ !? - gridò, poi trattenendo a stento i singhiozzi - sei solo un bugiardo... - riprese apiangere con forza, il ragazzo non sapeva che dirle – un... bugiardo... -

Corse via, in lacrime.

Sakurakoji non aveva la forza di rincorrerla: era ferito e... l'aveva ferita.
Non si sarebbe aspettato una tale reazione, ma se ne rendeva conto: lui, che di tutti si credeva il solo capace di renderla felice, l'aveva ferita più di ogni altro.
Non se lo sarebbe mai perdonato.

Masumi Hayami la vide correre via.
Aveva un nodo in gola.
Aveva visto la sua ragazzina, la donna che amava più di ogni altro essere al mondo, soffrire così tanto.
Aveva sentito il suo dolore, la sua rabbia, aveva visto le sue lacrime.

Doveva seguirla.

Corse via, dietro le siepi.
Non gli importava se anche Sakurakoji lo avesse visto, ma questi era troppo preso da se stesso per guardarsi attorno: non lo notò allontanarsi.

Masumi le andò dietro, sotto la gelida pioggia.
Doveva seguirla...

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Capitolo 23
*** Capitolo XXIII ***


Documento senza titolo nota dell'autore:mi scuso per l'enorme ritardo con il quale pubblico questo capitolo, ma, a dire il vero, non ho avuuto un'estate emotivamente facile, sono stata lì lì per mollare tante, tante cose. A poco a poco adesso mi sto riprendendo e spero di riprendere a ritmo periodico (quello precedente di un capitolo al giorno mi è impossibile, ma credo di poterne garantire uno ogni tre -__^ )
Come potete vedere, già qui le cose cambiano rispetto alla parte pubblicata nel mio sito, il capitolo si interrompe prima e il prossimo sarà parecchio differente,per come è strutturato... Spero di postarlo entro la fine della settimana.

A Blu_Rei: mi spiace per quanto ti è accaduto, ti faccio anche se molto molto in ritardo le mie condoglianze. Vorrei anche provare a partecipare alla Round "Quelle del club di garakame che hai aperto con un pezzo su un personaggio secondario, se me lo permetti..."

bè! spero che leggendo questo capitolo possiate pensare che ne sia valsa l'attesa... buona lettura!


Capitolo XXIII

 

Procedeva rapidamente lungo il viale, guardandosi attorno, nel tentativo di raggiungerla.
Masumi riusciva perfettamente a sentire il tonfo dei suoi passi affondare sul sentiero ormai ricoperto d'acqua.

“Dove sei ragazzina?” si chiese.


Maya aveva percorso di corsa l'intero vialetto e non molto dopo se ne era ritrovata alla fine.
Lì, in una specie di piazzetta nella quale confluivano anche gli altri due sentieri, aveva rallentato il passo dirigendosi all'uscita del parco, a pochi metri alla sua destra.
Solo allora, dopo essere uscita, si fermò, piegandosi su se stessa a prendere fiato e tentando di asciugarsi le lacrime.

Alzò il capo lasciando che le gocce di pioggia le lavassero il volto: la rabbia, il dolore, erano andati via.
Ciò che le era rimasto dentro, adesso, era un forte senso di solitudine, una profonda tristezza.

A testa bassa, riprese a camminare, imboccando la strada a destra, verso la stazione della metropolitana.

Percorse appena un paio di metri, prima di arrestarsi ancora.
La pioggia non accennava a smettere: aveva già i capelli interamente bagnati.
Un brivido le attraversò la schiena: si fermò a sfregarsi le braccia nel tentativo di scaldarsi.

Se le stava ancora sfregando, quando qualcosa le ricoprì braccia e spalle.
Battè le papebre un paio di volte, toccando l'indumento che l'aveva appena riparata: una giacca, una giacca grigia.
Spalancò gli occhi, voltandosi di scatto a osservare chi l'aveva riparata: Sakurakoji non indossava una giacca, né il signor Kuronuma. L'unica persona che indossava giacche abitualmente era…

Rimase senza fiato: era proprio lui, Masumi Hayami.

Lo guardò fisso negli occhi: l'espressione dell'uomo, quell'espressione mista di serietà e preoccupazione, quell'espressione per lei così difficile da interpretare... l'aveva già vista, una sola volta, quella notte nella valle dei susini.

Era davvero lui?
Non era un miraggio?

Mosse un passo nella sua direzione, allungando una mano sino a toccargli il petto, mentre gli occhi le si riempivano di lacrime.

No, non era un miraggio: lui era lì per davvero.

Che ci faceva lì?
E da quanto era lì?
L'aveva vista anche prima?
L'aveva vista piangere?

Ma anche adesso piangeva…
Ritrasse la mano e si asciugò le lacrime cercando di farsi coraggio.

- Signor Hayami… - cominciò a voce spezzata – cosa… ci fa lei qui? – si strinse sotto la giacca tremando.


Masumi deglutì.
Fino a quel momento si era limitato a rincorrerla non curandosi di null'altro, ma adesso?
Non poteva certo dirle che aveva assistito alla scena con quel… Sakurakoji, che l'aveva vista andare via in lacrime e che adesso lui era lì per… per cosa?

Oh si!
Sapeva bene cosa avrebbe voluto fare: confortarla, abbracciarla, sussurrale che anche lui la amava, così come lei.

Non poteva.

Strinse il pugno della mano destra e si portò una mano ai capelli scostandoli dal viso, nel tentativo di ritrovare lucidità:

- Io… passavo con la mia auto da queste parti quando… ti ho vista camminare sotto la pioggia. - disse, cercando di mantenere il solito tono sicuro – Che diavolo ti salta in mente ragazzina! Camminare senza ombrello sotto la pioggia? Se continui così ti ammalerai. Vieni ti accompagno alla stazione –

Mentiva, spudoratamente.
Ma raccontarle la verità, dirle di averla vista lì nel parco con… con Sakurakoji, dirle di averla rincorsa… sarebbe stato peggio.

Le mise una mano dietro la schiena, per forzarla a muovere il primo passo.


Maya non disse nulla.
Avanzava sotto la pioggia, di fianco all'uomo, mentre una miriade di pensieri le attraversava la mente.

D'improvviso si rese conto che anche lui era sotto la pioggia senza alcun riparo.
Si tolse la giacca dalle spalle, la porse all'uomo.


Masumi la guardò perplesso.

- Ma allora vuoi proprio ammalarti! – esclamò sforzandosi di essere sarcastico – perché ti sei tolta la giacca? –

In realtà era preoccupato.


- Io… ecco… -gli rispose imbarazzata – anche lei è sotto la pioggia senza un ombrello. - la sua voce era dolce, preoccupata – ho pensato che la sua giacca potesse ripararla… -

“Maya…” pensò l'uomo “mia dolce, piccola ragazzina…”

- Tsk! – sorrise sprezzante – non sarà mica una pioggerella del genere a far ammalare un uomo come me! –
- Se la pensa così allora lo stesso vale anche per me! - disse la ragazza lanciandogli addosso la giacca.

Masumi sorrise. Si arrese.

- Un punto per te ragazzina! – disse con fare ironico – ma non voglio che ti ammali quindi… se mi permetti, lasciami comportare da uomo…-

Avanzò verso di lei portandosene al fianco, si voltò prese la giacca e se la portò sulle spalle, poi allungò un braccio sotto la giacca e lo distese sulle spalle della ragazza coprendola così col lato destro della stessa.

– in questo modo troveremo riparo entrambi… - osservò - andiamo? –

Maya arrossì immediatamente.
Chinò il capo a nascondendo rossore delle guance dietro il capelli.
Non riusciva a parlare: l'emozione di essere così vicina al signor Hayami era troppo forte.
Da così vicina, riusciva a sentire il tepore le suo corpo, il suo profumo. Era come stordita.

- Beh! prenderò il tuo silenzio come un si! – disse schiettamente l'uomo.

Avanzarono in silenzio, ognuno in preda a forti e diverse emozioni.

Maya era troppo emozionata, confusa, triste, arrabbiata per quanto era successo, imbarazzata per lo stato in cui il signor Hayami l'aveva trovata.
Masumi Hayami era preoccupato, felice di poterle finalmente stare accanto e triste dell'ingrata maschera che tutt'ora era costretto a indossare.

Sapeva che la feriva. E il sapere di causarle un tale dolore non era facilmente sopportabile, ma non aveva scelta, non fino a che tutto fosse stato sistemato, pronto.

Procedettero fianco a fianco per un centinaio di metri, raggiungendo l'ingresso della stazione metropolitana.
Una volta entrati il signor Hayami, suo malgrado, alzò lentamente il braccio che circondava le spalle della ragazza e mise via la giacca, ripiegandola sul braccio destro.
La accompagnò sino ai binari della metropolitana seguitando a fare silenzio e anche lei, Maya, non riusciva a parlargli.

Arrivato il treno, Maya vi salì sopra.

- La ringrazio per avermi riparata dalla pioggia… - gli disse – è stato un gesto davvero gentile da parte sua. Le sarò eternamente grata –

Si sforzò di essere allegra, ma in realtà non voleva lasciarlo.

- Di nulla… - rispose serenamente l'uomo.

Era contento di esserle stato d'aiuto… ma avrebbe voluto fare altro… voleva fare altro.
Non riuscì a continuare a quel modo. A voce bassa proseguì:

- vedendoti camminare sotto la pioggia… ho avuto l'impressione che fossi triste per questo io… - non riusciva a finire la frase.

La campanella della stazione suonò per avvisare che le portiere si sarebbero chiuse a momenti.

A quelle parole, poco più alte di un sussurro, il cuore di Maya prese a battere all'impazzata.
Non poteva andarsene proprio in quel momento: non voleva lasciarlo.

Mentre la portiera del treno stava per richiudersi, si precipitò fuori, finendo quasi col cadergli addosso.
Il signor Hayami le parò la caduta col proprio corpo, afferrandole le spalle con le mani quasi ad abbracciarla.

- Ma cosa fai? Sei forse impazzita? Lanciarsi in quel modo mentre si richiude la portiera… rischiavi di restare incastrata, ragazzina! – la rimproverò preoccupato, continuando a tenerla stretta.
- Ragazzina… - ripeté Maya ferita da quell'ennesimo rimprovero, indietreggiando di un passo – si… forse sono una ragazzina, ma… non posso tornare a casa proprio adesso! lei aveva ragione… ha ragione! – si mise a piangere – non posso tornare a casa in questo stato! Rei… la farei solo preoccupare! La prego signor Hayami, non mi faccia tornare a casa proprio adesso… - si aggrappò con forza alla camicia dell'uomo – non lo faccia! Mi faccia restare con lei! –

Masumi spalancò gli occhi stupito.

“Maya…”

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Capitolo 24
*** Capitolo XXIV ***


Capitolo XXIV


Se avesse potuto, in quel momento l’avrebbe stretta a sé.
Avrebbe voluto lasciare andare quelle spalle e stringerla al suo petto, quello stesso petto al quale le mani di Maya erano aggrappate. Avrebbe voluto abbracciarla, baciarle la fronte, asciugarle con dolcezza le lacrime che le scorrevano inesorabili lungo il volto. Le avrebbe voluto baciare le palpebre, sfiorare gli zigomi con le labbra e spostarsi sino all’orecchio per sussurrarle che andava tutto bene, che sarebbe potuta stare con lui per sempre d’ora in avanti, perché questo era ciò che lui più voleva al mondo.

Se solo avesse potuto…

Chiuse gli occhi un istante, nel tentativo di riprendere il controllo di sé e poi, con fermezza, allontanò la ragazza.

– Come vuoi, ragazzina - rispose rapidamente, cercando di mostrarsi freddo e scostante.

Si voltò a osservare il cartellone degli orari.

Non riusciva a guardarle viso: se l'avesse fatto, se avesse incontrato i suoi occhi lucidi e tristi, se si fosse abbandonato anche un solo istante a quel viso, ogni maschera sarebbe caduta per sempre. L'affarista senza scrupoli, Masumi Hayami sarebbe per sempre scomparso.

Cielo! Quanto desiderava porre fine a questa farsa!

Era estenuante, faticoso e doloroso.

Avrebbe voluto abbracciare quell'angolo di paradiso racchiuso in di quel corpo così minuto e lasciarsi andare per una buona volta ad un attimo di vera, autentica felicità.

Un attimo. Perché, al momento, non sarebbe potuto essere nient'altro.

Solo un attimo rubato, una parentesi che avrebbe reso ancor più insopportabile tornare alla solita farsa.

Ed anche a lei, avrebbe donato solo un attimo, per farla ripiombare in quell'inferno in cui lui l'aveva costretta.

 

No. Desiderava donarle un'infinità di attimi, che non sarebbe loro bastata una vita intera.

Anche con il rischio di perderla nel frattempo.

Ripensò a quanto appena accaduto: c'era mancato poco, pochissimo.

 

Sospirò.

– Anche perché ci vorrà un po' prima del prossimo treno. –aggiunse un po’ più composto.

Tornò a osservare la ragazza: i capelli scomposti e bagnati, gli occhi ancora lucidi per le lacrime, il corpo minuto stretto in quegli indumenti fradici e le mani aggrappate alla tracolla della sacca, quella stessa sacca le aveva regalato in qualità di ammiratore, di papà gambalunga.

Ancora una volta dovette farsi forza per resistere.

- Prima di muoverci, però, - riprese a parlarle - sarebbe meglio che indossassi qualcosa di asciutto. – puntò lo sguardo sulla sacca da pattinaggio – Non hai nulla che faccia al caso lì dentro? -


Le ci volle un po' per comprendere quanto il signor Hayami le stesse chiedendo.
Stava ancora cercando di domare le due emozioni contrastanti che avevano preso possesso del suo corpo: la felicità del fatto che lui avesse accettato di stare ancora un po' con lei e il dolore di essere stata allontanata così crudelmente.
Mani ingiuste! Spietate!

Seguì lo sguardo dell’uomo sino alla sacca.

– Ah! Qualcosa per cambiarmi… - ripetè tra sé e sé, poi al signor Hayami – Si… Si! Ho gli abiti delle prove! Dovrebbero andare bene… no? -

Masumi le sorrise rapidamente.

- E allora faresti meglio a cambiarti in fretta, prima di prenderti un raffreddore invece che startene lì imbambolata. –
- C-come? Non sono affatto imbambolata! – esclamò offesa voltandosi e allontanandosi in direzione dei bagni.

La guardò allontanarsi sino a sparire dietro la porta a spinta.
Sospirò stanco, lasciandosi sedere su una panchina: non era facile mantenere la maschera dell’affarista senza scrupoli, non era affatto facile.
Si odiava per questo: doverle continuare a mentire, a spronarla a quel modo.
Sapeva che le sue battute pungenti la ferivano
Pregò che un giorno potesse perdonarlo.

Perdonarlo…

C'era tanto, in effetti per il quale avrebbe dovuto farsi perdonare: il suo atteggiamento, il suo comportamento, tutte le sofferenze che in passato le aveva causato e che, temeva, le avrebbe ancora causato.

Meglio non pensarci in quel momento. Non sarebbe servito.
Gli avrebbe solo ricordato quanto fosse difficile e aveva altro a cui pensare, altro che desiderava fare con tutto se stesso: farla stare bene, aiutarla, esserle accanto… almeno per questa sera.
Doveva trovare un luogo che le permettesse di distrarsi, un luogo in cui potesse rilassarsi, qualcosa che potesse esserle familiare… tanto quanto il palcoscenico… un po’ meno del palcoscenico, forse.

Sorrise: ebbe un’idea.
Si alzò, tirando fuori il cellulare dal taschino della giacca.

- Hijiri! Sono io. – disse al telefono – Ho bisogno che tu faccia una cosa per me adesso… -



Una quindicina di minuti dopo Maya uscì dalla toilette, guardandosi attorno un po’ spaesata in cerca del signor Hayami.

Indossava un paio di leggins neri e una felpa rosa fragola che le cadeva morbida sui fianchi.I capelli non erano più sciolti ma legati in un’alta coda di cavallo, mentre dalla fronte scendevano due ciocche libere di delinearle i contorni del viso.
Stringeva con una mano la tracolla della sacca, guardandosi attorno in cerca dell’uomo.
Incrociatone lo sguardo, gli sorrise sinceramente, avvicinandosi.

Masumi la osservava in silenzio: un sorriso così sincero, così solare… era davvero per lui?

Non appena Maya lo raggiunse cominciò a parlarle:

Hai fatto in fretta ragazzina! – esclamò e, senza darle modo di controbattere - Allora, hai idea di cosa fare? -
– Io… - rispose timidamente la ragazza - Francamente... io.... ecco... – chinò il capo imbarazzata.

Masumi finse di sospirare rassegnato.
In realtà il fatto che la ragazza non sapesse cosa fare tornava del tutto a suo vantaggio


– Meglio così, – disse voltandosi a osservare il tabellone degli orari – seguimi. – aggiunse guardandola dritto in volto un solo attimo prima di darle le spalle e cominciare a incamminarsi.


Maya lo seguì verso l’uscita. Camminava barcollando, tenendo con entrambe le mani la tracolla della sacca che le pendeva lungo la spalla destra.
Masumi, che la vedeva barcollare con la coda dell’occhio si fermò, voltandosi istintivamente.

Ahu! - disse la ragazza toccandosi il naso che aveva appena sbattuto sul suo petto – Mi... mi scusi... - arrossì.
Dalla a me... - disse il signor Hayami.
- Mh? -
- La sacca che ti porti dietro. – riprese – Deve essere pesante per farti barcollare mentre cammini. -
- Ma… -
- Insisto. – la interruppe – Non vorrei che raccontassi in giro che il giovane presidente della Daito è così scortese da non alleggerire una ragazzina come te. –

- Le ripeto, signor Hayami, - riprese Maya indispettita – che non sono una ragazzina. Me la posso cavare benissimo da sola. – aggiunse avanzando sino a superandolo.
- Permettimi di dissentire, ragazzina: – la fermò Masumi afferrando la tracolla della sacca al suo passare– andandomi a finire di sopra hai appena dimostrato il contrario. -

La ragazza arrossì per la rabbia.
Non sapeva più come controbattere.
Sospirò rassegnata.

- Come vuole. -  e aggiunse ancora indispettita, - Ma… non provi a lamentarsi se le pesa o se le fa male la schiena! – esclamò trionfante concludendo con una smorfia.

Masumi rise.
Era sempre la stessa in fondo: la sua ragazzina impertinente.


La pioggia si era già arrestata.
Le strade erano ancora deserte e silenziose e l’odore dell’asfalto bagnato impregnava l’atmosfera tutt’intorno.
Maya si guardò attorno alla ricerca di qualcosa.

– Cerchi qualcosa, ragazzina? – le chiese il signor Hayami.
– Non sono una ragazzina! – protestò - Quante volte glielo devo ripetere? - poi con un pizzico di imbarazzo guardò in basso e rispose – Cercavo... la sua auto... -

- La mia… auto? – non aveva ancora pensato a come spiegarle che la sua auto fosse davanti lo Shuttle X – Dimentichi che sono entrato in questa stazione venendo a piedi con te? – cercò un attimo di divagare - Quando sono sceso ero in compagnia della signorina Mizuki, – disse cercando di mantenere la calma – le ho dato istruzioni di lasciarla davanti allo Shuttle X, che è qui vicino, se non erro, e di prendere un taxi per tornare in ufficio a preparare alcune cartelle per domattina. Presumo che Mizuki abbia seguito perfettamente le mie istruzioni.- aggiunse, sperando di essere stato convincente.
- Deve ritornare a lavoro? – gli chiese Maya tristemente.

Si sentiva in colpa, non voleva pesargli se aveva del lavoro da sbrigare entro il giorno dopo.

Masumi le sorrise.

- Affatto. -  le rispose sereno – Andiamo? –

Maya sorrise e poi annuì in silenzio.
Si riteneva fortunata a potergli stare a fianco quella sera.

Avanzarono silenziosamente, il signor Hayami avanti, Maya immediatamente dietro, finchè non si ritrovano  davanti l'uscita del parco.
Masumi diede un’ occhiata di sfuggita alla ragazza , ma lei aveva lo sguardo chino sul terreno. Non sapeva se tagliare per il parco oppure procedere lungo la strada.

- Preferisci tagliare per il parco? – chiese direttamente l’uomo cercando di mantenere un certo distacco nella voce – Dovremmo arrivare prima allo Shuttle X. –

La guardava.
Per quanto lei non lo sapesse, egli era ben consapevole di quanto era accaduto prima in quel parco e sapeva anche che Maya avrebbe preferito evitare di incontrare nuovamente Sakurakoji in quel momento. In cuor suo sperava che, se anche fosse accaduto, la sua presenza avrebbe loro evitato di ripetere quanto era accaduto.
Non era solo questo.
Per quanto volesse evitare alla ragazzina ulteriori sofferenze desiderava vedere come si sarebbe comportata con lui al suo fianco e, se fosse stato necessario, voleva esserle utile.


Maya esitò nel rispondergli.
Temeva di incontrare Sakurakoji.

Si chiese che idea si sarebbe fatta di lei il signor Hayami, assistendo a una scena simile.
Probabilmente non avrebbe avuto alcun effetto, forse sarebbe rimasto deluso o forse...

Impossibile. Quello che il suo cuore aveva appena sperato era solo un sogno, un sogno impossibile.

 

Erano già trascorsi parecchi minuti e sicuramente Sakurakoji era già andato via.

Il parco era grande: bastava prendere un sentiero diverso.

- Nessun problema – rispose Maya cercando di sembrare serena.

Masumi entrò nel parco e si avvicinò al punto in cui sboccavano i vari sentieri.
Senza neppure rendersene conto Maya, nel timore che l’uomo imboccasse proprio quel viottolo, gli si avvicinò ancora più fino a stargli dietro a pochissimi centimetri.
Ad un tratto, mentre si avviavano verso l’inizio dei tre viottoli l'uomo si sentì tirare la camicia da dietro.
Maya in silenzio aveva allungato il braccio destro e con l’indice e il pollice della mano aveva afferrato un lembo della camicia dell’uomo: temeva davvero di incontrare Sakurakoji.

Sentendosi tirare la camicia Masumi osservò Maya con la coda dell’occhio: la ragazza guardava con terrore l'inizio di quel viottolo.
Il signor Hayami comprese: sorrise e ne imboccò un altro.

Maya continuò a tenersi aggrappata alla camicia del signor Hayami durante tutto il tragitto.
Non sapeva se era quel gesto, quel suo dipendere da lui come aveva sempre fatto inconsapevolmente, o l'aver imboccato un altro vialetto, ma pian piano si sentì leggermente rassicurata.
Mentre avanzavano poteva sentire spandersi nell'aria l'odore delle foglie e del terreno dopo un leggero acquazzone.
La sua mente prese a riflettere su quegli odori.
Anche la Dea Scarlatta, dopo la pioggia, li percepiva. Quali sensazioni avvertiva?
Era come immergersi nella natura: un ritorno alle origini, alla madre terra.
Era questo l'odore della madre terra, l'odore del cuore della Dea Scarlatta.

Raggiunta l'uscita dall'altro lato del parco, Maya era ancora aggrappata alla sua camicia.
Non le disse nulla.
Il tocco della mano della sua ragazzina, l'avvertire come lei cercasse rifugio, protezione, in lui attraverso quella piccola mano stretta,  era importante per Masumi, davvero importante.

Ben presto si trovarono di fronte lo Shuttle X, a pochi metri dall'automobile.

Solo allora il signor Hayami si fermò improvvisamente e mettendosi una mano in tasca volse leggermente il capo a guardare la ragazza.

– Ti piace così tanto? - disse sorridendo con una certa malizia.
– Eh? - Chiese Maya che non capiva a cosa si riferisse l'uomo perplessa.
– La mia camicia... - riprese l'uomo – ti piace così tanto? È dall'ingresso al parco che la stringi... -

Solo allora Maya si rese conto di avere ancora la camicia tra le dita della mano destra.
Arrossì violentemente, tolse la mano, guardò per un brave istante il signor Hayami che la osservava con aria divertita e diventò ancora più rossa.

– M…mi scusi! - disse portandosi entrambe le mani alle guance e chinando il capo nel tentativo di nascondere lo stato di forte imbarazzo in cui si trovava.

Masumi rise divertito:

– Oh non preoccuparti... provvederò personalmente a farla lavare e impacchettare per recapitarla al tuo indirizzo! - disse allegramente.
– Non sia mai! - disse Maya pronta a rimbrottare – Non vorrei privarla di una delle poche camicie che la rende più umano a vedersi! - riprese malignamente.
– Oh cielo! - riprese l'uomo capendo il senso della battuta – Sembro davvero così poco 'umano'? -
Tolga il sembro... aggiunga gelido e otterrà una perfetta descrizione di sé! -

Masumi tacque. No nsapeva come e se rispondere.
In fondo quella che per la ragazza era solo una frecciata, era vera: lui appariva alla gente come il gelido affarista senza scrupoli. Ma sentirla da Maya era quasi... spietato.

– Mi auguro di aver modo di dimostrati che non sono esattamente come mi hai descritto ragazzina – commentò serio.

Maya capì di aver urtato i suoi sentimenti.

– No... ecco... io... non volevo dire... - cercò di riprendersi
– Oh non ti preoccupare... sono in parecchi ad avere questa impressione di me – aggiunse l'uomo serenamente.

Non voleva che Maya si pentisse di quello che aveva detto.
In fondo, era colpa sua: era lui che si era sempre comportato in quel modo, che si comportava così.
Non si era mai preoccupato di dare un'impressione diversa.
Solo adesso per lui era diverso.
L'opinione di Maya, quella ragazzina contava. Contava... e molto.

Aprì lo sportello dell'auto e la fece accomodare, poi si mise al posto guida e richiuse il suo sportello.
Prima di mettere in moto si voltò a guardarla.

– Pensi ancora di non voler essere accompagnata a casa? - le chiese gravemente

Maya stette in silenzio qualche istante.
Tanti pensieri le affollavano la mente: tutto quello che le era accaduto, Sakurakoji, la sua dichiarazione, la sua reazione, l'aver incontrato per caso il signor Hayami.


Il signor Hayami... il suo donatore di rose, l'uomo che amava.

Amore, ecco ciò che era, anche se l'aveva compreso troppo tardi.
Presto si sarebbe sposato. E allora probabilmente non avrebbe più avuto la possibilità di trascorrere qualche istante sola con lui come in quel momento.
Strinse pugni sulle ginocchia e senza voltarsi a guardarlo rispose:

Si, non posso tornare a casa adesso, non voglio... - poi esitando e a voce bassa proseguì – io... voglio stare ancora un po' di tempo con lei... -

Non ne guardò il viso, probabilmente per nascondere l'imbarazzo, sicuramente perché, se per un attimo ne avesse incrociato lo sguardo, non sarebbe stata in grado di finire quella frase.

Quella frase...
A sentirla il cuore di Masumi Hayami sobbalzò.
Oh quanto avrebbe voluto abbracciarla, baciarla, risponderle che anche lui voleva stare con lei!
Ma che senso avrebbe avuto una tale reazione in quel momento?
Maya ancora non sapeva e parlarle di questo proprio in quell'istante non sarebbe stato opportuno.
Doveva attendere. Dovevano entrambi.

Fece finta di ignorare l'ultima frase della ragazza, mise in moto:

– Come preferisci – disse.

Partì.

 

 

Continua…

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