Breaking dawn - Libro secondo...Edward.

di Ely82
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - Ritorno a Forks ***
Capitolo 2: *** Agonia ***
Capitolo 3: *** In Ascolto ***
Capitolo 4: *** Tormento ***
Capitolo 5: *** Assetato ***
Capitolo 6: *** Incontro ***
Capitolo 7: *** Promesse ***
Capitolo 8: *** Seth ***
Capitolo 9: *** Istinto e Ragione ***
Capitolo 10: *** Fuori Controllo ***
Capitolo 11: *** Inaspettatamente ***
Capitolo 12: *** Una Nuova Realtà ***
Capitolo 13: *** La Resa ***
Capitolo 14: *** Renesmee ***
Capitolo 15: *** Questioni di Famiglia ***
Capitolo 16: *** La mia Bella ***



Capitolo 1
*** Prologo - Ritorno a Forks ***


Eravamo in aereo diretti all’aeroporto di Seattle, dove la mia famiglia ci stava aspettando. Dopo quello che Bella aveva detto a Carlisle, erano tutti in agitazione, tutti curiosi di capire come una cosa del genere fosse potuta succedere: Bella era incinta.
Più cercavo di dare un senso a quello che i miei occhi avevano visto e più mi rifiutavo di accettare l’evidenza. Qualcosa, qualcosa probabilmente di mostruoso, stava crescendo velocemente dentro di lei. Come potevo essere stato così stupido! Avrei dovuto essere più preparato, avrei dovuto chiedere, documentarmi: ma su cosa? C’era mai stato un caso come il nostro nella storia? Le donne vampiro non potevano concepire, questo lo sapevo, ma come potevo immaginare che per gli uomini fosse diverso? L’unica cosa a cui avevo pensato, su cui mi ero concentrato era non far del male a Bella durante la nostra luna di miele, ed invece avevo fatto molto di peggio! Ero davvero un mostro.
Bella era accanto a me, la tenevo stretta tra le braccia. Non parlava. Non aveva dettoon parlava. Non disse nemmeno una parola per tutto il viaggio. Teneva le mani sul ventre e lo sguardo rivolto verso il basso. Mai come il quel momento avrei voluto poter leggere nella sua mente.
Doveva odiarmi. Doveva essere terrorizzata per quello che le stava capitando. Avrei voluto rassicurarla, dirle che sarebbe andato tutto bene e che Carlisle si sarebbe preso cura di lei appena arrivati a Forks e, soprattutto, che le avremmo tirato fuori quella cosa che la stava facendo soffrire. Eppure, non dissi niente. Non riuscivo ancora a parlare con la giusta calma. Nel tono della mia voce avrebbe sicuramente colto l’angoscia e il dolore che provavo in quel momento. Qualsiasi cosa facessi, finivo sempre per farle del male: ovvio, ero io il male.
Tornai con la mente a quando l’abbandonai, con la speranza di regalarle una vita da umana, semplice, tranquilla e, soprattutto, lontano da me. Pensare a quei momenti mi procurava sempre un dolore enorme, insopportabile, ma era niente in confronto a quello che stavo provando in quel momento.
Avrei dovuto essere più forte allora, meno egoista. Sarei dovuto restarle lontano e permetterle di innamorarsi di qualcun altro: qualcuno tipo Jacob Black. Lui avrebbe potuto proteggerla, l’avrebbe amata e l’avrebbe resa felice. Lui non l’avrebbe ridotta nello stato in cui si trovava ora. Non era umano, ma non era nemmeno un mostro come me.
Qualsiasi cosa a cui cercassi di pensare, non faceva che farmi sprofondare sempre più nella disperazione: immaginarla sposata e felice con Jacob non era certo un modo per stare meglio, ma per lei sarebbe stata la cosa migliore. Purtroppo però non ero stato così altruista, ero stato debole e avevo deciso di riprendermela perché senza di lei niente della mia vita avrebbe avuto più senso: perché lei era la mia vita. Avevo insistito per sposarla, le avevo promesso di trasformarla: sempre e solo per puro egoismo.
Le accarezzai i capelli e lei alzò appena gli occhi verso di me. Il suo sguardo era indecifrabile. Quanto stava soffrendo? Cosa potevo fare per aiutarla? Mi avrebbe perdonato?
«Come stai?», le chiesi con un filo di voce.
«Sto bene, non preoccuparti.»
Lei però era preoccupata, terrorizzata, questo era facile leggerlo nei suoi occhi. Come darle torto. Aveva un ritardo di cinque giorni e sembrava essere già incinta da almeno tre mesi. Il rigonfiamento sul suo ventre era evidente e aveva detto di aver già sentito quell’essere muoversi. Non riusciva a dormire bene, era sempre affamata e aveva nausee continue. Avrei dato qualsiasi cosa per avere un figlio da lei, ma  non così, non a queste condizioni, non in questa vita!
La strinsi ancora più forte a me. Troppo forte perché d’improvviso si dimenò per liberasi dal mio abbraccio e afferrò appena in tempo il sacchetto avanti a sé, attraversata da un altro attacco di nausea. Rimasi impietrito, con le braccia a mezz’aria, a guardarla mentre faceva sforzi sovraumani. Tutto ciò che mangiava lo vomitava, non aveva tregua. Serrai le mascelle e i pugni. Avrei avuto voglia di alzarmi e distruggere l’aereo, staccare le poltrone una ad una e scagliarle contro le pareti, avrei ucciso… avrei perfino ucciso se fosse servito ad alleviare quell’insopportabile sofferenza.
Bella si voltò verso di me. I suoi occhi erano lucidi, il suo viso rosso e sudato. Sembrava mi stesse supplicando di aiutarla e a me sembrò di morire per la seconda volta.
«Cosa posso fare?» le chiesi con voce disperata.
«E’ solo l’aereo che mi da fastidio, vedrai che appena arriviamo mi passa.»
Stava cercando di tranquillizzare me? Leggevo il terrore nei suoi occhi, specchio dei miei, angosciati e tormentati. Le accarezzai il volto e il contatto freddo della mia mano la fece tremare. La ritirai immediatamente, ma lei la riprese e se la posò sulla fronte e sulla nuca.
«Già va meglio, vedi?», mi disse cercando di sorridere, ma senza convinzione.
La ripresi tra le braccia, dosando meglio la forza questa volta, e lei chiuse gli occhi.
Finalmente l’aereo iniziò le manovre per l’atterraggio. Il volo mi sembrò interminabile. Volevo solo riportarla a casa e rimediare a quello che avevo fatto. Abbassai d’istinto gli occhi sulla pancia di Bella. Cercai di immaginare cosa stesse crescendo lì dentro, che tipo di creatura. Quanto era pericolosa per lei? Quanto tempo ci avrebbe concesso per tentare di salvarla? Chissà se troverà il coraggio per perdonarmi? Chissà se io troverò mai il coraggio per perdonare me stesso?
 
L’aereo atterrò ed io e Bella scendemmo dall’aereo. Volevo prenderla in braccio fino alla macchina, ma volle camminare da sola: voleva mostrarsi forte, pensai. Mi permise almeno di sorreggerla con un braccio intorno alla vita finché non vedemmo spuntare da lontano le sagome di Carlisle e del resto della mia famiglia. Fui immediatamente sopraffatto dalle loro ansie, dalle loro preoccupazioni, dalla loro angosce. Tutti pensavano a Bella e a come sistemare quello che era accaduto. Tutti, tranne Rose. Lei era concentrata sul…bambino…così lo vedeva. Lei voleva proteggere quella cosa che stava tormentando mia moglie!
In quello stesso momento, nel giro di pochi secondi, Bella si liberò dal mio abbraccio, mi guardò fugacemente come a scusarsi per qualcosa che stava per fare e corse via proprio tra le braccia di Rosalie!
«No!!!», gridai cercando di riafferrarla, appena collegai i pensieri di mia sorella al comportamento di Bella. «Stai lontano da lei!», le ringhiai addosso.
«E’ lei che lo vuole!», mi urlò contro Rose, mettendosi davanti a Bella.
«Non avrai quel bambino, puoi scordartelo!»
Iniziai a tremare e mi misi in posizione di attacco: l’avrei assalita se fosse stato necessario.
«Edward no! Vi prego fermatevi! Sono stata io a chiamarla, la voglio accanto. Sta solo cercando di aiutarmi!», gridò Bella ponendosi tra me e Rose.
Cercai nella mente di Rosalie e degli altri una spiegazione alle parole insensate di Bella e la trovai nella mente di Carlisle:
L’ha chiamata al telefono mentre eravate ancora sull’isola. Bella vuole tenere il bambino e sapeva che Rose sarebbe stata dalla sua parte. Mi dispiace figlio mio”.
Sentii le ginocchia cedere sotto a un peso invisibile. Alzai lo sguardo attonito verso Rosalie e Bella.
«Bella ti prego…non sai quel che dici…», inizia a dirle implorante.
«Non voglio uccidere nostro figlio», mi rispose affidandosi all’abbraccio di mia sorella.
«Tu non capisci! E’ un mostro, ti ucciderà!»
La rabbia si impossessò di nuovo di me. Carlisle e Jasper si lanciarono su di me per trattenermi ed Emmet si avvicinò a Rosalie come per proteggerla da un mio eventuale attacco.
«Ti prego Edward, andiamo a casa. Ne riparleremo lì con più calma. Questo non è il luogo adatto, qualcuno inizia a guardarci in modo strano. Andiamo», mi disse Carlisle. Ma io lo sentivo appena.
Trascinarono, dentro l’auto, il mio corpo inerme. Ero pietrificato, sconvolto. Gli occhi fissati su Bella, che si teneva la pancia e che mi guardava implorante mentre anche lei veniva fatta accomodare in macchina con Rosalie, ovviamente, Emmet ed Esme.
Vedrai Edward, riusciremo a farle cambiare idea” – pensò Alice.
«Riesci a vedere la sua scelta?», le chiesi speranzoso.
«No, non riesco a vedere niente su di lei e non capisco perché! Chissà forse ci stiamo preoccupando troppo, forse…»
«No!», le ringhiai contro. «Non permetterò che quella cosa le faccia del male. Ha già sofferto abbastanza. Non riuscirei mai a sopportarlo.»
Il silenzio scese nell’auto, nessuno ebbe più il coraggio di parlare. Il mio sguardo doveva sembrargli spiritato, demoniaco, mostruoso.
Avrei fatto qualsiasi cosa per salvarla. Qualsiasi. Se significava uccidere Rose, e perfino Emmett, bene, lo avrei fatto, mi sarei battuto come mai prima di allora.  

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Capitolo 2
*** Agonia ***


Buongiorno a tutte.
Questo è il primo effettivo capitolo della mia FF. 
Questo è uno dei momenti più intensi e dolorosi che Edward dovrà affrontare. Parlare con Jacob. 
Tutte noi sappiamo cosa si sono detti e come è andata a finire alla fine, ma nessuno ci ha mai spiegato cosa stesse provando Edward in quel momento. 
Io ho provato a farlo.
Aspetto con ansia di sapere le vostre opinioni sulla mia storia.
Buona lettura.





Era passata una settimana dal nostro ritorno a casa, e le cose andavano sempre peggio. Bella si era messa in testa di voler portare avanti la gravidanza e Rosalie le faceva da guardia del corpo per evitare di farci avvicinare a lei: io non potevo avvicinarmi a mia moglie!
La sera che tornammo dall’isola, Carlisle cercò come prima cosa di farle un’ecografia, per capire cosa stesse crescendo dentro di lei. Rosalie all’inizio non gli permise di avvicinarsi, ma fortunatamente Carlisle riuscì a convincere Bella che sarebbe stato un bene anche per…quella creatura…riuscire a vederci più chiaro e che non voleva farle del male. Purtroppo, però, fu del tutto inutile perché non riuscì a vedere assolutamente niente.
I giorni successivi furono un inferno. Bella volle sistemarsi sul divano e Rosalie le restava accanto giorno e notte senza lasciarla mai, neanche un attimo. Il suo corpo mutava visibilmente giorno dopo giorno e dopo una settimana sembrava già una donna al quinto mese di gravidanza, ma era dimagrita, pallida e sfinita. Il suo corpo rifiutava qualsiasi tipo di cibo e quell’orribile mostro che aveva dentro sembrava nutrirsi di lei.
Le stavo accanto, proprio come Rosalie, in ogni momento, ma era come se fossi da un’altra parte. Ero all’inferno, ed era peggiore di come me lo fossi immaginato.
La fissavo inerme mentre si contorceva dal dolore, mentre il mostro la consumava lentamente, ogni giorno di più. Nessun dolore poteva essere paragonato al mio. Nessun umano avrebbe retto una tale agonia, un senso di colpa così profondo e radicato che ti toglie il respiro, ti paralizza il corpo e ti fa sentire come fossi divorato dalle fiamme. Già, perché la cosa più assurda e peggiore di quella situazione era che fossi il responsabile della tortura a cui la mia Bella era sottoposta. Io, che avrei dato la mia stessa vita, o quello che era, per proteggerla, io l’avevo ridotta così e non potevo fare niente per aiutarla: non me lo permetteva.
«Bella, amore, ti prego…basta!», le dissi con un filo di voce, quando la vidi di nuovo stringere i denti per il dolore.
«Ce la faccio», rispose.
«No, non è vero! Ti prego, ti supplico, non farmi questo Bella!»
Se il mio corpo di pietra me lo avesse permesso mi sarei messo a piangere davanti a lei,  ed invece non potevo tirare fuori il mio dolore neanche in quel modo.
Allungai una mano per accarezzarle il viso e Rosalie mi bloccò.
“Non ti avvicinare Edward” – pensò – “Dovrai passare sul mio corpo e poi su quello di tutti gli altri”.
Già, perché non erano più solo Rose ed Emmett ad appoggiare quella follia, a loro si era unita anche Esme e di conseguenza Carlisle.
«Tranquilla Rose, Edward non mi farebbe mai del male!»
Come poteva dire una cosa simile? Le stavo facendo già del male, un male atroce. Così ritirai il braccio e tornai a fissarla immobile.
“A te no, ma al bambino sì”, pensò Rosalie. A lei, infatti, importava solo di quell’essere, Bella era solo l’involucro. Perché non riusciva a capirlo? Se fosse morta dopo averlo messo alla luce a lei non sarebbe interessato molto in fin dei conti, anzi, in quel modo, avrebbe potuto prendersi cura lei di…di quella cosa. Tramortii al pensiero di quella visione: di Bella che giaceva senza vita sul mio letto mentre Rosalie teneva tra le mani quella specie di…animale. Cos’altro poteva essere? Cosa poteva ridurre una donna in quello stato, se non un animale?
Erano giorni che cercavo un modo, un qualsiasi modo per salvarla da quella morte che vedevo sopraggiungere inarrestabile, ma non trovavo una via d’uscita e, per di più, Alice non riusciva ad avere visioni su Bella, come se il suo futuro non ci fosse.
La prima soluzione che mi venne in mente fu quella di sbarazzarmi di Rosalie. Avrei potuto farlo, in fondo ero più forte e più veloce, ma poi ci sarebbe stato Emmett e con lui le cose sarebbero state diverse. Avrebbe vinto ed io sarei morto…e dopo di me sarebbe morta Bella. Potevo farlo allontanare da casa, con l’inganno, per qualche minuto, fargli credere che Alice aveva visto tornare i Volturi e che c’era bisogno di una spedizione nella foresta per verificare se fosse vero. Nel frattempo avrei aggredito Rosalie e avrei portato Bella nella sala operatoria improvvisata da Carlisle al piano di sopra. In fondo avevo anche una laurea in medicina, forse sarei riuscito a sedarla e ad estrarle quella cosa dal  corpo, prima del ritorno di Emmett. Poi sarei morto, ma almeno Bella sarebbe stata viva, si sarebbe salvata. Oppure potevo battermi…certo sarei dovuto andare a caccia, visto che nello stato in cui ero, avevo appena la forza di stare in piedi, ma se mi fossi nutrito per bene…ma certo! Come avevo fatto a non pensarci prima! C’era un modo per sconfiggere Emmett, un solo modo. Una cosa sola mi avrebbe concesso un po’ di vantaggio su di lui: il sangue umano. Sarei tornato ad uccidere. Lo avrei fatto per Bella, solo per quella volta. In fondo era la mia natura no? Avrei cercato qualche delinquente, come avevo sempre fatto in passato, e lo avrei sacrificato per far vivere mia moglie. Ma cosa diavolo stavo dicendo? Uccidere Rose, Emmett, tornare ad essere un assassino, seguire quella natura diabolica da cui ero fuggito, contro cui avevo combattuto e vinto dopo tanti sforzi. Deludere Carlisle, Esme…no, non potevo, doveva esserci un altro modo, doveva…
«Bella!!!», urlai in preda al panico.
Aveva emesso un grido atroce, straziante. Il suo corpo si era irrigidito di colpo e poi afflosciato di nuovo sul divano. Si rannicchiò in posizione fetale, stringendosi le ginocchia al petto.
«Ce la posso fare. E’ solo molto forte.», riuscì a dire mentre riprendeva a respirare.
«Smettila, per favore…io non posso…», non riuscivo a parlare.
Ero lì, inginocchiato a fianco a lei, divorato dalle fiamme, svuotato di ogni forza, con lo sguardo perso nel vuoto, sfinito, morto.
 
Come se il suono provenisse da chilometri di distanza, sentì qualcuno bussare alla porta, ma non  mi mossi di un centimetro.
Era Jacob, sentivo i suoi pensieri forti e chiari. Era venuto per uccidermi e io glielo avrei lasciato fare.
«Chi è?» chiese Bella con la voce sofferente.
«E’ il tuo amico randagio. Bisogna mandarlo via, non può stare qui!», le rispose Rosalie con astio.
«No, vi prego fatelo entrare. Non voglio avere segreti per lui.»
Voleva vederlo. Riusciva a malapena a tenere gli occhi aperti e a parlare eppure voleva vedere Jacob. Ma sì, che la veda, pensai, così mi ucciderà ancora più velocemente. Jacob pensava di trovarla  ormai trasformata, assetata, pensava che fosse diventata un mostro proprio come me. Ma quello che avrebbe visto sarebbe stato molto peggio.
«Jacob, vieni, siamo in salotto», disse Bella cercando di alzare il tono della sua voce.
Riuscivo a sentire i passi di Jacob che si avvicinava cauto verso la stanza dove tutti noi eravamo riuniti. Non capì perché ci trovassimo tutti lì, finché non vide il mio volto e il mio sguardo spiritato fisso sul divano in cui giaceva Bella. Inizialmente fu sollevato di vederla ancora umana, di sentire ancora il suo dolce profumo, ma poi notò che c’era qualcosa di strano in lei, qualcosa di atroce che aveva ridotto perfino me ad uno straccio.
Proprio in quel momento Bella ebbe un altro attacco di nausea e Rosalie fece appena in tempo a passarle la bacinella. Mi gettai in avanti per aiutarla ma Rose mi fulminò con lo sguardo: “Ci penso io!”. Tornai al mio posto, in ginocchio davanti a mia moglie, impotente come non mai. Appoggiai il capo sulle sue gambe, almeno questo mi venne concesso, e mi lasciai invadere nuovamente dalle fiamme, dal dolore. Piangevo, almeno per me era come piangere. Bella sentì il mio tormento e con dolcezza, come per rassicurarmi, mi passò la sua mano scheletrica sul viso, accarezzandomi. Non sentivo nemmeno più il calore della sua pelle. Era fredda, come me, come la morte.
«Scusa…», sospirò.
Forse parlava a me, forse a Jacob non aveva importanza. Si era avvicinato talmente tanto al divano che sentii Rose ringhiargli contro.
«Rose, per favore, non ce n’è bisogno», bisbiglio Bella.
«Bella che cos’hai? Sei così pallida…così…», le chiese Jacob.
Sta morendo, la sto uccidendo con le mie mani, avrei voluto rispondergli io.
«E’ davvero bello vederti,  Jacob.»
Voleva dire: non so ancora quanto riuscirò a sopravvivere, perciò sono felice di averti rivisto almeno una volta! A quel pensiero iniziai di nuovo a gemere e tremare sopra alle sue ginocchia e la sua mano gelida mi accarezzò di nuovo la testa.
«Puoi darmi una mano?», chiese Bella a Rosalie, mentre la sentivo muoversi sotto di me.
Improvvisamente la sentii scivolare via ed io caddi inerme in avanti con il volto tra i cuscini del divano: ero incapace di muovere anche solo un muscolo. Niente, non sentivo più niente solo dolore.
Con la coda dell’occhio vidi Bella in piedi sorretta da Rosalie, mentre mostrava il suo ventre gonfio a Jacob, quasi come fosse un trofeo, qualcosa di cui andare fieri. Non capì subito cosa stesse cercando di dirgli, ma quando arrivò alla giusta conclusione la sua rabbia esplose nella sua testa come un uragano.
Non riusciva a capire come fosse potuto succedere ma, soprattutto, mi odiava. Gli faceva ribrezzo solo pensare a quello che avevo fatto, mi odiava per averla ridotta in quel modo. Aveva ragione, almeno su una cosa finalmente io e Jacob eravamo d’accordo.
Ma furono le sue ultime parole non dette a sconvolgermi per la verità che racchiudevano “Quella cosa si nutre di lei dall’interno..è uno schifoso mostro…come il padre!”.
Scattai in piedi e nel giro di un secondo mi ritrovai faccia a faccia con lui. Voleva uccidermi, non mi importava, ma prima dovevo provare ancora una cosa, un ultimo disperato tentativo e avevo bisogno di lui. Mi feci coraggio e parlai:
«Andiamo fuori, Jacob!», gli ringhiai.
«D’accordo», mi rispose con aria di sfida, “sono qui per questo”, pensò.
Emmett e Jasper mi si affiancarono all’istante, temendo uno scontro tra me e Jacob, ma che sapevo non ci sarebbe stato: non quel giorno. Iniziammo ad incamminarci verso la porta quando sentii la mano di Bella sfiorarmi il braccio.
«No!», urlò Bella prima di perdere l’equilibrio, prontamente sorretta da Rosalie.
«Ho solo bisogno di parlare un momento con lui…di spiegargli alcune cose», le dissi sottovoce per tranquillizzarla allungando il braccio verso di lei per accarezzarla.
La rabbia di Jacob per quel mio gesto, mi bloccò e ritirai la mano. Non voleva che la toccassi: era pronto a staccarmi la testa in quell’istante. Aveva ragione, non avevo più alcun diritto di sfiorarla, di starle accanto: nonostante fosse mia moglie non avevo più alcun diritto su di lei. Li avevo persi tutti nel momento in cui l’avevo condannata a morte.
«Va tutto bene, davvero, stai tranquilla, saremo di ritorno tra pochi minuti», provai a dirle con tono calmo e rassicurante.
Mi fissò per un istante preoccupata, forse per capire se stessi dicendo la verità, e poi si sdraiò nuovamente sul divano, priva di forze.
«Ok...», mormorò poco convinta.
Mi diressi verso l’uscita seguito da Jacob. Era davvero convinto che volessi battermi con lui. Ma davvero non capiva che in quel momento non mi importava niente di me, né di morire?! Niente sarebbe stato peggio di quello che stavo passando. Io volevo solo salvare la mia Bella. Sentivo i suoi pensieri: voleva attaccarmi di sorpresa, così che non avessi avuto il tempo di reagire. Sciocco ragazzino!
«Sta buono Jacob, non sto cercando uno scontro con te, non ora, almeno. Arriverà il momento, abbi pazienza», gli dissi a voce bassa continuando a camminare, senza voltarmi indietro.
«Sono desolato, ma la mia pazienza è già finita da un po’.»
Beh, avrebbe dovuto averne. Doveva aiutarmi. Se non me, almeno Bella. L’amava ancora e avrebbe fatto di tutto per lei. Perciò doveva sapere la verità: che stava morendo.
Mi bloccai di colpo e mi voltai verso di lui fissandolo negli occhi. Lo vedevo appena, accecato com’ero dal dolore, straziato, devastato. Avrei voluto urlare, piangere, imprecare, eppure nessun suono riusciva ad uscire dalla mia bocca.
«Quella cosa, quel mostro, finirà per ucciderla, vero?», mi chiese leggendo l’angoscia nel mio volto. Anche nei suoi occhi vedevo lo stesso tipo di tormento, ma capì da solo che era solo una minima parte del mio, dato che se stava così non era colpa sua.
«Hai ragione, la colpa è solo mia», sussurrai con disperazione prima che le mie gambe cedettero una volta per tutte al dolore, facendomi cadere in ginocchio davanti a lui.
Sprofondai con le mani nel terreno, strinsi i pugni pieni di terra e iniziai a tremare in preda ad una sorta di convulsioni.
«Sì, sta morendo», riuscii a dire tra i lamenti.
«E allora perché non fate qualcosa? Tuo padre è un dottore, tiratele fuori quella bestia», urlò.
Alzai lo sguardo verso di lui come per dirgli “non ti sembra ovvio il perché?”, ma poi mi resi conto che probabilmente Jacob non aveva un quadro abbastanza chiaro della situazione.
«Lei non vuole…», gli spiegai.
Non fu sorpreso dalla mia risposta. Pensò che era tipico di Bella sacrificarsi per gli altri: morire pur di darmi un figlio.
«Beh, io non lo avevo capito. Credevo che fosse terrorizzata per quello che le stava accadendo. Credevo che fosse arrabbiata con me. Non avrei mai immaginato che potesse aver in mente di tenere il… quella cosa. A te invece è bastato vederla, ascoltare poche parole e hai subito capito. La capisci molto meglio di me», dissi d’un fiato, mentre quella verità mi disturbava e mi tormentava ancora di più.
«Aspetta un attimo: hai detto “lei non vuole”? Sette vampiri non riescono ad averla vinta su una ragazzina malconcia di nemmeno cinquanta chili? Che c’è, avete paura di farvi la bua?», mi disse con un certo sarcasmo. Un sarcasmo eccessivo e che trovai davvero di cattivo gusto. “Calmati Edward, calmati”, continuavo a ripetermi, “lui non può sapere”.
«Credi che non ci abbiamo provato?! Credi che io non abbia cercato…», provai a spiegargli prima che i suoi pensieri mi interrompessero: “e allora perché? Un gesto simile intaccherebbe il vostro onore?”   
Di nuovo quel tono, e di nuovo l’istinto di staccargli la testa riaffiorò.
«Nessun onore da difendere, quello, almeno io, l’ho perso da tempo. Si tratta di un problema più pratico: uno di noi è dalla sua parte  e non ci permette di avvicinarci a lei.»
Ero sicuro che avrebbe capito di chi stessi palando ed infatti arrivò a capire la situazione nel giro di pochi secondi. Ora tutto gli sembrava più chiaro, anche se non riusciva a capire quale vantaggio ne avrebbe tratto Rosalie. Voleva solo vederla morire?
«Forse è così, ma ci sono anche altre ragioni che la spingono ad agire in questo modo…è complicato», dissi rispondendo ai suoi interrogativi, senza addentrarmi nei particolari della sua storia.
«Allora mettila fuori combattimento per un po’. Se hai paura, posso pensarci io, non mi è mai andata troppo a genio», mi suggerì. «In fondo, se non darai fuoco al suo corpo, potrà ricomporsi, no?!»
«Non è una cosa così semplice, credimi. Emmett è dalla sua parte e anche mia madre. Né io, né Carlisle possiamo fare molto a queste condizioni», gli spiegai utilizzando il poco fiato che mi era rimasto, mentre prendevo coscienza del fatto che non c’era via di scampo.
«Non avresti dovuto entrare nella sua vita. Avresti dovuto tirarti indietro quando ne hai avuto l’occasione.»
Sentii di nuovo cedere le gambe sotto il peso di quelle parole.
«Lo so», ammisi.
Avrei dovuto pensarci prima, aveva ragione, ma l’amavo troppo per riuscire a rinunciare a lei. Lo guardai per fargli capire che la pensavo come lui, ma che non ero stato in grado di farlo, che non avrei mai potuto immaginare di arrivare a farle una cosa simile.
«Non potevo sapere che sarebbe successa una cosa del genere. Nessuno di noi poteva. Se avessi avuto anche solo un minimo dubbio, non avrei mai acconsentito a…», provai a giustificarmi, di fronte al suo sguardo accusatorio. «Non immaginavo che potesse rimanere incinta di uno come me.»
«E nemmeno che quella creatura fosse in grado di ridurla nello stato in cui è ora.»
«Già», sospirai.
 Leggevo un odio profondo nei suoi occhi.
«Sono un mostro, lo so Jacob. Non ho bisogno che tu me lo ricordi ogni trenta secondi. Il disprezzo che provi per me è niente paragonato a l’odio che provo per me stesso», gli dissi fissandolo, sentendo la voglia che aveva di farmi a pezzi. «Se mi uccidi ora, non risolverai niente, la faresti soffrire solo di più», aggiunsi rialzandomi in piedi.
“Se servisse, te lo lascerei fare all’istante”, pensai.
«Allora che vuoi?», mi chiese spazientito.
«C’è una cosa che vorrei chiederti: un favore.»
«Scordatelo succhiasangue!»
Lo guardai ancora, disperato, pronto a gettarmi di nuovo ai suoi piedi.
«Non te lo sto chiedendo per me, non oserei mai tanto», aggiunsi sospirando.
«Per lei, quindi? Cos’altro potrei fare? Ho fatto di tutto per allontanarla da te. Per farle capire che razza di vita avrebbe avuto entrando a far parte della tua famiglia. Non mi ha ascoltato…ed ora è troppo tardi.»
No! Urlai nella mia testa! Non ci provare Jacob, non provare a dirlo di nuovo!
«Non è detto, Jacob», ripresi a dirgli cercando di controllare il dolore. «Voi due avete un legame speciale, vi capite con uno sguardo. A me non da più ascolto, mi vede come il nemico…forse ha persino paura di me…»
Il dolore prese il sopravvento e non potei finire la frase.
«Ma se sarai tu a parlarci…se sarai tu a chiederglielo…», riuscii ad aggiungere.
«Cosa?»
Non riuscivo più a parlare, ragionare con lucidità. Quello che stavo per chiedergli era orribile, orribile per qualsiasi uomo innamorato. Ma non potevo tirarmi indietro. Stavo per impazzire. La testa mi stava per scoppiare. Anche Jacob si accorse della mia reazione e si chiese se anche i vampiri potevano avere una sorta di esaurimento nervoso.
«A quanto sembra sì», ammisi, «Non posso farle vedere quanto tutto questo mi stia facendo soffrire, non fino in fondo, almeno. Con lei devo fingere di essere forte…ma con te…non mi importa.»
Jacob era la mia ultima speranza…il mio ultimo disperato tentativo per salvarla, pur rischiando di perderla per sempre.
«Non capisco cosa vuoi che le dica? E poi credi che mi darà retta? Come quando le ho detto di starti alla larga due anni fa, o quando le ho implorato di scegliere me e non te. O quando l’ho supplicata di non sposarti, di non trasformarsi in un mostro? Se avesse dato ascolto ad una sola di queste richieste ora non saremmo qui», mi disse aspro. «Perciò proprio non ho idea di cosa potrei dirle o di cosa potrei fare per farle cambiare idea!»
«Tutto ciò che vuole, purché lei viva», gli sussurrai.
La perderò, pensai, ma potrà avere tutto quello che non posso dargli io.
«Se avessi capito prima quanto fosse forte in lei il desiderio di diventare madre, non le avrei mai permesso di fare certe scelte. Sarei stato io stesso a spingerla tra le tue braccia. Ma l’ho capito tardi e questa è la punizione che mi merito. Io merito di soffrire, fosse anche per l’eternità, ma non lei. Se lei vuole avere dei figli li avrà. Io non potrò mai essere in grado di esaudire questo suo desiderio, ma tu sì…»
Mi guardò spaesato ancora per qualche istante, poi, finalmente, capì. Avrei potuto intuirlo dalla sua espressione senza bisogno di leggergli nella mente. Era sotto shock e cercava di metabolizzare le mie parole.
«Non posso permettere che lei muoia, non posso rimanere a guardarla soffrire e deperire senza poter far nulla. Voglio solo che viva e che torni a sorridere, non importa di chi sia il merito», aggiunsi.
Quanto male faceva dire quelle frasi? Quanto male un essere umano può sopportare? Oh, giusto io non ero umano, io ero una specie di demone e i demoni devono saper convivere con il male.
Ricominciai a tremare nel tentativo di controllare quel maledetto fuoco che sentivo ardere dentro, come se stessi bruciando vivo.
«Devi parlare con lei, Jacob. Devi almeno provare a convincerla che sia la cosa migliore per lei. Ti supplico.»
Avanti Jacob, pensai, fallo per lei! Non mi importava di sapere con chi avrebbe scelto di stare! Avrei sopportato qualsiasi cosa, tutto.
«Ma sei impazzito davvero?! Non accetterà mai!», sbottò Jacob all’improvviso.
«Lei tiene molto a te, tu sei una delle persone più importanti della sua vita», gli dissi con voce tremante.
«Non basta…», ammise suo malgrado.
«Se è disposta a sacrificare la sua vita per avere un bambino, perché non potrebbe accettare un compromesso diverso, meno drastico?!»
Non credevo nemmeno io alle mie parole, figuriamoci Jacob.
«Caspita, avevi ragione, non la conosci proprio.»
«Non dico che sarà facile convincerla. E’ proprio per questo che ho bisogno di te. Tu puoi farle vedere la cosa sotto un’altra luce, tu sapresti usare le parole giuste.»
Attesi in silenzio, aspettando che l’idea attecchisse in lui. Sapevo che in fondo lo desiderava. Alla fine la vide e io con lui, spiando i suoi pensieri. Vedeva Bella, la mia Bella, tra le sue braccia, la sentiva sussurrare il suo nome. La immaginò con il pancione, incinta di suo figlio.
Quelle immagine furono peggio di una stilettata  al cuore.
«Non ci riuscirei mai, è troppo testarda. In che universo vivi?»
Un universo che smetterà di esistere, nel momento esatto in cui il suo cuore cesserà di battere, avrei voluto rispondergli.
«Ti chiedo solo di provarci», insistetti, avendo letto l’incertezza nei suoi pensieri. Voleva dirmi di no, ma la tentazione di provarci era troppo forte.
«Mi dici come sei arrivato a pensare una cosa simile? Non ci dormi la notte?», esclamò strafottente. «Oh, giusto, non dormi mai, ecco dove trovi il tempo…»
«Sono giorni che penso a un modo per salvarla. Le ho pensate tutte credimi. Non sarei voluto arrivare a tanto, ma non ho altra scelta. Speravo che venissi da noi per potertene parlare e così è stato», gli raccontai. Feci una pausa, presi un respiro, benché non servisse molto ai miei polmoni e continuai con la spiegazione. «Sarei venuto io da te, ma…non riesco a lasciarla. Quella cosa cresce ogni giorno di più e…»
«Che razza di creatura è?», mi chiese inorridito.
«Non lo sappiamo e né Bella, né Rosalie, ci permettono di fare esami più approfonditi per capire qualcosa di più. So solo che è molto forte, più forte di quanto lo sia lei, questo mi sembra ovvio», gli confidai gemendo. «Perciò ti prego, aiutami a fermare tutto questo prima che sia troppo tardi.»
«Proponendole uno scambio di coppia?! Tu sei pazzo davvero!»
«Dannazione Jacob, ti sto chiedendo di provarci. Non abbiamo niente da perdere n fondo!»
Iniziavo davvero a perdere la pazienza. Gli stavo offrendo mia moglie, la mia unica ragione di vita, la mia vita, e lui titubava? Aveva paura del suo rifiuto, ecco la verità!
«Credo che tu sia in grado di sopportare un po’ di dolore, se servirà a salvarle la vita!», esclamai irritato.
«Tanto non funzionerà...»
«Almeno ci avremo provato. Magari riuscirai a confonderla, a far vacillare le sue certezze. Mi accontento di questo.»
Avrei saputo approfittare di quel momento, seppur breve. L’avrei potuta convincere.
«E se, in caso contrario, dovesse accettare? Come pensi che reagirai? Ti tirerai indietro?»
«Te l’ho già detto: se vuole un bambino farò in modo di far avverare i suoi desideri. Me ne starò in disparte.»
Forse me ne sarei andato per un po’, per imparare a gestire il dolore, ma poi sarei tornato e le sarei rimasto accanto nel modo che lei voleva.
«Ne saresti davvero capace? Lasceresti Bella a me? Punto e basta. Riusciresti a vivere senza di lei, sapendo che lei è con me?»
Deglutii rumorosamente e presi un respiro prima di rispondere.
«Proprio non lo capisci vero? Magari quando avrai l’inprinting tutto ti sarà più chiaro…»
«Di che parli?»
«Parlo di quello che Bella significa per me. Saperla tra le tue braccia mi farebbe soffrire, è vero, ma riuscirei a sopravvivere in un modo o nell’altro. Ma se lei…muore…se lei smette di far parte di questo mondo, ogni cosa, tutto, non avrebbe più senso di esistere. Compreso me. »
La mente di Jacob era un turbinio di idee, di paure, di domande. Era pentito di non avermi ucciso subito.
«Non posso ancora permetterti di uccidermi», gli dissi. «Ma se il mio piano non dovesse funzionare, se Bella non dovesse farcela, ti prometto che sarò io stesso a gettarmi ai tuoi piedi pregandoti di porre fine alla mia esistenza.»
«Non avrai bisogno di insistere molto», mi ringhiò Jacob.
«E’ quello che spero», gli dissi cercando di sorridere.
Era stato il mio piano da sempre: cessare di esistere se la mia Bella non faceva più parte di questo mondo. Mi avrebbe tolto la fatica di dover tornare in Italia.
«Perciò farai come ti ho chiesto?», gli dissi porgendogli la mano.
«Sei proprio ostinato eh? Ok, va bene. Ma se rifiuta, se io la perdo per colpa tua…» mi disse con tono minatorio.
«Sarò qui ad aspettarti.»
La sua mano bollente, dopo una breve esitazione strinse la mia, fredda e dura come il ghiaccio e insieme ci dirigemmo verso casa.

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Capitolo 3
*** In Ascolto ***


Ecco qui il nuovo capitolo!
Nella storia originale sappiamo quello che Jacob e Bella si sono detti, ma non abbiamo mai saputo cosa abbia fatto Edward nel frattempo.
Questa è la mia versione della storia.
Vorrei anche specificare che questa FF è stata scritta prima dell'uscita del film di Breaking Dawn, perciò molte cose non corrispondono con quelle che abbiamo visto sul grande schermo.
Qusta storia si basa solo ed esclusivamente sul romanzo.
Aspetto le vostre recensioni.

Buona lettura.






Procedevo verso casa, seguito da Jacob. Come sempre la sua mente era piena di emozioni contrastanti. Non voleva fare quello che gli avevo chiesto, lo riteneva sbagliato, perverso: ovvio che lo fosse, ma quale altra alternativa mi rimaneva? Ero sicuro che una volta rimasto solo con Bella, una volta che avesse visto da vicino il suo corpo martoriato, si sarebbe fatto coraggio e le avrebbe offerto l’unica soluzione possibile, per quanto rivoltante potesse essere. Cosa pensava, che per me fosse facile accettarlo? Donarle l’unico appiglio che mi teneva ancorato a questo mondo, era un’atrocità che mai avrei pensato di poter sopportare: mai, prima di averla vista su quel divano.
Entrammo in casa e tutti ci guardarono stupiti. Emmett sperava di vedermi tornare da solo e così anche Rosalie, mentre Esme, Carlisle e Jasper ci fissarono sollevati di vederci entrambi integri, senza un graffio.
Avevo attirato Jacob lontano dalla casa perché nessuno di loro potesse ascoltarci e conoscere il mio piano: nessuno di loro avrebbe potuto capire.
Incrociai lo sguardo di Bella che, sentendo la porta aprirsi, si era sporta dal divano. Guardò per un attimo Jacob e poi tornò su di me. Non era necessario riuscirle a leggere la mente per capire quanto il mio incontro con Jacob l’avesse fatta stare in ansia: le sue occhiaie sembravano ancora più profonde e il suo colorito ancora più pallido.
«Jacob vorrebbe parlare da solo con Bella, perché un usciamo un attimo», dissi cercando di sembrare tranquillo.
«Io non la lascio con questo qui. Dovrai farmi a pezzi per portarmi fuori», sibilò Rosalie.
Non chiedermelo due volte Rose, pensai.
«Bella, per te è un problema restare sola con Jacob?»
Sapevo che solo lei avrebbe potuto convincere Rosalie ad allontanarsi. Il suo sguardo era confuso, forse non si fidava neanche più di me.
«Rose, puoi andare, tranquilla. Di Jake mi fido.»
«E se fosse una trappola?», le suggerì Rosalie.
Sentivo cedere la mia corazza, sentivo il mostro impadronirsi di me, sentivo che stavo per cedere, per scattare.
«Non mi allontanerò da te neanche per un minuto, così potrai controllarmi. In fondo sono io quello pericoloso per Bella», mormorai trattenendo la rabbia.
«No, non è così. Ti prego Edward non devi pensare che…», si oppose Bella con le poche forze che aveva in corpo.
«Ho scelto le parole sbagliate, scusami amore. Non è quello che intendevo dire, stai calma», dissi di scatto, sforzando i muscoli della mia bocca per farle intravedere una specie di sorriso.
Che diavolo mi era saltato in mente di dire? Non la stavo torturando già abbastanza? Il mio dolore avrebbe potuto aspettare, il suo doveva sparire.
Nessuno ancora si era mosso, così insistetti.
«Vi prego usciamo dieci minuti. Tutti!», ripetei con la voce rotta dal dolore, indicando la porta.
Esme, Jasper e Carlisle furono i primi ad uscire, seguiti da Emmett che mi guardò torvo.
“Stai attento a quello che fai Edward, non vorrei doverti far del male”.
Ignorai il suo avvertimento e mi concentrai su Rosalie, ancora immobile vicino a Bella, che mi fissava.
“Non mi fido di te”.
«Rose, vai con Edward», le sussurrò di nuovo Bella.
Finalmente si mosse. Mi fissò ancora, lanciandomi imprecazioni e avvertimenti di ogni genere. “Dopo di te”, pensò indicandomi l’uscita.
Ce ne andammo e prima di richiudere la porta lanciai un ultimo disperato sguardo a Jacob e Bella. Doveva convincerla.
«Allontaniamoci di qui, lasciamogli un po’ di privacy», suggerii agli altri.
Ci incamminammo verso la foresta. Emmet e Carlisle ne approfittarono per andare a caccia nei dintorni mentre io rimasi con Esme e con Rosalie, ovviamente, che non mi lasciava un attimo di respiro.
Ero ancora abbastanza vicino da poter sentire la mente di Jacob anche se non con la chiarezza che avrei voluto. Sarebbe stato meglio non ascoltare, non sottoporre il mio corpo ad un ulteriore strazio, così atroce, ma non riuscii a resistere alla tentazione.
Jacob non aveva ancora affrontato il discorso, tergiversava, cercando di far ragionare Bella con altre parole. Ad un certo punto si arrabbiò.
Credi di essere forte? Vuoi dimostrare a tutti che puoi farcela? E per cosa? Volevi Edward sopra ad ogni altra cosa, ed ora che lo hai sposato rinunci a lui?! Hai idea di quanto questo tuo comportamento lo stia facendo soffrire? Di quanto stia facendo soffrite tutti noi!”.
Sentii le gambe cedermi. Mi appoggiai di peso ad un albero che era a fianco a me, con un tonfo che quasi lo sradicò.
«Edward che cos’hai?», mi chiese allarmata mia madre.
«Sto…sto bene, non è niente», cercai di dirle.
«E’ per Bella vero? Stai ascoltando Jacob.»
«Non avrei voluto…», aggiunsì, crollando definitivamente a terrà.
«Rosalie, lasciaci un momento per favore», disse Esme.
«No, non pensateci nemmeno!», ringhiò mia sorella.
«Rosalie!!!», le urlò allora mia madre.
Non l’avevo mai sentita usare quel tono con uno dei suoi figli. Era sconvolta dal mio dolore, ne soffriva e voleva porgli fine.
Tenevo lo sguardo fisso sul terriccio, ma sentii gli occhi di Rosalie trapassarmi e mi urlò contro i suoi pensieri.
“Non ci provare Edward, non provare ad avvicinarti a loro”, e poi se ne andò con un agile salto.
«Edward, ti prego parla con me. Figliolo devi reagire, ti prego!»
Ma io ero assente e la sua tenera voce era solo un eco lontano. Dovevo ascoltare Bella, dovevo sapere cosa pensava. Poi capii il suo piano, il suo piano sconsiderato. Stava spiegando a Jacob che quando sarebbe stata sul punto di morire uno di noi l’avrebbe trasformata, ma che fino a quel momento lei avrebbe resistito per il suo bambino. Jacob non era d’accordo con la sua scelta e cercò di convincerla a rivedere il suo piano.
“Non c’è più tempo Bella! Non sai quanto ancora potrai resistere. Non morire ti prego. Se non ti importa di me, o degli altri, almeno fallo per lui: per Edward. Sai bene cosa farà se ti perderà. Lo ha già fatto una volta: vuoi che torni in Italia per farsi uccidere?”
Sapeva benissimo che non ce ne sarebbe stato bisogno, avrei concesso a lui l’onore. Jacob continuava a tirarmi in ballo credendo che fosse l’unico modo per smuovere la coscienza di Bella, ma non aveva ancora trovato la forza per proporle la mia idea.
«Edward, rispondimi! Edward!»
La voce di Esme mi riportò lì nella foresta. Abbi un po’ di contegno, pensai, almeno di fronte a lei.
«Mi dispiace mamma. E’ un dolore che non riesco più a sopportare.»
Alzai gli occhi e vidi il suo volto scosso e angosciato, il suo sguardo compassionevole su di me.
«Cerca di capirla, provaci. L’amore che si prova per un figlio non è razionale, non si riesce a controllare. E’ immenso, ti avvolge e ti distrugge a volte. Non è solo parte di lei, è anche parte di te, Edward.», mi disse con tono amorevole.
«Se lei muore, io morirò con lei.» E non era una metafora.
«Può farcela, con l’aiuto di tutti noi. Non riuscirai a farle cambiare idea, perciò smetti di combattere e stalle vicino come solo tu puoi fare.»
Mia madre continuava a parlarmi, ma io non l’ascoltavo più, attirato di nuovo dalla mente di Jacob. Aveva visto quei terribili lividi sul ventre di Bella, l’orrore che quel mostro le stava facendo. Era sconvolto disgustato e finalmente capì il perché ero disposto a tutto pur di salvarla.
“Potresti avere un’altra scelta. Potrebbe esserci un modo diverso per ottenere ciò che desideri. Magari un giorno potresti avere un bambino, un bambino umano, intendo dire. Non da lui, ovvio.”
Ci siamo, pensai. Bella lo fissava, spaesata, confusa. Non aveva ancora capito cosa Jacob stesse cercando di dirle. Il quel momento un’ansia terribile mi assalì. Afferrai dei rami che erano a terra e lì stritolai tra le mie mani. E se avesse accettato? Avevo dato per scontato che quello di Bella sarebbe stato un no, e che nella migliore delle ipotesi Jacob sarebbe al massimo riuscito a far vacillare la sua sicurezza. Ma se non fosse andata così? Se avesse accettato il compromesso? Mi rimisi all’ascolto paralizzato da quel pensiero.
“Jake, ma che stai dicendo? Non voglio “un” bambino. Voglio il “suo” bambino”. Questo. Che senso avrebbe avere un figlio da un estraneo?! Per chi mi hai preso?”
Era arrabbiata, furiosa. Perciò voleva quel…bambino, il mio bambino. Un sollievo, decisamente inappropriato, mi attraversò.
“L’idea non è farina del tuo sacco, vero Jake? E’ stato Edward ha chiederti di parlarmi. Crede davvero che il mio sia solo un capriccio? Che sia stata attraversata da una voglia improvvisa di diventare madre? Era l’ultima cosa a cui pensavo. Ma è successo, ed è successo con l’uomo che più amo al mondo. Forse la sofferenza che gli sto provocando in questo periodo, glielo ha fatto dimenticare, ma io lo amo ancora sopra ogni cosa. Amo lui e tutto ciò che è parte di lui!”.
Oh Bella, amore mio, sono io che sto facendo soffrire te, che ti sto uccidendo, pensai in preda alla disperazione.
Tornai con non poco sforzo a concentrarmi sui pensieri di Jacob. La sua determinazione vacillava. Bella aveva capito che c’ero io dietro alle sue idee.
“Lui non pensava ad uno sconosciuto…”, mormorò.
Voleva sapere cosa gli avessi detto, ma lui non aveva più né il coraggio né la forza per aggiungere niente, ma la mia Bella non era una sciocca e improvvisamente capì.
Tramite Jacob, vidi gli occhi di mia moglie fissi su di lui. Lo fissava incredula, a bocca aperta.
“No, non posso crederci. Arriverebbe a tanto?!”.
Ovvio, che ero disposto a tutto. A tutto tranne che a vederla morire.
Mi ricordai solo in quell’istante della presenza di Esme vicino a me. Aveva capito quello che stavo facendo e, nonostante non condividesse la mia scelta, mi era rimasta accanto per tutto il tempo senza dire più una parola.
«Cosa devo fare?», le chiesi come se fossi tornato bambino.
«Prenditi cura di lei, stalle accanto, accetta la sua scelta. Se avessimo potuto immaginare tutto questo, saremmo stati più attenti, ma nessuno poteva saperlo. Tu, non potevi saperlo. E’ capitato Edward. Una creatura sta crescendo dentro di lei, umana o no che sia, è frutto del vostro amore e non potrà essere tanto orribile. Non chiederle di rinunciarci. Per lei uccidere quel bambino sarebbe come uccidere te, non lo capisci?»
No, non lo capivo. Non era un bambino! Non sarebbe stato un dolce angioletto paffutello con le gote rosse e i riccioli al vento: sarebbe stato un mostro, un assassino…forse peggio del padre. Se ne stava lì dentro a succhiare la vita a sua madre, la prosciugava ogni giorno di più. Come potevo amare qualcosa del genere! Se almeno fossi riuscito a leggere nella mente di quell’essere, se avessi potuto intuire le sue emozioni, forse avrei anche capito la sua natura. Ma niente. Era avvolto da una membrana talmente spessa che, non solo impediva a Carlisle di effettuare qualsiasi tipo di controllo, ma non permetteva neanche a me di passare. E poi c’era Alice. Ormai era più il tempo che passava lontano da casa che quello in cui stava con noi. Lei, proprio come me, non sopportava vedere Bella in quello stato e non riusciva ad accettare il fatto di non vedere il suo futuro. Più le era vicina e più le visioni erano buie, sfocate. Per questo, ogni giorno si allontanava dalla casa, per riuscire a vedere qualcosa, ma fino a quel momento tutti i tentativi erano stati vani. Anzi, non proprio tutti.
Cercai di non riaprire la ferita provocata da quell’unica visione di Alice, l’unica che non avrei mai voluto dover vedere.
Successe pochi giorni dopo il nostro ritorno. Eravamo tutti nel salone. Bella aveva iniziato a mostrare i primi lividi sulla pancia. Vidi con i miei occhi qualcosa muoversi sotto la pelle del suo ventre, avvertii un suono stridulo di ossa rotte e subito dopo l’urlo straziante di Bella. Mi lanciai su di lei, ma, neanche a dirlo le braccia d Rose ed Emmett mi bloccarono all’istante. Avrei voluto divincolarmi dalla loro presa, raggiungere mia moglie, abbracciarla e l’avrei fatto se in quel preciso istante la mia attenzione non fosse stata attirata da Alice. Mi voltai di scatto verso di lei. Aveva lo sguardo fisso nel vuoto, uno sguardo inconsolabile.
«No!», gridai mentre vedevo quello che la sua mente mi stava mostrando.
Non stava vedendo Bella, ma me. Me, completamente sporco di sangue: le mani, le braccia, i vestiti, perfino il mio viso.  C’era sangue ovunque: il suo sangue. Non vide altro, né il quel momento, né in seguito, ma bastò per tormentare ogni singolo minuto delle mie giornate.
Nonostante si sforzasse con tutta se stessa, non riusciva a vedere altro che riguardasse Bella o il….o quell’essere. Era come se quella cosa bloccasse perfino lei, e finché rimaneva lì dentro anche Bella rimaneva fuori dalle sue visioni. La sensazione di impotenza, di inutilità la faceva impazzire e la faceva intestardire ancora di più. Jasper mi implorava di parlarle, di dirle di smetterla, ma non ce la facevo. Non ce la facevo perché mi sentivo mille volte peggio di lei.
Tornai per un momento a Jacob. Se ne stava andando. Aveva fallito, come era prevedibile, ma gli ero grato di averci almeno provato. Si trasformò, ansioso di scappare da quell’inferno e, in poco tempo, persi il contatto con lui.
«Ora possiamo tornare. Vado a cercare gli altri. Tu intanto torna a casa, non voglio che Bella stia sola. Andrei io ma…», non riuscii a continuare straziato dalla rabbia e dal dolore.
«Lo so, ci penso io. Ci vediamo a casa tra qualche minuto.»
Esme se ne andò e rimasi solo per qualche istante a contemplare il vuoto intorno a me. Già, il vuoto. Era tutto quello che vedevo. Avrei davvero dovuto arrendermi a quel destino infame contro cui Bella stava andando? C’era sempre il piano B. Uccidere la mia famiglia e salvare mia moglie. A quel pensiero sentii il veleno salire in gola e riempirmi la bocca. Fui spaventato da quella reazione involontaria del mio corpo. Ingoiai il veleno e mi concentrai per far sparire quegli istinti animaleschi che avevo sentito venir fuori un attimo prima. Non potevo uccidere Rose, né Emmett, né tanto meno tutti gli altri. Potevo solo fare una cosa: soffrire in silenzio ed aspettare la fine.  
Seguivo la scia dei loro pensieri per riuscire ad individuare Carlisle e gli altri prima di ritornare a casa. Rose mi aveva raggiunto poco dopo che nostra madre se ne era andata e Jasper si era allontanato per andare a riprendere Alice: chissà fin dove si era spinta quella pazza! Però le volevo bene, proprio come fosse davvero mia sorella. Era l’unica persona su cui sapevo di poter fare totale affidamento. Il nostro era davvero un legame speciale. Non potevo dire la stessa cosa di Rosalie. Ovviamente volevo bene anche a lei, ma tra di noi non c’era mai stato un gran feeling. Quando si unì alla nostra famiglia, Carlisle ed Esme sperarono che tra noi potesse nascere l’amore, ma per me non fu mai più di una sorella, una sorella con cui, per di più, non riuscivo ad andare d’accordo.
Correvamo uno a fianco all’altra per raggiungere Emmett e Carlisle e potevo sentire nella sua mente la frustrazione per essere costretta ad essere lì con me, piuttosto che a casa con Bella.
«Nessuno ti obbliga a stare qui», le dissi.
«Esci dalla mia testa Edward!», mi rispose acida.
«Allora tu smettila di pensare a mia moglie.»
Era automatico concentrarmi su qualcuno che stesse pensando a lei. Lei era al centro della mia esistenza.
«So cosa hai in mente. Forse riesci ad ingannare lei, ma non me, Rosalie», le dissi a denti stretti, prima di accelerare la corsa lasciandomela alle spalle.
Raggiungemmo gli altri, intenti a cacciare un paio di cervi, ma il nostro arrivo fece scappare gli animali  provocando l’ira di Emmett.
«Jacob se ne è andato?», mi chiese Carlisle.
«Sì, già da un po’. Per questo Esme è tornata a casa, per non far rimanere Bella da sola», gli spiegai.
“Jacob ti vuole morto vero?”,pensò mio padre.
«Sì. Ne ha tutte le ragioni», gli risposi con un filo di voce.
«Non glielo permetteremo mai figliolo», mi disse con grande determinazione.
Mi voltai e gli accennai un sorriso. Nessuno avrebbe dovuto conoscere le mie intenzioni. Nessuno avrebbe dovuto fermarmi.
Quando fummo più vicino a casa un urlo improvviso mi travolse. Tanto forte come se lo avessi sentito con le miei orecchie, invece che con la mente. Mi bloccai di scatto e mi rimisi in ascolto.
Ti prego rispondimi! O mio Dio, che ti succede? Aiutatemi vi prego!
Era la mente di Esme…ed era con Bella. Bella stava male, era in pericolo! Mi lanciai come un pazzo verso la scarpata. Sentivo appena gli altri dietro di me che cercavano di tenere il mio passo senza riuscirci. Sentivo che mi chiamavano, che si chiedevano cosa fosse successo.
Ti prego Bella, non lasciarmi, ti supplico, pensai.
Edward! Edward!” Sentivo Esme invocare il mio nome disperata. Sentivo lei, solo lei. Se avessi avuto un cuore mi sarebbe esploso dentro, in quel preciso istante. Non potevo perderla, non poteva morire!
Finalmente arrivai. Sfondai la porta con una spalla ed entrai.
Poi tutto finì.

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Capitolo 4
*** Tormento ***


Eccomi qui con il nuovo capitolo.
Edward è appena rientrato a casa dopo aver sentito le urla di Esme.
Cosa sarà successo?
Buona lettura e mi raccomando....non siate avide con le recensioni! 





Bella era accasciata a terra, tra le braccia di Esme. Gli occhi chiusi, la testa abbandonata all’indietro, le sue braccia ciondolavano inermi, il viso pallido… come il mio.
Il dolore, la rabbia, l’angoscia lasciarono il mio corpo ed io mi sentii completamente svuotato di ogni cosa.
Crollai a terra e lanciai un grido straziante.
Esme si voltò di scatto e appena mi vide iniziò ad urlare.
«Edward!»
Ma io ero paralizzato. L’aveva uccisa. L’avevo uccisa.
Poi un suono, un suono debole, irregolare, ma dannatamente familiare, mi fece alzare lo sguardo da terra e la fissai: sentivo il suo cuore. Era viva.
Scattai verso di loro e la presi tra le braccia.
«Bella, Bella amore mio! Vivi, vivi per me! Ti supplico, non lasciarmi!»
In quel momento sentii quattro braccia avvolgermi da dietro e tirarmi via dal corpo di mia moglie, mentre Carlisle me la toglieva dalle mani. Mi voltai verso Rose ed Emm e gli mostrai i denti emettendo un ringhio atroce. Rose indietreggiò per la prima volta.
«Lascia che Carlisle si prenda cura di lei», mi disse con calma Emmett.
«Non vi permetterò di farla morire!», continuai a gridare.
«Edward basta!», urlò Carlisle. Poi, addolcendo un poco il tono della voce, aggiunse:
«Ho bisogno del tuo aiuto figliolo. Lei ha bisogno del tuo aiuto. Torna in te. Ho bisogno di trasferirla di sopra, dove sono tutti i miei attrezzi e i macchinari per tenerla sotto osservazione.»
«Starà meglio qui», intervenne Rosalie. «Mi ha detto che sarebbe voluta rimanere qui finché il bambino non fosse nato, quella stanza le mette angoscia. Dovremmo assecondala.»
Assecondarla? Ancora?
«Edward, Emmett, andate a prendere tutta l’attrezzatura e portatela qui. Faremo come vuole lei. Esme, Rose, voi spostate i mobili, mi servirà parecchio spazio», ci ordinò mio padre.
Bella era tra le sue braccia, ancora priva di sensi.
Tornammo nel giro di pochi secondi con il letto preso in prestito dall’ospedale e tutti i monitor a cui sarebbe stata collegata Bella. Carlisle, la poggiò sul lettino e collegò una flebo al suo braccio; le avvicinò la maschera d’ossigeno al viso per aiutarla a respirare.
Ero lì, a pochi passi da lei, impotente, inutile, sfinito come non mai. Ero terrorizzato. Non avevo mai provato tanta paura in tutta la mia esistenza e, questa paura, mi paralizzava. Poi finalmente la sentii.
«Edward…»
La voce di Bella era poco più di un soffio di vento, ma per me fu una ventata di speranza.
Scattai vicino a lei osservato a breve distanza da Rose.
«Bella! Oh Bella… », le mormorai con la voce strozzata da un pianto che non poteva arrivare. «E’ finita, Bella, non ce la fai più… permettimi di salvarti, ti prego.»
«Ho solo avuto un forte capogiro…credo sia la fame…credo che abbia fame»
«Ti prego smettila… quella cosa si sta nutrendo di te! Ma guardati: sei uno scheletro. E le tue ossa, l’unica cosa che ti è rimasta, si stanno frantumando giorno dopo giorno. Perché mi fai questo? Perché?»
Mi sentivo divorato dalle fiamme. Non potevo assistere inerme alla sua morte, non potevo.
«Edward… è il nostro…», iniziò a dire.
«Non dirlo», le intimai.
«Sì invece! E’ il nostro bambino!», mi disse straziata dal dolore, usando tutto il fiato che aveva in corpo.
Rimasi a guardarla sbalordito dalla sua forza. Forse aveva ragione, forse poteva farcela. Forse lei, ma io no.
Indietreggiai e mi lasciai cadere sulla poltrona.
 
Il tempo trascorreva lento, scandito dal ticchettio regolare della flebo a cui Bella era collegata. Dopo la terza sacca il suo colorito tornò ad essere più simile a quello di un essere umano piuttosto che a quello di uno di noi. Non avevo idea di cosa fosse quel liquido denso che stava entrando nel suo corpo, ma le stava facendo bene e solo questo era importante.  
«Almeno così forse riusciremo ad alimentarla», disse Alice, come rispondendo ai miei pensieri. «Il suo corpo rigetta il cibo solido che lei introduce nello stomaco, forse se glielo iniettiamo direttamente nel sangue, riuscirà ad assorbirlo meglio. Come ti senti Bella?»
«Meglio, grazie», le rispose con la voce rotta dal dolore.
Io e Alice ci guardammo per un momento. Le parole tra di noi erano sempre state superflue.
Rosalie continuava a ronzarle intorno, dicendole di essere forte, coraggiosa. La incitava ad andare avanti. Ad ogni sua parola, il mio istinto omicida si esaltava ed esplodeva.
Carlisle ed Esme erano andati a Seattle, a fare un giro negli ospedali e nelle cliniche private per trovare medicinale utile per Bella, nonché qualche sacca di sangue compatibile con il suo nel caso in cui si fossero rese necessarie delle trasfusioni.
Sangue umano in casa di sette vampiri: ottimo.
In quel momento qualcosa attirò la mia attenzione. Una voce lontana, ma familiare. Qualcuno che mi chiamava, ma non riuscii a capire subito chi fosse, finché alla prima voce non se ne affiancò un’altra: “Edward, dobbiamo parlare. Subito.”
Era Jacob, insieme a …Seth e stavano venendo a casa nostra. Aveva parlato di un problema e sembrava essere realmente preoccupato.
«Emmett, Jasper, usciamo un attimo fuori», gli dissi con calma apparente, senza aggiungere altro, per evitare a Bella un ulteriore stress.
«Che succede, Edward? Perché sei agitato?», mi chiese Jasper una volta arrivai sotto al portico.
Giusto, Jasper. Potevo ingannare tutti, cercando di apparire calmo e controllato, tranne lui. Lui poteva sentire le mie emozioni e, probabilmente, era grazie a lui se, fino a quel momento, non avevo perso completamente la ragione aggredendo Rose ed Emm.
«Jacob e Seth stanno per arrivare, sembra abbiano qualcosa di importante da dirci. Jacob sembra sconvolto.»
Non ebbi il tempo di aggiungere altro, perché li vedemmo sbucare tra gli alberi di fronte casa.
«Jacob? Seth? Che succede?», chiesi ai due enormi lupi che avanzavano cauti verso di noi.
Al quel punto, entrambi iniziarono a ripercorrere con la mente lo scontro avuto con Sam. Il branco aveva saputo, tramite i pensieri di Jacob, della situazione che c’era a casa nostra e soprattutto di quello che stava accadendo a Bella. Erano turbati, preoccupati per la cosa che stava nascendo dentro di lei. Volevano attaccarci, attaccare tutti noi per uccidere quell’essere. Cosa sarebbe diventato? Un mostro, un pericolo per le loro famiglie e per gli abitanti di Forks. Doveva essere ucciso. Ma come potevano ucciderlo senza…? Un sibilo feroce mi uscì dalla bocca quando capii cosa stava cercando di dirmi Jacob.
«Uccideranno Bella?»
Iniziai a tremare preso da una rabbia sovraumana. Emm e Jasper fraintesero la mia domanda scambiandola per un affermazione e mi si affiancarono in posizione difensiva nel giro di un secondo. Seth indietreggiò spaventato.
«Non loro, ma il branco di Sam. Hanno deciso di attaccarci», gli spiegai.
«Perché?», mi chiese Emmett rilassandosi un po’.
Non volevano che quella creatura nascesse. Volevano fermare quell’abominio.
«Non vogliono che quella cosa venga al mondo e non sono disposti ad aspettare che nasca! Se ci attaccheranno stanotte potremmo non farcela da soli. Chiama Carlisle ed Esme: digli di tornare subito», gli ordinai appena fui capace di mettere insieme i pensieri.
Sentii Jacob agitarsi all’idea che fossimo divisi.
«Saranno qui tra meno di un’ora», gli spiegai.
Seth si allontanò deciso a perlustrare il perimetro ad ovest, ma il fatto che volesse farlo da solo non mi piaceva. Volevo bene a quel ragazzino. Era sempre stato diverso da tutti gli altri. Non si faceva guidare dai pregiudizi, seguiva il cuore, cercando di stare sempre dalla parte del bene. Provava un affetto sincero per la mia famiglia, soprattutto per me, da quando combattemmo fianco a fianco contro Victoria. Ed anche ora, aveva scelto la strada più difficile, nonché la più coraggiosa: seguire Jacob, aiutare noi.
Già, Jacob. Ci fissammo per un istante nel buio.
«Grazie, Jacob, ti sono grato per quello che hai fatto. Nemmeno io avrei potuto chiederti di più», gli dissi con sincerità.
Invece lo hai fatto”, mi rispose ripensando alla richiesta che gli avevo fatto poche ore prima.
«Grazie anche per quello», conclusi.
Non lo sto facendo certo per te. Tu  meriti di soffrire”.
«Non mi importa per chi lo fai», gli risposi. Il suo amore per Bella l’aveva salvata già altre volte in passato. Non mi sarei più opposto al suo sentimento se questo serviva a proteggerla.
Ti avevo detto che la tua era un’idea assurda e che non avrebbe mai accettato!”.
«Lo so, ma…»      
“Valeva la pena tentare, certo. Sta un po’ meglio?”, mi chiese, intenzionato a cambiare discorso.
Sentii di nuovo tutto il dolore di quando la trovai distesa a terra priva di sensi, pensando di averla persa.
«Peggio», riuscii a dire.
Fortunatamente, prima che le fiamme mi divorassero del tutto, Alice sbuco dietro di me. Voleva sapere cosa stava succedendo.
«Jacob e Seth hanno lasciato il branco di Sam. Dopo aver saputo della gravidanza di Bella hanno deciso di rompere il patto e di attaccarci oggi stesso. Non vogliono rischiare che quella creatura venga al mondo.»
Alice indietreggiò in preda al panico, disgustata per quel piano orribile.
«Arriverebbero ad ucciderla?!»
Come potevano pensare di uccidere…mia moglie? La ragazza che perfino Jacob amava? Un essere umano: l’essere umano migliore che chiunque di noi avesse mai conosciuto. Il mio angelo personale.
In quell’istante avvertii Seth tornare verso di noi.
«Carlisle ed Esme stanno per arrivare. Fra venti minuti al massimo», annunciò Emmett.
«Dovremmo prepararci per la difesa», suggerì Jasper.
Aveva ragione, ed aveva già un piano: era un ottimo soldato.
«Rientriamo», dissi.
Io e Seth perlustriamo la zona qui intorno. Se dovessimo allontanarci troppo per riuscire a sentire le nostre menti…ascolta l’ululato: sarà il nostro segnale di allerta”, mi disse Jacob.
«Va bene».
Rientrammo tutti in casa, dando un ultimo sguardo intorno a noi per essere sicuri di non essere osservati, ma io li avrei sentiti se fossero stati lì. Ecco perché Sam mi considerava il più temibile. Ecco perché voleva essere lui ad uccidermi: per primo.
 
Bella era rannicchiata sul suo nuovo letto e dormiva. Il suo respiro era irregolare come anche il battito del suo cuore. Era così debole, così fragile. Il suo viso era scarno e pallido; i suoi occhi cerchiati da profonde occhiaie e il suo ventre… il suo ventre era pieno di macchie violacee. Mi sentivo così solo, così impotente, così…morto. Sapevo di esserlo da più di cento anni, ma era la prima volta che provavo davvero quella sensazione.
Guardando il suo corpo…le sue mani…e la fede al suo dito, tornai con la mente a quella prima notte all’Isola Esme. La nostra prima notte. La notte in cui tutto ebbe inizio.
Ripensai al momento esatto in cui sentii infrangersi le onde del mare sul suo corpo che procedeva timido ed impacciato verso di me. L’istinto di voltarmi per guardarla era stato difficile da combattere, ma riuscii resistere aspettando che mi raggiungesse. Il suo profumo mi inebriò  e un calore mi esplose nel petto: qualcosa che non avevo mai provato prima. Desiderio. Ecco cos’era. Desiderio di toccarla, di baciarla, di unirla a me come lei mi aveva chiesto. Terrore. Sì, la paura di farle del male, di non essere in grado di amarla come lei si aspettasse che facessi. Poi mi voltai e ci fissammo per qualche interminabile secondo. Ricordo i suoi occhi, la sua bocca dischiusa, la sua pelle bianca esattamente come la mia e il suo cuore che sembrava uscirle dal petto. La volevo, e non come vampiro, ma come uomo. Mi lasciai cullare dalle onde e dalla sua voce rassicurante e cedetti a quegli istinti che credevo non avrei mai più provato: che non avevo mai provato.
Il vociare sempre più insistente dei miei fratelli, mi riportò al presente e a quello che stava accadendo. Sapevo che avrei dovuto concentrarmi sull’attacco del branco, ma non mi importava di niente…non sentivo più niente. Probabilmente non sarebbero venuti visto che sapevano che Seth e Jacob erano venuti ad avvertirci, perdendo così il vantaggio dell’effetto sorpresa; ma se si fossero presentati lì, non gli avrei mai permesso di avvicinarsi a lei, mai. Potevo essere d’accordo con loro su molte cose, come la pericolosità dell’essere che stava per nascere, la sua imprevedibile natura, ma non sul fatto che Bella fosse sacrificabile, un danno collaterale. Lei era mia e non avrei permesso a nessuno di portarmela via.
«Edward, per te va bene?», mi chiese improvvisamente Jasper, riportandomi al presente.
Non avevo sentito neanche una parola della loro discussione, perciò ripercorsi velocemente la sua mente per capire di cosa stesse parlando. Voleva che mi occupassi di Sam e che pensassi a coordinarli nella difesa visto che ero l’unico che poteva sentire i pensieri dei lupi.
«Io rimarrò qui. Sam saprà dove trovarmi e io sarò pronto», dissi con voce gelida.
«Dovrei lasciarti in casa con Bella? Non se ne parla!», gridò Rosalie.
Mi uscì un ringhio acuto e strinsi i pugni per non infierire su di lei. Probabilmente Jazz intervenne per calmare gli animi, perché riuscii a parlare con una calma che non mi apparteneva in quel momento.
«E’ mia moglie Rose. Nonostante tutto, sai che la difenderei fino alla morte. Non permetterò a nessuno di avvicinarsi a…loro.»
Capii di averla almeno in parte convinta, anche se non era sicura di potersi fidare completamente.
«Là fuori e tutto tranquillo?», mi chiese Alice.
«Credo di sì, altrimenti avrebbero cercato di contattarmi. Credo che Seth abbia incontrato Carlisle. Dovrebbero arrivare tra un istante», le risposi.
Tornai a fissare Bella per un breve momento. Avevo sentito il suo battito accelerare di colpo, ma lei era lì immobile: non sembrava neanche viva.
Sapevo che ogni giorno sarebbe andato sempre peggio. Non aveva neanche la forza per rimanere sveglia, parlava a malapena, con un filo di voce e soffriva sempre di più man mano che quella cosa cresceva.
La porta si aprì ed entrarono Carlisle ed Esme. Sapevano tutto: erano stati messi al corrente prima da Emmett e poi da Seth. Non c’era bisogno di aggiungere altro.
Mi dispiace figliolo”, pensò Carlisle.
All’improvviso tutti ci voltammo di scatto verso la finestra: sentimmo indistintamente un forte ululato provenire dalla foresta dietro casa. Mi avvicinai al vetro per guardare fuori: sembrava tutto tranquillo.
«Edward, è il segnale di Jacob? Stanno arrivando?», mi chiese Emmett allarmato.
«Aspettate un attimo…», risposi.
Mi sembrava di sentire qualcosa in lontananza, qualcuno che si stava avvicinando. Rimasi per qualche secondo immobile, concentrato a percepire ogni minimo pensierò.
E’ tutto ok! Non vi allarmate!”, gridava Jacob. “Seth non voleva…”.
Vidi Jacob spuntare fuori dagli alberi e i nostri sguardi si incrociarono. Si avvicinò maggiormente e mi disse ancora “E’ tutto tranquillo fuori, avete capito?”.
Gli feci di sì con la testa e mi voltai verso la mia famiglia.
«Nessun problema. Seth si era dimenticato del nostro accordo…non era un segnale per noi», spiegai agli altri che mi fissavano terrorizzati.
Sentii la mia voce, cupa, tetra…anche Alice ed Esme se ne accorsero e mi fissarono sconsolate.
«Siamo proprio in buone mani…anzi, zampe!» disse sarcastico Emmett.
«Dovresti essergli riconoscente e aver rispetto del loro sacrificio», puntualizzò Carlisle.
«Stavo scherzando. E’ solo che vorrei potermi battere anche io, invece di starmene barricato qui.»
«Forse non dovremo combattere», gli spiegai di getto senza distogliere gli occhi dal letto di Bella. «Seth pensa che Sam camberà idea quando saprà che siamo stati avvertiti.»
«E Jacob è d’accordo con lui?», mi chiese Carlisle.
«Non molto. Jacob non si fida di Sam», aggiunsi con voce tremante.
Improvvisamente uno dei monitor iniziò a lampeggiare più velocemente e sentimmo il cuore di Bella fare un balzo, rallentare e poi riprendere in maniera troppo veloce. Carlisle si avvicinò a lei per visitarla ma Rosalie lo fermò.
«Sta bene, lasciala stare.»
«Rosalie», le sussurrò mio padre come per chiederle di farsi da parte.
«Adesso basta. Bella non ha bisogno di altri aghi. L’unica cosa di cui ha bisogno è un po’ di riposo e di non avere intorno persone che la fanno agitare», insistette Rosalie con tono autoritario, riferendosi anche a me.
Io e Carlisle ci guardammo impotenti. Stringevo i denti e i pugni. Me ne stavo lì in piedi senza poter far nulla, con il fuoco che mi divorava.
Non posso aiutarla così”, pensava Carlisle, “se non mi permettono di visitarla, di farle un prelievo…non so cosa fare! Pensavo che le flebo l’avrebbero aiutata, ma c’è stato solo un miglioramento minimo e solo iniziale. Ora sembra che il suo corpo stia rigettando anche quelle. Non assimila niente”.
Le sue parole si fecero strada tra il fuoco e mi trapassarono come lame affilate e incandescenti. Feci un lungo e profondo respiro, poi di nuovo quel rumore improvviso mi paralizzò. Il suo cuore prese a battere all’impazzata per qualche secondo. Bella sussultò sul lettino ed emise un gemito di dolore. Inarcò la schiena e ricadde come un peso morto sul materasso. Feci un passo verso di lei, ma Rose mi anticipò accarezzandole il viso.
“Ci penso io” mi disse con ostilità quando vide il mio tentativo di avvicinarmi.
Mi irrigidii e le ringhiai tra i denti riducendola in cenere con lo sguardo. Priama che potessi dirle o farle qualcosa, Emmett si frappose tra noi.
«Edward allontanati ti prego. Non è il momento di fare gesti avventati. Finiresti solo per far star peggio Bella.»
Mi allontanai di nuovo sconfitto. Voltandomi vidi fuori dalla finestra gli occhi da lupo di Jacob Black che mi fissavano. Anche lui era sconvolto, angosciato: aveva assistito alla scena ed aveva capito quanto le condizioni di Bella stessero precipitando.
Se ne andò di corsa, cercando di cancellare dalla sua mente il viso di Bella, il mio viso. Tramite i suoi pensieri vidi me stesso, come in uno specchio, e quasi mi spaventai. Capii perché Alice e Esme fossero così preoccupate per me, oltre che per Bella. Il mio volto era bianchissimo, il mio sguardo spento, assente e le occhiaie sempre più marcate: non andavo a caccia da settimane ormai. Ero spaventoso perfino ai loro occhi. Mi vidi per quello che ero: un mostro, un dannato vampiro.

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Capitolo 5
*** Assetato ***


Siamo arrivati ad un momento importante della storia. 
Jacob è presente in questo capitolo per cui è una parte che è già stata raccontata da lui. Come sempre ho cercato di capire e di interpretare quello che Edward ha provato durante questa importante prova di coraggio di Bella. 
Aspetto con ansia i vostri commenti.
Buona lettura!






La notte passò tranquilla. Beh, forse tranquilla non era il termine più appropriato, ma almeno il cuore di Bella aveva continuato a battere. Il suo ritmo non riusciva ad essere regolare e il suo respiro era affannato. Aveva dormito per quasi tutta la notte, ma io le ero restato accanto, insieme a Rosalie, ovviamente.
Aspettavo di vedere i suoi occhi aprirsi, aspettavo di sentire la sua voce: anche solo sentirle pronunciare il mio nome era un sollievo, una boccata d’ossigeno.
Carlisle aveva trascorso le ultime dodici ore a studiare qualche soluzione per aiutare Bella a riacquistare un po’ di forze. Il suo cuore era troppo debole, il suo corpo troppo fragile non solo per portare a termine la gravidanza, ma perfino per superare la sua trasformazione. Leggevo nella mente di mio padre una reale, profonda preoccupazione per ciò che sarebbe potuto succedere e i suoi pensieri si tramutavano in vere e proprie torture per me. Più volte nel corso della notte lo sentii mentre pensava “Mi dispiace tanto Edward, non volevo…”, ma era troppo tardi perché le sue ansie si erano già radicate in me. Bella non mangiava, a malapena beveva e il suo viso, sempre più scavato, era quasi irriconoscibile. Guardavo mia moglie spegnersi lentamente avanti ai miei occhi mentre venivo inghiottito dalle fiamme.
Me ne stavo lì, sul divano a fissarla, ad aspettare: aspettare un miracolo che probabilmente non sarebbe mai arrivato.
Ogni tanto mi distraevo per riprendere il controllo di me stesso e cercavo di concentrarmi su altro. Quella mattina fu attirato da alcune voci provenire da oltre la foresta. Con poco sforzo riconobbi Jacob, perciò l’altro avrebbe dovuto essere Seth. O forse no. Qualche altro lupo si stava avvicinando?
Il branco di Sam non ci aveva attaccato, proprio come aveva previsto Seth, ma non sapevamo se il pericolo fosse svanito del tutto. Forse avevano solo rimandato di farlo.
Mi concentrai ancora. Jacob sembrava arrabbiato…e anche Seth. Erano in tre. L’altro lupo era…una donna? Certo Leah, la sorella di Seth. Voleva unirsi al gruppo di Jacob, ma gli altri non sembravano essere d’accordo.
“E’ stato Sam a mandarti qui?”
No, non era lì per Sam, anzi forse era lì proprio per stargli lontano, o forse c’era dell’altro. Non mi importava.
Dopo pochi minuti avvertì Seth vicino alla casa: era venuto ad avvisarci di quello che stava accadendo. Mi avvicinai come uno zombie alla finestra, per farmi vedere da lui.
Lo fissai per un momento, incapace di fare o di dire qualsiasi cosa.
Mi voltai e ritornai a sedermi al mio posto. Appoggiai il capo alle mani e chiusi gli occhi. Avrei voluto isolarmi da tutto quel vociare lì intorno e concentrarmi solo sul respiro di Bella. Come era frustrante essere costretti a sentire tutto e tutti anche quando non volevi. Ero stanco di sentire Rose che pensava a quel…a quella cosa. Si immaginava di stringerlo, cullarlo, di prendersi cura di lui, proprio come se…se Bella non ci fosse stata. Poi c’erano Esme e Carlisle, angosciati per Bella quasi quanto per me. Emmett era sempre nei dintorni pronto a difendere Rose nel caso avessi finalmente trovato la forza si azzannarla al collo e Jasper che era impegnato contemporaneamente a tenere a bada me e a stare dietro ad Alice. Alice non stava bene. Il fatto di non riuscire a vedere Bella, ne ciò che era dentro di lei, la faceva impazzire. Era come se si sforzasse di vedere tra le nebbia e questo le costava uno sforzo enorme. Spesso si allontanava per trovare un po’ di pace, altre volte lo faceva per concentrarsi meglio, ma altrettanto inutilmente.
Era assurdo: gli unici pensieri che avessero importanza per me, erano gli unici che non potevo sentire.
«Edward…»
Alzai di scatto gli occhi: Bella si era svegliata.
Mi avvicinai a lei contemporaneamente a Rose. La fulminai e si rimise suduta sbuffando.
«Amore mio…come ti senti?», le chiesi sfiorandole la guancia. Avevo quasi paura di poterla rompere.
«Non fa tanto male…Tu piuttosto…sei così pallido… Devi andare a caccia…», mi disse con tono preoccupato.
«Sto bene, non preoccuparti», le risposi.
«Non è vero! Devi nutrirti, tu devi…» Un attacco di tosse improvvisa le tolse il respiro per qualche secondo e io mi pietrificai terrorizzato.
«Ssh, non agitarti. Ho mangiato ieri, per un po’ starò bene», mentii per farla calmare.
Tornò a rilassarsi e il suo respiro affannato si fece più regolare.
Sentii un rumore provenire fuori dalla casa e capii che fosse Jacob.
«Carlisle, potresti andare tu alla porta, sta arrivando Jacob», gli chiesi senza distogliere gli occhi da qualli di Bella. Non volevo perdermi neanche un secondo con lei. Avrei potuto perdermi in quegli occhi color cioccolato di cui mi innamorai fin dalla prima volta in cui la vidi nella mensa della scuola. Furono la prima cosa che notai, insieme al fatto che non riuscivo a leggerle nella mente. Sembrano così lontani quei tempi. Avevamo dovuto affrontare  così tante cose : James, Victoria, i Volturi… Eppure alla fine eravamo rimasti insieme, insieme per sempre…”fino a quando entrambi vivremo” ci eravamo promessi il giorno del matrimonio. Ed ora quel per sempre stava per finire.
«A che pensi?», mi chiese Bella con un filo di voce.
Cercai di sorriderle, cercando di nasconderle i miei pensieri funesti.
«Al giorno del matrimonio», le dissi. Era quasi la verità.
«Sembra passato un secolo… tu eri bellissimo sotto quell’arco», mi disse con estrema dolcezza.
Le toccai ancora una volta il viso. Una lacrima le scese sulla guancia e andò a scontrarsi contro la mia mano di marmo.
Fissai le mie dita bagnate e me le passai sulle labbra, per sentire il suo sapore. Strinsi i denti e gli occhi attraversato da una fitta lancinante al petto. Poi la guardai di nuovo.
Mi guardava sorpresa dal mio gesto.
«Ho ancora un  buon sapore?»
«Il migliore che abbia mai sentito», le risposi cercando di riprendermi dal dolore.
Abbozzò un tenero sorriso e richiuse gli occhi. Era stremata.
Carlisle e Jacob si erano fermati fuori dalla porta e, seduti sui gradini, discutevano della situazione. Jacob voleva essere informato sulle condizioni di Bella: aveva visto con i suoi occhi il suo improvviso peggioramento.
“Cosa le sta facendo?”, chiese ancora Jacob riferendosi al feto.
“La sta facendo morire di fame. Il feto è incompatibile con il suo corpo ed è troppo forte perché lei riesca a portare a termine la gravidanza. Se solo Bella riuscisse a trattenere il cibo che le diamo. Se riuscissi a capire cosa vuole quella creatura… Ho paura che nemmeno il nostro veleno potrà salvarla se aspetteremo ancora.”
A quelle parole Jacob ebbe un sussulto ed io con lui.
«Che ti succede?», mi chiese Bella guardandomi con gli occhi appena dischiusi.
«Va tutto bene…riposati», le dissi, mentendole ancora.
Tornai a concentrarmi sulla conversazione che stava avvenendo all’esterno.
Jacob era sull’orlo di una crisi di nervi. Sentivo il suo sforzo di mantenere la calma mentre cercava di digerire le parole di Carlisle.
La sta uccidendo nel peggiore dei modi, perciò. Non posso credere che Edward abbia permesso che le succedesse una cosa simile! Quella cosa deve essere tirata fuori da lì. E’ un mostro, un succiasangue come il padre… non vede l’ora di uscire dal corpo di Bella per affondare i denti su qualche essere umano!”
Mi bloccai, riflettendo su quello che Jacob aveva appena detto.
Sangue. Secondo lui era scontato che il feto volesse sangue. Un vampiro dunque. Ma vampiri non si nasce, si diventa. Sangue. Non riuscivo a togliermi le sue parole dalla testa. E se fosse stato quello il problema? Quella cosa rifiutava qualsiasi tipo di cibo umano perché…aveva sete? Possibile? Se gli avessimo dato ciò che voleva, forse anche Bella si sarebbe ripresa. Non avevamo mai valutato la cosa da quel punto di vista. C’era una possibilità dunque? Un briciolo di speranza ravvivò il mio sguardo ormai spento da troppo tempo.
«Torno subito», dissi a Bella accarezzandole i capelli. «Devo parlare con Carlisle. Rosalie? Vieni con me?»
«Che c’è Edward?», mi chiese Bella.
«Niente di cui tu debba preoccuparti, amore. Ci metto un attimo. Rose, ti prego!»
Guardai mia sorella dritta negli occhi, facendole cenno di seguirmi fuori. Era importante che anche lei sapesse.
Capì che c’era qualcosa di serio, se ero disposto ad allontanarmi da Bella, così, dopo aver chiesto ad Esme di darle il cambio, mi seguì fuori casa.
«Carlisle», mormorai.
«Cosa c’è Edward?»
«Stavo ascoltando la vostra conversazione e credo che Jacob sia arrivato ad un’interessante conclusione», dissi.
Mi voltai verso Jacob: stava cercando di capire a cosa facessi riferimento, così chiarii ad entrambi il mio pensiero.
«Giustamente, fino ad ora, abbiamo sempre pensato a cosa fosse meglio per Bella, cosa le facesse bene, senza mai prendere in considerazione i bisogni del…feto», spiegai.
Non riuscivo a trovare un'altra parola per parlare di quella cosa, anche perché non sapevo cosa fosse, anche se iniziavo a farmi un’idea.
«Non capisco Edward», disse Carlisle.
«Se il feto somiglia più a me che a Bella, come mi pare ovvio che sia, cosa pensi che voglia? Qual è la cosa che soddisferebbe di più il suo appetito?!»
Carlisle, Jacob e Rose capirono contemporaneamente cosa stessi cercando di dirgli.
«Tu credi che abbia sete?», mi chiese Carlisle.
«Ma certo, potrebbe essere una spiegazione sensata! Bisogna provare subito! Abbiamo delle sacche di sangue da parte per lei, potrebbe iniziare con quelle. Se al bambino piacerà il sangue lo capiremo subito dalla reazione di Bella», esclamò Rosalie.
Ovviamente era entusiasta della conclusione a cui ero arrivato, mentre mio padre e Jacob erano rimasti attoniti.
Jacob capì le sue intenzioni e lo sentii rabbrividire di terrore e disgusto.
«Vuoi che Bella lo beva?»
«Non abbiamo tempo per le sperimentazioni…e poi è stata una tua idea», gli rispose Rosalie con astio.
«Non potete dire sul serio! Quello che avete in mente è…», iniziò a dire Jacob, nauseato.
«Orribile? Terrificante?», gli suggerii. «Ma se servisse ad aiutare lei?»
Sapevo che avrebbe accettato qualsiasi compromesso pur di saperla in salvo, ma capivo anche la sua riluttanza nell’accettare quella soluzione così disgustosa per qualsiasi essere umano.
«Non è ancora una di voi, non potete obbligarla a compiere un gesto simile», mi disse con rancore.
Non l’avrei mai costretta a fare niente. Se si trovava in quella situazione era proprio perché, nonostante tutto, cercavo di rispettare le sue scelte.
«Lo faremo solo se lei è d’accordo, su questo non c’è dubbio. Nessuno la costringerà a fare niente», gli risposi, volgendo uno sguardo eloquente verso Rose.
«Basterà dirle che farà bene al bambino», disse lei ignorando il mio velato avvertimento.
Intercettai i pensieri di Jacob, eco dei miei. Rosalie era ossessionata da quel bambino. Non le importava niente di Bella, anzi, se fosse stato necessario, le avrebbe messo lei stessa un tubo in gola per farle bere il sangue. Voleva il bambino, nient’altro.
Ebbi un fremito pensando a quelle cose e probabilmente anche Jacob se ne accorse.
«Va bene, parliamo con Bella e vediamo cosa dice», concluse Carlisle.
Ci alzammo e rientrammo in casa.
Ero in uno strano stato di ansia e agitazione. Non sapevo come dirle una cosa del genere. Con che coraggio potevamo chiederle uno sforzo simile?
Ci avvicinammo tutti a lei velocemente, mentre Jacob si tenne a distanza per un po’. Stava ancora cercando di riprendersi dalla visione di Bella in quel letto d’ospetale: l’ultima volta che era stato in casa, stava molto meglio.
Bella ci guardava, spaventata. D’istinto si porto la mano sulla pancia come a proteggere il suo…bambino. Sembrava aver paura di noi.
«Ci sono problemi?», ci chiese fissandoci uno ad uno.
«Il tuo amico per una volta ha avuto un’idea sensata. Non sarà piacevole, ma aiuterà il bambino», si intromise Rosalie. «Forse abbiamo capito come nutrirlo.»
«Dite sul serio? E come? », disse Bella cercando di mettersi seduta. «Se non è una cosa spaventosa e pericolosa non fa per me in fondo, no?!»
Come faceva a scherzare su certe cose? Come poteva prendere tutto ciò con una tale leggerezza. Il dolore sembrava non spaventarla. A me invece terrorizzava.
Mi avvicinai a lei, ancora indeciso su cosa dirle. Poggiai delicatamente la mia mano sulla sua, quella con cui si accarezzava il ventre, cercando di farmi coraggio.
«Amore, non sei costretta ad accettare…potremmo pensare a qualcos’altro...»
«Voglio saperlo», disse con un sussurro iniziando a mostrare una certa preoccupazione.
Il suo sguardo mi paralizzo il corpo e la voce. Non riuscivo a dirle quelle parole. Guardai Carlisle, implorando il suo aituto.
«Jacob... beh… ci ha fatto pensare ad una cosa. Forse il feto non ha fame…quanto piuttosto…sete...»
Rimanemmo tutti in silenzio, in attesa della sua reazione.
«Oh…capisco…», fu tutto quello che uscì dalla sua bocca.
«Non sappiamo se sia veramente così, ma il tempo stringe e se vogliamo esserne sicuri…beh…», continuò mio padre.
«Dovrei berlo perciò?», mormorò Bella.
Nella sua voce, avvertii un tremolio, e d’istinto le strinsi la mano. Era sconcertata da quello che le stavamo dicendo, ma al tempo stesso sollevata.
«No, non devi», le dissi di getto attraversato da un’irrefrenabile bisogno di proteggerla e di evitarle una simile tortura.
«Edward, credo di volerci provare. Prima o poi dovrò farlo comunque, no?», mi disse abbozzando un tenero sorriso, che non riuscii a ricambiare.
Sentivo Rosalie alle mie spalle impaziente di provare l’esperimento. Era davvero irritante dover sentire i suoi pensieri sempre concentrati sul quella creatura e mai su ciò che era meglio per Bella. Anche Jacob la pensava come me: le voleva saltare al collo. Tornai a concentrarmi su Bella e sulla sua espressione: si stava rendendo conto di quello che le stavamo chiedendo di fare? Quello che disse pochi secondi dopo mi confermò che aveva ragione: non aveva capito…non del tutto.
«Cosa di preciso? Un coniglio? Magari un orso?»
Mi scambiai un’occhiata con Carlisle che non sfuggì a Bella.
«Che ho detto?», ci chiese.
Feci un respiro profondo e trovai il coraggio di parlarle.
«Se quello che vuole è il sangue, non sarà certo quello animale a soddisfarlo.»
Finalmente capì il senso delle nostre parole e sul suo volto si dipinse il terrore. Poi voltandosi verso Jacob, urlò:
«Cosa?! No!»
«No, lo dico io!» esclamò Jacob facendo un passo indietro. «Quella cosa non avrà nemmeno un bicchiere d’acqua da me…figurati il mio sangue. E poi, se è un vampiro, non credo gradirebbe il sangue di un lupo», le spiegò Jacob.
Bella tirò un sospiro di sollievo e si rilassò appena. Stavo per spiegarle il nostro piano, come voleva fare anche Jacob, ma, ovviamente, Rosalie ci anticipò.
«Avevamo una scorta di sangue per te, ne caso ne avessi avuto bisogno. Non sarà tanto orribile vedrai. Sono sicura che a lui piacerà», le disse entusiasta.
E al diavolo Bella, pensai. Ma lei per tutta risposta, si porto di nuovo la mano alla pancia e cercando di apparire rilassata, disse:
«Ok, allora, direi di toglierci il pensiero. In fondo basta non pensarci… farò finta che sia sciroppo alla ciliegia…»
La fissai inorridito dalle sue parole. Mi pentii all’istante di aver avuto quella intuizione. Non riuscivo a pensare all’orrore che poteva provare dentro di se per quello che stava per fare. Avrebbe bevuto sangue umano, da umana. Un vero abominio.
I suoi occhi mi guardavano speranzosi e timorosi allo stesso tempo.
«Bella…», sussurrai.
«Va tutto bene», mi tranquillizzò portando le sue dita sulle mie labbra, «so che posso farcela.»
Riuscivo a leggere nella mente di Jacob, il ribrezzo per quello che stavamo per fare. Non potevo biasimare il fatto che volesse scappare e non tornare più in quella che riteneva la casa degli orrori.
Rosalie e Carlisle andarono di sopra per discutere quale fosse il modo migliore per dare il sangue  a Bella, mentre tutti gli altri se ne erano andati per evitare di assistere a quella scena. Per quanto cercassimo di nascondere la nostra natura e di essere “persone” migliori, eravamo pur sempre dei vampiri e avere del sangue umano davanti agli occhi e sotto il naso non era proprio una cosa semplice da sopportare; soprattutto considerando il fatto che era da diverso tempo che non andavamo a caccia.
Io, invece, non mi mossi e rimasi lì, al suo fianco. Le nostre mani unite e strette l’una all’altra, i suoi occhi nei miei. Sentivo il battito del suo cuore, forse un po’ meno debole del solito, emozionato, spaventato da ciò che stava per accadere. Ero terrorizzato. Non ci sono altre parole per descrivere il mio stato d’animo.
Anche Jacob, era rimasto seduto in salotto, e attendeva, come noi il responso, mentre ci fissava arrabbiato: il fatto che io la toccassi gli dava profondamente fastidio.
Dopo pochi minuti, Rosalie scese e andò dritta in cucina per prendere un bicchiere.
«Non trasparente», le gridai preso dal panico.
Bella mi guardò incuriosita e disorientata, ma io mi limitai a scuotere la testa.
Almeno così, mentre lo beveva, avrebbe evitato di vedere quel colore rosso vivo, quella sostanza densa e…profumata al nostro olfatto, ma non altrettanto per il suo.
Mi venne in mente la volta in cui svenne durante la lezione di biologia sui gruppi sanguigni. Si era sentita male per aver visto una goccia di sangue, per aver sentito l’odore che, diceva, sapeva di ruggine. Sembrava essere passato un secolo, invece non erano neanche due anni. La conoscevo da poco, ma, già allora, ero completamente dipendente da lei: non riuscivo a starle lontano neanche un attimo. Da quel punto di vista le cose non erano cambiate. Lei era ancora tutta la mia vita.
«Non avrei mai creduto che potessi essere tu a suggerire questa cosa!», esclamò Bella, rivolgendosi a Jacob.
«Io non ho suggerito niente, è il tuo succiasangue che non si fa gli affari suoi!»
Abbassai il capo e non potei fare a meno di sorridere.
«Non credevo nemmeno che saresti tornato…»
«Non lo so nemmeno io perché sono qui…», le rispose con sincerità.
Era come se si sentisse trattenuto da una forza misteriosa. Voleva andarsene…ma non riusciva a farlo. Era l’amore per Bella a trattenerlo, ovvio, ma c’era anche dell’altro.
«Mi dispiace che tu e Seth abbiate dovuto lasciare il branco per colpa mia…»
«Era da un po’ che non mi trovavo più in sintonia con Sam…tu mi hai dato solo la scusa per andarmene. Sarebbe tutto perfetto se non fosse per Leah…»
«Leah? Leah è con voi?», esclamò sorpresa.
«Credevo lo sapessi…», disse sorpreso volgendo lo sguardo su di me.
Non era una mia priorità tenerla aggiornata sulle loro faccende. Avevo avuto pensieri ben più importanti. Senza nemmeno guardarlo alzai le spalle incurante.
«Ma Leah ci odia!», esclamò Bella.
«Odia di più Sam a quanto pare. Non vuole più stare con lui…e poi vuole tenere sotto controllo Seth. Non avrai mica paura di lei? Di sicuro è più affidabile della sorellina psicopatica che ti fa da cane da guardia!»
Senti chi da del cane a chi!”, pensò Rose dalla cucina sentendo il commento sarcastico di Jake.
«La cosa ti fa ridere?», mi chiese Jacob infastidito dalla mia lieve risata. «Se fossi onesto ammetteresti che la pensi esattamente come me!»
Alzai lo sguardo verso di lui, tornando serio e senza aggiungere una parola.
«Rose è dalla mia parte, vuole quello che voglio io…»
«Si certo, come no…è un vero angioletto», concluse sbuffando.
Beh, almeno aveva il coraggio di dire le cose come stavano. Non si preoccupava di ferire Bella, ne tanto meno Rosalie, che continuava a brontolare.
Bella si mise a ridere con Jacob e io li guardai attraversato da un’insopportabile gelosia. Ero stato sempre invidioso del loro rapporto. Sapevo che Bella mi amava, ma tra loro c’era un legame altrettanto forte, seppur diverso dal nostro, che non riuscivo a spiegare: ora quel legame sembrava ancora più intenso.
L’arrivo di Carlisle e Rosalie mi distolse dai miei ragionamenti.
Carlisle portava in mano un bicchiere di plastica con il coperchio e la cannuccia. L’odore di sangue umano mi brucio alla gola. Strinsi i denti e ricacciai indietro il mostro che cercava di venire fuori. Potevo farcela. In fondo, non era niente rispetto a quello che avevo dovuto imparare a sopportare nei due anni trascorsi a fianco a Bella.
Carlisle pose il bicchiere a Bella con una certa titubanza: aveva paura esattamente come me, che le stessimo chiedendo un sacrificio che andava ben oltre le sue capacità.
«Sei sicura?», le chiese mio padre.
«No, ma ci provo», disse con un sorriso nervoso.
Il suo coraggio mi sorprendeva ogni giorno di più. Avrebbe davvero sopportato qualsiasi cosa per aiutare quel…bambino o qualsiasi altra cosa fosse.
Afferrò il bicchiere con la mano tremante e cercò di alzarsi un po’ dal letto per riuscire a bere. Prima che potessi muovermi, Rosalie le era già andata vicina per sorreggerla.
Ci guardava, uno ad uno, forse spaventata o imbarazzata, chi poteva dirlo.
La fissavo angosciato. Desideravo toglierle quel bicchiere dalle mani, evitarle quella tortura. Per quanto cercasse di apparire forte, vedevo che era titubante, spaventata, come qualsiasi altro essere umano costretto a fare una cosa del genere.
Si portò il bicchiere vicino al naso e annusò. Un gemito di dolore mi uscì involontariamente dalla gola.
«Non fa niente, davvero. Penseremo a qualcos’altro…», le dissi allungando la mano per farmi restituire il bicchiere.
Rosalie mi fulminò con lo sguardo e con i pensieri. Avrebbe voluto staccarmi il braccio.
Edward, la stai confondendo. Lasciale fare quello che vuole, non impicciarti”, mi disse.
«Non far caso a loro. Avanti, coraggio, un bel sorso», le suggerì, poi, senza un briciolo di sensibilità.
Jacob stava davvero perdendo la pazienza con Rosalie, e potevo capirlo benissimo. Sperava che prima o poi anche io la perdessi, finendo per menomare mia sorella.
Oh, se ci avevo pensato, in mille modi diversi.
Tornai a concentrarmi su Bella, che continuava ad annusare il contenuto del bicchiere, per temporeggiare, pensai.
«Non è per il cattivo odore…», disse, come se fosse stata lei a leggermi nel pensiero, «La cosa che mi sorprende è che mi piace, in realtà», ammise imbarazzata.
Bella si portò la cannuccia alla bocca, prese un profondo respiro e, tenendo gli occhi chiusi, diede un piccolo sorso.
Emise un leggero gemito e, pensando che stesse per vomitare, io e Jacob ci avvicinammo prontamente a lei.
«Bella, amore…»
«Sto bene», mi disse riaprendo gli occhi. Mi fissava in modo indecifrabile, come se si sentisse in colpa per qualcosa. Se non ce la fai, non fa niente, stavo per dirle, ma lei mi colse come sempre di sorpresa e aggiunse: «Non credevo che lo avrei mai detto, ma…mi piace anche il sapore.».
Continuai a guardarla, incredulo e allo stesso tempo ammaliato dalla sua forza. Avrei voluto averne anche io. Allungai la mano e l’accarezzai sul viso senza riuscire a dire una parola.
Bella, mi fece un sorriso imbarazzato e tornò a bere. Fu una lunga sorsata e mi stupii di come non fosse ancora sopraggiunta la nausea. Jacob era in procinto di sentirsi male, ma nonostante ciò non si mosse di un centimetro.
Sembrava quasi a suo agio mentre beveva quel sangue e la cosa mi scosse parecchio.
«Questo non conta vero? Voglio dire non ho ucciso nessuno!», mi chiese un tantino scossa.
Emmett aveva scommesso su quanti umani Bella avesse ucciso durante i suoi primi anni di vita da vampira, una scommessa davvero idiota, ma a Emmett piacevano questo genere di cose.
«Non pensare a questo, ok?», le risposi irritato. «Emmett non ha vinto niente se è questo che ti preoccupa.»
Provai a risponderle in modo scherzoso, ma non mi riuscii del tutto. Jacob mi fissava chiedendosi di cosa stessimo parlando.
«Poi te lo spiego», gli dissi a voce molto bassa.
«Come?», chiese Bella.
Non le sfuggiva mai niente, incredibile.
«Stavo pensando a voce alta», mentii.
Ti approfitti che lei non abbia i tuoi stessi poteri, eh?!”, pensò Jacob.
Mi fece ridere il suo modo di vedere la cosa. Poi improvvisamente i suoi pensieri cambiarono e si concentrarono di nuovo su ciò che stava facendo Bella. Era disgustato. Pensò che dentro quella stanza dovesse essere l’unico a sentirsi così e che probabilmente tutti noi la invidiavamo e volevamo strapparle il bicchiere di mano, per bere quel sangue umano.
Non riuscii ad evitare di alzare lo sguardo al cielo: per chi ci aveva preso! Non ci dava proprio un minimo di fiducia.
Si accorse della mia espressione e capii che avevo letto nella sua mente.
Ma è una cosa insopportabile! Come fa uno a viverti accanto? Bella ti sopporta solo perché non riesci ad entrare nella sua testa, altrimenti ti avrebbe già mollato!”
Mi venne di nuovo da ridere. In fondo aveva ragione: non era facile vivermi accanto. Neanche io avrei sopportato avere qualcuno a fianco in grado di potermi leggere costantemente nel pensiero, e lui, poveretto, doveva fare i conti sia con il branco che con me.
«Sono uno spettacolo così divertente?», mi chiese Bella, probabilmente sorpresa di vedermi finalmente sorridere.
«No, non tu. Jacob», le risposi.
«Oh, certo, Jacob è un mito!», concordò.
Riprese a bere il sangue, facendo grandi sorsate. Osservarla mentre faceva ciò che andava contro ogni logica umana, mi divorava. Era troppo essere costretto a vederla compiere certe mostruosità così lontane dalla sua natura. Come eravamo arrivati fino a quel punto, come avevo potuto ridurla in quello stato, come potevo ancora meritarla?
«Finito», disse soddisfatta.
«Se funziona ti toglierò tutti gli aghi, promesso», la rassicurò mio padre con un sorriso.
 I miei occhi, che fino a quel momento erano rimasti fissi, indugiando sul bicchiere vuoto, si alzarono verso il volto di Bella. Quello che vidi mi lasciò per un attimo esterrefatto. Era impossibile non notare la differenza rispetto a pochi istanti prima. La sua pelle aveva ripreso una leggera sfumatura rosacea, la sua espressione era più distesa e sembrava che riuscisse più facilmente a mantenersi seduta.
Stava funzionando. Quella soluzione così rivoltante e disumana, le stava salvando la vita!
Sentii il mio viso distendersi, proprio come il suo. Era un sogno vedere di nuovo la vita nei suoi occhi.
Tutti si accorsero del suo repentino cambiamento. Carlisle si rimproverava per non aver pensato prima a quella soluzione, come d’altronde tutti noi. Solo Jacob riusciva a vederci chiaramente per quello che eravamo, dietro alle nostre belle maschere da famigliola modello: dei bevitori di sangue.
E lui che altro poteva volere, essendo mio figlio?
Già, mio figlio.
«Jake, hai davvero una brutta cera! Credo che tu stia per vomitare», disse Bella.
Anche la sua voce era cambiata: sempre debole ma più chiara e meno sofferente. Una boccata di ossigeno per me.
«Se ce la fai tu, ce la posso fare anche io», le disse con coraggio, anche se non era molto convinto che fosse vero.
«Almeno vai a riposare, qui ci sono un sacco di stanze», insistette.
Il fatto che Bella si preoccupasse più per la salute di Jacob che per la sua, infastidì tanto me quanto lui. Cos’era qualche ora di sonno perso in confronto a quello che stava passando Bella? Jacob, avrebbe rinunciato a ben altro, più di starle accanto.
In ogni caso, era davvero stanco morto, ma l’idea di dormire nei nostri letti non lo entusiasmò molto. Potevo capirlo. Rosalie lo avrebbe stritolato con le sue mani se solo avesse provato ad avvicinarsi alla sua stanza.
«Meglio la cuccia del cane, grazie», le rispose Jacob con sincerità.
Ogni volta che assistevo a una loro discussione, seppure breve e di poco conto come in quel caso, provavo un senso di esclusione che mi tormentava. C’era qualcosa tra loro che invidiavo con tutte le mie forze. Sapevo di avere l’amore di Bella e che non avevo alcun diritto di pretendere niente di più dalla vita, eppure quella loro complicità, quel bisogno l’uno dell’altro mi infastidiva. La cosa peggiore è che da quando Bella era in quello stato il loro legame sembrava consolidatosi ancor di più e che non potevo far altro che accettarlo, dato che la presenza di Jacob sembrava avere effetti positivi sulla salute di Bella.
«Bella, ora che stai un po’ meglio,  c’è qualcosa di “normale” che  ti andrebbe di mangiare?»
«Uova», gli rispose d’istinto, rivolgendomi un sorriso incantevole.
Ricambiai con poca convinzione, tornando con la mente a quei momenti trascorsi sull’isola, dove il suo calvario aveva avuto inizio. Ovviamente c’erano anche ricordi bellissimi legati alla nostra prima notte di nozze e alle altre che seguirono. Avevo scoperto di poter stare con lei in un modo che non avrei mai creduto possibile, avevo provato sensazioni tanto intense che neanche il sapore del sangue umano mi aveva mai provocato: nemmeno il suo sangue. Il calore del suo corpo sul mio, la sua saliva sulla mia pelle, le sue mani su di me… sentirla mia in quel modo era stata l’esperienza più incredibile che avessi mai provato.
Tornai al presente, felice di sentirle dire che voleva cibarsi da essere umano. Era davvero un passo avanti.
«Beh, visto che la situazione sembra essere migliorata, io andrei a schiacciare un pisolino», disse Jacob dirigendosi verso l’uscita. “Se ci sono problemi vedi di avvertirmi succhiasangue!”, pensò lanciandomi uno sguardo eloquente. Non aspettò nemmeno la mia risposta: sapeva che glielo dovevo e che lo avrei fatto.
Poco prima di sentire la porta chiudersi alle sue spalle, tutti avvertimmo dei forti ululati provenire dalla foresta intorno. Erano Seth e Leah. Qualcosa non andava. Stavano chiamando Jacob a gran voce, allarmati da qualcosa…o dall’arrivo di qualcuno.
Il riposino pomeridiano di Jacob avrebbe dovuto attendere ancora un po’.

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Capitolo 6
*** Incontro ***


Eccoci qui con il nuovo intenso capitolo.
Cosa succederà ancora? Pronte per scoprirlo?
Aspetto i vostri commenti! Non siate timide!!!! 

Buona lettura!






Eravamo tutti riuniti nel salone. Avrei preferito non dover fare la telecronaca di ciò che stava accadendo a Jacob, davanti a Bella, ma sarebbe stato impossibile nasconderglielo. Aveva sentito gli ululati esattamente come noi e aveva visto la nostra tensione crescere minuto dopo minuto.
Si erano allontanati molto dalla casa, ma ormai concentrarmi sui pensieri di Jacob era diventato facile e riuscivo a sentire quasi tutto quello che stava accadendo.
«Edward, che sta succedendo? Vogliono attaccarci?», mi chiese Carlisle.
«Quanti sono?», incalzò Emmett.
«Jacob ha appena raggiunto Seth e Leah. Dovrebbero essere tre…no, quattro credo. Ma non sembrano aggressivi. Credo vogliano parlare», gli spiegai.
Potrebbe essere una trappola! Forse si sono divisi e un altro gruppo sta per attaccarci!”
«No, non credo. Non sento nessun altro, solo loro», dissi a voce alta, rispondendo ai pensieri di Rosalie.
Era seduta accanto a Bella, tenendole un braccio intorno alle spalle. Bella si teneva le mani sul grembo, come per proteggere quella creatura, e mi guardava terrorizzata.
«Andrà tutto bene, ne sono certo. Nessuno ti farà del male. Non permetterò a nessuno di farti altro male, mai», le mormorai, mentre il dolore mi lacerava il petto.
«E Jacob? Non faranno del male neanche a lui?»
«Se lo sentirò in pericolo andrò io stesso ad aiutarlo, te lo prometto. Ora però calmati, non devi agitarti così.»
Annuì delicatamente con il capo e tornò a rilassarsi sul divano, senza però smettere di fissarmi.
«Edward? Allora che succede?», mi chiese Emmett con insistenza.
Tornai a concentrarmi sul branco e a quello che stava accadendo nella foresta.
«Jared è in forma umana, mentre Paul, Quil e Collin no. Jacob e gli altri non si fidano completamente di loro e non hanno intenzione di trasformarsi», iniziai a spiegare. «Sam li ha mandati per convincere Jacob a tornare a casa.»
«Hanno proposto di uccidere Bella, come possono pensare che Jacob torni con loro?», chiese Carlisle.
«Sembra che Sam abbia cambiato idea. Vuole aspettare che il… bambino nasca prima di agire, e anche gli anziani sono d’accordo.»
«Ed è la verità?», mi chiese Rosalie.
«Sembra di sì. Leah crede che non potendo più contare sull’effetto sorpresa abbiano fatto marcia indietro. In parte è così, ma non lo fanno solo per quello. L’idea di fare del male a Bella, in fondo, non piace a nessuno: loro le vogliono bene. Se sarà possibile cercheranno di evitarlo.»
In quel momento i pensieri di Jared mi colpirono come una pugnalata al petto e smisi di parlare. Sentivo il corpo tremare in preda alla rabbia.
«Edward che succede? Edward?»
La voce di Carlisle era come se provenisse da chilometri di distanza, non riuscivo a concentrarmi su nient’altro se non su quello che stavo leggendo nella mente di Jared.
«Edward, ti prego dicci cosa sta accadendo?»
Questa volta fu Esme a parlare con un tono quasi disperato. Mi voltai prima verso di lei e Carlisle e poi verso Bella che mi fissava terrorizzata.
«Sam crede che Bella morirà comunque appena quella creatura verrà alla luce», spiegai con un filo di voce cercando di riprendere il controllo di me. «Spera che a quel punto Jacob sia talmente in collera con noi che sarà lui stesso a volerci morti e a preparare l’attacco».
«No! Jake non lo farebbe mai!», urlò Bella.
«Non so come, ma Leah ha intuito perfettamente i pensieri di Sam e li ha comunicati a Jacob. Neanche lui mi sembra molto convinto di quale sarà la tua reazione se tu dovessi…»
Non riuscii a finire la frase e nemmeno a sostenere lo sguardo di Bella.
«Perciò Jacob ha intenzione di riunirsi a loro?», mi chiese Bella con un filo d’ansia.
«No, non vuole. Pensa che tu abbia ancora bisogno di protezione e che, in qualche modo noi siamo dalla parte dei buoni, almeno per ora», le spiegai.
«Quindi cosa ha intenzione di fare?», mi chiese Alice.
«Jacob si è appena trasformato per parlare con Jared…», iniziai a dire, «gli sta dicendo che ha intenzione di restare con noi e di non poter ritornare con il resto del branco. Jared vorrebbe che almeno Seth e Leah tornassero, ma loro non ne vogliono sapere.»
Non capisco perché Leah stia dalla nostra parte, non ci sopporta”, pensò Emmett.
«Perché è meglio questo che dover sottostare a Sam. Soffre ancora molto per la storia dell’inprinting. Inoltre vuole stare vicino a suo fratello: le vuole molto bene e non si fida troppo di noi. In più c’è Jacob…tiene molto anche a lui anche se non vuole darlo a vedere», gli risposi.
«Credi sia…innamorata di lui?», mi chiese Bella, quasi avesse paura della mia risposta.
Mi ci volle un attimo per rispondere e non perché non sapessi la risposta, ma perché il modo in cui lo aveva chiesto mi aveva profondamente infastidito.
«Sarebbe un problema?», non riuscii a trattenermi dal chiederle.
«No», mi rispose nervosa, «non intendevo questo. E’ solo che non vorrei vederla soffrire ancora. Non credo che Jacob la veda in quel modo…»
«Beh, certo, lui vede solo mia moglie in quel modo.»
Il tono delle mie parole fu aspro e tagliente, ma quando me ne resi conto era già troppo tardi. Bella mi guardava sorpresa e addolorata dalle mie parole, mentre gli altri mi fissavano allibiti.
Mi voltai verso la finestra e, cercando di scacciare quella spiacevole sensazione, andai avanti con il resoconto di ciò che stava accadendo.
«Jared se ne sta andando…», iniziai a dire.
«Qualcosa non va?», mi chiese Carlisle.
«Jacob gli ha chiesto perché non è venuto Embry invece di Collin, ma Jared non ha voluto rispondergli», gli spiegai accennando un sorriso.
«Sai il perché?»
«Perché hanno paura che Embry possa unirsi al branco di Jacob. E’ un suo grande amico e probabilmente basterebbe una sola sua parola che lui andrebbe dalla sua parte. Sam non vuole correre questo rischio perciò preferisce tenerlo lontano da lui.»
Tutti si rilassarono, capendo che non c’era niente di cui preoccuparsi per il momento.
Mi sedetti di fianco a Bella e le sfiorai il collo con le dita. Lei sussultò e mi sorrise dolcemente.
«Sei calda», le sussurrai.
«Non sarà così ancora per molto, quindi approfittane», mi disse sorridendo.
Non contraccambiai quel sorriso. Non c’era niente che trovassi divertente in quello che aveva detto. Capì di aver scherzato su un argomento troppo importante per me, così, avvicinando il suo viso al mio, mi sussurrò:
«Mi sento bene. Abbiamo capito cosa vuole il piccolo, vedrai che ora andrà tutto bene. Mi sento già più forte.»
Ed era vero. Non potevo negare che il suo aspetto fosse migliorato.
Solo non riuscivo ad accettare quale sacrificio fosse costretta a sopportare per accontentare quella creatura.
«Mi dispiace per prima…»
«Non è colpa tua, questa situazione ti sta mettendo a dura prova…non è sempre facile mantenere il controllo di tutto.»
«Già…», sospirai. «Hai bisogno di qualcosa?», le chiesi, cambiando discorso.
«A dir la verità, avrei un po’…sete. Pensi che potrei averne ancora?», mi chiese timorosa indicando il bicchiere vuoto.
«Puoi avere tutto ciò che vuoi…vorrei solo che non fosse necessario sottoporti a una tale sofferenza», le dissi con voce tremante.
Allungò una mano verso di me, sfiorando la mia che mi ero portato davanti al volto.
«Non è così difficile, davvero! Ne no voglia…»
«Non tu….lui!», le risposi quasi ringhiando.
Riuscivo a malapena a sentire le mie stesse parole. Sentivo il mio corpo in preda ad una sorta di convulsioni. Non sopportavo più quella situazione e non sopportavo più di sentire Bella pensare solo a quell’essere e mai a se stessa. Ma non potevo fare niente, se non assecondarla, perciò chiesi a Carlisle di prepararle un altro bicchiere.
«Forse è meglio che tu lo beva subito», le dissi riprendendo lentamente il controllo di me, «Jacob sarà qui a momenti e non credo voglia assistere ancora allo spettacolo!»
«Sì, forse è meglio. Non voglio rendergli questo momento ancora più doloroso. Non so quanto ancora riuscirà a sostenere questi ritmi…», disse Bella con un velo di tristezza.
Forse potrei dargli una mano…”, pensò Esme rivolgendomi uno sguardo materno. “Potremmo almeno facilitargli questa sorta di convivenza forzata. Potremmo dargli dei vestiti puliti e magari del cibo…in fondo a noi non serve niente di tutto ciò”.
Annuii con il capo e poi mi rivolsi ad Alice.
«Trova qualcosa da dare a Jacob…dovrebbe avere quasi la taglia di Emmett, poi appoggia i vestiti davanti al portone, così non si sentirà in dovere di accettare.»
«E per gli altri?», mi chiese Esme.
«Parlerò con lui e gli dirò che possono contare su di noi per qualsiasi esigenza.»
Grazie Edward. So che tra di voi non scorre buon sangue, perciò apprezzo ancor di più quello che stai facendo. Sei davvero un ragazzo straordinario!”
Abbassai lo sguardo, imbarazzato dai suoi elogi. Non mi sentivo straordinario neanche un po’, in realtà. Mi sentivo in colpa, impotente, geloso, arrabbiato, terrorizzato… e di sicuro in questo non c’era niente di straordinario.
Carlisle tornò con il bicchiere in mano ed appena Bella lo vide sembrò sinceramente sollevata…assetata. Mi lanciò uno sguardo tenero, come per chiedermi scusa o il permesso per bere. Le rivolsi un mezzo sorriso e le passai io stesso il bicchiere in mano.
«Va tutto bene, non preoccuparti», le sussurrai.
Detto ciò, iniziò a bere dalla cannuccia con impazienza. D’istinto mi voltai verso mio padre che invece la fissava ancora incredulo: “è incredibile… un vampiro sta veramente crescendo dentro di lei, è…”
«Vuoi una mano a spostare l’attrezzatura di sopra? Non credo che Bella ne abbia più bisogno», gli dissi interrompendo i suoi pensieri.
Carlisle capì che non volevo ascoltare certi ragionamenti e subito abbassò lo sguardo per scusarsi. Poteva essere incredibile…ma per me continuava ad essere un abominio.
«Certo, portiamo i monitor di sopra. Per ora lasciamole la flebo, la sua dieta non è delle migliori in questo momento.»
Quando fummo di sopra mio padre approfittò del momento di privacy per parlarmi.
«Edward, dovremmo iniziare a organizzarci per quando arriverà il momento…»
Mi bloccai e tirai un lungo respiro.
«So che non vuoi affrontare l’argomento, ma dobbiamo essere pronti: lo capisci, vero?», insistette.
«Pronti a cosa? A vederla morire? E’ questo a cui dovrei iniziare a prepararmi?!», chiesi con un filo di voce riuscendo a stento a trattenere l’angoscia che provavo nel pronunciare quelle parole.
«Non è detto che debba finire così, lo sai. Tireremo fuori quel bambino prima che sia troppo tardi per Bella. Per questo ti dico che dobbiamo farci trovare pronti.»
«Non ti permetterà di toccarla finché non sarà il momento…»
«Non ho intenzione di ingannarla. Quando le dirò che è il momento dovrà fidarsi di me perché le spiegherò che è anche una sicurezza per il bambino non aspettare l’ultimo minuto…»
«Potresti smetterla di chiamarlo “bambino”, per favore?!», gli chiesi infastidito da come quel nome stonasse profondamente con la cosa che stava distruggendo mia moglie.
«Figliolo, ascoltami ti prego», disse con calma, «devi accettare il fatto che Bella desideri quella creatura, con tutto il suo cuore. Non ti sto chiedendo di pensare a lui, a quello penserò io, ma ti essere pronto per salvare Bella appena sarà il momento.»
«Vuoi che lo faccia io?»
«Erano questi gli accordi tra di voi, o sbaglio? Lei ti sposava e tu la trasformavi», mi ricordò.
«Gi accordi erano che saremmo stati insieme per sempre…e lei ha deciso di mettere da parte questa promessa…», mormorai nel pieno dello sconforto.
«Edward ti prego…»
«Certo che lo farò Carlisle, non avresti nemmeno dovuto chiedermelo. Sono settimane che non aspetto altro che di poterla salvare. Ho solo paura di non esserne in grado o di agire troppo tardi», ammisi spaventato.
«Ci ho riflettuto e credo che la cosa migliore da fare sia quella di iniettare il tuo veleno direttamente dentro di lei. Il tuo morso potrebbe far entrare in circolo il veleno troppo lentamente», mi spiegò.
«Come faccio a estrarlo e a metterlo in una siringa?», gli domandai avendo letto il resto del piano nella sua mente.
 «Dovresti far in modo di stimolare la produzione del veleno… poi penserò io ad estrarlo dalla tua saliva
«Stimolarla come?», chiesi confuso, «non posso andare a caccia…non la lascio sola», conclusi con decisione.
«So che non lo faresti…per questo ho pensato ad un’altra alternativa…anche se un po’più dolorosa per te…», iniziò a dire aspettando che capissi il seguito.
«Stai scherzando? Che c’è vuoi torturarmi?», chiesi incredulo.
«Non trovo soluzione migliore e più efficiente», sentenziò.
«Non hai pensato al fatto che potrei cedere alla tentazione?»
«No, se ci sarò io a fianco a te: non ti permetterei mai di farlo, lo sai», mi tranquillizzò mettendomi una mano sulla spalla.
«Quando?», domandai ancora scettico.
«La prossima volta che andrai a preparare il bicchiere per Bella. Ti basterà tenere il bicchiere sotto al naso per pochi minuti e il restò lo farà la nostra natura…»
Lo guardai terrorizzato dall’effettuare quell’esperimento, ma,mio malgrado, annuii in segno di resa.
 
Quando tornammo di sotto, il salone era già sgombro e tutti i mobili erano ritornati al loro posto.
Rosalie fece stendere Bella sul divano, la avvolse in due pesanti coperte e poi si mise a sedere a terra vicino a lei.
Io mi sistemai sull’altra estremità del divano e le sistemai i piedi sopra alle mie gambe.
«Se hai troppo freddo posso sedermi vicino a Rosalie», le dissi.
«No, ti prego, rimani. Se avrò freddo prenderò una coperta in più, ma tu non te ne andare, ok?», mi rispose arrossendo.
Dio quanto era bella. La guardai estasiato per qualche secondo prima di riuscire a risponderle. Pure così magra e con il colorito più spento, continuava ad essere, ai miei occhi, la creatura più bella che avessi mai visto. Se avesse potuto sentire i miei pensieri probabilmente mi avrebbe preso per pazzo, ne ero certo, eppure per me era sempre la mia Bella.
«Non preoccuparti, non vado da nessuna parte….finché mi vorrai…»
«Per sempre, allora.»
Abbassò gli occhi e le sue guance divennero ancora più rosee. Non potei fare a meno di sorriderle pur chiedendomi quanto sarebbe durato quel “per sempre”.

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Capitolo 7
*** Promesse ***


Ecco il nuovo capitolo!
Mi piace molto questa parte, spero piaccia anche a voi.
Apetto i vostri commenti...spero numerosi!!!

Buona lettura.




Sembrava essere tornato tutto alla normalità. Almeno in apparenza. Alice aveva acceso il televisore sintonizzandolo su un canale che trasmetteva un filmetto strappalacrime e poi se n’era andata di sopra a parlare con Jasper ed Emmet. Iniziavano a sentire il bisogno di cacciare e stavano pensando a come fare senza rischiare di imbattersi nel branco di Sam. Erano molti giorni che non ci concedevamo il lusso di fare un giro tra i boschi. Non che a me interessasse molto. Non l’avrei lasciata per niente al mondo: la mia Bella.
Se ne stava sdraiata sul divano a fissare il vuoto e di tanto in tanto mi guardava quasi per tranquillizzarmi.
All’improvviso sentii i pensieri di Jacob e capii che stava per arrivare. Appena vide i vestiti nella cesta, fuori dalla porta, rimase per un momento indeciso sul da farsi, ma poi decise di accettare quel nostro segno di pace e andò a cambiarsi poco distante. Aveva paura che Rosalie avesse potuto fargli qualche scherzo, dandogli degli abiti da donna: a volte era davvero divertente ascoltare la mente di Jacob.
Quando entrò in casa gli accennai un sorriso, per dirgli che mi aveva fatto piacere che avesse accettato il pensiero di Esme. Bella mi vide alzare lo sguardo verso lui e si voltò nella stessa direzione. Appena lo vide il suo volto si illuminò, mentre il mio prese fuoco. Ormai, ultimamente, era sempre così. Quando lo vedeva era come se ricevesse una boccata di aria fresca: rinsaviva. Mi sentivo uno stupido ad essere ancora geloso del loro rapporto, ma quando dimostrava tutto quell’entusiasmo proprio non riuscivo a farne a meno. Anche a Jacob, dava fastidio quell’atteggiamento. Non che in cuor suo non ne fosse felice, ma ovviamente lo faceva soffrire. Lei aveva scelto di condividere la vita con me, voleva darmi un figlio, eppure continuava a pendere dalle labbra di Jacob. Non potei fare a meno di lanciargli un’occhiata proprio per fargli capire che quelle reazioni infastidivano me quasi quanto lui, soprattutto perché non le capivo.
«E’ tutto sotto controllo, non vi attaccheranno», mi comunicò, riferendosi all’incontro con Sam.
«Lo so, vi ho sentiti.»
«Com’è possibile? Eravamo lontani…», esclamò sorpreso.
«E’ vero, ma quando una mente è particolarmente familiare, riesco a sentirla anche a diversi chilometri di distanza: devo solo concentrarmi», gli spiegai. «Quando poi sei in forma umana mi è ancora più semplice.»
«Meglio così, mi eviti la scocciatura di ripeterti tutto», mi rispose scocciato. In realtà non gli andava giù l’idea che fossi diventato così abile nell’ascoltarlo.
«Jake, ho l’impressione che tra un po’ sverrai a terra dal sonno! Hai una faccia!», esclamò Bella con un sorriso. Sembrava davvero più forte. Era incredibile come la nuova “dieta” le stesse facendo bene e la cosa mi preoccupava ogni istante di più. Se per qualche breve momento ero riuscito a sperare che quel bambino fosse più simile a lei che a me, ora non potevo più avere dubbi. Era un vampiro, un mostro, una creatura che mi spaventava perché non sapevo nulla di lei.
La barzelletta di Jacob sulle bionde, rivolta ovviamente a Rosalie, mi svegliò da quei pensieri funesti e mi diede perfino la forza di ridere. Riusciva a sdrammatizzare perfino in quella situazione.
Quando sentii la porta chiudersi alle sue spalle mi ricordai di aver promesso ad Esme di parlare con lui riguardo alla questione del branco, così, controvoglia, sollevai delicatamente le gambe di Bella e mi alzai dal divano.
«Dove vai? Lascialo riposare», mi chiese Bella, con il suo sguardo tenero.
«Devo parlargli di una cosa, ci vorrà solo un attimo.»
Sapevo che quello che Bella aveva detto era vero, Jacob aveva davvero bisogno di dormire, ma volevo anche che sapesse che Esme voleva aiutarli in qualsiasi modo possibile. Sapevo che non avrebbero gradito la nostra invadenza, soprattutto Leah, ma per mia madre era importante.
«Che altro c’è?», mi gridò, sbuffandomi in faccia.
«Mentre raccontavo agli altri la discussione tra te e il branco di Sam…beh…qualcuno si è preoccupato..», iniziai a dirgli.
«Tranquillo non abbasserò la guardia», mi rispose fraintendendo le mie parole.
«Non intendevo quel tipo di preoccupazione», lo rassicurai. «Esme, in particolare, è dispiaciuta e preoccupata per la situazione in cui siete costretti a vivere.»
«Ma di che parli?», esclamò esterrefatto.
«Del fatto che siete senza una casa e che siete costretti a privarvi di molte cose per difendere noi», cercai di spiegargli.
Jacob, non riusciva proprio a scindere la gentilezza di Esme dalla sua natura di vampiro, come se le due cose dovessero per forza collimare. Sbuffò, scocciato anche solo dall’idea di dover accettare qualcosa da uno di noi, di esserci grato in qualche modo.
«Abbiamo la pelle dura, dille di non preoccuparsi.»
«Vuole solo darvi una mano, permettile di fare qualcosa per voi», insistetti solo per amore verso via madre.
«Del tipo?», mi domandò sospettoso.
«So che a Leah non piace molto cacciare.. e noi qui abbiamo cibo “umano” in grande quantità. Sia lei che voi potete servirvene ogni volta che volete», gli spiegai nella maniera più cortese possibile.
«Glielo dirò», rispose secco, come per dire “io non mangerei il vostro cibo nemmeno morto, ma gli altri sono liberi di fare come gli pare!”
«Cerca di farla ragionare, okay? Lei ci odia, quindi fai in modo di convincerla. Ti chiedo un piccolo sforzo», aggiunsi in tono un po’ più pungente.
«Si, certo…»
Certo, come no, pensai.
«Poi, per quanto riguarda i vestiti...»
«Ah, sì grazie», mi disse guardandosi, evitando volontariamente di fare commenti sull’odore disgustoso che per lui avevano.
Mi uscì un sorriso d’istinto, pensando a quanto fosse sciocco cercare di tenermi nascosto qualcosa. Ogni tanto quel particolare sfuggiva a Jacob e la cosa mi divertiva.
«Abbiamo armadi pieni di vestiti, praticamente per ogni occasione. Leah potrebbe utilizzare quelli di Esme o di  Alice..», gli riferii.
«Sarà felicissima all’idea di indossare gli stracci di un succiasangue: lei non è flessibile quanto me», mi rispose quasi con arroganza.
«Sono sicuro che, se volessi, potresti convincerla, mostrandole i risvolti positivi di quest’offerta. Esme vuole che consideriate questa, come fosse casa vostra», continuai a dirgli. In fondo, anche se lo stavo facendo per mia madre, credevo alle mie parole. Erano giovani e avevano abbandonato il branco e la loro famiglia per proteggere noi, per proteggere Bella. Volevo davvero che si fidassero di noi, che ci considerassero membri della stessa squadra. Anche se a volte la sua presenza mi faceva ancora irritare, dovevo molto a Jacob e agli altri. Bella gli voleva bene, perciò gliene volevo anche io. 
«Grazie, siete gentili», disse per la prima volta in modo sincero e cortese, anche se non riusciva quasi più a tenere le palpebre aperte. «Dì a Esme che apprezzo molto il suo interesse per noi, ma credo che continueremo a vivere come abbiamo fatto fino ad ora.. Comunque glielo riferirò.»
«Grazie…»
Non riuscii ad aggiungere altro. Un grido straziante mi gelò il sangue e come un lampo rientrai in casa senza dare a Jacob nemmeno il tempo di rendersene conto. Il volto di Bella era segnato dal dolore, il suo corpo raggomitolato come a trattenere dentro di sé quel male così acuto. Poi udii un altro suono, più lieve, ma non meno inquietante. Non veniva dalla sua bocca, ma da dentro di lei. Era il rumore di ossa rotte.
Rosalie era sopra di lei e cercava di tenerla ferma, mentre io me ne stavo lì a fissarla impotente.
Carlisle le si avvicinò preoccupato: anche lui aveva sentito lo stesso suono che aveva bloccato i miei muscoli.
«Aspettate un attimo, vi prego», mormorò Bella mentre cercava di superare quel dolore atroce.
«Bella», le disse Carlisle, «ho sentito il rumore di un osso che si spezzava, permettimi di visitarti.»
«Un’altra costola forse…», aggiunse Bella, stringendo i denti.
«Dobbiamo fare una lastra per essere certi che non ci siano frammenti vaganti», le spiegò mio padre cercando di farle capire la gravità della cosa. Se lei percepiva che poteva essere pericoloso anche per il…bambino, allora si sarebbe fatta curare da Carlisle.
«Okay», concluse Bella prendendo un respiro profondo.
Solo a quel punto riuscii a fare un passo verso di lei per prenderla in braccio e portarla di sopra, ma Rosalie, che le era più vicino, mi precedette.
Alzai il mio sguardo omicida verso di lei, ma non ero abbastanza in me per poter reagire in alcun modo.
«L’ho presa io», mi ringhiò Rosalie, sostenendo il mio sguardo.
La lasciai fare e mi incamminai su per le scale, dietro di loro, insieme a Carlisle. Bella mi guardò da dietro la spalla di Rosalie, cercando forse il mio conforto o forse semplicemente il mio appoggio. Provai con tutto me stesso a far muovere i muscoli della mia faccia per mostrarle qualcosa di simile ad un sorriso, ma non si mosse niente. Ero pietra. Ero morto.
 
Quando arrivammo nella stanza che Carlisle aveva adibito a “sala operatoria”, Rose sistemò Bella sul lettino e Carlisle iniziò a visitarla e a farle una lastra sul fianco sinistro. Con delicatezza, le premeva le dita sull’addome e lei di tanto in tanto lanciava qualche grido sommesso. Non voleva mostrarsi sofferente: ero fin troppo sicuro che non voleva darlo a vedere a me. Sì, perché lei non si preoccupava mai di se stessa! Lei pensava a me, a Charlie, a sua madre, a Jacob e, soprattutto, a quella cosa che le cresceva dentro.
«Edward, aiutami a fasciarla», mi chiamò Carlisle.
Di nuovo, prima che riuscissi a muovermi, Rose era già a fianco a loro. Era come se i miei riflessi, fino al allora sempre infallibili, andassero letteralmente al rallentatore. Bella alzò appena il capo, per accertarsi che fossi ancora lì e i suoi occhi  mi diedero la forza necessaria per accennare una timida reazione.
«Credo abbia detto a me», sibilai tra i denti a Rose, affiancandola.
«Non mi sembri molto lucido», mi schernì, alzando un sopracciglio.
«Vuoi mettermi alla prova?», gli chiesi con tono cupo e arrotolandomi le maniche della camicia.
«Per favore…», rantolò Bella, assistendo alla nostra disputa.
Rose si arrese e fece qualche passo indietro, giusto per darmi lo spazio necessario a muovermi. Mi voltai verso Bella e finalmente riuscii a mostrarle una sorta di sorriso.
Cercando di fare attenzione a non muoverla troppo, riuscimmo a fasciarla abbastanza stretta. Avevo l’impressione che non sarebbe servito a molto: più quella cosa fosse cresciuta, più il corpo minuto di Bella ne avrebbe risentito.
«Torniamo di sotto?», le chiese Rosalie, appena finimmo di sistemarle la fasciatura..
«Sì…», le rispose titubante, «prima, però, vorrei parlare un momento con Edward.»
Nell’udire il mio nome, alzai gli occhi e la fissai. Da quanto non la sentivo pronunciare il mio nome in quel modo?
«Certamente», rispose Carlisle, uscendo dalla stanza.
Rosalie invece rimase impassibile vicino al letto di Bella, intenzionata a non muoversi di un millimetro. Quel matrimonio a tre, iniziava davvero a starmi stretto, ma ormai era come se fossero una cosa sola.
«Anche tu, Rose», le mormorò Bella, con mio grande stupore. A quel punto sorridere fu molto più semplice.
«Stai scherzando? Non ti lasciò da sola con lui!», le rispose Rose, quando capì le intenzioni di Bella.
«E’ mio marito e ho bisogno di due minuti da sola con lui. Non ci farà del male. Io mi fido.»
Disse le ultime tre parole rivolgendomi uno sguardo eloquente come se volesse dirmi : “non ci farai del male, vero?”. Di nuovo le sorrisi.
Non sarò lontana, perciò pensa bene a quello che fai”, mi intimò, uscendo controvoglia dalla stanza.
«Aiutami a mettermi seduta, per favore», mi chiese timidamente, tendendomi le braccia.
Delicatamente la presi  e l’aiutai ad appoggiare i piedi a terra, poi mi sedetti a fianco a lei.
«Mi dispiace tanto…», mormorò a testa bassa, prendendomi la mano. «Non vorrei farti soffrire così.»
«Sto bene», le risposi, cancellando dal mio volto il sorriso di poco prima.
«No, non è vero», mi ammonì, fissandomi negli occhi. «Puoi fare il duro davanti agli altri, ma con me non funziona. Vedo quanto ti sforzi di essere controllato e di nascondere il tuo dolore, ma io ti conosco Edward, e so che mi odi.»
«Ma che dici?!», quasi le urlai. «Come puoi dire una cosa simile!»
Capii dalla sua espressione che si era pentita di aver usato quelle parole e che la mia reazione l’aveva intimorita.
«Bella, io ti amo. Tu sei tutto per me. Non potrei odiarti neanche se lo volessi», le dissi, addolcendo il mio tono, accarezzandola sul viso. «Io odio, solo me stesso, per quello che ho fatto.»
«Non devi!», esclamò con quanta più forza poté. «So che non condividi la mia scelta, ma io sono felice di questo», disse con dolcezza, portandosi le mani sul pancione. «Lui è parte di te: come potrei non amarlo?»
«Bella, ti prego…», sussurrai con voce tremante.
«Perché non riesci a volergli bene?»
«Perché mi sta privando della mia ragione di vita», le risposi duro.
«Un tempo mi avevi detto che ti sarebbe piaciuto diventare padre…», provò a dire.
«Certo che mi piacerebbe avere un figlio con te, Bella, ma vorrei che fosse un dolce bambino con le guance paffutelle e rosee come le tue!» le spiegai alzando la voce.
«Potrebbe anche essere…aspetta di vederlo…»
«Bella», dissi con voce cupa e tremante, «lui - beve - sangue.»
Bella abbassò gli occhi, delusa e dispiaciuta per non avermi convinto con le sue argomentazioni.
«Ho bisogno che mi prometti una cosa… due, in realtà», aggiunse appoggiandomi una mano sul petto.
Fino a qualche settimana prima, le avrei risposto “qualunque cosa”, ma in quel momento non riuscivo a farlo. Ero terrorizzato dall’idea che potesse chiedermi qualcosa che non sarei stato in grado di fare, o di sopportare.
«Per favore, prometti!», insistette ancora, di fronte al mio tentennamento.
«Lo sai che farei qualsiasi cosa per te…», provai a sviare la richiesta.
«Si tratta di te, non di me. Perciò prometti che farai quello che sto per chiederti.»
«Okay», le sussurrai alla fine, non troppo convinto.
Finalmente Bella si distese e prese un lungo e profondo respiro, tanto che le provocò una fitta sul punto della frattura.
«Se non dovessi farcela….se dovessi…»
«Smettila!», le gridai alzandomi in piedi. «Perché mi fai questo?»
Bella spalancò i suoi occhioni scuri e mi fissò spaurita. Come poteva voler affrontare un simile argomento? Come, se poco prima mi aveva chiesto scusa per quello che mi stava facendo passare? Valutare l’ipotesi che potesse morire mi avrebbe aiutato?
«Edward, ti prego. L’hai promesso!», mi supplicò, invitandomi a sedermi.
«Non intendo promettere niente che sia condizionato alla tua…morte», balbettai in preda al dolore.
«Non morirò, ok? Non ho nessuna intenzione di lasciarti, ma voglio essere sicura che se dovesse succedere, almeno tu continuerai a vivere!», mi disse d’un fiato prima che riuscissi ad interromperla.
«Di che parli?», le chiesi scuotendo la testa.
«Prometti che non tornerai in Italia dai Volturi», mi implorò quasi con le lacrime agli occhi.
Rimasi basito di fronte a quella richiesta. Come poteva pensare a me? Per me la vita, il mondo, tutto, sarebbe scomparso insieme all’ultimo battito del suo cuore.
«Pensa a vivere», riuscii a mormorare, rabbrividendo al solo pensiero del suo corpo esanime.
«Promettilo!», insistette con ancor più forza, mentre le fitte sul suo addome tornavano a farsi sentire.
«Te lo prometto», le risposi di fretta, intenzionato solo a farla calmare e rilassare. Dopo tutto non avevo alcuna intenzione di morire per mano dei Volturi: se Bella fosse morta, ci avrebbe pensato Jacob Black ad uccidermi.
Bella si rilassò e tornò a respirare più regolarmente per pochi secondi, prima di irrigidirsi di nuovo.
«Non ho ancora finito: le promesse erano due…», mi ricordò abbassando gli occhi, come se avesse timore di proseguire.
Non mi mossi. Rimasi lì, in piedi di fronte a lei, in attesa.
«Sempre nella stessa ipotesi…», iniziò a dire preoccupata che potessi avere una reazione come quella di poco prima, «vorrei che fossi tu a prenderti cura di lui…»
Si portò nuovamente le mani sul ventre e mi guardò in attesa che riuscissi a parlare: ma io non lo feci.
«Voglio bene a Rose, e so che lei se ne prenderebbe cura come se fosse suo…», continuò a dire, «ma non è suo, è mio… e tuo.»
«Non abbiamo idea di cosa sia…», balbettai attonito.
«E’ nostro figlio, Edward! Ecco cos’è!», mi rispose risentita. «Forse sarà più simile a me, forse a te, o forse avrà un po’ di tutti e due, ma rimane il fatto che è nato dal nostro amore e che abbiamo il dovere di proteggerlo!»
«Forse saremo noi a doverci proteggere da lui, ci hai pensato? E poi mi sembra sia chiaro a chi somigli», le dissi sottovoce, riferendomi alle sue preferenze alimentari. «E’ un mostro, proprio come il padre.»
«Edward Cullen, smettila subito!», mi ordinò con tono severo. «Tu non sei un mostro, tu sei… Come faccio a spiegarti quello che sei per me? Sei… sei un dono del cielo, ecco cosa sei, proprio come lui!»
Il modo in cui mi vedeva, in cui vedeva quella creatura, fece sciogliere il mio cuore di ghiaccio e mi arresi al suo sguardo tenero e implorante. Mi avvicinai e le afferrai delicatamente il viso, costringendola a guardarmi dritto negli occhi a pochi centimetri di distanza.
«Non morire. Hai promesso di restare con me per l’eternità. Sei mia moglie… perciò non provare a lasciarmi», le ordinai emozionato.
«Io voglio vivere, e non voglio lasciarti», mi rispose con la stessa emozione nella voce.
«Allora permettimi di salvarti la vita, permettimi di trasformarti!»
«Dovrai farlo, quando sarà il momento…», mi sussurrò, mentre le lacrime iniziavano a scenderle.
«Ora, permettimi di farlo ora», provai a convincerla, in un ultimo, disperato tentativo.
«Non posso, è troppo presto… per lui.»
«Se aspettiamo, potrebbe essere troppo tardi per te!», la interruppi, senza lasciare per un attimo i suoi occhi.
«Io posso farcela… lui non mi farà del male…»
«Tu non lo sai!», esclami con la voce rotta dalla disperazione.
«Lo so esattamente come sapevo che non mi avresti fatto del male tu, quando ho scoperto che eri un vampiro. Non ho avuto paura allora di te e non ho paura adesso di lui», mi disse con decisione, cercando di togliere le mie mani dal suo viso.
Sono in quel momento mi accorsi che probabilmente la stavo stringendo troppo, perciò di colpo mollai la presa e caddi inerme a sedere a fianco a lei, senza smettere di guardarla.
Non avevo più niente da dire e, probabilmente, nemmeno lei. Avevamo punti di vista e priorità troppo differenti. Solo su una cosa saremmo stati sempre d’accordo e su quella avremmo dovuto appoggiarci per andare avanti e affrontare il nostro destino.
«Ti amo», le sussurrai, arrivando a sfiorarle le labbra con le mie.
«Per sempre», mi sussurrò, prima di suggellare quella promessa con un tenero bacio.

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Capitolo 8
*** Seth ***


Pronti per il nuovo capitolo?!
In questo conosceremo meglio una persona che è sempre stata dalla parte di Edward e Bella ed è per questo che meritava di avere un capitolo tutto per sé. Ma sentiremo anche Edward e Carlisle e molto altro.
Un capitolo, in un certo senso, di passaggio...per farci arrivare ad un momento cruciale della storia.
Buona lettura.
 







Bella era sul divano e dormiva.
In quei momenti, se non fosse stato per il suo viso scavato e per quella grossa protuberanza che aveva sul suo corpo, era come se niente fosse cambiato.
Io e Bella ci eravamo sposati: ci eravamo promessi amore eterno per l’eternità. Mi aveva detto che si era convinta a frequentare un anno di università, in cambio di altri momenti da umana con me. Invece, proprio uno di quei momenti, aveva mandato in fumo i nostri progetti.
Mi alzai dal divano lentamente attento a non svegliarla e mi avvicinai a Carlisle immerso nella lettura di alcuni libri. Stava cercando di studiare il feto utilizzando tutto il materiale che era in circolazione.
Avevo già passato in rassegna tutto quello che di nuovo era nella sua mente, ma avevo comunque voglia di parlare con lui.
«Cos’hai scoperto?»
«Niente di rassicurante. Non ci sono casi simili al vostro, almeno non che io sappia.»
«Tu, Jasper ed Emmett dovete riuscire a scoprire se i miti, le leggende che raccontano questi libri sono veri.»
«Faremo il possibile, lo sai Edward. Bella è una di noi, anche se non ancora in modo completo, ma per me e Esme è come una figlia. Non sarà sola, avrà tutti noi su cui poter contare», mi disse Carlisle con decisione.
«Questo lo so, ma non è abbastanza. Tu non puoi assicurarmi che lei sopravviverà! In tutte le leggende di cui siamo venuti a conoscenza le donne che hanno partorito una creatura del genere sono sempre…»
Mi si bloccò il respiro e non riuscii a respirare. Strinsi talmente forte il bordo del tavolo che solo quando mi fissai la mano mi accorsi che ne avevo staccato un grosso pezzo, riducendolo in polvere.
«Tu sarai pronto a trasformarla ed io sarò al tuo fianco, figliolo», mi rassicurò, poggiandomi una mano sulla spalla.
«Non voglio che soffra troppo», aggiunsi.
«Si potrebbe provare con la morfina… ma non so come potrebbe reagire con il nostro veleno», disse Carlisle mostrandosi incerto sul da farsi. «Non ho mai avuto la possibilità di preparare qualcuno alla trasformazione, ma con lei è diverso, possiamo pianificare la cosa nei minimi dettagli.»
«Non abbiamo più molto tempo», gli ricordai.
«Edward, ascoltami bene. Quello che devi fare in questo momento è prenderti cura di lei e cercare di farla stare tranquilla. A tutto il resto ci penseremo noi: quando sarà il momento noi saremo pronti.»
Feci un cenno affermativo con il capo e mi allontanai da lui, lasciandolo al suo lavoro. Sembrava che nessuno in quella casa riuscisse a capire il mio stato d’animo: non fino in fondo almeno. Voltai lo sguardo verso Bella e vedendola dormire ancora tranquillamente, decisi di approfittarne per prendere una boccata d’aria. Quando arrivai vicino alla porta mi accorsi che Jacob se ne stava sdraiato a terra a dormire profondamente. Era strano vederlo riposare in quella posizione. Mi avvicinai ad una delle poltrone lì vicino e presi un cuscino sistemandoglielo sotto alla testa: non se ne sarebbe mai accorto.
Mi uscì un sorriso sentendolo russare e, senza fare il minimo rumore, uscii dalla casa per staccare la spina per qualche minuto.
Ripensai alle parole di Bella, alle promesse che mi aveva estorto, alle parole di Carlisle e al modo che quelle creature avevano per venire alla luce. Sarebbe uscito facendosi strada con i denti, lacerando dall’interno il corpo di Bella! No, non ce la facevo a superare una cosa simile. Forse l’avrebbe dovuta trasformare Carlisle, lui aveva più esperienza di me, lui avrebbe saputo cosa fare se le cose si fossero complicate all’improvviso. Lui non avrebbe corso il rischio di pietrificarsi di fronte al corpo straziato di Bella. Sì, perché era solo quella la verità: avevo paura. Avevo paura che l’avrei persa per la seconda volta per causa mia.
«Edward!»
Mi voltai e vidi spuntare Jasper dagli alberi intorno la casa. Era andato a fare un giro intorno al perimetro per vedere se Sam e gli altri fossero nei paraggi.
«Va tutto bene? Novità?», mi chiese quando mi fu vicino.
«No, sta dormendo», risposi sommessamente.
«Non riesco a vederti così…»
«Allora cercate una soluzione. Carlisle si sta sforzando, ma da solo non può fare tutto: lui deve assistere anche Bella», gli dissi sconfortato.
«Stanotte io ed Emmett andremo a cercare qualcos’altro in giro», mi rispose circondandomi le spalle con un braccio. «Dai, rientriamo. Se Bella si sveglia e non ti vede potrebbe agitarsi…»
«C’è sempre Rosalie…», precisai risentito.
«Non essere sciocco, lei non potrà mai prendere il tuo posto. Bella ha bisogno di te, quasi come tu hai bisogno di lei. Quindi coraggio, andiamo da lei.»
«Sai, a volte, quando non ci sei, ho paura di non riuscire a controllare la rabbia che provo verso di lei. Se a Bella dovesse accadere qualcosa, per colpa sua, non so cosa sarei capace di farle», ammisi di getto con un tono di voce talmente basso da non essere udibile all’orecchio umano.
Era la prima volta che condividevo pensieri di quel genere con qualcun altro, all’infuori di me. Non riuscivo a capire cosa mi avesse spinto a farlo. Forse volevo giustificare in anticipo alcune azioni che magari, un giorno, mi sarei trovato costretto a compiere.
Andrà tutto bene, vedrai”, mi rassicurò prima di accompagnarmi in casa con un braccio sulle spalle.
 
Qualche ora più tardi Esme ed Emmett uscirono per andare in alcune biblioteche ad approfondire le ultime ricerche. Bella si era svegliata un paio di volte a causa del freddo. Aveva la febbre che andava e veniva, forse per colpa della frattura e le coperte che le avevo sistemato sopra sembravano non essere sufficienti per tenerla al caldo. Io cercavo di starle lontano, ma quando apriva gli occhi e mi vedeva dall’altro capo della stanza, mi allungava debolmente il braccio, facendomi segno di riavvicinarmi.
Mentre me ne stavo sul divano a fissare il vuoto davanti a me, sentii un rumore provenire dall’esterno. Non mi mossi per non spaventare Bella, ma sia io che Rose ci mettemmo in ascolto per capire di cosa si trattasse: solo che il mio “udito” era più affinato.
«E’ Seth, vagli ad aprire», le comunicai sottovoce.
Vacci tu!”, fu il suo pensiero, ma non lo disse per evitare litigi futili e rumorosi.
Seth era venuto per cercare Jacob. Dovevano incontrarsi verso mezzanotte, ma, dato che era crollato davanti al portone di casa nostra, Jacob non si era presentato all’appuntamento.
«Ciao Edward!»
«Sei venuto per Jacob?», gli chiesi anticipando la sua domanda. «Sta bene. E’ crollato letteralmente a terra.»
«Erano giorni che non dormiva più, ho cercato di fargli capire che non poteva continuare a sostenere certi ritmi. Lei, invece, come sta?», mi chiese avvicinandosi.
«Vieni, siediti qui, sul divano, le terrai un po’ caldo», gli risposi alzandomi e sistemandomi a terra. «Ha un po’ di febbre e a volte sento che trema. Quando ti accorgi che è troppo calda, ci diamo il cambio.»
Seth si accomodò vicino ai piedi di Bella e le mise un braccio intorno alle gambe, sopra alla coperta.
«E tu come stai?»
«Una favola», gli risposi ironico.
«Dovresti andare a caccia: hai una brutta cera!»
«Quando sarà il momento ci andrò. Nessuno di noi si è praticamente più mosso di qui, per paura che Sam e il suo branco potessero attaccarci. Non vogliamo scontri», gli spiegai.
«Posso chiederti una cosa? Perché non ve ne andate da qui? Cioè, non che mi dispiaccia avervi vicino, solo non capisco perché non prendete Bella e tutte le vostre cose e non vi trasferite altrove, dove Sam e gli altri non possono interferire», mi chiese all’improvviso, prendendomi quasi alla sprovvista.
«E’ per lei», risposi semplicemente, rivolgendo lo sguardo a Bella. «Voglio che stia tranquilla, al sicuro e che debba muoversi il meno possibile. Ormai ogni movimento è sempre più difficile da compiere per lei: il feto è sempre più forte e più grande, ogni volta che lui si muove, lei passa le pene dell’inferno. Inoltre qui Carlisle ha tutta l’attrezzatura di cui ha bisogno. Per ricreare in un altro posto tutto quello che ha qui, ci vorrebbe del tempo e noi non ne abbiamo molto.»
Non capisco come faccia mia sorella ad odiarvi tanto…non capisco come tutto il branco possa odiarvi tanto…
I pensieri di Seth erano sempre così puri, così sinceri.
“Non siete dei mostri. Nessun mostro farebbe quello che state facendo voi…quello che stai facendo tu…”
«Grazie Seth», gli dissi semplicemente cercando di sorridergli.
«A volte mi dimentico di quello che sei capace di fare!», mi rispose ridendo, dopo un momento di smarrimento. «Nessuno può mentirti o nasconderti le cose. E’ una cosa fighissima!»
«E’ quello che ho pensato anche io all’inizio, quando il mio potere si è manifestato, ma mi è bastato poco tempo per ricredermi», gli risposi con estrema onestà, ripensando ai miei primi mesi da vampiro. «Ora, poi, è una vera e propria tortura sentire le ansie, le preoccupazioni di tutti e non poter far niente. Preferirei non sapere, credimi.»
«Ma con lei è sempre stato diverso, vero? Non sei riuscito a sentirla nemmeno una volta?»
«No, mai», gli risposi guardandola. «I primi tempi l’idea che lei fosse l’unica mente ad essere capace di sfuggirmi mi riempiva di ansia e stress, ora riesco ad apprezzare anche questa sua particolarità. Questo suo dono.»
«Ma se riuscissi a sentirla, magari ti sarebbe più facile capire la sua scelta…»
Anche Seth girò lo sguardo verso di lei e le rivolse la stessa domanda che ormai decine di volte le avevo rivolto anche io: “perché lo stai facendo?
«Perché gli vuole bene», dissi a denti stretti rispondendo alla sua domanda. «Questo mi è chiaro senza bisogno di entrare nella sua mente. Non le importa sapere di che natura sia la creatura che porta in grembo, per lei è semplicemente nostro figlio.»
Per te non lo è?”, non ebbe il coraggio di chiedermi.
«E’ complicato da spiegare. Ho troppa paura per lei per riuscire a provare qualsiasi altro sentimento. Se quella creatura le fa del male… per me è un nemico», riuscii a spiegargli tornando a fissare il suo pancione.
Qualcosa si mosse nel suo interno e Bella si svegliò di soprassalto trattenendo a stento un urlo. In meno di un secondo le fui vicino.
«Carlisle!», urlai. «Amore, cosa c’è?»
«Credo sia un’altra costola…», riuscì a dire serrando i denti, mentre il sudore le bagnava la fronte.
«Seth, allontanati», gli ordinai senza nemmeno voltarmi.
Carlisle arrivò poco dopo inginocchiandosi vicino a me.
«Sì, un’altra costola. Il bambino si muove troppo ed è troppo forte rispetto a te», le spiegò cercando di non mostrare troppo preoccupazione: preoccupazione che non poteva certo tenere nascosta a me.
«Non siate esagerati! E’ una cosa che succede anche nelle gravidanze normali!», esclamò Rosalie che aveva preso il posto di Seth vicino a Bella.
Voltai lentamente il capo verso di lei e dovetti afferrarmi al divano per evitare di saltarle al collo per staccarle la testa.
«Lascia perdere Edward», mi sussurrò Carlisle in un orecchio. «Vado a prendere il necessario per fasciarla di nuovo. Non c’è bisogno di spostarla, posso farlo anche qui.»
Sparì al piano di sopra che io ero ancora intento a trovare un modo per far fuori mia sorella. Non riuscivo a toglierle il mio sguardo rabbioso di dosso.
«Edward…», bisbigliò Bella, accarezzandomi il braccio.
La sua voce era l’unica cosa capace di farmi tornare con i piedi per terra di mettere a tacere il mio istinto animale.
«Sono qui», le risposi dolcemente.
«Sto già meglio, non è niente.»
«Certo», le risposi cupo abbassando gli occhi.
Sentivo Seth dietro di noi che ci fissava scioccato e addolorato. Quello che provava per tutti noi era un sentimento profondo. Soffriva nel vedermi star male, divorato dai sensi di colpa: sembrava che dal mio volto trasparisse tutto il mio inferno personale.
Se amare significa soffrire in questo modo, spero di non avere mai l’imprinting con nessuna…”, fu il suo pensiero.
 
Carlisle tornò di sotto e fasciò nuovamente Bella, nel punto esatto in cui una nuova macchia violacea stava iniziando a formarsi. Decise che la flebo non era più necessaria ora che poteva nutrirsi.
Dato che la situazione si era stabilizzata decisi di andare a  preparare la colazione per Seth; quando vide il vassoio stracolmo di tortini alla cannella, omelette con bacon e formaggio e pane tostato per poco non mi saltò addosso: era davvero affamato.
In quell’istante squillò il telefono.
Bella mi fissò facendomi cenno di voler rispondere lei. Era Charlie, ovviamente. Telefonava praticamente tutti i giorni e tutti i giorni Carlisle gli diceva sempre le stesse cose: che Bella era malata e che era estremamente contagiosa. Non ero convinto che fosse la cosa migliore farlo parlare direttamente con lei, ma come al solito, mi piegai alla sua volontà.
«Pronto?»
«Bella? Sei tu?», quasi urlò suo padre dall’altro capo del telefono.
«Sì, papà, sono io. Sto un po’ meglio oggi», le rispose cercando di sembrare serena.
«Voglio venirti a trovare!»
«No papà! Non puoi, non ancora. I medici dicono che non posso ancora ricevere visite»,  gli spiegò senza farsi prendere dal panico. «Lo sai papà come sono fatta: se c’è in giro una malattia rarissima e pericolosa, di sicuro io riesco a prenderla!»
Me ne stavo lì a fissarla mentre cercava di scherzare con suo padre come niente fosse. Non avevo idea di cosa avesse in mente. Una volta trasformata avrebbe dovuto rimanergli lontana per un bel pezzo: con quale scusa? Charlie avrebbe capito che c’era qualcosa sotto. Anche Seth, che fissava Bella allibito, si stava porgendo le stesse mie domande e quando lei riagganciò non si trattenne dal rivolgergliele.
«Hai detto a tuo padre che stai meglio?», le domandò incredulo.
«Ho dovuto. Aveva una voce così straziata. Non voglio che soffra. Quando lo rivedrò poi…»
«Quando lo rivedrai?», ripeté Seth sempre più confuso.
Anche io fissai Bella, curioso di sapere cosa diavolo avesse in mente.
«Beh, prima o poi lo rivedrò, forse non subito. Ma quando sarò in grado di controllare la mia sete da neonata, ho intenzione di incontrarlo», gli spiegò con tranquillità.
«Non credi che si accorgerà di qualche differenza nel tuo aspetto?», chiese ironico.
«Non mi importa. Credo che la cosa più importante per lui sia vedermi sana e salva. Se avrà delle domande o delle perplessità penseremo a cosa dirgli quando sarà il momento. Mi fido di lui, so che capirà.»
Seth mi guardò ed io ricambiai la sua occhiata prima di voltarmi altrove. Non era un gran piano, anzi era un pessimo piano, ma non avevo certo intenzione di discutere con Bella di certe questioni. Se parlare con suo padre la faceva sentire meglio, l’avrei lasciata fare.
«Per me niente colazione?», mi chiese Bella, alzando un sopracciglio.
Prima che potessi risponderle, Seth si mise a sedere vicino a lei e le allungò il suo piatto.
«Non è propriamente quello che intendevo…», gli rispose dolcemente, portandosi le mani sulla pancia.
«Oh…», esclamò Seth, quando capì a cosa si riferiva.
«Torno subito», le dissi, dirigendomi di sopra.
Negli ultimi giorni Bella arrivava a bere dieci bicchieri di sangue al giorno. Sangue umano. Non ne era più nemmeno disgustata, anzi sembrava gradirlo realmente. Diceva che si stava allenando per il dopo, che sarebbe stato più facile abituarsi alla sua nuova natura avendo già provato il sapore del sangue. Ovviamente non era vero.
Quando diventi un vampiro il sangue acquisisce un’importanza del tutto diversa. E’ un ossessione, un bisogno fisico e mentale, è il primo pensiero del giorno e l’ultimo della notte: praticamente non riesci a pensare ad altro dato che notte e giorno sono fusi uno nell’altro. Non sarebbe stato sempre così per lei, ma i primi mesi da neonata, forse anche i primi anni, sarebbero stati molti duri, come per chiunque altro.
La sete non è qualcosa che puoi controllare: è lei che controlla te. Così sarebbe stato per sempre. E’ un bisogno, un istinto, con cui si può imparare a convivere,  che si può imparare a controllare, ma mai a dominare del tutto. Nemmeno dopo più di un secolo.
Entrai di soppianto nello studio, dove sapevo che avrei trovato mio padre intento a consultare antichi libri di medicina.
«Carlisle è  il momento», gli dissi con voce cupa. «Bella ha sete.»

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Capitolo 9
*** Istinto e Ragione ***


Ed eccoci con il nuovo capitolo.
Non è stato facile scriverlo ma spero comunque di aver fatto un buon lavoro.
Fatemi sapere che ne pensate.

Buona lettura!






Carlisle mi fissò, chiedendomi se mi sentissi pronto. Erano settimane che non mi nutrivo, non era certo il momento più adatto per mettermi sotto al naso del sangue umano.
«Possiamo aspettare se non…», mi consigliò leggendo il terrore nei miei occhi.
«No, non possiamo. Non possiamo rischiare di esserne sprovvisti e poi… più aspettiamo, più diventerà difficile per me.»
«Aspettami qui.», mi ordinò Carlisle, uscendo dalla stanza.
Chiusi gli occhi ed inizia a concentrarmi su quello che dovevo fare. Sapevo che quel momento presto sarebbe arrivato. Iniziai a respirare profondamente e a pensare a Bella e quando avevo creduto di averla persa. Mi lasciai invadere dal dolore di quei pensieri e pensai che nessun altro dolore sarebbe mai stato paragonabile a quello, che avrei fatto qualsiasi cosa per salvarla: qualsiasi.
Improvvisamente sentii una strano calore invadermi e uno strano senso di pace si appropriò di me: Carlisle aveva chiamato Jasper.
Riaprii gli occhi e fissai il bicchiere di vetro che Carlisle mi stava porgendo. Io, al contrario di Bella, dovevo vedere il colore rosso vivo di quella bevanda così invitante.
«Saremo qui, Edward. Jasper ti aiuterà a non perdere il controllo…»
Jasper, risi tra me. Jasper aveva più voglia di me di bere quel sangue e lo sguardo che aveva era la chiara espressione dei suoi pensieri.
«Forse è meglio che tu vada…posso farcela anche da solo», gli consigliai mostrandomi sereno.
«Non avevo capito a cosa ti servisse il mio aiuto… mi dispiace ma non credo di poterlo sopportare», disse con tono sconfitto rivolgendosi prima a nostro padre e poi a me.
«Jasper, ti prego, Edward ha bisogno….»
«No. Va tutto bene Carlisle, posso farcela. E’ meglio che lui non assista, credimi», gli dissi tenendo l’attenzione sui pensieri di Jaz.
«Mi dispiace davvero…», mormorò, in tono sconfitto, prima di uscire dalla stanza a testa bassa.
«Carlisle, chiudi la porta», gli chiesi con tono cupo.
Appena rimanemmo io e lui, afferrai quel bicchiere e me lo portai vicino al viso trattenendo il respiro. Non era una cosa facile: da una parte dovevo lasciare che i miei istinti animaleschi venissero fuori per far sì che le mie ghiandole producessero veleno, dall’altro non dovevo perdere il controllo. Non potevo farlo.
Cercai di scacciare il vociare nella mia testa e tornai di nuovo a concentrami su Bella e su cosa significasse per me, perderla. Ripensai a James, a Victoria e ai Volturi e a quando minacciarono di ucciderla davanti ai miei occhi. Poi pensai a mio padre e mia madre e a quanto loro avessero fiducia in me: non potevo deluderli.
Poi, ispirai profondamente.
La violenza con cui il dolore mi colpì fu indescrivibile. Spalancai di colpo gli occhi fissando quel liquido appetitoso.
Un altro respiro, sempre più profondo.
La gola bruciava e mi faceva male come se centinai di lame incandescenti fossero salite dallo stomaco e tentassero di uscirmi dalla bocca. Un  bisogno fisico di porre fine a quell’arsura improvvisa si impadronì di  me e io mi sentii trasformato.
«Edward? Edward guardami!»
La voce di Carlisle sembrava provenire da miglia di distanza, invece non era che a pochi passi da me.
L’odore era così invitante… D’istinto scoprii i denti ed iniziai a sentire il mio corpo tremare: volevo bere.
Non riuscivo a staccare gli occhi dal bicchiere e non riuscivo a smettere di riempirmi i polmoni con quella fragranza. La mano con cui lo tenevo iniziò  a tremare vistosamente e ad avvicinarsi impercettibilmente verso di me.
«Edward! Figliolo ti prego guardami! Edward riprendi il controllo. So che puoi farcela», sentivo che continuava a ripetermi. Il tono era apparentemente calmo e sereno, sapeva di non poter fare gesti avventati in quel momento.
Con grande sforzo, distolsi lo sguardo e lo alzai davanti a me, fissando Carlisle dritto negli occhi. Il mio sguardo lo fece quasi rabbrividire. Le iridi non erano più completamente nere…sembravano essere cerchiate di rosso e le mie occhiaie sembravano ancora più profonde. Non volevo cedere. Non potevo cedere. Non dopo tutto quello che avevo passato per diventare quello che ero.
Sentivo il mostro dentro di me che si dimenava per liberarsi da quelle catene a cui lo avevo imprigionato per troppo tempo. Se solo avessi voluto, quelle stesse catene sarebbero andate in frantumi nel giro di un secondo.
No! No! No!
«E’ sufficiente così, Edward. avanti dammi il bicchiere», mi ordinò tendendomi la mano.
Ma io, per tutta risposta, d’istinto strinsi quel prezioso contenitore ancor più forte e quasi gli ringhiai. Il mostro gli ringhiò, non io. Io volevo, volevo davvero restituirglielo, ma non ci riuscivo. Avevo la bocca stracolma di veleno che quasi mi era impossibile parlare. Carlisle, vista la mia riluttanza, fece un passo verso di me ed io aumentai ancor più la presa.
In un istante il vetro del bicchiere si frantumò tra le mie mani e il sangue cadde a terrà sul tappeto. Rimanemmo per un attimo entrambi smarriti poi, il nostro sguardo si posò sulla mia mano destra, completamente ricoperta di sangue.
Mi passai la lingua sulle labbra e d’istinto avvicinai la mano ad esse.  Con un gesto fulmineo Carlisle si lanciò su di me, bloccandomi il braccio con decisone. La forza con cui si scagliò su di me scaraventò entrambi contro il muro alle mie spalle.
«Edward, no!!!», urlò con forza. «Edward, è per Bella che lo stai facendo. Tu non sei più così. Ricorda quello che eri un tempo e quello che sei diventato. Ti prego Edward, basta!»
Mi mise la mano libera sulla spalla e me la strinse forte.
Non sei a caccia, Edward! Non sei a caccia! Continuavo a ripetermi con insistenza. Hai resistito al suo sangue, puoi resistere anche a questo. Torna in te…DANNAZIONE TORNA IN TE!!
Alzai ancora gli occhi verso di lui e vidi i suoi che mi supplicavano di smetterla, di ricacciare il mostro dentro di me.
Strinsi gli occhi con quanta più forza possibile cercando di scacciare dalla mente l’idea di quanto quel sapore mi mancasse, di quanto ne sentissi il bisogno. No, non era bisogno: era voglia. Una droga.
Non la mia droga preferita, ma pur sempre una droga. Quel sangue non cantava per me. Quel sangue non significava niente per me. Non era lì per me.
Gradualmente sentii i muscoli rilassarsi e il dolore alla gola affievolirsi. Mio padre se ne accorse e, senza lasciare la presa sulla mia mano insanguinata, riuscì a passarmi un contenitore di acciaio che era sul tavolo.
«Avanti Edward, ce l’hai quasi fatta.»
Afferrai quella specie di bacinella e sputai dentro tutto quello che avevo in bocca: saliva mista a tantissimo veleno.
Mi pulii la bocca con il braccio pulito e trovai la forza di parlare:
«Puliscimi quella mano, ti prego.»
Non feci in tempo nemmeno a terminare la frase, che Carlisle stava giù lavando via il sangue con una spugna bagnata: odorava di candeggina. Voltai il viso dall’altra parte e aspettai che finisse senza muovere nessun’altra parte del corpo.
«Vai a prendere una boccata d’aria in terrazzo», mi ordinò appena mollò la presa sul mio arto.
Lo fissai di sfuggita e mi lanciai verso il balcone.
L’aria fresca del mattino fu un vero toccasana per la mia gola in fiamme. Non provavo una cosa simile da quando avevo conosciuto Bella a scuola, in quell’aula di biologia. In quell’occasione fu addirittura peggio. Credevo di esser riuscito a far sparire in me certi istinti, ma era stata solo un’illusione.
Eppure ero riuscito più volte a resistere al suo sangue. Lo avevo persino assaggiato quando le tolsi il veleno di James… Le avevo curato la ferita quando si era tagliata il braccio per salvarmi da Victoria…  Allora perché era stato così difficile tenere a bada il demone dentro di me davanti al sangue di un qualsiasi, insignificante essere umano?!
«Come ti senti figliolo?!», mi chiese Carlisle apparendo alle mie spalle.
«Un mostro», risposi onestamente.
«Sei stato bravissimo…»
«Bravissimo dici? Ho fatto un disastro. Non avrei mai resistito se fossi stato da solo», quasi gli ringhiai dalla rabbia che provavo verso me stesso. «Io non capisco…ormai con Bella non ho più di questi problemi…»
«Con Bella è diverso. Prima di tutto sei riuscito ad abituarti al suo odore e questo ti permette di controllarti con maggiore facilità e poi…la ami. Edward il tuo amore per lei ti spinge a reprimere qualsiasi atteggiamento possa metterla in pericolo o solo procurarle il minimo dolore.»
Era vero. Ogni parola era vera, ma non riusciva a scacciare da me quella sensazione di sconfitta che provavo.
«Forse non è stata una grande idea la mia…»
«Almeno ha funzionato? Riuscirai ad estrarre il veleno necessario per iniettarlo a Bella?», gli chiesi interrompendo i suoi interrogativi.
«Sì, la quantità che sei riuscito a produrre dovrebbe essere più che sufficiente. Ora ci penso io. Tu, invece, dovresti tornare di sotto, o inizieranno a preoccuparsi.»
Rientrammo nella stanza e trovai sul tavolo un nuovo bicchiere di sangue.
«Se vuoi posso portarlo io a Bella…», intervenne mio padre vedendomi vacillare.
«No, ci penso io. Sto bene. Basterà non respirare…»
Afferrai il contenitore bianco di plastica, tenendolo il più lontano possibile da me, e mi diressi al piano di sotto ancora non del tutto nel pieno delle mie facoltà fisiche e mentali. Qualcosa dentro di me si era come spezzato… anzi no, non spezzato, allentato. Ecco sì: era come se quelle catene che tenevano imprigionato il mostro dentro di me avessero ceduto di qualche centimetro.
 
Quando arrivai in salone trovai Alice seduta a terra insieme a Rosalie e Seth ancora seduto sul divano. Con un braccio cingeva le spalle di Bella e con quello libero si accingeva  a divorare il suo pasto. In un angolo della stanza Jasper mi attendeva con apprensione. Gli bastò un secondo per capire che avevo bisogno di lui per calmarmi. Ed il suo aiuto arrivò puntuale, regalandomi un’immediata sensazione di sollievo.
«Ma dove sei stato?!», mi chiese Bella appena mi vide.
«A parlare con Carlisle. Scusa se ti ho fatto aspettare», le risposi evitando di incrociare il suo sguardo. Avevo paura che l’aspetto dei miei occhi potesse farle paura.
«Hai freddo?», le chiesi porgendole il bicchiere e allontanandomi subito da lei.
«Ora sto meglio», mi sorrise voltandosi verso Seth. «Jacob sta ancora dormendo? E’ normale?»
«Credo si stia svegliando in questo momento…», le dissi. Avevo, infatti, appena sentito il disappunto di Jacob dovuto al cuscino che gli avevo sistemato sotto alla testa.
Ehi amico, che ti è successo di sopra?!”, pensò Seth scorgendo di sfuggita il mio sguardo da assassino.
Prima che potessi dire qualcosa, Jacob si affacciò all’ingresso del salotto ancora intontito e ciondolante, attirando l’attenzione verso di lui.
«Ehi, fratello, ce l’hai fatta!», esordì Seth, alzando gli occhi dal piatto.
Appena Jacob guardò Seth, vide anche il modo in cui abbracciava Bella e la cosa non gli piacque. Continuava ad essere geloso. Non lo ero io e si sentiva lui nella posizione di esserlo? Assurdo, continuava a urlarmi in testa il mostro.
«Era venuto a cercarti», gli spiegai subito, prima che, sia io che lui ci agitassimo ulteriormente. «Vista l’ora gli abbiamo chiesto di fermarsi per la colazione.»
Seth fissò me e poi Jacob, non capendo il motivo dell’espressione contrariata del suo amico.
«Sì, Jake, sono solo venuto a vedere che fine avessi fatto. Poi Edward mi ha preparato la colazione e… non ho mai mangiato roba tanto buona. Sei un cuoco nato!», esclamò infine tornando a guardarmi.
«Grazie», gli risposi, rimanendo concentrato sui pensieri di Jacob.
«Bella aveva freddo», gli spiegai.
Finalmente Seth capì e si affrettò a togliere il braccio da Bella, iniziando a mangiare con entrambe le mani.
«Leah dov’è?», gli chiese ancora insonnolito.
«E’ qui intorno, sta perlustrando la zona. Ci siamo dati il cambio verso mezzanotte..», disse in modo orgoglioso.
«Mezzanotte hai detto?», domandò confuso.
«E già, fratello, è quasi l’alba.»
«Merda! Scusami, Seth!», gli disse arrabbiato con se stesso. Stava per aggiungere dell’altro, ma il suo sguardo scivolò su Bella e lo sentii analizzarla in ogni particolare: era sollevato di vederla meglio, ma era comunque preoccupato.
«Come va la costola?»
Quale delle tante? Pensai, senza muovermi di un centimetro.
«Bene, me ne ero quasi dimenticata», fu la risposta semplice e rilassata di Bella. Mi irrigidii all’istante infastidito dal suo tono e dalla suo ostinazione a voler minimizzare ogni cosa: forse lei credeva di farmi del bene, di tranquillizzarmi, invece la cosa mi faceva agitare ancora di più.
«Va a fare colazione, Jake! In cucina c’è di tutto. Devi essere affamato», gli disse Seth quasi estasiato.
Per quanto fosse affamato, avrebbe preferito morire di fame piuttosto che mangiare qualcosa cucinato da noi. Non mi importava. Poteva fare quello che gli voleva. Se preferiva andare a caccia con Leah non erano problemi miei.
Se ne stava per andare, quando Carlisle lo chiamò: voleva chiedergli un consiglio su come poter andare a caccia senza correre il rischio di essere attaccati da Sam. Data la mia reazione di poco prima, sentiva la necessità di accorciare il più possibile i tempi.
Per Jacob era abbastanza semplice parlare con Carlisle, più di quanto lo fosse parlare con tutti noi. Da quando gli aveva salvato la vita, durante la battaglia con i neonati di Seattle, aveva cambiato atteggiamento verso di lui. In un certo modo lo stimava,anche se non lo avrebbe mai ammesso.
«E Bella resterà da sola? Indifesa?», furono le parole di Carlisle che catturarono la  mia attenzione.
Jacob ci consigliava di andarcene tutti insieme, così in caso di pericolo avremmo potuto contare sulla superiorità numerica e sull’effetto sorpresa, soprattutto se lo avessimo fatto in pieno giorno. Nessuno se lo sarebbe aspettato: i vampiri sono creature della notte!
«Ci siamo noi qui?», gli rispose Jacob, quasi risentito.
«Jacob, non puoi combattere contro i tuoi fratelli.»
«Non lo farei se non fosse necessario, ma se avessero davvero intenzione di farle del male, non mi tirerò indietro. Non sarà facile, ma riuscirò a sopportarlo», gli rispose serio.
Certo che avrebbe potuto: per Bella avrebbe sopportato qualsiasi cosa. La mia Bella. Al suono di quelle parole strinsi i pugni e continuai a fissare il vuoto davanti a me.
«No Jacob. Usciremo un po’ alla volta», decise infine riflettendo. «Basterà che Edward venga con noi per poter tenere sotto controllo i pensieri del branco.»
Avevo capito bene? Mi stava chiedendo di lasciare Bella? Alzai lentamente lo sguardo furente verso di loro e li trovai a fissarmi. Bastò poco per fargli capire che la cosa era fuori discussione.
«Oppure potremmo trovare qualche altra soluzione…», aggiunse Carlisle poco dopo, facendomi sbollire leggermente la rabbia. «Alice, credo che anche tu saresti capace di aiutarci, indicandoci quali sentieri evitare…»
«Ovvio: quelli che non riesco a vedere», cinguetto da dietro il divano. Incrociai lo sguardo di Bella e la vidi tesa e preoccupata. Le presi la mano e gliela strinsi delicatamente.
«Bene, allora io torno da Leah. Ti aspetto al tramonto, Seth, okay?», disse Jacob, ansioso di andarsene.
«Certo Jake…faccio prima un pisolino…a meno che Bella non abbia ancora bisogno di me...»
«Ha le coperte!», ringhiò Jacob, nuovamente irritato al ricordo della loro vicinanza.
«Sono a posto, Seth, grazie», gli rispose gentilmente Bella.
Era vero: sembrava che la temperatura si fosse stazionata. Non tremava, ma non aveva nemmeno il viso sudato. Dopo la sua razione di “cibo”, la creatura doveva essersi calmata, lasciando a Bella un po’ di respiro…e anche a me.
Prima che riuscisse ad andarsene, Esme bloccò Jacob offrendogli del cibo da portare con se. Si ostinava a voler essere premurosa con loro, anche se non mostravano la minima riconoscenza.
«Certo, certo…», rispose vago Jacob alla richiesta di Esme di accettare il cibo. «Lo porterò a Leah …»
Mentiva, ovviamente. E non ci voleva un grande potere per capirlo.
Meglio accettare…poi lo butto sotto un albero…o da qualche altra parte. In fondo cerca di essere gentile…merda!”
Il suo pensiero si bloccò quando si ricordò di me.
Andiamo Edward, vedi di tenere la bocca chiusa. Dille che l’ho portato davvero a Leah, okay?!” mi ordinò in silenzio, senza nemmeno guardarmi. Neanche io distolsi lo sguardo da Bella e non gli risposi. Nemmeno io volevo far dispiacere Esme, era ovvio che non glielo avrei detto. Mi considerava in debito con lui. Sì, forse lo ero. Non ero più molto sicuro. C’erano momenti in cui la mia capacità di ragionare con lucidità diminuiva sensibilmente. Si mescolavano troppi sentimenti contrastanti… nel cuore che non avevo. Rabbia, disperazione, amore, riconoscenza, odio, gelosia. Spesso volevo bene a Jacob…altre volte i suoi sentimenti, ancora tanto forti verso mia moglie da mettere a rischio la propria vita, mi indispettivano. Ma lui voleva proteggerla…solo con questo avrebbe dovuto avere la mia stima e riconoscenza eterna.  
«Ritorni dopo Jake?», chiese Bella, distogliendomi dai miei pensieri.
«Non lo so…», le rispose, domandandosi se fosse il caso.
«Dai, ti prego, potrei aver bisogno di qualcuno che mi tiene al caldo…», aggiunse Bella abbozzando un sorriso.
«Forse…», non riuscì a trattenersi dal risponderle.
Ecco a cosa mi riferivo: questo mi mandava letteralmente in bestia.
 

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Capitolo 10
*** Fuori Controllo ***


Ecco il nuovo capitolo. Cosa succederà ancora al nostro Edward? Pensate che le sue pene siano finite?
Questo capitolo è totalmente frutto della mia fantasia e per questo potrebbe piacervi o no.
Ditemi la vostra opinione.

Buona lettura!








Era passato un altro giorno e la situazione non migliorava.
La dieta a cui avevamo sottoposto Bella, non stava solo rendendo più forte lei, ma anche il feto.
Le aveva rotto il bacino.
Mi sembrava di impazzire. Vedevo sempre più buio intorno a me. Le nostre ricerche non portavano a niente. Forse c’erano stati casi di donne umane messe incinta da vampiri…o forse erano solo leggende. In ogni caso il destino di quelle donne era sempre lo stesso: partorendo  morivano, spesso,  divorate dalla creatura stessa.
Raccontai le poche cose che avevamo scoperto a Jacob e ne restò traumatizzato. Aveva capito che il tempo stava stringendo e che presto per Bella sarebbe arrivato il momento del parto. Il dolore che provava nel parlare con lei, che appariva sempre così serena e rilassata, era solo una minima parte di quello che lacerava il mio corpo di pietra. Lo invidiavo perché almeno lui poteva piangere…a me non era concesso nemmeno quello. Ma forse era giusto così…
Nonostante per lui fosse dura sopportare i ragionamenti insensati di Bella e vederla deperire ogni giorno di più, tornava da lei ogni volta che ne aveva l’occasione.
Nel frattempo Carlisle era riuscito ad estrarre il veleno dalla mia saliva e ad inserirlo in una siringa che avremmo utilizzato al momento del bisogno. Momento che si avvicinava ogni minuto di più. Io, dal mio canto, non ero più lo stesso dopo la prova che avevo dovuto superare davanti a quel bicchiere di sangue. Ero pieno di rabbia repressa, di tensione, stress…sentimenti che avrei voluto espellere dal mi corpo, ma che ero costretto a custodire gelosamente dentro di me. Nessuno doveva sapere quello che stavo passando, soprattutto Bella e miei genitori. Eppure, ogni giorno, quella maschera sul mio volto pesava sempre di più.
Ad aumentare ancor più la tensione nell’aria c’era la decisione di Carlisle di uscire per andare a caccia e per cercare altro sangue per Bella, nonostante sapessimo che fosse necessario.
Rose era la più scettica sul fatto che il piano potesse funzionare. Non solo non si fidava delle parola di Jacob, cosa su cui io invece non avevo il minimo dubbio, ma non voleva nemmeno che Bella rimanesse senza l’assistenza di Carlisle dopo le ultime  fratture che aveva subito.
«Dovremmo parlarne tutti insieme!», continuava a bisbigliare a Carlisle per non farsi sentire da Bella.
«Non c’è nulla di cui discutere Rose, la decisione è stata presa. Emmett e Jasper stanno prendendo le ultime precauzioni e stanno parlando con Seth…», le rispose sempre a voce bassa nostro padre.
Io ero seduto accanto a Bella e cercavo di non dare peso alla loro conversazione, per non metterla in allarme inutilmente, anche se ero convinto che se ne sarebbe accorta nel giro di pochi minuti.
«Perché non accompagni Bella di sopra a fare un bagno caldo, credo le farebbe bene», dissi dolcemente a mia madre. «Bella, amore, ti andrebbe?»
«Non saprei…», mi rispose confusa.
«Penso che forse possa far bene anche al…a lui: magari si rilassa un po’…» Sapevo che quello era l’unico modo per convincerla.
«Ok, se credi sia una buona idea…Rose vieni con noi?»
«Vi raggiungo tra un attimo…», le rispose sorridendo forzatamente.
Appena  Esme trasportò Bella di sopra, ed iniziammo a sentire l’acqua scorrere, Rose prese la parola.
«Carlisle tu non puoi andartene ora! Non puoi lasciare Bella in questo stato. Non sappiamo tra quanto il bambino nascerà!»
«Possiamo andare di fuori a parlarne? Non voglio che Bella ci senta discutere», dissi ad entrambi, avviandomi verso l’uscita.
Visto che non potevo fare niente per lei, almeno volevo garantirle un clima sereno e tranquillo…il più possibile.
«Rose, non posso evitarlo. Non solo ho bisogno di cacciare e di rimettermi in forze per essere pronto ad affrontare l’intervento, per questo potrei anche aspettare, ma ho bisogno anche di più scorte di sangue per Bella», cercò di spiegarle mio padre, riprendendo il discorso.
«Non puoi mandare qualcun altro?!», chiese sempre più agitata.
«Non tutti possono girare per l’ospedale inosservati, Rose. In più io so dove cercare e che tipo di sangue mi occorre. E’ una cosa che posso fare solo io.»
«E che facciamo se nel frattempo il bambino ha fretta di nascere?», domandò quasi in modo isterico.
«Edward, figliolo, tu sarai pronto a fare ciò che è necessario vero?»
Alzai lo sguardo, che fino a quel momento avevo tenuto fisso sull’asfalto, e lo fissai:
«Vuoi che sia io a far nascere quella creatura?», chiesi allibito, vedendo i suoi piani.
«Cosa!?», urlò Rose, prima che nostro padre potesse rispondermi. «Carlisle, stai scherzando vero? Non può farlo lui!»
«Rose, calmati, ti prego. Edward è perfettamente in grado di sostituirmi se non dovessi essere presente. Ha frequentato per molti anni la facoltà di medicina e mi ha anche assistito in diversi casi…sai bene che sarebbe in grado di farlo!», le rispose mio padre con autorità.
Io ero impietrito e continuavo a fissarlo senza essere in grado di esprimermi. Sentivo tutta la sua stima verso di me, tutta la fiducia che riponeva su di me e sentivo Rose. Sentivo la sua rabbia, il suo disappunto più totale su ciò che nostro padre stava dicendo. Ero in grado di farlo? Dopo quello che era successo? Come poteva esserne così convinto: lui c’era, lui aveva visto i miei occhi.
«Forse sarebbe in grado di farlo…su qualcun altro, non certo su di lei», esclamò Rose. «E’ troppo coinvolto per agire con razionalità!»
«E allora cosa proponi? Vuoi farlo tu?», la stuzzicò Carlisle.
«Di sicuro avrei un quadro più chiaro delle priorità da seguire…»
Bisogna pensare a tirar fuori il bambino prima….”
A quel punto esplosi.
«E al diavolo Bella, giusto Rose!? E’ questo quello che pensi vero?!»
Potevo farcela, per lei potevo farcela. Quella consapevolezza si impadronì di me, invadendo ogni cellula del mio corpo.
«Dico solo che se fossi tu a farlo, penseresti solo a salvare lei, fregandotene di quello che lei desidera!», mi urlò in faccia. «Lei vuole salvare il bambino!»
«Lei deve vivere!», urlai a mia volta.
«E’ quello che cercavo di dirti, non può farlo lui!», gridò ancora rivolgendosi a nostro padre che ci fissava sconfortato.
«Edward, sai che prima di trasformarla devi estrarre quel…il bambino dal suo corpo, non puoi fare altrimenti…»
«E se fosse troppo tardi, se nascendo la facesse morire dissanguata!? Ci hai pensato a questo?», gli domandai con voce tetra.
«Certo che ci ho pensato, è anche per questo che voglio avere una scorta di sangue abbondante: non è solo per nutrirla», mi spiegò con calma.
«Mi dispiace, non se ne parla!», sentenziò Rose frapponendosi tra me e Carlisle.
«Rose…»
«Non gli permetterò di mandare a monte tutti i sacrifici che Bella ha fatto per portare a termine la gravidanza! Lei non ce lo perdonerebbe mai! Possibile che non ti importi niente di quello che vuole lei!? Sei un egoista, Edward, ecco cosa sei!»
Iniziai a sentire dentro di me una strana sensazione. Tutti i sensi si acutizzarono…smisi di sentire i pensieri di tutti…ogni terminazione nervosa del mio corpo era pronta come se si stesse preparando ad una battuta di caccia.
Le catene cedettero ancora di qualche centimetro.
«E’ - mia - moglie», dissi scandendo le parole una ad una, mentre cercavo di calmarmi senza alcun risultato.
«Puoi dire quello che vuoi, Edward, ma se tu sarai lì quando nascerà il bambino, ci sarò anch’io!»
Stavo per ribattere, per dirle che non le avrei permesso di avvicinarsi a lei, quando all’improvviso qualcosa mi colpì, paralizzando ogni parte del mio corpo.
Mi voltai di scatto e vidi Alice vicino al portone d’ingresso che fissava il vuoto.
Fu un flash velocissimo.
Lei alzò gli occhi terrorizzati verso di me, ma prima che riuscissi a vedere fino in fondo la sua visione, lei iniziò a canticchiare una canzone nella mente.
«Smettila!!!», le ordinai. Ma lei strinse gli occhi e continuò con più insistenza.
«Edward che succede?», mi chiese mio padre vedendo la mia reazione furiosa.
Non gli risposi continuando a fissare Alice disperato…non avevo capito. Avevo visto di nuovo sangue e…Rose, nient’altro.
«Ti supplico Alice, non farmi questo anche tu…», riuscii a implorarla mentre ero consapevole di essere sul punto di perdere il controllo. L’avrei costretta con la forza se fosse servito.
Al suono delle mie parole, la canzoncina nella sua testa svanì e crollando a sedere sulle scale mi permise di entrare nella sua mente. Bastarono pochi secondi, poi tutto si delineò davanti ai miei occhi: Rosalie con un bisturi in mano sporco di sangue, fissava mia moglie pronta ad avventarsi su di lei.
Poi, le catene cedettero del tutto.
Senza più alcun freno inibitore, mi voltai verso di lei e con una spinta la scaraventai contro uno degli alberi intorno alla casa.
«Sta lontano da lei!», urlai con tutte le mie forze, mentre mi lanciavo sul suo corpo disteso a terra.
Prima che qualcuno potesse capire o intervenire ero già sopra mia sorella con le mani strette sul collo. Aveva superato il limite. Io avevo superato il limite.
«Alice chiama Emmet e Jasper! Subito!», sentivo urlare Carlisle come se la sua voce provenisse da un universo parallelo. Per me non c’eravamo che noi: io e Rose.
Lei mi fissava terrorizzata e usava le mani per cercare di allentare la mia presa. Le mostrai i denti e mi avvicinai all’incavo del suo collo pronto a staccarle la testa. Non l’avrei uccisa: Emmett avrebbe sempre potuto rimettere insieme i pezzi. Ma io dovevo sfogarmi. Dovevo.
Proprio in quel momento sentii due braccia forti afferrarmi per le spalle: non abbastanza da smuovermi, in ogni caso.
«Edward! Smettila! Figliolo ti prego torna in te! Lasciala!»
Sei impazzito? Edward!!”, urlava Rose nella sua testa. Più sentivo i suoi pensieri, più ripensavo alle sue parole e alla visione di Alice e più la rabbia accumulata aumentava. Strinsi il collo ancora più forte, le sollevai la testa e con forza gliela sbattei sull’asfalto, sbriciolandolo.
Non riuscivo a smettere di stringere e di ringhiare. Mai, in tutta la mia esistenza, avevo attaccato uno dei miei fratelli e, mai, avrei creduto che sarei stato capace di farlo. Ed invece eccomi lì, pronto compiere un gesto che stavo progettando nella mia mente, già da settimane. Ero sempre riuscito a scacciare da me quel demone che si dimenava per tornare a galla…fino a quel momento. Ora il mostro era libero di dare sfogo alla sua rabbia, di soddisfare la sua brama di vendetta, mentre la parte migliore di me lottava per allentare la presa su quel collo che mi era così familiare, che sapevo, dentro di me, non essermi ostile.
All’improvviso le urla intorno a me aumentarono e sentii, non più due braccia, bensì sei afferrarmi costringendomi a mollare la presa. Nel giro di un secondo mi ritrovai scaraventato dalla parte opposta, contro il muro della casa, con Emmett che procedeva verso di me minaccioso.
Ti avevo avvertito Edward…”
«Emmett, no!», gridò Carlisle bloccandogli la strada. «Jasper, Alice, portate via Edward. Adesso!»
Lasciai che mi prendessero e che mi portassero nei garage.
Non potevo credere a quello che avevo fatto. Sentivo lentamente la rabbia affievolirsi, permettendomi di riprendere in parte il controllo di me. Jasper stava facendo il suo dovere.
«Edward? Edward ti prego rispondimi!»
Sentivo Alice che mi chiamava terrorizzata dallo stato di shock in cui ero caduto.
«Jasper fa qualcosa!»
«Lo sto già facendo! Diamogli qualche secondo…»
 
Chiusi gli occhi e cercai di ripercorrere con la mente tutto quello che era successo.
«Mi dispiace così tanto, Edward. Non avrei voluto che lo vedessi… Ma in fondo non significa niente, noi faremmo in modo che Bella stia sempre al sicuro, sempre. Andrà tutto bene, nessuno le farà del male…»
Come poteva dire “andrà tutto bene” dopo quello che avevo fatto?! Io, Edward Antony Masen Cullen avevo cercato di uccidere mia sorella. Non sarebbe andato tutto bene.
«Edward…»
Aprii gli occhi riconoscendo quella voce e vidi mia madre all’ingresso del garage che mi fissava sconfitta: non poteva esserci punizione peggiore del suo sguardo per ciò che avevo fatto.
«Lasciateci soli, per favore», disse Esme. «Jasper cerca di calmare gli animi di sopra, ad Edward ci penso io.»
La fissavo addolorato. Mi vergognavo profondamente. L’avevo ferita e delusa, cosa che non avrei mai voluto fare per nulla al mondo.
Avevo ferito e deluso tutti, compreso me stesso.
«Mi dispiace…», mormorai abbassando gli occhi.
«Nessuno ti sta giudicando Edward…voglio solo sapere perché.»
«Alice ha avuto una visione di Rose mentre tira fuori quella cosa dal corpo di Bella.. ma sembra che non sarà in grado di resistere alla vista e all’odore di tutto quel sangue…», cercai di spiegarle con voce tremante. «Non ce l’ho fatta, mamma, perdonami.»
Per tutta risposa lei mi venne vicino e mi abbracciò.
«Mi chiedevo quando tutto questo sarebbe accaduto…»
«Pensavi che arrivassi a fare una cosa simile?!», le domandai confuso.
«Edward, io ti ho viso in questi giorni. Ti ho osservato. Non ce la facevi più ad andare avanti. Dovevi essere forte per tutti…ma a te chi pensava? Eravamo tutti concentrati su Bella e sul bambino e ci siamo quasi dimenticati di quello che stavi passando tu. Siamo noi a doverti chiedere scusa, figliolo.»
Rimasi di sasso di fronte alle sue parole. Per l’ennesima volta mi aveva sorpreso e disorientato.
«Non preoccuparti, si sistemerà tutto», prosegui con dolcezza. «Ora, però, dovresti tornare in casa e parlare con Rose e con Emmett. Alice gli starà già spiegando il motivo della tua reazione…vedrai che ti capiranno…»
«Dov’è Bella? Lei ci ha sentiti?», chiesi riacquistando lucidità.
«No, non lo sa . Quando ho iniziato a sentire che stavate alzando la voce ho acceso la musica in bagno e poco dopo si è addormentata dentro la vasca», mi tranquillizzò accarezzandomi il viso amorevolmente.
«E’ da sola?»,  le chiesi agitandomi.
«No, ho chiesto a Rose di andare da lei per aiutarla a vestirsi: l’aiuterà a calmarsi.»
«Bella non deve sapere quello che ho fatto. Mamma ti prego…» Il mio tono di voce era quasi impercettibile.
«Rose non le dirà niente, almeno per ora. Per questo devi parlarci. Falle capire cosa ti ha spinto ad agire così. Chiedile perdono e tutto si sistemerà, vedrai.»
«Sta bene?»
«Sì, è solo un po’ frastornata e arrabbiata…ma le passerà.»
«Non succederà più una cosa simile, ve lo prometto. Se dovessi sentire di nuovo certi istinti me ne andrò lontano da qui finché non mi sarò calmato e se non sarò abbastanza lucido da farlo, vi autorizzo a fermarmi. Dovrete fermarmi con ogni mezzo», le dissi con determinazione.
«Sono sicura che non ce ne sarà bisogno…mi fido di te.»
«Ancora adesso?», le domandai sorpreso dalla sua affermazione.
«Sì, perché so che non commetteresti più una cosa simile. Tu leggi la mente Edward, ma io leggo il tuo cuore e so che non volevi farle del male…non ne saresti stato capace. Lei deve imparare a capire qual è il suo posto e deve rispettare il tuo ruolo, che è quello di marito e di padre», mi disse con intensità. «Parlerò io stessa con lei, non preoccuparti. Ora andiamo, ci stanno aspettando.»
 
Quando tornammo in casa, c’era un silenzio di tomba in salotto. Alice era andata di sopra con Rose, per accertarsi che mantenesse il segreto con Bella, mentre Carlsle, Jasper ed Emmett se ne stavano in piedi di fronte alla finestra. Carlisle fu il primo a voltarsi e subito dopo lo fece Emmett. Mi aspettavo di dover sottostare alla sua furia ed invece non era arrabbiato…la sua era più compassione.
«Ho cercato di far capire a tuo fratello lo stato in cui ti trovi in questi giorni. L’ho messo al corrente delle mie ricerche mediche e del fatto che ci sono buone probabilità che il veleno non riesca a salvare Bella», mi spiegò Carlisle, prima che potessi dire qualsiasi cosa. A quelle parole sentii le ginocchia piegarsi e cedere sotto al peso del mio corpo devastato.
«Gli ho raccontato a cosa ti sei dovuto sottoporre l’altro giorno per poter estrarre il veleno…», continuò.
Emmett mi fissava e mi parlò senza dire nulla.
Ehi, fratello, mi dispiace sul serio. Non avevo capito fino in fondo la gravità della cosa. Non so perché Alice ha avuto quella visione, ma credimi, Rose non farebbe mai del male a Bella…”
«Non intenzionalmente, forse», dissi io ad alta voce, portando gli occhi di tutti su di me. «Bella è tutto quello che ho. Non posso permettere che qualcuno me la porti via. Nessuno ha il diritto di portarmela via. Né quel mostro che ha dentro, né Rosalie. Quello che Alice ha visto ha fatto scattare in me una molla, un senso di protezione assoluto. Io mi prenderò cura di lei. Io e nessun altro», dissi con tono cupo che non lasciava spazio al dialogo.
Tutti mi fissavano, senza saper cosa dire. Solo mia madre ebbe il coraggio di parlare.
«E’ giusto. Noi faremo solo ciò che tu ci dirai di fare. Sia io che Emmett parleremo con Rosalie e le faremo capire che da oggi in poi le cose dovranno cambiare.»
«Voglio parlarci io, prima. E’ giusto che le chieda scusa. Esattamente come devo chiederlo a tutti voi. Come ho già detto ad Esme, non ricapiterà», gli dissi con voce sommessa, tenendo il volto basso.
In quell’istante avvertii la presenza di Rose in cima alle scale. Presi un respiro e mi voltai.
I nostri sguardi si incrociarono e lessi nei suoi occhi e nella sua mente tutto il disprezzo che provava per  me.
Come hai potuto farlo?”
«Ragazzi, andiamo, lasciamoli parlare da soli», intervenne Carlisle vedendo le nostre espressioni tese.
«Non la posso lasciare sola con lui, mi dispiace», fu la risposta decisa di Emmett.
«Non c’è problema, puoi restare. Capisco che tu non abbia più fiducia in me», riuscii a rispondergli senza togliere gli occhi da mia sorella.
«Noi siamo qui fuori.»
Tutti uscirono lasciando me, Rose ed Emmett da soli in salotto. Sapevo di dover essere io a dover parlare. Rose era in attesa di sentirmi implorare perdono.
«Ho perso il controllo, mi dispiace.»
«Non è abbastanza. Sii più convincente», fu la risposta pungente che ricevetti da mia sorella.
«Rose, ti ho vista con un bisturi in mano. Ti ho vista ringhiare contro mia moglie. Ho visto vacillare la tua determinazione, la tua forza di volontà. Ho avuto paura. Non c’è altro che posso dirti, Rose. Non avrei dovuto aggredirti. Mai avrei pensato di poterlo fare. Non ero in me. Perdonami.»
Dissi quelle parole con tuta la disperazione che sentivo dentro. Crollai a terra, in ginocchio, affondando il capo tra le mani.
Tutto intorno a me stava crollando. Stavo distruggendo tutto. Non più solo Bella, anche la mia famiglia.
Io non voglio farle del male…”
«Lo so…»
«So che posso averti dato l’impressione che di lei non mi importa, ma non è così. Tu puoi leggere dentro di me, Edward, tu sai che ormai la considero come una sorella.»
Rammarico, delusione, rabbia: provava tutte queste cose per me. La lasciai parlare, incapace di aggiungere qualsiasi altra giustificazione.
«E’ vero, secondo me quel bambino ha la priorità su di lei, ma non perché non tengo a lei. Perché credo che sia giusto, per una madre, sacrificare la propria vita per il figlio. Perché io lo avrei fatto, e lo farei ancora se solo ne avessi l’opportunità. Quella creatura non ha colpa della leggerezza e superficialità con cui avete affrontato la cosa.»
Quelle ultime parole si fecero largo dentro di me squarciandomi il petto. Come poteva pensare che fossi stato superficiale. Se avessi avuto anche solo il minimo dubbio di quello che poteva accadere non lo avrei mai permesso.
«Sai cosa intendo, Edward. Avresti dovuto trasformarla prima di… di andarci a letto. Non puoi pensare di soddisfare sempre ogni suo capriccio. E ora dovrebbe andarci di mezzo una piccola creatura che vuole solo venire al mondo? No, non è giusto.»
Lentamente mi alzai in piedi e tornai a fissarla. Non c’era menzogna nelle sue parole. Per la prima volta stava davvero dicendomi in faccia tutto quello che pensava.
Ancora prima di rendermene conto, Emmett mi era già accanto, con una mano sulla spalla.
«Rose, per favore, cerca di non esagerare…», furono le sue parole, pensando che mi stessi agitando di nuovo.
Ma non era così. Lei aveva ragione. Quelli erano i fatti. Quello era quello che i suoi occhi vedevano. I suoi, ma non i miei. Io vedevo solo la prospettiva di perdere Bella e quella creatura era la causa di  questo.
Quello che mi aveva detto prima che l’aggredissi, in fondo, era vero: ero egoista.
Facevo finta di pensare a lei, ma in realtà pensavo solo a me stesso. Alla paura di rimanere solo, senza di lei. Alla paura di non poter sopportare un’esistenza senza di lei. Volevo che vivesse, per me.
Quello che voleva lei? Quello che voleva lei era Rose a tenerlo in considerazione, non certo io.
«Hai ragione.» E così, alla fine, mi arresi.
Colsi la sorpresa dentro di lei e in Emmett, che mi lasciò libero dalla sua presa all’istante, appena capì che non c’era nessun pericolo imminente.
«Faremo come dici tu. Quando Bella avrà il bambino, saremo entrambi con lei, e ognuno di occuperà di ciò che ritiene più importante.»
Rose si rilassò e scese i scalini che ci dividevano, fino ad arrivare ad un passo da me.
«Bene, sono felice di sentirtelo dire. E se, dovessi avere qualsiasi tipo di problema, ti prometto che non esiterò un solo istante ad uscire da quella stanza. Potrai scaraventarmi fuori dalla finestra tu stesso, se rischierò volutamente di fare del male a Bella.»
Scalfii le sue parole nella mente, come promessa solenne. Avevo solo un’ultima cosa da chiederle.
«Ti prego solo di non parlare a Bella di quello che è successo oggi. Magari un giorno sarò io stesso a spiegarglielo, ma ti prego, lasciamola fuori da questa storia, finché tutto questo non sarà finito. Non voglio che mi allontani ancor più da lei. Non voglio che abbia paura di me. Io l’amo con tutto me stesso.»
Questo lo so… forse la ami fin troppo….”
«Non le dirò niente…»
 
Il mostro si era liberato. Il mostro aveva dato sfogo alla sua ira. Il mostro era stato domato.
Ero finalmente tornato ad essere Edward Cullen.

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Capitolo 11
*** Inaspettatamente ***


Ragazze! Ecco finalmente il nuovo capitolo!
Finalmente si sente una ventata di aria fresca in casa Cullen....
Indovinate a che momento della storia siamo arrivati!?!?!?
Buona lettura!!!






Il tempo procedeva lento e inesorabile. Ogni minuto che trascorreva era identico a quello precedente, se non per piccoli dettagli. In fondo non doveva dispiacermi che fosse così. Se in quel minuto Bella stava bene, dovevo essere felice che tutti i minuti fossero uguali. D'altronde non contava altro.
Sempre più spesso il silenzio faceva da padrone in casa nostra. Dopo quello che era accaduto con Rose, sembravano tutti preoccupati di non sconvolgere quello che sembrava un equilibrio precario, tutti attenti a non dire una parola di troppo. Tutti in attesa che qualcosa accadesse.
Rosalie ed io avevamo stabilito una tregua. Mi ero impegnato ad appoggiare la scelta di Bella, senza cercare più di dissuaderla; in cambio lei mi aveva concesso l’opportunità di passare più tempo con Bella da solo.  Ovviamente non si allontanava mai troppo, e spesso lasciava Emmett nei paraggi, in caso avessi deciso di approfittare dell’occasione, ma non era mia intenzione tenere un comportamento simile.
Anche Bella si rese conto del cambiamento che c’era stato. Dopo tutto a lei non sfuggiva mai niente.
«Dov’è Rose?», mi chiese riaprendo gli occhi nel cuore della notte.
«Credo sia in cucina con Emmett…», le risposi dolcemente.
I suoi grandi occhioni mi fissarono disorientati, ma anche piacevolmente colpiti dalla mia risposta.
«Le cose tra voi vanno meglio, ne sono felice…»
Fece appena in tempo a sorridermi debolmente prima di crollare nuovamente in un sonno profondo. Le sfiorai il volto con le dita, anche se avrei voluto tanto baciarla. Potevo sentire, perfino contare, le ossa sotto alla sua pelle sottile. Il viso sempre più scarno. Le sue labbra sempre più sottili e pallide. La sua fede non era più sulla sua mano: mi aveva chiesto di legargliela al collo con un cordoncino. Sfruttai l’occasione per regalarle un altro dei cimeli di famiglia che custodivo: una catenina d’oro che mia madre indossava il giorno in cui si sposò con mio padre.
A volte mi capitava di pensare a loro, ma ormai era passato un secolo e la mia vita da umano era così lontana…così sbiadita. Mi chiedevo quale sarebbe stata la loro reazione se gli avessi fatto conoscere Bella, se gli avessi detto che volevo sposarla. Io, che gli ripetevo sempre che le storie d’amore non facevano per me. Io, il cui unico desiderio era arruolarmi e salvare vite. Volevo essere un eroe… invece ero diventato un assassino. Com’è infame il destino a volte.
 
Era l’alba quando sentii Jacob arrivare. Non c’era più bisogno che bussasse. Esme aveva insistito per dargli le chiavi di casa e nessuno si era opposto alla cosa. Tranne Rose, ovviamente.
Dopo che il mostro dentro di me aveva potuto dare sfogo alle sue ansie e frustrazioni, anche il mio rapporto con Jacob era cambiato. Beh, almeno da parte mia. Lui mi vedeva sempre come colui che stava uccidendo la ragazza che amava, ma io lo vedevo più come un amico che un nemico. Quanto meno qualcuno di cui potermi fidare ciecamente.
Il primo che andò ad accoglierlo fu Carlisle. Secondo Jacob, mio padre e gli altri potevano uscire per andare a caccia e per trovare il sangue necessario a Bella, dato che Sam stava concentrando la sua attenzione sui dintorni di La Push. Era il momento giusto. Sarebbero andati tutti insieme, proprio come Jacob gli aveva suggerito, lasciando me e Rosalie con Bella. Ovviamente, nonostante la tregua, nessuno di noi due sarebbe stato disposto ad allontanarsi così tanto.
Prima di andarsene Carlisle si avvicinò a me e mi rivolse uno sguardo eloquente: non avrei avuto bisogno di super poteri per leggere nei suoi occhi la preoccupazione di lasciarmi solo con Rose. Gli poggiai una mano sulla spalla e gli rivolsi qualcosa di simile ad un sorriso per tranquillizzarlo.
Quando tutti se ne andarono, Jake entrò in salotto, scatenando la reazione “silenziosa” di Rose: proprio non sopportava di trovarselo intorno. Per lui era diverso: si divertiva a stuzzicarla e a prendersi gioco di lei. Era un modo come un altro per ammazzare il tempo, diceva. Purtroppo, lo scambio di battute tra i due finì col svegliare Bella dal suo sonno.
«Jake, smettila…», riuscì a dire tra un colpo di tosse e l’altro. Mi avvicinai a lei e cercai di sollevarla un po’ posizionandole un cuscino sotto al capo. Le sfiorai il collo lievemente per sentire se avesse la febbre, ma la sua temperatura mi sembrò pressoché normale.
«Scusa, non volevo svegliarti. Vuoi che vada via?»
Avrei saputo rispondere io a quella domanda pur non essendo nella mente di Bella.
«No, che dici! Solo…lasciala in pace, ok?», gli rispose seria. «Sembri  così stanco, perché non ti riposi un po’?»
«Sì, hai ragione, credo che mi rilasserò un po’ qui. Questa poltrona sembra davvero comoda!»
Così dicendo si sdraiò proprio vicino a Rose che si irrigidì all’istante.
«Vado a prenderti un altro bicchiere…», disse a Bella, sfrecciando su per le scale. Proprio non ne voleva sapere di averlo vicino.
Per me, ormai, la presenza di Jacob era diventata una costante, nonché una sicurezza. Sapevo che chiunque di noi avrebbe potuto contare sul suo aiuto: perfino la stessa Rosalie se ne avesse avuto bisogno. Lui che, nonostante il dolore e il disprezzo che provava ogni volta che varcava la porta di casa nostra, non aveva rinunciato a stare accanto a Bella nemmeno un giorno. Probabilmente le era stato più di conforto lui di quanto non fossi stato in grado di farlo io.
Mentre pensavo a tutte queste cose percepii distintamente qualcosa. Ero talmente preso dai miei ragionamenti che non mi resi conto di chi mi avesse parlato o cosa mi avesse detto. Assurdo.
«Come?», chiesi ad entrambi voltandomi verso di loro.
«Cosa?», mi domandò Bella confusa, scambiandosi uno sguardo con Jacob.
«Avete detto qualcosa?»
«No…», balbettò Bella, forse spaesata quanto me dalle mie domande inusuali. Non mi sfuggiva mai niente.
Eppure ero sicuro di aver udito qualcosa. Forse un pensiero e non una parola. Mi avvicinai alla finestra e guardai fuori: forse qualcuno si stava avvicinando alla casa.
«Dove sono Seth e Leah?», gli domandai agitato, continuando a voltargli le spalle.
«Sono di ronda qua fuori. Gli ho detto di stare allerta visto che alcuni di voi dovevano oltrepassare il confine. Ma che succede?»
Anche Jacob iniziò ad allarmarsi. Stavo per rispondergli quando all’improvviso successe di nuovo.
Mi voltai di scatto verso di loro e li fissai sconcertato. Non veniva dell’esterno, ma dall’interno. Da loro.
«A cosa stavi pensando Jacob?»
«Che forse dovrei trasformarmi per….»
«No, non era questo. Io…non…»
Io non capisco, avrei voluto dire, poi i miei occhi incrociarono quelli di Bella. Possibile?
«Edward che succede? Mi stai spaventando!»
Mi avvicinai a lei e in un istante le fui accanto, inginocchiato davanti a lei.
«Pensa a qualcosa», le ordinai continuando a fissarla.
«Come?!», mi chiese confusa.
«Ti prego Bella…pensa a qualcosa di particolare…»
Potevo sentirla? Potevo sentire i suoi pensieri, seppur in modo non completamente distinto?
I suoi occhi erano persi nei miei. Uno sguardo pieno di interrogativi. Sapevo che aveva capito cosa stavo cercando di verificare, lo potevo capire dalla sua espressione meravigliata.
Uno. Due. Tre. I secondi passavano, ma niente. Un silenzio a cui facevano da sfondo i pensieri caotici di Jacob.
«Allora?!», mi chiese Bella impaziente.
Di nuovo qualcosa.
«A cosa hai pensato?»
«Alle piume e…», rispose sottovoce, arrossendo.
«Parla ancora!», le ordinai sotto shock.
Non poteva essere. Non potevo….
Mi guardò sempre più confusa e poi riprese a parlare, quasi balbettando per lo stato di agitazione in cui l’avevo spinta.
«Beh…alle piume…e alla stanza blu…. a quello che ho provato quando ti ho visto in acqua al chiaro di luna….»
Non era un pensiero quello che udivo. Non veniva da Bella. Non ero nella sua testa, né il quella di Jake intento a decifrare le parole sconclusionate di Bella.
Erano emozioni, sensazioni. Erano la cosa più dolce e soave che avessi mai sentito in tutta la mia vita. Era mio figlio.
«Al…bambino piace la tua voce…», riuscii a balbettare fuori di me.
Ci fu un momento di silenzio assoluto in cui lasciai che lei mie parole attecchissero in loro oltre che dentro di me.
Sì, perché ciò che avevo detto sembrava incredibile perfino a me. Eppure ne ero certo.
Quando gli occhi di Bella si spalancarono e sentii il suo cuore accelerare capii che aveva compreso.
«Oh mio Dio! Edward, riesci a sentirlo!!?», gridò Bella, così forte come non credevo sarebbe stata in grado di fare.
Tutto il mio corpo tremava. Un calore nuovo si impossessò di me e per la prima volta dopo settimane mi sentii di nuovo vivo. D’istinto allungai una mano e l’appoggiai delicatamente sul ventre di Bella. Lei seguii il mio movimento mentre le lacrime cominciavano a inondargli il viso.
Di nuovo un sussulto. Un tremore.
«Calmati, amore, lo stai spaventando…»
Iniziai a ridere delle mie stesse parole. Era tutto così assurdo. Eppure era lui. Sentivo indistintamente quelle emozioni provenire da dentro il corpo di Bella, amplificate ancor più dal contatto che avevo istaurato.
«Ti prego, dimmi cosa pensa!»
Anche Bella tremava e rideva proprio come me.
E la risposta arrivò alla sua domanda, proprio come se l’avesse sentita.
«Lui…lei…sembra felice…», ammisi incredulo.
Le lacrime di Bella si tramutarono in un pianto fragoroso al suono di quelle parole. Rideva e piangeva facendo scorrere il suo sguardo da me al suo pancione.
«Devi essere felice, amore mio, perché io ti amo tanto. Ti proteggerò sempre, non ti lascerò mai mio piccolo EJ!», iniziò a mormorare in una sorta di canzoncina.
«EJ?!», ripetei divertito.
«Non ti piace? O forse non piace a lui?», mi domandò allarmata, smettendo di cantare.
«No, mi piace. E’ che mi hai colto alla sprovvista. Non avevamo mai parlato del nome. E poi…»
Mi bloccai di colpo, invaso nuovamente da quelle dolci sensazioni. In quel preciso istante, se il mio corpo congelato non me lo avesse impedito, sarei scoppiato in lacrime.
«Che succede?», intervenne Bella vedendo la mia espressione estasiata.
«Adora anche il suono della mia voce. Credo che sappia chi sono.»
Mi piegai e delicatamente appoggiai la guancia sul ventre di Bella. Lei era ancora sconvolta dalle mie parole. Lo capivo dalla posizione delle sue mani, sospese a mezz’aria e dal suo silenzio. Poco dopo sentii le sue dita sottili farsi strada tra i miei capelli. Un gesto che adoravo e che mi mancava tantissimo.
«Cos’altro senti?», mi bisbigliò, quasi non volendomi disturbare.
Lasciai che la risposta si trasmettesse da lei a me e quando giunse nella mia mente alzai il volto e le sorrisi come forse mai avevo fatto prima di allora.
«Ti ama follemente, Bella. Adora la sua mamma in maniera assoluta.»
Mi sorrise emozionata. Le sue mani lasciarono i miei capelli e arrivano a cingermi il volto. Mi alzai appena sulle punte e arrivai a baciarla con ardore.
«Proprio come ti amo io», aggiunsi sottovoce prima di tornare in ginocchio e di posare le mie labbra sul suo ventre…dov’era nostro figlio.
Sarei rimasto così per ore, a farmi cullare dal suono melodioso che proveniva da quella piccola creatura e dal suono del pianto di Bella. Non avrei mai pensato che sentirla piangere mi avrebbe colmato così di gioia.
Poi, all’improvviso, qualcosa stonò con tutta quell’atmosfera surreale. Solo in quel momento mi ricordai della presenza di Jacob.
Era in piedi ad un paio di metri da noi. L’incredulità stava lasciando spazio alla rabbia e alla furia animale che era in lui e che di solito controllava egregiamente.
Alzai di colpo la testa dal corpo di Bella e lo fissai. Lo implorai di calmarsi, ma sembrava non essere più lì con noi.
Si sentiva tradito, abbandonato. Solo.
Capii che se avessi lasciato che si sfogasse lì, in quel momento, avrebbe messo in pericolo Bella e nostro figlio e non potevo permetterglielo.
Mi alzai in piedi e feci l’unica cosa che in quel momento mi venne in mente. Con un gesto fulmineo arrivai al tavolo e gli lanciai le chiavi della mia auto.
«Vattene di qui, Jacob. Subito!»
Non voleva essere una minaccia, ne tanto meno un ordine. Gli stavo dando la possibilità di scappare da tutto e da tutti. Di arginare il suo dolore o se ne avesse avuto bisogno di farlo esplodere, ma non lì, in casa mia.
Il messaggio gli arrivò più chiaro di quanto sperassi e prima che potessi aggiungere qualsiasi cosa sentii il portone richiudersi con violenza dietro di lui.
I miei occhi incrociarono quelli di Bella che mi fissava preoccupata.
«Sono sicuro che capirà, ha solo bisogno di stare un po’ da solo.»
Non mi rispose. Vidi il suo volto distendersi gradualmente, finché, portandosi nuovamente le mani in grembo, non mi sorrise in modo dolcissimo.
La guardai in modo complice e  ricambiai quel sorriso con una gioia che non avrei più creduto di poter provare: stavo per diventare padre.

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Capitolo 12
*** Una Nuova Realtà ***


Buona domenica lettrici e lettori!
Non manca moltissimo ormai al trmine di questa avventura. 
Ecco oggi svelato un altro momento che nell'originale non viene descritto. 
Spero vi piaccia,

Buona lettura e mi raccomando....RECENSITE!!!!!
I vostri commenti sono ciò che mi sprono a scrivere!!!! 










Il tempo sembrava essersi fermato. Ma la sensazione che ciò mi trasmetteva non era più negativa. Era come se all’improvviso tutto intorno a me avesse riacquistato senso. Come se dal caos fosse magicamente riemerso l’ordine assoluto delle cose. Ogni frammento della mia esistenza stava tornando al proprio posto. O forse tutto era rimasto semplicemente come pochi minuti prima: erano solo i miei occhi ad essere cambiati.
Padre. Madre. Figlio.
Erano queste le uniche tre parole a cui riuscivo a pensare mentre, ancora inginocchiato davanti a Bella, permettevo a quell’armonia che il suo corpo sprigionava di invadermi. Che sprigionava il nostro bambino. Era incredibile come tutto ciò fosse realmente possibile. Non riuscivo a capacitarmene.
Poco dopo l’uscita rabbiosa di Jacob, Rosalie tornò in salotto e fu stravolta, proprio come noi, dalla notizia che potevo sentire il piccolo. Credevo che vedermi così vicino a Bella l’avrebbe infastidita, ed invece fu sinceramente sollevata di rivederci nuovamente in totale sintonia.
«Riesci a capire il sesso del bambino?», mi chiese Bella svegliandomi dai miei pensieri.
«No, non è così semplice», provai a spiegarle. «Non sento realmente i suoi pensieri, ma solo le sue emozioni, ciò che vuole trasmetterci…»
«Perciò lui ci sente? Interagisce con noi?!»
«In un certo senso sì. So che è assurdo ma è come se… ci parlasse, a modo suo. Ora, per esempio…»
Mi bloccai, rimanendo in silenzio, cercando di concentrarmi su ciò che percepivo. Allungai una mano e l’appoggiai nuovamente sul ventre di Bella.
«Il contatto gli piace…», sorrisi.
Era come se il contatto amplificasse ogni cosa. Non avevo mai bisogno di toccare qualcuno per sentirlo meglio, perciò forse era lui che aveva bisogno di sentirmi per arrivare a me. Ero completamente confuso e tramortito.
«A cosa pensa?», mi chiese Bella sottovoce, quasi per non disturbare il nostro momento di intimità.
«Credo sia in qualche modo consapevole del dolore che ti sta infliggendo. Non vuole farti del male, ormai di questo ne sono sicuro.»
«No che non mi farai del male, amore mio. Tu sei il mio angelo brontolone…sei un angelo proprio come il tuo papà», canticchiò Bella.
Era la prima volta che la sentivo pronunciare quelle parole e l’impatto che ebbero su di me fu devastante.
Papà. Ho sempre pensato che nessuno mi avrebbe mai potuto chiamare così…
«Ci vuole così bene!», trovai la forza di aggiungere, invaso nuovamente dalla sua “voce”.
Io e Bella ci guardammo e ci baciammo dolcemente. Quanto mi mancavano quei contatti con lei. Ogni volta che le sfioravo le labbra era come se una scossa mi investiva e mi ridava l’energia necessaria per affrontare qualsiasi cosa.
«Basta con le smancerie, ora!», ci ammonì giocosamente Rose. «Avete pensato ad un nome per il bambino?»
Mi separai con disappunto dalla sua bocca, non più calda e morbida come un tempo, ma sempre e comunque la cosa più incredibile che le mie labbra avessero mai sfiorato.
«EJ…», rispose ancora stordita dal bacio, senza smettere di fissarmi.
«E se è una bambina?», insistette.
Mi irritai leggermente per l’invadenza con cui stava disturbando quel nostro momento, ma mi sforzai di non dare troppo peso alla cosa.
«Oh…», esclamò Bella, presa alla sprovvista. «Beh…è un’ipotesi che non ho preso molto in considerazione…però qualche tempo fa avevo pensato ad una cosa….»
Il suo modo di parlare e il fatto che fosse quasi arrossita per la vergogna mi incuriosì. Mi alzai e mi sedetti a fianco a lei, senza distogliere mai la mano dalla sua pancia. Era come se una calamita mi costringesse a tenerla lì, in attesa.
«A cosa hai pensato?», le domandai.
«A qualcosa di originale…unico… tipo….Renesmee?!»
Io e Rose ci scambiammo un’occhiata eloquente e pensammo esattamente la stessa cosa. Lei fu la prima a dirla.
«Che razza di nome è?!»
«Beh… Renée più Esme… uguale Renesmee!», disse semplicemente alzando le spalle, come fosse la cosa più ovvia del mondo.
Rose era sempre più scioccata e disgustata, mentre a me quella spiegazione così semplice e dolce mi fece sorridere.
«A me piace», le dissi, accompagnando le parole con tenere carezze circolari sul suo ventre.
«Davvero!?», mi domandò entusiasta. «Allora, è deciso. EJ o Renermee!»
La gioia che i suoi occhi sprigionavano era una boccata di ossigeno dopo ore di apnea. Ne avevo bisogno in maniera viscerale. Più di qualsiasi altra cosa. Più del sangue.
Al solo pensiero la mia gola si infiammò ed io cercai con fatica di scacciare il dolore. Fortunatamente ci pensò qualcuno a distrarmi.
«Credo che abbia sete…»
Incredibile come le nostre menti fossero in sintonia. Poteva leggere anche lui nella mente?! Ho forse era stato il suo desiderio a scatenare anche il mio? Non riuscivo a capire quali fossero le sue doti, ma non avevo più dubbi sul fatto che ne avesse.
«Sì, in effetti…», mi confermò Bella.
«Vado a prendertene un bicchiere… Intanto rilassati un po’.»
Mi alzai ed andai di sopra. Volevo approfittare di quel lasso di tempo per chiamare mio padre e raccontargli l’accaduto. Dovevano sbrigarsi a tornare. Se riuscivo a sentire così bene il bambino, probabilmente era per il fatto che fosse pronto per venire al mondo.
Al primo squillo rispose.
«Edward, che succede!?», mi domandò allarmato.
«Va tutto bene, state tranquilli, ma ci sono delle novità di cui vorrei metterti a conoscenza…»
«Ti ascolto», mi disse in tono preoccupato.
«Poco fa è successa una cosa incredibile… Io… io sono riuscito a sentire il bambino!», esclamai poi di getto, ansioso di condividere quella notizia con la mia famiglia.
«Nel senso che si è mosso?», mi domandò confuso.
«No!», gli risposi scoppiando a ridere. «Sento la sua mente…diciamo i suoi pensieri…anche se non è proprio così…»
«Edward, ma è fantastico! E’… E’…. questo ci aiuterà tantissimo a capire come procedere…», mi rispose facendo esplodere la sua meraviglia e la sua gioia.
«E’ di questo che volevo parlarti… Vedi, credo che non dovremmo aspettare ancora altro tempo per farlo nascere… Non so spiegarti come, ma so che è il momento.»
«Vuoi anticipare i tempi?»
«Sì, l’idea è questa. Ma ovviamente voglio che sia tu a farlo. Per questo vorrei che tornaste tutti appena possibile.»
Carlisle rimase in silenzio, meditando sulle mie parole.
«Dovremmo parlarne un attimo… non so se Bella e Rose saranno d’accordo…», disse infine, indeciso sul da farsi.
«Ci parlo io. Ora è tutto diverso Carlisle e loro questo lo sanno. Saprò farle ragionare, ma tu devi tornare a casa», ripetei con insistenza e determinazione.
«Alice e Jasper stanno già rientrando. Io ed Esme arriveremo domani verso mezzogiorno. Il sangue che ho trovato non è abbastanza…»
«Ma se il bambino nasce forse non ci servirà più…», provai a controbattere.
«Credi che lui si accontenterà di un biberon di latte caldo!? Sai bene, che con buone probabilità le sue preferenze saranno più simili alle nostre. Non possiamo rischiare di essere impreparati. Inoltre potrebbe servire per Bella se, durante l’intervento, …»
«Ok», lo bloccai prima che potesse continuare la frase, «domani a mezzogiorno.»
Riattaccai ed iniziai a pensare alle sue parole.
Potevo sentirlo. Sentivo i suoi sentimenti così buoni e profondi verso Bella e me. Sentivo il suo desiderio di non farle del male. Una creatura del genere poteva essere un vampiro? D'altronde quali alternative c’erano? Si nutriva di sangue, era terribilmente forte, aveva uno sviluppo velocissimo e di sicuro aveva abilità straordinarie.
Non riuscivo ad immaginare quale sarebbe potuto essere il risultato finale di un tale connubio di peculiarità.
Quando tornai di sotto con il bicchiere in mano, trovai Bella che canticchiava una ninna nanna. La stessa che io avevo scritto in passato per lei.
Senza che si accorgesse del mio arrivo, mi diressi verso il piano e iniziai a suonarla. Il suo volto si girò meccanicamente verso di me e mi guardò estasiata. Sapevo quanto amasse sentirmi suonare. Le note della sua canzone si mescolavano a suono soave di quella vocina che mi sfiorava i sensi e si faceva strada dentro di me. Gli piaceva che suonassi per lui. Lasciai che la melodia si diffondesse nell’aria, nel silenzio di quel salotto vuoto…ma che mai mi era sembrato più saturo di emozioni. Pochi minuti dopo Bella si addormentò e anche la vocina dentro di lei si affievolì gradualmente, mentre, dentro di me, si facevano strada immagini felici della mia nuova famiglia. Volevo immaginarla così. Doveva essere così.
 
Erano passate più di tre ore da quando Jacob se n’era andato con la  mia auto. Doveva essere ancora lontano perché mi era impossibile percepire i suoi pensieri. Quello che invece avvertii fu un rumore diverso. Alice e Jasper erano di ritorno.
Gli andai incontro per evitare che entrando facessero chiasso: non volevo svegliare Bella e il bambino.
«Edward!», esclamò mia sorella appena mi vide. Il suo sorriso era eloquente: Carlisle l’aveva avvertita della novità. «E’ una cosa meravigliosa!»
Le sorrisi e un attimo dopo mi era saltata addosso come una scimmietta.
«Oh Edward, come sono felice! Vedi? Lì dentro non c’è il mostro che tutti credevamo… beh…quasi tutti. C’è un bambino… il tuo bambino! Oddio Edward! Diventerò zia!!!»
Quando Alice iniziava a fantasticare non c’era modo per fermarla e la sua euforia finiva inevitabilmente per contagiare anche chi le era intorno.
Nonostante ormai fossi molto più tranquillo e desideroso di vedere dal vivo quella dolce creatura, non riuscivo ad abbandonare del tutto il mio scetticismo.
«Aspettiamo che nasca… E’ comunque frutto dell’unione di un’umana e di vampiro, non dimenticarlo. Potrebbe non essere cattivo, ma non sappiamo come si comporterà una volta venuto al mondo.»
«Smettila di essere sempre così pessimista!», mi rimproverò Alice lasciando la presa su di me e saltellandomi intorno. «Carlisle mi ha detto che quella creatura è capace di pensare, di capire. Addirittura è consapevole di quello che sta passando Bella! Andiamo Edward, non può che essere un bellissimo angioletto!»
Mio figlio…un angelo? Mi rimaneva difficile pensarlo. Ma infondo era anche figlio di Bella. Lei sì, che era il mio angelo. Il mio sole. La mia stella polare. Sì, dopotutto anche nostro figlio poteva esserlo.
Quando rientrammo in casa mi accorsi che Bella era sveglia. Il cinguettio di Alice doveva averla svegliata.
«Amore, scusami se ti ho lasciato sola…»
«Alice, Jasper! Siete tornati! Che bello vedervi. Ero così in pena per voi! Ed Esme e Carlisle?», gli chiese, corrugando la fronte.
«Torneranno domani in mattinata. Carlisle sta cercando altro sangue. Non siamo stati molto fortunati», disse Alice, mostrandole la piccola valigetta che teneva in mano. «Ma dimmi di te! Come stai? Edward ci ha detto tutto…»
«Oh Alice…è così incredibile quello che provo. Non vedo l’ora che questo piccolino venga alla luce. Ho una voglia immensa di stringerlo tra le braccia!»
«In verità Bella, è proprio di questo che volevo parlarti…», intervenni io prendendo la palla al balzo. «Alice, Jasper, perché non andate in cucina da Rose.»
Alice afferrò Jasper per la mano e, prima di dileguarsi,  passò dietro a Bella dandole un bacio fugace sul capo.
Presi la poltrona e la sistemai di fronte al divano: volevo poter guardare Bella dritta negli occhi. Poi presi delicatamente le sue mani e le strinsi tra le mie, cercando di non soffermarmi troppo sulla loro esilità.
«Ti chiedo scusa», iniziai a dirle, «per ogni volta che ti ho fatto stare male. Per ogni volta che avevi bisogno di me e hai trovato solo un peso morto. Per ogni volta che non ti ho capita. E per ogni sciocchezza che ho fatto o detto. Io ti amo Bella, e sono stato egoista perché ho solo pensato che non volevo perderti…»
Bella mi fissava sconvolta con le labbra dischiuse incapace di dire qualsiasi cosa. Mi avrebbe mai perdonato? Mi feci coraggio e continuai.
«Lo so che non ti fidi più di me come una volta…e so che è per colpa mia se questo è accaduto…»
«Smettila, ok? Ma…ma…cosa…cosa stai dicendo Edward? Dubiti del mio amore per te?», quasi gridò sconvolta. «Oh, Edward, in momenti come questi vorrei davvero che fossi capace di leggermi la mente; ti accorgeresti di quanto tu sia lontano dalla realtà!»
Le sue parole si riversarono su di me con una potenza tale da stordirmi. Trasalii, incapace di dirle quello che stavo provando.
«Il mio amore…quello che mi unisce a te… perché forse definirlo amore è riduttivo…si è solo alimentato in queste settimane. Questo bambino mi ha legato a te in maniera ancora più indissolubile… e questo è un dato di fatto che nessuno può cambiare, nemmeno tu», mi disse con la stessa forza ed emozione nella voce. «So che per te è stato un inferno vedermi in questo stato, combattere contro la mia testardaggine, ma mai, nemmeno per un istante, io ti ho biasimato per questo. Ed ora, ora che anche tu ti sei reso conto di quanto incredibile sia quello che ci è successo, ora tutto sarà più facile. Ora potremo essere una vera famiglia.»
Lasciai che finisse il suo discorso, perché sentire quelle parole mi riempivano di gioia, come se il mio corpo gelido si riscaldasse al suono di ogni sillaba da lei pronunciata.
«Non ti lascerò mai più sola. Mi prenderò cura di te… e di nostro figlio… a partire da ora. Bella, amore, credo si arrivato il momento di farlo nascere.»
Rimasi in silenzio aspettando la sua reazione. Probabilmente si sarebbe arrabbiata con me a avremmo nuovamente cominciato a discutere sulla questione.
«Tu credi?», mi chiese quasi intimorita e sorpresa.
Tutto qui?”, pensai. La sua risposta mi diede coraggio e continuai.
«Sì. Il bambino è sano, forte, completamente sviluppato. Aspettare esporrebbe solo te  e lui a dei rischi aggiuntivi ed inutili. Prova a fidarti…»
«Certo che mi fido. Quando avresti in mente di…», balbettò, un po’ spaventata.
«Domani, appena Carlisle sarà di ritorno.»
Non disse nulla. Si limitò ad annuire con il capo e poi si lasciò cadere all’indietro sul divano, come se quella discussione avesse prosciugato le sue forze.
«Se per te va bene, parlerò anche con Rose: non voglio che si senta esclusa…» Glielo dovevo dopo l’incidente che c’era stato.
«Ci parlerò io. Sarà più comprensiva…»
Le sorrisi e le accarezzai prima il viso e poi la pancia. Il suo corpo tremò, forse per il mio tocco gelido o forse per l’emozione, e anche il bambino ebbe una sorta di reazione. Potrei dire che era felice…ma sarebbe riduttivo.
Stavo per dirle quello che avevo percepito, quando qualcosa al di fuori della casa attirò la mia attenzione. Anzi, qualcuno. Qualcuno che non mi sarei mai aspettato di sentire così vicino alla casa. Qualcuno che serbava molto rancore.
Il campanello suonò ed Alice si precipitò ad aprire, anticipandomi.
«E’ già tornato Jake?», mi chiese Bella ritrovando il sorriso.
«No, non è lui», le risposi  bruscamente.
«Leah, ciao! Che sorpresa!», sentii mia sorella esclamare sull’uscio di casa. «Accomodati pure. Sono così felice che tu abbia deciso di venire da noi! Peccato Esme non sia qui…»
«Mi fermerò poco», fu la sua risposta gelida.
Non era lì per una visita di cortesia.
«Puoi fermarti tutto il tempo che vuoi. Ti vado a preparare qualcosa da mangiare», le disse entusiasta Alice.
«No, niente cibo. Non mangio la vostra roba. Sono qui per parlare con Bella», rispose nuovamente in modo impertinente, tanto da farmi contrarre i muscoli del viso.
«Che succede?», mi chiese Bella leggendo l’irritazione sul mio volto.
«E’ Leah, vuole parlare con te», le spiegai, dato che il suo udito non era altrettanto buono.
«Ed è una cosa negativa?», mi chiese confusa.
«Non ho capito bene cosa sia venuta  a fare, ma di sicuro non è qui per sincerarsi delle tue condizioni», le risposi guardingo. «Per di più sta usando un tono che non gradisco affatto.»
In quel momento Leah entrò nel salone seguita da Alice che mi fissava disorientata. Appena Leah incontrò il volto di Bella, la sua sicurezza e spavalderia tentennarono, colpita profondamente dal suo aspetto malconcio.
Mi bastarono pochi secondi per leggere nella sua mente e per capire cosa si celasse dietro quella visita inaspettata. Prima che qualcuno dei presenti potesse dire qualcosa, mi ritrovai di fronte a lei a pochi centimetri dal suo volto.
«Forse è meglio che te ne vai», le sussurrai affinché Bella non sentisse.
«Devo parlare con Bella…»
«So quello che vuoi dirle e, credimi, non è proprio nella condizione più adatta in questo momento», le spiegai con tono duro, ma sempre sommesso.
«Non ci vorrà molto..»
«Forse non mi sono spiegato: ho detto di no.»
«Ma insomma, che succede?», chiese Bella alle mie spalle, sporgendosi dal divano. «E’ successo qualcosa a Jake? Lui dov’è?»
Ispirai profondamente e deglutii prima di riuscire a rispondergli in modo calmo.
«Tranquilla Jacob sta benissimo, Leah credeva che fosse qui. Sta andando via.»
«Jacob non sta affatto bene…e io non me ne vado finché non avrò detto quello che sono venuta a dire a tua moglie!», mi disse oltrepassandomi.
D’istinto allungai una mano e le afferrai il braccio.
«Toglimi – le – mani – di – dosso», mi ringhiò.
«Edward!», mi sentii ammonire da Bella.
Mollai la presa all’istante e senza dire una parola mi misi seduto a fianco a lei, senza perdere di “vista” nemmeno per un momento i pensieri di Leah. Il mio corpo si era rianimato, scosso da istinti violenti e animali.
«Allora? Perché sei qui? Cos’è successo a Jake?», insistette Bella trovandosi faccia a faccia con Leah.
«Proprio non ti rendi conto di quello che gli stai facendo eh?!»
«Come scusa?», balbettò Bella, confusa.
«Sei solo un’egoista! Pensi solo alle tue necessità e non ti accorgi di quello che Jacob sta passando per causa tua!», la rimproverò.
«Adesso basta Leah, vattene!», gli urlai scattando nuovamente in piedi.
«Jacob sta soffrendo a causa mia?», le chiese Bella con tono angosciato, ignorando le mie grida.
«Sembri sorpresa? Credi che sia facile per lui venire qui ogni giorno, vederti incinta di un altro…uomo…, vedere che non ti importa di niente se non di quella cosa che hai lì dentro?»
Mi voltai a guardare Bella e il suo volto era addolorato e sconvolto…come se le sofferenze che era costretta a provare non fossero già abbastanza.
«Non è obbligato ad assistere…», provò a dire.
«Ma se ogni volta che lo vedi sembra che tu veda il paradiso!», le rispose risentita. «Leggo nella sua mente, Bella, so quanto desideri averlo qui! Pensi che lui sia in grado di rifiutare le tue richieste?»
«Anche Jacob vuole essere qui», la corressi. «Leggo anche io nella sua mente e so che non si sente costretto a fare quello che fa.»
«Sai bene qual è il motivo per cui sopporta tutto questo. Lui la ama ancora!»
«Non è un mio problema», le risposi semplicemente, cercando di nascondere il mio disappunto. «Anzi, spesso è stato proprio il suo amore a proteggerla…»
Bella continuava a fissare Leah con gli occhi lucidi e la bocca socchiusa. Potevo percepire la sua sofferenza e non potevo accettarlo.
«Ora che hai detto quello che dovevi, puoi andare.»
«Non ho ancora finto», mi disse cercando lo sguardo di Bella. «Se gli volessi bene davvero, se tenessi almeno un po’ a lui, lo lasceresti in pace. Hai scelto di vivere con loro, di sposarti uno di loro. Con Jake non hai più niente in comune, ricordalo!»
Sul volto di Bella iniziarono a scendere le prime lacrime ed io andai fuori di testa.
«Fuori di qui», le dissi con tono minatorio, invitandola ad avvicinarsi alla porta, facendo attenzione a non toccarla.
Quando fummo sull’uscio di casa, prima di andarsene, si voltò un’ultima volta fissandomi dritto negli occhi.
Come fai a sopportarlo. Come fai a sopportare che lei desideri lui più di….quanto desideri suo marito?!”
«Fuori!», ringhiai con tutta la forza che avevo in corpo, sbattendole la porta in faccia.
Alice mi fu a fianco in un attimo.
«Stai bene?»
«Rimani un attimo con Bella, io devo fare una cosa», le dissi bruscamente uscendo a mia volta dalla casa.
Non potevo tollerare che qualcuno si rivolgesse così a Bella, nemmeno la sorella di Seth, nemmeno un membro del branco che si era alleato con noi. Ero riuscito a fatica a controllarmi, ma non sarebbe stato così se la cosa si fosse ripetuta.
 Jacob, in qualità di Alfa, avrebbe dovuto accollarsi la responsabilità di quanto successo.
Riconobbi in lontananza il rombo della mia Aston Martin ed entrai in garage pronto ad accogliere il suo ritorno.

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Capitolo 13
*** La Resa ***


Eccoci qui con il nuovo capitolo! Arriviamo al momento più importante della storia... non è difficile immaginare quale sia!
Approfitto dell'occasione per ringraziare davvero con il cuore tutte le persone che mi seguono e che recensiscono la mia FF. E' la prima volta che rendo pubbliche le mie storie e per me è importante sapere le vostre opinioni. Spero che in futuro continuerete a seguirmi e spero di non deludere le vostre aspettative.
E ora, dopo questa sviolinata.... BUONA LETTURA!







Respira. Respira.
Continuavo a ripetermi queste parole mentre aspettavo che Jacob entrasse in garage con la mia auto.
C’erano molte cose di cui volevo parlargli e avevo bisogno di riacquistare un po’ di calma e lucidità. Dopotutto Jacob non stava molto meglio di me…anzi. Vedere me e Bella finalmente riuniti in nome di nostro figlio lo aveva turbato profondamente. Ma io non sapevo come rimediare. Non volevo fargli del male. Non più. Per quanto la gelosia ancora si facesse sentire in certi momenti, tenevo molto a lui. Lo consideravo uno della famiglia. Se si fosse trovato in pericolo avrei messo a repentaglio la mia stessa vita pur di salvarlo. Niente di più di quello che aveva fatto lui per noi, in fondo.
Scese dall’auto e mi venne incontro con aria scocciata.
«Stai tranquillo, non ha neanche un graffio», mi disse lanciandomi le chiavi.
«Non sono qui perché ero in pensiero per l’auto. Devo parlarti.» Il mio tono era serio e lui fraintese.
«Dov’è Bella?! Sta bene?», mi chiese mentre il panico si faceva spazio nei suoi occhi.
«E’ dentro con Alice e Rose. Sta bene…almeno fisicamente…», puntualizzai con tono aspro.
«Che significa? Quando vi ho lasciato era al settimo cielo…»
«Stava benissimo…finché non è arrivata Leah…»
«Ma di che parli?», mi chiese sempre più confuso.
«Leah è venuta qui da umana per parlare con Bella. Ha osato rimproverarla. “Rimproverarla” hai capito?!»
La rabbia tornò a farsi spazio dentro di me e trasparì dalla mia voce tagliente.
«Edward… io non…», iniziò a balbettare.
Leah da umana in casa loro? No, impossibile! E poi rimproverare Bella?! Rimproverarla per cosa? Non sarà mica…?”
«Già, per te», finii di dire io. «L’ha accusata di farti soffrire. E’ stata una scena davvero sgradevole. Ti assicuro che l’unico motivo per cui non l’ho fatta schizzare fuori dalla finestra è stato per non turbare maggiormente Bella…e per rispetto verso di te.»
Se non fossi riuscito a leggergli nella mente lo sguardo di Jacob sarebbe stato indecifrabile.
«Dici sul serio?!», riuscì a dire.
«So bene che non ti piace fare il capo, ma devi tenere a bada il tuo branco. Se succede di nuovo una cosa simile giuro che…»
«Non succederà, tranquillo. Parlerò con Leah…e anche con Bella…» Pronunciò il suo nome con dolcezza e imbarazzo. “Se Leah mi capita tra le mani la strangolo!”
«Ti vuole bene Jacob, molto bene», gli dissi con uno sguardo eloquente. Non volevo essere io a dirgli che in realtà si stava innamorando di  lui… lo avrebbe fatto Leah, se un giorno avesse voluto. «Ma questo non cambia il fatto che non tollererò più certi suoi comportamenti.»
«Sei stato molto chiaro», mi disse ironico. Poi, tornando serio, aggiunse: «Lei come sta, ora?»
«Io sono uscito di casa per non farmi vedere così agitato da lei. Sono sicuro che le mie sorelle l’hanno fatta calmare...»
«E poi c’è il piccoletto, no?! Lui le fa dimenticare tutto il resto.» Il suo tono strafottente non mi piacque. Era di mio figlio che stava parlando. Ma lasciai correre e mandai giù il rospo. Avevo cose più urgenti di cui parlare.
Capì di aver parlato troppo e in modo inopportuno.
«Allora, paparino, che effetto fa sentirlo? Ha conquistato anche te?»
Per quanto si sforzò, il tono restò lo stesso.
“Non cedere alle provocazioni. Jacob sta soffrendo.”
«Mi dispiace che tu abbia dovuto assistere a quella scena Jacob, ma ti assicuro che il fatto di poter sentire il bambino è un bene per tutti noi. Ora so che non vuole fare del male a Bella, che la ama e che…è pronto per nascere», dico tutto d’un fiato in attesa della sua reazione.
Mille domande e riposte si mescolarono nella sua mente in maniera talmente veloce  e confusa che mi fu difficile seguire i suoi ragionamenti.
«Quando?», è tutto quello che gli uscì.
«Domani, al ritorno di Carlisle.»
«E lei e la bionda sono d’accordo?», mi chiese sorpreso.
«Sì. Te l’ho detto: ora è tutto più semplice.»
«E’ più semplice anche vederla morire?»
Le sue parole arrivarono inaspettate e dure, investendomi come un uragano. Non riuscii a parlare.
«Tu sei consapevole che rischia di morire facendo nascere quel mostro?», mi chiese sarcastico vedendo la mia espressione sconvolta.
«Non accadrà», riesco a dire, deglutendo rumorosamente. «Saremo noi a prendere l’iniziativa, seguirà i nostri tempi e le nostre dinamiche. Sono sicuro che in questo modo andrà bene, ma non possiamo aspettare un giorno di più.»
Un giorno. Un giorno e la perderò. Un giorno e la mia Bella non esisterà più. Un giorno e lui la condurrà nelle sue tenebre.
«Il patto vale ancora?», disse poi di getto, con la rabbia negli occhi.
Sapevo a cosa si riferiva, quel ricordo gli aveva attraversato la mente in una frazione di secondo.
«Non intendo rimangiarmi la parola.»
Il suo sguardo mi trafisse. Mi studiava. Non era convinto che stessi dicendo la verità.
«Potrai uccidermi, Jacob. Dovrai farlo.»
Alzò il capo e mi guardò finalmente soddisfatto. Per quanto i nostri rapporti fossero migliorati, non avrebbe mai potuto perdonarmi se Bella fosse morta per causa mia. E neanche io avrei mai potuto perdonare me stesso. Eravamo d’accordo, perciò.
Nella migliore delle ipotesi tra un giorno sarà mia nemica per sempre”, pensò volgendomi le spalle.
«Non deve andare per forza così, Jacob», mi permisi di dire interrompendo i suoi pensieri. Avevo una richiesta da fargli. Una cosa che non avevo mai considerato fino a quel momento.
«Che vuoi dire? Non vuoi più trasformarla?»
«Non ho altra scelta, lo sai. Però non è detto che tra te e noi debba per forza esserci rivalità, Jacob. Lei ti adora e anche io tengo a te, lo sai. C’è un modo per evitarlo…ma dipende da te…»
«Succhiasangue vuoi smetterla di fare gli indovinelli, inizi a darmi sui nervi!», esclamò, cercando di non dare molto importanza alle parole che gli avevo detto, e cioè che tenevo a lui.
«Mi rincresce davvero che tu soffra, Jacob, anche se forse non mi credi in questo momento; ma so anche che la cosa a cui tieni di più è che Bella sopravviva, proprio come me. Io farò ogni cosa e anche di più per far in modo che ciò accada, ma prima devo chiederti un favore…»
«Non ho nient’altro», mormorò aprendo le braccia in segno di resa.
Lo fissai, preoccupato che potesse crollarmi a terra davanti agli occhi. Sentivo il caos nella sua testa, il dolore che gli attanagliava il cuore al solo pensiero che a Bella rimaneva un solo giorno da umana.
«Voglio che tu mi dia ufficialmente il permesso di salvarle la vita.»
Pronunciai la mia richiesta tutta d’un fiato. Era come se il suo dolore si propagasse dentro di me per via indiretta.
Aspettai che la sua mente elaborasse la mia frase, ma nonostante gli sforzi non riuscii a coglierne il reale significato.
«Certo che devi salvarla! Che razza di richiesta è?!»
«Voglio una deroga al patto che avevamo stipulato con Ephraim, e tu, in qualità di suo diretto discendente sei l’unico che può concedermela. E’ ovvio che la salverei ugualmente, con qualunque mezzo, ma vorrei poterlo fare senza distruggere l’amicizia e l’alleanza con il tuo popolo. So che nemmeno per te è facile accettare di dirle addio.»
“Io…Io…non lo so! E’ Sam il capo…. io non….”
«No, non è vero, lo sai bene. Solo tu hai il potere di assolverci o condannarci. Non c’è molto tempo, Jacob», ribattei con forza e determinazione.
“Perché io!? Perché? Non so che fare, dannazione! Fammici pensare, almeno!”
«Ok», gli risposi, senza insistere ulteriormente. Il suo cervello era sul procinto di crollare, me ne rendevo conto chiaramente. Troppe notizie, troppe emozioni. «Entriamo in casa, vieni», aggiunsi ritrovando la calma necessario per uscire dal garage e fargli strada.
Mi hanno fatto diventare un rammollito! Perché diventa sempre più difficile avercela con loro? Sei un disastro come capo Alfa, Jacob Black!
Soffocai un sorriso sentendo quello che stava rimuginando alle mie spalle.
Cavolo! Dai, sei insopportabile!”
Mi “urlò” contro, ricordandosi chi aveva di fronte.
«Tranquillo, non lo dirò a nessuno!», gli sussurrai ridendo, entrando in casa.
Appena entrai nel salotto il volto di Bella si mosse nella mia direzione. I suoi occhi erano tristi, ma stava decisamente meglio rispetto a qualche minuto prima.
«Finalmente! Ma dove eri….?» Non finì di dire la frase. Jacob spuntò dietro di me e l’attenzione fu tutta per lui. «Jake! Sei tornato!»
Ed eccolo spuntare il sorriso che amavo tanto, quella luce calda che il suo viso sprigionava quando “il suo sole personale”, così una volta lo aveva definito, entrava nella stanza dov’era lei.
E’ da sciocchi essere ancora gelosi, Edward. E’ da veri idioti”, pensai tra me prendendo un bel respiro.
«Già, eccomi qui…», le rispose Jacob, quasi imbarazzato per quello stesso sorriso che aveva innervosito anche me.
«Oh, Jake, mi dispiace così tanto! Io ti giuro che non…», iniziò a implorarlo facendo riapparire l’espressione mortificata di poco prima.
«Alt! Stop! Basta! Capito? Non una parola di più o me ne vado un’altra volta!»
Il mio sguardo e quello di Jacob si incrociarono e lo ringraziai, muovendo solo le labbra, per quello che stava facendo. Lui sapeva sempre come comportarsi con lei.
«Ma io…», tentò ancora di parlare.
«Sai, quando starai meglio, voglio portarti a fare un giro con la macchina che mi ha prestato il tuo succhiasangue: è un vero spasso! Wow! Pensa, ho pure rimorchiato una bella bionda!»
Un mito. Jacob Black, quando voleva, era davvero un mito. Era in momenti come quelli che riuscivo a vedere in lui la stessa cosa che probabilmente vedeva Bella. Era davvero un amico.
«Vedo che ti sei divertito, eh?! E io che stavo in pena per te!», esclamò Bella, ritrovando il buonumore.
Jake si voltò appena verso di me e con la coda dell'occhio mi lanciò uno sguardo arrendevole.
"Ok...hai il mio permesso. Salvale la vita. Fai quello che devi fare, ma salvala."
«Grazie», gli sussurrai a voce bassa, per evitare che Bella potesse sentirmi.
Sapere di non scatenare una guerra dalle conseguenze catastrofiche mi avrebbe aiutare ad affrontare la cosa con maggiore tranquillità, ne ero certo.
«Tu, piuttosto, come stai?», le chiese Jacob, tornando a concentrarsi sulla loro conversazione.
Cercava di non pensare alle mie parole, al fatto che domani avrebbe avuto il bambino e che in un certo senso l’avrebbe persa.
«Bene…un po’ nervosa…ma bene!», disse con tono sommesso, volgendo lo sguardo verso di me. Le sfiorai il viso con il dorso della mano e le sorrisi. Se lei era nervosa…beh, io ero terrorizzato, ma questo non sarebbe dovuto trasparire dal mio volto.
«Forse è per questo che ho più appetito del solito…per lo stress!», esclamò quasi con vergogna, massaggiandosi il pancione.
«Messaggio recepito, vado a prendertene un altro bicchiere», le rispose Rose, alzandosi meccanicamente dal divano prima che potessi farlo io.
«Posso venire con te?», ma Rose era già sparita in cucina.
Tutti ci voltammo sorpresi verso di lei.
«Bella, non credo che…», provai a dirle preoccupato dalla sua richiesta insolita.
«Ve l’ho detto, sarà lo stress…non lo so… so solo che non riesco a stare ferma immobile. Ho davvero bisogno di sgranchirmi le gambe.»
Rose fu di ritorno in un lampo e mise il bicchiere stracolmo di sangue tra le mani di Bella.
«Che succede?», ci chiese Rose vedendo le nostre espressioni.
«Bella vuole fare due passi…», le risposi senza distogliere lo sguardo da mia moglie. “Fatela muovere il meno possibile”, questa fu la raccomandazione di Carlisle.
«E allora? Qual è il problema? L’aiuto io», mi rispose Rose, facendo spallucce.
«Rose, io non credo che…», provai ad insistere.
«Ma come fai a stare con uno così iper-protettivo?! Sei pesante Edward!», fu la sua affermazione avvicinandosi a Bella per aiutarla ad alzarsi.
Avrei voluto dirle che Carlisle aveva vivamente sconsigliato di farla camminare, che rischiavamo di complicare le cose…ma non lo feci per non spaventare ulteriormente Bella.
Solo due passi”, mi ripetei nella mente, arrendendomi.
Bella capì di averla spuntata e mi fece un tenero occhiolino. Appoggiò il bicchiere sul divano ed allungo entrambe le braccia per aggrapparsi a Rose.
Quello che in quell’istante avvenne non fu chiaro a nessuno. Divi sangue. Sentii un tonfo. Urla. La sala iniziò a girare vorticosamente.
So solo che il bicchiere stava per cadere a terra. Io, Rose e Alice ci siamo precipitati quasi all’unisono per evitare che tutto quel sangue si riversasse sul pavimento. Un istinto. Lo stesso istinto che aveva spinto Bella a compiere il nostro stesso movimento.
Qualcosa di spezzò, si ruppe. Il mio mondo, di certo, ma non solo quello. Vidi il corpo di Bella inarcarsi in modo innaturale prima di cadere inerme tra le braccia di Rose.
«Nooooooo!!!», urlai lanciandomi verso di lei. «Bella?!
“Che succede? Dannazione Bella!!!”
Le sue urla erano come lame incandescenti che mi colpivano in ogni parte del corpo. Sentii le gambe cedermi e mi sembrò di perdere perfino la vista per un istante. Non vidi più niente.
“Fa qualcosa! Fa qualcosa!”
La fissavo completamente disarmato dal dolore e dalla paura che mi aveva invaso. Tutti urlavano. Tutti erano sopra di noi.
«Bella!!»
“Ti prego rispondimi!!!”
I suoi occhi si aprirono per una frazione di secondo. Incrociarono i miei prima di iniziare a roteare velocemente. Un altro urlo. Un altro spasmo del suo corpo. Poi prima che chiunque di noi potesse prevederlo vomitò un mare di sangue.
Rimasi pietrificato di fronte a quello scenario. Cavolo, come bruciava la gola: era quasi insopportabile.
“Resta lucido! Dannazione pensa a lei!”
«Alice! Vai di sopra, prepara la sala operatoria! Jake, vai con lei!»
Non feci in tempo a parlare che mia sorella era già in cima alle scale. Jacob, invece, se ne stava immobile alle mie spalle a fissare il corpo di Bella ricoperto di sangue.
«Jake!», gli urlai! «Dannazione, muoviti!»
La mia disperazione lo smosse da quello stato catatonico in cui era caduto. Ma non riuscì comunque a lasciare la stanza.
«Bella, amore mio…», continuavo a parlarle, accarezzandole il viso. «Resta con me, resta con me…»
«Edward, dobbiamo portarla di sopra. Non possiamo aspettare Carlisle…», mi urlò Rose, percuotendomi.
“Non perdere la calma. Devi essere lucido. Concentrati sul suo respiro… Avanti! Concentrati! Respira con lei…. Uno…due…tre…quattro…cin…”
Mi bloccai.
“Concentrati Edward…. respira con lei…Avanti!”
«Edward! Che diavolo stai aspettando!? Non respira! Non respira più!”

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Capitolo 14
*** Renesmee ***


Eccomiiii!!!!
Vi sono mancata? 
Allora, dov'eravamo arrivati??! 
Ah sì, giusto, il parto! Volete sapere cosa è successo durante quei momenti concitati?
Ecco il capitolino giusto per voi.
Buona lettura!!!







Quanto dolore un essere umano è in grado di sopportare? Quanta sofferenza può immagazzinare il corpo di un uomo prima di esplodere?
Non sapevo rispondere a queste domande.
Non potevo rispondere.
Perché non ero umano.
Perché la mia anima era dannata.
Io ero destinato ad una sofferenza eterna…
Io….ma non lei. Non il mio bambino….
 
«Edward!»
L’ultimo grido di Rose mi riportò alla realtà, facendomi svegliare dallo stato catatonico in cui ero caduto. Sembravano passati minuti interminabili… ma erano solo secondi. Secondi troppo preziosi per essere sprecati.
Afferrai Bella tra le braccia e mi gettai come un pazzo su per le scale, seguito da mia sorella e da Jake.
«Rose, prendi la morfina!», le ordinai posando Bella sul lettino preparato per il parto. «Alice, chiama Carlisle!»
Davo ordini, come fossi un automa. Non potevo permettere che il dolore mi appannasse la mente. Non potevo essere debole. Dovevo essere forte per Bella e per il nostro bambino.
Bella…la mia Bella. La mia unica ragione di vita. Non ci sono parole per descrivere quello che provavo a vederla lì, distesa, pallida, ricoperta di sangue. Il suo corpo continuava a contorcesi come scosso da potentissime convulsioni. Il bambino si agitava e ogni suo movimento lacerava sempre più il corpo di Bella dall’interno.
«Cerca di tenerla ferma, ti prego!», dissi a Rose, mentre,afferrando la siringa, iniettai la morfina nel braccio di Bella.
«Ma sei impazzito! Trasformala, dannazione!», mi urlò Jacob in preda al panico.
«Non posso…devo tirare fuori prima il bambino…», gli risposi titubante. Sapevo quale era la procedura corretta da compiere, ma mi chiedevo se fosse anche quella più giusta. Rischiare di perdere… per salvare nostro…
Non riuscivo nemmeno a pensare a quella possibilità. Perché non era una possibilità. Lei doveva vivere. L’avevo inghiottita nel mio mondo di tenebre e quello…quello era il momento per ripagarla di tutto quello che lei aveva fatto per me.
«Ti prego, resisti, amore mio. Ti prego. Combatti per me. Per noi. Ti supplico non lasciarmi», iniziai a ripeterle sommessamente ad un orecchio, accarezzando il suo viso con le mie mani tremanti.
Poi all’improvviso mi bloccai.
Mi allontanai da lei e rimasi impietrito. Non sentivo più il bambino. Anche i movimenti dentro il ventre di Bella sembravano essere sempre più fievoli.
«Il bambino non respira!!»,
Rose mi guardò per un attimo sconvolta, poi in un istante mi porse il bisturi.
«La morfina non è ancora entrata in circolo! Non posso farlo!»
«Ti..ra..te..lo fu…ori…»
 Mi voltai di nuovo verso Bella. Aveva riaperto gli occhi. Per un momento mi sentii rinato. Stava usando ogni briciola della forza che le era rimasta. I suoi occhi, rossi e pieni di terrore mi imploravano di salvare nostro figlio.
«AIUTATELO! VI SUPPLICO!», gridò con l’ultima riserva di ossigeno che aveva in corpo. Mi fiondai su di lei, cercando di sostenerla e di farla respirare.
«Amore…», provai a dirle mentre il dolore mi dilaniava il petto. «Dobbiamo aspettare che la morfina…»
«Dannazione, Edward! Sapevo che non saresti stato in grado di farlo!», mi gridò Rosalie con disprezzo, strappandomi il bisturi dalle mani. «Il bambino sta morendo! Non c’è più tempo!»
«Rose! Aspetta che…»
Ma quando mi voltai vidi già il bisturi che incideva la pelle di Bella. Non riuscì nemmeno ad urlare. Il suo corpo si contrasse maggiormente, scosso dal terremoto che stava avvenendo al suo interno.
Dal suo ventre iniziò a sgorgare sangue e in un attimo tutto il suo corpo, dal petto alle gambe fu ricoperto da uno strato di sangue denso e caldo.
Tanto sangue. Troppo sangue.
Tutto avvenne in una frazione di secondo. Fissai il volto teso e sconvolto di Rose. Il bisturi non era più affondato sul ventre di Bella, ma sollevato  a mezz’aria, sporco di sangue.
Nel momento in cui sentii i pensieri di Rose cambiare repentinamente e la piega delle sue labbra cambiare capii…
La visione di Alice.
«Rose! NO!!!», gridai, ringhiai nel più feroce dei modi.
Il caos regnava dentro e fuori di me. Non potevo farcela. Non così. Non tutto insieme.
Non potevo lasciar andare Bella! Non potevo mollare la presa su di lei. Ma non potevo nemmeno aspettare che gli istinti che si stavano formando in Rose si manifestassero.
Prima che potessi chiamare Alice o fare qualsiasi altra cosa, come se fosse stato lui a leggere me nel pensiero, con un balzo, Jacob superò il lettino gettandosi su Rose. La scaraventò contro la porta, tenendola ferma per il collo.
“Mi dispiace! Mi dispiace! Non volevo!”
Non ci sarebbe stata battaglia. Si era già arresa.
Jacob. Sempre Jacob. Ringraziai il cielo che fosse lì con me.
«Alice! Portala via di qui! Subito!», le urlai appena apparve nella stanza, attirata dal trambusto. «Jacob, ti prego ho bisogno di te!»
Mi guardò come se gli avessi chiesto l’impossibile. Forse per lui lo era. Ma non potevo farcela da solo. Ora meno che mai.
«Respirazione artificiale!», gli ordinai. «Non fermarti per nessuna ragione. Non permettere che il suo cuore si fermi, ti supplico Jacob! Tienila in vita, per me. Per te.»
Mi fissava sconcertato spaventato che il sangue di Bella potesse provocarmi una reazione come quella di Rose.
«E’ tutto sotto controllo. Devo tirare fuori il bambino o sarà troppo tardi…»
Improvvisamente, come fosse una reazione alle mie parole, il corpo di Bella si mosse. Non fu paragonabile a niente che avessi mai visto. Il suo corpo si inarcò sollevandosi parecchi centimetri dal tavolo per poi ricadere con violenza sulla superficie metallica. I suoi arti, prima rigidi e piegati dal dolore giacevano esanimi sul tavolo operatorio, come se non fossero più legati in nessun modo al suo corpo. Aspettammo un grido…che non arrivò mai.
Rimanemmo paralizzati da tutto ciò. Avevo bisogno di urlare, di mettere a soqquadro la stanza, di liberarmi di quel peso che mi opprimeva il petto.
Rimani lucido. Rimani lucido.
«Tira fuori quella cosa da lì dentro!», mi urlò Jacob, vedendo il mio tentennamento. «La spina dorsale si è spezzata…non sente più niente…», continuò ad infierire su di me, lanciandomi in mano il bisturi.
Affrontai la verità di quelle parole come una cannonata in pieno petto. Mi stava tutto scivolando di mano. Dio, quanto avrei voluto Carlisle lì vicino!
Fissai il volto di Bella, il suo corpo, il sangue, il bisturi.
Niente bisturi, non c’è tempo”, pensai.
Riacquistando la lucidità necessaria, capii qual era l’unica cosa da fare.
Ti salverò, Bella. Salverò te e il nostro bambino. Ti prego resisti!
Senza più remore mi avventai sul suo ventre. Aprire un varco con i miei denti sarebbe stato molto più semplice e veloce. La sua pelle era dura come il marmo, come la nostra. Non riuscivo a credere a quello che stavo facendo, era la cosa più mostruosa che avessi mai potuto immaginare di fare alla donna che amavo. Sentivo il sapore del suo sangue, sentivo il mio corpo che fremeva di averlo, sentivo la mia gola che bruciava dal desiderio di dissetarsi. Ma non sarebbe mai successo. Potevo essere in balia degli eventi, ma non dei miei istinti. Li avrei controllati. Sapevo che ce l’avrei fatta. Quando c’era la sua vita in bilico ogni cosa riusciva a scorrere in secondo piano. Pensavo solo ad affondare, mordere e strappare.
Affondare, mordere e strappare.
Finché non lo vidi.
La creatura più meravigliosa che avessi mai visto in tutta la mia esistenza. Il viso più perfetto, la bellezza più disarmante in cui mi fossi mai imbattuto.
Lo afferrai con entrambe le mani estraendolo dal corpo martoriato di Bella. E lo fissai ancora.
Anzi, la fissai.
«Renesmee…»
Fu tutto ciò che riuscii a dire. L’emozione che provai in quel momento fu così intensa da farmi dimenticare ogni cosa per qualche frazione di secondo. Il suo viso sembrava scolpito dai migliori artisti della storia. Aveva dei piccoli riccioli biondi e i suoi occhi…i suoi occhi erano di un intenso color cioccolato…inconfondibile. Mi fissavano amorevoli. Sapeva chi io fossi. Potevo sentirlo. La sua pelle era rosa…profumata, ma la cosa che più mi colpì fu un’altra. Il suono del suo cuore.
«Edwad…»
La sua voce mi richiamò al presente.
«Ti prego…voglio…»
Gli occhi di Bella erano nuovamente aperti e ci fissava estasiata...emozionata. Doveva vedere quanto fosse bella la nostra bambina. Era il mio modo per dirle “perdonami, avevi ragione tu. Hai sempre avuto ragione tu, fin dall’inizio”, perché non c’era niente di mostruoso in quella creatutira, casomai di magico. Il nostro piccolo miracolo.
Senza pensarci troppo mi avvicinai a lei e gliela posi sul petto.
«E’ bellissima…», le sussurrai con voce tremante. «Questa è la tua mamma…»
Bella fece appena in tempo a sfiorarle il capo, prima che la bimba affondasse i denti sul suo seno. Appena udii il gemito di dolore di Bella, ripresi Renesmee in braccio allontanandola da lei. Aveva una fila perfetta di dentini piuttosto affilati. Un mix perfetto, pensai tra me, mentre mi perdevo nuovamente nei suoi occhi.
«Cosa diavolo aspetti!!!»
Portai di nuovo l’attenzione su quello che stava accadendo davanti a me. Non capivo. Sembrava che Bella si fosse ripresa…
Uno. Due. Tre. Quattro”, sentivo ripetutamente nella mente di Jacob.
Bella aveva nuovamente smesso di respirare. I suoi occhi si chiusero lentamente proprio nell’istante in cui la guardai.
«Nooo!!!», gridai in preda al panico. Dovevo agire. Subito!
«Jacob, avanti, prendi la bambina!», gli ordinai porgendogli mia figlia.
Uno. Due.Tre. Quattro.”
«Non mi importa niente di quella cosa! Buttala dal balcone!»
Sentii la rabbia salirmi potente fino al cervello. Come poteva non accorgersi di quanto fosse meravigliosa. Come poteva parlare così di…mia figlia.
Non potevo fidarmi di lui…lui la odiava, la rendeva responsabile di tutto ciò che stava accadendo a Bella.
«Edward…»
Rose era sulla porta con le braccia protese verso di me. Contemporaneamente io e Jacob ci voltammo di scatto assumendo una postura di attacco. Non le avrei permesso di avvicinarsi a mia moglie.
«Sto bene, davvero. Penso io alla bambina, Edward. Tu pensa a salvare Bella. E’ il suo turno ora…»
Capii che aveva ragione e che era sincera. La sete sembrava essere stata domata, o almeno riusciva a tenerla sottocontrollo. Non avrebbe mai fatto del male a Renesmee: teneva troppo a lei.
Le feci cenno di avvicinarsi e le posai la piccola tra le braccia.
«Fidati di me…», mi sussurrò, ancora imbarazzata e mortificata per ciò che era successo. Poi scomparve giù per le scale.
Aprii il cassetto della scrivania di Carlisle e presi ciò che mi serviva per tentare il tutto per tutto. Mi avvicinai al corpo di Bella e, senza più alcuna titubanza, tolsi le mani di Jacob dal suo petto e le conficcai l’enorme siringa dritta sul cuore.
«Che diavolo è?», mi chiese Jake sconvolto e dolorante. Probabilmente ero stato un tantino violento.
«E’ il mio veleno. Spero che questo renda la trasformazione più veloce. Continua a farle il massaggio cardiaco. Non fermarti!»
Non ero sicuro di cosa dovessi fare. Ma ero determinato a fare qualunque cosa. A tentare l’impossibile.
Il corpo di Bella era ancora immobile. Solo un leggero spasmo aveva accompagnato l’iniezione che le avevo fatto.
Perché non reagisci? Avanti! Dannazione! Deve funzionare!”
Non poteva finire così, non poteva! Mi avventai sul suo corpo e inizia a morderla in profondità. Iniziai dal collo, scesi lungo le braccia fino ad arrivare alle gambe.
Così sarà più efficace…così il veleno arriverà prima…
Poi, però, mi resi conto che dai morsi che le avevo praticato iniziava ad uscire del sangue e probabilmente anche parte del veleno che le avevo appena iniettato. Ripercorsi tutti i punti in cui l’avevo morsa e, passando con la lingua sopra alle ferite, riuscii a richiuderle permettendo al siero di rimanere intrappolato dentro al suo corpo.
La fissai. Niente.
Un altro morso sul collo.
Di nuovo. Niente.
“Rimani con me! Ti supplico!”
Nessun movimento. Nessun rumore.
“Deve funzionare…deve funzionare…”, continuavo a ripetermi mentre continuavo a morderla, aspettando solo di sentire una reazione del suo corpo.
Jacob, che fino a quel momento, aveva continuato a praticarle la respirazione bocca a bocca, si fermò ad osservarmi. Il suo sguardo era spento, privo di qualsiasi speranza.
E’ solo un cadavere…lei non c’è più…non sento più alcun motivo di rimanere qui…vorrei essere altrove…”
«Allora sparisci!», gli gridai in faccia, allontanandolo dal corpo di Bella con una spinta furiosa.
Cadde a terra e forse gli ruppi la mano, ma non me ne curai. Non era un cadavere. Lei era lì, da qualche parte. L’avrei sentito se se ne fosse andata. Ma lei non mi avrebbe abbandonato. Lei mi aveva promesso che sarebbe rimasta al mio fianco. Lei era ancora lì…con me!
«E’ viva…è viva…»
Iniziai a spingere come un forsennato sul suo petto di marmo e ad immettere aria nella sua bocca gelida…e bianca.
«Avanti! Avanti!», iniziai ad urlare.
Eravamo soli. Io e lei. Io e la mia Bella.
Urlavo e battevo sempre più forte sul suo cuore.
«L’hai promesso! Vivi! Vivi per me! Per Renesmee!»
Mi gettai di nuovo sulle sue labbra, ma questa volta non per farle la respirazione. Le afferrai il viso, scarno e sfigurato dal dolore, e la baciai.
Un bacio…due baci…tre baci… Non lasciarmi… quattro baci…cinque baci…Amore, ti prego, combatti
La speranza stava per abbandonarmi quando finalmente udii un suono nuovo. Debole.
Mi alzai dal suo corpo e rimasi a fissarla.
Un suono inconfondibile, perché fissato nella mia mente, come se ormai facesse parte del mio stesso dna.
Il suo cuore. Battiti deboli…ma veloci….
Mi portai le mani sulla bocca per evitare di urlare. La mia Bella… sapevo che non mi avrebbe abbandonato.
Tornai a praticarle il massaggio cardiaco, con decisione e potenza.
Carlisle mi aveva detto che il momento della trasformazione sarebbe stato difficile e critico perché forse il suo fisico, così debilitato, non avrebbe retto. Ma io sentivo il suo battito. Lo sentivo crescere. Diventare sempre più forte. Come la consapevolezza di essere riuscito a salvarla.
Forse.
Poi qualcosa di potente e imprevisto mi investì.
Proveniva dal piano di sotto.

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Capitolo 15
*** Questioni di Famiglia ***


Buona domenica lettrici!
Avete passato un buon ferragosto?
Siete pronte per tornare nella piovosa Forks?
Quello che andrete a leggere è il penultimo capitolo e come molte di voi hanno già intuito parlerà del momento in cui Edward....
Vabbè...non voglio rovinare la sorpresa a qualcuno!!!
Quando ho letto Breaking Dawn ho sempre pensato che fosse un peccato che l'autrice avesse saltato questo momento.
Spero vi piaccia il modo in cui l'ho pensato.
Un abbraccio a tutte....ci vediamo per L'ULTIMISSIMO CAPITOLO!!!!

Buona lettura!







Non stava accadendo davvero. Non poteva essere.
Possibile che non riuscissi a trovare un briciolo di pace dopo l’inferno che avevo appena affrontato?
«Alice!», gridai con forza.
Sapevo che mi aveva sentito. Arrivò nella stanza un attimo dopo, ancora al telefono con Carlisle.
«Devi parlare con lui?», mi chiese.
«No, digli solo di tornare il prima possibile», avevo troppe cose a cui pensare. Non potevo gestire tutto da solo. Non anche quello che stava accadendo proprio in quel momento. Non potevo permetterlo.
Appena chiuse la conversazione mi si avvicinò leggendo la preoccupazione nel mio volto.
«Bella sta bene, vero?»
«Sembra di sì…ma è così immobile…», mormorai ancora frastornato dal dolore che mi aveva investito quando avevo creduto di averla persa. «Ma non voglio che stia da sola. Rimani con lei…»
«Dove stai andando?»
«C’è una questione che devo sistemare. Subito.»
Mi avvicinai al viso di Bella e le sfiorai la fronte con le labbra.
«Andrà tutto bene, amore mio. Presto saremo di nuovo insieme…e sarà per sempre...», le sussurrai ad un orecchio prima di dirigermi al piano di sotto.
 
Entrai nel salone, senza farmi sentire e rimasi scioccato e disgustato di fronte alla scena che mi si presentò davanti.
«Solo un momento ti prego, fammela tenere…»
«Tieni già le tue zampe da lei, cagnaccio!»
«Voglio solo vederla…voglio…voglio...farle una carezza…non le farò del male…»
«Ti giuro che se fai un altro passo ti stacco la testa!»
«Non sei tu a dover decidere…non è tua figlia!»
«Jacob!»
Il ringhio che mi uscì mi fece tremare il corpo. Quasi involontariamente scoprii i denti e avanzai lentamente verso di loro tenendo lo sguardo fisso su di LUI.
«Edward, ti prego, lascia che ti spieghi…», mi disse con calma apparente, iniziando ad indietreggiare.
«Come-osi?»
La mia voce era cupa, satura di disprezzo e di rabbia.
«Edward…», provò a parlare di nuovo.
«Hai avuto l’imprinting con mia figlia…con mia figlia!!!»
Sentivo il sangue ribollirmi nel cervello.
«Sai che non dipende da me…non siamo noi che scegliamo…»
«E’ UNA NEONATA!», gridai con quanto più fiato avessi dentro. Poi, dando sfogo a tutta la mia rabbia, con una spinta violenta lo scaraventai contro il muro.
Renesmee iniziò piangere impaurita da tutto quel frastuono. Mi ero quasi dimenticato che lei fosse lì e che potesse in qualche modo comprendere ciò che stava accadendo.
«Portala via di qui, Rose», le ordinai abbassando il tono della voce. Ovviamente non se lo fece ripetere due volte e nel giro di due secondi furono già nella sua stanza.
Anche Alice, attirata dal baccano, si affacciò sconvolta in cima alle scale.
«Va tutto bene, rimani con Bella», le dissi con un tono che non lasciava spazio a discussioni. Il suo sguardo passo da me al corpo di Jacob che cercava dolorante di rialzarsi da terra.
«Ho detto che è tutto okay. Torna di là», le ripetei spazientito, prima di tornare a concentrarmi sul mio obiettivo.
«Proviamo un attimo a ragionare…», provò a dire, venendomi coraggiosamente incontro pur se con le mani alzate.
«Devi starle lontano. Non c’è niente su cui ragionare.»
«Sai che non posso.»
«So che è quello che dovrai fare se vuoi ancora avere due gambe su cui camminare.»
Ci guardammo in silenzio per alcuni secondi interminabili. Nessuno dei due avrebbe mollato. Leggevo nella mente la sua determinazione proprio come lui la poteva leggere nei miei occhi.
Uccidermi è l’unico modo che hai per tenermi lontano da lei…
«Non tentarmi, Jacob…»
Sai come funziona l’imprinting, hai avuto modo di capirlo stando a contatto con Sam ed Emily…”
«Renesmee è una bambina…»
Ormai le parole mi uscivano come se provenissero dall’oltre tomba.
«Non chiedo altro che poterle stare accanto. Voglio solo vegliare su di lei e proteggerla…»
«Cos’è Jacob, soffri di cleptomania?», gli chiesi ironico, iniziando a ridere in modo isterico.
«Ma di che parli?»
«Quello che è mio…deve essere tuo? Prima mia moglie ed ora mia figlia? E’ così che funziona?»
Stavo dando i numeri, me ne rendevo conto, ma non riuscivo a controllare quello che mi usciva dalla bocca.
«Cristo Santo, Edwad! Come puoi pensare una cosa simile? Questo non c’entra niente con te!», iniziò a gridare quasi disgustato dalle mie deduzioni. «Credi che per me sia facile? Hai idea di quanto abbia desiderato ultimamente avere l’imprinting con qualcuna solo per potermi togliere dalla testa Bella e per allontanarmi da tutti voi?! Come credi che mi senta adesso? Ora che sarò legato a tutti voi per il resto della mia vita?! Pensi davvero che era ciò che volevo? Pensi che non avrei preferito qualsiasi altra sconosciuta, magari dall’altra parte del pianeta?! Rispondi!»
Il suo sfogo improvviso mi si riversò contro come un tifone. Non mentiva. Su niente. E non avevo la minima idea di cosa potergli rispondere. Sapevo solo che l’idea della mia piccola con lui mi faceva rabbrividire. Capii che non aveva ancora finito di parlare così rimasi in silenzio, sempre fissandolo dritto negli occhi.
«Quando sono arrivato in questa stanza, il mio unico pensiero era di vendicarmi. Volevo uccidere la responsabile della morte di Bella…»
«Non è morta», intervenni istintivamente a precisare.
«Ora lo so, ma prima credevo che lo fosse», mi spiegò prima di riprendere il discorso. «Quando i suoi occhi hanno incontrato i miei, Edward, è stato come morire e rinascere nella stessa frazione di secondo. Io…non ero più io. Io…ero… come faccio a spiegartelo…», si domandò, mettendosi le mani tra i capelli. «Hai presente tutto quello che ho fatto per Bella, quanto l’ho amata e quanti sacrifici ho fatto e sarei stato disposto a fare per lei? Beh, è niente rispetto a quello che farei per proteggere tua figlia.»
Riamasi lì, ad ascoltare ed assimilare ogni sua sillaba, cercando di comprenderla, di accettarla.
«E se lei crescendo non ti volesse? Ci hai pensato?»
Il suo sguardo cambiò repentinamente, facendosi triste e rassegnato.
«So che esiste questa possibilità. Ma che alternative ho? Non ne ho mai avute. Tutto questo…il mio amore per Bella, il tuo amore per Bella… finalmente sta avendo un senso ai miei occhi. Mi ha portato a lei. Sarà la mia unica ragione di vita. Ogni mia azione sarà finalizzata a renderla felice qualsiasi cosa significhi. Se vorrà vedere in me un amico, lo vedrà. Se vorrà avermi come fratello, io ci sarò. Se, quando sarà grande, mi vorrà come compagno, le rimarrò accanto per tutta la vita.»
Le sue parole raggiunsero l’obiettivo di scalfire la mia corazza. Ogni padre avrebbe augurato alla propria figlia di trovare una persona così lungo il cammino della sua vita. Che si chiamasse Jacob Black o in un altro modo aveva davvero importanza? Per la prima volta da quando misi piede in quella stanza, mi rilassai appena. Una cosa era vera: non avrei potuto impedirgli di esserle accanto…non senza ucciderlo. E non era una cosa che sarei stato capace di fare dato il livello in cui le nostre vite si erano intrecciate.
Non poterla impedire, non significava poterla accettare. Non subito almeno.
«Jacob», iniziai a parlargli con un tono pacato, ma, velatamente, intimidatorio, «se tu provi a sfiorarla nel modo sbagliato, a parlarle nel modo sbagliato…o anche solo a pensare a lei nel modo sbagliato…sei morto. Vorrei che questo fosse chiaro.»
Il tono della mia voce gli provocò un brivido che gli attraversò tutto il corpo. Mi ero concentrato parecchio affinché capisse che la mia non era solo una minaccia…
Deglutì rumorosamente e fece un determinato cenno affermativo con il capo.
Abbastanza soddisfatto di come era terminata la nostra disputa, mi voltai, incamminandomi verso l’uscita del salone, intenzionato ad andare in camera di Rose.
«Potresti dire a tua sorella, di riportare qui Renesmee?»
Nell’udire quella richiesta mi pietrificai e la rabbia riaffiorò con la stessa potenza di poco prima. Mi voltai lentamente, tenendo i pugni ben saldi, per evitare di accanirmi nuovamente su di lui.
«Posso trascorrere anche io dieci minuti con mia figlia o è chiedere troppo?»
«No…certo…hai ragione…aspetterò qui…», balbettò, mettendosi seduto sul divano.
Presi un respiro profondo e, voltandomi con la stessa lentezza, mi diressi al piano di sopra.
 
Una luce fioca proveniva dalla camera da letto di Rose. La sentivo canticchiare una ninna nanna molto dolcemente, in maniera quasi impercettibile. La trovai di spalle, seduta su una sedia a dondolo, mentre cullava la mia bambina.
«Rose...», la chiamai sottovoce.
«Si è appena addormentata…», mi rispose con lo stesso tono, senza voltarsi. «E’ davvero bellissima…»
Avanzai con cautela verso di loro. Avevo bisogno di rivedere quel viso, di studiare ogni suo particolare, perché mi rimanesse impresso nella mente per l’eternità.
Quando le arrivai davanti, Rose alzò il viso verso di me. Era estasiata. Ma dentro di lei potevo leggere anche molta tristezza: sapeva che presto si sarebbe dovuta separare da lei, non appena Bella si fosse ripresa. Perché, pensai, si sarebbe ripresa!
Il visetto paffutello di Renesmee era affondato contro il petto di Rose e la sua posizione mi impediva di vederlo. Avrei voluto togliergliela dalle braccia e stringerla a me, ma l’avrei solo svegliata…
«Lei…lei dorme!», esclamai ridendo, come se fosse una cosa incredibile.
«Già...», sospirò Rose, «direi che non ti somiglia poi tanto!»
«Ne sono felice… Vorrei che avesse ripreso tutto da Bella…», le confessai.
«Beh…su una cosa ti somiglia…ma questo lo sapevamo già», esclamò con soddisfazione indicando il biberon vuoto.
«Le hai dato del sangue?», le domandai arrabbiato per non essere stato interpellato.
«Mi è sembrata la cosa più logica…», si difese, alzando le spalle. «Ti assicuro che lo ha gradito parecchio!»
«Non avresti dovuto…non sono decisioni che aspettano a te!»
«Tu eri troppo impegnato a trasformare tua moglie, per accorgerti che tua figlia stava morendo di fame!»
Il tono che usò per rimproverarmi della mia prima mancanza come  padre, finì per svegliare Renesmee.
«Nessie, tesoro, non volevo svegliarti…»
«Come l’hai chiamata?», le chiesi incuriosito e sempre un tantino adirato.
«Nessie… beh, ho pensato che un diminutivo avesse fatto comodo… anche a Jacob piace…»
Certo, quello era sicuramente uno dei motivi per cui l’aveva scelto!
Appena la bimba si svegliò, iniziò a giocherellare con i capelli di Rose, continuando a darmi le spalle, incurante della mia presenza. Era felice, di questo ne ero sicuro. Le piaceva stare con Rose.
«Renesmee…», la chiamai non potendo più resistere alla tentazione di guardarla negli occhi.
Con uno scatto improvviso voltò il capo verso di me. Ci fissammo per qualche secondo come ipnotizzati l’uno dall’altro; poi, all’improvviso iniziò a dimenare vivacemente mani e piedi tendendo il suo corpicino verso di me. Mi tese le sue piccole braccia, iniziando a brontolare come se fosse arrabbiata perché non la prendevo in braccio. Dopo un primo istante in cui rimasi, effettivamente, del tutto soggiogato dalle sue sviluppate capacità, mi feci coraggio e l’afferrai.
Sapeva chi ero. Potevo leggerlo nei suoi pensieri…ma fu il suo sorriso a confermarmelo. Era davvero bellissima. Aveva le sembianze di una bambina di almeno due mesi, cosa che istintivamente mi fece preoccupare, ed aveva tantissimi tratti in comune con me e Bella. Un mix perfetto dei nostri volti.
Mi fissava e batteva le sue manine sulle mie braccia. L’emozione che provai fu indescrivibile. Avrei voluto condividere quel primo momento con nostra figlia insieme alla mia Bella. Chissà come avrebbe reagito al suo risveglio? Chissà se il bisogno primario di bere le avrebbe fatto dimenticare perfino l’esistenza di sua figlia. Chissà quanto tempo le sarebbe servito per iniziare a prendersi davvero cura della nostra bambina.
Mentre ero assorto in questi pensieri poco felici, un flash improvviso attraversò la mia mente, come se un’immagine fosse passata realmente davanti ai mie occhi. L’immagine di Bella ricoperta di sangue. Come fosse una visione. La potenza con cui mi investì fu così forte quasi da spaventami.
«Che succede?», mi chiese Rose vedendo la mia espressione persa nel vuoto.
«Lo hai visto anche tu?», le domandai confuso.
«Di che parli?»
Per un momento pensai che si trattasse di Alice e di una delle sue visioni, ma il modo in cui mi era apparsa era completamente diversa. Poi abbassai gli occhi e la vidi.
Renesmee mi fissava come se fosse in attesa che le dicessi qualcosa. Alzò la sua manina dalla mia e, questa volta, me la posò sulla guancia.
L’evento di poco prima di manifestò di nuovo con un’intensità ancora superiore. Non poteva essere…
«Sei…sei tu a fare questo?»
Per tutta risposta, Renesmee mi sorrise e mi apparve nitidamente l’immagine di me che la stringevo tra le mani ricoperta di sangue. Vedevo me…con i suoi occhi. Non era come leggerle nella mente: era molto più tangibile di qualsiasi pensiero avessi mai letto.
«Ha il dono di mostrare le cose. Pensieri, ma anche scene vissute con i suoi occhi. Qualsiasi cosa la sua mente produce, lei è in grado di trasformarla in immagini da proiettare agli altri. E’ il suo modo di comunicare…il modo più efficace che abbia mai visto», spigai a Rose che mi guardava sconcertata.
«E cosa ti sta mostrando ora?»
«Vuole sapere dov’è la sua mamma», le risposi teneramente. «Le vuole un bene infinito e la reclama insistentemente…e…»
«E cosa?»
Faticai a finire la frase, sorpreso dall’immagine che seguì quella di Bella…
«E vuole anche Jacob», ammisi con tono remissivo, arrendendomi all’evidenza di come la cosa sembrasse inevitabile.
«Non vorrai mica appoggiare questa cosa assurda dell’imprinting, vero?», mi domandò furiosa.
«E’ già successo Rose, non posso fare molto…»
«Posso farlo fuori!»
Al suono di quelle parole, intrise di odio e gelosia, Renesmee si agitò tra le mie braccia, mostrandomi con ancor maggior insistenza il volto di Jacob.
«Lei gli vuole già bene…», le comunicai. «Sarà lei a decidere il suo destino…questo posso assicurartelo. Nessuno la costringerà mai a fare qualcosa contro la sua volontà.»
Rose mi fissava come se fossi un pazzo, scandalizzata dalle parole che aveva udito. Non poteva credere alle sue orecchie.
«Credo che voi due dobbiate imparare a convivere per il bene di…Nessie», le suggerii, ripensando ai battibecchi a cui avevo assistito poco prima. «Torniamo di là, in salotto.»
 
Appena Jacob mi vide riapparire con in braccio mia figlia, si alzò di scatto e mi venne incontro con cautela. Non sapeva bene cosa fosse successo nell’altra stanza e come avrei reagito al suo avvicinamento.
«Posso?», mi domandò cauto tendendo le braccia verso di noi.
Guardai Nessie con uno sguardo interrogativo, come a chiederle il permesso per poterlo fare. Assurdo. E per tutta risposta lei mi sfiorò ancora il viso facendomi capire che gli piaceva il tocco caldo di Jacob. Cercai di controllarmi e di mostrarmi comprensivo: in fondo io ero lì con loro.
Baciai la bambina sulla fronte e la posai delicatamente tra le braccia di Jacob. I suoi pensieri erano calmi e tranquilli. Il suo cuore esplodeva di gioia e di emozione. Le voleva bene davvero. Di un bene pulito, genuino, infinito. Niente che potesse lontanamente far pensare a nessun altro tipo di interesse. Neanche il minimo accenno. Constatato ciò, riuscii a rilassarmi e mi sedetti sul divano ad osservarli. Rose rimase in piedi tesa come una corda di violino: desiderava solo  riprendersi Nessie.
«Cos’è stato?», chiese all’improvviso Jacob.
Capii che Nessie le stava mostrando la sua abilità. Le stava mostrando il viso di Bella e il mio mentre stavo parlando con Rose.
«E’ lei. Sta comunicando con te, tramite il tocco della sua mano.»
Jacob si voltò esterrefatto verso di me, spalancando gli occhi, poi guardò di nuovo il visetto di Nessie.
«Ma è stupefacente!», disse sbalordito. «E’ in grado di capirci? Voglio dire: se le domando qualcosa lei sa rispondermi?»
«Credo di sì…», gli risposi divertito, avendo letto nella sua mente, qual era la domanda a cui si riferiva.
«Ehi, Nessie, vuoi stare con me o con Rose?»
E la risposta di Nessie fu semplice e sincera come quella di qualsiasi altro bambino. “Con te”.
Jacob scoppiò a ridere stringendo ancor più la piccola a sé, dandole un grosso bacio sulla guancia. D’istinto, senza un reale motivo, scattai in piedi e fui a fianco a lui in un secondo.
«Scusa…», bofonchiò intimorito.
«Non superare certi limiti, ok?», gli dissi serio.
«Ok.»
Tornai sui miei passi e mi rimisi seduto. Rose, ancora impietrita al centro della stanza, non si era mossa di un millimetro: continuava a fissare Jacob con disprezzo.
«Questa cosa che riesce a fare è…è…», iniziò a balbettare Jacob, ancora scioccato.
«Incredibile, sì, lo so», lo aiutai a terminare la frase. «Chissà che faccia farà Bella, quando Nessie le mostrerà il suo dono…»
«Beh…ci vorrà del tempo prima che possa vederlo con i suoi occhi!», mi corresse Jacob, iniziando a far volare Nessie in aria.
«Che vuoi dire?»
«Beh…non vorrai mica metterle Nessie tra le braccia appena si sveglierà? Cioè, dovrà passare del tempo…»
Capii a cosa alludeva. Temeva che Bella non fosse in grado di controllare la sua aggressività e la sua sete di fronte a Nessie, dato che era mezza umana.
«Non credo che ci sarebbero problemi, è sua figlia…», gli risposi, pur non pienamente convinto delle mie parole.
«Ma stai scherzando?», mi chiese improvvisamente furioso.
«Jacob, calmati, ok? Oppure dammi la bambina», non mi piaceva vederlo così agitato con mia figlia in braccio. «Dovremmo aspettare il risveglio di Bella, prima di prendere una decisione. In ogni caso prima di fargliela vedere la porterei a caccia, questo è certo.»
«Sì, ma non sai come potrebbe reagire di fronte al sangue umano! No, è fuori discussione!», disse in tono autoritario, stringendosi Nessie al petto.
«Scusa? Potresti ripetere?», gli chiesi schizzando nuovamente in piedi. Lui dava ordini a me su come comportarmi con mia moglie e mia figlia?! «Rose, prendi Nessie.»
In una frazione di secondo Jacob, senza rendersene pienamente conto, si ritrovò di fronte  a me, senza più Nessie tra le braccia.
«Edward, andiamo, non puoi dire sul serio? Non puoi usare tua figlia come test!»
Raccolsi tutto il mio autocontrollo e parlai lentamente affinché le mie parole si radicassero in lui senza lasciare spazio a diverse interpretazioni.
«Sto cercando di essere ragionevole con te, Jacob. Sto cercando di reprimere l’istinto di scaraventarti di nuovo contro quella parete. Ma tu stai davvero sfidando la sorte. Sei in casa MIA e stai parlando di MIA moglie e di MIA figlia. Non scordartelo mai, Jacob. Sono disposto a qualsiasi cosa per loro, perciò non costringermi a tenerti lontano da qui con la forza.»
Continuava a fissarmi, senza abbassare minimamente lo sguardo. Poi capì che sfidarmi non avrebbe di certo aiutato la sua causa.
«Non sto cercando di minare la tua autorità, di padre e marito, non mi permetterei mai. Vorrei solo farti ragionare sul fatto che non sappiamo come potrebbe reagire Bella sentendo il richiamo del suo sangue. Sei talmente sicuro di lei che metteresti a rischio la vita di tua figlia?»
La mia sicurezza tentennò davanti a quello scenario. Sapevo che Bella non sarebbe stata da sola a dover affrontare la sua nuova natura, ma sapevo anche cosa volesse dire avere la gola torturata dalle fiamme, non riuscire a pensare ad altro che ad un modo, qualsiasi modo, per porre fine a quella tortura.
«Cosa proponi?», mi arresi.
«Di tutti noi, l’unico che si avvicina di più alla natura di Nessie, sono io, perciò voglio essere prima io ad incontrare Bella. Così vedremo come reagirà davanti al richiamo del mio sangue…»
La risata fragorosa di Rose, interruppe Jacob, ed entrambi ci voltammo ad osservarla.
«Stai davvero paragonando la fragranza del suo sangue…con la puzza che sprigioni tu?!», esclamò tornando a contorcesi per le risate. «Bella non ti si avvicinerebbe nemmeno se stesse per morire di sete!»
Trattenni a stento un sorriso e tornai a fissare Jacob, che invece si stava visibilmente scaldando.
«Rose, voleva dire che non sarà comunque la stessa cosa…», gli spiegai cercando di rimanere serio.
«Volete provare con Charlie? Lo vado a prendere e lo porto qui», mi rispose in tono sarcastico.
«No, Jacob, va bene, faremo come hai detto tu. Ma sono sicuro che Bella ci sorprenderà tutti, come sempre», gli dissi infine, valutando tutte le opzioni.
«C’è un’altra cosa che voglio chiederti…»
«Non vedo cos’altro potrei darti…ti stai già prendendo tutto…», gli risposi spazientito, non riuscendo più a nascondermi dietro alla facciata di padre tollerante e accondiscendente.
«Vorrei essere io a dire a Bella di quello che è successo con Nessie. Pensi di riuscir a mantenere il segreto per un po’?»
Questa volta fui io a scoppiare a ridergli in faccia.
«Pensi che in questo modo sarà più comprensiva e disponibile?! Mi deludi, Jacob: credevo che la conoscessi meglio di così!»
«Tu dammi solo la tua parola, il resto è un problema mio», mi disse duro, irritato dalla mia ilarità.
Tornai serio con difficoltà, immaginando la reazione di Bella alla notizia: non mi sarebbe dispiaciuto vederla affondare per la prima volta i suoi denti sulla giugulare di Jacob, in fondo.
«Come vuoi, a te l’onore!», gli dissi con aria di sfida. «Ora, se non ti dispiace, torno da mia moglie. Ho già perso troppo tempo con te.»
Mi voltai, incurante della sua espressione irritata e mi avvicinai a Rose e Nessie. Si stava addormentando.
«Resta con lei…sempre», puntualizzai, sottovoce. «Faccio scendere anche Alice e Jasper, è meglio che ci sia qualcuno a dividervi nel caso dovesse accadere qualcosa…»
 
Mi incamminai a velocità umana su per le scale. Sentivo distintamente il cuore di Bella e quello di Nessie, battere quasi all’unisono, come fossero in simbiosi. Tra poche ore Carlisle sarebbe stato a casa e finalmente avrei potuto avere il sostegno di cui avevo bisogno. Di qualcuno che mi dicesse che avevo fatto la cosa giusta e che sarebbe andato tutto bene.
Entrai nella stanza dove giaceva il corpo immobile di Bella. Alice era lì, vicino a lei, che le teneva la mano.
«Novità?», le chiesi avvicinandomi lentamente, quasi avendo paura di svegliarla.
«No…è rimasta immobile per tutto il tempo», mi rispose Alice, volgendo il suo sguardo verso di me. Poi, mostrandomi un tenero sorriso che le illuminò il viso, aggiunse:
«Però guardala, Edward….. è bellissima.»

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Capitolo 16
*** La mia Bella ***


Ed eccoci arrivati alla fine di questo viaggio... e di questo racconto.
Le parole non sono sufficienti per ringraziarvi di avermi seguito e sostenuto in questa mia prima "uscita pubblica".

GRAZIE, GRAZIE, GRAZIE!!!
Spero davvero di avervi dato una versione di BD vicina alle vostre aspettative.

Chiedo a voi, un ultimo piccolo sforzo: recensite questo ultimo capitolo anche se non lo avete mai fatto per gli altri.
Datemi la vostra opinione sull'intera storia e non trattenetevi dal dirmi anche ciò che non vi è piaciuto.


Un abbraccio di cuore a tutte. Spero di ritrovarvi quando pubblicherò la mia nuova fatica (in produzione).

Buona lettura e grazie ancora!!!




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I secondi passavano come fossero ore…e le ore come giorni. Tutto procedeva al rallentatore. Tutto, tranne il cuore di Bella.
Erano passate quasi quarantotto ore da quando Nessie era nata. Sembrava essere rimasto tutto come allora, se non fosse stato per la presenza di molte più persone intorno a lei.
Esme e Carlisle erano tornati con anticipo ed averli vicino era un gran sollievo per me. Quando tutto mi sembrava perso loro erano gli unici in grado di darmi la forza necessaria per credere ancora in me stesso…in un futuro migliore.
Avevo trascorso le ultime dodici ore senza staccarmi dal letto in cui giaceva Bella. La fissavo cercando di sforzarmi di essere ottimista, cercando di pensare a quello che Alice mi aveva mostrato.
Guardala, Edward…è bellissima”, così mi aveva detto mentre la sua visione si annidava dentro di me. Con i capelli scuri al vento, mentre correva con me nella foresta; con le sue labbra rosse e la sua pelle lucente. La mia nuova Bella.
Di quei lineamenti così perfetti non c’era ancora traccia, però. Il suo viso sembrava forse meno scavato, e le sue ferite stavano sparendo lentamente, ma sembrava ancora così lontana dalla visione di Alice.
«Edward?»
La voce di mio padre mi riportò al presente.
«Che succede?»
«Poco fa ha chiamato Charlie… ha parlato con Esme…»
Lessi il resto nella sua mente. Gli avevano detto che Bella era stata trasferita ad Atlanta, in un centro epidemiologico per dei test e per farlo stare calmo gli avevano dato un numero di telefono inventato.
«Appena possibile dovrà chiamarlo o andrà fuori di testa», aggiunse Carlisle preoccupato.
«Certo…», dissi incurante. Non avevo la forza per affrontare un altro problema in quel momento.
«Figliolo, devi stare tranquillo, andrà tutto bene…»
«Io…io non capisco… Perché è così immobile? Perché non succede niente?», gli chiesi tornando a fissare sconsolato il corpo di Bella.
«Avresti preferito che si contorcesse dal dolore come è successo a te?!»
«No, certo, questo no», dissi di getto, tremando al solo pensiero di quanto fosse stato terribile il momento della trasformazione. «Ma così…è difficile rendersi conto di quello che sta accadendo…di quanto tempo ancora abbia bisogno…»
«L’importante è che stia bene e che le fratture alla schiena siano guarite…era la cosa più difficile…»
«Forse ho sbagliato qualcosa…», continuai a pensare a voce alta, ignorando i tentativi di Carlisle di tranquillizzarmi.
«No, Edward», mi rispose in tono duro. «Hai fatto tutto quello che avrei fatto io, e forse anche di più. Non ti sei arreso. Hai lottato con lei e le hai dato l’opportunità di continuare a vivere e di vedere vostra figlia!»
Forse aveva ragione…ma allora perché continuavo a sentire un peso che mi opprimeva?
«Anche Nessie ha bisogno di te, perché non vai da lei? Qui non puoi fare niente di più. Dobbiamo solo aspettare. Rimarrò qui io, se ti fa stare più tranquillo.»
«Non mi sento in grado di essere un buon padre in questo momento…»
«Sono sicuro che appena rivedrai il suo visetto cambierai idea!», mi disse, mentre nella sua mente si formava l’immagine di Nessie che giocava in braccio a Rosalie.
«Se succede qualcosa…»
«Sono sicuro che sarai il primo a saperlo», mi rispose sorridendo. «Adesso vai, ti farà bene.»
Mi feci forza e mi alzai dalla sedia. Mi avvicinai al viso di Bella e la baciai delicatamente.
«Torna da me, amore mio», le sussurrai prima di dirigermi giù per le scale.
 
Neanche lo scenario in salotto era diverso dall’ultima volta che vi ero stato. Erano tutti intorno a lei. Era come se li avesse stregati tutti. Quasi avevo paura che potesse fare lo stesso con me.  
Nessie era in braccio ad Esme, mentre Alice e Rose le facevano un sacco di smorfie e di gesti sciocchi solo per intrattenerla e farla sorridere. E a lei la cosa piaceva. Jacob era seduto poco più indietro ed osservava ogni mossa della piccola, senza staccarle mai gli occhi di dosso. Vagai nella sua mente, in cerca di qualche pensiero fuori posto…ma non trovai niente che non fosse riconducibile al senso di protezione che provava per lei.
La prima ad accorgersi del mio arrivo fu proprio lei: mia figlia. Come la prima volta che mi aveva visto, iniziò a dimenarsi e ad allungare le sue piccole braccia verso di me. Tutti si voltarono per vedere chi o cosa avesse attirato la sua attenzione. Nel vedermi Esme si alzò con in braccio Nessie e mi venne incontro.
«Credo ce l’abbia con te», mi sussurrò ammiccando.
Era incredibile quanto fosse meravigliosa e quanto Bella fosse presente in lei, nei suoi lineamenti…perfino nel suo profumo. Completamente soggiogato dai suoi occhi scuri la presi e iniziai a farla volteggiare in aria. I suoi gridolini erano la testimonianza di quanto si stesse divertendo. Io potevo chiaramente capirlo dai suoi pensieri. La tirai giù e la strinsi forte al petto, baciandole i riccioli biondi. Quando tornai a guardarla sul suo volto si era disegnata un’ombra di disappunto. In cosa avevo sbagliato? La  risposta arrivò non appena mi posò la manina sulla guancia. Ogni sua cellula ridava “Ancora!”
Scoppiai a ridere e tornai a farla volare come fosse un aereo. Leggevo nella mente di tutti i presenti una profonda gioia nel vedermi giocare con mia figlia. Unica eccezione: Jacob.
Mi bloccai di colpo, irritato dai sentimenti che aleggiavano dentro di lui e lo fissai serio.
Capì subito cos’era accaduto e non perse tempo a difendersi.
«Vorrei solo poterle stare vicino anche io…», balbettò, attirando l’attenzione di tutti. «Ma qui nessuno si fida di me», aggiunse sconsolato e amareggiato.
«Credevo di averti chiesto di trovare un compromesso!», esclamai scocciato, rivolto a Rose.
«E’ quello che ho fatto! Prima gli ho permesso di darle da mangiare!», quasi urlò, risentita.
«Gli ho permesso?! Ma lo senti quello che dice?»
«E non sei stato nemmeno capace di farlo! Ti ha perfino morso perché eri troppo lento!», ribatté Rose, adirata.
«Ti ha morso?!», domandai preoccupato a Jacob.
«Sì, tranquillo. Non credo che sia velenosa, come voi, altrimenti a quest’ora sarei morto!», mi rispose, strofinandosi la mano.
“Oh come mi dispiacerebbe”.
Ignorai il commento sarcastico di Rose e mi concentrai sulla mia piccola vampiretta.
«Renesmee Cullen…questo non si fa…», iniziai a dirle in tono di rimprovero. Ma appena alzò il visetto verso di me ed i nostri sguardi si incrociarono non riuscii più ad andare avanti. Mi fissava con gli occhi birichini di chi sa di aver compiuto una marachella. Scoppiai  a ridere come un pazzo e gli altri con me.
«Se non vuoi che sia Jacob a darti da mangiare allora vuoi che lo faccia Rose?», le domandai, cercando di porre fine a quella diatriba tra i due.
“Mamma”, fu tutto quello che pensò.
«Vuole Bella», intervenne Alice, come se avesse potuto anche lei leggerle nel pensiero. «Mostra di continuo il suo viso a tutti noi….magari potremmo fargliela rivedere…»
«Alt! Stop! Cosa? Siete impazziti?», gridò Jacob, balzando in piedi.
La sua intromissione mi infastidì come sempre, ma in quell’occasione non potei dargli torto.
«Alice, non possiamo portare Nessie di sopra. E se Bella si svegliasse con lei accanto? E’ mezza umana…è un rischio che non possiamo correre», dissi con autorità. «Nessie, farà la brava e aspetterà che la sua mamma stia meglio: vero amore?», le sussurrai dolcemente guardandola intensamente.
Il suo “sì” poco convinto mi fece nuovamente ridere: capii perché fosse così facile perdere la testa per lei.
«Cosa le avete dato da mangiare?»
«Sempre la stessa cosa…vuole solo quella…», mi rispose Rose, quasi soddisfatta. L’espressione di Jacob era invece a dir poco disgustata.
«Dovreste provare a dargli degli omogeneizzati o roba simile…»
«Ci abbiamo provato», intervenne Jacob, felice di sentirmi dire certe cose, «soprattutto Carlisle, ma non ne vuole sapere. Abbiamo provato a convincerla in tutti i modi…ma niente: inizia a piangere e a serrare le labbra.»
Feci per rimproverarla di nuovo, ma lei era già lì pronta  a fissarmi come poco prima: con uno sguardo così avrebbe potuto ottenere qualsiasi cosa nella vita. Proprio come sua madre.
«E’ impossibile arrabbiarsi con lei…», concluse Jacob divertito e ammaliato allo stesso tempo.
«Quando sarà la mamma a darle da mangiare farà la brava e assaggerà anche qualcosa di diverso, vero Nessie?»
Sapevo che a quel compromesso avrebbe ceduto. Bella era tutto ciò che voleva. Ed infatti mi disse di sì, molto più convinta di prima.
Mi allontanai con mia figlia tra le braccia andandomi a sedere su una poltrona vicino alla finestra. Tenerla stretta mi faceva sentire un senso di pace incredibile. Mi faceva sentire vivo e mi dava la forza per andare avanti. Dovevo andare avanti per lei, qualsiasi cosa fosse successo.
La feci sedere sulle gambe e me l’accostai al petto. Mi piaceva sentire il battito del suo cuore così vicino: era un po’ come se provenisse anche dal mio torace. Lei mi stringeva forte le dita di una mano e mi guardava quasi come fosse “innamorata”: era uno sguardo che avevo già visto, ed era esattamente lo stesso sguardo che lei leggeva su di me. Iniziai a canticchiarle la ninna nanna che le avevo suonato al piano quando era ancora nella pancia di Bella e lei mi fece capire di ricordarla in un certo senso. Si rilassò gradatamente tra le mie braccia e dopo pochi secondi chiuse gli occhi addormentandosi.
Tramite il suo tocco, potevo vedere tutto quello che stava sognando in maniera ancora più vivida. C’erano soprattutto il viso di Bella, il mio e quello di Jacob. Possibile che si sentisse già così legata a lui? Senza motivo? Ma sembrava felice con lui ed era solo questo che aveva importanza.
 
Il silenzio regnava nella stanza. Anche Jacob si era addormentato. Rose ed Emmett erano in giardino a discutere e a scommettere su come Bella avrebbe reagito alla storia dell’imprinting. Me lo chiedevo anche io, di continuo. Renesmee dormiva ancora profondamente quando una voce dal piano di sopra attirò la mia attenzione.
Non manca molto, avverti Edward…”
Non finii nemmeno di sentire il resto. Mi alzai delicatamente dalla poltrona e con un piede diedi un calcio a Jacob. Si svegliò di soprassalto senza capire cosa fosse successo, finché non mi vide a fianco a lui con la bambina.
«Devo andare da lei…», e così dicendo gli posai dolcemente Nessie tra le braccia. «Non giocarti la fiducia che ti sto dando in questo momento.»
 
Quando arrivai di sopra Carlisle ed Alice erano ai lati del letto, intenti a valutare e decidere cosa fare.
«Che succede?»
«L’odore della morfina sta svanendo e…», mi rispose Carlisle invitandomi ad avvicinarmi al corpo di Bella.
Quando la vidi capii a cosa era dovuto il suo sorriso speranzoso. Mi ero allontanato da lei solo poche ore eppure il suo aspetto era visibilmente cambiato. Era di nuovo lei. La mia Bella.
«Sarà stupenda!», esclamò Alice eccitata.
«Come sempre…», balbettai in preda all’emozione.
«Sai cosa intendo! Hai visto la mia visione: sarà una vampira bellissima! E poi più le sue condizioni migliorano e più riesco a vederla nitidamente…perciò…»
«Perciò sta davvero migliorando…», terminai di dire, sentendomi tremare le ginocchia.
«Non avevo alcun dubbio che ce l’avresti fatta, figliolo», mi disse Carlisle, dandomi una pacca sulla spalle.
«Aveva ragione lei…ha avuto sempre ragione lei, su tutto», mormorai, incapace di staccare gli occhi dal suo pallido viso. Pallido non perché provato dal dolore, ma perché stava tornando da me…perché era come me. Il momento che avevo cercato di rimandare il più possibile negli ultimi anni, si era tramutato nel momento più atteso della mia esistenza: come è beffardo in destino. Pensavo che mi sarei sentito in colpa per averla fatta diventare un mostro come me, ed invece riuscivo solo a ringraziare il cielo di esserci riuscito. E poi, lei non sarebbe mai stata un mostro…una parola del genere non le si sarebbe mai addetta.
«Che ci fai con Nessie? Dov’è Edward?»
Le grida di Rosalie entrarono prepotenti nelle stanza, spezzando quell’atmosfera surreale che aleggiava.
«Forse dovresti andare giù…», mi consigliò mio padre.
«E’ ora che inizino a superare le loro divergenze…e se non ne saranno capaci penseremo più tardi a cosa fare. Lo faremo insieme: io e Bella», gli risposi, scocciato di dovermi preoccupare di loro in un momento del genere.
«Chissà Bella come reagirà?»
«Non credo molto meglio di me…ma potrei sbagliarmi…in fondo lei riesce sempre a sorprendermi…», conclusi abbozzando un sorriso.
«Già…», sospirò assorto nei suoi pensieri, uscendo lentamente dalla stanza.
«Immagino la sua espressione quando si vedrà allo specchio per la prima volta…», disse Alice saltellando.
«Ti prego, Alice, non è il momento…»
Ero troppo teso per poter sopportare le sue frivolezze.
Ma non riuscii a terminare la frase che si era già volatilizzata in cerca di un grosso specchio.
Respira, Edward. Presto la riavrai accanto.
La fine di tutto questo sarà solo l’inizio della vostra vita insieme.
Poi, inaspettatamente qualcosa cambiò.
Il suo cuore, già torturato da un battito forte e accelerato, sembrò quasi esplodergli dal petto e iniziò a battere ancora più violentemente.
Forse, per l’ultima volta.
«Carlisle», chiamai a voce bassa per non farmi prendere dal panico.
In un istante lui ed Alice mi furono nuovamente vicini.
«Lo senti, Edward? Sta per finire?», mi disse mio padre, con un sorriso ottimista.
«Alice, riesci a vedere quanto manca?»
«Pochi minuti immagino…»
Al suono di quelle parole mi sentii quasi mancare.
Pochi minuti…
«Bella, amore? Riesci a sentirmi? Puoi stringermi la mano?», le sussurrai con la voce strozzata dall’emozione, sfiorandole delicatamente la sua mano immobile.
Niente. Nessun movimento.
«Inizio a chiamare gli altri?», mi disse Alice
«Sì», le rispose mio padre. «E’ meglio essere qui tutti insieme quando si sveglierà. Mi raccomando, anche Jasper.»
“A Rose dico di rimanere con Nessie?”
«Sì, tenete la bambina più lontano possibile da qui: il suo profumo è molto intenso…potrebbe sentirlo…», le risposi di getto.
Dire quelle parole mi face quasi male. Era come se non avessi abbastanza fiducia in Bella. In cuor mio sapevo che non avrebbe mai potuto farle del male, ma sapevo anche che la scelta di fare le cose con calma avrebbe reso tutti molto più tranquilli.
«Bella? Amore mio, mi senti?»
Un movimento quasi impercettibile dalla sua mano aveva nuovamente attirato la mia attenzione. La strinsi forte. La sua pelle era dura e fredda come la mia. Il suo volto si contrasse appena, forse per il dolore che iniziava probabilmente ad avvertire.
«E’ tutto finito, amore mio. Perdonami se stai soffrendo. Perdonami…», le dissi gettandomi sul suo corpo.
«Edward…»
Il sussurrò di Carlisle mi bloccò. Alzai lentamente il capo dall’incavo del collo di Bella e mi misi in ascolto.
Tutti gli altri entrarono nella stanza, rimanendo a debita distanza dal letto. Tutti impietriti da quel suono nuovo che veniva dal corpo di Bella. Battiti lenti, cupi, strazianti.
Sentivo la mia forza scivolarmi via. Sentivo la paura impossessarmi di me. Tutto diventava confuso e sfocato. Il terrore che potessi perderla mi offuscava la vista, anche ora che tutto sembrava per finire. Era come se stessi attraversando un tunnel buio senza scorgere la luce alla fine. Avevo bisogno di quella luce. Della mia luce personale. LEI.
Nessun respiro. Nessun movimento. In attesa che quel cuore straziato, trovasse finalmente la pace eterna.
Un altro battito. Un altro ancora a distanza sempre più ampia. Un tremolio e poi un colpo violento e sordo.
L’ultimo.
 
In quello che mi sembrò l’istante più lungo della mia vita mi passò davanti agli occhi la sua immagine. Della prima volta che la vidi alla mensa della scuola. Della prima volta che incontrai i suoi occhi. Della prima volta che ebbi il coraggio di sfiorarle la mano. Della prima volta che la baciai. Di quando accettò la mia proposta di matrimonio e di quando la vidi scendere vestita da sposa da quelle scale. Di quando la vidi in acqua al chiaro di luna…
Tutto ciò che eravamo stati ci aveva portato a quel momento. Il momento in cui la nostra eternità insieme avrebbe avuto inizio.
E proprio in quell’istante, quando ogni cosa intorno a me sembrava essere svanita, quando le tenebre sembravano ormai vicine… Bella aprì gli occhi…e io rividi finalmente la luce.
 
 
 

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