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Era una notte inquieta, un grande temporale si abbatteva
sulla piccola cittadina, il cui nome era Karak.
Le strade erano semi-deserte, infatti, su un lato della
strada camminava a rapidi passi una figura, piuttosto alta avvolta da un
mantello, il quale rivelava il suo colore nero ad ogni fulmine che illuminava
il cielo.
Ad un tratto questa si fermò come se avesse visto
qualcosa, o qualcuno.
Si tolse il cappuccio, con il quale si copriva dalla pioggia,
e rivelò il suo volto, era un ragazzo.
Improvvisamente cadde dal cielo un gran tuono che si
abbatte su un albero lì vicino, il ragazzo né indietreggiò, né fu colto da
timore.
- vieni fuori, la rivoglio- disse questo- so che sei qui
da qualche parte nascosto, e prima o poi ti troverò e lei sarà mia -.
Un altro tuono, ma ancora una volta il ragazzo non ne ebbe
paura.
-
codardo- disse - so che sei qui vicino, so che è nelle tue mani e dovrai
darmela prima o poi -.
- tu credi-
rispose una voce dal nulla.-tu credi- ripetè.
- tu credi che riuscirai a prendermela, no,no,tu non puoi-
continuò- non sei certo in grado di gestire questa situazione-.
-tu credi- protestò
il ragazzo con aria di sfida -ne sei sicuro?vieni fuori non fare il vigliacco,
come sempre,ti conosco bene-.
- anch’io ti conosco bene, sono tuo fratello, se non ti
conoscessi non ti direi di rinunciare, di lasciar stare e di tornartene da dove
sei venuto.Questa è una questione più complicata di quanto credi, e soprattutto
è una questione privata…-sentenziò la voce.
- forse, per la prima volta hai ragione, e una questione
privata…ma tra me e te- disse il ragazzo, che immobile guardava nel vuoto, o in
un punto ben preciso.
Poi riprese -VIGLIACCO, CODARDO, ci hai tradito, sei la
nostra vergogna, non sei più degno ormai, con il gesto che hai compiuto, di
stare tra noi-.
La pioggia continuava a cadere, si faceva ancora di più
persistente, il ragazzo, che sempre immobile fissava il vuoto, era
completamente bagnato e tra se e se diceva -ti troverò-.
- davvero mi troverai?!- riprese la voce.
- io non ho paura di te, tanto meno se sei mio fratello-.
- io non ho paura di quelli come te- .
- NON PARAGONARMI A LORO- urlò di scatto la voce.- io non
sono come loro- riprese poi con voce più calma, ma un po’ tremante.
- credo di aver scoperto il tuo punto debole fratellino-
disse il ragazzo con, ormai, voce sicura e di sfida; poi riprese- il paragone,
ma certo questo è il tuo punto debole e lo è sempre stato. Non vuoi essere
paragonato a loro, gli Infidi…però e quello che sei. Sei diventato un infido e
un Garx, anche tu-.
-NO!!- IO NON SONO UNO DI LORO- protestò urlando la voce.
-vieni fuori, allora- disse il ragazzo-se non sei né un
fir, né un Infido non hai nulla di che temere…vieni fuori e restituisci quello
che hai rubato-.
-vorrei-
rispose la voce, nelle sue parole si leggeva un pizzico di disagio e
tristezza.<
-perché sei costretto? Perché non puoi?-disse il ragazzo
al fratello che ancora non riusciva a vedere.
Aveva smesso di piovere, era quasi l’alba e si cominciava
a sentire una leggera brezza; il ragazzo che ormai era fracido, non si reggeva
più in piedi, sentiva la fragilità del suo corpo, sapeva che il fratello era lì
da qualche parte anch’egli bagnato e non poteva abbandonarlo.
Così proseguì: -rispondi, chi ti ha costretto- CHI?-poi
urlò.
Nessuno rispose.
Ci fu un attimo di silenzio, che fu interrotto da un
grido, che echeggiò in tutta la stradina semi-deserta, e da uno strano rumore
di qualcosa che cadeva pesantemente a terra.
Ancora silenzio.
Ma ancora una volta ci fu un urlo, questa volta però fu un
urlo sommesso seguito dal rumore di passi veloci. Sì qualcuno correva, poi si
sentì ed echeggiò per tutta la stradina una voce soffice ma allo stesso tempo
tremula, che disse-addio-.
-EHI!sveglia!hai dormito per tutta l’ora di scienze!-
Mike!Mike!SVEGLIATI!!-
-come?!oh si!!-disse Mike svegliandosi e guardando quel
ragazzo che aveva di fronte e che avrebbe riconosciuto fra mille,era Jeremy il
suo miglior amico.
-dì un po’, russavo??-chiese Mike all’amico.
-no!!…per fortuna-lo schernì Jeremy.Poi riprese- come mai
ti sei addormentato, ore piccole?-
-no,fortunatamente questa notte ho dormito bene,e non so
cosa mi sia potuto accadere…forse avevo sonno arretrato, boh!!-
-che hai sognato-lo interrogò l’amico molto
curioso-qualcosa in particolare e di interessante?-
-non so, non ricordo bene… pioveva e c’era un ragazzo,
sembrava che parlasse da solo quando all’improvviso e intervenuta una voce dal
nulla…-.
Mentre Mike raccontava a Jeremy il suo sogno e si facevano
largo tra la gran folla di studenti che si accingeva ad uscire da scuola,
improvvisamente da dietro di loro si udì una voce che li riguarda entrambi,in
prima persona.
-EHI VOI DUE!!-disse la voce alle loro spalle.
-oh no…-dissero all’unisono i due amici voltandosi.
Quella voce poteva provenire sola da una persona, Leslie,
la loro migliore amica.
Leslie era alta, slanciata, capelli rossi e molto
lentigginosa, la tipica secchiona non solo della classe ma di tutta la scuola,
tuttavia molto simpatica e spiritosa.
-ciao ragazzi- esordì la ragazza -Ragazzi perché siete
così avviliti?Su, raccontate tutto alla vostra amicuccia –suggerì lei con un
pizzico d’ironia nella voce.
-forse la seconda ipotesi-propose Jeremy- stavamo
benissimo finché…-
-…finché la prof. di storia ci ha portato i compiti-
intervenne subito Mike smorzando subito la tensione, che si sarebbe potuta
creare, con un grandissimo sorriso d’urbans.
-peccato, sarà per la prossima volta-disse Lesile
scrollando le spalle e cercando di farli sentire colpevoli di non aver studiato
abbastanza da poter arrivare agli ottimi risultati a cui lei arrivava
facilmente.
-già, peccato-disse Jeremy stizzito con Mike per averlo
bloccato proprio nel momento in cui avrebbe voluto cantarne quattro a Leslie.
I tre amici continuarono a camminare discutendo su quello
che avrebbero fatto il prossimo, ormai alle porte,week-end.
- potremmo andare a fare una nuotata al lago Rola- propose
Jeremy -le giornate sono ancora così belle-disse ammirando lo stupendo panorama
visto da lassù.
La triade di amici abitava nello stesso quartiere, che era
situato sulla zona più alta del loro paese, che, a sua volta, si estendeva su
una piccola montagna.
Adatto, anche per il fisico, più di tutti ad una vita di
montagna era sicuramente Jeremy.Era molto alto, il più alto del gruppo, aveva
capelli ed occhi scuri, inoltre era un abile sciatore, poiché addestrato fin da
piccolo da suo padre, il quale aveva vinto molte competizioni ed era stato il
primo a scalare il monte Lani, un grande ammasso di rocce, dal cui nasceva il
fiume Hidi, raggiungendo di esso la vetta in soli tredici giorni.
-Si, sarebbe bello andarci, ma, questo vorrebbe dire che
dovremmo svegliarci molto presto e soprattutto dovremmo farci una lunga
scarpinata-disse Leslie -ti ricordo Jeremy che il lago Rola e lontano da qui un
paio di miglia-precisò poi con un po’ di presunzione.
-invece io proporrei di starcene qui a Corut- disse Mike
- appoggio la tua proposta-disse prontamente Leslie
alzando la mano-ci sono obbiezioni?bene, allora, la seduta e tolta-.
-ADESSO BASTA!!-esplose Jeremy come un vulcano contro
l’amica divenendo rosso in volto-mi hai stancato con le tue maniere da
saputella e perfettina, ne ho fin sopra i capelli-.
-Dai, calmati adesso, stava solo scherzando-disse Mike
cercando di non far degenerare le cose, ma tutto fu vano.-E invece no, io non
mi calmo affatto, mi avete scocciato, e dico, mi avete perché centri pure tu
Mike -sono stufo! stufo di stare
ai vostri stupidi giochetti..
Mike e Leslie per un momento si guardarono negli occhi.
Leslie più dell’amico era paonazza in volto, quelle parole
che provenivano da uno dei suoi migliori amici, l’avevano ferita profondamente;
mai si sarebbe aspettata da Jeremy un tale atteggiamento.
Guardando il sole tramontare davanti a loro si lasciò
andare ad un pianto silenzioso.
Era delusa e amareggiata, voltò le spalle al sole ormai
tramontato e, stringendo a sé i libri più che poteva, senza salutare Mike corse
via piangendo in direzione di casa sua.
-bravo Jeremy - disse con voce pacata Mike -spero che
andrai fiero di quello che hai fatto, hai rovinato una grand’amicizia per un
attimo di tua follia-.
Anche Mike voltò le spalle al tramonto e all’amico
dirigendosi verso casa sua.
Jeremy restò lì a contemplare il tramonto.
Pensava a ciò che aveva urlato contro Leslie.
Una lacrima scese dal suo volto lungo le guance rosse per
il freddo.Era dispiaciuto di quello che aveva fatto, voleva andare a chiedere
scusa a Leslie, ma il suo orgoglio glielo impedì.
Tornato a casa, Mike si mise subito a fare i compiti.
Di tanto intanto pensava a quello che era accaduto fra i
suoi migliori amici, ma non si fece trasportare tanto dall’accaduto e così
s’immerse nuovamente nei suoi studi.
All’improvviso ebbe una strana sensazione, una sensazione
molto strana, che non aveva mai provata e non sapendo cosa fosse si spaventò.Si
sentiva strano, frastornato, e gli girava la testa.Si alzò e andò in cucina a
bere un bicchier d’acqua, dopodiché si sentì subito meglio.
Decise di interrompere lo studio e così si stese sul
divano accendendo la tv.
Facendo un po’ di zapping si rese conto ben presto che in
tv non c’era niente e che avevano ragione quelli che dicevano “al giorno
d’oggi la televisione è solo tv spazzatura”, Mike si lasciò quindi
avvolgere dal sonno anche se ancora la luna non era visibile in cielo.
Ad un tratto però si svegliò di soprassalto, qualcuno
aveva suonato alla porta, ancora insonnolito si alzò da divano e dirigendosi
verso la porta cadde a terra privo di sensi.
Il campanello continuava a suonare inutilmente, chiunque
ci fosse fuori dalla porta avrebbe atteso invano, perché sicuramente Mike non
avrebbe aperto.
Dopo circa una decina di minuti, Mike si svegliò e si rese
conto che era sul pavimento, non ricordava il perché fosse lì, ricordava solo
di essersi alzato dal divano ma non riusciva a ricordarne il motivo; ma tutto
ad tratto si ricordò: avevano suonato alla porta, chiunque fosse stato se n’era
già andato perché il campanello non suonava più.
Provò allora a mettersi in piedi più volte ma con scarsi
risultati, riuscendo infatti a mettersi a gattoni, sentiva che la forza lo
abbandonava e così cadde nuovamente a terra svenuto.
Dopo essersi visto voltato le spalle da suoi più cari
amici, Jeremy restò ancora un po’ a contemplare il panorama da lassù, il sole aveva lasciato posto alla luna e agli altri astri.
Il ragazzo cominciò così ad incamminarsi verso casa sua;
durante il tragitto ripensò all’accaduto che lo aveva visto protagonista, si
sentiva piccolo piccolo per la vergogna, era mortificato per il suo scatto
d’ira e riconosceva di aver sbagliato.
Passò davanti alla casa di Leslie, la fissò per un attimo
e poi la oltrepassò.
-tutto sommato però non ho sbagliato - riflettè ad alta
voce-non sono io a dovere chiedere scusa..e poi, io
chiedere scusa ?!-.
Jeremy non si sentiva più in colpa per quell’accaduto; tutto
ad un tratto il suo umore cambiò, s’irritò di nuovo e così riprese -non mi
piacciono quei suoi modi da saccente, quella sua altezzosità…io ho solo fatto
quello che dovevo fare già da qualche tempo,
cantargliene quattro- e poi Mike, quando fa di tutto per assecondarla e per
farle avere ragione su tutto mi fa proprio imbestialire-continuò-…forse ho
esagerato nei modi-… ma non nelle parole…-
Sulla stradina erano scese le ombre, le
uniche luci provenivano dalle case o da quelle fioche dei lampioni posti
in fila davanti ad ogni abitazione.
Jeremy aveva oltrepassato la casa di Mike quando vide qualcosa, o meglio qualcuno di strano a casa
dell’amico: due uomini abbastanza alti e di abbastanza robusta costituzione;
non sembravano uomini normali, erano avvolti da grandi mantelli neri, che però
facevano intravedere qualcosa dei loro indumenti.Portavano grandi stivali, che
non sembravano affatto vecchi e laceri ma erano invece nuovi di zecca, mentre
la testa era avvolta da un cappuccio.
I due ad un tratto si voltarono, non perché avessero visto
Jeremy ma perché avevano suonato e nessuno aveva aperto.
Nel momento in cui si voltarono in Jeremy crebbe una forte
paura, il suo cuore iniziò a pulsare più forte, sempre più forte, per un
momento il ragazzo pensò che il cuore non avrebbe retto a quell’attacco.
Il volto dei due uomini era ricoperto da tantissime
cicatrici, e altrettante rughe comparirono sui loro visi quando videro Jeremy;
il loro volto si oscurò ancora di più.
Restarono fermi immobili a pochi metri dal ragazzo, poi si
guardarono e l’uomo di destra mormorò qualcosa d’indecifrabile e
incomprensibile all’altro.
Anche Jeremy era fermo, pietrificato,
come se avesse visto un fantasma, in realtà non aveva mai visto quegli uomini e
soprattutto quel tipo d’uomini che incutevano paura con la sol vista.
I due uomini iniziarono a scendere i gradini della
scalinata della casa di Mike e avanzarono cauti verso
Jeremy. Quest’ultimo che era ancora fermo incosciente di ciò che gli stava
venendo contro, tutto ad un tratto capì che era meglio scappare e così iniziò a
correre dalla stessa parte dalla quale era venuto, non andava verso casa sua
che era lontano poche decine di metri da casa di Mike
ma si dirigeva dalla parte opposta, verso Leslie.
Grazie alla sua agilità riusciva a correre più velocemente
e, pensò che se avrebbe continuato di quel passo ben presto avrebbe seminato i
due uomini.
Correva, correva più che poteva
voltandosi a volte e riuscendo a scorgere i due uomini che invece di correre
camminavano come se stessero facendo una passeggiata, così Jeremy, invece di
correre più lentamente corse ancora più veloce, era stremato ma non si arrese.
Corse ancora di più a perdi fiato
ma, ad un certo punto della sua folle corsa si interruppe di scatto
Davanti a lui c’era uno dei due uomini.
Si voltò e vide l’atro uomo che si avvicinava a lui.
Non era possibile, come avevano fatto quei due uomini ad
intrappolarlo?chi erano e che cosa volevano da Mike e
adesso da lui?cosa gli avrebbero fatto adesso?
Con un filo di voce, sia per la corsa ma anche per la
paura disse:
-che cosa
volete da me?non ho fatto niente, vi prego non fatemi del male-…se mi lasciate
andare vi prometto sulla mia stessa vita che non racconterò a nessuno di avervi
visto- vi prego non fat…- le parole gli si mozzarono lì in gola.
Sentì la sua mente annebbiarsi lentamente, le sue palpebre
si fecero sempre più pesanti e perciò iniziarono a chiudersi senza un motivo.
Jeremy sentiva che qualcosa stava cambiando nel suo corpo
e così prima di abbandonarsi a quella forza superiore che sentì aver fatto
breccia nella sua mente, vide uno di quegli uomini con la mano alzata tesa su
di lui, mormorava parole che il ragazzo non riuscì a capire.
Accasciandosi a terra lentamente, passarono alla mente di
Jeremy tutti i suoi ricordi.
Si vide quando era ancora bambino, si vedeva in braccio a
suo padre intorno ad una marea di persone che scattavano fotografie da ogni
parte, vide sua madre quando giocava con lui, si vide insieme ai suoi genitori
in un parco, vide i suoi zii, i suoi nonni e tutti gli altri parenti.
I ricordi cambiarono, si vedeva nel momento in cui conobbe
Mike e Leslie, quand’era ancora un fanciullo.Nel
momento in cui affioravano questi ricordi molte
lacrime scesero sul viso del ragazzo.
Le immagini cambiarono ancora una volta; adesso si vedeva
cresciuto ancora insieme a suo padre mentre correvano in un parco, si vide poi
ad una competizione di nuoto, dove aveva vinto il primo premio, vide i volti
dei suoi genitori, erano orgogliosi di lui e sprizzavano gioia da tutti i pori.
Altre lacrime disegnarono il volto di Jeremy e ancora una
volta i ricordi cambiarono.
Adesso andavano più veloci, vide gli anni in cui era a
scuola, vide il bambino di prima trasformarsi in un
ragazzo pieno d’aspettative, voglia di fare e con tante aspirazioni, vide anche
il momento in cui aveva litigato con Leslie e Mike, altre lacrime e nuovi
ricordi; adesso si vedeva correre, fuggire dai due uomini che aveva visto
sull’uscio della porta dell’amico Mike, si vedeva adesso accasciato a terra,
circondato dai due uomini con le mani tese, si vide il volto solcato da
moltissime lacrime e ancora di più ne vide nei suoi occhi.
Era come se uno specchio fosse posto sopra di lui e di
loro, vedeva solo lacrime, lacrime, lacrime sul suo volto; rimpiangeva di
essere cresciuto, voleva ritornare bambino o semplicemente rivivere quei
momenti piuttosto che restare come cavia da laboratorio tra quei due uomini che
raddoppiarono la loro forza e che sbirciavano tra i suoi ricordi.
Jeremy era stremato, si rese conto di non farcela, si rese
conto che per lui la vita era finita.
sentì che la
morte incombeva su di lui, così, dopo aver lanciato un grido di dolore nella
notte si accasciò pesantemente sul suolo, avvolto dall’oscurità della stradina.
Quando Mike si svegliò pensava
che erano passati soli pochi secondi se non istanti da quando si era alzato dal
divano per aprire la porta e vedere chi aveva suonato.
Era ancora un po’ tra le nuvole, si sentiva frastornato,
non sentiva né le gambe né le braccia, anche se a fatica si riuscì a mettere in
piedi, ma ben presto si accorse che tutto quello che
lo circondava non aveva niente in comune con il salotto di casa sua.
Immediatamente la sua mente si affollò di mille pensieri
su quel luogo, così diverso dalla sua casa: Dov’ era?che ci faceva in quel
postaccio?ma soprattutto come diavolo era arrivato lì?
Alberi, alberi, alberi e ancora alberi.
Dall’aspetto sembrava una grandissima foresta.
Il sole splendeva in cielo, dalla sua posizione a Mike
venne il dubbio che fosse mezzogiorno,mentre quando si
era alzato dal divano era tardi pomeriggio.
- com’è potuto accadere- si chiese
tra sé e sé- mi hanno forse rapito e non me ne sono accorto?- fantasticò poi a
voce alta.
Mike non si riusciva a spiegarsi come mai era finito in
quella foresta, tuttavia non si diede per vinto e iniziò ad esplorare quella
specie d’agglomerato d’alberi.
Ben presto capì che non si trattava di una grande foresta ma al contrario era un piccolo bosco,che, si
estendeva in una pianura; inoltre riuscì anche a scorgere una serie di montagne
dalle punta aguzze, le quali erano interamente ricoperte di neve.
Come bosco era un po’ strano, infatti, in qualsiasi
boscaglia vi erano dei rumori, i cinguettii degli uccelli, il fruscio delle
foglie o anche solo il rumore del vento; invece qui nulla di tutto ciò, non si
sentiva assolutamente niente, né uccelli cinguettare o foglie frusciare, per
non parlare degli animali: non vi erano neppure qualche scoiattolo o qualche
piccola volpe.
Mike continuava a camminare,ma
ben presto si fermò e si sedette su un grande masso,a causa del languorino che
gli era venuto.
Aveva una gran fame e voleva anche un sol pezzo di torta
alla frutta o crostata al mirtillo, che sua madre gli preparava sempre.
Mike amava sua madre soprattutto quando soddisfava il suo
desiderio smodato per i dolci.
Sua madre si chiamava Livia, era una gran donna, anche
perché aveva cresciuto da sola Mike, infatti suo
marito era morto in un incidente stradale per la neve, proprio nel giorno in cui
era il quarto compleanno di Mike e stava tornando da un lavoro in pianura; la
madre così fu costretta da fare sia da madre che da padre a Mike.
Era stato un arduo lavoro ma aveva ottenuto ottimi
risultati.
Mike aveva gli occhi scuri come sua madre, mentre aveva i
capelli cespugliosi di suo padre.
Ripensando a sua madre e ai pochi ricordi di suo padre si
mise a piangere, ce l’aveva con Dio perché gli aveva
portato via suo padre, avrebbero potuto essere una famiglia perfetta, si
sentiva in colpa per quello che era successo a suo padre, se solo non fosse
stato il suo compleanno,voleva morire perché almeno in questo modo avrebbe
potuto riabbracciarlo, capiva perfettamente sua madre quando molte volte
piangeva in preda allo sconforto totale e diceva di non essere stata né una
buona madre né un buon padre per lui.
Continuò a piangere silenziosamente per qualche minuto
ripensando anche a quello che era accaduto tra Jeremy e Leslie.
La fame gli era passata, tutti
quei ricordi lo avevano riempito come un pezzo di torta o come un bel piatto di
pasta, adesso aveva un solo desiderio: voleva ritornare da sua madre,
riabbracciarla più che poteva e dirle che le voleva bene più della sua stessa
vita.
Ben presto però questo suo desiderio si rivelò un’utopia.
Improvvisamente si sentirono forti rumori che echeggiarono
per tutto il bosco quasi del tutto deserto.
I rumori provenivano sia da destra che da sinistra. Mike
sobbalzò, non capiva che generi di rumori potessero essere ma,una
cosa era certa doveva nascondersi…e in fretta.
Trovò rifugio dietro il gran masso sul quale prima si era
seduto e pianto.
Il rumore cessò.
Il bosco divenne nuovamente silenzioso.
Mike
decise allora di alzare la testa per vedere cosa era successo, tuttavia fu
costretto a ritornare giù.
Un altro rumore, diverso dal primo.
Questa volta Mike capì subito di cosa si trattava, era il
suono di una tromba che suonò tre volte. Ma
che ci faceva una tromba in piena foresta?
Improvvisamente uscirono da ambi le parti
del bosco tanti, tantissimi cavalli,quelli di sinistra erano neri mentre
quelli di destra erano bianchi.
Tutti i cavalli erano montati dai propri fantini, anche
questi variavano da destra a sinistra.Questi ultimi non avevano armatura, bensì
avevano indumenti scuri come i propri cavalli, portavano grandi stivali e molti
di loro al posto della spada portavano pugnali, e quelle che sembravano clave;
l’unica protezione l’avevano al petto, una corazza.
Quelli di destra invece sembravano veri e propri cavalieri
che si leggono nelle favole, avevano spade perfettamente lucide, erano
investiti di una grande armatura lucente, anche la
testa era protetta dalla corazza,sembrava quasi che non avessero punti deboli e
che erano destinati a vincere e a prevalere sui loro avversari.
Mike,che era ben nascosto dietro
al gran masso,non credeva ai suoi occhi,fino a pochi istanti fa stava piangendo
in un bosco assolutamente privo di vita oltre agli alberi, adesso si ritrovava
tra due eserciti nel pieno di una battaglia.
I due eserciti erano schierati uno di fronte all’atro,sembravano pronti per iniziare una grande battaglia.
Il suono della tromba, che poi si rivelò un corno suonato
da uno di coloro che stavano a sinistra, aprì lo
scontro.
Da entrambi le parti i cavalli correvano contro i loro
rispettivi nemici,molti cavalieri di destra scesero
dal proprio cavallo e si misero a correre contro il nemico.
Molti caddero dal proprio cavallo
trafitti dalle spade nemiche,altri cadendo a terra venivano calpestati
fino a morire dai cavalli nemici,i pochi invece che cadendo a terra e riuscivano
a rialzarsi prendevano la propria spada da terra si mettevano a tirar giù i
rivali dai cavalli dando così inizio a numerosi scontri a terra.
Pian piano il terreno si impregnò
di sangue e su di esso si riversavano molti cadaveri dilaniati e uomini che,in
seguito eroi, ormai tramortiti ed esanimi si facevano avvolgere dalla morte.
Erano scene terribili,agghiaccianti,c’erano
perfino alcuni che nascosti,da ambi le parti dietro gli alberi che, con arco e
frecce avevano come obbiettivo uccidere i nemici non colpendoli alle spalle o
al petto,ma divertendosi a centrarli in piena tempia,altri invece avevano come
obbiettivo con la forza di una sola freccia trapassarli,altri ancora avevano
frecce infuocate in modo tale che una volta colpito,l’avversario avrebbe sentito
con più dolore il colpo e la sconfitta.
Molti vedendosi in fin di vita o senza una via di fuga
preferivano uccidersi con le proprie spade piuttosto che farsi uccidersi dai
nemici o farsi portare nella città nemica in catene come segno
di sottomissione e sconfitta.
Altri poi tiravano contro i nemici grandi sassi colpendoli
alla testa facendoli cadere a terra privi di sensi e molte volte con i crani
fracassati.
Il sole iniziava a calare sulla piccola foresta.
Gli alberi iniziarono a muoversi a causa del venticello
che iniziò a spirare.
C’era però qualcosa di molto strano le foglie degli alberi
iniziarono a cadere come quasi se fosse autunno,
mentre fino a poche ore fa gli alberi erano floridissimi.
La battaglia non era terminata.
Mike era stanco e aveva fame,stava
dietro quel gran sasso da forse più di cinque ore,aveva osservato tutto quello
che era accaduto,guadava incredulo i corpi dei soldati morti straziati riversi
a terra,e vedendo queste scene raccapriccianti aveva vomitato più di una
volta,sempre attento a non farsi scoprire.
Voleva tornare a casa,voleva
tornare da sua madre,alla sua vita normale,dai suoi amici e per la prima volta
in vita sua voleva ritorna a scuola; non sapeva neppure dove si trovava, il
perché di quella battaglia e chi fossero quegli uomini.
Erano passate molte ore da quando la battaglia era
iniziata e si iniziarono a intravedere i primi
risultati su chi stava per vincere la battaglia,erano quelli di sinistra che
stavano vincendo,quelli senza armatura e quelli con poche armi metalliche. I
risultati di questa cruenta battaglia erano visibili a Mike che con grande
sgomento guardava la carneficina che gli uomini di destra compivano e tra sé e
sé rifletteva sulla scena che accadeva a pochi metri da lui; per un momento
pensò di essere in un cinema data la violenza con cui venivano
commessi quei massacri:
Queste cose,pensò,accadono
solo nei film d’azione o di fantascienza,questo non può essere reale,forse sto
sognando,continuò strofinandosi gli occhi.
Eppure quelle scene efferate non erano state montate per
un film,erano vere; e, di questa veridicità Mike se ne
accorse quando si sentì tirare da dietro,si girò di scatto,anche perché era
stato strattonato,e si ritrovò davanti un enorme sagoma che faceva una
grandissima ombra.
Un pensiero balenò immediatamente nella mente di Mike: sono
finito, sono in trappola come un topo.
Il grande omaccione che stava fisso davanti a Mike non si mosse,lo guardava fisso negli occhi; Mike riuscì
subito a capire da che parte stava,militava tra le file dell’esercito di
sinistra,proprio quelli che stavano vincendo e stavano compiendo immani
stragi;l’uomo afferrò Mike per i vestiti ormai sporchi di fango.
Il ragazzo,in piedi,divenne
paonazzo in faccia, non solo per la grande paura ma anche per il grande fetore che
emanava l’uomo. Mike non sapeva che fare,ormai era
nelle grinfie di quell’uomo che da lontano poteva sembrare un orco se non un
gigante.
L’uomo lo continuava a fissare,quando
a un certo punto gli sferrò un pugno in piena faccia.
Mike non capiva più niente,sentiva
un grande dolore sulla faccia.
Perché quell’uomo gli aveva dato un pugno in pieno
viso?Perché ce l’aveva con lui?chi era quell’uomo e
tutti gli altri uomini che combattevano?Ma soprattutto dove era finito?Che cosa
aveva fatto per maritare di trovarsi in quello strano
posto?Che aveva fatto di male per finire vittima di quel grande omaccione?…
…Questi i dubbi che Mike si poneva mentre perdeva
nuovamente i sensi e sentiva di venir caricato
pesantemente sulla spalla di quell’uomo, prima,però di perdere completamente i
sensi riuscì a intravedere il campo di battaglia,dal quale provenivano grandi
urla,forse di gioia e di vittoria e forse di dolore e sconfitta.
Prima di perdere definitivamente i sensi,sentì
un grande dolore per tutto il corpo,infatti era caduto pesantemente a
terra,accanto a lui vi era l’omaccione che prima gli aveva sferrato un pugno in
piena faccia e che adesso giaceva insieme a lui sul suolo tramortito;comunque
una cosa era certa: che si era capovolta la situazione iniziale, l’esercito di destra aveva vinto la battaglia.
Il sole era alto in cielo, e dalla sua posizione sembrava
che fosse quasi mezzogiorno .
Mike si era svegliato da un bel po’ ma ancora stordito non
aveva metabolizzato tutto ciòche gli
succedeva intorno ma soprattutto dov’era finito.
Il povero ragazzo questa volta si trovava in una sorta di
prigione,c’era,infatti su una parate,una piccola grata dalla quale filtrava la
luce dell’astro.Dirimpetto alla grata vi era una piccola porticina a forma di
arco,tutt’intorno torbidi e luride pareti;complessivamente la stanza oltre che
essere molto piccola emanava anche uno strano odore,come se ci fosse qualcosa
ormai putrefatto.
Per fortuna che c'è un letto,pensò
Mike che sedutosi sul letto osservava la stanza cercava di uccidere tutti quei
moscerini che gli si poggiavano addosso.
Mike si chiedeva cosa gli sarebbe aspettato in seguito
visto che inconsapevolmente e innocentemente era stato catapultato dal
pavimento di casa sua in un bosco dove avveniva lo scontro decisivo tra due
eserciti e poi,questa sudicia stanza che probabilmente fungeva da prigione.
Ben presto Mike si accorse che non era
solo,infatti,proprio in un angolino,dove vi era in una scodella dell’acqua, un
tozzo di pane e un piccolo pezzo di formaggio marcio,un piccolo topolino che
pian piano si avvicinava al cibo.
Mike si alzò dal letto e si avvicinò alla grata da cui
provenivano quei tipici rumori che segnalavano la presenza umana.
Avvicinatosi alla grata dovette dapprima socchiudere gli
occhi per la forte luce solare ma ben presto si abituò e iniziò ad
intravedere,da quello che riuscì a scorgere una città in piano fervore:gente
che camminava,bambini che correvano,mendicanti,venditori ambulanti,botteghe
artigianali;ben presto poi a queste immagini visive si sovrapposero i suoni:le
urla dei bambini, dei venditori e le chiacchiere delle comari.
Per le strade di questo fantomatico paese regnava un clima
di malinconia, che Mike riusciva a leggere, nei volti che gli passavano davanti
senza vederlo.
Anche nei discorsi che la gente faceva si leggeva un misto
di paura,mistero,scoraggiamento.
Tutti i passanti si scambiavano l’uno con l’altro sguardi
di terrore,come se nello sguardo si capisse se fosse un amico, un nemico o una
spia;nei loro si poteva cogliere una grande sofferenza e un grande dolore
provocato probabilmente da un conflitto.
Anche dai loro vestiti si evinceva che non stessero
sicuramente in ottime condizioni igieniche ed economiche:infatti, sia donne,
uomini, che bambini portavano indistintamente dei vestiti laceri,lunghe vesti
rattoppate e sudice,mentre ai piede portavano sandali di cuoio,anche questi
laceri.
Improvvisamente Mike su distratto da un forte rumore di
voi rauche che provenivano dalla parte destra della strada.Il ragazzo capì
subito che qualcosa di minaccioso stava per arrivare visto che la gente
correva,disperata tra le strade in cerca di un rifugio,mentre la maggior parte
si rifugiava nelle botteghe; intanto avanzava un gran massa di uomini armati
con scudi e spade nei foderi.
Per quella che doveva essere una delle vie
principali,mentre prima si sentivano tante chiacchiere, i lieti rumori dei
fanciulleschi ora dominava il silenzio più assoluto,interrotto solo dal rumore
dei passi di quella specie di esercito.
Il rumore pian piano si spense e gradualmente quella
strada prese nuovamente vita,si ripopolò e sembrò che non fosse successo nulla.
Mike non capiva cosa era successo;improvvisamente però su
distolto da un rumore che gli interessava maggiormente,infatti,qualcuno stava
aprendo la serratura della porta della sua cella…
…forse mi hanno portato da mangiare,pensò
Mike, ma subito si accorse che il cibo gli era stato portato precedentemente,
mentre forse dormiva.
La sua attenzione dunque si spostò dalla finestra e a
quello che succedeva per le vie del paese alla porta della sua cella.
Mike fu subito colto dal timore,il cuore iniziò a pulsare
velocemente e, intanto si sentivano gli scatti della chiave nella serratura.
Il ragazzo che ormai si era abituato a quella nuova e avversa
realtà della cella, ora aveva veramente paura.
Pian piano che la chiave girava cresceva l’agitazione, ma
anche un po’ di curiosità, in Mike. Si era arrivato ormai al terzo scatto e
Mike sapeva che il suo cuore non avrebbe retto abbastanza ad un’altra girata di
chiave.
Quella fu l’ultimo scatto di chiave dopodiché ci fu
silenzio per un attimo che seguì con l’apertura della porta.
Mike dapprima non riuscì a scorgere chi fosse colui che
aveva aperto la porta ma poi riuscì a scorgere qualcosa,o meglio qualcuno:due
sagome più alte facevano spalla ad una più bassa,la quale ad un della sagoma a
destra iniziò ad allontanarsi verso un lungo corridoio che Mike vide dietro di
loro,senza però prima aver accennato un inchino.
Il cuore di Mike stava quasi per esplodere,tanto che egli
stesso sentiva il suo pulsare.
Ormai non poteva più scappare si trovava di fronte quelle
due sagome avvolte dall’oscurità,che non ispiravano sicuramente niente di
buono.
Le due sagome iniziarono ad avanzare. Il cuore di Mike
palpitava velocemente, molto velocemente.
Le due sagome avanzarono nuovamente. Mike iniziò a provare
unbrivido lungo la schiena.
Ancora un altro passo, ancora un altro brivido.
Ancora un altro passo.Ancora un altro brivido.
Le due sagome ormai erano di fronte a Mike.Lui tremante
ebbe il coraggio di dire:- per favore non fatemi del male -per favore…-
Mike inizio a provare una strana sensazione: sentiva che
l’aria stava cambiando,iniziava ad appesantirsi e ad diventare gelida era come
se fosse inverno e lui fosse uscito nel pieno di una tempesta di neve solo con
una maglietta di cotone.
Ebbe un dolore lancinante alla testa.Una forte
emicrania,che ben presto si accorse che era frutto dell’azione di quelle due
sagome avvolte nell’ombra che Mike non riusciva a vedere.
Le forze lo stavano abbandonando,sentiva che il suo corpo
non avrebbe resistito a tutto quello sforzo, che provato da che cosa?
Mike volse lo sguardo alla finestra,il sole ancora
splendeva e la sua luce illuminava la stanza, ma perché allora non riusciva
a scorgere il volto delle due sagome,che come degli avvoltoi erano chini su di
lui?
TUTTO DIVENNE BUIO.
Mike aprì gli occhi.
Niente sagome,nessuna lurida parete solo una luce
accecante dalla qual proveniva una voce,quella di una di una donna e…dopodiché
iniziarono a configurarsi anche delle immagini.
C’era un bambino.
Un bambino vestito di nero.
C’erano delle persone.
Anch’esse vestite di nero.
Mike ricordava quella scena non per averla vista in un
film, ma perché quel bambino vestito di nero, con le guance panciotte e rosse
era lui.
Si trovava al funerale del suo papà.
Mike osservò poi la scena.
Il bambino si avvicino ad una donna, che Mike riconobbe
essere sua madre, e gli diveva:
-Mamma dov’è papà?- perché ci sono tutti i suoi amici e
lui non c’è?- …è un festa a sorpresa per lui vero?- ma allora perché siamo
vestiti di nero se è una festa- e iniziando a piangere ripeteva -mamma dov’è
papa?- voglio il mio papà, non queste persone, IL MIO PAPA’!! - .
Livia, sua madre, non poté fare a meno che stringerlo a sé
e trasmettergli tutto il suo amore.
Nonostante il lutto era bellissima, giovanissima, così
giovane che sembrava impossibile che avesse un figlio e che adesso doveva
subire un dolore immane,che nessuno poteva capire,la perdita del suo uomo,lui
che le aveva giurato amore e fedeltà per sempre,lui che le aveva giurato di
essere presente accanto a lei nei momenti di debolezza…e adesso
dov’era,proprio in quel momento in cui avrebbe voluto il suo conforto?adesso
che avrebbe voluto un suo abbraccio?adesso che avrebbe voluto sentirgli dire
una frase dolce che la rincuorasse?…non c’era lì,e ben presto si rese conto che
non ci sarebbe più stato accanto al lei a suo figlio.
Madre e figlio si abbracciarono
forte e lacrime scesero dalle loro guance, le une di dolore, tristezza,
amarezza e rammarico, le altre di domanda,di incertezza e di comprensione.
Mike vide i due allontanarsi
sullo sfondo, salire le scale lasciando la casa piena di gente in nero.
Le immagini iniziarono ad
affievolirsi e tutto divenne nuovamente buio e tutto prese nuovamente immagine.
I duri anni di Mike dopo la
perdita del padre,la vita non certo facile per lei e sua madre, poi l’incontro
con Jeremy e Leslie all’asilo.
Mike si rese conto che stava
ripercorrendo ogni singolo momento della sua vita.
Si vide ancora con Jeremy e
Leslie, ancora insieme, ancora fanciulli, ancora ingenui, gia adolescenti.
I pianti della madre, i suoi
pianti…ricordi che si accavallavano gli uni sugli altri…ricordi amari e ricordi
felici, ricordi di un figlio e memorie di un amico.
Ricordi, tante lacrime nel
volto di Mike,tante lacrime per ricordare tanta voglia di riviverli.
Ancora ricordi: la litigata con
Jeremy e il pensiero di Leslie, i suoi due migliori amici.
Voleva tanto bene sia Leslie
che a Jeremy.
Avevano condiviso insieme tutto,
gioie e dolori, avventure e disavventure, amava quella ragazza così
intelligente, perspicace e simpatica ; e amava quel ragazzo testardo, voglioso
e introverso.
Poi tutto cambiò: quel posto da
incubo, quella battaglia, quella prigione, quella gente, quei due uomini e
un’unica domanda: perché
tutto questo?
Mike aveva gli occhi quasi
chiusi quando sentì le due sagome borbottare qualcosa.
Era deciso a non mollare, non
ora, non quando aveva riacquistato la fiducia in se stesso.
I due, però, erano più forti
era come se gli stessero praticando qualche sortilegio oscuro, qualche forma di
malocchio.
Sentì che il corpo non reggeva,
sentiva il cervello annebbiarsi, sentiva il battito del suo cuore rallentare
sempre di più, sentiva che non aveva più nessun ricordo,sentiva che il corpo lo
stava abbandonando, che la sua stessa vita lo stesse abbandonando lì,in balia
di quelle due persone subdole che gli stavano strappando ogni sua espressione
di vita, anche nel viso.
Mike chiuse gli occhi, gettò un
urlo straziante e il suo ultimo e primo pensiero fu: VITA.
La
porta si aprì ed entrarono sette individui in nero,avvolti
fieri nei loro mantelli.
Entrati,
la stanza si illuminò.
Tutto
monocromatico, tutto al posto giusto,tutto bianco.
Niente
arredamento,niente scaffali, solo una tavola ovale al
centro con sette rispettive sedie, naturalmente bianche.
Dopo
essersi tolto i loro manti rivelarono la loro identità: quattro uomini e tre
donne.
Il
volto di uno dei quattro mostrava i segni della sua età e della sua esperienza
di vita,viste le innumerevoli cicatrici.
Due
delle donne avevano lunghi capelli rossi che in quel generale pallore
spiccavano come fa una rossa in un fascio di rose bianche.
Una
volta accomodatisi, quello che sembrava il più anziano prese
parola:
-io
Iagir,antico saggio della città di Kaftà comunico che
il ragazzo è stato preso- esordì l’uomo– con lui anche un altro ragazzo…-
concluse poi.
Vari
sussurri e sospiri seguirono la frase di Iagir.
-
ma com’è possibile?- chiesero alcuni.
-
e adesso?- dissero altri,tra cui due delle tre donne.
Su
tutti, però, la possente voce dell’antico saggio, che ricondusse tutti
all’ordine.
-
ecco vedete, inizialmente c’è stato un problema. I
minii erano riusciti a scoprire il nostro piano, così hanno
cercato di intervenire e di trasportare il ragazzo dal suo al nostro mondo. CHE SCIOCCHI! Pensavano di poter
trasportare da una realtà ad un’altra un semplice ragazzo, peraltro ignorante
in materia di teletrasporto, semplicemente, io credo, con il sortilegio
di Ramis. POVERI INGENUI! Il sortilegio non ha avuto effetto completamente, e
allora il ragazzo e stato teletrasportato nel bel mezzo della battaglia alle
porte di Kaftà, che ovviamente è stata vinta dai nostri provando la morte di un
centinaio di Minii- Iagir fece una pausa e tutti i
presenti batterono le mani in onore di quella loro ennesima vittoria.
- i nostri due inviati, dicevo, hanno avuto delle
difficoltà a catturare il ragazzo, perché quei maledetti dopo essersi accorti
che il loro stratagemma non aveva funzionato, con un altro sortilegio hanno
reso, e ci sono riusciti, il ragazzo “intoccabile” dai nostri, poiché protetto
da un aura di energia. Così mentre stavano per tornare
a Kaftà hanno incontrato l’altro ragazzo e lo hanno
dovuto catturare- .
Dopo che il vecchio saggio ebbe finito di raccontare
la sua storia il silenzio regnò sovrano sui presenti.
-domande?- chiese Iagir.
-cosa succederà adesso antico
saggio Iagir?- domandò un tale seduto a destra di Iagir.
-cosa succederà?è
curioso sai, Bertam; come tu voglia avere così tante informazioni su
cosa, come, quando, cosa avverrà…è curioso che proprio tu,così
contrario a questa guerra, proprio tu che sei così insofferente alle guerre,
proprio tu che sei la spia che ha riferito tutto ai Minii…-.
Silenzio.
Tutti si scambiarono sguardi rabbiosi, sguardi
curiosi, sguardi di incredulità.
Bertam era lì, fermo,ancora,
sulla sua sedia, nessuno movimento facciale, nessun movimento del corpo,
neanche un minimo provocato dalla tensione.Sapeva che era stato lui la spia dei
minii, era lui l’infiltrato, era lui che aveva spifferato ai Minii che Mike
stava per essere rapito, ed era sempre lui il colpevole se anche Jeremy si
trovava inconsapevolmente in quel mondo.
Ancora silenzio e ancora sguardi.
Iagir il saggio piano si sedette e iniziò a fissare
candidamente la spia:
- vuoi dirci qualcosa Bertam?Non so,
chiederci forse scusa?!Supplicare il nostro perdono?! –
-LURIDA SPIA- urlò contro Bertam l’uomo alla
sinistra di Iagir, chiamato Harold.
-calmo Harold, calma- lo tranquillizzò
il saggio –adesso Bertam ci spiegherà tutto.Vero?- disse Iagir con tono
sarcastico rivolgendosi verso Bertam.
Quest’ultimo rimase immobile, né una smorfia né una
parola. Teneva gli occhi bassi e sempre in questa posizione disse:
-una sola domanda vecchio mio- disse Bertam con tono
altezzoso evidenziato da un risolino gelido –perché solo adesso? Perché hai aspettato tanto per accorgertene quando io ti
sgattagliolavo davanti al naso per andare dai Minii? Perché lo hai voluto scoprire solo adesso?- finì l’uomo.
-MALEDETTO- disse una delle tre donne
alzandosi dalla sua sedia.
-VIGLIACCO- dissero
all’unisono poi le altre due donne sedute vicino Harold.
-sedetevi pure- disse con tono acido Bertam –voi non
siete degni di parlare, parassiti che vivete a spese
dello stato, voi che credete a tutte le fandonie che vi si dicono. No, voi
proprio non potete e non dovete parlare, per cui
tacete altrimenti grandi sciagure si abbatteranno su di voi e sulla vostra
lingua!- .
Le parole quasi profetiche di Bertam echeggiarono
nella stanza bianca.
-come osi!?- risuonarono
tutte le voci dei presenti.
-vi prego signori sedetevi- li esortò
Iagir –come ho già detto Bertam ci spiegherà tutto. Risponderà a tutti i vostri
quesiti - .
-NON POSSO TOLLERARE TUTTO Ciò!- urlò forte l’uomo che stava di
fronte Iagir dall’altra parte della tavola rotonda.
–ADESSO BASTA- e dopo che l’uomo di disse ciò estrasse da sotto il mantello un pugnale e lo
lanciò contro Bertam.
Il pugnale aveva la lama sottilissima e certamente
molto affilata e tagliente; sul manico, d’oro peraltro, vi erano delle
incisioni, mentre sulla parte opposta erano incise delle figure che non si capì bene cosa rappresentassero, vista la velocità con la
quale l’uomo tirò fuori e lanciò il pugnale.
Non appena il pugnale colpì Bertam in pieno petto,
questo sussultò, ma rimase in ogni caso immobile.
Tutti si alzarono dalle loro sedie e presero ad
avvicinarsi a Bertam. Lui era fermo, con il capo chino quando il suo corpo
iniziò a trasformarsi. Il suo corpo iniziava a dissolversi, diventando sabbia
che piano scivolava dalla sedie facendo cadere il
pugnale, senza una minima macchia di sangue a terra.
Tutti erano stupefatti. Bertam era
sparito, era teletrasportato lasciando a bocca asciutta tutti i presenti
nella stanza bianca.
-non è possibile!- dissero
alcuni
-come ha fatto?- chiesero
perplessi altri.
Tutti guardavano la sedia vuota, eccetto due: Iagir
e l’uomo che aveva lanciato il pugnale che, invece, si guardavano negli occhi.
-Iagir come hai potuto lasciare che accadesse?-
prese a parlare l’uomo.
-tornerà- si limitò a rispondere il
saggio.
-non è questo l’importante. Adesso che se ne andato possiamo parlare tranquillamente.
Come sapete
si è parlato di un testamento nascosto nelle profonde viscere di Kaftà, che
sancisce chi tra i due popoli prescelti debba regnare per sempre su Fìtia,
ebbene è stato trovato e adesso è in nostro possesso.-
-tuttavia è scritto in una forma molto antica del
nostro dialetto, per cui risulta impossibile tradurlo
persino ai nostri migliori sapienti. L’unico uomo della terra
di Fìtia che sappia leggere e decifrare questa scrittura è un uomo che vive
nelle più remote zone del regno in eremitaggio, ai confini con le isole
sommerse. –
-non sappiamo con esattezza dove questo
uomo si trovi , per cui nei prossimi giorni verranno avanzate delle
ipotesi,a questo scopo vi voglio sempre pronti a partire- e guardò l’uomo che
gli stava di fronte, e poi riprese – ma questo non deve distoglierci dal nostro
obbiettivo cardine che, per adesso, non è Bertam. Quello che dobbiamo fare è
cerare Sharcana, e non preoccupatevi dei minii perché anche loro in questo
momento hanno un bel da fare…- concluso il suo
discorso Iagir si diresse verso la porta che piano si aprì.
-Iagir…-disse il padrone del pugnale.
A lui si rivolse il vecchio saggio di Kaftà,
capitale del regno di Fìtia, e gli disse:
-Sharcana…nient’altro…- ed uscì dalla stanza bianca,
lasciando sgomenti tutti i sei Garx.