il regno di Fìtia

di gia91
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Karak ***
Capitolo 2: *** strane senzazioni ***
Capitolo 3: *** il rapimento ***
Capitolo 4: *** un posto da incubo ***
Capitolo 5: *** luci e ombre ***
Capitolo 6: *** la stanza bianca ***



Capitolo 1
*** Karak ***


CAPITOLO UNO KARAK

CAPITOLO UNO  KARAK.

 

Era una notte inquieta, un grande temporale si abbatteva sulla piccola cittadina, il cui nome era Karak.

Le strade erano semi-deserte, infatti, su un lato della strada camminava a rapidi passi una figura, piuttosto alta avvolta da un mantello, il quale rivelava il suo colore nero ad ogni fulmine che illuminava il cielo.

Ad un tratto questa si fermò come se avesse visto qualcosa, o qualcuno.

Si tolse il cappuccio, con il quale si copriva dalla pioggia, e rivelò il suo volto, era un ragazzo.

Improvvisamente cadde dal cielo un gran tuono che si abbatte su un albero lì vicino, il ragazzo né indietreggiò, né fu colto da timore.

- vieni fuori, la rivoglio- disse questo- so che sei qui da qualche parte nascosto, e prima o poi ti troverò e lei sarà mia -.

Un altro tuono, ma ancora una volta il ragazzo non ne ebbe paura.

- codardo- disse - so che sei qui vicino, so che è nelle tue mani e dovrai darmela prima o poi -.

- tu credi- rispose una voce dal nulla.-tu credi- ripetè.

- tu credi che riuscirai a prendermela, no,no,tu non puoi- continuò- non sei certo in grado di gestire questa situazione-.

 -tu credi- protestò il ragazzo con aria di sfida -ne sei sicuro?vieni fuori non fare il vigliacco, come sempre,ti conosco bene-.

- anch’io ti conosco bene, sono tuo fratello, se non ti conoscessi non ti direi di rinunciare, di lasciar stare e di tornartene da dove sei venuto.Questa è una questione più complicata di quanto credi, e soprattutto è una questione privata…-sentenziò la voce.

- forse, per la prima volta hai ragione, e una questione privata…ma tra me e te- disse il ragazzo, che immobile guardava nel vuoto, o in un punto ben preciso.

Poi riprese -VIGLIACCO, CODARDO, ci hai tradito, sei la nostra vergogna, non sei più degno ormai, con il gesto che hai compiuto, di stare tra noi-.

La pioggia continuava a cadere, si faceva ancora di più persistente, il ragazzo, che sempre immobile fissava il vuoto, era completamente bagnato e tra se e se diceva -ti troverò-.

- davvero mi troverai?!- riprese la voce.

- io non ho paura di te, tanto meno se sei mio fratello-.

- io non ho paura di quelli come te- .

- NON PARAGONARMI A LORO- urlò di scatto la voce.- io non sono come loro- riprese poi con voce più calma, ma un po’ tremante.

- credo di aver scoperto il tuo punto debole fratellino- disse il ragazzo con, ormai, voce sicura e di sfida; poi riprese- il paragone, ma certo questo è il tuo punto debole e lo è sempre stato. Non vuoi essere paragonato a loro, gli Infidi…però e quello che sei. Sei diventato un infido e un Garx, anche tu-.

-NO!!- IO NON SONO UNO DI LORO- protestò urlando la voce.

-vieni fuori, allora- disse il ragazzo-se non sei né un fir, né un Infido non hai nulla di che temere…vieni fuori e restituisci quello che hai rubato-.

-vorrei- rispose la voce, nelle sue parole si leggeva un pizzico di disagio e tristezza.<

-perché sei costretto? Perché non puoi?-disse il ragazzo al fratello che ancora non riusciva a vedere.

 

Aveva smesso di piovere, era quasi l’alba e si cominciava a sentire una leggera brezza; il ragazzo che ormai era fracido, non si reggeva più in piedi, sentiva la fragilità del suo corpo, sapeva che il fratello era lì da qualche parte anch’egli bagnato e non poteva abbandonarlo.

Così proseguì: -rispondi, chi ti ha costretto- CHI?-poi urlò.

Nessuno rispose.

Ci fu un attimo di silenzio, che fu interrotto da un grido, che echeggiò in tutta la stradina semi-deserta, e da uno strano rumore di qualcosa che cadeva pesantemente a terra.

Ancora silenzio.

Ma ancora una volta ci fu un urlo, questa volta però fu un urlo sommesso seguito dal rumore di passi veloci. Sì qualcuno correva, poi si sentì ed echeggiò per tutta la stradina una voce soffice ma allo stesso tempo tremula, che disse-addio-.

 

 

 

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Capitolo 2
*** strane senzazioni ***


CAPITOLO DUE STRANE SENSAZIONI

CAPITOLO DUE  STRANE SENSAZIONI.

 

-EHI!sveglia!hai dormito per tutta l’ora di scienze!- Mike!Mike!SVEGLIATI!!-

-come?!oh si!!-disse Mike svegliandosi e guardando quel ragazzo che aveva di fronte e che avrebbe riconosciuto fra mille,era Jeremy il suo miglior amico.

-dì un po’, russavo??-chiese Mike all’amico.

-no!!…per fortuna-lo schernì Jeremy.Poi riprese- come mai ti sei addormentato, ore piccole?-

-no,fortunatamente questa notte ho dormito bene,e non so cosa mi sia potuto accadere…forse avevo sonno arretrato, boh!!-

-che hai sognato-lo interrogò l’amico molto curioso-qualcosa in particolare e di interessante?-

-non so, non ricordo bene… pioveva e c’era un ragazzo, sembrava che parlasse da solo quando all’improvviso e intervenuta una voce dal nulla…-.

Mentre Mike raccontava a Jeremy il suo sogno e si facevano largo tra la gran folla di studenti che si accingeva ad uscire da scuola, improvvisamente da dietro di loro si udì una voce che li riguarda entrambi,in prima persona.

-EHI VOI DUE!!-disse la voce alle loro spalle.

-oh no…-dissero all’unisono i due amici voltandosi.

Quella voce poteva provenire sola da una persona, Leslie, la loro migliore amica.

Leslie era alta, slanciata, capelli rossi e molto lentigginosa, la tipica secchiona non solo della classe ma di tutta la scuola, tuttavia molto simpatica e spiritosa.

-ciao ragazzi- esordì la ragazza -Ragazzi perché siete così avviliti?Su, raccontate tutto alla vostra amicuccia –suggerì lei con un pizzico d’ironia nella voce.

-forse la seconda ipotesi-propose Jeremy- stavamo benissimo finché…-

-…finché la prof. di storia ci ha portato i compiti- intervenne subito Mike smorzando subito la tensione, che si sarebbe potuta creare, con un grandissimo sorriso d’urbans.

-peccato, sarà per la prossima volta-disse Lesile scrollando le spalle e cercando di farli sentire colpevoli di non aver studiato abbastanza da poter arrivare agli ottimi risultati a cui lei arrivava facilmente.

-già, peccato-disse Jeremy stizzito con Mike per averlo bloccato proprio nel momento in cui avrebbe voluto cantarne quattro a Leslie.

 

I tre amici continuarono a camminare discutendo su quello che avrebbero fatto il prossimo, ormai alle porte,week-end.

- potremmo andare a fare una nuotata al lago Rola- propose Jeremy -le giornate sono ancora così belle-disse ammirando lo stupendo panorama visto da lassù.

La triade di amici abitava nello stesso quartiere, che era situato sulla zona più alta del loro paese, che, a sua volta, si estendeva su una piccola montagna.

Adatto, anche per il fisico, più di tutti ad una vita di montagna era sicuramente Jeremy.Era molto alto, il più alto del gruppo, aveva capelli ed occhi scuri, inoltre era un abile sciatore, poiché addestrato fin da piccolo da suo padre, il quale aveva vinto molte competizioni ed era stato il primo a scalare il monte Lani, un grande ammasso di rocce, dal cui nasceva il fiume Hidi, raggiungendo di esso la vetta in soli tredici giorni.

 

-Si, sarebbe bello andarci, ma, questo vorrebbe dire che dovremmo svegliarci molto presto e soprattutto dovremmo farci una lunga scarpinata-disse Leslie -ti ricordo Jeremy che il lago Rola e lontano da qui un paio di miglia-precisò poi con un po’ di presunzione.

-invece io proporrei di starcene qui a Corut- disse Mike

- appoggio la tua proposta-disse prontamente Leslie alzando la mano-ci sono obbiezioni?bene, allora, la seduta e tolta-.

-ADESSO BASTA!!-esplose Jeremy come un vulcano contro l’amica divenendo rosso in volto-mi hai stancato con le tue maniere da saputella e perfettina, ne ho fin sopra i capelli-.

-Dai, calmati adesso, stava solo scherzando-disse Mike cercando di non far degenerare le cose, ma tutto fu vano.-E invece no, io non mi calmo affatto, mi avete scocciato, e dico, mi avete perché centri pure tu Mike -sono stufo! stufo di stare ai vostri stupidi giochetti..

Mike e Leslie per un momento si guardarono negli occhi.

Leslie più dell’amico era paonazza in volto, quelle parole che provenivano da uno dei suoi migliori amici, l’avevano ferita profondamente; mai si sarebbe aspettata da Jeremy un tale atteggiamento.

Guardando il sole tramontare davanti a loro si lasciò andare ad un pianto silenzioso.

Era delusa e amareggiata, voltò le spalle al sole ormai tramontato e, stringendo a sé i libri più che poteva, senza salutare Mike corse via piangendo in direzione di casa sua.

-bravo Jeremy - disse con voce pacata Mike -spero che andrai fiero di quello che hai fatto, hai rovinato una grand’amicizia per un attimo di tua follia-.

Anche Mike voltò le spalle al tramonto e all’amico dirigendosi verso casa sua.

Jeremy restò lì a contemplare il tramonto.

Pensava a ciò che aveva urlato contro Leslie.

Una lacrima scese dal suo volto lungo le guance rosse per il freddo.Era dispiaciuto di quello che aveva fatto, voleva andare a chiedere scusa a Leslie, ma il suo orgoglio glielo impedì.

 

Tornato a casa, Mike si mise subito a fare i compiti.

Di tanto intanto pensava a quello che era accaduto fra i suoi migliori amici, ma non si fece trasportare tanto dall’accaduto e così s’immerse nuovamente nei suoi studi.

All’improvviso ebbe una strana sensazione, una sensazione molto strana, che non aveva mai provata e non sapendo cosa fosse si spaventò.Si sentiva strano, frastornato, e gli girava la testa.Si alzò e andò in cucina a bere un bicchier d’acqua, dopodiché si sentì subito meglio.

Decise di interrompere lo studio e così si stese sul divano accendendo la tv.

Facendo un po’ di zapping si rese conto ben presto che in tv non c’era niente e che avevano ragione quelli che dicevano “al giorno d’oggi la televisione è solo tv spazzatura”, Mike si lasciò quindi avvolgere dal sonno anche se ancora la luna non era visibile in cielo.

Ad un tratto però si svegliò di soprassalto, qualcuno aveva suonato alla porta, ancora insonnolito si alzò da divano e dirigendosi verso la porta cadde a terra privo di sensi.

Il campanello continuava a suonare inutilmente, chiunque ci fosse fuori dalla porta avrebbe atteso invano, perché sicuramente Mike non avrebbe aperto.

 

Dopo circa una decina di minuti, Mike si svegliò e si rese conto che era sul pavimento, non ricordava il perché fosse lì, ricordava solo di essersi alzato dal divano ma non riusciva a ricordarne il motivo; ma tutto ad tratto si ricordò: avevano suonato alla porta, chiunque fosse stato se n’era già andato perché il campanello non suonava più.

Provò allora a mettersi in piedi più volte ma con scarsi risultati, riuscendo infatti a mettersi a gattoni, sentiva che la forza lo abbandonava e così cadde nuovamente a terra svenuto.

 

 

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Capitolo 3
*** il rapimento ***


CAPITOLO TRE IL RAPIMENTO

CAPITOLO TRE  IL RAPIMENTO.

 

Il sole era oramai tramontato su Corut.

Dopo essersi visto voltato le spalle da suoi più cari amici, Jeremy restò ancora un po’ a contemplare il panorama da lassù, il sole aveva lasciato posto alla luna e agli altri astri.

Il ragazzo cominciò così ad incamminarsi verso casa sua; durante il tragitto ripensò all’accaduto che lo aveva visto protagonista, si sentiva piccolo piccolo per la vergogna, era mortificato per il suo scatto d’ira e riconosceva di aver sbagliato.

Passò davanti alla casa di Leslie, la fissò per un attimo e poi la oltrepassò.

-tutto sommato però non ho sbagliato - riflettè ad alta voce-non sono io a dovere chiedere scusa..e poi, io chiedere scusa ?!-.

Jeremy non si sentiva più in colpa per quell’accaduto; tutto ad un tratto il suo umore cambiò, s’irritò di nuovo e così riprese -non mi piacciono quei suoi modi da saccente, quella sua altezzosità…io ho solo fatto quello che dovevo fare già da qualche tempo, cantargliene quattro- e poi Mike, quando fa di tutto per assecondarla e per farle avere ragione su tutto mi fa proprio imbestialire-continuò-…forse ho esagerato nei modi-… ma non nelle parole…-

Sulla stradina erano scese le ombre, le uniche luci provenivano dalle case o da quelle fioche dei lampioni posti in fila davanti ad ogni abitazione.

Jeremy aveva oltrepassato la casa di Mike quando vide qualcosa, o meglio qualcuno di strano a casa dell’amico: due uomini abbastanza alti e di abbastanza robusta costituzione; non sembravano uomini normali, erano avvolti da grandi mantelli neri, che però facevano intravedere qualcosa dei loro indumenti.Portavano grandi stivali, che non sembravano affatto vecchi e laceri ma erano invece nuovi di zecca, mentre la testa era avvolta da un cappuccio.

I due ad un tratto si voltarono, non perché avessero visto Jeremy ma perché avevano suonato e nessuno aveva aperto.

Nel momento in cui si voltarono in Jeremy crebbe una forte paura, il suo cuore iniziò a pulsare più forte, sempre più forte, per un momento il ragazzo pensò che il cuore non avrebbe retto a quell’attacco.

Il volto dei due uomini era ricoperto da tantissime cicatrici, e altrettante rughe comparirono sui loro visi quando videro Jeremy; il loro volto si oscurò ancora di più.

Restarono fermi immobili a pochi metri dal ragazzo, poi si guardarono e l’uomo di destra mormorò qualcosa d’indecifrabile e incomprensibile all’altro.

Anche Jeremy era fermo, pietrificato, come se avesse visto un fantasma, in realtà non aveva mai visto quegli uomini e soprattutto quel tipo d’uomini che incutevano paura con la sol vista.

I due uomini iniziarono a scendere i gradini della scalinata della casa di Mike e avanzarono cauti verso Jeremy. Quest’ultimo che era ancora fermo incosciente di ciò che gli stava venendo contro, tutto ad un tratto capì che era meglio scappare e così iniziò a correre dalla stessa parte dalla quale era venuto, non andava verso casa sua che era lontano poche decine di metri da casa di Mike ma si dirigeva dalla parte opposta, verso Leslie.

Grazie alla sua agilità riusciva a correre più velocemente e, pensò che se avrebbe continuato di quel passo ben presto avrebbe seminato i due uomini.

Correva, correva più che poteva voltandosi a volte e riuscendo a scorgere i due uomini che invece di correre camminavano come se stessero facendo una passeggiata, così Jeremy, invece di correre più lentamente corse ancora più veloce, era stremato ma non si arrese.

Corse ancora di più a perdi fiato ma, ad un certo punto della sua folle corsa si interruppe di scatto

Davanti a lui c’era uno dei due uomini.

Si voltò e vide l’atro uomo che si avvicinava a lui.

Non era possibile, come avevano fatto quei due uomini ad intrappolarlo?chi erano e che cosa volevano da Mike e adesso da lui?cosa gli avrebbero fatto adesso?

Con un filo di voce, sia per la corsa ma anche per la paura disse:

-che cosa volete da me?non ho fatto niente, vi prego non fatemi del male-…se mi lasciate andare vi prometto sulla mia stessa vita che non racconterò a nessuno di avervi visto- vi prego non fat…- le parole gli si mozzarono lì in gola.

Sentì la sua mente annebbiarsi lentamente, le sue palpebre si fecero sempre più pesanti e perciò iniziarono a chiudersi senza un motivo.

Jeremy sentiva che qualcosa stava cambiando nel suo corpo e così prima di abbandonarsi a quella forza superiore che sentì aver fatto breccia nella sua mente, vide uno di quegli uomini con la mano alzata tesa su di lui, mormorava parole che il ragazzo non riuscì a capire.

Accasciandosi a terra lentamente, passarono alla mente di Jeremy tutti i suoi ricordi.

Si vide quando era ancora bambino, si vedeva in braccio a suo padre intorno ad una marea di persone che scattavano fotografie da ogni parte, vide sua madre quando giocava con lui, si vide insieme ai suoi genitori in un parco, vide i suoi zii, i suoi nonni e tutti gli altri parenti.

I ricordi cambiarono, si vedeva nel momento in cui conobbe Mike e Leslie, quand’era ancora un fanciullo.Nel momento in cui affioravano questi ricordi molte lacrime scesero sul viso del ragazzo.

Le immagini cambiarono ancora una volta; adesso si vedeva cresciuto ancora insieme a suo padre mentre correvano in un parco, si vide poi ad una competizione di nuoto, dove aveva vinto il primo premio, vide i volti dei suoi genitori, erano orgogliosi di lui e sprizzavano gioia da tutti i pori.

Altre lacrime disegnarono il volto di Jeremy e ancora una volta i ricordi cambiarono.

Adesso andavano più veloci, vide gli anni in cui era a scuola, vide il bambino di prima trasformarsi in un ragazzo pieno d’aspettative, voglia di fare e con tante aspirazioni, vide anche il momento in cui aveva litigato con Leslie e Mike, altre lacrime e nuovi ricordi; adesso si vedeva correre, fuggire dai due uomini che aveva visto sull’uscio della porta dell’amico Mike, si vedeva adesso accasciato a terra, circondato dai due uomini con le mani tese, si vide il volto solcato da moltissime lacrime e ancora di più ne vide nei suoi occhi.

Era come se uno specchio fosse posto sopra di lui e di loro, vedeva solo lacrime, lacrime, lacrime sul suo volto; rimpiangeva di essere cresciuto, voleva ritornare bambino o semplicemente rivivere quei momenti piuttosto che restare come cavia da laboratorio tra quei due uomini che raddoppiarono la loro forza e che sbirciavano tra i suoi ricordi.

Jeremy era stremato, si rese conto di non farcela, si rese conto che per lui la vita era finita.

sentì che la morte incombeva su di lui, così, dopo aver lanciato un grido di dolore nella notte si accasciò pesantemente sul suolo, avvolto dall’oscurità della stradina.

 

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Capitolo 4
*** un posto da incubo ***


CAPITOLO QUATTRO UN POSTO DA INCUBO

CAPITOLO QUATTRO  UN POSTO DA INCUBO.

 

 

Quando Mike si svegliò pensava che erano passati soli pochi secondi se non istanti da quando si era alzato dal divano per aprire la porta e vedere chi aveva suonato.

Era ancora un po’ tra le nuvole, si sentiva frastornato, non sentiva né le gambe né le braccia, anche se a fatica si riuscì a mettere in piedi, ma ben presto si accorse che tutto quello che lo circondava non aveva niente in comune con il salotto di casa sua.

Immediatamente la sua mente si affollò di mille pensieri su quel luogo, così diverso dalla sua casa: Dov’ era?che ci faceva in quel postaccio?ma soprattutto come diavolo era arrivato lì?

Alberi, alberi, alberi e ancora alberi.

Dall’aspetto sembrava una grandissima foresta.

Il sole splendeva in cielo, dalla sua posizione a Mike venne il dubbio che fosse mezzogiorno,mentre quando si era alzato dal divano era tardi pomeriggio.

- com’è potuto accadere- si chiese tra sé e sé- mi hanno forse rapito e non me ne sono accorto?- fantasticò poi a voce alta.

Mike non si riusciva a spiegarsi come mai era finito in quella foresta, tuttavia non si diede per vinto e iniziò ad esplorare quella specie d’agglomerato d’alberi.

Ben presto capì che non si trattava di una grande foresta ma al contrario era un piccolo bosco,che, si estendeva in una pianura; inoltre riuscì anche a scorgere una serie di montagne dalle punta aguzze, le quali erano interamente ricoperte di neve.

Come bosco era un po’ strano, infatti, in qualsiasi boscaglia vi erano dei rumori, i cinguettii degli uccelli, il fruscio delle foglie o anche solo il rumore del vento; invece qui nulla di tutto ciò, non si sentiva assolutamente niente, né uccelli cinguettare o foglie frusciare, per non parlare degli animali: non vi erano neppure qualche scoiattolo o qualche piccola volpe.

 

Mike continuava a camminare,ma ben presto si fermò e si sedette su un grande masso,a causa del languorino che gli era venuto.

Aveva una gran fame e voleva anche un sol pezzo di torta alla frutta o crostata al mirtillo, che sua madre gli preparava sempre.

Mike amava sua madre soprattutto quando soddisfava il suo desiderio smodato per i dolci.

Sua madre si chiamava Livia, era una gran donna, anche perché aveva cresciuto da sola Mike, infatti suo marito era morto in un incidente stradale per la neve, proprio nel giorno in cui era il quarto compleanno di Mike e stava tornando da un lavoro in pianura; la madre così fu costretta da fare sia da madre che da padre a Mike.

Era stato un arduo lavoro ma aveva ottenuto ottimi risultati.

Mike aveva gli occhi scuri come sua madre, mentre aveva i capelli cespugliosi di suo padre.

Ripensando a sua madre e ai pochi ricordi di suo padre si mise a piangere, ce l’aveva con Dio perché gli aveva portato via suo padre, avrebbero potuto essere una famiglia perfetta, si sentiva in colpa per quello che era successo a suo padre, se solo non fosse stato il suo compleanno,voleva morire perché almeno in questo modo avrebbe potuto riabbracciarlo, capiva perfettamente sua madre quando molte volte piangeva in preda allo sconforto totale e diceva di non essere stata né una buona madre né un buon padre per lui.

Continuò a piangere silenziosamente per qualche minuto ripensando anche a quello che era accaduto tra Jeremy e Leslie.

La fame gli era passata, tutti quei ricordi lo avevano riempito come un pezzo di torta o come un bel piatto di pasta, adesso aveva un solo desiderio: voleva ritornare da sua madre, riabbracciarla più che poteva e dirle che le voleva bene più della sua stessa vita.

Ben presto però questo suo desiderio si rivelò un’utopia.

Improvvisamente si sentirono forti rumori che echeggiarono per tutto il bosco quasi del tutto deserto.

I rumori provenivano sia da destra che da sinistra. Mike sobbalzò, non capiva che generi di rumori potessero essere ma,una cosa era certa doveva nascondersi…e in fretta.

Trovò rifugio dietro il gran masso sul quale prima si era seduto e pianto.

Il rumore cessò.

Il bosco divenne nuovamente silenzioso.

Mike decise allora di alzare la testa per vedere cosa era successo, tuttavia fu costretto a ritornare giù.

Un altro rumore, diverso dal primo.

Questa volta Mike capì subito di cosa si trattava, era il suono di una tromba che suonò tre volte. Ma che ci faceva una tromba in piena foresta?

Improvvisamente uscirono da ambi le parti del bosco tanti, tantissimi cavalli,quelli di sinistra erano neri mentre quelli di destra erano bianchi.

Tutti i cavalli erano montati dai propri fantini, anche questi variavano da destra a sinistra.Questi ultimi non avevano armatura, bensì avevano indumenti scuri come i propri cavalli, portavano grandi stivali e molti di loro al posto della spada portavano pugnali, e quelle che sembravano clave; l’unica protezione l’avevano al petto, una corazza.

Quelli di destra invece sembravano veri e propri cavalieri che si leggono nelle favole, avevano spade perfettamente lucide, erano investiti di una grande armatura lucente, anche la testa era protetta dalla corazza,sembrava quasi che non avessero punti deboli e che erano destinati a vincere e a prevalere sui loro avversari.

Mike,che era ben nascosto dietro al gran masso,non credeva ai suoi occhi,fino a pochi istanti fa stava piangendo in un bosco assolutamente privo di vita oltre agli alberi, adesso si ritrovava tra due eserciti nel pieno di una battaglia.

I due eserciti erano schierati uno di fronte all’atro,sembravano pronti per iniziare una grande battaglia.

Il suono della tromba, che poi si rivelò un corno suonato da uno di coloro che stavano a sinistra, aprì lo scontro.

Da entrambi le parti i cavalli correvano contro i loro rispettivi nemici,molti cavalieri di destra scesero dal proprio cavallo e si misero a correre contro il nemico.

Molti caddero dal proprio cavallo trafitti dalle spade nemiche,altri cadendo a terra venivano calpestati fino a morire dai cavalli nemici,i pochi invece che cadendo a terra e riuscivano a rialzarsi prendevano la propria spada da terra si mettevano a tirar giù i rivali dai cavalli dando così inizio a numerosi scontri a terra.

Pian piano il terreno si impregnò di sangue e su di esso si riversavano molti cadaveri dilaniati e uomini che,in seguito eroi, ormai tramortiti ed esanimi si facevano avvolgere dalla morte.

Erano scene terribili,agghiaccianti,c’erano perfino alcuni che nascosti,da ambi le parti dietro gli alberi che, con arco e frecce avevano come obbiettivo uccidere i nemici non colpendoli alle spalle o al petto,ma divertendosi a centrarli in piena tempia,altri invece avevano come obbiettivo con la forza di una sola freccia trapassarli,altri ancora avevano frecce infuocate in modo tale che una volta colpito,l’avversario avrebbe sentito con più dolore il colpo e la sconfitta.

Molti vedendosi in fin di vita o senza una via di fuga preferivano uccidersi con le proprie spade piuttosto che farsi uccidersi dai nemici o farsi portare nella città nemica in catene come segno di sottomissione e sconfitta.

Altri poi tiravano contro i nemici grandi sassi colpendoli alla testa facendoli cadere a terra privi di sensi e molte volte con i crani fracassati.

 

Il sole iniziava a calare sulla piccola foresta.

Gli alberi iniziarono a muoversi a causa del venticello che iniziò a spirare.

C’era però qualcosa di molto strano le foglie degli alberi iniziarono a cadere come quasi se fosse autunno, mentre fino a poche ore fa gli alberi erano floridissimi.

 

La battaglia non era terminata.

Mike era stanco e aveva fame,stava dietro quel gran sasso da forse più di cinque ore,aveva osservato tutto quello che era accaduto,guadava incredulo i corpi dei soldati morti straziati riversi a terra,e vedendo queste scene raccapriccianti aveva vomitato più di una volta,sempre attento a non farsi scoprire.

Voleva tornare a casa,voleva tornare da sua madre,alla sua vita normale,dai suoi amici e per la prima volta in vita sua voleva ritorna a scuola; non sapeva neppure dove si trovava, il perché di quella battaglia e chi fossero quegli uomini.

Erano passate molte ore da quando la battaglia era iniziata e si iniziarono a intravedere i primi risultati su chi stava per vincere la battaglia,erano quelli di sinistra che stavano vincendo,quelli senza armatura e quelli con poche armi metalliche. I risultati di questa cruenta battaglia erano visibili a Mike che con grande sgomento guardava la carneficina che gli uomini di destra compivano e tra sé e sé rifletteva sulla scena che accadeva a pochi metri da lui; per un momento pensò di essere in un cinema data la violenza con cui venivano commessi quei massacri:

Queste cose,pensò,accadono solo nei film d’azione o di fantascienza,questo non può essere reale,forse sto sognando,continuò strofinandosi gli occhi.

Eppure quelle scene efferate non erano state montate per un film,erano vere; e, di questa veridicità Mike se ne accorse quando si sentì tirare da dietro,si girò di scatto,anche perché era stato strattonato,e si ritrovò davanti un enorme sagoma che faceva una grandissima ombra.

Un pensiero balenò immediatamente nella mente di Mike: sono finito, sono in trappola come un topo.

Il grande omaccione che stava fisso davanti a Mike non si mosse,lo guardava fisso negli occhi; Mike riuscì subito a capire da che parte stava,militava tra le file dell’esercito di sinistra,proprio quelli che stavano vincendo e stavano compiendo immani stragi;l’uomo afferrò Mike per i vestiti ormai sporchi di fango.

Il ragazzo,in piedi,divenne paonazzo in faccia, non solo per la grande paura ma anche per il grande fetore che emanava l’uomo. Mike non sapeva che fare,ormai era nelle grinfie di quell’uomo che da lontano poteva sembrare un orco se non un gigante.

L’uomo lo continuava a fissare,quando a un certo punto gli sferrò un pugno in piena faccia.

Mike non capiva più niente,sentiva un grande dolore sulla faccia.

Perché quell’uomo gli aveva dato un pugno in pieno viso?Perché ce l’aveva con lui?chi era quell’uomo e tutti gli altri uomini che combattevano?Ma soprattutto dove era finito?Che cosa aveva fatto per maritare di trovarsi in quello strano posto?Che aveva fatto di male per finire vittima di quel grande omaccione?…

 

Questi i dubbi che Mike si poneva mentre perdeva nuovamente i sensi e sentiva di venir caricato pesantemente sulla spalla di quell’uomo, prima,però di perdere completamente i sensi riuscì a intravedere il campo di battaglia,dal quale provenivano grandi urla,forse di gioia e di vittoria e forse di dolore e sconfitta.

Prima di perdere definitivamente i sensi,sentì un grande dolore per tutto il corpo,infatti era caduto pesantemente a terra,accanto a lui vi era l’omaccione che prima gli aveva sferrato un pugno in piena faccia e che adesso giaceva insieme a lui sul suolo tramortito;comunque una cosa era certa: che si era capovolta la situazione iniziale, l’esercito di destra aveva vinto la battaglia.

 

 

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Capitolo 5
*** luci e ombre ***


CAPITOLO CINQUE LUCI E OMBRE

CAPITOLO CINQUE  LUCI E OMBRE.

 

Il sole era alto in cielo, e dalla sua posizione sembrava che fosse quasi mezzogiorno .

Mike si era svegliato da un bel po’ ma ancora stordito non aveva metabolizzato tutto ciò  che gli succedeva intorno ma soprattutto dov’era finito.

Il povero ragazzo questa volta si trovava in una sorta di prigione,c’era,infatti su una parate,una piccola grata dalla quale filtrava la luce dell’astro.Dirimpetto alla grata vi era una piccola porticina a forma di arco,tutt’intorno torbidi e luride pareti;complessivamente la stanza oltre che essere molto piccola emanava anche uno strano odore,come se ci fosse qualcosa ormai putrefatto.

Per fortuna che c'è un letto,pensò Mike che sedutosi sul letto osservava la stanza cercava di uccidere tutti quei moscerini che gli si poggiavano addosso.

Mike si chiedeva cosa gli sarebbe aspettato in seguito visto che inconsapevolmente e innocentemente era stato catapultato dal pavimento di casa sua in un bosco dove avveniva lo scontro decisivo tra due eserciti e poi,questa sudicia stanza che probabilmente fungeva da prigione.

Ben presto Mike si accorse che non era solo,infatti,proprio in un angolino,dove vi era in una scodella dell’acqua, un tozzo di pane e un piccolo pezzo di formaggio marcio,un piccolo topolino che pian piano si avvicinava al cibo.

 

Mike si alzò dal letto e si avvicinò alla grata da cui provenivano quei tipici rumori che segnalavano la presenza umana.

Avvicinatosi alla grata dovette dapprima socchiudere gli occhi per la forte luce solare ma ben presto si abituò e iniziò ad intravedere,da quello che riuscì a scorgere una città in piano fervore:gente che camminava,bambini che correvano,mendicanti,venditori ambulanti,botteghe artigianali;ben presto poi a queste immagini visive si sovrapposero i suoni:le urla dei bambini, dei venditori e le chiacchiere delle comari.

Per le strade di questo fantomatico paese regnava un clima di malinconia, che Mike riusciva a leggere, nei volti che gli passavano davanti senza vederlo.

Anche nei discorsi che la gente faceva si leggeva un misto di paura,mistero,scoraggiamento.

Tutti i passanti si scambiavano l’uno con l’altro sguardi di terrore,come se nello sguardo si capisse se fosse un amico, un nemico o una spia;nei loro si poteva cogliere una grande sofferenza e un grande dolore provocato probabilmente da un conflitto.

Anche dai loro vestiti si evinceva che non stessero sicuramente in ottime condizioni igieniche ed economiche:infatti, sia donne, uomini, che bambini portavano indistintamente dei vestiti laceri,lunghe vesti rattoppate e sudice,mentre ai piede portavano sandali di cuoio,anche questi laceri.

Improvvisamente Mike su distratto da un forte rumore di voi rauche che provenivano dalla parte destra della strada.Il ragazzo capì subito che qualcosa di minaccioso stava per arrivare visto che la gente correva,disperata tra le strade in cerca di un rifugio,mentre la maggior parte si rifugiava nelle botteghe; intanto avanzava un gran massa di uomini armati con scudi e spade nei foderi.

Per quella che doveva essere una delle vie principali,mentre prima si sentivano tante chiacchiere, i lieti rumori dei fanciulleschi ora dominava il silenzio più assoluto,interrotto solo dal rumore dei passi di quella specie di esercito.

Il rumore pian piano si spense e gradualmente quella strada prese nuovamente vita,si ripopolò e sembrò che non fosse successo nulla.

 

Mike non capiva cosa era successo;improvvisamente però su distolto da un rumore che gli interessava maggiormente,infatti,qualcuno stava aprendo la serratura della porta della sua cella…

…forse mi hanno portato da mangiare,pensò Mike, ma subito si accorse che il cibo gli era stato portato precedentemente, mentre forse dormiva.

La sua attenzione dunque si spostò dalla finestra e a quello che succedeva per le vie del paese alla porta della sua cella.

Mike fu subito colto dal timore,il cuore iniziò a pulsare velocemente e, intanto si sentivano gli scatti della chiave nella serratura.

Il ragazzo che ormai si era abituato a quella nuova e avversa realtà della cella, ora aveva veramente paura.

Pian piano che la chiave girava cresceva l’agitazione, ma anche un po’ di curiosità, in Mike. Si era arrivato ormai al terzo scatto e Mike sapeva che il suo cuore non avrebbe retto abbastanza ad un’altra girata di chiave.

Quella fu l’ultimo scatto di chiave dopodiché ci fu silenzio per un attimo che seguì con l’apertura della porta.

Mike dapprima non riuscì a scorgere chi fosse colui che aveva aperto la porta ma poi riuscì a scorgere qualcosa,o meglio qualcuno:due sagome più alte facevano spalla ad una più bassa,la quale ad un della sagoma a destra iniziò ad allontanarsi verso un lungo corridoio che Mike vide dietro di loro,senza però prima aver accennato un inchino.

Il cuore di Mike stava quasi per esplodere,tanto che egli stesso sentiva il suo pulsare.

Ormai non poteva più scappare si trovava di fronte quelle due sagome avvolte dall’oscurità,che non ispiravano sicuramente niente di buono.

Le due sagome iniziarono ad avanzare. Il cuore di Mike palpitava velocemente, molto velocemente.

Le due sagome avanzarono nuovamente. Mike iniziò a provare un  brivido lungo la schiena.

Ancora un altro passo, ancora un altro brivido.

Ancora un altro passo.Ancora un altro brivido.

Le due sagome ormai erano di fronte a Mike.Lui tremante ebbe il coraggio di dire:- per favore non fatemi del male -per favore…-

Mike inizio a provare una strana sensazione: sentiva che l’aria stava cambiando,iniziava ad appesantirsi e ad diventare gelida era come se fosse inverno e lui fosse uscito nel pieno di una tempesta di neve solo con una maglietta di cotone.

Ebbe un dolore lancinante alla testa.Una forte emicrania,che ben presto si accorse che era frutto dell’azione di quelle due sagome avvolte nell’ombra che Mike non riusciva a vedere.

Le forze lo stavano abbandonando,sentiva che il suo corpo non avrebbe resistito a tutto quello sforzo, che provato da che cosa?

Mike volse lo sguardo alla finestra,il sole ancora splendeva e la sua luce illuminava la stanza, ma perché allora non riusciva a scorgere il volto delle due sagome,che come degli avvoltoi erano chini su di lui?

 

TUTTO DIVENNE BUIO.

 

Mike aprì gli occhi.

Niente sagome,nessuna lurida parete solo una luce accecante dalla qual proveniva una voce,quella di una di una donna e…dopodiché iniziarono a configurarsi anche delle immagini.

C’era un bambino.

Un bambino vestito di nero.

C’erano delle persone.

Anch’esse vestite di nero.

Mike ricordava quella scena non per averla vista in un film, ma perché quel bambino vestito di nero, con le guance panciotte e rosse era lui.

Si trovava al funerale del suo papà.

Mike osservò poi la scena.

Il bambino si avvicino ad una donna, che Mike riconobbe essere sua madre, e gli diveva:

-Mamma dov’è papà?- perché ci sono tutti i suoi amici e lui non c’è?- …è un festa a sorpresa per lui vero?- ma allora perché siamo vestiti di nero se è una festa- e iniziando a piangere ripeteva -mamma dov’è papa?- voglio il mio papà, non queste persone, IL MIO PAPA’!! - .

Livia, sua madre, non poté fare a meno che stringerlo a sé e trasmettergli tutto il suo amore.

Nonostante il lutto era bellissima, giovanissima, così giovane che sembrava impossibile che avesse un figlio e che adesso doveva subire un dolore immane,che nessuno poteva capire,la perdita del suo uomo,lui che le aveva giurato amore e fedeltà per sempre,lui che le aveva giurato di essere presente accanto a lei nei momenti di debolezza…e adesso dov’era,proprio in quel momento in cui avrebbe voluto il suo conforto?adesso che avrebbe voluto un suo abbraccio?adesso che avrebbe voluto sentirgli dire una frase dolce che la rincuorasse?…non c’era lì,e ben presto si rese conto che non ci sarebbe più stato accanto al lei a suo figlio.

 

Madre e figlio si abbracciarono forte e lacrime scesero dalle loro guance, le une di dolore, tristezza, amarezza e rammarico, le altre di domanda,di incertezza e di comprensione.

Mike vide i due allontanarsi sullo sfondo, salire le scale lasciando la casa piena di gente in nero.

Le immagini iniziarono ad affievolirsi e tutto divenne nuovamente buio e tutto prese nuovamente immagine.

I duri anni di Mike dopo la perdita del padre,la vita non certo facile per lei e sua madre, poi l’incontro con Jeremy e Leslie all’asilo.

Mike si rese conto che stava ripercorrendo ogni singolo momento della sua vita.

Si vide ancora con Jeremy e Leslie, ancora insieme, ancora fanciulli, ancora ingenui, gia adolescenti.

I pianti della madre, i suoi pianti…ricordi che si accavallavano gli uni sugli altri…ricordi amari e ricordi felici, ricordi di un figlio e memorie di un amico.

Ricordi, tante lacrime nel volto di Mike,tante lacrime per ricordare tanta voglia di riviverli.

Ancora ricordi: la litigata con Jeremy e il pensiero di Leslie, i suoi due migliori amici.

Voleva tanto bene sia Leslie che a Jeremy.

Avevano condiviso insieme tutto, gioie e dolori, avventure e disavventure, amava quella ragazza così intelligente, perspicace e simpatica ; e amava quel ragazzo testardo, voglioso e introverso.

 

Poi tutto cambiò: quel posto da incubo, quella battaglia, quella prigione, quella gente, quei due uomini e un’unica domanda: perché tutto questo?

Mike aveva gli occhi quasi chiusi quando sentì le due sagome borbottare qualcosa.

Era deciso a non mollare, non ora, non quando aveva riacquistato la fiducia in se stesso.

I due, però, erano più forti era come se gli stessero praticando qualche sortilegio oscuro, qualche forma di malocchio.

Sentì che il corpo non reggeva, sentiva il cervello annebbiarsi, sentiva il battito del suo cuore rallentare sempre di più, sentiva che non aveva più nessun ricordo,sentiva che il corpo lo stava abbandonando, che la sua stessa vita lo stesse abbandonando lì,in balia di quelle due persone subdole che gli stavano strappando ogni sua espressione di vita, anche nel viso.

Mike chiuse gli occhi, gettò un urlo straziante e il suo ultimo e primo pensiero fu: VITA.

 

 

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Capitolo 6
*** la stanza bianca ***


CAPITOLO SEI LA STANZA BIANCA

CAPITOLO SEI  LA STANZA BIANCA.

 

La porta si aprì ed entrarono sette individui in nero,avvolti fieri nei loro mantelli.

Entrati, la stanza si illuminò.

Tutto monocromatico, tutto al posto giusto,tutto bianco.

Niente arredamento,niente scaffali, solo una tavola ovale al centro con sette rispettive sedie, naturalmente bianche.

Dopo essersi tolto i loro manti rivelarono la loro identità: quattro uomini e tre donne.

Il volto di uno dei quattro mostrava i segni della sua età e della sua esperienza di vita,viste le innumerevoli cicatrici.

Due delle donne avevano lunghi capelli rossi che in quel generale pallore spiccavano come fa una rossa in un fascio di rose bianche.

Una volta accomodatisi, quello che sembrava il più anziano prese parola:

-io Iagir,antico saggio della città di Kaftà comunico che il ragazzo è stato preso- esordì l’uomo– con lui anche un altro ragazzo…- concluse poi.

Vari sussurri e sospiri seguirono la frase di Iagir.

- ma com’è possibile?- chiesero alcuni.

- e adesso?- dissero altri,tra cui due delle tre donne.

Su tutti, però, la possente voce dell’antico saggio, che ricondusse tutti all’ordine.

- ecco vedete, inizialmente c’è stato un problema. I minii erano riusciti a scoprire il nostro piano, così hanno cercato di intervenire e di trasportare il ragazzo dal suo al nostro mondo. CHE SCIOCCHI! Pensavano di poter trasportare da una realtà ad un’altra un semplice ragazzo, peraltro ignorante in materia di teletrasporto, semplicemente, io credo, con il sortilegio di Ramis. POVERI INGENUI! Il sortilegio non ha avuto effetto completamente, e allora il ragazzo e stato teletrasportato nel bel mezzo della battaglia alle porte di Kaftà, che ovviamente è stata vinta dai nostri provando la morte di un centinaio di Minii- Iagir fece una pausa e tutti i presenti batterono le mani in onore di quella loro ennesima vittoria.

- i nostri due inviati, dicevo, hanno avuto delle difficoltà a catturare il ragazzo, perché quei maledetti dopo essersi accorti che il loro stratagemma non aveva funzionato, con un altro sortilegio hanno reso, e ci sono riusciti, il ragazzo “intoccabile” dai nostri, poiché protetto da un aura di energia. Così mentre stavano per tornare a Kaftà hanno incontrato l’altro ragazzo e lo hanno dovuto catturare- .

Dopo che il vecchio saggio ebbe finito di raccontare la sua storia il silenzio regnò sovrano sui presenti.

-domande?- chiese Iagir.

-cosa succederà adesso antico saggio Iagir?- domandò un tale seduto a destra di Iagir.

-cosa succederà?è curioso sai, Bertam; come tu voglia avere così tante informazioni su cosa, come, quando, cosa avverrà…è curioso che proprio tu,così contrario a questa guerra, proprio tu che sei così insofferente alle guerre, proprio tu che sei la spia che ha riferito tutto ai Minii…-.

Silenzio.

Tutti si scambiarono sguardi rabbiosi, sguardi curiosi, sguardi di incredulità.

Bertam era lì, fermo,ancora, sulla sua sedia, nessuno movimento facciale, nessun movimento del corpo, neanche un minimo provocato dalla tensione.Sapeva che era stato lui la spia dei minii, era lui l’infiltrato, era lui che aveva spifferato ai Minii che Mike stava per essere rapito, ed era sempre lui il colpevole se anche Jeremy si trovava inconsapevolmente in quel mondo.

Ancora silenzio e ancora sguardi.

Iagir il saggio piano si sedette e iniziò a fissare candidamente la spia:

- vuoi dirci qualcosa Bertam?Non so, chiederci forse scusa?!Supplicare il nostro perdono?! –

-LURIDA SPIA- urlò contro Bertam l’uomo alla sinistra di Iagir, chiamato Harold.

-calmo Harold, calma- lo tranquillizzò il saggio –adesso Bertam ci spiegherà tutto.Vero?- disse Iagir con tono sarcastico rivolgendosi verso Bertam.

Quest’ultimo rimase immobile, né una smorfia né una parola. Teneva gli occhi bassi e sempre in questa posizione disse:

-una sola domanda vecchio mio- disse Bertam con tono altezzoso evidenziato da un risolino gelido –perché solo adesso? Perché hai aspettato tanto per accorgertene quando io ti sgattagliolavo davanti al naso per andare dai Minii? Perché lo hai voluto scoprire solo adesso?- finì l’uomo.

-MALEDETTO- disse una delle tre donne alzandosi dalla sua sedia.

-VIGLIACCO- dissero all’unisono poi le altre due donne sedute vicino Harold.

-sedetevi pure- disse con tono acido Bertam –voi non siete degni di parlare, parassiti che vivete a spese dello stato, voi che credete a tutte le fandonie che vi si dicono. No, voi proprio non potete e non dovete parlare, per cui tacete altrimenti grandi sciagure si abbatteranno su di voi e sulla vostra lingua!- .

Le parole quasi profetiche di Bertam echeggiarono nella stanza bianca.

-come osi!?- risuonarono tutte le voci dei presenti.

-vi prego signori sedetevi- li esortò Iagir –come ho già detto Bertam ci spiegherà tutto. Risponderà a tutti i vostri quesiti - .

-NON POSSO TOLLERARE TUTTO Ciò!- urlò forte l’uomo che stava di fronte Iagir dall’altra parte della tavola rotonda.

–ADESSO BASTA- e dopo che l’uomo di disse ciò estrasse da sotto il mantello un pugnale e lo lanciò contro Bertam.

Il pugnale aveva la lama sottilissima e certamente molto affilata e tagliente; sul manico, d’oro peraltro, vi erano delle incisioni, mentre sulla parte opposta erano incise delle figure che non si capì bene cosa rappresentassero, vista la velocità con la quale l’uomo tirò fuori e lanciò il pugnale.

Non appena il pugnale colpì Bertam in pieno petto, questo sussultò, ma rimase in ogni caso immobile.

Tutti si alzarono dalle loro sedie e presero ad avvicinarsi a Bertam. Lui era fermo, con il capo chino quando il suo corpo iniziò a trasformarsi. Il suo corpo iniziava a dissolversi, diventando sabbia che piano scivolava dalla sedie facendo cadere il pugnale, senza una minima macchia di sangue a terra.

Tutti erano stupefatti. Bertam era sparito, era teletrasportato lasciando a bocca asciutta tutti i presenti nella stanza bianca.

-non è possibile!- dissero alcuni

-come ha fatto?- chiesero perplessi altri.

Tutti guardavano la sedia vuota, eccetto due: Iagir e l’uomo che aveva lanciato il pugnale che, invece, si guardavano negli occhi.

-Iagir come hai potuto lasciare che accadesse?- prese a parlare l’uomo.

-tornerà- si limitò a rispondere il saggio.

-non è questo l’importante. Adesso che se ne andato possiamo parlare tranquillamente.

 Come sapete si è parlato di un testamento nascosto nelle profonde viscere di Kaftà, che sancisce chi tra i due popoli prescelti debba regnare per sempre su Fìtia, ebbene è stato trovato e adesso è in nostro possesso.-

-tuttavia è scritto in una forma molto antica del nostro dialetto, per cui risulta impossibile tradurlo persino ai nostri migliori sapienti. L’unico uomo della terra di Fìtia che sappia leggere e decifrare questa scrittura è un uomo che vive nelle più remote zone del regno in eremitaggio, ai confini con le isole sommerse. –

-non sappiamo con esattezza dove questo uomo si trovi , per cui nei prossimi giorni verranno avanzate delle ipotesi,a questo scopo vi voglio sempre pronti a partire- e guardò l’uomo che gli stava di fronte, e poi riprese – ma questo non deve distoglierci dal nostro obbiettivo cardine che, per adesso, non è Bertam. Quello che dobbiamo fare è cerare Sharcana, e non preoccupatevi dei minii perché anche loro in questo momento hanno un bel da fare…- concluso il suo discorso Iagir si diresse verso la porta che piano si aprì.

-Iagir…-disse il padrone del pugnale.

A lui si rivolse il vecchio saggio di Kaftà, capitale del regno di Fìtia, e gli disse:

-Sharcana…nient’altro…- ed uscì dalla stanza bianca, lasciando sgomenti tutti i sei Garx.

 

 

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