Sunshine.

di Draclaire
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***


Sunshine ☼

PROLOGO.
 
Linda De Price era tutto ciò che una ragazza americana potesse desiderare. I morbidi capelli biondi le accarezzavano le spalle e incorniciavano il viso dalla candida pelle in modo irresistibile. I vispi occhi azzurro cielo incantavano qualsiasi uomo, anche il più difficile, costringendolo a eseguire gli ordini della “povera” e “innocente” Linda, “così semplice e delicata”, a detta di tutti. Nonostante la lunga e costante fila di pretendenti (non tutti dotati del cromosoma Y) che la ragazza era abituata ad avere al suo servizio c’era ancora qualcosa che le mancava. Il pezzo fondamentale del suo puzzle, la gocciolina che avrebbe reso il vaso della sua vita finalmente colmo di felicità. Il suo nome era Alex.
Alexander Louis Wright. Carnagione chiara, capelli castani dall’incantevole ciuffo ribelle, occhi verdi che avevano procurato tachicardie improvvise a praticamente tutti nella Mitchell High School. O meglio, a tutte, professoresse e preside comprese. Alto, atletico, dal cuore grande quanto inaccessibile. Sorrideva a tutti, regalava pacche sulle spalle ad amici abbattuti e abbracci solidali a ragazze dal cuore spezzato. Il punto però era che, a detta a detta dei pettegolezzi del piccolo paesino di Mushville, lui non era mai andato oltre. Trattava le ragazze con la delicatezza che si ha con un gattino appena nato, ma non era mai stato con nessuna di loro.
Peccato che i pettegolezzi di Mushville si sbagliassero di grosso.
C’era un certa Dena, secondogenita del macellaio De Price, perennemente nascosta dalla costante bellezza irradiata dalla sorella Linda e per questo, esente a vita dalle dicerie del paese, troppo interessanti per essere condite dalla noiosa vita della piccola De Price.
Altro grosso errore, cara popolazione di Mushville, perché si da il caso che quella ragazza fosse la sottoscritta e, colpo di scena, Alex Wright era il mio ragazzo.


angolo autrice ♥

Bè, che dire, eccoci qua. Per il momento pensavo di pubblicare solo il prologo, per vedere un po' a quanti potrebbe interessare la mia storia. Volevo solo ringraziare tutti quelli che sono arrivati a leggere fin qua e ancora di più quelli che lasceranno un commento. Se avete delle critiche da fare fatele, mi raccomando, nessuna offesa. Un bacio a tutti. 

Draclaire

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Sunshine ☼

CAPITOLO 1
 
“DENA! Dove hai cacciato il mio lucidalabbra color pesca? Quante volte ti devo dire di non toccare le mie cose!!”
Classico. Funzionava così in casa De Price ogni primo lunedì del mese, quando la principessina entrava in “quel periodo”. Mamma preparava pancake annegati nello sciroppo d’acero, papà portava a casa le sue migliori bistecche e io, bè, io passavo tutto il giorno sul divano, sperando invano che mia sorella si dimenticasse di me come si fa con un soprammobile a cui nessuno fa più caso.
“Figurati se mi passa anche solo per l’anticamera del cervello di appoggiare le labbra dove lo hai fatto tu! Cerca meglio e lasciami in pace, Linda”.
Sprofondai ancora di più nel divano, facendo zapping in TV e tentando inutilmente di coprire i piedi con la coperta di patchwork troppo corta per le mie gambe lunghe e magre, quando sentii vibrare il telefono.
Tastai in qua e il la attorno a me, senza alzare la testa dal bracciolo del divano e con gli occhi fissi allo schermo del televisore. Quando finalmente trovai il cellulare, incastrato come di consueto sotto ad una chiappa indolenzita, vidi che c’era un messaggio.
“SEI LIBERA STASERA?”. Alex. Non riuscivo a non sentirmi un filo in colpa ogni volta che avevo a che fare con lui. Mia sorella poteva anche essere la persona più egocentrica e rompiscatole di questo mondo, ma restava comunque mia sorella. Io ed Alex non stavamo insieme da molto…o perlomeno in quel senso. Era il mio migliore amico dalle scuole medie, quando entrambi ci ritrovammo in infermeria con la febbre a trentotto e, scossi da forti tremori avevamo cominciato a parlare. Ci eravamo scambiati i numeri di cellullare e passammo tutta la convalescenza a raccontarci del più e del meno, passando da argomenti come la torta di mele, fino ad arrivare alla grandezza degli escrementi canini più grandi che ci era capitato di calpestare. E così nacque tutto. Avevo espressamente chiesto ad Alex di mantenere la nostra amicizia segreta,  essendo entrambi a conoscenza della inarrestabile passione di mia sorella per lui, e così era stato: per un bel po’ di tempo avevamo trascorso giornate fantastiche da veri amici, di quelli che si vedono nei film americani. Cambiò tutto in una ventosa giornata primaverile dell’anno precedente; io ed Alex ci divertivamo a giocare a “M’ama, non m’ama” in un parchetto di periferia, e lui era nettamente in vantaggio. Secondo quei maledetti fiorellini, non solo era amato dall’intera squadra delle cheerleader, ma anche dalla rappresentante d’istituto, dalla presidentessa del club di scacchi, fino ad arrivare alla nostra stimata preside e alla bidella sexy del secondo piano. Dal canto mio avevo colto una sola margherita, che parlava molto chiaro: il gelataio all’angolo della mia via aveva evidentemente una segreta cotta per me, e questo bastava alla grande. Vogliamo scherzare? Gelato gratis a vita!
Era stata una piccola margherita con le punte dei petali violette a cambiare tutto. Era un piccolo fiorellino che nonostante il vento, e il sottile gambo che lo sorreggeva rimaneva a testa alta, con i petali rivolti verso il sole.
“Questa sembri tu” disse Alex cogliendo il piccolo fiore, aggiungendo “non si arrende mai, come te.”
Non sapendo cosa rispondere ad un complimento così inaspettato, sussurrai quasi tra me e me: “Allora prova a vedere cosa succede”. Il mio amico mi fissò con quegli intensi occhi verdi che riuscivano sempre a spiazzarmi e poi cominciò. “Mi ami, non mi ami. Mi ami, non mi ami.” La sua mano si faceva sempre più lenta via via che i petali andavano staccandosi. Non li lasciava andare via col vento, li conservava uno ad uno nella tasca della sua felpa blu scura. “Mi ami, non mi ami”. Tre petali. “Mi ami” Due. “Non mi ami…” un sorrisetto soddisfatto gli incorniciò il volto poco prima di staccare l’ultimo petalo. “Mi ami.” Mi consegnò la parte restante del fiore, che infilai tra le pagine del libro che stavo leggendo, Harry Potter e Il Prigioniero di Azkaban, poi stetti in silenzio.
“E tu?” sussurrai. Non credevo fosse possibile, non tra me ed Alex. Eravamo gli amici perfetti, nessuna litigata, nessuna incomprensione (nonostante l’infinità di persone che si credevano “il suo migliore amico” all’interno della scuola), insomma, veramente compatibili. Eppure era successo. Aveva giocato a “M’ama non m’ama” con il mio fiore, con me. Aveva sorriso compiaciuto quando il fiore aveva smascherato un sentimento che nemmeno io pensavo di provare.
Non sentendo arrivare nessuna risposta da lui, mi voltai di scatto sconcertata, pronta a picchiarlo nel caso mi avesse detto che non provava niente per me. Ma lui era lì, il viso a pochi centimetri dal mio, gli occhi così penetranti intenti a scrutare attentamente ogni mia minima espressione. Spalancai gli occhi avvampando, ma non ebbi tempo di proferire parola, che le sue labbra erano già sulle mie. Morbide. Calde. Con un sapore irresistibile, che a distanza di mesi riusciva ancora ad inebriarmi e a lasciarmi senza fiato. Inizialmente non seppi cosa fare, poi lui mi appoggiò una mano sulla guancia, accarezzandola, e da quel momento non ebbi più dubbi. Gli circondai il collo con le braccia, ricambiando il bacio. Trascorremmo il pomeriggio più bello di tutti, tra baci, carezze e risate varie. E così cominciò la nostra storia, in segreto da tutti, ma alla luce del sole per le persone che più contavano. Noi due.
“DIECI MINUTI E SONO DA TE” risposi all’SMS.
Corsi in camera mia per rendermi un minimo presentabile. Indossai dei leggings neri e un grosso maglione bianco, completando il tutto con un goccio di profumo e cercando inutilmente di volumizzare i lisci capelli rossicci, con scarso risultato.
Scesi le scale a precipizio, urlando a mia madre “Mamma io esco!”.
Dopo averle assicurato che sarei rientrata prima di cena, afferrai la borsa e uscii di casa. 

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Sunshine ☼


CAPITOLO 2

Camminavo velocemente cacciando di tanto in tanto occhiate minacciose ai nuvoloni carichi d’acqua che andavano via via scurendosi sopra di me. Ci mancava solo che si mettesse a piovere, quando mi restavano ancora due lunghi isolati prima di raggiungere la grande casa bianca dove abitava Alex. I suoi genitori erano a conoscenza della nostra storia e casa sua era un po’ il nostro rifugio, il luogo migliore dove nasconderci dagli occhi attenti del vicinato; quando poi i suoi genitori lasciavano la casa libera durante uno dei loro numerosi viaggi di lavoro all’estero, come di fatti accadeva qual giorno, era un vero paradiso.
Come non detto arrivai a casa Wright letteralmente zuppa d’acqua. Suonai il campanello tremante, ma non aspettai che il cancelletto si aprisse. Scavalcai il muretto del giardino (l’unica vera utilità delle mie gambe troppo lunghe) e corsi a perdifiato sotto il portico tirando un sospiro di sollievo e borbottando tra me e me “Maledetta pioggia, me la pagherai.”
“E come avresti intenzione di farla pagare a una nuvola? E pensandoci bene l’acqua dovrebbe essere il tuo elemento”.
Mi voltai sorridendo e mi buttai tra le braccia di Alex  che, appoggiato allo stipite della porta, mi guardava sorridendo con quell’espressione sarcastica tipica di chi ha la battuta pronta ma è troppo educato per dirla.
“L’acqua è il mio elemento quando non cade dal cielo e non mi infradicia i vestiti nuovi” sospirai, entrando finalmente in casa. Il tepore irradiato da un grande camino riscaldava l’intero salotto e i grandi divani bianchi in pelle sembravano una meta meritata dopo la corsa sotto la pioggia di poco prima.
“Ferma lì! Non ci pensare nemmeno” gridò Alex chiudendo la porta.
“Cosa..?” dissi interdetta.
“Ti sei dimenticata di come sei ridotta, piccolo pulcino bagnato?” rise lui. Corse poi verso di me e in un lampo mi prese in braccio, avviandosi verso le scale che conducevano a camera sua. Mi appoggiò delicatamente al letto e iniziò a fugare nell’armadio, senza darmi il tempo di proferire parola.
“Ecco qua” disse trionfante con in mano una felpa bianca della Oxford e un paio di pantaloncini dell’Adidas, entrambi giganteschi per una magrolina come me, “mi stanno piccoli ormai” aggiunse lanciandomi gli abiti.
“Staranno piccoli a te ma io qua dentro ci ballo il tip tap” risi dirigendomi verso il bagno.
Mi cambiai più velocemente possibile e scesi in salotto, dove Alex mi aspettava con due grosse bibite, patatine a volontà e un plaid a fiorellini. Il pomeriggio perfetto per qualsiasi ragazza.
“I Passi dell’Amore o Batman III ?” chiese lui sentendomi arrivare.
“E me lo chiedi anche? Batman” risposi stendendomi accanto a lui e respirando il suo dolce profumo. Rise di gusto e premette play, cominciando a sbrogliare ed accarezzare teneramente i miei capelli ancora leggermente umidi. Il suo tocco era talmente delicato, talmente leggiadro su di me, che poco tempo dopo, cullata dalle battute del film che ormai conosceva a memoria e dal suono del respiro della persona che più volevo al mio fianco in quel momento, mi addormentai.
Mi svegliai in volo. Letteralmente. Forti braccia mi sollevavano e mi trasportavano su per le scale. Senza aprire gli occhi, pensando si trattasse di qualche malvivente pronto a stuprarmi in camera del mio ragazzo, cacciai un grido e mi buttai per terra.
“Ma che cavolo fai!” mi sgridò Alex in un sussurro, risollevandomi di peso e ricominciando il sequestro di persona. Mi appoggiò delicatamente sul letto, poi corse fuori dalla stanza e prima di chiudersi la porta alle spalle disse “Tua sorella è qui” .
Sgranai gli occhi e mi catapultai alla porta della camera, appiccicando l’orecchio alla serratura, da vera spia professionista.
Sentii la porta chiudersi e la voce squillante di mia sorella.
“Ciao Alex, scusa se ti disturbo ma sai avevo bisogno dei compiti di trigonometria, ho dimenticato di segnarli…”. Classico. Trigonometria era l’unico corso che mia sorella seguiva con Alex, dato che avevano la stessa età, ma gli orari di Linda combaciavano anche con quelli della sua migliore amica Tracy Ferro. I compiti poteva farseli dare benissimo da lei, ma quale miglior scusa per metter piede in casa del mio ragazzo?
“Sì Linda, li ho nello zaino. Accomodati intanto che te li vado a prendere”
Sentii mia sorella sedersi sul divano e Alex correre in camera per venirli a prendere.
“Perché si deve mettere in mezzo!” sbraitai sussurrando ad Alex.
“Perché è innamorata di me!” rise lui.
“No, Alex. Se il suo fosse amore lo saprei. Ti vede come un premio e nient’altro. Manchi tu alla sua collezione e sei l’unico che non le va dietro in tutta la scuola”. Amavo davvero mia sorella, in quanto tale, ma non le avrei permesso di rubarmi Alex per un capriccio, una stupida gara di popolarità. Per questo non potevo rivelarle di Alex. Mi avrebbe visto come un ostacolo alla sua fama di reginetta della scuola. Nonostante Linda ricevesse attenzioni a destra e a manca, era insicura di sé. Per questo richiedeva attenzioni, per non sentirsi abbandonata. E lo era a, a volte, lo era davvero. La maggior parte delle persone che si definivano sue amiche lo facevano per diventare popolari ed avere qualcosa di cui spettegolare a qualche pigiama party e l’unica che si era ricordata del suo compleanno il mese precedente, a parte i componenti della nostra famiglia e la sottoscritta, era stata la sua amica del cuore. Tracy era una ragazza tutto sommato simpatica, ma aveva una vera e propria fissa per la bellezza esteriore, per questo ogni volta che sapevo doveva metter piede in casa nostra facevo di tutto per rendermi impresentabile. Vedere la sua faccia scandalizzata mentre la salutavo allegramente con i capelli arruffati e i pantaloni del pigiama bucherellati era una vera soddisfazione. A parte questo Tracy e Linda erano davvero le due ragazze più belle della scuola. La mora e la bionda, le chiamavano. Tracy la liscia e Linda la riccia, le cheerleader che scottano. E alle altre non restava che guardarle da lontano e sperare invano di venire invitate a pranzare al loro tavolo. Ma questo non era un mio problema, perché io avevo Alex.
Quando mia sorella se ne fu andata, non senza schioccare un bacio sulla guancia ad Alex, potei uscire dalla stanza e godermi l’ultima mezz’ora da passare con il mio ragazzo in santa pace.
“E’ ora di andare” sospirai sulla porta di casa, dopo essermi rimessa i vestiti ancora umidicci. Alex mi diede un lungo bacio che mi sollevò il morale di una spanna buona.
“A domani pomeriggio, piccoletta” sorrise.
“Ho allenamento in piscina domani..” dissi guardando in basso.
“Allora ci vedremo là” rispose lui.
Gli feci uno dei sorrisi migliori che mi riuscivano e lo salutai con un ultimo bacio


Angolo autrice ♥
Ehi gente, eccomi qua. Ci provo ancora con un altro capitolo, mettendocela tutta. Grazie a tutti quelli che commenteranno o semplicemente arriveranno a leggere la mia storia. Spero di avervi coinvolti almeno un pochino o perlomeno di avervi trasmesso qualche emozione in più. 
Ciao a tutti ☺

Draclaire

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Sunshine ☼

CAPITOLO 3

La mattina dopo mi svegliai di soprassalto, a causa delle urla di mia madre, provenienti dalla cucina. Presi in mano il primo oggetto contundente che trovai in camera e, a passo felpato, scesi le scale di casa mia fino al soggiorno. Mi appiattii al muro e da vera spia professionista strisciai lungo la parete, fino allo stipite della porta della cucina. A quel punto presi un respiro e, non sentendo provenire alcun suono dalla stanza, entrai urlando a mo’ di indiana brandendo il telecomando della tv di camera mia, l’unica cosa più contundente del cuscino che mi era capitata sotto mano.
“Ma che diavolo combini, Dena!?” mi guardò stranita mia mamma sorseggiando tranquillamente il suo caffè mattutino.
“Mamma…ma tu…stavi urlando, accidenti!” le risposi quasi gridando.
“Shh, tesoro, ho semplicemente toccato la moca bollente. Adesso vieni qui e fai colazione con me”
Sospirai leggermente sollevata e sorridendo andai al frigorifero.
“Non intenderai mangiare davvero tutte quelle cose!” mi riproverò mia madre quando lasciai cadere sul tavolo la valanga di cibo che avevo racimolato dal frigorifero.
“Sono una sportiva, ho bisogno di energia” ribattei.
Quando non rimase più una briciola di cibo mi alzai da tavola e schioccando un bacio a mia madre mi avviai verso il bagno per prepararmi. A metà delle scale incontrai mia sorella mezza addormentata, con dei capelli che avrebbero fatto invidia ad una pecora spettinata.
“Linda c’è un uccellino incastrato nella tua chioma, aspetta che lo libero, povera bestiola….” Risi scompigliandole ancora di più i capelli. Mi sculacciò una chiappa e sbadigliando rispose “Per caso sei rimasta incinta durante la notte?”. Inizialmente non capii, poi guardandomi lo stomaco lo vidi gonfio come una mongolfiera. Avevo decisamente mangiato troppo.
Feci una doccia veloce e indossai un paio di leggings e una larga felpa rossa. Stavo tendando di infilare le scarpe senza usare le mani (un bradipo stanco è meno pigro di me) quando mi squillò il telefono.
Era Amy a telefonare, classico.
Sedici anni, alta, magra dai capelli rossissimi e ricci e un seno che era il doppio del mio. Migliore amica della sottoscritta dalla notte dei tempi (ovvero quando le nostre mamme hanno partorito nello stesso momento al policlinico di Mushville, creando un notevole disguido in tutto l’ospedale) e perdutamente innamorata di Luke McRayan, grande amico di Alex. Ragazzo a posto, ma non all’altezza della mia amica, dato che la maggior parte delle volte in cui chiacchiera con Amy il suo sguardo sembra inevitabilmente attratto da due protuberanze particolari che la povera ragazza ha all’altezza del petto. Patetico e disperato, a detta mia. Dolce e buongustaio, a detta di Amy. Ma finché è felice lei va tutto bene.
Come dicevo, la mia cara amica aveva l’ossessione di chiamarmi ogni mattina prima della scuola per chiedermi informazioni sui compiti (seguivamo praticamente tutte le lezioni assieme), leggermi l’oroscopo e raccontarmi del modo in cui Luke l’aveva baciata nell’ultimo sogno che aveva fatto.
“Ehi” risposi al telefono.
Dall’altra parte nessuna risposta.
“Amy?” Niente. “Amanda Forest, vedi di rispondermi entro i prossimi due virgola cinque millisecondi altrimenti chiamo la..”
“DENA! Dena, Dena, DENA!!! Oh mamma, scoppio”  mi urlò nelle orecchie.
“Che succede? Troppo zucchero nel latte stamattina? Ti avevo detto che non andava bene”
“Ma che diavolo dici, senti qua: Sorprese inaspettate in serata. Capisci? Con chi dobbiamo uscire stasera? Con chi?!” continuò ad urlare. Sapevo perfettamente che la sera stessa avevamo preparato un’uscita a quattro super segreta con Alex e Luke, ma non mi andava a genio che la mia  migliore amica si facesse imbambolare così da uno stupido sito di previsioni amorose.
“Amy sono la persona più comprensiva di sto mondo, ma urlarmi nelle orecchie alle otto della mattina che il tuo oroscopo ti illude, proprio no…”
“Macché illude e illude! Vedi di arrivare a scuola in fretta…però sta’ attenta che con quel catorcio di bici che ti ritrovi non si sa mai..”
“Arrivo” dissi ridendo e attaccai.
Uscii di casa, cavalcai il mio bolide e cominciai a pedalare, con le cuffie nelle orecchie. Arrivai alla fine della strada e qualcosa attirò la mia attenzione. Nera e lucida, immensa, che messa a confronto la mia bici sembrava un topolino. La moto più bella del mondo e il ragazzo che la cavalcava… un fisico pazzesco che fece sentire me un topolino. Si tolse il casco e la prima cosa che vidi furono due occhi azzurrissimi, un sorriso da cattivo ragazzo e dei capelli biondi sparati in aria col gel.
“Ei nana, lo vuoi un passaggio?”. Sì, certo. Nana a me, che sfioravo l’1,85.
“Grazie posso farcela” risposi seria e con il mento in su gli passai davanti mentre la mia bici sceglieva proprio quel momento per iniziare a produrre un suono metallico che non aveva mai fatto prima. Continuai a pedalare imperterrita finché non sentii il  rombo del motore allontanarsi sempre più.
Tirai un sospiro di sollievo e arrivai a scuola dove Amy mi stava aspettando. Qualche metro più in là vidi Alex e Luke chiacchierare tra loro. Incrociai lo sguardo di Alex che mi fece l’occhiolino e il mio cuore perse un battito. Non feci in tempo a scendere dalla bici che Amy mi corse in contro e, fingendo di abbracciarmi, mi sussurrò all’orecchio tutta esaltata: “Ha detto che stamattina sono davvero carina e non vede di uscire con noi stasera! ODDIO”. Risi di gusto e ci avviammo verso la scuola, passando casualmente accanto al mio moroso e al suo amico.
“Ciao Dena” mi salutò Alex come se fossi una classica ragazzina del primo anno. Certe volte mantenere il nostro segreto era così difficile…
“Ciao ragazzi” sorrisi avviandomi verso le porte della scuola con la mia amica a braccetto.
Poco dopo durante la lezione di matematica, fissavo i centocinquanta cuoricini per Luke che Amy aveva disegnato sulla copertina del libro di testo, quando mi arrivò un messaggio.
“TUTTO OK AMORE?” Alex. Quando si dice un messaggio che ti riempie il cuore…
“SI. SAI STAMATTINA HO INCONTRA...” mi fermai e cancellai tutto. Avevo un brutto presentimento riguardo a ragazzo biondo incontrato qualche ora prima. Mi aveva sorriso e aveva usato un tono di voce troppo confidenziale, come se mi conoscesse da anni. Non mi piaceva e speravo di poterlo cancellare al più presto. Parlarne con Alex non mi avrebbe aiutato a rimuoverlo, quindi evitai l’argomento. “TUTTO BENE, MI MANCHI”
“ANCHE TU. OGGI POMERIGGIO PRIMA DEGLI ALLENAMENTI PASSI DA ME, NEINTE SCUSE”

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***



Sunshine ☼
 

CAPITOLO 4


Quel pomeriggio, uscendo da scuola, infilai le classiche cuffie nelle orecchie, inforcai la mia scassatissima bici e, mandando un bacio ad Amy che mi salutava da lontano, partii verso casa mia. Arrivata a metà strada sentii di nuovo lo strano rumore che la mia bici aveva fatto quella mattina. Pedalare divenne sempre più difficile, finché non arrivai ad una discesa e smisi di litigare con i pedali. Mi lasciai andare a tutta velocità, finché all’ultimo momento frenai, ma qualcosa andò storto. Più premevo sui freni, più acquistavo in velocità, e la strada si faceva sempre più vicina. Tentai disperatamente di sterzare col manubrio, ma niente, ero un inarrestabile proiettile che sarebbe stato investito quanto prima. Avevo solo 16 anni, non potevo morire così. Arrivai alla strada e chiusi gli occhi aspettandomi un impatto che ovviamente arrivò dopo pochissimo. Sentii la bicicletta scivolare via da me e cadere inerme qualche metro più avanti. Sentii il mio corpo rimbalzare sull’asfalto e, poco prima che la mia testa colpisse il cemento aprii gli occhi e vidi il mio prezioso MP3 precipitare a terra e distruggersi in mille pezzi.
 
“Ha solo una spalla lussata, qualche livido e…ah sì ha sbattuto la testa, ma se la caverà con una semplice emicrania di qualche ora.. niente di più”
“Grazie dottoressa…resto io con lei finché non arrivano i familiari”
Aprii lentamente gli occhi cercando di focalizzare le due imponenti figure che si stagliavano davanti a me. La prima era una donna con un camice bianco e al collo uno di quegli affari per misurare il battito del cuore. Mi sorrise mostrando una fila di denti bianchi quanto il suo camice, poi alzò una mano e mi salutò. Tentai di sorridere ma era troppo faticoso, quindi mi limitai a fissarla. Strinse la mano all’altra persona affianco a lei e se ne andò. Successivamente mi concentrai sulla figura a qualche metro da me. Era un ragazzo alto e abbastanza muscoloso, dai capelli biondi e gli occhi azzurri, una pelle candida con le guance leggermente arrossate, mani grandi… non lo riconobbi finché non mi sorrise. Un sorriso furbo e ribelle ma anche leggermente in ansia. Era il motociclista di quella mattina. Raccolsi tutte le forze che mi restavano  e formulai il discorso più tagliente che mi riuscì, per poi sputargli tutto addosso.
“Quindi è così che funziona? Se qualcuno rifiuta un tuo passaggio viene automaticamente investito?”
“Sei stanca Dena, ti conviene riposare. Anche perché l’incidente è stato tutta colpa tua”
“Colpa della bici, non  mia. I freni hanno smesso di funzionare. E stammi lontano” ribattei dato che si era lentamente avvicinato al letto.
“Tentavi il suicidio, piccola sedicenne depressa?” rise lui.
Cercai qualcosa con cui ribattere, ma mi bloccai. Mi aveva chiamata “Dena”. Sapeva che avevo sedici anni. Come diavolo era possibile che quel tipo sconosciuto sapesse così tante cose di me? Era uno stalker?
“E tu come fai a saperlo?” chiesi tagliente.
“Sapere cosa?”
“Che ho sedici anni, che mi chiamo Dena.. Sai altre cose su di me?” domandai sconcertata.
“Che tipo di cose? Che fai nuoto a livello agonistico da molti anni? O che ascolti musica davvero orribile? Ah, sì, frequenti la biblioteca comunale e dimentichi sempre tutto. Altro?”
Rimasi a bocca aperta. Chi era quel tipo e cosa voleva da me? Avevo visto milioni di film dove le ragazze venivano seguite, poi stuprate e alla fine fatte a pezzi e avrei preferito mille volte rimanere investita che buttata in un fiume dentro un sacco nero della spazzatura. D’accordo, stavo esagerando.
“Com’è possibile? Cosa vuoi da me?” chiesi scrutando attentamente il suo viso.
Alzò le spalle e rispose: “Sono tutte cose che ho trovato nel tuo portafogli. Ho dovuto fornire i tuoi documenti per farti portare all’ospedale, dopo averti investita. Ho tirato a indovinare sullo sport, visto le spalle larghe che ti ritrovi, tipiche di chi nuota spesso e ho spiato un po’ il tuo MP3 dopo averlo rimontato, mentre ti facevano tutte le analisi necessarie. Ah, ti dimentichi tutto perché ti sei scritta la lista della spesa sulla mano” rise, poi mi mostrò il palmo della sua mano tutto scarabocchiato “e lo faccio anche io”.
Cercai di incanalare tutte le informazioni ricevute e l’unica cosa che mi venne da dire fu: “Hai aggiustato il mio MP3?”
Mi guardo sorridendo di sbieco e tirò fuori dalla tasta il piccolo aggeggio, tirandomelo poi nel letto in cui ero sdraiata.
“Non mi hai ancora detto come ti chiami” dissi giocherellando con le cuffiette rimaste attaccate nell’ MP3.
“Chiamami Daniel” rispose lui continuando a guardarmi.
In quel momento entrò nella stanza Alex che si precipitò su di me e mi prese la mano guardandomi con preoccupazione e dandomi un bacio.
“Che è successo?” disse preoccupato, guardando la fascia che avevo allacciata dietro al collo e che serviva a sostenere il braccio a causa della spalla lussata. “Appena ho sentito che eri in ospedale mi sono precipitato qui, non ho nemmeno ascoltato perché” continuò. Gli raccontai tutto, facendomi aiutare da Daniel che spiegò cosa aveva fatto dopo avermi accidentalmente colpito, mentre Alex lo guardava storto. Daniel mi aveva preso in braccio, allontanandomi dalla strada. Era rimasto accanto a me fino all’arrivo dell’ambulanza, cercando di muovermi il meno possibile per paura che ci fosse qualche osso rotto. Sembrava lo facesse apposta a raccontare i gesti carini che aveva fatto con me mentre non ero cosciente, ed Alex se ne accorse. Si avvicinò a Daniel guardandolo male, mentre questo mi guardava con un sorrisetto tutt’altro che pudico e con una luce strana negli occhi. Mi conosceva da un’ora e già ci provava con me? Pazzesco.
 In quel momento nel corridoio si sentì la voce squillante di mia sorella. Io ed Alex ci guardammo allarmati, poi lui prese la giacca, si avvicinò a Daniel dicendogli “Tu non mi hai mai visto qui, chiaro?” e se ne andò mandandomi un bacio. Tirai un sospiro di sollievo e cercai di sorridere, mentre le facce allarmate dei miei familiari entravano nella piccola stanza di ospedale che mi era stata assegnata.


angolo autrice ♥

Eccomi qua, finalmente ce l'ho fatta. Questo è il nuovo capitolo di "Sunshine" e spero come sempre possa trasmettervi qualche bella emozione. Chiedo scusa a chi avevo promesso che il capitolo sarebbe stato pronto martedì, ma proprio non ho avuto tempo di caricarlo. Mi raccomando continuate a
commentare, le vostre recensioni sono importantisseme. Grazie mille a tutti. Un super abbraccio


DRACLAIRE

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