Journey. Questo è il mio viaggio.

di Heiwana_Kodai99
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'inizo. ***
Capitolo 2: *** La polizia ***
Capitolo 3: *** Amore ***
Capitolo 4: *** Nuova vita ***



Capitolo 1
*** L'inizo. ***


                                                                                                                          L'INIZIO

Non era assolutamente sua intenzione andarsene e abbandonare così la sua vita, eppure lo stava per fare e per giunta in segreto silenzio. Lo sapeva, lo aveva sempre saputo che le cose sarebbero andate a finire così prima o poi, non era mai stata una persona ottimista e tutta quella felicità che lo accompagnava in quei giorni era un brutto presentimento per l'avvenire. In realtà poi, se analizziamo bene la faccenda, lui non ne ricavava niente da quella fuga azzardata lo stava facendo solo per quel bel viso che ora dormiva seneramente. Si, forse stava abbandonando la sua vita, ma non poteva abbandonare lei. Lei valeva molto più della sua clasica e banale esistenza da ragazzo qualunque. Quando guardava i suoi tratti dolci e gli occhi grandi si chiedeva cosa avesse di tanto speciale e se tutta quell'enfasi che lo percorreva quando la guardava dipendeva da quello sguardo. Perchè in cuor suo lo sapeva che quello non era uno sguardo qualunque anche se non l'aveva mai fatto notare perchè lei era solita arrossire vigorosamente quando qualcuno faceva nome della sua bellezza. Tanto meno se ne rendeva conto. Ma tornando a noi dicevamo che doveva andare, diciamo seguirla. Quello non era il suo viaggio bensì quello del bellissimo angelo che dormiva vicino a lui, gliene aveva parlato spesso, dicendo che non doveva seguirla ma continuare a vivere normalmente. E come? Si era chiesto lui. Come vivere normalmente senza di lei?
- Non seguirmi, Nicola, sarebbe inutile.
- Ma io non voglio stare senza di te, lo vuoi capire?!
- Lo so, lo so. Ma questo è il mio viaggio...
Lui le aveva poggiato le mani sulle spalle
- Un po' d'aiuto non fa mai male, no?
Lei aveva sorriso tristemente.
- Ti aiuterò a trovare i tuoi genitori, Michelle.
Quest'affermazione suonava strana se non si conosceva il contesto di quella loro conversazione. I genitori di Michelle erano veramente sperduti, e forse si erano anche dimenticati di avere una figlia, dato che questa era andata in adozione dopo poche settimane di vita. I suoi genitori adottivi non pensavano minimamente che una volta rivelatele questo segreto lei prendesse e decidesse di scappare, o meglio, partire senza avvisare prima.
Aveva solo la cartella dell'adozione dove c'era il nome dei suoi e l'indirizzo, ma non significava niente, potevano essersi trasferiti, o non essere più in vita. Sinceramente cercava di non pensarci proprio a quest'ultima ipotesi ma a volte la mente, irrazionale, vi cadeva o non poteva fare a meno di pensare che tutto era possibile e che quello era un viaggio senza neanche una meta precisa.
- Lo capisci da solo, Nicola, che questo viaggio è già abbastanza assurdo per me, figuriamoci per te. Devi lasciare i tuoi genitori, i tuoi amici, le tue abitudini, la musica, le uscite il sabato sera, il...
- Lo so, non serve che me lo ricordi. E lo faccio solo per te, sono pronto a riunziare a tutto questo solo per te. Lasciami venire o non vivrò mai. Potrò dire che mi hai ucciso.
- Quindi la colpa sarebbe anche mia??
- Michelle. Io voglio te e te sola. E' il mio unico scopo. Il mio unico desiderio. Lasci almeno che diventi realtà.
La ragazza sospira, mentre i capelli rossi le coprono metà del volto, mostrando solo per un po' la sua tristezza, effettivamente a lei faceva più che piacere se qualcuno la accompagnava nella sua follia, ma se questo comportava la fine della sua apertura al mondo le sorgeva solo una domanda. Perchè? Non poteva essere l'amore, non esisteva una forza capace di ciò, forse solo la pazzia. Ma d'altronde spesso amore e pazzia sono collegate da un filo invisibile. Chi era lei per negare il diritto della libertà, uno dei diritti fondamentali, a quel ragazzo? Nessuno. Eccola la risposta, non poteva dire di no.
- Va bene. Seguimi, stanotte dormi da me, partiamo domani all'alba, portati vestiti e tutti i tuoi risparmi.
Detto ciò non aspettò neanche la sua risposta o un saluto, perchè le bruciava ancora troppo che gli aveva veramente permesso di seguirla. Il vento scosse il suo vestitino azzurro, lasciando vedere le gambe perfette. In fondo a lui bastava anche solo quello: guardarla.
La sera infatti era da lei, non mangiarono quel giorno. Il peso della partenza riempiva già il loro stomaci. Andarono a dormire ma non ci riuscirono, almeno lui.
La mattina dopo, all'alba, erano pronti. Gli zaini in spalla, tutto a posto, a parte per la loro coscienza, quella se la sentivano sporca e opprimente.
Fuori faceva freddo, forse non per la stagione, dato che era giugno, ma perchè era quello che loro sentivano. Brividi di freddo lungo la schiena, dentro il corpo, nella mente.
Michelle fece il primo passo verso la strada, la conosceva a memoria, e finchè bisognava andare in posti conosciuti non c'era problema. Nicola era ancora fermo.
- Sei proprio sicura?
Anche lei si fermò, ma non lo guardò in faccia. Guardava solo davanti a se.
- Si, sono pronta.
Fece un lungo respiro e una nuvoletta di vapore si diffuse per l'aria, faceva veramente freddo.
Cominciarono il viaggio in silenzio, la tensione era troppa e polverizzava qualsiasi parola pronta a uscire dalla loro bocca. Si stavano dirigendo verso la linea del tram, anche lui conosceva bene quella strada. Si sedettero sulla panchina di plastica per aspettare l'8, distanti, quasi come se fossero perfetti sconosciuti legati solo dal fatto di dover prendere lo stesso tram.
Nicola cominciò a chiedersi se valeva la pena di fare tutto questo per lei, lei che era sempre sorridente e chicchierona e che adesso stava in silenzio, a guardarsi le vans che aveva ai piedi. Ma si che ne valeva la pena, il suo profilo era stupendo: il suo piccolo naso, le labbra carnose e rosse e gli occhi grandi, blu. La sua carnagione era sempre bianca, e col freddo che c'era, adesso lo era ancora di più, facendola assomigliare quasi a una morta. Fortuna che i capelli rossi la riaccendevano un po', la prima volta che li aveva visti le aveva chiesto quando se li era tinti ed era rimasto piuttosto sconvolto quando lei gli aveva risposto che non si era mai fatta una tinta in vita sua e che quel colore era naturale.
I boccoli le ricadevano sulle spalle candide, sempre perfetti, anche dopo giorni che non se li pettinava. Come faceva a non accorgersi della sua bellezza per Nicola rimaneva ancora un mistero.
Il rumore del tram sui binari ruppe quel silenzio quasi imbarazzante. Michelle si alzò in piedi di scatto, facendo prendere un colpo al suo nuovo compagno di viaggio. L'otto era vuoto, doveva essere la prima corsa. Entrando dentro la ragazza si accorse che c'era un uomo dentro, seduto su una sedia in fondo. Aveva una valigetta ventiquattro ore, sembrava una persona seria, sobria, pronta a svegliarsi alle cinque per arrivare a lavoro puntuale. Alzò la testa e guardò quei due ragazzi annoiato. Era presto per andare a scuola, ma non voleva fare domande. Era sempre stata una persona fredda e distaccata. Guardò fuori dal finestrino, malgrado i pochi gradi era una bella giornata.
Ottima per cominciare un viaggio.
I due ragazzi si sedettero vicini dall'altra parte del tram, Michelle era sempre in silenzio, con le mani poggiate sopra le ginocchia. Nicola non resistette all'impulso e ne afferrò forte una, stringendola fra le sue. Lei alzò lentamente la faccia e lo guardò negli occhi color miele. Era la prima volta, da quando era iniziato quel viaggio, che sostenevano lo sguardo.
Nicola non sapeva cosa dire e pensò bene che non era ancora ora di rompere quel silenzio, in fondo ci si era abituato, e andava bene così.
La fermata della stazione non era tra molto, forse un quarto d'ora, forse meno. Non sapevano quanto costava il biglietto per Milano, avevano circa duecento euro a testa, e dovevano bastare per il cibo e qualsiasi incoveniente che poteva presentarsi lungo il percorso. Un biglietto solo andata, forse una ventina d'euro. Speravano non di più.
Mancava una sola fermata e la ragazza si alzò, senza però lasciare la mano di Nicola, gli dava forza, e ne aveva veramente bisogno in quel momento.
Chissà, forse i suoi genitori adottivi si erano svegliati e la stavano disperatamente cercando. Lei aveva visto molti film dove i ragazzi partivano e lasciavano bigliettini tipo "Sto andando a Milano, vi voglio bene, non cercatemi." Ma le sembrava una cosa stupida e in questa storia aveva preferito non lasciare nessun messaggio del genere. L'unica cosa che la preoccupava, e che preoccupava anche il suo compagno di viaggio, era la polizia, che sicuramente avevano già chiamato. L'avrebbero riportata in quel mondo di finzione che la stava lentamente e incosciamente uccidendo. Scesero dal tram. Il freddo mattutino aveva lasciato il posto a una leggera brezza e ai raggi caldi del sole estivo. I suoi compagni di classe stavano già festeggiando l'ultimo giorno di scuola?
Camminarono a passi svelti verso la stazione. C'era poca gente in giro, qualche famigliola alzata di buon'ora per partire, uomini d'affari, qualche coppietta perdutamente innamorata, ma nessuna coppia di ragazzi quindicenni con zaino in spalla e sguardo perso. Questo contribuì a far crescere il dubbio di quanto fosse stata giusta quella scelta nei cuori di Nicola e Michelle, ancora mano nella mano.
- Mi dispiace, Nicola.
Michelle lo guardò e ruppe la tensione che si stava portando il silenzio.
Chissà cosa volevano dire veramente quelle parole... si stava comportando in modo strano...
- Non dire sciocchezze e andiamo.
Rispose serio lui, più determinato di prima. Entrarono dentro e presere due biglietti per Milano.
Durante il viaggio cominciò a piovere a dirotto. Nicola lo immaginava, era una giornata troppo perfetta.
Quel giorno non mangiarono e arrivarono a Milano con lo stomaco completamente vuoto. Nessuno di loro ci era mai stato e i mille incroci e le strade grigie recavano loro sconforto.
Nicola le prese la mano.
-Dove ... dove andiamo, Nico?
-Non lo so.
-Sei mai stato a Milano?
-No, ma dobbiamo mangiare qualcosa, qualsiasi posto andrà bene, domani ci occuperemo della ricerca.
Michelle annuì, lei lì da sola sarebbe già caduta in depressione, davanti al primo incrocio o alla prima strada, fortuna che c'era la sua mente lucida, sempre ordinata. Anche se il caos nel suo cervello era un po' troppo per riuscire ad avere un ordine così facilmente, e poi, chissà se l'avrebbe mai avuto. Guidata dal passo svelto dell'amico, Michelle si prese il lusso di non guardare nemmeno dove camminava e di pensare a tutto quello che aveva fatto, che avrebbe dovuto fare e che non aveva avuto il tempo di fare. Non aveva più quel pessimismo che la portava alla sicura morte dei suoi veri genitori, perchè adesso era veramente scappata, aveva veramente abbandonato tutto e viaggiato quattro ore su un treno. L'immagine del palo era a meno di un millimetro dal suo volto.
-Attenta! Ma dove guardi?
-Si scusa.
Non fosse stato per Nicola, che l'aveva prontamente presa e scansata al lato, il suo naso sarebbe stato sicuramente rotto e sanguinante, un pessimo inizo per il viaggio più importante della sua vita.



IL MIO ANGOLO
Ciao ragazzi! Allora, questa è la mia prima storia, che ve ne pare? (è orrenda lo so...)
Avevo semplicemente voglia di scribbacchiare un po', avete presente? E mi sono detta: toh! un sito apposito per le storielle, perchè non la pubblichiamo qui?
Infatti l'ho fatto e ho intenzione di continuare a scriverla e spero tanto di finirla (ci riuscirò? Bha...)
L'idea ce l'avevo in testa da tantissimo tempo in realtà, ma sono pigra *coff coff* okay okay, moolto pigra e non mi era mai girata di scriverla sul serio...
E vabbè.
La cosa invece divertente è che neanch'io sono mai stata a Milano (e allora perchè diamine hai scelto Milano e non... che ne so... Firenze!?!?!)
Bella domanda, non lo so. Forse proprio perchè non ci sono mai stata... mi impersonifico meglio nel personaggio!
Detto ciò vi saluto, a presto!

                                                                                                                                                                                                                                                                                       Heiwana

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Capitolo 2
*** La polizia ***


                                                                    LA   POLIZIA                                                  



Avevano trovato un piccolo parco non lontano da lì ed erano concordi sul fatto che per quel momento era il posto migliore dove accamparsi quella notte. C'era un minuscolo boschetto che offriva un sacco di ripari per ragazzi intenti nel svolgere un viaggio a dir poco impossibile.
Ma stando lì Michelle non potè che constatare che il letto di casa sua era decisamente molto più comodo del sacco a pelo sul terriccio e che guardare i suoi poster prima di addormentarsi era sicuramente più rassicurante che le corteccie degli alberi e le foglie ondeggianti al sospiro del vento. Aveva sicuramente il suo fascino quel posto, ma al contempo era terrificante.
-Vorrei stare a casa mia...
Disse la ragazza, col mento basso e lo sguardo perso. Anche Nicola lo voleva, e aveva anche più motivi per desiderarlo eppure l'amore che provava per Michelle era più forte di tutto ciò. Anche se dimenticare era impossibile.
-Presto ci starai
Cercò di consolarla lui.
-Lo credi davvero?
Il mare dei suoi occhi sfiorava il suo sporco color miele. Doveva sorregere quello sguardo, era un mare in tempesta. Come calmarlo?
-Si.
-Sto cominciando a credere il contrario...
Michelle era in assoluto il desiderio maggiore di Nicola, e più la guardava e più se ne convinceva, ma era strana. Un giorno si alzava determinata, sicura e convinta delle prorpie infinite capacità e l'altro triste, abbattuta e sempre sul punto di un pianto silenzioso.
Quel viaggio non aiutava questi sbalzi di umore e il ragazzo non sapeva minimamente come comportarsi in questi casi.
La luce della luna illuminava il suo volto, rendendolo argenteo, i capelli rossi ricadevano a ciocche sparse sulle spalle, spettinati e sporchi ma sempre stupendi. Eccola, la prima lacrima di cristallo attraversare le gote rosee, scendere lungo il collo, fino al seno.
Furono i primi raggi del giovane sole a svegliarli. Le primi tenue luci dell'alba.
La città era ancora più bella sotto lo sguardo del cielo terso, la pioggia aveva lasciato goccie di rugiada su tutti gli steli d'erba, facendoli brillare ai raggi del sole.
Si incamminarono fino a un alimentari poco distante, per prendere qualcosa da mangiare. La tivù nel negozio era accesa, sintonizzata sul tg della mattina, i ragazzi alzarono la testa, ma solo perchè la televisione ha quello strano potere che ti attira anche se non te ne frega niente di quello che dice. Peccato che si accorsero che gliene importava.
Inquadrarono un giornalista giovane, nello studio con i fogli in mano, sull'enorme schermo dietro apparvero un immagine di una ragazza dai capelli rossi e gli occhi blu e un ragazzo con una zazzera bionda e gli occhi color miele. Loro.
-"Scomparsi durante la notte due ragazzi di sedici anni: Michelle Serpentini e Nicola Cecchi. Non si hanno ancora notizie.
 Cambiarono inquadratura  e videro una donna sulla cinquantina che portava con se i segni di una sicura bellezza.
-"La mia bambina non sarebbe mai scappata così, credetemi, la conosco troppo bene, era sempre così... allegra e sorridente... no, non può essere scappata!"
L'inquadratura era nella casa di Michelle, col quadro di Van Gogh alle spalle e i divani bianchi. La donna era seduta, in lacrime e guardava disperata il giornalista che le teneva il microfono.
-"Trovatela, dovete trovarla! La mia Michelle! La mia bambinaa! Me l'hanno portata via, uccideteli, la mia... la mia... bambina..."
Scoppiò in un pianto irruento e isterico.
Michelle corse fuori dal negozio, seguita da Nicola, ancora rivolto verso la tivù dove adesso riprendevano sua madre.
Arrivati abbastanza lontani la ragazza si fermò e cominciò a gesticolare frenetica, troppo confusa per trovare le giuste parole.
-La polizia... la ... Nicola, la polizia!
-Calmati, Mich, calmanti.
-Come cazzo faccio a calmarmi!?
Urlò lei esasperata.
-Lo capiranno subito che sono qua! Mi riporteranno indietro, non voglio, capito? Non voglio!!!
-Non lo capiranno, e anche se fosse, noi continueremo comunque il nostro cammino, non abbandoneremo per così poco. E da tre mesi che mi pianifichi questa fuga, non può andare in fumo così.
La ragazza guardò i suoi occhi calmi. Aveva ragione, perfettamente ragione. Doveva continuare a combattere, non poteva lasciarsi sconfiggere così facilmente. Oh no, non sarebbe stata affatto una semplice preda per la polizia. Deglutì e strinse i pugni per ritrovare la forza che l'aveva abbandonata.
-Si, hai ragione.
-Il commesso di quel negozio avrà pensato che siamo pazzi.
Il ragazzo sorrise, lei alzò la testa e fece ritornare la sua espressione serena e cordiale che le apparteneva.
In quel momento a Nicola prese l'impulso di baciarla, così, subito, ma non lo fece, forse per mancanza di coraggio.


IL MIO ANGOLO!
Hello, hello. Complimenti se siete arrivati alla fine di codesto obbrobrio, ma non piangiamoci addosso che la vita è bella!
E' corto, lo so, è un capitolo corto, ma che ci posso fare?
Volevo far durare questa storia molto, ma poi ho capito che non è il genere sul quale farci un libro, insomma quattro cinque capitoli andranno più che bene...
Ho già il finale in mente.... (e non lo dirò bhuaaaaaa! *molto cattiva* BHUAAAAAAAAAAAAA *moltoooooooo cattiva*) ok, basta.
A presto

Heiwana





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Capitolo 3
*** Amore ***


AMORE


Avevano chiesto più volte indicazioni ai passanti, ma erano sempre finiti da tutt'altra parte rispetto alla loro destinazione. Nessuno dei due capiva qualcosa della linea degli autobus e spesso li prendevano senza essere per niente sicuri del loro arrivo. Michelle era disperata mentre il compagno riusciva a trovare in quella situazione un non so che di ironico che gli disegnava sempre un sorrisino sul volto. La ragazza avrebbe voluto prenderlo a pugni quando aveva quella faccia e tutto ciò accresceva l'estasi di Nicola perchè, bisogna dirlo, Michelle era bellissima quando si incazzava.
Fatto sta che ancora non avevano la benchè minima idea di dove dovevano andare e di dove stavano andando. Erano tre giorni che stavano in viaggio. Ogni giorno si fermavano a prendere il giornale per vedere se parlavano di loro e se sapevano dov'erano andati a finire. La madre di Michelle era ancora dell'idea che era stata rapita, che stupida. Mentre la signora Cecchi si era già fatta un'idea distorta di quella che era poi la realtà e questo preoccupava i due.
La polizia era sulle loro tracce e non potevano fare a meno di sentirsi dei ricercati, che strana la giustizia!
Quella sera si erano trovati un posto dove dormire nell'androne di un palazzo abbandonato, per niente rassicurante.
-Miche.... ehm... non è che, per caso.... non lo so. Proprio qui??
-Hai paura?
-No, però sai...
-Okay, hai paura.
-Non ho detto questo! E' che fa freddo...
-Si, si.
La ragazza si voltò e la treccia vermiglia le oltrepassò la faccia da ninfa, sorrideva. Sorrideva e sembrava tranquilla. Dopo tutto quel tempo a piangersi addosso e a maledire quel viaggio, abbattersi e credere di non farcela Michelle sorrideva. E questo è come se avesse tolto un peso dal cuore di Nicola il quale riprese a respirare senza preoccuparsi per ogni parola, ogni sillaba della compagna.
-Che è quella faccia??
Chiese lei divertita. Il ragazzo si scosse.
-Sembri rincoglionito...
Disse lei ridendo.
-Ehy, attenta a quello che dici roshetta!!
-Ah si? Sennò?
Nicola cominciò a correrle dietro mentre lei scappava, mettendo in mostra le gambe coperte solo dalli short di jeans mentre la treccia seguiva il soffio del venticello estivo.
Nella corsa i due si tolsero le scarpe e si rincorrevano a piedi nudi, nell'erba alta ed incolta che segnava il perimetro della struttura di cemento carica di graffiti. Risero come prima di quello strano viaggio, fino a liberarsi i polmoni e respirare di nuovo aria pulita.
Michelle si nascose dietro al pilastro dell'androne.
-Che fai ti nascondi??
La voce di Nicola rimbombava nelle pareti.
-Miche!?
La ragazza trattenne a malapena un risolino.
Il ragazzo le si parò davanti, facendole cacciare un urletto subito bloccato.
Le labbra del ragazzo erano incredibilmente vicine e, prima di perdersi in quel bacio, si guardarono negli occhi. La passione di quell'amore da troppo tempo nascosto li avvolgeva nelle sue spire. Le braccia del ragazzo cingevano la schiena di Michelle mentre lei teneva la sua testa tra le mani e passava le dita sottili tra i suoi capelli bruni. Le labbra di Nicola scivolarono fino al collo e lì ripresero i baci.
-Nico...
Mormorò la ragazza osservando i suoi occhi.
-Ti amo.
Terminò la frase lui. Michelle lo ribaciò passionevolmente, cogliendolo di sorpresa. Finalmente poteva dire che quel bellissimo ragazzo era suo, poteva saltargli al collo ogni momento ed esplorare con lui cosa tiene in serbo il giovane amore.
Quella fu decisamente la notte più bella del loro piccolo viaggio. La paura che spesso volteggiava nei pensieri della ragazza, il pessimismo del compagno, l'incertezza di non arrivare a destinazione avevano lasciato il posto al fascino dell'indipendenza. Sembrava quasi che a Michelle le importasse di più stare con Nicola che trovare i suoi genitori, d'altronde perchè rischiare alla ricerca di un futuro che ancora non ci appartiene quando abbiamo in pugno una stupenda realtà quale era quella della ragazza?
Purtroppo (o perfortuna) quest'idea albergò nella sua mente solo fino a quando non si ritrovò a camminare per le strade di Milano. Allora lì riprendeva l'assoluto desiderio di scoprire gli abbracci di un vero padre e i baci di una vera madre. Questo non era un diritto in fondo?
Nicola invece non aveva la mente così ingarbugliata, a lui interessava solo vedere la sua ragazza felice e soddisfatta e se questo significava andare alla scoperta di una città prima mai vista, con solo cento euro in tasca, come clandestini allora andava bene.
Le loro mani si incontravano sempre, sia che fossero sereni, sia che avessero paura.
Come ogni mattina passarono dal giornalaio più vicino, per prendere il giornale. Il ragazzo tirò fuori dalla tasca degli spicci e li mise tra le mani dell'uomo. Con fare serio e adulto cominciò a sfogliare le pagine del quotidiano mentre mormorava.
-No... no... non mi interessa.... pubblicità.... no.... chissenefrega...
Poi eccolo, un piccolo paragrafo tra le ultime pagine, nell'angolo degli articoli a cui nessuno pensa.
-La polizia ancora sulle tracce dei due ragazzi: sembra li abbiano trovati.
Recitò Nicola con noia, come ogni giorno. Si fermò di colpo.
-Eh!?!? SEMBRA LI ABBIANO TROVATI!?

IL MIO ANGOLO
Hello hello, bella gente. Diciamo che se siete arrivati fino a qui bisognerebbe darvi una medaglia. (ehm... non ho una medaglia....).
Comunque! Trovo che questo capitolo sia completamente inutile, ma vabbè, non potevo arrivare subito alla fine così... boom! Quindi ho dovuto buttare giù questa sottospecie di capitolo orrido e del quale continuo a congratularmi se l'avete letto.
Alla prossimaa!

Heiwana

P.S.  Una recensione, anche negativa, fa sempre piacere =)

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Capitolo 4
*** Nuova vita ***


NUOVA VITA


Michelle cominciò a sudare freddo e si poggiò alla spalla del compagno, sentiva che le forze la stavano abbandonando, ma d'altronde sarebbe dovuto succedere qualcosa prima o poi, perchè tutta quell'agitazione proprio in quel momento? Lo sapeva, no? Fatto sta che l'aria nel polmoni non le bastava più per soddisfare il suo organismo e che presto dovette respirare spalancando la bocca e prendendo grandi boccate d'aria per farne entrare un decimo. Non aveva mai sofferto d'asma e questo l'allarmò ancora di più, avrebbe voluto urlare ma non ci riusciva.
Perchè tutta quell'ansia quando sapeva benissimo che stava per accadere?
Nicola si prese uno spavento guardandola così e la sorresse fino ad arrivare in un parchetto dietro l'angolo, dove la fece sedere per terra.
La teneva per le braccia e la guardava preocccupatissimo.
-Nicola, calmati, sto bene.
Riuscì a dire lei dopo che i suoi polmoni si accontentarono dell'aria a loro disposta.
-No, no che non stai bene.
-Si chiama shock, e passa subito.
-Non mi interessa.
Si guardarono negli occhi, il ragazzo aveva un'espressione indecifrabile che Michelle non riusciva a leggere. Preoccupazione, rabbia, malinconia... cosa?
-Nico, sto bene.
Il ragazzo si poggiò con la schiena all'albero dietro e fece appoggiare la testa della ragazza sulla sua spalla. Con una mano la stringeva a sè mentre l'altra lentamente scivolava verso la fronte, dove si fermò.
-Michelle.
-Si?
-Scotti, hai la febbre.
A quelle parole la ragazza si alzò composta, di scatto.
-Cosa?
-Hai la febbre.
-Ti stai sbagliando.
-Non è una colpa.
-Bhe... se questo impedirà il normale proseguimento del nostro viaggio, allora lo è.
-Proseguimento?
Nicola sfoggiò un sorriso privo di speranza.
-Dubito che ce ne sarà uno.
Quelle parole arrivarono dritte al cuore di Michelle come un pugnale. Poi, gradualmente, anche alla sua mente. Ancora non se ne era resa conto, Nicola aveva perfettamente ragione, il problema era che lei non voleva rendersene conto. Stava ancora sperando di ritrovare le carezze di una madre ormai dispersa. Così, invece di saltargli addosso picchiandolo a sangue come per un attimo aveva avuto il brivido di fare, si girò dall'altra parte, e lasciò libero sfogo alle lacrime. Attraversando le gote rosse di febbre esse si poggiarono sui pantaloncini, scurendo il jeans.
Si portò lentamente la mano alla fronte. Scottava.
-Credo... credo di avere la febbre.
Prese il suo zaino e uscì dal parchetto, ritrovandosi davanti all'edicola, poi si voltò a guardare il compagno.
Nicola, dal canto suo, non avrebbe mai voluto pronunciare quelle parole, almeno non con quel tono, ma non era certo tipo da tenersi la verità nascosta nel petto per non ferire le persone, purtroppo aveva detto esattamente quello che pensava e col tono che più gli si addiceva.
Guardò la compagna superare il cancello e per una volta decise di seguirla senza dubitare di lei.
Michelle camminava veloce e senza la minima interruzione, con la testa alta e lo sguardo fiero e con le lacrime che ancora le incorniciavano la pelle diafana. Dopo aver percorso tutta la via, girò, neanche lei sapendo bene dove, per una stradina laterale.
Il ragazzo si fermò e respirò pesantemente, forse per farsi notare da Michelle. Anche lei smise di camminare. Guardò in alto, gli alberi erano in fiore e lungo la via c'era un tappeto di petali bianchi.
-Allora?
Chiese, leggermente scocciata.
-Il... il treno è dall'altra parte...
-Lo so.
-Miche, non vorrai dirmi che...
-Si ho perfettamente intenzione di continuare il viaggio.
Nicola sospirò, quel giorno era la Michelle Determinata, non poteva in alcun modo distorgliela dal suo obiettivo.
Lei, infatti, riprese il suo passo veloce come se non fosse successo niente, intanto guardava i petali che cadevano dai fragili rami, volteggiavano leggeri nell'aria e una volta finito il loro ballo si poggiavano graziosamente al suolo.
Finita la strada si ritrovò sulla via principale. Rimasa pochi attimi in silenzio, il tempo che Nicola potesse raggiungerla e poggiarle una mano sulla spalla.
Poi, il suono più brutto che potessero immaginare ruppe il loro silenzio.
La sirena della polizia.
La macchina blu accostò al marciapiede e delle parole stridenti uscirono dall'altoparlante: - Michelle Serpentini, Nicola Cecchi, siete stati avvistati! Venite qua!
Michelle urlò.
-VAFFANCULO!
-Miche, aspetta!!
Ma la ragazza stava già correndo senza pensare, le gambe la guidavano senza sapere assolutamente dove e tantomeno perchè. Dopo poco cominciarono a bruciare, ma lei non si fermava.
La sirena aveva ripreso a suonare.
Nicola correva dietro di lei.
La vista di Michelle si faceva annebbiata dalla stanchezza.
Le gambe quasi le cedettero, ma si rimise subito in piedi e piangendo istericamente riprese quella corsa sfrenata e insensata come l'inizio di quella storia.
In questo momento vorrei avere un Diario e cominciare la pagina di oggi così.
Caro Diario,
Non voglio tornare a casa, non voglio salire su quella macchina, questo mondo finto mi fa venire la nausea e ancor di più la gente che lo abita.
Credevo di aver trovato in Nicola qualcuno che mi capisse, ma anche lui voleva riportarmi in quella che tutti credono sia la mia casa e da quelli che tutti credono siano i miei genitori.
Non so cosa farò adesso, ma le mie gambe non vogliono fermarsi, neanche questa dannata sirena. Perchè non mi lasciate in pace? Non ho il diritto di vivere come ritengo sia giusto per me? Sono grande, forse l'unica cresciuta qui.
Voglio essere serena e tranquilla, senza preoccupazioni. Questo almeno è un mio diritto?
-MICHELLEEEE!
Era Nicola, urlava con tutto il fiato che aveva in corpo.
La ragazza stava attraversando la strada, sicuramente senza saperlo neanche.
E successe quello che può succedere in un attimo.
Il cuore di Nicola si fermò.
L'aria divenne pesante e immobile.
Irrespirabile.
I petali smisero di volteggiare nell'aria.
Le persone si bloccarono per strada.
Nessuno produceva più alcun suono.
Solo quella dannata sirena.
E poi quel tonfo sordo.
Il corpo di Michelle giaceva a pochi metri da una macchina col vetro rotto, spaccato.
Una pozza di sangue si andava ingrandendo attorno al corpo della ragazza.
Caro Diario,
quanto sangue, tutto attorno a me.
Perchè la sirena non smette? Voglio riposare un po'.
Questo è sicuramente un nuovo inizio, come volevo io. Adesso starò in pace, vero? Ti prego dimmi che adesso starò in pace.
Perchè Nicola ha quella faccia così strana? E' buffo...
Bisogna che qualcuno gli dica che io sto bene, voglio solo riposare un po'.
Chiudere gli occhi. Stare in pace.
Ma quando chiudo le palpebre diventa tutto nero, lo so.
Nicola mi ama, vero? Il suo amore mi illuminerà un po' il cammino.
-MICHELLEE!
Nicola corse vicino al corpo della ragazza. Il suo corpo era attraversato da brividi, da singhiozzi. Le lacrime andavano a mischiarsi col sangue per terra.
La ragazza sorrideva.
-N...ni...cola...
-Sh.
Il ragazzo poggiò cautamente un dito sulle sue labbra rosee, indugiò sui suoi occhi blu, che lentamente scolorivano. Le prese una mano ricoperta di sangue.
-Ti amo Michelle.
-A...anch... io.
Lentamente le palpebre di Michelle si chiusero, trattenendo due lacrime, come perle di cristallo, che le incorniciavano le ciglia.
Nicola strinse il suo corpo a sè. La sirena finalmente smise di suonare.
E quando essa produsse il suo ultimo suono, il cuore di Michelle produsse il suo ultimo battito.

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