The wonderland of Alice

di Lady Alice
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Lune storte ***
Capitolo 3: *** French Kiss ***
Capitolo 4: *** Voglia di pizza ***
Capitolo 5: *** Breakfast time ***
Capitolo 6: *** Shopping con la mamma del mio ragazzo ***
Capitolo 7: *** Alice e il baileys ***
Capitolo 8: *** Alice e l'ora di matematica ***
Capitolo 9: *** Alice, la famigerata ex e il prode Riccardo! ***
Capitolo 10: *** Buon quarto mese ***
Capitolo 11: *** Tutta colpa tua ***
Capitolo 12: *** Maybe no ***
Capitolo 13: *** Yes! Yes! Yes! ***
Capitolo 14: *** Non si chiede ***
Capitolo 15: *** Parola di lupetto ***
Capitolo 16: *** The quiet before the storm ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Che palle…

È il mio primo pensiero.. sempre. Costantemente.

O perlomeno ogni volta che apro gli occhi e vedo il soffitto affrescato sopra di me.

Le costellazioni sono sempre quelle. Gli dei e le dee dell’olimpo sono sempre lì alle pareti.. e ogni volta che le vedo non posso non chiedermi perché quelle menti malate dei miei genitori abbiano deciso di conciare la mia povera camera in questa maniera. Forse sono entrambi seriamente psicolabili… maniaci schizofrenici che prima o poi recideranno la mia sedicenne carotide con un pezzo di vetro per poi occultare il mio cadavere fino al…

Il mio viaggio mentale si interrompe bruscamente nel momento in cui inciampo nella coperta e finisco lunga distesa giù per terra.

Allegoria dello stoccafisso antropomorfo… ok basta con i viaggi mentali anche perché…. Cazzo… ritardo!

Mi rialzo in piedi schivando Muffin, il mio gatto, corro all’armadio… ehm scusate, gli armadi, e apro la prima anta.

Ook… allora oggi Emo o chic?

Forse la cosa più bella dell’essere figlia del presidente di una multinazionale e di una manager è la consapevolezza che sei ricca… tanto ricca… tanto tanto tanto ricca. E di conseguenza è legittimo possedere dieci armadi perché si hanno troppi vestiti… tenendo conto che uno è solo per le scarpe e uno solo per le borse… e poi c’è quello delle giacche e quello dei vestiti per le occasioni importanti… quindi diciamo che gli armadi e le cassettiere che utilizzo sono fondamentalmente sei… .

Comunque, mentre decidevo fra uno stile e l’altro, udivo il gracchiare della voce di mia mamma che mi avvisava che la macchina era pronta e di muovermi perché altrimenti sarei arrivata in ritardo.

"Ovvio che lo so! Ma non esco senza essermi lavata! Non sono una capra mamma…"

Mezz’ora dopo esco dal bagno con i capelli perfettamente stirati, la pelle color porcellana e tre kg di matita nera sotto agli occhi.

"Oddio Alice come ti sei conciata?"

"Così…" e apro le braccia per farle ammirare la maglietta a righe nere e rosse, i jeans neri moooolto skinny e le mie adorate vans a pantofola a scacchi neri e rossi.

"Alice… quando imparerai a vestirti?"

"Ma io ho già imparato! Ciao mamma.."

"Ma…"

"Vuoi farmi arrivare in ritardo? Ciao!"

Esco di casa prima di sentire la sua risposta.

"Alice per favore… se ti cade lo smalto sulla tappezzeria dovrai riferire a tuo padre."

"Tranquillo Sergio… il mio equilibrio è ottimo… anche durante le tue curve paraboliche."

Che cazzata…

Grazie a Dio almeno per questa volta ero riuscita ad evitare lo spargimento di smalto nero sui sedili della macchina.

Lo stavo facendo notare all’autista quando la macchina aveva inchiodato di botto, buttandomi in avanti nonostante le cinture fossero riuscite a bloccarmi.

"Ma guarda un po’ te questo figlio di…" era stato il suo commento, rivolto al ragazzo che aveva attraversato di colpo la strada.

Io non ero riuscita a trattenermi: avevo abbassato il finestrino e avevo cacciato fuori la testa.

"Ma brutto afgano ci tieni così tanto a fare un giro sul mio cofano?! Guarda dove vai testa di ….!"

Il ragazzo ormai arrivato dall’altra parte della strada non si era nemmeno girato, si era limitato ad alzare il dito medio della mano sinistra e a sventolarmelo davanti alla faccia.

"Stronzo schifoso!" avevo sbottato mentre rientravo dal finestrino e mi risiedevo.

"Calmati! Sei tu quella nel torto eh… una signorina per bene non si sarebbe mai comportata come te."

"Sergio i tempi sono cambiati… o tiri fuori le palle o ti inculano a sto mondo…"

"Sarà, ma la buona educazione…"

"Oh che peccato.. arrivata! Ciao a dopo! Grazie del passaggio!"

Ero schizzata fuori dalla macchina a velocità supersonica per evitarmi l’ennesimo sermone dell’ormai cinquantenne autista.

Avevo varcato la soglia dell’inferno come ogni mattina, accogliendo piacevolmente la ventata d’aria calda sul viso e mi ero diretta al solito tavolo per fare colazione con il mio gruppo.

"Ciao a tutti!"

"Ciao Alice" mi avevano risposto in coro gli altri.

Avevo mollato la giacca di chanel nera sulla sedia e mi ero messa in coda per prendere la solita tazza di cioccolata col latte.

Poi mi ero accorta che qualcuno mi stava fissando.

Mi ero girata spazientita e mi ero ritrovata di fronte a due occhi nocciola perfettamente posizionati all’interno di un viso bianco marmo. Sembrava essere stato scolpito da uno di quegli artisti greci che tanto amavo.

"Cazzo vuoi?" era stato il suo commento.

"Forse che la smetti di fissarmi il culo?"

"Allora non eri così sboccata solo perché eri incazzata prima… sei sempre così maleducata…"

"Con la gente che se lo merita…"

Mi aveva guardata per un secondo in silenzio.

"Guarda che è il tuo turno… ti muovi o vuoi farmi ammuffire?"

Mi ero girata subito per fare la mia ordinazione e dare la tessera del liceo al barista.

"Senza parole?" il suo tono stava iniziando a darmi sui nervi.

"No fingevo semplicemente che tu fossi solo un’illusione."

Questa volta era rimasto lui senza parole… o forse mi ero semplicemente allontanata prima di sentire la sua risposta.

Ed ora eccomi qui, di nuovo a casa. Mangio qualcosa e intanto ripenso a quello che era successo quel giorno… niente di particolare, non avevo più rivisto il meraviglioso creaturo che avevo quasi investito quella mattina, ma in compenso avevo passato sei ore a guardare dei cazzutissimi documentari di arte, visto che tutti i professori erano ammalati e la prof di arte ci aveva fatto supplenza per tutto il giorno.

All’uscita avevo trovato come al solito l’autista che mi aveva riportato a casa.

Lascio la tavola apparecchiata, tanto come al solito ci penserà la colf a ripulire il tutto e me ne vado in camera mia.

Accendo il portatile e mi connetto ad internet.

Un quarto d’ora dopo la ricerca sul gotico è finita. Appoggio gli occhiali sul tavolo e mi tuffo nel letto. Mi sdraio sulla schiena, osservando l’affresco.

Mi accorgo di essermi addormentata solo quando sento la voce di mia mamma a due millimetri dal mio timpano.

"Allora! C’è la cena stasera! Muoviti a prepararti! E struccati signore santo che sembri una morta! Alice! Allora ti muovi!"

"Cazzo scialati! Un attimo…"

"Manca meno di un’ora sono già le sei e mezza! E ringrazia il cielo che il collega di tuo padre viene da noi e non dobbiamo organizzare il trasporto! Vestiti bene!"

"Ok… la tuta va bene?"

"Alice!"

"Scherzavo!"

Sbuffo mentre lei si richiude la porta alle spalle.

Mi ero completamente dimenticata della cena… cosa cavolo mi metto adesso?

Infilo la scarpa destra mentre suona il campanello. Un’ultima occhiata allo specchio e scendo di sotto, appena in tempo per accogliere gli ospiti.

Sorrido a mia mamma, mentre lei mi guarda compiaciuta.

Indosso un abitino nero con scarpe in tinta, collana di perle lunga e i capelli sciolti e lisci.

Sfodero il mio miglior sorriso mentre la porta si apre per lasciare entrare un uomo alto dai capelli brizzolati, una donna bionda con un cappotto beige e… l’afgano di oggi.

Cazzo, cazzo, cazzo! Cosa ci fa lui qui?!

"Buonasera, Stefano, Giulia e tu… tu devi essere Alice vero? Le foto non ti rendevano giustizia… dal vivo sei molto più bella… hai preso tutto da tua madre vedo" dice il signore davanti a me con un sorriso a ottomila denti.

"E ovviamente di me non ha niente vero Tommaso?" replica mio papà ridendo.

Battute fra uomini d’affari… come al solito… però non sembrano così male… figlio a parte.

"Oh ma che maleducato, non vi ho ancora presentato mia moglie e mio figlio… Daniela e Nicolò."

Io e lui ci stringiamo la mano con un’espressione di puro ribrezzo.

"Avanti, non stiamo davanti alla porta a prendere freddo… su, gli aperitivi dovrebbero essere pronti ormai" dice mia mamma.

Cammino verso la sala da pranzo con la stessa espressione che probabilmente aveva Maria Antonietta mentre si dirigeva al patibolo. Lui dietro di me accelera il passo, sfiorandomi un braccio mentre mi sorpassa.

L’aperitivo finisce presto e ci sediamo a tavola. I nostri padri parlano di economia, le nostre madri della beauty farm che è stata appena inaugurata e io e lui mangiamo in silenzio, scambiandoci ogni tanto un’occhiata.

Terminata la cena aspetto con ansia il momento del congedo quando mia mamma fa la proposta indecente.

"Perché non fai vedere la casa a Nicolò, Alice? Vi annoiereste a morte in mezzo a noi grandi… dai."

Il mio sorriso somiglia a un ringhio.

"Ma certo… che bella idea…"

Me lo trascino dietro, portandolo lungo il corridoio al buio.

Mi prende una mano, fermandomi.

"Nemmeno una parola?"

"Non saprei cosa dirti… visto che non ho motivo di insultarti…"

"Ascolta, abbiamo sbagliato in partenza… mi dispiace… possiamo ricominciare?"

"Il mio corridoio al buio ti sembra il luogo adatto?"

"Beh è l’unico momento in cui siamo rimasti soli se non sbaglio.."

"Beh ma…."

"Ascolta vuoi provare a comportarti civilmente o rifiuti in partenza ogni tentativo?"

"Cosa rischio ad accettare?"

"Inizia a provarci…"

"…Ok…"

"Allora, vediamo questa casa?"

"Va bene…"

Dopo avergli fatto vedere il piano di sotto saliamo al piano superiore.

Quando entriamo in camera mia mi stravacco sul letto, senza fare caso a Nicolò poco distante da me, lanciando le scarpe via dai miei poveri piedi.

"Se non chiudi le gambe chi passa da queste parti potrebbe pensare male…" mi dice lui, stavolta ridendo.

Mi metto in ginocchio, facendogli segno di sedersi vicino a me.

Si mette un po’ troppo vicino…

Mi mette un dito sulla fronte e mi spinge indietro. Cado sui cuscini come una pera cotta.

"Tu e il tono muscolare siete due cose proprio opposte eh…"

"Non me l’aspettavo!"

"Povera…"

"Senti abbiamo appena fatto pace…"

"Appunto adesso possiamo ricominciare…"

"Davvero?"

Avvicina il suo viso al mio.

"Se proprio vuoi…"

"Aspetta tu cosa vuoi fare? Perché non mi sembri nella classica posizione da litigata…"

"E in che posizione sarei?"

Arrossisco di botto.

"Nooo… non ci credo… tu timida?"

"No ma va… è solo che… non è che tutti i ragazzi che ho appena conosciuto si sono sdraiati sul mio letto…"

"Ah ok…. Beh dai c’è sempre una prima volta…"

"Già avuta grazie…"

"Adesso siamo anche ai doppisensi… brava piccola Alice…"

"Brava? E come lo sai?"

"Vogliamo provare?"

"Sai che è violenza…."

Taccio mentre si avvicina ancora di più a me.

"Allora che vuoi fare? Contemplarmi fino all’alba?"

"No mi era appena venuta un’ideuzza…"

Si china su di me, le labbra a due millimetri dalle mie.

"Nico! Ma dove siete finiti?!"

"Alice! Allora?"

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Capitolo 2
*** Lune storte ***


NOTICINA

lettori e lettrici care... commentate per favore? Voglio sapere se la storia è pallosa o se prende... grazie 1000

 

 

Spalanco gli occhi e tiro un cristone che risuona per tutta la stanza.

Chiudiamo la porta della camera appena prima che le nostre madri facciano capolino da dietro l’angolo.

"Eccovi! Ma cosa…?"

"Gli stavo facendo vedere l’affresco ma’."

"Ah… ok… beh Alice muoviti a scendere giù che devi salutare."

"Come? Andiamo già?"

"Sì… Nico domani hai scuola… e devi svegliarti presto."

"Daniela allora rimaniamo d’accordo così d’ora in poi? Sergio passa a prendere tuo figlio e vanno a scuola assieme… andata e ritorno ok?"

"Se sei sicura che non è troppo disturbo per me va più che bene…"

"Stai tranquilla… l’unico rischio che corri è che Miss Bradipo faccia arrivare anche Nicolò in ritardo."

"Non credo proprio sai? Mio figlio è il re dei pigroni!"

"Beh allora si sono proprio trovati loro due…"

Né? Va un po’ te che bello… ci siamo proprio trovati io e l’afgano… proprio, proprio trovati…

Vanno via mezz’ora dopo… al momento dei saluti Nicolò sposta il classico bacio sulla guancia all’angolo delle mie labbra sussurrandomi un buonanotte a fior di pelle.

Ho gli stessi brividi che probabilmente prova un iceberg durante una notte molto, molto fredda.. molto molto molto molto fredda… freddissimissima.

Mi addormento come un agnellino appena tocco il cuscino con la testa.

Il giorno dopo come al solito la sveglia suona fin troppo presto per i miei gusti… ma quella mattina ho una missione da compiere.

Imposto la temperatura della piastra al massimo e mi infilo sotto la doccia, uscendo poco dopo.

Mi asciugo alla velocità della luce e stiro i capelli alla perfezione, badando a non avere nemmeno il più minuscolo ciuffo fuori posto.

Ritorno in camera mia e apro l’armadio sorridendo.

Quando mia mamma mi vede scendere di sotto, in anticipo e vestita in maniera impeccabile, quasi si soffoca con il caffè.

"Colazione?"

"Sei matta? Rischio di sporcarmi!"

"Oh scusa… come mai così bella oggi?"

"Mamma… io sono nata bella!"

"Oh già è vero… lo dimentico sempre…" sorride, compiaciuta.

L’autista ferma davanti alla casa di Nicolò e fa scendere me a suonare.

Quando esce dal cancello rimane un secondo immobile, passando lo sguardo dagli stivali di cuoio marrone alle calze velate, salendo alla gonna appena sopra il ginocchio e spaziando sulla pelle del collo che rimane scoperta dalla giacca dello stesso colore degli stivali. Il tutto ovviamente coordinato alla borsa di Gucci.

"Sei… tu… sei…"

"Sono in piedi né? Te ne sei accorto! Che bravo…"

Ricambia il sorriso.

"Vuoi farmi ammuffire o ti decidi a salire in macchina?"

"A…arrivo."

Arriviamo in macchina in anticipo… evento.

"Alice non è che hai voglia di venire con me?"

"Vuoi violentarmi dietro un cespuglio?"

"No dai scema… devo andare in segreteria per prendere gli orari."

"Oh… ok… peccato.. avremmo potuto scegliere la prima ipotesi…"

Mi guarda storto, poi si guarda in giro e mi prende per le spalle.

"Se proprio ci tieni Alice…"

"Beh…"

"Alice! Alice… ma sei tu?"

Mi giro verso la voce che appartiene a uno dei miei migliori amici, Riccardo. È forse il più ricco fra i ricchi della mia classe… e questo è tutto dire…

Il suo profumo mi fa starnutire, come sempre.

"Ma la vuoi smettere di nuotare in mezzo all’acqua di colonia? Santo cielo mi manca l’aria!"

"Alice tu non capisci… non hai stile! Anzi… complimenti per l’abbinamento! In vena di conquiste?"

"Possibile… aspetta tu conosci già Nicolò?"

"E… no."

"Allora Nico, lui è Riccardo, Riccardo, Nicolò."

"Piacere."

"Piacere… ma ti sei appena trasferito qui?"

"Sì mio padre è il nuovo manager della multinazionale che dirige il padre di Alice."

"An… nuovo acquisto vedo… beh spero che ti sia ambientato bene qui al Debussy…"

"A dire il vero è il mio primo giorno…"

"Allora dobbiamo assolutamente presentarti al resto del gruppo! Ma Alice dove hai la testa? Vuoi che Nico si debba trovare nel gruppo degli sfigati secchioni? Cosa aspettavi a tirarlo fuori?!"

Sopporto la predica in silenzio, sorridendo.

Non è che non volessi presentarlo agli altri… è solo che ero impegnata a pensare ad altro prima che tu arrivassi…

Veniamo entrambi trascinati fino al nostro solito punto di ritrovo: la panchina del parco del liceo.

La panchina è un luogo storico… il nostro liceo si trova in una vecchia villa recentemente ristrutturata. È del 1800 o giù di lì. Inizialmente era stata lasciata in eredità all’erede di una famiglia molto ricca, solo che poi il genio aveva accumulato debiti su debiti e dopo un po’ si era trovato costretto a vendere tutto per poterli saldare. Villozzo con parco annesso compreso, che era stata acquistata dall’allora preside di un liceo privato per ricchi fanciulli. e comunque, dopo giri e giri di parole, arriviamo alla famosa panchina.

Fin dal primo anno, c’era stata una netta distinzione fra i ricchi "cool" e i ricchi sfigati e secchioni. E questa panchina da sempre era il ritrovo del gruppo più esclusivo dell’istituto, il privé degli studenti. Era piena delle loro iscrizioni, firme, messaggi, disegni ecc. ecc.

E c’era anche la nostra, ovviamente.

"E allora Alice cosa aspetti a presentare il nuovo arrivo?"

"Ah sì…"

"Lascia grazie penso di riuscirci anche da solo… piacere Nicolò. Sì mi sono appena trasferito, sì è il mio primo giorno qui, perché, perché mio padre è stato trasferito nella multinazionale dove lavora il padre di Alice.. anzi, che dirige il padre di Alice… e adesso siate così carini da lasciarmi andare a sbrigare i cazzi miei… ciao e baci a tutti!"

Tutti rimangono… beh… male… io sono semplicemente sorpresa… e forse delusa… voglio dire, cosa l’ha spinto a comportarsi così? Non è che gli siano saltati addosso con i coltelli fra i denti… boh… eppure sembrava così tranquillo prima…

La campanella come al solito interrompe i miei pensieri.

Tutto il branco si dirige verso il portone come ogni giorno.

Entro in classe e mi siedo al solito posto. Sono l’unica seduta da sola da quando quella sfigata di Morgana sì è ritirata… beh non che avesse molte scelte… o si suicidava o se ne andava da quello che era divenuto il suo inferno.

Era la classica secchiona capelli corti e ricci e occhialini stile Harry Potter, voce stridula e nasale e lo schifosissimo vizio di intromettersi in ogni conversazione… per assurdo, una volta è intervenuta in un discorso che stavano facendo Riccardo e Luca su quanto duravano a letto con le loro ragazze… cioè rendiamoci conto… quante cose poteva saperne lei riguardo a quell’argomento?

Comunque, avevamo iniziato a sfotterla in prima superiore, lei aveva tenuto duro fino a novembre della quarta superiore, poi era scappata. Poteva tutto questo definirsi bullismo? Forse sì… anzi… lo era decisamente… ma poteva definirsi tale se anche i nostri genitori erano arrivati a prenderla in giro? Comunque, da quando se n’era andata il banco di fianco al mio era rimasto desolatamente vuoto… lasciandomi senza nessuno con cui parlare. Cosa alquanto devastante per me.

Il prof di economia entra in classe puntuale come al solito, ma lascia la porta aperta dietro di sé.

"Ragazzi vi presento il vostro nuovo compagno di classe, si chiama Nicolò e viene dritto dritto e fresco fresco dalla Francia!"

Francia? Come Francia! Vabbè amen… il prof di economia è un nuovo acquisto… parla coma un deejay o come uno di quegli animatori nei villaggi turistici… "Allora siete pronti? Siete caldi? State fremendo? Allora… si interroga!" il tutto pronunciato con voce da gay e accento della Basilicata… uno spasso…

"Dai Nico siediti di fianco ad Alice! Finalmente una donna con la gonna!"

Cristo santo ma non può non urlare?!

Appena Nicolò si siede di fianco a me tutti quelli seduti dietro fischiano.

"Ragazzi! Basta essere gelosi! E ora… siete pronti? Partita doppia!"

Sbatto la testa sul banco sperando in una commozione cerebrale.

Non succede niente.

"Tanto è vuota…" mormora l’afgano.

Lo fulmino con lo sguardo, lui ricambia con un’occhiata innocente.

L’ora di economia e le seguenti passano in fretta.

Arrivo all’ora di francese, l’ultima, senza nemmeno accorgermene.

La prof arriva cinguettando come al solito e inizia subito la lezione.

"Oh ma abbiamo un nuovo arrivo! Tu devi essere Nicolò vero?"

Finite le presentazioni inizia ad interrogare sulla lettura dei brani.

Chiama me per prima. So di essere la sua preferita e leggo la mia parte bene come al solito.

Poi chiama Nicolò.

"Ragazzi avete sentito? Questa e sottolineo questa è pronuncia… non il vostro blaterare! Prendete esempio da lui no?"

Cosa? Arriva lui e cambia tutto? Cos’è, il più bello? Che nervi! Ero io la migliore! Io io io io io io! Non tu brutto afgano cazzuto!

Appena suona la campanella corro fuori senza salutare nessuno.

Peccato solo che non sia abituata a correre con i tacchi. Metto giù male il piede e… BAM! giù lunga distesa per terra… di faccia oltretutto

Finché cadi sul culo si fa una risata e via… ma quando cadi giù lunga distesa per il corridoio mentre tutti stanno uscendo… beh… devo commentare?

Fortuna che ho messo le mani davanti e che mi sia parata la faccia… altrimenti mi sarei spaccata i denti sul marmo.

Qualcuno mi rimette in piedi.

"Fatta male?"

Guardo Nico con odio.

"Sì. Contento?"

"No, mi dispiace. Ma perché correvi? Non hai mica il pullman che parte…"

"Perché volevo correre! E poi perché dovrebbe interessarti?"

"Hai ragione scusa… non sono io quello che si è spalmato sul marmo della scuola… sono cazzi tuoi."

"Ecco appunto."

Saliamo entrambi in macchina, uno più offeso dell’altra.

"Alice, quando mi fermo da Nico scendi anche tu… ha chiamato tua madre e ha detto che per oggi devi restare con lui. È il giorno libero dei domestici, lei è fuori per una riunione e tuo padre farà tardi… ha già parlato con i genitori di Nicolò. Stai da lui. Forse anche per la notte."

"E domani devo andare a scuola conciata così?"

"Ma stai benissimo!"

"Sì ma non posso andare in giro vestita uguale!"

"Alice non so cosa dirti.. io ho da fare… al massimo se riesco a passarti a prendere verso metà pomeriggio ti porto a casa per prendere un cambio.. di più mi dispiace ma non posso fare."

"No dai Sergio… lascia stare… non disturbarti."

"Va bene. Arrivati. Ciao ragazzi."

"Ciao."

"Ciao."

Sospiro sconfortata.

"Guarda che non è piacevole nemmeno per me."

"E chi ti ha chiesto niente!"

"Lo stavo solo precisando."

"Sì vabbè…"

Entriamo in casa.

"Hai fame?"

"Un po’."

"Ok… cosa vuoi?"

"Per me va sempre bene…"

Un’ora e due piatti di spaghetti dopo, gli animi si sono un po’ calmati.

Passando per la sala intravedo una cosa.

"Hai visto la piscina… bella vero?"

"Eh… sì…"

"È per questo che mia mamma ha voluto la casa. Altrimenti saremmo andati ad abitare in tutt’altra zona."

"Davvero?"

"Sì… la villa che c’è verso i boschi, hai presente? Anche se a me sembrava quella dei film horror… la decisione era fra questa o quella."

"Beh meno male che avete scelto questa allora… io ho il terrore di quella villa."

"Allora dobbiamo andarci…" replica lui con un sorrisino.

"Lo sai che sei terribilmente lunatico? Prima ti incazzi e poi fai i sorrisini… sei complicato."

"Non sono l’unico sai?"

"Ti riferisci a me?"

"Ma dai?"

"E certo se… no ascolta non ho voglia di discutere… dai parliamo d’altro."

"Ok."

"Quanto tempo sei stato in Francia?"

"Sette mesi."

"Pensavo che per avere quella pronuncia ci fossi rimasto per più tempo…"

"No. Io sono un genio sai?"

"Sì certo e io sono un quadrupede…"

Scoppia a ridere e io lo seguo poco dopo.

Ci sediamo sull’immenso divano in sala e poco dopo mi arriva la prima cuscinata in faccia. Rispondo all’attacco e andiamo avanti così finché non cado sul parquet di culo.

"Ma oggi è giornata? Sei sempre in terra, impiastro!"

Lo prendo per il collo e lo tiro giù, solo che mi cade addosso… o meglio, mi si spalma addosso.

"Ok… e adesso?"

Mi guarda.

"Adesso cosa?"

"Sei comodo?"

"Sì."

"Bene allora…"

"Tu?"

"Finché non ti va in tiro sì…" replico io sorridendo.

"E perché dovrebbe? Non sta succedendo niente di particolarmente eccitante…"

"E allora alzati…"

"Uffa, speravo che ti decidessi a fare la tua mossa…"

"Con uno che conosco da un giorno? Eeeee…no."

"Un modo come un altro per dire che sei timida e non ne hai il coraggio."

"Sì certo…"

"E allora cosa ti costa farlo?"

Non tentarmi…

"E cosa costa farlo a te?"

"Niente guarda."

E appoggia le sue labbra sulle mie.

 

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Capitolo 3
*** French Kiss ***


Ci sono infinite varianti del bacio… anche se il più apprezzato è il bacio alla francese.

Ecco quello che si stava prolungando fra me e Nico era un francese d.o.c…. anzi no… era meglio. Diciamo che era un francese di Parigi che abita davanti alla Tour Eiffel… francesissimissimo.

Avrei voluto che durasse per sempre e mentre lo pensavo mi prendevo a martellate in testa per aver formulato nel mio cervellino questo oscuro pensiero. Non potevo fare il gioco del nemico! Dovevo contrastare, non favorire l’intesa fra me e Nico! Voglio dire, non potevamo insultarci il giorno prima e quello seguente finire a letto assieme… un po’ di coerenza! No?

Stavo iniziando a pensare che i suoi genitori sarebbero rientrati e ci avrebbero trovati ancora nella stessa posizione di adesso, con le lingue ancora saldamente avvitate fra loro quando di colpo Nicolò si era staccato.

"Però…"

"Cosa però?"

"Non… non vai male…"

"Davvero?"

"No."

"Stronzo! Tanto non è vero."

"Vabbè lo dici tu."

"Ovvio. I miei ex non si sono mai lamentati."

"Forse perché erano muti?"

"E le tue ex non erano forse cieche?"

"No."

"Bene, tantomeno erano i miei ex muti."

"Ok… dai racconta fino a dove ti sei voluta spingere con i tuoi ex?"

"Scusa quando l’hai tirato fuori il cartello 1 penny per i tuoi pensieri?"

"Dai sono curioso."

"A cosa vuoi arrivare? Se ti interessa sapere se sono ancora vergine o meno sì lo sono e non perché sia una santa."

"E allora…"

"Semplicemente perché non la vado a dare al primo che passa."

"E ok ma i tuoi…"

"I miei ex non ne valevano la pena. E tu grande uomo?"

"Nemmeno io."

"Poverino, ansia da prestazione? Non ti sei sentito all’altezza?"

"No. Sono stato con la stessa ragazza per tre anni senza averlo fatto perché le volevo un bene dell’anima e volevo aspettare il momento veramente perfetto per farlo. Poi ho scoperto che mi tradiva praticamente da sempre. Ho fatto di tutto per tentare di riaverla, mi sono umiliato in tutte le salse, ma non è servito a niente, anzi ad un certo punto per togliermi dai piedi mi ha scatenato dietro il suo amante, che era il figlio del superiore di mio padre. Prima ha pestato a sangue me, poi ha fatto licenziare in tronco mio padre. Ecco perché ci siamo dovuti trasferire in Francia così di punto in bianco."

Il silenzio cade come una coperta pesante sulla stanza. Nico guarda un punto indefinito dall’altra parte della stanza mentre si morde una guancia, mentre io lo guardo senza trovare niente di sensato da dire.

"Mi… mi dispiace… davvero, non dovevo dirti quelle cose… scusa."

"Non lo sapevi… tranquilla dai."

Allunga una mano come per accarezzarmi i capelli ma si ferma prima.

Mi avvicino a lui e gli schiocco un bacio sulla guancia.

Mi guarda strano. Poi stringe gli occhi.

"Te li fai due tuffi in piscina?"

"Nuda magari? Il costume me lo invento?"

"No dai… non te l’ho ancora detto forse… ma mia mamma è una fotografa di moda. Fa ancora delle collaborazioni con riviste famose ma adesso ha deciso di lanciarsi sulla natura. Comunque ogni tanto gli stilisti per i quali lavora le regalano i capi delle collezioni. Tipo la collezione di quest’estate…" lascia la frase a metà mentre sul mio volto si dipinge una maschera di gioia.

"Allora? Ti va?"

"Sì! Sì! Sìsìsìsìsìsìsì!"

"Ok allora. Vieni, ti accompagno."

Mi accompagna in una stanza con solo un armadio a muro dentro.

"Ecco qui, scegli."

Mi apre un cassetto, pieno di costumi.

Come faceva a sapere che preferisco i costumi interi ai due pezzi?

"Alice pensi di farcela entro Natale?"

"E ma non riesco a scegliere."

"Uffa… Sundek?"

"Com’è?"

"Nero e rosa."

"Perfetto!"

Scuote la testa sorridendo.

"Sei unica…"

"Sì lo so… e per fortuna che sono unica… ti immagini due Alice in giro per il mondo?"

"L’apocalisse."

"Eh già."

"Allora ci muoviamo o stiamo qui a fare la muffa?"

"Ook."

Mi porta in camera sua e prende due accappatoi. Do un occhiata in giro.

"Sei ordinato."

"Non fidarti dell’apparenza… è la donna di servizio che fa il miracolo…"

"Ah ok, allora non sono l’unica."

"Eeee…no."

Mi trascina in piscina.

Faccio per chinarmi per entrare, ma lui mi da uno spintone e mi fa cadere in acqua. Prendo una spanciata tremenda.

Lui intanto si tuffa e ride.

Mi incavolo alquanto e inizio a nuotargli dietro.

"Però, nuoti bene!"

"Sei anni di nuoto agonistico fanno la differenza…"

"Sì… anche dieci sai?"

Stringo gli occhi, furente.

"Non me ne frega niente se tu sei più bello e più bravo è più tutto di me!"

"E chi l’ha detto?"

"Tu! Continui a ribadirmelo!"

"Piccola lei… scusa…"

"Non compatirmi!"

"Perché?"

"Perché mi dai fastidio."

Ci siamo avvicinati nel frattempo, arrivando a guardarci in cagnesco fronte a fronte.

Sento le piastrelle della piscina contro la schiena.

Punto i piedi, spingendomi in avanti e costringendo lui contro il bordo.

Mi guarda negli occhi con uno sguardo strano, poi mi prende per i fianchi.

"Nico…"

Non dice niente ma continua a fissarmi.

Oddio… perché mi guarda così? Aiuto… Dio non può già aver capito che… che… beh che gli salterei addosso molto volentieri… sono istintiva ok, ma non posso essermene davvero già innamorata… o posso? Aiuto… .

Mi mordo un labbro, nervosa e lui mi attacca in quel momento.

Mi fa sbattere la schiena contro il bordo, di nuovo, ma questa volta bloccandomi.

"Cosa cazzo…"

"Tranquilla non voglio farti niente."

"E allora lasciami no?"

"Così dopo scappi?"

Stavolta pianto io gli occhi nei suoi.

"Chi ti dice che voglia scappare?"

Allenta di poco la presa.

"Perché, non vorresti?" e molla di tutto la presa sulle mie mani.

Gli cingo il collo con le braccia mentre lui mi stringe contro di sé.

"No… ma adesso basta parlare…" gli sussurro a fior di labbra prima di baciarlo.

 

Ma buongiorno! Eccoci qui di nuovo.... terzo capitolo, scritto in un momento di delirio a causa della febbre... chiedo scusa per il ritardo e prometto che d'ora in poi cercherò di sfornare 1 capitolo alla settimana... scuola permettendo... ciao a tutti!

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Capitolo 4
*** Voglia di pizza ***


Non so come ci siamo arrivati in camera sua, ma adesso siamo sdraiati sul suo letto.

Alzo la testa per guardarlo. Mi sorride.

Gli sbadiglio in faccia per tutta risposta.

“Stanca?”

“Sì, tu?”

“No… qualcuna mi ha fatto rilassare in piscina poco fa… la conosci?”

“Ce l’hai davanti…”

Mi prende il viso fra le mani per baciarmi di nuovo.

“Alice… vorresti essere la…”

“Sì.”

 

Esco dalla doccia e ritorno in camera sua.

“Togliti quell’asciugamano e fammi felice ti prego…”

“Siamo assieme solo da due ore Nico…”

“E dai.. dettagli…”

“Fila a farti la doccia.”

“Uffa. Ah ascolta, è passato Sergio per portarti un po’ di ricambi… tua madre è ferma a Madrid e tuo padre è dovuto partire per una conferenza da qualche parte in Irlanda… quindi ti devi fermare da me almeno per due giorni… i nostri genitori hanno fatto un accordo, se vengono bloccati al lavoro, il figlio va dalla famiglia dell’altro. Bello no?”

“Adesso sì…”

Mi abbraccia, ma le sue manine non hanno esattamente caste intenzioni… lo chiudo fuori da camera sua.

“Maniaco!”

“Sei una suora! Cattiva! Sono un uomo io!”

“Sei un cavernicolo tu!”

“Vuoi vedere anche la clava?”

“Fila a farti una doccia fredda!” gli urlo dietro mentre rido.

Mi infilo solo l’intimo, poi mi sdraio sul suo letto e chiudo gli occhi, stanca morta. Credo di essermi anche addormentata ad un certo punto.

Apro gli occhi quando sento le sue dita scorrermi sulla pancia piano.

“Ciao occhioni!”

“Oddio dormivo…?”

“Già… eri un sogno…stavi anche zitta… che bello…”

Gli faccio la mia espressione da “Bambi mentre sparano alla sua mamma davanti ai suoi dolci occhioni cucciolosi” ma non lo sciolgo.

“Scusa cos’è quella faccia? Un branzino che implora di non essere sventrato?”

Stavolta mi tiro su a sedere e spalanco gli occhi, guardando in alto per fissarlo dritto negli occhi, serissima (questa è l’espressione ti obbligo).

“Alice… non guardarmi così… mi fai paura…”

“Proprio quello che volevo…” dico con un sorriso abbagliante.

Mi afferra di colpo, stringendomi contro di lui.

“Lo sai che hai addosso solo un misero asciugamano vero?”

“Sì.”

“E lo sai che sei incredibilmente attraente?”

“Alice? Quando esattamente ti sei trasformata in una creatura pornolesa e assetata di sesso?”

“Quando uno più leso di me mi ha chiesto di metterci assieme, semplice.”

Si mette a fare i versi come un handicappato e poco dopo lo seguo anch’io.

 

“Tu non hai fame?”

“Io sto morendo di fame…”

“E allora perché siamo qui a fare i dementi?”

“Forse perché lo siamo…”

Scoppio a ridere mentre lui mi scavalca e sparisce in cucina.

Quasi contemporaneamente squilla il telefono.

“Pronto? Ah sì ciao mà… cosa? Ma dai! Ma no anche papà? Ma cos’è, sciopero?”

Pausa di due minuti.

“Ok, allora io e Alice cosa facciamo?”

Altra pausa.

“No vabbè ce la facciamo…” mi lancia un’occhiata strana abbozzando un sorrisino “sì sì tra… no non ti butto giù la casa… sì è gia passato il suo autista a portargli i cambi… mamma guarda che ha diciassette anni! Se ha bisogno di farsi una doccia lo dice! Sì faccio il bravo… sì… sì tranquilla… ok ciao mamma… ciao… sì ok va bene… ciao.”

Mette giù il telefono e sbuffa.

“Mia mamma deve andare a Firenze di corsa perché sua sorella sta sparando fuori un altro figiolo… e mio padre ha seguito il tuo in Irlanda… morale della favola? Io e te a casa da soli per… un bel po’.”

Si avvicina a me per baciarmi, ma io giro la faccia dall’altra parte.

“Per quanto esattamente?”

“Almeno per stanotte.”

“An… bene…”

Lo abbraccio forte.

“Vero che ti va la pizza?”

“Ovvio.”

“Come?”

“Wuster e patatine fritte.”

“Con prosciutto e funghi assieme?”

“Ma sì dai… fanculo alla dieta!”

“Brava! Così la voglio la mia tipa!”

“Certo… e poi quando sarò una palla di ciccia mi mollerai lì nell’angolino e tanti saluti…”

“No amore ti faccio perdere tutto a furia di scopate!”

“Amore e scopate assieme nella stessa frase… mi ispira…”

“Io e te ci intendiamo troppo bene… mi preoccupo…”

“Perché Nico?”

“Così… non ci possono essere segreti…”

“E non è una bella cosa?”

“Mmm… non ne sono così sicuro… voglio dire…hai già scoperto i cadaveri sotto il letto e le ragazze annegate nella vasca da bagno?”

“Dai! Muoviti a chiamare che ho fame!”

“Ok…”

Digita un numero e rimane in attesa.

“Pronto? Guardi è urgente perché mia moglie è incinta e le sono venute le voglie… comunque vuole una pizza famiglia con sopra wuster, patate fritte, prosciutto e funghi… e anche zucchine grigliate… mi perdoni, ma deve farmela subito sennò mi mangia le gambe del tavolo! Sì sì se la mangia tutta lei! E sono due gemelli… sì lo so ci ho proprio dato dentro… grazie eh… avete il servizio a domicilio vero? Bene, vi do l’indirizzo: via Mazarino 3… ok arrivederci e grazie mille.”

Scoppio a ridere.

“Cosa c’è? Guarda che funziona sempre la storia della moglie incinta! Te la fanno subito…”

Un quarto d’ora dopo la pizza è sul tavolo già tagliata.

“Buon appetito!”

“Gascie!”

“Parla a bocca vuota animale!”

“E tu mangia e taci! Tò, manda giù!” mi agita una fetta davanti alla faccia.

La afferro e la divoro con la stessa grazia di un elefantino.

“Non eri così l’altra sera… eri tutta perfettina e tutta educata… e adesso non sai nemmeno come si scrive posata…”

“Forse perché l’altra sera c’erano anche i tuoi? E comunque nemmeno tu ti stai risparmiando mi sembra…”

“Ma io sono un uomo!”

“Anch’io… solo che lo nascondo molto bene!”

La cena continua tra una battuta e l’altra finché non rimane una sola, unica fetta.

Ci guardiamo con la stessa espressione “osa toccarla per primo e ti stacco il braccio a morsi…”.

“La dividiamo ok?”

“Ok… ma falle uguali.”

“Agli ordini!”

Una fettina di pizza dopo, rotoliamo fino al divano.

“Dio, che mangiata.”

“Sì davvero… abbiamo fatto un po’ schifo forse…”

“No dai Alice…”

“Non poco…”

“Che ne dici se ce la bigiamo domani?”

“Tipo?”

“Tipo a casa a stracazzeggiare tutto il giorno?”

“Mi piace…”

“Allora ok?”

“Sì.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 5
*** Breakfast time ***


Passiamo il resto della serata abbracciati sul divano. Lo faccio quasi morire dal ridere quando piango per un film e poi è il mio turno di prenderlo in giro quando scopro che è terrorizzato dai cartoni della Disney vecchio stile.

Verso mezzanotte si spegne la televisione, assieme a tutto il resto degli elettrodomestici.

"Ops… mi sa che è saltata la corrente…"

"Valla a riattivare no? Non ci vedo!"

"Eddai… è romantico no?"

"Sì in effetti… dove sei? Non ti vedo è buio pesto."

"Qui…"

Mi prende una mano e mi guida verso di sé.

"Mia…"

"Già… e adesso?"

"Beh io un’ideuzza ce l’avrei…"

Con i fianchi schiacciati contro i suoi non è poi così difficile capire cos’abbia in mente.

"Nico… dai…"

"Facciamo il gioco della verità???"

"Il?"

"Quello che… dai che lo sai… vieni qui, siediti!"

Mi tira giù, facendomi prendere una culata contro il pavimento.

"Allora…inizio io ok?"

"Ok…"

"Con quanti ragazzi sei stata?"

"Cinque compreso te."

"Ok… adesso fammi tu una domanda."

"A quante tipe hai infilato la lingua in bocca?"

"53."

"Cosa? Vabbè.."

"Ero attivo… la cosa che ti fa più paura?"

"La morte. Tu?"

"Rimanere solo. Hai mai fatto soffrire qualcuno di proposito?"

"Sì. Ho messo tutte le persone contro una che mi stava sulle palle. Hai mai tradito?"

"Sì… verso la fine. Una cosa che vorresti dire a qualcuno se ce l’avessi davanti?"

"Sì… tivibi… tu?"

"Ti voglio."

"A chi lo diresti scusa?"

"A te."

Di colpo benedico le luci spente.

Mi spinge giù sul pavimento e un secondo dopo è sopra di me, i suoi baci che mi percorrono tutto il viso e le sue mani che corrono in giro.

"Nico…"

Si tira su un attimo, ansimante.

"Cosa?"

"Appunto… cosa fai?"

"Mah… tu che…"

Le luci si riaccendono di colpo.

"Ma cazzo!"

"Nico!"

"Eh? Dai… uffa stavo così bene…"

"Andiamo a letto? Ho un pochino sonno…"

"Alice sei una mezza sega…"

"Guarda che è tardi!"

"Uffa… va bene…"

Mi butto sul suo letto e lo guardo mentre si siede sul bordo del letto.

"Dormiamo assieme?"

"Dipende… russi? Tiri schiaffi? Sei sonnambulo?"

"No no no."

"Allora ok!" gli rispondo sorridendo.

Ci infiliamo sotto le coperte dopo aver infilato pigiama lui e camicia da notte io.

"Buonanotte…"

"Notte."

Mi sdraio sul fianco appoggiando la testa sul suo braccio, guardandolo negli occhi.

Si china per baciarmi, sdraiandomi sulla schiena mentre si sistema meglio sopra di me. Divarico le gambe per fargli spazio.

"Sei…"

"Cosa Nico?"

"Sei una visione… sei bella…"

Non posso fare a meno di arrossire.

"Grazie."

"Non fare così…"

"Perché?"

"Mi ecciti" risponde con un sorriso "sembri così… Alice ti voglio."

"Non è che stai correndo troppo?"

"Non voglio mica fare sesso… ti voglio nel senso che voglio stare con te… anche se ti conosco da poco… ti voglio e basta."

Mi morsico un labbro.

"Non… non so cosa dirti…"

"Non dire niente allora."

Mi bacia sul naso e si rimette sul fianco.

"Vieni qui dai sei morta…"

Mi avvicino e lo stringo forte.

"Buonanotte."

"Buonanotte Nico…"

Quando mi risveglio sento il suo braccio attorno alla vita. Mi giro per osservarlo mentre dorme, ma lo sveglio nel muovermi.

"Ciao…" mi dice mentre si stiracchia come un gatto.

"Buongiorno… dormito bene?"

"Sì. Benissimo."

"Cosa facciamo oggi?"

"Non lo so… iniziamo dalla colazione… sono solo le 9 di mattina… abbiamo tutta la giornata ancora…"

"Certo dipende cosa vogliamo fare…"

"La smetti di provocare?"

"Ok… scusa."

"Niente dai… aspettami qui."

"Perché dove..." corre fuori dalla stanza "vai?" dico al muro.

Sospiro e mi rimetto a letto, togliendo la camicia da notte perché sto morendo di caldo. Infilo un braccio sotto al cuscino e chiudo gli occhi aspettandolo.

Mi risveglio quando sento un bacio sulla spalla, ma non mi muovo. Un altro bacio, questa volta più in alto sul collo, un altro ancora sulla mascella e uno sul mento. Sorrido e sento che anche lui lo fa. Mi infilo ancora di più sotto il cuscino, nascondendogli il volto.

Infila una mano sotto di me, risalendo per prendermi il viso, ma si ferma di colpo sopra un seno.

Sgrano gli occhi con la faccia ancora affondata nel cuscino, rimanendo immobile.

"Alice…"

Mi giro, guardandolo negli occhi e arrossendo per la luce che li illumina.

"C… cosa?"

"Ti ho portato la colazione, cucciola!"

Sposto lo sguardo sul vassoio poggiato sul tavolo, sul quale campeggiano in bella vista fette di pane bianco, un barattolo di miele e un altro di marmellata, burro e una brocca di latte con due tazze trasparenti a fianco. Lo mette sul letto e poi mi raggiunge, baciandomi sul naso.

"Buon appetito!" e si fionda sul pane spalmandoci sopra mezzo panetto di burro. A metà dell’opera tira su la testa e impreca ad alta voce. Lo guardo mentre si alza ed esce dalla stanza per ritornare subito dopo, stringendo fra le mani un vasetto di cioccolata ed esibendo un sorriso a trentadue denti.

"Che mondo sarebbe senza la cioccolata?"

"Un mondo con meno lipidi, Nico…"

"Ah ah che ridere! Hai il senso dell’umorismo di un cammello Alice."

"Grazie. Scusa mi passi il miele?"

"Certo!"

Affonda due dita nel vasetto e prima che io possa reagire mi ritrovo con una strisciata di miele che parte dalla guancia e arriva al gomito.

"Va bene?" mi chiede ridendo come un cretino.

"Ma cos’hai in testa l’uranio impoverito? Brutto papero sono tutta appiccicosa! Sei un demente, un deficiente, un cretino, un imbecille un… un afgano!"

"Però sono estremamente carino non è vero?" mi fa gli occhi dolci e devo trattenermi dal cacciargli due dita nelle orbite.

"Sì, come una nidiata di ratti!"

Ci rimane male.

Mi alzo per andarmi a ripulire e quando ritorno, dieci minuti dopo, trovo due fette di pane, una spalmata di miele e l’altra con burro e marmellata, la tazza piena di latte e un fiorellino giallo.

Sorrido, lui non è più nella stanza.

Mi siedo sul bordo del letto e faccio colazione tranquilla, poi mi alzo in piedi.

Sento qualcosa afferrarmi una caviglia da sotto il letto e grido a pieni polmoni terrorizzata. La mano appartiene a quel coglione di Nico.

"Brutto stronzo! Adesso ti morsico alla giugulare, ci infilo dentro un rubinetto e ti dissanguo ad intermittenza!"

Gli salto addosso e finiamo per terra sul tappeto.

Picchio un ginocchio sul pavimento facendomi un male cane ma non faccio in tempo a rialzarmi perché lui è sopra di me in un secondo.

Respiro ansante mentre sento il suo corpo schiacciarmi a terra.

Si china su di me iniziando a baciarmi sul collo e scendendo verso il bordo della scollatura.

Inarco la schiena sotto di lui, avvicinando il bacino contro il suo.

Mi fissa negli occhi con una luce strana mentre risale verso le mie labbra semiaperte e inizia a mordere il labbro inferiore mentre con una mano scende a scostare il bordo degli slip.

"Nico n…" faccio per fermarlo ma lui non mi ascolta, continua a baciarmi mentre non accenna a togliermi la mano da dentro gli slip. Una carezza un po’ più spinta proprio lì e divarico le gambe all’improvviso.

Mi guarda preoccupato.

Gli sorrido mentre mi avvicino al suo orecchio mordendolo e sussurrandogli "Voglio di più…"

 

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Capitolo 6
*** Shopping con la mamma del mio ragazzo ***


Lui rimane interdetto per una paio di secondi, indeciso sul da farsi.

Fa per chinarsi di nuovo su di me ma veniamo interrotti dal rumore delle gomme di una macchina che attraversano il vialetto.

“Cristo! Muoviti sono rientrati i miei!”

“Ma non erano…”

“Cosa ne so secondo te? Muoviti fila a vestirti!”

Corro in camera e apro il borsone che mi ha portato Sergio la sera prima.

Cavolo ha aperto l’armadio delle grandi occasioni… da quanto tempo era che non infilavo questo…

 

Sento la voce di Daniela che parla col figlio del nuovo cugino mentre finisco di vestirmi.

“E vedessi com’è pieno di capelli! Davvero è un amore, un piccolo vitellino, un… ciao Alice! Come siamo belle!”

Accenno un sorriso e la ringrazio, mentre la mascella di Nico è sul punto di staccarsi dal resto del corpo.

“Comunque ragazzi cosa ci fate a casa da scuola?”

“Ecco noi…” fa per dire Nico.

“Vedi Daniela, oggi a scuola quando siamo arrivati, qualcuno aveva messo un catenaccio alla porta dell’istituto e non sono riusciti ad aprirlo, quindi hanno detto che chi voleva poteva andarsene a casa perché sarebbe stata una roba lunga…”

Mi guarda perplessa per un secondo prima di sorridermi.

“Beh allora avete fatto bene, anche perché a rimanere fuori da scuola con questo tempo così brutto vi sareste sicuramente beccati una bella influenza… allora, programma per oggi? Io volevo andare a fare un po’ di shopping… magari vuoi accompagnarmi Alice…”

I miei occhi assumono la dimensione di due piattini da frutta mentre l’espressione da ebete tipica di chi sa che da lì a poco si farà un’overdose di shopping inizia ad aleggiare sul mio viso.

“Sì… sì! Certamente!”

“Perfetto allora! Nico tu…”

“No mà vai tra che io sto bene a casa.”

Mi volto a guardarlo scandalizzata.

“Eretico!” mi scappa prima che mi possa trattenere.

“Cosa?”

“Sei un eretico… non puoi rinnegare lo shopping!”

“Ma cosa vuoi che me ne importi di una borsa o un paio di jeans nuovi… tanto poi finiscono assieme nell’armadio con quelli vecchi e te ne dimentichi…”

“Ma guarda che è anche terapeutico! Ah non capisci proprio niente!”

“Sì ok, donne adesso fuori dalle palle che io ho da fare.”

“Nicolò comportati un po’ bene!”

“Sì mamma… Alice vieni un secondo.”

Lo seguo in camera sua.

“Davvero non ti piace lo shopping?”

“Ho 18 anni secondo te vado ancora in giro con mia mamma a comprarmi le cose?”

“Che male c’è scusa?”

“Sei proprio una donna… dai vai che ti aspetta… e… Alice?”

“Dimmi.”

“Prenditi qualche bel completino da pornostar che voglio sbatterti…”

Lo guardo scandalizzata.

“Prego?”

“Scherzavo piccola…”

“Lo spero…”

“Sì tesoro. Vieni qui.”

Mi intuba in un bacio da sfinimento e poi mi lascia andare. Per riprendermi subito dopo.

“Stai davvero bene vestita così…” mi dice osservando i pantaloni neri e la camicia color mandarino con le maniche a sbuffo. Mi da un ultimo bacio sul collo e poi lascia che mi allontani.

Raggiungo sua mamma che mi aspetta con il cappotto appoggiato su un braccio nell’atrio.

“Pronta?” mi chiede mentre afferro il trench nero dall’attaccapanni.

“Pronta!” rispondo io.

Saliamo sull’Audi A3 nuova di pacca e partiamo.

Le faccio un paio di domande sul nipote appena nato e lei attacca a parlare come una macchinetta impazzita.

“E poi sai com’è io mi immagino già nonna alle prese con pannolini e biberon… però poi penso che Nicolò se ne andrà di casa e io non avrò più il mio bambino in giro per casa… e allora mi viene addosso una tristezza tale che sfogo tutto sul cioccolato e dopo i risultati si vedono perché mi finisce tutto sulle gambe! A proposito quand’è che vi siete messi assieme voi due?”

Rimango basita, poi decido che forse è il caso di rispondere.

“E… ieri sera…”

“Non è che avete corso un po’ troppo?”

“Non… non mi sembra…”

“Non pensare che voglia farmi i cavoli vostri eh… però Nico ha già passato le sue belle storie con una troietta del menga e non voglio vederlo di nuovo giù.”

“Sì me l’ha detto… comunque penso che adesso sia presto per parlarne… in ogni caso non voglio farlo soffrire, se è questo che vuoi sapere… mi piace… e ci tengo a lui, sul serio.”

“Allora siamo a posto” replica lei mentre mi sorride.

Parcheggia in pieno centro e appena scese dalla macchina ci dirigiamo verso Burberry.

“Ho proprio bisogno di un trench nuovo, sai Alice? Se vedi qualcosa che ti piace non farti problemi, facciamo un conto unico.”

“Ma non mi sembra il caso di farti spendere…”

“Ehi sei la ragazza di mio figlio! Non farti problemi, offro io, davvero.”

“Grazie, sei molto gentile Daniela… davvero.”

“Prego, figurati!”

Ok, mi sembra inutile aggiungere che io amo questa donna

Dopo Burberry è il turno di Chanel e Dior. Le commesse di entrambi i negozi conoscono entrambe da molto e ci manca poco che stendano i tappeti rossi al nostro ingresso.

Le ultime tappe del nostro itinerario sono Gucci, Prada e il mio adorato Louis Vuitton.

Rientriamo alla macchina con un principio di ernia al disco a causa di tutti i sacchetti che ci trasciniamo dietro, ma non so dire con precisione chi delle due sia più felice.

Forse io perché ha insistito per regalarmi una borsa di Prada deliziosa in pelle color cipria.

In cambio ho preso un pensierino per lei anch’io, un portachiavi di Vuitton pieno di charms, che lei apprezza moltissimo.

“Oh Alice come facevi a sapere che io adoro gli charms? Grazie sei proprio un tesoro!”

Nota personale, passare da Rosato e ordinare un braccialetto della nuova collezione per la suocera…

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Capitolo 7
*** Alice e il baileys ***


Rientriamo a casa loro appena in tempo per la cena.

"Siamo arrivate!"

"Ciao mamma, ciao Alice. Ha chiamato papà, tornano domani sul tardi… e tua mamma Alice torna appena finisce lo sciopero degli aeroporti."

"Quindi continuo a fare la povera orfanella…" dico io sorridendo.

"Beh non dai fastidio!" dice Daniela con un sorrisone. Nico mi guarda come se fossi un’aliena.

"Cosa le hai fatto?" mi chiede poco dopo quando rimaniamo soli.

"Niente perché?"

"Sembra affettuosa!"

"E sì scusa come dovrebbe essere? È simpatica! E anche estremamente gentile con me…"

"Appunto è questo il problema" dice lui ridendo "con le altre era un carlino infuriato!"

"Ed è un male che con me non lo sia?"

"Boh non lo so non ci sono mica abituato… con Clara poi dovevi vederla… era…"

"Senti se la preferivi così come si comportava con le tue ex vattene a riprenderle e lascia me!"

"Ma Alice…"

"Ma un corno, io sono tutta contenta perché tua madre è gentile con me e tu mi vieni a rinfacciare che con le altre era diversa! Beh torna con una di loro allora!"

"Ma no dai cos’hai capito… vieni qui dai…"

Mi allontano da lui, andandomi a sdraiare sul letto che è rimasto ancora come stamattina, così come l’abbiamo lasciato noi… non che abbiamo fatto poi molto….

Infilo la testa sotto al cuscino e chiudo gli occhi.

Sento il materasso che si piega sotto al suo peso. Si sdraia di fianco a me e mi abbraccia. Io non lo respingo ma non ricambio nemmeno.

Quando poco dopo sua mamma ci avvisa che la cena è pronta scendiamo assieme e cerco di darmi un’aria felice.

Daniela non sembra accorgersi di niente e la cena procede tra un discorso e l’altro.

Dopo che abbiamo sparecchiato e rimesso tutto a posto Daniela ci da la buonanotte e rimaniamo soli io e lui, che va dietro al bancone della cucina e tira fuori una bottiglia di Baileys.

Prepara due bicchieri e me ne allunga uno. Io lo bevo tutto d’un fiato senza staccargli gli occhi di dosso.

"Non sei proprio capace di gustare le cose" mi dice.

"Lo dici tu…" nel dirlo mi avvicino a lui, che mi prende i fianchi e mi solleva sul tavolo. Adesso siamo alti uguali.

"No l’ho visto Alice…"

"Per un bicchiere?"

"Il Baileys è sacro!" mi dice lui con un mezzo sorriso.

"Lo so anch’io… bis…"

Mi riempie di nuovo il bicchiere, fino all’orlo e così fa anche col suo.

Nel berlo un rivolo mi cola giù dal mento e scende lungo il collo.

Lui sbatte il suo bicchiere sul ripiano del tavolo e inizia a leccarmi la striscia di liquido dalla pelle, tenendomi per le spalle.

Mi morsico le labbra per non farmi sfuggire il minimo suono mentre lui continua.

"Visto che io invece mi godo tutto?"

Faccio per rispondere ma lui si gira verso il frigo e inizia a trafficare.

Ma non ha nient’altro di meglio da fare che mettersi a fare il piccolo chimico con quello che c’è nel frigorifero alle 10 di sera?

Quando si gira di nuovo ha in mano due bicchieri.

"Scegli, pesca o cioccolato?"

"Pesca!"

Mi passa il bicchiere e il profumo del Bellini mi fa subito girare la testa.

Io adoro le pesche… e adoro anche lui…

Lo guardo mentre annaffia il suo bicchiere con quello che rimane nella bottiglia del Baileys e subito dopo lo beve tutto.

Nel frattempo anch’io finisco il mio bicchiere e lo appoggio sul tavolo accanto al suo.

Rimaniamo a guardarci ancora per un paio di minuti poi lui viene verso di me, mi prende il viso e mi bacia.

Una mano s’infila sotto la maglietta, sfiorando la pelle della schiena e risalendo piano fino alle spalle per poi tornare giù e ricominciare a salire.

Mi aggrappo alle sue spalle, tirandolo verso di me. Ormai siamo sdraiati sul tavolo.

"No… se roviniamo il tavolo…"

"Andiamo in camera tua?"

"Vieni."

Mi porta in braccio fino sul suo letto e si stende sopra di me, divaricandomi le gambe.

Messa così è impossibile ignorare la sua erezione contro di me.

Oddio non posso dargliela subito così in fondo è la mia prima volta… anche se ho una voglia pazzesca ma non posso farlo… non è serio.

Inizia a baciarmi dappertutto mentre mi sfila la maglietta e si lancia sul reggiseno.

"Calmati eh… mica scappo" gli dico ridendo.

"Non si sa mai" replica lui con una spallina fra i denti.

 

 

 

 

Capitolo breve lo so e mi scuso ma è tutto quello che sono riuscita a scrivere in questi giorni,

causa fottuta scuola e fottuto ex che mi ha fatto pena e mi è toccato rimettermi con lui...

Ma vabbè chissene dai... adesso non ho tempo per rispondere alla recensione della mia fedelissima^^

e voi altre che leggete potete scrivere qualcosina sulla storia plis?

P.S. dai che ce la stiamo facendo, raggiunta quota 6 preferiti! ^^

Bacioni a tutti!

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Capitolo 8
*** Alice e l'ora di matematica ***


Capitolo scazzoso scritto in venti minuti^^ adesso che la schifosa scuola è finita posso dedicarmi di più alla storia quindi prometto aggiornamenti più frequenti d'ora in poi!

Baci a tutti... commentate please!!!!

"Allora domani ci tocca andare a scuola di nuovo…"

"Guarda quanto sono felice" replico io con un’aria poco convinta.

È passata un’ora circa da quel momento… il massimo che gli ho concesso è stato di far volare il mio reggiseno sul lampadario, oltre non me la sono sentita di andare, anche se comunque sentire le sue labbra sulla mia pelle è stato incredibilmente bello. Adesso come adesso non volevo andare troppo oltre, se ho fatto la vergine di ferro finora non vedo perché la debba distribuire in giro così tutto d’un tratto.

"A cosa pensi?"

Mi riscuoto dai miei pensieri e lo guardo sorridendo.

"Niente di che… sono stanca."

"In effetti non sarebbe male farsi una dormita… vieni qui dai."

"Notte."

"Buonanotte Alice."

Il giorno dopo Daniela ci trova ancora nella stessa posizione in cui ci siamo addormentati ieri sera.

"Buongior… cosa ci fate voi due nello stesso letto?"

Spalanco gli occhi terrorizzata mentre mi immagino già Daniela mentre mi schiaffeggia con il portachiavi che le ho regalato per aver dormito con suo figlio e plagiarlo a chissà quali perversioni.

"Eh… ma sì ma stai tra mamma, non ho pensato che potevo far dormire Alice nella camera degli ospiti, tutto qui."

Lei sembra accettare la scusa come plausibile e ritorna allo smagliante sorriso di prima.

"Vi aspetto giù per la colazione allora ragazzi! E in fretta perché sennò arriverete in ritardo a scuola!"

Scendiamo dalla macchina ed entriamo nel parco della scuola.

Io indosso una giacca color panna sopra ad un maglioncino di cachemire bianco, portato assieme a jeans blu scuro e tronchetti crema. Nico invece ha una giacca di pelle nocciola, maglietta nera e jeans bianchi con le Prada nere che gli abbiamo preso io e sua madre l’altro giorno. I capelli sono spettinati ad arte mentre i miei, perfettamente lisci, sono raccolti in una coda alta.

Mentre lui ordina un caffè al bar, Riccardo e gli altri della compagnia vengono a salutarmi.

"Ma dove sei stata finora?" mi domanda Riccardo spalancandomi i suoi occhi color prato. Alzo gli occhi verso la sua pettinatura, i suoi capelli sono sparati in alto a tal punto che la prof di arte è arrivata a definirli un’architettura gotica.

"Ero con Nico… mi sono persa qualcosa?"

"No tra, tanto tu eri a posto con le interrogazioni no?"

"Sì, sì…"

"E allora scialati amore… a proposito, quella giacchetta lì sembra provenga da Burberry… sbaglio?"

"No Ric, hai perfettamente ragione."

"La nostra piccola Alice ha fatto la brava per meritarsi questo bel regalino eh…"

"Sì diciamo di sì…"

"Alice?"

Mi volto verso Nicolò che mi fa segno di sedermi accanto a lui.

Assieme a me arrivano anche gli altri che attaccano i tavolini fra loro per sedersi vicino a noi.

Questa volta Nico non sembra essere contrariato dalla loro presenza e scambia alcune battute con i ragazzi.

Quando suona la campanella ci dirigiamo tutti verso le rispettive aule.

"Pigni e Crespi, le giustifiche delle assenze!" latra il professore di matematica.

Un ometto odioso alto un metro e novanta magro come un chiodo mezzo pelato sempre vestito con completi di velluto a coste sia che fuori ci fosse una tempesta di neve che trenta gradi all’ombra.

Striscio sul banco come se il libretto pesasse una tonnellata e mi trascino fino alla cattedra. Lo sanno tutti che io odio quell’uomo con tutta me stessa, principalmente per la materia che insegna, seguono altri svariati motivi tra i quali la sgradevole abitudine di fissarmi mentre cammino nel corridoio con un’espressione estremamente arrapata.

Mi restituisce il libretto firmato e io glielo strappo di mano prima che mi possa sfiorare.

Ritorno a sedere di fianco a Nico, che avendo intuito qualcosa (o più probabilmente Riccardo gli ha già detto tutto), mi prende per il mento e mi lecca le labbra, lasciando il professore in fase

pre-embolo.

Mi mordo un labbro mentre lo guardo negli occhi.

"Cosa ci propone oggi, prof.?" gli chiedo io. Lui quasi si ribalta dalla cattedra mentre biascica qualcosa riguardo le derivate delle funzioni.

L’ora finisce e subito il nostro banco viene accerchiato dal resto della classe.

"Grande esibizione!"

"Era da filmare!"

"Ma siete assieme?"

"Alice dove hai preso i jeans?"

"Fermi! Parla un imbecille alla volta!" l’intervento provvidenziale di Riccardo calma la folla.

 

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Capitolo 9
*** Alice, la famigerata ex e il prode Riccardo! ***


Eccolo qui il nuovo capitolo!

Spero che incomincerete presto quanto me ad odiare l'ex di Nicolò^^

Questo capitolo è quello che si potrebbe definire la quiete prima della tempesta, perchè presto...

Dai dai, leggete e commentate please, ho bisogno di voi per capire se la storia piace o no!

Grazie baci!

 

Ricominciano a tempestarmi di domande e nemmeno l’arrivo della prof. di arte sembra calmarli.

Venti minuti dopo finalmente a domande esaurite la prof può cominciare a spiegare.

L’una e mezzo arriva velocemente e il formicaio di alunni si avvia verso l’uscita.

"Alice!" mi giro verso Estelle, una delle ragazze della compagnia, che mi sta raggiungendo di corsa.

"Dimmi."

"Ma allora è vero che sei assieme a Pigni?"

"Sì…"

Aggrotta le sopracciglia e sospira.

"Ok…"

"Perché è forse un problema?"

"No… è che conosco un’amica della sua ex e…"

"E?"

"E… niente, lei mi ha detto che avevano ripreso a frequentarsi quando lui è tornato dalla Francia… ma visto che adesso siete assieme penso che fosse tutto una palla…"

Rimango con la testa piegata a sinistra gli occhi ridotti ad una fessura e le labbra semichiuse per due minuti buoni.

"Beh… sì… probabilmente si è trattato di una palla…" riesco a dire alla fine.

"Ma sì dai stai tra… avrà conosciuto te e se ne sarà dimenticato!" dice lei sorridendomi.

È sincera, lo so, la conosco.

"Se vuoi però indago…" aggiunge.

"No… no Estelle, voglio fidarmi."

"Ok… dai vieni che usciamo assieme. Oggi pomeriggio ci facciamo un giro in centro, tu vieni?"

"Mmm… sì dai!"

"Perfetto! Allora ci vediamo oggi verso le tre al solito posto."

"Va bene, avvisi tu gli altri?"

"Sì. Ciao Alice!"

Ci baciamo tre volte e poi lei va da una parte e io raggiungo Nico.

È venuto a prenderci Sergio, ciò significa che i miei sono tornati a casa in anticipo.

Chiedo a Nico se vuole uscire con noi ma dice che ha da fare.

Dopo averlo portato a casa, ci dirigiamo verso la mia casetta.

Trovo la mamma ad accogliermi, tutta contenta per il viaggio a Madrid.

"Sapessi Alice, è una città così bella!"

Mi siedo in cucina mentre lei mi racconta tutti i particolari.

Tira fuori una scatola dalla borsa e me la porge.

"Ho visto che stava per finire e te l’ho preso nuovo al duty free dell’aeroporto assieme a questo, ti piacciono?"

Apro le confezioni di profumo e sorrido: Miss Dior Chérie di Dior, e L’Instant Magic di Guerlain, i miei due profumi preferiti in assoluto.

"Grazie mamma! Sei una grande, proprio quelli che volevo!"

"Prego Topo!"

Alzo gli occhi al cielo. Odio i nomignoli…

"Mamma posso uscire oggi pomeriggio con gli altri?"

"Certo, basta che ti arrangi con i compiti… ascolta, quando mi racconti di te e Nico? Ho sentito Daniela per telefono poco fa…"

"Ah… e… beh… sì insomma ci siamo messi assieme…"

"Davvero? Oh che bello!"

L’orario dell’uscita arriva praticamente subito e dopo aver salutato la mamma esco di casa.

Mi fermo davanti ad una vetrina per controllare il look: maglietta rossa con scollo a V sotto una giacchina blu con le maniche a tre quarti e il collo ad anello, jeans scuri e ballerine rosse, borsa abbinata alle scarpe e capelli lisci sciolti, occhiali di Gucci. Tutto in ordine.

Proseguo fino ad arrivare alla solita gelateria dove alcuni sono già seduti e aspettano gli altri.

Li saluto ad uno ad uno: Estelle, Giorgio, Luca, Martina, Alessandra e Federico.

Mi siedo ed ordino un frappè alla stracciatella e mentre attendo l’ordinazione arrivano anche tutti gli altri. Riccardo si siede al mio fianco e mi bacia sul naso, poi ritorna a parlare con Leonardo ed Edoardo, i gemelli più belli del mondo.

Quando ognuno ha finito il suo gelato e ha pagato, ci alziamo e andiamo a fare un giro in centro.

Tiriamo sera fra un negozio e l’altro e decidiamo di uscire a mangiare una pizza.

L’argomento della serata siamo io e Nico.

"Ma scusa ma fare una roba un po’ meno di corsa, Alice?" mi chiede Federico.

"Dai Chicco, non potevo mica programmarlo… è successo e basta."

"Va bene… comunque mio padre, che conosce il suo, mi ha detto che se ne sono andati perché la sua tipa gli ha scatenato dietro qualcuno di importante nell’azienda dove lavorava…"

"Sì si scopava il figlio del capo" dico io.

"Ah sì ecco chi era… povero…"

"Povero sfigato vorrai dire…" si lascia scappare Edo.

Faccio per dire qualcosa ma Riccardo arriva prima di me.

"Che cazzo ne sai? Era innamorato…"

"Essere innamorati non vuol dire ridursi a venire pestati da quello che ha contribuito a farti più corna del papà di Bambi con la tua ex…"

"Beh sì hai ragione forse… però Nico adesso è il ragazzo della mia migliore amica nonché la più bella e ricca ragazza di questa fottuta città quindi…"

"Quindi anche Nicolò eredita il suo pedigree!" conclude Leo.

Scoppiamo tutti a ridere.

"Certo che forse hai un po’ esagerato prima Riccardo… definirmi la più bella e ricca…"

"Alice guarda che è vero" dice Alessandra.

"Ma dai…"

"Oh non rompere i coglioni, sei bella ok?!" urla Riccardo.

Tutti si girano a guardare il nostro tavolo.

Una tipa bionda in fondo al locale ride.

Estelle mi fa un segno e mima con il labiale "Quella è la sua ex".

Senza farmi notare la fisso.

È bionda, sembra abbastanza alta, deve avere almeno una quarta di reggiseno ed è vestita come una puttana: top scollato fino all’ombelico, perizoma tirato su fino alle costole, minigonna giro passera (più corta della cintura, tanto per intenderci) e stivali a mezza coscia.

Riccardo la guarda e poi guarda me, ripete lo stesso gesto almeno dieci volte e poi parla.

"Come cazzo faceva a stare assieme ad una così quello… cioè guardala… al posto della gonna ha scritto SVENDITA TOTALE sul davanti ed ENTRATA LIBERA sul didietro!"

"E Riccardo lo sai che l’amore è cieco…" aggiunge Giorgio.

"Sì ma cazzo ma che lui si prenda un paio di occhiali allora!" commenta Edo.

Io nel frattempo mi accanisco contro la crosta della pizza.

Usciamo dal ristorante assieme al gruppo della sua ex.

Nel passarmi a fianco mi urta, poi si gira e mi fissa ridendo.

La guardo come se stessi fissando una cacca di mucca.

"Scusa è troppo difficile da dire?" le chiedo.

Fa per rispondere ma Riccardo e Federico mi si avvicinano.

"Qualche problema?" le chiede Chicco

Lei fa per rispondere ma Riccardo è più svelto.

"Guarda, di solito se vuoi andare a battere devi andare là in fondo, la vedi quella curva? Passano talmente tanti di quei camionisti che non ti immagini! Almeno ti puoi prendere un cavolo di vestito che ti copra un po’ meglio di quelli. Vieni Alice."

Mi tira via dal marciapiede mentre sento lei che da dietro mi urla qualcosa che suona molto simile a troia.

"Mai quanto tua madre!" le urla di rimando Alessandra.

Scoppiamo a ridere e ci dirigiamo ognuno verso casa sua.

Riccardo mi riaccompagna a casa, tanto abitiamo vicini.

"Grazie per prima."

"E di cosa? Piccola, se lei pensa di poterti fare qualcosa non ha tenuto in conto che ci siamo noi prima di te!"

"Già… ti voglio bene lo sai?"

"Anch’io Alice… ascolta sei veramente sicura che Nico vada bene per te?"

"Sì… spero almeno" replico sorridendo.

"Allora va bene. Basta che tu sia felice, poi anche se è la testa di cazzo più grande del mondo, a noi va bene."

Mi fermo davanti al cancello di casa mia e lo saluto con un bacio.

"Notte."

"Buonanotte Ricky… stai attento a tornare a casa."

"Sì piccola stai tranquilla."

"Ok. Ciao…"

"Ciao Alice."

Entro in casa e trovo anche papà in sala.

Gli salto in braccio e ascolto il suo resoconto del meeting.

"Dovremmo riuscire ad acquisire anche quest’impresa… Alice conosci per caso una certa Veronica Martinelli?"

"No… perché?"

"Si sono trasferiti qui da sei mesi ormai… frequenta il grafico privato, è la figlia di uno dei soci dell’impresa, anche se loro sono entrati da poco a far parte della direzione…"

"No papà, non so chi sia…"

"Va bene Alice… credo che sia ora di andare a letto sai?"

"Sì papà adesso vado. Ah, ti saluta la mamma di Riccardo."

"Ricambia, grazie, come stanno?"

"Ricky bene…"

"Sai qualcosa di come procedono gli affari di suo padre?"

Il padre di Riccardo è vicepresidente di una banca.

"Penso bene visto che sono sempre più pieni di soldi… mi ha detto che deve prendere la macchina nuova e penso che sarà come minimo una Mercedes…"

"Beh dai neanche noi possiamo lamentarci…"

"No, proprio per niente" replico io, sorridente.

"Dai, adesso fila a letto."

"Ok, notte papà."

"Buonanotte."

Vedo la luce accesa in bagno e dopo aver bussato apro la porta. Mia mamma è davanti allo specchio che si mette la crema in vestaglia.

Si gira verso di me e sorride, i capelli biondi e vaporosi raccolti per tenerli lontani dal visto e gli occhi verde scuro che brillano.

"Dimmi Alice."

"Volevo darti la buonanotte."

"Ok topina… buonanotte."

"Notte mamma."

Mi infilo a letto dopo essermi spogliata e mi addormento pensando che la mia vita è veramente perfetta: ho una famiglia che mi vuole bene, degli amici meravigliosi, ho Riccardo che è disposto a dare la vita per me pur di difendermi… e poi ho Nicolò… e lo so che è presto per dirlo, ma penso che sarei disposta a passare tutto il resto della mia vita con lui perché credo proprio di essere terribilmente presa da lui…

 

IMPORTANTE!

CI TENGO A PRECISARE CHE TUTTI I PERSONAGGI DI QUESTA STORIA SONO FRUTTO DELLA MIA FANTASIA E NON HANNO NESSUNA CORRISPONDENZA CON LA REALTA', ECCEZION FATTA PER LA PROTAGONISTA CHE è LIBERATAMENTE ISPIRATA ALLA SOTTOSCRITTA.

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Capitolo 10
*** Buon quarto mese ***


Tre mesi dopo

Tieniti libera

per stasera alle 8.00

ti porto fuori

bacio

Guardo il messaggio sul display del cellulare.

È domenica, sono le 7.30 di mattina e io stavo dormendo prima di sentire il cellulare vibrare come un terremoto.

Mi giro a pancia in giù e infilo la testa sotto al cuscino, tentando di addormentarmi di nuovo, ma non ci riesco.

Sbuffando come una caffettiera mi avvio verso il bagno e dopo aver fatto cadere per terra tutti i vestiti mi infilo nella vasca piena d’acqua calda e schiuma.

Quando esco un’ora e mezza dopo essermi fatta anche la doccia (viva la crisi idrica) scendo a fare colazione.

Dopo aver puciato la brioche nel cappuccino e aver mandato giù tutta la spremuta, comunico ai miei genitori l’invito di Nico.

"Vai pure Alice."

"Ma Nicolò il figlio del mio socio?"

"Sì, caro."

"Ah."

La sera è arrivata fin troppo presto per i miei gusti.

Non avendo una minima idea del posto dove mi porterà alla fine ho optato per una gonna marrone lunga né troppo aderente né troppo larga e una maglietta chiara, assieme alle scarpe con non troppo tacco dello stesso colore della gonna. Fa caldo quella sera e decido di non prendere nessuna giacca.

Alle 8.30 precise sento il clacson suonare.

Nico si fa trovare all’ingresso, vedo che indossa jeans e camicia sotto ad una giacca non troppo formale. Ho indovinato con l’abbigliamento.

Mio padre inizia a fare domande per assicurarsi che Nico sia in grado di guidare la macchina con prudenza dopodiché ci lascia andare.

Salgo nella mini grigia nuova di pacca che gli hanno regalato i suoi genitori per la patente fatta da due mesi e partiamo.

"Allora dove mi porti?"

"Fuori a mangiare in un posto nuovo."

"Cosa servono?"

"Solo carne" nel dirlo mi guarda con una strana luce negli occhi.

Mi giro verso il finestrino e guardo la strada scorrere sotto di me.

Con la coda dell’occhio lo vedo armeggiare con lo stereo, alzando il volume.

Riconosco praticamente subito la canzone di Jovanotti.

…A te che sei
Semplicemente sei
Sostanza dei giorni miei
Sostanza dei giorni miei
A te che sei il mio grande amore
Ed il mio amore grande
A te che hai preso la mia vita
E ne hai fatto molto di più
A te che hai dato senso al tempo
Senza misurarlo
A te che sei il mio amore grande
Ed il mio grande amore…

Mi volto verso di lui e vedo che mi sorride mentre accosta con la macchina.

Mette una mano sul mio poggiatesta e si avvicina, stampando le mie labbra sulle sue.

"Arrivati" mi sussurra sulle guance prima di scendere dalla sua parte e venire ad aprirmi la portiera.

Lo guardo con un mezzo sorriso sulle labbra e mi incammino con lui fino all’entrata del ristorante.

"Avete una prenotazione?" ci chiede la ragazza all’entrata del locale già strapieno.

"Sì, tavolo per due a nome Pigni."

"Ah ok perfetto. Seguite il cameriere, vi mostrerà la strada.

"Ok grazie."

Arriviamo in una zona leggermente appartata rispetto al resto della sala e ci vengono portati i menù.

Scorro la lista degli antipasti senza trovare niente di apparentemente convincente, lo stesso si verifica con i primi piatti.

Oddio non posso fare la figura di quella che ha schifo di tutto! Una cena al McDonalds no né?

Mi fermo a metà della lista, incredula. Risalgo un paio di voci e rileggo un paio di volte il nome del piatto: tagliata di manzo con fonduta.

I miei occhi assumono la consistenza di un budino mentre mi illumino anima e corpo.

"Alice?"

Alzo gli occhi verso di lui e vedo che il cameriere al suo fianco ha un’aria leggermente seccata.

"Sì?"

"Allora?"

"Oh… e… credo che…"

"Lui ha preso tagliatelle con ragù di cinghiale e spiedini, lei signorina cosa gradisce?"

"La tagliata di manzo con fonduta, grazie."

"Perfetto e la carne…"

"Filetto di manzo, ovviamente e mi raccomando, molto al sangue."

"Ma così la fonduta…"

"Si mischia ai succhi della carne sì lo so, è quello il buono del piatto! Ah e poi come antipasto… potrebbe portarmi una tartare? Niente uovo in mezzo, solo la carne condita con limone e sale, l’olio se lo voglio lo metto io."

"Gradisce qualcosa di primo?"

"Adesso no grazie" rispondo io con un sorrisone.

"Ok, da bere?"

"Per me una birra media."

"Coca light."

"Perfetto, arrivano."

Attacco il cestino del pane mentre aspettiamo le portate.

"Meno male che sembrava non ti piacesse niente eh…"

"Sì lo so ho visto quelle cose solo all’ultimo minuto."

"Ok… Alice posso chiederti una cosa?"

"Sì…"

"Cos’è la tartare?"

Lo guardo sbalordita.

"Non lo sai davvero?"

Scuote la testa.

"Uff… è carne cruda."

"Che schifo!"

"Scusa mai mangiato il carpaccio?"

"Mi fa impressione."

"Oddio che complicato che sei! Dopo te la faccio assaggiare e mi dici."

"Me la fai assaggiare eh… porcellina!"

Lo guardo scandalizzata, capendo il doppiosenso in ritardo.

"Magari in un’altra vita eh…"

"Come allora non me lo vuoi fare il regalo per i quattro meravigliosi mesi che siamo assieme?"

Di già? Porca puttana è vero! Oh merda adesso mi tocca dargliela...

Mi esibisco nel migliore dei sorrisi.

"Perché tu cosa mi hai regalato?"

"Questo!"e indica il locale attorno a sé.

"Oh…"

"Aspetta e vedrai la sorpresa."

Arrivano le nostre portate e alla fine riesco ad obbligare Nicolò a provare una forchettata di tartare, il problema dopo è riuscire a cacciarlo via dal mio piatto perché gli è piaciuta fin troppo.

Mi vendico attaccando il suo piatto di pasta e finiamo per scambiarci i piatti.

Quando arrivano i secondi rifiuto i suoi spiedini, che non mi sono mai piaciuti e mi dedico al mio immenso piatto.

Stendo bene il tovagliolo sulle gambe e, dopo aver controllato che la carne sia cotta come dico io, avviso Nicolò di non scandalizzarsi.

"Perché?"

"Adesso vedi."

Prendo un pezzo di carne con le mani e inizio a morderlo, staccando i bocconi. Sento il liquido colarmi lungo il polso e mi affretto a leccarlo via, il tutto con un’espressione estasiata sul volto.

Nico mi guarda leggermente schifato, poi quando vede che mi lecco la pelle del braccio spalanca gli occhi e deglutisce a vuoto.

Tenta il mio stesso approccio sexy agli spiedini, ma il risultato non è esattamente lo stesso.

Scoppio a ridere quando lo vedo mentre lecca un wuster.

"Oddio smettila! Sei osceno, ti guardano tutti!" ma lui non mi ascolta e continua la performance.

"Strano, quando eri assieme a me non ti esibivi in certi numeri da circo, Nicolò."

Lo vedo sbiancare e girarsi verso la voce. Mi giro anch’io, spinta da un’irrefrenabile voglia di piantare i denti nel collo della sua ex.

Lui sembra un coniglio davanti all’aquila che sta per afferrarlo.

Gli tiro un calcio da sotto il tavolo e lui sembra riprendersi.

"Ah… eh… io…"

Lo guardo, un’aria feroce in faccia.

"Vuoi comprare una vocale?" gli ringhio sottovoce.

"Beh?" dice lei mentre io immagino la sua testa che rotola per terra.

La guardiamo entrambi con aria interrogativa.

"Non ci presenti?" e mi indica con un dito.

Alice non mordere, non mordere…

"Ah… si, Alice Crespi, Veronica Martinelli."

Mi torna in mente il discorso fatto con papà un paio di mesi fa.

"Quindi tu sei la figlia del socio di…"

"Tuo padre, sì lo so."

"E vuoi un applauso? Comunque, piacere."

Mi guarda schifata, poi mi stringe la mano, al che io sorrido perfida, non mi ero pulita le mani, che sono ancora bagnate dalla carne e dal condimento.

Ritira la mano schifata, dopodiché riprende a parlare.

"Allora siete ancora insieme vedo…"

"Già…" commenta laconico Nico.

"Io sono ancora assieme a Giacomo invece, Nicolò."

Le sue spalle si incurvano di colpo, come se stesse venendo schiacciato da un grosso peso.

"Sai… strano come una persona che non penseresti mai di…"

Mi alzo dal tavolo e la prendo per le spalle, resistendo all’impulso di tirarle uno schiaffo e la giro verso l’altra parte del locale.

"Il tuo tavolo è da quella parte, quindi vacci in fretta per favore."

"Ma io non ho finito di parlare."

"Beh io ne ho piene le palle della tua presenza quindi sciò!"

"Ti credi tanto superiore? Beh sappi che se avverrà la fusione fra le nostre due imprese mio padre…"

"Ma cosa me ne frega di tuo padre! Levati dalle scatole e lasciaci finire di mangiare in santa pace no?"

"Certo, tanto prima o poi capiterà una cena tutti assieme!"

"Sì certo, non vedo l’ora di accoglierti a casa mia! Io lo farò a braccia aperte, tu e tua mamma come invece? A gambe aperte?"

Se ne va stizzita e io ritorno a sedere.

"Non dovevi parlarle così."

"Cosa?"

"Sei stata maleducata."

"Perché , lei a venire qui giusto per sfottere?"

"Ma lei…"

Mi alzo dal tavolo, seccata.

"Ma lei cosa? Lei cosa!" un paio di teste si girano verso di noi.

"Volete una foto o tornate ai vostri piatti e vi fate i cavoli vostri, signori?"

"Nico, rispondimi, lei cosa?"

"Lei…"

"Lei era autorizzata perché lei per te è Dio onnipotente sceso in terra e può fare quello che vuole di te? Beh bella dimostrazione la tua!"

In quel momento il cameriere si avvicina al nostro tavolo con una piccola torta con su quattro candele e un pacchetto regalo, ma si ferma a metà strada.

"Forse non è un buon momento…" dice il cameriere.

"No, no, è il momento giusto" mi avvicino a lui e gli strappo letteralmente il vassoio dalle mani.

Lo appoggio sul tavolo e soffio sulle candele.

"Buon quarto mese."

Ed esco dal ristorante lasciandolo solo sul tavolo.

 

DECIMO CAPITOLO!

che ne dite se festeggiamo con un pò di recensioni?

Grazie a Niwad per la recensione, sì in effetti non sono così come Alice... non fino a quel punto^^

Per gli altri che leggono, che ne dite di scrivere un piccolo parere? Non so se vale la pena di continuare a scrivere sennò.

Vi do due settimane di tempo per recensire perchè parto e vado in vacanza in Puglia, se quando torno non trovo niente... Vi strangolo via internet!^^

Ciao a tutti bacio!!!

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Capitolo 11
*** Tutta colpa tua ***


Apro gli occhi e mi ritrovo a fissare il soffitto di camera mia.

Che due stramegapalle…

Scendo dal letto sbadigliando come un ippopotamo e mi avvio verso la doccia.

Nemmeno l’acqua fredda riesce a svegliarmi, perciò quando ritorno in camera mi ritrovo a fissare imbambolata uno degli armadi.

Cosa posso mettermi per uno dei tanti pallosi lunedì mattina?

Scendo le scale di corsa vestita con una maglietta bianca con la scritta ATTENZIONE, MORDO e i jeans scuri tutti sbrindellati, scarpe nere con il tacco a cono e novecentomila braccialetti neri al polso sinistro.

Metto gli occhiali con le lenti color fumo che mi coprono mezza faccia e mi infilo in macchina.

"Però, che tenuta da rockstar! Cos’è, paura dei flash?" mi chiede l’autista divertito.

"Ma va, ho messo sul la prima cosa che è capitata!"

"Se come al solito" replica lui ridendo.

"Un mocaccino, un cappuccino d’orzo, un espresso e tre decaffeinati!" grida Federico alla barista che si sta per avvicinare al nostro gruppo.

Riccardo ha provveduto a divulgare la notizia della serata fra me e Nico a tutta la compagnia e adesso almeno tre persone sono girate verso Nicolò che ha appena varcato la soglia della scuola, e le loro espressioni non sono molto amichevoli…

Arrivano le nostre tazze e dopo aver consumato la colazione, o meglio dopo aver dovuto dividere la mia brioche integrale con Riccardo e avergli bevuto quasi tutto il mocaccino ed essermi di conseguenza attirata tutto il suo odio, ci alziamo in formazione gregge di pecore e ci spartiamo nelle varie classi.

Quando Nico si siede accanto a me mormorando un ciao piccolo piccolo io mi limito a tirare via gli occhiali per guardarlo con aria di sufficienza.

"Alice non puoi continuare a fare questi capricci, non hai sette anni."

"Proprio tu mi parli di crescere quando dai più retta alla tua ex che a tua mamma?"

"Quello che c’è stato fra me e lei non ti deve riguardare."

"Non mi riguarderebbe se non me la trovassi ogni due per tre in mezzo ai coglioni."

"Beh ti ci dovrai abituare visto che i nostri genitori saranno colleghi…"

"Ma smettila, vuoi lasciarmi in pace?"

"Alice io lo sto dicendo per te… prima te ne fai una ragione…"

"E prima la smetto di pensare che tu la vuoi ancora e che io sono solo un rimpiazzo?"

"Io non…"

"Alice, siediti qui" la voce di Riccardo arriva da dietro, fredda e controllata. Mi prende un braccio e mi tira su, indicando il banco vuoto a fianco al suo. Federico è già pronto a prendere il mio posto.

"Faccio compagnia io al tuo tipo… sempre che tu voglia ancora stare assieme a uno così."

"Così come?" chiede Nicolò, improvvisamente aggressivo.

"Così incredibilmente cafone e imbecille, primo perché non hai il minimo rispetto per Alice e secondo perché sbavi ancora dietro a una che ti ha fatto pestare dal suo amante…"

"Gliel’hai detto tu?" si rivolge a me stavolta.

"No lo sapevano già, non sei l’unico figlio di un pezzo grosso sai?"

"Mai quanto te, peccato che io evito di essere così stronzo con te e i tuoi amici."

"In compenso quando sei in presenza di una certa Martinelli Veronica ti trasfiguri… ma questo non è più un mio problema dato che non ho più intenzione di stare con te."

"Almeno prendi questo…" dice lui porgendomi lo stesso pacchetto dell’altra sera.

"Dallo a quell’altra."

"L’ho preso per te."

Non faccio in tempo a rispondergli perché entra la prof.

"Alla buon’ora..." dico io scocciata.

"Prego Crespi? Potrebbe ripetere?" mi chiede la prof.

"Ho detto alla buon’ora, non stavo più nella pelle per assistere finalmente ad una sua lezione, prof."

"Crespi, il difetto di pretendere che vi sia tutto dovuto deriva dalla vostra supposizione di essere padroni del mondo, ma non è così ne per te ne per nessuno dei tuoi compagni di classe, quindi ti pregherei di evitare di trattare i tuoi superiori con sufficienza, così com’è tua abitudine fare recentemente… e inoltre gradirei evitassi di cambiare posto senza prima consultare un docente…"

"Io non avrei cambiato posto se Pigni…"

"E basta con questo vizio di fare lo scarica barile sugli altri! Assumiti le tue responsabilità!"

"Ma cos’ha in testa, prof, le pigne?"

Non ce la faccio più a resistere e le sclero dietro come una pazza, tacendo solo quando Riccardo mi tappa la bocca.

"Basta Alice."

"Bene Crespi, se ha finito con la sua tragedia la pregherei di attendere il mio arrivo in presidenza dove la raggiungerò dopo aver affibbiato ai suoi compagni di classe una bella verifica a sorpresa."

Nessuno osa fiatare o protestare dopo aver visto le occhiate che rivolgono in giro i miei amici.

Io esco dalla porta senza nemmeno dire una parola, camminando tranquilla per il corridoio.

Ma và un po’ te sta brutta baldracca schifosa… ma cazzo ma perchè viene a rompere le palle a me! Che nervi… e poi come se non bastasse ci si mette pure quello stronzo a darmi addosso… porca merda non voglio più vederlo, più!

Apro la porta della presidenza dopo aver bussato e assumo un’aria leggermente disorientata.

"Buongiorno signorina Crespi! A cosa devo la sua visita quest’oggi?" mi chiede il preside con un sorrisone.

Prendo posto sulla poltroncina e prendo la testa fra le mani, poi inizio a parlare.

"Signor preside, io non so cosa fare!"

"Prego?"

"Io… io sto impazzendo, non ce la faccio più, sono arrivata a rispondere male alla professoressa di arte solo perché…"

"Perché, signorina Crespi?"

"Perché mi sono innamorata! E io… io non capisco più niente, io ho paura, sono sempre nervosa e insofferente, non riesco ad avere un rapporto sereno con gli altri perché sono troppo gelosa e…"

"Alice, tutti ci sono passati…"

Alzo la testa, sorpresa. La professoressa è in piedi davanti a me, non l’ho sentita entrare.

"Vedi, il mio matrimonio è finito da poco, mio marito mi ha lasciata per un’altra, proprio per questo motivo, io ero troppo gelosa… ma lo amavo molto, quello era il mio modo per dimostrarglielo… e credo di aver capito che sia successo qualcosa fra te e Pigni, ultimamente…"

"Sì, è così professoressa… mi dispiace di essermi comportata male con lei poco fa, ma avevo altro per la testa e non ho realizzato quello che dicevo… mi scusi."

"Adesso che ho capito il motivo del tuo comportamento sono più che pronta a perdonarti… so cosa si prova, l’unico consiglio che mi sento di darti è di non esagerare… rischi di fare la mia fine dopo… beh visto che le cose si sono risolte così in fretta non vedo il motivo di rimanere ancora qui… buona giornata signor preside, ci scusi per l’intrusione nel suo ufficio. Alice, vieni, andiamo in classe."

"Arrivederci, preside."

"Arrivederci e buona fortuna Alice!"

"Grazie" gli dico con il mio miglior sorriso prima di richiudermi la porta alle spalle.

Fregati tutti e due per l’ennesima volta… ah ah! È sempre troppo facile fare la faccia triste e allisciarsi un po’ i professori… e adesso cerchiamo di resistere alla tentazione di far fuori quell’imbecille di Nicolò.

Quando rientriamo in classe la prof provvede subito a sospendere la verifica e inizia a spiegare come se niente fosse, lanciandomi di tanto in tanto uno sguardo dolce.

Io inizio ben presto a rivolgere delle occhiate dispiaciute e tormentate a Nico quando sono sicura che lei mi stia guardando.

La giornata passa senza ulteriori spedizioni in presidenza e ci ritroviamo tutti fuori da scuola, ognuno in attesa del proprio mezzo.

Mi attardo a parlare con la compagnia e quando entro in macchina mi trovo di fianco Nico.

"Cosa?"

"Alice, accendi il cellulare e troverai il messaggio in segreteria di tua mamma che ti avvisa che Nicolò rimarrà con voi per un paio di giorni" mi dice Sergio.

Merda.

"Che bello…"

Esco dalla macchina ed entro in casa senza preoccuparmi che lui mi stia seguendo o meno.

"Se hai fame apri il frigo e arrangiati" gli dico, ma subito dopo leggo il biglietto di mia mamma attaccato al forno

Ciao tesoro, visto che Nicolò si ferma da noi

ho fatto preparare le lasagne che piacciono

a tutti e due, devi solo accendere il forno

che fa tutto lui… ci vediamo stasera,

fai la brava e sii gentile.

Ciao bacio.

 

"Ok…" dico io mentre accendo il forno e imposto il timer.

"Nicolò, la tavola è già apparecchiata, io vado su a cambiarmi, tu… fai quello che vuoi.

Sono in mutande e reggiseno che rovisto nell’armadio quando sento le sue braccia attorno alla vita.

"Mi dispiace… scusami Alice, scusa…" sussurra contro i miei capelli.

Mi volto, trovandomi faccia a faccia con lui, specchiandomi nei suoi occhi così simili ai miei.

Appoggio la mia guancia contro la sua.

"Esci dalla mia stanza" gli sibilo prima di forzare la sua presa.

Esco poco dopo con un vestitino leggero, Nico ha già tirato fuori la teglia dal forno e sta facendo le porzioni.

"Quanto ne vuoi?"

"Fai tu, va sempre bene grazie."

Mi siedo al tavolo e lascio che lui mi serva.

Si siede poco dopo e inizia a mangiare.

"Cos’hai detto alla prof per ridurla ad un agnellino?"

"Quello che voleva sentirsi dire… è bastato poco per infinocchiarla così…" rispondo io.

"Non è bello prendersi gioco così delle persone."

"Non sei tu a dovermi dire cosa fare."

"Il mio era solo un consiglio, Alice."

"Non voglio sentire i tuoi consigli allora."

"Senti possibile che…"

Il telefono inizia a squillare.

Mi alzo per andare a rispondere, interrompendo la conversazione.

"Pronto? Ciao Riccardo… sì tutto bene grazie, tu? Bene dai… allora oggi uscite? Sì? Sì, sì ok vengo… però c’è qui Nicolò… e lo so è quello il problema… dici? Sì questo risolverebbe i problemi… tanto la casa è grande… ok dai! Ciao tesoro, bacio!"

"Qual è il programma?" mi chiede.

"Io esco fra un’ora, tu trovati qualcosa da fare."

"Come?"

"Non ti ho chiesto di venire con me. Sei in casa mia ma non ti devo certo scarrozzare in giro… fai i compiti."

Si alza e viene verso di me.

"E già che ci sono ti lavo anche le tende e stiro la roba?"

"Non sarebbe una cattiva idea…"

"E poi?" mi chiede con un tono diverso da prima.

"E poi cosa? Non ti basta?"

È come se esplodesse un temporale. Nico mi guarda, poi mi afferra per un braccio e mi spinge contro il muro.

"Al contrario, mi hai riempito le palle di tutte le tue cazzate e del tuo menefreghismo. Sai cosa ti dico? Vaffanculo brutta stronza, vattene pure dai tuoi amici e non rompermi più i coglioni come hai fatto ultimamente!"

"Calmati."

"CALMATI? CHI CAZZO TI CREDI DI ESSERE, LA PADRONA DEL MONDO? VAI A FARTI FOTTERE TU E TUTTI I TUOI CAZZO DI SOLDI! MI STAI TRATTANDO COME UNA MERDA E IO ANCORA COME UN CRETINO CHE TI CORRO DIETRO E TENTO DI SCUSARMI!"

"SE TU EVITASSI DI SBAVARE…"

"ED è TUTTA COLPA MIA? NON CI PENSI CHE QUELLA è SOLO GELOSA? STAI FACENDO IL SUO GIOCO COME UNA RINCOGLIONITA! CAZZO ALICE SMETTILA CON STI CAPRICCI DEL CAZZO, SONO STUFO! SONO ASSIEME A TE DA QUATTRO MESI E TU NON HAI FATTO ALTRO CHE DIVIDERE ME DAI TUOI AMICI perché GUAI A CHI TOCCA QUEI FOTTUTI RICCHI! COME SE IO ANDASSI IN GIRO CON LE PEZZE AL CULO! E MA TU DEVI FARE LA FIGA perché LORO SONO ANCORA PIù FIGHI! SCENDI DAL PIEDISTALLO!"

Lo guardo sconvolta, ogni parola è uno schiaffo, mi pungono gli occhi ma non voglio farmi vedere in lacrime da lui.

Metto il broncio e giro il viso verso sinistra.

"Alice, anche se adesso pensi che io sia uno stronzo gigantesco…"

"Sì lo penso, e allora? Mi hai buttato addosso tutte le tue frustrazioni, sei contento adesso che ti sei confessato?"

"Alice…"

"Alice, Alice, Alice! Cosa vuoi!"

"Io ho sempre voluto solo te…"

"Se…"

"Ascoltami, è la verità!"

"Non ci credo!"

"Perché sei così fottutamente ostinata!"

Siamo praticamente fronte contro fronte che ci ringhiamo addosso.

"Perché per colpa tua mi sto rincoglionendo! Per colpa tua oggi sono finita dal preside, mi sono sentita dare della cogliona dai miei amici perché ti difendevo, per colpa tua io da quattro mesi non capisco più niente! È tutta colpa tua!"

"E dimmi, Alice, ne vale la pena?"

Alzo gli occhi incontrando i suoi, vicinissimi, come il resto del suo viso.

Mi sporgo in avanti, strusciando il naso contro la sua guancia, lui mi prende per il mento, passando la punta della lingua sul mio labbro inferiore, baciandomi l’angolo della bocca, finendo sulle mie labbra.

 

CHIEDO SCUSA PER IL MOSTRUOSO RITARDO MA HO FATTO LO STAGE IN AZIENDA PER TRE SETTIMANE E POI ERO IN PREDA AL BLOCCO DELLO SCRITTORE u_u

COMUNQUE ADESSO SONO TORNATA! E RINGRAZIO TUTTI COLORO CHE MI HANNO RECENSITA E HANNO AGGIUNTO LA STORIA NEI PREFERITI.

PROMETTO CHE IL PROSSIMO AGGIORNAMENTO SARà ENTRO LA FINE DI QUESTA SETTIMANA, IN CASO CONTRARIO SIETE AUTORIZZATE/I A FUSTIGARMI!

ADESSO VI LASCIO, FATEMI SAPERE!!!

GRAZIE VI ADORO

1 BACIONE ALICE

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Capitolo 12
*** Maybe no ***


Gli intreccio le braccia al collo mentre lui mi spinge contro il muro, il suo corpo che aderisce perfettamente al mio.

Le sue labbra scendono sul collo mentre con le mani abbassa le maniche del vestito e riprende a baciarmi la pelle libera.

Lo stringo più forte contro di me e lui alza gli occhi, incontrando i miei.

"Non voglio dover stare ancora male per lei."

"Alice, ci sei solo tu."

"Davvero?"

"Sì, davvero."

È difficile riuscire a credere che stia mentendo. Io decido di fidarmi.

Lascio che mi prenda in braccio e che mi porti in camera.

Mi butta sul letto, seguendomi subito dopo.

Mi bacia a labbra chiuse, io gliele faccio aprire con la lingua, attorcigliandola poi alla sua mentre gli affondo le mani nei capelli.

Si stacca un momento e ne approfitto per capovolgere le posizioni.

Seduta a gambe divaricate sopra di lui gli sollevo la maglietta, scoprendo gli addominali ben disegnati da tutti gli anni di agonistico e sollevandola fino ai pettorali. Finisce di sfilarla lui, rimanendo a torso nudo. Mi solleva l’orlo del vestito scoprendo le gambe, infilando le dita ai lati degli slip e poi tornando a fare salire l’orlo oltre alle mie braccia, sfilandomi del tutto l’abito.

Mi guarda sopra di lui con solo l’intimo addosso, mi studia, aspettando una mia mossa.

Mi chino su di lui, baciandolo con una lentezza esasperante sulla fronte, sulle tempie, sulle guance, sul mento, sulla gola e sul collo, poi risalgo, sfiorando appena le sue labbra. Tenta di baciarmi ma io sposto la testa indietro e riprendo a baciarlo sul collo, sentendo il suo respiro farsi più veloce.

Arrivo agli addominali prima che lui decida di cambiare posizione.

Appoggia la schiena contro la testiera del letto sedendosi sopra al cuscino e facendomi sedere sopra di lui, poi mi morde sul collo, sfiora la pelle appena sotto l’orecchio, mi morde le labbra, le lecca, le bacia, sempre mantenendo una presa salda sui miei fianchi, tendendo i nostri bacini premuti l’uno contro l’altro.

Mi strappa il reggiseno,lanciandolo via e inizia a baciarmi il seno, appoggio la fronte contro il muro per non lasciarmi cadere indietro, riaprendo gli occhi quando sento la sua voce, più rauca che mai.

"Cosa stiamo facendo?"

Lo guardo, mordendomi il labbro inferiore e sorridendo.

"Ti do un indizio, sono cinque lettere…"

Mi stende sulla schiena, lui sopra stavolta, e mi bacia sul collo, scendendo sulla clavicola e poi più in basso, ma io dopo essermi coperta con le braccia mi giro sulla schiena, ridendo.

Ride anche lui, prima di salirmi sopra e baciarmi partendo dalla nuca e percorrendo tutta la schiena con le labbra. Mi inarco sotto di lui, che mi tira contro il suo torace, sempre di schiena, baciandomi sulla gola e scendendo con una mano sul seno, poi sulla pancia, finendo sul bordo degli slip, infilandosi dentro e sfiorandomi appena. Abbandono la testa sulla sua spalla, respirando con la bocca a fatica mentre lui continua a torturarmi.

"Nico…"

"Dimmi."

"Non ce la faccio più… voglio… lo voglio…"

Spalanca gli occhi fingendo di non capire cosa intenda dire.

"Ok, però non credo di avere dietro le munizioni… e tu non prendi la pillola."

Gli sfilo la mano da dentro gli slip e vado verso il comodino vicino al mio letto, aprendo il terzo cassetto e tirandone fuori una scatola da sei.

"E quelli?"

"Il regalo di Natale di Riccardo… è ora di inaugurarlo."

"E mi sa proprio di sì."

Litighiamo perché insisto per metterglielo io, lui dice che non sono capace e io sostengo il contrario.

"Senti ne ho sei mica per niente! Dai dai dai se al terzo tentativo non ci riesco lo fai tu, ok?"

"Tu non sei a posto Alice…"

Fa il difficile, ma alla fine mi accontenta.

Solo che quando ha tolto i boxer (Armani) e io alzo lo sguardo mi blocco.

"Oh… cazzo."

Lui scoppia a ridere.

"Sembra proprio di sì… Alice? Sicura che è tutto a posto?"

"No."

"Dai piccola…"

Viene verso di me e mi abbraccia.

"Se non vuoi farlo guarda che non fa niente… non sei obbligata."

Il tuo amico lì sotto non sembra molto indifferente alla questione in proposito però!

"Non è che non voglio è che… boh…"

"E allora cosa c’è Alice? Dai tranquilla, dimmi pure."

Dove vuoi mettere tutta quella roba lì!

"Ho… ho paura."

 

 

CIAO!

Chiedo scusa per non aver postato in tempo ma ero in vacanza… comunque eccomi qui con il nuovo capitolo ^^

Lo so che non me lo merito visti i ritardi, ma c’è qualcuno che ha voglia di scrivermi una recensioncina piccola piccola???? Daidaidaidaidaidaidai!

Bacio a tutti

Alice

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Capitolo 13
*** Yes! Yes! Yes! ***


"E di cosa?"

"Niente…"

"Un niente di che tipo?"

Chiudo gli occhi e appoggio la fronte contro la sua.

"Io… io voglio farlo… però boh…"

"Beh se vuoi…"

"Dai non fare quella faccia, lo so che se fosse per te mi staresti già sbattendo sulla scrivania."

"Non è una cattiva idea sai?" mi dice lui ridendo.

"Dici?"

Vengo verso di lui e accidentalmente lo sfioro… lì. Faccio per togliere la mano, ma ci ripenso dopo aver visto l’espressione di Nicolò.

Gli chiudo la mano attorno alla punta, senza stringere e i suoi occhi diventano estremamente liquidi.

"Cosa c’è Nico?"

"A parte il fatto che prima facevi tanto la santa e adesso stai facendo amicizia con il mio pene?"

"Perché, ti dispiace?"

"No, affatto."

Mi prende il viso fra le mani e mi tira verso di lui per baciarmi, gli infilo la lingua in bocca senza tirare le cose per il lungo mentre faccio scorrere la mano avanti e indietro. Si avventa sulla mia gola ma io lo spingo via.

"Alice…"

"Cosa?"

"Ti prego… mi uccidi…"

"Ah sì?"

Mi chino verso il suo basso ventre, passandogli la lingua sul glande.

Mi afferra per le spalle e mi sbatte sul letto.

"Alice se non vuoi farlo scappa perché io devo scopare adesso..."

"Ok…"

Recupero il preservativo disperso e lo scarto sotto ai suoi occhi.

"Dio, non riesco a crederci…"

"Cosa?"

"Ti sto per…"

"Beh se ti sembra così incredibile possiamo anche lasciare perdere…"

"No, no!"

"Ecco, lo sapevo…"

Riesco a infilarglielo in due secondi.

"Visto che sono brava?"

"Sì piccola… ti meriti un bel premio…"

Mi stendo sul letto e gli tendo le braccia. Si sistema sopra di me puntellandosi sui gomiti per non pesarmi troppo.

Mi bacia una tempia, poi scende sul collo mentre mi fa divaricare le gambe.

"Non voglio farti male" mi soffia in un orecchio.

"Tranquillo…"

Lo sento premere contro di me e inarco la schiena.

"No Alice, stai ferma… tranquilla..."

"Ok…"

Ci fissiamo negli occhi mentre lui entra dentro di me. Spalanco i miei di colpo.

Si muove piano, cercando di essere il più delicato possibile; glielo leggo chiaramente in faccia che sta tentando di farmi meno male possibile.

Si ferma un attimo per alzarsi, appoggiando il peso sulle braccia. Gli intreccio le gambe attorno ai fianchi, lui sorride. Riprende, si muove meglio, affonda dentro di me senza nemmeno farmi più male, arrivando in fondo.

La colonna sonora di quei momenti sono i nostri respiri rotti, i gemiti che gli sfuggono dalle labbra, le lenzuola che scivolano, scoprendo i nostri corpi nudi allacciati tra loro. Si congela tutto nel momento in cui Nico inarca la schiena, facendomi sollevare il bacino, spingendosi ancora più dentro di me. Posso sentire il suo cuore battere come se volesse rompergli le costole, poi penso che forse è il mio, inizio a non capire più cosa sia mio e cosa appartenga a lui, persa in quel momento.

I suoi capelli mi sfiorano la guancia, ha il viso affondato nell’incavo del mio collo e mi stringe così forte che non riesco a respirare a fondo. È ancora dentro di me, dice di essere comodo. Rido, ride anche lui e poi mi bacia, senza la minima intenzione di smettere.

"Grazie."

Non gli rispondo, lo guardo, gli allaccio le braccia al collo e lascio che mi tiri su, seduta sopra di lui, sempre dentro di me.

Gli morsico piano le labbra. Io non ho ancora finito con lui.

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Capitolo 14
*** Non si chiede ***


E lui sembra capirlo.

Mi stringe i fianchi, inizio a muovermi piano sopra di lui, che affonda il viso in quella distesa del deserto del gobi che è il mio seno. Ma a lui non sembra importare molto in quel momento. Tenta invano di capovolgere la posizione, vuole comandare lui ancora, ma non glielo permetto.

"Tocca a me stavolta!"

"Ah… e sì dobbiamo… fare… Dio!"

"Vedo che apprezzi…"

Mi viene dentro per la seconda volta.

"Oh Cristo…"

"Cosa c’è?"

"Tu sei fuori… è la mia prima volta e tu mi violenti così? Non chiedermi la terza volta perché sennò scoppio!"

"Mezza sega!"

"Assatanata."

"Non è vero."

Mi spinge sotto di lui, schiacciandomi con il suo corpo, con un mezzo ghigno stampato sul volto.

"Sì invece."

"Vieni a fare la doccia con me?"

Scoppia a ridere.

"Visto? Che ti avevo detto? Tu sei assatanata!"

"Se non vuoi non sei obbligato a venire."

"Ok resto qui allora."

Lo guardo, delusa.

"Antipatico."

Non si smentisce e, nonostante le mie speranze, non si fa vedere per tutta la durata della doccia.

Ritorno in camera mia e lo trovo sdraiato sulla pancia sul letto. Dal respiro regolare sembra che stia dormendo.

Lascio cadere l’asciugamano e mi rivesto in silenzio.

"Vieni qui…" mi dice con voce assonnata.

Mi volto e vado verso di lui, sistemandomi fra le sue braccia.

"Alla fine hai dato buca a Riccardo e gli altri…"

"Se ne faranno una ragione."

"Strano che tu non gliel’abbia ancora detto."

"Nico, non provocare. Se sei geloso sono affari tuoi, io con lui ci sono cresciuta e ci tengo, quindi non metterti fra me e Riccardo per fare i capricci."

"Sì ok… permalosa."

"Sei tu che provochi."

"Va bene, va bene basta… scusa."

"Tra… allora?"

"Allora cosa?"

"Piaciuto?"

"Non dovrei essere io a chiederlo a te?"

"Sì beh ma l’ho chiesto prima io."

"Sì, è stato fantastico. E a te?"

"A me cosa?"

"Piaciuto?"

"Non si chiede alle ragazze, è maleducazione!" e mi volto, affondando il volto nel cuscino.

E comunque è stato meraviglioso… ti amo.

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Capitolo 15
*** Parola di lupetto ***


Scendo dalla macchina di corsa, in ritardo come al solito. Spingo la porta e individuo subito la cresta nera che appartiene al ragazzo seduto di spalle.
“Ciao!” mi siedo al tavolo di fronte a lui, sbattendo la borsa sulla sedia accanto.
“Non dirmi che hai appena finito di scopare… di nuovo.”
“Dai Riccardo non fare il santo adesso!”
“Ma che santo e santo! Sei tu quella che ha bisogno dell’intercessione divina per guarirti! Finirai nel girone dei lussuriosi se continui così” risponde lui ridendo come un matto “allora, a che punto del kamasutra siete?”
Scoppio a ridere. Appena ho detto a Riccardo che avevo fatto l’amore con Nico lui è corso via. Pensavo che si fosse incazzato, invece è tornato con una bottiglia di vino e un libro, dicendo che bisognava festeggiare. Il libro ovviamente era il kamasutra e visto che Riccardo ormai lo conosceva a memoria, aveva anche messo delle annotazioni a bordo pagina tipo “da evitare se sei su una moquette perché ti spelli le ginocchia” o “prima controllare che non ci siano flaconi di bagnoschiuma pericolanti sopra la propria testa”.
Sono già passati altri tre mesi, la scuola è praticamente finita e io e Riccardo ci siamo dati appuntamento al solito bar per parlare, visto che se c’è Nicolò in giro è sempre attaccato a me. Non vuole che gli racconti quello che abbiamo fatto… ma come posso tacere di fronte al mio migliore amico? Poi che il suddetto lo vada a sbandierare in giro al resto della compagnia è un altro paio di maniche, vabbè…
“Allora?” mi chiede lui, curioso.
“Beh sai, noi ci proviamo a seguire le istruzioni… ma poi io mi rompo, butto via il libro e gli salto addosso…”
“Pervertita e assatanata…”
“Oh, abbiamo tutti determinate esigenze…”
“Tutti i giorni tutto il giorno?”
“Beh…”
Ok lo ammetto, fosse per me legherei Nicolò ad una sedia e lo violenterei tutto il giorno… ma ho almeno due anni di arretrati rispetto alla media nazionale delle ragazze che fanno sesso per la prima volta! Devo recuperare, no?
“Parlando di cose serie, come sei messa per la maturità?”
Eh sì, il fatidico esame è ormai alle porte per tutti… tralasciamo il fatto che in questo periodo sono più fuori del solito e c’è un solo modo per calmarmi… indovinate qual è???
Ne deriva che Nicolò oramai scappa ogni volta che mi avvicino, gridando “non violentarmi!”.
Da quando ci siamo messi assieme una volta alla settimana a turno si organizza una cena con tutte e due le famiglie riunite, durante la quale, dopo la prima mezz’ora di argomenti generali, gli uomini attaccano a parlare di politica e dei loro loschi affari, mentre le donne parlano dell’ultimo viaggio, delle colleghe di lavoro antipatiche, di shopping e di come siano esigenti le donne delle pulizie, mentre io, casualmente mi ricordo che devo passare gli appunti di storia o di letteratura o di geografia a Nicolò, così scompariamo nella mia camera.
Se in quel momento qualcuno dovesse aprire la porta però assisterebbe all’ora di ripetizione di anatomia.
“Beh cosa Alice?”
“Senti in fondo non è colpa mia se ho il gene della scopata che è dominante!”
“Scema…”
“Grazie! Ti voglio bene anch’io.”
“Ascolta, ma sei andata di nuovo a far compere?” mi dice indicando la maglietta e le scarpe nuove.
“E mi sono accorta di non avere niente di nero nell’armadio…”
“In quale armadio hai guardato, in quello dei pigiami?”
“Non ho un armadio per i pigiami…”
“Ah già è vero, adesso in quell’armadio tieni le fruste, le manette, la vaselina…”
“Dai non fare il pirla…” gli tiro un tovagliolo, lui per vendicarsi si scola tutto il mio cappuccino.
Metto il broncio e lui me ne prende uno nuovo.
“Aromatizzato alla vaniglia!” grido io al cameriere mentre si allontana.
“Ma il primo l’hai preso liscio…”
“E mi è venuta voglia…”
“Voglia? Sarai mica incinta!”
“Ma cosa stai dicendo? Prendo la pillola.”
“E si ma non prendi mica solo la pillola per via orale...”
“Antipatico. Non ti dico più niente.”
“Non resisteresti mezza giornata… e poi non troverai mai un altro bravo a fare shopping con te come me.”
“Eh sì hai ragione… perché non ti sposo?”
“Perché ti fai montare da qualcun altro. E perché ti immagini io e te assieme?”
“No…”
“Ecco” conclude lui.
Perché sembra triste?
“Oi.. che c’è?”
“Niente è che boh ogni tanto ci penso a sta roba.”
“Riccardo, mi vieni dietro?”
“No, dai non dire cazzate… però boh ogni tanto ci penso.”
“Beh anch’io… però dai siamo cresciuti assieme… sei stato il primo maschio nudo che ho visto!”
“Hai ancora le foto di noi due nella piscinetta di plastica di Sailor Moon a tre anni?”
“Certo!”
Scoppia a ridere di nuovo.
“Avevo rimosso quell’esperienza traumatica…”
“Per non parlare del primo bacio all’asilo.”
“Taci va… tu avevi cacciato la faccia nel piatto di pasta al pomodoro e poi mi hai baciata… mi hai riempito di sugo…”
“Sì… e solo per la tua espressione sconvolta lo rifarei anche adesso. Se solo non fossimo entrambi felicemente accoppiati però…”
“Facciamo un patto.”
“Cosa?”
“Se dovessimo lasciarci entrambi con i rispettivi amori della nostra vita, a trent’anni ci sposiamo!”
“Sei seria?”
“Non potrei esserlo più di adesso.”
“Ok. Croce sul cuore?”
“Parola di lupetto!”
Pagate le consumazioni, usciamo camminando assieme. Strada facendo incontriamo Alessandra, l’attuale ragazza di Riccardo, innamorata persa di lui.
“Ciao!” corre verso di me e mi stampa un bacio sulla guancia.
“Ciao Ale! Cosa  ci fai in giro?”
“Oh niente di che, giusto due compere…” e indica le sei borse che tiene in mano.
“Ma voi donne…”
“Aspetta di vedere cosa c’è nella busta rosa amore…” gli dice lei.
“Dai piccioncini, vi lascio soli…”
“No ma resta pure Alice…” la cosa che adoro di questa ragazza è che non ha mai detto niente sull’amicizia fra me e Riccardo, anche perché ci conosce da sempre e sa cosa significhiamo l’uno per l’altra.
“No dai, fate la coppietta felice… io vado a fare un giro.”
“Va bene… allora ciao.”
“Ciao Ale… ciao Riccardo!”
“Ciao Alice!”
Proseguo da sola per le vie del centro, entro in un paio di negozi, poi chiamo Sergio perché mi venga a prendere.

Esco dalla scuola con un sorriso che va da una parte all’altra del viso. L’orale è andato benissimo.
Fuori ad aspettarmi c’è Nicolò. Spalanca le braccia e mi ci tuffo, stringendolo contro di me, respirando il suo profumo.
“Allora?”
“Tutto bene. È andato alla perfezione!”
“La mia piccola secchiona…”
Lo bacio, lui ricambia con lo stesso trasporto.
“Io invece devo ancora aspettare cinque giorni…”
“E dai, ci siamo preparati assieme…”
“Sì, sì non sono preoccupato, Alice.”
“Va bene. Allora, dove mi porti?”
“Oggi da nessuna parte… però preparati perché sabato sera ti porto all’opera… mia mamma ci regala due biglietti per quello spettacolo che volevi vedere…”
“Lo Schiaccianoci? Il balletto??”
“Sì.”
Caccio un urlo di gioia.
“E poi visto che ho casa libera, ho già convinto i tuoi a farti dormire da me.”
“Sei fantastico!”
“Dimmi qualcosa che non so…”
“Ti amo” sussurro contro le sue labbra.



Ecco qui! Nuovo capitolo^^
Grazie a chi ha messo la storia nei preferiti, siamo già a quota 15^^
Sapete che se mi lasciate un commentino nelle recensioni non vi uccido dopo sette giorni??? Dai dai dai! Fatevi sentire...

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Capitolo 16
*** The quiet before the storm ***


Sono seduta sul muretto da venti minuti, impegnata in un lavoro molto coinvolgente: mangiarmi le unghie.
Perché non esce???
Nicolò è dentro a sostenere l’esame orale. Non mi ha voluta dentro perché diceva che gli mettevo agitazione. Non mi ha voluta nemmeno quando gli ho promesso che non portavo lo striscione con su scritto FORZA NICO in classe. E adesso sono qui seduta ad aspettare che finisca e intanto bestemmio perché mi sono sporcata gli shorts di bianco e la maglietta gialla sta attirando tutti gli insetti della zona su di me
Controllo il cellulare per vedere se ci sono dei messaggi ma è scarico. Sbuffo come una locomotiva e inizio a contare i fili d’erba nel prato.
Dopo altri venti minuti mi alzo dal muretto con le gambe tutte informicolate e mi dirigo verso la scuola per vedere che fine abbia fatto.
Come se lo avessi chiamato, esce dalla porta. Faccio uno scatto felino e gli salto in braccio.
“Ciao! Allora? Ma dov’eri finito? Dai dai racconta tutto moe!”
“E fammi parlare! È andato tutto benissimo, sono contento… mi sono fermato a parlare fuori con altra gente, ho ritardato per quello…”
“Ah sì, bravo! Grazie eh!”
“Dai piccola… non scassare…”
“E tu portami via da qui…” dico mentre mi struscio contro il suo corpo.
“Come?”
“Dai amore… è passato tanto dall’ultima volta…”
“Alice non ho voglia dai… adesso ti riporto a casa così ti prepari per stasera ok?”
Lo fisso negli occhi, nervosa.
“Perché mi rifiuti?”
“Non ti sto rifiutando Alice… sono stanco, l’esame mi ha massacrato.”
“Ok. Va bene, portami a casa.”
Andiamo verso la mini cooper. Faccio per allacciarmi la cintura ma lui mi ferma la mano.
Lo guardo.
“Alice, credimi, io ti amo…”
“Lo so, perché me lo dici?”
“Ecco, non vorrei che pensassi che ti ho sostituito…”
“Ho motivo di pensarlo?”
“No, affatto.”
“Allora perché me lo dici?”
“Così… magari pensavi che adesso ti dicessi che non avevo voglia mentre invece…”
“Non lo penso, tranquillo. Adesso portami a casa dai…”
“Ok.”
Passiamo il resto del viaggio in silenzio.
Mi richiudo la porta di casa alle spalle e mi avvio verso il bagno.

Il campanello suona mentre sto infilando le scarpe.
“Alice!”
“Sì mamma, arrivo!”
Scendo le scale e lei è lì davanti che mi squadra per controllare il mio abbigliamento.
“Ecco, brava la mia bambina!” si complimenta “ma adesso è meglio se vai perché Nicolò ti sta aspettando.”
“Sì, ciao.”
“Hai soldi?”
“Striscio!” gli grido dal corridoio sventolando il bancomat.
“Ok, fai la brava e divertiti!”
Quando entro in macchina mi fermo un secondo ad osservare l’espressione di Nico.
Il suo sguardo incredulo passa dalle scarpe dal tacco altissimo purissimo e levissimo al vestitino rosso senza spalline, fermandosi sui miei occhi.
“Alice…”
“Cosa c’è?” gli chiedo inclinando la testa da un lato.
“Tu…”
“Nicolò cosa devi dirmi?”
“Stai bene.”
Sorrido.
“Lo so.”
Parcheggia vicino ad un ristorante self-service dove entriamo per la cena.
Nel locale tengo su un bolerino a maniche corte nero e lucido per coprire le spalle ma ciononostante la fantasia di Nico galoppa sulla mia scollatura.
Al momento di pagare alla cassa si incolla contro la mia schiena. Inarco la schiena, sorpresa, quando sento l’effetto che gli sto facendo.
Ci sediamo al tavolo in silenzio, io faccio fatica a trattenere un sorriso ogni volta che incrocio il suo sguardo. Mangiamo in silenzio le lasagne poi inizio a mangiare la macedonia di fragole con la panna sotto il suo sguardo sempre più attento ai miei movimenti.
Si limita a fissarmi con gli occhi che si fanno sempre più lucidi.
Finiamo di mangiare e ci dirigiamo verso il teatro, incolonnandoci dietro alla gente che aspetta di entrare assieme a noi.
Mi attira a sé, appoggiando le labbra sui miei capelli.
“Sei bella stasera.”
“Grazie.”
“Prego.”
Le porte del teatro vengono aperte e la folla si riversa nell’atrio.
Nico consegna i nostri biglietti e una maschera ci guida verso il palco che abbiamo prenotato.
Quando richiude la porta dietro di sé, Nico mi spinge contro la parete per baciarmi, ma io lo sposto via.
“Dai Nico… lasciami godere l’atmosfera…”
Sistemo lo sgabellino contro il balcone e mi ci siedo, ammirando il sipario rosso.
Un paio di minuti dopo anche lui si sistema di fianco a me e lo spettacolo inizia.
Ignoro tutti i suoi tentativi di avvicinarsi a me durante l’opera e anche durante gli intervalli.
Dopo venti minuti di applausi la gente inizia ad avviarsi verso le uscite del teatro.
“Allora, piaciuto?” mi chiede sedendosi al volante della mini.
“Sì, molto” rispondo io.
“Alice, mi vuoi spiegare il perché del tuo comportamento?”
“Il mio comportamento?”
“Sì… mi eviti… non vuoi che mi avvicini a te…”
“Non è vero che ti evito… volevo semplicemente godermi la serata senza saltarti addosso visto che sembra che a te questo non sia pesato quando eri tu a volerlo.”
“Ma… no dai ancora con questa storia?”
“Quale storia?”
“Allora pensi che io ti abbia sostituito… Alice…”
“No Alice niente Nico. Volevo farti vedere com’è bello sentirsi respinti. Tutto qui.”
“Ah… tutto qui.”
“Sì. Mi fido di te, se mi dici che non me lo metti nel culo e che non mi vuoi prendere in giro io ci credo… sbaglio forse?”
Lui mi fissa negli occhi, distogliendo lo sguardo dalla strada.
“Nico, guarda la strada.”
“Il semaforo è rosso, tranquilla. Io non ti farei mai del male. Ti amo e voglio solo farti felice.”
Sorrido e lui ricambia.
“Grazie.”
“Prego, figurati.”
Inizio a smanettare sullo stereo tanto per occupare del tempo.
“Alice?”
“Dimmi.”
“Ma… hai ancora intenzione di fare la difficile con me?”
“Dipende…”
“Da?”
“Da come riesci a prendermi…”
“Ok capito… devo meritarmelo…”
“Bravo amore…”
Le gomme stridono sull’asfalto, davanti alla casa di Nico. Vuota.
Apro la portiera e scendo, attraversando la strada ed entrando nell’ingresso.
“Nico?”
Muovo qualche passo nel buio.
Porca merda perché hanno rubato gli interruttori?
“Nicolò dove cazzo…”
Mi spiaccica contro il muro, incollandosi sopra di me.
Non comprendere il motivo di tale gesto e di seguito ignorare la sua erezione che minaccia di sfondare il tessuto dei suoi jeans sarebbe un insulto all’intelligenza di una tartaruga, figuriamoci alla mia.
“Ni…”
“Taci.”
Mi tira su, facendomi stringere le gambe attorno al suo bacino, portandomi in giro per la casa alla ricerca di un piano stabile.
Finalmente trova il tavolo.
“Nico vuoi davvero scoparmi sul tavolo?”
“Preferisci il pavimento?”

Quindi, dopo il tavolo, il pavimento, il muro e il piano del lavandino, la cucina è finita.
Rimetto i piedi per terra mentre Nico butta l’ennesimo preservativo nel cestino.
“La ditta che li produce dovrebbe vendermi le azioni… stiamo facendo girare l’economia!”
“Dici?” chiedo mentre mi appoggio contro la sua schiena. I fari di una macchina che passa per strada illuminano la stanza, facendo emergere i nostri corpi nudi dal buio.
“Adesso che abbiamo finito il tour della cucina che locale ti piacerebbe visitare?” mi chiede, sorridendo sotto ai baffi.
“Mmh… il divano no, quella ormai è storia vecchia, il tuo letto ormai è stanco di vederci… la piscina?”
“Piscina? Beh… si potrebbe fare…”
“Si potrebbe o si può?”
“Chi arriva ultimo lo prende nel culo!” grida lui prima di scappare fuori dalla cucina.
Gli corro dietro, ma lui mi spinge indietro.
“Dai non fare la merda!”
“No, no, devi perdere!”
“Nico te lo stacco a morsi!”
“Prima te lo fai mettere dietro!”
“Dopo che sei morto dissanguato?”
“Potrei anche farci un pensierino…”
“Nicolò!”
Splash!
Ho perso…

Ciao! ok lo so che sono in ritardo di troppo tempo ma
1 avevo perso l’ispirazione
2 avevo altre storie da continuare
3 la scuola mi sta uccidendo!!!!
4 il mio ex ha voglia di scaramellarmi le palle
5 una pazza emo psicopatica che è innamorata del mio ex mi perseguita
6 non ho niente contro gli emo anzi, ma questa qui che oltretutto sembra più poser che altro vorrei dissanguarla ad intermittenza, mooooolto lentamente…
7 ok, la finisco con questo delirio schizofrenico
Grazie a Yumisan ed Egomet che hanno recensito^^ beh, la vostra attesa è finita^^

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