Che palle…
È il mio primo pensiero.. sempre. Costantemente.
O perlomeno ogni volta che apro gli occhi e vedo il soffitto affrescato sopra
di me.
Le costellazioni sono sempre quelle. Gli dei e le dee dell’olimpo sono sempre
lì alle pareti.. e ogni volta che le vedo non posso non chiedermi perché quelle
menti malate dei miei genitori abbiano deciso di conciare la mia povera camera
in questa maniera. Forse sono entrambi seriamente psicolabili… maniaci
schizofrenici che prima o poi recideranno la mia sedicenne carotide con un pezzo
di vetro per poi occultare il mio cadavere fino al…
Il mio viaggio mentale si interrompe bruscamente nel momento in cui inciampo
nella coperta e finisco lunga distesa giù per terra.
Allegoria dello stoccafisso antropomorfo… ok basta con i viaggi mentali anche
perché…. Cazzo… ritardo!
Mi rialzo in piedi schivando Muffin, il mio gatto, corro all’armadio… ehm
scusate, gli armadi, e apro la prima anta.
Ook… allora oggi Emo o chic?
Forse la cosa più bella dell’essere figlia del presidente di una
multinazionale e di una manager è la consapevolezza che sei ricca… tanto ricca…
tanto tanto tanto ricca. E di conseguenza è legittimo possedere dieci armadi
perché si hanno troppi vestiti… tenendo conto che uno è solo per le scarpe e uno
solo per le borse… e poi c’è quello delle giacche e quello dei vestiti per le
occasioni importanti… quindi diciamo che gli armadi e le cassettiere che
utilizzo sono fondamentalmente sei… .
Comunque, mentre decidevo fra uno stile e l’altro, udivo il gracchiare della
voce di mia mamma che mi avvisava che la macchina era pronta e di muovermi
perché altrimenti sarei arrivata in ritardo.
"Ovvio che lo so! Ma non esco senza essermi lavata! Non sono una capra
mamma…"
Mezz’ora dopo esco dal bagno con i capelli perfettamente stirati, la pelle
color porcellana e tre kg di matita nera sotto agli occhi.
"Oddio Alice come ti sei conciata?"
"Così…" e apro le braccia per farle ammirare la maglietta a righe nere e
rosse, i jeans neri moooolto skinny e le mie adorate vans a pantofola a scacchi
neri e rossi.
"Alice… quando imparerai a vestirti?"
"Ma io ho già imparato! Ciao mamma.."
"Ma…"
"Vuoi farmi arrivare in ritardo? Ciao!"
Esco di casa prima di sentire la sua risposta.
"Alice per favore… se ti cade lo smalto sulla tappezzeria dovrai riferire a
tuo padre."
"Tranquillo Sergio… il mio equilibrio è ottimo… anche durante le tue curve
paraboliche."
Che cazzata…
Grazie a Dio almeno per questa volta ero riuscita ad evitare lo spargimento
di smalto nero sui sedili della macchina.
Lo stavo facendo notare all’autista quando la macchina aveva inchiodato di
botto, buttandomi in avanti nonostante le cinture fossero riuscite a
bloccarmi.
"Ma guarda un po’ te questo figlio di…" era stato il suo commento, rivolto al
ragazzo che aveva attraversato di colpo la strada.
Io non ero riuscita a trattenermi: avevo abbassato il finestrino e avevo
cacciato fuori la testa.
"Ma brutto afgano ci tieni così tanto a fare un giro sul mio cofano?! Guarda
dove vai testa di ….!"
Il ragazzo ormai arrivato dall’altra parte della strada non si era nemmeno
girato, si era limitato ad alzare il dito medio della mano sinistra e a
sventolarmelo davanti alla faccia.
"Stronzo schifoso!" avevo sbottato mentre rientravo dal finestrino e mi
risiedevo.
"Calmati! Sei tu quella nel torto eh… una signorina per bene non si sarebbe
mai comportata come te."
"Sergio i tempi sono cambiati… o tiri fuori le palle o ti inculano a sto
mondo…"
"Sarà, ma la buona educazione…"
"Oh che peccato.. arrivata! Ciao a dopo! Grazie del passaggio!"
Ero schizzata fuori dalla macchina a velocità supersonica per evitarmi
l’ennesimo sermone dell’ormai cinquantenne autista.
Avevo varcato la soglia dell’inferno come ogni mattina, accogliendo
piacevolmente la ventata d’aria calda sul viso e mi ero diretta al solito tavolo
per fare colazione con il mio gruppo.
"Ciao a tutti!"
"Ciao Alice" mi avevano risposto in coro gli altri.
Avevo mollato la giacca di chanel nera sulla sedia e mi ero messa in coda per
prendere la solita tazza di cioccolata col latte.
Poi mi ero accorta che qualcuno mi stava fissando.
Mi ero girata spazientita e mi ero ritrovata di fronte a due occhi nocciola
perfettamente posizionati all’interno di un viso bianco marmo. Sembrava essere
stato scolpito da uno di quegli artisti greci che tanto amavo.
"Cazzo vuoi?" era stato il suo commento.
"Forse che la smetti di fissarmi il culo?"
"Allora non eri così sboccata solo perché eri incazzata prima… sei sempre
così maleducata…"
"Con la gente che se lo merita…"
Mi aveva guardata per un secondo in silenzio.
"Guarda che è il tuo turno… ti muovi o vuoi farmi ammuffire?"
Mi ero girata subito per fare la mia ordinazione e dare la tessera del liceo
al barista.
"Senza parole?" il suo tono stava iniziando a darmi sui nervi.
"No fingevo semplicemente che tu fossi solo un’illusione."
Questa volta era rimasto lui senza parole… o forse mi ero semplicemente
allontanata prima di sentire la sua risposta.
Ed ora eccomi qui, di nuovo a casa. Mangio qualcosa e intanto ripenso a
quello che era successo quel giorno… niente di particolare, non avevo più
rivisto il meraviglioso creaturo che avevo quasi investito quella mattina, ma in
compenso avevo passato sei ore a guardare dei cazzutissimi documentari di arte,
visto che tutti i professori erano ammalati e la prof di arte ci aveva fatto
supplenza per tutto il giorno.
All’uscita avevo trovato come al solito l’autista che mi aveva riportato a
casa.
Lascio la tavola apparecchiata, tanto come al solito ci penserà la colf a
ripulire il tutto e me ne vado in camera mia.
Accendo il portatile e mi connetto ad internet.
Un quarto d’ora dopo la ricerca sul gotico è finita. Appoggio gli occhiali
sul tavolo e mi tuffo nel letto. Mi sdraio sulla schiena, osservando
l’affresco.
Mi accorgo di essermi addormentata solo quando sento la voce di mia mamma a
due millimetri dal mio timpano.
"Allora! C’è la cena stasera! Muoviti a prepararti! E struccati signore santo
che sembri una morta! Alice! Allora ti muovi!"
"Cazzo scialati! Un attimo…"
"Manca meno di un’ora sono già le sei e mezza! E ringrazia il cielo che il
collega di tuo padre viene da noi e non dobbiamo organizzare il trasporto!
Vestiti bene!"
"Ok… la tuta va bene?"
"Alice!"
"Scherzavo!"
Sbuffo mentre lei si richiude la porta alle spalle.
Mi ero completamente dimenticata della cena… cosa cavolo mi metto
adesso?
Infilo la scarpa destra mentre suona il campanello. Un’ultima occhiata allo
specchio e scendo di sotto, appena in tempo per accogliere gli ospiti.
Sorrido a mia mamma, mentre lei mi guarda compiaciuta.
Indosso un abitino nero con scarpe in tinta, collana di perle lunga e i
capelli sciolti e lisci.
Sfodero il mio miglior sorriso mentre la porta si apre per lasciare entrare
un uomo alto dai capelli brizzolati, una donna bionda con un cappotto beige e…
l’afgano di oggi.
Cazzo, cazzo, cazzo! Cosa ci fa lui qui?!
"Buonasera, Stefano, Giulia e tu… tu devi essere Alice vero? Le foto non ti
rendevano giustizia… dal vivo sei molto più bella… hai preso tutto da tua madre
vedo" dice il signore davanti a me con un sorriso a ottomila denti.
"E ovviamente di me non ha niente vero Tommaso?" replica mio papà
ridendo.
Battute fra uomini d’affari… come al solito… però non sembrano così male…
figlio a parte.
"Oh ma che maleducato, non vi ho ancora presentato mia moglie e mio figlio…
Daniela e Nicolò."
Io e lui ci stringiamo la mano con un’espressione di puro ribrezzo.
"Avanti, non stiamo davanti alla porta a prendere freddo… su, gli aperitivi
dovrebbero essere pronti ormai" dice mia mamma.
Cammino verso la sala da pranzo con la stessa espressione che probabilmente
aveva Maria Antonietta mentre si dirigeva al patibolo. Lui dietro di me accelera
il passo, sfiorandomi un braccio mentre mi sorpassa.
L’aperitivo finisce presto e ci sediamo a tavola. I nostri padri parlano di
economia, le nostre madri della beauty farm che è stata appena inaugurata e io e
lui mangiamo in silenzio, scambiandoci ogni tanto un’occhiata.
Terminata la cena aspetto con ansia il momento del congedo quando mia mamma
fa la proposta indecente.
"Perché non fai vedere la casa a Nicolò, Alice? Vi annoiereste a morte in
mezzo a noi grandi… dai."
Il mio sorriso somiglia a un ringhio.
"Ma certo… che bella idea…"
Me lo trascino dietro, portandolo lungo il corridoio al buio.
Mi prende una mano, fermandomi.
"Nemmeno una parola?"
"Non saprei cosa dirti… visto che non ho motivo di insultarti…"
"Ascolta, abbiamo sbagliato in partenza… mi dispiace… possiamo
ricominciare?"
"Il mio corridoio al buio ti sembra il luogo adatto?"
"Beh è l’unico momento in cui siamo rimasti soli se non sbaglio.."
"Beh ma…."
"Ascolta vuoi provare a comportarti civilmente o rifiuti in partenza ogni
tentativo?"
"Cosa rischio ad accettare?"
"Inizia a provarci…"
"…Ok…"
"Allora, vediamo questa casa?"
"Va bene…"
Dopo avergli fatto vedere il piano di sotto saliamo al piano superiore.
Quando entriamo in camera mia mi stravacco sul letto, senza fare caso a
Nicolò poco distante da me, lanciando le scarpe via dai miei poveri piedi.
"Se non chiudi le gambe chi passa da queste parti potrebbe pensare male…" mi
dice lui, stavolta ridendo.
Mi metto in ginocchio, facendogli segno di sedersi vicino a me.
Si mette un po’ troppo vicino…
Mi mette un dito sulla fronte e mi spinge indietro. Cado sui cuscini come una
pera cotta.
"Tu e il tono muscolare siete due cose proprio opposte eh…"
"Non me l’aspettavo!"
"Povera…"
"Senti abbiamo appena fatto pace…"
"Appunto adesso possiamo ricominciare…"
"Davvero?"
Avvicina il suo viso al mio.
"Se proprio vuoi…"
"Aspetta tu cosa vuoi fare? Perché non mi sembri nella classica posizione da
litigata…"
"E in che posizione sarei?"
Arrossisco di botto.
"Nooo… non ci credo… tu timida?"
"No ma va… è solo che… non è che tutti i ragazzi che ho appena conosciuto si
sono sdraiati sul mio letto…"
"Ah ok…. Beh dai c’è sempre una prima volta…"
"Già avuta grazie…"
"Adesso siamo anche ai doppisensi… brava piccola Alice…"
"Brava? E come lo sai?"
"Vogliamo provare?"
"Sai che è violenza…."
Taccio mentre si avvicina ancora di più a me.
"Allora che vuoi fare? Contemplarmi fino all’alba?"
"No mi era appena venuta un’ideuzza…"
Si china su di me, le labbra a due millimetri dalle mie.
"Nico! Ma dove siete finiti?!"
"Alice! Allora?"
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Capitolo 2 *** Lune storte ***
NOTICINA
lettori e lettrici care... commentate per
favore? Voglio sapere se la storia è pallosa o se prende... grazie
1000
Spalanco gli occhi e tiro un cristone che risuona per tutta la
stanza.
Chiudiamo la porta della camera appena prima che le nostre madri
facciano capolino da dietro l’angolo.
"Eccovi! Ma cosa…?"
"Gli stavo facendo vedere l’affresco ma’."
"Ah… ok… beh Alice muoviti a scendere giù che devi salutare."
"Come? Andiamo già?"
"Sì… Nico domani hai scuola… e devi svegliarti presto."
"Daniela allora rimaniamo d’accordo così d’ora in poi? Sergio passa a
prendere tuo figlio e vanno a scuola assieme… andata e ritorno ok?"
"Se sei sicura che non è troppo disturbo per me va più che bene…"
"Stai tranquilla… l’unico rischio che corri è che Miss Bradipo faccia
arrivare anche Nicolò in ritardo."
"Non credo proprio sai? Mio figlio è il re dei pigroni!"
"Beh allora si sono proprio trovati loro due…"
Né? Va un po’ te che bello… ci siamo proprio trovati io e l’afgano…
proprio, proprio trovati…
Vanno via mezz’ora dopo… al momento dei saluti Nicolò sposta il
classico bacio sulla guancia all’angolo delle mie labbra sussurrandomi un
buonanotte a fior di pelle.
Ho gli stessi brividi che probabilmente prova un iceberg durante una
notte molto, molto fredda.. molto molto molto molto fredda…
freddissimissima.
Mi addormento come un agnellino appena tocco il cuscino con la
testa.
Il giorno dopo come al solito la sveglia suona fin troppo presto per i
miei gusti… ma quella mattina ho una missione da compiere.
Imposto la temperatura della piastra al massimo e mi infilo sotto la
doccia, uscendo poco dopo.
Mi asciugo alla velocità della luce e stiro i capelli alla perfezione,
badando a non avere nemmeno il più minuscolo ciuffo fuori posto.
Ritorno in camera mia e apro l’armadio sorridendo.
Quando mia mamma mi vede scendere di sotto, in anticipo e vestita in
maniera impeccabile, quasi si soffoca con il caffè.
"Colazione?"
"Sei matta? Rischio di sporcarmi!"
"Oh scusa… come mai così bella oggi?"
"Mamma… io sono nata bella!"
"Oh già è vero… lo dimentico sempre…" sorride, compiaciuta.
L’autista ferma davanti alla casa di Nicolò e fa scendere me a
suonare.
Quando esce dal cancello rimane un secondo immobile, passando lo
sguardo dagli stivali di cuoio marrone alle calze velate, salendo alla
gonna appena sopra il ginocchio e spaziando sulla pelle del collo che
rimane scoperta dalla giacca dello stesso colore degli stivali. Il tutto
ovviamente coordinato alla borsa di Gucci.
"Sei… tu… sei…"
"Sono in piedi né? Te ne sei accorto! Che bravo…"
Ricambia il sorriso.
"Vuoi farmi ammuffire o ti decidi a salire in macchina?"
"A…arrivo."
Arriviamo in macchina in anticipo… evento.
"Alice non è che hai voglia di venire con me?"
"Vuoi violentarmi dietro un cespuglio?"
"No dai scema… devo andare in segreteria per prendere gli orari."
"Oh… ok… peccato.. avremmo potuto scegliere la prima ipotesi…"
Mi guarda storto, poi si guarda in giro e mi prende per le spalle.
"Se proprio ci tieni Alice…"
"Beh…"
"Alice! Alice… ma sei tu?"
Mi giro verso la voce che appartiene a uno dei miei migliori amici,
Riccardo. È forse il più ricco fra i ricchi della mia classe… e questo è
tutto dire…
Il suo profumo mi fa starnutire, come sempre.
"Ma la vuoi smettere di nuotare in mezzo all’acqua di colonia? Santo
cielo mi manca l’aria!"
"Alice tu non capisci… non hai stile! Anzi… complimenti per
l’abbinamento! In vena di conquiste?"
"Possibile… aspetta tu conosci già Nicolò?"
"E… no."
"Allora Nico, lui è Riccardo, Riccardo, Nicolò."
"Piacere."
"Piacere… ma ti sei appena trasferito qui?"
"Sì mio padre è il nuovo manager della multinazionale che dirige il
padre di Alice."
"An… nuovo acquisto vedo… beh spero che ti sia ambientato bene qui al
Debussy…"
"A dire il vero è il mio primo giorno…"
"Allora dobbiamo assolutamente presentarti al resto del gruppo! Ma
Alice dove hai la testa? Vuoi che Nico si debba trovare nel gruppo degli
sfigati secchioni? Cosa aspettavi a tirarlo fuori?!"
Sopporto la predica in silenzio, sorridendo.
Non è che non volessi presentarlo agli altri… è solo che ero impegnata
a pensare ad altro prima che tu arrivassi…
Veniamo entrambi trascinati fino al nostro solito punto di ritrovo: la
panchina del parco del liceo.
La panchina è un luogo storico… il nostro liceo si trova in una vecchia
villa recentemente ristrutturata. È del 1800 o giù di lì. Inizialmente era
stata lasciata in eredità all’erede di una famiglia molto ricca, solo che
poi il genio aveva accumulato debiti su debiti e dopo un po’ si era
trovato costretto a vendere tutto per poterli saldare. Villozzo con parco
annesso compreso, che era stata acquistata dall’allora preside di un liceo
privato per ricchi fanciulli. e comunque, dopo giri e giri di parole,
arriviamo alla famosa panchina.
Fin dal primo anno, c’era stata una netta distinzione fra i ricchi
"cool" e i ricchi sfigati e secchioni. E questa panchina da sempre era il
ritrovo del gruppo più esclusivo dell’istituto, il privé degli studenti.
Era piena delle loro iscrizioni, firme, messaggi, disegni ecc. ecc.
E c’era anche la nostra, ovviamente.
"E allora Alice cosa aspetti a presentare il nuovo arrivo?"
"Ah sì…"
"Lascia grazie penso di riuscirci anche da solo… piacere Nicolò. Sì mi
sono appena trasferito, sì è il mio primo giorno qui, perché, perché mio
padre è stato trasferito nella multinazionale dove lavora il padre di
Alice.. anzi, che dirige il padre di Alice… e adesso siate così carini da
lasciarmi andare a sbrigare i cazzi miei… ciao e baci a tutti!"
Tutti rimangono… beh… male… io sono semplicemente sorpresa… e forse
delusa… voglio dire, cosa l’ha spinto a comportarsi così? Non è che gli
siano saltati addosso con i coltelli fra i denti… boh… eppure sembrava
così tranquillo prima…
La campanella come al solito interrompe i miei pensieri.
Tutto il branco si dirige verso il portone come ogni giorno.
Entro in classe e mi siedo al solito posto. Sono l’unica seduta da sola
da quando quella sfigata di Morgana sì è ritirata… beh non che avesse
molte scelte… o si suicidava o se ne andava da quello che era divenuto il
suo inferno.
Era la classica secchiona capelli corti e ricci e occhialini stile
Harry Potter, voce stridula e nasale e lo schifosissimo vizio di
intromettersi in ogni conversazione… per assurdo, una volta è intervenuta
in un discorso che stavano facendo Riccardo e Luca su quanto duravano a
letto con le loro ragazze… cioè rendiamoci conto… quante cose poteva
saperne lei riguardo a quell’argomento?
Comunque, avevamo iniziato a sfotterla in prima superiore, lei aveva
tenuto duro fino a novembre della quarta superiore, poi era scappata.
Poteva tutto questo definirsi bullismo? Forse sì… anzi… lo era
decisamente… ma poteva definirsi tale se anche i nostri genitori erano
arrivati a prenderla in giro? Comunque, da quando se n’era andata il banco
di fianco al mio era rimasto desolatamente vuoto… lasciandomi senza
nessuno con cui parlare. Cosa alquanto devastante per me.
Il prof di economia entra in classe puntuale come al solito, ma lascia
la porta aperta dietro di sé.
"Ragazzi vi presento il vostro nuovo compagno di classe, si chiama
Nicolò e viene dritto dritto e fresco fresco dalla Francia!"
Francia? Come Francia! Vabbè amen… il prof di economia è un nuovo
acquisto… parla coma un deejay o come uno di quegli animatori nei villaggi
turistici… "Allora siete pronti? Siete caldi? State fremendo? Allora… si
interroga!" il tutto pronunciato con voce da gay e accento della
Basilicata… uno spasso…
"Dai Nico siediti di fianco ad Alice! Finalmente una donna con la
gonna!"
Cristo santo ma non può non urlare?!
Appena Nicolò si siede di fianco a me tutti quelli seduti dietro
fischiano.
"Ragazzi! Basta essere gelosi! E ora… siete pronti? Partita
doppia!"
Sbatto la testa sul banco sperando in una commozione cerebrale.
Non succede niente.
"Tanto è vuota…" mormora l’afgano.
Lo fulmino con lo sguardo, lui ricambia con un’occhiata innocente.
L’ora di economia e le seguenti passano in fretta.
Arrivo all’ora di francese, l’ultima, senza nemmeno accorgermene.
La prof arriva cinguettando come al solito e inizia subito la
lezione.
"Oh ma abbiamo un nuovo arrivo! Tu devi essere Nicolò vero?"
Finite le presentazioni inizia ad interrogare sulla lettura dei
brani.
Chiama me per prima. So di essere la sua preferita e leggo la mia parte
bene come al solito.
Poi chiama Nicolò.
"Ragazzi avete sentito? Questa e sottolineo questa è pronuncia… non il
vostro blaterare! Prendete esempio da lui no?"
Cosa? Arriva lui e cambia tutto? Cos’è, il più bello? Che nervi! Ero io
la migliore! Io io io io io io! Non tu brutto afgano cazzuto!
Appena suona la campanella corro fuori senza salutare nessuno.
Peccato solo che non sia abituata a correre con i tacchi. Metto giù
male il piede e… BAM! giù lunga distesa per terra… di faccia
oltretutto…
Finché cadi sul culo si fa una risata e via… ma quando cadi giù lunga
distesa per il corridoio mentre tutti stanno uscendo… beh… devo
commentare?
Fortuna che ho messo le mani davanti e che mi sia parata la faccia…
altrimenti mi sarei spaccata i denti sul marmo.
Qualcuno mi rimette in piedi.
"Fatta male?"
Guardo Nico con odio.
"Sì. Contento?"
"No, mi dispiace. Ma perché correvi? Non hai mica il pullman che
parte…"
"Perché volevo correre! E poi perché dovrebbe interessarti?"
"Hai ragione scusa… non sono io quello che si è spalmato sul marmo
della scuola… sono cazzi tuoi."
"Ecco appunto."
Saliamo entrambi in macchina, uno più offeso dell’altra.
"Alice, quando mi fermo da Nico scendi anche tu… ha chiamato tua madre
e ha detto che per oggi devi restare con lui. È il giorno libero dei
domestici, lei è fuori per una riunione e tuo padre farà tardi… ha già
parlato con i genitori di Nicolò. Stai da lui. Forse anche per la
notte."
"E domani devo andare a scuola conciata così?"
"Ma stai benissimo!"
"Sì ma non posso andare in giro vestita uguale!"
"Alice non so cosa dirti.. io ho da fare… al massimo se riesco a
passarti a prendere verso metà pomeriggio ti porto a casa per prendere un
cambio.. di più mi dispiace ma non posso fare."
"No dai Sergio… lascia stare… non disturbarti."
"Va bene. Arrivati. Ciao ragazzi."
"Ciao."
"Ciao."
Sospiro sconfortata.
"Guarda che non è piacevole nemmeno per me."
"E chi ti ha chiesto niente!"
"Lo stavo solo precisando."
"Sì vabbè…"
Entriamo in casa.
"Hai fame?"
"Un po’."
"Ok… cosa vuoi?"
"Per me va sempre bene…"
Un’ora e due piatti di spaghetti dopo, gli animi si sono un po’
calmati.
Passando per la sala intravedo una cosa.
"Hai visto la piscina… bella vero?"
"Eh… sì…"
"È per questo che mia mamma ha voluto la casa. Altrimenti saremmo
andati ad abitare in tutt’altra zona."
"Davvero?"
"Sì… la villa che c’è verso i boschi, hai presente? Anche se a me
sembrava quella dei film horror… la decisione era fra questa o
quella."
"Beh meno male che avete scelto questa allora… io ho il terrore di
quella villa."
"Allora dobbiamo andarci…" replica lui con un sorrisino.
"Lo sai che sei terribilmente lunatico? Prima ti incazzi e poi fai i
sorrisini… sei complicato."
"Non sono l’unico sai?"
"Ti riferisci a me?"
"Ma dai?"
"E certo se… no ascolta non ho voglia di discutere… dai parliamo
d’altro."
"Ok."
"Quanto tempo sei stato in Francia?"
"Sette mesi."
"Pensavo che per avere quella pronuncia ci fossi rimasto per più
tempo…"
"No. Io sono un genio sai?"
"Sì certo e io sono un quadrupede…"
Scoppia a ridere e io lo seguo poco dopo.
Ci sediamo sull’immenso divano in sala e poco dopo mi arriva la prima
cuscinata in faccia. Rispondo all’attacco e andiamo avanti così finché non
cado sul parquet di culo.
"Ma oggi è giornata? Sei sempre in terra, impiastro!"
Lo prendo per il collo e lo tiro giù, solo che mi cade addosso… o
meglio, mi si spalma addosso.
"Ok… e adesso?"
Mi guarda.
"Adesso cosa?"
"Sei comodo?"
"Sì."
"Bene allora…"
"Tu?"
"Finché non ti va in tiro sì…" replico io sorridendo.
"E perché dovrebbe? Non sta succedendo niente di particolarmente
eccitante…"
"E allora alzati…"
"Uffa, speravo che ti decidessi a fare la tua mossa…"
"Con uno che conosco da un giorno? Eeeee…no."
"Un modo come un altro per dire che sei timida e non ne hai il
coraggio."
"Sì certo…"
"E allora cosa ti costa farlo?"
Non tentarmi…
"E cosa costa farlo a te?"
"Niente guarda."
E appoggia le sue labbra sulle mie.
|
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Capitolo 3 *** French Kiss ***
Ci sono infinite varianti del bacio… anche se il più apprezzato è il
bacio alla francese.
Ecco quello che si stava prolungando fra me e Nico era un francese
d.o.c…. anzi no… era meglio. Diciamo che era un francese di Parigi che
abita davanti alla Tour Eiffel… francesissimissimo.
Avrei voluto che durasse per sempre e mentre lo pensavo mi prendevo a
martellate in testa per aver formulato nel mio cervellino questo oscuro
pensiero. Non potevo fare il gioco del nemico! Dovevo contrastare, non
favorire l’intesa fra me e Nico! Voglio dire, non potevamo insultarci il
giorno prima e quello seguente finire a letto assieme… un po’ di coerenza!
No?
Stavo iniziando a pensare che i suoi genitori sarebbero rientrati e ci
avrebbero trovati ancora nella stessa posizione di adesso, con le lingue
ancora saldamente avvitate fra loro quando di colpo Nicolò si era
staccato.
"Però…"
"Cosa però?"
"Non… non vai male…"
"Davvero?"
"No."
"Stronzo! Tanto non è vero."
"Vabbè lo dici tu."
"Ovvio. I miei ex non si sono mai lamentati."
"Forse perché erano muti?"
"E le tue ex non erano forse cieche?"
"No."
"Bene, tantomeno erano i miei ex muti."
"Ok… dai racconta fino a dove ti sei voluta spingere con i tuoi
ex?"
"Scusa quando l’hai tirato fuori il cartello 1 penny per i tuoi
pensieri?"
"Dai sono curioso."
"A cosa vuoi arrivare? Se ti interessa sapere se sono ancora vergine o
meno sì lo sono e non perché sia una santa."
"E allora…"
"Semplicemente perché non la vado a dare al primo che passa."
"E ok ma i tuoi…"
"I miei ex non ne valevano la pena. E tu grande uomo?"
"Nemmeno io."
"Poverino, ansia da prestazione? Non ti sei sentito all’altezza?"
"No. Sono stato con la stessa ragazza per tre anni senza averlo fatto
perché le volevo un bene dell’anima e volevo aspettare il momento
veramente perfetto per farlo. Poi ho scoperto che mi tradiva praticamente
da sempre. Ho fatto di tutto per tentare di riaverla, mi sono umiliato in
tutte le salse, ma non è servito a niente, anzi ad un certo punto per
togliermi dai piedi mi ha scatenato dietro il suo amante, che era il
figlio del superiore di mio padre. Prima ha pestato a sangue me, poi ha
fatto licenziare in tronco mio padre. Ecco perché ci siamo dovuti
trasferire in Francia così di punto in bianco."
Il silenzio cade come una coperta pesante sulla stanza. Nico guarda un
punto indefinito dall’altra parte della stanza mentre si morde una
guancia, mentre io lo guardo senza trovare niente di sensato da dire.
"Mi… mi dispiace… davvero, non dovevo dirti quelle cose… scusa."
"Non lo sapevi… tranquilla dai."
Allunga una mano come per accarezzarmi i capelli ma si ferma prima.
Mi avvicino a lui e gli schiocco un bacio sulla guancia.
Mi guarda strano. Poi stringe gli occhi.
"Te li fai due tuffi in piscina?"
"Nuda magari? Il costume me lo invento?"
"No dai… non te l’ho ancora detto forse… ma mia mamma è una fotografa
di moda. Fa ancora delle collaborazioni con riviste famose ma adesso ha
deciso di lanciarsi sulla natura. Comunque ogni tanto gli stilisti per i
quali lavora le regalano i capi delle collezioni. Tipo la collezione di
quest’estate…" lascia la frase a metà mentre sul mio volto si dipinge una
maschera di gioia.
"Allora? Ti va?"
"Sì! Sì! Sìsìsìsìsìsìsì!"
"Ok allora. Vieni, ti accompagno."
Mi accompagna in una stanza con solo un armadio a muro dentro.
"Ecco qui, scegli."
Mi apre un cassetto, pieno di costumi.
Come faceva a sapere che preferisco i costumi interi ai due
pezzi?
"Alice pensi di farcela entro Natale?"
"E ma non riesco a scegliere."
"Uffa… Sundek?"
"Com’è?"
"Nero e rosa."
"Perfetto!"
Scuote la testa sorridendo.
"Sei unica…"
"Sì lo so… e per fortuna che sono unica… ti immagini due Alice in giro
per il mondo?"
"L’apocalisse."
"Eh già."
"Allora ci muoviamo o stiamo qui a fare la muffa?"
"Ook."
Mi porta in camera sua e prende due accappatoi. Do un occhiata in
giro.
"Sei ordinato."
"Non fidarti dell’apparenza… è la donna di servizio che fa il
miracolo…"
"Ah ok, allora non sono l’unica."
"Eeee…no."
Mi trascina in piscina.
Faccio per chinarmi per entrare, ma lui mi da uno spintone e mi fa
cadere in acqua. Prendo una spanciata tremenda.
Lui intanto si tuffa e ride.
Mi incavolo alquanto e inizio a nuotargli dietro.
"Però, nuoti bene!"
"Sei anni di nuoto agonistico fanno la differenza…"
"Sì… anche dieci sai?"
Stringo gli occhi, furente.
"Non me ne frega niente se tu sei più bello e più bravo è più tutto di
me!"
"E chi l’ha detto?"
"Tu! Continui a ribadirmelo!"
"Piccola lei… scusa…"
"Non compatirmi!"
"Perché?"
"Perché mi dai fastidio."
Ci siamo avvicinati nel frattempo, arrivando a guardarci in cagnesco
fronte a fronte.
Sento le piastrelle della piscina contro la schiena.
Punto i piedi, spingendomi in avanti e costringendo lui contro il
bordo.
Mi guarda negli occhi con uno sguardo strano, poi mi prende per i
fianchi.
"Nico…"
Non dice niente ma continua a fissarmi.
Oddio… perché mi guarda così? Aiuto… Dio non può già aver capito che…
che… beh che gli salterei addosso molto volentieri… sono istintiva ok, ma
non posso essermene davvero già innamorata… o posso? Aiuto… .
Mi mordo un labbro, nervosa e lui mi attacca in quel momento.
Mi fa sbattere la schiena contro il bordo, di nuovo, ma questa volta
bloccandomi.
"Cosa cazzo…"
"Tranquilla non voglio farti niente."
"E allora lasciami no?"
"Così dopo scappi?"
Stavolta pianto io gli occhi nei suoi.
"Chi ti dice che voglia scappare?"
Allenta di poco la presa.
"Perché, non vorresti?" e molla di tutto la presa sulle mie mani.
Gli cingo il collo con le braccia mentre lui mi stringe contro di
sé.
"No… ma adesso basta parlare…" gli sussurro a fior di labbra prima di
baciarlo.
Ma buongiorno! Eccoci qui di nuovo.... terzo capitolo, scritto in un
momento di delirio a causa della febbre... chiedo scusa per il ritardo e
prometto che d'ora in poi cercherò di sfornare 1 capitolo alla
settimana... scuola permettendo... ciao a tutti! |
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Capitolo 4 *** Voglia di pizza ***
Non so come ci siamo arrivati in camera sua,
ma adesso siamo sdraiati sul suo letto.
Alzo la testa per guardarlo. Mi
sorride.
Gli sbadiglio in faccia per tutta
risposta.
“Stanca?”
“Sì, tu?”
“No… qualcuna mi ha fatto rilassare in
piscina poco fa… la conosci?”
“Ce l’hai davanti…”
Mi prende il viso fra le mani per baciarmi
di nuovo.
“Alice… vorresti essere la…”
“Sì.”
Esco dalla doccia e ritorno in camera
sua.
“Togliti quell’asciugamano e fammi felice ti
prego…”
“Siamo assieme solo da due ore
Nico…”
“E dai.. dettagli…”
“Fila a farti la doccia.”
“Uffa. Ah ascolta, è passato Sergio per
portarti un po’ di ricambi… tua madre è ferma a Madrid e tuo padre è
dovuto partire per una conferenza da qualche parte in Irlanda… quindi ti
devi fermare da me almeno per due giorni… i nostri genitori hanno fatto un
accordo, se vengono bloccati al lavoro, il figlio va dalla famiglia
dell’altro. Bello no?”
“Adesso sì…”
Mi abbraccia, ma le sue manine non hanno
esattamente caste intenzioni… lo chiudo fuori da camera sua.
“Maniaco!”
“Sei una suora! Cattiva! Sono un uomo
io!”
“Sei un cavernicolo tu!”
“Vuoi vedere anche la clava?”
“Fila a farti una doccia fredda!” gli urlo
dietro mentre rido.
Mi infilo solo l’intimo, poi mi sdraio sul
suo letto e chiudo gli occhi, stanca morta. Credo di essermi anche
addormentata ad un certo punto.
Apro gli occhi quando sento le sue dita
scorrermi sulla pancia piano.
“Ciao occhioni!”
“Oddio dormivo…?”
“Già… eri un sogno…stavi anche zitta… che
bello…”
Gli faccio la mia espressione da “Bambi
mentre sparano alla sua mamma davanti ai suoi dolci occhioni cucciolosi”
ma non lo sciolgo.
“Scusa cos’è quella faccia? Un branzino che
implora di non essere sventrato?”
Stavolta mi tiro su a sedere e spalanco gli
occhi, guardando in alto per fissarlo dritto negli occhi, serissima
(questa è l’espressione ti obbligo).
“Alice… non guardarmi così… mi fai
paura…”
“Proprio quello che volevo…” dico con un
sorriso abbagliante.
Mi afferra di colpo, stringendomi contro di
lui.
“Lo sai che hai addosso solo un misero
asciugamano vero?”
“Sì.”
“E lo sai che sei incredibilmente
attraente?”
“Alice? Quando esattamente ti sei
trasformata in una creatura pornolesa e assetata di sesso?”
“Quando uno più leso di me mi ha chiesto di
metterci assieme, semplice.”
Si mette a fare i versi come un handicappato
e poco dopo lo seguo anch’io.
“Tu non hai fame?”
“Io sto morendo di fame…”
“E allora perché siamo qui a fare i
dementi?”
“Forse perché lo siamo…”
Scoppio a ridere mentre lui mi scavalca e
sparisce in cucina.
Quasi contemporaneamente squilla il
telefono.
“Pronto? Ah sì ciao mà… cosa? Ma dai! Ma no
anche papà? Ma cos’è, sciopero?”
Pausa di due minuti.
“Ok, allora io e Alice cosa
facciamo?”
Altra pausa.
“No vabbè ce la facciamo…” mi lancia
un’occhiata strana abbozzando un sorrisino “sì sì tra… no non ti butto giù
la casa… sì è gia passato il suo autista a portargli i cambi… mamma guarda
che ha diciassette anni! Se ha bisogno di farsi una doccia lo dice! Sì
faccio il bravo… sì… sì tranquilla… ok ciao mamma… ciao… sì ok va bene…
ciao.”
Mette giù il telefono e sbuffa.
“Mia mamma deve andare a Firenze di corsa
perché sua sorella sta sparando fuori un altro figiolo… e mio padre ha
seguito il tuo in Irlanda… morale della favola? Io e te a casa da soli
per… un bel po’.”
Si avvicina a me per baciarmi, ma io giro la
faccia dall’altra parte.
“Per quanto esattamente?”
“Almeno per stanotte.”
“An… bene…”
Lo abbraccio forte.
“Vero che ti va la pizza?”
“Ovvio.”
“Come?”
“Wuster e patatine fritte.”
“Con prosciutto e funghi
assieme?”
“Ma sì dai… fanculo alla dieta!”
“Brava! Così la voglio la mia
tipa!”
“Certo… e poi quando sarò una palla di
ciccia mi mollerai lì nell’angolino e tanti saluti…”
“No amore ti faccio perdere tutto a furia di
scopate!”
“Amore e scopate assieme nella stessa frase…
mi ispira…”
“Io e te ci intendiamo troppo bene… mi
preoccupo…”
“Perché Nico?”
“Così… non ci possono essere
segreti…”
“E non è una bella cosa?”
“Mmm… non ne sono così sicuro… voglio
dire…hai già scoperto i cadaveri sotto il letto e le ragazze annegate
nella vasca da bagno?”
“Dai! Muoviti a chiamare che ho
fame!”
“Ok…”
Digita un numero e rimane in
attesa.
“Pronto? Guardi è urgente perché mia moglie
è incinta e le sono venute le voglie… comunque vuole una pizza famiglia
con sopra wuster, patate fritte, prosciutto e funghi… e anche zucchine
grigliate… mi perdoni, ma deve farmela subito sennò mi mangia le gambe del
tavolo! Sì sì se la mangia tutta lei! E sono due gemelli… sì lo so ci ho
proprio dato dentro… grazie eh… avete il servizio a domicilio vero? Bene,
vi do l’indirizzo: via Mazarino 3… ok arrivederci e grazie
mille.”
Scoppio a ridere.
“Cosa c’è? Guarda che funziona sempre la
storia della moglie incinta! Te la fanno subito…”
Un quarto d’ora dopo la pizza è sul tavolo
già tagliata.
“Buon appetito!”
“Gascie!”
“Parla a bocca vuota animale!”
“E tu mangia e taci! Tò, manda giù!” mi
agita una fetta davanti alla faccia.
La afferro e la divoro con la stessa grazia
di un elefantino.
“Non eri così l’altra sera… eri tutta
perfettina e tutta educata… e adesso non sai nemmeno come si scrive
posata…”
“Forse perché l’altra sera c’erano anche i
tuoi? E comunque nemmeno tu ti stai risparmiando mi sembra…”
“Ma io sono un uomo!”
“Anch’io… solo che lo nascondo molto
bene!”
La cena continua tra una battuta e l’altra
finché non rimane una sola, unica fetta.
Ci guardiamo con la stessa espressione “osa
toccarla per primo e ti stacco il braccio a morsi…”.
“La dividiamo ok?”
“Ok… ma falle uguali.”
“Agli ordini!”
Una fettina di pizza dopo, rotoliamo fino al
divano.
“Dio, che mangiata.”
“Sì davvero… abbiamo fatto un po’ schifo
forse…”
“No dai Alice…”
“Non poco…”
“Che ne dici se ce la bigiamo
domani?”
“Tipo?”
“Tipo a casa a stracazzeggiare tutto il
giorno?”
“Mi piace…”
“Allora ok?”
“Sì.”
|
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Capitolo 5 *** Breakfast time ***
Passiamo il resto della serata abbracciati sul divano. Lo faccio quasi
morire dal ridere quando piango per un film e poi è il mio turno di
prenderlo in giro quando scopro che è terrorizzato dai cartoni della
Disney vecchio stile.
Verso mezzanotte si spegne la televisione, assieme a tutto il resto
degli elettrodomestici.
"Ops… mi sa che è saltata la corrente…"
"Valla a riattivare no? Non ci vedo!"
"Eddai… è romantico no?"
"Sì in effetti… dove sei? Non ti vedo è buio pesto."
"Qui…"
Mi prende una mano e mi guida verso di sé.
"Mia…"
"Già… e adesso?"
"Beh io un’ideuzza ce l’avrei…"
Con i fianchi schiacciati contro i suoi non è poi così difficile capire
cos’abbia in mente.
"Nico… dai…"
"Facciamo il gioco della verità???"
"Il?"
"Quello che… dai che lo sai… vieni qui, siediti!"
Mi tira giù, facendomi prendere una culata contro il pavimento.
"Allora…inizio io ok?"
"Ok…"
"Con quanti ragazzi sei stata?"
"Cinque compreso te."
"Ok… adesso fammi tu una domanda."
"A quante tipe hai infilato la lingua in bocca?"
"53."
"Cosa? Vabbè.."
"Ero attivo… la cosa che ti fa più paura?"
"La morte. Tu?"
"Rimanere solo. Hai mai fatto soffrire qualcuno di proposito?"
"Sì. Ho messo tutte le persone contro una che mi stava sulle palle. Hai
mai tradito?"
"Sì… verso la fine. Una cosa che vorresti dire a qualcuno se ce
l’avessi davanti?"
"Sì… tivibi… tu?"
"Ti voglio."
"A chi lo diresti scusa?"
"A te."
Di colpo benedico le luci spente.
Mi spinge giù sul pavimento e un secondo dopo è sopra di me, i suoi
baci che mi percorrono tutto il viso e le sue mani che corrono in
giro.
"Nico…"
Si tira su un attimo, ansimante.
"Cosa?"
"Appunto… cosa fai?"
"Mah… tu che…"
Le luci si riaccendono di colpo.
"Ma cazzo!"
"Nico!"
"Eh? Dai… uffa stavo così bene…"
"Andiamo a letto? Ho un pochino sonno…"
"Alice sei una mezza sega…"
"Guarda che è tardi!"
"Uffa… va bene…"
Mi butto sul suo letto e lo guardo mentre si siede sul bordo del
letto.
"Dormiamo assieme?"
"Dipende… russi? Tiri schiaffi? Sei sonnambulo?"
"No no no."
"Allora ok!" gli rispondo sorridendo.
Ci infiliamo sotto le coperte dopo aver infilato pigiama lui e camicia
da notte io.
"Buonanotte…"
"Notte."
Mi sdraio sul fianco appoggiando la testa sul suo braccio, guardandolo
negli occhi.
Si china per baciarmi, sdraiandomi sulla schiena mentre si sistema
meglio sopra di me. Divarico le gambe per fargli spazio.
"Sei…"
"Cosa Nico?"
"Sei una visione… sei bella…"
Non posso fare a meno di arrossire.
"Grazie."
"Non fare così…"
"Perché?"
"Mi ecciti" risponde con un sorriso "sembri così… Alice ti voglio."
"Non è che stai correndo troppo?"
"Non voglio mica fare sesso… ti voglio nel senso che voglio stare con
te… anche se ti conosco da poco… ti voglio e basta."
Mi morsico un labbro.
"Non… non so cosa dirti…"
"Non dire niente allora."
Mi bacia sul naso e si rimette sul fianco.
"Vieni qui dai sei morta…"
Mi avvicino e lo stringo forte.
"Buonanotte."
"Buonanotte Nico…"
Quando mi risveglio sento il suo braccio attorno alla vita. Mi giro per
osservarlo mentre dorme, ma lo sveglio nel muovermi.
"Ciao…" mi dice mentre si stiracchia come un gatto.
"Buongiorno… dormito bene?"
"Sì. Benissimo."
"Cosa facciamo oggi?"
"Non lo so… iniziamo dalla colazione… sono solo le 9 di mattina…
abbiamo tutta la giornata ancora…"
"Certo dipende cosa vogliamo fare…"
"La smetti di provocare?"
"Ok… scusa."
"Niente dai… aspettami qui."
"Perché dove..." corre fuori dalla stanza "vai?" dico al muro.
Sospiro e mi rimetto a letto, togliendo la camicia da notte perché sto
morendo di caldo. Infilo un braccio sotto al cuscino e chiudo gli occhi
aspettandolo.
Mi risveglio quando sento un bacio sulla spalla, ma non mi muovo. Un
altro bacio, questa volta più in alto sul collo, un altro ancora sulla
mascella e uno sul mento. Sorrido e sento che anche lui lo fa. Mi infilo
ancora di più sotto il cuscino, nascondendogli il volto.
Infila una mano sotto di me, risalendo per prendermi il viso, ma si
ferma di colpo sopra un seno.
Sgrano gli occhi con la faccia ancora affondata nel cuscino, rimanendo
immobile.
"Alice…"
Mi giro, guardandolo negli occhi e arrossendo per la luce che li
illumina.
"C… cosa?"
"Ti ho portato la colazione, cucciola!"
Sposto lo sguardo sul vassoio poggiato sul tavolo, sul quale
campeggiano in bella vista fette di pane bianco, un barattolo di miele e
un altro di marmellata, burro e una brocca di latte con due tazze
trasparenti a fianco. Lo mette sul letto e poi mi raggiunge, baciandomi
sul naso.
"Buon appetito!" e si fionda sul pane spalmandoci sopra mezzo panetto
di burro. A metà dell’opera tira su la testa e impreca ad alta voce. Lo
guardo mentre si alza ed esce dalla stanza per ritornare subito dopo,
stringendo fra le mani un vasetto di cioccolata ed esibendo un sorriso a
trentadue denti.
"Che mondo sarebbe senza la cioccolata?"
"Un mondo con meno lipidi, Nico…"
"Ah ah che ridere! Hai il senso dell’umorismo di un cammello
Alice."
"Grazie. Scusa mi passi il miele?"
"Certo!"
Affonda due dita nel vasetto e prima che io possa reagire mi ritrovo
con una strisciata di miele che parte dalla guancia e arriva al
gomito.
"Va bene?" mi chiede ridendo come un cretino.
"Ma cos’hai in testa l’uranio impoverito? Brutto papero sono tutta
appiccicosa! Sei un demente, un deficiente, un cretino, un imbecille un…
un afgano!"
"Però sono estremamente carino non è vero?" mi fa gli occhi dolci e
devo trattenermi dal cacciargli due dita nelle orbite.
"Sì, come una nidiata di ratti!"
Ci rimane male.
Mi alzo per andarmi a ripulire e quando ritorno, dieci minuti dopo,
trovo due fette di pane, una spalmata di miele e l’altra con burro e
marmellata, la tazza piena di latte e un fiorellino giallo.
Sorrido, lui non è più nella stanza.
Mi siedo sul bordo del letto e faccio colazione tranquilla, poi mi alzo
in piedi.
Sento qualcosa afferrarmi una caviglia da sotto il letto e grido a
pieni polmoni terrorizzata. La mano appartiene a quel coglione di
Nico.
"Brutto stronzo! Adesso ti morsico alla giugulare, ci infilo dentro un
rubinetto e ti dissanguo ad intermittenza!"
Gli salto addosso e finiamo per terra sul tappeto.
Picchio un ginocchio sul pavimento facendomi un male cane ma non faccio
in tempo a rialzarmi perché lui è sopra di me in un secondo.
Respiro ansante mentre sento il suo corpo schiacciarmi a terra.
Si china su di me iniziando a baciarmi sul collo e scendendo verso il
bordo della scollatura.
Inarco la schiena sotto di lui, avvicinando il bacino contro il
suo.
Mi fissa negli occhi con una luce strana mentre risale verso le mie
labbra semiaperte e inizia a mordere il labbro inferiore mentre con una
mano scende a scostare il bordo degli slip.
"Nico n…" faccio per fermarlo ma lui non mi ascolta, continua a
baciarmi mentre non accenna a togliermi la mano da dentro gli slip. Una
carezza un po’ più spinta proprio lì e divarico le gambe
all’improvviso.
Mi guarda preoccupato.
Gli sorrido mentre mi avvicino al suo orecchio mordendolo e
sussurrandogli "Voglio di più…"
|
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Capitolo 6 *** Shopping con la mamma del mio ragazzo ***
Lui rimane interdetto per una paio di
secondi, indeciso sul da farsi.
Fa per chinarsi di nuovo su di me ma veniamo
interrotti dal rumore delle gomme di una macchina che attraversano il
vialetto.
“Cristo! Muoviti sono rientrati i
miei!”
“Ma non erano…”
“Cosa ne so secondo te? Muoviti fila a
vestirti!”
Corro in camera e apro il borsone che mi ha
portato Sergio la sera prima.
Cavolo ha aperto l’armadio delle grandi occasioni…
da quanto tempo era che non infilavo questo…
Sento la voce di Daniela che parla col
figlio del nuovo cugino mentre finisco di vestirmi.
“E vedessi com’è pieno di capelli! Davvero è
un amore, un piccolo vitellino, un… ciao Alice! Come siamo
belle!”
Accenno un sorriso e la ringrazio, mentre la
mascella di Nico è sul punto di staccarsi dal resto del corpo.
“Comunque ragazzi cosa ci fate a casa da
scuola?”
“Ecco noi…” fa per dire Nico.
“Vedi Daniela, oggi a scuola quando siamo
arrivati, qualcuno aveva messo un catenaccio alla porta dell’istituto e
non sono riusciti ad aprirlo, quindi hanno detto che chi voleva poteva
andarsene a casa perché sarebbe stata una roba lunga…”
Mi guarda perplessa per un secondo prima di
sorridermi.
“Beh allora avete fatto bene, anche perché a
rimanere fuori da scuola con questo tempo così brutto vi sareste
sicuramente beccati una bella influenza… allora, programma per oggi? Io
volevo andare a fare un po’ di shopping… magari vuoi accompagnarmi
Alice…”
I miei occhi assumono la dimensione di due
piattini da frutta mentre l’espressione da ebete tipica di chi sa che da
lì a poco si farà un’overdose di shopping inizia ad aleggiare sul mio
viso.
“Sì… sì! Certamente!”
“Perfetto allora! Nico tu…”
“No mà vai tra che io sto bene a
casa.”
Mi volto a guardarlo
scandalizzata.
“Eretico!” mi scappa prima che mi possa
trattenere.
“Cosa?”
“Sei un eretico… non puoi rinnegare lo
shopping!”
“Ma cosa vuoi che me ne importi di una borsa
o un paio di jeans nuovi… tanto poi finiscono assieme nell’armadio con
quelli vecchi e te ne dimentichi…”
“Ma guarda che è anche terapeutico! Ah non
capisci proprio niente!”
“Sì ok, donne adesso fuori dalle palle che
io ho da fare.”
“Nicolò comportati un po’ bene!”
“Sì mamma… Alice vieni un
secondo.”
Lo seguo in camera sua.
“Davvero non ti piace lo
shopping?”
“Ho 18 anni secondo te vado ancora in giro
con mia mamma a comprarmi le cose?”
“Che male c’è scusa?”
“Sei proprio una donna… dai vai che ti
aspetta… e… Alice?”
“Dimmi.”
“Prenditi qualche bel completino da
pornostar che voglio sbatterti…”
Lo guardo scandalizzata.
“Prego?”
“Scherzavo piccola…”
“Lo spero…”
“Sì tesoro. Vieni qui.”
Mi intuba in un bacio da sfinimento e poi mi
lascia andare. Per riprendermi subito dopo.
“Stai davvero bene vestita così…” mi dice
osservando i pantaloni neri e la camicia color mandarino con le maniche a
sbuffo. Mi da un ultimo bacio sul collo e poi lascia che mi
allontani.
Raggiungo sua mamma che mi aspetta con il
cappotto appoggiato su un braccio nell’atrio.
“Pronta?” mi chiede mentre afferro il trench
nero dall’attaccapanni.
“Pronta!” rispondo io.
Saliamo sull’Audi A3 nuova di pacca e
partiamo.
Le faccio un paio di domande sul nipote
appena nato e lei attacca a parlare come una macchinetta
impazzita.
“E poi sai com’è io mi immagino già nonna
alle prese con pannolini e biberon… però poi penso che Nicolò se ne andrà
di casa e io non avrò più il mio bambino in giro per casa… e allora mi
viene addosso una tristezza tale che sfogo tutto sul cioccolato e dopo i
risultati si vedono perché mi finisce tutto sulle gambe! A proposito
quand’è che vi siete messi assieme voi due?”
Rimango basita, poi decido che forse è il
caso di rispondere.
“E… ieri sera…”
“Non è che avete corso un po’
troppo?”
“Non… non mi sembra…”
“Non pensare che voglia farmi i cavoli
vostri eh… però Nico ha già passato le sue belle storie con una troietta
del menga e non voglio vederlo di nuovo giù.”
“Sì me l’ha detto… comunque penso che adesso
sia presto per parlarne… in ogni caso non voglio farlo soffrire, se è
questo che vuoi sapere… mi piace… e ci tengo a lui, sul serio.”
“Allora siamo a posto” replica lei mentre mi
sorride.
Parcheggia in pieno centro e appena scese
dalla macchina ci dirigiamo verso Burberry.
“Ho proprio bisogno di un trench nuovo, sai
Alice? Se vedi qualcosa che ti piace non farti problemi, facciamo un conto
unico.”
“Ma non mi sembra il caso di farti
spendere…”
“Ehi sei la ragazza di mio figlio! Non farti
problemi, offro io, davvero.”
“Grazie, sei molto gentile Daniela…
davvero.”
“Prego, figurati!”
Ok, mi sembra inutile aggiungere che io amo questa
donna
Dopo Burberry è il turno di Chanel e Dior.
Le commesse di entrambi i negozi conoscono entrambe da molto e ci manca
poco che stendano i tappeti rossi al nostro ingresso.
Le ultime tappe del nostro itinerario sono
Gucci, Prada e il mio adorato Louis Vuitton.
Rientriamo alla macchina con un principio di
ernia al disco a causa di tutti i sacchetti che ci trasciniamo dietro, ma
non so dire con precisione chi delle due sia più felice.
Forse io perché ha insistito per regalarmi
una borsa di Prada deliziosa in pelle color cipria.
In cambio ho preso un pensierino per lei
anch’io, un portachiavi di Vuitton pieno di charms, che lei apprezza
moltissimo.
“Oh Alice come facevi a sapere che io adoro
gli charms? Grazie sei proprio un tesoro!”
Nota personale, passare da Rosato e ordinare un
braccialetto della nuova collezione per la
suocera…
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Capitolo 7 *** Alice e il baileys ***
Rientriamo a casa loro appena in tempo per la cena.
"Siamo arrivate!"
"Ciao mamma, ciao Alice. Ha chiamato papà, tornano domani sul tardi… e tua
mamma Alice torna appena finisce lo sciopero degli aeroporti."
"Quindi continuo a fare la povera orfanella…" dico io sorridendo.
"Beh non dai fastidio!" dice Daniela con un sorrisone. Nico mi guarda come se
fossi un’aliena.
"Cosa le hai fatto?" mi chiede poco dopo quando rimaniamo soli.
"Niente perché?"
"Sembra affettuosa!"
"E sì scusa come dovrebbe essere? È simpatica! E anche estremamente gentile
con me…"
"Appunto è questo il problema" dice lui ridendo "con le altre era un carlino
infuriato!"
"Ed è un male che con me non lo sia?"
"Boh non lo so non ci sono mica abituato… con Clara poi dovevi vederla…
era…"
"Senti se la preferivi così come si comportava con le tue ex vattene a
riprenderle e lascia me!"
"Ma Alice…"
"Ma un corno, io sono tutta contenta perché tua madre è gentile con me e tu
mi vieni a rinfacciare che con le altre era diversa! Beh torna con una di loro
allora!"
"Ma no dai cos’hai capito… vieni qui dai…"
Mi allontano da lui, andandomi a sdraiare sul letto che è rimasto ancora come
stamattina, così come l’abbiamo lasciato noi… non che abbiamo fatto poi
molto….
Infilo la testa sotto al cuscino e chiudo gli occhi.
Sento il materasso che si piega sotto al suo peso. Si sdraia di fianco a me e
mi abbraccia. Io non lo respingo ma non ricambio nemmeno.
Quando poco dopo sua mamma ci avvisa che la cena è pronta scendiamo assieme e
cerco di darmi un’aria felice.
Daniela non sembra accorgersi di niente e la cena procede tra un discorso e
l’altro.
Dopo che abbiamo sparecchiato e rimesso tutto a posto Daniela ci da la
buonanotte e rimaniamo soli io e lui, che va dietro al bancone della cucina e
tira fuori una bottiglia di Baileys.
Prepara due bicchieri e me ne allunga uno. Io lo bevo tutto d’un fiato senza
staccargli gli occhi di dosso.
"Non sei proprio capace di gustare le cose" mi dice.
"Lo dici tu…" nel dirlo mi avvicino a lui, che mi prende i fianchi e mi
solleva sul tavolo. Adesso siamo alti uguali.
"No l’ho visto Alice…"
"Per un bicchiere?"
"Il Baileys è sacro!" mi dice lui con un mezzo sorriso.
"Lo so anch’io… bis…"
Mi riempie di nuovo il bicchiere, fino all’orlo e così fa anche col suo.
Nel berlo un rivolo mi cola giù dal mento e scende lungo il collo.
Lui sbatte il suo bicchiere sul ripiano del tavolo e inizia a leccarmi la
striscia di liquido dalla pelle, tenendomi per le spalle.
Mi morsico le labbra per non farmi sfuggire il minimo suono mentre lui
continua.
"Visto che io invece mi godo tutto?"
Faccio per rispondere ma lui si gira verso il frigo e inizia a
trafficare.
Ma non ha nient’altro di meglio da fare che mettersi a fare il piccolo
chimico con quello che c’è nel frigorifero alle 10 di sera?
Quando si gira di nuovo ha in mano due bicchieri.
"Scegli, pesca o cioccolato?"
"Pesca!"
Mi passa il bicchiere e il profumo del Bellini mi fa subito girare la
testa.
Io adoro le pesche… e adoro anche lui…
Lo guardo mentre annaffia il suo bicchiere con quello che rimane nella
bottiglia del Baileys e subito dopo lo beve tutto.
Nel frattempo anch’io finisco il mio bicchiere e lo appoggio sul tavolo
accanto al suo.
Rimaniamo a guardarci ancora per un paio di minuti poi lui viene verso di me,
mi prende il viso e mi bacia.
Una mano s’infila sotto la maglietta, sfiorando la pelle della schiena e
risalendo piano fino alle spalle per poi tornare giù e ricominciare a
salire.
Mi aggrappo alle sue spalle, tirandolo verso di me. Ormai siamo sdraiati sul
tavolo.
"No… se roviniamo il tavolo…"
"Andiamo in camera tua?"
"Vieni."
Mi porta in braccio fino sul suo letto e si stende sopra di me, divaricandomi
le gambe.
Messa così è impossibile ignorare la sua erezione contro di me.
Oddio non posso dargliela subito così in fondo è la mia prima volta… anche se
ho una voglia pazzesca ma non posso farlo… non è serio.
Inizia a baciarmi dappertutto mentre mi sfila la maglietta e si lancia sul
reggiseno.
"Calmati eh… mica scappo" gli dico ridendo.
"Non si sa mai" replica lui con una spallina fra i denti.
Capitolo breve lo so e mi scuso ma è tutto quello che sono riuscita a
scrivere in questi giorni,
causa fottuta scuola e fottuto ex che mi ha fatto pena e mi è toccato
rimettermi con lui...
Ma vabbè chissene dai... adesso non ho tempo per rispondere alla recensione
della mia fedelissima^^
e voi altre che leggete potete scrivere qualcosina sulla storia plis?
P.S. dai che ce la stiamo facendo, raggiunta quota 6 preferiti! ^^
Bacioni a tutti!
|
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Capitolo 8 *** Alice e l'ora di matematica ***
Capitolo scazzoso scritto in venti minuti^^ adesso che la schifosa
scuola è finita posso dedicarmi di più alla storia quindi prometto
aggiornamenti più frequenti d'ora in poi!
Baci a tutti... commentate please!!!!
"Allora domani ci tocca andare a scuola di nuovo…"
"Guarda quanto sono felice" replico io con un’aria poco convinta.
È passata un’ora circa da quel momento… il massimo che gli ho concesso
è stato di far volare il mio reggiseno sul lampadario, oltre non me la
sono sentita di andare, anche se comunque sentire le sue labbra sulla mia
pelle è stato incredibilmente bello. Adesso come adesso non volevo andare
troppo oltre, se ho fatto la vergine di ferro finora non vedo perché la
debba distribuire in giro così tutto d’un tratto.
"A cosa pensi?"
Mi riscuoto dai miei pensieri e lo guardo sorridendo.
"Niente di che… sono stanca."
"In effetti non sarebbe male farsi una dormita… vieni qui dai."
"Notte."
"Buonanotte Alice."
Il giorno dopo Daniela ci trova ancora nella stessa posizione in cui ci
siamo addormentati ieri sera.
"Buongior… cosa ci fate voi due nello stesso letto?"
Spalanco gli occhi terrorizzata mentre mi immagino già Daniela mentre
mi schiaffeggia con il portachiavi che le ho regalato per aver dormito con
suo figlio e plagiarlo a chissà quali perversioni.
"Eh… ma sì ma stai tra mamma, non ho pensato che potevo far dormire
Alice nella camera degli ospiti, tutto qui."
Lei sembra accettare la scusa come plausibile e ritorna allo smagliante
sorriso di prima.
"Vi aspetto giù per la colazione allora ragazzi! E in fretta perché
sennò arriverete in ritardo a scuola!"
Scendiamo dalla macchina ed entriamo nel parco della scuola.
Io indosso una giacca color panna sopra ad un maglioncino di cachemire
bianco, portato assieme a jeans blu scuro e tronchetti crema. Nico invece
ha una giacca di pelle nocciola, maglietta nera e jeans bianchi con le
Prada nere che gli abbiamo preso io e sua madre l’altro giorno. I capelli
sono spettinati ad arte mentre i miei, perfettamente lisci, sono raccolti
in una coda alta.
Mentre lui ordina un caffè al bar, Riccardo e gli altri della compagnia
vengono a salutarmi.
"Ma dove sei stata finora?" mi domanda Riccardo spalancandomi i suoi
occhi color prato. Alzo gli occhi verso la sua pettinatura, i suoi capelli
sono sparati in alto a tal punto che la prof di arte è arrivata a
definirli un’architettura gotica.
"Ero con Nico… mi sono persa qualcosa?"
"No tra, tanto tu eri a posto con le interrogazioni no?"
"Sì, sì…"
"E allora scialati amore… a proposito, quella giacchetta lì sembra
provenga da Burberry… sbaglio?"
"No Ric, hai perfettamente ragione."
"La nostra piccola Alice ha fatto la brava per meritarsi questo bel
regalino eh…"
"Sì diciamo di sì…"
"Alice?"
Mi volto verso Nicolò che mi fa segno di sedermi accanto a lui.
Assieme a me arrivano anche gli altri che attaccano i tavolini fra loro
per sedersi vicino a noi.
Questa volta Nico non sembra essere contrariato dalla loro presenza e
scambia alcune battute con i ragazzi.
Quando suona la campanella ci dirigiamo tutti verso le rispettive
aule.
"Pigni e Crespi, le giustifiche delle assenze!" latra il professore di
matematica.
Un ometto odioso alto un metro e novanta magro come un chiodo mezzo
pelato sempre vestito con completi di velluto a coste sia che fuori ci
fosse una tempesta di neve che trenta gradi all’ombra.
Striscio sul banco come se il libretto pesasse una tonnellata e mi
trascino fino alla cattedra. Lo sanno tutti che io odio quell’uomo con
tutta me stessa, principalmente per la materia che insegna, seguono altri
svariati motivi tra i quali la sgradevole abitudine di fissarmi mentre
cammino nel corridoio con un’espressione estremamente arrapata.
Mi restituisce il libretto firmato e io glielo strappo di mano prima
che mi possa sfiorare.
Ritorno a sedere di fianco a Nico, che avendo intuito qualcosa (o più
probabilmente Riccardo gli ha già detto tutto), mi prende per il mento e
mi lecca le labbra, lasciando il professore in fase
pre-embolo.
Mi mordo un labbro mentre lo guardo negli occhi.
"Cosa ci propone oggi, prof.?" gli chiedo io. Lui quasi si ribalta
dalla cattedra mentre biascica qualcosa riguardo le derivate delle
funzioni.
L’ora finisce e subito il nostro banco viene accerchiato dal resto
della classe.
"Grande esibizione!"
"Era da filmare!"
"Ma siete assieme?"
"Alice dove hai preso i jeans?"
"Fermi! Parla un imbecille alla volta!" l’intervento provvidenziale di
Riccardo calma la folla.
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Capitolo 9 *** Alice, la famigerata ex e il prode Riccardo! ***
Eccolo qui il nuovo capitolo!
Spero che incomincerete presto quanto me ad odiare l'ex di Nicolò^^
Questo capitolo è quello che si potrebbe definire la quiete prima della
tempesta, perchè presto...
Dai dai, leggete e commentate please, ho bisogno di voi per capire se
la storia piace o no!
Grazie baci!
Ricominciano a tempestarmi di domande e nemmeno l’arrivo della prof. di
arte sembra calmarli.
Venti minuti dopo finalmente a domande esaurite la prof può cominciare
a spiegare.
L’una e mezzo arriva velocemente e il formicaio di alunni si avvia
verso l’uscita.
"Alice!" mi giro verso Estelle, una delle ragazze della compagnia, che
mi sta raggiungendo di corsa.
"Dimmi."
"Ma allora è vero che sei assieme a Pigni?"
"Sì…"
Aggrotta le sopracciglia e sospira.
"Ok…"
"Perché è forse un problema?"
"No… è che conosco un’amica della sua ex e…"
"E?"
"E… niente, lei mi ha detto che avevano ripreso a frequentarsi quando
lui è tornato dalla Francia… ma visto che adesso siete assieme penso che
fosse tutto una palla…"
Rimango con la testa piegata a sinistra gli occhi ridotti ad una
fessura e le labbra semichiuse per due minuti buoni.
"Beh… sì… probabilmente si è trattato di una palla…" riesco a dire alla
fine.
"Ma sì dai stai tra… avrà conosciuto te e se ne sarà dimenticato!" dice
lei sorridendomi.
È sincera, lo so, la conosco.
"Se vuoi però indago…" aggiunge.
"No… no Estelle, voglio fidarmi."
"Ok… dai vieni che usciamo assieme. Oggi pomeriggio ci facciamo un giro
in centro, tu vieni?"
"Mmm… sì dai!"
"Perfetto! Allora ci vediamo oggi verso le tre al solito posto."
"Va bene, avvisi tu gli altri?"
"Sì. Ciao Alice!"
Ci baciamo tre volte e poi lei va da una parte e io raggiungo Nico.
È venuto a prenderci Sergio, ciò significa che i miei sono tornati a
casa in anticipo.
Chiedo a Nico se vuole uscire con noi ma dice che ha da fare.
Dopo averlo portato a casa, ci dirigiamo verso la mia casetta.
Trovo la mamma ad accogliermi, tutta contenta per il viaggio a
Madrid.
"Sapessi Alice, è una città così bella!"
Mi siedo in cucina mentre lei mi racconta tutti i particolari.
Tira fuori una scatola dalla borsa e me la porge.
"Ho visto che stava per finire e te l’ho preso nuovo al duty free
dell’aeroporto assieme a questo, ti piacciono?"
Apro le confezioni di profumo e sorrido: Miss Dior Chérie di Dior, e
L’Instant Magic di Guerlain, i miei due profumi preferiti in assoluto.
"Grazie mamma! Sei una grande, proprio quelli che volevo!"
"Prego Topo!"
Alzo gli occhi al cielo. Odio i nomignoli…
"Mamma posso uscire oggi pomeriggio con gli altri?"
"Certo, basta che ti arrangi con i compiti… ascolta, quando mi racconti
di te e Nico? Ho sentito Daniela per telefono poco fa…"
"Ah… e… beh… sì insomma ci siamo messi assieme…"
"Davvero? Oh che bello!"
L’orario dell’uscita arriva praticamente subito e dopo aver salutato la
mamma esco di casa.
Mi fermo davanti ad una vetrina per controllare il look: maglietta
rossa con scollo a V sotto una giacchina blu con le maniche a tre quarti e
il collo ad anello, jeans scuri e ballerine rosse, borsa abbinata alle
scarpe e capelli lisci sciolti, occhiali di Gucci. Tutto in ordine.
Proseguo fino ad arrivare alla solita gelateria dove alcuni sono già
seduti e aspettano gli altri.
Li saluto ad uno ad uno: Estelle, Giorgio, Luca, Martina, Alessandra e
Federico.
Mi siedo ed ordino un frappè alla stracciatella e mentre attendo
l’ordinazione arrivano anche tutti gli altri. Riccardo si siede al mio
fianco e mi bacia sul naso, poi ritorna a parlare con Leonardo ed Edoardo,
i gemelli più belli del mondo.
Quando ognuno ha finito il suo gelato e ha pagato, ci alziamo e andiamo
a fare un giro in centro.
Tiriamo sera fra un negozio e l’altro e decidiamo di uscire a mangiare
una pizza.
L’argomento della serata siamo io e Nico.
"Ma scusa ma fare una roba un po’ meno di corsa, Alice?" mi chiede
Federico.
"Dai Chicco, non potevo mica programmarlo… è successo e basta."
"Va bene… comunque mio padre, che conosce il suo, mi ha detto che se ne
sono andati perché la sua tipa gli ha scatenato dietro qualcuno di
importante nell’azienda dove lavorava…"
"Sì si scopava il figlio del capo" dico io.
"Ah sì ecco chi era… povero…"
"Povero sfigato vorrai dire…" si lascia scappare Edo.
Faccio per dire qualcosa ma Riccardo arriva prima di me.
"Che cazzo ne sai? Era innamorato…"
"Essere innamorati non vuol dire ridursi a venire pestati da quello che
ha contribuito a farti più corna del papà di Bambi con la tua ex…"
"Beh sì hai ragione forse… però Nico adesso è il ragazzo della mia
migliore amica nonché la più bella e ricca ragazza di questa fottuta città
quindi…"
"Quindi anche Nicolò eredita il suo pedigree!" conclude Leo.
Scoppiamo tutti a ridere.
"Certo che forse hai un po’ esagerato prima Riccardo… definirmi la più
bella e ricca…"
"Alice guarda che è vero" dice Alessandra.
"Ma dai…"
"Oh non rompere i coglioni, sei bella ok?!" urla Riccardo.
Tutti si girano a guardare il nostro tavolo.
Una tipa bionda in fondo al locale ride.
Estelle mi fa un segno e mima con il labiale "Quella è la sua ex".
Senza farmi notare la fisso.
È bionda, sembra abbastanza alta, deve avere almeno una quarta di
reggiseno ed è vestita come una puttana: top scollato fino all’ombelico,
perizoma tirato su fino alle costole, minigonna giro passera (più corta
della cintura, tanto per intenderci) e stivali a mezza coscia.
Riccardo la guarda e poi guarda me, ripete lo stesso gesto almeno dieci
volte e poi parla.
"Come cazzo faceva a stare assieme ad una così quello… cioè guardala…
al posto della gonna ha scritto SVENDITA TOTALE sul davanti ed ENTRATA
LIBERA sul didietro!"
"E Riccardo lo sai che l’amore è cieco…" aggiunge Giorgio.
"Sì ma cazzo ma che lui si prenda un paio di occhiali allora!" commenta
Edo.
Io nel frattempo mi accanisco contro la crosta della pizza.
Usciamo dal ristorante assieme al gruppo della sua ex.
Nel passarmi a fianco mi urta, poi si gira e mi fissa ridendo.
La guardo come se stessi fissando una cacca di mucca.
"Scusa è troppo difficile da dire?" le chiedo.
Fa per rispondere ma Riccardo e Federico mi si avvicinano.
"Qualche problema?" le chiede Chicco
Lei fa per rispondere ma Riccardo è più svelto.
"Guarda, di solito se vuoi andare a battere devi andare là in fondo, la
vedi quella curva? Passano talmente tanti di quei camionisti che non ti
immagini! Almeno ti puoi prendere un cavolo di vestito che ti copra un po’
meglio di quelli. Vieni Alice."
Mi tira via dal marciapiede mentre sento lei che da dietro mi urla
qualcosa che suona molto simile a troia.
"Mai quanto tua madre!" le urla di rimando Alessandra.
Scoppiamo a ridere e ci dirigiamo ognuno verso casa sua.
Riccardo mi riaccompagna a casa, tanto abitiamo vicini.
"Grazie per prima."
"E di cosa? Piccola, se lei pensa di poterti fare qualcosa non ha
tenuto in conto che ci siamo noi prima di te!"
"Già… ti voglio bene lo sai?"
"Anch’io Alice… ascolta sei veramente sicura che Nico vada bene per
te?"
"Sì… spero almeno" replico sorridendo.
"Allora va bene. Basta che tu sia felice, poi anche se è la testa di
cazzo più grande del mondo, a noi va bene."
Mi fermo davanti al cancello di casa mia e lo saluto con un bacio.
"Notte."
"Buonanotte Ricky… stai attento a tornare a casa."
"Sì piccola stai tranquilla."
"Ok. Ciao…"
"Ciao Alice."
Entro in casa e trovo anche papà in sala.
Gli salto in braccio e ascolto il suo resoconto del meeting.
"Dovremmo riuscire ad acquisire anche quest’impresa… Alice conosci per
caso una certa Veronica Martinelli?"
"No… perché?"
"Si sono trasferiti qui da sei mesi ormai… frequenta il grafico
privato, è la figlia di uno dei soci dell’impresa, anche se loro sono
entrati da poco a far parte della direzione…"
"No papà, non so chi sia…"
"Va bene Alice… credo che sia ora di andare a letto sai?"
"Sì papà adesso vado. Ah, ti saluta la mamma di Riccardo."
"Ricambia, grazie, come stanno?"
"Ricky bene…"
"Sai qualcosa di come procedono gli affari di suo padre?"
Il padre di Riccardo è vicepresidente di una banca.
"Penso bene visto che sono sempre più pieni di soldi… mi ha detto che
deve prendere la macchina nuova e penso che sarà come minimo una
Mercedes…"
"Beh dai neanche noi possiamo lamentarci…"
"No, proprio per niente" replico io, sorridente.
"Dai, adesso fila a letto."
"Ok, notte papà."
"Buonanotte."
Vedo la luce accesa in bagno e dopo aver bussato apro la porta. Mia
mamma è davanti allo specchio che si mette la crema in vestaglia.
Si gira verso di me e sorride, i capelli biondi e vaporosi raccolti per
tenerli lontani dal visto e gli occhi verde scuro che brillano.
"Dimmi Alice."
"Volevo darti la buonanotte."
"Ok topina… buonanotte."
"Notte mamma."
Mi infilo a letto dopo essermi spogliata e mi addormento pensando che
la mia vita è veramente perfetta: ho una famiglia che mi vuole bene, degli
amici meravigliosi, ho Riccardo che è disposto a dare la vita per me pur
di difendermi… e poi ho Nicolò… e lo so che è presto per dirlo, ma penso
che sarei disposta a passare tutto il resto della mia vita con lui perché
credo proprio di essere terribilmente presa da lui…
IMPORTANTE!
CI TENGO A PRECISARE CHE TUTTI I PERSONAGGI DI QUESTA STORIA SONO FRUTTO
DELLA MIA FANTASIA E NON HANNO NESSUNA CORRISPONDENZA CON LA REALTA', ECCEZION FATTA PER
LA PROTAGONISTA CHE è LIBERATAMENTE ISPIRATA ALLA SOTTOSCRITTA.
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Capitolo 10 *** Buon quarto mese ***
Tre mesi dopo
Tieniti libera
per stasera alle 8.00
ti porto fuori
bacio
Guardo il messaggio sul display del cellulare.
È domenica, sono le 7.30 di mattina e io stavo dormendo prima di
sentire il cellulare vibrare come un terremoto.
Mi giro a pancia in giù e infilo la testa sotto al cuscino, tentando di
addormentarmi di nuovo, ma non ci riesco.
Sbuffando come una caffettiera mi avvio verso il bagno e dopo aver
fatto cadere per terra tutti i vestiti mi infilo nella vasca piena d’acqua
calda e schiuma.
Quando esco un’ora e mezza dopo essermi fatta anche la doccia (viva la
crisi idrica) scendo a fare colazione.
Dopo aver puciato la brioche nel cappuccino e aver mandato giù tutta la
spremuta, comunico ai miei genitori l’invito di Nico.
"Vai pure Alice."
"Ma Nicolò il figlio del mio socio?"
"Sì, caro."
"Ah."
La sera è arrivata fin troppo presto per i miei gusti.
Non avendo una minima idea del posto dove mi porterà alla fine ho
optato per una gonna marrone lunga né troppo aderente né troppo larga e
una maglietta chiara, assieme alle scarpe con non troppo tacco dello
stesso colore della gonna. Fa caldo quella sera e decido di non prendere
nessuna giacca.
Alle 8.30 precise sento il clacson suonare.
Nico si fa trovare all’ingresso, vedo che indossa jeans e camicia sotto
ad una giacca non troppo formale. Ho indovinato con l’abbigliamento.
Mio padre inizia a fare domande per assicurarsi che Nico sia in grado
di guidare la macchina con prudenza dopodiché ci lascia andare.
Salgo nella mini grigia nuova di pacca che gli hanno regalato i suoi
genitori per la patente fatta da due mesi e partiamo.
"Allora dove mi porti?"
"Fuori a mangiare in un posto nuovo."
"Cosa servono?"
"Solo carne" nel dirlo mi guarda con una strana luce negli occhi.
Mi giro verso il finestrino e guardo la strada scorrere sotto di me.
Con la coda dell’occhio lo vedo armeggiare con lo stereo, alzando il
volume.
Riconosco praticamente subito la canzone di Jovanotti.
…A te che sei Semplicemente sei Sostanza dei giorni
miei Sostanza dei giorni miei A te che sei il mio grande amore
Ed il mio amore grande A te che hai preso la mia vita E ne hai
fatto molto di più A te che hai dato senso al tempo Senza
misurarlo A te che sei il mio amore grande Ed il mio grande
amore…
Mi volto verso di lui e vedo che mi sorride mentre accosta con la
macchina.
Mette una mano sul mio poggiatesta e si avvicina, stampando le mie
labbra sulle sue.
"Arrivati" mi sussurra sulle guance prima di scendere dalla sua parte e
venire ad aprirmi la portiera.
Lo guardo con un mezzo sorriso sulle labbra e mi incammino con lui fino
all’entrata del ristorante.
"Avete una prenotazione?" ci chiede la ragazza all’entrata del locale
già strapieno.
"Sì, tavolo per due a nome Pigni."
"Ah ok perfetto. Seguite il cameriere, vi mostrerà la strada.
"Ok grazie."
Arriviamo in una zona leggermente appartata rispetto al resto della
sala e ci vengono portati i menù.
Scorro la lista degli antipasti senza trovare niente di apparentemente
convincente, lo stesso si verifica con i primi piatti.
Oddio non posso fare la figura di quella che ha schifo di tutto! Una
cena al McDonalds no né?
Mi fermo a metà della lista, incredula. Risalgo un paio di voci e
rileggo un paio di volte il nome del piatto: tagliata di manzo con
fonduta.
I miei occhi assumono la consistenza di un budino mentre mi illumino
anima e corpo.
"Alice?"
Alzo gli occhi verso di lui e vedo che il cameriere al suo fianco ha
un’aria leggermente seccata.
"Sì?"
"Allora?"
"Oh… e… credo che…"
"Lui ha preso tagliatelle con ragù di cinghiale e spiedini, lei
signorina cosa gradisce?"
"La tagliata di manzo con fonduta, grazie."
"Perfetto e la carne…"
"Filetto di manzo, ovviamente e mi raccomando, molto al sangue."
"Ma così la fonduta…"
"Si mischia ai succhi della carne sì lo so, è quello il buono del
piatto! Ah e poi come antipasto… potrebbe portarmi una tartare? Niente
uovo in mezzo, solo la carne condita con limone e sale, l’olio se lo
voglio lo metto io."
"Gradisce qualcosa di primo?"
"Adesso no grazie" rispondo io con un sorrisone.
"Ok, da bere?"
"Per me una birra media."
"Coca light."
"Perfetto, arrivano."
Attacco il cestino del pane mentre aspettiamo le portate.
"Meno male che sembrava non ti piacesse niente eh…"
"Sì lo so ho visto quelle cose solo all’ultimo minuto."
"Ok… Alice posso chiederti una cosa?"
"Sì…"
"Cos’è la tartare?"
Lo guardo sbalordita.
"Non lo sai davvero?"
Scuote la testa.
"Uff… è carne cruda."
"Che schifo!"
"Scusa mai mangiato il carpaccio?"
"Mi fa impressione."
"Oddio che complicato che sei! Dopo te la faccio assaggiare e mi
dici."
"Me la fai assaggiare eh… porcellina!"
Lo guardo scandalizzata, capendo il doppiosenso in ritardo.
"Magari in un’altra vita eh…"
"Come allora non me lo vuoi fare il regalo per i quattro meravigliosi
mesi che siamo assieme?"
Di già? Porca puttana è vero! Oh merda adesso mi tocca
dargliela...
Mi esibisco nel migliore dei sorrisi.
"Perché tu cosa mi hai regalato?"
"Questo!"e indica il locale attorno a sé.
"Oh…"
"Aspetta e vedrai la sorpresa."
Arrivano le nostre portate e alla fine riesco ad obbligare Nicolò a
provare una forchettata di tartare, il problema dopo è riuscire a
cacciarlo via dal mio piatto perché gli è piaciuta fin troppo.
Mi vendico attaccando il suo piatto di pasta e finiamo per scambiarci i
piatti.
Quando arrivano i secondi rifiuto i suoi spiedini, che non mi sono mai
piaciuti e mi dedico al mio immenso piatto.
Stendo bene il tovagliolo sulle gambe e, dopo aver controllato che la
carne sia cotta come dico io, avviso Nicolò di non scandalizzarsi.
"Perché?"
"Adesso vedi."
Prendo un pezzo di carne con le mani e inizio a morderlo, staccando i
bocconi. Sento il liquido colarmi lungo il polso e mi affretto a leccarlo
via, il tutto con un’espressione estasiata sul volto.
Nico mi guarda leggermente schifato, poi quando vede che mi lecco la
pelle del braccio spalanca gli occhi e deglutisce a vuoto.
Tenta il mio stesso approccio sexy agli spiedini, ma il risultato non è
esattamente lo stesso.
Scoppio a ridere quando lo vedo mentre lecca un wuster.
"Oddio smettila! Sei osceno, ti guardano tutti!" ma lui non mi ascolta
e continua la performance.
"Strano, quando eri assieme a me non ti esibivi in certi numeri da
circo, Nicolò."
Lo vedo sbiancare e girarsi verso la voce. Mi giro anch’io, spinta da
un’irrefrenabile voglia di piantare i denti nel collo della sua ex.
Lui sembra un coniglio davanti all’aquila che sta per afferrarlo.
Gli tiro un calcio da sotto il tavolo e lui sembra riprendersi.
"Ah… eh… io…"
Lo guardo, un’aria feroce in faccia.
"Vuoi comprare una vocale?" gli ringhio sottovoce.
"Beh?" dice lei mentre io immagino la sua testa che rotola per
terra.
La guardiamo entrambi con aria interrogativa.
"Non ci presenti?" e mi indica con un dito.
Alice non mordere, non mordere…
"Ah… si, Alice Crespi, Veronica Martinelli."
Mi torna in mente il discorso fatto con papà un paio di mesi fa.
"Quindi tu sei la figlia del socio di…"
"Tuo padre, sì lo so."
"E vuoi un applauso? Comunque, piacere."
Mi guarda schifata, poi mi stringe la mano, al che io sorrido perfida,
non mi ero pulita le mani, che sono ancora bagnate dalla carne e dal
condimento.
Ritira la mano schifata, dopodiché riprende a parlare.
"Allora siete ancora insieme vedo…"
"Già…" commenta laconico Nico.
"Io sono ancora assieme a Giacomo invece, Nicolò."
Le sue spalle si incurvano di colpo, come se stesse venendo schiacciato
da un grosso peso.
"Sai… strano come una persona che non penseresti mai di…"
Mi alzo dal tavolo e la prendo per le spalle, resistendo all’impulso di
tirarle uno schiaffo e la giro verso l’altra parte del locale.
"Il tuo tavolo è da quella parte, quindi vacci in fretta per
favore."
"Ma io non ho finito di parlare."
"Beh io ne ho piene le palle della tua presenza quindi sciò!"
"Ti credi tanto superiore? Beh sappi che se avverrà la fusione fra le
nostre due imprese mio padre…"
"Ma cosa me ne frega di tuo padre! Levati dalle scatole e lasciaci
finire di mangiare in santa pace no?"
"Certo, tanto prima o poi capiterà una cena tutti assieme!"
"Sì certo, non vedo l’ora di accoglierti a casa mia! Io lo farò a
braccia aperte, tu e tua mamma come invece? A gambe aperte?"
Se ne va stizzita e io ritorno a sedere.
"Non dovevi parlarle così."
"Cosa?"
"Sei stata maleducata."
"Perché , lei a venire qui giusto per sfottere?"
"Ma lei…"
Mi alzo dal tavolo, seccata.
"Ma lei cosa? Lei cosa!" un paio di teste si girano verso di noi.
"Volete una foto o tornate ai vostri piatti e vi fate i cavoli vostri,
signori?"
"Nico, rispondimi, lei cosa?"
"Lei…"
"Lei era autorizzata perché lei per te è Dio onnipotente sceso in terra
e può fare quello che vuole di te? Beh bella dimostrazione la tua!"
In quel momento il cameriere si avvicina al nostro tavolo con una
piccola torta con su quattro candele e un pacchetto regalo, ma si ferma a
metà strada.
"Forse non è un buon momento…" dice il cameriere.
"No, no, è il momento giusto" mi avvicino a lui e gli strappo
letteralmente il vassoio dalle mani.
Lo appoggio sul tavolo e soffio sulle candele.
"Buon quarto mese."
Ed esco dal ristorante lasciandolo solo sul tavolo.
DECIMO CAPITOLO!
che ne dite se festeggiamo con un pò di recensioni?
Grazie a Niwad per la recensione, sì in effetti
non sono così come Alice... non fino a quel punto^^
Per gli altri che leggono, che ne dite di scrivere
un piccolo parere? Non so se vale la pena di continuare a scrivere sennò.
Vi do due settimane di tempo per recensire perchè
parto e vado in vacanza in Puglia, se quando torno non trovo niente... Vi strangolo via internet!^^
Ciao a tutti bacio!!! |
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Capitolo 11 *** Tutta colpa tua ***
Apro gli occhi e mi ritrovo a fissare il soffitto di camera mia.
Che due stramegapalle…
Scendo dal letto sbadigliando come un ippopotamo e mi avvio verso la
doccia.
Nemmeno l’acqua fredda riesce a svegliarmi, perciò quando ritorno in
camera mi ritrovo a fissare imbambolata uno degli armadi.
Cosa posso mettermi per uno dei tanti pallosi lunedì mattina?
Scendo le scale di corsa vestita con una maglietta bianca con la
scritta ATTENZIONE, MORDO e i jeans scuri tutti sbrindellati, scarpe nere
con il tacco a cono e novecentomila braccialetti neri al polso sinistro.
Metto gli occhiali con le lenti color fumo che mi coprono mezza faccia
e mi infilo in macchina.
"Però, che tenuta da rockstar! Cos’è, paura dei flash?" mi chiede
l’autista divertito.
"Ma va, ho messo sul la prima cosa che è capitata!"
"Se come al solito" replica lui ridendo.
"Un mocaccino, un cappuccino d’orzo, un espresso e tre decaffeinati!"
grida Federico alla barista che si sta per avvicinare al nostro
gruppo.
Riccardo ha provveduto a divulgare la notizia della serata fra me e
Nico a tutta la compagnia e adesso almeno tre persone sono girate verso
Nicolò che ha appena varcato la soglia della scuola, e le loro espressioni
non sono molto amichevoli…
Arrivano le nostre tazze e dopo aver consumato la colazione, o meglio
dopo aver dovuto dividere la mia brioche integrale con Riccardo e avergli
bevuto quasi tutto il mocaccino ed essermi di conseguenza attirata tutto
il suo odio, ci alziamo in formazione gregge di pecore e ci spartiamo
nelle varie classi.
Quando Nico si siede accanto a me mormorando un ciao piccolo piccolo io
mi limito a tirare via gli occhiali per guardarlo con aria di
sufficienza.
"Alice non puoi continuare a fare questi capricci, non hai sette
anni."
"Proprio tu mi parli di crescere quando dai più retta alla tua ex che a
tua mamma?"
"Quello che c’è stato fra me e lei non ti deve riguardare."
"Non mi riguarderebbe se non me la trovassi ogni due per tre in mezzo
ai coglioni."
"Beh ti ci dovrai abituare visto che i nostri genitori saranno
colleghi…"
"Ma smettila, vuoi lasciarmi in pace?"
"Alice io lo sto dicendo per te… prima te ne fai una ragione…"
"E prima la smetto di pensare che tu la vuoi ancora e che io sono solo
un rimpiazzo?"
"Io non…"
"Alice, siediti qui" la voce di Riccardo arriva da dietro, fredda e
controllata. Mi prende un braccio e mi tira su, indicando il banco vuoto a
fianco al suo. Federico è già pronto a prendere il mio posto.
"Faccio compagnia io al tuo tipo… sempre che tu voglia ancora stare
assieme a uno così."
"Così come?" chiede Nicolò, improvvisamente aggressivo.
"Così incredibilmente cafone e imbecille, primo perché non hai il
minimo rispetto per Alice e secondo perché sbavi ancora dietro a una che
ti ha fatto pestare dal suo amante…"
"Gliel’hai detto tu?" si rivolge a me stavolta.
"No lo sapevano già, non sei l’unico figlio di un pezzo grosso
sai?"
"Mai quanto te, peccato che io evito di essere così stronzo con te e i
tuoi amici."
"In compenso quando sei in presenza di una certa Martinelli Veronica ti
trasfiguri… ma questo non è più un mio problema dato che non ho più
intenzione di stare con te."
"Almeno prendi questo…" dice lui porgendomi lo stesso pacchetto
dell’altra sera.
"Dallo a quell’altra."
"L’ho preso per te."
Non faccio in tempo a rispondergli perché entra la prof.
"Alla buon’ora..." dico io scocciata.
"Prego Crespi? Potrebbe ripetere?" mi chiede la prof.
"Ho detto alla buon’ora, non stavo più nella pelle per assistere
finalmente ad una sua lezione, prof."
"Crespi, il difetto di pretendere che vi sia tutto dovuto deriva dalla
vostra supposizione di essere padroni del mondo, ma non è così ne per te
ne per nessuno dei tuoi compagni di classe, quindi ti pregherei di evitare
di trattare i tuoi superiori con sufficienza, così com’è tua abitudine
fare recentemente… e inoltre gradirei evitassi di cambiare posto senza
prima consultare un docente…"
"Io non avrei cambiato posto se Pigni…"
"E basta con questo vizio di fare lo scarica barile sugli altri!
Assumiti le tue responsabilità!"
"Ma cos’ha in testa, prof, le pigne?"
Non ce la faccio più a resistere e le sclero dietro come una pazza,
tacendo solo quando Riccardo mi tappa la bocca.
"Basta Alice."
"Bene Crespi, se ha finito con la sua tragedia la pregherei di
attendere il mio arrivo in presidenza dove la raggiungerò dopo aver
affibbiato ai suoi compagni di classe una bella verifica a sorpresa."
Nessuno osa fiatare o protestare dopo aver visto le occhiate che
rivolgono in giro i miei amici.
Io esco dalla porta senza nemmeno dire una parola, camminando
tranquilla per il corridoio.
Ma và un po’ te sta brutta baldracca schifosa… ma cazzo ma perchè viene
a rompere le palle a me! Che nervi… e poi come se non bastasse ci si mette
pure quello stronzo a darmi addosso… porca merda non voglio più vederlo,
più!
Apro la porta della presidenza dopo aver bussato e assumo un’aria
leggermente disorientata.
"Buongiorno signorina Crespi! A cosa devo la sua visita quest’oggi?" mi
chiede il preside con un sorrisone.
Prendo posto sulla poltroncina e prendo la testa fra le mani, poi
inizio a parlare.
"Signor preside, io non so cosa fare!"
"Prego?"
"Io… io sto impazzendo, non ce la faccio più, sono arrivata a
rispondere male alla professoressa di arte solo perché…"
"Perché, signorina Crespi?"
"Perché mi sono innamorata! E io… io non capisco più niente, io ho
paura, sono sempre nervosa e insofferente, non riesco ad avere un rapporto
sereno con gli altri perché sono troppo gelosa e…"
"Alice, tutti ci sono passati…"
Alzo la testa, sorpresa. La professoressa è in piedi davanti a me, non
l’ho sentita entrare.
"Vedi, il mio matrimonio è finito da poco, mio marito mi ha lasciata
per un’altra, proprio per questo motivo, io ero troppo gelosa… ma lo amavo
molto, quello era il mio modo per dimostrarglielo… e credo di aver capito
che sia successo qualcosa fra te e Pigni, ultimamente…"
"Sì, è così professoressa… mi dispiace di essermi comportata male con
lei poco fa, ma avevo altro per la testa e non ho realizzato quello che
dicevo… mi scusi."
"Adesso che ho capito il motivo del tuo comportamento sono più che
pronta a perdonarti… so cosa si prova, l’unico consiglio che mi sento di
darti è di non esagerare… rischi di fare la mia fine dopo… beh visto che
le cose si sono risolte così in fretta non vedo il motivo di rimanere
ancora qui… buona giornata signor preside, ci scusi per l’intrusione nel
suo ufficio. Alice, vieni, andiamo in classe."
"Arrivederci, preside."
"Arrivederci e buona fortuna Alice!"
"Grazie" gli dico con il mio miglior sorriso prima di richiudermi la
porta alle spalle.
Fregati tutti e due per l’ennesima volta… ah ah! È sempre troppo facile
fare la faccia triste e allisciarsi un po’ i professori… e adesso
cerchiamo di resistere alla tentazione di far fuori quell’imbecille di
Nicolò.
Quando rientriamo in classe la prof provvede subito a sospendere la
verifica e inizia a spiegare come se niente fosse, lanciandomi di tanto in
tanto uno sguardo dolce.
Io inizio ben presto a rivolgere delle occhiate dispiaciute e
tormentate a Nico quando sono sicura che lei mi stia guardando.
La giornata passa senza ulteriori spedizioni in presidenza e ci
ritroviamo tutti fuori da scuola, ognuno in attesa del proprio mezzo.
Mi attardo a parlare con la compagnia e quando entro in macchina mi
trovo di fianco Nico.
"Cosa?"
"Alice, accendi il cellulare e troverai il messaggio in segreteria di
tua mamma che ti avvisa che Nicolò rimarrà con voi per un paio di giorni"
mi dice Sergio.
Merda.
"Che bello…"
Esco dalla macchina ed entro in casa senza preoccuparmi che lui mi stia
seguendo o meno.
"Se hai fame apri il frigo e arrangiati" gli dico, ma subito dopo leggo
il biglietto di mia mamma attaccato al forno
Ciao tesoro, visto che Nicolò si ferma da noi
ho fatto preparare le lasagne che piacciono
a tutti e due, devi solo accendere il forno
che fa tutto lui… ci vediamo stasera,
fai la brava e sii gentile.
Ciao bacio.
"Ok…" dico io mentre accendo il forno e imposto il timer.
"Nicolò, la tavola è già apparecchiata, io vado su a cambiarmi, tu… fai
quello che vuoi.
Sono in mutande e reggiseno che rovisto nell’armadio quando sento le
sue braccia attorno alla vita.
"Mi dispiace… scusami Alice, scusa…" sussurra contro i miei
capelli.
Mi volto, trovandomi faccia a faccia con lui, specchiandomi nei suoi
occhi così simili ai miei.
Appoggio la mia guancia contro la sua.
"Esci dalla mia stanza" gli sibilo prima di forzare la sua presa.
Esco poco dopo con un vestitino leggero, Nico ha già tirato fuori la
teglia dal forno e sta facendo le porzioni.
"Quanto ne vuoi?"
"Fai tu, va sempre bene grazie."
Mi siedo al tavolo e lascio che lui mi serva.
Si siede poco dopo e inizia a mangiare.
"Cos’hai detto alla prof per ridurla ad un agnellino?"
"Quello che voleva sentirsi dire… è bastato poco per infinocchiarla
così…" rispondo io.
"Non è bello prendersi gioco così delle persone."
"Non sei tu a dovermi dire cosa fare."
"Il mio era solo un consiglio, Alice."
"Non voglio sentire i tuoi consigli allora."
"Senti possibile che…"
Il telefono inizia a squillare.
Mi alzo per andare a rispondere, interrompendo la conversazione.
"Pronto? Ciao Riccardo… sì tutto bene grazie, tu? Bene dai… allora oggi
uscite? Sì? Sì, sì ok vengo… però c’è qui Nicolò… e lo so è quello il
problema… dici? Sì questo risolverebbe i problemi… tanto la casa è grande…
ok dai! Ciao tesoro, bacio!"
"Qual è il programma?" mi chiede.
"Io esco fra un’ora, tu trovati qualcosa da fare."
"Come?"
"Non ti ho chiesto di venire con me. Sei in casa mia ma non ti devo
certo scarrozzare in giro… fai i compiti."
Si alza e viene verso di me.
"E già che ci sono ti lavo anche le tende e stiro la roba?"
"Non sarebbe una cattiva idea…"
"E poi?" mi chiede con un tono diverso da prima.
"E poi cosa? Non ti basta?"
È come se esplodesse un temporale. Nico mi guarda, poi mi afferra per
un braccio e mi spinge contro il muro.
"Al contrario, mi hai riempito le palle di tutte le tue cazzate e del
tuo menefreghismo. Sai cosa ti dico? Vaffanculo brutta stronza, vattene
pure dai tuoi amici e non rompermi più i coglioni come hai fatto
ultimamente!"
"Calmati."
"CALMATI? CHI CAZZO TI CREDI DI ESSERE, LA PADRONA DEL MONDO? VAI A
FARTI FOTTERE TU E TUTTI I TUOI CAZZO DI SOLDI! MI STAI TRATTANDO COME UNA
MERDA E IO ANCORA COME UN CRETINO CHE TI CORRO DIETRO E TENTO DI
SCUSARMI!"
"SE TU EVITASSI DI SBAVARE…"
"ED è TUTTA COLPA MIA? NON CI PENSI CHE QUELLA è SOLO GELOSA? STAI
FACENDO IL SUO GIOCO COME UNA RINCOGLIONITA! CAZZO ALICE SMETTILA CON STI
CAPRICCI DEL CAZZO, SONO STUFO! SONO ASSIEME A TE DA QUATTRO MESI E TU NON
HAI FATTO ALTRO CHE DIVIDERE ME DAI TUOI AMICI perché GUAI A CHI TOCCA
QUEI FOTTUTI RICCHI! COME SE IO ANDASSI IN GIRO CON LE PEZZE AL CULO! E MA
TU DEVI FARE LA FIGA perché LORO SONO ANCORA PIù FIGHI! SCENDI DAL
PIEDISTALLO!"
Lo guardo sconvolta, ogni parola è uno schiaffo, mi pungono gli occhi
ma non voglio farmi vedere in lacrime da lui.
Metto il broncio e giro il viso verso sinistra.
"Alice, anche se adesso pensi che io sia uno stronzo gigantesco…"
"Sì lo penso, e allora? Mi hai buttato addosso tutte le tue
frustrazioni, sei contento adesso che ti sei confessato?"
"Alice…"
"Alice, Alice, Alice! Cosa vuoi!"
"Io ho sempre voluto solo te…"
"Se…"
"Ascoltami, è la verità!"
"Non ci credo!"
"Perché sei così fottutamente ostinata!"
Siamo praticamente fronte contro fronte che ci ringhiamo addosso.
"Perché per colpa tua mi sto rincoglionendo! Per colpa tua oggi sono
finita dal preside, mi sono sentita dare della cogliona dai miei amici
perché ti difendevo, per colpa tua io da quattro mesi non capisco più
niente! È tutta colpa tua!"
"E dimmi, Alice, ne vale la pena?"
Alzo gli occhi incontrando i suoi, vicinissimi, come il resto del suo
viso.
Mi sporgo in avanti, strusciando il naso contro la sua guancia, lui mi
prende per il mento, passando la punta della lingua sul mio labbro
inferiore, baciandomi l’angolo della bocca, finendo sulle mie
labbra.
CHIEDO SCUSA PER IL MOSTRUOSO RITARDO MA HO FATTO LO STAGE IN AZIENDA
PER TRE SETTIMANE E POI ERO IN PREDA AL BLOCCO DELLO SCRITTORE u_u
COMUNQUE ADESSO SONO TORNATA! E RINGRAZIO TUTTI COLORO CHE MI HANNO
RECENSITA E HANNO AGGIUNTO LA STORIA NEI PREFERITI.
PROMETTO CHE IL PROSSIMO AGGIORNAMENTO SARà ENTRO LA FINE DI QUESTA
SETTIMANA, IN CASO CONTRARIO SIETE AUTORIZZATE/I A FUSTIGARMI!
ADESSO VI LASCIO, FATEMI SAPERE!!!
GRAZIE VI ADORO
1 BACIONE ALICE |
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Capitolo 12 *** Maybe no ***
Gli intreccio le braccia al collo mentre lui mi spinge contro il muro,
il suo corpo che aderisce perfettamente al mio.
Le sue labbra scendono sul collo mentre con le mani abbassa le maniche
del vestito e riprende a baciarmi la pelle libera.
Lo stringo più forte contro di me e lui alza gli occhi, incontrando i
miei.
"Non voglio dover stare ancora male per lei."
"Alice, ci sei solo tu."
"Davvero?"
"Sì, davvero."
È difficile riuscire a credere che stia mentendo. Io decido di
fidarmi.
Lascio che mi prenda in braccio e che mi porti in camera.
Mi butta sul letto, seguendomi subito dopo.
Mi bacia a labbra chiuse, io gliele faccio aprire con la lingua,
attorcigliandola poi alla sua mentre gli affondo le mani nei capelli.
Si stacca un momento e ne approfitto per capovolgere le posizioni.
Seduta a gambe divaricate sopra di lui gli sollevo la maglietta,
scoprendo gli addominali ben disegnati da tutti gli anni di agonistico e
sollevandola fino ai pettorali. Finisce di sfilarla lui, rimanendo a torso
nudo. Mi solleva l’orlo del vestito scoprendo le gambe, infilando le dita
ai lati degli slip e poi tornando a fare salire l’orlo oltre alle mie
braccia, sfilandomi del tutto l’abito.
Mi guarda sopra di lui con solo l’intimo addosso, mi studia, aspettando
una mia mossa.
Mi chino su di lui, baciandolo con una lentezza esasperante sulla
fronte, sulle tempie, sulle guance, sul mento, sulla gola e sul collo, poi
risalgo, sfiorando appena le sue labbra. Tenta di baciarmi ma io sposto la
testa indietro e riprendo a baciarlo sul collo, sentendo il suo respiro
farsi più veloce.
Arrivo agli addominali prima che lui decida di cambiare posizione.
Appoggia la schiena contro la testiera del letto sedendosi sopra al
cuscino e facendomi sedere sopra di lui, poi mi morde sul collo, sfiora la
pelle appena sotto l’orecchio, mi morde le labbra, le lecca, le bacia,
sempre mantenendo una presa salda sui miei fianchi, tendendo i nostri
bacini premuti l’uno contro l’altro.
Mi strappa il reggiseno,lanciandolo via e inizia a baciarmi il seno,
appoggio la fronte contro il muro per non lasciarmi cadere indietro,
riaprendo gli occhi quando sento la sua voce, più rauca che mai.
"Cosa stiamo facendo?"
Lo guardo, mordendomi il labbro inferiore e sorridendo.
"Ti do un indizio, sono cinque lettere…"
Mi stende sulla schiena, lui sopra stavolta, e mi bacia sul collo,
scendendo sulla clavicola e poi più in basso, ma io dopo essermi coperta
con le braccia mi giro sulla schiena, ridendo.
Ride anche lui, prima di salirmi sopra e baciarmi partendo dalla nuca e
percorrendo tutta la schiena con le labbra. Mi inarco sotto di lui, che mi
tira contro il suo torace, sempre di schiena, baciandomi sulla gola e
scendendo con una mano sul seno, poi sulla pancia, finendo sul bordo degli
slip, infilandosi dentro e sfiorandomi appena. Abbandono la testa sulla
sua spalla, respirando con la bocca a fatica mentre lui continua a
torturarmi.
"Nico…"
"Dimmi."
"Non ce la faccio più… voglio… lo voglio…"
Spalanca gli occhi fingendo di non capire cosa intenda dire.
"Ok, però non credo di avere dietro le munizioni… e tu non prendi la
pillola."
Gli sfilo la mano da dentro gli slip e vado verso il comodino vicino al
mio letto, aprendo il terzo cassetto e tirandone fuori una scatola da
sei.
"E quelli?"
"Il regalo di Natale di Riccardo… è ora di inaugurarlo."
"E mi sa proprio di sì."
Litighiamo perché insisto per metterglielo io, lui dice che non sono
capace e io sostengo il contrario.
"Senti ne ho sei mica per niente! Dai dai dai se al terzo tentativo non
ci riesco lo fai tu, ok?"
"Tu non sei a posto Alice…"
Fa il difficile, ma alla fine mi accontenta.
Solo che quando ha tolto i boxer (Armani) e io alzo lo sguardo mi
blocco.
"Oh… cazzo."
Lui scoppia a ridere.
"Sembra proprio di sì… Alice? Sicura che è tutto a posto?"
"No."
"Dai piccola…"
Viene verso di me e mi abbraccia.
"Se non vuoi farlo guarda che non fa niente… non sei obbligata."
Il tuo amico lì sotto non sembra molto indifferente alla questione in
proposito però!
"Non è che non voglio è che… boh…"
"E allora cosa c’è Alice? Dai tranquilla, dimmi pure."
Dove vuoi mettere tutta quella roba lì!
"Ho… ho paura."
CIAO!
Chiedo scusa per non aver postato in tempo ma ero in vacanza… comunque
eccomi qui con il nuovo capitolo ^^
Lo so che non me lo merito visti i ritardi, ma c’è qualcuno che ha
voglia di scrivermi una recensioncina piccola piccola????
Daidaidaidaidaidaidai!
Bacio a tutti
Alice |
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Capitolo 13 *** Yes! Yes! Yes! ***
"E di cosa?"
"Niente…"
"Un niente di che tipo?"
Chiudo gli occhi e appoggio la fronte contro la sua.
"Io… io voglio farlo… però boh…"
"Beh se vuoi…"
"Dai non fare quella faccia, lo so che se fosse per te mi staresti già
sbattendo sulla scrivania."
"Non è una cattiva idea sai?" mi dice lui ridendo.
"Dici?"
Vengo verso di lui e accidentalmente lo sfioro… lì. Faccio per togliere la
mano, ma ci ripenso dopo aver visto l’espressione di Nicolò.
Gli chiudo la mano attorno alla punta, senza stringere e i suoi occhi
diventano estremamente liquidi.
"Cosa c’è Nico?"
"A parte il fatto che prima facevi tanto la santa e adesso stai facendo
amicizia con il mio pene?"
"Perché, ti dispiace?"
"No, affatto."
Mi prende il viso fra le mani e mi tira verso di lui per baciarmi, gli infilo
la lingua in bocca senza tirare le cose per il lungo mentre faccio scorrere la
mano avanti e indietro. Si avventa sulla mia gola ma io lo spingo via.
"Alice…"
"Cosa?"
"Ti prego… mi uccidi…"
"Ah sì?"
Mi chino verso il suo basso ventre, passandogli la lingua sul glande.
Mi afferra per le spalle e mi sbatte sul letto.
"Alice se non vuoi farlo scappa perché io devo scopare adesso..."
"Ok…"
Recupero il preservativo disperso e lo scarto sotto ai suoi occhi.
"Dio, non riesco a crederci…"
"Cosa?"
"Ti sto per…"
"Beh se ti sembra così incredibile possiamo anche lasciare perdere…"
"No, no!"
"Ecco, lo sapevo…"
Riesco a infilarglielo in due secondi.
"Visto che sono brava?"
"Sì piccola… ti meriti un bel premio…"
Mi stendo sul letto e gli tendo le braccia. Si sistema sopra di me
puntellandosi sui gomiti per non pesarmi troppo.
Mi bacia una tempia, poi scende sul collo mentre mi fa divaricare le
gambe.
"Non voglio farti male" mi soffia in un orecchio.
"Tranquillo…"
Lo sento premere contro di me e inarco la schiena.
"No Alice, stai ferma… tranquilla..."
"Ok…"
Ci fissiamo negli occhi mentre lui entra dentro di me. Spalanco i miei di
colpo.
Si muove piano, cercando di essere il più delicato possibile; glielo leggo
chiaramente in faccia che sta tentando di farmi meno male possibile.
Si ferma un attimo per alzarsi, appoggiando il peso sulle braccia. Gli
intreccio le gambe attorno ai fianchi, lui sorride. Riprende, si muove meglio,
affonda dentro di me senza nemmeno farmi più male, arrivando in fondo.
La colonna sonora di quei momenti sono i nostri respiri rotti, i gemiti che
gli sfuggono dalle labbra, le lenzuola che scivolano, scoprendo i nostri corpi
nudi allacciati tra loro. Si congela tutto nel momento in cui Nico inarca la
schiena, facendomi sollevare il bacino, spingendosi ancora più dentro di me.
Posso sentire il suo cuore battere come se volesse rompergli le costole, poi
penso che forse è il mio, inizio a non capire più cosa sia mio e cosa appartenga
a lui, persa in quel momento.
I suoi capelli mi sfiorano la guancia, ha il viso affondato nell’incavo del
mio collo e mi stringe così forte che non riesco a respirare a fondo. È ancora
dentro di me, dice di essere comodo. Rido, ride anche lui e poi mi bacia, senza
la minima intenzione di smettere.
"Grazie."
Non gli rispondo, lo guardo, gli allaccio le braccia al collo e lascio che mi
tiri su, seduta sopra di lui, sempre dentro di me.
Gli morsico piano le labbra. Io non ho ancora finito con lui. |
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Capitolo 14 *** Non si chiede ***
E lui sembra capirlo.
Mi stringe i fianchi, inizio a muovermi piano sopra di lui, che affonda il
viso in quella distesa del deserto del gobi che è il mio seno. Ma a lui non
sembra importare molto in quel momento. Tenta invano di capovolgere la
posizione, vuole comandare lui ancora, ma non glielo permetto.
"Tocca a me stavolta!"
"Ah… e sì dobbiamo… fare… Dio!"
"Vedo che apprezzi…"
Mi viene dentro per la seconda volta.
"Oh Cristo…"
"Cosa c’è?"
"Tu sei fuori… è la mia prima volta e tu mi violenti così? Non chiedermi la
terza volta perché sennò scoppio!"
"Mezza sega!"
"Assatanata."
"Non è vero."
Mi spinge sotto di lui, schiacciandomi con il suo corpo, con un mezzo ghigno
stampato sul volto.
"Sì invece."
"Vieni a fare la doccia con me?"
Scoppia a ridere.
"Visto? Che ti avevo detto? Tu sei assatanata!"
"Se non vuoi non sei obbligato a venire."
"Ok resto qui allora."
Lo guardo, delusa.
"Antipatico."
Non si smentisce e, nonostante le mie speranze, non si fa vedere per tutta la
durata della doccia.
Ritorno in camera mia e lo trovo sdraiato sulla pancia sul letto. Dal respiro
regolare sembra che stia dormendo.
Lascio cadere l’asciugamano e mi rivesto in silenzio.
"Vieni qui…" mi dice con voce assonnata.
Mi volto e vado verso di lui, sistemandomi fra le sue braccia.
"Alla fine hai dato buca a Riccardo e gli altri…"
"Se ne faranno una ragione."
"Strano che tu non gliel’abbia ancora detto."
"Nico, non provocare. Se sei geloso sono affari tuoi, io con lui ci sono
cresciuta e ci tengo, quindi non metterti fra me e Riccardo per fare i
capricci."
"Sì ok… permalosa."
"Sei tu che provochi."
"Va bene, va bene basta… scusa."
"Tra… allora?"
"Allora cosa?"
"Piaciuto?"
"Non dovrei essere io a chiederlo a te?"
"Sì beh ma l’ho chiesto prima io."
"Sì, è stato fantastico. E a te?"
"A me cosa?"
"Piaciuto?"
"Non si chiede alle ragazze, è maleducazione!" e mi volto, affondando il
volto nel cuscino.
E comunque è stato meraviglioso… ti amo. |
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Capitolo 15 *** Parola di lupetto ***
Scendo dalla macchina di corsa, in ritardo come al solito. Spingo la
porta e individuo subito la cresta nera che appartiene al ragazzo
seduto di spalle.
“Ciao!” mi siedo al tavolo di fronte a lui,
sbattendo la borsa sulla sedia accanto.
“Non dirmi che hai appena finito di scopare… di
nuovo.”
“Dai Riccardo non fare il santo adesso!”
“Ma che santo e santo! Sei tu quella che ha bisogno
dell’intercessione divina per guarirti! Finirai nel girone
dei lussuriosi se continui così” risponde lui
ridendo come un matto “allora, a che punto del kamasutra
siete?”
Scoppio a ridere. Appena ho detto a Riccardo che avevo fatto
l’amore con Nico lui è corso via. Pensavo che si
fosse incazzato, invece è tornato con una bottiglia di vino
e un libro, dicendo che bisognava festeggiare. Il libro ovviamente era
il kamasutra e visto che Riccardo ormai lo conosceva a memoria, aveva
anche messo delle annotazioni a bordo pagina tipo “da evitare
se sei su una moquette perché ti spelli le
ginocchia” o “prima controllare che non ci siano
flaconi di bagnoschiuma pericolanti sopra la propria testa”.
Sono già passati altri tre mesi, la scuola è
praticamente finita e io e Riccardo ci siamo dati appuntamento al
solito bar per parlare, visto che se c’è
Nicolò in giro è sempre attaccato a me. Non vuole
che gli racconti quello che abbiamo fatto… ma come posso
tacere di fronte al mio migliore amico? Poi che il suddetto lo vada a
sbandierare in giro al resto della compagnia è un altro paio
di maniche, vabbè…
“Allora?” mi chiede lui, curioso.
“Beh sai, noi ci proviamo a seguire le istruzioni…
ma poi io mi rompo, butto via il libro e gli salto
addosso…”
“Pervertita e assatanata…”
“Oh, abbiamo tutti determinate esigenze…”
“Tutti i giorni tutto il giorno?”
“Beh…”
Ok lo ammetto, fosse per me legherei Nicolò ad una sedia e
lo violenterei tutto il giorno… ma ho almeno due anni di
arretrati rispetto alla media nazionale delle ragazze che fanno sesso
per la prima volta! Devo recuperare, no?
“Parlando di cose serie, come sei messa per la
maturità?”
Eh sì, il fatidico esame è ormai alle porte per
tutti… tralasciamo il fatto che in questo periodo sono
più fuori del solito e c’è un solo modo
per calmarmi… indovinate qual è???
Ne deriva che Nicolò oramai scappa ogni volta che mi
avvicino, gridando “non violentarmi!”.
Da quando ci siamo messi assieme una volta alla settimana a turno si
organizza una cena con tutte e due le famiglie riunite, durante la
quale, dopo la prima mezz’ora di argomenti generali, gli
uomini attaccano a parlare di politica e dei loro loschi affari, mentre
le donne parlano dell’ultimo viaggio, delle colleghe di
lavoro antipatiche, di shopping e di come siano esigenti le donne delle
pulizie, mentre io, casualmente mi ricordo che devo passare gli appunti
di storia o di letteratura o di geografia a Nicolò,
così scompariamo nella mia camera.
Se in quel momento qualcuno dovesse aprire la porta però
assisterebbe all’ora di ripetizione di anatomia.
“Beh cosa Alice?”
“Senti in fondo non è colpa mia se ho il gene
della scopata che è dominante!”
“Scema…”
“Grazie! Ti voglio bene anch’io.”
“Ascolta, ma sei andata di nuovo a far compere?” mi
dice indicando la maglietta e le scarpe nuove.
“E mi sono accorta di non avere niente di nero
nell’armadio…”
“In quale armadio hai guardato, in quello dei
pigiami?”
“Non ho un armadio per i pigiami…”
“Ah già è vero, adesso in
quell’armadio tieni le fruste, le manette, la
vaselina…”
“Dai non fare il pirla…” gli tiro un
tovagliolo, lui per vendicarsi si scola tutto il mio cappuccino.
Metto il broncio e lui me ne prende uno nuovo.
“Aromatizzato alla vaniglia!” grido io al cameriere
mentre si allontana.
“Ma il primo l’hai preso
liscio…”
“E mi è venuta voglia…”
“Voglia? Sarai mica incinta!”
“Ma cosa stai dicendo? Prendo la pillola.”
“E si ma non prendi mica solo la pillola per via
orale...”
“Antipatico. Non ti dico più niente.”
“Non resisteresti mezza giornata… e poi non
troverai mai un altro bravo a fare shopping con te come me.”
“Eh sì hai ragione… perché
non ti sposo?”
“Perché ti fai montare da qualcun altro. E
perché ti immagini io e te assieme?”
“No…”
“Ecco” conclude lui.
Perché sembra triste?
“Oi.. che c’è?”
“Niente è che boh ogni tanto ci penso a sta
roba.”
“Riccardo, mi vieni dietro?”
“No, dai non dire cazzate… però boh
ogni tanto ci penso.”
“Beh anch’io… però dai siamo
cresciuti assieme… sei stato il primo maschio nudo che ho
visto!”
“Hai ancora le foto di noi due nella piscinetta di plastica
di Sailor Moon a tre anni?”
“Certo!”
Scoppia a ridere di nuovo.
“Avevo rimosso quell’esperienza
traumatica…”
“Per non parlare del primo bacio
all’asilo.”
“Taci va… tu avevi cacciato la faccia nel piatto
di pasta al pomodoro e poi mi hai baciata… mi hai riempito
di sugo…”
“Sì… e solo per la tua espressione
sconvolta lo rifarei anche adesso. Se solo non fossimo entrambi
felicemente accoppiati però…”
“Facciamo un patto.”
“Cosa?”
“Se dovessimo lasciarci entrambi con i rispettivi amori della
nostra vita, a trent’anni ci sposiamo!”
“Sei seria?”
“Non potrei esserlo più di adesso.”
“Ok. Croce sul cuore?”
“Parola di lupetto!”
Pagate le consumazioni, usciamo camminando assieme. Strada facendo
incontriamo Alessandra, l’attuale ragazza di Riccardo,
innamorata persa di lui.
“Ciao!” corre verso di me e mi stampa un bacio
sulla guancia.
“Ciao Ale! Cosa ci fai in giro?”
“Oh niente di che, giusto due compere…”
e indica le sei borse che tiene in mano.
“Ma voi donne…”
“Aspetta di vedere cosa c’è nella busta
rosa amore…” gli dice lei.
“Dai piccioncini, vi lascio soli…”
“No ma resta pure Alice…” la cosa che
adoro di questa ragazza è che non ha mai detto niente
sull’amicizia fra me e Riccardo, anche perché ci
conosce da sempre e sa cosa significhiamo l’uno per
l’altra.
“No dai, fate la coppietta felice… io vado a fare
un giro.”
“Va bene… allora ciao.”
“Ciao Ale… ciao Riccardo!”
“Ciao Alice!”
Proseguo da sola per le vie del centro, entro in un paio di negozi, poi
chiamo Sergio perché mi venga a prendere.
Esco dalla scuola con un sorriso che va da una parte
all’altra del viso. L’orale è andato
benissimo.
Fuori ad aspettarmi c’è Nicolò.
Spalanca le braccia e mi ci tuffo, stringendolo contro di me,
respirando il suo profumo.
“Allora?”
“Tutto bene. È andato alla perfezione!”
“La mia piccola secchiona…”
Lo bacio, lui ricambia con lo stesso trasporto.
“Io invece devo ancora aspettare cinque
giorni…”
“E dai, ci siamo preparati assieme…”
“Sì, sì non sono preoccupato,
Alice.”
“Va bene. Allora, dove mi porti?”
“Oggi da nessuna parte… però preparati
perché sabato sera ti porto all’opera…
mia mamma ci regala due biglietti per quello spettacolo che volevi
vedere…”
“Lo Schiaccianoci? Il balletto??”
“Sì.”
Caccio un urlo di gioia.
“E poi visto che ho casa libera, ho già convinto i
tuoi a farti dormire da me.”
“Sei fantastico!”
“Dimmi qualcosa che non so…”
“Ti amo” sussurro contro le sue labbra.
Ecco qui! Nuovo capitolo^^
Grazie a chi ha messo la storia nei preferiti, siamo già a
quota 15^^
Sapete che se mi lasciate un commentino nelle recensioni non vi uccido
dopo sette giorni??? Dai dai dai! Fatevi sentire...
|
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Capitolo 16 *** The quiet before the storm ***
Sono seduta sul muretto da venti minuti, impegnata in un lavoro molto
coinvolgente: mangiarmi le unghie.
Perché non esce???
Nicolò è dentro a sostenere l’esame
orale. Non mi ha voluta dentro perché diceva che gli mettevo
agitazione. Non mi ha voluta nemmeno quando gli ho promesso che non
portavo lo striscione con su scritto FORZA NICO in classe. E adesso
sono qui seduta ad aspettare che finisca e intanto bestemmio
perché mi sono sporcata gli shorts di bianco e la maglietta
gialla sta attirando tutti gli insetti della zona su di me
Controllo il cellulare per vedere se ci sono dei messaggi ma
è scarico. Sbuffo come una locomotiva e inizio a contare i
fili d’erba nel prato.
Dopo altri venti minuti mi alzo dal muretto con le gambe tutte
informicolate e mi dirigo verso la scuola per vedere che fine abbia
fatto.
Come se lo avessi chiamato, esce dalla porta. Faccio uno scatto felino
e gli salto in braccio.
“Ciao! Allora? Ma dov’eri finito? Dai dai racconta
tutto moe!”
“E fammi parlare! È andato tutto benissimo, sono
contento… mi sono fermato a parlare fuori con altra gente,
ho ritardato per quello…”
“Ah sì, bravo! Grazie eh!”
“Dai piccola… non scassare…”
“E tu portami via da qui…” dico mentre
mi struscio contro il suo corpo.
“Come?”
“Dai amore… è passato tanto
dall’ultima volta…”
“Alice non ho voglia dai… adesso ti riporto a casa
così ti prepari per stasera ok?”
Lo fisso negli occhi, nervosa.
“Perché mi rifiuti?”
“Non ti sto rifiutando Alice… sono stanco,
l’esame mi ha massacrato.”
“Ok. Va bene, portami a casa.”
Andiamo verso la mini cooper. Faccio per allacciarmi la cintura ma lui
mi ferma la mano.
Lo guardo.
“Alice, credimi, io ti amo…”
“Lo so, perché me lo dici?”
“Ecco, non vorrei che pensassi che ti ho
sostituito…”
“Ho motivo di pensarlo?”
“No, affatto.”
“Allora perché me lo dici?”
“Così… magari pensavi che adesso ti
dicessi che non avevo voglia mentre invece…”
“Non lo penso, tranquillo. Adesso portami a casa
dai…”
“Ok.”
Passiamo il resto del viaggio in silenzio.
Mi richiudo la porta di casa alle spalle e mi avvio verso il bagno.
Il campanello suona mentre sto infilando le scarpe.
“Alice!”
“Sì mamma, arrivo!”
Scendo le scale e lei è lì davanti che mi squadra
per controllare il mio abbigliamento.
“Ecco, brava la mia bambina!” si complimenta
“ma adesso è meglio se vai perché
Nicolò ti sta aspettando.”
“Sì, ciao.”
“Hai soldi?”
“Striscio!” gli grido dal corridoio sventolando il
bancomat.
“Ok, fai la brava e divertiti!”
Quando entro in macchina mi fermo un secondo ad osservare
l’espressione di Nico.
Il suo sguardo incredulo passa dalle scarpe dal tacco altissimo
purissimo e levissimo al vestitino rosso senza spalline, fermandosi sui
miei occhi.
“Alice…”
“Cosa c’è?” gli chiedo
inclinando la testa da un lato.
“Tu…”
“Nicolò cosa devi dirmi?”
“Stai bene.”
Sorrido.
“Lo so.”
Parcheggia vicino ad un ristorante self-service dove entriamo per la
cena.
Nel locale tengo su un bolerino a maniche corte nero e lucido per
coprire le spalle ma ciononostante la fantasia di Nico galoppa sulla
mia scollatura.
Al momento di pagare alla cassa si incolla contro la mia schiena.
Inarco la schiena, sorpresa, quando sento l’effetto che gli
sto facendo.
Ci sediamo al tavolo in silenzio, io faccio fatica a trattenere un
sorriso ogni volta che incrocio il suo sguardo. Mangiamo in silenzio le
lasagne poi inizio a mangiare la macedonia di fragole con la panna
sotto il suo sguardo sempre più attento ai miei movimenti.
Si limita a fissarmi con gli occhi che si fanno sempre più
lucidi.
Finiamo di mangiare e ci dirigiamo verso il teatro, incolonnandoci
dietro alla gente che aspetta di entrare assieme a noi.
Mi attira a sé, appoggiando le labbra sui miei capelli.
“Sei bella stasera.”
“Grazie.”
“Prego.”
Le porte del teatro vengono aperte e la folla si riversa
nell’atrio.
Nico consegna i nostri biglietti e una maschera ci guida verso il palco
che abbiamo prenotato.
Quando richiude la porta dietro di sé, Nico mi spinge contro
la parete per baciarmi, ma io lo sposto via.
“Dai Nico… lasciami godere
l’atmosfera…”
Sistemo lo sgabellino contro il balcone e mi ci siedo, ammirando il
sipario rosso.
Un paio di minuti dopo anche lui si sistema di fianco a me e lo
spettacolo inizia.
Ignoro tutti i suoi tentativi di avvicinarsi a me durante
l’opera e anche durante gli intervalli.
Dopo venti minuti di applausi la gente inizia ad avviarsi verso le
uscite del teatro.
“Allora, piaciuto?” mi chiede sedendosi al volante
della mini.
“Sì, molto” rispondo io.
“Alice, mi vuoi spiegare il perché del tuo
comportamento?”
“Il mio comportamento?”
“Sì… mi eviti… non vuoi che
mi avvicini a te…”
“Non è vero che ti evito… volevo
semplicemente godermi la serata senza saltarti addosso visto che sembra
che a te questo non sia pesato quando eri tu a volerlo.”
“Ma… no dai ancora con questa storia?”
“Quale storia?”
“Allora pensi che io ti abbia sostituito…
Alice…”
“No Alice niente Nico. Volevo farti vedere
com’è bello sentirsi respinti. Tutto
qui.”
“Ah… tutto qui.”
“Sì. Mi fido di te, se mi dici che non me lo metti
nel culo e che non mi vuoi prendere in giro io ci credo…
sbaglio forse?”
Lui mi fissa negli occhi, distogliendo lo sguardo dalla strada.
“Nico, guarda la strada.”
“Il semaforo è rosso, tranquilla. Io non ti farei
mai del male. Ti amo e voglio solo farti felice.”
Sorrido e lui ricambia.
“Grazie.”
“Prego, figurati.”
Inizio a smanettare sullo stereo tanto per occupare del tempo.
“Alice?”
“Dimmi.”
“Ma… hai ancora intenzione di fare la difficile
con me?”
“Dipende…”
“Da?”
“Da come riesci a prendermi…”
“Ok capito… devo meritarmelo…”
“Bravo amore…”
Le gomme stridono sull’asfalto, davanti alla casa di Nico.
Vuota.
Apro la portiera e scendo, attraversando la strada ed entrando
nell’ingresso.
“Nico?”
Muovo qualche passo nel buio.
Porca merda perché hanno rubato gli interruttori?
“Nicolò dove cazzo…”
Mi spiaccica contro il muro, incollandosi sopra di me.
Non comprendere il motivo di tale gesto e di seguito ignorare la sua
erezione che minaccia di sfondare il tessuto dei suoi jeans sarebbe un
insulto all’intelligenza di una tartaruga, figuriamoci alla
mia.
“Ni…”
“Taci.”
Mi tira su, facendomi stringere le gambe attorno al suo bacino,
portandomi in giro per la casa alla ricerca di un piano stabile.
Finalmente trova il tavolo.
“Nico vuoi davvero scoparmi sul tavolo?”
“Preferisci il pavimento?”
Quindi, dopo il tavolo, il pavimento, il muro e il piano del lavandino,
la cucina è finita.
Rimetto i piedi per terra mentre Nico butta l’ennesimo
preservativo nel cestino.
“La ditta che li produce dovrebbe vendermi le
azioni… stiamo facendo girare
l’economia!”
“Dici?” chiedo mentre mi appoggio contro la sua
schiena. I fari di una macchina che passa per strada illuminano la
stanza, facendo emergere i nostri corpi nudi dal buio.
“Adesso che abbiamo finito il tour della cucina che locale ti
piacerebbe visitare?” mi chiede, sorridendo sotto ai baffi.
“Mmh… il divano no, quella ormai è
storia vecchia, il tuo letto ormai è stanco di
vederci… la piscina?”
“Piscina? Beh… si potrebbe
fare…”
“Si potrebbe o si può?”
“Chi arriva ultimo lo prende nel culo!” grida lui
prima di scappare fuori dalla cucina.
Gli corro dietro, ma lui mi spinge indietro.
“Dai non fare la merda!”
“No, no, devi perdere!”
“Nico te lo stacco a morsi!”
“Prima te lo fai mettere dietro!”
“Dopo che sei morto dissanguato?”
“Potrei anche farci un pensierino…”
“Nicolò!”
Splash!
Ho perso…
Ciao! ok lo so che
sono in ritardo di troppo tempo ma
1 avevo perso
l’ispirazione
2 avevo altre
storie da continuare
3 la scuola mi sta
uccidendo!!!!
4 il mio ex ha
voglia di scaramellarmi le palle
5 una pazza emo
psicopatica che è innamorata del mio ex mi perseguita
6 non ho niente
contro gli emo anzi, ma questa qui che oltretutto sembra più
poser che altro vorrei dissanguarla ad intermittenza, mooooolto
lentamente…
7 ok, la finisco
con questo delirio schizofrenico
Grazie a Yumisan
ed Egomet che hanno recensito^^ beh, la vostra attesa è
finita^^
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