Tonks & Lupin

di DicsFlower
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Curiosità o fato? ***
Capitolo 2: *** Finalmente inizia l'avventura ***
Capitolo 3: *** E il pensiero vola ***
Capitolo 4: *** Incertezze ***
Capitolo 5: *** Una giornata tranquilla... o quasi (parte 1) ***
Capitolo 6: *** Una giornata tranquilla... o quasi (parte 2) ***
Capitolo 7: *** Verde speranza ***
Capitolo 8: *** Rivelazioni e decisioni ***
Capitolo 9: *** Felice ***
Capitolo 10: *** Il giorno dopo (parte 1) ***
Capitolo 11: *** Il giorno dopo (parte 2) ***



Capitolo 1
*** Curiosità o fato? ***


Tonks & Lupin
Curiosità o fato?
Ninfadora Tonks, che detestava essere chiamata con il suo nome intero, era nata dall’unione tra una strega, Andromeda Black, e un babbano, Ted Tonks. La madre faceva parte di un antichissima famiglia di purosangue che, quando si innamorò di un babbano e lo sposò, la scacciarono per aver infangato il loro nome. Così la bambina crebbe lontana dai suoi parenti che la disapprovavano e la desideravano morta.
Un giorno la piccola Tonks era andata a Diagon Alley con la madre per comprare l’occorrente da portare ad Hogwarts, la scuola di magia e stregoneria alla quale sarebbe entrata quello stesso anno avendo compiuto 11 anni. Mentre la madre stava controllando le pozioni e le erbe che le servivano, Tonks si guardava attorno affascinata da quel mondo e da tutte quelle persone che indossavano abiti buffi che, vivendo in un quartiere babbano, raramente aveva visto. Ad un tratto il suo sguardo fu catturato da una donna alta con lunghi capelli ricci e corvini che camminava ritta e guardava chiunque con aria di superiorità. La riconobbe subito grazie alle fotografie che aveva visto e da come l’aveva sempre descritta la madre, si trattava di sua zia Bellatrix Black in Lestrange che, con fare intimidatorio, si recava alla Gringott. Chiunque la incrociasse per caso si affrettava a cambiare strada o ad abbassare lo sguardo per passarle accanto ad una notevole distanza. Tutti avevano timore di lei che era famosa per la sua crudeltà. Tonks non poté resistere alla propria curiosità e, mutando il proprio viso come solo una metamorfomagus come lei poteva fare, sgattaiolò fuori dal negozio e la seguì fino alla banca e per il resto del tragitto che la sua zia percorse. Dopo un po’ la ragazzina non faceva più caso agli atteggiamenti di sottomissione che gli altri avevano nei confronti di quella donna. Rimase, però, colpita da un ragazzo che, quando entrarono alla libreria de “Il ghirigoro”, non abbassò lo sguardo ma, anzi, lo mantenne fisso con aria di sfida negli occhi della donna che lo continuava a fissare. Anche Tonks, senza accorgersene, rimase a fissare quel ragazzo che doveva avere una ventina d’anni e tanto coraggio da sfidare una donna di cui tutti gli altri avevano paura. Fu affascinata talmente tanto da lui che non si accorse che, intanto, sua zia era uscita dal negozio. Avendo perso ogni sua traccia la ragazzina decise di andare da quel ragazzo e di conoscerlo. Si avvicinò con calma ma senza guardare dove metteva i piedi cosicché inciampò su una pila di libri appoggiati affianco ad uno scaffale, attirando gli sguardi del suo obiettivo e dei suoi amici che prima non aveva notato. Lui le si avvicinò con fare benevolo per aiutarla ad alzarsi ed accertarsi che non si fosse fatta male.
“Ehi piccola, tutto bene?” le porse la mano per aiutarla ad alzarsi.
“S-si grazie, signore. Sono sempre stata molto pasticciona” ed afferrò la sua mano, fredda, arrossendo subito.
“Tranquilla, anche io ero agitato la prima volta che venni qui. Non riuscivo a smetter di girare su me stesso e a sorridere. E non chiamarmi signore, non sono poi tanto vecchio” scherzò facendo sfuggire un sorriso alla più piccola.
Il ragazzo si guardò intorno in cerca di qualche perente della piccola ma non notò in nessuno uno sguardo interessato alla bambina.
“Dove sono i tuoi genitori piccola?”
“Mamma è al negozio di pozioni qui vicino. Ma lei-tu come ti chiami?” si corresse quando lui alzò il sopracciglio dopo che gli aveva dato del Lei.
“Io sono Remus Lupin e te?”
“Io sono Dora Tonks”
“Ah allora conosco bene la tua famiglia, te hai mai sentito parlare di me?”
“Non lo so. Non sono molto brava a memorizzare i nomi, sopratutto se riguardano qualcosa di noioso di cui parlano i miei”. La bambina non si era accorta della figuraccia che aveva fatto e che Lupin aveva trovato adorabile.
“Beh, piccola, ora che ti sei presentata non c’è più bisogno che tieni una maschera sul viso, no?” le chiese facendole l’occhiolino. Solo allora la bambina si ricordò di non essere tornata alle sua fattezze originali e rimediò subito alla sua sbadataggine.
“Dai ora vieni che ti riaccompagno da tua madre, dato che non penso che lei sappia dove sei andata a finire”.
Così dicendo la prese per mano e, dopo aver fatto segno ai suoi amici di aspettarlo là, uscì dal negozio e si diresse al “Calderone” dove vide la madre della bambina che li osservava dalla finestra aspettando la figlia. A quanto pare quella donna si era accorta della sua fuga ma l’aveva lasciata andare facendo finta di nulla capendo ciò che l’aveva mossa ad allontanarsi. Questo, però, non fece sfuggire la piccola da una bella ramanzina e la punizione di tornare subito a casa dopo aver salutato Lupin che, capendo la motivazione della madre, non protestò a questo allontanamento repentino.
Tonks non era mai stata brava con i nomi, ma da quel giorno il nome “Remus Lupin” non le si tolse mai dalla memoria.

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Capitolo 2
*** Finalmente inizia l'avventura ***


Cap 2_Finalmente inizia l'avventura

Finalmente inizia l’avventura.

 

La mattina seguente, riappacificatasi con la madre, Tonks non perse tempo e diede subito sfogo alla sua curiosità domandando alla donna qualche informazione in più su quel ragazzo durante la colazione.

 

«Mamma, cofa fa il Rem-fioè il ragaffo di ieri?» chiese la bambina mentre masticava i cereali e il latte per cercare di mascherare il suo imbarazzo.

«Remus, bambina mia, è un giovane auror che aiuta, assieme agli amici, il professore Silente in alcune importanti ricerche»

 

La bambina rimase a bocca aperta alla notizia che un ragazzo di quell’età fosse già un auror e un fidato di collaboratore di Silente.

Intanto la madre aveva preso una vecchia fotografia in bianco-nero e gliela mostrò. Tonks capì che molta di quella gente doveva far parte dei racconti noiosi di cui i suoi genitori discutevano a cena. Guardando con più attenzione notò subito l’oggetto del suo interesse affianco ad altri due ragazzi. Uno alto con capelli scuri e degli occhiali strani a forma di cerchio sugli occhi, mentre l’altro aveva una folta barba nonostante fosse abbastanza giovane, anche se non era come quella famosa di Silente, e i capelli abbastanza lunghi e ricci. I tre sembravano essere molto amici e si circondavano le spalle con il braccio e sorridevano felici all’obbiettivo. Quando tornò a guardare Lupin vide lo stesso graffio sul viso che gli aveva visto ieri ma non ci aveva dato molta importanza data la figuraccia che già si era fatta andando a sbattere contro quei libri.

 

«Cos’è quel graffio che ha sul viso, Mamma?»

«Quella  è una lunga storia piccola, ora devi finire la colazione. Te la racconterò poi». Rispose la madre che decise di sorvolare su quel racconto per non rischiare di turbare la più piccola con argomenti non adatti alla sua età.

Tonks aveva capito l’intento della madre ma non insistette per non far trasparire la sua curiosità che era più grande del solito, e, di solito, ne aveva moltissima!

 

«Chi sono quei ragazzi vicini a lui? Sembrano essere amici». Si arrese, infine non riuscendo più a trattenersi del tutto, cambiando, però, argomento.

«Quello a sinistra con la barba è Sirius Black, un tuo cugina che, come noi, è stato rigettato dalla famiglia poiché non è stato smistato a serpeverde a simpatizza con alcuni nati babbani; mentre i due ragazzi sulla destra sono James Potter, quello con gli occhiali, e Peter Minus. Sono stati tutti compagni ad Hogwarts e sono inseparabili».

 

La bambina riprese la fotografia per cercare il terzo ragazzo di cui la madre parlava e che lei non aveva notato.

 

«Ma io non pensavo che anche lui fosse loro amico»

«E come mai piccola?»

«Perché ha un sorriso strano! Non sembra vero come il loro»

«Lo dici solo perché non li hai mai visti assieme, ma loro sono inseparabili»

 

Il resto della colazione, che era rimasta per la maggior parte intaccata, fu consumato da entrambe in silenzio, una pensava al modo migliore di dire a sua figlia che Remus fosse diventato un lupo mannaro senza intaccare la sua ingenuità; l’altra continuava a rivivere nella mente l’intero dialogo avvenuto il giorno prima nella libreria e si rese conto che i ragazzi che aveva appena visto nella foto erano gli stessi che erano in compagnia di Remus quel giorno.

Finalmente arrivò il primo giorno di settembre e, per Tonks, significava partire per una stupenda avventura che non vedeva l’ora di intraprendere. I genitori l’accompagnarono alla stazione e la salutarono tra e lacrime, sopratutto la madre che non la lasciava più stringendola in un soffocante abbraccio immaginandosi già la casa che sarebbe stata troppo vuota senza la sua piccola che finiva sempre per terra o faceva cadere qualcosa per la sua sbadataggine. Salita sul treno Tonks cominciò a cercare uno scompartimento con, all’interno, qualcuno che le potesse sembrare simpatico. Dopo un paio di posti scartati perché pieni o non ispiranti si affacciò ad uno scompartimento in cui era seduta una ragazza che doveva essere anche lei al primo anno visto che non era in compagnia di nessuno e osservava con sguardo timido e nervoso chiunque passasse da lì e sembrava aver sia timore che qualcuno entrasse sia di rimanere da sola. Tonks, invece, non aveva nessuna ansia nel fare amicizie poiché il padre aveva voluta che frequentasse la scuola d’infanzia babbana per ambientarsi un po’ al di fuori dell’ambiente di casa e iniziare a conoscere il mondo. Per cui decise di andare a sedersi davanti a quella ragazza che la fissava incerta.

 

«Ciao. Io mi chiamo Dora Tonks» e le porse la mano.

«Io sono Catherine Harvey» disse stringendo la mano.

 

Tonks notò che, nonostante lo sguardo non fosse cambiato, la stressa era solida e stretta come se non volesse far trasparire la timidezza che la pervadeva non accorgendosi che lo sguardo già diceva tutto.

Le due passarono l’intero viaggio parlando dato che Tonks trovava sempre un argomento da discutere.

Una volta giunte a scuola presero posto sulla stessa barca. Questa fu l’unica parte del viaggio in cui le due non si scambiarono parola poiché ognuna era assorta nella propria meraviglia per quel posto bellissimo che si stagliava davanti ai loro occhi.

«Ohhh ma è magnifico» disse Tonks a mezza voce rimanendo a bocca aperta.

Entrati al cancello i nuovi studenti vennero accompagnati fino alla porta della sala grande dove furono fermati dalla professoressa McGranitt che gli spiegò le regole dello smistamento che sarebbe avvenuto all’interno di quella sala.

Entrata nella sala Tonks camminava fissando il soffitto incantato di cui tanto aveva sentito parlare dalla madre. Vedere le stelle pur stando al chiuso era stupendo, era come essere dentro e all’aperto nello stesso momento. Incantata non si accorse che la fila di alunni si era fermata e andò a sbattere contro il ragazzo che aveva davanti, il quale si girò e le sorrise. Lei abbassò lo sguardo e si scusò a bassa voce, mentre la sua amica al suo fianco rideva sotto i baffi guadagnandosi una finta occhiataccia di scherno da Tonks. Riportata la sua attenzione davanti e sé vide Albus Silente e notò subito la sua lunga barba per cui era molto famoso anche se lei se la immaginava più corta credendo che la descrizione che sua madre ne aveva fatta fosse esagerata.

 

«Catherine Harvey».Salì le scalinate con lo sguardo ancora più impaurito e teso di quello che aveva sul treno e si guardo intorno arrossendo nel notare che aveva gli occhi di tutti puntati su di sé.

«Tassorosso» esordì il cappello parlante dandole, finalmente, la possibilità di sgusciare via da quegli sguardi.

 

Passarono molti nomi e, mentre aspettava, Tonks stava facendo amicizia con un altra ragazza, Taylor Thompson, che era affianco a lei. Se faceva amicizia così facilmente doveva ringraziare il padre che la spronò sempre a mischiarsi con gli altri e a farsi amicizia anche nel mondo babbano fin da piccola. I nomi passavano e lei si ritrovò a sperare che facessero tutte e tre parte della stessa casata pensando che Taylor sarebbe andata molto d’accordo anche con Cat. Ma, purtroppo, le sue speranze si mostrarono vane quando l’altra ragazza fu chiamata e assegnata alla casa di corvonero. Poi fu il suo turno.

 

«Ninfadora Tonks». Strinse i denti nel sentire il suo nome intero che tanto detestava e si sedette sullo sgabello.

«Tassorosso».Si alzò e si sedette subito vicino a Cat notando uno sguardo di sollievo nei suoi occhi.

 

Finito lo smistamento e la cena ogni casata si ritirò nella propria sala comune dove le due amiche scoprirono che avrebbero diviso la stanza. Le due, quindi, iniziarono a diventare inseparabili pur essendo ognuna l’opposta dell’altra.

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Capitolo 3
*** E il pensiero vola ***


Cap.3_E il pensiero vola

E il pensiero vola

 

Erano in ritardo, dannatamente in ritardo, per la lezione di incantesimi. Correvano alla velocità della luce cercando tutte le scorciatoie possibili e saltando gli ultimi gradini delle scale. Fortunatamente era il primo giorno di lezione quindi erano tutti già nelle proprie aule e non rischiavano di scontrarsi contro qualcuno. “La prossima volta la butto giù dal letto quella pigrona!” pensava Cat mentre veloce svoltava un angolo. “D’ora in poi la metto io la sveglia così evita di spegnerla per sbaglio!” continuava mentre era arrivata davanti alla porta della lezione. Si fermò per il fiatone e vide che la sua amica era rimasta un po’ indietro e l’aspettò. Entrarono nell’aula ancora ansimando e cercando il loro insegnante.

Davanti a loro, in piedi su di una pila di libri, il professor Vitious le guardò con uno sguardo che doveva essere severo ma non lo sembrava affatto, sopratutto agli occhi di Tonks che dovette trattenere una risata alla vista di quella faccia.

 

«Signorine, spero voi abbiate un motivo valido per presentarvi così tardi»

«N-noi...» stava dicendo Tonks, prima di abbassare lo sguardo involontariamente sulla pila di libri e il suo pensiero volò nuovamente a Lui. Non l’aveva più visto e né ne aveva più parlato con qualcuno essendo partita subito per Hogwarts ma ogni tanto ci pensava. L’aveva colpita per ogni cosa, per il suo coraggio, la sua gentilezza, il suo graffio sulla faccia di cui ancora non aveva scoperto nulla, il suo sguardo tenero e premuroso che le aveva lanciato quando l’aveva aiutata ad alzarsi e il sorriso spensierato che aveva in quella vecchia fotografia che la madre le aveva mostrato. Senza accorgersene un sorrisetto increspò le sue labbra e non aveva nulla a che fare con la ramanzina che stava ricevendo dal suo professore e che non stava neanche ascoltando.

Per fortuna Cat era riuscita a riparare il blocco improvviso della sua amica che aveva sempre la parlantina pronta. Si inventò la scusa che si fossero perse per il castello non pensando che questa poteva essere contrastata dal fatto che avrebbero potuto chiedere a qualcuno, ma l’insegnante non ci aveva pensato o aveva fatto finta di niente. Finita la ramanzina prese il braccio dell’amica, che aveva ancora lo sguardo fisso su quei libri anche se fosse come se non lo vedesse e fosse persa in un altro mondo. “Ha sempre la testa tra le nuvole1” pensò sorridendo sotto i baffi. La spinse al loro posto e si sedettero.

Una volta preso posto Tonks si risvegliò e iniziò a seguire la lezione con interesse e con lo scopo di diventare anche lei un auror così da poter, magari un giorno, incontrare Remus.

 

Le ore di lezione passarono e, tra uno spostamento e l’altro, alle due amiche si era aggiunta Taylor la quale non era stata molto fortunata con l’assegnazione della sua compagna di stanza dalla quale stava cercando di fuggire. Le tre percorrevano assieme i corridoi e, come Tonks aveva previsto, anche a Cat stava simpatica l’altra ragazza. Così formarono un trio indivisibile che si separava solo quando era costretto a farlo a causa dell’appartenenza a case diverse.

 

********************

É un capitolo cortissimo, lo sò, ma è solo una parentesi.

Il prossimo sarà più utile alla storia e, spero, più soddisfacente.

Alla prossima!

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Capitolo 4
*** Incertezze ***


Cap. 4_Incertezze

Incertezze

 

Era una domenica mattina, Tonks frequentava il quinto anno ad Hogwarts, e si doveva alzare per andare ad Hogsmade. Quando era ancora nel letto, essendosi, stranamente, svegliata troppo presto; ripensò alla prima volta che aveva visitato la piccola città.

 

«Svegliaaaaaaaa dormiglionaaaaa» Stava urlando Cat per cercare di tirarla giù dal letto mentre lei faceva finta di non sentirla.

«Su su, che si và ad Hogsmade oggi!! Dai che passiamo da Mielandia» cercava ancora di convincerla.

 

A quella frase Tonks spalancò gli occhi di scatto ricordandosi della loro gita e si alzò pronta a prepararsi.

 

Le due finirono la colazione e si incontrarono con Taylor al pian terreno per poi andare nel giardino dove la McGranitt aspettava gli studenti del terzo anno per controllare i loro permessi. Le carrozze erano gremite di studenti allegri e impazienti di passare del tempo in un luogo lontano sia dai propri genitori che dalla presenza continua di professori in ogni corridoio per controllarli. Per la prima volta, si sentivano liberi.

Tonks e le altre occupavano una carrozza da sole poiché erano state le ultime della fila e stavano aspettando di partire. Mentre guardava fuori  incrociò lo sguardo con un ragazzo che la stava fissando e che le sorrise. Lei sgranò gli occhi a quella vista e tornò a girarsi verso le sue amiche che stavano parlando di tutti i giri che avrebbero fatto quel giorno.

 

Uscirono da Mielandia con le mani piene di dolci indecise su cosa mangiare per primo. Tonks se li stava passando tra le mani, quando le scivolarono tutti cadendole per terra. Le sue amiche, prese anche loro dalla propria indecisione, non si accorsero di nulla e continuarono, seppur lentamente, a camminare.

 

«Ecco tieni» disse un ragazzo che si era rannicchiato affianco a lei porgendole l’ultimo dolce che era caduto.

Tonks alzò la testa stupita non essendosi accorta minimamente di lui.

«Grazie» disse impacciata.

I due si fissarono e la ragazza si ricordò che era la stessa persona che aveva visto quella mattina dalla carrozza.

 

«La borsa è troppo piccola per tutti questi». Cercò di giustificarsi, maledicendo di non aver ascoltato il consiglio di Taylor di prenderne una più grande.

Lui la guardò comprensivo e le fece segno di dargliela. Prese la bacchetta, pronunciò un incantesimo e la punta di questa si illuminò proiettando un fascio di luce che colpì la borsa. La ragazza se la riprese e la guardò con aria interrogativa non notando alcun cambiamento.

«È un incantesimo estensivo irriconoscibile. Guarda» e le prese dalle mani i dolci infilandoceli dentro.

«Wow grazie mille!!». Esclamò Tonks stupita e contenta. Presa dall’entusiasmo si sporse e lo abbracciò.

«Ehi ehi piano così mi strozzi» rise l’altro per nulla scontento del suo gesto improvviso.

La ragazza gli si staccò di dosso appena ebbe realizzato ciò che era successo, pronunciò un ultimo ringraziamento bisbigliato con la faccia rivolta a terra per nascondere il suo imbarazzo, e corse per raggiungere le amiche, lasciando il ragazzo che la guardava stranito con uno sorriso dipinto sulle labbra.

 

Da quel giorno tra lei e Josh era nato qualcosa di speciale che poi si era trasformato in amore, o almeno questo era ciò che lui le aveva detto di provare giusto il sabato sera precedente, in cui avevano festeggiato i due anni. Tonks era convinta di amarlo ma quando le si era presentato il momento di rispondere a quella frase non era riuscita a non bloccarsi, qualcosa dentro di lei le stava dicendo che non era ciò che realmente sentiva. Per fortuna lui aveva aspettato la fine della serata, dopo averla riaccompagnata all’entrata della sua casa, essendo lui di Grifondoro, così lei poté bisbigliare un saluto scoccandogli un veloce bacio a stampo per poi entrare nella sua sala di ritrovo e sgattaiolare subito a letto.

La ragazza, ancora nel letto, si era portata le mani sulla fronte sospirando chiedendosi cosa sapesse fare per rimediare al suo silenzio. Continuava a figurarsi nella mente vari dialoghi ma tutti finivano sempre con una domanda che sicuramente lui le avrebbe posto e a cui lei, altrettanto sicuramente, non sarebbe riuscita a dare una risposta. Pensò di fingersi malata ma non poteva essere una scusa credibile visto che la sera prima lei stava più che bene e non poteva neanche utilizzare la scusa di voler passare del tempo con le sue amiche che non vedeva da un po’ perché in qualche modo le aveva sempre attorno.  Non aveva ancora parlato con loro di ciò che era accaduto, anche se Cat aveva detto che sarebbe successo lei non ci aveva mai dato molto peso sperando che l’amica una volta tanto si sbagliasse. Quando era tornata la sera prima lei già dormiva e non voleva svegliarla ma ora si pentiva di non averlo fatto poiché le serviva qualche consiglio.

Si continuò a rigirare nel letto cercando, inutilmente, di addormentarsi finché non suonò la sveglia e fece finta di essere ancora addormentata e aspettò che Cat la chiamasse per alzarsi.

 

All’altra ragazza non sfuggì il fatto che l’amica ci aveva messo troppo poco per lasciarsi convincere così prima di arrivare alla sala grande la tirò per la manica in un corridoio deserto aspettando che lei parlasse senza metterle fretta, anche se il suo stomaco faceva sentire la sua voglia di colazione.

 

«Josh ha detto che mi ama... Avevi ragione, era solo questione di giorni» Disse Tonks fissando il pavimento.

«Beh dovresti esserne felicissima!! Che succede?»

«Io non ho risposto nulla, Cat! Non sono riuscita a dire nulla! IO capisci?? Non me ne sto mai zitta e in quel momento ero bloccata!»

«Ma può capitare di sicuro lui capirà la situazione e di certo non si arrabbierà se gli dici che non te l’aspettavi. È sempre stato un ragazzo d’oro»

«Si lo è sempre stato» Disse Tonks sempre più sconsolata.

«E allora cosa ti preoccupa?»

«Io.. non so’.. non ero bloccata semplicemente perché non me l’aspettavo. Era come se sapessi, anzi come se sentissi, che non era la cosa giusta da dire perché non è quello che veramente sento». Non riuscì più a trattenersi e scoppiò a piangere tra le braccia dell’amica.

«Non posso dirglielo. Non posso neanche dirgli che è finita. Non so’ cosa fare!»

Continuò a singhiozzare ripetendo questa frase all’amica che non sapeva cosa consigliarle. Poi le lacrime scemarono e le due concordarono sull’andare da Taylor e passare la giornata tutti assieme, compreso Josh e i suoi amici, così da cercare di evitare l’agognata domanda.

Saliti sulla carrozza Josh prese la mano alla sua ragazza stringendogliela per farle capire che andava tutto bene anche se non aveva ricevuto una risposta la sera prima. Si scambiarono un sorriso e Tonks riuscì a godersi la giornata vivendola come aveva sempre fatto senza avere gli strani pensieri che l’avevano tormentata la notte precedente.

 

Finita la gita Tonks convinse il ragazzo che non ci fosse bisogno che lui l’accompagnasse fin davanti alla sala comune vista la presenza delle sue amiche, così i due si salutarono assieme a tutti gli altri. Quando furono da sole stavano per iniziare a discutere di ciò che era successo ma la professoressa Sprite attirò l’attenzione delle tre e disse a Tonks di seguirla nell’ufficio del preside.

Erano arrivate al corridoio quando videro una persona uscire dal suo studio. Entrambe lo riconobbero immediatamente: la professoressa gli si avvicinò raggiante mentre lo salutava, era stato uno dei suoi allievi preferiti in quanto eccellente nello studio e nel comportamento nonostante le compagnie che frequentava; mentre la ragazza rimase pietrificata da quella vista incapace di fare un altro passo e sentendo un forte battito al cuore che non dava cenno di calmarsi. Ritrovarsi davanti a Remus, nonostante fosse stata solo una bambina il giorno del loro primo incontro, le faceva ancora uno strano effetto e, ora che ci pensava bene, non le era mai capitato di provare qualcosa del genere neanche per Josh in nessun momento che avevano passato assieme e sicuramente non l’aveva provato la prima volta che l’aveva incontrato. Non aveva mai smesso di pensare all’amico di famiglia, infatti ogni volta che i suoi genitori parlavano delle loro missioni nell’Ordine tendeva l’orecchio per sentire il suo nome ma non lo nominavano praticamente mai e aveva perso le speranze di ritrovarlo ogni anno a Diagon Alley.

Intanto Lupin stava parlando con la professoressa ma il suo sguardo spesso e volentieri era diretto verso la ragazza che sembrava persa nei suoi pensieri. “Forse si stava chiedendo come mai il preside l’aveva fatta convocare, avrà paura di aver combinato qualcosa... chissà se si ricorda di me..”, si chiedeva lui osservandola. L’insegnante aveva finito di parlare e i due si separarono. L’uomo decise di avvicinarsi e di salutare la ragazza per educazione ma una parte di lui sperava che lei si ricordasse chi fosse, anche se sapeva di non poter dare ascolto al suo desiderio vista la sua difficile situazione.

 

Tonks lo guardò avvicinarsi e si costrinse a non abbassare lo sguardo ma quando i loro occhi si incontrarono non ne ebbe neanche la tentazione.

 

«Ciao Tonks. Non so’ se ti ricordi di me...»

«Ciao Remus». Rispose la ragazza agitata senza neanche fargli finire la frase.

«Beh a quanto pare ti ricordi. Come stai? Sei cresciuta molto». Lupin sentì il proprio corpo riempirsi di gioia quando constatò chela ragazza si ricordava di lui.

«Io sto bene. Te?». Lo continuava a fissare chiedendosi che cosa stesse pensando di lei mentre lei era incatenata ai suoi occhi e tutto ciò che era attorno non le interessava.

«Bene, anche se sono un po’ esausto dal lungo colloquio con Silente che è durato delle ore». Lupin notò che era cambiato anche il modo di parlare della ragazza: non aveva più l’aria ingenua e imbarazzata di quando l’aveva incontrata anche se aveva notato un leggero rossore delle gote. Anche i suoi capelli erano diventati rossi, probabilmente non aveva ancora imparato a nascondere tutte le metamorfosi a cui è soggetto il suo corpo inconsciamente.

I due si stavano fissando in silenzio senza accorgersene da un paio di minuti talmente erano presi dai propri pensieri e dalle proprie emozioni. La professoressa Sprite, che aveva osservato l‘intera scena con un leggero sorriso richiamò, a malincuore, l’attenzione dei due che parvero non sentirla subito. Lupin fu il primo a voltarsi per poi salutare la ragazza che ancora lo fissava.

 

«Ciao Tonks. Sperando di non dover aspettare un ulteriore tua crescita prima di vederti». Disse lui sorridendole.

«Magari la prossima crescita sarà più veloce». Lo salutò lei facendogli un occhiolino spinta dalla felicità che aveva provato nel conoscere quella sua speranza.

I due si diedero le spalle, uno rivolto verso l’uscita della scuola e l’altra verso la professoressa che l’attendeva. Tonks non poté più resistere e, mentre continuava a camminare, voltò la testa incontrando il viso di Remus che aveva compiuto lo stesso gesto. Colta in flagrante la ragazza arrossì vistosamente e si girò di scatto in avanti accorgendosi che le mancava poco per scontrarsi con l’insegnante.

 

Al colloquio con il preside Tonks non prestava molta attenzione su ciò che Silente le diceva sul fatto che l’anno prossimo sarebbe stata lei il prefetto di Tassorosso perché voleva vedere come se la cavava con le responsabilità e con il fatto di essere un leader per qualcuno, infatti, quando fu congedata, era ancora persa nel pensiero di Remus e, una volta uscita lo cercò sperando che si fosse attardato nella scuola per qualche motivo. Quando girò l’angolo, però, vide Josh intento a parlare con un suo amico e decise di cambiare strada sperando che nessuno dei due l’avesse vista.

 

Tornò nel proprio dormitorio pensando al suo ragazzo, si sdraiò nel letto con gli stessi pensieri che l’avevano tenuta sveglia la mattina ma ora aveva la certezza di sapere che cosa doveva fare.

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Capitolo 5
*** Una giornata tranquilla... o quasi (parte 1) ***


Una giornata tranquilla... o quasi (parte 1)

 

Passarono i mesi e Tonks si ritrovò, seduta sul davanzale della propria finestra di casa con lo sguardo rivolto verso il cielo, a pensare all’anno appena trascorso: Josh non le aveva più rivolto la parola dal giorno in cui lei l’aveva lasciato e non poteva che biasimarlo dato che aveva ammesso che il motivo principale era un altro ragazzo; Silente le era stato per l’intero anno col fiato sul collo osservandola e chiamandola almeno una volta al mese nel suo ufficio per parlare del suo rendimento e, anche se spesso i commenti erano positivi, questo controllo continuo le dava fastidio; e, per di più il pensiero di Remus Lupin si era fatto ancora più sentire. Chiuse gli occhi e sospirò esasperata dal presentarsi dei soliti pensieri e delle solite fantasticherie che si rivelavano sempre solo sogni ad occhi aperti.

 

 «Dora vieni che è pronto» la chiamò il padre che aveva appena finito di preparare da mangiare.

 

Appena si sedette attorno al tavolo la ragazza si sentì più leggera poiché il buon umore, che il padre non perdeva mai nonostante tutto, la contagiò facendola chiacchierare e ridere spensierata con questo. La madre era partita da qualche giorno alla ricerca di un mangiamorte in fuga avvistato in una cittadina della Scozia.

Una volta finito il pranzo Tonks si trovò costretta a dover sparecchiare come una qualsiasi babbana visto che ancora non era autorizzata ad usare la magia fuori dalla scuola, dette uno sguardo all’orologio e si ritrovò costretta a fare tutto di corsa poiché aspettava le sua amiche e aveva giusto un’ ora per mettere a posto l’intera stanza che era in un disordine allucinante.

 

Aveva appena rinchiuso l’armadio quando sentì il suono di uno scoppio venire dal camino in salotto e la voce del padre che accoglieva in casa Taylor e Cat. L’uomo indicò alle due la stanza della figlia e annunciò, urlando in modo che anche lei lo sentisse, che sarebbe uscito per qualche ora.

 

«Wow è proprio una casa in stile babbano la tua» disse Taylor appena entrata nella stanza dell’ amica.

«Beh non mi aspettavo proprio granché ma almeno un ciao» finse lei di essere offesa.

 

Le tre si salutarono ma le altre due ragazza ancora si guardavano attorno stupite e affascinate da quell’arredamento così diverso da ciò a cui erano abituate: il letto non era a baldacchino, sulle pareti c’erano fotografie e poster che non si muovevano e non c’era segno di alcuna magia in nessuna parte della casa. Intanto Tonks si sedette sul letto schiacciando, per sbaglio, il telecomando della televisione che, con grande stupore delle sue amiche, si accese mostrando delle immagini che erano molto più elaborate delle fotografia magiche. Passarono un paio d’ore davanti a quello schermo a scherzare sulle differenze dei modi di fare e di parlare dei babbani rispetto ai maghi.

Tra una battuta e l’altra la padrona chiese alle amiche se avessero voglia di fermarsi a cena ma entrambe rifiutarono l’invito. Taylor doveva uscire con il ragazzo con cui stava da un paio di mesi, mentre Cat doveva fare da babysitter alla sorellina. Da quel momento lasciarono perdere la televisione e cominciarono a parlare. Taylor raccontava come aveva conosciuto il suo ennesimo ragazzo visto che lei non era portata per le storie a lungo tempo ma si stufava praticamente subito di chi frequentava, ancora non aveva trovato il suo ragazzo ideale che aveva, stando a quello che pensavano le altre due amiche, standard fin troppo alti per poter coesistere in un unico individuo. La loro serata doveva comprendere una cena fuori e una passeggiata ma, a giudizio di Taylor, era un programma troppo tranquillo e non l’entusiasmava ma aveva accettato lo stesso pur di stare fuori casa e di godersi l’aria fresca delle serate estive. Cat, invece, era un tipo di ragazza più tranquilla e stare a casa con la sorella non le pesava anche se poteva sembrare abbastanza noioso. Anche lei aveva, però, qualcosa da raccontare alle due. Infatti quando gli studenti erano arrivati alla stazione di King’s Cross e si stavano salutando per poi raggiungere ognuno la propria famiglia, William, un ragazzo che faceva da anni segretamente il filo a Cat, aveva trovato il coraggio di rivolgerle la parola presentandosi alla ragazza che gli rispose con altrettanta timidezza ed imbarazzo poiché quel ragazzo le era sempre piaciuto anche se non l’aveva detto a nessuno, sopratutto a lui. Tonks invece rimase in silenzio poiché non aveva raccontato a nessuna delle due il vero motivo per cui aveva lasciato Josh e si ritrovò a pensare e a fantasticare su Remus imitando, di tanto in tanto, le sue amiche se annuivano o ridevano per non far notare il fatto che fosse con la testa tra le nuvole.

 

E così arrivò la sera e le due ospiti si prepararono a tornare a casa e salutarono la loro amica prima di lasciare dietro di loro il bagliore verde proveniente dal camino. Ritrovandosi sola in salotto e non avendo molta fame, Tonks decise di trascorrere del tempo fuori nel cortile di casa; non si era accorta che, nel pomeriggio, suo padre era rientrato dopo che era andato a prendere la moglie e il suo compagno di viaggio poiché non avevano molte energie per materializzarsi a causa della missione che gli aveva sfiniti; l’ uomo fu poi invitato a casa per la cena in modo che si rifocillasse adeguatamente prima del ritorno a casa.

 

L’uscita di Tonks non passò inosservata, difatti l’ospite, che era seduto vicino alla finestra e aveva lo sguardo che vagava alla ricerca di qualcosa, o meglio di qualcuno; la intravide e la riconobbe subito mentre lei si dirigeva verso lo stagno. Continuò a fissare il punto in cui l’aveva appena vista scomparire indeciso se seguirla oppure no. Gran parte di lui voleva andarle dietro per poterle parlare e passare del tempo con lei ma c’era sempre la solita piccola voce che continuava a dirgli che non poteva volere ciò che desiderava; la sua condizione di lupo mannaro l’aveva sempre costretto ad una vita solitaria e piena di segreti fatta eccezione dei suoi amici più stretti e i suoi genitori. Rimase in questo stato di titubanza per qualche minuto finché si decise a seguirla così da chiarirsi le idee una volte per tutte,o così credeva; si inventò una scusa e uscì dalla porta diretto verso la sua meta.

 

Tonks stava fissando l’acqua dello stagno quando vide comparire dietro di lei il volto dell’uomo che occupava costantemente la sua mente. La ragazza si girò di scatto sperando con tutto il cuore che non fosse solo la sua immaginazione che le giocava un brutto scherzo ma appena i suoi occhi si incatenarono  quelli di Remus capì che era veramente davanti a lui e un sorriso le increspò le labbra. Notò che anche lui le sorrideva mentre si guardavano e, come al solito, fu lui il primo a trovare le parole.

 

«Ehi ciao Dora! Come stai?»

«Bene.  Te?»  era inutile, per quanto si sforzasse non riusciva a trovare le parole per non rispondere in maniera scontata.

«Io sono un po’ stanco ma tutto sommato poteva andarmi peggio»

«Che cosa intendi?»

«Ero assegnato alla stessa missione di tua madre e siamo tornati giusto un paio di ore fa. Sta bene anche lei ma, come me, è sfinita»

«Ah ora capisco. Ma quando era partita ha detto che avrebbe avuto come partner un certo Lunastorta»

«Quello è il mio soprannome per tenere celata la mia identità quando si è in missione. Non capisco come mai tua madre l’abbia usato mentre parlava di me in casa e senza alcun pericolo nelle vicinanze» 

 

Tonks, invece, capì immediatamente il motivo ricordandosi il riserbo che aveva avuto quella prima volta che le aveva chiesto delle informazioni su Remus.

 

«Comunque la missione è andata bene e siamo riusciti a catturare il fuggiasco anche se è stata molto dura sopratutto perché di solito non mi occupo di inseguimenti e catture»  aggiunse Remus visto il momento di silenzio.

«Perché di solito di cosa di occupi?»  chiese Tonks subito incuriosita, mentre Remus già si pentiva per aver parlato senza pensarci; questo non lui era mai capitato prima d’ora, anzi lui era sempre stata una persona metodica che prima di fare qualsiasi cosa ci rifletteva molte volte e veniva anche preso in giro dai suoi amici per la sua lentezza nel rispondere a certe battute o discussioni, eppure questa era stata la terza volta che succedeva in una serata dopo che aveva accettato l’invito di Ted senza riflettere che ciò avrebbe significato avere la tentazione di passare del tempo con la ragazza.

 

«Come sono andati i G.U.F.O.?»  chiese sperando di riuscire ad evitare la domanda.

La ragazza rimase sconcertata e scontenta per il suo repentino cambio di discorso ma decise di aspettare che lui gliene volesse parlare, sentiva che per lui poteva aspettare anche molto tempo.

«Molto bene anche se in pozioni ho preso un oltre ogni previsioni in pozioni solamente perché mi era caduto del liquido fuori dal calderone»  rispose abbattuta per l’episodio che le aveva abbassato la media.

«Beh in teoria non dovrebbe cadere nulla perché nel caso che fosse una pozione pericolosa potrebbe procurare qualche danno»

«Ma non era pericolosa! Era un innocuo distillatore soporifero»

«Sembra proprio una bambina quando cerca di giustificarsi così» pensò Remus sorridendo fra sé.

 

«Come mai sei qui?»  prese coraggio di chiedergli Tonks sperando che non evitasse nuovamente la domanda.

«Mi ha invitato tuo padre così da potermi rilassare un po’ prima di partire per casa mia» Rispose lui sperando di potersela cavare in questo modo.

«Ma perché sei qui, ora con me?»  le specificò lei indicando con le braccia il posto in cui si trovavano.

Remus non poté fare a meno di avvicinarsi lentamente alla ragazza abbassando lo sguardo come se non volesse vedere la loro reale vicinanza che, però, percepiva ugualmente. Tonks rimase pietrificata da quella mossa che non si aspettava per nulla e che, eppure, aveva sognato molte volte; il cuore le iniziò a battere ancora più velocemente di prima e aveva paura che lui ne potesse sentire i battiti scanditi ad un ritmo martellante e assordante. Lei lo guardava in faccia impaziente e impaurita che ogni sua mossa potesse allontanarlo, lui guardava i loro piedi vicini, troppo vicini; prese coraggio: una mano si alzò e, con il dorso, le accarezzò la guancia mentre, finalmente i suoi cocchi incontravano quelli di Tonks ma l’unica cosa che riuscì a vedere fu la luna piena che in essi veniva riflessa.

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Capitolo 6
*** Una giornata tranquilla... o quasi (parte 2) ***


Cap. 6_Una giornata tranquilla... o quasi (parte 2)

Una giornata tranquilla... o quasi (parte 2)

 

«No! Non ora! Non davanti a lei!». Queste erano le frasi che Remus continuava a ripetere freneticamente nella propria testa mentre sentiva che il suo corpo si stava trasformando e la bestia, che è un lui, cominciava a venire fuori. Sapeva che in pochi secondi avrebbe sopraffatto anche la sua mente.

Aprì la bocca e urlò:

«Scappa Doraaaaaaaaaaa». Ma ciò che uscì dalle sue labbra fu solo un ululato e capì. Capì che ormai era troppo tardi: la trasformazione era completata.

Riaprì gli occhi, che aveva tenuto chiusi per il dolore che gli percorre il corpo ogni volta che si trasforma, e non riconobbe più la ragazza che aveva di fronte.

 

Tonks assistette alla scena incredula e immobile non sapendo che cosa fare: non voleva scappare per non lasciare Remus da solo eppure il suo corpo faticava a rimanere immobile e le sue gambe fremevano per muoversi e allontanarsi dall’uomo a cui, fino a qualche secondo prima, si erano avvicinate istintivamente.  Un ululato scaldò l’aria attorno alla sua faccia mostrando il bocca e i denti aguzzi al suo interno. Ma ciò che le fece più paura furono gli occhi che le si spalancarono davanti: la pupilla si stava dilatando mentre il muso si inarcò verso l’ alto, poi, quando lo sguardo si abbassò su di lei, le iridi erano nuovamente visibili ma, anziché marroni, erano di colore giallo attraversate da sottili striature nere che si diramavano dalla pupilla. Quando i loro occhi si incontrarono la ragazza provò una fitta al cuore al constatare che Remus non la riconosceva e la guardava con ferocia. Persa nelle sue emozioni non si accorse del braccio che si era alzato in aria. Chiuse gli occhi quando sentì l’urto sul suo viso e si accasciò a terra. Rimase per qualche secondo frastornata mentre si portò la mano al viso che si bagnò subito di sangue e lacrime, mentre sentiva che stava per perdere i sensi. L’ultima cosa che vide fu una figura minuta che si avvicinava alla creatura e fermava una zampata che era destinata a lei, poi tutto diventò nero.

 

Ted e Andromeda stavano parlando ancora in cucina quando l’uomo aveva, per caso, notato la luna piena che illuminava lo stagno e si era incantato per qualche secondo a fissarla. La moglie seguì il suo sguardo e subito uscì dalla stanza allarmata. Girò l’intera casa in cerca della figlia per assicurarsi che fosse al sicuro in camera sua, ma non la trovò. Quando sentì un ululato provenire da fuori i suoi timori si confermarono. La donna scese le scale di corsa, tirò fuori la bacchetta pronta a qualsiasi cosa pur di salvare la propria figlia. L’erba alta le fregava le gambe e rischiò di inciampare molte volte ma il suo corpo era attraversato da scosse di coraggio e anche di terrore che la facevano correre più veloce che mai nella sua vita. Vide perfettamente la mano calare sul viso della figlia e farla cadere a terra ma era ancora troppo lontana per scagliare un incantesimo e non poteva rischiare di colpire Dora o di farsi sentire dalla bestia che si sarebbe inferocita maggiormente. Puntò la bacchetta pronta a colpire colui che fino alla mattina prima avrebbe protetto da chiunque. Stava per pronunciare l’incantesimo, quando vide qualcuno che si era buttato addosso alla creatura spingendola a terra prima che potesse ferire la ragazza un’altra volta. I due rimasero per qualche secondo l’uno sull’altro finché il lupo mannaro scaraventò di lato l’uomo non allontanandolo troppo per potersi, così, vendicare subito dell’affronto subìto.

«Immobilus»  gridò Andromeda e il corpo di Remus si fermò di colpo con gli artigli e la bocca aperta a pochi centimetri dal viso del marito che aveva accettato di sacrificarsi per la propria figlia.

 

 

Quando Tonks aprì gli occhi si ritrovò a fissare il soffitto e subito alcune immagini confuse le si presentarono nella mente. Le sembrava tutto in incubo, si portò una mano sulla guancia dove avrebbero dovuto esserci i graffi ma la pelle era liscia. Decise di alzarsi.

 «Non poteva essere solo un sogno: sembrava così reale!»  pensò mentre si recava in cucina per fare colazione.

 

Entrando in cucina salutò la madre ancora  distratta dai suoi pensieri; ma quando la guardò bene in faccia, notando i segni di una nottata lunga e stressante, capì che ciò a cui stava pensando era accaduto realmente. Si sedette decisa ad aspettare che la madre iniziasse a parlare.

 

«Dov’è Remus?»  questa domanda le uscì dalla bocca senza che lei se ne accorgesse.

«È andato via appena si è svegliato e si è ricordato di aver perso il controllo»  rispose Andromeda per nulla stupita dalla domanda e posò gli occhi sulla figlia che la guardava preoccupata ma anche desiderosa di spiegazioni. Fece un gran respiro e iniziò a raccontare:

 

«Vedi cara...»  si era preparata mentalmente questo discorso da anni, ma ora che il momento era giunto non riusciva trovare parole adatte per non rischiare di ferire la figlia. «Se solo gliel’avessi detto fin da subito ora non saremmo in questa situazione! Sopratutto Teddy non sarebbe sdraiato nel letto da ieri notte senza potersi alzare per le costole rotte!»  si ritrovò a pensare.

« Quello che è successo ieri dipende dalla luna piena ed è stata totalmente colpa mia! Avrei dovuto raccontarti tutto fin  dall’inizio ma ho pensato che fossi troppo piccola e speravo che fosse solo una curiosità passeggera la tua. Ma mi sono sbagliata! Se ti fosse successo qualcosa non sarei stata capace di perdonarmelo!»  mentre diceva ciò si passò la mano sugli occhi che sentiva stanchi, provati dalla mancanza di riposo a dal pianto che minacciava di uscire al solo pensiero di perdere la figlia.

«Mamma io sto bene! Non ti preoccupare di questo» cercò di tranquillizzarla Tonks.

«Quando ti ho visto cadere a terra non ho più ragionato. Se tuo padre non si fosse buttato su Remus atterrandolo non sarei riuscita a controllare le mia azioni!». Una lacrima le solcò il volto.

«Papà? E come sta?»  chiese allarmata, alzandosi di scatto, Tonks ricordandosi della persona che aveva visto saltare addosso a Lupin per salvarla.

«È in camera a letto, ma ha solo qualche costola rotta. Gli poteva andare molto peggio!».la ragazza fu enormemente sollevata da quella risposta e si ricompose sulla sedia.

 

«Dora, piccola, stai tranquilla. Allora, come stavo dicendo: ciò che è successo è a causa della luna piena poiché Remus è un lupo mannaro. Non so se l’hai già studiato, ma i lupi mannari sono uomini che, o per eredità genetica o per ferite causate da altri lupi mannari al sorgere della luna piena si trasformano non controllando più se stessi e i propri istinti. I graffi che hai notato sul suo volto sono il segno del suo incontro con il più feroce di questi esseri: Fenrir Greyback. Remus non ama parlare dell’accaduto che avvenne quando era solo un bambino, quindi sono poche le persone che conoscono con esattezza ciò che era successo e io, per quanto spesso gliel’abbia chiesto, non sono mai riuscita a carpirli alcuna informazione. Silente ci aveva avvertito della sua condizione particolare quando era entrato a far parte dell’Ordine in modo che fossimo tutti preparati sul come comportarsi durante un eventuale scontro. Purtroppo la nostra missione è durata qualche giorno in più del previsto e, entrambi, non avevamo pensato che la data della luna piena fosse proprio ieri poiché avevamo perso il conto dei giorni passati. Quindi quando tuo padre gli propose di riposarsi per qualche ora qui prima di ripartire, lui non ha trovato nessun motivo per declinare». Fece una pausa e bevve un sorso d’acqua e riprese.

 

«Remus era abbastanza provato non essendo abituato a questo tipo di missioni: lui lavora come infiltrato tra i lupi mannari e ci riferisce i loro piani e spostamenti; la sua più grande sfida non è fisica ma psicologica, poiché è costretto  vivere a fianco dello stesso uomo che gli ha trasmesso la maledizione; ma, per fortuna, il suo comportamento è sempre stato ragionevole e non si lascia sopraffare dalle emozioni, sopratutto dalla rabbia. Per questo motivo i sintomi di cui si lamentava li abbiamo giustificati con la troppa stanchezza e non per ciò che erano realmente. Purtroppo, per ora, non è stata inventato nessun modo per poter evitare la trasformazione e, quindi, Remus è costretto a chiudersi in casa o ad allontanarsi dalla civiltà durante questo periodo».

 

Tra le due scese qualche attimo di silenzio: la madre cercava qualche particolare che poteva essersi scordata ma non le venne in mente nient’altro, mentre Tonks cominciava a capire il motivo di tutto quel riserbo da parte di Remus: ma questo non le impedì di provare rabbia verso di lui poiché non si era fidato di lei.

«Beh dopo tutto chi mi credevo di essere! Ci saremmo incontrati tre volte in cinque anni! Cosa mi aspettavo?». I suoi occhi si stavano riempiendo di lacrime per i sogni infranti e corse via dalla cucina per non farsi vedere in quello stato dalla madre e perché aveva bisogno di stare per conto suo.                                                                                                                          

Si fermò di colpo quando si rese conto di essere finita nello stesso punto in cui si trovava la sera prima. Chiuse gli occhi ripensando a tutto quello che aveva visto e ascoltato. Non si accorse che qualcuno le si stava avvicinando; solo quando sentì il suo nome si voltò. Remus era davanti a lei, era pallido e sembrava talmente stanco da chiedersi come facesse a reggersi in piedi. Lei non poté evitare di provare paura quando lui fece per avvicinarsi: il ricordo dello sguardo che aveva la sera prima continuava ad affiorare nella sua mente nonostante i suoi sforzi per sopprimerlo.

 

Lupin notò la sua esitazione e decise di fermarsi ad un paio di passi da lei per evitare che scappasse o che urlasse. Voleva spiegarle tutto ciò che era successo e dirle che non doveva aver paura di lui, che non le avrebbe mai fatto del male; ma sapeva che sarebbe stata una bugia. Era ciò che sperava ma, lui lo sapeva, di speranze non si vive, non nella realtà perlomeno; e, di certo, non voleva illudere Dora e condannarla ad una vita piena di pericoli: non poteva rischiare che le capitasse qualcosa, sopratutto per causa sua. Notò un cambiamento di sguardo da parte della ragazza che ora sembrava arrabbiata e le punte dei suoi capelli castani erano diventate nere, il ché sottolineava il suo stato d’animo.

 

«È inutile che cerchi le parole per qualche spiegazione. Mia madre mi ha già spiegato tutto quanto. A quanto pare non ci tenevi molto a farmi sapere la realtà su di te. Non ne valevo la pena». Disse la ragazza trattenendo a stento le lacrime. La rabbia aveva subito lasciato spazio alla tristezza quando ebbe detto l’ultima frase, pur essendosi ripromessa di non pronunciarla ad alta voce.

«No! Questo non è vero»

«E allora spiegami perché è dovuta essere mia madre a dirmi la verità su di te, mentre l’unica cosa che hai saputo fare te è stata scappare via senza neanche aspettare che mio padre guarisse!»

 

«Ted? Cosa gli ho fatto? Io mi ricordo solo di Dora: della sua vicinanza e della luna piena che avevo visto nei suoi occhi... Ma certo lui deve essere arrivato più tardi per difenderla. Ecco perché è illesa! Oddio che ho fatto!!». Per quanto si sforzasse Remus non riusciva proprio a ricordarsi cosa era accaduto dopo che si era trasformato ed era spaventato ma il fatto che la ragazza non avesse parlato di morte gli fece supporre di non aver fatto nulla di irreparabile.

 

«Mi dispiace per tuo padre. Non era mia intenzione fargli del male. Sopratutto non volevo farne a te».

«Questo lo so»  Tonks non trovò nient’altro da aggiungere poiché ancora non era in grado di ragionare lucidamente.

 

«Io...». Iniziò a dire Remus non trovando, però, la motivazione per continuare la frase.

«Forse è meglio che mi odi, così mi sarà più facile starle lontano e lei supererà tutto più velocemente». Si sforzò di guardarla dritto negli occhi.

«Niente... Addio Dora». Disse con stentata risolutezza. Si volto e si materializzò lontano.

«Si è stato meglio così» cercò di convincersi mentre iniziava a piangere senza guardare dove fosse arrivato.

 

Tonks fissò per qualche secondo il punto in cui Remus era scomparso e la rabbia sparì lasciando spazio al pentimento per il tono che aveva utilizzato. Sperò che anche questo fosse un incubo, ma non si svegliava. Era tutto reale: lui era pericoloso, lui non era stato capace di dirle nulla, lui se ne era andato. Non appena ebbe realizzato questo il pianto le inondò gli occhi incapace di fermarlo

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Capitolo 7
*** Verde speranza ***


Cap. 7_Verde speranza

Verde speranza

 

Ted si era completamente ripreso dalla ferite, Andromeda gli era stata affianco amorevolmente dividendo le sue attenzioni tra lui e la figlia, ma quando ha cominciato a rimettersi si poté concentrare più su quest’ultima. La donna aveva provato a consolarla per il resto dell’estate sperando che la sua mente si scostasse da quel pensiero e da quei ricordi. Avrebbe preferito accompagnarla a comprare l’occorrente per il nuovo anno ma Tonks aveva detto che non serviva poiché si sarebbe incontrata con le sue amiche; ma lei sapeva che non era vero. «Magari le sono stata troppo con il fiato sul collo e ora ha bisogno di stare un po’ da sola. Speriamo!».

 

Una volta giunta a Diagon Alley, Tonks si guardò intorno in cerca di qualcosa che le tirasse su il morale. Aveva sperato che questo viaggio l’avrebbe fatta sentire meglio: da quella sera ogni volta che pensava a Remus riviveva ciò che era successo, dall’incidente a quello che si erano detti il giorno dopo, poi quando arrivava al loro “addio” le lacrime le rigavano sempre il volto. Cominciò a vagare tra la folla e scorse Josh che stringeva la mano ad una ragazza che Tonks aveva intravisto qualche volta a scuola ma a cui non aveva mai fatto molto caso. Il ragazzo, però, sembrava distratto e lei notò che lo sguardo con cui guardava l’altra studentessa non era allegro e spensierato come quello che rivolgeva a lei mentre stavano assieme. Quando lui la vide le sorrise e la salutò con la mano. Tonks si costrinse ad avvicinarsi alla coppia ma quando arrivò di fronte a Josh la sua compagna si era allontanata per entrare in un negozio, mentre lui le aveva detto che l’avrebbe aspettata fuori.

 

«Ciao Josh»

«Ehi, Dora! Come va?» le chiese lui guardandola come un volta. In quei mesi aveva smesso di essere arrabbiato con lei e si era accorto di quanto gli mancasse, di quanto continuasse ad essere importante per lui quella ragazza che gli aveva rubato il cuore. Aveva provato a stare con qualcun altro e Giudy era la sua ultima conquista, ma non era servito a nulla. Quando stava con lei si divertiva ma non era la stessa cosa; eppure non era stato capace di dirle ciò che realmente provava per non farla soffrire come aveva sofferto lui. Sapeva che non sarebbe stato facile mantenere questa maschera ad Hogwarts vista la continua presenza di Dora.

Tonks aspettò qualche secondo prima di rispondergli: era tentata di raccontargli tutto quanto e di sfogarsi con lui che era stato qualcuno di speciale per lei, ma sapeva di non potere per non dargli false speranze. Aveva, infatti, capito dal modo in cui la guardava che i sentimenti che provava per lei non erano ancora scomparsi e questo significava che non potevano neanche essere amici per non rischiare di peggiorare la situazione e per non far soffrire l’altra ragazza che sembrava così presa di lui.

«Tutto bene e, da quanto vedo, anche te» rispose sorridendo e indicando il negozio in cui aveva visto entrare Giudy.

«Sì. Si chiama Giudy, ci siamo incontrati il mese scorso in vacanza e ora passiamo molto tempo assieme. Per fortuna le nostre famiglie abitano abbastanza vicine»

«Non è mai stato bravo a mentire!». Pensò Tonks che, però, fece finta di credere a ciò che lui le stava dicendo.

«Beh ora devo andare, ci vediamo a scuola» lo salutò la ragazza quando notò che Giudy stava uscendo dal negozio e aveva cominciato ad avvicinarsi ai due. Josh si limitò a sorriderle e a farle un occhiolino, fortunatamente dava le spalle alla nuova arrivata che non si accorse di quanto il suo sguardo fosse perso e un po’ malinconico sull’altra ragazza.

Tirata fuori la lettera con su scritto l’occorrente per l’anno nuovo Tonks cominciò il suo giro di compere iniziando dal “Ghirigoro” in modo da togliersi questo peso, consapevole di ciò che avrebbe provato una volta entrata nella libreria.

 

****************************************

 

Era arrivato il giorno in cui doveva tornare a scuola e Tonks non poteva più rimandare gli incontri con le due amiche che non aveva più visto per l’intera estate non potendo parlare con loro dell’accaduto poiché la madre l’ aveva costretta a mantenere il segreto del suo partner. Cat le si era appena avvicinata e faceva di tutto per mantenere un’aria offesa ma i suoi occhi tradivano la sua contentezza nel rivedere l’amica. Le due iniziarono a parlare di cose poco importanti e quasi subito la loro conversazione tornò normale e scherzosa come se nulla fosse successo.

 

«Hai più incontrato William?» le chiese Tonks riferendosi al ragazzo di cui avevano parlato durante la visita a casa sua.

«No. Purtroppo, pur essendo tutti e due di famiglia purosangue, non frequentiamo gli stessi luoghi. Dovrò aspettare di salire sul treno o a scuola per sperare di incontrarlo» rispose amareggiata l’amica che aveva tanto sperato di incontrare il ragazzo da qualche parte durante l’estate e aveva, diverse volte, fantasticato su loro incontro. Su questo le due compagne di dormitorio erano molto simili.

«Ehi ma guarda chi è ancora tra noi» salutò Taylor quando era quasi vicino alle due.

«Ciao Taylor» risposero in coro le due. Tonks sapeva che non sarebbe riuscita a scampare per molto alle loro domande ma aveva intenzione di farlo finché ci sarebbe riuscita; Cat continuava a guardarsi attorno in cerca di William.

«Come è andata a finire con quel ragazzo?»

«Quale? Quello di tempo fa che è coinciso con la tua sparizione?» Tonks si limitò ad alzare gli occhi al cielo ricambiando il sorriso fintamente offeso che le aveva rivolto l’altra ragazza e non rispose.

«Beh comunque non è andata molto bene. Ci siamo frequentati ancora qualche settimana ma poi non mi prendeva e abbiamo smesso di sentirci piano piano» continuò la ragazza dopo aver visto che l’amica non diceva nulla.

«Cosa vuol dire che non ti prendeva?»

«Nel senso che quando andavamo in giro io non ero molto affettuosa e se c’era qualche ragazzo carino non mi facevo problemi a gurdarlo e lui ogni volta si infuriava, giustamente. Vedi Cat ed esempio? Lei sta cercando il suo amichetto da quando è arrivata qui!»

«Ehi! Ma questo non è vero! È che voglio vedere quando si potrà salire sul treno così da trovare lo scompartimento che vogliamo» cercò di giustificarsi Cat provocando una grossa risata alle altre due ragazze.

 

Un fischio risuonò per la stazione annunciando agli studenti che era ora di salire sul treno. Le tre ragazze incominciarono a cercare uno scompartimento in cui poter accomodarsi insieme. Sbirciando tra una porta e l’altra Cat riuscì a trovare colui che stava cercando. Quando si guardarono i due non poterono non sorridersi impacciati a vicenda e la ragazza sentì diventare le proprie gote rosse. Purtroppo lo scompartimento di William era occupato da altri ragazzi e quindi loro non si poterono sedere con lui ma non ci misero molto a trovarne uno in cui potersi accomodare. Una volta dentro Taylor cominciò a chiacchierare ma non trovò molta partecipazione delle altre due amiche essendo, entrambe, perse nei loro pensieri e nelle loro fantasie. Mentre le osservava e si chiedeva che gusto ci fosse a fantasticare in continuazione notò che i capelli di Tonks avevano qualche sfumatura viola. «Chissà cosa significa questo colore. E a cosa è riferito» si chiese decisa a non dire nulla all’amica per evitare che lei reagisse come quando aveva fatto cenno alla sua sparizione.

 

Arrivate al castello la professoressa Sprite bloccò il gruppo per comunicare a Tonks che il professore Silente l’attendeva dopo la cena per parlarle.

La ragazza non volle far aspettare troppo il preside e, appena si fu alzata dal tavolo, raggiunse il suo studio.

 

«Buona sera, Ninfadora. Come stai?» la salutò lui.

«Salve professore. Sto bene. Le vacanze sono trascorse serenamente»

«Ho saputo ciò che è successo: Remus Lupin...» la ragazza, nel sentire il suo nome, ebbe un tuffo la cuore.

«...mi ha inviato una lettera in cui aveva scritto che sarebbe subito tornato al suo compito da spia tra i lupi mannari. Ero stupito dalle sue intenzioni poiché so che questo compito non lo entusiasma e gli avevo dato qualche giorno di tranquillità dopo la missione con tua madre; così ho chiesto spiegazioni a quest’ultima che mi ha raccontato l’intero accaduto. Quindi ti pongo nuovamente la domanda. Come stai Ninfadora?» spiegò Silente con la sua solita calma. La ragazza si trovò spiazzata non aspettandosi di esser stata chiamata per quel motivo.

«Non me l’aspettavo che Remus fosse un lupo mannaro e mi ha un po’ spaventata quella notte, ma per il resto è tutto a posto» rispose stentando un sorriso per rendere più credibile l’ultima parte. Il professore la guardò intensamente da dietro gli occhiali a mezza luna.

«Ricordati ragazza che, spesso, il silenzio si può rivelare una prigione»

«Si signore» rispose. «Ecco figuriamoci se non tirava fuori una frase intellettuale tipica delle sue» pensò.

«Passando ad altro, ti avevo convocato per dirti che quest’anno saresti stata la prefetta di Tassorosso assieme ad un altro ragazzo. Per cui i tuoi averi sono stati trasferiti nella tua stanza privata. Non ti ho avvertito per lettera, come di solito avviene, poiché desideravo parlarti di persona per comunicarti anche che sto pensando di trovare un posto per te all’interno dell’Ordine se decidessi di diventare un Auror una volta finito il settimo anno. Sei una strega molto formidabile, Dora, in ogni materia e i risultati dei G.U.F.O. lo hanno dimostrato. Per il problema di Pozioni, non ti preoccupare» aggiunse subito immaginando la frase che avrebbe pronunciato la ragazza quando la vide aprire la bocca per parlare.

«...in quanto ho parlato con il professor Piton e abbiamo concordato che, poiché lo sbaglio è stato solo accidentale e viste le mie speranze per te, potrai continuare a seguire le sue lezioni così da poter proseguire nel tuo percorso».

«Sì. Grazie mille professore, ci tenevo molto a quel sogno ed ero molto abbattuta di non poterlo vedere avverato per qualcosa di così ingenuo» disse Tonks davvero sollevata e contenta.

«Bene. Non si scordi di ringraziare anche il professor Piton. Per sta sera è tutto. Torna pure al tuo dormitorio»

«Arrivederci professore. Grazie molte ancora e buona serata» si congedò la ragazza a uscì per comunicare la novità a Cat che le aveva detto che l’avrebbe aspettata nella sala comune.

 

Una volta finito di raccontare il colloquio Tonks si recò nella propria stanza, si mise nel letto e si addormentò subito.

 

Si trovava a casa sua, vicino allo stagno. Stava osservando il riflesso della luna sull’acqua mentre ascoltava il silenzio. Il suo sguardo era triste, lo sentiva, ma non poteva fare a meno di provare questa sensazione. Provò a distrarsi pensando al felice pomeriggio che aveva trascorso con le sue amiche ma un nota di malinconia le continuava ad occupare l’animo. Sentì la sua voce e, subito, si voltò. I loro occhi si incontrarono lui le chiese come stesse e come andava la scuola. Poi le si avvicinò con lo sguardo fisso a terra. Quando lo alzò i loro occhi si incontrarono e i loro visi si avvicinarono finché le labbra dell’uno si fusero con quelle dell’altra, facendo battere ancora più forte il cuore della ragazza che aveva sognato quel momento da tanto tempo. Il suo corpo era pervaso da sensazioni fortissime e molto diverse da ciò che provava quando baciava Josh. Non le aveva mai provate ed erano molto piacevoli. Il bacio le sembrò non terminare mai e non c’era nulla che non andasse nel verso giusto quella notte.

 

Mentre sognava una lacrima scese dagli occhi chiusi e i suoi capelli si tinsero di un verde speranza.

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Capitolo 8
*** Rivelazioni e decisioni ***


Cap.8_Rivelazioni e decisioni

Rivelazioni e decisioni

 

La mattina seguente Tonks si svegliò con ancora in mente le scene di ciò che aveva sognato e percepiva le emozioni come se tutto fosse accaduto realmente. Si alzò dal letto e si recò in bagno. Quando si fissò allo specchio notò che i propri capelli avevano le punte verdi mentre il resto era viola. Si stropicciò gli occhi credendo che fosse solo frutto della sua immaginazione ma ciò che vedeva non cambiava. Fu qualcuno che bussava alla porta a farle capire che si era fissata per troppo tempo e che rischiava di essere in ritardo. Quando la ragazza aprì Cat notò subito i suoi capelli chiedendosi come mai il viola fosse più acceso del giorno prima.

Le due ragazze andarono in classe, dopo aver fatto colazione. Una volta varcata la soglia dell’aula si sedettero ai propri banchi, non potendo stare sedute anche vicino a Taylor data l’appartenenza ad una differente casa. Tonks si guardò attorno e scorse la ragazza di Josh seduta vicina ad una sua compagna che rideva spensieratamente. «Chissà se è Josh che le fa questo effetto. Magari potesse tornare tutto semplice come quando io stavo insieme a lui. Lo vorrebbe anche lui, probabilmente. Ho visto come mi guardava: non c’era alcun risentimento o rancore o rabbia nei suoi occhi. Anzi, quello sguardo era lo stesso che mi rivolgeva quando stavamo assieme. No! Non posso certo tornare con lui. L’avevo lasciato per un motivo; e quel motivo era Remus. È vero le cose non saranno semplici ma con lui ho provato delle emozioni in pochi e sporadici incontri che Josh non mi ha fatto mai provare in anni. No, assolutamente no». L’inizio della lezione di difesa contro le arti oscure mise fine ai suoi pensieri e Tonks si concentrò intenzionata ad iniziare al meglio l’anno scolastico.

 

Tonks si sentì per l’intera giornata gli occhi puntati addosso a causa dello strano colore dei suoi capelli che non accennava a tornare normale neanche la sera durante la cena. le sue amiche le avevano chiesto che cosa avesse per la testa ma lei preferì mentire dicendo che fosse tutto normale. In realtà non aveva smesso di pensare al sogno che aveva fatto e alle emozioni che aveva provato e le lezioni non l’avevano aiutata a distrarsi. Giunte nella sala comune Cat non perse tempo e tirò Tonks fino alla sua camera privata intenzionata a farle sputare il rospo.

 

«Piano... piano Cat!» si lamentò la ragazza che si ritrovò nella sua stanza contro la propria volontà.

«Ma dai che non ti ho fatto nulla!» scherzò l’amica che sapeva che era solo scena «Cosa è successo Dora?» le chiese utilizzando un tono serio per far notare il proprio interessamento.

«Niente» rispose Tonks. Ormai si rendeva conto anche lei dell’inconsistenza di questa risposta che era palesemente falsa.

 

L’amica non aggiunse altro e si limitò a fissarla con le braccia incrociate mentre Tonks si era seduta sulla sedia di fronte a lei. Non sapeva come ci riusciva ma Cat era capace di fissare qualcuno negli occhi senza sbattere le ciglia e questa è una cosa che Tonks non sopporta. Subito inizia a non ricambiare il suo sguardo ma continua a sentirselo addosso e sa che Cat non si girerà facendo finta di nulla come gli altri compagni durante la giornata che, se lei ricambiava il loro sguardo, cambiavano obiettivo e facevano finta di nulla. Sapeva che era arrivato il momento di confessare e cominciò a fregarsi le mani con lo sguardo fisso a terra. Iniziò a raccontare della prima volta che aveva incontrato Remus. Se lo ricordava come se fosse capitato il giorno precedente:la curiosità che aveva immediatamente provato verso di lui quando l’aveva guardato in viso; l’ammirazione quando aveva tenuto testa sua zia; l’imbarazzo quando era inciampata sulla pila di libri e quando lui si era accorto del suo travestimento; e il senso di tristezza quando sua madre la costrinse a tornare subito a casa. Raccontò, poi, il dialogo avuto con quest’ultima, parlando degli amici di Remus ma, a questi, fece solo un cenno veloce volendo arrivare al più presto al loro ultimo incontro che sarebbe stata la parte più faticosa. Parlò di quando l’aveva incontrato per caso nei corridoi della scuola quando era stata convocata da Silente: il fatto che non riusciva a staccare lo sguardo dai suoi occhi che la fissavano, il fatto che non aveva idea di cosa dirgli, al prurito alla nuca che aveva provato mentre si fissavano in silenzio non capendo a cosa fosse dovuto e, infine, arrivò al vero motivo per cui aveva lasciato Josh.

Durante l’intero racconto Cat non l’aveva mai interrotta e si era limitata a fissarla e ad annuire. Sapeva che doveva essere successo qualcosa di importante per far capire all’amica, da un giorno all’altro, che ciò che provava per Josh non fosse amore con certezza. Le piaceva la storia che lei le stava raccontando ma conosceva fin troppo bene Tonks da capire che c’era stato qualcosa che era andato storto. «Magari per la differenza d’età» pensò. Intanto era calato il silenzio mentre Tonks cercava il coraggio per raccontare il resto della storia. Capendo la sua difficoltà, Cat si abbassò in modo da avere la faccia allo stesso livello della sua, le strinse le mani confortandola e facendole capire, silenziosamente, che lei ci sarebbe sempre stata e che non aveva fretta.

Tonks si sentì sollevata anche se non aveva paura della reazione dell’amica ma della propria ma, sentendola vicina, sapeva che qualsiasi cosa avesse fatto o detto sarebbe stata accettata. Cominciò a raccontare di quel che aveva fatto dopo che Cat e Taylor erano andate via: la sua mente che continuava a viaggiare tra incontri avvenuti realmente e immagini fantasiose finché non aveva sentito la sua voce chiamarla, subito pensava fosse tutto finto ma la gola secca e la bocca che non accennava ad aprirsi, poiché ogni cosa che pensava di dire le sembrava inappropriato, le fecero capire che era reale; la felicità che aveva provato quando lui le chiese come erano andati gli esami, poiché sembrava davvero interessato; il suo sorriso che le aveva rivolto quando aveva raccontato dell’esame di pozioni e che lei aveva trovato stupendo; il suo cuore che aveva iniziato a battere ancora più veloce mentre lui si avvicinava e che poi si era come fermato quando i loro occhi si erano incontrati vicinissimi. Tonks fece un pausa e un respiro profondo mentre le immagini le scorrevano nella mante: aveva chiuso gli occhi sperando di incontrare le labbra di Remus con le proprie ma, l’unica cosa che aveva sentito fu una folata d’aria sulla faccia. Ricominciò a raccontare la scena che le si era presentata davanti: i denti aguzzi e lo spavento chele avevano procurato; la voglia e l’incapacità di allontanarsi; il dolore alla faccia provocato dalla zampata ricevuta; lo svenimento mentre una figura indefinita la proteggeva; la speranza del mattino seguente che fosse stato tutto un sogno; la rabbia che l’aveva pervasa dallo sentirsi esclusa da Remus e la tristezza travolgente quando pensò di non essere abbastanza importante per lui.

Durante quest’ultima parte del racconto la bocca di Cat si era aperta per lo stupore e collegò subito le fila di ciò che, secondo lei, era successo dopo, ma non volle interrompere l’amica che aveva evidentemente bisogno di parlare con qualcuno.

Tonks arrivò a parlare del loro ultimo saluto provando a nascondere la propria tristezza ma sentiva la voce che tremava e si incrinava. Cat non le fece alcuna pressione e lei continuò lentamente non riuscendo più a trattenersi quando parlò del modo in cui lui le aveva voltato le spalle ed era sparito nel nulla.

Questa era la stessa conclusione a cui era arrivata anche l’amica quando aveva saputo del segreto di Remus. L’unica differenza era che Tonks pensava che la fuga di Remus fosse un’ulteriore prova del suo disinteresse nei suoi confronti, mentre Cat lo aveva interpretata come la prova che, anche lui, tenesse alla sua amica.

Tonks si sentì subito meglio dopo aver raccontato tutto, non aveva potuto dire niente riguardo l’Ordine per la segretezza che lo circondava ma l’amica non aveva fatto alcuna domanda sul motivo per cui i la sua famiglia conoscesse Remus. «Magari pensa che sia normale che ci si conosca tra maghi. Beh, comunque, meglio così», pensò.

Si era fatto abbastanza tardi e le due ragazza sarebbero dovute essere a letto da un sacco di tempo, quindi, dopo che Cat ebbe promesso di non raccontare nulla a nessuno, le due si divisero e si misero a dormire. quando entrambe furono ognuna nel proprio letto si resero conto che non avevano concluso la conversazione poiché non avevano perlato ancora del colore dei capelli di Tonks. «Domani» pensarono entrambe sorridendo per il fatto che si erano completamente scordare di ciò di cui dovevano parlare realmente.

 

*******************************

 

Erano trascorsi alcuni mesi dal’inizio dell’anno scolastico, la professoressa Sprite continuava ad osservare Tonks, come le era stato chiesto dalla madre di quest’ultima, per controllare che si fosse ripresa. In questi mesi la professoressa e la donna si erano tenute in contatto con lettere in cui la prima deludeva i desideri della seconda riguardo alla conoscenza di qualche nuovo ragazzo. L’unica buona notizia in cui Andromeda riponeva le proprie speranze era il fatto che la figlia fosse riuscita a riallacciare i rapporti con il suo ex ragazzo Josh, e che i due passassero molto tempo assieme in quanto prefetti, seppur di case diverse. Queste speranze venivano sempre cancellate dalle lettere che riceveva dalla figlia che continuava a parlare di lui come un “grandissimo amico” e dal fatto che lui avesse anche una ragazza. Per di più, neanche ciò che le scriveva la professoressa era confortante, infatti anche quest’ultima le aveva comunicato che fra i due non era nato lo stesso rapporto che avevano negli anni precedenti e, inoltre, lei aveva notato anche un allontanamento di Taylor dal gruppo avendo visto, spesso, le altre due amiche parlarsi in disparte di qualche segreto tagliandola fuori.

 

L’insegnante sapeva che Andromeda non avrebbe impedito a Ninfadora di seguire il proprio cuore ma si augurava solamente che, questo, prendesse una strada più semplice e meno rischiosa: nella prima lettera che ricevette dalla donna, quella in cui lei le chiedeva il favore di controllare la figlia, non c’era, difatti, alcuna parola di disprezzo verso Remus o verso ciò che era successo alla figlia. Piano piano l’umore della ragazza stava migliorando, almeno quando era in compagnia di altra gente, infatti durante le lezioni continuava ad avere lo sguardo perso nel vuoto per alcuni minuti, finché i professori non richiamavano la sua attenzione. Aveva provato a parlare con lei di questo poiché rischiava di mandare all’aria il proprio sogno di diventare Auror, ma Tonks continuava a sostenere che avrebbe recuperato e che i suoi voti non sarebbero peggiorati. Stava pensando a tutto questo mentre aspettava il suo ospite: alla fine la professoressa Sprite si era decisa a chiedere a Silente di poter invitare il ragazzo una sera al castello, in modo da parlare a quattr’ occhi con lui della situazione. Il preside aveva acconsentito credendo che le servisse un aiuto per  analizzare qualche pianta che avrebbe potuto aiutarlo a non trasformarsi durante l’apparizione della luna piena.

 

«Sempre puntuale a quanto vedo» disse la donna quando Remus aprì la porta del suo studio dopo aver bussato.

«Salve professoressa» rispose lui sorridendo e sentendosi sollevato e rattristato per non aver accidentalmente incrociato Tonks nei corridoi.

«Desideri una tazza di tè caldo?»

«No grazie sono a posto così. Proseguono bene le lezioni?»

«Si, anche se non vedo l’ora che arrivino le vacanze di natale per poter riposarmi un po’». I due si sorrisero. Lupin si guardò intorno alla ricerca delle pianta di cui gli aveva parlato il professore Silente, ma non vedeva nulla di particolare.

«Dobbiamo spostarci nella serra?» chiese.

«No. Mi dispiace deluderti ma non ti ho chiamato qui per questo motivo, Remus caro. Purtroppo sono ancora molto lontana da trovare una soluzione al tuo problema anche se ci sto lavorando molto con il professor Piton. Tranquillo lo tengo d’occhio io» aggiunse lei sorridendo quando vide lo sguardo stupito e diffidente che l’altro aveva lanciato sentendo che collaborava con qualcuno a cui lui non stava molto simpatico.

«Per cosa mi ha chiamato allora?»

«Ti volevo parlare Ninfadora Tonks. So che la conosci e so anche cosa è successo quest’estate: la tua trasformazione e il vostro addio» rispose la professoressa senza usare troppi preamboli poiché sapeva che non sarebbe servito a nulla. Remus si irrigidì sulla sedia e si strinse le mani per parere meno agitato di quello che era realmente.

«Lei non è a conoscenza di questo nostro incontro, nessuno lo è. Non ti voglio rimproverare: sappiamo entrambi che non era tua intenzione trasformarti davanti a lei e sappiamo quanto ti è costato ciò che è successo dopo» lui la guardò con aria stranita chiedendosi che cosa ne potesse sapere lei di quello che lui provava.

«Ti conosco Remus! Conosco il tuo sguardo teso e triste: è quello che avevi al funerale dei Potter mentre scoprivi che Black li aveva traditi. Da quel giorno quell’aria di tristezza non ti ha abbandonato ma, oggi, la vedo peggiore, come se ti stessi portando un grande peso sulle spalle. Quando ti ho visto parlare con Ninfadora, qualche anno fa, invece, il tuo sguardo era un po’ più leggero spensierato e lo hai sentito anche te!».

«Non riesco a capire. Non capisco cosa mi stia succedendo» iniziò Remus sapendo di non poter negare l’evidenza e sentendo il bisogno di parlare con qualcuno. «Non mi era mai successo qualcosa del genere. Ogni volta che si presenta la luna piena mi ritiro in angoli sperduti per non causare problemi. So perfettamente le date di quando questo si verifica e non me lo dimentico MAI; ma quella sera, quando l’ho vista uscire fuori in cortile non ho pensato a nient’altro. La volevo vedere, la dovevo vedere: ne avevo bisogno. Non ho idea di come mai mi faccia questo effetto, non ci conosciamo gran ché, ma quando sto con lei riesco a sorridere spontaneamente e la mia mente non è più immersa nelle preoccupazioni o nella malinconia che, invece, mi perseguita ogni giorno per quello che è successo e per ciò che potrebbe succedere. Quello che so, però, è che non posso assecondare queste mie sensazioni: sarebbe troppo complicato! Lei si merita una vita felice e tranquilla, non certo uno come me che si porta dietro abbastanza guai. Ho visto la vita che facevano i miei genitori per nascondere la mia mostruosità agli altri e li ho visti pieni di ferite al mio risveglio il giorno dopo la mia trasformazione, quando ancora non sapevo che cosa mi succedesse. Non posso far rischiare anche lei, dopo la trasformazione di quella sera mi guardava già con occhi diversi e si allontanava istintivamente da me. Il dirci addio è stata la cosa migliore che le potesse capitare» pronunciò l’ultima frase sotto voce con la faccia tra le mani e gli occhi pieni di lacrime.

«Remus» fece l’insegnante. che era di fronte a lui, con aria consolatoria. Lei allungò la mano per confortarlo ma lui si ritrasse per non perdere del tutto l’orgoglio che tutti i Grifondoro possedevano.

Il pianto durò pochi minuti e lui tornò a guardarla in faccia con gli occhi rossi sperando che lei gli desse ragione.

«Remus, quello che dici è giusto, ma l’amore, quello vero, non si può nascondere. Io lo vedo nei tuoi occhi e nelle tue lacrime, come te lo senti nel tuo cuore. Se lo negherai starai solo peggio mio caro».

«Ma io lo faccio per lei!»

«Dora è grande ed è intelligente: lascia che sia lei a scegliere per se stessa. O almeno dalle una spiegazione migliore così avrebbe un bel ricordo di te, se proprio vuoi che le resti solo il ricordo. Se lo merita!»

«Non riesco! So già che non ce la farei a dirle addio una seconda volta, per di più aprendole il mio cuore. Preferisco che mi continui ad odiare come ora. Sarà più facile per lei venirne fuori»

«Ma Remus caro, lei non ti odia! Non posso dirti ciò che prova per te ma ti assicuro che non è nulla di negativo»

«Come fai a saperlo? Ti ha detto qualcosa lei a riguardo?»

«No. Non rivelerò le mie fonti, ma fidati di me, dille la verità, ripeto, si merita almeno questo» concluse l’insegnante.

 

I due si fissarono per qualche momento in cui Remus cercava una risposta ma l’unica cosa a cui riusciva a pensare era il fatto che lei non lo odiasse. Voleva essere sincero con Dora ma aveva timore di ciò che sarebbe potuto succedere: se lei avesse insistito perché stessero assieme lui sarebbe stato ugualmente capace di fare ciò che era giusto e di farle avere la vita che più si meritava?. «Però almeno se fosse lei a dirmi di allontanarmi sarebbe più facile accettare la situazione anche per me. Si la rincontrò, ho deciso!».    

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Capitolo 9
*** Felice ***


Cap. 9_Felice

Felice.

 

Erano le vacanze di natale e Tonks stava cominciando a fare i compiti invernali per non trovarsi a doverli fare nelle prime settimane di gennaio quando sarebbe andata a casa di Cat per trascorrere il resto delle vacanze. Era, come suo solito, seduta sul davanzale con il libro aperto sulle gambe, non avendo bisogno di scrivere, quando qualcosa la spinse a girarsi verso il cortile che circonda la sua casa. In quell’istante incontrò lo sguardo di Remus che la osservava dal basso con la testa alzata e le mani nelle tasche dei pantaloni. La ragazza, inizialmente, non credette ai propri occhi ma poi si affrettò a raggiungerlo provando a non farsi sentire dai propri genitori.

 

Non era molto che l’aspettava: si era materializzato nel suo cortile da poco e l’aveva subito trovata alla finestra, sollevato di non dover entrare in casa rischiando di attirare l’attenzione di qualcun altro; questo era lo stesso motivo per cui aveva deciso di non incontrarla a scuola ma di aspettare le vacanze per cercarla poi a casa. Mentre l’osservava studiare cominciò a posare gli occhi sul suo viso e notò quanto fosse  bella, non che non l’avesse notato prima ma, ora, era indisturbato e poteva soffermarsi su di lei quanto desiderava senza essere in imbarazzo per il silenzio che si creava o senza essere continuamente attirato dai suoi occhi magnetici. Dopo qualche minuto lei si girò lentamente, come se avesse sentito il suo sguardo su di sé, e Remus rimase stupito nel leggere stupore sul suo viso invece della paura. Quando la vide scendere cominciò a sentirsi nervoso e iniziò a girare in tondo nella neve mentre si ripeteva in mente il discorso che si era preparato.

 

«Ma cosa ci fa qui?» pensava Tonks mentre prendeva una vestaglia pesante e scendeva le scale il più silenziosamente possibile, impresa molto ardua per lei. Corse giù per le scale felice che lui non avesse mantenuto la parola data nel loro ultimo incontro e che avesse deciso di presentarsi da lei. In quei mesi aveva molto desiderato vederlo: non solo per passare del tempo con lui, ma anche per scusarsi per il proprio comportamento e per aver reagito con rabbia e paura a ciò che era successo. Durante gli ultimi mesi di scuola aveva parlato molto con Cat ma a nessuna delle due veniva in mente un modo per avvicinarsi o mettersi in contatto con lui senza coinvolgere nessun altra persona. Quando uscì dalla porta di casa una folata di aria fredda l’avvolse, assieme all’odore della neve. Raggiunse il punto in cui Remus l’aspettava e rallentò il passo. A terra notò il segno delle suole delle scarpe del ragazzo, segno che era nervoso e questo non era di buon auspicio per la ragazza che vide anche un velo di tristezza nel suo sguardo.

I due si avvicinarono l’uno all’ altra quanto basta per non dover urlare ma Tonks non poté evitare di accorciare ancora un po’ la loro distanza.

 

«Ciao!» salutò la ragazza.

«Ehi ciao» ricambio Remus contento che lei gli si fosse avvicinata e che non avesse alcun timore né rabbia, «Sembra quasi che non sia accaduto nulla quella sera».

«Come stai?» chiese Tonks preoccupata che lui usasse la scusa che fosse stanco per poter andare via presto.

«Bene, grazie» sorrise Lupin «Te, invece?»

«Bene anche io»

«Dora scusa se mi presento così a casa tua senza neanche avvertirti e facendoti prendere freddo qua fuori, ma non posso entrare. Devo parlarti e non voglio rischiare che qualcun altro senta o interrompa questo incontro».

«Va bene. Non c’è nessun problema: i miei genitori sono in camera e sapevano che io avrei studiato questa sera, quindi non hanno intenzione di capitolare a sorpresa da me per evitare di distrarmi. Possiamo stare qui tranquilli.» disse Tonks che dentro si sentiva piena di curiosità e di timore che il discorso avrebbe preso un piega negativa come l’ultima volta.

«So che tua madre ti ha già raccontato tutto, ma vorrei farlo io ora per farti capire meglio ciò che provo e che ho provato. Voglio che tu sappia tutta la verità su di me! Te lo meriti e avevi ragione ad arrabbiarti l’altra volta»

«Questo non è vero!» lo interruppe la ragazza senza farlo concludere. «Non ho alcuna giustificazione per il tono che ho utilizzato. Ero arrabbiata e ho perso le staffe, ma avrei dovuto ascoltare con più calma le tue giustificazioni!»

«Dora» inizio Remus con tenerezza «Ti capisco! La tua reazione è giustificata: avrei dovuto parlartene o, per lo meno, avvertirti e non farti correre rischi».

«Ma...»

«Nessun ma Dora! Capisco»

La risposta della ragazza fu un silenzioso cenno del capo contenta che lui l’avesse capita e che non le portasse rancore.

 

«Allora cominciamo.»disse lui cercando di spronarsi, «Ero solo un bambino quando fui morso: era una notte di luna piena e io ero in vacanza con i miei genitori, stavamo visitando alcune foreste babbane per decidere in quale accamparci per la notte. Naturalmente sapevamo che non erano un luogo sicuro ma era nostra tradizione fare in questo modo, magari proteggendoci dagli animali con qualche incantesimo. Volevamo passare un notte tranquilli, sotto le stelle, non avremmo mai sospettato che da quelle parti si potesse aggirare un lupo mannaro. Il ministero aveva, anche allora, regole ferree per esseri come noi: dovevamo, e dobbiamo, registrarci ed esiliarci durante la luna piena per evitare di ferire qualche innocente quando perdiamo il senno. Ovviamente Fenrir Greyback non è famoso per il suo sottostare alle regole e, quindi, quando si trasforma è ben felice di mietere qualche vittima, soprattutto se si tratta di qualche bambino o babbano, poiché essi, a differenza dei maghi, una volta morsi, muoiono e non si trasformano. Mentre esploravamo le foreste ci è capitato di incontrarlo tra gli alberi ma era ancora giorno e quindi aveva un aspetto normale, anche se aveva un’ aria sospetta; per questo motivo quando gli passammo affianco e lui squadrò da capo a piedi mia madre, mio padre allungò il braccio per stringerla e proteggerla tirandola più lontana da lui e guardandolo in cagnesco. L’uomo ricambiò il suo sguardo come se lo sfidasse mentre noi camminavamo. Quando gli fummo quasi alle spalle lui lasciò perdere mio padre e rivolse il suo sguardo verso di me che mi irrigidì visibilmente stringendo forte la gonna di  mia madre, mentre  sul viso dell’uomo si dipingeva un ghigno che impauriva più del suo sguardo. Quando fu sera i miei genitori prepararono l’occorrente per dormire e sparsero qualche incantesimo di protezione mentre io mi aggiravo in cerca di qualcosa per giocare ms non trovando niente tornai dai miei genitori. Li vedevo che accendevano un fuoco e mia madre mi osservava avvicinarmi per tenermi d’occhio. Finito di mangiare restammo un po’ alzati a chiacchierare ma io non resistetti molto e mia madre mi portò nella tenda preparandomi adeguatamente per dormire. Stavo per addormentarmi quando sentii dei rumori strani, come se qualcuno si stesse avvicinando alla tenda. Provai a convincermi che fossero solo rumori della foresta e i miei genitori che, nel caso, i miei genitori erano fuori e si sarebbero accorti di qualcosa ma li sentivo parlare e ridere, eppure non riuscii a tranquillizzarmi. Ad un certo punto una strana creatura balzò sopra la tenda e la distrusse. I miei non fecero in tempo ad armarsi con le bacchette che la bestia mi colpì in faccia graffiandomi provocandomi la cicatrice che ho sul viso e mordendomi ferocemente. Svenni non appena il lupo mannaro allontanò le sue fauci dal mio collo e ciò che è successo dopo lo so solo da ciò che mi ha raccontato mio padre: non riuscivano a scacciare la bestia che era riuscita a raggiungerci poiché gli incantesimi erano troppo deboli dato che non ci aspettavamo nulla del genere, così mi presero in braccio e si smaterializzarono lontano da quel luogo. Da quel giorno la mia vita è totalmente cambiata e non abbiamo più fatto esplorazioni del genere». Ancora sentiva dentro di sé la tristezza e il dolore che aveva provato quella sera e al risveglio del giorno dopo. Era un dolore che era solo peggiorato nel tempo e che non c’era modo di far terminare o di dimenticare.

 

Tonks aveva ascoltato l’intero racconto in silenzio provando molta tristezza per ciò che gli era accaduto. «Possibile che si possa essere così crudeli persino con un bambino così tenero?», si chiese la ragazza, «Eppure era quello che è successo l’altra notte contro di me, ma il modo in cui l’uomo l’aveva guardato, quando non era ancora trasformato, sembra far capire che lui l’ avesse morso intenzionalmente, ma questo non è possibile! A scuola mi hanno insegnato che i lupi mannari perdono completamente il controllo quando si trasformano e non hanno alcun ricordo di ciò che accade. Come è possibile?». Guardò gli occhi di Remus che non ressero il suo sguardo né ora che lui stava prendendo una piccola pausa né durante il racconto. La sua espressione sofferente le faceva capire che non aveva ancora superato il trauma e che provava ancora dolore a parlare di ciò che era successo. «Forse è proprio per questo che non mi aveva raccontato nulla». Tonks non sapeva che cosa dire: ogni parola le sembrava inadatta e fuori luogo.

 

«Ho solo una domanda: ma come mai ha attaccato te e non i tuoi genitori che erano fuori dalla tenda? Sembrava che fosse stato un attacco appositamente pensato contro di te». Domandò infine la ragazza decidendo di dar voce ai propri dubbi.

«Vedi, Fenrir si è lasciato contagiare quasi totalmente dal tipico comportamento di un lupo mannaro quando si è trasformati da non possedere alcuna distinzione tra i due momenti, se non quella fisica. Per questo motivo riesce a ricordare e ad indirizzare la propria essenza bestiale verso un mirato soggetto a sua scelta, come se avesse il pieno controllo su ciò che fa anche se non è così *. All’inizio anche io mi domandavo come fosse possibile e, pensavo di essere l’unico a non essere capace di prendere il sopravvento nelle trasformazioni, ma poi, quando venni a scuola e parlai con il professor Silente della mia condizione mi rivelò che quello che mi succedeva era del tutto normale. Neanche i miei genitori sapevano molto sull’argomento e io non avevo tanto coraggio da cercare in qualche libro alcune informazione: ero ancora turbato per l’accaduto e volevo pensarci il meno possibile. Per i miei genitori fu una vita difficile piena di bugie che erano costretti a raccontare anche ai propri famigliari o amici più intimi, per di più c’era anche il rischio che io non potessi frequentare Hogwarts, cosa a cui loro tenevano molto. Per questo, quando ricevetti la lettera, al mio undicesimo compleanno, sembravano molto più felici e sollevati loro di me». Gli scappò un sorriso ripensando a sua madre che saltellava per l’intero salotto con la lettera stretta tra le dita. «Il preside chiese anche a loro un colloquio in cui spiegò che durante le notti di luna piena avrei dovuto utilizzare il passaggio segreto, che lui stesso costruì, nascosto all’interno del platano picchiatore e che conduceva alla stamberga strillante. Ne avrai sicuramente sentito parlare ad Hogsmade». Tonks annuì continuando a rimanere in silenzio affascinata da quel racconto.

«In realtà quel luogo non è mai stato infestato dagli spiriti, ma le urla e gli ululati che si udivano erano i miei mentre mi trasformavo. Lì ero sicuro che nessun mi scoprisse e di non causare alcun danno. L’allontanamento dalla scuola per un paio di giorni al mese è stato un buon compromesso per me, beh per chi non lo sarebbe» concluse facendo un occhialino alla ragazza che sorrise per la battuta. Remus era stupito: non gli era mai capitato di riuscire a scherzare su questo argomento e, seppur con qualche iniziale difficoltà, ora le parole gli fluivano tranquillamente senza che provasse imbarazzo. Si sentiva totalmente a suo agio e questo non gli era mai successo, neanche con i suoi migliori amici quando dovette raccontare a loro la stessa storia. «Perché mi fai questo effetto?!» si domandò lui con esasperazione sapendo che se non si fosse mai sentito in quel modo sarebbe stato molto più facile allontanarsi da Dora. Lei continuava a fissarlo come se sapesse che il discorso non era realmente finito ma che gli serviva, di tanto in tanto, una piccola pausa.

«I miei amici» riprese lui «non erano a conoscenza della mia condizione anche se erano abbastanza sospettosi. Quando lo vennero a sapere decisero di non lasciarmi solo nelle mie trasformazioni e in quel momento capii quanto fossero speciali ed unici», sentiva che le lacrime premevano sugli occhi per uscire ma cercò di trattenerle mentre la voce gli si incrinò, Tonks gli si avvicinò e gli strinse la mano per fargli coraggio. Lui non si ritrasse. «Diventarono animagus e ogni mese ci recavamo, tutti assieme, alla stamberga strillante e passavamo lì la notte». Si dovette fermare un altra volta per dare libero sfogo alle lacrime che non era riuscito a trattenere nel ricordare quei momenti felici che non avrebbe più riavuto perché due dei suoi amici erano morti e uno era il loro assassino. «Non ho idea del perché l’abbia fatto! Dora! Eravamo tutti così uniti! Mai una litigata, mai niente di niente eppure lui ha ucciso Peter e poi ha tradito James!» disse mentre la ragazza gli stringeva la testa con le braccia dopo che lui si era accasciato a terra costringendola ad inginocchiarsi a sua volta. «Sirius! Perché l’hai fatto?? È mai possibile?». Passarono in silenzio diversi minuti prima che Remus potesse essere in condizioni ideali per continuare la discussione.

«Non posso Dora!» disse Remus alzandosi e allontanandosi dalla ragazza. «Non posso chiederti questo! Sono venuto qui unicamente per darti qualche spiegazione sulla mia vita e sulla mia decisione di stare lontano da te. Sento che fra di noi c’è qualcosa di importante che ci unisce ma non posso, non voglio farti vivere nella stessa condizione in cui ho vissuto fin’ ora io e i miei genitori! È difficile per me, quanto lo è per te, ma è meglio così». Concluse piangendo ancora più di prima e sentendo un gran dolore al petto.

 

Tonks, che era stata in silenzio fino ad allora, trattenne le lacrime decisa a mostrarsi forte e non come una bambina che va difesa. Sapeva esattamente che cosa dirgli: durante la scuola aveva parlato con Cat e, assieme, erano arrivate alla conclusione che lei fosse innamorata di Remus. In realtà l’aveva sempre saputo nel profondo del suo cuore, ma solo quando l’amica glielo fece notare lei fu capace di rendersene conto realmente e, ora, era più che mai pronta a fare di tutto pur di stare insieme all’uomo che amava. Quando lui ebbe pronunciato le sue ultime parole e si fu allontanato da lei decise che era arrivato il momento.

 

«No! Remus io non sono per nulla d’accordo. Io provo qualcosa per te e per questo...» non riuscii a proseguire oltre poiché le labbra di Remus, che si era avvicinato a lei di colpo, le si stamparono sulle proprie in un bacio inaspettato ma atteso, furtivo ma dolce. Dora rimase felicemente sorpresa da quel gesto che aveva tante volte sognato sia ad occhi aperti che chiusi. Sperava che non finisse mai anche se sapeva, in cuor suo, che prima o poi si sarebbero dovuti separare. «Questo è stupendo! Ne vorrei mille altri ancora!» pensò lei.

Remus non aveva ancora realizzato ciò che aveva fatto. Non era riuscito a trattenersi quando ebbe la conferma che ciò che sentiva per la ragazza era contraccambiato; non poté più controllare il proprio corpo che era stufo di tenersi alla lontana da lei: ci aveva provato in tutti quegli anni, questi ultimi mesi e questi ultimi attimi, ma alla fine aveva ceduto. «So che dovrei starle lontano ma non ci riesco!» fu ciò che pensò Remus mentre allontanava impercettibilmente il viso da quello di Dora per poi appoggiarsi con la propria fronte alla sua e stringendole le mani, felice.

 

 

 

 

*  Questa è una mia totale invenzione: in nessun libro o sito ho trovato qualcosa che confermasse ciò e l’ho messo in questo modo solo perché combaciava bene con la storia che ho, inoltre, inventato sul morso a Remus, poiché da nessuna parte ho trovato qualcosa che parlasse neanche di quella.

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Capitolo 10
*** Il giorno dopo (parte 1) ***


Il giorno dopo (parte 1)

 
Rimasero in quella posizione per quanto? Nessuno dei due l’avrebbe saputo dire. Era parso ad entrambi un lasso di tempo interminabile ma troppo corto allo stesso tempo da quando le loro labbra si erano incontrate a quando avevano sentito dei passi nelle vicinanze si erano staccati di scatto spaventati che qualcuno potesse vederli. Il più allarmato era Remus che temeva la reazione dei genitori della ragazza, non per cosa stava facendo ma con chi. Da quel momento nessuno dei due proferì parola non sapendo come comportarsi e le parole che venivano in mente sembravano inappropriate.
 
«Forse è meglio se rientri in casa» disse il ragazzo quando vide Tonks tremare per il freddo.

«Che cosa succederà se entro? Sparirai di nuovo?» chiese lei incrociando le braccia al petto per proteggersi dall’aria fredda che sentiva.
 
Il suo tono non era accusatorio ma impaurito, infatti era da qualche minuto che sentiva freddo ma non aveva il coraggio di allontanarsi da lui per il timore che poi non si dovessero vedere per qualche tempo come succedeva di solito: voleva mettere prima in chiaro le cose, anche se non sapeva come fare e cosa dire.
Remus non rispose poiché non sapeva neanche lui che cosa fare in quella situazione. Quando si era presentato a casa sua non aveva intenzione di far capitare ciò che era capitato e si era preparato per tutt’altro. Aveva immaginatola tristezza della ragazza ma si era imposto di non cedere a nient’altro che ad un abbraccio per consolarla. Si era spinto troppo in là e ora non sapeva come venirne fuori. «È sbagliato, assolutamente sbagliato!come posso aver fatto IO una cosa del genere? Le rovinerò la vita». Senza che se ne accorgesse una lacrima cominciò a solcargli il viso. Dora, quando la vide, avvicinò istintivamente la propria mano al suo viso per asciugargliela. Fu in quel momento che Remus si riscosse dai propri pensieri ma non si scansò. Tonks sorrise vedendo che la lasciava fare e prese coraggio per esprimere ciò che le passava nella mente.
 
«Era da tanto che desideravo un tuo bacio Remus!» il suo sorriso si allargò quando vide che anche lui aveva iniziato a farlo. « So che cosa stai pensando, me l’hai già detto, ma io voglio stare con te! Ciò che proviamo non è sbagliato e non mi interessa che cosa pensano gli altri. L’unico motivo per cui non ho detto niente a nessuno gli anni scorsi era perché temevo di essermi solo illusa che le tue attenzioni verso di me fossero speciali. Avevo paura di vedere solo ciò che volevo vedere e non volevo andare in giro a raccontarlo solamente per questo motivo. Ma ora che so che quello che provo è corrisposto non voglio fermarmi o negarlo solamente perché te sei un lupo mannaro e perché questo vuol dire che non sarà una situazione facile. Io non voglio che sia facile. Io voglio te! E non mi importa cosa questo comporti!».
 
Seguì qualche istante di silenzio in cui Remus osservò la determinazione che dipingeva gli occhi della ragazza che gli stava davanti e sentendo la felicità che gli percorreva l’intero corpo mentre ripensava a ciò che gli aveva appena detto.
 
«Dora... Io non so davvero cosa dire! Le tue parole mi rendono molto felice ma non posso dimenticare la sofferenza che mi segue ovunque vada e ogni rapporto che stringo con qualcuno. Ho... avevo degli amici che mi sostenevano ma poi sono capitati altri guai che li hanno portati via da me e, anche se non è dipeso da me e dalla mia condizione, non riesco a smettere di pensare di quanto la mia vita sia destinata alla solitudine. Ma da quando ho incontrato te ogni volta che la disperazione prende il sopravvento il mi compare il tuo viso come se fosse, come ora, davanti ai miei occhi e la felicità invade ogni parte di me! Per questo motivo non riesco a resistere e a tenermi lontano da te. Per questo motivo mi sento così bene quando sono assieme a te. Per questo motivo ti ho baciato, e non me ne pento!» Si prese una piccola pausa per contemplare la felicità che la ragazza non riusciva a nascondere

«Quindi, per rispondere alla domanda di prima: no non sparirò di nuovo; ma è meglio se ora rientri in stanza o ti ammalerai» concluse accarezzandole la guancia con il dorso della mano mentre annuiva piano.
 
Una volta in stanza Tonks si sdraiò sul letto, del tutto dimentica di ciò che stava studiando, e si portò le mani sulla labbra senza riuscire a credere a ciò che era appena successo: finalmente Remus era deciso a smettere di negare ciò che provava per lei ed era pronto a correre i rischi! Non riuscì a trattenere un gridolino di gioia e, subito, si tappò la bocca per non rischiare di svegliare i suoi genitori.
Si alzò ed indossò il pigiama mentre pensava al bacio e alle sensazioni che aveva provato: era stato un gesto inaspettato e molto più bello di quanto avesse mai immaginato nella sua mente infinite volte. Non pensava che si potessero provare così tante sensazioni in un unico momento, ma la più grande era la felicità che ancora non l’abbandonava.
Senza accorgersene si lasciò trasportare nel mondo dei sogni anche se il suo sogno era appena diventato realtà.
 
Remus si era appena materializzato in una casa che aveva trovato qualche settimana prima in un paesino  a sud di Londra con pochi abitanti che non uscivano molto spesso di casa. Non gli importava cosa fosse successo a quelle persone per spingerli a non mettere piede fuori casa se non per le emergenze; gli bastava solo che nessuno si accorgesse di lui e delle sue eventuali sparizioni. La casa non era granché ma almeno il tetto era intero e lo riparava dal tempo, per il resto poteva riscaldarsi con qualche piccolo incantesimo evitando di strafare per non attirare l’attenzione dei compaesani babbani.

«Incendio».

Disse puntando la bacchetta contro un mucchio di legno che aveva sistemato di fianco al letto in modo che la notte trascorresse in modo confortevole. Una volta sistemato tutto si permise di riflettere su ciò che aveva appena fatto.

«L’ho baciata! Finalmente! Non resistevo più. Poi le parole che ha detto... mi sembrava di toccare il cielo con un dito! Ora capisco quello a cui si riferiva James quando parlava di Lily! per molto tempo avevo solo potuto immaginare queste sensazioni anzi, fino a ieri le immaginavo solo, mentre ora... ora sono realtà. Una stupenda realtà!». Si sdraiò supino e si portò le mani dietro la testa mentre il volto di Dora gli si affacciava in mente facendogli illuminare gli occhi e sorridere.

«Quanto è bella! Adoro il suo viso e i suoi occhi, ma ancora di più i suoi capelli! Basta osservarli per capire che cosa prova, anche se neanche il suo viso riesce a nasconderlo totalmente. É così tenera! Soprattutto quando è imbarazzata. sembra una bambina, ma è evidente che non lo è visto il discorso che ha fatto e poi l’espressione che aveva assunto dopo il nostro bacio, oh diamine è così bello pronunciare queste parole, trasmetteva contentezza ed estasi. Beh ì, d’altronde era ciò che provavo anche io, ma vederlo dipinto sul suo volto è stato indescrivibile!».

Trascorse l’intera notte in quella posizione e ripensando a ciò che era successo dalla prima all’ultima volta che si erano incontrati senza sentirsi stanco nonostante non chiudesse occhio per l’intera notte.
 
 
«Dora è pronto il pranzo» disse Andromeda senza alcun entusiasmo: provava un grande fastidio quando la figlia passava l’intera mattinata a letto senza fare nulla, anche se era in vacanza.  L’aveva chiamata anche prima ma la ragazza non aveva sentito e ora voleva vederla sveglia anche se avrebbe significato buttarla giù dal letto.

«Ci sono, ci sono. Solo un attimo» disse la figlia sbadigliando e con i capelli spettinati mentre apriva gli occhi.
 
Subito le venne in mente ciò che era successo la sera prima e saltò giù dal letto invasa da un’ euforia che non la faceva stare ferma. La madre la guardò sgranando gli occhi e chiedendosi cosa le desse tutta quella vitalità, ma non poté pronunciare nulla poiché il bacio che ricevette sulla guancia la lasciò totalmente spiazzata.
Il pranzo proseguì silenziosamente mentre i due genitori osservavano la figlia che non smetteva di sorridere e di ringraziare ogni volta che le passavano qualche cosa. Solo il rumore delle ali di un gufo fece distogliere loro l’ attenzione. Il padre si alzò per vedere leggere la posta.
 
Cari signori Tonks,

È con rammarico che vi scrivo questa lettera non avendo nessuna voglia di intrattenere neanche la minima forma di contatto con voi.
Sapevo che dalla vostra unione non sarebbe potuto nascere nulla di buono, l’ho sempre detto ad Andromeda, ma lei non mi ha voluto mai ascoltare. Poverina mi fa solo pena! Non solo si è ritrovata a sposare un babbano fallito e povero, infatti, se non avessi la certezza che il signor Tonks sia un babbano penserei che abbia usato qualche sortilegio per convincere Andromeda a sposarlo.
Voi portate solo disgrazie e vergogna. 
Inoltre anche partorito un animagus: un essere che non ha neanche una forma definita che, per giunta, intrattiene rapporti intimi con quella feccia di lupo mannaro! Ma d’altronde che cosa mi potevo aspettare? Almeno la piccola ha avuto la decenza di tenerlo nascosto anche a voi, sa che è vergognoso e spero che voi abbiate altrettanto sale in zucca da farle smettere di frequentarlo in modo da non umiliare ulteriormente la nostra famiglia.
Ho scoperto di questo squallore ieri sera quando un mio compare, il quale si stava aggirando intorno a casa vostra per controllare che non vi osiate a ribellarvi al ritorno del mio signore.
Ormai è inutile nascondervi che abbiamo trovato il modo per comunicare fra di noi visto che è grazie a questo che sono riuscita ad inviarvi questa lettera.

Non lasciate che vostra figlia faccia il vostro stesso errore.
La nostra famiglia non l’accetterà mai, in quanto mostro, ma almeno salverà un minimo di reputazione.

Se ciò non avverrà sarò io stessa a darle la punizione che si merita per il tradimento!
Con questo concludo questa lettera,
 
 
P.S.: Spero che il sapere di essere osservati vi abbia messo abbastanza terrore.
 
 
Bellatrix Lestrange.
 
 
Mentre leggeva questa lettera Ted non si era spostato dall’ingresso ed era rimasto in piedi dopo che aveva riconosciuto la scritta della sorella della moglie, anche se non scriveva spesso la sua calligrafia era inconfondibile: sottile ed elegante come quella di ogni donna nobile, come se dovesse rispecchiare il suo animo finto; ma nonostante la finezza delle lettere trasmettevano violenza e cattiveria. Non rimase stupito dal contenuto, infatti aveva capito che ci fosse qualcosa tra sua figlia e Remus dall’estate prima, quando era dovuto andarla a salvare dalla sua aggressione. Non aveva detto nulla alla moglie perché preferiva aspettare che fosse la figlia a parlare e ora non sapeva se le avrebbe fatto leggere la lettera. Sapeva che non doveva dare ascolto alle parole della cognata, ma non poteva ripetersi che sua figlia non avrebbe avuto una vita facile.

«Io le voglio bene e non smetterò MAI di volergliene, ma avrei preferito di meglio per lei, non che Remus sia una cattiva persona, ma sarà capace di rendere felice mia figlia nonostante la sua situazione?».

Scrollò la testa stupito e schifato dei propri pensieri, poiché erano le stesse parole che i Bleck avevano pronunciato ad Andromeda prima che lui la sposasse.

«Non posso pensarla come loro! Non mi interessa di chi è innamorata mia figlia, basta che la tratti bene e che la renda felice. Il resto è una sua scelta!».

Convinto da questi pensieri si affrettò a tornare in cucina dove, facendo finta di nulla, continuò il pranzo tornando ad osservare la figlia e la sua felicità. Finalmente ora sapeva a cosa era dovuta e questo rafforzò i pensieri che aveva fatto appena prima.
 
Era quasi sera quando Ted decise di parlare a sua figlia visto che quel giorno non doveva lavorare, essendo domenica, e aveva riflettuto tutto il pomeriggio sulla lettera arrivata e su ciò che aveva scoperto: non poteva lasciare che sua figlia si tenesse tutto dentro, doveva sapere che loro l’avrebbero accettata così da poterla aiutare e starle accanto. Bussò alla porta della stanza, non aveva idea di cosa la figlia stesse facendo là dentro ma era da dopo pranzo che non si era mossa da là.
 
Tonks sentì bussare alla porta e distolse l’attenzione dal panorama al di fuori della sua finestra, che aveva fissato tutto il tempo nella speranza di scorgere nuovamente Remus che la osservava e le sorrideva.
 
«Avanti» disse prendendo posto sul letto e prendendo il primo libro che le capitò sotto mano per fingere di star studiando.
Il padre sorrise a vedere che aveva aperto il libro all’incontrario e non se ne era neanche accorta. «per quanto ci prova non è capace di fingere. È così ingenua!».
 
«Dora, ti va se un parliamo un po’?»
 
«Si, dimmi papà» rispose mentre chiudeva il libro e il padre si sedeva di fianco a lei sul letto.
 
«Come vanno le vacanze? Ti mancano le tue amiche? Ho visto quanto eri felice oggi a pranzo... ti hanno per caso inviato qualche lettera?»
 
«Vediamo se me lo dice lei di sua spontanea volontà. Speriamo!» pensò Ted.
 
«N-no non mi hanno scritto nulla. Non vedo solo l’ora di andare da Cat per la festa di capodanno e poi rimanere là con Taylor!»
 
«Si vedeva davvero così tanto che ero felice? Eppure pensavo di esser riuscita a controllare il colore dei miei capelli come aveva imparato grazie alla pazienza di Cat durante l’inizio dell’anno» pensò Tonks.
 
«Allora, come pensavo, è dovuto ad altro il tuo buon umore» le disse facendole un occhiolino, come per farle capire che si poteva fidare.
 
La ragazza non rispose, «Che fosse lui che avevamo sentito ieri dopo il bacio?» un sorriso le si dipinse sulle labbra, ma non voleva ancora parlarne: sapeva che i suoi genitori le volevano bene ma non sapeva se l’avessero accettato e non voleva rovinare tutto ora che finalmente andava tutto a gonfia vele. «Ma perché non si è fatto vedere?». I suoi pensieri furono interrotti dal padre che le strinse la mano con fare rassicurante.
 
«Dora...»
 
«Accidenti non so proprio come cominciare il discorso, eppure ci ho pensato su tutto il tempo finché... NO! Glielo devo dire, me lo sono appena aveva finito di pranzare»
 
«Dora» riprese, «so cosa è successo ieri sera tra te e Remus. No non dire nulla» si affrettò ad aggiungere quando la ragazza aprì la bocca pronta a ribattere qualcosa. Aspettò che lei annuì prima di continuare.
 
«Voglio che ascolti attentamente cosa ti sto per dire, figlia mia. Io so che cosa provi, anche io mi sentivo strano quando scoprì che tua madre era una strega, ma era troppo tardi per negare i sentimenti che provavo per lei. Te avrai dovuto passare la stessa cosa quando Remus si è trasformato davanti a te, neanche tua madre aveva mai trovato il coraggio di dirmi cos’era e io l’ho scoperto quando i suoi genitori mi urlarono il motivo per cui non potevo frequentarla: lei mi aveva sempre detto che l’unico problema erano i soldi, mentre mi tenne nascosta la parte più importante della sua vita. Avrei dovuto farti questo discorso la sera che ti salvai dall’aggressione, ma non sapevo che i tuoi sentimenti per lui erano tali da superare un simile ostacolo, non sono mai stato bravo a capire subito questo genere di cose» disse sorridendo ricordando quanto tempo aveva impiegato per capire di piacere seriamente a sua moglie.

«Sono felice che nessuno dei due si sia fatto sopraffare dalla paura fino al punto di negare e non vivere i sentimenti che provate. Insomma quello che ti voglio dire e che io e tua madre ti volgiamo bene e ci interessa solo la tua felicità e non con chi l’hai trovata. Per di più Remus è un bravissimo ragazzo di cui ci si può fidare molto, da quello che racconta tua madre, che di certo lo conosce meglio di me. » si affrettò a concludere quando vide l’impazienza che Tonks aveva di dire qualcosa.
 
«Mi sono sempre chiesto come faccia ad appartenere alla casa di Tassorosso».  Pensò trattenendo a stento un sorriso.
 
«Papà...» la ragazza era molto stupita da ciò che aveva sentito, «Ti ringrazio per quello che hai detto e sì io sono molto felice!» disse non riuscendo ad evitare di abbracciarlo stringendolo forte.
 
L’uomo rispose accarezzandole un po’ la schiena felice e sentendo un peso che lasciava il suo petto.
 
«Oh piccola, allora sono felice anche io. Ah quasi dimenticavo... Fuori c’è qualcuno che ti aspetta. Ha detto che te avresti saputo dove cercare!».
 
Tonks si staccò di scatto da lui guardandolo con sorpresa «Che fosse lui? Oh speriamo!». Si alzò e corse vero la porta della stanza con trepidazione.
 
«Dora!» la chiamò il padre un ultima volta.
 
«Tua madre non sa ancora nulla: sappiamo entrambi che vorrebbe venirlo a sapere da te!»
 
«Sì! Me ne occuperò più tardi però. Grazie mille» e si lasciò la stanza alle spalle correndo fuori di casa facendo attenzione a non farsi beccare dalla madre che stava preparando la cena.
 
*********************************
 
Ciao!
Lo so, lo so mi meriterei di essere lincita per quanto tempo ci ho messo ad aggiornare.
È stato un periodo stressante e ho preferito aspettare che passasse tutto per evitare di rischiare di scrivere male il capitolo.
Vi chiedo umilmente perdono e spero che, comunque, il capitolo vi sia piaciuto lo stesso.
Baci,
DicsFlower.

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Capitolo 11
*** Il giorno dopo (parte 2) ***


Il giorno dopo (parte 2)
 
Remus stava aspettando che Ninfadora scendesse da lui per salutarla e intanto ripensava a ciò che era successo durante la giornata, ancora sorpreso.
 
Flashback:
 
Era rimasto molto sorpreso dalla lettera che aveva ricevuto dopo pranzo dal signor Tonks che gli chiedeva di vederlo nel pomeriggio appena sarebbe riuscito a liberarsi. L’uomo non aveva lasciato nessun indizio  riguardo a cosa dovevano parlare ma Lupin sapeva che ci poteva essere solo un unico motivo che causasse questo comportamento e dalla lettera non traspariva nulla di negativo ma neanche di positivo. Per un paio d’ore rimase indeciso sul da farsi: sapeva che doveva presentarsi per provare che ciò che sentiva per Ninfadora era qualcosa di vero e forte, ma una parte di lui voleva anche rimandare l’incontro per potersi preparare meglio e per, magari, decidere con la ragazza cosa dire ai suoi genitori. Alla fine decise di prendere coraggio e di presentarsi quel giorno stesso, avendo impiegato molto tempo a scegliere non spedì alcuna lettera alla famiglia ma si smaterializzò nel cortile della casa pronto per bussare alla porta. La mano stava per colpire il legno quando:
 
«Sapevo che saresti venuto»  disse il signor Tonks che aveva aspettato in cortile l’ospite per assicurarsi di riuscire a parlarci per primo.
 
Remus si girò di scatto sorpreso e un sudore freddo cominciò a pervadergli il corpo.
 
«Salve signor Tonks. Scusate se mi presento solo ora. Mi dispiace avervi fatto aspettare molto, soprattutto qui fuori al freddo»  disse mentre si allontanava dalla porta d’ingresso e si avvicinava all’uomo per stringergli la mano.
 
«Oh figurati, non è un problema. Non si sta poi così male fuori oggi: c’è il sole e basta essere ben coperti»  disse l’uomo indicando la propria sciarpa e il giaccone che indossava.  «Vieni, facciamo una camminata».
 
I due cominciarono a passeggiare e il suono dei piedi che calpestavano la neve soffice era l’unico rumore che rompeva il silenzio carico di tensione che entrambi mantenevano, l’uno per il non sapere come iniziare il discorso, l’altro per voler dar tempo all’uomo di organizzare quello che, pensava, sarebbe stato una specie di interrogatorio.
 
Passarono molti minuti in questa situazione quando il padre della ragazza si fermò e si girò verso Remus.
 
«Remus, io quest’oggi a pranzo ho ricevuto una lettera. In realtà l’ha ricevuta la famiglia ma sono l’unico che l’ha letta».
 
«Una lettera? Ma di che sta parlando? Forse non vuole parlare del bacio che ho dato a Dora ieri»  pensò Lupin senza sapere se esserne sollevato meno.
 
«Deduco, dal tuo silenzio, che non ne sia a conoscenza»
 
«No signore, non ho idea di cosa stia parlando»
 
«Oh andiamo Remus! Te l’ho detto anche a cena la scorsa estate: non darmi del “lei”»  disse l’uomo sorridendo.
 
«Mi viene naturale. Scusami»
 
«Ecco così va meglio. Comunque, ritornando alla lettera, vi era descritto ciò che è avvenuto la scorsa sera tra te e Dora»  nel sentire queste ultime parola Lupin riprese ad essere preoccupato
 
«No! Non mi interessa cosa mi dirà! Io voglio Dora e ora che so che prova anche lei quello che provo io non me la farò di certo scappare!»  pensò il ragazzo deciso a lottare.
 
«Ted, senti, mi dispiace. Mi dispiace che l' hai saputo del fatto in questa maniera e non da me e Dora, ma ti assicuro che non è stata una decisione frettolosa la nostra e so quanto questo possa crearti fastidio o rammarico, ma io provo qualcosa per lei e, sebbene ancora non ci conosciamo alla perfezione, io sento che lei è molto importante per me. Lo è sempre stata! Non riesco a spiegartelo a parole ma è qualcosa che ho provato dalla prima volta in cui l’ho vista».  Neanche Remus sapeva come gli fossero uscite quelle parole, non si era preparato un minimo di discorso eppure gli era piaciuto ciò che aveva detto e sperava di aver fatto una buona impressione nonostante la tensione della situazione.
 
«Rammarico? E per cosa mi dovrei rammaricare ragazzo?»
 
«Beh te conosci la mia situazione, Ted. Hai avuto la sfortuna di scontrarti con me e ti chiedo nuovamente scusa per l’accaduto. Come ti ho già detto tempo fa per lettera non era mia intenzione ferire né te né Dora»
 
«Quella è acqua passata, caro. So che ti dispiace e so che non volevi fare del male a nessuno. Nessuno ti incolpa per ciò che è successo»  disse l’uomo appoggiando una mano sulla spalla di Remus con fare comprensivo.
 
«Remus, io non ti ho fatto venire qui per farti una ramanzina. Andromeda mi parla di te come una persona coscienziosa, quindi immagino che te ci abbia pensato su prima di baciare mia figlia»
 
«No, Ted. O meglio... Sì ho pensato molto alle conseguenze ma ieri ho agito di istinto senza riuscire più a trattenermi»
 
«Ma comunque ci hai pensato su. Forse è meglio se sono più chiaro: Remus, io non ho nulla in contrario al fatto che te e mia figlia stiate assieme. Mi fido abbastanza di entrambi. Sta mattina ho visto l’espressione di Dora mentre mangiavamo ed era al settimo cielo, non l’avevo mai vista così nonostante non abbia avuto una vita difficile e avesse sempre il sorriso stampato in faccia. per questo motivo io non voglio essere uno dei molto ostacoli che incontrerete nella vostra vita, e anche Andromeda la penserà così, ne sono certo!»  mentre ascoltava queste parole Remus non poté non sorridere mentre l’ansia lasciava il posto alla gioia per essersi liberato di un peso enorme.
 
«Ma ora...» Proseguì Ted, «Ti chiedo solo una cosa: renderai felice mia figlia?»
 
«Questo non lo so Ted. Ti posso, di certo, dire che farò di tutto per farlo perché dalla sua felicità dipende anche la mia!»
 
«Risposta saggia. Mi piace! Mia moglie aveva proprio ragione sul tuo conto. Proprio l’opposto della mia piccola ma forse è proprio questo ciò che vi unisce». Concluse l’uomo sorridendo.
 
«Ti ringrazio per quello che hai detto Ted»
 
Fra i due calò il silenzio mentre una brezza fredda sfiorava i loro visi.
 
«Ma di chi era la lettera?» Chiese Remus curioso.
 
«Ecco cosa mi stavo dimenticando: avevo la sensazione di non aver detto qualcosa. Vedi, ragazzo mio, la lettera è stata spedita da Bellatrix Lestrange, ne avrai sentito parlare, immagino»
 
«Sì certo, mi sono già scontrato con lei diverse volte. Vi ha minacciato?»
 
«Non voglio nasconderti nulla, in modo che te sia preparato , quindi sì ci ha minacciato. Sostiene che voi stiate facendo qualcosa di sbagliato e di abominevole, ma io non la penso così e non ho alcuna intenzione di farmi intimorire da quella donna e di dargliela vinta!»
 
«Neanche io! Non ho mai avuto nessuna paura di lei, solo odio e queste notizie non fanno altro che alimentarlo. So che l’odio è un sentimento negativo, ma è ciò che provo e non lo nascondo»
 
«Non c’è bisogno che ti giustifichi: siamo nella stessa situazione! So perfettamente come ti senti: anche io ero considerato un errore per la famiglia di Andromeda, per questo non avuto dubbi sull’accettarti, e mia moglie è stata cacciata dalle stesse persone che fino al giorno prima considerava tra le più importanti, nonostante il male che le facevano. Ma chiudiamo qui il discorso. Oggi è per te una bella giornata e non volgo certo rovinarla io. Ora vado a chiamare mia figlia».
 
«Sì penso anche io che sia meglio rimandare ad un’altra volta quando saremo tutti assieme. La aspetto qui sotto allora»  disse Remus sorridendo all’uomo nonostante la notizia appena ricevuta.
«Ora ho un motivo in più per rendere felice Dora: per far vedere a quella delinquente che si sbaglia sul mio conto! »  pensò mentre l’uomo si dirigeva verso la porta di casa.
 
Fine flashback
 
Dora non ci poteva credere: lui era davvero la davanti a lei, non l’aveva sentita arrivare. Rimase un qualche secondo a fissarlo: le piaceva l’aria che aveva: sembrava assorto nei suoi pensieri e rilassato. Gli si avvicinò toccandogli appena il braccio come quando si cerca di svegliare qualcuno che dorme senza farlo spaventare.
 
Remus si girò di scatto e si ritrovò come immobilizzato davanti alla ragazza senza sapere che cosa fare e come comportarsi: non sapeva se doveva salutarla normalmente, abbracciarla o baciarla, non ci aveva minimamente pensato e ora si sentiva uno stupido per non averlo fatto ma non era più stupito della sua disattenzione viste le numerose volte che gli era capitato quando si trattava di lei.
Per fortuna lei  non aveva gli stessi problemi e seguì il proprio istinto e l’abbracciò stringendolo per la gioia che le aveva procurato presentandosi a casa sua e chiarendo la situazione con il padre. Remus ricambiò il gesto felice e con il cuore che gli martellava nel petto. I due si allontanarono di qualche centimetro sorridendo l’uno con lo sguardo immerso negli occhi dell’altra. Senza che neanche se ne accorgessero i loro visi si avvicinarono piano piano finché i due non si trovarono a scambiarsi un bacio carico di piacevoli sensazioni. dora si sentiva sicura tra le sue braccia che le cingevano la vita mentre le proprie erano appese al suo collo mentre passava le mani tra i suoi capelli.
 
«Ciao»  Disse la ragazza in modo dolce quando le loro labbra si staccarono.
 
«Ciao»  Rispose Remus mentre con il dorso della mano le accarezzava il viso.
 
«Mio padre mi ha parlato...» iniziò a dire Dora mentre gli si affiancava per fare una passeggiata insieme a lui. «sa tutto» disse sorridendo.
 
«Lo so...» sorrise anche lui «è stato lui a chiedermi di venire. Non che non volessi vederti, ma non sapevo che scusa utilizzare con i tuoi genitori»
 
«Penso che il rumore che abbiamo sentito ieri sera fosse lui che era in giardino. Magari deve avermi sentito scendere ed era preoccupato»
 
«No Dora. Lui l’ha scoperto in u altro modo, ma ora non ne voglio parlare: ora voglio solo godermi questo momento sereno con te...» disse prendendole la mano tra le proprie e fermandosi davanti a lei «Quindi ti chiedo di mettere a freno la tua curiosità, almeno per ora» le chiese sorridendo.
 
«Mmm... Beh per passare un po’ di tempo tranquilla forse potrei farcela. Sottolineo il forse» scherzò lei felice per le parole che Remus aveva appena pronunciato.
 
«Grazie. Allora come va con la scuola?»
 
«Non si era detto di voler parlare di qualcosa di sereno?» rispose la ragazza un sorriso divertito. «Va bene comunque: Silente mi mette abbastanza sotto pressione ma credo di cavarmela. Le materie non sono tutte eccellenti ma comunque la media è buona».
 
«Bene, allora sei sulla buona strada per diventare un Auror»
 
«Si. È stato dal momento che t ho visto e che ho saputo che eri un Auror anche te che quello è diventato il mio sogno». Remus la guardò incuriosito e stupito: non si aspettava una notizia del genere.
 
«Che vuoi dire?»
 
«Sai quella volta Diagon Alley che ero solo una bambina?»
 
«Si certo come potrei dimenticarlo»
 
«Ecco: quel giorno sono rimasta molto colpita da te e specialmente dal modo in cui hai affrontato Bellatrix. Sentivo che anche io volevo essere così: sicura delle mie capacità e pronta a combattere il male, quindi volevo diventare un Auror anche io. All’inizio pensavo di provare solo ammirazione ma poi...»
 
«Dora vieni che è pronta la cena e inizia a fare troppo freddo»  La chiamò il padre.
 
«Sì arrivo papà. Ti fermi a mangiare qui?»  chiese la ragazza sapendo che ormai l’atmosfera era stata, purtroppo, disfatta.
 
«No, è meglio che vada: penso che tuo padre voglia che parliate a tua madre e io sento che sarei di troppo nonostante la cosa mi riguardi»  rispose Remus dispiaciuto di doversi separare da Dora. «Però ci rivedremo presto». Le fece l’ occhiolino e i due si avviarono verso la porta di casa mano nella mano.
 
Una volta giunti a destinazione i due si scambiarono l’ultimo bacio della giornata accompagnato da un senso di malinconia e di felicità; dopodiché Remus si smaterializzò e Dora aprì la porta di casa diretta verso la cucina dalla quale proveniva un odore molto invitante.

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