Un anno prima

di blackmiranda
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un mese - Rotto ***
Capitolo 2: *** Due mesi - Ira ***
Capitolo 3: *** Sei mesi - Decisioni ***
Capitolo 4: *** Nove mesi - Bambini ***
Capitolo 5: *** Un anno - Intorpidito ***



Capitolo 1
*** Un mese - Rotto ***


1. Rotto
Un mese – Rotto





Cuore spezzato
.

Megara aveva più volte riflettuto su quell'espressione, nei suoi momenti di solitudine e di silenzio.
Era come se le si fosse impressa a fuoco nella mente. Quelle due semplici parole le ispiravano un particolare senso di disperazione, del genere che si prova soltanto quando si realizza di aver perso qualcosa per sempre.
Eppure, sentiva che non erano abbastanza potenti: non era solo il suo cuore ad essere spezzato. Il dolore al petto c'era, eccome, ma non era l'unico: risaliva la gola e permeava i polmoni, rendendole faticoso il respiro; si insinuava nelle sue membra, a tal punto che ogni movimento era appesantito. Le sembrava di arrancare in una cappa di nebbia, incapace di vedere il proprio futuro, incapace anche solo di immaginarlo.
La sua volontà era annichilita, la sua anima perduta. Si era giocata tutto con una noncuranza dettata da un amore cieco e incosciente.
Era stato tutto un gioco: finalmente l'aveva capito. Tutto quello che restava, alla fine, erano involucri vuoti di sentimenti e speranze.
Non aveva nemmeno la forza per sollevare il capo da terra.
Non era il suo cuore ad essere in frantumi: era lei stessa ad esserlo. L'avevano spezzata, giusto nel mezzo.
Si sentiva come un giocattolo rotto. Messa in un angolo, inutile, una marionetta a cui avevano tagliato i fili.
Non c'erano più parole da dire né cose da fare. Era arrivata ad un punto in cui arrendersi era l'unica opzione.   
Si ritrovava spesso a desiderare di addormentarsi e non svegliarsi più, ma nemmeno quello le era permesso, perché la sua vita non le apparteneva più. Tutto quello che poteva fare era lasciarsi cullare dalle onde della disperazione e dell'autocommiserazione.
Le piaceva stare da sola; quando i pensieri diventavano troppo opprimenti si distraeva e non pensava a niente. Era come spegnere l'ultima candela in una stanza buia. Il suo sguardo disinteressato seguiva il percorso delle foglie trasportate dal vento o il lavoro incessante delle formiche nella polvere del terreno. La vita sembrava aver abbandonato il suo viso: le guance erano sempre più pallide, le labbra sempre più esangui.
C'erano giorni in cui non mangiava nulla. Non rifiutava il cibo, semplicemente dimenticava di nutrirsi.
Sapeva che avrebbe dovuto riscuotersi da quel torpore, ma continuava a rimandare. Non le andava, in verità, di affannarsi per tentare di riprendere in mano i cocci della propria esistenza. Aveva dato tutta se stessa e tutto le si era rivoltato contro: non avrebbe commesso di nuovo lo stesso errore.
Era molto più facile stare fermi. Un pupazzo rotto non si può muovere.   












Salve a tutti! ;) Ebbene sì, anche se ho una long in cantiere in questo fandom ho deciso di approfittare del Contest "242" indetto da Audrey_24th per scrivere una raccolta di flashfiction su Megara, un personaggio che ho sempre adorato.
Ogni titolo è un prompt che ho usato. Ho voluto strutturare la raccolta in modo tale che ogni capitolo narrasse un momento particolare della vita di Meg nel corso di un anno, a partire dall'abbandono del suo ex fino al primo incontro con Hercules.
Spero che questo primo capitolo vi sia piaciuto; a breve seguiranno gli altri.
Un bacio. :)

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Capitolo 2
*** Due mesi - Ira ***


2. Ira Due mesi – Ira




L'unico pensiero che riusciva a ridestarla dall'apatia in cui era caduta era quello della vendetta. Scavava nella sua mente come l'acqua erode la roccia, appena udibile ma nondimeno presente.
Vendetta. La sola parola le accendeva il petto di desiderio, infiammava i suoi occhi di un ardore folle. Improvvisamente, non si sentiva più così vuota: il suo cuore riprendeva a battere, al ritmo dei tamburi di guerra di Nemesi.
Iniziava a muoversi come una belva in gabbia, impaziente e traboccante di ferocia. Distrarsi le risultava impossibile, né riusciva più a farsi cullare dall'incoscienza. I suoi sogni non erano più colmi di sofferenza, ma di rabbia e di odio.   
La frustrazione le mordeva il fegato come un cane rabbioso. Se solo fosse stata più forte, se solo fosse riuscita ancora a reggersi in piedi, ad affrontare il mondo..! Li avrebbe schiacciati entrambi, affinché soffrissero come aveva sofferto lei, tra le grinfie dell'Ade. Non avrebbe avuto pietà: lui, il bastardo traditore, e lei, la sgualdrina che gliel'aveva portato via. Si sarebbe nutrita delle loro viscere e ne avrebbe bevuto il sangue.
Non bastavano le lacrime, non bastavano le urla: non c'era catarsi nella sua condizione.
Ogni notte, Megara si perdeva in fantasie di cupe vendette, stringendosi sotto le coperte, le braccia sempre più magre, la vita sempre più sottile.
Poteva vedere i sorrisi divertiti del dio dei morti a cui era asservita. Era evidente che Ade approvava quel suo cambiamento, e la cosa le provocava una sinistra inquietudine.
“Come siamo focosi, Meg...” le sussurrava compiaciuto, e in quei momenti Megara sentiva l'ira che le albergava nel cuore trasformarsi in bruciante vergogna. Allora abbassava di nuovo il capo, umiliata, e placava il suo desiderio di vendetta per qualche tempo.
Senza accorgersene, era riuscita a riscuotersi dallo stato di prostrazione in cui si era arroccata. Non si illudeva, tuttavia: sapeva perfettamente che nulla era cambiato. Un sacro furore si era impossessato di lei, infondendo nuova vita nelle sue membra spezzate senza però curarle. Eppure, proprio come prima, intimamente godeva di questa condizione. Il mondo era diventato l'oggetto della sua ira, perché il mondo l'aveva tradita, strappandole ogni speranza. Viveva in uno spazio liminale in cui tutti i valori che aveva sempre conosciuto erano rovesciati, in cui il male era la cosa giusta da fare, e a volte, per quanto faticasse ad ammetterlo, era appagante.
Non era più così difficile guardare Ade negli occhi, né portare a termine gli incarichi che lui le affidava.
Entrambi odiavano; entrambi amavano odiare.  
   

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Capitolo 3
*** Sei mesi - Decisioni ***


Sei mesi - Decisioni Sei mesi – Decisioni




“Un incentivo?” chiese Megara in tono sospettoso.

Il sorriso di Ade si allargò. La ragazza si sforzò di reprimere il disgusto: aveva capito da tempo che a fare la carina con il suo datore di lavoro c'era solo da guadagnare; d'altra parte, il dio dei morti non era di certo piacevole da avere vicino.
“Hai capito bene, uccellino. Immagina: invece di costringerti ad essere legata a me fino alla fine dei tuoi giorni, potrei essere generoso e decidere di togliere un po' di anni alla tua condanna.” disse lui gesticolando animatamente.
Megara trattenne il respiro per qualche istante. La prospettiva che quel per sempre non esistesse più le faceva girare la testa.
“Vedo che la mia proposta non ti dispiace.” osservò Ade, compiaciuto.
“...di quanti anni stiamo parlando?” domandò lei, non riuscendo a trattenere l'emozione che provava in quel momento.
Il dio le posò le mani sulle spalle, piegandosi in avanti. “Dipende da quanto soddisfacente sarà la tua performance lavorativa. Come ho detto, si tratta di un incentivo.”
Un brivido gelido le percorse la schiena. Una parte di lei anelava alla speranza di un futuro, di una vita migliore; d'altro canto, il suo istinto le suggeriva di non fidarsi di Ade.
Razionalmente, non riusciva del tutto a credere che le sarebbe stato possibile riottenere la libertà. Si chiese se la sua non fosse semplice paura: una volta libera, cosa ne avrebbe fatto della propria vita? Temeva che, senza più costrizioni, avrebbe dimostrato a se stessa, una volta per tutte, quanto in realtà fosse danneggiata.
“Allora, che cosa ne dici?” la incalzò il dio, adagiandosi mollemente su un trono dalla consistenza fumosa.
Megara incrociò le braccia al petto. “Che cosa dovrei fare?”
Ade si strinse nelle spalle, quasi a voler minimizzare la cosa. “Oh, le solite cose. Diplomazia, per lo più.”
“Che genere di diplomazia?”
“Come siamo curiosi...”
“Ho imparato ad essere cauta.”
Il dio fece una smorfia. “Diciamo solo che mi farebbe comodo un... agente di persuasione. Sai, per la mia armata di mostri.”
La ragazza si accigliò. “Mi stai chiedendo di sedurre un branco di belve assetate di sangue?”
“Nessuno a parte te...”
“Scordatelo.” tagliò corto lei. “Credi che sia andata fuori di testa?”  
Ade si alzò in piedi. “Vent'anni. Per cominciare.” propose.
Meg rimase in silenzio. La prospettiva non le piaceva affatto; inoltre, detestava l'idea di poter essere comprata.
“Ok, ok, facciamo quaranta. Che ne dici? Quarant'anni in meno, non sarebbe male, no?”
Lei esitò un solo istante. Un solo attimo di insicurezza, ma fu tutto ciò di cui lui ebbe bisogno.  

 

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Capitolo 4
*** Nove mesi - Bambini ***


4. Bambini Nove mesi – Bambini



Megara camminava senza fretta per le affollate vie di Tebe, il volto parzialmente celato da un velo di seta color porpora.

Nei mesi precedenti aveva odiato andare al mercato. Ogni singola cosa di quel posto la feriva: i colori troppo vivaci, i suoni troppo taglienti, gli odori troppo penetranti.
Poi, qualcosa era cambiato. Lei era cambiata. Era diventata più forte, di questo era sicura: più indipendente, nonostante la schiavitù; più cinica. Aveva dovuto diventarlo, per sopravvivere. Non faticava più a rispondere ad Ade: aveva fatto del sarcasmo la sua arma più efficace.
La gente non provava nemmeno lontanamente ad infastidirla; era evidente che incuteva una sorta di timore nei loro cuori, e la cosa non le dispiaceva per nulla. Scivolava nella folla quasi fosse un fantasma, senza lasciare traccia del suo passaggio.
Aveva saputo che il bastardo si era trasferito a Sparta subito dopo averla scaricata. Amava credere che la ragione della sua fuga fosse stata la paura – paura di lei. Il pensiero le dipingeva un sorriso tirato sulle labbra scarlatte.
Si fermò di fronte ad una bancarella di stoffe pregiate. Il mercante le lanciò un'occhiata sospettosa da sotto le sopracciglia folte, ma non disse nulla.
Fece finta di non averlo visto. All'improvviso, due bambini vivaci le finirono addosso, troppo presi dalla foga dell'inseguimento per fare attenzione a dove mettevano i piedi.
Il mercante sussultò, uscì da dietro la bancarella e cacciò i ragazzini in malo modo. Megara osservò la scena in silenzio. I bambini si allontanarono correndo, girandosi a guardarla un paio di volte.
“Dannati ragazzini.” sentì borbottare l'uomo.
Lasciò la bancarella senza aver comprato nulla.
I bambini erano gli unici che non le riusciva di detestare. Aveva spesso sognato di diventare madre, un giorno, di formare una famiglia assieme all'uomo che amava. Aveva dato per scontato che avrebbe avuto una vita normale, che sarebbe stata una donna normale.
Un'altra speranza andata in frantumi, pensò con amarezza.
Si nascose nel velo che portava sul capo. Lei non era una donna normale e non lo sarebbe mai stata. Uno strumento di distruzione, ecco cos'era. Aveva persino smesso di pregare gli dèi da quando aveva iniziato a lavorare per Ade.
Si allontanò dal mercato e dalla città. Non era più quello, il suo mondo, né quella era più la sua gente. Si sentiva realmente più simile ad un fantasma che ad un essere umano.
La sua figura esile scomparve tra gli alberi della foresta, in quella penombra che aveva imparato a chiamare casa.        

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Capitolo 5
*** Un anno - Intorpidito ***


5. Intorpidito Un anno – Intorpidito



Non riusciva a credere che fosse successo.
Un attimo prima era prigioniera tra le grinfie del centauro Nesso e un attimo dopo era caduta molto poco graziosamente nel fiume, bagnandosi da capo a piedi, inzuppandosi i vestiti e i capelli di acqua gelida.
Che cosa credeva di fare, quell'imbecille spuntato da chissà dove? Cercò di mantenere un contegno mentre tossicchiava, alzatasi a sedere nel bel mezzo del torrente.
Sentì il ragazzino avvicinarsi: la prese in braccio, balbettando delle scuse, e la depositò su una roccia umida.
“... Che stupido.” ammise, mortificato.
“... Già!” esclamò lei, scostandosi i capelli dal viso. I suoi occhi incrociarono quelli azzurri del giovane, illuminati da un'espressione di sincera preoccupazione.
Non ricordava l'ultima volta che qualcuno l'aveva guardata in quel modo. Le si annodò lo stomaco.
Non fece in tempo a dirgli nient'altro che il centauro tornò all'attacco, più infuriato che mai.
Sospirò. Non avrebbe più avuto la possibilità di negoziare con Nesso; tanto valeva godersi lo spettacolo di quel megafusto sbucato dal nulla che massacrava di botte il mostro.
Lo squadrò per bene mentre si asciugava alla bell'e meglio i lunghi capelli castani. Non poteva avere più di diciott'anni: un ragazzotto, di quelli cresciuti prima del tempo, con uno charme ancora tutto infantile. Sembrava completamente spaesato e discretamente goffo, eppure non poté fare a meno di trovarlo carino.
Un campanello d'allarme risuonò nella sua testa mentre Ercole – così le aveva detto di chiamarsi – tentava, con poco successo, di invitarla a salire sul suo cavallo alato.
Non ebbe difficoltà a declinare l'offerta. Sono grande e forte, so allacciarmi i sandali e tutto il resto.
Lo guardò volare via, redarguito dal satiro schiamazzante che pareva fargli da balia. Scosse la testa, mentre l'ombra di un sorriso le si dipingeva sul volto.
Si sentiva stranamente di buon umore. Non ne capiva la ragione: sarebbe dovuta tornare da Ade e avrebbe dovuto spiegargli come mai l'accordo con Nesso fosse saltato, ed era pronta a scommettere che la cosa non gli avrebbe fatto piacere. Tuttavia, non era preoccupata.
Ripensò agli occhi dolci di Ercole e alle sue parole gentili. Sentiva un piacevole calore nel petto; era come se il suo cuore, intorpidito da quasi un anno, avesse ripreso a battere.
Si volse in direzione della parte più buia della foresta. Ade la stava chiamando; poteva sentirlo, forte e chiaro nella sua mente.  
Si riscosse e prese a camminare. Ercole era volato verso Tebe, probabilmente cercando fortuna in quella città di tumulti.
Che stupido ragazzino.






Fine! :) Credo che questa sia la flash che ho amato di più. Sono troppo bellini insieme, Herc e Meg. ^^ Ho voluto riproporre una scena del film, vista dalla prospettiva di lei. Spero che vi sia piaciuta. Dedico questa flash alle mie instancabili Estatemeravigliosa e a TheHeartIsALonelyHunter, perché so che state aspettando trepidanti dei momenti di dolcezza tra Herc e Meg. Vedetelo come un contentino. xD

Un abbraccio a tutti quelli che hanno letto. :*



Qui sotto il giudizio della GiudiciA:

Su questa storia riesco a dire davvero poco.
Mi è piaciuta l’idea di raccontare attraverso delle flashfic l’anno di Megara, scandendo i momenti o i pensieri significativi nel suo cambiamento.
Lo stile è molto buono, così come la grammatica. La caratterizzazione mi è piaciuta.

Un unico appunto grammaticale sui puntini di sospensione.
“... Di quanti anni stiamo parlando?”
Quando i puntini di sospensione sono ad inizio frase, la parola che segue va attaccata e con la minuscola.

Vorrei concentrarmi sull’aspetto che mi è sembrato più interessante nella storia e che riguarda proprio la caratterizzazione di Megara.
Senza dilungarti in descrizioni hai evidenziato la sua iniziale ritrosia nei confronti delle richieste di Ade e il successivo adattamento ai metodi del dio. Come hai sottolineato la progressività del cambiamento? Inserendo una semplice data a titolo del capitolo: sei mesi, nove mesi, un anno. Ed ecco che c’è una nuova e più disillusa Megara. Eppure una Megara ancora aperta alle possibilità e curiosa di Ercole, così ingenuo e infantile.
È il cambiamento del personaggio il motivo principale che spinge a continuare nella lettura. L’analisi rapida, eppure centrata della donna che ci viene raccontata nel film.

Una bella storia. Si difende bene stilisticamente e grammaticalmente, la trama alle spalle può anche non essere solida e articolata, ma l’avvicinamento all’interiorità della protagonista permette di apprezzare la fan fiction. È una bella storia di morte e rinascita - almeno il suo inizio.

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