God save the queen!

di Be A Weasley
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 06-12-12. ***
Capitolo 2: *** Welcome to London! ***
Capitolo 3: *** Piccadilly Circus* ***
Capitolo 4: *** I'm not your Hermione Granger. ***
Capitolo 5: *** Call me, ok?* ***
Capitolo 6: *** You believe in love at first sight? ***
Capitolo 7: *** "Gone astray" by Charles Dickens. ***
Capitolo 8: *** Covent garden* ***
Capitolo 9: *** Don't say goodbay, ok?* ***
Capitolo 10: *** Can i have this dance?* ***
Capitolo 11: *** Fuck off* ***



Capitolo 1
*** 06-12-12. ***


06-12-12.


«Allora, sei pronta per domani?» «Zia, mi stai chiedendo se sono pronta per andare nella città dei miei sogni? Certo che lo sono!» risposi a mia zia con un po' troppo entusiasmo di quello dovuto ma una domanda del genere era inammissibile. Voglio dire, domani sarei salita su un aereo con fermata diretta all'aeroporto di Londra. È da anni che aspetto questo giorno: tutti i miei corsi extra di inglese, tutte le ore passate a memorizzare la corretta pronuncia, tutte le immagini rappresentanti la cara vecchia e uggiosa Londra salvate sul cellulare, tutta la mia completa venerazione verso attori come Hugh Grant, Alan Rickman, Colin Firth, Julia Roberts. E poi, a Londra c'era lei. La mia dea, la donna verso la quale erigerei una statua in oro zecchino se ce l'avessi, Johanne Kathleen Rowling. La mia intera infanzia, la mia adolescenza, la mia vita fino ad ora si basa sui suoi scritti e sui film da loro prodotti! Andare a Londra per me non significava soltanto fare un viaggio, significava passeggiare e visitare posti che persone ben più importanti di me avevano visto. «Bhe, scusa, era una domanda retorica! Domani fatti trovare pronta, passiamo a prenderti alle 5 della mattina, l'aereo non sta ad aspettare noi!» le parole della donna grassoccia al mio fianco mi fecero ritornare alla realtà. Ancora un po' con la testa fra i mille progetti londinesi mi limitai ad annuire e a scrollare la mano in segno di saluto. Appena mia zia chiuse la porta mi abbandonai ad un sorriso, uno di quelli che raramente ti concedi. Salii le scale nel modo più veloce possibile, percorrendo due gradini alla volta e in cameretta mi ripetei mentalmente ciò che già era in valigia e ciò che mancava. -Cuffiette, ci sono. Mp3, c'è. Qualche libro per ingannare il tempo, c'è. Pantofole, ci sono. Pigiama, c'è. Marea di vestiti, ci sono. Spazzolino.. Lo spazzolino!- corsi in bagno, lo recuperai insieme a un tubetto di dentifricio alla menta e tornata nella mia stanza lo infilai nella trousse. -Ora dovrebbe esserci tutto!- con un ultimo sorriso chiusi la valigia e diedi un colpetto al tesserino porta nome ad essa attaccato. "Delilah, 16-11-94, paesino sperduto di provincia, via delle rose s.n.c., Italia" Ah, Delilah è il mio nome. No, non è vero, ma mi piacerebbe che lo fosse, lo trovo a dir poco meraviglioso e mi ispira sensazioni miste di pace e libertà. Ma nessuno mi chiama così purtroppo, tutti mi chiamano col mio vero nome: Sonia. Bleah, mia madre cosa si era fumata prima di sbattere mio padre all'anagrafe con questo nome in testa?
 
"Driiiiiin, Driiiiiin!" la mia mano si mosse meccanica verso l'aggeggio malefico, pronta a spegnerla. Mi alzai dal letto, diedi uno sguardo fugace allo specchio, giusto il tempo di vedere che i miei capelli erano una massa ingovernabile di ricci, e scesi di sotto. La cosa che subito mi saltò all'occhio una volta in cucina fu il giorno di oggi evidenziato più volte di rosso e, sebbene fossi miope, distinsi chiaramente la scritta "LONDON, I'M COMING!". Per poco non mi strozzai con la mia stessa saliva. «Ommioddio!» quasi urlai. Mi precipitai in bagno, mi lavai, mi infilai un maglione a righe e un paio di jeans, diedi una scrollata ai miei capelli e presi la borsa con dentro oggetti essenziali come portafogli, borsellino e cellulare. Afferrata la valigia sentii il citofono suonare. «Sono zio, scendi!». Persino il rumore delle ruote del trolley sul parquet mi eccitavano, così tanto da non essermi minimamente accorta della mia famiglia, mia sorella compresa, in piedi di fronte alla porta. «Bhe? Neanche saluti adesso?» disse una donna sulla quarantina, con capelli arruffati e una vestaglia arancione con strani ghirigori sopra. Sorrisi e andai verso di loro, stampando ad ognuno un bacio sulla guancia. «Mi mancherete!» dissi soffocata in un abbraccio paterno. «Bugiarda!» dissero tutti in coro. Risi di gusto, facendo loro la linguaccia. Dopo le ultime raccomandazioni e le varie preghiere di mio padre di portarmi la valigia fuori casa, montai in macchina dei miei zii diretta all'aeroporto. «London, i'm coming!» dissi in un sussurro. «Come, scusa?» domandò mio cugino che a malapena teneva gli occhi aperti. «Niente, niente!» una risatina mi sfuggì dalle labbra mentre, con gli occhi puntati verso il cielo ancora buio, pensavo a quanto speciale sarebbe stato il mio viaggio.


 

SPAZIO AUTRICE*
Ciao! E' la mia prima ff quindi, per favore, siate clementi >.< La storia si svilupperà nel corso del tempo, spero veramente sia di vostro gradimento. Recensite? 
Peace and love,
Delilah <3

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Capitolo 2
*** Welcome to London! ***



Welcome to London*

Circa dopo un'ora arrivammo all'aeroporto. Ci saranno state un milione di persone, o forse anche più! Tutte si ammassavano l'une sugli altri, cercando di arrivare il prima possibile allo sportello del check-in. Noi andammo direttamente a misurare le valige, nonostante l'avessimo già fatto in precedenza, per vedere se la misura corrispondesse a quella adeguata. Mia zia non faceva altro che ripetere «Non allontanatevi, state sempre accanto a me, mi raccomando!», sembrava una chioccia pronta a difendere i propri pulcini. -Il volo delle 06:20 diretto all'aeroporto di Londra subirà un ritardo di quaranta minuti, la compagnia si scusa per il tremendo disagio. La direzione.- La voce metallica proveniente da qualsiasi altoparlante del luogo fece sobbalzare tutti, me compresa, che non potei fare a meno di sbuffare, leggermente innervosita. Meno quaranta minuti di tempo per visitare la mia città preferita. Afferrai il manico del trolley e seguii il mio gruppo, diretto chissà dove. «Zia dove stiamo andando?» «A metterci seduti ad aspettare, a meno che tu non sia in possesso di un qualsiasi mezzo volante, dovremmo aspettare oltre quaranta minuti, mia cara!» disse la donna che si affrettava ad occupare sei posti a sedere. «Pff.. Se solo avessi avuto la macchina volante di papà Weasley a quest'ora sarei già lì.» bofonchiai tra me e me mollando la valigia accanto alle gambe di mio cugino e mettendomi seduta su una panchinetta. Dopo circa un quarto d'ora tutta la pazienza che avevo in corpo si era già volatilizzata. «Vado a vedere cosa c'è in giro, prometto di non allontanarmi!» mi alzai e a passo svelto mi diressi verso un punto a caso di quel gigantesco edificio. La scritta "Toilet/Wc" in bianco su sfondo azzurro predominava insieme alle altre "Ticket" e "Check-in/Check out". Sempre dritto e poi a destra, potrei ricordarmelo, in fondo potrebbe essere utile sapere dove si trovano i bagni. Ma qualcos'altro attirò la mia attenzione: una libreria. Andavo pazza per i libri, avevo letto circa cinque volte tutta la saga di Harry Potter, era impossibile che quei libri stancassero! Tranne l'ultimo, quello lo lessi una volta sola. Piangere non mi è mai piaciuto. Entrai e un primo piano della torre di Londra mi si capultò di fronte; nello stesso libro erano raffigurati i posti da visitare, i musei da vedere, i principali giardini da percorrere e, in una delle ultime pagine, c'era il viso della regina a fare da padrona. Mi sfuggì un risolino. Era così buffa, vestita di celestino dalla testa ai piedi, con quell'immancabile rossetto fucsia alle labbra! Con la mia migliore amica la chiamavamo "La regina confetto", giusto per prenderla in giro un po', nonostante le fossimo un bel po' affezionate. E' pur sempre la regina del Regno Unito! «Fa ridere anche me, con scarpe e cappello perfettamente abbinati al vestito e quell'aria superiore, è impossibile non trovarla divertente!». Una voce alle mie spalle mi fece sobbalzare. Richiusi il libro di scatto e lo posai dov'era prima, mi girai. «E' il proprietario della libreria? Mi scusi, non era mia intenzione leggere il volume, non accadrà più!» sussurrai a testa bassa, senza neanche vedere chi mi trovavo di fronte. L'individuo di fronte a me si lasciò sfuggire un'altra risata. «Sta tranquilla, non sono assolutamente il proprietario, ti pare? Sono soltanto uno che sta ingannando il tempo qua dentro in attesa del proprio volo!» Il mio cuore perse un battito, alzai la testa decisamente più tranquilla. «Oh.. Bene. Allora meglio così! Comunque io so-» non feci in tempo a finire la frase che «Sonia! Sonia! Vieni qua, seduta stante! Ti sto cercando da tempo, non avresti dovuto allontanarti, il nostro volo parte tra dieci minuti!» Se avessi avuto un pala mi sarei di certo sotterrata sotto metri e metri di terra. «Ehm.. E' stato un piacere, ci si vede eh, ciao!» dissi imbarazzata e corsi da mia zia, fulminandola con lo sguardo. Dopo poco tempo eravamo sull'aereo. Avevo già dimenticato l'inconveniente di prima, ora il mio pensiero era soltanto Londra. Ancora scombussolata dal volo scesi da quell'infernale struttura volante. E io che pensavo che sarei stata bravissima a Quidditch, ma se a stento non ho vomitato su un banalissimo aereo! Delle gocce iniziarono a bagnarmi gli occhiali, le mani e le scarpe. «Oh bhe, questa è la prova! Benvenuti a Londra, ragazzi!» dissi con un sorriso a tutto il gruppo che, scocciati per l'immediata pioggerellina tipica, estrassero dalla propria borsa un ombrello.









SPAZIO AUTRICE:

Ecco il secondo capitolo, spero vi piaccia >.< 
Recensite, mi raccomando :)
Peace and love,
Delilah <3

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Capitolo 3
*** Piccadilly Circus* ***


Piccadilly Circus*


Ci misi un po' per arrivarci, ma quando davanti ai miei occhi comparve la scritta "Heathrow-London's airport" il mio cuore non poté fare a meno di sobbalzare. Ero a Londra, ero nella MIA città, nella città in cui sarei dovuta sempre stare. La voce squillante di mia cugina mi riportò coi piedi per terra. «Mamma mi ha detto che stavi con un ragazzo. Allora, chi è? E' carino? Corrisponde ai tuoi esigenti standard o non è ancora all'altezza? A proposito, è alto? Studia? Moro o biondo? Simpatico?» in meno di mezzo minuto venni travolta da una valanga di domande, alle quali, ovviamente, non sapevo rispondere. Storsi le labbra alle parole "Corrisponde ai tuoi esigenti standard?". Io non avevo 'esigenti standard', come diceva lei, ero soltanto alla ricerca di un ragazzo che mi facesse stare bene. Un ragazzo che non fosse attirato da me soltanto per l'aspetto fisico ma anche per i mie modi di pensare, un ragazzo che condividesse alcuni dei miei interessi, che riderebbe alle mie battute tristi, che non mi scansasse alla domanda "Vuoi un thé?". In tutti i miei diciotto anni ho avuto un solo ragazzo, non contando quand'ero una bambina. Ci siamo lasciati, o meglio, l'ho lasciato, dopo soli tre mesi. Non stava funzionando, non era il tipo giusto. Un ragazzo, il tuo ragazzo, che ti dice che non sei bella soltanto perchè hai occhiali e sei struccata, non credo debba considerarsi tale. «Oh, andiamo! Non so neanche il suo nome e sì, credo sia carino, non l'ho visto molto attentamente!» dissi con noncuranza scrollando le spalle. Dalla smorfia che fece mia cugina capii che la mia risposta non l'aveva colpita particolarmente, così partì di nuovo all'attacco. Me la cavai con vari "Non lo so" e "Probabilmente", prima di arrivare al nostro hotel. Era modesto, non un cinque stelle, per intenderci, ma abbastanza confortevole. Per lo meno c'erano letti, una luce funzionante e un bagno con doccia inclusa, era tutto quello di cui dovevo aver bisogno, non mi serviva altro! 
 
Alle 09:30 uscimmo da lì diretti a Piccadilly Circus. Avevo sentito molte persone parlar bene di quel posto, ma vederlo dal vivo, vederlo con i propri occhi fu un'esperienza meravigliosa. Tutto sembrava straordinario, i pannelli luminosi, la scritta "Underground" lì vicino e i negozi erano un qualcosa di magico. Tutto era addobbato in attesa del Natale, nelle vetrine si vedevano bambini intenti a indicare qualsiasi giocattolo vedessero, mamme palesemente stressate che, con le loro ultime forze rimaste, li seguivano sorridendo stanche, vischio appeso sopra ai lampioni ancora spenti, le tipiche cabine telefoniche che con quel loro rosso acceso sembravano così azzeccate in momenti come quello. 
Io non la smettevo di scattare foto, qualsiasi persona o oggetto fosse in movimento meritava un mio click. Strabuzzai gli occhi quando nell'obbiettivo della mia macchina fotografica entrò una faccia già vista. Tolsi l'oggetto dal viso e piegai la testa, tentando di ricordare dove avessi già visto quel volto. «Adesso non lo saluti neanche? Non mi ti ricordavo così maleducata!» la voce di mia zia alle mie spalle mi fece prendere un colpo. Nello stesso momento in cui alzai la mano per salutare nella mia mente riaffiorò l'immagine del ragazzo della libreria. Ma certo, come potevo essermi dimenticata così in fretta? Non brillavo per la memoria, poco ma sicuro! Il giovane ricambiò il saluto, aggiungendo anche un sorriso imbarazzato. «Ciao, ci rincontriamo, eh? Sonia.. Giusto?» Mannaggia a mia zia che non si fa mai gli affari suoi e mannaggia al mio stramaledettissimo nome! «Già, Sonia. E tu?» Il ragazzo parve innervosirsi un pochino a quella domanda, eppure non mi sembrava di aver detto qualcosa di sbagliato, avevo soltanto chiesto come si chiamasse! «Logan, mi chiamo Logan. Ti prego di non iniziare con le prese in giro perchè ne ricevo già abbastanza. So che è strano ma mia madre è fissata con i nomi stranieri e quindi mi ha chiamato in questo modo!» Gli occhi mi si illuminarono appena sentii quel nome. Dentro di me stavo facendo la danza della felicità. «E' un bel nome! Miseriaccia, è un bellissimo nome! Voglio dire.. Magari io ad avere un nome inglese!» «.. Vuoi prendere un thé con me?»


SPAZIO AUTRICE:
Ciao, ecco un nuovo capitolo, vi piace? Fatemi sapere, per favooore T.T Le recensioni non mordono, o per lo meno, con me non lo hanno mai fatto :3
Peace and love,
Delilah <3

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Capitolo 4
*** I'm not your Hermione Granger. ***


I'm not your Hermione Granger.*



Rimasi in silenzio per qualche secondo. Mi aveva appena chiesto di andare con lui a prendere un thè? No, avrò capito sicuramente male, DEVO aver capito male. I ragazzi in genere chiedono "Vuoi venire a prendere una birra con me?" o "Vuoi farti un cocktail?". «Non lo so, insomma.. Sono qui da appena due ore e vorrei visitare la città inoltre mia zia sicuramente non mi lascerebbe mai andare con un perfetto sconosciuto, scusami ma no, non credo sia il caso.» Non so descrivere con esattezza l'espressione del ragazzo, c'era della delusione che però tentava di coprire con un sorrisetto imbarazzato. «Certo, lo capisco. Sono stato un po' troppo avventato ma, sai, sei la prima a cui piace il mio nome. Devo andare, la foto che mi hai scattato la voglio eh!» mi fece l'occhiolino e voltandosi di spalle se ne andò, nella direzione opposta alla mia. Non potei fare a meno di essere un minimo arrabbiata con me stessa. Non uscivo con un ragazzo da anni, forse mi ero persino dimenticata come si accettasse un appuntamento! «Non dirmi che era lui?!» sobbalzai prendendo giusto in tempo la macchina fotografica che mi era sfuggita di mano e la infilai al collo. «Mio Dio, Chloe! Avverti prima di piombarmi alle spalle o se proprio devi farlo, fallo per una cosa importante! E sì, era lui!» dissi scocciata sorpassandola. Mi avvicinai a mio cugino. Era alto di una spanna più di me, non più di 175 centimetri, capelli scuri tagliati corti e decisamente abbondante su tutto il corpo: non era il tipico ragazzo da definirsi "il più bello della scuola" ma ci si parlava bene e a me serviva questo. «Non dovresti arrabbiarti con lei, è pur sempre tua cugina e ormai saprai quanto ci tiene a queste sciocchezze, no? Ragazzi, moda, trucco, per lei tutto gira intorno a quell'universo! L'universo femminile!» «Io non penso solo a questo! Anzi, non ci penso per niente!» dissi incrociando le braccia sotto il petto, con una smorfia. «Già, tu sei la mia Deli e pensi soltanto a Shakespeare, ai Beatles e a Hogwarts!» ridacchiò mentre con una mano andava a scompigliarmi i capelli. In tutta risposta gli feci la linguaccia, trattenendo un sorriso che lentamente andava a comparire sulle mie labbra. Era l'unico che mi chiamava "Deli", stava per Delilah, e ogni volta che lo faceva un sorriso mi animava il volto. 

 
Quella giornata si concluse più in fretta del previsto. Visitammo tutti, o quasi, i negozi di Piccadilly Circus, arrivammo fin sotto il Big Ben ma la maggior parte del tempo la spendemmo davanti al Madame Tussaud. C'era una fila spropositata nonostante fosse il museo delle cere più importante al mondo e la pazienza non era la mia qualità migliore. L'interno era a dir poco gigantesco, c'erano diverse sezioni e ognuna bellissima nel suo genere. Feci milioni di foto, ad ogni cosa. Fotografavo anche persone che non avevo mai visto. A fine giornata ero esausta. Tornammo in hotel alle undici meno venti. I piedi ci facevano male ma sui nostri visi c'era un sorriso, eravamo soddisfatti di tutto quello che eravamo riusciti a fare in una sola giornata! La stanza era la numero 314, al terzo piano. Una volta entrati ci buttammo tutti sul reciproco letto. Si infilarono il proprio pigiama e si misero immediatamente a dormire sotto le urla di mia zia che dicevano «Tutti a dormire, domani sarà una giornata pesante! Via cellulari e cuffiette!» Indossai anch'io il mio pigiama e volai sotto le spesse coperte. Una volta che tutti ebbero raggiunto Morfeo nel mondo dei sogni, afferrai la mia amata macchinetta fotografica e mi misi a rivedere tutti gli scatti. Passai da Madame Tussaud, al grande Ben, ai negozi addobbati di Piccadilly, a Logan, alle cabine telefoniche. «.. Logan?!» mi uscì di getto il suo nome dalle labbra, rischiando così di svegliare i ragazzi. Fortunatamente sentii soltanto mio cugino bofonchiare qualcosa prima di rimettersi a ronfare. Mi era completamente passata di mente quella foto! Stava sorridendo leggermente, aveva le guance arrossate per via del freddo. Grazie a quella foto scattata per sbaglio potei riuscire a cogliere alcuni particolari del ragazzo. Aveva i capelli arruffati, il color rosso era reso ancora più evidente dal fatto che stava controluce, gli occhi erano ridotti a fessure ma si distingueva che erano di un colore chiaro, azzurri, verdi? Chissà. La felpa che indossava era decisamente di una taglia o due più grande. Feci un risolino sussurrando a malapena «E' un Ronald Weasley mancato!» Spensi la macchinetta e, una volta messa nel suo giusto posto, mi accomodai sul letto e chiusi gli occhi. "Devi togliertelo dalla testa, Deli. Devi assolutamente togliertelo dalla testa, tu non sei Hermione Granger e mai lo sarai." mi addormentai con quest'ultime parole in testa, cercando tuttavia di concentrarmi su come sarebbe stata la giornata di domani.





SPAZIO AUTRICE:
Ehilà :3 Innanzittuto vorrei ringraziare per le recensioni, siete state troppo troppo trooooppo carine! *arrossisce* >.<
Spero che anche questo capitolo sia di vostro gradimento, se così sarà spero lascerete una recensione, anche breve, anche negativa, solo per farmi sapere cosa ne pensate!
Peace and love,
Delilah <3

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Capitolo 5
*** Call me, ok?* ***


Call me, ok?*


 «Allora, vuoi alzarti?! Santo cielo, sono le nove passate!» aprii un occhio biascicando qualcosa in risposta a mio zio prima di ricoprirmi la testa con le coperte.  «Lascia stare, pà. E' stata fino alle due di notte a guardare le foto scattate e a ripetere "Logan, Logan, Logaaan!"» A quelle parole dette da mio cugino balzai dal letto e lo fulminai con lo sguardo, se quello avesse potuto uccidere l'avrebbe fatto.  «Sei uno stupido. E comunque, eccomi, sono sveglia.» detto questo mi infilai le pantofole e ciabattai fino al bagno, afferrando un paio di pantaloni e una maglietta a caso dalla valigia aperta sul pavimento. Una volta dentro mi lasciai andare ad un sospiro. Mi tolsi l'ingombrante pigiama e, una volta lavata, mi infilai degli indumenti puliti. Diedi un'occhiata allo specchio e, oltre ai miei capelli arruffati, mi accorsi di aver indosso un paio di leggins e un cardigan grigio piuttosto largo. Sembrava uno di quelli che ti fanno le nonne per Natale. Uscii dal bagno e Chloe mi prese subito da parte.  «Dove hai intenzione di andare conciata così?» Sbuffai sonoramente e mi misi ai piedi le mie adorate converse, erano ridotte malissimo ma a parer mio anche per loro valeva la regola del vino: più invecchia più diventa buono, quindi, più invecchiano più diventano belle.  «Fammi pensare, in giro per Londra?» dissi ironica mentre mi infilavo al collo la mia adorata Nikon.  «Bha, sembri una fotografa disastrata così. Luca, Lauro o come cavolo si chiama non ti chiederà più di uscire vestita in questo modo!»  «Logan, si chiama Logan! E non mi ha mai chiesto di uscire, non era un appuntamento quello, solo un modo per conoscerci meglio e chiacchierare un po'!»  «Oh, certo. Conoscerci meglio, così si chiama oggi. Facciamo così, se lo rincontri ci esci, se non lo rincontri allora il destino non vuole che voi due stiate insieme. Ci stai?»  Pensai qualche secondo alla sua proposta. In fondo poteva starci, Londra era enorme e incontrarsi era praticamente impossibile, c'era una possibilità su un milione di rincontrarlo. «Ok, ci sto.». Detto ciò, ci dirigemmo entrambe alla porta dove tutto il gruppo ci stava aspettando con un'espressione alquanto scocciata,  «E' tardi, è tardi!» continuava a dire mio zio. 
 
 
La mattinata la passammo tra le strade di Notting Hill e la proseguimmo fino al tipico mercatino di Portobello Road. Sembrava che le persone sbucassero da ogni vicolo esistente, ovunque tu ti girassi venivi assalito dal chiacchiericcio e dalle risate della gente. Ma, nonostante non fossi un'amante della confusione, quella era decisamente piacevole. Tutti col sorriso sulle labbra intenti a fare acquisti nelle innumerevoli bancarelle, era raro trovare momenti così nel paese da dove venivo. Anch'io, come tutti del resto, comprai degli oggetti. Per di più souvenir dato che il giorno prima di partire tutta la mia famiglia mi aveva tartassato con frasi come "Portaci qualche bel regalino!" o "Non dimenticarti i souvenir, magari qualche calamita per il frigorifero!" o mio padre con un "Io voglio un cappello peloso come quello delle guardie della regina, non dimenticartelo!". Dove avrei trovato io un cappello del genere? 
Per pranzo mangiucchiammo un panino al volo in uno dei tanti pub del quartiere. Verso le due, proseguendo a nord, ci dirigemmo verso i giardini di Kensington. DOVEVO vederli, non tutti dato che erano estesi per più di un chilometro, ma buona parte! 



 
 «Mio Dio, salvami tu! Se i prossimi due giorni saranno così ditemelo, così mi ammazzo prima.» disse mio cugino. Era più di mezz'ora che era stravaccato sul letto intento a piagnucolare per quanto male gli facessero i piedi.  «E' tutta colpa di Sonia, tutti i giardini ci ha fatto girare, tutti! Chilometri e chilometri d'erba, soltanto stupidissima erba! Anche l'acqua ci siamo dovuti beccare!» Credo possegga un talento naturale per le lamentele.  «Sei a Londra e per di più in pieno inverno, è normale un po' di pioggerellina!» detto questo alzai le spalle e mi affrettai a mangiare la mia cena. Niente di che, petto di pollo e pomodorini.  «Merda! Tra tutti i vestiti proprio questo?!» venni distratta da Chloe che sembrava essere sul punto di avere una crisi di pianto.  «Che succede qui? Chloe ti senti male? Tutto bene? Cos'è accaduto di tanto irreparabile?!» intervenne immediatamente mia zia.  «Ecco cos'è accaduto, mamma!» urlò con un'espressione disperata puntando il dito ad un vestito lilla pieno di rouge e nastrini con sopra un'enorme macchia bianca. Appena io e Daniele, mio cugino, guardammo il vestito scoppiammo a ridere, facendo supposizioni abbastanza spinte su come una macchia bianca fosse finita sul suo vestito.  «E' dentifricio, razza di pervertiti! Dentifricio!» continuava ad urlare isterica la ragazza. Mia zia, esasperata da quelle urla, disse  «Sonia, per favore, porteresti il vestito di tua cugina in lavanderia? So che è aperta 24 ore su 24, basta che esci dall'hotel e giri l'angolo. Te la trovi lì di fronte!». Strabuzzai gli occhi ma, prima che potessi rifiutare, Chloe già mi aveva appioppato il suo stramaledettissimo vestito. Mi infilai nuovamente le scarpe e uscii dalla porta bofonchiando un qualsiasi insulto. Fuori dall'edificio la temperatura si abbassava vertiginosamente. Faceva freddo, decisamente troppo per una abituata ai 15 gradi invernali di Roma. Cercando di sbrigarmi il più possibile arrivai nella lavanderia suggerita da mia zia, aveva ragione, era aperta 24 ore su 24, ed entrai.  «Salve, posso lasciarle questo?» chiesi cortesemente al proprietario, che si limitò a guardarmi confuso.  «..Posso lasciarglielo? Se ci sono problemi ripasso domani!» ripetei, ma l'espressione non cambiò.  «Ah, credo di aver capito. Non capisce quello che dico giusto? Allora.. I can.. Ehm..» Magari evitare di scribacchiare cose sul diario durante le lezioni di inglese sarebbe stato più proficuo. «Can i let this dress here, please? I'll pay tomorrow.» Il signore, sulla cinquantina o forse anche più, mi prese l'indumento dalle mani sorridendomi e «Of course, see you tomorrow, miss!» disse. Per un istante mi sentii una londinese provetta, poi pensai al fatto che circa quaranta secondi fa un perfetto sconosciuto mi aveva passato da dietro un foglietto con scritte le parole esatte che avrei dovuto dire. Mi infilai il bigliettino nella tasca dei jeans e rivolto un ultimo sorriso al signore, mi voltai. Sobbalzai trovandomi davanti il ragazzo della foto. «Che diamine ci fai tu qui?!» sbottai allargando le braccia. Probabilmente, a giudicare dall'espressione, non era la reazione che si aspettava. «In genere le persone ringraziano. Andiamo, ti ho salvato da una tremenda scena muta!» detto questo disse qualcosa di incomprensibile al tizio dietro al bancone e gli rifilò una giacca grigia e un paio di pantaloni. Facendo una smorfia uscii dal negozio, beccandomi in pieno corpo una ventata gelida. Mi portai le braccia al petto e mi strinsi forte, come se mi stessi abbracciando da sola, per far sì che il freddo che avevo si allontanasse un minimo. Aprii gli occhi dopo qualche secondo e vidi Logan accanto a me. «Prenderai freddo così, mettiti questa!» detto questo venne più vicino e, una volta tolta la felpa, me la mise sulle spalle. Sentii il mio corpo farsi piano piano sempre più caldo, si stava decisamente meglio in quel modo. «E tu? Non puoi stare soltanto con una maglietta a maniche lunghe!» ma, nonostante avessi detto quelle parole, forse per il troppo freddo, forse per il profumo che emanava quella felpa, che invece di restituirgliela me la strinsi ancora più addosso. Lui fece un risolino e «Vieni con me.» sussurrò. Mi prese la mano e mi portò pochi metri più in là, davanti a un bar. Dentro era vuoto, fatta eccezione per due cameriere e un vecchio che a malapena si reggeva in piedi per il troppo alcool. Spinse la porta ed entrammo. Io non sapevo cosa dire, sarei dovuta tornare a casa, non avrei dovuto seguirlo. E invece mi trovavo seduta al tavolo di un bar sconosciuto con un ragazzo visto a malapena tre volte. Decisi di spezzare il silenzio che si era formato. «Parli bene l'inglese. Fai qualche corso o tua mamma oltre a un amore per i nomi inglesi ha anche un amore per la stessa lingua?» «Domani vuoi venire con me? Potremmo andare da qualche parte, conosco Londra piuttosto bene, ci vengo da quando sono piccolo!» Aveva deliberatamente ignorato le mie domande, bene. Balbettai qualcosa prima di guardarmi intorno alla ricerca di un cameriere o di un oggetto che potesse liberarmi dalla domanda appena fatta. Io non potevo uscire con lui. Non potevo uscire con qualcuno. Non potevo farmi prendere in giro un'altra volta, non l'avrei permesso. «Ok, ho ricevuto il concetto. E' troppo presto, giusto? Tieni, ti lascio questo, chiamami.» poggiò sul tavolo in legno un pezzo di carta con sopra un numero di telefono e uscì dal bar dopo avermi concesso un occhiolino. Non so perchè non lo raggiunsi. Una parte di me diceva di stracciare quel foglietto e tornare in hotel, un'altra parte di me, più forte purtroppo, mi diceva di conservarlo e di raggiungerlo. Mi alzai anch'io, infilai il foglio in tasca, insieme all'altro, e mi diressi in albergo. Dopo quindici minuti ero già sotto le coperte, cercando di ignorare la martellante voce di mia cugina.




SPAZIO AUTRICE:
Vi aspettavate qualcos'altro, ammettetelo u.u 
Sonia ha la testolina dura, se dice no è no. Per il momento è così poi, forse, chissà.
MIAO!
Spero vi sia piaciuto anche questo capitolo! Non sapevo che titolo dare, si è capito? Originalità portami via :'3
Peace and love,
Delilah <3
P.S. Logan aka Charlie McDonnel mi attizza troppo fehwaskhfiewo *w*

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Capitolo 6
*** You believe in love at first sight? ***


 

You believe in love at first sight?*


Quella mattina venni svegliata da una porta che si chiudeva. Aprii gli occhi ancora assonnata e notai che la stanza d'albergo, quella mattina, era vuota. Se n'erano tutti andati senza aspettarmi. Mi misi a sedere sul letto e notai accanto a me un biglietto. Dalla calligrafia arzigogolata doveva averlo lasciato senza dubbio Chloe. "Ho mandato un messaggio a Luca o come cavolo si chiama da parte tua, gli ho detto di venirti a prendere verso le dieci. Era suo il numero segnato su quel pezzo di carta, vero? Ho parlato io con mamma, tutto risolto, puoi andarci! Goditi la vita ogni tanto, hai diciotto anni! Se non esci con qualcuno adesso, quando ci uscirai? Divertiti!". Il mio cervello ci mise un po' a collegarsi. Dopo circa dieci minuti cacciai un urlo. Perchè mia cugina doveva farsi i fatti miei? Non poteva pensare alla sua bellissima vita ogni tanto? Afferrai il cellulare dal comodino e la scritta "09:27" mi fece prendere ancora di più dal panico. Scesi dal letto, mi infilai le pantofole e andai verso la valigia. «Allora vediamo.. Questo no, questo nemmeno, oh mio Dio no!» dissi cacciando fuori una serie di vestiti che un tempo erano riposti ordinatamente. Sospirai mettendomi a sedere sul pavimento. Ma cosa mi stava succedendo? In genere afferravo la prima cosa che vedevo e me la infilavo, senza troppi problemi. Perchè ora doveva essere diverso? 
Dopo cinque minuti mi decisi a prendere dei vestiti. Mi ero messa un maglioncino grigio di mio cugino che mi ricadeva abbastanza largo su tutto il busto, degli short di jeans con sotto delle calze nere velate e dei calzettoni dello stesso colore che arrivavano più giù del ginocchio giusto per non soffrire tanto il freddo e le mie amate converse. Rubai la trousse di Chloe e mi rifilai in bagno. Mi truccavo raramente, non perchè non ne avessi bisogno ma non mi andava mai. Optai per una riga di eyeliner nero, un blush rosato e un po' di rossetto rosso. Non era molto forte ma dato che ero andata leggera su tutto il viso, sulle labbra potevo concedermi qualcosa in più. Pigiai il tasto centrale del mio cellulare e vidi che erano le 09:58. Sbuffai e decisi di raccogliermi i capelli in una cipolla alta, nonostante questo alcuni ricci ribelli ricadevano ai lato del viso. Non c'era niente da fare, non sarebbero mai stati al loro giusto posto. Tolsi quell'orrendo tentativo di acconciatura e rimasi con i miei soliti capelli arruffati.
Quando bussarono alla porta istintivamente pensai a mia zia che si era dimenticata qualcosa in stanza. Aprii quattro occhi mi si puntarono contro. Credo che il mio cuore in quel momento avesse perso un battito. Davanti a me c'era Logan con accanto una ragazza. Una bellissima ragazza. Mora, capelli lunghi perfettamente boccolati, tutte le curve al punto giusto e quell'aria da ragazza perfetta verso cui non avresti mai potuto provare sentimenti negativi. «Ehi!» non uscì altro dalla mia bocca, ero come immobilizzata. «Ciao, io sono Janette. Tu devi essere Sonia, giusto? Logan mi ha parlato veramente a lungo di te!» mi limitai a sorriderle e ad annuire. «E' un piacere conoscerti, tu sei sua sorella?» dissi senza togliermi il sorriso dalle labbra. In realtà sorridere era l'ultima cosa che avrei voluto fare ma non avrei voluto sembrarle scortese. «Sorella? Oh, no! Sono la sua ragazza, fidanzata, compagna, chiamami come vuoi! Vero, amore?» sussurrò le ultime due parole sfarfallando le ciglia e voltandosi verso il ragazzo, che era rimasto in silenzio per tutto il tempo. «Già, da qualche mese!» replicò lui. E mentre i due si misero a discutere scherzosamente sul fatto che lui non si ricordasse da quanti mesi stessero insieme, potrei giurare che dentro di me qualcosa si bloccò. Non so cosa fosse, non so neanche se successe veramente ma, fatto sta, che questa notizia mi lasciò esterrefatta. «Credo sia meglio che io resti qui, non ho la minima intenzione di fare il terzo incomodo. Ora chiamo mia zia e le dico di venirmi a prendere, voi divertitevi eh!» dissi interrompendo i piccioncini. Prima che potessi voltarmi per andare a prendere il cellulare «Ma cosa dici? Vieni con noi, staremo bene!» disse Janette con un sorriso a trentadue denti. E credo che una risposta del tipo "No, grazie." non fosse tra i suoi piani.
Presi di malavoglia una sciarpa di lana, un trench color avana e la felpa che la sera precedente Logan mi aveva prestato e, messo il telefono in tasca, uscii. 
 
«Tieni.» sussurrai al ragazzo mentre Janette era intenta a rimirare una vetrina di biancheria intima. «Grazie. Non dirle nulla, non vorrei fosse gelosa.» «Non era mia intenzione, tranquillo.». Entrambi avevamo un tono di voce piatto. Per fortuna c'erano le varie domande della mora a rendere più vivo quel pomeriggio londinese. Sarei potuta andare con i miei parenti a visitare chissà quale parco o chissà quale attrazione, e invece mi trovavo in una via sperduta di Londra con una coppietta intenta a vedere vetrine piene di completini intimi leopardati.
 
«Accompagno a casa Sonia e poi vengo da te, dammi mezz'ora!» «Fa presto, ok? A dopo.» e dopo un bacio che sembrava più quello di un addio che quello di un arrivederci, chiuse la porta. Io e Logan rimanemmo in silenzio per metà del viaggio, poi si decise ad aprir bocca. «Scusami. Ha insistito col venire dato che voleva conoscerti, non volevo portarcela ma quando si mette in testa una cosa dev'essere quella per forza altrimenti son guai!» «Non capisco il motivo per cui ti stia scusando. In fondo mi hai solo fatto conoscere la tua ragazza, qual'è il problema?». Lui parve incerto su cosa rispondere, magari si aspettava una risposta diversa. «Io credevo che tu pensassi che io ci stessi provando con te e che quindi di conseguenza di fossi rimasta male per questa storia, ecco.». Rimasi per qualche minuto in silenzio, riflettendo sui vari motivi per cui non avrei dovuto urlargli contro. Alla fine optai per una risposta "pacata". «Come potevo credere che tu ci stessi provando con me? In fondo mi hai soltanto invitato due volte ad uscire, mi hai aiutato in lavanderia, mi hai dato il tuo numero di cellulare, mi hai dato la tua felpa, mi hai chiesto di chiamarti. Non avrei mai potuto credere che tu ci stessi provando con me, ti pare?» dissi facendo un sorrisetto ironico prima di sospirare e di sedermi sul marciapiede davanti al mio hotel. Dopo un quarto d'ora di silenzio credevo se ne fosse andato, magari avrebbe fatto meglio, e invece «Sei bellissima.». «Come, scusa?» sussurrai in un tono di voce a malapena orecchiabile alzando lo sguardo verso di lui. «Ho detto che sei bellissima. Mi dispiace aver creato questa situazione, io non sto bene con Janette. Credo sia troppo.. Perfetta per me. Mai un capello fuori posto, mai il mascara sbafato, mai un vestito che le stia male. Io preferisco una ragazza come te, a una ragazza come lei.» pronunciò quelle parole tutte d'un fiato senza mai smettermi di guardarmi negli occhi. «Credo sia meglio che tu ora raggiunga la tua ragazza, sono già passati quaranta minuti, ti conviene affrettarti.» dissi alzandomi e dirigendomi a passi lenti verso l'entrata dell'hotel. Dopo pochi passi mi sentii afferrare il braccio e uno strattone mi costrinse a voltarmi. Fu in quel momento che notai il colore dei suoi occhi. Verdi, aveva gli occhi verdi.
«Tu credi nei colpi di fulmine?». In quel momento, incantata da quei fari, avrei risposto di sì, senza pensarci un momento di più. Ma non sarebbe stata una risposta giusta. «No. Io ho smesso di credere nell'amore, Logan.» «Allora ti farò ricredere. Domani, alle 16:00, davanti all'antica libreria di Portobello, solo tu ed io, ci stai?». «Sì, ci sto.» non so perchè accettai, forse non avrei dovuto farlo, ma quegli occhi mi suggerivano di accettare. «Ora però torna da Janette!» aggiunsi. Lui alzò un sopracciglio confuso. «Non ho intenzione di tornare da Janette, né stasera né domani, forse tra qualche giorno per spiegarle qualcosina.» Un leggero sorriso si formò sul mio volto e «Buonanotte, Weasley.» sussurrai prima di alzarmi in punta di piedi e baciargli la guancia. «Buonanotte, Granger.» disse lui, ricambiando il bacio. Finalmente lasciò la presa sul mio braccio e potei entrare, fino ad arrivare nella mia stanza. 
 
«Bella la mia conquistatrice! Ti sei pure truccata! Mamma, mamma, guarda Sonia!». Non feci in tempo ad entrare in stanza che subito Chloe mi ruppe un timpano con i suoi urletti. Mia zia mi guardava sorridendo mentre mio zio sembrava innervosito da tutte quelle chiacchiere. «Ti abbiamo visto dalla finestra, tutti quei baci!» continuò mia cugina. Sentii le guance avvampare e dopo un «Sisi, certo. Meglio che vada a dormire.» posi fine alla discussione.


SPAZIO AUTRICE:
HOLA! *O*
Messo l'altro capitolo finalmente! Scusate il ritardo ma in questi giorni ho gli esami di recupero e sono incasinata, povera me T.T Auguratemi in bocca al lupo >.<
Ovviamente spero vi piaccia! Recensite? *-* 
Peace and love,
Delilah <3

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Capitolo 7
*** "Gone astray" by Charles Dickens. ***


"Gone astray" by Charles Dickens.*



Ero circondata da alberi carichi di foglie, con radici che sbucavano dal terreno quasi a voler uscire fuori completamente per andarsene in giro a loro piacimento, i massi erano ricoperti di muschio di un color verde brillante e anche quel poco di cielo che si riusciva ad intravedere tendeva al verde. Sembrava che tutto lì intorno si basasse su quel colore. Iniziò a soffiare una lieve brezza che fece in modo che tutti i volatili presenti sulle ampie fronde volassero via, di colpo vedo un corvo volare verso di me. Che voleva fare? Mi viene contro e, invece di iniziare a beccarmi, spalanca il grosso becco nero e, anziché emettere quel suono fastidioso tipico di quel genere di uccelli, esce un suono ancora più acuto molto più somigliante alla sua sveglia.
 «Via, via, via!» aprii gli occhi di colpo e mi guardai intorno, preoccupata. Tirai un sospiro di sollievo, almeno non c’era nessun uccello pronto a sbranarmi. Spensi la sveglia  e, a giudicare dalle facce dei miei parenti, nessuno si era reso conto del corvo/sveglia. In punta di piedi scesi giù dal letto e mi avvicinai alla valigia aperta. Feci una smorfia vedendo la confusione con cui erano riposti gli abiti: c’era passata Chloe, sicuro. Presi fuori un maglione di almeno due taglie più grandi della mia, una maglietta a maniche lunghe, un paio di jeans abbastanza stretti e mi rifilai in bagno. Dopo circa un quarto d’ora ero pronta. Ora dovevo solo cercare di rendere un po’ più presentabile il mio viso. Stranamente i capelli durante la notte si erano dati un’aggiustata e ora tendevano leggermente al riccio mentre per i brufoli e i rossori la notte non aveva fatto nessun effetto, c’erano ancora per mia sfortuna, ma di fondotinta e correttori quella mattina non volevo neanche sentirne l’odore, figuriamoci mettermeli sulla pelle. Dopo vari tentativi di incantesimi di appello, finiti a vuoto, mi decido a prendere in prestito la trousse di mia cugina. «E tu che roba sei?» sussurrai ad una crema non identificata di un orribile color viola chiaro. Con una smorfia la rimisi dentro e al suo posto presi solo un eye-liner e un rossetto tendente al rosso. Pochi minuti, il tempo di impasticciarmi il viso e infilarmi le mie amate converse, ed ero pronta. Esco fuori dal bagno e mi assalgono quattro paia di occhi, indietreggiai di un passo con un’espressione che diceva soltanto “Non fatemi del male, io vi voglio bene!”.  «C’è una sorpresa per te, cuginetta! » dice Chloe con un sorriso che le andava da un orecchio a un altro «Diciamo che sei presentabile, tutto merito dei miei trucchi ovviamente, quiiindi.. Ta-daaan!» con un plateale gesto delle braccia si spostò verso destra per lasciar spazio a un giovane dai capelli rossi. Per poco non mi strozzai con la mia saliva mentre tentavo di dire qualcosa. «Cos- Tu- Merda, dovevamo vederci oggi pomeriggio!» Logan parve dapprima sorpreso della mia reazione, poi la sua espressione assunse un’aria divertita. «Ho giocato d’anticipo. Andare a Portobello road di sabato è un suicidio, figuriamoci se ci si va di sabato pomeriggio, equivale pressoché alla morte. Quindi, rinnovo l’invito che ti ho fatto la prima volta che ci siamo visti: vuoi venire a prendere un tè con me?». Non avevo uno specchio a portata di mano ma sapevo con assoluta certezza di essere avvampata, sia dal fatto che mi sentivo il viso andare a fuoco, sia perché mia cugina e mia zia non la smettevano di sogghignare, mentre mio zio borbottava, come al suo solito.  «Sisi, come vuoi tu, quello che ti pare.» A viso basso presi da terra il giubbotto e uscii in tutta fretta dalla stanza con Logan che non la smetteva di dire “Grazie dell’ospitalità, siete gentilissimi!”.
« Razza di idiota, ti pare il caso?! Caso la tua risposta sia positiva, bhe non lo è! Sono rossa, ma che dico rossa, viola! Ti odio!» sbraitai a voce così alta che non mi sarei stupita se in quel momento mi avessero chiamato i miei genitori chiedendomi se fosse tutto apposto.  La risata del ragazzo non fece che aumentare il mio nervoso, stavo per urlargli qualcos’altro contro quando due braccia non troppo muscolose mi cinsero le spalle. Le mie guance si infuocarono di nuovo e prima che qualcosa di intelligente mi venne in mente disse: «So che non mi odi, scema, e poi sei carina quando diventi rossa!» Borbottai frasi sconnesse tra loro e mi sciolsi dalla stretta. «Su su, già stiamo facendo tardi, muoviamoci!»


Appena uscita dalla metropolitana mi travolsero mille cose differenti: c’erano tante persone, forse anche troppe per i miei gusti, migliaia o più bancarelle colorate piene di addobbi natalizi incluse ghirlande fatte con agrifoglio intrecciato ad aghi di pino e bacche di un color rosso brillante che avevo visto raffigurate soltanto nei libri di natale di Dickens, odori di ogni genere, dai più buoni ai più bizzarri. Rimasi per qualche secondo ad osservare quel susseguirsi di persone che sorridevano e facevano affari con i venditori, poi, guidata da Logan, ci dirigemmo verso la famosa libreria. Lungo il tragitto mi fermai a conversare con un tale convinto di saper parlare alla perfezione l’italiano, quando tutto quello che usciva dalla sua bocca era “Mi piace Colosseo” e “Io romano, tu?”.




«Eccoci arrivati!» Alle parole di Logan alzai lo sguardo e l’insegna con sopra scritto “Alice’s” catturò tutta la mia attenzione, anche più di quella che avevano catturato due signori armati di violoncello con enormi margherite dipinte sopra. Sussurrai un “Oh mio Dio..” a malapena percepibile ed entrai dentro di getto. Venni travolta da cianfrusaglie di ogni tipo, c’erano pezzi d’antiquariato dal valore inestimabile mentre altri che probabilmente erano solo robaccia, ma là dentro qualsiasi cosa acquistava un non so che di magico. Rimasi conquistata dalla statua di un soldatino di piombo che abbracciava una ballerina, molto probabilmente, vecchia com’era, sarà uscita in concomitanza con la favola stessa. «Muoviti Granger, qua dentro c’è da perdercisi ma a noi spetta il piano di sopra. Ti lascerà ad occhi aperti, vedrai.» Detto questo mi prese la mano e mi condusse, attraverso delle scale a chiocciola scricchiolanti, verso una porta in legno mal ridotto che un tempo doveva essere stato di un verde brillante. Nonostante le mie lamentele, Logan mi tappò gli occhi con le mani e tutto quello che vidi fu il buio più totale. Per mia fortuna non poteva oscurarmi l’udito e l’olfatto, avrei riconosciuto ovunque l’odore di un libro vecchio, figuriamoci di centinaia. Dopo pochi secondi i miei occhi si liberarono e tutto ciò che vidi fu un qualcosa che raramente si riesce a descrivere: c’erano libri, libri ovunque, dappertutto. Sembrava di essere finiti nel castello della bella e la bestia, era un sogno per una come me. Ripetei per l’ennesima volta esclamazioni tipo “Non ci posso credere” o “E’ tutto vero?” prima di rendermi conto che non si trattava della mia immaginazione. Non era un semplice ammasso di libri, si trattava di un vero e proprio paradiso. C’erano copertine di ogni tipo, da quelle vecchie e tarlate a quelle nuove e splendenti con ancora la plastica attorno. Senza neanche pensarci due volte mi catapultai nel reparto fantasy, poi in quello horror e infine in quello classico; in particolar modo nell’ultimo sembrava che mi fossi catapultata all’era di Mary Shelley e Jane Austen.  L’intera stanza era riscaldata da un modesto focolare che faceva alla perfezione il suo lavoro, dei banchi in legno massiccio occupavano gli spazi senza libri e come ciliegina sulla torta c’erano dei perfetti signori inglesi completi di baffi e trench grigio intenti a leggere. L’unica pecca era l’illuminazione scarsa, ma era un problema che molti avevano ovviato grazie a lampade singole posizionate sulle scrivanie o addirittura candele. 

 

«Grazie di avermi portato qui, è tutto meraviglioso: i libri, il fuoco, ogni singola cosa! Che abbiamo intenzione di fare adesso, leggere?» Lui si limitò a sorridere e aggiunse «Sì, se vuoi potremmo leggere ma ho un’idea migliore. Dai, scegli un libro!» Ci misi un quarto d’ora abbondante per prenderne uno la cui copertina mi soddisfacesse a pieno, sia a causa della scarsità di luce sia per la mia profonda insicurezza. Ne presi uno dalla copertina rigida di un blu notte, il titolo era scritto all’interno, nella prima pagina ormai ingiallita: “Gone Astray. By Charles Dickens”.  «Ecco a te, è carino, l’ho letto in italiano. E’ un po’ strano, parla di un bambino che viene portato da un signore a far visita ad una chiesa ma dopo poco perde di vista il suo accompagnatore e così finisce per girovaga-»  Non feci in tempo a finire di parlare che sentii qualcosa di caldo posarsi sulle mie labbra. Sbarrai gli occhi e mi accorsi che quel “qualcosa” non era nient’altro che Logan. Non sapevo che fare, mi ero ritrovata dal raccontare la trama di un libro a baciare un ragazzo, non è un passaggio molto chiaro. Mi allontanai dopo qualche secondo da lui e mi limitai soltanto a guardarlo confusa, senza sapere cosa dire o cosa fare. «Scusami, Sonia, non so cosa mi sia preso. Cioè, veramente lo so, ma forse tu no e quindi.. Scusami, non avrei dovuto!» Senza pensarci due volte mi piombai di nuovo sulle sue labbra, avevo baciato solo un altro ragazzo prima di lui e in quanto a dimestichezza, ero messa maluccio, ma con molte probabilità quel gesto era il più avventato che avessi fatto in tutta la mia vita, escluse le scalate su immensi monti/cumuli di fango e terra fatte da bambina. Lui, quando mi scattai, sembrò confuso, molto confuso. «Weasley non guardarmi in quel modo, cretino, l’ho fatto senza pensarci e inoltre prima mi hai anche bloccato mentre ti stavo raccontando il libro, sei proprio un maleducato, sai?» Lui scoppiò a ridere e io feci lo stesso, almeno finché una signora paffutella coi capelli ricci e bianchi sussurrò scocciata «Silence, plese, we’re in library!» Rimanemmo fino alle cinque del pomeriggio dentro quel paradiso circondati soltanto da odore di pagine vecchie e libri quando un fastidioso rumore pervase l’aria. Logan scattò sull’attenti, e di conseguenza anch’io dato che ero appollaiata sulla sua spalla, per rispondere al cellulare. Da quelle sue poche parole capii di chi si trattava. Sbuffai e presi un volume a caso dalle mie spalle mentre tentavo di capire qualche frase interessante dalla conversazione telefonica. «Era Jan, mi ha chiesto se questa sera sarei potuto andare a casa sua per fare.. Qualcosa, insomma e io..».  
«Non mi interessa, fate tutto quello che dovete fare, divertitevi, e mi raccomando vienimi a cercare quando hai finito eh, ci sono sempre!»
 «E io le ho detto di no perché stavo con una ragazza a cui piace leggere “Gone Astray”. Allora, a che punto eravamo del racconto? Prometto che stavolta non t’interrompo, forse solo per fare qualche domanda. Che succede al bambino?»
Rimasi per un secondo interdetta, poi sorrisi. «Tu sei pazzo, Weasley, tu sei del tutto fuori di testa!»





SPAZIO AUTRICE:
Zalve, zalve! Dopo aaaaaaaaanni e aaaaaaaanni sono tornata, immagino quanta felicità ci sia nell'aria :'3
MisstiziadicuinonmiricordotuttoilnomeLY, sei accontentata, spero ti piaccia e dimmi se "Verissimo" come sottofondo aiuta °O° <3
Peace and love,
Delilah <3


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Capitolo 8
*** Covent garden* ***


Covent Garden*


La mattina seguente venni svegliata dalla voce acuta di mia cugina, diceva che avrei dovuto sbrigarmi, che oggi sarebbe stato l’ultimo giorno a Londra. Mi alzai di scatto, avevo completamente rimosso quel dettaglio. «Chloe dobbiamo rimanere un altro giorno, io non posso andarmene!» senza rendermene conto avevo urlato e, di conseguenza, svegliato mio cugino. «Oh andiamo, Sonia, non fare la ragazzina! Non viviamo nell’oro, non sborso altre settanta sterline per dormire in questa bettola per un’altra notte. Quindi muoviti a vestirti, oggi si va a Covent garden senza lamentele e senza “sono un bravo ragazzo dai capelli rossi”» Non dissi niente, dubito che in quel momento sarebbe servito a qualcosa controbattere: quello che dice miss perfezione è legge, per tutti. Mi scostai il piumone di dosso, presi il cellulare e la biancheria e mi chiusi in bagno. Senza pensarci due volte mandai un sms a Logan, diceva “Questa sera ho l’aereo di ritorno, oggi non possiamo vederci e probabilmente non potremmo più vederci. Grazie per avermi fatto visitare la biblioteca a Portobello, mi è piaciuta molto, davvero! Stamattina andiamo a convent garden. Bye, Weasley <3”. Perché dopo averlo mandato mi sentivo così vuota? Io non potevo sentirmi così, non dovevo. Sapevo che non avrei dovuto uscirci ieri, sapevo che dovevo rimanere con le mie idee, che dovevo continuare a detestare amore, baci stupidi e frasi pseudo romantiche. Venni destata dal suono di un messaggio ricevuto, dopo qualche secondo di tentennamento lo aprii: “Anche i miei vogliono andare nello stesso posto, ci incontriamo lì. Ricordi? Devo farti ricredere sull’amore. A tra poco!”. Subito un sorriso spuntò sul mio volto nonostante nella mia testa stesse scoppiando una guerra civile. In seguito uscii dal bagno e presi qualcosa di decente da mettermi, con sottofondo le urla di mio zio che dicevano frasi tipo “Copriti, per l’amor del cielo!” e “Sonia sei in mutande e reggiseno!”. Velocemente mi vestii per poi lasciar spazio spazio agli altri, diedi una sistemata alla valigia e mi buttai sul letto. Tra Chloe, i miei zii e Daniele fummo pronti un’ora e mezza più tardi. «Oggi lo incontri Luca, Loca.. Quel ragazzo, insomma?» La voce di mia zia sembrò più dolce del solito in quel momento, possibile che aveva scoperto tutto? «Non lo so, dovrebbe venire anche lui a Covent garden ma ho letto che è un bel po’ grande quindi non so se riusciremo a vederci. Zia, ieri mi sono baciata con.. Con Logan e sì, allora.. Questo..» Stavo avvampando, lo sentivo. Le labbra di mia zia si incurvarono in un sorriso e le guance paffute si tinsero di un rosa accesso. «Davvero? Ma è meraviglioso, Sonia! Allora devi incontrarlo, per forza! Ah, sono così felice, ne hai proprio bisogno!» «Io non ho bisogno di un ragazzo.» Borbottai più a me stessa che a lei mentre mi infilavo sciarpa, cappotto e macchina fotografica al collo.


Sbagliammo metro due volte prima di giungere a destinazione. Avevo visto parecchie foto di quel luogo ma mai nessuna era stata in grado di catturare tutta quella bellezza. Entrammo nella struttura al coperto e rimasi travolta dagli addobbi di quel posto. C’erano festoni dorati ovunque e immense palle di Natale di varie dimensioni color rosso scuro appese al soffitto. Le bancarelle erano principalmente artigianali, si vendevano oggetti natalizi ma anche per la casa, come miniature di cucine o salotti in legno con tovaglie di un, o massimo due, centimetri di larghezza e tavoli che sembravano fatti apposta per lillipuziani. C’era chi acquistava frutta, chi cioccolata di ogni tipo e provenienza, chi souvenir. Ci dividemmo: mia cugina e mia zia erano indaffarate a comprare oggetti di dubbio gusto, mentre io stavo ascoltando chiacchiere, a parer mio soporifere, riguardanti stadi e calcio con gli altri due. Decisi di darmela a gambe passato qualche minuto. Poco distante da loro avevo individuato una pasticceria chiamata “Ladurée”, anche a Roma ne avevo vista una ma la fila era decisamente troppa, quella lì invece contava all’interno solo una manciata di persone. Entrata dentro notai subito quei dolci di mille colori con dentro crema o qualcosa di simile, credo. Dopo minuti di indecisione scelsi di prenderne uno farcito di fragole, sembrava buono. Salii le scale in legno diretta al piano superiore e, appoggiato il vassoio, mandai un messaggio a Daniele per poi sedermi. Sarebbe stato un peccato mangiare quel dolcetto così carina ma tutte le persone che l’avevano assaggiato avevano assicurato che l’aspetto fisico passa in secondo piano. Prima che lo potessi mordere, una voce mi fermò. «Ehi, come mai qui tutta sola?» In un primo momento credei che si trattasse di mia zia ma già tre secondi più tardi riuscii a dare una collocazione a quel suono, mi voltai. Sembrava che in un solo giorno fosse diventata più bella, forse era merito del vestitino, o forse dei tacchi, o più propriamente di madre natura. «Ciao Jan, volevo prendermi un attimo di pace dalle chiacchiere calcistiche dei miei, e tu?». Lei si limitò a snobbare la mia domanda con un cenno della mano ingioiellata a dovere e poi aggiunse: «E’ buono? Con le fragole non l’ho mai assaggiato, ma l’aspetto non è male- Oh, eccoti qui, amore..» Nel bel mezzo della frase un ragazzo le si era avvicinato, aveva posato le mani sui suoi fianchi e le labbra sul suo collo. Si vedevano solo i capelli di lui, e quelli bastavano a capire di chi si trattasse. Alzai gli occhi al cielo e tornai al mio dessert, l’appetito se n’era andato ma guardare quella scena era un gesto da definire autolesionista. Ad ogni urletto di Janette che diceva al rosso di smetterla il mio pugno si stringeva sempre più, dopo l’ennesimo sbottai: «Scusatemi, è un luogo pubblico, andate a fare i vostri preliminari da un’altra parte, grazie.» In genere mi consideravo una ragazza calma ma c’erano due tipi di persona che non riuscivo a sopportare: i maleducati e gli ipocriti, e là davanti c’erano due esempi di queste categorie. Iniziai a mangiucchiare in modo nervoso, nella stanza si sentiva un chiacchiericcio inglese disturbato da una voce che non avrei voluto più sentire per il resto della mia vita. La coppietta felice si sedette al mio stesso tavolo e fu la mora a parlare: «Non credevo fossi così, la prossima volta provvederemo ad attaccarci addosso un bollino rosso oppure porteremmo un cartello con scritto in maiuscolo “VIETATO AI DEBOLI DI CUORE”, vero amore?» disse con una risatina. Logan sembrava essere piombato in una specie di trans, passarono alcuni attimi di silenzio prima che si decise ad aprir bocca. «Come mai qui dentro? Credevo che tu fossi più una da mercatini e bancarelle, non da posti dove ti fanno pagare anche l’aria che respiri.»  «Già, ora me ne torno nel mio mondo. Ah, quasi dimenticavo: grazie per avermi fatto ricredere sull’amore.» Lasciai il dolce incompleto e mi alzai diretta da qualche parte. Incappai in mio cugino subito fuori la pasticceria. «Deli, tutt’apposto? Cos’è questa faccia?» Perché riusciva a capire il mio stato d’animo con una semplice occhiata? Era una cosa che detestavo. Me la cavai con una scrollata di spalle dicendo che il cibo là dentro costava più del previsto. Ci riunimmo tutti e per mezz’ora dovemmo sorbirci l’esposizione dettagliata delle cianfrusaglie comprate da zia Cate. Durante la descrizione di un vaso da notte con fiori rosa dipinti sopra Chloe disse, con un tono di voce più alto del normale: «Oh, Lauro, quello è Lauro!» Io e Daniele ci scambiammo un’occhiata confusa e solo quando vedemmo la scena capimmo. «Credo si chiami Logan.» Mio cugino mi rubò la battuta e gliene fui immensamente grata, in quel momento mi stavo godendo lo spettacolo. Janette stava gesticolando come una pazza dimenando la sua borsetta a destra e a manca mentre Logan cercava di darsi un contegno. Credevo stessero litigando prima di vedere la ragazza buttarsi tra le braccia di lui e baciarlo con foga. Sentii gli occhi inumidirsi, intorno a me Chloe continuava a farmi domande, mia zia, ignara di quello che stava accadendo, continuava a descrivere i suoi acquisti e Daniele.. Lui era già partito prima che potessi fermarlo. A passi veloci si era diretto verso la coppia, aveva staccato in modo alquanto brusco il rosso dai baci e l’aveva colpito sulla guancia con un cazzotto, sotto lo sguardo sbalordito di Jan e dei passanti. Logan accusò il colpo e indietreggiò di qualche passo, fu allora che i nostri sguardi si incontrarono. Senza pensarci mi voltai e corsi via, non sapevo dove andare, non conoscevo quel posto. Dopo minuti molto somiglianti a ore di corsa arrivai in una vietta riempita soltanto dall’odore di zucchero filato e cioccolata calda, sembrava un luogo perfetto per nascondersi. Mi sedetti sul pezzo di marciapiede all’apparenza meno bagnato degli altri e finalmente potei sfogarmi, solo il cielo seppe quanto piansi. Era una cosa che mi accadeva con rarità di fare ma durante quelle poche volte davo il meglio di me. Venni interrotta da una frase che non riuscii a capire, era in inglese, non alzai neanche la testa. Mi rendeva nervosa e allo stesso tempo fragile il fatto che qualcuno mi stesse guardando in quello stato. Quella persona mi si sedette accanto e mi porse una tazza con dentro qualcosa di caldo a giudicare dal fumo che usciva, la presi e, una volta appurato che si trattava di tè, bevetti qualche piccolo sorso. «E’ da tanto che speravo in un tè insieme, sai?» Non risposi, sapevo che si trattava di lui. «Credimi, non è come pensi tu. Può sembrare una frase fatta ma è così, io non provo nulla per Janette. E.. Potresti spiegarmi perché non credi nell’amore?» Quella domanda la sentii come una specie di liberazione, la temevo e la bramavo da parecchio tempo, tutti si fermavano a dirmi che mi avrebbero fatto cambiare idea ma mai nessuno mi aveva chiesto il motivo per cui mi provassi quelle sensazioni. «E’ da quando ho undici anni che ho smesso di crederci ed è strano dato che quella è l’età delle favole, delle principesse e dei “per sempre felici e contenti”, ma devi sapere che per me è anche l’età che avevo quando ho scoperto che mio padre aveva un’altra donna. I miei stanno ancora insieme ma è un litigio continuo, non li ho mai visti baciarsi, ci credi? Appena ti ho visto con Janette ho capito che tra me e te non può e non potrà mai funzionare, ci sarà sempre qualcuna più bella, più intelligente e più simpatica di me, sempre. Perciò non venirci a dire che ti piaccio perché è una bugia bella e buona, magari adesso è così e forse lo sarà stato anche in libreria ma appena ti si presenterà una ragazza come Jan tu andrai da lei a dirle frasi carine e complimenti. Lasciami stare, Logan. Non voglio nessuno, da sola sto più che bene. L’unica cosa che mi fa rabbia è che mi piaci, tu e i tuoi stramaledettissimi capelli e il tuo modo di fare e i tuoi occhi. Ma è ok, tutto passa, passerai anche tu. Ora, se non ti dispiace, vorrei che te ne andassi.» Feci tutto quel discorso con lo sguardo rivolto verso l’asfalto mentre delle lacrime andavano a finire dritte nella mia bevanda. Non si sentì niente per cinque minuti, ero convinta se ne fosse andato. Mi voltai verso sinistra e lo vidi con gli occhi puntati su di me, solo quello sguardo mi fece arrossire, disse: «I miei si sono separati due mesi fa, mia madre trovò una sconosciuta nel suo letto insieme a quello che credeva essere suo marito. Cristina, la mamma di Jan, l’ha aiutata tantissimo, le è stata accanto ed ora entrambe vogliono che io stia con miss “sono perfetta”. Ho provato a dire a mia madre di smetterla con questa storia da quando ti ho vista a Piccadilly, puoi non crederci ma questa è la verità. Mi piaci, tu mi piaci e io piaccio a te, dov’è il problema? Io sono di un paese in provincia di Roma, tu anche lo sei, me l’ha detto tua zia, possiamo stare insieme.» Detto questo, si avvicinò a me e fece per baciarmi. Mi scostai porgendogli la guancia, non ero pronta. Mi vibrò il cellulare, era Daniele e a giudicare dal contenuto del messaggio sembrava parecchio preoccupato. Con poca voglia mi alzai e mi asciugai il viso con il palmo della mano, avrò avuto un aspetto orrendo in quel momento. «Sono tutti in ansia, devo tornare subito.» «Ti accompagno, conosco a memoria questo posto.» Non obiettai, avrei sicuramente rischiato di perdermi se qualcuno non mi avesse ricondotto da loro. Temevo che mi sarebbero cadute le mani per il freddo nonostante avessi la tazza di tè stretta tra le dita. Un quarto d’ora di cammino e arrivammo da tutti, prima che qualcuno potesse vederci afferrai il braccio a Logan e ci nascondemmo dietro un muretto, senza pensarci dissi: «Mi fido, ok? Mi fido di te, non deludermi.» Annuì, mi prese la mano e proseguimmo. Alla flebile luce del sole londinese si vedeva la guancia, già annerita, del ragazzo. «Daniele cercava soltanto di proteggermi, non l’ha fatto con cattiveria.» «Avrei fatto lo stesso, non devi darmi nessuna spiegazione. E per la cronaca, è lei che ha baciato me.» Non feci in tempo a replicare che una donna sulla cinquantina completa di pelliccia e una decina di anelli sulle dita si intromise. «Si può sapere dove diamine eri finito?! Janette è preoccupatissima!» Poi si voltò nella mia direzione e i suoi occhi si fecero un po’ più duri. «Tu sei.. Sonia?» Balbettai qualcosa di incomprensibile, mi metteva agitazione quella donna. «Mamma, lei è la mia ragazza.» Non so esattamente cosa accadde nella testa di lei, fatto sta che si mise a ridere. Non riuscivo a capire il motivo di quel gesto, perché lo stava facendo? «Mi scusi, signora, ma non credo che questo sia un comportamento molto educato. Logan ha detto che sono la sua ragazza, e con questo? Non lo nego, ci siamo baciati e credo sia stato il bacio più bello e sentito che un ragazzo mi abbia dato. Ho avuto dei dubbi pensando se potessi essere la persona adatta a lui o meno e sono giunta ad una conclusione: posso esserlo, o per lo meno posso provarci. Non sarò bella come la sua prediletta, né tantomeno intelligente o ricca ma sono sicura che potrei renderlo più felice, basta che lei mi dia la possibilità e inoltre-» «Oh, ma per piacere! Credevo che fossi mia amica, Sonia, non che volessi rubarmi il fidanzato. Non me lo sarei mai aspettato. Logan, amore, la guancia ti si sta gonfiando, vieni qui che ci penso io. Una volta a casa ti darò dei baci qui e qui e soprattutto qui..» Non so da dove era venuta Janette, fatto sta che mi aveva interrotto e che stava passando le sue mani sul collo, sul mento e sulla guancia del ragazzo. In quel momento la mia delicatezza si diede una vacanza, presi Logan per mano e lo tirai verso di me. «Sei arrivata tardi, forse non hai sentito che lui ha detto “Lei è la mia ragazza” e si riferiva a me, quindi scusami, scusami tanto, non era mia intenzione portartelo via, ero solo venuta qui per visitare la città. Jan, signora, con tutto rispetto, torno dalla mia famiglia.» «Logan, Logan dì qualcosa! Giuro che sei fai un solo passo nella sua direzione, non vedrai più casa tua.» «Non aspettarmi per pranzo mamma, vado da Jamie.» disse Logan avvicinandosi a me e prendendo la mia mano tra le sue. Con un sorrisetto andai verso i miei parenti, che si erano limitati a vedere la scena da lontano. Travolsero il rosso con mille e più domande dalle quali lui seppe districarsi senza troppi giri di parole; Daniele mi prese in disparte: «Deli, li ho convinti, puoi passare la giornata con lui se vuoi. Ma non fare casini, ok? E rispetta le tre sacre P: niente palpeggiamenti, niente pomiciate, niente porcate. Chiaro?» Scoppiai a ridere, da dove le aveva tirate fuori queste? Annuii giusto per farlo stare un po’ più calmo, e aggiunse: «Ora parliamo di cose serie, dici che avrei una possibilità con quella Janette? Guardala, sembra un angelo sceso in terra: bel viso, bel culo, belle tette, si può chiedere di meglio?» Nessuno, neanche “l’angelo sceso in terra” poté bloccare la mia mano dritta sul suo viso.
Tre fermate di metro, venti minuti di cammino e arrivammo di fronte a una tipica villetta inglese, con un prato perfettamente tagliato, una cassetta della posta di un rosso splendente e un portone verde smeraldo dove accanto, su un campanello, erano incise le parole “Mr. & Mrs. Storins”. Logan suonò e dopo poco una signora in stile anni 60 ci venne ad aprire. Iniziarono presentazioni e chiacchiere in inglese che capii solo in minima parte e ci dirigemmo al piano superiore. Da una porta dipinta di bianco uscì un ragazzo dai capelli biondi con grandi occhiali nei e una camicia a quadri che metteva in risalto il suo torace. «Uuh.. Sono tutti così i tuoi amici?» Dissi facendo la linguaccia al rosso. «Grazie, lo prendo come un complimento!» Arrossii di colpo e il ragazzo accanto a me scoppiò in una risata. «Jamie capisce benone l’italiano, avevo intenzione di dirtelo, giuro!» Imprecai in modo sommesso maledicendo chiunque si trovasse nella mia testa in quel momento.  «Sei un idiota, lo sai? Un idiota. E tu non gasarti, era solo per far ingelosire il cretino qui presente.» Tra una risata e un’altra ci invitò ad entrare in camera sua. Aveva delle luci di Natale ad intermittenza tutte intorno alla testata del letto e un mini albero natalizio decorato sulla scrivania. «Allora lei è la famosa? Come l’ha presa Janette?» Logan raccontò all’amico com’era andata la vicenda, quest’ultimo si girava di tanto in tanto nella mia direzione rivolgendomi delle occhiate stupefatte e dei segni di approvazione. «Wow, te la sei trovata una tosta! Gan, parliamo di cose serie, come bacia la ragazza? Anche in quelle situazioni ha carattere?» Prima che qualcuno potesse pronunciare una sola sillaba avevo già tirato un cuscino al ragazzo. «Ma che domande fai?! Mio Dio, hai la faccia come.. come.. Oh, fammi stare zitta! E, tanto per dire, i baci non sono il suo forte..» dissi indicando Logan. Passammo qualche minuto a fare battute di questo genere, sembravamo amici che si conoscevano da sempre. La madre di James ci chiamò per il pranzo, quello fu il momento più imbarazzante della giornata. La donna, che poi scoprii chiamarsi Clementine, cominciò a fare battute mentre indicava me e tutti gli altri, rigorosamente in inglese. Non capii una singola parola, parlava ad una velocità spaventosa. Il rosso mi prese la mano e disse: «I bring Sonia in the bathroom, go back in a minute!». Salimmo le scale e girammo a sinistra diretti verso una porta in legno chiaro. Una volta dentro, tutto accadde in modo repentino. Logan chiuse a chiave la stanza, mi afferrò i polsi e mi mise con la schiena contro il muro. «Baciami, è da ieri sera che ho voglia di un tuo bacio.» Feci un sorrisetto scuotendo la testa. Lui, in risposta, poggiò le labbra sul mio collo e iniziò a baciarlo lentamente. «Togliti, Logan staccati, non voglio che la tua bocca mi tocchi, chissà quanti colli ha toccato, che schifo!» «Sta zitta, stai sempre a parlare..» Dopo questo sentii un po’ più di pressione sul punto interessato dalle sue labbra. Avvicinai una mano ai suoi capelli e prima che potessi pensare “Cosa sta facendo?!” lui si staccò e sussurrò al mio orecchio: «Ora tutti sapranno che sei mia..» Strabuzzai gli occhi e mi catapultai dritta verso lo specchio: un segno violaceo si stava formando nella parte sinistra del mio collo. «Io.. Io.. Io ti ammazzo! Non ho neanche una sciarpa, né un foulard, né un maglione a collo alto! Tutti vedranno questo coso!» La porta si aprì e gli occhi azzurri di Jamie guizzarono da me, all’amico e ancora a me. «Sonia.. Mia madre stava sospettando cose sconce. La prossima volta che ti fa un succhiotto, non urlare. Gan, oggi pomeriggio ho un appuntamento con la persona più sexy della Gran Bretagna: la professoressa di matematica. Ho ripetizioni quindi, se vuoi, la mia camera è tua. Inventa qualcosa con mamma e non sporcare troppo, ok?» Non si riusciva a capire chi dei due stesse ridendo di più, né, trenta secondi più tardi, si riusciva a capire chi avesse lo stampo della mia mano più evidente sulla guancia.



SPAZIO AUTRICE:
Mm
acciao :3 New chapter, yyyoo. 
Questo mi piace particolarmente, non so il motivo .__. Spero piaccia anche a voi >.<

Ma quant'è carino Charlie/Logan? Quanto?! Afihoiewfrhfnweo *----*
peace and love,
Delilah <3

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Capitolo 9
*** Don't say goodbay, ok?* ***


Don't say goodbay, ok?*


James se ne andò dopo un'ora, ancora mi chiedo perchè si fosse imbellettato per l'occasione: jeans chiari e camicia di color blu scuro solo per andare a ripetizioni? La faccenda puzzava. Non so con precisione cosa disse Logan alla signora Clementine, fatto sta che ci fece rimanere da guardia alla casa siccome aveva altri impegni quali fare la spesa e ritirare vesti dalla lavanderia. 
«Siamo in casa da soli.. Non mi dai neanche un bacino?» Mi limitai a fargli una smorfia e ad aggiungere in un secondo luogo: «Devi conquistartelo. Chi mi assicura che questa sera, non appena partirò, tu non andrai da quella? Nessuno può darmi la conferma. Quindi, niente baci, mi spiace.» Detto questo mi voltai di spalle e scesi giù in cucina. «Credi che potrei prendere qualcosa da mangiucchiare, non ho toccato cibo a pranzo!» Niente. Che si fosse offeso? «Oh, andiamo! Sei un ragazzino, ho delle motivazioni più che valide!» Sbuffai sonoramente e aprii il frigorifero ma tutto quello che trovai furono due cartoni di latte , formaggi vari e una busta in plastica trasparente con all'interno pomodori. «La bambina ha fame?» Alzai gli occhi al cielo e feci l'ennesima smorfia, senza degnarlo di risposta. Sentii il rumore di un cigolio, mi giri e vidi il ragazzo che prendeva dalla credenza del pane bianco e della marmellata. «Wow, io amo la marmellata, potevi dirmi subito che era lì!» 
«L'ho presa per me, non per te.»
Sbarrai gli occhi. In quel momento, il suo tono così distaccato, mi fece sentire strana. "Pensa come un ragazzo, Deli, pensa come un ragazzo!" Mi schiarii la voce, a passi lenti, andai verso di lui e gli tolsi il barattolo in vetro dalle mani. Una volta aperto presi un po' di quella sostanza densa e violacea e me la passai sulle labbra tentando -probabilmente invano- di essere un minimo sensuale. Dopo aver attirato la sua attenzione immersi di nuovo il dito nella marmellata e questa volta la rilasciai sparsa prima sul suo collo, poi sul suo mento e infine sulle sue labbra, tutto condito con un sorrisetto poco rassicurante stampato sul volto. «Oh, scusa, scusa ancora e.. Oh, sono distrattissima oggi, non credi?» Lui in risposta mi afferrò il polso e passò la lingua sull'indice sporco di marmellata. «Distrattissima.» Ci avvicinammo fino a far toccare i nostri corpi, le labbra erano così vicine l'une con le altre tanto che quasi si toccavano, mancava così poco. «Logan, my dear, i'm back home!» Entrambi strabuzzammo gli occhi, lui tirò fuori qualche frase in inglese a me incomprensibile e, dopo avermi preso la mano, mi condusse su per le scale. «Ma porca- non è possibile! Tu ed io stavamo per..per..Sai cosa! E quella è entrata, ci spiava, ne sono sicuro!» Leccai alla svelta i residui appiccicaticci di marmellata presenti sulla mano e scrollai le spalle. «Non farti venire strane idee in testa, tu ed io non stavamo per fare un bel niente. Un bacio.. Dei baci, al massimo, ma niente di quello che la tua testolina da cattivo ragazzo pensa.» Con la coda dell'occhio lo vidi soffocare una risatina. «Sei tu quella che mi ha provocato, io volevo semplicemente farmi pane e marmellata.» Sbarrai la bocca. Ora ero io l'assetata di sesso della situazione? Balbettai qualcosa che neanch'io riuscii bene a capire e mi rannicchiai sul letto di James. Lui scoppiò a ridere e di getto disse: «Okok, ammetto che mi è piaciuto. Ma tu ammetti che speravi in quel bacio. Dai, sto aspettando!» Diventai prima di un rosa acceso, poi rossa e poi sempre più tendente al viola. «Non.. Non sono cose da dire queste!» Sentii il respiro di Logan vicino al collo e le sue mani che dai capelli passarono ad accarezzarmi le guance e poi sempre più giù, fino ai fianchi. Rabbrividii, era come se ogni parte del corpo toccata si fosse di colpo immobilizzata. Alzai lo sguardo fino ad incrociare quegli occhi, così verdi anche alla fioca illuminazione delle lucine sul letto di Jamie, da fare invidia a chiunque. «Speravo in quel bacio. Spero in ogni nostro bacio, ecco perchè ho così paura a dartene qualcuno.» Ci guardammo fisso per qualche secondo come se il tempo si fosse bloccato solo per noi, in attesa di quell'avvenimento. Chiusi gli occhi, probabilmente lui fece lo stesso, e facemmo sfiorare i nostri nasi, solo quel fatto mi fece sorridere. Riuscimmo soltanto a far toccare leggermente le nostre labbra dato che un'assordante squillo telefonico ruppe tutta la magia di quel momento. Questa volta fui io a fare la parte dell'esaurita. «Chi diamine parla?! Sì, hai rovinato tutto, razza di idiota. No, aspetta.. Tu mi hai chiamato per dirmi che quella sottospecie di barbie venuta male sta con un altro? Dimmi che stai scherzando, ti prego, altrimenti vengo lì dovunque ti trovi e ti prendo a schiaffi! ..No, non c'ho fatto se- ..no! Oh, al diavolo, ora arrivo!» Attaccai bruscamente la chiamata e lanciai uno sguardo disperato a Logan, il quale sembrava piuttosto divertito dalla mia sfuriata. «Ti ha preso per una cattiva ragazza che fa sesso col primo mezzo inglese che capita? Povera, povera piccola Sonia. Una reputazione distrutta nel giro di tre giorni.» Mi alzai dal letto e «Camden Town, muoviti.» dissi.
 
Altre metro, altri inglesi che si scapicollavano a scendere e salire dai mezzi. Quella zona sembrava essere la parte di Londra che i genitori ti avrebbero sicuramente vietato di vedere. C'erano ragazzi stracolmi di pircing e tatuaggi di ogni genere, le persone con capelli naturali potevano essere contate sulle dita di una mano e non vidi neanche un paio di orecchini ornati con fiocchetti rosa e pizzo. Il fatto positivo era che nessuno di loro veniva guardato male dalla folla e dai turisti, nessuno, a mia vista, era stato insultato per il suo modo di acconciarsi. Avevo sentito che quella città era stata definita da molti "città libera" e, almeno sotto questo punto di vista, lo era davvero. «Sonia! Sonia, da questa parte!» appena sentii la voce del ragazzo andai verso di lui con un'espressione di dissenzo stampata in volto. Odio quando le persone mi chiamano col mio vero nome. «Sai» continuò Logan «Credo che anche tuo cugino insisterà parecchio per convincere i suoi a rimanere a Londra.» Non feci in tempo a domandargli il motivo di tale affermazione, che subito lui indicò davanti a sè una coppia. Sgranai gli occhi. Non potevo crederci: Daniele, Janette, insieme. I tre elementi stonavano se messi nella stessa frase. Senza pensarci due volte andai a passo spedito verso di loro e, dopo aver strattonato da una spalla mio cugino, iniziai la sbraciata. «Cosa stai facendo?! Santo cielo, stai pomiciando in mezzo alla strada con una perfetta sconosciuta, la quale, per di più, è la ex del mio..mio..di Logan! Punto primo: le tre P le hai dimenticate? Non ne stai rispettando neanche una! La tua mano è sul suo meeeraviglioso fondoschiena, le tue labbra erano sulle sue e probabilmente tra soli cinque minuti sareste andati dentro uno squallidissimo bagno a fare porcate. Punto secondo: se Chloe lo viene a sapere, tu sei morto. Punto terzo: La conosci da mezza giornata e poi ..Con lei? Tra tutte le belle e adorabili londinesi tu chi ti sei andato a prendere? Lei? Credevo che almeno avessi buon gusto e non ti saresti scelto la prima in minigonna che ti fosse capitata sotto tiro.» Non avevo finito di fare la mia sfuriata che subito la voce acuta di Janette prese il sopravvento sulla questione, ovviamente mio cugino non aprì bocca. Credo che il mio cervello si fosse auto-ovattato in quel momento dato che non ricordo neanche una sola sillaba dello sproloquio che fece la mora. Fu la voce di mio zio a riportare la pace. «Diamoci una calmata. Siamo venuti a Londra per visitare questa città, non per farci un fidanzato. Sonia, chiedi scusa alla signorina qui presente e a tuo cugino dato che non mi sembra che tu stia avendo dei comportamenti diversi dai suoi. Da quanto conosci questo ragazzo? Due giorni? Questo vale anche per te, anzi, soprattutto per te, Daniele. Chi ti ha insegnato a fare questo? Baciarsi tra le vie, ti pare il caso? Su, scusatevi, che dobbiamo tornare in albergo.» Quello sembrò un fulmine a ciel sereno. Borbottai delle scuse a mezza bocca, più rivolte a mio cugino che alla ragazza, e mi voltai verso Logan, il quale sembrava più in ansia di me. Gli rivolsi un sorriso nella speranza di tranquillizzare entrambi ma non funzionò affatto  «Stasera ho l'aereo alle 21:25, se ci sarai vorrà dire che la nostra storia continuerà, se non ci sarai vorrà dire che.. Bhe, che è stato bello finchè è durato. E credimi, per me è stato bello, bello sul serio.» Abbassai lo sguardo e corsi verso mio zio, che nel frattempo era tornato dal gruppo, e da Chloe. Non so con precisione cosa dissi loro, fatto sta che tornammo in albergo. Non so neanche cosa disse Daniele a Janette, nè cosa fece Logan, nè volli sapere cosa fecero la ex coppia una volta rimasti soli nel bel mezzo di Camden Town. Gli zii intrapresero l'imbarazzantissimo discorso del sesso, come se due ragazzi in pieno 2012 non sapessero l'utilità di un preservativo o da dove provenisse un bambino, ma non mi sapeva il caso di interromperli nel bel mezzo di "quando un ragazzo raggiunge il punto più alto del piacere..", magari mio cugino era interessato sul serio. 
Lasciammo l'hotel qualche minuto prima delle 20:30, giusto il tempo di una mangiata veloce ed eccoci sul taxy diretti all'aereoporto. Il guidatore era italiano ma a quanto diceva abitava in Inghilterra già da quindic'anni, ci raccontò pressappoco tutta la sua vita, dall'infanzia fino ad arrivare al suo primo stipendio di tassista, come se a noi importasse qualcosa. Giungemmo a destinazione con venti minuti di anticipo e, considerando che tutta la parte burocratica era stata fatta tramite internet, non ci rimaneva che aspettare. Feci un giro tra i negozi dell'aeroporto, sembrava di stare in un centro commerciale, c'era qualsiasi cosa: dai trucchi, ai fast food, ai libri. Ovviamente mi catapultai nell'ultima sezione. Appena misi piede all'interno di una libreria, un libro attirò la mia attenzione: era lo stesso, solo in lingua originale probabilmente, di quello che vidi nella libreria dell'areoporto di Roma. Stesse immagini, stessa torre di Londra in copertina e stessa "regina confetto" nella pagina centrale. «Miss, you can't browse books!» Sorrisi e mi girai di getto nella direzione della voce. Il sorriso si spense non appena i miei occhi si trovarono di fronte un signore nerboruto completo di baffi e aria severa. «Oh, ehm.. I'm sorry.» detto questo riposai il libro e uscii dal negozio. "Sei un'idiota Deli, un'idiota! Pensare che quella voce fosse di Logan, ma come ti salta in mente? Come minimo neanche si presenterà questa sera. Idiota, idiota, idiota." Scrollai la testa e sbuffai. «Idiota..» ripetei a voce più alta. Il suono dell'altoparlante mi fece scattare, velocemente tornai dov'ero prima. Tutti ci munimmo dei nostri bagagli e andammo a fare la fila in attesa di salire sul mezzo. Erano le 21:30 e di Logan neanche l'ombra, ormai era quasi giunto il nostro turno e di certo l'aereo non poteva attendere che due ragazzi si salutassero a dovere. «Sonia muoviti a salire, dai!» Sospirai e mi arresi all'evidenza: non sarebbe venuto. Salii tutti gli scalini ed entrai dentro dopo aver salutato con un cenno della testa lo stuart. Camminai a passi lenti durante il corridoio alla ricerca di un posto libero, ma tutto quello che vidi fu una massa rossa e informe addentrarsi di corsa tra le altre persone impegnate a fare la fila. Sono convita, il mio cuore perse uno o più battiti in quel momento. Feci retro front e, senza un minimo di delicatezza, scavalcai i signori dietro di me. Scendere le scale fu più faticoso del previsto data la scarsa ampiezza di queste e il numero sempre più grande di persone. Mi feci largo tra quest'ultime ma intorno a me non c'era più nulla. Le persone si stavano accingendo a salire, la folla stava diminuendo e di capelli rossi neanche l'ombra. Mi passai una mano tra i capelli, stavo rischiando di rimanere in una città sconosciuta e per di più da sola. Tirai giù quante più parolacce possibili siccome nella mia testa vigeva la legge "Sei in un paese diverso dal tuo, anche se mandi a quel paese qualcuno, lui non se ne accorgerà." «Wo, calmati! Dov'è la Granger gentile ed educata che ho conosciuto?» Stavo per tirare giù un altro insulto, poi riconobbi la voce. «Sei un'imbecille, Weasley.. Un imbecille, che ti costava venire prima? Un altro minuto e non mi avresti più vista, stavo per partire e.. Cavolo, non startene lì impalato!» Si limitò a scuotere la testa e a stringermi tra le sue braccia, gesto piuttosto inaspettato. «Logan.. C'è mia zia, dai..» 
«Te l'ho detto, tu parli troppo.» sussurrò al mio orecchio per poi aumentare la potenza della stretta.
«Questo non è un addio, ok? Non lo è affatto.» Mi alzai in punta di piedi e ci baciammo, come se fosse la cosa più naturale del mondo, come se non ci fosse un aereo pronto a decollare accanto a noi. Gli strinsi le braccia attorno al collo e lui mi attirò sempre più a sè, avrei voluto passare tutta la mia vita in quella posizione. Il motore dell'areo che si accendeva, la sicurezza che ci fece spostare dalla pista, nulla sembrò turbarci. Continuavamo col nostro bacio e, per il momento, questo era l'importante.



Spazio autrice:
Eeehm.. Ciaao, spero vi piaccia ^^" <3

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Capitolo 10
*** Can i have this dance?* ***


Can i have this dance?*


«Quando avete finito, avvertite eh!» Non appena quella voce raggiunse le mie orecchie mi staccai. 
«Si può sapere cosa diavolo ci fai tu qui?!» mio cugino sembrò turbato da quella che, a giudicare dalla sua espressione, poteva essere classificata come "domanda strana". Con tutta la tranquillità del mondo rispose: «Sai com'è.. Io, Janette, soli a Londra. E' troppo bello per essere vero e con molta probabilità oggi ci daremo dentro, te la immagini? Io sì! Ha scelto me, tra tutti i ragazzi, me!» Mi frenai dal dirgli quello che pensavo sul loro rapporto. Però, proprio nel momento in cui stavo per chiedergli come organizzarci, dalla porta scorrevole dell'areoporto uscì lei. Si era persino cambiata per l'occasione, stavolta era liscia e indossava, oltre ai vari gioielli scintillanti, un tubino nero. Mi chiedevo come facesse ad andare in giro in quel modo dato che io, nonostante fossi imbottita con maglioni e calze pesanti, soffrivo da morire il freddo. Si stampò un sorriso finto sul volto  plastificato e venne verso di noi, ci degnò addirittura di uno sguardo prima di iniziare a baciare Daniele, se quello si poteva definire un bacio. A parer mio era più una trasfusione di saliva in pubblico. Stavolta ci pensò Logan ad interromperli con una frase del tipo "Trovatevi un albergo" che mi provocò una risatina. 
«Che c'è? Sei geloso? Con la ragazzina qui presente ancora niente a quanto pare, eh?» Senza aspettare neanche una risposta da parte di qualcuno, presi il rosso per il polso e, in modo decisamente troppo brusco, lo trascinai dietro di me verso la stazione. 
«Ti piace ancora, vero? Ti capisco e non posso nemmeno farci niente, cavolo, è bellissima. Se può farti stare meglio nel giro di un mesetto si lascerà con mio cugino perchè gli mancherà baciare qualcosa, che non siano necessariamente labbra, questo è ovvio. A quel punto entrerai in gioco tu che con le tue straordinarie capacità oratorie la farai tornare da te e tornerete felici e contenti come prima del mio arrivo. Farete tanto di quel sesso che vi verrà la nausea e solo a quel punto deciderete di fare un bambino, solo uno altrimenti c'è il rischio che lei non diventi più snella come ora. Darete lui un nome regale e aristocratico come Richard o William oppure, in caso si tratti una bambina, Elizabeth o Victoria. Nascerà con un padre che la vizierà fino alla morte e senza una madre dato che quest'ultima sarà sempre impegnata in parrucchieri ed estetisti, quindi dovrete chiamare una babysitter che le riempirà la testa di st-» 
«Come immagini la mia vita insieme a te, invece?» quella domanda mi prese del tutto contropiede.
«.. Cosa?» Logan mi prese la mano e, più delicatamente di come feci io prima, mi affiancò a lui.
«Devi smetterla di sottovalutarti. Sei molto più bella di qualsiasi modella o attrice esistente sulla faccia della terra. Mi piace tutto di te, dai capelli, agli occhi, al fisico. Essere bella non equivale ad essere perfetta, devi ficcartelo in testa.»
Con movimenti lenti avvicinammo i nostri visi e ci scambiammo un bacio, uno di quelli delicati e decisi allo stesso tempo. Poteva essere una cosa molto più romantica se non ci fossimo trovati in una stazione con persone frettolose che ti urtavano ogni secondo e il rumore di treni in partenza o in arrivo come sottofondo.
 
«Weasley si può sapere dove mi stai portando?» dissi dopo un quarto d'ora passato tra treni e metro. 
«Eccoci, questa è l'ultima fermata, vieni.» Lo seguii molto lentamente, a quell'ora sarei stata volentieri nel mondo di Morfeo a fare chissà quale bel sogno e invece stavo saltando di mezzo in mezzo diretta in qualche bel luogo londinese a me sconosciuto. Appena salite le scale per uscire dalla metropolitana, capii. Subito mi si catapultò di fronte il Big Ben illuminato a dovere e, poco distante, il London Eye catturava l'attenzione di tutti i passanti. La sera sul tardi spiccava ancora di più con le luci blu lungo tutto il perimetro della struttura che brillavano ad intermittenza. Dalle labbra mi sfuggì un'espressione di meraviglia. «E'.. E' magico.» riuscii a sussurrare dopo qualche secondo di imbambolamento. «Lo è eccome. Vuoi salirci?» 
Stranamente la fila non era tanta, forse per il freddo pungente o forse per l'orario. Nella cabina non eravamo in tanti, c'era una coppia di signori, entrambi sulla settantina e un gruppo di ragazzi non meglio identificato. La ruota si muoveva con un ritmo piuttosto lento, fattore che non faceva altro che incrementare il mio sonno. Passati una decina di minuti la nostra cabina raggiunse il punto più alto e fu solo in quel momento che riuscii a distogliere il mio sguardo dai suoi occhi. Si vedeva buona parte della città, in quel periodo natalizio era un susseguirsi in ogni dove di lucine colorate e animate, era divertente anche il fatto che da lassù si potessero vedere le guardie reali infagottate nelle loro uniformi rosse farsi sempre più piccole così come il resto dei passanti. Nonostante non fossi la classica ragazza romantica tutta baci e abbracci, in quella serata sentii la voglia di avvicinarmi al ragazzo e stringerlo a me, e magari anche di possedere doti magiche e una bacchetta per fare un bel "aresto momentum". Durante quel giro panoramico non mancarono i contatti, probabilmente per contrastare per contrastare l'assenza di quelli in mattinata. Quasi in contemporanea ci arrivò un messaggio, il mio era da parte di Daniele: "BUMBADABUMBUMBUM! Sono il ragazzo più fortunato del mondo! Credo che in questo momento mi servirebbe solo della cioccolata per essere del tutto felice. Dovevi vederla, Deli, era da restare a bocca aperta. Per motivi che non sto qui a spiegare alla tua testolina innocente, stasera resto a dormire da Jan. Se scopro che hai fatto sesso con quello mi incavolo, sappilo. Notte notte <3 P.S. Ti racconterò tutti i dettagli!" Rilessi più volte l'sms, speravo di aver capito male ma, a giudicare dallo sghignazzamento di sottofondo di Logan, avevo capito benissimo. «Non c'è niente da ridere, idiota. Chi era che ti cercava?»  «Jamie, appena scesi prendiamo un taxy per casa mia, avevo del tutto rimosso la festa.» Per poco non mi strozzai con la mia stessa saliva. «Cosa? Che genere di festa?!» A giudicare dall'aspetto della madre, impellicciate e ingioiellata, quella festa sarebbe stata un ballo delle debuttanti versione mini e la cosa mi spaventava.


 
Dopo la semi litigata su chi dovesse pagare il conto del taxy, vinta da entrambi, un cancello sovrastò il mio sguardo. Era in ferro battuto, o per lo meno così sembrava date le mie scarse conoscenze sui metalli, e ai lati circondato da piante ramificate. Una volta sorpassato mi si parò di fronte una villetta con tanto di giardino perfettamente curato e aiuole tutt'intorno a statuette e fontanelle. La cosa che attirò di più la mia attenzione fu un gigantesco salice piangente situato in una parte remota dell'abitazione, con molta probabilità chi aveva arredato preferiva putti saltellanti. «Questa sarebbe la tua casa delle vacanze?» Il ragazzo si fece una risatina e, anzi che andare, come tutte le persone normali, verso il portone di casa, si diresse ad una porta laterale più piccola e con qualche scalfitura. Una volta aperta la porta mi afferrò la mano e mi condusse furtivamente all'interno. Non feci in tempo a vedere nulla da quanto Logan si muoveva veloce, riuscii soltanto a sentire in modo vago il suono di un pianoforte e le voci di un centinaio di persone che sovrastavano quella dolce melodia, rendendola solo una musica di sottofondo. Solo quello bastò a farmi salire l'ansia. Passato un minuto abbondante capii di trovarmi nella sua camera: c'erano poster di gruppi musicali e di eroi dei fumetti ovunque, il letto era decisamente troppo grande per una persona, io mi sarei sentita sola a dormire tutta la notte in un letto matrimoniale. Il pezzo forte era costituito da una parete formata interamente di foto, alcune risalenti all'infanzia, altre a pochi anni fa e la maggior parte sembrava recente. In parecchie stava con Jamie e con altri amici, non c'era nessuna con i genitori. Figura ricorrente era anche una ragazza con degli occhi così azzurri da far invidia al cielo. Senza che facessi in tempo a domandarglielo, lui disse: «E' mia sorella, si chiama Helen. Bella, vero?» 
«Già, è davvero- Oh cazzo!» 
«E' davvero "Oh, cazzo"? Wow, sei la prima che le fa un complimento del genere, originale.» 
«Nonono, tu sei "Oh, cazzo"!» balbettai senza riuscire a smettere di guardarlo. 
«Lo so, lo so. Senza maglietta sono da togliere il fiato.» mi piazzai una mano di fronte agli occhi, esasperata per la risposta, e tornai a guardare le fotografie.
In realtà non aveva un fisico perfetto da Adone greco con addominali pronunciati e spalle larghe, non mi sono mai piaciuti tipi così. Lui era asciutto, longilineo, non aveva nè troppo e nè troppo poco e a me andava benissimo in questo modo. 
Logan, notando il mio gesto, fece una risatina prima di infilarsi una camicia blu scura. Si lasciò i jeans che già aveva indosso e, per completare il tutto, si mise una giacca di un colore poco più chiaro chiaro della camicia. «Seguimi, là sotto non accettano maglioni di tre taglie più grandi.» Detto questo uscì dalla stanza ed entrò in un'altra porta subito accanto. Questa era del tutto diversa dalla precedente: pareti lilla, peluches enormi dappertutto, luci natalizie lungo il confine del soffitto e un letto a baldacchino a fare da sovrano. «E' una casa delle bambole ingigantita di un centinaio di volte!» fu la mia prima reazione. Il rosso annuì con un'espressione di nausea sul volto e si diresse verso l'armadio in legno. Non volevo togliermi i miei vestiti, erano comodi e, a parer mio, bellissimi. La mia idea cambiò non appena lui aprì le ante: c'era ogni ben di Dio là dentro. «Okok, ho l'angioletto e il diavoletto sulle spalle che stanno facendo a cazzotti. Uno dice "Provali tutti!" e l'altro "Non farlo, resta te stessa!" ma io dico, non posso essere me stessa con dei vestiti sfavillanti addosso?» finii la frase con un sorriso a trentadue denti dipinto sul viso e, con un «Ho capito, esco dalla stanza. Massimo dieci minuti, se non hai fatto ti faccio scendere tra la miriade di persone tuuuutta sola.», Logan si eclissò. Guardai con fare da sfida l'armadio e dopo essermi sgranchita le dita, mi catapultai all'interno. Estrassi una quindicina di vestiti, l'unico problema era che tutti quanti erano di una strettezza impressionannte. Per la cronaca, odio gli abiti attillati, sono scomodi e non contribuiscono a migliorare i miei movimenti, già scoordinati. Per cinque minuti buoni cercai di farmi entrare un vestitino di jeans, tentativo che abbandonai dato che l'angioletto continuava a ripetermi "Chi rompe, paga". Ero quasi giunta all'isterismo più totale quando mi si parò davanti un abito color avorio, con rifiniture oro e un tessuto abbastanza elasticizzato, fattore decisivo. Passai due minuti a guardarmi attraverso il lungo specchio attaccato al muro e a sistemarmi alla meno peggio i capelli. Estrassi dalla mia borsa la trousse ed inizia ad impiastricciarmi la faccia: per prima cosa il fondotinta, poi la cipria, il blush e rossetto rosato sulle labbra, per gli occhi optai per una linea di eyeliner marrone abbastanza leggera e un tono neutro su tutto il resto della palpebra. A giudicare dal riflesso, potevo definirmi soddisfatta, avevo raggiunto i livelli della decenza. Infilai l'unico paio di scarpe dello stesso colore dell'abito tra le innumerevoli paia di tacchi dai toni più impensabili, andavano dall'arancio fluo al verde evidenziatore, decisamente troppo bizzarre per una che voleva passare inosservata. 
«Ahm.. Logan?» sussurrai guardandomi intorno. Di certo non sarei scesa da sola, già era impensabile che io andassi tra quella folla con lui, da sola era del tutto pazzia. Fortunatamente sbucò fuori da una stanza poco distante e, a prima vista, non seppi ben collocare la sua espressione. Sembrava confuso, come se non mi avesse mai visto prima, ansioso, di non so con precisione cosa, e stava arrossendo, piano piano diventava sempre più come il rosso dei suoi capelli. «Ehi? Sono io, più alta di dodici centimetri, ma sono sempre io, che ti succede?»  Lui venne avanti a passo deciso e, a pochi millimetri dalle mie labbra, sussurrò un «Sei meravigliosa, Granger.»
L'entrata alla festa fu la parte migliore. Il nostro obiettivo era mischiarsi alla folla in modo da tale da non attirare attenzione. Non avevamo calcolato Jamie. «Mio Dio, Sonia, sei uno schianto! Senza nulla togliere a te, GanGan!» alle sue parole, che sovrastarono di gran lunga quelle degli altri invitati, tutti si voltarono e molti -troppi- occhi finirono su me e Logan. Quest'ultimo sembrò non curarsene e salutò i presenti in piena tranquillità. Mi lasciò appoggiata allo stipite della porta mentre si trasformava in un ragazzo a me del tutto estraneo, non avevo la più pallida idea di cosa stesse dicendo dato che l'inglese lo capivo soltanto se parlato molto lentamente ma da come si muoveva e dal tono in cui pronunciava determinate frasi, sembrava che stesse intrattenendo con gli ospiti una conversazione pari a quella della regina con qualche strano ambasciatore. Per fortuna intervenne in mio favore James, accompagnato da una che probabilmente era da identificarsi nella sua ragazza dal modo in cui si abbracciavano poco prima. Mi elencò le persone da cui stare alla larga e quelle che invece erano più discrete e infine mi presentò la sua fidanzata, la quale, però, non parlava molto l'italiano a parte parole come "ciao", "come stai" e "bella". A quanto avevo capito dalla sua presentazione si chiamava Nell e aveva la nostra stessa età. Tra tutte le ragazze nella sala lei era quella che più mi rispecchiava: non aveva un vestito aderente bensì un maglione bordeaux lungo fin sotto il fondoschiena, degli shorts in jeans scuro sotto che si vedevano a malapena, calze nere velate e delle scarpe, senza tacco, a dir poco meravigliose. Sembrava piuttosto timida e spaventata dalla situazione ma almeno poteva contare sull'appoggio del suo ragazzo, al contrario di qualcuno. Passai la maggior parte della serata sotto gli sguardi indagatori della madre di Logan e, di conseguenza, di tutti i presenti e l'unica cosa che mi aiutava a passare il tempo era osservare la gente. Era una dote che avevo sin da bambina, non parlavo mai o quasi, mi limitavo ad osservare e registrare mentalmente tutto ciò che avveniva, i comportamenti ricorrenti delle persone, i minimi particolari a cui nessuno faceva caso. C'era una signora, sulla settantina, con un lungo vestito rosa antico che sedeva accanto alla grande finestra che dava sulla strada con aria malinconica, magari stava aspettando qualcuno o forse era una vita intera che lo stava aspettando. Accanto all'altra finestra, quella accanto al portone, c'era il gruppo fumatori formato da signori muniti di giacca e sigaro che parlottavano probabilmente di economia e finanze anche se, più di una volta, uno di loro lanciò degli sguardi persi ad una signora di mezza età poco distante. Logan passava da donna a donna, da signore a signore, da ragazza a ragazza con sul volto stampato sempre lo stesso sorriso. Non quel genere di sorriso che mi fece quando ci incontrammo a Londra per la prima volta, quel sorriso forzato ma che comunque, sotto sguardi estranei, poteva risultare naturale e spontaneo. La madre lo osservava sempre con la coda dell'occhio, stando ben attenta a notare se suo figlio facesse o meno un complimento sul look in caso si trattasse di donne e una battuta in campo di politica o di diritto se si trattasse di uomini. Inoltre erano rare le persone che prendevano cibo dal tavolo adibito proprio a questo compito, che non fosse buona educazione mangiare ad una festa? Di colpo la madre del rosso attirò l'attenzione dei partecipanti e, con un discorso durato almeno cinque minuti, disse, da quel poco che recepii, che potevano iniziare le danze. Subito la musica partì ma purtroppo non era la musica che mi aspettavo con balli di gruppo e così via, ma lenti e per una come me che non sapeva ballare neanche la macarena provare a muoversi con un lento poteva benissimo definirsi un suicidio. Nella mia testa pensai più volte di sgattaiolare fino ad una stanza a caso e mettermi a dormire. «Can i have this dance?» A primo impatto credetti che fosse rivolto alla signora al mio fianco ma poi, notando che lei non batteva ciglio, decisi di alzare gli occhi. Sapevo si trattava di lui e una parte di me sperava anche in una domanda del genere. 
«Non so ballare, sono del tutto negata e non vorrei di certo farti fare brutta figura di fronte a queste persone così eleganti..» Non so esattamente se non sentì affatto o se fece solo finta, fatto sta che mi prese la mano e mi portò al centro della pista, la luce era fievole e la musica così leggera che avevo paura anche di muovere un singolo muscolo, in particolar modo se buttavo gli occhi sulle coppie che stavano danzando intorno a noi. Sembrava che fossero andati a scuola di ballo solo per questa serata. Logan mi strinse le mani ben salde sui fianchi e mi tirò su per poi farmi ricadere sui suoi piedi. «Penso a tutto io, tu devi soltanto stare in equilibrio, ok?» finì la frase con un sorriso, un sorriso vero, come quello che mi aveva rivolto nella libreria dell'aeroporto o a Piccadilly Circus. Passati i primi minuti di tensione poi divenne tutto più naturale e quasi non facevo più caso agli sguardi accusatori di qualche invitato. Finita la canzone tornai in una posizione più consona e, dopo avergli sussurrato un "Credevo non venissi più" all'orecchio, posai le labbra su quelle di lui in un bacio che, col passar del tempo, diveniva sempre più audace. Ci staccammo non appena la musica cambiò e, al posto di un'altra con violino e pianoforte, ne iniziò una tutt'altro che lenta, sembrava più una di quelle che mettono nelle discoteche il sabato sera. Logan scoppiò a ridere e, una volta capito il motivo, feci la stessa cosa. James aveva attaccato alla corrente un'amplificatore e uno stereo dove aveva precedentemente messo quel genere di musica e ora se la stava spassando in compagnia di Nellie sotto lo sdegno della folla. Afferrai il ragazzo per il braccio e ci dirigemmo accanto ai due. Non so con precisione cosa mi prese in quel momento, fatto sta che iniziai a muovermi, in modo più o meno coordinato, fregandomene del sonno che mi stava attanagliando. Sembravamo quattro pazzi appena usciti dal manicomio che si davano alla pazza gioia proprio per festeggiare quest'avvenimento. Avevamo rimosso tutte le persone intorno a noi, quello che importava era solo divertirsi e far vedere a quella gente che il mondo non si era fermato al 1800. Nessuno dei quattro sapeva ballare in modo decente, ci limitavamo a muovere bacino, fianchi e capelli, era tutto abbastanza imbarazzante. Misi le braccia attorno al collo di Logan e lo baciai tra le risate di Jamie e la compagna che stavano facendo lo stesso. La vera festa nella festa durò pressoché cinque minuti dato che venne interrotta da: «Logan, vieni subito qui.» la voce della donna uscì fuori in un tono così gelido che giurai di aver sentito dei brividi di freddo percorrermi lungo tutta la schiena. Il biondo spense la musica e tutto tornò nella noia di prima. Non so cosa la madre disse lui, so solo che quando rientrò nella stanza era diventato l'automa sorrisi e complimenti falsi di prima. Quando provai ad avvicinarmi a lui, scosse la testa e mi superò per andare a chiacchierare con un tale dall'aria aristocratica. Mi sedetti accanto a Nell, sembrava sul punto di piangere. «Ehi, tutto ok? Non devi piangere, non hai fatto niente!» Dubito capì quello che dissi ma d'istinto mi abbracciò. Cercai con tutta me stessa di non fare smorfie e brutti gesti e goffamente ricambiai, senza stringere troppo. Appena il rosso mi passò davanti lasciò cadere un tovagliolo di carta, ci misi un po' a capire che dovevo raccoglierlo. A mezzanotte passata non si è molto reattivi. Una volta aperto e tolte un po' delle pieghette, lessi. "Tra pochi minuti in camera mia. Ti aspetto, Granger"
Furono i "pochi minuti" più lunghi di tutta la mia vita e quando finalmente ce la feci ad uscire dalla stanza senza farmi vedere da qualcuno in particolare, tirai un lungo sospiro di sollievo. Con una camminata veloce mi diressi verso la stanza del ragazzo e lo trovai raggomitolato sul letto, si era tolto i vestiti in modo frenetico, come si poteva capire dal fatto che fossero buttati disordinatamente a terra, ed era rimasto in boxer. In altre situazioni mi sarei imbarazzata ma stavolta era diverso, sembrava triste. Mi sedetti sul letto e, una volta tolti i tacchi, mi sdraiai accanto a lui. «Credo tua madre mi odi. Cosa le ho fatto? Insomma, non sono io quella che ti rende triste, è lei.» 
A queste parole si voltò nella mia direzione. «Non hai fatto nulla, non sei il tipo di ragazza che desidera sia al mio fianco, tutto qua.»
«Quindi? Tu cosa vuoi?» 
Si avvicinò ancora di più a me e mi strinse al suo petto.  «Secondo te? Fosse per lei io dovrei tornare da Janette e stare insieme ad una ragazza che non amo per il resto dei miei giorni, ma non sarà così. Ho scoperto proprio qualche minuto fa di essere innamorato di un'altra ragazza, abbiamo ballato insieme, ci siamo sorrisi e guardati negli occhi tutto il tempo anche se non si sentiva molto a suo agio in quel contesto.» Per un momento pensai si stesse riferendo a Nellie o qualche altre ragazza invitata con la quale aveva danzato. «Ti stai riferendo a.. Me?» Lui sorrise divertito e, fatto un segno d'assenso con la testa, mi baciò. In quell'attimo capii il motivo per cui tutte le persone legate a qualcuno avevano sempre il sorriso sulle labbra.




Spazio autrice:
Macciao! Decimo capitolo, yoo. Spero vi piaccia :3
Naty per la tua gioia: immagini in movimento yeeeeee! Chiedo venia, questa è troooppo carina**
Peace and love,
Delilah :)

 
P.S. Il "BUMBADABUMBUMBUM" leggetelo alla Ade style u.u
Per maggiori informazioni digitare "Hercules-l'attacco all'Olimpo", la direzione.

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Capitolo 11
*** Fuck off* ***


Fuck off.*


Quella mattinata mi svegliai stranamente di buon ora, a giudicare dai numeri che indicava l'enorme orologio alla parete dovevano essere le sei e venti del mattino. Mi stiracchiai e decisi di mandare un messaggio a mia zia e a mio cugino, prima che potessi fare qualcosa quest'ultimo mi precedette. Zittii il prima possibile il cellulare e risposi alla chiamata. «Complimenti per l'orario, sei a dir poco geniale. ..Quando? Va bene, va bene, come vuoi tu, a patto che sia un volo economico, non ho migliaia di sterline dietro. Ok, vada per quello. Quindi, alle 18 davanti alla Victoria station. Un posto meno enorme non potevi prenderlo? Ci vorranno ore per trovarci. Sì, certo. Ciao, razza di idiota insonne.» Attaccai e mandai un sms a Chloe, diceva: "Buongiorno! Visto? Oggi mi sono svegliata prestissimo! Prendiamo il volo delle sette di sera, se Daniele ha fatto bene i calcoli. Rassicura tutti, soprattutto mamma e zia, conoscendole. Non abbiamo dormito sotto un ponte e non abbiamo affatto digiunato. Un bacio, Sonia <3" Fatto questo, posai il telefono dov'era prima e, solo in quel momento, mi accorsi di avere indosso ancora il vestito della sera prima con qualche sgualcitura in più. Feci una smorfia con le labbra e mi voltai verso il rosso, sembrava più sereno e tranquillo mentre dormiva, avrebbe dovuto farlo più spesso. Con l'indice andai a sfiorargli i capelli, la guancia -ancora livida dal colpo subito due giorni prima- e infine le labbra, disegnandone il contorno. «Sai che probabilmente non ci vedremo più dopo questa giornata? Ritornerà tutto come prima per entrambi, ritornerà la stessa noia e banalità di sempre. Mi ha chiamato Daniele, abbiamo l'aereo tra un bel po' quindi che ne dici di passare una mattinata immersi in un bel bagno caldo e tanta, tanta cioccolata?» Passò qualche secondo prima che realizzai quanto stupida poteva essere quella frase. Nella mia mente un omino vestito di bianco cliccò ripetutamente il tasto "Delete". «Ok, ci riprovo. Ho sentito mio cugino, sai? Ha detto che abbiamo il volo alle diciannove perciò abbiamo tutto il tempo per.. Ehm.. Fare qualcosa di carino, non credi? Io sì, cioè.. Sì. O magari potresti portarmi in quel negozio che vende soltanto m&m's, anche se non ci vado matta, mangio solo la cioccolata intorno. Perchè i miei discorsi vanno sempre a finire nella cioccolata?!» Feci un lungo respiro prima di rivolgermi a me stessa. «Deli, calma. Non eri così nervosa dall'ultimo compito di matematica, tra l'altro andato uno schifo, non ha senso esserlo ora per un perfetto estraneo, perchè si tratta di questo, solo un estraneo. Ok?» Annuii più volte per convincermi e mi alzai dal letto cercando di fare il meno rumore possibile. Solo quando mi trovai fuori la sua camera mi accorsi che il pericolo da evitare era un altro: sua madre. In punta di piedi feci tutto il corridoio che, per mia fortuna, era tappezzato con della moquette color avorio, materiale che oltretutto odio, e mi acquattai dietro una colonna. «What are you doing?» Il tono calmo con cui uscì fuori quella voce mi fece spaventare ancora di più. Devo esserle sembrata una perfetta idiota. Mi girai per guardare in faccia il mio interlocutore e rimasi stupita quando notai che si trattava della ragazza davvero "oh, cazzo". Avevo appena fatto una figuraccia con la sorella del mio ragazzo, meraviglioso. «Yu-uuh, dead or alive?» Deglutii e tirai fuori un "niente", risposta più banale del mondo, anche se lei parve sollevata da questa mia parola. «Il fatto che tu parli italiano mi tranquillizza, mentre che hai indosso uno dei miei vestiti, un po' meno.» Aprii le labbra per controbattere ma tutto quello che ne venne fuori fu un flebile sussurro. «Non sei una ladra di vestiti, vero? E se ti stavi nascondendo dal generale, o mamma, come vuoi, puoi stare calma, sarà sicuramente uscita mezz'ora fa per andare a lavoro. Colazione?» Dentro di me stavo innalzando un altarino a Zeus per avermi graziato anche questa volta. «S-Sì. Cioè sì per la colazione e per il genera- tua madre, volevo dire tua madre, scusami e no per il "ladra di vestiti", era solo per la festa di ieri, l'ho preso in prestito!» Lei si limitò a farmi un sorrisetto e dirigersi in cucina. Approfittai di quel momento di minor tensione per osservarla meglio, il sorriso era come quello di Logan, senza dubbio, mentre gli occhi erano più scuri, forse di un blu tendente al nero. I capelli castani li aveva disordinati ma raccolti in una lunga treccia e l'abbigliamento era tutto un programma: shorts di jeans, maglia dei "my chemical romance" -quella l'avrei rubata molto volentieri-, un centinaio di collane al collo, calze velate nere e anfidi dello stesso colore. «Pancakes?» Non feci in tempo a chiederle cosa fossero che Logan mi precedette con una risposta positiva. Subito la ragazza mise da parte i fornelli e gli saltò addosso, loro sembravano una coppia di neo fidanzatini e io la terza incomoda. Dov'erano finiti fratello e sorella che litigavano tutto il giorno e quelli che si prendevano a schiaffi? Li preferivo di gran lunga a tutte queste smancerie. Cercai di mimetizzarmi con la parete della cucina fallendo miseramente e, vedendo che loro continuavano con frasi come "Passata bene la nottata?" o "La festa? Noiosa al punto giusto?", decisi di sgranocchiare un biscotto al cacao mentre volgevo lo sguardo agli ingredienti di questi, non capendoci quasi nulla. «Perdonami, non mi sono neanche presentata: Beth.» Biascicai di mandata il mio nome e finii la frase con un sorrisetto forzato. «Ma allora lei è» si rivolse al fratello «quella Sonia? Nel senso, proprio lei?» Perchè tutti ponevano questa domanda? «Neanche un bacino del buongiorno? Piccolino piccolino? Dai Gan, ti ho visto baciare una sola ragazza ed è successo all'età di sei anni, potrei pensare che tutte le fidanzate che hai avuto siano state soltanto coperture per nascondere i tuoi veri istinti. Svelami un arcano, a letto Jamie com'è? Attivo o passivo? Spero per te che sia passivo, fratellino!» Scoppiai in una risata assieme alla ragazza mentre lui non dava neanche il minimo accenno di divertimento. «Io non bacio estranee, in particolar modo davanti a te.» e, detto questo, prese un cartone di latte dal frigo e lo versò in una tazza. Mi si raggelò il sangue nelle vene. Di tutte le frasi aveva sentito solo l'ultima? Farfugliai qualcosa di confuso gesticolando freneticamente e innervosendomi ancora di più vedendo che lui non dava segni di vita, sembrava concentrato solo sulla sua colazione. Beth rubò due biscotti, bevette veloce il latte versato da Logan e stampò un bacio sulla guancia di quest'ultimo. «Tolgo il disturbo, piccioncini. Gan, se il generale chiede, sono all'università.» 
«Non hai intenzione di andarci conciata in quel modo, vero?» Lei lanciò un bacio all'aria, nella direzione del ragazzo, e uscì di casa. 
Una volta chiusa la porta, il silenzio si impossessò dell'ambiente. Si sentiva solo il vento ululare da fuori e il fastidiosissimo "tic-tac" del pendolo della cucina. Fu lui il primo a parlare: «Ieri ti ho detto che mi stavo innamorando. E' questa la tua risposta allora?»
Scossi più volte la testa. «No, la mia risposta è tutt'altra. E' proprio perchè mi sto affezionando che cerco un distacco. Te l'ho detto, ho smesso di credere nell'amore e non credo che ci sia qualcuno in grado di farmi cambiare idea anche se tu ci stai andando vicino, fai sempre quel gesto che non mi aspetto, dici sempre quella frase che potrei trovare solo in un libro di qualche secolo fa.. Sei un ragazzo incredibile, dico davvero, e dovresti smetterla di essere sempre così perfetto con me. E' una situazione snervante, è come se tu mi dessi tutto e io non ti restituissi niente in cambio.»
«Sembri mia sorella al contrario, sai? E' stata mollata due anni fa da un imbecille, le diceva cose brutte, molto brutte ma nonostante questo lei lo amava. Mesi dopo la rottura capì che quella speciale tra i due era lei e che la sua vita non doveva dipendere da un solo individuo, ma anche da tutto il resto. Dovresti prendere leggermente esempio da lei: ti sei lasciata? Tua madre è su una crisi di nervi per motivi analoghi? Fanculo, non devi basare la tua esistenza su questo. Sei giovane, puoi benissimo trovare una persona che ti apprezzi per quella che sei e che ti ami e che ti ripeta ogni giorno quanto tu sia importante per lui, così come può fare tua madre. Ripetilo almeno una volta al giorno: fanculo. Dai, tocca a te.»
«Ahm.. Ok, bene.» Chiusi gli occhi e «Fanculo.» dissi, scandendo bene ogni singola sillaba. Continuai a dirlo una, due, tre volte di seguito. Aveva ragione Logan, aiutava. Il problema sorgeva in cui qualcuno sarebbe entrato in casa in quel momento esatto.
«Come va, meglio? Vieni, dai, ti preparo la colazione.»
 
 
Un'ora dopo eravamo sazi, vestiti e in metro. Non so quale fosse la direzione dato che Mr. Sonomezzoinglese continuava a ripetere "E' una sorpresa!". Non appena scendemmo alla fermata preannunciata mi venne un colpo, eravamo nella stazione più famosa d'Inghilterra, o per lo meno questo era quello che pensavo. Cominciai a guardarmi intorno alla ricerca di QUEL binario ma, non trovandolo, mi rivolsi al ragazzo: «Dov'è?!» Lui finse di essere stupito dalla mia domanda.
«Dov'è cosa? Ti riferisci al treno? Prosegui sempre dritto e dovrebbero esserci delle scalina-»
«Nonono, il binario! Il binario nove e tre quarti, quello di Harry Potter!» Ero in preda ad una crisi isterica, in fondo era comprensibile: stavo toccando lo stesso suolo calpestato da Ruper Grint, insomma.
«Oh, capisco.» Detto questo mi prese la mano e mi ordinò di chiudere gli occhi. «Ti vieto assolutamente ti emettere vari gridolini. Gli inglesi sono facilmente impressionabili.»
Mi feci una risatina e promisi a me stessa che non avrei urlato, non più di tanto. Il rimanere ad occhi chiusi e il fatto che fossero a malapena le 8 di mattina mi rincitrullirono più del previsto, tanto che non appena Logan mi disse che potevo riacquistare la vista, non capii subito il luogo in cui mi trovassi. Mi immaginavo una scena come quella descritta nel libro o fatta vedere nel film, con treni a lato e persone che correvano frettolose sperando di non perdere il proprio, ma quello che mi si parò di fronte non fu altro che una parete in mattoni con sopra un cartello con "Platform 9 3\4" scritto sopra, bianco su nero, e un carrello posizionato a metà tra la parete. La mia prima reazione fu, nonostante non fosse proprio come me l'ero sognata, da perfetta maniaca di Harry Potter. Corsi verso la parete facendo dei versi imbarazzanti quali urlare formule magiche in latino e spingere il carrello ancora più dentro sperando che qualche strana entità superiore mi facesse la grazia di farmi entrare nel magico mondo di Hogwarts.
«Foto, foto, foto! Voglio assolutamente una foto!» Mi tolsi la macchinetta fotografica dal collo e la diedi al rosso che, con un sospiro, mi scattò un numero spropositato di foto. Saltellai entusiasta verso di lui con un sorriso a trentadue denti stampato sul volto.
«Grazie, è..è..Il binario 9 e 3\4!» 
Lui si limitò ad annuire e, una volta presa di nuovo la mia mano e condotta verso il carrello, mi baciò con una voglia mai sentita prima. Provai a obiettare ma tutto quello che ne venne fuori fu un ammassamento confuso di sillabe che stridevano tra loro. 
«Sono a King's Cross con la ragazza di cui sono innamorato, ci stiamo baciando fottendocene di tutti quelli che ci vedono e hai pure da contestare, Granger?»
«Bhe veramente solo tu te ne stai fottendo di tutti quelli che ci ve-» Come non detto. Dopo a malapena un minuto mi resi conto che in effetti potevo provare a far finta che nessuno ci stesse fissando e che magari così il rossore sulle mie guancie si sarebbe alleviato, così strinsi ancora di più gli occhi e feci attaccare maggiormente Logan al mio corpo. Non so quanto tempo passammo in quella posizione fatto sta che una voce famigliare ci fece, purtroppo, staccare.
«Uuh, la Deli che fa atti osceni in luoghi pubblici. Starai diventando mica troppo trasgressiva?» Con uno spintone allontanai più di quanto non fosse già lontano il rosso da me e balbettai qualcosa indicando prima lui, poi me e poi di nuovo lui col risultato di non far capire niente a nessuno. Con lui c'era anche la sua meravigliosa e perfetta fidanzatina, questa mattina era più coperta del solito. Non credevo neanche che possedesse un paio di jeans.
«Potresti anche evitare di sparare stronzate a tutto spiano, sai? E che ci fai qui? Tu odi HP, lo detesti e ti addormenti ogni volta all'inizio del primo film, senza neanche contare che non hai mai aperto un solo libro della saga.»
«Veramente questa era solo una fermata metro di passaggio, non avevo intenzione di fermarmi ma poi ho avvistato qualcosa di interessante, mi sono avvicinato e ta-daaan, eccomi qui!»
Di tutta risposta feci una smorfia. Lui accennò delle scuse a Logan, mi prese il polso di malomodo e mi trascinò qualche metro più in là.
«Allora, innanzitutto complimenti per la pomiciata, davvero caratteristica. E anche per il succhiotto ma quello deve avere almeno un giorno, adesso tende al violetto, carino. Comunque volevo solo dirti di essere puntuale questa sera, se non ci sei io parto, t'avverto. Sai Jan cosa mi ha detto questa mattina appena sveglia?» Visto che non davo alcun segno di voler rispondere, continuò. «Che con me si sente davvero felice e che ha finalmente trovato quello giusto! Quello giusto sarei io, caso non avessi capito. Subito dopo abbiamo fatto l'amore per ore e per ore. In realtà è durato solo venti minuti ma l'ho detto giusto per fare rima. Carina, eh?» Non sapevo se essere disgustata o contenta per la sua ingenuità. Forse una minima parte di lui sapeva che lei lo stava prendendo in giro ma magari non voleva ammetterlo chissà per quale assurdo motivo o forse credeva a tutte le balle che la ragazza gli diceva. 
«Dan stai dicendo frasi che non hanno nessun collegamento tra loro, quella ti sta bruciando il cervello.»
«Dici questo solo perchè sei invidiosa che io ho già fatto sesso e tu no. Per di più con la ragazza più bella e sexy del pianeta, cosa vuoi di più dalla vita? Questa è la perfezione. E la prima volta, wo! E' successo nella doccia, ma è stato abbastanza imbarazzante quando mi ha detto che era già stata con altri ragazzi, insomma, l'avresti mai detto?» Lo guardai per cinque secondi abbondanti con un'espressione esterrefatta.
«Mi stai prendendo in giro, vero?»
«No, sembra così.. Buona, non ti aspetteresti mai cose negative da una come- Cazzo.»
Sempre con i modi bruschi di prima mi fece ruotare di 90 ° in modo da ritrovarmi di spalle al binario. 
«Ehi.. Che sta succedendo?» A giudicare dalla sua espressione sembrava che avesse appena assistito al suicidio della regina Elisabetta in persona. Il respiro era affannato e la stretta sulla mia spalla si stava facendo sempre più pesante. «Oh, andiamo, mi fai pure preoccupare con questi versi!» Staccai in modo brusco la sua mano dalla spalla e mi voltai nella direzione vista da mio cugino. Quella scena l'avevo già vista e non tanto tempo fa ma stavolta non sarei scappata in qualche vicoletto londinese, avrei affrontato la questione, cosa che avrei dovuto fare anche la volta scorsa. Forse così non sarebbe più accaduto niente del genere. Feci un respiro profondo e mi diressi a passo svelto verso la coppietta ma, prima che potessi arrivare, Logan si staccò di getto dalla ragazza. Nessuno dei due fece in tempo ad aprir bocca che subito mollai uno schiaffo a Janette. Non so cosa mi prese in quel momento, era la prima volta in 18 anni che picchiavo una persona del mio stesso sesso, non che con i ragazzi fossi violenta, ma già la ritenevo una cosa più normale. Fatto sta che non mi sentii minimamente in colpa, tutt'altro, mi sentivo più libera. Mi aspettavo una reazione diversa, anche pericolosa a dire il vero, ma quello che fece mi lasciò senza parole: lanciò un bacio a mio cugino, che non si era mosso dalla posizione di prima, e sussurrò un "See you later" seguito da una risatina a Logan. 
Non so esattamente per quanto tempo rimasi immobile, ancora con il braccio alzato, mi risvegliai solo quando sentii un grido provenire da qualcuno alle mie spalle. Sia io che il rosso corremmo verso Daniele, non l'avevo mai visto in quello stato e mai avrei voluto vederlo a questo punto. 
«Dan? Dan comportati decentemente, cazzo!» Non ero capace a consolare le persone, cercavo più che altro di scuoterle a smettere di comportarsi come perfetti idioti. A volte -rare- funzionava. Lui alzò lo sguardo e fissò il ragazzo accanto a me, istintivamente mi misi tra i due, non volevo che lo colpisse di nuovo altrimenti quel posto si sarebbe trasformato ben presto in un'arena di Wrestling. «Ora stiamo calmi.» continuai «Io.. Te l'avevo detto. Credo sia stata creata con l'unico scopo di mettere i bastoni tra le ruote alle persone e non dovevi immischiartici, dovevi ascoltarmi. E poi, andiamo, ti sei affezionato sul serio? Io credevo fosse una cotta momentanea o qualcosa del genere. Prendi esempio da me, in questo sono brava, mai affezionarsi, mai, altrimenti ci si brucia.»
«Io non sono come te, quasi nessuno è come te. Sei un'automa, un robot, non so come tu faccia. E' inevitabile affezionarsi se una persona piace, rifiutarsi di amare qualcuno per paura di qualche delusione equivale a rinunciare a vivere per paura di morire, non ha senso.» E detto questo fece retro front e se ne andò. Mi voltai verso Logan, il quale non aveva ancora aperto bocca dall'avvenimento, e sussurrai: 
«Anch'io credo di essermi innamorata di te, Weasley.. » Senza dir niente mi abbracciò e non obiettai, nè una lamentela nè uno strattone; rimanemmo in quella posizione per almeno cinque minuti. Speravo di dirglielo in una situazione più carina, magari senza che fosse stato baciato da un'altra prima e senza che Daniele mi avesse dato dell'insensibile.
«Hai ancora intenzione di voler passare tutta la mattinata immersa in una vasca da bagno con tanta cioccolata intorno?» Annuii ancora con la testa contro il suo petto, senza prestare molta attenzione alle sue parole. Quando finalmente il mio cervello si mise in moto, lo guardai con aria interrogativa. O aveva letto nel mio pensiero o aveva ascoltato le mie parole di questa mattina. Realizzai che, per ovvi motivi, doveva trattarsi della seconda ipotesi e ritornai la Sonia di sempre: mi staccai bruscamente dall'abbraccio e gli urlai «Tu.. Tu.. Non si origliano le conversazioni altrui! Credevo stessi dormendo, traditore!» Si fece una risatina divertita e, già mezz'ora più tardi, eravamo al punto di partenza.
Sua madre ancora non era rientrata e l'abitazione era pervasa da un silenzio inquientante. Logan si schiarì la voce e mi portò verso il bagno situato accanto alle camere da letto e «Allora.. Vai prima tu?» biascicò imbarazzato. Questa volta me la feci io una risata, vederlo in quello stato era strano.
«Veramente io credevo che andassimo entrambi, insieme. Ci sarà la schiuma, nessuno vedrà niente di nessuno.» dissi ancora in presa al sorriso. Lui annuì e aprì la porta, era la prima volta che entravo là dentro e, come il resto della casa, aveva un non so che di ottocentesco. La vasca da bagno era enorme, ci sarebbero entrate bene almeno tre persone. Tutto questo la mia mente lo elaborava come "spreco", ma in fondo de gustibus non disputandum est. Ora che eravamo entrambi nella stanza l'imbarazzo si faceva notare di più, in particolar modo quando il ragazzo aprì l'acqua sentii un brivido percorrermi la schiena. L'angioletto e il diavoletto, stavolta abbigliati con solo un asciugamano attorno la vita, riapparvero senza che li avessi chiamati. "Deli non si fanno queste cose. In questo momento tu dovresti essere in giro per Londra a cercare tuo cugino dato che, disperato com'era, potrebbe anche essere in preda di un raptus omicida." feci una smorfia non appena l'esserino con le mie stesse fattezze ma munito di aluccie e aureola parlò. "Non ascoltarla, è solo invidia la sua, vorrebbe stare al tuo posto. Riflettici, sei sola in casa con il tuo ragazzo e la vasca è quasi piena. Guarda, sta addirittura mettendo saponi e shampi vari nell'acqua per fare la schiuma, se fosse stato un poco di buono non l'avrebbe fatto, no? Goditi la mattinata, te la meriti." e sparirono entrambi in una nuvoletta di vapore. Presi il cellulare dalla tasca della giacca e, una volta inserito "Dani" come mittente, gli scrissi dov'ero e che mi dispiaceva per tutto quello che era successo e che gli avevo detto. Dopo averlo riletto almeno quattro volte, lo inviai e mi misi l'anima in pace, sperando in una sua risposta. Feci un respiro profondo e iniziai a togliermi i vestiti di dosso con estrema lentezza, qualche minuto dopo ero in mutandine e reggiseno. Piegai la testa nella direzione di Logan. «Non guardarmi eh!» Subito si voltò dandomi le spalle. Contai fino a cinque e mi tolsi il più rapidamente possibile gli ultimi indumenti rimasti. Mi catapultai verso la vasca, l'acqua continuava a scendere dal rubinetto e la schiuma era in ogni centimetro della struttura, per mia fortuna. Non appena entrai mi circondai di quelle nuvole rosee, per via del colore dei bagnoschiuma e chiamai il rosso. Pochi secondi e lui era già dentro, ammetto che, nonostante gli avessi confermato il contrario, diedi un'occhiatina. I primi momenti furono di disagio puro, nessuno dei due sapeva cosa fare. Decisi di rompere il ghiaccio con una domanda che, sia lui che per me stessa, risultò un po' strana, specialmente in quel contesto. «Con Jan avevi mai fatto una cosa del genere?» La sua risposta arrivò dopo poco.
«No, mai. E non mi ero mai sentito in imbarazzo nel vedere una ragazza nuda, è la prima volta ed è parecchio strano, non credi?» Avvampai di colpo, mi sentivo tutta, completamente, rossa.
«Ehm.. Sì, credo.. Credo di sì. Strano, già. Se può farti sentire un po' più normale, diciamo, io non ho mai visto qualcuno nudo, escludendo mio cugino da piccolo e anche in quella situazione mi girai dall'altra parte per la vergogna, renditi conto.» Questo fece ridere sia me che lui anche se non so bene il motivo per cui gli raccontai quell'antefatto. Tra una risata e l'altra dovuta alle mini storielle raccontate ci avvicinammo, forse nessuno dei due si stava rendendo conto di quello che stava accadendo ma, nel giro di qualche secondo, ci ritrovammo a soli cinque centimetri scarsi di distanza. «Credo dovremmo lavarci.. No?» La voce mi venne fuori flebile e spezzata da qualche sospiro, forse non era la frase giusta da dire ma comunque lui mi fece voltare di schiena e iniziò ad insaponarmi, più di quanto la schiuma non avesse già fatto. Poco dopo aprì di nuovo l'acqua e mi risciacquò, peccato che, oltre al sapone sulla mia schiena, venne via in parte anche quello formatosi in precedenza nella vasca. «Ops.» Strabuzzai gli occhi e mi voltai verso di lui, fulminandolo con lo sguardo. «Non sto guardando nulla, giuro! Ok, ora forse un pochino sto guardando.. E anche adesso.. E adesso..» Balbettai qualcosa con un tono isterico ma, per chiudere il getto dell'acqua che continuava ad andare e a sciogliere tutte le bollicine, gli finii addosso. «Adesso è colpa tua, Granger. Praticamente mi stai istigando a guardarti, non posso farci niente.» disse con una risatina, nonostante il rosa acceso sulle sue guance tradisse il suo vero stato d'animo.
«Non è colpa mia, sai com'è l'acqua è scivolosa.»
«Bhe, potresti anche tornare nella posizione di prima adesso, no?»
«Tu vuoi che io ci torni?» Misi una mano sul suo petto e lo baciai, erano rare le occasioni in cui prendevo l'iniziativa. 
«Nah..» Biascicò tra un bacio e l'altro mentre mentre mi attirava ancora di più a sè. La sua mano aveva esplorato tutta la mia schiena, come la mia tutto il suo petto. Sussurrò qualcosa a mezza bocca che non capii per nulla, fatto sta che la sua mano fece un'inversione di percorso fino al mio addome e da lì risalì sempre più su. Inizialmente sobbalzai ma, mano mano che proseguiva, il mio corpo, e soprattutto la mia mente, si lasciavano andare. Tutto dentro di me stava andando allo sbaraglio, il corpo si era messo d'accordo con la mente affinchè entrambi desiderassero quello che stava accadendo e i sospiri che mi uscivano dalle labbra non miglioravano di certo la situazione. Il rossore sui nostri volti si stava lentamente affievolendo, ora non era rimasto che un lieve colorito roseo, magari dovuto anche al vapore caldo emanato dall'acqua. Ogni cosa stava andando al giusto posto, quello successo stamattina il mio cervello l'aveva etichettato con "Incubo da rimuovere" e il fatto che questa sera sarei tornata in Italia avrebbe senz'altro aiutato a migliorare la situazione creata tra me e mio cugino.


 
«GanGan, i'm here, my sweetheart!» Non so se fece prima lui a tirare giù un santo o io a staccarmi dal suo corpo. Urlò qualcosa in inglese a Jamie e, il fatto che capii soltanto qualche "fuck" sparso, mi aiutò a dedurre che non si trattava esattamente di una frase carina e coccolosa. Senza farsi troppi problemi sul come e sul quando Logan si alzò e uscì dalla vasca grondante; sapevo che avrei dovuto distogliere lo sguardo, il 20% di me stava dicendo questo ma l'altro 80% stava combattendo con valore per il contrario e si sa, la maggioranza vince sempre. 
«BAM, beccati!» Ne sono sicura, il mio cuore perse almeno due o tre battiti. Accadde tutto in maniera repentina: James entrò in bagno, Deli gridò un "Pervertito!" cercando nel frattempo di racimolare qualche ultimo spiraglio di schiuma sopravvissuta nella vasca, Logan chiuse la porta rischiando di mozzare almeno quattro dita al povero biondino. Sembravo un gatto dopo il bagnetto mensile, la mia espressione diceva chiaramente: "Avvicinati e sei morto". «.. Picchialo, distruggilo, neutralizzalo, smolecolalo.» Lui, prima serio quasi quanto me, scoppiò in una risata. Non capivo dove fosse il divertente della faccenda, un idiota stava per vedermi nuda e non credo sia molto spassoso. 
«Smolecolalo? Dovrebbero darti il premio per originalità.» E detto questo prese un altro asciugamano e me lo porse. Sussurrai qualche altro insulto random prima di accoccolarmi nel pulito di quel capo e sedermi goffamente sul mobile del lavandino. Passai il minuto seguente a cercare di far tenere su l'asciugamano senza che occupassi entrambe le mani ma niente, serviva un'abbondante materia prima per questo. Quando uscimmo dal bagno, tutti e due ancora con i capelli molto umidi, ci ritrovammo James di fronte con un'espressione che avrei preso volentieri a schiaffi.
«Non rivolgermi più parola. Fortunatamente tra poco dovrò partire e non ti rivedrò mai più. Mi dispiace solo per la tua ragazza, povera anima, sembrava così carina. Anche troppo accanto a un'essere come te.» Gli sghignazzamenti di sottofondo del rosso rendevano il tutto meno serio di quanto in realtà avrebbe dovuto essere. Altro idiota.
«Non ho visto nulla, la vasca è sulla destra, uno appena entra in una stanza punta lo sguardo al centro, no? E comunque, parlando della "povera anima", non mi risponde da ieri sera. Tra i due sono io la povera anima!» 
«Dov'è finito Mister iodalleragazzevogliounacosasola? Guardati, persino la camicia!» Non so chi tra i due fosse più piccolo di cervello in quel momento, fecero battute dello stesso genere per un quarto d'ora abbondante mentre io cercavo un muro su cui battere la testa. Senza che ce ne accorgessimo si erano fatte già le tre del pomeriggio, Jamie aveva deciso di andarsene a casa della sua amata e così la casa era di nuovo in nostro possesso. 
«Tra tre ore devo trovarmi alla Victoria's station, quindi dovrò partire da qui alle 17:30.. Due ore e mezza e non mi vedrai più, felice eh?» In tutta risposta ricevetti uno sbuffetto sulla nuca seguito subito da un bacio.
«Non dirlo neanche per scherzo. E poi tornerò anch'io, una settimana e sarò giù, sai com'è, la scuola non accetta scuse come "Motivo: Londra".»
«E neanche "Motivo: ho incontrato un Weasley mancato"?» Scosse la testa con il sorriso stampato sul volto. «Peccato. Ho anche il compito di fisica appena torno, per colpa tua non ho potuto esercitarmi quindi durante le vacanze di Natale dovrai darmi ripetizioni, è necessario.»
In quella materia non sono mai brillata ma, ci scommetto la testa, non ho mai letto di nessuna legge fisica che dicesse "Più la giornata è noiosa, più il tempo scorre lentamente; viceversa più si è affacentati più scorre velocemente" con le varie formulette odiose annesse. Avrei dovuto brevettarla, sarei finita su tutti i libri, la mia foto sarebbe stata stampata in bianco e nero e tutti i liceali annoiati mi avrebbero disegnato denti neri e baffi hitleriani. 
 
"Borsa: presa. Portafoglio: preso. Macchinetta fotografica: presa. Vestiti: ce li ho. Intimo: pure." «Bene, ho tutto, sono pronta!» 
Arrivammo sul luogo dell'incontro previsto da Daniele con cinque minuti d'anticipo, mi stavo già facendo film mentali su come avrei potuto vantarmi di questo durante il viaggio in aereo, ma tutte queste mie convinzioni si ruppero non appena lo vidi appoggiato con la schiena ad una colonna, intento a giochicciare o messaggiare col cellulare. 
«Su, andiamo. Per arrivare all'areoporto ho chiamato lo stesso tizio che ci ha portato in albergo quando siamo arrivati, ha un'aria affidabile e capisce la lingua. Saluta il tuo caro fidanzatino, già ci sta aspettando.» Nè un saluto, nè un sorriso, niente di niente, solo un tono freddo e distaccato e una punta di ironia a completare la situazione già deprimente. 
«Smettila di comportarti come se fossi il personaggio adulto e noioso di un libro. L'autista aspetterà qualche minuto in più e ci si può sempre arrivare coi mezzi a destinazione.» Fece un gesto con la mano e tornò ai suoi sms. Sbuffai innervosita, era possibile che una singola frase potesse peggiorarti l'umore?
«Allora ci si vede, ok?» Mi girai non appena sentii la voce di Logan. Mi limitai ad annuire. Di colpo entrambi c'eravamo fatti tristi e la presenza inquietante di mio cugino non faceva altro che peggiorare le cose.
Mi avvicinai e posai le labbra sulle sue. «Ti aspetto. E ricorda, non ho contanti quindi dovrai pensare ad un altro modo per farti pagare le ripetizioni di fisica.» Tirai fuori quella frasetta giusto per sdrammatizzare un po' e ci riuscii, dato il sorriso formatosi sul suo volto. Daniele, al contrario, parve scocciato da quella mia affermazione e dopo aver detto "Buona vita e, mi raccomando, salutami Janette con un bel bacio." si diresse a passo lento verso l'uscita principale della stazione. Mi morsi il labbro inferiore e subito guardai il rosso, che si affrettò ad aggiungere:
«Sta tranquilla, sai cosa provo per te e cosa provo per lei. Qualche giorno, solo qualche giorno e ci vedremo di nuovo, Granger. Ti manderò tante di quelle cartoline che tua madre implorerà il postino di bruciarle, in una settimana di arriveranno dozzine e dozzine di lettere e poi-» Senza neanche aspettare una conclusione lo baciai per l'ennesima volta e dopo essermi staccata gli sussurrai «Un Weasley che spedisce lettere non si è mai visto, sei unico nel tuo genere. Augurami buon viaggio e salutami Jamie!»
Ci mettemmo qualche minuto abbondante per il vero e proprio arrivederci, poi corsi senza un minimo di eleganza dove si era diretto mio cugino. Lo trovai appoggiato al cofano della macchina mentre chiacchierava con l'autista, un ragazzo italiano venuto a cercar fortuna in Inghilterra. Sembrava passata un'eternità, quel viaggio in macchina non voleva finire e il silenzio pervadeva sempre più l'ambiente siccome, nè io nè Daniele, avevamo la minima intenzione di rivolgere parola l'uno all'altra.
L'areoporto era come l'ultima volta, solo il numero delle persone era di netto aumentato. Perdemmo almeno mezz'ora di tempo confusi tra biglietti che non si trovavano, nomi scritti in modo errato e inglesi fin troppo precisi per quanto riguarda documenti e dimesioni delle valigie. Quando finalmente salimmo sull'aereo sentii una sensazione di vuoto lungo tutto il corpo e un aumento della voglia di fare come la volta prima, di scendere giù dal mezzo e correre alla ricerca di una determinata persona. L'unica cosa che mi fermava era il pensiero delle urla di mia madre mischiate a quelle di mio padre e dei miei zii e di Chloe. La durata del viaggio fece concorrenza a quello in macchina, con l'unica differenza che lì passavano ogni due minuti hostess e stuart a chiederti se volessi o meno da mangiare. 
«Avevi ragione riguardo Jan, solo non volevo ammetterlo di fronte ad altre persone.» La sua voce mi fece destare da uno dei tanti sogni che affollavano la mia mente in quel momento.
«Dovresti provare a parlarci, per telefono ovviamente, e chiederle il motivo di quel gesto. Perchè l'ha baciato? Non riesce a capire i sentimenti delle persone?»
«Tu che parli di sentimenti? Sei la stessa Delilah di un tempo?» il suo tono colpito mi causò una smorfia. Scossi la testa e tornai a osservare le nuvole fuori dall'oblò. Non so neanch'io se ero la stessa Deli partita quattro giorni prima tutta eccitata per il viaggio verso città che più amava, forse ero cambiata sul serio e non so se era un fattore positivo e negativo, ero diventata più fragile.
 
«Oh, andiamo, mamma! Sto bene! Vedi ferite da qualche parte? No, questa è la prova che è tutto ok.» Sapevo che il rientro in casa sarebbe stato problematico ma non così, poteva benissimo definirsi tragico. Mia madre che non la smetteva più con domande relative alla mia salute, mio padre e mia sorella che continuavano a rigirarsi tra le mani i souvenir presi -del cappello peloso come le guardie della regina non c'era traccia, in compenso gli presi dei modellini di auto d'epoca e, dall'espressione, sembrò gradirli-, Chloe mi stava bombardando il cervello con domande su cosa avessi e cosa non avessi fatto con Logan e mia zia si disperava in un'angolino della stanza ritenendo che fosse stata tutta colpa sua il mio ritiro dal primo volo per il ritorno.

 

Spazio autrice: 
Zalve, zalve! Ho impiegato 7340 anni per decidere il titolo di questo capitolo dato che è pieno di avvenimenti TwT Mi scuso con le ragazze caste e pure che lo leggeranno per la parte del bagnetto e basta, spero vi piaccia anche se a me non convince più di tanto .O.
Peace and love,
Delilah <3

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