il mio sogno più bello

di Mikuru08
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** era estate ***
Capitolo 2: *** una conclusione a regola d'arte ***



Capitolo 1
*** era estate ***


Era estate, e faceva caldo,troppo caldo,decisamente troppo. Era un tranquillo martedì mattina di mezza estate, tutti gli studenti percorrevano il lungo viale alberato. Gli uccellini cinguettavano melodie dalle note flautate, i petali degli alberi di pesco si libravano nell’aria traspostati dall’improvviso venticello che si era creato quella calda mattina.
Camminavo lungo il viale, il rumore dei miei passi risuonava nell’aria come un sordo ticchettio di un orologio. Mentre vedevo che la figura del liceo Hisaki si avvicinava sempre di più mi rattristavo perché sarebbe cominciato un altro anno, e lo avrei passato insieme all’amore della mia vita, che però non mi degnava neanche di uno sguardo. A grande figura del liceo era ormai sempre più vicina, stavo per fermarmi e correre via, andare in un posto lontano,e non pensare a niente, quando udii lontananza: -Ehi!! Mikuru!!- era Sacoda Hirashi, una mia compagna di classe, una ragazza abbastanza alta , dai capelli biondi miele con striature color latte, era simpatica e intraprendente.
Mi voltai, -ciao Sacoda!- le dissi, cacciando dentro le lacrime e il dolore, facendo vinta che la mia faccia imporporata e anche un po’ sudata fosse così solo per il caldo. Lei mi squadrò da capo a piedi, come se fossi un unicorno,e dopo che ebbe visto la mia faccia di un colore a metà tra il porpora e il viola melanzana appassita che aveva assunto nel frattempo un’espressione stupita, mi disse.-come va Mikuro? Perché quella faccia?- - niente niente….- le risposi –sto bene comunque, grazie per avermelo chiesto… tu invece?- chiesi con voce strozzata… -mah, non c’è male- .
Ora eravamo proprio davanti alle scale del liceo, cominciammo  salirle,  a ogni scalino mi sembrava che mi trafiggessero di frecce infuocate, enormi macigni mi  schiacciavano a terra, ma io continuai a salire, ignorando il dolore che aumentava a ogni gradino.
Finalmente arrivammo alla porta della nostra classe, eravamo piuttosto in anticipo, ma nonostante questo c’erano quasi tutti. In mezzo ai miei compagni individuai lui, il ladro che mi aveva rubato il cuore. Vidi che mi guardava, e si era accorto che lo fissavo, così abbassai subito lo sguardo, senza arrossire (grazie al cielo). Visione celestiale!!! Il cuore cominciò a battere all’impazzata, non voleva proprio smettere di battere come una furia, mi venne da ridere ma trattenni le risate d’amore che trattenevo da molto tempo ormai; le gambe mi si bloccarono, fui colta da una serie che mi sembrò infinita di crampi, ma mi feci forza e  mi trascinai fino a  un banco libero… tirai un sospiro di sollievo, almeno non mi ero bloccata come una statua di ghiaccio in mezzo all’aula. Mikeshi intanto stava parlando con Hiroshi, il suo migliore amico. Io invece ero seduta da sola, in un banco pasticciato con mille grafiti e disegni e mentre attendevo il professore sospiravo come se dovessi essere mandata al patibolo (e in un certo senso era vero). Tenevo gli occhi bassi, che fissavano lo zaino con cui ero venuta a scuola, era di tela rossa con i  classici quadri scozzesi, sula cerniera, il cui magnifico colore argento era svanito, avevo attaccato un portachiavi a forma di cuore trafitto a una freccia d’oro. Mentre continuavo a sospirare mi si avvicinò Kemishi, un mio compagno delle medie che era nella mia stessa classe. Kemishi mi chiese, forse con un po’ di imbarazzo, - senti Mikuru….
Il banco vicino a te è libero?- e io gli risposi un po’ sorpresa – no, è libero! Tranquillo!- e improvvisamente mi accorsi che stavo sorridendo. Proprio quando stavo per chiedere una cosa a Kemishi, entrò il professor Thamashi, il prof di fisica.
Ci alzammo tutti in piedi, facendo vedere la divisa blu e bianca: per i maschi una camicia bianca, una cravatta blu e  pantaloni grigi o neri; per le femmine invece: una camicia bianca, una cravatta blu e una gonna blu chiaro che arrivava al ginocchio. Il prof Thamashi ci fece cenno i sederci con la mano rugosa, ci lanciò un’occhiata sfuggente da sotto quei ridicoli occhiali dalla montatura arancione fosforescente, poi si sedette sulla sedia accostata alla cattedra di legno sfibrato e scolorito.
Tirammo fuori i libri di fisica, a lo facevamo solo per abitudine, perché in realtà nessuno aveva voglio di ascoltare. Mentre il prof spiegava io guardavo fuori dalla finestra, contando i petali degli alberi di pesco e di ciliegi che profumavano l’aria di purezza e armonia. Sorprendentemente  mi accorsi di non essere l’unica che contava i petali che cadevano, c’era chi disegnava, chi parlava col vicino (ma il mio si era appisolato), chi dormiva, ma Mikeshi contava anche lui i petali dei fiori  che cadevano delicati sull’erba. Improvvisamente, senza rendermene conto, cominciai a sonare… io, e lui, soli, senza nessun altro……. Ma i miei sogni felici furono interrotti dal fastidioso suono della campanella. Uscimmo tutti in corridoio, e io  mi aggregai a un gruppo di amiche composto da Kalisha Miehiki, Kuyoda Mazicheshi e Sacoda Hirashi.
Kalisha non era giapponese, ma indiana, era alta e magra, con capelli neri e lucenti, con la pelle mulatta e gli occhi verdi sfavillanti, era molto gentile e generosa, sempre col sorriso;Kuyoda invece non era molto alta, anzi oserei dire bassa, aveva i capelli castani con le punte tinte di biondo, era di media statura,con un apparecchio ai denti, che ogni tanto luccicava al sole, era gentile, ma anche spiritosa e furba; Sacoda era abbastanza alta e aveva capelli color miele, e come già detto era molto simpatica. Ognuna di noi aveva qualcosa da raccontare, chi delle vacanze in Europa, chi della gatta che aveva avuto una fantastica cucciolata durante l’estate, e chi si era trovata il fidanzato perfetto, che tutti vorrebbero… poi, Mikeshi ci passò davanti , insieme a Hirashi, un raggio di sole gli illuminò il volto, facendo risplendere i suoi capelli  castano-bruno con riflessi dorati, nei suoi occhi azzurri comparvero striature verdi e blu. Tutto questo successe in un attimo ovviamente…
Appena scomparvero dietro di noi, ridacchiai a bassa voce, sommessamente, le gote si colorarono rosa confetto, facendo insospettire Kalisha:-ti piace proprio Mikeshi!!- e scoppiò a ridere, io iveced impallidii, e poi arrossii per la vergogna. Era estate, e faceva caldo,troppo caldo,decisamente troppo. Era un tranquillo martedì mattina di mezza estate, tutti gli studenti percorrevano il lungo viale alberato. Gli uccellini cinguettavano melodie dalle note flautate, i petali degli alberi di pesco si libravano nell’aria traspostati dall’improvviso venticello che si era creato quella calda mattina.
Camminavo lungo il viale, il rumore dei miei passi risuonava nell’aria come un sordo ticchettio di un orologio. Mentre vedevo che la figura del liceo Hisaki si avvicinava sempre di più mi rattristavo perché sarebbe cominciato un altro anno, e lo avrei passato insieme all’amore della mia vita, che però non mi degnava neanche di uno sguardo. A grande figura del liceo era ormai sempre più vicina, stavo per fermarmi e correre via, andare in un posto lontano,e non pensare a niente, quando udii lontananza: -Ehi!! Mikuru!!- era Sacoda Hirashi, una mia compagna di classe, una ragazza abbastanza alta , dai capelli biondi miele con striature color latte, era simpatica e intraprendente.
Mi voltai, -ciao Sacoda!- le dissi, cacciando dentro le lacrime e il dolore, facendo vinta che la mia faccia imporporata e anche un po’ sudata fosse così solo per il caldo. Lei mi squadrò da capo a piedi, come se fossi un unicorno,e dopo che ebbe visto la mia faccia di un colore a metà tra il porpora e il viola melanzana appassita che aveva assunto nel frattempo un’espressione stupita, mi disse.-come va Mikuro? Perché quella faccia?- - niente niente….- le risposi –sto bene comunque, grazie per avermelo chiesto… tu invece?- chiesi con voce strozzata… -mah, non c’è male- .
Ora eravamo proprio davanti alle scale del liceo, cominciammo  salirle,  a ogni scalino mi sembrava che mi trafiggessero di frecce infuocate, enormi macigni mi  schiacciavano a terra, ma io continuai a salire, ignorando il dolore che aumentava a ogni gradino.
Finalmente arrivammo alla porta della nostra classe, eravamo piuttosto in anticipo, ma nonostante questo c’erano quasi tutti. In mezzo ai miei compagni individuai lui, il ladro che mi aveva rubato il cuore. Vidi che mi guardava, e si era accorto che lo fissavo, così abbassai subito lo sguardo, senza arrossire (grazie al cielo). Visione celestiale!!! Il cuore cominciò a battere all’impazzata, non voleva proprio smettere di battere come una furia, mi venne da ridere ma trattenni le risate d’amore che trattenevo da molto tempo ormai; le gambe mi si bloccarono, fui colta da una serie che mi sembrò infinita di crampi, ma mi feci forza e  mi trascinai fino a  un banco libero… tirai un sospiro di sollievo, almeno non mi ero bloccata come una statua di ghiaccio in mezzo all’aula. Mikeshi intanto stava parlando con Hiroshi, il suo migliore amico. Io invece ero seduta da sola, in un banco pasticciato con mille grafiti e disegni e mentre attendevo il professore sospiravo come se dovessi essere mandata al patibolo (e in un certo senso era vero). Tenevo gli occhi bassi, che fissavano lo zaino con cui ero venuta a scuola, era di tela rossa con i  classici quadri scozzesi, sula cerniera, il cui magnifico colore argento era svanito, avevo attaccato un portachiavi a forma di cuore trafitto a una freccia d’oro. Mentre continuavo a sospirare mi si avvicinò Kemishi, un mio compagno delle medie che era nella mia stessa classe. Kemishi mi chiese, forse con un po’ di imbarazzo, - senti Mikuru….
Il banco vicino a te è libero?- e io gli risposi un po’ sorpresa – no, è libero! Tranquillo!- e improvvisamente mi accorsi che stavo sorridendo. Proprio quando stavo per chiedere una cosa a Kemishi, entrò il professor Thamashi, il prof di fisica.
Ci alzammo tutti in piedi, facendo vedere la divisa blu e bianca: per i maschi una camicia bianca, una cravatta blu e  pantaloni grigi o neri; per le femmine invece: una camicia bianca, una cravatta blu e una gonna blu chiaro che arrivava al ginocchio. Il prof Thamashi ci fece cenno i sederci con la mano rugosa, ci lanciò un’occhiata sfuggente da sotto quei ridicoli occhiali dalla montatura arancione fosforescente, poi si sedette sulla sedia accostata alla cattedra di legno sfibrato e scolorito.
Tirammo fuori i libri di fisica, a lo facevamo solo per abitudine, perché in realtà nessuno aveva voglio di ascoltare. Mentre il prof spiegava io guardavo fuori dalla finestra, contando i petali degli alberi di pesco e di ciliegi che profumavano l’aria di purezza e armonia. Sorprendentemente  mi accorsi di non essere l’unica che contava i petali che cadevano, c’era chi disegnava, chi parlava col vicino (ma il mio si era appisolato), chi dormiva, ma Mikeshi contava anche lui i petali dei fiori  che cadevano delicati sull’erba. Improvvisamente, senza rendermene conto, cominciai a sonare… io, e lui, soli, senza nessun altro……. Ma i miei sogni felici furono interrotti dal fastidioso suono della campanella. Uscimmo tutti in corridoio, e io  mi aggregai a un gruppo di amiche composto da Kalisha Miehiki, Kuyoda Mazicheshi e Sacoda Hirashi.
Kalisha non era giapponese, ma indiana, era alta e magra, con capelli neri e lucenti, con la pelle mulatta e gli occhi verdi sfavillanti, era molto gentile e generosa, sempre col sorriso;Kuyoda invece non era molto alta, anzi oserei dire bassa, aveva i capelli castani con le punte tinte di biondo, era di media statura,con un apparecchio ai denti, che ogni tanto luccicava al sole, era gentile, ma anche spiritosa e furba; Sacoda era abbastanza alta e aveva capelli color miele, e come già detto era molto simpatica. Ognuna di noi aveva qualcosa da raccontare, chi delle vacanze in Europa, chi della gatta che aveva avuto una fantastica cucciolata durante l’estate, e chi si era trovata il fidanzato perfetto, che tutti vorrebbero… poi, Mikeshi ci passò davanti , insieme a Hirashi, un raggio di sole gli illuminò il volto, facendo risplendere i suoi capelli  castano-bruno con riflessi dorati, nei suoi occhi azzurri comparvero striature verdi e blu. Tutto questo successe in un attimo ovviamente…
Appena scomparvero dietro di noi, ridacchiai a bassa voce, sommessamente, le gote si colorarono rosa confetto, facendo insospettire Kalisha:-ti piace proprio Mikeshi!!- e scoppiò a ridere, io iveced impallidii, e poi arrossii per la vergogna.

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Capitolo 2
*** una conclusione a regola d'arte ***


Bisogna assolutamente inserire la storia in codice html, altrimenti il testo verrà fuori tutto attaccato. Per istruzioni guardate il riquadro azzurro affianco e se non sapete cos'è l'html, utiliIl giorno dopo arrivai con un leggero ritardo. Andai dal gruppo di amiche e cercai invano Sacoda, ma per quanto mi sforzassi non riuscivo a vederla, così chiesi –scusate ma Misoka? Che fine ha fatto?- e dopo qualche secondo mi accorsi che non c’era neppure Mikeshi – e Mikeshi? –Chiesi; sono stati trasferiti, avevano falsificato dei voti e li avevano sorpresi nel daneggiare la scuola così la preside li ha trasferiti al liceo Tarigashi- restai un attimo sorpresa, e poi chesi di nuovo – ma ci arà qualcuno che prenderà il loro posto??- -uno è già lì- disse Kalisha sorridendo; mi girai e vidi un ragazzo più o meno alto, dai capelli scuri che era appoggiato alla ringhiera tutto solo. Stavo per avvicinarmi per parlare col ragazzo quando la prof Hinoaki urlò dentro un megafono che dovevamo salire in fretta sul treno. Dopo che riuscii a salire mi sedetti vicino a Kalisha e cominciammo a parlare del ragazzo nuovo –proprio carino vero?- commentò allegra –già, molto-risposi io distratta –ma sei arrossita!!!- strillò Kalisha raggiante –cosa!? Non è vero!- ribattei io la nostra discussione finì lìperche il ragazzo misterioso si sedette proprio di fronte a me. –ma dimmi la verità ti piace almeno un po’ vero?- bisbigliò Kalisha maliziosa – si ok mi piace e anche tanto- dissi io un po’ infastidita – e Mikeshi? – chiese -Mikeshi non mi interessa, da quando ha combinato quella cavolata dei bagni, e ha cominciato a farsi le canne non o filo più neanche se mi pagano, è un bene che se ne sia andato, era un disturbo per la comunità scolastica- finito il mio discorso il treno partì. Durante il viaggio chiedemmo il nome al ragazzo misterioso, che alla fine si chiamava Tommaso, di lui sapemmo solo che era americano, con origini italiane e che si era trasferito in Giappone per motivi di lavoro, poi tacque. All’improvviso un Tanukì attraversò imprudente le rotaie del treno, il conducente dovette frenare in un modo talmente brusco che mentre Tommaso si stava alzando mi cadde in braccio. Dopo due ore asfissianti di viaggio arrivammo al parco dell’Akan. Alla stazione una guida del posto Kelly Rayan ci accompagnò a visitare il parco e le sue creature: - il parco come potete vedere è molto vaso, ospita numerose specie di animali…….- e intanto ci addentravamo sempre di più nella foresta innevata. Ad un cero punto il sole sparì dietro le nuvole cominciò a piovere, Kelly allora disse – ragazzi sbrighiamoci, dobbiamo tornare al rifugio- e si avviò a passo di marcia verso la strada maestra che ci riportava nel nostro albergo. Stavo per andarmene anche io quando mi accorsi che mancava Tommaso, era stato l’ultimo della fila per tutto ul tempo,, e non l’avevo neppure visto correre avanti quindi; dove diavolo era finito!? Un po’ in ansia per la sua sorte anziché correre insieme agli altri tornai indietro a cercarlo. All’improvviso però cominciò a nevicare fortissimo, tutti quei fiocchi di neve impedivano la fista e il vento graffiava la faccia,ma determinata a trovare Tommy andai avanti. Dopo pochi minuti di cammino intravido una figura vicino ad un albero che si muoveva, così chiamai –Tommy! Tommy! Sei tu!?- nessuna risposta, mi avvicinai, e scoprii per mia sfortuna che era un cinghiale, non Tommaso! Ripresi il cammino, e dopo dieci minuti buoni a vagare per il bosco come una mosca senza testa lo trovai accasciato a un albero: -Oddio Tommaso! Cosa ci fai Qui!? – il giovane borbottò qualcosa, ma era troppo incomprensibile anche per indovinare cosa avesse detto, poi però chiuse gli occhi già semichiusi. In preda al panico gli presi la vita e lo trascinai fino al rifugio non so come. Bussai alla porta trafelata, il respiro era affannato, il cuore sobbalzava, finalmente la porta si aprì e intravidi il viso a punta della professoressa Hinoaki. – oh santo cielo eccola qui Mikur!- poi vidi che dietro di me spuntava una mano – oh mio Dio c’è anche Tommaso!!! Svelta portiamlo dentro!!!- dopo essere entrata ,mi ritrovai addosso tutti gli sguardi sbalorditi dei miei compagni, poi guardai il viso candido di Tommy, poi tutto diventò nero e svenni. Non so per quanto tempo svenni ma so che mi svegliai solo grazie ad una secchiata d’acqua gelida in piena faccia. Sussultai. Provai a parlare, ma le parole mi rimasero incastrate in bocca, mi diedero allora un bicchier d’acqua, solo allora riuscii a parlare –come sta e dov’è Tommaso - -tranquilla è nella sua stanza, ora sta bene se vuoi tra un pochino potrai andarlo a trovare ok ma adesso vediamo se riesci a reggerti in piedi- detto ciò mi alzai, barcollai per poco e mossi i primi passi intorno ala letto. Dato che riuscivo a stare in piedi da sola la prof Hinoaki mi lasciò andare da Tommaso con le mie gambe. Percorsi il lungo corridoio dell’appartamento maschile, sentivo un gran baccano, finalmente arrivai nella stanza numero trentotto: quella di Tommaso. Bussai con mano tremante, una goccia di sudore mi scivolò sulla fronte, poi la maniglia si girò e vidi Tommy: la porta mi si richiuse in faccia perché si vede che era uscito dalla doccia e dato che non si aspettava alcuna visita evidentemente era coperto solo a un asciugamano intorno alla vita, che gli arrivava sotto il ginocchio. Dopo pochi minuti la porta si riaprì e il viso tutto rosso per la vergogna di Tommy riapparve sulla porta, si era vestito (mannaggia!!) . mi invitò ad entrare. – scusa, non aspettavo nessuno….tantomeno una femmina….- per poco non balbettava – fa niente figurati-risposi io. –come va adesso? Mi spieghi come mai sei svenuto nel bosco e perché sei così depresso?- questa domanda lo colse alla sprovvista –ah ecco… beh…. Vedi…. Non lo so- una goccia d’acqua cadde dai suoi capelli sulla sua maglietta disegnando un minuscolo cuoricino che nessun altro oltre a me poteva vedere. –come puoi non saperlo? Hai rischiato di morire per ipotermia a causa della tua depressione!- -come mai questo tuo interesse?- chiese Tommaso; sta volta non sapevo come rispondere, avevo le spalle al muro, arrossii un poco e dopo secondi che ,mi parvero ore dissi –così, dato che ti ho salvato la pelle vorrei una risposta, ma non fa niente…..- stavo per girare i tacchi ed andarmene quando Tommy mi afferrò il polso: .ehi aspetta!- sul suo viso si era disegnato un sorriso, un sorriso talmente bello che non ne avevo mai visto uno più bello di così;- ehi dove credi di andare! Non ti ho ancora ringraziato!- mollò con delicatezza il polso, mi girai lentamente, per godermi ogni singolo istante di quel momento –beh dovere- fu la mia risposta poi fui accompagnata alla porta e me ne tornai nella mia stanza. Appena feci passare la tessera nella porta, sentii una serie di strilli interminabili, che esalavano la mia presenza, -calma ragazze calma non c’è bisogno di fare tutto questo baccano, sto bene e sono felice di aver fatto quello che ho fatto, ma l’ho fatto per dovere punto- gli strilli non cessarono comunque così mi arresi. – dai, dai raccontaci, com’è stato salvare il tuo principe azzurro?- chiese Kalisha –come hai fatto a tornare a casa? Non gli hai dato nemmeno un bacetto mentre era svenuto?- chiese a sua volta Sacoda,-ragazze ma che domande fate!?- dissi stupefatta e imbarazzata dagli argomenti trattati –Kalisha è stato normale, solo un po’ più romantico del previsto, Sacoda, non lo so come io abbia fatto a tornare a casa, l’ho fatto e basta e ti pare che in un momento come quello mi sarebbe venuta la malsana idea di dargli un bacio che non si sarebbe mai ricordato?- poi mi accasciai sul divano . –beh a proposito di principi azzurri, domenica c’è una festa tipica dei licei, magari potrete avere qualche minuto solo per voi due, dato che tutti gli altri saranno impegnati a fare altro…- disse incurante Kalisha, ridacchiando -ma insomma, anche se mi piace non c’è bisogno di continuare a preoccuparsi! Arriverà il momento giusto!!- dissi quasi ridendo per la situazione imbarazzante che si era creata. I giorni passarono, e tra un escursione e l’altra tutti ci divertimmo molto, anche Tommy sembrava più rilassato e aperto nei confronti di noi compagni e alle nuove esperienze. Arrivò domenica, tutte le mie amiche continuavano a sognare cosa sarebbe successo, ma in cuor mio dicevo “ non avrò mai il coraggio di ammetterlo a Kalisha: vorrei che succedesse esattamente quello che ha detto”la mia Fantasia riprese a volare alla velocità della luce. Arrivò l’ora di quella festa tanto attesa, tutti erano in tiro, le femmine abbagliavano, tanti erano i gioielli che indossavano, e tutte avevano un vestito luccicante e di alta sartoria, ovviamente firmati; i maschi invece indossavano il completo classico, camicia, giacca cravatta e magari anche un orologio al polso. Io invece indossavo il mio vestito preferito: maniche lunghe, di un bianco trasparente, che terminavano con un polsino nero , alla vita una fascia con dei bottoni gioiello, fermava le balze e faceva da supporto a una mini gonna, scarpe col tacco(che mai avrei più rimesso) e,per terminare, alcuni gioielli al polso. Raggiunsi Kalisha, altrettanto elegante, che disse –come siamo belle! Vuoi forse far cadere ai tuoi piedi qualcuno?- - ha ha… sicuro, con la sfortuna che ho!- dissi con ironia. Poi ci radunammo nella sala adibita alla festa. Una musica a volume altissimò mi investì, frantumando i miei buoni propositi di ballare e divertirmi come si deve. Mi sedetti, e ignorai tutti gli inviti a ballare di Kalisha, che si era già trovata il ballerino, se non i fidanzato. Mentre mi torcevo il collo per cercare Tommaso il mio occhio cadde proprio sulla sua sedia. Finalmente mi potevo dare pace, ma la mia pace interiore durò poco, perché non feci in tempo a ordinare un bicchiere di acqua che me lo ritrovai davanti. Un tuffo al cuore. –ciao, che fai, non stai con gli altri?- chiesi leggermente sulle spine –potrei farti la stessa domanda- ribattè lui –già- dissi, -posso invitarti io a ballare?- chiese un po’ imbarazzato. Confesso che arrossii parecchio: addio copertura anti sgamo. – no ,no guarda io non sono il tipo…ecco….- mi si seccò la gola, non riuscivo più a parlare; - almeno vieni con me sotto il portico- disse lui, quasi implorando, pareva che avesse perso la sua inaspettata sicurezza. Dato che stavo per perdere la mia occasione, dissi- d’accordo- così mi alzai e uscimmo fuori. Il sole stava calando in un tramonto dai colori sfavillanti del’autunno: rosa, arancio, rosso, violetto pallido tante sfumature che si combinavano alla perfezione, come i colori sulla tavolozza di un pittore. -romantico il tramonto vero?- chiese un po’ esitante Tommy –si,si molto- risposi pacata, un lungo attimo di silenzio seguì, fu lui ad interromperlo – sembra quasi che il cielo e ala terra si tocchino, come le labbra di due innamorati - -non ti facevo cos romantico, di sol…..- fui interrotta: le sue labbra toccarono le mie e la sua mano strinse forte la mia…. E dopo, lascio immaginarela fine della storia a chiunque abbia un po’ di fantasia zzate la prima delle due opzioni, l'editor di EFP.

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