Fishbowls and cages.

di Foundmesoulmate
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Uragani ***
Capitolo 2: *** «They weren’t happy.» ***



Capitolo 1
*** Uragani ***


Fishbowls and cages.

Uragani.

Iniziò a cantare e tutto sembrò sciogliersi. Lo studio di registrazione, la fastidiosa spia in alto alla porta che segnava che si stava registrando, la gente fuori, il management che stava sicuramente scrivendo qualcosa col suo account,  – magari che amava Eleanor o che l’ennesimo caffè Starbucks era delizioso – Zayn, Liam e Niall. Tutto si sciolse e scomparve dalla sua vista, restavano solo Harry e la musica. Quelli proprio non riuscivano a lasciarlo in pace. I ricordi lo perseguitavano e lui non ce la faceva più a chiudere gli occhi e a trovarsi il volto di Harry a pochi centimetri dal suo, quasi fosse naturale. Ma non lo era. Non  per lui almeno. Si interruppe per la quinta volta mentre cercava di cantare More than this ma alla fine mollò e uscì dallo studio sbattendo la porta. Beh, sbattere quella porta fu una delle cose migliori che potesse fare. Uscire da quello studio ignorando i suoi amici e i tecnici fu la cosa migliore che potesse fare. Continuava a ripeterselo tutt’ora. Harry se ne stava stravaccato su uno dei soliti divanetti, che trovavano nei corridoi degli studi dove andavano a cantare, e si guardava attorno colpito da ogni cosa. Come i bambini. Lo sbattere di una porta lo fece scattare in piedi ma alla vista di Louis con lo sguardo fisso al pavimento si risedette. Lo guardò ma poi abbassò subito gli occhi. Era spaventato e si sentiva in colpa per ciò che aveva fatto. La sera prima l’aveva baciato, aveva bevuto troppo e l’aveva baciato. Ed era stato il bacio più bello della sua vita. Uno di quelli che ti lasciano senza fiato peggio di una corsa di un chilometro, quelli che sembrano morbidi e ruvidi allo stesso tempo, quelli che riescono a far tornare tutto al loro posto. O almeno, Harry l’aveva vissuto così quel bacio. Ma Louis era scappato, aveva iniziato a correre via e aveva lasciato da solo Harry. “Non dimenticarmi qui, Lou!” Gli aveva urlato Harry in preda all’ansia. Aveva gridato forte il suo nome finché non gli era sparita la voce ed era tornato dentro il locale per poi essere salvato da Paul. “Louis, non dimenticarmi qui. Ma togli il qui e non dimenticarmi e basta.” Aveva ripetuto a bassa voce nel letto prima di addormentarsi.
Il flusso di quei ricordi scorreva come sangue da una ferita e quella ferita faceva male. A entrambi. “Allora, passata la sbronza?” Chiese Lou prima di sedersi di fianco al riccio. Si guardarono. Bastò un istante ed entrambi si videro scorrere quel bacio davanti – l’uno sugli occhi dell’altra. Louis infondo sperava che Harry avesse dimenticato, che l’alcool  l’avesse stordito e gli avesse scombinato un po’ i ricordi. Sperava che lui non sapesse ciò che aveva fatto ma sotto, sotto voleva ricordasse perché lui non aveva dimenticato. Louis Tomlinson non aveva dimenticato quel bacio e ora se lo sognava tutte le notti. Ricordava come Harry si fosse aggrappato a lui e come le sue labbra fossero dolci, morbide, inesperte quasi. Ricordava quanto fosse bello stringere piano i suoi ricci e quanto fosse bello starlo a guardare mentre, ad occhi chiusi, lo baciava tremando. Ma Lou doveva dimenticare e sperare che anche il ragazzo di fianco a lui l’avesse fatto. “Sì, grazie. Ma noi dobbiamo parlare, sai già a che mi riferisco.” E parlava piano, pianissimo e si scuoteva i ricci ogni tanto mentre parlavano. Dopo un lunghissimo discorso di sensi di colpa, di scuse, di promesse che non sarebbe più riaccaduto Louis guardò Harry che recitava quel lungo discorso e si rese conto di una cosa. Lo guardò parlare ma non lo ascoltò minimamente. Louis lo amava e poco gli importava di cosa pensavano gli altri, di cosa pensava lui o di cosa pensasse il mondo intero. Lui amava Harry e questo era poco ma sicuro. Anche Harry si rese conto di una cosa mentre parlava. Amava Lou e per vederlo felice si sarebbe rinnegato, avrebbe detto che era stato tutto uno sbaglio. Sì, lo sbaglio più bello della sua vita. Ma non importava, per Louis questo ed altro. D’un tratto Louis gli prese la mano e lo invitò ad alzarsi. “Louis, che fai?” “Tu stai zitto e seguimi.” Lo portò in uno sgabuzzino e si chiusero dentro. Al buio gli era più facile parlare. “Harry. Non me ne frega niente di nessuno, io ti amo. Basta.” Non era stato il discorso che si aspettava ma il baciò che gli diede dopo compensò le mille parole che aveva in testa e che non gli aveva detto. Si avvicinò piano al volto di Harry e lo prese fra le mani, quasi fosse la cosa più preziosa del mondo – e per lui lo era – posò le labbra sulle sue e sussultò quando Harry gli avvolse i fianchi con le braccia e gli si lasciò cadere addosso. Erano talmente vicini che i loro cuori riuscirono a incastrarsi fra le costole l’uno dell’altro. Ed era qualcosa di meravigliosamente devastante. Un uragano che spazza via tutto: case, convinzioni, alberi, giudizi, negozi e paure. Spazzò via tutto e preparò quei due ragazzi a una nuova vita, lì preparò in un modo talmente intenso che quando si guardarono negli occhi lì al buio – al buio perché alla luce era troppo presto, là fuori era tutto troppo nitido, lì al buio potevano continuare a credere che fosse solo un sogno – non si riconobbero più.
“Ti amo Louis.” “Ti amo Harry.” “Per sempre?” “Sempre.”

E chiusi dentro mille gabbie e altrettanti acquari quel per sempre va ancora avanti.

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Capitolo 2
*** «They weren’t happy.» ***


«They weren’t happy.»

C’era il sole fuori e il profumo delle belle giornate, Louis sgusciò fuori dal letto e lasciò lì Eleonor. Dopo tutto le voleva bene. Non troppo al suo costante desiderio di frequentare i locali Starbucks ma non si può amare tutto di qualcuno. No? Lui di Harry amava tutto. Com’era possibile? Amava il modo in cui si scompigliava i ricci, il modo in cui il suo profumo sembrasse essere ovunque, il modo in cui lo amava, – a volte violentemente, voracemente mentre altre con dolcezza, garbo e quasi terrore di fargli del male – le sue fossette quando sorrideva e lo sguardo verde che gli ricordava una foresta o lo smeraldo. E non solo quello. Harry gli ricordava tante cose. Il profumo di pulito delle lenzuola di mamma, il profumo dei limoni appena raccolti, il sapore della cioccolata d’inverno e quello del the freddo – alla pesca – d’estate, gli ricordava il sorriso delle donne della sua vita, – le sorelle e la madre – gli ricordava tutto ciò che c’era di bello a questo mondo. “Loueh, dove sei?” Pigolò dal letto Eleonor. “Chiamami ancora così e ti stacco i capelli, solo Harry può.” Sussurrò Lou fra i denti mentre cercava di farsi la barba. “Oh, eccoti!” Esclamò lei raggiungendolo per poi abbracciarlo da dietro lasciandogli un piccolo bacio sulla spalla. Louis si irrigidì e fece cadere un po’ di schiuma dalla mano per poi finire di radersi. “Buongiorno.” Si limitò lui scansandola con dolcezza, senza farglielo notare. “El, vado di fretta!” L’ennesima scusa e uscì di casa con il lucidalabbra della sua “ragazza” addosso, si passò una mano sulla bocca e lo tolse. Ancora non sopportava l’idea di condividere una finta vita di coppia con una donna che non amava, a El il management non diceva nulla, solo forse qualche accenno al fatto di foto modificate o account che pubblicavano scritte quando lui o lei proprio non potevano usarlo un computer o un qualsiasi aggeggio elettronico. Le avevano accennato al fatto che dovesse coprire un’altra cosa ma non le avevano detto né cosa né perché e lei si era fatta bastare l’idea di stare con Louis e l’abbonamento da Starbucks. Era brava, Eleonor, non faceva domande e faceva ciò che le veniva detto e al tempo stesso non sapeva il perché lo faceva. Domande – le notti in cui era sola, senza distrazioni – se ne faceva ma poi cercava di reprimere tutto: sospetti, dubbi o interrogativi. Tutto dentro una cassaforte e gettava la chiave. “Ho Lou.” Si ripeteva fino ad addormentarsi. Le bastava. Se lo faceva bastare.

“Lou?”
“Dimmi Hazz.”
“Posso tenerti la mano?”
“Sai che non possiamo.”
“Ma tu lo vorresti?”
“Che domande fai? Certo!”
“Allora facciamo coming out.”


Quante volte era uscito fuori quel discorso, quante volte ne avevano parlato, quanto c’avevano pianto lo sapevano solo loro ma era chiaro che non potevano andare avanti ancora tanto. Erano sulla spiaggia e la brezza marina scompigliava i capelli – e i pensieri – a entrambi. Niente a che fare con l’uragano del loro primo bacio ma quel rimescolamento di budella e pensieri a starsene lì da soli, solo il mare e il cielo a guardarli, li stava facendo tremare e li stava sfinendo. “Lou, io non ce la faccio più a toccarti solo quando siamo soli. Voglio passeggiare per strada con te e prenderti quella fottuta mano e baciarti. Cazzo, Louis io non ce la faccio.” Sbottò il ricciolo mentre Louis gli accarezzava i ricci standogli seduto sulle gambe, la testa sulla sua spalla e l’aria di chi vorrebbe accontentare la persona che ama ma non può. Non può perché c’è troppo in ballo, non può perché c’è la paura a fare da sfondo e perché lui non è forte.  “Hazz, nemmeno io ce la faccio ma sai perché non possiamo. Devi essere paziente.” Sussurrò piano Louis, guardando Harry negli occhi, guardandolo intensamente, guardandolo come si guarda qualcosa che hai paura di perdere perché sai che non fai senza. Harry lo guardò e i loro sguardi si accarezzarono, si intrecciarono e lo stesso fecero le loro mani e probabilmente i loro pensieri. “Louis?” “Mh?” “Ti amo.” “Ti amo anche io, Harry Styles.” Harry sorrise e le fossette fecero capolino agli angoli delle sue labbra. “Ti sposerò Harry.” Disse Lou prima di prendergli il volto fra le mani e baciarlo. Finirono per rotolare sulla sabbia trovandosi l’uno sopra l’altro. Talmente vicini da riuscire a sentire i loro cuori battere l’uno nel petto dell’altro, talmente vicini da sentirsi mancare l’aria – troppo poca da mettere in comune - , talmente vicini da lasciarsi il segno. “E io ti lascerò lì all’altare come un pesce lesso.” Disse Harry ridendo mentre Louis lo guardava male, gli occhi azzurri di Lou guizzarono ai polsi di Harry che subito dopo immobilizzò rimanendo cavalcioni su di lui. “Ah sì?” “Sì.” Louis gli morse il labbro inferiore e lo tirò piano per poi baciargli la fronte. “Non credo, piccola peste. Tu non vedi l’ora di avermi tutto per te.” “Ma tu sei già tutto per me!” “Pff, chi te lo dice?” Harry invertì le posizioni dopo aver liberato i polsi. “Te lo dico io e sai apposta che faccio?” Lou scosse la testa, gli occhi che gli brillavano per la curiosità e l’intimità di quel momento.  Harry si chinò sul suo collo e prese fra le labbra un po’ di pelle, la succhiò e quando fu soddisfatto del suo operato la lasciò andare, baciò la parte arrossata e si avvicinò all’orecchio del ragazzo che gli stava sotto: “Tu sei mio.”
“Louis!” Disse Zayn ridendo non appena lo vide massaggiarsi il succhiotto. “Devi smetterla di farti sottomettere così!” Continuò a ridere mentre entrarono anche Liam e Niall, Harry al telefono che si godeva la scena bello spaparanzato sul letto. Lou grugnì e scompigliò i capelli di Zayn. “Stai zitto pakistano che ti lasci sottomettere dalla tua ragazza, io ho almeno ho la scusa che Harry è un ragazzo!” “Io non mi faccio sottomettere da Perrie!” “Chiedilo al tuo ciuffo biondo o al cane che devi portare fuori sempre tu.” Harry,Liam e Niall stavano ridendo come dei deficienti mentre quei due battibeccavano. “Harry?” “Sì?” “Prima hanno chiamato quelli del management.” Disse Liam. “Non erano contenti.” Precisò Niall. Harry sbiancò.

E chiusi dentro mille gabbie e altrettanti acquari la paura li inseguiva, come una sentinella. 

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