Ri conoscimi

di Fanelia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Lettere ... ***
Capitolo 2: *** Pensieri e Parole ***
Capitolo 3: *** Giocare d'azzardo ***
Capitolo 4: *** Melodia di una brezza primaverile ***
Capitolo 5: *** Quando il blu si fonde col verde ***
Capitolo 6: *** Partenze e ritorni ***
Capitolo 7: *** Incontri e scontri ***
Capitolo 8: *** Sorprendimi! ***
Capitolo 9: *** New York New York ***
Capitolo 10: *** Nubi all'orizzonte ***
Capitolo 11: *** Di sole e d'azzurro ***
Capitolo 12: *** Più forte di mille parole ***
Capitolo 13: *** Inaspettatamente ***
Capitolo 14: *** Come Romeo e Giulietta ***
Capitolo 15: *** Sfiorandosi ***
Capitolo 16: *** Profumo di Rose ***
Capitolo 17: *** Lontano dagli occhi ma vicino al cuore ***
Capitolo 18: *** Lakewood ***
Capitolo 19: *** Giochi pericolosi ***
Capitolo 20: *** Mentre tutto scorre ***
Capitolo 21: *** Aria di cambiamento ***
Capitolo 22: *** Se io, se lei ***
Capitolo 23: *** Solo nel mio dolore, annego nel mio tormento ***
Capitolo 24: *** Un incontro emozionante ***
Capitolo 25: *** Lezioni di piano ***
Capitolo 26: *** Fra palco e realtà ***
Capitolo 27: *** Sciocche illazioni ***
Capitolo 28: *** Al mio via, scatenate l’inferno ***
Capitolo 29: *** La quiete dopo la tempesta ***
Capitolo 30: *** Novembre a New York ***
Capitolo 31: *** Bianchi coriandoli ***
Capitolo 32: *** L'anno che verrà ***
Capitolo 33: *** La lontananza sai, è come il vento ***
Capitolo 34: *** Un ritorno inaspettato ***
Capitolo 35: *** Pane amore e fantasia ***
Capitolo 36: *** Fiori d'arancio ***
Capitolo 37: *** Puzzle di ricordi ***
Capitolo 38: *** Una decisione importante ***
Capitolo 39: *** La fine e l'inizio ***
Capitolo 40: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Lettere ... ***


 

RICONOSCIMI

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Capitolo uno - Lettere
 
25 Dicembre 1918 La Porte
 
“Non riuscivo a dormire e così eccomi qui in cucina, un tazza di caffè bollente con cui cerco di scaldarmi mentre lascio fluire i miei pensieri.
Ho acceso il fuoco nel focolare, una lampada ad olio, immersa nel silenzio e nella pace del giovane giorno che tarda a maturare.
Il sole non è ancora sorto, il buio mi avvolge, e non parlo solo del cielo scuro.
Se potessi vedere la Casa di Pony Terence, è più bella del solito quando è sommersa della neve, la Collina di Pony è ricoperta da un manto bianco e forse potresti vedere le impronte che ho lasciato ieri pomeriggio quando , per sfuggire agli sguardi altrui, mi sono rifugiata in quello che è sempre stato il mio porto sicuro, la mia isola della felicità, il luogo dove mi bastava correre da bambina per dimenticare i dolori e le sofferenze che attanagliavano la mia giovane vita.
È un altro Natale senza di te, ma quanti ne sono passati e quanti ne passeranno prima che questo dolore sordo e costante che accompagna ogni singolo battito del mio cuore taccia per sempre?
Ho pensato che sarei riuscita ad andare avanti, che avrei voltato pagina, ma col passare del tempo mi ritrovo a combattere giorno dopo giorno una guerra persa in partenza.
Ti ho promesso che sarei stata felice, ma non ci riesco, il mio cuore si rifiuta di farlo Terence.
È dura fingere tutti i giorni ma non posso far trapelare le mie emozioni, i miei sentimenti, devo mentire affinché gli altri non si preoccupino.
A volte intravedo articoli che ti riguardano e, se da una parte sono tentata di leggerli per avere la conferma che tu stia bene, per avere la conferma di avere effettuato la scelta giusta, dall’altra non voglio sapere Terence, non posso farlo.
È davvero una magra consolazione saperti felice vicino ad un’altra donna, nonostante sia stata io stessa a spingerti fra le sue braccia.
Ho pregato affinché tu potessi amarla, affinché Dio ti rendesse la felicità che a lungo ti ha sottratto e che così tanto meriti, ma se guardo in fondo al mio cuore, così in fondo che persino io faccio fatica a leggerlo, Terence non posso non ammettere, almeno a questa pagina bianca, unica depositaria dei miei pensieri, che avrei voluto che la tua felicità fosse con me. Sai qual è il mio unico rimpianto? Quello di non averti detto ti amo.
Forse lo avevi capito, forse no, chissà, mi rimarrà per sempre questo dubbio, così come avrò sempre il dubbio di sapere come sarebbe andata fra di noi se solo …. O no, non sono lacrime quelle che stanno bagnando questa pagina, non ti preoccupare, non sono lacrime queste gocce salate che stanno percorrendo le mie guance …
Ma chi voglio prendere in giro Terence, chi a parte me stessa?
Vivo nei ricordi di ciò che è stato e immaginando ciò che avrebbe potuto essere, per l’ennesima volta provo a dirti addio!
Eh no, non pensare che non ti ami abbastanza, ti amo così tanto da cercare, pur se invano, di tenere fede alla promessa che ti feci tanti anni fa.
Non pensare che sia più facile dimenticarti che continuare ad amarti in silenzio, perché Terence, se dovessi seguire solo il mio cuore, vivrei sempre e solo di ricordi, perché mi basta chiudere gli occhi per essere sul Mauritania e incontrare il tuo sguardo malinconico e vedere le lacrime sgorgare dai tuoi occhi.
Mi basta chiudere gli occhi per trovarmi sulla seconda collina di Pony mentre volteggio fra le tue braccia. Chiudo gli occhi e siamo davanti al camino quel pomeriggio della festa in bianco. Li chiudo nuovamente e siamo sulla riva del lago e le tue labbra sfiorano le mie in quel casto e prezioso bacio, in quella dichiarazione d’amore che una immatura me non ha saputo accettare perché sconvolta dall’intensità dei miei stessi sentimenti.
È un’armonica quella che sento suonare? Si è la melodia dolce della tua armonica quella che tutt’ora accompagna i miei sogni.
Ti amo Terence, e spero che scriverlo mi aiuti a rimuovere quella pietra che pesa sul mio cuore, spero che mi liberi da questo sentimento travolgente che pervade ogni singola cellula del mio corpo e che mi accompagna in ogni istante delle mie giornate.
Avrei voluto farti gli auguri di Natale e invece eccomi a scrivere parole che le mie orecchie hanno paura di udire, che la mia voce ha paura di proferire e che il mio cuore ha paura di ammettere. Perdonami se provo a dimenticarti ma soprattutto perdonami se non dovessi riuscirci, ci sto provando, davvero.
Buon Natale Terence, ti auguro di essere felice e di essere amato come meriti.
Tua ora e sempre,

Candy , la signorina tutte lentiggini.”
 
Candy rilesse quanto scritto, alcune parole erano state rimpiazzate da una macchia indistinta causata dalle proprie lacrime.
Appallottolò il foglio, lo gettò nel camino, lo guardò diventare cenere.
“Addio amore io” bisbigliò ad alta voce.

25 Dicembre 1918 New York
 
“Accendo una sigaretta e mentre guardo il fumo fluire verso l’alto mi torni in mente tu.
È Natale, come potrebbe il mio pensiero non correre e te?
Quanti anni sono passati dal giorno in cui mi hai stregato il cuore rendendolo tuo per sempre?
Immagino la collina di Pony ricoperta dalla neve, il fuoco che scoppietta nel camino e tu che sorridi ai bambini e magari a lui … chissà se sei riuscita ad andare avanti, a lasciarti alle spalle quella storia che non è mai cominciata, quell’amore che non abbiamo mai vissuto. Nell’altra stanza lei dorme tranquilla, mi chiedo se sia ignara del fatto che nella mia mente ci sei solo tu, o se finga e continui ad illudersi che forse io un giorno … Ci ho provato sai, come mi avevi chiesto, ma non puoi ordinare al tuo cuore di smettere di amare una persona, non posso costringere il mio a non amare te e solo te.
Il dolore che provo ogni qual volta ti penso è l’unica cosa che mi ricorda ancora di essere vivo. Si può essere grati alla sofferenza così come lo sono io? Perché è quel dolore assordante e costante che mi ricorda che tu sei stata parte della mia vita, che mi ricorda che non è tutta un’illusione, tu ed io insieme …
Il Mauretania e quel tuo sguardo sbigottito e preoccupato quando ti sei accorta che piangevo, come potrei dimenticare quei preziosi smeraldi che si illuminavano e ardevano ogni qual volta incrociassero i miei occhi?
L’armonica che mi regalasti, la porto sempre con me, nel taschino interno della giacca, ha l’unico posto che le spetta di diritto, sul mio cuore, laddove solo tu alberghi. Ricordo la prima volta che ti presi per mano, mentre correvamo verso la seconda collina di Pony alla festa di maggio, e il pomeriggio passato davanti al camino nel castello dei Granchester in Scozia, quella volta se non ci avessero interrotto …
Il nostro bacio, la mia dichiarazione d’amore, quel tuo rifiuto così pungente che non mi seppi controllare, così doloroso da spezzarmi il cuore.
Ti amavo, ti amo ancora, chissà se lo avevi capito, chissà se lo hai mai saputo.
Rimpiango di non avertelo mai detto mia dolce Tarzan Tutte Lentiggini, rimpiango di non averti potuto amare come avrei voluto.
Mia amata Candy, non sai quanto sia bella New York coperta dal candido manto della neve, non sai quanto sia bella la mia Broadway scintillante nel buio della notte mentre la gelida neve cade incessante e mi riporta a quel dicembre di tanti anni fa.
Avrebbe dovuto essere la giornata più importante della mia vita, avrei voluto sposarti sai? Avrei voluto dirti che ti amavo, che volevo dividere la mia vita con te, che senza di te non ero nulla, che la mia vita senza di te era vuota e non valeva la pena di essere vissuta e poi … beh purtroppo il resto lo sai.
Quanti 25 di dicembre sono passati da allora?
Eppure il dolore per la tua assenza, il dolore per la separazione sono sempre vivi e intensi come il primo giorno se non di più.
Un tempo forse mi sono illuso di poter provare ad andare avanti, ma Candy, siamo onesti, almeno a Natale penso di poterlo fare non credi?
Come avrei potuto cancellarti dal mio cuore, come avrei potuto voltare pagina? Ora al dolore per la tua assenza si aggiunge la consapevolezza di non poter smettere di amarti, e poi perché mai dovrei?
Sei la cosa migliore che mi sia capitata nella vita, non voglio dimenticarti, non voglio lasciarti andare.
Candy, se puoi perdonami per essere stato così debole e per averti deluso, per non avere mantenuto quella promessa che mi strappasti su quelle maledette scale.
Volevo solo augurarti Buon Natale, e come al solito il cuore ha avuto la meglio sulla ragione. Ti amo Tarzan Tutte Lentiggini,
tuo ora e per sempre,
Terence.”
 
Terence guardò il foglio che giaceva sul tavolino innanzi a sé, rilesse le proprie parole mentre una sensazione agrodolce si impadroniva della sua gola e dei rivoli caldi e salati solcavano le sue guancie. Con un gesto di stizza stracciò il foglio in mille pezzi prima di gettarlo nel camino e guardarlo diventare cenere.


NdA:
Come vedete, in data 27/11/2013 mi accingo a cambiare la grafica alla mia storia... meglio tardi che mai eh?
Peccato che sia una frana e che per un capitolo ci stia mettendo un anno!

Ringrazio Fede e Lara per l'aiuto col codice e Irene per il banner!
 

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Capitolo 2
*** Pensieri e Parole ***



Capitolo I

Pensieri e parole
 
- colonna sonora You don't know dei Westlife

25 Aprile 1920

“Sull’ennesimo treno e il mio pensiero corre a te.
Guardo il paesaggio scorrere veloce,
macchie di verde indistinte che mi ricordano i tuoi occhi.
Tutto mi ricorda te
In qualsiasi luogo vada,
in chiunque incontri,
cerco qualcosa di te …”


“Sembri in trance a volte, te lo hai mai detto nessuno?” la voce di Karen, una collega, lo distrasse da ciò che stava scrivendo.
“Karen quanto volte dovrò dirti che non amo essere disturbato?”
“Sei sempre il solito asociale!”
“Motivo per cui prenoto una cabina privata quando andiamo tournèe!”
“Vorrà dire che ti lascerò alla tua solitudine!” disse Karen andandosene e sbattendo la porta alle proprie spalle.

Da quando Terence aveva rinunciato a Candy, poco più di cinque anni prima, in favore di Susanna, Karen aveva notato un brusco cambiamento nel comportamento dell’ “amico” e collega.
Non che fosse mai stato un tipo particolarmente amichevole e socievole, ma dalla sera della prima di Romeo e Giulietta, l’umore dell’attore era andato decisamente peggiorando,in una spirale ascendente di disperazione e tristezza.
Lei, a parte Robert, era l’unica con cui a volte, pur se non di frequente, Terence si concedesse due chiacchiere.

Il treno lo stava portando a Chicago, era da tempo che non vi tornava.
Non era più stato nella città dove, con ogni probabilità, lei risiedeva.
Dalle ultime e sporadiche lettere che aveva scambiato con Albert, gli era parso di intuire che Candice si dividesse fra Chicago e La Porte.
La Porte, la collina di Pony, ricordava ancora il cadere incessante della neve e il vento che sferzava il suo viso.
Rise, un a risata amara, la neve, la mente con i suoi strani e sadici giochi lo aveva riportato a quella maledetta sera a New York, sapeva che la sua vita sarebbe cambiata, era cosciente che sarebbe sprofondato presto in un baratro senza fine.

Quando si guardava allo specchio provava solo pena per sé stesso, aveva un lavoro che molti gli invidiavano, tante belle donne che avrebbero fatto di tutto per lui, soldi,fama, eppure lui odiava quella vita.
Il destino gli aveva concesso di assaporare la felicità per un periodo talmente breve, che il ricordo della stessa si era affievolito giorno dopo giorno, fino quasi a svanire. Lo stesso destino gli aveva strappato il cuore e se ne era cibato avidamente.

Pensò poi alla giovane donna rimasta invalida per amor suo, e si sentì colpevole.
Lui aveva due grosse colpe, la prima, quella che gli pesava di più sul cuore, nei confronti del suo grande amore, la seconda nei confronti della donna che gli aveva fatto scudo col proprio corpo salvandogli la vita, Susanna: non era riuscito ad amare quest’ultima e così facendo non solo non l’aveva resa felice, ma non era nemmeno riuscito a  mantenere la promessa che Candice gli aveva strappato.

Annoiato da sé stesso, depose il suo prezioso quaderno e la penna nella valigia, la chiuse accuratamente e cercò compagnia nella cabina di Robert.

Robert non solo era un maestro per Terence, ma un prezioso amico.

Passando per il corridoio sentì il vociare di alcuni bambini e si rattristò, pensò ai figli che non avrebbe mai avuto, con Candice perché non sarebbe mai stata sua, con Susanna perché, quando ancora in vita, si era sempre rifiutato di fare l’amore con lei.
Durante quegli anni di convivenza forzata, diverse volte le aveva dovuto ricordare la natura del loro rapporto, e ciò era stato motivo di frequenti litigi.

“Avanti!” la voce di Robert proveniente dall’interno della cabina riportò Terence alla realtà.
“Avevo bisogno di un po’ di compagnia.” ammise Terence entrando, senza doversi vergognare di essere sincero, si fidava del suo caro amico Robert, era una delle pochissime persone con cui non temeva di mettersi a nudo.
“Mi fa piacere che tu abbia pensato a me, ho creduto che non ti avrei rivisto prima di Chicago quando ti ho visto chiuderti in cabina stamane”
“Avevo bisogno di scrivere.”
“Lo avevo immaginato. Pensi che mi farai mai leggere alcune delle tue creazioni?”
“C’è un sola persona che potrebbe leggerle e probabilmente non lo farà mai.” l’allusione di Terence a Candy era evidente.
“Ah stai forse dicendo che le tue parole rimarranno ad ingiallire insieme alle pagine del tuo quaderno?” lo stuzzicò Robert che sapeva fin dove poteva spingersi.
“Probabilmente sì, mi spiace deluderti” rispose Terence ermetico.
A chi non lo conoscesse bene sarebbe potuto sembrare scorbutico ed antipatico, ma non era certo il caso di Robert che aveva visto con i propri occhi la sofferenza che attanagliava l’animo del suo pupillo.

“E’ la prima volta che veniamo a Chicago e non mi chiedi di farti sostituire.” disse Hathaway in un tentativo di spronare Terence a parlare e spiegargli le sue motivazioni, anche se aveva sempre sospettato che dietro il rifiuto di Terence di recarsi in quella città ci fosse quella ragazza dai riccioli biondi e gli occhi color smeraldo.

“Ho dei demoni da esorcizzare” rispose Terence vago.
“Amico mio pensi di essere pronto?”
“Probabilmente non lo sarò mai” rispose lui sincero.
Si era sempre rifiutato di recarsi a Chicago in tutti quegli anni,fino a quella volta.
Susanna era morta da circa 8 mesi e non aveva ancora avuto il coraggio di contattare la sua Tutte Lentiggini. Avrebbe voluto spedirle un invito per lo spettacolo ma aveva rinunciato, non sapeva molto di lei, Albert evitava di parlargliene nelle sue lettere, e lui, dal canto suo, evitava di chiedere per paura di ricevere notizie che gli avrebbero tolto anche quella flebile fiammella di speranza che ancora bruciava nel suo cuore.
Aveva paura di scoprire che lei si fosse rifatta una vita, che fosse andata avanti e che il suo cuore battesse per qualcun altro.
Si era rimproverato e maledetto molte volte per non essersi comportato diversamente tanti anni addietro, e adesso non si stava certo comportando più coraggiosamente.
“Non le hai riservato un posto?” osò la voce di Robert.
“Non ho avuto il coraggio di inviarle il biglietto, nonostante ci sia sempre un posto riservato per lei”
“Terence avere paura è umano, avere il timore di soffrire è comprensibile e naturale, ma lei potrebbe averti aspettato, non pensi che varrebbe la pena rischiare?” cercò di esortarlo Robert.
“Hai perfettamente ragione, so che nemmeno in questa occasione mi sto comportando da uomo.”
“Oh Terence ma non è certo una questione di essere uomini o meno e tu lo sai!” gli rispose l’amico gentilmente.

Robert aveva decisamente ragione e lui lo sapeva. Diverse volte aveva provato a scriverle una lettera che potesse accompagnare il biglietto, poi non sapendo cosa scrivere, aveva pensato di spedirle il solo biglietto, ma non era riuscito a fare nemmeno quello.

Rimase per qualche ora in sua compagnia, chiacchierarono del più e del meno evitando accuratamente di addentrarsi nuovamente in quell’argomento a Terence così caro ma così intimamente privato e doloroso, poi l’attore decise che era arrivata l’ora di tornare in cabina e provare a riposare, il viaggio sarebbe stato lungo e noioso ma doveva cercare di ricaricare le energie per lo spettacolo che si sarebbe tenuto la sera successiva.
Si addormentò perso fra i suoi pensieri e un incubo lo colse nel sonno.
Era in teatro, stava recitando il suo pezzo quando fra la folla aveva scorto un viso famigliare … bionda, riccioli ribelli, lentiggini, occhi verdi … poi una volta messo a fuoco si era reso conto che si trattava proprio di Candy, era proprio lei che rideva e scherzava con un giovane aitante e si comportava con lui come se fosse stato qualcosa di più di un semplice amico.
Poi la voce di Candy aveva preso il sopravvento interrompendo lo spettacolo e gli aveva rivolto parole che lo avevano ferito nel profondo “Sei uno stolto se hai creduto che potessi aspettarti per tutti questi anni, tu che mi hai lasciata andare senza nemmeno lottare per me, tu che hai accettato passivamente la mia decisione, come pensi che nel mio cuore ci possa essere ancora spazio per te?”  queste parole gli rimbombavano nelle orecchie seguite da una perfida risata.
“Terence sei proprio uno sciocco! Che razza di sogni fai?” si disse ad alta voce cercando di calmare quell’orribile sensazione che lo aveva assalito, quando si era svegliato di soprassalto.
 Si recò alla toilet per rinfrescarsi, poi tornò alla propria cabina e provò a ripassare mentalmente la sua parte.
In quel periodo andava in scena “Sogno di una notte di mezza estate” e lui interpretava il ruolo di Lisandro mentre a Karen era stata affidata la parte di Ermia. La recitazione era l’unica cosa che riusciva a calmarlo e fargli riprendere il controllo di sé stesso.

Il treno fermò nella stazione di Chicago.
Era fine aprile, il tempo mite,il sole splendeva alto nel cielo.
Terence sentì un groppo in gola quando mise piede sul marciapiedi.
Era la prima volta dopo almeno sei anni che tornava in quella città.
Con ogni probabilità stava toccando lo stesso suolo sul quale camminava lei, respirando la sua stessa aria. Inspirò a pieni polmoni come se quella condivisione di aria potesse fargliela sentire più vicina.
Quando tutti i suoi colleghi scesero dal treno si recarono all’esterno dove delle auto prenotate da Robert li attendevano per il trasferimento presso il Palmer House Hotel dove avrebbero soggiornato.
Terence si sentiva così strano, non sapeva se essere felice o meno.
Era irrequieto, cercava fra la folla sperando di vederla ma quando scovava una chioma bionda lo assaliva l’ansia di vederla con qualcun altro, l’ansia di vedere che nei suoi occhi non c’era più quell’amore che lei aveva nutrito per lui anni addietro, quello stesso amore per il quale lui sperava e sognava ancora.
Quando arrivarono in hotel fu sollevato di potersi recare nella propria stanza e chiudere il mondo al di fuori. I suoi colleghi, Karen in particolar modo, sembravano stranamente eccitati per quella rappresentazione. Avevano tutto il pomeriggio per poter fare conoscenza con il teatro e provare, l’indomani ci sarebbe stata la prova generale e poi la sera la messa in scena.
Terence disfò il proprio bagaglio, si recò in bagno e aprì l’acqua calda, lasciò che la vasca si riempisse, vi fece cadere delle gocce di bagnoschiuma, si liberò dei propri vestiti e vi entrò.
Si sedette e lasciò che l’acqua calda avvolgesse il suo corpo aiutandolo a rilassarsi.
Si sentiva stanco e provato, forse non era stata un’idea grandiosa quella di recarsi a Chicago, nonostante fosse in quella città da poco più di un’ora si sentiva prosciugato delle proprie energie fisiche e mentali,lo sforzo che stava facendo per mantenere il controllo e rimanere tranquillo stava cominciando a farsi sentire.
Decise di uscire dalla vasca e provare a dormire un po’, in altre occasioni probabilmente si sarebbe concesso una passeggiata ma il suo cuore gli diceva che era meglio evitare. Certo, Chicago era una grande città, molto probabilmente anche se fosse andato in giro non l’avrebbe incontrata, ma non voleva correre il rischio.
A fatica riuscì a dormicchiare un paio d’ore e quando bussarono alla porta della sua camera era ormai ora di recarsi in teatro per un sopralluogo e una breve prova.
“Chi è?” la voce di Terence assonnata.
“Terence manchi solo tu! Datti una mossa!” la voce impaziente di Karen proveniente dall’altro lato della porta.
“Arrivo fra un minuto vi raggiungo nella hall!”
“Va bene ti aspettiamo sbrigati!” disse Karen andandosene.
Terence si guardò allo specchio, nonostante avesse dormito si sentiva stanco, aveva delle leggere occhiaie che gli circondavano gli occhi, i capelli disordinati. Diede una breve spazzolata alla lunga chioma scura, si cambiò il maglione, rimise le scarpe e si affrettò lungo le scale.
“Finalmente! La prima donna si fa attendere oggi!” lo punzecchiò Karen notevolmente infastidita.
“Scusami Robert, stranamente mi sono addormentato!” disse lui sinceramente.
“Non ti preoccupare qualche minuto di ritardo sulla tabella di marcia non fa differenza, preferisco avere un attore riposato!” disse Robert cercando di non fare pesare a Terence il suo ritardo.
Terence non rispose ma lo guardò con gratitudine.
 Arrivati al Riviera Theatre ciascuno ebbe tempo per una prova sommaria della propria parte. Terence si sarebbe fermato come suo solito oltre l’orario per provare da solo.
Aveva bisogno di sentire il teatro suo, e solo potendovi stare da solo e potendo passeggiare indisturbato fra i corridoi avrebbe respirato la vera essenza di quel luogo.
Quando si liberò dei suoi compagni, ancora in costume di scena, salì sul palco, scrutò la platea, tante piccole sedie vuote che domani sarebbero state occupate da molte persone ma non lei, il solito posto che lui le riservava da cinque anni a questa parte sarebbe rimasto nuovamente vuoto. Guardò quel posto sulla propria balconata privata e si sentì stringere il cuore. Avrebbe voluto avere la sua musa a sostenerlo, a dirgli che tutto sarebbe andato per il verso giusto, a placare quell’irrequietezza che si era impadronita di lui.
Recitò alcune battute per poter regolare l’intensità della propria voce, doveva capire con quale forza proferirle in modo tale che anche coloro seduti nei posti più distanti dal palco potessero sentire le sue parole e potessero darvi il giusto peso.
Una volta terminata quell’operazione coprì il palco a grandi passi: sapeva essere maniacale quando si trattava del proprio lavoro, e inoltre non conosceva questa teatro e questo palco e sentiva di dover instaurare un certo feeling con quelle quattro mura.
A tarda notte si sentì abbastanza soddisfatto del lavoro svolto e tornò in hotel.
Si fece chiamare un taxi e poco dopo poté rinchiudersi nella sua stanza. Durante il tragitto si era fermato per comprare qualcosa da mangiare, non che avesse fame, ma il suo corpo cominciava a reclamare nuove energie. L’unico errore che commise fu quello di credere che fosse di calorie che il suo corpo necessitasse, mentre in realtà chiedeva alla sua mente di smettere di torturarlo concedendogli il meritato riposo.
 Quella notte cercò di riposare e non riuscendovi si alzò e rilesse alcuni dei versi che aveva scritto per la sua amata, chissà se un giorno li avrebbe letti. Aveva cominciato a scriverli ai tempi della St. Paul School, ormai non si trattava più di qualche paginetta scarabocchiata qua e là, avrebbe potuto mettere insieme un vero e proprio libro se avesse voluto, probabilmente non avrebbe nemmeno faticato a farselo pubblicare, ma quel libro, quei versi, quelle parole, non erano destinate ad un ampio pubblico ma ad un solo ed unico cuore.

L’indomani mattina la sveglia suonò presto e Terence ne approfittò per concedersi un bagno e poi fare colazione con calma, probabilmente i suoi colleghi dormivano ancora.
Fu sorpreso di notare Karen nella sala adibita alle colazioni, non era solita svegliarsi presto la mattina e preferiva riposare per avere un viso più disteso, almeno così era solita giustificarsi.
“Buongiorno Terence, dormito bene?”
“Buongiorno a te Karen. Immagino che tu abbia dormito bene visto che sei così mattiniera?”
“Ti dirò la verità non so come mai ma sono emozionata. Non è la prima volta che veniamo a Chicago, non è la prima volta che calco questo palco ma … so che mi prenderai per sciocca …” ci pensò un po’ prima di raccontargli cosa le era successo qualche giorno prima.
Lui la guardò perplesso, certo il suo rapporto con Karen era meno superficiale che con gli altri, ma non erano soliti intrattenere chiacchiere su argomenti personali, nonostante l’attrice fosse l’unica a sapere di Candy.
“Per fartela breve una cartomante mi ha detto che in questi giorni avrei incontrato una persona che mi avrebbe cambiato la vita.”
“Oddio Karen non pensavo che una donna pragmatica come te credesse a certe cose.”
“Terence mi hai fatto pentire di avertelo detto, sapevo di dover tenere la mia boccaccia chiusa.” si rimproverò la ragazza.
 Terminarono la colazione in silenzio. Karen non aveva voglia di sentirsi ribadire quanto fosse sciocco il motivo della sua eccitazione.
“Ora capisco come mai Karen si comporta in questa maniera così bizzarra.” aveva pensato Terence quando lei gli aveva condiviso con lui l’episodio della cartomante. Il ragazzo si era trattenuto dal ridere della collega, sapeva quanto potesse essere permalosa e non voleva certo scatenare la sua ira funesta.
 Terminata la colazione si accomiatò e tornò nella propria stanza. Fortuna volle che fosse dotata di un grammofono, così  poté ascoltare della buona musica che l’avrebbe sicuramente aiutato a rilassarsi.
 La mattinata ed il pomeriggio volarono, e con essi anche la prova generale prima dello spettacolo.
Fu presto sera: gli attori indossarono i costumi di scena e una volta truccati furono pronti per inscenare lo spettacolo.

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Capitolo 3
*** Giocare d'azzardo ***


Capitolo II
 
Giocare d’azzardo
 
- colonna sonora Richard Clayderman Ballade Pour Adeline

 
“Per imparare le lezioni importanti nella vita ogni giorno bisogna superare una paura.”

(Ralph Waldo Emerson)

 
Quella mattina Albert chiese ad Annie di raggiungerlo nel proprio ufficio.
Da  alcuni giorni aveva scoperto che la compagnia Stratford sarebbe giunta a Chicago per la messa in scena di “Sogno di una notte di mezza estate”: per la prima volta Terence sarebbe stato presente.
Le svariate volte che Albert si era interessato agli spettacoli della compagnia, aveva notato la puntuale assenza del suo amico alle rappresentazioni che si tenevano a Chicago, e in cuor suo era consapevole del motivo che spingeva il giovane ad evitare quella città.
QQQuell’anno però era rimasto di sasso quando aveva appreso che per la prima volta Terence non si sarebbe sottratto al pubblico di Chicago.
 
“Non so se sia una buona idea, se Candy dovesse ricordare? Che le diremo? Le abbiamo mentito e sono sicura che si infurierebbe!” disse Annie animatamente.
“Se tu fossi al suo posto, cosa vorresti per te?” le chiese Albert cercando di farle capire le sue motivazioni.
Annie temeva che, qualora  Candy  avesse ricordato, si sarebbe subito resa conto della menzogna che le avevano propinato per oltre un anno.
“Annie stasera andremo a teatro. Ho intenzione di invitare Candy e vedere come reagisce a sentire nominare Terence.
Se non dovesse ricordare, meglio così. Guadagneremo del tempo e potremo trovare un modo migliore per metterla al corrente della verità. Qualora ricordasse, dovremmo farle capire le nostre ragioni, ma almeno non dovremmo più vederla così affranta, non ti pare?
Lo stesso dottor Price ci ha tenuto a sottolineare che uno shock potrebbe innestare nella sua mente una reazione tale da permetterle di riacquistare la memoria. Non vale la pena tentare?”
“Albert so che hai ragione, ma continuo a temere la sua reazione. Sicuramente si sentirà ferita e tradita”
“Forse sì, ma credo che non ci resti molta scelta. Ad essere sincero, se poco più un anno fa mi avessero detto che Susanna sarebbe morta, probabilmente non mi sarei comportato così e le avrei detto la verità.”
“Conosco i motivi per cui le abbiamo mentito, del resto lei non ricordava, Terence era legato a Susanna e non avevamo ragioni per darle un dolore, soprattutto perché sapevamo quanto stesse soffrendo!” disse Annie.
“Bene! Allora diciamole dello spettacolo e vediamo come reagisce.” propose Albert fiducioso.
“Non credo di avere speranze di farti cambiare idea vero?” chiese Annie decisa a non arrendersi.
“Decisamente no, mi spiace. E vorrei che fossimo uniti in questa cosa.”
“Come preferisci. Ti darò il mio appoggio” rispose lei.
Un leggero bussare alla porta annunciò l’arrivo di Candy.
“Candice entra pure.” disse Albert.
“Buongiorno! Non pensavo di trovarvi qui entrambi. E’ per caso successo qualcosa?” chiese lei preoccupata, non era da Albert convocarla così, se non per una ragione seria e precisa.
“Beh in realtà stasera vorrei portarvi a teatro, volevo sapere che ne pensi?
Annie è molto entusiasta della cosa.”
“A vedere cosa se non sono troppo curiosa?”
“Un mio vecchio amico è in città e la compagnia presso cui lavora mette in scena Sogno di una notte di mezza estate, mi farebbe piacere andare a vederlo, e sarei felice di poterlo fare in vostra compagnia.”
“Non sapevo che avessi un amico attore.”
“Sì, ci siamo conosciuti moltissimi anni fa, ma ed è un po’ di tempo che non ci vediamo.”
“Posso sapere di chi si tratta?” chiese lei curiosa.
Albert inspirò profondamente prima di pronunciare quel nome.
Aveva immaginato che lei glielo avrebbe chiesto e sapeva che quello avrebbe potuto essere un momento cruciale.
“Terence Graham.” disse lui, gli occhi fissi sul viso di lei.
Il suo sguardo, la sua espressione, non tradirono alcuna emozione quando rispose loro che non aveva idea di chi si trattasse.
“E’ un famosissimo attore di Broadway, un attore Shakespeariano.”
“Non sono certa che il suo nome mi dica qualcosa.”
“Può anche darsi Candy, non essendo tua abitudine leggere riviste di gossip e tanto meno la pagina degli spettacoli.”
“Candy vedrai sarà un bello spettacolo. Lui è davvero molto bravo! Almeno così ho letto.” si corresse Annie la cui espressione cupa e preoccupata si era trasformata in un disteso sorriso.
Si sentì egoista: era felice che Candice non ricordasse ma allo stesso tempo le spiacque constatare che avrebbe dovuto continuare a mentirle.
“Bene allora andiamo! Adesso sono proprio curiosa!” rispose Candy.
“Se non ti spiace avrei bisogno di finire un discorso con Annie” le parole di Albert le fecero intuire che poteva andare.
“Certo, allora a dopo!” disse lei salutando e uscendo dalla stanza.
“Oddio che sollievo Albert! Per un istante ho temuto il peggio! So che ti sembrerò egoista …”
“Annie  ti capisco appieno, non preoccuparti. Ora non ci resta che vedere stasera che effetto le farà vederlo, anche se a questo punto dubito che si ricordi di lui.”
“Credo anche io. Ma tu sei sicuro che lui l’ami ancora? Non l’ha nemmeno cercata!”
“Annie lo sai che vi sono delle severe tradizioni da rispettare, e per quanto lui sia sempre stato poco avvezzo alle regole, adesso è una persona in vista che ha perso la compagna da poco, commettere un passo falso potrebbe avere un effetto devastante sulla sua carriera. Comunque, se la fortuna ci assisterà, stasera sapremo anche se penso di poterci mettere la mano sul fuoco.”
“Non avevo pensato in questi termini!”
“Bene ora se non ti spiace tornerei agli affari.
A proposito, mi spiace aver mandato Archie in Messico al mio posto, spero che non me ne vorrai.”
“Oh no Albert, ne capisco l’importanza per la famiglia e ti dirò che forse, vista la tua decisione, è meglio che Archibald non sia presente. Non sarebbe stato affatto d’accordo con te.”
“Lo so, infatti dovrò dargli delle spiegazioni al suo ritorno, sperando che possa capire.”
“Bene buon lavoro allora, a dopo.” disse Annie salutandolo e lasciandolo solo con i suoi pensieri.
Da quando Anthony e Stair erano morti, Archibald e Candy erano l’unica famiglia che gli fosse rimasta. Anche Annie a breve sarebbe entrata a farne parte, se mai Archie si fosse deciso a chiederla in moglie.
 
Ripercorse mentalmente tutte le cose che doveva fare quel giorno e si buttò a capofitto nel lavoro.
 
Le ore trascorsero velocemente.
Candy aveva trascorso la giornata tranquillità. Si era dedicata alla lettura, aveva fatto una passeggiata a cavallo e al ritorno aveva fatto un bagno rilassante. Si era poi preparata per l’uscita di quella sera.
Che lei ricordasse non era mai stata a teatro prima d’allora, e fu contenta di quella proposta.
Aveva il bisogno di fare qualcosa di diverso, le dispiaceva solo che Patrick non fosse lì con lei.
 
L’avrebbe raggiunta entro un paio di giorni, e lei non vedeva l’ora che fosse sabato per andarlo a prendere alla stazione.
Si sentiva legata a quel ragazzo. Chi meglio di lui poteva capire cosa volesse dire non avere memoria del proprio passato e non riconoscere sé stessi?
Anche lo Zio William le aveva raccontato di aver perso la memoria, motivo per cui forse riusciva a sentirsi così in sintonia con lui. Fra i suoi cari era sicuramente la persona che poteva capirla a fondo e supportarla in questa fase di recupero.
 
“Ti dona molto questo vestito Candy, però sai devo ancora abituarmi ai capelli corti!” le disse Albert che l’attendeva ai piedi dall’imponente scalinata che dal primo piano portava all’ingresso della residenza.
“Non mi stanno bene?” chiese lei incuriosita dal suo commento.
“Certo che ti stanno bene, ma hai sempre portato i capelli lunghi e mi devo abituare.”
“E’ vero Candy! Anche quando eravamo bambine avevi dei capelli  lunghissimi!” disse Annie per supportare l’affermazione di Albert.
 
C’era un motivo dietro quel taglio di capelli ma lei non aveva voluto condividerlo con nessuno.
Dal giorno dell’incidente si sentiva svuotata. Non aveva un passato, se non quello raccontatole dai suoi cari amici, amici dei quali aveva dovuto imparare a fidarsi perché, nonostante le avessero raccontato di quanto fossero uniti, per lei tutto sommato erano dei perfetti estranei.
Si sentiva strana, non si conosceva. Non sapeva quali fossero i suoi gusti musicali, se le piacesse leggere, se le piacesse la cioccolata e oltre a queste cose futili, non ricordava niente del suo lavoro di infermiera, non ricordava la sua infanzia e soprattutto non ricordava i cari Anthony e Stear.
Così una mattina aveva deciso di cambiare aspetto e si era recata dal parrucchiere per farsi tagliare la lunga e folta chioma. Visto che la vecchia Candy era nascosta da qualche parte fra i meandri della propria memoria, non aveva senso mantenerne l’aspetto. Una volta tagliati i capelli si sentì quasi sollevata. Certo, non che fosse un cambiamento drastico, ma era pronta ad essere la nuova sé stessa.
Aveva avuto molto da imparare in quell’anno. Le sedute di terapia non avevano dato alcun risultato fino a quel momento, e lei era stata tentata più volte di lasciar perdere e cercare invece di abituarsi all’idea che il suo passato, come un vecchio piroscafo, fosse affondato nelle profondità più remote dell’oceano.
Le avevano raccontato di essere un’orfana, della famiglia Legan e della successiva adozione da parte dello zio William.
Albert le aveva raccontato del segreto riguardante la vera identità dello “Zio William” e le aveva svelato anche di essere il Principe della Collina.
Se non fosse stato per i ricordi di Albert, di quell’episodio così importante della sua vita, quale l’incontro con il Principe della collina, lei avrebbe perso traccia per sempre.
Si sentiva profondamente triste: nonostante le dicessero tutti che era una persona solare, positiva, altruista, quando si guardava allo specchio stentava a crederci.
Aveva accolto con incredulità le notizie inerenti le sue abilità di acrobata e delle proprie evoluzioni da un ramo all’altro degli alberi.
Di nascosto un pomeriggio aveva provato a cimentarvisi. All’inizio aveva avuto paura, ma poi ci aveva preso gusto e si era resa conto, dalla facilità con cui le riusciva tutto ciò, che le avevano detto la verità. Non che pensasse che i suoi amici le avessero mentito, ma le era sembrato inverosimile per una signorina della sua età e del suo lignaggio.
La parte più dolorosa dei suoi mancati ricordi era legata a Stear ed Anthony.
Anthony, il dolce angelo dagli occhi azzurri di cui, a quanto dicevano, era stata innamorata da ragazzina. Anthony l’aveva contraccambiata con la stessa intensità e purezza con cui lei aveva amato lui.  Lo stesso Anthony il cui volto, delle poche foto che aveva a disposizione, non le diceva assolutamente nulla.
Non riusciva a sentire alcun tipo di emozione se non rabbia per tutto ciò che aveva perso insieme alla memoria: non si trattava di non ricordare i volti, era il non poter ricordare sentimenti e sensazioni che la innervosiva e la faceva arrabbiare.
Se non fosse stato per la sue ardente fede avrebbe sinceramente creduto che il Signore ce l’avesse con lei, e che stesse cercando di farle scontare qualcosa.
 
Il turbinio di pensieri che avvolse  la mente di Candy fu interrotto dalla voce di Albert.
“Ragazze eccoci arrivati!”
Parcheggiò l’auto e si avviarono verso il teatro.
Annie ed Albert le parevano emozionati, lei certo era curiosa ma niente di più.
 
Il teatro Riviera, situato sulla North Racine Avenue, era stato aperto nel 1917 e la compagnia Stratford era riuscita a prenotarlo per stagione, anche grazie alla presenza di Terence nel cast.
La presenza dell’amatissimo ed acclamatissimo attore aggiungeva prestigio alla già importante compagnia teatrale.
Il teatro era gremito, Terence dal backstage poteva sentire il vociare delle persone che lentamente stavano riempiendo la sala e prendendo posto.
 Preferì non sbirciare fra la folla e, una volta presa parte al rito scaramantico che veniva regolarmente messo in atto prima di entrare in scena, si ritirò nel suo camerino e chiese ad un’assistente di avvertirlo cinque minuti prima dell’orario di inizio.
Mancava circa mezzora allo spegnersi delle luci.
Aveva bisogno di ritrovare pace e tranquillità e di concentrarsi.
Preparò il suo tè allo zenzero e limone, un toccasana per la gola e la voce, spense le luci del camerino e si sedette vicino alla finestra.
Cercò di liberare la mente dai pensieri che lo potevano turbare.
Svuotò il suo animo per riempirlo con il personaggio che avrebbe interpretato.
Quando l’assistente bussò alla sua porta, era pronto per entrare in scena.
Fu Lisandro, e non Terence Graham, ad aprire la porta del camerino e salire sul palco.
Erano sbalorditive la facilità e la velocità con cui  riusciva a diventare qualcun altro.
Accantonò l’emozione ed entrò in scena, sicuro di sé e pronto a dare il meglio.
 
Candy aveva preso posto fra Annie ed Albert che le avevano riservato la poltroncina centrale.
Aveva guardato con interesse la locandina dello spettacolo posta all’ingresso ma non aveva detto nulla, segno che probabilmente non avesse riconosciuto Terence.
Quando finalmente fu il turno del ragazzo di salire sul palco, l’espressione imperscrutabile di Candice  dapprima preoccupò Albert ed Annie.
 La successiva mancanza di una qualsiasi reazione da parte di Candy, nonostante lui avesse cominciato a recitare, diede loro un’ulteriore conferma di ciò che già sospettavano.
“Albert, è lui il tuo amico vero?” chiese lei quando Terence salì sul palco.
“Sì  è proprio lui!”
“ L’ho mai incontrato?” chiese lei curiosa.
Albert le rispose di no e lei non insistette. I suoi due amici tirarono un sospiro di sollievo e si concentrarono su quanto stava succedendo sul palco.
Terence era magnifico, era cresciuto molto, il suo fisico da giovane uomo solcava il palco con fermezza e sicurezza.
Al termine della rappresentazione gli attori furono accolti da una standing ovation e il pubblico li acclamò diverse volte, costringendoli a ripetere saluto ed inchino.
Quando fu il turno di Terence, di avanzare ed inchinarsi, la folla sembrò essere in delirio.
Candy applaudiva entusiasta, le era davvero piaciuto. Aveva fatto decisamente bene ad accompagnare Albert.
Quando gli attori diedero il saluto finale, Albert le trascinò fuori e si recò verso il backstage.
Chiese alle due ragazze di aspettarlo.
Attraversò il piccolo corridoio che portava ai camerini e trovò un addetto alla security a sbarrargli il cammino.
“Vorrei vedere il mio amico Terence Graham.” disse Albert sperando di avere fortuna.
L’uomo gli rispose malamente:” Ha idea di quante persone pretendano di essere amici di questo o quell’attore solo per passare nel backstage? Mi faccia il favore e se vuole vedere gli attori li aspetti alla porta sul retro come fanno tutti.”
“Ma se lei potesse dire a Terence che Albert Andrew vorrebbe vederlo …”
Mentre Albert proferiva tali parole, la porta di un camerino si spalancò e ne uscì un giovane uomo dai capelli lunghi.
“Albert amico mio, sei proprio tu? Mi era parso di udire la tua voce ma stentavo a crederci!”disse il ragazzo avvicinandosi all’amico ed abbracciandolo.
Terence si stava cambiando nel suo camerino quando aveva avuto l’impressione di avere udito la voce di Albert. Erano anni che non si vedevano, si erano scritti poche lettere e sapeva che il suo vecchio amico era sempre in giro per il mondo per lavoro, motivo per cui all’inizio aveva stentato a credere alle proprie orecchie.
Quando poi Albert si era palesato, non aveva avuto più dubbi.
 Aveva tentennato prima di aprire la porta del proprio camerino perché quella voce appartenente al suo passato gli aveva fatto sperare che forse l’avrebbe rivista. Ma era pronto? Era combattuto, così combattuto … Se Candy fosse stata con lui cosa le avrebbe detto? Come avrebbe reagito?
Quando finalmente si era deciso, aveva potuto constatare che Albert era da solo.
Da una parte aveva tirato un sospiro di sollievo, dall’altra la delusione lo aveva travolto.
“Albert vieni, andiamo in camerino, sarà bello poter fare due chiacchiere.” disse Terence confuso. Aveva intimamente e fortemente sperato di incontrare gli occhi verdi di Candy aprendo la porta.
“In realtà non sono solo, ci sono due dame con me.”
“Addirittura due? E’ vero che sei lo scapolo dell’anno …”
“Terence sei sempre il solito! Le due dame le conosci anche tu, anche se una non si ricorda di te!”
“Valle a prendere allora, ma che vuol dire che una non si ricorda di me?” chiese lui incuriosito da quella affermazione.
“Non c’è tempo di spiegartelo adesso. Presto capirai che intendo. Ti chiedo solo di  essere forte e di reggermi il gioco. Ti spiegherò più tardi se avrai tempo.” disse andando a prendere Annie e Candy che lo attendevano dove le aveva lasciate e lasciando Terence ancora più confuso di prima.
 
“Cosa starà facendo Albert?” chiese Candy impaziente ad Annie.
“Forse sarà andato a salutare il suo amico?”
“Ragazze venite, ho una sorpresa per voi” la voce di Albert interruppe il loro scambio di supposizioni.
Le ragazze lo seguirono per il corridoio fino a giungere al camerino di Terence.

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Capitolo 4
*** Melodia di una brezza primaverile ***


Capitolo IV
 
Melodia di una brezza primaverile

-colonna sonora Annie Laurie


Non posso esistere senza di te.
Non posso esistere senza di te.
Mi dimentico di tutto tranne che di rivederti:
la mia vita sembra che si arresti lì,
non vedo più avanti.
Mi hai assorbito.
In questo momento ho la sensazione come di dissolvermi:
sarei estremamente triste senza la speranza di rivederti presto.
Avrei paura a staccarmi da te.
Mi hai rapito via l'anima con un potere cui non posso resistere;
eppure potei resistere finché non ti vidi;
e anche dopo averti veduta mi sforzai spesso di ragionare
contro le ragioni del mio amore.
Ora non ne sono più capace.
Sarebbe una pena troppo grande.
Il mio amore è egoista.
Non posso respirare senza di te.
-John Keats-



La mattina seguente Terence si svegliò decisamente di buon umore; certo la strada sarebbe stata tutta in salita ma dopo essersi separato da Candy anni fa, la sua vita era stata un vero e proprio inferno. Aveva toccato il fondo e le cose non avrebbero potuto andare peggio di così.
Fece un bagno rilassante poi passò da Karen per poter fare colazione insieme.
Non era sua abitudine cercare la compagnia dei suoi compagni, per cui Karen fu molto sorpresa quando bussò alla sua porta e le chiese di fargli compagnia.
 “E come mai mi chiedi di fare colazione insieme? Sei sicuro di sentirti bene? Non è che rivedere Candice ti ha rincitrullito del tutto?”
“ Vuoi farmi pentire di essere passato?” chiese lui fingendosi offeso.
“Oh si figuri sua maestà, la ringrazio per avermi concesso l’onore!” disse lei ridendo.
Scesero al piano delle colazioni e si accomodarono ad un tavolo appartato.
“Non ti ho ringraziato per l’idea della cena di questa sera, mi hai cavato d’impiccio!”
“Ah caro non pensare che l’abbia fatto solo per te! Io voglio rivedere quell’affascinante Signor Andrew! Sembra uscito direttamente dai miei sogni e non ho certo intenzione di lasciarmelo scappare.
Sai, uno dei lati negativi di questo lavoro è che rende davvero difficile cominciare una relazione sentimentale. Prendi Albert ad esempio, quando potrei rivederlo? Certo lui sicuramente capiterà a New York, io potrei fingere di avere interessi a Chicago e capitare qui per caso, ma poi?”
Terence annuì, anche per lui non sarebbe stato facile riconquistare Candy, ma preferì non esternare alla collega le proprie preoccupazioni in merito.
 “Ah poi non ti ho più chiesto come ti pare essere andata ieri sera? Mi spiace di aver rischiato di rovinare la vostra messa in scena, e sinceramente mi spiace molto per te e Candice, specialmente per lei, mi sembra quasi persa senza la memoria. Hai avuto la stessa impressione?”
“Decisamente ma credo che con il giusto aiuto potrà ritrovare sé stessa ed io sono pronto ad aspettare e ad aiutarla, del resto a questo punto non credo di avere niente da perdere.”
“Certo hai ragione.”
“Senti Karen mi è venuta un’idea, ma ho bisogno della tua collaborazione”
“Dimmi sono tutta orecchie!” disse che Karen che in realtà stentava a credere a ciò che aveva appena udito.
“Se invitassi solo Candice riceverei un rifiuto … pensavo di invitarli per la rappresentazione che chiuderà il tour, a New York. Sarebbe bello se Candy potesse venire con me alla festa per la fine della stagione teatrale e qualcosa mi dice che ti farebbe piacere essere accompagnata da Albert … e per depistare eventuali voci sul mio conto volevo invitare anche Archie, il nipote di Albert, ed Annie così sembrerà una riunione fra amici …”
“Terence hai dormito stanotte o sei rimasto sveglio per architettare questo piano diabolico?” disse lei ridendo di gusto. Le sembrava così strano che Terence le chiedesse aiuto per organizzare qualcosa, era la prima volta che la coinvolgeva in qualcosa.
“Karen posso contare su di te?”
“Mio caro Signor Graham ovviamente sì! E permettimi di essere io a fare loro l’invito stasera a cena! Sono sicura che Albert non saprà dirmi di no!”
Terence rise della sua affermazione, sapeva essere piena di sé quando voleva però gli era simpatica, era l’unica tra i suoi colleghi con cui avesse legato e sapeva che  da lei avrebbe sempre ricevuto un parere sincero; a Karen non importava piacere per forza e non si fingeva diversa per essere accettata.
Terminarono la colazione e ciascuno si ritirò nella propria stanza, non avevano impegni per quella giornata e Terence si dedicò alla scrittura. Era così contento di avere ritrovato Candy che avrebbe  voluto suggellare quel nuovo incontro con dei versi; un giorno lei li avrebbe letti e sarebbe stata partecipe del turbinio di emozioni che aveva travolto Terence quando l’aveva rivista, nonostante avesse dovuto fingersi impassibile.
 
Prese il suo prezioso quaderno e la penna, accese il grammofono e cercò di concentrarsi.
 
“Destino beffardo mi hai fatto un dono.
Ho rivisto i suoi occhi verdi ma non brillavano più per me.
Sono solo un minuscolo frammento fra i suoi ricordi senza né spazio né tempo”

 
Mentre scriveva queste poche righe le cancellò con un gesto istintivo.
Sì, era un tiro mancino del destino, ma lui era felice di averla rivista.
Cercò delle parole con cui esprimere la felicità che lo aveva pervaso quando l’aveva rivista, ma non riuscì a scrivere altro se non:
 
“I miei sentimenti non cambieranno mai qualsiasi cosa accada!”
 
Rise di sé stesso. Non riusciva nemmeno a scrivere! Vi era sempre ricorso per esternare la propria infelicità, la propria necessità di lei ma, adesso che lei era nuovamente nella sua vita, e sperò che fosse per sempre, non riusciva a mettere su carta la tempesta che si era abbattuta sul suo cuore …
Trascorse intere ore a cercare di imprimere le sue emozioni sulle candide pagine del suo quaderno ma fu un tentativo inutile: si arrese alla propria incapacità e decise che fosse ora di mangiare; si fece quindi portare il pranzo in camera.
Il pomeriggio gli sembrò interminabile così per passare il tempo si recò nella hall dell’albergo e usufruì del pianoforte di cui disponevano: suonare lo rilassava quasi quanto recitare, era un’altra delle sue grandi passioni, perché lui amava l’arte in tutte le sue forme.
Quando fu ora di recarsi a teatro per la preparazione del trucco  non stava più nella pelle, a breve avrebbe rivisto Candy.
Si ripromise di non guardare la balconata dove lei avrebbe dovuto sedersi, aveva paura di poter perdere quel barlume di equilibrio mentale che gli era rimasto da quando l’aveva incontrata di nuovo e temeva che avrebbe persino dimenticato la sua parte perso negli occhi di lei.
Dopo il solito rituale scaramantico Terence si ritirò nel proprio camerino, spense la luce, si sedette vicino alla finestra e lasciò che la propria mente si svuotasse.
Fu una missione ardua da portare a termine perché la sua mente era piena di lei, se non pensava a lei vedeva i suoi occhi che gli sorridevano gentili, rivedeva il suo sguardo quasi timoroso quando, indossata la sua sciarpa, aveva avuto quel frammento di ricordi.
“Terence devi diventare Lisandro! Per favore svuota la mente e concentrati, tu sei un professionista!”si disse ad alta voce sperando di redarguirsi da solo.
 
Quando giunse il suo turno entrò in scena ed evitò accuratamente ti lasciare vagare il suo sguardo, i suoi occhi l’avrebbero cercata lì su quella balconata dalla quale lui sapeva che lei lo stava guardando.
 
Quella mattina Candy si svegliò di buon umore.
Aveva sognato quella notte e il flash che le aveva attraversato la mente la sera precedente aveva preso una forma ma non ne era ancora completamente sicura.
Ripose la preziosa sciarpa nell’armadio, era tentata di non restituirgliela ma se lui gliela avesse chiesta? Avrebbe fatto davvero una pessima figura …
Fece una doccia rilassante, si massaggiò la testa mentre si lavava la sua cascata di riccioli biondi; sarebbe stata una lunga giornata e lei aveva preso una decisione, voleva verificare se la presenza di Terence potesse essere o meno la causa scatenante del suo primo ricordo.
Decise che quella sera avrebbe indossato un vestito verde che si intonava con i suoi occhi e li faceva risaltare; non era mai stata una fanatica della moda ma ci teneva a non sfigurare.
Quando finalmente fu ora di andare, non stava più nella pelle ma dovette cercare di controllarsi per non dare nell’occhio: Albert ci avrebbe impiegato poco ad intuire che c’era qualcosa che non  tornava e lei non avrebbe retto a troppe domande, finendo irrimediabilmente per rivelare il suo piccolo segreto.
 
Il teatro quella sera le sembrò più bello, non seppe spiegarsi il perché.
Si sentiva entusiasta, eccitata, e non vedeva l’ora di poter parlare nuovamente con Terence, riponeva così tante speranze in quello strano ragazzo, speranze di poter ricordare altro.
Quando spensero le luci lei prese il suo posto e attese impazientemente l’entrata in scena di Lisandro.
Quando finalmente lui entrò in scena con Ermia il suo cuore ebbe un tuffo. Fu felice che il buio le facesse da complice e che nessuno potesse notare il rossore sulle sue guancie.
 
Lisandro/Terence: “ Ahimè, da quanto ho potuto leggere o udire di racconti o storie vissute,il corso di un vero amore non è mai andato liscio:o c’era differenza di nascita …”
Ermia/Karen : “Sventura! Chi è troppo in alto non può legarsi a chi è in basso.”
Lisandro/Terence: “ O c’era differenza di età …”
Ermia/Karen: “Dispetto! Chi è troppo vecchio non può unirsi a chi è giovane.”
Lisandro/Terence: “Oppure dipendeva dalle scelte dei parenti …”
Ermia/Karen: “Inferno! Scegliere l’amore con gli occhi degli altri.”
Lisandro/Terence: “Perfino quando la scelta è concordela guerra, la morte, la malattia assediano l’amore,lo rendono momentaneo come un suono,furtivo come un’ombra, fuggevole come un sogno,breve come un lampo che in una notte nerasveli, ad un tratto, cielo e terra,ma, prima che si possa dire – Guarda!-,le mascelle del buio l’hanno divorato. Così in un istante svanisce ogni cosa che brilla.”***

 
Candy rifletté su quello scambio di battute. Secondo Shakespeare gli innamorati venivano ostacolati nel loro amore sempre e comunque.
Pensò a lei ed Anthony, la morte si era frapposta fra di loro.
E poi c’era Patrick … Cosa provava per quel ragazzo?Aveva intuito che lui provava interesse nei sui confronti ma non si era mai fermata a soppesare cosa provasse lei.
“E Se Shakespeare ci avesse visto giusto e lei avesse scelto l’amore con occhi altrui?” pensò. Patrick tutto sommato le piaceva, riflettendoci, aveva notato sin da subito come sia Albert che Archie avessero caldeggiato la loro nascente amicizia. Che ci fosse qualcosa dietro di cui lei era all’oscuro?
“Ah basta Candy concentrati su quanto accade sul palco! Su!” si disse cercando di riprendere il filo della storia.
Quando lo spettacolo terminò applaudì cosi forte che le mani le dolevano.
Gli  attori uscirono dapprima tutti insieme per raccogliere gli applausi e il saluto del pubblico e per un momento le parve che Terence la guardasse. Sentì i suoi occhi blu fissarsi sui propri e si chiese se fosse solo un’impressione e se la sua mente le stesse giocando un scherzo o, se fosse effettivamente così.
Quando poi ciascun attore calcò il palco singolarmente, conservò l’applauso più entusiasta per Karen e per Terence, il quale fu l’ultimo a salutare il pubblico dal quale venne reclamato diverse volte.
Candy provò una strana sensazione,un misto di orgoglio e forse gelosia, ma perché mai avrebbe dovuto essere gelosa o orgogliosa di un ragazzo appena conosciuto?
“Vieni Candy andiamo nei camerini!” la voce di Annie che la prendeva per mano e la strattonava, la riportò alla realtà.
 
Terence non poté evitare di guardare Candy quando uscì per raccogliere gli applausi; fu felice di notare che applaudiva senza sosta e che addirittura si era alzata in piedi.
Fissò gli occhi su quelli di lei sperando che lei se ne accorgesse: non vedeva l’ora di poter correre via, salutare gli amici e poi rifugiarsi nel ristorante dove Karen aveva riservato un tavolo per loro per poter passare del tempo con la sua Signorina Tutte Lentiggini.
Raggiunse velocemente il suo camerino. Aveva lasciato detto a chi di guardia di lasciare passare il Sig. Andrew e le sue nipoti, per cui quando sentì bussare alla sua porta fu certo che fossero loro.
“Avanti, entrate pure!” disse sorridendo. Il cuore nel petto batteva a mille, si concentrò sullo specchio e finse di essere intento a struccarsi per non dare a vedere l’emozione che lo stava divorando.
“Disturbiamo?” chiese Albert entrando e notando che Terence era indaffarato a togliersi il trucco.
“Oh no vi prego non fate caso a me, iniziava a darmi fastidio, vi chiedo scusa, ma questa sera non sopportavo più il cerone sulla pelle.”
“Oh no figurati amico, di che dovremmo scusarti, siamo noi ad invadere il tuo spazio.”
“Beh almeno fammi salutare le due belle signorine che ti accompagnano!” disse Terence avvicinandosi prima ad Annie e poi a Candy per sfiorare le loro mani con un delicato bacio.
Sapeva essere sempre così gentile e dai modi eleganti.
“Buonasera Annie. Buonasera Candice.” salutò le due ragazze e poi aggiunse “Spero che abbiate gradito lo spettacolo, Candice ti ringrazio per la standing ovation.” Le disse lui sfacciatamente. Si era sempre divertito a stuzzicarla e provocarla e quando vide le sua reazione seppe che aveva fatto centro.
Candy lo guardò e sentì nuovamente un tuffo al cuore, non si era sbagliata, lui l’aveva cercata tra la folla.
“ Ve lo siete meritato Terence!” rispose lei arrossendo e cercando di sembrare distaccata mentre il suo cuore batteva talmente forte da rimbombarle nei timpani e coprire il suono della sua stessa voce.
“E’ vero Terence siete stati magnifici!” aggiunse Annie.
“Siete troppo gentili ma sono davvero felice che abbiate gradito.”
“Terence siete stati molto bravi, anzi vorrei avere il piacere di congratularmi …”
“Con Karen? Immagino che i fiori siano per lei?”
“Eh ... sì …” rispose Albert imbarazzato.
“Beh il suo camerino è giusto tre porte dopo il mio, sullo stesso lato.”
“Se non vi dispiace?”
“Ah no Albert, ti aspettiamo nella hall cosi lasciamo il tempo a Terence di prepararsi!” disse Annie.
“Ok a fra poco allora! Terence ci vediamo al ristorante!”
“A dopo Albert!” lo salutò l’amico.
Annie seguì Albert fuori dalla porta, lasciando Candy nel camerino di Terence.
“Candice …” iniziò lui bloccandola sull’uscio “ Grazie ancora!”.
Lei lo fissò e per qualche istante si perse in quegli occhi profondi come il mare, poi lo salutò e raggiunse Annie ed insieme attesero il ritorno di Albert che non si fece attendere molto.
 
Karen si stava struccando nel suo camerino quando sentì bussare alla porta. Sperò di vedere William Albert Andrew entrare da quella porta ma non volle illudersi, erano passati almeno dieci minuti dalla fine dello spettacolo.
“Chi è?” chiese lei con tono scocciato, Albert titubò prima di risponderle.
“Albert … William Andrew …” non sapeva nemmeno lui come palesarsi.
“Albert vieni pure, anche se erm … il mio viso non è propriamente in uno stato presentabile” disse lei indecisa, non voleva farsi vedere così ma non lo voleva fare certo aspettare fuori e poi stava solo finendo di sistemarsi.
“ Karen!” disse lui facendole il baciamano e porgendole uno stupendo mazzo di rose profumate.
“Oh ti ringrazio Albert sono stupende.” disse lei inspirando il profumo emanato dai fiori.
“Sei stata bravissima stasera, perdonami l’impudenza ma ho voluto venire a complimentarmi con te di persona e in privato.” disse lui arrossendo; nonostante fosse un importante uomo d’affari non aveva perso la spontaneità che lo aveva sempre contraddistinto.
“Mi fa molto piacere che tu abbia avuto questo pensiero gentile Albert.”
“ Avevo paura di essere troppo invadente, avrei potuto aspettare di essere al ristorante per esternarti i miei complimenti.”
“No davvero mi ha fatto molto piacere, sono davvero contenta che tu sia passato”
“Ora però forse è meglio che ti lasci il tempo di prepararti. Quale ristorante hai prenotato?”
“Ah il Delmonico'ssulla 2 South William Street”
“Ah bene!”
“Lo conosci?”
“Ci vado spesso, è molto bello, ottima scelta”
“Ah bene, sai io ci sono stata solo un paio di volte ma mi è piaciuto molto”
“Bene. Allora ci vediamo lì?”
“Sì, io verrò con Terence, non dovremmo attardarci molto, mi spiace che dobbiate aspettare.”
“A,  le donne si fanno sempre attendere.” disse Albert scherzando.
“Bene Karen ora è meglio che vada. A dopo” la salutò lui. Non si aspettava certo il gesto improvviso di lei che si alzò sulla punta dei piedi e poggiò le labbra sulla guancia del giovane in un casto bacio anticipatore.
“A dopo Albert.” lo salutò a sua volta guardandolo fisso negli occhi.
Lui lasciò il camerino con il cuore in gola, era tanto tempo che non provava una tale emozione, questa ragazza gli piaceva molto e sapeva stupirlo; era così anticonvenzionale e in questo gli ricordava molto la sua Candy.
Karen rimase da sola con i suoi pensieri. Si lavò velocemente,indossò  un velo di trucco, un vestito elegante e fu pronta; doveva solo risistemarsi i capelli. Ripensò al suo gesto, forse si era spinta un po’ oltre ma Albert non le era parso per niente infastidito, solo sorpreso dalla sua audacia.
“Beh non ho molto da perdere, domani partiamo.” si disse Karen guardandosi allo specchio.
Una volta pronta raggiunse Terence e bussò alla porta del suo camerino.
“Terence sono io, sei pronto?”
“Entra pure Karen, devo solo indossare il soprabito” disse lui mentre se lo infilava.
“Terence com’è possibile che io donna attenda te uomo?” disse lei entrando nella stanza e rimanendo a bocca aperta, Terence era sempre stato un bellissimo ragazzo e con quella camicia blu che si intonava perfettamente ai suoi occhi, era bello da mozzare il fiato.
“Ho finito eccomi! Come mai questa impazienza?” chiese lui stuzzicandola.
“Non sono impaziente!” disse lei cercando di nascondere come si sentiva.
“Se lo dici tu!”
 “Beh allora andiamo caro il mio Signor Graham?”
“Dopo di lei Madam.” disse aprendole la porta.
In breve raggiunsero l’auto e lui le aprì la portiera, la fece accomodare e si mise al posto di guida. Non ci impiegarono molto a raggiungere il ristorante.
Terence fremeva al pensiero del momento in cui avrebbe incontrato nuovamente i bellissimi occhi verdi di Candy, l’esatto istante in cui avrebbe dovuto ricominciare a recitare.
Non gli piaceva mentirle ma non aveva scelta.
“Allora siamo d’accordo, li inviterò all’ultimo spettacolo di New York, ok?”
“Assolutamente!” rispose lui mentre varcavano la soglia del locale.
 
 
Nel frattempo Albert, Candy e Annie erano giunti al ristorante da quasi un’ora.
Si erano accomodati al bar, avevano bevuto un drink, Candy rigorosamente analcolico visto la sua fama con le bollicine, e avevano chiacchierato dello spettacolo scambiandosi opinioni.
La tensione cresceva, Albert attendeva Karen impaziente, Candy non vedeva l’ora di poter effettuare il suo test di verifica … 
 
Quando Karen e Terence entrarono, Candy li notò subito. Era da oltre  un’ora che fissava con la coda dell’occhio la porta e quando vide il bel giovane avvicinarsi sorridente provò una strana fitta al cuore e non riuscì a non rispondere al suo disarmante sorriso.
“ Buonasera e perdonateci per l’attesa prolungata.” disse Terence con un lieve inchino.
“ Ciao Terence, ben ritrovata Karen.” li salutò Albert.
“Terence, Karen.” li salutarono Annie e Candy, la quale si tenne ad una certa distanza; si sentiva strana,era stata nuovamente assalita da quella bizzarra sensazione di pace mista ed eccitazione che aveva provato anche la sera prima.
 
Un cameriere li accompagnò al tavolo che era stato riservato per loro in un angolo abbastanza appartato del ristorante, sarebbero stati relativamente al riparo da sguardi indiscreti.
Annie e Candy attesero che Terence ed Albert prendessero posto.
Karen si sedette per prima, aiutata da Albert che si assicurò un posto accanto all’attrice.
Annie fece per sedersi vicino ad Albert costringendo Candy ad accomodarsi vicino a Terence, il quale molto gentilmente l’aiutò.
“Champagne?” chiese Terence che voleva brindare “Per brindare ai nuovi amici e agli amici ritrovati!” aggiunse.
“Certo buona idea” lo appoggiò Karen.
“Ah perché no!” si aggregò Albert.
Candy guardò quel liquido frizzantino che le riempiva il bicchiere, chiedendosi se le avrebbe fatto poi così male berne un sorso.
“Beh su i calici!” disse Terence tirando su il suo bicchiere e aggiunse “ Agli amici, vecchi e nuovi!”.
Detto ciò avvicinò il bicchiere a quello di Albert, Annie, Karen e quando fu il turno di Candy notò che lo aveva lasciato sul tavolo.
“Non ti piacciono le bollicine?”
“Ah no è solo che mi hanno detto che non le reggo bene.”
“ Anche il mio grande amore non regge le bollicine, è stato proprio grazie ad un bicchiere di champagne di troppo che ci siamo conosciuti.” disse sull’onda dei propri ricordi.
“Anche la tua compagna non reggeva l’alcool?” chiese lei ingenuamente. Non poteva certo immaginare che Terence invece stesse parlando proprio di lei.
Lui la fulminò con lo sguardo; lei se ne accorse e si dispiacque, sembrava riuscire a commettere un’infinità di gaffe in presenza del giovane attore il cuore le si strinse, non voleva certo indisporlo né riaprire vecchie ferite.
Albert, Annie e Karen osservarono la scena in silenzio, a nessuno parve opportuno intromettersi.
 
 Era così furente, come poteva Candy pensare che lui avesse amato Susanna? Certo non ricordava ma dannazione, anche ieri aveva cercato di farle capire diverse volte che non era Susanna il suo grande amore! Gli costava, e non poco, esternare i propri sentimenti, ma aveva lasciato che la speranza di risvegliare in lei qualche ricordo, vincesse la propria riservatezza. Anche per tale motivo era rimasto deluso dalle osservazioni fuori luogo di Candy.
Infastidito la fulminò con lo sguardo, non senza pentirsene un attimo dopo; si alzò poi  e si avviò al pianoforte. Guidato dall’impeto del momento si ritrovò a digitare freneticamente sui lunghi tasti bianchi, senza realizzare che cosa stesse suonando, fu solo dopo qualche minuto, quando la vide avvicinarsi quasi in trance, che si rese conto di quale fosse la melodia.
Candy si sentì rapita fin da quelle prime note a lei sconosciute, si fece guidare dal suo cuore che la portò ad alzarsi e ad avvicinarsi a Terence.
“Narcisi!” gli disse mentre lui suonava.
Lui si fermò, la guardò e disse “Narcisi?”
“Sì, erano narcisi ciò che ho visto ieri sera … “
Aveva ricordato i  narcisi! I fiori che erano a lui tanto cari, i fiori che stava ammirando e nel cui profumo era immerso quando lei gli era caduta addosso tanti anni prima.
Si sentì felice, emozionato, euforico, realizzò in un solo istante che toccando le giuste corde forse lei avrebbe ricordato.
Dovette fare appello alle sue capacità artistiche e fingersi impassibile quando le rivolse nuovamente la parola.
“E ti ricordano qualcosa in particolare?”
“Sinceramente no … ma ricordo il loro profumo e il loro colore e ricordo anche una bella sensazione legata a quei fiori, forse sono legati  a qualcosa di speciale?!” suggerì lei.
“ Sembra che finalmente tu abbia avuto un primo ricordo?” azzardò lui.
“Un po’ vago ma direi di sì … non sai come sono contenta … non capisco però …” si bloccò.
“Non capisci? Cosa?”
“Non capisco perché … ecco perché … no nulla scusami …”
“Sei sicura? Puoi dirmi quello che pensi. Ti ho promesso che non dirò niente ad Albert e a nessun altro, fidati” cercò di incoraggiarla lui.
“Hey avete intenzione di tornare fra noi cosi possiamo ordinare?” chiese Karen che si era alzata e si stava avvicinando al pianoforte, non poteva sapere che avrebbe interferito con un discorso importante.
Terence le lanciò un’occhiataccia. Karen capì di avere interrotto qualcosa ma stava morendo di fame e pensò che l’amico poteva riprendere il discorso in un altro momento. A volte sapeva essere davvero egoista!.
Terence lasciò il pianoforte. Candy lo precedette e lui l’accompagnò gentilmente al suo posto appoggiandole delicatamente una mano dietro la schiena. Sentiva il bisogno di creare un qualche contatto fisico con lei e questo escamotage non lo avrebbe fatto sembrare sfacciato e sarebbe stata comunque una scusa per sfiorarla.
Lei al suo leggero tocco fu pervasa da brividi che le percorsero la spina dorsale. Il contatto con lui era così piacevole che riusciva a risvegliare in lei delle belle sensazioni. Le sembrava  tutto così strano e così tremendamente gradevole, eppure non riusciva a capire perché mai dovesse sentirsi così in presenza di quel ragazzo.
 Era dispiaciuta che Karen li avesse interrotti, forse le avrebbe fatto bene svelare i suoi dubbi a Terence ma allo stesso tempo l’intervento della ragazza l’aveva salvata perché non avrebbe saputo da dove cominciare a raccontargli di quelle sue inspiegabili sensazioni.
 
Durante la cena chiacchierarono del più e del meno, Karen raccontò loro delle prossime tappe, che sarebbero stati in giro ancora per un mese e che l’ultima tappa sarebbe stata New York; lì avrebbero fatto due serate, l’ultima delle quali seguita da un party.
“Sarebbe proprio bello se voi poteste venire a vederci! Poi io non ho ancora qualcuno che mi accompagni!” disse Karen guardando Albert speranzosa; aveva sfoderato le sue armi e dallo sguardo che le rivolse Albert capì subito che era andata a segno.
Terence la guardava stupito. Certo,era una brava attrice ma mai come quella sera aveva dato il meglio di sé e, da come la guardava Albert, si accorse subito che aveva fatto centro; gli veniva quasi da ridere: aveva fatto proprio bene ad affidarsi a lei.
Albert non seppe resistere a quegli occhi sbarazzini e alla sfacciataggine di Karen e rispose senza quasi pensare.
“Perché no! Non posso promettertelo Karen ma posso vedere se sia fattibile, dovrei verificare i miei impegni di lavoro. E voi che ne dite?” domandò Albert ad Annie e Candy.
“Oh, magari, a me piacerebbe molto tornare a New York, magari potrei fare shopping sulla 5th Avenue!! Ma Archie …”
“Beh, credo che l’invito valga anche per Archie, no?”
“Ah certamente!” rispose Karen.
Candy non disse nulla, era molto contenta per questa nuova occasione, era davvero grata a Karen per questa grandiosa idea, per lei era importante poter rivedere Terence, aveva avuto la conferma che la presenza di quel ragazzo la aiutava, pur se non consapevolmente, a ricordare.
“E tu cosa ne pensi?” le chiese Terence curioso.
“Erm … da quando … “ tentennò prima di proseguire “ da quando ho avuto l’incidente Albert non mi lascia andare da nessuna parte se non sono scortata e guardata a vista …”
“Oh Candy non dire così su!” disse Albert.
 “Comunque sia, mi farebbe davvero piacere poter venire a New York. Ho sentito dire che è una bellissima città e sono certa che ci divertiremo! E poi sarei contenta di poter rivedere lo spettacolo!” concluse lei felice.
Terence la guardava sorridente, pendeva dalle sue labbra; sperava che lei accettasse e, quando lo fece, il suo cuore cominciò battere all’impazzata.
“Bene allora vi aspettiamo a New York Candice!” disse Karen soddisfatta della propria riuscita.
“ Sarà mia premura riservarvi i posti migliori amici miei!” disse Terence felice e aggiunse” e se me lo permetterai Candice sarò lieto di farti da Cicerone!”
“ Ti ringrazio per l’offerta.” rispose lei restando vaga, non poteva certo confessargli che non vedeva l’ora di poter passare nuovamente del tempo con lui.
 
La serata volgeva inesorabilmente al termine, a breve si sarebbero separati e sarebbe passato almeno un mese prima di poterla rivedere.
Voleva chiederle se le poteva scrivere o se la poteva chiamare, ma non gli sembrava opportuno, del resto si “conoscevano” da così poco tempo e lui era rimasto vedovo da poco , per cui sarebbe stato davvero inopportuno.
 
Terence pagò il conto, insistette affinché potesse essere lui ad offrire la cena, poi uscirono dal ristorante.
“E’ stata davvero una bella cena, peccato per la lontananza, altrimenti sarebbe stato piacevole poter replicare.” disse Albert.
“Già hai ragione!” disse Annie che si era divertita molto; sia Karen che Terence erano una compagnia piacevole e non le era certo passato inosservato l’effetto che la presenza di Terence aveva su Candy.
“ Se vi riaccompagnassi a casa?” chiese Terence ad Annie e Candy facendo loro l’occhiolino, entrambe capirono che voleva lasciare Albert e Karen da soli, in effetti glielo doveva, Karen era stata strepitosa poco prima.
“Oh perché no, potresti fermarti a bere un tè da noi no?” disse Annie.
“Io ho una cosa da restituirti!” disse Candy alludendo alla sciarpa.
“Albert, Karen buona notte! E grazie ancora per la compagnia!” disse Terence con un inchino.
“Karen sarà un piacere rivederti a New York, mi accompagnerai a fare shopping vero?!” le disse Annie.
“Contaci pure! E anche tu Candice!”
“Certamente, grazie Karen e buon viaggio per domani!”.
Una volta salutata la nuova amica, lasciarono Karen ed Albert da soli e si avviarono all’auto.
“Hai avuto proprio una buona idea.” disse Annie a Terence.
“Per fortuna casa non dista molto dal ristorante” pensò Annie. Avrebbe fatto da terzo incomodo ancora per poco perché aveva già programmato che avrebbe finto un leggero mal di testa per lasciarli da soli.
“Ti ringrazio Annie, sono contento che mi abbiate retto il gioco, Albert non mi sembra particolarmente avvezzo al corteggiamento!” disse ridendo e causando l’ilarità delle due ragazze.
“Effettivamente, se non fosse stato per la sfacciataggine di Karen, che per altro apprezzo molto, non credo che Albert avrebbe mosso il primo passo!” disse Candice ridacchiando.
“E’ tanto tempo che non frequenta una donna.” disse Annie un po’ triste “ Lui si preoccupa sempre per la famiglia e così non ha mai tempo da dedicare a sé stesso.”
“Ah da come la guardava stasera sono sicuro che troverà il tempo per Karen, vedrete!” disse Terence cercando di rassicurarle. Non gli piaceva parlare degli affari altrui ma era un argomento che gli consentiva sia di rompere il ghiaccio che di rimanere su di un terreno relativamente neutrale.
 
Arrivati  a casa Annie con la scusa del mal di testa  lasciò Terence e Candice da soli,quella sera Terence aveva diverse persone da ringraziare.
 
“Vuoi ancora offrirmi quel tè?” chiese lui.
“Oh certo, se hai pazienza vado a prepararlo, i domestici a quest’ora dormono.”
“Ma non voglio arrecarti disturbo …”
“Per una tazza di tè?!”
“Beh allora lascia che venga con te in cucina!” propose lui.
Lei gli fece strada, mise dell’acqua nel bollitore, preparò l’infuso e in pochi minuti versò il tè nelle tazze.
“Vorresti dei biscotti o della torta? Chiese lei rompendo quel silenzio religioso in cui era immersa la casa.
“Oh no grazie, va bene così” disse lui prendendo il vassoio con le due tazze.
“Andiamo in salotto? Ti faccio strada vieni!” disse lei.
Lui la seguì, era stata davvero una giornata fortunata e piena di sorprese.
Entrarono nel bel salotto, lui poggiò il vassoio sul tavolino innanzi al divano.
“Accomodati pure.”
Lui prese posto di fronte a Candy. Da quella posizione non solo aveva la migliore visuale ma poteva anche guardarla direttamente in faccia; le sarebbe stato molto difficile nascondergli eventuali reazioni.
 
“Potrei chiederti cosa stavi per dirmi prima al pianoforte?” andò dritto al dunque, aveva poco tempo e non voleva sprecarlo.
“ La melodia che stavi suonando … non mi pare sia conosciuta … eppure mi pare di averla riconosciuta … “
“E’ una mia improvvisazione che risale ad un’estate di tanti anni fa. La composi pensando alla ragazza che amo.”
“Mi stai dicendo quindi che è impossibile che io l’abbia già sentita?” chiese lei delusa, eppure le pareva di conoscerla.
“Vorrei poterti essere d’aiuto … mi spiace davvero.” riprese poi lui.
“Oh no, non ti preoccupare, non è certo colpa tua.” cercò di rassicurarlo lei. Non le era affatto  sfuggito quell’uso del verbo al presente.
Non poté non chiedersi chi fosse la fortunata e provò nuovamente un pizzico di gelosia che non seppe spiegarsi.
 
Notò la tristezza che velava gli occhi di lui e le si strinse il cuore a vederlo così. Le sembrava che soffrisse con lei, che la capisse ma, com’era possibile una tale sintonia con una persona appena conosciuta?
“Ho l’impressione di conoscerti da sempre.” disse lei cercando di spiegargli come si sentiva a suo agio vicino a lui. Si stupì delle proprie parole ma del resto le era risultato così naturale confidarsi con lui.
“ Lo so.” le rispose lui guardandola fissa in quei due verdi smeraldi che scintillavano.
Nonostante le parole di Terence non gliene avessero dato conferma, gli occhi di lui avevano comunicato direttamente con la sua anima e , aveva avuto l’impressione che anche lui condividesse quella strana sensazione.
“Mi aspetteresti un momento, devo recuperare una cosa che ti appartiene!” disse lei alzandosi, nel tentativo di stemperare l’imbarazzo che si era creato.
Lui la fermò trattenendola per un braccio, la attirò vicino a sé e la fece sedere sul divano.
La distanza fra di loro era minima, lei poteva percepire il dolce profumo di lui, e venne nuovamente assalita da quella sensazione di appartenenza; non si sentiva minacciata da quella vicinanza con lui ma al contrario si sentiva tranquilla e al sicuro.
Terence aveva agito sull’impeto del momento, gli era sembrato così giusto impedirle di allontanarsi da sé, non voleva sprecare nemmeno un secondo di quel prezioso tempo di cui gli era stato fatto dono.
“Ti prego, se ti fa piacere, tienila tu la sciarpa … se ti ha aiutato a ricordare, spero che possa essere un porta fortuna sulla strada dei tuoi ricordi.” Furono le parole di lui che aveva intuito che lei gliela volesse restituire.
Lei cercò di nascondergli le lacrime che avevano cominciato a rigarle il volto ma lui avvicinò una mano al suo viso e le asciugò quelle calde e salate gocce di rugiada, in un gesto tanto naturale quando delicato. Il tocco della mano di lui sul volto di lei fece rabbrividire entrambi, l’elettricità che riempiva l’aria era palpabile.
“Ti prego non piangere, perdonami, non era mia intenzione … “
“Non è colpa tua …” iniziò lei “ sono io a non ricordare. Sai, a volte ho paura che non ricorderò mai.”
“Candice io credo fermamente che sia la tua mente a non ricordare, forse c’è qualcosa che non ti permette di farlo,ma quando riuscirai a valicare il blocco che si è instaurato fra mente e cuore vedrai che ricorderai. I ricordi del cuore saranno più forti della razionalità e delle remore della tua mente.” Cercò di rassicurarla lui.
Lei con un gesto spontaneo cercò con lo sguardo il pianoforte, collocato in un angolo di quella stanza, lui seguì il suo sguardo ed intuì che probabilmente voleva risentire la melodia di Tarzan Tutte Lentiggini. Eh sì era quello il titolo originale e lei la ricordava perché gliela aveva sentita suonare tanti anni fa in Scozia, durante un solitario pomeriggio. Lui stava suonando nel suo castello, stava dando libero sfogo ai suoi sentimenti mettendoli in note, l’aveva scorta mentre lo osservava attraverso la finestra aperta, ma aveva finto di non accorgersi della sua presenza, per non metterla in imbarazzo mentre lo guardava rapita. Certo lei non sapeva che lui l’avesse scoperta anni addietro, e non sapeva di essersi rimpossessata di un altro seppur infinitesimo frammento di memoria.
Terence si alzò, la prese per mano e fece si che lo seguisse fino al pianoforte. Si accomodò e la fece sedere accanto a sé.
“Vuoi che suoni ancora per te?” le chiese sorridendole gentilmente; stava cercando di concentrarsi sul piano e sulle note per distogliere il pensiero dalla vicinanza ravvicinata di lei e dall’emozione che gli aveva causato il prenderla per mano, emozione che probabilmente aveva sentito anche lei visto il modo in cui aveva reagito e in cui lo aveva guardato arrossendo, con una luce negli occhi che sembrava volergli concedere una speranza.
Lei si limitò ad annuire.
Quando le note di quella sconosciuta melodia riempirono l’aria nuovamente lei si sentì felice, come catapultata in un altro luogo, in un altro tempo; si sentì spensierata, libera, allegra … che avesse ragione Terence e il suo cuore ricordasse sensazioni e sentimenti?
Senza riuscire a spiegarsene il perché, appoggiò la sua testa alla spalla del ragazzo ed il gesto fece sì che le dita dell’attore tentennassero per qualche istante sui tasti.
Candy ne sorrise consapevole, e lui si sentì sciocco perché solitamente era più che capace di tenere sotto controllo le proprie emozioni anche se  con  lei era diverso. Questo gesto spontaneo e inaspettato lo aveva colto di sorpresa.
Sentì il sangue pulsare nelle vene così velocemente che ebbe paura che stessero per esplodergli.
“Vuoi suonare con me?” chiese lui per coinvolgerla, ricordava che non era bravissima ma non sapeva se col passare degli anni avesse imparato.
“Vuoi scherzare? Perché mai dovrei rovinare questa bella melodia, sono incapace!”
“Oh Candice non dire così! Sono sicuro che con un po’ di impegno si possa migliorare … fidati di me … e vorrei che ti fidassi anche per quanto riguarda il discorso dei tuoi ricordi …” disse suonando le ultime note e cercando di riprendere il discorso lasciato in sospeso a cena.
“ Ti riferisci a qualcosa in particolare?” chiese lei non capendo a cosa lui si riferisse.
“ Beh prima siamo stati interrotti …”
“ Ah … stavo solo per dirti ciò che ti ho detto poco fa.“ gli spiegò lei imbarazzata. Poi gli ripeté quanto ammesso in precedenza “mi sembra di conoscerti da sempre” abbassò lo sguardo sulle mani che aveva appoggiato in grembo e che stava nervosamente intrecciando.
“ Avevi timore di dirmelo?”
“Non volevo sembrarti sciocca, non posso fare a meno di chiedermi perché mi senta così in tua presenza.”
“Credi nelle anime affine?” le domandò lui chiamandola per la prima volta con il suo diminutivo e sperando che non si arrabbiasse.
Lei gli sorrise, le faceva piacere che lui l’avesse chiamata così, in qualche modo accorciava le distanze fra di loro ma la frase che aveva pronunciato l’aveva spiazzata
“Possibile che piaccia a questo ragazzo?” pensò lei divertita e lusingata da una tale possibilità, non avrebbe mai e poi mai pensato di poter attirare l’attenzione di una persona come Terence.
“ Io ci credo.” rincarò la dose lui.
“Chissà!” rispose lei lasciando aperte tutte le porte.
La risposta di lei lo spiazzò: proprio in quel momento decise che, se anche lei non avesse mai e poi mai ricordato di loro due,  lui avrebbe fatto di tutto per riconquistarla. L’amava come allora, solo di un amore più maturo, più profondo, più adulto e la desiderava con lo stesso impeto e la stessa passione di tanti anni fa.
Sentirono il rumore di un’auto che parcheggiava in giardino, doveva essere Albert di ritorno.
“Forse ora è meglio che vada Candice.”
“Ti accompagno allora” gli disse scortandolo all’uscita.
Gli porse il cappotto, lui l’indossò e poi la guardò per qualche istante in silenzio come per fissare la sua bellissima immagine nella memoria.
Proprio in quell’istante Albert entrò in casa interrompendo la magia del momento.
“Ah Terence sei ancora qui?”
“Stavo giusto per andare.”
“Beh amico buon viaggio, mi raccomando chiamami!”
“Lo farò Albert.” gli rispose Terence ricambiando l’abbraccio in cui lo aveva intrappolato l’amico.
Albert se ne andò lasciandoli nuovamente soli; era davvero di ottimo umore quella sera, la compagnia di Karen era riuscita a farlo sentire bene come non succedeva da ormai troppo tempo.
Candice sorrise e Terence non riuscì a reprimere una risata soffocata.
“ Credo proprio che qualcuno si sia innamorato!” disse Candy scherzando e alludendo ad Albert.
“Io sono certo che qui qualcuno sia innamorato.” le rispose lui intenzionalmente.
Candice si accorse dell’ambiguità di quella frase ma volle convincersi che Terence l’avesse proferita causalmente in quel modo.
“Mi prometti che ti eserciterai col piano? Mi piacerebbe provare a suonare qualcosa con te semmai avrò la fortuna di rivederti.” disse lui senza nasconderle il piacere che avrebbe provato nel poterla riabbracciare. Aveva deciso di rischiare e di sbilanciarsi leggermente per testare la reazione di lei.
“Ci proverò ma non posso prometterti nulla riguardo al risultato.” disse lei sorridendo.
Era contenta che lui volesse rivederla anche se in quel momento era forte il dispiacere per la partenza del “ragazzo dei ricordi”; sarebbe sprofondata nuovamente nell’oblio e nella nebbia del proprio non ricordare e con Terence sarebbe sparita anche quella sensazione di pace che aveva ritrovato.
Cercò di non fare trasparire la tristezza che provava, non sapeva che Terence riusciva a cogliere la più piccola sfumatura di cui i suoi occhi si potevano colorare.
“ Candice, non essere triste! Vedrai che ricorderai, tu non arrenderti!” disse lui lasciandola senza parole, non credeva che  lui potesse intuire i suoi pensieri.
Lui si avvicinò per salutarla. Lei si aspettava l’ennesimo baciamano ma lui invece decise di essere più sfrontato e le poggiò delicatamente le sue labbra sulla guancia.
“Prenditi cura di te, ti aspetto a New York.” La salutò mentre usciva da Villa Andrew sorridendole.
“ Buon viaggio e buona continuazione del tour Terence.” rispose lei ancora stordita dal contatto delle labbra di lui con la sua pelle, le sembrava di sentire la guancia bruciare.
Lo guardò allontanarsi, la mano appoggiata sulla guancia, proprio dove lui l’aveva baciata.
Forse avrebbe dovuto irritarsi ma non ci era riuscita. Si era lasciata guidare dalle sensazioni e dagli impulsi del suo cuore e, non dalla sua testa e, il suo cuore le aveva imposto di non arrabbiarsi e di accettare quel gesto.
Lui si allontanò col cuore pesante, un macigno lo opprimeva, probabilmente non l’avrebbe rivista per molto tempo, magari non sarebbe nemmeno andata a New York, e comunque durante tutto quel tempo sarebbe potuto succedere di tutto con quel Patrick.
Per quanto ne sapesse lui la loro relazione sarebbe potuta passata allo stadio successivo e magari avrebbero anche potuto fidanzarsi.
Decise che fosse meglio non pensarci del resto era inutile arrovellarsi visto che non poteva farci nulla.
Si voltò a guardarla un’ultima volta poi mise in moto la vettura e se ne andò.


*** Shakespeare Sogno di una notte di Mezzestate

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Capitolo 5
*** Quando il blu si fonde col verde ***


Capitolo III
 
Quando il blu si fonde col verde
 
- colonna sonora Mi sei scoppiato dentro il cuore di Mina

 
 
“A un passo dal possibile
A un passo da te
Paura di decidere
Paura di me
Di tutto quello che non so
Di tutto quello che non ho
Eppure sentire
Nei fiori tra l’asfalto
Nei cieli di cobalto – c’è
Eppure sentire
Nei sogni in fondo a un pianto
Nei giorni di silenzio – c’è
un senso di te”
“Eppure sentire, Elisa”

 
Annie guardò Albert preoccupata, non capiva come lui potesse sentirsi talmente sicuro da giocare d’azzardo con la fortuna quella sera.
Albert bussò alla porta del camerino, la voce di Terence li invitò ad entrare.
Quando il giovane vide la chioma bionda e riccioluta di Candy si dovette sedere perché non aveva nemmeno lontanamente immaginato di ritrovarsela dinnanzi.
Aveva tagliato i suoi bei capelli! I lunghi riccioli ribelli le ricadevano appena sotto le spalle.
Erano anni che sperava di rivederla, ma da quando aveva messo piede a Chicago, forse inconsciamente, aveva evitato in tutti i modi di poterla incontrare.
Non voleva che avvenisse casualmente. Voleva arrivare preparato, voleva sapere cosa dirle, invece si era trovato catapultato in una situazione che sfuggiva al suo controllo, e la cosa lo rendeva nervoso.
Dovette sfoderare le sue doti di attore per controllarsi e non apparire sopraffatto dalle emozioni che lo avevano travolto.
“Terence ti ricorderai di Annie.” disse Albert e poi continuò, rimarcando le ultime parole “ Ti presento mia nipote Candice che non hai ancora avuto il piacere di conoscere!”
Terence lo guardò attonito ma poi si ricordò della richiesta dell’amico di tenergli il gioco.
“Come gli è venuta in mente una cosa del genere? Che sia ammattito? E perché Candy non si ricorda di me?” pensò l’attore fra sé e sé.
Salutò Annie, raccolse tutte le proprie energie e, da gentiluomo, salutò con un galante baciamano Candice.
“Piacere di conoscerla Signorina Andrew.”
“Piacere mio Signor Graham.” rispose Candy.
Quando incontrò gli occhi profondi di quel ragazzo Candice sussultò, quando poi con le labbra lui le sfiorò la mano delicatamente ebbe un tuffo al cuore.
Si sentì strana e a disagio, non capiva perché il suo corpo e il suo cuore stessero reagendo in quel modo bizzarro.
Non si poteva negare che fosse un bel ragazzo, affascinante, due bellissimi occhi blu e una voce vellutata, ma non era certo la prima volta che si imbatteva in un giovane aitante.
 
Terence cercò di tenere a bada i propri sentimenti, il modo cui lei lo stava guardando gli pareva così inverosimile.
Ciò che aveva tanto temuto si era infine materializzato: lo sguardo di lei era spento mentre lo guardava, non c’era la minima traccia della scintilla che aveva visto anni fa, quando lei lo ricambiava.
Cercò di non fissarla ma con la coda dell’occhio osservò il suo volto e i cambiamenti che il suo corpo di giovane donna aveva subito negli anni in cui non si erano visti.
Era sempre bellissima! Quegli stupendi smeraldi e le lentiggini, quelle stesse lentiggini che lo avevano fatto innamorare anni addietro!
La situazione in cui si ritrovò catapultato suo malgrado, gli sembrò quasi una farsa.
Voleva capire cosa fosse accaduto, così invitò i suoi ospiti ad accompagnarlo alla festa che si sarebbe tenuta in onore della compagnia Stratford in uno degli hotel della città,  in tale modo avrebbe forse avuto modo di approfondire la questione.
“Albert vi do l’invito ufficiale, ci vediamo lì.
Ti spiace se ti sottraggo Annie? Sono anni che non ci vediamo e avrei piacere di poter ricordare i bei vecchi tempi.” mentì poi, evidente il suo desiderio di sapere, di capire.
“Se per Annie non è un problema …”
“Certo che no Albert!” rispose la ragazza che, nonostante avesse ancora timore di quel giovane scontroso e irriverente, avendo intuito il perché di tale richiesta, non seppe rifiutare.
Non erano mai stati grandi amici ma era ovvio che avesse delle domande da porle. Così si fece coraggio e affrontò quegli occhi dilaniati dal dolore.
Quando Albert e Candy lasciarono il camerino di Terence, il ragazzo crollò nuovamente sulla sedia, pallido in volto, riuscendo a trattenere a stento le lacrime, le gambe che gli tremavano.
Guardò Candy uscire dalla stanza e si sentì quasi sollevato. Non avrebbe potuto reggere ancora a lungo quella situazione inverosimile.
 
“Si può sapere cos’è successo?” chiese ad Annie con una certa aggressività. Non voleva spaventarla, ma l’ondata di emozioni che lo aveva travolto lo aveva reso vulnerabile, e quando si sentiva indifeso tendeva a reagire sopra le righe.
“Terence calmati per favore, mi spaventi!”
“Scusami Annie, non volevo! Ma cerca di capire, finalmente ho l’opportunità di rivedere Candy e lei mi guarda come se non ci fossimo mai visti prima!”
“ Ti chiedo di essere paziente! Cercherò di  rispondere alle tue domande anche se devo avvertirti che  solo Albert conosce la situazione nei minimi dettagli e credo che solo lui potrà ragguagliarti a dovere.”
“Ti ringrazio.” le rispose alzandosi e versandosi un bicchiere d’acqua. Ne offrì uno ad Annie che accettò educatamente.
“Poco più di un anno fa, mentre usciva dal turno in ospedale, Candy è stata travolta da un’auto …” pausò per riprendere fiato e per dare tempo a Terence di attutire il colpo.
“E’ stata in coma per un certo periodo, al risveglio aveva perso completamente la memoria.
E’ stato un shock per tutti ma le siamo stati accanto e abbiamo cercato di aiutarla  a ricordare, anche se fino ad ora non abbiamo ottenuto risultati.” si fermò perché notò il volto di Terence contorcersi in un’espressione di incredulità e dolore.
La notizia lo colpì come un pugno allo stomaco.
“Non ho letto nulla sui giornali! Dannazione, se solo avessi saputo!” la rabbia che gli era cresciuta in petto esplose senza che potesse contenerla oltre.
“Ma tu stavi con Susanna!”
“Ma Candy è la persona più importante al mondo per me Annie, perché non me lo avete fatto sapere?”
“Oh Terence, una volta assodato che lei non ricordava …”
“Avete ben pensato di tenerla all’oscuro della parte del suo passato che la legava a me?” la interruppe lui non riuscendo a nascondere la frustrazione che stava provando in quel momento.
Mentre lui si prendeva cura di quell’ingrata di Susanna, la sua dolce Tutte Lentiggini giaceva in coma in un letto di ospedale e lui ne era ignaro! Come poteva il destino accanirsi così contro di loro e contro la sua amata!?
 Il bicchiere che teneva fra le mani volò dall’altro lato della stanza, spargendo acqua e schegge sul pavimento.
Il crack che fece andando in mille pezzi, fece sobbalzare Annie la quale non si sentiva a proprio agio in quel momento. Non sapeva come trattare con Terence in situazioni normali, figurarsi quando era arrabbiato.
Terence rimase in silenzio per qualche minuto, la testa fra le mani.
Annie si chiese cosa stesse provando il ragazzo, le dispiaceva vederlo così.
“Annie raccontami anche il resto per favore.”
“Non ho molto altro da dirti. E’ un anno che ha perso la memoria. E’ stato un anno duro e lungo ed è appena all’inizio del suo percorso riabilitativo. Viene seguita da uno dei migliori terapeuti di Chicago, ma fino ad ora non è servito a molto.”
“Quante speranze ci sono che ricordi?”
“A quanto dice il dottore è difficile a dirsi, potrebbe ricordare come potrebbe non farlo mai.”
“E da cosa potrebbe dipendere, cosa potrebbe influire?”
“Il dottore pensa che lei abbia subito un grande shock o che ci sia stato un grande dolore nella sua vita e che quindi lei si rifiuti di ricordare.” gli spiegò Annie rendendosi conto, solo troppo tardi, di quanto appena affermato.
“Mi stai dicendo che potrebbe essere colpa mia? O in questi anni è successo qualcosa di cui non sono al corrente e che potrebbe essere la causa della sua amnesia?” chiese lui nel tentativo di capire se lei fosse andata avanti e qualcun altro avesse preso il proprio posto nel suo cuore.
“Stai scherzando vero? Come puoi pensare che lei si sia rifatta una vita? Da quando vi siete lasciati non si è mai ripresa completamente! Non hai idea dello stato in cui versasse quando tornò da New York! Forse sbaglio a dirtelo, ma fino al giorno dell’incidente ha continuato ad amarti e soffrire in silenzio!” urlò quasi Annie infastidita dalla chiara insinuazione delle parole di Terence.
Lui la fissava in silenzio, lei lo guardava a sua volta cercando di capire cose gli passasse per la testa e temette che stesse per tirare qualche altro bicchiere. Pareva provare un dolore incontenibile e quando si lasciò sopraffare dalle lacrime lei non credette ai propri occhi.
 
Aveva cercato di ricacciare indietro le lacrime senza riuscirci.
Si chiese se Albert si fosse reso conto della situazione in cui lo aveva messo. Fare finta di nulla gli era costato uno sforzo immane.
Per sei lunghi anni aveva desiderato, sognato, sperato che i sentimenti di lei fossero rimasti intatti. Per sei lunghi anni aveva temuto che non ci sarebbe stato più un futuro per loro.
Ora che finalmente era libero da vincoli, lei aveva perso la memoria e, probabilmente a causa del dolore causatole dalla loro separazione anni addietro, si rifiutava di ricordare.
Forse Annie ed Albert avevano fatto bene a nasconderle la verità! Perché permetterle di ricordare il dolore che lui le aveva causato?! Era stato un vigliacco che non aveva saputo lottare per il proprio amore, si era macchiato le mani con la stessa colpa per cui aveva sempre odiato suo padre.
Le lacrime scorrevano lungo le sue guance e lui non se ne vergognava anche se non gli piaceva farsi vedere in quello stato. Non aveva quasi mai pianto davanti a nessuno, ma il carico di emozioni era troppo  pesante da sopportare.
“Ho un’ultima cosa da dirti, forse non è il momento giusto ma a questo punto perché mentirti.”
Lui la guardò sconsolato, cos’altro poteva esserci? Non sapeva se avrebbe potuto sopportare un’altra notizia negativa. Da come Annie aveva cominciato la frase, non poteva certo trattarsi di qualcosa di buono.
“ Candice ha passato un periodo a La Porte per cercare di fare riaffiorare i ricordi legati alla nostra infanzia, poi Albert le ha chiesto di trasferirsi a Chicago e proprio presso lo studio del Dottor Price, il suo tarapeuta, ha conosciuto Patrick.”
“… Patrick …” il suono di quel nome lo fece sprofondare in un baratro dal quale non credeva potesse esserci uscita. Lo aveva aspettato per cinque anni, aveva perso la memoria e si era innamorata di un altro? Non poteva crederci, il destino si stava decisamente beffando di lui e dei suoi sentimenti.
“Non è il suo fidanzato, se è ciò a cui stai pensando! Ma hanno un legame molto solido e molto stretto. Bada bene sto dicendo stretto e non intimo! E sì, credo che lui sia innamorato di Candy ma non si è ancora dichiarato anche se, se vuoi che sia sincera, non so per quanto ancora riuscirà a tacerle quello che prova. E’ lampante e credo se ne sia accorta anche lei.” ci tenne a sottolineare Annie.
“Patrick …” disse lui sconcertato.
“Terence non avrai mica intenzione di lasciarla andare vero?” chiese lei notando lo sconforto nel suo sguardo e nel tono con cui ripeteva quel nome.
“Che dovrei fare secondo te?” le rispose lui assalito come al solito dalla sua perenne insicurezza.
“Terence non dirmi che lascerai che te la porti via? Non ci voglio credere! Prima di tutto,chiamami egoista, ma rivoglio la mia Candy! Secondo , e non per importanza, lei ti ama! Non lo ricorda è vero ma lei non ha mai smesso!”
“E come la mettiamo con la lontananza? Lo sai che sono sempre in giro in tournèe e se non sono in giro sono a New York! E magari questo Patrick potrebbe farla felice! E se così fosse perché farle rivivere il dolore che l’ha attanagliata per tutti questi anni e di cui tu stessa mi hai dato conferma?”
“Terence tu non sei lucido in questo momento. Credo che se potessi sentirti ti tireresti un pugno da solo.” disse lei sincera e riuscì a strappargli un mezzo sorriso.
 
“Forse hai ragione. Troppe emozioni in una sola volta.  Ora ti prego, lascia che mi faccia una doccia e mi vesta così potremo andare alla festa.
Non te ne sarai accorta ma è più di un’ora che siamo qui, non vorrei che Albert si preoccupasse.” disse lui guardando l’orologio appeso al muro.
“Ti aspetto fuori allora.” rispose lei uscendo dal suo camerino.
 
Si appoggiò alla parete e lo attese. Mentre aspettava rimuginò su tutte le cose che gli aveva raccontato, chiedendosi se avesse fatto bene. Non era da lei impicciarsi così, ma Candice  le era stata sempre vicina supportandola ed aiutandola, e finalmente era giunto il suo turno. Lo sentì ridere, una risata strana. Si chiese se si sentisse bene.
 
Annie lo aveva lasciato solo. Lui aveva aperto l’acqua della doccia, poi si era tolto i vestiti.
Prima di entrare nella doccia si era specchiato ed era scoppiato a ridere, una risata nervosa, una risata liberatoria.
“Per sei lunghi anni ho sperato di poterti amare, per sei lunghi anni ho sperato che Dio mi concedesse la Grazia, per sei anni ho sognato di fare l’amore con te eppure il destino sembra accanirsi ancora una volta contro di noi, contro di me!”
Rise di sé stesso.
Per anni sognando di poter tenere Candice fra le sue braccia, aveva intrattenuto relazioni casuali con giovani e affascinanti donne, nessuna però era riuscita ad entrargli nell’anima e a strappare il posto che nel suo cuore spettava di diritto alla sua Tarzan Tutte Lentiggini.
Qualcuno lo avrebbe sicuramente accusato di essere stato un compagno infedele per Susanna ma la realtà dei fatti era ben diversa. Non ne era mai stato innamorato e la ragazza era a conoscenza che il loro rapporto fosse tutto fuor ché una relazione fra due persone che si amavano.
 L’acqua calda scorreva lungo il suo corpo e sembrava riuscire a portare via parte dello stress accumulato durante quella giornata, ma la sua mente, per quella non c’era rimedio che potesse alleviare il dolore che stava sopportando. Erano state decisamente troppe informazioni da poter processare in una sola serata e avrebbe avuto bisogno di tempo per assimilarle e per ragionarci sopra, però Albert e Candy li aspettavano alla festa.
Si maledisse quasi di averli invitati, avrebbe potuto trovare un’altra scusa per parlare con Albert o Annie, ma lì per lì non aveva realizzato che avrebbe finito col cacciarsi in un’altra situazione contorta. A quel punto non gli restava che sfruttarla a proprio vantaggio.
Annie aveva ragione: doveva  lottare per riconquistare la sua Tutte Lentiggini.
Uscì dalla doccia, si asciugò velocemente, si spruzzò del profumo e vestì degli abiti puliti.
Indossò la sua maschera e raggiunse Annie.
Robert gli aveva prenotato un’auto in modo tale che potesse muoversi in totale autonomia.
“Annie credo sia tardi e non dovrebbe esserci nessuno qui fuori ma nel caso ci fossero giornalisti e fans, tu stai al mio fianco ok?” disse Terence protettivo, temeva che i giornalisti potessero fare delle sciocche illazioni e inventare inesistenti scandali.
“Ti ringrazio.” disse lei rimanendo dietro di lui.
Fortunatamente sembrò che la solita folla si fosse dileguata e non incontrarono problemi a raggiungere la vettura.
In meno di dieci minuti giunsero all’hotel dove si stava svolgendo il ricevimento.
“Sai spero vivamente che Candice non si sia fatta strane idee, abbiamo fatto un po’ tardi!”
“Che le dirai se dovesse chiederti qualcosa?”
“Che ci siamo messi a ricordare di quando ci siamo conosciuti e il tempo è volato.”
“Dove ci siamo conosciuti?” le chiese lui, non sapendo se lei aveva già concordato una versione con Albert.
“Sinceramente non lo so, ma sarebbe meglio cercare di evitare l’argomento fino a quando non avrai parlato con Albert.”
“Sì hai ragione! Ora entriamo però!” disse lui offrendole il braccio a cui lei timidamente si appoggiò.
 
Quando varcarono la soglia del grande salone tutti gli occhi erano puntati su di loro, Terence vi era abituato ma Annie si sentì leggermente a disagio.
Entrambi cercarono con lo sguardo Albert e Candy e quando finalmente li individuarono si incamminarono verso di loro.
“Ciao Albert, buonasera Signorina Andrew.” disse Terence con un galante inchino. Gli sembrava così strano non poterla prendere in giro e doversi rivolgere a lei con un tale distacco.
“Sono felice di vedervi, cominciavo a preoccuparmi.” rispose Albert che aveva passato l’ultima ora e mezza a controllare l’orologio
“Signor Graham.” Candy gli sorrise.
All’improvviso Karen parve accorgersi di Terence e Candy, corse verso quest’ultima e l’abbracciò.
“E’ un piacere vederti, come stai?” le chiese mentre Candy la guardava sorpresa e non rispondeva all’abbraccio.
Terence prese Karen per un braccio “Karen andiamo a fare il solito giro di saluti su!” disse lui, trascinandola via, mentre Karen cercava di svincolarsi dalla sua presa.
Terence si rivolse quindi a Candy: “La scusi Signorina Andrew, Karen deve averla scambiata per qualcun'altra.”
Né Terence né Albert avevano pensato a Karen e così era sbucata fuori dal nulla rischiando di rovinare tutto.
Mentre portava Karen lontano da Candy, lei cominciò a tempestarlo di domande.
“Karen ora piantala per favore! Candy ha perso la memoria, ha avuto un incidente e non ricorda niente e nessuno! Smettila e abbassa la voce per favore!”
“Come un incidente? E non si ricorda nemmeno di te?”
“Esattamente! E non le hanno detto che ci conoscevamo … è una storia lunga, non ne conosco i dettagli e non mi va di parlarne!”
“Oddio non  ci posso credere … e tu come ti senti?”
Terence la ragguagliò molto sommariamente su quanto gli avesse raccontato Annie.
“Scusami sono stata invadente. Ma cambiamo argomento … dimmi un po’chi è quel giovane aitante che accompagna Candy? Non sarà il fidanzato della moretta?”chiese Karen incuriosita.
“La “moretta”, Annie, è la fidanzata del nipote del giovane aitante, e … davvero non sai chi è lui?”
“Boh forse ha un viso conosciuto …”
“Andrew … William Andrew.”
“Di quella famiglia Andrew? ” chiese lei sbigottita.
“Esattamente” rispose Terence.
“Devi presentarmelo! Non solo è un bellissimo uomo ma anche un buon partito, non posso farmi sfuggire questa preziosa occasione! La cartomante aveva ragione!” disse lei eccitata.
“Karen oddio, sei sempre la solita! E ancora con questa storia della cartomante?”
“Beh me lo presenti o no?”
“Vieni, torniamo da loro, mi raccomando però!” disse incamminandosi verso Annie, Albert e Candy che stavano chiacchierando.
Nel loro breve percorso si fermarono a salutare un paio di persone.
Candy era rimasta sorpresa dall’episodio avvenuto con Karen, si chiedeva per chi mai l’avesse potuta scambiare, o se si fossero conosciute in qualche occasione di cui lei non ricordava.
La fissò mentre parlava con Terence e si chiese quale fosse l’argomento che rendeva così fitta la loro conversazione.
Albert ed Annie stavano chiacchierando, ma lei non li ascoltava, era troppo impegnata a scrutare i due attori.
Quando vide che si avvicinavano distolse lo sguardo, non voleva che si accorgessero che li stava osservando a distanza.
“Mi scusi per prima Signorina Andrew, lei somiglia molto ad una mia cara amica, mi scusi ancora.”
“ Si figuri Signorina…”
“Klays, Karen Klays ma chiamami Karen che ne dici? Io potrei chiamarti Candice.”
“Va bene Karen.” rispose Candy un po’ imbarazzata da tutta quella situazione.
“Albert, Annie permettetemi di presentarvi la mia collega, immagino che l’abbiate riconosciuta, Karen Klays, colei che interpretava Ermia questa sera.”
“Piacere io sono Annie Brighton.” disse Annie sorridendole.
Albert la guardava estasiato. Era davvero un pessimo attore e chiunque avrebbe potuto accorgersi che non era rimasto indifferente al fascino della giovane.
“William Albert Andrew, ma mi chiami pure Albert.” disse lui facendo seguire le sue parole da un cavalleresco inchino con tanto di baciamano.
Mentre chiacchieravano Terence intravide Robert e con una scusa si allontanò dai suoi amici e lo raggiunse.
“Terence avevo quasi perso le speranze di vederti, ma che ti è successo? Hai un aspetto orribile, perdonami la franchezza!”disse Robert vedendolo in quello stato.
“Lasciamo perdere.”
“Scusami se mi intrometto ma la ragazza bionda con cui parlavate tu e Karen …”
“Oddio Robert so che forse riderai di quello che sto per dirti, perché effettivamente la situazione è ridicola, inverosimile … la ragazza bionda è quella Candy e ha perso la memoria e non sa chi sono. Ma se non ti spiace preferirei non affrontare il discorso adesso.”
“Mi spiace Terence, ora capisco il perché della tua espressione così provata. Che pensi di fare?”
“Intanto se posso approfittare di te ti chiederei di venire in mio soccorso. Vorrei invitarla a ballare …”
“Come posso esserti utile?”
“ Sicuramente Karen non perderà l’occasione per invitare Albert ma se io invitassi Candy lei rifiuterebbe per non lasciare Annie, la ragazza mora, da sola.”
“Vuoi che inviti Annie quindi?”
“No. Vorrei prima presentarteli, poi se tu potessi invitare Candy te ne sarei grato.”
“ Se può aiutarti, lo faccio volentieri.” disse Robert seguendo Terence che stava tornando dai suoi amici.
“Visto che ci siamo ne approfitto e vi presento Robert Hathaway, il nostro “capo” e un mio carissimo amico!” disse Terence.
Procedettero con le presentazioni e chiacchierarono per un po’, poi ad un tratto Terence invitò Annie a ballare la quale prima titubò, poi visto che Robert offrì a Candice di danzare, accettò l’invito.
Albert era rimasto a guardare Karen, la quale fece la prima mossa.
“Beh non vorrai lasciarmi a fare da tappezzeria William Albert Andrew?” disse lei in tono di sfida.
“Mi perdoni Signorina Klays, mi farebbe l’onore?”
“Se mi chiami Karen e mi dai del tu.” disse lei non curante delle convenzioni.
 
Terence, che per tutta la sera aveva tenuto lo sguardo fisso su Candy, non si lasciò sfuggire una sua espressione che gli parve di delusione, quando chiese ad Annie di ballare.
Che volesse essere invitata? Aveva paura di farlo! Sarebbe stato sicuramente fagocitato in un turbinio di emozioni senza fine se l’avesse stretta fra le braccia, anche se smaniava dalla voglia di poter avere un contatto fisico con lei e di poter “approfondire la sua conoscenza”.
Anche mentre ballava con Annie non staccò mai gli occhi da Candy pur se cercava di guardarla con discrezione in modo che non se ne accorgesse.
“Sai che non è educato ballare con una ragazza e guardarne un’altra?” disse Annie interrompendo il flusso dei suoi pensieri.
“Ti chiedo scusa! Sai, vorrei tanto invitarla a ballare  ma ho paura che mi possa rifiutare, per questo ho mandato avanti Robert.”
“Ah ora mi spiego perché hai invitato me e non lei.”
“No Annie, scusami non volevo essere in alcun modo offensivo, ma spero tu possa capire …
Avrai notato che non mi ha quasi mai rivolto la parola stasera …”
“Candy è diffidente, vedrai che col tempo la vincerai. Tu cerca solo di essere paziente e non demordere.” gli disse lei nel tentativo di infondergli coraggio, conoscendo la proverbiale impazienza del ragazzo.
Terence notò che la timida e impacciata ragazzina conosciuta a Londra era cambiata e sapeva il fatto suo. Fu felice di constatare che Candy poteva contare su due amici come Albert ed Annie.
 
 
Terminato il ballo Karen non parve avere alcuna intenzione di lasciare andare Albert.
“Non vorrai mica farmi ballare con Terence o con Robert? Già passo tutte le mie giornate con loro! A meno che non ti spiaccia ballare con me!” disse lei con fare suadente.
Albert si sorprese della sua audacia ma gli piaceva.
“Oh no Karen mi farebbe piacere se mi concedessi anche il prossimo ballo.” le rispose lui facendosi un po’ più intraprendente.
 
Nonostante Albert fosse un ricco uomo d’affari non era abituato ad una corte così esplicita, e la cosa suscitava in lui una certa soddisfazione.
L’apprezzamento nei suoi confronti, da parte  di una bella ragazza come Karen, non poteva certo spiacergli o lasciarlo indifferente.
Lo aveva colpito con la sua eleganza e la sua bellezza.
 
Albert osservò Terence che si avvicinava a Candy con l’aria di chi avesse intenzione di invitarla a ballare e temesse un rifiuto.
“Mi spiace per Terence sai, non credo sia una situazione facile!” disse Karen come se avesse letto nei suoi pensieri.
“Si è vero, ma non capisco come mai sia così remissivo. Il Terence che conosco, o forse conoscevo io, a questo punto,  avrebbe accettato la sfida, mentre lui mi sembra titubante …”
“O forse timoroso Albert. Mi pare di avere capito da Terence che nella vita di Candy ci sia un ragazzo. Come pensi si possa sentire lui dopo tutto quello che è successo stasera e tutto ciò di cui è venuto a conoscenza? Tu non sei stato con lui negli ultimi anni, non hai avuto modo di vedere la sofferenza che lo ha attanagliato. E quando finalmente si è liberato di quell’essere indegno di Susanna si è ritrovato una Candy senza memoria e forse interessata ad un altro uomo!”
 “Sì, hai ragione. Forse non ho considerato come avrebbe reagito perché ero troppo impegnato a preoccuparmi per Candy.” ammise guardandola perplesso, lei aveva appena definito Susanna un essere indegno.
“Non guardarmi così! So che stai pensando che sono una persona orribile per aver definito Susanna come meritava, ma tu non la conoscevi! Il suo sentimento per Terence era un’ossessione e non amore … se lo avesse amato lo avrebbe lasciato andare e avrebbe fatto sì che potesse essere felice!”
“Scusami io non volevo, mi spiace.” disse lui colpito dalla profondità e dalla verità della sua considerazione.
 
Nel frattempo Terence si era avvicinato lentamente a Candy e Robert.
“Annie potrei ballare con lei?” chiese Robert lasciando Candy a Terence.
Lei accettò capendo che così Terence avrebbe avuto una scusa per invitare Candy, non poteva certo lasciarla sola a guardare mentre loro ballavano.
 
“Signorina Andrew mi farebbe l’onore di concedermi questo ballo?” le chiese Terence catturando il suo sguardo.
“Ecco io …” titubò prima di rispondere di sì.
Aveva temuto che lei lo rifiutasse anche se in cuor suo non capiva perché avrebbe dovuto.
Finalmente stava per stringerla fra le braccia e il suo corpo fremeva per l’anticipazione di quel momento prezioso.
Quando finalmente le prese la mano e le cinse la vita, chiuse gli occhi e con la memoria tornò a quel ballo della festa di maggio: quanti bei ricordi, quante emozioni.
Sentì il suo cuore stringersi, un nodo in gola e le lacrime che premevano per uscire.
Per qualche istante si limitò a guardarla in quei due bellissimi smeraldi  nei quali rischiò di perdersi.
Candice rispettava il suo silenzio, del resto era troppo emozionata per poter proferire parola.
Non riusciva a spiegarsi come mai il proprio corpo e la propria anima fossero attraversati da una scarica elettrica e reagissero come se lui avesse sempre fatto parte della sua vita, nonostante sapesse di non averlo mai incontrato prima.
Aveva sentito dire una volta che certe anime si incontrano di vita in vita e quando si trovano nuovamente paiono riconoscersi.
Si chiese se potesse essere una valida spiegazione per come si sentiva fra le braccia dell’attore.
Poi pensò di essere proprio una sciocca a fantasticare su cose del genere.
 
Fissò a lungo Terence in quei due bellissimi occhi blu, quasi stregata dalla magia e dal magnetismo del suo sguardo: i suoi occhi erano un mare in tempesta, la guardava con una tale intensità che lei non poté evitare di chiedersi se anche lui stesse provando quello che sentiva lei e se si sentisse sopraffatto da ciò.
“La ringrazio per avere accettato di ballare con me, un suo no sarebbe stato uno smacco per la mia reputazione.” disse lui cercando di scherzare, ma si rese subito conto di essersi espresso nel peggiore dei modi.
Proprio lui  che per il suo mestiere avrebbe dovuto essere un artista della parola.
 “ Sono proprio un idiota!”pensò fra sé e sé.
“ Uno smacco? Se io avessi rifiutato? Una giovane qualsiasi senza memoria? Non vedo quale danno avrei potuto arrecarle.” rispose lei pungente, pentendosi del tono usato, ma l’affermazione di lui l’aveva infastidita e non poco, perché non aveva colto lo spirito con cui lui l’aveva proferita.
“Mi perdoni il maldestro tentativo di scherzare, effettivamente devo esserle sembrato un pallone gonfiato.”
Lei non rispose e il suo silenzio confermò i dubbi di Terence.
“Posso chiederle se le è piaciuto lo spettacolo?”
“Oh sì molto! Mi vergogno ad ammetterlo ma non ero mai stata a teatro!”
“Non vorrei sembrarle inopportuno ma crede che potremmo darci del tu?” le chiese all’improvviso.
“Se crede.”
“Se per lei non è un problema preferirei. Posso chiamarti Candice allora?”
“Certo Terence.” rispose lei e il suono della sua voce che a distanza di anni lo chiamava nuovamente per nome lo mandò in visibilio, una dolce melodia per il suo cuore. Dovette trattenersi per non gridare la propria felicità ai mille venti.
Lei provò un brivido quando lui la chiamò per nome. Le sembrò così naturale, come se lui dovesse chiamarla Candice e perché no, magari anche Candy.
Si sentiva così strana, da un lato era completamente a suo agio, dall’altro il sentirsi così la imbarazzava.
Mentre danzava con lui si sentiva leggera. Era da tanto tempo, da quando aveva perso la memoria, che non si sentiva così in pace, così tranquilla ma allo stesso tempo così euforica ed agitata.
Si chiese se Terence potesse percepire lo stato alterato delle sue emozioni. Sperò di essere una brava attrice e di riuscire a nascondergli cosa provava, anche perché non avrebbe saputo come spiegarglielo, non riuscendo a spiegarlo nemmeno a sé stessa.
“Come mai non sei mai stata a teatro? Non ti piace?”
“Non ne ho idea. Scusami non ti vorrei sembrare sciocca ma sinceramente non lo so. Non mi ricordo niente del passato. Non so se ti hanno detto che ho avuto un incidente. Comunque sì, forse mi piaceva chissà, anche se non mi ci sono mai recata. Però posso dirti che sicuramente, dopo la rappresentazione di stasera, diventerò una assidua frequentatrice di teatri, specie se sono tutti bravi come voi.” si ritrovò a confidargli dell’incidente come se stesse parlando con un vecchio amico, e la cosa la sorprese.
“Ti ringrazio del complimento. Mi spiace per la perdita della tua memoria. Se al prossimo tour dovessimo passare per Chicago mi riprometto di mandarti i biglietti!” le promise lui felice di potere avere un pretesto per rivederla, pur se sarebbe passato molto tempo.
“Oh grazie è un pensiero gentile.” disse lei notando che il ballo era terminato.
Non avrebbe voluto sciogliere quell’abbraccio ma non avrebbe mai avuto l’ardire di chiedergli un altro ballo.
“Ti ringrazio per aver danzato con me Candice.”
“Ah siamo già passati a darci del tu Terence?” disse la voce impertinente e inopportuna di Karen che proveniva da dietro le sue spalle.
“Karen cosa c’è di male? Siamo coetanei e mi sembrava esagerato darsi del lei!” disse lui trattenendosi dal dirle ciò che avrebbe voluto. Era mai possibile che Karen dovesse arrivare sempre al momento sbagliato e con le uscite peggiori?
“Beh allora che si fa?” chiese Karen che evidentemente era stufa della festa.
“Se non vi spiace io preferirei tornare a casa, sono molto stanca.” disse Candice e le sue parole colpirono Terence come un fendente. Non poteva andarsene, voleva passare altro tempo con lei.
Lei avrebbe voluto poter spendere altro tempo con Terence, ma non quella sera. Era stanca e provata a causa di tutte le emozioni contrastanti che si erano impadronite del suo cuore e temeva di  dire o fare qualcosa di inappropriato.
“Bene allora andiamo. Annie ti spiace?”
“Oh no Albert, va bene anche per me, è stata una giornata impegnativa comunque.”
“Terence se non hai impegni, vuoi venire a bere un tè con un vecchio amico?” disse Albert, un buon pretesto per invitarlo presso la loro residenza e per poter parlare tranquillamente.
“Posso chiedervi se vi andrebbe di cenare con me domani sera? Avrei piacere di rivedervi, e se vi va potreste tornare a teatro, potrei riservarvi i posti sulla mia balconata!”
“Con piacere Karen!” disse Albert entusiasta di quella proposta.
Avrebbe voluto invitarla lui a cena, se avesse potuto, ma aveva preferito dare la precedenza alla questione di Candy.
 “Se per voi va bene? Che ne dite?” aggiunse poi Albert chiedendo a Candy ed Annie.
“Terence sarai dei nostri ovviamente?” disse Karen.
“Volentieri!” rispose lui, sperando che Candy ed Annie accettassero.
“Allora?” chiese Karen impaziente.
“Per me va bene, e per te Candy?” chiese Annie che aveva capito che sarebbe stata un’ulteriore occasione per Terence per passare tempo con la sua amica.
“Ok!” disse lei.
 
Il giorno seguente lo avrebbe rivisto!!!
Era felice di non dovere rinunciare così presto alle sensazioni che la presenza di quel ragazzo le suscitava, quel senso di pace e di tranquillità, quel senso di appartenenza. Voleva comprendere il perché di quelle bizzarre emozioni.
 
“A domani allora!” disse Karen salutandoli.
Aveva sperato in un invito da parte di Albert ma poi aveva capito che quest’ultimo necessitava di parlare con Terence e di spiegargli cosa fosse accaduto a Candice, motivo per cui non si era fatta scoraggiare e aveva deciso di invitarli a cena.
 
 Terence, contento dell’opportunità datagli dalla collega, annotò mentalmente che avrebbe dovuto ringraziarla: gli aveva offerto la possibilità di rivedere Candy su un piatto d’argento.
 
“Candice verresti in auto con me? Non conosco la strada per arrivare da voi e non conosco Chicago non vorrei perdermi!” Terence inventò una banale scusa per passare del tempo da solo con lei.
“Sì Candy , ha ragione. Se potessi dargli le indicazioni te ne sarei grato. Ci vedremo a breve a casa!”  disse Albert per spingerla ad accompagnare il giovane attore.
“Come preferite!” disse lei seguendo Terence verso la sua auto.
“L’aria si è rinfrescata!” disse lui notando con piacere che nuovamente e stranamente non ci fosse nessuno fotografo nei paraggi.
“Decisamente. Avrei dovuto indossare una giacca più pesante!” disse le rabbrividendo per il freddo.
Lui si tolse la sciarpa, si fermò davanti a lei, gliela appoggiò sulle spalle.
Lei lo guardò, incuriosita da quel gesto così gentile.
“Grazie.” gli disse poi avvolgendosi la sciarpa attorno al collo e inspirando profondamente il buon profumo di lui.
Per un momento, una frazione di secondo, un’immagine indefinita le corse davanti agli occhi, ma fu talmente fugace che non riuscì nemmeno ad afferrare di cosa si trattasse.
“C’è qualcosa che non va?” chiese lui che aveva notato un momento di assenza nel suo sguardo e che lei era rimasta immobile in mezzo alla strada.
“Il tuo profumo …” disse lei, mentre lui la prendeva gentilmente per il braccio e la portava verso il marciapiedi.
“Il mio profumo?” chiese lui confuso.
“ Ho … ho … ho inspirato il profumo della sciarpa e … ho avuto un flash, non so, è stato talmente veloce che non saprei dire nemmeno cosa ho visto …” disse lei incespicando a causa dell’emozione.
“Potresti avere ricordato qualcosa?” chiese lui emozionato. Era bastato il suo profumo a smuovere dentro di lei ciò che un anno di terapia e le cure affettuose della sua famiglia non erano riusciti a smuovere.
“Non saprei, forse … “
“Vieni, riprendiamo a camminare, a breve saremo in macchina.” disse lui.
Non sapeva cosa dirle, ed era inutile porle domande a cui lei non avrebbe potuto rispondere.
Le aprì la portiera, la fece salire, e si sedette al posto del guidatore.
Lei era ancora frastornata e lui rimase in silenzio, non voleva turbarla oltre.
 “Scusami Candice ma avrei bisogno che mi indicassi la strada da precorrere.”
“Certo scusami tu.”
Dopo una breve pausa aggiunse “Terence posso chiederti un favore? Potresti non fare parola con nessuno di quanto accaduto? Non voglio che gli altri si creino aspettative che potrei disattendere: sono tutti molto preoccupati per me, e ne sento il peso.”
“Certo Candice, farò come mi chiedi!” fu la sua risposta.
Mentre lei gli forniva le indicazioni, lui cercò di deviare il discorso su un argomento diverso nel tentativo di distrarla.
“E’ stata una bella festa vero?”
“Tu devi esserci abituato. Per quanto mi riguarda era molto che non partecipavo ad un party.”
“Ti sbagli anche io non sono un frequentatore di feste. Vi prendo parte solo quando sono obbligato.  Non amo i bagni di folla, ma penso di averti dato l’impressione sbagliata se dici questo.”
“ No, pensavo solo che un attore famoso come te fosse abituato a feste, cene, scandali e ad essere sempre nell’occhio del ciclone.”
“Ti meraviglieresti se ti dicessi che per me non è cosi? Sono stato definito l’attore più asociale del secolo!” disse lui ridendo.
“Mi prendi in giro?”
“No, e perché dovrei!? Ti ho detto che non partecipo alle feste mondane!” le rispose lui.
Lei pensò che probabilmente Terence stesse soffrendo terribilmente per la perdita della moglie, di cui Albert le aveva accennato durante il tragitto in auto, anche se a vederlo non pareva sentirne molto la mancanza.
Ma chi era lei per giudicarlo?
A guardarlo bene sembrava una persona che nel corso della vita aveva sofferto, e anche parecchio, anche se alla festa di quella sera aveva ballato e si era comportato come una qualsiasi persona a cui la vita avesse sempre sorriso.
“Scusami, so che tua moglie è morta da poco, devi soffrire molto, perdonami.”
“Moglie? Non era mia moglie!” rispose lui irritato.
Lei non capì la sua reazione. Cosa aveva detto di male?
“Scusami non volevo impicciarmi di cose che non mi riguardano.”
“No scusami tu, sono stato brusco e non avrei dovuto.
Comunque non era mia moglie, non ci siamo masi sposati.” disse lui evitando di nominare Susanna.
Se non fosse stato per le indicazioni stradali con cui lei continuava a suggerirgli la strada, il resto del viaggio si sarebbe svolto in un pesante e palpabile silenzio.
 “Eccoci quella è casa nostra!” disse lei indicandogli la loro residenza.
Lui parcheggiò l’auto e poi l’aiutò a scendere.
 Albert ed Annie li avevano preceduti e li aspettavano in salotto.
“Ragazze buona notte, io mi fermo a fare due chiacchiere con Terence.” le salutò Albert.
Candy ed Annie salutarono i due uomini e ciascuna si recò presso la propria stanza.
Solo quando Candy mise piede nella propria camera e si tolse il cappotto, si rese conto di avere ancora indosso la sua sciarpa. Fu tentata di portargliela, ma poi ebbe una idea migliore.
“Dormirò con questa bella sciarpa chissà che non mi aiuti a ricordare qualcos’altro! Potrò comunque restituirtela domani Terence!” pensò ad alta voce.
Era stata una strana giornata. Un anno di vani sforzi per ricordare e in meno di poche ore, grazie a quel ragazzo, aveva recuperato un frammento della sua memoria. Non sapeva cosa avesse visto ma era sicura che si trattasse di un ricordo.
Si chiese se potesse essere una coincidenza o se Terence le fosse stato inviato dal destino.
Non vedeva l’ora di rivederlo per verificare se grazie a lui poteva ricordare altro.
Faticò ad addormentarsi quella sera: era troppo emozionata e curiosa, curiosa di capire come mai quell’indecifrabile ragazzo avesse quell’effetto su di lei.
 
“Ora che le ragazze sono andate a dormire, credo di doverti delle spiegazioni.” cominciò Albert a bassa voce, voleva evitare di essere sentito.
“Però rima fammi preparare del tè, tornerò a breve.”
“Posso fare a meno del tè.” disse Terence che fremeva per ricevere delle risposte.
Albert non lo ascoltò e si recò in cucina. Quando tornò con due tazze fumanti di tè, Terence stava camminando nervosamente su e giù per il salotto.
Aveva ripensato a quanto successo quella sera e non poteva non pensare che fosse stata una giornata inverosimile ma indimenticabile.
 
“Vieni accomodiamoci! E se non hai perso il vizio,e vuoi fumare una sigaretta, fa’ pure!” suggerì Albert sapendo quanto Terence trovasse rilassante poter fumare.
“Ti ringrazio.” rispose l’amico tirando fuori il pacchetto e accendendone una.
“Non so da dove cominciare. Annie ti avrà accennato che Candy è stata investita.
E’ stata in coma per qualche mese e quando finalmente si è risvegliata non ricordava assolutamente nulla, ma penso che tu te ne sia accorto.
Abbiamo cominciato una terapia riabilitativa durante la quale il dottore cerca di stimolare la sua mente a ricordare ma fino ad oggi non ci sono stati risultati.”
“Fino ad oggi.” disse Terence fra sé e sé ripensando all’episodio della sciarpa.
“ Perché non mi hai informato Albert? Non dirmi che pensavi che non l’amassi più perché, per quanto non te lo abbia mai specificato nelle mie lettere, sono certo che tu abbia letto fra le righe.”
“Terence so di doverti delle spiegazioni e forse di doverti chiedere scusa.
Quando Candy è tornata da Chicago era a pezzi, i suoi sogni erano andati in frantumi, non sai quanto ci ha impiegato per guadagnare una parvenza di normalità e tornare a vivere, o forse dovrei dire a fare finta di.
Quando è avvenuto l’incidente tu eri impegnato con Susanna e abbiamo pensato che sarebbe stato meglio non raccontarle di voi.
Per altro, chi a parte te le avrebbe potuto raccontare qualcosa? La vostra storia è sempre stata una cosa privata, nessuno di noi le avrebbe potuto dire molto.
Il dottor Price poi ci ha consigliato di raccontarle, con una certa calma, tutti gli episodi della sua vita e qualsiasi cosa la potesse aiutare a ricordare. Non ti dico come ha reagito quando ha dovuto vivere per la seconda volta la morte dell’amato Anthony. Si è rinchiusa in camera per giorni interi, arrabbiata con sé stessa perché non ricordava.”
“Mi spiace Albert e posso anche capire i motivi della tua decisione, ma mi sarebbe piaciuto avere voce in capitolo. Sarei corso da lei se avessi saputo.” disse lui nervoso ed irritato, oltre che dispiaciuto. Dalla sua gestualità era evidente che stesse cercando di controllare la rabbia che si era impadronita di lui.
“Terence ma mettiti nei miei panni, tu che avresti fatto? Lei soffriva terribilmente per te e io non me la sono sentita di dirle di voi due. Hai visto com’è ora, non è la stessa Candy che conoscevi tu, è stanca, arrabbiata, delusa e chissà che altro.” disse Albert cercando di placare l’animo irrequieto dell’amico.
“E’ sempre e comunque la mia Candy anche se ora non ricorda! Non so se dovrei essere contento o triste per queste tue parole. Dicendomi che soffriva per me mi confermi che forse mi amava ancora, ma allo stesso tempo mi spiace constatare che sia stata male così a lungo. Sai, adesso che non ho più questo vicolo di Susanna, che non ho più nessuna promessa da mantenere … speravo di poter provare a riprendermi ciò che mi è sempre appartenuto, ma in queste condizioni … per altro Annie mi  ha detto che c’è qualcuno nella vita di Candice.”
“ Se alludi a Patrick … beh è un bravo ragazzo Terence, ma per quanto Candy gli sia affezionata , non prova assolutamente nulla di paragonabile a ciò che provava per te. Con Patrick condivide la sfortuna di avere perso la memoria. Si sentono come due anime svuotate della loro essenza e si aiutano e sostengono a vicenda, ma penso di poter affermare che non sia amore ciò che li lega.”
“Comunque sia Albert,  non saprei nemmeno come comportarmi con lei. Per me è stata una serata strana e molto faticosa. Mi ha richiesto uno sforzo sovraumano starle vicino senza poterle dire nulla, senza poterle dire che l’amo, e permettimi di essere sincero ma, beh, è stato frustrante Albert, credimi.” gli confessò Terence nonostante non amasse mettere in piazza i propri sentimenti.
“Lo so ma dovevo sapere se ricordava! E non fraintendermi, ora che tu sei libero, sarei più che felice se ricordasse. Non so nemmeno io come agire, devo chiedere al terapeuta, e mi devi promettere che seguiremo le sue indicazioni. Niente colpi di testa. Ti permetterò di starle accanto e di aiutarla a ricordare ma concorderemo tutto con il dottore.”
“Grazie Albert … anche se dubito di poterle stare vicino … ho ancora un mese di tour e poi solo due settimane di riposo prima di cominciare a provare per il nuovo spettacolo.”
“Bene nelle due settimane di vacanze, se vorrai potrai stare da noi. Con la scusa che è molto tempo che non ci vediamo …”
“E magari con la scusa potresti invitare anche Karen.” disse lui punzecchiandolo.
“Oh Terence, sono un così pessimo attore?”
“Permettimi di essere franco, sì non è proprio nelle tue corde!”
Risero entrambi di cuore, era un bella sensazione. Era così tanto che non ridevano insieme.
“Credo sia meglio che vada. Sono stanco e forse è meglio se riposo un po’! Ci vediamo domani sera, giusto?”
“Certo a domani! Buona notte, ti accompagno alla porta, ok?”
“Ti ringrazio!” e cosi dicendo si avviarono verso l’uscita.
 
Albert si ritirò nella propria camera. Era stata una giornata bizzarra, aveva avuto paura che la situazione potesse precipitare pericolosamente ma poi tutto sommato  la serata era andata come sperato. Candy, all’inizio riluttante nei confronti di Terence, aveva finito per aprirsi con lui e avevano passato una serata diversa. Era da tempo che non pensavano allo svago. Da quando Candy aveva perso la memoria era difficile farla uscire e farla partecipare alle feste mondane, ma quella sera gli era sembrato che si fosse divertita, e lui aveva incontrato una bellissima e intraprendente dama che non vedeva l’ora di rivedere la sera successiva. Era rimasto molto sorpreso dal suo invito a cena e dalla sua idea di invitare anche Terence, era stato un gesto altruistico.
Perso fra le sue fantasticherie si addormentò sperando che arrivasse presto l’ora di recarsi nuovamente a teatro.
 
 
Terence guidò verso l’hotel.
Si sentiva felice in cuor suo, era stata una giornata decisamente fuori dal comune, mai e poi mai si sarebbe aspettato di rivedere Candy, peraltro non così, ma tutto sommato era grato al destino per averla rimessa sulla sua strada.
Era stato bello poterla stringere fra le proprie braccia, poter stare qualche minuto da solo con lei in auto, poterle adagiare la propria sciarpa sulle spalle.
Era stato sgarbato con lei per la storia di Susanna ma le aveva chiesto scusa e lei non sembrava essersela presa.
Doveva ringraziare Karen per l’idea della cena, non avrebbe saputo come invitare Candy senza sembrare interessato o sfacciato.
Rimaneva da risolvere il problema di come comportarsi con lei, ma per il momento avrebbe agito come concordato con Albert, fino a quando non avessero avuto il parere del terapeuta.
Arrivato in hotel si diresse speditamente verso la propria camera e cercò di dormire.
L’emozione, la sorpresa, lo stress e la stanchezza ebbero la meglio su di lui e in breve tempo si assopì.

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Capitolo 6
*** Partenze e ritorni ***


Capitolo V
 
Partenze e Ritorni

 
- colonna sonora emilia i am big girl in a big world
busted when the day turns into night

 
Quella mattina Terence si alzò presto, prima di partire voleva assolutamente fare una cosa.
Chiese al concierge dove trovare un negozio di musica e vi si recò.
Tornò di corsa in hotel e, su quel nuovo spartito, scrisse con cura le note del “Tema di Tarzan Tutte Lentiggini”; le scrisse una breve nota, poi corse all’abitazione di Candy, l’auto lanciata a tutta velocità: aveva poco tempo e voleva assolutamente che lei avesse quello spartito.
Fermò un ragazzino che stava passeggiando sul marciapiedi di fronte alla residenza degli Andrew.
“Mi faresti la cortesia di suonare a quel cancello e dare questa busta alla Signorina Candice?
Ti aprirà sicuramente il maggiordomo. Dovresti cortesemente chiedere di lei e consegnarle questa.”
“ Va bene …”
Terence gli allungò una banconota in segno di ringraziamento.
“Non dirle per favore che sono qui; se ti dovesse chiedere qualcosa dille solo che ti ha fermato un signore e ti ha chiesto di recapitargliela.”
“Ok!” disse lui avviandosi diligentemente verso il cancello dell’imponente abitazione.
Quando Candice si presentò all’entrata, il cuore di Terence dovette saltare un battito per poi riprendere a palpitare a velocità raddoppiata.
 
Candice guardò il ragazzino incuriosita.
“Un signore mi ha chiesto di darvi questo Signorina Candice.”
“Ah grazie.” Rispose lei prendendo la grande busta.
Il ragazzino scappò senza lasciarle il tempo di chiedere chi fosse il mandatario della busta e non le restò che aprirla; quando vide lo spartito non poté non intuire chi glielo avesse mandato.
Sorrise alla vista di un messaggio:
“ Spero di poterla suonare insieme te quando verrai a New York. TG”
Si sorprese delle lacrime che cominciarono a rigarle il volto; lui aveva avuto un pensiero così premuroso, lei  pensava che non lo avrebbe rivisto almeno per un mese e di non ricevere sue notizie per tutto quel tempo, mentre lui l’aveva sorpresa e le aveva fatto quello splendido dono.
Ignara del fatto che l’attore la stesse guardando dall’altro lato della strada, strinse a sé quello spartito, si asciugò le lacrime e rientrò, Terence ebbe una stretta al cuore nel vederla piangere, e quando lei strinse lo spartito a sé fu tentato di correre ad abbracciarla, sentì l’impulso irrefrenabile di raggiungerla e raccontarle la verità, ma era consapevole di non poterlo fare.
Mentre tornava verso l’hotel sentì gli occhi pungere: le lacrime volevano uscire ma non si permise di piangere, doveva essere grato al destino per avergli concesso una seconda chance e, ora che aveva rivisto la sua Candice, era pronto a lottare per riaverla.
Quando vide Karen quella mattina la trovò di buon umore, cosa insolita per lei vista l’ora, era raggiante e dispensava sorrisi a tutti: probabilmente la serata con Albert doveva essere andata bene; chissà  magari ciò avrebbe finito per influenzare positivamente anche il suo riavvicinamento a Candy.
“Buongiorno Terence, pronto per la partenza?” chiese lei mentre attendevano di salire sul treno.
“Mmm non particolarmente. Al contrario tu mi sembri raggiante!”
“Ah, puoi ben dirlo caro mio. Ho passato una serata fantastica e credo proprio che a New York avremo ospiti; dovresti ringraziarmi per la mia magnifica interpretazione!”
“Oh, certo, come ho fatto a dimenticarmene, sei stata davvero preziosa!”
“Ah che strano sentirti riconoscere i miei meriti!”
“Karen perché devi sempre fare l’antipatica?” le chiese lui scoppiando in una fragorosa risata.
“Non ci posso fare niente, lo sai che sono così” rispose lei sorridendogli. Aveva notato che Terence non era del migliore degli umori, del resto la situazione con Candy non doveva essere facile.
Lei non sapeva cosa avrebbe potuto fare per aiutarli a parte insistere con Albert affinché andassero a trovarli a New York, ma forse più per egoismo che per altri motivi.
 
 Aveva ben 28 giorni davanti a sé prima dell’ultimo spettacolo; 28 giorni in cui sarebbe potuto succedere di tutto ed era proprio questo ciò che maggiormente spaventava Terence; fra lui e Candy non c’era assolutamente nulla, non si poteva nemmeno chiamare amicizia il rapporto che avevano instaurato. Era stata una buona partenza, lei aveva avuto qualche ricordo grazie a lui, gli aveva confessato che le sembrava di conoscerlo da sempre, non si era arrabbiata quando lui le aveva dato un bacio sulla guancia ma non poteva certo cantare vittoria.
Ricordò quel leggero tocco fra le proprie labbra e la guancia di Candy e ciò gli bastò perché dei brividi gli percorressero il corpo.
Durante il viaggio cercò di riposarsi un po’; la notte era stata lunga ed intensa: aveva dormito ben poco visto che il pensiero di doversi separare da Candy non lo aveva lasciato per un solo momento, facendolo sentire triste e vuoto.
 
“Un’altra città
Un altro palco
Altri visi
Un altro hotel
Un Lisandro senza la sua Ermia
Un Romeo senza la sua Giulietta
… Io senza di te.”

 
“I miei occhi sono ancora pieni di te
Il mio cuore è pieno del tuo amore
Nelle mie orecchie risuona ancora la tua dolce voce
La mia mano asciuga le tristi lacrime che solcano il tuo viso
Un’altra separazione
Non trovo senso in tutto questo …”

 
Furono le parole che scrisse nella nuova stanza d’hotel, una volta giunto a Toledo.
Non gli era mai pesato viaggiare, cambiare luogo, vedere mille volti, perché in tutto riusciva a cercare, pur senza trovarlo, qualcosa di Candy; ora che l’aveva ritrovata, seppure in una situazione particolare, agognava a potersi fermare, desiderava poter disporre di quello stesso tempo che il suo lavoro gli sottraeva e che avrebbe invece potuto passare con lei per cercare di riconquistarla.
Si arrese all’ineluttabilità della situazione consapevole che deprimersi non lo avrebbe certo aiutato. Quando però gli tornò alla mente che quel giorno Patrick e Candy si sarebbero rivisti, la rabbia lo assalì
“Perché deve sempre essere tutto così complicato!?” si chiese.
 
Quella mattina Candy aveva ricevuto una stupenda sorpresa, era rientrata in casa con gli occhi gonfi a causa delle lacrime, anche se quelle che aveva versato erano di felicità; quello spartito era stato un magnifico ed inaspettato regalo.
“Che strana giornata!” pensò fra sé e sé.
Era  nettamente in ritardo per la stazione. Patrick sarebbe arrivato quella stessa mattina e lei ne avrebbe dovuto essere felice; le faceva piacere vederlo ma, la tristezza che provava in fondo al cuore, da quando si era separata da Terence la sera precedente, non l’aveva abbandonata nemmeno per un istante.
Corse in camera e si sistemò il viso: quel velo di trucco che aveva indossato si era sciolto e guardandosi allo specchio aveva riso di sé, del resto assomigliava ad un piccolo panda.
Si pulì gli occhi, li truccò nuovamente e poi corse via.
La strada per la stazione non era poi così lunga, quindi mise la vettura in moto e partì.
Non era pronta per rivedere Patrick, aveva passato due giornate molto intense e avrebbe avuto bisogno di un po’ di riposo ma non poteva certo essere scortese e rimandare la colazione che avevano programmato.
 
Patrick … si erano conosciuti un pomeriggio di molti mesi prima, mentre attendevano di essere visitati dal loro terapeuta. Avevano una storia simile, entrambi vittime di un pirata della strada, entrambi avevano perso la memoria ma, mentre Patrick lentamente stava riacquistando pezzi del proprio passato, lei, fino a qualche giorno prima, non aveva ricordato ancora nulla.
La loro amicizia era cresciuta in fretta.
La sua era una facoltosa e ricca famiglia di Chicago, avevano affari in tutto il mondo e lui viaggiava spesso.
Al contrario di lei, che aveva sospeso l’attività lavorativa, lui aveva ripreso quasi subito a lavorare; all’inizio accompagnava il padre e i fratelli nei viaggi d’affari perché non era in grado di occuparsene da solo visto la perdita della memoria; successivamente avevano cominciato ad affidargli affari di minore importanza per dargli l’opportunità di riprendere dimestichezza con il mondo del business.
Era decisamente un bel ragazzo, capelli ed occhi scuri, alto, fisico atletico. Laureato in economia in una prestigiosa università, aveva un paio di anni più di Candice; non era fidanzato al momento dell’incidente, il che lo rendeva un potenziale buon partito, motivo per cui in primo luogo Archibald, e successivamente Albert, avevano caldeggiato apertamente questa nascente amicizia.
 
Da quando Candice si era trasferita a Chicago, Patrick non perdeva occasione di passare del tempo con lei ogni qual volta fosse libero da impegni di lavoro.
Era stato via per una settimana, finalmente era di ritorno e non vedeva l’ora di poterla rivedere e di riabbracciarla: aveva deciso che finalmente le avrebbe aperto il proprio cuore e, se lei avesse voluto, avrebbero potuto portare la loro amicizia ad uno step successivo.
Si sentiva emozionato mentre il treno si avvicinava lentamente alla stazione.
Quando finalmente la locomotiva si fermò, scese di fretta e si guardò intorno, cercava la bella chioma bionda e riccioluta di Candice ma non riusciva a scorgerla.
Per un momento la delusione si impadronì di lui e, raccolto il proprio bagaglio, si avviò a malincuore verso la testa del treno: gli pareva strano che lei non fosse andata a prenderlo come invece gli aveva promesso.
Ad una tratto la vide che correva nella sua direzione e prese a correrle incontro a sua volta; non si era aspettato un accoglienza così calorosa, il che sembrava promettere bene.
Candy gli sorrise non appena lo vide. Sì, era contenta di rivederlo … poi si guardò intorno, si chiese se Terence fosse già partito, effettivamente non aveva pensato di chiedergli a che avrebbe lasciato la città e in cuor suo sperò di essere tanto fortunata da poterlo rivedere anche solo per un istante.
Distratta dai propri pensieri non si accorse dell’arrivo di Patrick che la stritolò in un abbraccio e quasi la soffocò; impreparata si lasciò avvolgere dalle possenti braccia di lui.
“Patrick sto per soffocare!” disse lei, facendo sì che il ragazzo allentasse la presa.
“Scusami Candy è che sono molto felice di rivederti!”
“Sono contenta anche io Patrick.” rispose lei sinceramente mentre il suo sguardo continuava a vagare.
“Candice stai cercando qualcuno? O forse hai perso qualcosa?” le chiese il ragazzo, a cui non era sfuggito, con un certo grado di delusione, che l’attenzione della sua bella fosse focalizzata su altro.
“Oh no, a dire il vero mi era parso di intravedere una persona che conosco ma devo essermi sbagliata.” mentì lei e si sentì colpevole, che motivo aveva di mentirgli?
“Andiamo su ho una gran fame. C’è quella bella bakery poco lontano da qui, sai quella sulla North Michigan, potremmo bere una caffè e mangiare una bella fetta di torta … sì, lo so, per te rigorosamente al cioccolato!”
“Esatto! Oggi mi ci vuole proprio!”
“Perché, è successo qualcosa?” le chiese mentre la seguiva verso l’auto.
“Oh no, niente di che”
“Beh, avrai fatto qualcosa in questa settimana, no?”
“Oh certo, ma ora saliamo in macchina, te lo racconterò dopo!” disse prendendo il posto di guida e mettendo in moto.
Fortunatamente non c’era molto traffico e raggiunsero in breve la bakery di cui aveva parlato Patrick; si erano recati lì svariate volte per cui erano ormai noti al personale.
Li fecero accomodare ad un tavolino dal quale si poteva vedere la strada e ammirare la confusione che popolava la North Michigan. A Candice piaceva poter guardare la gente che si tuffava freneticamente nella propria vita, mentre lei non riusciva nemmeno a ricordare come si chiamasse: Pensava che fosse un bel paradosso.
“Beh, allora come hai passato la settimana, immagino che si sia sentita la mia mancanza.” Scherzò lui in un  maldestro tentativo di sondare il terreno.
“Beh, è stata la solita settimana …”
“Mi spiace … Albert ti tiene ancora sotto la campana di vetro?”
“A dire il vero in questi giorni siamo andati a teatro e anche a cena fuori.”
“Ah bene. E cosa siete andati a vedere?”
“ Sogno di una notte di mezza estate.”
“E come mai questa scelta?”
“Perché il protagonista è un amico di Albert, Annie ed Archie.”
“Caspita addirittura? E chi è? Non sapevo che Albert avesse un amico attore!”
“Se è per quello nemmeno io. Per altro è un famosissimo, anche se io sinceramente non lo conoscevo, comunque forse sono io che vivo su un altro pianeta …. Terence Graham, è lui l’amico di Albert.”
“Scherzi?”
“No, perché dovrei?”
“E tu non sapevi chi fosse?”
“Esattamente!”
Patrick scoppiò in una fragorosa risata e rischiò di strozzarsi, il boccone di torta che stava ingerendo gli andò quasi di traverso.
“Fa così tanto ridere?”
“Scusami, non volevo. Se leggi i giornali non puoi non avere mai visto una sua foto o letto un articolo su di lui”
“Beh insomma, ora ho rimediato. L’ho conosciuto di persona, siamo anche andati tutti a cena insieme e anche ad una festa se è per quello …”
“Quindi non ci sono e trovi subito un sostituto eh?” domandò lui scherzando e le guance di lei avvamparono.
“Che sciocchezze Patrick, davvero!” rispose lei alquanto irritata.
“ Comunque sia Candice, forse adesso è ora che io  passi da casa. Ti va di accompagnarmi? E che ne diresti se passassi a prenderti per cena? Mi sembri stanca, forse troppi bagordi, è meglio se riposi un po’, ed anche io a dire il vero.”
“Certo, andiamo pure” rispose lei facendo per alzarsi.
Lo accompagnò a casa e si diresse verso la propria; si sentiva sollevata di poter essere di nuovo sola, voleva riposarsi e potersi esercitare al pianoforte. Non aveva molto tempo per imparare a suonare quella melodia in maniera dignitosa.
Pensò che avrebbe potuto chiedere aiuto ad Annie del resto chi meglio di lei poteva farle da insegnante?!
“Ciao Candy! Ho una bella notizia e sono contenta di poterla condividere con te. Finalmente domani torna Archie!” la accolse una Annie raggiante; Archie aveva telefonato per avvertire che sarebbe rientrato con qualche giorno d’anticipo.
“Sono proprio contenta!”
“Anch’io!” ammise Annie arrossendo. Durante tutti quegli anni il suo amore per Archie era cresciuto a dismisura, gli era stata vicino sin dai tempi della St. Paul School, sperando che un giorno lui avrebbe imparato ad amarla e a ricambiarla.
Ultimamente, in particolar modo da quando Candice aveva perso la memoria, il comportamento di Archie era mutato, ed Annie aveva temuto in cuor suo, che il suo fidanzato avesse riposto delle nuove speranze in quella amnesia: era consapevole che Archie fosse stato innamorato di Candy, ma sperava ardentemente che fosse acqua passata, anche se temeva che avendo campo libero Archie non avrebbe resistito alla tentazione e avrebbe cercato di conquistare la cugina.
Erano mesi che Annie teneva gli occhi aperti e viveva sul chi va là, aveva paura di perdere tutto ciò che era stata in grado di costruire in quegli anni, seppur da quando Terence era tornato in scena, si sentisse sollevata.
Archie avrebbe dovuto arrendersi e lei era sicura che se anche Candice non avesse mai ricordato, si sarebbe innamorata nuovamente di Terence.
Il bell’attore non aveva intenzione di perderla un’altra volta.
“Ma dimmi un po’, tu che ci fai qui? Non dovevi essere con Patrick?”
“Ah sì abbiamo fatto colazione insieme, ci rivedremo per cena. Credo che debba ragguagliare il padre in merito agli incontri di lavoro. E poi … volevo chiederti un favore, so che sai mantenere un segreto …” disse tirando fuori lo spartito.
“Uno spartito?”
“Mi insegneresti a suonarla?”
“Ma che melodia è, non la conosco!?!?”
 “Per forza, non credo che Terence l’abbia mai incisa” le rispose ridacchiando, più per l’implicita ammissione che non per la domanda dell’amica.
“Terence?”
“Mantieni un segreto vero?” le chiese nuovamente, non avendo notato il sorriso complice disegnato sul volto dell’amica.
“Candice sono o non sono tua sorella?” le ripose divorata dalla curiosità.
“Hai sentito il campanello di casa stamattina?”
“Sì certo, era molto presto.”
“Ecco il Sig. Miles ha aperto la porta e si è trovato innanzi un ragazzino che voleva recapitare una busta di persona alla “Signorina Candice”. Così sono uscita e questo ragazzino me l’ha consegnata e senza che potessi chiedergli nulla è scappato via … non mi è rimasto che aprirla e quando ho visto lo spartito il mio cuore ha capito subito da chi provenisse.” disse lei emozionandosi e non rendendosi  nemmeno conto delle parole usate.
“Ah,che cosa romantica!” disse Annie visibilmente emozionata.
“Non esagerare Annie, non è una cosa romantica. Sicuramente un gesto premuroso ma di romantico non ci vedo proprio nulla.”
“Candice, sarai anche la più sveglia fra noi due ma mi chiedo seriamente dove tu viva a volte! E, dimmi un po’, non c’era nessuna nota?” chiese lei per provarle che aveva ragione.
“Erm … sì … qualcosa c’era!” disse lei vaga.
“E se non hai niente da nascondermi, potresti dirmi cosa c’era scritto?” insistette Annie che voleva assolutamente vederci chiaro. Era sempre stata una persona riservata e rispettosa della privacy altrui, ma non voleva darla vinta a Candy e, per quanto possibile, voleva intromettersi discretamente facendo in modo che la sua cieca amica vedesse le cose con chiarezza. Diverse volte Annie nel corso degli anni si era scontrata con la testardaggine di Candy, specie sulla questione di Terence.
Lei non aveva mai né capito né digerito la loro scelta di separarsi.
“E va bene, leggila pure!” disse mostrandole il messaggio.
“ Candice !E dire che l’ingenua fra noi due dovrei essere io!”
“Annie sei tu  a volere leggere altro in quelle parole”
“Beh non cercherò di convincerti del contrario e comunque, se vuoi il mio aiuto, te lo darò volentieri” le rispose Annie.
“”Grazie, sei la migliore!” le disse Candy abbracciandola.
 
Cominciarono così le lezioni giornaliere di Candy, la quale si ripromise che, semmai avesse incontrato Terence nuovamente, sarebbe stata in grado di suonare quella melodia con lui.
Il solo pensiero la faceva sorridere; si sentiva sciocca a gioire e per una ragione così futile.
Le parole dell’amica avevano sortito un certo effetto.
Annie non era a conoscenza di cosa si fossero detti Candy e Terence la sera precedente per cui doveva avere le sue ragioni se pensava che ci fosse interesse da parte di lui anche se Candy si domandava quali potessero essere. Non aveva il coraggio di indagare oltre anche perché non voleva certo mostrarsi interessata a Terence.
Anzi, non era interessata al giovane attore,o almeno era questo ciò di cui cercava di convincersi.
Del resto Terence era rimasto vedovo da poco anche se dalle sue parole le era parso di capire che fosse già innamorato.
Si era chiesta come ciò fosse possibile visto che aveva perso la compagna di recente. L’aveva anche sfiorata l’idea che forse lui la tradisse, anche se non le sembrava quel tipo di persona … eppure dalle sue parole non aveva percepito alcun amore per la sua donna. Non capiva perché mai fosse stato insieme a lei per così tanto tempo. Decise che non erano cose che la riguardavano e cercò, pur se invano, di concentrarsi su altro.
 
 Quando, ad inizio serata, Patrick passò a prenderla, Candy fu felice di evadere un po’ da quella campana di vetro che i suoi amici le avevano costruito intorno.
Si sentiva controllata a vista, difficilmente la lasciavano uscire da sola, e lei era decisamente stufa di stare in casa  ad oziare. Così ogni qual volta Patrick le desse un pretesto per respirare aria nuova, accettava la sua proposta.
Non poteva certo immaginarsi che Patrick l’avrebbe riportata nello stesso ristorante dove era stata con Terence la sera prima.
 Senza nemmeno togliersi il cappotto si diresse direttamente al piano e strimpellò un paio di strofe della melodia di Terence. si meravigliò del fatto che dopo averla provata solo qualche ora, potesse già ricordare le note e, considerato il fatto che non era mai stata molto brava, le pareva di suonarla già discretamente.
Toccò gli stessi tasti che le mani di Terence avevano sfiorato la sera prima, e chiuse gli occhi nel tentativo di ricordare e di riprovare quella magica atmosfera. Chissà che non l’avrebbe aiutata a ricordare.
La voce di Patrick che la chiamava fece sì che lei interrompesse ciò che stava facendo.
“Candy ma che ti è preso?” chiese lui guardandola incuriosito.
“Scusami Patrick, non lo so, è solo che ho visto il piano e non ho saputo resistere!”
“Ma sei sicura di sentirti bene? Proprio tu che ti sei sempre rifiutata di suonare?”
“Eh beh, che ci vuoi fare, le persone cambiano.” cercò di scherzare lei. Non le andava che lui indagasse oltre.
Si accomodarono al tavolo e la cena procedette tranquilla.
Stavano assaporando il dolce quando Patrick si fece serio. Si schiarì la voce e cominciò uno strano discorso.
“Candy sono un paio di mesi che ci penso, non sapevo come o quando dirtelo, poi sono arrivato alla conclusione che non ci sia un momento e un modo di dirlo … vorrei sapere che pensi in merito alla questione … della nostra relazione “
“In che senso?” chiese lei che aveva fiutato il pericolo.
“ Noi cosa siamo Candy? Amici? Io non direi. Fidanzati? Nemmeno. E io vorrei definire ciò che c’è fra di noi”
“Ah capisco, perdonami non avevo colto.” temporeggiò lei, chiedendosi perché mai dovessero capitarle tante cose insieme e sempre nel momento meno opportuno: lei non poteva dargli ciò che voleva, era troppo impegnata a cercare di mettere insieme il puzzle del suo passato per potersi concentrare sul presente, figurarsi sul futuro.
“Allora?” la incalzò lui impaziente.
Lei prese un profondo respiro prima di rispondergli “Se vuoi che ti risponda in tutta sincerità sei un caro amico Patrick, un carissimo amico. Ti voglio lo stesso bene che potrei volere ad un fratello maggiore se ne avessi uno.”
“E se non mi bastasse? C’è qualcun altro?”chiese lui di rimando.
Lei non disse nulla e si limitò a fissare il suo piatto mentre con la forchetta prendeva l’ultimo pezzo di torta al cioccolato e lo portava alla bocca. In quel momento avrebbe voluto solo poter tornare a casa e rinchiudersi nella propria stanza.
“Candy per favore rispondimi!”
Respirò nuovamente, sconcertata da ciò che la sua stessa mente le stava proponendo, alla domanda di Patrick il suo cuore infatti era inspiegabilmente volato a Terence, forse a causa delle illazioni di Annie, forse per delle ragioni che ancora non riusciva a spiegarsi, o forse … “Sono una sciocca, lui è appena rimasto vedovo e poi ama già un’altra …” ricordò a sé stessa prima di rispondere a Patrick.
“Non c’è nessuno ma ciò non cambia i miei sentimenti nei tuoi confronti. Mi spiace Patrick. Spero che continueremo ad essere amici.” disse infine senza ricevere risposta.
 
Terminata la cena Patrick la riaccompagnò a casa, probabilmente aveva intuito di averla turbata e il silenzio che era calato fra loro ne era la prova evidente.
 
“Sei a casa presto!” commentò Albert che durante quel giorno non aveva ancora avuto il piacere di vederla.
“Ciao Albert. Sì non avevo più volta voglia di rimanere in giro …”
“C’è qualcosa che non va? Lo sai che non riesci mentirmi. Posso aiutarti?”
“Se prendessimo un tè?” offrì lei.
“Ok, andiamo nello studio, ce lo faremo servire lì.” propose lui precedendola.
“Bene allora ti va di raccontarmi che succede?” chiese Albert mentre sorseggiava il tè.
“Patrick … vuole … mi ha chiesto di … insomma vuole definire la nostra relazione”
“Beh, me lo aspettavo sai, sapevo che prima o poi te lo avrebbe chiesto! E tu cosa gli hai risposto, se non sono indiscreto?”
“Sinceramente io non ho mai sentito il bisogno di definire la nostra relazione!”
“Candice, a te lui piace? O è solo un amico? Non dirmi che non te lo sei mai chiesta? Non voglio che mi risponda ma sono sicuro che in fondo al cuore tu sappia cosa provi per quel ragazzo.”
“Penso di sì Albert … per me è un caro amico … ed è questo ciò che gli ho detto, ma sono confusa, non sono pronta ad impegnarmi con qualcuno, non adesso, voglio prima ritrovare me stessa, i miei ricordi, il mio passato; sento che mi manca una grande parte di me, e ciò mi fa sentire incompleta, non mi fa stare in pace con me stessa.” ammise lei tutto d’un fiato, sfogandosi con lo zio che per lei era sempre stato come una fratello maggiore. Nonostante ciò aveva deciso di tacergli il fatto che si fosse ritrovata a pensare a Terence.
“Capisco, tu cerca di fare ciò che è meglio per te!”
“Ci proverò” rispose lei.
Sentirono bussare alla porta.
“Signor Andrew c’è una chiamata per lei, la Signorina Klays!” disse il Sig. Miles entrando.
“Candy perdonami devo rispondere!” disse lui arrossendo.
“Ti prego salutami Karen!” disse lei sorridendo di quel rossore che aveva colorato le guance del suo amico. Fu tentata di chiedergli di porgere i suoi saluti a Terence ma qualcosa la bloccò.
“Lo farò!” disse lui baciandole la fronte e correndo a rispondere al telefono.
“Albert e Karen, fanno proprio una bella coppia!” pensò fra sé e sé.
 
 
Albert corse al ricevitore situato in un’altra stanza; non voleva essere scortese con Candy e chiederle di lasciare lo studio ma desiderava un po’ di privacy  mentre parlava con Karen; non si sarebbe sentito a suo agio sotto lo sguardo curioso della nipote.
“Ciao Karen!” esordì lui prendendo la cornetta del telefono.
“Albert, che piacere risentirti. Perdonami l’ora, ma abbiamo finito da poco le prove!”
“Ah,ma figurati! Come stai?”
“Stanca ma bene direi, anche se avrei preferito mille volte essere ancora a Chicago!” disse lei sfacciatamente.
“Mi avrebbe fatto piacere rivederti stasera.” azzardò lui.
“Sono contenta di sentirtelo dire.”
“Che mi dici di Terence?”
“Mmm … un’anima in pena da quando abbiamo lasciato Chicago. Ti prego venite a New York altrimenti chi lo sopporta in questo stato!” disse lei utilizzando il cattivo umore di Terence come una scusa.
“Mi spiace ler lui. domani ho l’incontro con il terapeuta di Candy, appena avrò delle notizie lo chiamerò, ti prego di dirglielo!”
“Non ti preoccupare sarà fatto!”
“Grazie Karen. E per quanto riguarda New York, lascia che risolva la questione con Archibald e sposti un paio di incontri di lavoro e se possibile ti farò confermerò entro breve la nostra presenza. Forse tu non lo sai ma Archie … oddio, mi vergogno quasi ad ammetterla, ma penso che odi Terence dal profondo … sicuramente dovrò discutere con lui per aver deciso di portare Candy a teatro …”
“Ma Albert, tu hai fatto bene. Vedrai che Archie capirà, del resto perché tenere ancora separati questi due, non credo che tu abbia bisogno che io ti dica quanto si amano … o almeno quanto Terence ami Candy”
“Sì, ne sono consapevole … e da quanto ne so io anche Candy amava ancora Terence prima di perdere la memoria!”
“Ecco! Quindi non c’è motivo di tenerli separati ora che l’arpia non c’è più!”
“Oh, io concordo con te, spero solo che tutta questa situazione dell’amnesia non diventi frustrante!”
“Albert, tu sei un uomo d’affari, un uomo di mondo, non dirmi che non hai notato l’affinità e l’elettricità che c’era fra loro ieri sera?”
“Certo, me ne sono accorto eccome, anche se devo ammettere che una certa ragazza mi ha distratto al quanto, riuscendo a catturare la mia attenzione completamente.” disse lui per riportare il discorso su di loro, il potersi nascondere dietro una cornetta lo rendeva più audace, il rossore che aveva colorato le sue guance non sarebbe stato visto da nessuno.
“Ah, che ragazza fortunata!” disse lei ridendo.
“Karen perdonami ma ora devo salutarti, ho lasciato un discorso in sospeso con mia nipote. Grazie per avermi chiamato! Buona notte, a presto!”
 “ A presto Albert, buona notte!” lo salutò  lei riponendo la cornetta. Era felice, soddisfatta, entusiasta.
Si guardò allo specchio e sorrise compiaciuta.
 
Albert riagganciò la cornetta col sorriso sulle labbra. Aspettò qualche minuto, poi tornò nel suo studio per riprendere il discorso lasciato in sospeso con Candy che perònon c’era più; probabilmente era andata a dormire. Decise che sarebbe stato meglio se avesse fatto lo stesso, la mattina seguente avrebbe visto il dottor Price e sarebbe stata sicuramente un’altra giornata impegnativa.
 
Candy era nella sua stanza, stringeva lo spartito fra le mani e rileggeva la nota lasciatale da Terence. Si chiedeva se Annie avesse ragione e se quel ragazzo provasse interesse nei suoi confronti.
La sola idea le creava uno scompiglio interiore.
Non erano passate nemmeno 24 ore dall’ultima volta che lo aveva visto eppure desiderava che i 28 giorni che li separavano, passassero velocemente.
Prese la sciarpa da sotto il cuscino, se l’avvolse attorno al collo e inspirò profondamente il suo profumo; ricordò i suoi bellissimi e profondi occhi blu e uno strano sfarfallio si impossessò del suo stomaco. Guardò fuori dalla sua finestra, il cielo era blu come gli occhi di Terence e quella sera si vedevano persino le stelle. “Chissà che stai facendo?!” si chiese lei sospirando.
 
Terence era nella propria stanza di albergo a Toledo, che distava poco più di 5 ore di viaggio da Chicago eppure sembrava una distanza insormontabile. Si chiese come fosse stata la giornata di Candice, se fosse con Patrick, cosa stesse facendo. Si affacciò alla finestra, prese una fresca boccata d’aria e si fermò ad ammirare le stelle; ce n’erano talmente tante in cielo che pensò che anche il firmamento avesse le lentiggini e che forse tutte le cose belle avessero le lentiggini. Chiuse la finestra, spense la luce e si mise a letto. Sarebbe stata una lunga nottata, sarebbero stati 28 lunghissimi giorni.
 

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Capitolo 7
*** Incontri e scontri ***




Capitolo VI
 Incontri e scontri


-colonna sonora Negramaro un passo indietro

Quella mattina Archibald sarebbe finalmente rincasato, non vedeva l’ora di rivedere Annie e la sua famiglia; non si aspettava certo che avrebbe litigato con la sua fidanzata e discusso con Albert.
Quando entrò in casa fu felice di trovare la ragazza che lo aspettava; lei e Candy stavano chiacchierando allegramente.
“Archie finalmente!” esclamò Annie correndogli incontro. Il ragazzo le si avvicinò e molto teneramente le baciò la fronte, non era avvezzo a smancerie di fronte ad altri; baciò Candy sulla guancia poi lasciò la borsa sul pavimento e prese posto sul divano.
“Ufff, sono proprio a pezzi! Albert mi deve almeno un paio di giorni di riposo! Non immaginate che caldo faccia in Messico.” esordì lui.
“Ah sono sicura che Albert non avrà nulla in contrario, vedrai! E’ bello riaverti a casa finalmente! Ma come mai sei tornato prima?” gli chiese Annie.
“Sentivo troppo la tua mancanza!” scherzò lui facendole l'occhiolino e poi aggiunse “Ho concluso l’affare prima del previsto e volevo ragguagliare Albert di persona; a proposito dov’è?”
“Nel suo ufficio credo.” disse Candy che fino ad allora aveva assistito alla scena in silenzio.
“Beh che mi raccontate di bello? Candice, mi sembri diversa, è successo qualcosa? Hai uno sguardo così raggiante. Ma lasciami indovinare, è tornato Patrick?”
“Sì, Patrick è tornato. Ma perché mi dici che mi trovi diversa? A me non pare!” disse lei mentendo anche a sé stessa: come avrebbe potuto il cugino non accorgersi della rinnovata luce nei suoi occhi.
“Beh, magari è successo qualcosa di speciale in questi giorni?” azzardò lui curioso. Conosceva i sentimenti di Patrick nei confronti di Candy e si chiese se il ragazzo non avesse finalmente deciso di farsi avanti.
Annie non fece in tempo ad intromettersi che Candice stava già ragguagliando il giovane Cornwell sugli avvenimenti degli ultimi giorni.
“Siamo andate a teatro con Albert che ci ha presentato un vostro amico comune, Terence Graham. Siamo andati persino ad una festa con lui e anche a cena fuori. E’ davvero un peccato che tu non ci fossi, ti saresti divertito! Abbiamo conosciuto anche Karen Klays, immagino che tu sappia chi è? Sai, è molto simpatica anche lei. Pensa che ci hanno invitati ad andare all’ultima rappresentazione per questa stagione teatrale, che avrà luogo a New York!” disse Candice entusiasta.
“Terence Graham?” chiese Archie shockato. Non capiva se fosse un brutto scherzo.
Era talmente scosso e arrabbiato che era in procinto di sbottare ma l’arrivo tempestivo di Albert lo bloccò.
“Archie è un piacere vederti, per giunta qualche giorno prima rispetto alla tabella di marcia! Devo dedurne che l’affare sia andato bene! Vieni a ragguagliarmi, su, che aspetti?!” lo esortò Albert indicandogli la via per l’ufficio.
Archie capì che Albert non voleva affrontare l’argomento in presenza di Candy, quindi si limitò a seguirlo senza discutere; una volta chiusa la porta dell’ufficio però sbottò.
“Dimmi che è uno scherzo? Candy ha incontrato Terence? Ma siete impazziti?”
“Archibald, metti da parte l’antico antagonismo che ti ha sempre contrapposto a Terence e mettiti a sedere!” disse Albert sottoforma più di un ordine che di un invito.
Archie obbedì nonostante fosse talmente furente che avrebbe preferito poter camminare su e giù per la stanza per tentare di sbollire la rabbia.
“Sai che Susanna è morta vero?”
“Certo che lo so!” rispose Archie irritato, non capiva dove Albert volesse andare a parare.
“Ti sembra giusto continuare a mentire a Candy? Il dottor Price ha sempre ritenuto che fosse meglio dirle la verità; sai benissimo che noi non lo abbiamo fatto per non farla soffrire ma, ora che l’ostacolo di Susanna non c’è più e, visto che i sentimenti di Terence per Candy non sono cambiati, che senso aveva continuare a mentirle?”
“E quindi le avete raccontato tutto?”
“In realtà no. Non so di loro de e nemmeno che lo conosceva, lo ha incontrato solo come un nostro amico: solo stamattina ho avuto modo di parlare col dottor Price per sapere che linea adottare, intendo dire come comportarci.
Ha suggerito di lasciarle modo di ricordare naturalmente, dandole dei piccoli input e, se non dovesse ricordare, allora potremmo dirle la verità ma il tempo e il modo sarebbero comunque da concordare con lui.”
“Io Albert non ti capisco … prima di tutto sarebbe stato più corretto se ne avessimo parlato e se avessimo deciso insieme … e poi, perché ancora Terence? Non ti è bastato vedere quanto Candy abbia sofferto per lui? Come la mettiamo con Patrick?”
“Parli del Patrick a cui Candy proprio oggi ha detto di volere bene come ad un fratello?”
“Ma manco qualche giorno e succede di tutto!? Candy ha rifiutato il corteggiamento di Patrick? E’ questo che mi stai dicendo?”
“Archie, sai che non mi piace farmi gli affari degli altri ma sì, è ciò che cercavo di dirti!”
“E come ha reagito all’incontro con Terence? E perché né tu né Annie me ne avete accennato al telefono? Sono molto deluso dal vostro comportamento!”
“Archie, Annie ha taciuto perché gliel’ho chiesto io e ti sarei grato se non te la prendessi con lei, mentre io non te l’ho detto perché sapevo che avresti reagito male. Sii sincero, sei arrabbiato perché non ti ho consultato, o perché quell’antico sentimento che provavi per Candy è ancora lì nel tuo cuore? Mi sono accorto che, dal giorno in cui abbiamo scoperto che Candice ha perso la memoria, il tuo comportamento è cambiato ed ho il vago sospetto che se ne sia accorta anche Annie.”
“Cosa stai cercando di insinuare?”
“Vuoi dirmi che non hai pensato che finalmente potesse essere arrivato il tuo momento per conquistare Candice? Non mi guardare così! Pensi che non sappia che eri innamorato di lei? Gli screzi fra te e Terence ai tempi della scuola … avevi già rinunciato a lei per Anthony …”
“Albert cosa stai dicendo? Stai farneticando? Io amo Annie! Sì, è vero, sono stato innamorato di Candice ma ci ho messo una pietra sopra. Mi spiace che tu possa pensare una cosa del genere di me e spero ardentemente che Annie non abbia pensato la stessa cosa!” disse il giovane profondamente offeso dalle parole dello zio.
“Se mi sono sbagliato Archie, ti chiedo scusa.”
“Ti sei sbagliato eccome! Sì, è vero, da quando Candy ha perso la memoria sono più protettivo nei suoi confronti, ma solo perché non voglio che soffra ancora … e per la storia di Terence, lo sai che lui non mi piace! Non gli ho mai perdonato di averla lasciata per Susanna e non venire a raccontarmi che l’ha fatto per senso del dovere.”
“Senti Archie, non sta a noi giudicare cosa sia successo fra Candy e Terence anni fa, non conosciamo nemmeno come siano andate davvero le cose, a me interessa che Terence la ami e che lei …”
“Lei non lo ama. Non più!”
“Lei non ricorda, è diverso. So che lo ama ancora e se li avessi visti insieme ne avresti la certezza anche tu!”
“Visto che siamo in argomento, cos’è questa novità che siamo invitati ad andare a New York?”
“Fra poco meno di un mese si terrà la serata conclusiva della stagione e ci sarà una grande festa. Karen ci invitati e noi andremo!”
“Ah, non contare su di me!”
“Archie, non penso tu abbia scelta. Vuoi che Annie resti senza cavaliere?”
“Oh, se è per questo Annie non verrà!”
“Non credo che sarà d’accordo con la tua decisione. “
“Vedremo.” rispose Archie facendo per andarsene.
“Aspetta! Dimmi com’è andata in Messico?!”
“Bene. Affare concluso. Ti lascio la relazione, se c’è qualcosa che non ti risulta chiaro ne potremo parlare dopo. Ora sono stanco e vorrei riposare. Se ti preoccupi di Neal e Iriza non si muoveranno di lì, dopo la minaccia di diseredarli, sta’ tranquillo, non ci causeranno problemi!” disse alludendo a ciò che Albert aveva fatto un po’ di tempo addietro.
“Ora puoi andare allora!”
“A dopo.” disse Archie sbattendo la porta.
Albert era sollevato di poter constatare che Neal e Iriza fossero un problema in meno a cui pensare. Quando un paio di anni prima li aveva esiliati in Messico con la velata minaccia di diseredarli, non aveva sperato che avrebbero sottostato alle sue regole, anche se era stato piacevolmente smentito.
Rimaneva il problema di Archibald; era contento che il nipote non fosse più innamorato di Candy ma il suo astio nei confronti di Terence correva il rischio di causare dei problemi.
Era cosciente di avere giocato d’azzardo riportando Terence nella vita di Candy ma aveva i suoi motivi. Per anni si era sentito colpevole di quella straziante separazione a cui erano stati costretti la sua piccolina ed uno dei suoi più cari amici. Non aveva potuto muovere un dito quando Terence aveva abbandonato la St. Paul sacrificandosi per Candy e non era intervenuto quando si erano separati dopo l’incidente di Susanna, perché da “Albert” non avrebbe potuto fare molto. Se solo a quei tempi il mondo lo avesse già conosciuto come William Andrew … eppure lui stesso era il primo a non ricordare chi fosse, avendo perso la memoria a seguito di un incidente.
Dalle sporadiche lettere che aveva scambiato con Terence aveva sempre avuto l’impressione che il giovane non avesse mai dimenticato Candy, nonostante avesse sempre evitato di chiedere di lei. Era lampante dalle sue parole che soffriva e non era felice della propria vita. Si era aspettato che dopo la morte di Susanna il giovane avrebbe tentato di contattare Candy eppure, preso dalla sua insicurezza e dal timore di non essere abbastanza per Candy non lo aveva fatto. Candy aveva perso la memoria e, a quel punto, l’unico a poter fare giustizia per questa coppia era proprio lui, Albert.
Forse in cuor suo lo aveva fatto anche per mettere a tacere quella vocina che a volte gli rendeva difficile dormire e che lo sgridava per non essersi preso cura come doveva di Candy. Perché l’aveva protetta, sempre, ma non dal dolore più grande della sua vita.
Scacciò quei brutti pensieri e
decise che fosse il caso di chiamare Terence e informarlo su cosa avesse detto il dottor Price.

“Amico mio come stai?” chiese Terence quando rispose al telefono.
“Ho appena finito di litigare con Archibald.”
“Cornwell mi odia ancora vero?”
Albert rise prima di rispondergli “E’ unitile che ti menta, sai di non piacergli.”
“Sì, direi di sì; ma Albert dimmi, hai parlato con il terapeuta?”
“Sì, infatti ti chiamavo per quello. Mi ha detto che per ora sarebbe meglio cercare di dare degli input a Candy, cercando di farle riaffiorare la memoria, se poi dovessimo vedere che non ricorda, le potremo dire la verità ma tempo e modo saranno da concordare con lui.”
“Comunque mi sembra un passo avanti … Albert io sono sicuro di poterla aiutare a ricordare …”
“Terence è un anno che noi proviamo invano.”
“Sì Albert, ne sono consapevole e non voglio certo sminuire il vostro prezioso lavoro ma non è per colpa vostra che non ricorda e sono sicuro che il mio amore potrebbe sbloccarla …” pronunciò le sue parole con una certa fatica, nonostante Albert fosse un caro amico, per Terence non era mai stato facile esternare i propri sentimenti.
“Forse hai ragione tu Terence e, a questo punto, tentar non nuoce. ”
“Ho solo paura di come reagirà quando scoprirà tutte le bugie che le stiamo raccontando.”
“Ci ho pensato anche io ma se la conosco abbastanza credo che capirà … dovremo darle del tempo ma capirà, vedrai.”
“Spero che tu abbia ragione … ma mi sbaglio o qualcuno sta suonando il piano?” chiese Terence cambiando argomento.
“Ah sì, non ci crederesti mai ma è Candy!”
“Davvero?” chiese lui emozionato. Se Candy stava suonando doveva essere la melodia di cui lui le aveva fatto ricevere lo spartito.
“Cosa sta suonando?” chiese Terence incuriosito.
“Non saprei ma potrebbe essere quella che hai suonato tu al Delmonico's?”
“Può darsi …” fu la sua risposta vaga.
“ Sono contento che si stia concentrando su qualcosa.” disse Albert e pensò che, almeno per quel momento, fosse meglio tacergli la storia di Patrick.
“Io più di te. “ disse l’attore.
 “Terence devo salutarti! Spero che ci vedremo a New York, te lo farò sapere presto.”
“Grazie Albert. A presto.” Lo salutò prima di riattaccare.

Era davvero felice.
Candy stava imparando a suonare la sua melodia e ciò poteva voler dire una sola cosa: voleva andare a New York e voleva suonarla con lui.
Non riuscì a reprimere un insistente sorriso che con prepotenza gli fece capolino sulle labbra.
Ancora ventiquattro giorni e si sarebbe potuto specchiare nei suoi stupendi occhi verdi e perdersi a contare le sue innumerevoli lentiggini.
A breve sarebbe stato il suo compleanno, avrebbe fatto in modo che le venisse recapitato un regalo, doveva solo pensare cosa. Se avesse trovato un qualcosa che potesse ricordarle la loro storia, allora il regalo sarebbe stato perfetto e forse avrebbe anche sortito l’effetto desiderato.
Intanto era già ora di rifare la valigia e passare alla tappa successiva.
Pian piano si stava allontanando sempre più da Chicago e, più si allontanava, più temeva che non l’avrebbe rivista. La conferma di Albert tardava ad arrivare e questo sicuramente anche a causa del comportamento di Cornwell: sapeva che Archie , quell’arrogante damerino, avrebbe cercato di ostacolarlo; non gli era mai andata giù di aver perso Candy in suo favore.
Quante volte ai tempi della St. Paul School si erano scontrati, ogni pretesto per Archie era buono per attaccare briga; si ricordò del giorno che avevano duellato con il fioretto e gli venne da ridere, dovette riconoscere che aveva fegato quel Cornwell e soprattutto era talmente innamorato di Candice, da non riuscire ad accettare la sconfitta: a quel tempo Terence non sapeva che il cuore di Candy gli apparteneva e probabilmente Archie era infastidito dal loro avvicinamento.
Chiuse la valigia e raggiunse i suoi compagni.
Lo attendeva un altro treno.

Quando Archie uscì dall’ufficio di Albert trovò Annie e Candy ad attenderlo ma lui non era dell’umore giusto, aveva bisogno di tempo per incamerare le troppe notizie fornitegli dallo zio.
“Tutto bene?” chiese Candy notando l’espressione contrita del cugino.
“Sì certo, solo un po’ di stanchezza!”
“Perché tu ed Annie non mi precedete in salotto, ti faccio preparare un tè e della torta?” chiese Candy nell’intento di lasciarli un po’ da soli.
“Ti ringrazio!” disse Archie che non voleva fare preoccupare Candy, alla quale voleva molto bene, ma non il tipo di bene cui alludeva Albert.

Candy li lasciò da soli e loro raggiunsero il salotto. Lei si accomodò ed attese che fosse lui a parlare per primo temendo la sua reazione.
“Perché non me ne hai parlato? Tu sei la mia fidanzata, io pensavo di potermi fidare di te!”
“Archie io ho solo fatto ciò che mi ha chiesto Albert!”
“Non mi interessa! Io mi fidavo di te! Sono talmente arrabbiato!!
Granchester ancora nella nostra vita, non posso tollerarlo!” urlò rabbioso.
“Calmati! E smettila! Non ti fidi di me? Ed io cosa dovrei dire? Ti sono stata vicina sin dai tempi della scuola, nonostante sapessi che tu amavi lei, ho sperato che un giorno mi avresti ricambiata e adesso tu … tu …!”
“Cosa stai insinuando? Ma siete impazziti tutti?”
“Tu la ami Archie? Stai cercando un modo per liberarti di me e per provare a conquistarla?”
“Annie tu stai sragionando!”
“Ah, non credo proprio!” controbatté lei furente; non avevano mai affrontato l’argomento e non avevano mai avuto una lite dai toni così accesi; lei era sempre rimasta in silenzio ma adesso cominciava ad essere stufa.
“Annie per favore …”
“Allora dimmi perché non vuoi che lei lo riveda? All’inizio anche io avevo qualche remora nei confronti della decisione di Albert ma se li avessi visti insieme ti saresti reso conto anche tu che loro si appartengono! Per favore Archie, ragiona! Albert aveva ragione, nessuno potrà amare Candy quanto la ama Terence! Ridiamole i suoi ricordi, ridiamole il suo passato, che senso ha tutto questo?” chiese Annie quasi fra le lacrime, mentre tentava invano di ritrovare il controllo di sé.
“Non sta a me decidere e comunque sappi che noi a New York non andremo!”
“Noi? Tu fa’ come ti pare, io a New York vado,con o senza di te!”
“Annie perché vuoi che soffra di nuovo? Lui l’ha fatta soffrire già una volta, chi ti garantisce che non lo farà di nuovo?”
“Archie, tu sei accecato dall’amore che nutri per lei! Lasciala in pace e lascia che sia lei a decidere! Forse dovrei fare le valige e tornare dai miei, che senso ha continuare a stare qui?” chiese più a sé stessa che al ragazzo.
“Annie non puoi lasciarmi!”
“Non posso? E perché mia dovrei restare con te , per essere la tua seconda scelta? Un ripiego?”
“Annie io ... io ti amo, non essere stupida!” disse Archie al limite della sopportazione; quella situazione stava diventando ridicola. Si chiese se fosse il caso di fare proprio in quel momento ciò che si era ripromesso di fare a cena; visto che la situazione stava degenerando velocemente, si fece forza.
“Annie, non avrei voluto farlo così, non ora, ma il tuo comportamento non mi sta lasciando altra scelta …”
“ Come tuo solito, è sempre colpa mia?”
“Annie per favore ascoltami!” disse lui inginocchiandosi e tirando fuori una scatolina di velluto bordeaux.
Lei lo guardò sbalordita, le lacrime le salirono agli occhi quando comprese cosa stava per succedere.
“Annie Brighton, vuoi diventare mia moglie?” chiese Archie sperando in un sì da parte della ragazza.
“Archie io …”
“Annie, ti amo e vorrei che diventassi la mia compagna per la vita; non sto scherzando, ci ho pensato molto mentre ero in Messico. Ti prego, sposami e rendimi un uomo felice!” disse lui che ormai temeva di venire respinto.
“Solo se mi prometti di ragionare!”
“Eh va bene, cercherò di essere meno impulsivo e ascolterò le vostre ragioni!”
“Allora adesso puoi richiedermelo!”
“Annie Brighton mi faresti l’onore di diventare mia moglie?”
“Cento volte sì Archibald Cornwell!” rispose lei gettandoglisi al collo.
Lui la baciò con passione; gli era mancata molto e quel litigio lo aveva provato; non erano soliti bisticciare così, ma capiva, adesso che sapeva che Annie era al corrente dei suoi sentimenti per Candy, come mai lei avesse reagito a quel modo e dubitato del suo amore.
Lui le infilò l’anello al dito, lei guardò quello stupendo solitario, gli occhi le brillavano e, quando lui l’attirò a sé per baciarla nuovamente, lei non si oppose.
“Ecco il tè e la torta!” disse Candy entrando e interrompendo l’atmosfera di riappacificazione che si era creata fra i due.
“Oops scusatemi, non sapevo … non volevo … ecco io …”
“Ah Candy non ti preoccupare!” le disse Annie per tranquillizzarla, e le fece vedere l’anello che portava al dito.
“Ma che bella notizia!!!” esclamò Candice felice; era contenta che finalmente suo cugino si fosse deciso, Annie lo amava dal profondo del suo cuore, da quanto ne sapeva gli era stata vicina sin dai tempi del college.
“Non ci resta che dirlo ad Albert, ci penso io?” chiese ad Archie, sapendo che il futuro marito avrebbe acconsentito, visto che lui aveva appena litigato con lo zio.
“Niente festa?” chiese Candy sbalordita: conoscendo Archie, sapeva che non avrebbe mai rinunciato ad una festa a maggior ragione avendo un buon motivo per organizzarne una.
“Candy certo che ne faremo una! Prima decidiamo una data e poi pensiamo all’organizzazione, dobbiamo sicuramente ufficializzare il tutto!” disse Archie decisamente più tranquillo, aveva temuto il peggio durante il litigio con Annie ed era rimasto sorpreso di vederla reagire e difendere la propria posizione con tutte le sue forze, era sempre stata dolce ed arrendevole ma crescendo era maturata ed era diventata una donna forte e più sicura di sé.
“Ceniamo insieme stasera per festeggiare? Annie lo dici tu ad Albert?”
“Certo Archie, ci penso io!”
“Annie sono davvero contenta per voi!” si complimentò Candy avvicinandosi alla sua amica e abbracciandola forte.

La cena di quella sera fu un momento non solo di festa per Archie ed Annie ma diede un buon pretesto a zio e nipote per bere un whiskey, una volta di ritorno, e chiarire la situazione.
“Sono contento che tu abbia deciso di sposare Annie, è una brava ragazza e ti ama molto.”
“Lo so, sono fortunato! Ma lascia che ti chieda scusa per oggi. Sai, se non fosse stato per Annie non so se sarei riuscito a ragionare, lo sai che Granchester non mi è mai piaciuto ma se sia tu che Annie ritenete che sia giusto che lui rientri nella vita di Candy, cercherò di accettarlo e starò alle tue regole. Ti rammento però che non sono d’accordo e che temo che la faccia soffrire nuovamente!”
“Mi assicurerò che ciò non succeda . E Archie, Terence si chiama Graham, non Granchester, ricordatelo per favore!”
“Ci proverò.” rispose lui.
Archie non era affatto convito che Annie ed Albert avessero ragione ma non voleva litigare con nessuno, del resto a tutti loro stava a cuore il bene di Candice nonostante avessero punti di vista ben diversi.
“Archie so che non è il momento migliore per riprendere l’argomento ma ho spostato i miei impegni e quindi andremo a New York. Sto solo aspettando il compleanno di Candy per comunicarglielo.”
“Vorrà dire che verrò con voi, è molto che non vedo Granchester … erm volevo dire Graham …”
“Sì, ricordo bene le vostre scazzottate ai tempi del college.
Archie, spero che una volta che li avrai visti insieme ti convincerai anche tu che è la giusta decisione!”
“Vedremo!” rispose Archie, non particolarmente convinto.
“Ora andrei a dormire se non ti spiace, è stata una giornata lunga e faticosa.”
“Certo Archie, figurati. Mi raccomando, poi fatemi sapere quando avrete deciso qualcosa per la festa di fidanzamento.”
“Ok, allora a domani” lo salutò Archie lasciando Albert da solo e ritirandosi nella propria stanza.
Presto sarebbe diventato il marito di Annie Brighton.

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Capitolo 8
*** Sorprendimi! ***


Capitolo VII
 
Sorprendimi!
-colonna sonora vivo sospesa di nathalie

 
“Ho comunque sempre scelto te. Ti ho scelto anche con la distanza di mezzo, con la paura di non vederti.
Ho sempre scelto te perché nessuno è in grado di essere al tuo livello. Ho sempre scelto te perché il tuo sorriso non riesco a trovarlo sul volto di nessun altro.”
***
 
“Auguri Candice!” si disse una volta sveglia.
“E’ già il giorno del mio 23esimo compleanno, o dovrei considerarla è la mattina del mio primo compleanno visto che non ricordo niente del passato?”si chiese la ragazza scrutando attentamente la propria immagine riflessa nell’enorme specchio.
“Non mi sembro invecchiata, il mio viso è sempre uguale”aggiunse giocando con uno dei suoi riccioli ribelli.
Quella mattina ci sarebbero stati fiori e regali ad attenderla; non avevano organizzato una festa ma sicuramente Albert l’avrebbe portata in qualche bel ristorante, nonostante a lei non andasse di festeggiare visto che non aveva niente per cui essere felice: si vestì, indossò il suo migliore sorriso e
 raggiunse la sala da pranzo.
“Buongiorno! Come ci si sente con un anno di più?” si rivolse a lei una raggiante Annie; da quando Archie l’aveva chiesta in moglie la ragazza sembrava più tranquilla e pareva avere acquisito maggiore consapevolezza di sé.
“A dire il vero non è che mi senta diversa, anzi!”
“Ci sono molti fiori per te! Ma è evidente che questi sono da parte mia, perché sono i più belli!” disse Archie avvicinandosi con dei bellissimi fiori colorati e profumati, aveva accuratamente evitato le rose per non correre il rischio di riportarle alla memoria Anthony e la sua morte, proprio in quel giorno che avrebbe dovuto essere di festa.
“Auguri cugina!” disse scoccandole un sonoro bacio sulla guancia.
“Grazie cugino!”
“Mi spiace, ma per il regalo dovrai aspettare questa sera!” aggiunse facendole l’occhiolino.
A Candy non interessavano particolarmente i regali, si era svegliata con un solo pensiero che stava cercando di accantonare, eppure quando Annie le aveva mostrato i diversi mazzi di fiori che erano arrivati, ne aveva cercato uno in particolare senza trovarlo ed era rimasta delusa.
Dovette ammettere che non c’era nessuna ragione alcuna per cui lui dovesse conoscere la sua data di nascita ma, nondimeno, ci restò male.
Trovò dei fiori che provenivano da Patrick.
Patrick … le mancava il suo amico; da quando un paio di settimane prima lei aveva rifiutato il suo corteggiamento sembrava sparito nel nulla, forse fagocitato dal suo lavoro, o forse no.
Lei aveva deciso di rispettare quel silenzio che era inevitabilmente calato fra di loro e per tale motivo si sorprese alquanto di trovare quelle belle camelie.
Avrebbe voluto chiamarlo e ringraziarlo ma forse non era ancora il momento; gli avrebbe scritto un bigliettino e se lui avesse voluto, sarebbe stato lui a riprendere i contatti: lei non voleva dargli adito di  poter pensare che avesse cambiato idea.
“Io vado a fare un giro a cavallo!”disse Candice che voleva rimanere da sola, stava cercando semplicemente qualcosa da fare per riempire quella giornata.
Albert era via per lavoro e le aveva lasciato un bigliettino:
“Cara Candice
Tantissimi Auguri di Buon compleanno!
Per festeggiare questa sera porterò te, Annie ed Archie al Sunrise.
Per quanto riguarda il regalo e i fiori mi spiace ma dovrai attendere fino a questa sera, il Principe della Collina sarà felice di consegnarteli di persona.
A dopo,
Albert.”
 
“A dopo allora! Ti aspetto per la lezione giornaliera di pianoforte! Eh già nemmeno oggi ti risparmierò mia cara!” le disse Annie ridendo ed osservandola mentre si apprestava ad uscire.
“Lezioni di piano? A Candy?!” Archie rise di cuore, effettivamente tutti sapevano che non era propriamente il suo forte.
“Cugino cosa stai insinuando? Vedrai come sto diventando brava e ti dovrai rimangiare quanto detto!Comunque fatemi andare, ci vediamo fra un po’!”disse avviandosi verso la porta.
Si fece sellare il cavallo e fece una lunga passeggiata, il vento le faceva ondeggiare i riccioli ribelli e si sentiva libera e leggera.
Fermò il cavallo, scese e fece due passi facendo si che il cavallo le  passeggiasse accanto, poi lo legò al tronco di un albero e si sdraiò sull’erba.
“Che bel sole … gli alberi cominciano a fiorire, gli uccellini cinguettano … dovrei essere felice e invece mi sento triste e vuota, perché devo sentirmi così?” disse ad alta voce: forse sperava che il vento, gli alberi, o la natura circostante le dessero una risposta.
Rimase lì per un po’, il sole le scaldava le guance e ciò avrebbe messo in risalto la sua miriade di  lentiggini.
All’improvviso ripensò a Terence e a quando le aveva baciato la guancia, quella vicinanza così ravvicinata l’aveva fatta rabbrividire; si conoscevano da poco e. anche se avevano trascorso insieme due giornate intense, non riusciva a spiegarsi come potesse sentirsi così malinconica a causa della sua partenza.
Lui le aveva lasciato la sciarpa, le aveva regalato lo spartito: possibile che i sentimenti per la sua compagna fossero già nel dimenticatoio? Possibile che Annie avesse ragione e che Terence fosse interessato a lei? Ma perché mai uno come lui doveva essere interessato ad una comunissima ragazza come lei?
“Candy sei una sciocca, smettila di pensare queste cose!” si sgridò.
Continuava a rimuginarci sopra, non poteva spiegarsi come mai lei si sentisse così e più cercava una spiegazione e più finiva con l’arrovellarsi inutilmente.
“Ok alziamoci e godiamoci questo compleanno!” si disse mentre si rimetteva in piedi.
Slegò il cavallo, vi montò e a tornò alla villa.
“Ben tornata!” disse Annie una volta che Candy entrò nel salone.
“ E’ una bellissima giornata di sole! Credo di essermi lievemente abbronzata!” disse guardando la propria immagine riflessa nell’enorme specchio situato in quella stanza, notò come l’immagine che lo specchio le restituiva era ormai quella di un corpo di giovane donna.
“Candy fossi in te andrei a controllare i fiori, ce ne sono di appena arrivati!” disse Annie incuriosendola, sapeva che Candy li stava aspettando, se ne era accorta dallo sguardo deluso di quella stessa mattina.
“Ah davvero? E quale altro parente alla lontana si sarà ricordato del mio compleanno?” le rispose guardando fra i fiori. Quando riconobbe un mazzo di narcisi, il suo cuore si fermò per un istante.
Potevano essere i suoi? Chi altri però avrebbe potuto inviarle proprio dei narcisi?
“Su dai guarda il bigliettino!” la esortò Annie curiosa.
Candy obbedì e l’aprì ma rimase delusa da ciò che vi trovò scritto.
“ – 16 ”
Quindi non erano per il suo compleanno? Per un istante si era illusa che lui si fosse interessato a lei e le avesse mandato i fiori per quella ricorrenza; era talmente concentrata sul proprio compleanno che non aveva nemmeno considerato il significato di quel “ – 16 ”
“Candy allora?”
“Un mazzo di narcisi con uno strano bigliettino con un – 16” disse lei, la delusione traspariva dal tono della sua voce.
Annie dovette trattenersi dal ridere: possibile che fosse così intenta a pensare al suo compleanno che non avesse capito cosa volesse dire quel -16?
“Candy,  hai capito a cosa si riferisce?”
“Ma se non sappiamo nemmeno chi li ha mandati!”
“Ok Candice, amica mia, sai essere veramente sciocca quando vuoi … prova a fare due conti, quanti giorni mancano all’ultima rappresentazione di “Sogno di una notte di mezza estate” a New York?”
“Allora, oggi è il 7 maggio …. Mmm … sedici direi!”
“Ecco sciocchina, ti sei risposta da sola, a me sembra un conto alla rovescia!”
Un conto alla rovescia?!?! Lei non ci aveva assolutamente pensato.
Possibile che Terence stesse contando i giorni? Non le aveva mai scritto, non l’aveva mai chiamata.
“Vado in camera.” disse cercando di nascondere il sorriso che le era nato sulle labbra … era ancora incredula ma forse Annie aveva ragione e quello era davvero un conto alla rovescia.
“A dopo allora, ti aspetto per la lezione di piano! E ricordati che Archie ci porta a pranzo fuori.”
“Ok … ora però vado a mettere i narcisi in un vaso!”
 
Purtroppo la fortuna non era dalla parte di Candy quel 7 maggio, non appena era uscita, il telefono aveva cominciato a squillare ed Archie aveva risposto prontamente.
“Casa Andrew” la voce del giovane Cornwell fece fare un tuffo nel passato a Terence.
“Cornwell, sei proprio tu?”
“Granchester! Che vuoi?” aveva risposto Archie poco cortesemente.
“Credo tu possa immaginare il motivo della mia telefonata”
“Mi spiace ma Candy è uscita a fare una passeggiata a cavallo e non so dirti quando tornerà”
“Vorrà dire che proverò più tardi!”
“Vuoi che le dica che hai chiamato?”
“No, per favore, vorrei riprovare più tardi!”
“Come credi … ah prima di terminare questa conversazione, ti piacerebbe sapere se verremo a New York? Sai Albert ci ha comunicato la sua decisione … ma no, forse è meglio che ve ne parli lui, immagino che vorrà spiegare a Karen le sue motivazioni” disse Archie nel tentativo di far credere al giovane attore che le proprie aspettative sarebbero state disattese.
“Beh, attenderò che sia Albert a dirmelo, non ti preoccupare.” rispose Terence alquanto irritato, era un attore di un certo peso e non gli riuscì affatti riuscì quindi a tenere sottocontrollo la propria voce , nonostante avrebbe felicemente sferrato un pugno su quella faccia da damerino impettito del giovane Cornwell.
“Chi era?” gli chiese Annie notando l’espressione soddisfatta del suo fidanzato.
“Oh Granchester… Graham … insomma Terence!”
“Oh no, che sfortuna!”
“Beh, ha detto che richiamerà!”
“Ma noi siamo fuori sia a pranzo che a cena, l’hai scordato?”
“Non ci avevo pensato … beh poco male …”
“Come poco male? Archibald Cornwell! L’hai fatto a posta?”
“Annie Brighton finiscila di delirare! Non ci ho pensato. Lui mi ha chiesto di non dirle niente perché avrebbe richiamato e a me non è venuto in mente che saremmo usciti!”
“Perdonami Archie, lo so che non faresti un tale torto a Candy, è solo che non credo tu abbia notato come cercava fra i fiori alla ricerca di un mazzo inviato da Terence …”
“Tesoro, mi fai così stupido e poco sensibile? Conosco bene mia cugina e me ne sono accorto eccome!”
“Appunto, proprio per questo speriamo che riescano a parlarsi!”
Archie aveva omesso appositamente di raccontare ad Annie che si era divertito a stuzzicare Terence lasciandogli intuire che non sarebbero andati a New York.
 
Uscirono per pranzo e Annie si chiese se fosse il caso di tacerle la telefonata, forse Terence avrebbe chiamato nuovamente nel pomeriggio. Sfortunatamente il signor Miles la informò che il signor Graham aveva chiamato, chiedendo semplicemente di informarne la signorina Brighton; un’altra occasione persa per parlarsi.
 
“Oggi non è decisamente giornata!” si disse Terence dopo aver riagganciato.
Non solo Candy non era in casa ma chi gli aveva risposto al telefono? Cornwell.
Quel piccolo bastardo si era divertito a tenerlo sulle spine per la questione di New York e nonostante Terence avesse finto una certa nonchalance, in realtà era rimasto alquanto scosso, Archie era riuscito ad innervosirlo e a fargli sorgere il dubbio che non avrebbe rivisto Candy così presto come sperava.
 
“E’ possibile che proprio oggi dobbiamo avere tutti questi impegni?” sbottò con Karen.
“Terence non ti ho mai visto così nervoso!”
“Sì lo so, hai ragione ma oggi è il compleanno di Candice; ho provato a chiamare svariate volte senza trovarla e sinceramente fra le interviste e le prove pomeridiane non so quanti altri tentativi potrò fare, ci tengo a farle gli auguri di persona, come ben puoi immaginare … e poi …”
“E poi?”
“Beh suo cugino, Archibald, mi ha lasciato intuire che non accetteranno il tuo invito. So bene che lui farebbe di tutto pur di darmi ai nervi, però Albert non ti ha ancora risposto e quindi …”
“Terence non essere sciocco! Albert sta facendo di tutto per spostare i suoi impegni, sono certa che verranno!”
“Spero che tu abbia ragione!”
“Sicuramente ho ragione. E ora torna in te, non voglio certo avere un Lisandro mediocre al mio fianco stasera!” gli aveva infine intimato lei per cercare di stimolarlo a reagire e aveva decisamente ottenuto il suo scopo; Terence teneva alla sua parte e alla recitazione in maniera maniacale e non avrebbe lasciato che quello sciocco di Cornwell, con le sue illazioni, intaccasse il suo rendimento.
Trascorse la giornata fra le noiose interviste e i giornalisti: sorrise, rispose cortesemente, ma si chiese diverse volte se non fossero stufi di riproporre le solite domande,  più gli chiedevano della sua vita privata e più lui si chiudeva a riccio evitando di rispondere e lasciando cadere la conversazione su di un altro argomento.
Quel giorno poi, non aveva assolutamente voglia di dare retta ai soliti 4 farneticanti ricercatori di verità sulla sua vita, voleva solo liberarsi e provare  a chiamarla nuovamente, voleva sentire la sua voce.
Provò a chiamare nuovamente durante la pausa per il pranzo ma gli rispose il maggiordomo.
I giovani Annie, Candice e Archie erano usciti a pranzo, così non gli fu dato nemmeno di scoprire se lei avesse o meno ricevuto i suoi narcisi.
Faticò a mangiare, era nervoso e irritato a causa della sfortuna che lo stava perseguitando ma decise che quella partita l’avrebbe vinta lui a costo di provare fino a mezzanotte inoltrata.
Una volta liberatosi dalle prove pomeridiane provò nuovamente.
 “Ma il destino ce l’ha con me?”pensò sbattendo con forza la cornetta sul ricevitore dopo l’ennesimo tentativo andato a vuoto.
Avrebbe preso volentieri a pugni la porta ma non poteva rischiare di farsi male.
“Andrei volentieri a fare una corsa per allentare il nervosismo … e non posso …. “ considerò che a come potesse essere frustrante essere famoso.
Non mancava molto allo spettacolo, quindi si chiuse in camerino, accese il grammofono e si lasciò trasportare dalla musica.
Quando lo chiamarono per il trucco si sentiva decisamente meglio, anche se il pensiero di non essere riuscito a parlarle occupava ancora la sua mente.
Una volta truccato, vestito, e bevuto il suo tè, provò nuovamente a chiamare.
Sfortuna volle che fossero già usciti per cena, il che fece ribollire il sangue nelle vene del giovane attore.
“E’ un complotto questo? Tanto non mi arrenderò!” disse rivolgendosi alla sfortuna.
Mancava decisamente poco all’inizio della rappresentazione, ormai avrebbe potuto provare nuovamente solo una volta terminato lo spettacolo.
“Buon compleanno amore mio, spero che ti stiano viziando e trattando come una principessa!” disse ad alta voce, prima di concentrarsi e di immergersi nei pensieri e nelle sensazioni di Lisandro.
Quando bussarono alla sua porta, per avvisarlo che era quasi il suo turno di entrare in scena, fu Lisando e non Terence ad uscire dal camerino: era pronto per quella nuova sfida.
 
 
Annie ed Archie avevano insistito per portare Candy a fare shopping prima della cena di quella sera. Archie aveva messo al corrente Annie della decisione di Albert in merito al loro viaggio a New York e la ragazza aveva deciso che doveva assolutamente regalare un nuovo vestito all’amica per l’occasione.
Candy non era certo una patita di moda ed Annie voleva che avesse un vestito per la festa che avrebbe sicuramente lasciato a bocca aperta il bell’attore.
“Ben arrivati!” disse loro Albert accogliendoli al tavolo che aveva riservato presso il Sunrise*.
“Ciao Albert! Grazie per l’invito, questo ristorante è fra i miei preferiti!” disse Candy entusiasta e felice di rivederlo; nonostante non ricordasse nulla del rapporto speciale che li aveva sempre legati, sapeva in fondo al cuore di volergli bene, era una delle poche certezze nel marasma dei propri sentimenti.
“L’ho scelto per questo mia bella principessa! Auguri di buon compleanno!” disse poi avvicinandosi per baciarla sulla guancia.
“Grazie mille!”
“E visto che ci siamo che ne dici di aprire il tuo regalo?” disse Albert porgendole una busta, la scritta Tiffany in bella vista.
“Ma Albert, non dovevi! Addirittura Tiffany! Insomma,  mi vizi sempre!”
“Beh, sei la mia bambina!” rispose lui e tutti e quattro risero della sua espressione.
Nel frattempo Candy aveva aperto il pacchetto e aveva trovato uno stupendo bracciale d’oro bianco e brillanti.
“Albert è magnifico, grazie!” disse poi abbracciandolo e baciandolo sulla guancia.
“Allora apri anche il nostro?!” disse Archie porgendole il regalo scelto da lui ed Annie.
“Ma mi avete già regalato il vestito, non dovevate! Sai Albert che tuo nipote e la futura consorte hanno deciso che nel mio guardaroba non c’ è  un vestito adeguato per chissà quale festa mondana …” disse Candy mentre spacchettava il loro regalo.
Si sorprese di trovare uno stupendo paio di orecchini che si sposavano perfettamente con i suoi occhi verdi.
Albert non le diede nemmeno il tempo di ringraziarli “Candy volevo farti una sorpresa e credo che il vestito che ti hanno regalato Annie ed Archie possa tornarti utile. So che ci tieni ad andare a New York e quale giorno migliore di oggi per confermarti che andremo? Ti chiedo solo un po’ di discrezione perché non l’ho ancora detto a Karen, anche se conto di farlo domani!”
“Ah che bella notizia!” disse lei cercando di controllare quell’onda inarrestabile di felicità che le aveva inondato il cuore.
“ Ragazzi grazie mille per gli orecchini, saranno perfetti per la festa di chiusura della stagione teatrale!” aggiunse poi ringraziando il cugino ed Annie e cercando di suonare il più naturale possibile.
 Per tutta la cena non fece altro che pensare a quel “-16” adesso acquistava senso anche per lei e avrebbe cominciato anche lei il conto alla rovescia.
Non vedeva l’ora di andare a New York; quella città l’affascinava e lei non ricordava di esservisi mai recata ed inoltre era felice di avere la chance di rivedere nuovamente quello stupendo spettacolo che era “Sogno di una notte di mezza estate” ed era felice di poter rivedere il ragazzo dei ricordi! Avrebbe suonato con lui e quel suo gesto lo avrebbe ringraziato per il suo premuroso regalo e per averle restituito quei frammenti di ricordi di cui aveva fatto tesoro in quei giorni e ai quali si era appigliata nei momenti di sconforto.
Quando rincasarono era quasi mezzanotte; salutò i suoi amici e si ritirò nella sua stanza, era stata una giornata lunga e ricca di sorprese, l’unica cosa di cui si era dispiaciuta era di non avere ricevuto i suoi auguri.
Si struccò, si svestì e si mise a letto.
“Domani è un altro giorno, ora dormi Candice!” si disse.
 
Era passato circa un quarto d’ora da quando si era messa a letto, quando sentì bussare alla sua porta.
“Candy sei sveglia? Candice per favore apri” la voce proveniva forte e chiara di Albert proveniva dall’altro lato della porta.
 
 
Finalmente lo spettacolo era finito, il tempo di struccarsi e cambiarsi e Terence corse in hotel.
Voleva arrivare il più in fretta possibile e riprovare a telefonarle.
Si districò fra le fans, i giornalisti ed i fotografi e si precipitò in albergo.
Ordinò velocemente la cena in camera e poi si accomodò sul letto.
Contò fino a dieci prima di ricomporre il numero di casa Andrew e pregò Dio che fosse la volta buona; ormai era quasi mezzanotte ed il 7 maggio volgeva al termine.
“Albert finalmente!”
“Terence ma è quasi mezzanotte!”
“Si lo so, ti chiedo perdono, è tutto il giorno che provo a chiamare ma non ho avuto molta fortuna, dimmi che Candy non sta già dormendo?!” disse con voce quasi supplichevole.
“Vado a chiamartela!” rispose Albert, dissipando i dubbi del suo giovane amico.
Passò qualche minuto prima che una voce femminile provenisse dall’altro capo della cornetta.
“Pronto!”
“Candice! Tanti auguri di buon compleanno, perdonami l’orario!” il suono della voce di lei lo fece trasalire, erano giorni che sognava di risentirla.
“Terence?!” chiese lei attonita: era proprio lui, aveva chiamato per parlare con lei! Si era spaventata, aveva creduto che potesse essere successo qualcosa a Miss Pony o Suor Maria e fu felice di constatare che si era sbagliata e di molto.
“Sì, sono io. Sai, pensavo proprio di non riuscire a chiamarti prima della mezzanotte e prima che il giorno del tuo compleanno fosse finito. Stamattina ho parlato con Archie ma tu eri uscita per una passeggiata a cavallo!” disse lui cercando di nascondere l’emozione.
“Non lo sapevo” rispose lei, Archie non le aveva detto nulla, gliel’avrebbe pagata e cara!
“Gli ho chiesto io di non dirti nulla, volevo che fosse una sorpresa, spero gradita!”
“Grazie mille, non me lo aspettavo!” ammise lei incredula, si era ricordato eccome del suo compleanno mentre lei  aveva passato tutta la giornata a dubitarne, come una sciocca.
 “Spero che tu abbia ricevuto i miei fiori!”
“Sì, grazie sono bellissimi, li ho riposti in un vaso nella mia stanza!”
“Come vanno le lezioni di pianoforte?”
“Terence … ops, scusami, non ho avuto modo di ringraziarti per lo spartito e la melodia! Sto studiando, strimpello un po’ meglio adesso” disse ridendo di sé stessa poichè si sentiva come una bambina davanti ad una giostra, eccitata e felice.
 Lui riportò alla memoria il giorno in cui le aveva fatto recapitare lo spartito, e il momento in cui lo aveva ricevuto e lo aveva stretto a sé, e fu sorpreso da un’emozione indescrivibile.
“Candice perdonami per non averti scritto un biglietto di auguri ma ci tenevo a farteli a voce, non potendo farteli di persona!”
Ora capiva il perché di quel criptico messaggio al posto di un semplice messaggio di auguri.
“Ma no figurati, anzi ti ringrazio molto per avermi chiamata, davvero!”
“E’ un piacere. Ah, prima che mi dimentichi, ti saluta Karen e ti manda i suoi migliori auguri.”
“Per favore ringraziala e dille che ricambio!”
“Sarà fatto. Ora però e meglio che ti lasci riposare!” disse Terence, anche se non voleva assolutamente interrompere quella conversazione, era così bello poterle parlare e non avrebbe avuto un altro pretesto per richiamarla, per cui cercò di approfittare di quel momento.
“Terence, forse non dovrei dirtelo, oggi Albert ci informati che verremo a New York; ti prego però di non dirlo a Karen, ci penserà lui domani!”
La voce di Candy e le sue parole furono come musica per le sue orecchie; il cuore gli cominciò a battere all’impazzata e ci impiegò qualche istante prima di risponderle: la felicità di quella notizia stava avendo il sopravvento sul suo autocontrollo.
“E’ una splendida notizia! Sono davvero felice. E per quanto riguarda Karen, non ti preoccupare, non le dirò nulla. Sarà felicissima di saperlo.”
“Eh già!”
“Candice allora buona notte, e … meno sedici “ disse Terence ricordandole il conto alla rovescia.
“-15 Terence! Ormai è l’otto maggio, è passata la mezzanotte da un paio di minuti! A presto.”lo salutò lei e così dicendo riagganciò il ricevitore.
Ebbene Annie aveva ragione, quel -16 scritto sul bigliettino era un conto alla rovescia. Possibile che Terence ci tenesse così tanto a rivederla?
 
Gli aveva appena risposto” -15 Terence” confermandogli che anche lei avrebbe contato i giorni che li separavano. Che fremesse anche lei per rivederlo? Si gettò sul letto e si lasciò cullare dalla dolce immagine di lei, dal suo sorriso e i suoi bellissimi smeraldi. Lentamente la stanchezza e lo stress accumulati durante quella lunga giornata ebbero la meglio e si addormentò vestito.
 
Lei camminò fino alla sua stanza senza riuscire a nascondere quel sorriso che le si era stampato sulle labbra; fu grata di non aver incontrato nessuno nel tragitto che separava lo studio di Albert, dove aveva risposto alla telefonata, dalla sua camera da letto, nella quale si ritirò felice come non mai.
Si gettò sul letto, si lasciò cullare dal ricordo del suo bel viso, del suo sorriso e del bellissimo blu del mare in tempesta che agitava gli occhi di lui e, fra i dolci ricordi e la speranza che anche lui la stesse aspettando, si addormentò, un sorriso ad inarcarle le labbra.
Era stata una lunga giornata per Candy ma il regalo tanto desiderato infine era arrivato ed era decisamente valsa la pena di trepidare tutto il giorno nell’attesa che era stata degnamente ripagata.




*** mi spiace ma non ho trovato la fonte della citazione :(
** il ristorante,beh per una volta mi sono concessa di inventare di sana pianta!
 

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Capitolo 9
*** New York New York ***


Capitolo VIII
 
New York New York
 
-colonna sonora Moon river di FS

 
Datemi i vostri stanchi, i vostri poveri, le vostre masse infreddolite desiderose di respirare liberi, i rifiuti miserabili delle vostre spiagge affollate. Mandatemi loro, i senzatetto, gli scossi dalle tempeste a me, e io solleverò la mia fiaccola accanto alla porta dorata. **
 
Le due settimane che lo separavano dal poterla rivedere volgevano al termine.
Aveva contato le ore con ansia crescente.
Finalmente era sul treno che lo avrebbe riportato a New York.
Il giorno successivo si sarebbe tenuta la penultima rappresentazione per quella stagione e poi, finalmente, avrebbe rivisto la sua Signorina Tutte Lentiggini.
Quella stessa mattina Robert gli aveva comunicato che la location per la festa, che si sarebbe tenuta alla conclusione della stagione teatrale, era stata sposata dall’Hotel Elysee* alla villa dei Griffiths.
Il signor Micheal Griffiths era uno dei maggiori sostenitori della compagnia Stratford e, nonostante Robert non fosse particolarmente entusiasta dell’idea, non aveva potuto opporre un rifiuto a quella fastidiosa richiesta.
 
Terence non era affatto felice di quel repentino cambiamento di programma, non voleva assolutamente trovarsi nella situazione in cui, da ospite, non avrebbe potuto dire di no né al padrone di casa né alla sua viziatissima figlia Kathrine.
Diverse volte, durante gli ultimi anni, la ragazza aveva cercato di catturare la sua attenzione  nonostante Terence le avesse fatto capire di non essere interessato.
Lei non aveva certo desistito e non si era tirata indietro nemmeno di fronte al fatto che ai tempi lui avesse una” relazione” con Susanna.
Il giovane attore temeva che la presenza di Kathrine potesse rovinare il tanto atteso incontro con Candice.
Quando finalmente salì su di un taxi diretto verso la propria casa, tirò un sospiro di sollievo.
Era felice di essere tornato nella sua New York, la città che non dorme mai, la città dalle mille luci scintillanti, la città che lo aveva consacrato come il migliore interprete Shakespeariano degli ultimi tempi.
“Finalmente a casa!” disse chiudendo la porta alle proprie spalle.
Una volta entrato  appoggiò a terra i bagagli e si liberò della giacca.
La signora Ramirez, la sua governante, non era presente.
Terence ne dedusse che si fosse assentata per andare a fare la spesa.
Portò i bagagli in camera, li disfò, poi aprì l’acqua calda e lasciò che la vasca si riempisse.
Chiuse la porta della sua stanza, si liberò dai propri vestiti e si immerse nella vasca, lasciando che l’acqua portasse via la stanchezza e lo stress accumulato.
Terence avrebbe voluto concentrarsi solo su Candy e sul suo arrivo imminente.
 
 
Candy era intenta a preparare le valigie, Annie l’aveva aiutata a scegliere i vestiti da portare, forse troppi.
Sarebbero rimasti solo un paio di giorni a New York e avrebbe necessitato di alcuni cambi, almeno era ciò su cui Annie aveva fatto leva per convincerla a portare quel numero spropositato di abiti.
A causa di un impegno di lavoro sopraggiunto all’ultimo momento, erano stati costretti a rimandare la partenza di un giorno e sarebbero giunti a New York solo la mattina dell’ultimo spettacolo.
Albert si era adoperato al fine di poter posticipare quell’appuntamento ma, trattandosi di un affare importante, non aveva potuto rimandare.
Candy ed Annie approfittarono di questo cambio di programma per recarsi dal parrucchiere.
Candy fece accorciare i propri riccioli ribelli in un bellissimo caschetto che avrebbe gestito indossando un cerchietto adornato di strass, Annie fece spuntate i suo lunghi capelli ed accorciare la frangia. Candy aveva già accorciato i propri riccioli ma mai così corti come con quel taglio innovativo.
Erano finalmente pronte per New York.
Candice cercò di tenersi occupata per non pensare troppo all’imminente partenza, si sentiva terribilmente emozionata e non stava nella pelle, non vedeva l’ora non solo di vedere New York e di poter rivedere lo spettacolo, ma soprattutto di rivedere Terence e di potergli mostrare i suoi miglioramenti con il pianoforte.
Le lezioni di Annie avevnoa dato i loro frutti e Candy ormai suonava la melodia di Terence  in maniera più che dignitosa.
Di ritorno dal parrucchiere chiese ad Annie di concederle un’ultima prova prima della partenza, voleva ripassare e perfezionare il più possibile il suo modo di suonare.
“Sei diventata proprio brava! Sarà davvero una bella sorpresa per Terence!”
“Dici? Commetto ancora degli errori e a volte mi rendo conto di non seguire precisamente il tempo.”
“Non potevamo certo aspettarci che diventassi Beethoven in meno di un mese, ma ti fidi di me se ti dico che questa melodia ti riesce bene?” Annie cercò di rassicurarla.
“Grazie Annie, non credo che ce l’avrei fatta senza di te”
“Sono contenta di esserti stata utile almeno per una volta, con tutte le volte che sei stata tu ad aiutarmi, finalmente ho avuto modo di ricambiare.” le rispose Annie.
Certo, la sua amica non ricordava  e lei non aveva certo potuto raccontarle tutta la verità, ma era consapevole di essere uscita indenne da alcune situazioni solo grazie al coraggio e al buon cuore di Candy.
 
Quella sera Candice andò a dormire con la certezza che avrebbe passato la notte seguente in treno e che una volta arrivata a New York finalmente lo avrebbe rivisto.
Cercò di addormentarsi ma era troppo emozionata ed in parte impaurita, non sapeva cosa aspettarsi da questo viaggio, ci aveva pensato così tante volte che alla fine era giunta alla conclusione che fosse meglio non crearsi aspettative  alcune e se alla sua mente riusciva di farlo, non si poteva dire certo altrettanto del suo cuore.
 
La mattina seguente Terence si svegliò decisamente più riposato e rilassato, non c’era niente di meglio che poter dormire a casa propria e nel proprio letto.
Si alzò, si guardò allo specchio e i segni della stanchezza  che marcavano il suo viso non passarono certo inosservati al suo occhio attento: aveva decisamente bisogno di un periodo di vacanza.
Nel tardo pomeriggio si recò a teatro per la prova generale.
“Mi ha chiamato Albert, siamo d’accordo che ci incontreremo domattina presso il loro hotel, il Waldorf-Astoria, verso le dodici, così potremo pranzare insieme. Mi ha chiesto di verificare se andava bene anche a te!”
“Certamente!” le rispose e poi pensò “Non mancherei per nulla al mondo!”
“Hai saputo vero, che la festa è stata spostata?”
“Sì, e non ti nascondo che non ne sono affatto felice.”
“Ho pensato la stessa cosa, sicuramente una volta nella tana del lupo saranno loro a dettare le regole e cercheranno di trarre il maggiore vantaggio possibile dalla situazione.”
“Spero solo che Kathrine non riesca a rovinarci la serata, se pensa che starò al suo gioco e gliela darò vinta si sbaglia di grosso!”
“Conta pure su di me, lo sai che non sopporto quella viziata smorfiosetta!” rispose Karen, ed entrambi scoppiarono a ridere a causa delle sue parole.
“Ti ringrazio Karen ma non vorrei che ti cacciassi nei guai per venire in mio soccorso.”
“Sì lo so, ma non per questo gliela dovremo dare vinta, non credi?”
“Penso che tu mi conosca abbastanza da sapere che non chino il capo innanzi alle regole dell’alta società. Mi difenderò come meglio posso ma non posso mettere a rischio il futuro della compagnia … per un capriccio potremmo perdere i sovvenzionamenti per la prossima stagione.” disse lui accompagnando le proprie parole ad un gesto di stizza.
“Ti capisco, per questo ti ribadisco che ti aiuterò!”
Lui si limitò a sorriderle sinceramente colpito dal comportamento della collega.
La loro amicizia acerba prima dell’incontro con Candy, stava crescendo giorno dopo giorno, e Terence dovette ammettere a sé stesso che era piacevole avere qualcuno con cui parlare.
 
La rappresentazione di quella sera fu un vero tripudio.
Terence fu sollevato di scoprire che Kathrine non era in città e sarebbe rientrata il giorno successivo, il che spiegava perché non se la fosse ritrovata in camerino, come aveva spesso la pessima abitudine fare.
All’uscita dall’edificio sostò brevemente con le fans, si lasciò fotografare dai giornalisti e poi si diresse verso casa. Sarebbe stata una lunga notte ma finalmente la mattina successiva l’avrebbe rivista e sarebbe cominciata la fase della riconquista!
 Si avrebbe riconquistato il suo cuore, lei sarebbe innamorata nuovamente di lui.
 
L’indomani mattina Terence si alzò presto, fece un lungo bagno, mangiò la colazione che gli aveva preparato diligentemente la governante e uscì. Non aveva voglia di rimanere in casa, avrebbe dovuto aspettare almeno tre ore prima che arrivassero da Chicago.
Si recò a fare una passeggiata e prese dei fiori con cui omaggiare sia Candice che Annie.
Furono tre ore interminabili, durante le quali avrebbe felicemente consumato almeno un pacchetto di sigarette ma si dovette trattenere, da quando l’aveva rivista aveva deciso di smettere anche se quella mattina avrebbe davvero desiderato di potere cedere alla nicotina.
Prima di mezzogiorno si trovava già nella hall del Waldorf-Astoria Hotel , ordinò un drink e cercò di attendere pazientemente l’arrivo di Candice e degli altri.
Karen arrivò poco dopo di lui, Terence sorrise quando la vide arrivare trafelata.
“Sono già qui?”
“Buongiorno a te Karen, non sono ancora qui.”
“Ah per fortuna. Sì, scusami buongiorno. Pensavo di essere in ritardo!”
“Beh, dovrebbero essere qui a breve!”
“Mmmm intanto allora prenderò anche io un drink.” disse ordinando al bancone, poi prese posto su uno sgabello accanto a Terence.
Passò un’ora, durante la quale non si dissero molto, ognuno assorto nei propri pensieri, preoccupati dal ritardo dei loro amici.
“Un’ora almeno di ritardo, che facciamo?”
“Attendiamo ancora?”
“Beh Terence non so … e se ci recassimo in stazione per vedere se il treno è in ritardo?”
“Sì, mi sembra una buona idea. Sei in auto?”
“No, ho preso un taxi.”
“Beh allora prendiamo la mia, vieni.” le offrì facendole strada.
Alla stazione ricevettero la notizia che il treno sarebbe giunto a destinazione con un ritardo di ore.
Era avvenuto un incidente sulla linea che collegava Chicago a New York e non se ne conosceva ancora l’entità.
Uscendo dalla stazione gettò i fiori nel primo cestinò che trovò con un gesto di stizza.
“Dannazione!” disse Terence colpendo la propria auto con un pugno.
“E adesso? Dici che non c’è modo di scoprire almeno se stanno bene?”
“Non saprei Karen, se nemmeno in stazione ci hanno saputo dire di più …”
“A questo punto non credo nemmeno che valga la pena aspettare, magari non arriveranno nemmeno in tempo per lo spettacolo di stasera!” disse Karen.
Terence la guardò ma restò in silenzio, non voleva nemmeno prendere in considerazione quella eventualità, ed era davvero preoccupato che potesse essere successo loro qualcosa.
Preferì non condividere i propri pensieri con Karen.
 “Vuoi che ti accompagni a casa? E’ presto per andare in teatro …”
“Saresti così cortese?”
“Certo, dai sali, andiamo!”.
Terence accompagnò Karen a casa. Non era mai stato a casa sua, non sapeva nemmeno dove abitasse. Sapeva che proveniva da una ricca famiglia, perciò non si sorprese quando lo fece accostare innanzi a quella che sembrava un’enorme villa con tanto di parco e forse anche piscina.
“Ci vediamo in teatro, grazie del passaggio.”
“A dopo Karen.”
“Ah Terence, se per caso riuscissero a chiamarti mi avvertiresti?” disse lei lasciandogli il proprio numero di casa.
“Non ti preoccupare.” la rassicurò lui prendendo il bigliettino che lei gli stava porgendo.
Detto ciò mise in moto e si diresse verso casa.
Le ore sembravano non passare mai, il telefono non squillava e la preoccupazione di Terence cresceva minuto dopo minuto. Nonostante fosse sicuro che non potesse essere successo loro nulla, non sarebbe stato tranquillo fino a quando non se ne fosse accertato di persona.
Quando fu ora di raggiungere il Winter Garden Theatre, indossò il soprabito e uscì di casa. All’arrivo in teatro trovò giornalisti e fans ad attenderlo ma lui non era assolutamente dell’umore giusto.
Cercò di schivare i giornalisti per quanto possibile ma le fans reclamarono la sua attenzione e dovette fermarsi a firmare autografi, quando tutto ciò che voleva era potersi chiudere in camerino e cercare di concentrarsi.
Quella sera sarebbe stato più difficile del solito cercare di entrare nel personaggio, non aveva ancora avuto notizie dai suoi amici e l’incertezza iniziava a dargli ai nervi.
“Terence, finalmente! Hai notizie?”
“Ciao Karen, no mi spiace, speravo ne avessi tu!”
Lei scosse il capo sconsolata, lui lesse la preoccupazione negli occhi della sua collega, preoccupazione che condivideva appieno.
“Vedrai che saranno qui a breve, tu concentrati sullo spettacolo!” le disse lui cercando di riportare la sua attenzione sul lavoro, ma non poteva certo biasimarla, anche lui non aveva fatto altro che pensare a Candy tutto il giorno.
“Vado a prepararmi. A dopo Ermia!” la salutò lui.
“A dopo Lisandro.” disse lei cercando di scherzare, ma le riusciva difficile.
Karen aveva passato l’ultimo mese sognando di rivedere Albert e quell’attesa prolungata era stata stressante: proprio nel momento in cui avrebbe dovuto essere lì con lei, probabilmente era bloccato lungo il tragitto per New York.
Si recò nel suo camerino e cercò di concentrarsi, non le rimaneva molto tempo per il trucco e calarsi nella parte.
Terence si ritirò nel proprio camerino e pregò James, l’addetto alla sicurezza, di non fare passare assolutamente nessuno, tanto meno i Griffiths se avessero avuto la faccia tosta di presentarsi.
Quando l’addetta ai costumi, Jennifer, bussò alla sua porta per aiutarlo a vestirsi e truccarsi, notò l’odore del fumo.
“Terence non avrai mica fumato?”
Lui scosse la testa ma non le spiegò che era stato talmente tentato, che alla fine ne aveva accesa una, ma poi aveva lasciato che si consumasse lentamente fino a spegnersi.
“Facciamo un patto? Se riesco a resistere farai sì che Candice arrivi per tempo? Che ne dici?” aveva detto guardando il cielo attraverso la  finestra, sentendosi stupido.
Non aveva mai parlato con qualsiasi entità potesse esserci lì sopra, eppure adesso, pur di rivedere Candy e sapere che stava bene, sarebbe stato disposto a scendere a compromessi.
Una volta truccato e indossato l’abito di scena, Jennifer lo lasciò ai sui pensieri.
Le era sembrato irrequieto e preoccupato e si chiese cosa potesse essergli successo, ma sapeva che a Terence non piaceva parlare ed esternare i propri pensieri, per cui preferì lasciarlo da solo evitando di turbarlo ulteriormente.
 
 
Candice non aveva ancora distolto gli occhi dal finestrino del treno, non passava istante senza chiedersi quando sarebbero finalmente giunti a New York.
“Che giornata infinita! Albert pensi che arriveremo in tempo per lo spettacolo? E’ cosi tardi ormai!” chiese lei impaziente.
“Spero di sì Candice.Mi spiace non aver potuto avvertire Terence e Karen, ci avranno aspettato per niente e si saranno preoccupati non avendoci visti arrivare!”
“Dai Candy non ti preoccupare, appena arrivati a New York ci recheremo al Winter Garden, se dovessimo essere eccessivamente in ritardo potremo pur sempre vestirci in treno, non credi?” le disse Annie cercando di essere propositiva.
“Sì, hai ragione.” le rispose lei sorridendole.
In realtà Candy non riusciva ad essere positiva, sin dal momento della partenza aveva sentito in fondo allo stomaco una strana sensazione che non le aveva permesso di stare tranquilla.
Quando finalmente il treno si fermò alla stazione di New York, avrebbe voluto correre in hotel, sistemarsi e poi recarsi al teatro.
Mise piede sul marciapiedi e fu investita da un dolore sordo insieme ad un misto di eccitazione che la fecero vacillare. Per qualche istante rimase immobile nel tentativo di riprendersi, poi guardandosi velocemente intorno ebbe come l’impressione che non fosse la prima volta che si recava in quella città. Si chiese perché mai avesse provato quella orribile sensazione, come se qualcuno le stesse stritolando il cuore in una morsa. Ma non c’era tempo da perdere, così decise di rimandare ad un altro momento le proprie considerazioni.
Ebbe l’impressione che il taxi ci impiegasse un tempo infinito a portarli al Waldorf-Astoria e, quando finalmente poté farsi una doccia e indossare il vestito che aveva portato con sé per quella occasione speciale, non le sembrò vero.
“Candy sei bellissima, lo lascerai a bocca aperta! Per fortuna siamo appena in tempo per lo spettacolo!” disse Annie guardando l’orologio.
“Vogliamo andare nella hall, magari Albert ed Archie ci stanno già attendendo?”
“Albert probabilmente, Archie ne dubito, vedrai sarà l’ultimo ad essere pronto!” disse lei per stemperare la tensione, ed entrambe scoppiarono a ridere.
“Come sono belle le mie nipoti!” disse Albert andando loro incontro e baciando entrambe.
Del giovane Cornwell nemmeno l’ombra.
“Stai molto bene anche tu Albert, questa bella camicia fa risaltare i tuoi occhi azzurri!” disse Candy sincera.
“Grazie piccola! Ho prenotato un taxi sarà qui a minuti … non so se sia il caso di …” si interruppe prima di poter aggiungere “ di chiamare Archie” perché vide il nipote arrivare.
“Scusatemi! Ora sono pronto. Annie tesoro sei bellissima, e tu Candy … che dire … sono sicuro che  attirerai un sacco di sguardi!” disse complimentandosi con le due ragazze.
 
Quando finalmente salirono sul taxi Candy pregò di arrivare per tempo, non voleva arrivare a spettacolo iniziato anche perché, a quel punto, avrebbero dovuto attendere il secondo atto per poter occupare i propri posti.
Contrariamente a quanto si era aspettata arrivarono in teatro con un certo anticipo e, quando Albert si avvicinò alla reception, l’addetta gli fornì i biglietti che Terence aveva riservato loro.
Candy si sentiva davvero strana, da quando aveva messo piede in quella città una bizzarra ed inspiegabile sensazione l’aveva attanagliata. Provava in fondo al cuore uno strano dolore che sembrava non volere andare via ed una irrequietezza che la disturbava e le incuteva ansia.
 “Forse sarebbe il caso di provare ad avvisare Terence e Karen?” propose Albert.
Lei si limitò ad annuire.
“Non so se ci faranno passare, ma a questo punto tentare non nuoce?” disse Albert.
“Noi andiamo ai nostri posti, vi aspettiamo lì!” disse Archie intuendo che lui ed Annie sarebbero stati di troppo.
Il cuore di Candy batteva all’impazzata, tutto ciò che desiderava era potersi specchiare nel blu degli occhi di Terence e avvertirlo che erano arrivati sani e salvi.
Sul loro cammino incontrarono James che non aveva affatto intenzione di lasciarli passare.
“ Se solo potesse dire alla Signorina Klays or al Signor Graham che gli Andrew sono qui, sicuramente le direbbero di lasciarci passare.” disse Albert nell’ennesimo tentativo di convincerlo.
“Mi spiace Signor Andrew ma proprio il Signor Graham mi ha ordinato espressamente di non lasciare passare nessuno.”
“Non potrebbe almeno provare a chiederglielo?” chiese Candy.
All’improvviso comparve Robert Hathaway che riconobbe Candice.
Si avvicinò per verificare cosa stesse succedendo.
“ Signor Hathaway, buonasera . lo salutarono Candy ed Albert cordialmente.
“Buonasera a voi, cosa sta succedendo?”
“ Volevo poter avvertire Terence che siamo arrivati e  che non ci è successo nulla” cominciò Candy e poi gli raccontò cosa fosse accaduto loro.
“Vi concedo solo 5 minuti, non fatemene pentire. Ti avverto però che Terence non ama ricevere visite prima dello spettacolo, potrebbe non essere particolarmente gentile … ma preferisco che tu possa tranquillizzarlo, era parecchio inquieto oggi pomeriggio, ora capisco il perché.” disse poi lasciando che Albert andasse a salutare Karen, mentre lui accompagnò Candy al camerino di Terence. Le parole di Robert le risuonarono nelle orecchie, non passarono certo inosservate.
“In bocca al lupo.” le disse e poi se ne andò.
Candice contò fino dieci, cercò nel suo cuore il coraggio di picchiare su quella porta con il pugno, ma la paura l’attanagliava.
“Forza Candy!”si disse per darsi coraggio.
Col pugno batté leggermente sulla porta attese qualche istante ma, visto che la risposta tardava ad arrivare, decise di provare nuovamente.
Quando Terence sentì dei colpi sulla porta si chiese se avesse sentito male ma, quando il rumore si ripeté , si alzò di scatto e si affrettò ad aprire iracondo.
“Chi diavolo può essere così sciocco da disturbarmi prima dello spettacolo, spero per lui che sia una cosa di vita o di morte o mi sentirà!” pensò fra sé e sé.
“Devi essere davvero un incosciente se mi importuni prima che vada in scena!” disse mentre spalancava la porta arrabbiato.
Lei sentì il suo tono irritato e temette che lui potesse davvero essere adirato, ma quando aprì la porta, lo stupore che lesse nei suoi occhi dissolse ogni dubbio.
“Oh Candice sei proprio tu! Sono felice di vedere che tu stia bene!” disse lui senza riuscire a controllare l’istinto di abbracciarla ed attirarla a sé.
Lei si sentì avvolgere da quel caldo abbraccio e l’odore del fumo misto al suo profumo mandarono il suo cervello in tilt. Fu assalita da un lieve malore e lui la sorresse preoccupato.
Nella mente di lei, l’immagine di una collina, somigliante alla collina di Pony, lei che toglieva una sigaretta dalle mani di qualcuno e la gettava in terra spegnendola col piede.
“Candy cos’hai?” chiese lui, la sua voce non riuscì a celare la preoccupazione che lo aveva assalito.
“Scusami è stato solo un giramento di testa, ora sto bene!” mentì lei allontanandosi dal petto di lui che la stava ancora stringendo in maniera protettiva.
La guardò interrogativo e lei si sentì in dovere di rassicurarlo.
“Perdonami Terence, deve essere colpa della stanchezza.” mentì lei.
“Sei sicura, sei impallidita all’improvviso.”
“ Non ti preoccupare, ora tu devi concentrarti sullo spettacolo, io raggiungo gli altri e …”
“Candy sarei molto più tranquillo se potessi accompagnarti al posto che ti ho riservato!”
“Oh no Terence per cortesia, che direbbero i giornalisti? Non mi sembra opportuno, ti prometto che non mi succederà nulla!”
“ Non sono affatto d’accordo ma hai ragione non posso accompagnarti, potrei chiedere a Jennifer la costumista, di farlo al mio posto?”
“Per favore lascia stare, Albert e gli altri si preoccuperebbero per niente, davvero sto bene, ora ti lascio al tuo Lisandro, ci vediamo dopo.”
“ Va bene, faremo come preferisci. Allora ci vediamo alla festa!” disse lui, ma prima che se ne fosse andata era riuscito a chiederle di promettergli il suo primo ballo.
“Con piacere.” gli aveva risposto, felice per quella sua richiesta inaspettata e molto gradita.
Lui, dal canto suo, aveva deciso di essere più sfacciato ma senza esagerare e quella sua risposta affermativa all’invito lo aveva reso estremamente felice. La salutò e non chiuse la porta del proprio camerino fino a ché lei non scomparve dalla sua vista, poi cercò di concentrarsi su sé stesso e il personaggio nei cui panni avrebbe dovuto calarsi per l’ennesima volta.
Candy si fermò alla toilette, voleva prendersi qualche minuto per potersi concentrare su quanto ricordato e cercare di mettere a fuoco l’immagine che aveva visto, ma più si sforzava di riportare alla mente qualche particolare e più la confusione aumentava.
Qualche minuto dopo uscì dalla restroom e raggiunse gli altri, notò che Albert la aveva preceduta.
Stavano per chiederle come fosse andata quando calarono le luci in sala e lo spettacolo cominciò.
Candy guardò l’intera rappresentazione con entusiasmo e interesse, nonostante fosse la terza volta che lo vedeva e, quando fu il turno di Lisandro di entrare in scena, lo sguardo di Candice si fissò su Terence e su ogni suo piccolo movimento ed espressione facciale. Si rese conto che se avesse visto lo spettacolo cento volte, avrebbe continuato a notare nuovi piccoli particolari del viso del ragazzo e del suo modo di recitare, che lo rendevano sempre più interessante ai suoi occhi.
Quando lo spettacolo terminò, il pubblicò accolse gli attori con una standing ovation.
A Candy non sfuggì che Karen cercò Albert con lo sguardo, così come non poté sfuggirle che nuovamente Terence l’avesse cercata.
Terence cercò Candy con lo sguardo e quando si accorse che lei lo stava fissando, i loro occhi si incrociarono e vi poté leggere l’emozione che era riuscito a trasmetterle. Contento e ansioso di poterla rivedere, e di poterla stringere fra le sue braccia, corse in camerino dove si fece una doccia e si rese presentabile.
Passò poi a verificare a che punto fosse Karen, erano rimasti d’accordo che avrebbero raggiunto la festa insieme.
Quando finalmente salirono in auto e intrapresero il tragitto che li avrebbe portati alla villa dei Griffiths,  Terence era impaziente di giungere a destinazione, e in parte preoccupato perché sapeva che Kathrine lo avrebbe atteso al varco.
 
Archie, Annie, Albert e Candy avevano lasciato il Winter Garden poco dopo la fine dello spettacolo, ed erano giunti con un certo anticipo presso la villa dei Griffiths.
Fortunatamente grazie all’invito dato loro da Terence e Karen non dovettero attendere per poter entrare.
Candy si guardò intorno notando l’opulenza e l’ostentata ricchezza di quella dimora, ogni singolo pezzo di arredamento sembrava voler simboleggiare e rimarcare l’agiatezza di quella famiglia, uno stile del genere si scontrava con il suo gusto decisamente più semplice e sobrio.
Mentre si guardava intorno non le passò inosservata una bella giovane, doveva avere qualche anno meno di lei, bruna con occhi verdi, capelli lisci, lunghi, lasciati liberi sulle spalle, un bellissimo vestito verde scuro con una scollatura vistosa, che metteva in risalto il suo decolté lasciando ben poco all’immaginazione. La ragazza chiacchierava con fare civettuolo con un giovane rampollo.
“E’ proprio bella Kathrine Griffiths, potrei fare pazzie per una come lei!” sentì dire da un ragazzo intento a fissarla, al ché le fu chiaro che si trattasse della padrona di casa.
“Ah quindi ecco almeno uno dei padroni di casa, mi chiedo quando abbiano intenzioni di presentarsi ai propri ospiti?” chiese Archie visibilmente a disagio.
“Oh beh, non che muoia dalla voglia di conoscerli, non ho sentito commenti molto lusinghieri nei loro confronti!” disse Albert.
“Che ne dite se prendessimo un drink?” propose Archie.
“Ah sì io vorrei da bere, andiamo al bancone?” risposeCandy che avrebbe volentieri stemperato la tensione che la stava assalendo con delle bollicine, l’alcol l’avrebbe probabilmente aiutata a sciogliersi e a sentirsi meno imbranata e meno agitata.
I suoi occhi cercavano in continuazione l’entrata, ma c’era molta gente e non era facile tenere sotto controllo tutti coloro che varcavano la soglia di quella abitazione.
Quando finalmente ” il ragazzo dei ricordi” varcò l’entrata tenendo Karen al braccio, il cuore le scoppiò per l’emozione, sensazione che fu sostituita immediatamente dalla gelosia che la investì quando vide Kathrine Griffiths correre verso Terence come se le appartenesse.

**scritta ai piedi della statua della libertà!

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Capitolo 10
*** Nubi all'orizzonte ***


Capitolo IX
Nubi all'orizzonte

colonna sonora - without you, Blue

“I can’t tell you what it really is
I can only tell you what it feels like,
and right now its a steel knife in my windpipe
I can’t breath when I still fight well I can fight

But when it's bad It's awful
I feel so ashamed
I snap
Who's that dude
I don't even know his name

High off of love, Drunk from my hate
I suffocate and right before I drown
She resuscitates me”
-Eminem the way you lie-





Terence varcò la soglia di casa Griffiths assalito da un certo senso di inquietudine, il timore che Kathrine avrebbe cercato di monopolizzare la sua attenzione, rovinandogli la serata, non lo aveva abbandonato per un solo istante e, quando entrando in casa vide la ragazza corrergli incontro, ogni sua paura si materializzò.
“Terence, sono davvero felice di rivederti, non vedevo l’ora che arrivassi!” lo salutò lei porgendogli con prepotenza e sfacciataggine la mano, e pretendendo che lui la baciasse.
“Signorina Griffiths.” la salutò lui a sua volta cercando di mantenere le distanze.
Nonostante gli avesse concesso di rivolgersi a lei con il tu, si era sempre rifiutato, sperando che il suo tentativo di porre dei confini fra di loro potesse essere un chiaro segnale per Kathrine che invece aveva sempre finto di non coglierlo.
Mentre la giovane Griffiths tempestava Terence di domande, Karen non riuscì a trattenere uno sbuffo. Quella viziatella l’annoiava e lei non vedeva l’ora di poter raggiungere Albert ma, allo stesso tempo, non voleva lasciare il collega fra le grinfie di quell’arpia.
Karen non poté evitare di chiedersi come mai Terence attirasse quel tipo di ragazze, viziate e con un’ossessione nei suoi confronti.
“Buonasera Kathrine, perdonatemi se mi intrometto nella vostra amabile conversazione, ma io e Terence dovremmo raggiungere i nostri amici, per cui immagino che vorrai scusarci?!”
Irritata a causa dell’intromissione dell’attrice, Kathrine non poté fare altro che lasciarli andare ma non senza essersi prima assicurata un ballo con il bel giovane.
“Certo Karen, non è mia intenzione trattenerti o sottrarti ai tuoi amici, se vuoi va pure, perché non ho intenzione di lasciare andare Terence fino a quando non mi prometterà di aprire le danze con me!” disse lei con una certa arroganza e pienezza di sé.
Il tono della ragazza indispettì Karen a tal punto che non riuscì a mordersi la lingua.
“Mi spiace Kathrine ma Terence ha già promesso per lo meno tre balli, a me, e alle nostre due amiche, per cui, se ci tieni tanto, ti toccherà metterti in fila cara.
Ammesso che poi abbia ancora voglia di ballare, sai meglio di me che non è una cosa che ama particolarmente!” disse rincarando la dose.
Terence dovette trattenere una risata: Karen sapeva essere un osso duro e non conosceva certo mezze misure quando provava antipatia per qualcuno.
Con lo sguardo cercò Candy, ma non riuscì ad incrociare i suoi occhi perché lei guardava altrove e la cosa lo lasciò perplesso.
“A dopo allora.” la salutò secco Terence che non voleva assolutamente fornirle il benché minimo appiglio a cui aggrapparsi per cominciare a fare capricci come era solita fare.
“Ma Terence io …”
“Scusami, ma non sarebbe educato da parte mia non dedicare del tempo ad amici che io stesso ho invitato.” rincarò lui perentorio, e così dicendo le voltò le spalle e si recò verso di loro.
Mentre si avvicinava a Candy lei non lo degnò del minimo sguardo e lui si domandò perché.
Infastidita dall’intera scena e dalla confidenza che Kathrine pareva avere con Terence, Candy aveva distolto lo sguardo e aveva intavolato una conversazione con Archie, per concentrarsi su altro, anche se in realtà le riusciva difficile mentire a sé stessa e fare sì che il suo orecchio non cercasse di carpire cosa stesse accadendo.
Si chiese se fosse normale sentirsi così.
Se avesse avuto il coraggio di guardarsi dentro probabilmente si sarebbe resa conto che quella coltre nera che le stava oscurando il cuore facendola sentire insicura, nervosa, irrequieta e spazientita, altro non era che gelosia.
“Buonasera a tutti, Archibald è un piacere rivederti dopo tanto tempo!” mentì Terence.
“Buonasera!” sorrise loro Karen.
“Terence, è un piacere. Signorina Klays, Archibald Cornwell, Archie per gli amici.” si presentò Cornwell.
“Chiamami pure Karen, Archie!” rispose lei affascinata da quel bel giovane.
Albert salutò Karen che lo guardava raggiante, il sorriso dipinto sul suo volto avrebbe rischiarato anche il cielo più nero.
Candy non aveva ancora guardato Terence negli occhi, evitava il suo sguardo per timore che potesse leggervi ciò che lei non aveva il coraggio di ammettere a sé stessa.
“Ciao Candice.” la salutò costringendola a guardarlo, del resto non poteva certo ignorarlo. Lui fece per prenderle la mano delicatamente e baciargliela ma lei, prevedendo il suo gesto, nascose le mani nella borsetta fingendo di cercare qualcosa.
Si sentì stupida ma non voleva che lui la sfiorasse, stava faticando a reprimere quel tremore che voleva impossessarsi così prepotentemente delle sue gambe, e che aveva già assalito lei sue mani.
Un semplice “Ciao Terence.” fu l’unica risposta che ottenne.
“Scusate se vi abbiamo fatto aspettare ma quella Kathrine Griffiths, beh non ha ancora capito che Terence non ha alcun interesse in lei e persiste con le sue sciocche avances; mi chiedo come faccia a non vergognarsi, si rende proprio ridicola. Pretendeva che le dedicasse tutta la serata e addirittura voleva aprire le danze con lui.” disse Karen ridendo come se la cosa dovesse essere divertente.
“ Immaginavo che un attore famoso come te fosse un latin lover, peraltro quella ragazza è molto carina!” lo stuzzicò Archibald.
Albert ed Annie lo incenerirono con lo sguardo, e così pure fece Terence.
“Cornwell non tutti gli attori sono interessati alle donne che li circondano, per quanto belle possano essere!” replicò Terence e, mentre proferiva tali parole, i suoi occhi cercarono quelli di Candy e li incontrarono qualche istante.
La piega che aveva preso la situazione non gli piaceva per nulla: lei era sfuggente e la serata era cominciata nel peggiore dei modi.
“Che ne dite di prendere da bere e poi spostarci nella sala accanto, lì si balla!” propose Karen rivolgendosi loro.
“Un drink è proprio quello che ci vuole!” le sorrise Albert.
La tensione che si era venuta a creare fra Candy e Terence rischiava di rovinare tutto ciò per cui tutti loro stavano lavorando: farli ritrovare.
“Archie andiamo anche noi!” disse Annie al suo fidanzato.
“Eh va bene, del resto sono un provetto ballerino, facciamo vedere a questi newyorkesi come si danza!” disse lui ridendo.
“Candy, Terence venite anche voi vero?” chiese Annie voltandosi verso di loro.
“Sì.” rispose Terence, mentre Candice si limitò ad annuire.
Mentre gli altri quattro sorseggiavano un drink e chiacchieravano amabilmente, Terence cercava di comprendere il comportamento di Candy e di capire perché avesse ritratto la mano quando aveva cercato di salutarla.
Candy non aveva il coraggio di guardare Terence, se lui si fosse accorto che lei lo stava fissando, si sarebbe sentita terribilmente in imbarazzo. Si sentiva ancora infastidita dalla scena chele era accaduta poco prima proprio sotto gli occhi, ed era certa che lui avesse notato la sua inquietudine.
Si spostarono nella sala accanto, un’orchestra stava suonando e l’aria veniva riempita dalle note di un’allegra melodia.
Archie invitò Annie a ballare, Candy si frappose fra Karen ed Albert, obbligando quest’ultimo ad invitarla.
“Cosa c’è che non va?” le chiese Albert mentre volteggiavano.
“Oh niente Albert … anzi scusami immagino che volessi ballare con Karen, ma …”
“Sarebbe rimasto solo Terence con cui avresti potuto ballare, giusto?”
Lei rimase in silenzio a chiedersi come Albert potesse leggere così facilmente nel profondo del suo cuore.
“Un ballo non ha mai ucciso nessuno e poi avreste potuto approfittarne per parlare.”
“Oh ma non abbiamo nulla di cui parlare” mentì lei.
Albert preferì non insistere e terminarono il ballo in silenzio, poi Karen gli si avvicinò e lo reclamò per sé.
Candy si fece strada fra le coppie danzanti e raggiunse il giardino poichè aveva decisamente bisogno di una boccata d’aria.
Terence la seguì prima con lo sguardo, poi decise di raggiungerla.
“Candice, va tutto bene?” le chiese lui.
Lei lo guardò negli occhi per la prima volta dall’inizio della serata.
“Solo un po’di stanchezza.” gli mentì.
“La ragazza che mi è corsa incontro prima è una mia ammiratrice.
Sfrutta spesso il fatto che suo padre sia tra i maggiori sovvenzionatori della nostra compagnia per intrufolarsi ad ogni evento a cui partecipiamo.”
“ E’ interessata a te.” affermò lei abbassando lo sguardo.
“Non le ho mai dato un solo motivo per pensare che io la potrei mai contraccambiare.
Le ho detto chiaramente svariate volte di non essere interessato a lei, ma Karen ha decisamente ragione nel dire che Kathrine è viziata e non sa accettare un no come risposta.” le spiegò lui accennando ad un mezzo sorriso e cercando di convincerla, non voleva assolutamente che pensasse che lui potesse provare il ben che minimo interesse per un’altra donna.
“Non deve essere divertente vedersela sbucare ovunque!” disse lei ricambiando il mezzo sorriso.
Cominciava a sentirsi più tranquilla, le aveva appena confermato di non nutrire alcun sentimento nei confronti di quella giovane. Il suo cuore le diceva che poteva fidarsi di Terence e delle sue parole.
Nonostante ciò lei si sentiva confusa dalla propria reazione, quasi stordita, non riusciva a reprimere quel sentimento atavico che era la gelosia, nei confronti di una donna che desiderava quel ragazzo a lei così caro. Ma come poteva essere così speciale per lei qualcuno appena conosciuto?
Mentre i dubbi la attanagliavano Terence le pose una domanda che la riportò alla realtà.
“Ti sei ripresa dal malore di prima?”
Lei lo fissò intensamente, poi decise di raccontargli cosa le era successo realmente, del resto voleva condividerlo con qualcuno e chi meglio di lui.
Si guardò intorno per accertarsi che Albert e gli altri non fossero nei paraggi.
“In realtà mi sono sentita strana sin da quando ho messo piede a New York. Arrivata in stazione, non so, ho provato un dolore indescrivibile come se mi stessero strappando l’anima. E poi quando ti ho rivisto ho ricordato nuovamente qualcosa.” ammise nervosamente.
“Mi spiace sapere che tu ti sia sentita male.” disse lui felice ed addolorato allo stesso.
Stava ricordando di loro, della loro separazione e del loro amore, come dubitarne? Un altro ricordo legato a lui, a loro.
“ Sì, anche se non è un gran ricordo, non ne capisco il senso.”
“Cosa hai visto?”
“Mi trovavo su di una collina, molto simile a quella di Pony, l’orfanotrofio dove sono cresciuta, e qualcuno fumava una sigaretta, io gliela strappavo dalle mani e la buttavo in terra per poi spegnerla con il piede …”
Mentre la sentiva raccontare uno dei primi loro incontri alla St. Paul School di Londra, si sentì traboccante di felicità, il cuore di lei le stava restituendo piccoli pezzi di quel puzzle che era stato il nascere del loro amore.
“ E chi era questa persona?”
“Purtroppo non l’ho visto o vista, chissà, però … “- si fermò perché si vergognava ad ammetterlo , e poi riprese -“Ho provato una bella sensazione, come se io e questa persona avessimo un bel rapporto, un legame forte …”
“Hai chiesto ad Annie o Albert?”
“Oh no Terence, per favore!” disse lei rabbuiandosi improvvisamente ” non voglio che lo sappiano, non ancora!”
Lui si sentì onorato, era l’unico depositario dei suoi segreti e dei suoi ricordi, il che gli fece capire che lei si fidava di lui.
“Da me non sapranno nulla, ma non credi che forse loro potrebbero sciogliere alcuni dei tuoi dubbi?”
“Oh sì Terence, lo so, ma se glielo dicessi adesso questa vacanza non sarebbe più tale per me, e nemmeno per Albert, sicuramente premerebbe per tornare a casa e farmi visitare dal dottor Price, o comunque mi trascinerebbe in qualche clinica per effettuare visite su visite. E’ più di un anno che vivo così, vorrei solo godermi questa vacanza, una volta tornati a Chicago, gli racconterò tutto e vedremo!”
“Scuami, non ci avevo pensato.” disse lui serio, poi proseguì ” potrei invitarti a ballare adesso?” nel tentativo di stemperare la tensione che aveva caratterizzato il loro incontro fino a quel momento.
“Certamente” rispose lei.
Lui le porse il braccio, lei vi si appoggiò e raggiunsero il quartetto che era intento a consumare la pista da ballo.
Albert li vide rientrare, notò le loro espressioni rilassate e capì che non avrebbe dovuto preoccuparsi oltre.
Mentre danzava con Karen ebbe l’impressione che il tempo si fosse fermato e che tutti gli ospiti della festa fossero spariti, per permettere loro godere della reciproca compagnia.
Karen dal suo canto era molto contenta di essere nuovamente fra le braccia di Albert, aveva atteso tanto quel momento e non avrebbe permesso a nessuno di rovinare quella serata.
Fu sollevata di vedere Candy e Terence rientrare insieme, la situazione sembrava essersi appianata e, quando li vide danzare, fu felice di constatare che dovevano aver chiarito. Non le era passato inosservato l’irrigidimento di Candy e la tensione che si era creata fra loro ad inizio serata, si chiese se fosse possibile che Candice fosse gelosa, del resto lei e Terence si erano amati da sempre, e Karen era sicura che non sarebbe bastata un’amnesia ad impedire ai due ragazzi di riprendere da dove non avrebbero mai dovuto interrompere.

Le nubi attendevano minacciose all’orizzonte e il cielo di Candy stava per rabbuiarsi nuovamente.
“Mi pareva che tu mi avessi promesso un ballo?” disse Kathrine avvicinandosi a Terence innervosita.
Guardò quella bionda che osava ballare con il suo Terence con tutto l’odio ed il disprezzo di cui era capace e la incenerì con lo sguardo.
Candy non si fece scalfire da quello sguardo carico di invidia riservatole dalla giovane e la stretta della mano di Terence sulla schiena, che si era fatta più salda, le fece intuire che non aveva nulla di cui temere.
“Come vedi sono già in compagnia! Come ti ho detto prima, i miei amici sono venuti appositamente per me, non posso e non voglio certo trascurarli?!”
“Oh certo che puoi, se dedicassi un po’ di tempo a me penso che capirebbero, del resto è una questione di priorità, e sono certa che anche tu sappia che io vengo prima di tutto!” disse lei sfacciatamente.
I modi di quella giovane la stavano infastidendo in maniera indescrivibile, come si permetteva di rivolgersi a lui così? Chi credeva di essere?
Sentire le parole con cui Kathrine cercava di mettere in difficoltà Terence fece scattare qualcosa in lei e non riuscì a tenere a freno la lingua, l’impulso di soccorrerlo fu più forte del buon senso.
“Mi pare che Terence le abbia detto di volere passare il tempo con noi, i suoi amici … forse le è sfuggito?” si intromise Candy.
Kathrine la guardò appena prima di aggiungere, con un tono seccato, che avrebbe fatto meglio a farsi gli affari suoi.
Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso.
“Non rivolgerti così a lei, non te lo permetto! E ora chiedile scusa e poi lasciaci godere di questa serata in santa pace!” disse Terence perentorio.
“Questa me la pagherete!” disse lei guardandoli in cagnesco e battendo in ritirata. Aveva perso una battaglia, ma non la guerra: Terence sarebbe stato suo.
Terence guardò Candy e rise, lei lo guardò perplesso.
“Perché ridi?”
“Perché è venuto fuori il tuo animo da crocerossina e non hai resistito alla tentazione di venire in mio soccorso!” disse lui.
Lei credette che lui stesse facendo riferimento al suo lavoro da infermiera, non sapendo cosa in realtà intendesse lui.
“Quindi io ti aiuto e tu ridi di me?” gli chiese fingendo un broncio.
“Oh no, non mi permetterei mai!” le rispose cercando di reprimere quella ilarità che aveva invaso il suo cuore e si rifletteva inevitabilmente in un sorriso dipinto sulle labbra.
“Chissà perché, avevo l’impressione che mi stessi prendendo in giro!”
“ Oh no Candice, io!? Non potrei mai!” disse assumendo un tono serio, quelle parole cariche di un significato che andava oltre il riferimento a quanto appena successo.


All’improvviso il Signor Griffiths reclamò l’attenzione degli ospiti, pareva essere in procinto di lanciarsi in uno dei suoi famosi e noiosi discorsi: aveva infatti tutte le intenzioni di permettere alla figlia di ottenere il suo giocattolo, tutto ciò a scapito di Terence.
“Gentili ospiti, amici cari …” iniziò col suo fare borioso “come sapete siamo qui riuniti per celebrare la Compagnia Stratford e il grandioso successo della stagione teatrale appena conclusasi.
Vorrei ringraziare il Signor Hathaway per il suo meraviglioso lavoro e tutti gli attori, uno su tutti, che prego di raggiungermi, il signor Graham”.
Terence guardò perplesso quell’opulento essere chiedendosi cosa avrebbe dovuto aspettarsi da quella pagliacciata. Odiava quelle situazioni, non gli piaceva stare fra la gente, o meglio fra quella gente.
Guardò Candice che gli restituì uno sguardo interrogativo, poi sollecitato dalla voce del Signor Griffiths, che nuovamente lo invitava a raggiungerlo, gli si avvicinò.
“Oh Terence eccola qui, finalmente, si è fatto attendere, come tutte le star!” disse il padrone di casa in un goffo tentativo di risultare simpatico.
Il giovane non rispose e si limitò a guardarlo sconcertato, non poteva non chiedersi dove si celasse l’inganno, inoltre stava cercando di tenere a bada l’irrefrenabile impulso di rispondergli come meritava.
“Sicuramente vedrai se quel vecchiaccio non trova una scusa per fare avvicinare sua figlia a Terence, sono proprio perfidi e viscidi, tale padre tale figlia!” disse Karen in un motto d’ira.
“Lo pensi davvero?” le chiese Albert, mentre Candy con l’orecchio teso attendeva la sua risposta.
“Purtroppo. In questi ultimi anni non sai quante volte hanno cercato di incastrarlo, ma Terence non si è mai fatto mettere all’angolo, anche se in situazioni come questa non è facile districarsi specie quando si corre il rischio di offendere chi sovvenziona i nostri spettacoli, con una semplice risposta sbagliata …”
“Vedrai, se la caverà anche questa volta, diamogli credito!” disse Albert nel tentativo di tranquillizzarla.
Lo stesso Albert era infastidito da tutta quella situazione, non aveva mai sopportato le persone che si approfittavano della propria posizione sociale e del proprio potere per mettere gli altri alle strette.
“Brindiamo allora alla compagnia Stratford e al suo più grande interprete Shakespeariano, Terence Graham!” disse lui portando in alto il proprio calice e bevendo lo champagne pregiato.
“Bene, mi è giunta voce che non solo lei è un ottimo attore ma che suoni il pianoforte in maniera sublime, sono sicuro che la mia Kathrine apprezzerebbe molto se potesse suonare qualcosa per lei!” disse infine Griffiths.
“Non ci penso proprio.” pensò Terence fra sé e sé, mentre stringeva i pungi per la rabbia. Quell’uomo stava cercando di stringerlo all’angolo.
“Allora che ne dice, le farebbe questo regalo? O potrebbe farlo a me, visto che ho intenzione di sovvenzionare anche la prossima vostra stagione!” aggiunse poi cercando di corrompere la sua titubanza con quella rivelazione.
Karen notò la scintilla che per un attimo comparve negli occhi di Terence e non ci pensò due volte ad intervenire.
“Buonasera Signor Griffiths e mi scusi se mi intrometto.” disse lei sfoderando tutto il suo fascino, a cui l’uomo non era certo indifferente.
“Buonasera Signorina Klays” disse lui.
“Terence proprio dopo lo spettacolo di questa sera si è ferito ad un mano, non penso che sia in grado di suonare. Sono sicura che pur di non dispiacere Kathrine avrebbe suonato comunque, ma mi sento in dovere di informarla di quanto avvenuto.Vorrà sicuramente preservare la salute del nostro migliore attore!” disse lei costringendo Griffiths alla resa.
“Oh certamente, anzi mi spiace sapere che si sia ferito!” disse lui accusando lo smacco, la Klays era riuscita a salvare Graham dal quel primo tentativo di farlo avvicinare a sua figlia, ma non avrebbe certo desistito. “Allora direi di riprendere le danze cari ospiti, che ne pensate?” propose lui scrutando la folla e cercando sua figlia con lo sguardo, sotto il suo occhio attento Terence non avrebbe potuto rifiutarsi di danzare con lei.
Proprio mentre era intento a cercare Kathrine, una giovane bionda si avvicinò all’attore che la condusse al centro della sala per riprendere a ballare.
“Chi è quella ragazza?” chiese Griffiths a uno dei suoi affiliati.
“ Credo che sia la futura ereditiera degli Andrew, la figlia adottiva di William Andrew.”
“Vuoi dire quegli Andrew?”
“Certo Signore, quella famiglia Andrew.”
“Bene, tienili sott’occhio e accertati che Kathrine riesca a passare del tempo con quell’attoruncolo.”
“Padre non chiamarlo così!” lo rimproverò lei che lo aveva appena raggiunto.
“Kathrine, pensi che tuo padre gliela possa fargliela passare liscia? Non mi importa nulla, né di lui, né della compagnia ridicola per cui recita, sovvenziono lo spettacolo solo per te, perché so che sei interessata a quel ragazzo. Un uomo d’affari come me ha ben altro da fare. E ora cerca di impegnarti a conquistarlo. Se vuoi il tuo giocattolo devi imparare a lottare!” le disse cercando di spronarla.
“Oh papà, non ho mica intenzione di lasciarlo alle grinfie di quella insulsa bionda, Terence sarà mio, vedrai!” gli disse prima di allontanarsi. Quella sera non aveva intenzione alcuna di arrendersi e avrebbe ottenuto il suo scopo. Decise di rimanere in disparte per un po’, le acque si sarebbero tranquillizzate e lei sarebbe ripartita all’attacco quando meno se lo sarebbero aspettato.
“ Dovrò ringraziare anche Karen per essere intervenuta!” le disse guardandola intensamente nei suoi bellissimi smeraldi.
“Anche Karen?”
“Beh sei venuta in mio soccorso anche tu! Non voglio indagare sul perché, forse non mi ritenete all’altezza di sbrigarmela da solo?” chiese lui con un mezzo sorriso sulle labbra.
“ La prossima volta ti lascerò alle grinfie delle tue corteggiatrici!” rispose lei leggermente risentita.
“Candice stavo solo scherzando, te ne sono grato, davvero. Quando ho visto che ti avvicinavi ho pensato che avessero mandato un angelo a salvarmi dalla punizione che Griffiths voleva infliggermi!” le disse lui paragonandola intenzionalmente ad un angelo e sperando che se ne accorgesse “Angelo?” pensò fra sé e sé. L’aveva appena definita un angelo. Un lieve rossore pervase le sue guancie e il suo cuore si scaldò all’improvviso.
“Beh, ero decisamente in debito con te” cominciò lei “ e non avevo intenzione di lasciarti fra le braccia di quella vipera” pensò; un pensiero che non osò esternare, una verità così forte che le rimbalzò fra le pareti della mente lasciandola frastornata:i sentimenti che quel ragazzo e ciò che lo riguardava riuscivano a suscitarle, la spaventavano e la sbalordivano ogni volta.
Mentre ballavano le braccia di lui le cingevano la vita, gli occhi di lui persi nei suoi, il suo sorriso solo per lei.
Lui si sentiva come ubriaco, ebro di amore, sorrideva come un ebete e si sentiva leggero.
Danzò con lei un paio di canzoni fino a quando sciolse l’abbraccio che li teneva uniti.
Lei lo guardò perplessa: che fosse stanco oppure stufo di danzare con lei?
Una giovane dai capelli rossi si avvicinò a Terence e lo invitò a ballare. Lui non rifiutò e la cosa la sorprese: le aveva detto svariate volte di essere poco socievole ma non ci aveva pensato su due volte prima di accettare quell’invito.
Candy guardò la coppia che si accingeva a ballare, le braccia di Terence, che fino a qualche istante prima avevano cinto la sua vita, avvolgevano ora quella della ragazza rossa.
Lei gli sorrideva con fare civettuolo, lui sorrideva, e Candy si chiese se si conoscessero. Aveva l’impressione che non fossero due prefetti sconosciuti dal modo in cui parlavano e si guardavano.
“Hai già conosciuto Leslie, la rossa che balla con Terence? E’ una nostra collega, ha raggiunto da poco la compagnia, è innocua non ti preoccupare.” cercò di rassicurarla Karen che le si era avvicinata alle spalle.
La giovane aveva preso decisamente a cuore la situazione di Candy e Terence, in particolare, come aveva spiegato ad Albert durante la serata, si sentiva in debito con Candy per quanto successo tanti anni prima. Voleva aiutarla e voleva restituirle un po’ della pace e serenità che l’amica le aveva ridato ai tempi.
“No veramente non me l’ha presentata e comunque è libero di ballare con chi crede.” le rispose Candy sulla difensiva. Eh sì, si difendeva da quell’accusa velata, mossale da Karen, di provare qualche interesse nei confronti di Terence.

“Signorina potrei avere l’onore?” un giovane di bell’aspetto, si inchinò davanti a lei e la invitò a ballare.
“Ti spiace?” chiese lei rivolgendosi a Karen.
“Oh no figurati, fai pure!” le rispose l’amica.
Candy raggiunse il centro della sala insieme al giovane.
“Mi chiamo Robert de Lavoisier” si presentò il ragazzo con un leggero accento francese.
“Candice White Andrew.” si presentò lei a sua volta.
Il ragazzo si dimostrò di buona compagnia, educato e cortese, ed era anche un bel vedere, biondo, occhi neri, capelli ricci che le ricordavano la propria chioma leggermente ribelle e che gli conferivano un certo fascino.
Ad un certo punto il suo cavaliere la salutò e lei si fermò qualche istante per riposarsi, la serata si stava rivelando impegnativa e il non avere avuto tempo e modo di riposarsi cominciava a farsi sentire.
Terence stava ballando con un’altra ragazza e Candy si chiese quanto tempo sarebbe passato prima che Kathrine fosse partita nuovamente all’attacco.
Le dispiaceva che si fosse allontanato da lei così, senza dire nulla: l’aveva semplicemente lasciata come la sciocca che lei in quel momento si sentiva, lì immobile a guardarlo mentre si accingeva a danzare con quella Leslie.
“E’ passato un po’ dall’ultima volta!” la voce alle sue spalle le fece trasalire.
“Patrick.” pensò fra sé e sé, ma com’era possibile?
Si voltò e si trovò faccia a faccia con il suo amico.
Non poté reprimere un sorriso e istintivamente gli saltò al collo per abbracciarlo, era passato circa un mese dall’ultima volta che si erano visti e le era mancato.
“Ehy quanta foga!” disse lui ridendo.
“Scusami Patrick è che sono contenta di vederti!” ammise lei arrossendo.
“Sono felice anche io, mi sei mancata!” disse lui poggiandole un lieve bacio sulla guancia.
Il gesto non passò certo inosservato agli occhi di Terence il quale, nonostante stesse ballando con diverse altre ragazze, non aveva mai smesso di guardare Candy furtivamente e controllare cosa stesse facendo.
Purtroppo la propria condizione di “finto vedovo inconsolabile” comportava che non potesse dimostrare interesse alcuno per nessuna donna in particolare; festeggiare era poco decoroso e ancor più lo sarebbe stato corteggiare una donna.
Odiava quella situazione: Susanna lo aveva liberato dalle sue catene eppure quelle stesse catene erano ancora così irrimediabilmente pesanti ed onnipresenti.
Dovette reprimere un gesto di stizza e l’urgenza di recarsi da Candy e spaccare la faccia di quel damerino che si permetteva tanta confidenza.
Ripensandoci bene si ricordò che anche lei gli era saltata al collo, che lo conoscesse? Ma chi avrebbe potuto essere? Candy conosceva qualcuno di New York?
Quando il ballo terminò, tenne gli occhi fissi sulla coppia, cercò di scrutare da lontano cosa stesse accadendo, quando un’altra giovane dama gli chiese di ballare. Lui era troppo distratto per notare che la richiesta proveniva proprio da colei che aveva evitato per buona parte della serata.
Malauguratamente si ritrovò avvinghiato a Kathrine, la quale cercava di ridurre al minimo la distanza fra di loro, rendendo davvero spiacevole oltre modo quel ballo, peraltro forzato.
“Se solo non mi fossi distratto, mi sarei accorto che era lei a chiedermi di danzare! Dannazione!” si disse innervosito.
“Pensavi forse di potermi sfuggire?” chiese lei ridendo, una risata isterica, la voce stridula, lo infastidivano in maniera indescrivibile.

Mentre chiacchierava e danzava con Patrick, Candynon mancò di guardare Terence e di controllare con chi stesse danzando. Quando si accorse che era Kathrine la ragazza che stava stringendo a sé, si innervosì ed indispettì a tal punto da interrompere il ballo con il suo cavaliere.
“C’è qualcosa che non va?”
“Oh no Patrick, gradirei solo prendere da bere, ti spiace?”
“No andiamo pure.”
Si avvicinarono al bancone, lei ordinò un drink analcolico alla frutta, lui un bicchiere di champagne.
“… e quindi mio padre ha intrapreso diversi affari con il Signor Griffiths. Come ti dicevo visto che mi trovavoin città Kathrine ha pensato di invitarmi a questa festa, non avrei mai e poi mai pensato di trovarti qui!”
“Se è per questo nemmeno io!” rispose lei mentre con la coda dell’occhio guardava Terence e Kathrine che si avvicinavano a loro volta al bancone.
Ordinarono entrambi da bere, poi Terence si avvicinò a Candy e al ragazzo biondo con cui stava chiacchierando.
“Vedo che hai preso una pausa, questa serate possono essere stancanti” disse intromettendosi nella conversazione che i due stavano intessendo.
“Sì, io e Patrick abbiamo preferito riposarci un momento e dissetarci con un drink, noto che anche tu e la tua dama avete fatto lo stesso.” la punta di fastidio con cui aveva pronunciato quel “la tua dama” non gli era certo passata inosservata.
“Perdonatemi, non vi ho ancora presentati, Terence Graham ti presento Patrick Mc Namara” disse lei procedendo con le presentazioni.
I due ragazzi si squadrarono prima di stringersi la mano.
Terence si sentì come se fosse stato colpito in pieno viso da due potenti ceffoni quando sentì Candy pronunciare il nome di Patrick.
Era quel Patrick, ebbene sì.
“Mi perdonerete se vi lascio allora, immagino che abbiate molto da dirvi. Candice per favore mi saluteresti gli altri? Non li vedo in giro e vorrei rincasare. Sono certo che ad Albert non dispiacerà dare un passaggio a Karen.
Se vuole salutarmi prima che ripartiate per Chicago, sa dove trovarmi.”
Detto questo le voltò le spalle senza neanche lasciarle il tempo di rispondergli.
Non avrebbe sopportato ancora per un solo istante la vista di Candy e Patrick che si sorridevano complici e chiacchieravano come se si conoscessero da sempre.
Gli faceva male vedere che lei si comportava con quel Mc Namara così come anni prima si era comportata con lui, con quella familiarità e quella intimità che era loro non troppo tempo addietro.
Come mai Patrick era a quella festa? Chi lo aveva invitato? Che glielo avesse detto Candy?
Con questi pensieri che gli affollavano la mente, offuscandola, saltò in auto e si diresse verso casa a tutta birra. Voleva solo chiudersi nel suo mondo e cercare di dormire, forse così avrebbe scacciato quella immagine dalla sua mente.

Kathrine aveva assistito alla scena da lontano e non le era sfuggito che fra quei tre dovesse essere successo qualcosa. Aveva notato l’interesse di Terence nei confronti di quella Candice e avrebbe indagato con Patrick per scoprire cosa lo legava a quella ragazza e cosa legava il suo amato attore a quella bionda.

“Ti spiace se cerchiamo Albert e gli altri? Ti va di salutarli?” propose Candy che incredula ed impotente aveva visto Terence allontanarsi senza voltarsi nemmeno una volta e senza darle modo di salutarlo.
“E’ stato davvero indelicato il tuo amico!” le aveva detto Patrick che aveva notato il modo in cui lei guardava Terence e si era domandato se era a causa di quell’attore che lo aveva respinto. Anche lui gli era parso coinvolto a modo suo, aveva avuto modo di osservarli di nascosto per buona parte della serata.
“Certo andiamo pure, mi farà piacere rivederli!”
Si avviarono alla ricerca di Albert e degli altri e, quando li trovarono, Candy procedette alle dovute presentazioni.
“Tu sei il famoso Patrick?” gli aveva chiesto Karen senza giri di parole.
“Addirittura famoso signorina Klays?” aveva risposto lui con un sorriso malizioso.
“Scusami Candy ma Terence dov’è finito?” chiese Annie che non riusciva a vederlo.
“Ecco veramente … se n’è andato. Ha detto che era certo che avremmo potuto riaccompagnare noi Karen e mi ha chiesto di riferirti che se volessi salutarlo prima di ripartire, sai dove trovarlo.” Aggiunse poi rivolgendosi ad Albert.
Karen rise di cuore, era così tipico di Terence. Probabilmente la presenza di Patrick lo aveva innervosito a tal punto che aveva ben pensato di andarsene.
Candy guardò Karen senza capire cosa ci trovasse di tanto divertente da ridere a quella maniera.
Patrick e Candy avevano appena intavolato una conversazione con Archie per cui Albert abbassò la voce e colse l’occasione per rivelare almeno a Karen quanto successo circa un mese prima a Chicago.
“Karen quel ragazzo è sempre così impulsivo! E per altro se mi avesse dato modo di spiegargli …”
“Cosa?” chiese lei.
“Patrick si è dichiarato a Candy ma lei lo ha rifiutato. Io credo che sia interessata a Terence ma che sia spaventata da ciò che prova. Penso di averne avuto l’ennesima conferma questa sera.”
“Sì lo so, l’ho notato anche io.” rispose lei e poi aggiunse “ e quindi perché Terence se n’è andato? No aspetta, non dirmi che non lo sa?”
Albert annuì, Karen aveva indovinato.
“Senti ti spiacerebbe se andassimo? Io inizio ad essere stanco e vorrei poter chiamare Terence prima che si addormenti e, se non mi dovesse rispondere, credo proprio che mi toccherà recarmi a casa sua di persona.”
Karen rise nuovamente.
“Sei un uomo dalle mille risorse signor Andrew, e mi piaci anche per questo.” ammise lei arrossendo.
“La ringrazio mia bella Signorina Klays” rispose lui arrossendo a sua volta.
“Ragazzi mi spiace interrompervi, ma che ne dite di tornare in hotel? Io avrei bisogno di riposare, ormai ho una certa età!” scherzò Albert.
“Per me va benissimo, ad essere sincera inizio ad accusare un po’ di stanchezza.” ammise Candy delusa da come fosse finita quella serata.
“Allora alla prossima Patrick, quando torni a Chicago passa a trovarci, sai che sei sempre il benvenuto!” disse Albert salutando il ragazzo.
“Non potresti venire a colazione con noi domani?” gli chiese Archie.
“Mi farebbe piacere ma devo ripartire presto, gli affari mi aspettano, ma ti prometto che vi verrò a trovare appena di ritorno a Chicago!” disse lui.
Salutò quindi Annie e Karen e quando fu il turno di Candy, non curante si avvicinò, le sfiorò la guancia con un lieve bacio, poi le disse: “Sono stato davvero fortunato ad incontrarti per caso, spero sia un segno del destino! Spero di rivederti presto Candice” disse lui.
“A presto Patrick.” lo salutò lei prima di allontanarsi insieme alla propria famiglia e Karen.

Una volta riaccompagnata la giovane attrice, Albert guidò in direzione dell’hotel dove avrebbero pernottato.
Giunti alla reception, ciascuno prese la chiave della propria camera dalla reception e si diedero appuntamento per la mattina successiva.
Candy ed Annie entrarono nella stanza che condividevano, ed entrambe esauste, si gettarono ciascuna sul proprio letto.
“E’ stata una bella festa vero? Ho ballato così tanto che mi dolgono i piedi!”
“Oh sì è vero, bella festa tutto sommato!”
“E la sorpresa di Patrick? Che effetto ti ha fatto rivederlo?”
“Sono rimasta sorpresa, decisamente contenta, lo sai che per me è un caro amico e la sua amicizia mi manca molto …”
“Solo amicizia?” chiese Annie per fugare ogni dubbio.
“Decisamente sì, mai come stasera penso di avere avuto la conferma che non ci sia spazio per lui nel mio cuore.” disse senza specificare o aggiungere altro.
Annie non aveva bisogno di ulteriori conferme per capire a cosa si riferisse Candy: mentre danzava con il suo Archie avevano avuto modo entrambi di osservare lei e Terence e, persino Archie aveva dovuto ammettere che la magia che c’era fra i due era lampante.

“Credi che Terence possa essere andato via perché ti ha vista in atteggiamento così amichevole con Patrick?” le chiese Annie a bruciapelo.
“In che senso?”
“Nel senso di fastidio, gelosia …”
“ E perché mai dovrebbe essere infastidito e geloso di me?”
“ Non ti sei accorta di interessargli?”
“Non credo proprio Annie. Sicuramente gli sono simpatica, ma niente di più. E poi … non solo dimentichi il fatto che lui è rimasto vedovo da poco … ma non sai che …”
“Cosa?”la incalzò Annie curiosa.
“Non hai notato che tutte le volte che ha parlato del suo grande amore, ne ha sempre parlato al presente? Io credo che lui sia ancora innamorato di questa ragazza.” le confessò Candy.

Annie si dispiacque enormemente di non poterle dire la verità e di non poter sciogliere quel dubbio che attanagliava la mente della sua amica. Era vero, Terence era ancora innamorato del suo grande amore, ma il suo grande amore era proprio lei. Se solo glielo avesse potuto dire …
“ Non so Candy, però ti posso assicurare, e anche Archie la pensa come me, che non gli sei sicuramente indifferente, quindi fossi in te non getterei la spugna!”
“ Perché parli così? Ti rivolgi a me come se foste sicuri che io provi interesse per quel ragazzo. Mi è simpatico, nulla più, per cui che ne dici se invece di perdere tempo in inutili chiacchiere, riposiamo un po’?” le chiese infine Candice.
Non aveva assolutamente intenzione di rivolgersi in maniera così brusca ad Annie, ma non aveva saputo controllare le proprie emozioni e aveva lasciato che quelle parole le sfuggissero di bocca.

Si misero a letto e spensero la luce.
“Annie .. scusami per prima. Non volevo essere brusca.”
“Non ti preoccupare Candy non fa nulla, è la stanchezza. Ora riposiamo, buona notte!”
“Buona notte a te.” le rispose, sicura che non avrebbe dormito sonni tranquilli.

Terence stava cercando di prendere sonno inutilmente quando sentì il telefono squillare.
Chi poteva essere a tarda notte?
Si preoccupò che potesse essere successo qualcosa a sua madre, e si precipitò a rispondere.
“Pronto, chi è?”
“Sei proprio un sciocco lo sai?” disse la voce di Albert proveniente dall’altro capo dell’apparecchio.
“Albert ma perché mi chiami a quest’ora?”
“Si può sapere cosa ti è passato per la mente? Perché sei fuggito dalla festa?”
“Oh niente, ero stanco … “
“Pensi di potermi prendere in giro? Perché se è così allora dovrai sfoderare le tue doti recitative mio caro! Candy ci è rimasta malissimo, se la conosco abbastanza bene so che si starà chiedendo cosa possa aver fatto per farti scappare a gambe levate e perché tu non abbia intenzione di mantenere il tuo impegno di passare del tempo con noi per i prossimi giorni.”
“Lei era impegnata con quel ragazzo.”
“Sì, Patrick.”
“Ed era quel Patrick vero?” chiese lui con un tono da cane bastonato che, se da una parte causò una grossa risata in Albert, dall’altra gli fece provare tenerezza per quel giovane tormentato ed insicuro. Terence sapeva essere deciso e forte ma quando si trattava di sentimenti, soprattutto nei confronti di Candy, sembrava perdere tutta la spavalderia e la sicurezza di sé che lo caratterizzavano.
“Terence … forse ora mi odierai … e sicuramente maledirai anche te stesso … non avevo ancora trovato il modo di dirtelo ma ormai …”
“Che cosa?” chiese lui impaziente.
“Un mese fa … Patrick si è dichiarato a Candy ma lei lo ha rifiutato!”
“Ma è fantastico!” esordì Terence prima di insultarsi “E sono proprio un idiota! Un perfetto imbecille! Come ho potuto comportarmi così? Ma quando l’ho vista con lui …”
“Lo so, ti conosco bene. Cerca di rimediare domani e mantieni la tua promessa di passare del tempo con noi, con lei. Ti aspettiamo alla Bouchon Bakery per la colazione come pattuito allora?”
“Farò di meglio disse lui.”
“Mi devo preoccupare?”
“Aspetta e vedrai!” rispose lui decisamente sollevato.
“Va bene, buona notte Terence!”
“A te Albert, e grazie!”.
Era felice di aver ricevuto quella telefonata.
Albert gli aveva dato un nuova speranza e lui il giorno successivo avrebbe colto questa nuova occasione e si sarebbe fatto perdonare.

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Capitolo 11
*** Di sole e d'azzurro ***


 
Capitolo X
 
Di sole e d’azzurro
 
- colonna sonora Wicked Games - Chris Isaak

 
“Voglio parlare al tuo cuore
Anche i silenzi lo sai, hanno parole*”

Di sole e d’azzurro –Giorgia- 

Quella mattina Terence si alzò presto, non aveva dormito molto ma la notte aveva decisamente portato consiglio. Dopo una doccia ristoratrice, optò per un pantalone blu, un maglioncino di cotone dello stesso colore e una camicia rosa.
La mattina la temperatura era mite ma non faceva ancora caldo.
Si recò dal fioraio e comprò un mazzo di gerbere.
Evitò accuratamente le rose, temendo di provocare in Candy un ricordo associato ad Anthony.
Le scrisse un bigliettino, aveva pensato tutta la notte a quali parole utilizzare.
 
“L’impulsività non è il mio lato migliore.
Spero che i tuoi bellissimi smeraldi mi sorrideranno ancora,
solo così  saprò che mi hai perdonato.
T.G.”

 
Saltò in macchina e in breve tempo raggiunse il Waldorf.
Il sole cominciava ad affacciarsi al mondo, non c’era una singola nube nel cielo che risplendeva azzurro e limpido.
Parcheggiò la sua Mc Loughlin ed entrò nella hall.
Era decisamente presto, avevano concordato di vedersi alla Bouchon Bakery ma lui ci teneva a farsi perdonare da Candy, motivo per cui decise di recarsi direttamente in hotel.
“Buongiorno, sarebbe così cortese da avvertire la signorina Candice Andrew che è attesa nella hall?”
“Posso dirle che la cerca il signor?” chiese il receptionist fingendo di non averlo riconosciuto.
“Potrebbe inventare una scusa?”
“Certamente signore.” rispose lui digitando l’interno della camera della ospite.
“ Scenderà entro breve signore.”
“La ringrazio ancora.”
“Non c’è di che.” rispose il receptionist cortesemente.
Terence si nascose in un angolo della hall e attese impazientemente.
Il suo cuore batteva velocemente, voleva rivederla, chiederle scusa e riprendere da dove avevano interrotto.
Era stato proprio sciocco a comportarsi così con lei.
Passarono solo pochi  minuti, che gli sembrarono infiniti, poi finalmente la visione della sua venere dai capelli biondi gli apparve: lei si avvicinò al bancone della reception.
“Mi ha chiamato?” chiese avvicinandosi al receptionist. Si chiedeva cosa ci potesse essere di così urgente da farla precipitare lì.
“Buongiorno Candice.” la sua voce, proveniente da dietro di lei, la fece trasalire e un brivido le percorse la spina dorsale.
Si girò di scatto e lo guardò quasi incredula.
Cosa ci faceva lì?
 Pensava che non lo avrebbe rivisto, per lo meno non in quei due giorni, e invece era proprio lì davanti a lei e la fissava con quei suoi due ardenti zaffiri.
Era tanto bello da mozzare il fiato.
“Non pensavo di rivederti.” disse lei senza nascondergli i suoi pensieri.
Lui per tutta risposta le porse il mazzo di fiori con il bigliettino.
“Sono per te!” furono le uniche parole che le rivolse.
Lei prese i fiori, inspirò il loro profumo, poi lesse il bigliettino.
Le aveva scritto“I tuoi bellissimi smeraldi”  riferendosi ai suoi occhi. Quelle sue scuse la emozionarono: era stata decisamente una strana serata e aveva trascorso la nottata senza riuscire a chiudere occhio, cercando di capire cosa potesse essere successo. Si sentiva spossata e non era pronta per una nuova emozione, motivo per cui non le riuscì di trattenere quell’unica lacrima a cui concesse di rigarle il volto, che venne prontamente asciugata da Terence.
“Speravo di vederti sorridere.” le disse lui riuscendo a strapparle un sorriso.
“Perdonami, la stanchezza gioca brutti scherzi. Grazie i fiori sono davvero belli e … grazie anche per il bigliettino. Anche se i miei occhi non hanno sorriso, sei perdonato, anche se vorrei sapere perché te ne sei andato via così ieri sera. Karen ed Albert erano davvero preoccupati … ed io ci sono rimasta male.” aggiunse quasi sussurrando. Si vergognava ad ammetterlo ma  allo stesso tempo non riusciva a tacergli ciò che sentiva.
“Perdonami, ero stanco e …”
“E?”
“ Ero un po’ nervoso e ho preferito andare via …” continuò lui senza specificare il motivo del suo nervosismo: non poteva certo dirle che era geloso di Patrick.
“ Pensavo che non ti avremmo rivisto tanto presto!”
“Lo so, scusami, davvero! Ogni tanto riesco a comportarmi come un perfetto imbecille, ma sono qui per rimediare.”
Lei gli sorrise e i propri smeraldi con lei.
Gli zaffiri di lui brillavano di una nuova luce, era certo che sarebbe stata una nuova stupenda giornata, una giornata accanto alla sua Signorina Tutte Lentiggini, come ai bei vecchi tempi.
 
Il bel “ragazzo dei ricordi” era innanzi a lei, le sorrideva e le stava chiedendo scusa, cos’altro avrebbe potuto desiderare? Aveva immaginato di passare due giorni a fare il terzo incomodo e invece lui era stato capace di sorprenderla ancora una volta.
Le pareva che in qualche modo tenesse a lei.
Possibile che si fosse affezionato in così poco tempo?
Anche lui le aveva confessato di sentirsi talmente a suo agio con lei, come se le conoscesse sempre, era forse questo a rendere il loro rapporto così speciale e forte? Si cercavano, questo era evidente, non era solo lei a cercare lui ma anche il contrario. Quando guardava nella sua direzione, notava spesso lo sguardo di lui posato su di sé e incrociava spesso i suoi bellissimi occhi blu.
Quegli occhi con la stessa intensità del mare che erano lo specchio di un bellissimo e profondo animo inquieto e contraddittorio, nel quale alloggiava quel profondo sentimento che li faceva sentire vicini.
“Dovrei andare a prendere la giacca e la borsetta, mi aspetteresti qui, faccio in un momento.”
“Certo Candice.” le rispose lui sorridendole.
 “A fra poco allor.a” disse lei dirigendosi verso le scale per raggiungere la propria stanza.
“Cos’è successo?” chiese Annie incuriosita dal mazzo di fiori con i quali era rientrata Candy.
“ Ho ricevuto una sorpresa.”
“Ah, ero certa che Patrick sarebbe passato sai!”
“Erm … veramente non si tratta di Patrick …”
“Terence?”chiese Annie.
“Sì, proprio lui. Ora scusami, ci vediamo giù, vi aspetto nella hall!” le disse correndo via.
“Eh sì, Candy è proprio cotta!” pensò Annie e a quel pensiero non seppe reprimere un sorriso.
 
Terence contò i secondi che sembrarono passare lentamente.
Ne approfittò per respirare a fondo e ritrovare la calma: quando stava insieme a lei perdeva il controllo di sé e delle proprie emozioni che fluivano irrefrenabili dal suo cuore.
Quando la vide tornare, sorridente, non poté non notare quanto fosse bella. Era cresciuta in quegli anni e la bella adolescente acerba che aveva conosciuto tempo addietro si era trasformata in una matura giovane donna che attirava molti sguardi.
C’era qualcosa in lei che non passava inosservato e stregava il cuore di molti. I suoi tre cugini Anthony, Archie e persino Stair erano stati innamorati di lei, Neil e Patrick e chissà quanti altri. Eppure lei sembrava non essere consapevole del suo fascino, di quell’energia luminosa che emanava riuscendo a scaldare i cuori delle persone e a riportale in vita.
“Gli altri dovrebbero raggiungerci fra poco, credo che Albert debba passare a prendere Karen.”
“Per me non c’è problema, non vado di fretta.”
 “Eccoli!” disse poi Terence guardando oltre le spalle di Candy.
“Ah guarda, pensavamo di non rivederti tanto presto.” lo salutò Archie con un tono decisamente poco amichevole.
“Mi spiace di deluderti Cornwell, e comunque buongiorno.” salutò lui.
“Felice di vederti.” dissero sia Annie che Albert, il quale non mancò di dare un pacca sulla spalla all’amico come segno d’intesa. Era davvero contento di essere riuscito a farlo ragionare e, dal sorriso che aveva visto stampato sul viso sia di Candy che del giovane attore, pensò che dovessero aver già chiarito la questione: si preannunciava certamente una bella giornata.
 
“Io ho promesso a Karen di passare a prenderla, come ci organizziamo?” chiese Albert.
“Io ed Archie veniamo in auto con te.” affermò Annie non lasciando altra alternativa a Candy se non di fare compagnia a Terence.
Il ragazzo sorrise e poi ridacchiando disse “Candice ti tocca farmi compagnia.”
“Mmmm se mi prometti di non correre.”
“Senti un po’ io non corro mai in auto, almeno non in città e non se ho dei passeggeri.”
“Non so se ti credo! E comunque sto morendo di fame.” rispose lei ridendo a sua volta.
“Bene allora ci incamminiamo?” propose Albert e finalmente l’allegra compagnia lasciò l’hotel.
Dopo una breve sosta a casa di Karen si recarono presso la famosa Bouchon Bakery.
 
“Mi sembra un posto carino!” disse Candy guardando entusiasta la vetrina, poteva ammirare dolci di tutte le forme e di tutti i gusti.
“Qualcuno ha fame!” disse Albert prendendola in giro e causando una risata generale.
“Certo che sei proprio un amico. Mi fai fare una figuraccia così! Non c’è bisogno di raccontare a tutti che sono una golosona!” scherzò poi.
Terence sorrise, in realtà sapeva bene quanto fosse golosa Candy, non perdeva mai contrariamente a quanto accadeva a lui, il cui stomaco si chiudeva facilmente.
“Direi che sia il caso di entrare.” propose Archie aprendo la porta.
Presero posto nel piccolo locale e ordinarono.
 
Mentre mangiava la torta al cioccolato che le era stata servita, Candy riuscì a disegnarsi un bel baffo di cioccolata sul viso.
Terence, che si era accomodato di fronte a lei, scoppiò in una fragorosa risata.
Nonostante fosse cresciuta, nonostante fossero passati anni, lei rimaneva sempre la stessa, poco importava che non ricordasse chi fosse.
 
“Perché ridi?” gli chiese incuriosita dallo scoppio di ilarità che a lei apparve ingiustificato.
“Dovresti usare lo specchietto!” le suggerì Annie dolcemente, cercando di trattenere una risata, cosa che non riuscirono a fare Archie ed Albert, mentre Karen la guardava quasi con tenerezza.
Prima che potesse estrarre lo specchietto dalla pochette, Terence prese un tovagliolo, si sporse verso di lei e le cancellò quel baffo dal viso.
“Ecco fatto.” disse lui mostrandole la traccia di cioccolata che contrastava col bianco tovagliolo.
“Oddio che vergogna!” esclamò lei nascondendosi il viso fra le mani per celare il rossore che si era impadronito delle sue gote nel momento in cui la mano di Terence le aveva toccato la guancia, seppur non ci fosse stato un contatto diretto fra le dita di lui ed il suo viso.
“In realtà ti donavano i baffi!” disse lui scherzando e provocandole una risata.
Si sentiva bene in sua compagnia, lui riusciva a farla ridere a farla sentire spensierata, riusciva persino a farle dimenticare che da più di un anno ormai brancolava nel buio non sapendo chi fosse.
Con lui era come fare un salto indietro nel tempo, si sentiva come un’adolescente alla prima cotta che sorride felice al mondo perché tutto il suo mondo era lui.
 
Terence si sentiva pervaso da una strana sensazione, aveva quasi paura a definirla col suo nome, felicità, tranquillità, spensieratezza. Felicità … le rare volte che aveva bussato alla sua porta, erano state delle apparizioni effimere, motivo per cui faceva quasi fatica a godere appieno di quel prezioso momento.
La risata di lei, contagiosa e radiosa, gli penetrò il cuore e un’esplosione di energia, sì una nuova energia, lo pervase. L’amava, eccome se l’amava ancora, con tutto sé stesso e, avrebbe fatto di tutto perché quella risata, quegli occhi brillanti, quella miriade di lentiggini, fossero sue e solo sue e per sempre.
 
“So che avevate programmato una giornata di shopping sfrenato ma io purtroppo ho un impegno nel primo pomeriggio e non so per quanto mi terrà occupato.
 Karen, mi spiace, ma mi hanno chiamato stamattina e non posso proprio rimandare.” si scusò Albert.
“Potremmo comunque andare a fare shopping senza di te caro Albert.” propose Archie che, da patito della moda, non avrebbe certo perso quella preziosa occasione per rifornire il proprio guardaroba.
“E’ vero Albert, potremmo andare comunque e vederci dopo! Tu che ne dici Candy?” chiese Annie.
“Veramente io avevo un altro programma in mente per Candice se non vi spiace, a patto che non le spiaccia rinunciare ad un pomeriggio di shopping sfrenato!” si intromise Terence.
“ Ah grazie, mi stai salvando la vita … fare shopping con Archie ed Annie per me sarebbe una punizione!” disse scherzando e scoppiarono tutti in una fragorosa risata.
Era proprio bella quando rideva.
“Albert .. potrei accompagnarti all’incontro di lavoro?” azzardò Karen. Con la scusa che non avrebbe gradito fare da terzo incomodo avrebbe probabilmente guadagnato qualche ora in compagnia del suo cavaliere.
“Sei sicura che non ti annoierai? Non te l’ho proposto perché non volevo sottrarti a qualche ora di meritato svago.” disse lui.
“Oh, assolutamente no Albert, preferisco venire con te, se ritieni sia possibile.”
“Bene allora è deciso. Ci rivediamo per cena a questo punto, che ne dite?” domandò Albert.
“Ah sì, benissimo!” risposero Annie ed Archie all’unisono, eccitati dell’idea di poter passare così tante ore dedicandosi ad una delle loro attività preferite.
 
Mentre uscivano dalla bakery Albert ne approfittò per chiedere a Terence dove intendeva portare Candy, senza che quest’ultima potesse sentirli.
“Ah, non allarmarti, una semplice passeggiata a Central Park … niente di eccessivo!”
“Va bene, ero un po’ preoccupato.”
“Non ce n’è bisogno, lo sai che con me è in buone mani.”
“Sì, lo so.”
“Bene, allora andiamo in hotel? Immagino che dovrai cambiarti …” disse ad Albert prima di rivolgersi a Candice.
”Avresti qualcosa di più comodo da indossare? Per il posto in cui intendo portarti non credo saresti comoda vestita così.”
“Sì, dovrei avere qualcosa di più pratico … ma dove hai in mente di portarmi?”
“Abbi pazienza e vedrai.”
“Pfffff e va bene allora! Non credo di avere scelta no?”
“Esattamente.”
“Allora noi prendiamo un taxi, ci vediamo più tardi. Buon divertimento!” li salutarono Annie ed Archie prima di lasciarli.
 
“Albert pensi che possa venire con te vestita così o sarebbe meglio se mi cambiassi d’abito?”
“Potrei prestarti qualcosa! Annie mi ha fatto portare tanti di quei vestiti, sono sicura che troverai qualcosa.”
“Grazie mi sembra un’ottima idea.”
“Allora andiamo?” chiese Terence, e così si incamminarono verso le rispettive vetture.
Arrivati in hotel Karen suggerì di desinare presso la propria residenza, ciò avrebbe concesso loro una maggiore intimità e maggiore libertà, inoltre non avrebbero dovuto preoccuparsi di finire su qualche rotocalco da quattro soldi e coinvolti in qualche scandalo.
Terence salutò Albert e Karen, la quale seguì Candy nella sua stanza per cercare un vestito con cui potersi cambiare.
“Karen davvero,  scegli quello che ti piace di più. Io adesso vado, non vorrei fare attendere troppo Terence. Pensi che così possa andare?” le chiese mostrandole i pantaloni che aveva indossato, una camicetta, una giacca leggera, e a completare il tutto un paio di scarpe basse.
“Andresti bene anche con un pigiama da uomo!” la rassicurò Karen lasciandole intuire che era perfetta con quell’outfit.
“Candy grazie ancora, non ci sarebbe stato tempo a sufficienza per passare da casa mia.”
“Oh no Karen grazie te, grazie di averci invitato a New York e grazie per …” ci pensò prima di aggiungere quanto stava per dire.
Karen la guardò interrogativa e curiosa.
“E grazie per aver risvegliato Albert e avergli donato un sorriso, era tanto tempo che non lo vedevamo così contento e spensierato.” ammise Candy.
Certo, non le piaceva impicciarsi ma voleva ringraziare quella bizzarra ragazza che stava facendo così tanto per loro. Se non fosse stato per i suoi inviti lei non avrebbe rivisto il suo “ragazzo dei ricordi”, o per lo meno non così presto, e Albert … beh, chissà quanto tempo sarebbe passato prima di poterlo vedere rinascere così.
“Candy, sono io  dover ringraziare Albert per avermi reso il sorriso cara, era da tanto tempo che non incontravo qualcuno come lui.” ammise infine l’attrice arrossendo.
L’interesse quindi era reciproco e Candy non poté che gioirne.
Corse via e raggiunse Terence.
“Eccomi!” disse lei.
“Hai fatto in fretta.”
“Ah, non sono certo Annie od Archie!” rispose lei ridendo e ripensando a suo cugino e alla fidanzata: erano due patiti di moda e sicuramente non avrebbero perso occasione per fare spese folli quel giorno.
“Andiamo?” le chiese lui squadrandola dalla testa ai piedi: nonostante indossasse un semplice completo la trovava irresistibile e la voglia di baciarla lo assalì, le labbra di lei lo ipnotizzavano, come il richiamo delle sirene.
“C’è qualcosa che non va?” gli chiese avendo notato il suo sguardo fisso su di sé.
“Oh no, perdonami Candice, ammiravo solo la tua bellezza.” ammise lui diretto e schietto causandole di arrossire.
“Ti ringrazio.” riuscì a mormorare lei sentendo le guancie avvampare e il cuore battere ad un ritmo convulso, quasi impazzito.
Le aveva fatto un complimento, la trovava bella.
Le fece strada fino alla sua auto, una Mc Laughlin Master six, le aprì la portiera e la fece salire.
“Allora, dove andiamo?” domandò lei impaziente e curiosa.
“Mi spiace ma dovrai fidarti di me!” rispose lui ridendo.
Poteva leggere distintamente la curiosità sul volto della sua Tutte Lentiggini.
Mentre attraversavano il traffico di New York, lui non mancò di indicarle alcuni luoghi noti e passarono il breve tempo a chiacchierare del più e del meno.
Finalmente, giunti a destinazione, Terence parcheggiò in una via poco trafficata.
Sfilò una borsa da sotto il sedile, tirò fuori una parrucca, baffi, barba, un cappello e li indossò.
A Candy venne da ridere, lo trovava proprio buffo travestito così.
“Mi perdonerai ma ci tengo all’anonimato e a non essere assalito mentre passeggiamo per Central Park.” disse infine svelandole il mistero.
“Central Park? Che idea magnifica! Scusami ma pensi davvero che ci disturberebbero se non ti camuffassi?” chiese lei ingenuamente.
“Mi preoccupo dei giornalisti. Se ci fotografassero insieme, domani potresti leggere qualche illazione sul nostro conto e, per quanto non mi interessi affatto ciò che dicono di me, mi spiacerebbe se dovessi leggere cose che potrebbero infastidirti.”
“Tipo?”
“Mmm … tipo … non saprei … vediamo … relazione illecita fra la giovane ereditiera degli Andrew e il giovane e di recente vedovo, l’attore Terence Graham.”
“ Che sciocchezze!”
“Sì Candice, ma sai quanta gente ci crederebbe.”
“Sì, hai ragione ma posso essere sincera?” chiese lei attendendo un suo cenno che non tardò ad arrivare, prima di proseguire” Terence i tuoi occhi blu ti tradiscono … se non li nascondi, magari dietro ad un paio di occhiali …”
“Mi riconosceresti solo dagli occhi?” chiese lui incuriosito.
“ Direi proprio di sì, non ci sono molti occhi blu particolari come i tuoi; è pur vero che non credo che i passanti si soffermeranno sul loro colore per capire se ti nascondi dietro a questo buffo travestimento.” rifletté lei mentre lui tirava fuori un paio di occhiali da sole e li indossava.
“Così va meglio non credi?” le chiese guardandola e si stupì di notare un certo disappunto in lei.
“C’è qualcosa che non va?” aggiunse poi, notando il repentino cambio di umore che lei aveva subito, e chiedendosene il perché.
“Oh no, così non credo che ti riconoscerà nessuno …” rispose lei.
Lui ripensò alle parole che le aveva detto per capire se qualcosa avesse potuto offenderla ma l’unica cosa che aveva fatto era stata nasconderle i propri occhi … che stupido … nascondendoglieli lei avrebbe faticato a leggere le sue reazioni, poteva essere solo quello il motivo del suo malumore improvviso. Per quanto lo avesse fatto nell’interesse di entrambi, si ripromise che la prossima volta si sarebbe morsa la lingua invece di esternare le sue brillanti idee. Con il suo intelligente suggerimento aveva ottenuto che Terence mascherasse i suoi bellissimi occhi blu e così non avrebbe avuto modo di vederli e leggervi le mille risposte che vi celava. Doveva trovare un modo per farglieli togliere.
 “ Sai che ti dico? Non mi va di indossarli!” le disse sfilandosi gli occhiali e riponendoli in tasca.
Lei gli sorrise chiedendosi se lui avesse intuito i suoi pensieri e se quel gesto fosse stato fatto per lei.
Quando la vide sorridere ebbe la conferma di aver letto correttamente i suoi pensieri. Aveva fatto un ennesimo gesto, un ennesimo passo verso di lei sperando che se ne rendesse conto.
“Andiamo signorina?” suggerì scendendo dall’auto e aprendole la portiera.
“Agli ordini!” disse lei saltando giù felice  sorridente.
“Wow è immenso!” esclamò lei varcata la soglia si Central Park.
“Eh già!”.
Passeggiarono per i viottoli del parco e cominciarono a chiacchierare.
“Sai, credo di doverti ringraziare, mi hai decisamente salvata da un pomeriggio di shopping sfrenato! Io voglio bene ad Annie ed Archie, un po’ meno quando mi costringono ad andare fare spese folli con loro.”
“Me lo ero immaginato!” rispose lui senza giustificare quella sua risposta.
“Sai, mi hanno raccontato che da piccola … o beh, non solo da piccola, comunque, dicevo, mi hanno raccontato che mi arrampicavo sugli alberi e mi lanciavo di ramo in ramo … questi alberi così alti potrebbero fare al caso mio! Chissà com’è bello il panorama da lassù!”
“ Puoi provare se credi!”
“Non mi arresteranno?”
“Beh, io non vedo in giro nessun guardiano.”
Lei lo guardò per qualche istante, poi gli porse la giacca e la borsetta e salì qualche ramo.
“Vedi sono ancora capace!” gli disse poi mentre avanzava la sua scalata.
Terence la guardava incapace di fermare i ricordi di tutte le volte che l’aveva vista arrampicarsi sugli alberi della St. Paul School a Londra e quella stupenda estate in Scozia ricordando come una volta era persino piombata sul suo balcone per errore.
Quel flusso di pensieri scorreva impetuoso nella sua mente, come un fiume in piena.
Si imbambolò ad ammirarla mentre felice e spensierata si era accomodata su di un ramo e lasciava ciondolare i piedi nel vuoto.
“Si sta proprio bene quassù peccato che tu non ti sappia arrampicare!” gridò lei.
“Vuoi sfidarmi?” rispose lui ridendo.
“Oh no assolutamente, anzi ora torno giù prima che qualcuno mi veda.“ disse prima di cominciare la discesa. Terence la guardava con il fiato sospeso, era abituato a vederla effettuare peripezie ma nonostante ciò non poteva non preoccuparsi per lei.
Quando le mani di lei scivolarono, mancando l’ultimo ramo, Terence si gettò prontamente in avanti e riuscì ad evitarle una rovinosa caduta. Certo l’altezza non era molta, non si sarebbe fatta molto male, ma non sarebbe stato piacevole atterrare al suolo.
Quando si rese conto di aver mancato l’ultimo ramo si preparò mentalmente ad una caduta, chiuse gli occhi e sperò di non farsi troppo male. L’atterraggio fu diverso da come se lo aspettava e quando si rese conto di non aver urtato il suolo, aprì gli occhi per trovarsi avvolta dalle solide braccia di Terence, i suoi occhi blu fissi su di lei, lo sguardo preoccupato.
“Temevo di non farcela per tempo!” le disse sorridendole, mentre lei lo guardava imbarazzata, il rossore sulle sue guancie ne era la conferma.
“ Che sciocca che sono stata! Sono proprio un’incosciente a volte.” disse lei vergognandosi per la caduta e per la figuraccia.
“Stai bene?” le chiese lui tenendola ancora in braccio.
“Grazie a te decisamente! Che figuraccia! Chissà che penserai di me! Prima mi arrampico come una scimmia, poi volo giù come la peggiore delle imbranate! Devo averti dato proprio l’impressione di un maschiaccio.” disse lei rendendosi conto di essere ancora sospesa da terra, motivo per cui il rossore sulle sue guancie avvampò.
“ In realtà ero solo preoccupato che potessi farti male.” le rispose lui riponendola a terra.
La squadrò da testa a piedi come per accertarsi che fosse tutta intera, poi le sorrise sollevato.
“Sto bene, davvero. Se non ci fossi stato tu avrei sicuramente preso una bella botta!” ammise lei.
“Ma io c’ero.”
Lei annuì.
 “Ti sono grata … per questo e per tutte le cose che hai fatto per me da quando ci siamo conosciuti. Credo che se continueremo di questo passo sarò indebitoa vita.” affermò lei con fare scherzoso.
Le sarebbe piaciuto essere per sempre in debitocon lui, avrebbe avuto una scusa per rivederlo.
Per un istante, un piccolissimo e brevissimo istante, lui pensò a come si sarebbe potuta sdebitare facilmente se solo gli avesse concesso di sfiorare quelle bellissime labbra di miele a cui tanto agognava. Eppure sapeva che non sarebbe stato giusto, non era ancora arrivato il momento.
Sospirò e tornò alla realtà.
“Continuiamo la nostra passeggiata?” chiese lui porgendole il braccio a cui lei felicemente si appoggiò.
 
Ad un certo punto Terence intravide degli scoiattoli.
“Vogliamo dare loro da mangiare?” propose estraendo dalla tasca un sacchetto con delle nocciole.
“Ah, questa te la eri studiata, eh Terence? Non dirmi che vai sempre in giro con delle nocciole in tasca?” disse lei mettendolo in imbarazzo.
“In realtà passeggio spesso in questo parco e do spesso da mangiare agli scoiattoli. Mi ricordano tanto una città a me cara.” rispose alludendo a Londra.
Lui si chinò, appoggiando un ginocchio in terra mentre teneva una nocciola sulla mano aperta.
Un scoiattolo, dapprima titubante, corse verso di lui, gli prese la nocciola dalla mano e si allontanò.
“Vuoi provare anche tu?” le chiese.
“Non so …”
“Non avrai mica paura di loro?” chiese lui curioso, la giovane Candy che aveva conosciuto anni prima, era cresciuta in campagna e non avrebbe avuto timore di uno scoiattolo.
“Posso provare.” propose accovacciandosi vicino a Terence e prendendo la nocciola che lui le stava porgendo.
Distese il braccio e poggiò la nocciola sul palmo della mano rivolta verso l’altro.
Uno scoiattolo fece per avvicinarsi ma avvertendo forse la sua titubanza scappò nella direzione opposta.
“Pfff! Faccio così tanta paura che nemmeno uno scoiattolo mi si avvicina?” chiese lei imbronciata a Terence, il quale non seppe reprimere una grassa risata. A volte  Candy assumeva le stesse espressioni di quando era ancora un’adolescente e di quando lui si era perdutamente innamorato di lei.
“Riproviamo insieme che ne dici?” propose lui avvicinandosi, i loro visi a qualche centimetro di distanza, il petto di lui contro una spalla di lei, la mano di Candy distesa sulla propria, entrambi i palmi rivolti verso l’alto, la nocciola posizionata al centro della mano di lei.
Un audace scoiattolo si avvicinò lentamente. Parve quasi fissarli entrambi negli occhi, come per capire se potesse o meno fidarsi di loro. Poi corse velocemente nella loro direzione, afferrò la nocciola fra le zampine e scappò via. Mentre si allontanava si fermò e si voltò a fissare nuovamente i due ragazzi, quasi come se volesse ringraziarli, poi se ne andò.
“Hai avuto anche tu l’impressione …”
“Che ci stesse guardando negli occhi” disse lei concludendo la frase di Terence.
“Eh già!” disse lui.
Candy si accorse che erano rimasti immobili in quella stessa posizione anche dopo che lo scoiattolo era scappato. Sentì nuovamente le guancie arrossire e si ritrasse di scatto alzandosi in piedi.
Terence notò la sua reazione e gli spiacque notare che si sentisse così a disagio quando si trovavano così vicino.
Prima che le potesse chiedere se voleva riprendere la passeggiata, si sentì prendere per mano e trascinare via.
Si ritrovò a correre con lei a perdifiato.
“Perché corriamo?” le chiese curioso.
“Zucchero filato!” esclamò lei indicando un carretto che aveva intravisto lungo il vialetto che stavano percorrendo.
Lui corse con lei, mano nella mano, il cuore in gola ma di certo non per lo sforzo causato dalla corsa.
Per un momento si rivide quel giorno della festa di maggio, mentre correvano mano nella mano verso la loro seconda collina di Pony, lei vestita da Giulietta.
All’improvviso lei si bloccò a pochi metri dal carretto.
Lo guardò, uno sguardo serio, i suoi occhi verde smeraldo avevano assunto una tonalità più scura.
“Se non mi aveste detto che non ci siamo mai incontrati prima d’ora, giurerei di avere già corso mano nella mano con te da qualche parte … spensierata e sorridente …” disse lei.
Lui si sentì in colpa perché non poteva dirle la verità anche se lo desiderava ardentemente.
“Che ne dici di una vita precedente?”  le suggerì lui.
“Forse … ma tu ci credi veramente?”
“Beh, perché no?” rispose lui e poi cercò di cambiare argomento” allora compriamo lo zucchero filato? Non avremo corso per niente?”
“Ah no, non me lo lascerei sfuggire per niente al mondo!” rispose lei e entrambi scoppiarono in una fragorosa risata.
Continuarono la loro passeggiata assaporando quella dolce leccornia.
“Io avrei una certa fame.” ammise Terence.
“Dopo questo avresti ancora il coraggio di mangiare?” lo prese in giro lei.
“Ti spiacerebbe se andassimo a mangiare qualcosa?”
“Io non ho fame ma ti faccio volentieri compagnia.”
“Grazie. Avrei in mente un posto dove tutto questo” disse toccandosi la barba e i baffi e poi riprese” non è assolutamente necessario”
“Certo andiamo pure!” rispose lei sorridendogli.
Giunti all’auto, Terence la fece accomodare, entrò a sua volta e si liberò del proprio camuffamento.
Candy ebbe un tuffo al cuore quando rivide il suo bellissimo volto. Distolse lo sguardo sperando che lui non si accorgesse di come lo stava fissando.
Con la coda dell’occhio Terence aveva scorto un certo turbamento in Candy quando si era disfatto del travestimento.
Che cominciasse a provare qualcosa per lui? Che i vecchi sentimenti che li avevano legati così profondamente stessero lentamente cominciando a riaffiorare?
Mise in moto e raggiunsero velocemente il distretto dei teatri.
Parcheggiò di fronte ad un piccolo ristorante.
“Qui non ci disturberà nessuno! Spero che non ti spiaccia, non è un ristorante di lusso.”disse lui. “Non sono una persona con standard elevati e poi l’importante è che sia un luogo dove tu possa pranzare in pace!” disse lei.
“Scusami, non ti ho nemmeno chiesto se fossi stanca e volessi tornare in hotel per riposarti prima della cena di stasera.” disse lui all’improvviso.
“Mi riposerò dopo, non preoccuparti! Ora pensiamo a rifocillarti, non vorrei essere la colpa del tuo deperimento!” scherzò lei.
Era davvero bella quando rideva, il mondo rideva insieme a lei.
Entrarono nel ristorante e il cameriere che li accolse la guardò stupito.
Li fece accomodare, Terence doveva essere un cliente abituale.
Lui ordinò da mangiare, lei un caffè americano.
“Terence per caso c’è qualcosa che non va in me ? Ho il viso sporco?”
“No, perché me lo chiedi?”
“Oh niente, è solo che ho avuto l’impressione che il cameriere mi guardasse come se fossi un’aliena.”
Terence rise di cuore prima di risponderle.
Ponderò se dirle la verità e infine optò per la sincerità.
“Credo che ti abbia guardato così perché da quando ho cominciato a frequentare questo posto, ormai 5 anni fa circa, è la prima volta che vengo in compagnia.” ammise lui.
“La prima volta?” domandò lei incredula.
“Sì, te l’ho detto che sono stato definito l’attore più asociale del secolo!”
“Sinceramente stento a crederlo Terence. A me sembri tutto fuorché un asociale!” rispose lei.
“Ho pochissimi amici e lascio entrare pochissime persone nella mia vita.” rispose.
Lei si rese conto che avendola portata lì le stava dando accesso a cose e luoghi della sua vita che probabilmente in pochi conoscevano e ancor meno avevano condiviso con lui.
Gli prese la mano istintivamente, gli sorrise e gli sussurrò un “Grazie” che veniva dal profondo del suo cuore. L’emozione che provava in quel momento rischiava di tramortirla.
Era così forte e sconvolgente che stava faticando a tenerla sottocontrollo.
“Grazie a te Candice per queste due giornate. Erano almeno cinque anni che non mi divertivo così.” ammise lui confermandole che le stava dando il benvenuto nella sua vita. Le parole che aveva appena proferito, riguardo gli ultimi 5 anni della sua vita, non poterono passarle inosservate e non poté evitare di chiedersi come fosse stato il rapporto dell’attore  con la sua compagna.
Terence lesse nei suoi dubbi ma non volle fugarli, era troppo presto per affrontare l’argomento Susanna, non era pronta e non lo era nemmeno lui. Sapeva che correva il rischio che lei si facesse un’opinione errata di lui ma non poteva certo parlarle di colei che li aveva separati.
Quando Terence finì di mangiare, pagò il conto e tornarono all’automobile.
“Forse è ora che ti accompagni.” suggerì lui non particolarmente felice di doversi separare da Candy: nonostante fosse solo per qualche ora, l’idea gli era insopportabile. Aveva così poco tempo da poter passare con lei e non voleva sprecare minuti preziosi.
“Ti ringrazio, ho proprio bisogno di un sano bagno ristoratore e di prepararmi per stasera!”affermò lei.
Quando scese dalla vettura lui insistette per poterla accompagnare ma Candy gli ricordò che anche lui aveva bisogno di riposare e che non si doveva preoccupare per lei. Così Terence desistette dal suo intento, la salutò e mise in moto.
 
Albert e Karen giunsero sul luogo dell’appuntamento con lieve anticipo.
Albert era nervoso e Karen gli prese la mano e la strinse per infondergli un po’ di tranquillità, forse ignara del fatto che la sua vicinanza lo rendesse ancora più nervoso anche se per un diverso motivo.
Quel pomeriggio, in quegli uffici del comune di New York, le vite del giovane Andrew e dei suoi nipoti avrebbero potuto prendere un corso diverso. Buona parte della popolazione si era spostata dalle zone rurali alla grande città, vista la crisi del settore agricolo, per cercare lavoro nelle fabbriche e nelle grandi imprese e così il settore edile vide un grande boom. Servivano nuove strade, grazie al boom del settore automobilistico, e nuove abitazioni per i “nuovi” cittadini.
Albert si era impegnato per mesi per ottenere l’appalto per la costruzione sia delle nuove strade che delle nuove abitazioni e finalmente il sindaco, John Francis Hylan, soprannominato “Mike il Rosso”, dopo aver vagliato i progetti delle industrie Andrew, aveva deciso di concedergli finalmente udienza.
Albert e Karen non poterono non notare lo stile della City Hall. Era costituita di un palazzo centrale, presso il quale era situato l’ufficio del sindaco, dove li stavano cortesemente accompagnando, e di due ali laterali.
Lo stile rinascimentale francese della facciata ben si sposava con lo stile decisamente americano dell’architettura interna.
Quando Albert fu chiamato ad entrare, Karen dovette attendere fuori.
“Spero di non farti attendere molto e di aver buone notizie al mio ritorno.” l’aveva salutata lui con un lieve bacio sulla mano.
Lei gli aveva fatto l’in bocca al lupo e aveva lottato per reprimere la curiosità di sapere che impegno potesse avere Albert presso il comune. Doveva trattarsi di lavoro per essere così importante.
Karen contò i minuti che  passarono lentamente facendo accrescere la sua apprensione, non era mai stata brava a gestire la curiosità che cresceva rapidamente.
Quando finalmente lo vide uscire da quella stanza, il suo sorriso raggiante la rasserenò.
Albert attese che il segretario del sindaco chiudesse la porta prima di esprimere un qualsiasi commento riguardo ciò che era avvenuto dietro quelle mura.
La sollevò da terra facendola roteare e la strinse a sé.
“Da uomo d’affari non dovrei dire che è fatta fino a quando non  riceverò i documenti firmati dal sindaco, ma direi che posso ben sperare!” affermò lui felice.
Lei non poteva che essere contagiata dalla sua contentezza, anche se non capiva come mai un affare di lavoro lo potesse fare sentire al settimo cielo.
“Sono davvero felice per te Albert!” gli rispose guardandolo negli occhi, avvolta ancora nell’abbraccio del bel giovane. Il suo cuore batteva all’impazzata, lui la guardava così profondamente che quando si avvicinò e la baciò non fu affatto sorpresa.
Era strano per lui comportarsi così ma aveva sentito il desiderio irrefrenabile di sfiorarle le labbra e di condividere con lei quelle emozioni che dal primo istante in cui l’aveva vista lo avevano investito,  accompagnandolo fino a quel momento.
Lei non rifiutò il suo bacio e quando le labbra di lui si fecero più audaci gli rispose con la stessa passione.
“Che il proprio sentimento fosse ricambiato?” si chiesero entrambi.
Quando sciolsero quel bacio lei gli sorrise e lui capì di non aver compromesso quel qualcosa che stava nascendo fra di loro con quel gesto impulsivo.
Era abituato a vestire i panni della persona posata e riflessiva ma quella ragazza sapeva tirare fuori la sua parte più imprevedibile ed incontrollabile.
Lui le porse il braccio ma lei per tutta risposta gli prese la mano.
Camminarono fino all’entrata del municipio dove presero un taxi.
Albert la stava riaccompagnando a casa, sarebbe poi tornato al Waldorf dove si sarebbe cambiato e avrebbe recuperato gli altri.
“Perdonami se non ti ho resa partecipe prima di cosa stava accadendo … per ora non lo sa nessuno e vorrei che rimanesse un segreto: probabilmente il sindaco ci affiderà l’ampliamento della rete stradale e la costruzione delle abitazioni per i nuovi cittadini di New York.“
Lei sorrise entusiasta e si congratulò nuovamente con lui, ora capiva perché era così felice e nervoso per quell’affare.
“ Non sai ancora tutto. Il sindaco vuole che sia io personalmente a seguire i lavori, dovrò trasferirmi qui.” le spiegò.
Se si fosse trasferito a New York avrebbe avuto molte occasioni per vederla, passare del tempo con lei e per approfondire ciò che stava nascendo fra di loro.
“E’ una notizia stupenda Albert! Non potrei essere più felice!” disse lei facendosi audace e approfittando dell’intimità del taxi per restituirgli il bacio che lui le aveva rubato poco prima.
Lui accolse la leggera carezza delle sue labbra come la ciliegina sulla torta.
La conferma che il proprio interesse era ricambiato, fu la giusta conclusione per quell’emozionante pomeriggio.

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Capitolo 12
*** Più forte di mille parole ***


Capitolo XI
 
Più forte di mille parole
 
-colonna sonora, Il Sole - Negramaro-

 
“Nessuno ci ha mai garantito che basterà la volontà, che tutto andrà bene e che stavolta sarà semplice. E che d’improvviso si avrà semplicemente la voglia di provarci ancora senza garanzie. C’è uno spazio incontaminato nel cuore di ognuno, una terra selvaggia, difesa per paura che venga occupata e distrutta. C’è una mappa di luoghi segreti e solitari dove si sfiderà la sorte per arrivarci con qualcuno. Al cuore non sembra più un pericolo ciò per cui vale la pena rischiare”(Bisotti)
 
Quella sera Albert era impaziente di rivedere Karen.
Avevano trascorso un pomeriggio ricco di emozioni e sperava di poterla invitare a passare le vacanze a Chicago, così come aveva già fatto con Terence.
 
Al suo rientro in hotel aveva trovato una Candy particolarmente raggiante e ne aveva dedotto che la giornata con Terence dovesse essere trascorsa serenamente.
Annie ed Archie sfoggiavano i loro vestiti nuovi, segno che la giornata di shopping era stata fruttuosa.
Quando arrivarono all’abitazione di Karen un domestico aprì loro il cancello.
Lei li aveva rassicurati che sarebbero stati soli, i suoi genitori come al solito erano via, motivo per cui, a parte la servitù, non c’era nessun altro in casa Klays.
Quando Albert parcheggiò la loro vettura, Candy vide l’auto di Terence: lui era già arrivato. In quel momento il suo cuore cominciò a battere irregolarmente e sentì il desiderio di correre dentro casa per rivederlo. Si contenne a fatica. Preferì non soffermarsi a ponderare gli strani pensieri che le affollavano la mente poiché trovava già abbastanza difficile cercare di essere sé stessa.
Scortati dal maggiordomo arrivarono presso la hall dove Karen e Terence li accolsero.
Per un momento Candy si sentì mancare l’aria. Terence era semplicemente affascinante vestito con un jeans scuro ed una maglietta azzurra che richiamava i suoi occhi, un maglioncino per ripararsi dal freddo della sera, appoggiato in modo casuale sulle larghe spalle.
Karen era semplicemente meravigliosa avvolta in un vestito bordeaux che ne faceva risaltare le forme rendendola ancora più sexy ed appetibile agli occhi di Albert.
“Ben trovati!” disse Karen accompagnando e proprie parole con un lieve inchino.
“Buonasera” salutò Terence, rivolgendo un cenno agli uomini e baciando rispettivamente la mano di Annie e Candy. Annie arrossì, nonostante tutto non si era ancora abituata alla presenza di Terence ed il suo sguardo magnetico riusciva a metterla in soggezione.
Albert si avvicinò a Karen e con stupore dei presenti le poggiò un lieve bacio sulla guancia.
Terence e Candy si scambiarono uno sguardo, entrambi si chiedevano se si fossero persi qualcosa.
La padrona di casa colse l’occasione e fece fare loro un giro veloce della casa.
Terence ne approfittò per avvicinarsi a Candy.
“Hai avuto modo di riposare?”
“Certo, ti ringrazio.”
“Ti dona molto il verde, fa risaltare i tuoi bellissimi occhi.” si complimentò sincero.
“Davvero? Ti ringrazio molto.” rispose lei sorridendogli; era così contenta che lui le facesse dei complimenti e avrebbe voluto contraccambiare ma temeva di sembrare inopportuna.
Durante il giro della casa Karen mostrò loro una stanza adibita a libreria nella quale era posto uno splendido pianoforte, a coda, bianco. Candy fece mente locale e si ripropose di approfittarne durante il corso della serata, non aveva studiato a lungo per niente e voleva in qualche modo sdebitarsi con Terence.
La padrona di casa fece servire dello champagne e nonostante Candy ne prese un bicchiere ne bevve solo un piccolissimo sorso e, lo stesso fece Terence. Anche se aveva smesso di bere da un po’ ormai, preferiva tenersi a distanza dagli alcolici quando possibile. Non gli facevano più effetto, non si sentiva più dipendente da loro ma preferiva comunque evitare.
Chiacchierarono un po’ prima di prendere posto a tavola.
Karen fece sedere Albert a capotavola e lei prese posto alla sua sinistra, Candy si sedette alla sua destra e Terence vicino a lei, infine Annie ed Archie si accomodarono nei due posti rimasti liberi.
Durante la cena Annie ed Archie raccontarono agli altri dello stupendo pomeriggio passato fra le boutiques di New York, si erano divertiti molto e avevano acquistato abiti in quantità.
Albert accennò solo al fatto che aveva avuto un incontro di lavoro e che sembrava essere andato bene, e fu sollevato quando nessuno gli porse ulteriori domande;  non gli faceva piacere dover mentire alla sua famiglia ma non voleva certo dare loro una notizia “incerta”, visto che c’erano ancora diverse questioni da risolvere.
Come prima cosa avrebbe dovuto verificare se Candy avesse intenzione di seguirlo e poi avrebbero dovuto trovare un nuovo dottore che potesse assisterladurante il processo di guarigione. Perso nei  suoi pensieri, si unì nuovamente alla conversazione principale solo nel momento in cui Candy raccontava di essere quasi caduta da un albero in Central Park e di essere stata prontamente salvata da Terence. Il suo racconto scatenò l’ilarità generale e lei stessa rise della sua disavventura.
Parlarono delle vacanze e sia Terence che Karen non parevano avere programmi, Albert si ripropose nuovamente di invitare Karen a trascorrere del tempo con lui a Chicago e di ribadire l’invito a Terence.
La serata trascorreva tranquilla ed allegra, la compagnia era decisamente piacevole.
Persino Archie pareva aver messo da parte il suo odio per Terence. Che si fosse finalmente convinto che i due ragazzi si appartenessero e che i sentimenti dell’attore nei confronti della cugina erano profondi e sinceri? Albert poteva essere fiero del nipote perché finalmente si stava comportando da uomo maturo. Da quando aveva trovato il coraggio di chiedere Annie in moglie gli era parso più posato e riflessivo, meno irruento e irragionevole. Da adolescente gli aveva dato diverse gatte da pelare: aveva sempre avuto un carattere fiero ed orgoglioso, ed Albert aveva ancora un ricordo vividissimo dei litigi fra Archie e Terence, ai tempi della St. Paul School, quando entrambi i ragazzi lottavano per il cuore della sua protetta.
 
Terminata la cena Candy chiese a Karen di accompagnarla alla toilette, voleva approfittarne per chiederle la possibilità di accedere alla sala dove aveva visto il pianoforte.
“Certo Candy fai pure come se fossi a casa tua. Non sapevo che suonassi.”
“Oh ecco io … veramente …”
“Non mi convinci ma credo che mi farò gli affari miei. Fa’ pure, ti ripeto.”
“Grazie Karen.” Le rispose Candy mentre si accingevano a raggiungere gli altri.
Candy però cambiò percorso e si recò direttamente nella stanza dove era situato lo strumento musicale.
Aprì la porta, accese la luce e rimase a bocca aperta nel poter ammirare nuovamente quella sala.
Era stata pensata per raccogliere libri e per poter suonare indisturbati, non vi erano sedie o divani ma solo uno sgabello per chi volesse dilettarsi.
Tentennò prima di avanzare. Non era da lei comportarsi in maniera così poco decorosa in casa altrui, però, avendo il permesso di Karen, poteva sentirsi autorizzata
Aprì il pianoforte, si sedette e, prima di poggiare le dita sui tasti, inspirò profondamente. Aveva paura di suonare male e di deluderlo.
Accarezzò i tasti ma le dita le tremavano e dovette fermarsi.
Chiuse gli occhi, respirò nuovamente e, quando finalmente ritrovò un po’ di concentrazione, riprese a suonare.
La musica fluiva attraverso le sue vene e si sentiva parte di essa, a volte incespicava leggermente ma tutto sommato se la stava cavando in maniera discreta.
Si chiese se Terence avrebbe riconosciuto quella melodia e l’avrebbe raggiunta.
 
“Chi sta suonando?” chiese Archie incuriosito.
“Tua cugina!” rispose Annie incontrando il suo sguardo incredulo.
“Devo andare a vedere con i miei occhi o non ci credo!”
“Tu non vai proprio da nessuna parte.” gli intimò Annie indicandogli Terence con gli occhi:
l’attore si era alzato dalla sua sedia e si stava dirigendo nella direzione da cui pareva provenire quella musica.
“E’ una storia lunga Archibald ma prometto di parlartene, solo non ora. Ok?” disse Annie per rispondere al suo sguardo interrogativo.
 
Gli era bastato sentire le prime note per riconoscere la sua melodia.
Solo Candy la conosceva per cui poteva essere solo lei a suonarla.
Come guidato da una mano invisibile si fece trasportare senza opporre alcuna resistenza da quelle note che ai suoi sensi giungevano come un canto ammaliatore.
Percorse lentamente il lungo corridoio prima di intravedere una porta aperta e di capire che la melodia proveniva proprio da quella stanza.
Fece un respiro profondo e si affacciò sull’uscio.
L’immagine della sua Venere che suonava aveva un qualcosa di divino e magico ai suoi occhi.
Attese qualche istante prima di avvicinarsi, non voleva disturbarla.
Lei aveva udito i suoi passi ma stava cercando di mantenere la concentrazione, non voleva che la qualità di quella esibizione precipitasse a causa della vicinanza di Terence.
I loro sguardi si incontrarono e lui le sussurrò un “Sei bravissima”.
Lei si emozionò e sbagliò nota per poi arrabbiarsi con sé stessa: non voleva assolutamente fare una brutta figura.
Stava per interrompersi, quando lui la pregò di continuare, ma lei voleva poter condividere quel momento con lui, suonare con lui.
Si spostò e gli fece posto accanto a sé sullo sgabello.
“ Ti uniresti a me?”gli chiese guardandolo nel modo in cui solo lei sapeva fare e a cui lui non sapeva e, soprattutto, non voleva resistere.
Si accomodò accanto a lei ma, quella vicinanza così ravvicinata, quello sfiorarsi dei loro corpi, non era certo di aiuto al mantenimento dell’autocontrollo.
Lo lasciò cominciare per poi unirsi a lui,le melodie si fondevano insieme alle loro anime, i loro cuori pulsavano all’unisono.
Candy sbagliò l’ennesima nota e irritata con sé stessa si interruppe nuovamente.
“Scusami Terence, non mi piace suonare con altre persone …” cominciò lei ma lui non le lasciò terminare la frase e, fraintendendo ciò che voleva dirgli, smise di suonare e si alzò di scatto.
“Allora ti lascerò sola.”
“Non era questo ciò che intendevo, perdonami, mi hai fraintesa. Non sono brava a suonare e in presenza di pubblico mi emoziono e commetto ancora più errori … non andare, per favore.”
“Che ne dici se ti aiutassi a concentrarti e a dimenticarti del mondo circostante? Lo faccio ogni volta che recito.” le propose lui essendosi reso conto che la sua impulsività rischiava di rovinare anche quella serata.
“Davvero?”
“Certo!”
“Proviamo?!” propose lei entusiasta.
Lui le si posizionò alle spalle.
“Chiudi gli occhi prima di tutto.” le suggerì lui utilizzando appositamente un tono di voce basso e molto tranquillo.
Lei obbedì.
“Ora concentrati su un luogo a te caro dove ti rifugi, dove ti rechi quando vuoi isolarti dal mondo, dove sai che niente e nessuno potranno scalfirti.”
“Ci sono, la Collina di Pony.” sussurrò lei.
“La Collina di Pony.” pensò lui. Ricordava quel posto con una certa malinconia ma nonostante tutto ripensava a quel luogo con un sorriso sulle labbra. Era il posto dove la sua Signorina Tutte Lentiggini era cresciuta e dove poi si era ritirata col cuore infranto a causa sua. Si odiava per questo ma si sentiva quanto meno sollevato dall’idea che la Collina di Pony l’avesse cullata e in qualche modo le avesse lenito le ferite.
“Respira ed inspira profondamente.” le suggerì tornando a quanto stava facendo.
Istintivamente le poggiò le mani sulle spalle, e la sentì sussultare. Si chiese se la sua reazione fosse dovuta al fatto che non si aspettasse il suo tocco o al tocco in sé, sperando in cuor suo che fosse per il secondo motivo.
Candy trasalì quando le mani di Terence le si poggiarono sulle spalle.
Si chiedeva come il ragazzo potesse pretendere che lei si rilassasse mentre la loro pelle era a contatto. Era una cosa estremamente difficile da fare.
Cercò di concentrarsi sulla respirazione e di seguire i consigli che le dava.
Improvvisamente si sentì pronta e lasciò che le sue dita accarezzassero nuovamente la tastiera.
Come guidata da una magica mano riprese quindi a suonare, la melodia, in maniera molto più fluida.
Riaprì gli occhi e vide Terence che la ammirava mentre lei, in tutto il suo splendore, si concentrava sui lunghi tasti. Era talmente assorta da non accorgersi nemmeno che lui si fosse leggermente allontanato, per poterla guardare meglio.
Al termine dell’esibizione sentì applaudire ma l’applauso non era quello di una singola persona, non proveniva da Terence. Si voltò in direzione della porta e i suoi 4 amici la stavano applaudendo e si prodigavano in complimenti nei suoi confronti.
Ne fu estremamente felice, non pensava di poter suonare, e tanto meno di poterlo fare così bene.
Era tutto merito di Terence, per cui dopo aver ringraziato gli amici, si voltò nuovamente verso il ragazzo che non le aveva mai tolto gli occhi di dosso.
“Grazie Terence. Grazie per aver suonato questa melodia quel giorno, per essere stato così gentile da avermi fatto recapitare lo spartito, e per avermi aiutato a concentrarmi e a suonare in maniera dignitosa. Credo proprio cheti sarò davvero in debito a vita!”
“ Devi ringraziare solo te stessa se ci sei riuscita!”
“Terence, lascia almeno che ti ringrazi per i tuoi meriti. Lo sai che senza di te non ce l’avrei fatta. Per cui grazie.” insistette Candy che nel frattempo si era alzata e lo aveva raggiunto.
Con la coda dell’occhio aveva lanciato un breve sguardo in direzione della porta, e accortasi che gli amici li avevano lasciati soli, si sollevò sulla punta dei piedi e sfiorò la guancia del ragazzo con un lieve bacio.
Entrambi furono attraversati da corrente elettrica e lo lessero l’uno negli occhi dell’altra.
“Che provi qualcosa per me?”si chiesero entrambi.
Il quel preciso istante ad entrambi parve che il tempo si fosse fermato, si sentirono come cristallizzati in uno squarcio temporale che apparteneva solo a loro due. Si guardarono e lei arrossì lievemente mentre gli occhi di lui brillarono di una nuova e forte consapevolezza, poi si sorrisero l’un l’altra.
Terence le porse il braccio, lei accettò.
Era tempo di tornare nel mondo reale, gli amici li attendevano.
 
La serata proseguì senza intoppi ma fu presto ora di salutarsi.
Si sarebbero rivisti l’indomani mattina. Avevano programmato una visita alla Statua della Libertà e Terence aveva avuto un’idea su come impiegare il resto della giornata, anche se decise di non renderli partecipi.
Voleva, ancora una volta, sfidare la fortuna e vedere se la mente di Candy avrebbe reagito all’ennesimo stimolo collegato al “loro” passato.
A malincuore si salutarono davanti alla villa di Karen e, si diedero appuntamento per la mattina seguente.
Fu una delle “buona notte” più difficili che Candy dovette pronunciare. Non ricordava di essersi mai sentita così legata a qualcuno da non volersene separare, da contare i minuti che mancavano a rivederlo.
Terence dovette lottare nuovamente contro il desiderio di stringerla a sé e dirle quanto l’amava.
Voleva rassicurarla riguardo al fatto che non l’avrebbe mai più lasciata.
Si ricordò che l’indomani l’avrebbe dovuta salutare nuovamente e, nonostante avesse già ricevuto un invito da parte di Albert, per trascorrere le vacanze presso la loro dimora di Chicago, non si sentiva tranquillo. Questi temporanei addii non potevano non riportarlo a quella orribile notte di quel freddo dicembre quando si erano detti addio la prima volta. Rivivere quella sensazione per lui era un ennesimo colpo al cuore e un’ennesima sferzata alla sua anima sofferente e penitente. Ogni qual volta riviva quell’istante si sentiva in colpa perché non l’aveva fermata, non le aveva impedito di andarsene. Lo aveva rimpianto per oltre cinque anni e se Susanna non fosse passata prematuramente a miglior vita, probabilmente sarebbe rimasto a rimpiangere quella sua mancanza di spirito per tutta la vita.
 
Fu proprio prima di salutare Karen che Albert si fermò per parlare con lei e Terence in privato e li invitò a passare le vacanze a Chicago. La ragazza accettò senza nessuna remora, felice di quell’inaspettato invito, che fu accettato a ruota anche dall’attore.
Albert quindi li salutò e  ricordò loro dell’appuntamento per il giorno successivo.
 
L’indomani mattina si incontrarono nella hall del Waldorf.
Avevano programmato una visita alla Statua della Libertà e di salire fin sulla balcone che circondava la torcia* stretta nella mano della statua per poter ammirare il panorama.
Terence vi si era recato diverse volte, gli piaceva vedere la città da lassù così piccola e perfetta. New York era sempre stata una città speciale per lui. Era lì che era nato Terence Graham “l’attore teatrale”, ed era lì che era morto Terence Graham” il ragazzo” e si era trasformato in un uomo provato dalle sventure che la vita gli aveva riservato. Scacciò quel brutto pensiero e si ripromise di passare una stupenda giornata con la sua Candy, del resto poche ore ormai li separavano da un’altra partenza.
 
 Gli animi erano confusi quella mattina
Candy in particolar modo, che era all’oscuro dei programmi di Albert, Terence  e Karen per le vacanze estive, voleva godersi appieno le ore rimanenti, ma l’alone di tristezza che avvolgeva il suo cuore, rischiava di rovinarle la giornata. Quando per un momento si fermò a pensare che a distanza di poche ore sarebbero ripartiti e, che non sapeva se e quando avrebbe rivisto quello splendido ragazzo che la stava facendo sentire viva, sentì gli occhi pungere.
Erano proprio lacrime quelle che premevano per scendere.
Quando lo vide quella mattina cercò di accoglierlo con il migliore dei suoi sorrisi, non era solo il suo volto a sorridergli, ma i suoi occhi, il suo cuore, la sua anima.
Karen salutò Albert con un lieve bacio sulla guancia e gli altri quattro capirono che doveva essere sfuggito loro qualcosa.
Nessuno osò chiedere ma, dalla complicità con cui i due si scambiavano sguardi ed attenzioni era lampante che ci fosse quanto meno del tenero. Candy si sentì felice per Albert,  meritava di trovare pace ed amore e se li poteva trovare in Karen, era contenta per loro. Le piaceva l’attrice, con quel suo fare particolare, schietto ed onesto. Di primo acchito poteva sembrare una persona spocchiosa e viziata, in realtà era molto simpatica e pungente, ma quanto bastava.
Erano un’allegra compagnia tutto sommato, peraltro ben assortita. L’attore scontroso, la “spocchiosa” attrice, il vagabondo uomo d’affari, il damerino … stentava a trovare una giusta definizione per lei ed Annie.
Se pensava a sé stessa riusciva solo a definirsi un’orfanella fortunata, mentre Annie, beh lei era diventata una dama di classe.
Contro ogni aspettativa lei si ritrovò in auto con Karen ed Albert ed era la prima volta che si spostavano tutti insieme e non riusciva a stare con Terence.
La cosa le dispiacque un po’ ma non si volle rovinare la giornata per una tale inezia.
Terence colse l’occasione per mettere al corrente Archie ed Annie dell’invito da parte di Albert e, se Annie sembrò entusiasta dell’idea, Cornwell, come era solito fare quando si trattava di Terence, non nascose la propria contrarietà.
“Sono sicura che Candy ne sarà felice, vedrai. E poi in due settimane avrete molto tempo da passare insieme, con un po’ di pazienza lei ricorderà. Si ricorderà di noi, di te, di “voi”.” disse arrossendo.  Non era solita esprimere considerazioni così azzardate in merito a questioni che non la riguardavano ma, in quella storia d’amore e di quella riconciliazione, lei si sentiva partecipe e sostenitrice.
Sapeva che Candy sarebbe tornata ad essere sé stessa e che il sole che una volta aveva brillato in lei sarebbe tornato a splendere, e questo solo grazie all’amore del suo unico grande amore.
A Terence non importava di avere o meno il sostegno degli amici di Candy, l’avrebbe riconquistata comunque, a qualsiasi prezzo ma, sapere che anche Annie era dalla sua parte, non poteva non fargli piacere, quanto meno non avrebbe cercato di interferire come invece faceva il “damerino”.
“Spero che riusciremo ad organizzare la festa per il nostro fidanzamento per tempo, così potrete prendevi parte anche tu e Karen! Sarei davvero felice. Che ne pensi Archie?” chiese Annie rivolgendosi al fidanzato.
“Ma non so se due settimane possono bastare per organizzare una festa … almeno non una delle nostre fest.”
“Oh Archi,  io dico che possiamo organizzarla anche in meno tempo. Ci tengo alla partecipazione di Terence e Karen per cui faremo a modo mio!” disse lei cercando di fare prevalere la propria volontà su quella del futuro marito.
Terence dovette ammettere nuovamente che Annie era cambiata nel corso degli anni. E una festa tutto sommato sarebbe stata un buon pretesto per avvicinarsi maggiormente a Candy.
Non era certo la prima mattina che si svegliava dopo aver sognato di averla stretta a sé e di averla fatta sua. Voleva amarla e non solo nel senso spirituale della parola. Ogni volta che le stava vicino l’esigenza di sentirsi un tutt’uno con lei, di unire anima e corpo, diventava sempre più prepotente.
 
Quando finalmente giunsero ai piedi della Statua della Libertà Candy guardò stupefatta quell’imponente figura che si stagliava sulla baia e sull’oceano. Con la sua maestosità sembrava regnare sull’intera città.
Era curiosa ed eccita, cercava di immaginare come sarebbe stata la vista da lassù.
Quando finalmente l’ascensore raggiunse l’ultimo piano, Candy fu la prima ad uscirne.
Si avvicinò alle protezioni per poter godere appieno di quella vista mozzafiato.
Aveva decisamente ragione Terence, valeva la pena eccome di salire fin lì.
“Allora che te ne pare?” le chiese lui.
“E’ bellissima, davvero, però, e credo che Annie mi darà ragione, non batte certo la bellezza della nostra collina di Pony. Se riesci ad arrampicarti su Papà albero e guardare l’orizzonte accomodato su uno dei suoi rami, con le gambe ciondoloni … ma non posso spiegartelo …”
“E’ vero ha ragione Candy! E, anche se non mi sono arrampicata molte volte, quando mi ha convinto sono sempre stata ripagata. La prima volta che Candy mi aiutò in una delle mie scalate ricordo che la vista della nostra La Porte e della sconfinata vegetazione circostante mi riappacificò con il mondo.” disse Annie.
“ Vorrà dire che dovrete portarmi a questa Casa di Pony, sono curioso di paragonare le visuali …”
“Ma tu sei di parte, è la tua città, la città dove sei nato, la città che ti ha visto crescere …” disse Candy erroneamente.
“No Candy, non è la mia città, non è qui che sono cresciuto. Sono di madre americana ma mio padre è inglese. E poi che c’entra, vorresti dirmi che non sei di parte quando dici che la vista dalla Collina di Pony è più bella? E comunque non è New York la città che porto nel cuore” disse alludendo a Londra, la città dove era sbocciato il loro amore.
“ Te lo posso confermare io Terence! New York è bellissima vista da qui … ma ti assicuro che vale la pena di arrampicarsi e dare una sbirciatina da Papà albero.”  si intromise Albert.
“Ah beh, se lo dice il vecchio saggio che ha girato mezzo mondo!” disse Archie prendendolo in giro e scatenando l’ilarità generale.
“Bene, vorrà dire che se ci capiterà di passare nuovamente da Chicago, dovrete portarci a fare una gita fuori porta a La Porte!” suggerì Karen.
“Approvo!” disse Terence sorridendo alla sua Tutte Lentiggini.
“Ebbene, adesso che si fa?” chiese Archie.
“Non vi resta che seguirmi … non ho intenzione di svelarvi la prossima tappa del tour, ma sono sicuro che Albert apprezzerà.” affermò Terence.
In breve tempo raggiunsero la meta: lo Zoo di New York.
Albert capì subito quali fossero le intenzioni di Terence ed effettivamente aveva avuto una buona idea.
Oossibile che lui non ci avesse mai pensato?
Avevano passato tanti pomeriggi al Blue River Zoo a ridere e scherzare, poteva essere un buon metodo per farle ricordare qualcosa.
“Lo zoo?” chiese Candy incredula. Perché mai aveva voluto portali allo zoo? Pensò che Terence a volte potesse risultare davvero strano.
Mentre passeggiavano rimirando le gabbie contenenti gli animali, la sua attenzione fu improvvisamente catturata da quella delle scimmie.
Un flash le attraversò la mente, così d’istinto si girò verso Terence e gli disse:
“Non dirmi che mi assomigliano perché non è vero!” poi lo guardò perplessa.
Perché mai aveva proferito tali parole? Perché avrebbe dovuto paragonarla alle scimmie?
Lui le rispose con un semplice “Non mi permetterei mai” a cui lei rispose con uno “Scusami non so nemmeno io perché lo abbia detto.”
In realtà Terence lo avrebbe fatto eccome. Glielo aveva detto diverse volte e avrebbe voluto farlo anche quella volta.
Era possibile che ogni volta che stava con lui recuperava, pur se inconsciamente, un prezioso frammento di memoria?
Terence decise che fosse meglio fingere che nulla era accaduto e proseguire nella visita allo zoo.
Quel pomeriggio passò in fretta, troppo in fretta, e fu presto tempo di accompagnare Annie, Archie, Albert e Candy in stazione.
Trovarono i loro bagagli già diligentemente caricati nelle rispettive cabine private.
Candy non voleva assolutamente partire, per buona parte del pomeriggio era stata taciturna, aveva pensato a mille ed un modi per cercare di rimanere in contatto con il bel “ragazzo dei ricordi” ma qualsiasi soluzione non le pareva adeguata. Non poteva certo venire da lei la proposta di tenersi in contatto, che fosse scrivendosi o con qualche telefonata, e non si aspettava certo che fosse lui ad azzardare.
Eppure non voleva lasciarlo così, senza sapere se e quando si sarebbero rivisti.
Probabilmente a lui non importava, ma lei voleva rivederlo. In cuor suo l’idea di separarsi da lui stava scatenando una reazione che la spaventava.
Perché si sentiva come se le stessero strappando il cuore? Conosceva Terence da così poco tempo eppure non riusciva a pensare di non poterlo vedere. Perché si sentiva così, cosa c’era in lei che non andava?
Anche Terence non era stato particolarmente loquace. Certo, lui sapeva che l’avrebbe rivista dopo circa una settimana, ma separarsi da lei gli costava. Ogni qual volta lei usciva dalla sua vita, non poteva non rivivere il loro addio.
Si erano sfiorati tante di quelle volte senza mai riuscire ad incontrarsi e poi, proprio nel momento in cui forse la sfortuna aveva deciso di concedere loro una tregua, si era scontrato nuovamente con la realtà.
I saluti non erano il suo forte. Quando aveva lasciato la Royal St. Paul School anni prima, non aveva salutato Candy, non avrebbe potuto, gli sarebbe bastato incrociare i suoi occhi per perdere tutta la sua risolutezza. Quella volta certo, era diverso, ma comunque doloroso.
Annie ed Archie salirono per primi sul treno, lasciando ad Albert la possibilità di salutare Karen e a Candy di salutare Terence senza sentirsi osservati.
“Buon viaggio!” disse Terence a Candy mentre i suoi occhi cercavano disperatamente di ancorarsi a quelli di lei. Voleva trasmetterle tutto ciò che stava provando e voleva che lei lo leggesse nei suoi occhi. In quel momento le parole sarebbero state inopportune ed inappropriate.
“Ti ringrazio.” rispose lei,senza guardarlo. Non poteva guardarlo negli occhi, come avrebbe fatto a tenere sotto controllo quell’ondata anomala di emozioni che aveva preso il controllo del suo cuore e che stava cercando di non fare trapelare?
“Candice,  ricordati che ogni promessa è debito! Quando passerò per Chicago dovrai portarmi alla Casa di Pony!” le disse lui sperando che capisse che ci teneva.
“Certo, se capiterai dalle nostre parti e avrai del tempo, ti ci porterò volentieri.” rispose lei.
Lo guardò e gli sorrise. Fu un sorriso che durò un breve istante, così come il contatto fra i loro occhi.
Il capotreno fischiò: era ora di salire in carrozza.
Terence guardò Candy e mentre lei saliva il primo gradino del treno, le prese una mano, la strinse fra le sue, poi se la portò alle labbra e la baciò.
Lei si girò di scatto, sorpresa per quel gesto che non poté non farle piacere.
Avrebbe portato nel cuore il ricordo del contatto fra le labbra del giovane dagli occhi blu e la sua mano fino a quando il destino non li avesse fatti incontrare di nuovo.
Lei gli sorrise prima di sparire velocemente all’interno del vagone del treno. Corse nella sua cabina, si chiuse la porta alle spalle e lasciò che le lacrime fluissero. Era stato difficoltoso trattenersi ma ce l’aveva fatta, era orgogliosa di sé … no, non lo era. Si sentiva sciocca! Sì sciocca. Il treno stava lasciando lentamente la stazione e lei non riusciva a fare altro che piangere.
Poi sentì chiamare il proprio nome. Era la voce di lui. Così si ricompose si affacciò e lo vide mentre la salutava. Ricambiò il suo saluto, cercando di imprimersi nella memoria quel bel sorriso e quei due stupendi zaffiri blu. Chissà per quanto tempo avrebbe dovuto accontentarsi solo dei ricordi.
Terence guardò il treno allontanarsi, era lo stesso treno, da New York a Chicago, che gliela aveva strappata l’ultima volta. Gli era sembrata triste quando l’aveva vista attraverso il finestrino, forse si era sbagliato, ma gli era parso che i suoi occhi fossero umidi, come se avesse pianto. C’era qualcosa di diverso in quegli occhi sempre vivi ed allegri in quel momento.
Che il suo cuore stesse soffrendo per quella separazione? Che cominciasse a sentire qualcosa per lui?
Avrebbe dovuto chiederle se poteva chiamarla, ma poi perché mai lei avrebbe dovuto accettare? Sarebbe probabilmente sembrato un maldestro tentativo di farle la corte e non poteva, non voleva risultare inopportuno ai suoi occhi.
Una lunga settimana lo attendeva ma a breve l’avrebbe rivista.
Erano state due belle giornate, intense e cariche di bei momenti. Avrebbe sfamato la propria insaziabile anima con il dolce ricordo di quegli istanti fino al giorno in cui avrebbe incrociato nuovamente quei due occhi di brace che lo avevano stregato tanti anni addietro.
 
 
NDA:*in realtà chiuse nel 1916 per questioni di sicurezza

Ragazze ne vorrei approfittare (sì, meglio tardi che mai) per ringraziare tutte coloro che mi stanno seguendo. Non avrei mai immaginato di avere così tante lettrici.
Grazie a chi recensisce, chi mi ha inserito fra le preferite/seguite/da ricordare e grazie a tutte le "timide" che hanno trovato la voglia di lasciare un commento.
E' sempre un piacere sapere cosa ne pensate.
Vi chiedo scusa per qualche typos qua e là, una volta terminata, ho tutte le intenzioni di lasciare passe un po' di tempo per farla sedimentare e poi di passarla di nuovo alla lente di ingrandimento.
Potrei rallentare la frequenza dei post fino a settembre. Chiedo venia ma in questo periodo,l'ispirazione mi ha lasciata. Ho ancora 21 capitoli "pronti" ma sono tutti da correggere quindi potrei impiegarci un po' di più!
Vi ringrazio ancora!!!

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Capitolo 13
*** Inaspettatamente ***


Colonna sonora
Quando nasce un amore- Anna Oxa



Il problema dell'umanità è che gli stupidi sono strasicuri

 mentre gli intelligenti sono pieni di dubbi.
B. Russel

 
Fu una lunga settimana per Terence. Sia lui che Karen dovevano partecipare a delle riunioni di lavoro prima di potersi dichiarare ufficialmente in vacanza e godersi il meritato riposo.
La sera in cui partirono alla volta di Chicago Terence era nervoso. Per una volta fu contento di avere compagnia. Avevano prenotato cabine diverse ma, essendo entrambi agitati, passarono parte della serata a chiacchierare, fino a quando la stanchezza non li vinse e ciascuno si ritirò nel proprio scomparto.
Non riuscì a dormire molto, era curioso di vedere l’espressione che si sarebbe dipinta sul volto di Candy quando lo avrebbe rivisto.
Sarebbe stata contenta? Stupita? L’ultima volta che l’aveva vista il suo sguardo era triste, nonostante si fosse sforzata di regalargli un sorriso. Il suo cuore gli diceva che lentamente i sentimenti di Candy si stavano svegliando, che il suo animo e il suo cuore sopito stavano cominciando a reagire.
Quando finalmente il capo treno avvisò i passeggeri che la vettura stava rallentando per effettuare l’ingresso nella stazione di Chicago, non credette alle proprie orecchie. Anche Karen sembrava alquanto impaziente e nervosa; Terence dovette ammettere che la collega si era rivelata una piacevole compagnia.
Tempo addietro non avrebbe mai pensato di instaurare un qualcosa di simile ad un’amicizia con una collega, o con chicchessia.
 
Quella mattina Candy si svegliò presto.
Albert era uscito uscì senza riferirle dove sarebbe andato m avvisandola che sarebbe rientrato entro breve.
Annie ed Archie erano suoi complici in questo piccolo inganno che voleva essere una sorpresa per Candy che,da quando aveva lasciato New York, era parsa loro come spenta.
Sembrava triste, come se le mancasse qualcosa, o presumibilmente qualcuno.
Quando l’auto di Albert entrò nel vialetto di casa Candice non prestò la minima attenzione, del resto era abituata all’andirivieni dello zio che era sempre in giro per lavoro. Vederlo a casa era quasi un miracolo.
Così, quando sentì chiamare, la voce di Albert che proveniva dall’ingresso forte e chiara, corse alla porta per vedere cosa stesse accadendo: non era certo da Albert creare una tale confusione quando rientrava e né,tanto meno, urlare il suo nome a quella maniera.
Arrivò alla porta e si meravigliò che il signor Miles non fosse andato ad aprire, ma quando la aprì rimase a bocca aperta.
Sbatté le palpebre un paio di volte e fu tentata di darsi un pizzicotto perché,proprio colui a cui stava pensando fino ad un attimo prima, si era materializzato sull’uscio di casa.
Ci impiegò qualche istante prima di realizzare che non stava sognando.
Che fosse morta nel sonno e giunta in Paradiso senza nemmeno accorgersene?
Possibile che Dio le avesse fatto un tale regalo e le avesse mandato il “ragazzo dei ricordi”?
“Sembra che tu abbia visto un fantasma.” Scherzò Terence, un sorriso sardonico ad accompagnare le sue parole.
“Ciao Candice!” disse Karen ridacchiando, l’espressione di Candy era davvero ridicola.
“Ma voi che ci fate qui?” chiese lei senza nemmeno salutarli, era talmente sorpresa.
“Ho invitato entrambi a trascorrere le vacanze qui con noi, spero non ti spiaccia.” le spiegò Albert intromettendosi in quel bizzarro scambio di battute.
“Oh no, scusatemi, è solo che non me lo aspettavo, ma entrate, prego.
Dove avrò lasciato le buone maniere?” disse Candy sopraffatta dall’emozione.
Anche Terence era felice di vederla e soddisfatto di constatare che non solo la Signorina Tutte Lentiggini sembrava sorpresa ma la sua espressione era mutata da stupore in felicità, ed i suoi occhi brillavano. Anche Albert non poté certo non notare il cambiamento repentino dell’umore della sua piccola.
Archie ed Annie li raggiunsero poco dopo, avevano lasciato il tempo a Candy di salutare Terence prima di presentarsi.
 
Albert aveva dato disposizione alla Signora Matthews di preparare una ricca colazione, e due camere per gli ospiti.
“Candy vuoi accompagnare Terence nella sua camera, mentre io faccio gli onori di casa e mostro a Karen la propria?” chiese Albert, nel tentativo di offrire loro un momento di intimità. “Certo, vieni Terence” disse lei facendogli strada.
“Ti trovo bene.” disse lui per riallacciare la conversazione.
Da quando era entrato in casa lei non aveva parlato molto e, se inizialmente aveva pensato che fosse contenta di rivederlo, i silenzi di Candy gli avevano fatto mettere in discussione quanto supposto.
“ Ti ringrazio. Sai, non che Albert mi faccia fare molto per cui non ho molte occasioni di stancarmi. Passo ore a leggere, fare passeggiate, andare a cavallo e sto cercando di imparare e cucinare … e vorrei impegnarmi per migliorare col pianoforte.”
“Non mi pare che tu stia con le mani in mano.”
“Sì, ma mi piacerebbe tornare a lavorare e rendermi utile.” affermò  lei aprendo una porta, e poi aggiunse “Se non erro questa è la stanza che Albert ha fatto preparare per te.”
“Ti ringrazio.”
“Ora ti lascio così puoi riposare o fare un bagno “
“Aspetta, entra ti prego, non possiamo parlare per qualche minuto?”
“Non so se sarebbe opportuno.”
“ Solo cinque minuti.” insistette lui e lei non seppe dirgli di no.
“ Per quanto vi fermerete qui?” chiese lei approfittando di quell’occasione.
“Credo un paio di settimane, Annie ed Archie ci hanno invitato per la loro festa di fidanzamento ed Albert ci ha cortesemente chiesto di trascorrere qui le vacanze.”
“Io non ne sapevo nulla.”
“Ti dispiace?”
“Oh no Terence, assolutamente, mi fa piacere avere compagnia!” rispose lei.
Non voleva assolutamente che lui pensasse che la sua presenza non le era gradita, perché era gradita eccome.
“Sono contento di sentirtelo dire. E visto che ne hai parlato prima, sono a tua disposizione per delle lezioni giornaliere di pianoforte. Ma sappi che dovrai sdebitarti.” disse lui con una vena di malizia.
“Oh ma sarebbe magnifico, grazie! Beh potrei sdebitarmi facendoti da Cicerone, che ne pensi?
A proposito, avete qualche programma? Avete già deciso cosa fare durante questi giorni?”
“ Se non sono inopportuno, vista la bella stagione, mi farebbe piacere poter visitare la casa di Pony. Per il resto, sinceramente, vorrei solo riposare e godere della compagnia di vecchi amici, per cui qualsiasi suggerimento sarà ben accetto!”
“ Comincerei col lasciarti riposare allora. Poi, se volete, possiamo pensare a come riempire queste giornate.”
“Va bene Candy, ne approfitterò per fare un bel bagno prima di raggiungervi nel salone.”
“Allora a dopo Terence.” Lo salutò avviandosi verso la porta.
Fu in quel momento che lui le prese nuovamente la mano, e guardandola fissa negli occhi gliela sfiorò con le labbra.
Un brivido percorse la schiena di entrambi, era così ogni qual volta si fissavano negli occhi o si sfioravano. Le loro anime erano in sintonia, i loro cuori seguivano lo stesso ritmo.
Candy lasciò quella stanza e Terence ne approfittò per lavare via la stanchezza del viaggio con un bagno ristoratore. Era davvero felice dell’opportunità fornitagli da Albert, l’idea di poter passare ben due settimane sotto lo stesso tetto della sua Tutte Lentiggini, lo faceva sentire al settimo cielo. Si asciugò i capelli frizionandoli energicamente con l’asciugamano, indossò dei vestiti puliti e raggiunse il salone.
Candy aveva lasciato Terence nella sua stanza e, quando la porta si era richiusa alle sue spalle, aveva tirato un sospiro di sollievo. Era felice che lui fosse lì ma era stata davvero una sorpresa inaspettata e non aveva avuto modo di metabolizzare quanto successo.
Fu grata di avere il tempo necessario per riprendersi.
Raggiunse il salone e trovò Albert che attendeva Karen. Annie ed Archie stavano chiacchierando della loro festa di fidanzamento. Avevano invitato davvero molte persone, primi fra tutti i genitori di entrambi. All’insaputa di Candy, Archie aveva invitato Patrick, del resto loro erano molto amici e continuavano a sentirsi e frequentarsi non curanti di quanto successo fra lui e Candy.
Passò circa una mezzora prima che Karen e Terence li raggiungessero nel salone.
Candy ne approfittò per chiedere ad Albert come mai l’avesse tenuta all’oscuro dell’arrivo dei loro amici.
“ Perdonami Candy, speravo di farti una sorpresa gradita. Mi era parso di capire che ti fa piacere stare in loro compagnia e allora ho pensato di invitarli. Sapevo che Archie ed Annie sarebbero stati assorti dai preparativi, io sono sempre preso con il lavoro delle imprese, ed ho pensato che Karen e Terence ti avrebbero fatto buona compagnia. Del resto anche loro avevano bisogno di un posto tranquillo e riservato dove riposare lontani da occhi indiscreti.”
“ Capisco.” si limitò a rispondere lei.
Quando i loro due ospiti li raggiunsero, il Signor Miles fece servire il brunch che la signora Matthews aveva diligentemente preparato.
Archie ed Annie monopolizzarono l’attenzione aggiornando i due attori sull’andamento dei preparativi per la loro festa. Rimanevano solo dieci giorni per organizzare il tutto nel dettaglio.
 
“Cosa vorreste fare oggi? Immagino che sarete stanchi dopo il lungo viaggio.” chiese Annie.
“ Potremmo cominciare col farvi vedere la casa ed il giardino, se volete possiamo fare una passeggiata, nulla di impegnativo.” propose Candy.
“Perché no, abbiamo abbastanza tempo per visitare la città e fare una gita fuori porta.” Rispose Terence alludendo alla visita che voleva effettuare a La Porte, del resto l’unica cosa che gli interessava veramente, era poter passare del tempo con Candy e cercare di riconquistarla.
Karen si sentiva stanca così preferì rimanere in casa. Albert aveva del lavoro da sbrigare e Karen gli chiese se poteva tenergli compagnia.
“Se non ti annoi di vedermi scartabellare e firmare carte, sei la benvenuta nel mio ufficio” le aveva risposto lui sorridente. Era contento di poter avere quell’occasione per stare con lei da solo.
Annie ed Archie avevano un appuntamento per rivedere gli abiti che avrebbero indossato per la festa il che lasciò Candy ad occuparsi di Terence.
“E’ ancora valida l’offerta di visitare il giardino e fare una passeggiata?” le chiese lui.
“Certo, se non sei stanco volentieri!” rispose lei.
Si chiese se Karen non avesse finto tutta quella stanchezza per lasciarla sola con Terence.
 “Mi aspetteresti un momento? Vorrei indossare degli abiti più comodi!” esordì Candy.
Terence annuì e lei ne approfittò per recarsi in camera e indossare dei pantaloni ed una maglietta oltre che delle scarpe più comode.
Raggiunsero il giardino camminando in silenzio, l’uno di fianco all’altra.
Dapprima gli mostrò l’enorme giardino, il gazebo, la fontana, il laghetto artificiale.
“ Ti va di provare ad arrampicarti?” lo sfidò lei puntando un albero con lo sguardo.
“Dopo di te.” disse lui.
Lei cominciò a salire di ramo in ramo mentre lui la seguiva, più lentamente. Non era certo esperto di alberi ed arrampicate ma se la cavava decisamente bene. Arrivati ad una certa altezza, dalla quale era possibile rimirare il panorama circostante, Candy si accomodò su un ramo, sedendosi cavalcioni come un vero maschiaccio e poggiando la schiena contro il tronco.
Terence la imitò e si sedette come lei ed in quel momento si trovarono faccia a faccia.
L’imbarazzo di entrambi era evidente anche se il rossore che aveva colorato le guance di Candy poteva essere scambiato per una reazione allo sforzo.
Terence sentiva la necessità impellente di toccarla, voleva baciarla, assaporare le sue labbra di ciliegia, ma sapeva di non potere. Cercò di trattenersi e per smorzare quell’elettricità che riempiva l’aria la prese in giro.
“ Forse ora potrei dirti che assomigli ad una scimmietta come avevi suggerito allo zoo.”
“Io? Pensavo di essere più carina!” disse lei ridendo e incontrando i suoi occhi.
Lui aveva tirato un sospiro di sollievo quando lei aveva riso e gli aveva risposto scherzando a sua volta.
Lei abbassò lo sguardo per un momento, timorosa di incontrare i suoi ardenti occhi blu, per paura che lui potesse leggerle nell’animo e scoprire lo scompiglio che quella vicinanza ravvicinata le causava.
Era molto bello con i capelli scompigliati dalla leggera brezza che li stava accarezzando e quei due laghi blu in cui immergersi e trovare l’oblio, che la fissavano.
Il silenzio calò fra loro e passarono interi istanti a fissarsi, persi l’uno negli occhi dell’altra.
Non si resero conto del tempo che passava perché stare in silenzio e guardarsi negli occhi era tutto ciò di cui entrambi parevano avere bisogno.
L’inquietudine degli occhi di Terence sembrava acuirsi quando incontrava lo sguardo di Candy per poi placarsi, proprio come il mare dopo la tempesta. Gli occhi di Candy brillavano come due smeraldi preziosi e assumevano sfumature dorate quando lui ricambiava il suo sguardo.
Terence ruppe quell’idillio.
“Forse è ora di scendere e tornare in casa, non vorrei che gli altri si preoccupassero.” propose dopo essersi reso conto che dovevano essere passate ore da quando erano usciti.
“Hai ragione.” concordò lei, senza però riuscire a nascondere un velo di delusione nella voce. Sarebbe rimasta così per sempre se fosse stato possibile.
 
Karen … si era addormentata sulla poltrona mentre lui lavorava. Era andato a prenderle un cuscino su cui le  aveva delicatamente poggiato la testa per consentirle di riposare più comodamente. Era bella persino mentre dormiva, forse addirittura di più. Quando aveva sfiorato il suo viso, toccato i suoi capelli, aveva sentito una strana nuova consapevolezza pervadere il suo corpo. Era partita dai polpastrelli che avevano toccato la sua pelle per irradiarsi in tutto il corpo e riscaldarlo.
Era passato così tanto tempo dall’ultima volta in cui una donna era riuscita risvegliare in lui un tale desiderio e a farlo sentire vivo.
Da quando l’aveva baciata durante la loro visita a New York, si ritrovava spesso a pensare a quel momento e al contatto con le sue morbide labbra. In un primo momento aveva davvero temuto di essere stato inopportuno ma quando in auto lei gli aveva restituito il bacio, si era sentito rasserenato.
Si chiedeva come potesse riuscirgli semplice relazionarsi con le viscide persone con cui spesso si trovava a dover lavorare e invece  non riusciva a trovare un modo per smuovere le acque con Karen.
Forse era troppo presto, si conoscevano da così poco tempo, eppure non poteva immaginare di dove passare del tempo senza di lei.
La settimana che era trascorsa tra la loro partenza e l’arrivo a Chicago dei loro ospiti gli era sembrata interminabile. Aveva chiamato Karen diverse volte, e anche lei lo aveva cercato, apparentemente entrambi animati dallo stesso desiderio di stare insieme.
Quando finalmente l’aveva vista scendere da quel treno, gli era sembrata una visione.
Era stato così contento quando lei aveva accettato la sua proposta di trascorrere le vacanze da loro, gli avrebbe fornito l’occasione di conoscersi meglio ed approfondire ciò che stava nascendo.
Guardarla mentre dormiva … era l’unica cosa che riusciva a fare in quel momento, sperando che stesse sognando lui. Che sciocco, poteva alla sua età essere ridotto a tal punto da sperare che lei lo sognasse? Aveva acconsentito a farsi fare compagnia da lei, non pensando che la sua sola presenza potesse distrarlo a tal punto.
 
Karen, dal suo canto, aveva passato la notte a girarsi e rigirarsi nel letto della propria cabina. Non era mai stata una persona timida e la sua leggera sfacciataggine in qualche modo aveva intrigato quel bel giovane a cui si ritrovava spesso a pensare e del quale si ritrovava spesso a fantasticare.
Aveva due settimane davanti a sé per cercare di fare qualche passo avanti in quella strana “relazione” ma le sembrava che qualcosa bloccasse il bell’Albert.
Se solo lui glielo avesse chiesto, se si fosse sbilanciato, lei lo avrebbe aspettato, ma era decisamente troppo presto, si conoscevano da troppo poco per definire quello che li legava.
Con il pretesto di poter lasciare Candy e Terence da soli, era riuscita seguire Albert nel suo studio, lo aveva ammirato mentre lavorava per un po’, lo aveva studiato, scrutando ogni singola espressione che gli si era dipinta sul viso mentre era concentrato su quelle mille carte.
Aveva finito col cedere alla stanchezza e si era addormentata. Quando si era svegliata aveva notato che un cuscino era stato premurosamente adagiato dietro la sua testa e Albert aveva lavorato nel silenzio più assoluto per non disturbarla. Si vergognava un po’ di essersi addormentata così, ma quando si accorse del sorriso che Albert le stava rivolgendo le sue remore scomparvero.
Avrebbe passato le due settimane più belle della sua vita, ne era certa.
 
 
Le vacanze di Terence e Karen trascorrevano serene.
Nella riservatezza di casa Andrew e del personale avevano trovato il porto sicuro in cui ormeggiare e riposare.
Fortunatamente Archie era troppo assorto nei preparativi del suo fidanzamento con Annie per prestare attenzione a Terence.
Candy aveva trovato un ottimo maestro di musica in lui. Mai come in quei giorni aveva passato così tante ore a cercare di imparare il solfeggio o a suonare. Quando Terence le aveva proposto di approfittare della sua presenza per riprendere lo studio, si era dimostrata entusiasta, del resto lui era così gentile e disponibile nei suoi confronti e lei era felice di poter passare del tempo con lui, da soli.
Il giovane attore l’aveva sorpresa quando le aveva chiesto di poter visitare la casa di Pony.
Ne avevano parlato solo una settimana prima ma non pensava che se ne sarebbe ricordato e avrebbe insistito affinché  lo accompagnasse.
Così, una mattina partirono alla volta di La Porte, lasciando Archie ed Annie a prendersi cura della casa.
Albert aveva provveduto ad informare Miss Pony e Suor Maria del loro arrivo e le aveva messe al corrente della situazione.
Le due donne inizialmente non erano sembrate entusiaste, non perché Terence fosse ricomparso nella vita di Candy, ma a causa delle menzogne che le stavano raccontando.
Poi Albert era riuscito a fare vedere loro la situazione da un diverso punto di vista e alla fine si erano arrese all’evidenza che fosse meglio agire come il signor Andrew e il dottor Price avevano stabilito.
Annie si dispiacque molto di non potersi recare alla casa di Pony ma il giorno della loro festa si avvicinava e c’erano decisamente troppe cose da sistemare.
Quella mattina si svegliarono presto, nonostante il viaggio in auto fosse relativamente breve.
Quando finalmente giunsero nei pressi di La Porte, il sole splendeva nel cielo.
Era una bella giornata, calda, l’ideale per scampagnata.
Terence aveva preparato un sorpresa per Candy.
Se avesse dovuto avrebbe utilizzato la scusa di poter lasciare Albert e Karen da soli.
Sorrise a ripensarci, sia lui che Karen utilizzavano la stessa scusa per poter stare con la persona che interessava loro.
Si sentiva un po’ teso, erano anni che non vedeva la collina di Pony e temeva la propria reazione. Ricordava ancora il dolore che portava nel cuore quando si era recato in quella sperduta cittadina, poco dopo essere arrivato in America.
Voleva vedere il luogo dove era cresciuta.
Imperversava una bufera di neve, proprio come nel suo cuore e proprio come il giorno in cui si sarebbero separati a New York.
In qualche modo l’inverno sembrava giocare un ruolo importante nella loro storia, d’inverno il fato aveva concesso ai loro cammini di incrociarsi, e d’inverno le loro vite avevano imboccato strade parallele.
Quando Albert parcheggiò l’auto, Terence fece un tuffo nel passato. Trattenne il respiro e cercò di controllare le emozioni che lo stavano investendo. Si guardò intorno e ammirò i verdi prati dove la piccola Candy aveva scorazzato da bambina. Notò che la casa di Pony era cambiata, l’edificio presentava una dependance:  probabilmente grazie agli aiuti economici di Albert la zona dedita ad accogliere i piccoli orfani era stata ampliata.
Quando rivide Miss Pony e Suor Maria le due donne parvero commosse.
L’ultima volta che le aveva incontrate era stata dopo una rappresentazione dell’Amleto.
Avrebbe voluto chiedere loro di Candy ma non aveva osato, per paura di sentirsi dire che era riuscita ad andare avanti e che lo aveva dimenticato. Temeva cosa avrebbe potuto rispondere loro qualora gli avessero chiesto come stava, come si sentiva. Lui non sentiva, ecco tutto. Non era andato avanti e se possibile aveva fatto un passo indietro, anzi molti passi indietro …
Ma non voleva tornare con la mente a quei tristi giorni proprio in quel momento in cui la vita sembrava accennare ad un timido tentativo di sorridergli.
I bambini della casa di Pony erano entusiasti di avere fra loro due stars di Broadway.
Non che realmente sapessero cosa fosse Broadway ma erano eccitati all’idea di avere due ospiti famosi. Probabilmente era capitato loro di vedere qualche foto dei due attori su qualche giornale.
Era quasi ora di pranzo quando Candy ebbe l’idea di portare Terence a visitare la famosa collina di Pony, del resto sarebbe stata una bella passeggiata che gli avrebbe messo appetito.
“Terence verresti con me, vorrei portarti in un luogo.” propose lei cercando di rimanere evasiva ma il giovane dagli occhi zaffiro aveva intuito quale fosse la loro destinazione. Prese una borsa e la seguì.
Passeggiarono in silenzio.
 “Vieni, su per di qui.” disse lei deviando dalla strada principale.
Dopo circa una decina di minuti di cammino, intravidero le pendici della collina.
“La famosa collina di Pony?” chiese lui riconoscendo il luogo in cui aveva lasciato il suo cuore diversi anni addietro.
“Te la presento! Collina di Pony, Terence – Terence la mia collina di Pony.” disse lei ridendo.
“Piacere signora delle colline.” rise lui, e la sua risata fece eco a quella di Candy.
Com’era bella quando rideva, le sue guance rosse per la passeggiata, qualche goccia di sudore imperlava la sua fronte, i riccioli scompigliati da quella lieve brezza che li accarezzava.
“Che ne dici di fare a chi arriva primo?” chiese lei cominciando a correre senza dargli il tempo di partire.
“Ma non è giusto così arriverai prima!” strillò lui correndo, e cercando di raggiungerla. Corse a perdi fiato e quando la riagganciò, qualcosa fece sì che si prendessero per mano. Non sapeva dire se fosse stato lui a stringerle la mano, o lei a prendere la sua, ma correvano verso la cima della collina, si guardavano, ridevano.
Candy sentì la propria mano venire avvolta da quella di Terence. Non si spiegava come fosse successo ma erano lì che correvano felici verso papà albero, lui le stringeva la mano nella propria e le sorrideva, rideva e i suoi occhi … a volte le pareva che i suoi occhi sprizzassero felicità, le sembravano acquisire una nuova luce, una sfumatura di colore differente che li rendeva ancora più belli se possibile.
Per un istante si chiese quante donne si fossero innamorate di lui.
Come si poteva rimanere immuni al suo fascino? Aveva carisma, era simpatico, gentile, premuroso, affascinante, una voce da favola ed era bello. Bello da mozzare il fiato. E quando sorrideva … non sorrideva spesso, se ne era accorta, anche se aveva avuto la sensazione, forse erronea, che a lei sorridesse più che agli altri.
Quel sorriso avrebbe saputo sciogliere la tristezza e il gelo di cui si sentiva in balia a volte quando cercava di ritrovare sé stessa.
Quando raggiunsero la sommità della collina lei si gettò sull’erba come era solita fare da bambina.
Lui si liberò dello zaino e si mise a sedere di fianco a lei.
Finalmente erano insieme sulla collina di Pony, finalmente la promessa che si erano fatti tanti anni prima era stata mantenuta.
“Wow!” disse lui guardandosi intorno come se fosse la prima volta, ed in realtà lo era, era la prima volta insieme a lei, la prima volta che visitava quel luogo quando gli alberi erano in fiore e la natura tornava alla vita.
“Che ti avevo detto?! Però non è finita … “ gli disse indicando l’imponente albero che sovrastava la collina e tutto quanto ci fosse intorno.
“Te lo avevo promesso … vuoi farmi strada?” le chiese lui sorridendole.
“Certamente!” rispose lei, prima di aggiungere “ certo che diventerai bravissimo se tutti i giorni ti costringo ad arrampicarti su qualche albero!”
“Magari tutta  questa pratica mi aiuterà a batterti, se in futuro faremo una gara. E poi mi sembra una giusta ricompensa, non credi? Io ti insegno a suonare a tu a salire sugli alberi.” disse lui ridendo.
Lei si arrampicò velocemente passando di ramo in ramo, quando raggiunse un’altezza che la soddisfaceva, e che avrebbe permesso loro di approfittare della vista di cui si poteva godere da là sopra  si fermò.
Lui la seguiva ma non era certo veloce come lei. Quando raggiunse lo stesso ramo su cui lei si era accomodata si sedette. Questa volta Candy non si era sedette cavalcioni, evitando così di ritrovarsi faccia a faccia con lui come era successo solo qualche giorno prima, perché non avrebbe saputo come nascondere l’evidente e crescente imbarazzo.
Mentre il suo cuore batteva all’impazzata, per la corsa e per la sua vicinanza, si incantò ad ammirare il bel volto di lui che scrutava il paesaggio e respirava a pieni polmoni quella limpida e cristallina aria.
Per un istante le parve che gli occhi di lui si inumidissero e che le lacrime li velassero. Ebbe l’impressione che lui fosse assente, che si fosse estraniato in una dimensione tutta sua di cui lei non faceva parte … ma non sapeva quanto si sbagliava, perché nella dimensione in cui lui si era sentito catapultare quando si era seduto su quel ramo, lei era la regina del suo cuore, colei che rendeva la vita in quel grigio ed austero collegio divertente e  piena di significato, colei che riempiva quelle vuote e fredde insulse giornate che avrebbe trascorso se lei non fosse stata presente.
Lei pensò erroneamente che lui stesse ricordando la sua compagna, così gli stette vicino in silenzio, senza volere invadere quel suo spazio che le sembrava tanto privato quanto impenetrabile.
Poi lui, forse accortosi del suo sentirsi un’intrusa, poggiò la mano sulla sua, si girò verso di lei e le rivolse un sorriso.
Per quanto stesse cercando di tenere a bada ciò che sentiva dentro, quel sorriso così malinconico travolse Candy e la investì con una ventata di tristezza.
Cosa nascondeva quel giovane uomo dietro il suo fare altalenante, incoerente, a volte al limite dell’antipatico? Quale dolore doveva averlo attanagliato? Immersa nel dolore di lui, seppur non ne conosceva il motivo, si lasciò sfuggire alcune lacrime silenziose.
Lui se ne accorse e con un gesto un po’ impacciato, dovuto alla posizione su quel ramo, a tutti quei metri da terra, prima le accarezzò il viso per asciugare quelle tracce salate, poi le si sedette più vicino e le cinse la vita con un braccio, stringendola a sé.
Non gli importava se  non era opportuno, se era troppo presto, se li avessero visti, voleva abbracciarla. Doveva abbracciarla, aveva bisogno di sentirla vicina per non annegare nei ricordi che rischiavano di fagocitarlo. Il dolore per quei ricordi così dolci di cui si era sfamato per tutto il tempo in cui era stato costretto vicino a Susanna, aveva un forza distruttrice.
Lei fu sorpresa dal gesto di lui, non che la infastidisse, anzi, poteva respirare a pieni polmoni il suo profumo, percepire il battito del suo cuore alterato, godere del calore del suo corpo vicino al proprio.
Si lasciò cullare da quell’abbraccio, arrendendosi alle proprie sensazioni e ai propri sentimenti.
Quando stava con lui aveva sempre la netta impressione di stare con una persona cara, di cui potersi fidare ciecamente, una persona a cui aveva voluto bene, forse fin troppo, nonostante la consapevolezza di conoscerlo appena.
“Ti è mai capitato di recarti in qualche luogo a te sconosciuto che ti ha suscitato delle strane emozioni che ti hanno riportato indietro nel tempo?” le chiese lui. Non amava chiacchierare ma voleva trovare il modo di spiegarle quel suo comportamento. La teneva ancora stretta a sé mentre parlava, mentre il suo sguardo era perso oltre la vastità dell’orizzonte.
“ Anche se non ricordo niente del mio passato …” cominciò lei, e solo allora lui si rese conto della gaffe che aveva fatto.
“Perdonami Candice, sono un insensibile, per un attimo ho ...”
“No figurati, ho capito cosa volevi dire … e comunque anche se ho dimenticato, come ti dicevo, a volte ci sono cose, odori, suoni che mi suonano famigliari.” disse lei sorridendogli, sapeva che non lo aveva fatto intenzionalmente.
Lui si sentì sollevato quando si rese conto che lei aveva capito. L’ultimo dei suoi pensieri, l’ultimo dei suoi desideri era ferirla gratuitamente.
“ A volte torno con la mente a quando ero un ragazzino, ai tempi spensierati della scuola, al mio primo ed unico grande amore” disse lui e mentre pronunciò queste parole sentì che lei si irrigidiva e la sentì allontanarsi e lasciare che il suo braccio cadesse nel vuoto.
Lei lo guardò, delusa da quella confessione.
“E’ il caso di tornare indietro, sarà quasi ora di pranzo!” disse improvvisamente lei, cominciando la discesa.
Non attese che lui scendesse e si incamminò verso casa a passo spedito.
“Candice per favore aspettami, volevo dirti una cosa!” strillò lui inutilmente.
Scese dall’albero di corsa, giusto in tempo per afferrarla per un polso mentre si allontanava e discendeva la collina.
“Candy?” chiese lui e lei fu costretta a guardarlo.
Gli occhi velati di lacrime, infastidita dalla sua stessa reazione.
“Potrei sapere che ti prende? Perché mentre stiamo chiacchierando scappi senza ragione? Non hai sentito che ti chiamavo?”
“Perché scappo? Non stavo scappando, ero solo stufa si stare qui!” disse lei cercando di trattenere quella sensazione di rabbia che l’aveva pervasa.
Lui la guardò dubbioso.
“Stufa della mia compagnia? Potevi anche dirmelo, non volevo certo importi la mia presenza! Se ti infastidisce tanto passare del tempo con me avresti potuto farmelo capire!”rispose lui irritato. Non era riuscito a trattenersi, e il vero Terence aveva preso il sopravvento. Non gli piaceva discutere, tanto meno con lei, ma non era stato in grado di fermare le parole. Forse aveva frainteso quella sua ultima frase, ma come faceva a non rendersi conto di essere lei la donna per la quale il suo cuore palpitava?
“Uomini!” disse lei divincolandosi e riprendendo a correre.
“Avevo preparato un picnic per noi! Voleva essere una piccola sorpresa per te …” cercò di dirle lui ma lei si era già allontanata.
Rimase immobile a fissarla mentre correva via. Raccolse le sue cose e si incamminò verso l’orfanotrofio.
Che stupida! Lui le preparava un picnic e lei se ne andava infuriata, lasciandoselo alle spalle e senza degnarlo di una parola. Ma che le prendeva? Chi, o cosa, si era impossessato della sua mente e del suo cuore e la faceva sragionare?
Se anche lui fosse stato innamorato di un’altra, non la riguardava, non le doveva nulla, anche se le sue carinerie nei propri confronti a volte le facevano pensare che forse … ma no era una sciocca! Perché mai doveva interessarsi a lei?
Mentre correva verso la casa, come in un sogno ad occhi aperti ricordò di avere promesso a qualcuno un picnic, forse proprio sulla collina di Pony, come quello che stavano per fare loro. Doveva essere un ragazzo, sì, la voce le era sembrata maschile, ma chi poteva essere? Possibile che ci fosse qualcuno nella sua vita di cui i cugini non sapessero? Del resto chi altri poteva essere?
Le venne il dubbio che nella sua vita ci potesse essere un fidanzato segreto, ma era possibile? Lei ed Annie non avevano sempre condiviso tutto?
Stava tornando verso la casa di Pony quando l’aveva vista bloccarsi all’improvviso. Si era nuovamente assentata, così come le altre volte in cui qualche frammento di memoria le era tornato alla mente, e lui sperò che fosse finalmente arrivato il momento che aveva atteso tanto.
Dimentico di quanto appena accaduto le si avvicinò.
“Cosa succede?” le chiese Terence preoccupato.
“Ecco io …”
“Hai ricordato qualcosa?”
“Ecco … una promessa, credo di avere promesso a qualcuno un picnic … forse sulla collina di Pony … non so, non ricordo bene, per un istante ho sentito la mia voce che si alternava a quella di un’altra persona e ci promettevamo di fare un bel picnic …”
“Un uomo o una donna?”
“Cosa?”
“Era un uomo o una donna la persona con cui interloquivi?”
“Non lo so, dalla voce non te lo saprei dire, non riesco a metterla a fuoco … forse un uomo ma non sono certa.”
“Ah, capisco.” disse lui parzialmente deluso. Ogni qual volta lei ricordava qualcosa, per quanto fosse felice che le accadesse in sua presenza, si rattristava di sapere che non si era ancora ricordata di lui.
“ Terence, secondo te perché ricordo sempre in tua presenza?” gli chiese lei a bruciapelo. In quel momento l’aspro scambio di battute che era avvenuto poco prima sembrò passare in secondo piano.
“Non lo so, il dottore cosa dice?” domandò lui dovendo trattenersi dal rispondere ciò che pensava realmente. Per lui era ovvio il motivo per cui il cuore di lei reagisse in sua presenza.
Aveva promesso ad Albert che  non lo avrebbe fatto, che avrebbe giocato secondo le regole, anche se quella promessa gli stava costando molta fatica. Non era mai stato bravo a mentire, in particolar modo a lei e non gli andava a genio l’idea di doverlo fare.
“Ecco in realtà non l’ho ancora detto né ad Albert né al dottore, non ho trovato la giusta occasione.”
“Ma mi avevi promesso che lo avresti fatto!”
“Ed è così, lo farò, ma appena mi sentirò pronta.”
“Sì, ma il dottore potrebbe aiutarti.” insistette lui.
“Forse hai ragione, ma non credo che saprebbe dirmi come mai gli unici ricordi che mi tornano in mente, lo fanno sempre in tua presenza. L’unica persona che non fa parte del mio passato riesce a farmelo ricordare!”
“Magari ti ricordo qualcuno?”
“Chissà!” rispose lei.
Era vero, gli aveva promesso di parlarne con Albert e con il dottor Price ma non lo aveva ancora fatto. Non voleva che si preoccupassero come aveva spiegato in precedenza a Terence.
“Forse ora è meglio rientrare!” propose lui poggiandole una mano sulla schiena. Al suo tocco lei si irrigidì e si spostò nuovamente. Non voleva che la toccasse, non voleva che la illudesse.
Era passata almeno un’ora da quando si erano allontanati ed aveva promesso ai bambini che avrebbero preparato i biscotti con l’uvetta.
Lei si incamminò e lui la seguì, avrebbe voluto colmare la distanza che sembrava essersi intromessa fra loro ma temeva di peggiorare la situazione.
Poi lei si girò verso di lui, e come per alleggerire la tensione che si era creata gli disse: “Se sei fortunato e non li brucio potrai assaggiare i famosi biscotti all’uvetta di Suor Maria, ho promesso ai bambini che li avrei preparati prima della nostra partenza.”
Era consapevole di aver reagito sopra le righe  ma non era riuscita a controllarsi. Aveva così scoperto anche questo suo nuovo lato. Non solo lui riusciva a renderla felice ma riusciva anche a farla arrabbiare come nessun altro.
 
“I biscotti all’uvetta.” pensò lui tornando con la mente a quel pomeriggio in Scozia.
Si ricordò di loro due davanti al camino, proprio il pomeriggio in cui le aveva finalmente parlato di sua madre. Come avrebbe fatto a nasconderle i suoi sentimenti ancora a lungo? Non credeva di esserne capace.
Certo, era un attore di un certo calibro, ma mentire ventiquattro ore su ventiquattro e alla donna che amava, non era certo un’impresa semplice. Inoltre nel suo cuore, l’amore che vi era stato rinchiuso e soppresso per anni strillava vendetta e voleva finalmente poter essere esternato e trovare il proprio coronamento.
Si chiese cosa ne pensasse lei dei suoi continui momenti di assenza, non poteva certo non accorgersi che lui si ritrovava spesso a vagare col pensiero e raggiungere un luogo che non era il presente. Non voleva che pensasse che i suoi pensieri erano rivolti ad un’altra donna.
Poteva confessarle di non avere mai amato la propria compagna? E se lei gli avesse chiesto come mai erano rimasti insieme, cosa le avrebbe raccontato? No, non poteva. Per quanto gli costasse, non poteva. Si sentiva impotente e la situazione era decisamente frustrante.
 
Quando rientrarono in casa furono letteralmente circondati dai bambini che reclamavano l’attenzione della loro sorella maggiore  e Terence percepì chiaramente lo sguardo inquisitorio di Albert e delle due donne. Karen lo guardava incuriosita. Sapeva benissimo che Terence aveva molti pregi ma non era certo una persona paziente e si sbalordì di come riusciva a controllarsi. Forse era vero che per amore le persone potevano cambiare e smussare i propri atteggiamenti.
Nessuno chiese loro niente e si limitarono a guardare Candy incuriositi da quella strana piega che aveva preso la situazione: era evidente che ci fosse della tensione fra i due.
“Scusate se ci abbiamo messo del tempo. Ho un gran fame!” disse ridendo.
Si sedettero a tavola e pranzarono. Candy evitò accuratamente un qualsiasi contatto con Terence mentre il ragazzo cercò diverse volte di rivolgersi a lei, anche se ogni suo tentativo risultò vano.
Albert gli lanciò un’occhiata, era evidente che fra i due qualcosa si fosse rotto e voleva scoprire che cosa fosse successo.
Dopo pranzo Albert uscì con Karen per una passeggiata mentre Candy decise di preparare i biscotti.
“Candy ma riposati un momento!” disse Suor Maria.
“Oh no Suor Maria non ce n’è bisogno, e poi fra non molto andremo via e quindi vorrei quanto meno riuscire ad infornare i biscotti.” rispose lei sorridendole gentilmente. Suor Maria era sempre così premurosa e attenta nei suoi confronti, si preoccupava per lei, lo sapeva bene, ma lei stava bene, anzi non si era  mai sentita meglio. Se la sua memoria non voleva tornare, non poteva farci nulla, aveva deciso che avrebbe vissuto il presente e ciò che le stava regalando. L’unico tarlo che le era rimasto era la possibile esistenza di un fidanzato.
Terence si era assentato e Candy era talmente assorta nella preparazione da accorgersene solo dopo aver finito di pulire la cucina. Si chiese dove potesse essere andato e se la propria reazione non fosse stata esagerata. Come aveva avuto modo di notare, non aveva alcun diritto di reagire come aveva fatto.
Al loro ritorno dalla passeggiata, era intenta a sfornare i biscotti. Vide che Albert rientrava con i due attori e decise di porgli quella domanda che era al centro dei suoi pensieri da quando aveva ricordato del picnic.
“Albert, che tu ricordi, o che tu sappia, avevo un fidanzato prima di perdere la memoria? O ero innamorata di qualcuno? Oh no, che sciocca, se anche avessi provato dei sentimenti per qualcuno forse Annie ne sarebbe stata al corrente ma dubito che avrei parlato con te o Archie di queste cose vero?”
Albert rimase perplesso per qualche istante, guardò Terence prima di rispondere. Il ragazzo fremeva, era evidente, ma non poteva dirglielo, cosa le avrebbe raccontato?
“Non che io sappia Candy, mi spiace. Ma perché me lo chiedi?”
“Oh no niente, mi spiacerebbe aver dimenticato una persona tanto importante per me se ci fosse, tutto qui!” rispose lei preferendo mentirgli, non era ancora pronta per raccontargli la verità.
“Eri solita raccontarmi tutto prima per cui credo che me ne avresti parlato.” disse lui per cercare di convincerla, aveva notato uno strano tono nella sua voce.
Se solo lei avesse ricordato, o se fosse stato un buon momento per raccontarle la verità, allora le avrebbe potuto restituire il suo diario, quel diario in cui tutti i giorni mentre frequentava la Royal St. Paul School di Londra, scriveva di Terence e del turbinio di emozioni che il ragazzo che le causava.
 
Preparò del tè per gli adulti e servì loro i biscotti. Poi ne portò un vassoio nella stanza accanto dove i bambini stavano giocando.
Di lì a breve sarebbero ripartiti, Albert aveva una cena di lavoro importante a cui non poteva sottrarsi quella sera.
Arrivò il momento dei saluti.
“Mi spiace di essere stata così poco tempo con voi, ma spero di poter venire a trovarvi presto.” disse Candy baciando le due donne che per anni le avevano fatto da madre.
“Oh non ti preoccupare, torna quando puoi, lo sai che questa è sempre casa tua.” la salutò Miss Pony.
“Signorina Klays, Signor Graham, è stato un vero piacere conoscervi, e tornate pure a trovarci.” Li salutarono le due donne.
 
Erano da poco partiti quando Candy realizzò che Karen non aveva visitato la collina.
“Ah Karen, sono talmente sbadata, perdonami, non ti ho portato sulla mia collina. Sai è proprio lì che ho conosciuto Albert, o meglio il Principe della collina!”
“Il Principe della collina?” chiese Karen curiosa.
“Oh no Candy, ti prego, mi vergogno!” disse Albert ridendo.
“Su, racconta se vuoi essere perdonata!” la incalzò scherzosamente l’attrice.
In realtà Karen era stata sulla famosa collina di Pony con una compagnia ben migliore di quella di Candy. Di ritorno dalla loro passeggiata avevano incontrato Terence che passeggiava irrequieto e solitario. Albert gli aveva chiesto cosa fosse successo e Terence li aveva messi al corrente del bizzarro scambio di battute avvenuto intercorso fra lui e Candy motivo per cui fu chiaro ad entrambi come mai ci fosse un tale tensione fra i due giovani.
Quando Candy finì il suo racconto Karen non potè sopprimere un sorriso. Non erano solo le sue labbra a sorridere ma il suo cuore.
Quel William Albert Andrew era davvero un uomo speciale, ed era stata davvero fortunata a farne la conoscenza.
Durante la passeggiata lei ed Albert avevano riparlato di quel progetto di New York del quale purtroppo Albert non aveva ancora ricevuto risposta. Lei ci era rimasta male perché aveva seriamente riposto le proprie speranze nel sindaco poichè Albert non aveva motivi per sradicare la propria vita e quella dei propri nipoti e trasferirsi a New York. Se avessero voluto continuare a frequentarsi e capire se e cosa stesse nascendo fra loro due , avrebbero dovuto farlo purtroppo nei ritagli di tempo che il lavoro di entrambi avrebbe concesso loro.
Era felice che lui l’avesse invitata a trascorrere con lui le vacanze, anche se sapeva che lo avrebbe dovuto dividere con il lavoro di lui. Quella sera ad esempio lui sarebbe stato impegnato in una cena d’affari alla quale, con sua enorme sorpresa, l’aveva invitata ad accompagnarlo. Lei era stata molto contenta di quell’offerta, se Albert la portava con sé era segno che non stesse frequentando un’altra donna e che forse il suo interesse era sinceramente ricambiato. Anche se non lo conosceva da molto, sapeva che era un uomo serio ed affidabile e non si sarebbe mai preso gioco né di lei, né tanto meno dei suoi sentimenti.
Quando rientrarono a Chicago trovarono Annie ed Archie che discutevano animatamente.
“Perché tu devi fare sempre di testa tua!” stava urlando lei quando aprirono la porta di casa.
“Buon pomeriggio ragazzi.” li salutò Albert che li guardava curioso, si chiedeva come mai stessero litigando a quella maniera, ma preferì non impicciarsi.
“Ciao Albert!” lo salutò Annie imbarazzata.
Quello sciocco del suo futuro marito aveva invitato Patrick alla loro festa di fidanzamento e lei non ne sapeva nulla. Lo aveva scoperto solo per caso perché aveva intercettato lei il biglietto che Patrick aveva inviato con la conferma della propria presenza. La cosa che l’aveva tranquillizzata era che il ragazzo aveva comunicato loro che si sarebbe presentato con una partner. Annie sperò che avesse riposto le armi e che avesse capito che il cuore di Candy apparteneva ad un altro.
Avrebbe voluto dirlo a Terence e Candy ma non poteva ritirare l’invito, per cui preferì lasciare le cose al caso.
La povera Annie non poteva certo immaginare che “il caso” avrebbe corso il rischio di rovinare la loro festa.
Terence si ritirò silenzioso nella sua stanza con la scusa di un improvviso mal di testa. Era nervoso, infastidito e stanco. Era stufo di dire bugie, stufo di non poterle dire la verità, stufo di tutta quella situazione.
Innervosito da quell’accenno di litigio che si era tenuto quella stessa mattina alla casa di Pony, aveva preferito ritirarsi nella sua stanza per non dover sopportare i silenzi con cui Candy lo stava in qualche modo punendo.
Certo, forse era stato uno sciocco a farsi sfuggire quella frase inerente il suo amore di gioventù, ma lei si era comportata proprio come quando da ragazzi battibeccavano sulla seconda collina di Pony, e lui non aveva saputo reprimere quell’urgenza di risponderle in malo modo. Non avrebbe voluto essere brusco, ma il pensiero di essere un fastidio per lei, il pensiero che la sua presenza per Candy fosse un’imposizione lo aveva irritato a tal punto da non riuscire a contenersi. Si era sentito ferito perché sperava che la sua Tutte Lentiggini avesse piacere a passare del tempo con lui, almeno quella era l’impressione, forse erronea, a cui era giunto prima di quella mattina.
Avrebbe voluto scusarsi con lei per i propri modi bruschi ma gli sguardi severi che lei gli aveva rivolto durante il viaggio e i silenzi che gli aveva riservato lo avevano fatto desistere.
Aveva sperato che la parentesi del ricordo del picnic, in qualche modo, potesse mettere pace fra di loro ma una volta tornata all’orfanotrofio Candy lo aveva praticamente evitato.
Aveva provato a lavare via la stanchezza e la rabbia con un bel bagno ma era servito a ben poco.
La situazione cominciava a stargli stretta e ad essere frustrante. Cercò di prendere sonno ma gli risultò difficile, così si rivestì e decise di fare una passeggiata in giardino, magari sarebbe riuscito a schiarirsi le idee.
L’ora di cena era vicina ma a lui non andava di cenare, aveva lo stomaco chiuso, peraltro si sarebbe trovato a condividere il tavolo con Archie che non aveva certo smesso di fargli la guerra e tirargli delle frecciatine ogni qualvolta se ne presentava l’occasione.
Mentre passeggiava assorto nei suoi pensieri, giunse fino al laghetto artificiale.
Si sdraiò sull’erba e chiuse gli occhi, ignaro di non essere solo.
“Ti è passato il mal di testa?” la voce di Candy lo fece trasalire. Aprì gli occhi e la vide lì seduta di fianco a lui. Non si era nemmeno accorto della sua presenza, né tanto meno che lei si fosse avvicinata.
“Non proprio” rispose lui laconico.
Rimasero in silenzio per un po’ ciascuno assorto nei propri pensieri. Erano entrambi desiderosi di fare pace ma nessuno dei due sembrava riuscire a prendere l’iniziativa.
“ So di essere stato brusco prima, e ti chiedo scusa. Ma la tua reazione mi ha infastidito.” disse lui che voleva sì chiederle scusa ma non aveva intenzione di cedere.
“ Sì, sei stato brusco. E mi spiace che tu abbia frainteso la mia reazione.” rispose lei tagliando corto.
Ma era evidente che quello non era certo il modo migliore per fare pace e mettere a tacere le proprie coscienze.
“Io avrei frainteso la tua reazione? A me pareva che le tue parole fossero chiare!” rincarò la dose  lui mettendosi a sedere per poterla guardare in faccia mentre le parlava. L’irritazione che traspariva dal tono della sua voce, solitamente calmo e controllato, era evidente.
“Ho solo detto che ero stufa di stare lì e che volevo rincasare!” rispose lei.
“Candice per favore, non prenderti gioco di me. Stavamo chiacchierando quando all’improvviso hai cambiato atteggiamento e sei scappata via. Se lo avesse fatto qualcun altro non vi avrei dato così tanto peso, ma non riesco a capire cosa sia scattato dentro di te. Cosa ho fatto? Ti ho ferita? Ti ho offesa? Perché sinceramente più ci ripenso e meno ne vengo a capo!” disse lui esternando i propri dubbi anche se in realtà lasciò  un dubbio inespresso.
Quella situazione stava nuovamente sfuggendo al suo controllo.
“No, non hai fatto nulla.“ mentì lei.
“ Mi pareva di averti chiesto di non prenderti gioco di me! Ma se non vuoi dirmi che è successo, allora direi che l’argomento è chiuso!” e così dicendo si alzò e si avviò verso casa. Dopo un paio di passi si girò solo per aggiungere: “Non aspettatemi per cena!” e poi proseguì lasciandola imbambolata seduta sull’erba.
In un moto di stizza calciò l’erba e serrò i pugni. Si maledisse per essere uscito a prendere aria.
Invece di permettergli di ritrovare la calma, quel mancato chiarimento non aveva fatto altro che aggiungere un altro carico di nervosismo al suo animo già provato ed irrequieto. Avrebbe voluto chiarire e non discutere con lei.
Nel corridoio incrociò Annie che lo fissò incuriosita, da quando erano rientrati dalla gita a La Porte sia lui che Candy si comportavano in maniera bizzarra.
“Ti chiedo scusa ma non me la sento di raggiungervi per cena. Mi ritiro in camera.”
“Oh mi spiace, hai ancora mal di testa?” chiese lei sinceramente preoccupata.
“Sì.” rispose lui tagliando corto.
“Posso provvedere a farti portare del tè e dei biscotti e magari un analgesico?”
“Te ne sarei grato. Ma ora scusami.” disse defilandosi, non voleva che Candy lo trovasse in corridoio, ne aveva avuto abbastanza per quella giornata.
Candy era rimasta come una sciocca seduta sull’erba.
Sorpresa di come lui la conoscesse così bene da capire che gli stava mentendo, non aveva saputo cosa rispondere e lo aveva lasciato andare. Non si era certo avvicinata con l’intento di prolungare o riprendere la discussione, ma a volte i chiarimenti prendevano delle vie inaspettate.
Rincasò e trovò Annie con un vassoio.
“Per chi è?” chiese lei.
“Terence non si sente molto bene, e ho pensato di portargli qualcosa.”
“Stavo giusto per dirti che non sarebbe stato dei nostri per cena.”
“E’ successo qualcosa? Mi sembrate strani da quando siete rientrati da La Porte.”
“Abbiamo discusso. Lui parla sempre di quella donna che ama, e io ho reagito male e l’ho lasciato da solo sulla collina di Pony, dicendogli che ero stufa di stare lì” sbottò lei in un moto di franchezza.
“Ah, capisco.” rispose Annie.
“Lui ha frainteso le mie parole e ha pensato che mi infastidisca la sua presenza.”
“E perché non gli hai detto che non è così?”
“Oh Annie perché non sapevo nemmeno io cosa dirgli. Poi adesso ci siamo incontrati nei pressi del laghetto e abbiamo discusso, ma giuro che avrei solo voluto chiarire.”
“Bene, allora sai che ti dico? Prima che si raffreddi, perché non cogli l’occasione e gli porti questo vassoio?” le disse poggiandoglielo sulle mani.
“Ma io non credo …”
“Candy va’, non farti pregare. Vedrai che mi ringrazierai.” le disse sorridendole. Poi sorrise di sé stessa, da quando era diventata la saggia della situazione?
Candy prese quel vassoio e si avviò verso il secondo piano. Diverse volte lungo il breve tragitto fu tentata di chiamare la cameriera e chiederle di servire il loro ospite, ma avrebbe perso una preziosa occasione per chiarire in privato.
Respirò profondamente prima di bussare alla porta.
“Avanti!” la voce di Terence che l’invitava ad entrare.
Aprì la porta e lo trovò girato di spalle che guardava fuori dalla finestra.
Quella timida luce del sole che ormai stava sparendo per lasciare spazio alla luna gli conferiva un’aura che lo rendeva ancora più affascinante se possibile.
“Lo poggi pure qui grazie.” disse indicando il tavolo e solo allora si girò e si accorse che era stata Candy a portargli il tè.
Lei lo lasciò sul tavolo senza proferire parola poi rimase a fissarlo così come fece lui con lei.
Stava cercando qualcosa, qualsiasi cosa da potergli dire perché non voleva andarsene senza aver finalmente chiuso quello spiacevole battibecco.
“Ti chiedo scusa, non volevo prendermi gioco di te. Mi spiace averti dato questa impressione. E mi spiace se il mio umore subisce dei repentini cambiamenti che ti lasciano perplesso, ma ci sono cose, che almeno per ora, non ho intenzione di condividere con te. Vorrei che accettassi le mie scuse. E vorrei sinceramente che tornassimo a ridere e scherzare come abbiamo fatto fino a stamattina. Mi hai chiesto sincerità e questo è il massimo grado di onestà che posso offrirti. Se non dovesse essere abbastanza capirò.”
Lui l’ascoltò in silenzio prima di avvicinarsi a lei. Terence doveva vedere le cose dal suo punto di vista. Non lo conosceva, non abbastanza da confidarsi con lui, non abbastanza da ammettergli il turbamento che probabilmente le aveva causato quella sua sciagurata frase. Non poteva esserci altro motivo per la sua inaspettata ed improvvisa reazione. Doveva fare pace con lei, non aveva motivo per proseguire quella sciocca guerra di silenzi e sguardi.
Quando la distanza fra loro fu minima lei fu investita dal suo profumo. Nuovamente l’immagine dei narcisi le tornò in mente e si ricordò di essere caduta, come inciampata su qualcosa.
Lui notò lo sguardo assente di lei. La guardò e lei annuì.
“Nuovamente narcisi. Sono inciampata su qualcosa. E poi ho visto nuovamente i narcisi. Eppure il tuo profumo è alla lavanda, perché mai mi tornano in mente i narcisi?”
“ Forse è arrivato il momento di parlare col dottore.”
“Ti prometto che lo farò prima della fine di questa vostra vacanza. Forse hai ragione tu. Nel frattempo …”
“Ti chiedo di mantenere il segreto.” la precedette lui.
“Te ne sarei grata.”
“Puoi contare su di me e sul mio silenzio.”
“Ora ti lascio. Buon riposo.”
“Aspetta per favore.” disse lui prendendola per mano. Quel contatto fisico la mandava in visibilio. Adorava sentire il calore della sua pelle a contatto con la propria.
“Vorrei mettere una pietra su quanto avvenuto prima. Possiamo cancellarlo e ricominciare?” le chiese lui speranzoso. Lei gli sorrise e annuì. Quel sorriso illuminò il suo cielo oscuro, il suo animo irrequieto.
“Grazie.” le disse lui baciandole la mano.
“Grazie a te.” rispose lei prima di andarsene.
Sarebbe stata una lunga notte ma adesso si sentiva tranquilla, l’indomani mattina non ci sarebbero stati sguardi e silenzi imbarazzanti. Sperò che la cena di Albert andasse per il verso giusto e Karen potesse divertirsi. Era davvero una persona sorprendente, pur di stare con Albert si adattava persino ad andare con lui a quei noiosi incontri di lavoro. Forse però lo avrebbe fatto anche lei pur di stare con la persona che le faceva battere il cuore. In quel momento il viso di Terence lo apparve davanti agli occhi e rimase turbata dal suggerimento del proprio subconscio.
Terence faticò a prendere sonno quella sera anche se l’idea di aver chiarito con lei lo sollevò dalla preoccupazione e dal turbamento che avevano attanagliato la sua mente per buona parte della giornata.
Il giorno seguente gli sarebbe bastato poterla osservare, poter incrociare il suo sguardo, poterle rivolgere anche solo il buongiorno a far sì che quella si trasformasse una splendida giornata.


Ciao! Ci tengo a chiedere scusa se doveste trovare qualche errore in più rispetto al solito ma mi premeva non lasciarvi senza aggiornamento troppo a lungo, anche se con questo caldo asfissiante fatico a concentrarmi e correggere è una tortura.
Sicuramente ripasserò a correggere non appena potrò!
Grazie ancora a tutte coloro che mi seguono!

 

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Capitolo 14
*** Come Romeo e Giulietta ***


Come Romeo e Giulietta
 
- colonna sonora Come un pittore - Modà

 
Era ormai passata una settimana da quando Karen e Terence erano giunti a Chicago.
Erano stati sette giorni intensi, giorni in cui Karen aveva avuto modo di passare del tempo con Albert. Il giovane Andrew l’aveva infatti portata con sé persino ad importanti cene di lavoro il che, in qualche modo, aveva ufficializzato quel qualcosa che stava nascendo fra di loro e si stava consolidando con il passare del tempo.
La sera in cui erano tornati dalla Casa di Pony, aveva assistito ad una scena che non poteva non regalarle un sorriso, ogni volta che le tornava in mente.
Uno dei possibili partner in affari di Albert, noncurante dell’evidente, seppur non dichiarato, esistente legame fra i due giovani, aveva indugiato per gran parte della serata in complimenti per la bella attrice. Albert, dal carattere mite e pacato, non aveva battuto ciglio fino al momento in cui Rufus Collins non aveva osato chiedere a Karen di poterla chiamare e di poterla invitare a cena. Il mite Signor Andrew aveva fatto notare a quel Collins che la signorina Klays aveva già qualcuno con cui andare a cena e con cui passare il tempo, motivo per cui sarebbe stata decisamente troppo impegnata per trovare tempo per lui. Karen era arrossita davanti a quella implicita dichiarazione e aveva riso di cuore. Nonostante fosse una persona in grado di difendersi da sé, quell’intervento di Albert l’aveva piacevolmente sorpresa e ne era rimasta lusingata.
Albert si era sbalordito della propria reazione, mai e poi avrebbe pensato di mostrare uno dei suoi punti deboli ma, quando quel Collins, che non gli stava particolarmente a genio, aveva provato a fare il cascamorto con Karen, non ci aveva visto più. Aveva appena faticosamente cominciato a costruire qualcosa con quella ragazza che gli piaceva tanto che, se il primo bell’imbusto di passaggio pensava di potersi intromettere, doveva fargli capire che aveva preso una bella cantonata.
Era rimasto poi piacevolmente sorpreso nel constatare che Karen pareva aver apprezzato quel suo intervento poco diplomatico.
 
Dopo la breve discussione le acque fra Terence e Candy sembravano essersi calmate.
Non avevano ancora raggiunto quel livello di pace e tranquillità che avevano condiviso in precedenza ma entrambi ce la stavano mettendo tutta per consentire alle cose di tornare alla normalità.
Per Terence era bello poter passare con lei tutto quel tempo, era dai tempi della scuola che non aveva modo di vivere con lei la routine giornaliera, motivo per cui si sentiva un po’ come se fosse tornato indietro nel tempo, con la differenza che non c’erano le suore a sorvegliarli.
Il pomeriggio
 precedente erano arrivati in città buona parte degli invitati alla festa di fidanzamento di Cornwell ed Annie.
Aveva avuto modo di conoscere la famosa Zia Elroy la quale, durante l’estate, era solita risiedere a Lakewood.
La zia Elroy non si era dimostrata particolarmente affabile e cortese nei suoi confronti suoi e di Karen.
Da quel poco che ne aveva capito, non amava mischiarsi con la plebe e, ai suoi occhi, lui e Karen per quanto ricchi e famosi, rimanevano persone semplici.
Non che gli importasse di piacere a quella donna arcigna e dal cuore arido.
Per un istante gli era parso di trovarsi nuovamente al cospetto di Suor Gray ma, così come non lo aveva mai intimorito la religiosa quando era solo un ragazzino, le parole ed il comportamento della signora non sortirono alcun effetto su di lui. Non aveva mancato di farle capire che non si sentiva inferiore a loro e che era in grado di farsi rispettare, e inoltre che da lei, come da chiunque altro, avrebbe preteso di essere rispettato. Aveva sempre odiato la classe alta per quel loro fare così borioso e spocchioso e la matriarca della famiglia Andrew ne era una degna rappresentante.
Fu felice di scoprire che né Iriza né Neil avrebbero presenziato, aveva scoperto da Archie che Albert li aveva confinati in Messico e non permetteva loro di avvicinarsi a Candy. Aveva minacciato di diseredarli e cacciarli a malo modo dalla famiglia se anche solo avessero tentato di turbare il precario equilibrio della nipote. Terence non poté reprimere un ghigno e per la prima volta dopo anni si trovò a ridere con Archie di qualcosa e, a concordare con lui. Non erano mai andati d’accordo. Non sarebbero mai stati amici. Ma c’erano due cose su cui concordavano: entrambi volevano il bene di Candy, ed entrambi detestavano i Legan e avrebbero fatto di tutto per tenerli lontani da lei e fare in modo che non la ferissero nuovamente.
 
Quella mattina in casa si respirava una strana aria, eccitazione e nervosismo erano all’ordine del giorno. Aspettavano molti ospiti, la maggior parte dei quali dopo essere passati per un breve saluto la sera precedente, si sarebbero ripresentati per le 18.30, orario in cui sarebbe cominciato il cocktail party che avrebbe preceduto il party vero e proprio.
Era decisamente una bella giornata, il sole splendeva nel cielo blu, gli addetti stavano addobbando la casa ed il giardino. Un bellissimo arco di rose venne posto come porta di passaggio per il giardino, Archie aveva voluto che le rose di Anthony fossero presenti al suo fidanzamento, per sentire il cugino vicino in quel momento così importante. Gli mancavano entrambi, Stear ed Anthony, erano cresciuti insieme e, sebbene fossero passati decisamente parecchi anni dalla morte di entrambi, ne sentiva ancora terribilmente la mancanza.
Guardò una foto di loro tre insieme, da ragazzini, e non riuscì a trattenere le lacrime. Era uno dei giorni più belli della sua vita e loro non sarebbero stati presenti.
“Ti mancano molto vero?” la voce di Candy lo sorprese. Aveva pensato di lasciarlo solo con il suo dolore ma poi aveva preferito dargli conforto.
Archie si limitò ad annuire e si asciugò prontamente le lacrime.
“Sono certa che da lassù ci stiano guardando e siano orgogliosi di noi.”
“Lo spero tanto. Avrei voluto che fossero qui con noi oggi.”
“Ma loro sono qui con noi.” disse lei poggiandogli una mano sul cuore.
In quel momento Terence, che stava per entrare nella stanza, vide quella scena si fermò.
Non capiva cosa stesse succedendo, che Candy avesse una cotta per Archie? Eppure non gli aveva assolutamente dato quell’impressione.
Che Cornwell avesse ancora una leggera infatuazione per Candy era evidente …
“Se guardi bene sono entrambi nel tuo cuore. Li porti con te ovunque tu vada. Sono sicura che Stear ed Anthony vorrebbero vederti sorridere.”
“Grazie.” le rispose Archie e le prese la mano fra le sue.
“ Sono contento di averti accanto. Il destino ci ha sottratto tante persone che amavamo ma, per fortuna, posso contare ancora su di te. Sei una delle poche persone del mio passato che fanno parte del mio presente, esclusi Annie e Terence.” si lasciò sfuggire lui.
“ Beh, io faccio parte di un tuo passato relativamente recente.” Si intromise Terence cercando di salvare il salvabile.
 “Sì certo, Graham, era ciò che intendevo.” disse Archie irritato.
Lo infastidiva la possibilità che lo avesse visto piangere.
“Ora se volete scusarmi.” disse lui, baciando la cugina sulla guancia.
“Perdonami, ho interrotto qualcosa?” chiese Terence a Candy.
“Oh, solo un momento di malinconia, non ti preoccupare.” rispose lei.
“Provi qualcosa per lui?” le chiese poi a bruciapelo. Voleva fugare qualsiasi dubbio che nel cuore di lei non ci fosse nessun’altro.
Lei arrossì, perché le stava facendo una domanda così personale?
“Non credo ti riguardi!” rispose lei nervosamente.
“Scusami ecco io …”
“Ecco tu?” incalzò lei.
“Visto che avevi chiesto ad Albert se c’era un amore nel tuo passato … “ Terence utilizzò una scusa.
“Oh no Terence, di certo non Archie! Gli voglio bene come ad un fratello maggiore ma non potrei mai e poi mai …” una fragorosa risata non le permise di continuare.
Come aveva potuto pensare una cosa del genere?
“Perdonami se mi sono permesso …” era più tranquillo ma si sentiva decisamente a disagio per aver osato tanto, sicuramente lei avrebbe pensato che era una persona indiscreta e un impiccione.
“Non ti preoccupare, non fa nulla.” cercò di tranquillizzarlo lei, mentre non poteva smettere di chiedersi se ci fosse una ragione dietro quella sua improvvisa curiosità.
Non le aveva mai chiesto nulla di personale, aveva sempre rispettato i suoi spazi. Che fosse geloso? Oh, ma poi perché mai avrebbe dovuto esserlo?
“Candy, lui ha un solo ed unico amore che appartiene alla sua gioventù, come potresti competere?” si rammentò.
“Ora scusami ma devo vedere se Annie ha bisogno di me!”
“Candy, aspetta … io … “
“Tu?” chiese lei girandosi e guardandolo negli occhi.
Lo sguardo di lei fece sì che lui perdesse tutta la sua risolutezza. Si era riproposto di chiederle una cosa ma, nell’istante in cui gli occhi di lei avevano incrociato i propri, aveva perso la sua loquacità.
Prese il coraggio a due mani, del resto la cosa peggiore che poteva accadere era un suo rifiuto.
“Mi faresti l’onore di essere la mia dama questa sera?” domandò lui.
In quel momento sentì l’aria mancarle, mentre le guance le si coloravano di rosa e gli occhi brillavano.
“ Con piacere!” rispose ancora stordita dall’ondata di emozioni che si erano abbattute sul suo cuore.
Lui le prese la mano, gliela baciò delicatamente e la ringraziò.
Lei se ne andò in silenzio, troppo scossa per aggiungere altro.
Voleva correre da Annie e raccontarglielo, aveva bisogno di un parere da parte di un’amica.
Poi quando la incontrò e la trovò intenta a controllare che tutto fosse a posto, decise di lasciare perdere e di tenere il proprio dubbio per sé.
 
Il pomeriggio fu frenetico e, ad una certa ora, le ragazze sparirono e fu espressamente vietato ai giovani uomini di disturbarle mentre si prendevano cura di loro e le rendevano “presentabili”.
Annie era molto emozionata, aveva paura che qualcosa potesse andare storto, sebbene la mancata presenza dei Legan di fatto semplificava le cose, e di molto.
Non aveva ancora detto a Candy che Archie aveva invitato Patrick ma, arrivati a quel punto, non ce n’era motivo. A breve lo avrebbe scoperto da sé.
Poco prima delle 18.30 cominciarono a giungere i primi invitati. Candy guardava con occhi sgranati il numero crescente di persone che faceva il proprio ingresso nella villa.
“Sono un po’ tesa, avere tutti quegli occhi addosso!” disse Annie accompagnando le proprie parole ad una risatina isterica.
“Oh Annie, non devi essere nervosa, sei bellissima e poi hai una classe innata. Cerca di concentrare tutta l’attenzione su di te così se io dovessi inciampare o cadere dalle scale non se ne accorgerà nessuno. Sai che io e le scarpe col tacco non siamo propriamente amiche!” scherzò Candy facendo scoppiare a ridere Annie e Karen.
“Candy, sono sicura che un giovane dagli occhi blu di nostra conoscenza si precipiterebbe in tuo soccorso, per cui non atterreresti al suolo.” disse Karen ridendo e, per la prima volta Candy, nonostante fosse stata punta nel vivo, si lasciò andare ad una risata.
“Non credo tu abbia i miei problemi con i tacchi ma mi pare che un certo uomo dagli occhi azzurri sarebbe pronto a venire in tuo di aiuto qualora ne necessitassi!” le rispose Candy per ripagarla con la stessa moneta, ma Karen rise di cuore.
“Vorrei ben sperare! Sai, sono un’attrice il mio viso è prezioso, mi serve!” disse scherzando.
Erano ormai pronte quando il signor Miles bussò alla porta.
“Signorine, i Signori Andrew, Cornwell e Graham vi attendono.”
“Cosa vuole dire Candy? C’è qualcosa che non mi hai detto?” le chiese Annie curiosa.
“Erm ecco io …” cominciò lei arrossendo, poi riprese “volevo dirtelo ma eri talmente impegnata con i preparativi …”
“Dirle cosa?” chiese Karen che ovviamente sapeva cosa Candy stava nascondendo.
“Terence mi ha chiesto di essere la sua dama per questa sera!” disse lei sorridendo e cercando di nascondere il rossore che le stava colorando l’intero viso.
“Oh ma è stupendo!” esclamò Annie.
“Ah Terence, quel ragazzo non smetterà mai di stupirmi. E tu Candy sei la fortunata destinataria delle sue attenzioni, non sai quante donne saranno gelose di te stasera!” le disse Karen.
“Oh voi due, non esagerate adesso. E poi mi sbaglio o Albert sarà il tuo cavaliere?” chiese a Karen.
“Certo, ma io non ne ho fatto mistero mia cara!” la prese in giro lei.
Tutto quel ridere stava facendo loro decisamente bene.
“Sarà il caso di andare?!” chiese Candy.
“Sì.” risposero Annie e Karen all’unisono.
 
Terence, Albert ed Archie attendevano le loro dame la termine della primo giro di scale.
Erano tutti nervosi sebbene Terence fosse quello che riusciva a mascherarlo meglio.
“Sono contento che tu abbia chiesto a Candy di accompagnarti, sono sicuro che dopo questa serata insieme il disguido di qualche giorno fa sarà definitivamente archiviato!” disse Albert sincero.
“Mi raccomando, cercate di non litigare proprio questa sera! Granchester comportati da signore con mia cugina o dovrò sporcarmi questo prezioso abito col tuo sangue!”
“Cornwell, debbo ricordarti che il mio cognome è Graham e che, quando si è trattato di fare a pugni, non hai mai avuto la meglio?!”
“Le cose cambiano Graham!”
“Hey voi due! Basta! Non siete più al college. Comportatevi come due giovani uomini e non come due ragazzini dispettosi e guidati dal subbuglio ormonale. Non siete animali in lotta per la conquista del territorio.”
“Scusami Albert, tuo nipote riesce sempre a darmi ai nervi.”
“Concordo zio, il tuo amico mi urta i nervi come nessuno.”
“Ok, ma le scaramucce tenetele per dopo. A breve le vostre dame saranno qui.”
“Le nostre dame!” lo corresse Terence e, proprio in quel momento, tre figure eteree comparvero sulla sommità delle scale.
I tre cavalieri non poterono fare altro che ammirare a bocca aperte la tre bellissime giovani donne la cui immagine era apparsa all’improvviso, prendendoli alla sprovvista.
Annie era raggiante nel suo abito elegante, la sua innata signorilità le conferiva quel tocco in più che la distingueva dal resto.
Karen, forse la più femminile delle tre, aveva abbagliato Albert con la sua bellezza e quel suo fare così particolare a cui non aveva potuto rimanere indenne.
Infine Candy, la bella Candy dagli occhi di smeraldo, colei che aveva rapito il cuore del bel duca sin dalla giovane età, con le sue lentiggini, i suoi riccioli ribelli e quegli occhi che parevano leggergli dentro, aveva tutta l’attenzione di Terence che cautamente le si avvicinò, quando ormai aveva raggiunto l’ultimo gradino della prima rampa di scale.  Con un inchino cavalleresco la salutò, poi decise di farsi ardito e invece di accoglierla con il solito baciamano, cui lei ormai era abituata, e che si aspettava, le si avvicinò per sussurrarle all’orecchio un “sei bellissima” e ne approfittò per sfiorarle la guancia con un casto bacio.
Le guance di Candy non mancarono di arrossire e di mostrare a tutti l’imbarazzo ma anche l’emozione che aveva provato in quel momento.
Terence le aveva rivolto un sorriso malizioso prima di offrirle il braccio.
I primi a scendere le scale furono Karen ed Albert, seguiti da Terence e Candy e infine i protagonisti di quella serata, Annie ed Archie.
Molti occhi curiosi scrutarono la compagna di Albert, alcuni la riconobbero, altri rimasero a chiedersi come mai il suo viso risultasse loro conosciuto.
Quando videro Terence, a nessuno passò inosservato chi fosse, ed in particolar modo molti sguardi femminili si concentrarono su di lui, ammirando il bel giovane in tutta la sua classe e la sua eleganza. Non ci volle molto prima che si diffondessero i primi pettegolezzi che fu lo stesso Signor William a mettere a tacere, presentando la signorina Klays ed il Signor Graham come amici di famiglia.
Sapeva che le malelingue non avrebbero tardato a diffondersi, motivo per cui aveva preferito prevenire.
Candy e Terence decisero di fare un giro di ricognizione per poter vedere il giardino e come tutto fosse stato disposto.
Annie ed Archie dovettero salutare tutti gli ospiti, mentre Candy si dileguò il più velocemente possibile, non amava quelle situazioni e tanto meno tutta l’attenzione che aveva catalizzato a causa della presenza al suo fianco di Terence.
Albert rimase a fare gli onori di casa mentre Karen, da perfetta donna abituata a socializzare, chiacchierava amabilmente con alcuni ospiti.
Diverse volte la giovane si fermò a guardare Albert e si chiese cosa gli altri vedessero.
Chissà che qualcuno non pensasse che fossero una bella coppia, di certo non la famosa Zia Elroy che non aveva mancato di manifestare il proprio disappunto non appena si era resa conto che il capostipite degli Andrew e la sua ereditiera, si erano accompagnati a due semplici attori.
Karen intuì sin da principio che non sarebbe stato semplice entrare nelle grazie della Signora, e solitamente non le sarebbe importato granché, ma non voleva certo essere lei motivo di dissapori fra Albert e la zia.
 
“E’ davvero molto bello il giardino stasera, non trovi?” Candy si rivolse a Terence.
“Romantico, decisamente. Una cosa per donne!” disse Terence scherzando.
“Voi uomini siete allergici al romanticismo, dovremmo arrenderci a questa idea prima o poi!”
“Ma dai, sappiamo essere romantici quando vogliamo!”
“Mmm, non vorrei sembrarti poco fiduciosa ma ho i miei dubbi caro il mio attore.”
“ Scommettiamo?”
“Devo avere paura?”
“Ah cara, mi hai sfidato e adesso, quando meno te l’aspetti, ti dimostrerò se sono in grado o meno di essere romantico.”
“Mmmm, bene sono proprio curiosa.”
“E cosa scommettiamo? Se vinco io e ti sorprendo?”
“Scegli tu, qualsiasi penitenza sceglierai …”
“ Candice, se fossi uno screanzato senza pudore potrei chiedere un bacio dalle tue belle labbra.” osò lui sorridendole.
Quel sorriso l’ammaliò e quelle sue parole, seppure scherzose, smossero qualcosa dentro di lei.
Non le sarebbe affatto dispiaciuta una punizione del genere.
“Se non fossi una signorina educata, potrei anche concedertelo.” rispose lei stando al gioco e inumidendosi le labbra con un gesto inconscio.
“ Ah, ed io che credevo che fossi una donna di chiesa!” rise lui.
“Che vuoi dire, le donne di chiesa non baciano?”
“Voglio sperare per loro di sì!”
“Ma poi guarda tu, se mi tocca parlare con te di queste cose!” aggiunse lei arrossendo.
 
“Andiamo a prendere un cocktail, che ne dici? Ma rigorosamente analcolico per te, tu e le bollicine siete un mix pericoloso.”
“Ma come mai ricordi così bene tutti i miei difetti?” chiese lei ridendo.
“E chi ha detto che è un difetto!” le sorrise lui. Se solo lei avesse saputo che era proprio grazie alle bollicine che si erano incontrati!
Sorseggiarono un drink e presero degli stuzzichini, l’appetito di Candy, ormai famoso, non aveva mancato di presentarsi anche in quell’occasione.
“Hanno pensato proprio a tutto eh?” disse lei ammirando il buffet.
“Non so perché ma da Cornwell non mi sarei aspettato nulla di meno, tuo cugino è un tale perfezionista!”
“Sì, tutto l’opposto di me! Io non amo le feste, non amo essere al centro dell’attenzione e, ti dirò la verità, adesso che quasi tutti gli ospiti sono arrivati, sarei davvero felice di poter scappare. Tutte queste formalità, tutti questi sguardi curiosi ed inquisitori …”
“Bene, allora dove andiamo? Potremmo prendere l’auto di Albert e scappare, oppure andare fino al laghetto, anche se immagino che ci troveremo qualche coppia alla ricerca di un po’ di privacy!” disse lui guardandola intensamente, e causandole di arrossire nuovamente.
“Terence!?” lo sgridò lei e lui la fissò.
Poi lei proseguì:
“Grazie per avermi chiesto di accompagnarti. Sono felice di essere qui con te!”
“Grazie a te per aver accettato, ho temuto che …”
“Hai temuto che?”
“Ho temuto che rifiutassi. Da quando abbiamo discusso l’altro giorno mi sembra che i nostri rapporti si siano raffreddati.”
“ Ma io … io credevo che tu fossi ancora arrabbiato con me!”
“ Ma assolutamente no, perché dovrei?”
“Non so … però se dici così mi sento sollevata. E ora cerchiamo di goderci la serata! A breve cominceranno le danze e queste scarpe hanno bisogno di essere consumate!”
“Ecco, iniziamo con le pretese?” scherzò lui. Scoppiarono entrambi a ridere, una fragorosa risata.
 
Dopo i saluti di rito Annie ed Archie finalmente poterono godersi il giardino, mentre Albert e Karen sorseggiavano un drink e chiacchieravano amabilmente.
Terence pensava a come attuare il suo piano per dimostrare a Candy che anche il genere maschile può essere romantico e in quel preciso istante, in cui lui dava le spalle all’entrata del giardino, Candy lo vide. Rimase a bocca aperta e interruppe la frase che stava proferendo.
“Non ti girare per favore. Patrick.”
“Che c’entra Patrick?” chiese Terence che fremeva per potersi voltare.
“E' qui! Ma non è solo. Girati, ma molto cautamente. Mi pare che non ci abbiano ancora individuati.”
“Kathrine??” esclamò Terence in un misto fra l’annoiato ed il meravigliato.
“Chi può averli invitati?” chiese Candice, ma poi rispose alla propria domanda.
“Archibald Cornwell!” esclamarono entrambi.
Terence la prese per mano e la trascinò dietro una grossa siepe.
Candy scoppiò a ridere e Terence insieme a lei. Lui si chiese se lei stesse ridendo così di gusto per il suo stesso motivo. Nascosti dietro ad una siepe potevano sembrare una coppia in cerca di intimità.
“Mi spiace Terence, so quanto ti infastidisca la presenza di quella ragazza!”
“Veramente mi infastidisce la presenza di entrambi!” disse lui. Ed era vero. Del resto Patrick era interessato a Candy e probabilmente avrebbe fatto di tutto quella sera per averne le attenzioni.
“Candy è ancora valida la tua proposta di scappare?” chiese ridacchiando nervosamente.
“Mi spiacerebbe per Annie ma Archie se lo meriterebbe. A proposito, adesso raggiungo mio cugino e gli dico ciò che penso di lui.”
“ Lo avrei già fatto io ma non voglio rovinare la festa!” disse Terence. Solitamente quello impulsivo era lui ed, in particolar modo, se si trattava di litigare con Archie, ogni pretesto era buono, però era in debito con Annie e avrebbe soprasseduto.
Ci sarebbero state altre occasioni in cui farla pagare a Cornwell.
“Mi pareva di averli visti qui.” la voce di Kathrine arrivò alle orecchie di Terence e Candy.
Erano vicini alla siepe e li avrebbe sicuramente trovati.
Terence uscì allo scoperto tenendo per mano Candy.
Non avrebbe potuto evitare Kathrine per tutta la sera, per cui tanto valeva affrontarla subito.
Candy allibita e infastidita dalla scena che si svolse sotto ai propri occhi si ripromise che non avrebbe lasciato Terence alle grinfie di quella smorfiosa.
Quella sera quella viziatella avrebbe trovato pane per i suoi denti.
Kathrine non perse occasione per saltare al collo di Terence, il quale, sorpreso per quel saluto eccessivamente caloroso, corse il rischio di cadere sotto il peso della ragazza.
Patrick ne aveva approfittato per avvicinarsi a Candy e poggiarle le labbra sulla guancia in segno di saluto.
“E’ davvero un piacere vederti Candice. Non posso dire lo stesso per il tuo scortese amico.” aveva poi aggiunto.
Ma Candy era troppo concentrata a fissare quella Kathrine che si era avvinghiata a Terence,e che, nonostante lui le avesse chiesto di staccarsi di dosso e riguadagnare un minimo di contegno, non pareva affatto intenzionata ad ascoltarlo.
Terence non mancò di rispondere a Patrick rimettendolo al proprio posto. Non gli piaceva la gente che gli mancava di rispetto e tanto meno si sarebbe lasciato trattare a quella maniera da quel moccioso.
“Terence, sono così contenta di trovarti qui, mai e poi mai avrei immaginato di incontrarti a Chicago! Che caso fortuito!”
“Sì  certo, immagino.” rispose lui secco e laconico.
Sicuramente Kathrine aveva le sue fonti, e poi era amica di Patrick per cui non le era stato difficile trovare un invito per la festa. Avrebbe scoperto chi l’aveva informata e lo avrebbe strozzato con le proprie mani.
Così anche quella festa rischiava di essere rovinata dalla presenza di due ospiti indesiderati, almeno per lui.
Candy non pareva particolarmente a suo agio con Patrick e non aveva ancora staccato gli occhi di dosso a lui e Kathrine. Terence non poté non chiedersi se fosse gelosa, anche se non ne aveva motivo.
L’inizio delle danze fu provvidenziale e Candy non perse l’occasione per prendere Terence per mano e portarlo al centro del giardino.
Si scusò con Patrick e Kathrine che rimasero con tanto di naso a guardare l’oggetto del loro interesse allontanarsi.
“Ed ecco la mia infermiera preferita che si adopera per salvarmi!” disse lui ridendo.
“Per salvarci caro mio! Non pensare che lo abbia fatto solo per te. Non ho niente contro Patrick ma quella Kathrine … “
“Sarà simpatico quel Patrick.” le rispose lui serio.
“Comunque non preoccuparti per Kathrine, so come difendermi.” Aggiunse poi per tranquillizzarla.
“Oh, ma non ho dubbi Terence.”
La verità era che lei non voleva affatto condividerlo con quella smorfiosa.
“E sappi che non ho intenzione di condividerti con nessuno stasera, a meno che non sia tu a chiedermelo espressamente. Ti ho chiesto di essere la mia dama e vorrei che lo fossi per tutta la sera.”
“ Vuol dire che non ballerai con nessun’altra?” rise lei, prendendolo per uno scherzo.
“Assolutamente.” rispose lui serio.
Lei gli sorrise. Ne gioì. Sarebbe stato suo, e solo suo, per tutta la durata della festa.
Sentì uno sfarfallio nel profondo del proprio stomaco. Non importava se Patrick e Kathrine cercavano di rovinarle la serata, il solo sapere che Terence la voleva tutta per sé, l’aveva resa una delle serate più belle di tutta la sua vita.
Mentre volteggiavano, videro Patrick e Kathrine ballare e accostarsi loro.
Terence si scambiò uno sguardo d’intesa con Karen, che dall’altro lato del giardino osservava la situazione con attenzione: anche lei non poteva sopportare i modi scortesi della giovane Griffiths.
Patrick si avvicinò ulteriormente e chiese a Candy un ballo ma Terence la strinse più forte e più vicina a sé.
“Mi spiace ma stasera tutti i balli della Signorina Andrews sono prenotati!” rispose Terence.
“ E tu chi saresti per dirlo?”
“Il suo cavaliere per la serata. Per cui mettiti il cuore in pace.” disse e poi volteggiando si allontanò con Candy.
“Terence perché sei così scortese con Patrick?” gli chiese lei sorprendendolo.
Effettivamente Patrick non gli aveva fatto nulla, ma il solo pensiero che volesse conquistare Candy gli bastava ad innervosirlo.
“Io … scusami, so che è un tuo amico. Se vuoi ballare con lui ovviamente sei libera … è solo che …” lasciò la frase in sospeso, limitandosi a guardarla intensamente negli occhi, poi le sfirò una guancia con la mano. Stava cercando di comunicarle tutto il suo tumulto interiore, tutta la voglia che aveva di stare con lei, tutto il desiderio di lei.
“Non dovrai condividermi con nessun altro.” Lo rassicurò lei sorridendogli e godendo del contatto fra le dita affusolate di lui e la sua pelle.
Patrick e Kathrine finalmente individuarono i promessi sposi e si avvicinarono loro per salutarli.
Annie si arrabbiò molto di scoprire chi fosse la dama di Patrick e, per quanto i due cercarono di farle credere che la cose fosse casuale, non credette loro per un solo istante.
Quando poi i due giovani si allontanarono e la lasciarono sola con il futuro marito, gli promise che una volta terminata la serata avrebbero fatto i conti. Non le andava di dare spettacolo ma l’aveva fatta davvero infuriare.
“Non sopporto e non ho intenzione di tollerare le tue interferenze nella storia fra tua cugina e tu sai chi. Per cui Archie, cerca di adoperarti a scrollargli di dosso quella sanguisuga, non mi importa come, questo è un problema tuo. Tu li crei e tu li risolvi caro mio. Ed ora scusami, vado a prendermi in drink.” gli disse lasciandolo di sasso.
Gli piaceva la sua nuova Annie, constatare che era cresciuta e che aveva tirato fuori del carattere non poteva che fargli piacere. E forse, aveva ragione, questa volta l’aveva combinata grossa, ma non si era certo aspettato che Patrick si sarebbe presentato con quella Kathrine. Per quanto non gli dispiacesse l’idea di rovinare la serata al duca, sapeva che l’avrebbe irrimediabilmente rovinata anche a Candy e la cosa non gli andava a genio. Si avvicinò a Patrick e con la scusa di fare due chiacchiere con un amico, fece sì che Kathrine li lasciasse soli.
“Potevi dirmelo che ti saresti fatto accompagnare proprio da lei.”
“Perché? C’è qualcosa di male?”
“Ecco …”
“Su parla, c’è qualcosa che non so?” chiese Patrick fingendo di non sapere.
Alla festa a casa Griffiths non gli era certo passato inosservato lo sguardo di astio di Kathrine nei confronti di Candy, quando aveva capito che l’oggetto del proprio interesse, Terence, rivolgeva le sua attenzioni altrove.
Certo lui non voleva che Kathrine facesse del male a Candy, del resto lui l’amava, ma se il suo intervento fosse bastato ad agitare le acque e togliere di mezzo quell’attore, ne sarebbe stato contento.
“No niente, ma ti chiedo una cortesia. Preoccupati che non rovini la serata a Candy. Te lo chiedo come favore personale.”
“Perché mai dovrebbe rovinargliela?” insistette lui.
“ Mi pare che la tua amica abbia messo gli occhi sull’inglesastro, peccato che questa sera lui sia l’accompagnatore di Candy.”
“Inglesastro? Mi pare di capire che non goda della tua stima?”
“E’ una lunga storia, diciamo che non siamo certo migliori amici. Se la sua serata fosse rovinata non mi importerebbe granché ma sono sicuro che Candy ne risentirebbe e non mi va. Non voglio che mia cugina soffra.”
“Cercherò di fare quanto posso. E comunque sappi che il tuo amico attore mi ha persino proibito di ballare con tua cugina. E lei non ha detto nulla, non l’ho mai così remissiva. Dimmi la verità, c’è qualcosa fra quei due?”
“No, sono solo amici.” mentì Archie. Non aveva certo intenzione di raccontare a Patrick di quanto successo anni addietro. Certo, odiava Granchester ma, qualcosa negli occhi di Patrick, gli suggerì che era alla ricerca di informazioni da utilizzare contro Terence e tutto ciò avrebbe finito irrimediabilmente per intaccare Candy. Per una volta decise di passare sopra il suo odio per quell’aristocratico da strapazzo per proteggere sua cugina.
I tentativi di Kathrine di strappare un ballo a Terence non mancarono e si ripeterono per buona parte della serata, ma lui era deciso ad ignorarla e a concentrarsi su Candy. 
Inoltre, l’attore voleva assolutamente poter reclamare il premio che avrebbe sicuramente vinto se avesse trovato il modo di provare a Candy di poter essere capacissimo di un gesto romantico.
Kathrine, resasi conto che ogni sua mossa finiva in un buco nell’acqua, ad un certo punto della serata, fu tentata di andarsene, non voleva certo rendersi ridicola agli occhi di tutti.
Fu proprio quando stava per chiedere a Patrick di accompagnarla in hotel che la sua attenzione venne attirata da Terence.
Il giovane parve improvvisamente illuminato da un’idea e decise di mettere in atto quanto gli era venuto in mente per vincere la sfida. Era sempre stato una persona competitiva e, per quanto non si sentisse in competizione con la sua amata, voleva provarle che aveva torto.
Prese Candy per mano e la trascinò al primo piano.
Le chiese di affacciarsi al balcone, poi lui ridiscese.
In quel momento Annie, che si accorse della scena, chiese ai musicisti di fermare la musica: se aveva intuito cosa stava per succedere non voleva certo perderselo.
Candy si accorse che buona parte degli ospiti presenti si erano girati a guardarli incuriositi, ed una piccola folla, fra cui Annie, si era radunata attorno all’attore.
Si chiese cosa avesse intenzione di fare Terence e se ciò facesse parte della scommessa.
Terence era abituato ad avere gli occhi puntati addosso per cui non si fece intimorire.
Si schiarì la voce , respirò profondamente e cominciò:

“Ride delle cicatrici chi non è mai stato ferito.
Ma, piano, quale luce erompe da quella finestra?
E l'oriente, e Giulietta è il sole! Oh, sorgi bel sole,
e uccidi la luna invidiosa che è già malata e pallida di rabbia,
perché tu, sua ancella, di lei sei tanto più bella.
Non servirla più, quell'invidiosa: la sua vestale
porta il malsano costume verde indossato solo dai buffoni.
Gettalo via! Oh, se sapesse che è la mia donna,
il mio amore! Oh se lo sapesse!
Ella parla, pur senza dire parola. Com'è mai possibile?
Sono i suoi occhi a parlare, e io risponderò loro.
Sono troppo ardito. Non è a me che parla.
Due tra le stelle più luminose del cielo, dovendo assentarsi,
supplicano i suoi occhi di voler brillare
al loro posto sin che abbiano fatto ritorno.
E se i suoi occhi fossero in quelle sfere,
e le stelle sul suo volto? Le sue guance luminose
farebbero allora vergognare quelle stelle,
come il giorno fa impallidire la luce di una torcia.
E i suoi occhi, in cielo, scorrerebbero nella regione dell'aria
con un tale splendore che gli uccelli,
credendo finita la notte, riprenderebbero a cantare.
Guarda come appoggia la guancia alla sua mano:
potessi essere io il guanto di quella mano,
e poter così  toccare quella guancia!”**

 
Candy si fece assalire dall’imbarazzo e sul suo viso si dipinsero tutti i colori dell’arcobaleno.
Quando Terence terminò la sua esibizione ci fu prima un silenzio tombale e poi un primo timido applauso diede il via ad un vero e proprio tripudio.
 Quelle parole, quei versi, non erano stati certo scelti a caso.
Romeo e Giulietta era un’opera molto cara ad entrambi e, nelle parole di Romeo c’era un’esplicita dichiarazione d’amore, parole che Terence avrebbe voluto poter rivolgere a Candy e la scusa della scommessa gliene stava dando la possibilità.
Le donne lo guardavano adoranti e commentavano questo suo gesto romantico, seppur, per alcune, fuori luogo. Albert se la rideva di cuore, certo che ci fosse qualcosa sotto, non era certo da Terence voler dare nell’occhio.
Persino Karen era rimasta sorpresa di quella improvvisazione, ed Archie lo guardava furente. Se avesse potuto lo avrebbe strozzato.
La folla si interrogava su quella accorata dichiarazione d’amore e Terence, comprendendo che la situazione correva il rischio di sfuggirgli di mano, e per evitare quindi che
si diffondessero pettegolezzi, si rivolse al “suo” pubblico per spiegare i motivi di quel suo gesto.
“Perdonate l’interruzione della festa ma sono stato sfidato e sono sceso in campo per difendere il genere maschile accusato di non sapere essere romantico. Spero di aver dato dimostrazione del contrario.” disse poi ridendo e raccogliendo il consenso del pubblico del suo stesso sesso.
Nel frattempo Candy era discesa dal piano di sopra e lo aveva raggiunto.
Doveva ammettere che quell’azione improvviso l’aveva stupita.
Nonostante fosse consapevole che quel gesto era conseguito solo alla sua provocazione di quella stessa sera, provava un inspiegabile turbamento, come se quei versi le fossero cari. Sentì uno strano dolore sordo e profondo in fondo al cuore. Quello stesso dolore che aveva provato quando aveva messo piede a New York.
Annie fece cenno ai musicisti di riprendere a suonare e in breve la piccola folla si disperse.
“Ok, ok, hai vinto la scommessa! E scherzi a parte, spero di poterti vedere recitare nella parte di Romeo un giorno.”
“Allora posso riscuotere il mio premio?” chiese lui maliziosamente.
“ Non avevi deciso in cosa consistesse.”
“Oh, ti sbagli Candice, avevo deciso eccome.” disse lui fissandole le labbra.
Lei indietreggiò impercettibilmente mentre le gambe cominciarono a tremarle.
“ Devo onorare la scommessa.” rispose lei senza guardarlo negli occhi.
“Allora potrei avere quel famoso bacio di cui avevamo parlato?”
In quel momento i suoi occhi di brace lo fissarono, accesi dal desiderio ma spaventati e forse delusi.
Candy bramava dal desiderio di poterlo baciare, sensazione che la stordiva e la spaventava, ma non voleva certo che la baciasse per gioco.
Forse era il suo primo bacio, come poteva darlo per gioco? Eppure non poteva sottrarsi alla scommessa … ma forse, se gli avesse spiegato lui … no, non poteva spiegarglielo, si vergognava.
“Terence, cosa credi di fare?” si intromise Archie furente.
“Archie, non ti impicciare, per favore!” lo rimproverò Candy.
Lei guardò Terence mentre le si avvicinava pericolosamente, prendendole il viso fra le mani.
Le accarezzò una guancia delicatamente, poi avvicinò le labbra alle sue. Quelle di Candy tremarono per l’anticipazione e per la paura. Poi,quando lui stava per sfiorarle, lei chiuse gli occhi ma il contatto che aveva atteso non arrivò e le labbra di lui le sfiorarono la fronte.
Riaprì gli occhi sorpresa, contenta e allo stesso tempo delusa.
“Non sono abituato a prendere con la forza Candice.” le aveva detto quando lei lo aveva guardato stupita.
Ed era vero. Non avrebbe commesso quello stesso errore di tanti anni addietro. La voleva, la desiderava, voleva sfiorare le sue labbra ma non senza il suo consenso. Aveva letto nei suoi occhi che era combattuta e voleva rispettarla. Non si sarebbe mai approfittato di lei, e non le avrebbe mai dato modo di dubitare di lui.
Candy si toccò le labbra che quasi le dolevano. Il desiderio che lui le sfiorasse era talmente forte che all’inizio rimase quasi delusa dal suo gesto poi, essendosi resa conto che, non le avrebbe mai mancato di rispetto a tale maniera, sorrise contenta.
“Grazie.” gli disse avvicinandoglisi. Aveva capito che non sarebbe stato giusto e si era dimostrato una persona corretta e sensibile. Ai suoi occhi non fece che guadagnare punti.
Archie era tentato di saltargli al collo ma Terence gli fece capire che era il caso che rimanesse al suo posto.
“Cornwell, ho già da farti scontare la presenza di Kathrine, non darmi un altro motivo per voler regalare qualche livido a quel tuo faccino delicato.” gli aveva intimato.
Archie sapendo di essere dalla parte del torto, lasciò correre ma si ripromise di fargliela pagare a tempo debito.
Annie, che aveva assistito all’intera scena, si era quasi spaventata di vedere riaffiorare il vecchio Terence che aveva conosciuto alla St. Paul: indisponente, arrogante, sicuro di sé, possessivo. Aveva temuto che potesse perdere il controllo della situazione ma lui l’aveva sorpresa comportandosi da vero uomo. Sapeva quanto Terence amasse Candy e, nonostante le fosse chiaro che lui fosse impaziente e la desiderasse, sapeva che l’avrebbe aspettata e rispettata.
Albert e Karen avevano trovato la cosa divertente, per Albert era stato come fare un tuffo nel passato e rivedere i due adolescenti che spesso gli avevano fatto compagnia nel periodo in cui lui aveva lavorato allo zoo, alle prese con le loro solite scaramucce. Per un attimo guardandoli aveva visto il Terence e la Candy del periodo londinese.
“Ti va di bere qualcosa?” le propose lui.
“Certo, andiamo!” accettò lei appoggiandosi al suo braccio.
“Non volevo metterti in imbarazzo.”
“Affatto. Faceva parte della scommessa e hai fatto bene, solo che non me lo aspettavo.”
“Faceva parte della scommessa?!”
“Sì, e anche la riscossione del premio!” disse lei guardandolo.
Ma cosa stava facendo? Lo stava invitando a baciarla? Cosa avrebbe dovuto leggere lui in quelle sue parole? Non era mai stata così sfrontata in vita sua. Le sue guancie erano diventate color ciliegia ma al contrario di quanto pensasse,  non aveva abbassato lo sguardo e lo guardava fisso negli occhi. Era come se il suo cuore avesse preso il sopravvento e non riuscisse a filtrare i propri desideri e fare sì che non trasparissero in maniera così evidente.
Per un momento lui la guardò sorpreso. Le parole di Candy sembravano volerlo invitare a baciarla, possibile? Ma lui lasciò perdere e cercò di concentrarsi sul drink che stava bevendo. Quella sera gli ci sarebbe voluta una doccia fredda per potersi addormentare.
Kathrine e Patrick parevano essersi dileguati, per cui potevano abbassare la guardia.
 
Quando tutti gli ospiti avevano ormai lasciato la casa, Annie ed Archie si ritirarono nelle proprie stanze e così fecero anche Karen ed Albert.
 
 “Ho bisogno di una passeggiata prima di andare a dormire.” disse Terence e lei non si fece pregare.
“Solitaria o posso accompagnarti?”
“Credi di farcela con quei tacchi?”
“Che problema c’è?” disse lei sfilandoseli e rimanendo a piedi nudi. Era abituata a camminare e correre nei prati.
Lui si avviò e lei lo seguì.
Gli inservienti avevano cominciato a sistemare e spegnere alcune delle luci, ma il bagliore della luna e delle stelle rendeva l’atmosfera romantica.
Camminarono in silenzio fino a quando giunsero al laghetto.
“E’ stata una bella festa, vero?” chiese Candy per rompere il ghiaccio.
“Sì, imprevisto Patrick e Kathrine a parte!”
“Ah già, chissà che fine hanno fatto?”
“Mi pare di aver sentito dire da Annie che a metà festa se ne sono andati.”
“Forse è stato meglio così.” aveva commentato lei e poi il silenzio era caduto nuovamente fra di loro.
L’unico rumore che poteva udirsi era quello dei loro cuori.
Lui la guardò per un istante che parve un’eternità e lei si perse nel mare blu dei suoi occhi.
In quel momento le parve di leggere che la desiderasse, possibile? Non aveva mai letto un tale ardore nei suoi confronti negli occhi di un uomo, il modo che aveva di guardarla le faceva tremare l’anima.
Fu in quel momento che lui preso dal romanticismo del momento, e dall’intensità dei propri sentimenti, le si avvicinò.
Erano vicini, così vicini che lei poteva percepire il suo profumo alla lavanda.
Erano vicini, così vicini che lui poteva contare le sue lentiggini.
Terence alzò un mano come per portargliela al viso ma la fermò a mezz’aria.
Candy, che non voleva che quel momento finisse, prese la sua mano e se l’appoggiò sulla guancia. Entrambi si stupirono dei propri gesti e dei gesti dell’altro.
I loro sguardi si incontrarono in una fusione di verde smeraldo e blu mare.
Lo sguardo di lei era infuocato, desideroso, avrebbe osato dire innamorato.
Lo sguardo di lui era serio, desideroso, appassionato, avrebbe osato sperare innamorato. Ma sapeva che non era possibile, anche se in  quel momento non le importava.
Terence lasciò che la propria mano si adagiasse sulla guancia di Candy, mentre con l’altra mano, posata sulla vita di lei, l’aveva attirata a sé, così vicino che la distanza fra i loro corpi era impercettibile.
Una mano di lei si era alzata verso la schiena di lui e la cingeva con una certa timidezza.
Terence avvicinò il proprio volto a quello di lei, tenendo lo sguardo fisso sul suo. Se solo avesse scorto un minimo tentennamento nei suoi occhi, si sarebbe fermato. E invece gli occhi di Candy lo esortarono a proseguire. Fu così che si sfiorarono in un dolcissimo, casto ed inebriante bacio. Il contatto fra le loro labbra si prolungò, ma lui non si azzardò  a schiudere le proprie nel tentativo di approfondirlo. Per quella sera aveva sfidato la fortuna fin troppo.
Quando l’incontro fra le loro labbra cessò, i loro occhi rimasero fissi gli uni negli altri. Il cuore di Candy batteva all’impazzata ed una sensazione di dolce calore si era diffusa per tutto il suo corpo, lasciandola in balia dei propri sentimenti impazziti.
La mano di Terence si rifiutava di lasciare la guancia di Candy e le rivolse una gentile carezza, assaporando quel contatto così ravvicinato, così intimo fra loro.
Il sapore di quel bacio era proprio come quello di tanti anni fa, ma non fu seguito da quell’aspro scambio di battute.
Rimasero in silenzio per dei minuti, nessuno dei due sapeva cosa dire.
Terence si chiedeva cosa sarebbe stato opportuno dirle ma non trovava niente di sensato. Così non fece altro che sciogliere quell’abbraccio, avvolgere la mano di lei nella propria e cominciare a camminare verso casa. Forse era meglio rientrare prima che le cose gli sfuggissero di mano.
Non avrebbe dovuto baciarla ma si era lasciato vincere dalla forza del proprio amore.
Lei lasciò che lui le stringesse la mano, poi rese il gesto più intimo intrecciando le proprie dita a quelle dell’attore. Non le importava se sarebbe stata una cosa fugace, non le importava cosa ne avrebbe pensato domani, voleva vivere quel momento, voleva vivere quel ragazzo che con la sola presenza, con la sua sola vicinanza, riusciva a farla sentire viva e felice.
Quando rientrarono, trovarono la Villa immersa nel silenzio più assoluto.
Lui la lasciò sulla soglia della sua stanza.
“Buona notte Candice, a domani.” le disse tenendo ancora le dita intrecciate a quelle di lei.
“Buona notte a te,e grazie.” rispose lei sciogliendo lentamente l’intreccio delle loro mani.
Lo guardò sorridente mentre saliva la rampa di scale e si dirigeva verso la sua stanza.
Entrambi passarono una lunga notte insonne a ripensare a quanto accaduto.
Lui poteva sentire ancora il caldo sapore delle labbra di lei, lei sentiva il calore invadente di quelle di lui.
Candy si addormentò a fatica, con quella sensazione di sfarfallio nello stomaco che le impediva
 
di ritornare nel mondo reale.
Lui si addormentò a fatica cercando di tenere a bada quella lava vulcanica che dal suo cuore si era diffusa nelle vene e aveva preso il controllo del suo corpo.
Entrambi finirono per sopirsi con il sorriso sulle labbra, certi che la giornata successiva avrebbero avuto a che fare con dei silenzi imbarazzanti, ma felici e soddisfatti di essersi goduti quel momento.


** indovinate da cosa è tratto? Romeo e Giulietta - W. Shakespeare!

Ragazze vi auguro buona lettura.
Non credo di postare nuovamente prima di fine mese, viste le ferie imminenti.
Mi farebbe davvero piacere sapere che pensate di questo capitolo, visto il punto di svolta, o un primo avvicinamento, fra i due protagonisti.
Avevo dei dubbi quando l'ho scritto, perchè forse era troppo presto per quel bacio ma poi, ripensandoci, non stiamo parlando più di due adolescenti, questo è un rapporto fra due adulti, che va evolvendosi, anche se moooolto lentamente.
Beh, fatemi sapere che ne pensate!
Vi abbraccio e vi ringrazio tantissimo perchè davvero non pensavo di poter avere un tale seguito.
Sia che siate un seguito silenzioso che parlante, grazie di cuore!

 

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Capitolo 15
*** Sfiorandosi ***


 
Capitolo XIV
 
Sfiorandosi

 
- colonna sonora, Sorprendimi, Stadio
 
“Che serata!” pensò Karen una volta svegliatasi quella mattina.
Ripercorse mentalmente quanto accaduto durante la festa la sera precedente e, guardandosi allo specchio, non poté fare a meno di sorridere al riflesso della propria, radiante immagine.
Aveva avuto modo di conoscere buona parte dei famigliari di Albert, gli amici, i collaboratori più stretti e, soprattutto, aveva potuto trascorrere tutta la sera in compagnia del suo cavaliere.
Albert si era dimostrato un perfetto padrone di casa e un perfetto accompagnatore.
Per buona parte del tempo avevano chiacchierato, scherzato e riso senza sosta.
L’arrivo di Kathrine alla festa, poteva considerarsi l’unica nube all’orizzonte ma, fortunatamente, dopo lo show messo in atto da Terence, la giovane aveva battuto la ritirata, per quanto strano ciò fosse parso agli occhi dell’allegra compagnia.
Sia Karen che Albert erano rimasti davvero sbalorditi dal gesto di Terence ma entrambi avevano sorriso della sua ritrovata impulsività.
Durante l’intera serata, diversi scapoli d’oro si erano fatti aventi invitando l’attrice per un ballo, che lei aveva declinato con cortesia.
Non le erano certo passati inosservati gli sguardi iniettati di sangue, e probabilmente gelosi, delle giovani donne che, quasi certamente, avevano sperato in quell’evento mondano per poter allungare i propri artigli sul bel William Andrew.
Sfortunatamente per loro, Albert non sembrava interessato ad altre donne all’infuori dell’attraente sua ospite.
Quando quella mattina Karen lo aveva raggiunto per colazione, gli risultò difficile trattenere un sorriso. Era molto bella, eccome se lo era e, la sera precedente, si era reso seriamente conto che aveva corso il rischio di doverla dividere con tutti quei corteggiatori, che si erano fatti avanti. Ma era stato felice di constatare che la fortuna aveva deciso di baciarlo: Karen aveva infatti declinato tutti gli inviti a danzare che aveva ricevuto, al di fuori di quelli provenienti di lui.
“Buongiorno, spero che tu abbia dormito bene.” l’aveva accolta lui alzandosi per aiutarla ad accomodarsi.
“Buongiorno a te. Sì, ho dormito bene, ti ringrazio.” gli aveva risposto lei abbozzando un timido sorriso, la presenza della zia Elroy la faceva sentire a disagio; fortunatamente la donna sarebbe ripartita lo stesso giorno, per tornare a Lakewood, dove era solita trascorrere il periodo estivo.
“Spero che tu ti sia divertita ieri?!”
“Decisamente! Credo che la festa sia riuscita bene.”
“Osa dire che la festa è riuscita bene? A me pare vergognoso che quel vostro amico si sia permesso di fare quella improvvisata, coinvolgendo una Andrew! Mi chiedo cosa gli sia passato per la testa quando ha deciso di dare spettacolo in quel modo così poco dignitoso!” la zia Elroy si intromise nel loro discorso.
“Zia, ti prego, non essere così rigida nel giudicare il mio giovane amico, è una persona impulsiva ma non avrebbe mai fatto nulla per rovinare la festa.” replicò Albert, cercando di difendere Terence.
La zia, probabilmente troppo stanca per discutere oltre, lasciò cadere l’argomento.
Quei due attori non le piacevano, e non vedeva l’ora di poter tornare nella tranquillità di Lakewood.
Persino Albert si sentì sollevato quando, appena dopo colazione, la zia lasciò Chicago. L’anziana donna decise di partire, nonostante non avesse avuto modo di salutare il resto della famiglia, perchè si sentiva affaticata.
“Temevo seriamente un incontro fra la zia e Terence stamattina!” ammise Karen ridendo.
“Ad essere completamente sincero, anche io! Specie dopo lo scambio di battute di un paio di sere fa! E sapevo che la zia avrebbe avuto da ridire sul gesto di ieri sera, anche se io ho trovato l’improvvisata divertente. A quanto ne ho capito credo che Candy e Terence abbiano fatto una scommessa e, anche se mi spiace ammetterlo, credo che Candy abbia subito una sconfitta schiacciante!”
“Concordo con te. E credo fermamente che abbia ricevuto anche un piccolo smacco, quando Terence si è rifiutato di riscuotere il premio.”
“Se devo essere sincero, mi ha stupito la reazione di Candy, la vecchia Candy non si sarebbe arresa alla sconfitta e si sarebbe ingegnata per uscire da quella situazione, mentre lei …”
“Lei chi?” chiese Candy entrando.
“La zia” - mentì spudoratamente Albert - “ è partita e mi ha chiesto di salutarvi. Si sentiva molto stanca …”
Candy non disse nulla, si accomodò e attese che le servissero del caffè.
Si estraniò ripensando al sogno che aveva fatto quella notte.
Si trovava ad una festa in maschera e aveva danzato sia con Archie che con Stair, per poi volteggiare allegramente con un terzo cavaliere, il cui volto non riusciva  a distinguere. Nemmeno la sua voce le arrivava chiara alle orecchie, per poter capire di chi si trattasse. Avrebbe dovuto chiedere ad Archie per fugare ogni dubbio, non sapeva se fosse un mero sogno o un ricordo di qualcosa accaduto anni addietro. Così, era giunta alla decisione che avrebbe aspettato la partenza di Karen e Terence, poi avrebbe messo al corrente Albert, Annie ed Archie di quei pochi ricordi che finalmente pareva aver recuperato. Poteva aver sognato di ballare con Anthony? O forse era un altro ragazzo di cui aveva sognato?
All’improvviso, la figura di Terence, che stava entrando nella sala delle colazioni, le apparve innanzi e, fu costretta a tornare alla realtà.
Il suo arrivo in quella stanza la investì con le emozioni che, quanto accaduto la sera prima, aveva suscitato in lei. Sin da quando si era alzata quella mattina, aveva cercato di non pensarci, di ricacciare quella splendida sensazione di calore e felicità, nei meandri più reconditi della propria mente.
Si era chiesta come lui si sarebbe comportato, e cosa dovesse fare lei, ma non avendo trovato risposte, in quel preciso momento si sentì smarrita.
Lui le rivolse uno splendido sorriso e le diede il buongiorno, salutando, solo successivamente, il resto dei commensali.
Lei rispose timidamente al sorriso e arrossì. Non riuscì a sostenere quel suo sguardo che sembrava aver acquisito un nuovo bagliore. Si chiese se fosse solo lei a vederlo, o se anche agli altri risultasse evidente, e si domandò anche se, quello stesso bagliore, fosse presente anche nel proprio sguardo.
Aveva baciato quel giovane dagli occhi blu e quel bacio pareva aver risvegliato in lei il ricordo di un bacio perduto. Eh sì, perché il ragazzo con cui aveva ballato felice e spensierata nel suo sogno, l’aveva baciata e, la cosa che la straniva particolarmente, era la sensazione di paura e di smarrimento che aveva provato in seguito, come se quel bacio l’avesse turbata. Un po’ come la paura che aveva provato nell’istante in cui aveva pensato, dopo aver perso la scommessa, che le labbra di Terence avrebbero toccato le proprie.
Possibile quindi, che fosse già stata baciata e non lo ricordasse? Possibile che Annie non lo sapesse? A quel punto, il dubbio di un fidanzato misterioso si faceva ancora più insistente, peccato che nessuno paresse saperle dire qualcosa.
Per una frazione di secondo, la sua mente fu sfiorata dalla possibilità che i suoi famigliari le stessero nascondendo qualcosa, ma poi perché mai avrebbero dovuto?
Proseguì la colazione in silenzio, staccando raramente  gli occhi dalla propria tazza fumante.
Le poche volte che aveva azzardato a guardarsi intorno, aveva notato lo sguardo di Terence posato su di lei.
Terence, per buona parte della colazione, fu taciturno, sembrava quasi essere tornato il giovane scontroso che avevano conosciuto anni addietro. Pareva assorto nei suoi pensieri e, svariate volte, Karen ed Albert si scambiarono sguardi di curiosa intesa: entrambi si chiedevano cosa fosse successo ai loro due commensali, che quella mattina parevano le ombre delle persone che erano solitamente.
Con una scusa, Karen ed Albert li lasciarono soli, ma Candy fece in tempo a scusarsi e lasciò Terence da solo a terminare il su tè.
L’attore si scontrò così con Archie quella mattina. Quest’ultimo aveva deciso che avrebbe detto due paroline al duca sulla bella improvvisata della sera prima.
“Ah bene, visto che sei solo … come diavolo ti è venuto in mente ieri sera di cercare di baciarla?!”
“ Cornwell uno, non sono affari tuoi, due, ha perso una  scommessa e lei stessa voleva onorarla.”
“E tu ti saresti approfittato così meschinamente di lei?”
“Perché, ti sembra che l’abbia fatto?” chiese Terence alzandosi innervosito.
Il solo arrivo di Annie scongiurò che la lite fra i due si accendesse e si trasformasse in uno scambio di pugni. Annie ricordava ancora le scazzottate a cui aveva dovuto assistere da ragazzina.
“Archibald, smettila di comportarti come un bambino viziato! Candy è libera di fare ciò che crede e vorrei che il tuo giudizio non fosse così offuscato. Non ho dubitato di Terence per un solo istante, sapevo che non lo avrebbe fatto. Sai, mi preoccupa dovermi rendere conto di come tu non abbia badato minimamente alla reazione di tua cugina.”
“Cosa stai insinuando?”
“Archie, non fare finta proprio con me!”
“Mi spiace Cornwell ma devo concordare con la tua futura moglie. La Candy che conoscevi tu, si sarebbe lasciata baciare senza batter ciglio?”
“Stai scherzando spero?”
“No, appunto. Ecco io credo che quello che volesse suggerirti Annie …”
“E’ che lei volesse essere baciata, sciocco! Come posso farti capire che il suo cuore ha ricordato? Non importa che la sua mente non l’abbia ancora fatto!”
“Mi rifiuto di crederci!”
“Oh Cornwell, sinceramente non mi interessa, è un problema tuo. E ora scusatemi, ma ho di meglio da fare che perdere tempo appresso a questo zuccone.” disse Terence uscendo dalla stanza.
“Ah, quindi io sarei uno zuccone?” gli strillò dietro Archie, non desiderando affatto deporre le armi, ma l’attore aveva davvero altro ad occupargli i pensieri.
Candy quella mattina era stata sfuggente, non lo aveva mai guardato negli occhi. Gli aveva sorriso, arrossendo, ma poi aveva evitato il contatto con lui, fissando per buona parte del tempo la sua tazza di caffè. Alcune volte aveva provato a guardarlo e, ovviamente, aveva incontrato il suo sguardo, per affrettarsi poi a distogliere gli occhi dai suoi zaffiri infuocati.
Durante l’intera mattinata non ebbe modo di parlarle e, all’ora stabilita per la lezione di piano giornaliera, non si presentò, facendo recapitare un messaggio a Terence, nel quale lo avvisava che quella mattina non aveva tempo per il pianoforte. Quel comportamento era strano, e Terence temette che potesse essersi pentita di quanto accaduto fra loro.
Durante il pranzo si ripresentò lo stesso scenario di quella mattina a colazione, così
Il giovane si ripromise che avrebbe cercato di chiarire quella situazione imbarazzante, con Candy, situazione che non era certo passata inosservata agli occhi degli altri commensali.
Lei aveva passato buona parte della mattina a cercare di collegare il bacio ricevuto da Terence a quello del sogno, e aveva finito col dedurne che doveva aver baciato Anthony. Chi altri avrebbe potuto baciare? Sicuramente non era una ragazza che disseminava fidanzati a destra e a manca …
Stava facendo un giro nel giardino senza una meta precisa, quando si ritrovò vicino al lago.
Il suo cuore l’aveva portata lì. Le guance rosse, il cuore che le batteva a mille.
Poi si era accorta di non essere la sola ad essere tornata in quel luogo, solo che era decisamente troppo tardi per battere la ritirata: Terence l’aveva vista e si stava muovendo nella sua direzione.
Quando si accorse del suo sguardo sorpreso e quasi smarrito, e del fatto che sarebbe voluta scappare, non riuscì e reprimere quel senso di frustrazione, delusione e rabbia che finì inevitabilmente per prendere il sopravvento.
La raggiunse e la prese per un braccio e quasi scuotendola le urlò contro.
“Perché mi fuggi Candice?” le chiese arrabbiato.
Si arrabbiò ancor di più dopo aver udito il tono che stava utilizzando con lei, che non gli piaceva affatto. Per una frazione di secondo, si sentì vulnerabile come quando l’aveva conosciuta e aveva imparato ad amarla.
Era lei e solo lei che riusciva in qualche modo a tirare fuori sia il meglio che il peggio di lui.
Lei lo guardava spaventata, non capiva il perché di quella sua reazione fuori luogo, quella rabbia malcelata che trapelava dai suoi occhi e dai suoi gesti.
Poi lo guardò negli occhi e, un istante dopo, la presa di lui si allentò e il suo sguardo sembrò quasi perdere quell’alone di turbamento che vi aveva appena letto.
“Perdonami, non volevo spaventarti!” si scusò lui.
“Scusami tu.” Rispose lei.
Un silenzio imbarazzante calò fra di loro, prima che uno dei due riprendesse a parlare.
“Ecco io …” cominciarono entrambi.
“Cosa?”
“No, dimmi prima tu?”
“No tu …”
Candice prese la parola. Non voleva che lui pensasse che era dispiaciuta di quanto successo la sera precedente, voleva solo che capisse che si sentiva in imbarazzo, non le era mai capitata una tale situazione e non sapeva come comportarsi.
Udendo le sue parole, Terence sembrò rilassarsi, la preoccupazione che lo aveva assillato tutto il giorno, che lei potesse essere pentita o che lui potesse aver sbagliato, finalmente era stata allontanata.
Lui non le confessò i propri timori ma non ne aveva bisogno, perché proprio grazie alla reazione iraconda di poco prima lei aveva compreso.
“ Che ne dici della lezione di piano che hai saltato?” le propose lui. Stava cercando di invitarla a comportarsi normalmente, del resto come altro avrebbero potuto comportarsi? La loro era una giovane amicizia, lui era rimasto vedovo di recente, che altro avrebbero potuto fare? Poteva rimanere un segreto fra di loro e potevano coltivare icò che forse stava nascendo, nella massima riservatezza.
“ Andiamo!” rispose lei.
Si incamminarono, passeggiando vicini, talmente vicini che le loro braccia potevano sfiorarsi e diverse volte la mano dell’uno sembrò accarezzare la mano dell’altra in uno sfiorarsi rincuorante, rassicurante e molto intimo.
Quel piccolo gesto consentiva loro di sentirsi più vicini.
 Rientrarono in casa in estrema tranquillità, per quanto, ogni tanto, lei arrossiva qualora incrociava lo sguardo di lui.
Terence non le aveva mai tolto gli occhi di dosso ma, non lo faceva a posta, non voleva che si sentisse a disagio.
Il solo starle vicino, sfiorarla, sentire il suo profumo, erano per lui dei regali preziosi.
Al termine della lezione, lei gli prese una mano. Lui rimase stupito di quel suo gesto improvviso, del resto sarebbe potuto entrare chiunque in quel momento, ma a lei non pareva interessare.
Così non si stupì quando lei prese a disegnargli sul palmo.
All’inizio fece fatica a capire cosa lei stesse facendo, poi si rese conto che stava scrivendo qualcosa.
“Grazie della splendida serata.” erano le parole che il dito di Candy aveva tracciato sul palmo di Terence.
Lui le aveva sorriso e aveva copiato il suo gesto.
“ Grazie a te di essere così speciale.” le aveva scritto lui, facendola arrossire.
Era ormai pomeriggio tardo, l’orologio a pendolo rintoccò le 18.30, a breve sarebbe stata servita la cena.
Così Terence e Candy si separarono, seppur a malincuore, per prepararsi per la cena.
Nonostante sapevano che si sarebbero rivisti di lì a breve, volevano godere il più possibile di quegli attimi di intimità che, la pace apparente della villa, ogni tanto sembrava regalare loro.
 
Terence fece una doccia veloce per rinfrescarsi, mentre il suo pensiero volava a Candy e a quella carezza fra le loro dita e le loro mani.
Quel gesto forse infantile ma così delicato e tenero, gli aveva riempito il cuore. Amava le loro scaramucce, quelle stesse che gli avevano tenuto compagnia per tutto il tempo in cui erano stati a Londra, e poi durante quella stupenda estate trascorsa in Scozia.
Non aveva dubbi sui propri sentimenti, non aveva dubbi su ciò che avrebbe voluto fare, ma era consapevole che ci fossero dei vincoli da rispettare e che non poteva correre come avrebbe voluto.
Se avesse potuto, le avrebbe raccontato tutto e le avrebbe chiesto di sposarlo. Ma non poteva.
Si rivestì velocemente, indossò il suo solito profumo alla lavanda, quel profumo tanto caro a Candy, che le aveva permesso di ritrovare quel suo primo frammento di memoria, e poi si recò nel salone.
Quella sera avrebbero cenato nel salone centrale e, quando vi giunse, non era ancora arrivato nessuno.
Il primo a raggiungerlo fu Albert.
“Ciao Terence.”
“Ciao Albert.”
“Non abbiamo avuto modo di parlare oggi, ma ti sei divertito ieri sera?”
“Oh, decisamente.”
“ Senti io … ecco volevo sapere se c’è qualcosa di cui vorresti mettermi al corrente. Non fraintendermi, non voglio impicciarmi di ciò che succede fra te e Candy, ma stamattina c’era una strana elettricità nell’aria …”
“Se ti dicessi di non preoccuparti e che abbiamo chiarito, ti basterebbe? Oh no, fammi aggiungere che non le farei mai del male.”
“A chi?” chiese Candy entrando e sorprendendo i due uomini nel loro scambio di battute.
“A te.” rispose lui senza riuscire a filtrare quanto aveva pensato.
Candy rise.
“Perché mai dovresti farmi del male?” chiese lei sorpresa e divertita.
“Beh, Albert mi diceva che …”
“Mi è sembrato di notare un po’ di imbarazzo fra voi due stamattina così mi chiedevo …”
“Ah, non ti preoccupare, abbiamo chiarito. Può capitare di fraintendersi, non ti pare? L’Importante è riuscire a chiarirsi.”  mentì spudoratamente lei. Non le piaceva l’idea di mentire ad Albert ma ancor meno la solleticava l’idea di dirgli cosa era accaduto.
Cercò di non pensarci per evitare di arrossire, e fortunatamente fu salvata dall’arrivo di Annie, Karen ed Archie.
La cena si svolse in relativa tranquillità, fatta eccezione per quella tensione fra Terence ed Archie, che Candy aveva notato, anche se faticava a capirne il motivo.
Da quanto ne sapeva erano amici ma, dal primo momento in cui si erano incrociati, aveva percepito dell’astio da parte di entrambi.
Avrebbe voluto chiedere loro perché aveva quella strana sensazione ogni volta che si trovava con loro, ma poi aveva desistito dal suo intento.
Si soffermò poi a guardare Karen ed Albert e la loro crescente intimità. Era bello vederlo così, felice, vederlo sorridere spensierato. E, per quanto avesse conosciuto Karen da poco, era contenta di vedere anche lei radiante. Se il destino li aveva messi l’una sulla strada dell’altro, doveva avere avuto i suoi buoni motivi.
Anche Annie era raggiante, era rimasta davvero soddisfatta della propria festa di fidanzamento, e si era divertita molto dell’improvvisazione di Terence. Tutto sommato, quella settimana di vacanza dei due attori, la visita alla casa di Pony e, la festa, non sarebbero potuti andare meglio.
Candy si rabbuiò, per una frazione di secondo, al pensiero che in meno di sette giorni avrebbe dovuto separarsi da Terence. Si fece poi coinvolgere dalla conversazione e la sua mente venne momentaneamente distratta.
Lo sguardo di lui, che dovette leggere nei suoi occhi un velo di  preoccupazione, si incupì a sua volta. Anche lui stava pensando la stessa cosa, solo sette giorni e sarebbe tornato a New York. Solo sette giorni e si sarebbe separato da lei, nuovamente.
Cercò di non pensarci e di concentrarsi sulla cena e sulla piacevole visuale di cui, il posto a tavola che Albert aveva predisposto per lui, gli consentiva di godere.
Sotto quella luce, Candice gli pareva più bella del solito. O forse, era quello sguardo così spensierato e felice a conferirle una bellezza maggiore.
Consapevole che il proprio sguardo volesse indugiare sulle curve di Candice, distolse la propria attenzione e si intromise nella conversazione che stava avendo luogo.


NDA: Volevo ringraziare tutte coloro che hanno atteso con pazienza. In questo periodo tra ferie e, successivi impegni di lavoro, oltre al fatto che non sto particolarmente bene, ho faticato a correggere.
Vi chiedo scusa. Volevo dirvi che, sono felicissima del seguito, ci sono circa duecento persone che mi seguono con costanza e la cosa mi rallegra, anche se ad essere onesta, mi farebbe piacere ricevere qualche commento in più e sapere che ne pensate.
Grazie ancora! E preparatevi, perchè il prossimo capitolo ... anzi, i prossimi due vi proveranno un po'!
Le grà go deo!

 

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Capitolo 16
*** Profumo di Rose ***


Profumo di rose
 
- Colonna sonora - Aria, di Gianna Nannini


“L’amore è mescolare due cuori, in un vortice di passioni.” – Nicola Manna




Ormai le vacanze di Karen e Terence volgevano al termine.
 Albert quel giorno era impegnato in diverse telefonate di lavoro, motivo per cui non erano potuti uscire. Ne era dispiaciuto ma era consapevole che, fin troppo spesso, gli affari prendevano il sopravvento sullo scorrere della vita.
Approfittò di un pausa di lavoro per proporre una passeggiata a cavallo.
Il giardino della loro villa era talmente grande che avrebbero potuto fare una bella cavalcata e passare del tempo insieme.
Annie corse ad avvertire lo stalliere e gli chiese di sellare i cavalli.
Sfortunatamente, o forse fortunatamente, il ragazzo fraintese le parole della giovane.
 
“Annie ma ci sono solo tre cavalli sellati!” esclamò Archie, una volta giunti in giardino.
“ Forse lo stalliere non ha capito quello che gli ho detto o, forse, non mi sono spiegata bene.”
“ Non mi sembra un problema insormontabile, possiamo comunque utilizzare un cavallo in due.” propose Albert.
“Giusto, io vengo con te! ” disse Karen rivolgendoglisi.
“ Annie?” chiese Archie alla sua fidanzata, la quale annuì.
“Ah, grazie, quindi a me tocca andare con Terence? Se va a cavallo come guida l’auto non sono certa che sopravvivrò!” scherzò Candy.
“Signorina, la lascio a terra se parla così!” le rispose lui stando al gioco e accompagnando le sue parole, con uno splendido sorriso.
Le tre coppie montarono sui cavalli e cominciarono la loro passeggiata nel parco della villa.
Il sole splendeva alto nel cielo, Candy si sentiva felice e spensierata, era così contenta di come stesse andando l’intera vacanza.
Mai e poi si sarebbe aspettata di rivedere Terence così presto.
Si teneva stretta a lui mentre passeggiavano beatamente a cavallo.
“ Che ne dici di una gara?” Archie propose a Terence. Il vecchio spirito di antagonismo nei confronti dell’inglese, tendeva ad avere sempre la meglio.
“Io ci sto!” rispose il giovane ricordando i vecchi tempi del college.
Archie non aveva mai perso occasione per sfidarlo e per cercare di dimostrare a Candy di essere migliore di lui.
“Mi tagliate fuori perché sono troppo vecchio?” si intromise Albert scherzando.
“Ah no zione, partecipa anche tu, ci mancherebbe altro!” lo prese in giro Archie.
“Se la metti così, ti farò mangiare la mia polvere!” rispose lui scatenando l’ilarità generale.
 “Allora Graham, se procedi seguendo il sentiero fra circa 1 km troverai un capanno. Ci giriamo attorno e torniamo indietro. Il primo a tornare qui sarà dichiarato vincitore, ok?” propose Archibald.
Terence ed Albert annuirono.
 I tre ragazzi si disposero in riga.
Al via partirono a tutta velocità.
Poco dopo successe l’inaspettato.
A distanza di pochi metri dalla partenza Terence si rese conto che qualcosa non andava e quindi rallentò bruscamente.
 “No! Fermati non correre! Ti prego fermati! Non puoi morire! Non mi lasciare!”
Terence sentì Candy agitarsi, come in preda al panico, perché voleva smontare da cavallo. Spaventato dalla reazione della ragazza, si fermò.
Poteva sentire che piangeva, tremava e farfugliava frasi senza senso.
La fece scendere e lei si sedette per terra, con le ginocchia raccolte verso il petto, le braccia attorno alle gambe, lo sguardo perso e le lacrime che le rigavano il volto, mentre i singhiozzi scuotevano il suo esile corpo.
Terence si inginocchiò davanti a lei.
 “Candy, che ti succede?” chiese lui gentilmente.
Lei si aggrappò al suo petto, lui la cinse con un abbraccio mentre con una mano le accarezzava i capelli cercando di tranquillizzarla.
 “ Non cadere, non morire.” ripeteva lei, le parole intervallate dai singhiozzi.
Albert ed Archie non si accorsero di quanto accaduto se non mentre stavano tornando verso il punto di partenza.
Scorsero Candy a terra e Terence che l’abbracciava.
“Che è successo?”
“Non lo so, improvvisamente ha cominciato a piangere e a strillarmi cose tipo “ Fermati, non puoi morire.” rispose Terence.
In realtà, l’attore ricordava bene la sera di parecchi anni prima, in cui Candy lo aveva pregato di fermarsi, mentre lui spingeva Theodora ad andare sempre più veloce. Era la sera in cui le aveva sentito strillare il nome di Anthony e l’aveva poi trovata svenuta in fondo alle scale. Sapeva che il ragazzo era morto cadendo da cavallo durante la caccia alla volpe, ma non aveva pensato che una semplice corsa a cavallo le avrebbe riportato alla memoria quello spiacevole incidente.
“Archie va’ a chiamare il dottor Price per favore.” ordinò Albert al nipote.
“Candy, tesoro che succede?” chiese Albert cercando di avvicinarsi, ma lei nascose la testa fra le braccia di Terence e non gli permise di avvicinarsi.
Continuava a tremare e piangere ma l’abbraccio di Terence e le sue carezze lentamente la stavano facendo calmare.
Candy non gli rispose, e Albert non volle insistere.
“Candy ce la fai ad alzarti?” le chiese Terence che voleva quanto meno riportarla a casa.
Lei si strinse nuovamente al suo petto non permettendogli di alzarsi.
Quando finalmente arrivò il dottore, si era leggermente tranquillizzata ma non sembrava avere intenzioni di muoversi di lì.
“Signorina Candy come si sente? Cosa le è successo?” provò a chiederle il dottore, ma vedendo che non reagiva propose di portarla dentro casa.
Archie era stato previdente al punto tale da prendere l’auto per tornare indietro, aveva pensato che così sarebbe stato più semplice riportare Candy alla villa.
Con l’aiuto di Terence cercò di fare salire la ragazza, ma lei si rifiutava di lasciare il braccio dell’attore.
“Non mi lasciare.” gli disse lei.
“Facciamo così: voi tre andate in auto, io riporto le ragazze e il dottore a casa a cavallo. Portatela nella sua stanza e aspettateci lì.” suggerì Albert.
In pochi minuti furono a casa e Terence aiutò Candy a discendere dalla vettura.
La prese poi in braccio, sollevandola delicatamente, e la portò fin nella sua stanza.
La adagiò sul letto e le mise un paio di cuscini dietro la testa in modo da tenergliela sollevata.
Il dottore entrò nella stanza e la visitò, Candy non consentì a Terence di allontanarsi e si aggrappò saldamente alla sua mano stringendogliela forte.
Lui le sorrise nel tentativo di rassicurarla.
In quel momento si sentiva inutile e inadeguato. Non poteva fare niente per lei e, vederla giacere indifesa e spaventata, su quel letto, lo angosciava. Aveva promesso di prendersi cura di lei e invece le aveva restituito un ricordo doloroso, che probabilmente le stava causando lo stato di shock in cui sembrava versare. I suoi bellissimi occhi verdi sembravano fissare il vuoto, spenti e smarriti. Gli si strinse il cuore a vederla così.
“Signorina Candy, le inietterò un calmante che l’aiuterà a dormire. Domattina tornerò a visitarla. Non dovrebbe svegliarsi prima dell’alba ma, qualora avesse bisogno di qualcosa, non esiti a farmi chiamare” le disse Price dolcemente, non era certo che lei lo stesse ascoltando.
“ Vado dal Signor Andrew, vuole venire con me?” chiese poi rivolgendosi a Terence.
Era l’unico nella stanza, il dottore aveva chiesto agli altri di lasciarli soli.
“No Terence, rimani qui, per favore!” chiese lei supplichevole e lui si mise a sedere vicino a lei e riprese a carezzarle i capelli.
Passarono pochi minuti e Candy si addormentò, così, pur se a malincuore, Terence raggiunse Albert. Voleva sapere cosa pensava il dottore dell’accaduto.
 “E quindi  sta dicendo che Candy potrebbe avere ricordato qualcosa?” chiese Albert preoccupato ed emozionato allo stesso tempo.
“Scusate se mi intrometto” cominciò Terence che era appena giunto in salotto “ ma sono abbastanza certo che Candy abbia ricordato la morte di Anthony” poi raccontò loro quanto successo alla St. Paul School e di come, quella corsa a cavallo pomeridiana, probabilmente le avesse riportato alla mente quell’accaduto.
“A questo punto, direi che è probabile che la signorina abbia subito uno sblocco emotivo, ma non posso e non voglio sbilanciarmi prima del tempo. Non mi resta che provare a parlarle domani e cercare di capire cosa sia successo.” disse Price.
“Dottore la ringrazio. La aspettiamo domani.” disse Albert grato al medico.
“ Come dicevo già al Signor Graham, se avete bisogno non esitate a chiamarmi. Comunque la signorina Candice dovrebbe dormire fino alla mattina.”
 
Fatte le sue ultime raccomandazioni, il medico salutò e se ne andò.
 
“Io dormo con lei così la posso tenere sotto controllo!” disse Annie e, contrariamente a quanto pensasse, Albert si oppose.
“No Annie, lasciamo che sia Terence a rimanere con Candy. E’ l’unico a cui mi è sembrata rispondere, preferirei che in caso si svegliasse trovasse lui. Terence, va’ a riposare un po’, indossa qualcosa di più comodo, fa’ una doccia, per ora con Candy starò io. Ti farò preparare qualcosa da mangiare perché immagino che non vorrai raggiungerci per cena.”
“Non ho bisogno di riposare o di mangiare.”
“E invece sì! Non voglio dovermi prendere cura anche di te domani!” disse Albert e, il ragazzo, contrariamente a quanto ci si sarebbe aspettati, non lo contraddisse ed obbedì per il bene di Candy. Non era necessario creare maggiore scompiglio di quanto, quella che lui riteneva una sua mancanza e un errore di valutazione, avessero portato.
“Posso stare io con Candy se preferisci?” chiese Karen ma Albert scosse la testa.
“Ti ringrazio ma mi sentirei più tranquillo se la potessi vedere e potessi stare un po’ con lei. Tu per favore riposati, ci vediamo dopo,per cena.” le disse dandole una lieve carezza sulla guancia a cui lei rispose con un dolce sorriso.
 
Albert tornò nella stanza di Candy e finalmente poté abbandonarsi alle proprie emozioni.
Era difficile essere il capo famiglia e dover sempre tranquillizzare tutti, quando l’unica cosa che voleva era poter esternare la propria angoscia e  condividerne il peso con qualcuno.
 
Non sapeva se essere felice o meno che Candy avesse ricordato, in realtà non sapeva nemmeno se, avesse ricordato. La guardava dormire serena e si chiedeva se mai la sua piccolina sarebbe stata felice. Ogni qual volta sembrava poter raggiungere la felicità il destino pareva accanirsi contro di lei.
Finalmente Terence era tornato nella sua vita, finalmente erano liberi di amarsi e di ricominciare insieme, eppure lei continuava a non ricordare.
Albert chiamò una cameriera che svestì Candy e le mise un pigiama.
Quando Terence rientrò nella stanza di Candy trovò un Albert affaticato e preoccupato.
Per la prima volta si soffermò a pensare che anche lui era solo un ragazzo, non molto più grande di loro, e aveva tantissime responsabilità, non ultima la salute di Candy.
“Se vuoi andare, rimango io qui con lei.”
“Scusami, non mi ero accorto che fossi entrato”
“Mi sembri stanco e preoccupato. Vuoi scambiare due chiacchiere con un vecchio amico?”
“Ti ringrazio. Non vorrei angosciarti anche con i miei problemi.”
“ E gli amici a che servono?”
“ Comunque non ti preoccupare, sto bene, sono solo affaticato a causa del lavoro e preoccupato per Candy. Sarei contento se avesse ricordato, mi spiacerebbe solo che il primo ricordo fosse di uno dei momenti più bui della sua esistenza. Mi sono spaventato quando l’ho vista tremare come una foglia e comportarsi irrazionalmente come in preda a una crisi di panico o … non so, era sconvolta.”
“Lo so. Non credo che nessuno ti possa capire meglio di me. Mi si è spezzato il cuore a vederla così fragile, indifesa e così spaventata. Spero che domani si senta meglio ma temo fortemente il trauma che le potrebbe causare questo ricordo.” gli rispose lui, tacendogli la verità. A quel punto gli fu evidente che Candy non avesse ancora accennato ad Albert dei ricordi, di cui si era rimpossessata, nei mesi precedenti.
“Mmm …” disse Albert accompagnando il suono con un gesto della testa.
“Va’ a riposare! Se dovesse succedere qualcosa vengo a svegliarti, promesso.”
“Grazie. Sono sicuro che non c’è nessun altro a parte te che vorrà vedere quando si sveglierà.”
“Grazie a te. Temevo che avresti preferito lasciare Annie a vegliare su Candy.”
“ Se non ti conoscessi e non mi fidassi te, forse sì, ma siccome ti conosco bene e conosco anche lei, so che domattina sarai la prima persona che cercherà, quando aprirà gli occhi. Ora però, vado.”
“A domani allora.” rispose Terence.
Albert chiuse la porta alle proprie spalle e Terence rimase solo nella stanza con Candy.
Ne approfittò per sedersi sul letto  e prenderle la mano.
Dormiva tranquilla, sul suo volto nemmeno una traccia della paura che le aveva visto negli occhi.
Spense la luce e accese un paio di candele.
Un cameriere gli portò qualcosa da mangiare e gli lasciò del tè caldo, che fu l’unica cosa che Terence riuscì a mandare giù.
A turno, passarono tutti a verificare come stesse Candy e se Terence avesse bisogno di qualcosa, ma lui aveva tutto ciò di cui necessitava, la sua Tutte Lentiggini era lì con lui, e se ne sarebbe preso cura.
Mentre la notte trascorreva lentamente Terence ripensò a tutti gli strani episodi che avevano costellato la propria vita.
Se c’era una cosa di cui era certo, era il suo amore per Candy.
Aveva trascorso diciassette anni della sua vita pensando che l’amore incondizionato non potesse esistere o, quanto meno, che non fosse per lui, ma era bastato un solo sguardo al volto lentigginoso e agli splendenti occhi di Candice, per fargli perdere la testa. Da quando l’aveva conosciuta, la sua vita era cambiata, lui era cambiato, era cresciuto e si era trasformato in un uomo capace di amare. La vita era stata crudele con lui,  lo aveva illuso di potere finalmente essere amato e felice, gli aveva fatto assaporare cosa volesse dire la parola felicità, per poi strappargliela dalle mani nel modo più crudele.
Per anni era rimasto accanto ad una donna che non amava, ad una donna che lo aveva tenuto legato a sé togliendogli la vita che lei stessa gli aveva salvato, azzerandolo e spingendolo sull’orlo del baratro.
Si ricordò del suo periodo buio a Rocktown e di quando, solo una visione della sua Tarzan che piangeva, lo aveva riportato sulla retta via e gli aveva consentito di tornare ad essere il famoso e acclamato attore di Broadway.
Ora la vita gli stava restituendo una speranza, ma la strada era tutta in salita.
La cosa non lo preoccupava, ma temeva che il fato potesse giocargli un altro brutto tiro.
Era ormai notte fonda, la casa taceva, il buio circondava la dimora degli Andrew,  una fievole luce penetrava attraverso le tende che Terence aveva provveduto a tirare.
Tentennò prima di sdraiarsi accanto alla sua Signorina Tutte Lentiggini.
Si stese accanto a lei, appoggiò la testa della ragazza al proprio petto e, con le braccia, la cinse.
Il contatto col suo corpo caldo era così piacevole, poteva osservare il suo petto muoversi regolarmente al ritmo dei profondi respiri che emetteva, le sue lunghe ciglia e il suo viso circondato da quei riccioli ribelli, la rendevano una visione angelica.
Guardò le sue lentiggini e fu tentato di sfiorarle con un bacio, ma non poteva approfittare della fiducia concessagli da Albert.
Come in pace con sé stesso, si addormentò.
 
Candy si svegliò stanca e confusa. La luce del giovane giorno filtrava attraverso le tende.
Inizialmente non si rese conto di essere fra le braccia di Terence ma, appena fu realmente sveglia, realizzò di avere la testa poggiata al suo petto e le sue braccia che la cingevano e la proteggevano.
Si scostò leggermente, arrossendo, quel contatto così intimo le faceva battere forte il cuore.
Si rese conto di essere sotto la coperta e di indossare un pigiama, e sperò solo che non glielo avesse messo Terence, sarebbe morta dalla vergogna. Doveva essere rimasto con lei tutta la notte, e infine, stremato, doveva essersi assopito.
Scrutò il suo bel viso e sentì l’urgenza di accarezzarlo. Mosse la mano delicatamente, cercando di non svegliarlo. Gli scostò poi una ciocca di capelli che ricadeva disordinatamente sulla fronte.
Non sapeva se lasciarlo dormire, poi decise che sarebbe stato meglio svegliarlo, se qualcuno fosse entrato nella stanza e lo avesse trovato sul suo letto, sarebbe stato davvero sconveniente.
“Terence svegliati!” disse sussurrando.
Lo chiamò un paio di volte prima che il ragazzo aprisse gli occhi.
Li sgranò quando si rese conto di essersi addormentato e di essere sul letto di Candy.
L’imbarazzo che lo assalì gli rese difficile parlare per qualche momento, poi si alzò di scatto e le chiese come si sentiva.
Lei rispondeva a monosillabi ma quanto meno rispondeva.
“ Ho un po’ freddo.” gli disse.
“Vuoi che ti prenda un’altra coperta?”
“No grazie.” Rispose lei e gli fece segno di tornare a sedersi vicino a lei, lui non se lo fece ripetere.
 “Cosa mi è successo?” gli chiese.
“Non ricordi?”
“Vagamente.”
Lui non volle insistere, visto che lei appariva davvero spossata. Pensò che non fosse il caso di sbilanciarsi prima dell’arrivo del dottore, per cui non le raccontò nulla.
Voleva chiederle scusa per essersi addormentato così  impunemente accanto a lei, ma non era il momento adatto.
“Vado a svegliare Albert, sarà sollevato di sapere che stai meglio.” disse lui cercando di alzarsi da letto, ma Candy gli bloccò il braccio con una mano.
“No, rimani qui per favore.” gli disse con quei due occhi che sembravano quasi supplicarlo di restare.
Si rimise a sedere e le tenne compagnia. Passarono un’ora in assoluto silenzio, la mano di Candy stringeva la sua in una tacita complicità, i loro occhi si guardavano e si scambiavano pensieri silenziosi, i pensieri delle loro anime, che le loro voci avevano paura di esternare.
Quando finalmente Albert entrò in camera per vedere se Candy stesse ancora dormendo, erano circa le sette del mattino.
“Buongiorno piccola!” disse lui avvicinandosi e poggiandole un lieve bacio sulla fronte.
Lei gli sorrise.
“Come ti senti? Mi hai fatto proprio spaventare ieri!”
“ Stanca.” rispose lei.
“A breve dovrebbe passare il dottore per visitarti. Hai idea di cosa sia successo ieri?”
“Vagamente.” disse lei tagliando corto.
Albert,come Terence prima di lui, pensò che fosse meglio non insistere.
Attesero il medico che non tardò ad arrivare.
“Buongiorno signorina Candice, come si sente stamattina?” domandò lui cortesemente.
“Spossata.” rispose lei.
“Possiamo chiedere a questi due gentiluomini di lasciarci soli per qualche minuto? Vorrei visitarla.”
Lei annuì. Terence cercò il suo sguardo e quando vi lesse che poteva lasciarla da sola col dottore,e chi si sentiva tranquilla, lasciò la stanza insieme ad Albert, senza opporre obbiezioni.
Il dottor Price le provò la febbre, poi la pressione, le auscultò il battito cardiaco e i bronchi.
“Mi sembra stare bene, presenta solo qualche linea di febbre. Le consiglierei di rimanere a letto e riposare per qualche giorno.”
“Ok.”
“Signorina, ricorda cosa è successo ieri?”
Lei annuì.
“Me ne renderebbe partecipe?”
Lei respirò a fondo, poi cominciò lentamente.
“ Il cavallo andava veloce. Ho avuto paura. Paura che lui potesse morire. Morire come era morto Anthony.” ammise lei con fatica.
“Signorina, ha ricordato il defunto Signor Brown?”azzardò lui.
“No. Non proprio. Solo una passeggiata a cavallo e qualcuno che cadeva. E poi tutto diventava nero. E profumo di rose.”
“ Ok, basta così.” disse lui mentre raccoglieva le sue cose e le riponeva nella valigetta. Non voleva stancarla oltre né sottoporla ad ulteriore stress.
“Sto cominciando a ricordare?” chiese lei.
“E’ presto per pronunciarsi signorina. Bisogna avere pazienza in questi casi. Ora si riposi, mi raccomando. Arrivederci.” La salutò.
Candy era certa di avere ricordato. Era sicura che la sua mente si stesse risvegliando, non era il primo ricordo che, come un fulmine a ciel sereno, le attraversava i pensieri, solo che, questa volta, era stato un brutto ricordo a farle visita.
Si sentiva enormemente triste, non aveva voglia di vedere nessuno, non sarebbe stata in grado di rispondere ad alcuna domanda, non in quel momento.
Aveva distinto un profumo di rose che le dava la certezza di aver ricordato Anthony.
 Il dottore parlò con Albert e Terence, confermò loro che Candy probabilmente aveva cominciato a ricordare , che forse qualcosa dentro di lei si era smosso.
“Quel qualcosa sono io.” pensò Terence. Sapeva che Candy aveva cominciato ad avere le sue prime memorie, proprio da quando le loro strade si erano incrociate nuovamente.
“ Terence, vuoi andare a fare colazione? Vorrei parlare un po’con Candy.”
“Va bene. Dille che andrò a trovarla più tardi per favore.” rispose lui.
Albert si meravigliò di trovare un Terence così accondiscendente, pensava che avrebbe insistito pur di tornare da Candy, invece non aveva opposto resistenza. Lo guardò allontanarsi.
Aveva notato una strana luce nei suoi occhi e si chiese a cosa fosse dovuta.
Terence provò a chiamare Robert per potergli chiedere il permesso di rientrare con qualche giorno di ritardo. Anche Karen sarebbe voluta rimanere qualche giorno in più, voleva stare vicino a Candy ed Albert, in quel momento così particolare.
Nessuno dei due aveva creduto che Robert avrebbe quasi ordinato loro di rientrare.
A quanto pareva, da qualche giorno, il Signor Griffiths e la figlia stavano esercitando pressioni su Robert sia affinché potessero partecipare e avere diritto di voto, durante le audizioni che si sarebbero tenute per la nuova assegnazione dei ruoli, sia affinché Kathrine potesse studiare con loro e ottenere una piccola parte.
Stavano facendo il diavolo a quattro e, pur di spuntarla, avevano minacciato di tagliare i fondi alla compagnia. Inoltre, la signorina Griffiths, pretendeva di poter essere seguita da Terence.
Terence lasciò parlare Robert senza interromperlo poi, compresa la gravità della situazione, decise che non fosse il caso di insistere. Candy non era in pericolo di vita e aveva tante persone che le volevano bene e si sarebbero prese cura di lei. Certo, non era felice di doverla abbandonare in quel momento, ma lui era in debito con Robert e doveva risolvere la situazione con Kathrine.
“La prenderei a sberle se potessi, quella sciocca smorfiosa!” esordì una Karen quasi rabbiosa.
“Beh, avevo immaginato che si sarebbe vendicata, dopo la festa di fidanzamento di Cornwell ed eccomi servito.”
“Mi spiace, davvero. Ma sono certa che Candy capirà, e poi non ti preoccupare ci prenderemo noi cura di lei.” disse Annie nel tentativo di tranquillizzare Terence.
Il suo tono, il suo volto, i suoi gesti comunicavano tutta la rabbia che lo aveva pervaso, ed Annie era certa che lui stesse lottando contro sé stesso, per non esplodere.
Quando Albert uscì dalla stanza di Candy, Terence vi ebbe nuovamente accesso.
Prima di recarsi da lei però, informò Albert della sua imminente partenza.
“Mi spiace ma ho le mani legate. E’ frustrante ma non posso lasciare Robert nelle grane. Anche perché tutto questo pasticcio è solo colpa mia.”
“Terence, non assumerti colpe che non hai. Quella ragazzina ha intenzione di darti filo da torcere, è vero, ma non mi pare che tu abbia fatto nulla per illuderla e perché potesse pensare che tu …”
“Lo so Albert, lo so. Ma se non fosse stato a causa sua, sicuramente Robert non mi avrebbe chiesto di tornare con una tale urgenza. Non voglio lasciare Candy. Non voglio che pensi che nel momento del bisogno io …”
“Tu preferisca il teatro a lei.” Albert terminò la frase per lui.
“Spero che capisca …”
“Vedrai. “ rispose Albert fiducioso.
Terence lasciò l’amico e si recò nella stanza di Candy.
Bussò alla porta delicatamente, non sapeva se stava dormendo.
“Avanti.”  disse la flebile voce di lei proveniente dall’interno.
“ Ciao.” La salutò, lui evitando di guardarla negli occhi.
“E’ successo qualcosa?” chiese lei leggendo in quel suo gesto la paura di doverle dire qualcosa.
“Come ti senti?” le chiese lui, nel tentativo di cambiare discorso.
“Meglio, grazie. Vorresti sederti qui vicino a me?” gli chiese lei indicando il proprio letto.
Lui non se lo fece ripete e le si accomodò vicino, le prese la mano e gliela strinse forte. Lei sorrise leggermente imbarazzata.
“Non ho ancora detto ad Albert che ho ricordato alcune cose, conto di farlo dopo pranzo. Gli ho anticipato che vorrei parlagli dopo, con più calma.”
“Ah, ne sono contento. Sono sicuro che così potranno chiarire alcuni dei tuoi dubbi.”
“ Non ti andrebbe di dirmi cosa c’è che ti tormenta?” chiese lei nuovamente.
“Devo partire.”  le confessò lui senza troppi preamboli.
“Stasera… sì lo so. La vostra permanenza qui, termina oggi. Me lo avevate già detto non appena arrivati …”
“Io… se potessi…”
“Sapevo che saresti ripartito.” tagliò corto lei. Ne era consapevole, da sempre, anche se in cuor proprio aveva sperato che queste vacanze non sarebbero mai terminate. Distolse lo sguardo da quello di Terence perché avrebbe tanto voluto piangere, ma non voleva nuovamente farsi vedere in lacrime.
Lui  lasciò la stanza senza aggiungere una parola.
“Perché ti comporti così?” rimase a chiedersi lei. Dalla sera in cui l’aveva baciata non aveva mai osato rifarlo. I loro contatti fisici si erano limitati a qualche passeggiata mano nella mano o a braccetto. Non c’era stato un abbraccio, una carezza, nulla.
Poi dopo l’incidente a cavallo si era svegliata fra le sue braccia, come se lui volesse proteggerla dalle brutture del mondo. E poi, era entrato nella sua stanza per comunicarle che doveva andarsene e non aveva aggiunto altro. Non le aveva chiesto se poteva chiamarla, non aveva espresso il desiderio di rivederla. Niente di niente. Fu in quel momento che Candy pensò di essere stato un diversivo, uno di quei flirt che probabilmente i giovani uomini si divertivano ad intrattenere durante le vacanze. Possibile che Terence fosse come tutti gli altri? Eppure, nei suoi occhi, in quell’animo tormentato, lei  aveva letto una profondità che difficilmente aveva incontrato in altre persone.
Sorpresa ma anche delusa dal suo comportamento, perse l’appetito e, quando il Signor Miles le portò il pranzo, lo rimandò indietro senza toccare nulla.
Terence non si unì agli altri per il pranzo, non ne aveva voglia.
Era stufo di sé stesso e della propria mancanza di risolutezza. Era entrato nella camera di Candy per spiegarle il motivo per cui era costretto a partire, voleva dirle che l’avrebbe chiamata, che se avesse potuto sarebbe andato a trovarla e, poi invece, le parole gli erano morte in gola.
Era uscito dalla sua stanza senza dire nulla perché non sapeva cosa dirle. Cosa poteva chiederle, di aspettarlo? E sulla base di cosa? La distanza fra loro era enorme, il suo lavoro gli impediva di spostarsi e, certamente, non si poteva aspettare che Albert la lasciasse viaggiare da sola per andare a trovarlo. Inoltre, c’era l’ostacolo del suo periodo di lutto, la stampa … decisamente troppe cose da chiederle di affrontare.
Eppure se solo avesse osato…
Terence fu riportato alla realtà dal tono sostenuto con cui Albert e Candy stavano discutendo.
“Che sciocco.” aveva dimenticato che Candy aveva deciso di raccontargli di avere ricordato.
Bussò alla porta di Candy, la cui voce, lo invitò ad entrare.
“Bene, mi hai risparmiato la fatica di venire a cercarti!” disse Albert alquanto alterato.
“Albert, non so come spiegartelo, ma lui non c’entra nulla. Sono stata io a chiedergli di non dirti niente …”
“Non mi interessa. Lui doveva avvertirmi immediatamente. E io che mi sono fidato del tuo giudizio!” disse Albert e l’intento delle sue parole non risultò affatto chiaro a Candice che si chiese cosa volesse dire.
“Lei ha ricordato. Mi ha chiesto di non dirtelo. Ed io per comportarmi da buon amico le ho promesso che avrei taciuto.” gli disse Terence che non era certo intenzionato a difendersi e raccontare ad Albert di tutte le volte che aveva spronato Candy a parlargli.
“Albert, sarò sincera. Terence mi ha consigliato diverse volte di parlartene. Anche prima dell’incidente. E io gli ho promesso che lo avrei fatto, ma poi ogni volta… ecco io … avevo paura.”
“Paura?” chiese l’uomo sorpreso.
“ Paura di deluderti!” si intromise Terence.
“Di deludermi? Ma Candy, cosa sta dicendo?”
“Ecco … voi tutti vi aspettate così tanto da me, mi siete stati vicini per aiutarmi … e tutto ciò che ricordo sono dei narcisi, un profumo, e un ragazzo? Un ragazzo di cui nessuno mi sa dire nulla, dei fiori che non mi dicono nulla, un profumo che non mi dice niente se non evocarmi sensazioni bizzarre che non so spigare nemmeno a me stessa, per cui come avrei potuto spiegarlo a te? E poi …”
“E poi?” la incalzò Albert.
“Come potevo spiegarti che ho ricordato tutte queste cose grazie a lui?” disse lei rivolgendo il suo sguardo verso Terence, che ascoltava in silenzio.
“Scusa?” chiese Albert affatto sorpreso ma curioso.
“Ricordi la sera che ci hai portate a teatro? Mentre ci recavamo verso l’auto, Terence mi ha ceduto la sua sciarpa perché sentivo freddo. Quando ho inspirato il suo profumo, un flash mi ha attraversato le mente ma non sapevo nemmeno io cosa avessi visto. Così, ho preferito tacertelo. Poi, quando Terence ha suonato il piano al ristorante, ho messo a fuoco che avevo visto dei narcisi, ma non riuscivo a spiegarmi il perché. Secondo quanto mi avete raccontato gli unici fiori a me cari sono le rose e la dolce Candy.”  Poi Albert, fattosi taciturno e calmatosi, la ascoltò mentre finiva di raccontargli come e cosa aveva ricordato.
Un bagliore di emozione illuminò gli occhi di Albert che, dopo aver ascoltato il suo racconto, chiese a Terence di potergli parlare separatamente.
Si recarono nel suo studio, versò due bicchieri di whiskey.
“Scusami, so di aver sbagliato ma non volevo tradire la sua fiducia.”
“No, scusami tu. Avrei dovuto sapere che non mi avresti taciuto delle cose così importanti senza motivo. Candy ha ricordato grazie a te, motivo per cui tu ne eri al corrente. E capisco perché non si sia sentita di raccontarcelo. Del resto, forse, con le nostre premure siamo stati oppressivi. Sono contento che il suo cuore si stia risvegliando.”
“Anche io.”  rispose l’attore.
“Le hai detto che partite?”
“Sì.”
“ E?”
“Niente.”
“Hai intenzione di rivederla?”
“Non credo che sarebbe giusto. Fino a che io vivrò a New York e lei a Chicago, come potrei? Il mio lavoro mi lega a quella città e sai che durante la stagione non ci sono giorni liberi …”
“Potrei portarla con me a New York quando ho degli impegni di lavoro.”
“Lo so, anche se non osavo sperare tanto … ma quante volte pensi che vorrà fare avanti e indietro solo per vedere me? E poi, perché dovrebbe farlo? Per uno che la ama ma non può dirglielo?”
“Perchè non puoi dirglielo? Cosa te lo impedisce?”
“Perché non ricorda, che senso avrebbe?”
“Non capisco perché tu sia così pessimista. Che cosa cambia se lei ricorda o no? Tu la ami, diglielo. Non potresti esserti innamorato di lei quando l’hai conosciuta, o meglio, rivista? Hai bisogno di dirle la verità su tutto per poterla amare?”
“Non mi va di mentirle. Preferisco amarla in silenzio.”
“Capisco. Ma mi spiace sapere che ti condanni a soffrire … e spero che tu non stia condannando anche lei a farlo.”
Terence lo guardò incuriosito.
“ Non dirmi che non ti sei accorto di come ti guarda? Non mi piace intromettermi, e non mi piace parlare per lei, ma a me sembra evidente che lei ti ami. Forse sarà spaventata da questo sentimento che le sembrerà nuovo e, soprattutto, sarà spaventata dalla forza di ciò che prova e da come sia successo all’improvviso, perché non ricorda che il suo cuore ti ha amato da sempre …”
“Albert, non so che farò. Ma ti assicuro che mi impegnerò a non farla soffrire, anche se ciò volesse dire interrompere i rapporti. Devo pensare a cosa sarebbe meglio per lei.”
“Quindi, questa volta, vuoi farti carico tu di una decisione insensata?”
“Cosa vuoi dire?”
“Perché non le chiedi cosa vuole?”
“Ci penserò, ma ora scusami, devo sistemare il mio bagaglio e poi vorrei ripassare da lei”.
“Certo.”  rispose Albert, lasciando che l’attore rimanesse solo con i propri dubbi.


NDA: Ciao! Forse era un po' presto per postare un nuovo capitolo ma, approfittatene, visto che non so se riuscirò a tenere il ritmo di due capitoli a distanza ravvicinata.
Che ne pensate?
Terence sbaglia a tornare a New York?
Voi al posto suo, sareste rimaste?
Cosa dovrà affrontare al suo rientro a Broadway?
E Candy, come prenderà questa partenza?
Siete pronte per il ritorno in scena di Kathrine?





Grazie a tutte per la costanza con cui mi seguite! Grazie a chi ha inserito la storia fra le preferite, ricordate o seguite, è davvero bello sapere che vi stia coinvolgendo a tal punto. Ringrazio sia i commentatori, ahimè pochi (ma vi amo, sappiatelo!), che le presenze silenziose, apprezzatissime comunque.
Per chi di voi fosse su Facebook, questo è il mio gruppo :Io scrivo su EFP

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Capitolo 17
*** Lontano dagli occhi ma vicino al cuore ***


Capitolo XVI
 
Lontano dagli occhi ma vicino al cuore

 
- Colonna sonora: Stay di Elisa
 
Fu così che Terence sistemò il proprio bagaglio e tornò da Candy.
Annie era con lei quando entrò nella stanza.
Avevano parlato a lungo, Candy le aveva raccontato di ciò che aveva ricordato e della morte di Anthony.
“ Stasera partirà.”
“Sì, lo so, mi spiace.”
“Così non ricorderò più nulla.” continuò lei cercando di distogliere l’attenzione da ciò che realmente le premeva.
“Sei sicura che sia questo a preoccuparti?”
“Cosa vuoi dire?”
“Lo sai.”
“Io …”
“Gli hai chiesto di chiamarti?”
“E perché dovrei? Se avesse voluto farlo, me lo avrebbe chiesto.”
“Tu credi?”
“Comunque New York è lontana, troppo lontana. Lui è famoso, le donne  gli si buttano ai piedi, cosa vuoi che gli importi di chiamare una sciocca ragazzina di Chicago.”
“Sei davvero sciocca! Ma non voglio insistere. Fossi in te farei qualcosa, rischi di pentirti del tuo silenzio.”
“Cosa potrei dirgli Annie?” si sfogò con l’amica, le lacrime che premevano per uscire finalmente le percorrevano liberamente le guancie.
“Quello che provi” provò a suggerirle. Si stupì di essere proprio lei a darle un tale consiglio, lei che non era stata in grado di confessare ad Archie i propri sentimenti e gli era rimasta vicina in silenzio per troppo tempo. Ma proprio perché lei stessa aveva rischiato di perdere l’uomo che amava, voleva spronare la sua amica a fare diversamente.
“Oh Annie, perché è così difficile?”
“Non è difficile Candy, devi solo seguire il tuo cuore.”
“Dici? E, comunque, lo sai che lui ama un’altra. Perché dovrei rendermi ridicola?”
“Oh Candy, secondo me non ha nessun’altra. E poi, perché ti renderesti ridicola? Cosa c’è di ridicolo nell’amare? Sai, la vecchia Candy non si sarebbe posta tutte queste domande ...”
“Ma non sono la vecchia Candy. “ le aveva risposto quando qualcuno bussò alla porta interrompendole.
Così Terence la trovò con gli occhi gonfi e ne dedusse che dovesse aver pianto e non poté non chiedersi se ne fosse lui la causa.
 “Mi spiace che tu abbia discusso con Albert.”
“Ah, non preoccuparti, è tutto chiarito.”
“Sono contento di saperlo.”
Il silenzio cadde nuovamente fra loro.
Era ormai pomeriggio tardo, presto sarebbe stata servita la cena.
“Ceni in camera?” le chiese lui.
“Credo di sì.”
“Posso passare a salutarti?”
“Assolutamente.”
“Ci vediamo dopo allora?!” le domandò nuovamente lui, prima di lasciare definitivamente quella stanza, infatti, da poco, era arrivato il dottor Price per visitare nuovamente Candy.
 
Lo aggiornarono, raccontandogli tutto ciò che Candy aveva ricordato e quanto accaduto durante quel breve lasso di tempo.
Il dottore si rivelò sorpreso: la sua paziente sembrava cominciare a ricordare e quel giovane ragazzo ne era la causa scatenante. Avrebbe dovuto immaginarselo, Albert lo aveva messo al corrente di tutto  ciò che era successo fra i due giovani, anni addietro, e di quanto Candy fosse stata ancora perdutamente innamorata di lui, fino a prima dell’incidente, nel quale aveva perso la memoria.
 
Quando il dottor Price lasciò Villa Andrew, la cena venne servita.
Avevano deciso di anticipare il pasto, per poter consentire ai loro ospiti di giungere alla stazione per tempo.
L’atmosfera attorno al tavolo era davvero bizzarra.
Albert sembrava pensieroso, Karen dispiaciuta, Terence assente, Annie preoccupata mentre Archie era l’unico a sembrare soddisfatto. Soddisfatto, certo, di lì a breve si sarebbe liberato di quell’attore da strapazzo. Nonostante avesse constatato che i sentimenti del giovane per la cugina fossero forti e sinceri, non riusciva a farselo piacere. Non gli era mai andato a genio e, difficilmente, lo avrebbe accettato. Inoltre, la speranza che con la lontananza Candy potesse dimenticarlo, solleticava la sua fantasia.
Terence era così assorto nei propri pensieri che toccò appena il cibo che gli venne servito.
Albert si propose di accompagnarli in stazione, nonostante Terence avesse insistito per prendere un taxi.
Terminata la cena, Terence si recò da Candy per salutarla ma, proprio mentre si accingeva a bussare alla sua porta, il Signor Miles lo bloccò.
“La signorina ha chiesto di non essere disturbata.”
“Ma mi ha chiesto lei di passare a salutarla.”
“Mi spiace Signor Graham, io eseguo solo gli ordini e mi ha chiesto di non lasciare passare nessuno, nemmeno lei.”
“Candy! Apri la porta per favore!” gridò lui a pieni polmoni. Non si sarebbe certo fatto intimorire dal maggiordomo.
“Signor Graham per favore …”
“Me ne andrò quando sarà lei a dirmelo!” le parole di Terence giunsero chiare e forti nella stanza di Candy. Lei avrebbe voluto rivederlo, salutarlo ma non poteva vederlo andare via. Non sarebbe stata in grado di lasciarlo andare. Aveva paura che una volta tornato a New York avrebbe rivisto la donna che tanto amava, dimenticandosi di lei. Del resto, come poteva pretendere di combattere contro una rivale di cui non sapeva nulla, se non quanto forte dovesse essere l’amore di Terence per lei, se era riuscito a sopravvivere all’incessante ed inesorabile passare del tempo.
E così, aveva deciso che preferiva non salutarlo. Sperava che si sarebbe arreso all’evidenza ma doveva immaginare che non avrebbe demorso facilmente.
“Che succede?” chiese Albert che doveva essere  appena sopraggiunto.
“Candy non vuole essere disturbata.”
“Sì, lo so. Mi ha informato il Signor Miles.”
“E quindi non posso salutarla?” gli chiese incredulo.
“ Se vuoi aprire la porta puoi farlo, non è chiusa a chiave.”
“ Vado a prendere la mia valigia.” rispose Terence irritato. Non aveva certo intenzione di violare la sua decisione. La rispettava e avrebbe rispettato anche quel suo insensato gesto.
Se avesse saputo che non l’avrebbe rivista l’avrebbe stretta a sé, avrebbe inspirato il suo profumo, l’avrebbe baciata per ricordarlo quando a New York …
Si sentiva confuso. Poco prima aveva detto ad Albert che, se fosse stato necessario, l’avrebbe lasciata andare e invece il suo cuore lo spingeva ad agire diversamente. In realtà, sapeva benissimo che, nel profondo del suo animo, non avrebbe mai potuto lasciarla andare. Avrebbe dovuto lottare per lei e attendere che ricordasse. Era certo che, una volta ricordatasi di lui, avrebbe potuto dirle che l’amava ancora e avrebbe potuto finalmente sperare di cominciare una vita insieme.
Mentre raggiungeva la propria stanza, un vortice di sensazioni contrastanti si impadronì del cuore e della mente di Terence. Non poteva certo finire così, non doveva.
 
Solo quando Terence se ne andò, Candy trovò il coraggio di aprire la porta della propria stanza.

Albert era ancora lì fuori, sarebbe voluto entrare per chiederle se si sentisse sicura della propria scelta ma lei lo aveva preceduto sbucando all’improvviso, in maniera fugace, dalla porta della propria stanza, dalla quale lo ringraziò prima di richiudere velocemente la porta, senza lasciargli il tempo di aggiungere nulla.
Aveva preferito non farsi vedere perché non voleva che Albert notasse le lacrime che le rigavano il volto.
Terence se ne era andato arrabbiato, frustrato e deluso.
In qualche modo, aveva l’impressione che si stesse ripetendo quella stessa separazione di tanti anni fa. Lei che prendeva una decisione per entrambi e, lui che la subiva.
Mentre stava per salire in auto, rivolse un ultimo sguardo verso la sua finestra e la vide mentre li osservava di nascosto.
Chiese ad Albert di pazientare un momento, con la scusa di aver dimenticato qualcosa di importante in camera. Fandonie. Non se ne sarebbe andato senza rivederla! Al diavolo i buoni intenti, perché doveva dimenticarla? Perché doveva allontanarla? Il suo amore per lei era sopravvissuto allo scorrere del tempo, cosa erano quei chilometri che li separavano in confronto?
Corse al piano di sopra, aprì la porta della camera di Candy, la raggiunse vicino alla finestra.
La fissò per un istante che parve infinito mentre, con gli occhi pieni di lacrime, lei cercava di fuggire quello sguardo che riusciva a farla sentire colpevole e, forse, lo era. Perché aveva deciso di comportarsi come una stupida? Perché lo voleva fare partire lasciandogli pensare che di lui non le importasse nulla? E poi, non era nemmeno riuscita nel suo intento, era evidente che lui non avesse creduto a quella sciocca farsa e che non fosse entrato prima da quella porta solo perché la rispettava.
“Scusami!” gli disse lei.
In quel momento qualcosa si impadronì di Terence.
Allungò le braccia verso di lei, le cinse la vita, l’avvicinò a sé e la strinse forte. Inspirò il suo profumo. Fu tentato di baciarla ma represse quell’impellente desiderio viscerale e così, le sue labbra le sfiorarono la fronte.
La lasciò tremante e chiedersi cosa ci fosse fra di loro, mentre lui correva verso l’auto.
 
Candy rimase immobile, per dei lunghi minuti, a fissare l’immagine di Terence che spariva nell’auto, mentre un fiume in piena veniva riversato dai propri occhi. Era stata una sciocca a non permettergli di entrare nella sua camera e, se non fosse stato per la sua impulsività, in quel momento avrebbe rimpianto quella decisione. Era felice che lui non le avesse dato retta, felice che lui fosse stato più sincero e meno stupido di lei, contenta che a rischio di venire ferito, lui avesse giocato a carte scoperte. Non le aveva detto nulla, certo, ma quel suo abbraccio così forte, così carico, così pieno di … di non sapeva nemmeno lei cosa, valeva più di tutti i versi che lui avrebbe potuto recitare. Si ripromise che lo avrebbe rivisto, a costo di chiedere ad Albert di poter andare a New York. E se lui glielo avesse proibito beh, lei sarebbe scappata di casa.
“Perchè no?” si ritrovò a chiedere e sé stessa, mentre rideva.
 
Terence avrebbe voluto fermarsi a spiegarle, parlarle, ma poi quel gesto, quell’abbraccio, era valso più di mille parole.
Con il cuore in gola, gli occhi umidi e la vista appannata aveva raggiunto l’auto di Albert.
Non si sentiva meglio, per niente. Ma almeno aveva avuto la certezza che, solo per paura di soffrire, lei aveva preso la decisione di non salutarlo.
 
Né Albert né Karen indagarono su quanto accaduto.
Il viaggio in auto si svolse in silenzio, ciascuno assorto nei propri pensieri.
 
Arrivati in stazione Terence salutò Albert e raggiunse la propria cabina per lasciargli il tempo di salutare Karen.
“Mi spiace che la tua vacanza sia già terminata.” le disse Albert.
“Anche a me, e molto.”
“Posso chiamarti?”
“Mi farebbe molto piacere.”
“Se avessi modo di passare per Chicago … sì, lo so, ti sarà molto difficile …”
“Ma spero che tu abbia modo di passare per New York.” suggerì lei.
“Assolutamente. Ma non credo così spesso come vorrei.”
“Aspetterò.” rispose lei.
Per la prima volta da quando l’aveva incontrata, si stava rendendo conto che avrebbe sentito la sua mancanza. Quanto avrebbe voluto vivere a New York per poter vivere quel qualcosa che stava nascendo tra di loro, eppure lui era  alla guida di un’azienda e non poteva certo decidere all’improvviso di spostarne la sede operativa per un capriccio, per una donna poi, anche se …
Stava per salire sul treno, quando lui la bloccò.
“Karen!”
Lei si girò a guardarlo ma lui l’attirò a sé per abbracciarla.
La giovane si sentì inebriata da quella strana sensazione che stava provando. Il suo cuore stava decisamente tornando a battere per un uomo. Possibile che, in così poco tempo, si fosse innamorata?
“Buon viaggio. Spero di vederti presto.”  disse lui quando tutto ciò che avrebbe voluto chiederle era di aspettarlo. Voleva chiederle di pazientare, dirle che avrebbe trovato una qualche soluzione ma poi, dovette fare i conti con la razionalità. I chilometri che separavano New York da Chicago erano molti e, soprattutto, il lavoro di entrambi non avrebbe certo concesso loro di vedersi con tanta facilità.
La guardò salire sul treno senza staccarle mai gli occhi di dosso e osservò in silenzio, il treno allontanarsi lentamente, per poi sparire all’orizzonte.
Karen si sistemò nella propria cabina e guardò la figura di Albert attraverso il finestrino, sparire lentamente.
Avrebbe tanto voluto che il tempo si fermasse ma non era possibile. Aspettò un po’ prima di bussare alla porta di Terence. Immaginava che anche lui non fosse dell’umore di intrattenere una conversazione e, se lo conosceva abbastanza, era certa che, come lei, preferisse stare da solo.
Le vacanze erano finite, lei si stava allontanando da Albert e non sapeva quando lo avrebbe rivisto e, al loro arrivo a New York con molta probabilità si sarebbero dovuti difendere dai Griffiths. Sapeva benissimo che la presenza di Kathrine in teatro non avrebbe influito solo su Terence ma anche su di lei. Era certa che Kathrine le avrebbe fatto pagare i diversi affronti che aveva osato farle.
Si decise infine e bussò alla porta del collega.
“Vieni pure.” rispose Terence sicuro che fosse Karen.
“Ti disturbo?” chiese lei aprendo la porta.
“Non ti preoccupare. Anche tu non riesci a dormire?”
“Pur niente. Pensavo …”
“Ai Griffiths vero?”
“Eh sì. Sai, dopo questa bella vacanza, tornare a New York e sapere di dover avere a che fare con Kathrine e suo padre … la cosa che mi infastidisce è sapere che avremo ben poca voce in capitolo. Cosa faremo?”
“ Non lo so, Karen. Ciò che so per certo è che non ho intenzione di farmi mettere i piedi in testa da quelli e non ho intenzione di diventare il burattino di Kathrine. Dovrò pensare a come arginare il problema senza danneggiare il resto della compagnia.”
“Io credo fermamente che le audizioni saranno un inferno. Tu no? Metterei la mano sul fuoco che farà di tutto per non farmi avere la parte principale.”
“Dubiti di Robert?”
“Assolutamente no. Ma mi sembra di avere intuito che ha le mani legate.”
“Sì, forse, ma credo che piuttosto che lasciare decidere loro, cercherà altri sovvenzionatori o sospenderà lo spettacolo.”
“Sì, forse hai ragione.”
Karen guardò Terence e lo vide assentarsi. Era un po’ preoccupata per lui. Certo, non erano confidenti o amici stretti ma, passando tutto quel tempo insieme, avevano imparato a conoscersi meglio e lei aveva imparato a leggere nei suoi silenzi.
“Vedrai che starà bene. So che ti è dispiaciuto lasciarla e mi spiace che tu non abbia avuto modo di salutarla.”
“Se non fosse stato per Kathrine saremmo ancora a Chicago!” le rispose lui e Karen comprese appieno ciò che quelle parole volevano stare  a significare.
 “Albert mi ha promesso che verrà presto a New York.” disse lei, sperando che intuisse che probabilmente, a breve, l’avrebbe rivista.
“Non ne avevo dubbi Signorina Klays!” le rispose lui ridendo.
Karen gli stava simpatica. Era gentile a preoccuparsi per lui, nonostante sapesse che  correva il rischio di ricevere una delle sue risposte fulminanti.
“Ora è meglio che vada a dormire. Ci vediamo domani.”
“Ok, buona notte.”
“Terence?”
Lui la guardò.
“Cerca di riposare.”
“Grazie.” le rispose lui, poi la guardò uscire dalla sua cabina, mentre la porta le si richiudeva alle spalle.
Cercò invano di riposare, ogni qual volta riusciva ad assopirsi, qualche incubo interrompeva il suo sonno.
Con un pugno colpì la parete della cabina, era arrabbiato, così arrabbiato che avrebbe potuto strozzare i Griffiths con le proprie mani.
Se ripensava a Candy e allo shock che aveva subito ricordando di Anthony, a come l’aveva vista tremare indifesa e spaventata, non poteva che infuriarsi con sé stesso per averla lasciata da sola. Sì, certo, era consapevole che non fosse sola ma lui non era presente, non era con lei.
L’aveva lasciata a chiedersi cosa ci fosse fra di loro. Non le aveva chiesto se poteva chiamarla, non l’aveva invitata ad andare a trovarlo, quando era ben consapevole che lei lo desiderasse quanto lui.
Era stato un sciocco impulsivo. Per fortuna, non si era arreso all’idea di non poterla salutare ed era corso nella sua stanza per abbracciarla. Poteva sentire ancora il battito del suo cuore, il suo caldo abbraccio, il suo delicato profumo e il tremore che l’aveva pervasa quando lui l’aveva stretta a sé.
Avrebbe trovato una scusa per chiamarla e sapere come stava. Lo avrebbe fatto non appena arrivato a New York.
 
Quel viaggio di ritorno verso casa gli parve lungo e interminabile. Una volta giunti a New York, le loro strade si separarono: si sarebbero rivisti l’indomani in teatro.
Terence aveva fretta di rincasare. Aveva molte cose da sistemare ma, in primis, voleva chiamare Albert e sapere come si sentiva Candy.
Trovò la signora Peters ad accoglierlo e, dopo due brevi scambi di battute, si recò nella propria stanza per posare i propri bagagli.
Poi corse al telefono che teneva nel proprio studio e digitò il numero di villa Andrew.
Riconobbe subito la voce di Cornwell all’altro capo del ricevitore.
“Proprio lui!” pensò Terence.
“Che vuoi Graham! Te ne sei andato da meno di ventiquattro ore e già mi tocca sentire la tua voce?”
“Cornwell smettila di comportarti come un idiota. Non ho chiamato per te. Vorrei parlare con Candy.”
“E se non te la passassi?”
“Richiamerei mille volte. Prima o poi risponderebbe qualchedun altro.”
“Vado a vedere se è sveglia.”
Archie, alquanto irritato, si incamminò verso la stanza di Candy. Non era certo che fosse un bene che si parlassero ma conosceva Terence a sufficienza da sapere che non avrebbe certo demorso.
Pensò  inoltre che, se Annie fosse venuta a conoscenza del suo sciocco tentativo di intromettersi, questa volta l’avrebbe pagata cara.
“Candy, sono Archie. C’è qualcuno al telefono per te.”
“Chi è?” chiese lei aprendo la porta con le guance in fiamme.
“L’attore.” rispose lui seccato ed annoiato. Gli urtava i  nervi vedere la reazione di Candy ogni qualvolta lo nominassero.
“Grazie!” disse baciandolo sulla guancia e correndo via, poi realizzò che non sapeva da quale telefono avesse risposto Archie.
“Ufficio?” chiese lei gridando.
“Sì!” le rispose lui.
Candy correva per casa in camicia da notte, avvolta nella vestaglia. Non le importava che potesse vederla qualcuno, voleva solo risentire la sua voce, lo desiderava così disperatamente.
“Pronto!” disse alzando il ricevitore.
“Candice, come stai?”
“Meglio, grazie!”
“ Sono felice di saperlo.”
“Com’è andato il viaggio?”
“Tranquillo.” rispose lui e lei ridacchiò.
“Se ridi vuol dire che devi sentirti davvero meglio.” chiese lui.
“Sì, davvero, non preoccuparti. E’ stato un shock ricordare di Anthony ma sono circondata da persone che si preoccupano per me e mi vogliono bene e quindi …”
“Scusami, sono dovuto partire per forza.” trovò il coraggio di dirle lui.
“Albert mi ha detto di Kathrine. Spero che non ti crei troppi problemi.”
“Non ti preoccupare, so come tenerla a bada.”
“Lo spero davvero. disse lei seriamente preoccupata. Quella Kathrine era una persona orribile e lei ne aveva avuto la riprova. Sapeva che non si sarebbe fermata davanti a nulla pur di ottenere ciò che voleva. Ma ciò che voleva Kathrine era ciò che anche lei intimamente desiderava e non aveva intenzione di rinunciare a lui, nonostante la distanza che li separava.
“Tu promettimi di non preoccuparti per me.”
“Ci proverò.”  rispose lei.
“Candy, hai carta e penna?” chiese lui.
Lei rimase sorpresa da questa sua richiesta, che doveva farci?
“Sì, ma che devo scrivere?”
Terence rise.
“Perché ridi?”
“ Ti lascio il mio numero, qualora avessi bisogno. Sai che sono spesso in teatro ma, la mattina, fino all’ora di pranzo, mi trovi. Poi, dopo lo spettacolo. E se non mi trovi, lascia pure un messaggio alla signora Peters, ti richiamerò appena possibile. Non farmi preoccupare, ok?”
“Va bene!” rispose lei, poi scrisse, con mano tremante a causa dell’emozione, il numero che lui le dettò.
Finalmente! Aveva il suo numero, poteva chiamarlo. Era contenta e, quando posò il ricevitore, e si guardò nell’enorme specchio che si trovava nello studio di Albert, si rese conto del sorriso che aveva dipinto in viso. Era ridicola. Rise di sé stessa e delle proprie guance bordeaux.
Tornò nella propria camera sorridente. Certo, era triste a causa di quel ricordo che il suo cuore le aveva restituito, ma se era sincera con sé stessa, era felice di aver ricordato Anthony. Le era sempre pesato particolarmente il non riuscire a ricordarsi di lui, del ragazzino che aveva amato quando giovanissima. Ora si sentiva meglio, per quanto la forza del sentimento che aveva provato per lui e il dolore per la sua morte l’avessero colpita per una seconda volta. Quando aveva risposto al telefono, aveva indossato il proprio migliore sorriso e aveva accantonato la tristezza. Sapeva che Terence aveva i suoi problemi da risolvere e non voleva che si preoccupasse per lei o che si sentisse in colpa per non esserle stato vicino.



NDA: Grazie a tuttissime per le letture! La FF sta volando verso le 1500 letture in poco più di 4 mesi, stento a crederci!
Ragazze, attendo curiosa le vostre opinioni! Su, fate sentire la vostra voce! Vi ringrazio e perdonatemi l'ennesimo cambio di nick, cercherò di trovare pace, promesso!

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Capitolo 18
*** Lakewood ***


Capitolo XVII
 
Lakewood


"La morte inizia a vivere con la nascita dell'individuo."
-Anonimo-

 
- colonna sonora, The amazing Grace
 
Quel giorno, Candy passò ore e ore a parlare con Archibald di Anthony e il cugino le raccontò diversi episodi, di cui erano stati protagonisti.
Archie, dal suo canto, era davvero sorpreso che Candy avesse cominciato a ricordare ed era rimasto ferito dal fatto che la cugina avesse preferito condividere con Terence, e non con loro, quella novità.
Cercò di non pensarci e si ripromise di comportarsi come un buon cugino avrebbe fatto, anche se la richiesta avanzata da Candy, di potersi recare a Lakewood sulle tombe di Anthony e Stear, lo aveva colto alla sprovvista.
Albert non ebbe nulla da obiettare ma le chiese di attendere fino a ché non si fosse ristabilita.
Archie decise di cogliere l’occasione per poter salutare la tomba del fratello e si offrì di accompagnarla.
Non era mai stata a Lakewood da quando aveva perso la memoria e sperava tanto che, potendo rivedere quel posto che era stato tanto prezioso per lei, avrebbe ricordato qualcosa.
Fu così che, un paio di giorni dopo la partenza dei due attori e, dopo svariati controlli da parte del dottor Price,  Candy ebbe il permesso di partire.
Annie lasciò che Archie e Candice si recassero da soli a Lakewood, nonostante la sua amica avrebbe potuto avere bisogno di lei, poiché credeva che la propria presenza sarebbe stata superflua in tale situazione; ormai era certa dei sentimenti di Archie nei propri confronti, per cui non temeva di lasciarli andare da soli.
Il giorno in cui partirono alla volta di Lakewood, Candy si sentiva particolarmente nervosa e Archie non era certo da meno.
Sperava che tornare in quel luogo a loro tanto caro e, le emozioni che Lakewood  rischiava di evocare, non la soprafacessero.
Il viaggio fu breve, Candy lasciò che il vento le accarezzasse i capelli e le rinfrescasse il volto.
Non aveva dormito molto quella notte, nella sua mente si erano affollati troppi pensieri, troppe preoccupazioni.
Aveva paura di ciò che poteva ritrovare a Lakewood anche se sperava che quel luogo e le memorie ad esso legate, potessero smuovere qualcosa dentro di lei.
Mentre Archie era intento a guidare, gli porse la domanda che tanto le stava a cuore, spiazzandolo completamente.
“Se ti chiedessi una cosa, mi diresti la verità?”
“Perché dovrei mentirti? Ammesso che conosca la risposta.”
“In realtà vorrei sapere due cose. Ma per ora mi basterà che tu fughi uno dei miei dubbi.” Rispose lei, pensando che avrebbe tanto voluto sapere perché lui e Terence paressero detestarsi.
 “Ok, dimmi pure.”
“Noi andavamo a scuola insieme, giusto? A Londra, intendo?”
“Sì, perché?”
“Si è mai svolta una festa in maschera?”
“La festa di maggio, sì.” rispose lui non più così sicuro di volerle dire la verità.
“E io vi ho partecipato?”
Archie rise e decise di mentirle, annotando mentalmente che avrebbe dovuto condividere la propria menzogna con Annie.
“In realtà eri in punizione. Suor Gray ti aveva fatto rinchiudere nella cella di detenzione.”
“Oh perbacco, davvero?”
“Sì, Candy. Vuoi sapere cosa avevi combinato?”
Lei annuì e lui glielo raccontò.
“Che strano.”
“Cosa?”
Candy ci pensò prima di raccontarglielo, poi decise che era inutile indugiare oltre.
“Vedi, ho sognato che io ero vestita da Giuletta e danzavo con te, con Stear e poi con un altro cavaliere, di cui non sono riuscita a mettere a fuoco il volto …”
-Granchester, sempre lui! Possibile mai che fosse anche nei suoi sogni? - pensò immediatamente Archie, ricollegando l’episodio.
“Potresti aver ballato con nostro cugino Neal o con qualche altro nostro compagno.”
“No, io non credo che fosse uno qualsiasi Archie … io .. ecco che tu sappia .. io …”
“Candy, che vuoi chiedermi?”
“C’era qualcuno nel mio cuore?”
“Avevi perso da poco Anthony …”
“Giusto. Quindi non avevo un fidanzato?”
“Oh no Candy, non un fidanzato.” mentì lui o meglio, omise. Terence non era certo il suo fidanzato a quel tempo e non lo era mai stato formalmente.
“Ancora una domanda …”
“Va bene.” disse Archie che stava cominciando a sudare freddo. La prossima volta che Candy avesse voluto fargli il terzo grado avrebbe accuratamente cambiato argomento.
“ Io … ero la persona da baciare uno qualsiasi?”
“Candy, ma sei impazzita? Tu? Ma assolutamente no!” disse lui mentre cercava di contenere la rabbia che lo stava assalendo. Possibile che quel farabutto l’avesse baciata già ai tempi della scuola?
“Nel mio sogno questo cavaliere … beh, mi baciava” gli confessò lei arrossendo.
“Potresti avere confuso la realtà con i sogni? Forse hai ricordato di un bacio che potresti aver ricevuto da mio cugino e, per qualche strano motivo, la tua memoria lo ha confuso con la festa di maggio.”
“Potrebbe essere una spiegazione valida.” rispose lei.
La sua curiosità si placò, pur se solo temporaneamente.
Quando la vettura imboccò il vialetto di ingresso per Lakewood, Candy rimase ad occhi spalancati.
Pullulava di rose, c’era un enorme cancello con lo stemma degli Andrew, quello stesso stemma che riproduceva il medaglione del principe della collina.
Fortunatamente, non avrebbero avuto a che fare con la zia Elroy che aveva pensato di andare a trovare degli amici per quei giorni.
Vedere Lakewood così deserta e silenziosa, era davvero strano.
Anche Archie non vi tornava da tempo, da troppo tempo.
La servitù li accolse come di consueto.
Archie fece visitare a Candy quella che era stata la sua camera, poi la sala dove avevano ballato e riso fino allo stremo, in seguito la portò alla porta sotto la cascata e, infine, le fece visitare il parco.
 
Candy gli chiese di vedere il luogo dove era caduto Anthony e così Archie, seppur a malincuore, l’accompagnò.
Arrivati nel punto esatto, Candy chiuse gli occhi e cercò di riportare alla memoria ciò che aveva visto nel suo ricordo di pochi giorni prima.
Inspirò profondamente e lasciò che l’aroma dell’estate le riempisse i polmoni.
E poi, come per magia lo vide, il suo Anthony. Fu una frazione di secondo ma vide quel bel giovane dagli occhi colore del cielo che le sorrideva. Assomigliava molto ad Albert, suo zio materno.
Dovette appoggiarsi ad Archie per cercare sostegno e non essere travolta dalle emozioni che, l’avere ricordato il suo volto, così chiaramente e per la prima volta, le fece rivivere.
“Assomigliava tanto ad Albert … gli volevo molto bene, vero?”
Archie si limitò ad annuire ammutolito dal dolore di cui era intrisa la voce della ragazza.
Era la prima volta che riaffiorava un pezzo di passato e Terence non era con lei.
Avrebbe voluto che lui fosse presente, avrebbe desiderato che le sue braccia la schermassero da quella commistione di emozioni tristi, malinconiche e di dolore che si stava abbattendo su di lei.
“Andiamo al mausoleo?” chiese poi al cugino.
“Sei sicura?”
“Certo, sono venuta qui per questo.” rispose lei.
Si incamminarono il silenzio, Candy al braccio di Archie.
Quel contatto con il cugino in qualche modo era rassicurante per lei. Era certa di potersi fidare di lui, certa che non l’avrebbe mai ferita e sicura che era emozionato e spaventato quanto lei all’idea di rivedere il sepolcro del fratello e del cugino.
Quando aprirono la porta ed entrarono in quell’austero ambiente, Candy sentì una stretta al cuore.
Anthony si trovava lì.
Erano passati ormai tanti anni da quando era morto, almeno 8, sarebbe stato un uomo a quel tempo, se solo… la caccia alla volpe…
Comprendeva quanto Albert dovesse sentirsi in colpa, perché lei provava esattamente la stessa cosa. Lui aveva indetto la caccia alla volpe e lei ne era la causa, poiché dovevano festeggiare ed ufficializzare la sua adozione.
Candy sfiorò la foto che ritraeva Anthony, sulla lapide.
“Era una persona speciale.” disse Archie.
“ Grazie. Non credo che ce l’avrei fatta ad affrontare questo da sola. So quanto deve esserti costato. Vogliamo pregare per loro?” chiese lei. Archie annuì. Entrambi chiusero gli occhi e si nascosero dietro quel silenzio carico di emozioni e di malcelata malinconia.
“Stear …” disse poi passando la mano, come in una lieve carezza, sulla tomba del cugino.
Aveva avuto un brevissimo ricordo di lui, mentre ballavano alla festa di maggio.
Lui che le aveva regalato il carillon della felicità. Ce lo aveva ancora, anche se da anni aveva smesso di funzionare.
“Mi manca molto mio fratello.” ammise Archie.
“ Lo so.”
“La vita è ingiusta, ce li ha strappati entrambi in così giovane età.”
“Tu hai così tanti ricordi di loro che riescono a vivere dentro di te. Sono sicura che se chiudi gli occhi li puoi ricordare mentre facevate qualcosa di divertente.” disse lei e Archie seguì le sue parole, chiuse gli occhi e sorrise di un dolce ricordo che quel semplice gesto gli aveva riportato alla mente.
“Vedrai che presto avrai tanti ricordi anche tu. Ricorderai anche di come ci siamo conosciuti e di come mi prendesti in giro allora.” le disse nel tentativo di rincuorarla.
“Ora forse è meglio se torniamo a Chicago. Inizio a sentirmi stanca.”
“Certo. Vieni torniamo all’auto.” disse lui porgendole nuovamente il braccio e scortandola fino alla vettura.
Le aprì la portiera e l’aiutò ad accomodarsi.
Il viaggio di ritorno si svolse in silenzio religioso, entrambi erano troppo provati per aggiungere altro.
 Di ritorno, Candy trovò Albert ad aspettarla. Si scusò e gli promise che avrebbero parlato più tardi, aveva decisamene bisogno di riposare. Nel pomeriggio, avrebbe ricevuto la visita del dottor Price.
Fu solo verso sera che Candy si decise ad uscire dalla propria camera.
Bussò, delicatamente, alla porta dello studio di Albert.
“Avanti.”
“Ciao.”
“Ti aspettavo.”
“Perdonami se ti ho fatto attendere.”
“Come stai? Secondo il dottor Price stai decisamente meglio e pare che tu stia anche recuperando le forze.”
“Ah sì, mi sento decisamente meglio, ti ringrazio.” rispose lei pensierosa.
“ Non vuoi dirmi la verità?” azzardò lui.
“Per farti preoccupare? Preferisci sentirmi dire che sono triste perché i sentimenti che provavo per Anthony mi hanno investita e non ero pronta? Perché ora ha un senso sentire la sua mancanza? Che ho ricordato il volto di Stear ma niente altro di quel caro ragazzo?”
“Sì, preferisco che tu mi dica la verità.”
“Quando pensi di andare a New York?” gli chiese lei a bruciapelo. E c’era un motivo per quella sua domanda. Voleva rivedere Terence, era certa che lui le avrebbe restituito il sorriso.
“Non molto presto piccola. Ma direi che magari per la prima dei nostri amici potrei cercare di liberarmi da impegni vari e potremmo andarci, che ne pensi?”.
Lei gli sorrise.
“Promesso?”
“Farò del mio meglio.” le rispose lui, contento di essere riuscito a strapparle un sorriso.
“Ci vediamo dopo a cena?”
“Certo Candy. Annie era molto in pensiero per te.”
“Vado a cercarla.” disse lei uscendo dallo studio.
Non le piaceva che gli altri si preoccupassero per lei.
Avrebbe voluto celare quanto sentiva dietro ad una maschera ma era una pessima attrice, le pareva che tutti riuscissero a leggere la sua preoccupazione ed il suo dolore. Eppure le avevano raccontato che era solita non condividere i propri dispiaceri con le persone a cui voleva bene, per non dare loro motivo di preoccuparsi; le avevano raccontato che era brava a celare le proprie pene, le proprie sofferenze dietro ad un sorriso.
Possibile che d’improvviso non ne fosse più capace?




NDA Ciaooooooo! Ok, inveite pure, vi rovino il sabato facendovi ascoltare The Amazing Grace! Ma insomma!!!
Beh, perdonatemi ma pensavo che ricreasse la giusta atmosfera per questo capitolo.
Per quanto Terenciana nell'animo, la morte di Anthony mi ha scioccata e rimane una di quelle cose, di questa storia, che non riesco a mandare giù. Forse perchè la prima volta che vedi Candy non ero nemmeno una bambina (ero ancora una poppante) e la cosa mi toccò profondamente.
Allora, vi ho rovinato il sabato? Spero proprio di no!
Volevo ringraziare tutti! E in particolare due persone che hanno vinto la vergogna e mi hanno lasciato una recensione. Grazie, perchè è davvero importante per me sapere che ne pensate! E' un piccolo regalo che mi fate e una piccola emozione che mi concedete! Non faccio nomi, perchè non mi sembrerebbe corretto. Un grazie ancora a coloro che "ci" hanno inserite tra le preferite, le seguite e le ricordate.
Non so chi di voi sia pratico ma su EFP essere inseriti fra preferiti, ricordati etc... fa la differenza, così come lo fa il numero di recensioni per la visibilità della storia.
Grazie e buon weekend. Nel prossimo capitolo torniamo a NY affilate i coltelli per Kathrine!
Baciuzzi!

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Capitolo 19
*** Giochi pericolosi ***


Capitolo XVIII
 
Giochi pericolosi
 
- colonna sonora: Let her go, di Passenger
 
“La nostra vita si intreccia quotidianamente con altre vite, delle quali, molto spesso, ignoriamo tutto. O quasi.”
Andrea Coltro
 
Lo stesso giorno in cui erano rientrati a New York, Terence si era premurato di chiamare Robert e i due si erano dati appuntamento per la mattina successiva. Si sarebbero incontrati in una caffetteria, e non in teatro, per evitare eventuali interruzioni da scomode presenze.
Robert aveva l’intenzione di mettere al corrente l’attore della situazione, fin nei minimi dettagli.
 
Quella giornata non fu certo rilassante. Le ore di viaggio avevano decisamente spossato il giovane, la separazione da Candy gli pesava sul cuore visto che, quell’ingente problema da risolvere, non gli consentiva di concentrarsi sull’unica cosa che davvero gli interessasse.
“Ciao! Ben tornato.”
“Grazie.”
 “Mi sono permesso di ordinarti un caffè.”
“Grazie. Com’è andata la tua vacanza? Come sta Candy?”
“La vacanza è andata meglio di quanto mi aspettassi ma Candy è stata male proprio il giorno prima della nostra partenza.”
“Mi spiace molto. Non ti avrei chiesto di ritornare se non fosse stato urgente.”
“Lo so, non ti preoccupare. Scusami se vado diretto al dunque ma mi spiegheresti meglio?” chiese Terence. La sua impazienza era ben nota a Robert che non batté ciglio.
“Ero nel mio ufficio a sbrigare alcune carte quando il signor Griffiths si è presentato e, senza troppi convenevoli, mi ha imposto sia la presenza di sua figlia in teatro, sia la questione delle audizioni.
Se devo essere sincero con te, e so di poterlo fare, non ho intenzione di piegarmi al loro volere, ma credo questa situazione che riguardi più te, che non la compagnia Stratford in sé.
Griffiths ha tutte le intenzioni di fare tutto quanto in suo potere per soddisfare le richieste della figlia e credo che nel suo mirino ci sia tu. Non erro, giusto?”
“Sì, hai ragione. E credo fermamente che Kathrine me la voglia fare pagare per quanto avvenuto a Chicago.”
“Mi stai dicendo che l’hai incontrata?”
“Credo che sia riuscita a scoprire dove fossi e si è fatta invitare alla festa di fidanzamento di Annie e Archie, li ricordi? Quella sera l’ho evitata e mi sono rifiutato categoricamente di danzare con lei. Ad un certo punto, è andata via senza quasi batter ciglio, il che mi ha fatto presagire che prima o poi l’avrei trovata nuovamente sul mio cammino ma, sinceramente, speravo che non succedesse così presto. Non ho intenzione di accontentarla.”
“Tu credi di poterla sopportare, se dovesse venire a “studiare” con noi?”
“Non garantisco.” , rispose il ragazzo sincero, prima di riprendere, “pensi che ti lasceranno scegliere a chi affidare i vari ruoli o che sperino in delle audizioni pilotate.”
“Credo che se la lasceremo studiare con noi, per le audizioni non dovrebbero esserci grandi problemi. Mi preoccupa solo il fatto che pretenda di studiare con te. Ma a questo, comunque, possiamo ovviare perché, ovviamente, non puoi essere disturbato mentre lavori.”
“Ho i miei dubbi che demorderà così facilmente.”
“Noi proviamoci. E ci regoleremo di conseguenza.”
“Sono certo che cercherà di rifarsi anche su Karen.”
“E noi cercheremo di arginarla. Kathrine non è ben vista fra i membri della nostra compagnia.
È vero, non ci possiamo permettere di perdere il loro appoggio economico ma abbiamo tutti intenzione di mantenere la nostra indipendenza.”
“A questo punto non ci resta che cominciare a lavorare.”
“A proposito, volevo comunicarti che ho scelto quale tragedia vorrei rappresentare per quest’anno. Pensavo all’Amleto. Vorrei che facessi l’audizione per la parte principale, ovviamente.”
“Contaci!”, rispose Terence.
“Bene, allora direi che posso andare. Ci vediamo oggi pomeriggio.”, lo salutò  Robert alzandosi e facendo per andarsene.
Terence rimase con la sua tazza di tè fumante, ormai mezza vuota, a domandarsi che sarebbe successo da quel giorno in avanti. Non desiderava ulteriori problemi che potessero complicare la sua esistenza e nemmeno interferenze che potessero in qualche modo pregiudicare il suo “acerbo” rapporto con Candy.
La sua Tutte Lentiggini conosceva l’interesse di Kathrine nei suoi confronti, si sarebbe fidata di lui? Poteva temere un’intromissione da parte di quella giovane sfacciata?
Terence  non poteva assolutamente permetterle di turbare la tranquillità della sua Tarzan,
avrebbe protetto lei  e ciò che c’era fra loro, contro chiunque, a qualsiasi costo.
Rientrò in casa, chiamò Karen e le illustrò la situazione.
Forse Karen odiava i Griffiths più di lui, se possibile. Lei non aveva mai sopportato quel fare sfacciato e insolente di Kathrine, sin dall’inizio. Anche lui non l’aveva mai tollerata e,l’ossessione che sembrava aver sviluppato nei suoi confronti, lo spaventava e gli ricordava terribilmente quella di Susanna, cosa che probabilmente aveva notato anche Karen.
 
Terence temeva la possibile evoluzione di un sentimento così poco genuino, a Susanna del resto era costato una gamba e poi la vita.
Si chiese come mai attirasse quel particolare tipo di persone, era la seconda volta che gli capitava, anzi a pensarci bene era la terza. L’ossessione di Iriza nel suoi confronti era costata a Candy l’espulsione dalla St. Paul e aveva portato alla loro maledettissima separazione.
Iriza … Susanna … Katrine ... le donne che aveva incontrato sembravano volerlo spingere sul baratro del non ritorno, solo la sua Signorina Tutte Lentiggini lo aveva aiutato a oltrepassare il limite e tornare da un posto, dal quale non credeva fosse possibile farlo.
Con cuore e mente rivolti a lei,  si ripromise che avrebbe affrontato il nemico e che ne sarebbe uscito vincitore. Proprio in quel momento, in cui non c’erano più ostacoli per un ricongiungimento con l’unica donna che avesse mai amato, non sarebbero stati i soldi di Griffiths, e i desideri malati della figlia, a frapporsi fra lui e la realizzazione del suo sogno.
 
 
Le settimane seguenti furono un vero e proprio delirio.
Robert stabilì il giorno per le audizioni e tutti loro iniziarono a studiare. Terence aveva recitato l’Amleto svariate volte ma avrebbe dovuto dimostrare, ancora una volta, di essere il migliore.
Lo stesso discorso valeva per Karen che voleva ottenere a tutti i costi, nuovamente, il ruolo di Ofelia.
 
I tentativi di Kathrine di passare del tempo con Terence, con le scuse più subdole, non mancarono,ma l’attore riuscì a evitare quasi tutti gli assalti della giovane.
Sperava che prima o poi si sarebbe arresa e, quando non si presentò in teatro per qualche giorno, erroneamente pensò che forse potesse aver deposto le armi.
Ma commise un grave errore e ne ebbe la riprova durante i giorni in cui si svolsero le audizioni.
 
In quelle settimane, era stato talmente preso dai propri problemi, da non riuscire a telefonare a Candy.
Ci aveva provato un paio di volte senza trovarla in casa e, le volte che lei lo aveva richiamato, era stato lui a essere assente.
Quella mattina, quando squillò il telefono ,fu felice di udire la voce di Albert all’altro capo.
Aveva saputo da Karen delle audizioni e lo aveva chiamato per fargli l’in bocca al lupo.
“ Beh, allora ti saluto Terence. Fammi sapere come va, anche se non ho dubbi sul risultato.”
“Ti chiamerò. E, alla prossima.”
“No, aspetta, non posare!”
“Dimmi.”
“C’è qualcuno, qui al mio fianco. che vorrebbe salutarti. Te la passo.”, lo salutò passando il ricevitore a Candy.
“Buongiorno!” lo salutò la voce cristallina e radiosa della giovane.
“Candice, come stai?”
“Bene ,grazie. E tu, sei pronto?”
“Certo, non preoccuparti per me. Scusami, non sono riuscito a richiamarti dopo l’altro giorno.”
“Ho provato anche io ma senza trovarti …”
“Lo so. Sono molto impegnato con le prove, oggi pomeriggio cominciano le audizioni…”
“È il motivo per cui volevo parlarti. Ci tenevo a dirti che …” si guardò intorno, per assicurarsi che Albert l’avesse lasciata da sola.
“Beh, volevo dirti che sono certa che otterrai la parte. Impegnati, perché voglio vedere un Amleto degno del tuo Romeo e del tuo Lisandro!”, aggiunse poi, sorridendo.
“ Te lo prometto. Ma tu promettimi che verrai a vedermi.”
“Penso di poterlo fare. Albert mi ha già fatto una mezza promessa, probabilmente verremo alla prima.”
“Ne sarei felice, davvero. “ disse lui trattenendosi. Avrebbe voluto aggiungere un “non vedo l’ora di stringerti a me”, che sembrò morirgli in gola.
“ Però ci vorrà un bel po’”
“Lo so e ricordati che stai parlando con una persona ben nota per la sua proverbiale impazienza!” le disse lui ed entrambi scoppiarono a ridere ,smorzando la tensione che, inevitabilmente, si era venuta a creare. Nessuno dei due avrebbe voluto passare un periodo di tempo così lungo, separati,  ma non c’erano molte alternative.
“Esiste sempre il telefono.”
“Sì.” rispose lui, anche se pensava che fosse davvero una magra consolazione.
Guardò l’orologio, era ora di andare. Non voleva salutarla ma doveva.
“Candy?”
“Dimmi.”
“Devo andare. Posso chiamarti stasera?”
“Certo.”
“Si farà tardi però .. potrebbe essere anche mezzanotte.”
“Facciamo così, a qualsiasi ora avrai la tua risposta tu chiamami.”
“Va bene.”, rispose lui grato per quella sua risposta.
 
Non poteva certo immaginare che, non avendo ricevuto sue notizie, verso le undici, Candy aveva preso una coperta e si era adagiata sul divano nello studio di Albert.
Se avesse suonato il telefono, anche se si fosse appisolata, cosa di cui peraltro dubitava seriamente, non avrebbe certo perso la telefonata.
Albert sorrise di quel gesto così infantile ma, allo stesso tempo, tenero.
Anche lui attendeva una telefonata da Karen e non avrebbe chiuso occhio fino a quando non le avesse parlato.
Ma aveva preferito non dire a Candy che poteva evitare di crearsi un giaciglio in salotto perché poteva avvertirla lui, in quanto non voleva metterla in imbarazzo.
E poi, era contento di vederla così attiva e viva, sembrava aver ritrovato interesse per la vita e questa era la cosa che più gli stava a cuore.
 
Candy aveva atteso impaziente che quell’odioso aggeggio squillasse, ma niente.
Ogniqualvolta era giunta una telefonata, era stata di lavoro, per Albert.
Non aveva mai odiato il telefono, come in quella giornata.
Era preoccupata perché, sebbene Terence avesse cercato di nasconderle la propria preoccupazione, una certa inflessione nella voce le aveva svelato che c’era qualcosa che non andava.
In quel momento, le balenò in mente un’idea un po’ stravagante: non era certa che Albert avrebbe acconsentito ma doveva provarci.
Non curante dell’orario, si recò dallo zio e bussò alla sua porta, certa di trovarlo sveglio.
“Che succede?”
“Devo partire.”
“E dove vorresti andare?”
Candy arrossì e Albert intuì subito.
“E’ tardi per recarsi in stazione.”
“Ecco io … “ pensò velocemente ad una possibile soluzione.
“Potrei prendere il primo treno domattina?”
“Non posso lascarti andare da sola.” , le rispose Albert e poi la vide sparire di corsa.
Il giovane uomo sorrise del gesto impulsivo e della richiesta di Candy.
La sua mente volò a quella pagina di diario dove lei aveva raccontato allo “zio William” di essere partita per l’America, lasciando Londra, senza pensarci due volte. Si era imbarcata clandestinamente su una nave, il tutto per seguire la sua strada e per ritrovare Terence. Se, a quindici anni, non erano bastati un oceano e un viaggio pericoloso a farla desistere dal suo intento, figurarsi se avrebbe potuto opporsi lui ora che Candy aveva il diritto di decidere della propria vita, autonomamente.
Passarono diversi minuti e Candy tornò a bussare alla sua porta.
“Annie verrà con me.”
“Non ci posso credere. Sei andata a svegliarla e l’hai convinta? O meglio, hai convinto Archie a lasciarla venire?
“Veramente, sembrava più entusiasta di me, e per quanto riguarda Archie, Annie ritiene di non aver bisogno del suo permesso.” si sorprese a dire.
“Ok. Ma, dopodomani sera, vi voglio sul treno di ritorno. Non fatemi stare in pensiero. Lo sai che io e Archie dobbiamo partire e non mi piace l’idea di sapervi da sole, a New York.”
“Grazie!” disse lei saltandogli al collo e schioccandogli un bacio sulla guancia.
Era al settimo cielo.
 
Finalmente il telefono trillò, interrompendo il simpatico siparietto.
Una breve telefonata, le audizioni di parte degli attori, fra cui quella di Terence, erano state posticipate al giorno successivo. Candy gli chiese il teatro fosse lo stesso dell’anno precedente e, nonostante Terence non comprese il motivo di quella domanda, glielo confermò.
Si salutarono e  Terence percepì qualcosa di strano nella voce di Candy che scambiò per delusione vista la lunga e vana attesa.
 
Candy  dormì ben poco quella notte.
Ne approfittò per preparare un  leggero bagaglio.
Annie aveva deciso che non avrebbe avvisato Archie, se non una volta giunta a New York.
Sapeva che avrebbe cercato di opporsi ma lei voleva assolutamente accompagnare Candy perché sapeva quanto sua sorella ci tenesse. Per una volta, poteva fare qualcosa per lei e non aveva assolutamente intenzione di discutere con quel cocciuto del proprio fidanzato.
 
L’indomani mattina,  presto, lei e Candy uscirono di casa, un’auto le attendeva per portarle in stazione.
Candy era eccitata ma anche Annie.
Ad Annie, per qualche istante, sembrò di essere tornata bambina, quando lei e Candy combinavano qualche marachella.
“Sono contenta che tu abbia acconsentito. Grazie mille!”
“Oh no, grazie a te per avermi coinvolta.”
“Spero che non dovrai discutere con Archie a causa mia.”
“Candy, pensiamo a divertirci, ti va? Quando torneremo, penseremo ad Archie.”
“Grazie! Sei la sorella migliore al mondo!”
“ Ho imparato dalla migliore.”, le rispose Annie sincera.
 
Annie ripensò a quanto le aveva raccontato, seppur a malincuore, Archie qualche giorno prima.
Candy finalmente pareva aver ricordato di aver baciato un ragazzo, motivo per cui aveva fatto il terzo grado al cugino, nella speranza di scoprire qualcosa ma, come suo solito, Archie aveva giocato a mischiare le carte.
Quando Annie glielo aveva fatto notare, Archie si era difeso contestandole che non avrebbe potuto agire diversamente.
“Cosa potevo dirle, che era innamorata di Terence? O dovevo dirle che aveva un fidanzato, omettendo di chi si trattasse?”
“Questo no, ma potevi per lo meno dirle che, se mai avesse avuto un fidanzato, di certo non ne avrebbe parlato con te.”
“Giustificandoglielo come? E non è come pensi tu, te lo assicuro.
La mia cotta adolescenziale per lei… lei non ne è al corrente e non voglio che lo sappia.
Almeno, non fino a quando non avrà ricordato. Avrei troppe spiegazioni da darle e non mi va di affrontare il discorso.”
“Sei sicuro che sia solo questo il motivo? Tu non hai mai potuto sopportare Terence, non starai cercando di ficcanasare, vero?” lo incalzò lei, che non sembrava affatto incline alla resa.
“No. E, comunque, sarebbe sicuramente venuta da te, poi tu che le avresti risposto? Non potevi dirle la verità e le avresti dovuto mentire. Le ho mentito io, che differenza fa?” le chiese poi pungendola nel vivo.
Effettivamente aveva ragione.
Sicuramente Candy si sarebbe rivolta a lei, visto che la considerava come una sorella ed era certa di non averle mai nascosto nulla. Forse Archie aveva agito per il meglio, anche se Annie continuava a credere che tutte quelle bugie non facessero altro che generare una maggiore confusione e accrescere i motivi per cui avrebbero dovuto chiedere scusa a Candy, il giorno in cui avrebbe ricordato.
 
Candice trovò quel viaggio in treno interminabile. Non sapeva se fosse la sua impazienza o se l’orologio si fosse incantato ma le lancette parevano indicare sempre la stessa ora.
“Candy, rilassati. Cerca di distrarti o il tempo non passerà mai.”
Scusami hai ragione è che …”
“É che?”
“Sono preoccupata.”
“Perché?”
“ E se avessi commesso un errore, a salire su questo treno?”
“E perché mai dovrebbe essere un errore, Candy? Per quanto sono certa che ora lo negherai, hai solo seguito il tuo cuore”
“In parte …  Terence mi sembrava molto preoccupato. Credo che quella Kathrine gli stia dando dei grattacapo.”
“Spiegati meglio.” le disse l’amica e così Candy condivise con lei i propri timori.
 
Era ormai tardo pomeriggio quando il treno entrò nella stazione di New York.
Candy aveva telefonato ad Albert per avvertirlo del loro arrivo e tranquillizzarlo.
Non aveva ancora ricevuto notizie da Karen, segno che le audizioni stessero proseguendo.
“Annie, separiamoci. Ti prego, va’ in hotel a riposare, prenderò un taxi per raggiungere il teatro.”
“Candy, ho promesso ad Albert che non ti avrei lasciato sola ma, se mi prometti di chiamare subito qualora ci fossero dei problemi, e di tornare direttamente in hotel, chiuderò un occhio.”
“Grazie. Promesso. Ti sarò debitrice !” disse poi. fermando un taxi con la mano.
Annie la guardò sparire nell’auto e sorrise. Per quanto Candy avesse perso la memoria, il suo lato altruista emergeva sempre con prepotenza.
 Fra i suoi tanti pregi, quell’innato senso dell’amicizia e il desiderio di aiutare le persone a lei care, la rendeva speciale e preziosa. Annie fu felice di constatare che, grazie a Terence, la vecchia Candy stesse lentamente riaffiorando.
Era ancora chiaro quando erano arrivate in città che pullulava di persone, il traffico ancora nel pieno.
Quando finalmente giunse nel distretto dei teatri, il suo cuore fece un tuffo. Non poteva credere di avere fatto una cosa del genere, doveva essere impazzita ma aveva bisogno di vederlo, di dirgli che sarebbe andato tutto per il verso giusto, di rassicurarlo.
Quando arrivò nei pressi del teatro, si fermò.
Che avrebbe fatto?
Rischiava di non vederlo uscire se lo avesse atteso lì fuori, motivo per cui provò a chiedere di poter entrare.
“Karen e Albert! Se non ci fossero loro!”, pensò.
Karen aveva avvertito che avrebbe ricevuto la visita della cugina e di lasciarla passare.
 Si ricordava di avere visto l’entrata per il loggione superiore e, furtivamente, spinse la porta che l’avrebbe portata al piano di sopra. Lì non l’avrebbe vista nessuno, avrebbe sicuramente assistito all’audizione di Terence e avrebbe fatto in tempo a scendere e raggiungerlo in camerino, non  appena avesse terminato.
Non ci impiegò molto a rendersi conto che era arrivata a mala pena in tempo.
Terence stava recitando.
Dopo un paio battute, parve aver terminato e Robert gli comunicò che poteva andare.
Candy, con il cuore in gola, corse giù dalle scale.
Aveva un tempismo! Se non si fosse sbrigata avrebbe corso il rischio di perderlo. Lo vide di sfuggita entrare nel camerino.
Per fortuna aveva un pass che le consentiva l’accesso a tutte le aree, così, per quanto gli addetti ai lavori la guardassero con aria di curiosità, nessuno le badò troppo.
Prese un grosso respiro e bussò alla porta dell’attore. Un dejavù … non era la prima volta che bussava a quella porta.
“Avanti!” la voce di Terence provenne forte e chiara dall’interno.
Era girato di spalle per cui non si accorse che si trattava di Candy, credendo che fosse un collega, non aveva badato a chi fosse entrato in quella stanza.
Lei, con le gambe che le tremavano, titubante, lo osservava in silenzio, cercando di riprendere il controllo di sé.
Incuriosito da quella silenziosa presenza, l’attore si girò. L’espressione di stupore e di felice sorpresa che attraversò i suoi occhi e si trasformò in un incredulo sorriso, sciolse tutte le remore di Candice.
Coprì quei pochi passi che li separavano velocemente, la prese fra le braccia e la strinse forte a sé.
Gli sembrò di essere tornato in quel teatro itinerante di Rocktown, quando recitava ubriaco e lei gli era apparsa, come una visione, salvandolo per la seconda volta.
“Che ci fai qui?”
“Volevo che sapessi che … che non c’è Kathrine che tenga, sono certa che otterrai la parte.” disse lei cercando di trattenere le lacrime.
Quelle stille non versate facevano brillare i suoi occhi di una luce magica.
Lui la guardò intensamente, estremamente grato per quel suo gesto impulsivo, per quel suo gesto che, ancora una volta, gli dava la speranza che lei un giorno sarebbe tornata ad amarlo.
Nessuno dei due seppe spiegarsi come, ma all’improvviso, si ritrovarono non solo stretti in un abbraccio ma le loro labbra si stavano nuovamente incontrando.
Nella penombra di un camerino, in una calda sera di fine giugno, Candy veniva baciata nuovamente.
Quel bacio creò un turbinio di emozioni, in entrambi.
Candy sfiorò le proprie labbra che pulsavano ancora, a causa quell’elettricità che le aveva percorse quando lui le aveva sfiorate. Terence la guardava ammaliato, mentre si gustava quella leggera carezza che le loro labbra si erano appena scambiate.
 
Candy rievocò nuovamente il volto di quel ragazzo mascherato da Romeo che aveva sognato.
Sempre più confusa ma felice di quella sua dimostrazione, pensò che la sua pazzia era stata degnamente ripagata.
Terence pensò che la vita gli aveva fatto un bellissimo e graditissimo regalo inaspettato.
La guardava con una tale intensità che Candy aveva quasi timore della sfumatura di blu intenso che gli occhi del ragazzo avevano assunto.
Lui stava cercando di tenere a bada i propri sentimenti, ciò che il suo cuore in quel momento cercava di gridare ma che la sua bocca si rifiutava di proferire.
Tornato alla realtà, Terence la tempestò di domande. Fece mente locale che avrebbe dovuto ringraziare Annie e Albert, e con Candy rise della certa, iraconda, reazione di Cornwell.
 
Furono le dodici ore più brevi e più intense che Candy trascorse nell’ultimo periodo.
Si recarono insieme presso l’ hotel e Terence ebbe l’occasione per ringraziare Annie, la quale si scusò, con la scusa di essere stanca e li lasciò nuovamente soli.
Candy si sentì in colpa perché non voleva lasciarla sola e perché sapeva che avrebbe avuto il suo bel da fare, con Archie, al loro rientro.
Terence la portò a cena in quel piccolo ristorante con poche pretese in cui l’aveva già portata durante la loro prima visita a New York, certo della discrezione del personale.
Era contento di rivederla e stentava a credere ai propri occhi.
“Come vi è saltato in mente di viaggiare da sole, per tutte queste ore?”
“Mi sei sembrato preoccupato. Al telefono potevi mentirmi, di persona non ti è altrettanto facile.”
“Non ti sfugge nulla!”
“Ti sta creando problemi?”, chiese lei alludendo chiaramente a Kathrine.
“Non più di tanto. E poi non voglio che ti preoccupi. Anzi, dimmi, come stai? Hai ricordato qualcos’altro?”, le chiese tentando di cambiare argomento.
Candy gli raccontò di Lakewood e di aver finalmente ricordato Anthony. Aveva avuto solo qualche breve flash ma, finalmente, quel volto non le risultava più sconosciuto.
Candy notò l’incupirsi degli occhi di Terence e si chiese se temesse che, aver riscoperto il proprio amore per Anthony, potesse cambiare ciò che sentiva per lui, perché a quel punto era chiaro che non le fosse indifferente.
“E’ stata una forte emozione da rivivere. Ma sono contenta di aver fatto pace con quella parte del mio passato. I miei sentimenti per Anthony ora riposano in pace insieme a lui.” , gli spiegò cercando di rassicurarlo.
Lui allungò una mano verso quella di lei e gliela accarezzò, gentilmente e amorevolmente.
 
 
Era ormai tardi, quando la riaccompagnò in hotel.
“ Potrei passare domattina?” le chiese quasi titubante.
Possibile , si chiese lei, che lui non avesse capito? Lei aveva fatto tutti quei chilometri solo per poterlo vedere, per poterlo abbracciare.
Si avvicinò e gli cinse la vita con le braccia, poggiò la  testa sul suo petto. Il cuore le batteva all’impazzata, le gambe le tremavano … Lui la strinse a sé e rimasero per parecchi minuti immobili nel tempo.
Non gli pareva vero di poterla stringere fra le proprie braccia. Se era un sogno, non voleva essere svegliato. Mai più.
Si separarono a malincuore, anche se nessuno dei due voleva lasciare l’altro: avevano poco tempo da poter trascorrere insieme, ma erano entrambi provati dalla lunga giornata appena conclusasi.

Quando l’attore rincasò, trovo un’auto parcheggiata fuori dal cancello.
Kathrine ne scese come una furia e lo aggredì, strillandogli contro mille e uno insulti.
“Ti ho visto insieme a quella sciocca biondina. Ti giuro che vi rovinerò! Rovinerò entrambi!”
“Kathrine calmati!” disse Terence cercando di bloccare i pugni della ragazza che piangeva come in preda ad una crisi isterica.
“Io … perché lei e non io?”, gli chiese.
“Kathrine, stai delirando.”
“Non prendermi in giro. Ho visto come la guardi, cosa credi? Vi ho visto mentre uscivate dal teatro. Non ti ho mai visto sorridere a nessuno come fai con lei!” disse strillando.
“Per favore, è notte fonda, non strillare.”
“Voglio sapere perché!”
“Non ho intenzione di parlarne con te. Che differenza potrebbe fare?”
“Perché voglio saperlo! In cosa è meglio di me, quella piccola puritana?”
“Kathrine, per favore smettila. E ora vai a casa.” le disse Terence che rischiava seriamente di perdere la pazienza. Dovette fare appello a tutte le proprie forze, per non reagire bruscamente.
“Se ci tieni all’Amleto, lasciala, o ti giuro che farò di tutto per fare andare a monte la stagione!”
Terence la prese per un braccio e la strattonò.
“Non ti devi permettere di minacciarmi. Non sfidare troppo la sorte. Se volessi potrei …” stava per dire che avrebbe potuto rovinarli anche lui, sarebbe bastata una telefonata a suo padre, ma preferì tacere. Nessuno conosceva le sue vere origini.
“Potresti?”
Llui non rispose alla sua provocazione anche se dovette mordersi la lingua.
“Bene, allora sappi che visto che tieni tanto a lei, la colpirò. La colpirò nel profondo, laddove sono certa che la cosa si ripercuoterà anche su di te!” lo minacciò lei rifugiandosi poi in auto.
“Dannata stupida viziata!” le urlò dietro lui, ma l’auto aveva già imboccato l’incrocio.
Preoccupato, rientrò in casa e cercò di prendere sonno. Non pensava di essere stato così incauto da venire scoperto. Eppure, doveva aspettarselo da Katrhine, era peggio di un segugio.
Si era lasciato cogliere alla sprovvista e rischiava che Candy ne facesse le spese.
Era rimasto talmente sbalordito di essersela trovata davanti che aveva agito senza pensare alle conseguenze. Sperò solo che Kathrine non rivelasse alla stampa di loro. Sperò che non avesse delle prove. Sapeva che sarebbe stato un problema non da poco..
La fortuna però era dalla sua parte. L’arguzia di Kathrine non andava di pari passo alla sua cattiveria per cui, la mattina seguente, non lesse di alcuno scandalo che “li” coinvolgeva. Era certo che non fosse finita lì, ma non gli restava che attendere il prossimo colpo e preparare la difesa.
L’indomani mattina, dopo la lunga nottata insonne, Terence si recò al Waldorf.
Chiese al receptionist di avvisare la signorina Andrew del suo arrivo e, di lì a breve, la intravide mentre scendeva le scale, sola.
“Buongiorno.”, la salutò lui, sfiorandole la mano con le labbra. Gli sembrava sciocca tanta formalità, ma non poteva certo permettersi di abbracciarla in pubblico.
Peraltro, non aveva ancora avuto modo di sondare se Candy avesse reso partecipe qualcuno  di quel bacio che si erano scambiati. Era abbastanza certo che lo avesse tenuto per sé anche se poteva pur sempre averlo condiviso con Annie.
“Buongiorno a te. Annie arriverà entro breve, ha scordato una cosa in stanza.”,  gli riferì lei, ben consapevole del fatto che l’amica avesse finto, per concedere loro qualche momento di intimità.
Per quanto Annie avrebbe voluto lasciarli soli, sapeva di non potere. Se li avessero fotografati insieme, sarebbe stato un serio problema.
Di lì a breve li raggiunse.
Terence le portò a fare colazione, poi fecero una lunga passeggiata e chiacchierarono dello spettacolo e delle future rappresentazioni.
Verso ora di pranzo, rientrarono in hotel, e con loro sorpresa trovarono Karen ad attenderli.
“Bene, venite in città e non mi chiamate? Che amiche snaturate!”
“Oh perdonaci, ti prego. Grazie per il pass, senza di te ieri non sarei mai entrata in teatro.”, disse Candy sinceramente grata.
“Per questa volta vi perdono. So che la vostra partenza è stata improvvisa. Ma non dovete preoccuparvi, vi assicuro che a quella Kathrine ci penserò io” disse lei strizzando l’occhio, in quel gesto così poco femminile, e che così malamente si sposava con la sua figura, che fece scoppiare gli altri a ridere.
“Bene Annie, vorrei portarti a pranzo che ne dici? Due chiacchiere fra amiche?”, suggerì certa che la giovane avrebbe colto.
“Non vi spiace se vi lasciamo da soli, vero?” si rivolse poi a Terence.
“Candy … mi raccomando …”
“Annie, pranzeremo in hotel e non ci muoveremo di qui, va bene?”, la rassicurò il ragazzo, avendo compreso i suoi timori.
“Grazie Terence.”
“Grazie a voi.”, rispose lui grato alle due giovani per la loro complicità.
Candy fu felice dell’arrivo tempestivo di Karen, grazie  a lei Annie non avrebbe dovuto inventarsi nessun’altra scusa e non si sarebbe sentita di troppo.
 
Karen fece salire Annie sulla propria vettura e la portò in un bel ristorante.
“Perdonami l’intrusione ma volevo parlare con te di Kathrine e non volevo che Candy sentisse. Inoltre , direi che è stata una buona trovata per lasciarli soli, non ti pare?”, aggiunse ridacchiando.
“Karen, sei geniale! E sei davvero molto premurosa nei confronti di Candy.”
“Ricorderai che lei si è presa cura di me anni fa, quindi adesso che ho un buon pretesto per sdebitarmi …”
“Sì, ti capisco bene, anche io sono sempre stata in debito con lei e, per una volta, posso essere io ad aiutarla e lo faccio volentieri.”
“Bene, direi che siamo della stessa idea allora.”
“Decisamente. Ma mi accennavi a Kathrine, che succede?”
“Quella vipera sta rendendo la vita di Terence un inferno. Spero che lui non si lasci sopraffare. So che ha un carattere forte ma ti assicuro che quella serpe sa essere stancante.”
“Cosa potrei fare io?”
“In realtà nulla, ma, ecco, potresti aiutare Candy a stargli vicino? Ho avuto diverse volte l’impressione che lei fosse confusa, e lo capisco, ma Terence ha bisogno di lei.”
“Capisco. Io  credo che più che confusa, sia spaventata da ciò che prova.”
“Sì certo, lo so. Non vorrei però che si facesse intimorire da Kathrine. Vedi, lei ha giurato che avrebbe ottenuto Terence, con qualsiasi mezzo a sua disposizione, e sono certa che giocherà più sporco di quanto non stia già facendo.”
“Senti Karen, ma la Stratford è molto rinomata, ha davvero bisogno di finanziamenti?!”
“Purtroppo sì. Il problema è che non è facile ottenerli, specie da quando è finita la guerra, sono in pochi ad investire nello spettacolo.”
“Non ci avevo pensato.”, rispose lei pensierosa.
Il cameriere servì loro il dolce e interruppe la loro conversazione.
Si erano trattenute parecchio in quel ristorante per permettere a Terence e Candy di stare da soli, ma il tempo stringeva e Karen doveva riaccompagnare Annie in hotel, la aspettavano in teatro.
 
Terence e Candy pranzarono in hotel, come promesso ad Annie. Non avrebbero dato particolarmente  nell’occhio e, soprattutto, non avrebbero corso il rischio di imbattersi in Kathrine. Dopo l’incontro della sera precedente, Terence temeva che la ragazza potesse seriamente pensare di vendicarsi di Candy.
Aveva preferito non raccontarle l’accaduto ma le aveva chiesto di stare molto attenta e, qualora quella arpia avesse tentato di contattarla, di metterlo subito al corrente. Era certo che Kathrine sarebbe ricorsa a qualsiasi mezzo per averlo e, se ciò comportava ferire Candy senza esclusione di colpi, lo avrebbe certamente fatto.
Candy aveva osservato Terence e quel suo sguardo preoccupato. Non le piaceva l’idea di dover ripartire così presto, avrebbe voluto potersi fermare a New York per qualche altro giorno, ma non poteva tradire la fiducia di Albert. Era la prima volta che la lasciava allontanare da casa e gliene era grata.
Allungò una mano sul tavolo e strinse quella di Terence.
“Mi spiace dover partire questa sera. Per quanto tu stia cercando di nascondermelo, so che non ti senti tranquillo. Sono stata una sciocca a pensare che la mia presenza avrebbe potuto in qualche modo fare la differenza, stasera sarò di ritorno a Chicago e il problema Kathrine persisterà.”
“Oh, ti prego non dire così. Non importa se il problema non è risolto, io …”,  come dirle che era felicissimo di averla stretta a sé, che lo aveva sognato dalla sera in cui aveva preso il treno per tornare a New York?
“Non voglio che ti preoccupi per me, davvero. La tua presenza ha fatto la differenza, ti prego di non dubitarne. Sei stata come un rilucente e caldo raggio di sole dopo un temporale.”, le confessò lui facendola arrossire e intensificando la forza con cui le stava stringendo la mano. Avvolse le dita attorno a quelle di lei, in un intreccio indissolubile. Lei si sentì pervadere da un’ondata di calore, che le fece avvampare ulteriormente le guance.
I loro occhi si fusero nuovamente, in un incontro di prati in fiore e mari in tempesta.
Si sentivano sempre così quando stavano insieme.
Per quanto lo negassero, per quanto fingessero di essere poco più che amici, entrambi erano consapevoli del legame che li univa. Terence ne era consapevole da anni ormai e ovviamente non lo trovava strano come pareva invece a Candy che pensava di averlo conosciuto da poco.
“Vorrei trovare altri finanziatori per la nostra compagnia, ma dopo la guerra è davvero difficile.” disse lui.
La mente di Candy fu attraversata da una folgorazione.
Possibile che non ci avesse pensato prima? Ebbe un’idea ma preferì non condividerla con Terence per non dargli false speranze. Di ritorno a Chicago avrebbe avuto un bel a fare.
Mentre chiacchieravano accomodati sulle poltrone dell’hotel, li raggiunsero Karen e Annie.
“Ben tornate!” le salutò Candy che le aveva scorte da lontano.
“Perdonateci, ci siamo trattenute un po’.”, si scusò Karen, anche se in realtà lo avevano fatto appositamente.
“Candy per noi è ora di rifare i bagagli.”, le suggerì Annie.
“E per noi è ora di andare.”, disse Terence che avrebbe decisamente preferito passare il pomeriggio con loro.
“Potremmo accompagnarvi in teatro?” chiese Candy  ma il secco no di risposta, che ricevette da Terence, la spiazzò.
“Io vi saluto ragazze, spero di vedervi presto. Terence ci vediamo dopo.”,così  Karen li lasciò.
Aveva trovato strana la reazione di Terence e non poteva evitare di chiedersi se fosse successo qualcosa di cui lei non fosse al corrente.
“Terence, è stato un piacere rivederti, io inizio ad andare in camera, ti aspetto su.”, disse poi Annie rivolgendosi alla sua amica.
“Aspettami vengo con te. Ciao, alla prossima.”, lo salutò freddamente. Per quanto non volesse ammetterlo a sé stessa, ci era rimasta davvero male, non tanto perché non volesse essere accompagnato, ma per il modo brusco in cui le aveva risposto senza nemmeno accennare ad una seppure minima spiegazione.
“Candice, aspetta per favore.”
“Devo rifare i bagagli.”
“Hai fatto tutti questi chilometri per assicurarti che stessi bene e ora te ne vuoi andare via così?”, le chiese lui riferendosi al tono e allo sguardo offeso con cui lei gli si era rivolta.
Annie nel frattempo si era avviata verso l’ascensore.
Lei si fermò e lo guardò confusa. Sì, aveva fatto tutti quei chilometri per lui e certo non per essere trattata così bruscamente.
“Io … non ti capisco. Prima sei cortese e accorto e all’improvviso diventi freddo e scostante. Se ti dà fastidio la mia presenza, puoi anche dirlo senza troppi giri di parole.”
Terence non le rispose subito, ponderò cosa dirle. Aveva capito che se l’era presa per il suo no tassativo ma non voleva assolutamente raccontarle cosa fosse successo la sera precedente con Kathrine. Non voleva né spaventarla, né voleva che si preoccupasse. E se solo per aver notato una strana inflessione nella sua voce, si era precipitata a New York, cosa che lo faceva sorridere e non poteva che fargli piacere, non riusciva a capacitarsi di cosa avrebbe fatto se fosse venuta a conoscenza delle minacce.
Se fosse stata una delle loro abituali scaramucce, di quando erano adolescenti, le avrebbe sicuramente risposto che era fatto così quindi prendere o lasciare, ma adesso non poteva. Lei sarebbe stata a chilometri di distanza, non sarebbe bastato fare un corsa sulla seconda collina di Pony per vederla e comportarsi come se nulla fosse, offrendole la sua insolita proposta di pace.
“Non voglio che Kathrine ci veda insieme. Non voglio che si avvicini a te e ti dia problemi.” le disse lui sincero nonostante stesse omettendo di raccontarle tutto.
“So difendermi da sola!” rispose lei più bruscamente di quanto avrebbe voluto.
Terence guardò nervosamente l’orologio, si stava facendo tardi e la situazione sembrava peggiorare. Cosa poteva fare?
“Oh, non ho dubbi cara la mia scimmietta dispettosa, so che potresti sfuggirle saltando di ramo in ramo, ma chi rimarrebbe a difendere me?”, le rispose prendendola in giro e spiazzandola.
Lei prima lo guardò stupita, poi non riuscì a trattenere una risata fragorosa.
“Ma certo che sei un tipo! E visto che mi hai chiamato scimmietta, sta’ pur certo che non sarò io a venire in tuo soccorso, ti lascerò alle grinfie di quella simpatica ragazza.”
“Candice, mi spiace ma ora devo andare, le prove …”
“Sì, hai ragione. Grazie per il pranzo.”
“Grazie a te per …” si bloccò perché vide un lampo di tristezza attraversare i suoi bellissimi occhi verdi.
“Ti aspetto per la prima, ok? E se Albert non potesse scortarti tu avvertimi e manderò qualcuno a prenderti.” le disse per rasserenarla.
Lei gli sorrise prima di rispondergli un “Mi raccomando, prenditi cura di te.”
“Avvertimi quando arrivate a Chicago, non farmi stare in pensiero.”
“E tu, quando ti assegnano la parte.”
Uno scambio di battute che nascondeva le mille parole che avrebbero voluto dirsi, l’abbraccio che avrebbero voluto scambiarsi ma non potevano.
“Ora vado” disse lei, l’ascensore era al piano, vuota.
“A presto.” la salutò lui, poi la vide entrare in ascensore e, senza pensarci su due volte, entrò con lei.
La porta si richiuse lasciandoli soli.
Lei lo guardò curiosa, a volte i suoi gesti improvvisi erano così spiazzanti.
L’abbracciò forte. La tenne stretta fino a quando non raggiunsero l’ottavo piano, dove lei aveva la stanza che condivideva con Annie.
Lei si beò di quell’avvolgente abbraccio e inspirò, come era solita fare, l’aroma del suo profumo. Poi scese dall’ascensore e, poco prima che si richiudesse, lo salutò e ridendo gli disse: “ Non ti capirò mai, Terry!”.
Terry?!- si fermò a chiedersi, come le era venuto in mente di chiamarlo Terry? Perchè mai lo aveva fatto?
Sperò di non essere stata invadente.
Entrò in camera e trovò Annie intenta a mettere via i pochi vestiti che avevano portato con loro.
Le sorrise e Annie capì che avevano chiarito. Le spiaceva che la sua amica si preoccupasse così tanto per lei. Le raccontava spesso che era sempre stata lei a fare la parte della sorella maggiore mentre, nel corso dell’ultimo anno, Annie aveva ricoperto a suo modo quel ruolo e tutto sommato ci si stava abituando. La volontà di Annie di prendersi cura di una persona che nel corso della sua vita non aveva fatto che del bene nei suoi confronti, era stato per la giovane Brighton un modo per crescere e maturare.
 
A Terence non bastò il tempo impiegato dall’ascensore per ridiscndere gli otto piani, per capacitarsi del fatto che lei lo avesse chiamato Terry. Erano anni che nessuno lo chiamava più così, ed era il sopranome con cui Candy lo chiamava affettuosamente quando erano ragazzini.
Il suo cuore si riempì di gioia al pensiero che lei stesse ricordando.
Lentamente, la sua Tutte Lentiggini stava riaffiorando e lui avrebbe fatto tutto quanto in suo potere per aiutarla a ricordare e riprendersi la sua vita.
Con il sorriso sulle labbra, raggiunse l’auto e guidò verso il distretto dei teatri.



NDA: E alloraaaa siamo tornate a New York! Che ve ne sembra di questa fuga pazzissima di Candy?
E Kathrine? Simpatica eh la rampolla?
Ragazze, per chi fosse su FB, potete raggiungermi alla mia pagina autrice! Vi aspetto! I SOLILOQUI DI ALBIONMAY Potrei metterci un po' ad aggiornare, starò via per lavoro! Chiedo venia!

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Capitolo 20
*** Mentre tutto scorre ***


 
 
 
Capitolo XIX
 
Mentre tutto scorre

 

- colonna sonora: Mad World, Gary Jules
 
“Non potete vivere un giorno perfetto
senza fare qualcosa per qualcuno
che non sarà mai in grado di ripagarvi.”
John Wooden

 
Di ritorno a Chicago, Candy si impegnò nel suo nuovo progetto.
Avrebbe voluto tenerlo nascosto e farcela da sé, ma si rese subito conto che, per il proprio intento, aveva bisogno di qualcuno che la presentasse a persona nuove.
Ripensandoci, decise che ne avrebbe parlato con Annie.
 
Terence aveva ottenuto la parte dell’Amleto e Candy era stata contenta di poter constatare che Griffiths avesse deciso di preservare i propri investimenti, senza quindi danneggiare scioccamente la Stratford.
Era certa che avrebbero trovato un altro modo per vendicarsi ma, almeno temporaneamente, le acque parevano essersi calmate.
Al loro ritorno da New York, Annie aveva avuto una lunga discussione con Archie e solo l’intervento di Albert aveva placato gli animi.
Candy non aveva ancora capito come mai Archie odiasse tanto Terence e, quando lo aveva chiesto ad Annie, l’amica aveva glissato per cui lei non aveva preferito non insistere.
 
“Annie, io ho avuto un’idea ma non voglio assolutamente coinvolgere Archie o Albert. Solo tu potresti aiutarmi … io non ho amici, visto che nell’ultimo anno sono stata quasi sempre in casa …”, le aveva detto all’improvviso un pomeriggio mentre sorseggiavano un caffè.
 
“Che posso fare per te?”
“Potremmo organizzare qualche incontro per prendere del tè e chiacchierare, con alcune delle tue conoscenti.”
“Sì, potremmo. Ma, tu che vuoi prendere il tè? Che c’è dietro?”
“I Griffiths. Mi sono ripromessa che cercherò qualcun altro che possa sovvenzionare la compagnia Stratford. Terence mi ha detto che non è semplice, perché è difficile trovare qualcuno che voglia investire in una compagnia teatrale dopo la guerra, ma io non voglio demordere.”
“Perché non chiedi ad Albert? Sono certa che acconsentirebbe.”
“Preferirei trovare qualcun altro, anche se so di correre il rischio di imbattermi in persone peggiori di Kathrine e suo padre.”
“Appunto, mi sembra un motivo in più per chiedere ad Abert. Oppure …”
“Oppure?”
“Lo sai che c’è un trust a tuo nome. Erediterai milioni di dollari al tuo ventitreesimo compleanno e potrai farne ciò che vorrai.”
“Sì, ma dovrei attendere fino a maggio dell’anno prossimo!”
“Potresti chiedere ad Albert di svincolare i fondi del trust e permetterti di ereditarli prima. Sono certa che, se gli spiegherai le tue ragioni, non ti dirà di no.”
“Potrebbe essere una buona idea. Anche se non saprei da dove cominciare. Non so che voglia dire sovvenzionare una compagnia teatrale …”
“Beh, per questo possiamo chiedere a Gorge, non ti pare? Fra due giorni saranno tutti di ritorno, potresti prendere un appuntamento con lui e farti spiegare cosa dovresti fare. Poi, potresti illustrare ad Albert le tue motivazioni.”
“Sono contenta di essermi confidata con te, potrebbe essere la soluzione che cercavo.” disse Candy, tirando un sospiro di sollievo.
Non immaginava certo che Albert, nonostante lei avesse brillantemente perorato la causa, si sarebbe fermamente opposto.
“Non capisco perché, davvero!”
“Perché la stampa ci andrebbe a nozze Candy.” le rispose lui, alludendo alle probabili illazioni che i giornalisti avrebbero fatto, e non solo. Temeva che qualcuno potesse collegare Candy a Terence Granchester, ricordando i due giovani ai tempi della St. Paul.
Inoltre, l’attore aveva tenuto nascosto al mondo il suo legame con il duca e Albert temeva che la cosa potesse venire a galla, danneggiando il giovane.
In ultimo, Candy non conosceva ancora l’intera storia di Susanna e Albert temeva fortemente che la cosa potesse venire fuori. Non voleva che la stampa la travolgesse con uno scandalo e le gettasse in faccia quella storia, così dolorosa, che apparteneva al suo passato.
 
Candy lasciò lo studio dello zio irritata. Non capiva perché fosse così ostinato.
Capiva la questione delle illazioni, ma a lei non importava.
Perché non lui non riusciva a capire che lei volesse aiutare un amico in difficoltà?
Lui le aveva regalato tutti i pezzi di memoria di cui si era rimpossessata e lei voleva potersi sdebitare. Non le piaceva l’idea di saperlo nervoso e teso a causa di quella ragazza così egoista.
“Patrick, forse lui se avrebbe potuto fare qualcosa…” ma poi ci ripensò, visto l’interesse del giovane nei propri confronti, difficilmente, specie dopo il suo rifiuto, l’avrebbe aiutata. E, se anche lo avesse fatto, le avrebbe sicuramente posto delle domande a cui lei stessa non sapeva rispondere o, forse, non voleva.
 
In quelle lente settimane che la separavano dalla prima dell’Amleto, si arrovellò alla ricerca di una soluzione.
Sporadicamente, riuscì a parlare con Terence che sembrava essere sempre in teatro e raramente la richiamava. Si domandò spesso se non si stesse dando tanta pena per nulla, visto lo scarso interesse che lui sembrava riservarle nell’ultimo periodo.
Possibile che Kathrine fosse riuscita nel suo intento? Sapeva bene che a Terence non interessava, eppure non riusciva a togliersi il tarlo dalla testa che magari, conoscendola meglio, i sentimenti del ragazzo nei confronti sarebbero potuti mutare e maturare. Il solo pensiero la fece rabbrividire, non era pronta a lasciarlo andare e specialmente a lasciarlo a una persona come quella viziata.
 
E poi, quella stessa mattina, una piccola grande sorpresa cambiò il corso dell’intera giornata e sortì l’effetto di rasserenarla.
Bussarono alla porta e il signor Miles rincasò con un enorme mazzo di rose rosse.
 
“Per avere mancato le tue telefonate e per non averti richiamato spesso come avrei voluto.”
 
Quel biglietto così premuroso riuscì a sollevarle il morale e farle accantonare sia la discussione con Albert che la paura di Kathrine.
 
Non poté non domandarsi perché fosse così gelosa, perché era di gelosia che si trattava.
Sì, si erano baciati due volte, ma erano stati due semplicissimi, seppur per lei sconvolgenti, baci a fior di labbra. Cosa poteva pretendere da quel piccolo gesto di affetto?
Certo, non che baciasse Albert, Archie o persino Patrick sulle labbra, ma non poteva certo auspicare in una sorta di impegno da parte del giovane attore. E poi, perché mai avrebbe dovuto impegnarsi, e in cosa? E cosa provava lei? Certo Terence le piaceva, ma era un buon amico, sì, solo buon amico… un bel ragazzo, certo, dai bellissimi occhi blu che la facevano sognare e la facevano volare lontano, ogni volta che li incrociava, ma erano solo ed esclusivamente AMICI.
Mentre cercava di convincere sé stessa, inavvertitamente si sedette al pianoforte e ,quasi automaticamente, cominciò a suonare. Solo a metà della melodia, si accorse che le sue dita stavano freneticamente digitando la melodia di Terence.
“Oh, basta!” si sgridò, alzandosi di scatto spazientita, per poi dirigersi verso il giardino. Possibile che qualora non pensasse a lui consciamente, il proprio inconscio parlasse di lui?
“Annie, devo cercarla e fare due chiacchiere con lei, mi devo distrarre!” si disse nel tentativo di distogliere la propria attenzione da quel paio di zaffiri che vedeva ovunque andasse.
 
Così cominciò a cercarla per tutta casa, fino a quando, dopo averla trovata, la convinse a uscire con la scusa di dover fare shopping. Non era da lei volere comprare abiti nuovi, per cui Annie approfittò di quell’umore bizzarro dell’amica, senza fare domande.
 
Albert era rimasto sorpreso dalla tenacia con cui Candy aveva cercato di convincerlo a svincolare il trust in suo nome.
Ma lui era un Andrew e, per quanto avrebbe voluto seguire il cuore, la ragione aveva dovuto avere la meglio.
Era certo che le sarebbe passato e avrebbe capito, nonostante fosse uscita dal suo ufficio come un uragano.
Dopo averci riflettuto a lungo, Albert aveva chiamato George e gli aveva chiesto di informarsi sulla compagnia Stratford e su come e cosa fosse possibile fare per diventarne l’unico sovvenzionatore, in forma anonima. Non voleva assolutamente che il proprio nome fosse legato a quello della compagnia e, in particolar modo, a quello di Terence o Karen.
Voleva che la cosa, se mai si fosse proceduto, venisse trattata con la massima riservatezza.
Scalzare così una potente famiglia come i Griffiths, equivaleva a farsi nemici certi nel mondo degli affari e, per quanto ne sapesse lui, non erano certo delle persone che giocavano pulito.
Lui aveva l’appalto per i lavori a New York a cui pensare e, nonostante tenesse ad aiutare il suo amico, non poteva mettere a rischio il buon nome delle imprese.
Quando poi George gli assicurò che potevano tranquillamente provvedere a prendersi carico della compagnia Stratford, senza necessariamente uscire allo scoperto, Albert telefonò a Hathaway.
La conversazione fu molto formale e Albert illustrò a Robert sia i motivi del suo agire che le ragioni per cui non voleva che nessuno, al di fuori di lui, venisse a conoscenza della propria identità.
 
Robert, grato per quell’offerta, fu felice di assicurargli il proprio silenzio.
Albert provvide a fargli versare la somma che avrebbe dovuto restituire ai Griffiths e lasciò che fosse Robert a liberarsi di loro.
“Agisca come meglio crede.”
“La ringrazio signor Andrew. Non ha idea dei problemi che quella famiglia ci stia creando.”
“Immaginavo. E visto che posso esservi d’aiuto, e credo nelle potenzialità dei vostri attori e nella sua serietà, sono ben felice di aiutarvi.”
“La ricontatterò non appena avrò parlato con il signor Griffiths, cosa che intendo fare stesso oggi, se possibile.”
“Attendo sue notizie allora.”
“Grazie ancora.”
“Arrivederci.” lo salutò Albert e chiuse la conversazione.
Tirò un sospiro di sollievo.
Certo, non che fosse tutto risolto, avrebbe dovuto attendere la conferma di Hathaway, ma erano sulla giusta via.
 
I Griffiths accolsero la notizia come un fulmine a ciel sereno.
Michael si rifiutò di riprendere i propri soldi.
Non poteva credere che quel bislacco direttore, di quella assurda compagnia teatrale, gli stesse proponendo di risolvere la loro collaborazione e che  lo stesse sollevandodai propri obblighi. Chi era quello sfrontato per trattarlo così? E cosa avrebbe detto alla sua bambina, quando avesse scoperto che non era più la benvenuta in teatro? Sicuramente le si sarebbe spezzato il cuore. Ma non poteva certo abbassarsi a chiedere a Hathaway di consentire comunque a sua figlia di frequentare la compagnia, né tanto meno poteva pregarlo o costringerlo ad accettare il suo aiuto economico.
Così, deridendo Robert e il suo gruppo di attoruncoli, come amava definirli lui, fece finta che la cosa non lo scalfisse minimamente e si comportò come se si fosse liberato di un peso.
Si ripromise però che avrebbe fatto di tutto per scoprire chi c’era dietro alla loro richiesta di autonomia, perché era chiaro che avessero trovato un nuovo finanziatore.
Inoltre girò che avrebbe fatto tutto quanto in proprio potere per fare fallire la compagnia e screditarla agli occhi delle grandi personalità di cui spesso era gremito il teatro.
 
Una volta ricevuta la conferma da parte di Hathway, Albert istruì George sul da farsi e lasciò tutto nelle sue mani. Sapeva di potersi fidare ciecamente del proprio collaboratore.
 
Terence e Karen appreso la notizia con un grandissimo sospiro di sollievo, essendo principalmente loro, l’oggetto delle vessazioni da parte dei Griffiths.
 
Terence si sentì sollevato di sapere che non sarebbe più stato costretto a vedere Kathrine e a trattarla più educatamente di quanto avrebbe voluto. Del resto, aveva raggiunto il proprio limite di sopportazione e temeva che sarebbe esploso, prima o poi.
Karen non poté evitare di chiedersi se non ci fossero gli Andrew dietro la riguadagnata libertà, ma tenne le proprie supposizioni per sé, del resto, ammesso che avesse indovinato, se Albert aveva ritenuto che fosse meglio sovvenzionare la compagnia in forma anonima, doveva avere i suoi buoni motivi.
Si ripromise che lo avrebbe chiamato e gli avrebbe raccontato la lieta notizia, nonostante fosse certa che non sarebbe stato sorpreso.
 
Terence provò a contattare Candy per metterla al corrente di quanto stava succedendo ma, quando chiamò, il signor Miles lo informò che era uscita con la signorina Brighton.
Pensò di lasciarle un messaggio e sperò che lo richiamasse per tempo.
Ultimamente, non riuscivano mai a parlarsi. Si chiese se avesse ricevuto il suo mazzo di rose, erano un modo per chiederle scusa del poco tempo che riusciva a ritagliarsi per provare a chiamarla.
Fu solo appena prima che lui uscisse nuovamente, che finalmente sentì il telefono squillare.
“Ciao Terence!”
“Candice! Ultimamente non abbiamo un gran tempismo!”
“Sì, è vero. Ma so che sei molto impegnato e quando ti richiamo …”
“Lo so, non mi trovi. Ma hai ricev …”
“Le tue rose e il messaggio, ti avrei chiamato per ringraziarti! Ma dimmi, tu come stai? Dalla tua voce mi sembri più tranquillo, sbaglio?”
“Oh, decisamente. Ci siamo liberati dei Griffiths, ora abbiamo un nuovo finanziatore!” avrebbe voluto aggiungere, un anonimo finanziatore che non sembra avere una figlia interessata a me, ma preferì tenere per sé quella considerazione.
“E chi sarebbe?” chiese lei curiosa di sapere se c’erano nuova presenze femminili all’orizzonte, di cui preoccuparsi.
“Un anonimo.”
“Ah, capisco.” rispose lei, non potendo evitare di pensare che forse Albert; effettivamente gliene aveva appena parlato e la compagnia aveva già un nuovo sovvenzionatore. Ma se Albert aveva preferito non metterla al corrente, avrebbe fatto finta di niente. L’importante era che finalmente Terence sembrava sollevato.
“Candy, devo andare, mi spiace.”
“Buon lavoro!”
“Ti chiamerò presto.” le promise lui, sperando di essere più fortunato.
Candy riappese il ricevitore con il sorriso sulle labbra.
Non solo le aveva mandato uno splendido mazzo di rose, accompagnato da un bellissimo messaggio, ma l’aveva chiamata e le aveva comunicato la bella notizia. Forse, finalmente, si erano liberati di Kathrine.
Non era certa che bastasse questo semplice imprevisto per placare la giovane e farla desistere dal suo intento ma, per un po’, volle sperarci.
Era stata una bella giornata e non voleva certo rovinarsela pensando ai Griffiths.
E se il destino li avesse posti nuovamente sulle loro strade, beh, allora avrebbe pensato al da farsi.




NDA: e piano piano ci prepariamo per il capitolo DANNO.. manca poco, resistete... spero che vi tenga col fiato sospeso XD
Ragazze, sto diventando noiosa vero? Ma qualche preferita e seguita in più ci farebbero molto piacere *TeSSSSoro* mi sento Gollum oggi.
Vebe, vi lascio nuovamente la mia pagina scarabocchiatrice su FB, dai, non ci credo che nessuno voglia dare una sbriciatina... e poi, leggete solo di questo fandom? Ho parecchie altre storie in ballo, mi farebbe piacere sapere che ne pensate!
Beh, grazie e alla prossima!!!
I miei SCARABOCCHI

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Capitolo 21
*** Aria di cambiamento ***


Capitolo XX

Aria di cambiamento


 
- colonna sonora: Under my skin, Frank Sinatra



"Alcuni cambiamenti sono così lenti
che non te ne accorgi,
altri sono così veloci che non si accorgono di te"
-Ashleigh Brilliant -


Erano passati circa due mesi dalla loro visita a New York, quando Albert ricevette la telefonata del Signor Bingley, il segretario del sindaco, il quale gli comunicò che il progetto che aveva sottoposto loro, era stato approvato: l’incarico sarebbe stato affidato alle imprese Andrew.
L’unica richiesta da parte di Haylan era la presenza di Albert in loco e, quindi, la supervisione costante  da parte di quest’ultimo, in prima persona.
Albert pensò che inevitabile ciò avrebbe comportato che lui si trasferisse a New York.
Eccitato come un bambino dinnanzi a un nuovo giocattolo, sentì il bisogno di condividere questa grandiosa notizia con qualcuno.
Per la prima volta non fu il numero di George quello che compose, ma si ritrovò a digitare freneticamente quello di Karen.
Il telefono squillò diverse volte prima che qualcuno rispondesse, a ogni squillo il suo nervosismo aumentava sensibilmente. Si sentì sollevato quando il Signor Burrows, il maggiordomo di casa Klays, gli confermò che Karen era in casa.
“Deve essere la mia giornata fortuna”,  pensò lui mentre attendeva ansiosamente di sentire la voce della ragazza all’altro capo del ricevitore.
“Ciao Albert!”, la voce squillante e allegra di Karen gli giunse alle orecchie come una soave melodia.
“Ciao Karen, come stai?”
“Felice di sentirti, non mi aspettavo che mi chiamassi!”
“Oh … spero sia una sorpresa gradita?!”
“Graditissima! Ma dimmi la verità, volevi dirmi qualcosa? Mi sembri strano!”
Albert fu colpito da tanta perspicacia, nonostante fosse da poco che si conoscevano lei sembrava averlo capito molto bene.
“Beh, ecco… io … ho ricevuto una telefonata importante e volevo dirlo a qualcuno!”
“Albert, per favore vuoi dirmi di che si tratta? Mi fai preoccupare così!”, disse lei leggermente spazientita o forse sospinta dalla troppa curiosità.
“Perdonami Karen, non era mia intenzione … le imprese Andrew” disse lui ma non fece in tempo a terminare la frase perché lei lo precedette.
“Avete ottenuto l’incarico dal Sindaco?”, chiese lei quasi incredula.
La fortuna cominciava a girare.
Era talmente contenta che si era lasciata sopraffare dalle  proprie emozioni e non lo aveva lasciato finire di parlare.
Lui rise, una fragorosa risata.
“Mi trasferisco a New York, esattamente!” le confermò più eccitato di lei.
“Scusami, che sciocca, non ti ho fatto le congratulazioni, sono proprio felice che il sindaco abbia affidato a te l’incarico, se poi ciò comporta che vivremo sotto lo stesso cielo, credo di doverlo ringraziare!”
Albert rise nuovamente.
Karen era sorprendente, sfacciata al punto giusto e riusciva sempre a strappargli un sorriso con le sue esternazioni spontanee. Gli piaceva molto anche per quello. Non c’era volta in cui lei non gli dicesse ciò che pensava e per lui, che era abituato a relazionarsi a  persone false e bugiarde, lei era come una ventata di aria fresca.
“Dovrò organizzare l’inizio dei lavori ed il trasloco… e ho bisogno di trovare una residenza…”
“Ma non è tutto vero?”
“No, infatti. Mi preoccupa la reazione dei miei nipoti, vorrei che venissero con me, ma non posso certo obbligarli”
“Oh, vedrai che saranno entusiasti almeno quanto te … e se sei preoccupato per Candice, come mi pare di intuire, io credo che accoglierà a braccia aperte l’opportunità di stare vicino a Terence …”
“Sì decisamente, credo tu abbia ragione … anche se penso che Archie non ne sarà particolarmente contento …”
“Albert, posso essere sincera, vero? Credo fermamente che tuo nipote dovrà imparare a farsene una ragione. Perdonami se sono così diretta.”
“Lo so, è solo che mi spiacerebbe turbare il loro equilibrio”
“E del tuo equilibrio, chi se ne occupa? Sei sempre tanto caro e premuroso con loro, non credi che sia arrivato il momento di pensare un po’ anche te?” disse lei e, in con quella frase, provò fargli capire che, forse, era arrivato il momento di pensare anche a loro.
Avevano mosso i primi piccolissimi passi sulla via della loro nascente relazione e il trasferimento a New York avrebbe consentito loro di vedersi con una certa frequenza e forse chissà…
“Immagino che tu ti sia accorta che mi sento molto responsabile per loro”
“ Certo. Ciò non toglie che ormai siano adulti e forse è arrivato il momento che lasci che spicchino il volo. Comunque, quando pensi di informarli?”
“A dire il vero vorrei farlo solo a cose fatte. Pensavo di venire a New York per il weekend con la scusa di un affare urgente,vorrei cercare casa, anche se abbiamo già una dimora perchè vorrei qualcosa di diverso”
“Se ti aiutassi?”
“Speravo che me lo chiedessi. Bene, allora ti richiamo per farti sapere quando arrivo, pernotterò all’Astoria. Ti ringrazio per avermi ascoltato. Mi sento decisamente sollevato.”
“Grazie a te!”
“Ah, Karen, per favore non parlarne con Terence, fino a quando la questione non sarà risolta preferirei che non lo sapesse nessuno.”
“Contaci! A presto Albert!” lo salutò prima di riagganciare il ricevitore mentre un sorriso incontenibile si impossessava delle proprie labbra.
Albert si sentì decisamente più tranquillo dopo essersi confrontato con Karen.
Certo, era abituato a trattare con gli squali del mondo degli affari ma con i suoi nipoti era decisamente diverso. Erano cresciuti e non erano più i ragazzini a cui lo zio William impartiva ordini tramite le sue missive.
Si rese conto che preoccuparsi non avrebbe certo risolto il problema e poi, perché mai avrebbero dovuto rifiutarsi di trasferirsi con lui? Nella peggiore delle ipotesi, avrebbe vissuto lontano da Candy per qualche tempo, avrebbe certamente sentito la sua mancanza e sarebbe stato in pensiero per lei, ma era certo che Annie ed Archie si sarebbero prodigati per lei.
Preferiva inoltre sapere che Candy si trovasse nella città che sentiva come la propria casa piuttosto che convincerla a trasferirsi contro il suo volere.
La possibilità di poter stare vicino  a Karen e di poterne approfondire la conoscenza, lo solleticava.


Fu presto il giorno della partenza per New York.
Era contento perché avrebbe rivisto la bella Signorina Klays ma non avrebbe avuto molto tempo da dedicarle, in soli due giorni avrebbe dovuto trovare una dimora che si addicesse loro, degna di diventare quella di rappresentanza per la loro famiglia.
Fu grato dell’aiuto e del supporto che la ragazza gli fornì durante quella estenuante ricerca.
I due giorni a sua disposizione volgevano al termine e aveva quasi perso le speranze,  quando finalmente trovò la villa che avrebbe fatto al caso loro.
La casa era circondata da un enorme parco, c’erano persino le scuderie, un campo da minigolf, un laghetto e decisamente molto verde e molti alberi sui quali Candy avrebbe potuto riprendere a sperimentare le sue evoluzioni. Per lei sarebbe stato l’ideale, immersa nella pace e nella tranquillità, un angolo di paradiso nel caos della grande mela.
“Grazie Karen, sei stata preziosa!” disse Albert sfiorandole delicatamente una mano con le labbra.
“E’ stato un vero onore Signor Andrew” rispose lei prendendolo in giro.
Quella sera cenarono insieme, i genitori di Karen erano assenti e avrebbero avuto la casa a loro disposizione, non potevano certo uscire e correre il rischio di venire fotografati.
“Avevo molta voglia di rivederti” le confessò durante la cena.
Non era da lui essere così diretto ma quella ragazza riusciva a scatenare in lui qualcosa che non riusciva a contenere né a spiegarsi, così come il giorno in cui l’aveva baciata.
Sentì le proprie gote prendere colore e bruciare al ricordo di quel momento. Non aveva osato baciarla nuovamente e non poteva evitare di chiedersi cosa stesse pensando lei a tale riguardo.
Karen, la quale aveva compreso il carattere mite e riservato di Albert, era rimasta piacevolmente sorpresa da quel gesto impulsivo e non si era particolarmente meravigliata che la cosa non si fosse ancora ripetuta.
Albert non le pareva il tipo che … si sorprese ad arrossire mentre ricordava il loro primo bacio.
Quel bel giovane uomo le aveva rapito il cuore, non riusciva ad accantonarlo nei suoi pensieri e, ogni qual volta si separassero, attendeva con ansia l’incontro successivo.
Di lì a breve si sarebbe trasferito a New York e le cose sarebbero cambiate.
Certo, una volta ricominciata la stagione teatrale, avrebbe ricominciato a viaggiare, ma non sarebbe stata via a lungo.
La mattina seguente, Albert sarebbe partito nuovamente.
La serata volgeva ormai al termine e, quando lei lo accompagnò alla porta, forse aiutato dal buio della sera, dalla tranquillità e riservatezza offertagli da quella occasione, lui prese il coraggio a due mani e sfiorò nuovamente le labbra della bella attrice.
Una volta sciolto quel casto bacio, si sorpresero a guardarsi e sorridersi.
Ci sarebbero state molte cose da chiarire ma non era né il luogo né il momento.
“Al mio ritorno probabilmente dovremmo parlare!” azzardò lui.
“ Va bene, ti aspetterò!” rispose lei sorridendogli, del resto aveva intuito quale sarebbe stato l’argomento della conversazione.
La salutò a malincuore ma certo che si sarebbero rivisti entro breve.
La missione casa era compiuta, non gli restava che parlare con il dottor Price, confrontasi con i ragazzi e informare Terence.

Al suo ritorno a Chicago dovette evitare accuratamente le domande e gli sguardi curiosi dei tre ragazzi. Albert non era abituato a fare il misterioso con loro e intuirono subito che c’era qualcosa che bolliva in pentola, ma dovette temporeggiare prima di illustrare loro la possibilità di cambiamento.
In primis, doveva consultare del terapeuta di Candy, con il quale aveva preso appuntamento la mattina seguente.
Al contrario di quanto avesse temuto, il dottor Price non ebbe nulla da obbiettare, purché Candy avesse continuato la terapia.
Lui stesso avrebbe presentato loro qualche valido medico di New York.
Inoltre, riteneva che se la presenza del Signor Graham era la causa scatenante sia del blocco che dello sblocco emotivo di Candice, la sua vicinanza probabilmente avrebbe potuto sortire qualche effetto e avrebbe potuto aiutarla a riappropriarsi dei propri ricordi e del proprio passato.
Si offrì quindi di fissare un appuntamento per Candice e Albert con il Dottor Matthews.

Il Sindaco di New York non aveva lasciato ad Albert molto tempo per organizzarsi.
L’inizio dei lavori era previsto entro al massimo due settimane e Albert voleva  fare tutto quanto in proprio potere affinché le cose partissero col piede giusto.
Così, decise che quella stessa sera avrebbe parlato con i ragazzi.
Chiese alla Signora Simmons di occuparsi della cena e al Signor Miles di avvertire i tre giovani che quella sera avrebbero cenato insieme.
Aveva già provveduto ad avvertire George, il quale aveva reagito con il suo solito aplomb alla notizia.
Quando rincasò, era impercettibilmente preoccupato, non sapeva che reazione aspettarsi.
Infine, quando prese posto a tavola, respirò profondamente e ragguagliò i propri nipoti su quanto era accaduto.
“Come vi stavo dicendo, il sindaco ha deciso di affidare alle nostre imprese i nuovi lavori edili cui verrà sottoposta la città.”
“Ma è fantastico Albert! E’ un volume di affari enorme, è proprio un bel colpo! Ma perché mi hai tenuto all’oscuro della trattativa?” chiese Archie.
“Perché non volevo che lo sapesse nessuno fino a quando non fossi stato certo che avremmo ottenuto l’appalto, e… anche perché…”
“Anche perché?” incalzò Candy.
“Perché è richiesta la mia presenza in loco, costante e per tutta la durata dei lavori. Vi ho chiesto di cenare insieme proprio perché volevo conoscere la vostra opinione in merito alla possibilità di andare a vivere a New York. Ovviamente, non siete obbligati a seguirmi, ma mi farebbe piacere, ciò nonostante, non voglio imporvi un tale cambiamento.”
“Io sarei felice di poter stare vicino alla mia famiglia… ma mi spiacerebbe molto non abitare più con voi …” disse Annie esternando i propri dubbi.
“ Ecco non credo che ce ne sarà bisogno, qualora Candy decidesse di essere dei nostri, avevo intenzioni di chiedere ai Signori Brighton di poterti avere ancora con noi.”
“Albert, sarebbe fantastico, ti ringrazio!” esclamò lei entusiasta.
“Per me non fa una grande differenza, Chicago o New York, e visto che mi mandi spesso a New York per affari, sarà certamente più comodo e dovrò stare meno tempo lontano dalla mia futura sposa…” disse Archie.

Candy non aveva ancora proferito parola. Nel suo cuore albergavano emozioni contrastanti, era felice ma spaventata.
Dal momento stesso in cui Albert aveva paventato loro quella possibilità, il suo pensiero era inevitabilmente volato a Terence. Se avessero abitato nella stessa città avrebbe avuto di sicuro più occasioni per vederlo, per passare del tempo con lui e magari, chissà, per ricordare.
Temeva anche però che i propri sentimenti continuassero a crescere, e di perderne il controllo. Qualora si fosse innamorata del bel giovane dagli occhi blu era certa che avrebbe sofferto. Diverse volte lui aveva parlato di una donna che amava e il tempo presente da lui utilizzato le aveva lasciato intuire che il cuore di lui fosse tutt’altro che libero. Certo, l’aveva baciata alla festa, si erano scambiati qualche telefonata, ma niente più.
Si sentì sciocca per ciò che aveva pensato e spaventata dalla portata del suo stesso dubbio… innamorata.
Possibile che il sentimento che cominciava a nutrire per quel ragazzo fosse amore?
Assente, rispose che avrebbe fatto ciò che Albert riteneva più opportuno.
Non voleva dover essere lei a prendere quella decisione e non voleva essere d’intralcio nei piani del suo benefattore.
Lui era stato sempre premuroso e gentile con lei e non voleva assolutamente dargli alcuna preoccupazione.
Albert parve intuire che la mente di Candy si trovasse altrove ma preferì non indagare. Non gli ci volle molto a capire a cosa, o meglio, a chi la sua protetta stesse pensando.
Sperò che fosse la decisione giusta e che non si rivelasse un enorme errore.
“La partenza per quando è prevista?” chiese Candy.
“Io partirò fra un paio di giorni, ho chiesto a George di organizzare il trasloco, i lavori dovranno partire con l’inizio del mese prossimo”
“Cioè fra sole due settimane?” chiese lei incredula.
“Eh sì.”
“E risiederemo a Villa Andrew?”
“Beh, diciamo che vi ho preparato una piccola grande sorpresa, sono certo che ti piacerà!”
“Quindi dovremmo trasferirci entro breve?” chiese Archie.
“Mi farebbe piacere se tu venissi con me, io dovrò partire fra un paio di giorni al massimo. Ma se hai bisogno di più tempo per organizzarti …”
“Oh no, partirò con te. Preferisco prendere confidenza con questo nuovo incarico al più presto.” rispose Archie.
Albert dovette constatare, compiaciuto, che il nipote era decisamente cresciuto. Ormai era un uomo maturo, anche se a volte si ostinava a comportarsi come un ragazzino.

George era già partito alla volta della Grande Mela per poter trovare del personale valido che si potesse occupare dei futuri ospiti della nuova residenza.
Albert aveva ordinato la nuova mobilia con cui avrebbe arredato la casa e in quell’occasione il proprio cognome gli era tornato utile, poiché gli avevano garantito la consegna in una sola settimana.
“Hai già avvertito qualcuno della nostra partenza?” chiese Annie.
“Solo la zia Elroy, che comunque ha deciso di rimanere a Lakewood, ovviamente George e Karen.”
“Quindi Karen sa già tutto?” chiese Candy curiosa.
“ In realtà mi ha aiutato lei a trovare la nostra nuova dimora. Non ho ancora detto nulla a Terence, pensavo di avvertire anche lui.” disse lui intuendo il dubbio che era sorto nella mente di Candice.
“Ah capisco.” rispose lei.
“Preferiresti dirglielo tu?”
“Non importa. Fa come meglio credi.” rispose lei freddamente.
Poi, pensò che forse avrebbe potuto fargli una sorpresa e così chiese ad Albert di non dirgli niente qualora lo avesse sentito.
Avrebbe pensato a un modo per comunicarglielo lei. Forse si sarebbe avvalsa dell’aiuto di Karen, sapeva di poter contare su di lei.
Albert si sentì soddisfatto e sollevato. Era contento che Annie, Archie e Candy avessero deciso di trasferirsi con lui, si sarebbe preoccupato molto meno potendoli tenere sotto controllo.
Non che non si fidasse di loro, ma tutti quei chilometri di distanza non gli piacevano affatto. Inoltre, non avrebbe assolutamente voluto lasciare Candy, era ancora indifesa e confusa, non voleva abbandonarla mentre cercava strenuamente di ricordare e rimpossessarsi del proprio passato.
Nei giorni successivi sbrigò alcune pratiche irrisolte e poi, insieme ad Archie, partì alla volta di New York.
Candy e Annie li raggiunsero due settimane dopo.
Quando rimise piede a New York, nella stessa stazione dove l’ultima volta aveva visto Terence, sapeva che sarebbe cominciato un nuovo capitolo della sua vita, doveva solo voltare pagina.
L’emozione che l’assalì quando si rese conto che, da quel giorno, avrebbe vissuto sotto il suo stesso cielo, respirato la sua stessa aria, la tramortì.
Rimase sorpresa ma, allo stesso tempo, si scoprì anche spaventata dalla forza di quel sentimento.


NDA: Surprise Supriiiiise! Scusate, perderò il vizio di usare i modi di dire inglesi LOL XD
Allora, che ne pensate eh? Beh, in qualche modo dovevo pur mandarli a NY!
E la reazione di Candy? Se non l'avessi scritta io, l'avrei strozzata LOL XD
Ragazze, su vi attendo sulla mia paginetta FB, cercate i Soliloqui di AlbionMay e mi troverete.
Facciamo una scommessa? Arriviamo almeno a 15 nelle preferite/seguite?
Ve lo dico al prossimo cap.
Grazie a tutte per la pazienza, settimana prox non credo di postare, sarò via per lavoro!
Vi lovvo!

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Capitolo 22
*** Se io, se lei ***


Capitolo XXI
 
Se io, se Lei

 
Non si cerca chi non vuol farsi trovare perché comunque vada hai già perso in partenza.Tindara Cannistrà
colonna sonora: Non passerai, Marco Mengoni
 
I primi giorni a New York furono strani per Candice.
La nuova residenza era fantastica, Albert e Karen non avrebbero potuto scegliere di meglio, di sicuro non aveva nulla da invidiare alla loro abitazione di Chicago.
I primi due giorni, furono di assestamento e Candy prese confidenza con la propria camera, con le diverse stanze della nuova casa e con il bellissimo e nuovissimo pianoforte. La dimora godeva di un giardino, se così poteva chiamarlo, perché era un termine davvero riduttivo. Sembrava un parco degno di una reggia. Era davvero fortunata!
Quella sera poi …
 
Karen si recò in teatro quel pomeriggio e, con una scusa, dopo le prove, chiese a Terence di accompagnarla a casa di alcuni amici.
Lui avrebbe voluto dirle che non era il suo tassista ma poi preferì tacere e darle un passaggio.
“Devo solo consegnare loro questa busta di persona.” disse lei chiarendo il motivo per cui doveva recarsi lì.
“Basta che facciamo in fretta!” rispose lui, quasi seccato.
Karen voleva ridere ma dovette trattenersi, era buffo vederlo così infastidito; se solo avesse saputo dove lo stava portando, probabilmente l’indolenza con cui stava guidando si sarebbe trasformata in fretta.
“Eccoci, va’ pure, ti aspetto in auto.”
“Entra con me, dai!”
“Karen, sei esasperante quando ti ci metti. Non ho affatto voglia di conoscere questi aristocratici amici tuoi!”
“Ah, sei sempre antipatico! Vorrei sapere Candice che ha visto in te?!” lo punzecchiò lei.
Quando entrarono, vennero fatti accomodare nel salone principale.
La tavola sembrava essere apparecchiata, era quasi ora di cena del resto.
Gli “amici” di Karen tardarono a riceverli e Terence si spazientì.
“I tuoi amici potrebbero almeno degnarsi di scendere a salutare!” le disse.
“Signori mi spiace disturbare, i Signori chiedevano se gradireste fermarvi a cena.”
Terence fulminò Karen con lo sguardo e rispose un “Mi spiace dover declinare ma ho un impegno”
e Karen non riuscì a trattenere una risata.
“Oh, mi spiace, avevo fatto riservare un posto anche per te.” disse una voce famigliare che proveniva dalle sue spalle. Ci impiegò qualche istante a girarsi perché, per quanto non avrebbe potuto non riconoscere quella voce, non gli pareva possibile.
“Candice?” domandò voltandosi e guardandola sorpreso.
“Non sapevo che fossi a New York, sei ospite degli amici di Karen?” chiese lui ma, proprio in quel momento, vide entrare Albert, Annie e Archie… contò i posti a tavola … ma c’era qualcosa che continuava non tornargli.
Cosa ci facevano tutti loro a New York? E perché non ne sapeva nulla? E come mai Karen non sembrava sorpresa?
“Beh, accetti il nostro invito a cena Graham o vuoi essere pregato?” chiese Archie col suo solito fare, poco cortese, quando si trattava di Terence.
“Cornwell! Visto che me lo chiedi con tanta gentilezza, sì  accetto.” Terence rispose alla provocazione di Archie.
 
L'attore non proferì parola ma nella sua mente si affollarono diversi dubbi.
Non sapeva che gli Andrew avessero quella dimora a New York, che per altro pareva nuova edappena arredata. Possibile che si trovassero lì per affari? Ma come mai non pernottavano in hotel come l’ultima volta.
“Ti piace la nostra nuova casa?” gli chiese Candy cercando di introdurre il discorso, avendo notato un certo sguardo di curiosità e di irrequietudine nei suoi occhi.
“Degna degli Andrew.” rispose lui freddamente.
“Che ne dite di bere qualcosa in giardino prima di cenare?” propose Albert e tutti lo seguirono.
Mentre Annie Archie Karen edAlbert sorseggiavano un drink, Candy si avvicinò a Terence.
“Vuoi fare un giro del parco?”
“ Se è necessario.”
“Seguimi!” rispose lei, non curante del tono irritato e distaccato, che lui aveva utilizzato.
“Vorrei chiederti scusa per non avertelo detto prima. Speravo di farti una sorpresa gradita …”
“Avete comprato una nuova casa?”, Terence continuava a non capire cosa stesse succedendo.
“Oh, non solo, dall’altro ieri New York ha guadagnato tre nuovi cittadini.”
“Tre nuovi cittadini?”
“Albert ha vinto l’appalto per i lavori alla città e ci siamo dovuti trasferire…  è colpa mia se nessuno ti ha detto nulla… ecco io…”
,Terence che stava lentamente cominciando a mettere insieme i pezzi del puzzl,e si sentì un po’ tradito dai suoi amici ma, avendo intuito le intenzioni di Candy di fargli una sorpresa, accennò a un sorriso.
“Sei arrabbiato?”
“Non saprei che risponderti”
“Mi spiace.”
“A me no.” le rispose lui confondendola. Poi, certo che non ci fosse nessuno nei paraggi, poiché era da un po’ che camminavano e parevano essersi allontanati dagli altri, le si avvicinò e le sussurrò all’orecchio:“Potrei sentirmi messo da parte ma se l’intento era quello di farmi una sorpresa …”
Candy si girò a guardarlo, le parole di lui le avevano accarezzato l' orecchio solleticandoglielo e una scarica elettrica le aveva percorso la pelle, costringendo i capelli alla base del collo a rizzarsi.
“Mi perdoni?” chiese lei con gli occhi che brillavano, certa che la tensione che sentiva nell’aria sarebbe svanita presto.
“Dipende …” rispose lui con fare sfacciato.
“E da cosa?” lo incalzò le,i sperando che lui stesse alludendo a ciò cui lei pensava.
“Se accetti di venire a cena con me domani sera!” propose lui dopo averla illusa che l’avrebbe baciata: aveva infatti avvicinato il proprio volto a quello di lei e le aveva preso il viso fra le mani.
Lei arrossì per quanto si sentiva sciocca per essersi lasciata prendere in giro , lui scoppiò a ridere per quella reazione; in certi momenti, se gli avessero detto che si trovava ancora alla St. Paul School, non avrebbe faticato a crederci.
“Sei proprio un insolente!” disse lei facendogli la linguaccia e sorprendendosi di quel proprio gesto così poco femminile. Non capiva perché, in presenza di Terence, per quanto volesse essere il più “signora” possibile, finisse sempre per comportarsi come un maschiaccio. Eppure lui sorrideva e sembrava divertito, non si accigliava affatto né si scandalizzava dei suoi modi di fare.
“Beh, accetti? Posso sempre invitare Kathrine se non ti va!” la prese in giro lui.
“Bene allora invitala! Io con un maleducato come te  non esco!” disse lei ridacchiando.
“Ogni lasciata è persa mia cara Scimmiettina Andrew!” la prese in giro lui.
“Scimmiettina? Ma quando la smetterai di dirmi che assomiglio a un primate?”
“Ma sei stata tu a suggerirmelo!” le rispose lui ridendo.
Risero entrambi di gusto, si fissarono e una strana sensazione si impadronì di entrambi.
Candy si chiese se anche lui si sentisse catapultato in un’altra dimensione temporale, dove entrambi forse avevano vissuto una vita spensierata e dove avevano riso felici, felici come solo degli adolescenti potevano fare.
Lo sguardo di lei si fece improvvisamente serio.
“Che c’è?” le chiese lui intuendo che qualcosa non andava.
“Oh, niente …”
“Se preferisci mentirmi!” le rispose lui irritato, non sopportava che lei lo volesse tenere all'oscuro.
“ E' questa sensazione, questo nodo alla bocca dello stomaco, questa felicità e spensieratezza, questa malinconia e tristezza che mi assalgono quando ci ritroviamo a ridere come dei buoni vecchi amici di infanzia;  non riesco ancora a capacitarmene e mi chiedo se anche …”
Lui annuì perché capì subito cosa volesse chiedergli. Voleva sapere se anche lui si sentiva come lei. Glielo aveva già detto diverse volte, ma il suo desiderio di essere rassicurata lo inteneriva e sbloccava quella sua paura di dirle la verità. Così, in quei momenti, non si nascondeva dietro ai suoi silenzi ma le consentiva di leggere la sua anima e le regalava un piccolo pezzo di sé, non solo nella speranza di tranquillizzarla ma, soprattutto, nella speranza che lei ricordasse cibandosi della sua anima e dei suoi sentimenti.
“Mi fa un po’ paura!”
“Vieni qui!” le disse lui facendole segno di avvicinarsi e allargando le braccia.
“Non devi avere paura, e quando ne avrai, potrai rifugiarti in un porto sicuro!” le disse lui alludendo al suo abbraccio.
In qualche modo lei si tranquillizzò, nonostante lo stare a così stretto contatto con lui facesse scatenare, in un volo sfrenato, le farfalle che giacevano sopite nel suo stomaco e che si risvegliavano ogni volta che gli occhi di lui le si posavano addosso o qualora si sfiorassero.
“Grazie!” gli disse lei poggiandogli un lieve bacio sulla guancia.
“Candy, Terence dove vi siete cacciati?” la voce di Archie proveniva da molto vicino e i due giovani sciolsero l’abbraccio in cui si erano cullati.
“Voi due, guarda se devo perdere il mio tempo a cercarvi, è ora di cena, sbrigatevi!”disse loro e poi se ne andò.
“Sarà il caso di incamminarsi.” suggerì lei facendogli strada.
Lui la seguì in silenzio, perso nei propri pensieri.
Come si sarebbe comportato da quel giorno in poi?
Lei viveva nella sua stessa città.
Come avrebbe resistito alla possibilità di vederla tutti i giorni, di passare con lei tutto il proprio tempo libero?
Proprio ora che avrebbe potuto vederla ogniqualvolta ne avesse sentito il bisogno, come avrebbe fatto a tenerle nascosto il loro passato, i propri sentimenti? Come le avrebbe mentito ancora su Susanna e sulla loro separazione, che aveva causato tutto quell’insensato dolore a entrambi?
 
Durante la cena Albert spiegò a Terence come fosse avvenuto il trasloco e la ricerca della casa, oltre a raccontargli dell’incontro con Hayan.
Terence lo ascoltò distrattamente e Albert se ne accorse, ma lasciò correre. Capiva che il suo amico fosse preso da mille e un pensieri e non faticava a  immaginare a cosa stesse pensando.
Candy notò la silenziosità di Terence che perdurò per tutta la cena, sembrava quasi assente, e la ragazza si chiese cosa potesse occupare la sua mente.
Lui intercettò il suo sguardo e, notando il modo preoccupato in cui lo stava guardando, le sorrise. Quel sorriso fece sì che della lava incandescente percorresse le sue vene e facesse risvegliare le farfalle che aveva sentito poco prima nello stomaco.
 
Karen era davvero felice quella sera. Finalmente Albert si era trasferito a New York! Certo, era consapevole del fatto che lui viaggiasse spesso per lavoro ma, per lo meno, da quel momento in poi, qualora fosse tornato a casa, e qualora lo avesse voluto, si sarebbero potuti vedere e avrebbero potuto finalmente dare una chance a ciò che stava nascendo fra di loro.
Durante la cena non tolse quasi mai gli occhi di dosso a quell’attraente giovane uomo che l’aveva stregata.
Albert le aveva promesso, l’ultima volta che si erano visti, che avrebbero affrontato un certo discorso, e lei fremeva per sapere di cosa si trattasse, anche se sperava che lui volesse finalmente chiarire la situazione fra di loro. Del resto, lui l’aveva baciata e aveva ricambiato il suo bacio, quando lei aveva osato farsi avanti nel taxi; l’aveva cercata e chiamata molte volte nel periodo in cui erano stati separati e ,quando aveva avuto una scusa per recarsi a New York, aveva pensato subito a lei, per cui non era possibile che non fosse interessato.
 
Quella serata si concluse presto per Terence che si scusò con gli amici e si accomiatò, assicurandosi che Karen potesse ricevere un passaggio.
“Ti accompagno.” propose Candy e lui non ebbe nulla da obbiettare.
Lo seguì in silenzio fino all’auto.
Lui aprì la portiera e salì, poi abbassò il finestrino.
“Ciao, buona notte.” la salutò mettendo in moto.
“Terence … aspetta …”
“Sono stanco e vorrei andare.”
“Buona notte allora.” rispose lei delusa e lo guardò andare via.
“Ti odio quando ti comporti così!!!! Come fai a dirmi che mi proteggerai e poi te ne vai quasi arrabbiato e ignorandomi?! Come dovrei aprirmi e fidarmi di uno come te!” disse ad alta voce, quasi strillando. In quel momento era furente, angustiata da quel suo comportamento così dannatamente altalenante e destabilizzante.
“Perdonami Candice… ma non riesco a starti vicino troppo a lungo senza poterti dire che provo. Non riesco a fare tacere quei sentimenti che vogliono finalmente essere esternati... le mie braccia vogliono stringerti e le mie mani … impazzirò a saperti così vicina e allo stesso tempo così irraggiungibile… se solo avessi voluto, avrei potuto sfiorare le tue labbra prima, non mi è sfuggito che volevi che ti baciassi… ma non potevo, come mi sarei fermato? Ah, che rompicapo!” disse ad alta, voce mentre guidava verso casa.
 
“Scusatemi ma mi ritirerei, se per voi non è un problema.” si scusò Candy.
Gli altri le diedero la buona notte e lei fu libera di rinchiudersi nella propria stanza e di abbracciare quella sciarpa che tanto le era cara.
Si mise a letto e pianse per sfogare il nervoso che l’aveva assalita. Non riusciva a decifrare quel ragazzo, era estremamente difficile da capire, così incongruente e bizzarro.
“Cosa ci avrò visto in lui?” si chiese, ma poi riuscì ad essere onesta con sé stessa e ad ammettere che la sua cortesia, la sua premurosità, il modo che aveva di difenderla e di prendere le sue parti, il modo in cui l’abbracciava, la guardava e il modo in cui la profonda desolazione e amarezza del suo sguardo le toccavano il cuore, erano il motivo per cui si sentiva così.
Solo con lui riusciva a sentirsi sicura e insicura allo stesso tempo, felice e malinconica, giovane e adulta. Era difficile da ammettere ma c’era qualcosa di speciale in quel ragazzo ed era per quello che ogni istante che trascorreva con lui era magico.
Si addormentò mentre delle calde lacrime le correvano lungo le guance fino a bagnarle il collo e il cuscino.
 
“Io accompagno Karen a casa, buona notte ragazzi.”
“Buona notte a voi! Karen spero di rivederti presto!” le disse Annie e Archie si accodò alla propria futura moglie.
Albert e Karen raggiunsero la vettura in silenzio, la tensione cresceva; erano entrambi consapevoli che fosse arrivato il momento di chiarirsi.
Lui era spaventato dalla possibile reazione di lei, mentre Karen era preoccupata per ciò che lui poteva dirle.
La dimora di Karen non distava molto da quella degli Andrew ma, non sopportando quel pesante silenzio che era calato fra loro, aveva finito col rompere il ghiaccio facendo la prima mossa.
“Albert, non avevi qualcosa da dirmi?” disse lei sbuffando, manifestando la propria impazienza.
Albert rise e lei insieme a lui.
“Sì, hai ragione, perdonami, aspettavo il momento giusto che mi pareva non arrivare mai.” le disse sorridendole.
Lei lo guardò come per chiedergli di procedere.
“Consentimi di arrivare a casa tua, non manca molto se non ricordo male.”
“Attenderò paziente.” rispose lei mentre giocherellava con le proprie mani.
Quando finalmente Albert parcheggiò e spense il motore, Karen era arrivata al limite della sopportazione.
“Passeggiamo in giardino?” gli propose.
“Certo, volentieri.” rispose lui, mentre cercava di trovare il coraggio di dirle ciò che aveva maturato nell’ultimo periodo.
Mentre camminavano, l’uno vicino all’altra e le mani che si sfioravano, Albert le prese la mano e l’avvolse nella propria. Lei sorrise di quel gesto e lasciò che la mano di lui stringesse la propria.
Albert si sentì sollevato, lei non aveva ritratto la mano; Karen si sentiva più tranquilla, quel gesto era inequivocabile.
“Karen io… ci ho pensato molto. Sai che sono spesso in giro, prima abitavo a troppi chilometri di distanza da qui ma ora…” Albert si bloccò e cercò le parole più adatte.
“Ma ora abiti anche tu a New York” cercò di suggerirgli lei.
“Sì, è vero. Avrei voluto chiedertelo già a Chicago, ma consapevole della lontananza, e del sacrificio che ti avrei chiesto, qualora avessi acconsentito…”
“Oh Albert, vuoi arrivare al dunque, per favore, questa lenta tortura mi sta uccidendo.” esclamò lei.
Albert le sorrise, a volte Karen si comportava con la stessa impazienza caratteristica di Terence.
“Hai ragione. Io … ecco … tu … tu mi piaci Karen, e spero che sia lo stesso per te, e se così fosse …”
“Oh Albert, e se così fosse?”
“ Potrei avere il piacere di invitarti ad uscire?”
Lei rise di quelle sue parole, pensava che le chiedesse se potevano frequentarsi, ma quel suo invito così all’antica la fece sorridere: era un uomo galante come se ne trovavano pochi.
“Il piacere sarà mio Albert.” rispose lei sorridendogli.
In quel momento, le remore di Albert parvero dissolversi e, come se fosse l’unica cosa possibile in quel momento, l’avvicinò a sé e la baciò.
Dapprima il bacio fu lieve, uno sfiorarsi di labbra poi, quando sentì che lei rispondeva al suo ardore, dischiuse le proprie labbra e approfondì quell’incontro fra le loro bocche.
Quello scambio di emozioni tramortì entrambi, lasciandoli ebbri.
Albert si sentiva come un ragazzino alla prima cotta, erano anni che non sentiva il cuore battergli all’impazzata e le mani sudare.
Karen si sentiva come una scolaretta al primo giorno di scuola, emozionata, felice e compiaciuta.
Si ripromise di andare a trovare la cartomante per ringraziarla, aveva avuto ragione.
Aveva incontrato un uomo stupendo che le stava cambiando la vita.
In quel momento, non le importava sapere se e quanto sarebbe durata.
Lui le aveva esternato il proprio interesse, non aveva più bisogno di leggere fra le righe, e di sperare, perché aveva finalmente avuto una conferma diretta che l’interesse era reciproco.
“Sono contento e sollevato.” le confessò lui.
“Sollevato? Perché temevi che ti rifiutassi?”
“Beh, non ero certo che avresti accettato la mia corte.”
“Oh ,Albert” disse lei ridendo “ la tua corte? Tu sì che sei un uomo di vecchio stampo!” lo prese in giro.
Per un momento si rabbuiò, non capiva cosa avesse detto di così divertente.
”Scusami, non volevo ridere di te, è solo che ..”
“E’ solo che?”
“Nulla, il termine fare la corte mi ha fatto sorridere. E poi …” gli disse avvicinandosi maliziosamente alle sue labbra “ non hai nessuna corte da fare, mi sembra di avertelo dimostrato.”
Albert lasciò che lei si avvicinasse fino a sfiorargli le labbra con una gentile carezza.
Effettivamente, loro si conoscevano da qualche mese, non avevano avuto modo di frequentarsi assiduamente per  questioni logistiche ma era evidente l’interesse da parte di entrambi.
“Sappi che, quando sarai in città, dovrai dedicarmi del tempo.”
“Ne ho tutte le intenzioni. E, anzi, spero di non dover viaggiare troppo.”
“Non ci spero e capisco che tu abbia gli affari di famiglia da seguire ma non mi accontento dei ritagli di tempo.” gli disse poi lei seriamente.
“Mi impegno a dedicarti quanto più tempo possibile. Anche perché, se non passiamo del tempo insieme, sarà difficile imparare a conoscersi” suggerì lui.
“Bene, mi sembra che le premesse ci siano tutte …”
“Ok, quindi per ora accompagnerei la principessa al suo castello e, qualora non avesse impegni per domattina, la inviterei a colazione.”
“Dovrei consultare la mia agenda, sa che sono famosa e molto richiesta ma vedrò di trovare del tempo per lei. Si ritenga molto fortunato.” rispose lei scherzando e facendo ridere Albert.
“Albert e se dovessero fotografarci insieme?” chiese lei pensando al fatto che entrambi, per il loro lavoro, si trovavano spesso sotto i riflettori, per cui non ci sarebbe voluto molto tempo prima che qualcuno li fotografasse in atteggiamenti compromettenti.
“Io non ho niente da nascondere.” le disse Albert.
“Ah, nemmeno io.”  gli disse lei sorridendogli, la risposta del giovane indicava tutto l’impegno che aveva intenzione di mettere nella loro nascente relazione.
 
Arrivati sull’uscio di casa si salutarono e si diedero appuntamento al giorno successivo.
 
“Terence si è comportato in maniera inqualificabile questa sera!”
“Archie, quando la finirai di riversare il tuo astio su quel ragazzo?”
“Non hai visto come ci è rimasta male Candy? Perché mai se ne sarà andato così all’improvviso?”
“Non lo so, magari era semplicemente stanco?!” suggerì Annie.
“Se lo dici tu. Fatto sta che, come al solito, è stato scortese!”
“A me non pare ma ti prego di non sollevare l’argomento con Candy. Vediamo come evolverà la situazione nei prossimi giorni, del resto deve essere stata un’enorme sorpresa scoprire che ormai abitano nella stessa città. Forse voleva solo metabolizzare la notizia.”
“Per il bene di Candy mi morderò la lingua, ma a me quel Granchester continua a non piacere.”
“Graham, Archie, Graham non so più come dirtelo.”
“Lo so! E invece che pensi di Karen? Mi sbaglio o il mio caro zietto è rimasto affascinato?”
“Non sono affari nostri Archie, ma credo che tu abbia ragione.”
“E lei, secondo te ricambia?”
“Archie sei proprio un pettegolo! Se rispondo alla tua domanda, prometti di cambiare argomento?”
“Ok, però dimmi che ne pensi.”
“Credo che l’interesse sia reciproco.”
“Ah, l’amore, l’amore! A proposito, che ne dici di stabilire la data delle nozze? O vuoi rimanere single ancora per un po’?” le chiese lui stuzzicandola.
“Ecco io … ci stavo pensando … visto che l’estate ormai volge al termine … che ne dici di luglio dell’anno prossimo?”
“Fra undici mesi?”
“Ecco io vorrei sposarmi d’estate, è sempre stato il mio sogno!”
“Beh, perché no! Così avremo più tempo per i preparativi, voglio che tutto sia perfetto!” le disse avvicinandosi e poggiandole un leggero bacio sulle labbra.
Annie rispose al suo bacio ed Archie dovette fare ricorso a tutta la sua forza d’animo per staccare le labbra da quelle della sua futura moglie e scogliere quell’intimo abbraccio in cui si erano intrecciati.
Annie arrossì leggermente per quel momento di intimità che erano riusciti a ritagliarsi. La loro dimora ultimamente sembrava un porto di mare, ogni giorno c’era una nuova preoccupazione e loro due avevano finito col trascurare il proprio rapporto.
Consapevole dell’effetto che riusciva  a provocare sul suo fidanzato, si ritirò nella propria stanza con il sorriso sulle labbra.
Lasciò Archie a bere il suo whiskey mentre attendeva che Albert tornasse: conosceva troppo bene il suo futuro marito per non immaginare che avrebbe atteso lo zio per parlare nuovamente di Candy e Terence.
Sapeva essere una testa dura ma lei lo amava anche per quello.
Con quel pensiero, e il sorriso sulle labbra, si addormentò, certa ormai dell’amore di Archie.
 
Quando Albert rincasò Archie lo sorprese a sorridere.
“Mi sbaglio o mi sembri particolarmente allegro?!” chiese Archie alle sue spalle, facendolo quasi spaventare, Albert pensava infatti che fossero andati tutti a dormire.
“Archibald, hai corso il rischio di farmi venire un infarto. Che ci fai ancora in piedi?”
“Ti aspettavo, volevo parlare di…”
“Di Terence, immagino.”
“Quel ragazzo è lo stesso insolente maleducato che ho conosciuto tanti anni fa!”
“Ancora il tuo astio nei suoi confronti? Pensavo che stessi imparando ad accettarlo.”
“Non ti pare di pretendere troppo? Riesco a mala pena a tollerarlo, specie poi quando si comporta in maniera bizzarra come stasera. Candy ci è rimasta malissimo che lui se ne sia andato così presto.”
“Sì, l’ho notato, ma magari era semplicemente stanco. Candy dovrà imparare nuovamente a capire gli atteggiamenti di Terence come sapeva fare una volta, o rischierà di starci male ogni volta.”
“Beh, non è che possiamo dirglielo, quindi piuttosto sarà lui a doversi comportare meglio.”
“Archie, lasciamo stare, vediamo come proseguono le cose e poi ci regoleremo di conseguenza. Ora, se non ti spiace, andrei a dormire.”
“Ma Albert io…”
“Buona notte, sono stanco. Ci vediamo domattina.” lo salutò Albert lasciandolo a bocca aperta.
Un Archie arrabbiato, stanco e frustrato si ritirò nella propria stanza, sperando di riuscire a sbollire la rabbia che stava provando in quel momento.
Albert, nonostante tutto, continuava a schierarsi dalla parte di Terence e lui non riusciva a tollerarlo.





 
 NDA: Ciao pupe! Chiedo perdono se troverete qualche errorino, sto correggendo un po' di fretta ma non volevo lasciarvi troppo senza capitolo. Cmq dovrò passare a risistemare, anzi, dovrò correggerla nuovamente tutta da capo la storia...

Lo so, mi odiate per il comportamento altalenante di Terence, ma è lui, che ci possiamo fare?
Ragassuole nemmeno 1 singola aggiunta nella preferite/seguite/ricordate :(((( Sono triiiiistttte LOL No, non è vero, non fa nulla! Per fortuna che non avevo scommesso nulla o mi avreste fatto perdere!!!
Detto ciò, vi aspetto sulla mia pagina FB: I Soliloqui di AlbionMay!
Mi farebbe piacere se vi interessaste anche alle mie storie che non trattano di Candy!
A presto e scusate se risponderò in ritardo a eventuali commenti!!!

 

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Capitolo 23
*** Solo nel mio dolore, annego nel mio tormento ***


 
Capitolo XXII
 
Solo nel mio dolore, annego nel mio tormento
 
- The fray,  You found me

Esitare, è già prendere una decisione.
Stanisław Jerzy Lec

 
 
Giunto a casa, Terence quella sera optò per un bagno. Non era ancora arrivato il momento di dormire, il suo animo inquieto non gli consentiva il meritato riposo.
“Candy, che devo fare?” continuava a chiedersi mentre sprofondava nella calda acqua con cui aveva riempito la vasca.
Per un istante fu tentato di mettere la testa sott'acqua e tenercela, poi riemerse e respirò a pieni polmoni.
Doveva essere felice del trasferimento degli Andrew a New York, eppure si sentiva irrequieto.
Quando lei viveva a Chicago, Terence avrebbe dato qualsiasi cosa purché la giovane si potesse trasferire e, ora che era successo, non pareva contento. Non che non lo fosse  ma, come al solito, si lasciava trascinare a fondo dalla propria insicurezza.
Temeva di non riuscire a comportarsi come si aspettavano che facesse; come avrebbe fatto a guardarla negli occhi e mentirle?
Come poteva corteggiarla e farle capire che l’amava se le stava mentendo? E, una volta scoperto che  le stava nascondendo la verità, come si sarebbe sentita? Come si sarebbe comportata? Non sarebbe stata davvero la fine per loro? E se lei non avesse mai ricordato?
Mille e un pensiero affollavano la mente dell’attore che sembrava non riuscire a trovare pace.
La vita sembrava sempre frapporsi fra lui e Candy, non importava quanto lui si sforzasse, quanto si impegnasse, quanto cercasse di remare contro corrente, perché il fiume in pieno della vita scorreva senza sosta e, di certo, senza badare a un piccolo arbusto incontrato sul tragitto. Con la piena delle sue onde lo travolgeva, lo sommergeva, lo sradicava… ed era così che anche lui si sentiva, privo di quelle poche certezze che lo avevano accompagnato nella sua giovane vita.
L’unica cosa di cui era certo, era che rivoleva la sua Candy  ma non era certo di volerle mentire.
Aveva promesso ad Albert che avrebbe agito come pattuito, senza aver considerato che sarebbe stato più difficile del previsto.
Dal giorno in cui aveva lasciato che il giovane Terence della St Paul School baciasse la Signorina Tutte Lentiggini, non era riuscito a togliersi quel pensiero fisso e costante dalla testa. L’aveva baciata, aveva superato il limite e lo aveva anche rifatto. Non che ne fosse pentito, perché aveva seguito il suo cuore ma, forse, non avrebbe dovuto. Era certo di avere creato delle aspettative in lei che in qualche modo avrebbe dovuto disattendere.
Non poteva amarla così ma, ormai, aveva oltrepassato la sottile linea che separava l’amicizia da quel qualcos’altro che c'era fra di loro. Del resto era lampante, non potevano negarlo.
Decise che, per qualche giorno, probabilmente sarebbe stato meglio evitarla e non parlarle, però poi si ricordò di averla invitata a cena per la sera successiva.
Si ripromise di farle recapitare un biglietto per disdire, avrebbe trovato una valida scusa.
Gli spiaceva comportarsi  in maniera altalenante e incoerente ma doveva seriamente capire, scegliere una linea di comportamento e sforzarsi di agire secondo principio.
Per quanto cercasse di ripromettersi di mantenere il rapporto sul piano dell’amicizia, ogni volta che gli smeraldi di lei si impadronivano della sua mente, il cuore non desiderava altro che poterla amare.
Pensando e ripensando, Terence uscì dalla vasca, si asciugò velocemente e indossò il  pigiama.
Si mise  letto e spense le luci senza riuscire a prendere sonno.
Allungò una mano verso la parte vuota del letto. Con la mente tornò a quell’unica volta in cui Susanna si era intrufolata nel suo letto, senza che lui se ne fosse reso conto.
La rabbia che lo aveva assalito quella mattina, scoprendola accanto a lui, mentre giaceva sopita in quel posto che spettava di diritto ad un’altra, sarebbe esplosa se la pena che provò in quel momento per lei, non avesse avuto la meglio.
Alcune volte, quando la rabbia si impadroniva di lui in maniera così prepotente, temeva di raggiungere il punto di non ritorno e di dirle tutto ciò che pensava. Sì, perché per quanto lui dovesse esserle grato, poiché gli aveva salvato la vita, non poteva non disprezzarla per averlo privato della vita stessa.
Tornò con la mente al giorno in cui Susanna gli si era dichiarata.
Quante belle parole, prive di significato, perché seguite da un gesto così meschino come quello di costringerlo vicino a lei.
Un brivido di freddo lo assalì nonostante fosse estate. Ricordò il gelido giorno di dicembre in cui la sua vita era precipitata irrimediabilmente senza che lui potesse porvi rimedio.
Il dolore della separazione dalla sua amata Tutte Lentiggini, tutte le promesse che aveva infranto, i sogni che andavano in mille pezzi e tutto perché Susanna aveva deciso di salvargli la vita, non per un gesto d’amore altruistico, ma solo per poterlo legare a sé. Quando gli aveva aperto il proprio cuore e lui l'aveva respinta, lei lo aveva minacciato, dicendogli che non avrebbe concesso a nessuna di portarglielo via.
Terence non aveva nemmeno lontanamente immaginato che facesse sul serio, credendo che fossero solo parole pronunciate in un momento di sconforto.
Invece Susanna aveva fatto seguire i fatti alle parole e lo aveva costretto a rinunciare all’unica persona che lui avesse mai amato e che lo avesse mai amato incondizionatamente.
Il dolore che provò nel lasciare che Candy si divincolasse dal suo abbraccio, su quelle dannate scale, sentire i singhiozzi e le lacrime che ne scuotevano l’esile corpo, avere la certezza che le stava causando un dolore insormontabile, quella sarebbe stata un’amara punizione per lui da scontare e con cui convivere per un lungo periodo.
Si era sentito come vuoto, smarrito senza di lei e, quando poi aveva deciso di affogare i dispiaceri nell’alcol, solo una visione di lei che piangeva, delusa da quel suo comportamento, gli aveva permesso di riguadagnare il possesso delle proprie facoltà e di riprendere le redini della propria vita.
Non voleva rendere vano il sacrificio a cui Candy si era e lo aveva sottoposto, lo avevano fatto entrambi per quel senso dell’onore e di altruismo e non poteva calpestare così la sofferenza che ambedue avevano provato.
Si sentì meschino perché ripensando poi alla dipartita di Susanna, si sentì sollevato.
Il solo pensiero di non essere più costretto a fingere con il mondo intero, il solo pensiero di essere libero da quelle catene che lo avevano inchiodato a lei, lo aveva fatto rinascere.
E poi, all’improvviso, quando meno se lo aspettava, la sua Tutte Lentiggini era rientrata nella sua vita e le aveva restituito un senso.
Solo lei poteva fargli battere il cuore a quella maniera, solo lei riusciva a stregarlo con un solo sguardo, solo lei riusciva a tirare fuori la parte migliore di lui, perché quella parte lui la nascondeva al mondo per non essere ferito.
Mostrare le proprie debolezze equivaleva a esporsi inerme davanti a un’arma. Se mostrare le proprie debolezze lo avrebbe reso più umano agli occhi del mondo, lo avrebbe reso forse fin troppo umano agli occhi di coloro che avessero voluto fargli del male.
Aveva sofferto troppo nella propria vita e, continuava a farlo, perché quella situazione in cui Albert lo aveva messo  aveva scombussolato il finto equilibrio che Terence si era creato.
Si ricordò delle notti che aveva passato insonni a pensare a Candy e a trincerarsi nel proprio dolore, quelle stesse notti che ultimamente trascorreva insonni perché Candy era ritornata nella sua vita.
Si chiese perché la sua vita dovesse essere tanto complicata e perché, se si trattava di amore, lo fosse ancora di più.
Quando finalmente riuscì ad addormentarsi, era notte inoltrata.
Dormì poco e male, si svegliò presto e decise di scrivere quel biglietto a Candy.
“Che scriverle senza offenderla o senza farle capire che c’è qualcosa sotto?” pensò ad alta voce.
Poi di getto le scrisse:
“E’ sorto un impegno di lavoro improvviso,
 ti chiedo scusa ma dobbiamo rimandare la cena.
A presto.”
Lo mise in una busta, uscì di casa, guidò fino alla nuova residenza degli Andrew, lo consegnò al signor Miles e se ne andò.
Pensò che non avrebbe potuto consegnarglielo di persona perché se avesse dovuto raccontarle quella menzogna guardandola in faccia non ne sarebbe stato in grado.
Agì  in maniera così meccanica, senza nemmeno pensarci, perché in fondo al cuore sapeva di non essere convinto di quanto stava facendo.
 
Tornò a casa e si dedicò a qualsiasi cosa potesse venirgli in mente, pur di distogliere l’attenzione da quanto aveva fatto. Non era certo fiero del proprio comportamento ma la confusione che vigeva nella sua testa non lo aiutava a pensare e agire razionalmente.
 
Candy ricevette un biglietto quella mattina e, incuriosita, lo aprì.
Non riuscì a nascondere la delusione che provò nel constatare che la cena di quella sera era stata rimandata, ma capiva che il lavoro potesse avere la precedenza, la cosa che l’aveva colpita però era che avesse preferito farle recapitare un biglietto e che non avesse assolutamente accennato a un posticipo. Era stato lui a insistere affinché lei accettasse e poi aveva ritirato l’invito senza proporle un’altra sera.
Mise il biglietto in tasca e tornò a occuparsi delle proprie faccende per cercare di distogliere il pensiero dal dubbio che si era insinuato nella sua mente, nonostante fosse certa di non aver fatto nulla che avesse potuto fare cambiare idea a Terence.
Quando poi non lo vide né ebbe sue notizie per qualche giorno, il dubbio che le era sorto cominciò a diventare una certezza. Possibile che lo avesse offeso in qualche modo? Decise di aspettare ancora qualche giorno ma che, se non si fosse fatto vivo almeno con una telefonata, avrebbe fatto qualcosa.
Non le piaceva essere ignorata a quel modo e se per caso aveva fatto o detto qualcosa che lo avesse offeso, voleva avere modo di spiegarsi e di scusarsi.
 
La settimana fu lunga e lenta, il telefono non squillò mai né lui busso mai alla sua porta.
Così un pomeriggio, assicuratasi che lui fosse alle prove, prese un taxi e si fece accompagnare presso il teatro, chiese a Karen la cortesia di lasciare il suo nome alla porta così che potesse entrare e decise che ,se lui non aveva intenzione di parlarle, lo avrebbe fatto lei.
Rimase parzialmente delusa dal suo comportamento, ma poi si rese conto di non conoscerlo così bene da poterlo giudicare.
Terence quel pomeriggio era particolarmente nervoso, era passata una settimana da quando aveva rimandato l’invito a cena con Candy ed era poi sparito nel nulla.
Lei non lo aveva cercato il che, da un parte lo aveva deluso ma da una parte ne era sollevato perché non era ancora riuscito a venire a capo di quel dubbio che lo stava assillando.
Quando sentì bussare alla porta del suo camerino, convinto che fosse un collega non si curò particolarmente di guardare chi stesse per entrare.
“Ciao!” gli disse lei distogliendo la sua attenzione dal trucco che stava cercando di sistemare sul viso.
“Candy?” chiese lui sorpreso.
“So di disturbarti, so che non ami che ti si venga a trovare in camerino ma …”
“Sì è vero.” disse lui confermando freddamente quanto appena espresso da lei. Vide subito l’entusiasmo spegnersi negli occhi della sua Candice e si pentì del tono poco cortese che aveva utilizzato, così cercò di salvarsi in corner “ ma questo discorso vale per tutti tranne che per te.” aggiunse quindi per stemperare il distacco con cui le aveva risposto poco prima.
“Terence io… ecco io… volevo sapere se ti ho fatto qualcosa?”
“Se mi hai fatto qualcosa?”
“Avevamo un appuntamento per cena, l’hai disdetto con un biglietto senza tante spiegazioni e da allora  sei sparito… ho pensato che fossi impegnato con il lavoro ma quando hai rifiutato anche l’invito a cena per domani che ti ha mandato Albert… ho pensato che forse avevo detto o fatto qualcosa che ti ha offeso?!”
Lui la guardò stupito, per quanto gli dispiacesse che lei si fosse preoccupata così e, lo poteva vedere dal suo sguardo e sentire nelle sue parole, era felice di constatare che la vecchia Candy riaffiorava ogni giorno. Anche se erano piccoli frammenti di lei a riaffiorare era contento di vedere che lentamente si stava risvegliando.
Pensò che era stato davvero uno sciocco a pensare di allontanarla, anche se rimase dell’idea che avrebbe preferito poterle dire la verità.
Lei attendeva che lui dicesse qualcosa, si sentiva sciocca perché forse si era data troppa importanza, forse Terence era davvero solo impegnato, eppure in fondo al cuore sentiva che c’era qualcosa che non andava.
“Perdonami, mi sono comportato in maniera inqualificabile. Se ti fa piacere e l’invito è ancora valido, sarò felice di unirmi a voi domani sera. E, se non hai impegni e non ti scoccia mangiare un po’ tardi, verresti a cena con me stasera?” le propose lui con un galante inchino.
“Non vorrei importi la mia presenza.” rispose lei.
“Candice, non devi nemmeno dirlo. Sono … mi fa piacere passare del tempo con te. Non ti avrei invitata se non avessi voluto e scusami se sono sparito. Davvero, non era mia intenzione è solo che io …”
“Terence è il tuo turno!” strillò un collega entrando nel suo camerino con la massima non curanza e interrompendo quel momento.
Terence fu tentato di cacciarlo a malo modo ma non voleva spaventare Candy, così lasciò perdere.
“Scusami io …”
“Va’ pure.”
“ Passo per le 20.30?”
“Ti aspetto.” rispose lei.
Lo guardò affrettarsi lungo il corridoio per raggiungere il palco, poi se ne andò.
Terence era ancora carico dell’emozione provata qualche istante prima e la riversò tutta nel suo pezzo.
Quando finì di provare Robert si complimentò con lui.
Gli era sembrato un po’ assente e meno concentrato durante l’ultima settimana, ma quel giorno aveva dato il meglio di sé.
Terence, dal suo canto, era consapevole che la presenza di Candy nella sua vita lo rendeva migliore in tutto, anche come attore.
 
Candy tornò a casa sollevata, anche se non del tutto. Voleva riprendere il discorso lasciato in sospeso, una volta a cena.
Quando rincasò avvertì Albert che Terence aveva cambiato idea sull’invito per la sera seguente e che lei non sarebbe stata presente a cena quella sera.
Albert non le chiese nulla, quando l’aveva vista uscire all’improvviso, senza dire nulla e nessuno e le aveva visto chiamare un taxi, aveva intuito subito dove si stava recando. Anche a lui era parso strano il comportamento di Terence e persino Karen pensava che in qualche modo l’attore stesse cercando di mettere delle distanze fra sé e Candy, anche se non riuscivano a capacitarsi del perché. Albert che lo conosceva sicuramente meglio aveva ipotizzato che Terence lo stesse facendo per proteggere Candy, sapendo che all’attore non faceva piacere mentirle e non si era discostato di molto dalla realtà.
 
Candy passò le ore che la separavano dall’appuntamento con Terence a pensare a cosa avrebbe potuto dirgli.
In cuor suo erano giorni che si chiedeva come mai lui fosse sparito, inoltre avrebbe tanto voluto sapere cosa lui pensasse di “loro” visto che , seppur non si potesse certo dire che ci fosse una relazione fra di loro, non potevano certo essere definiti amici nel senso stretto del termine.
Le sarebbe piaciuto chiarire anche quello, ma non era sufficientemente sfacciata e , a essere sincera con sé stessa, aveva decisamente paura di cosa lui le avrebbe risposto.
Quando l’orologio finalmente rintoccò le venti,  non le pareva vero.
Nonostante si fosse tenuta impegnata per tutto il pomeriggio, quelle poche ore le erano parse interminabili.
Per quella sera aveva scelto un bel vestito cobalto e aveva raccolto parzialmente i suoi capelli che stavano lentamente ricrescendo. Annie la aiutò a indossare un leggero velo di trucco e Candy si meravigliò di come le cambiasse il volto.
Quando finalmente sentì il rumore di un’auto entrare nel vialetto, dovette fingere con sé stessa e con Annie di non essere eccitata e si dovette trattenere dal precipitarsi al piano di sotto, per accoglierlo.
Lasciò che il Signor Miles gli aprisse la porta e lo facesse accomodare, poi attese che salisse a chiamarla.
“Vengo subito, grazie!” aveva risposto indossando un copri spalle e prendendo la borsetta.
“Buona serata Candy!” la salutò Annie felice di vedere che l’amica stava tornando a sorridere.
 
Le prove pomeridiane per Terence furono un vero supplizio, per la prima volta non vedeva l’ora che finissero per potersi precipitare dalla sua Tutte Lentiggini.
Quando finalmente Robert li lasciò andare, si precipitò nel proprio camerino, fece una doccia, indossò un cambio e ,dopo essersi spruzzato il suo profumo alla lavanda, raggiunse in fretta l’auto e casa Andrew.
Cercò di mantenere la calma mentre attendeva di vederla scendere dalle scale, ma il cuore gli batteva all’impazzata e le mani cominciavano a sudargli.
La casa sembrava deserta, probabilmente Archie e Albert dovevano essere usciti per lavoro.
Quando finalmente la vide, dovette trattenersi dal correrle incontro e prenderla fra le braccia. Il vestito che indossava risaltava le sue forme e la rendeva ancora più femminile e attraente di quanto lei non risultasse ai suoi occhi.
“Scusami se ho tardato.” La salutò lui con un galante inchino a cui lei rispose con il più smagliante dei sorrisi. Le piaceva questo suo fare così cavalleresco, aveva un non so che di regale nei suoi modi, pensò che avrebbe potuto essere un conte, un duca o persino un principe … azzurro …
“Non ti preoccupare.”
“Bene, vogliamo andare?” le disse offrendole il braccio.
Durante il tragitto che li separava dal ristorante, nessuno dei due parlò.
Il silenzio che era calato fra di loro era imbarazzante ma nessuno dei due sapeva come rompere il ghiaccio.
Quando il cameriere li accompagnò al tavolo che Terence aveva riservato e chiese loro cosa volessero bere, solo allora la tensione scemò perché lui la prese in giro per la sua famosa “intolleranza” alle bollicine.
“Come ti pare New York?”
“Non ho avuto modo di andare in giro, sai che Albert è un po’ protettivo nei miei confronti.”
“Sì, me ne ero quasi dimenticato. Vorrà dire che mi offrirò di farti da Cicerone …”
“Oh, ma non devi sentirti obbligato.” rispose lei e lui non replicò nulla.
Non si sentiva certo obbligato, cercava sempre una valida scusa per poter passare del tempo con lei ma allo stesso tempo era spaventato dalla possibilità di trascorrere troppo tempo insieme, poiché era decisamente arduo nasconderle i propri sentimenti e mentirle.
Mentre chiacchieravano, rimanendo su terreno neutrale, lui le chiese se avesse già qualche impegno per quel weekend.
“Mi sarebbe piaciuto poterti dire che sono impegnata e che andrò a vedere la prima dello spettacolo con la Baker ma, purtroppo, sono arrivata troppo tardi e non ho trovato i biglietti.”
“Sì è vero, dopodomani ci sarà la premiere. Ma non dirmi che gli Andrew non sono riusciti ad ottenere dei biglietti?”
“In realtà non l’ho nemmeno chiesto ad Albert, so che non gli piace chiedere favori o sfruttare il nostro cognome…”
Terence sorrise di quella sua sincera esternazione. Lei non poteva certo ricordare che stava parlando con il figlio di Eleanor Baker e, se lei ci teneva tanto ad andare a vederla a teatro, era pur certo che con una semplice telefonata avrebbe recuperato un paio di biglietti.
Pensò di non dirle nulla, le avrebbe fatto una sorpresa anche se avrebbe dovuto prima mettere al corrente sua madre della situazione in cui si trovava. Non aveva ancora avuto modo di parlargliene da vicino e le volte che si erano sentiti telefonicamente aveva sempre preferito rimandare.
“Hai deciso che farai per occupare le tue giornate?”
“In realtà sì ma ne devo parlare con Albert …”  gli rispose e poi scoppiò a ridere.
“Scusami è che mi sono resa conto da sola di quanto sciocca debba suonare ogni volta che dico che devo chiedere ad Albert. Eppure so per certo che prima di perdere la memoria ero una vera a propria ribelle ma ora per qualsiasi cosa devo chiedere la sua opinione ed il suo permesso … e lo faccio per rispetto nei suoi confronti ma non ti nego che un po’ di autonomia non mi dispiacerebbe, inizia a starmi un po’ stretta questa situazione.”
“Sì, certo, ricordo bene!” disse lui mordendosi la lingua. Le parole gli erano sfuggite prima che potesse rendersene conto.
“Ricordi?” chiese lei curiosa.
“Volevo dire che mi sono note le tue marachelle …”
“Oh, che vergogna!” disse lei coprendosi il viso con le mani, per poi fargli la linguaccia.
Terence scoppiò a ridere, ogni qual volta la sua Signorina Tutte Lentiggini riaffiorava dal passato gli si scaldava il cuore e acquisiva una maggiore certezza che prima o poi lei sarebbe tornata.
“Comunque ti stavo dicendo… ho intenzione di cercare un maestro di musica che possa insegnarmi a suonare il piano.”
“Stai scherzando?” chiese lui.
“No, perché dovrei scherzare?”
“E perché mai lo stai cercando?”
“Beh, come altro potrei imparare?”
“Mi pareva di averti promesso che ti avrei insegnato io, qualora ne avessimo avuto modo.”
“Terence, ti ringrazio ma non credo che sia il caso…”
A quelle sue parole si rattristò, possibile che preferisse passare del tempo con un estraneo che con lui?
“Tu sei impegnato con le prove e a breve cominceranno gli spettacoli, non avresti tempo. E poi dovrai pur riposarti, non ti pare?”
“E’ solo questo il motivo?” chiese lui, per fugare ogni dubbio.
“Quale altro motivo dovrei avere?”
“Bene, allora ho deciso, sarò il tuo insegnante. E bada bene che sono molto severo e intransigente.” aggiunse con uno scherzoso tono minaccioso.
“Sei sicuro?”
“Assolutamente. E per provarti il mio impegno, se per te va bene, cominceremo lunedì!”
“Oh, va benissimo. Grazie, non so davvero come ringraziarti … a dire il vero non mi piaceva  l’idea di dover suonare con un estraneo …”
“Allora affare fatto. Ma sappi che le mie lezioni non sono gratis!” le disse lui per stuzzicarla.
“Credo di aver imparato che non fai niente per nulla.” gli rispose lei ridendo.
“Non mi importa se hai questa brutta opinione di me, sappi che ci sarà un prezzo da pagare.”
“Beh, per il tuo compenso dovrai chiedere ad Albert, non avrò accesso al mio trust fino al mio prossimo compleanno.”
“Non mi pare di aver parlato di compenso monetario mia cara!” disse lui facendole l’occhiolino.
Lui scoppiò a ridere nello stesso momento in cui la vide arrossire. Diventò così rossa che temette che stesse per prendere fuoco.
“La smetterai mai di prendermi in giro?” gli chiese lei cercando di ricomporsi.
“No perché è troppo divertente.” fu la risposta di lui.
 
In quel preciso istante la vide incupirsi. Era certo che si sentisse strana, come le succedeva spesso in sua compagnia.
L’orchestra stava suonando una bellissima canzone e così lui si alzò e la invitò a danzare.
“Per scacciare via i brutti pensieri.” le offrì lui inchinandosi e lei non seppe rifiutare.
Le leggeva dentro, ne era certa. Capiva ogni suo stato d’animo, ogni sua seppur minima titubanza. Sapeva distinguere quando era felice da quando era triste o si sentiva strana e aveva bisogno di occupare la mente con altro, solo che, quando lui l’abbracciò, lei fu catapultata ancora più profondamente in quella sensazione di leggerezza e spensieratezza, ma anche di tristezza e malinconia, che l’assaliva spesso quando stava con lui.
Pensò nuovamente a quel giovane che forse l’aveva baciata. Era certa che non fosse stato uno dei suoi cugini, certamente non Albert e nemmeno Anthony ma non riusciva a spiegarsi chi potesse essere. Eppure la sensazione che le era rimasta addosso dopo quel sogno, era esattamente la stessa che provava ogni qualvolta si trovava fra le braccia di Terence. Possibile che lui le ricordasse una persona che forse aveva amato?
“C’è qualcosa che non va?”
“Vorrei solo capire perché ogni volta che balliamo mi sento così.” gli confessò lei.
“Felice e spensierata ma triste e malinconica.” disse lui.
“Esatto.”
“Credi nelle anime affini Candy?” le chiese nuovamente lui.
Lei non rispose ma cominciò a pensare seriamente che lui potesse avere ragione. Non c’era altro modo di spiegare a sé stessa come si sentiva.
 
Il resto della cena si svolse nel quasi totale silenzio. Candy era persa nei suoi mille pensieri e Terence preferì rispettare il suo silenzio e lasciare che fosse lei a rivolgergli la parola qualora avesse avuto voglia parlare.
“Ti va il dessert?” gli chiese poi tornando alla realtà.
Stava sbadatamente leggendo il menù quando la possibilità di un dessert al cioccolato l’aveva stuzzicata.
“Soufflé al cioccolato?” la anticipò lui.
Lei annuì e sorrise. Era troppo scontata o lui la conosceva troppo bene? si chiese lei.
Quando arrivò il dolce vi si buttò a capofitto assaporando un pezzo di quel delicato dessert al cioccolato  intingendolo nella nuvola di panna che lo accompagnava.
Terence si divertiva a guardarla mentre si godeva  ciò che stava mangiando. Era sempre stata una golosona e non era certo cambiata.
“Spero che tu sia stata bene questa sera.” le disse lui mentre uscivano dal locale. Aveva paura che si fosse pentita di essere andata  cercarlo e di avere poi accettato l’invito a cena, visto che dopo il ballo non aveva parlato molto.
“Certo! Scusami, lo so che sono diventata taciturna all’improvviso. Ma dimmi una cosa, Kathrine che fine ha fatto?”
“Sinceramente, non ne ho idee ma so che ha prenotato degli biglietti per la prima, per cui immagino che cercherà di venire a salutarmi e di impormi la sua presenza.”
“Ah, mi spiace. Noi non abbiamo pensato a comprare i biglietti, forse avrei dovuto suggerirlo ad Albert …”
“Candice, non essere sciocca! Hai un posto prenotato sulla mia balconata per l’intera stagione!” si lasciò sfuggire lui. Lo aveva sempre avuto sin da quando lui aveva avuto una propria balconata.
“Davvero?” chiese lei incredula.
“Certo! Perché dovrei scherzare?!”
“Oh, grazie.” disse lei quasi commossa.
Cercò di contenersi perché non voleva sembrare sciocca.
Ci si poteva commuovere perché lui le aveva riservato un posto per l’intera stagione? Forse sì, poteva! Poi si chiese se avesse riservato un posto anche alla donna che lui amava. Era da un po’ che non faceva riferimento a quella misteriosa ragazza che gli aveva rapito il cuore, ma Candy era certa che fosse sempre nei suoi pensieri. Era anche per quel motivo che temeva l’uragano di emozioni che si scatenava in lei quando stava con quel ragazzo. Non poteva permettersi di perdere la testa per lui, perché il suo cuore, ne era certa, non era libero. Si chiese poi cosa ci fosse stato fra lui e la sua compagna e, come mai, visto che pareva essere innamorato di un’altra, fossero stati insieme per tanti anni.
Avrebbe voluto chiederglielo, o chiederlo ad Annie ma qualcosa l’aveva sempre bloccata. A cosa le sarebbe servito saperlo?
In breve tempo furono a casa.
Terence fece per scendere dall’auto per accompagnarla sino alla porta ma lei glielo impedì.
“Non ti preoccupare, una volta davanti al cancello posso ritenermi al sicuro.”
Lui la guardò stupito, perché mai non voleva che l’accompagnasse?
Era andata a cercarlo fino a teatro per chiarire, a cena non aveva affrontato l’argomento e si era stranita e alienata e, adesso che erano sulla porta, non voleva che lui la scortasse fin dentro casa. Non poté evitare di domandarsi cosa le stesse passando per la testa ma poi preferì lasciare stare.
“Come preferisci. Buona notte.”  disse lui ripartendo velocemente prima che lei potesse salutarlo.
I due ragazzi sembravano alternarsi nei loro momenti di indecisione. Quando lui pareva fare un passo avanti, lei sembrava indietreggiare all’improvviso e viceversa.
Cercò di non pensarci ma il pensiero non lo abbandonò per tutta la notte.
L’indomani mattina si alzò stanco e spossato e guardandosi allo specchio notò delle occhiaie che gli circondavano gli occhi.
“Sono uno splendore! Bianco come un cencio, due occhiaie degne di un ubriacone… se mi presento così da mia madre si spaventerà!” si disse rimirando quella immagine che stentava a riconoscere.
Si recò nello studio e chiamò Eleanor.




NDA: Ragazze, mi starete odiando, ma sono stanchissima e fatico ad aggiornare. Mi perdonate?
Oggi ho combinato un danno, ho perso le ultime 40 pagine dell'altra mia FF, Nato il 28 Gennaio :((((((((((((
Avete visto la flash fic che ho scritto su Terence?
Bene, passo a ringraziare tutte lettrici parlanti e silenzione, mi piacciatrici e coloro che mi seguono!
Nessuno di voi è passato per le mie originali vero? Monellacce XD LOL
Ehy, nessuno ancora si è iscritto alla mia pagina su Facebook, I Soliloqui di AlbionMay... volete dirmi che forse è meglio che ci rinunci? lol
Buona serata e buona lettura... Nel prossimo capitolo incontreremo un personaggio a me molto caro!

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Capitolo 24
*** Un incontro emozionante ***


Capitolo XXIII
 
Un incontro emozionante

 
Quella volta mi sono detto che le coincidenze, forse, sono dei fenomeni molto comuni. Si verificano in ogni momento intorno a noi, nella nostra vita quotidiana. Ma della metà non ci accorgiamo neanche, le lasciamo passare così. Come dei fuochi artificiali che vengono fatti scoppiare in pieno giorno. Fanno un po’ di rumore, ma nel cielo non si vede nulla. Però se desideriamo fortemente qualcosa, le coincidenze affiorano nel nostro campo visivo portando il loro messaggio.
Haruki Murakami


 
Aveva pensato a cosa le avrebbe detto. Così, quando sua madre lo accolse in casa con lo sguardo sorpreso, non temporeggiò.
“Ho una cosa da dirti, avrei dovuto dirtelo prima …”
“Terence, mi stai facendo preoccupare, che succede?”
“Ho ritrovato Candice, mamma!”
“Oh, figlio mio, io lo sapevo… io… non ho mai smesso di sperare che la vita vi concedesse una seconda chance.” gli confessò lei, visibilmente commossa.
“Oh mamma, non è come pensi tu… un paio di mesi fa Albert, ti ricordi di lui, te ne ho parlato diverse volte?”
“Sì, William Andrew?!”
“Ecco… non so dirti nemmeno io perché ma l’ha portata in teatro. Lei ha perso la memoria. Ha subito un incidente e non ricorda niente e nessuno.” cominciò lui e poi proseguì, raccontandole di come si erano rincontrati e di come lei sembrasse riprendere coscienza del suo passato quando stava con lui.
“Terry mi spiace, non potevo immaginare.” disse lei.
Lui la mise al corrente della terapia e delle chance di recupero.
“Cosa posso fare per te, per lei?”
“In realtà ero venuto a chiederti una cosa sciocca, se non ti mette a disagio e non rischia di creare problemi.”
“Dimmi pure”
“Avresti due posti per noi, per la prima?”
“Scusa?! Che domande sono, per mio figlio un posto lo troverei sempre.”
“Grazie.”
“Ma sei sicuro?”
“Le piaci molto e ci tiene a vederti recitare. Non sa che sei mia madre e le vorrei fare una sorpresa.”
“Vuoi che lasci il suo cognome all’ingresso per venire a trovarmi in camerino? Ma non hai paura che possa ricordare?”
“Magari!” disse lui sinceramente. “Non vedo l’ora che ricordi. Io non ne posso più di doverle mentire.”
“Non credi che sarebbe un problema se ti fotografassero con lei?”
“Questa farsa del vedevo inconsolabile in lutto!” sbottò lui.
Non sopportava di dover fingere con tutti, per un motivo o per l’altro la sua vita ultimamente era tutta recitazione, sia sul lavoro che nella vita privata.
“Figlio mio, spero che questa storia finisca presto e che tu possa essere finalmente libero di vivere la tua vita.”  gli disse la madre che condivideva appieno la frustrazione del figlio.
“Comunque posso sempre inventarmi una risposta plausibile e chiedere a Candy di reggermi il gioco, le spiegherò e sono certo che capirà.”
“Se ritieni che non sia un grosso problema, allora lascio il suo cognome all’ingresso.”
“Ora devo andare.” le disse lui salutandola.
“Allora a sabato.”
“Ah, so che non ne hai certo bisogno ma in bocca al lupo!” le disse lui affettuosamente.
Ce ne aveva impiegato di tempo per fare pace con lei e con quella erronea idea che si era fatto, a causa delle menzogne di suo padre, di essere stato abbandonato.
Per quanto volesse credere a quegli occhi sinceri e straziati dal dolore, che tanto gli ricordavano i propri, aveva fatto fatica ad arrendersi a ciò che gli dettava il cuore.
Ma fu proprio nel periodo peggiore della sua esistenza, nel momento in cui la sua vita cominciò a correre come un treno impazzito sui binari del fato, sfuggendogli di mano, che la madre gli andò in soccorso. Era sempre stata una presenza ingombrante per lui che voleva costruirsi un nome solo con le proprie forze, nel mondo dello spettacolo, ma era stato anche grazie a lei che non era naufragato alla deriva senza possibilità di ritorno. Lei aveva sempre tenuto un occhio vigile sul suo adorato bambino, il suo unico bambino.
Eleanor amava Terence come solo un madre è capace di fare e, vederlo mentre si auto distruggeva, l’aveva ferita nel profondo. Sapeva di dover essere grata a quella giovane che era rimasta invalida per salvare la vita di Terence, probabilmente senza quel gesto così altruistico, si sarebbe ritrovata a piangere la prematura scomparsa del  figlio, senza averci potuto nemmeno fare pace completamente, ma non poteva accettare quella giovane donna che stava derubando Terence della sua vita e della sua voglia di vivere. Lo aveva costretto vicino a sé e, così, salvandogli la vita gliela aveva anche tolta, legandolo a sé con un doppio filo. Susanna si era approfittata del buon cuore di Terence e di Candy per metterli di fronte a una scelta che non avrebbero potuto non compiere.
Né Terence né Candy avrebbero saputo basare la loro felicità sull’infelicità altrui.
Fu anche grazie al gesto di rinuncia di Candy, che Eleanor apprezzò maggiormente quella giovane donna che le aveva restituito il figlio, durante quella lontana estate in Scozia.
Solo Candy era riuscita a vedere il vero Terence che si nascondeva dietro a modi burberi e a un fare scostante e spesso ai limiti del borioso e dell’antipatico, solo lei lo aveva capito, apprezzato e accettato per quello che era realmente, facendo sì che, in qualche modo, anche lui potesse cominciare a volersi bene e a smettere di desiderare di punirsi  e isolarsi. Con lei aveva cominciato a vedere il mondo con occhi nuovi, a sorridere e a lasciare che il suo cuore si aprisse all’amore.
 
Eleanor era emozionata all’idea di rivedere Candy.
Si chiese se le sarebbe riuscito di fingere di non conoscerla, le venivano le lacrime agli occhi al solo pensiero di saperla con Terence.
Lo squillo del telefono la riportò alla realtà.
 
Quello stesso giorno Terence, con una scusa, passò a trovare Annie. Fu una visita breve, Candy era uscita  a fare un giro a cavallo per cui non si accorse nemmeno che lui era passato.
“Non ti avrei coinvolto se non fosse stata una sorpresa. Basterà che tu la faccia preparare per andare a cena fuori.”
“Se acconsento, posso almeno sapere dove andate?” chiese lei curiosa.
“Perdonami ma deve essere una sorpresa, potrai chiederlo a lei quando tornerà! Allora, accetti?”
“Va bene, ma ricordati che sei in debito.”
“Se ti facessi avere dei biglietti per lo spettacolo di un’attrice che il tuo futuro marito ama? E la possibilità di entrare nel backstage?”
“Stai parlando di…”
“Certo, Eleanor Baker e chi altri. Ricordo la cotta adolescenziale di Archie per lei.”
“Grazie! Affare fatto!” rispose lei entusiasta.
Terence se ne andò soddisfatto e trepidante, non vedeva l’ora che fosse la sera seguente.
Mentre raggiungeva la propria abitazione pensò ad una scusa da propinare ai giornalisti, se lo avesse immortalato, cosa che sarebbe avvenuta certamente, sicuramente gli avrebbero chiesto chi fosse la giovane in sua compagnia. Avrebbe detto a Candy di non rispondere a domande circa la natura del loro rapporto e avrebbe spiegato ai cuuriosi che era la nipote di un suo carissimo amico, del resto, se anche avesse fornito una spiegazione più dettagliata alla stampa, non avrebbero comunque perso occasione per ricamarci sopra.
“Quando Albert scoprirà che l’ho portata da mia madre senza dirglielo mi ammazzerà!” pensò ridacchiando. Era vero, gli aveva promesso che si sarebbe attenuto alle sue regole, ma per Terence Graham Granchester le regole erano fatte per essere infrante.
 Il sabato giunse meno veloce di quanto sperava. Il sabato pomeriggio ancor più lentamente.
Alle diciotto partì di casa, vestito di tutto punto, per andare a prendere Candy.
Per le diciannove e trenta era previsto l’arrivo in teatro per un breve rinfresco e, un'ora dopo, sarebbe cominciato lo spettacolo.
 
Immaginò la faccia che avrebbe fatto una volta compreso dove la stava portando e rise.
 
Quando Candy sentì il rumore di un'auto parcheggiare davanti casa, si chiese chi potesse essere, ma era troppo impegnata a sistemare i suoi riccioli ribelli che non ne volevano sapere di stare in ordine.
Annie voleva andare a cena fuori, lei non era particolarmente dell’umore, ma l’amica le aveva detto che aveva bisogno di parlarle di una cosa importante e non voleva farlo in casa. Non capiva perché non potessero andare a fare una passeggiata e perché mai dovesse vestirsi di tutto punto per andare a cena fuori, ma non aveva voglia di discutere per cui fece come le era stato chiesto.
“Signorina Andrew, l’attendono al piano di sotto.” disse il signor Miles bussando alla porta della sua camera.
“Ne è sicuro?”
“Decisamente sì, signorina.”
“Arrivo.” disse lei senza nemmeno domandare chi fosse a chiedere di lei.
Quando arrivò sulla cima della prima rampa di scale e si trovò davanti Terence vestito elegante e con un enorme mazzo di fiori, non seppe se credere ai propri occhi.
Possibile che Annie le avesse teso un tranello?
“E tu che ci fai qui?”
“Buonasera a te Candice, anche io sono felice di vederti.”
“Non cambiare argomento.”  disse lei sulla difensiva.
“Volevo portarti fuori…”
“Quindi complottate alle mie spalle?” chiese lei fingendosi arrabbiata.
Terence non riusciva a capire se stesse scherzando o se davvero avesse urtato la sua suscettibilità.
“Vuoi dirmi che declini il mio invito?” chiese lui sfoderando il suo solito sorriso malizioso a cui lei non sapeva resistere.
“Oh no, anzi, accetto volentieri ma sia tu che Annie me la pagherete!” rispose lei scoppiando a ridere.
“Per te.” disse porgendole i fiori, poi si avvicinò e le sussurrò un “sei bellissima” che la fece rabbrividire nonostante la giornata fosse stata decisamente calda.
Quando vide che gli sorrideva, osò persino avvicinarsi e poggiarle un lieve bacio sulla guancia.
Per quella sera era stato decisamente fin troppo intraprendente, anche se, se fosse stato per lui, l’avrebbe stretta a sé e non l’avrebbe lasciata più andare via.
“Potrei sapere dove andiamo?”
“Semplicemente a cena fuori.” le mentì lui.
 
Fu solo quando arrivarono nel distretto dei teatri che Candy cominciò a sospettare qualcosa.
Le era sembrato strano che Terence non guidasse la propria auto ma che ne avesse affittata una e che addirittura ci fosse un autista. Fu solo quando si fermarono davanti al Bowery Theatre che capì.
Sgranò gli occhi per accertarsi che avesse visto bene.
“Ma…  ma questo…”
“Volevo farti una sorpresa.” le disse lui.
Lei non riuscì a contenersi e gli si gettò addosso, abbracciandolo e ringraziandolo. Lo strinse così forte che corse il rischio di soffocarlo.
“Candy, mi stai strozzando.” disse lui ridendo. Lei si rese conto di cosa stava facendo e riguadagnò un certo contegno, mentre lui rideva e le sue guance invece arrossivano.
“Dobbiamo passare sul red carpet, sicuramente ci fotograferanno e ti chiederanno perché sei con me. Ti chiedo solo di non rispondere. Tu rimani vicino a me, fai finta di nulla e sorridi ai flash. Credi di poterlo fare?”
“Stai scherzando spero?”
“È l’unico modo che abbiamo per entrare.”
“Ok.” disse lei.
Poi proprio mentre l’autista apriva loro la portiera e Terence si accingeva ad uscire, lei lo tirò per un braccio.
“Non mi lascerai da sola vero?” gli chiese lei.
Lui le sorrise. Le porse una mano per aiutarla a scendere e quando lei gliela strinse pensò che fosse meglio tenerla per mano mentre sfilavano davanti ai fotografi, la stampa avrebbe comunque inventato qualche storia.
Candy si sentì accecata dalla luce dei flash e si aggrappò alla mano di Terence che invece si districava sicuro in mezzo a quella folla strillante. C’erano fans che lo reclamavano, giornalisti che lo tempestavano di domande, fotografi che lo chiamavano per ottenere uno scatto migliore.
Non ci impiegarono più di un minuto ad entrare in teatro ma a Candy sembrò un’eternità.
“Non so come fai!” gli disse lei.
“Stai bene? Ti chiedo scusa, forse avrei dovuto avvertirti prima?”
“Oh no, non ti preoccupare. Non ti invidio, odio i bagni di folla.”ammise lei in tutta sincerità.
Lui si avvicinò al suo orecchio e le sussurrò: “Anche io. Ma è un segreto.” le sorrise. Sapeva farla sentire a suo agio anche in un ambiente a lei così estraneo. Certo, era la figlia adottiva di un ricco magnate ma non era abituata a trovarsi nell’occhio del ciclone. Notò che le stava ancora stringendo la mano e ne sorrise fra sé e sé. Poi si chiese se fosse opportuno, lui era un personaggio in vista… così lasciò la sua mano pensando che quel gesto sarebbe passato inosservato, invece lui la guardò interrogativo.
Quando Terence sentì la mano di Candy divincolarsi dalla propria inzialmente ci rimase male. Perché mai doveva ritrarre la mano? Ma poi lei lo guardò, gli sorrise e gli sussurrò un “ per i fotografi” e lui calmò il suo cuore irrequieto. La sua solita insicurezza, ancora una volta, lo aveva spinto a immaginarsi inesistenti motivazioni, peraltro davvero prive di fondamento.
Terence dovette salutare parecchie persone alle quali presentò la giovane erede degli Andrew.
“Non ti preoccupare, a breve potremmo andare a occupare le nostre poltrone.”  Terence si rivolse  a Candy nel tentativo di tranquillizzarla.
“Ok, grazie. E comunque grazie per questa sorpresa, sono davvero contenta di poter finalmente vedere la signora Baker recitare.”
“Vedrai, rimarrai piacevolmente impressionata, è bravissima.”
“Ah, se solo Archie fosse qui. Quando scoprirà che sono venuta alla prima, sicuramente mi invidierà!” aggiunse poi ridacchiando.
“In realtà ho regalato dei biglietti ad Annie e Archie, sapevo della passione di tuo cugino per Eleanor.”  la informò lui chiamando la Baker per nome e destando una certa curiosità in Candy.
“Sono sicuro che ti sarà grato a vita!” rispose lei ridendo di cuore. Aveva immaginato la faccia di suo cugino quando avrebbe saputo dei biglietti e soprattutto quando avrebbe visto la sua attrice preferita.
Candy fu sorpresa di quanto Terence potesse essere gentile e accorto, persino con Archie che non era certo fra i suoi amici più stretti, anzi.
Quando finalmente poterono prendere i loro posti a sedere, Candy si sentì sollevata. Non amava stare in pubblico o meglio, non amava tutte quelle cerimonie.
Sedette accanto a Terence in silenzio religioso, ansiosa di vedere comparire la Baker sul palco.
Terence la guardava curioso, con la coda dell’occhio. Non voleva perdersi la reazione di Candy quando avrebbe visto sua madre e la speranza che potesse riconoscerla lo rendeva nervoso. Se avesse funzionato, probabilmente avrebbe potuto smettere di raccontarle menzogne.
Le aspettative di Terence però furono deluse, perché Candy non ebbe alcuna reazione particolare quando Eleanor salì sul palco.
Candy la guardò in visibilio, ammirava molto quella bravissima e bellissima attrice, c’era qualcosa in quella donna che la faceva sentire tranquilla e serena.
Si chiese come mai provasse una tale sensazione, ma non vi diede troppo peso visto che, nell’ultimo periodo, la sua vita pareva costellata di strane emozioni e sensazioni che non riusciva  a spiegare.
Quando lo spettacolo terminò, Candy, entusiasta, si dedicò ad applaudire l’intero cast e soprattutto Eleanor.
“Ti è piaciuta?”
“E’ fantastica! Oddio, grazie Terence, grazie davvero!” gli disse emozionata.
“Bene ora vieni con me, attenta a non perdermi … anzi” disse prendendola per mano e trascinandola via.
“Dove andiamo?”
“Uh, come siamo curiose, eh?” la prese in giro lui ridendo.
Quella risata cristallina, quel suo modo di fare scanzonato e canzonatorio la facevano sentire bene.
Quando lo vide fermarsi davanti al corridoio dove con ogni probabilità dovevano esserci i camerini e vide che chi di guardia lo fece passare senza alcuna domanda, si chiese se fosse possibile che la stesse addirittura portando a conoscere l’attrice.
“Ma Terence…”
“Su, non essere timida. Non ha mai mangiato nessuno.” Le disse lui mentre bussava a una porta.
La voce di Eleanor , proveniente dall’interno, li invitò a entrare.
L'attrice era emozionata, stava per rivedere quella giovane donna a cui doveva sia il suo ripristinato rapporto col figlio, che la salvezza del suo adorato bambino. Era stata Candy a insegnargli ad apprezzare la vita, ed era stata nuovamente Candy a salvarlo da sé stesso a Rocktown.
Eleanor ricordava ancora il giorno in cui l’aveva trovata in quel rocambolesco teatro itinerante. Aveva letto negli occhi di Candy quanto amava Terence e quando profondi fossero i suoi sentimenti. E sapeva che per Terence era lo stesso. Si ripromise di essere forte e di non lasciarsi prendere dalla malinconia e dall’emozione, anche se le sarebbe risultato difficile. E così fu. Non appena la vide entrare, gli occhi le si riempirono di lacrime. Era felice di vedere suo figlio riunito, seppur non come voleva, almeno non ancora, alla donna che amava. Era felice di vedere finalmente il figlio sorridere, di rivedere quella luce nei suoi occhi che sembrava  aver perso per sempre.
“Buonasera Terence, è un piacere vederti!” gli disse avvicinandosi e lasciando che il giovane le baciasse la guancia.
Candy li guardò sorpresa, non capiva che tipo di rapporto potesse esserci fra i due; erano decisamente intimi visto il modo in cui si erano salutati.
“Eleanor, ti presento Candice White Andrew.”
“Piacere di consocerti Candice.” la salutò Eleonor sorridendole.
“Il piacere è mio Signora Baker.”  La salutò lei.
“Eleanor, chiamami pure Eleanor, Candice.”
“Oh, va bene, e lei mi chiami pure Candy.”  rispose la ragazza cortesemente.
Chiacchierarono un po’ e , mentre Eleanor e Terence parlavano fra di loro, si rese conto di come i loro occhi si somigliassero. Avevano lo stesso sguardo fiero e ferito, triste e malinconico, lo sguardo di chi ha sofferto molto nella vita. C’era una profondità negli occhi di entrambi che la turbava. C’era una famigliarità fra i due e, per quanto fosse certa di non conoscere la Baker, si sentiva a suo agio con lei, così come la capitava con Terence, come se non fosse la prima volta che la incontrava.
“Ti vedo taciturna Candy, c’è qualcosa che non va?” le chiese Terence.
“Oh no, non mi volevo intromettere nel vostro discorso tutto qui. E poi credo che sia meglio che lasciamo riposare Eleanor ”
“Sì, hai ragione, meglio andare. Grazie ancora, ci vediamo presto.” Terence salutò la madre.
“A presto e grazie ancora per avermi dedicato del tempo, è stato davvero un onore poterla conoscere. L’ammiro tantissimo.”
“Oh, grazie a te Candy e passa pure a trovarmi se ti fa piacere.”
“Certo, grazie mille.” le rispose lei.
Era rimasta davvero affascinata. Non solo era una bellissima e bravissima attrice ma anche una donna molto dolce edalla mano.
“Allora?” le chiese Terence.
“Grazie. Sono davvero felice. Io … io non credevo di .. sai guardandola bene …”
“Guardandola bene?” la incalzò lui curioso mentre camminavano verso l’auto.
“Ti assomiglia lo sai? Avete la stessa profondità nello sguardo, lo stesso…” Candy pausò prima di continuare, sperava di non essere inopportuna.
“Sembra che abbiate patito un dolore simile e che i vostri occhi ne siano lo specchio. Sono un agitato mare in tempesta.” proseguì lei senza guardarlo negli occhi.
Proseguirono fino all’auto in silenzio perché Terence era rimasto colpito dalla considerazione di Candy, chissà che, in cuor suo, non avesse in qualche modo ricordato del legame che lo univa ad Eleanor.
Candy non osò proferire parola perché temeva di essere stata tropo invadente.
Così il viaggio di ritorno, dopo il fastidioso assalto dei giornalisti per rubare loro uno scatto, si svolse in silenzio.
Arrivati all’abitazione degli Andrew, Terence le aprì la portiera e la aiutò a uscire dall’auto.
 
“Spero che tu ti sia divertita.” le disse prima che lei entrasse.
“Sì grazie. Eh, Terence perdonami per prima, non volevo essere invadente.”
“Ok.” le rispose lui sibillino.
“Beh, allora a presto.”
“Aspetta!” la fermò lui. Avrebbe voluto baciarla ma non poteva, non doveva.
“Scusami, buona notte. Ci vediamo lunedì per la lezione di pianoforte allora?”
“Scusami, mi ero dimenticata ma ho un impegno. Avrei voluto dirtelo ma poi mi sono lasciata prendere dall’emozione e mi è sfuggito di mente. Possiamo fare martedì?”
“E sia.” le rispose lui. Con un galante inchinò la salutò e sparì nella notte.
Lei rimase abbastanza turbata dal suo comportamento. Le pareva che più riusciva a passarci del tempo insieme e meno lo capiva. Aveva certamente una personalità complessa e poliedrica e faticava a comprenderlo appieno.
 
Quella notte nessuno dei due dormì sonni tranquilli.
Candy aveva avuto la netta sensazione di aver detto qualcosa di sbagliato, nonostante non sapesse cosa.
Terence si era infastidito per quel suo posticipare la loro lezione senza spiegargliene il motivo. Lei non aveva impegni, cosa poteva esserci di così urgente da non poter essere rimandato? Temette una visita improvvisa di Patrick anche se sapeva che era un timore sciocco poiché, per quanto ne sapeva  lui, dal fidanzamento di Cornwell ed Annie Candy non aveva ricevuto più sue notizie.
Il collegamento fra Kathrine e Patrick fu immediato e Terence non  poté evitare di chiedersi quando Kathrine avrebbe scatenato la propria vendetta.
Dopo una domenica miserabilmente passata a crucciarsi nei dubbi, il lunedì Terence fu impegnato con le solite prove.
Candy attraversò New York, accompagnata da Archie, per andare a conoscere il suo nuovo tarapeuta.
Il dottor Matthews, un uomo sulla cinquantina, di bell’aspetto, finalmente la fece accomodare nel proprio studio. Candy era nervosa, l’idea di doversi raccontare a una nuova persona la turbava. Aveva faticato a instaurare un rapporto di fiducia con il dottor Price, ed essere consapevole di dover ripetere tutta la trafila non la entusiasmava, però si era ripetuta che, se quello era il prezzo per poter stare a New York e poter vivere nella stessa città del “ragazzo dei ricordi”, lo avrebbe pagato.
L’incontro andò decisamente meglio di come si era aspettata. Il dottore le era risultato simpatico ed era riuscito a metterla subito a suo agio.
Gli aveva raccontato dei pochi ricordi che le erano tornati alla mente e di come ciò fosse successo. Avrebbe voluto chiedere al dottore come mai la sua mente pareva reagire solo in presenza di Terence, ma poi preferì tenere quel dubbio per sé stessa.
Il dottore, istruito a dovere dal collega e da Albert, si era a fare quanto richiestogli. Non concordava pienamente con il dottor Price nella scelta di mentire alla signorina Candice circa la questione del signor Graham ma, se sia il suo collega che i parenti preferivano che lei ricordasse spontaneamente, avrebbe provato a seguire la loro linea per un po’. Peraltro, era anche a conoscenza del fatto che la presenza del signor Graham pareva riuscire a risvegliare la coscienza della signorina Candice e ,potendolo frequentare con una certa assiduità, dato il trasferimento, era abbastanza certo che la mente della ragazza non avrebbe tardato e restituirle altri ricordi. Si domandava però se la sua mente si rifiutasse di ricordare a causa del dolore per la separazione della persona che amava e se la sola vicinanza con tale persona potesse essere così forte da riuscire a sbloccarla.
Sapeva che il suo collega gli aveva lasciato una bella gatta da pelare. La situazione era complessa, sia per la storia in sé che per le personalità coinvolte. Conosceva di fama il signor Graham, con il quale per altro fece mente locale di voler prendere un appuntamento, e conosceva anche la famiglia Andrew. Anche se il Signor William gli era sembrata una persona educata e a modo, era pur sempre il capostipite di una delle famiglie più ricche d’America.
Assorto nei suoi pensieri, si accese un sigaro.
 



NDA: Ed ecco a voi la mia adoraat Eleanor!
Io l'amavo quella donna! E non solo per aver messo al mondo Terence!
per stavolta, evito di rompere, ringrazio tutte e vi lascio leggere!
Ragazze ho postato ben 180 pagine di 300...vuol dire che ci sono solo 120 pagine che ci separano dalla fine!

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Capitolo 25
*** Lezioni di piano ***


Lezioni di piano
 
colonna sonora.
 

 
“Se io profano con la mia mano indegna
questo santuario è un peccato gentile ...
le mie labbra come due pellegrini chiedono la grazia
di riparare la rude offesa con un dolce bacio.”
  • Romeo & Juliet - Shakespeare -
     
 
Quel martedì mattina Archie ebbe l’impressione che Candy fosse decisamente irrequieta. Continuava a fissare l’orologio a pendolo collocato nella sala dove erano soliti fare colazione e, nervosamente, cercava di portare uno dei suoi riccioli ribelli dietro l’orecchio.
Quella mattina i suoi capelli non ne avevano voluto sapere di lasciarsi domare.
La guardò più attentamente e si rese conto che indossava un velo delicato di trucco e un abito decisamente non “casalingo”. Si chiese se dovesse uscire ma, solo quando verso le dieci suonarono alla porta ed il signor Miles fece accomodare Granchester, Archibald comprese il bizzarro comportamento della cugina. Lo infastidiva vedere come, nonostante l’amnesia, lei fosse in balia dei sentimenti che provava per quell’inglesastro da strapazzo.
Lui lo salutò a mala pena e, con la scusa di aver del lavoro da sbrigare, si dileguò.
Chiese ad Annie di fargli compagnia per pranzo, voleva portarla fuori. Dovevano finire di discutere di alcuni dettagli relativi al loro matrimonio.
 
Candy era decisamente nervosa quella mattina. L’ultima sera che aveva visto Terence, lui si era comportato in modo bizzarro.
Lo guardò mentre salutava Annie e le porgeva una busta, intuendo che ci fossero i biglietti che le aveva promesso per poter andare a vedere la Baker. Fu solo qualche minuto dopo, quando un adorante e grato Archie gli si gettò quasi al collo per ringraziarlo, che ne ebbe la conferma.
Rimase sbalordita del cambiamento che poteva subire il comportamento del cugino nei confronti di Terence, eppure continuava a non spiegarsi perché avesse la netta sensazione che fra i due ci fosse acredine.
“Ciao, grazie per essere venuto.”
“Come stai?”
“Meglio. Ero un po’ nervosa all’idea di conoscere il mio nuovo terapeuta, ma il dottor Matthews, contrariamente a quanto immaginavo, è abbastanza simpatico e mi ha messa a mio agio.”
“Sei andata dal terapeuta?”
“Sì, ieri mattina. Ti ho accennato che avevo un impegno ed è per tale motivo che avevo rimandato la nostra lezione.” rispose lei.
Terence si sentì davvero sciocco. Aveva temuto l’impossibile e non aveva nemmeno lontanamente pensato alla cosa più ovvia. Sapeva che Candy sarebbe stata seguita da un medico e sapeva anche che non aveva ancora avuto modo di conoscere il suo nuovo dottore.
“Che ne dici di iniziare la lezione?” le chiese lui sorridendole, sollevato.
Candy notò il suo cambio d’umore e si chiese a cosa fosse dovuto. Quando era entrato dalla porta, non gli era sembrato particolarmente in vena di compagnia e aveva temuto che la lezione si sarebbe svolta in un imbarazzante silenzio.
Terence si dimostrò un maestro attento ed esigente. Il tempo con lui volò e Candy fu felice di aver accettato la sua offerta. Poteva passare delle ore preziose con lui quasi ogni giorno e avere una scusa plausibile per vederlo. Si chiese se fosse il caso di fingersi meno brava di quanto non fosse in realtà, poi rise di quanto aveva pensato, poiché probabilmente avrebbe ottenuto il risultato contrario rispetto a quello sperato e lui avrebbe deposto le armi esasperato.
Ogni tanto si scopriva a osservarlo mentre con le sue lunghe e affusolate dita accarezzava quei fortunati tasti del pianoforte. Nuovamente si sorprese dei pensieri che la mente le suggeriva. Ebbene sì, invidiava quei tasti perché avrebbe voluto essere lei l’oggetto di tali delicate e amorevoli cure.
Arrossì e sperò che lui non se ne accorgesse.
“Hai caldo Candy?” le chiese lui notando il rossore improvviso sulle sue guancie.
“Oh no, non ti preoccupare.” rispose lei cercando di distogliere l’attenzione del giovane dalle proprie gote color ciliegia.
Anche per Terence non era facile concentrarsi sul suo compito. Avrebbe preferito mille volte poter stringere quelle mani che ogni tanto si limitava a sfiorare al fine di correggerla, baciare le sue dolci labbra che ogni tanto assumevano una buffa curvatura, specie quando cercava di concentrarsi.
Il profumo di lei rischiava di farlo impazzire. Si chiese se non si fosse sopravvalutato offrendosi di insegnarle a suonare. Era certo di poterle resistere ma, dopo un paio di ore a stretto contatto con lei, le sue certezze erano state minate. Non voleva però, e non poteva certo, tirarsi indietro. Per quanto dovesse lottare con sé stesso per tenere a bada il Terence Granchester che Candy aveva conosciuto a Londra e che premeva per emergere, era troppo piacevole poter passare del tempo con lei e non avrebbe concesso alla propria debolezza di ostacolarlo.
Tutto sommato era un bravo attore e, per quanto non gli piacesse l’idea di “indossare la maschera” proprio con lei, era l’unico modo per poterle celare i suoi mille pensieri.
“A che pensi?” le chiese lei notando come fosse ad anni luce di distanza.
“Mi stavo concentrando sulle note.” le mentì lui.
Lei si incupì, sperando che non stesse pensando alla sua defunta compagna. Se solo fosse stata un’altra persona, con un altro carattere, forse avrebbe azzardato a sondare il terreno, ma non era da lei ed era certa che ne avrebbe ottenuto una risposta tutt’altro che pacifica.
 
La prima settimana di lezioni si svolse secondo una certa routine e Candy cominciava ad avvertire i primi impercettibili miglioramenti. Era un po’ che non aveva ricordi e, al seguente incontro con il dottor Matthews, non avrebbe avuto molto da raccontargli.
Ma per lei era sufficiente stare con Terence e avere modo di conoscerlo meglio.
Sabato mattina ricevette una lettera di Miss Pony e Suor Maria.
 
Fu  proprio nell’istante in cui terminò di leggere la loro missiva che presa una decisione.
Avrebbe chiesto consiglio ad Albert e Archie e avrebbe ripreso le redini della propria vita.
Avrebbe coinvolto anche Annie.
Entusiasta, decise di fare un giro in giardino. Archie e Albert erano fuori per lavoro e non sarebbero rientrati prima di sera.
Annie era indaffarata con i preparativi per il matrimonio. Terence e Karen erano impegnati in teatro, il sabato successivo si sarebbe tenuta la prima dell’Amleto.
Candy sapeva che Terence era preoccupato che Kathrine decidesse di vendicarsi proprio quella sera.
 
Quel sabato mattina Terence aveva un appuntamento col dottor Matthews. Non era rimasto particolarmente sorpreso di ricevere una sua telefonata, del resto se era davvero lui la causa del blocco di Candy, era pur normale che il medico volesse parlarne con lui.
Non credeva che il terapeuta sarebbe andato così a fondo nella sua analisi e che lo avrebbe tempestato di domande.
Gli chiese di rivivere la separazione.
Terence si alzò di scatto e fece per andarsene.
“Signor Graham, capisco che possa essere doloroso, parlarne potrebbe aiutarla a superare quel tragico evento e soprattutto potrebbe aiutare me a guidare la signorina Candice nel suo percorso fra le vie dei suoi ricordi…”
Terence si sedette nuovamente. Rimase in silenzio per qualche minuto, poi cominciò lentamente, con la voce che gli tremava. Lo doveva fare per la sua Tutte Lentiggini e per loro.
“Ricordo ancora il dolore e il tormento che provai quando constatai che Susanna era rimasta invalida per salvarmi la vita.  Era un periodo felice per me, stavo finalmente per ricongiungermi con Candy… invece quel faro … beh, si era portato via tutti i miei sogni.
Ero attanagliato dal dubbio e stretto nella morsa del dolore… mi sentivo colpevole dottore, colpevole come non mai. Non avevo avuto il coraggio di dire a Candy cosa fosse successo a Susanna e l’avevo lasciata venire a New York carica di speranze. Il nostro incontro fu così surreale… lo avevo aspettato tanto eppure lo spettro di quanto successo aleggiava sul mio capo e non mi permetteva di comportarmi liberamente.
Ero combattuto, avrei voluto tenerla con me, dirle ciò che sentivo, ma in cuor mio sapevo che le cose sarebbero andate diversamente. Così mi proibii di abbracciarla e di dirle ciò che provavo, sperando che la separazione fosse meno dolorosa.
E poi, sinceramente, non ricordo molto se non un dolore sordo, fisso e costante che mi martellava nel petto e nello stomaco. Mi sentivo male, volevo sparire, sprofondare. Quando la rincorsi giù per quelle dannatissime scale, non avrei voluto lasciarla andare. Ma lei aveva deciso, non potevo oppormi. E poi quella stupidissima promessa, come potevo andare avanti, vivere la mia vita, se mi stavano strappando il cuore?” Terence alternava brevi frasi a profondi respiri. Non aveva mai e poi mai voluto rivivere il momento della loro separazione per raccontarlo a qualcuno. Non lo aveva mai raccontato nemmeno ad Eleanor. Si dovette ricordare diverse volte che lo stava facendo per Candy e che tutto il dolore che stava rivivendo e riportando alla luce, probabilmente sarebbe servito al dottore per aiutare la sua Tutte Lentiggini a ricordare. E quando, finalmente, maturò quel pensiero, pensò poi che forse sarebbe stato meglio se non avesse ricordato. Perché doveva farle rivivere quel dolore intenso, straziante davanti al quale si sentiva impotente.
“Non si fermi, immagino che stia pensando che forse non vale la pena fare rivivere alla signorina Candice tutto questo dolore. Ma si sbaglia, sia perché siete pronti ad andare avanti e a voltare pagina, sia perché è giusto che lei si riappropri del suo passato.”
“Lo so. Ma non mi piace l’idea che soffra.” si ritrovò ad ammettere lui.
Il dottore si limitò a guardarlo in silenzio e ad attendere che si sentisse pronto per riprendere il discorso.
“Non so dirle molto altro se non che sono certo di aver infranto i suoi sogni e le sue speranze nel peggiore dei modi, dottore. Le avevo persino mandato un biglietto di sola andata per New York, sicuramente aveva immaginato il perché di quell’unico biglietto… il resto credo che lo sappia, immagino che il signor Andrew l’abbia già messa al corrente.”
“Direi che può bastare, signor Graham. Ma se sentisse la necessità di parlarne ancora, la prego, mi chiami. Non potrebbe che farle bene riuscire a elaborare quel dolore che si porta nel cuore.” gli disse il dottore, sincero.
 
Terence lasciò quello studio prosciugato di tutte le energie mentali e fisiche di cui disponeva.
Aveva la nausea, gli girava la testa e voleva vederla. Aveva sentito la necessità di vedere i suoi splendidi smeraldi sorridere per cancellare la bruttura e l’orrore di quella separazione che aveva dovuto rivivere. Così, come un automa, salì in auto e magicamente si ritrovò a bussare alla sua porta. Il signor Miles lo fece accomodare e andò a chiamare Candy.
“Terence, non ti senti bene?” chiese lei preoccupata, notando il pallore che aveva assunto il volto di lui. Si era preoccupata quando il signor Miles aveva bussato alla sua porta dicendole che il signor Graham chiedeva di lei, non era certo da lui presentarsi senza un invito.
Solo quando la vide e lei gli rivolse la parola Terence sembrò tornare alla realtà. Solo in quel momento si rese conto di aver guidato verso Villa Andrew e di essersi presentato da lei senza alcun invito.
“Scusami io …”
“Che succede? Vieni, andiamo a fare un giro in giardino.” Suggerì lei prendendolo per mano e guidandolo fuori. Quel semplice gesto riuscì in qualche modo a tranquillizzarlo. Il contatto con la sua mano calda, che avvolgeva la propria, era così rassicurante. Lei era lì vicino a lui, il brutto periodo era terminato e, come aveva detto il dottore, erano pronti ad andare avanti.
“Scusami, non avrei dovuto presentarmi senza un invito o senza avvisare…”
“Non essere così formale con me. Ti ho mai dato l’impressione che le tue visite mi diano fastidio? Ti ho cacciato per esserti presentato senza preavviso?” gli chiese lei fissandolo con quei due smeraldi che sembravano ardere.
Fu in quel momento che Terence capì che la sua Candy non era cambiata, era lei, era lì davanti a lui e non gli stava chiedendo nulla. Era lì a sopportare i suoi silenzi, i suoi cambi repentini d’umore. Era lì che desiderava poter passare del tempo con lui. La guardò e fu tentato di sfiorare le sue labbra, perché la desiderava come non mai. Aveva bisogno di lei in quel momento, aveva bisogno di sentirla vicina, di sentire il suo amore. Perché lui aveva rivissuto quel terribile momento e non era pronto. Non lo avrebbe mai dimenticato. E l’unica cosa che avrebbe potuto tranquillizzarlo, in quel momento, era lei, la sua presenza, il suo sorriso e quell’amore per lui che trapelava dalle sue premurose parole e dai gesti. Nel momento in cui lei, per la prima, decise di prendere l’iniziativa e, alzandosi sulla punta dei piedi, sfiorò le sue labbra, non poté evitare di chiedersi se lei gli avesse letto dentro. Se avesse letto l’urgenza che aveva di lei, quel bisogno primordiale che sentiva di poterla tenere vicino. Si chiese se la sua Signorina Tutte Lentiggini non avesse preso il sopravvento sulla “nuova Candice” portandola a compiere quel gesto. Rimase piacevolmente sorpreso e la strinse a sé così forte che nessuno gliel’avrebbe potuta portare via.
Quando sciolsero quel lieve bacio lei arrossì, ma lui non sciolse quell’abbraccio in cui la stava proteggendo. La obbligò, in un certo qual modo, a fissarlo negli occhi e a leggervi quel grazie che stava pensando ma che non riusciva ad articolare, sperando che lo recepisse.
Lei gli sorrise e quell’accenno di timidezza che sembrava aver provato poco prima sembrò sparire, mentre con le braccia gli cingeva la vita per restituirgli quel caldo e rassicurante abbraccio.
 
“Vuoi dirmi cosa è successo?!” Azzardò lei rompendo quel silenzio sacro.
“Fantasmi dal passato.” rispose lui rimanendo vago.
Lei non volle insistere e si accontentò di quella sua risposta, anche se la spiazzò sapere che il suo stesso passato riusciva a turbarlo a tal punto. Quando però si rese conto che, preso dai propri timori, era lei che aveva cercato, era in lei che aveva cercato riparo e rasserenamento, era in lei che aveva cercato un comprensione, affetto e complicità, non poté non essere felice. Doveva pur significare qualcosa.
Terence guardò l’orologio all’improvviso e si rese conto che se non si fosse sbrigato sarebbe arrivato tardi alle prove.
“Sei in ritardo?”
“Quasi.”
“Vai pure allora.”
“Mi spiace … sono piombato così in casa tua …”
“Per farti perdonare potresti passare prima domani e fare una passeggiata a cavallo con me?”
“Domattina?”
“Va benissimo.”
“Allora a domani.” disse baciandole la guancia e correndo via.
Era sempre più convinto di quanto la sua Tutte Lentiggini fosse speciale. Corse alle prove e sperò che il tempo passasse in fretta perché non vedeva l’ora di rivederla.
Si sfiorò le labbra ricordando il leggero bacio che lei gli aveva dato.
Di quali altre conferme aveva bisogno? Era evidente che lei ci tenesse a lui, nonostante Terence fosse consapevole che Candy si sentiva combattuta, perché trovava strano ciò che le stava accadendo.
 
Candy passeggiò in giardino per un po’ prima di tornare in casa. Stava cercando di fare pace con sé stessa perché, se ripensava a quanto aveva osato essere ardita, si spaventava di ciò che quel ragazzo riusciva a farle fare. Non riusciva a controllarsi quando stava vicino a lui, le sembrava così naturale preoccuparsi per lui, volergli stare vicino, volerlo baciare e  … volergli bene … perché era evidente che gliene volesse. Erano passati poco più di quattro mesi da quando si erano conosciuti e Candy si chiese se fosse possibile sviluppare un sentimento così profondo in un tempo così breve, specie non avendo avuto modo di frequentarlo molto, se non nelle ultime due settimane.
Eppure il messaggio che il suo cuore le lanciava era più che evidente e non poteva ignorarlo.
Mentre tornava a casa, Terence rifletté che ormai era passato un anno dalla morte di Susanna. Poteva finalmente sentirsi un uomo libero e smetterla di preoccuparsi di eventuali illazioni da parte della stampa. Nonostante tutto, non si sentiva ancora pronto per affrontarli, nonostante avesse tutto il diritto di cominciare  a vivere, se lo avessero fotografato nuovamente con Candy, avrebbero sicuramente cominciato a circolare voci sulla natura della loro amicizia. Già dopo la prima dello spettacolo di Eleanor, non erano mancati dei trafiletti che alludevano a una probabile nuova fidanzata per lui, illazioni alle quali aveva prontamente risposto, ricordando loro che aveva perso la propria compagna da poco meno di un anno. Ne aveva parlato con Candy e le aveva chiesto scusa, perché sapeva che i giornalisti non avrebbero perso occasione per dire sciocchezze; lei aveva capito la sua situazione e non si era assolutamente lasciata impressionare dalle stupidaggini che nei giorni successivi aveva letto. Era solo scioccata del poco rispetto che i giornalisti riuscivano a dimostrare nei confronti di Susanna.
 
La mattina seguente, Terence era decisamente di un umore migliore. Era libero.
Si recò al suo appuntamento con Candy.
Lei lo accolse sorridente e pronta per la passeggiata a cavallo. Aveva fatto sellare due cavalli.
“Ti va se ne prendiamo uno solo?” suggerì lui. Era una buona scusa per tenerla abbracciata a sé e starle più vicino.
“Per me va bene.” rispose lei, anche se non era certa di essere pronta  a salire nuovamente su un cavallo. Il pensiero di entrambi corse a quel giorno in cui lei aveva ricordato la morte di Anthony.
Lui la guardò, avrebbe voluto chiederle se era certa che fosse una buona idea ma lei lo precedette e lo rassicurò.
“Non ti preoccupare, prometto di non dare di matto.”
“Oh no Candy, sono solo preoccupato per te.”
“E non devi.” rispose lei sorridendo.
In effetti i timori di entrambi si rivelarono infondati. Lei all’inizio più rigida e nervosa, si rilassò poco dopo, notando che nessun brutto ricordo tornava a turbarla.
Mentre cavalcavano nel grande giardino, lei si strinse a Terence e lasciò che il calore del suo corpo la scaldasse e la rassicurasse. Quelle schiena forte e virile, quel petto scolpito, quel profumo di lavanda che la faceva sognare … Anche lui si beava della stretta delle esili braccia di Candy attorno alla propria vita. Ad un certo punto si fermò, scese da cavallo e la invitò a raggiungerlo.
Lei saltò giù, appoggiandosi alla sua mano.
“Sono proprio stufa di essere rinchiusa fra queste quattro mura.”
“Mi spiace. Io, invece, mi sento tranquillo fra queste quattro mura.” le rispose e fece accompagnare le proprie parole da un gesto. La sua mano si mosse in direzione di quella di Candy, per avvolgere le proprie dita attorno alle sue e tenerla stretta. Portò poi la mano vicino alla sua bocca e la sfiorò con un bacio mentre i suoi due zaffiri cercarono i verdi smeraldi di lei. Lei gli sorrise e le guance assunsero un colore purpureo. Per quanto si fossero baciati più di una volta, per quanto, seppur raramente, si erano già presi per mano, quei gesti così intimi la facevano arrossire e scatenavano lo sfarfallio nel suo stomaco.
“Lo capisco. Ma io vorrei vedere il mondo. Vorrei visitare New York.”
“Sono pessimo vero? Ti dovrei portare in giro e mi limito a venire a trovarti qui, nel tuo piccolo mondo. Sai, è passato un anno dalla morte di Susanna e, nonostante io abbia il diritto di andare avanti, certi squali andrebbero a nozze se ci fotografassero nuovamente insieme.”
“Immaginavo. E se ti camuffassi come quando siamo andati a Central Park?” propose lei. La voglia di poter evadere da quelle quattro mura, e il desiderio di poterlo fare con lui, erano evidenti.
“Posso pensarci. Promettimi di non rimanerci male se dovessi decidere che non è il caso.”
”Promesso. In fondo, per quanto voglia evadere, voglio poterlo fare con te.” ammise lei portando la mano di lui, che stava stringendo, verso le proprie labbra, con le quali si azzardò a sfiorarla.
Lui le sorrise, l’amava. Amava quei suoi piccoli gesti che gli parlavano, seppure indirettamente, del sentimento che li legava.
“Grazie. So di essere un po’ complicato.”
“Solo un po’?” lo prese in giro lei.
“Se dovessi pensare che è troppo per te Candy, capirei …”
“Oh no, ma cosa stai dicendo? Io … non so più come dirti, come farti capire che …” iniziò lei ma le parole le morirono sulle labbra.
“Che?” la incalzò lui.
“Sto bene insieme a te. Sto bene quando sei con me.” ammise lei sentendo avvampare le proprie guance. Non aveva voglia di dovergli nascondere ciò che provava, e poi dopo averlo baciato ieri, c’era decisamente poco da nascondere.
Per tutta risposta, come suo solito a corto di parole, Terence si limitò ad attirarla a sé e a stringerla forte. Immerse il viso nella sua chioma per respirare affondo il suo profumo. Lei si lasciò avvolgere dal suo abbraccio, del resto non c’era altro posto in cui avrebbe voluto trovarsi.
Quando poi lui si scostò leggermente e le prese il viso fra le mani, fissandola negli occhi, lei capì che anche lui doveva sentire la stessa. Sì limitò ad abbozzare un timido sorriso e socchiuse gli occhi attendendo quel dolce e agognato contatto con le sue labbra. Lui sentì che l’unico modo in cui avrebbe potuto comunicarle cosa sentiva, spiegarle quell’uragano che le sue parole avevano scatenato dentro di lui,  farle sentire le emozioni che stavano tramortendo il suo cuore in quel momento, era di baciarla. E così, lo fece. Nuovamente pensò che il suo proposito di mantenere la loro relazione su un piano amichevole non poteva funzionare. Si amavano, ed era evidente, lampante, chiaro come il sole. Avrebbe voluto mostrarla al mondo come la sua fidanzata, ma non poteva, non ancora. Sapeva che il mondo dello spettacolo sarebbe stato spietato con entrambi e non voleva assolutamente sottoporla  a ciò. Inoltre, sperava ardentemente che lei ricordasse. Per quanto fosse certo che, una volta ricordato, si sarebbe potuta arrabbiare a avrebbe potuto decidere di non perdonare le sue menzogne, preferiva che lei ricordasse e che si riappropriasse del loro passato. Mentre la baciava, scacciò quei pensieri dalla mente e si concentrò solo su quelle labbra di miele che stava accarezzando dolcemente. Nuovamente optò per non approfondire quel bacio. Ci sarebbe stato tempo.
 
Karen e Albert si erano incontrati per colazione quella mattina. La loro relazione stava crescendo ed erano persino stati fotografati insieme. Diversi giornali scandalistici avevano insinuato che il cuore del magnate degli Andrew fosse stato catturato e lui non si era certo premurato di smentire. Perché avrebbe dovuto farlo? Nessuno dei due aveva una relazione, non doveva rendere conto a nessuno, per cui se i giornalisti volevano insinuare, che fossero liberi di farlo, perché lui non aveva intenzione di preoccuparsi di loro.
Finché non ledeva i diritti altrui, era libero di comportarsi come meglio credeva. Stava corteggiando la giovane Klays e si stava comportando come un perfetto gentiluomo, non aveva nulla di cui preoccuparsi o di cui rimproverarsi.
I lavori per l’ampliamento delle vie di New York procedevano al meglio, i suoi nipoti sembravano essere tranquilli e felici, Candy stava ritrovando la propria dimensione e, a piccoli pezzi, anche la memoria e lui, finalmente, aveva trovato un regina per il suo cuore.
Pensò che la vita non potesse andare meglio di così.
Purtroppo, Albert non poteva immaginare che, di lì a breve, avrebbe avuto a che fare con la vendetta di qualcuno.
Eh sì, perché la notizia che proprio agli Andrew fossero stati affidati i lavori per la città New York, non poté non giungere a certe orecchie.
 
Karen stava vivendo la nascita di quell’amore con un ritrovato entusiasmo. Si sentiva come una ragazzina alla prima cotta, una ragazzina fortuna, perché Albert era davvero un uomo fantastico. Non solo era bello, colto e facoltoso, ma gentile premuroso ed educato come pochi, oltre che interessante ed estremamente alla mano. Non la faceva mai sentire a disagio e si preoccupava sempre per lei. Albert non voleva assolutamente che la loro relazione danneggiasse la carriera della ragazza, ma lei lo aveva rassicurato.
Effettivamente era così, fino a che nessuno era al corrente che lui fosse il nuovo sovvenzionatore della compagnia Stratford, non correvano rischi.
Karen sembrava rinata da quando lo aveva conosciuto. Tutti a teatro se ne erano accorti e si erano chiesti se il giovane uomo che l’aveva attesa diverse volte, dopo le prove, ne potesse essere il  motivo. Quando poi erano comparsi i primi articoli sui giornali, Karen aveva udito il vociare fastidioso di alcune colleghe invidiose, ma aveva preferito sorvolare, non avrebbe lasciato che la cattiveria della gente le rovinasse quel periodo magico.
 
Archie e Annie andarono a teatro il lunedì sera. Annie rise del proprio futuro marito e di come questi guardava la Baker adorante. Se Eleanor fosse stata più giovane forse l’avrebbe dovuta temere, perché la stima del suo fidanzato e l’ammirazione per quella donna sembravano sconfinate.
Quando rincasarono, Archie, come un fiume in pena, rese partecipe Albert e Candy di quella fantastica serata, senza omettere il minimo dettaglio.
Sia Albert che Candy sorrisero del suo entusiasmo e Candy sperò che Archie potesse finalmente imparare a trattare Terence con maggiore gentilezza, del resto era pur sempre merito suo se il cugino aveva potuto finalmente vedere la sua attrice preferita.
Quella serata trascorse così in assoluta serenità, come tutta la settimana a seguire.
Le lezioni di piano di Candy continuarono e così i suoi incontri con Terence. Venerdì mattina, il giorno precedente la prima dell’Amleto, Terence chiese a Candy se l’indomani avrebbe potuto raggiungerlo in teatro, prima dello spettacolo, e le chiese di passare dal camerino.
“Un’ora prima direi, se non ti dispiace. Lascerò il tuo nome a chi di guardia.” Le aveva detto lui stupendola. Ricordava ancora le parole con cui Robert l’aveva avvertita che a Terence non piaceva vedere nessuno prima di salire sul palco.
Si chiese come mai volesse vederla, il perché di quella imprevedibile richiesta. Ma preferì non chiedergli nulla.



NdA: Hola! Consapevolissima del fatto che necessitasse un'altra rilettura ma anche del fatto che non ho tempo, vi regalo lo stesso il capitolo, tanto ormai ho capito che dovrò dimenticarla un po', per lasciarla sedimentare e poi passare nuovamente a correggerla da capo!
Belli eh sti noiosi capitoli di passaggio? LOL
Bene, allora, chi ci farà arrivare a ben 10 preferite? o almeno 12 seguite? Scusate, scherzo, non tiratemi i pomodori!
Vi ricordo, inutilmente, lol, la mia paginetta su Facebook: I soliloqui di AlbionMay
Sapete che sto scrivendo un'originale drammatico-romantica, che sto pubblicando su efp, una fantasy e una romantico-divertente, che ancora non trovate?! A qualcuno interessano o una volta finite le mie su Candy e Terence vi perderò per strada?
Un abbraccccio!

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Capitolo 26
*** Fra palco e realtà ***


Capitolo XXV
 
Tra palco e realtà
 
- Hamlet di Morricone
 
“Essere o non essere, questo è il problema: se sia più nobile d'animo sopportare gli oltraggi, i sassi e i dardi dell'iniqua fortuna, o prender l'armi contro un mare di triboli e combattendo disperderli. Morire, dormire, nulla di più, e con un sonno dirsi che poniamo fine al cordoglio e alle infinite miserie naturale retaggio della carne, è soluzione da accogliere a mani giunte.
Morire, dormire, sognare forse: ma qui é l'ostacolo, quali sogni possano assalirci in quel sonno di morte quando siamo già sdipanati dal groviglio mortale, ci trattiene: é la remora questa che di tanto prolunga la vita ai nostri tormenti.


 
  • William Shakespeare, Amleto -
 
Quel sabato Terence era nervoso. Da fonti certe era venuto a conoscenza che i Griffiths sarebbero stai presenti alla prima.
Era sicuro che si sarebbero presentati anche alla festa che si sarebbe tenuta dopo la grande serata.
Ben poche personalità di spicco erano riuscite ad assicurarsi dei posti per la prima. Quando il pubblico seppe che il ruolo di Amleto era stato nuovamente affidato a lui, i biglietti erano andati a ruba e così anche gli inviti. Aveva sperato ardentemente che Kathrine avesse capito l’antifona e che avesse deposto le armi, ma dubitava che un tale miracolo potesse accadere.
Quel tardo pomeriggio, quando giunse in teatro, cercò di evitare alla meglio giornalisti e fans. Aveva bisogno di ritrovare la concentrazione e la folla, per quanto ormai vi fosse abituato, riusciva comunque a infastidirlo e turbarlo, specie i giornalisti con le loro sciocche domande.
“Mi raccomando, non lasciare passare nessuno. Si presenterà verso le 18.30 la signorina Andrew ed è l’unica che puoi fare passare. Ho sopraseduto diverse volte alle incursioni della Griffiths nel backstage ma oggi non transigo. Sappi che, se dovessi vederla nei pressi del mio camerino, questa volta mi lamenterò con Robert.” aveva detto aspramente a chi di guardia all’accesso ai camerini.
Era sempre stato tollerante ma non quel giorno. Non voleva assolutamente vedere Kathrine e non voleva essere disturbato dalla sua molesta presenza.
 
Così, si chiuse nel camerino e, come suo solito, chiuse il mondo all’esterno.
L’impazienza per la visita di Candy si faceva sentire, ma non avrebbe lasciato che la cosa influisse sulla sua concentrazione.
Gli era sembrato così naturale chiederle di passare da lui prima dello spettacolo, voleva il suo in bocca al lupo, voleva averla tutta per sé per cinque minuti prima di diventare Amleto; voleva trovare, anche in quel amore così complicato e così totalizzante, la forza della disperazione da riversare nel suo personaggio.
 
Candy aveva passato una giornata alquanto bizzarra, l’attesa di quell’appuntamento l’aveva catapultata in uno stato di apprensione.
Certa che Terence non amasse ricevere visite prima delle sue performance, si chiese cosa avesse di così importante da doverle comunicare e perché mai non glielo avesse detto il giorno prima. Non l’aveva sfiorata, nemmeno lontanamente, l’idea che lui volesse vederla prima di salire sul palco per specchiarsi nei suoi splendidi occhi e trarre energia dall’amore che provava per lei. Non l’aveva sfiorata la semplice idea che lui potesse desiderare che lei gli augurasse un in bocca al lupo. Non era da lui, certo, ma, nell’ultimo periodo, si era ritrovato a fare diverse cose che “non erano da lui”, perché ciò a cui più tenerva era la sua Tutte Lentiggini e per lei era capace anche di cambiare e smussare quel suo animo irrequieto che lo aveva sempre caratterizzato. Capitava, non di rado, che il Terence impulsivo e irrequieto si ripresentasse alla porta e protestasse contro il Terence relativamente pacato e accondiscendente che si era impossessato di lui.
Rise di sé stesso e di come teneva a bada il suo vero io per il bene della sua Tarzan. Se si fosse comportato come ai tempi della St. Paul School, cosa avrebbe pensato Candy di lui? L’avrebbe capito? Infondo al cuore sapeva che avrebbe letto dietro i suoi modi burberi, ne era certo.
 
Candy arrivò in teatro con il cuore che le batteva a mille.
Il ragazzo all’ingresso del backstage la lasciò passare ma, proprio mentre accennava i primi passi lungo il corridoio, incontrò Robert che si sorprese almeno quanto lei di quella strana richiesta del giovane attore.
“Signorina Candice, sta sicuramente avendo un effetto benefico sul nostro Terence se addirittura chiede di vedere ospiti prima dello spettacolo. Come sa anche lei…”
“ Ricordo precisamente le sue parole Signor Hathaway e quanto Terence odi essere disturbato prima di una performance.”
“Spostati e fammi entrare.” una voce che Candy riconobbe subito, proferì quella parole con tale disprezzo e boria che sia lei che Robert non poterono non voltarsi.
“Signorina Griffiths, mi spiace ma non può entrare.”
“Ti ho detto togliti se ci tieni al tuo lavoro.”
“Signorina Griffiths, la pregherei di non minacciare le persone che lavorano per la compagnia. Sa benissimo che non consentiamo a nessuno di passare nei corridoi del backstage prima dello spettacolo.” Robert si rivolse a lei con un tono fermo.
“E quella biondina? Cosa crede, che non l’ho vista? Se tu vai da Terence ci vado anch’io cara mia.” Kathrine proferì quelle parole cariche di disprezzo per Candy,
“Candy! Per fortuna sei arrivata! Non so proprio come avrei fatto se non mi avessi portato la borsa che ho dimenticato, grazie amica mia!” disse Karen sbucando fuori da uno dei camerini, portando via Candy.
“Karen Klays, mi pagherai anche questa!” strillò Kathrine che ormai era a conoscenza di quale fosse il punto debole dell’attrice.
Se ne andò come una furia e si promise di rovinare loro la festa e di vendicarsi. Gli Andrew gliel’avrebbero pagata. Se voleva ferire Karen e Terence non c’era migliore modo se non colpendoli dritti al cuore.
“Grazie.” Candy si ritrovò a ringraziare Karen mentre la scortava verso la stanza di Terence.
“Candice, fa’ attenzione stasera, ti prego. Kathrine è un osso duro e soprattutto è perfida. Non so se sia il caso di raccontare a Terence …”
“No Karen, lascia stare per favore. Non voglio che si preoccupi. Non voglio assolutamente che, la sera della prima, la sua quiete venga turbata da quella ragazzina. Mi so difendere da sola.” rispose Candy, nel tentativo di convincere più sé stessa che la sua  nuova amica.
Le fece l’in bocca al lupo e la salutò, poi bussò alla porta di Terence. Per un momento ebbe un déjà vù di quella serata di  mesi prima in cui aveva ricordato… quando era arrivata allora, lui era preoccupato e l’aveva avvolta nel suo caldo abbraccio.
“Candice, finalmente.” l’accolse lui con un sorriso, aprendole la porta.
“Terence, come stai?” gli chiese lei preoccupata, non sapeva cosa aspettarsi.
“Perché quello sguardo preoccupato?” le chiese lui e lei cadde dalle nuvole.
“Perché mi hai chiesto di venire qui? Tu odi essere disturbato …”
“Sì, è vero, odio essere disturbato e?””
“E …” ripeté lei.
Forse voleva sentirsi che non era il suo caso, ma lui glissò. I suoi silenzi erano ancora la parte preponderante di lui che mai e poi mai sarebbe riuscito ad abbandonare.
La prese per mano e la fece accomodare.
Le sorrise e le porse un bicchiere di limonata e lei parve rilassarvi.
“Sei pronto?” gli chiese lei.
“Signorina Andrew, sono sempre pronto, dovresti saperlo!” le rispose lui scherzoso.
Lei scoppiò a ridere e lui la seguì a ruota.
“Forse è meglio che vada.” disse lei fissando l’orologio attaccato alla parete.
Si chiedeva ancora perché le avesse chiesto di passare ma, qualsiasi fosse il motivo, lui non pareva certo intenzionato a comunicarglielo.
“Non ho una dama per la festa di stasera.”
“Mi pare che di solito ti presenti da solo alle feste.” rispose lei ridendo.
Rideva, certo, degli strani modi di lui. Se voleva che lo accompagnasse, poteva anche dirglielo. Invece le pareva che stesse sfoderando nuovamente uno dei suoi modi contorti per non dire le cose.
 “Beh, diciamo che non ho un cavaliere.” disse lei stando al suo gioco.
Questa volta fu lui a ridere. Lo stava ripagando con la stessa moneta.
 
“Passi dopo lo spettacolo?” le chiese facendosi improvvisamente serio.
“Se vuoi.” rispose lei che cercava di scucirgli un qualche segno.
“Se ti va.” le rispose lui laconico, come solito.
“Però ora vado. Ti lascio al tuo Amleto.” lo salutò lei avviandosi verso la porta.
“Aspetta!” la bloccò lui parandoglisi davanti.
Lei lo guardò incuriosita da quel suo bizzarro modo di fare che tanto l’attraeva ma altrettanto la faceva dubitare e le faceva domandare che ci fosse fra loro, ammesso che ci fosse qualcosa.
Lui avrebbe voluto baciarla ma le sue remore stavano avendo decisamente la meglio sul cuore.
Lei parve leggergli dentro perché si avvicinò, si alzò sulla punta dei piedi, gli sussurrò un “in bocca al lupo” e poi gli poggiò un casto bacio sulla guancia.
Lui le sorrise e lasciò che lei raggiungesse la balconata che avevano riservato loro, certo che, se lei si fosse trattenuta per qualche altro istante, non l’avrebbe lasciata andare via, se non dopo averla stretta a sé.
Prima o poi avrebbero dovuto chiarire ciò che c’era fra di loro, perché non voleva assolutamente commettere lo stesso errore che aveva commesso quando aveva lasciato Londra.
Quante parole in sospeso, quanti dubbi non fugati che avevano finito per minare quel loro rapporto così acerbo.
Candy si avviò vacillante verso la balconata riservata loro da Terence e Karen, era ancora stordita da quel contatto con lui. Non riusciva ancora a spiegarsi come mai, non solo nel suo stomaco si scatenasse uno sfarfallio incontrollabile ma, qualora ci fosse anche il minimo contatto fisico, la sua mente andasse in tilt.
I sentimenti che provava per quel ragazzo così particolare, erano così forti che lei stessa li temeva.
Quando lo guardava negli occhi riusciva a leggervi dentro e vi trovava un sentimento per lei ma, la certezza che nel cuore lui avesse un’altra, la frenava e la spaventava. Sapeva di non avere molto da perdere, partendo in una posizione di svantaggio rispetto alla fantomatica ragazza a cui lui aveva accennato diverse volte, ed era consapevole che, l’unica cosa che poteva sperare, era di guadagnare passo dopo passo il posto che voleva occupare nel cuore di lui.
Aveva paura di perderlo, aveva paura che lui potesse accorgersi che lei in realtà non gli piaceva, temeva che lui potesse paragonarla all’altra e sapeva che avrebbe perso quel confronto.
Certo, lui aveva detto diverse volte che loro erano anime affin,i ma questo era sicuramente niente paragonato a ciò che doveva provare per la donna della sua vita. Aveva notato come lo sguardo di lui si trasformasse in uno sguardo carico d’amore e di dolore e come il blu dei suoi occhi assumesse il colore del mare in tempesta, ogni qualvolta l’aveva nominata.
Avrebbe tanto voluto chiedergli di Susanna, chiedergli di questa ragazza, ma non aveva il coraggio.
Forse perché aveva paura di ciò che avrebbe potuto sentirsi dire.
 Il sipario finalmente si aprì. Decise di accantonare i pensieri che la stavano tormentando, consapevole di non avere alternative.
 
Terence era rimasto solo con i propri pensieri e con la guancia che ancora gli pizzicava.
Lo stupiva sempre che il semplice contatto con lei, che fosse uno sfiorarsi di mani o di labbra, un abbraccio o anche lo specchiarsi nei suoi occhi, riuscisse a scatenare un qualcosa nel suo cuore come mai nessun’altra. E dire che di donne ne aveva conosciute, ma nessuna era riuscita a entrargli nell’anima come lei.
Cercò di concentrarsi e optò per lo spegnimento della luce. Rimanendo al buio, forse, avrebbe perso la percezione della realtà e sarebbe stato più facile entrare nei panni di Amleto.
 
Quando finalmente Terence salì sul palco, gli occhi di Candy presero a brillare di una nuova luce, quella luce che avevano ritrovato da quando si erano rivisti. Erano anni che Albert non la vedeva così entusiasta e radiante, e dovette convenirne che più passava il tempo e più era certo di aver preso la decisione migliore.
Annie e Archie sembravano più affiatati che mai, il chiarimento di qualche mese prima sembrava ormai acqua passata.
La sua Karen, nei panni di Ofelia, era davvero strepitosa, non si ricordava di avere mai visto un’attrice più brava di lei ma forse la sua obbiettività era offuscata dal sentimento che provava  per lei.
Quando la vide baciare Amleto provò un piccolissimo, impercettibile, senso di gelosia. Sapeva che si baciavano solo perché lo prevedeva il copione ma, essendo due bravissimi attori, il coinvolgimento gli era parso reale. E la stessa cosa dovette provare Candy che si irrigidì sulla sedia nel momento in cui vide la scena incriminata. Nuovamente si trovò a fare i conti con la gelosia. Per una volta però, decise di chiamarla con il nome che le spettava. Sapeva che Karen provava dei sentimenti per Albert, sapeva che stavano lavorando, ma era gelosa. Era gelosa di chiunque potesse stare fra le sue braccia, di tutte le labbra che aveva sfiorato e di tutte le donne che certamente aveva amato. Arrossì a quel pensiero e si sgridò per aver pensato a una cosa del genere. Da quando lo aveva riconosciuto, aveva influito sul risveglio di tutti i suoi sensi e, per la prima volta da quando ricordasse, si era ritrovata a pensare a cose che la facevano arrossire.
Quando lo spettacolo terminò, come tutti, si alzò in piedi per applaudire gli attori.
Kathrine era su una balconata poco distante da quella che occupavano loro e con lei c’era Patrick. Candy non si stupì particolarmente di vederli nuovamente insieme e sperò solo che non avessero cattive intenzioni.
Quando Terence calcò il palco il pubblico si scatenò in un applauso senza eguali. Lui raccolse l’applauso, uscì un paio di volte e Candy lo guardava fremente, certa che prima o poi avrebbe ricevuto un segnale, le avrebbe fatto un cenno e fu proprio in quell’istante che Terence la fissò e le rivolse un leggero sorriso. Nessuno se ne accorse, o quasi nessuno, perché l’audience non poteva certo sospettare che l’asociale attore potesse rivolgere i suoi sorrisi a qualcuna.
A Kathrine e Patrick però quel veloce e tacito scambio di sguardi non passò certo inosservato.
Candy poté leggere negli occhi di Terence che la stava aspettando e, quando lo vide scappare via dal palco, come era solito fare, cercò di incamminarsi con la maggior naturalezza possibile e dovette trattenersi dalla voglia che aveva di correre per quei corridoi, andare ad applaudirlo e a complimentarsi con lui.
Era rimasta d’accordo con Archie e Annie che li avrebbero preceduti, Albert avrebbe atteso Karen, mentre Candy avrebbe raggiunto la festa con Terence. Sia Albert che Annie si erano prodigati in raccomandazioni, sapevano che i fotografi non avrebbero indugiato a scattare foto ed erano certi che le avrebbero trovate su tutti i giornali il giorno seguente.
Col cuore in gola raggiunse il proprio camerino; da un lato sperò di trovarla già lì, dall’altro sperò di riuscire a precederla. Quando aprì la porta e trovò la stanza vuota e ancora al buio, fu assalito da sensazioni contrastanti.
Ma fu solo dopo un paio di minuti, minuti che gli avevano concesso di rimuovere il trucco, che sentì bussare alla sua porta. Quando la vide, l’accolse con un sorriso e la fece entrare.
Candy era emozionata, aveva cercato di non correre ma poi la fretta aveva avuto la meglio e si era ritrovata  a camminare il più velocemente possibile per raggiungerlo.
“Sei stato  bravissimo, complimenti, davvero!” gli disse lei mentre l’immagine di lui e Karen che si baciavano le tornava in mente.
Lui la ringraziò per il complimento ma notò che, per un istante, gli smeraldi di lei si rabbuiarono.
“C’è qualcosa che non va?” le chiese lui, stupendola ancora una volta per aver saputo leggere quel suo infinitesimo turbamento.
“No, nulla, stavo solo pensando alla faccia che ha fatto Albert quanto ti ha visto baciare Ofelia.” disse lei malcelando la propria gelosia dietro quella del suo benefattore e amico.
Lui lesse oltre le sue parole anche a causa del rossore che aveva pervaso le sue guancie, rendendole color ciliegia, e che parlava per lei.
Fu in quel momento che l’attirò a sé, vicinissima, i loro volti a qualche centimetro.
La guardò fissa negli occhi. Entrambi avevano il cuore che batteva a mille e non certo per la corsa o per l’emozione dello spettacolo. Candy faticava quasi a reggere l’intensità dello sguardo di Terence che, come una calamita, aveva attirato gli occhi di lei.
“E’ solo una recita. E’ solo lavoro. Non era un vero bacio.” le disse avvicinandosi poi pericolosamente alle sue labbra. Lei accolse quel bacio con tutta la passione e il coinvolgimento di cui era capace.
Per la prima volta, sentendola rispondere così al proprio ardore, Terence fu sfiorato dall’idea di approfondire il loro bacio.
Così, molto lentamente sondò il terreno. Dischiuse le labbra e, con la lingua, accarezzò delicatamente le labbra di lei. Candy dischiuse le proprie e si lasciò guidare in quel suo “primo bacio”, come una ragazzina inesperta. Dimenticò la paura di non essere capace, dimenticò che lui forse amava un’altra, dimenticò che forse non era il caso e lasciò che le loro bocche si incontrassero e si fondessero.
Quando sciolsero quel bacio, lei si sentì strana, come se non fosse la prima volta che veniva baciata. Eppure ricordava una stana sensazione, come di dolore, per quel bacio che probabilmente le avevano rubato. Dovette sedersi perché la forza dirompente di quel dolore, cui non era certo nuova, rischiava di lasciarla senza forze. Il bacio di Terence aveva risvegliato dentro di lei quella stessa commistione di sensazioni contrastanti. Era felice, al settimo cielo ma infondo al cuore provava una strana malinconia, uno strano dolore che non sapeva spiegarsi. Non poté non chiedersi come mai di tutte quelle coincidenze, le pareva tutto così surreale.
“Una volta ho sognato, forse ricordato, di aver baciato un ragazzo. Volevo, ma avevo paura. Ho sentito quell’emozione mista a paura, paura di un rifiuto, paura di ciò che mi si scatenava dentro. Poi dolore. Non so per quale motivo, ma dolore, non solo fisico in quanto tale ma come se mi avessero ferito nel profondo. E l’ho riprovato anche adesso, quando mi hai… quando ci siamo…” ammise lei confusa anche se lui non le aveva domandato nulla.
Lui nel frattempo le si era seduto vicino e le stava accarezzando i capelli.
“Perdonami, forse non avrei dovuto?” le domandò in un mezzo tentativo di scusarsi. Aveva ricordato il loro primo bacio, anche se non aveva ricordato che era stato proprio lui a darglielo. Aveva ricordato il dolore per lo scambio di schiaffi e la paura che avevano provato entrambi. Anche Terence, ai tempi, era rimasto stupito dall’intensità di ciò che provava per quella ragazza.
“No, io …” lei lo voleva, desiderava essere baciata ma non era certo facile dirglielo. Non voleva che ci fossero questioni in sospeso fra loro, non voleva che si potesse dare adito a fraintendimenti.
Si sentiva terribilmente confusa, passato e presente si stavano mischiando e non riusciva a capirne il perché. Perché stava rivivendo i sentimenti del passato ma non riusciva a mettere a fuoco il volto di “lui”?
Terence la guardava e attendeva che lei finisse la frase lasciata a metà ma lei trovò molto più semplice restituirgli il bacio che aveva ricevuto poco prima.
Lui sorrise di quel gesto spontaneo perché era proprio della giovane Candy che aveva conosciuto una notte di molti anni prima.
Chiacchierarono un po’ della sua performance, poi lui si fece una doccia e si rivestì. Lei lo attese nel camerino e ascoltò in silenzio il rumore dell’acqua che scorreva dalla doccia. Per un momento, si ritrovò a pensare al  bellissimo corpo di quel giovane e aitante uomo, nudo sotto la doccia e, nuovamente, le guancie le si dipinsero di tutti i colori dell’arcobaleno.
Mentre cercava di lavare via la stanchezza, Terence guardò la propria immagine riflessa nello specchio e pensò a quanto avrebbe voluto poter finalmente tenere Candy stretta a sé. La desiderava, ancora di più ora che le loro labbra si erano incontrate nuovamente e che il loro bacio era diventato quello di due giovani adulti e non un semplice sfiorarsi di  labbra, come avrebbero fatto due ragazzini. Si chiese come avrebbe fatto a resistere alla tentazione di quella giovane e seducente donna che lo attendeva nell’altra stanza. Cercò di distogliere il suo pensiero dalle curve di Candy, prima che il proprio corpo cominciasse a reagire a quell’immagine eterea che lo chiamava e lo ammaliava come una sirena.
Quando finalmente la raggiunse, nell’altra stanza, la trovò intenta a sbirciare un libro.
“Ti dai alla lettura impegnata? E io che volevo portarti ad una festa!” scherzò lui.
“Oh no,scusami, ecco io …”
“Ma Candy, scherzavo!” rise lui, poi si fece serio.
“Sei pronta a sorridere ai giornalisti? Se preferisci uscire prima o dopo di me, ti posso aspettare in auto, ma stasera non posso esimermi dal farmi vedere …”
“Oh no, lo capisco, purché non sia un problema per te.”
“Per me?”
“Sì, viste le illazioni che hai smentito perché non danneggiassero la tua immagine, dopo la prima di Eleanor Baker.!”
“ Per la mia immagine?” chiese lui incredulo. Lui lo aveva fatto solo per proteggere lei. Possibile che non lo avesse colto? Possibile che avesse frainteso?
“Beh, non volevi che ti spacciassero per fidanzato, poi specie con una come me ma capisco, tu del resto sei un attore famoso, io nessuno.”
“Non dire stupidaggini! Tu nessuno? Io un attore famoso? È  questo che pensi di me?” la incalzò lui con un tono aspro.
“Io… non sapevo cosa pensare, tu sei rimasto solo da poco…”
“Io e Susanna non stavamo insieme. Eravamo solo amici. Anzi nemmeno. Io ho perso l’amore sei anni fa, non con la morte di Susanna.” le disse fissandola e poi riprese: “ Ho smentito, è vero, ma non mi importa di ciò che dice la stampa di me, ne ho lette di cotte e di crude sul mio conto. Ma non mi pare che io fossi la sola persona chiamata in causa.” le disse lui sibillino.
Non le passò inosservato quel riferimento all’amore perso sei anni addietro e la cosa la ferì ma, fu solo in quel momento, che le fu  davvero chiaro il motivo per cui Terence aveva smentito: i giornalisti l’avrebbero coinvolta e lui voleva preservarla.
 
Doveva fargli capire che non voleva che smentisse. Voleva fargli capire che voleva sapere cos’erano loro due.
“Non ho paura degli scandali. E poi, che scandalo sarebbe se ci fotografassero insieme? E se parlassero di noi due… io… io non ho niente da nascondere.” ammise abbassando lo sguardo per paura di incontrare i suoi zaffiri.
“Nemmeno io.” le rispose lui sorridendole, prendendole per mano e portandosela vicino alle labbra per poggiarvi un leggero bacio.
La tenne per mano mentre camminavano per i corridoi del teatro e la tenne per mano e la strinse vicino a sé mentre fans e giornalisti li accecavano con i loro flash e reclamavano la sua attenzione.
Lui voleva proteggerla dal mondo e dalle sue brutture ma lei gli aveva fatto capire che non temeva di uscire allo scoperto, e chi era lui per privarla di poter vivere ciò che c’era fra loro alla luce del sole? Non aveva niente da nascondere, il periodo del lutto era terminato. E se i giornalisti avessero detto cavolate sulla sua Tutte Lentiggini, beh, si ricordava ancora come assestare un pugno.
Candy camminò tenendosi stretta a Terence, la mano di lui appoggiata sulla schiena per proteggerla, in qualche modo, e accompagnarla.
Quando finalmente salirono in auto, l’autista partì a tutto gas.
“Non è stato così terribile, spero di essere fotogenica e di non sfigurare troppo vicino a sua maestà il re Amleto.” scherzò lei. Entrambi scoppiarono a ridere.
Le carte erano in tavola. Non era più tempo di nascondersi dietro ad un dito. E dal giorno successivo i giornali avrebbero cominciato a ricamarci sopra.
Quando entrarono nel salone dove la festa era già in pieno svolgimento, Candice ebbe l’impressione che tutti gli occhi fossero puntati su di sé. Doveva aspettarselo, del resto stava entrando al braccio di Terence e, a qualsiasi festa era stata con lui, l’attenzione era sempre catalizzata sulla figura atletica del bell’attore.
Le donne la invidiavano in quel momento perché era colei che stava accompagnando la famosa star di Broadway, che non solo era tale, ma anche un bellissimo uomo. Gli uomini probabilmente fissavano lui per invidia, non certo perché era lei ad accompagnarlo.
Lui le strinse la mano come per farle coraggio. Era certo che tutti gli occhi sarebbero stati puntati su di loro ed era consapevole del fatto che, non appena li avessero visti insieme, la gente avrebbe cominciato a parlare.
Ma a lui non importava, era sempre stato schivo e restio a mostrare i propri sentimenti in pubblico, ma con lei era diverso. Non aveva più voglia di nascondersi, di nascondere ciò che provava. Con lei poteva sorridere al mondo e smetterla di trincerarsi in quella morsa di dolore e nella punizione che a lungo si era auto inflitto.
Quella serata entrambi risero, scherzarono, ballarono senza sosta, senza preoccuparsi di cosa avrebbe detto la gente.
Terence notò la presenza di Patrick e Kathrine e non gli passò inosservato che nessuno dei due fece alcun tentativo di avvicinarsi loro.
Non capiva cosa bollisse in pentola e la cosa lo preoccupava.
Candy  si allontanò per un momento, per prendere un drink, e in quel momento Terence vide che Patrick le si avvicinava. Lo stava controllando e voleva intervenire, ma un sorriso da parte di Candy gli fece capire che era tutto a posto.
“Sono contento di vedere che stai bene.” la salutò Patrick sorridendole.
“Anche tu sembri cavartela bene.”
“Non posso lamentarmi.”
“Frequenti ancora quella Kathrine.”
“E tu quel Graham.” la rimbeccò lui e lei arrossì.
“Vedo una nuova luce nei tuoi occhi e ne sono contento. Anche se non sono io la persona per cui brillano i tuoi occhi. Ora credo di aver capito perché mi hai rifiutato mesi fa.” disse poi rivolgendo lo sguardo verso Terence.
Candy non disse nulla per qualche momento, stupita da come Patrick avesse letto i suoi sentimenti con una tale facilità.
“Mi spiace Patrick, davvero.”
“Lo so Candy. Ma vorrei dirti solo una cosa, se me lo consenti.”
“Dimmi pure.”
“Fa’ attenzione a Kathrine. Non lascerà che le porti via quell’attore. Ha una specie di fissazione, non so, a me non sembra molto sana, è un’ossessione.”
“Grazie ma non credo che tu debba preoccuparti; cosa potrà mai farmi?”
“E’ cattiva Candy. Credimi. E anche suo padre. Io ho dovuto trovare un modo per svincolarmi da questa nostra amicizia. E, se il mio piano dovesse andare a buon fine, non mi vedrai più alle feste a cui lei parteciperà.”
“Mi spiace Patrick. Fa’ attenzione anche tu.” lo salutò con un lieve bacio sulla guancia. Quella conversazione la lasciò scossa, ebbe l’impressione che l’amicizia fra loro fosse terminata e ciò che le aveva detto riguardo a Kathrine, per quanto avesse finto il contrario, l’aveva scossa e non poco.
Pensò diverse volte se fosse il caso di raccontare a Terence ciò che Patrick le aveva detto ma non voleva turbarlo.
“Cosa ti ha detto per turbarti?” le chiese lui avvicinandosi.
“Non sono turbata.” cercò di mentirgli lei.
“Candice, per favore non prendermi in giro.”
“Terence io … niente, la nostra amicizia è conclusa. Mi ha detto che … che ha visto una nuova luce nei miei occhi e ha capito il perché del mio rifiuto di qualche mese fa.”gli confessò lei, lasciandogli solo vagamente intuire che si riferiva a lui.
Preferì omettere la parte su Kathrine. Terence sembrava rilassato e tranquillo quella sera e lei non voleva certo farlo innervosire o preoccupare.
In realtà, Terence non era affatto rilassato come dava a vedere. Non aveva smesso per un secondo di controllare Kathrine e continuava a chiedersi perché mai lo stesse ignorando. Non che la cosa lo infastidisse ma certamente era strana.
L’ammissione implicita delle parole di Candy non gli passò inosservata e la corsa sfrenata in cui si cimentò il suo cuore, ne era la prova tangibile.
 
Patrick quella sera decise di giocarsi la carta dell’innamorato respinto per troncare i rapporti con Kathrine. Sapeva che lei voleva Terence e che sarebbe ricorsa a qualsiasi mezzo pur di averlo, ma non aveva intenzione di stare al suo gioco.
“Beh cosa volevi?” gli chiese lei con un tono scortese.
“Kathrine, è un po’ che ci penso… non ho mai trovato il coraggio di dirtelo in questi mesi …”
“Patrick non farmi perdere tempo!”
“Provo qualcosa per te!” mentì lui.
“Stai scherzando vero? Come pensi che potrei anche solo guardarti in quel modo?” gli rispose lei, con tutta l’antipatia di cui era capace.
“Il tatto non è certo il tuo forte!” pensò Patrick.
“Lo so che il tuo cuore appartiene a qualcun altro …”
“Ecco, appunto!”
“Kathrine, perdonami, ma non posso starti vicino sapendo che non mi ricambierai mai.”Patrick continuò la sua farsa, certo che la cattiveria di Kathrine non andasse di pari passo con la sua arguzia.
“Beh, allora non starmi vicino. Posso fare a meno di te, non credere. E se starmi lontano ti aiuterà a fartene una ragione, va’ pure, tanto a che mi servi?” rispose lei e lui colse la palla al balzo. La fortuna quella sera aveva deciso di baciarlo.
Aveva capito che doveva rinunciare a Candy e, proprio perché i suoi sentimenti erano forti e sinceri, aveva deciso di lasciare stare, perché finalmente l’aveva vista felice. L’amava così tanto che saperla felice gli bastava. E da quel poco che aveva potuto vedere di quel Graham, era certo che il sentimento fosse ricambiato e che si sarebbe preso cura di lei.
Così, si congedò da Kathrine. Guardò un’ultima volta Candy e se ne andò, certo che Kathrine non avrebbe rivolto la sua cattiveria verso di lui e la sua famiglia. Conosceva poco il padre di quella ragazza ma non gli era piaciuto sin dal primo momento in cui lo aveva visto. Era certo che fosse un uomo senza scrupoli e che non si sarebbe certo tirato indietro se ci fossero stati da utilizzare mezzi poco leciti.
Sperò solo che Candy prendesse sul serio il suo avvertimento e che gli Andrew si guardassero le spalle. Preferì non passare a salutare Archie ma si ripromise di chiamarlo e di avvertire anche lui. Del resto erano amici e gli era affezionato.
 
Kathrine si sentì sollevata di essersi liberata di quel peso morto di Patrick. Quell’essere senza spina dorsale, osava dichiararle il suo interesse. Come poteva pensare, anche solo lontanamente, che lei potesse mai interessarsi a lui? Non aveva capito che per lei esisteva solo Terence? Quella slavata biondina … si sfregò le mani pensando alla propria vendetta. Avrebbe parlato con suo padre, certa che avrebbe risolto la situazione. Lasciò anche lei la festa, senza avvicinarsi nemmeno una volta né a Terence né a Candy.
 
“Non ti sembra strano che Kathrine non abbia nemmeno tentato di ballare con Terence?” chiese Karen ad Albert.
“Bah, quella ragazza non mi piace. Ma forse si è messa l’anima in pace? Questa uscita in pubblico di Terence con Candy non credo che sia passata inosservata e di certo non a lei.”
“Sì, hai ragione. Credo che domani le nostre facce saranno su tutti i giornali, Non penso che io e te faremo notizia, mentre Candy e Terence …”
“Sì, concordo. A me non dispiace non essere nel centro del mirino ma mi spiacerebbe che i giornalisti assillassero Candy. È la seconda volta che la vedono accompagnare Terence ad una prima …”
“Sono certa che ci abbiano pensato. Del resto non possiamo negare che c’e qualcosa fra di loro, e sono certa che non siano solo amici; chiamalo istinto femminile se credi e, se vogliono uscire allo scoperto per provare a vivere quello che c’è fra loro, non sta a noi cercare di fargli cambiare idea …”
“Non mi fraintendere, hanno il mio appoggio. Ho solo paura che Candy possa venire ferita, tutto qui.”
“Albert, sai che sei davvero un uomo speciale?” gli disse lei guardandolo con amore.
“Ah, grazie Karen, anche tu non sei niente male.” gli rispose sorridendole.
Se fossero stati soli, l’avrebbe baciata, ma c’erano fin troppe persone che avevano passato la serata ad osservarli.
“Lo so che ci stanno guardando.” disse lei notando il rossore sulle guance di lui.
“Perché la gente non impara a farsi gli affari propri?”
“Ah Albert, alla gente piace spettegolare, vedrai che prima o poi la smetteranno. E poi, che importa, a me interessa solo poter stare con te.” gli disse lei avvicinandosi pericolosamente.
“Se è per questo anche a me, mia cara signorina Klays!” le rispose lui.
 
Quella sera tornarono a casa separatamente.
I primi a lasciare la festa furono Albert e Karen, seguiti poco dopo da Annie ed Archie, che durante la serata, non aveva perso l’occasione, almeno per una volta, di ringraziare Terence per avergli dato la possibilità di vedere lo spettacolo della Baker.
Terence e Candy rincasarono per ultimi e, all’uscita dalla festa, nuovi flash li immortalarono.
Loro sorridevano contenti, ignari di quanto si sarebbe abbattuto su di loro.
I giornalisti approfittarono dello strano buon umore di Terence per rubargli una fotografia mentre sorrideva. Era solito negarsi ai flash ed era noto per non sorridere mai, in nessuno scatto rubatogli.
I giornalisti si chiesero se quella giovane donna fosse il motivo del suo buon umore e cominciarono a pensare ai pezzi che avrebbero scritto.
“Buona notte Candice. E’ stata una bella serata.”
“Decisamente. Grazie a te.”
“Domani evita di guardare i giornali.”
“Tu cerca di non arrabbiarti, qualsiasi cosa vi troveremo scritta. Anzi, ti faccio una proposta. Prendi i giornali, piegali, non leggerli e vieni qui. Li leggeremo insieme.”
“Mi sembra una buona idea. Ma non garantisco per l’orario …”
“Figurati, riposati! Mi raccomando.”
“Allora buona notte.”
“Buona notte a te.” lo salutò lei, allungandosi sulla punta dei piedi per sfiorargli le labbra con un bacio. Lui la sorprese però, stringendola a sé e replicando il bacio appassionato e sensuale che si erano scambiati qualche ora prima.
Quando lui sciolse quel bacio, lei rimase a guardarlo andare via, stordita da quel turbinio impazzito di emozioni che stava provando.
Sì, non se lo erano detti a chiare lettere ma aveva la certezza che non fossero solo amici. Sapeva che Terence era di poche parole e aveva notato la sua tendenza  a non parlare mai di ciò che provava, per quanto con lei fosse decisamente più aperto e meno scontroso, ma si ritraeva quando qualcuno cercava di entrare nel suo mondo.
Pensando a lui, si addormentò col sorriso sulle labbra.
Terence la salutò felice di averle rubato quel bacio. Anche se il suo corpo desiderava ben altro, non poteva lamentarsi. Ormai lei era la sua … la sua  … non sapeva come definirla ma il cuore di lei gli apparteneva e ne aveva la certezza. Pensando a quel bacio, si addormentò con un mezzo sorriso ad incurvargli le labbra, certo che nel giro di poche ore l’avrebbe rivista.
 




NdA. Ciao! Non vi sto trascurando, ci tengo a precisarlo, anzi mi sto immergendo e impegnando a correggere, così potrò postare i prossimi cap.  a distanza ravvicinata. Chiedo venia ma i prossimi necessitano di essere letti uno dopo l'altro, senza pause indecenti alle quali vi costringerei se non correggessi tutto prima.
Abbiate un po' di pazienza, conto di finire al max per fine di settimana prossima.
Dedico questo capitolo a Sogno_Colorato e Tetide <3

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Capitolo 27
*** Sciocche illazioni ***


Capitolo XXVI
 
Sciocche illazioni

 
Mentire con garbo è un'arte, dire la verità è agire secondo natura.
Oscar Wilde

 
Quella mattina Terence si alzò un po’ tardi.
La sera precedente lui e Candy avevano fatto le ore piccole.
Dopo una doccia ristoratrice e una frugale colazione, salì in auto e si recò da Candy  come pattuito. Evitò di guardare i giornali, nonostante fosse estremamente curioso di leggere cosa si fossero inventate, quella volta, le testate scandalistiche.
“Buongiorno, ti aspettavo.” lo salutò lei accogliendolo in casa.
“Ho mantenuto la promessa, anche se è stato difficile.”
“Andiamo in salotto, vieni. Abbiamo diversi giornali da guardare.”disse ridendo. Lei non aveva resistito e aveva già dato uno sguardo veloce alle prime pagine.
Lui si sorprese della sua reazione e si chiese se non avesse già dato una sbirciatina.
 
“Terence Graham sembra aver trovato l’amore!”
“ L’attore e l’ereditiera!”
“Senza vergogna! A poco più di anno dalla morte della compagna, si intrattiene in una nuova relazione!”
“Un’altra bionda per l’attore più scontroso di Broadway!”
 
Terence prese i giornali e li fece volare. Quel gesto di stizza non sorprese particolarmente Candy, capiva la frustrazione che si provava nell’essere sulla bocca di tutti, specie se si trattava di calunnie.
“Caspita, ci vanno giù pesante!” esclamò lei.
“Me lo ero immaginato. Sono proprio degli squali senza scrupoli.”
“Ti infastidisce?” gli chiese lei gentilmente, cercando di riportare la calma in quella stanza.
“Solo perché cercano di infangare te. Di quello che dicono di me, sinceramente, mi importa poco.” le rispose senza guardarla negli occhi, dalla sua voce trasparivano la sua ira e il suo nervosismo.
Lei gli prese una mano e la strinse per cercare di rassicurarlo.
“ A me non importa ciò che dicono. Possono parlare quanto vogliono, non mi tocca minimamente.”
“Non sono certo che Albert la pensi allo stesso modo.” le confessò lui un po’ preoccupato.
“Vieni!” gli disse lei trascinandolo al piano di sopra. Bussò alla porta di uno studio, quello di Albert, e lui li fece accomodare.
“Oh, ecco due dei quattro peccatori. Complimenti, venite bene in foto!” li accolse lui ridendo.
Terence si rilassò e rimase sorpreso nel vedere l’apertura e la disinvoltura dell’amico.
“Albert, io volevo chiederti scusa, sapevo che avrebbero cercato di infangare la reputazione di Candy e il nome degli Andrew …” cominciò Terence nervoso e, mentre parlava, camminava su e giù per la stanza per cercare di calmarsi, cosa che peraltro serviva decisamente a poco.
“Terence, vuoi che mi importi qualcosa di quello che scrivono? Sono settimane che rubano scatti a me e Karen come se fossimo chissà quale attrazione! Questa è l’America, con i suoi pregi e i suoi difetti. E, purché mi promettiate di non dare ai giornalisti motivi per sprecare inchiostro, per me questa carta sai che fine può fare?” disse appallottolando il giornale e buttandolo nel cestino.
 “Non ci vedo niente di male in un’amicizia tra un uomo e una donna. E di questo che stiamo parlando?” continuò poi, rivolgendo uno sguardo inquisitore ad entrambi.
Candy lo guardò perplessa, cosa avrebbe dovuto rispondergli? Non erano amici, questo era certo ma non erano nemmeno altro, così si limitò ad annuire non volendo assolutamente sviscerare l’argomento con Albert.
Terence la guardò perplesso e si limitò a non rispondere alla domanda.
Albert aveva proferito il suo discorso, solo al fine di fare capire ad entrambi che non gli interessavano le illazioni dei giornali e che suggeriva loro di stare fuori dai guai, niente altro. Che poi volessero definire la loro relazione amicizia o altro, beh, quello stava a loro e avrebbe rispettato i loro tempi.
 
Albert li congedò e i due giovani uscirono da quella stanza relativamente rasserenati.
“Amicizia.’” pensò poi Terence che non capiva più cosa Candy volesse da lui. Avevano “parlato” di ciò che c’era fra loro qualche giorno prima e non gli era parso di capire che lei li ritenesse solo amici. Possibile che avesse cambiato idea a causa dei giornalisti? Eppure la sera precedente, anzi solo qualche ora fa, lo aveva salutato baciandolo.
 “Vieni a teatro stasera?”
“Forse è meglio di no. Ma ci vediamo domani per la lezione di musica.” rispose lei.
“Ora è meglio che vada.”
“Ti accompagno alla porta.” disse lei.
Era preoccupata per Kathrine ma non voleva che lui lo sapesse. Quella vipera non avrebbe certo perso occasione per intrufolarsi nel camerino di Terence ed era certa che prima o poi ci sarebbe riuscita.
“Non ancora.” disse lui malizioso prima di attirarla a sé.
“Mi è consentito?” le chiese poi, controllando che non ci fossero spettatori.
“Oh, beh.” rispose lei dandogli il via libera.
Per quanto volesse resistergli, i baci di lui la rendevano estatica e stavano diventando come una dipendenza da cui non sarebbe stata in grado di guarire. Ciò che le si risvegliava nel cuore anche se solo pensava a lui… si chiese nuovamente perché mai dovesse provare quelle sensazioni vicino al giovane  e perché, da quando aveva sognato quel bacio con quello sconosciuto, aveva sempre l’impressione che quanto aveva provato nel sogno, era ciò che sentiva quando Terence le sfiorava le labbra. Sapeva di non averlo conosciuto prima, eppure non capiva perché la sua memoria si risvegliasse solo in sua presenza. Per un momento si fermò a pensare che, se aveva ricordato di aver baciato qualcuno, ci doveva essere stata una persona importante nella propria vita. Non avrebbe permesso a chiunque di baciarla.
 
Terence se ne andò ben poco convinto di come il tutto si stesse evolvendo. Non sapeva nemmeno lui che fare. Avevano certamente passato la linea sottile che divideva l’amicizia da qualcos’altro, ma non poteva chiederle di essere la sua fidanzata, non fino a quando lei non avesse saputo la verità.
Aveva decisamente voglia di fumare una sigaretta ma non poteva. Aveva promesso che non lo avrebbe fatto. Forse poteva suonare l’armonica, magari lo avrebbe aiutato e non pensare al fumo.
Ma non poteva fare nemmeno quello, almeno non prima di giungere a teatro. Si era toccato il taschino e si era accorto che l’armonica non era lì. Si era chiesto dove potesse essere finita e sperò di averla persa a casa o in camerino. Si arrabbiò con sé stesso, se l’avesse persa non se lo sarebbe perdonato.
 
 
Candy rientrò in salotto e si accorse che c’era qualcosa in terra che luccicava.
Si abbassò a raccoglierla e, quando le sue dita sfiorarono quell’armonica, fu catapultata in un’altra dimensione. Si rivide mentre sgridava un ragazzo che stava fumando una sigaretta e lei gli regalava un’armonica per farlo smettere di fumare.
Si sedette scioccata per quel ricordo che l’aveva colta alla sprovvista.
Possibile che lei avesse davvero conosciuto qualcuno e che i suoi amici, persino Annie, non ne sapessero nulla? Possibile che avesse provato dei sentimenti per qualcuno e li avesse tenuti per sé? E se così fosse stato, perché avrebbe dovuto farlo? E non si era sfogata nemmeno con un diario? Eppure, se lei avesse tenuto un diario, sicuramente Albert glielo avrebbe dato per aiutarla a ricordare.
Decise di tenere per sé quel ricordo, ne avrebbe parlato con il dottor Matthews al prossimo incontro.
Prese l’armonica e la ripose in una cassetto. Si chiese chi avesse potuto perderla, poi pensò che potesse essere di Terence e decise che avrebbe verificato il giorno seguente.
Ma proprio mentre riponeva l’armonica, un dubbio le attraversò la mente. Possibile che … ma no, non era possibile, lei e Terence non si conoscevano. Eppure era una bella coincidenza che anche lui suonasse l’armonica. O forse no, non era così poco consueto, tutto sommato.
Decise di accantonare i propri pensieri e di fare una passeggiata a cavallo per liberare la mente.
Quelle giornate le avevano regalato decisamente troppe emozioni.
 
Quella mattina, Archie ricevette una strana telefonata.
Parick si era premurato di avvertirlo delle intenzioni poco sane di Kathrine.
“Sono certo che stia meditando vendetta contro Candy e contro Karen e, per quel poco che la conosco, sono sicuro che agirà trasversalmente per ferire più persone possibili. Mi spiace non poterti dire altro, ma mi sono allontanato da lei prima che decidesse di coinvolgermi nella sua vendetta. Anche se sono deluso dal rifiuto di tua cugina, specie vedendo chi mi ha preferito, non voglio altro che il suo bene.” gli aveva detto.
Archie era corso a discuterne con Albert sperando che lui avesse un piano per arginare quella vipera.
Albert conosceva i Griffiths, non avevano certo una bella fama nel mondo degli affari. Erano senza scrupoli e pronti a tutto.
Quella mattina aveva avuto ben due gatte da pelare.
Aveva affrontato i Legan ai quali aveva dovuto ricordare i loro accordi, certo che non sarebbero sfuggite loro le foto sui giornali. Ricordò ai suoi cari nipoti che qualsiasi tentativo, anche indiretto, e apparentemente non riconducibile a loro, di minare alla felicità di Candy, avrebbe comportato la loro espulsione definitiva dalla famiglia. E anche la sospensione dell’erogazione di quella gentile somma che Albert elargiva loro tutti i mesi.
Si confrontò con George sul da farsi e stabilirono che fosse meglio tenere gli occhi aperti e evitare di commettere errori nella gestione dei lavori di ampliamento della città, certi che i Griffiths non avrebbero perso occasione per screditarli.
Albert si premurò inoltre di ribadire a Robert che la natura del loro rapporto di collaborazione doveva rimanere assolutamente segreta e ragguagliò Hathaway di quanto era venuto a conoscenza.
Sentì bussare alla sua porta. Era Candy.
“So già tutto, ma grazie per avermi avvertito.” le rispose dopo aver sentito il suo racconto.
Cercò di tranquillizzarla, perché lei si sentiva colpevole. Sapeva che Kathrine voleva vendicarsi di lei perché Terence non le prestava attenzioni, anche se era ben cosciente del fatto che Terence non aveva interessi nei confronti di quella ragazza a prescindere. Non avrebbe mai potuto provare qualcosa per una persona così perfida.
Candy lasciò lo studio di Albert sollevata, era sicura che lui avrebbe trovato come arginarla. Gli specificò che Terence non era al corrente del contenuto della sua conversazione con Patrick e che preferiva che ne rimanesse all’oscuro. Albert concordò con la sua decisione.
“Ora perdonami, ma ho un appuntamento.” la salutò lui uscendo. Aveva programmato di passare a salutare la sua bella attrice. Non avrebbe lasciato che nessuno la colpisse, l’avrebbe protetta, così come avrebbe protetto la sua famiglia. Se quel Griffiths voleva fare loro del male, sarebbe dovuto passare sul suo cadavere!
Karen era felice di rivedere Albert. La sera della prima era stata impegnativa e avevano ricevuto delle belle recensioni, anche se sembravano essere state oscurate dallo “scandalo” della probabile relazione fra Candy e Terence, oltre che dall’ennesima illazione riguardo la natura del rapporto fra lei ed Albert.
 Era certa che, prima dello spettacolo di quella sera, Robert avrebbe voluto parlare con lei e Terence. A Robert non erano mai piaciute le chiacchiere e le illazioni e non pensava, come altri, che anche la pubblicità negativa fosse tale.
 
Karen non finiva mai di sorprendersi delle mille capriole che faceva il suo cuore ogni volta che i suoi occhi incrociavano quelli di Albert. Quando lui la sfiorava, si sentiva fremere, il battito del suo cuore accelerava a dismisura e sentiva uno sfarfallio nello stomaco che non provava da anni.
Quando fissava Albert negli occhi, era certa che anche lui si sentisse esattamente come lei. C’era quella scintilla negli occhi di lui che compariva ogni qual volta erano insieme.
Era felice di aver trovato un uomo speciale come lui, felice di come la loro relazione stesse evolvendo con una certa celerità e del ruolo, sempre più preponderante, che lei svolgeva nelle giornate di lui. Quando era in città, non lasciava passare una singola giornata senza poter godere della sua compagnia e, quando era in viaggio per lavoro, non mancava mai di chiamarla.
Le sembrava preoccupato quel giorno, anche se era abituata a vederlo pensieroso; il suo lavoro lo occupava parecchio e comportava enormi responsabilità Si chiese se fosse preoccupato per Candy, anche se era certa che la ragazza fosse in buone mani ed era certa delle intenzioni più che sincere di Terence.
Albert passò un paio d’ore spensierate in compagnia della sua bella.
Con lei riusciva a ritrovare la serenità che il suo lavoro gli toglieva, con lei poteva essere sincero, parlare chiaramente e lei era sempre pronta a offrirgli una parola di conforto.
 Era consapevole di quanto fosse stato fortunato a trovare una donna come lei e ad essere ricambiato. Ad un tratto si rese conto di essersi innamorato. Eh sì, era innamorato di Karen. Non faceva che pensare a lei e, quando stavano insieme, il cuore gli batteva come non aveva mai fatto prima. Il solo pensiero di lei riusciva a causargli un brivido lungo la spina dorsale e il desiderio di lei era totalizzante.
Ormai aveva superato i trent’anni, si chiese cosa stesse aspettando a chiederle la mano.
L’amava, ne era certo. Mai come in quel momento i propri sentimenti gli risultarono così chiari.
Decise però che fosse meglio attendere, ottobre era alle porte e lui avrebbe dovuto assentarsi diversi giorni.
Voleva fare la cose per bene e, per prima cosa, da galantuomo qual’era,  pensò che fosse il caso di chiedere la mano al padre di Karen.
Così, chiacchierando, le propose di presentargli i suoi genitori.
“Sei sicuro?” chiese lei. La sua mente fu attraversata da un pensiero, dalla speranza che lui volesse ufficializzare ciò che c’era fra loro.
“Certo, mai stato più sicuro in vita mia. E poi, chissà cosa penserà tuo padre di tutti quegli sciocchi articoli di giornale. Non vorrei che si facessero un’impressione sbagliata. Vorrei avere l’opportunità di provargli che sono degno della sua bambina.” le confessò sorridendole.
Karen arrossì a quella esternazione. Era certa di essere innamorata e premeva dal desiderio di dirglielo, ma aveva paura.
Quando lo accompagnò alla porta lui la salutò baciandola. Si voltò per andarsene, per poi voltarsi nuovamente verso di lei, tornò sui propri passi, la baciò nuovamente. La guardò fisso negli occhi e glielo disse.
“Karen, ti amo! So che forse non sei pronta, che non era il momento per dirtelo, ma non potevo più tenermelo dentro.”
Lei lo guardò stupita e felice e delle grosse e salate lacrime le percorsero le guance.
“Scusami, non volevo farti piangere.” le disse mentre, con una gentile carezza, cancellava le tracce che quelle stille stavano lasciando sul viso gentile di lei.
“Oh Albert, sono lacrime di gioia le mie. Ti amo anch’io!”  gli confessò lei sulla porta di casa.
L’intimità dell’enorme giardino da cui la casa era circondata li proteggeva.
Lei gli buttò le braccia al collo e coprì il volto di lui con una miriade di piccoli baci.
Lui sorrise di quel suo gesto così spontaneo e la baciò nuovamente.
Quando finalmente sciolsero il bacio che li aveva tenuti legati e si salutarono, si sentivano entrambi ebbri, entrambi al settimo cielo.
La vita sorrideva loro e un nuovo amore illuminava il loro cielo.
 
Quando arrivarono in teatro, Robert chiese a Karen e Terence di poter parlare loro.
Non ci fu molto da dire se non che sperava che stessero attenti e non si facessero cogliere in situazioni imbarazzanti. Non fu semplice per Robert affrontare il discorso, ma preferiva essere chiaro. Disse loro che era preoccupato di poter perdere il nuovo sovvenzionatore a causa di uno scandalo. In realtà, voleva solo che i sue due pupilli stessero fuori dai guai. Terence non era mai stato fotografato con una ragazza prima di allora e sapeva che la cosa avrebbe suscitato scalpore. Non volle indagare e chiedergli cosa ci fosse fra loro, conoscendo la situazione e la sua ritrosia nell’esternare i propri sentimenti, ma gli suggerì di fare attenzione, la stampa sapeva essere spietata e Terence stesso ne sapeva certamente qualcosa.
 
Quella sera Kathrine non si presentò a teatro. Aveva deciso di parlare con suo padre. Gli aveva raccontato di tutti gli sgarri e le umiliazioni subite a causa di Karen e Terence e di quella biondina di Chicago. Per quanto il signor Griffiths fosse un astuto uomo d’affari, quando si trattava della figlia, riusciva a perdere la sua obbiettività.
Non le disse nulla ma dalla luce che Kathrine vide accendersi nei suoi occhi, fu certa che il padre l’avrebbe vendicata. Lo conosceva bene e sapeva quali corde toccare. Soddisfatta del proprio operato, si ritirò nella propria stanza. Aveva deciso che per un po’ non si sarebbe fatta vedere da Terence e che avrebbe cominciato a frequentare qualche borghesotto Newyorkese come alibi.
Il signor Griffiths decise di parlare con i suoi collaboratori.
Quegli Andrew non gli piacevano, anche perché erano riusciti a soffiargli da sotto il naso un ingente affare. Voleva vincere lui l’appalto per i lavori alla città ed era certo di avere la situazione in pugno, quando quel giovane magnate era uscito fuori dal nulla, soffiandogli l’affare. Aveva già pensato di fargliela pagare a tempo debito ma, ora che le loro vite si erano incrociate, non solo per quanto riguardava le questioni lavorative ma, anche per le questioni di cuore di sua figlia, sarebbe corso ai ripari e avrebbe orchestrato una vendetta degna della propria fama. Tutti lo temevano ed era il caso che cominciasse a temerlo anche quel William Andrew.
All’inizio, aveva pensato di intimorirlo con delle minacce ma, dal momento che Kathrine era stata ferita, sarebbe passato all’azione. Nessuno poteva prendersi gioco della figlia o umiliarla. E se voleva ferire Terence, Karen e quella Candy, doveva colpire gli Andrew. Colpendo quel William avrebbe colpito quell’attricetta da quattro soldi di Karen Klays, e quella Candice e, di conseguenza, Terence. Non gli erano passati inosservati gli sguardi d’intesa che si erano scambiati e come l’avesse guardata amorevole. Si sarebbe vendicato di tutti.
 
 
Terence e Karen quella sera, nonostante tutto, dettero il meglio di loro sul palco. Terence riuscì a tenere a bada quella rabbia e quell’agitazione che scuotevano il suo animo ogni qualvolta pensasse a quelle sciocchezze scritte sui giornali. Era oltremodo arrabbiato con sé stesso per aver perso l’armonica, l’aveva conservata per così tanto tempo. Voleva tanto poterla suonare a Candy, sperando che lei ricordasse e, ora che l’aveva persa, non avrebbe potuto farlo. Era l’unico regalo che aveva di lei ed era stata la cosa a cui si era appigliato in tutti gli anni in cui erano stati separati. Finito lo spettacolo rincasò. Nel tragitto gli venne in mente che quella sera Kathrine non si era fatta vedere e la cosa cominciava ad insospettirlo. Possibile che avesse deposto le armi? Ne dubitava fortemente.
Giunto a casa cercò l’armonica anche nei posti più improbabili ma senza risultato. Non riusciva a trovarla e la cosa gli faceva saltare i nervi. Diede un pugno contro la porta della sala e mandò in frantumi il vetro, ferendosi. Si tagliò la mano, un taglio profondo e la signora Peters lo pregò di recarsi in ospedale ma lui non voleva. Avrebbero potuto volerci dei punti per quella ferita.
Poi gli venne in mente che forse Candy poteva aiutarlo e chissà, forse poteva sfruttare questa ferita per aiutarla a ricordare.
La chiamò e le chiese se poteva passare da lei, consapevole che fosse tardi ma aveva bisogno delle sue doti d’infermiera. Lei non rifiutò e si spaventò di quella richiesta, temendo che si fosse fatto male ma lui non le diede nemmeno il tempo di indagare, perché riagganciò e corse da lei.
“Terence, mi hai fatto preoccupare, ho pensato che non stessi bene!”
“Sto bene, la mia mano un po’ meno.” gli disse facendole vedere la ferita.
“Devi andare in ospedale, dovranno sicuramente darti dei punti! Ma cos’hai combinato?”
“Niente. Ma non puoi medicarmi tu? Per favore, non voglio andare in ospedale.” le chiese lui, sperando che la sua mente volasse a quella notte a Londra, quando era uscita dal collegio di nascosto per comprargli delle medicine.
“Io … non so se ne sono capace.” gli rispose lei titubante.
“Io sono certo di sì.” disse lui.
Lei prese la borsa del pronto soccorso e disinfettò la ferita. Poi, prese un profondo respiro e gli mise qualche punto. Non pensava di esserne capace, eppure il bisogno di aiutarlo le aveva fatto vincere le proprie remore.
“Avrai bisogno di un antibiotico, se vuoi posso uscire a comprartelo.” si offrì lei.
“No, non ce n’è bisogno, lascia solo che mi riprenda cinque minuti e poi ti lascio in pace.” disse lui, cercando di ricreare la stessa situazione di anni fa.
Quando la vide tenersi la testa fra le mani sperò che non fosse solo la stanchezza.
“C’è qualcosa che non va?”
“Oh ecco… è una storia lunga…”
“Vuoi raccontarmela?”
“Ok, vieni, sediamoci in salotto.” propose lei.
“Ti ho raccontato del sogno in cui un ragazzo mi baciava? Beh, oggi … oh, mi sono dimenticata, scusami, per caso hai un’armonica? Ne ho trovata una oggi.”
“Oh, per fortuna! Pensavo di averla persa. E’ molto preziosa per me.”
“Vado a prenderla?!”
“No, finisci di raccontarmi, l’importante è che non sia andata persa.” le rispose lui, curioso di sapere cos’altro avesse ricordato e sollevato di aver ritrovato il suo prezioso tesoro.
 
“Beh, ho ricordato di aver regalato un’armonica a questo ragazzo per farlo smettere di fumare. E penso che ci fosse qualcuno di speciale nella mia vita. Ma non so perché mai avrei dovuto tenerlo nascosto ai miei amici. ” ammise lei arrossendo sempre più, non avrebbe voluto parlarne con ma era un amore di gioventù e sperava che lui potesse capire.
Terence sapeva che Candy stava parlando di lui e, nonostante ciò, non riusciva a non provare gelosia per il modo in cui lei parlava di questo ragazzo di cui era stata innamorata, anche se era ben consapevole di essere lui.
“E poi… oddio Terry, non so perché mai capiti tutto in tua presenza, ma prima mentre ti medicavo, ho ricordato di essere scappata dal collegio alla ricerca di medicine per questo ragazzo. Possibile? Possibile che fossi così innamorata e che non me lo ricordi? Oh scusami, forse non dovrei parlarne con te, non vorrei che tu …”
“Si tratta del tuo passato Candy e non potrei che essere felice se te ne riappropriassi. E se ti succede spesso in mia presenza, dovrà pur esserci un motivo!” le suggerì lui.
Lei rifletté su quelle sue parole, in realtà era dalla prima volta che aveva ricordato in sua presenza che aveva cominciato a chiedersi il perché.
“Vado a prendere l’armonica.” disse lei allontanandosi. Quando tornò lo trovò che fissava fuori dalla finestra assorto come solito in insondabili pensieri.
“Eccola.” disse lei porgendogliela e non le passò inosservato il luccichio che attraversò gli occhi di lui quando la rivide. Si chiese se gliel’avesse regalata la donna di cui era stato innamorato.
Poi sorrise, sia della sua gelosia, sia della coincidenza, anche lei pareva aver regalato un’armonica ad un ragazzo a cui probabilmente aveva voluto bene.
“Tel’ha regalata lei vero?” gli domandò a bruciapelo.
Terence fu colto alla sprovvista da quella domanda. Cosa avrebbe dovuto risponderle?
Avrebbe dovuto mentirle? Non voleva causarle un dolore.
Annuì, senza trovare il coraggio di proferire parola.
“Lo avevo immaginato, l’hai guardata come se fosse la cosa più preziosa al mondo.” disse lei con una nota di tristezza nella voce.
Non avrebbe voluto darle quel dispiacere, avrebbe voluto dirle che la cosa più preziosa al mondo era lì davanti ai suoi occhi…
Non sapeva cosa fare, ma non voleva che lei dubitasse oltre di ciò che c’era fra di loro.
La attirò a sé tenendola distante giusto quel tanto per poterle sussurrare:
“È un ricordo di un passato molto importante per me, non posso negarlo. Ma anche il presente lo è.”
Le parole di lui la fecero rabbrividire e le fecero salire le lacrime agli occhi.
Lui capiva sempre e non la deludeva mai. Si sforzava di andarle incontro, di parlare anche quando non avrebbe voluto, di spiegarle anche quando non era tenuto, come poteva non tenere a lei? Era stata sciocca a pensarlo, e sciocca a farsi prendere dalla gelosia. Del resto, anche lei aveva un passato, anche per lei pareva esserci stato un amore anche se lui non pareva esserne geloso. E poi, di cosa avrebbe dovuto essere geloso, lei non ricordava, non lo ricordava, era passato e probabilmente aveva capito di essere il suo presente.
Lo lasciò andare più tranquilla. Doveva smetterla di aver paura di un fantasma e doveva concentrarsi sul suo presente e su ciò che stavano costruendo.
Si mise a letto e rifletté su quanto fosse stata particolare quella giornata. Grazie a Terence, aveva ricordato altri due frammenti di passato. Doveva assolutamente parlarne con il suo terapeuta o sarebbe impazzita.
 
Terence rincasò alquanto affranto. Ancora una volta aveva avuto la riprova che tutte quelle bugie stavano causando certamente più male che bene.
Aveva sentito la necessità di rassicurarla, di dirle che il presente per lui era importante almeno quanto il passato, perché aveva visto il dolore nei suoi occhi quando aveva capito da dove provenisse quell’armonica. Voleva che lei capisse che era importante per lui, non voleva che dubitasse di ciò che stava “nascendo” tra loro. Vederla soffrire gli faceva male, lo uccideva. Ogni qualvolta si riprometteva di non farla soffrire, finiva inevitabilmente per arrecarle nuovo dolore.
Dispiaciuto da quella consapevolezza, si addormentò a fatica e si girò e rigirò nel letto diverse volte.

 
 

Nda: Morning folks! Ebbene, come promesso, capitolo a distanza di pochi gg! Tra mercoledì e giovedì ve ne posto un altro, perché poi parto e ci sentiamo lunedì!Poi, sarò presente per due gg e di nuovo niente pazza monologhista (esiste?lol), fino a domenica... Mi spiacerà solo lasciarvi con tanto di naso al prossimo cap.
Oggi volevo rinraziare Tetide per il supporto continuo, Sogno_Colorato per essersi buttata a recensire, Petra che da qualche capitolo mi accompagna, Aurora che anche lei fa sentire la sua presenza, Felisia che ogni tanto spunta fuori :D...
Misia, Myriam, Manu ...
e le prime che mi hanno scovata, Oliva e Isa2... e Frangilois che però non ho più sentito!
Grazie gente e spargete il verbo XD XD XD
Buona settimanella a tutte/i!

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Capitolo 28
*** Al mio via, scatenate l’inferno ***


 
Capitolo XXVII
 
Al mio via, scatenate l’inferno
 


Colonna sonora del capitolo  


"Vero e unico creatore di bene è l'affetto, l'affetto naturale che scorre quieto ma inesauribile, a portare i freschi ruscelli della vita; mentre la passione o è fiamma che dissecca o è un tormentaccio rovinoso, che assorda, trascina, devasta."
Emilio De Marchi, Giacomo l'idealista, 1900

 
Il mese di settembre trascorse in relativa tranquillità.
Candy continuava le sue lezioni di musica che erano decisamente un buon pretesto per vedere Terence tutti i giorni.
Era andata a teatro sporadicamente, per evitare di fornire ai giornalisti materiale di cui parlare.
Anche se non ne avevano discusso apertamente, avevano entrambi preferito optare per un certo grado di discrezione pur non lasciando che ciò influisse sulla loro relazione e le loro scelte.
Candy, Albert e Archie erano sempre in allerta a causa dell’avvertimento di Patrick: attendevano che i Griffiths colpissero.
Erano abbastanza certi che, tenendo gli occhi ben aperti, qualsiasi cosa stessero architettando quei biechi personaggi, sarebbero stati in grado di reagire prontamente.
Albert e Archie avrebbero dovuto assentarsi per lavoro, per circa una decina di giorni e a nessuno dei due piaceva l’idea di lasciare le due giovani da sole.
Temevano che i Griffiths potessero colpire approfittando di un momento di debolezza, proprio durante la loro assenza.
 
Qualche giorno prima che Albert partisse, finalmente Karen lo invitò a cena a casa sua, per presentargli i suoi genitori. Quando varcò la soglia di Villa Klays, quella sera, si sentì stranamente emozionato. Sapeva che avrebbe avuto l’occasione di chiedere la mano di Karen e la cosa in parte lo preoccupava, specie dopo tutto ciò che i giornali avevano scritto in quei mesi sul loro conto.
“Sei pronto?” gli chiese lei accogliendolo nel salone centrale.
“Dovrei preoccuparmi?” chiese lui di rimando, ridacchiando nervosamente.
“Che io sappia, i miei genitori non hanno mai mangiato nessuno.” tentò di scherzare lei per smorzare la tensione.
“Veramente mi riferivo alle foto sui giornali.”
“Avrai modo di dare loro spiegazioni nel caso.” gli rispose lei con un tono pacato e sereno, rivolgendogli un radioso sorriso.
Lei non era particolarmente preoccupata ma piuttosto curiosa di sapere come mai Albert avesse voluto procedere con le presentazioni ufficiali.
In cuor suo sperava di aver immaginato correttamente le motivazioni che potevano averlo spinto a ciò ma, infondo, temeva di lasciare che la propria mente si librasse alta nel cielo delle illusioni e delle speranze.
L’imbarazzo iniziale di Albert fu subito cancellato dalla cortesia con cui i Signori Klays lo misero a proprio agio.
“Quindi mi pare di capire che veniate da Chicago e vi siete trasferiti a New York per seguir gli affari di famiglia?”
“Esattamente. Il sindaco ha affidato alle industrie Andrew i lavori di ristrutturazione e ampliamento della città.”
”Un bel colpo, complimenti!” si lasciò scappare il padre di Karen.
“Non posso lamentarmi.” rispose Albert cercando di reprimere una risata.
“Karen mi raccontava che vi siete conosciuti tramite un amico comune.”
“Sì, immagino che lo conosca, Terence Graham, il collega di Karen.”
“Quello scontroso e schivo? E chi non lo conosce? Peraltro, come potrei dimenticare quella giovane che si sacrificò per salvargli la vita,  che è morta da non molto se non erro?” disse il signor Klays ma Karen lo interruppe bruscamente.
Odiava parlare di quell’argomento col padre, la vedevano troppo diversamente in merito.
“Possiamo evitare di parlare di Susanna? Lasciamo che riposi in pace.” tagliò freddamente lei.
 
Il resto della serata proseguì fra chiacchiere del più e del meno.
Terminata la cena, il padre di Karen invitò Albert ad unirsi a lui per un whiskey e un sigaro. Albert sapeva che si stava avvicinando il momento clou e deglutì a fatica.
Era un importante uomo d’affari, sicuro di sé quando voleva, però dover chiedere la mano dell’unica figlia  ad un padre sicuramente protettivo, era tutta un’altra storia.
“Voleva parlarmi di qualcosa immagino?” gli chiese il signor Klays dopo avergli porto whiskey e sigaro.
Albert sorseggiò quel liquido color ambra chescendendo in gola gliela bruciò leggermente, prima di cominciare.
Aveva ripassato quel discorso mentalmente svariate volte, eppure in quel momento le parole sembrarono morirgli in gola.
“In realtà, avrei a cuore di poter chiarire con lei di tutte le foto, gli articoli di giornale e le illazioni che sicuramente avrà avuto modo di vedere e leggere ultimamente riguardo me e sua figlia.”
“Non presto loro molta attenzione se devo essere sincero. Avendo una figlia che lavora nel mondo dello spettacolo, ho imparato a non credere propriamente a tutto ciò che leggo ed è mia consuetudini verificare con Karen quando mi imbatto in notizie che la riguardano.”concluse pacificamente il signor Klays.
Albert non sapeva come interpretare quelle parole. Da un lato avrebbe voluto sentirsi tranquillizzato, dall’altro continuava a sentirsi nervoso.
“Signor Klays, a me preme rassicurarla che non farei mai nulla per infangare la reputazione di sua figlia, motivo per cui avrei desiderato intrattenere questo colloquio privato con lei. Ho intenzioni serie nei confronti di sua figlia e vorrei la sua benedizione. Forse le sto chiedendo troppo, del resto non mi conosce affatto, ma ho pensato di chiedere a lei, prima ancora che a Karen, la sua mano.” disse lui tutto d’un fiato, senza mai abbassare lo sguardo.
Il signor Klays tacque per qualche istante prima di scoppiare in una fragorosa risata che sorprese Albert.
“Mi perdoni signor Andrew, è solo che mi sembra una cosa così all’antica, ma l’apprezzo molto.
Vede Albert, posso chiamarla così vero? Dicevo, se mia figlia dovesse accettare la sua proposta, beh, allora avrà la mia benedizione. Non mi sognerei mai e poi mai né di impedire a mia figlia di sposare chi desidera né tanto meno di imporle una persona che non desidera.”
“Capisco. Avrei intenzione di chiedere a sua figlia di sposarmi ma non prima del mio ritorno dal prossimo viaggio. Come può immaginare, per me è una cosa molto importante e vorrei potervi dedicare l’attenzione che merita. Non voglio assolutamente , nel caso sua figlia dovesse acconsentire e rendermi un uomo felice, che le nostre eventuali nozze possano passare in secondo piano.”
“Mi sembra molto sicuro dei propri sentimenti e di quelli di mia figlia.”
“Dei miei sono più che certo.” rispose lui.
“Bene, direi che possiamo tornare dalle nostre dame?”
“Certamente.” rispose Albert ed entrambi si alzarono per dirigersi nuovamente verso il salotto.
Karen aveva lanciato diverse occhiate nella direzione dello studio del padre e aveva atteso col cuore in gola di vederli riemergere da quella stanza.
Quando li vide tornare rilassati e sorridente, pensò che, qualsiasi fosse stato l’argomento della loro conversazione, la chiacchierata doveva aver assunto toni del tutto amichevoli.
Era molto curiosa di sapere cosa si fossero detti ma era certa che nessuno di loro avrebbe condiviso con lei quel segreto.
Karen salutò Albert sull’uscio di casa, sapeva che insieme ad Archie sarebbe partito l’indomani mattina e sarebbero stati via per una decina di giorni.
“Sei in partenza …”
“Starò via per poco, anche se non sono molto tranquillo.”
“Immagino. Ma sarai certamente più sicuro sapendo Terence a vegliare su Candy.”
“Ah, questo è certo. Ma vogliamo tornare a noi?” chiese lui sfoderando un sorriso malizioso.
“Non c’è argomento che io preferisca!” rispose lei sorridendogli a sua volta.
“Spero che saprai tenere a bada i corteggiatori …”
“Corteggiatori? Quali?”
“Ah certo, quindi tutti quei fiori che ho visto in camerino non erano di uomini che cercano di conquistare il tuo cuore solitario?”
“Ah caro mio… ma il mio cuore è già preso e credo che sia chiaro a tutti, o forse no? Mmm, ora che mi ci fai pensare, forse è il caso che lo ricordi al diretto interessato?” disse lei alzandosi sulla punta dei piedi e poggiando un bacio che tutto sembrava fuor ché casto, sulle labbra di Albert.
“Sei imprevedibile!” disse lui guardandola mentre lei sorrideva felice.
“Ah beh, faccio del mio meglio.” rispose scherzosa.
“Ti riesce benissimo. Mi spiace ma ora devo andare. Ti chiamo domani, va bene? Mi raccomando tieni gli occhi aperti.”
“Lo farò, non ti preoccupare.” lo salutò lei.
Lo guardò andare via, sognante. Sapeva di essere una donna fortunata, aveva trovato un uomo stupendo che si preoccupava per lei e la ricambiava.
 
Mentre si avviava verso l’auto, Albert ripensò alla conversazione avuta solo un paio di giorni prima con Terence, quando si era deciso a chiedergli una cortesia.
“Non mi sento molto tranquillo se le ragazze rimangono sole. Forse non è proprio previsto dall’etichetta ma ti dispiacerebbe trasferirti temporaneamente a casa nostra?”
“Io? Ma sei sicuro? Ti sembra una buona idea? Che diranno Annie e Candy?” gli aveva chiesto Terence sorpreso.
Aveva dovuto mentirgli, o meglio omettere la verità,  e Terence aveva fiutato qualcosa non andava ma, essendo certo che non gli avrebbe detto qual era il motivo della sua preoccupazione, lasciò perdere.
Non solo Albert lo aveva sorpreso con quella bizzarra richiesta ma, stranamente, anche Cornwell pareva essere d’accordo e anzi, aveva insistito affinché accettasse, il che non fece che fare aumentare i suoi dubbi.
 
Candy e Annie accolsero con sorpresa quella notizia e, tutto sommato, entrambe si sentirono sollevate, sapevano di potersi fidare di lui e, una presenza maschile in casa, rassicurante come la sua, le tranquillizzava.
Terence si sarebbe trasferito la mattina in cui Albert ed Archie sarebbero partiti.
“Forse avrei dovuto chiedervelo prima ma … beh … lo sapete.”
“A me sembra un’ottima idea!” intervenne Archie.
Annie rimase impressionata di quell’intervento di Archie, sapeva quanto poco soffrisse Terence e la sbalordì alquanto questa sua buona disposizione nei confronti del suo acerrimo nemico.
“Se la ritieni una cosa opportuna e se vi fa stare tranquilli, sarà il benvenuto.”
“E tu Candy, che ne pensi?” la incalzò Albert.
“Concordo con Annie, se vi fa partire più tranquilli, ben venga.”
“Bene allora è deciso. Anche perché avevo già avvertito Terence. Verrà qui la mattina della nostra partenza.” concluse Albert.
La mente di Candy era già lontana anni luce. Si sentiva decisamente eccitata all’idea di poter “vivere” con lui per ben dieci giorni e lo stesso si poteva certamente dire per Terence, anche se erano entrambi preoccupati di eventuali scandali che i giornalisti non avrebbero certo tardato a proporre.
 
La mattina in cui Archie ed Albert partirono, Terence arrivò poco prima che lasciassero la residenza.
Albert gli era sembrato decisamente su di giri e anche preoccupato; si chiese se ciò fosse dovuto alla famosa chiacchierata che apparentemente aveva intrattenuto con il padre di Karen.
“Buon viaggio!” li salutò lui.
“Buona permanenza. Mi raccomando prenditi cura delle nostre bambine.” disse Albert in tono affettuoso.
“Graham, te le affido. Non mi fare pentire!”
“Cornwell, pensa a fare il tuo lavoro! Se Albert si fida di me penso che debba farlo anche tu. E ora va’,  ci sono io qui.”gli disse per innervosirlo ma Archie per una volta preferì accusare il colpo. Sapeva che nessuno si sarebbe preso cura di Candy tanto quanto Terence.
 
Candy accolse Terence felice e gli mostrò la sua camera. Annie si sentiva un po’ a disagio anche se era contenta di questa nuova occasione che si presentava per la sua amica. Intere giornate a stretto contatto con l’attore avrebbero sicuramente risvegliato in Candy qualche cosa, magari qualche ricordo, motivo per cui aveva acconsentito a quella strana idea di Albert. Anche a Chicago erano rimaste sole diverse volte e non era mai successo nulla, ma comprendeva che la situazione in cui si trovavano era differente.
“Ben arrivato. Spero che ti troverai bene. Albert ti ha riservato una stanza al terzo piano così non ti disturberà nessuno.”
Gli avevano destinato la stanza più grande di tutta la casa per farlo sentire a proprio agio e concedergli un po’ di privacy.
Notò con piacere misto a delusione che la stanza si trovava su un piano differente rispetto a quello di Candy: “Albert aveva pensato proprio a tutto.”  pensò mentre un mezzo sorriso gli si dipingeva sulle labbra.
“Vi ringrazio per la cortesia, sono certo che difficilmente verrò disturbato da rumori o voci visto che mi avete lasciato l’intero piano.” disse lui, non molto convinto di quella soluzione.
 
Aveva ben dieci giorni da passare con Candy e avrebbe voluto approfittare di un’occasione così preziosa ma senza tradire la fiducia riposta in lui dall’amico.
 
“Ti lascio a disfare il bagaglio. Se hai bisogno di qualcosa, chiedi pure al signor Miles,  i domestici sono a tua disposizione. Se per te va bene, potremmo pranzare insieme, altrimenti se preferisci pranzare da solo puoi dare disposizioni.” lo salutò Candy uscendo dalla stanza e lasciandolo solo.
Terence si sistemò nella propria camera temporanea e ridiscese giusto in tempo per la lezione giornaliera di pianoforte di Candy.
Fu strano per entrambi, forse perché sapevano che avrebbero trascorso diversi giorni e, soprattutto diverse notti, sotto lo stesso tetto.
Terence cercò di mantenere un certo distacco, non voleva sfiorarla, non voleva percepire il suo profumo perché il desiderio di lei cresceva giorno dopo giorno e non sapeva per quanto a lungo sarebbe stato in grado di trattenersi.
Candy sembrava condividere i suoi dubbi, i suoi pensieri e il suo stesso timore perché, per tutta la durata della lezione, cercò di evitare per quanto possibile, il contatto con lui. Da una parte era sollevata perché Terence doveva recarsi alle prove e doveva lavorare, motivo per cui per delle intere ore, non avrebbe dovuto preoccuparsi  di come relazionarsi con lui.
Aveva promesso ad Albert che si sarebbe comportata bene e, anche se probabilmente Albert non alludeva a ciò che lei stava pensando in quel momento, non voleva assolutamente soccombere al suo desiderio. Erano interi giorni che il pensiero di Terence sotto il suo stesso tetto e, il pensiero di ciò che potesse accadere fra un uomo ed una donna, non la abbandonavano.
Si vergognava dei suoi pensieri decisamente impuri, motivo per cui si era ritrovata a recitare svariate volte l’Ave Maria, con un rosario alla mano, sperando che il Signore l’ascoltasse e la guidasse sulla retta via.
Pranzarono insieme e poco dopo Terence uscì per recarsi in teatro.
“Che ne dici di venire a teatro stasera?”
“Non credo sia il caso, scusami, ma abbiamo già dato nell’occhio parecchio ultimamente, preferirei lasciare che le acque si calmino prima di rivederti recitare.”
“Come preferisci. Ah, per favore, avverti il signor Miles che vorrei cenare in camera?”
“Come preferisci.”
“Ora vado. Ti auguro un buon pomeriggio.” la salutò lui formale.
“Buon lavoro.”  fu la concisa risposta di Candy, che non sapeva come interpretare quel comportamento scostante di Terence. Aveva sperato che le chiedesse di aspettarlo per cena, o quanto meno di chiederle compagnia ma le aveva detto che avrebbe cenato in camera; cosa doveva pensare se non che volesse stare da solo?
Candy non aveva nemmeno provato a chiedergli di cenare insieme, o se poteva tenergli compagnia, probabilmente voleva poter godere della privacy della propria casa, e chi era lui per intrudere? Pensò che cenare in camera potesse essere la soluzione, non le avrebbe imposto la propria presenza.
 
Per interi giorni ripeterono la stessa routine: colazione insieme, la lezione di piano e il pranzo insieme, poi lui usciva e rincasava solo dopo lo spettacolo.
Non  le aveva mai chiesto di fargli compagnia e aspettarlo per cena e lei, d’altro canto, non glielo aveva mai proposto.
Candy si chiese diverse volte se Terence la stesse evitando, se anche lui potesse essere turbato dal pensiero di dormire sotto lo stesso tetto o se , semplicemente, non volesse imporre loro la sua presenza.
Fu solo all’alba del settimo giorno che Terence, stufo di quella situazione che lo stava turbando ed innervosendo oltremodo, ruppe il silenzio.
“Soli tre giorni e non dovrò più invadere il tuo spazio.” cominciò lui sulla difensiva.
“E’ per quello che ti ho visto a mala pena in questi giorni?” gli chiese lei sorpresa. Ora capiva perché aveva  trascorso così poche ore in casa. Possibile che pensasse realmente di arrecare fastidio con la sua presenza?
“Non volevo certo importi la mia presenza.” le rispose lui con un tono aspro, infastidito da come in tutti quei giorni lei lo avesse praticamente evitato.
“Cena con me stasera. Ti aspetterò dopo lo spettacolo.”
“Si farà tardi, sei sicura che saprai aspettare?” le chiese lui con un sorriso stiracchiato, la fama della sua golosità la precedeva e non di poco.
“Sai essere proprio sfacciato! Annie stasera cena con i suoi genitori e non voglio cenare da sola.” gli rispose lei celando la sua voglia di passare del tempo con lui dietro quelle sue menzognere parole.
“Che non sia mai che rifiuti l’invito di una gentile donzella.” le rispose lui prendendola in giro mentre tentava di registrare quell’informazione appena appresa: quella sera sarebbero stati soli, certo, servitù a parte.
Per mascherare l’emozione, l’eccitazione, ma anche il proprio disagio, la salutò velocemente e si ritirò in camera. Non voleva che lei potesse leggere nel cangiante blu dei suoi occhi le mille emozioni ed i mille pazzi pensieri che gli stavano attraversando la mente come un treno in corsa.
Lei non lo vide uscire e si arrese all’evidenza, non le rimaneva che attendere che tornasse. Era nervosa ed agitata, avrebbe voluto trarre il meglio da quella situazione, eppure non era andata come aveva sperato.
Avevano sprecato una settimana preziosa, sempre per colpa di quell’abitudine bizzarra che si era instaurata fra loro, di tacere e lasciare parlare i silenzi, correndo il rischio, come in quel caso, di fraintendere l’uno il comportamento dell’altra.
Terence aveva lasciato villa Andrew tirando un grosso sospiro di sollievo. Si era comportato come un perfetto idiota, rischiando di ferirla. Lei aveva pensato che lui non fosse felice di quella situazione temporanea e lui di non imporle la propria presenza, con il risultato che per una settimana si erano quasi ignorati. Aveva parlato più con Annie che con Candy, finendo per imparare a conoscere un po’ meglio la giovane Brighton.
Si ripromise che quella sera si sarebbe fatto perdonare per essersi comportato come un imbecille.
Si arrabbiò con sé stesso: possibile che riuscisse sempre a complicare le cose con lei?
Nervoso come non mai, si districò fra le auto ed il traffico che affollavano le strade di New York, non mancando di maledire qualche malcapitato autista che aveva rallentato il suo guidare frenetico.
 
Mr Griffiths aveva programmato la propria vendetta che si sarebbe consumata proprio quella sera. Il primo ed ultimo atto di quella che sperava si trasformasse in una tragedia, era pronto per essere messo in scena.
I suoi uomini erano pronti ed eseguire alla lettera gli ordini e, non appena il velo nero della sera avvolse i capannoni delle industrie Andrew, situati appena fuori città, odore di benzina  fu percepibile nell’aria e, di lì  a poco, rosse fiamme e lingue di fuoco riducevano in cenere tutto ciò che incontravano, mentre il fuoco stesso prendeva piede con facilità e avvolgeva, per poi distruggere, qualsiasi cosa si ponesse sul suo cammino.
 
Verso le dieci Candy si assopì sul divano, nel salone situato al secondo piano. Aveva salutato il signor Miles che l’aveva vista entrare in quella stanza e, poco dopo, l’aveva trovata addormentata. Aveva preferito non svegliarla, sapendo che stava attendendo il signor Graham e che comunque ci sarebbe voluto ancora del tempo prima che questi rientrasse.
Si svegliò, dovevano essere circa le unidci, perché sentiva un gran caldo. Quando aprì gli occhi si accorse che qualcosa non andava. Uscì dal salotto ma si rese subito conto che l’unica via di fuga ormai stava prendendo fuoco. Cercò di far rumore, sperando di svegliare i domestici, se stavano dormendo rischiavano di venire fagocitati dalle fiamme. Era in preda al panico, non sapeva cosa fare, le veniva da piangere perché più si guardava intorno e più non trovava una via di fuga.
In quel momento, le mancò la prontezza di spirito della vecchia Candy che non si sarebbe certo data per vinta e, piuttosto, si sarebbe calata giù dalla finestra.
Temeva di non farcela perché il fumo cominciava a renderle difficoltoso sia mettere a fuoco che respirare. Lentamente, senza accorgersene, perse i sensi.
 
Terence era in ritardo quella sera. I fans gli avevano ostruito la strada e si era dovuto trattenere più di quanto non avesse desiderato.
Quando arrivò in prossimità della residenza degli Andrew, notò alcune camionette dei pompieri e una certa concitazione generale. Percepì odore di fumo e una strana sensazione lo assalì. Fu solo quando svoltò l’angolo, per procedere nella via che portava alla villa, che si rese conto di cosa stava succedendo.
Lo spettacolo della casa in fiamme lo colpì come un pungo allo stomaco. Abbandonò l’auto e corse lungo il viale. La polizia aveva formato un cordone per impedire ai curiosi passare ma, quando si accorse che Candy pareva essere l’unica che mancava all’appello, fu assalito dall’ansia e dal terrore di perderla.
“Io abito qui!” mentì lui e il signor Miles confermò.
“Dov’è la signorina Candy?” chiese Terence nervoso, sperando che fosse già stata tratta in salvo.
“In casa temo. L’ultima volta che l’ho vista dormiva sul divano nel salone del secondo piano.”rispose l’uomo rammaricato.
A quelle parole qualcosa scattò dentro Terence.
Scavalcò il cordone e, non curante dei pompieri che gli urlavano che la casa era pericolante e quindi che era troppo rischioso entrare, si fece dare una coperta bagnata, nella quale si avvolse, ed entrò.
Le fiamme sembravano avvolgere tutto, il fumo gli rendeva difficoltoso vedere e respirare. Cercò di farsi largo fra le macerie e i tizzoni incandescenti, mentre urlava il nome di Candy con tutta la disperazione e la forza che aveva in corpo.
Salì al secondo piano, le scale erano praticamente inagibili, avvolte in una coltre nera e rossa, il caldo asfissiante e ustionante, ma non poteva arrendersi.
Quando entrò nel salone e la vide in terra priva di sensi, la paura lo assalì ma la scacciò. Non era il momento per soccombervi. Controllò che respirasse ancora, poi ringraziando Dio,  la sollevò e la prese in braccio. Giusto un istante prima che poggiasse i piedi sul primo gradino, nel tentativo di ridiscendere, le scale crollarono con un tonfo spaventoso.
L’ultima via d’uscita rimaneva una finestra.
Scaraventò una sedia contro i vetri, senza mai lasciarle la presa su Candy. I vetri andarono in frantumi; fortunatamente la stanza non era ancora completamente invasa dal fuoco, per cui non vi fu un ritorno di fiamma, cosa che aveva considerato poco prima si scagliare la sedia con tutta la forza di cui era capace, contro la finestra.
Fortunatamente, i pompieri non ci misero molto a recuperarli grazie ad una di quelle scale mobili che aveva visto solo nei film.
Un medico ordinò a Terence di adagiare Candy su di una lettiga ma lui sembrò non sentirlo.
In quel momento l’adrenalina, la paura, l’angoscia si fecero sentire e cadde in ginocchio sotto il loro peso, in lacrime, con la sua Candy ancora fra le braccia.
“Ti amo!” le sussurrò baciandole la fronte. Si rialzò e finalmente l’appoggiò sulla barella mentre le sue lacrime bagnavano il viso di lei. Al contatto con quelle fredde e salate stille, lei riprese conoscenza. Aprì gli occhi offuscati dal ricordo di una calda e cara voce che le confessava di amarla. Quando si rese conto di cosa era accaduto, perché vide un medico intento ad auscultarle il respiro e il viso di Terence nero di fuliggine, ricordò all’improvviso dell’incendio e capì che doveva essere svenuta.
“Deve ringraziare questo giovane coraggioso se è ancora fra noi!” le aveva detto il dottore che la stava accuratamente visitando.
 
Il giorno successivo avrebbe appreso dai giornali ciò che Terence si rifiutò di raccontarle.
 
“Il noto attore Terence Graham salva la vita alla bella ereditiera degli Andrew gettandosi fra le fiamme che avevano fagocitato la residenza di quest’ultima. Cosa non farebbe il nostro eroe di Broadway per amore.”
 
Proseguiva lo sciocco articolo.
 
“Dov’è Terence?” chiese Candy ad Annie quando si svegliò in ospedale. Non ricordava molto del trambusto dopo l’incendio, probabilmente doveva avere perso nuovamente conoscenza. Era scossa e preoccupata.
“Candy, per fortuna, non me lo sarei mai perdonata …”
“Annie per favore, dov’è Terence?” chiese nervosamente. Eppure ricordava distintamente di averlo visto camminare sulle proprie gambe per cui non poteva essergli successo nulla di male.
Annie le indicò silenziosamente con lo sguardo il giovane con il viso ancora sporco di fuliggine, sopito su di una sedia.
“Si è a mala pena fatto visitare ed è rimasto qui tutta la notte, nonostante i dottori gli avessero consigliato di riposare e gli avessero garantito che non correvi alcun pericolo.”
“Mi ha salvato la vita?!”
Annie le mostrò uno dei tanti articoli di giornale.
Candy iniziò a piangere ed il suono dei suoi singhiozzi interruppe il sonno di Terence.
Quando incontrò i suoi fanali blu, fu invasa da una strana sensazione, forse un ricordo di come tanti anni prima un giovane, sì, doveva essere un ragazzo, la aveva soccorsa quando era svenuta e l’aveva portata al sicuro. Ricordava il suo abbraccio caldo e rassicurante e quel bacio sulle proprie ciglia …
Quando si rese conto di essersi addormentato, Terence si infuriò con sé stesso. Aveva ceduto allo stress, alla stanchezza e al peso della paura che aveva provato. Proprio quando aveva realizzato che rischiava di perderla per sempre, si era ripromesso che non avrebbe più permesso a uno sciocco fraintendimento di frapporsi fra loro.
“Vado a vedere se sono arrivati Archie ed Albert. Sono di ritorno.” fu la scusa adottata da Annie per lasciarli soli.
Candy cercò di frenare le lacrime che sembravano sgorgarle senza fine dagli occhi.
Terence si avvicinò e le accarezzò il volto con fare amorevole. Lei gli prese la mano, la strinse forte e lo ringraziò.
“Ti devo la vita! Sei stato un pazzo a rischiare la tua per me, per salvarmi! Se … se … se ti fosse successo qualcosa Terence, non me lo sarei mai perdonata! Sei stato un incosciente ma ti devo ringraziare!” ammise lei ricominciando a singhiozzare.
“Candy … non potevo lasciarti lì, non me lo sarei mai perdonato … se non ti avessi salvata …” le parole gli morirono in gola. Nonostante si fosse ripromesso di “parlare” e smetterla con i silenzi, non ci riusciva. Non poteva confessarle che se non l’avesse salvata avrebbe preferito morire con lei. La sua vita non aveva senso senza di lei, seppur non avesse potuto averla, doveva sapere che lei era al mondo e lo abbelliva ed ingentiliva con la sua presenza, per  riuscire ad andare avanti.
Lui si chinò per baciarle la fronte ma lei chiuse gli occhi e dischiuse le labbra. Non ci pensò due volte e la baciò. Sperò di trasmetterle tutto l’amore che provava per lei e la paura che aveva provato al pensiero di perderla. La sentì rispondere con la sua stessa forza, con disperazione e con passione. L’aver rischiato di morire ovviamente l’aveva sconvolta.
“Non mi lasciare!” gli chiese quasi supplichevole, facendogli spazio sul letto in modo che potesse sedersi.
Nel sentire la sua voce così provata, il suo cuore fu chiuso in una morsa. L’amava e l’avrebbe protetta da qualsiasi cosa, a qualsiasi costo.
“Non me ne vado, non ti preoccupare.” La rassicurò baciandole dolcemente la mano e sedendosi accanto a lei.
Sentendo la sua voce stanca e notando che era ancora sporco e indossava gli abiti parzialmente bruciati gli parlò nuovamente.
“Forse dovresti andare a casa a riposare.” provò a suggerirgli nonostante gli avesse appena chiesto di non lasciarla.
Ma il suo “non lasciarmi” non era riferito certo all’immediato …
“Non ci penso proprio!” le rispose lui con un tono di voce deciso.
Rimasero in silenzio a godere della reciproca vicinanza per istanti, forse ore.
Terence cercava di sembrare calmo ma stava tentava di tenere a bada la rabbia che gli ribolliva nelle vene. In quel momento malediva i fans, il lavoro e il mondo intero. Il suo ritardo la sera precedente le sarebbe potuto costare caro.
Erano questi i pensieri che gli affollavano la mente mentre osservava Candy riposare. Si era addormentata nuovamente, probabilmente vinta dalla stanchezza, con la testa appoggiata sul suo petto.
 
Quando finalmente Albert ed Archie giunsero a New York, in preda all’ansia e alla stanchezza si precipitarono in ospedale.
Albert era provato, affaticato e contrariato ma quando entrò nella stanza di Candy e poté constatare che sia lei che Terence stavano bene, tirò un sospiro di sollievo.
“Sono felice che tu stia bene.” disse sommessamente all’amico abbracciandolo. Anche se non lo avrebbe ammesso, era stato in pena per lui, aveva temuto per la sua vita. Era stato lui a chiedergli di prendersi cura delle due ragazze e, se qualcosa fosse capitato al giovane per colpa della sua richiesta, non se lo sarebbe mai perdonato.
“Mi spiace Albert, avrei dovuto prendermi cura di lei … non sembro essere all’altezza del compito …”
“Che dici? Le hai salvato la vita! Se non ci fossi stato tu … ma non voglio nemmeno pensarci! Ti sarò sempre grato Terence, sempre!” lo ringraziò Albert commosso.
“Non avrei mai potuto lasciarla in quella casa in fiamme.”
“Lo so amico mio, lo so. Non avrei potuto lasciarla in mani migliori.” gli disse nel tentativo di ringraziarlo ulteriormente.
“Non ne sono certo.” gli ripose il giovane scoraggiato, reprimendo un gesto di stizza.
“Va’ a casa e riposati. Fatti un a doccia.”
“Non voglio lasciarla!”
“Per favore, prenditi cura di te, ci sono io ora a vegliare su di lei. Vedrai che quando tornerai starà ancora dormendo.”
“E se si vegliasse prima del … “
“… del tuo ritorno le dirò che tornerai presto.”
“Forse hai ragione, è meglio che vada.” acconsentì ricordandosi di essere ancora sporco di fuliggine.
“Prendi un taxi.” gli suggerì Albert, del resto la sua auto era rimasta parcheggiata nei pressi di ciò che rimaneva della loro residenza.
Terence si diresse verso l’esterno, rivolgendo un ultimo sguardo alla sua Tutte Lentiggini. Col cuore estremamente pesante lasciò quella stanza.
 
Archie abbracciò Annie e si lasciò cullare dall’abbraccio amorevole e rassicurante della sua fidanzata. Quando vide Terence uscire dalla camera di Candy, stranamente gli andò incontro e gli tese la mano.
Lo ringraziò di cuore per aver salvato la cugina e gli giurò eterna gratitudine. Per una volta riuscì a mettere da parte l’odio per il suo eterno rivale perché, doveva ammetterlo, si era comportato da vero uomo, anzi da eroe e meritava non solo la sua gratitudine ma tutto il suo rispetto.
Lo accompagnò a prendere un taxi e mentre attendevano gli offrì una sigaretta.
Terence faticò a rifiutarla, avrebbe avuto bisogno della sua vecchia amica nicotina ma decise di non cedere alla tentazione.
“Grazie ancora. E ora prenditi cura di te.” lo salutò e poi Terence sparì nel taxi.
Rientrò in ospedale e si recò da Candy. Vederla dormire tranquilla e pacifica gli permise di rilassarsi e tornare a respirare.
Aveva temuto che gli avessero mentito, che Annie fosse già rincasata quando era scoppiato l’incendio e che entrambe fossero rimaste ferite.
Quando aveva visto Annie istintivamente l’aveva stretta a sé, l’aveva abbracciata e baciata e le aveva ricordato quanto l’amasse. Aveva avuto paura, nuovamente, di perderla e proprio quel timore lo aveva aiutato a realizzare, maggiormente, quanto fosse importante per lui.
Fu solo verso le nove che Karen giunse in ospedale. Non aveva saputo dell’incidente prima di quella mattina e quando lo aveva scoperto era corsa presso l’istituto, il nome del quale era stato riportato da un giornale.
Arrivò di corsa, trafelata, con il terrore di ricevere cattive notizie anche se i giornali avevano scongiurato il peggio.  Nonostante ciò, non avrebbe creduto a quanto letto e non si sarebbe tranquillizzata fino a che non avesse visto Terence e Candy con i propri occhi e non avesse constatato in prima persona che stavano bene.
 
 
Quando entrò nella camera di Candy, si guardò intorno preoccupata e quando non vide Terence si allarmò.
Albert l’abbracciò forte e la baciò quasi non curante della presenza di Candy. Era proprio nei momenti come quelli, in cui la famiglia veniva minacciata, che si ricordava di esprimere sempre i propri sentimenti senza remore.
Karen fu sorpresa da quel gesto inaspettato, fu solo uno sfiorare di labbra ma percepì tutta la forza che l’uomo vi aveva messo.
“Dov’è Terence?” chiese preoccupata Candy che si era svegliata da qualche minuto.
“L’ho mandato a casa.  Sta bene, non ti preoccupare. Un po’ scosso e nero per la fuliggine ma non gli è successo nulla.” la tranquillizzò lui.
“Se non ci fosse stato lui …” disse Candy lasciando la frase sospesa a metà.
”L’importante è che tu stia bene, grazie a Dio! Terence era con te per fortuna, ed ero certa che non avrebbe permesso che ti accadesse nulla di male.” disse Karen probabilmente ammettendo più di quanto non avrebbe dovuto e voluto.
“Archie?” chiese Candy che desiderava vedere il cugino.
“Te lo chiamo?”
“Sì, grazie.” rispose.
Non era rimasta particolarmente sorpresa che Albert fosse riuscito a convincere Terence a rincasare e riposarsi.
Lei sarebbe stata dimessa presto e, se Terence non fosse passato per tempo, aveva deciso che sarebbe andata a trovarlo, a costo di andare a casa sua. Voleva vederlo, voleva stare da sola con lui … voleva stare con lui … si avrebbe voluto amarlo, se avesse potuto. Mai come in quel momento, si rese conto che lo voleva, lo desiderava. L’intensità di ciò che sentiva la colpì, lasciandola senza fiato. Per la prima volta si trovava desiderare un uomo così come concesso fra uomo e donna.
Si chiese se fosse una reazione allo shock per la scampata tragedia ad amplificare le sue emozioni e ciò che provava.
Avrebbe voluto dirgli che lo amava, ma aveva paura, non voleva spaventarlo, temeva di allontanarlo ed allarmarlo e lei non voleva perderlo.
 
“Candy, ti senti bene? Hai il viso bordeaux!” le domandò Archie che era appena entrato nella stanza.
La voce del cugino la riportò alla realtà, era entrato nella stanza e lei non se ne era nemmeno accorta, troppo assorta nei suoi pensieri.
Archie le sfiorò la fronte con un lieve bacio. Chiacchierarono un po’ ma quando stava per uscire Candy lo bloccò.
“Albert, Archie … quanto successo ieri sera mi ha fatto riflettere … so che avete molto da fare e pazienterò, ma vorrei il vostro benestare … vorrei aprire un orfanotrofio. Ho bisogno di sentirmi utile. Sarei potuta morire senza aver fatto nulla della mia vita …”
“Non ti preoccupare Candy, avrai tutto il mio appoggio. Ora rimettiamoci in sesto e poi ci organizzeremo per avviare il progetto. Farei di tutto per renderti felice.” le rispose Albert gentilmente, visibilmente commosso. Era commosso perché anche in un momento come quello lei riusciva a pensare agli altri e commosso perché capiva il suo vecchio bisogno di sentirsi utile e la sua necessità di riprendere le redini della propria vita.
Candy gli sorrise felice, ignara che avessero dato fuoco anche ai loro capannoni buttando alle ortiche  mesi di duro lavoro.
Quando il dottore entrò per visitarla, dovettero uscire tutti dalla sua stanza.
Avendo constatato che stava bene, non ebbe nulla da obbiettare quando Candy gli chiese di poter essere dimessa.
“Ti spiacerebbe avvertire Terence?” chiese ad Archie, il quale telefonò a casa dell’attore e lasciò detto alla governante che si sarebbero temporaneamente trasferiti presso l’altra loro residenza.
“Forse è meglio che ora vada. Vorrei anche avvertire Robert che forse sarebbe meglio sostituire Terence per qualche serata.” li salutò poi Karen lasciandoli alla loro intimità famigliare.
Albert ed i nipoti, Annie inclusa, si recarono presso l’altra residenza Andrew.
Candy fu felice di poter constatare che i domestici stavano bene e il signor Miles represse a fatica le lacrime. Si era sentito in colpa per non aver potuto fare nulla per salvare la giovane ma era felice di vedere che stava bene e sapeva che era solo merito di quel giovane attore.
Albert le mostrò la sua nuova stanza.
“Ti prometto che comprerò una casa persino più bella di quella che ci hanno tolto!” le disse Albert.
A Candy non passarono certo inosservate quelle parole e si chiese se l’incendio non fosse di natura dolosa.
Ma chi poteva volere loro così male addirittura da desiderarne la morte?
Per un istante il viso di Kathrine le si parò innanzi agli occhi ma scacciò quella immagine, pensandola incapace di un’azione così abbietta. Non poteva certo sapere quanto pericolosamente vicino alla realtà fosse andata con la sua intuizione.
 
Terence era rincasato infuriato, stanco, frustrato e irritato oltre che scosso.
Il solo pensiero che aveva corso il rischio di perderla per sempre, lo faceva stare male, così male da togliergli il respiro.
Continuavano a tornargli in mente le immagini della casa infuocata e  di lei priva di sensi, indifesa.
Ogni volta che si riprometteva di prendersi cura di lei, il fato pareva metterci lo zampino e finiva irrimediabilmente per vederla soffrire nuovamente.
Ma se dal dolore si poteva guarire, non poteva certo dire la stessa cosa della morte. Al solo pensiero lui rabbrividì mentre l’acqua calda che scendeva a pioggia dalla doccia lavava via gli ultimi ricordi visibili di quel dannato incendio.
Cercò di prendere sonno ma si girò e rigirò nel letto diverse volte, con le immagini di quanto accaduto a popolargli la mente senza concedergli tregua.
Quando finalmente scivolò nel sonno fu turbato da diversi incubi.
Si vegliò solo qualche ora più tardi, leggermente più riposato ma decisamente nervoso ed irritato.
La governante gli preparò una tazza di tè e gliela servì con una fetta di torta.
“Il signor Cornwell ha chiamato e mi ha chiesto di informarla che la signorina Andrew è stata dimessa e se vuole vederla può passare presso la loro vecchia residenza. Temporaneamente si sistemeranno lì. Ho segnato l’indirizzo su un foglietto.”gli disse poi porgendoglielo.
Per un breve, brevissimo istante, aveva temuto che fosse successo qualcosa alla sua Tutte Lentiggini e tirò un sospiro di sollievo quando scoprì che era stata dimessa.
Poco prima di uscire ricevette la telefonata di Robert. Lo aveva anticipato di qualche minuto, lo avrebbe chiamato a breve per chiedergli una sostituzione per qualche giorno.
Era vero, era un professionista, ma era stanco e provato. Per quanto i giornali lo avessero dipinto come un eroe, era semplicemente un uomo, allo stremo delle forze psichiche e mentali.
Tutto ciò che desiderava in quel momento era poter passare del tempo con Candy e assicurarsi che lei stesse bene.
Si rivestì e prese l’auto. Conosceva la zona dove si trovava la loro residenza e non fece fatica a raggiungerla. Fuori dalla propria abitazione trovò dei giornalisti ad attenderlo ma riuscì a svincolarsi con una certa velocità. Gli scattarono delle foto ma non riuscirono a strappargli nessuna dichiarazione.
“Sono sollevata di vedere che tu stai bene.” lo accolse Annie facendolo entrare in casa.
“Grazie. Potrei vedere Candy?” le chiese cortesemente.
“Credo sia in giardino, vieni, ti accompagno.” disse lei facendogli strada.
La videro in lontananza e Annie lasciò che Terence la raggiungesse da solo.
“Candice …”
“Terence …”
“Sono davvero felice di vedere che tu stia bene.” le disse lui fermo a qualche passo di distanza.
“Grazie, sono contenta anche io di sapere che stai bene anche tu.” gli rispose lei sorridendogli.
Vedendo che titubava gli si gettò letteralmente fra le braccia. Lui la strinse a sé e la cullò nel suo caldo abbraccio.
 
“Ho avuto paura di non poter rivedere le persone a me care…”
“Lo so, ma è tutto finito.”
“Sì, lo so. Però ho passato una settimana orribile. Sai che sei un testone? Se osi ignorarmi un’altra volta giuro che te la faccio pagare!”
“Devi sentirti bene se sei tornata battagliera ….” la prese in giro lui.
Si sorrisero a vicenda, guardandosi per qualche istante, prima di fare ciò che entrambi avevano desiderato per tutto il corso della settimana.
Le loro labbra si incontrarono in una disperata tacita dichiarazione di ciò che sentivano l’uno per l’altra.
 
NdA: Ho quasi paura a chiedervi che ne pensate! Spero che abbiate cliccato sul link della colonna sonora, perchè secondo me ne valeva davvero la pena. Non chiedetemi perchè li ho accostati, boh! Attendo curiosa i vostri commenti! Vi lovvo!

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Capitolo 29
*** La quiete dopo la tempesta ***


La quiete dopo la tempesta
 
Gocce di memoria

"La calma è uno tra i più sicuri indizi della forza di uno spirito."
 
Arturo Graf, Ecce Homo, 1908

 
 
Il sergente Regan notificò al signor Andrew che entrambi gli incedi erano di natura dolosa, così come Albert aveva immaginato; del resto era troppo strano perché fosse una semplice coincidenza.
Albert decise di mettere al corrente Candy di quanto successo ai capannoni e lei si sentì sciocca e colpevole per avergli esposto il proprio progetto riguardo l’apertura dell’orfanotrofio; non si era accorta che qualcosa non andava e se ne rammaricò profondamente, ritenendo di essersi comportata da pessima amica proprio nei confronti di chi era sempre stato presente per lei.
Il sergente Regan, solertemente, interrogò tutti loro per sapere se ritenevano che qualcuno potesse avere dei motivi per fare loro del male.
Nonostante non si fossero confrontati, gli Andrew, Annie, Karen e Terence avevano pensato immediatamente ai Griffiths quando era stata posta loro quella domanda, anche se nessuno di loro li aveva nominati, certi che avessero delle amicizie nelle sfere alte e che avrebbero tentato di insabbiare le indagini e nascondere eventuali tracce che avrebbero potuto ricondurre a loro.
Albert, così come Terence e Archie, aveva però tutte le intenzioni di smascherare il fautore di quella che avrebbe potuto trasformarsi in una tragedia, e voleva far sì che i colpevoli fossero assicurati alla giustizia.
Fu solo dopo quel terzo grado da parte di Regan che Candy si decise a mettere al corrente Terence della conversazione avuta con Patrick.
Il ragazzo sbottò non appena seppe quanto gli era stato taciuto.
“Perché non mi è stato detto? Si può sapere?”
“Terence, non ti volevo allarmare e preoccupare per nulla…”
“Per niente? Sì, considerato che non solo tu ma anche il personale alle vostre dipendenze ha corso il rischio di diventare pollo arrosto, certo preoccupare per nulla.” le rispose lui irritato, un’ironia sprezzante e sarcastica nella sue parole.
“Siete stati degli incoscienti Candy! E mi meraviglio di te, Albert! Non credi che se lo avessi saputo forse avrei potuto fare di più? Avrei potuto stare più attento, sarei rincasato prima…” disse mentre tremava di rabbia al solo pensiero di quanto sarebbe potuto accadere.
“Terence, per favore finiscila! Per l’ennesima volta, non è colpa tua e, anche se lo avessi saputo, non avresti potuto prevederlo, non è successo nulla di irreparabile per fortuna!”
“Ha ragione Albert! E poi, devo essere io a ricordarti che hai salvato la vita di mia cugina? Ti siamo tutti estremamente grati.” si intromise Archie riconoscendo i meriti dell’attore.
Terence e Karen però non riuscivano a darsi pace. Possibile che i Griffiths avessero tentato di colpirli trasversalmente ferendo le persone a loro care?
Perché questa era l’unica cosa a cui entrambi riuscivano a pensare. Si sentivano entrambi colpevoli, avevano avuto modo di confrontarsi ed erano giunti alla stessa conclusione: doveva trattarsi di una vendetta.
La polizia promise ad Albert che si sarebbe occupata del caso con la massima solerzia e discrezione, anche se Albert era certo che le indagini si sarebbero arenate.
 
Terence riprese a lavorare solo dopo un paio di giorni dalla scampata tragedia. Il teatro era sempre gremito di giornalisti e curiosi e gli riusciva sempre più difficile districarsi fra le mille domande e i mille flash, che comunque cercava di evitare come meglio poteva. Ogni giorno era un vero e proprio assalto e stava cominciando a stufarsi.
Una mattina, mentre sorseggiava un tè in camerino, intravide un articolo, su di un giornale, che riportava della frequentazione fra la giovane e bellissima figlia di Michael Griffiths e il figlio di un qualche magnate di cui non ricordava nemmeno il nome. La notizia non lo sorprese particolarmente e, in un primo momento, se ne rallegrò pensando di essersi finalmente liberato di lei ma poi, ripensandoci, maledisse la propria superficialità; dopo averci rimuginato, si rese conto che poteva essere una mossa studiata a tavolino. Se così era, le avrebbe dimostrato che se pensava di essere più astuta di lui, si sbagliava di grosso.
 
Se non fosse stato per Albert che, con i suoi modi pacati, era riuscito a farlo ragionare quando aveva scoperto l’argomento della conversazione con Patrick, sarebbe certamente corso alla residenza di quel verme e quella strega della figlia e si sarebbe vendicato. Era talmente arrabbiato che li avrebbe strozzati con le sue stesse mani.
Aveva dovuto convenire però, col suo vecchio e saggio amico Albert, che era meglio tentare di assicurare i colpevoli alla giustizia, nonostante  l’odio e la rabbia che provava per loro fossero decisamente difficili da trattenere, figurarsi da reprimere.
Voleva prendere a pugni quella faccia da sberle di Griffiths e vendicarsi di quella vipera di sua figlia. Ma erano solo illazioni le sue, non aveva prove, doveva pazientare fino a quando non avesse raccolto abbastanza indizi per incolparli.
 
La ricostruzione dei capannoni e la ricerca della nuova casa assorbirono Albert completamente, così dovette rimandare l’idea di chiedere a Karen di sposarlo. Per quanto lo desiderasse con tutto sé stesso, doveva occuparsi delle sue imprese e della sua famiglia e voleva recuperare almeno una parvenza di tranquillità da poterle offrire.
Si ripromise di parlare con Candy della questione dell’orfanotrofio, non appena ne avesse trovato il tempo.
Candy pareva avere archiviato la questione ma lui era troppo sensibile e la conosceva troppo bene per non capire cosa stava facendo: fingeva che non le importasse perché non voleva creargli altri problemi e altri pensieri.
Ma lui le aveva promesso che ci avrebbe pensato  aveva tutte le intenzioni di farlo.
Per Albert  non fu poi così semplice riorganizzare le imprese e fare in modo che i lavori affidatigli da Hays non subissero dei rallentamenti. Se Griffiths credeva che sarebbe bastato un semplice incendio a metterlo in crisi, aveva decisamente fatto i conti senza l’oste.
 
Ci volle qualche settimana, ma la vita degli Andrew riprese a scorrere quasi come se nulla fosse accaduto.
Fu solo verso fino ottobre che, finalmente, Albert trovò una dimora degna di sostituire quella fagocitata dalle fiamme.
Terminato il trasloco, organizzarono una cena per mostrare sia a Karen che a Terence la loro nuova casa.
 
Il rapporto fra Karen ed Albert era andato consolidandosi con il passare delle settimane.
La ragazza gli era stata vicina in quella delicata faccenda, quanto più le era stato possibile, e gli era stata non solo di supporto ma anche di grande incoraggiamento. Albert era sempre più convinto della sua scelta: non solo era un bellissima e brava ragazza ma si era dimostrata anche all’altezza  di quella situazione complicata.
 
Micheal Griffiths vide sfumare tutti i suoi sogni di gloria miseramente. Con quell’incendio avrebbe voluto mettere in crisi gli Andrew e, di conseguenza, le persone che li amavano ma tutto ciò che era riuscito ad ottenere era un rafforzamento di quella sciocca e sentimentale famiglia e di chi li circondava.
Aveva visto spesso foto dell’odiato sestetto, sui giornali, che mostravano quanto fossero uniti; diverse foto ritraevano quella specie di riccioli d’oro con l’attoruncolo e diversi articoli insinuavano a una relazione fra i due, ma senza riuscire ad affermare nulla di certo. Per giunta, nell’ambiente, si vociferava che quel William volesse chiedere in moglie la Klays e l’interessato non pareva intenzionato a smentire le voci.
 
Sua figlia continuava ad apparire con il figlio di quello Smith, un magnate del petrolio e lui non sapeva se essere contento dell’improvviso interesse che aveva mostrato nei confronti di quel giovane e continuava a chiedersi se fosse sincero.
La conosceva troppo bene per credere che si fosse arresa, era un vincente lei, non era abituata a perdere e certamente non era abituata a lasciare le sue prede ad altri.
“Ma cosa vuoi che mi interessi di quello sciocco e scialbo Justin! Però, se ho ingannato persino te, devo complimentarmi con me stessa, la mia recita deve essere stata impeccabile.” disse Kathrine quasi burlandosi del padre.
“Bambina mia, si può sapere che combini?” gli domandò lui nel tentativo di sondare cosa avesse in programma.
“E dire che ti facevo un astuto uomo d’affari. Mi deludi. La mia messa in scena era solo volta a distogliere l’attenzione dal mio interesse per Terence. Sai che si dice di noi? Squali pronti a tutto. Non ti sono giunte all’orecchio voci che potremmo esserci noi dietro quanto successo?”
“Sciocchezze bambina, ho tutto sotto controllo, fidati del tuo vecchio.”
“Certo, fidarmi di te. Padre, ti ricordo che preferirei saperlo morto che con quella biondina. Spero di aver detto tutto con questo!”
“Sei proprio come tuo padre.”  le sorrise lui, contento di notare la stessa vena perfida e orgogliosa che lo contraddistingueva, nella figlia.
Micheal Griffiths poteva essere annoverato nella schiera di color che pensavano che, nella vita, con le buone maniere, non si ottenesse nulla, ed era soddisfatto di vedere che la figlia avesse ben appreso la lezione.
Decise di ritirarsi per un po’ di tempo, dando il tempo alle acque di calmarsi; solo allora avrebbe sferrato il colpo successivo.
Il suo amico, che figurava sul suo libro paga, il sergente Regan, gli aveva assicurato che a breve le acque si sarebbero calmate perché avrebbe insabbiato le indagini e, così, i sospetti sulla sua famiglia sarebbero volati via con il vento.
 
Albert era sempre più sicuro che sotto ci fosse il loro zampino; George e altri collaboratori avevano raccolto sufficienti indizi che portavano alla colpevolezza dei Griffiths, ma non certo sufficienti per poterli incriminare.
 
Erano ormai i primi di novembre  quando Albert affrontò nuovamente con Candy la questione dell’orfanotrofio.
“Ho chiesto i permessi e non credo che tarderanno molto ad accordarceli. Non ti resta che scegliere un edificio adatto.”
“Davvero? Io… grazie, non so che dire, pensavo di doverci mettere una pietra su almeno per ora …”
“Lo so, perdonami se non ti ho detto nulla ma ci tenevo a farti questa sorpresa.”
“Grazie mille, mi metto subito alla ricerca!”
“Tieni, questi sono i numeri di alcune agenzie che potrebbero esserti utili.” le dissi porgendole dei numeri di telefono.
“Ti ho mai detto quanto ti voglio bene?” chi chiese lei gettandoglisi al collo.
“Annie!!! Possiamo finalmente aprire l’orfanotrofio!!!” Candy corse per tutta la casa alla ricerca della sua amica, strillando a più non posso.
La sua gioia era incontenibile.
La sua voce rimbalzava fra le pareti della villa e raggiunse Annie.
“Che succede Candy?”
“Vieni, abbiamo un sacco di lavoro!”
“Vuoi spiegarmi?”
“A breve, riceveremo i permessi per aprire l’orfanotrofio, se n’è occupato Albert. Dobbiamo solo scegliere un edificio, motivo per cui …” le disse sventolandole sotto gli occhi il foglio con i numeri di telefono.
“E’ magnifico! Cosa stiamo aspettando?” le rispose l’amica, contagiata dalla sua eccitazione.
Candy prese appuntamento per la mattina seguente. Lei ed Annie videro diversi edifici ma nessuno sembrava soddisfarle.
Fu solo verso la fine della settimana che finalmente trovarono il posto adatto.
Era un’enorme casa con diverse dependance, disposta su diversi livelli, con un grande giardino e persino una piccola collina.
“È lei! È la nostra soluzione!” esclamò Candy entusiasta e, dall’espressione di Annie, era certa che fosse d’accordo.
“Se non le spiace vorrei tornare domani per un secondo sopralluogo.” disse Candy all’agente, che non poté certo rifiutarsi.
“Vuoi tornare con Albert o George per sapere cosa ne pensano?
“Nessuno dei due, ma sì, volevo tornare con una persona.” ammise tentando di rimanere vaga.
Annie fece finta di nulla ma non le era certo sfuggito a chi si riferiva.
 
“È successo qualcosa?” chiese Terence allarmato, rispondendo al telefono.
“Forse.  Domattina ti porto in un posto. Non accetto un no come risposta. Ah beh, ovviamente credo che dovremo rimandare la lezione.”
“Ai suoi ordini padrona.” le rispose lui ridendo.
Era da una settimana che non la vedeva e non le parlava, lo aveva chiamato all’improvviso per disdire tutte le lezioni per tutte quelle mattine, senza illuminarlo sul perché.
Ci era rimasto male perché si era sentito escluso ma quella telefonata lo rasserenò: forse, finalmente, avrebbe scoperto cosa bolliva in pentola.
Lei non gli diede nemmeno il tempo di indagare perché lo salutò e riagganciò la cornetta senza lasciargli il tempo di replicare.
“Che tipo! Prima sparisce, poi salta fuori dal nulla e si mette a dare ordini. E poi dicono che la vecchia Candy è sparita! A me sembra di essere tornato ai tempi del collegio.” si disse ridacchiando, mentre cercava di accantonare la curiosità che lentamente stava crescendo in lui. Dal giorno dell’incidente lui e Candy non avevano lasciato passare un giorno senza vedersi o quanto meno parlarsi. Poi, all’improvviso, lo aveva chiamato e, con fare misterioso, che lo aveva indisposto al quanto, aveva cancellato tutte le lezioni.
Aveva compreso che lei stava tramando qualcosa e, a maggior ragione, era dispiaciuto che lei non lo avesse voluto coinvolgere, non riusciva a capire tutto quell’alone di mistero.
Avrebbe voluto essere coinvolto, , voleva sapere quello che faceva, voleva stare con lei e aiutarla, in qualsiasi cosa si stesse impegnando.
Si chiese cosa potesse essere l’attività misteriosa che l’aveva assorbita durante tutte quelle mattine.
Glie era mancata quella routine che si era instaurata fra loro, gli era mancato poter passare del tempo con lei, gli erano mancati quei baci rubati che ogni tanto riuscivano a scambiarsi.
Non vedeva l’ora che arrivasse la mattina seguente e non sapeva come avrebbe fatto a resistere alla curiosità che lo stava divorando.
 
Quando bussò alla porta di casa Andrew, quella mattina si sentiva nervoso.
Era agitato, come uno scolaretto, non vedeva l’ora di rivederla e di capire cosa stesse tramando.
“Finalmente!” lo accolse lei emozionata.
“Buongiorno a te.” la salutò lui.
“Su andiamo!” gli disse lei trascinandolo verso l’auto senza permettergli di accomodarsi.
“Mi scusi signorina, dove ha lasciato le buone maniere? Mi butti giù dal letto a quest’ora improba e non mi offri nemmeno un tè?” la canzonò lui scherzoso.
“Forse te lo offro dopo, ma ora sbrigati, metti in moto.” lui rimase imbambolato a guardarla per qualche istante. Amava quell’uragano che era la sua Candy e tutte le emozioni che lei, e solo lei, riuscivano a suscitare in lui.
Quella mattina era passata in agenzia per avere le chiavi della tenuta. La sua richiesta era risultata al quanto bizzarra all’agente che aveva acconsentito solo perché conosceva bene gli Andrew e quello poteva risultare in un ottimo affare.
Terence guidò, seguendo le indicazioni di Candy, meravigliandosi di come ricordasse così bene quel tragitto.
“Non so perché ma mi è rimasto subito in mente e poi, non è così lontano da casa.” si giustificò lei.
Lo fece fermare dinnanzi ad un imponente cancello.
“Su lumaca, andiamo!” gli disse lei prendendolo per mano e trascinandolo all’interno del cancello che aveva appena aperto.
“Caspita! È gigantesca! E anche il parco, rischierei di perdermi.” disse lui ammirando quella bellissima tenuta ma non capendo a cosa poteva servirle.
“Aspetta di vedere il pezzo forte!” gli disse continuando a trascinarlo. Solo dopo una decina di minuti di cammino, raggiunsero una piccola collina sovrastata da un enorme albero.
Terence non riuscì a trattenere le parole che gli sfuggirono e che pronunciò come un leggero bisbiglio che però non mancò di giungere alle orecchie di Candy.
“La seconda collina di Pony.” sussurrò lui.
Quando quelle sue parole, portate dal vento, accarezzarono il cuore di Candy, lei si rivide più giovane di qualche anno, seduta su di una collina mentre un giovane, accomodato accanto a lei, suonava un’armonica.
Fu una frazione di secondo, non riuscì nemmeno a mettere a fuoco il volto di lui ma ebbe la certezza che c’era qualcuno.
Terence notò quel suo momento di assenza e smarrimento e la sorresse, temendo che si sentisse male, anche se il suo cuore gli suggeriva che probabilmente un nuovo ricordo l’aveva travolta.
“Candy!” esclamò lui cercando di riportarla alla realtà.
“Oddio, perché? Perché il passato continua a tormentarmi? Perché torna in frammenti, quando meno me lo aspetto? Non ci capisco nulla, i ricordi sono così frammentari e sfuocati!” sbottò lei, liberandosi della presa dell’attore.
“Di nuovo?”
“Ho rivisto lui, quel ragazzo … “
“L’hai riconosciuto?” chiese lui a metà fra l’eccitato e lo spaventato.
“No! Ricordo solo che suonava l’armonica per me mentre sedevamo sulla collina della scuola, o almeno credo.”
“Mi spiace non poterti aiutare.” le disse lui seriamente dispiaciuto, odiava quella situazione con tutte le sue forze e odiava dover lottare contro il ricordo di sé stesso.
Comprendeva che lei si sentisse combattuta e che volesse scoprire che cosa vi fosse stato fra quel ragazzo e lei, non potendo certo sapere che colui che cercava la stava ascoltando.
Candy stava cominciando a odiare il proprio passato. I ricordi andavano e venivano nei momenti meno opportuni e faticava a scendere a compromessi con quella storia, forse d’amore, della quale non ricordava.
Cercò di ricacciare il ragazzo del passato nell’angolo più remoto della propria mente, non voleva che Terence si preoccupasse di qualcosa che ormai apparteneva al passato, non voleva che quella storia d’amore giovanile potesse rovinare ciò che stava crescendo fra di loro.
 
“Ti chiederai perché ti ho portato qui?” gli chiese all’improvviso cambiando discorso.
Lui notò il cambio d’umore e il tentativo di accantonare quel discorso che non era pronta ad affrontare e fece finta di nulla, lasciando che lei scegliesse i tempi per rielaborare ciò che la sua memoria lentamente le restituiva.
“Vorrei aprire un orfanotrofio. Ne ho parlato con Albert, dopo l’incendio. Mi sono resa conto dell’esistenza vuota che sto conducendo. L’idea mi era venuta in mente prima ma poi, non so, non me la sono sentita di prospettargliela. Comunque, ora ho quasi tutti i permessi grazie ad Albert e non mi rimaneva che cercare il luogo adatto.”
“Non ne sapevo nulla.” le rispose e il suo sguardo si rabbuiò; gli dispiaceva enormemente essere stato tagliato fuori da un pezzo così importante della sua vita.
“Ecco io… “ tentò di giustificarsi lei, avendo notando l’incupirsi del blu degli occhi di Terence, cosa che succedeva ogni qual volta il suo umore cambiava in negativo, e cosa che ormai aveva imparato a conoscere. Poteva comprendere che si sentisse escluso e le dispiaceva, ma non era nelle sue intenzioni.
“C’è stato l’incendio e …”
”Certo, l’incendio.” ripeté lui ricordando quel maledetto giorno.
“Potresti aiutarmi a scegliere il nome?” propose lei in un timido tentativo di fare pace.
“Certo, prima mi tieni all’oscuro e puoi vuoi sfruttare il estro creativo.” la rimbeccò lui in un misto tra  serio e  faceto.
“E se ti offrissi il pranzo in cambio?”
“Non penserai di comprarmi, specie con così poco.”
“Comprarti? Ma sai che sei proprio un pallone gonfiato a volte!” lo apostrofò lei scoppiando a ridere e provando nuovamente quella strana sensazione di tuffo nel passato che l’assaliva spesso.
Lui le sorrise e si sentì un ragazzino all’improvviso, ricordando tutte le volte che si era rivolta a lui con quell’appellativo.
“Che te ne pare di Seconda collina di Pony?”
“Mmm… mi sembra perfetto! Lo sapevo che sei un genio!” lo prese nuovamente in giro lei.
Certa poi che non ci fosse nessuno nei paraggi, oltre loro, lo strinse forte e poi lo baciò.
In quel dolce e sensuale bacio, Terence percepì quanto Candy lo amasse e non solo.
L’abbracciò e rispose al suo bacio, cercando di trasmetterle tutto ciò che sentiva, tutto ciò che gli scuoteva l’animo.
Candy fu percorsa da un brivido e non riuscì a reprimere un sorriso, mentre le guance le si coloravano di rosa al ricordo della propria audacia. Non era la prima volta che prendeva l’iniziativa ma non si era ancora abituata a quel lato di sé così intraprendente.
Lei si sentiva come se l’ondata di emozioni provate da lui si fosse abbattuta di rimando sul proprio cuore, trasmettendole un certo grado di consapevolezza.
 
Era una bella giornata e decise che avrebbe goduto della compagnia di Terence senza lasciare che l’ombra del passato offuscasse l’emozionante presente, che era lì davanti a lei ed aspettava solo di essere vissuto.


NdA: XD Salve a tutti! Buona lettura! E grazie a chi mi legge e supporta!

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Capitolo 30
*** Novembre a New York ***


Capitolo XXIX
 
Novembre a New York

 
“Gelosia. L'altra faccia dell'amore.”
 
-Ambrose Bierce

 
I lavori per l’orfanotrofio procedevano a gonfie vele.
In poco meno di un mese “La seconda collina di Pony” fu praticamente pronta.
In giro per il paese e la stessa città c’erano fin troppi orfanotrofi sovrappopolati e, con quella loro grande e nuova  struttura, Candy e Annie avrebbero potuto farsi carico degli ospiti in esubero nelle altre case famiglia.
Era stato un mese impegnativo per entrambe; Annie si era occupata sia dei preparativi del matrimonio che di aiutare Candy a trovare del personale competente da impiegare nel proprio progetto: i bambini avrebbero avuto bisogno di insegnanti e di qualcuno che potesse prendersi cura di loro durante la notte.
Le ragazze avevano intenzione di prendersi cura dei loro piccoli ospiti in prima persona, ma da sole non ce l’avrebbero mai fatta.
Prima dell’apertura ufficiale della casa famiglia, Albert suggerì di provvedere ad un’inaugurazione ufficiale; non che la famiglia Andrew non potesse sobbarcarsi tutte le spese ma Candy aveva insistito tanto affinché diverse famiglie importanti potessero essere coinvolte, voleva sensibilizzarle e fare sì che, quanto meno, li aiutassero con delle sovvenzioni economiche.
In realtà, la sua speranza più intima era che decidessero di dare il buon esempio e di offrire un’opportunità a qualche bambino, accogliendolo nelle loro famiglie.
Una volta coinvolto, Terence parlò a Eleanor del progetto di Candy che si propose come madrina per quell’inaugurazione.
Quando Candy ricevette la visita inaspettata della famosa attrice, rimase senza parole. Archie stentava a credere che proprio la “sua” Eleanor si trovasse  a casa loro.
“Candice, ma  non devi certo ringraziare me, se non fosse stato per Terence probabilmente lo avrei saputo troppo tardi da qualche giornale.”
“Ecco io …”
“Avrei un’idea, ci pensavo proprio ieri. Potremmo mettere all’asta qualcosa …” continuò Eleanor entusiasta.
 “E se mettessimo all’asta un ballo? Potremmo offrirci come partner per un ballo, ricordo che lo fecero tempo fa ad un evento a cui abbiamo partecipato, e riscosse diversi consensi.”
“Mi sembra una buona idea. Allora, se siamo d’accordo, direi che ci vediamo dopodomani. Avevo pensato di avvertire la stampa se ti fa piacere. Non amo sfruttare la mia immagine ma a volte può tornare utile.” ammise l’attrice sorridendole gentilmente.
“Grazie, davvero.” la salutò Candy mentre un Archie stregato e stranamente silenzioso la ammirò mentre lasciava la loro dimora.
“Che donna fantastica!” esclamò Archie entusiasta.
“Potrei essere gelosa.” lo rimbeccò Annie.
“Scusate! Devo fare una cosa!” si scusò Candy sgaiattolando via, dirigendosi verso lo studio di Albert.
“Ringrazialo da parte mia! Se non fosse stato per la sua lingua lunga … Eleanor Baker a casa nostra … stento ancora a crederci.” disse Archie prima che Candy potesse dileguarsi.
Era la prima volta che, cosciente del fatto che sua cugina stesse per chiamare Terence, il pensiero non lo disturbava.
Candy finse di non cogliere l’allusione del cugino, le interessava solo poter fare quella telefonata e poterlo ringraziare. Non riusciva a smettere di sorridere mentre componeva il suo numero. Non poteva credere che avesse fatto una cosa tanto gentile per lei, e faticava ancora a credere a quanto si stesse adoperando per “La seconda collina di pony”.
“Glielo chiamo subito Signorina Andrew.” la governante di casa Graham le aveva risposto al telefono.
“Candy, che sorpresa. Come stai?” le chiese lui fingendosi ignaro di quanto fosse successo quel giorno.
“Grazie. Davvero. Io … non so nemmeno che dire se non grazie di cuore. Senza di te, senza Eleanor non sono come avremmo fatto. “
“Non ho fatto nulla.”  rispose lui mentre sorrideva dell’entusiasmo che traspariva dalla voce di Candy. Era felice di poterla aiutare, felice di poter fare qualcosa per lei e di potere aiutare dei bambini che come lei, e come lui del resto, non avevano dei genitori che si potessero prendere cura di loro.
“Se lo dici tu. Comunque grazie. E se ti va ti aspetto per l’inaugurazione.”
“Ho lo spettacolo, come al solito, ma ti prometto che mi libererò al più presto e che ti raggiungerò.”
“Bene, ti aspetteremo per l’asta.”
“Che asta?”
“Ah, vedrai.” gli rispose lei lasciandolo sulle spine. Candy rise fra sé e sé cosciente del fatto che, se lui avesse saputo di cosa si trattava, sarebbe probabilmente scappato a gambe levate.
“Bene, allora ci vediamo fra un paio di giorni.”
“A presto! E grazie ancora!” lo salutò Candy.
 
 
La sera dell’inaugurazione, Candy era particolarmente emozionata.
Terence e Karen dovevano lavorare ma li avrebbero raggiunti una volta terminato lo spettacolo.
A Candy dispiaceva molto non poter condividere quel momento speciale con il ragazzo, ma capiva quanto fosse importante il lavoro per lui, inoltre era cosciente del fatto che non ci fosse nessuno che lo potesse rimpiazzare riuscendo a non farne notare l’assenza sul palco.
Il suo Amleto era magnifico, tra i migliori, se non addirittura il migliore di tutti i tempi.
Diversi giornalisti accorsero per quell’evento, oltre ad attori, cantanti, molti dei quali amici di Eleanor, di Albert o semplicemente amici di amici, magnati ed eredi a titoli nobiliari.
La stampa era accorsa curiosa, non era da Eleanor partecipare a nessuno tipo di evento pubblico, non era da lei prendere parte a feste o eventi mondani ed in ciò Terence aveva decisamente preso da lei.
Fu solo verso le undici che Terence e Karen riuscirono a fare la propria apparizione.
Gli occhi di Candy si illuminarono di un verde brillante, così come quelli di Albert risplendettero di un azzurro cielo, quando i due giovani attori varcarono la soglia del La seconda collina di Pony.
Albert andò incontro alla sua dama col cuore in gola; la sua Karen riusciva a scombussolarlo e farlo sentire come un ragazzino, con un semplice sorriso o uno sguardo.
Karen era raggiante, il suo carattere e la sua scontrosità erano stati mitigati dal giovane amore che le riscaldava il cuore. Quando incontrò lo sguardo di Albert, carico d’amore, non poté non sentirsi al settimo cielo.
 
Terence non perse un minuto per andare a salutare Candy. Si limitò ad un semplice “ciao” ma i suoi occhi le parlavano e dicevano molto di più. Non poteva baciarla in pubblico, ma lei sapeva che lui voleva farlo. Si sentì arrossire e lui ne rise, consapevole di essere stato lui a scatenarle una tale reazione.
“Bene, visto che sono arrivati potremmo passare all’asta?” suggerì Eleanor.
“Ah, la famosa asta, cosa verrà battuto?” chiese Terence curioso.
“Non glielo hai detto?” le domandò Eleanor ridacchiando.
“Detto cosa?” chiese Terence sulle spine.
“La mia cara cugina ha proposto che tutti noi, oltre agli artisti amici della signora Baker, che gentilmente hanno deciso di prestarsi a questa bizzarra idea, concederanno un ballo al migliore offerente.” disse Archie godendosi l’espressione sbigottita di Terence.
“Oh no, io mi rifiuto, non ci pensare nemmeno.”disse Terence rivolgendosi a Candy.
“Terence non puoi tirarti indietro!” disse Eleanor prendendolo in giro.
“Ha ragione la signora Baker!” rincarò la dose Karen.
Candy prese la parola in quel momento.
“Signori e Signore
Vi ringraziamo vivamente per aver accettato il nostro invito di questa sera.
Come sapete a breve comincerà un’sta benefica.
Vi chiederete cosa verrà battuto all’asta?
Ebbene, eccoli qui.” aggiunse poi indicando gli artisti amici di Eleanor.
“I nostri amici saranno lieti di danzare con il migliore offerente. Chi di voi non vorrebbe avere l’onore di ballare con la signora Baker? Per non parlare di Karen Klays.” Candy proseguì con l’elenco fino ad arrivare a Terence. “Quale dama in questa stanza non sarebbe felice di avere la fortuna di volteggiare fra le braccia del signor Graham.” disse lei come la migliore commerciante.
Terence guardò quasi stupito la sua Candy mentre li vendeva al migliore offerente, persino Archie, Annie ed Albert erano stati messi all’asta.
L’asta si aprì con Eleanor che riscosse il maggior successo e fu battuta solo da Terence. Archie provò a rilanciare un paio di volte ma uno sguardo truce di Annie lo fece desistere. Sbuffò per quell’occasione persa, mentre Eleanor sorrideva divertita di quella cotta adolescenziale che quel giovane uomo mostrava nei suoi  confronti.
Quando fu il turno di Karen, fu Albert a provare a rilanciare ma Candy gli ricordò che era un’asta benefica e si trattava solo di un ballo, eppure Albert non sembrava molto rassicurato da ciò.
Terence fu l’ultimo ad essere messo all’asta e, in cuor suo sperò che Candy cercasse di vincere quel continuo rialzo del prezzo che si era scatenato, mentre Candy si limitò a guardare, divertita,Terence e le diverse espressioni che si dipingevano sul suo viso mentre le diverse signore se lo contendevano. Candy tirò un sospiro di sollievo quando scoprì che la migliore offerente era una ragazzina di dodici anni, figlia di un magnate. Per quanto avesse cercato di sembrare distaccata e disinteressata, e per quanto avesse sorriso delle buffe facce di Terence, in cuor suo aveva temuto che qualche affascinante e sfacciata bella donna potesse spingersi oltre e offrire ingenti cifre solo per poter passare del tempo fra le braccia del bell’attore e magari aver del tempo per comportarsi in maniera poco adeguata. L’esperienza di Kathrine l’aveva scioccata.
 
“Beh ,ma che ne dite di mettere all’asta anche la cara cugina? Colei che ha avuto questa brillante idea non può certo tirarsi indietro?!” propose Archie nell’esplicito tentativo di irritare Terence. Non vedeva l’ora di vederlo infuriarsi senza poter fare nulla, non poteva certo non stare al gioco.
Archie diede il via alle offerte e Candy si stupì di quanti giovani la stessero contendendo. Guardò Terence e notò un’espressione contrita sul suo volto, le sembrava irritato e la cosa la faceva sorridere. La lusingava l’idea che effettivamente potesse essere geloso.
Quando ormai l’ultima offerta sembrava aver raggiunto il limite, Terence offrì il doppio della cifra e nessuno rilanciò, così si aggiudico il ballo con la sua Candy. Archie rimase deluso, aveva sperato di vederlo soffrire un po’, ma d’altro canto avrebbe dovuto immaginarsi che quel geloso di Terence non avrebbe lasciato Candy in balia di un altro uomo, nonostante fosse solo per un ballo.
Candy non sapeva se sgridarlo o essergli grata, era solo un ballo, ma sapere che lui non voleva condividerla con nessuno la fece sorridere compiaciuta.
Quando ripresero le danze, si formarono le coppie; Terence non aveva molto voglia di danzare con quella ragazzina ma non poteva certo tirarsi indietro, del resto l’unica cosa che gli interessava davvero era che Candy non finisse fra le braccia di un altro, e ci era riuscito.
Aveva cercato di tenere sotto controllo la propria gelosia ma, più offrivano per lei, e più sentiva il sangue ribollire nelle vene e fremeva per poter partecipare.
Alla fine si era arreso alla propria debolezza.
“Ti devo un ballo.” gli disse lei ridendo.
“Decisamente, ma non stasera. Se non ti spiace. mi riservo di riscuotere in un altro momento.” le rispose lui divertito dall’espressione curiosa che Candy aveva dipinta sul viso.
“Come preferisce, sua signoria.” lo prese in giro lei.
 
La serata fu un vero successo.
Verso la fine, quando ormai quasi tutti se ne erano andati, George si avvicinò ad Albert.
“Ho notizie per te William.”
“Possono aspettare?”
“Non credo. E forse dovrebbero sentile tutti i diretti interessati.” disse George alludendo agli altri cinque.
“Ok, sai che mi fido di te.”
 
Salutarono Elanor ringraziandola per la sua preziosa presenza e per la sua disponibilità e,
quando rimasero finalmente soli, Albert chiese loro di ascoltare cosa George aveva da dire.
“Oggi si è presentato Arturo Gutierrez, uno dei collaboratori di Griffiths, o meglio ex collaboratore.”
“George, per favore, va al sodo!”
“Ha vuotato il sacco. È stato Griffiths ad ordinare ambedue gli incendi.”
“Quel lurido verme! Viscido schifoso! Lo strozzerò con le mie mani!” disse Terence furente, sferrando un pugno contro la parete e reprimendo malamente la collera che si era impadronita di lui.
“E quel sergente Regan, è sul libro paga di Griffiths.”
“Di male in peggio!” disse Archie irritato quanto Terence.
“Gutierrez è disposto a testimoniare.”
“Cosa pensa di guadagnarci?” chiese Albert pragmatico.
“A quanto pare, vuole vendicarsi; pare che Griffiths lo abbia tagliato fuori dai loro loschi affari.”
“Bene, potremmo approfittarne, sperando che finalmente i colpevoli paghino.” disse Albert, cercando di rimanere tranquillo e fingendo di riuscire a mantenere la calma.
“A me non interessa assicurarli alla giustizia, quel bastardo e quella vipera di sua figlia me la pagheranno cara!” disse Terence facendo per uscire.
“Terence per favore fermati.” Albert sperò di riuscire a fermarlo prima che commettesse qualche sciocchezza.
“Per colpa loro Candy ha rischiato di morire. Se Annie ed io non fossimo stati fuori quella sera, saremmo stati altre due potenziali vittime, per non parlare di tutti i domestici. Non gli perdonerò mai di avervi messo in pericolo e non gli perdonerò mai di averti fatto del male!” disse infine rivolgendosi verso Candice.
“Per favore lascia stare!” lo supplicò Candy che gli si era avvicinato e lo stava tenendo per un braccio.
“Io …”
“Ti prego, lascia perdere.”
“Non posso Candy, non posso.”
“Ma non servirebbe a nulla, cosa vuoi fare? Prenderlo a pugni e prenderti una denuncia?”cercò di farlo ragionare lei.
“Servirebbe a me! A liberarmi di tutta questa rabbia, di tutto ciò che ho provato … di ciò che ho provato quando ti ho visto svenuta in balia della fiamme!” disse lui sinceramente ferito e arrabbiato.
Non gli piaceva  esternare come si sentiva di fronte agli altri ma le parole gli erano sfuggite di bocca. Voleva che lei sapesse, che lei capisse come si era sentito nel vederla indifesa.
“Allora ti chiedo di farlo per me. A loro ci penserà la giustizia.” gli disse lei con un tono che non consentiva repliche.
Sostenne lo sguardo di lui, non intenzionata a lasciarlo andare via.
Nella risolutezza dello sguardo di Candy capì che stava sbagliando, che rischiava di deluderla e di ferirla di nuovo. Ancora una volta stava per lasciare che la sua ira lo dominasse.
Cercò di calmarsi, poi le promise che avrebbe fatto come desiderava.
“Faremo come credi.” le disse e lei tirò un sospiro di sollievo. Aveva davvero temuto che lui volesse vendicarsi e che la situazione potesse peggiorare.
Lei gli sussurrò un “grazie”, grata perché lui aveva messo in secondo piano il suo desiderio di vendetta, che in qualche modo lei riusciva a comprendere. Lei non era certo per la violenza e, a volte, il carattere così irruento di Terence in qualche modo riusciva a spaventarla, ma quella volta lo capiva. I Griffiths si erano davvero spinti oltre.
Una volta deciso come avrebbero agito, Albert promise a Terence che lo avrebbe chiamato il giorno successivo, dopo aver parlato con Gutierrez, e gli chiese di cercare di essere paziente.
Conosceva l’indole irascibile di Terence ed era certo che avrebbe fatico a tenerlo a bada.
L’attore dovette reprimere la rabbia che gli scorreva nelle vene poiché aveva promesso a Candy e Albert che  avrebbe lasciato che la giustizia facesse il suo corso.
Rincasò e cercò di addormentarsi, nonostante fosse in preda al proprio nervosismo e ad una rabbia incontenibile. Non riuscì a chiudere occhio. Si augurò che Griffiths venisse assicurato alla giustizia e che pagasse; sperò inoltre di non dovere avere più nulla a che fare con Kathrine.
Non poteva certo immaginarsi che il tracollo economico che colpì la famiglia dei Griffiths, in seguito all’arresto e alla incriminazione del capofamiglia, avrebbe colpito anche Kathrine che si sarebbe ritirata a Washington, approfittando dell’ospitalità degli zii, almeno fino a quando le acque non si fossero calmate.



NdA. Salve a tutte! Allora, come procede? Che ne pensate?
Mi spiace ma non ci sentiremo prima di lunedì e, anche settimana prossima, non sarò molto presente. Chiedo scusa anticipatamente qualora le mie risposto alle recensioni giungessero tardive.
Folks, have a good weekend!

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Capitolo 31
*** Bianchi coriandoli ***


Capitolo XXX
 
Bianchi coriandoli

 
Anna & The King, How could i not love you

Come i semi sognano sotto la neve, il vostro cuore sogna la primavera.
Khalil Gibran

 
Dicembre si era avvicinato  a passo svelto.
Dicembre che, con la sua neve, era solito ricoprire la città costringendo Terence ad un tuffo nel passato.
Dicembre che, ogni anno, con la sua venuta, lo riportava ad un’odiatissima giornata in cui il suo cuore, le sue speranze, i suoi sogni erano andati in frantumi, in mille pezzi, pezzi di un puzzle che aveva pensato non si sarebbe mai ricomposto.
Gli sembrò così lontano il tempo in cui avevano dovuto dirsi addio, mentre attendeva nel suo camerino che Candy passasse a salutarlo. Era molto presa con l’orfanotrofio, lui con lo spettacolo, per cui riuscivano a trascorrere poco tempo insieme e anche le lezioni di pianoforte erano andate diminuendo.
L’aveva vista rinascere, aveva visto brillare in quei verdi smeraldi quella scintilla, quella luce che li aveva caratterizzati quando si erano innamorato di lei anni addietro.
“Avanti.” disse quando bussarono alla sua porta.
“Buonasera Principe di Danimarca.” lo apostrofò lei sorridendogli.
“Come stai?” chiese lui.
“Stanca ma soddisfatta Terence, mi sento viva finalmente!” gli confidò e poi proseguì: “ era da così tanto tempo che non mi sentivo così utile, davvero, forse ti sembrerà strano.”
Lui la guardava perso nella sua bellezza, emanava un’aura particolare; solo una persona speciale come lei poteva brillare come una stella nel cielo e brillava più delle altre di certo.
Le sorrise e le prese una mano. Voleva dirle che gli era mancata ma non aveva ancora superato quel blocco che gli legava la lingua e non gli consentiva di parlare. Lei gli sorrise a sua volta.
Terence si rese conto di essere un uomo fortunato: non solo aveva accanto a sé una donna stupenda, ma una donna che non aveva bisogno di sentirsi dire quelle parole che lui non riusciva a proferire, perché leggeva nel suo sguardo e nei suoi gesti.
“Sai, da quanto ne ho capito credo che il mio caro zione stia organizzando una spettacolare festa di Natale… mi ha chiesto di pensare a chi invitare …”
“Io non amo particolarmente quella giornata, troppi brutti ricordi.” disse lui ermetico, ancora una volta il pensiero di tale festività, trascorsa con Susanna negli ultimi anni, o con la sua matrigna da piccolo, lo colpì al cuore facendo si che il suo sguardo si rabbuiasse.
Le sue parole la lasciarono perplessa: Candy aveva tutte le intenzioni di invitarlo anche se non sapeva come farlo, ma quella risposta la spiazzò.
“Albert ha invitato Karen o credo che stia per farlo, mi pare di aver sentito da Archie che dovrebbero esserci quasi tutti i  nostri parenti e la Zia Elroy, non so come mai festeggeremo in maniera così ufficiale …”
“Occasione speciale, magari.” suggerì lui che, in realtà aveva, una certa idea di ciò che sarebbe potuto accadere quella sera.
Candy lo guardò incuriosita ma Terence preferì tenere per sé le sue considerazioni.
“Quindi sono l’unico a non essere  invitato?” le chiese con una certa dose di sfacciataggine. Non capiva perché lei avesse intavolato il discorso se non intendeva invitarlo.
“Sei a dire poco spiazzante! Davvero!” sbottò lei irritata. Era andata a trovarlo appositamente per invitarlo, poi l’aveva messa fuori strada dicendole che il Natale gli causava brutti ricordi, motivo per cui lei aveva glissato e ora lui faceva quasi l’offeso.
Terence la guardò sorpreso senza capire, e Candy notando il suo sguardo interrogativo, rispose alla domanda implicita del suo sguardo.
“Secondo te perché ho intavolato il discorso? Ma mi pare di aver capito che a sua signoria non sia una festa gradita. Così per evitare una gaffe mostruosa ho fatto finta di nulla.”
“Io … e comunque ho un impegno.” le rispose lui, mandandola definitivamente fuori dai gangheri.
“Prima che dica qualcosa di cui potermi pentire, ti auguro un buono spettacolo per stasera!” disse lei  uscendo dal camerino dell’attore come un uragano e sbattendo la porta.
Terence non tentò nemmeno di fermarla essendosi accorto di averla ferita, ma troppo orgoglioso per rincorrerla e chiederle scusa.
Rise di gusto, quella scaramuccia lo aveva portato indietro nel tempo.
Poi rifletté su quanto le aveva detto e si pentì di essersi dichiarato impegnato.
Effettivamente aveva ricevuto un invito da sua madre, e gli dispiaceva declinarlo, ma avrebbe anche potuto fare combaciare le due cose.
Candy uscì dal teatro irritata, salì sul primo taxi e si fece portare a casa.
“È proprio un pallone gonfiato quel ragazzo, ma chi si crede di essere? Prima mi fa sentire in colpa e poi quando sto per invitarlo mi dice che ha già un impegno! Che nervi!” pensò fra sé e sé mentre il calore che le stava pervadendo le guance, dovuto alla rabbia, regalava loro un colorito rossastro.
Entrò in casa senza nemmeno rispondere al cugino che l’aveva accolta con un sorriso.
Non era stata Candy ma un uragano in piena potenza ad attraversare il corridoio fino a giungere alle scale.
“C’è qualcosa che non va?” la voce di Archie, finalmente, la riportò alla realtà.
“Scusami io … ero sovrappensiero.”
“Me ne sono accorto. No, comunque tutto bene.”
“Se lo dici tu.”
“Devo comunicare ad Albert il nome dei miei ospiti per la cena della vigilia vero?”
“Sì, sarebbe meglio, si sta occupando di tutto lui.”
“Ok, grazie!”
“Perché, avrai ospiti?” chiese Archie curioso, aveva capito che doveva essere successo qualcosa.
“No Archie, assolutamente, nessuno.”
Archie non indagò oltre e quando Candy salì al piano di sopra si scoprì a ridacchiare, probabilmente lei e Granchester avevano discusso. Non che fosse felice di vedere Candy irritata ma lo divertiva terribilmente sapere che Terence doveva essere alterato almeno quanto lei.
Per quanto, da quando aveva salvato la vita di Candy, agli occhi di Archie aveva certamente acquisito una maggiore credibilità e, a modo suo, Archie aveva imparato a rispettarlo, in lui era ancora vivo, seppur latente, quel desiderio di rivincita, di rivalsa nei confronti del rivale di sempre.
Se solo Archie non fosse stato un tale narcisista, forse si sarebbe accorto che Terence non era mai stato un rivale per lui, o meglio, che lui non poteva essere certo annoverato fra i rivali del duca nel cuore di Candy. L’unico contro cui Terence aveva combattuto era Anthony.
 
“Mi stai dicendo che non hai invitato Terence?”
“Oh Albert, mi chiedo come tu abbia fatto a fare amicizia con un tale personaggio! E’ una contraddizione continua; prima mi dice che non gradisce festeggiare, quindi evito di invitarlo, poi mi chiede se è l’unico a cui non abbiamo pensato, quasi risentito e offeso, infine quando sto per invitarlo mi dice che ha già un impegno.”
Albert rise e Candy lo guardò perplesso.
“Scusami piccola mia, ma è così tipico di Terence. Proverò io ad invitarlo.”
“Sinceramente preferirei che non venisse.” gli rispose lei in preda alla foga del momento, pentendosi immediatamente delle parole proferite.
Albert la guardò nuovamente, nei suoi occhi poteva leggere che non le aveva creduto per un solo istante.
“Se ci tieni ad averlo qui a cena…” aggiunse lei come per riparare in qualche modo a quanto detto poco prima.
“Decisamente.” le rispose Albert emozionato. Ogni volta che pensava alla vigilia di Natale e al regalo che aveva in serbo per Karen, non poteva nascondere un filo di eccitazione.
Si era recato da Tiffany e aveva scelto un bellissimo e prezioso anello di fidanzamento, voleva solo il meglio per la sua futura moglie, o almeno, per colei che sperava sarebbe diventata la sua futura moglie.
Albert si sorprese di quanto fosse forte il sentimento che lo legava alla giovane, nonostante la conoscesse veramente da poco.
Ogniqualvolta l’intensità dei propri sentimenti gli si manifestava scaldandogli il cuore e dandogli quella sensazione che aveva sentito definire dalle ragazze “farfalle nello stomaco”, rimaneva colpito da tutto ciò che lei riusciva a suscitare in lui.
“Albert? Mi hai sentita?”
“Scusami, io …”
“Sì, perdi colpi, sarà la vecchiaia?” disse lei prendendolo in giro e scoppiando a ridere.
“Sai, la vicinanza di Terence non ti fa bene. Ti lasci contagiare dalla sua vena sarcastica e alquanto antipatica.” le disse lui ridendo a sua volta.
Candy rimase leggermente colpita da quella affermazione, in effetti non era da lei rispondere a quella maniera ma il piccolo diverbio avuto con Terence l’aveva indisposta, e non poco.
 
 
 
***
 
 
L’indomani fu il rumore del campanello a svegliare Candy. Quella mattina aveva deciso che si sarebbe recata alla Seconda collina di Pony leggermente più tardi, motivo per cui non era ancora scesa a fare colazione.
Si chiese chi potesse essere a quell’ora e, solo dopo aver raggiunto la sala, il signor Miles le consegnò un mazzo di fiori.
Candy sentì le proprie gote prendere colore, quell’omaggio poteva provenire da una sola persona.
Fu quasi tentata di buttarli senza nemmeno leggere il biglietto ma il buon senso prevalse sull’orgoglio.
Per tutta la notte si era chiesta cosa avesse da fare il giorno di Natale Terence, non aveva mai parlato dei suoi genitori, né di amici o parenti e, all’improvviso, era sbucato fuori un impegno improrogabile, proprio quando potevano trascorrere la prima vigilia insieme.
Si chiese se i suoi brutti ricordi fossero legati a Susanna, della quale aveva ormai capito che probabilmente non ne era mai stato innamorato, o se, peggio ancora, fossero legati al suo primo amore, colei con cui temeva il confronto, sicura che lo avrebbe perso.
 
“Perché sono
un pallone gonfiato.
T.G.”
 
Le uniche parole che trovò sul bigliettino, l’appellativo con lui lo aveva apostrofato.
Bevve un caffè velocemente poi chiamò un taxi.
“Per favore, avverta Annie che arriverò in ritardo.” aveva detto al signor Miles prima di sparire in quell’auto.
Senza pensarci due volte suonò al citofono, forse non era stata una buona idea, ma ormai aveva suonato e non poteva certo tirarsi indietro.
“Mi scusi, cercavo il signor Graham.” disse Candy alla governante che le aveva aperto la porta.
La fece accomodare proprio mentre Terence scendeva dal piano superiore,ancora in vestaglia.
Notò l’imbarazzo dipingersi sul volto di Candy e lei notò la sorpresa sul volto di lui.
“Scusa, forse non è stata una buona idea.” furono le parole di lei, coperte da quella di lui che era riuscito a proferire solo un semplice “Che ci fai qui?”.
Un silenzio imbarazzante dominò la scena per qualche minuto fino a quando Terence non si decise a parlare.
“Vuoi accomodarti?”
“In realtà vado di fretta. Ho ricevuto i fiori.”
“Immaginavo.”
“Ecco io … grazie erano molto belli.”
“Sono contento che siano di tuo gradimento.”
“Ora devo andare. Albert ti inviterà a venire da noi per la vigilia e Natale. Anche se gli ho già detto che non puoi.”
“In realtà potrei.”
“Non avevi un impegno?”
“Sì per il 25, ma non per la vigilia.”
“Ok, sappi che ti rinnoverà l’invito. Ora vado. Buona giornata.”
“Anche a te Candice.” le rispose lui accompagnandola alla porta.
Terence aveva pensato che sicuramente la madre avrebbe capito se avesse passato la vigilia con la sua Tutte Lentiggini, del resto loro avevano avuto altre da passare insieme e ne sarebbero seguite molte ancora.
 
 
Dicembre fu davvero un mese bizzarro per il loro giovane e acerbo rapporto che subì una lieve impennata discendente.
Potevano vedersi poco e, quei rari momenti che trascorrevano insieme, riuscivano anche a sprecarli discutendo.
Candy era nervosa e lo era anche Terence, il quale era sicuro che risentissero entrambi dei brutti ricordi che quel mese riusciva ad evocare.
Lei si sentiva agitata ed irritabile, ed era dispiaciuta perché si rendeva conto di essere particolarmente suscettibile. Si infuriava con sé stessa perché le pareva di non essere più lei, c’era qualcosa che la turbava, anche se non capiva cosa fosse.
Ogni qual volta vedeva Terence, nonostante le occasioni per incontrarsi fossero sporadiche, finiva per discuterci o per dire qualcosa che inevitabilmente creava un’atmosfera tesa fra di loro.
Anche lui non le sembrava lo stesso e la cosa le infondeva maggior agitazione, perché quel tarlo di quel primo amore del giovane non le dava tregua.
 
 
“La zia Elroy arriverà dopodomani, è tutto pronto, ho già chiesto ad Archie di andare a prenderla in stazione. Di qualsiasi cosa abbiate bisogno chiedete pure al signor Miles al quale ho lasciato disposizioni. Voglio che sia tutto perfetto per cui…”
“Oh, quanta agitazione Albert, non ti ho mai visto così irrequieto.” lo punzecchiò Archie.
“Non ricordi bene quanto è esigente nostra zia, caro Archibald? Forse dovrei fare in modo che tu possa tornarea vivere con lei per un po’, che ne dici?”
“Ah, per fortuna a breve mi sposo!” rispose ridacchiando.
“Sì, certo, l’hai scampata bella eh?”
“Decisamente. Ma ora devo andare a comprare una camicia nuova. Mi manca l’ultimo tocco per il vestito e sarò perfetto.”
“Evviva la modestia!” rise Candy.
“Anche noi dobbiamo andare, vero Candy? Non ha ancora trovato un vestito che le piaccia, è diventata quasi pignola come Archie.”
“Ma se sei stata tu a bocciare qualsiasi vestito che io abbia provato!” disse Candy.
“Su andate a fare compere “ le esortò Albert e le ragazze si dileguarono.
Annie era contenta di poter passare un altro pomeriggio a fare shopping, ma non si poteva certo dire lo stesso di Candy.
“Si può sapere che c’è che non va? Sei irascibile e di cattivo umore …”
“Se lo sapessi Annie, davvero, ne sarei contenta. Mi sento così irrequieta, strana, nervosa …”
“Sarà l’inverno.” rispose Annie, chiedendosi se non fosse un altro il motivo dello stato emotivo alterato di Candy. Per anni le era stata vicina vedendo il suo dolore acuirsi in quel mese dell’anno, per anni aveva letto lo strazio e la sofferenza nei suoi occhi raggiungere un picco la notte di capodanno.
Così, cercò di distrarre la sorella con le compere e, finalmente, trovarono un vestito a lei adatto.
“Beh, almeno il vestito lo abbiamo trovato.” disse Candy sfinita, quando rientrarono in casa.
“Sì, è vero. Ti sta benissimo, vedrai.” le disse Annie alludendo a Terence e a come l’avrebbe guardata vedendola.
Mancavano due giorni alla vigilia e lei non aveva ancora trovato un regalo per Terence.
Terence era nervoso e non vedeva l’ora di lasciarsi il mese di dicembre alle spalle. Voleva che le cose fra lui e Candy tornassero normali, voleva che lei tornasse a sentirsi tranquilla, perché si comportava come se qualcosa l’agitasse, come se si sentisse minacciata. Sperò solo che, col passare di quel particolare periodo dell’anno, si potesse tornare ad una parvenza di normalità.
Gli mancavano i bei momenti spensierati che avevano passato insieme, quel rapporto che stava crescendo e che si stava consolidando. Gli mancavano le effusioni che riuscivano a scambiarsi furtivamente e che erano state praticamente inesistenti nelle ultime settimane.
Voleva regalarle qualcosa ma non riusciva a scegliere. Non era mai stata una persona materialista ma voleva comunque farle un regalo.
Improvvisamente gli venne in mente che avrebbe potuto regalarle alcune delle poesie che aveva scritto per lei … poi cambiò idea, perché non voleva metterla fuori strada, rischiava seriamente di creare altri motivi di fraintendimento ed attrito.
Decise quindi di continuare a pensarci, fino a quando non gli fosse venuta in mente l’idea adatta.
 
 
Finalmente giunse la mattina della vigilia di Natale.
Karen si sentiva agitata, in cuor suo sapeva che Albert stava architettando qualcosa, ma non era certa di cosa si trattasse.
Aveva scelto un bel vestito e, quel pomeriggio, aveva appuntamento con una parrucchiera per sistemare i capelli.
Sapeva che sarebbe stata una lunga giornata e cercò di non pensarci. Non vedeva l’ora che lancetta rintoccasse le sette, ora in cui Albert le aveva comunicato che un autista sarebbe passata a prendere lei e i suoi genitori.
 
A Casa Andrew, nel frattempo, la confusione regnava sovrana.
La Zia Elroy, a causa di un malanno dell’ultimo momento, aveva dovuto inviare loro le proprie scuse e declinare l’invito.
 
I domestici erano indaffarati con i preparativi e un ansioso Albert passeggiava avanti e indietro controllando che tutto fosse perfetto.
Annie e Candy si scambiarono un’occhiata complice ed entrambe scoppiarono a ridere: vedere Albert sempre così pacato e tranquillo, agitarsi a quella maniera sembrava loro così strano.
“Dai, smettetela tutte e due. Secondo voi è così agitato perché ha invitato i genitori di Karen?” chiese Archie curioso.
“Solo per quello?” chiese Candy insinuando il dubbio che forse non aveva detto loro tutto.
“Oddio tu credi che …”
“Non lo so Annie, però mi pare strana tutto questo tumulto, visto che li ha già conosciuti e mi pare di avere capito che ha fatto una buona impressione.”
“Forse hai ragione. Magari l’anno prossimo i matrimoni saranno tre.” disse lei alludendo in maniera evidente non solo a Karen ed Albert ma a Candy e Terence.
Candy finse di non cogliere la provocazione ma l’allusione di Annie l’aveva colpita dritta al cuore.
Per un momento il suo cuore era volato all’altare e si era vista in un abito bianco con Terence al suo fianco. Nello stesso istante in cui la sua fantasia aveva preso il sopravvento però, aveva sentito una stretta al cuore. Era stata una stupida anche solo ad immaginare una cosa del genere.
Per un momento si assentò e pensò al poco tempo che aveva trascorso con Terence di recente e a come il loro rapporto si fosse deteriorato in quell’ultimo periodo. Non seppe spiegarsi se fosse dovuto ai troppo impegni che ciascuno di loro aveva, ma era certa che qualcosa fosse cambiato; aveva paura di perderlo eppure non riusciva a fare nulla per cercare di rimettere le cose a posto. Non era nemmeno riuscita a comprargli un regalo perché qualsiasi cosa aveva visto le era sembrata futile o inadeguato.
Sperò solo che quella sera il destino le fornisse un’occasione per cercare di appianare o, quanto meno di chiarire, quella situazione che la stava stressando oltremodo ed era per lei motivo di sofferenza e irrequietudine.
 
“Parlagli no?” la voce di Annie la riportò alla realtà.
“Scusa?”
“Parla con Terence. Chiarite Candy. Fidati di me. Non lasciare che i silenzi si mettano fra di voi. Rischi di perderlo.” le disse Annie cercando di convincere Candy a fare la prima mossa.
L’amica non le rispose nulla ma pensò che Annie aveva ragione e che, se non cercava di sistemare le cose, probabilmente lo avrebbe perso, senza nemmeno conoscere il motivo.
“Vado a dare un occhio alle decorazioni floreali.” disse Candy, approfittandone per allontanarsi.
Voleva riflettere, aveva bisogno di tempo per pensare a cosa dirgli. Che volesse fare pace con lui, quello era poco ma sicuro, che non sapeva cosa fosse accaduto, cosa si fosse posto fra loro, era un’altra certezza, certezza che non le consentiva di trovare una soluzione perché non sapeva come porre rimedio non conoscendo la causa del loro allontanamento. Sapeva che Terence era uno di poche parole e che, probabilmente, un confronto diretto non era il migliore dei modi, ma tutti quei silenzi rischiavano seriamente di fare peggiorare la situazione. Così, decise che gli avrebbe parlato. Avrebbe cercato di capire quale potesse essere la causa di quel loro distacco.
 
Terence non aveva dormito molto quella notte. Si era girato e rigirato nel letto diverse volte, nel tentativo di chiudere occhio, ma non si sentiva tranquillo. Avrebbe voluto fare pace con Candy, avrebbe voluto appianare le cose, farle capire che per lui lei era importante, ma non sapeva come. Ultimamente, qualsiasi suo gesto veniva frainteso, qualsiasi parola letta nel modo peggiore, motivo per cui si era chiuso nuovamente dietro ai suoi silenzi, ma a quanto pareva, anche quelli venivano letti come non avrebbero dovuto e ciò gli stava causando non pochi problemi.
Sperò di trovare un momento per chiarire con lei quella sera. Sperò che l’atmosfera natalizia fosse dalla sua parte e rendesse l’animo di Candy disponibile al confronto. Non le aveva comprato un regalo perché non aveva trovato nulla che gli sembrava adatto.
D’un tratto si ricordò che si stava avvicinando anche il 31 di dicembre e per una frazione di secondo si rivide più giovane di qualche anno, mentre versava lacrime per una madre che credeva non lo amasse. Poi rivide le lentiggini e gli smeraldi di lei. Con quanta nostalgia ripensava al passato. Ma il futuro lo attendeva e non era il momento di rattristarsi pensando a ciò che non era stato.
 Non aveva ricevuto inviti per l’ultimo dell’anno e sperò di poterlo passare con Candy.
Avrebbe voluto festeggiare da solo con lei ma era certo che ciò non sarebbe stato possibile.
 
 
Quando l’orologio rintoccò le 7.15, l’agitazione era la protagonista principale a casa Andrew.
I primi invitati erano arrivati ed erano stati accolti e fatti accomodare nel salone delle feste, nel quale era stato offerto loro un drink e degli stuzzichini.
La casa era splendida, le decorazioni rendevano appieno lo spirito natalizio e del vischio pendeva dagli archi delle porte; Annie ed Archie avevano insistito tanto e Albert non aveva saputo dire loro di no.
Erano ormai le 7.30 quando Karen varcò la soglia di casa Andrew con i propri genitori, i quali rimasero abbagliati da cotanto splendore e perfezione. Se non fossero stati certi che il signor William era scapolo, avrebbero sicuramente pensato che dietro tutto quel lavoro certosino ci fosse una moglie.
“Karen, sei uno splendore.” la salutò Albert con un galante inchino, prima di rivolgersi ai genitori della ragazza. Era agitato, ansioso e non vedeva l’ora del brindisi di mezzanotte per poter fare quanto si era ripromesso.
Albert presentò i suoi nipoti ai signori Klays con i quali chiacchierarono amabilmente per qualche minuto. Annie ed Archie si offrirono per mostrare loro la casa, per poter lasciare Albert da solo con Karen.
Candy voleva unirsi loro ma Annie glielo proibì per il disappunto del suo fidanzato.
“Sta per arrivare, non puoi non accoglierlo tu.” le aveva detto facendo esplicito riferimento a Terence. Effettivamente, sembrava essere in ritardo e Candy si chiese se avesse cambiato idea.
In quello stesso istante alzò lo sguardo e i suoi occhi incrociarono un paio di zaffiri. Era arrivato.
Il cuore le saltò in gola e cominciò una folle corsa, i battiti accelerarono e il sangue le affluì alle guance. Gli sorrise e ricevette uno splendido sorriso in cambio. In quel momento tutte le sue paure si dissolsero, insieme ai suoi dubbi.
“Candice… perdonami il ritardo.”
“Terence… sono davvero felice di vederti.” gli disse lei ricordandosi ciò che le aveva suggerito Annie.
“Sono onorato.” le rispose lui, sorridendole nuovamente.
Lei gli fece strada in casa, il signor Miles prese il suo cappotto.
“Credevo che a New York nevicasse a dicembre.” disse lei, senza sapere perché mai aveva proferito tale frase.
“Sì, solitamente è così, quest’anno la neve pare essere in ritardo.” constatò lui e un velo di tristezza gli incupì lo sguardo.
“Amico caro!” gli disse un euforico Albert andandogli incontro per salutarlo. Poi si accorse che lui e Candy si erano fermati proprio sotto ad un rametto di vischio e sorrise dell’idea di Annie e Archie.
Col dito indicò vero l’alto e Terence e Candy lo seguirono con lo sguardo.
“Li ammazzerò!” disse Candy ad alta voce.
“Beh, non sei obbligata.” disse Terence leggermente risentito da quella sua reazione.
“Lo vuole la tradizione.” si intromise Karen che li aveva appena raggiunti. Terence pensò che prima o poi avrebbe detto a Karen di farsi gli affari propri.
“Se lo vuole la tradizione…” disse un Candy arrendevole ma non particolarmente convinta.
“Se lo dite voi.”   disse Terence rivolgendosi verso Candy. Si sporse verso di lei per baciarle la guancia ma Karen lo interruppe.
“Graham, non crederai di cavartela con un bacio sulla guancia vero? Vischio uguale bacio, bacio vero mio caro, che credi?”
“ Non lascio certo che una vecchia usanza comandi le mie azioni.” rispose lui innervosito e poi continuò “ e ora perdonatemi, ho sete.” disse poi avviandosi verso la sala.
“Ti conviene andare con lui. Volevo solo essere d’aiuto, scusami.” le disse Karen sinceramente dispiaciuta.
“Credi che si chiariranno mai?” chiese Karen, una volta rimasta sola con Albert, mentre osservava Candy seguire Terence.
“ Che io sappia, in realtà non è successo nulla.”
“Sì, ma sono entrambi nervosi ed irascibili e per quanto ne so, non mi pare che si siano visti molto. Eppure pensavo che fra di loro ci fosse di già qualcosa.”
“Annie crede che sia a causa di dicembre.”
“Dicembre.’”
“Il mese in cui si sono conosciuti ma anche il mese in cui si sono separati.”
“Effettivamente, ora che mi ci fai pensare, Terence è sempre stato di pessimo umore nel corso degli anni in questo periodo dell’anno, ma ho sempre pensato che fosse a causa di Susanna.”
“Posso dirti la stessa cosa per Candy, ma io non avevo dubbi che fosse perché pensava a Terence.”
“Spero che si parlino.”
“Io direi che non è il caso di preoccuparsi per loro, se la caveranno vedrai. Che ne dici se pensiamo un po’ a noi?” le chiese lui, facendole l’occhiolino.
Lei non seppe dirgli di no. Era irresistibile quando sfoderava quel suo fare birichino.
“Cos’hai in mente?” gli domandò lei e lui prese la palla al balzo.
Aveva il cuore in gola in quel momento, temeva un suo rifiuto per quella sua proposta forse troppo affrettata, ma lui non voleva attendere, era pronto, e sperava lo fosse anche lei.
Si inginocchiò tirando fuori una scatolina di velluto nella quale brillava un bellissimo e preziosissimo anello.
“Karen Klays, forse mi prenderai per pazzo, forse è troppo presto, ma io mi sono reso conto di amarti e non poter stare senza di te. Vorresti diventare mia moglie?” le chiese Albert tutto d’un fiato.
Karen si lasciò sopraffare dall’emozione e non riuscì a trattenere le lacrime mentre sussurrava un sì appena udibile, soffocato da quelle lacrime.
Non si aspettava certo una proposta di matrimonio.
Anche lei lo amava e la cosa più naturale fu rispondergli un “sì”.
Lui le infilò l’anello, poi si alzò in piedi, la fissò e l’attirò a sé. Passò qualche secondo prima che le loro labbra si unissero e che il loro bacio trovasse, nell’applauso dei presenti, una colonna sonora.
Karen ed Albert erano entrambi felici e ricevettero le felicitazione e le congratulazioni da tutti i loro ospiti.
Un’emozionata Annie ed un’altrettanto emozionata Candy  si avvicinarono loro con gli occhi umidi di lacrime e si congratularono con entrambi.
Candy era felice per Albert, finalmente aveva trovato la persona giusta, così come Annie.
Vedere Albert mentre abbracciava la sua Karen e la guardava con quello sguardo innamorato, non poté non provocare un piccolo moto di invidia in Terence. Anche lui voleva poter sposare Candy, anche lui voleva poterla baciare alla luce del sole.
Ricacciò quel pensiero e si avvicinò ai suoi due amici per fare loro gli auguri.
Era contento che si fossero incontrati, contento che si fossero trovati.
Erano una bella coppia e meritavano di essere felici, così come lo meritavano lui e Candy.
Il resto della serata trascorse talmente in fretta che Candy e Terence non trovarono il modo di poter passare del tempo da soli.
Solo quando tutti gli ospiti, ormai, avevano lasciato la casa, riuscirono ad avvicinarsi e parlare con tranquillità.
Era difficile chiarirsi, riprendere il discorso, ma era necessario farlo per poter andare avanti.
Lo aveva seguito ma poi la proposta di Albert aveva catturato l’attenzione e non era riuscita a parlargli.
“È stata una bella festa, vero?”disse lei per rompere il ghiaccio.
“Lo sapevi?” chiese lui riferendosi alla proposta di matrimonio.
“Non ne avevo idea. Ma sono felice per loro. Si meritano un po’ di tranquillità e felicità.”
“Anche tu la meriti se è per quello.”
Lei rise. Sì, avrebbe potuto accasarsi, magari con lui.
“So che Albert ti ha invitato a trascorrere con noi la fine dell’anno.”
“Sì, lo ha fatto. Ma non so…”
“ Mi farebbe piacere se accettassi l’invito. E, visto che ci sono, scusami per come mi sono comportata ultimamente.”
“Non credo di essermi comportato meglio. Se ti fa piacere, verrò. Ora è meglio che io vada, si è fatto tardi.” disse facendo per andarsene.
Lei gli si avvicinò furtivamente, gli posò un lieve bacio sulle guancia e gli augurò la buona notte.
Erano entrambi contenti di aver rotto il ghiaccio, di aver cercato di risolvere quella sciocca situazione in cui si erano messi e dalla quale non parevano riuscire ad uscire.
Stavano male entrambi per quella tensione e quel nervosismo e, fare pace, era stata la cosa a cui ambedue avevano pensato, per buona parte della sera.
Mancava una settimana alla fine dell’anno e sia Candy che Terence avrebbero contato i giorni che li separavano da una nuova festa e dal potersi rivedere e passare del tempo insieme.


NdA: Ci avviciniamo pericolosamente alla fine... che ne dite di questa giornata Nataliziaaa???
Baciuzzi e abbracci rossi e sberluccicosi a tutte!
Grazie
 

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Capitolo 32
*** L'anno che verrà ***


Capitolo XXXI
 
L’anno che verrà
 

Il primo giorno dell’anno molti di noi formulano propositi per l’anno nuovo, però, poichè non corrispondono a cambiamenti interiori, queste decisioni vengono cancellate velocemente. Fino al momento in cui non cambi dentro di te e non sei deposto a fare un po’ di lavoro mentale, esternamente non cambierà nulla. L’unica cosa che devi cambiare è un pensiero, unicamente un pensiero. Anche l’odio verso te stesso è soltanto odio per l’opinione che hai di te.
Che cosa puoi fare per te di positivo quest’anno?
Che cosa vorresti fare quest’anno che non hai fatto l’anno scorso?
Di quello che ti sei tenuto tanto stretto l’anno passato, che cosa ti piacerebbe disfarti quest’anno?
Quali cambiamenti ti piacerebbe apportare alla tua vita? Hai la volontà di compiere il lavoro per compiere questi cambiamenti?
Louise Hay, Pensieri del Cuore


 

Mancava poco, pochissimo alla mezza notte.
Un’altra festa, un altro anno che se ne andava, un anno pieno di dolore ma anche di ritrovata felicità.
 Quando aveva ormai perso le speranze, la sua Tutte Lentiggini era entrata nuovamente nella sua vita, travolgendola come solo un uragano è in grado di fare.
“Mancano cinque minuti!” esclamò Archie emozionato.
Era l’ultimo anno che festeggiava da scapolo e, inconsciamente, si guardò il dito, proprio lo spazio che quel cerchietto d’oro avrebbe occupato, legandolo definitivamente alla sua Annie.
Albert prese una bottiglia di champagne, pronto ad aprirla allo scoccare delle dodici.
Era stata una buona idea quella di non invitare estranei e Terence gliene era oltre modo grato.
Quel trentuno dicembre era per lui una giornata così preziosa, la giornata che aveva rivissuto nei propri ricordi così tante volte… e finalmente poteva riviverla con Candy.
Forse doveva essere grato al destino perché, dopo tante peripezie, pareva che finalmente le cose cominciassero ad andare per il verso giusto.
Avevano avuto modo di chiacchierare durante la serata e la situazione sembrava essersi definitivamente appianata. Non c’era stato alcun battibecco, alcuna frase volta a punzecchiare l’altro, solo due chiacchiere fra buoni amici, se così potevano definirsi.
Il conto alla rovescia cominciò e ,quando tutti insieme pronunciarono il “Meno uno!” entusiasti, il tappo di sughero della bottiglia di champagne volò e il liquido frizzante cominciò a fluire dalla bottiglia che Albert aveva agitato, causando la fuoriuscita delle schiuma.
Archie raccolse nei bicchieri lo champagne, ne porse uno ciascuno agli atri commensali.
“Brindiamo all’anno nuovo e alle nuove unioni!” disse Albert alludendo non solo ai due futuri matrimoni ma anche alle nuove amicizie e a quelle ritrovate.
I fuochi d’artificio squarciarono il cielo regalandogli un arcobaleno di colori e in quel preciso momento Candy ebbe una visita dal passato.
Una nave, un ragazzo, degli occhi che piangevano, Anthony…
“Che ti succede?” le chiese Terence avendo avuto l’impressione che lei si stesse sentendo male.
“Visite sgradite.” gli rispose e luì capì che aveva ricordato qualcosa.
“Il passato?”
“Tanto per cambiare, torna con indizi vaghi ed inutili, peraltro dolorosi.” affermò lei.
“Hai ricordato altro?” le chiese Albert che aveva udito la conversazione.
“Il ragazzo che voi affermate non esistere e credo una nave ed una festa di capodanno. Non so perché poi ho visto Anthony e ricordo che il ragazzo fantasma piangeva.” disse lei con una certa amarezza. Era stufa di quelle incursioni del proprio passato nel presente.
Nessuno osò dire nulla, perché del resto non c’era nulla da dire.
“Che ne dici se lasciamo perdere il passato per stasera e festeggiamo il presente?” le suggerì dolcemente Terence.
“Forse è meglio.” rispose lei ancora scossa.
Possibile che a nessuno importasse di quel ragazzo che pareva avere fatto parte della sua vita? Possibile che nessuno sapesse chi era? Possibile che avesse gli occhi dello stesso colore di Terence? Erano troppe coincidenze eppure perché mai avrebbero dovuto mentirle?
E poi gli occhi di Terence erano blu, certo, ma non era di sicuro l’unico ragazzo al mondo con gli occhi di quel colore. Candy si volle convincere che quei ricordi non avevano senso.
Terence sentì una stretta al cuore, avrebbe voluto dirle la verità ma non poteva. Stava ricordando e doveva farlo da sola. A sentire il dottore, era la via migliore. Lui non concordava affatto ma non poteva agire come gli suggeriva il cuore. Sapeva che nel momento in cui la memoria sarebbe tornata, non avrebbe capito e l’avrebbe persa per sempre. Scacciò quel pensiero dalla sua mente e si concentrò sul tempo che il fato stava regalando loro.
“Ti va di fare una passeggiata fuori? Un po’ d’aria fresca potrebbe farti bene.”
“Sì, grazie.” gli rispose lei felice delle sue premure.
Presero i cappotti, li indossarono ed uscirono, il parco della residenza aveva il suo fascino di notte, inoltre i fuochi d’artificio non avevano ancora smesso di regalare sfumature di mille colori al cielo.
La prese per mano, le sue dita esili e fredde avvolte fra le proprie.
Portò la mano di lei alla bocca e la sfiorò delicatamente con un bacio. Pensò che era molto tempo che non stavano soli, molto tempo che non si baciavano.
Nemmeno a Natale, dopo il chiarimento c’era stata occasione.
La guardò per quello che parve un istante infinito perché cercava di leggere nei suoi occhi se stava pensando la stessa cosa.
Lei sentì quegli zaffiri infuocati bruciale la pelle.
“Mi sono mancati questi attimi di pace, questi momenti da soli.” azzardò lei.
Lui si fermò all’improvviso, la fece roteare in modo da trovarsi faccia a faccia.
La guardò intensamente prima di attirarla a sé.
Il rinnovato sapore delle sue labbra lo fece sentire bene.
Era sempre un’emozione baciarla, poter accarezzare le sue labbra, poterla abbracciare. Gli sembrava sempre una nuova prima volta perché riprovava quella stessa emozione, sentiva le vertigini e il cuore battergli, con tanta violenza in petto, da fargli quasi male.
Candy adorava quei brevi istanti in cui loro corpi si univano come una cosa sola. Le diverse volte che si erano baciati, aveva avuto l’impressione di scambiare un pezzo di anima con lui perché ciascuna volta lo aveva sentito più vicino. In quei momenti le pareva di essere un’unica entità con Terence, sentiva il cuore di lui battere velocemente ed era certa che battesse alla stessa velocità del  proprio.
Quando sciolsero il bacio si guardarono in silenzio per qualche istante poi lei gli parlò.
“Vorrei sapere perché non ricordo tutto. Mi chiedo ancora che senso abbia ricordare dei pezzi che non riesco a mettere insieme. E mi infastidisce il ricordo di questa persona che non riesco a mettere a fuoco. Non mi fraintendere “- aggiunse prima che lui potesse partire in voli pindarici-“ so dove sta il mio cuore ma mi farebbe piacere ricordare quel ragazzo se è stato tanto importante per me.” nelle sue parole c’era una tacita ammissione e a Terence non passò inosservata. Candy aveva proferito quelle semplici parole con una tale facilità che se ne era meravigliata. Certo, non gli aveva apertamente esternato ciò che provava ma, a meno che lui non fosse uno sprovveduto, ed era certa che non lo fosse, avrebbe sicuramente letto oltre quelle semplici parole.
“Capisco la tua necessità di rimpossessarti del tuo passato, anche se …”
“Anche se …”
“Potresti lasciare perdere il passato per un po’!” suggerì lui e la sua sembrò più una richiesta che una domanda. Era stufo di lottare contro il suo stesso ricordo, stufo di quell’insicurezza che quei ricordi causavano in lei. Avrebbe preferito dirle la verità e, se non era possibile, dimenticare il passato, o per lo meno la parte dolorosa di esso.
“Per me il mio passato è importante! Voglio capire chi sono.”
“Ma tu lo sai chi sei. Guardati in fondo al cuore. Se non hai paura di guardarci, lì troverai tutte le risposte che cerchi.”
“Di certo non troverò le risposte che cerco in merito al ragazzo che amavo.” disse lei senza riuscire a frenare quelle parole che le scapparono dalla bocca e colpirono Terence, cogliendolo alla sprovvista.
Lei si vergognò di avere ammesso che era stata innamorata di un altro e temette che lui potesse fraintendere.
Terence non sapeva come si sentiva. Era felice di sapere che lei era stata innamorata di lui già ai tempi, felice di averne una conferma attraverso la sua stessa voce, le sue parole, ma non poteva dimenticare che era in lotta con il ricordo di sé stesso e la cosa lo infastidiva. Era certo che fino a quando Candy non avesse saputo, fino a quando non avesse avuto risposte sul suo passato, il suo cuore non sarebbe stato completamente libero di corrisponderlo. E del resto, come non comprendere la sua necessità di sapere, di capire se era mai cominciata e perché era finita. La curiosità di ricordare il primo bacio, i primi batticuore.
“Hai ragione, ma nessuno pare poterti aiutare. Quindi cerca di fartene una ragione e decidi se vuoi vivere nel passato o vivere il presente.” le rispose lui diretto e secco.
Lei non gli rispose e si incamminò verso casa, in silenzio, seguita da lui.
Passarono il resto della nottata a evitare di parlarsi mentre gli altri quattro ridevano e scherzavano.
“Avete litigato?” le chiese Karen.
“Una piccola discussione.”
“Non fa bene cominciare l’anno litigando. Non voglio chiederti quale sia stato l’argomento della conversazione, ma posso darti un consiglio? Fate pace.”
“Lo so Karen, hai ragione. È solo che a volte è così difficile.”
“Pensa solo a questo. Come ti senti quando litigate? Ti fa stare bene? Se non è così, non perdere altro tempo, va’ a parlargli.”
“Ci penserò. Grazie Karen.”  rispose Candy ai consigli premurosi dell’amica.
“Possibile che debbano discutere anche in un giorno di festa come oggi?”
“Karen, forse tu non ricordi tanto bene il carattere di Candy, ma sono due teste dure. Vedrai che faranno pace. Bisogna rispettare i loro tempi e tenere un occhio aperto.” disse Albert che non smetteva mai di vegliare sulla sua Candy.
“Oddio sono già le due del mattino?” esclamò Karen guardando l’orologio.
“Per quanto mi spiaccia che la festa volga al termine, forse è meglio che tu vada a dormire. Non voglio che mi si incolpi per le occhiaie di Ofelia.” disse lui ridendo.
“Beh, visto che sei stato così cortese da riservarmi una stanza …”
“Per i miei ospiti questo e altro.” la prese in giro lui.
“Ragazzi, è stato un piacere ma per me è ora di andare a dormire. Ci vediamo domani! E grazie ancora per la splendida serata.” disse Karen prima di avviarsi verso la propria camera poi, poco prima di varcare la soglia, si voltò e si rivolse a Terence.
“Forse è il caso che anche tu vada a riposare. Ricordati che per dormire sonni tranquilli bisogna essersi riappacificati col mondo.” gli disse, suggerendogli in maniera poco velata di fare pace con Candy.
”Buona notte Karen, a domani.” le rispose lui lievemente infastidito. Capiva che i loro amici non volevano altro che il loro bene, ma iniziavano a dargli fastidio tutte quelle intromissioni.
Anche Albert si congedò, seguito da Archie ed Annie.
Candy e Terence rimasero soli.
“A questo punto andrei a dormire anche io.” disse lui.
“Come vuoi.” rispose lei seccata dal suo tono freddo.
“Buona notte.” la salutò lui facendo per andarsene.
Non si voltò a guardarla nemmeno una volta ma, quando mise piede sul primo gradino della scalinata che portava al piano superiore, sentì dei passi e, poco dopo, si sentì prendere il braccio.
Si voltò e vide Candy che lo tratteneva.
Nei suoi occhi poteva leggere che era dispiaciuta di quei continui attriti che stavano caratterizzando il loro rapporto nell’ultimo periodo
“Qualsiasi cosa dovessi ricordare del passato, non mi farà mettere in discussione il mio presente.” disse lei, sperando che lui capisse, poi riprese” Però vorrei che capissi che per me è importante, per conoscermi meglio, per capirmi meglio.”
Terence fu colpito dalle parole di Candy, gli stava dicendo che qualsiasi cosa fosse riaffiorata, grazie ai ricordi, i sentimenti nei suoi confronti non sarebbero cambiati.
Era davvero ciò che tentava di comunicargli?
Lui si voltò e le prese il volto fra le mani.
“Spero che tu possa ricordare al più presto, te lo auguro davvero. E se vorrai dividere i tuoi ricordi con me, sarò presente. Però ora è ora di andare a dormire, per cui su va’, ci vediamo domattina.” le disse con un tono rassicurante, prima di baciarle la fronte delicatamente.
“Buona notte Terence, a domani.” rispose lei prima di avviarsi verso la propria camera.
L’anno nuovo era cominciato in maniera bizzarra ma sembravano aver chiarito, motivo per cui entrambi si addormentarono, seppur dopo essersi rigirati diverse volte, ciascuno nel proprio letto.
Terence non aveva ancora trovato il coraggio di dirle che a fine gennaio sarebbero partiti per qualche mese.
 Robert lo aveva informato di ciò, proprio il giorno prima e nemmeno Karen ne era ancora al corrente.
Da una parte, il ragazzo sperava che quella forzata lontananza aiutasse Candy a ricordare, dall’altra temeva che il ricordo dell’amore provato per “il ragazzo del passato” potesse intaccare la loro relazione, nonostante lei avesse cercato di rassicurarlo a tale riguardo.
Doveva trovare il momento adatto per informarla della partenza, ma quello non era certo il giorno giusto. Si ripromise di trovare tempo prima della fine di quella settimana. Non voleva assolutamente che lei lo sapesse da qualcun altro.
 
“Ma come Robert, davvero? Così presto?”
“Sì Karen, quest’anno anticipiamo. Staremo via il mese di febbraio e ritorneremo solo a fine aprile.”
“Ma io a fine maggio mi sposo. Quando dovrei organizzare?”
“Lo so e per questo ti ho avvertita. Non l’ho ancora detto ai tuoi colleghi.”
“Nemmeno a Terence?”
“A lui l’ho detto l’altro ieri.”
“Oh Robert, non fraintendermi, sono felice di questa opportunità, è solo che mi ha preso alla sprovvista.”
“Spero che tu riesca ad organizzare le tue nozze nonostante gli impegni di lavoro.”
“Sì, penso di farcela. Ma tu perdonami, sono stata così impulsiva.”
“Ti conosco da quanti anni?”
“Sì, hai ragione. Lo so.” disse lei sorridendo. La conosceva da molto tempo, motivo per cui era pronto a quella sua reazione.
“Se posso fare qualcosa per te …”
“No, anzi ti ringrazio per avermi avvertita. Eh Robert, ovviamente sappi che sarai invitato al mio matrimonio.” Ggli disse lei prima di salutarlo e lasciarlo solo.
Il segreto  riguardante l’identità del loro nuovo sovvenzionatore era ancora tale e non spettava certo a Robert dirle che era il suo futuro marito a permettere loro di andare in scena.
Del resto sia Karen che Terence erano talmente orgogliosi che probabilmente avrebbero accettato a malincuore l’aiuto del signor Andrew, rifletté Robert fra sé e sé.
 
Terence non era rimasto particolarmente scioccato da quella notizia.
Mai come quell’anno, i biglietti per le rappresentazioni erano costantemente sold out, motivo per cui si era aspettato che la loro presenza potesse essere richiesta in un maggior numero  di città, rispetto agli anni precedenti.
E dire che Robert gliene aveva bonariamente affibbiato la colpa.
“Non so se sia il cambiamento avvenuto nella tua vita, ma non ci hai mai regalato un Amleto così appassionato come quello attuale. C’è una strana nuova luce nei tuoi occhi, quando l’ho vista per la prima volta, a distanza di così tanto tempo, ti confesso che mi è parso di fare un salto nel passato e di rivedere quell’acerbo ragazzo in cerca di una possibilità per avverare il proprio sogno.” gli aveva confessato Robert, prima di comunicargli che sarebbero partiti verso fine gennaio.
Contrariamente a quanto Robert aveva immaginato, Terence era sembrato relativamente tranquillo rispetto a quella partenza così immediata.
 
“Forse questa partenza casca a pennello, abbiamo bisogno di tempo e, starle vicino così spesso, sicuramente non la sta aiutando.” si era detto, convinto anche dalle parole che Candy gli aveva detto la sera precedente: in qualche modo la sua presenza esercitava una qualche pressione su di lei. Lei voleva ritrovare il suo passato e aveva paura di farlo, perché non voleva ferirlo. Lo aveva capito, forse gli ci era voluto un po’, ma aveva compreso che lei temeva di ricordare “il ragazzo del passato”, per quanto lo desiderasse.
Le avrebbe detto della partenza e beh, in fondo, sarebbe tornato presto.
Stava cercando di convincere sé stesso che quell’ennesima partenza, quell’ennesima separazione non gli sarebbe costata, ma non era così. Eppure non poteva certo fare diversamente.
 
Karen era nervosa, non ci voleva proprio quel viaggio! Aveva ricevuto da pochi giorni la più bella notizia al mondo, la più bella proposta che mai e poi si sarebbe aspettata di ricevere e si trovava dover fare le valigie e dover affidare i preparativi a qualcun altro.
Chiamò Albert e prese appuntamento con lui. Doveva comunicargli la notizia, sperando che non si arrabbiasse e che capisse che non poteva certo sottrarsi al proprio incarico.
“Felice di vederti così presto, anche se la tua telefonata improvvisa mi ha spaventato.”
“Scusami se aveva voglia di rivedere il mio futuro marito” gli rispose lei e il pronunciare quella parola la fece sorridere. Non aveva mai pensato che si sarebbe sposata, non perché  non ci avesse mai pensato, ma semplicemente perché non aveva mai incontrato nessuno che riusciva a suscitare in lei tale desiderio. Ma con Albert era stato decisamente diverso, fin dal primo momento in cui lo aveva visto, aveva capito che era l’uomo per lei.
“Mi fa uno strano effetto sai, sentirmi chiamare marito. In tutti questi anni avevo quasi rinunciato al desiderio di sposarmi, di mettere su famiglia…” ammise lui pensieroso.
“Ti capisco eccome. Eppure eccoci qui.”
“Quando ti ho vista la prima volta… ho capito che eri diversa e quando abbiamo cominciato a frequentarci… beh, non ci ho messo molto a capire che avrei voluto sposarti.”
“Ah beh, anche io mi sarei chiesta in sposa. Sono bella, simpatica, famosa ed eccezionale, che potresti chiedere di più alla vita?” disse lei ridendo e facendo scoppiare a ridere anche il suo futuro marito.
“Signorina Modestia, posso conoscere il vero motivo di questo appuntamento? Mi piacerebbe credere che sia solo perché ti mancavo ma ti conosco abbastanza da sapere che volevi dirmi qualcosa.”
“Sì è vero… non so da dove cominciare così andrò dritta al dunque. Parto. A fine mese. Cioè partiamo, con la compagnia intendo.”
“Partite? E così presto?”
“Sì, a quanto pare ci hanno richiesto in più città rispetto all’anno scorso e quindi si parte fra meno di un mese. E staremo via credo fino agli inizi di maggio, ammesso che non si aggiungano altre città ed altri teatri.”
“Ti ricordi che ci sposiamo a fine maggio?”
“Motivo per cui te ne sto parlando. Potrei sicuramente trovare il vestito prima di partire e potremmo scegliere gli addobbi, la chiesa e il ristorante. Per il resto mi sa che dovremmo affidarci a qualcuno.”
“Beh, non mi pare ci sia altra soluzione. Potresti chiedere una mano ad Annie sono certa che ti aiuterà volentieri.”
“Ci avevo pensato. Pensavo di passare da voi oggi.”
“Va bene. Ora mia futura moglie perdonami, ma devo tornare agli affari. Ci vediamo più tardi, ok?”
“Vieni a prendermi dopo lo spettacolo?”
“Come sempre.” le rispose sorridendo.
Albert non era affatto contento. Aveva sperato di poter passare del tempo con la sua fidanzata e di avere più tempo per organizzare il loro matrimonio, del resto ci si sposava una sola volta nella vita e voleva che tutto fosse perfetto.
Quel pomeriggio non gli riuscì facile lavorare, era distratto da quanto Karen gli aveva comunicato.
 
“Era un po’ che non riuscivamo a trovare il tempo per le lezioni!” disse Candy entusiasta, era riuscita a suonare meglio di come si aspettava.
“Dovrei parlarti prima di andare.”
“Dimmi pure.”
“Parto. Cioè partiamo, con la compagnia.”
“Quando? E per quanto tempo starai via?” chiese lei, sentendosi ,improvvisamente, tremendamente triste, le stavano portando via anche la sua unica certezza, il suo porto sicuro in quel periodo così particolare.
“Fine mese. E se tutto va bene torniamo per fine maggio. Al massimo i primi di giugno.”
“Sarai via per il mio compleanno. E il matrimonio?”
“Beh, torneremo per il matrimonio e, se il tour dovesse prolungarsi, chiederò sicuramente un permesso.”
“Vuoi dirmi che non ci saranno lezioni di piano per quattro mesi vero?” gli domandò lei sottintendendo che non lo avrebbe visto per quel lungo periodo.
“Non sei felice di liberarti di me? Avrai mesi di pace e tranquillità e potrai dedicarti a te stessa e all’orfanotrofio.”
“Disimparerò a suonare.”
“Ah, questo no. A costo di trovare un mio sostituto. O potresti chiedere ad Annie, che ne dici?”
“Ci penserò. Non ci sarai per il mio compleanno.” ripeté poi.
“Ti chiamerò.”
“A mezzanotte?” disse lei prendendolo in giro.
“Beh, almeno ce l’ho fatta per tempo!” controbatté lui.
“Vedremo se questa volta ce la farai.”
“Signorina, è una sfida?”
“Mmm, prendila come vuoi!” gli rispose lei facendogli la linguaccia.
Entrambi scoppiarono a ridere.
Candy era triste per quella notizia ma non voleva rovinare quel momento. Aveva meno di un mese da passare con lui prima che partisse.
Era certa che il tempo che avrebbero passato separati, sarebbe trascorso lentamente, così lentamente da sembrare uno stillicidio.
Poi però pensò al suo lavoro, all’orfanotrofio e a tutti i bambini che contavano su di lei e si ricordò che aveva tante altre cose nella vita. Le sarebbe mancato Terence ma, probabilmente, quel temporaneo distacco avrebbe fatto bene ad entrambi. Lei dovevadi chiarire i propri sentimenti, nella speranza di poter ricordare il ragazzo del passato.
 Si era resa conto che non si sentiva libera di ricordarlo perché aveva paura di scoprire che, quella sensazione che provava le volte in cui lo ricordava, era davvero amore come sospettava. Non voleva fare i conti con un ragazzo che amava e di cui non ricordava nulla, ma di cui avrebbe voluto sapere e un ragazzo che… e Terence.
 
La fine di gennaio arrivò velocemente.
Karen aveva trovato il vestito, scelto il luogo per la festa e la chiesa per la cerimonia.
Era soddisfatta e contenta di essere riuscita ad organizzare almeno le cose principali prima della partenza e aveva lasciato ad Annie il compito di supervisionare il resto dei lavori, certa di potersi fidare del gusto sopraffino della ragazza. Inoltre, sia Archie che Albert l’avrebbero aiutata, per cui era certa di lasciare il tutto in buone mani.
Da una parte era quasi contenta di partire, sarebbe stata dura continuare a vivere a casa propria per quattro mesi, stando lontana da lui invece, così, il tempo probabilmente sarebbe passato più in fretta.
 O almeno era ciò che sperava.
 
Era la mattina della partenza, la stazione era gremita. Al loro binario fans, giornalisti e semplici curiosi li attendevano o meglio lo attendevano.
“Ci sarà molta gente in stazione.” le aveva detto ma lei, per tutta risposta, lo aveva spiazzato con un “meglio così, non mi noterà nessuno” facendolo sorridere.
Gli faceva piacere che volesse andare a salutarlo anche se non sarebbe certo stato come sperava.
“Se ti passassi a prendere io in auto? Ti potrei accompagnare in stazione.” gli aveva proposto e lui non aveva saputo dirle di no.
Ed era lì in auto o meglio un taxi.
Bussò alla sua porta e Terence uscì prontamente.
“Ciao!” la salutò lui sorridendole. Non era contento di partire, per niente, ma aveva deciso di regalarle il migliore dei suoi sorrisi.
“Sei pronto?”
“Non proprio. Non sono particolarmente felice di andare via da New York.”
“Dai, vedrai un sacco di posti, conoscerai persone nuove” si rabbuiò quando rifletté sulle sue stesse parole. Non era certo contenta che potesse incontrare altre persone, in particolar modo altre donne.
“Le città credo di averle girate già tutte. E le persone, beh, lo sai che non mi interessano molto i rapporti sociali. Non ho intenzione di partecipare a feste o andare a cena con persone che non siano i colleghi.” disse cercando di rassicurarla.
Lei sorrise di quel suo tentativo, sapeva che non poteva farci nulla e che doveva imparare a convivere con la certezza che lui avrebbe incontrato altre donne e molte delle quali si sarebbero buttate ai suoi piedi.
“Non mi interessa parlare di altri.” Le disse poi facendole l’occhiolino e chiudendo il vetro divisore che separava il tassista da coloro che stava  trasportando.
Le si avvicinò, le baciò delicatamente la fronte, la punta del naso e la sentì rabbrividire al tocco delle sue labbra.
 Quando raggiunse la bocca, prima la sfiorò con un leggero e casto bacio per poi baciarla una seconda volta con una tale passione ed un tale coinvolgimento da lasciarla senza fiato.
Ormai, erano praticamente arrivati in stazione e voleva salutarla lasciandole qualcosa a cui pensare.
Lei lo guardò sorpresa ma felice, quell’ondata di emozioni che l’aveva travolta, l’aveva mandata su di giri. Il suo tocco era inebriante e non vedeva l’ora di poter sfiorare nuovamente le sue labbra, potersi specchiare nuovamente in quei due laghi blu e  poter sentire le sue mani sulla propria schiena.
“Siamo arrivati. Sarebbe meglio se andassi al binario da solo.”
“Ti voglio accompagnare.”
“Promettimi di fare attenzione.”
“Non ho mica intenzione di correre dietro al treno, non ti preoccupare.”
“Allora andiamo.” disse scendendo dal taxi.
Prese la sua valigia, pagò il tassista e prese Candy per mano.
Si incamminarono verso il binario, inizialmente inosservati ma, quando cominciarono a riconoscerlo, si trovò circondato dalle fans. Robert ed altri colleghi dovettero correre in suo aiuto perché rischiava di venire fagocitato dalla folla.
Terence tenne stretta saldamente la mano di Candy e si ritrovò sul vagone senza nemmeno sapere come.
“Grazie.” disse rivolgendosi a Robert e ai colleghi che lo avevano aiutato.
Guardò Candy che sembrava scossa e si arrabbiò, come suo solito aveva voluto fare di testa sua ed era rimasta intrappolata insieme a lui in mezzo a quelle pazze scatenate.
“Ti senti bene?” le chiese premuroso.
“Sì, non ti preoccupare. Mi sono solo preoccupata per te, credevo che ti avrebbero fatto a pezzettini pur di potersi portare a casa un pezzo di te.” disse lei prima di scoppiare a ridere.
“A cosa devo questo scoppio di ilarità?”
“Ora capisco perché non ti piace stare fra la gente, se sono tutte scalmanate come quelle ragazze.”
“In parte. Anzi in buona parte.” Ammise lui.
“Beh, domani ci troveremo sui soliti giornaletti da quattro soldi vero?”
“Sinceramente non credo che siano riusciti a fotografarti. E comunque cara la mia signorina Andrew, non ti avevo detto che sarebbe stato meglio se fossi rimasta in auto?”
“Oh, quanto sei pignolo e noioso. Vuoi che ti chiami zione come faccio con Albert?”
“Beh, tu chiamami zione e io ti chiamerò scimmietta.” le disse lui.
Si erano accomodati nella sua cabina privata.
Candy guardò l’orologio.
“È ora che vada o rischio di rimanere a bordo.”
“Ti spiacerebbe?”
“Sai che ho un impegno con l’orfanotrofio.”
“Lo so.”
“Bene, allora vado, buon viaggio. Se riesci chiamami quando arrivi.”
“Lo farò. Cerca di fare la brava.” Le disse lui ma le sue parole furono interrotte dalle labbra di lei cercarono le sue.
Non poteva dirgli quello che sentiva; anche se aveva capito di amarlo non era il momento di sbilanciarsi, ma cercò di trasmettergli quel subbuglio interiore che solo lui riusciva a causarle.
Terence rispose al suo bacio e la strinse a sé, voleva portare con lui almeno il ricordo del suo profumo e delle sue dolci labbra.
La lasciò andare perché era certo che se l’avesse fermata o se lei avesse titubato, non l’avrebbe più lasciata andare via.
La guardò mentre scendeva dal treno. Gli sarebbe mancata. Sapeva che l’avrebbe rivista, sapeva che lei lo avrebbe aspettato, eppure il ricordo di loro due alla stazione riapriva una ferita che molto probabilmente non si sarebbe mai rimarginata.
Candy si girò, lo guardò, gli fece un cenno di saluto con la mano e poi preferì andarsene. La stazione di New York non le piaceva, riusciva a farla sentire male, a metterle addosso un’angoscia che non riusciva a spiegarsi. Scappò via da quel luogo che non faceva altro che causarle agitazione.
Non era riuscita a vedere Albert e Karen in stazione eppure era certa che lui l’avrebbe accompagnata al treno.
 
Era giunto il momento di partire.
Quella mattina né Karen né Albert erano di umore particolarmente tranquillo.
Nessuno dei due voleva separarsi dall’altro per un periodo così lungo, eppure il lavoro della ragazza lo imponeva e, se ci teneva a mantenere un ruolo di rilievo, doveva accettarlo suo malgrado.
Salì sul treno assorta in mille pensieri, la mente correva al loro matrimonio e a tutte le cose che avevano lasciato in sospeso.
Era grata ad Annie ed Archie di essersi offerti di aiutare, senza di loro non sapeva come avrebbe fatto.
Albert era impegnatissimo col lavoro e rischiavano davvero di non fare in tempo ad organizzare il tutto per la data delle nozze.
“Mi spiace che tu debba partire e spero che il tempo passi in fretta. Non vedo l’ora che tu diventi la signora Andrew.”
“ Lo spero anche io Albert. Sarà una tortura stare lontani per tutti questi giorni. Chiamami, non voglio che passi un solo giorno senza sentire la voce del mio futuro marito.”
”Te lo prometto. Tu però vedi di fare la brava.”
“ Io? Sei tu lo scapolone dell’anno!” ribatte lei ridendo, e lui si unì alla sua risata, che aveva sempre trovato estremamente contagiosa.
Si fissarono per qualche istante prima di dare sfogo a quell’urgenza che entrambi sentivano, di poter sfiorare l’uno le labbra dell’altra, che si unirono in un bacio dolce, sensuale e pieno di consapevolezza. Erano uniti, indissolubilmente e non sarebbe stata la distanza a frapporsi fra loro.
Karen guardò Albert scendere dal treno con la solita calma e tranquillità che lo cocntraddistingueva e che, in quel momento, probabilmente era solo apparente.
Lo guardò mentre la salutava, mentre il treno partiva e si staccava allontanandosi sempre più velocemente della banchina.
Albert osservò il treno partire ed allontanarsi, mentre portava via la donna che lui amava. Sapeva che era questione di giorni e che sarebbe tornata, ma non poteva evitare di sentirsi agitato e infelice di quella separazione.
Le separazioni, ai membri della sua famiglia, non avevano mai portato particolare fortuna, motivo per cui fu assalito da una strana sensazione che non lo lasciava tranquillo.
Quando il treno non fu più visibile, lasciò la stazione e tornò a casa.
Il lavoro lo attendeva e del resto la vita di tutti i giorni doveva per forza andare avanti.


NdA: Mi ucciderete vero? Sì, lo so che mi odiate...
Ma io vi voglio bene cmq XD
Buona lettura e... se vi va, fatemi sapere che ne pensate!
Posso ringraziare le mie 5 super sostenitrici? Sogno, Aurora, Tetide, Petra e Myriam! E tutte le sostenitrici silenziose, grazie anche a voi!
 
 

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Capitolo 33
*** La lontananza sai, è come il vento ***


 
Capitolo XXXII
La lontananza sai, è come il vento

 
La lontananza rimpicciolisce gli oggetti all'occhio, li ingrandisce al pensiero.
Arthur Schopenhauer

 
Candy non aveva fatto altro che ripensare al contatto fra le proprie labbra e quelle di Terence, durante il tragitto verso casa.
Quel bacio, il suo sapore, lo avrebbe dovuto conservare come un prezioso ricordo in quei mesi di lontananza.
La notizia di quella partenza così improvvisa in qualche modo l’aveva destabilizzata.
Si era quasi abituata a quella presenza così costante nella sua vita, almeno nell’ultimo periodo, nonostante sapesse che girava spesso l’America e l’Europa
 
In fondo al cuore, conosceva bene il motivo di quello strano nodo alla gola e di quella sensazione di vuoto allo stomaco.
Per quanto cercasse di negarlo anche a sé stessa, poteva definire con una semplice ma difficile parola ciò che sentiva.
Pensò che sarebbero stati quattro lunghissimi mesi e sperò che la lontananza non influisse su quanto stava lentamente crescendo fra di loro.
Era rimasta sconvolta di trovare così tante fans in stazione: sapeva che lui era famosissimo e amatissimo ma, per qualche strano motivo, aveva sempre cercato di scacciare quel pensiero dalla propria mente.
Sapere che in molte lo desideravano, non faceva che minare l’autostima di Candy che non era decisamente fra le più alte. Ovunque vedeva donne più belle di sé e migliori, donne che avrebbero sicuramente assolto al ruolo di “compagna”, per l’attore, meglio di lei.
Al solo pensare la parola “compagna”,  il suo cuore cominciò a fare delle assurde capriole. Cercò di calmarsi e di ridarsi un contegno, perché il taxi si era fermato davanti alla residenza Andrew e non poteva certo rientrare con le guance arrossate e il battere del cuore che si sentiva da lontano un miglio, se non voleva destare sospetti.
Non vide l’auto di Albert e si chiese che fine avesse fatto.
Nel frattempo, sul treno, due persone era assorte nei propri pensieri.
A Karen quella partenza improvvisa non era andata proprio giù. Amava il suo lavoro ma avrebbe tanto desiderato poter rimanere in città e prendersi cura, in prima persona, di tutti gli aspetti relativi all’imminente matrimonio.
Non credeva ancora a quanto era successo e  ricordava con un enorme sorriso di soddisfazione le facce allibite dei giornalisti, quando aveva dichiarato alla stampa che stava per convolare a nozze.
L’avevano tempestata di domande circa il futuro sposo, anche se in molti avevano tratto immediatamente le giuste conclusioni.
Non si era mai sentita così felice e soddisfatta nella propria vita.
Aveva trovato dei nuovi amici, che presto sarebbero diventati anche la sua nuova famiglia, la carriera procedeva per il meglio e l’amore… beh, finalmente la vita le aveva regalato l’Amore con la A maiuscola.
Non le piaceva molto l’idea di aver lasciato Albert da solo a organizzare il tutto, anche se era grata ad Annie, Archie e Candy, che si erano offerti di dare loro una mano.
Avevano da poco “scoperto” di amarsi e già dovevano separarsi per un periodo fin troppo lungo per i suoi gusti.
Se ripensava al segreto che le aveva svelato  Albert il giorno precedente, non poteva non sorridere. Sapere che lo aveva fatto per lei e Terence, le aveva fatto comprendere maggiormente quanto il suo futuro marito fosse un uomo speciale.
“Vorrei dirti una cosa. Non voglio che ci siano dei segreti fra di noi, anche se ho paura a metterti al corrente della verità, temo una tua reazione.” erano state le parole di Albert che l'avevano inizialmente allarmata.
Non capiva cosa potesse esserci di così destabilizzante nella rivelazione che intendeva farle.
“Mi fai preoccupare.” aveva risposto lei, con il cuore che le batteva a mille.
“Vorrei che non raccontassi a nessuno quanto sto per dirti, me lo prometti?”
“Signor Andrew, non crede che forse mi sta chiedendo troppo? Pretendere un mio silenzio senza che io sappia quale sarà l’argomento di conversazione. Comunque, se la tranquillizza, glielo prometto.”
“Ti ricordi quando avevate dei grossi problemi con quel mecenate da strapazzo? Quando Candy è quasi scappata di casa per assicurarsi che Terence stesse bene... beh, al suo ritorno mi disse che avrebbe voluto cercare qualcuno che potesse scalzare Griffiths dal ruolo di sovvenzionatore. Non ti ho mai raccontato che abbiamo discusso aspramente perché voleva che svincolassi il suo trust per poter aiutare la compagnia. Ma non potevo permetterglielo, non potevo permettere che qualcuno le ricordasse il suo passato, che venisse fuori la storia di Susanna e che qualcuno, in qualche modo, scoprisse che Candy e Terence erano andati a scuola insieme.”
“ Certo, capisco.”
“Però comunque potevo fare qualcosa… insomma Karen sto cercando di dirti che”
“Sei tu, lo so.”
“Sono io?”
“Il nostro nuovo sovvenzionatore. Lo sapevo. O meglio lo avevo immaginato. Ma adesso che me ne dai la conferma, sono ancora più convinta che tu sia un uomo stupendo. Altruista e generoso. E ti amo anche per questo.” gli aveva detto lei lasciandolo senza parole e facendolo arrossire lievemente.
“Sono così scontato?” aveva detto lui ridendo.
“No, ma hai un cuore grande.”
“Beh, se questo ti aiuta ad amarmi, che ben venga.” aveva risposto lui malizioso.
“Avrei anche una ricompensa per te.” aveva detto lei avvicinandoglisi pericolosamente alle labbra.
Fu un bacio diverso, quello che si scambiarono, c’era una maggiore consapevolezza, una maggiore certezza di ciò che provavano l’uno per  l’altra.
Karen stava ricordando quel bel momento quando sentì bussare alla propria porta.
“Ti aspettavo, sai?” disse prima che la porta si aprisse.
“Come sapevi che…”
“Che saresti passato? Con chi altri parli, oltre a Robert e me?” disse lei ridacchiando.
“Touché!”
“Come va?” chiese lei.
“I viaggi in treno ultimamente mi sfiancano. Forse sto diventando vecchio.”
“O forse, come me, non avevi assolutamente voglia di lasciare New York e non per un periodo così lungo.”
Aveva colto nel segno, come sempre.
Terence doveva ammettere che, oltre ad essere una buona compagnia, Karen godeva di una certa perspicacia.
“So che non ti piace parlarne ma, che ti preoccupa?”
“La lontananza.”
“Pensi che possa innamorarsi di qualcun altro?”
“Ma Karen!” disse lui seccato e lei scoppiò a ridere.
“Mi diverto a prenderti in giro.”
“Io decisamente di meno. E comunque, ho paura che ricordi in mia assenza. Se dovesse accadere voi essere lì, per spiegarle …”
“Non ricorderà senza di te. Non l’ha fatto fino ad ora, perché dovrebbe cominciare proprio adesso?”
“Forse hai ragione.”
“Graham, io ho sempre ragione.” disse lei ridendo.
Terence invidiava Karen e la sua solarità. Rideva spesso, non si lasciava fermare da nulla, ed era sempre propositiva. Erano i due opposti eppure lentamente avevano cominciato a sviluppare qualcosa di simile ad un’amicizia.
Rimasero a chiacchierare per un po’ senza addentrarsi nuovamente in quel discorso. Parlarono della tournèe, delle città che avrebbe toccato, dello spettacolo …
Eppure nessuno di loro era presente al cento per centro, perché un angolo della loro mente era occupato da quel pensiero fisso, dal posto nel loro cuore che era spettava dalla persona amata.
 
Albert non aveva creduto che sarebbe stato così difficile separarsi da Karen.
Aveva sempre saputo che il lavoro si sarebbe frapposto fra loro e che, prima o poi, avrebbero dovuto passare del tempo separati, ma aveva preferito non pensarci, almeno fino  a quando il problema non si era presentato.
Avrebbe dovuto immaginare che prima dell’estate  la compagnia Stratford sarebbe stata chiamata ad inscenare i propri spettacoli in giro per l’America, eppure, quando Roberto lo aveva informato di quella opportunità,  in un certo qual modo non era stato particolarmente felice.
Certo, era contento che la compagnia fosse richiesta e che la carriera di Karen procedesse a gonfie vele, ma non era pronto a separarsi da lei, non in quel momento in cui avrebbero dovuto dedicare molto tempo all’organizzazione del matrimonio.
 
Fortunatamente il lavoro, i preparativi e la vita di tutti i giorni lo assorbivano completamente, senza lasciargli troppo tempo per pensare ad altro.
Sia lui che Candy si buttarono a capofitto ciascuno nelle proprie attività, per aiutare il tempo a scorrere il più velocemente possibile.
Albert si stupiva ogni giorno di tutto l’impegno che Candice riusciva a mettere nella gestione dell’orfanotrofio e nella ricerca dei fondi per poterlo mandare avanti.
Per quanto le avesse dato il via libera per attingere al patrimonio di famiglia, Candy era sempre intenta a cercare di fare conoscere la causa per cui combatteva, nel tentativo di diffondere una maggiore presa di coscienza da parte della collettività.
 
Il telefono suonò riportando Albert alla realtà.
“Oh, Terence sei tu.”
Terence rise di cuore.
“Scusami se non sono la tua futura mogliettina.” lo prese in giro.
“ Quando imparerai a portare rispetto a quelli più grandi di te?”
“Credo  mai. Ma dimmi, come stai, come vanno lì le cose?”
“ Relativamente bene, se non fosse per lo scorrere del tempo che mi pare avere rallentato.” ammise ridacchiando.
“Credo di capire. Candice è in casa?”
“Certo, te la chiamo. A presto, e non ti preoccupare, ci sono io a prendermi cura di lei.”
“Lo so Albert.” rispose Terence impaziente, poi attese quel breve tempo che parve durare un’eternità, prima di udire finalmente la voce di Candy all’altro capo del telefono.
“Ciao Candy!”
“Terence! Mi fa piacere che tu abbia chiamato. A breve sarei uscita, mi hai trovato per poco.”
“ Sono un uomo fortunato.” rise lui.
“E mi sembri di ottimo umore.”
Attese qualche istante prima di risponderle. Non era affatto di ottimo umore ma il solo sentire il suono della sua voce aveva migliorato decisamente l’andamento della giornata.
“ Tu come stai?” le chiese, cambiando volutamente argomento.
“Impegnata. Mi sono buttata a capofitto nel lavoro. E sto ottenendo dei buoni risultati. Quando tornerai prometto di aggiornarti.”
“Sono passati solo due mesi.”
“Sì, lo so.” rispose lei, consapevole che ne mancavano altrettanti prima di poterlo rivedere. Avrebbe voluto chiedergli di più, sapere come stava passando quelle giornate ma poi aveva temuto di sentirsi dare risposte a cui non era pronta.
“ L’importante è che tutto proceda per il meglio. Il tuo lavoro intendo.”
“Oh, certo. Ma tu dimmi, come procede con gli spettacoli? Sempre acclamatissimi e amatissimi dal pubblico? Immagino che avrai incontrato molta nuova gente e starai partecipando a molte feste.”
Terence intuì dove Candy volesse andare a parare e non poté non esserne felice. Quelle dimostrazioni indirette di gelosia andavano a nutrire la sua speranza che lo contraccambiasse.
“I fans sono sempre entusiasti, non ti nego che a volte qualcuna ha tentato di intrufolarsi nel mio camerino ma, per fortuna, ogni tentativo è stato sventato. Ogni tanto debbo concedermi per qualche intervista e qualche autografo ma niente di più. E’ solo lavoro per me, anche se è una delle mie passioni, ma niente di più. Lo sai che tengo separata la vita privata da quella lavorativa, motivo per cui ho partecipato a pochissime feste e solo quando obbligato.”
“Anche io ho partecipato a diversi eventi per la raccolta fondi. Sai, non credo che mi abituerò mai alle feste. Mi piace stare in compagnia ma stare in mezzo a tutte quelle persone con la puzza sotto il naso, beh, non fa per me.”
“Certo, tu preferisci arrampicarti gli alberi e lanciarti di ramo in ramo.” la prese in giro lui scoppiando a ridere.
“Ma possibile che finisci sempre col prendermi in giro. E poi, ti ricordo che dei due, sei tu che è stato definito l’asociale del secolo e non io, caro il mio signor Graham.” Scherzò lei.
“Touchè!” rispose lui ridendo. Era così bello sentirla ridere, era contagioso.
Non riusciva a smettere di sorridere e quella sensazione di calore che si era impadronita del suo stomaco e del suo cuore, non appena aveva udito l’argentina risata di lei, stava lentamente espandendosi al resto del corpo. Solo lei riusciva a farlo sentire bene, solo con lei si sentiva  a proprio agio e poteva essere completamente sé stesso.
“Terry, perdonami ma ora devo andare. Spero di sentirti presto però.”
“Ti chiamerò domani, se per te va bene.” lo aveva chiamato Terry, un’altra volta. L’udire quel nomignolo con il quale solo lei e sua madre erano soliti chiamarlo, aveva fatto spiccare nuovamente il volo al suo cuore.
“Ti aspetterò.” gli disse lei, non riuscendo assolutamente a dirgli quel “mi manchi” che le era rimasto incastrato in gola e che pareva non volere uscire.
Poteva essere più difficile dire quelle due semplici parole?
Perché non riusciva ad essere sincera?
Perché aveva paura di dirgli la verità?
Del resto, cosa c’era di male nel sentire la mancanza di una persona cara?
Candy rimase qualche minuto in silenzio, dopo aver riagganciato, persa fra le sue mille domande.
Erano giorni che pensava di dirglielo ma, immancabilmente, ogniqualvolta parlassero, finivano per scherzare, senza riuscire mai ad affrontare discorsi seri.
Certo, non potevano certo definire telefonicamente ciò che li legava, ma era davvero difficile continuare ad andare avanti, facendo finta di nulla.
Non aveva alcun diritto di essere gelosa, ciò nonostante, non poteva impedire al suo cuore di provare quel fastidioso sentimento e quella seccante sensazione.
Il rumore dei passi di Albert, che si avvicinava nuovamente allo studio, interruppe il flusso dei suoi pensieri.
Candy lo salutò e uscì di fretta.
L’aspettava una lunga giornata, così come l’attendevano due lunghi mesi.
 
Sia aprile che maggio, fortunatamente, passarono con una certa celerità.
L’unico giorno in cui Candy sentì in maniera ancora più forte la mancanza dell’attore, fu quello del proprio compleanno. Era il secondo che celebrava da quando si erano conosciuti, ed era la seconda volta che lui si trovava lontano.
Certo, l’anno precedente non si potevano nemmeno definire amici, motivo per cui la sua assenza era più che giustificata, mentre, quell’anno, quel qualcosa che c’era fra di loro rendeva la sua assenza ancora più evidente, ancora meno sopportabile.
L’anno precedente aveva ricevuto un mazzo di fiori con un bel biglietto che, anche se inizialmente, non le era risultato particolarmente chiaro, dopo la telefonata di Terence aveva assunto uno stupefacente significato.
 
Quella sera ci sarebbe stata la solita cena al ristorante.
Aveva chiesto espressamente allo zio di non esagerare perché non era in vena di festeggiamenti.
Ma anche Albert era del suo stesso avviso, da quando Karen era partita, l’ultimo suo pensiero erano le feste, anche se non voleva certo lasciare passare il compleanno di Candy senza celebrarlo.
Annie quella mattina era parsa particolarmente strana a tutti loro.
Se Archie non lo avesse creduto possibile, avrebbe sicuramente sospettato che gli stava nascondendo qualcosa.
Mesi addietro, Annie aveva ricevuto un incarico particolare da una persona.
“ Speravo di poter essere qui per il compleanno di Candy ma vista la nostra partenza improvvisa… saresti così cortese da darle questo?” le aveva chiesto Terence porgendole una scatolina.
Dallo sguardo curioso di Annie aveva intuito che voleva sapere di cosa si trattava.
“È solo un paio di orecchini.” le aveva detto per soddisfare la sua tacita curiosità.
“Oh, sono sicura che le piaceranno molto.”
“Puoi anche aprire la scatola se vuoi.”
“Oh no, figurati.”
“Posso contare sul tuo aiuto?”
“Assolutamente.”
“ Ti lascio anche il bigliettino. Credi di poterlo nascondere ad Archie? Non vorrei che cadesse nelle sue mani.”ammise ridendo ed Annie si limitò ad annuire perché era troppo impegnata a ridere insieme a lui.
Annie corse dal signor Miles e gli chiese la cortesia di conservare quel pacchetto per lei.
Avrebbe dovuto tenerlo nascosto sia a Candy che ad Archie per un bel po’, ma le piaceva l’idea di essere partecipe di quella piccola sorpresa per la sua amica e per Archie … beh, dopo quanto era successo alla festa di fidanzamento, Annie aveva consapevolmente optato per delle semplici omissioni per quanto riguardava Terence e Candy, così da evitare problemi.
Non le piaceva mentire ad Archie, ma aveva deciso di tenerlo all’oscuro di alcune piccole cose di cui lei, con il suo attento occhio femminile, a volte si accorgeva, mentre al marito sfuggivano.
Quella mattina Annie aveva chiesto al maggiordomo la restituzione del prezioso pacchetto.
Era curiosa di sapere che ci fosse scritto in quel biglietto, eppure non erano affari suoi. Ma forse Candice glielo avrebbe fatto leggere …
“Allora, sei pronta per andare a cena?” le chiese Annie dopo essere entrata nella sua stanza.
Candice sbuffò leggermente, stava combattendo con un’onda più ribelle delle altre dei suoi ricci.
“Forse è il caso che li tagli di nuovo?!”
“Che dici, stai benissimo. Hai dei capelli stupendi, sono così belli e voluminosi…”
“Mmm, se lo dici tu. A me sembrano un ribelle cespuglio.”
“Sei bellissima, non essere sciocca.”
“Sarà…”
“Beh, che sono tutti questi dubbi?”
“Oh, niente.”
“Pensi di potermi mentire? Erro o il telefono non ha ancora suonato?”
“In realtà ho ricevuto molte telefonate.” Cercò di glissare lei.
“Candice White Andrew!” Annie in qualche modo cercò di sgridarla ma Candy scoppiò a ridere. Era davvero troppo ridicola quando cercava di fare la maestrina.
Annie venne contagiata dalla sua risata e si ritrovarono a ridere come facevano quando erano bambine.
“Vedrai che il telefono squillerà. Ti aspetto al piano di sotto.”  Le disse senza lasciarle modo di replicare.
Poco dopo, Candice sentì il telefono squillare.
Annie, in un modo che davvero non era da lei, urlò un “Candice è per te!” che rimbombò per tutta la casa. Archie la guardò esterrefatto, la sua Annie era davvero ricca di sorprese.
Candy corse verso l’ufficio di Albert, rischiando di inciampare nel proprio vestito.
“Pronto.”
“Auguri mia bella principessa! Perdonami l’orario ma siamo stati in viaggio e poi ci sono state le solite prove.”
A sentire il suono della sua voce, il cuore di Candy si librò felice in aria, svolazzando inarrestabilmente.
“Terence! Grazie. Stavamo per andare a cena…”
“ Ho sempre un tempismo pessimo.”
“No, insomma, hai rischiato di non trovarmi.”
“Appunto. Come l’anno scorso. Non ho certo dimenticato che sono riuscito a farti gli auguri per tempo, per un soffio.”
Candy rimase sorpresa di come ricordasse tutto. Forse Annie aveva ragione, forse davvero era riuscita a conquistarsi un piccolo posticino nel cuore del bell’attore.
“Ma quest’anno ce l’hai fatta. E te ne ringrazio, davvero.”
“Posso chiederti una cosa? Mi potresti chiamare quando torni? Ti lascio il numero dell’hotel.”
Quella strana ed inaspettata richiesta in parte la insospettì ma fu felice di avere un pretesto per richiamarlo.
“Vorrei parlare un po’ con te ma ora mi pare che siamo entrambi di corsa… io per le 23 rientro.”
Terence le dettò il numero di telefono.
“Chiedi del signor Paul Gray.”
“Ok, ti chiamerò. Beh, buon lavoro allora. E grazie ancora per avermi chiamata.”
“Buoni festeggiamenti, mi spiace non esserci.”
“Sì, anche a me, a dopo.” ammise lei prima di salutarlo e di riagganciare.
Aspettò qualche minuto prima di raggiungere gli altri, giusto il tempo di ricomporsi e di cancellare,o almeno camuffare, quel sorriso che la faceva sembrare una stupida e nel quale aveva sentito le labbra tirare per poi distendersi.
“L’attore non si è dimenticato di chiamare, eh?” esordì Archie che poco dopo si massaggiava dolorante lo stomaco,  la sua dolce futura moglie gli aveva tirato una bella gomitata.
“Quando imparerai a tacere?!” gli si rivolse Annie, quasi sussurrando.
“Forza, andiamo!” Albert riportò l’attenzione sul motivo per cui erano vestiti di tutto punto e pronti per uscire.
Albert era un po’ nervoso, Karen non lo aveva ancora chiamato. Sapeva che non doveva preoccuparsi, eppure la cosa lo infastidiva, si era abituato a sentire la sua voce almeno un paio di volte al giorno. Lo aveva avvertito che probabilmente non sarebbe riuscita a chiamarlo, se non dopo lo spettacolo, motivo per cui non aveva motivo di preoccuparsi ma sicuramente la cosa non gli faceva piacere.
“ Che bello questo posto!” esclamò Candy, una volta entrata nel ristorante.
Albert aveva prenotato un tavolo in un posto esclusivo, nella parte del giardino, sotto ad un piccolo gazebo. C’erano candele a rischiarare la serata e l’atmosfera era decisamente troppo romantica.
“E’ romanticissimo Albert, complimenti per la scelta!” aggiunse Annie.
“Sì, forse troppo romantico per una cena di compleanno.” aggiunse Archie prendendosi una pedata da parte di Annie.
“Hai intenzione di picchiarmi per tutta la sera? Avvertimi perché inizio ad avere lividi sparsi ovunque.” scherzò lui e tutti scoppiarono a  ridere. Archie era sempre lo stesso, non cambiava mai.
Era cresciuto, maturato, ma quella brutta abitudine di dire sempre la cosa sbagliata, nel peggiore dei momenti, beh, non lo aveva certo lasciato.
Mentre cenavano cominciarono a parlare del lavoro di Annie e Candy.
“Sono davvero entusiasta. Certo, c’è ancora molto da fare, vero Candy? Però pian piano credo che ci stia riuscendo di coinvolgere sempre più persone.”
“Sì, Annie ha ragione, però c’è davvero molto da fare. Riuscire a smuovere le coscienze altrui … beh, è un’impresa abbastanza ardua, ma direi che ne vale la pena per la nostra causa. Quei bambini hanno bisogno di una famiglia, di persone che li amino e si prendano cura di loro.”
“State facendo un ottimo lavoro voi due. E sono proprio contento che anche tu stia partecipando attivamente.” disse Archie rivolgendosi ad Annie.
“Grazie Archie. Per me è un piacere aiutare tutti i meno fortunati. Poi, la consapevolezza di essere stata anche io un’orfana, seppure un’orfana fortunata, per me è una motivazione in più.”
“Sono orgoglioso di voi.” aggiunse Albert sorridendo loro.
Effettivamente sapeva che, quando Candy si metteva in testa una cosa, non c’era verso di farle cambiare idea o di distoglierla dal suo progetto, ma non aveva mai visto Annie impegnarsi così a fondo in qualcosa di così importante.
La serata trascorse per il meglio e Candy fu davvero felice dei regali che ricevette.
Annie evitò di consegnarle il regalo di Terence fino a quando non rincasarono.
“Potresti venire un attimo nella mia camera? Avrei bisogno di farti vedere qualcosa.” Le aveva detto, non facendo altro che aumentare il mistero di quel suo comportamento così particolare di quella giornata.
Diedero la buonanotte ad Archie e Albert e si incamminarono verso la camera da letto di Annie.
“Per te.”
“Annie, non dovevi.”
“Non è da parte mia. Prima partire mi ha chiesto di dartelo. L’ho dovuto tenere nascosto ad Archie, è per questo che oggi ero così nervosa. Sai come fa quando si tratta di Terence.”
Candy ridacchiò.
“Hai fatto bene. Sì, Archie si comporta in maniera bizzarra quando si tratta di Terence, anche se non ho ancora capito il perché.”
“C’è anche questo con il regalo.” Le disse porgendole un biglietto.
“Oh, grazie.” Il cuore di Candy fece un’altra capriola.
Era davvero incredibile che Terence si fosse organizzato per tempo per farle quella sorpresa.
Poi si ricordò di quella richiesta di chiamarlo e capì il motivo.
“Se non ti spiace …”
“Certo, va pure.” Le rispose Annie che ovviamente aveva intuito che l’amica voleva leggere il biglietto ed aprire il regalo nell’intimità della propria camera.
“Grazie ancora.” le disse prima di uscire dalla stanza di Annie e di recarsi nella propria.
Affrettò il passo, entrò nella propria camera e si chiuse la porta alle spalle.
Guardò quel biglietto e lo portò vicino alle labbra: le venne istintivo baciare quel pezzo di carta e stringerlo a sé.
Era così felice ed emozionata, eppure non aveva ancora letto il messaggio.
Si fece forza ed aprì la busta prima ancora di aprire la scatola.
 
“A quanto pare anche quest’anno il lavoro mi tiene lontano il giorno del tuo compleanno.
Mi spiace, avrei voluto festeggiarlo con te.
Spero di averne l’occasione negli anni a venire.
Auguri Candice.
 
T.G.”

 
Candy si asciugò quell’unica lacrima a cui aveva concesso di rigarle il volto.
Era triste, sentiva decisamente la sua mancanza, più di quanto si sarebbe aspettata.
Rilesse il biglietto e, solo ad una seconda lettura, si rese conto di quanto ci fosse scritto.
Quel “negli anni a venire” sembrava una promessa, che lui ci sarebbe stato, che non l’avrebbe lasciata, sembrava una richiesta, come se sperasse di esserci nel suo futuro.
Possibile che fosse davvero così o stava semplicemente fantasticando troppo?
Decise di aprire la scatolina e ,quando vide quei bellissimi orecchini, color zaffiro si sentì un po’ più vicina a lui. Non potevano non ricordarle gli occhi stupendi dei quali si era irrimediabilmente innamorata.
Li indossò subito, così avrebbe avuto sempre qualcosa di lui con sé.
Guardò l’orologio, erano ormai le undici passate.
Inspirò profondamente, cercando di calmarsi, poi si diresse verso lo studio di Albert.
Compose il numero di telefono nervosamente, e quando il receptionist le passò l’interno desiderato il suo cuore cominciò a battere all’impazzata.
Non aveva pensato a cosa dirgli, ma un ringraziamento era dovuto.
“Pronto.” La voce virile e sensuale di Terence la fece trasalire.
“Ciao. Disturbo?”
“Attendevo la tua telefonata.”
“Com’è andata stasera?”
“Benissimo. Ma avrei preferito essere altrove.” confessò lui.
“Ti manca New York?” domandò lei.
“Se vogliamo metterla così.” - rispose lui, rimanendo vago e poi aggiunse- “ la tua serata com’è andata?”
“Bene, Albert ci ha portate in un ristorante stupendo. Ho ricevuto molti bei regali anche se il più bello mi è appena stato dato da Annie.”
“Oh, immagino che sia riuscito a nasconderlo a Cornwell allora.” disse ridacchiando e la risata di lei gli fece eco.
“Grazie. Gli orecchini sono stupendi, il loro colore … quando li ho visti non potuto fare a meno di pensare ai tuoi occhi.” disse quasi in un timido sussurro e, nel contempo, sentì le proprie guance avvampare.
“Sono felice che ti piacciano.”
“Terence… avrei voluto che tu fossi qui. Capisco che non ti è stato possibile. Cioè, so che il tuo lavoro è importante ecco, non che stia dicendo …”
“Candice “ - la interruppe lui - “ ho capito, non preoccuparti. Se avessi potuto, non c’è altro posto in cui avrei voluto essere stasera, se non lì con te.” Trovò il coraggio di dirle. La lontananza e il potersi nascondere dietro il telefono, in qualche modo gli rendevano meno difficile dirle ciò che pensava.
Non era mai stato un codardo, ma aveva sempre fatto un’immane fatica ad esternare a parole ciò che sentiva.
Candice era quasi tentata di saltare di gioia. Era felice. Che altro poteva desiderare per il suo compleanno? Certo, se lui fosse stato presente forse… caspita, a cosa stava pensando? Arrossì e scoppiò a ridere e solo la voce di Terence la riportò alla realtà.
“Candy, perché ridi? Dai, rendimi partecipe.”
“Oh, perdonami, stavo solo pensando che mi avrebbe fatto davvero piacere che tu fossi stato presente per assistere sicuramente ad una delle scaramucce divertenti fra te e mio cugino.”
“Tuo cugino non perde mai l’occasione di provocarmi.”
“Lo so, lo so. Però siete divertenti, giuro.”
“Sono contento di riuscire a farti sorridere.”
“Lo sono anche io. Beh, che mi racconti di bello?” gli chiese lei e così passarono oltre un’ora al telefono a raccontarsi cosa avevano fatto negli ultimi tempi.
Terence era sempre impegnato a lavorare, nonostante non fosse la prima volta che mettevano in scena quella tragedia, per lui era sempre come la prima volta.
Candy lo aggiornò di tutti i progetti e le idee che aveva avuto. Era un vulcano di idee, era così bello per Terence sentirla così emozionata e coinvolta. Sapere che si stava impegnando in qualcosa che la distraeva e la faceva sentire viva, non poteva che renderlo felice.
Quando posero fine alla loro conversazione, entrambi andarono a dormire col sorriso sulle labbra, molto più sereni e contenti.
Una bella chiacchierata ci voleva proprio dopo tutti quei mesi di lontananza.
 




NdA: Chiedo scusa se non ho ancora risposto alle recensioni, tra venerdì e sabato lo farò! Scusatemi, in questi gg vado di fretta!
Se vi va di farmi sapere che ne pensate, come sempre, ne sarò felice!
Grazie e vorrei ringraziare Engel, non preoccuparti se non puoi recensire sempre!

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Capitolo 34
*** Un ritorno inaspettato ***


Capitolo XXXIII
 
Un ritorno inaspettato

 
“La migliore delle sorprese... ti coglie impreparato, ti spiazza, attira la tua attenzione, rapisce il tuo sguardo e dimentichi tutto il resto, fa saltare tutti i tuoi punti di riferimento e ti stravolge la vita.2

 
-Mena Lamb-


Robert, dopo lo spettacolo di quella sera, convocò una riunione straordinaria.
La sera prima aveva chiamato il signor Andrew per avvisarlo che, a causa di un inconveniente tecnico, il teatro che doveva ospitare la loro ultima tappa, aveva dovuto disdire.
“Da uomo d’affari non sono particolarmente felice di questo cambio di programmi.” Esordì Albert, felice che,a breve, avrebbe rivisto Karen.
“Capisco signor Andrew, del resto non potevamo prevederlo. E credo che, vista la stanchezza dei ragazzi, forse staccare per qualche giorno non potrebbe che fare loro bene.”
“Se lo dice lei, non posso che fidarmi.”
Il breve scambio di informazioni fra i due era terminato con i soliti convenevoli.
Gli attori della Startford sembravano essere particolarmente impazienti, in parte temevano brutte notizie, in parte speravano in qualche novità.
“Non so se l’accoglierete come una buona o cattiva nuova ma l’ultima tappa del tour itinerante è stata cancellata. Incidente tecnico.”
Quello che  fino a quel momento era stato solo un brusio di sottofondo, si trasformò presto in esclamazioni di diverso genere.
Karen cercò istintivamente, senza faticare a trovarlo, lo sguardo di Terence e fu certa che stessero pensando la stessa cosa.
“Potete decidere come meglio impiegare il vostro tempo anche se oserei suggerirvi di riposarvi. Vi voglio pronti e ricaricati prima del rush finale newyorkese.”
I commenti dei vari attori non tardarono ad arrivare, fra i quali quelli di coloro che temevano questo repentino ed inaspettato cambio di rotta.
Robert comprese la loro perplessità, motivo per cui si fermò a dare ulteriori spiegazioni.
Solo quando gli animi parvero placarsi, la riunione fu sciolta e Robert rimase con Karen e Terence che parevano intenzionati a chiedere ulteriori spiegazioni.
Il giovane Graham, così come la Klays, avevano gioito di quel cambio di programma, Terence sentiva terribilmente la mancanza di Candy e non vedeva l’ora di poterla rivedere e di abbracciarla e la stessa cosa si poteva dire per Karen ed Albert.
Inoltre Karen aveva un matrimonio da organizzare e, tornando qualche giorno prima, avrebbe avuto del tempo per supervisionare quanto deciso fino ad allora.
“Credevo di vedervi correre in hotel a fare i bagagli.” esordì Robert.
Terence sorrise, effettivamente era stato il suo primo pensiero ma prima voleva essere rassicurato.
“Terence, non c’è niente che non vada. C’è davvero stato un imprevisto tecnico. Pensavo che saresti stato felice di poter tornare a New York prima del dovuto. E tu, Karen, credevo che avessi un matrimonio da preparare.”
“Oh certo Robert, sono contenta di tornare prima del dovuto, mi chiedevo solo se ci fosse qualcosa che dovremmo sapere. Ma se mi assicuri che così non è, parto a cuor leggero.”
“Assolutamente. Non c’è nulla che non vada. Ah, prima che me ne dimentichi, il primo treno parte alle sei domattina.”
“Sei sicuro che possiamo partire senza preoccuparci?”
“Terence, parti a cuor sereno. Se ci fossero dei problemi ti avvertirei ma, davvero, non è successo nulla.”
“Allora ci vediamo fra qualche giorno.” disse Terence salutandolo e uscendo dal teatro felice come non mai.
Peccato per il treno, altrimenti sarebbe partito subito alla volta di New York.
Ritornò in hotel insieme a Karen e decisero di partire insieme.
Tutti avevano fretta di rincasare ma nessuno pareva averne quanta loro due.
“Beh, bell’imprevisto ma direi che almeno ne possiamo ricavare qualcosa di utile.”
“Decisamente sì. A quest’ora però, non credo che sia il caso di chiamare per avvertire, che ne pensi?”
“Oh beh, che importa, farò una bella sorpresa ad Albert.”
“Certo, il tuo futuro marito sarà certamente al settimo cielo.” la prese in giro lui, sperando che anche Candy sarebbe stata felice di vederlo.
Aveva contato i minuti che li separavano e, ora che pareva poterla rivedere prima del tempo, forse non era completamente pronto.
Era così difficile stare lontano da lei ma, allo stesso tempo, la loro relazione era così complicata che non poteva non essere preoccupato.
Non pareva aver ricordato altro, motivo per cui almeno non avrebbe dovuto lottare con dei nuovi ricordi che a lei sarebbe sembrati probabilmente bizzarri, mentre per lui sarebbero stati solo motivo di ulteriori bugie.
Karen, dal suo canto, era certa che non sarebbe stata una vera e propria sorpresa per Albert, visto che sicuramente Robert aveva dovuto parlare con lui del cambio di programma ma, nonostante tutto, non poteva non essere contenta.
“Dai che domani saremo a New York!” gli disse lei, cercando di riportarlo alla realtà; Terence aveva una capacità di assentarsi paragonabile a pochi. Karen non poté non chiedersi se quel suo estraniarsi non fosse dovuto ad anni di pratica, del resto la vita vicino a Susanna doveva essere stata un vero e proprio inferno per il giovane attore. Lei aveva assistito al suo cambiamento, a quel suo rinchiudersi nei personaggi interpretati e quel suo nascondersi dietro un muro, dietro il quale isolava sé stesso e i suoi pensieri.
“Vado a fare la valigia, ci vediamo domattina? Prenoto un taxi per andare in stazione?” le propose lui, relativamente contento di aver compagnia. Nonostante il viaggio non fosse lungo, aveva bisogno di essere distratto per evitare che gli paresse più lungo di quanto non fosse in realtà.
Si salutarono, dandosi appuntamento nella hall alle cinque del mattino.
Terence si recò nella propria camera e, mentre pensava e ripensava, riempì le valigie come meglio poteva. Non gli interessava particolarmente mettere via i vestiti in ordine, del resto i suoi pensieri erano tutti rivolti a quegli occhi verdi e quelle efelidi che avrebbe presto rivisto.
Per qualche istante indugiò nel ricordo di quelle belle e morbide labbra che aveva avuto la fortuna di poter baciare e si beò della memoria di quegli istanti.
Fece un bagno rilassante, sperando di riuscire poi a dormire e riposarsi; aveva notato delle leggere occhiaie, segni di quella stanchezza che stava accumulando da mesi a causa delle notti insonni  che aveva trascorso.
Erano stati dei mesi difficili, durante i quali i dubbi non avevano fatto che accrescere quella sensazione che aveva sempre provato, di stare errando, sin dall’inizio di quella storia.
Inoltre, le sue nottate venivano spesso interrotte da incubi ricorrenti nei quali gli
occhi celesti e da cerbiatta di Susanna cercavano di farlo sentire in colpa per quell’amore che lui non era mai riuscito a lasciare andare, a dimenticare e del quale stava finalmente cercando di riappropriarsi.
L’acqua bollente, del bagno che si era preparato, non servì a  molto ma tentò comunque di dormire. Non voleva presentarsi a Candice in quello stato.
Cercò di chiudere gli occhi e si lasciò cullare dalle dolci immagini della loro estate scozzese e, solo grazie ad esse, riuscì a trovare un po’ di pace e ad addormentarsi col sorriso sulle labbra.
 
L’indomani mattina, quando la svegli lo destò, il sole cominciava a fare capolino fra le nuvole, il cielo era ancora tendenzialmente scuro e l’aria era decisamente frizzante.
Si preparò in fretta e attese, con impazienza crescente, che Karen lo raggiungesse.
Non scambiarono molte parole perché, se Terence non era un tipo particolarmente loquace in normali situazioni, di prima mattina non poteva che essere peggio.
Entrambi erano impazienti di partire, entrambi erano felici di tornare a New York ed entrambi, chi per un motivo, chi per un altro, erano davvero emozionati.
“Sarà davvero una gradita sorpresa, vedrai.” gli disse lei all’improvviso per rompere il ghiaccio.
Terence non rispose, assorto come sempre nei suoi pensieri.
“Vorrei che le cose potessero essere più semplici. Sono stufo di lottare contro tutto.” ammise lui all’improvviso, stupendo Karen che sapeva bene quanto il ragazzo fosse restio ad aprirsi, anche se poteva capire che volesse finalmente trovare pace. Erano stati anni lunghi e dolorosi e meritava anche lui la tanta agognata felicità.
“Vedrai che le cose si sistemeranno, abbi fede.”
“Fede? Credo di non averne mai avuta e, se anche ne avessi intravisto un barlume, dopo ciò che ho attraversato, ti assicuro che è l’ultima cosa che potrei ritrovare.”
Karen sorrise di quella sua affermazione, era così da lui.
“Ti faccio ridere?”
“Solo un po’. E’ così da te, non mi sarei aspettata una risposta diversa.”
“Sono scontato eh? Ormai sono un disco rotto. Com’è che mi definiscono? L’attore più asociale del secolo, ci sarà un motivo, vero? Eppure mi chiedo spesso se qualcuno sia mai soffermato a pensare che possa avere avuto i miei motivi in passato.”
“Penso di no. La gente vede solo ciò che vuole e le tue fans volevano vedere in te un eroe che stava vicino alla sua fidanzata rimasta invalida, nonostante potesse ambire a tutte le donne del jet set e non solo.”
“Esagerata!” le disse lui scoppiando a ridere, in un tentativo maldestro di portare l'attenzione su altro, non aveva certo voglia di parlare di Susanna.
“Dai, non pensiamoci, ora abbiamo entrambi qualcuno che ci aspetta. Sai, sono felice. E credo che non ti ringrazierò mai abbastanza. Se non fosse stato per te, per Candy, non avrei mai incontrato l’uomo stupendo che sta per diventare mio marito.” rise e poi riprese” non avrei mai creduto di sposarmi. Ho sempre pensato che non avrei mai trovato la persona giusta e, quando meno me lo aspettavo, è sbucato fuori dal nulla.” concluse con aria sognante, il che fece sorridere il suo interlocutore.
Terence pensò che era vero, era stata fortunata, perché Albert era davvero una bravissima persona.
Ricordò di quando lo salvò da quella rissa e di tutte le volte che gli stette vicino come solo un buon amico o un fratello avrebbero fatto. Si erano persi di vista, era vero, ma solo perché aveva voluto tagliare i ponti con tutto ciò che poteva ricordargli il suo amore perduto e, nel momento in cui era ricomparso nella sua vita, ne era stato felice. Aveva così tanti bei ricordi legati ad Albert ed era stato una presenza davvero importante nella sua vita, presenza della quale aveva sentito la mancanza.
“Hai intenzione di tornare fra noi, Graham?” la voce di Karen interruppe il flusso dei suoi pensieri.
“Scusa?”
“Oh, niente. Ora che ne dici di passarmi le mia valigie e di scendere dal treno?”
Terence la guardò sorpreso, erano talmente assorti in quella conversazione e lui era stato rapito dai propri pensieri da non accorgersi che erano entrati in stazione.
“Prendiamo un taxi? Credo che la nostra destinazione sia la stessa, erro?” gli chiese lei sorridendogli.
Lui sembrò impiegarci qualche minuto prima di risponderle.
“Sì, scusami, va benissimo.”
Si avviarono all’uscita e Terence dovette aiutare Karen con le valigie.
“Voi donne, si può sapere che vi portate dietro?” disse ridendo.
“Beh, dobbiamo farci belle per voi, di che ti lamenti.” Aveva risposto lei fingendosi piccata.
Il viaggio in taxi fu breve ma, nonostante ciò, Terence si innervosì parecchio. Istintivamente infilò la mano nel taschino alla ricerca delle sigarette ma ne ritrasse una mano vuota e quasi delusa.
“Non fumi più se non sbaglio. Ma se ne vuoi una te la offro.”
“Eh di quando in qua tu fumi?”
“Ogni tanto, per smorzare la tensione.”
“Non me ne ero mai accorto. Comunque, no, grazie, non ho intenzione di fumare, credo che sia la forza dell’abitudine a farmi compiere certi gesti.”
“A destinazione, signori.” Il tassista interruppe quel frivolo scambio di battute.
Il cuore di Terence si scatenò in una danza ritmata ed incontrollata.
Karen lo guardò e sorrise, a volte gli sembrava quasi indifeso. Quando si trattava di Candy e della loro storia, Terence diventava vulnerabile e assumeva comportamenti che potevano sembrare bizzarri agli occhi di chi era abituato a vederlo nelle sue vesti abituali.
“Andiamo?” gli domandò.
“Certo.” Rispose lui ricomponendosi. Per un istante, si preoccupò che Karen avesse capito quanto era turbato ma, del resto, non poteva farci nulla; se fosse stato abbastanza fortunato, di lì a breve finalmente l’avrebbe riabbracciata.
“Signorina Klays, Signor Graham.” li salutò il signor Miles.
Karen e Terence chiesero di Albert e Candy.
“Mi spiace ma i signori si trovano alla “seconda collina di pony”, sono usciti da poco.”
“Oh, che sfortunata.”
“Prendiamo un taxi e raggiungiamoli!” le propose Terence, che non aveva certo intenzione di arrendersi davanti a quell’ impedimento.
“Grazie signor Miles, proveremo a raggiungerli. Per favore, non dica loro che siamo tornati.” disse Terence, sperando nella complicità del maggiordomo. Da quando aveva salvato la vita  a Candy durante quel maledetto incendio, l’anziano signore sembrava avere sviluppato una certa simpatia per lui.
“Ha la mia parola signor Graham.” promise lui prima di salutarli.
“Bene e ora?”
“Cerchiamo un taxi, vuoi che non ne passino?” chiese a Karen, una domanda retorica della quale conosceva la risposta.
In pochi minuti furono sul primo taxi, con tanto di valigie al seguito, direzione “seconda collina di pony”.
 
Quella mattina Candy e Albert avevano deciso di recarsi insieme presso il loro orfanotrofio. Erano diverse settimane che Albert non riusciva a trovare il tempo per recarvisi , in vista del matrimonio e dell’imminente ritorno di Karen, sarebbe stato ancora più impegnato, motivo per cui aveva acconsentito ad andarci proprio quella mattina.
Certo, si aspettava di veder sbucare all’improvviso la sua futura moglie ma non voleva rovinare la sorpresa a Candy. Il segreto che fosse lui il nuovo sovvenzionatore della compagnia Stratford era rimasto tale e Albert non voleva che nessuno ne venisse a conoscenza. Aveva condiviso la cosa solo con Karen, perché non voleva assolutamente che ci fossero segreti fra di loro, poiché potevano diventare fonte di future incomprensioni.
Mentre Candy gli mostrava entusiasta tutte le migliorie che avevano apportato e le diverse idee a cui aveva pensato per poter promuovere le adozioni e ricavare nuovi fondi, ad Albert non sfuggì il rumore di un’auto che doveva essersi fermata proprio davanti al vialetto d’entrata.
si distrasse un attimo e il suo sguardo si concentrò sulla porta d’ingresso. Qualcosa gli diceva che di li a breve, qualcuno avrebbe ricevuto una gradita sorpresa.
Candy si accorse a mala pena di quel momento di distrazione di Albert e si concentrò nuovamente sulle carte che gli stava mostrando.
Fu solo quando sentì dei passi estremamente vicini, che si rese conto che non erano più soli.
Ci mise qualche istante prima di realizzare che di fronte a lei si trovava il ragazzo che per tre lunghi mesi aveva sperato di rivedere.
All’inizio, tentennò ma poi non  ci pensò a corse verso di lui. Li separavano pochi passi, non erano soli e non seppe trattenersi.
Si fermò solo una volta di fronte a lui, a pochi centimetri di distanza.
Il cuore di Terence ebbe un tuffo quando finalmente la rivide. Si sentiva emozionato, proprio come quando l’aveva rivista a distanza di un anno durante il loro fugacissimo incontro a Chicago.
Era difficile poter spiegare come si sentiva, ma era certo di una cosa: l’intensità di ciò che provava ogniqualvolta la guardasse negli occhi, era sempre la stessa. Non era mutato nel tempo ciò che provava per lei, era solo maturato, così come lo era lui. Una nuova consapevolezza di quanto fosse importante e forte quell’amore lo rendeva più sicuro di sé e, in un certo qual modo, gli rendeva meno doloroso e più sopportabile quanto avevano dovuto patire entrambi.
Col cuore in gola e nella testa un unico pensiero, dovette fare appello a tutte le sue forze per non stringerla a sé e baciarla. Lo desiderava con ogni singola cellula del suo corpo ma non poteva.
L’istante in cui si fissarono sembrò durare un’eternità per entrambi, poi Candy trovò il coraggio di rompere quel silenzio surreale in cui sembravano essere avvolti.
“Ma… non dovevi tornare fra qualche giorno?” si sorprese a domandare, nonostante ciò che avrebbe voluto dire era decisamente diverso. Se anche le fosse riuscito di nascondere ciò che realmente avrebbe voluto dire, il suo corpo, i suoi occhi e persino il tremore della sua voce la tradirono.
“L’ultima tappa è stata cancellata.”
“E’ successo qualcosa?”
“No, solo un imprevisto tecnico che non era risolvibile in tempi brevi.” la rassicurò lui.
“Sono felice di rivederti” trovò il coraggio di dire lei.
“Anche io. Sono contento di vedere che stai bene e che tu sia stata impegnata.”
“Tu mi sembri stanco.”
“Un po’ ma niente che non si possa risolvere con un po’ di riposo.”
“Perché non sei andato a casa allora?” chiese lei senza pensarci e quelle parole dette dando poco peso, ferirono Terence.
Si chiese se lei avesse sentito la sua mancanza o se si fosse dimenticata di lui, possibile? Eppure gli era sembrata felice di vederlo…
Candy notò come lo sguardo di Terence si rabbuiò, motivo per cui si affrettò a correggere quelle parole che le erano sfuggite ed erano suonate così sbagliate.
“Scusami, io ero solo preoccupata perché mi sembri affaticato. Mi fa piacere che tu sia venuto a cercarmi. Che ne dici se ti porto a prendere un tè, c’è una caffetteria poco distante da qui.”
“Mi sembra una buona idea. Ma fammi salutare Albert.” Le disse prima di rivolgersi all’amico con il quale scambiò un affettuoso saluto.
Terence e Candy uscirono lasciando Karen ed Albert da soli.
Avevano assistito a quella scena imbarazzati e, quando la coppia aveva deciso di lasciarli soli, avevano entrambi tirato un sospiro di sollievo.
“Sono felice di vederti. Sai, immaginavo di vederti entrare da quella porta da un momento all’altro.”
“Lo immaginavi o lo speravi, caro il mio signor Andrew’” chiese lei avvicinandosi sfacciatamente.
Albert colse l’occasione, erano soli, quale miglior momento per catturare quelle labbra che aveva tanto sognato.
Da semplice sfiorarsi di labbra, quel bacio si trasformò in un vortice di passione che i due fecero difficoltà ad interrompere.
Albert pensò a quanto aveva sentito la mancanza della sua futura moglie e si meravigliò di constatare con quanta facilità e in quale brevissimo tempo, lei gli fosse entrata nel cuore, diventandogli indispensabile.
Karen finalmente si sentiva nuovamente felice. Aveva sentito la mancanza di Albert in ogni singolo istante che avevano passato separati.
Non era stato un periodo facile e aveva temuto che la distanza potesse minare il loro acerbo rapporto.
Era sbocciato da poco quell’amore e, nonostante lo stessero coltivando con tanto impegno, la lontananza  riusciva a spaventarla.
Sapeva che Albert era un premio ambito da tante giovani debuttanti e sapeva anche a cosa erano disposte a spingersi certe donne.
Certo, si fidava di Albert ma era anche consapevole che la cara zia Elroy remava contro di loro e contro di lei in particolare, motivo per cui, quando era dovuta partire, non lo aveva fatto assolutamente a cuor leggero.
D’improvviso Albert scoppiò a ridere.
“perché ridi?”
“Perdonami, ripensavo alla scena a cui abbiamo assistito poco fa.”
“Ah, Terence e Candice?”
“Sai che lui è un pessimo attore? Per non parlare di lei!” aggiunse in preda al riso.
“Effettivamente, mi chiedo quando abbiano intenzione di comunicarci che stanno insieme.”
“Boh, non che sia affare nostro, però prima mi sono dovuto sinceramente trattenere per non dire qualcosa di inappropriato e per non scoppiare a ridere.”
“Pure io, però ora che ne dici se tornassimo a noi?”
“Oh beh, direi che dovremmo recuperare il tempo e i baci perduti.” Le rispose lui e,senza darle il tempo di poter controbattere, si concentrò nuovamente su quelle belle labbra che tanto aveva desiderato.
 
Candy e Terence avevano atteso di uscire dall’edificio e di non essere visti da nessuno prima di concedersi un abbraccio.
“Avrei voluto poterti abbracciare prima…”
“Beh, l’importante è che ora possiamo farlo.” Le disse mentre la teneva stretta a sé.
La guardò per qualche istante chiedendosi se potesse azzardarsi a baciarla e, una volta controllato che non ci fossero occhi indiscreti, lasciò che il suo cuore avesse la meglio e la baciò.
In quell’incontro di labbra ci mise tutta l’urgenza, tutta la passione e tutto il desiderio che aveva di lei.
Quel bacio così intimo, così irruento, la fece rabbrividire. Le era mancato e più passavano i giorni e più si era resa conto di quanto fosse diventato importante per lei.
Quando lui l’attirò più vicino a sé, le fu decisamente chiaro quanto lui la desiderasse. Anche lei lo desiderava, lo aveva desiderato in tutti quei mesi in cui erano stati distanti. A volte si era trovata fantasticare a pensare a lui come una donna adulta avrebbe probabilmente fatto. Quel pensiero le fece avvampare le guance.
“Che ne dici di andare a prendere quel famoso tè?” propose lei per stemperare il proprio imbarazzo. La situazione si era decisamente surriscaldata e quello non sarebbe stato né il luogo né il momento adatto.
Inoltre, per quanto entrambi potessero voler diventare una cosa sola, la loro relazione non era ancora stata definita, nemmeno ai propri occhi erano una coppia, non perché non si sentissero tali ma semplicemente perché nessuno dei due aveva trovato il coraggio di parlare chiaro.
Terence non voleva assolutamente affrontare l’argomento se non poteva dirle la verità, mentre Candy credeva che Terence non fosse pronto per una nuova storia.
In quel modo, rischiavano di attendere entrambi  e di lasciare in stallo una situazione che in realtà necessitava di un chiarimento prima che le cose degenerassero, sfuggendo loro di mano.
Passarono circa una mezzora nella caffetteria indicata da Candy e, fortunatamente, Terence sembrò passare inosservato e poterono chiacchierare liberamente.
“Mi fa piacere trovarti così impegnata.”
“Sì, sai le giornate non sono mai lunghe abbastanza, ci sono sempre cose da fare e mi sembra di non avere mai tempo a sufficienza.”
“Almeno ti aiuta  a passare il tempo e poi sono certo che ti faccia felice renderti utile.”
“Sì, è stato un buon modo per fare passare questi mesi.” Disse lei accennando al tempo in cui erano rimasti lontani a causa della tournèe di lui, poi arrossì.
Lui si fece audace e le sfiorò la mano sotto il tavolo.
Erano seduti ad un tavolino in un angolo e nessuno si sarebbe accorto di quel suo gesto.
Si sentì emozionato come uno scolaretto mentre, guardingo, si guardava intorno per assicurarsi che nessuno potesse accorgersene.
Nel momento in cui poi la sua mano accarezzò quella di Candy, un lunghissimo brivido gli percorse la spina dorsale e Candy notò un guizzo nei suoi occhi. Arrossì e si meravigliò di quella carezza rubata che non aveva assolutamente intenzione di lasciare finire nel vuoto, motivo per cui allungò la mano e strinse le proprie dita attorno a quelle dell’attore che ne rimase più che piacevolmente sorpreso.
Lei gli sorrise e a lui ritornò il sorriso.
Gli era mancato, eccome.
Poteva cercare di tenersi occupata, poteva dirsi che prendersi cura di quei bambini le riempiva la vita e l’aiutava a sentirsi utile ma era solo Terence con la sua presenza a farla sentire viva.
Per quanto cercasse di convincersi che non era innamorata, che c’era una certa simpatia ed affetto, si rendeva conto di prendersi gioco di sé stessa, eppure le riusciva più facile e le faceva meno paura pensarla così.
“Un penny per i tuoi pensieri.” Le parole di Terence interruppero il flusso di pensieri che l’avevano distratta.
“Scusami?”
“A che pensi? Mi sembri distratta.”
“Ah, nulla, perdonami.”
“Bene, che ne dici di rientrare? Per quanto mi faccia davvero piacere stare qui con te, tu hai da lavorare e io vorrei sistemare alcune cose a casa.”
“Sì, scusami, hai decisamente ragione.” Rispose nuovamente distratta.
Si avviarono verso l’orfanotrofio in silenzio, le mani che si sfioravano ma temevano di intrecciarsi.
“Saluto Karen ed Albert e vado, solo se mi permetti di portarti a cena stasera?!”
“Ma mi sembri stanco.”
“E’ una scusa per declinare il mio invito?”
“Ma Terence, che dici?! Ovviamente no. Accetto volentieri ma non voglio che ti stanchi a causa mia.”
“Allora ti passo a prendere alle otto.”
“ E dove andiamo?”
“Tu vestiti con abiti comodi ma non troppo.” Le disse prendendola in giro, era certo che la sua domanda fosse diretta a capire quale abito dovesse indossare.
“Sei sempre il solito, ti diverti a prendermi in giro!”
“Forse un po’.” le rispose lui ridacchiando.
“Entriamo? Anzi, bussiamo prima.” Disse bussando alla porta, a scanso equivoci, era meglio.
“Ah, eccovi di ritorno. Che ne dite se vi dessi un passaggio a casa?”
“Ma non ti disturbare.”
“Lo faccio volentieri. Dai, prendete i bagagli.” Propose Albert.
“Io resto qui se non vi spiace, ho delle cose da terminare.” Disse Candy lasciando che il terzetto l’abbandonasse al proprio lavoro.
Era felice di averlo rivisto e le ci voleva del tempo per poter assimilare quella notizia. Quella sera lo avrebbe rivisto per cena e non poteva che gioirne. Lo guardò uscire, mentre le rivolgeva un ennesimo rassicurante sorriso e non poté non pensare a come fosse bello da mozzare il fiato.
Albert accompagnò Terence a casa e proprio quando stavano per salutarsi il ragazzo gli chiese un favore.
“Manderò un mio collaboratore a prendere Candy. Potresti assicurarti che vada con lui?”
“Uh Uh, qualcuno ha in programma qualcosa di romantico?!”
“Karen, imparerai a farti gli affari tuoi?”
“Nah, mai.” Gli rispose lei e scoppiarono tutti a ridere.
Fu così che finalmente Albert si trovò solo con Karen.
“E quindi devo ringraziare questo imprevisto tecnico se sei già qui.”
“Sono davvero felice, non vedo l’ora che mi aggiorniate sui preparativi e poi vorrei fare un’altra prova del vestito, ho paura che possa non entrarmi.”
“Ah, paranoie femminili. Sei bella come prima e sono certo che tu non abbia cambiato peso, per cui non devi stressarti per nulla. E poi, venissi all’altare anche in camicia da notte, saresti la donna più bella al mondo.”
“Uh, voi uomini, non capirete mai quanto sia importante per noi indossare un bel vestito. E’ il nostro giorno, unico ed irripetibile e pretendo di essere bellissima.”
“Per me lo sei comunque.” Rincarò nuovamente la dose lui.
“Comunque, che ne pensi di cenare insieme stasera?”
“Te lo avrei proposto io. Annie ed Archie non saranno in casa, che ne dici di venire da me?”
“Ah, cosa ha in mente il mio signor Andrew?” chiese lei con fare divertito e stuzzicata dall’idea di poter stare sola col suo uomo.
“Pazienta cara mia…”
“Va bene, anche se sono davvero curiosa. Comunque sia, ora vado. Passi a prendermi o mandi un tuo collaboratore?”
“Mai sai essere davvero perfida! Passo a prenderti, alle otto. Puntuale.” Le disse prima di sporgersi verso di lei e baciarla. Quel bacio le sembrò un buon anticipo di quanto forse sarebbe accaduto quella sera.
I pensieri di Albert e Karen in quel momento volarono nella stessa direzione.
In tutti quei mesi non avevano fatto altro che scambiarsi dei semplici baci ma non erano mai andati oltre.
Ad Albert non piaceva l’idea di accelerare i tempi, per quanto desiderasse Karen da mesi e volesse diventare un tutt’uno con lei. Si era ritrovato spesso a pensare a come sarebbe stato meraviglioso poterla stringere a sé, potersi svegliare accanto a lei e, soprattutto, poterla fare sua. Sognava di fare l’amore con lei e spesso doveva troncare di netto quei pensieri peccaminosi, prima che il proprio corpo reagisse a tali sollecitazioni.
Felice che lei fosse finalmente tornata, le sussurrò un “ti amo”, poi l’aiutò a scendere e attese che il maggiordomo l’aiutasse con le valigie.
La guardò entrare in casa  sperando che lei si girasse e gli regalasse un ennesimo sorriso, e le sue aspettative non furono disattese.
Così Albert rincasò consapevole che lo attendeva una bellissima serata.
 
 
 
NdA: ebbene eccomi prima del previsto... dovevo sceggliere se fare un saltino e rispondervi o mettervi un capitolo...ho optato per il capitolo ma vi giuro che domani rispondo! Scusate la latitanza  ma ero impegnata a... vabbeh, ero impegnata.
Oggi ringrazio 4 persone che non mi leggeranno mai, perché non parlano la nostra lingua ma a cui va tutto il mio amore, la mia gratitudine, affetto, stima e supporto. Sono la mia ispirazione e il mio angolo di Paradiso personale, dove dimentico tutto e mi alieno dal mondo. Vi adoro boys!

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Capitolo 35
*** Pane amore e fantasia ***


Capitolo XXXIV
Pane amore e fantasia

 
Quando i tuoi occhi incontrano la mia solitudine
il silenzio diventa frutto
e il sonno tempesta
si socchiudono porte proibite
e l’acqua impara a soffrire.
Quando la mia solitudine incontra i tuoi occhi
il desiderio sale e si spande
a volte marea insolente
onda che corre senza fine
nettare che cola goccia a goccia
nettare più ardente che un tormento
inizio che non si compie mai.
Quando i tuoi occhi e la mia solitudine si incontrano
mi arrendo nuda come la pioggia
e nuda come un seno sognato
tenera come la vite che matura il sole
molteplice mi arrendo
finché nasca l’albero del tuo amore
Tanto alto e ribelle
Tanto alto e tanto mio
Freccia che ritorna all’arco
Palma azzurra piantata nelle mie nuvole
Cielo crescente che niente fermerà.
Joumana Haddad

 
 
Terence aveva avuto proprio una bella idea. Si complimentò con sé stesso.
Certo, senza l’aiuto della sua governante, probabilmente avrebbe dato fuoco alla casa ma, potendo usufruire della sua preziosa esperienza, avrebbe preparato una cena coi fiocchi.
“Madre, conosci un violinista? Me ne serve una che venga a suonare per me stasera.”
“Potrei sapere perché?” chiese Eleanor curiosa.
“Potresti immaginarlo.”
“Stai facendo progressi con chi sai tu?”
“Insomma. Ma ho in serbo una sorpresa per lei stasera.”
“Bene, prova a chiamare Michael, sono certa che potrà aiutarti.”
Terence appuntò il numero del violinista e poco dopo provò a chiamarlo. Aveva bisogno di un po’ di fortuna per organizzare tutto in così poco tempo.
Il telefonò squillò un paio di volte prima che una voce stanca rispondesse all’altro capo.
“Cercavo il signor Michael, ho avuto il suo numero dalla signora Baker.”
“Sono io ma, chi parla?”
“Terence Graham, sono un amico della signora.”
A sentire quel nome, il caffè che il giovane stava sorseggiando, di poco non gli andò di traverso.
“Quel Terence Graham?” si trovò a chiedere senza nemmeno rendersene conto.
Terence rispose imbarazzato, non si era ancora abituato a quel tipo di reazione. Lui si vedeva ancora come una persona semplice e non capiva perché potesse scatenare un tale effetto sui propri interlocutori.
“Che posso fare per lei?”
“Mi serve un violinista, discreto, per stasera.”
“Ai suoi ordini!” rispose l’altro con fare scherzoso.
“Ore sette e trenta, a casa mia. Le lascio l’indirizzo. Dovrebbe cortesemente pensare ad un repertorio romantico e avrei una richiesta particolare.”
“Mi dica.” rispose l’altro un po’ preoccupato, gli artisti sapevano essere peculiari nel loro genere.
“Ho intenzione di dare una cena in giardino. E vorrei che suonasse per noi ma gradirei che lei non stesse in giardino con noi.”
“Um, ho capito, niente occhi indiscreti. Aggiudicato. Posso avere l’indirizzo?” gli chiese e Terence glielo dettò.
“Ah, mi perdoni ma pagamento anticipato.” gli disse il tipo sfacciatamente.
“Non ho problemi a tale riguardo.” Rispose Terence tirando un sospiro di sollievo poi, prima di riattaccare,  pensò che non fosse proprio il caso di avere occhi estranei in casa.
“Micheal?”
“Sì, signor Graham?”
“Mi scusi, per stasera non ho bisogno di lei. Ma non escludo di poterla chiamare in un'altra occasione.”
Michael ebbe la conferma che gli artisti famosi dovevano essere alquanto suonati e lasciò perdere. Se non fosse state per l’amicizia con Eleanor forse gli avrebbe detto qualcosa, ma poi preferì evitare.
“Devo essergli sembrato un pazzo. Ma che importa! Credo che il grammofono farà al mio caso.” si disse Terence ridacchiando, era sicuro di aver fatto la figura dell’attore viziato e strano, probabilmente aveva solo confermato ciò che si pensava in giro di lui.
Parlò poi con la sua governante che parve entusiasta della sua idea. Lui era sempre stato un tipo distaccato, cortese, ma pur sempre sulle sue ed era la prima volta, da quando lavorava per lui, che la coinvolgeva in qualcosa.
All’inizio aveva pensato di preparare una cena speciale ma poi, memore di quella promessa di picnic mai avveratasi, decide di optare per una semplice cena che si potesse consumare seduti su di una coperta in giardino. L’aiuto della governante gli serviva per la torta che voleva provare a preparare con le proprie mani.
Cambiò idea anche su chi dovesse andare a prendere Candy e, così, chiese, il permesso ad Albert di poter sfruttare il signor Miles, il quale accettò con un certo entusiasmo di essere partecipe di quella sorpresa per la signorina Candy, a cui lui era particolarmente affezionato.
Albert approfittò di quella telefonata per avvisare Terence che aveva riflettuto molto ed era giunto alla conclusione che qualche giorno dopo il proprio matrimonio, avrebbe detto a Candy la verità. Terence non ebbe niente da obbiettare, in realtà non vedeva l’ora che Albert prendesse tale decisione, anche se, ovviamente, temeva la reazione di Candy.
“Vedrai che col tempo capirà e ci perdonerà.”, lo aveva rassicurato Albert, prima di concludere la conversazione, per quanto il primo ad essere poco convinto della cosa fosse lui stesso.
 
Terence cercò di concentrarsi nuovamente sul da farsi, quanto saputo lo distraeva e gli trasmetteva una certa ansia ma, a maggior ragione, voleva godersi una splendida serata insieme alla sua Tutte Lentiggini, consapevole del fatto che avrebbe potuto essere una delle ultime.
Messo a punto quei particolari, chiese alla governante di comprare gli ingredienti per una torta al cioccolato, delle fragole, della panna e tantissimi candele da tè. Le chiese anche di cercare dei petali di ciliegio, certo, era una richiesta un po’ bizzarra ma ero sicuro che lei sapesse dove trovarli.
Decise di concedersi un bagno e poi di provare a dormire qualche ora. Non sarebbe stato facile ma doveva riposare, quando si era guardato allo specchio vi aveva visto lo spettro di sé stesso.
Così dormicchiò qualche ora e quando si svegliò la governante era tornata.
“Signor Graham ho faticato non poco a trovare i petali di ciliegio ma beh, diciamo che ho dovuto chiedere in giro e infine ce l’ho fatta.” gli disse lei soddisfatta.
“La ringrazio, senza di lei sarei perso.” Le rispose lui e per la prima volta, a modo suo, fu meno freddo e distaccato con lei.
L’aveva sempre trattata con educazione, ma non si era mai interessato particolarmente a ciò che la donna faceva, troppo assorto nel proprio mondo e nelle proprie preoccupazioni.
Così, fra varie peripezie, riuscirono ad infornare la torta.
Non era poi così difficile cucinare, anche se non faceva decisamente per lui. Si chiese d’istinto se Candy avesse imparato a cucinare, ricordava che non era proprio un asso ai fornelli e un sorriso gli apparve sulle labbra.
La governante lo guardava incuriosita. Erano mesi che il suo datore di lavoro pareva strano e, ogni tanto, lo trovava intento a sorridere di chissà cosa, con uno sguardo quasi trasognato.
Si era chiesta diverse volte se ci potesse essere una donna nella vita dell’attore e diverse volte il nome Candice era  stato pronunciato in quella casa;  lei non aveva potuto evitare di chiedersi chiedersi se  fosse lei la donna per cui il bizzarro attore sembrava aver riacquistato il sorriso.
Era ormai tardo pomeriggio, quindi Terence sistemò tutto l’occorrente e poi si fece aiutare. Aveva tutte le intenzioni di spargere i petali di ciliegio lungo entrata, corridoio e sala e creare un percorso da fare seguire a Candy quando sarebbe arrivata. Inoltre, voleva disporre le candele accese, ad indicarle il percorso, anche se faceva buio tardi, per cui la casa sarebbe stata illuminata dalla luce del sole.
L’idea era di attenderla in giardino, accendere il grammofono e lasciare che suonasse una melodia dolce e ad un volume tenue, perché non fossero solo quelle note a riempire l’aria.
Così, mentre sistemava il tutto meticolosamente e disponeva le candele, il tempo passò, ma non così in fretta da permettere alla sera di giungere.
Decise di farsi un bagno e cambiarsi gli abiti.
Optò per una mise comoda, del resto avrebbero cenato in giardino, seduti su di una coperta.
Preparò anche una coperta extra, qualora si fosse fatto tardi e la notte li avesse colti. Non voleva che lei prendesse freddo e non voleva che nulla potesse distogliere l’attenzione da quella cena appositamente, organizzata per stare da solo con lei e concentrarsi su loro due.
Quando guardò nuovamente l’orologio, erano già le otto, a breve sarebbe arrivata.
Ricordò alla sua governante di aprirle la porta e informarla che lui l’attendeva in giardino, ma di non farle strada e di limitarsi ad indicarle dove andare.
Certo, probabilmente lei lo avrebbe accolto come un comportamento strano, ma non voleva rovinare la sorpresa che aveva preparato.
 
Candy quel pomeriggio cercò di concentrarsi sul lavoro perché se lasciava vagare la propria mente, era sicura che non avrebbe concluso niente. Terence l’avrebbe portata a cena quella sera e, anche se non vedeva l’ora di poter passare del tempo con lui, temeva che potessero venire nuovamente immortalati da quegli squali che si facevano chiamare giornalisti.
Preferì non pensarci, sapeva che Terence era previdente a sufficienza da non mettere in pericolo nessuno dei due, motivo per cui probabilmente avrebbe scelto qualche luogo poco frequentato o magari fuori città.
Sì, doveva essere certamente così.
L’unica cosa che ancora la lasciava perplessa, era l’idea che qualcuno sarebbe andato a prenderla, non capiva, nonostante lui le avesse detto che aveva diverse faccende da sbrigare, perché mai non posticipare la cena magari di un’ora o mezzora ed essere lui stesso a passare da lei.
Quando guardò l’orologio, sommersa da mille scartoffie, e si rese conto che era già tardo pomeriggio, fu sollevata all’idea di dover rincasare e prepararsi.
Fortunatamente, era riuscita a trattenersi a lavoro oltre il dovuto, altrimenti quel lungo pomeriggio le sarebbe davvero risultato interminabile.
Quando rientrò, fu grata di non trovare Annie ed Archie, probabilmente dovevano già essere usciti.
Dalle cucine proveniva un buonissimo profumo e Candy si chiese se Albert intendesse avere ospiti, o meglio, un’ospite a cena.
Albert fece finta di non sentire quando Candy rientrò, non era certo di riuscire  a tenere il gioco a Terence poiché non era mai stato bravo a mentire. Nell’ultimo periodo, nonostante non ne fosse fiero, aveva decisamente affinato la tecnica ma gli costava e non poco raccontarle tutte quelle menzogne.
Si chiese nuovamente se non fosse stato un enorme errore mentirle e poi si ripropose di raccontarle la verità dopo il proprio matrimonio. Gli dispiaceva rimandare ma ormai i dadi erano tratti.
Preferì accantonare quel discorso e il profumino delizioso che arrivava dalle cucine riusciva a distrarlo alla perfezione. Avrebbe voluto poter cucinare per Karen ma, purtroppo, gli impegni di lavoro non glielo avevano permesso; nonostante ciò si ripromise di regalarle una stupenda serata romantica.
Aveva avvisato Archie che avrebbe avuto un’ospite a cena, sperando che il nipote cogliesse quella sua implicita richiesta di trattenersi fuori con Annie quanto più possibile. L’unica pecca dell’abitare tutti insieme, era l’impossibilità di avere un po’ di privacy ma, nonostante ciò, non avrebbe rinunciato ad abitare sotto lo stesso tetto dei suoi nipoti.
Non aveva avuto modo di passare molto tempo con loro fino al momento in cui lui si era presentato al mondo come William Albert Andrew e aveva tutte le intenzioni di stare loro vicino, fino a quando non fossero stati pronti a spiccare il volo.
Se Archie stava per sposarsi e probabilmente a breve avrebbe cominciato a cercare casa, il futuro di Candice rimaneva incerto e permaneva un grosso dubbio.  Decise di non pensarci e di concentrare la propria attenzione sulla sua futura moglie: Karen era tornata dopo mesi di lontananza e aveva tutte le intenzioni di rendere quella serata indimenticabile.
Con un sorriso sornione, lasciò il proprio studio per raggiungere la camera da letto e fare un bagno.
Si rilassò nell’acqua calda e profumata e lasciò che le preoccupazioni scivolassero via.
 
Candy attendeva irrequieta, fingendo di leggere, che la persona fidata, inviata da Terence, giungesse per portarla a destinazione.
“È pronta signorina?”, le domandò il sig. Miles.
“Direi di sì.”, gli rispose lei cortesemente, rivolgendogli un sorriso radioso ma che, allo stesso tempo, rivelava il suo nervosismo.
“Allora direi che possiamo andare.”, le disse lui sorridendo divertito ed intenerito, dell’espressione curiosa che si era dipinta sul volto della giovane donna.
“Vuol dire che mi accompagna lei?”
“Il sig. Graham mi ha chiesto se era possibile ed il signor Andrew mi ha concesso questo onore.”, le rispose lui sincero. Era molto affezionato a quella giovane ragazza dal cuore d’oro.
“Ah, non ne sapevo nulla. E, potrebbe dirmi dove andiamo?”
“Mi pare che avesse già concordato con il signor Graham.”
“Oh, speravo di riuscire a carpirle qualche informazione.”, ammise delusa, ridendo.
“Capirà se non posso parlare.”, le rispose lui con quel suo tono pacato che le infondeva serenità.
Il tragitto si svolse il silenzio, Candy era troppo nervosa ed ansiosa per poter proferire parola, non aveva idea di cosa Terence avesse programmato per loro e, parte del suo cuore, sperava vivamente che potessero stare da soli. Le erano mancati molto quei piccoli gesti di intimità come il potersi stringere la mano o quei pochi e fugaci baci che erano soliti riuscire a scambiarsi.
Quando finalmente l’auto si fermò, il signor Miles l’aiutò a scendere.
Le tremavano leggermente le gambe e il cuore aveva cominciato a batterle in maniera irregolare.
Sentì le guancie arrossarsi e cercò di respirare a fondo, per mantenere la calma, anche se la cosa le riusciva decisamente difficile.
Una signora di circa cinquant’anni le aprì il cancello, la scortò dentro casa e poi le indicò il corridoio.
Candy rimase spiazzata da quella accoglienza così spartana, non che fosse affezionata all’etichetta, ma la cosa le pareva quantomeno bizzarra.
Non appena entrata in casa, l’aveva accolta un buon profumo di fiori e, appena imboccò il corridoio, ne capì il motivo.
Il pavimento era cosparso di quelli che parevano petali di ciliegio, e diversi tea-lights illuminavano il tragitto da seguire.
Si commosse di quel gesto tanto romantico e delicato e dovette cancellare un paio di tracce salate che le percorsero il viso, prima di proseguire verso il giardino, dal quale le pareva provenisse della musica.
Procedette a passi lenti, tanta era l’emozione e, per un momento, si immaginò lungo la navata dell’altare, mentre Albert la concedeva in moglie a Terence.
Quando aprì la porta del giardino, finalmente se lo trovò davanti, sorridente, anche se il suo sorriso sembrava leggermente tirato e del nervosismo traspariva dai suoi gesti un po’ meccanici.
Fece un inchino e le porse la mano, per aiutarla a scendere i due gradini che separavano al casa dal giardino.
Aveva atteso tanto quel momento e si sentiva nervoso, sentiva i muscoli tesi, il cuore accelerato, la vista quasi annebbiata.
Nel momento in cui le loro mani si sfiorarono, fu l’apoteosi per entrambi.
Candy sentì le farfalle allo stomaco risvegliarsi e cominciare a battere le ali in maniera forsennata. Terence sentì un nuovo calore pervadere tutto il suo essere.
L’aria era elettrica e, l’attrazione che c’era fra i due, si poteva percepire distintamente.
Terence aveva contato i minuti che lo separavano dal rivedere Candy e, ogniqualvolta aveva udito il rumore di un’auto accostarsi alla sua dimora, la tensione era salita alle stelle, per lasciare posto alla delusione quando si rendeva conto che lei non era ancora arrivata.
Ora che l’aveva davanti a sé, che stava stringendo la sua mano, non gli sembrava vero.
La sua bellezza lo ripagava di tutta l’ansia e di tutto il tempo passato ad aspettarla.
“È tutto bellissimo.”, esordì lei ancora sull’onda della commozione; aveva lanciato uno sguardo fugace al giardino e vi aveva intravisto un paio di stufe a fungo e una classica coperta da picnic, apparecchiata per l’occasione.
Ricordava ancora del loro mancato picnic sulla Collina di Pony e le parve davvero un gesto sensibile e premuroso da parte sua, il voler ricreare quell’atmosfera.
“Era il minimo che potessi fare. Mi concederebbe un ballo?”, le chiese attirandola a sé e  cingendola delicatamente attorno alla vita, come se fosse un gioiello prezioso e delicato.
Lei sorrise e non rifiutò, anche se temeva che lui potesse udire quel battere impazzito del suo cuore.
Stare stretta a lui, a vicinanza ravvicinata, sentire i suoi occhi su di sé, quel suo sguardo penetrante che non lasciava la necessità di parole… era semplicemente fantastico.
Per Terence ballare con Candy non poteva non riportalo alla Festa di Maggio e al loro primo bacio.
Sorrise fra sé e sé e lasciò che la tensione scemasse, per godere di quel delicato abbraccio e di quella vicinanza quasi proibita.
Con la scusa di un lento, l’aveva stretta  a sé, decisamente più del dovuto, ma era una cosa voluta, poiché bramava sentire il contatto col corpo di lei e potersene beare, anche se che quella situazione correva seriamente il rischio di sfuggirgli di mano, visto il desiderio sempre più crescente che aveva di lei.
Finito il ballo ci fu qualche secondo di imbarazzo, nessuno dei due sapeva cosa aspettarsi dall’altro anche se i pensieri di entrambi erano focalizzati sullo stesso desiderio.
“Ti trovo riposato.”, Candy provò a rompere il ghiaccio.
“Sì, incredibilmente ho dormito un po’ oggi pomeriggio, anche se ho avuto parecchio da fare.”
“ Hai avuto davvero un bel pensiero ad organizzare un picnic.”
“Spero che questa volta tu non abbia intenzione di scappare via.”
“Oh, beh, considerato che non ci sono alberi su cui arrampicarmi per scappare via, direi di no.”, rispose lei ridacchiando e poco dopo le fece eco la risata di lui.
“Vuoi fare un veloce giro della casa?”, le offrì lui, non dimentico delle buone maniere, seppur i suoi pensieri fossero rivolti a ben altro.
“Perché no.”, acconsentì lei e così si ritrovarono a chiacchierare del più e del meno, mentre Terence le mostrava la propria dimora.
“Bene, giro finito, che ne dici di mangiare? Ad essere sincero, io avrei fame.”
“Pensavo che avessi deciso di tenermi a stecchetto.”, scherzò nuovamente lei.
Era così strano sentirsi felice e leggera, non avere brutti pensieri o preoccupazioni e godere liberamente di quegli spensierati momenti, riuscendo persino a scherzare e sdrammatizzare.
Terence le fece nuovamente strada verso il giardino, poi la lasciò sola per qualche minuto.
“Torno subito.”, le disse sparendo, direzione cucina.
Prese il vassoio con il pasto che avevano preparato, una bottiglia di vino e dell’acqua.
Respirò a fondo prima di tornare in giardino, nel tentativo di calmarsi e riprendere il controllo di quella situazione.
Si sentiva decisamente nervoso, aveva timore di osare troppo, non voleva metterle fretta o costringerla a respingerlo, come era successo tanto tempo addietro.
“Perdonami l’attesa.”
“Figurati, ma ora su siediti, ho fame.”, disse lei, facendogli segno di prenderle posto accanto.
Lei dovette ammettere che l’idea era stata davvero ottima, lì non li avrebbe disturbati nessuno e sarebbero stati liberi di comportarsi come meglio credevano.
Terence le offrì un bicchiere di vino, Candy lo accettò titubante, era fin troppo consapevole dell’effetto che le faceva l’alcool.
“Che ne diresti di brindare a qualcosa?”, propose lui.
“A cosa?”, chiese lei.
Per una frazione di secondo l’attore fu tentato di proporle di brindare a loro, ma gli sembrò fuori luogo ed azzardato.
“Che ne dici di brindare alle emozioni che ci ha regalato fino ad ora quest’anno?”
“Direi che è una ottima idea.” disse lei, inclinando il proprio bicchiere in maniera che sfiorasse delicatamente quello di Terence. Quando i loro occhi si incontrarono fu fuoco e tempesta.
Con la mano libera Terence si avventurò sulla guancia di Candy, accarezzandola dolcemente, mentre con l’altra appoggiò il bicchiere come meglio poteva.
Avevano appena preso un sorso di vino e le labbra di lei erano leggermente arrossate da colore dello stesso.
Candy si irrigidì leggermente e Terence colse quel suo cambio di stato, così fece per ritrarre la mano ma fu la stessa ragazza a fermarlo, intercettando la mano dell’attore e poggiandosela nuovamente sul volto, rivolgendogli un timido sorriso.
In quel momento lei temeva le proprie reazioni, di cosa avrebbe fatto se lui l’avesse baciata, di come avrebbe reagito se lui avesse tentato di andare oltre. Sapeva che era un gentiluomo e poteva fidarsi di lui, non era quello ciò che la spaventava ma, da quando stava insieme a Terence, erano le proprie reazioni quelle che temeva, era di sé stessa che si fidava poco.
Per quanto si vergognasse ad ammetterlo persino a sé stessa, era una donna e il desiderio che provava per Terence andava ben oltre quello di un casto bacio.
Quando lui si fece audace e avvicinò il volto a quello di lei, vide brillarle gli occhi e comprese che lo stava aspettando e che probabilmente lo desiderava almeno quanto lui.
Se all’inizio la reazione titubante di lei lo aveva spiazzato, visto che era egli stesso incerto sul da farsi, quel luccichio di quei verdi smeraldi fu solo un invito a impossessarsi della sua bocca.
La carezza delle labbra di Terence la fece rabbrividire, lo guardò intensamente quando lui si scostò leggermente per valutarne la reazione e i suoi occhi lo invitarono a ripetere quel gesto.
La seconda carezza si fece più prolungata e più audace e le mani di Candy si intrufolarono nei capelli cioccolato del ragazzo, mentre le loro bocche si reclamavano.
Quando Terence cercò di approfondire quel contatto, avvicinandosi a lei e attirandola a sé, in modo tale che il proprio petto aderisse a quello di Candy, e le sfiorò labbra con la lingua, lei dischiuse le proprie, lasciandogli libero accesso.
Sembravano entrambi affamati dell’altro, entrambi desiderosi di perdersi l’uno nell’altro, ma entrambi timorosi.
Quando le loro labbra si staccarono, Candy si sentì accaldata e il subbuglio interiore che aveva provato l’aveva lasciata senza fiato.
Lui la guardò accennando ad un sorriso, le accarezzò il volto e continuò a tenerla stretta a sé.
“Ben ritrovata.”, le disse cercando di non metterla a disagio. Avrebbe voluto dirle che gli era mancata ma, nuovamente, si era sentito frenato.
Lei sorrise timidamente e gli rispose:
“Ben tornato a te.”esclamè fissandolo come a volersi imprimere ciascun singolo fotogramma di quella serata nella mente, come per timore che ciò che c’era di bello svanisse nel nulla.
Terence sciolse delicatamente l’abbraccio, prese il proprio bicchiere e bevve un altro sorso e Candy lo imitò.
Poi, il padrone di casa le porse i tramezzini che avevano preparato, illustrandole il contenuto.
Mangiarono in silenzio, poi lui decise di rompere il ghiaccio, prima che l’imbarazzo diventasse palpabile.
“Bene, allora, non volevi raccontarmi dei tuoi progressi con la ‘seconda collina di pony’ ”?, le chiese lui interessato.
“Oh, sì, certo.”, disse lei, prima di metterlo al corrente di tutte le idee che aveva avuto.
“Ti sei data da fare, mi sembra che tu abbia la situazione sotto controllo e mi sembri molto soddisfatta e felice.”, constatò lui, davvero contento di vederla aver ritrovato brio.
“Dire proprio di sì, mi sento come se fossi rinata.”
“Si vede, i tuoi occhi brillano di una nuova luce”, le disse avvicinandosi pericolosamente al suo volto,”e sei davvero bellissima.”, aggiunse prima di rubarle un altro bacio.
Aveva tutte le intenzioni di rifarsi del tempo perduto.
Lei lo lasciò fare, felice di quel complimento che le aveva fatto, sapere che la trovava bellissima era sempre un’emozione.
Quando si guardava alla specchio lei non vedeva nulla di speciale e, sentirselo dire da uno come Terence, corteggiatissimo e richiestissimo da donne bellissime, era davvero un toccasana per l’autostima.
Il ragazzo armeggiò con il grammofono e le note di una nuova melodia invasero l’aria.
“Balliamo?”, lo precedette lei alzandosi e porgendogli la mano, in un gesto di invito.
Lui si alzò, poi le prese la mano.
“Sei sicura di non essere scomoda con quei tacchi?”, le chiese premuroso.
“Speravo che me lo chiedessi!”, esclamò lei liberandosene e rimanendo a piedi nudi.
“Dovresti camminare scalzo anche tu, è bello sentire la carezza dell’erba sotto i piedi”, lo incoraggiò lei e lui, preoccupato di poterle pestare i piedi e farle male, la imitò, liberandosi a sua delle scarpe.
Non era propriamente una novità per lui,  in teatro spesso si calcava il palco senza scarpe, per instaurare rapporto col palco, per cui ci era abituato ma, il contatto con l’erba, era decisamente differente.
“Bene, ora me lo concede questo ballo, sua signoria?”, scherzò lei accennando ad un inchino che lo fece scoppiare a ridere. Era così bello vederla comportarsi come la vecchia Candy avrebbe fatto, la cosa gli scaldava il cuore e lo rendeva davvero felice.
Terence l’attirò a sé facendole compiere una giravolta, così Candy atterrò vis a vis contro di lui.
“Ah, non sapevo fossi un provetto ballerino.”, gli si rivolse lei scherzando.
“Non amo ballare ma non vuol dire che non ne sia capace.”
“Ah, certo, dimenticavo che sei l’uomo dai mille ed un segreti e dalle molteplici capacità nascoste.”
“Oh beh, non sono molteplici, affatto e direi nemmeno nascoste, a dirla tutta.”
“Che vuoi dire?”
“Beh, che sappia ballare almeno un po’ è normale, così come che io canti e suoni, dimentichi che sono un attore? Non sarei un attore completo se non sapessi fare queste cose.”
“Oh, non ci avevo pensato.”, rispose lei rivelando tutta la propria ingenuità di cui lui sorrise teneramente.
Il cielo si era oscurato, la notte cominciava a calare ma il fuoco e la luce sprigionata dalle stufe a fungo, rischiaravano il giardino quel tanto che bastava per rendere l’atmosfera romantica e per consentire a due giovani di continuare a chiacchierare e ballare.
“Sei stanca?”
“No, perché?”
“Quando vuoi rincasare basta dirlo, ti accompagnerò io.”
“Se per te è tardi e vuoi riposare posso andare.”
“No, mi hai frainteso, volevo solo sapere se sei stanca. Io non voglio andare a dormire, non in questo momento, non ne ho bisogno e non è una cosa che mi interessa fare nell’immediato.”, le chiarì lui, certo di averle lasciato intuire quel tanto che bastava affinché comprendesse che voleva stare con lei.
“OK, perché non vorrei ancora andare.”, ammise lei titubante, temendo che lui potesse leggere troppo in quelle sue parole, quel troppo che in realtà lei intendeva.
Lei gli prese la mano e attorcigliò le dite attorno a quelle di lui, per rendere la stretta più intima, più forte, perché quell’intreccio delle loro dita la rassicurava e la faceva sentire in qualche modo più vicina a lui.
Lui fu colto alla sprovvista da quel gesto che non poté che destargli un maggiore desiderio di averla vicina, sempre.
Fu lei però questa a volta, svincolata la mano da quella del ragazzo, ad accarezzargli il viso, tracciandone i contorni delicatamente, con un dito.
Lui chiuse gli occhi e la lasciò fare, sperando di farla sentire a proprio agio.
Successivamente sentì le labbra di lei sfiorargli gli angoli della bocca, mentre si avvicinava lentamente e quasi timorosamente alla meta.
Quando le loro labbra si unirono, lui lasciò che fosse lei a guidare le danze e si adeguò al suo ritmo.
Per la prima volta Candy decise di essere più audace e sfiorò le labbra di lui con la lingua per trovarsi ad intrecciare la propria a quella del ragazzo, con calde carezze. L’abbraccio fra i due si strinse e si prolungò e Terence esercitò una lieve pressione contro di lei, che non si oppose e, nonostante avesse paura di ciò che poteva succedere, lasciò che lui la guidasse. Lui si adagiò su di lei, mentre con un gomito si teneva sollevato, per lasciarle aria e il modo di respirare, del resto col suo peso correva il rischio di schiacciarla.
Mentre i baci si facevano più frequenti e diventava quasi difficile riprendere fiato, tanto era l’esigenza di continuare quell’esplorazione, Terence si spostò delicatamente dal viso al collo, che ricoprì con una scia umida di  baci.
Candy rabbrividì al tocco delle labbra del ragazzo e si lasciò trasportare da quel turbinio di emozioni che la stava invadendo, facendola sentire accaldata ed eccitata.
Amava quel ragazzo, lo sapeva, ma non era certa di ciò che provasse lui nei suoi confronti, motivo per cui quel susseguirsi così incalzante di baci e le fugaci carezze che intervallavano i baci, un po’ la preoccupavano.
Il corpo lo desiderava ma la mente non riusciva a sbloccarsi, non riusciva a non pensare, a lasciarsi andare e trasportare del tutto.
Le mani di Candy vagavano timide sulla schiena di Terence, senza osare, mentre quelle di Terence, quasi distrattamente, avevano accarezzato diverse volte le curve della bionda, delle quali si stava beando.
Era certo che se avessero continuato così, non avrebbe resistito a lungo, motivo per cui sciolse, con molta delicatezza quell’abbraccio.
Gli costò non poco ma doveva farlo, non era giusto fare l’amore con lei, per quanto lo desiderasse.
Non avrebbe compiuto quel passo, non prima che lei avesse saputo la verità, non senza che fosse lei a decidere se perdonare le sue mancanze e accettarlo nuovamente nella propria vita.
Candy lo guardò stupita ma felice per quella interruzione, credendo di comprendere i timori del giovane.
“Forse è meglio andare, si è fatto tardi.”, tentò di suggerirle lui, sperando che non fraintendesse.
“Come vuoi.”, rispose lei in parte delusa, poiché sperava di poter godere ancora un po’ delle coccole con cui l’aveva viziata per tutta le sera.
“Candice …”
“Capisco, è meglio che vada. E’ stata davvero bello ritrovare un amico.”
“Amico?”, chiese lui spiazzato.
“Perché, siamo altro?”, lo incalzò lei di rimando, nella speranza di uscire da quel limbo in cui erano rimasti ingabbiati.
Non sapeva cosa risponderle, se avesse tentato una qualsiasi spiegazione, avrebbe dovuto mentirle nuovamente e l’idea non gli piaceva. Cercò di mantenere la calma, nonostante una certa ansia lo avesse assalito. Non avevano mai più parlato di loro, avevano tacitamente deciso di non definire, perché adesso glielo stava chiedendo? Non poteva dirglielo, non ora, non prima di averle detto la verità ma non poteva e non voleva ferirla.
“Non sai cosa rappresenti per me ma nemmeno io so se e cosa rappresento per te.”, le parole le uscirono dalla bocca senza che potesse frenarle.
“Ti prego, non roviniamo questa bella serata, diamo tempo al tempo.”, non poteva credere di essere proprio lui a proferire tali parole, se non fosse stato fuori luogo, avrebbe certamente riso di sé stesso. Quale stupida proposta.
Però Albert lo aveva informato che intendeva raccontarle tutto dopo il matrimonio con Karen, motivo per cui avrebbe dovuto resistere all’urgenza di chiederle di essere la propria fidanzata.
“Cosa stai cercando di dirmi Terence, sii onesto.”
“Vorrei solo andarci piano, è ciò che ti sto proponendo. E se te lo stai chiedendo, no, non voglio frequentare altre donne e non vorrei che nemmeno tu vedessi altri uomini.”, le confessò nel tentativo di fugare ogni dubbio plausibile che avrebbe potuto formarsi nella mente di Candy.
“Va bene.”, rispose lei decisamente più tranquilla dopo quella precisazione. Certo, in cuor suo sperava, forse scioccamente, che lui fosse interessato a lei al punto tale da chiederle di essere la sua fidanzata ma, se per il momento quello era tutto ciò che poteva darle, era disposta ad attendere. Era da troppo tempo che non si sentiva così bene, così viva, l’amore per quel ragazzo le faceva davvero bene e, per quanto temesse di poterne uscire ferita, lasciò che i sentimenti la guidassero e il cuore le suggerì, ancora una volta, di fidarsi di lui.
“Sicura?”
“Certo, diamo tempo al tempo.”, gli rispose ripetendo le sue parole e poi gli sorrise, nel tentativo di convincerlo che era tutto a posto.
In fondo all’anima, in realtà, non era tutto ok ma, se lo voleva conquistare e se gli voleva bene, doveva rispettare i suoi tempi. Aveva il timore e l’orribile dubbio che il cuore di lui non fosse ancora completamente libero ma si ripromise di pazientare e magari riprendere l’argomento più avanti.
Non le era mai piaciuto parlare a chiare lettere di ciò che sentiva ma, con Terence, ne aveva sentito il bisogno, perché senza di lui si sentiva persa e quella situazione, così nebbiosa e dai contorti poco delineati, in qualche modo la preoccupava.
Lui le porse la mano per aiutarla a rialzarsi, poi entrambi si infilarono le scarpe e si diressero verso l’interno.
“Ti aiuto a sistemare.”, si offrì lei e lui glielo lasciò fare perché non gli piaceva l’idea di separarsi da lei dopo quel bizzarro scambio di vedute.
Era contento perché aveva avuto l’ennesima dimostrazione che lei provava qualcosa per lui ma era stato davvero frustrante e difficile, dover tacere e dover rimandare.
Mentre ci ripensava non riuscì a reprimere un gesto di stizza e ruppe un bicchiere, cosa che Candy scambiò, fortunatamente, per un incidente.
“Per fortuna non ti sei tagliato.”, gli disse aiutandolo a raccogliere i cocci.
“Beh, tanto ho la mia infermiera personale che si prende cura di me.”, disse lui nel tentativo di smorzare l’imbarazzo che inevitabilmente era calato tra loro.
“Ah sì? E chi te lo assicura?”, gli rispose lei facendogli la linguaccia.
Lui fece per afferrarla, scherzosamente e lei corse via, così cominciarono a rincorrersi, ridendo allegramente, fino a quando lui non la raggiunse, la prese e la strinse in un abbraccio.
Erano nuovamente in quella posizione, lei di con la schiena appoggiata al suo petto, lui che inspirava il profumo di lei… come tanti anni addietro…e Terence, per una volta, si trovò a sperare che lei non ricordasse. Non così, non di quel momento che era stato il peggiore della loro storia mai cominciata. Nessuno dei due osava fare un passo avanti ma nemmeno muoversi da quella posizione.
Lui la fece girare, le poggiò le labbra sulla fronte le sorrise, lei gli sorrise di rimando.
“Andiamo, è ora di tornare a casa.”, le disse offrendole la mano che lei strinse.
 


Nda: Hola people! Com'è andato il weekend? Io mi sono trascinata fuori dal lettuccio stamane, post 3 giorni infernali di influenza... sembro un panda! Oggi è arrivato l'inverno!!! Per la prima volta ho dovuto mettere il cappotto brrrrrrrrrrrrrrrrr!
Beh, vi anticipo solo che il prossimo capitolo si chiama Fiori d'arancio!
Un abbraccio a distanza (così vi evito il contagio) a tutte coloro che mi leggono e uno particolarmente speciale a chi commenta!

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Capitolo 36
*** Fiori d'arancio ***


Capitolo XXXV
 
Fiori d’arancio
 

Il matrimonio è un combattimento a oltranza prima del quale gli sposi domandano la sua benedizione al cielo, perché amarsi sempre è la più temeraria delle imprese.
Honoré de Balzac

 
 
Il mese che separava i futuri sposi dall’evento procedette così velocemente che non se ne resero quasi conto.
Avevano avuto diverse occasioni per tascorrere del tempo insieme e per mettere appunto gli ultimi dettagli, anche se Karen era decisamente soddisfatta del lavoro fatto da Annie e gli altri. Non sarebbe mai stata grata loro a sufficienza.
Anche la prova del vestito fu una passeggiata, la sua forma smagliante e la sua figura longilinea avevano permesso alla sarta di apportare poche, semplici modifiche per rendere l’abito perfetto.
Man mano che passavano i giorni, la tensione cresceva e il nervosismo aumentava, ma erano tante anche la felicità e l’emozione per il prossimo evento.
Albert aveva inoltre condiviso con Karen e gli altri l’idea di svelare a Candy tutta la verità, qualche giorno dopo il matrimonio. Era stufo di mentirle e , visto che pareva aver smesso di ricordare, ne aveva dedotto che fosse giunto il momento adatto.
Karen era sembrata d’accordo, del resto era meglio risolvere la questione e, per quanto fosse dell’idea che forse andava fatto prima, capiva le remore del giovane William.
Terence era forse quello più felice della decisione del businessman, anche se allo stesso tempo ne sembrava il più spaventato e, del resto, come dargli torto. Sicuramente, anche se le ci fosse voluto del tempo, Candy avrebbe perdonato la sua famiglia mentre, per quanto riguardava la questione Terence, Karen comprendeva potesse essere più spinosa. Sapeva bene che l’attore aveva diversi scheletri nell’armadio e sapeva altrettanto bene che, per fare pace con sé stesso, avrebbe voluto un’assoluzione su tutta la linea, cosa che a Candy probabilmente sarebbe costata un altro dolore e del tempo.
Karen non l’avrebbe biasimata se si fosse sentita tradita dalle persone che dichiaravano di volerle bene, in fondo, anche lei si sarebbe sentita così probabilmente, nonostante ne capisse l’agire senza condividerlo.
Così, fra tanto nervosismo, si giunse alla sera prima del fatidico evento.
Candy e Annie avevano, con il supporto di Karen, deciso di trasferirsi da lei per la serata, per aiutarla a prepararsi e per offrirle sostegno morale, inoltre volevano evitare di dover entrare e uscire troppe volte dalle rispettive dimore degli sposi, per evitare giornalisti e calca.
Terence, per quella sera invece, si era trasferito a Villa Andrew, per lo stesso preciso motivo.
Tutti sapevano che la stampa era assetata di foto e pettegolezzi.
“Vorrei accompagnarti da Karen.”
“Sarebbe meglio evitare. Non fraintendermi ma non diamo ai giornalisti motivo per parlare.”
“Concordo anche se mi spiace, avrei voluto passare un po’ di tempo con te.”, le disse lui, consapevole che a breve la verità sarebbe venuta a galla e lui probabilmente l’avrebbe persa.
“Terence, è un po’ che mi sembri assente, c’è qualcosa che non va?”
“Oh no, niente, vorrei parlarti di una cosa, ma preferirei aspettare l’indomani dopo il matrimonio, ho bisogno di un consiglio riguardo una questione molto personale.”, le aveva accennato lui.
Eh sì, aveva deciso di provare ad esporle la questione per vedere che ne pensava. Certo, non le avrebbe raccontato nel dettaglio di lui e Susanna e delle diverse donne con cui si era intrattenuto, ma voleva sapere che ne pensava di concedere una seconda chance e di perdonare errori.
Non le poteva raccontare la storia per intero ma, in qualche modo, poteva farle capire. Da un lato sperava che quel suo ennesimo input le permettesse di ricordare, dall’altro aveva il terrore di ciò che sarebbe successo.
“Sono solo un po’ stanco. Questi giorni di ferie mi faranno decisamente bene.”, le mentì lui.
“Beh, per noi è ora di andare, Candy, vieni?”, la voce di Annie la reclamò.
“Buona notte Terence, a domani.”, lo salutò lei poggiandogli un delicato e fugace bacio sulla guancia.
Terence le sorrise, certo che avrebbe passato un’ennesima notte popolata da incubi.
Da quando Albert gli aveva comunicato l’intenzione di svelare la verità a Candy infatti, non  riusciva  a dormire sonni tranquilli.
 
La notte di Albert non fu certo migliore di quella di Terence. Non bastavano la tensione e l’ansia per il matrimonio e a non farlo dormire, nell’istante in cui aveva chiuso gli occhi, aveva sognato una Candy arrabbiata e delusa che gli aveva strillato contro tutta la propria frustrazione.
Forse aveva aspettato troppo ma ormai il danno era stato fatto.
Si sciacquò il viso, bevve un sorso d’acqua e tentò di riprendere sonno. Doveva archiviare le sue paure, temporaneamente, e dedicarsi a quella che sarebbe stata la giornata più bella della propria vita.
 
L’indomani mattina, Karen si svegliò presto, fremeva per l’anticipazione e l’emozione
Mentre indossava lo stupendo abito bianco, aiutata da sua madre e dalla cameriera, la giovane non riusciva a non cercare di sbirciare la propria immagine riflessa nello specchio.
Mai in vita sua, si era sentita così emozionata.
Non credeva che quel giorno sarebbe mai arrivato, non credeva di incontrare un uomo speciale come Albert e, soprattutto, qualora avesse incontrato la persona giusta, non pensava che sarebbe stata così fortunata da venire contraccambiata.
La felicità mista all’emozione che provava quel giorno la investivano con una violenza tale che non credeva di poterle dominare.
Lei era un’attrice, famosa per giunta, doveva essere in grado di incanalare e gestire le emozioni ma, mai come quella mattina, le parve così difficile.
Il suo Albert l’avrebbe attesa all’altare, l’appuntamento per  l’inizio della loro vita insieme era per mezzogiorno, anche se era certa che, se fosse dipeso da lei, probabilmente sarebbe giunta in chiesa prima dello sposo.
In fondo al cuore temeva di non vederlo arrivare, temeva che potesse cambiare idea, temeva che la notte avesse portato consiglio e che lui avesse deciso di dare retta alle parole della zia Elroy.
Sentì bussare alla porta e ci mise qualche istante prima di rispondere.
“Ciao, speriamo di non disturbare.”, Annie aveva insistito tanto per poter passare  a fare un saluto alla sposa e Candy non aveva potuto rifiutarsi di accompagnarla.
“Siamo le sue damigelle, dobbiamo controllare come sta!”
“Annie, sei incorreggibile. Dovremmo attendere che esca dalla sua camera, se avesse avuto bisogno, ci avrebbe chiamate.”
“Sì, ma sicuramente vorrà essere rassicurata. Lo sai che è orgogliosa e sono certa che, anche se non lo da a vedere, sarà nervosa e agitata.”
“Cosa vuoi fare, andiamo a dirle che Albert non ha cambiato idea?”
“Ecco, sì, più o meno.”
“Ma Annie, io scherzavo.”
“Io no, e mi sembra un buon pretesto.
 
Così Annie aveva convinto Candy a salire al piano di sopra e bussare alla porta.
“Sono contenta che siate passate.”
“In verità, volevamo accertarci che la sposa fosse ancora dell’idea di accasarsi con lo zio William.”, disse Candy ridacchiando e cercando di smorzare la tensione.
“Oh, se è per questo, a dirla tutta, temevo che fosse lui ad aver cambiato idea.”
“Ma che dici! È un uomo fortunato a sposare una ragazza come te:”, le disse Annie nel tentativo di tranquillizzarla.
Karen ringraziò le sue amiche e sorrise, un po’ più rilassata.
“Bene, volevamo farti un saluto, ti aspettiamo giù. Se hai bisogno di noi, chiamaci.”
“Grazie di essere passate.”, disse, poi prima che le ragazze andassero via, richiamò l’attenzione di Candy
”Candy fa’ attenzione ai giornalisti, oggi più che mai cercheranno di rubare qualche scatto proibito. E fa’ attenzione anche a tutte quelle zitellacce che si aggireranno alla festa.”,  aggiunse poi ridacchiando.
“Karen, che stai insinuando?”
“Nulla Candy, come sempre.” ,  la sposa rise di cuore e Candy ne sorrise, sapeva benissimo cosa aveva tentato di dirle velatamente.
Lei e Terence avrebbero fatto coppia, anche se non ufficialmente, motivo per cui dovevano fare attenzione a non finire sulle pagine di qualche giornaletto di bassa lega.
Lui avrebbe voluto passarlo a prenderla a casa ma, dovendo fare da testimone insieme ad Archie, era alle prese con lo sposo e con il suo nervosismo.
“Albert, non avrei mai creduto di dover essere io a dirti di stare tranquillo e di essere paziente.” disse Terence ridacchiando.
“Oh parli bene, vorrei vedere se fossi tu al mio posto.”
“Presto, presto” , gli rispose sorridendo.
“Granchester, non crederai che ti lasceremo sposare mia cugina. Se il vecchio”, disse indicando Albert, “ non ha intenzione di tornare in sé e impedirtelo, beh, ci penserò io.”
“E come Cornwell? Ti rammento che a fare a pugni sei sempre stato una femminuccia.”
“Ehy voi due, vedete di piantarla o, a rischio di macchiarmi la camicia, le suono io ad entrambi. Non potevo scegliere un’accoppiata peggiore di testimoni!” si lamentò  lo sposo.
Archie scoppiò a ridere e poi rispose allo zio: “Ti prometto che solo per oggi tollererò questo inglesastro da strapazzo. Ritienilo il mio regalo di nozze.”
“E io tollererò il Damerino, come regalo per le tue nozze.” controbatté Terence e Albert scosse la testa desolato, quei due non avrebbero mai e poi mai deposto le armi, almeno però i loro battibecchi avevano la capacità di distrarlo.
Guardò l’orologio, si guardò nuovamente allo specchio e decise che era ora di andare. Non ce la faceva più ad aspettare e non voleva assolutamente rimanere fra quelle quattro mura.
Non fu facile uscire di casa, giornalisti e curiosi si erano accampati fuori dal cancello fin dalle prime luci dell’alba.
 “Non credevo che così tante persone potessero interessarsi al tuo matrimonio zione caro.”
“Beh, dimentichi che siamo una famiglia influente, sto sposando un’attrice famosa e uno dei miei testimoni è uno degli attori più famosi che ci siano.”, disse riferendosi a Terence.
“Ma, quanto sei esagerato. E poi spero che siano qui per voi e non per me, vorrei godermi la giornata al riparo dai flash.”
“Oh, sta’ pure certo che il servizio di sicurezza è stato ben istruito, nessuna macchina fotografica e potrà entrare solo chi ha ricevuto l’invito, vale la stessa cosa per la chiesa.”, lo tranquillizzò Albert.
Aveva dovuto pensare proprio a tutto. Prima di tutto perché, anche se lui non si riteneva tale, era pur sempre una personalità di un certo peso nel mondo degli affari, secondo poi, Karen e Terence attiravano certamente più folla di lui ma, non era solo i giornalisti di cui aveva paura. Dal giorno in cui i Griffiths avevano cercato maldestramente di eliminarli, Albert aveva sempre dormito con un occhio aperto.
 
I minuti di attesa in chiesa sembrarono un’eternità, non solo per Albert che attendeva la sua futura moglie, ma anche per Terence e Archie che attendevano l’entrata delle damigelle. Avevano fatto entrambe le misteriose circa gli abiti che avrebbero indossato e, avevano persino scelto di dormire da Karen, con la scusa di evitare la folla almeno all’uscita da casa Andrew, pur di nascondere e non farsi vedere da loro.
“Mi chiedo perché Annie e Candy abbiano fatto tante le misteriose, ho quasi timore di vederle.”
“Conoscendo i gusti della tua consorte, non credo che tu ti debba preoccupare. E se indossano qualcosa di troppo scollato, possiamo sempre offrire loro le nostre giacche, non ti pare?”
“Assolutamente!” rispose Archie, trovandosi d’accordo con l’inglesastro, per una volta.
Karen salì in auto, nervosissima. Le tremavano le gambe e gli occhi pungevano, era talmente agitata che non pensava di farcela a camminare fino all’altare.
I flash che investirono l’auto all’uscita di casa la sorpresero in un certo senso. Era certa che la stampa non si sarebbe lasciata sfuggire una tale succulenta occasione ma, allo stesso tempo, non pensava che il proprio matrimonio sarebbe stato trattato come l’evento dell’anno.
Era una bellissima giornata di sole, faceva caldo, il cielo era limpido, di un bellissimo azzurro che le ricordava tanto lo splendido colore degli occhi del suo amato.
Per quanto avesse sempre tentato di nascondersi dietro ad una maschera, un po’ come Terence, l’amore in qualche modo l’aveva cambiata, rendendola più malleabile e più propensa al confronto e se ne rendeva conto anche da sé. La presenza di Albert, ed il suo amore, le facevano decisamente bene.
Guardava fuori dal finestrino quando vide in lontananza la chiesa, anch’essa sembrava essere stata presa d’assedio.
“Oh caspita, anche qui bagno di folla cara.”, le disse il padre notando la miriade di persone che si intravvedevano persino in lontananza.
“Bene, cerchiamo di evitare i fotografi papà, non voglio che mi rovinino la giornata.”, rispose lei, ordinando poi all’autista di fermarsi il più vicino possibile ai gradini della chiesa, così da ridurre al minimo la strada che avrebbe dovuto percorrere.
Quando finalmente l’auto si accostò, col cuore in gola Karen accettò la mano che il padre le porgeva, per aiutarla a scendere.
Fu subito investita dai flash e dalle grida sia dei giornalisti che dei fans che cercavano di reclamarne l’attenzione, ma lei non riusciva a pensare ad altro che allo splendido uomo che l’aspettava dietro quelle porte, all’altare.
 Appoggiandosi al braccio del padre si incamminò lentamente, prese un profondo respiro cercando di calmarsi e raggiunse Annie e Candy che l’attendevano in cima alle scale.
Le ragazze entrarono in chiesa precedendo la sposa e spargendo petali di rosa lungo la navata.
La melodia nuziale riempiva l’aria che era già carica di attesa ed elettricità.
Candy e Annie si scambiarono uno sguardo fugace con i testimoni e Candy dovette fare appello a tutte le proprie forze per non distrarsi. Annie, che se ne rese conto, ridacchiò e Candy le rivolse un’occhiataccia.
“Non è colpa mia se sei così trasparente.” , le sussurrò l’amica, facendola arrossire maggiormente.
Lo sguardo di Terence era ben saldo su di lei. Quando erano entrate, Archie e Terence si erano scambiati un brevissimo sguardo d’intesa che la diceva lunga. Bei vestiti, di buon gusto ma si vedeva decisamente troppo per i loro gusti.  In realtà, non era assolutamente così ma, essendo due tipi gelosi, non volevano che nessuno avesse occhi per le loro dame.
Candy era bellissima in quel vestito color pesco, ne evidenziava le forme senza metterle troppo in evidenza ma, nonostante ciò, non gli piaceva assolutamente che altri occhi potessero poggiarsi su di lei e pensare a ciò che aveva pensato lui nello stesso istante in cui l’aveva vista.
Aveva il cuore in subbuglio ma anche gli ormoni.
Aveva seriamente faticato a concentrarsi su quanto stava per accadere perché non riusciva a staccare gli occhi di dosso alla sua stupenda Tutte Lentiggini.
Ancora una volta si rese conto di quanto fosse forte e totalizzante il sentimento che lo aveva legato a quella ragazza che aveva conosciuto per un capriccio del fato e dalla quale si era separato per un altro capriccio del fato.
Quando guardò Albert sorrise, non lo aveva mai visto così emozionato e gli sembrava anche un po’ imbarazzato.
Nonostante fosse ormai un affermatissimo e conosciuto uomo d’affari, non gli era mai piaciuto essere al centro dell’attenzione e non aveva ancora imparato a gestire la cosa.
Albert guardava, senza osare respirare, la sua bellissima dama che avanzava lentamente lungo la navata.
La marcia nuziale riecheggiava fra le pareti dell’edificio, sovrastando il chiacchiericcio degli ospiti e il battere impazzito del suo cuore, che gli pulsava rumorosamente nelle orecchie e non gli consentiva quasi di udire altro.
Non poteva credere a quanto era stato fortunato ad incontrare Karen.
A volte si era domandato se il destino avesse deciso di ricompensarlo, per aver finalmente preso la giusta decisione di fare riavvicinare Candy a Terence.
Aveva sempre sperato che i due giovani si ritrovassero e, probabilmente, se non avesse compiuto tale scelta impulsiva quella sera di poco più di un anno prima, lui non avrebbe mai conosciuto Karen e Candy non avrebbe ricordato nulla.
Per un momento pensò al fatto che, il giorno seguente, avrebbe raccontato tutto a Candy, e si sentì nervoso, poi tornò a concentrarsi sulla bellissima donna cha avanzava evidentemente emozionata verso di lui e gli sorrideva con amore.
L’incedere lento ed armonioso di Karen era dovuto al nervosismo e all’emozione che l’avevano assalita e non le consentivano di accelerare il passo. Per quanto non vedesse l’ora che il padre adagiasse la sua mano in quella di Albert, le lacrime che le offuscavano la vista le rendevano difficoltoso camminare e dovette chiedere al padre di rallentare perché temeva di inciampare.
Quando finalmente giunse all’altare e il padre la consegnò al suo futuro sposo, fu solo in quel momento che si rese conto che era tutto vero.
Il tempo che trascorse fino al momento del sì fu un supplizio per Terence che fremeva per potersi avvicinare a Candy.
Quando finalmente il prete li dichiarò marito e moglie e concesse allo sposo di baciare la sposa,  Karen lasciò finalmente le lacrime libere di bagnarle le guance. Albert si premurò di asciugarle prima di poggiare le labbra su quelle della signora Andrew.
“Non mi sembra ancora vero.”, le disse sorridendole e prendendola per mano, per condurla all’uscita.
“Nemmeno a me, sono così felice.”, rispose lei con la voce rotta dall’emozione.
All’uscita dalla chiesa trovarono la folla che li acclamava e questa volta, non poterono sottrarsi. Karen e Albert si avvicinarono ai fans e ai giornalisti concedendo qualche sorriso, nella speranza, vana, che la stampa decidesse di lasciarli in pace.
Terence trovò una scusa per raggiungere Candy  e la colse alla sprovvista, non si era assolutamente accorta, talmente era impegnata a piangere, che il ragazzo l’aveva raggiunta.
“Sei bellissima. Ho faticato a concentrarmi sulla funzione perché ero troppo distratto.”, le sussurrò all’orecchio, facendola rabbrividire.
“Nemmeno tu sei niente male.”, gli sorride lei scherzosa, voleva smorzare parte dell’emozione e del subbuglio interiore che quel complimento le aveva causato.
“Sai, se fossi il tuo fidanzato ti offrirei la mia giacca per coprirti, non sarei contento che tutti potessero godere di una tale visione.”
“Ma non essere sciocco, non si vede nulla con questo vestito.”
“Oh, ma io sono un tipo geloso, a prescindere.”
“Vorresti dirmi che la tua futura moglie dovrà rimanere chiusa in casa?”
“No, non esagerare. Potrà uscire, se scortata da me!” le rispose lui e in fondo, non stava poi scherzando come lei credette.
“Povera sventurata. Assicurati che non la conosca prima che accetti di diventare tua moglie o la salverò dai tuoi intenti malefici.”, rispose lei ridendo di cuore e non potendo evitare di pensare che avrebbe voluto essere lei la povera sventurata. Forse si sarebbe accontentata di una vita rinchiusa nel loro castello se avesse potuto vivere con lui, del resto, per quanto tenesse al proprio lavoro e alla propria famiglia, si era resa conto dell’importanza sempre più preponderante che aveva assunto il giovane nella propria vita.
 
La scelta della location dove tenere il ricevimento, era caduta su Villa Andrew.
 Era davvero perfetta, le decorazioni erano state scelte e aggiustate con la massima cura e sembrava davvero la casa delle meraviglie.
Karen pareva la principessa del castello e tutti gli ospiti non avevano occhi che per la novella coppia.
Il ricevimento ed il pranzo si svolsero senza nessun intoppo, Candy e Terence riuscirono a passare del tempo insieme, ridendo e scherzando e intervallando le chiacchiere con delle danze, godendosi la giornata e condividendola con Archie ed Annie. Per una volta, Terence aveva apprezzato la compagnia del giovane Cornwell  con il quale non era mai stato solito andare d’accordo.
Quando ormai la festa volgeva al termine e gli invitati cominciavano a lasciare la dimora degli Andrew, fu solo allora che Terence di decise a parlare con Candy.
Era ormai sera, il cielo cominciava a scurirsi e le luci del giardino rischiaravano la tinta blu scuro che stava avvolgendo lentamente il tutto. Faceva ancora caldo, fin troppo.
“Potrei parlarti di quella questione di cui ti accennavo?”, le domandò.
La ragazza aveva notato il suo nervosismo ma non aveva capito a cosa era dovuto , ed aveva finito col pensare che fosse dovuto a tutta la folla e i giornalisti che li attendevano curiosi all’uscita.
“Certo, lascia che prenda due bicchieri di limonata, questo caldo e tutte queste danze mi hanno messo sete.”, rispose lei assentandosi e tornando poco dopo.
Era da giorni che Terence si preparava a quel discorso, era arrivato il momento.
Avrebbe sfidato la sorte, contravvenuto a quanto stabilito con Albert, ma doveva fare un tentativo.
Sapeva di doversi preparare al peggio anche se, in cuor suo, sperava che capisse a che gli concedesse una chance.
Quando Candy tornò vide Terence farle strada verso un angolo più isolato del giardino. Sebbene quasi tutti gli ospiti se ne stessero andando, c’era ancora qualche anima che vagava ammirando la bellezza di quella dimora.
Giunti al gazebo, Terence si fermò e la guardò intensamente. Pareva assorto in chissà quali pensieri, mentre i suoi occhi la scrutavano in maniera tale che si sentiva quasi nuda.
“Volevi parlarmi?”, chiese lei porgendogli il drink.
Lui lo prese, sorseggiò e poi le fece cortesemente cenno di sedersi.
Non era certo che lei fosse pronta per sentire quanto lui aveva da dirle, ma era arrivato il momento di giocarsi il tutto per tutto.



NdA: sìììììììììììììììì vi ho piantate sul più bello AH AH AH *risata sadica* e vi tocca attendere domani per sapere che si diranno! E domani sì che ne vedrete delle belle. Preparatevi a reazioni contrastanti e... beh, forse anche i fazzolettini perchè la prima parte a me commuove non poco...
Grazie a tutte per avere atteso pazientemente...
Songo_colorato ti mando un abbraccio, ho visto che è da qualche gg che manchi!
A tutte le altre che hanno commentato: Engel, Aurora, Petra, Myriam, Tetide, Felisia grazie.
Grazie anche alle silenziose!
Passerò in un secondo momento a modificare l'HTML della storia che è stato decisamente ballerino e scostante... ma ora ho capito (parolen) come si usano i codici...
Ehy, sappiate che almeno a fine storia attendo un parere, anche in privato!
 

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Capitolo 37
*** Puzzle di ricordi ***


Capitolo XXXVI
 
Puzzle di ricordi

 
“I ricordi tengono unito ciò che il destino ha diviso.”
-Anonimo-
“Non esiste separazione definitiva fino a quando c'è il ricordo.”
-Isabel Allende-
“È nel ricordo che le cose prendono il loro vero posto.”
-Jean Anouilh-
 
 
“Ci voleva proprio un bicchiere di limonata rinfrescante” disse Terence accomodandosi sulla panchina del gazebo, prendendo posto accanto a Candy
“ Eh già!” rispose Candy curiosa di sapere di che cosa volesse parlarle.
“E’ una bella serata, cominciano a vedersi le prime stelle …” continuò lui che non sapeva da dove cominciare. Le aveva detto che voleva parlarle, voleva un suo consiglio in merito ad una questione molto personale e, adesso che doveva affrontare il discorso, sembravano mancargli le parole.
 “Quando vuoi, ti ascolto”, riprovò lei, nel tentativo di esortarlo a parlare, non voleva sembrare insistente.
“ Lo sai che non mi piace molto raccontare i miei affari privati, ma ho bisogno di un consiglio e preferirei un parere femminile “
“Ah, credo di saperlo bene ormai … e beh, se ti posso essere d’aiuto ben volentieri, gli amici a questo servono no?”
“Gli amici”, pensò lui e dovette reprimere una risata sarcastica che gli proveniva dal profondo dello stomaco.
“ Susanna… ti ricordi di lei vero?”
Lei annuì.
“ Io e lei… ecco, non siamo mai stati una vera coppia … non ci siamo mai sposati… io non l’amavo, lei lo sapeva” disse lui ma si dovette interrompere, era troppo difficile raccontarle tutto; certo voleva fare sì che lei ricordasse, ma aveva paura sia di vederne la reazione, sia di sapere cosa avrebbe pensato di lui, in caso non avesse ricordato.
Lei lo guardava incuriosita, parzialmente delusa da quell’ammissione, il suo cuore batteva a mille, non si era certo aspettata una tale confessione …
“ Lei mi ha salvato la vita, una sera in teatro è caduto un faro e se lei non mi avesse fatto scudo con il proprio corpo, perdendo una gamba, io sarei morto.”
Lui guardò le lacrime scendere sul viso di Candy, si chiese se stesse toccando le corde della sua memoria o se fosse solo la storia a commuoverla: non gli piaceva vederla piangere, ma era necessario che le raccontasse quella cosa, voleva sapere come avrebbe reagito …
Lei percepì le lacrime rigarle le guance; quando Terence aveva cominciato a raccontare, il bel blu dei suoi occhi si era spento e lei si era sentita avvolgere in un alone di tristezza e disperazione, era una così strana sensazione.
 Le sembrò quasi di sentirsi raccontare una storia che aveva vissuto in prima persona.
“Mi spiace molto!” furono le uniche parole che Candice riuscì a proferire.
“Beh ai tempi io … non avevo una vera e propria fidanzata ma ero innamorato di una ragazza speciale e volevo sposarla, ma lei mi spinse a rimanere al fianco di Susanna …”
“Ora capisco perché quando parli di Susanna non percepisco amore ma acredine nelle tue parole”
“ Sai, adesso che Susanna non c’è più, potrei avere un’altra chance con la donna che amo da sempre, dai tempi della scuola” disse lui interrompendosi nel vedere che lei piangeva copiosamente, scossa dai singhiozzi.
“Terence “ disse lei stringendogli la mano … “ io … io …”
La suspance creata dalle parole di Candy lo stava lacerando, non capiva se i ricordi stessero riaffiorando, ma se così era, che senso avrebbero avuto quelle lacrime e che la mano della ragazza avesse cercato la sua?
“Scusami Terence, sono una sciocca sentimentale “
“Oh no Candice … a me dispiace averti fatto piangere” disse lui allungando una mano verso il viso di lei, asciugandole le lacrime con una carezza gentile.
Le parole di Terence, “La donna che amo da sempre” le rimbombavano nella mente rendendola incapace di controllarsi, sentiva il cuore in mille pezzi come se vi fosse deflagrata una bomba, come se un tifone avesse spazzato via tutto;  la disperazione, il dolore del sapere, di avere la conferma che lui fosse innamorato e non era di lei che stava parlando… si conoscevano da un po’ ma sicuramente non dai tempi della scuola.
La verità di quelle parole l’aveva ferita così profondamente.
“ Scusami, forse ti sto chiedendo troppo?”
“No, ti prego, continua”
“ Vedi io… potrei avere una seconda chance con lei, ma ho paura di quello che potrà pensare di alcuni errori che ho commesso … in questi anni … ecco io …”
Lei non lo lasciò terminare, non voleva conoscere quegli errori, anche se poteva immaginare.
Deglutì e si fece forza, non poteva certo fare finta che non glielo avesse chiesto, anche se avrebbe voluto, così cercò di ricomporsi.
“Terence, se lei prova un millesimo dell’amore che vedo nei tuoi occhi per lei, sono sicura che capirà e ti perdonerà, forse ci vorrà del tempo perche accetti, ma vedrai che capirà!”
“Io lo farei se fossi al suo posto”  si disse lei che desiderava ardentemente poter essere la donna amata da quel giovane. La comprensione dei suoi stessi sentimenti la lasciò stordita, ora finalmente lo poteva ammettere a sé stessa: era perdutamente innamorata di lui.
“Perdonami Terence,  ma ora devo andare” disse alzandosi di scatto e cercando di scappare via; correva via dai suoi sentimenti, scappava da Terence e dalla rivelazione che lui amava una donna che non era lei, fuggiva dal dolore che la stava lacerando.
Le sue stesse lacrime l’accecavano, annebbiandole la vista, non sapeva dove stava mettendo i piedi ma l’importante, in quel momento, era allontanarsi il più possibile.
Scossa dai singhiozzi, non si rese nemmeno conto che Terence la stava inseguendo.
“Candice, ti prego fermati, non scappare” Terence si era reso conto, pur se troppo tardi,che il racconto fattole aveva sortito un effetto evidentemente differente da quello desiderato; dal modo in cui era scappata, non solo non aveva ricordato, ma probabilmente aveva anche frainteso le sue parole.
Il ragazzo la rincorse con il cuore in gola, aveva paura di avere rovinato tutto, aveva paura di perderla nuovamente … quando riuscì ad afferrarla per un braccio la costrinse a fermarsi, lei non si voltò verso di lui, cercava di nascondergli il viso solcato dalle lacrime.
Lui si rese conto che stava singhiozzando ed ebbe la certezza che lei aveva frainteso … che lei pensava che lui amasse un’altra donna … come aveva potuto essere così sciocco da non valutare tutte le opzioni! “Sono un maledetto idiota” pensò fra sé e sé.
“Candice, per favore, guardami!”
“Terence, ti prego lasciami andare!”
“No Candice, non questa volta, per favore, girati”
Lei si rifiutava di guardarlo negli occhi, così lui la costrinse a girarsi; quando  ebbe la conferma che stava piangendo, si sentì il cuore stringere in una morsa … era colpa sua se stava soffrendo così, poteva leggere il dolore nei suoi bellissimi occhi verdi che sembravano un mare in tempesta.
Le asciugò nuovamente le lacrime, poi con un semplicissimo e naturalissimo gesto, l’attirò a sé e la baciò.
Il contatto con la bocca di lei lo riportò indietro nel tempo, erano passati anni dal loro primo bacio,  gli tremavano le ginocchia proprio come allora, quando era solo un ragazzino e il suo cuore fu inondato di una nuova felicità, di una nuova emozione che da troppo tempo lui non provava.
Lei all’iniziò non ricambiò il bacio ma lo subì passivamente, poi  parve rispondere alle sue labbra e infine si staccò da lui furente.
Terence poté leggere la rabbia che si era accesa in lei, e che ardeva nel suo sguardo.
“Perché ti prendi gioco di me e dei  miei sentimenti?” disse lei quasi urlando, poi alzò una mano e gli tirò un sonoro ceffone.
Terence non fece in tempo a dire nulla, perché Candy cadde in ginocchio al suolo, la testa fra le mani ….
“Anthony … il Mauretania … la St. Paul School … Il Blue River Zoo … la seconda collina di Pony … l’armonica … la melodia di Terence … la festa  di Maggio… il bacio … la Scozia … la festa in bianco … Eleanor… la prima di Romeo e Giulietta”, furono le parole di Candy appena sussurrate mentre un turbine di emozioni la travolgeva.
Candy cadde al suolo svenuta, sopraffatta da quei mille ricordi che finalmente le avevano invaso la mente, restituendole il suo passato.
“Candy, che succede?” disse lui accarezzandole il viso.
Avendo intuito che fosse svenuta la prese in braccio e la portò di corsa dentro casa.
“Alber,t chiamate un dottore per favore!” disse Terence.
“Ma che diamine è successo?”
“Ecco … io … penso che abbia ricordato tutto … o quasi!”
“Come pensi?” disse Albert, mentre apriva la porta della stanza di Candy così che Terence la potesse adagiare sul letto.
“Ora chiamo il Dottor Matthews, poi mi spiegherai tutto!”, disse Albert correndo al telefono nel suo ufficio.
Nel frattempo Terence prese un asciugamani, la bagnò, la strizzò e la poggiò sulla fronte di Candy.
“Apri gli occhi per favore!” disse accarezzandole nuovamente il viso.
“Terence, ma cos’è successo?” chiese Annie che era corsa nella stanza dell’amica seguita da Archie e Karen; nel frattempo era tornato anche Albert.
Terence raccontò loro quanto accaduto e Archie esplose in un impeto di rabbia.
“Granchester, dannazione sei sempre tu!” disse scagliandosi verso il giovane attore.
“Archie no!” disse Candy che aveva appena riaperto gli occhi.
“Candy, come stai, ti prego perdonami!” disse Terence che, preoccupato, si avvicinò alla sua amata.
“Non voglio che litighiate!” riuscì a dire prima di aggiungere “E non voglio mai più avere niente a che fare con nessuno di voi! Tu compreso!” disse poi indicando Terence.
“Ma Candy io…”
“Fuori dalla mia stanza! Tutti!” disse lei strillando, quasi in preda ad una crisi isterica, mentre le lacrime avevano ripreso a scorrere ed era nuovamente scossa dai singhiozzi.
Albert trascinò Terence fuori dalla stanza di forza;  non voleva assolutamente lasciarla sola ma Albert pregò tutti  di lasciarla in pace, di lì a breve sarebbe comunque arrivato il dottore per visitarla e non voleva che si agitasse oltre modo.
 
 


Nda: Oh caspita mi sono accorta di aver sbagliato a correggere e di aver chiamato due personaggio Matthews... so che non se ne sarà accorto nessuno... ma probabilmente nel cambiare i nomi mi è sfuggito qualche cognome XD Vabbeh, rimedierò...
Avveo un po' di ansia stamane al pensiero di postare questo capitolo...
Ho abbondato con le citazioni perchè mi parevano tutte e tre troppo belle per fare una cernita!
Beh, se volete farmi sapere che ne pensate, non potrei che esserene contenta.
Spero che il capitolo tanto atteso non vi deluda.
Volevo dirvi che, visto che ci avviciniamo allafine -mancano solo 3 cap- se finito di leggere dovreste ritenere la storia valida, apprezzerei molto se la metteste fra le ricordate o le preferite, ovviamente se la ritenete degna di esservi inserita.
Altra cosa... Tappeto di fragole... dovrete pazientare fino alle vacanze di Natale... ho un po' di ferie e prevedo di cominciarne la correzione, anche perchè sarà parecchio impegnativa visto i disastri che avevo disseminato...
Vi rammento che mi sono lanciata (dalla finestra) con una orginale, "Il guardiano della finestra"- genere drammatico introspettivo e a breve, periodo di Natale al massimo, inizierò a postare una fantasy "La luna dal colore del mare".
Mi farebbe piacere se passaste e mi lasciaste le vostre opinioni.
Vi ricordo la mia pagina Facebook: I Soliloqui di AlbionMay!
Ringrazio tutte!
Un bacetto a Sogno che è tornata, Aurora, Myriam, Tetide...
Petra Lu che manca da qualche capitolo, Engel che sapevo non poteva commentare e Felisia che ultimamente è molto presente!

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Capitolo 38
*** Una decisione importante ***


 

RICONOSCIMI

 
Capitolo XXXVII

Una decisione importante


 
"Le decisioni devono essere prese con coraggio, distacco e, talvolta con una certa dose di follia – non la follia che distrugge, bensì quella che conduce l’essere umano a compiere il passo al di là dei propri limiti."
-Paulo Coelho-

 
Era rimasta sola nella sua stanza, il dottor Matthews finalmente l’aveva lasciata in pace. Avrebbe preferito non doverlo vedere, ma da brava infermiera sapeva di avere bisogno di sottoporsi ad una visita.
Stava cercando di non pensare a quanto era appena accaduto, ma non le riusciva affatto facile.
Non riusciva a capacitarsi di come, proprio le persone di cui si fidava tanto, l’avessero tradita con una tale semplicità.
Se ripensava a tutte le bugie che le avevano propinato, sentiva la rabbia crescere a dismisura dentro di sé.
E pensare che per mesi si era arrovellata per svelare il mistero del “ragazzo del passato” e per mesi si era sentita in colpa nei confronti di Terence perché si sentiva divisa fra un passato che non ricordava e un presente che era semplicemente troppo bello per essere vero.
Si sentiva stupida, l’avevano presa in giro e l’avevano ferita come pochi prima di allora.
Davvero non riusciva a spiegarsi, non poteva capire, come l’avessero ingannata per tutto quel tempo senza crearsi il mimino scrupolo e senza alcun rimorso, o almeno così le era parso.
Ora che ricordava il suo passato, si sentiva tradita e tutto ciò che desiderava era poter fuggire e sfuggire a quel presente con il quale, in quel momento, non voleva scendere a compromessi e non  voleva avere nulla a che fare.
Sentì bussare alla porta della sua camera e si chiese chi potesse essere. Le pareva di essere stata chiara, non voleva assolutamente vedere nessuno ma in fondo sapeva che né Terence né Albert le avrebbero dato tregua fino a che non li avesse ascoltati.
La cosa buffa era che a lei non interessava chiarire in quel momento. Non le interessavano le loro sciocche scuse. Era stata ferita profondamente e non potevano certo pretendere che tutto il male che le avevano causato, potesse essere cancellato con un semplice colpo di spugna.
Non rispose e così chiunque ci fosse dietro quella porta, provò nuovamente.
“Non voglio vedere nessuno, mi pareva di essere stata chiara!” esclamò lei piccata.
“Per favore, ascolta ciò che ho da dirti. Se poi non vorrai rivedermi ti lascerò in pace.” le disse Terence tentando di convincerla ad aprire quella dannata porta che li separava.
Era Terence e, dal tono della sua voce, poteva distinguere chiaramente che era in pena e che gli premeva poterle spiegare le sue ragioni. Era anche sicura che, data la risolutezza del giovane, non l’avrebbe lasciata in pace fino a quando non lo avesse ascoltato.
Si alzò di malavoglia dal letto e, prima di aprire la porta inspirò profondamente, nel tentativo di raccogliere le poche forze che le erano rimaste.
La rivelazione del proprio passato era stata a dire poco provante, era stata investita e travolta da tutti quei ricordi, di cui una buona parte dolorosi, e non aveva certo avuto modo di assimilare il tutto.
Terence si sentiva a dire poco angosciato. Aveva chiesto diverse volte ad Albert di raccontare a Candy la verità, aveva tentato diverse volte di fargli capire che secondo lui, qualora Candy avesse ricordato, non li avrebbe perdonati e ne aveva avuto la conferma.
Il suo timore più grande non era solo la possibilità di perderla e il ferirla, ma la certezza che l’avrebbe delusa nuovamente. Aveva quasi la sensazione che fosse destinato a deluderla, perché se riguardava al passato e alle situazioni che li avevano coinvolti, era stato un continuo disappunto, ne era certo.
Tentennò prima di bussare a quella porta una seconda volta; certo, voleva poterle spiegare perché avevano agito come avevano agito, ma non era più certo che avesse senso. Aveva ragione lei a sentirsi delusa e tradita, cosa le avrebbe potuto dire? Non si meravigliò quindi, quando lei gli ribadì che non voleva vederlo e, anche se si era aspettato una tale risposta, la cosa non poteva certo non ferirlo. Stava ponderando se andarsene o se riprovare quando, improvvisamente, e contro ogni aspettativa, quella maledetta porta si aprì. Ringraziò Dio perché non pensava che l’avrebbe più rivista e, quando lei gli fece cenno di entrare, ebbe la certezza che nei pochi minuti che lei gli avrebbe concesso, avrebbe dovuto giocarsi il tutto per tutto.
La osservò dapprima in silenzio e notò i suoi occhi gonfi e rossi;  non poté non provare una fitta al cuore sapendo di essere stato lui a causarle quell’ennesimo dolore.
Inspirò profondamente prima di cominciare a parlare. Non sapeva nemmeno da dove partire.
Come avrebbe voluto che lei potesse leggere nel suo prolungato silenzio come si sentiva, ma quello era il momento sbagliato per tacere, doveva parlare, doveva spiegarle, perché lei quella volta non era disposta a sottostare ai suoi bizzarri modi di agire, non aveva intenzione di leggere nei suoi occhi il suo tormento. Terence decise, nonostante gli costasse e non poco, di lasciare parlare il proprio cuore, sperando che le sue parole le giungessero veritiere.
“Immagino che non te ne farai nulla delle mie scuse…” cominciò lui per venire subito interrotto dalla freddissima risposta di lei.
“Decisamente.” disse secca e distaccata, dalla sua voce non traspariva la minima emozione, il minimo tentennamento. Quella risposta, così lapidaria, gli rese decisamente più difficile quell’arduo compito. Lo sguardo di lei, gelido e scostante, era per lui come il vento del nord che gli sferzava non solo il volto, ma l’anima ed il cuore.
“Sono contento che tu abbia recuperato la memoria, anche se avrei sperato che accadesse prima.”
“Non sarebbe stato più semplice dirmi la verità?” lo interruppe lei innervosita.
Se pensava di poter ottenere un’assoluzione con delle banali scuse, si sbagliava di grosso.
“Avrei voluto, sin dalla prima volta che ci siamo rivisti.” disse bloccandosi, non poteva dirle altro, non poteva certo scaricare tutta la colpa su Albert, doveva dare il tempo, anche al suo amico, di parlarle. Non spettava a lui spiegarle i motivi per cui Albert le aveva tenuto nascosto tutto.
“Direi che è stato decisamente più semplice prendermi in giro?!” esclamò lei, sempre meno capace di tenere a bada l’uragano che stava provando dentro.
“Lo pensi sul serio? Io avrei … avrei voluto abbracciarti, stringerti a me … avrei … avrei voluto confessarti che per me non è cambiato nulla, che io non sono cambiato, sin da quando ti ho rivista ma … “si interruppe perché lo sguardo di lei era tornato a farsi indifferente e la cosa lo turbò.
Si chiese se fosse davvero possibile che non le interessasse o se fosse così arrabbiata da rifiutarsi di cercare di comprendere.
Era sempre stata una persona estremamente altruista, ma in quel momento pareva accecata dalla rabbia, o quel che era forse peggio, pareva accecata dal dolore.
“Abbiamo sbagliato, lo so e lo sapevo anche prima.”
“Finalmente ti sento dire una cosa sensata. E, visto che siamo concordi su questa cosa, direi che non abbiamo più niente da dirci.” disse lei a fatica, non sarebbe riuscita a tenere a bada le proprie emozioni, e quelle dannate lacrime che premevano per scendere, ancora a lungo.
Per quanto fosse delusa ed irata, non poteva certo negare che lo amava. Lo amava dal profondo del suo cuore, lo amava più di sé stessa, non aveva mai smesso e non avrebbe mai potuto. Vedere che le proprie parole lo ferivano le faceva male, ma non riusciva ad evitarlo. In qualche modo forse, finalmente, si stava liberando di tutto quel peso che si era tenuta dentro per anni e che aveva rischiato di farla sprofondare.
Non avrebbe mai potuto dimenticare tutto il dolore, tutta la sofferenza.
Il flusso dei suoi pensieri fu tempestivamente interrotto dall’ennesimo reo confesso che bussava alla sua porta.
“Avanti il prossimo!” disse lei accompagnando quelle parole ad una risatina amara, isterica. Tanto valeva arrendersi all’evidenza e ascoltare chiunque avesse qualcosa da dire, forse poi, finalmente, l’avrebbero lasciata tranquilla.
A quanto pareva, a nessuno interessava di quel suo unico desiderio, di poter stare da sola, in santa pace per un po’, per un bel po’.
“Posso tornare dopo.” disse Albert non appena entrato, non credeva che Candy stesse già parlando con Terence e non capì perché mai lo avesse lasciato entrare.
“Perché mai? Con lui ho finito.” affermò lei freddamente.
“Ma Candy io …”
“Terence l’hai ammesso tu stesso, hai sbagliato. Hai sempre avuto modo di scegliere e hai sempre optato per la scelta sbagliata. Ora davvero pretendi che ti perdoni per avermi mentito? Per avermi trattata e per avermi fatta sentire come una perfetta stupida?” non proferì quelle parole a cuor leggero, perché sapeva che lo avrebbe ferito, eppure non riuscì a fermarsi.
In quel momento, l’unica cosa che desiderava, davvero era poter smettere di amarlo. Avrebbe voluto che il proprio cuore non fosse tra le mani di quell’uomo.
“Non è colpa sua. Gli ho proibito io di dirti la verità e poi quando eravamo pronti a dirtela, hai cominciato a ricordare, ricordi tristi e sembravi turbata dal tuo passato. Persino il dottore ci ha consigliato di lasciarti ricordare naturalmente.” Si intromise Albert, che aveva appena assistito a quella scena sbigottito ed esterrefatto; mai e poi mai avrebbe pensato che la sua bambina avrebbe potuto reagire a tale maniera. Aveva decisamente sottovalutato la sua rabbia e sopravvalutato il suo altruismo.
“Questo tuo tentativo di assumerti tutte le colpe è certamente degno del tuo nobile animo.” gli si rivolse lei.
“Sii ragionevole, tu stavi soffrendo, cosa avremmo dovuto fare? Quando ti sei svegliata e non ricordavi più nulla, sono stato io a scegliere di non dirti niente di lui, di voi.”
“Pensi di avere bisogno di ricordarmelo? E pensi di sapere quanto stavo male? Bene , oggi ti dirò la verità, no Albert non sai come stavo. Perché ho sempre finto di poter andare avanti. Ho sempre finto, dietro a tutti i miei sorrisi. Perché stavo male e non volevo che vi preoccupaste. Perché ti avevo promesso” – disse poi rivolgendosi a Terence –“ che sarei stata forte e sarei stata felice. Ti avevo promesso che sarei andata avanti. E sai perché? Perché non volevo che fossi dilaniato dal dubbio, che vivessi col senso di colpa, perché dovevi giungere ad una scelta e sia scegliere me che lei, avrebbe causato della sofferenza. Ma se avessi scelto me, non avresti potuto vivere schiacciato dal rimorso. Pensi che non lo sapessi allora? Perché pensi che me ne sia andata senza lasciarti il tempo di pensarci su?”
Terence non disse nulla perché quel fendente lo colpì dritto al cuore.
Lei si era sobbarcata tutta quella sofferenza per non costringerlo a scegliere. Non aveva scelto la via più semplice per sé stessa, ma quella che aveva creduto essere la più semplice per lui.
“Volevamo dirti la verità a Natale …” cominciò Albert che fu interrotto da Terence.
“Ma io sono dovuto partire. Come potevo dirti tutto e andarmene?”
“Ah certo, il teatro prima di tutti, prima di me. Come sempre. Come quando mi hai lasciata come una sciocca a Londra, come quando ci siamo incrociati a Chicago, come quando mi hai invitato a New York per la prima.” Candy proferì tali parole con il solo intento di ferirlo e, dall’incupirsi di quello sguardo che conosceva così bene e che tanto amava, capì che aveva fatto centro.
“Se pensi questo di me, vuol dire che non mi conosci. Sarei potuto partire per New York già quell’estate in Scozia, eppure non lo feci. Mia madre mi chiese di partire con lei e vuoi sapere che le risposi? Le dissi che volevo stare con te. Che mi interessavi più del mio primo amore, del teatro, della recitazione.” le rivelò un dei suoi segreti più intimi e lo pronunciò quasi con rabbia. Pausò prima di riprendere.
“Se è davvero questo ciò che pensi di me…” cominciò ma si interruppe non appena si accorse che Candy stava piangendo.
Accennò a fare un passo in avanti ma lei lo bloccò con uno sguardo eloquente e che la diceva lunga su come si sentisse in quel momento.
“Ho ascoltato le vostre ragioni, ora posso rimanere sola?”
“Vorrei solo che ci riflettessi, perché la colpa è interamente mia.”
“Albert, questo mi è chiaro ma non cambia la posizione di Terence. Avrebbe potuto dirmi la verità invece che lasciarsi coinvolgere in questa farsa.”
“Ok, forse è meglio che vada. Se hai bisogno, sai dove trovarmi.” Disse lui uscendo da quella stanza e lasciandoli soli.
“Puoi andare anche tu.” suggerì freddamente al suo Terence.
“Vorrei solo dirti un’ultima cosa.” Le disse lui avvicinandosi.
Con il cuore in gola e la paura di perderla che lo divorava, coprì la distanza che li separava e le prese il volto fra le mani. La costrinse a guardarlo negli occhi. Con suo enorme stupore lei non si ritrasse. La sentì tremare.
“Guardami. Sono lo stesso che hai lasciato su quelle dannate scale. Perché da quel maledetto giorno per me il tempo ha smesso di scorrere, fino a quando non ti ho rivista. Era tanto che non vedevo Albert, non credevo certo di rivederti quella sera …” inspirò prima di riprendere “… è stato un colpo per me scoprire che avevi perso la memoria. Ma lascia che sia sincero perché, se da una parte me ne sono rattristato, da una parte sono felice di sapere che quell’amnesia ti ha permesso di smettere di soffrire per un inetto, un essere indegno come me.”
“Terence …” fu l’unica cosa che lei riuscì a dire, colpita dalle dure parole che il ragazzo aveva rivolto contro sé stesso.
“Ti ho delusa troppe volte, lo so e, se non vorrai perdonarmi me ne farò una ragione. Ma sappi che … TI AMO, non hai mai smesso!” riuscì ad ammettere per la prima volta, sentendo così, per la prima volta in tanti anni, il suo cuore libero da un peso, da quella sensazione di oppressione che si era portato dentro a lungo.
Quando Terence le lasciò il volto, le rivolse un mezzo sorriso e poi lasciò quella stanza, con il cuore ridotto ad uno straccio.
Quando Candy si rese conto di essere rimasta sola con i propri pensieri, il suo cuore si sentì libero di esplodere in mille frantumi, in mille schegge di dolore.
Solo quando il ragazzo chiuse la porta dietro di sé, si permise di crollare, sia sotto il peso dell’intera situazione, sia perché si sentiva terribilmente in colpa per le parole orribili che gli aveva rivolto.
Come aveva potuto rivolgere parole così cariche di astio e risentimento alla persona che amava più della sua stessa vita? Avrebbe voluto dirgli che lo perdonava, ma la rabbia che provava riusciva  sovrastare anche l’amore che aveva sempre provato, per quel giovane ribelle.
Fu proprio grazie a quella riflessioni e grazie alla consapevolezza che continuando a restare lì non avrebbe avuto modo di chiarirsi le idee, che maturò una decisione. Le sarebbe costata, e molto, ma non poteva fare diversamente.
Quella mattina, alle cinque lasciò villa Andrew con una piccola borsa; sgaiattolò via silenziosamente, lasciandosi alle spalle quella casa avvolta ancora nel silenzio che il sonno è solito portare con sé.
Camminç per qualche minuto prima di trovare un taxi.
“Al porto.” ordinò al tassista, senza mai voltarsi. Stava per lasciare le persone che amava e che avevano rappresentato per lei un punto fermo, per così tanto tempo, ma nella mente aveva solo una cosa: doveva allontanarsi da loro, da lui.
 
Terence aveva cercato di mantenere la calma, tentando di convincersi che lei avrebbe capito, che aveva bisogno di tempo, ma il suo cuore gli diceva diversamente. Sapeva che non lo avrebbe perdonato, sapeva che la stava perdendo e, la cosa peggiore, era sapere che non poteva fare nulla e che era lui stesso l’artefice della propria disgrazia.
Quella sera, dopo tanto tempo, si concesse una sigaretta e ne rise. Se Candy lo avesse visto probabilmente si sarebbe arrabbiata… o forse non gliene sarebbe importato nulla…
Se fosse stato il vecchio Terence di qualche anno prima, probabilmente si sarebbe recato in qualche bar per affogare i dispiaceri nell’alcol e magari per rilasciare la tensione con qualche rissa,ma non era più lui, era cambiato … ma era davvero cambiato? Non era lo stesso sciocco ragazzino che si era lasciato scivolare via dalle mani la donna più importante della sua vita? Non era lo stesso stolto giovane uomo che si era lasciato sopraffare dalla situazione e aveva lasciato che lei prendesse le redini di quanto stava accadendo? Non l’aveva delusa nuovamente, come era solito fare? Certo, era sempre lui, colui che riusciva a fare tante cose ma non rendere Candy felice. Se se ne fosse accorto per tempo, forse sarebbe stato ancora in grado di salvare il salvabile.
Era sera tarda, avrebbe dovuto dormire, ma come poteva andare a letto? Come poteva riposare tranquillo sapendo di averla lasciata a pezzi, solo qualche stanza più in là?
La testa gli doleva talmente erano tanti i pensieri che vi si affollavano, pensava che sarebbe impazzito se non avesse fatto qualcosa per fermare, per fare scemare quella sofferenza che gli stava stringendo il cuore in una morsa e che gli faceva dolere il petto a quella maniera.
A farne le spese del suo pessimo umore e della sofferenza che lo stava soffocando, fu il vaso con i fiori che adornava la scrivania presente in quella stanza.
Riuscì a fargli descrivere un volo in aria che attraversò l’intera stanza, i fiori e l’acqua si sparsero ovunque mentre i frammenti di vetro ricaddero sparpagliandosi sul pavimento, emettendo un gran rumore quando il vaso toccò terra. Guardò quei frammenti lucenti e colorati diffondersi a pioggia sul pavimento e per un attimo sostituì l’immagine del vaso con il proprio cuore. Perché era così che lo sentiva, ridotto in un milione di minuscoli frammenti.
 
 
Era stata una giornata a dire poco bizzarra per Terence ed era solo l’inizio di una spirale discendente.
Aveva trascorso una notte turbolenta, aveva faticato, e non poco, a prendere sonno.
La consapevolezza di avere sbagliato, ancora una volta, lo uccideva e non gli lasciava tregua.
Quando si alzò era ancora presto ma il solerte Sig. Miles era già all’opera come tutto il personale di servizio.
La casa sembrava immersa in una surreale calma apparente e Terence non poté evitare di chiedersi per quanto sarebbe durata.
Annie ed Archie non avevano ancora avuto modo di parlare con Candy,  per cercare di chiarire, ed era abbastanza certo che non avrebbero saputo attendere ancora a lungo.
Il giovano attore si fece portare una tazza di tè, aveva lo stomaco chiuso in una morsa e non avrebbe assolutamente potuto mandare giù nulla.
Non passò molto tempo prima che gli altri lo raggiungessero per colazione.
Dai loro volti tesi e stanchi ne dedusse che dovevano avere dormito a fatica anche loro.
“Hai già visto Candice?” gli chiese Annie impaziente, non vedeva l’ora di poter chiarire quella spiacevole situazione. Il nervosismo che aveva accompagnato quelle ultime ore, dal momento in cui Candy aveva riacquistato la memoria, le stava diventando insopportabile. Capiva perché Albert le avesse chiesto di pazientare, era certa che Candy in quel momento non avrebbe voluto sentire ragioni e magari avrebbe finito col fraintendere quanto le voleva dire, però per lei ed Archie non fu per niente facile doversi tenere quel peso sul cuore e non sapevano ancora che avrebbero dovuto accollarsi quel fardello per diverso tempo.
Albert chiese al signor Miles di verificare se Candy  si fosse già svegliata.
 
Il maggiordomo bussò alla porta della ragazza con delicatezza, non voleva certo essere lui a svegliarla. Per quanto non gli piacesse immischiarsi degli affari della famiglia, non aveva potuto evitare di sentire quanto era accaduto.
Tutto taceva.
Riprovò, con maggior forza.
Non ottenendo rispost,a cominciò a preoccuparsi e decise di aprire la porta. Sapeva che non era concesso loro di entrare senza aver ricevuto esplicito permesso, ma quel silenzio irreale che proveniva dalla stanza lo aveva allarmato.
Quando spalancò la porta non si sorprese di trovare la stanza vuota e alcuni vestiti sparpagliati sul pavimento, cosa che non era certo abitudine della signorina Candice.
La sua attenzione venne catturata da quelle che sembravano due lettere, sulla scrivania della ragazza.
Una era indirizzata ad Albert, mentre l’altra pareva riportare l’indirizzo della Casa di Pony.
Prese le lettere e ridiscese recandosi a passo svelto verso la sala. Quando vi arrivò trafelato, la sua espressione preoccupata non poté non allarmare i presenti.
“La camera della signorina è vuota, mi sono permesso di aprire la porta. Ho trovato queste!” disse agitando le due buste che teneva in mano.
Terence si alzò di scatto, preoccupato, corse su per le scale e spalancò la porta della camera di Candy. La trovò vuota come gli era stato detto anche se non pareva mancare nulla a prima vista.
Ridiscese e si recò in giardino, però lo stalliere gli confermò di non aver sellato nessun cavallo per Candy e di non averla vista uscire per una delle sue solite passeggiate.
Rientrò col cuore in gola ed il panico che si impadroniva di lui.
Possibile che se ne fosse andata senza dire nulla? Poi, d’improvviso, parve ricordarsi delle lettere che il maggiordomo aveva consegnato ad Albert, motivo per cui rientrò. Forse quelle avrebbero svelato l’arcano.
“Non c’è! ”- disse rientrando trafelato-“ Nessuno sembra averla vista.”
“Sì, lo so.” Rispose Albert cercando di rimanere tranquillo. Aveva appena finito di leggere il messaggio di Candy ad alta voce.
“ L’hai già letta?” chiese e ottenne un lieve movimento del capo come risposta.
Allungò la mano verso Albert sperando che gliela lasciasse leggere.
Albert titubò prima di porgergli la lettera, certo che la reazione di Terence sarebbe stata un altro motivo di preoccupazione.
Candy ci aveva impiegato diverso tempo a scrivere quelle poche parole. Aveva cancellato, scritto e riscritto perché era talmente confusa e ferita, da non sapere nemmeno lei che cosa scrivere. Non aveva avuto nemmeno il coraggio di cominciare la lettera con la parola “ Amici “ poiché in quel momento faticava a sentirli come tali. Non aveva lasciato alcuna lettera specificatamente per Terence perché non aveva molto da dirgli. O meglio, forse c’era fin troppo da dire ma, visto che lo conosceva bene, non voleva lasciargli delle parole su cui rimuginare. Voleva prendersi del tempo per pensare, tempo per sé stessa, motivo per cui era giunta alla conclusione che allontanarsi da loro era l’unica scelta plausibile.
 
“Vorrei che sapeste che non ho preso questa decisione a cuor leggero.
E’ stata una lunga notte in cui ho pensato e ripensato e sono riuscita a giungere alla sola conclusione di avere bisogno di tempo, tempo per me stessa. Ho bisogno di stare da sola, di capire di riflettere e stare lì con voi non farebbe altro che farmi sentire sotto pressione.
Vorrei solo che rispettaste questa mia decisione.
Quando sarò pronta, sarò io a farmi risentire. Vi assicurò che non ho intenzione di fare niente di avventato o sciocco, per cui non temete per me.
Terence, per favore, non cercarmi. Non potrei darti la risposta che sicuramente cercheresti nei miei occhi.
Prendetevi cura di voi stessi.
Ps: Albert, ti chiedo un favore, sta’ vicino a Terence.
Grazie,
 
Candice”

 
Le parole di Candy rimbalzarono fra i suoi sensi, prima di approdare definitivamente nella sua mente. Ci mise qualche istante prima di rendersi definitivamente conto che se ne era andata.
Se ne era andata senza dire nulla, se non che voleva rimanere da sola, e come non capirla? Dopo tutte le menzogne che le avevano propinato, si era quasi meravigliato che avesse persino lasciato loro un messaggio. Ma del resto, Candy era così, lo era sempre stata, non voleva che gli altri si preoccupassero per lei e lo dimostravano anche quelle parole con aveva tenuto a rimarcare che non avrebbe fatto nulla di sciocco, per cui non avrebbero dovuto preoccuparsi per lei.
Terence rilesse le ultime righe a lui dedicate.
Non voleva che la cercasse perché non poteva dargli una risposta. Certo, perché lui voleva sapere se poteva perdonarlo, e lei lo sapeva. Lo conosceva troppo bene da non immaginarsi che avrebbe vissuto con il rimorso di avere errato e con quello spasmodico desiderio di cercare la sua assoluzione. Ma dalle sue parole, Candice aveva lasciato intendere che non era pronta per quell’assoluzione e, sconsolato, Terence si chiese se lo sarebbe mai stata.
 




NdA:
Ed eccoci alla reazione di Candy! Allora, sono da lapidare? Vi sembra verosimile?
Non è stato facile scriverla... da un parte ho dovuto tenere conto del carattere di Candy, del fatto che lei sia troppo buona per non perdonare... ma dall'altra non ho potuto evitare di pensare che se la sarebbe presa a morte e che ci sarebbe voluto un po' affinché lei potesse digerirla...
Spero di avervi stupito ma di non aver esagerato...
Un abbraccio a tutte e un grazie particolare a chi commenta!
Vi piace la nuova grafica? Devo ringraziare Marty per questo! E Irene per il banner!

 

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Capitolo 39
*** La fine e l'inizio ***


 

RICONOSCIMI

 
Capitolo XXXVIII - La fine e l’inizio
 
"Massimo segno della fine, è il principio."
-Carlo Dossi
-

Se ripensava a tutto ciò che le era accaduto nelle ultime ore, faticava a crederci.
Il suo mondo era andato sgretolandosi, pezzettino dopo pezzettino e lei era rimasta immobile, a guardarlo andare in frantumi.
Poi, dentro di sé, qualcosa era scattato e aveva deciso che doveva allontanarsi. Era l’unico modo per potersi riappropriare della propria vita, mettere dello spazio, quanto più spazio possibile fra loro e lei, soprattutto, fra lui e lei.
Giunta al porto, si era chiesta se anche il destino ce l’avesse con lei. La nave su cui si era imbarcata era il Mauretania e, così come tanti anni addietro, si era ritrovata a ripercorrere la stessa tratta, sulla stessa imbarcazione dove aveva conosciuto lui.
Era partita con un’idea precisa riguardo la destinazione, perché voleva tornare proprio lì, nei luoghi dove avevano trascorso una felice estate e dove il loro rapporto era andato approfondendosi, prima dell’orribile trappola tesa loro da Iriza.
Le pareva così strano trovarsi nuovamente su quello stesso transatlantico. Era passato davvero diverso tempo, eppure tutto pareva essere rimasto immutato nel tempo.
Aveva quasi paura mentre, lentamente, si dirigeva nel punto preciso dove il suo scialle aveva deciso di prendere a svolazzare per poi atterrare ai piedi di quello strano ragazzo.
Le aveva ricordato Anthony; per un istante aveva scambiato quell’insolente, per il dolce Anthony.
Le dispiaceva non essersi potuta recare a Lakewood proprio adesso che aveva ricordato, per poter rendere omaggio al suo carissimo Anthony e a Stear, ma la necessità di scappare, di allontanarsi, era stata troppo forte.
Rivisse mentalmente il loro primo incontro, quando aveva visto Terence con lo sguardo perso, concentrato su chissà cosa, e poi ne aveva intravisto le lacrime che lui aveva prontamente negato di aver versato.
Un misto tra amarezza e malinconia la assalì e si sentì soffocare. Non si era resa conto che le lacrime le stavano rigando le guance.
Non era riuscita a trattenerle. Amava Terence, ne era certa, lo aveva sempre amato, ma era difficile poter perdonare e dimenticare. C’erano troppe cose che non sapeva, ma non era pronta a conoscerle.
Essere messa al corrente di ciò che lui aveva vissuto con Susanna, capire perché mai tutti le avessero mentito… era decisamente troppo per lei in quel momento.
Asciugò le lacrime e tornò nella propria cabina.
Non aveva intenzione di lasciare che i ricordi avessero la meglio.
Se si lasciava sopraffare dal passato, dai sentimenti, non sarebbe sbarcata in Inghilterra perché, probabilmente, si sarebbe tuffata in acqua nel tentativo di tornare indietro a nuoto.
Doveva essere forte, lo doveva a sé stessa.
Fu una lunga, lunghissima traversata. Cercò di distrarsi, partecipando alle varie cene e spettacoli che si tenevano a bordo, ma era difficile, troppo difficile tenere la mente a bada e non permetterle di vagare e di annegare nel dolore.
Era sicura di aver scelto per il meglio e, quando finalmente sbarcò a Southampton, tutte le sue certezze trovarono un’ennesima conferma. Respirare l’aria della città, nonostante non avesse fatto altro che riportare nuovamente alla mente il momento dello sbarco, quando con lo sguardo aveva cercato e seguito “quel ragazzo”, le aveva regalato una strana sensazione di tranquillità. In cuor suo non poteva essere certa che Terence non sarebbe partito alla volta del vecchio continente per cercarla e riportarla a casa, ma qualcosa le diceva che avrebbe avuto tempo a sufficienza per elaborare quel dolore che sentiva dentro.
Il viaggio in treno, direzione Edimburgo, non poté non ricordarle Patty ed Annie.
Si chiese come stesse la sua amica, si erano sentite davvero poco dal giorno dell’incidente. Chissà se aveva dimenticato, se era riuscita a guarire da quel dolore insormontabile per la perdita del suo Stear.
Lei stessa aveva faticato a dimenticare Anthony, o meglio, a lasciarlo andare, e solo grazie a Terence era riuscita davvero a dirgli addio.
Solo il ragazzo era riuscito a farle capire che era giusto andare avanti e che Anthony avrebbe voluto solo felicità per lei, e di certo non che rimanesse a piangerlo per il resto dei suoi giorni.

Giunta a destinazione, si fece consigliare una piccola pensione dove poter soggiornare. Fu alquanto fortunata, perché la pensione “ Romeo’s” aveva un camera libera e lei l’affittò a tempo indeterminato. Quella sua richiesta stupì l’albergatore che fu però così discreto da evitare di impicciarsi degli affari di quella giovane e bella donna.
La stanza non era molto grande, disponeva di un letto, un armadio e una scrivania con sedia. Era tutto ciò che le serviva.

Era ormai tardi per quel giorno, così decise di cenare presso la pensione e ritirarsi in camera. Una sana dormita forse l’avrebbe aiutata a schiarirsi le idee.
Non era pronta per affrontare “la Scozia” e tutto il carico emotivo che quella terra portava con sé.
Decise che, l’indomani mattina, si sarebbe recata in centro per comprare dei vestiti, del restoera partita in tutta fretta e non aveva potuto portare molto con sé.
L’avrebbe presa con tranquillità e, non appena si fosse sentita pronta, avrebbe affrontato i “loro” luoghi. Il solo pensiero di essere tornata lì, bastava a farla fremere, a metterla in agitazione.
Non aveva mai trascorso un periodo bello e spensierato come era stata quell’estate per lei, motivo per cui aveva scelto proprio quel luogo.



Nel frattempo, a New York, Albert e Terence si erano adoperati per cercare Candy nei luoghi in cui credevano potesse trovarsi. I ripetuti tentativi, falliti, si rivelarono solo un motivo di frustrazione ulteriore, specie per il giovane attore.
Era contento che la stagione teatrale fosse agli sgoccioli, perché aveva potuto chiedere di essere sostituito, senza creare grosso scompiglio.
Più passavano i giorni e più si preoccupavano per lei. Certo, Terence avrebbe voluto poter chiarire con lei, ma il pensiero che si trovasse chissà dove, con la sola certezza di essere stata tradita dalle persone che amava, non lo faceva stare tranquillo.
Non lo sfiorò nemmeno lontanamente l’idea che lei potesse trovarsi in Scozia. Nessuno di loro pensò a quella terra lontana, forse perché teatro del loro amore, cosa da cui lei stava fuggendo.
Passarono ben quattro settimane, prima che Terence ricevesse notizie su Candy e proprio da una persona che mai e poi mai si sarebbe aspettato.
Furono quattro settimane in cui l’attore non si diede pace e continuò a cercarla, sperando in un colpo di fortuna.
Il suo cuore era ridotto in brandelli, lacerato dal dolore per quell’ennesima separazione, dal dolore per la sua assenza.
La consapevolezza di essere la causa della fuga di Candy non lo aiutava certo e contribuiva solo a farlo sentire peggio.
Si maledisse diverse volte per non avere insistito con Albert, per non aver fatto pressioni affinché le venisse detta la verità e, diverse volte, si era trovato a pensare che forse meritasse tutta la sofferenza che stava provando.
Sapere che Candy probabilmente soffriva più di lui era per lui motivo di tormento ed era una cosa che avrebbe voluto farsi perdonare, se mai avesse avuto la fortuna di rivederla. Non poteva credere al destino crudele che gliela aveva fatta incontrare nuovamente, per poi strappargliela in una maniera così insensata.
Era ormai metà luglio, mancavano due settimane al matrimonio di Cornwell, quando Terence ricevette una telefonata: era sua madre.
“Tesoro, non so se tuo padre inizi a risentire dell’età che avanza ma, parlando al telefono con lui poco fa, mi ha raccontato di trovarsi in Scozia per una breve pausa.”
“E cosa ci trovi di strano?”
“Se non fossi certa che abita a New York e che non ha motivi per essere in Scozia, forse non avrei riso tanto, ma tuo padre mi ha raccontato di aver visto una ragazza che gli ha ricordato moltissimo Candy. Si trovava nei pressi del castello e, quando lui ha cercato di parlarle, lei è scappata via.”
“Ne sei sicura?” chiese lui sull’orlo di una crisi di nervi. Possibile che avesse scartato l’idea e che avesse sbagliato?
“Perché me lo chiedi? Scusa, Candy non è a New York?”
“No mamma. È una storia lunga. E non posso stare a raccontartela proprio adesso. Ma poco più di un mese fa, le è tornata la memoria. Il giorno dopo è sparita.”
“Perché non mi hai raccontato nulla?” gli chiese lei preoccupata e stupita.
“Perché non volevo farti preoccupare. Ma se mio padre dice di aver visto una ragazza che le somiglia… devo verificare.”
“ Mi ha detto di avere indagato, per curiosità. Il comportamento bizzarro della giovane ha destato i suoi sospetti. E dire che ho dubitato di lui. La ragazza in questione soggiorna al Romeo’s e si è registrata col nome di May McEntyre.”
“Grazie mamma! Ora scusami ma ho una nave da prendere!” disse eccitato.
Non poteva illudersi che fosse lei, di averla ritrovata, ma aveva bisogno di una speranza, seppur minima.
Era la prima volta che aveva forse un indizio e non poteva certo non verificare di persona. Telefonò ad Albert per metterlo al corrente.
“Vengo con te.”
“Ti prego, lascia che vada solo. So che temi che possiamo litigare e che lei possa decidere di non tornare. So anche che vorresti chiarire con lei. Ma Albert, sai meglio di me che è scappata prima di tutto da me. Lascia che provi a rimettere a posto le cose. Ti prometto che, a costo di sparire per sempre dalla sua vita, te la riporterò. Fidati di me.”
“Terence non ne sono sicuro.”
“Per favore. E, ti prego, finché non sono certo che si tratti di lei, non avvertire Annie ed Archie. Non vorrei trovarmi il damerino fra i piedi.” ammise sincero.
“Ok, faremo come dici tu. Ma promettimi di chiamarmi non appena l’avrai vista. E Terence, sii cauto. Ti prego, cerca di mantenere la calma. Per quanto sono certo che si aspetti di vederti arrivare prima o poi, considera che probabilmente potrebbe non essere ancora pronta.”
“Non ho intenzione di forzarla in alcun modo. Ma cercherò di fare quanto in mio potere per riportarla a New York.” ripeté giocherellando con quella scatolina di velluto, che per anni era stata riposta nel cassetto della sua scrivania.
La mise nella valigia e, chiamato un taxi, si recò al porto.
Una nave sarebbe salpata quello stesso pomeriggio e lui non aveva tempo da perdere. Doveva correre da lei, farla ragionare, farle capire. Doveva almeno provare a ribadirle quanto l’amasse, quanto stupido fosse stato a mentirle… perché era stata una decisione errata, ne era certo, lo era stato fin da principio.
Ma ormai aveva sbagliato e avrebbe fatto davvero di tutto, per cercare di poter rimediare. Era certo, certissimo che sarebbe stata una lunghissima traversata, ma almeno avrebbe avuto il tempo di pensare a quanto voleva dirle.
Nonostante ci avesse riflettuto per oltre un mese, non era ancora certo di quali carte giocare. Sarebbe stato onesto con lei e le avrebbe aperto il suo cuore.
Era pronto a raccontarle tutto di lui e di Susanna, pronto a spiegarle perché tutti le avevano mentito.
Non era certo che lei sarebbe rimasta ad ascoltare, ma doveva perlomeno provarci.


Candy aveva trascorso delle lunghissime e complicate settimane.
Aveva dovuto lottare contro il suo buonsenso che le suggeriva di chiamare e tranquillizzare la sua famiglia, ma non voleva avere contatti con loro, non era ancora pronta a rispondere alle loro domande e, tantomeno, ad ascoltare le loro scuse.
Non era sciocca, era certa che avessero pensato di agire nel suo interesse, ma era decisamente difficile accettarlo e farsene una ragione.
Era stato faticoso ma, lentamente, e dopo una grossissima opera di convincimento, era riuscita a visitare i luoghi dove aveva trascorso del tempo con Terence.
Era stato doloroso per lei rivivere tutte quelle emozioni, ricordarsi di quell’acerbo e nascente amore, dei primi sussulti del suo giovane cuore e di quella paura, che l’attanagliava, perché sentiva qualcosa di così forte e totalizzante, che riusciva a spaventarla. Era troppo inesperta per poter definire quel sentimento che bruciava nel suo cuore, con la parola giusta. Forse aveva capito che era amore, del resto, non si era ritrovata a strillare un “Terence ti amo” su quella dannata banchina del porto di Southampton, quando lui se n’era andato, lasciandola a Londra? Quindi, sapeva di amarlo ma sarebbe troppo difficile ammetterlo. Preferì non ripensare a quel momento così doloroso e soffermarsi sul presente. Era inutile rivangare il passato, inutile caricarsi un altro dolore sul cuore.
La parte più difficile fu quando decise di recarsi nei pressi del castello del Granchester.
Non era certa che ci fosse ancora, nonostante fosse altamente probabile.
Ci pensò su diverse volte, ritornando sui propri passi, prima di riuscire a raggiungerlo. Si fermò ad osservare quell’edificio che sembrava rimasto fermo nel tempo, immutabile. Che bei pomeriggi aveva trascorso con Terence, quando si era offerto di darle lezioni giornaliere di pianoforte, quando, quel pomeriggio della festa in bianco, si erano ritrovati ad asciugarsi davanti al fuoco del camino, soli, in una situazione tanto imbarazzante quanto emozionante. C’era stato un momento in cui aveva sperato che lui facesse qualcosa e poi, quando quel qualcosa non era avvenuto, si era ritrovata a sorridere felice, perché lui aveva rispettato i suoi tempi.
Dopo che lo aveva schiaffeggiato, doveva aver capito che non era pronta per definire ciò che c’era fra di loro, cosa di cui si sarebbe pentita amaramente in seguito.
Per più di un anno sarebbe rimasta ad attendere le sue lettere e a dover fantasticare, leggendo fra le righe, di quell’amore di cui non avevano mai avuto modo di parlare, che non avevano mai avuto modo di dichiararsi apertamente.
Era troppo assorta fra i suoi pensieri per accorgersi di quella figura che le si era avvicinata quasi furtivamente.
“Signorina, posso aiutarla?” quella voce… non poté non fare un salto nel passato e, quando si girò, si trovò faccia a faccia col duca.
“No, mi scusi.” aveva farfugliato facendo per andarsene, ma il duca l’aveva incalzata con altre domande. “Mi scusi se glielo chiedo ma ci conosciamo? Ha un viso a me noto … Sa, se non pensassi che è impossibile… sa, mi ricorda molto una giovane ragazza che incontrai tanti anni fa a Londra… quei suoi occhi verde smeraldo… non li ho mai dimenticati.”
“ Mi spiace, si sbaglia. Ed ora mi scusi.” cercò di salutarlo alla bene in meglio, voleva solo scappare.
Non pensava di imbattersi in qualcuno, tantomeno nel duca e, di certo, non pensava che lui l’avrebbe riconosciuta qualora l’avesse rivista, specie a distanza di così tanto tempo.
Eppure il duca non era riuscito a dimenticare i suoi occhi, perché quello sguardo aveva qualcosa di magico, era impossibile dimenticare la determinazione e la forza di quegli smeraldi.
Candy era rincasata in lacrime, scossa e col cuore che le batteva a mille. In cuor suo aveva temuto di poter essere riconosciuta da qualcuno al castello, ed ora che era successo, non sapeva cosa aspettarsi.
Non sapeva se Terence e suo padre avessero o meno ripreso i rapporti e non sapeva se aspettarsi una visita. Era molto probabile però che Terence si sarebbe presentato alla sua porta. E comunque, mancavano solo due settimane al matrimonio di Annie ed Archie e doveva decidere se tornare e presenziare oppure no.
Sapeva di dover partecipare, il problema era che non si sentiva pronta.
Poteva tornare e fare finta di nulla? No di certo. Poteva tornare e discutere con loro, con tutti loro, prima del matrimonio? Nemmeno.
E allora, l’unica soluzione, era quella di rimanere lì. Le sarebbe spiaciuto mancare al matrimonio, sarebbe stata una cosa che probabilmente Archie ed Annie non le avrebbero mai perdonato, ma ormai aveva capito che di cose da perdonare e di situazioni scomode, la vita era piena.
Non era riuscita ad arrivare a grosse conclusioni in quel periodo di solitudine. Aveva continuato a pensare e ripensare alle stesse cose, eppure di una cosa era certa, la sua famiglia le voleva bene.
Era stata una sciocca a pensare il contrario, così com’era stata stupida a prendersela con Terence. In quel momento, la rabbia per tutte le bugie, per il tradimento, per quello stupido gioco di riconquista che aveva intrapreso il giovane, non le avevano lasciato vedere oltre. Doveva avere i suoi motivi per avere agito così e lei avrebbe dovuto ascoltarli.
Non aveva niente su cui rimuginare, niente su cui ragionare, niente su cui basare le proprie decisioni, se non illazioni e erronee idee che si era fatta da sé e che probabilmente era erronee.
Poteva però riassumere semplicemente il proprio timore: non era pronta a tornare perché non sapeva come affrontare né la sua famiglia, né tanto meno l’uomo che amava. Non sapeva cosa dire loro.
Ed era di certo uno di quei casi in cui il silenzio sarebbe stato solo deleterio.
Candy non poteva sapere che, sballottato dalle onde dell’oceano,un giovane uomo, dagli occhi color zaffiro, si stava arrovellando su come scusarsi con lei.

Era stato un viaggio estenuante, la tensione e l’ansia crescente non lo avevano reso certo più semplic ed il tempo, quel dannatissimo tempo che gli era sempre stato nemico, ancora una volta non era stato dalla sua parte.
Sembrava non volere scorrere, le ore sembravano non voler passare mai.
Quando arrivò al porto di Southampton gli fece una strana impressione rimettere piede in Inghilterra.
Certo, vi era tornato diverse volte a causa del lavoro, ma non si era mai concesso una distrazione, una gita fuori porto, perché tutto in quella terra lo faceva pensare a lei. Mentre viaggiava in treno, ancora incerto su cosa dirle, non poté non riportare alla memoria quella favolosa vacanza in Scozia.
Sarebbe potuto partire per l’America con sua madre, se solo avesse voluto e, invece, aveva trovato una più che valida ragione per rimanere lì e rimandare il proprio sogno di diventare attore di qualche tempo.
Ricordò il pomeriggio della festa in bianco e di come l’avesse presa in giro col risultato di riuscire a rubarle un abbraccio, facendole credere che ci fossero i fantasmi. Sorrise di quel ricordo di un tempo così gioioso, così leggero, spensierato, perché non avevano certo idea di ciò che li attendeva.
Giunto in città, cercò una sistemazione.
Per quanto non avesse intenzione di rimanere a lungo e sperasse i poter ripartire con Candy quello stesso giorno o, al massimo, il giorno successivo, aveva bisogno di una doccia ristoratrice e di mettersi in ordine.
Non voleva presentarsi da lei in quello stato, specie perché si prefiggeva di fare ciò che non aveva potuto a New York, la sera della prima di Romeo e Giulietta.
Non faticò a trovare una stanza dove sistemarsi e in men che non si dica, era già per strada, diretto verso la pensione presso la quale lei forse soggiornava.
Aveva il cuore in gola, le pulsava talmente forte da rimbombargli nelle orecchie e da fargli sentire deboli le gambe. Aveva paura di perderla definitivamente, paura di non riuscire a farle capire, o semplicemente paura che lei non potesse accettare e non volesse andare avanti. Da come si era comportata, non poteva certo negare di essere ancora innamorata di lui ma Terence sapeva bene quanto potesse essere testarda la sua Tutte Lentiggini. Perso fra i mille pensieri, non si rese nemmeno conto di aver già raggiunto la pensione. Entrò e chiese della signorina May McEntyre.
“Non sarei autorizzato a rilasciare certe informazioni.” gli rispose l’oste, e le sue parole furono seguite da un semplice gesto, da parte dell’attore, che bastò ad aprirgli tutte le porte. Gli bastò sfilare una banconota dal portafogli e porgerla all’uomo perché gli indicasse in che stanza si trovava la giovane.
Prima di salire le scale respirò a fondo: poteva essere l’ultima chance di riparare a tutto ciò che nella vita era andato storto.
Dall’esito di quella visita dipendeva il resto della sua vita. Avrebbe potuto sprofondare negli abissi più neri o vivere una vita rischiarata dal sorriso della sua Tarzan. Salì le scale lentamente, con estrema concentrazione, come se stesse camminando su un pavimento di cristallo. Arrivò al primo piano e girò a sinistra.
La prima stanza in quel corridoio era la sua. Se non fosse stata lei, avrebbe fatto una bella figuraccia, ma poco importava.
L’oste gli aveva confermato che la ragazza non era ancora uscita, motivo per cui bussò alla porta certo di ottenere una qualche risposta.
Il “ Chi è?” che provenne da quella stanza, gli confermò che era lei. L’aveva trovata. Avrebbe riconosciuto la sua voce in mezzo a mille, e anche il suo cuore, visto che aveva cominciato a dilettarsi in capriole.
Terence non fece in tempo a rispondere che la porta si aprì, per poi si richiudersi velocemente. Una Candy, in parte stupita, aveva aperto la porta per poi richiuderla una frazione di secondo dopo.
Passò forse un minuto, prima che quella porta venisse nuovamente aperta. Candy non era particolarmente sorpresa di quella visita. Si era aspettata di doverselo trovare di fronte, prima o poi, solo che, per quanto se lo aspettasse, non era certo pronta.
Sgridò il proprio cuore che aveva preso a battere in maniera incontrollata e le mani che le tremavano. Sapeva che doveva riaprire quella porta, perché lui non se ne sarebbe andato tanto facilmente, motivo per cui respirò a fondo, cercò di calmarsi come meglio poteva, chiuse gli occhi per un istante per darsi forza e aprì nuovamente.
Incrociare quei due zaffiri e quello sguardo intenso le fece provare nuovamente le farfalle allo stomaco.
“Sono felice di averti trovata.” esordì lui senza mezzi termini. Si era ripromesso di non lasciare che fossero i suoi soliti silenzi a parlare per lui. Non poteva permettersi di sbagliare, permettersi di lasciare che lei fraintendesse, doveva chiarire tutto.
La risposta di Candy non arrivò, semplicemente perché non sapeva che dire.
“Siamo stati in pena per te, Annie era molto spaventata.”
“Come vedi sto bene.” si limitò a rispondere lei, freddamente.
“Possiamo parlare?”
“Dimmi pure.” rispose lei senza accennare a farlo entrare.
“Posso entrare?”
“Possiamo parlare anche qui.”
“Se è quello che vuoi.” Lei si limitò ad annuire, certa che se fossero stati fra quelle quattro mura, al riparo da sguardi ed orecchie indiscrete, probabilmente sarebbe capitolata e tutte le sue buone intenzioni sarebbero finite nel dimenticatoio.
Da come le batteva il cuore, da come sentiva gli occhi pungere e le lacrime premere per uscire, dalla brama che provava di volerlo abbracciare e non lasciarlo andare via mai più, ebbe l’ennesima conferma dei propri sentimenti nei confronti di quel giovane arrogante. Sì, era il solito arrogante: come poteva pensare di presentarsi da lei e risolvere tutto con delle semplici scuse?
“ Ho tante cose da dirti. Vorrei spiegarti che so di avere sbagliato, che tutti noi lo sappiamo. Ma vorrei anche che sapessi che mi sono trovato davanti a qualcosa di già stabilita e non ho potuto fare diversamente.”
“Potrei sapere cosa stai cercando di dire? Sii più chiaro perché non ho molto tempo da dedicarti.”
“Quando ci siamo rivisti la prima volta, a teatro, è stato davvero difficile per me.”
“Ah, davvero? E dire che non mi era parso. Ma del resto, che sciocca, sei un bravo attore, chi meglio di te potrebbe mentire?”
“Lo pensi davvero? All’improvviso rivedo Albert che non vedevo da anni, mi informa di non essere solo e poco dopo, dopo avermi dato un bizzarro avvertimento dicendomi che qualcuno non si ricordava di me, eccoti nel mio camerino e mi guardi come un estraneo. Secondo te è stato facile, reggergli il gioco? E quando ho saputo del tuo incidente, credi che non ne sia rimasto sconvolto?” si fermò notando che lo sguardo di lei era perplesso, come se le mancasse qualche pezzo del puzzle.
“Stai dicendo che hai scoperto quella sera della mia amnesia e del mio incidente?” chiese lei riuscendo a mala pena a contenersi. Possibile che non avesse capito nulla? Possibile che avesse tratto conclusioni affrettate?
“Esatto. Sarei corso da te se avessi saputo.”
“Ma perché non me lo hai detto?”
“Perché Albert mi ha chiesto di continuare la farsa che avevano cominciato. Quando ti sei risvegliata e non ricordavi nulla, hanno pensato di evitare di dirti…” - pausò, respirò e poi riprese, era troppo faticoso e doloroso riprendere quell’argomento- “ di parlarti di noi. Io stavo ancora con Susanna e loro hanno deciso di tacerti quanto era accaduto.”
“Ma perché? Non pensi che avrei preferito sapere? Se non avessi mai ricordato, mi avreste privato di una della cose più importanti della mia vita!” disse lei non riuscendo a filtrare quell’ultima frase che andò ad urtare violentemente contro il cuore di lui, rompendolo in mille mezzi e, allo stesso tempo, regalandogli un’immensa felicità.
Sapere che riteneva quello uno dei periodi più importanti, non poteva non farlo gioire, perché era così anche per lui.
“Volevamo raccontarti la verità quando hai cominciato a ricordare. Ma dopo l’incidente a cavallo, e quando abbiamo visto quanto ti aveva scioccata ricordare Anthony, anche il tuo dottore ci ha consigliato di agire con cautela. Ti giuro Candy, che avrei voluto dirti tutto e subito. Per me è stato un supplizio starti accanto dovendo fingere, dovendoti mentire… dovendoti nascondere i miei sentimenti. Per me non è cambiato nulla Candy, sono rimasto lo stesso, il mio cuore è rimasto lo stesso, così come i miei sentimenti.”
“Non dirlo. Non voglio che tu lo dica.”
“Ma perché? Vuoi che continui a mentire? Non mi hai chiesto tu di dirti come stanno le cose? Mi spiace non aver mantenuto fede alla promessa, non aver mai ricambiato Susanna come mi avevi chiesto, ma il mio cuore si è rifiutato di farlo. Ho vissuto nel ricordo di noi, di quei pochi momenti felici che abbiamo vissuto insieme… solo il pensiero di te, di noi mi ha dato la forza per continuare…” si fermò nuovamente, ponderando cosa aggiungere. Non era il caso di mettere altra carne al fuoco, eppure voleva dirle tutto prima di potersi inginocchiare davanti a lei.
“ Stai dicendo che non l’hai mai amata? Ma se sei tornato da lei dopo…” si interruppe rendendosi conto che stava sfiorando un argomento delicato.
“Sì, sono tornato da lei, e l’ho fatto per te. Solo una tua visione, in quel teatro diroccato…” trovò il coraggio di cominciare lui, ma lei lo interruppe.
Doveva dirgli la verità. Così come pretendeva dagli altri, non poteva non essere onesta con lui.
“Ero io in quel teatro. Non sai, non immagini il male che mi abbia fatto vederti ridotto così. Ho dubitato delle scelta presa e sono scappata, prima che il mio cuore avesse la meglio e mi costringesse ad avvicinarti, a parlarti.” le lacrime avevano cominciato a scorrere, ma non se ne curava. Non si vergognava di come si sentiva e, del resto, non era la prima volta che Terence la vedeva piangere.
Lei entrò nella stanza e lui la seguì, richiudendosi la porta alle spalle. Avevano decisamente bisogno di un po’ di intimità per affrontare quell’argomento. L’idea che lei lo avesse visto ridotto ad un derelitto, lo spaventava e se ne vergognava.
Non aveva creduto, nemmeno per un istante, che potesse essere realmente lei e aveva dato la colpa ai fumi dell’alcol per quella visione; eppure quella stessa visione lo aveva rimesso sulla retta via.
Lei lo aveva redento ancora una volta, salvandolo.
Entrambi rimasero in silenzio per qualche istante, quello stesso silenzio che veniva solo rotto dai singhiozzi di lei, che aveva bloccato il tentativo di Terence di abbracciarla, per darle conforto. Era consapevole che il contatto fisico con lui le avrebbe fatto perdere quell’ultimo barlume di razionalità a cui si stava aggrappando.
Troppe informazioni in troppo poco tempo e un sovraccarico emotivo a cui non era certa di poter sopravvivere.
Lui non aveva mai amato Susanna, non aveva mai dimenticato lei ed ora erano lì a discutere sul tempo perduto, su un passato che non sarebbe mai stato restituito loro, invece che approfittare della nuova opportunità che il presente stava regalando ad entrambi.
Incerto su come riprendere il discorso, pensò di cambiare argomento.
“Pensi di tornare per il matrimonio di tuo cugino? Annie ci tiene molto. Voleva addirittura spostarlo per aspettarti.”
“ Dici davvero?” chiese lei come stupita. Di cosa si stupiva, era ovvio che Annie non volesse sposarsi senza la sua testimone, senza la presenza di una persona che aveva considerato da sempre come una sorella, oltre che come la sua migliore amica.
“Certo. Ma non dovresti meravigliarti.”
“Forse hai ragione. Ero così intenta a pensare a quanto mi sento ferita da dimenticarmi degli altri. Volevo essere egoista e pensare a me stessa.”
“Ma la mia Candy non è mai stata egoista. Non ne è capace.” “Potevo imparare.” “Sono certo di noi.” le disse sorridendole.
“Torniamo a casa?” le chiese poi, allungando una mano nella sua direzione, per poi  aggiungere – “C’è una nave che parte stasera. Mi sono informato. Potremmo farcela, sempre ammesso che tu voglia partire.”
“Prima che ti presentassi qui, ero certa che ti avrei cacciato a malo modo. Certa che non sarei tornata a casa. Ma forse, comincio a capire che, per quanto abbiate sbagliato, lo avete fatto per proteggermi. Non posso non essere arrabbiata, non posso dimenticare, ma non posso non tenere conto delle vostre paure, delle vostre motivazioni. Non posso dimenticare che sei venuto fino a qui solo per chiedermi scusa.”
“È un sì?” domandò lui speranzoso e lei annuì.
Era talmente felice che avrebbe voluto stringerla a sé, ma lei non era ancora pronta.
“Che ne dici di fare la valigia? Ti aspetto e poi potremmo passare a prendere le mie cose e prendere il primo treno.”
“Va bene. Se vuoi puoi prendere un tè mentre sistemo… cercherò di fare in fretta.“
Terence la lasciò sola con i suoi bagagli. Non aveva voluto tornare al proprio hotel, lasciandola sola, per paura di tornare e non trovarla. Gli era parso strano che si fosse arresa senza troppe difficoltà, credeva che avrebbero litigato a lungo e che lei non lo avrebbe ascoltato.
Certo, non avevano ancora chiarito la questione che più gli stava a cuore, e cioè, loro due, ma ci sarebbe stato tempo.
Non poteva metterle fretta e, sulla nave, avrebbe avuto diverse ore per tentare di affrontare quel discorso che gli stava così tanto a cuore.
Non ci volle molto tempo prima che lei si presentasse al piano di sotto, con una piccola valigia. Aveva pensato e ripensato a ciò che stava per fare, poi aveva deciso di non pensare perché non riusciva a fare altro che crearsi nuovi dubbi, nuove domande a cui certo lei non avrebbe potuto rispondere. Avrebbe parlato con Albert, Annie ed Archie, concedendo loro il beneficio del dubbio. Era la scelta giusta, ne era consapevole.
Prima o poi avrebbe dovuto anche affrontare il discorso in sospeso fra lei e Terence, ma non si sentiva pronta, ogni cosa a suo tempo.
Quando incrociò i suoi occhi, mentre scendeva le scale per raggiungerlo, il suo cuore saltò un battito. Poteva raccontarsi tutto ciò che voleva, ma sapeva di amarlo; almeno a sé stessa non poteva mentire. Poteva dissimulare, fingere con lui, ma non con il proprio cuore. Come negare ciò che sentiva?
Silenziosamente raggiunsero l’hotel dove Terence aveva affittato una camera. Ritirò il suo bagaglio, saldò il conto e poi presero un taxi.
Non dovettero attendere molto il treno e, quel silenzio irreale che era calato fra di loro, fu presto sostituito dal chiacchiericcio degli altri passeggeri. Terence aveva cercato di prendere la valigia di Candy per potergliela portare ma lei, con un gesto brusco, non glielo aveva permesso.
“Pensi di rimanere in silenzio per tutto il tempo?”- gli chiese lei all’improvviso, poi aggiunse-“È un viaggio lungo, potremmo anche affrontarlo separatamente, se credi.” “Veramente stavo rispettando il tuo, di silenzio.” rispose lui sbalordito. Non credeva che volesse sentirlo blaterare ancora.
“Come stanno Albert e Karen?”
“Abbastanza bene. Preoccupati per te. Karen si è trasferita a Villa Andrew, Albert si rifiuta di cercare un’altra casa fino a quando non tornerai.”
“Mi spiace. Mi spiace che la mia decisione abbia influito e influenzato la loro vita. Spero che non me ne vogliano.”
“Perché dovrebbero? Albert sa meglio di me che abbiamo sbagliato.” disse Terence notando alcuni sguardi fissi su di lui. Non poteva certo aspettarsi di passare inosservato, sapeva di essere un viso noto anche in quello sperduto continente.
“Che succede?” gli chiese lei notando che era distratto. “Credo che qualcuno mi abbia riconosciuto. Ci sono un paio di ragazze che mi fissano da un po’!”
“Dimentico sempre che ormai sei famoso.” rise lei. Quella risata gli scaldò il cuore e lo riportò in vita.
“E’ bello vederti e sentirti ridere. Sai, ho temuto di non vedere più quel bel sorriso, di non vedere più i tuoi begli occhi e le tue stupende lentiggini. Mi sono mancante.” disse nascondendo una verità dietro ad una presa in giro, come suo solito.
“Sei sempre stato invidioso delle mie lentiggini; speravo te ne fossi fatto una ragione in tutto questo tempo.” scherzò lei.
Poi, d’improvviso cambiò espressione. Com’era possibile che le bastava stare con lui per dimenticare tutto e com’era possibile dimenticare con tanta facilità tutto il dolore? Si stava comportando e, si sentiva, come se nulla fosse accaduto. Scherzavano e ridevano come avevano sempre fatto.
“Anche tu hai l’impressione di essere tornata indietro nel tempo?” disse lui come leggendole nel pensiero. Lei si limitò ad annuire e, nuovamente, il silenzio calò fra di loro.
Il viaggio fino al porto di Southampton fu lungo e imbarazzante. Scambiarono ben poche parole e, solo una volta giunti presso la biglietteria, Candy sembrò tornare al presente. “Vorrei prenotare una cabina per me e mia moglie.” disse Terence.
Ottenne così una cabina matrimoniale in prima classe.
Il Mauretania. Ancora una volta quel piroscafo. Possibile che il destino si beffasse di loro? “Tua moglie? Ti ha dato di volta il cervello?”
“E come pensi che avremmo potuto giustificare la cabina matrimoniale?”
“Bastava prenderne due singole.”
“Non ci ho pensato.” rispose lui sincero. Non lo aveva nemmeno sfiorato l’idea di poter prendere due singole.
“Perché sei il solito impulsivo. Sappi che dormirai sul divano.”
“Va bene, non ti preoccupare.” rispose lui quasi strappandole di mano la valigia. Fu strano per entrambi poter passeggiare fra i piani di quella nave, era la stessa sulla quale si erano conosciuti, era la stessa sulla quale Candy aveva rapito il cuore di Terence.
Non poterono evitare di guardarsi e di rallentare, come per poter inspirare profondamente quell’aria di ricordi che sembrava avvolgerli.
Si sistemarono nella loro cabina e, una volta partiti, Candy volle fare un bagno.
Terence la lasciò da sola. Rientrò dopo un po’, quando lei era ormai pronta. Passò circa un’ora prima che Terence rientrasse e Candy rimase sola con i suoi pensieri. L’aspettavano quattro giorni di viaggio, doveva pensare a cosa dire alla sua famiglia, ma era troppo impegnata a chiedersi come tenere a bada sé stessa, i propri sentimenti e Terence. Sarebbe stata un’impresa, un’ardua impresa.
Lo lasciò solo, in modo che potesse fare un bagno, e si incamminò, senza neppure saperlo, verso quel ponte, quello stesso ponte.

Passò forse un’ora, ma non se ne accorse. Era troppo persa a guardare l’orizzonte, troppo impegnata a pensare, riflettere, ricordare, troppo impegnata a cercare una buona ragione per non perdonare, per non andare avanti, per allontanare quel giovane che aveva amato per così tanto tempo. Eppure non riusciva a trovare una motivazione valida, almeno non per il suo cuore. La mente le suggeriva che aveva sofferto tanto per lui ma il suo cuore, quello le diceva che lui era l’unico che lei avrebbe mai potuto amare.
Se voleva una vita senza amore, una vita mediocre, avrebbe dovuto allontanarlo per sempre. Se voleva vivere una vita felice e piena, doveva lasciarlo rientrare nel suo cuore, doveva concedere al loro amore una chance.
Era talmente presa da non rendersi conto che qualcuno le si era avvicinato.
Sentì sussurrare, molto vicino all’orecchio, un “ Ero certo di trovarti qui” e quasi sussultò. Era il suo Terence. Quella voce che amava tanto, quegli occhi blu che erano in grado di farle battere il cuore così forte, quel modo di fare irriverente e sfacciato che la irritava e che tanto amava…
“Mi sono chiesto se non fosse un segno del destino, sai? Il Mauretania, intendo.”
“Me lo sono domandata anche io all’andata, visto che la fortuna ha voluto che fosse il mio piroscafo anche durante la mia fuga.”
“È strano trovarci nuovamente qui insieme.”
“Sì.” si limitò a rispondere lei.
Sembravano entrambi sopraffatti dai ricordi e incapaci di distinguere il pssato dal presente. “Sei stato davvero antipatico quella sera.”
“ E tu invadente. Tu e quelle buffe lentiggini.”
“Ma se eri invidioso! Che sbruffone!”
“Ah, la Signorina Tarzan Tutte Lentiggini.”
“Se non la finisci potrei anche darti uno schiaffo.” finse lei sollevando una mano a mezz’aria. Lui stette al gioco e le bloccò il polso in una presa dolce ma forte allo stesso tempo.
Fissò gli occhi in quelli di lei e la guardò per in istante che sembrò durare per sempre.
Il cuore gli batteva velocemente, le mani cominciavano a sudargli e gli mancavano le parole. Mentre si faceva il bagno, aveva ripetuto mentalmente, almeno un centinaio di volte, cosa le avrebbe detto. Era sembrato facile quando era da solo, ma in quel momento, e con quegli occhi di brace fissi su di lui, era più difficile del previsto.
Le lasciò il polso.
Si fermò a guardare l’orizzonte e poi senza guardarla cominciò a dirle tutto.
“Ti amo. Credo di averti amato sin da quando ci siamo incontrati su questo piroscafo.”
Lei si voltò incredula, quelle parole, non si aspettava di sentirle, non così presto, non in quel momento. Lui si voltò verso di lei e proseguì.
“Sai che quando incontrai mia madre in Scozia, mi chiese di partire con lei?”
“ E tu che le rispondesti?” chiese lei, interrompendo quel mutismo in cui pareva essere caduta.
“Che avevo trovato una cosa più importante del teatro, qualcosa, o meglio, qualcuno, che mi interessava più di quel mio sogno. Eri tu Candice. Sapevo di amarti, anche se ero troppo giovane per ammetterlo, per dichiararmi, per fartelo capire.”
Le lacrime cominciarono a percorrerle le guance. Per quanto non avrebbe voluto mostrargli la sua debolezza, mostrargli come fosse inerme davanti a lui, non aveva saputo controllarsi. O forse non aveva voluto.
“Ho atteso per anni, ho rimpianto per anni di non avertelo detto, fino alla sera in cui… beh, ricordi.”
Lei si limitò ad annuire mentre cercava di placare le lacrime ed asciugarle.
Lui avrebbe voluto accarezzarle le guance e cancellare quelle tracce salate ma, se l’avesse sfiorata, l’avrebbe baciata e non le avrebbe mai detto tutto quello che voleva lei sapesse.
“Ti avevo mandato un biglietto di sola andata per New York e non era stato un errore. Avrei voluto chiederti di rimanere con me. Di sposarmi.” disse tutto d’un fiato, per paura che, se si fosse fermato anche solo per riprendere fiato, non avrebbe mai trovato il coraggio per continuare.
“Ti amo! Non ho mai smesso e non smetterò mai. Mi hai reso un uomo migliore, mi hai insegnato ad amare. Se sono quello che sono lo devo a te.” aggiunse prima di inginocchiarsi, poi tirò fuori dalla tasca quella scatolina di velluto, mentre lei lo guardava sorpresa.
Non riusciva a decifrare il suo sguardo, non capiva se era contenta o infastidita.

Quando lo vide inginocchiarsi ed estrarre una scatolina di velluto, la sua mente andò il tilt. Non riusciva a ragione, non riusciva a pensare, l’unica cosa che aveva nella mente era un “Sì” che avrebbe voluto urlare a pieni polmoni, ma che rischiava di rimanerle intrappolato in gola.
“Puoi perdonarmi? Puoi darmi un’altra possibilità? Mi faresti l’onore di diventare mia moglie?” le domandò lui speranzoso e timoroso.
Temeva che lei lo rifiutasse, temeva che la vita gli sbattesse nuovamente la porta in faccia. Passò forse un minuto prima che lei dicesse qualcosa.
Non si erano accorti della moltitudine di spettatori che si era radunata e che li stava fissando, curiosa e ansiosa di vedere come sarebbe andata a finire quella storia. In molti avevano riconosciuto in Terence, l’attore di Broadway, motivo per cui c’era una vero e proprio folla che li circondava.
Guardava quell’anello che l’attendeva lì, il suo dito fremeva per poterlo indossare. Poi si sorprese, la sua bocca si mosse come se non fosse collegata con la sua mente, forse il suo cuore ebbe la meglio sulla ragione, perché poté udire distintamente la propria voce proferire un timido e sussurrato “Sì.”
Lui si alzò e le mise l’anello al dito; era talmente emozionato che gli occhi gli si erano velati di lacrime e le mani gli tremavano.
L’attirò a sé. La guardò intensamente prima di ripeterle un “Ti amo.“ al quale finalmente anche lei rispose.
“Ti amo anche io Terence. Non ho mai smesso, nemmeno quando non ricordavo. Non ho nulla da perdonarti, abbiamo sbagliato entrambi. Sarà un onore per me poter essere tua moglie.” ammise lei, mentre lo fissava intensamente.
Quelle sue parole furono interrotte da un bacio che rischiava di toglierle il respiro.
Mentre nuove lacrime, stavolta di gioia, di emozione, e anche di paura, le bagnavano il viso, finalmente le loro labbra si incontrarono in un vero e proprio bacio. Erano talmente assorti che non si erano resi conto dello scroscio di applausi che li aveva avvolti.
Si baciarono ripetutamente prima di accorgersi di avere diversi occhi indiscreti puntati addosso.
Quando Terence se ne rese conto, la sollevò da terra, la prese in braccio e la riportò fino alla loro cabina. “Che fai? Ci guardano tutti!”
“Lasciali guardare! Sai perché ci guardano? Perché sono invidiosi di quanto sono fortunatoLa donna più bella al mondo sta per diventare mia moglie.” disse lui poggiandola in terra.
Candy ridacchio, le suonava così strana quella parola.
“Tua moglie…” disse quasi sussurrando. “Oh sì, la signora Granchester.” le disse lui come se dirlo rendesse più reale quel suo gesto impulsivo. Lei gli prese la mano e continuarono a camminare verso la loro cabina. Non sapevano nemmeno loro dove stavano andando, si stavano solo allontanando da quella folla di curiosi, eppure entrambi i loro cuori li stavano spingendo in un posto dal quale avrebbero potuto chiudere il resto del mondo all’esterno. Entrambi guardarono la porta della cabina.
Candy arrossì al solo pensiero di cosa sarebbe potuto accadere.
Terence le strinse la mano e la guardò intensamente. Solo quando lesse che anche lei lo desiderava quanto lui, la baciò con passione, mentre apriva quella porta.
La sollevò nuovamente da terra e la portò dentro in braccio.
“Come vuole la tradizione, mogliettina mia.” le disse scherzoso.
Lei lo zittì con un nuovo bacio che venne seguito da un altro ed un altro ancora. La porta si richiuse alle loro spalle, lasciando all’intimità tanto attesa quella giovane coppia che si era ritrovata ed era finalmente libera di amarsi.
Avevano affrontato avversità e moltissimi problemi, ma il loro amore era sopravvissuto a tutto, era stato più forte di tutto.
Una vita radiosa li attendeva ora che finalmente avevano avuto il coraggio di lasciarsi alle spalle il passato e buttarsi a capofitto nel presente.
Finalmente il destino che li aveva separati li aveva riuniti e, questa volta, sarebbe stato per sempre.

Fu una lunga ed intensa traversata per Candy e Terence.
Ebbero modo di riscoprirsi, crescere insieme e di riprendere la loro storia da non avrebbero mai dovuto interromeperla.
Quando il Mauretania finalmente attraccò nel porto di New York, Candy pareva pensierosa. “C’è qualcosa che ti preoccupa?” le chiese Terence, leggendo in quel suo silenzio prolungato. “Pensi che cambierà qualcosa?”
“In che senso?”
“Ora che stiamo tornando alla vita di tutti i giorni.”
“Cosa dovrebbe cambiare?”
“Non lo so ma è sempre andato tutto storto…”
“Shhhh.” la zittì gentilmente lui poggiandole un dito sulle labbra.
“Se nemmeno la lontananza ed il passare degli anni è riuscito a mettersi fra di noi, se abbiamo superato tutte queste prove, non credi che non ci sia niente che possa separarci?” “Forse hai ragione. Lo spero tanto. Ma non posso non aver paura.”
Terence le diede un lieve bacio sulle labbra e lei si lasciò rapire da quel forte sentimento che li legava.
“Ti ho convinta?” le chiese sfoderando un sorriso malizioso.
“Credo seriamente che dovrai impegnarti di più.” lo stuzzicò lei.
“E’ una sfida? Lo sai che non mi tiro mai indietro.” scherzò lui, anche se infondo era sincero. “Puoi promettermi che faremo di tutto perché le cose non cambino?”
“Signorina, ma le cose devono cambiare. Prima di tutto devi diventare mia moglie. E poi… beh, non credi sia ora di mettere su famiglia?”
“Dici sul serio?”
“Non hai mai pensato ad avere dei figli?”
“Certo. O forse no. Cioè, non senza di te.” ammise lei arrossendo.
Lui le prese il viso fra le mani, lo sollevò leggermente affinché lei potesse guardarlo negli occhi.
“Tutte le volte che pensavo a dei figli sapevo che eri l’unica da cui avrei voluto averne. Ti ho desiderato come madre per i miei bambini per tutti questi anni.”
Lei sorrise e lo baciò a sua volta.
“Lo sai che ti amo?” gli chiese lei, una domanda retorica.
“Tu ricordarmelo ogni giorno.” le rispose lui serio.
“Lo farò.”
La prese per mano e si incamminarono lungo la banchina.
“Sei pronta per tornare a casa?” “Forse.”
Terence si fermò di scatto costringendo Candy a fare la stessa cosa.
“Ci sono io al tuo fianco. Non permetterò mai più che ti accada nulla. Te lo giuro.”
“Lo so. Mi hai sempre protetta, sin dai tempi della scuola. È anche per questo che ti amo. Hai sempre messo il mio bene davanti a tutto.”
“Ho anche commesso molti errori.”
“E altrettanti ne ho commessi io. Ma abbiamo deciso di voltare pagina e lasciarci il passato alle spalle.”
“ La mia vita è ricominciata da quando sei tornata a farne parte.”
“Non vedo l’ora di essere tua moglie.” rispose lei cercando di trattenere le lacrime che le stavano appannando la vista. Non voleva piangere, era felice e non voleva che le lacrime rovinassero quel momento prezioso.
“Ti amo Candy. Ti amo così tanto che fa quasi male.” le confessò lui. Lei lo guardò prima di aggiungere altro.
“ Promettimi solo che staremo insieme per sempre.”
“Per sempre.” rispose lui prima di poggiare le labbra su quelle della sua futura moglie.
Una nuova consapevolezza pervase entrambi.


Probabilmente avrebbero incontrato nuove difficoltà, ma l’importante era che avrebbero vissuto il tutto insieme, senza separarsi mai più. Insieme per sempre, come avrebbe dovuto essere sin da quel trentun dicembre del 1912. Insieme per sempre, nella buona e nella cattiva sorte.



NdA:
Oh mammina, siamo giunti alla fine! Manca solo l'epilogo.
Allora, spero di non avervi deluse. Sinceramente, trovavo superfluo l'inserire tutto il chiarimento con il resto della famiglia, mi premeva farla chiarire con il suo Terry e dare loro una speranza in un futuro migliore.
Nell'aggiustare l'HTML ho dovuto rileggere il capitolo e vi confesso di essermi emozionata.
Un'altra avventura che termina, con l'augurio a Terence di essere davvero felice.
Ringrazio chi mi ha sostenuta, sia silenziosamente che "rumorosamente" ( AH AH AH) e, vi ricordo, non boicottatemi l'epilogo.
Per la mia Tappeto di Fragole, rimanete sintonizzati.
Vi ricordo la mia pagina FB: I soliloqui di AlbionMay e... ragazze, se credete che ne sia valsa la pena, vi sprono a inserire la mia storia fra le ricordate o, se volete farmi l'onore, fra le preferite, così che possa mantenere la visibilità acquisita.
Grazie ancora a tutte!

 

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Capitolo 40
*** Epilogo ***


Epilogo

1 Settembre 1923
 
Caro diario,
non avrei mai e poi mai pensato di poter sfogliare nuovamente le tue pagine.
Ho sentito le mie guance arrossire mentre rileggevo tutte le mie emozioni.
Sono passati dieci anni dall’ultima volta in cui ho voluto mettere su carta ciò che sentivo, ed è divertente pensare che, nonostante sia passato tutto quel tempo, le persone di cui ti parlo siano ancora le stesse.
Anche “lui” è lo stesso che mi rapì il cuore quando ero solo una ragazzina. Quel “Pallone Gonfiato!”
Quando ho smesso di scriverti, pensavo che non lo avrei mai più rivisto, che non ci sarebbe più stato spazio per me nella sua vita, ma il destino è decisamente imprevedibile e, di questo, non posso che gioire.
Ieri abbiamo passato una splendida domenica insieme ad Annie e Archie, il piccolo Alistair ha compiuto un anno e i suoi genitori hanno organizzato una splendida piccola festa.
Sai, è stato bello poter passare un pomeriggio con le persone che amo ed è sstato bello vedere come Annie e Archie ormai siano una coppia affiatata e si vogliano bene.
La mia Annie è cresciuta e si sta dimostrando una donna matura e una bravissima madre.
Tanto per cambiare, Archie e Terence hanno battibeccato, riportandoci tutti indietro nel tempo.
Quelle loro scaramucce, che mi preoccupavano tanto quando ero solo una ragazzina, adesso sono motivo di ilarità generale.
 
Oh, come passa veloce il tempo!
Non ci posso credere  sai, ma anche i piccoli Rosemary ed Anthony a breve compiranno un anno.
Sono così belli e così monelli, ed il piccolo Anthony assomiglia così tanto a suo padre …
Sai, sono stata davvero felice quando Karen ha suggerito di chiamare il piccolo con quel nome a noi tanto caro.
Con i piccoli Alistair ed Anthony, è un po’ come se i miei amati cugini fossero ancora tra noi.
Ma ora passiamo a noi, vuoi sapere perché ho deciso di scriverti?
Erano anni che non lo facevo e ne ho sentito l’esigenza …
Sono stati degli anni pieni di difficoltà ed incomprensioni, ma sono felice che il tutto si sia risolto per il meglio.
Non è stato facile, per me, accettare che tutti mi abbiano mentito per il mio bene ma, grazie alla loro comprensione e al loro affetto, ho superato anche questo scoglio.
 
Terence … amico diario, i miei sentimenti per lui non sono affatto cambiati.
Anni fa mi vergognavo ad ammetterlo, era troppo difficile scriverlo a chiare lettere ,perché ero confusa dai miei stessi sentimenti ma, ora, sono certa di quello che provo e non sono mai stata più felice.
Lo amo caro diario.
Volevo dirtelo senza tanti giri di parole.
È la persona più importante della mia vita, l’unico a farmi battere il cuore in maniera incontrollata, anche solo con un semplice sguardo.
È strano pensare che la sua vicinanza mi provochi ancora lo stesso effetto di tanti anni fa ma, in un certo qual modo, è rassicurante sapere che i miei sentimenti per lui non sono mutati con il passare del tempo; lo amo ancora come il primo giorno, solo di un amore più intenso, più maturo, di un amore che non ha bisogno di nascondersi dietro a dei silenzi, perché non esiste più un valido motivo per tenerlo celato.
E so che è lo stesso anche per lui…
 
( Terence entra nella stanza, le ruba il diario e la penna, legge le ultime righe e scrive.)
 
Caro diario,
sì, è vero, anche io amo la mia Tutte Lentiggini come se fosse il primo giorno.
Mi ha proibito di leggerti, ma forse un giorno…
Tanto, so che tutte queste pagine parlano solo di me e di come le facevo battere il cuore!
Volevo salutarti anche io e ringraziarti di aver tenuto compagnia alla mia Candice.
Ci perdonerai se non avrà più tempo per scrivere ma, a breve, dovrà occuparsi di una nuova vita.
Sì, finalmente anche noi avremo un figlio.
Siamo felici, spero che ti faccia piacere saperlo.
 
(Candy gli ruba la penna ed il diario e legge le parole di Terence.)
 
Quel guastafeste! E’ sempre il solito pallone gonfiato!
Volevo essere io a dirti che sto per diventare mamma!
Caro diario, grazie di tutto!
Ti prego di continuare a mantenere i miei segreti.
Sei stato un fedele amico.
 
La tua,
Signorina Tutte Lentiggini.
 
 
 
 
 
NdA: Chiedo scusa per non averlo postato ieri ma, questo wkend, sono davvero di fretta.
Ed eccoci giunti alla fine!
Intanto, colgo l'occasione per ringraziare: Tetide, Oliva, Misia, Isa, Petra, Felisia, C&T forever, Aurora, Sogno, Engel, Myriam per avermi commentato spesso  (ok, qualcuna sempre) e per avermi supportato ( e sopportato). Grazie!
Grazie anche ai lettori silenziosi, non immaginate neanche quanto numerosi voi siate!
Grazie ancora alle tre anime che, nonostante la fine, hanno promosso la mia storia inserendola fra le preferite!
Ci risentiamo dopo Natale o a Gennaio per Tappeto di Fragole.
Vi avverto che sarà rigorosamente rossa-lemon, per cui, per leggerla, dovrete essere registrare.
Buon Dicembre e per ora Vi auguro Buone vacanze di Natale.
*Stay tuned*
May x

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