Juntos Podemos...

di DulceVoz
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La principessa nel castello... ***
Capitolo 2: *** Incontri speciali... ***
Capitolo 3: *** Momenti interrotti. ***
Capitolo 4: *** Bacio mancato! ***
Capitolo 5: *** Ospiti indesiderati! ***
Capitolo 6: *** Incontri pericolosi. ***
Capitolo 7: *** Un ritorno sconvolgente! ***
Capitolo 8: *** Nuovi amici. ***
Capitolo 9: *** Amichevoli chiacchierate. ***
Capitolo 10: *** Cantar es lo que soy... ***
Capitolo 11: *** Segreti da mantenere! ***
Capitolo 12: *** Complotti e incomprensioni... ***
Capitolo 13: *** Affrontarsi o dimenticare. ***
Capitolo 14: *** Lidia o Maria? ***
Capitolo 15: *** Chiarimento... forzato! ***
Capitolo 16: *** Alleanze a fin di bene. ***
Capitolo 17: *** Ricordi dal passato, speranze per il futuro. ***
Capitolo 18: *** Un trascorso che riaffiora... ***
Capitolo 19: *** Rivoluzionare lo spettacolo! ***
Capitolo 20: *** Idee geniali e una chiave misteriosa... ***
Capitolo 21: *** Un tuffo nei ricordi. ***
Capitolo 22: *** I ruoli della discordia! ***
Capitolo 23: *** La trappola di Ludmilla! ***
Capitolo 24: *** Spettacolo annullato! ***
Capitolo 25: *** Chiarimenti, missioni da completare e momenti d'amore. ***
Capitolo 26: *** Riprendiamoci la musica! ***
Capitolo 27: *** Pentimenti sinceri. ***
Capitolo 28: *** Inviti e coalizioni strategiche. ***
Capitolo 29: *** L'arrivo di Angelica. ***
Capitolo 30: *** Concerto e... sconcerto! ***
Capitolo 31: *** Un inizio movimentato. ***
Capitolo 32: *** Il ciondolo della memoria. ***
Capitolo 33: *** Discorsi Reali. ***
Capitolo 34: *** Sangue blu. ***
Capitolo 35: *** E vissero tutti felici e contenti... ***
Capitolo 36: *** Epilogo - Cinque anni dopo... ***



Capitolo 1
*** La principessa nel castello... ***


“- Non posso credere che abbia accettato l’idea di quella strega!”. Una stizzita ma melodiosa vocina provenne dalla scalinata principale del grande palazzo di proprietà dei Castillo ormai da secoli. Una ragazza dai capelli castani raccolti in una elegante pettinatura alta, con due boccoli che le ricadevano dolcemente sul viso, scese di fretta nel salone principale, tenendo i lembi della sua ampia gonna dell’abito. Aveva un’espressione corrucciata e non sembrava essere per niente felice.
“- Papà!” urlò la giovane, irrompendo come una furia nella sala del trono e fermandosi a fissare una poltrona rossa su cui era seduto comodamente German Castillo. L’uomo alzò lo sguardo dal giornale e la fissò, sconvolto dal quel tono nervoso. “- Tesoro! Cosa ti succede?” sorrise l’uomo, ripiegando il giornale e alzandosi in piedi sul tappeto rosso che attraversava l’elegante sala in cui stava leggendo fino ad un minuto prima che giungesse lì la giovane. Per un secondo si incantò imbambolato a fissare la sua ‘bambina’… l’amava tantissimo… ma l’aria della figlia non prometteva niente di buono.
“- Io non voglio un gran ballo per il mio compleanno! Non ha senso!” strillò lei, furiosa, incrociando le braccia al petto. “- Violetta… che male c’è? Sei la mia unica figlia, unica erede al trono del regno di Amapola! Meriti un ricevimento così… e sei incantevole!” esclamò lui, accarezzandole il viso, dolcemente… ma la ragazza si si stizzì ancora di più, le gote rosse per la rabbia… “- Io non lo voglio! Quale parte di ‘non voglio un ballo’ non ti è chiara? E poi, francamente, la festa l’organizzerai per la contessina La Fontaine… e non per me… pensi che non lo abbia capito? Che sia stupida?” German non sapeva cosa dire… la principessa era riuscita a far tacere il re! Perché mai la figlia detestava tanto la sua futura matrigna? Eppure la donna sembrava sforzarsi tanto di essere gentile con lei…
“- Jade non c’entra nulla! Sei mia figlia ed è arrivato il momento che tu abbia il tuo debutto in società… nell’alta società e non solo… diventerai regina! E nessuno ti conosce ancora nel regno! Hai bisogno di quella festa cosi che tutti possano sapere chi sarà la futura erede al trono!” disse con tono severo l’uomo. “- Amore! Mi hai chiamato?”. Quella vocina irritante la giovane la conosceva benissimo… dal salottino anteriore apparve la donna più perfida mai esistita… Jade osservava i due, con i suoi occhi di ghiaccio che avevano qualcosa di malvagio… si avvicinò ad ampie falcate, strusciando il suo splendido abito, lungo anche per lei, sul tappeto rosso, verso il suo futuro sposo, appoggiandosi alla spalla dell’uomo e fissando la ragazza che ricambiò con un’ occhiataccia. “- Parli del diavolo!” borbottò Violetta,  osservando la donna, che continuava ad avere stampato sul viso il suo solito sorrisetto falso. “- Io sarei... cosa?” chiese stizzita, con la sua vocina stridula, Jade, strabuzzando gli occhi… di certo non spiccava in intelligenza… ma suo padre, per qualche arcano motivo, era innamorato di quella strega, per giunta, anche tonta. “- E poi, mi chiedo… per anni mi hai segregato qui dentro, sono sempre stata la tua principessina nella torre… senza poter mai varcare i confini del castello… chi credi che ci venga al mio ballo? Non ho amici, non ho parenti a parte te… nessun cugino, zio, zia, nonno… nulla! Sarà una festa di estranei! E’ inutile… disdici questa farsa!” disse la giovane, strappandosi un piccolo diadema di cristalli che le teneva l’acconciatura, facendosi ricadere tanti boccoli sulle spalle. “- Non se ne parla! Tu, tra un mese esatto, avrai questo ballo in tuo onore! Che ti piaccia o no! E adesso fila in camera!” ordinò German, risedendosi sul suo trono e riprendendo a controllare, come se nulla fosse, le ultime notizie sul quotidiano.
“- Mi fa vestire come se fossimo nell’800.. non mi permette di uscire, di suonare o di cantare… di far nulla!” la ragazza entrò borbottando, ancora furiosa, nella sua stanza, aprì la porta e si stese sul letto, a fissare l’elegante baldacchino che lo copriva.  Rimase in silenzio per qualche secondo… la mente irata per troppi motivi. Perché suo padre non la capiva? Perché non la faceva mai uscire di casa? Il mondo fuori scorreva, lei… non poteva nemmeno avere amici. Era severo… e continuava ad insistere nel dire che tutto ciò fosse per il suo bene. Era l’opposto di sua madre… già, la sua mamma… quanto le mancava. Dal giorno della sua scomparsa, poi, Violetta odiava ancora di più i compleanni… le mancava la dolcezza di Maria, i suoi abbracci, le sue canzoni… la sua voce che risuonava a malapena nella sua testa… le mancava tutto di lei anche se, quando se ne era andata, lei era troppo piccola per ricordare bene altro di lei.
“- Allora, ti faremo sapere… come hai detto che ti chiami?” la voce di suo padre, proveniente, probabilmente, dal salone al piano di sotto,  la fece sobbalzare, distogliendola dai suoi ricordi malinconici e facendola mettere a sedere. Scese con un balzo dall’altissimo letto e andò ad aprire la porta per scendere, quatta, quatta, al piano di sotto. Si affacciò timida al parapetto della grande scalinata per vedere meglio… uno splendido ragazzo castano, stava parlando, di spalle, con suo padre sull’uscio del portone del palazzo. “- Vargas, Sire. Leon Vargas…” esclamò deciso il giovane. Non era elegante… indossava una camicia a quadri, dei jeans e delle scarpe da ginnastica… ma era tanto affascinante… e, di certo non era uno dei soliti ‘pinguini’ che German Castillo portava al castello… sperando che lei potesse stringere amicizia con uno di loro… e, magari, in un ipotetico futuro, sposarlo anche… No. Quel ragazzo aveva qualcosa di magnetico che la fece restare di sasso a fissarlo… Come non le era mai accaduto prima. “- Allora riceverai presto contatti da palazzo… a presto!” esclamò Castillo, osservando il ragazzo fare una riverenza e, consegnandolo al suo assistente personale, Roberto, lo liquidò in fretta, tornando nella sala del trono.
Doveva sapere… Violetta sentiva il bisogno di sapere chi fosse quel giovane e perché fosse lì… ma non poteva parlarne al padre… ad un tratto ebbe un lampo di genio… scese di fretta le scale, ancora indossando l’abito che sarebbe dovuto essere per il gran ballo, uscì di corsa in giardino e si fermò di colpo sotto al portico, osservando una scena in lontananza. “- Chi era?” chiese la ragazza all’occhialuto aiutante di Castillo che era ritornato di corsa verso la casa, indaffarato come al solito e che aveva l’aria di avere molta fretta di ritornare al suo lavoro. “- Forse un nostro futuro assistente al castello…” ridacchiò l’uomo, fissando l’espressione, ancora assorta verso il giardino all’orizzonte, di Violetta. “- Cosa?” urlò la ragazza ma Roberto, che come al solito si teneva sul vago, era già rientrato nel palazzo.
“- Leon Vargas… Leon Vargas…” si ripeteva la giovane, ancora scioccata da quell’incontro, e persa nei suoi pensieri con aria sognante. Quanto avrebbe voluto rincontrarlo! E se suo padre non l’avesse assunto? Date le poche parole che aveva sentito non sapeva nemmeno in quale campo sarebbe diventato lavoratore del castello! Iniziò a riflettere, camminando con aria assorta per il sentiero che portava alla grande fontana all’esterno. Si sedette sul bordo e osservava fuori… il regno di Amapola era minuscolo e sempre tanto tranquillo… beh, almeno così le sembrava… non aveva mai varcato il cancello principale se non con suo padre, un paio di volte e in incognito… German non le permetteva di girovagare da sola per il piccolo borgo, sulle coste di Buenos Aires. “E’ troppo pericoloso! Potrebbero riconoscerti! Sei l’erede al trono!” gridava, infuriato, ogni qual volta si apriva il discorso. “- Come fanno a riconoscermi? Nemmeno mi hanno mai vista!” sbottò, quasi come per rispondere ai suoi pensieri, la giovane. Un rombo di una Ferrari la fece sobbalzare… “- Ci mancava solo lui!” strillò, quasi istintivamente, la ragazza alla splendida auto che, frenò bruscamente sull’erba, andando quasi in testacoda. “- Quest’auto è una bomba!” gridò Matias La Fontaine, scendendo con un atletico balzo dalla vettura, senza nemmeno prendersi la briga di aprire la portiera. “- C’è un ampio parcheggio sul retro del castello, sai? Il prato non mi sembra il massimo per posteggiare un automobile!” strillò Violetta, alzandosi e avvicinandosi indignata all’uomo. Quanto detestava quel tipo! Il classico nullafacente, figlio di papà che attendeva solo che sua sorella si sposasse per sistemarsi anche lui a corte… e magari, se Jade avesse un bambino, magari maschio, avrebbe anche soffiato il trono alla ragazza continuando a fargli fare la vita del nababbo… continuando ad oziare e a sperperare la sua fortuna anzi… le fortune altrui! Già… perché la La Fontaine non era una principessa… solo una contessina, come quell’inetto di suo fratello… e non poteva diventare regina nemmeno se avesse sposato suo padre… che era re. Doveva solo sperare in un possibile erede maschio… altrimenti non avrebbe avuto eredi per la successione al potere.
“- Ehi, principessina! Ma che bel vestito!” rispose Matias, dando l’impressione che l’avesse ignorata del tutto… o, forse, era proprio così… ”- L’abito che dovrò indossare grazie a tua sorella e al suo stupido ballo ridicolo!” esclamò stizzita la ragazza. Ma, come prevedibile, il biondo era troppo preso da altro e, dando un ultima occhiata al suo bolide, si recò baldanzoso verso l’ingresso. “- Nessuno mi ascolta! Adesso basta! Visto che nessuno si interessa a me, a quello che penso, a quello che faccio… io da qui me ne vado! Subito!” sbottò tra sé e sé la ragazza, salendo in camera per cambiarsi. Scelse le cose più semplici che aveva… alquanto difficile dato il suo regale guardaroba… scese poi, di nascosto, ritornando in giardino senza farsi notare da nessuno… non fu difficile dato che suo padre era tutto intento a chiacchierare con Jade e con alcuni camerieri. Sentì urlare qualcosa ad Olga, la cuoca del castello… probabilmente qualche richiesta assurda della La Fontaine la fece inveire in quel modo. La ragazza riuscì a raggiungere il cancello sul retro, quello che si apriva con più facilità e circondato da meno guardie che, per sua fortuna, in quel momento non erano lì, forse il re le aveva convocate per chissà cosa… lo aprì furtivamente, e, finalmente, uscì in strada, meravigliata da cotanto splendore.
 
“- Ragazzi! Dobbiamo migliorare! Suoneremo al Grande Teatro dell’Opera! E ci saranno anche il re, German Castillo con la sua futura moglie e, soprattutto, l’erede al trono di Amapola! La principessa Castillo!” Pablo era sul palco dello Studio e camminava nervosamente avanti e indietro. Gli alunni erano disposti seduti in file, di fronte a lui, ognuno di loro stringendo uno strumento musicale, altri erano posizionati, ordinatamente, in piedi… quello era il coro, diretto dalla loro insegnante di canto, Angie Saramego che, al solo sentire il nome del sovrano, abbassò lo sguardo, visibilmente tesa, cosa che non sfuggì al direttore dell’accademia. “- Per oggi basta così, andate pure…” disse subito l’uomo, notando la faccia afflitta della collega. I ragazzi uscirono di fretta, andando a riporre il loro strumenti nella classe di musica.
“- Come stai?”. Pablo scese dal palco andando in contro alla collega. “- Non riesco a sopportarlo… non ce la faccio! Io… vorrei tanto rivederla… ma non me lo consentirà nemmeno per il suo sedicesimo compleanno!” Angie si sedette, sbuffando, sul bordo del palco.
L’accademia “Classical Studio” era diventato un posto elegantissimo e di gran classe… ma molto più tetro rispetto a prima. I ragazzi imparavano soltanto l’arte della musica classica e il balletto, dello stesso genere… Nel regno era bandita qualunque altra tipo di arte… come il canto o la musica e la danza moderne, tanto cari all’amata Maria che si apprendevano, in passato allo 'Studio 21' a cui , in seguito era stato cambiato perfino il nome per evitare di rievocare malinconici ricordi… e, ormai, era diventata una scuola prettamente d’elite. Solo tutti i più ricchi frequentavano quella sorta di conservatorio e scuola di danza classica, figli di nobili, addirittura, provenienti da altri paesi per apprendere a suonare o il canto corale e lirico, gli unici ammessi nel regno… a Pablo questo proprio non andava giù… ma bisognava rispettare il volere di chi era al comando.
Ai tempi della regina Maria, invece… era tutto diverso. La musica e il ballo erano per tutti… nessuno escluso! Era proprio lei che voleva che tutti i generi avessero la stessa importanza! “- Dovresti parlargli! Almeno provarci!” esclamò il direttore, fissando i grandi occhi verdi della donna, piuttosto assorti. “- Credi che mia madre non ci abbia provato? E’ tutto inutile!” strillò lei, portandosi le mani al viso, con fare afflitto. “- Angie… sono anni, ormai, che vi vieta di vederla… quando le vostre famiglie hanno litigato… tu e tua madre… avete perso tutto… a te la tua famiglia ti ha spedito in Europa da parenti per evitarti contrasti, per il tuo bene… eri piccolissima, o sbaglio? E la regina Angelica l’ha fatta restare a palazzo solo per evitare altri scandali… non voleva apparire come il ‘sovrano cattivo’… beh, non ci è riuscito! Dato che, ormai, comanda anche sul regno dei Saramego! Io, se fossi in te, andrei a fargli visita per chiarire, finalmente, come dovrebbero stare le cose.” Concluse, sedendosi accanto a lei, Pablo.
Il sovrano sembrava non volesse ragionare! Il direttore dello Studio non comprendeva proprio quell’uomo. Non poteva nemmeno osare criticarlo, altrimenti, probabilmente, lo avrebbe anche cacciato da Amapola, il ridente borgo sulla costa Argentina, poco distante da Buenos Aires città che, invece, si trovava più verso l’interno del territorio. Anche se, però, l'uomo evitava di contestarlo in pubblico, Angie sapeva benissimo cosa pensasse il suo amico del cognato… dopo tutto quello che aveva fatto passare alla reale, ormai in declino, famiglia Saramego dopo la scomparsa di Maria, anche lei non riusciva a sopportarlo… erano anni che cercava di evitarlo, nonostante lui, sicuramente, non l’avrebbe mai nemmeno riconosciuta.
“- Quando… mia sorella partì, per organizzare quel maledettissimo concerto in Brasile… e quando sapemmo che l’aereo era precipitato… lui… accusò mia madre perché era stata lei ad aver spinto Maria ad organizzare quell’evento di beneficenza…” Angie abbassò lo sguardo. Una lacrima le rigò il viso, rapidamente. Era diventata triste al solo pensiero di quel dannatissimo giorno... anche se era piccola quando era accaduto, era una ferita ben impressa nei suoi ricordi e, probabilmente che non si era mai rimarginata del tutto. Pablo conosceva bene quella storia… in quel periodo i giornali non parlavano d’altro… ma era la prima volta che la donna gliene parlava direttamente e così dettagliatamente. Ne soffriva tantissimo e lui detestava vederla star male. “- Ecco perchè ha bandito pressappoco tutta la musica da Amapola! Non è concesso quasi niente! Lui odia la musica!” esclamò il direttore.
Il regno, quando la regina Maria era sovrana risuonava di musica, soprattutto romantica e pop, in ogni angolo del piccolo borgo… era una delle arti che le stava più a cuore, con il canto moderno.
“- ...Mi meraviglio che non ci abbia fatto chiudere!” aggiunse Pablo, alzandosi in piedi e mettendosi di fronte ad Angie con tono sconvolto al solo pensiero dell’ipotetica chiusura dell'accademia. “- Non avrebbe potuto. Mia sorella ha fatto costruire questa scuola… è l’unica cosa che rimane, qui, di lei. Se l’avesse fatto… il regno di Camelias, il mio, insomma… anche se sotto il suo comando adesso, avrebbe seriamente potuto dichiarargli guerra!”. La donna disse quelle parole con malinconia e, prendendo un grande respiro, afferrò la borsa accanto a lei, si mise in piedi, asciugandosi gli occhi, per recarsi verso l’uscita. “- Andiamo, principessa…” esclamò d’un tratto, Pablo, con un sorrisino sul viso. Lei arrossì di colpo. “- Sta’ zitto! Nessuno… deve… sapere! Altrimenti porterei liberamente la collana! Sono solo un’omonima qui allo Studio! I ragazzi se la sono bevuta per fortuna e pure i colleghi sembra!” borbottò lei richiudendo la porta della sala teatro e cercando per stringere, istintivamente, qualcosa, nella tasca della borsa… “- Io non parlo di nobiltà… parlo di te… tu sei una principessa… indipendentemente dal fatto che lo sia per sangue nobile…” sorrise ancora lui, dandole un bacio sulla guancia e lasciando lei imbambolata per qualche secondo. “- Ma smettila! Cosa dici! Andiamo, dobbiamo ancora controllare questi spartiti per il grande concerto!” disse la bionda, cercando di cambiare discorso ma ancora violacea per l’emozione.
 

“- Ciao Luca!” Camilla entrò, insieme a Francesca e Maximiliano, Ponte, detto Maxi, nel piccolo locale, poco distante dal conservatorio, il “Restò Bar”. Era un piccolo pub di un’unica sala, ma era meraviglioso e i ragazzi lo adoravano… e non solo perché lì riuscivano a riunirsi per chiacchierare, liberamente, dopo le estenuanti prove a scuola. Quello, per loro era un luogo magico… l’unico posto in cui, sul retro dello stesso, potevano suonare, cantare pop, rock, di tutto, ballare qualsiasi stile… senza che il re lo sapesse.
“- La S.P. vi aspetta!” sorrise l’italiano, indicandogli la loro “Sala prove”… appunto, sigla di S.P. Dovevano parlare in codice… non sia mai che quale guardia del palazzo, magari al bar per prendere una bibita, li avesse scoperti! Probabilmente, il povero Luca sarebbe stato anche costretto a chiudere e sarebbe pure stato espulso da Amapola con sua sorella.
“- Oggi sono distrutta! I professori con questa storia del concerto in onore della principessina ci stanno spompando!” sbuffò Camilla, lasciandosi andare su una piccola poltroncina rossa di quel luogo segreto. Solo Pablo e Angie erano a conoscenza di quel posto oltre ad alcuni degli studenti. “- Ma Federico? Non c’è? Pensavo venisse con noi!” disse Francesca, guardandosi intorno insistentemente. Era molto amica del baronetto Bianchi, figlio di italiani molto influenti nella società del regno. Il ragazzo però, al contrario di come si potesse pensare, era molto umile e simpatico… e la ragazza sembrava aver completamente perso la testa per lui. “- E’ cotta, è proprio cotta! L’abbiamo persa!!!” rise Maxi, salendo sul piccolo palchetto della stanza alle spalle del bancone. “- Ma sta’ zitto, Ponte!” strillò Fran, diventando di colpo paonazza e abbassando lo sguardo, sentendo la sua faccia diventare rossa e bollente come il fuoco. “- Andres! Ci serviva il batterista, muoviti!” disse l’italiana, cercando di cambiare argomento, vedendo l’amico entrare con l’ingombrante custodia del contrabasso. “- Scusatemi… non è facile spostarsi con questo affare!” rise il giovane, poggiando lo strumento sul pavimento. “- E perché non lo hai lasciato a scuola?” chiese Camilla, confusa. “- Mi serve… devo esercitarmi tantissimo! Li avete sentiti? Dobbiamo essere impeccabili di fronte alla famiglia reale!” esclamò il giovane efuorico al solo pensiero, salendo goffamente sul palco accanto a Maxi. “- Aspettiamo gli altri o iniziamo a divertirci?” chiese Maxi, invitando le due amiche a salire con loro. “- Proviamo… vediamo cosa ne viene fuori!” sorrise la Torres e, subito, iniziarono a cantare una loro creazione… ‘Veo, Veo’. Quando il brano finì, nella S.P. apparvero anche gli altri ragazzi, entusiasti che applaudivano con foga. “- Era ora!” borbottò la Torres, scendendo dal palco. Francesca, ovviamente, si imbambolò a guardare Federico e Maxi cominciò a sventolarle una mano davanti al viso, per vedere se si fosse persa completamente o se, ancora in parte, fosse lì con loro… non solo fisicamente.


Intanto, Violetta, camminava incantata per le stradine della cittadina. Non era mai stata, da sola e per molto tempo, fuori dalle mura del palazzo… per lei era tutto così… nuovo! Sembrava stralunata da tutta quella che era Amapola… beh… rispetto alla monotonia della vita al castello… quel luogo le sembrava un posto magico. Ad un tratto… vide qualcosa… che colpì subito la sua attenzione… un grande edificio basso, su cui vi era un’ insegna sbiadita che diceva 'Studio 21'… ma, questa, era stata coperta da uno striscione scritto con una bomboletta spray che diceva: 'Classic Studio'. Rimase immobile, stupefatta da quel luogo misterioso, pieno di ragazzi che entravano ed uscivano… doveva essere… “- …Una scuola!” suppose la giovane, ancora ferma al centro della strada, di fronte all’accademia. Ma, ad  un certo punto… una frenata. Violetta si ritrovò, al suolo, tra le braccia di qualcuno.
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Eccomi qui! Dopo una lunghissima assenza da efp per motivi di studio... sono tornata! Siete contenti? :D Beh, dai spero di sì!
Ok, non so cosa ve ne possa sembrare di questo primo capitolo… ho un’idea ben precisa ma per ora… si deve capire ben poco… per ora, a parte alcuni dettagli, vi è poca chiarezza… ma non temete… già dal prossimo capitolo, alcune cose saranno spiegate con calma… come vi sembra questo inizio? Vi piace l’idea? Avete notato che, a parte Jade, i cattivi ancora non ci sono? Eh, troppo bello per essere vero… compariranno presto, purtroppo e sono pure parecchi!
Fatemi sapere cosa ve ne pare! Sarò felice di leggere consigli e pareri! :) Al prossimo capitolo! Ciao :D

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Capitolo 2
*** Incontri speciali... ***


Un angelo dagli occhi verdi continuava a stringerla, mentre lei si trovava, ancora tremante, tra le sue braccia. Quel giovane l’aveva salvata, eppure, gli sembrava di averlo già visto da qualche parte… quando lo sentì parlare, poi, si convinse che quel ragazzo avesse una voce familiare… “- Stai bene?” le sorrise, garbatamente, massaggiandosi una gamba e porgendole una mano per aiutarla ad alzarsi. “- Io… io credo di sì… grazie mille…” sorrise lei, impacciata, continuando a fissare il giovane. “- Ehi lei! Ma è impazzito? Stia più attento!” urlò poi il ragazzo all’automobilista che, senza nemmeno fermarsi, riprese subito la sua corsa, scusandosi con un cenno della mano all'interno del finestrino. “- La gente sta perdendo realmente la testa!” sbottò il giovane, scuotendo il capo come segno di disappunto. “- ... Come ti chiami?” disse poi, rivolgendosi a lei con un sorriso che si disegnò quasi automaticamente sul suo volto. Ormai erano l’uno di fronte all’altra. “- Vi… Violetta.” Si limitò a dire lei, ancora frastornata dalla gran botta che aveva preso per essere salvata. “- Piacere, io sono Leon!” esclamò il ragazzo, facendole un altro sorriso che, per poco, non la fece sciogliere come un ghiacciolo al sole. Violetta lo fissava estasiata… era lui? Era Leon Vargas? O era un caso che il giovane si chiamasse proprio così? D’altronde lo aveva osservato solo di spalle… ma la voce e quel poco che aveva visto a palazzo… le facevano pensare che si trattasse proprio del futuro ‘lavoratore di corte’ o, almeno così sperava lei. Mentre rifletteva su tutto ciò e avrebbe voluto fargli tante altre domande, vide, arrivare di corsa, due guardie del castello che si aggiunsero al capannello di ragazzi e persone che stavano accorrendo nella loro direzione, dopo la frenata della vettura. “- Io… devo scappare!” riuscì a dire lei, distogliendo, finalmente lo sguardo da lui e posandolo su i due uomini che si stavano facendo largo tra la folla di giovani, fuori dall’accademia. “- Aspetta!!!” gridò lui, tentando di rincorrerla, ma lei, ormai, era già lontana… stava già rientrando a palazzo.
“- Ehi, tu! Stai bene?” Pablo era apparso alle spalle di Leon e, avendo assistito alla scena, era corso, con Angie, in direzione dell’eroe che aveva appena salvato quella sconosciuta. “- Sì… credo di sì…” sorrise il ragazzo, fissando, ancora, davanti a sé, con aria imbambolata… e non era il solo ad avere quella espressione… il direttore si rese conto che, la sua collega, fissava nel vuoto, sconvolta. “- A te che ti prende? Ci sei, Angie?” ridacchiò Pablo, sventolandole la mano davanti agli occhi, per farla ritornare con i piedi per terra. “- Maria…” balbettò la bionda, sopraffatta dall’emozione, tutta tremante e scioccata. “- Maria?! Come Maria?! Che dici! Era solo una ragazzina!” esclamò lui, osservandola, sconvolto. “- Aveva qualcosa di… però potrebbe essere anche… lascia stare… mi sarò sbagliata.” sussurrò quasi lei, abbassando lo sguardo. Leon si riprese e, finalmente, si ricordò del perché si trovasse fuori al ‘Classic Studio’… “- Mi scusi! Lei lavora qui?” chiese il ragazzo a Pablo che, ormai, si stava allontanando verso il Restò Bar tenendo le spalle ad Angie, ancora visibilmente stupefatta da quella giovane.
“- Sì… sono il direttore. Hai bisogno di qualcosa?” chiese l’uomo, riavvicinandosi a Vargas, che, adesso, lo guardava con sguardo deciso. “- Vorrei sapere fino a quando è possibile fare l’esame di ammissione…” esclamò, gentilmente, Leon. “- Ormai l’anno accademico è già iniziato… ma a settembre ci saranno le nuove iscrizioni… e poi… in casi particolari, le ammissioni possono essere anche effettuate tramite esami speciali, individuali…” disse in modo confuso il moro ma, per fortuna, intervenne la donna a chiarire quello che l'uomo intendeva dire: “- Ti sta dicendo che sono sempre aperte per chi merita!” riassunse lei, sorridendo. “- Esatto… bene, se vuoi sapere altro… vieni nel mio ufficio, quando vuoi… dalle 9 in poi, ci sono tutti i giorni… sabato e domeniche escluse…” disse il direttore, osservando la faccia soddisfatta del giovane. “- Grazie mille… buona giornata!” esclamò gentilmente il ragazzo, salutando i due docenti che ricambiarono… erano molto affabili e gli stavano già simpatici…. E poi c’era quella ragazza, Violetta, si chiamava… come… la principessa di Amapola! Quel nome non l’avrebbe mai dimenticato… e nemmeno quel viso splendido… sarebbe rimasto per sempre scolpito nella sua mente… chissà se l’avrebbe mai rivista in vita sua. Beh, ci sperava tanto, questo era sicuro.

 
A palazzo, la ragazza, da circa un’ ora abbondante si stava subendo la predica del padre che, nonostante non sapesse che la figlia fosse addirittura uscita dalle mura del castello, si era preoccupato, non trovandola da nessuna parte e dando l’allerta ad una marea di guardie e volanti della polizia locale. “- Per l’ultima volta, Violetta! Si puo’ sapere dov’eri finita? Non farlo mai più! Non devi scappare in questo modo! Dov’eri nascosta stavolta?”. Nel salone principale del castello, la giovane, persa nei suoi pensieri, fingeva di ascoltare il re continuando ad annuire senza aver udito una sola parola uscita dalla bocca del sovrano. Jade osservava compiaciuta la scena della partaccia e la giovane, invece, continuava a fantasticare su quello che aveva visto lì fuori… tra quella specie di ‘scuola’ che l’aveva incuriosita tantissimo e quel giovane eroe… la sua giornata era radicalmente cambiata. “- Va bene, non lo farò più… posso andare, adesso?” rispose la ragazza, non avendo ascoltato una sola parola del padre che la fissò, ancor più arrabbiato, capendo che la figlia lo avesse praticamente ignorato per tutto quel discorso. “- Neanche mi hai ascoltato!” sbottò, stizzito, l’uomo. “- Ho detto che mi dispiace, non capiterà più! Ora posso andare in camera?” ripeté lei, alzandosi dalla poltrona sulla quale era seduta ormai da molto tempo. “- Vai…” strillò quasi l’uomo, indicando la scalinata in marmo che troneggiavano al centro della sala… arrivò nella sua enorme camera  e si stese sul letto, iniziando a leggere un libro che aveva preso dalla biblioteca del palazzo e che trattava di cavalieri e dame… ma si addormentò, di colpo, sognando quel ragazzo misterioso, che la salvava. Era su un cavallo bianco… dalla sua splendente armatura, però, riuscì a scorgere il suo sguardo fiero ma, allo stesso tempo, dolcissimo... meravigliosamente dolce. Il ragazzo la fece salire in groppa al suo destriero e, per non cadere, le cinse forte la vita. Insieme, si allontanarono verso la luce del sole che stava calando dietro ad una collina verdeggiante...

 
La grande villa dei Ferro era illuminata dalla calda luce del tramonto che, avvolgeva le mura e rendeva il paesaggio caldo e romantico. Una bella ragazza bionda, dai capelli mossi ed un elegante abitino in seta rosa, rientrava a casa, scendendo da una limousine nera e avviandosi verso il portico della sua reggia.
“- Ludmilla, tesoro! Come stanno andando le prove generali del concerto?” esclamò una donna distinta, sorridendole. Anche lei aveva capelli color oro ed indossava eleganti vesti e costosissimi di gioielli… fin troppo vistosi. Ma, d’altronde, Susana Garcia Lopez era così. Amava ostentare le sue ricchezze… dovute al conte Ferro, suo marito, sempre lontano da Amapola per affari. 
“- Quanta importanza a questa principessina! Vorrei proprio vederla! Già me la immagino… sarà un’odiosa e viziata… principessina!” gridò, stizzita, la giovane, avanzando verso il grande corridoio principale della casa, fino ad arrivare ad un imponente sala da pranzo e gettandosi, ancora con aria irritata su un soffice divano porpora, consultando degli spartiti che teneva in mano. “- Sono felice che ti stia impegnando tanto… sarà importante fare una buona impressione con il re e sua figlia…” sorrise sua madre, sedendosi di fronte a lei, su una poltroncina rossa. “- C’è una sorpresa per te…” disse poi, con un ghigno furbetto, la donna. La ragazza prese finalmente a guardarla stranita… cosa poteva mai esserci di tanto sconvolgente? La giovane non ebbe nemmeno il tempo di chiedere cosa stesse accadendo che, alle sue spalle, aggirando il sofà, apparve un ragazzo moro, dagli occhi verdi  e un sorriso smagliante. “- Ti presento… l’erede al trono del piccolo ma stupendo regno di Magnolias in Spagna… Thomas Heredia…” presentò la donna, fissando l’aria ancora sorpresa della figlia che, alzandosi di scatto, si lasciò andare ad un bel sorriso. “- Molto piacere… io sono Ludmilla Lopez Ferro…” disse, porgendo il braccio al ragazzo che le fece il tradizionale baciamano. “- Incantato…” sorrise lui, fissandola negli occhi… quanto le sembrò affascinante quel futuro re… “- Io… vi lascio da soli… ho molto da fare…” esclamò Susana, lasciando i due in un vistoso imbarazzo. “- Emh… ti… le va un tè?” chiese la biondina, cercando di essere il più cortese possibile con quel ragazzo. Quel tipo le provocava una strana sensazione… non sapeva ancora se fosse imbarazzo, vergogna o cos’altro… eppure lei non era la tipa che diventava paonazza alla vista di un bel ragazzo… anzi! “- Certo… ma… diamoci del tu…” sorrise il giovane, porgendo, da vero gentleman il braccio alla ragazza che, accettando con piacere, lo accompagnò verso il gazebo nel giardino della villa.
“- Sono arrivato da qualche giorno qui ad Amapola… inizierò a frequentare tra qualche giorno il ‘Classic Studio’... ho dato l’esame mesi fa ma, per tanti impegni burocratici che sono sorti, non ho potuto lasciare il mio regno di Magnolias…”. Thomas e Ludmilla erano seduti ad un elegante tavolino, immerso nell’erba, sotto alle luce del sole, rosso per il tramonto. Sorseggiavano un tè bollente chiacchierando allegramente. “- Io studio in quella scuola!” esclamò la giovane, persa ormai, negli occhi verdi del giovane spagnolo. “- Dicono sia la migliore, è così?” chiese il moro, prendendo a sorseggiare di nuovo dalla sua tazza di elegante porcellana che sembrava essere un pezzo raro di un servizio costosissimo. “- Sì, lo è… peccato per alcuni elementi che la frequentano… contessine e baronetti che nemmeno meriterebbero di essere lì…” poi, osservando il ragazzo che la guardava, un po’ sconvolto da quella dichiarazione, raddrizzò le spalle, si morse un labbro, nervosa e dissimulò la sua ira con un sorriso che quasi apparve un ghignetto malefico.
“- Spero di rivederti presto, allora… ci vediamo in accademia…”. Disse il ragazzo, ormai sul cancello principale della grande villa. “- Certo… a domani!” esclamò lei, gentilmente, salutandolo con la mano… Quella pomeriggio fu molto interessante… per entrambi.

 
Al Restò Bar, intanto, Maxi, Andres, Federico, Francesca e Camilla continuavano a far baccano nella Sala Prove… ma più che provare per lo spettacolo stavano… cantando e suonando tutt’altro che musica classica! Assistevano alla scena, Helena Heraldez, detta Lena, la sorella minore di Natalia, chiamata da tutti Nata e, quest'ultima, fissava, con aria sognante, il giovane Ponte che stava suonando la chitarra elettrica. Addetto alla batteria, invece, era lo strambo Andres e poi c’era Francesca che cantava ‘Junto a Ti’, accompagnata alla tastiera da un’energica Camilla che le faceva anche da corista. Federico era l’altro chitarrista. Si stavano divertendo un sacco ed avevano tutti un grande talento. “- Ma allora, siete ancora bravissimi anche nella musica pop!” sorrise Angie, entrando nella stanza, insieme a Pablo. “- Buonasera!” sorrisero loro ai due scendendo dal palco.
“- Ragazzi, vi ho portato… questi! Offre la casa!” Luca entrò con un vassoio pieno di frullati coloratissimi e, tutti, si avvicinarono al gentile italiano, afferrando un bicchiere. “- Mh… c’è qualcosa che non mi quadra… a cosa dobbiamo tutta questa gentilezza, pianista?” sorrise la sorella, con sguardo furbetto… “- Niente! Uno non puo’ essere semplicemente cordiale con i propri amici?” sorrise il moro, riprendendosi il vassoio, ormai vuoto. “- Luca… non ce la dai… a bere!” rise Camilla… facendo scoppiare a ridere solo Andres, come al solito, per la battutaccia...
“- E va bene… con tutte queste prove a scuola… ho bisogno di una mano con i conti del locale, da solo non ce la farò mai! E mi chiedevo se… c’è qualcuno bravo in matematica?” sorrise il ragazzo, con gli occhioni speranzosi fissando tutti i presenti. “- Non guardare me! Sono una frana!” rise Maxi. “- Idem!” gridarono tutti gli altri, quasi all’unisono… “- Ti aiuterei pure ma, con questa storia del concerto… sono sempre mega impegnato! E penso che lo stesso sia per la vostra prof…” sorrise Pablo, ed Angie annuì a sua volta “- Sì… ma poi ti sarei di poco aiuto dato che la mia conoscenza matematica si ferma a quella presente in musica…” rise la bionda. “- Lo sapevo! Sapevo che tutta questa generosità era frutto di qualche favore che volevi chiederci…” sbottò Francesca, legandosi nervosamente la chioma corvina. “- Ti.. ti aiuto io!” sorrise, d’un tratto, la Torres facendo si che tutti si voltassero a fissarla, increduli. In un secondo le gote della ragazza divennero rosso fuoco… sì, aveva una cotta da sempre per il fratello della sua migliore amica e poi… lei era un portento dell'aritmetica… riusciva a fare calcoli a mente con numeri di molte cifre, insomma: un genietto! “- Ma è perfetto! Luca, Camilla è una maga della matematica! Potreste vedervi domani sera, dopo la chiusura… potete restare qui, vicini, vicini, occhi negli occhi…” prima che potesse continuare, la Torres diede una gomitata all’amica, facendola azzittire… ma lei, però, continuò a ridacchiare, cercando di coprirsi la bocca con le mani… cosa che fecero anche gli altri ragazzi. “- Bene, allora… ci vediamo!” sorrise Luca, ritornando al lavoro. “- Anche noi andiamo! A domani, puntuali!” sorrisero i docenti, uscendo dopo che lo aveva fatto il proprietario del locale. “- Hai capito, Camilla? Complimenti!” sorrise Maxi, lodando l’intraprendenza dell’amica. “- Smettetela! Gli do solo una mano... nient'altro...” si difese lei, fissando gli amici un po’ stizzita. “- Sì, certo... Vabbè, si è fatta una certa ora… andiamo a casa? Voglio solo dormire! Sono troppo distrutta…” sorrise Nata, oltre che corista, bravissima ballerina classica… sulle punte era fantastica. “- Sì, concordo… buona serata!” salutò sua sorella, altra talentuosissima ballerina e cantante.
Tutti uscirono dalla ‘sala prove’, stanchi ma felici… si spaventarono, vedendo, però, delle guardie del palazzo… erano al bancone, sorseggiando dei caffè… “- Speriamo che non ci abbiano sentito…” borbottò Francesca, facendo lo slalom tra i tavolinetti del locale… “- No… non stavamo neanche suonando, ormai! Chiacchieravamo! Mica il re ci vuole vietare anche questo lusso?” ironizzò Federico, tranquillizzandola e facendola arrossire e azzittire di colpo. “- Allora ci vediamo domani… ciao a tutti!” si salutarono i giovani, allegramente.
Presto però, qualcosa, avrebbe sconvolto quello splendido clima armonioso che c’era tra loro… anzi… parecchie cose lo avrebbero fatto…
 
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Ciao a tutti!!! Prima di tutto voglio ringraziare tutti coloro che hanno recensito con degli splendidi commenti! Grazie di cuore! Che ve ne pare di questo secondo capitolo? Io amo la scena di Leon e Vilu, all’inizio… e poi il sogno di lei... *-* Leon riuscirà ad entrare nell’accademia? E come la prenderanno i ragazzi quando incontreranno, il nuovo studente, Thomas Heredia, principe di Magnolias? Che carini che sono Luca e Camilla… e cosa ci sarà tra Federico e Francesca? Nascerà qualcosa? Attendo i vostri commenti… alla prossima! Ciao :)

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Capitolo 3
*** Momenti interrotti. ***


“- Voglio che lo spettacolo in onore della famiglia reale sia impeccabile… dobbiamo lasciarli a bocca aperta!” una donna sulla trentina, minuta ma alquanto affascinante, camminava avanti e indietro per la sala di danza classica del ‘Classic Studio’. Anita Dominguez pretendeva, sempre, la perfezione. Figurarsi per un’ esibizione così importante. “- Vogliamo fare una figuraccia? No… non possiamo né dobbiamo! Quindi pretendo: impegno, sudore, stanchezza e, ancora, impegno… tutti alla sbarra… prima posizione!” disse la donna, spostandosi una ciocca castana che le era ricaduta dallo chignon e accendendo lo stereo. Una melodia dolce, di un pianoforte, si espanse la stanza.
“- Uno, due, tre e quattro… Andres le spalle!!! Ponte, lei è completamente scoordinato si vede che è portato solo per l’hip hop... peccato che qui sia vietato… Natalia, va bene… anche Helena.” Ma, improvvisamente, qualcuno, spalancò la porta. La Dominguez si girò stizzita, con un’aria che non prometteva nulla di buono, verso Angie che avanzava nella sala. “- Scusami, Anita… riunione per tutti in Sala Teatro… tra un’ ora esatta…”. I ragazzi assistevano alla scena un po’ preoccupati… l’espressione dell’insegnante di danza cambiò in peggio rapidamente. “- Pensi che, solo perché sei un’ omonima della regina tu possa fare ciò che ti pare? Avete casualmente lo stesso cognome… nient’ altro.” Quelle parole arrivarono come un fulmine a ciel sereno e lasciarono la bionda sbigottita. Una doccia gelata che la fece azzittire di colpo per qualche secondo. Ma perché quella svitata ce l’aveva tanto con lei? Proprio non riusciva a spiegarselo. “- Io sono venuta solo ad avvertire i ragazzi… se tu non vuoi venirci veditela con Pablo…” rispose la Saramego, cercando di mantenere la calma ma avvicinandosi alla donna, al centro della sala. “- Io non è che non ci voglio venire… non voglio che piombi in aula nel bel mezzo della lezione… interrompendola…” sorrise, ghignando, la Dominguez con i suoi occhietti azzurri che divennero due piccole fessure… aveva qualcosa di malvagio, quella tizia... ancor di più quando si rivolgeva alla collega! Angie non sapeva proprio cosa risponderle… i ragazzi fissavano le due. Quasi si potevano vedere le saette che le docenti si mandavano con lo sguardo, sembrava di assistere all’inizio di un incontro di wrestling. Da lì a poco sarebbe scoppiata una tempesta… o, almeno, l’atmosfera era quella. Un silenzio imbarazzante calò nell’aula.
“- Scusatemi…” Per fortuna, Pablo, entrò di fretta e si bloccò nel vedere quella scena. Intuitivo com’ era… aveva già capito tutto. “- Non mi dite che state litigando, ancora…” borbottò l’uomo, con tono afflitto. La Dominguez, per qualche misterioso motivo… detestava dal profondo la Saramego… e non facevano altro che battibeccare… Angie, dal canto suo, non aveva un carattere tanto facile… se veniva attaccata di certo non se ne stava lì a farsi provocare… reagiva all’istante, ribelle com’era. “- Lasciamo stare… Riunione anticipata… tutti con me! Adesso!” cercò di sorridere il direttore per allentare la tensione.
I ragazzi, felicissimi di poter lasciare quella classe, si precipitarono fuori, correndo nel corridoio e prendendo a parlottare tra loro. “- E voi due… seguitemi. Senza dire una parola! Siete impazzite a litigare in quella maniera davanti agli allievi? Che non capiti mai più o prenderò provvedimenti per entrambe!” le rimproverò l’uomo, avviandosi in Sala Teatro tenendo d’occhio le colleghe che continuarono a lanciarsi occhiatacce per tutto il tragitto ma che restarono ammutolite per tutto il percorso.
“- Salve a tutti… vi ho fatto venire qui… perché ho due persone da presentarvi… vostri nuovi compagni di scuola… date il benvenuto per primo al conte Napoleon Ferro!” Un ragazzo bassino, dai capelli biondi e gli occhi scuri, sorrise, entrando nell’aula. Aveva una faccia simpatica… ma, purtroppo per lui, tutti avevano notato il suo cognome e, di conseguenza, lo fissarono per un bel po’, in silenzio… “- Rospo! Cosa diavolo ci fai tu qui?!”. Ludmilla… la ‘supernova’ della scuola, si alzò in piedi di scatto, sgranando gli occhi nocciola e osservandolo con fare disgustato. Il giovane, per tutta risposta esclamò: “- Ma che bello vederti qui, cuginetta!”. A quella frase, la bionda dapprima sbiancò… poi diventò violacea… “- Qui non ci puoi stare! Un solo Ferro basta e avanza!” disse, stizzita lei. “- Ludmilla… siediti e taci!” la rimproverò Angie, rendendo la ragazza ancora più nervosa ma, che per lo shock, si azzittì e rispettò il volere dell’insegnante… gli altri continuarono a ridacchiare, divertiti da quella reazione della giovane. Napo, subito si andò a sedere vicino ad Andres e cominciarono già a fare amicizia. “- Bene… ora voglio che accogliate con affetto anche un altro allievo… viene dalla Spagna… per la precisione dal regno ‘Magnolias’ di cui è… emh… l’erede al trono…” a quelle parole del direttore, gli allievi cominciarono a fare un baccano indescrivibile. “- Silenzio!” strillò, stavolta, Anita… facendo piombare, come per incanto, la calma nella sala. “- Date il benvenuto anche a… Thomas Heredia!”. Un bel ragazzo, distinto, fece il suo ingresso con passo fiero nella classe. Era elegantissimo e aveva lo stile tipico di un nobile, di un principe… Ludmilla gli fece subito spazio per sedersi accanto a lei… cacciando in malo modo Nata, che era accanto a lei per puro caso… e costringendola a passare accanto a Maxi. “- Napo suona la batteria e altri strumenti... come dire... modeni… emh… qui suonerà altro… qualcosa di più classico… vero?” rise Beto, interpellando il giovane Ferro. “- Il flauto traverso! E sono un ballerino!” sorrise il giovane, fissando la Dominguez che, al sentire quell’ultima frase del biondino, alzò un sopracciglio con aria di sfida come per dire… ‘lo vedremo…’. “- Thomas… invece tu suoni la chitarra classica, quella elettrica, giusto? E componi! Ma qui… emh suonerai soltanto la classica, credo… sai le regole del regno, vero?” esclamò Pablo, cercando con lo sguardo, il giovane principe. “- Sì… le conosco bene… farò del mio meglio per dare il massimo… anche nella danza.”. Anita lo guardò soddisfatta… adorava quell’atteggiamento fiero e combattivo del giovane. “- Molto bene… verrete inseriti subito nel grande spettacolo che verrà messo in scena per il compleanno della principessa… adesso a lezione! C’è molto lavoro da fare e… benvenuti!”. Un applauso seguì alle parole del direttore. “- Quel principe è proprio carino… ha un fascino… particolare! Sembra così misterioso...” sorrise Camilla, camminando verso l’aula di musica. “- Ehi tu! Ricordati di mio fratello… sbaglio o stasera avete un romantico appuntamento?” sorrise Francesca, con uno sguardo furbetto diretto all’amica. “- Ma quale appuntamento! Quale ‘romantico’! Gli devo soltanto dare una mano con i conti del locale! Tutto qui! Non mi pare che ci sia qualcosa di sdolcinato nei numeri e nei calcoli…”. Ma, nel pronunciare quella frase, la Torres era arrossita di colpo, fino alla punta delle orecchie. “- E allora perché cambi colore come un camaleonte se… ‘devi soltanto dargli una mano con i conti?’” ridacchiò Federico, apparendo alle loro spalle e facendo il verso all'amica che, stizzita, inventò una scusa lampo e si precipitò agli armadietti… doveva sciacquarsi il viso… se lo sentiva ardente… un po’ d’acqua fredda avrebbe potuto dissimulare la sua emozione.
 

Mentre al Classic Studio, le lezioni continuavano senza sosta, la vita a palazzo era… veramente noiosa e monotona come sempre… ma, un evento, fece svoltare la giornata della principessa Violetta. “- Complimenti… ho apprezzato il tuo modo di fare e la tua determinazione… puoi iniziare da subito…”. German,  era seduto nella sala del trono accanto a Jade che, si faceva limare le unghie come se nulla fosse da due delle sue dame di compagnia… che poi, quel posto nemmeno le spettava! Lei non era una regina… e non era nemmeno una principessa, dato che non aveva ancora sposato il re. Quella sala enorme, veniva usata raramente, se non in cerimonie ufficiali. “- Grazie Sire… farò del mio meglio e non la deluderò.” Leon si inchinò davanti a lui, e, accompagnato dal consigliere del re, Roberto, si avviò verso il portone principale del palazzo, uscendo in giardino per iniziare a lavorare fin da subito.
Violetta, annoiata, scese di corsa verso il salone principale, trovandolo stranamente vuoto. Chissà dov’erano finiti tutti… mentre pensava a varie ipotesi, suo padre apparve, seguito da Jade, dalla porta alla sua destra. “- Papà… non ne posso più di stare in casa… ti dispiace se vado a fare una passeggiata? Non temere! Non oserei mai varcare le mura del castello, tranquillo!” lo schernì, ironicamente la figlia, ponendosi di fronte a lui, ma continuando a fissare, speranzosa, la porta d’ingresso del castello. “- Non fare la spiritosa… vai!” esclamò il re, osservandola, senza pronunciare neanche una parola, correre verso l'esterno.
Le scuderie erano uno dei posti che più adorava di quel palazzo. Adorava passarci delle ore… anche a scrivere sul suo diario oppure a cantare in libertà, senza che nessuno potesse ascoltarla e punirla, come se fosse una colpa amare la musica moderna. Esse, infatti, si trovava un po’ distante dall’ingresso principale del palazzo e nessuno, tranne qualche stalliere, frequentava mai quel posto.
“- Ciao Melody! Guarda cosa ti ho portato!” Violetta si avvicinò al suo cavallo, una splendida femmina dal manto baio e gli occhi scurissimi e intelligenti. Gli allungò una zolletta di zucchero e Melody le mangiò subito con gusto. Nitrì subito dopo, come per volerla ringraziare. “- Di nulla!” rispose la giovane  sorridendo, accarezzando il muso dell’animale. “- Non posso crederci!” una voce la fece sobbalzare. Si sentì il cuore salirle in gola per lo spavento e batterle all’impazzata. “- Mi… mi hai fatto prendere un colpo! Ma chi…”. La ragazza si sentì arrossire di colpo quando lo vide. Il giovane uscì dall’ombra del fondo della scuderia e si avvicinò di più a lei per farsi riconoscere. “- Il suo eroe, Violetta…. Principessa, Violetta.” Sorrise, con i suoi splendidi occhi verdi che splendevano, il ragazzo.
“- Leon Vargas! Ti ricordi… di me… il mio nome!” balbettò lei, ripensando a quell’incidente del giorno prima… ma… cosa ci faceva quel ragazzo lì? Quasi non riusciva a crederci… allora era lui quello che parlava con suo padre! E il re lo aveva assunto!!! Il solo pensiero che lo avrebbe potuto vedere ogni giorno le riempì il cuore di gioia… “- E tu di me, ma… aspetta… come sai il mio cognome?” il giovane la guardava confuso… lui le aveva detto di chiamarsi Leon… ma non si spiegava come sapesse anche il fatto che fosse un Vargas! “- Lascia perdere… emh… è una lunga storia.” sorrise lei… non poteva mica raccontargli che si era messo ad origliare da sopra alle scale quando il re gli stava parlando per la prima volta con il ragazzo nel salone? Che figura da impicciona avrebbe fatto? Nemmeno Olga, la più ficcanaso di tutti i domestici sarebbe arrivata a tanto… No, no e no! Lo avrebbe fatto fuggire a gambe levate.
“- Non pensavo di aver salvato una principessa…”. Un sorriso splendente illuminò il volto del ragazzo… facendo mancare, per un istante, il respiro alla giovane Castillo. “- Emh… preferisco che non si sappia troppo in giro… soprattutto del fatto che ero fuori dal palazzo, l’altro giorno… non sia mai che mio padre mi scopra… mi rinchiuderebbe nella torre più alta del castello e mi lascerebbe lì, in punizione, per mesi!” sbuffò Violetta, sedendosi ai piedi del piccola porticina in legno, alle spalle della quale c’era Melody.
Aveva un’aria sconsolata… sperava che il ragazzo mantenesse quel segreto… “- Tranquilla, non sono uno spione e poi, se ti ho ritrovato… significa che il destino è a nostro favore… e non ho proprio intenzione di rovinare tutto…” disse lui, sedendosi accanto a lei, per terra. La ragazza arrossì di colpo. Gli sorrise, senza dire una sola parola… le piaceva un sacco l’idea che, probabilmente, qualcosa più potente di loro come il fato li volesse uniti… che carino che era quel ragazzo a pensare questo… oltre ad essere gentile, bello e simpatico sembrava anche così… profondo, ecco. “- Che ne dici… facciamo un giretto a cavallo?” propose lui, alzandosi e porgendole la mano per far sì che anche lei si mettesse in piedi ma, quando lei fu di fronte a lui, immobile ad osservarlo, una voce dall’esterno la fece sobbalzare… “- Violetta!!! Dove ti sei cacciata?” gridò qualcuno… sembrava essere Roberto che la chiamava a squarciagola... probabilmente mandato direttamente da suo padre! “- Ora devo andare…” disse, dando una carezza al suo cavallo e avviandosi verso l’uscita… si voltò ancora e sorrise di nuovo al ragazzo. “- Ci vediamo!” riuscì a dire Leon, incantato da Violetta, osservandola correre fuori di fretta. Non poteva crederci.  Il giorno prima l’aveva salvata… ed ora scopriva la sua identità… era sicuro che non era un caso il fatto che si fossero rincontrati, da un giorno all’altro… proprio lui, che aveva pensato che non l’avrebbe, forse, mai più rivista! Ma, adesso lei era lì, a palazzo… e avrebbe potuto incontrarla tutte le volte che voleva...
 
 
Ormai era quasi mezzanotte e mezza, Camilla si avviò di corsa verso Restò Bar e, siccome il locale era già chiuso, per farsi aprire dovette bussare alla porta d’accesso in vetro. Luca sobbalzò da dietro al bancone… vide che la giovane lo salutava dall’esterno e si avviò, attraversando tutta la sala, sull’uscio per farla entrare.
“- Buonasera! Sono in ritardo?” esclamò la Torres, togliendosi il giaccone e appoggiandolo su uno schienale di una sedia. “- No, tranquilla… con tutte queste prove ci stanno distruggendo! Pensa che mi ero quasi addormentato sui conti!” rise il moro, precedendola verso un tavolino, su cui aveva appoggiato tutti i registri di cassa e moduli di varie spese. Da vero gentleman le spostò la sedia per far sì che si sedesse e poi si mise accanto a lei. “- Ecco… questi sono gli incassi… e queste le spese… io non so da dove cominciare! Voglio vedere se stiamo proseguendo bene, se rientriamo con i calcoli… insomma… aiutami!” esclamò Luca, mettendosi le mani nei capelli per la pila interminabile di fogli che si erigeva davanti a loro. “- Tranquillo… allora… prendi carta e penna… e passami la calcolatrice… adesso ci penso io…” sorrise Camilla, decisa come al solito, iniziando a scribacchiare dei numeri che a Luca parvero come una frase in aramaico antico… o come dei geroglifici incomprensibili a qualsiasi altro essere umano che non fosse la Torres. “- Ecco… ci sono. Allora… il budget rientra tutto… sei in perfetto ordine, Rossini! Congratulazioni!” esclamò, dopo qualche ora, la giovane. Ma, la scena davanti ai suoi occhi fu esilarante e tenera allo stesso tempo… Luca, stremato dal lavoro al locale e dalle prove allo Studio, si era appoggiato con le braccia sul tavolo e iniziò in quell’istante a russare come un trombone! Non poteva di certo dormire lì… avrebbe dovuto svegliarlo… con dolcezza! “- Luca… guarda che abbiamo finito! Svegliati!” sussurrò Camilla, voltandosi verso il grande orologio appeso alle spalle del bancone. Segnava le 3:35. A furia di calcolare, calcolare e calcolare, la ragazza aveva perso di vista il tempo che scorreva… suo padre doveva essere preoccupatissimo… e sua madre… peggio ancora! Gli aveva detto che sarebbe andata ad una festa… e che li avrebbe telefonati, di tanto in tanto. La famiglia della giovane era molto ricca… e, sicuramente, si sarebbero bevuti l’idea di un party tra i giovani dell' alta società.
“- Luca… ehi!” sussurrò ancora lei, afferrando la borsa. Finalmente, il ragazzo, alzò la testa, ancora assonnato e la fissò per un istante…“- Cami… hai già finito?” chiese, confuso, stropicciandosi gli occhi. “- Già?! Guarda che sono ore che dormi!” sorrise la Torres, accostando la sedia al tavolino. “- Sul serio? Scusami io volevo… darti una mano ma essendo negato ed esausto… non ce l’ho fatta!” esclamò lui, mortificato, cercando di giustificarsi. Era tenerissimo… Camilla l’osservò ancora una volta con aria sognante.
“- Non preoccuparti… adesso devo andare…” disse lei, avviandosi verso l’uscita ma fu interrotta. “- Aspetta… è tardi… ti accompagno!” urlò Luca, facendola voltare di colpo. Spense le luci del Restò Band e, una volta fuori, chiuse il locale a chiave. Camminarono l’uno al fianco dell’altra a passo svelto. “- Oh no, la giacca! L’ho lasciata dentro!” sbuffò d’un tratto la Torres, mentre erano ormai a metà strada. “- Non preoccuparti, te la porto domani a scuola… ecco, prendi la mia… stasera fa freddo…”. Camilla lo osservò fare un gesto che non si aspettava. Luca si sfilò il suo giubbino di pelle nero e lo poggiò delicatamente sulle spalle della giovane. “- Grazie non dovevi… ormai sono arrivata…” sorrise Camilla, fermandosi davanti ad un enorme cancello in ferro battuto. Luca restò a fissare la villa quasi a bocca aperta per lo stupore. Sapeva che la famiglia Torres era ricca… ma non pensava fino a quel punto.
“- Grazie mille a te… non so come avrei fatto senza il tuo aiuto!” esclamò lui, fissandola intensamente.  Le piaceva l’amica di sua sorella… ormai ne era certo! E non poteva farci nulla. Era più forte di lui… anche se lei aveva qualche anno in meno… un po’ di anni in meno, Camilla lo affascinava un sacco. “- E’ stato un piacere aiutarti… pigrone che non sei altro!” disse la Torres, perdendosi nei profondi occhi verdi del giovane italiano. Si stavano avvicinando… erano ad un centimetro di distanza… le loro labbra quasi si sfiorarono quando… driiin, driiin! Il cellulare di Camilla iniziò a squillare. “- Scusami… è meglio che vada… è mio padre… cavolo, sarà infuriato!” sorrise lei, tesa e imbarazzata da quel momento. Lui ci era rimasto malissimo… avrebbe tanto voluto baciarla… adorava Camilla da tempo… e non aspettava altro che dichiararsi ma, troppo timido per farlo, avrebbe potuto semplicemente farle capire quello che provava, dandole un bacio… era l’unica cosa che avrebbe avuto il coraggio di fare. “- A domani!” salutò lei con la mano, mentre correva nel viale principale. “- A domani…” tentò di sorridere lui, impacciato come sempre, allontanandosi dal portone, pronto per rientrare anche lui casa.
 
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Eccoci giunti al terzo capitolo! Spero che la storia vi stia piacendo e appassionando… come mai Anita è così antipatica e acida con Angie? E l’arrivo del principe Heredia e del giovane Ferro che ve ne pare? Come vi è parso l’incontro tra Leon e Vilu alle scuderie? E quello tra Luca e Camilla? Grazie mille a tutti coloro che stanno continuando a seguirmi! E grazie di cuore per le splendide recensioni! Alla prossima! :)

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Capitolo 4
*** Bacio mancato! ***


“- Buon pomeriggio, papà!” sorrise Violetta, scendendo di corsa la scalinata… non aveva un abbigliamento solito… era completamente vestita da cavallerizza: stivali neri appena sotto al ginocchio e un completo da gara elegantissimo. “- Ciao tesoro!” esordì German, alzandosi dalla poltrona color porpora e avvicinandosi alla figlia, per darle un tenero bacio sulla fronte. “- Vado fare una passeggiata a cavallo!” sorrise lei, dirigendosi, senza aspettare risposta, verso il portone d’ingresso principale.
Non aveva fatto altro che pensare a Leon per tutta la notte… e per tutte quelle altre che avevano seguito al loro incontro… ormai, quel giovane si era impossessato della sua mente… in così poco tempo, da qualche settimana, era riuscito a provocare in lei un turbinio di emozioni… mai provate prima… da quando lui l’aveva salvata, di fronte a quello strano edificio… il ‘Classic Studio’… chissà se lui sapeva di cosa si trattasse…
“- Non allontanarti troppo!”. La voce di suo padre la fece sobbalzare quando era già sul sentiero per arrivare alle scuderie. Varcò la soglia del grande capannone e si guardò intorno…  ‘Ma cosa sto facendo! Perché non riesco che a pensare a lui?’ pensò la giovane, avvicinandosi a Melody che nitrì, aspettando, probabilmente, qualche zolletta. “- No, oggi niente zucchero! Vieni, andiamo a fare un giretto!” sorrise Violetta, aprendo la porticina in legno del box della cavalla e iniziando a cercare la sua sella e i finimenti per prepararla alla passeggiata. “- Vostra Altezza! Si è ricordata della nostra escursione in sospeso! l’altro giorno abbiamo dovuto… rimandare… o meglio lei è dovuta scappare via!” Leon apparve dal fondo della stalla, con un forcone in una mano e un secchio nell’altra… ma era comunque stupendo, nonostante la camicia a quadri sudata, il jeans sporco di terra e i capelli arruffati. Il suo splendido sorriso fece avere un brivido alla principessa che, continuando a sellare Melody, riuscì solo ad annuire, timidamente, guardandolo sottocchio di tanto in tanto. “- Adesso, però… io non posso… ho molto da lavorare…” disse poi Vargas, avvicinandosi a lei e aiutandola con delle  briglie. “- No… dai, accompagnami! Mio padre sarà solo più contento se vado con qualcuno!” esclamò lei, afferrando il caschetto di velluto nero e chiudendolo con sicurezza sotto al mento. “- Io non credo proprio…” ridacchiò lui, aiutandola a salire in sella. “- Su!!! Devi solo bardare un cavallo… a mio padre penserò io!” sorrise lei, avviandosi, ormai in sella, verso l’uscita della scuderia, ma fermandosi sull’uscio. Leon restò a riflettere per qualche secondo… “- Tanto posso continuare dopo… va bene… ma un giretto veloce…” esclamò lui sellando uno splendido cavallo bianco, chiamato Cobalt. Salì anche lui in groppa e seguì la giovane fuori dalla stalla. Si avviarono verso un vialetto che portava al boschetto non molto grande perché comunque situato all’interno delle mura del palazzo. “- Vieni… ti faccio vedere un posto…” sorrise Violetta, passando dal passo al galoppo con grande agilità, avanzando così più velocemente. “- Chi arriva ultimo paga pegno!!!” urlò poi, quando si rese conto che Leon era qualche metro più indietro e la seguiva, sorridendo. Il caldo sole pomeridiano filtrava tra i rami degli alberi e il canto degli uccellini era l’unico suono che arrivava alle loro orecchie. Ad un tratto, Leon rallentò… l’aveva persa di vista in un secondo! Quella ragazza era incredibile.. beh, non era una ragazza qualsiasi… era l’erede al trono di Amapola… avrebbe dovuto cercare di tenerlo a mente.  ‘Che speranze potrei mai avere con lei?’ rifletté il giovane, continuando a cercare la principessa. Aveva rallentato e si guardava intorno, speranzoso di vederla apparire da un momento all’altro. “- Violetta!” urlò, istintivamente, scendendo con un balzo dalla groppa di Cobalt e tenendolo per le briglie... “- Buuuh!” urlò lei, apparendo da dietro ad un albero, e ridendo come una pazza, fissando la faccia sconvolta di Leon. “- Tu sei matta! Mi hai fatto prendere un colpo!” si lamentò il ragazzo, addentrandosi tra alcuni abeti e seguendo, istintivamente la giovane che lo precedeva a piedi… “- Ehi! Porta rispetto! Hai appena dato della matta alla futura regina!” rise lei, continuando a camminare. “- Sì, è così… ma… si puo’ sapere dove stiamo andando?” chiese lui, trascinando anche Cobalt in quel tragitto. “- ... Qui!” esclamò lei, aprendo le braccia soddisfatta. Agli occhi del giovane apparve uno spettacolo. Un laghetto, non troppo vasto, probabilmente artificiale, si espandeva ai loro piedi… ma il bello era il colore… siccome erano al tramonto, tutto era tinto di una luce rosso fuoco che rendeva magica quell’atmosfera.
“- Wow…” disse Leon, sedendosi sull’erba, coperta di papaveri, a fissare l’orizzonte. Violetta sorrise soddisfatta e si sedette accanto a lui… aveva pianificato di portarlo lì già da qualche giorno… ovviamente, sapeva che avrebbe dovuto andarci quando sarebbe calato il sole che, adesso, stava scomparendo dietro allo specchio d’acqua. “- Sono contenta che ti piaccia…” sorrise la ragazza, fissandolo negli occhi, ancora estasiati da quello splendido paesaggio. “- Mi piace eccome!” esclamò lui, spostandosi una ciocca biondo scuro con un movimento rapido della mano. “- Leon… io…” ma lui le mise un dito sulle labbra per farla restare in silenzio. “- Non dire nulla… è tutto perfetto, il momento è perfetto, sono con… la persona perfetta…” sussurrò lui, avvicinandosi sempre più alle sue labbra… lei arrossì, sentiva il respiro del giovane avvicinarsi al suo viso… ad un tratto, quando erano ad un centimetro di distanza, un urlo li interruppe, facendoli allontanare di colpo. “- Signorina Castillo!!!”. “- Oh no… mi stanno cercando! Dobbiamo andare!” esclamò lei, salendo, rapidamente, in groppa a Melody. Leon la osservò per qualche secondo… quanto era bella… peccato che qualcuno avesse distrutto quel momento!  Anche quella volta! Ma com’era possibile che qualche rompiscatole li interrompesse sempre nel momento migliore? “- Passiamo di là… altrimenti ci troveremo le guardie di fronte!” disse lei, dirigendo il suo cavallo per uno stretto sentiero, fitto di alberi, alla loro destra. Conosceva alla perfezione quei luoghi… ogni angolo di quel boschetto, per lei, non erano un segreto… “- Vai Cobalt!” disse Leon, per far partire, al galoppo, anche il suo destriero, per incamminarsi, alle spalle di Violetta, per quel piccolo vialetto.
 
 
“- Se non torna entro 5 minuti io… potrei impazzire!” German era sull’ingresso del palazzo, visibilmente in ansia e stizzito. “- Sua Altezza…” tentò di iniziare Roberto, il suo fido consigliero… “- Non tentare di calmarmi… non ci riuscirai!E se mi dai del 'lei' non è che cambi qualcosa! Quindi smettila! ” esclamò il re, prendendo a camminare nervosamente avanti e indietro per tutto il giardino, fino ad arrivare alla maestosa fontana, molto lontana dall’uscio del castello. “- Ok ma lo farò comunque… ti ha avvertito che sarebbe uscita! Sta’ tranquillo! Sa che non deve oltrepassare i confini… per andare in strada! Che poi io non capisco che male ci possa essere…” borbottò Roberto, fissando la faccia sconvolta del sovrano. “- Lo so io… e lo sai anche tu… non… deve sapere… potrebbe… venire a conoscenza di troppe cose del passato… e poi è l’erede al trono… fino al momento della festa resterà qui, come sempre!” esclamò l’uomo, continuando a girovagare per il giardino, al solo pensiero, ancora più agitato. Vagava nell’attesa di scorgere, da un momento all’altro, sua figlia all’orizzonte. “- Vado a cercarla io… chiama Leon! Dovrebbe essere nelle scuderie… e che mi sellasse subito Cobalt…” ordinò al suo fido consigliere. “- Ma su che esagerazione! Starà arrivando!” si lamentò l’uomo.
“- Matias… vacci tu!” esclamò allora il re, lanciando un’ occhiataccia a Roberto e fissando il fratello della sua futura sposa. Il biondo, pigro come sempre, fece prima un verso scocciato e incomprensibile, poi, osservando l’aria nervosa del re, si rese conto che era meglio ascoltarlo… così annuì, dirigendosi verso le stalle. “- German! Qui non ci sono né Cobalt né il ragazzino!” urlò a gran voce il biondo,affacciandosi verso l’esterno del capanno. “- Che… cosa? Allora significa che… no… non posso crederci!” urlò stizzito il re, facendo correre fuori perfino Jade, che, con aria annoiata, si avvicinò all’uomo. “- Amore! Cosa succede? Come mai sei così arrabbiato? Un bel massaggio alla spa ti farebbe proprio bene!” esclamò, con la sua solita vocina tonta, la mora. “- Violetta non si trova! E nemmeno quel bell’imbusto del nuovo stalliere! E la cosa mi da’ su i nervi e mi preoccupa… e non poco!” gridò German, nel panico. “- Tutto qui?” sbottò Jade, sgranando gli occhi. “- Già, per questa volta, la signorina La Fontaine non ha tutti i torti! E poi… hai già mandato le guardie a cercarli… calmati!” urlò Roberto, beccandosi un’altra occhiataccia dal re.
“- Ciao papà!”. La vocina della figlia alle sue spalle fece voltare di colpo l’uomo. Da dove spuntava fuori? Come aveva fatto ad arrivare da… da dove arrivava? “- Violetta! Adesso mi spieghi da dove arrivi e dove ti eri cacciata!” urlò il re, ormai più nervoso che preoccupato. “- Ero… fuori! Te l’avevo detto che sarei uscita!” si giustificò la giovane. “- Sì questo lo sapevo… ma con chi?! Voglio saperlo! Avanti, parla!”. A quella domanda la ragazza restò di sasso… non gli sfuggiva mai niente! Aveva capito che non era andata da sola in passeggiata… “- Mi scusi sua Altezza, era con me.” La voce di Leon li fece voltare tutti verso l’entrata delle scuderie, da cui, il ragazzo stava uscendo e si avvicinava a loro con passo fiero. “- Hai anche il coraggio di dirmelo?” sbottò German, rosso di gelosia per la sua amata figlia. “- L’ho solo accompagnata… non volevo che andasse in quella zona da sola! Posso rimanere di più per finire il lavoro… anche tutta la notte se ce ne sarà bisogno.” si giustificò lo stalliere, con tono deciso. Violetta lo guardò per un secondo, poi prese a fissare di nuovo suo padre, con aria tesissima. “- Violetta… va’ in camera tua, devo parlare con questo giovanotto…” disse German, senza batter ciglio, continuando a fissare il ragazzo. “- Ma pap…” ma il re  la interruppe all’istante, senza permetterle di replicare. “- Va’! Subito!” ordinò l’uomo. La giovane fissò ancora Leon con aria triste e, con le lacrime agli occhi, si voltò e cominciò a rientrare a palazzo… “- Devo parlargli da solo… tutti dentro!” esclamò ancora il re, costringendo Jade, Matias e Roberto a tornare nel castello. Quando rimasero entrambi nel bel mezzo del giardino, il sovrano cominciò subito a parlare al ragazzo che, anche se intimorito, tentò di non dimostrare affatto la sua debolezza. “- Leon… non voglio licenziarti già dopo qualche settimana e non lo farò… ma cercherò di essere il più chiaro possibile… stai lontano da mia figlia… lei… ha bisogno di qualcuno che…che…” Leon non riuscì a tacere… e rispose, concludendo la frase del re. Sapeva già cosa volesse dirgli, o almeno, lo sospettava. “- … Che sia ricco… dell’alta società, un principe, chiaramente… lo so… stia tranquillo, sua Maestà… tra noi non c’è, né ci sarà nulla…” sbottò il ragazzo, fissando il re negli occhi. German lo guardò, scioccato da tanta insolenza ma, in fondo, il ragazzino aveva centrato in pieno il punto… la futura regina di Amapola doveva avere, al suo fianco, qualcuno di nobile, di ricco… o un erede al trono come lei… e non di certo uno stalliere, secondo il pensiero del re. “- Attento, ragazzino… ti tengo d’occhio… sappi che vi controllerò… ho molte guardie fidate che potranno riferirmi ogni cosa. Bada bene a ciò che fai. Sta’ lontano da lei…” esclamò con freddezza German e, così dicendo, si diresse verso il portone principale, lasciando Leon imbambolato e con sguardo afflitto.
Doveva dimenticarla… ma sarebbe stata troppo difficile per lui. Forse, lasciando quel posto, sarebbe stato tutto più facile… ma quel lavoro gli serviva troppo. Doveva pagare la retta del ‘Classic Studio’…  voleva suonare il piano, comporre musica. E non avrebbe di certo mollato tutto, così. Appena aveva trovato quell’impiego aveva parlato con il direttore dell’accademia, aveva dato l’esame, un pomeriggio, alla presenza di tutti gli insegnanti… ora doveva solo sapere se fosse stato ammesso. Era sicuro del suo talento… ma quella situazione gli metteva comunque un’ansia assurda. Dopo la partaccia subita dal re, finì in fretta il suo lavoro lasciato in sospeso e, dopo aver raccolto le sue cose e aver lasciato tutto in ordine nelle scuderie, si allontanò di fretta verso il cancello principale. Percorse una stradina stretta, una sorta di scorciatoia e si recò verso l’accademia. Magari avrebbe già potuto sapere l’esito del suo esame di ammissione… era tesissimo. Mille domande si affollavano nella sua mente… se fosse entrato al ‘Classic Studio’ come avrebbe fatto con il lavoro? Il re, ormai, non lo sopportava un granché… gli avrebbe mai concesso dei… turni? Si addentrò nei corridoi, cercando disperatamente l’ufficio di Pablo… voleva sapere. Trovò, finalmente, l’ufficio dell’uomo ma era tardi… chissà se lo avrebbe trovato ancora lì. Bussò e, senza aspettare risposta, aprì la porta.
“- Mi scusi… io… non sapevo se ci fosse o no, ecco…”. L’uomo alzò gli occhi dalle sue scartoffie e gli fece cenno con la mano di avvicinarsi alla scrivania. “- Mi dispiace disturbarla… io vorrei solo sapere…” iniziò Leon, ma fu interrotto dal direttore. “- L’esito dell’ammissione, lo so… sei fortunato! Mi hai trovato perché mi sono fermato qui a finire di controllare questi documenti…” sorrise Pablo, gentilmente, mettendosi a cercare qualcosa in un cassetto. “- Ecco, tieni… leggi qui…” esclamò poi il moro, estraendo, da un raccoglitore, una fotocopia, anzi… un modulo. Leon lesse con attenzione ed esultò con foga, poi ricordandosi della presenza dell’uomo, tentò di contenere il suo entusiasmo. “- Grazie… grazie di cuore!” urlò poi, tentando di non apparire troppo eccessivo.
“- Di cosa? Te lo sei meritato! Hai talento, forza di volontà… tutto quello che ci vuole per entrare in questa accademia.” esclamò il direttore, cordiale come al solito. “- Io… vado… arrivederci!” rise Vargas, ancora elettrizzato. Su quel foglio, oltre ai voti di musica, canto e ballo, vi era una scritta in grassetto che lo aveva fatto tanto emozionare: ‘AMMESSO’.
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Eccoci qui al quarto capitolo! Che ve ne pare della storia? La passeggiata a cavallo tra Leon e Violetta è stata… ok, ho adorato quella scena!!! *-* Ma ho odiato la parte del bacio interrotto! ç_ç
Non temete! Quei due… avranno le loro occasioni… in ogni caso l’attrazione tra loro è fortissima, già si percepisce… persino il re, German lo ha capito… e sta cominciando a temere per sua figlia! Il rompiscatole! Ha pure minacciato il povero Vargas… >.<
Leon è stato ammesso!!! Ma adesso… come farà con il lavoro? Riuscirà a conciliare entrambe le cose? Come si troverà allo studio? Gradirà subito la presenza del principino Heredia? E con Ludmilla? Alla prossima, ciao! :)

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Capitolo 5
*** Ospiti indesiderati! ***


Il sole stava per tramontare e un raggio rossastro illuminava quasi completamente la fontana che troneggiava al centro del giardino del palazzo reale. Violetta affrettò il passo per dirigersi, come sempre, verso le scuderie… da quando c’era Leon non faceva altro… quell’escursione a cavallo, poi, aveva reso tutto diverso, più magico… se non fosse stato per quel bacio mancato… ma, quel giorno ancora non era riuscita a recarsi da lui, dato che, suo padre, non appena la vedeva uscire dal palazzo la richiamava con qualche stupida scusa. Proprio adesso che voleva parlare al giovane, sembrava non riuscire ad avere occasione di incontrarlo. La ragazza entrò svelta nel capanno e si avvicinò a Melody. Di Leon non sembrava esserci alcuna traccia. “- Ciao!” salutò lui, apparendo dal nulla e facendola sobbalzare. “- Ma tu appari sempre così?” sorrise lei ma portandosi una mano sul cuore sullo spavento. “- Dovremmo parlare…” iniziò a dire il messicano…ma lei lo interruppe.  “- … Se parli di... quella passeggiata... è stato un giorno quasi perfetto!” intervenne la principessa, continuando la frase del giovane e fissandolo negli occhi…ma qualcosa, anzi, qualcuno, interruppe ancora l’idilliaco momento. 
“- Violetta! Sei ancora qui?” l’urlo di German la fece voltare sull’uscio delle scuderie, dove, appunto, si trovava l’uomo. “- Che c’è? Vuoi che resti nella torre? Non sono libera di girare nemmeno più per il castello?” sbottò la giovane, avviandosi verso suo padre, stizzita e con aria da ribelle. Leon riprese di colpo a lavorare… quello era un altro segnale inviato dal re… come se ormai non gli fosse chiaro. Il suo capo, tra l’altro 'solo' sovrano di tutta Amapola, lo voleva tenere lontano dalla ragazza. E non aveva intenzione di arrendersi. “- Ho una sorpresa per te, vieni…” disse Castillo, lanciando l'ennesima occhiataccia al giovane stalliere che aveva ricominciato a spalare fieno e accompagnando la figlia fuori da lì, senza darle nemmeno il tempo di salutare il giovane. 


“- Cosa c’è di tanto sorprendente? Jade ha cambiato il suo 'reale parrucchiere'? O Matias ha una nuova Ferrari?” ironizzò la principessina uscendo verso il giardino. Il padre le circondò le spalle in un abbraccio e la condusse fino alla fontana dove vide in lontananza due limousine, una dietro l’altra che stavano rallentando la loro velocità, come se stessero per fermarsi. “- Tesoro, stasera abbiamo ospiti a cena!” sorrise German, salutando con un cenno della mano le vetture. “- Chi sono? I soliti vecchietti dell’alta società?” borbottò la ragazza, cercando di scorgere, attraverso i vetri oscurati delle auto, qualche faccia anziana di qualche pezzo grosso dell’alta borghesia del regno… magari qualcuno che già conosceva. “- No… al contrario. Ho pensato che, vivendo sempre qui, avessi bisogno di conoscere qualcuno della tua stessa età, più o meno… ma pur sempre del nostro ambiente…” esclamò l'uomo, sottolineando l'ultima parte della frase con decisione. La ragazza sgranò gli occhi castani e l’osservò con uno sguardo tra lo scioccato e il sorpreso. Ragazzi? Della classe alta? E cosa avrebbe dovuto fare? Socializzare con quegli snob? La cosa non le piaceva affatto ma, prima di giudicare, decise di dare una chance a quei giovani. La prima auto di lusso si fermò proprio accanto alla fontana. Una bella donna, bionda ed elegantissima in uno splendido abito lungo blu elettrico, scese con grazia dalla vettura. “- Susana! Che piacere rivederti!” German sorrise gentilmente… in alcune occasioni sembrava dimenticare di essere il re di Amapola! “- Vostra Altezza! Il piacere è tutto mio!” disse la donna, facendo una piccola riverenza e ricevendo un baciamano dall’uomo.  “- Dai, lo sai che puoi darmi del tu!” rise lui amichevolmente. Ad un tratto la bionda si voltò di scatto verso Violetta, che aveva ignorato fino a quel momento e che attirò di colpo la sua attenzione. “- Lei dev’essere tua figlia? La principessina! Sei il solito severo, non la conosce nessuno in tutto il regno! Devi darle più libertà…” esclamò Susana, parlando come se Violetta non fosse neanche presente! La cosa infastidì un sacco la ragazza che, con la scusa di doversi andare a cambiare per l’occasione, si precipitò nel castello, prima che gli altri invitati potessero conoscerla.
Dopo vari tentativi di evitare i monologhi assurdi di Jade, in fibrillazione per una piega invisibile sul corpetto del suo meraviglioso abito di raso rosso e dorato, salì la scalinata e si chiuse di colpo in camera sua, appoggiandosi, istintivamente, con le spalle alla porta. Perché suo padre aveva invitato quelle persone? Quella donna era quasi terribile quanto Jade…  beh, quasi! Almeno sulla questione ‘libertà’ le dava ragione! E ancora non aveva conosciuto il resto della ‘allegra combriccola’! Camminò avanti e indietro nella stanza, nervosa e tesa… poi si ritrovò davanti all’enorme specchio che rifletté la sua immagine… era in tenuta da equitazione, i capelli spettinati e… dulcis in fundo… aveva una macchia di terriccio su un ginocchio. “- Devo assolutamente indossare qualcosa di decente!” sbuffò lei, pensando già a quella noiosissima cena che l’attendeva di sotto. Aprì l’enorme armadio e, dopo aver gettato vari abiti sul letto, scoprì uno splendido abito in tulle azzurro cielo, lungo e svasato. Lo indossò e si pettinò in fretta senza nemmeno l’aiuto delle dame di compagnia che aveva lasciato fuori dalla stanza. Voleva restare da sola. Indossò un paio di scarpe col tacco color argento e uscì, richiudendosi la porta alle spalle.
Si avvicinò alle scale in marmo, e, tenendosi all’imponente corrimano, scese lentamente facendo girare di colpo tutti quelli che erano in fondo al salone principale. Si sforzò di sorridere e osservò i presenti che la fissavano un po' sorpresi. Due ragazzi, una biondina, in un abito lungo, fucsia di raso, l’osservava. Aveva un’ aria un pochino arrogante che fece rabbrividire istintivamente la giovane principessa, per la frazione di secondo durante la quale aveva incrociato gli occhi nocciola della giovane, tanto da farla quasi fermare nella sua discesa. Poi, improvvisamente, incrociò lo sguardo fiero di un giovane… era carino, bruno, occhi verdi… ma aveva tutta l’aria di essere molto sicuro di sé…proprio come l'altra biondina che era con lui.
‘No, sono tutte impressioni… magari mi sbaglio… forse non saranno neanche così male…’ pensò Violetta cercando di essere ottimista, arrivando in fondo alla scalinata. 
“- Violetta, ti presento, il principe Thomas Heredia, viene dalla Spagna… è l’erede al trono di un piccolo ma stupendo regno… Magnolias… ” presentò subito suo padre, lanciando un sorriso al giovanotto, attendendo che i due si degnassero almeno di un sorriso. Niente… almeno da parte di lei. “- Molto lieta…” salutò gentilmente la principessa, senza nemmeno l’ombra di un minimo di curiosità riguardo a quel giovane. "- Il piacere è mio Signorina Castillo..." esclamò lui con un sorriso splendente, facendole il baciamano. “- Lei, invece, è la figlia di Susana, la contessina Ludmilla Lopez Ferro… potreste diventare amiche, sai? Avete quasi la stessa età…” consiglò suo padre. La bionda continuava a ghignare soddisfatta… la Castillo non riuscì a capire che tipo fosse… era… particolare. “- E’ un piacere conoscerla, finalmente, Vostra Altezza…” esclamò chinandosi, leggermente stizzita, di fronte a Violetta. Già dal primo impatto quella futura erede al trono non le stava per nulla simpatica… “- Non preoccuparti… non c’è bisogno…” disse Violetta, vistosamente in imbarazzo… tutti quei convenevoli li detestava! Non trovava giusto che qualcuno si dovesse inchinare davanti a lei… o a suo padre… certo erano reali… ma di certo non erano superiori a nessuno! Questo era il pensiero fisso dell’umile ragazza.
“- Vostra Altezza… stiamo per servire la cena…” Roberto si avvicinò, guardingo al gruppo e fece il suo annuncio quasi urlando, dopo essersi schiarito la voce, per farsi notare di più. “- Bene… andiamo, allora!” sorrise Castillo, facendo strada ai suoi ospiti verso un lungo corridoio. Una volta a tavola, Susana non faceva altro che sorridere al re per attirarsi i suoi favori… ma questo, come prevedibile, scatenò le ire di Jade che, avvinghiandosi al re, faceva di tutto per separarli. Ogni tanto, soprattutto quando le interessava qualcosa la contessina La Fontaine non era poi così tonta come sembrava.
Violetta cercava di tenere la testa bassa sulle succulente portate, fantasticando su cosa stesse facendo Leon… gliene importava poco o nulla di quello stupido ricevimento. La sua mente era altrove. Ludmilla chiacchierava con Heredia che, invece, sembrava avere occhi solo per la giovane Castillo e la ignorava, rispondendo a monosillabi alla Ferro. I discorsi erano noiosissimi… fino a quando… si aprì un argomento che fece interessare anche la principessa di Amapola. “- Thomas… come mai sei venuto proprio qui, nel nostro regno?” chiese ad un tratto Jade, fissando il giovane spagnolo. Ovviamente, fece quella domanda ingenuamente… ma il re, che sapeva che era lì per il ‘Classic Studio’, deviò subito il discorso, per non far intendere nulla a sua figlia. Quella scuola d’arte doveva rimanere un mistero per lei… altrimenti l’avrebbe voluta frequentare… sarebbe diventata come sua madre, la regina Maria, fondatrice, tra l’altro, di quell’accademia… in origine così diversa da quella che era diventata ora… non riusciva a pensare a Violetta che amava la musica come la sua defunta moglie, con quella maledetta passione che gliel’aveva portata via. Doveva impedirlo.
“- Passiamo al dolce, presto! Veloci!” urlò il re, per cambiare argomento, senza dare al principe Heredia l’opportunità di rispondere o a nessuno, tanto meno a Violetta, di fare domande sull’argomento.


Finita la cena, la principessa, senza farsi notare troppo, mentre gli altri erano presi dai loro discorsi commerciali e riguardanti l’economia, si allontanò in fretta verso le scuderie. Doveva vedere Leon, non ce la faceva proprio a stargli lontano… e più lo conosceva, più se ne rendeva conto.
“- Dove scappi, principessa?” una voce di un ragazzo la fece bloccare di colpo. No, non era il bello scudiero… era proprio quello che l’aveva fissata, con aria assorta ma allo stesso tempo fiera e sicura di sé, per tutta la sera…
“- Thomas! Non sto scappando…” balbettò lei, un po’ stizzita da quella ingiustificata curiosità del principe. Magari avrebbe potuto scappare da quel posto! “- A me sembra proprio di sì…questa è proprio una fuga bella e buona!” esclamò lui, avvicinandosi con ampie falcate e passo deciso a lei. “- Sbaglio o mi stai evitando? Nemmeno mi conosci e già mi ignori!” disse ancora il giovane moro, sedendosi sul bordo della fontana. “- No! Cosa dici... non è così! E’ solo che…” tentò di mentire lei ma fu interrotta dal principe. “- ... Che stai cercando qualcun altro?” chiese deciso Heredia, ridacchiando e facendola innervosire. “- Ma… cosa…? No! Chi vuoi che aspetti? Nemmeno conosco nessuno…” arrossì lei, tentando di sembrare convincente... Beh… qualcuno conosceva… e non le era nemmeno così indifferente. Ma poi cosa voleva quel tizio? Non doveva di certo giustificarsi con lui!
“- Sei proprio una bella principessa…una bella ma ribelle principessa...” sorrise il giovane, afferrandole le mani. Quel ragazzo era troppo, decisamente troppo… intraprendente per i suoi gusti. “- Scusami ma… devo andare…” disse lei, divincolandosi dalla presa del moro e correndo verso il retro delle scuderie, non voleva che Heredia si insospettisse nel vederla fuggire, a quell’ora, nel capannone. Rammaricato ma felice per quel breve incontro, Thomas rientrò a palazzo soddisfatto di aver scambiato qualche parola con la bella erede al trono.
Ludmilla, uscita da poco dal castello, aveva assistito alla scena… vedendo i due, mano nella mano… chissà cosa aveva pensato, che idea strana si era fatta! E poi, avendoli visti così vicini e senza aver sentito la loro conversazione la situazione non le giovò di certo! Già era abbastanza irata dal fatto che tutti avessero attenzioni solo per la principessina ignorando del tutto lei, soprattutto il bel principe di Magniolias… sì, ne era certa… la gelosa stava già cominciando a divorarla. Gelosa di quella ragazzina che aveva attirato l’attenzione del suo principe spagnolo, gelosa del fatto che, in futuro, sarebbe diventata la regina di Amapola, la sua regina e avrebbe comandato su tutti, anche su di lei... e al solo pensiero, si innervosiva troppo.
La Ferro seguì la giovane, evitando Heredia che rientrò a palazzo e si affacciò sulle porte in legno del retro la scuderia… Violetta era seduta su un ammasso di paglia, accanto ad un giovane scudiero, bello come il sole nella sua larga camicia a quadri e con un cappello stile vecchio west. Indossava una t-shirt bianca su dei jeans stretti… ‘Hai capito la principessina! Non sta bene, signorina Castillo, non va proprio bene così… li perderai… entrambi. Parola di Ludmilla Lopez Ferro… Punto primo: io amo Thomas… e sarà mio… e poi, lo stalliere non è niente male e si vede che ti ama troppo… goditelo finchè puoi… ti rovinerò la vita, cara mia! Rimarrai da sola!” sorrise malvagia, tra sé e sé, la bionda. ‘... Anche se, per per potrare a termine i miei pandi dovrò fingermi tua… amica… e forse questo sarà la cosa che mi costerà di più di tutto… ‘ pensò poi, disgustata al solo pensiero di quella principessina da quattro soldi. La odiava già. Per qualche motivo nessuno si curava di lei e sia Leon che Thomas sembravano cotti della Castillo. “- Ti darò filo da torcere, Violettina… nessuno ignora ‘Ludmilla la stella’ per una come te!” borbottò, quasi ad alta voce, ritornando verso l’ingresso del castello, aveva visto abbastanza e, mentre camminava stizzita verso l’entrata, cominciò già a pensare a qualcosa per far restare sola e abbandonata l’erede al trono di Amapola.
“- Allora stasera sei stata impegnata con il principino intraprendente…” sbottò Leon, rialzandosi e continuando a lavorare, mentre la ragazza era seduta ancora e lo fissò sconvolta. L’aveva vista… “- Non avevo molta scelta…” replicò lei, alzandosi e prendendo ad accarezzare il muso di Melody. “- Ah giusto, tuo padre…” disse il ragazzo, con aria tesa senza alzare nemmeno lo sguardo dal fieno che stava spalando. Sicuramente il principino gliel’aveva presentato il re per allontanarla da lui… Gli doveva stare lontano, era stato avvertito… ma quanto gli era difficile! Tentò con tutte le sue forze di concentrarsi sul lavoro… e, ad un tratto, sentendo delle voci, provenienti probabilmente dagli ospiti che stavano andando via, Violetta lo fissò un po’ triste per quella freddezza e corse fuori. Era confusa… perché Leon si comportava così? Cosa le aveva detto suo padre? Ignorando il saluto dei tre ospiti salì in camera, si stese sul letto e prese a fissare il soffitto con la mente piena di incertezze.

 

Il giorno dopo, al ‘Classic Studio’ tutto sembrava procedere per il verso giusto… sembrava. Thomas veniva rincorso da Ludmilla… fino a quando, i due, presero a chiacchierare… solo quando il principe rimase bloccato in un corridoio senza uscita! Luca e Cami, dopo quella sera del ‘bacio mancato’ sembravano salutarsi a stento… imbarazzati come mai cercavano solo di fuggire l’uno dall’altra. Fran continuava a fissare Federico da lontano e Maxi faceva lo stesso con Nata. Napo, invece, cominciò a chiacchierare con la secondogenita degli Heraldez e si trovava molto bene in compagnia della biondina, Lena.
Leon… beh lui ancora non frequentava i corsi… doveva prima parlare con il re, cosa non di certo facile dato il rapporto conflittuale tra i due… per ora aveva solo raccontato a Pablo la situazione e il direttore gli aveva detto che  poteva concedersi tutto il tempo che voleva per prendere con calma le sue decisioni.
In Sala Teatro si continuava a provare per il concerto in onore della famiglia reale per il compleanno della principessa Castillo. “- Molto bene, state migliorando moltissimo, bravi!” sorrise il direttore agli allievi.
“- Sì sono d’accordo!” esclamò Angie, riordinando degli spartiti, appoggiati sul grande pianoforte a coda. Beto prese ad applaudire e Anita osservava la scena in silenzio… non trattandosi ancora delle prove di danza classica, non poteva giudicare e preferiva starsene zitta.
Ad un tratto, nel bel mezzo di un momento di pausa, qualcuno bussò alla porta. Il direttore andò ad aprire sospendendo la sua animata conversazione con i colleghi che trattava delle scenografia e delle luci del teatro.
Un uomo alto, stempiato e con buffi occhialetti rotondi fece capolino nella sala. Camminava a passo deciso e sembrava avere qualcosa di cattivo nello sguardo. I docenti lo fissarono sorpresi… e gli allievi tacquero di colpo, inquietati dal signore che avanzava deciso.
“- Salve… desidererei parlare con il preside dell’accademia…” ghignò, con fare malvagio l’uomo, ponendosi di fronte ai docenti ignorando del tutto i ragazzi. “- Il preside attualmente non c’è ma io sono il direttore, Pablo Galindo… scusi lei chi è?” disse con tono fiero il moro, studiando con attenzione il suo interlocutore. “- Come chi sono? Gregorio Martinez Casal… conte di Amapola…“ urlò quasi l’uomo,  come per pavoneggiarsi del suo alto rango sociale. “- Ragazzi, prendetevi una pausa… ci qui vediamo tra 10 minuti… a dopo!” esclamò l’insegnante, con tono deciso, continuando a fissare quel tipo strano. Cosa avrebbe mai voluto da lì? Anche gli altri professori lo osservavano, stupiti da tale visita.
 
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Eccomi con un nuovo capitolo! Cena a sorpresa a palazzo! Thomas e Ludmilla al castello, aiuto!!! Si salvi chi puo'! Poveri Violetta e Leon… non si prospetta niente di buono! La bionda Ferro è pericolosissima! E l'intraprendente principino è alquanto rompiscatole... vi avverto... è un po' diverso dalla serie tv... XD
E il ricco Gregorio? Cosa vorrà mai dal Classic Studio?
Approfitto per ringraziare a tutti coloro che stanno seguendo la storia! Siete fantastici e adoro le vostre splendide recensioni... grazie di cuore!!! :D Cercherò di aggiornare presto! Alla prossima! Baci. :)

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Capitolo 6
*** Incontri pericolosi. ***


“- Lieto di conoscerla… come mai è qui?” chiese il direttore, senza troppi giri di parole, al conte Gregorio che lo fissava, quasi con aria disgustata… incomprensibilmente disgustata.
“- Le parlerò senza divagare inutilmente… Vede… ho saputo, da fonti sicure… che il  Classic Studio… non sta navigando in buone acque… economicamente parlando…” disse con calma l’uomo, camminando, avanti e in dietro, di fronte ai docenti che si erano accomodati sul bordo del palcoscenico e attendevano, in ansia, di sapere cosa volesse quel tipo strambo. “- Mi sa che le sue fonti non sono così tanto certe…” borbottò Angie, beccandosi un’ occhiataccia dal direttore… come al solito, anche se aveva ragione, era fin troppo impulsiva. Pablo, invece, voleva sapere dove volesse andare a parare l’uomo… “- Posso continuare? O devo venire ancora interrotto?” disse stizzito, ma con calma, Casal, continuando a guardarsi intorno e ad percorrere tutta la sala in lungo e in largo. “- La scusi. Continui…” aggiunse il direttore, fissando, prima la collega e poi ancora una volta, il conte. “- Carissimo Galindo… sarei interessato ad acquistare… questo edificio… mi serve! Ho intenzione di creare una seconda enorme auto concessionaria di macchine di lusso… la mia ‘Casal&co’ sta crescendo… e questa struttura è perfetta… piano terra per il salone espositivo, piani superiori per gli uffici… ho già molte filiali di vendita di auto di lusso… ma questa… data la struttura potrebbe diventare la mia sede principale… qui, ad Amapola!” scandì l’uomo, aspettando curioso, la reazione dei professori della scuola.
“- No, no e no, mi scusi… io non sono il preside… ma so che di sicuro neanche lui sarebbe d’accordo… mi dispiace signor Casal… il ‘Classic Studio’ non è in vendita… nemmeno se fossimo sull’orlo del fallimento cederemmo la scuola… situazione in cui, per ora, non siamo! Mi dispiace.” Sentenziò Galindo, indicando subito l’uscita all’uomo con un cenno della mano un po’ teso. “- Forse non ha capito… sono disposto a pagare subito… e qualunque cifra…” esclamò l’uomo, estraendo da una tasca del lungo cappotto che indossava, un libretto degli assegni e una penna stilografica tutta d’oro. “- Assolutamente no, forse è lei che non ha capito… non abbiamo intenzione di vendere… parli anche con il preside se non mi crede… sono sicuro che è del mio stesso parere.” Concluse Pablo, alzandosi e andando ad aprire la porta dell’aula, come per invitare l’uomo ad uscire. “- State facendo un grave errore… perché, anche se non mi concederete ciò che voglio. Sappiate, signori… che io me lo prenderò lo stesso… Buona giornata.” esclamò, stizzito ma con decisione, Gregorio prima di sbattere forte la porta, facendo sobbalzare i professori.
“- Ma che vuole questo tipo?” chiese Beto, addentando un croissant alla crema con foga. “- Non so che intenzioni abbia ma questa situazione non promette niente di buono…” aggiunse Angie, abbassando lo sguardo sui fogli che aveva ripreso a leggere distrattamente…  quel luogo era uno dei pochi ricordi che le restavano di Maria… e non avrebbe mai fatto in modo che venisse ceduto al primo acquirente… quel posto era pieno di ricordi di sua sorella era… intoccabile. E anche a costo di farsi incatenare fuori dall’ingresso non avrebbe concesso a nessuno di portarglielo via.
“- Non temete e non allarmate i ragazzi… ci parlerò io e ne parlerò anche con Antonio, andrà tutto bene. Quel Casal non mi fa paura…” sorrise il direttore, cercando di risollevare gli animi di tutti.
 
 
I ragazzi, intanto, erano nel corridoio fuori dalla sala teatro, fissarono Gregorio che aveva urlato qualcosa, stizzito, e ripresero subito a chiacchierare tra loro, senza dare troppo peso alla cosa. “- Ma chi era quel tipo strano? E perché ha detto quella strana frase, uscendo?” chiese Maxi agli amici che sembravano essersi dimenticati dell’uomo che aveva interrotto le prove… “- Chi?” chiese Andres, confuso come sempre, fissando dei ragazzi che correvano, parlottando e indicando il conte che si era precipitato nel corridoio, dirigendosi verso l’uscita. “- Il tizio che è uscito strillando!” esclamò il rapper ad alta voce, facendo voltare tutti nella sua direzione. “- Qualcosa mi dice che non era molto contento!” borbottò Luca, continuando a sorridere, da lontano, a Camilla.
“- Ehi voi! Tutti in classe, forza!” strillò il direttore, affacciandosi sulla porta dell’aula. Gli allievi eseguirono l’ordine di Galindo e rientrarono ordinatamente nella Sala Teatro ma, prima di riprendere le prove, Pablo iniziò a parlare osservando i ragazzi… aveva intuito che anche loro avessero capito qualcosa su quel Casal e voleva tentare, in qualche modo, di calmarli.
“- Non so cosa abbiate sentito o pensato riguardo a quel conte… ad ogni modo vi voglio tranquillizzare… la scuola non si tocca! Sicuramente anche Antonio sarà d’accordo.” A quelle parole un brusio incessante si fece sempre più forte… “- Pablo… cosa… significa?” chiese Camilla sconvolta, fissando Francesca accanto a lei e ritornando con lo sguardo fisso sui professori. “- Calmatevi! Restiamo calmi, tutti!” strillò il direttore provando ad azzittire la classe che continuò a rumoreggiare per qualche secondo. Come previsto dall’uomo, qualcuno aveva intuito tutto, altri, avendo origliato, avevano ascoltato la conversazioni e altri, la maggioranza, erano allo scuro di tutto.
“- Andrà tutto bene… abbiamo già rifiutato l’accordo!” esclamò Angie, cercando di auto convincersi anche lei che davvero sarebbe andato tutto per il verso giusto. “- Ma quell’uomo ha detto che non si arrenderà!” rispose Maxi, in panico. “- Ragazzi! Basta! Cosa ci ha sempre insegnato il nostro direttore? Insieme siamo…” “- Migliori!” risposero in coro gli alunni alla bionda insegnante. “- Allora? Se stiamo uniti nemmeno un conte potrà nulla contro di noi! Niente paura! Abbiamo delle prove da continuare… forza!” sorrise, rassicurante, la donna. I ragazzi, molto perplessi e preoccupati, si cominciarono a tranquillizzare un po’ e, dopo qualche minuto di confusione ripresero le prove per il concerto della principessa Castillo.
 
 
“- Non posso credere che quell’uomo pensasse di voler comprare la scuola! Ma chi si crede di essere?”. La sala professori era chiusa e il direttore chiacchierava animatamente con la sua migliore amica, Angie, su quello che era appena accaduto durante le prove. “- L’importante è che se ne sia andato… e tu sei stato grandioso!” sorrise lei, radiosa come al solito, facendo quasi sciogliere Pablo come un ghiacciolo nel Sahara… era cotto di lei da un tempo indefinito, ormai. “- Ho parlato con Antonio… ovviamente ha detto che avrebbe fatto lo stesso… ma quella frase che ha detto alla fine… lo ammetto! Mi ha messo un’ ansia pazzesca! Quel conte pensa di poter ottenere tutto ciò che vuole solo perché è miliardario e nobile!” esclamò il moro, abbassando lo sguardo sui fogli che stava leggendo, con fare distratto e, allo stesso tempo, molto agitato.  
Lui non era ricco né di nobile famiglia, non concepiva come quel Gregorio potesse fare una pretesa tanto assurda solo perché avrebbe potuto staccare un assegno di qualunque cifra. Ma il ‘Classic Studio’ per il direttore era intoccabile. Nemmeno sotto tortura avrebbe ceduto… che quel conte da strapazzo facesse quello che gli pareva! Non gli avrebbe fatto paura.
“- Grazie per aver tranquillizzato i ragazzi con me… sei la migliore!” sorrise, ad un tratto, Pablo, osservando Angie abbassare lo sguardo visibilmente imbarazzata e con le guance rosso fuoco. “- Non ho fatto niente di speciale…  l’avrebbe fatto chiunque…” disse lei, tenendo gli occhi bassi, cominciando a rovistare in un raccoglitore in cerca di spariti… probabilmente mai neanche esistiti… “- Ma lo hai fatto tu, e ti ringrazio…” esclamò lui, alzandosi dalla scrivania e avvicinandosi a lei… “- Io… devo andare… ho ancora un’ ora di lezione. A dopo! Non dimenticarti di quella cosa! Mi devi aiutare con quella questione dei costumi per lo spettacolo!” salutò lei, ormai paonazza uscendo rapidamente dalla sala lasciando il direttore al centro della stessa.
“- Certo!” sorrise lui, fissandola come imbambolato. Aprendo la porta, la Saramego, si ritrovò di fronte Anita… probabilmente aveva sentito qualcosa… infatti la guardò con un’ espressione tra il triste e il teso…
“- Anita, stai bene?” chiese la bionda, analizzando la sua espressione, alquanto… particolare. “- Sì, certo… Pablo è dentro?” chiese la ballerina, senza troppi giri di parole fissando gli occhi verdi della collega. “- Sì… io vado!” salutò l’altra, affrettando il passo verso l’aula di canto… da quando il re aveva vietato ogni tipo di canto che non fosse lirico, le lezioni erano noiosissime e, spesso, completamente teoriche.
 
 
“- Vi rendete conto di quello che abbiamo appena sentito in sala teatro?” chiese Camilla agli amici. I ragazzi attendevano l’insegnante di canto in classe e avevano ripreso il discorso riguardante quel eventuale acquirente della loro scuola. “- Ma smettetela! Io sono sicura che ha detto quella frase finale… solo per spaventarci!” esclamò Francesca, strimpellando qualcosa con una chitarra classica lasciata da qualcuno sugli spalti dell’aula. “- A me è apparsa come una minaccia!” disse Federico, osservando le dita dell’italiana scorrere sulle corde dello strumento, quasi ipnotizzato da quel ripetitivo movimento. “- Già, Federico ha ragione… non ha l’aria di quello che si arrende facilmente… vuole l’edificio e si è convinto di poterselo prendere… se vuole lo Studio, un tizio così, in un modo o nell'altro, se lo prenderà.“ disse, pensieroso, il principe Heredia, unendosi alla conversazione. “- Piuttosto che farlo comprare a quell'uomo per un’ inutile auto concessionaria lo comprerei io!” esclamò Ludmilla, avvicinandosi al resto del gruppo, osservando con falsa dolcezza gli altri, sfoderando un sorriso tutto per il principe di Magnolias e prendendo ad analizzare le facce perplesse degli allievi… non erano abituati a sentirla parlare in maniera tanto altruista… che cotanta gentilezza fosse dovuta soltanto alla presenza di Thomas? “- Invece, a quel punto poi.. .preferirei cederlo al conte!” esclamò Camilla, facendo scoppiare a ridere tutta la classe e procurando un’ espressione imbronciata alla contessina Ferro ed una perplessa al principe che conosceva poco quei compagni di scuola.
“- Eccomi qui! Scusatemi… ero in sala professori!” sorrise la professoressa, entrando in aula, tutta trafelata e ancora rossa in viso per la conversazione con Pablo.
“- Cosa sono quelle facce? Vi ho già detto che non c’è nulla da temere! Ed ora… iniziamo, forza!” disse, energicamente, nonostante fosse l’ultima ora, la donna, facendo sì che i ragazzi prendessero istantaneamente i grandi tomi di ‘storia della musica’.
 
 
Nel frattempo, fuori dalla sala professori, Anita esitava sull’uscio… non sapeva cosa fare… avrebbe voluto bussare ma era troppo incerta su cosa dire o fare una volta che si fosse ritrovata all’interno con il direttore. Ad un tratto aprì meccanicamente, senza nemmeno bussare, la porta della stanza.
“- Ciao…” disse la donna, facendo sobbalzare Pablo che era ritornato a lavoro. Alzò lo sguardo dai fogli e ricambiò gentilmente al saluto della collega.
“- Mi dispiace per quello che è successo… prima…” tentò di iniziare la donna, fingendo di cercare un raccoglitore da una mensola e di sembrare convincente. “- Già…” si limitò a rispondere l’uomo, continuando a firmare dei moduli. Quella donna era strana… tanto scostante con Angie eppure sempre tanto garbata con lui… era un mistero capirla, cercare di comprendere cosa pensasse, come mai fosse tanto antipatica solo con la Saramego… “- Hai… hai qualche impegno per questa sera? Dovevo parlarti di una coreografia… di alcuni dettagli e modifiche per lo spettacolo da illustrarti e… avevo pensato ad una… cena… ” disse d’un tratto lei, mordendosi un labbro, nervosamente e scostandosi una ciocca castana dietro all’orecchio. “- Io… non… non posso, mi dispiace. Ho promesso ad una persona che sarei andato da lei… e se dovessi disdire mi farebbe fuori, sicuro!” rise lui, ingenuamente, ritornando alle sue scartoffie, fantasticando sulla serata che non avrebbe mai annullato, nemmeno per tutto l’oro del mondo.
Anita abbassò lo sguardo… sospettava di chi si trattasse… aveva sentito qualcosa e ne voleva la conferma… non sopportava proprio quella Angie… stava sempre incollata a Galindo… tanto perfetta, bella e soprattutto… tanto ammirata dal direttore. “- Ok, perfetto …” si sforzò di dire lei, cercando di non apparire troppo stizzita… si sentì montare una sensazione strana dentro… la gelosia era troppo forte, non riuscì a farci nulla… era più forte di lei. Lasciò di colpo i registri che teneva in mano, sulla scrivania e afferrò la sua borsa dalla sedia su cui l’aveva appoggiata. “- Meglio che vada… a domani!” disse lei uscendo e sbattendo forte la porta.  Nessuno la rifiutava in quel modo… nemmeno se si trattasse della persona di cui era innamorata da sempre… gli dava un’ altra chance… una sola… se l’avesse piantata ancora in asso…  si sarebbe sicuramente vendicata in qualche modo.
Si recò di corsa verso l’uscita, non voleva né incontrare né, tanto meno, ritrovarsi di nuovo quei due colleghi davanti ai piedi… magari a chiacchierare tanto amorevolmente, tra loro. Aveva finito le sue lezioni già da un po’ e avrebbe soltanto voluto tornare di corsa a casa. Come osava quell’uomo rifiutare lei per quella biondina? Si avviò verso la sua auto, meccanicamente e con la mente offuscata ancora dalla rabbia, tanto che nemmeno si accorse che si era appena scontrata con qualcuno…
“- Stia più attento lei!” urlò stizzita, senza nemmeno vedere di chi si trattasse, poi, quando alzò lo sguardo, incontrò due piccoli occhietti neri e malvagi che avevano qualcosa di familiare… “- Come mai tanto arrabbiata?” Gregorio si risistemò con una calma spaventosa la giacca, sgualcita dallo scontro con la donna. “- Non sono affari suoi!” rispose lei, afferrando la borsa che, candendo al suolo, si era anche aperta, facendo sì che tutti gli oggetti della Dominguez si riversassero sul marciapiede. “- Sbaglio, o lei lavora qui?” chiese Casal, fissandola e abbassandosi sulle ginocchia, per  aiutarla a raccogliere la sua roba.
“- Sbaglio o lei non sa farsi gli affari suoi?” rispose lei, strappando con foga le sue scarpette da danza dalle mani del conte. “- Mi piace il suo temperamento, signorina… potrebbe tornarmi molto utile…” sorrise con un ghigno l’uomo, fissando l’espressione perplessa della mora. “- Non credo proprio…” disse lei, tutto d’un fiato, risistemando la su roba con aria nervosa. “- In ogni caso… tenga questo, potrebbe tornarle utile…” sghignazzò Gregorio, inserendole un biglietto da visita nella tasca del borsone. “- Certo, ci conti…” rispose lei, ironicamente, riprendendo a camminare con andamento fiero ed elegante allo stesso tempo, tipico di una ballerina classica.
Il conte Casal era sicuro che quella donna, prima o poi, si sarebbe fatta viva di sua spontanea volontà… sicuramente qualcosa le era andato storto in quella scuola… era così nervosa e sconvolta… ed era certo che presto o tardi, l’avrebbe contattato lei.
 
 
A palazzo, il pomeriggio era noioso come al solito. Violetta ripensava all’atteggiamento gelido di Leon della sera prima… perché? Perché la trattava così se all’inizio erano tanto amici e forse… forse stavano anche diventando qualcosa di più? Nel grande giardino fissava, seduta su una panchina, la scuderia. A quell’ora lo stalliere stava sicuramente strigliando la sua Melody… avrebbe voluto chiarire con lui, parlargli… ma suo padre si stava avviando verso di lei, tutto sorridente… e non avrebbe certo voluto vederla andare a cercare Vargas… si vedeva che lo detestava. Chissà che quell’atteggiamento del giovane non fosse dipeso proprio da qualche discorsetto che gli aveva fatto il sovrano… “- C’è un’amica che ti è venuta a trovare…” esclamò soddisfatto l’uomo, indicando una limousine fiammante, da cui stava scendendo qualcuno.
In uno splendido abito turchese, Ludmilla Ferro, si avvicinava ai due, con aria allegra… e il solito ghignetto malefico che la principessa aveva già notato alla cena a cui tentò di non dare perso. “- Buon pomeriggio, Vostra Altezza, salve principessa!” disse la giovane biondina, con la sua vocina gracchiante. “- Ciao! Sono felice che abbia deciso di venirci a trovare! Vi lascio! Divertitevi!” esclamò Castillo, tornando a passo svelto verso l’ingresso del palazzo.
“- Posso darti del tu, vero?” chiese la contessina, sistemandosi i capelli e sedendosi accanto alla principessa che la fissava un po’ confusa… aveva avuto l’impressione che alla cena non l’avesse sopportata tanto… e, invece, era ritornata… e non sembrava avere cattive intenzioni… “- Certo!” cercò di sorridere Violetta, fissando gli occhi nocciola della ragazza, già stranamente fissi sul grande capanno della scuderia. “- Il tuo castello è meraviglioso! Sei proprio fortunata!” disse la bionda, alzandosi e prendendo a camminare su un vialetto che portava alla fontana nel centro del giardino, ordinato nei minimi dettagli e perfettamente curato. “- Vorrei chiederti un favore… e solo tu puoi aiutarmi!” finse ad un tratto, la ragazza come la migliore delle attrici della compagnia teatrale più celebre di tutta l’America Latina.
“- Sì, dimmi pure! Cosa posso fare per te?” rispose gentilmente Violetta, ingenuamente e fermandosi sul bordo della fontana, con fare distratto. “- Avrei bisogno di un libro di ‘Storia della Musica’… scritto da un certo Diaz… potresti controllare se per caso lo avete? Nella biblioteca comunale non c’è… è introvabile… ma nell’enorme biblioteca del castello dei Castillo deve esserci per forza, no?” sorrise la ragazza fissando l’entrata del palazzo. “- Non credo che qui ci siano libri di musica… e penso che tu sappia il perché… ma posso controllare…” disse la principessa, sempre troppo umile e cordiale. Avrebbe voluto aiutare personalmente quella che sembrava essere la sua unica amica… purtroppo non ne conosceva altre… quindi era impossibile trovare di meglio…. Voleva tenersi stretta la giovane compagna che, almeno, rendeva meno noiosa la sua serata. “- Ti dispiace se mi faccio un giro nel frattempo?” chiese Ludmilla, con aria speranzosa… “- No, figurati! Torno subito…” disse la principessa, ripassando mentalmente quell’autore, ignorando che fosse stato inventato al momento, dalla contessina Ferro. La bionda, invece, non appena la ragazza si allontanò nel palazzo fece una corsa per il viale, precipitandosi verso le scuderie.
“- Salve!” la biondina fece voltare di scatto Leon che si accorse subito che la voce non era la melodiosa voce della Castillo. Quanto avrebbe voluto che fosse lei! Anche se gli era severamente vietato anche solo guardarla… aveva sperato, per un secondo, che si trattasse della principessa. “- Buonasera!” salutò Vargas, gentilmente, la biondina… capì subito che si trattava di un’ ospite del castello e bisognava trattarla con garbo. “- Che bello qui…” esclamò la giovane, guardandosi in torno… se fosse stata in sé si sarebbe tappata il naso per la puzza di stalla che c’era lì dentro… ma doveva fingere ed in quello, era la migliore. La ragazza tentò di iniziare una conversazione… quando, ad un certo punto, prese ad avvicinarsi sempre più Leon che, invece, provò ad indietreggiare… quella ragazza non gli ispirava nulla di buono e lui aveva già abbastanza problemi da solo. “- Ludmilla, non c’è nessun…” la voce di Violetta proveniva dall’esterno e si bloccò quando varcò la soglia della scuderia. La Ferro, facendo finta di inciampare, si era letteralmente buttata tra le braccia del povero Vargas che rimase per un secondo imbambolato e scioccato da quella tipa.
Violetta, vista la scena, rimase per un istante, immobile sull’uscio poi, con le lacrime agli occhi, corse via verso il castello.
Ecco perché era tanto freddo con lei… forse, Leon, già conosceva quella biondina… ne doveva essere sicuramente innamorato… si stese sul letto, la testa affondata nel cuscino e iniziò a piangere a singhiozzi. Non voleva vederlo mai più, il suo primo amore l’aveva illusa… magari, prima, già lavorava dai Ferro… e aveva conosciuto la contessina… oppure l’aveva conosciuta fuori dalle mura del palazzo… lui non era prigioniero di quel posto come lei… e, sicuramente, nemmeno la Ferro lo era… lei sembrava simpatica neanche per un secondo le venne in mente che potesse trattarsi di un suo piano.
 
 
“- Ma cosa fai? Sei impazzita?” il ragazzo scostò con forza la giovane che era ad un centimetro dalle sue labbra. “- Scusami… ero inciampata…” si giustificò lei, aggiustandosi l’abito che si era sgualcito nella finta.. ‘semi caduta’. “- E’ meglio che te ne vada… non voglio guai… ne ho già abbastanza di mio!” disse il ragazzo, sistemandosi il ciuffo  con un rapido movimento di una mano. Era troppo sconvolto da quella biondina, nemmeno si era accorto del fatto che la principessa li aveva visti. Lui amava la Castillo… ne era certo… e per quanto quell’amore fosse impossibile… non poteva farci nulla. L’amava e sapeva che, probabilmente, anche per lei era lo stesso.
Ludmilla se ne andò con fare soddisfatto… il suo piano era cominciato… ed era solo all’inizio… aveva deciso di voler rovinare la vita a quella principessina da strapazzo… e l’avrebbe fatto.
 
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Eccoci con un lunghissimo capitolo! Iniziamo da Anita e Gregorio… lui, questa volta, non c'entra niente con la danza... e vuole la scuola… la Dominguez ha rifiutato di aiutarlo… non sia mai si alleino quei due… sarebbero guai seri… E Ludmi? Ne vogliamo parlare? La odio troppo… odia la principessa e si vuole vendicare… attirando a sé il povero Leon… solo per far soffrire lei! E Thomas? La Ferro ne sarà sul serio innamorata? Chissà… alla prossima! Nel prossimo capitolo ci sarà un enorme colpo di scena!!! Inaspettato!!! Ciao. :)

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Capitolo 7
*** Un ritorno sconvolgente! ***


Il sole scottava moltissimo, quella mattina più del solito, la sabbia era rovente e il mare era piatto come una tavola scintillante sotto i suoi raggi bollenti. Una donna dai lunghi capelli castani alquanto arruffati e dei grandi occhi verdi e brillanti, stava tagliando dei tronchi. Impilandoli in fila avrebbe ottenuto lo scopo che aveva ormai da anni… doveva rischiare, doveva costruire quella zattera che l’avrebbe finalmente portata in salvo da quell’isola. Non ne aveva mai avuto il coraggio… ‘…e se rimanessi in mezzo all’oceano?’ pensava sempre, ogni qual volta le balenasse in mente il pensiero di costruirsi una scialuppa per scappare da quel posto. Costruirsi quella vera e propria barchetta non era stato per nulla facile. Senza un ascia, un macete, o qualcosa del genere sembrava un’ impresa davvero ardua anzi… lo era! Ma, per fortuna, qualche settimana prima, la corrente aveva portato sulla piccola spiaggia ad est della sua grotta che ormai usava da anni come rifugio, dei relitti, probabilmente di qualche nave poi naufragata, e, in una cassa vi aveva trovato un’ accetta e aveva cominciato ad iniziare il lavoro.
Era pronta… ormai non aveva più scuse. Lanciò uno sguardo rapido ad un alettone spezzato, incastrato ancora tra gli scogli della costa. Rottami metallici in realtà erano sparsi ovunque, su tutta l’isola. Una carcassa di un aereo semi distrutto era adagiata sulla costa. Lei non ricordava nulla. Si era ritrovata a pochi metri da quello che ormai era solo un ammasso di ruggine e piante rampicanti cresciute su esso in tutti quel tempo.
Un’ ultima occhiata a quello che, per anni era stato casa sua, spinse la piccola zattera in mare e cominciò a remare. La corrente, senza che se ne accorgesse, la trasportò a largo. Ecco. La sua paura di sempre sembrava che stesse prendendo forma. Acqua, acqua e solo acqua tutto intorno a lei. ‘Non ce la farò mai…’ pensò, tra sé e sé, la donna, fissando l’orizzonte e poi, in un attimo... più nulla solo una forte luce giallastra e nient’altro.
Si risvegliò su una nave, stesa sul ponte principale. Aprì gli occhi a fatica sentendo un gran vociare vicino a lei.
“- Stai bene? Dobbiamo portarla subito in infermeria!” un uomo gentile aiutò subito la donna ad alzarsi. Indossava una divisa da marinaio con uno stemma blu elettrico con un disegno di un’ancora… un capannello di persone si era formato intorno a lei e l’osservava curiosa… “- Non ce n’è bisogno… io… sto bene… credo.” sussurrò lei, alzandosi con difficoltà… troppe ore nell’oceano l’avevano fatta svenire e perdere le forze.
Si aggrappò alla ringhiera del parapetto della nave e osservò che, davanti a loro, si estendeva ormai, una costa rocciosa. “- Sei stata molto tempo sotto al sole… è un miracolo che tu sia viva! Ti accompagno dal medico di bordo... andiamo!” esclamò ancora l’uomo, allungandole una sacca di l’iuta… aveva portato con sé sulla zattera, con i suoi effetti personali o quello che ne restava e che aveva ritrovato tra i relitti dell’aereo… nel frattempo, la gente che si era radunata intorno a lei si allontanò subito, nel vederla riprendersi. "- Davvero, non c'è bisogno..." ripeté la donna, confusa. “- Siamo quasi arrivati!” urlò un altro marinaio sporgendosi verso la prua. “- Dove siamo?” chiese lei, frastornata da cotanto movimento di persone che andavano avanti e indietro chiacchierando con gioia, entrando e uscendo dalle varie cabine.
“- Su una nave da crociera, la più bella di tutte!” riassunse il giovane. La donna si guardò finalmente intorno. Un’enorme piscina di acqua cristallina troneggiava alla sua destra, vetrate enormi lasciavano vedere l’elegante ristorante interno. Prese poi ad osservare la maestosità di quella nave… era alta, a molti piani e quasi restò a bocca aperta per lo stupore che provò nell' osservare quell’immenso luogo. All’improvviso fu travolta di nuovo da una marasma di gente sorridente e festosa… dovevano essere i passeggeri. “- Io… intendevo dove… il luogo…” chiese ancora lei, confusa, rincorrendo l’uomo sul ponte che si stava allontanando tra la folla. “- Sulle coste Argentine, presso il borgo di Amapola!” sorrise lui, girandosi di colpo, e fissando l’aria scioccata della donna…
“- …Amapola?” ripeté lei, portandosi istantaneamente una mano al capo. Quel nome le sembrava di averlo già sentito. “- Eh già, dicono che questo posto sia stupendo! Un piccolo regno… è come se il tempo qui si fosse fermato…” disse il marinaio, armeggiando con delle corde ma tentando di attaccare bottone con la mora. “- Sei sicura di voler scendere dalla nave vestita così, in questo stato? Insomma... questo è un posto è abitato da tantissimi ricchi... nobili... c'è perfino una famigliea reale!” ridacchiò poi l’uomo, osservandola dalla testa ai piedi e imbarazzandola abbastanza. Beh, dopo tanti anni da naufraga il suo look non era certo da gran gala! Indossava una camicetta tutta strappata e un pantalone ridotto quasi a brandelli… per non parlare dei lunghissimi capelli castano scuro, arruffati e mossi… la donna si guardò istintivamente gli abiti e fissò di nuovo quel ragazzo. “- Sei su una nave da crociera… vai al centro commerciale e compra ciò che vuoi… anzi, aspetta… ti accompagno… offro io…!” disse poi lui, prendendola sottobraccio e indicandole una porta di cristallo in fondo al ponte principale. Lei ringraziò gentilmente e si diressero verso quel luogo, immenso come il resto della nave… negozi ovunque, gente che entrava e usciva da essi, un chiasso allegro giunse subito alle sue orecchie. Comprò degli abiti puliti, e si rese conto di dover fare qualcosa per i suoi capelli, distrutti dal sole e dall’acqua di mare in tutti quegli anni… così, si diresse verso una piccola boutique di un parrucchiere, sempre presente sulla nave e cambiò totalmente look. I suoi lunghi capelli divennero un elegante caschetto biondo che, come ripeteva il parrucchiere in continuazione, le faceva risaltare gli splendidi occhi color smeraldo.  
La nave attraccò finalmente al porto. La donna, dopo aver osservato tutti scendere da essa e, sotto insistenza del marinaio, essersi recata per un controllo veloce in infermeria, salutò, ancora una volta quel giovane che era stato così gentile e si avviò, con aria stralunata, verso quello che sembrava essere un mercato della cittadina di Amapola, proprio nei pressi del porto.
 
 
“- Violetta! Finalmente!” Leon rincorse la ragazza che, nel sentirsi chiamare, affrettò il passo sul sentiero che portava verso il retro del castello. “- Ho parlato con tuo padre! Mi ha concesso di poter lavorare dal tardo pomeriggio e per tutta la notte! Così potrò continuare a seguire il mio sogno! Non ti ho mai parlato di… “ ma il giovane stalliere, nel vederla continuare a camminare, si bloccò di scatto. Lo stava ignorando, era evidente. “- Vilu!” urlò il ragazzo, sconvolto da quell’atteggiamento della ragazza. Lei si fermò e, restando di spalle disse, con un filo di voce: “- Perché mi hai fatto questo, Leon?”. Il ragazzo diventò pallido come un fantasma. Non riusciva proprio a capire cosa intendesse la principessa! “- Cosa? Cosa ti ho fatto?” disse candidamente lo stalliere, cadendo dalle nuvole. “- Come cosa? Prima sei freddo come un iceberg e poi… e poi ti vedo baciare Ludmilla! Perché?” Violetta gli si era voltata e camminava a passo deciso verso di lui. “- No… io non ho baciato proprio nessuno!” sottolineò il ragazzo, sconvolto da tale dichiarazione. Come poteva pensare che, così all’improvviso, ci avesse provato con la contessina bionda? Forse li aveva visti abbracciati e aveva equivocato tutto… no, non era possibile… non voleva perderla…
“- C’è un errore! E’ stata lei a lanciarsi tra le mie braccia! Io nemmeno la conosco quella... pazza! Per chi mi hai preso?” sbuffò lui, nervoso come non mai e, allo stesso tempo, dispiaciuto… non voleva che lei pensasse questo di lui. “- Certo! Perché io sono una stupida… forse eri tanto freddo perché da quando l’hai vista hai capito che provi qualcosa per lei… o sbaglio?” chiese lei, ormai vicinissima al giovane Vargas che la guardò scioccato. “- No… tu non capisci! Io non la amo!” sbottò lui, afferrandole le mani, ma lei si divincolò subito dalla sua presa. “- Peggio ancora! Significherebbe che vuoi illudere anche lei come hai fatto… come hai fatto con me!” esclamò lei, fissandolo, per un attimo che sembrò eterno, e riprendendo a camminare con passo fiero. “- Aspetta, Vilu!” la chiamò lui, inutilmente e rincorrendola ma, girando l’angolo del giardino, vide da lontano il re e si bloccò istantaneamente… ci mancava solo che il sovrano lo vedesse a rincorrere la principessa… lo avrebbe cacciato all’istante… e così addio ‘Classic Studio’, addio sogno, addio tutto… non poteva. Non voleva rinunciare alla musica… chissà con quale coraggio era riuscito a parlarlare al re per farsi concedere dei turni… lui di sicuro aveva accettato solo perché così l’avrebbe tenuto meno a palazzo, meno vicino a sua figlia. Leon, però, non voleva nemmeno rinunciare alla sua Violetta… provava qualcosa di forte nei confronti della ragazza… e capì, data la scenata della giovane Castillo, che anche per lei era lo stesso… ci teneva molto a lui, era evidente. Riflettendo e confuso, tornò al lavoro cercando di evitare il sovrano…
L’ indomani avrebbe potuto, finalmente, cominciare a frequentare l’accademia a cui era stato già ammesso da tempo.
Intanto, Violetta, girovagava per la biblioteca, cercando qualcosa da leggere. Voleva distrarsi e il tempo a palazzo, sembrava non passare mai. Afferrò un volumetto da uno dei milioni di scaffali e, quasi senza pensarci si sedette e iniziò a sfogliarlo distrattamente. Non riusciva a concentrarsi su nulla. “- Sei così veloce nella lettura?” Una voce alle sue spalle la fece voltare di scatto. Il principe Heredia apparve da dietro un enorme scaffale. “- Tho… Thomas…” esclamò lei, imbarazzata nel trovarselo lì all’improvviso. “- Ciao, principessa…” sorrise lui con aria furba, prendendo posto accanto a lei. “- Leggi sempre i libri sottosopra?” chiese ironicamente, osservando il volume al contrario sul lungo tavolo della sala. “- Non lo stavo leggendo… lo stavo solo… sfogliando.” sorrise lei, arrossendo nel notare la figuraccia. Ma cosa voleva quel tizio? Adesso la prendeva anche in giro? “- Troppi pensieri… quando si è così distratti è perché qualcosa ci affligge… o perché pensiamo a qualcuno in particolare… che magari ci fa e ci farà solo soffrire… non te lo meriti, sai?” sibilò il principe, girandole il volume nel verso giusto. “- Non è vero… nessun problema, nessun… nessuna sofferenza dovuta a qualcuno… sto bene.” sintetizzò lei, scattando in piedi nel vedere il viso del giovane fin troppo vicino al suo… quel tipo era incredibile! Lei non lo sopportava… pensava di saper tutto, di essere il migliore… e poi… era fin troppo intraprendente con lei… e questo le dava un sacco fastidio. Non voleva dargli false speranze, non lo amava e mai lo avrebbe amato. Nel suo cuore, che lo volesse oppure no, era inciso un altro nome… Leon. “- Meglio che vada… tra poco arriverà il mio insegnante… ho lezione di storia…” sbottò lei, posando meccanicamente il libro e correndo verso il salone in cui, da lì a poco, avrebbe cominciato le sue lezioni private. Thomas la osservò correre fuori… quanto era bella la Castillo… ne era stracotto… era sicuro che, prima o poi, l’avrebbe conquistata. Lui era già pazzo di lei e sarebbe riuscito a farla innamorare molto presto. Ne aveva la certezza assoluta. All’inizio si sentiva attratto da Ludmilla Ferro… ma, dopo aver conosciuto la principessa non aveva capito più nulla… ormai, nella sua mente c’era solo lei… ed era convinto che sarebbe diventata sua.
 
 
Nel frattempo, al ‘Classic Studio’, le lezioni erano già terminate da un po’. In direzione erano rimasti Beto, Pablo e Angie a discutere dell’imminente spettacolo in onore della famiglia reale. “- Io dico che la scaletta va benissimo così!” disse il direttore, camminando nervosamente, avanti e in dietro per la stanza, osservando un blocco di fogli spillati che teneva in mano. “- Sì, anche per me!” sorrise Beto, addentando un croissant alla crema.
“- Angie tu che ne pensi?” chiese Pablo, osservando l’aria assorta della donna. “- Angie?” ripeté lui, fermandosi a fissarla… “- Pianeta terra chiama Angie!” urlò Beto, facendola sussultare. “- Cosa?” chiese lei fissando i due con aria confusa. “- La scaletta…” riassunse il maestro di musica dando un altro morso al cornetto. “- Ah sì... va bene…” disse la bionda senza troppo entusiasmo. “- Scusatemi ma Anita? Dov’è?” chiese d’un tratto Beto mordendo l’ultima parte di dolce. “- Eccomi! Scusa per il ritardo, Pablo…” sorrise lei, ignorando completamente gli altri due colleghi che se ne accorsero subito e la fissarono straniti per poi scambiarsi tra loro un'occhiata molto eloquente. “- Benissimo… ora che ci siamo tutti… mi dite se confermate l’oridine di esibizione?” chiese il direttore. “- Sì…” risposero i tre in coro. “- E’ perfetto!” aggiunse la Dominguez, sorridendo all’uomo. “- Bene, il teatro ne voleva una copia… mi servono delle fotocopie del programma… ma la fotocopiatrice qui è rotta!” esclamò Pablo, sfogliando per l'ennesima volta quei fogli. “- Vado io! Poco distante da qui c’è un centro fotocopie! Aspettami già che te le riporto subito!” disse subito Anita, strappandogli quasi dalle mani il programma dello spettacolo e precipitandosi fuori dalla direzione “- Non ti preoccupa…” tentò di dire il direttore ma la mora si era già allontanata nei corridoi. “- Questa tipa è proprio strana… eppure così affascinante…beh, io vado… a domani!” salutò Beto ridendo, afferrando la sua cartelletta e avviandosi verso l’uscita con il suo solito fare goffo ed allegro, travolgendo tutto ciò che incontrava sul suo cammino: sedie e quant'altro. “- Ciao!” salutarono i due colleghi rimasti dentro. “- Andiamo anche noi?” chiese il direttore afferrando i suoi raccoglitori dalla scrivania. “- Sì…” tentò di sorridere la donna, troppo nervosa per quell’evento che avrebbe riguardato la famiglia Castillo… non li vedeva da anni! Nemmeno si sarebbero ricordati di lei… ma il pensiero di rivederli la faceva rabbrividire… e poi c’era sua nipote… l’ultima volta che l’aveva vista era piccolissima… e anche lei lo era. Sicuramente non sapeva neanche della sua esistenza. Aveva una voglia matta di riabbracciarla… ma se solo si fosse avvicinata al castello e l’avessero riconosciuta come una Saramego il re avrebbe come minimo dichiarato guerra al regno suo e di sua madre, la regina Angelica, sovrana, ormai simbolica, di Camelias. Aveva dichiarato, per tenerla fuori da quella faccenda diplomatica, che la sua secondogenita si era trasferita all’estero, in Europa, senza specificare troppi dettagli sul luogo della sua permanenza. Ma non era così… o meglio, non del tutto. Dopo un periodo passato in un paesino sperduto della Francia, alla reggia di alcuni lontani parenti, la donna era ritornata, ormai adulta e irriconoscibile, ad Amapola. “- Sei sicura di star bene?”chiese nel corridoio dello Studio, Pablo facendola riemergere dall’abisso dei suoi ricordi e delle sue riflessioni. “- Sì, tranquillo!” disse la Saramego, abbassando lo sguardo e abbozzando un sorriso malinconico. “- Vorrei tanto rivederla… dirle chi sono… non saprà neanche che esisto!” aggiunse poi la donna, desiderosa di confidarsi con qualcuno. “- Tua nipote?” chiese lui, aprendo la porta principale della scuola e, non appena i due furono fuori, chiudendola a chiave. “- Sì…” si limitò a dire la bionda, avviandosi verso l’esterno, sul marciapiede dell’edificio. “- Devo aspettare che Anita mi riporti le fotocopie…” esclamò l’uomo, osservandola poi, in modo strano. “- Che c’è, adesso?” ridacchiò lui, vedendola seguire con lo sguardo una passante. “- Maria…” balbettò Angie, sgranando gli occhi e fissando senza sosta la donna che camminava sul marciapiede di fronte a loro e che incrociò i suoi occhi per un solo istante... “- Ma… cosa dici?” chiese lui, avvicinandosi alla collega, che non staccava gli occhi di dosso a quella bionda che, camminando piano, si guardava intorno estasiata dal posto. Si voltò ancora per un secondo verso di loro che erano proprio sotto l’ingresso dell’accademia. La fissò un po’ stranita  ma quella voce di donna la fece voltare in direzione dei due professori. “- Sembra proprio… lei…” disse Angie, assottigliando gli occhi per cercare di scorgere meglio il viso di quella misteriosa donna. “- Ma… non puo’ essere! E poi eri piccola! A stento puoi ricordarla… la regina era mora, capelli lunghi e…” stava iniziando ad elencare, dubbioso e sempre troppo razionale, il direttore con tono ovvio ma, senza pensarci due volte, la professoressa si era già precipitata dall’altro lato della strada per rincorrere la donna che, nel sentirsi osservata aveva ripreso a camminare a passo svelto. Era abbastanza confusa da tutto… eppure quel posto aveva qualcosa di familiare, di… conosciuto. Quell’edificio… sembrava conoscerlo.
“- Aspetta!” urlò la bionda che prese a rincorrerla e l’altra, a sua volta, piuttosto spaventata iniziò a fuggire. “- Ma dove vai?Angie! Torna qui!” urlò Pablo, facendo lo slalom tra le auto, rischiando di essere perfino di essere investito. La donna si fece largo tra un gruppo di persone, probabilmente stranieri e arrivò fuori ad un cancello enorme che era socchiuso… probabilmente per far entrare quei turisti in gita… riconobbe alcuni visi visti sulla nave da cui arrivava. Si mischiò tra quelle persone e il cancello si richiuse. “- Ma dov’è finita?” si lamentò, quasi ad alta voce, la bionda che l’aveva persa di vista… poi si bloccò. Era arrivata, forse per la prima volta da quando era tornata ad Amapola, davanti all’entrata principale del proprio di fronte al palazzo reale, al castello dei Castillo... cercava sempre di evitare di passare davanti a quel maestoso luogo che le rievocava fin troppi ricordi... non tutti piacevoli. “- E’ entrata qui… ne sono certa! Era lei! Ti dico che era lei!” disse nel panico Angie, vedendo il direttore avvicinarsi a lei. “- Angie ti rendi conto che è… surreale!” disse l’uomo, appoggiandole dolcemente una mano sulla spalla come per farla ritornare con i piedi per terra. Non voleva deluderla… ma sua sorella era stata considerata morta anni prima in un incidente aereo… non era mai stata ritrovata… e nemmeno i resti del veivolo… ed era praticamente impossibile pensare che si trattasse proprio di lei… per giunta l’aveva vista da lontano e di sfuggita... Non voleva  che si illudesse, quindi cercò di essere quanto più schietto era possibile. Già qualche tempo prima Angie aveva riconosciuto, quella volta in una ragazzina fuori dalla scuola, la sua Maria. Forse perché non riusciva ad accettarlo, nemmeno a distanza di tempo… oppure perché era tanto il desiderio di riabbracciarla.
“- Per favore! Devi credermi! Almeno tu… devi farlo!”. La bionda lo fissò con gli occhi lucidi. Non sopportava di apparire come una pazza. Sì, perché era consapevole che il direttore probabilmente l’avrebbe vista in quel modo. Lei aveva visto poco quella donna… di sfuggita… ma si aggrappò alla speranza che quella potesse essere sul serio sua sorella. “- Andiamo…” disse il moro, cingendole le spalle con un abbraccio.
Ritornati di nuovo fuori al ‘Classic Studio’ si fermarono di colpo. “- Ti prego… ho bisogno di sapere che mi credi… almeno tu… per favore!”. La voce di Angie era tesa e commossa, risultò quasi singhiozzante… stava facendo uno sforzo immane per non piangere… e Pablo se ne accorse subito. La fissò, ancora un po’ scettico… ma non poté fare altro che convincersi che la donna avesse ragione. Le voleva troppo bene per non fare altrimenti. “- Ti credo. E ti aiuterò.” si limitò a dire, per poi abbracciarla forte di colpo e, finalmente, la bionda, si lasciò andare ad un forte pianto liberatorio.
Anita, intanto, girò l’angolo e, nel vederli così si irrigidì di colpo. Si avvicinò a passo svelto verso i due e, schiarendosi la voce e, in silenzio, consegnò le fotocopie al direttore mentre era ancora abbracciato ad Angie e si diresse per la sua strada, senza proferire parola… ma già decisa sul da farsi.
La Dominguez arrivò a casa sua più stizzita del solito. Quella Angie… la detestava dal profondo… che Pablo gli morisse dietro era fin troppo evidente… e probabilmente anche lei provava qualcosa nei confronti del direttore. Chiuse la porta con un colpo secco e rumoroso. Scaraventò sul divano il borsone e si inginocchiò accanto ad esso. Dalla tasca laterale spuntava un biglietto... lo afferrò quasi meccanicamente… ne lesse il numero e lo digitò sul cellulare, avviando la chiamata.
 
 
A palazzo, intanto, il giro turistico era terminato e il gruppo era fermo nel giardino principale, di fronte alla grande fontana. Alcuni ragazzi scattavano foto, altri fissavano ancora a bocca aperta il portone enorme ed antico. La donna che, fino a qualche ora prima era stata inseguita da Angie, osservava quel luogo con una strana luce negli occhi… era come se le ricordasse qualcosa…  ma non sapeva cosa… Ad un tratto, senza farsi notare troppo, si staccò da quelle persone e, si avviò verso una porta di legno, sul retro del castello e si addentrò in quella che sembrava essere l’enorme cucina del castello. Quel posto le sembrava familiare… voleva saperne di più di quel luogo… si aggirava con fare guardingo tra degli enormi tavoli massicci e fornelli grandissimi. Quel posto era degno, appunto, di una famiglia reale, anche se era solo un posto in cui, probabilmete, ci passava del tempo soltanto la servitù.
“- Cosa ci fa lei qui?” la voce di un uomo la fece sobbalzare. “- Io.. io…” balbettò lei, dopo essersi voltata di scatto e appoggiandosi ad uno dei lavelli, un po’ spaventata e imbarazzata. “- E’ qui per il posto da aiutante cuoca?”. Matias le si avvicinò per guardarla meglio e notò subito quanto fosse una bella donna…  ipotizzò che non fosse né una delle turiste, ormai tutte fuori dal palazzo, né una ricca nobile invitata a corte. Secondo lui era proprio lì per quel lavoro... o, almeno lo sperò visto che aveva un fascino particolare che lo attirò subito… gli ricordò qualcuno… eppure non sapeva spiegarsi chi…  “- Sì…” rispose lei, a monosillabi, arrossendo vistosamente sotto lo sguardo del biondo insistente La Fontaine. “- Come si chiama?” chiese lui, come se fosse un esaminatore per un colloquio… la donna non lo sapeva. Non ne aveva idea, in realtà… stette in silenzio per qualche secondo. “- Che c’è, non si ricorda? Iniziamo bene!” esclamò, sarcasticamente lui. Era nel panico… osservò un giornale sul tavolo di fronte a lei… e lesse le prime lettere ad alta voce… “- Li… Lidia. Lidia Mendoza.” sorrise, soddisfatta da quella sua nuova identità. “- Molto piacere…” esclamò subito l’uomo, avvicinandosi a lei, fin troppo per i gusti della donna che lo aggirò ritrovandosi dall’altro lato del tavolo.
“- Mati!!! Ho conosciuto delle turiste Francesi… avevano un look pazzesco e… e questa qui chi è?” Jade arrivò e si bloccò di colpo ad osservare la bionda di fronte a lei. “- La nuova aiuto cuoca!” disse l’uomo, facendo l’occhiolino alla donna che abbassò subito lo sguardo, diventando paonazza di colpo. “- Parlerò io con il re… aveva affidato a me il compito di assumere qualcuno… pur di farmi rendere utile a palazzo!” ridacchiò l’uomo, cercando di apparire simpatico…  “- Inizi domani all’alba…” aggiunse il biondo, vedendo la sorella allontanarsi dal suo fianco, come se nulla fosse dopo però, aver lanciato un’occhiataccia di disprezzo alla nuova arrivata. “- Grazie…” balbettò lei continuando a fissare quella che sembrava essere una ricca nobildonna.
Aveva accettato… in effetti aveva proprio bisogno di un lavoro. Doveva rifarsi una vita, una nuova identità…  e voleva iniziare da Amapola. Non sapeva nulla del suo passato, la sua vita la considerava iniziata da quando si era risvegliata su quell’isola. Sentiva il bisogno di ricostruirsi qualcosa che aveva perso. E avrebbe ricominciato da zero, avrebbe ripreso da Lidia Mendoza.
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Eccoci al settimo capitolo! Questo è il grandissimo colpo di scena di cui vi parlavo! La sorpresa è arrivata! E si chiama Lidia Mendoza… beh, questo è solo uno pseudonimo… quante cose son successe in questa parte della storia! Ho dovuto dar meno spazio ai ragazzi e mi dispiace... ma dal prossimo capitolo ritorneranno… ho in serbo molte sorprese per loro e non solo! Grazie a tutti coloro che mi continuano a seguire con affetto! :) Alla prossima! Ciao. :)
 
 

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Capitolo 8
*** Nuovi amici. ***


“- Buongiorno a tutti, ragazzi…” il direttore entrò in aula con la solita aria gentile e salutò con garbo gli allievi. Gli altri professori lo seguirono ordinatamente senza proferire parola. “- Ma cosa gli è preso?” Francesca notò subito l’espressione degli altri insegnanti… soprattutto quella di Anita e Angie. “- Boh… problemi personali?” rispose Federico, sedendosi accanto all’italiana e fissando prima l’espressione attonita della Saramego e piuttosto assonnata… sembrava non aver chiuso occhio per tutta la notte… e poi posando lo sguardo sulla Dominguez che, più che stanca e pensierosa sembrava soltanto più nervosa del solito e continuava a mordersi nervosamente un labbro, guardando sott’occhio la bionda collega.
“- Silenzio!” strillò Pablo cercando di placare gli animi in sala, poi riprese il suo discorso: “- Sono qui, perché voglio presentarvi un nuovo compagno… ha fatto l’esame di ammissione qualche tempo fa ma solo da oggi inizierà a frequentare lo Studio… date il benvenuto a… Leon Vargas!”. Quando il ragazzo entrò, titubante, nell’aula, Ludmilla lo fissò sconcertata. Non poteva credere ai suoi occhi… i suoi piani per rovinare la vita alla bella e amata principessina, ormai, potevano solo migliorare… e, per vederlo, forse, non avrebbe nemmeno dovuto fingersi amica della sua acerrima nemica e recarsi a palazzo.
“- Tra 10 minuti… tutti in classe! A dopo!” salutò Galindo, uscendo dalla Sala Teatro, seguito dai colleghi alquanto strani quel mattino. “- Ciao! Ti ricordi di me?” Ludmilla subito si avvicinò al povero Vargas che la fissò, sgranando i suoi splendidi occhi verdi e portandosi una mano alla testa. “- Tu sei la psicopatica delle scuderie! Cosa ci fai qui?” chiese lui, scioccato. “- Psicopatica a chi? E comunque… ci studio! Ovvio! Tu, piuttosto… uno stalliere al Classic Studio… originale!” ridacchiò la bionda, sedendosi di colpo accanto a lui, e prendendolo a fissare incuriosita. “- Non urlare! Nessuno deve saperlo!” esclamò il messicano, fissandola attentamente negli occhi… “- Come vuoi! Non ti scaldare!” ridacchiò la biondina con voce più gracchiante del solito. “- Ascoltami bene… io non piaccio a te e tu non piaci a me… mi hai già causato abbastanza problemi, quindi... lasciami in pace!” esclamò il ragazzo con aria fiera e decisa. “- E chi ti ha detto che non mi piaci?” sorrise lei, con un ghignetto malefico che Leon ignorò totalmente come quello che aveva appena detto la contessina. Si alzò di colpo e si diresse verso un gruppo di ragazzi che sembrava molto più simpatico. “- Ehi, ciao!” salutò un giovane elegantissimo ma molto cordiale. “- Io sono Federico!” sorrise, porgendo la mano al nuovo arrivato. “- Molto piacere… sono Leon.” esclamò Vargas, stringendogliela e fissando ora anche gli altri. “- Io sono Francesca… lui è mio fratello Luca, lei Cami, Maxi, Nata con sua sorella Lena… lì ci sono Napo e Andres…” l’italiana adorava fare gli onori di casa… e iniziò dal loro gruppo per finire a presentargli tutta la scuola… “- … e quello laggiù, nelle grinfie della tarantola Ferro… è Thomas Heredia… il principe…” sorrise la mora, osservando il giovane che chiacchierava con Ludmilla. Leon riconobbe il giovane che parlava con Violetta a palazzo, la sera della cena… e lo guardò un po’ stizzito ma cambiò subito discorso ed espressione, rivolgendosi ai ragazzi. “- Sono contento di conoscervi… mi troverò sicuramente bene con voi…” disse, soddisfatto, Leon, consultando un foglietto sgualcito che aveva in mano. “- Chi è la Dominguez?” chiese d’un tratto il ragazzo. “- Povero… prima ora di lezione allo Studio con la strega della danza classica!” esclamò Napo, avvicinandosi ai compagni. “- E io che speravo di iniziare subito con la musica…” sbuffò Leon, riconsultando l’orario con aria afflitta, sperando di essersi sbagliato… ma non fu così. “- Ci sarà anche quella… e non solo classica, come dice la scuola e come ci impone il re…” sussurrò Lena, con sguardo furbo e un sorrisetto altrettanto astuto… ovviamente si riferiva alla S.P… la sala prove dove si scatenavano al ritmo della musica moderna. “- Ah sì? Non è che ci arrestano, vero? Io non sono in buoni rapporti col re…” scherzò il giovane, lasciando stupiti i presenti. “- Perché lo conosci di persona? Non sarai mica un fuorilegge o qualcosa del genere?” chiese subito Cami, sconvolta, sgranando i grandi occhi castani e prendendolo a fissare con aria stupefatta. “- Non ci credo! Un criminale allo Studio!” rise Luca, cingendo le spalle alla Torres che si sentì arrossire di colpo… dopo quell’incontro di quella notte erano imbarazzatissimi e a stento si rivolgevano la parola e, di conseguenza, quel gesto la sorprese abbastanza. “- Lo siamo un po’ tutti credo…” ridacchiò Andres, riferendosi alla musica pop vietata, ma comunque suonata dal gruppo al Restò Band, in gran segreto… subito si beccò un’ occhiataccia seguita da una gomitata da Maxi… non dovevano rivelare subito al nuovo arrivato il loro segreto! “- Diciamo che… non gli vado a genio… ma la mia fedina penale è pulita!” ridacchiò Leon, con aria di chi sapeva il fatto suo… “- Ma lo conosci sul serio o ci prendi per i fondelli? Io non ho capito…” chiese ancora Andres, confuso da quei discorsi. “- Scherzo, dai! Vi pare che lo conosco? Io? Andiamo o la ‘strega della danza classica’, come dite voi… ci fa fuori!” mentì il giovane, evitando di raccontare i suoi disguidi da stalliere nei confronti del sovrano di Amapola. “- Ecco… già oggi mi sembrava abbastanza furiosa…” rise Fran, precedendo gli amici nel corridoio. “- Non più del solito!” esclamò Lena, sghignazzando con Napo, un po’ dietro rispetto al resto del gruppo. “- Nell’ultimo periodo è peggio! Ormai è al pari di Ludmilla!” esclamò Fran entrando in aula e lanciando un’occhiataccia alla contessina Ferro che ricambiò stizzita… ma continuando a chiacchierare con Heredia, appoggiata con le spalle alla sbarra di danza. “- Sbrigatevi, tutti in prima posizione…”. La Dominguez entrò come una furia e, senza nemmeno salutare i ragazzi, cominciò subito con un’estenuante lezione che durò più di due ore.
 
 
“- Devo andare a palazzo… sapevo che prima o poi avrei dovuto farlo… ora che ci potrebbe essere anche mia sorella voglio andare fino in fondo in questa faccenda!”. Angie camminava nervosamente per la direzione mentre Pablo la fissava da dietro alla scrivania e l’ascoltava attento. “- Tu sei sicura di quello che vuoi fare? Sei sicura di trovare lì quella donna? E se fosse stato un caso che fosse entrata a palazzo? Magari era lì solo di passaggio! Forse era davvero una turista!” disse l’uomo, probabilmente ancora scettico sulla faccenda di Maria… “- Non lo so… sarà stato pure un caso… ma io voglio provare a capirci di più su questa storia… anche se lei poi non dovesse essere lì, almeno avrò provato… ovviamente non dirò chi sono… questo è certo! Non voglio provocare una guerra tra Amapola e Camelias!” esclamò lei, continuando a girovagare per l’aula con fare confuso. “- Pensaci bene… insomma, la tua era una… ‘sensazione’… non hai nessuna certezza che quella passante, vista di sfuggita, sia tua sorella data per morta anni fa… e che per giunta sia ancora a palazzo! Ragiona, per favore! Non voglio che tu ti metta nei guai!” disse il moro, alzandosi in piedi per bloccarla per le spalle facendola finalmente fermare. “- Lo sapevo! Sei un bugiardo! Ieri hai detto che mi credevi, che eri dalla mia parte… e adesso… e adesso questo!” sbuffò lei, accasciandosi su una sedia e portandosi una mano alla testa. “- Infatti io sono dalla tua parte, sempre.. dovresti saperlo! Ma questa cosa di andare al castello mi sembra… pericolosa, ecco! Castillo non ti accoglierà di certo a braccia aperte… questo è poco ma sicuro!” sbraitò il direttore, sedendosi di fronte a lei e osservandola, aspettando una sua reazione. “- Lo so bene! Ma ti ho già detto che non rivelerò la mia identità… lui sicuramente nemmeno si ricorderà della mia esistenza… e tantomeno mi riconoscerebbe dopo tanti anni! E poi, Maria o no io ci volevo già tornare in quel posto… ti ricordo che lì vive una nipote che non vedo da quando era piccolissima… e che nemmeno saprà di avere una zia… questo è certo! E’ una buona occasione per riabbracciare anche lei! In incognita… certo! Ma potrei comunque starle più vicina!” disse la bionda, mordendosi nervosamente il labbro, preoccupatissima ma con aria più decisa che mai. Se si metteva in testa una cosa era impossibile farle cambiare idea… e nessuno lo sapeva bene quanto Pablo. “- Ok… ma promettimi che farai attenzione, non farti scoprire… sarebbe tremendo se… insomma… se si sapesse chi sei in realtà… probabilmente quel cocciuto del re sarebbe capace di far scoppiare un’altra volta un in utilissimo conflitto tra il tuo e il suo regno… e questa volta potrebbe trattarsi di guerra vera e propria!” sbottò l’uomo, incrociando le braccia sulla scrivania con aria assorta e preoccupata per la collega. “- Tranquillo… so quello che faccio.” concluse Angie con tono fermo e determinato. “- Lo so… ora il problema è… come farai ad entrare a palazzo così, senza una scusa o una motivazione plausibile?” sottolineò giustamente il direttore, sfogliando nervosamente un quotidiano di fronte a lui. La bionda iniziò a riflettere, con aria corrucciata, pensando a cosa si sarebbe potuta inventare per arrivare a stare qualche giorno nel castello… non era tanto facile inventarsi un piano efficiente per varcare le mura del palazzo reale. “- Bingo!” urlò d’un tratto l’uomo, indicando un articolo sul giornale che stava leggendo e facendola sobbalzare. “- Cosa?” chiese lei, cadendo dalle nuvole. “- La tua motivazione per andare a corte…” sorrise con aria furba Pablo, porgendole il quotidiano. “- Non ci posso credere!!! Sei un genio!!!” urlò lei, precipitandosi dall’altro lato della scrivania per abbracciarlo e schioccargli un bacio sulla guancia che lo fece diventare paonazzo. “- Non sono io ad essere un genio… sei tu ad essere fortunata!” rise l’uomo, afferrando il giornale e cominciando a leggere il titolo dell’articolo con tono solenne: “- Il Re cerca un nuovo istitutore per la principessa Castillo…” si interruppe osservando la faccia demoralizzata della donna. “- Che hai adesso? E’ perfetto!” esclamò il moro, sorridendole. “- Non è detto che assumano proprio me!” sbottò lei, ancora più in ansia di prima. “- Hai già avuto fortuna a trovare l’articolo… è un segno… io dico che ce la farai…” disse il direttore facendole l’occhiolino. “- Grazie…” sussurrò lei riabbracciandolo forte.
“-Tu non hai lezione?” borbottò lui, improvvisamente, facendola sobbalzare mentre cercava chissà cosa da una mensola… “- Cavolo, lo avevo dimenticato! Ero convinta che iniziassi alla terza ora… ok, sono davvero in ritardo! A dopo, ciao.” urlò la donna, correndo fuori dalla direzione sotto lo sguardo divertito del collega.
 
 
“- Oggi la Dominguez ha proprio esagerato! Sono distrutta!” borbottò Francesca in corridoio, recandosi verso l’aula di musica per la lezione con Beto. “- Ditemi che la strega non è sempre così…” rise Leon, raggiungendo il gruppo e accodandosi a loro con aria esausta. “- No tranquillo… a volte è anche peggio!” rise Federico con il suo solito accento Italiano. “- Tu non sei di qui, vero?” colse subito Vargas, sorridendo al giovane. “- Baronetto Federico Bianchi… nato a Roma… ma anche Francesca è Italiana!” esclamò il ragazzo facendo sorridere Fran al solo sentire pronunciare il nome del giovane seguito dal suo. “- Wow…” riuscì soltanto a dire l’ultimo arrivato, sorpreso nel capire che quel simpatico ragazzo era di una famiglia tanto importante. “- Non preoccuparti… non mordo…” esclamò il nobile, facendo scoppiare a ridere la comitiva che, intanto, era arrivata in aula. “- Buongiorno!” urlò uno strambo professore, facendo volare a terra una trentina di spartiti e due libri. “- Ah nuovo arrivato a ore dodici! Benvenuto! Un altro pianista! Ma che cos’è? Un invasione!!!” rise l’insegnante, sedendosi e facendo ribaltare due leggii nel suo percorso fino alla cattedra. “- Tieni, inizia tu… suona questo e vediamo come te la cavi… ” esclamò allegramente Beto, porgendogli una partitura un po’ complessa che però, Leon, suonò molto bene, pur non avendo mai avuto la possibilità di prendere lezioni vere e proprie… per fortuna aveva letto molti libri sul pianoforte, sulla teoria musicale che, uniti al suo talento innato, lo aiutarono molto. “- Te la senti di suonarla su un palco, come solista? Ti voglio inserire subito nel concerto per la principessa Castillo… modifichiamo subito la scaletta! Tanto Pablo ancora non l’ha portata al teatro! Pensa siamo ancora in forse per la definitiva!” a quelle parole il giovane sbiancò e rimase per un secondo a fissare il vuoto di fronte a lui. “- Allora? Guarda che sono certo che spopolerai, sei bravo, ragazzo! Hai talento!”. La classe lo fissava esterrefatta e sembrava pendere dalle sue labbra. “- Sì… certo. Sarebbe magnifico.” balbettò il giovane messicano. Era la sua occasione… si sarebbe esibito davanti a tutti, davanti al re, gli avrebbe fatto capire che anche lui, seppur non ricco o di nobile stirpe aveva un dono innato, si sarebbe esibito proprio per lei, la sua Vilu, il suo vero amore… un amore, purtroppo, più che impossibile. Quanto le mancava quel rapporto instaurato all’inizio con lei… ma il re faceva sempre di tutto per allontanarli… e, probabilmente, l’avrebbe cacciato volentieri al primo passo falso… e ora che aveva il suo sogno, la musica, non poteva rischiare di perdere tutto… ma di sicuro non voleva perdere Violetta. Doveva parlare… quella Ludmilla che si era messa tra loro aveva complicato le cose… doveva parlare con la principessa… anche rischiando di affrontare il sovrano di Amapola.
 
 
“- Papà ma cosa succede? Come mai qui fuori c’era una fila interminabile di persone qui sotto?” Violetta scese di corsa l’imponente scalinata del palazzo e si avviò verso la sala del trono dove il re, con accanto Jade e Roberto, stava tenendo un colloquio con una giovane donna dai capelli rossi e ricci. “- Ah tesoro, sai che il professor Fernandez si sta per trasferire in Brasile, vero? Beh… stiamo cercando un nuovo insegnante privato per te…”. Violetta sbiancò sotto gli occhi di tutti i presenti che la fissavano un po’ straniti. “- Fernandez se ne va? E quando pensavate di dirmelo? Il giorno che sarebbe partito? E comunque potevate consultarmi per la scelta del sostituto visto che diventerà mio insegnante… no, non disturbatevi a chiedere il mio parere per scegliere il mio futuro istitutore… tanto lo so che dovete decidere tutto al posto mio…” strillò, sarcasticamente la ragazza, correndo verso l’esterno del palazzo, senza dare a nessuno la possibilità di replicare.
Si sedette sul bordo della fontana e fissava l’orizzonte con aria assorta e arrabbiata. Poi il suo sguardo si posò sulle scuderie… Leon non c’era ancora, sarebbe tornato in servizio tra qualche ora… le aveva tentato di parlare di quella chiacchierata avuta con il re, del suo sogno da inseguire… ma lei, accecata dalla gelosia, nemmeno lo aveva voluto ascoltare… e adesso si sentiva in colpa. Le mancava tantissimo… le mancava quel rapporto di amicizia o forse… qualcosa di più che era nato non appena il giovane era arrivato al castello… ad un tratto una voce di donna la fece voltare di colpo. “- Le dico che ho bisogno di questo lavoro! Per favore deve farmi fare questo colloquio!” supplicò la donna, con voce agitata. “- Mi dispiace… Sua Altezza ha esaminato già centinaia di candidati e candidate… e lei è in ritardo di mezz’ora…” sbottò una delle guardie ferma sul cancello principale. “- Lei non capisce! Io devo fare quel colloquio! La prego!” ribatté ancora lei, fino a che la giovane non si avvicinò al cancello d’ingresso. “- Lasciatela entrare…” disse, con tono fermo la ragazza. Quella bionda le faceva tenerezza… e lei aveva un grande cuore. E poi… aveva provato una strana sensazione nel l’ osservarla, nel suo tono di voce c’era un’estrema dolcezza mista a disperazione. La guardia aprì, controvoglia il cancello all’ordine della principessa. “- Che c’è? Non vuole entrare più?” sbraitò l’altra sentinella, fissando la faccia sconvolta della donna. “- Vi… Violetta?” riuscì a balbettare, tremante, la bionda e bella signorina, sgranando gli occhi verdi e osservando la ragazzina... non la vedeva da quando era piccolissima… era un’ emozione ritrovarsela di fronte così, all’improvviso… cresciuta e buona come sua madre… “- Ci conosciamo?” tentò di dire la giovane, già stritolata in un forte abbraccio dalla donna. “- Vieni… ti porto da mio padre… dovrebbe essere nella sala del trono con l’arpia…” sbuffò la ragazza, precedendola nell’enorme giardino. “- Chi?!” chiese lei, ancora confusa e frastornata… “- La fidanzata di mio padre…” borbottò la principessina… ma notò che la donna nemmeno l’ascoltava… l’ultima volta che aveva messo piede a palazzo Castillo era poco più che una bambina… si guardava intorno ed era stupefatta da quanto quel posto fosse cambiato… ricordava i papaveri, simbolo di Amapola, piantati da sua sorella che, adesso erano spariti. A quel luogo mancava l’allegria di un tempo… ora era cupo, enorme ma triste.
“- Sta… bene…?” chiese Violetta, aprendole la porta di ingresso del castello. “- Sì… sono un po’ tesa per l’udienza col re…” sorrise timidamente lei, perdendosi a guardare di nuovo la nipote… somigliava in maniera impressionante alla sua amata Maria… era lei quel giorno fuori dallo Studio! Ne era sicura!
Dopo l’incontro con Violetta quasi dimenticava che era lì per cercare quella ‘passante misteriosa’ che si era nascosta a palazzo il giorno prima… aveva paura che non l’avesse trovata, che magari era al castello solo di passaggio… ma la speranza era l’ultima a morire… e lei era sempre ottimista… consapevole del fatto che chiunque l’avrebbe potuta prendere per pazza… beh, chiunque tranne Pablo… ma lui era… speciale, l’avrebbe appoggiata sempre e comunque, e lo adorava proprio per questo.
“- Papà… ecco l’ultima candidata!” sorrise la principessa, percorrendo il lungo tappeto rosso che si estendeva davanti ai due troni. Angie deglutì rumorosamente, nel panico più totale. Eccolo. German Castillo, il marito di sua sorella, re di Amapola. Dopo anni, finalmente poteva rivederlo… peccato che lui non sapeva chi fosse… gliene avrebbe dette volentieri quattro dopo quello che aveva fatto ai Saramego… ma doveva contenersi.  “- Buon pomeriggio, Sire…” disse lei, inchinandosi elegantemente davanti al re a quella donna dal viso annoiato che la squadrò più volte dall’alto in basso. “- I colloqui sono finiti mezz’ora fa… mi dispiace.” Sbottò il re, alzandosi e recandosi verso l’atrio del castello. “- Aspetta, papà!” esclamò la figlia, correndogli dietro e trattenendolo per un braccio. “- No, mi dispiace… è tardi…” disse, un’ ultima volta, voltandosi a fissando prima la faccia dispiaciuta di Violetta , quella della donna e, così facendo, uscì dalla sala e si fermò nel salone a parlare con Matias… che continuava a dirgli di aver pensato lui a quella nuova assunzione in cucina.
“- Mi dispiace… ci ho provato…” sussurrò la principessa, voltandosi verso la bionda che si portò le mani al viso… probabilmente sapeva che non avrebbe avuto più scuse per ritornare in quel luogo… per poter riabbracciare sua nipote, anche se lei non sapeva chi fosse, e, soprattutto, per cercare notizie di quella donna misteriosa che aveva perso di vista a palazzo… chissà, in cuor suo sperava di poterla rivedere proprio lì… “- Meglio che vada… grazie comunque per aver tentato di aiutarmi…” disse Angie, ancora nella sala del trono, ormai rimasta sola con Violetta. “- E’ così… testardo! Nemmeno mi ascolta!” borbottò la ragazza, quasi meravigliandosi di sé stessa… si stava lamentando del sovrano, suo padre, con una perfetta sconosciuta. “- Dai, in fondo ti deve adorare… è pur sempre il tuo papà… sebbene sia anche il sovrano di Amapola…” la tranquillizzò la donna, poggiandole dolcemente una mano sulla spalla. “- Non lo conosci… è troppo… severo! Insopportabile. Nessuno mi conosce nel regno ed è solo a causa sua! Mi vuole proteggere… mi fa vivere sotto ad una campana di vetro… mi sento una protagonista di uno di quei libri di favole… insomma… la principessa nella torre… e non ne posso più…” si lamentò ancora la ragazzina… forse era proprio per il fatto che non aveva mai a che fare con nessuno che adesso si stava aprendo tanto con quella donna che le ispirava tanta dolcezza… peccato che suo padre fosse tanto ottuso da non capire… non dare una possibilità all’unica persona carina di tutti quei candidati esaminati… tutti così seri e noiosi… si vedeva lontano un miglio che non erano adatti a quel ruolo. Lei invece era… diversa. Le piaceva e le stava simpatica a pelle. German annuiva a Matias senza nemmeno ascoltarlo e si incantò a fissare la figlia che parlava con quella donna… aveva qualcosa di familiare… eppure non riusciva a capire cosa… azzittì il fratello di Jade con un cenno della mano e si avvicinò alla porta della sala del trono. “- Vedrai che, quando crescerai, capirai tutto… capirai le sue scelte… e lui ti darà più libertà… ha paura perché ti ama tanto… di questo ne sono certa…” sorrise Angie fissando la nipote. “- Sì, questo lo so… e io adoro lui… se solo fosse più… permissivo, ecco!” rispose la principessina, incrociando le braccia al petto. “- Forse con il tempo lo diventerà, tranquilla…” disse la bionda, abbracciandola forte lasciando sconvolta la giovane erede al trono e il re che stava assistendo alla scena. “- Scusate…” La voce del sovrano le fece allontanare e girare verso la porta di colpo. “- Io… mi scusi sua Altezza… me ne stavo andando… ha ragione, sono arrivata tardi…” esclamò Angie, avviandosi verso l’uscita della sala… ma il re le bloccò il passaggio con il corpo. “- No… mi scusi ma… voglio darle un’opportunità… iniziamo il colloquio… venga.” disse l’uomo, con tono solenne, facendo girare e tacere di colpo anche Roberto, Jade e suo fratello che li fissarono, stupiti dal repentino cambio d’idea del re, di solito sempre tanto deciso e fermo nelle sue decisioni.
 
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Eccoci all’ottavo capitolo! Sta succedendo di tutto! Allora… Leon sta stringendo amicizia con i ragazzi ma continua a pensare alla sua principessa… Angie è andata a palazzo! Dopo anni si è ritrovata faccia a faccia con sua nipote e il re… chissà se verrà assunta! Grazie a tutti coloro che mi stanno seguendo e mi lasciano bellissime recensioni! Siete fantastici!Sono felicissima che la storia vi stia piacendo! Alla prossima, ciao! :)

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Capitolo 9
*** Amichevoli chiacchierate. ***


 “- Sono contento di averle dato una possibilità… tra i tanti candidati che si sono presentati a corte lei è la migliore, Violetta aveva ragione… e già l’adora… me ne sono accorto, sa? Benvenuta a palazzo, signorina... ah! Che sbadato! Non mi ha detto il suo nome! Come si chiama?” Sorrise il re dall’alto del suo elegantissimo trono fissando la faccia della donna, felice fino a quel momento, ma che diventò di colpo sconvolta... Oh no! non poteva dire che si chiamasse Angeles Saramego… non poteva proprio… e adesso cosa si inventava? Falsa identità, certo! Ma quale? “- Angie.” Le scappò subito, inizialmente… oh no, doveva almeno salvarsi con un falso cognome… “- …Salinas…” aggiunse, più in fretta che poté.  “- Grazie mille… questo lavoro significa davvero molto per me…” concluse la donna, tirando un sospiro di sollievo dopo quella spiacevolissima situazione che si era creata con la richiesta dei suoi dati da parte del sovrano. In effetti era così, quel ruolo per lei sarebbe stato il massimo. Ora sarebbe potuta stare accanto a sua nipote, avrebbe potuto vedere di persona quella donna misteriosa… beh… almeno così sperava. Già perché, per quanto sentisse che in quel luogo vi fosse qualcosa di misterioso… non aveva la certezza che la passante vivesse o lavorasse proprio lì. Ma, ormai, era fatta. Aveva ottenuto il ruolo di istitutrice della principessina a palazzo… e, anche se non avesse rivisto quella donna al castello, era comunque felicissima. Ora avrebbe avuto l’occasione di stare con la sua Violetta tutti i giorni… quanto era cresciuta in tutti quegli anni! Ora era una signorina dal cuore buono… proprio come sua madre. “- Inizia domani, in serata.” Aggiunse Roberto, sempre al fianco del sovrano, consultando un’infinità di registri ma fissando, di tanto in tanto, la faccia della nuova arrivata a corte, sorridendole da sotto gli occhialetti con aria gentile. “- Perfetto, grazie mille ancora… a domani…” salutò lei, facendo una elegante riverenza, e uscendo dalla sala del trono recandosi, entusiasta, verso l'esterno per tornare a casa sua… doveva telefonare subito a Pablo per dargli la splendida notizia… “- … Angie Salinas…” si ripeté più volte, varcando quasi di corsa dalle mura del palazzo, come se non volesse dimenticarsi il suo nuovo nome.
 
 
Violetta, intanto, abbracciava ancora forte suo padre, non poteva credere al fatto che il sovrano avesse deciso, per una volta, di darle ascolto. “- Papà, grazie! Sono sicuro che Angie sarà fantastica! Me lo sento!” sorrise la ragazza, seguendo l’uomo che usciva dalla sala del trono. Jade lo fissava un po’ stizzita… avrebbe sicuramente preferito che ci fosse un uomo a corte al posto di quella bella ragazza… Matias, invece, avendo appena detto la notizia dell’assunzione di Lidia al re, corse nelle cucine per vedere se la donna si fosse presentata per il suo primo giorno di lavoro. “- Lidia! Sei qui?” urlò, nell’entrare nell'enorme sala, in cui c’era molto movimento, considerato l’orario… mancava poco alla cena e tutti avevano il loro bel da fare. “- Che ci fa lei qui? Ormai stiamo per servire la cena! Quindi lasci in pace la dispensa!” una voce stizzita lo fece voltare di scatto… Olga, armata di matterello, lo osservava con fare disgustato… quel tipo andava in cucina solo a mangiucchiare e a disturbare. “- Lidia… è qui?” chiese lui con tono più intimorito, indietreggiando, spaventato dalla donna, dopo aver però afferrato una mela da una cesta sul grande tavolo in legno. “- No… qui non c’è nessuna Li… aaah ma lei dice la nuova arrivata? Beh dovrebbe essere in giro per il palazzo… per alcune commissioni… o forse nell’orto! Chi lo sa!” borbottò la mora, con un' aria spazientita e riprendendo ad impastare quello che sembrava essere del pane fresco. “- Ma com…?” disse il biondo, guardandosi intorno con aria sospetta cercando gli occhi verdi della nuova arrivata… “- Se ne va o devo cacciarla io?” urlò ancora Olga, ora brandendo il matterello verso il La Fontaine, riempiendo la sua elegante giacca di farina. “- Me ne vado… me ne vado…” piagnucolò Matias, precipitandosi subito fuori dalla sala.
“- Guarda che se ne è andato… via libera!” esclamò Olga, chinandosi sotto al tavolo dove c’era Lidia che fingeva di cercare qualcosa che le era caduto. “- Grazie…” disse la donna, rialzandosi e ricominciando a sbattere le uova come se nulla fosse… operazione interrotta non appena aveva udito la voce di Matias. “- Mi spieghi perché ti nascondi da quel tipo?” chiese la cuoca più anziana, fissandola con aria curiosa, immaginandosi già chissà quale love story della collega. “- Diciamo che… mi sembra fin troppo interessato a me di quanto io non lo sia di lui… contorto, eh?” rise Lidia, portandosi una bionda ciocca di capelli dietro all’orecchio e accendendo uno dei milioni di fornelli… con qualche difficoltà. Non era bravissima in cucina. Si vedeva che non doveva avere molta esperienza in quel campo...  per fortuna Olga la stava aiutando un sacco, già da quel suo primo e movimentato giorno di lavoro.
“- Ah fai bene a stargli alla larga! Quel tipo è poco raccomandabile… eppure tu assomigli a qualcuno… ah ecco a chi! Hai lo stesso sguardo della povera regina Maria! Che destino straziante… povera donna… era tanto buona e amata! Ma la vita è così crudele a volte…  io sono arrivata qui poco prima della sua scomparsa…  dal vivo non l’ho mai conosciuta… avete gli stessi occhi, però… sai, i giornali non parlavano di altro in quel terribile periodo…” esclamò la mora, iniziando a stendere l’impasto col matterello. “- Ma quindi quella donna mora non è la regina?” chiese, incuriosita, l’altra, riflettendo a quanto male l’avesse guardata il giorno prima quella elegante donna dagli occhi di ghiaccio. “- Chi? Jade? Naah e mai lo sarà! E’ la nuova fidanzata del re… ma, anche se dovesse sposarlo, non essendo una principessa, non sarebbe regina…  dovrebbe sperare in un erede maschio che soffi il trono a Violetta, la legittima erede… ah quella La Fontaine è peggio del fratello, Matias…” urlò Olga, storcendo il naso.
“- Matias è gentile… mi ha assunta subito… ma mi pare un po’ troppo… intraprendente, ecco!” esclamò la Mendoza, saltando, con fare maldestro, delle omelette in una grande padella facendo ribaltare anche nei barattoli accanto a lei. “- Ah ah ah ti ha assunto proprio per questo… gli interessi mia cara!” sentenziò la cuoca, fissando la faccia scioccata della collega, ancora in difficoltà con la cucina. “- Non ci voglio nemmeno pensare…” disse la donna, scuotendo il capo con fare deciso ritornando con lo sguardo su quello che stava facendo. “- Torniamo a concentrarci su questi piatti… non si cucineranno da soli! Ah, Lidia… benvenuta a palazzo! Sei simpatica!” esclamò poi Olga, calandosi verso il forno per cuocere chissà cosa. “- Grazie!” sorrise la donna, osservandola, prendendo un gran respiro e cominciando ad affettare della verdura… rischiando di tranciarsi un dito al primo taglio.
 
 
“- Peccato che Leon non si sia fermato un po' con noi…  è corso via non appena son finite le lezioni… a me sembra simpatico! Secondo me lo possiamo invitare nella S.P. senza problemi…” sorrise Francesca, entrando nella loro personalissima e segretissima sala prove, nel retro del Restò Band e accasciandosi su una poltroncina rossa. “- Il nuovo ragazzo non ha l’aria di essere una spia anche se…” si interruppe Napo, bruscamente, per esser poi fissato da tutto il gruppo. “-… Anche se?” ripeté Camilla, osservandolo pensierosa… “- Beh ha detto che conosce il re… e  se dovesse raccontargli di questo posto? Sarebbero guai…” sentenziò l’amico, sedendosi sulle scalette del mini palco allestito nella stanza segreta. “- Ma dai! Io sono sicura che scherzasse! Ti pare che lo conosca sul serio? Non è neppure nobile!” disse Federico, prendendo posto sul palco, per piazzare alcuni spartiti sul leggio di una tastiera. “- Piuttosto… quel principino Heredia… quello sì che potrebbe conoscere il sovrano!” borbottò Lena, prima di iniziare a strimpellare qualche nota con la chitarra. “- E la contessina Ferro? Vogliamo parlarne? Meglio che non scopra mai questo posto!” esclamò d’un tratto Nata, osservando gli altri annuire. La bionda tarantola aveva tentato, inizialmente, di stringere ‘amicizia’ con la spagnola… ma più che di amicizia si trattava di schiavitù… e Lena, la sorella della riccioluta mora, l’aveva aiutata a distaccarsi da quell’arpia, facendola integrare nel gruppo dei più buoni e lasciando la Ferro da sola. “- Forse sarebbe addirittura meglio dirlo a Thomas che a lei… ci sarebbe meno rischio che possa fare da spia al re!” disse Maxi, facendo roteare le bacchette della batteria che subito Andres gli strappò di mano… era indiscusso: il batterista era lui. “- Basta parlare… scateniamoci un po’! Che tra danza classica e musica classica mi sento… mezzo addormentato!” esclamò Luca, sotto lo sguardo assorto di Camilla, prendendo a bere un sorso di frullato appena portati in sala prove da lui stesso. “- Tu non dovresti lavorare? Sparisci! Già sei stato tutto il giorno allo Studio!” lo rimproverò la sorella, indicandogli l’uscita… “- E dai! Non essere così dura con lui! Luca! Resta che ci divertiamo!” gli sorrise dolcemente la Torres, salendo sul palco. “- No… in effetti la mia sorellina, seppure abbia dei modi pessimi… non ha tutti i torti… è meglio che vada di là a dare una mano… ciao!” salutò l’Italiano, uscendo dalla sala. “- Ma per quale ragione lo tratti sempre così male? Si puo’ sapere?” strillò Camilla, avvicinandosi all’amica che era corsa alla chitarra, accanto a lei. “- Il locale ha dei turni ben precisi per permettere sia a me che a lui di frequentare lo Studio! Mara non è al suo servizio! Già ci aiuta abbastanza con la gestione!” si giustificò la ragazza, riprendendo a provare degli accordi nuovi. “- Ok, hai ragione ma sii più… morbida con lui! Sei peggio della Dominguez!” disse Camilla, cominciando a leggere uno spartito e ad ondeggiare il capo a tempo della musica suonata dalla mora. “- Ah ah ah… ti piace proprio, eh? Dopo quella sera di cui hai deciso di non raccontarmi nulla… sei diversa nei suoi confronti!” rise Fran, posando la chitarra e avvicinandosi all’amica che diventò rossissima. “- Ma cosa dici… “ rise la Torres, prima indietreggiando e poi correndo giù dal palco. “- Ah no! Adesso confessi! Non vi sarete mica… baciati?” chiese a bruciapelo l’italiana, rincorrendola per la stanza, sotto lo sguardo stupito degli amici… “- Ma cos… no!” strillò la Torres, facendo restare quasi l’amica un po’ delusa. “- Quasi…” si corresse poi la riccia, abbassando lo sguardo. “- Come quasi?!” urlò Lena, avvicinandosi alle due, improvvisamente interessata da quella conversazione, seguita dalla sorella, Nata, anche lei voltatasi di scatto dopo aver udito quella frase.
“- Nel senso che ci è mancato pochissimo… se solo non mi fosse squillato il cellulare…” si lamentò Camilla, sedendosi su uno sgabello, circondata dalle ragazze. “- Hai capito Luca!” risero, invece, i maschi… “- Tacete!” urlò Nata, ritornando alla conversazione con le amiche… finita la spiegazione di ogni minimo particolare, le giovani furono quasi costrette dai ragazzi a salire sul palco… i gossip piacevano un sacco a tutte… ma non dovevano rimandare quel divertimento delle prove! E poi, gli amici maschi cominciarono ad annoiarsi nel sentir parlare solo di appuntamenti, baci mancati, bellezza, trucco e abiti per le prossime uscite e consigli vari.
“- Questo nuovo pezzo è strepitoso… sarebbe stupendo poterlo far sentire a tutti…” esclamò Lena, seduta sul bordo del palchetto. “- E’ vietato!” la rimproverò Napo, saltando giù con un balzo felino. “- E tu, allora, continua a tenere tua cugina lontano da qui!” rise Andres, poggiandogli una mano sulla spalla. “- Ovvio! Lei e il principino non dovranno mai sapere…” rise il giovane Ferro, riferendosi anche ad Heredia. “- E con Leon? Che facciamo?” esclamò Maxi, a testa in giù sul pavimento, roteando come una trottola nel provare alcuni passi di hip hop.
“- Aspettiamo ancora un po’… ma mi sembra apposto!” disse Federico, appoggiandosi ad un tavolo e correggendo degli spartiti. “- Ok… sono d’accordo… bisogna conoscerlo meglio prima di… dirgli tutto, ecco!” gli sorrise subito Francesca, prendendo a fissarlo e beccandosi una gomitata dalla Torres che la fece subito tornare in sé e abbassare lo sguardo velocemente. “- Bene… allora a domani… è tardi… e se non riporto a casa Lena presto mi arriveranno trentamila telefonate dai miei!” si lamentò Nata, sbuffando e richiudendo la custodia di una delle chitarre. “- Non sono una mocciosa! Ho solo 2 anni meno di te!” gridò la giovane, stizzita… odiava apparire come la piccoletta del gruppo… insomma, sapeva di essere la più giovane… ma non per questo voleva apparire come una poppante! E poi, con il caratterino che si ritrovava… non si reputava di certo inferiore agli altri… era sempre l’unica in grado di tener testa a quella terribile contessina Ferro… e la cosa la divertiva anche un sacco! “- Sì, in effetti è tardi… non fate arrabbiare il conte Heraldez voi due! Sappiamo tutti quanto possa essere severo!” rise Napo ricordando alcune telefonate tra le ragazze e il padre… per poi riprendere con alcuni assolo alla tastiera. “- E poi, domani ci aspetta un’altra estenuante giornata di prove per questo concertone per la principessa! Meglio andare via tutti!” sbuffò Andres, iniziando a improvvisare passi di danza break insieme a Ponte… “- Allora ci… ci vediamo…” salutò Nata, tirando per un braccio Helena, salutando tutti ma incrociando lo sguardo di Maxi che, sorridendole, arrossì di colpo e si bloccò nel bel mezzo del ballo che stava eseguendo… facendo diventare violacea anche lei.
“- Ciao, ragazzi… buona serata!” dissero gli altri, preparandosi anche loro per tornare a casa.
 
 
“- Tommy! Come stai?” Ludmilla era in limousine e stava tornando a casa quando, ad un tratto, fece fermare l’auto perché aveva riconosciuto il principe Heredìa camminare come un comunissimo ragazzo, tra la folla di Amapola. Con cappuccio della felpa in testa e occhiali da sole… se non ne fosse stata perdutamente cotta, probabilmente, nemmeno lei l’avrebbe riconosciuto… “- Signorina Ferro… che piacere…” salutò il giovane, avvicinandosi alla macchina da cui spuntava, la bionda testolina perfettamente pettinata della contessina. I lunghi boccoli ondeggiavano grazie al vento fuori dal finestrino e gli occhi nocciola della giovane lo fissavano senza sosta. “- Vuoi un passaggio? Avanti, Sali!” esclamò la ragazza, aprendo la portiera e facendo spazio al giovane principe accanto a lei. Era pazzamente innamorata di quel ragazzo che, se inizialmente era sembrato tanto interessato a lei, ora sembrava quasi evitarla… dopo la cena con quella principessina da quattro soldi era diverso… un’ altra persona da quando era arrivato nel regno.
“- Dove andavi tutto solo in… veste così poco principesca?” chiese la bionda, mentre la limousine riprese a camminare verso villa Ferro. “- Io… devo andare a palazzo…” disse deciso il giovane… facendo sì che l’autista cambiasse subito strada per dirigersi verso il castello. “- Ma come? Il re ti ha invitato? Non lo sapevo! E soprattutto… ci vai in questo stato?” ridacchiò Ludmilla, facendo segno al guidatore di non andare dove richiesto dallo spagnolo. “- Infatti non ci vado per il re… ci vado per Violetta…” esclamò Thomas, restando con lo sguardo fisso fuori dal finestrino. A quella affermazione, la bionda contessina diventò verde di invidia… come poteva ignorarla in quel modo? Come osava anteporre la Castillo a lei? Quella Violetta non l’aveva ancora pagata abbastanza… la odiava così tanto che, oltre a separarla dal bel Leon, aveva deciso che avrebbe anche dovuto allontanare Heredia da lei… si sarebbe inventata qualcosa per farla rimanere completamente sola. “- Mi faccia scendere qui, per favore, accosti…” fece segno il ragazzo all’autista che fermò di nuovo la macchina, frenando con foga. “- Thomas caro… se ti presenti con questa tenuta… diciamo così… orrendamente ginnica… nemmeno ti faranno entrare al castello… sei irriconoscibile! Vieni a casa mia…” tentò di convincerlo la giovane ma fu tutto inutile. “- Mi dispiace, non ho tempo per cambiarmi. Devo andare… ciao, a domani…” salutò lui, sbattendo la portiera in maniera decisa e avvicinandosi al cancello del castello, sotto lo sguardo stizzito e incredulo di Ludmilla… voleva disintegrare quella Castillo… ma come? Doveva pensare a qualcosa… e alla svelta.
“- Salve… vorrei parlare con la principessa… sono il principe Thomas Heredia…” disse subito alle guardie all’esterno che lo fissarono un po’ scioccate. “- Certo… e io sono Riccardo III!” rise uno dei due uomini, prendendo in giro il giovane e squadrandolo dalla testa ai piedi con fare divertito. “- Thomas! Lasciatelo passare!” ordinò il re che era nei pressi dell'entrata, avvicinandosi al cancello facendo scattare sull’attenti i due soldati di guardia.
“- Scusi per l’ora Vostra Altezza, potrei parlare con sua figlia?” chiese il ragazzo facendo il gentile con il sovrano. “- Certo! Tesoro… guarda chi c’è?” sorrise German osservando la figlia che scriveva nel suo diario seduta sul bordo della fontana, sotto la luce di un lampione. Alzò lo sguardo e incrociò gli occhi verdi di Heredia… ricordò il suo incontro con lui in biblioteca… dalla quale, per evitare di baciarlo era fuggita a gambe levate. “- Cosa ci fai qui?” chiese lei, chiudendo il diario e appoggiandolo sul marmo accanto a lei. “- Che modi, tesoro! Io vado dentro… fai in fretta che siamo pronti per la cena…” salutò Castillo, facendo l’occhiolino al principe e dando un bacio sulla guancia alla ragazza. “- Senti… siamo partiti col piede sbagliato… non voglio che mi odi… ok, sono stato troppo…” “- ... Intraprendente?” lo interruppe lei, alzando un sopracciglio e guardandolo male. “- Sì… ricominciamo da capo…” esclamò lui, sedendosi accanto a lei. Violetta lo scrutò con aria confusa… ma, essendo troppo buona e ingenua, decise di fidarsi… “- Amici?” chiese il giovane Heredia, allungandole il braccio. “- E va bene... Amici!” esclamò lei, stringendogli la mano con aria un po’ tesa… nel frattempo, Leon, ritornato subito a lavoro dopo le lezioni allo Studio, stava uscendo dalla scuderia con una carriola piena di fieno… ma, nel riconoscere Thomas, rientrò subito nella stalla, nascondendosi da lui. Era dell’accademia… non voleva che sapesse che lui lavorava lì… stava stringendo la mano della ragazza… sarebbe tanto voluto andare lì ad allontanarlo da lei… ma, per evitare che si sapesse il suo ruolo a palazzo, evitò… e, per giunta, apparve il re a chiamare la figlia che salutava Thomas allegramente mentre il giovane si allontanava verso il cancello principale… era la fine.
German lo detestava… questo principe sembrava già aver conquistato il cuore della ragazza… e poi c’era quell’equivoco con Ludmilla… che lui aveva respinto ma a cui lei non credeva… doveva continuare a lottare per lei o arrendersi a quella evidentissima e detestabile realtà? Cercare di sormontare tutti quegli ostacoli o lasciar perdere?
 
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Eccoci qui con un altro bel capitolo… beh bello… lo spero! XD Ma, andiamo con ordine… grazie a Vilu, Angie è stata assunta a palazzo… ora potrà vederci chiaro sulla questione di sua sorella e potrà finalmente, star più vicino a sua nipote! Fran ha costretto Cami a confessare sul suo appuntamento con Luca! E Maxi e Nata cominciano a fissarsi con imbarazzo… cosa nascerà? E tra Federico e Fran? Parte finale scoppiettante… Thomas è tornato per parlare con Violetta dopo l’inconveniente in biblioteca… e adesso? E’ troppo interessato a lei per fare ‘l’amico’ o ci riuscirà? Ludmi non mi sembra d’accordo con questa sorta di interessamento del principe Heredia! Infine, ma non per importanza… (dato che l’adoro! *-*) c’è la reazione di Leon… deve nascondersi come stalliere… deve evitare il re e Thomas… eppure ama la principessa… cosa succederà? Alla prossima! Grazie a tutti coloro che continuano a seguirmi! Ciao! :D

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Capitolo 10
*** Cantar es lo que soy... ***


“- Ah ah ah Angie, sei geniale! Così la lezione di storia è molto meno noiosa!” rise la principessa Castillo, osservando la sua insegnante che riprese a sfogliare un tomo gigantesco sul tavolo della biblioteca come se nulla fosse. Quel posto era enorme! Volumi in ogni angolo della sala, su scaffali altissimi pieni zeppi di libri, tanto da avere una piccola scaletta scorrevole per arrivare a prendere quelli che sembravano più irragiungibili. Ovviamente, ogni parte della sala era ordinatamente sistemata come tipico di un palazzo reale, con mappamondi e cannocchiali che dovevano essere pregiati e antichissimi e, con uno stupendo soffitto, elegantemente ricoperto di affreschi di qualche noto pittore di Amapola.
Erano passati alcuni giorni da quanto la nuova istitutrice di Violetta si recava al castello per darle lezioni private… e già le due andavano d’accordo come se si conoscessero da una vita. “- La storia non è noiosa… bisogna solo saperla studiare nel modo giusto!” sorrise la donna, facendole l’occhiolino e tornando a sedersi accanto a lei, indicandole ancora il volume. “- Dai, per oggi basta… per favore!” supplicò la giovane, richiudendo i quaderni con aria supplichevole. “- Va bene, dai… ma domani continuiamo… e ti interrogo!” disse la donna dolcemente, rimettendo a posto i libroni sparsi sull’enorme scrivania. “- Andiamo un po’ in giardino? Non ne posso più di star chiusa qui dentro…” disse la giovani, alzandosi e avviandosi verso l’uscita della maestosa biblioteca. “- Sì, certo…” esclamò la bionda, allegramente per poi borbottare tra sé e sé: “-… Come se andare in giardino bastasse…” ma la principessa sentì qualcosa e si incuriosì di quella frase. “- Come?” chiese infatti la giovane, voltandosi verso l’insegnante. “- Niente… andiamo!” mentì la donna, allontanandosi con la ragazza fuori dalla sala.
“- Secondo me ti annoi a stare tutto il giorno qui… non è vero?” chiese a bruciapelo l’insegnante, camminando su un sentiero alle spalle del castello, al fianco della giovane... povera Violetta, doveva scocciarsi a morte a star sempre prigioniera di quel posto. “- Sì… puoi dirlo forte! Ma, ormai… si puo’ dire che mi ci sia abituata…” sbuffò la ragazza, aprendo un cancelletto seminascosto tra le foglie e oltrepassandolo. “- Dove vai? Non mettiamoci nei guai! O il re mi rinchiude in qualche cella sotterranea e getta la chiave!” esclamò la donna, fermandola dolcemente per un braccio. Davanti a loro c’era un ponticello in legno e, al di sotto di esso, un piccolo ruscelletto gorgogliava allegramente. “- Il bello di essere stata rinchiusa per tutto questo tempo qui… è che adesso conosco dei posti segreti ma meravigliosi… vieni, non ti preoccupare!” disse la giovane, tirando lei la donna verso il boschetto alle spalle del palazzo… quello era il luogo in cui si era quasi baciata con Leon… se solo non avessero dovuto scappare a causa di suo padre! Ed, inoltre, il ragazzo sembrava essere sempre più glaciale con lei… e poi c’era Ludmilla… li aveva visti insieme… no, con quel Vargas aveva proprio chiuso… ma più pensava a lui, più la voglia di chiarire si faceva largo in lei… “- Questo lago è meraviglioso!” sorrise d’un tratto Angie, sedendosi sul prato pieno di fiori di ogni tipo. La giovane fece lo stesso e fissava lo specchio d’acqua con aria assorta. “- Che ti succede, Vilu?” chiese subito la bionda, osservandola un po’ preoccupata. “- No, niente. Pensavo…” rispose la giovane, stendendosi di colpo sull’erba cominciando a canticchiare un motivetto romantico. Angie la guardava sorpresa… sicuramente il re le teneva nascosto il suo passato… il fatto che avesse una zia, una nonna e, per giunta, dato l’amore per la musica di Maria, sicuramente le impediva di cantare o di far qualsiasi cosa attinente ai suoni moderni… se lo vietava a tutta Amapola… figurarsi alla sua stessa figlia!
“- Canta!” la incitò la Saramego di colpo, lasciando la ragazza sconvolta. “- Co… cosa? Adesso?” balbettò, tesissima, Violetta, alzandosi e tornandosi di nuovo a sedere sul prato. “- Si, ora! E quando sennò?! Sono sicura che sei bravissima!” disse ancora la donna, alzandosi e aiutandola a mettersi in piedi. “- Non conosco nessuna canzone… mio padre è categorico… niente musica… solo raramente quella classica…” spiegò la giovane, abbassando lo sguardo. “- Ne ero certa…” borbottò Angie, voltandosi a fissare il panorama per non mostrare la sua ira nei confronti del re alla giovane… “- In realtà una la conosco… l’ho scritta io… ma promettimi che non glielo dirai… ti scongiuro!” balbettò la principessa, quasi pentendosi di quello che aveva appena detto… no, Angie non l’avrebbe tradita… sentiva un legame particolare con quella donna… “- Ma scherzi? Ti pare che possa andare a dirglielo? E, se dovessi farlo, sicuramente, nella migliore delle ipotesi, caccerebbe anche me per averti incitato a cantare e rinchiuderebbe te a vita nella torre più alta del palazzo!” iniziò a ridere la bionda prendendole dolcemente le mani. “- Ok… io canto… ma non ridere…” rise anche la ragazza. “- Vai…” la esortò l’insegnante.
“- Non è completa… e non penso che sia metricamente corretta dato che non c’è un solo libro di musica nella biblioteca… ma fa più o meno così… ‘Y vuelvo a despertar… en mi mundo, siendo lo que soy… y no voy a parar ni un segundo… mi destino es hoy…’ ” intonò la giovane, chiudendo gli occhi sotto lo sguardo dolce della donna, quasi commossa. “- Lo sapevo! Sei bravissima!” applaudì lei, sorridendole e facendo arrossire la ragazza.
“- Dovresti studiare canto e musica! Coltivare questo tuo talento innato! Hai un dono, tesoro!” aggiunse Angie, aspettando la sua reazione… eh già, sua nipote era proprio come Maria… ‘la regina dalla voce angelica’ come la chiamavano tutti i suoi sudditi… era amata da tutti grazie al suo carattere dolce e umile e organizzava sempre eventi musicali, solitamente benefici… dove, spesso, cantava anche lei stessa. “- Sei impazzita?  Mio padre ha bandito la musica moderna dal regno…  ha trattenuto solo la classica perché altrimenti i teatri del regno si sarebbero opposti… figuriamoci se consentisse a me, l’erede al trono, di studiare musica e canto! Nemmeno quella consentita mi permetterebbe di apprendere!” esclamò lei, riprendendo la strada per ritornare nei pressi del castello. “- Ci parlerò io! Tu devi uscire, conoscere gente e, soprattutto… fare ciò che ami!” le rispose la donna, seguendola con passo rapido nel boschetto. “- Tu non lo conosci…” borbottò la giovane, con gli occhi lucidi… “- Gli farò cambiare idea… anche a costo di mentirgli…” disse Angie, fermandosi nel bel mezzo del sentiero… anche la ragazza si bloccò di colpo. “- Tu faresti questo… per me?” disse, con calma, voltandosi e avvicinandosi all’insegnante con aria scioccata. “- Sì… e ci riuscirò… te lo prometto.” sorrise la bionda, che, nel giro di un secondo, si ritrovò la ragazza che la stringeva forte a sé. Arrivarono di nuovo nel giardino del castello e, si ritrovarono di fronte, subito, proprio il sovrano di Amapola che le fissava sorridente. “- Buonasera, Vostra Altezza!” salutò la donna, facendo un mezzo inchino. Vilu stette in silenzio ad osservare la scena. “- Vorrei parlarle un minuto se è possibile…” continuò la bionda fissando l’espressione impassibile del sovrano. Riusciva ad essere glaciale in ogni occasione… tranne quando qualcosa riguardasse la figlia! Ma di solito era quasi impossibile capire cosa pensasse, cosa sentisse… non era un essere umano… era sempre un enigma! “- E’ successo qualcosa?” chiese lui, tutto d’un fiato, ma senza dimostrare la sua preoccupazione anche se il tono della sua voce lo tradì un po’, mostrandolo per un millesimo di secondo, agitato. “- No… niente a cui non si possa rimediare…” sorrise lei, visibilmente imbarazzata dal dialogo con il re che ignorava di aver di fronte sua cognata. “- Andiamo…” disse lui, facendo strada alla donna e alla figlia verso la sala del trono… ma, ovviamente, alla principessa non fu consentito entrare… e se ne restò fuori dall’enorme porta ad origliare, di nascosto, quella conversazione…
“- Le volevo chiedere se è possibile… di far uscire la principessa. So che le sembrerà assurdo, Maestà… ma mi faccia finire prima di dirmi che non si puo’ fare. Ho parlato con lei e trovo che sia troppo sola, sempre rinchiusa qui, a palazzo… potremmo… andare a studiare alla biblioteca pubblica, ad esempio!” disse tutto d’un fiato Angie, osservando la faccia interrogativa del re, seduto sul suo trono di velluto rosso contornato d’oro massiccio. “- Ah ah ah… è impazzita? Non se ne parla neanche!” concluse senza girarci troppo intorno, German, alzandosi per uscire subito dalla stanza e concludere lì la conversazione. “- Mi faccia almeno finire! E poi se ne va! E’ poco rispettoso, sa? Beh, dovrebbe conoscere le regole del galateo… è pur sempre un re!” urlò la donna, tappandosi poi la bocca con una mano… se solo avesse voluto il sovrano, per quella vera e propria provocazione, l’avrebbe fatta rinchiudere nelle segrete e l’avrebbe lasciata a marcire lì a vita, gettando la chiave nell’ Oceano.
“- Lei sa con chi sta parlando, signorina?” l’affrontò Castillo, voltandosi verso di lei con aria furiosa. “- Mi scusi… non avrei… dovuto.” Si giustificò Angie, abbassando lo sguardo, rossa in viso. Non sopportava quell’uomo… prima, separava tutta la sua famiglia dalla nipote nascondendole il fatto di avere dei parenti a Camelias, forse addirittura facendole ignorare la stessa esistenza del regno della famiglia di sua madre, bandiva la musica moderna dal regno egoisticamente dopo la scomparsa di Maria… e, nemmeno permetteva a sua figlia di essere libera.
“- Lei è qui da qualche giorno e già pensa di potermi dare lezioni su cosa è meglio fare o non fare con mia figlia? Se lo puo’ scordare! E, tra l’altro, la biblioteca del castello è la più fornita di tutta Amapola… lo sanno tutti… trovo sciocca e inutile questa sua richiesta! E’ inaudito!” tuonò con aria accigliata il sovrano, risedendosi al suo posto.
“- La biblioteca sarà pure la più fornita ma il fatto di andare a quella pubblica… beh… libererebbe almeno un po’ sua figlia dalla torre di vetro in cui l’ha rinchiusa per tutto questo tempo!”. Un silenzio assordante e imbarazzante piombò nella sala. Non ce la faceva. Doveva provare a tenere a freno la lingua ma proprio non ne era capace. Quel re era la persona più cocciuta del mondo. “- Come osa? Non la faccio sbattere nelle celle sotterranee perché spero ancora che possa avere un briciolo di educazione nel modo in cui si rivolge a me, signorina Salinas!” urlò l’uomo, osservando l’espressione tesa della donna che si mordeva un labbro nervosamente, cercando di tacere per evitare conseguenze. Quella conversazione stava decisamente degenerando, Angie doveva placare il suo tono… o sarebbe stata la fine. Addio ruolo da istitutrice, addio star vicina a sua nipote… addio misteriosa passante da cercare a corte. “- La prego… ci pensi, almeno! Potremmo andarci di mattina… così ci sarà meno gente e sua figlia potrà studiare con tranquillità! Io non la perderei di vista nemmeno per un secondo!” tentò di dire, con più calma, la Saramego, scostandosi una ciocca ondulata dietro l’orecchio, senza smettere di guardare negli occhi il sovrano. Era una persona forte e glielo avrebbe dimostrato già dal semplice fatto che riusciva a sostenere il suo sguardo senza timori. “- Non credo sia possibile…” urlò ancora il re, incrociando le braccia al petto per indicare che quella ‘chiacchierata’ era finita lì.
“- Papà! Ti scongiuro, dalle retta! Ascoltala!”. Una vocina melodiosa irruppe nel bel mezzo della discussione. Dalla porta apparve Violetta, con aria supplichevole, tentando di essere il più convincente possibile. “- … Ho bisogno di prendere aria! Tanto non c’è pericolo nemmeno che mi riconoscano! Ancora nessuno sa chi io sia!” aggiunse la ragazza, avvicinandosi al trono sotto lo sguardo severo del padre e quello molto più rassicurante dell'istitutrice.
“- Non lo sapranno fino al tuo debutto in società… al ballo a cui ti stavi opponendo tanto!” disse, il re, scocciato da cotanto movimento. “- Ci verrò. Verrò al ballo per il mio compleanno… e a quel noioso spettacolo tutto… classico! Ma per favore… Angie ha perfettamente ragione! Io voglio uscire da queste mura! Non mi pare che ti stia chiedendo molto!” esclamò la ragazza, ormai con gli occhi lucidi. A tutti... A tutti il sovrano riusciva a resistere, con tutti riusciva ad apparire freddo, glaciale, severo. Ma non con Violetta. L’amava troppo e vederla quasi con le lacrime smosse in lui qualcosa… “- Io non so se sto per dire una cosa di cui potrei pentirmi in eterno… ma se proprio ci tieni tanto, va bene… ma evita di dire in giro chi sei…” sentenziò l’uomo alzandosi dal trono con espressione imbronciata per aver avuto la peggio con le due. “- Davvero?” sorrise Violetta, incredula. “- Dice sul serio, Altezza?” aggiunse l’istitutrice, con aria scioccata. “- Sì… e adesso andate! Fuori! Sparite!” borbottò il re, osservandole allontanarsi e portandosi una mano al capo… che avesse preso la decisione sbagliata?
“- Ottima idea ascoltare la Salinas, complimenti, Maestà!” esclamò Roberto che era lì ma che, fino a quel momento, aveva finto di scrivere dei documenti, in silenzio. “- Roberto…” disse il re, fissandolo con aria severa... 
“- Sì?” chiese il suo fido collaboratore. “- Taci!” strillò stizzito il re. “- Come vuole… ma io dico che è stata una decisione impeccabile, signore!” aggiunse ancora l’occhialuto moro, fissando il sovrano che, sconvolto da ciò che aveva appena fatto, uscì dalla stanza del trono con passo meno sicuro del solito.
 
 
Violetta girovagava per le sale del castello in attesa della cena… non aveva voglia di uscire e rischiare di incontrare Leon…  più lo vedeva e più soffriva. Le aveva mentito… e illusa… probabilmente aveva fatto lo stesso con la contessina Ferro… ma proprio non riusciva a toglierselo dalla testa! Si addentrò tra i vari corridoi del palazzo e, dopo aver sceso una scalinata che sembrava interminabile, arrivò ad un bivio in cui c’erano due porte… una era l’entrata alle cucine. Un profumino invitante di arrosto proveniva dai forni… un gran trambusto e un vociare indistinguibile giunse alle sue orecchie come una melodia… una melodia… Angie le aveva messo in testa quell’idea del cantare, della musica… e, sicuramente con quel fracasso, nessuno avrebbe fatto caso a lei… aprì la porta alla sua destra e si rese conto che si trattava di un posto in cui, stranamente,  non era mai stata… un’ enorme dispensa, piena di ogni cibo immaginabile si estese davanti ai suoi occhi… probabilmente ci doveva essere un’ entrata diretta dalle cucine e quella da cui era entrata lei… quel ripostiglio era enorme… e lei che pensava di conoscere ogni minimo angolo del castello! Ma si sbagliava… e presto, avrebbe scoperto altri posti a lei sconosciuti… “- C’è nessuno?” urlò ma, a parte la sua voce, sottoforma di eco, non ci fu nessuna risposta. Quel posto era perfetto per… cantare! C’era un’acustica pazzesca e, con quella confusione delle cucine, nessuno l’avrebbe mai sentita. Senza rendersene conto, iniziò ad intonare il ritornello della canzone scritta da lei, che aveva intitolato ‘En Mi Mundo’… “- Y vuelvo a despertar! En mi mundo siendo lo que soy… y no voy a parar! Ni un segundo, mi destino es hoy! Nada puede pasar... voy a soltar... todo lo que sie...” si bloccò di colpo quando qualcuno aprì la porta dalla cucina. “- Scusa! Non volevo spaventarti!” una bella donna, dal caschetto biondo e dei grandi occhi verdi le si avvicinò piano. Violetta temette subito il peggio… era la fine! Quella signora avrebbe detto tutto a suo padre, che, invece di darle più libertà l’avrebbe rinchiusa in isolamento nella torre più alta del castello… proprio adesso che il re stava cominciando a ragionare, a capirla… sarebbe finito tutto. “- Lei deve essere la principessina! Me ne ha parlato Olga! Lieta di conoscerla!” sorrise timidamente la donna, afferrando alcuni ingredienti dagli scaffali… “- La prego non dica a mio padre che stavo cantando! Per favore!” rispose la ragazza, fissando gli occhi della bionda. Quello sguardo aveva qualcosa di familiare… ci penso per un secondo ma subito ritornò a preoccuparsi del suo segreto. Il re non doveva sapere di quel suo momento di canto. “- Non preoccuparti… non dirò nulla… ho saputo qualcosa riguardo alla musica qui… e non voglio che il sovrano ti rinchiuda in isolamento solo perché stavi intonando quella canzone… cantare è così bello! Proprio non capisco tuo padre… ” sorrise la donna, con il tono più rassicurante che lei avesse mai udito. Violetta tirò un sospiro di sollievo e dovette assumere un’ espressione alquanto buffa perché la signora prese a ridacchiare, osservandola divertita.
“- Molto piacere di averti… averla conosciuta!” si corresse la donna per darle del lei, ricordandosi che la giovane fosse la futura regina del regno e facendole un elegante inchino. “- Non preoccuparti… chiamami Violetta e dammi del tu… beh, finché non c’è mio padre, almeno! Altrimenti potrebbe iniziare una storia infinita…” disse la ragazza, avvicinandosi alla suddita che sorrise gentile. “- Io sono Lidia, piacere mio!” esclamò l’aiuto cuoca. “- Sei nuova? Tu sei stata assunta da Matias, giusto?” chiese la ragazza, seguendo Lidia e ritrovandosi nelle bel mezzo delle cucine. “- Sì… lavoro qui da poco!” esclamò lei, appoggiando una pesantissima pentola sul tavolo. “- Per una volta Matias ha fatto una cosa giusta, allora! Sei simpatica!” sorrise Vilu, appoggiandosi con i gomiti ad un lavello.
“- Principessa!” urlò qualcuno dal fondo della stanza. A quelle parole tutti si bloccarono come in trance e si inchinarono a lei. “- Salve… emh non dite a nessuno che ero qui, vi prego…” disse la ragazza, salutando con un cenno della mano imbarazzato. “- Forse è meglio che tu vada di sopra… prima che tuo padre si arrabbi e ci licenzi tutti!” rise Lidia, aprendole la porta che l’avrebbe riportata alle scalette dalle quali era scesa qualche minuto prima.
“- Già… forse è meglio…” rispose la giovane, osservando ancora tutti i sudditi inchinati con lo sguardo basso. “Continuate pure… io… io vado!” disse lei, avviandosi verso l’uscita. “- Ah, Principessa! Quando vuoi venire qui a cantare… beh… io fingerò di non sentire…” disse con aria furba Lidia, facendole l’occhiolino. “- Grazie mille!” rispose la giovane, con uno splendido sorriso. “- Hai una splendida voce… e quella canzone è proprio bella… non smettere di cantare… non devi... hai talento!” esclamò la bionda, appoggiandosi al pomello della porta, facendo voltare la ragazza che stava risalendo. “- Lo credi davvero?” chiese lei, un po’ stranita da quell’affermazione… non pensava che una cuoca si intendesse di musica… beh, per la verità nemmeno Lidia pensava di capirci qualcosa in quel campo… ma la voce della giovane l’aveva portato a dire istintivamente quella frase, la principessa aveva proprio un timbro incantevole. “- Certo che lo credo! Sei bravissima ma… ora vai! Ciao!” salutò la bionda, fissando la ragazza che riprese a salire per ritornare tutta soddisfatta, al piano di sopra.
Era stata una giornata normale, ma allo stesso tempo tanto speciale… aveva finalmente ammesso a sé stessa la sua passione più grande… aveva legato ancor di più con quella splendida persona che era la sua nuova insegnante che era disposta anche a litigare con il re per lei, e aveva conosciuto una donna molto gentile nelle cucine… le sembrava di averla già vista da qualche parte ma, rendendosi conto del fatto che non conoscesse nessuna Lidia, riprese a pensare che, da quel momento, sarebbe stata un pochino più libera… probabilmente avrebbe conosciuto gente… non i soliti volti di corte. L’idea l’allettava moltissimo… Non poteva credere a quello che aveva fatto la sua istitutrice per lei… affrontare il sovrano di Amapola con una forza incredibile e solo per farle oltrepassare le mura del palazzo, inoltre, mentendogli… che poi, di preciso, non aveva capito cosa intendesse per 'mentirgli'… insomma aveva parlato della biblioteca comunale… e allora cosa c’entrava il canto? Che avesse a che fare con quella strana scuola piena di ragazzi fuori dalla quale l’aveva salvata Leon? Ecco che si ritrovava a pensare a lui, ai suoi occhi verde smeraldo, al loro primo incontro, alle loro chiacchierate, al loro quasi bacio… e a quella orribile scena che aveva visto, quando l'aveva trovato 'incollato' a Ludmilla nelle scuderie… voleva provare a dimenticarlo con tutte le sue forze… ma proprio non ci riusciva. Più tentava di non pensarlo e più il suo nome, l’immagine del suo viso le rimbalzava nella mente. Forse era stata troppo crudele nel giudicare subito male il principe Heredia… in fondo si era andato a scusare… a differenza dello scudiero che sembrava solo ignorarla… chissà per quale motivo, poi!
Era cambiato da un giorno all’altro e non riusciva a spiegarsi il perché… Thomas, invece, le sembrava cambiato in meglio. Aveva avuto il coraggio di ammettere di aver sbagliato atteggiamento, di essere stato troppo impulsivo… forse non era poi così male come le era apparso inizialmente. Adesso però, non voleva pensarci. Domani, finalmente, sarebbe uscita dalle mura del castello. Tentò di distrarsi in questo modo e, così facendo, si recò alla tavola reale per la cena, cercando di cancellare i pensieri negativi e di focalizzarsi solo sull’indomani.
 
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Eccoci con un nuovo capitolo! Vilu ha scoperto la sua passione per la musica… e ha finalmente legato con due persone importanti della sua vita… Angie ha quasi litigato irrimediabilmente con il re! XD Ed ora dove la porterà l’istitutrice? Incontrerà ancora Leon e Thomas? E Ludmilla? Alla prossima… ciao! :)
 

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Capitolo 11
*** Segreti da mantenere! ***


“- Come sto? Sono troppo elegante? O… troppo sportiva? Sto male, vero? Vado a cambiarmi?” Violetta, non appena sentì la voce di Angie provenire dal salone principale, corse giù per la maestosa scalinata del castello, iniziando a parlare senza sosta, emozionata com’era da quella uscita… ancora non riusciva a credere al fatto che suo padre avesse accettato… ora si aspettava un milione di raccomandazioni prima di andare… ma avrebbe sopportato anche quello pur di evadere da palazzo, finalmente non in segreto. “- Sei bellissima! Andiamo?” sorrise la bionda, avviandosi verso il grande portone del castello. “- Dove credete di andare? Subito qui! Tutte e due!” alle loro spalle si era materializzato il sovrano di Amapola che le fissava con aria severa. Ecco fatto. Aveva sicuramente cambiato idea! La giovane deglutì rumorosamente in preda all’ansia. Angie impallidì preoccupata dalle intenzioni del re. “- Perché mi guardate in quel modo? Non voglio dirvi nulla di male, tranquille… Vilu, fa' attenzione… non parlare con gli sconosciuti, non rivelare chi sei.. anzi, meglio se non interagisci con nessuno così non sei costretta a presentarti! In quanto a lei, signorina Salinas… le affido non solo mia figlia, la persona a cui tengo di più al mondo… ma anche l’erede al trono di Amapola… mi raccomando.” concluse l’uomo, con il viso teso per la preoccupazione ma cercando di non darlo troppo a vedere. “- Stia tranquillo… è in ottime mani!” sorrise la donna, nervosamente, per poi voltarsi e uscire, tenendo le spalle della ragazza strette in un abbraccio. Continuarono a chiacchierare del più e del meno fino all’entrata principale del castello, dove, le guardie, vedendo uscire la principessa, aprirono di colpo l’enorme cancello per poi tornare fermi sull’attenti. “- Sono così emozionata!” esclamò per l’ennesima volta la giovane camminando lungo un marciapiede del borgo. La città le sembrava ancora più bella di quella volta, quando era scappata da palazzo… ora la viveva con più tranquillità, senza l’ansia di suo padre che avrebbe messo in giro, da un momento all’altro, le guardie sulle sue tracce. “- Sì, lo capisco! Sei la futura erede di Amapola e nemmeno conosci il tuo regno!” borbottò Angie, rallentando il passo e guardandosi anche lei intorno, come sua nipote. Quel posto era così cambiato per la donna… quando c’era la regina Maria si respirava musica nell’aria… ora tutto era così… triste, come immobile. Già, Maria… e pensare che lei si era fatta assumere a palazzo per cercare quella misteriosa donna… e forse quella ‘sosia di sua sorella’ nemmeno era più lì. Magari si era solo nascosta a palazzo per scappare proprio da lei… l’aveva spaventata, forse… ma, d’altronde, l’istitutrice era da poco nella residenza reale… probabilmente, se il suo cuore aveva ragione, quella donna si trovava proprio al castello… e, prima o poi, l’avrebbe incontrata. Fino a quel momento, inoltre, non aveva avuto neppure il tempo di cercarla quindi, si aggrappò all’utopica speranza che la misteriosa bionda fosse ancora a corte. “- Posso farti una domanda?” Violetta la fece sobbalzare, mentre era persa nei suoi pensieri. “- Certo!” sorrise la professoressa, continuando a camminare al fianco della giovane. “- La biblioteca era una scusa, vero? Insomma…  tu parlavi di musica… e di mentire a papà… emh… Angie… dove stiamo andando?” chiese, quasi preoccupata, la principessa erede al trono. “- Io ti ho parlato di musica, di mentire al re… di certo la biblioteca non c’entra nulla…” rise Angie, fermandosi di colpo davanti ad un edificio che, che subito, agli occhi della giovane, ebbe qualcosa di familiare… ecco! L’aveva visto quel giorno in cui era scappata dal castello, quando Leon l’aveva salvata da quell’auto… “- Una… scuola?” chiese la giovane, osservando un gruppetto di ragazzi che presero ad improvvisare alcuni passi di hip hop in strada. “- Ehi voi! Sapete che è vietato! Dentro, forza!” urlò un uomo dai capelli neri, ai ballerini che, mestamente, raccolsero le proprie cose e entrarono con lo sguardo basso. “- Angie!” urlò poi lo stesso moro che aveva appena ripreso i ragazzi avvicinandosi alle due, poi si bloccò di colpo sgranando gli occhi neri nel vedere la ragazzina con la bionda collega. “- Pablo! Ti presento…” iniziò lei con tono solenne. “- Credo di sapere chi sia… o almeno lo immagino…” farfugliò l’uomo, un po’ preoccupato, interrompendola prima che aggiungesse altro. “- Molto piacere… principessa…”. Pablo disse quell’ultima parola sotto voce, dopo essersi guardato intorno con fare sospetto. “- Lei… sa… ma come???” disse, quasi urlando, la ragazza, fissando, con aria terrorizzata, la bionda  che si scambiò un’occhiata eloquente con quell’uomo. “- Emh… andiamo in direzione, vieni… parlare qui non è tanto tranquillo…” sorrise Pablo, facendo strada alle due fino al suo ufficio. In quel tragitto la giovane non riuscì molto a godersi la vista di quel posto… era troppo terrorizzata. Come faceva quel tipo a sapere chi lei fosse? Angie lo conosceva! Come mai l’aveva portata lì? Mille domande affollarono in poco tempo la sua mente… e stette in silenzio fino a quando non varcarono la soglia dell’ufficio del moro.
“- Vilu io… devo rivelarti una cosa… ma tuo padre non deve saperlo… questo è il ‘Classic Studio’… ed io… ecco… sono un’insegnante di canto… la mattina lavoro qui all’accademia e la sera stavo venendo a palazzo… vedi… se dovesse scoprire l’altro mio lavoro… sicuramente mi licenzierebbe… so come odi la musica dopo quello che è successo a tua madre. Pablo è mio amico e per questo ha capito subito chi fossi… sa che sto lavorando a palazzo.” concluse, tutto d’un fiato, la donna, camminando avanti e indietro per la sala, sotto lo sguardo del direttore e della ragazza. “- Adesso capisco! Beh, puoi stare tranquilla! Non gli dirò una sola parola! Sarà il nostro segreto!” sorrise Violetta, per poi iniziare a parlare con calma, prendendo a fissare quello che doveva essere il direttore dell’accademia. “- Voglio iscrivermi in questa scuola!” esclamò, scandendo ogni parola con un filo d’ansia… valeva la pena rischiare tanto per inseguire il suo sogno, tra l’altro quasi irrealizzabile visto che era l’erede al trono? Se suo padre l’avesse scoperta, poi, l’avrebbe sicuramente rinchiusa a chiave in qualche ala sconosciuta del palazzo… per sempre!
“- Sei sicura di quello che stai dicendo? Insomma… tu sei…” tentò di dire l’uomo, fissandola con aria interrogativa da dietro alla sua scrivania, per poi osservare la sua collega. “- Sì.” rispose semplicemente la giovane, incrociando poi, lo sguardo di Angie che le rispose con un sorriso teso. “- Io dico che state rischiando un po’ troppo… ma se siete entrambe d’accordo, va bene… Tanto per cominciare, avrai bisogno di… uno pseudonimo! Di certo non potrai farti chiamare Violetta Castillo!” suggerì il direttore, allungandole da una cartelletta un modulo d’iscrizione. “- Viola Casillas!” esclamò, improvvisamente, la principessa.
“- Penso che possa andare…” disse Pablo, annuendo con aria seria. “- Sì, almeno è simile al tuo nome, così non potrai confonderti!” rise Angie che era alle sue spalle.
Ad un tratto la porta della direzione si aprì di colpo. Anita fece il suo solito ingresso da diva nella stanza e prese a fissare i tre in silenzio. “- Che c’è? Che hai da guardare?” borbottò subito la Saramego che non riusciva mai a tacere… “- Angie!” la rimproverò Pablo, trattenendo a stento una risata. “- Devo parlare con Pablo… da sola! E lei chi è?” chiese poi la Dominguez, prendendo a fissare la ragazza con la sua solita aria di superiorità. “- Una nuova allieva… ha l’esame tra qualche giorno… Viola Casillas!” presentò l’uomo facendo sì che la giovane scattasse in piedi. “- Molto lieta di fare la sua conoscenza…” disse la principessa, abituata ai modi ‘regali’ di corte. “- Ah ah ah… è uno scherzo? Sembra uscita da un film in costume dell’Ottocento! Quanti anni hai, tesorino?” sbottò Anita, ironicamente, cercando qualche registro dagli scaffali… tentò di sorridere poi, dopo l’occhiataccia che le lanciò il moro. “- Io… cosa…” balbettò la ragazza, visibilmente scioccata. “- Anita… di sicuro è molto ma molto ma proprio tanto… più giovane di te… è solo ben educata, a differenza tua!” ridacchiò Angie, facendo scuotere il capo e portare una mano alla fronte all'uomo. “- Smettetela… Viola, già da oggi potrai iniziare a frequentare i corsi. L’esame di ammissione è tra tre giorni. Puoi prepararti con i professori come se fossi già una studentessa della scuola. Benvenuta!” sorrise il moro ignorando le due colleghe che continuavano a lanciarsi occhiatacce. “- Voi due, invece di litigare… non avreste lezione?” chiese poi lui, passando poi ad osservare le due che avevano ripreso a battibeccare in maniera accesa. “- Vieni, tesoro! Andiamo in classe che è meglio…” si lamentò Angie, aprendo la porta dell’ufficio e lanciando un ennesimo sguardo eloquente ad Anita che ricambiò senza batter ciglio.
 
 
“- Non si era parlato di un esame… ho paura!!!” strillò quasi la giovane, nel corridoio, fissando però, con aria sognante, tutto ciò che accadeva intorno a lei a cui prima non aveva fatto caso… tanti gruppetti di ragazzi leggevano spartiti insieme, altri volteggiavano in alcune aule sulle punte, altri chiacchieravano di chissà quale concerto… “- Andrai alla grande, te lo dico io!” la rassicurò l’insegnante, dandole una lieve pacca sulla spalla e aprendo la porta di una delle tante classi.
“- Buongiorno a tutti!” esordì Angie entrando in aula e posando dei registri sulla cattedra. Quel posto era fantastico… dall’esterno quell’accademia sembrava tetra e scolorita ma dentro… era completamente diversa! Le aule sembravano nuovissime, colori brillanti spiccavano sulle pareti, una grande pianoforte a coda troneggiava al centro della classe e tantissimi strumenti di musica classica erano appoggiati ad una parete… quella non doveva essere l’aula di canto ma quella di musica! “- Oggi lezione con Beto, ricordate? A proposito ma dov…” mentre la professoressa stava finendo la frase, l’eccentrico insegnante fece il suo ingresso dal ripostiglio facendo cadere un violoncello al suolo che provocò un gran tonfo. “- Prof! Il mio… si è rotto! L’avevo appena accordato!” piagnucolò Andres, sollevando lo strumento dal pavimento e provando subito se fosse ancora intatto o meno. “- Non lamentarti! Almeno è ancora intero! Ricordi la fine che  ha fatto l’archetto del mio violino?” lo riprese Camilla, facendo una faccia triste al solo ricordo. “- Ha ragione la Torres… su Andres, il mio leggio… ricordi in che modo è andato distrutto?” rise Andrea, un’altra violoncellista con una cotta per il giovane. Ad un tratto, la classe si rese conto che Angie non era entrata da sola… una esile ragazzina era, visibilmente imbarazzata, in piedi accanto al piano alla quale l’insegnante si era seduta. “- Un attimo di attenzione! Silenzio! Beto, prima di fare altri danni… siediti al mio posto!” rise la donna, cedendogli il posto e mettendosi al centro della sala, di fronte ai ragazzi. “- Devo presentarvi una nuova alunna… beh, per ora studierà qui per prepararsi all’ammissione… ma ha molto talento e sono sicura riuscirà ad entrare al ‘Classic Studio’… date il benvenuto a… Viola Casillas!” sorrise Angie, iniziando un applauso per la giovane che, inevitabilmente, aveva preso a fissare, sconvolta, tre volti che conosceva benissimo… Ludmilla, Thomas e, non si spiegava come… seduto accanto ad una morettina dai lisci capelli neri, c’era lui, Leon Vargas. ‘Oh no… loro sanno chi sono! Se dicono tutto a papà è la fine…!’ pensò Violetta tra sé e sé. Angie, che non poteva immaginare che la principessa conoscesse quei tre alunni, prese a osservare l’aria scioccata della giovane che, senza batter ciglio, corse fuori, sconvolta e pallida come se avesse appena visto un fantasma. “- Ma che le prende?” disse Napo, fissandola precipitarsi nel corridoio. “- Sarà solo nervosa… insomma… essere gli ultimi arrivati non è facile…” esclamò Federico,  sistemando degli spartiti nella sua cartellina. “- Io… devo andare da lei…” affermò, tra lo stupore generale, Leon. “- Anch’io…” aggiunse Thomas, seguendo il rivale in amore, quasi inciampando per precipitarsi fuori. “- Wait a minute! Devo… andare agli armadietti per prendere una bottiglietta d’acqua… ho la gola troppo secca! Torno subito!” borbottò falsamente Ludmilla, sbattendo la porta sotto lo sguardo scioccato dei due insegnanti. “- Noi iniziamo! Che nessuno si muova!” rise Beto, sistemando un libro di teoria musicale sulla cattedra e alzandosi per scrivere qualcosa alla lavagna. “- No… scusatemi…” Angie ignorò completamente il collega e si recò preoccupata, anche lei alla ricerca della principessa. Non poteva neanche immaginare cosa le avesse preso! Non  poteva sapere… altrimenti non l’avrebbe mai portata in quella scuola… pensava che, standosene sempre rinchiusa in quel castello la nipote non potesse conoscere nessuno! Tantomeno qualche alunno dello Studio che avrebbe messo a repentaglio la sua identità segreta… German l’avrebbe licenziata, tutto sarebbe venuto alla luce… era stata una pessima idea e già si sentiva un forte nodo allo stomaco e un groppo in gola mentre si aggirava, velocementre, tra i corridoi della scuola.
 
 
“- Violetta!” tre voci la fecero girare di colpo. La ragazza era seduta su una panca negli spogliatoi, vuoti, di danza classica. “- Vi prego… non mi tradite! Vi scongiuro! Io volevo solo studiare musica… proprio come fate voi, qui!” disse lei, alzando lo sguardo intimorito. Aveva gli occhi lucidi e stava temendo il peggio. Già si immaginava rinchiusa nella torre più alta del palazzo da suo padre… non l’avrebbe fatta uscire mai più. Uno scandalo inaudito! La figlia del re, che bandisce la musica dal regno… che la studia! Insomma… aveva bandito quella moderna… ma mai avrebbe accettato che sua figlia, l’erede al trono, studiasse neppure quella classica! E poi Angie… l’avrebbe cacciata per sempre… gli avevano mentito… insomma, un disastro! La fine della sua libertà, da poco conquistata e già in pericolo… come anche quella della sua istitutrice!
“- Cosa? Conosci anche Leon? Insomma… capisco me e Ludmilla… ma lui…” balbettò il principe Heredia, confuso da quell’affermazione. “- Bene… tanto prima o poi lo avresti comunque scoperto… sono lo stalliere del castello… contento? Ma tacete! Non rivelate chi è lei davvero o ve la vedrete con me…” minacciò Leon avvicinandosi a Thomas con aria di sfida e lanciando un’occhiataccia alla contessina Ferro… che gli aveva causato già abbastanza problemi fino a quel momento… “- Io e Viole… emh, Viola siamo amiche! Non potrei mai tradirla!” ghignò, tentando di sembrare il più convincente possibile, la Ferro che già sapeva che quel segreto, prima o poi, le sarebbe tornato utile. “- Anche io sono suo amico. Di sicuro non rivelerò nulla di tutto ciò.” concluse lo spagnolo, sorridendo alla giovane più spontaneamente. “- Allora siamo d’accordo… tranquilla, il tuo segreto è al sicuro.” Riassunse Leon, avvicinandosi a lei e circondandole le spalle con un abbraccio e facendole abbassare lo sguardo mestamente. Credeva ancora che Leon fosse un bugiardo, che avesse una relazione segreta con Ludmilla, che fosse un falso e l’avesse solo illusa. Ma, in quel momento, cercò di pensare ai tre come persone sincere e balbettò un timido: “- Grazie”.
“- Eccovi! Si puo’ sapere cosa è successo? Voi tre, in classe! Subito!” ordinò Angie, aprendo di colpo la porta degli spogliatoi, avendo sentito le voci dei giovani provenire da quella direzione. A quel comando, i tre alunni scattarono, sorrisero a Violetta e si diressero verso l’aula di musica. “- Vilu ma perché sei fuggita in quel modo? E cosa centrano quei tre? Non dirmi che… oh, no! E’ solo colpa mia! Non potevo immaginare che conoscessi qualche alunno… e adesso? Lo sapevo! Ho sbagliato! E…” “- Angie!” urlò la principessa, per far tacere il monologo della sua cara istitutrice che sembrava abbastanza nervosa, forse addirittura molto più di lei. “- Sono sicura che non parleranno! Mi fido di loro… credo.” Cercò di convincersi Violetta, abbassando lo sguardo intimorita e preoccupata. “- Come lì.. conosci? Insomma… Ludmilla e Thomas sono dell’ambiente di corte… anche se non immaginavo che li conoscessi… ma Leon? Aspetta… fuori allo Studio quel giorno… era stato proprio lui a salvarti! E ha chiesto a Pablo di parlare con lui per l’ammissione… ecco perché ha iniziato a frequentare i corsi tanto tempo dopo! Doveva…” “- Parlare con mio padre! E’ lo stalliere del palazzo.” concluse la frase la giovane, alzandosi di scatto e cominciando a riflettere con aria assente. “- Andiamo in classe… andrà tutto bene… spero… anzi, no! Tu vieni con me in direzione… dobbiamo parlare con Pablo.” Cambiò repentinamente idea la bionda, aprendo la porta degli spogliatoi e precipitandosi verso la direzione, seguita dalla giovane.
 
 
“- Io non sapevo nulla! E poi con tutte queste bugie, prima o poi, farai confondere anche me!” strillò Pablo, stizzito come non mai, alzandosi di colpo dalla sua scrivania e avvicinandosi alla collega. “- Bugie, bugie… solo questo ti interessa! Se sapevi di Vargas potevi avvisarci! Se sapevi che lavorava al castello e in qualche modo avrebbe potuto riconoscere Violetta dovevi dirlo!” borbottò Angie, camminando avanti e indietro come una furia per tutto l’ufficio. Violetta se ne stava immobile alla porta, non sapeva cosa dire… come primo giorno di libertà non era stato il massimo! Era iniziata malissimo e non osava pensare a come sarebbe potuta finire. “- Ah! Perché adesso sarebbe mia la colpa? Non è stata una mia idea portare la figlia del re allo Studio! Cosa potevo saperne io che l’avresti portata qui da un giorno all'altro? E poi ricorda, mia carissima Angie… per mentire… bisogna avere buona memoria!” esclamò d’un tratto il direttore, fissando la professoressa negli occhi. Non riuscì a tenere quello sguardo da duro per troppo tempo… l’amava troppo. Infatti, dopo due secondi, ritornò a sedersi e a scribacchiare qualcosa su dei documenti. La donna si sentì ferita da quella frase… insomma… sapeva di aver sbagliato… e, anche se l’uomo era stato severo con lei… aveva ragione, come al solito.
 “- Io voglio aiutarvi… lo sapete. E comunque, più che preoccuparmi di Vargas, che mi sembra un bravo ragazzo… mi inizierei a fare qualche domanda sulla contessina Ferro… il principe Heredia non lo conosco molto… ma sono certo che ai livelli della signorina non arriverebbe mai!” sentenziò il direttore, senza neanche alzare gli occhi dai fogli, segno che era tesissimo anche lui. “- No… scusa Pablo. Io… conosco Ludmilla. Siamo amiche. Sono certa che manterrà il segreto.” Finalmente Violetta si immise nella discussione, facendo restare un po’ stupiti i due professori. “- Se lo dici tu… va beh, inoltre, non iniziamo a preoccuparci di un problema che non esiste. Tu continua ad essere qui Viola Casillas… beh, lo sarai pure per quei tre… dobbiamo essere ottimisti!” disse il moro alla giovane principessa, tentando di tranquillizzarla. “- In quanto a te…” aggiunse poi, rivolgendosi alla collega. “- …Cerca di calmarti. Non stai facendo nulla di male nel farle seguire il suo… sogno di studiare qui.” balbettò Pablo, facendo alzare di colpo gli occhi smeraldo della professoressa. Non si aspettava quella frase… insomma, lui era sempre contrario alle bugie, eppure, dopo il sermone interminabile fattole qualche minuto prima… la stava appoggiando, nonostante tutto. “- Grazie…” sorrise lei cambiando  il suo viso dall’espressione tesa ad una molto più rilassata. Violetta assistette alla scena con gioia. Aveva ragione il direttore. Quello era il suo destino, il suo amore per la musica, ormai era palese, aveva avuto il coraggio di ammettere a sé stessa cosa voleva davvero… e non avrebbe rinunciato per nulla al mondo. Non stava facendo niente di male… ok, mentiva a suo padre, ma allo stesso tempo inseguiva il suo sogno, studiare in quella scuola avrebbe cambiato in meglio la sua vita… voleva fare quell’esame di ammissione e accedere al ‘Classic Studio’. D’altronde, inseguire un obiettivo ha sempre tanti ostacoli da superare… non è mai facile. E lei aveva una sola certezza: ormai, avrebbe messo a repentaglio la sua libertà per provare a frequentare quell’accademia.
 
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Ciao! Allora un capitolo 11 molto intricato… sinceramente non so se mi convince! XD Fatemi sapere voi come vi è sembrato! :)
Vilu è finalmente arrivata allo Studio… e ha trovato lì tre volti familiari… ma, per ora, nessuno sembra essere un traditore… ancora non sa se sarà ammessa oppure no… ma la sua vita, da qui in poi, cambierà irrimediabilmente… come proseguirà la storia? Il suo segreto è al sicuro o no? Continuate a seguirmi per scoprire il continuo di questa ff che, mi auguro, vi stia piacendo! Alla prossima! Ciao! :)

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Capitolo 12
*** Complotti e incomprensioni... ***


“- Finalmente ci rincontriamo… e questa volta, non credo che sarà scorbutica come quel pomeriggio fuori dallo Studio…”. Il conte Casal fece strada ad Anita Dominguez lungo il vialetto che saliva fino al portico della sua enorme villa. Per quanto fosse ricco, non doveva avere molta cura di quel giardino esteso a perdita d’occhio ma per niente in ordine. O il conte era così stupido da non aver assunto un giardiniere… oppure gliene fregava altamente della vita di quella vegetazione... “- Si ricorda? L’ho telefonata qualche giorno fa…” disse la mora, abbassando lo sguardo, sedendosi su una panchina all’esterno dell’edificio, cercando di ignorare il fatto che Gregorio le avesse appena dato della ‘scorbutica’… cosa che, però, non le era sfuggita affatto. “- Come potrei dimenticare!” ridacchiò l’uomo, visibilmente divertito e prendendo a fissare la sua interlocutrice con l’aria di chi si aspettava di sentire ciò che voleva ascoltare senza troppi giri di parole.
“- Lei… mi aiuterà, vero? Sarà la mia infiltrata speciale al Classic Studio?” aggiunse subito, senza mezzi termini, posando il suo sguardo sulle mani di Anita che continuava a torturarsi per la tensione. “- Certo, altrimenti perché sarei venuta?” esclamò lei, abbozzando un sorrisetto che apparve come sicuro di sé e volgendo finalmente lo sguardo, fino a quel momento ancora basso, all’uomo. “- Sa che voglio quell’edificio… la scuola dovrà chiudere! Ho provato a parlare a quel… a quella sottospecie di direttore, con calma… ma visto che non mi hanno ascoltato… farò a modo mio!” ghignò l’uomo, scrutando il viso della donna, molto agitata che si mordeva un labbro, segno di ansia. “- Dominguez… cosa le prende?” chiese Gregorio, notando quel suo inspiegabile nervosismo. L’aveva cercato lei per telefono, volevano la stessa cosa: rovinare quella scuola e il suo direttore, soprattutto… e allora perché la donna aveva quella faccia tesa? “- Sto bene, Casal… per chi mi ha preso? E diamoci del tu… siamo soci o sbaglio?” rispose, in maniera secca, Anita.
“- Molto bene…” ghignò il conte, alzandosi e facendole strada sul sentiero. La donna di colpo lo seguì e si incamminò lentamente per quel vialetto che portava sul retro della villa. “- Vede queste? Sono solo alcune delle auto d’epoca prodotte dalla ‘Casal&co’…” sorrise, orgoglioso, l’uomo, quando arrivarono di fronte a quello che sembrava un enorme garage. “- E se già ha un’azienda a cosa le serve lo Studio?” domandò, girando tra quelle splendide auto, la Dominguez. “- Siamo in continua espansione, gli affari, per mia immensa gioia, vanno alla grande! Voglio quell’edificio per ricavare la sede principale della concessionaria… proprio qui, ad Amapola! Il ‘Classic Studio’ chiuderà! E’ deciso! Nessuno mi potrà impedire di ottenere ciò che desidero!” borbottò l’uomo, con una decisione che faceva spavento. “- Tu sei con me, allora? Siamo d’accordo, Dominguez… posso fidarmi, vero? Insieme… rovineremo quella scuola, quell’inetto del direttore… e io e te… avremmo ciò che vogliamo… abbiamo un obiettivo comune, Anita! Colpire quel Galindo!”. La mora uscì di nuovo in giardino con aria un po’ stranita. In realtà lei voleva colpire Angie… non sopportava come Pablo le ronzasse intorno, come l’amasse e come lei continuasse ad ignorarlo come se nulla fosse… ma, in fondo, lui l’aveva, magari senza volerlo, ferita più volte. Non la considerava minimamente e, se la scuola avesse chiuso, anche se lei fosse rimasta senza lavoro, il solo pensiero che, anche la Saramego, fosse finita senza occupazione la rese per un secondo soddisfatta e poi, non avrebbe più doverla vedere appiccicata al direttore! Sì, quei due gliel’avrebbero pagata. Aveva sofferto troppo a causa della loro vicinanza.
“- Certo che puoi fidarti… sarò la tua… infiltrata speciale.” sorrise la donna, ormai decisa a collaborare con il conte, dopo i tanti ragionamenti e aver stilato la lista dei pro e dei contro. “- Ovviamente tu non perderai il lavoro, ci tengo a precisarlo… se mi aiuterai, ti inserirò come segretaria nell’azienda.” aggiunse Casal, accompagnandola verso il cancello principale. “- Molte grazie, Gregorio…”. La donna abbozzò un sorriso, adesso con il suo solito aspetto fiero e composto. “- Tu che sei al corrente della vita dell’accademia… quando potremmo colpire per la distruzione e la chiusura di quel postaccio?” chiese, fermandosi di colpo, il conte. “- Io direi… al concerto per la principessina Castillo… sarebbe perfetto, no?” sussurrò la donna, con sguardo astuto e quasi malvagio. “- Giusto! Il re già odia la musica e se… se quell’omaggio alla famiglia reale dovesse essere un insuccesso… la prenderà come un’offesa! Sei geniale Anita…” commentò di colpo Casal, analizzando l’espressione soddisfatta della donna. “- Ti aggiorno io, ti chiamo e ti informo sulle novità della scuola… e dello show…” salutò lei, con freddezza, osservando un ghigno di risposta, sorgere sul volto dell’uomo. Se, inizialmente si sentiva un po’ in colpa, adesso Anita era sicura di quello che stava facendo. Voleva solo rovinare chi, inconsciamente, aveva dovuto sopportare per tutto quel tempo… avrebbe aiutato il conte nel suo malefico obiettivo.
 
 
“- Naty!!! Wait a minute!” Ludmilla, mentre ancheggiava verso la sua limousine, vide la sua ex fidata amica camminare con le spalle curve verso la sua auto di lusso. La contessina Lena doveva essere già a casa… ora poteva colpirla. Era sola e indifesa come sempre senza la sua sorellina a farle da avvocato difensore. Le lezioni erano finite già da un po’ e, ormai, fuori dal ‘Classic Studio’ non c’era quasi nessuno.
“- Ludmilla… che cosa vuoi da me?” disse Nata, tra lo stizzita e l’intimorita allo stesso tempo. “- Ma niente! Volevo solo chiacchierare un po’ con te! E’ da tempo che non ci parliamo ed è molto brutta questa situazione… eravamo tanto amiche… e adesso… sei così cambiata!” iniziò il suo falso monologo la biondina, appoggiandosi con i gomiti alla portiera della sua costosissima macchina. “- Hai detto bene… eravamo… tanto amiche.” sottolineò la spagnola, girandosi per andarsene senza aggiungere altro. “- Naty! Sei diventata così cattiva… mi abbandoni così? Non ti vergogni?! Stai solo con quei perdenti!!!” sbottò la Ferro, fumante di rabbia e rossa in viso. Avrebbe voluto una mano dalla Heraldez  per i suoi scopi malefici ma la bruna, bloccatasi di colpo, cominciò a tremare di rabbia e paura. “- Tu dovresti vergognarti! Signorina Ferro!” una vocina melodiosa ma molto arrabbiata sbucò dalle spalle di Natalia. “- Pulce! Tu non dovresti essere a casa? E’ ora della nanna per le mocciose come te!” borbottò Ludmilla, scrutando dall’alto in basso la ragazzina bionda. “- Prima di tutto, pulce a me non lo dici… ho un nome, sai? E pure importante… sono Helena Heraldez… e, per quanto ti dia fastidio il fatto che noi e la nostra famiglia siamo più influenti dei Ferro, cerca di portare rispetto…” sbottò la giovane, avvicinandosi minacciosamente alla rivale che aveva lo sguardo tra il disgustato e lo scioccato. “- Nana impertinente! E tu ricordati, che, per quanto gli Heraldez siano più… importanti dei Ferro… tu sarai sempre seconda a me nella musica e nel canto… nel coro, ad esempio! Tu non sei una soprano vera e propria… a differenza di Ludmi la stella dalla voce angelica!” esclamò, ormai paonazza, la malvagia contessina osservando lo sguardo impassibile di Helena.
“- Ludmilla… ignoro le cavolate che stai dicendo e voglio avvertirti solo di una cosa per l’ultima volta... lascia in pace mia sorella… se ha fatto una cosa buona è stata proprio allontanarti. Non vuole stare con te, complottare con te… tu non meriti un’amica come lei. Ed ora… sparisci!” urlò quasi la piccoletta, aprendole la portiera dell’auto come per mandarla a quel paese. “- Ludmilla se ne va solo per che lo ha deciso lei, e se ne va… infuriata!” disse la giovane, scuotendo i capelli dorati e sedendosi in macchina, richiudendosi lo sportello con fare nervoso come mai. “- Bye, bye!” salutò Lena con la mano, quasi per provocarla ancor di più, quando l’autovettura di gran lusso si allontanò sul selciato. “- Andiamo?” chiese poi, come se nulla fosse, alla sorella maggiore che la fissava ancora con aria scioccata ma divertita. “- Da dove sei saltata fuori tu? Pensavo fossi già a casa!” rise Nata, avviandosi verso la loro macchina. “- Lascia perdere da dove sia saltata fuori e ascoltami! Ignora quella lì… non ricadere nei tuoi errori, Nata! Non ti meriti di essere una schiavetta di quella tizia! Sei una contessa, una Heraldez! Fatti valere!” sorrise la bionda, fissando lo sguardo incerto della mora. “- Nata, ci sei? Non devi temere  quella fanatica!” aggiunse Helena, sedendosi in auto accanto all’insicura giovane. “- Hai ragione. Non devo!” sorrise la riccia, più sicura sentendo le parole di Lena e guardando il suo viso riflesso nel vetro del finestrino. Non poteva e non voleva rifarsi mettere i piedi in testa da quella Ferro.  “- Piuttosto che pensare a quella lì… come va?” disse la piccoletta con sguardo furbo rivolto al viso interrogativo della sorella maggiore. “- Come va… cosa?” chiese, confusa, la mora. “- Le questioni di… cuore! Naty guarda che mi puoi dire che ti piace… lui.” concluse Helena, alzando un sopracciglio con sguardo deciso. “- Lui… lui chi?” ridacchiò nervosamente la ragazza, tirando fuori dalla borsa delle partiture e prendendole a sfogliare a caso, diventando però, paonazza fino alla punta delle orecchie. “- Ponte…” rise Lena, strappandole con foga gli spartiti dalle mani. “-Sta’ zitta!” “- Non l’hai negato!” incalzò la biondina. “- Taci!” si difese l’altra. Le due cominciarono a battibeccare e a scherzare fino a quando, vedendo la faccia rossa di Natalia, Lena non si arrese e annuì in silenzio. “- Che vuoi ora?” chiese la mora, riponendo le fotocopie, ormai appallottolate. “- Ti piace. Lo so. A me sta simpaticissimo!” ridacchiò la sorellina. “- E va bene… forse un pochino… ma dai, è una storia impossibile.” sbuffò Nata, rassegnata, abbassando lo sguardo. “- Solo perché non è un nobile o un riccone dell’ambiente? Nulla è impossibile, sorellina… se c’è l’amore c’è tutto!” concluse la bionda, uscendo dalla macchina, giunta ormai a destinazione, fuori dalla loro enorme villa. “- Lena!” urlò Nata, facendo bloccare la ragazzina che si voltò a fissarla con aria rassicurante. “- Lo so, non dirò nulla a nessuno. Ma tu non arrenderti così… prova almeno a parlargli… quando lo vedi resti sempre imbambolata!” disse, sottovoce, la giovane. “- Papà non lo accetterebbe mai!” si lamentò la più grande. “- E tu non dirglielo! Non c’è niente di più romantico di un amore clandestino!” esclamò, con aria sognante, la contessina bionda. “- Tu sei fortunata… Napo è un Ferro!” esclamò Natalia improvvisamente. “- Eh? Cosa c’entra Napoleon, adesso? Anzi cosa c’entro io con lui! Siamo amici! Nient’altro.” borbottò la piccola, incrociando le braccia al petto con aria stizzita. “- Sono nata prima di te…” la prese in giro la maggiore, prendendo a correre per il sentiero che portava al portone principale della villa. “- Non si direbbe dato come devo difenderti! L’età, mia cara, non è tutto!” scoppiò a ridere la bionda, decisa, rincorrendo la sorella divertita.
 
 
“- Tesoro mio! Sei tornata! Com’è andata? Non sanno chi sei in realtà, vero? Non sai quanto sono stato in pena!” German, perdendo il suo aspetto regale, corse in contro alla ragazza che stava rientrando al castello. Doveva essere molto preoccupato visto che sembrava attenderla fuori dal palazzo da un bel po’.
“- Calmati, papà! Tutto bene, tranquillo! Come puoi vedere sono viva e vegeta!” sorrise lei, cercando con lo sguardo subito le scuderie… chissà se Leon era già tornato o si era trattenuto un po’ allo Studio. Chissà se suo padre… sapeva che Leon studiava lì! Ma tanto non c’era alcun pericolo… anche se sapeva di Vargas… non sapeva che lei frequentasse lo Studio e che quindi si sarebbero mai potuti incontrare in quella scuola. “- Buona sera signorina Salinas!” sorrise finalmente, più tranquillo, il re di Amapola. “- Buona sera, Altezza.” rispose la donna, facendo una riverenza. “- Io andrei… a domani, Violetta! Arrivederci.” salutò subito la bionda, lasciando padre e figlia nel giardino e allontanandosi a passo svelto verso il cancello principale fuori dal quale vi erano le guardie di vedetta.
“- Andiamo, la cena dovrebbe quasi essere in tavola.” sorrise il sovrano, avviandosi verso l’ingresso del palazzo.
“- Io… vengo tra un secondo, ho lasciato un libro in auto…” mentì la ragazza, allontanandosi verso la limousine.
“- Va bene, ma non farmi mandare le guardie a cercarti! Sbrigati!” rise l’uomo, rientrando nel castello.
Non appena suo padre si allontanò, la giovane cambiò subito direzione, facendo una corsa fino alle scuderie. Vi entrò un po’ intimorita dal buio che stava calando tutto intorno a lei. Alcune luci si accesero di colpo dall’alto del capannone. “- Melody! Piccola! Come va?”. La giovane si avvicinò subito al box della sua cavalla che nitrì allegramente. Era abituarla a vederla tutti i giorni dato che stava sempre a palazzo… ma quello era stato diverso dal solito. Ad un tratto si ricordò del perché fosse lì e si allontanò da Melody, riprendendo a camminare per la scuderia. “- Leon! Sei qui? Devo parlarti!” urlò la ragazza guardandosi intorno. Non pensava che, dopo la freddezza del giovane e quell’incontro di lui con Ludmilla, lo avesse cercato lei… ma doveva parlargli. Aveva bisogno di sapere che era sincero e che non avrebbe rivelato il segreto dello Studio  a scuola, né che avesse rivelato qualcosa a suo padre. Un rumore la fece voltare di colpo. Spingendo una carriola che sembrava pesantissima, Leon si spostò un ciuffo di capelli, sbuffò sonoramente e appoggiò l’aggeggio al muro… non l’aveva ancora messa a fuoco, ma era in piedi, di fronte a lui. “- Vilu!” balbettò lui, incuriosito dal fatto che lei fosse proprio lì. “- Dobbiamo parlare.” sintetizzò lei, fissando quegli splendidi occhi verdi e affaticati.
“- Se è per lo Studio, tranquilla… fidati di me. Non dirò a nessuno chi sei.” La capiva al volo. Come ci riusciva? Come poteva quel ragazzo leggere la sua mente con tanta facilità? “- Non è solo questo…” aggiunse lei, avvicinandosi al ragazzo che si sedette su una balla di fieno rettangolare. “- Nemmeno il re saprà che frequenti la scuola, tranquilla! Non voglio mica rovinarti la vita?” sorrise lui, dolcemente, perdendosi negli occhi di lei. “- Non complotterei mai contro di te… io… non potrei mai.” aggiunse Vargas, fissando i suoi occhi castani mentre lei si sedeva accanto a lui, sembrava meno gelido rispetto all'ultimo periodo… ma comunque non era il ragazzo che era arrivato al castello tempo prima. Leon avrebbe voluto dirle che il re l’aveva minacciato. Ma non avrebbe mai voluto che la principessa sapesse che suo padre li voleva solamente allontanare. Se Violetta avesse saputo, avrebbe sicuramente parlato con German Castillo… e il re l’avrebbe cacciato di colpo. E non poteva permettersi di perdere quel lavoro… “- Grazie.” disse la giovane, abbozzando un timido sorriso. Leon sembrava sincero e provava qualcosa per lui che le impediva di dubitare.
“- Perché non mi hai mai detto di quella scuola? Del tuo sogno?” chiese dopo un minuto di un imbarazzante silenzio la Castillo. “- Un giorno volevo parlartene, ma non me ne hai dato il tempo. Violetta…” voleva dirle che tra lui e la Ferro non c’era e mai ci sarebbe stato nulla. Ma a cosa sarebbe servito? La principessa, tanto, se la sarebbe comunque dimenticare o il re l’avrebbe rinchiuso nei sotterranei a vita in qualche cella a pane e acqua. E addio musica, addio amici, addio lavoro e addio Violetta. Così, se ne restò in silenzio, lasciando quella frase sospesa nel nulla. “- Cosa?” chiese lei, notando che erano molto vicini. I loro volti erano ad un centimetro di distanza, sentiva il respiro di lui sulle sue labbra. Senza nemmeno rendersene conto si stavano avvicinando sempre di più e lei non poteva desiderare di meglio. Avevano già un bacio in sospeso e questo, forse, sarebbe stato anche meglio. Anche lui lo desiderava più di qualunque altra cosa. Ma, nella sua mente, si materializzò la faccia del re che lo rinchiudeva in una cella delle segrete. “- Non posso.” esclamò lui, alzandosi di colpo e mettendosi in piedi di fronte alla sconvolta principessa. “- Che… che significa?” chiese lei, sgranando gli occhi castani e prendendolo a fissare alquanto scioccata. “- Tu sei la futura regina di Amaplona… una nostra storia partirebbe subito col piede sbagliato. Vilu… io sono un poveraccio, uno stalliere… è impossibile tra di noi. Mi dispiace ma lo dico per te.... Dimenticami.” disse lui, prendendole le mani che la giovane gli lasciò di colpo, con gli occhi lucidi analizzava la sua espressione cercando, in tutti i modi, di trattenere le lacrime. “- Stai con la Ferro! Vero?” sbottò lei, quando una lacrima le rigò il viso. “- Parla, Leon!” strillò, cominciando a piangere senza neanche rendersene conto. “- Vai… ti stanno cercando.” rispose lui, avviandosi nella direzione opposta, con lo sguardo basso. “- Non ci posso credere…” sibilò lei, tra i denti e, voltandosi tremante, si allontanò verso l’uscita. Leon si risedette sul covone di paglia, la testa tra le mani e, una lacrima, che gli rigò la guancia rapidamente. Non poteva crederci. Aveva dovuto mentirle ancora. Mentire alla persona che amava più di ogni altra cosa. Perché non poteva parlarle apertamente? In fondo era vero. Era meglio che lei si dimenticasse di lui. E lui avrebbe dovuto fare lo stesso con lei. Si stese sul cubo di fieno e, come ogni notte, si addormentò di colpo su quello che era, da quando aveva trovato quel lavoro, il suo letto, stanco e triste come mai in vita sua.
 
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Eccoci! Posso piangere? ç_ç Devo… non posso evitarlo per questo finale tristissimo… ma andiamo per ordine. Il titolo è adattissimo. Anita e Gregorio complottano… cosa trameranno mai? Riusciranno nei loro malefici intenti? La Dominguez sembra incerta… ma alla fine, ha ceduto, prendendo parte al piano del conte.
La seconda parte ha riguardato Ludmilla che, voleva complottare aiutata da Nata ma, per fortuna, Lena è intervenuta, rispondendo a tono alla Ferro e facendo anche confessare a sua sorella l’amore per Maxi… sarà un altro amore impossibile? Chissà… e tra Lena e Napo? Nascerà qualcosa come dice Naty? Vedremo… ;)
Ora arriviamo al finale… ho odiato quella parte e a momenti piangevo mentre la scrivevo. ç_ç
Ma Leon ha paura del re… lo ha già minacciato in passato… addirittura le ha detto che deve dimenticarlo… ma poveri i nostri Leonetta! La nostra coppia preferita ha sofferto un sacco… ma, ricordate… l’amore trionfa sempre… ;) Detto ciò, vi saluto… alla prossima, ciao! :)

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Capitolo 13
*** Affrontarsi o dimenticare. ***


Dimenticare. Forse ha ragione lui. Devo dimenticare Leon Vargas. Ma come aveva potuto essere così meschino? Lo pensava un bravo ragazzo… o, almeno, così le era sempre sembrato fin da quando lo aveva visto la prima volta fuori dallo Studio. Più che meschino le sembrava… cambiato. E tanto anche. Che avesse perso la testa per la contessina Ferro? In fondo nemmeno aveva negato che fosse innamorato della bionda. Oppure… oppure non ne aveva la minima idea! Non si era mai spiegata quell’atteggiamento glaciale nei suoi confronti, e adesso… quella conversazione strana con lui le balenava nella mente senza sosta, riecheggiando tra i suoi pensieri.
Era stesa sul letto con gli occhi spalancati. Dopo la cena si era fiondata nella sua enorme camera con grande meraviglia da parte del re che già stava cominciando ad accusare quella troppa improvvisa libertà per quello strano atteggiamento della figlia, cosa subito smentita da lei. “- Sono solo un po’ stanca, meglio che vada a dormire…” si era giustificata a tavola, la principessa onde a evitare inutili ansie del sovrano di Amapola che, comunque, non erano mancate per quella frase della giovane. Si alzò dal letto e si mise in posizione seduta portandosi le mani al viso. Non poteva crederci. Ormai nemmeno pensava più al segreto dell’accademia, al proteggere la sua identità a scuola… le sembrava di essere in un mondo a parte. Quasi meccanicamente si avviò verso l’elegante scrittoio e iniziò a sfogliare il suo diario. Le pagine si aprirono su quelle pagine, quelle pagine che le ricordavano i bei momenti passati con Leon, prima che tra loro la situazione cambiasse, o meglio, che lui cambiasse. Avrebbe potuto chiedere spiegazioni proprio a Ludmilla, di cui si fidava, ma pensò che era meglio evitare. Cominciò a scrivere di getto, senza pensarci troppo fino a quando, distrutta, si addormentò con le braccia conserte sul diario, sotto la luce del lume.
Nelle scuderie, Leon, teneva lo sguardo fisso di fronte a sé. Si odiava per quello che aveva detto alla persona che più amava al mondo. Ma non poteva dirle altrimenti. Era un consiglio, se l’avesse dimenticato, sarebbe stato un bene per entrambi. No, forse no, un “bene” proprio no perché avrebbero sofferto un sacco tutti e due. Ma, almeno, avrebbero evitato guai con il re e quello sembrava essere l’unica cosa che contava al momento, per entrambi. Adesso che la pricipesa era più libera e lui stava frequentando lo Studio non ci dovevano essere problemi. German Castillo era  stato abbastanza chiaro da subito. Non voleva nemmeno vederli parlare. Allo stesso tempo, però, Leon si sentiva un codardo, uno di quelli che non è disposto a lottare per ciò che vuole. E lui non era per niente così. Era disposto a tutto per inseguire il sogno della musica, con tutto quello che aveva passato nella sua vita, fin da piccolo, non si era mai arreso. Ma con lei… non sapeva come comportarsi. Il re gli stava sempre alle calcagna, una mossa falsa e l’avrebbe cacciato dal regno se necessario. Non voleva dire addio alla sua Vilu, ed era certo che, nonostante quella conversazione, non l’avrebbe mai fatto. Improvvisamente gli venne un’idea. Le doveva dire tutto e doveva farlo all’accademia dove il re non li avrebbe visti interagire, preoccupandosi e arrabbiandosi con entrambi. Voleva dirle tutto ma lei doveva promettergli di non dire nulla al sovrano. Se lei si fosse arrabbiata con suo padre, German avrebbe capito che il giovane le aveva raccontato delle minacce che gli aveva fatto per allontanarlo dalla figlia… e sarebbe scoppiato il putiferio! Ma sentiva il bisogno di spiegarle quel suo comportamento, non era un villano… doveva e voleva a tutti i costi proteggere entrambi e lo avrebbe fatto.
 
 
La mattina dopo, Violetta e Angie uscirono da palazzo molto presto. La donna si accorse subito che la ragazza era strana, alquanto triste e stanca per una notte in bianco… ma non disse nulla e continuava a camminare in silenzio al suo fianco. “- Non hai dormito molto, eh?” chiese, ad un tratto, la donna, quando ormai erano già arrivate davanti al Classic Studio e confondendosi tra la folla di ragazzi che si affrettavano ad entrare nel grigio edificio. “- No…” rispose la giovane seccamente, senza aggiungere altro e fissando Leon in lontananza che era appena arrivato e parlottava con Maxi e Camilla. Non sembrava tanto allegro… anzi. Di sicuro però, non stava parlando della loro conversazione! Altrimenti avrebbero capito chi era lei, la principessa di Amapola! Istintivamente corse verso i tre amici lasciando Angie a parlare da sola mentre entrava nella scuola, convinta che la principessa la stesse seguendo e ascoltando. “- Ciao!” urlò d’un fiato la ragazza. “- Viola! Come va?” sorrise gentile, Camilla. “- Bene, a voi?” chiese lei, osservando l’espressione confusa di Maxi e Leon. Non si aspettavano quella brusca interruzione. “- Ti senti bene? Sei… strana!” rise il rapper, vedendola abbassare lo sguardo quando, per un millesimo di secondo, incrociò quello di Vargas. “- Andiamo in classe? Abbiamo la prima ora con la strega Dominguez! Ah Viola se ti serve una mano con l’audizione… chiedi pure!” esclamò Camilla, allontanandosi e tirando Maxi per un braccio che rimase confuso. L’amica, invece, aveva già capito che tra Viola e Leon potesse nascere qualcosa… e pensò bene di lasciarli da soli con la scusa di Anita… “- Non preoccuparti… te l’ho detto! Io manterrò sempre il tuo segreto.” Le disse subito Vargas, abbassando gli occhi. Dopo quella notte nemmeno riusciva a reggere lo sguardo della sua amata. La ragazza non rispose e fissava anche lei il marciapiede su cui erano. “- Devo dirti una cosa…” disse poi d’un tratto Leon, rompendo il silenzio e, finalmente, fissandola negli occhi. “- Sei stato abbastanza chiaro ieri sera… non credo che tu debba aggiungere altro.” sentenziò lei, sostenendo lo splendido sguardo profondo del giovane.
“- Ti prego! Lasciami spiegare!” urlò lui, vedendola allontanarsi ed entrare nell’accademia. La rincorse e le afferrò il braccio facendola voltare di colpo nel corridoio, sotto lo sguardo stupefatto degli altri studenti che li presero a fissare un po’ sconvolti. “- Basta Leon! Ho lezione!” esclamò lei e divincolandosi per avviarsi verso la classe di danza classica. Leon rimase imbambolato tra gli altri che prima rimasero a fissarlo e a parlottare tra loro poi, sentendo la campanella, presero a correre verso le aule in cui stavano iniziando le lezioni. Il ragazzo la guardò allontanarsi e si risveglio solo con la pacca sulla spalla che ricevette da Andres che apparve alle sue spalle, facendolo anche spaventare un po’. “- Ehi ciao! Ti piace la nuova arrivata o sbaglio? Quella Viola è proprio carina! Secondo me verrà ammessa!” cominciò il ragazzo, ma il giovane lo interruppe subito. “- Non mi piace. Neanche la conosco! Andiamo in classe o Anita ci lincia!” disse, cercando di cambiare discorso e correndo verso gli spogliatoi maschili per cambiarsi.
 
 
“- Buongiorno!” Angie entrò in direzione allegra come non mai trovando il direttore già immerso nelle sue scartoffie. “- Ciao!” sorrise istintivamente lui, distogliendo subito lo sguardo dai documenti e prendendo a fissare la collega che si sedette di fronte a lui. “- Che  c’è? Devi dirmi qualcosa… lo sento!” ridacchiò Pablo, richiudendo un registro e incrociando le braccia sulla scrivania, pronto ad ascoltarla. “- Sono felice! Le sto stando vicino! Ti rendi conto? Dopo tanti anni!” esclamò euforica la bionda, con aria sognante. “- Maria? Allora nel castello era davvero entrata quella passante… insomma… era lei? L’hai trovata?” chiese sgranando gli occhi e prendendo a fissarla stupefatto! “- No, magari! Nemmeno ho avuto il tempo di cercare bene per ogni angolo del palazzo! Quel posto è immenso! Ma non mi arrendo! Quella donna sono sicura che è ancora a nella residenza reale…” rispose la bionda, con decisione. “- Angie... emh... chi te lo dice?” chiese Pablo, dolcemente per non ferirla. “- Lo sento!”. Angie analizzava il direttore con i suoi grandi occhi verdi, aspettandosi che egli ribattesse ancora una volta. Per quanto le stava vicino sempre e l’appoggiava, si rendeva conto che la sua, probabilmente, era solo un vano desiderio irrealizzabile, un’ idea folle e disperata, era aggrappata a quella piccola speranza… non si sarebbe data pace fino a quando non avesse rivisto quella donna… con quello sguardo così unguale a quello di Maria… quegli occhi, quei lineamenti. Non poteva essere un caso, non voleva credere che lo fosse. “- Quindi parlavi di tua nipote? A proposito… ha l’ammissione tra tre giorni! Glielo dici tu? Deve suonare uno strumento e fare una piccola coreografia di classico improvvisata al momento, niente di troppo difficile…” cambiò discorso Pablo, oltrepassando la scrivania e arrivando di fronte alla collega. “- Sì, spero proprio che venga ammessa…” disse lei speranzosa come non mai. “- Se ha il talento della madre ne sono certo!” sorrise lui perdendosi negli occhi di Angie. “- Ah! E quello della zia, no?” si finse arrabbiata lei, afferrando la borsa dalla sedia e scattando in piedi di fronte all’uomo. “- Ah certo, scusi principessa!” rise il moro, ricorrendola per la sala, come due bambini che continuavano a ridere e scherzare, fino a quando non si fermarono sulla porta, per la precisione nel momento in cui lei inciampò in uno spartito al suolo e lui la prese al volo… erano vicinissimi. “- Emh, io… ho… lezione. Vado…” balbettò lei, con il cuore in gola e sistemandosi i capelli nervosamente dietro all’orecchio ma continuando ad essere tra le sue braccia. “- Buongiorno.” Anita aprì la porta e, trovando i due ancora abbracciati, cambiò rapidamente espressione. “- Interrompo qualcosa?” chiese, cercando di avere l’aria di chi avrebbe evitato volentieri trovarsi in quella situazione… ma era un’ottima attrice perché, anzi, disturbarli le faceva molto piacere. “- No,macché…  io… me ne stavo andando! E’ già suonata la prima ora… devo scappare…” esclamò, tesa come una corda di violino, Angie, uscendo quasi di corsa, paonazza fino alla punta delle orecchie.
“- Ciao, è arrivata la pianta del teatro per lo spettacolo?” chiese, gentilmente Anita, avvicinandosi ad un direttore ancora stralunato per quel momento passato con la bionda. “- Sì… anzi no… a cosa ti serve?” chiese poi, riprendendo lucidità, l’uomo. “- E’ per calcolare le varie entrate o uscite di ballerini nelle coreografie… mi servirebbe al più presto...” sintetizzò lei, sedendosi alla scrivania e fissando con aria un po’ stizzita, il moro. “- Ah… ecco. No, ancora niente, anzi devo telefonare il teatro! Mi hai fatto ricordare che potrebbe tornarci utile… comunque manca ancora un bel po’ allo spettacolo… forse ce la consegneranno stesso loro tra qualche settimana…” disse l’uomo, prendendo a sistemare i fogli sparsi sulla cattedra. “- Bene… fammi sapere quando te la porteranno.” sorrise la Dominguez, avviandosi verso la porta con aria tesa. Vedere quella scena, sicuramente, l’aveva spinta a non cedere… il suo piano con Gregorio sarebbe stato perfetto e lei, da interna nell’accademia, avrebbe avuto un ruolo fondamentale nella trappola… “- Ok, a dopo…” la salutò il direttore, continuando a sistemare l’ufficio, prima di uscire anche lui per andare in classe.
 
 
Passavano le ore e giunse, finalmente, una pausa tra la terza e la quarta ora di lezione. Tutti gli allievi si riversarono nei corridoi. Luca e Camilla parlottavano animatamente su chissà quale melodia, abbastanza in disaccordo, Francesca, finalmente, riusciva a balbettare qualcosa a Federico ma, parlando in Italiano, si capivano solo tra di loro, eppure apparivano come parole molto dolci. Nata e Lena discutevano su qualcosa indicando Maxi e Napo che erano in disparte a spiegare dei passi di danza classica a Andres e Leon che non sembravano capirci un granché. Ludmilla stava sicuramente a specchiarsi negli spogliatoi come suo solito… e Violetta era seduta nell’aula di musica a suonare il piano. Stava finendo di comporre “En Mi Mundo” ma, essendo proibita la musica moderna, la stava modificando per renderla più “classica” e, ovviamente, non avrebbe nemmeno dovuto cantarla per l’audizione. Aveva parlato con Angie ed era nervosa… si avvicinava il momento della verità. O dentro o fuori. Per tutti i problemi che le avrebbe potuto costare la scuola per un secondo valutò l’idea che, anche restare fuori non sarebbe stato poi tanto male… no. Doveva farcela. La musica era il suo destino e, inconsciamente anche la sua unica grande passione. Voleva impegnarsi al massimo… magari ponendo l’attenzione su quella melodia avrebbe sul serio riuscito a dimenticare Vargas. Suonò con più foga quella musica, socchiudendo gli occhi e sfiorando i tasti con forza e a ritmo. “- Non prendertela con quei tasti se qualcosa non va, Viola!” Thomas era entrato già da un po’ ed era proprio in piedi di fronte a lei. Aveva sottolineato il suo falso nome per farle capire che non si sarebbe mai fatto beccare. “- Ciao…” balbettò lei, scrivendo degli appunti sullo spartito e abbozzandogli un sorriso. “- Allora? Porterai questo brano all’audizione?” chiese lui, aggirando il pianoforte e mettendosi al suo fianco. “- Sì… che te ne pare?” chiese lei fissando le partiture prima che lui gliele strappasse dalle mani e prendendo a leggerle attentamente. “- Io non sono un pianista… ma di note me ne intendo… e questo mi sembra un ottimo pezzo! Ma… voglio darti un consiglio. Suonalo con più dolcezza…ascolta... ” sorrise Heredia, prendendo a suonare quella melodia, facendo passare il suo sguardo dalle partiture alla principessa. Anche lei iniziò a seguirlo, suonando con più delicatezza il brano che avrebbe portato all’esame.
 
 
Intanto, Leon, la stava cercando disperatamente. Voleva spiegarle tutto… del re che lo aveva minacciato, di Ludmilla che non era probabilmente quella bella persona che lei credeva… insomma, voleva chiarire con lei anche se la ragazza, prima che iniziassero le lezioni, era sembrata molto chiara. Passò davanti alla classe di Beto e vide una scena che lo demoralizzò troppo. Heredia, guardando negli occhi la principessa, stava suonando un pezzo a quattro mani. Le sorrideva, lei arrossiva sempre più fino a quando vide diventarle le guancie rosso fuoco. Parlavano, ridevano… ecco. Quello lì era del suo mondo, Thomas era del suo stesso ambiente, un principino che pensava di essere simpatico che aveva sempre avuto tutto dalla vita. Lui no. Lui non aveva mai avuto niente fino a quel momento… anzi... e sapeva di non avere più speranze. Forse dirle di dimenticarsi a vicenda non era stata una cattiva idea… avrebbero sofferto all’inizio, certo… ma alla fine sarebbe stata la migliore soluzione di tutte. In quel momento pensò di rinunciare all’idea di andare a dirle tutto… non era il caso. Prese un profondo respiro, strinse i pugni, tutto tremante e si allontanò nel corridoio, con il cuore in gola e gli occhi lucidi. “- Leon che ti succede?” la voce di Andres gli apparve come un eco lontano… lo ignorò e corse fuori dallo Studio.
Si sedette su una panchina nei giardinetti esterni all’edificio. La testa tra le mani e l’aria scioccata. Insomma… era stato lui a dirle di dimenticare… ma, a vederla con quel tipo proprio non ce la faceva. “- Chi ti fa star così male, Vargas? Si tratta di… Viola?” Una stridula vocina lo vece voltare di colpo, quasi spaventato. “- Ludmilla cosa vuoi?” borbottò il giovane, fissandola con aria stizzita. “- Perché mi tratti così male! Io sono amica sua, ci posso… parlare. Posso esserti amica se vuoi… ti converebbe tanto!” balbettò lei, poggiando la sua mano su quella del giovane che scattò in piedi come se avesse preso la scossa a quel contatto. “- Non fare nulla, per favore! Hai già fatto abbastanza!Lascia in pace lei, lascia in pace me… fatti gli affari tuoi!” esclamò, nervoso, fissando la contessina Ferro ancora comodamente seduta sulla panca di ferro battuto. Aveva un’ aria imperturbabile, come se avesse ignorato ciò che il giovane le aveva appena detto. In fondo era felice a metà… lei e Leon si erano allontanati definitivamente… ora doveva farle perdere anche Thomas… doveva solo trovare il modo giusto e attendere il momento giusto per farlo… “- Apri gli occhi… lui fa parte del suo mondo, rassegnati! Sono perfetti insieme…” sottolineò, acida, la bionda, prendendo ad arricciarsi una lunga e sottile ciocca di capelli intorno ad un dito. Sembrava nervosa anche lei… insomma, in fondo provava qualcosa anche per Heredia… e, inoltre, voleva vedere lei sola e abbandonata da tutti… e vederla avvicinarsi al principe non era di certo un bene. “- Lo so. Non c’era bisogno che venissi qui a dirmelo… senti ho da fare… ciao.” salutò il giovane, tornando dentro per recarsi prima del previsto nella sala teatro, dopo quell’intervallo da incubo. Ludmilla l’osservò allontanarsi e, automaticamente, un ghigno malefico si disegnò sul suo volto… forse sapeva già cosa fare per far rimanere la principessina triste e abbandonata… Thomas sarebbe stato suo… Leon l’amava troppo e li voleva vedere lontani comunque. Aveva già ideato una tattica… aveva in mente qualcosa di losco… ma doveva prima aspettare per poi mettere in atto il suo perfido piano per allontanarla definitivamente anche dal suo principe Heredia. Se non era ancora completamente sicura sul da farsi… di un dettaglio era certa… continuare a fingersi amichetta della Castillo l’avrebbe aiutata, e non poco… avrebbe allontanato qualsiasi ipotetico sospetto da lei… sarebbe stata dura… ma la sua gelosia verso Violetta era tale da volerla vedere, alla fine, sola e triste… senza il suo Tommy e, neppure con Vargas… e, ne era sicura… se lo voleva, ci sarebbe riuscita. Anche se non aveva alleati grazie a quella rompiscatole di Helena che aveva fatto risvegliare orgoglio degli Heraldez anche in sua sorella Nata… quella che, inizialmente, era sempre stata sua alleata e complice delle sue malefatte. Adesso la maggiore delle contessine non la calcolava minimamente e non  c’era stato verso di farsi aiutare… Lena e Nata glielo avrebbero pagata, forse… ma, per ora… doveva pensare solo ed esclusivamente alla sua rivale giurata… l’erede al trono di Amapola di cui conosceva segreti interessanti… era certa che avrebbe reso la vita di Violetta un inferno. E se la Ferro voleva una cosa, nessuno avrebbe potuto metterle i bastoni tra le ruote.

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Capitolo odioso… lo so. Leon ama Violetta ma, per il bene di entrambi, soprattutto per quello della giovane, la vuole dimenticare… poi, però, decide di parlarle, lei lo respinge… quando Vargas la cerca per provare a raccontarle proprio tutto, anche delle minacce del re contro di lui… la trova con il principino Heredia a suonare… e, come se non bastasse… c’è Ludmi che continua a tramare contro la futura regina! Non temete, però... nel cap. 15 ci sarà il chiarimento Leonettoso! :3 Un’altra che non la smette di complottare è Anita che, ormai, alleatasi con Gregorio non promette nulla di buono… aiuto!!! XD Cosa vorrà fare  la contessina Ferro? E la nuova prof con il conte Casal? Riusciranno Leo e Vilu a stare lontani? Violetta entrerà allo Studio? Alla prossima! Ciao :)

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Capitolo 14
*** Lidia o Maria? ***


“- Non posso crederci! Sono un’allieva del Classic Studio! Ti rendi conto? Io! Potrò studiare musica e danza, Angie!”. Violetta saltellava sul viale di ritorno che, ormai, percorreva sempre con la sua istitutrice.
La sua audizione all’accademia di musica e danza classica era stata, a detta di tutti gli insegnanti della scuola, perfetta e impeccabile. E poi, quando Pablo le aveva detto, ufficialmente, di esser diventata un’alunna a tutti gli effetti, non era nemmeno riuscita a contenere la gioia ed era scoppiata in lacrime davanti al direttore. E pensare che il sovrano di Amapola pensava che la figlia studiasse in una biblioteca pubblica giusto per “farle prendere un po’ d’aria in più”… se solo fosse venuto a conoscenza della verità avrebbe rinchiuso Angie in qualche cella sotterranea, ormai in disuso, e la futura erede al trono nella torre più alta del castello. Per fortuna, gli unici che sapevano il suo segreto, sembravano volerlo mantenere tale… e non poteva esserne più felice.
“- Se urli ancora in quel modo… il tuo segreto potrebbe non rimanere così… segreto!” rise Angie, facendo azzittire di colpo la ragazza che, al solo pensiero, sbiancò istantaneamente. Varcarono di fretta come al solito, il cancello principale del palazzo, senza dare troppo nell’occhio ad un gruppo di passanti fermo proprio su quel marciapiede.
“- Sta volta siamo in ritardo!” esclamò la principessa, arrivata già alla fontana nel centro dell’elegantissimo giardino, ormai ricco di papaveri in fiore, simbolo del regno. “- Tuo padre ci ammazza! Sbrighiamoci!” sorrise la bionda, dandole una leggera pacca sulla spalla e osservandola affrettare il passo sul vialone che portava al portone principale del palazzo. Si fermò un secondo, quando vide Leon, arrivato anche lui da poco, aggirarsi fuori dalle scuderie con una carriola piena di fieno. “- Qualcuno si è presa una bella cotta…” le sussurrò Angie all’orecchio, raggiungendola e vedendola arrossire di colpo. “- No, ma cosa dici!” dissimulò lei, dando un' ultima occhiata al capanno e, dopo un po’, entrando a palazzo.
‘Ed io, mi farò un bel giretto turistico! Devo trovare quella donna… sono sicura che è qui da qualche parte. Lo sento.’ pensò, quasi ad alta voce, la donna, seguendo dentro la giovane che, ormai, era già scomparsa nel castello.  Non appena Angie varcò la soglia dell’imponente portone e si addentrò all’interno dell’enorme edificio, non sapendo da dove iniziare a cercare, svoltò l’angolo e si ritrovò di fronte l’ultima persona che avrebbe voluto vedere in quel momento. Jade La Fontaine la scrutava dall’alto in basso, in uno splendido abito corto blu elettrico ed elegantissime scarpe che dovevano valere un patrimonio. “- Sai che potrei farti arrestare?” esclamò con la sua terribile vocina stridula… lo sguardo di ghiaccio puntato su di lei e le braccia conserte al petto. “- Cosa vuo… emh, che crimine ho commesso, mi perdoni?”chiese la bionda, tentando di tenere un tono pacato ed elegante… stava parlando con la futura moglie del re, doveva provare a ricordarsene quando si rivolgeva a quella arpia. “- Beh, tanto per cominciare, quei jeans saranno sicuramente della collezione anni ’80! O forse ‘90?”. Angie rabbrividì e la fissò con aria scioccata. La stava prendendo in giro? Sì, sicuramente doveva essere così… se solo avesse saputo chi in realtà lei fosse… a differenza della contessina La Fontaine lei era una principessa. La principessa Angela Saramego. Ma, ovviamente, non potendo mandarla a quel paese, né potendo dirle nulla della sua vera identità, si limitò ad analizzare la mora con aria sconvolta. “- Da quando non essere all’ultimo grido come lei è diventato un reato? Avete aggiornato lo statuto di leggi di Ampola? Mi dispiace ma io proprio non lo sapevo!” ironizzò la bionda, ghignando a Jade, che, come previsto, non capì né la sottile battuta, né, tantomeno il sarcasmo della donna. “- Fai poco la simpatica che con me non attacca! Voglio essere chiara con te, perciò te lo dirò una sola volta e nella maniera più chiara possibile, signorina…” La mora si avvicinò sempre più ad Angie che, istintivamente, indietreggiava.
“- …Il re di Amapola, che ti piaccia o no, ha scelto me…” iniziò Jade, puntandole un dito contro il volto. “- Stia tranquilla… è tutto suo!” ribatté stizzita la bionda, abbassandole quell’indice minaccioso con un gesto nervoso della mano. “- Molto bene, vedo che ha capito al volo!” ghignò la bruna ritornando a qualche passo di distanza dalla donna che continuava ad osservarla, scioccata da quell’atteggiamento. Ma come aveva potuto pensare che le interessasse German Castillo? Quella era matta o cosa? Se lei era a palazzo era unicamente per due motivi… quella donna e sua nipote. Più osservava l’aria snob di Jade e più pensava a come, il sovrano di Amapola, avesse potuto scegliere quella donna dopo esser stato con quella meravigliosa persona che era sua sorella. O era impazzito anche lui… o chissà come aveva subito il lavaggio del cervello da quell’oca della contessina. Se un giorno fosse riuscito a sposarlo, tra l’altro, non sarebbe nemmeno diventata regina! Sarebbe diventata principessa, magari regina se nominata dal re stesso con tale titolo… ma mai, avrebbe potuto ricoprire il ruolo che occupava, invece, la regina Maria… non ci sarebbe riuscita in ogni senso! Né caratterialmente, e, neppure perché, lei, non era una principessa di discendenza diretta, come invece lo erano le Saramego.
“- Salve, signorina Salinas, che succede qui?”. Il re si era materializzato alle spalle della bionda e fissava, con la sua solita aria severa ma anche interrogativa, le due donne. “- Niente… le stavo consigliando un look che le starebbe d’incanto…” mentì Jade, sorridendo falsamente al sovrano che ricambiò al gesto, un po’ imbarazzato.
“- Salinas, vorrei parlare. In privato. Venga…”. La mora fulminò i due con i suoi occhi di ghiaccio, freddi come mai. “- Certo, Sire.” disse Angie, lanciando un’occhiataccia senza farsi notare, alla La Fontaine e allontanandosi, a passo svelto, per seguire il re verso la sala del Trono.
“- Volevo parlare di mia figlia…” iniziò il sovrano, conducendola verso l’esterno del palazzo. Il sole stava tramontando e tutt’intorno un bagliore rossastro illuminava il loro percorso. Angie per un attimo sbiancò… che sapesse qualcosa del ‘Classic Studio’? In fondo, il re poteva avere fonti di notizie dovunque, spie, guardie… no, prima di giungere a conclusioni affrettate voleva ascoltarlo. “- Di… cosa, in particolare, sua Altezza?” disse, deglutendo, cercando di nascondere la tensione. “- Da quando sta uscendo con lei la vedo più… serena! Oggi, ad esempio… era tutta felice quando è rientrata! Stento quasi a credere che vada in una biblioteca!” ridacchiò German, girando l’angolo del palazzo  e ritrovandosi quasi sul retro di quell’enorme struttura. La donna si guardava intorno stupita… ricordava a stento quel posto… era così piccola l’ultima volta che era stata lì… e sua sorella era ancora la regina… “- A… stento? Sua maestà, mi scusi! Sua figlia è felice semplicemente perché, finalmente, è più libera…” balbettò la bionda, cercando di apparire il più convincente possibile. Come poteva sospettare qualcosa? No, non poteva… l’aveva detto così, per dire… non poteva sul serio sapere! “- Sono felice di averla assunta! Non ho mai visto la mia bambina così ed è merito suo…” sorrise il sovrano, fissando la donna che voltò lo sguardo, imbarazzata, verso una porticina in legno, sul retro del palazzo. Ad un tratto era come se il mondo fuori si fosse fermato.
Una donna, quella donna, la passante che aveva incontrato quel giorno e che aveva seguito era lì, stava attraversando quell’uscita secondaria portando una grande borsa vuota che doveva essere molto capiente… forse stava andando a fare qualche commissione o qualcosa del genere…
“- Angie mi sta ascoltando?” chiese severo il re, facendola voltare di colpo. “- Sì, mi scusi…” balbettò lei, continuando a fissare in quella direzione. Intanto, Lidia, si stava avvicinando verso di loro con passo veloce. Angie non poteva rincorrerla… non poteva dire nulla o il sovrano avrebbe capito chi in realtà lei fosse… una Saramego! Una nemica di Amapola per come la vedeva lui…
Ad un tratto, quando la donna fu vicina ai due, German si zittì di colpo e prese a fissarla… non l’aveva mai vista lì… eppure aveva qualcosa di così familiare… quegli occhi… quelle labbra… lui la conosceva… ma non poteva essere vero. Angie capì che il re aveva riconosciuto anche lui, in quella misteriosa donna, sua moglie Maria ma non disse nulla. “- Buonasera!” salutò Lidia, inchinandosi ai due. A loro per poco non mancò il fiato. Il re, quasi istintivamente si portò una mano al petto come se stesse per sentirsi male da un momento all’altro. “- Mi scusi… lei chi… chi è?”. Era la prima volta che Angie sentiva parlare il re con quel tono di voce così insicuro, balbettante… quasi tremante. Lidia lo fissò un po’ sorpresa per  quella domanda… insomma, l’avevano assunta loro! Sperava che sapessero tutti di lei, del suo nuovo impiego a palazzo... non voleva sentirsi un’ estranea in quel castello. “- Mi ha assunta il suo collaboratore…” rispose la donna, con un tono di voce che, sia all’insegnante che all’uomo, risultò subito familiare… quella voce dolce, melodiosa… e quel viso, quei lineamenti… “- Matias! Dev’essere stato lui! E’ stata assunta da lui?” chiese il re, tentando di ignorare quel tremore alle mani che lo aveva preso di colpo. Serrò i pugni e prese a fissare quegli occhi color smeraldo… “- Sì, proprio lui! Io sono Lidia Mendoza e lei deve essere…” “- … Il sovrano di Amapola.” rispose subito il re, continuando a sentire una confusione in testa come mai in vita sua. “- Scusatemi… devo… andare a prendere alcuni prodotti dall’orto… dovrebbe essere qui da qualche parte. Credo!” rise la donna ma subito si bloccò quando vide gli sguardi imbambolati dei due che continuavano ad analizzarla, quasi commossi. Conoscevano bene quella risata così armoniosa. O almeno, pensavano di riconoscerla… Erano nel caos, entrambi… non sapevano come agire, cosa dire… forse neppure cosa pensare. “- C’è qualche problema? Ho detto o fatto qualcosa che non va?” chiese poi lei, scrutando i visi provati dei suoi interlocutori. “- Lidia!!!” una voce fece voltare tutti e tre nella direzione opposta. Dalla sua Ferrari rosso fiammante, scese con un balzo Matias La Fontaine che si avvicinò con passo sicuro verso di loro. “- Mi scusi ma io ho da fare… tra poco si cena e devo sbrigarmi… io…” tentò di iniziare lei ma fu interrotta.  - No, aspetta un secondo! German, ti presento Lidia Mendoza…” sorrise il biondo, fermando la donna per un braccio e facendola arrossire vistosamente. “- Lei è la donna che ti avevo detto di assumere nelle cucine?” chiese il re, ritornando a parlare col suo solito tono severo, quasi altezzoso. “- Sì…ottima scelta, non trovi?” sibilò Matias, facendo stizzire, e non poco il sovrano che stava per urlare chissà cosa contro il biondo… non sapeva perché si sentiva così geloso nei confronti di quella donna… insomma, secondo lui doveva essere tutta un’enorme coincidenza… non poteva essere davvero Maria…ma, in ogni caso, detestava che quel maleducato di suo cognato facesse apprezzamenti su quella che poteva essere la regina… per quanto per lui fosse impossibile. In fondo al cuore, però, voleva vederci chiaro su quella Lidia…era troppo simile a sua moglie. “- Matias! La stanno chiamando! Dovrebbe parcheggiare l’auto… non puo’ mica lasciarla qui! Vada!” li interruppe Angie, cercando di allentare la tensione e, soprattutto, di farlo allontanare, così che non potesse dare ulteriormente fastidio. Insomma… lei aveva appena rivisto una donna identica a sua sorella, sta volta da vicino, e anche il re aveva forse ritrovato la sua amata moglie e quell’inetto si metteva in mezzo come al solito.
“- Devo scappare…” urlò Lidia improvvisamente, più in imbarazzo di tutti, liberandosi in un attimo della presa del conte e cominciando a correre verso… non sapeva nemmeno lei verso cosa. “- Aspetta!” urlò Matias, ma sentì che una salda presa lo trattenne per un braccio. Il re gli teneva così stretto il polso che gli impedì di seguire la donna.
“- Scusa… emh, potresti lasciarmi?” disse, un po’ intimorito, il biondo al sovrano. “- Ti ricordo il mio ruolo… sono il re di Amapola… porta rispetto quando parli con me e lascia in pace quella donna o te ne pentirai…” German era furioso come mai. Angie fissava i due ancora scioccata per quell’incontro e non riusciva a concentrarsi su altro… doveva rivederla, da sola. Ormai sapeva che quella Lidia lavorava al castello… sapeva che doveva cercarla nelle cucine… e aveva intenzione di parlarle.
“- Devo rammendarti che stai per sposare mia sorella?” La voce di Matias spezzò il flusso di pensieri della Saramego. “- Cosa c’entra questo?” rispose il re, con tono fermo, continuando a trattenere il biondo per il polso, nonostante lui si divincolasse tanto, nel tentativo di seguire la Mendoza che, ormai, si era già volatilizzata. “- Perché ti da fastidio che mi piaccia quella donna? Tu non hai mia sorella?”. German mollò la presa al sentire quelle parole. In effetti era vero, lui aveva la contessina che, presto, sarebbe diventata la sua futura sposa… allora perché sentiva quelle strane sensazioni nei confronti di quella perfetta estranea? Solo perché le ricordava Maria, la sua Maria? Era assurdo! E poi, Maria era morta. Aveva dovuto rassegnarsi, purtroppo. Anche se il suo corpo non era mai stato ritrovato, dopo quell’incidente aereo, era così. Dopo anni se ne era dovuto fare una ragione, a mal in cuore… non aveva mai amato nessuna in vita sua come la regina Saramego. Ecco. Lo ammetteva a sé stesso… nemmeno la contessa La Fontaine gli faceva sentire quell’amore sconfinato come gli accadeva con Maria. “- Sì, sposerò tua sorella… ma portami rispetto… altrimenti faccio riaprire le segrete solo per sbatterti in cella… sai che scandalo, poi! Le prigioni di Amapola riaperte per il cognato del re…” ironizzò Castillo, osservando l’aria contrariata di Matias che, dopo avergli lanciato un’ ultima occhiata  interrogativa, si stava allontanando con passo lento e fiero verso la sua auto.
“- Lascia in pace quella donna… è un ordine. Ti conosco, caro il mio playboy… non far soffrire quella poverina! Altrimenti te la vedrai con me ed il mio esercito…” ghignò German, facendo fermare il conte che stava tornando alla sua macchina. “- Capito…” ridacchiò, risalendo in auto, con il suo solito salto atletico.
“- Sua Altezza sta… bene? Conosce quella donna?”. La domanda di Angie non fu a caso. Voleva capire, voleva sapere se German avesse avuto la sua stessa sensazione su quella Lidia… “- Assomiglia in una maniera impressionante ad una persona… ma… no, è impossibile.” Affermò l’uomo, riprendendo a camminare con calma verso il giardino principale. “- A chi?” chiese ancora la bionda, sconvolgendo un po’ il re, che non si aspettava tanta decisione da parte della donna. “- A… mia moglie… ma è assurdo…” disse, quasi balbettando, l’uomo prendendo poi a fissare gli occhi dell’istitutrice. “- Sa che, riflettendoci, assomiglia anche un po’ a lei?”. La Saramego abbassò subito lo sguardo, sbiancando istantaneamente. “- No, no! A me di certo no! Ma, effettivamente, ora che mi ci fa pensare, assomiglia un po’ alla regina Maria… sa, quando scomparve la sua faccia era su tutti i giornali… emh… ecco perché mi sembra proprio lei.” tentò di dire, senza apparire troppo impacciata per la bugia, Angie. “- Sì, ricordo quel periodo… fu l’anno più brutto della mia vita.” disse il re, rattristendosi e incupendosi di colpo. Il suo sguardo divenne buio e malinconico e si fermò di fronte alla bionda con aria fredda. “- Mi scusi io… non volevo ricordarglielo. E’ meglio che vada.” rispose Angie, facendo una piccola riverenza e allontanandosi dall’uomo. “- Aspetti!”.
A quelle parole, la donna ritornò indietro. “- Non so perché le ho confidato queste cose… in ogni caso, non niente dica a nessuno… su… Lidia, intendo! Se i giornali dovessero sapere… né noi, né quella donna avremmo più pace.” Il tono di German sembrava, per la prima volta, meno severo e acido del solido.
“- Non lo farei mai. Stia tranquillo, di me si puo’ fidare.” sorrise la Saramego, realizzando che forse, anche in lui vi era quel barlume di speranza che gli permettesse di credere forse quella donna era davvero chi pensavano che in realtà fosse. “- Grazie, signorina. A domani.” salutò l’uomo, un po’ più dolcemente del solito. “- A domani, Altezza…” esclamò lei, questa volta, andando davvero via da palazzo.
 
 
Dlin Dlon. Angie arrivò di fronte ad una piccola villetta molto distante dal palazzo reale. Non era di quegli edifici imponenti delle ricche famiglie di Amapola, era una casa molto più piccola e sobria.
“- Ehi, ciao!” Pablo le aprì la porta con il suo solito sorriso, felice di quell’inaspettata visita serale. “- Ti disturbo?” chiese lei, gentilmente, osservando il portico elegante e curato della villetta.
“- Ma scherzi? Tu non disturbi mai! Entra pure!” replicò l’uomo, facendola accomodare all’interno. “- Come mai qui?” chiese lui, facendole strada fino alla cucina in cui doveva essere intento a cucinare già da prima che arrivasse lei… la donna, invece, si sedette su una sedia accanto al tavolo in legno nell’angolo della stanza. “- E’ lei. Non potevo dirtelo per telefono. Sono sicura che sia lei…”. Il direttore si girò di colpo e le si avvicinò stupito. “- Maria? Ma com…” ma lei lo interruppe in preda alla tensione: “- Non lo so! Ma ne sono sicura! E’ lei! E anche il re lo pensa… che sia sua moglie, insomma non mia sorella… nel senso che non lo sa… chi sia io, intendo e…” ma prima che potesse continuare con il suo monologo caotico, Pablo l’azzittì con un gesto della mano. “- Fermati e calmati! Respira… respira… lentamente…”sorrise lui, avvicinandosi a lei e prendendole le spalle per tentare di calmarla. “- Io non mi spiego… come… insomma… secondo te, puo’ essere lei… Viva?” chiese lei, d’un tratto, alzandosi e avvicinandosi all’uomo che aveva interrotto quello che stava facendo e si era messo in piedi, incredulo, appoggiato al lavandino. “- Non lo so… ma le somiglia così tanto? Insomma, ne siete certi?” chiese lui, prendendo a riflettere confuso. “Sì! Insomma… l’ho sentita parlare… anche la voce è la sua… è inconfondibile! Ma non mi spiego come… insomma… non so se mi sono spiegata…” disse la bionda, portandosi una mano alla fronte e prendendo a fissare il tavolo, sconvolta. “- Dice di chiamarsi Lidia Mendoza… lavora a palazzo come cameriera… è stata assunta dal conte La Fontaine. Nemmeno il re l’aveva mai incontrata prima di oggi!” continuò, senza nemmeno alzare lo sguardo. Si sentiva così confusa, incerta… non sapeva cosa pensare, cosa dire. “- E il re come l’ha presa?” chiese Galindo, trascinandosi una sedia di fronte a lei e prendendo a fissarla aspettando una risposta, incuriosito da quella situazione. “- Ha avuto la mia stessa sensazione. Non puo’ essere un caso! Mi raccomando… nessuno deve sapere… di te mi fido.” sbottò lei, alzando lo sguardo e incontrando gli occhi del moro. “- Perché allora sei triste? Non dovresti esserlo… forse è davvero lei! Forse ci sei quasi e adesso che sai dov’è e potrai conoscerla, parlarle… verificare davvero se si tratta di lei…” la rincuorò lui, appoggiandole una mano sulla spalla e guardandola dolcemente. “- Sì… beh, se dovesse essere realmente lei ci sarebbe soltanto una spiegazione plausibile… o sta scappando, chissà per quale motivo o da chi… oppure…” si interruppe la donna, mettendosi a riflettere con aria confusa. “- … oppure ha perso la memoria… forse nell’incidente. Non ricorda nulla di voi e per questo non vi ha riconosciuti…” completò la frase il direttore. E poi come sarebbe arrivata ad Amapola di nuovo? Angie non se lo spiegava… ma, forse Pablo aveva ragione. Quella della totale amnesia era l’unica spiegazione plausibile. “- Non so cosa fare!” confessò la donna, alzandosi e afferrando la borsa, come per andarsene. “- Ehi, frena! Dove vai? Calmati!” Pablo, istintivamente, le prese le mani facendola arrossire di colpo. “- Scusa… io…” balbettò poi il direttore, lasciandola di colpo. “- Scusa di cosa?” sorrise lei, finalmente, allentando un po’ la tensione. “- Senti… perché non ti fermi a cena da me? Dai, così parliamo un po’ di questa faccenda… sono un ottimo chef!” si pavoneggiò lui, ridendo e osservandola con aria dolce. Angie lo fissò felicemente sorpresa. “- Va bene direttore… o meglio… cuoco… ma cos’è questa puzza?” disse, d’un tratto tirando su col naso. “- L’arrostooo!” urlò lui, correndo verso il forno, dal quale uscì una quantità di fumo indescrivibile. “- Ah ah ah e meno male che eri uno chef provetto!” incominciò a ridere lei, appoggiandosi al lavandino e osservandolo tentare di salvare qualcosa da quell’abbrustolita teglia. “- Ordiniamo delle pizze, che ne dici?” chiese, riemergendo dalla nuvola di fumo e mostrando il ruoto e il suo interno, completamente carbonizzati.
“- Sì, direi che è il caso! Almeno così non rischiamo l’avvelenamento!” ironizzò lei, afferrando il cordless da una mensola. “- Dai, almeno ti ho fatto distrarre…” rise lui, staccando un bigliettino dal frigorifero con il numero della pizzeria e passandoglielo. “ - Tu ci riesci sempre… è per questo che ti adoro.” sorrise la bionda, componendo le cifre sulla tastiera. “- Io di più…” esclamò lui, schioccandole un bacio sulla guancia e allontanandosi per preparare la tavola. Dall’altro capo del telefono si sentiva la voce di qualcuno che attendeva l’ordinazione… ma lei, rimasta senza parole, rincorse Pablo e gli passò subito il telefono facendo sì che lui la fissasse, ridacchiando, avendo capito tutto.
 
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Lidia è Maria?… Maria è Lidia? Questo è il dilemma! Scusate se ho dovuto trascurare un po’ i ragazzi ma, al momento, dovevo parlare un po’ della storia della Mendoza che sarà una delle protagoniste di questa ff. Nel prossimo torneranno tutti i ragazzi con la riappacificazione Leonetta! *-* Allora, German ha incontrato Lidia e sembra non crederci ma, in cuor suo, sente che quella potrebbe essere sul serio la sua Maria. Angie, l’ha rincontrata (finalmente, aggiungerei!) ma deve continuare a nascondersi… è una Saramego e il re ce l’ha con tutti i parenti della moglie… ora dovrà agire. Dovrà ricercarla, conoscerla, scoprire qualcosa di più sulla misteriosa donna. Ho amato la scena PabloXAngie… adoro quei due! *-*  Poi non dimentichiamoci che Vilu è stata ammessa allo Studio! Riuscirà a tener nascosto tutto al sovrano? E con Leon e Tomas? Come andrà a finire? E Ludmilla? Per scoprire tutto questo…  dovrete attendere il prossimo capitolo! Alla prossima! Ciao :)

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Capitolo 15
*** Chiarimento... forzato! ***


Violetta avanzava un po’ sperduta per i corridoi del ‘Classic Studio’. Era il suo primo giorno e tutto le sembrava così confuso… ad un tratto si sentì afferrare un braccio e si voltò di colpo. “- Mi hai fatto prendere un colpo, Heredia!” sorrise la ragazza, osservando gli occhi ridenti del giovane. “- Scusa, non volevo spaventarti… se vuoi ti faccio da guida! Ma, ormai, dovresti conoscere bene la scuola… ho saputo dell’ammissione! Lo sapevo che saresti stata eccezionale!” rispose il moro tutto d'un fiato, abbracciandola e lasciando un po’ stupita la ragazza che arrossì istantaneamente fino alla punta delle orecchie. “- G- grazie…” balbettò lei, quando riuscì a liberarsi da quella morsa. “- Che lezione hai?” chiese lui, cercando di iniziare una conversazione piacevole con la principessa, senza però, perdere il suo solito stile impeccabile come tipico di un futuro erede al trono. “- Dunque… 1a ora: Anita!” si lamentò lei, sbuffando vistosamente e andando verso gli armadietti. “- Negli spogliatoi femminili non posso entrare o saranno guai seri… ma ti aspetto qui… così andiamo in classe insieme se ti va…” disse con tono pacato e sorridente il bruno, appoggiandosi con le spalle al muro fuori dalla porta. “- Non c’è biso…” stava iniziando la ragazza ma, quando vide passare Leon, letteralmente inseguito da Ludmilla, cambiò subito l’esito della frase. “- Non c’è bisogno che tu lo chieda! Sarò qui tra un secondo!” sorrise lei, entrando nella sala per cambiarsi.
“- Lion! Allora? Come ti va la vita?” la bionda Ferro, non appena aveva avvistato il giovane nei corridoi, lo perseguitava con una marea di domande inutili, giusto per farsi vedere dalla principessa insieme a lui. “- A che gioco stai giocando, contessina?” sbraitò, con una calma quasi glaciale, Vargas, sfogliando un raccoglitore che teneva stretto tra le braccia. “- Ma su! Mi sto solo interessando a te! So che lavoro fai… poverino! Per qualsiasi cosa io ci sono… sai, ti farebbe comodo diventarmi amica…” ghignò la bionda, avvicinandosi a lui ancheggiando più del solito. “- Beh… disinteressati a me! Non ho bisogno di un’ … ‘amica’ come te… e se stai cercando un modo per finire di rovinare la mia situazione, beh… sappi che peggio di così non mi puo’ andare quindi te lo dico per l’ultima volta: lasciami in pace!” le urlò quasi il ragazzo, urtato dalla Ferro che lasciò, sconvolta e a bocca aperta, sull’entrata dell’aula di musica di Beto. Lui aveva solo bisogno di parlare con lei, con la sua Violetta… voleva spiegarle la storia dell’equivoco di Ludmilla, delle minacce del re… voleva riallacciare i rapporti con lei, non voleva perderla così. Si incamminò senza meta nell’atrio dell’accademia.
“- Ehilà Leon!” mentre cercava, con lo sguardo, la principessa, Maxi gli si parò di fronte sbucando dal nulla, bloccandogli la visuale, con la sua solita aria allegra e spensierata. “- Maxi… Ciao!” salutò il ragazzo, continuando a guardarsi intorno per scorgere il viso della principessa. “- Cerchi qualcuno?” chiese il giovane con sguardo furbetto, nel momento in cui si avvicinarono a lui anche Francesca, Camilla e Andres. “- Sì, emh… avete visto Viol… Viola?” si corresse subito il ragazzo. “- Ah in realtà no! Ma sapete se è stata ammessa?” chiese Francesca, osservando arrivare Federico in compagnia di suo fratello da lontano e perdendosi la risposta degli amici nel fissare il baronetto Bianchi. “- Sì! Ma non lo sapevi? Fran? Francesca!” urlò Camilla, tirandole una gomitata che la fece girare subito e ritornare con i piedi per terra. “- Fran… sei cotta da troppo tempo! Fa qualcosa! O parlerò io a Federico!” esclamò Maxi, prendendo a fissare l’aria sognante rimasta sul viso dell’amica. “- No, io ho già una mezza idea per questi due testoni!” sorrise Camilla con sguardo furbo, facendo l’occhiolino a Luca che già sapeva a cosa si riferisse la giovane… forse era proprio grazie a quella ‘missione’ che la Torres e l’italiano, dopo quel mezzo bacio fuori casa di lei, si stavano riavvicinando. “- O potrei aiutarti io!” urlò Andres, elettrizzato all’idea. “- No, per carità! Tu proprio no!” rise Camilla, dando una pacca sulla spalla all’amico e facendo scoppiare a ridere Leon che aveva già capito tutto… “- Ecco Viola! Sta andando in classe della Dominguez! Dovremmo andare anche noi! Sapete che se si arrabbia la strega è la fine!” rise Francesca, tornata finalmente con i piedi per terra. “- Sì, ma io devo parlarle! Adesso!” esclamò Leon, dirigendosi verso l’aula di danza. “- A chi deve parlare? A Anita? Perché?” borbottò Andres, confuso come al solito. “- Ehi, frena! Se devi parlare con Viola cerca di… evitare di parlarle durante la lezione di quella matta! Altrimenti ti metterai nei guai! Lo dico per te! Sei nuovo e devi ancora conoscere bene alcuni…” tentò di metterlo in guardia Ponte, che, nel vedere Nata Heraldez e sua sorella Helena, camminare a passo svelto ed elegante verso la classe di Anita, si girò di scatto e perse il filo del discorso.
“- Ma qui c’è qualcuno che non ha perso la testa per amore?” rise Andres, sventolando la mano davanti al naso dell’amico, ormai perso anche lui nei suoi pensieri. “- Sì… tu!” lo prese in giro Leon, sorpassandolo sorridendo e dandogli una pacca sulla spalla. “- Io cosa?” strillò Andres che non ci aveva capito nulla come al solito, rivolgendosi al gruppo che, distaccandosi per andare in aula, lo sorpasso ridacchiando. “- ...Tu… devi muoverti!” gli strillò Napo, tornando indietro e prendendo sottobraccio l’amico per trascinarlo in aula.
 
 
“- Buongiorno! Tutti alla sbarra, forza!”. Anita era più stizzita del solito ma, ormai, non era una sorpresa trovarla così arrabbiata, ci avevano fatto tutti l’abitudine. I ragazzi rimasero però stupiti da quell’affermazione… insomma, avrebbero dovuto iniziare le prove per l’ormai imminente spettacolo e la Dominguez sembrava quasi aver tralasciato quel ‘piccolissimo’ dettaglio facendoli esercitare soltanto… eppure all’inizio era proprio lei a voler che i ragazzi fossero perfetti per non fare figuracce davanti alla famiglia reale… adesso sembrava che stranamente quasi non le importasse.
“- Prof… emh, scusi…” dopo una mezz’ora di lezione, Andres fece il grave errore di non tacere, come al solito! “- Cosa vuoi, Valdez?” sbottò l’insegnante, avanzando ad ampie falcate verso il ragazzo che, invece, indietreggiò intimorito. “- Non… dovremmo… come dire… provare per lo spettacolo?” chiese, tutto tremante il ragazzo, nonostante gli amici gli facessero cenno di tacere non appena il giovane ebbe preso parola. “- Andres! Vieni qui! Al centro della sala, sbrigati.” disse, con una calma glaciale, la Dominguez.
Il ragazzo, con una paura come mai in vita sua, si incamminò verso il punto indicato dalla donna e si fermò a fissarla attraverso il riflesso dello specchio del muro di fronte a loro. Silenzio di tomba era calato nella classe.
“- Ripeti questa combinazione…”. La professoressa, iniziò una serie di movimenti irripetibili anche per uno dei migliori ballerini della scuola, come, ad esempio Natalia o Lena.
Andres non ballava per niente male, anzi! Dapprima l’osservò, un po’ scioccato voltandosi poi, a fissare gli amici, in cerca di supporto. Nessuno però, poteva fare nulla. Il ragazzo, impacciato come al solito, eseguì qualcuno dei passi richiesti ma, su un giro un po’ più complesso, cadde rovinosamente a terra.  “- Ecco… ora capisci perché vi faccio esercitare piuttosto che provare per lo spettacolo?” disse, come se nulla fosse, la donna, appoggiandosi con i gomiti alla sbarra sul lato opposto della sala.
“- Non è giusto! Quei passi erano troppo difficili!” una voce dal fondo dell’aula fece voltare di scatto la Dominguez come un falco che avvista la sua preda. “- Prego?” chiese, avanzando verso il gruppo di allievi da cui, senza timore e a testa alta, avanzò Leon. “- Quella combinazione era troppo difficile per chiunque…” concluse il ragazzo che, subito, fu tirato al suo posto da Maxi che tentò di farlo azzittire per evitargli guai, ma senza successo. “- Ci vuole provare lei, carissimo Vargas?!” disse la donna, fissandolo con aria quasi di sfida. “- No… ma penso che il direttore non sarà contento quando saprà che non ci sta facendo allenare per lo spettacolo…” sbottò subito il giovane e fiero Leon, facendo sì che tutti lo fissassero sconvolti. “- Sta’ zitto! Non metterti nei guai per me, lascia perdere…” Andres, dopo essersi rialzato da terra, si avvicinò piano all’amico e gli sussurrò quella frase all’orecchio. Ormai la figuraccia davanti a tutta la classe l’aveva fatta e gli dispiaceva che quell’arpia di un’ insegnante se la prendesse anche con l’amico. “- Mi sta forse minacciando, Vargas? Guardi che lei non puo’ parlarmi così… lo sa, vero?” ridacchiò la mora, quasi come per schernire il coraggio del ragazzo. “- Leon ha ragione. Che non si ripeta, o parleremo con il direttore!”. Il principe Heredia fece un passo avanti con la sua solita classe invidiambile. “- Sono d’accordo anch’io!” aggiunse Andrea, cotta del giovane Valedez  e, a mano a mano, tutti i ragazzi fecero lo stesso in difesa di Andres.
“- Bene, e cosa vorreste dirgli? Che con me lavorate poco? Che non vi sto facendo provare abbastanza? Non mettetevi contro di me… sono io l’insegnante…” sibilò la donna, andando avanti e indietro per la sala, producendo un fastidioso scricchiolio al parquet ad ogni passo. “- Che succede qui?” il direttore, facendo capolino dalla porta semi aperta della classe, insospettito da quel baccano e si avvicinò ad Anita che, nel sentire quella voce, si bloccò di colpo e corse verso Pablo. “- Per un giorno che decido di fargli fare esercizi alla sbarra e non prove… si lamentano! Mi stanno apertamente contestando!” si lagnò, quasi con aria da vittima, la Dominguez, fissando l’uomo con i suoi occhi di ghiaccio. “- Non è solo oggi, Pablo! Ormai abbiamo dimenticato le coreografie dello spettacolo!” urlò, quasi istintivamente, Camilla, avanzando verso il moro che la guardò un po’ sconvolto. “- Ragazzi… rispettate i ruoli per favore! E tu, Anita, se i ragazzi sentono il bisogno di provare… falli esercitare! Lo spettacolo è vicino, non troppo, ma comunque vicino! Un po’ di collaborazione da parte di tutti! Alunni e docenti! Insieme siamo…” iniziò lui attendendo la risposta degli alunni: “- MIGLIORI!” urlarono gli loro in coro, terminando la frase dell’uomo. “- Bene… Anita, dopo ti vorrei parlare un minuto… ti aspetto in direzione alla fine dell’ora!” salutò il professore, uscendo dalla classe e lasciando i giovani soddisfatti… e Anita ancora più stizzita di quanto non lo fosse già prima.
 
 
“- Ehi… senti so che non vuoi ascoltarmi ma io devo parlarti, per favore!” finita la lezione, nei corridoi, Leon riuscì a raggiungere Violetta ma lei, vedendolo avvicinarsi, affrettò il passo con decisione. Arrivò nell’aula di musica pensando di aver seminato il ragazzo ma, in un batter d’occhio, se lo ritrovò alle spalle. “- Per favore! Ti rubo un minuto… tu devi sapere come sono andate le cose realmente!” la supplicò il ragazzo, vedendola andare avanti e indietro nella classe, sistemando spartiti sul leggio e iniziando a suonare. Lo stava ignorando! Voleva ripagarlo con la stessa moneta, come aveva fatto lui in quel periodo a palazzo! Ebbe però, una brutta sorpresa… per fortuna, la giovane si accorse che mancava il filo alla tastiera che, infatti, non emise alcun suono.
“- Parla, dai! Sono proprio curiosa di sapere cosa ti sei inventato come scusa!”  esclamò lei, entrando nel ripostiglio e mettendosi a frugare tra gli scaffali. Leon le si avvicinò per spiegarle tutto, come fossero andate le cose con il re, con Ludmilla… ad un tratto, non appena il giovane si avvicinò a lei, la porta si richiuse da sola. “- Io ti ho trattato con freddezza perché tuo padre mi ha… minacciato! Ma promettimi che non glielo dirai! Se dovesse scoprire che abbiamo parlato, che te l’ho detto… mi caccerebbe da palazzo, da Amapola… o mi sbatterebbe a vita nelle segrete… e sto valutando l’ipotesi che potrebbe anche uccidermi quindi, per favore, non dirglielo!”. Violetta rimase di stucco e a bocca aperta. I fili che stava srotolando le caddero dalle mani. “- Cosa ti ha detto mio padre?” ripeté scioccata e raccogliendo i lunghi cavi dal pavimento e riavvolgendoli con alcune difficoltà. “- Sì… non dirgli nulla… ora capisci perché mi sono comportato così, vero? Mi dispiace! Ma non ho avuto scelta… o ti snobbavo e facevo il duro… o perdevo il lavoro, il sogno dello Studio… il fatto di poterti vedere tutti i giorni… insomma, perdevo te! Vilu, tu per me sei troppo importante… anche se il re mi ha messo in guardia io a te non voglio rinunciare!”. La principessa era troppo stupita da tutte quelle notizie, tutte insieme, e, quell’ultima parte del discorso del ragazzo la fece arrossire di colpo. Abbassò lo sguardo, tentando di dissimulare l’imbarazzo ma subito si ricordò dell’altro dettaglio per il quale era stata mailissimo… Leon e la sua amica, la contessina Ferro. Li aveva visti insieme, quasi baciarsi… e aveva sofferto troppo. “- E Ludmilla? Lei è mia amica! E vi ho visti quella sera!” strillò quasi la ragazza, ricordando quel terribile momento in cui li aveva visti abbracciati. Il flashback si vece largo prepotentemente tra i suoi pensieri e non poté fare a meno che rivivere nella sua testa quella scena. “- E’ stata lei a buttarsi tra le mie braccia! Stava per cadere ed io l’ho afferrata! Tra non c’è niente né ci sarà mai! Non potrei mai sopportare una tipa come quella…” sbuffò Leon, sedendosi su una cassa di legno piena di chissà quali oggetti musicali. “- Una tipa come quella? Perché dici così? Io la conosco e non è cattiva!” sbraitò lei, avvicinandosi alla porta per aprirla. “- Mi perdoni?” chiese lui, alzandosi in piedi prendendo a fissarla. “- Non si apre! Leon non si apre!” urlò, nel panico, la giovane, cominciando a dare forti colpi alla porta bloccata. “- Come no… fa' provare me, forse le tue ‘manine regali’ non sono in grado di girare la maniglia!” ridacchiò lui, ironico, tentando di mantenere la calma e cominciando a spingere nervosamente verso l’esterno. “- Aiutooo! Siamo bloccati!”. urlò la giovane dando forti colpi alla porta, che rimase sigillata. “- A che ora c’è lezione in quest’aula?” chiese lui, con una calma quasi spaventosa, come se nulla fosse. “- All’ultima con Beto… mi sembra.” Si tranquillizzò lei per un attimo, sedendosi poi su uno scatolo pieno di spartiti e raccoglitori vari. “- Bene, all’ultima ora ci libereranno!” sussurrò quasi lui, a differenza della principessa che riprese a urlare aiuto a gran voce. “- Ti vuoi calmare?! E poi, non mi hai risposto! Mi perdoni?” ripeté, d’un tatto Vargas, stanco di sentirla strepitare senza che nessuno potesse sentirla. Quell’aula sarebbe rimasta vuota fino all’ultima ora ed era inutile strillare in quella maniera. “- Ti sembra il caso di parlarne ora?” sbottò lei, sarcastica, risedendosi e sostenendosi il capo con le mani. “- Dai, una cosa è certa: abbiamo tempo a disposizione per parlare! E, adesso, devi ascoltarmi per forza! Allora?” lei, a quelle parole si rassegnò e si stette in silenzio per qualche secondo. “- Sì, è ovvio che ti perdono…” sorrise, d’un tratto. Leon era perfetto. Sempre dolce, gentile… e poi lei sentiva qualcosa di forte nei suoi confronti… qualcosa che non sentiva con nessun altro. Nemmeno con il principe Heredia… inizialmente Thomas era stato precipitoso, sicuro di sé e un po’ troppo intraprendente… ora erano amici… ma nient’ altro. “- Sono contento sai? Odio vederti triste… e sapere che io ero la causa di quella tristezza mi faceva stare ancora peggio.” disse, con voce dolcissima, il ragazzo. “- Anch’io sono stata una stupida… ma i tuoi atteggiamenti mi lasciavano… perplessa.” rise lei, ormai più rilassata. “- Ti dispiace così tanto restare chiusa qui dentro con me?”chiese lui, sorridendo, con aria furba. “- No… dopo tanto che siamo stati lontani… mi fa piacere!” Esclamò lei, rendendosi conto di stare arrossendo come mai in vita sua. Le guance le ardevano e, per sembrare meno nervosa, abbassò gli occhi sul pavimento. “- Allora anch’io ti sono mancato…” esclamò lui, con voce calda. “- Sì… anche se ti ho considerato un perfido, doppiogiochista, falso, bugiardo…” ma prima che potesse aggiungere alto, lui la interruppe: “- Ehi, frena, frena, principessa! Ho capito! Concetto chiarissimo!” rise il ragazzo. Violetta non sapeva cosa le prese ma,  in un secondo, l’abbracciò così forte che il ragazzo rimase quasi senza fiato. Un po’ per la sorpresa di quel gesto e un po’ per la stretta fortissima che, però, fu felicissimo di ricevere.
 
 
“- Dove si sarà cacciata? Il re mi ammazza… a lei la rinchiude in stile Raperonzolo e a me mi ammazza…” Angie aveva appena iniziato una lezione, a cui avrebbe dovuto essere presente anche Violetta e, non vedendola arrivare, era corsa in direzione da Pablo che aveva appena finito di parlare con la Dominguez, chiedendole chiarimenti su quanto detto dai ragazzi, argomento su cui lei aveva tentato di sorvolare e di negare tutto ed ora era ritornato alle sue scartoffie. “- Angie! Calmati!” urlò l’uomo, sconvolto da quel monologo della collega. “- Se non la trovo? Che fine avrà fatto? Il cellulare! Sarà lei?” chiese a Pablo che rimase imbambolato di fronte a lei a fissarla stranito. “- Che ne so io! Rispondi e lo scoprirai!” strillò lui, osservandola guardare lo schermo del cellulare immobilizzata e sgranando gli occhi. “- Il re! Oh santi numi! Che gli dico?” “- Rispondi!” “- Sì ma che gli dico?” “- Rispondi e vedi cosa vuole, Angie! Se non sai cosa vuole come fai a decidere cosa dirgli?” gridò il direttore, vedendola allontanarsi verso la porta dell’ufficio e iniziare la conversazione con il sovrano. “- No, Sua Altezza! Adesso è un momento in bagno… è qui con me, stia tranquillo! Ah, al suo cellulare non risponde… e si vede che nei bagni non c’è campo! La biblioteca è così grande… e… Nooo! Non mandi nessuna guardia! Non c’è bisogno! Ho detto di no! Ora torniamo subito… bene! A tra poco!” concluse la donna, rimettendosi in tasca il cellulare e correndo fuori senza nemmeno dire nulla al direttore. “- Aspetta! Calma! Ora la troviamo, sarà qui da qualche parte!” urlò lui, rincorrendola nei corridoi e fermandola per un braccio facendola fermare di colpo. “- Voleva mandare le guardie! Ti rendi conto? Pensa se non dovessi trovarla! Lei non conosce le strade, il regno… è sempre vissuta sotto una campana di vetro! E se le fosse successo qualcosa?!” gridò quasi lei, riprendendo a correre trascinandosi anche Pablo e entrando in ogni aula che le si parava sul suo cammino. La campanella dell’ultima ora suonò, nei corridoi si riversarono tantissimi alunni. “- Magari non è da sola! Sarà con qualcuno dei ragazzi! Mancava qualcun altro in aula?” chiese, giustamente, l’uomo. “- Leon! Spero sia con lei!” rispose la donna, aprendo la porta della classe di Beto. “- Ma che fine hanno fatto Leon e Viola?” chiese Maxi agli amici entrando nell’aula di musica. “- Li avete visti per caso?” disse Angie, voltandosi di scatto verso di loro che stavano entrando in quella classe vedendo un sacco di ragazzi che stavano iniziando a riempire l’aula. Anche Beto arrivò di corsa, facendo volare al suolo tutto ciò che incontrava sul suo tragitto.
“- Siamo qui!!! Apriteci!!!” urlò Violetta, sentendo le voci provenire dall’esterno. In un secondo, Pablo aprì la porta, bloccata solo dall’interno e, davanti a tutta la classe, uscirono i due ragazzi, visibilmente nervosi e imbarazzati. “- Si è rotta la porta!” disse subito Leon, uscendo dopo la principessa da lì dentro. “- Devo credervi?” borbottò il direttore, beccandosi un’occhiataccia da Angie che si fidava cecamente della nipote. “- Sì devi perché la porta è rotta da un po’… ero io che avevo dimenticato di avvertirti! Emh… scusa! Colpa mia! Si blocca e dall’interno non si apre! Ci sono rimasto dentro per 5 volte!” intervenne Beto ridendo, salvando la situazione. La sua sbadataggine era tale che Pablo non ebbe dubbi e, dopo aver lanciato uno sguardo rassegnato al collega, invitò tutti a proseguire le lezioni. “- Noi… dobbiamo andare, Viola…” esclamò la donna, tirando per un braccio Violetta che salutò con la mano Leon e si trascinò fuori controvoglia.
“- Tuo padre ti vuole subito a palazzo… non so perché… forse vuole solo la certezza che tu stia con me… andiamo, dai!” esclamò Angie, uscendo dalla scuola con la ragazza che, dopo quella riappacificazione con Leon, aveva un’ aria sognante e un sorriso stampato sul viso che nemmeno il re, qualsiasi cosa avesse voluto, le avrebbe fatto scomparire.
 
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Eccoci all’attesissimo capitolo 15! Che ve ne pare? Spero di non aver deluso le aspettative e che vi sia piaciuto! XD
Ma partiamo dall’inizio! Andres a lezione dalla Dominguez aiutato dagli amici! Sono mitici!!! E Anita è insopportabile! >.< Ma passiamo al tanto atteso chiarimento Leonettoso! :3 Bellini Vilu e Leon! Alleluia! *-* Forse rimanere chiusi lì dentro è stato un bene… ora cosa vorrà German? E cosa ne pensate di Anita? E di Leon che difende Andres? Quei due legheranno un sacco… ;)
Alla prossima! Ciao :)

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Capitolo 16
*** Alleanze a fin di bene. ***


“- Quando vi chiamo dovete scattare! La prossima volta mando le guardie a cercarvi!” Il re, German Castillo era seduto sul suo trono e, di fronte a lui, Violetta e Angie si stavano sentendo una ramanzina che sembrava essere infinita. “- Papà non c’era campo nei bagni! Te l’ho detto!” tentò di giustificarsi per l’ennesima volta la ragazza. “- Va' in camera tua… devo parlare da solo con la signorina Salinas…” replicò, gelido, il sovrano di Amapola. “- Ma… papà… lasciala stare!” osò dire la giovane, avvicinandosi all’uomo. “- Vai in camera tua  ho detto! Forza!” strillò il re, alzandosi di scatto e scendendo dal palchetto del trono. La ragazza, controvoglia, si allontanò, lanciando un’ occhiataccia a suo padre ma senza aggiungere altro.
“- Devo parlarle di mia figlia…” iniziò di nuovo Castillo, dopo che la figlia sbatté rumorosamente la porta della sala.
“- Non avevo alcun dubbio!” replicò quasi ironicamente, la bionda, ancora in piedi davanti a lui. “- …Stia tranquillo! La principessa si trova benissimo a studiare fuori da palazzo! Prendere aria non le farà di certo male!” replicò dolcemente la donna, sperando in una reazione positiva di suo cognato… che, però, nemmeno sospettava minimamente di esserlo. “- L’aria puo’ prenderla nei giardini del castello!” sbottò il re, risedendosi sulla sua poltrona porpora. Accanto a lui, quella che era stata prima della regina Maria era vuota. Di solito c’era seduta indegnamente Jade La Fontaine… come detestava vederla nel posto che spettava e sempre sarebbe spettato a sua sorella.
“- Ma qual è la sua paura? Non la lascio un secondo! Si dovrebbe calmare!” gridò quasi la Saramego che, resasi conto del suo tono troppo aggressivo nei confronti del capo di Amapola, abbassò lo sguardo, mordendosi nervosamente un labbro. Non ce la faceva proprio. Non sopportava quell’uomo. Non lo sopportava per quello che aveva fatto a lei e alla sua famiglia dopo la scomparsa della regina, non lo sopportava per il fatto che avesse vietato tutto ciò che poteva ricordargli Maria come, addirittura, la musica moderna. Non lo sopportava per aver tenuto tutti i Saramego a distanza dal palazzo, da sua nipote… e non lo sopportava per come trattava la povera Violetta. Insomma, lo reggeva davvero poco e parlare con lui tentando di mantenere la calma le riusciva davvero male.
“- In realtà non volevo parlarle solo di questo, lei nemmeno mi lascia parlare! C'è una cosa più importante di cui vorrei conferire con lei. Si ricorda… quella donna? Lidia Mendoza?” quella frase arrivò come una doccia gelida su Angie. Certo che la ricordava! In realtà era stata lei a vederla per la prima volta… a rincorrerla, a sperare di trovarla a palazzo… e poi, anche German aveva avuto la stessa sua impressione. “- Sì, ricordo.” si limitò a dire lei, tenendo gli occhi bassi per evitare di far comprendere le sue emozioni al solo pensiero di aver ritrovato sua sorella, se così fosse stato… la certezza non l’aveva, ma la speranza… beh quella l’aveva eccome! L’aveva avuta dal primo istante in cui aveva incrociato, in strada, gli occhi di Lidia. “- Lei è l’unica… che sa quello che sospetto. Mi deve aiutare.” disse, tutto d’un fiato il re, avvicinandosi alla donna che indietreggiò un po’, quasi con la paura che lui sospettasse sulla sua identità. “- I-io?” balbettò la donna, sgranando gli occhi verdi e fissando sconvolta la faccia del sovrano che non si aspettava quella reazione. “- Sì… so che le sembra strano, essendo l’istitutrice di mia figlia non le dovrebbe competere… ma è l’unica che sa cosa penso di quella Lidia e, magari, potrebbe avere informazioni direttamente dalla Mendoza sulla sua vita privata… insomma… io probabilmente l’imbarazzo… fugge quando mi vede!” affermò il sovrano, lasciandosi sfuggire quasi un sorriso. “- Lo credo…” rise, quasi istintivamente Angie, tappandosi la bocca con una mano. “-… Nel senso che lo credo che scappi… mica puo’ pretendere che parli con lei? Le mette soggezione! E’ il re di Amapola!” tentò di arrampicarsi sugli specchi la donna. Inaspettatamente, il re cominciò a ridacchiare vivacemente. La faccia di Angie era tutta un programma per la figuraccia e per la risata del sovrano che aveva provocato. “- Mi dispiace, Altezza. So che parlo decisamente troppo…” aggiunse la bionda, rendendosi conto di aver fatto una gaffe davanti al re. “- Non si preoccupi. La perdonerò… se mi aiuterà. Diventi amica di quella donna, scopra qualcosa sul suo passato. Mi fido di lei.” replicò German, ritornando subito serio e analizzando l’espressione di quella che pensava fosse Angie Salinas. “- Va bene. Come desidera, Sire.” rispose la donna, cambiando anche lei subito espressione e tornando seria. “- C’è qualcosa che non va?” colse subito il re, notando l’aria pensierosa dell’istitutrice. Lui voleva sapere tutto di quella Mendoza, ma voleva che fosse qualcun altro a farle delle domande indirette, non voleva spaventarla né perderla. Era molto dubbioso sulla faccenda… non sapeva cosa fare. Era rimasto alcune notti insonni a decidere sul da farsi e, siccome Angie era l’unica a sapere il suo sospetto, pensò subito a chiederle aiuto. Le sembrava la persona più giusta, poteva indagare come ‘amica’ sul passato di Lidia. Era così simpatica che, sicuramente, si sarebbe conquistata la fiducia della donna per farla parlare. “- No, va tutto bene, conti pure su di me, Altezza.” concluse Angie, con aria tesa. Non aspettava altro che rivedere Lidia. Quella sarebbe stata la sua occasione per rivederla più spesso, per parlarle, per vederci anche lei più chiaro su tutta la faccenda. “- Vada subito a cercarla… prima iniziate a stringere un legame d’amicizia, prima saprò chi è quella misteriosa donna.” ordinò subito il sovrano, tornando il solito altezzoso di sempre.
In quella frazione di minuti in cui aveva ricordato sua moglie, però, Angie aveva  notato il cambiamento… era meno aggressivo, severo, freddo. Maria lo rendeva una persona migliore. Era sempre stato così. Dopo la scomparsa di sua sorella era peggiorato molto… se c’era una cosa di cui però, ora aveva la certezza era il fatto che,  se il sovrano le aveva chiesto di indagare, aveva, proprio come lei, un minimo di speranza che si potesse trattare della regina Maria e, se inizialmente era sembrato tanto scettico e incredulo, ora aveva cambiato rapidamente idea, restando aggrappato a quel barlume di desiderio di poter, finalmente, riabbracciare l’unica e vera donna della sua vita. Senza saperlo, i due, avevano un obiettivo comune: sapere tutto su Lidia Mendoza… ogni minimo dettaglio.
“- Allora io vado. Arrivederci, Maestà.” salutò con una riverenza, Angie. “- Arrivederci, signorina Salinas e mi tenga aggiornato.” “- Certo…” disse la donna, ormai in fondo all’enorme sala, senza nemmeno voltarsi, scomparendo dietro all’ imponente porta di legno, sotto lo sguardo del re che, tirando un sospiro di sollievo per aver ottenuto l’aiuto della donna, tornò ai suoi affari quotidiani.
 
 
Al Restò Band, erano nella sala prove, Francesca, Federico, Luca e Camilla che, tra loro, chiacchieravano allegramente delle prove e dei nuovi compagni. “- Viola mi è simpatica… dobbiamo parlare a lei e Leon di questo posto…” esclamò l’italiana, seduta sulle scalette del mini palco da loro costruito nella stanza alle spalle del bancone, il loro posto segreto. “- Sì, senza dubbio! Tutti dovrebbero sapere di questo posto… non è privato, solo per noi!” affermò il fratello, sorseggiando un frullato al lampone. “- Parli facile tu! E se Ludmilla ci tradisse? Se ci facesse scoprire? Per ‘tutti’ intendi anche la tarantola e il principino? Beh, il primo a pagare saresti proprio tu se si venisse a sapere della S.P…” commentò la Torres, sedendosi accanto a Francesca. “- Beh… io dico di dirlo almeno a Viola e Leon per ora…” aggiunse Federico, passandosi una mano nel ciuffo come per spettinarlo dalle solite pettinature classiche, da barone. “- Prima o poi la Ferro lo verrà a sapere… e allora sì che saremmo nei guai e potremmo subire una truce vendetta!” aggiunse il giovane italiano, salendo sul palco per accordare la chitarra.
“- Volete incorrere nelle ire della contessina?” disse ancora il ragazzo, strimpellando note rock. “- Sai che paura che mi fa…” sorrise, ironicamente, Francesca, salendo sul palco accanto al baronetto. “- Beh… a me, se dovesse dire qualcosa al re, un po’ paura mi fa… ma non lei… il sovrano più che altro! Posso… suonare con voi?” rise Luca, prendendo posto alla tastiera con una strana espressione in viso… sembrava che aspettasse la reazione di sua sorella…  che, come previsto, non tardò ad arrivare. “- Dove vai? Guarda che nel locale c’è un bel po’ di gente… dai Luca!!! Devi andare in sala! O qualcuno potrebbe anche insospettirsi…” lo rimproverò saggiamente sua sorella minore, facendo sì che il giovane scendesse di nuovo con finta aria rammaricata per tornare al suo lavoro. “- Luca… vengo ad aiutarti…” esclamò subito di colpo Camilla, facendo l’occhiolino e strani gesti a Federico che, non appena la porta si sbatté, rimase solo con Francesca.
“- Emh… sai, volevo farti ascoltare un brano nuovo…  niente di classico, tranquilla!” rise il ragazzo, rompendo l’imbarazzante silenzio che si era creato nella sala. “- Certo! Voglio sentire!” sorrise la mora, alzandosi in piedi e mettendosi accanto a lui. “- No, aspetta. Siediti qui…” esclamò Federico, portandole una sedia al centro del palchetto. “- Vai, sarò la tua fan!” rise la ragazza, sedendosi, emozionata e rossa in viso. Il ragazzo imbracciò la chitarra classica ed iniziò a suonare una dolce melodia… una canzone d’amore risuonò in tutta la sala e Federico la fissò per tutto il tempo dritto negli occhi facendo diventare paonazza la bruna.
“- Sei un grande cantautore!” sorrise lei, con uno sguardo quasi commosso che Federico colse subito. “- Devo dedurre che ti è piaciuta proprio tanto…” affermò il ragazzo, dopo aver riposto la chitarra, ponendosi di fronte a lei, ormai in piedi. “- E da cosa lo deduci?” rise lei, abbassando lo sguardo. Quella situazione per poco non la faceva svenire… quello che da sempre considerava un amico, a poco a poco, stava diventando qualcosa di più… si sentiva battere forte il cuore al solo sentirlo parlare, nel vederlo nei corridoi… ed ora gli aveva appena fatto una serenata. “- Lo deduco dal fatto che i tuoi splendidi occhi sono diventati scintillanti… e sei ancora più bella…” gli sussurrò lui, avvicinandosi sempre di più a lei, ad un soffio dalle labbra della ragazza. Ormai erano ad un centimetro di distanza e... fu un secondo. Si scambiarono un tenero bacio che, entrambi, volevano da tanto e tanto tempo.
 
 
“- Sono nervoso! Un piano pessimo! Chissà se almeno funzionerà!!! Quei due sono così… cocciuti!” urlò Luca a Camilla, servendo dei frullati ad un tavolo del locale, essendo così nervoso da ribaltare quasi i due succhi addosso ai clienti. “- Uffa! Stai calmo e smettila di fare il musone! Se non li aiutavamo noi quei due non si sarebbero mai dichiarati!” rise la Torres, ritornando al bancone e sedendosi allo sgabello. “- Sì ma… è mia sorella! Sono…” si interruppe il moro, abbassando gli occhi di colpo. “- …Sei geloso! Ecco cosa sei! E’ normale! Sei il suo fratellone!” rise Camilla, giocherellando con una cannuccia. “- Sì, lo ammetto!” sbuffò Luca. “- Se non suggerivamo a Fede di cantarle quella canzone… sapevamo tutti che l’aveva scritta pensando a lei! Era chiaro che gli mancasse solo un po’ di coraggio…” agginse la Torres, soddisfatta da quella strategia geniale. “- E poi, dire agli altri di non venire oggi… e la mia brillante idea di  salire sul palco…” continuò il giovane preparando dei caffè. “- Era così prevedibile che Fran ti cacciasse spedendoti subito in sala!” rise Camilla scattando in piedi e aggirando il bancone. Conosceva benissimo la sua migliore amica… e anche suo fratello aveva previsto quella mossa. “- Sono preoccupato!” ribatté il giovane per l’ennesima volta, facendo cadere una brocca d’acqua a terra per la tensione che provocò un forte tonfo. “- Ehi! Piano! Esagerato! Ora ti distraggo io dato che… Luca, noi… dovremmo parlare.” disse con tono un po’ incerto la ragazza, facendosi seria. “- Di cosa…?” chiese Luca, come al solito super impacciato e anche un po’ teso da quella frase, alzando di colpo la testa mentre raccoglieva i cocci di vetro. “- Luca… dopo quella sera… quel quasi… bacio, ecco… non ne abbiamo più parlato. Ci siamo quasi ignorati! Ti rendi conto?” esclamò la giovane, prendendo coraggio. Non era riuscita a dirgli più nulla dopo quella notte, fuori casa sua. Era ora che si fossero affrontati per dirsi tutto. Nemmeno lui ne aveva più parlato. Evitavano sempre di affrontare quel discorso. “- Camilla io…” tentò di iniziare lui, rialzandosi e appoggiando i gomiti sul bancone. “- No, fa’ parlare me…” lo interruppe lei, avendo trovato, finalmente il momento giusto dopo tanto tempo, per potersi chiarire. “- Luca tu… mi piaci, da sempre. Ma perché nemmeno mi hai parlato, in seguito, di quel giorno? Insomma, io non sapevo cosa pensare… ho sospettato che per te quel momento fosse stato una sorta di… ‘errore’… forse eri addirittura felice che quel momento fosse stato spezzato da quella telefonata!” Camilla disse quella frase tutta d’un fiato. Come se avesse deciso cosa dirgli da tempo e avesse imparato a memoria una parte da recitargli. Era in panico e continuava a mordersi nervosamente un labbro. “- No, Cami, no… se stava per succedere quello che stava per succedere quella sera è perché anch’io lo volevo davvero. Volevo darti quel bacio. Cami lo sai come sono fatto… sono troppo timido e imbranato! Mi risulta difficile parlare, prendere iniziativa… ecco perché non ti avevo detto nulla, nessun riferimento a quel giorno. Mi piaci tanto, Camilla… non sai quanto.”. Luca la fissava con i suoi occhioni verdi, così intensi e profondi. Lei restò in silenzio e rabbrividì al sentire quella frase…  diventò rossa come un pomodoro quasi istantaneamente. “- Allora… potremmo… provarci…” sorrise lei, quando lui le era vicinissimo. “- Secondo me sì…” disse il moro, ad un millimetro dal suo viso con voce dolcissima. “- Cameriere!” urlò qualcuno nella sala, interrompendo quel magico momento. I due si allontanarono subito, imbarazzatissimi. “- Arrivo subito! Ci sentiamo stasera… ti chiamo.” Sorrise il giovane, facendole l’occhiolino. “- Io vado, a dopo, allora…” salutò lei, avviandosi verso l’uscita e accennando un saluto con un cenno della mano, ancora troppo paonazza per restare nel locale.
“- A dopo…” rispose lui, ritornando di fretta a lavoro.
 
 
“- Eccoti!” Leon vide arrivare nella grande scuderia la principessa, un po’ col fiato corto per la gran corsa. “- Papà sta chiuso nella sala del trono con Angie da troppo… mi sto preoccupando!” esclamò lei, seria e cupa in volto. “- Al massimo chiuderà me e lei nelle segrete… niente di grave!” rise, ironico il ragazzo andandole incontro. “- Mi stai facendo aumentare l’ansia! Molto gentile, grazie!” disse lei, sarcastica, andando verso il box di Melody e prendendo a carezzarle il muso. “- Sono contento che ci siamo chiariti. Non sopportavo vederti soffrire… non sopportavo star male, senza di te.” esclamò, d’un tratto, Vargas, che aveva ripreso a spalare fieno e a caricarlo su una carriola.
“- Nemmeno io… e non deve accadere mai più.” sorrise la ragazza, voltandosi verso di lui. Leon non disse nulla per qualche minuto. Pensava. Pensava al fatto che, probabilmente sarebbe potuto capitare… se il re li avesse riscoperti insieme, sarebbero stati costretti a separarsi, a soffrire di nuovo… lui non era del suo ambiente… ma non disse nulla… si erano appena riappacificati e non aveva intenzione di rovinare quel momento.
“- Sai che noi due avremmo una passeggiata in sospeso?” ruppe il silenzio il ragazzo, dopo un po’, facendo sì che lei si avvicinasse a lui che stava continuando a svolgere le sue mansioni. “- Ah, intendi quella a cavallo? Sembra passata già un’eternità!” rise lei, ricordando, improvvisamente, quegli splendidi momenti insieme e, più che la passeggiata in sospeso, le tornò alla mente il bacio 'interrotto'.
“- Sì, intendo quella… ma visto che al castello mi sembra un tantino rischioso data la costante presenza di tuo padre che se ci vede insieme ci rinchiude sul serio nei sotterranei… avevo pensato dopo lo Studio… che ne dici?” sorrise lo scudiero, asciugandosi il sudore con un braccio. Da quando frequentava l’accademia, aveva meno ore per lavorare e la fatica si triplicava. “- Io ci sto…” esclamò lei, fissandolo con aria sognante camminando lentamente verso di lui che si immobilizzò a fissarla, con aria sognante.
“- Violetta! Dove sei?” la voce di Angie la fece sobbalzare. “- Arrivo!” strillò a gran voce la principessa. “- Speriamo bene! Spero che mio padre non abbia sbranato anche lei! Devo andare… a domani!” sorrise la Castillo, rivolgendo lo sguardo l’ultima volta al giovane prima di correre fuori. Lui conosceva Angie che, non appena lo aveva visto alle scuderie, gli aveva spiegato, mentendo, di essere l’istitutrice della giovane per arrotondare lo stipendio dello Studio. Gli aveva detto che lì la conoscevano tutti come Salinas perché, se si fosse presentata come omonima dei Saramego, il re di sicuro non l’avrebbe fatta lavorare a priori. Il ragazzo, ovviamente, corretto com'era, fu contento di mantenere il segreto della donna.
“- A domani!” disse Leon, fissandola precipitarsi all’esterno del capannone. Sentiva, finalmente, un senso di serenità… star bene con Violetta lo faceva stare bene. Avevano un’ alchimia perfetta insieme e, anche se sapeva che era impossibile l’amava troppo. E non aveva intenzione di lasciarla andare così facilmente.
 
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Eccoci con un nuovo capitolo! Allora, andiamo con ordine… il re ha finalmente riconosciuto di avere una minima speranza che Lidia sia Maria. Ci spera anche lui, altrimenti non avrebbe chiesto aiuto ad Angie per scoprire qualcosa sulla Mendoza. Poi sono arrivate le parti ultra romantiche! I ragazzi hanno aiutato Fede e Fran a dichiararsi e loro, finalmente, si sono baciati! Olè!
Luca e Cami si sono chiariti… e anche i nostri Leonetta… che, adesso, hanno in programma un appuntamento! *-* Come proseguirà la nostra storia? Chi è davvero Lidia? Cosa accadrà tra i nostri ragazzi? E allo Studio? Vi ricordo che alcuni cattivi stanno ancora tramando nell’ombra… tipo Gregorio e Anita… o Ludmilla… Alla prossima! Ciao :)

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Capitolo 17
*** Ricordi dal passato, speranze per il futuro. ***


Erano passati alcuni giorni dopo che Angie aveva parlato con il re. Alcuni giorni nei quali aveva riflettuto tantissimo… ora che, forse l’aveva trovata e aveva le stesse intenzioni del sovrano, ovvero di legare con lei, non ne aveva il coraggio. Era come se la paura di quello che potesse essere accaduto l’attanagliasse e le impedisse di incontrarla, di parlare con Lidia e non si spiegava il perché. Erano anni che sognava di poter riabbracciare Maria. Ma quella era davvero Maria? O era solo un’ estranea che avrebbe illuso le sue speranze e quelle del re? Anche se tutti gli indizi portavano alla sorella, non riusciva proprio a calmarsi. Dopo aver lasciato Violetta all’ingresso della scuola, si precipitò nell’ufficio del direttore senza pensarci troppo. Lui era l’unico che avrebbe saputo ascoltarla e darle consigli utili.
“- Buongiorno!”. Il direttore l’accolse con il solito entusiasmo, sorridendole gentilmente. “- Ciao.” Rispose la donna, andando dritta verso la scrivania alla quale l’uomo era seduto. “- Volevo parlare proprio con te per quanto riguarda il concerto… Violet… emh Viola parteciper… Ehi, aspetta! C’è qualche problema, vero? Che faccia! Cos’hai, Angie?” chiese, cambiando subito discorso, Pablo. Aveva notato subito che l’espressione della donna non poteva promettere nulla di buono. Odiava vederla così… odiava vederla star male, qualunque fosse il motivo. “- Ho paura, Pablo!” esclamò di colpo lei, sedendosi di fronte al direttore. “- Di cosa? Che ti succede?” chiese dolcemente l’uomo. “- Ho parlato con German che ha il mio stesso sospetto… e… mi ha detto di interagire con Lidia, di legare con lei per scoprire informazioni sul suo passato…” iniziò lei per poi bloccarsi come spaventata al solo pensiero. “- German? Sei così in confidenza con il sovrano che lo chiami per nome?” borbottò tra i denti il moro, geloso come al solito... “- E’ mio cognato! Smettila!” si giustificò lei, fissandolo sorpresa. “- Sì peccato che lui non lo sappia… e non dovrebbe saperlo, o sbaglio?” chiese subito lui, incrociando le braccia sulla scrivania e sporgendosi verso la collega. “- Io ti parlo della mia angoscia e tu pensi al re? E poi sai che non lo sopporto nemmeno, quindi figurati!” sbuffò lei, alzandosi di colpo per uscire. “- Ehi, dai non fare così! Ti ascolto… dimmi. Sai che sono dalla tua parte… sempre.” esclamò Pablo, dopo aver aggirato la scrivania per rincorrerla e afferrandola dolcemente per un braccio, facendola voltare. “- Cosa devo aggiungere? Devo avvicinarmi a lei… sono terrorizzata, Pablo! Non so perché… questa situazione mi mette un po’ d’ansia! Insomma, non sono 007… le missioni di spionaggio non fanno per me, eppure…” ma lui la interruppe, osservandola dritto negli occhi: “- …Eppure vorresti sapere anche tu. Hai paura perché pensi che se scoprissi che Lidia in realtà non è Maria ci soffriresti troppo e sai che starebbe malissimo anche il re. Ecco perché. Ma per sapere se è sul serio tua sorella… mi duole ammetterlo ma ha ragione il sovrano. Qualcuno deve avvicinarsi a quella donna e chi meglio di te, Angie? Parlate, stringete amicizia, fa’ che il vostro legame sia tale da far sì che lei si confidi con te. Insomma sei stupenda… caratterialmente e non… solo. Non sarà difficile averla come amica!”. Quella chiacchierata con l’amico, come al solito, l’aveva fatta sentire meglio. Ci riusciva come nessuno. La ascoltava, la capiva, le voleva bene. Dopo quel momento in cui c’era mancato poco che non si scambiassero un bacio, allo Studio, qualche giorno prima, aveva dei dubbi sul fatto che le volesse solo bene… e forse, anche lei sentiva qualcosa di più forte di semplice amicizia nei confronti del collega. Ma, in quel momento aveva troppi problemi per pensare a sé stessa e alla sua vita sentimentale. “- Quindi dici che devo continuare?” chiese lei, abbozzando un sorriso all’uomo. “- Dalla prima volta che hai visto quella donna hai fatto di tutto per ritrovarla e ci sei riuscita… hai l’appoggio di ‘Sua Altezza’… cosa vuoi di più? E se dovessi scoprire che Lidia non c’entra nulla con la regina… beh, avrai guadagnato un’amica. Ormai hai anche detto al re che l’avresti aiutato… che aspetti? Già oggi pomeriggio parlale… certo, procedi con cautela… non pretendere che ti racconti subito la storia della sua vita! Sei forte. Lo so bene. E dovresti saperlo anche tu. Io sono con te, come sempre.”. Pablo non riuscì ad aggiungere altro perché, in un secondo, si ritrovò stritolato in un inaspettato abbraccio che, di sicuro, non gli dispiacque. La donna lo strinse forte a sé, quasi fino a stritolarlo. “- Grazie. Ti… voglio bene.” Non riuscì a dire altro a parte balbettare quella frase molto sentita. “- Anch’io… lo sai. Su, vai che hai lezione! Sbrigati, forza!” rise il direttore, indicandole il tabellone con gli orari appeso alle loro spalle. “- Sì e sono in ritardo! Vado, ciao.” salutò in fretta con un sorriso Angie avviandosi verso l’uscita per andare alla sua aula. Ormai era decisa. Nel pomeriggio avrebbe cominciato la sua ‘missione’.
 
 
“- Indovina chi sono?” nel corridoio dell’accademia, Francesca arrivò alle spalle di Federico, coprendogli gli occhi con le mani, lasciandolo sorpreso. “- La mia Italiana preferita!” sorrise lui, facendo sì che la ragazza si sciogliesse per la felicità e gli scoccasse un leggero bacio sulle labbra. “- Sono così felice che… potrei urlare, a cantare a saltellare per tutta la scuola!” esclamò la mora, incamminandosi con lui verso la classe. “- Sai che… c’era lo zampino di tuo fratello e Cami, vero? Insomma… ci hanno… aiutato moltissimo lasciandoci da soli nella S.P… spingendomi a farti quella serenata…” Federico fissò la faccia di Francesca diventare sempre più sconvolta. “- Sul serio? Era tutto programmato e l’unica tonta a non essersene accorta ero io?” esclamò la ragazza, fermandosi di fronte a lui, ormai erano fuori dalla classe di Angie e un sacco di alunni si stavano affrettando ad entrare a lezione. “- Dai! In fondo se non fosse stato per loro… noi due… non hai appena detto di essere al settimo cielo?” iniziò Federico, mentre vide arrivare alle loro spalle Camilla e Luca, mano nella mano che smisero di chiacchierare solo dopo averli notati e si staccarono, cosa che non avvenne che dopo circa due minuti. “- Ehilà! Come va a voi? Piccioncini italiani?” ridacchiò la Torres, facendo un occhiolino furbetto alla sua migliore amica, cosa che sconvolse un pochino Luca, che anche se fingeva che andasse tutto bene, era un po’ geloso della sorellina e prese a fissare Federico. “- Molto bene… e comunque grazie… per avermi fatto fare la figura della stupida che non sapeva nulla! Vi ammazzerei… a tutti e due… anzi, a tutti e tre perché anche il caro baronetto Bianchi sapeva… ma, in ogni caso, devo ringraziarvi!” l’espressione dell’italiana si addolcì e non poco. Si era arrabbiata inizialmente ma aveva capito che, senza l’aiuto di Camilla e Luca, probabilmente, loro due non si sarebbero nemmeno mai dichiarati. “- In classe, forza! Lo spettacolo incombe e siamo ancora in alto mare…” la prof arrivò, sorridente come al solito, spingendo i ragazzi dentro l’aula. La classe era quasi al completo… in realtà mancavano due alunni. “- Prof!!! Ma Leon e Viola dove sono finiti? La lezione di oggi è fondamentale!” la voce di Ludmilla fece voltare tutti nella sua direzione cosa che a lei non dispiacque per nulla… amava essere al centro dell’attenzione e quello era il momento buono per far capire al principino che la sua amata Violetta doveva essere con lo stalliere… se Thomas l’avresse scoperto ci sarebbe stato male e uno dei due sarebbe stato fuori dai giochi per conquistare la bella principessa… poi avrebbe pensato anche all’altro. “- E’ strano che non ci siano… chissà come mai…” sibilò, quasi tra i denti, il principe Heredia, comprendendo subito che gli allievi assenti fossero insieme. Angie, dal canto suo, era alquanto tranquilla. Aveva parlato con sua nipote e, dopo trenta milioni di raccomandazioni, aveva ceduto. Le aveva permesso di andare con Leon a fare una passeggiata… capendo benissimo che si trattasse di un appuntamento romantico tra i due. “- Stai attenta, non farti scoprire, sta’ lontana dalla zona delle guardie, non farti beccare, non fare passi falsi o ci andiamo di mezzo io, tu e anche Leon… ci vediamo alla termine delle lezioni qui fuori e torniamo a palazzo insieme…” e, solo dopo un monologo di un’ora, ma solo alla fine aggiunse un dolce:  “- divertiti…”. Violetta non si aspettava proprio che l’istitutrice l’avrebbe aiutata… in effetti era un rischio per tutti e tre… ma Leon, per tranquillizzarla, le aveva detto che l’avrebbe portata in un posto lontano, nella zona tranquilla senza guardie e lei, ovviamente, si fidava cecamente di lui.
 
 
Violetta era fuori dal Classic Studio quando, mentre aspettava Leon, notò, un po’ coperta dallo striscione cadente con il nuovo nome della scuola, qualcosa che brillava al riflesso del sole. Si alzò dal muretto su cui era seduta vicino al quale aveva preso appuntamento con Leon, quasi sul retro dell’accademia per essere lontana da sguardi indiscreti e, lentamente, si avvicinò a quel bagliore. Scostò con la mano un lembo dello striscione e, senza quasi accorgersene, rimase imbambolata a fissare quella placca d’oro. Lettere in corsivo nero recitavano:
 
“Per volere della Nostra amatissima Regina Maria Saramego: ‘- la musica deve vivere tra noi, nei nostri cuori...Amapola deve risuonare di note, di qualunque tipo di note. Sempre.’ ”.
 
“- Mamma…” balbettò tra sé e sé la ragazza, con le lacrime agli occhi. Quella scuola doveva essere stata fondata da sua madre. Sfiorò leggermente con le dita quella scritta… come se, facendolo, potesse sentirla vicino a sé. Forse era anche per quello che suo padre non la faceva mai uscire… aveva paura che scoprisse quel luogo… che forse l’avrebbe voluto frequentare… e, inoltre, non poteva parlargliene o avrebbe capito che si trovava lì dove non avrebbe dovuto essere. “- Ehi, scusa il ritardo!”. Leon apparve alle sue spalle ma, notando che la ragazza sembrava incantata di fronte a quella scritta, si avvicinò a lei piano e le appoggiò una mano sulla spalla. “- Questa scuola… l’ha voluta lei. E papà per paura del passato, per il terrore che avessi voluto frequentarla, dopo aver bandito la musica moderna da Amapola non me ne ha mai parlato…”. Leon capì subito tutto. Forse, in tutto il regno, la ragazza era la sola a non sapere dell’ex Studio 21, ora Classic Studio. “- L’ha fondato la regina Maria. Doveva amare proprio tanto la musica… quella frase è sua.”sintetizzò il giovane, mentre la ragazza le poggiò dolcemente la testa sulla spalla e lui, quasi istintivamente, la strinse forte a sé. Le doveva mancare così tanto sua madre… lui la capiva alla perfezione. “- Non avrei voluto saperlo così… mio padre doveva dirmi di questo posto, Leon!”. I due, prendendo stradine secondarie, camminavano l’uno al fianco dell’altra per un bel po’. “- Non lo condannare… ha paura. Non c’è nulla di male nell’averne. Sono sicuro che prima o poi te ne avrebbe parlato.” tentò di giustificarlo il giovane stalliere. Non avrebbe mai pensato in vita sua che, dopotutto, si sarebbe ritrovato a prendere le parti del re dopo quello che gli aveva detto in passato. Ma, d’altronde, non voleva di certo aizzare la figlia contro suo padre. “- Ecco, era qui che volevo portarti.” Il giovane, tentando di calmarla, cambiò discorso. Erano arrivati a destinazione. Violetta non conosceva per niente quel posto ma, come previsto dal giovane, le piacque subito. Scesero delle scalette in legno e, dopo cinque o sei gradini si ritrovarono, direttamente, sulla sabbia. Di fronte a loro c’era una piccola striscia di spiaggia in quel periodo dell’anno, vuota, senza ombrelloni né anima viva o, almeno, così sembrava. Nonostante il sole c’era un lieve venticello freddo che rendeva il mare un po’ agitato. “- Sei sicuro che qui non verrà nessuno?” chiese la giovane, camminando con difficoltà su quel terreno. “- Non… aspetta, vedi quella capanna laggiù? Lì di sicuro non ci beccheranno!” esclamò il ragazzo, avendo avvistato da lontano  alcune persone che camminavano sul bagnasciuga. Non sembravano persone che potessero conoscere la principessa, in ogni caso, per evitare problemi, la portò lì dove non avrebbe voluto… aprì la porticina della casetta e la fece entrare. “- Qui… ci… vive qualcuno! Leon sei sicuro che possiamo restare?” chiese lei, entrando e sedendosi su un divanetto all’ingresso della baracca. “- Benvenuta nel mio castello!” rise il giovane, sedendosi accanto a lei e fissando la sua aria un po’ scioccata. “- Ma com… tu… vivi qui? E la tua famiglia?” chiese di colpo lei, alzandosi e girando per la capanna, per essere una casetta sulla spiaggia di una sola stanza era alquanto ordinata. In un angolo vi era un piccolo tavolo, con una sedia ma, la cosa che subito attirò l’attenzione della ragazza, furono dei tasti di un pianoforte disegnati a penna all’estremità di quest’ultimo. “- Ah quella è la mia Sala Prove…” ironizzò il ragazzo, avvicinandosi a lei. “- Non posso crederci…” balbettò lei, con gli occhi lucidi e sfiorando, come per suonare, quel disegno. “- Ed ecco perché spesso, resto a provare in accademia…” spiegò lui per poi andare verso la porta per controllare se quei due uomini si fossero allontanati. “- Sono ancora in giro… mi dispiace! Non volevo portarti in questa catapecchia! Avevo preparato un picnic sulla spiaggia, all’esterno… sono mortificato.” si lamentò lui, incrociando le braccia al petto. “- Non preoccuparti, a me basta stare con te… è perfetto così.” sorrise la principessa, andandosi a sedere di nuovo sul divanetto e facendogli cenno di sedersi accanto a lui. “- Vivi… da solo?” chiese lei, dopo qualche istante di imbarazzo. “- Fino all’anno scorso ero in orfanotrofio. Non ho nessuno. Sono sempre stato lì, non so nulla della mia famiglia. Appena sono uscito ho cercato lavoro… e, sapendo che servivano aiutanti a palazzo mi sono presentato da voi, al castello.”. Quella storia la fece rattristare tantissimo. Forse lui non voleva parlarne… e si sentì tremendamente in colpa ad aver chiesto. “- Scusami mi dispiace io… non sapevo.” disse la ragazza, abbassando lo sguardo sulle assi del pavimento, un po’ irregolari e sporche di sabbia. “- Figurati… nessun problema. Sognavo il ‘Classic Studio’ da sempre. Sapevo che un giorno, ce l’avrei fatta… nessuno ha mai creduto in me. Un orfano tra conti e baroni e ricconi di certo è un po’ inusuale!” Sorrise lui, spostandosi il ciuffo dagli occhi, un po’ teso. “- Hai talento! Ti meriti quel posto più di chiunque altro. Più di qualunque membro dell’alta società!” esclamò lei, d’istinto, osservandolo negli occhi. “- E tu? Pensi mai al fatto che… insomma qualcuno possa scoprirti? Allo Studio o… peggio ancora, tuo padre?” chiese lui, cambiando discorso di colpo. “- Siete in tre a sapere il mio segreto, quindi non temo per la scuola… nessuno di voi mi tradirebbe, spero… in quanto a papà… Vorrei partecipare al concerto in mio onore, anche se solo per un brano, in conclusione. Lo dovrà sapere… non voglio nascondermi per sempre.” Il tono della principessa era sicuro e fiero. “- Tu sei sicura di quello che stai dicendo? Insomma… vuoi dirglielo così? Ok, è musica classica… ma io penso che lo sconvolgeresti abbastanza comunque.” disse il ragazzo per poi prendere a riflettere in silenzio. In fondo aveva ragione. Il re doveva saperlo… e forse, dopo aver sentito la voce meravigliosa della giovane, non l’avrebbe poi presa così male… beh, forse!
“- Ti capirà… ne sono certo. La musica è nel tuo sangue… come lo era per tua madre… la doveva amare moltissimo.” Concluse lui, aspettando la reazione della giovane. Non voleva rattristarla ma glielo disse così, istintivamente. Per fortuna lei non sembrò incupirsi, anzi. Fece uno splendido sorriso e lo guardò dolcemente. “- Sì. Cantare è la mia vita. Come lo era per lei. La musica, per quanto faccia paura a papà è nel mio DNA. Voglio partecipare a quello show. E sai cosa? Ho anche un’altra idea…” esclamò con aria furbetta, la mora. “- Quale?” chiese il ragazzo, incuriosendosi a quell’affermazione. “- Parlerò con Pablo e Angie. La musica moderna deve tornare ad Amapola. Mia madre avrebbe voluto così e mio padre lo dovrà accettare. Un pezzo pop, una conclusione scoppiettante! Sarebbe stupendo!”. La faccia di Leon era tutta un programma. “- Non te lo perdonerebbe mai! E poi non credo che i prof siano d’accordo!” disse, di getto, il ragazzo. “- Mai dire mai! Una sola canzone… gli farò capire che la mamma avrebbe amato un concerto del genere…” sorrise Violetta, con aria sognante. Leon si alzò e si avviò verso la porta per spiarne all’esterno.
“- Via libera! Pronta per il picnic? Andiamo!” esclamò il ragazzo, precedendola fuori. Alle spalle della casetta c’era un telo sulla sabbia con un cestino di vimini. I ragazzi si sedettero e mangiarono tramezzini, patatine e conclusero con due muffin al cioccolato. “- Tutto ottimo!” esclamò la ragazza, afferrando un tovagliolo. “- Se lo dici tu che sei abituata ai banchetti regali, devo crederti per forza!” rise lui, alzandosi e porgendole la mano per aiutare lei a fare lo stesso. Camminarono e chiacchierarono sulla riva del mare, le onde arrivavano quasi ai loro piedi e il vento faceva profumare l’aria di salsedine. “- Quando sono stato freddo con te è perché… avevo paura. Tuo padre mi ha ordinato di dimenticarti.. ma come faccio? Ho provato a farlo, non lo nego… ma non ci sono mai riuscito. Questa storia probabilmente è impossibile. Tu sei la futura regina… io uno stalliere. Ma una cosa è certa… Io ti amo. E non si puo’ dimenticare chi si ama.”. Leon era di fronte a lei, le teneva le mani e la guardava negli occhi mentre le diceva quella frase. La giovane arrossì e, abbassando lo sguardo, fissò la sabbia sotto di loro. “- Non esistono amori impossibili… hai detto bene. Io sarò la regina. Sceglierò io chi sarà l’amore della mia vita. Non mio padre. Giuro che mi farò valere… nessuno potrà impormi nulla. Ti amo anch’io.” Fu un secondo. Leon le prese il viso tra le mani e appoggiò le sue labbra su quelle della ragazza. Si baciarono dolcemente, dimenticandosi di tutto il mondo intorno a loro, dei problemi, di tutto. In sottofondo le onde che si infrangevano sulla spiaggia. Si staccarono sorridendo e guardandosi negli occhi. Ormai era tardi e loro nemmeno se ne erano resi conto. Uno squillo del cellulare di Violetta li fece sobbalzare mentre continuavano a fissarsi, senza dire una parola.
“- Vilu! Si puo’ sapere dove sei finita? Corri subito qui, ti sto aspettando fuori dallo Studio! Se facciamo tardi tuo padre ci sguinzaglierà chissà quante guardie alle spalle!” la ragazza ci mise qualche secondo per realizzare chi fosse all’altro capo del telefono… era ancora imbambolata a fissare il giovane. “- Angie! Come va?” chiese, come se nulla fosse, cadendo dalle nuvole. “- Come va??? Male se non ti Sbrighi a venire subito qui!!!” ordinò, nervosa, la donna andando avanti e indietro fuori dall’accademia. “- Ok, ho capito. Arrivo.” Concluse lei, chiudendo la chiamata. “- Andiamo che è tardi…” disse Leon, prendendola per mano e iniziando a correre e quasi trascinandola per tutta la riva. Arrivarono dopo poco tempo fuori dalla scuola, ancora con aria sognante e dei sorrisini dolci stampati sul viso. “- Devo parlarti… di alcune cose importanti…” la ragazza salutò Leon con un bacio sulla guancia e si incamminò accanto all’istitutrice che correva verso il castello. “- Dimmi…” rispose la bionda, affrettando il passo. “- Non ora… sono argomenti importanti. E voglio parlartene con calma.” sintetizzò Violetta, fermandosi al centro del vialetto che portava a palazzo. “- Va bene… ma devo preoccuparmi?” Angie aveva rallentato, si voltò e le andò in contro con aria tesa. “- No, tranquilla. Ma una cosa riguarda il mio passato. Un’altra… il futuro. Non solo mio. Di tutta Amapola.” Concluse la giovane, lasciando, tesa e sbigottita la sua istitutrice.
 
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Un bel capitolo di ricordi, di passato e futuro. Angie si è confidata con Pablo… e lui come al solito l’ha consigliata per il meglio. Nascerà qualcosa? Vedremo… ;) poi Violetta ha scoperto che il Classic Studio l’aveva fondato sua madre… e quella frase sulla placca fuori dalla scuola…. non la dimenticherà facilmente.
 Passiamo all’appuntamento con Leon… vita drammatica la sua, commovente. Il suo passato e presente non sono ottimali… almeno, attualmente,  ha lei… e si sono baciati!!! *-* Io amo quei due! Ora, cosa vorrà dire ad Angie la principessa? Alla prossima, ciao! :) 

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Capitolo 18
*** Un trascorso che riaffiora... ***


“- Devo parlarti dello spettacolo! Ho un’ idea che vorrei raccontarti e poi dovremmo parlare di quel giorno… insomma io non dovrei parteciparvi! O papà scoprirebbe il fatto che sto frequentando lo Studio… anche se si tratta di musica classica sarebbe un guaio se scoprisse che l’abbiamo imbrogliato!”. Angie e Violetta camminavano lentamente verso la fontana del castello. Erano appena rientrate dall’accademia… beh, almeno la donna veniva da lì. La giovane principessa, invece, aveva appena avuto un appuntamento meraviglioso con Leon… e aveva scoperto che il Classic Studio era stato fondato da sua madre. “- Che significa ‘non dovrei’? No, Vilu non è che non dovresti! Non puoi proprio! Tuo padre sarà lì! Vuoi che scopra tutto? Vuoi che… che sia la fine di tutto? Della tua libertà, della mia…  insomma se dovesse capire rinchiuderebbe anche me in qualche cella sotterranea… e, sinceramente, vorrei evitare.” rise Angie, cercando di sdrammatizzare quella tensione. Aveva già i suoi pensieri a non farla dormire. Doveva indagare su quella Lidia… e non sarebbe stata impresa facile. “- Ma io… posso farti una domanda?”. La bionda restò sorpresa di quel cambio repentino di argomento. “- Certo che puoi!” sorrise dolcemente, sedendosi sul bordo della fontana, accanto alla principessa. “- Il Classic Studio… chi l’ha fondato?”. Angie restò di sasso. Suo padre sicuramente non le aveva detto di quella scuola voluta dalla regina Maria. Forse era anche per questo che non la lasciava mai uscire… d’altronde la biblioteca pubblica era dal lato opposto rispetto all’accademia di musica fondata dalla sorella e poi, quella targa all’entrata doveva essere coperta, o qualcosa del genere. “- Che… vuoi dire?” balbettò la donna, non sapendo se poteva dirle tutto… rimase interdetta sul da farsi. “- Voglio dire quel che ho detto…” ripeté la ragazza decisa, ponendo la bionda istitutrice alle strette, attendendo una risposta che confermasse quello che aveva letto su quella targa d’oro. “- L’ha fondato la regina Maria. Tua madre. Tuo padre non… te l’ha detto, vero?” chiese la donna, posando lo sguardo sugli zampilli interni della vasca della grande fontana. “- No. Ho visto la placca fuori all’accademia… era semi coperta dallo striscione… sai altro su mia madre?”. Un’ altra domanda che arrivò su Angie come una doccia gelida. Cosa avrebbe dovuto dirle? Non sapeva neanche cosa le avesse nascosto il padre e cosa sapesse lei. Sicuramente ignorava l’esistenza di quella scuola fino a quel momento. Di certo, poi, non era a conoscenza della storia regno di Camelias, quello dei Saramego, di cui sua madre e Angie erano eredi. Quando Maria si era sposata, però, era stata lei ad averne diritto e il suo regno si era annesso a quello di Amapola, ovvero a quello dei Castillo. Ma, dopo la scomparsa della donna, German, avendocela a morte con Angelica, accusandola ingiustamente di aver spinto Maria ad organizzare quell’ultimo evento musicale di beneficenza, alla quale seguì l’incidente, si era impossessato definitivamente di quel posto meraviglioso, rendendo la madre di Angie e di sua moglie, solo una sovrana simbolica, senza poteri di governo. Quelli, invece, se li era presi tutti lui e la nonna di Violetta, per evitare conflitti ulteriori e altri scandali, glieli aveva concessi senza troppe opposizioni, spedendo Angie in Europa per evitarle sofferenze e problemi. Sicuramente Violetta sapeva dell’amore per la musica della madre… forse non sapeva che amava il canto e anche la danza moderna. Insomma… suo padre la teneva allo scuro quasi di tutto. Chissà cosa sapeva del regno dei Saramego! Se non ne ignorasse addirittura l’esistenza! “- Io… non so cosa vuoi sapere…” balbettò Angie, confusa sul da farsi, tentando di prendere tempo. Cosa poteva dirle? “- Non lo so! Non so quasi niente di mia madre, della sua famiglia… so che erano del regno di Camelias… ma non so altro. Papà dice che non ho più parenti da parte dei Saramego. Ormai anche quel regno è in suo potere, insomma che dopo la morte della mamma è diventato suo di diritto.” Come aveva previsto l’istitutrice, la ragazza sapeva poco o nulla. Gli aveva detto che era suo di diritto! Assurdo! Si era imposto duramente contro Angelica per conquistarselo! Altro che diritto! E sua nonna, di cui ignorava l’esistenza, lo aveva lasciato fare per evitare un’inutile guerra! Se la principessina avesse letto i giornali o avesse avuto un computer avrebbe scoperto tutto… ma ovviamente il padre non le permetteva neanche di essere aggiornata sul mondo. D’altronde, se voleva tenerle nascosto tutto quell’ enorme pezzo del suo passato, avrebbe per forza dovuto evitare qualunque contatto col mondo esterno. “- Dovresti… parlarne con lui, insomma tuo padre ne saprà di sicuro più di me!” Esclamò la donna, alzandosi di colpo dal bordo della fontana lasciando la ragazza stupita da quella fretta improvvisa della sua istitutrice. “- Io devo andare… ho… da fare.” Sentenziò ancora la bionda, senza dare alla giovane il tempo di replicare o, ancor peggio, di fare altre domande. “- Ma io…” tentò di iniziare Violetta ma fu interrotta. “- Ne riparliamo un’altra volta, con calma. E anche per quanto riguarda lo spettacolo,  domani nel caso mi racconti quell’idea che hai… ma comunque non credo sia possibile che tu partecipi, lo dico per il tuo bene... ne parlerò di sicuro a Pablo e ti farò sapere… ci vediamo!” salutò Angie, interrompendo di colpo la giovane e avviandosi verso il retro del palazzo.
Doveva cercare Lidia… come se non le bastassero i problemi aveva una missione da compiere. Scoprire la vera identità di quella donna e scavare nel suo passato. Si avvicinò di fretta alla porticina sul retro del palazzo e si affacciò all’interno. Stranamente non sembrava ci fosse ancora il movimento che c’era verso ora di cena e stavano lavorando solo due persone all’interno di quella sala. Olga stava impastando qualcosa su un tavolo e, accanto a lei, c’era proprio lei, Lidia Mendoza che osservava, seduta, la cuoca indaffarata. Non poteva agire con l’altra donna lì presente o, sicuramente, avrebbe sospettato di qualcosa. Le serviva un piano e anche alla svelta. Mentre pensava sentì un rombo di auto e una voce familiare che esclamò qualcosa del tipo: “- Questa Casal è eccezionale! Un bolide!”. Angie si voltò di colpo e si ritrovò la persona giusta al momento giusto che stava scendendo dalla macchina con un balzo atletico, come al suo solito. Matias La Fontaine prese a lucidare il cofano dell’auto e nemmeno si era accorto di lei.
La bionda, nel fissarlo, ebbe un’improvvisa idea geniale. Vide, attraverso la finestrella della cucina, che Olga, per fortuna, si era allontanata e Lidia aveva preso ad impastare al posto suo. Si ricordò di come il conte La Fontaine si fosse preso una cotta per la donna e, senza dare troppo nell’occhio fece un piccolo rumore dietro al vetro per fare uscire la Mendoza. Lidia si accorse che qualcuna la stava spiando e, uscendo di colpo, vide solo il biondo intento a lustrare l’autovettura. “- Le serve qualcosa, signor La Fontaine?” borbottò di colpo lei, convinta che, a spiarla, ci fosse proprio il suo ‘spasimante’. “- Cosa? Ah! Lidia! Che piacere vederti!”. L’unica cosa che serviva ad Angie era far sì che Matias si avvicinasse a Lidia… per poi mettere in atto il suo piano. Osservava la scena nascosta dietro all’angolo del palazzo, in attesa che arrivasse il suo momento di entrare in scena. “- Cosa vuole?” ripeté la donna, fissando un po’ stizzita il biondo che le stava facendo perdere un mucchio di tempo prezioso che avrebbe potuto dedicare per avvantaggiarsi i suoi lavori. “- Niente! Ma visto che ci siamo…” Matias si stava avvicinando fin troppo e la Mendoza indietreggiava sempre più. “- Ehi! Lei! La lasci in pace! Il re non è stato abbastanza chiaro l’altro giorno? Vuole che vado a raccontargli io che sta dando ancora fastidio a Lidia?” Angie era come apparsa dal nulla. Pensò che, se avesse aiutato quella donna forse avrebbero iniziato con il piede giusto… insomma, se fosse riuscita a farla lasciar in pace dal fratello di Jade l’avrebbe sicuramente presa in simpatia. “- Da dove salta fuori, mi scusi?” chiese il biondo, lasciando la donna di sasso. “- Che le importa! Ero… in giro! Se ne vada, la lasci in pace per sempre o parlerò con German… non scherzo!” esclamò la bionda, osservando l’aria di Lidia soddisfatta e quella di Matias scioccata, pensando ancora da dove potesse essere apparsa l’istitutrice. “- No, non c’è bisogno che parli con il re… me ne vado… ho l’auto da portare al garage… buona giornata, bellezze.” salutò La Fontaine, risalendo atleticamente in auto e allontanandosi ad una velocità pazzesca. “- Quel tipo è assillante!” rise Lidia, rientrando nelle cucine. “- Già… è insopportabile quanto sua sorella… no, sua sorella forse è anche peggio!” esclamò Angie, seguendola, riferendosi alla futura seconda moglie del sovrano. “- Tu lavori qui?” sorrise l’altra, riprendendo ad impastare. “- Sono l’istitutrice della principessa… Violetta.” Angie disse quel nome scandendolo piano, nella speranza che alla Mendoza potesse rievocare qualche ricordo… se fosse stata Maria le sarebbe dovuto suonare familiare. “- Che bel nome… e tu, come ti chiami? Mi premetto di darti del tu perché sei giovanissima!” sorrise invece la donna, continuando a lavorare, mentre l’altra si sedette al tavolo. “- Angie…” si limitò a dire lei, analizzando la sua espressione. Per un secondo alzò gli occhi da ciò che stava facendo e prese a fissare il vuoto di fronte a lei con sguardo confuso. “- Conosci qualcuno con questo nome?” sorrise la Saramego, speranzosa. “- Non credo. Ma mi piace. Suona bene! E’ un nome dolcissimo.” Concluse Lidia, riprendendo a cucinare con espressione imperturbabile. “- Lavori da molto qui?” chiese d’un tratto Angie, ricordandosi di dover iniziare restando sul generico. Non poteva pretendere che quella donna, ammesso che fosse Maria, si ricordasse di colpo tutto il suo passato o che le raccontasse improvvisamente la storia della sua vita. Le tornarono in mente le parole di Pablo: “- Procedi con cautela… con calma!” le aveva consigliato l’uomo. Già, doveva mantenersi sul vago, per ora. “- Sì, indovina chi mi ha assunta?” rise la Mendoza, spostandosi ad uno dei lavelli per sciacquarsi le mani. “- Non dirmi che… Matias…? Non ci credo!!!” scoppiò a ridere Angie, che aveva intuito tutto. “- Beh è proprio così.” rise anche l’altra. Ad Angie fece uno strano effetto quella risata. Conosceva quel dolce suono, ne era certa. Non aveva prove però, che si trattasse di lei… magari quella voce era solo una coincidenza. “- Ecco perché ti corre dietro! Ti adora proprio!” esclamò Angie, continuando a ridere. “- Olga dice che mi ha assunta subito perché, probabilmente, gli piacevo!” sbuffò la donna, con un’ espressione che fece ricominciare  a ridere l’altra. “- Dai non è male… è… ricco, carino… ma sicuramente tu… sarai già sposata…” Ottima mossa. Angie spostò già la conversazione sulla vita privata di Lidia che, un po’ sorpresa da quella frase si girò verso di lei con aria confusa. “- No… non sono sposata. Né fidanzata.” Non le era molto d’aiuto con quella frase, doveva sapere di più. Avrebbe iniziato a farle altre domande ma, in quel preciso istante, arrivò Olga che uscì dall’enorme dispensa carica di ortaggi e alimenti vari. “- Questo è tutto il necessario per la cen… e lei chi è?” borbottò la cuoca, posando tutto sul tavolo e prendendo a fissare Angie un po’ sconvolta e incuriosita da quel viso nuovo. “- Angie Salinas… l’istitutrice della principessa… ma me ne stavo andando.” Disse lei, alzandosi di colpo. “- Ciao, ci vediamo!” sorrise a Lidia, che ricambiò al sorriso. “- Ciao, Angie!” rispose l’altra, dolcemente.
La professoressa di canto uscì un po’ sconvolta dalle cucine e si ritrovò nel giardino esterno. Ormai il sole stava tramontando e fu travolta dalla luce arancio dei suoi raggi. Quel ‘Ciao, Angie!’. Quella voce. Quel suono così melodioso. Quegli occhi. Lei era quasi certa che si trattasse di Maria. Ma, allo stesso tempo non voleva illudersi. Aveva ancora molto da scoprire sulla vita di quella donna misteriosa. Cominciò, quasi istintivamente a correre verso il cancello principale, gli occhi bassi sul sentiero. Le guardie appena la videro aprirono di colpo il passaggio e lei, senza nemmeno ricambiare ai loro saluti gentili, si precipitò, ancora sconvolta, in strada. Stava cominciando a realizzare che forse, dopo tutti quegli anni, aveva parlato con quella che poteva essere sua sorella maggiore. Non riusciva a crederci. Arrivò al parco vicino al Classic Studio e si sedette sulla prima panchina che incontrò. Non appena si rese conto che era da sola scoppiò in un pianto liberatorio. Non sapeva nemmeno per cosa stesse piangendo di preciso: se di gioia, se per paura di illudersi… ad un tratto qualcuno si sedette accanto a lei e l’abbracciò, circondandole le spalle dolcemente. Lei non riuscì nemmeno ad alzare gli occhi, ancora gonfi per vedere di chi si trattasse. Si lasciò andare a quella tenera stretta, chiunque fosse quel qualcuno che la stava tenendo tra le braccia, ne sentiva troppo il bisogno e poi quel profumo era fin troppo familiare.
“- Non so cosa sia successo ma, in ogni caso non ce la faccio a vederti così. Non piangere più, ti prego. Sono qui.” Al sentire quella voce, Angie alzò finalmente lo sguardo e si ritrovò occhi negli occhi con l’unica persona che le era sempre vicino, sempre. Pablo la strinse ancora a sé con dolcezza, senza dire una parola. Solo facendole capire che lui c’era.
 
 
Ormai era tardissimo. La luna era alta nel cielo e brillava sui tetti del piccolo borgo di Amapola. Al Restò Bar i ragazzi avevano chiuso prima il locale e si erano chiusi nella Sala Prove super segreta. “- Ehi piccioncini! Avete telefonato a Leon?” Andres era sul palco della S.P. accordando delle chitarre mentre Luca e Camilla e Francesca e Federico erano seduti un po’ più in disparte, a chiacchierare di chissà cosa, occhi negli occhi. “- Ci siamo persi qualcosa, mi sa…” rise Lena, suonando una melodia alla tastiera. “- Ehi voi! Non vorremo disturbarvi ma… si puo’ sapere se avete avvisato Leon? E voi Viola?” esclamò Napo, scendendo con un balzo dal palco e avvicinandosi al ‘tavolino degli innamorati’. “- Ok, sapevamo di Fran e Fede… c’era anche il nostro zampino dopotutto vi abbiamo lasciato la S.P libera quel famoso giorno… ma Luca e Camilla? Ce li siamo persi davvero!” sorrise Maxi, seduto dietro alla batteria. “- Andiamo di là … se dovessero arrivare i ragazzi e non ci dovessero trovare…” disse la Torres ignorando quelle domande, alzandosi con Luca e, mano nella mano, uscirono dalla camera. “- Non mi ascoltano neanche!” borbottò Ponte, alzandosi e andandosi a sedere sul bordo del mini palco. “- Avremmo fatto bene a fidarci di quei due? Insomma… Thomas di sicuro conosce il re e non possiamo parlargli di questo posto… e della Ferro, anche se non lo conosce di persona, non mi fiderei per nulla al mondo… ma Leon e Viola? Non saranno mica due spie?” esclamò sospettosa Nata, avvicinandosi al gruppo, cosa che, finalmente, fecero anche Federico e Francesca. “- No, dai! Sono gentili! Mi sono simpatici quei due!” sorrise Francesca, avvertendo subito che il baronetto italiano le stava stringendo le spalle con un abbraccio. “- Basta con questa storia! Siamo stati tutti concordi nell’invitarli qui o sbaglio?” urlò Camilla sull’uscio, rientrando senza Luca che era rimasto di guardia dietro al bancone. “- Ha ragione lei! Torres, piuttosto però… ci aggiorni su te e Luca?” chiese, curioso come al solito, il giovane Ferro osservando la faccia della ragazza diventare di colpo paonazza. “- Noi… ecco…” tentò di iniziare la giovane, in vistoso imbarazzo, nonostante si trattasse dei suoi grandi amici. “- Ci siamo messi insieme.” sorrise Luca, apparendo alle sue spalle e cingendola per la vita per stringerla forte a sé.
“- Non posso crederci! La mia migliore amica e il mio fratellone! Che bello!!!” urlò Francesca, alzandosi e saltellando verso la giovane per abbracciarla con foga. “- Se non vi obbligavamo a parlare quando ce lo avreste detto?” rise Napoleon, prendendo a fissare i due che erano entrambi diventati rossissimi. “- Volevamo dirvelo proprio oggi!” mentì imbarazzato l’italiano. In realtà nemmeno lo avrebbero mai rivelato finché gli amici non li avessero beccati a baciarsi e non avrebbero più potuto negare. Ma lui era troppo timido per parlarne… forse Cami avrebbe detto presto tutto… beh, in ogni caso, ormai lo sapevano tutti. “- Mentre aspettiamo vogliamo sapere tutto dettagliatamente! Sia da Fran che da te!” sorrise Lena, avvicinando due sedie al gruppo. Luca, per evitare quell’interrogatorio, si precipitò nell’altra sala con la scusa di aspettare Viola e Leon… la Torres, invece, cominciò subito a parlare… fu felice di raccontare tutto agli amici. A cominciare da quell’iniziale bacio mancato fuori casa sua…  e Francesca attendeva il suo turno pazientemente, continuando a sorridere alla sua migliore amica, incredula di quello che stava dicendo riguardante lei e suo fratello maggiore.
 
 
“- Leon! Sei qui? Ehi!” la voce di Violetta riecheggiava nelle scuderie creando una sorta di eco. “- Ciao!” Leon apparve alle sue spalle facendola sobbalzare come al solito.. ormai però, era abituarla a vederlo apparire dal nulla e non si spaventò più di tanto. “- Eccoti!” sorrise lei, voltandosi di colpo verso il giovane. “- Hai ricevuto anche tu qualche sms dai ragazzi? Ci vogliono al Restò Bar… dicono che hanno una sorpresa…” disse lei, abbassando gli occhi con aria triste. “- Lo hanno mandato anche a me ma… ehi! Qual è il problema? Ah, ho capito! Non… puoi venire, giusto?” capì subito lui, prendendole le mani e guardandola dolcemente. “- Esatto… uffa!” sbuffò lei, scocciata di dover sopportare quell’autoritario del padre. “- Vieni qui…” in una frazione di secondo lei si ritrovò stretta in un abbraccio. La testa sul petto di Leon. Poteva sentire i battiti del suo cuore… che dolce melodia! “- Non ci vado neanche io… resto qui con te. Sempre che non arrivi qualcuno a disturbarci…” rise il ragazzo, perdendosi negli occhi di lei.
“- No… tu vai! Digli che io… non lo so… magari che non mi sentivo bene… ecco.” Inventò la giovane, con aria pensierosa, andandosi a sedere su una balla di fieno, in fondo al capannone. “- Sei sicura che sia tutto apposto?” chiese lui, ponendosi di fronte a lei con le braccia incrociate. “- Sì! Domani mattina parlerò con i ragazzi e mi inventerò qualcosa. Vai! Tanto qui hai finito, giusto?” chiese lei con un dolcissimo sorriso che fece incantare lui per qualche secondo a fissarla. “- No. Resto qui con te… sei strana e non voglio lasciarti sola… tutto bene?” chiese il ragazzo, guardandola con attenzione. “- Ho chiesto alcuni dettagli del passato ad Angie… ma mi è sembrata così vaga… e quando ne parlo con papà è anche peggio!” esclamò la giovane. “- Facciamo così… diciamo ai ragazzi che andiamo domani al locale… ti siedi qui accanto a me e parliamo un po’… che te ne sembra?” sorrise Leon, sedendosi entrambi su una scaletta di legno che portava al piano di sopra delle scuderie, nel deposito di fieno. “- Il Classic Studio l’ha fondato mia madre… nessuno me ne aveva mai parlato… e poi nessuno vuole dirmi nulla della famiglia dei Saramego! Come se neanche ci fosse mai stata una famiglia dal lato di mia madre.” Leon l’ascoltò per molto tempo con attenzione, in silenzio. “- C’è solo una persona che potrebbe darti delle risposte: tuo padre.” sentenziò il ragazzo alla fine, con aria seria, quando lei finì di raccontargli la conversazione con la sua istitutrice. “- Sì, certo… lui nemmeno mi ascolterebbe! Scoprirò da sola qualcosa… prima o poi.” sbuffò la giovane, mentre Leon le cinse le spalle in un abbraccio tenerissimo. “- Ho mandato un Sms ai ragazzi… hanno detto che domani devono mostrarci una sorta di sorpresa… non ci ho capito granché ma poi vedremo con i nostri occhi cosa intendono con ‘sorpresa’!” sorrise il ragazzo, cercando di cambiare discorso per risollevarle il morale. “- Sono curiosa… sono così simpatici!” esclamò Violetta, appoggiando la testa sulla spalla di lui. “- Sto bene con te. Sono felice quando sei felice, quando sorridi tu, sorrido anch’io. Ma ho paura che… il tuo essere e il mio ci allontanino. Quando siamo insieme io non riesco a star bene se mi viene in mente che qualcosa ci possa far andare in direzioni opposte! Ci penso troppo… penso a qualcosa che ci dividerà, prima o poi. E non voglio.” Violetta non si aspettava quella frase e ne rimase sorpresa. Sapeva bene a cosa si riferisse il ragazzo… lei era una principessa e lui uno stalliere… anche lei aveva la stessa paura. Ne avevano già parlato.
“- Io non rinuncerò mai a te, Leon. Accada quel che accada. Ti amo.” Esclamò la giovane, accarezzandogli dolcemente la guancia. Senza aggiungere altro, Vargas le prese il viso tra le mani, si avvicinò piano alle sue labbra e la baciò, teneramente. “- Violetta!” la voce di Roberto proveniente dal giardino li fece staccare,ma, entrambi, restarono per un secondo lungo un’eternità, occhi negli occhi. “- Ti amo, principessa…” sospirò Leon, accompagnandola verso l’uscita. “- Anch’io, mio principe…” sorrise lei, guardandolo ancora una volta prima di correre fuori dalle scuderie. “- Ma io non sono un principe!” rise il giovane, facendo sì che lei si bloccasse e tornasse indietro. “- Non si è principi solo per sangue nobile… capito, Vargas?” gli sussurrò dolcemente lei, facendogli l’occhiolino, per poi correre fuori. Si amavano, era tutto perfetto… ma forse quel clima magico sarebbe stato presto costretto a sparire.
 
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Eccoci qui con il capitolo 18! Vi sta piacendo la storia? Adesso riaffiorano i ricordi, Vilu vuole sapere, Angie ha iniziato a chiacchierare con Lidia avendo una splendida idea! Leon e Violetta sono restati a parlare… sono super dolci! *-* Ma qualcuno tramerà ancora… anzi, più di una persona! Si salvi chi puo’! XD Per ora godiamoci queste splendide scene di dolcezza… ora i nostri leonetta scopriranno la S.P.!!! Cosa accadrà con Lidia? E chi tramerà contro Violetta? Alla prossima, ciao! :)

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Capitolo 19
*** Rivoluzionare lo spettacolo! ***


“- Da quando ci avete portato qui mi diverto sempre un sacco! Siete mitici, ragazzi!”. Violetta sedeva su una sediolina della S.P. accanto a Leon, mentre gli altri erano sul palchetto a sistemare gli strumenti con cui avevano appena suonato. “- Siamo contenti che questo posto vi piaccia! Mi raccomando… gli unici che non devono sapere sono due: Ludmilla Ferro… e il principino…” disse Francesca, avvicinandosi a loro con un vassoio pieno di frullati coloratissimi. “- Potrebbero avere contatti con il re e se andassero a riferirgli di questo posto… sarebbe terribile!” sottolineò Camilla, osservando l’aria sorpresa della ragazza. Lei credeva che Ludmilla fosse sincera… insomma, un’ amica. E Thomas… beh, non immaginava che sarebbe andato a dire qualcosa a suo padre, in fondo quei due e Leon sapevano anche il suo segreto, la sua vera identità, ma accettò il volere degli altri e se ne stette in silenzio. Il giovane Vargas, dal canto suo, era d’accordissimo nel tenere segreto a quei due la S.P. Non si era mai fidato di loro e soprattutto della Ferro. Meglio tenerla alla larga da lì, da quel posto splendido che aveva da poco conosciuto con la sua principessa Castillo. “- Dai Viola! Vieni a cantare! Leon, anche tu, forza!” sorrise Federico, scendendo anche lui e andandogli incontro sorridente come mai. “- Io… non lo so…” balbettò lei, diventando rossa in viso, osservando Vargas che era già sul palco. Non aveva mai cantato musica pop davanti a qualcuno e si sentiva strana… lei era la figlia proprio di colui che l’aveva vietata… ma, nel vedere le facce speranzose degli amici e quella innamoratissima di Leon, salì anche lei e si mise di fronte al microfono. Leon non credeva ai suoi occhi… quella tastiera era nuova fiammante e sembrava che aspettasse solo che lui la suonasse! Adesso poteva provare sul serio tutte le volte che voleva… la S.P. era aperta anche a lui e ne era felicissimo. “- Cosa cantiamo?” sorrise lo stalliere, facendo voltare lei che si spostò dall’asta e si avvicinò al giovane, tenendo in mano solo il microfono. “- Non posso chiudere perchè è appena ora di pranzo… ma il locale è semi vuoto per il temporale quindi… scatenatevi pure!” rise Luca, entrando con passo baldanzoso nella sala. “- Questa…” sorrise Violetta a Leon, estraendo dalla sua borsa uno spartito sgualcito. “En Mi Mundo”. Era il brano composto in gran segreto da lei già quando era a palazzo… I ragazzi si sistemarono tutti di fronte a loro e ascoltavano la nuova amica cantare, accompagnata dal bel messicano. Inizialmente la sua voce era timida, un po’ tremolante… ma, appena si voltava verso Leon, acquistava sicurezza e cantò tutto il brano divinamente, occhi negli occhi con il bel Vargas. “- Wooow! Ottima esibizione!” urlò Maxi, quando i due finirono. “- L’hai scritto tu quel pezzo? E’ stupendo!” sorrise Federico alla ragazza che annuì, timidamente, scendendo dal palco. “- Sarebbe fantastico se potessimo cantare qualcosa di pop anche al concerto per la famiglia reale!” sbuffò Napo, seduto su una piccola poltroncina rossa più in disparte sospendendo la sua chiacchierata con Lena. “- Sì!!! Ma è un’idea folle! Il re prima ci arresta tutti… e poi chiude la scuola! Sicuro!” esclamò Maxi, rabbrividendo al solo pensiero. “- Bisognerebbe… tentare di convincere almeno Pablo e Angie.” iniziò a riflettere la giovane principessa, mentre tutti presero a fissarla un po’ confusi e sconvolti da quella proposta. “- Impossibile secondo me!” ribatté subito Andres, pessimista come al solito. “- Già… comunque tornando a te e Leon siete stati grandiosi! C’è un’affinità… una complicità unica! Posso farvi una domanda?” esclamò, cambiando discorso subito la mora Italiana, attirando l’attenzione anche del resto del gruppo. “- Certo…” balbettò Vilu, mentre anche Leon era sceso dal palchetto e si era posizionato accanto a lei. “- Voi due state insieme?” chiese, a bruciapelo, Francesca. “- Fran… saranno pure fatti loro, no?” borbottò Federico all’orecchio della sua fidanzata.
“- Sì…” sorrise Leon, cingendo le spalle della ragazza con un abbraccio. “- Ah che bello! Siete una coppia stupenda! Proprio come me e Luchino!” esclamò Camilla, lanciando un bacino con la mano al suo fidanzato che entrava e usciva dalla S.P. per finire di sistemare tutto sia nella sala che nel resto del locale. “- Mi è venuta un’idea… Leon vieni con me!” strillò ad un tratto la giovane principessa, tirando per un braccio Vargas che, senza capirci nulla, ebbe solo il tempo di salutare con un cenno della mano gli altri che li guardarono un po’ straniti. “- Quanta fretta!” rise Lena, strimpellando qualcosa con la chitarra elettrica. “- Fran è tutta colpa tua! Li hai messi in imbarazzo e li hai fatti scappare!” rise Maxi, sedendosi accanto a Nata che diventò violacea al solo vedere Ponte che le si avvicinava. “- Dai! Che ha detto di male! Tra amici si parla anche di questo!” la difese Camilla sua storica migliore amica. Mentre gli altri continuavano a chiacchierare al Restò Bar e riprendevano a suonare prima che la pausa pranzo finisse, Violetta si precipitò allo Studio. Doveva assolutamente vedere Angie e Pablo e, per fortuna, quel giorno doveva esserci anche il preside, Antonio, che non aveva ancora conosciuto di persona. Aveva avuto un’idea dopo la conversazione con gli amic. Voleva rivoluzionare lo spettacolo… aveva già delle proposte che le balenavano in mente da quando aveva letto quella targa riguardante sua madre… la musica moderna doveva ritornare ad Amapola… non sarebbe stato facile convincerli ma lei voleva provare. “- Io resto a provare in sala di musica… approfitto di tutte le tastiere che trovo visto che a casa non ne ho una! Non ho capito che intenzioni tu abbia ma fammi sapere...” le sorrise Leon, schioccandole poi un tenero bacio sulle labbra prima di avviarsi verso l’aula di Beto. “- Ci vediamo dopo…” esclamò lei, dolcemente, per poi percorrere, cercando di mantenere la calma, il corridoio che portava alla sala professori.
 
 
“- Grazie mille per l’altro giorno… avevo bisogno di qualcuno che mi facesse sentire il suo appoggio. E’ un periodo molto particolare per me e… non è facile affrontarlo da sola.” Angie era in sala professori con Pablo e, visibilmente tesa, stava ringraziando l’amico per l’aiuto. “- Non aggiungere altro. Non sei sola, Angie. Io per te ci sono sempre e sempre ci sarò, lo sai. Per qualsiasi cosa sai sempre dove trovarmi… ecco, io…” sorrise dolcemente l’uomo, che, aggirando la scrivania, si stava avvicinando a lei con l’aria di chi non avesse finito di parlare ma, mentre erano uno di fronte all’altra, sentirono bussare con forza. “- Buongiorno!” Antonio fece il suo ingresso senza nemmeno aspettare risposta, sotto lo sguardo un po' imbarazzato dei due professori. “- Antonio! Che piacere! Ti devo parlare di quanto accaduto con il conte Casal e…” ma il monologo ansioso del direttore fu subito interrotto dall’uomo. “- No, Pablo! Calmati! Non sono qui per questo… mi sono venuto ad interessare un po’ più da vicino dello spettacolo… e smettila di preoccuparti per quel conte da strapazzo! Se ne è andato! Ha capito che la scuola non è in vendita!” lo interruppe subito il preside, nervosamente. “- Sì ma Pablo ha ragione… quel tizio ha messo anche a me un’ ansia assurda! Sembrava così determinato e… deciso. Non lo so, Antonio… e se non si fosse arreso?” chiese Angie, inserendosi nella conversazione, appoggiando le ansie del direttore. “- Finché non si farà di nuovo vivo non capisco perché preoccuparsi tanto! Allora, parlando d’altro… come proseguono le prove per il grande spettacolo?” ma, in quell’istante, un timido bussare alla porta, riecheggiò nella stanza. “- Avanti!” urlò il direttore, interrompendo la conversazione con il preside. “- Ehi! C’è qualche problema?” Angie le corse subito incontro, stringendole le spalle con un abbraccio. “- No, no… volevo proporre un’ idea. E' per lo spettacolo.” avanzò subito con la sua proposta la principessa. “- Ah, ben vengano le idee! Anche perché ci siamo appena resi conto che manca un vero e proprio pezzo finale, nonostante abbia erroneamente fatto già stampare i programmi… e sarebbe un bene che fosse proposto da uno di voi.” sorrise Pablo, cercando la scaletta dell’evento tra le mille fotocopie in disordine,  lasciate di sicuro da Beto, sparse sul lungo tavolo della sala. “- Io… avrei un’ idea che so già che potrebbe sconvolgervi. Ma ascoltatemi prima di giudicarla una follia.” La ragazza si fece così seria che i tre si preoccuparono e si sedettero di fronte a lei. “- Ti ascoltiamo!” sorrise Antonio, con uno strano scintillio negli occhi… quella ragazza aveva qualcosa di familiare… “- Ho… visto la targa fuori dallo Studio. Mia ma… emh, la regina amava la musica, soprattutto quella moderna che il re ha bandito dopo la sua scomparsa, giusto?”. Antonio, Angie e Pablo ascoltavano in silenzio e annuirono per non interromperla. Erano alquanto confusi… non sapevano dove volesse andare a parare la giovane. “- Bene, io e suppongo che anche i miei compagni siano d’accordo e, ecco… vorremmo far capire al re che la musica, tutta, deve ritornare ad Amapola. Non ce  la puo’ togliere. La regina non avrebbe voluto e se ci tiene ancora a lei, alla sua memoria, dovrebbe rispettare quelli che sarebbero i suoi voleri. Sua figlia… non lo vorrebbe uno spettacolo così… noioso! Nessuno accetta più questa situazione.”. I due insegnanti e il preside, a quel punto, la interruppero. “- Cosa vorresti fare? Hai qualche idea? E poi mi chiedo… tu, nonostante tuo padre… vuoi comunque esserci allo spettacolo?” le chiese Pablo, facendo voltare Antonio nella sua direzione. “- Tu… lei è chi penso che sia, vero, Angie?”. Antonio sapeva chi fosse Angie in realtà e lei le aveva raccontato del suo ritorno, prima ad Amapola e poi sotto falso nome, a palazzo, come istitutrice di Violetta… la bionda però, non aveva accennato a la faccenda di Lidia, solo Pablo sapeva della Mendoza. Il preside conosceva Maria, fondatrice della scuola che aveva affidato a lui la presidenza, dati i suoi impegni reali. L’anziano uomo, sapeva tutta la storia di Angelica e di Angie, spedita in Europa e che lui stesso aveva riassunto, come omonima della sorella minore della regina, una volta ritornata nel regno di German. E, adesso, sospettava di sapere chi fosse la giovane. Violetta guardò scioccata l’uomo. “- Violetta… Castillo.” rispose con calma Angie lasciando la giovane senza parole. “- Io… conoscevo bene tua madre… ha fondato lei la scuola. E tu, figliola, le somigli tantissimo.” le sorrise il preside sotto lo sguardo sconvolto della giovane. “- Angie! Perché glielo hai detto?” esclamò poi la ragazza, voltandosi verso la bionda con aria scioccata. “- Lo aveva capito di suo. Tranquilla, fidati di lui… sa molte più cose di quanto tu non possa nemmeno immaginare…” disse, dolcemente, la donna. “- Bene, torniamo alla tua idea, ho capito che vuoi rischiare e vuoi partecipare allo spettacolo sotto gli occhi di tuo padre e di tutta Amapola… ma questa è una tua decisione, non posso importi di non farlo…” borbottò Pablo, prendendo poi a fissare Angie che si incupì. Il re si era bevuto la storia della biblioteca e ora avrebbe scoperto dello Studio. Sarebbe stata la fine! “- Se lei vuole così… va bene, rischierò anch’io. E’ giusto che il padre accetti il volere di Violetta.” sentenziò la bionda, sorridendo alla giovane. Sarebbe stata l’occasione per parlargli… per dirgli tutta la verità anche sulla sua vera identità… prima o poi avrebbe dovuto comunque farlo!
“- E, per quanto riguarda la musica moderna e la danza moderna? Cosa hai pensato?” chiese con calma Antonio, sorridendo alla giovane con garbo. Le ricordava così tanto la regina… lui, essendo un fido consigliere dei Saramego, era amico di Maria… e la sovrana, fidandosi cecamente di lui era stata felice di consegnare la  scuola nelle sue mani. “- Io voglio prendere parte ad un solo pezzo, non a tutto lo spettacolo… uno solo. Alla fine. Pop e super moderno… dovrebbe essere una sorta di mini musical… in un solo brano conclusivo. Una conclusione... come dire: scoppiettante!” Esclamò, euforica, Violetta, immaginandosi già la scena. “- Che cosa?! Ci faranno chiudere! No, Antonio non possiamo è contro la legge! No! Poi altro che Casal! Ci rovineremo con le nostre stesse mani!” disse nervoso Pablo, alzandosi e cominciando a girovagare per la sala, più teso di una corda di violino. “- Io penso che Violetta abbia ragione… è arrivato il momento che suo padre si renda conto di ciò che ha fatto togliendoci la musica che Maria ha tanto amato.” rispose Antonio, con la solita calma. “- Non credo sia una buona idea, mi dispiace. Rischiamo se Violetta partecipa al pezzo finale… rischia lei, Angie, e anche io… e soprattutto tu, Antonio. Il re già ci farà chiudere… ci arresta tutti! Sicuro! Figuriamoci se si aggiunge il fatto che il concerto abbia un finale… moderno… odio fare il guastafeste soprattutto in questo caso in cui sarei il primo ad essere d’accordo con voi… ma ragioniamo!” strillò il direttore, continuando a girovagare, nervosamente per la stanza. “- Non puo’ farci chiudere, questo è sicuro! Altrimenti scoppierebbe una guerra … questo è il luogo in memoria di Maria, l’unico che non puo’ toccare e lui lo sa benissimo. Nemmeno se è il sovrano potrà qualcosa contro il Classic Studio o Camelias si opporrebbe. E sono certo che, davanti alla stampa che assisterà all’evento, Castillo non vorrà dare altri scandali!” borbottò, stavolta un po’ più stizzito, l’anziano preside. Camelias? Perché il regno sotto il controllo, ormai di suo padre, senza più regnanti dei Saramego, si sarebbe dovuto opporre se sotto lo stesso potere del re di Amapola? Pensò la ragazza ma non ebbe il tempo di chiedere… però aggiunse altro: “- Vi prego. Se non rischiamo ora, non riporteremo mai tutta la modernità della musica e della danza ad Amapola.” rispose la principessa, avvicinandosi ai docenti. “- Pablo… in effetti Antonio e Violetta non hanno tutti i torti… il re sta diventando sempre peggio e non potrà farci chiudere. Sai che ribellione avverrebbe da parte del regno di Maria?” ma il moro la interruppe. “- Io non sono d’accordo… è un rischio troppo grande.” sibilò, preoccupato come mai, il direttore. “- Violetta, pensa ad un brano… qualcosa che metta in pratica la tua idea… con una coreografia, magari o una canzone che tratti di una storia, insomma… un mini musical conclusivo! Facci sapere.” sorrise Antonio, ignorando del tutto i due professori che continuavano a battibeccare. “- Quindi accetta la mia proposta? Sul serio?” sorrise la giovane, osservando speranzosa il preside. I due docenti, intanto, si erano subito azzittiti nell’ascoltare ciò che Antonio aveva appena detto alla ragazza. “- Vediamo che cosa riesci a comporre, a creare… a lavoro, signorina!” ridacchiò l’uomo, osservando la principessa correre fuori sprizzando gioia da tutti i pori.
“- Sapete tutti quanto non sopporti le restrizioni del re! Ma io dico che se vedrà la figlia su quel palco in un pezzo pop per giunta… assistendo a questo finale fuori dai canoni di Amapola ci fa giustiziare tutti. Angie in primis…” borbottò Pablo, pessimista come non mai, quando la ragazza uscì, nella sala dei docenti si erano aggiunti anche Beto e Anita a cui era stato spiegato il fatto. “- No, ti ho già detto di star tranquillo. Non potrà fare peggio di ciò che ci ha già fatto. Io appoggio l’idea della ragazza. Vediamo cosa ne viene fuori…” esclamò di nuovo Antonio, uscendo seguito dalla Dominguez e da Benvenuto che non staccò nemmeno per un secondo gli occhi di dosso alla ballerina.
 
 
“- E’ impazzito. E’ ufficiale. Antonio è impazzito, ne sono certo. E anche tu Angie… io proprio non ti capisco e mai ti capirò! Sei pronta a correre tutti questi rischi? Ok, sono d’accordo sul fatto che debba dire la verità… almeno cerca di scoprire prima qualcosa su Lidia, però! Ma, quando al concerto German capirà di tutta questa cospirazione contro di lui e le sue assurde leggi… non voglio immaginare a cosa potrà succedere. Tu ci hai pensato? Probabile che, dopo aver scoperto la tua vera identità e aver saputo il fatto che tu abbia portato la figlia qui… dichiarerà guerra a Camelias o al Classic Studio, o tutte e due le cose contemporaneamente!”. Il monologo del direttore era interminabile. Camminava ancora avanti e indietro per la sala, ormai nella quale c’era solo lui e la Saramego, seduta, con lo sguardo basso, sulla sedia di fronte a lui. “- Sai che ti dico? Sì, io sono pronta a rischiare. Se è per la felicità di mia nipote e di tutta Amapola… sì. Che mi sbatta nelle segrete! Che faccia quello che gli pare! Io lo sto aiutando con la faccenda di Lidia… non potrà nulla contro di me… o…” ma lei si interruppe di colpo, come intimorita. “- O… cosa? Vuoi minacciare il sovrano, Angie?” gridò stizzito Pablo, fermandosi di fronte a lei. “- Se necessario sì. Dirò a tutti i giornali che al castello tiene prigioniera la regina Maria… o… qualcosa del genere… e non scherzo!” esclamò, con tono deciso e serio, la donna. “- Sei coraggiosa, sai?” borbottò il moro sarcasticamente, andandosi a versare del caffè da una caraffa semi vuota sulla scrivania di fronte a loro. “- E tu evita il caffè che sei già troppo nervoso di tuo. Antonio ha accettato. Accettalo anche tu e non remare contro tutto e tutti! Che ti prende? Bah, non ti capisco! Meglio che vada, ciao!” urlò Angie, afferrando la borsa e dirigendosi verso l’uscita con aria nervosissima e sbattendo la porta in stile Anita. Forse Pablo non aveva nemmeno tutti i torti. In un solo evento avrebbero corso troppi rischi… lei in primis… Violetta, Antonio, lui che era il direttore… ma, in alcuni casi, per ottenere qualcosa bisognava rischiare. E quello era uno di quei momenti.
Pablo, invece, tornò in direzione per terminare un lavoro che aveva lasciato prima in sospeso. Non riusciva a credere a quello che Antonio voleva consentire. Lui odiava a pelle German Castillo, sapeva ciò che aveva fatto ai Saramego dopo la scomparsa di Maria, i divieti che aveva imposto a tutta Amapola da vero egoista. Non concepiva la sua maniera di governare… avrebbe voluto cospirare anche lui contro quel sovrano, come aveva intenzione di fare Violetta sotto il consenso di Antonio. Ma aveva timore. Non molto per lui… ma per Angie. La sua Angie. Non voleva che, una volta scoperta la sua vera identità e quello che aveva consentito a Violetta, se la fosse presa con lei. Non glielo avrebbe consentito. Se la principessa, adesso, stava diventando una persona felice e non più una prigioniera come era prima… era proprio grazie a sua zia. Odiava battibeccare con la persona che amava e si sentiva dannatamente in colpa. Ma appoggiare quel progetto, per lui che era sempre fin troppo razionale, era inconcepibile. Una sola canzone sotto forma di musical. Il re li avrebbe giustiziati, secondo lui. Ma a tenerle il broncio per troppo tempo proprio non ce la faceva. Doveva chiarire subito con lei.
“- Angie… devo dirti una cosa importante.” era uscito dal suo ufficio quasi meccanicamente e, senza nemmeno bussare, era entrato nell’aula di canto… solo corale o lirico, purtroppo. Angie lo guardò un po’ male, da dietro alla tastiera. “- Aspettatemi un secondo… sono subito da voi.” disse, tenendo sempre d’occhio il direttore, fuori dalla porta. “- Che vuoi? Sei venuto a farmi ancora la morale? Non ti è bastata quella in sala professori?” borbottò lei, una volta arrivata in corridoio, di fronte al moro. “- No. Sei tu quella che rischia di più… e se ti ho fatto la predica è solamente perché ho paura per te, ecco tutto. Ma, se tu e Antonio siete d’accordo… lo sarò anch’io. Domani parlerò ai ragazzi di questa… folle… idea. Se siamo insieme… tutti insieme, Castillo non potrà arrestarci in massa… o no?” rise l’uomo, guardandola negli occhi. “- Insieme siamo migliori, Galindo. Ce lo ha insegnato lei… o sbaglio?” sorrise finalmente lei all’uomo che la guardò dolcemente. “- Appunto.” Esclamò il moro, perdendosi a fissarla per un attimo. “- Lo sapevo che lo facevi per me… ma mi hai fatto arrabbiare. Stai diventando più rompiscatole della Dominguez!” ridacchiò lei, scostandosi una ciocca dietro l’orecchio, imbarazzatissima per un secondo di silenzio. “- Molto gentile, grazie…” disse, ironico, Pablo, schioccandole un bacio sulla guancia e, senza aggiungere altro, se ne tornò in ufficio, lasciando lei fuori dalla classe, imbambolata e con aria sognante.
 
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 Eccoci al capitolo 19! Antonio ha accettato la proposta che potrebbe rivoluzionare (chissà se nel bene o nel male…) Amapola! Pablo inizialmente non era affatto d’accordo… ma ha ceduto e lo ha fatto per Angie! (Ok, amo quei due… si è capito!) E, passando all’altra coppia che amo… non sono dolcissimi? Hanno cantato insieme ‘En Mi Mundo’! Io adoro troppo i Leonetta! E va beh… continuate a seguirmi in questa intricata e forse anche folle… storia! Baci :)
 

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Capitolo 20
*** Idee geniali e una chiave misteriosa... ***


Quella mattina allo Studio c’era un clima particolarmente frizzante. Ed era inusuale per quel luogo a cui sembrava essere stata sradicata l’allegria dei tempi della regina. “- Chissà cosa ci sarà di tanto importante da dirci!” sorrise Francesca, seduta sul muretto esterno della scuola. “- Sarà di certo qualcosa che riguarda lo show per la famiglia reale…” esclamò Federico, continuando a stringere le spalle della fidanzata che, senza pensarci due volte, appoggiò la testa sulla spalla di lui. Sognava da tempo di essere la ragazza di Federico… gli piaceva da sempre ed ora che tra loro andava tutto a meraviglia e stavano insieme quasi non riusciva a crederci. “- Buongiorno, piccioncini!” Camilla, mano nella mano con Luca, si avvicinò alla coppia con aria furba. “- Piccioncini noi? Senti chi parla! E voi, allora?” rise l’italiana, salutando con la mano anche tutti gli altri che stavano arrivando.  Gli ultimi ad aggiungersi al gruppo di amici, che non facevano altro che parlare di quella “novità” a cui aveva accennato il direttore, furono Leon e Violetta che arrivarono sorridenti, chiacchierando tra loro. Non appena la principessa sentì quel discorso sulla riunione richiesta alla prima ora, sorrise istintivamente… lei sapeva benissimo di cosa si trattava. Ipotizzò subito che volessero sicuramente informare anche gli altri di quella modifica allo spettacolo.
“- Cos’hai da ridere tu? Sai qualcosa che noi non sappiamo?”. Come si poteva nascondere qualcosa a Camilla? Capiva sempre tutto al volo, e, tra lei e Francesca era impossibile far finta di nulla… beh… almeno era riuscita a nascondere la sua identità… ed era già qualcosa!
“- Diciamo che pensavo a quanto vi piacerà questa riunione straordinaria…” disse, con un sorrisetto buffo e furbetto, la Castillo. “- Lo sapevo! Tu sai qualcosa! Avanti… dicci tutto!” strillò Francesca, alzandosi di colpo e mettendosi di fronte a lei che, invece, si andò a sedere subito vicino a Leon che ridacchiava perché sapeva già tutto della modifica dello spettacolo. “- Ragazzi! Tutti dentro! In sala teatro per la riunione, forza!”. Angie apparve sull’uscio dell’accademia e invitò tutti ad entrare. Una bolgia di studenti si affrettò, a quel comando, a recarsi verso il luogo stabilito, curiosissimi come non mai e aspettando con ansia quelle notizie che parevano essere un mistero per tutti. La  classe si riempì in un secondo e un brusio divenne sempre più forte, fino a diventare un caos unico.
“- Buongiorno, ragazzi!” Antonio entrò nella sala seguito da Pablo e dagli altri professori che parlottavano tra loro nervosamente. I ragazzi si stupirono del fatto che fosse addirittura il preside a conferire con loro e non il direttore come al solito. Doveva essere proprio qualcosa di importante quello che avevano da dirgli! “- Siamo tutti qui riuniti perché abbiamo qualcosa di serio da dirvi.” A quelle parole, i ragazzi si preoccuparono anche un po’, cominciando a farsi un veloce esame di coscienza, per capire che danno avessero potuto creare. “- Antonio! Confesso! Ho rubato io la penna nell’aula di musica! Era lì, non sapevo di chi fosse e… la posso restituire!” Andres era balzato in piedi e tutti presero a fissarlo straniti. Ci fu un attimo di silenzio ma, dopo pochi secondi, tutti scoppiarono in una fragorosa risata, lasciando il giovane sconvolto che, per fortuna, fu tirato a sedere da Andrea da un lato e da Leon dall’altro. “- Grazie, Flores e Vargas …” sorrise Antonio, mentre anche gli insegnati ridacchiavano ancora sotto ai baffi. “- Allora… una vostra compagna, una coraggiosa compagna, aggiungerei… ci ha dato un’idea per quanto riguarda lo spettacolo per la famiglia reale. Voi sapete che, il pezzo conclusivo era ancora in sospeso e bene, l’ultimo sarà una sorta di mini musical, pop!”  I ragazzi rimasero alquanto scossi e sconvolti, tanto da rimanere zitti per un minuto buono. Poi, subito dopo, un allegro clima diventò quasi un boato all’unisono di festosità. I ragazzi non credevano alle loro orecchie! Davvero gli avrebbero consentito qualcosa di più… movimentato? Di fronte al re? Nessuno, nella mente di nessun alunno balenò l’idea che tutto quello fosse un rischio inaudito per la scuola… erano solamente felici di poter, finalmente, riportare tutta la musica nel regno. “- Mi scusi, Antonio!!!” la vocina irritante di Ludmilla riecheggiò nella stanza. Tutti si azzittirono di colpo e la fissarono straniti. Voleva rovinare anche quel momento? “- Io sono d’accordo, come tutti, ovvio… ma chi comporrà questo  mini musical? Insomma… io avrei delle idee… e, indubbiamente, io sarei la protagonista perfetta! Qualunque sia la trama!”. Gli altri allievi la fissavano un po’ sconcertati. Ma quanto poteva essere odiosa quella contessina? “- No, mi dispiace deluderti Ludmilla ma la coraggiosa alunna che ha avuto quest’idea merita di dedicarsi appieno alla composizione di questo progetto… Viola Casillas che, ovviamente, farà anche da regista, scegliendo i ruoli per tutti!”. Adesso gli occhi dell’intera sala si posarono sull’ultima arrivata. Quella timida e misteriosa ragazzina, di cui quasi nessuno sapeva nulla, aveva potuto pensare a quel audace finale per lo show. “- Viola! Sul serio? Era quello di cui parlavamo ieri!” sorrise Nata alla giovane. “- Io… beh, sarebbe un onore per me occuparmene personalmente!” sorrise lei, timidamente, ad Antonio e al resto degli insegnanti in fondo all’aula.
Ludmilla sbiancò. La principessina le voleva fregare anche quello. La sua idea aveva reso tutti improvvisamente coraggiosi e incuranti delle possibili conseguenze… lei avrebbe fatto di certo da protagonista… sicuramente o con Leon o con il suo Thomas. Non l’avrebbe mai permesso… era arrivato il momento di rivelare a tutti chi fosse, in realtà, la Casillas. Sapeva che conoscere quel segreto della principessina le avrebbe fatto comodo… come le avrebbe fatto comodo continuare a fare l’amichetta con lei… forse anche al re sarebbe interessato molto che la figlia, in verità, frequentava, in segreto, quella celebre accademia di musica, che cantava e si dedicava a ciò che lui aveva vietato, a quello che era contro le leggi di Amapola. Doveva solo aspettare il momento giusto. E, soprattutto, aveva bisogno di prove… prove da mostrare a tutti.
 
 
“- Hai avuto un’idea geniale, bravissima!” Leon arrivò alle spalle di Violetta, facendola voltare di colpo. Un enorme sorriso si disegnò automaticamente sul viso di lei, facendo rimanere quasi imbambolato il giovane Vargas a fissarla con un luccichio particolare nei grandi occhi verdi. “- Non è poi così geniale! Io la definirei più rischiosa, folle, pazzesca, forse anche coraggiosa… ma non so… proprio geniale non mi sembra!” rise lei, afferrandogli la mano istintivamente. Le lezioni erano finite prima e Angie, rimasta in direzione a parlare con Pablo, le aveva permesso di tornare a palazzo con Leon, dopo il solito milione di raccomandazioni tra le quali: “- Ricordatevi di non entrare insieme a palazzo! Violetta tu aspettami al solito angolo… Altrimenti il re sospetterà qualcosa! Qualunque cosa! E se ti vedrà rientrare senza di me… ci fa fuori! A entrambe!” aveva quasi urlato, tesa ai due, dicendogli che li avrebbe raggiunti prima possibile. “- Non è vero… io dico che la tua idea è anche tutte queste cose… ma soprattutto geniale!” rispose il ragazzo, continuando a camminare piano con lei, mano nella mano, guardandola dolcemente. In quel preciso istante avrebbe voluto fermare il tempo. Quei momenti con lei potevano goderseli solo fuori dalle mura del castello… odiava quella situazione… ma era meglio di nulla! Avevano chiarito, erano felici e innamorati. Non voleva pensare al ‘dopo’. Alla vita regale che avrebbe aspettato la giovane. Voleva cogliere l’attimo e godersi quel momento con lei, vivendo appieno solo quel meraviglioso presente con la sua principessa. “- Hai già qualche idea per il finale, quindi?” chiese ancora il giovane stalliere, rallentando ancora di più il passo. Più piano camminava e più tempo aveva per stare con la sua amata. “- No… o meglio, l’idea di base c’è. Ma mi mancano ancora un po’ di dettagli importanti!” esclamò lei, elettrizzata al solo pensiero. “- Sei molto forte e determinata… altro che la principessina rinchiusa nella torre… e ti amo proprio per questo. Tu sei… diversa. Sei speciale.”. A quelle parole la ragazza si voltò di colpo verso di lui e lo baciò, improvvisamente. Senza pensarci su. Senza rifletterci. Senza pensare al passato, al futuro. C’erano solo lei e Leon. Il suo Leon. “- E questo era per...?” ridacchiò con sguardo furbo il giovane. “- Perché ti amo, e sei la persona migliore che mi potesse capitare di incontrare in tutta la vita.” Un dolcissimo sorriso si disegnò sul volto di lei. Era certa di quello che provava. Era sicura di aver detto quel ‘ti amo’ con il cuore, con la mente, con tutta sé stessa e voleva stare con lui. Anche se gli ostacoli, era consapevole, sarebbero stati tantissimi… ma ormai vi era abituata. Chi l’avrebbe mai detto che una principessa potesse avere tanti problemi? Tutto ciò che amava le era proibito! Ma di una cosa era sicura, al 100%: niente e nessuno le avrebbe mai potuto portare via il suo grande amore, di questo ne era certa. “- Vai prima tu, io aspetto Angie.” Esclamò lei, arrivati al solito angolo in cui si rincontrava con la donna per ritornare insieme a palazzo. “- Ci vediamo, principessa…” le sussurrò Leon all’orecchio, facendo sì che un brivido le corresse giù per la schiena. Lo fissò allontanarsi con aria sognante, fino a quando la voce della sua istitutrice la fece sobbalzare. “- Eccomi!” urlò, correndo verso di lei, quasi cadendo per la gran fretta. “- Ehi! Non preoccuparti, siamo in perfetto orario!” sorrise la ragazza, con aria divertita, aiutando la donna a raccogliere alcuni registri che nella ‘semi caduta’ le erano volati nel bel mezzo del marciapiede. “- Che sorriso! Cosa ti è successo? Devi dirmi qualcosa?“ disse, con l’aria di chi la sa lunga, la bionda, rialzandosi e nascondendo tutti quei fogli in borsa. “- Diciamo che io e… Leon… ecco…” balbettò la ragazza, prendendo a camminare accanto alla donna che la fissava incuriosita. “- Diciamo che state insieme?” rise Angie, fissando l’espressione sorpresa della nipote. Sapeva e capiva sempre tutto. Come ci riusciva? “- Più o meno ma, insomma, puoi immaginare come la prenderebbe papà… Leon non è un nobile, tanto meno un principe… è uno stalliere! E io sono l’erede al trono! Il nostro futuro è complicato.” Concluse, abbassando lo sguardo, la ragazza. “- Il futuro non è mai complesso… siamo noi gli artefici di quello che vivremo. La vita è un libro dalle pagine bianche. Noi stessi scriviamo il nostro destino.” Sentenziò l’istitutrice, fermandosi di fronte a lei.
“- Wow, come sei poetica! Però hai ragione, sai?” disse, prendendo a riflettere, la ragazza, socchiudendo gli occhi nocciola con aria sognante. “- Tesoro, il tuo futuro dipende solo da te… non ti abbattere! Pensa positivo e…” “- Siete in ritardo.”. La voce del sovrano, all’imbocco del cancello esterno, interruppe la conversazione tra le due che presero a fissarlo, per poi scambiarsi una rapida occhiata, molto eloquente. Quello era un’altra cosa che adorava di Angie. La capiva senza bisogno di parole. “- Ci scusi. Abbiamo studiato un sacco oggi, vero Vilu? E comunque siamo in perfetto orario! Controlli!” rise nervosamente la bionda, affrettando il passo e cingendo le spalle della ragazza, lasciando il re impalato lì fuori, che le fissava nervoso per quell’atteggiamento.
“- Tu sei impazzita! Ora ne sono certa!” esclamò divertita Violetta, guardando Angie che stava ormai quasi correndo per arrivare al portone del palazzo. “- Avevi ancora qualche dubbio?” chiese, con una faccia buffa, la donna. “- Studia per domani! Non sia mai che quel folle del sovrano ti faccia qualche domanda a tradimento… o che voglia assistere a qualche interrogazione! Tuo padre è imprevedibile! Evitiamo altri problemi.” borbottò poi Angie. “- Certo!” rispose lei, osservando come la donna si guardasse intorno in modo guardingo, come se cercasse con gli occhi qualcuno. “- Bene… ah, inizia a pensare a qualcosa per il finale dello spettacolo! L’idea è tua… e sono sicura che sarà fantastico!” esclamò la professoressa, avviandosi di nuovo sul vialone che l’avrebbe riportata fino al cancello esterno… le era venuta un’ idea geniale, ma doveva parlarne con German prima. Nella sua testa, ormai, era sempre e costantemente presente quella Lidia… e, ovviamente, quell’idea riguardava la sua “presunta sorella”. “- Mi metterò subito al lavoro per lo show! Pur restando in incognito, chiaramente. A domani!” salutò con la mano la ragazza, per poi arrivare al portone principale del palazzo, circondato da guardie che, non appena la giovane varcò la soglia, si misero sull’attenti all’istante.
 
 
“- Altezza! Mi scusi per prima! Devo parlarle, da sola.” German non era più nei pressi del cancello esterno ma, dopo vari giri del palazzo, senza risultati, Angie lo trovò nella sala del trono, seduto accanto a Jade La Fontaine che, nel sentire quelle parole, si alzò stizzita, lanciando prima un’ occhiataccia alla donna poi una falsamente dolce al sovrano, e, di seguito, uscì a rallentatore, trascinandosi controvoglia sul tappeto rosso che attraversava l’enorme stanza. “- Ci sono novità su Lidia Mendoza?” chiese l’uomo, fissandola con aria interrogativa, scendendo dal piccolo podio e prendendo a camminare nervosamente per l’enorme sala. “- No. Purtroppo no. Ma mi è venuta un’idea. Ho letto in biblioteca che per far ritornare la memoria ad una persona, sempre a patto che la nostra ipotesi sia valida e che quella donna possa essere Maria, la regina Maria, bisognerebbe mostrarle qualche oggetto del suo passato. Ma qui a palazzo non ho visto nulla di sua moglie…”. Quella conversazione fece incupire di colpo l’uomo. Si bloccò di fronte a lei e la fissò negli occhi, non sapendo come rispondere. “- Violetta non deve… vivere nel passato. Tutto quello che c’era di mia moglie è… in un posto sicuro.” sentenziò il re, riandandosi a sedere nel posto che gli spettava. “- Bene, in questo ‘posto sicuro’ di cui parla… ci devo andare io, con Lidia. Violetta, se proprio vuole, non ne saprà nulla. Anche se mi sembra assurdo che le nasconda tutto…” riuscì a dire Angie, mordendosi poi il labbro nervosamente. “- Cosa intende per tutto? Cosa… cosa sa, lei, signorina Salinas?” tuonò Castillo, facendo rabbrividire la donna per quell’aria così severa e autoritaria. “- Quello che sa tutto il popolo. Nient’ altro.” Balbettò lei, scostandosi una ciocca bionda dietro l’orecchio con fare nervoso. No. Lei sapeva di più. Sapeva bene la faccenda del regno di Camelias, di sua madre Angelica… ma non poteva assolutamente parlarne.
A quel punto, German si diresse verso un enorme specchio con una cassettiera d’oro massiccio, in fondo alla sala, alla loro destra. Aprì uno dei cassetti e sollevò un doppio fondo con qualche difficoltà… sembrava incastrato… forse perché era restato chiuso da fin troppo tempo. “- Ecco. Ne abbia cura. E faccia in modo che questa non capiti mai nelle mani sbagliate… o nelle mani di mia figlia.” Una grande chiave dorata, con un lungo cordone rosso porpora, pendeva dalle mani del sovrano che la mise al collo della donna, come una medaglia. Angie la fissò per un secondo, girandosela tra le dita con aria sorpresa. “- Cosa apre?” chiese subito, togliendosi il cordoncino dal collo e osservando minuziosamente quel misterioso oggetto. Sull’impugnatura era incisa una grande ‘M’ in corsivo, elegantemente intagliata. “- Ha presente la torre… ‘diroccata’? Nell’ala est del castello?”. Angie ne aveva sentito parlare. Quella parte del palazzo era vietata a tutti perché definita cadente e pericolosa. In effetti le sembrava strano che, in un palazzo così maestoso, il re non avesse mai pensato di far restaurare quella zona. “- Quella torre… non è mai stata cadente. E’ solo vietato l’accesso a tutti i presenti a corte. Solo io ci sono salito. Beh, salga la scalinata in legno fino in cima. La porta che vedrà di fronte a lei corrisponderà alla serratura che apre questa chiave. Mi raccomando… prenda qualche oggetto e lo riposi subito, dopo che Lidia lo avrà visto. Non ci porti anche lei… quel posto è e deve restare segreto a tutti.” Mentre la donna continuava a tenere la chiave tra le mani, disse, con lo sguardo su quell’oggetto: “- Lidia è una brava persona. Se dovesse sapere di quella stanza non ne parlerà con nessuno. Stia tranquillo, le spiegherò la faccenda. La porterò lassù con una qualche scusa.”. German rabbrividì istintivamente. Forse stava facendo troppo affidamento su quell’istitutrice. E poi lei sembrava tenerci così tanto a quella missione… chissà come mai, poi! “- E va bene. Mi voglio fidare di lei, non mi deluda. A domani.” Salutò il re, lanciando un’altra occhiata alla donna e lasciando la stanza con il suo solito passo fiero. Angie stava per fare lo stesso ma, ancora con la chiave in mano, si ritrovò di fronte Violetta. “- Ehi! Cosa ci fai ancora qui? Tu non eri tornata a casa tempo fa?” chiese la ragazza. Un’azione fulminea permise alla donna di voltarsi, dando le spalle alla principessina e mettere in borsa la chiave che si impigliò subito ad un'altra catenina, presenza costante con lei. “- Emh… Vilu! Dovevo parlare a tuo padre dei tuoi progressi nello studio… ho cambiato idea e sono tornata indietro per conferire con lui di questo! Ne è stato felice, sai? Ma ora devo proprio scappare. A domani! Stavolta vado sul serio!” esclamò la donna che, senza nemmeno dare il tempo alla ragazza di fare altre domande, la sorpassò di corsa e si precipitò in men che non si dica fuori dal castello. Tirò un sospiro di sollievo solo quando varcò le mura di palazzo Castillo. Ora veniva la parte difficile. Per verificare se quella fosse davvero sua sorella, aveva bisogno di portarla in quella stanza misteriosa… vedere la sua reazione, se ricordasse qualcosa di quel suo ipotetico e polveroso passato, messo sottochiave dal re. Mentre camminava verso casa, a testa bassa, ormai nel buio della sera, si scontrò di colpo con qualcuno. “- Stia più atte… Pablo!” sorrise poi, mettendo a fuoco l’espressione simpatica e familiare del suo migliore amico. “- Mi scusi, sono desolato, principessa!” ironizzò subito lui, facendo sì che lei si stizzisse istantaneamente. Sapeva che in pubblico non doveva chiamarla così per nessuna ragione al mondo… anche se adorava quando lo faceva... “- Come mai quel faccino preoccupato? Torni da palazzo?” chiese subito lui, prendendo a camminare al suo fianco. Non gli sfuggiva mai niente! Non gli si poteva nascondere nulla! “- Sì, torno da lì.” balbettò la donna, pensierosa. inizialmente non sapeva se avesse dovuto parlarne con qualcuno… quella chiave era un segreto solo tra lei e il re e, forse da lì a poco con Lidia. Ma Pablo non era un ‘qualcuno’ qualsiasi e di lui si fidava cecamente… era una delle persone migliori che avesse mai incontrato in vita sua. “- Hai tempo?” chiese la donna, fermandosi di fronte a lui. “- Per te ho tutto il tempo che desideri…” ridacchiò il direttore, sorridendole dolcemente. “- Vieni… andiamo a casa mia. Giuro che sta volta non brucerò nulla!” disse il moro, sarcastico, ricordano la cena precedente e facendola scoppiare a ridere. “- Ti adoro! E’ un invito a cena?” chiese subito lei, con un velo di imbarazzo e arrossendo fino alla punta delle orecchie. “- Se vuoi… se ti fidi ancora un minimo di me e del mio talento culinario potrebbe esserlo!” scherzò l’uomo, come al solito simpaticissimo, strappando anche a lei un sorriso, nonostante la giornata pesante. “ - Accetto volentieri… ma lascia stare i fornelli e le tue doti da grande chef di cui non mi fido nemmeno un po’… alla cucina ci penso io!” esclamò lei, varcando il giardino di casa Galindo mentre lui, prendendo coraggio, le cinse le spalle in un  abbraccio.
 
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Eccoci qui! Questo capitolo mi piace… spero piaccia anche a voi! ^-^ La parte Leonetta… afdfefgsth *-* ok, non posso impazzire, così! Devo prima finire la storia! Quindi ritorno in me! Lol Poi c’è il mistero della chiave della stanza della torre… chissà cosa nasconderà ancora il re! E la parte finale Pangie… ok, adoro questo capitolo! XD Me lo dico da sola! Fatemi sapere cosa ve ne pare! Alla prossima, ciao! :)

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Capitolo 21
*** Un tuffo nei ricordi. ***


Quella domenica mattina si prospettava più calda del solito, nonostante un fitto strato di nubi che non promettevano nulla di buono… forse tutta quella estrema calura era dovuta proprio ad un imminente temporale.
Angie aveva appena varcato il cancello principale e camminava a passo svelto sul vialone che portava al portone principale del palazzo. Doveva vedere Lidia Mendoza. Voleva assolutamente portarla in quella torre, in quella stanza misteriosa. La sera prima ne aveva parlato anche con Pablo che, ovviamente, le aveva fatto sentire tutto il suo appoggio come sempre, dandole coraggio. Ma, una volta giunta in quel giardino le tremarono per le gambe per tutto il tragitto per il nervosismo. Aggirò l’entrata principale del castello e si avvicinò alla piccola porticina in legno che era l’entrata alle cucine, dove avrebbe trovato di sicuro la donna. Per un secondo si bloccò a fissare una delle imponenti torri del palazzo. Non era quella indicata dal sovrano, quella si trovava dal lato opposto a dove era lei in quell’istante, ma le venne la pelle d’oca al pensare che avrebbe rivisto, a distanza di anni, tutti gli oggetti di sua sorella, nascosti in quella misteriosa camera di cui aveva parlato il re.
“- Angie!” la voce di Lidia la fece sobbalzare, tesa già com’era, non ci sarebbe voluto molto a farle prendere un colpo. Fu addirittura la Mendoza ad andarle incontro mentre l’istitutrice era ancora immobile, e, con naso all’insù, aveva ripreso a fissare il torrione sopra di lei. “- Lidia, come va?” disse, lei, nervosa, abbozzando un sorriso tesissimo. Un tuffo al cuore. Ogni volta che incrociava quegli occhi così simili ai suoi, a quelli di Maria, si sentiva così strana: Felice… ma allo stesso tempo cercava di essere cauta per evitare di illudersi.
“- Tutto bene, grazie. Oggi ho tantissimo da lavorare in cucina!” iniziò la Mendoza, appoggiando sull’erba la cesta che teneva in mano. “- No. Oggi invece no.” sorrise Angie, lasciando un po’ stupita l’altra che prese a fissarla con aria sospettosa. “- Come mai?” chiese, ridendo, la donna. “- Ho parlato con il re ieri sera… ha detto che mi devi dare una mano a riordinare un posto! Ed è importante che ce ne occupiamo solo noi due.” ma Lidia interruppe subito la Saramego. “- Come, scusa? Io lavoro come aiuto cuoca… nelle cucine! Hai presente? Dove si impasta, inforna e spadella! E poi tu… non sei l’istitutrice della principessa? Cos’è ti hanno cambiato lavoro a corte?” rise la Mendoza, riprendendo il cesto dal suolo. “- Quante domande! Vieni con me! Vedi? Il re mi ha dato questa!” esclamò Angie, cercando di apparire il più convincente possibile, scavando qualcosa dalla borsa ed estraendone la chiave d’oro massiccio. “- Dobbiamo riordinare questa stanza… ci vieni o ci devo andare da sola e devo anche riferirlo a Castillo?” chiese impaziente la più giovane, agitandole la chiave davanti agli occhi, tenendola per il cordone rosso. Lidia la fissava come se si fosse ipnotizzata nel vedere quell’ondeggiare. “- Va bene, ok! Non dire nulla al re… porto questo in cucina e andiamo. Tu aspettami un secondo qui.” si decise la presunta regina, riportando la spesa nelle cucine e precipitandosi di nuovo fuori. Ancora non le era chiaro il perché dovessero andare in quella camera a riordinare… e soprattutto perché se ne dovessero occupare proprio lei, una serva delle cucine e l’istitutrice della principessa, ma non fece altre domande. Se quello era il volere del sovrano, bisognava accettarlo in silenzio. Camminarono l’una al fianco dell’altra per un po’, fino all’arrivo alla torre ad est del castello, chiacchierando del più e del meno… Angie fu felice di non doverle dare più spiegazioni su quell’insolito incarico e, spesso, si incantava a fissarla, tanto da farsene accorgere al punto tale che, l’altra, ripeteva in continuazione se avesse qualcosa sul viso.
“- Emh… io non so se tu lo sappia… ma appena sono arrivata qui a palazzo a me è stato subito detto che questa torre è diroccata e che è severamente è vietato l’ingresso a tutti… quindi mi chiedo: che ci facciamo qui, Angie?” chiese sconvolta Lidia, quando si fermarono di fronte alla porticina che dava accesso alla struttura che non aver nulla di diverso dalle altre tre che circondavano il castello. “- No… ti svelo un segreto che mi ha detto il sovrano… non è cadente. La stanza si trova lassù. Vieni, presto!” Nel giro di un secondo la professoressa era già dentro, quella chiave d’oro apriva anche quella porta d’accesso e, dopo un minuto buono di esitazione, fu seguita anche dall’altra donna.
Dentro era quasi tutto buio. La luce filtrava dall’esterno attraverso una piccola finestrella con delle sbarre d’avanti, risultando a strisce… e, calcolando il cielo coperto dalle nuvole, non era nemmeno tantissima.
“- Ok… ci sarà una luce, qualcosa?” borbottò la Mendoza, guardandosi intorno un po’ spaesata. “- Non credo, ma in ogni caso non abbiamo tempo per cercare qualche interruttore! Vieni, dobbiamo salire!” disse Angie, indicando una scalinata in legno a chiocciola che non sembrava molto stabile. “- Io dico che se è vietato l’accesso a questo posto un valido motivo ci sarà! E non voglio scoprire proprio io, oggi, quale sia!” urlò Lidia, spaventata, sentendo il legno dei gradini scricchiolare sotto le sue scarpe e quelle di Angie. “- Sì, una ragione per cui questo posto è segretamente chiuso da anni c'è... ed è l’egoismo del re.” borbottò, quasi sottovoce, l’altra che la precedeva a passo svelto. Quella scalinata era interminabile. L’odore di muffa era penetrante e fitte ragnatele pendevano dal soffitto. Finalmente, dopo centinaia di scalini, arrivarono fino in cima dove, davanti a loro, c’era una porta di legno massiccio con la serratura d’oro come la chiave.
“- Eccoci…” disse, quasi sussurrando, Angie, infilando la chiave nella toppa e girando più volte sotto lo sugardo stupito di Lidia. “- Stai… stai bene?” chiese l’altra, nel vedere che la Saramego si era bloccata, finito di aprire. Bisognava solo entrare, eppure lei se ne stava un po’ tremante, ferma sull’uscio. “- Sì, scusa… andiamo.” Rispose la bionda, appoggiando come al rallentatore la mano sul pomello, anch’esso dorato e girandolo con forza. Quello che si ritrovarono davanti era incredibile. Una camera enorme, con una finestrella sul fondo, le accolse come se stesse aspettando di essere aperta da fin troppo tempo. Nonostante però, sembrava non esserci entrata anima viva per chissà quanti anni, era tutto perfettamente in ordine, niente era fuori posto. La prima cosa che balzava subito agli occhi era un bellissimo pianoforte a coda nero fiammante, come se fosse stato appena comprato, che troneggiava al centro della stanza, sopra ad un elegante tappeto rosso. Ai lati c’erano numerosi scaffali pieni di oggetti di ogni tipo: libri, spartiti, quaderni. Un grandissimo armadio in noce era sulla parete opposta ne occupava gran parte. Sul pavimento, poi, grandi scatoloni contenevano pile interminabili di giornali e articoli ritagliati da chissà quale rivista. Ma, la cosa che subito fece avvicinare Lidia e Angie fu una vetrinetta sotto la piccola finestrella.
“- Questi erano…” iniziò la Mendoza, portandosi una mano sulla bocca per lo stupore. “-…Gli oggetti… della regina Maria.” balbettò, quasi con le lacrime agli occhi, la Saramego, fissando quella corona al di là del vetro e quei gioielli che dovevano valere una fortuna, indossati, anni addietro, da sua sorella. “- Perché il re tiene tutto qui dentro? Perché nasconde persino i gioielli, invece di tenerli nella sala delle corone?!” Lidia cominciò a parlare ininterrottamente, confusa nei confronti di quell'atteggiamento del sovrano, fissando un po’ stranita tutti quegli oggetti e senza darlo a vedere, si rese conto che, in fondo, quella non fosse la prima volta che si ritrovasse di fronte alcuni di quei ricordi preziosi...
“- Non vuole che la figlia, vedendoli, soffra… ma io credo che sia lui a non voler soffrire, ritrovandosi perennemente in contatto con il ricordo di sua moglie.” concluse Angie, andandosi a sedere al pianoforte, portandosi prima una mano al capo per lo shock, poi affondando la testa tra le sue braccia, accasciandosi lentamente sul piano. Lidia si zittì e la fissò un po’ sconvolta. Che strana reazione aveva avuto quella donna! “- Tu sei sicura di star bene? Ehi!” la Mendoza si andò  a sedere accanto a lei, e l’abbracciò forte. Angie si asciugò una lacrima con un gesto veloce della mano e annuì, ancora tremante. “- Sto benissimo, tranquilla.” tentò di sorridere, alzandosi e facendo sì che l’altra la seguisse. Prese a fissare un foglio di un giornale ingiallito, appeso ad una parete. “- Era lei? Maria Saramego?” Lidia indicò quella foto mentre l’altra continuava a fissarla. Il quotidiano diceva:
 
“Altro meraviglioso concerto voluto da sua Maestà!
 
La regina Maria, dopo aver fondato lo Studio 21, scuola di musica e ballo, organizza uno splendido spettacolo di beneficenza per le popolazioni povere del Mondo.”
 
“- Sì… era così bella… e buona, così umile, generosa…” cominciò Angie, parlando con una strana luce negli occhi che all’altra non sfuggì. “- Parli come se l’avessi conosciuta diversamente dagli altri sudditi.” sorrise Lidia, prendendo però, poi, a fissare in modo strano un altro giornale, questa volta in una scatolone di quelli sul pavimento, e estraendolo quasi meccanicamente. Una foto in prima pagina mostrava una donna adulta che teneva per mano una bambina e quella che doveva essere la regina, accanto a German Castillo, quasi irriconoscibile con un fagottino rosa tra le braccia.
 
“Amapola e Camelias in festa!
 
Nata la primogenita del re German Castillo e della regina Maria Saramego. Si chiamerà Violetta. Sarà la futura erede al trono.”
 
Angie si voltò di colpo e la trovò, in ginocchio vicino alla scatola, immobilizzata da quella rivista. “- Lida… ti… ricorda… qualcosa?” tentò subito di dire la Saramego, facendo sollevare istintivamente il capo all’altra che rimise subito a posto il giornale. “- No… dovrebbe ricordarmi qualcosa?!” chiese lei, ma con uno sguardo alquanto stupito da quella foto. Angie si inginocchiò accanto a lei e, riprendendo il giornale tra le mani, iniziò a descriverle le persone della foto, convinta che, forse, l'avrebbe aiutata nel recupero della memoria, a patto sempre che le sue ipotesi potessero essere fondate. “- Questo qui è il re, German… lei è la regina Maria…” disse poi, prendendo a fissarla intensamente, prima di continuare a raccontarle: “- …la bimba in braccio è la principessa, appena nata. E, la donna qui, a sinistra è Angelica Fernandez, la regina di Camelias, madre di Maria e di questa bambina che le tiene la mano, Angeles Saramego.” concluse poi, indicando sé stessa così piccola nell’immagine. “- Non capisco cosa c’era da riordinare qui dentro… è tutto perfetto!” urlò quasi Lidia, alzandosi e riprendendo a vagare per la camera, come se qualcosa l'avesse portata a voler andare via da quel luogo. Era come se avesse una confusione assurda in testa… e cercò di dissimularlo, allontanandosi da Angie che era ancora seduta sul pavimento a scavare tra quelle riviste. “- Guarda! Quanti spartiti! Che bello!” sorrise poi, però, l’altra, alzandosi e avvicinandosi come incantata, ad una mensola, prendendo una cartellina in cui vi erano tantissime partiture che lei estrasse, spandendo tutti i fogli sulla coda del pianoforte. Ma certo! La musica! Forse la musica avrebbe rievocato qualche ricordo in lei! Che sciocca che era stata a non pensarci prima… Angie scavò tra tutti quei pentagrammi fitti di note e, finalmente, trovò quello che cercava. “Juntos, Podemos…”. L’ultimo musical che aveva composto lei stessa, sua sorella, quello che si sarebbe messo in scena se solo non fosse avvenuto quel maledetto incidente aereo. Prese uno dei tanti fogli pieni di accordi e testi e lo poggiò sul leggio del pianoforte. Lidia la fissava un po’ stranita ma in silenzio, come se stesse attendendo che la Salinas iniziasse a suonare quella melodia. Aveva scelto il pezzo centrale del musical, che si intitolava,invece, solamente “Podemos.”. Sarebbe dovuto essere cantato da uno degli attori e dalla stessa Maria che, dopo vari convincimenti anche da parte di Angelica e di tutto il cast, aveva accettato quel ruolo da protagonista nonostante fosse la regina di Amapola. Ma, d’altronde, non solo il brano l’aveva composto lei, per quanto era stata proprio sua madre a volere quello show benefico e ad averla convinta  a prenderne parte.
Angie cominciò a intonare le prime note, la musica avvolse la stanza, quella torre divenne sede di quel suono così melodioso,  un misto di note accompagnato dalla voce dell'istitutrice.
“- Podemos pintar colores al alma, podemos gritar yeee! Podemos volar, sin tener alas... ser la letra en mi canción... y tallarme en tu voz...” il primo ritornello fu intterrotto dalla voce di Lidia. “- QUESTA CANZONE! Io la conosco!” urlò, quasi sorprendendosi di sé stessa, la Mendoza. Angie si bloccò di colpo e la fissava speranzosa come non mai. “- Sul serio?” chiese, alzandosi dal pianoforte e avvicinandosi lentamente a lei. Se fosse stata Maria avrebbe potuto ricordare quel brano… lei lo conosceva fin troppo bene. “- Angie perché conosco questa canzone? Sono così confusa! Ho un mal di testa fortissimo!” strillò quasi Lidia, disperata da quella situazione, portandosi una mano al capo, poggiandosi con i gomiti sul pianoforte. Angie non sapeva cosa fare… era il momento di domandarle qualcosa sul suo passato… qualcosa che le avrebbe dato la certezza che quella fosse sul serio sua sorella, ma vedere Lidia in quello stato di confusione la bloccò un pochino… ma doveva provarci comunque, ora o mai più.
“- Io credo di sapere perché conosci questa canzone. Ma prima che tu lo sappia devo farti io qualche domanda…” iniziò, titubante, la Saramego. “- Tu non mi hai portato qui per riordinare, vero? E sono sicura che questa mia confusione non è un caso…” Lidia stava cominciando forse a ricordare… o semplicemente si sentiva talmente confusa da non sapere cosa dire, fare o pensare. “- Lidia, da dove vieni? Tu non sei di Amapola, giusto?” la voce di Angie cercò di essere il più dolce possibile… non voleva metterle paura e tentò di apparire il meno tesa ed emozionata possibile. “- No… ecco, vedi io… in realtà…” ma, prima che la Mendoza potesse finire la frase prese a fissare, intimorita, la porta d’ingresso della stanza. Qualcuno le stava spiando e lei lo colse subito. “- Chi c’è lì?” urlò, facendo sobbalzare anche l’altra che subito si voltò nella direzione verso la quale Lidia stava guardando. Un fruscio si avvertì da dietro la porta. Quella figura misteriosa stava scappando. Terrorizzata, la Mendoza prese a correre verso l’uscita per poi precipitarsi giù per le scale, seguita da Angie che non ebbe nemmeno il tempo di chiudere la porta a chiave. Seguirono quella figura incappucciata fino agli ultimi gradini della torre ma era stata più veloce di loro. Nessuna traccia di quella misteriosa spia.
“- Ho… paura! Cosa voleva da noi? Forse è perché non avremmo dovevuto stare lassù!” chiese, sorpresa, la Mendoza, ancora con il fiatone dopo la grande corsa e appoggiandosi ad un polveroso corrimano in legno. “- Io penso di sapere di chi si trattasse… torna pure in cucina… io devo… andare a fare una bella chiacchierata con una persona!” salutò di fretta Angie, precipitandosi fuori dalla torre infuriata e senza neppure chiudere l’ingresso esterno della struttura. "- Angie! Poi mi spiegherai tutti questi segreti, vero? Secondo me c'è qualcosa di strano che mi dovrai spiegare!" gridò la Mendoza, ancora ferma nel vialetto. "- Sì. Te lo prometto. Ma ora devo andare." la salutò, riprendendo a a camminare, la Salinas. Lidia per un attimo la osservò immobile allontanarsi. Poi, prese un profondo sospiro e si allontanò per riprendere il suo lavoro, ancora in confusione e con il mal di testa che si andava, a poco a poco, affievolendo.
 
 
“- So che è stato lei, Altezza!” Angie entrò come una furia nella sala del trono, facendo diventare sbigottita la faccia del sovrano e facendo sì che Roberto li lasciasse da soli. “- Mi scusi… a fare cosa?” chiese Castillo, con la sua solita aria gelida. “- Non faccia il finto tonto! Lo sa benissimo! Lidia era ad un passo dal dirmi del suo passato… e lei ha rovinato tutto! Complimenti!” urlò la donna, andando avanti e indietro per la sala, sotto lo sguardo impietrito dell’uomo. “- Mi dispiace.” Quelle parole fecero bloccare Angie che prese a fissarlo stupita. Si stava forse scusando? Aveva sentito bene? Il glaciale sovrano aveva ammesso di aver sbagliato a piombare nella torre per spiare lei e la Mendoza? “- Se quella donna fosse davvero la mia Maria io… io non lo so, né credo sia possibile, sono scettico a riguardo e lei lo sa benissimo. Ma ero curioso di vedere la reazione di quella donna al vedere gli oggetti di mia moglie… insomma forse i suoi oggetti…  e non ho resistito! E poi ho sentito… quelle note. Non ce la faccio. Io non… ci riesco. Erano anni che non salivo lassù! E trovare lì dentro quella misteriosa donna io… ho avuto l’impressione che Maria fosse tornata! Lo so che è assurdo ma forse sto iniziando a crederci un po’ di più! E’ l’unica speranza che ho… un’illusione, forse! Ma che colpa ho se voglio ancora sperare che lei sia viva?” German urlò quasi quelle parole come se avesse voluto sfogarsi da tempo con qualcuno. Si prese poi la testa tra le mani, lasciando impietrita la donna che non si aspettava quella frase che le ricadde addosso come una doccia gelata. Si sentiva quasi un po’ in colpa per essere piombata nella sala del trono come una furia, puntandogli subito il dito contro, senza poter immaginare che anche lui, proprio come lei, era curioso di osservare la reazione della Mendoza, per capirci qualcosa di più su quella bizzarra storia. “- Mi scusi. Ho… capito perfettamente cosa intende. Comunque Lidia ha… riconosciuto quella canzone: Podemos. Io non penso sia un caso. E poi mi è apparsa così confusa! Non lo so, Sire...” aggiunse poi la bionda, mordendosi nervosamente un labbro. Il re, a quelle parole, non si sorprese… le stava spiando già da un po’ e aveva sentito la Mendoza gridare quella frase. “- Non possiamo ancora avere la certezza che sia lei. Anche se, forse, adesso sto cominciando a sperarci ancora di più dopo quello che ho visto. Insista… le chieda altre informazioni della sua vita privata.” esclamò, tornando gelido e composto, il sovrano. “- Sempre che lei non venga a interromperci! Non interferisca e si fidi di me!” borbottò, senza peli sulla lingua, la donna, beccandosi un’occhiataccia da Sua Altezza che, però, si lasciò scappare un mezzo sorriso.
“- Vada…” salutò l’uomo, invitandola poi ad uscire con la solita aria seria e regale. Per lei quella giornata a palazzo era stata fin troppo pesante. Voleva finirla lì e precipitarsi solo a casa, per riposarsi dopo tutto quello stress.
 
 
Violetta, intanto, stava girovagando come al solito per il giardino, e, siccome Leon aveva tantissimo da lavorare, era da sola a vagare per quell’enorme luogo. Aveva il diario aperto e la penna tra le mani mentre cercava ispirazione per la conclusione dello spettacolo… niente. Non aveva proprio idee quel giorno. Ad un tratto vide da lontano Angie allontanarsi di corsa… era strano che fosse lì di domenica, infatti tentò di raggiungerla ma la donna nemmeno la sentì e uscì dalle mura del palazzo in men che non si dica. La osservò finché la sua figura non scomparve oltre il cancello principale e, senza aver nulla da fare, annoiata come non mai, ricominciò a camminare scocciata. C’era troppa afa per andare a cavallo e poi voleva lasciare un po’ in pace il suo splendido stalliere, indaffarato come non mai. Arrivò, senza neanche farci troppo caso, all’ala est del palazzo, proprio di fronte al torrione cadente. Alzò istintivamente lo sguardo e rimase con il naso all’insù per qualche secondo poi, non appena lo abbassò, notò una strana novità. La porta in legno era insolitamente aperta. Curiosa come non mai, si affacciò subito all’interno della struttura, un po’ stranita dal fatto che quel luogo fosse stato recentemente visitato da qualcuno. Non pensò nemmeno per un momento al fatto che potesse essere pericoloso trovarsi lì, non solo perché il padre glielo aveva vietato ma anche perché le diceva sempre di non avvicinarsi neppure a quel luogo, cadente rispetto a tutto il resto dello splendido palazzo. Senza accorgersene neanche, prese a salire quella scalinata scricchiolante e, in un batter d’occhio si ritrovò in cima. Subito notò una porta enorme e socchiusa. Sapeva che stava per compiere un gesto di cui si sarebbe potuta pentire, che avrebbe dovuto nascondere a suo padre…. Ma non riuscì a resistere! Ormai era lassù e voleva sapere cosa ci fosse dietro a quell’ostacolo. Spinse leggermente il pomello e si ritrovò davanti agli occhi uno spettacolo che non si aspettava di trovare. Gli oggetti di sua madre erano ordinatamente sistemati lì dentro, un enorme pianoforte era di fronte a lei e, sopra vi era una cartellina con degli spartiti disordinatamente sparsi. Violetta si aggirò per la stanza con fare entusiasta e commosso, era supendo per lei ritrovare tutti quelle cose appartenute alla sua mamma! Era come ritrovare un pezzo di lei, che, probabilmente, suo padre voleva tenerle nascosto a tutti i costi per chissà quale arcano motivo! Ma, di sicuro, non poteva parlargliene… o avrebbe scoperto che era salita su quella torre, infrangendo le regole del castello e non l’avrebbe di certo passata liscia… aveva già abbastanza problemi. Continuò ad aggirarsi tra diademi, gioielli e spartiti… sentiva una forte emozione nel cuore e si rese conto di avere la vista annebbiata… forse proprio perché aveva gli occhi lucidi. Ad un tratto notò un foglio pieno di note sul leggio del pianoforte. “- Podemos…” lesse ad alta voce la giovane, aprendo il piano e sfiorandone delicatamente i tasti neri e avorio. Iniziò a suonare quell’incantevole melodia… per lei non era una casualità! Era quella la canzone che avrebbe concluso lo spettacolo in suo onore e, se suo padre l’avesse dovuta riconoscere… beh, forse si sarebbe anche commosso per quell’omaggio a sua madre e non se la sarebbe presa troppo per tutte quelle bugie che lei e Angie gli stavano raccontando per far sì che lei potesse frequentare il Classic Studio. Quando finì di cantare si alzò di colpo e si avvicinò alla cartellina aperta sulla coda del pianoforte. “- E questo? Non ci posso credere! Un… musical! Composto da mia madre! Juntos podemos… è un segno! Lo riadatterò facendone uno più breve e sarà la conclusione del grande show per la famiglia reale!” pensò la ragazza, afferrando quella cartellina blu, raccogliendo tutti quelle partiture e allontanandosi. Ora che conosceva quel luogo, era sicura che vi sarebbe potuta tornare qualche altra volta… magari proprio a suonare! Mentre si avviava alla porta, con aria commossa e sognante, il suo sguardo si posò sullo scatolone di giornali… stava per afferrare il primo quando sentì, provenire dal giardino, rumore di zoccoli al galoppo e voci che chiamavano il suo nome. Socchiuse la porta come l’aveva trovata e si precipitò giù per le scale. Uscì da quel luogo magico e, senza farsi vedere, si recò verso l’entrata principale del palazzo, nascondendo dietro la schiena quella cartellina. La voleva mostrare a Angie! Doveva raccontarle di quel luogo! Peccato che se ne fosse andata così in fretta.
“- Violetta! Si puo’ sapere dov’eri finita? Ti stanno cercando da mezz’ora!” Leon le si parò contro, preoccupato e alquanto sorpreso di trovala lì, proprio di fronte alle scuderie. “- Ti prego, nascondi questa per me e portamela domani allo Studio… poi ti spiego! Devo scappare!” esclamò lei, passandogli la cartellina e correndo via, verso l’entrata principale del castello. Aveva trovato una stanza meravigliosa nella quale il ricordo della regina era più vivo che mai… allora il padre non si era sbarazzato degli oggetti della madre! Forse glieli teneva solo nascosti per non farla soffrire! Ad ogni modo, quel posto per lei era un sogno e lì aveva tutto ciò che voleva… la musica, la sua mamma, e il ricordo di anni felici per lei anche se era piccolissima, per il re, e per tutta Amapola.
 
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 Capitolo intenso… che ve ne pare? A me, stranamente, piace molto! *-* Tanti ricordi sia per Angie che per Violetta che ha trovato la stanza e la torre aperte! Ora ha anche la conclusione dello show! Come la prenderà il re? E Angie quando la principessina le mostrerà l’idea? Ancora di tutto deve succedere! Cosa vi è parso della reazione di Lidia? E di quella del re che si scusa? Alla prossima! Ciao :)

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Capitolo 22
*** I ruoli della discordia! ***


“- Ecco a te! Poi mi spiegherai cosa c’è in questa cartellina!”. Fuori dallo Studio, Violetta e Leon erano seduti sul solito muretto un po’ nascosto dagli alberi, per evitare che, se passasse qualcuno di corte, potesse riconoscere la principessa. “- Non l’hai aperta?” sorrise la giovane, riprendendosi il piccolo raccoglitore e stringendolo tra le braccia. “- Sono la persona più corretta che conosci! Ammettilo!” rise Vargas, schioccandole un tenero e inaspettato bacio sulla guancia. “- Era… di mia madre.” disse lei, abbassando lo sguardo sulla cartellina e sfiorando le cifre dorate in basso a destra, M e S, con le dita. “- Anche… il contenuto?” si incuriosì il ragazzo, cingendole le spalle in una abbraccio a cui lei si lasciò completamente andare, poggiandogli la testa su una spalla. “- Sì… e sarà la conclusione del nostro spettacolo. Anzi, è meglio che vada perché prima che inizino le lezioni voglio presentare l’idea ad Antonio, Pablo, Angie e agli altri professori… ci vediamo dopo.” lo salutò lei, schioccandogli un leggero bacio sulle le labbra e precipitandosi elegantemente dentro, lasciando Leon a fissarla con aria incantata.
La giovane si incamminò nei corridoi della scuola fino alla sala professori e bussò delicatamente all’entrata dell’ufficio. “- Avanti!” la voce di Pablo fece si che la giovane aprisse timidamente la porta. “- Viola! Che sorpresa! Tutto bene?” sorrise Antonio,con il suo solito fare gentile. L’aveva chiamata così perché c’erano anche Beto e Anita in sala, oltre ad Angie e al direttore che la fissarono, sorpresi di vederla lì.
“- Ho avuto l’idea per il gran finale!” sorrise lei, elettrizzata, mostrando la cartelletta blu con le lettere d’oro. Angie, non appena la vide, sgranò gli occhi e sbiancò di colpo. Da dove diamine aveva potuto prenderla? Poi un flashback si impossessò della sua mente… lei che seguiva Lidia, che aveva preso a rincorrere la figura incappucciata, scopertosi essere poi il re. E, soprattutto, lei che lasciava entrambe le porte d’accesso, alla torre e alla stanza, aperte.
“- E’ un mini musical, moderno! L’ho riadattato! E’ ridotto ad una sola scena ma la trama centrale è la stessa della versione intera. Un solo un brano: ‘Podemos’ cantato, nel momento romantico, da i due protagonisti e poi ho trovato un' altra canzone interessante, che non c’entra nulla con la storia ma che potrebbe essere il finale di gruppo e la canzone si chiama ‘Ser Mejor’… Che ve ne pare?”.
I professori e il preside la fissarono un po’ sorpresi ma contenti per quello spirito d’iniziativa tanto efficiente della giovane. In quel momento, solo Angie aveva un’espressione che era tutta un programma… era rimasta di sasso. Non sapeva né cosa dire, né cosa pensare… quasi non riusciva a realizzare tutto quello che stava accedendo, si sentì come se fosse tutto un sogno, quelli da cui ti risvegli agitato e confuso… invece era tutto reale e lì, davanti a lei, sua nipote aveva appena proposto quell’idea, per altro rischiosa ma ottima.
“- E’… moderno.” borbottò, con un ghigno Anita, pregustando già la fine di quella scuola… forse nemmeno con il boicottaggio suo e del conte Casal che avrebbe dovuto avvertire da lì a poco. “- E’… geniale!” sorrise Beto, molto più rassicurante della collega. “- Ormai siamo in ballo… quindi va bene!” esclamò il direttore, prendendo poi a fissare la faccia ancora scioccata della bionda collega che aveva preso la cartellina dalle mani di Violetta e la rigirava tra le sue, sperando di non avere la conferma di quello che già sapeva. Invece, suo malgrado, si rese conto al cento per cento che il raccoglitore era proprio quello! “- Di cosa parla la storia del mini musical?” chiese poi Antonio, sorridendo alla ragazza. “- Un amore impossibile. Tra una principessa in una torre e un povero musicista senza un soldo. La famiglia di lei si oppone e il loro amore è spiegato nella canzone centrale che si chiama Podemos… la storia sarebbe più lunga… ma direi che una scena con una canzone possano bastare. E poi il pezzo di gruppo, alla fine.” sorrise lei, pensando a come quella storia fosse simile alla sua… era già sicura di chi avesse dovuto interpretare i due ruoli principali… beh, ovviamente non avrebbe voluto assegnare lei le parti principali… ma era indubbio che, insieme con il suo Leon sarebbero stati perfetti.
“- Angie tu non hai detto una parola! E pensare che eri quella più convinta di questa: ‘rivoluzione per lo spettacolo!’”. Pablo, con quella affermazione, fece risvegliare la donna, persa ormai nei suoi pensieri da un bel po’. “- Non… saprei… posso parlarti un minuto, da sola?” disse poi, tirandolo per un braccio fuori dall’ufficio facendo sì che lui non ci capisse nulla, né avesse il tempo di dire qualunque cosa e lasciando tutti impietriti, Violetta compresa che di certo non si aspettava quella reazione dalla donna che sempre l’appoggiava in tutto e per tutto.
“- E’ di Maria.” sussurrò la bionda all’uomo nel corridoio, facendo si che la fissasse, incredulo. “- Tutti quei fogli, quelle musiche, i testi, la trama… tutti composti da lei per il suo… ultimo spettacolo.” concluse Angie, prendendo ad osservare il moro che la guardava un po’ perplesso. “- Angie… non dirmi che quella torre di cui mi hai parlato ieri al telefono…” ma la collega lo interruppe di colpo. “- La torre, esattamente! Ecco dove ha trovato tutto! Penso di… aver lasciato le porte aperte. E’ tutta colpa mia! E’ sempre colpa mia! Sono un disastro totale! Devo correre a palazzo. Devo andare a richiudere tutto prima che anche il sovrano se ne accorga…” aggiunse la donna, ormai già nel panico. “- Ehi! Calmati! Respira…” la esortò l’uomo dolcemente, prendendole le mani e invitandola a tranquillizzarsi e, soprattutto, a non fare pazzie. “- Devo andare… coprimi in qualche modo!” disse preoccupatissima lei, ignorando i consigli dell’uomo. “- Non puoi! Non puoi andare ora e farti beccare dal re! Se ti vede rientrare senza la principessa… saranno guai! Angie… te ne stai creando già abbastanza da te di problemi, renditene conto! Quando tornerai a palazzo con Violetta richiuderai quelle porte, riparando al tuo danno che, ormai, è fatto. E comunque suppongo che tua nipote sia decisissima a partecipare e a far sì che quel finale dello spettacolo sia… moderno e, sinceramente, l’idea è proprio buona. Anzi, sai che ti dico? Forse se l’idea è della regina, il re non potrà dire nulla o risulterà come un gesto oltraggioso contro Camelias e i Saramego.” tentò di calmarla il direttore con il suo solito tono rassicurante. “- Puo’ essere… e poi… ormai che siamo in ballo… balliamo!” disse lei, prima di ritrovarsi stritolata in un forte abbraccio. “- Stai calma. Andrà tutto bene, vedrai!” la tranquillizzò Pablo, che non si sarebbe mai più staccato da lei. “- Grazie. Sei il migliore.” sorrise la bionda, avviandosi, di nuovo, insieme a lui, verso la sala professori. “- Questa tua idea mi piace! Andiamo subito nella classe di teatro per parlarne al resto degli studenti. Sarà un successone.” esclamò Antonio, precedendo tutti e precipitandosi verso le aule per far riunire tutti gli studenti nella classe di teatro per il grande annuncio.
 
 
“- Come mai siamo tutti qui? Cosa devono dirci di così importante?” esclamò Francesca, sedendosi accanto a Federico che la guardò sorridente e innamoratissimo della sua mora. “- Forse riguarda lo show…” sorrise l’Italiano, salutando con un cenno della mano Luca che stava entrando abbracciato a Camilla. “- Speriamo non sia troppo pericoloso… o il re ci rinchiuderà tutti nelle segrete! Sicuro!” balbettò Nata, tutta tremante, intimorendo anche gli altri. “- Ma smettetela! E tu, Nat, non terrorizzare tutti! Se siamo insieme il caro sovrano non potrà nulla! Pure i prof sono dalla nostra! E Antonio!” esclamò Lena, che, non appena vide Napo avvicinarsi, abbassò rapida lo sguardo sulle sue scarpe, perdendo tutta la sua solita sicurezza. Ad un tratto, nella sala entrarono tutti i professori al gran completo seguiti da Violetta. “- Siamo pronti ad esporvi la parte finale del grande spettacolo di fine anno…” sorrise l’anziano preside, facendo si che la principessa si ponesse al centro dell’aula e che spiegasse ai suoi compagni della sua idea, della storia dei due innamorati, del brano ‘Podemos’ e del finale di gruppo… e ovviamente, stanchi di anni di divieti imposti dal re, furono tutti entusiasti dell’idea della giovane e coraggiosa amica, beh… quasi tutti. “- Ma che bella idea! Bravissima! Un po’ rischiosa ma ottima trovata!” Ludmilla si alzò in piedi tra lo stupore generale… chissà perché faceva tanto l’amica con la povera Viola! “- Ecco vedi, io avrei da ridire su una sola cosuccia… chi assegnerà i ruoli? Insomma Antonio ha già detto che tu saresti stata la protagonista… ma io non saprei. Sei la regista oppure ho capito male io?” Ecco dove voleva andare a parare la Ferro! Il ruolo! Voleva interpretare la principessa nella torre… anche se sapeva benissimo chi era perfetta per quella parte… “- Ludmilla non se ne parla. L’idea geniale e coraggiosa è stata di Viola! Quindi sarà lei ha scegliere i ruoli, a pensare alle coreografie e i testi che, tra l’altro, sono già pronti!” rispose Antonio, irremovibile sulla sua decisione. “- Viola tu che ne dici? Te la senti? Manca poco allo show e devi assegnare ora i ruoli.” sintetizzò Pablo, immettendosi nella discussione. “- Io non so se devo avere il ruolo da protagonista… in effetti sono già l’organizzatrice…” sussurrò la giovane, umilmente anche se pienamente consapevole del fatto che il suo sogno era quello di interpretare quella parte. Sapeva che era perfettamente compatibile con quel ruolo ma non voleva essere egoista. Aveva già il compito di ideare tutto il finale… e non voleva apparire come una che si era voluta preparare quel pezzo conclusivo a suo favore.
“- Non se ne parla. Il personaggio della principessa Dafne è già tuo…” borbottò Beto, facendo sì che anche gli altri annuissero convinti di quella decisione. “- E chi vuoi che sia il povero e innamorato Nicolas? Hai già pensato a qualcuno?” sorrise Angie, sapendo già benissimo a chi, la ragazza, avrebbe assegnato il ruolo. Thomas si stava per alzare in piedi convintissimo che il ruolo fosse già suo ma la voce di Violetta lo interruppe. “- Leon. Se è d’accordo.” sussurrò quasi la giovane, facendo bloccare il principe Heredia che diventò verde di invidia per quello stalliere che già poco sopportava. “- Dunque, poi ci sono le due dame di compagnia, la madre di lei, la regina per intenderci e il padre di lei, ovvero il re… saranno sulla scena ma non avranno molte battute… chi saranno?” chiese Antonio, prendendo a fissare la giovane che sfoglio un foglietto che aveva sulla cartellina, sopra al copione. “- Dunque, per Flor e Luz, le sue fide dame avevo pensato rispettivamente a Francesca e Camilla… per la regina Ines ci sarebbe Ludmilla… e per mio padre, il re Ferdinando… Thomas è perfetto! E’ già anche un principe!” concluse Violetta, che, dopo aver detto le parole “Mio padre… il re…” si era bloccata per qualche secondo, impallidendo di colpo. Suo padre era sul serio il re… ma non poteva dirlo a nessuno! “- Bene… tu e Leon dovete imparare ‘Podemos’… gli altri personaggi studiassero le parti che adesso Viola vi consegna! Il resto di voi, invece deve imparare il testo di ‘Ser Mejor’ e la coreografia che stai componendo… Anita ti potrà aiutare! Buon lavoro a tutti!” esclamò Antonio, iniziando uno scrosciante applauso che investì l’aula.
“- E’ GENIALE!” urlò Camilla, euforica, mentre Violetta si avvicinava al gruppo di amici, tutti pronti per riprendere le lezioni. “- Queste sono le battute e i testi con spartiti di ‘Ser Mejor’ che vanno a tutti… uno per te, a te… uno a Fran più copione come a Cami… uno a Leon… a te anche il testo di ‘Podemos’ e… dove sono Thomas e Ludmilla?” chiese la giovane, guardandosi intorno cercando i due amici. “- Probabilmente sarà a lamentarsi in sala prof per questo ‘scandalo’!” rise Federico. “- La Ferro che non è protagonista? Questo sì che è un momento da festeggiare! Questo avvenimento va dritto, dritto negli annali dello Studio!” esclamò Lena, che già poco sopportava la presenza della bionda nemica. “- Smettetela! Ludmilla non mi sembra così…” “- Malvagia? Cattiva? Manipolatrice? Arrogante? Egocentrica? Vanitosa? E potrei continuare all’infinito!” Napo interruppe subito Violetta, facendo scoppiare in una fragorosa risata tutto il gruppo di ragazzi. “- Su, fate i bravi e andiamo in classe! Abbiamo tante prove da fare! Forza!” li esortò la giovane erede al trono. “- Ma poi anche tu! Come ti salta in mente di assegnarle il ruolo di regina? Sai adesso come si monterà ancor di più la testa?” osservò Helena ghignando e prendendo a camminare verso l’aula di musica con il resto degli amici, indicando, a un metro da loro, nel corridoio la bionda che andava nervosamente avanti e indietro e aveva l’aria di voler scoppiare da un momento all’altro, come un vulcano che sta per eruttare. “- Mi spaventa… ho paura!” urlò Andres, nel panico, facendo sì che Andrea gli stringesse la mano per fargli coraggio. “- Povero il mio Andy, Andy!” sorrise la ragazza, cotta più che mai, cosa che, al ragazzo, non dispiaceva affatto… dato che anche lui era perdutamente innamorato di lei.
 
 
“- Pronto Casal? Sì sono io… Come chi?! Anita!” La sala professori era vuota… la Dominguez chiuse la porta nervosamente prendendo ad andare avanti e indietro per la stanza, tesa come una corda di violino.
“- L’idea dello spettacolo moderno… l’hanno accettata. Io la trovo una follia… sai che adesso non c’è più bisogno di intervenire! Insomma… il re li farà chiudere senza il nostro ‘aiutino’! Non serve più attuare il nostro piano!” la voce di Anita era quasi tremante… ma tentò di apparire comunque il più convincente possibile. “- No, non mi sto tirando in dietro, Gregorio!” urlò la donna, quasi stordendo il suo interlocutore dall’altro capo del cellulare. “- Che significa che dobbiamo insistere? Sei sicuro che dovremmo? Ho capito… vuoi continuare… non sia mai che al sovrano non venga in mente di vendicarsi sulla scuola… sì ma non gridare! Altrimenti divento sorda e poi dovrai trovarti un’altra alleata!” la voce di Casal si sarebbe sicuramente sentita anche solo stando in quella stanza tanto strillava, infuriato per quella indecisione della socia. “- Quindi resta tutto così come adesso! Ti aggiorno io, ok?” dopo un monologo convincente del perfido conte, la mora riprese a parlare. “- Ci sentiamo, devo andare!” attaccò subito lei, vedendo entrare Pablo. “- Scusa devo solo prendere dei registri… se sei a telefono resta pure, io vado via subito.” sorrise l’uomo, gentile come sempre, osservandola posare il cellulare in borsa più in fretta che poté. “- No, avevo finito… e poi ho lezione tra un po’, quindi è meglio che vada.” concluse lei, avviandosi verso la porta veloce e glaciale come non lo era mai con lui. “- Anita stai bene?” chiese l’uomo a bruciapelo, facendola bloccare con la mano sulla maniglia della porta. La Dominguez rimase per qualche secondo immobile poi si voltò, cercando di mantenere la calma e di apparire come al solito sorridente nei confronti del direttore. “- Sì, sono solo un po’ nervosa… questo spettacolo mi sta mettendo un’ansia pazzesca.” mentì la mora, avvicinandosi a lui cercando di apparire più convincente che poteva. “- Devo parlarti… senti, mi dispiace… forse mi sono comportato troppo… freddamente con te in questo periodo. Scusami.” disse, quasi balbettando per la tensione, l’uomo, afferrando dei raccoglitori da uno scaffale. Si stava scusando. Lui. Lui chiedeva perdono a lei… Anita si sentì una morsa allo stomaco. Era lei a dover chiedere scusa in ginocchio per quello che stava facendo… lui non aveva colpe… ok, l’aveva fatta inconsciamente soffrire… ma in effetti non poteva avere colpe. Doveva aver fatto una faccia stranissima perché il professore le si avvicinò con aria spaventata e le mise una mano sulla fronte. “- Tu sei sicura di star bene? Sei impallidita!” Perché? Perché le faceva questo? Il cuore della donna cominciò a battere all’impazzata. Era così dolce a preoccuparsi per lei… ma lui era sempre così, ciò non significava di certo che provasse qualcosa nei suoi confronti… di questo era certa. L’unica fortunata era quella biondina della collega… quanto avrebbe voluto essere al suo posto! “- Anita dì qualcosa o ti accompagno in infermeria! Mi stai facendo preoccupare!” aggiunse ancora Pablo, guardandola negli occhi di ghiaccio. “- Scusami. Era solo un capogiro, niente di grave, sto bene! Vado in classe.” Ma, mentre si avviava di nuovo verso l’uscita si sentì afferrare il braccio. “- No. Adesso tu te ne vai a casa. Sei distrutta, è evidente! Riposati e ci vediamo domani. E scusami ancora… è stato un periodo… movimentato.” concluse Pablo, senza mezzi termini, tentando di giustificare il suo atteggiamento glaciale all’insegnante. “- No, non hai nulla di cui scusarti e comunque sto una meraviglia, sul serio.” Tentò di sorridere Anita, che, appena lui le lasciò il braccio, si precipitò fuori, ancora con i battiti accelerati, paonazza, e piena di sensi di colpa. “- S- s- stai bene?” Nel corridoio, la Dominguez era appoggiata al distributore, in attesa di ricevere la sua bottiglietta d’acqua. Non aveva una bella cera e Beto, prendendo coraggio, le si avvicinò e, addirittura, riuscì a parlarle. “- Ma si puo’ sapere perché tutti mi chiedete come sto? Sto una favola!” urlò lei, stizzita da cotanta gentilezza… pensando a quello a cui stava collaborando per distruggere quel posto pieno di tante persone carine… beh, a parte Angie che, la mora, continuava a detestare. “- Io non volevo innervosirti, scusami!”. Ecco un altro che si scusava con lei senza aver fatto nulla! Quello che accadde fece rimanere Beto di stucco. Anita abbassò gli occhi e una lacrima lucente le rigò una guancia. “- Devo andare…” disse con la voce spezzata dal pianto lei, correndo verso i bagni e lasciando la bottiglietta nella macchinetta. “- No, aspetta!”. Quelle parole fecero sì che lei si bloccasse. Ci mancava solo Benvenuto a rompere le uova nel paniere! Eppure era così cortese… “- Sì, sto piangendo! La grande Anita Dominguez ha un cuore, visto?” disse lei, in preda ad una crisi dovuta al rimorso che lasciò il bizzarro professore senza fiato. “- Volevo solo dirti che hai dimenticato questa… e per la cronaca… io ho sempre pensato che tu avessi un cuore… un gran cuore.” Un’altra fitta allo stomaco. Non si sentiva proprio di avere un cuore ricco di buoni sentimenti dopo tutto quello che stava architettando. Fece una cosa che nemmeno lei si sarebbe mai immaginato neppure lontanamente. Senza dire una parola abbracciò di colpo l’uomo, lasciandolo sbigottito tanto da fargli cadere la bottiglietta d’acqua dalle mani facendola cadere con un sordo tonfo al suolo. “- Grazie…” balbettò, incredula quasi come se le parole le stessero uscendo da sole dalla bocca. “- Di… di… nulla. Quando vuoi…” balbettò il professore, violaceo, correndo via dopo quel gesto di Anita, nervoso e inciampando in ogni ostacolo sul suo cammino, ma felice.
 
 
‘Non posso credere a quello che mi hanno fatto! Io volevo essere la principessa, la protagonista, cantare in un pezzo moderno con Thomas… e mi ritrovo a fare un ruolo marginale, di scarto, con una misera battutina e il pezzo finale di gruppo… quella principessina mi ha proprio stancato! Me la pagherà molto cara… è ora che qualcuno riveli qualcuno della sua miriade di segretucci…’. Finite le lezioni, Ludmilla pensava, infuriata, a quello che era successo con l’assegnazione delle parti per il finale dello show. Era nervosa come mai in vita sua, tanto da aver mandato a casa in malo modo la limousine per camminare a piedi per sbollire un po’ la rabbia. Stava già tramando qualcosa… voleva dimostrarle che nessuno soffiava il personaggio di protagonista a lei, Ludmilla Ferro. “- Ludmilla!” una voce familiare la fece voltare. Thomas la chiamava agitando le braccia energicamente. Come mai improvvisamente si era accorto di lei? “- Tommy! Che c’è?” chiese lei, secca, tentando di essere distaccata nonostante ciò che provava per lui… insomma in quel periodo Heredia aveva avuto occhi solo per Violetta… “- Sarò il suo re!” sorrise lui, facendo un inchino che lasciò stupita la giovane. “- E quindi? Cos’è uno scherzo?” disse, stizzita, la bionda, riprendendo a camminare, affiancata dal principe Thomas. Non voleva quella stupida e piccola particina! Che se la tenesse pure, la principessina! “- E su, mia regina Ines… non è contenta di interpretare mia moglie? Dovremmo provare insieme, che ti piaccia o no!” borbottò il giovane reale, riprendendo il solito tono altezzoso e facendo sollevare un sopracciglio alla ragazza che nemmeno gli rispose. Lui l’aveva praticamente ignorata per tutto quel tempo… ed ora gli serviva solo perché dovevano recitare quello stupido ruolo insieme. “- Devo andare… a domani.” salutò lei, prendendo a correre e lasciando imbambolato il ragazzo che, di certo, non si aspettava tanta freddezza. Lui in fondo sapeva cosa la giovane provasse… lo aveva capito! Era fin troppo chiaro… e anche lui sentiva qualcosa all’inizio… cosa che era cambiata dopo aver conosciuto Violetta che gli aveva completamente perdere la testa. Ludmilla era stanca. Stanca di quella principessina da strapazzo, stanca dello Studio, di Thomas. Camminava a testa bassa, inusuale per lei che era una fierissima Ferro. Un vociare la fece girare alla sua sinistra. Un chioschetto, il Restò Bar, era pieno di ragazzi… fuori, i tavolini erano pieni di clienti che chiacchieravano animatamente tra loro e il locale sembrava bello pieno pure dentro. Ricordava quel posto… lo frequentava quando era amica di Nata e quella pulce odiosa di Lena non frequentava ancora lo Studio. Era un posto carino ed erano anni che non ci metteva piede… in quel momento, poi, aveva una sete pazzesca che la spinse ad attraversare e a varcare la soglia del locale. Nella confusione totale e il vociare dei clienti si avvicinò al bancone. “- Luca! Preparami subito un frullato al mango e alla maracuja! Non troppo freddo, né caldo… veloce che ho fretta.” ordinò la ragazza al giovane italiano che la guardò perplesso, alzando un sopracciglio confuso. E vabbè che in quel caso era la cliente e, si sa, il cliente ha sempre ragione… ma calcolò che a scuola nemmeno gli rivolgeva un saluto e pretendeva così, di colpo, di porter imporsi lì con quel tono odioso! “- Non abbiamo né mango né, tantomeno marac… quella, insomma! Abbiamo gusti più terrestri, Madamigella.” rispose il proprietario del Restò Bar, anche un po’ stizzito da quella assurda richiesta ma tentando di sorridere e mantenere la calma con quella viziata… in fondo, conosceva la contessina Ferro, come tutti ad Amapola. “- Io invece lo pretendo così come da me richiesto! O parlerò a mio padre… e farò chiudere la baracca!” strillò lei, mentre vide che Thomas si avvicinava al bancone e si sedeva allo sgabello accanto a lei. “- Luca, non farci caso… la signorina è un po’ nervosetta. Due frullati alla pesca sono perfetti, offro io…” il principe, con un ghignetto soddisfatto, gli allungò una carta di credito tutta dorata… doveva essere di quelle illimitate. “- Io non sono nervosetta! Ma come osi? Cos’è? Mi segui anche?” chiese, scorbutica la Ferro, mentre Luca si allontanava nella dispensa a rifornire i frutti che mancavano dietro al bancone.
“- Stai calmina, Ludmilla… io non mi farei così tanti nemici se fossi in te…” sorrise il principe, afferrando una cannuccia davanti a lui e prendendo a giocherellarci nervosamente. “- Pensa a te, principino Heredia! Come mai non segui la tua Violettina, oggi? Immagino che stia con lo stalliere e non ti considera neanche, giusto?” rise la Ferro, ironica e pungente come al solito, osservando lo sguardo di Thomas incupirsi al solo sentir pronunciare il nome di Vargas in una frase con la sua amata Castillo. E poi quello ‘insieme’ riferito ai due… lo fece rabbrividire. “- Senti è stato un errore venire fin qui… goditi il tuo frullato e pure il mio… ciao, contessina!” salutò, un po’ stizzito, il principe, senza far notare la sua perdita di pazienza. Luca sembrava essersi perso nei meandri del locale… quando le avrebbe servito quel dannato frullato? Mara, invece, girovagava tra i tavoli tutta indaffarata per prendere ordinazioni. Ludmilla si alzò dallo sgabello per andare a cercare quell’italiano da strapazzo che l’aveva piantata in asso… aggirò il bancone, e si ritrovò di fronte ad una porta. Tendendo l’orecchio ad essa udì delle voci familiari… e restò di sasso, come imbambolata. Aveva scoperto, per caso, un luogo di cui era all' oscuro… un altro segreto da sbandierare? Chissà… ma era sicura che le sarebbe stato utilissimo venire a conoscenza di quella sorta di  nascondiglio segreto di perdenti, come iniziò subito a definirlo lei.
 
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Ok… questo capitolo forse non è il massimo… chiedo venia! XD ma, in compenso, è intricato e movimentato al massimo livello! Vilu ha trovato la cartellina di Maria grazie alla distrazione di Angie causata da German che andò a spiare lei e Lidia! Sono stati assegnati i ruoli del finale dello spettacolo… poi c’è la faccenda di Anita combattuta tra bene e male… e la nostra cara Ferro che ha scoperto la S.P!!! Prevedo guai seri… già è arrabbiata per le parti date… figuriamoci ora! Mi sa che tra breve entrerà in azione… help! XD Alla prossima, ciao! :)

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Capitolo 23
*** La trappola di Ludmilla! ***


Ludmilla era appoggiata alla porta semichiusa della S.P. da cui proveniva una musica moderna molto bella… due voci  cantavano quasi all’unisono. Ecco dove aveva sentito quel brano! Allo Studio! Era il brano con cui aveva fatto l’esame di ammissione la principessina e, adesso, lo stava cantando con Leon mentre gli altri ragazzi ascoltavano come incantati da quella melodia. Quel posto era una sorta di sala prove, solo dopo qualche minuto cominciò a rendersene conto. E lei, Ludmilla Ferro, non ne sapeva nulla. Gliel’avrebbe fatta pagare a quei dilettanti! Afferrò il tablet dalla sua elegante tracolla fucsia e impostò la registrazione video. Da quel piccolo spazio tra la porta e il muro riuscì nel suo intento… filmò Leon e Violetta che cantavano… l’immagine, grazie allo zoom, riuscì a mostrare i volti dei due che si dedicavano a quel dolce duetto.
“- Sto per vomitare…” sibilò tra sé e sé la Ferro, stoppando con un gesto rapido della mano quel video… una bella panoramica ai due piccioncini che intonavano quel brano che a lei pareva così orribile.
Ludmilla non era mai stata così infuriata. Si allontanò per ritornare al bancone e incrociò Luca che la fissò in modo strano. “- Scusa se ci ho messo tempo! Dovevo andare a prendere altra frutta! Comunque ecco il tuo frullato e quello di Thomas.” tentò di sorriderle l’italiano, gentilmente. “- Tieniti i tuoi ributtanti frullati! Ho di meglio da fare che stare qui ad aspettare i tuoi comodi. Buona giornata!” gridò, stizzita la ragazza, diventando paonazza fino alla punta delle orecchie e facendo girare alcuni dei clienti nella sua direzione. Fece lo slalom tra i tavoli e uscì, sotto lo sguardo stupito dei presenti, sbattendo forte la porta a vetro, quasi rischiando di farla andare in frantumi. “- E’ tutto apposto! Per rimediare a questa spiacevole visita… vi porto un altro succo d’arancia! Offre la casa!” strillò Luca, tanto da fare rimbombare la sua voce in tutto il locale, sovrastando la leggera filodiffusione di Mozart che era costantemente presente nella sala.
La bionda Ferro, invece, aveva già ideato il suo malefico piano contro la principessa e per avere per sempre tutto per se il suo caro Heredia. Si avviò con passo sicuro verso la residenza estiva del principe Heredia che, in quel periodo, ovvero da quando aveva cominciato a frequentare lo Studio, era diventata casa sua. Ludmilla arrivò davanti all’imponente cancello fuori dalle quali vi erano due guardie di vedetta. “- Salve… vorrei conferire con Thomas… sono una sua compagna di studi… la contessina Lopez Ferro.” la vocina della biondina apparve gentile, anche se, inevitabilmente, nascondeva ancora un’ira funesta per quello che era appena accaduto.  “- Un momento…” disse uno dei due soldati, chiamando con una specie di ricetrasmittente, qualcuno all’interno. “- Prego, puo’ entrare.” La invitò l’uomo, mentre il portone scorreva davanti a lei per permetterle di accedere alla reggia. Milioni di magnolie, simbolo, appunto, del regno di Heredia, erano disseminate per tutto l’elegantissimo giardino. Sul viale principale trovò, ad accoglierla, proprio il giovane reale che, non appena la vide le si avvicinò con aria pensierosa. “- A cosa devo la tua visita, regina Ines?” la prese in giro il ragazzo, riferendosi al ruolo dello spettacolo. “- Fai poco lo spiritoso, principino!” borbottò la biondina, sedendosi su una panchina esterna all’enorme villa. “- Ti ricordavo più simpatica… come mai qui?” rise lui, prendendo posto accanto a lei. “- Quando sei andato via dal Restò Bar… ho notato una cosa poco piacevole… di cui tu sicuramente sei all’oscuro… come lo ero io…” iniziò la Ferro, osservando l’espressione confusa del ragazzo. “- Cosa? Di che si tratta?” chiese il principe stupito da tale affermazione. “- Vedi… nel localuccio degli italiani… c’è una sorta di riprovevole sala prove clandestina… e noi non siamo mai stati invitati lì dentro! Ti sembra corretto?” disse, quasi riuscendo ad apparire in lacrime, Ludmilla. “- Il re quindi non lo sa?” chiese il giovane, circondandole le spalle con un abbraccio nel vederla così. Ci era rimasto malissimo. Non riusciva a capire il perché. Perché non gli avevano detto nulla? Lui non era una spia o una brutta persona. “- No, è chiaro che il sovrano non sa nulla! Pensi che se lo avesse saputo quei mediocri avrebbero ancora modo di riunirsi lì?” rispose lei, con tono ovvio, appoggiando la testa sulla spalla del principe. “- Va’ da loro! Digliene quattro!” lo esortò la Ferro, tutto calcolato secondo il suo malvagio piano. Thomas non le rispose, si alzò di colpo e, senza nemmeno salutarla, uscì infuriato dal cancello principale, per andare al Restò Bar. “- Eccellente… ora andiamo a concludere in bellezza il nostro piano.” sibilò Ludmilla alzandosi dalla panchina e afferrando la sua borsa, vedendo il ragazzo allontanarsi e facendo sì che un ghigno le si disegnasse automaticamente sul viso.
 
 
Thomas ci era cascato in pieno. Stava andando nel locale proprio come calcolato dalla contessina Ferro. Entrò nella sala principale del bar e, senza che Luca potesse vederlo, si fiondò dietro al bancone, appoggiò l’orecchio ad alcune porte fino a quando si affacciò in una sala e rimase scioccato. Ludmilla aveva ragione. Quella era una vera e propria sala prove. Tutti presero a fissarlo con aria sconvolta quando lui, di colpo, si parò sull’entrata con aria scioccata. “- Perché? Perché non mi avete mai parlato di questo posto? Siete dei falsi, degli ipocriti… non voglio avere più niente a che fare con voi!” sbottò il ragazzo, infuriato, sotto lo sguardo spaventato e sconvolto dei ragazzi. “- Thomas, ascolta noi te lo avremmo detto ma…” Violetta non riuscì a concludere la frase che fu interrotta dal nervosissimo principe di Magnolias. “- Ma cosa? Non vi fidavate di me? Giusto? Siete ridicoli…” gridò quasi il giovane, sbattendo a terra un sacco di spartiti sparsi su un tavolino con un gesto di stizza e uscendo, sbattendo la porta con foga. “- Oh cavolo! E’ impazzito!” gridò Maxi, nel panico, andando a raccogliere le partiture insieme a Federico che si precipitò ad aiutarlo. “- Mi dispiace non sono riuscito a fermarlo… l’ho trovato già ad origliare! Io non me ne ero accorto, stavo prendendo le ordinazioni!” tentò di giustificarsi Luca, piombando nella S.P. e richiudendosi la porta alle spalle. “- Non ti preoccupare, non è colpa tua!” lo rincuorò Camilla, andando subito ad abbracciarlo. “- Ragazzi e se dovesse… insomma… vendicarsi? Se parlasse con il re?” disse Violetta, preoccupata da quella situazione… per lei sarebbe stata veramente la fine, ancor più che per il resto degli amici! Il padre avrebbe scoperto tutto, avrebbe scoperto che cantava, che non era con sempre e solo con Angie a cui l’uomo l’aveva affidata, che vedeva altri ragazzi e… insomma un putiferio! Per lei e sicuramente, anche per quella sua fantastica istitutrice.
“- Non vi nascondo che ho paura! Anche noi potremmo chiudere se il re dovesse sapere tutto!” urlò Francesca nel panico, camminando avanti e indietro nella sala. “- Non succederà! Calmati! Calmiamoci tutti!” disse Federico, prendendo le mani alla fidanzata e abbracciandola di colpo con tutta la dolcezza del mondo. “- Andrà tutto bene, pensiamo positivo!” sorrise Lena, tentando di apparire il più convincente possibile e mettendo un braccio intorno alle spalle alla sua sorella maggiore che restò in silenzio, apparendo alquanto terrorizzata, pensando alla reazione che il conte Heraldez, suo padre, avrebbe potuto avere allo scoprire che le due figlie avevano infranto le regole di Amapola.
 
 
“- Buonasera, sua Altezza!” Ludmilla avanzò nella sala del trono con passo sicuro, non era stato difficile per lei entrare a palazzo dato che, non appena il re aveva saputo che si trattava della contessina Ferro, nonché amica della figlia, l’aveva fatta passare senza nessuna obiezione. “- Ludmilla! Che piacere vederti! Violetta ancora non è rientrata! E’ nella biblioteca comunale con la sua istitutrice… ma dovrebbe tornare a momenti!” esclamò il sovrano, alzandosi dal trono per condurre la signorina nella regale sala all’esterno di quella in cui si trovava, non voleva farla restare in quella camera così formale per troppo tempo. “- Siediti, prego!” La invitò l’uomo, invitandola a prendere posto su un elegantissimo sofà di tessuto rosso. “- Mi scusi se la interrompo…  l’ho sentita chiamare! Sembra importante!” finse perfettamente la giovane, accavallando le gambe e mettendosi comoda. “ - Io non ho sentito nulla, sei sicura? Vabbè vado ad informare la cuoca di preparati un bel thè con dei biscotti, in attesa dell’arrivo di Violetta… la puoi aspettare qui… io vado di là, a vedere se davvero qualcuno mi stesse cercando! Stai pure qui, tranquilla!” sorrise il sovrano, allontanandosi verso la scalinata alle spalle della giovane. Non appena la ragazza vide che il re si era allontanato, scattò in piedi e cercò un cd dalla sua borsetta. Si guardò intorno con aria guardinga e, quando si rese conto che non c’era nessuno nelle vicinanze, si avviò verso la sala del trono con passo felpato. Aprì l’imponente porta, ancora socchiusa e corse verso la regale poltrona del sovrano di Amapola. Quello era uno dei posti a cui aveva costantemente accesso il re… quale posto migliore per lasciargli quell’anonimo… “regalino”? Appoggiò rapida il dischetto sul trono. Sul CD c’era scritto: “PER IL RE: DA GUARDARE CON URGENZA.” E, dopo aver compiuto quell’azione, parte centrale del suo piano, ritornò subito indietro, sul divanetto su cui era seduta.
Afferrò la borsetta e, senza pensarci due volte, si precipitò fuori dal castello, sperando di non incontrare né la principessina, né Leon. La parte più importante della sua trappola si era appena conclusa… e non poteva che esserne soddisfattissima.
 “- Roberto hai lasciato le documentazioni del regno in sala, immagino! Vado a prenderle io, aspettami qui!” esclamò il re, che, sorpreso di non aver trovato Ludmilla al suo posto, ad attendere la figlia, chiese spiegazioni a delle donne della servitù che nemmeno l’avevano mai vista entrare quella contessina.
Entrò nella sala del trono avvicinandosi alla solita elegantissima scrivania per recuperare un plico di fogli e, voltandosi per tornare a lavoro, vide sott’occhio qualcosa che luccicava sulla sua regale poltrona. Si avvicinò lentamente e notò subito quel cd, in una bustina trasparente, con quella scritta sopra che lo allarmò abbastanza. Lo afferrò e si precipitò al piano di sopra, nella sala riunioni, dove c’era l’enorme impianto tv e dvd per le videoconferenze. Roberto apparve alle sue spalle mentre il re stava cercando di inserire il dischetto nel lettore. “- Sua Altezza… cosa sta facendo? La riunione è tra due ore! Non adesso!” lo richiamò l’occhialuto aiutante, sedendosi al grande tavolo della stanza. “- Non so cosa ci sia in questo video, né da dove sia saltato fuori ma voglio guardarlo… sembra sia un’ emergenza!” replicò il sovrano, sedendosi a capo tavolo e premendo il tasto play sul telecomando del lettore dvd. Quando vide la scena sbiancò… la faccia di sua figlia così serena mentre era occhi negli occhi con quel Vargas… e, cosa ancor peggiore… stavano cantando! Lei, lui… musica moderna! Loro due, insieme! German si portò una mano al cuore, cosa che non sfuggì a Roberto che tentò invano di calmarlo. “- CHE SIGNIFICA???? COSA SIGNIFICA QUESTO VIDEO????” Il sovrano era scattato in piedi come una furia, paonazzo in viso e con l’aria di chi avrebbe da lì a poco scatenato una guerra. “- Si calmi, Altezza! Non è poi così grave! Sono certo che sua figlia avrà una spiegazione! O forse è un fotomontaggio!” ma il re, infuriato, lo azzittì perché cominciò a sbraitare, precipitandosi verso il grande plasma per guardare meglio. “- Ma come le è saltato in mente? La rinchiuderò nella torre più alta! Io mi ero fidato fin troppo di lei! E altre due persone che me la pagheranno sono Angie e Leon!” urlò Castillo, andando avanti e indietro per la stanza. “- Si calmi! Le faccio preparare un caffè! Anzi meglio di no! Una camomilla… una tisana, magari!” tentò di tranquillizzarlo, inutilmente, Roberto ma non ci fu modo di riuscirci. “- Quel posto… io lo conosco!” urlò, d’un tratto, il re, fissando nel fermo immagine, alle spalle della figlia e dello stalliere, la scritta: Restò Bar. Afferrò il telefono dalla sua scrivania e compose con fare stizzito un numero. “- GUARDIE! Andate subito a perquisire il Restò Bar! Subito! E, se necessario, chiudete quel posto! Voglio i sigilli per quel locale! Lì dentro fanno  musica moderna! Ed è contro la legge! Muovetevi!” urlò a qualcuno all’altro capo della cornetta.
“- Sta esagerando! Quel posto è dei Rossini da anni! Lo gestisce Luca, il loro figlio maggiore e…” “- E chiuderanno!” strillò, in preda ad una crisi di nervi il re che, non contento, si precipitò fuori dalla camera delle riunioni e corse giù per la scalinata principale. Angie stava rientrando con Violetta e subito si accorsero che qualcosa non andava. “- Papà! Stai bene?” chiese la ragazza, un po’ preoccupata, avvicinandosi all’uomo. “- No. Non sto bene. Ed è tutta colpa vostra. Di sopra, sbrigatevi.” ordinò l’uomo alle due che sbiancarono all’istante, capendo già a cosa potesse riferirsi il sovrano. Zia e nipote, seguendo il re, salirono di fretta le scale, con il cuore in gola per la tensione… in fondo entrambe avevano molto da nascondere… e la cosa le teneva ancor di più sulle spine. Il sovrano spalancò la porta della sala videoconferenze e davanti  a loro si materializzò quello schermo enorme con ancora il fermo immagine della principessa e di Leon che si fissavano con dei microfoni tra le mani. German premette play e la situazione peggiorò… le note di ‘En Mi Mundo’ versione pop invasero la stanza e la voce di Violetta si unì a quella di Vargas creando un’atmosfera magica anche lì, nonostante quel clima di tensione che si respirava nell’aria.
“- Come… cosa… cosa ci faceva mia figlia lì? Al Restò Bar! E lei dov’era?” urlò, nervoso alla povera Angie che non sapeva cosa dire… da dove spuntava fuori quel video? Forse qualche guardia del palazzo lo aveva fatto oppure… oppure non se lo spiegava proprio! “- Io… stavo solo… prendendo dei frullati per me e per lei dopo l’estenuante giornata di studio! Lei… non è mai stata in quel locale prima d’ora! Ne sono certa!” tentò di giustificarsi Angie, arrampicandosi sugli specchi, sotto lo sguardo spaventato di Violetta. “- Beh, non c’è più pericolo che tu ci torni… perché ho appena mandato le guardie a far mettere i sigilli a quel postaccio! Suonavano alle mie spalle! Una sala di musica clandestina! Io non posso crederci! E, cosa ancor più assurda… mia figlia lo sapeva e la frequentava! Come se nulla fosse! E poi lei, Salinas… le avevo affidato la cosa più importante della mia vita, la mia bambina! Mi fidavo di lei… e mi ha tradito. Se ne vada. Non torni mai più qui a palazzo. E’ licenziata.” gridò il re, senza permettere nemmeno alla bionda di rispondere. “- Papà lei nemmeno sapeva che ero in quella sala… stava ordinando dei frullati e io…” ma l’uomo, la interruppe, furioso più che mai. “- Tu resta in silenzio… dopo parliamo io e te!”.
Angie aveva gli occhi lucidi… il re sapeva solo una minima parte di tutta quella marea di bugie in cui erano sommerse lei e sua nipote. Era la fine. Addio Vilu, addio Lidia e possibilità di scoprirne di più… addio libertà alla principessa, addio pure per il povero Leon! Chissà cosa avrebbe detto a quel malcapitato dello stalliere!
“- Papà per favore, ti supplico… Angie non c’entra niente! E neppure Leon! E’ solo colpa mia! Punisci solo me!” pregò ancora la giovane, ignorando il silenzio a cui l’aveva invitata il re. Angie, dopo l’ennesima occhiataccia del re, si allontanò, chiudendo la porta alle sue spalle con un forte tonfo. Si precipitò sulle scale e, di fronte si ritrovò Lidia che stava portando la tisana ordinata da Roberto, al re. L’istitutrice la travolse e le fece cadere il vassoio dalle mani. Piangeva disperata e aveva gli occhi annebbiati dalle lacrime… neppure aveva visto la cameriera che cadde con tutte le tazze che stava portando, riuscendo, però a non rompere nulla. “- Angie! Stai bene?!” chiese la Mendoza, notando che nemmeno si era fermata a chiederle scusa… non era da lei, di solito sempre così gentile e cordiale. “- Scusami Lidia io… non ti ho proprio vista, perdonami.” balbettò lei, piangendo disperata. “- No, lascia stare! Piuttosto, che ti succede? Problemi con il re?” chiese ancora Lidia, sedendosi su un gradino, accanto al vassoio salvato per pochissimo e invitando la donna a fare lo stesso.  Angie, un po’ riluttante, si sedette e, non appena lo fece, si ritrovò stretta tra le braccia dell’altra che le circondò le braccia come… proprio come una sorella maggiore. “- E’ meglio che vada… ho già combinato abbastanza danni!” disse, affondando quasi istintivamente, la testa sulla spalla dell’altra. “- Quindi non ci rivedremo più? Qui… intendo…” intuì subito Lidia, passandole un fazzoletto dalla tasca del grembiule per farle asciugare gli occhi. “- Non credo. Mi dispiace…” sussurrò quasi, l’altra. “- Passerò a trovarti! Angie sei l’unica amica che ho e non ti voglio perdere… dammi il tuo indirizzo.” concluse la Mendoza, rialzandosi con il vassoio e porgendole la mano per far rimettere in piedi anche l’altra. “- Via Saldes, 22…” disse Angie, asciugandosi le lacrime in fretta. “- LIDIAAAA! Porta subito quella tisana al sovrano!” le urla arrivavano da qualcuno della servitù al piano di sotto. “- Ci vediamo…” salutò la donna con la mano all’altra che ricambiò con un timido sorriso, uscendo da quel palazzo. Forse aveva sbagliato fin dall’inizio… tutte quelle bugie. Ma non aveva avuto scelta: o mentire e ritrovare  sua nipote e forse sua sorella, o restarsene con le mani in mano a evitare quel posto come faceva da anni e, ovviamente, aveva scelto e sempre avrebbe preferito la prima opzione.
 
 
“- Chiamami quel moccioso! Sbrigati, Roberto! Lo voglio qui! Subito!”. Il re non sembrava essersi affatto calmato e andava avanti e indietro per la stanza come un leone in gabbia. Compose rapidamente un numero sul cellulare ma non ebbe nessuna risposta. In quell’istante, Lidia, entrò tutta trafelata e intimorita nella sala, salutò con un rapido inchino e poggiò il vassoio con la tisana sulla grande scrivania. German rimase per un secondo rapito ad osservarla. La Mendoza, dal canto suo, abbassò lo sguardo velocemente e fece per uscire. “- Aspetti!” la voce del sovrano la bloccò mentre era già di spalle, sull’uscio. Si voltò e vide il re con una strana espressione turbata che la fissava come imbambolato. “- Le serve altro, Altezza?” chiese, in agitazione, la donna. “- No… no, mi scusi… torni pure a lavoro.” concluse German, osservando la donna che, dopo aver eseguito l’ennesima riverenza e, rapida, uscì chiudendo delicatamente la porta. In quell’istante, il sovrano di Amapola si rese conto che forse aveva fatto un grave errore a cacciare la Salinas dal castello… era l’unica che poteva aiutarlo a scoprire qualcosa in più su quella Mendoza… tanto simile a Maria da farlo restare incantato ogni volta che incrociava gli occhi smeraldo di quella misteriosa donna.
“- Eccomi, Maestà.” Leon entrò subito dopo Roberto nella stanza, fermando il flusso di pensieri di German Castillo e facendolo quasi sobbalzare. “- Tu… io ti ho dato fiducia, ti ho dato un lavoro… E TI AVEVO ANCHE AVVERTITO, Vargas!” il re, come un fiume in piena, scatenò le sue ire sul povero stalliere che, inizialmente, non capì il perché di tanto accanimento. Roberto accese il lettore dvd e Leon vide subito il video e ne rimase scioccato. Lo sapeva. Sapeva che prima o poi la sua relazione impossibile con la Castillo sarebbe dovuta finire ma non sapeva chi fosse stato tanto meschino da far avere quel video al re. “- Voglio che tu lasci subito questo posto! SUBITO! VATTENE DA QUI! Mi hai tradito! Hai tradito la mia fiducia, quello che sono. Vai via e non farti più vedere!” sbraitò ancora il sovrano. “- Io non ce l’ho fatta! Io AMO sua figlia! E lei ama me. Sire lei non potrà mai farci nulla… l’amore sarà sempre più forte di tutto… come la musica.”. Leon non riuscì a stare zitto. Colpì due volte il sovrano… doveva dirglielo, finalmente riusciva a sfogarsi contro la persona che lo aveva fatto sentire in colpa, per una colpa che non aveva. Amare la persona che lo rendeva felice era forse una colpa? Amare la musica poteva definirsi tale? A quel punto Leon non sapeva se il re fosse più arrabbiato per quello che gli aveva appena detto o per il fatto che stesse cantando musica moderna oppure, ancora, se per il fatto che lo stesse facendo proprio con la principessa. “- Tu vai in quella… scuola, non è vero? Ci hai portato mia figlia, non è così? RISPONDIMI!” In quel momento, Violetta che era stata mandata già in camera sua, entrò sbattendo la porta nella sala. “- Papà ti prego! Non fargli del male! Lui non ha colpe!” supplicò la ragazza, piangendo. “- Violetta torna subito di là, non ti riguarda! Sono discorsi tra me e il giovanotto! Guardie! Riportatela in camera!” urlò German, più severo che mai, facendo sì che due soldati portassero via la ragazza che, se inizialmente oppose resistenza, poi si arrese guardando Leon con le lacrime agli occhi e recandosi nell’enorme corridoio al di fuori della sala. “- Mi dispiace. Ho sbagliato.” si limitò a dire Leon, per evitare altri guai. In quel momento, la porta della stanza si spalancò e Luca, trascinato dalle guardie, entrò continuando a dimenarsi, sotto lo sguardo stupito di Leon. “- Ah! Eccone un altro! Un altro fuorilegge…” borbottò il sovrano, fissando con sguardo feroce il povero italiano. “- Io non ho fatto niente! Sono innocente e lasciatemi voi due!” urlò il giovane moro alle guardie che ancora lo tenevano sottobraccio. “- Mi sono stancato! Roberto fa’ riaprire le celle sotterranee… questi due li devo tenere sotto controllo!” urlò il re, sconvolgendo tutti e tre i suoi interlocutori. “- Ma, come? Lei non puo’, Altezza! Mi scusi! Sarebbe uno scandalo! Finiremo sulle prime pagine di tutti i giornali! Rifletta…” lo consigliò, giustamente, il suo fido assistente, sotto lo sguardo terrorizzato dei due giovani. “- Non mi interessa di nulla. Il sovrano sono io! E faccio ciò che voglio!” urlò German, mettendosi finalmente a sedere e assaggiando un sorso della tisana portata su da Lidia. “- Li lasci andare, Maesta! Io sono sicuro che hanno imparato la lezione, vero ragazzi? Non è poi così grave!” tentò di aiutarli Roberto ma il sovrano fu irremovibile. “- No. Guardie, preparate una bella cella per questi baldi giovani… per questa notte restano qui, hanno infranto le regole e devono pagare. La musica moderna qui non è CONCESSA!” urlò il sovrano, sbattendo una mano sulla scrivania e facendo persino tintinnare la tazza che traboccò bagnando dei documenti. “- Portateli nei sotterranei! Io devo fare una telefonata.” Le guardie, a quell’ennesimo ordine, anche loro titubanti da quella decisione del re, trascinarono i due a forza lungo tutto il corridoio e tantissime scale.
“- Antonio! E’ lei?” dall’altro capo del telefono, il preside dello Studio rimase sorpreso di quella telefonata e ascoltò attento. “- Altezza! Come mai mi chiama? Qualche problema con il concerto per sua figlia?” capì subito l’anziano che, forse, pensava che il re avesse saputo qualcosa di quel finale moderno che stavano progettando. “- Non ci sarà nessun concerto. Avvisi gli allievi. Mia figlia non avrà nessun concerto, per il suo compleanno. Trattengo il ballo solo perché lo ha organizzato la mia fidanzata… ma per quanto riguarda lo show è saltato tutto. Ha infranto le regole e non merita nulla di tutto ciò. Buonasera.” rispose, quasi tutto d’un fiato, il sovrano senza dare nemmeno la possibilità di rispondere al suo interlocutore. Roberto assistette alla scena scuotendo il capo in segno di disapprovazione. “- E tu non fare così! Va’ punita… e quei due devono pagare per aver infranto le regole. Meritano di farsi almeno una notte in cella, così forse impareranno la lezione!” disse il re, più alterato che mai.
 
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Capitolo lungo e intenso! Si sarebbe potuto chiamare anche “Le ire del sovrano!” 
Leon e Luca… poverini! Una notte nelle celle del palazzo! :( E calcolate che il re ancora non sa che la figlia ha frequentato lo Studio e che Angie è sua zia e l’ha anche coperta per tutto questo tempo! Ma andiamo con ordine… Ludmilla si è sbizzarrita in cattiveria! E' riuscita anche a mandare Thomas a fare la scenata al locale in modo che tutti, in seguito, lo crederanno colpevole! Vilu, a causa al video è stata rinchiusa in camera, Angie è stata cacciata, il Restò Bar chiuso e Luca e Leon sono finiti nelle segrete perdendo i loro rispettivi lavori! Inoltre il concerto è stato annullato! Insomma… una catastrofe! La tarantola forse neppure immaginava il danno che stava per creare! Eppure è riuscita nell’intento di far restare sola Vilu… che perfida la Ferro! Ma come proseguirà la storia?
Alla prossima! Ciao! :)

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Capitolo 24
*** Spettacolo annullato! ***


“- Non posso crederci! Luca! Che bello vederti! Come stai? Stai male? Sei stanco? Ti prego, parla!” Francesca strinse così forte suo fratello fino quasi a farlo soffocare… era stata una notte da incubo per lei e la sua migliore amica, la Torres, e entrambe non l’avrebbero mai dimenticata in vita loro. “- Sto bene, tranquilla! E' stata un' esperienza... da non riprovare!” commentò il giovane italiano, entrando nella Sala Teatro dello Studio. Non appena lo vide arrivare Camilla gli corse in contro e gli saltò letteralmente fra le braccia, facendolo barcollare all’indietro fino quasi a cadere. “- Amore! Sono stata così in pena per te! Stai bene?” gli gridò la Torres, con le lacrime agli occhi e affondando la testa riccioluta sul petto del giovane. “- Sì, tesoro, sì! Tranquille, sto bene.” sorrise Luca, stringendo con un braccio la sua fidanzata e posando l’altro intorno alle spalle della sua sorellina. “- Ma ci spiegate cosa sta succedendo? Perché ti hanno arrestato? Chi o cosa significa quel video di cui ci hai parlato? E Leon e Viola? Anche loro sono stati arrestati?” le domande di Federico erano interminabili e, probabilmente erano quelle a cui tutto il gruppo di amici attendeva una risposta, pendendo dalle labbra del giovane italiano appena liberato dalle celle del palazzo. “- Guardate qui: ‘Il re di Amapola riapre le segrete! Infrante le leggi sulla musica a causa di video shock. Chiuso anche il Restò Bar.’” Lena arrivò di corsa con un quotidiano in mano, leggendo ad alta voce il titolo e il sottotitolo in prima pagina. I giovani presero a passarsi subito il giornale tra loro. “- Cavolo, il mio povero locale! Chiuso per una stupidaggine del genere!” borbottò Luca, prendendo a fissare la sua foto al centro, sotto all’articolo, accanto a quella del giovane Vargas e ad un’altra immagine che ritraeva proprio l’entrata del Restò Bar.
“- Buongiorno!” Leon arrivò tutto trafelato dando una pacca sulla spalla al ‘compagno di disavventura’ italiano, e venendo letteralmente sommerso di domande di interessamento da parte degli amici. “- Avete letto? Si dice che il concerto sia stato annullato!” disse, a bassa voce, Lena, che aveva ripreso a sfogliare il giornale. “- E’ proprio così… salve a tutti!” Antonio, senza il suo solito sorriso gentile, apparve alle spalle dei ragazzi con un’ aria cupa in viso. Era seguito dagli altri professori tra cui, la più sconvolta, sembrava essere per qualche oscura ragione, Angie. “- Sicuramente tutti saprete cosa è successo ieri sera a palazzo…” iniziò il preside, osservando Luca e Leon che abbassarono subito lo sguardo, in imbarazzo. “- Sì, ma se ci puo’ spiegare meglio… perché alcune cose non sono chiare!” disse Thomas, prendendo a fissare tutti i docenti con aria interrogativa e confusa. “- Allora… ieri sera, il re ha ricevuto un video di tre ragazzi, allievi della scuola tra l’altro, che stavano cantando una canzone moderna al Restò Bar. Sì è infuriato con Leon, uno dei due giovani immischiati nella vicenda, e con il povero Luca che è stato arrestato per una notte come Vargas, e, a cui, ha fatto chiudere il locale.” sintetizzò Antonio, cercando di restare vago sul fatto che l’altra persona fosse proprio Violetta. “- E chi era l’altro alunno? E come mai non è stato arrestato come i nostri due amici?” chiese subito qualcun altro degli alunni, incuriosito da quella particolare faccenda, come tutti del resto. “- Io lo so! Ne hanno parlato i miei a casa… l’altro alunno, o meglio alunna…” Ludmilla era scattata in piedi e ancheggiava verso il centro della sala con aria pericolosa. Angie sbiancò, Pablo provò a farla tornare a sedere con gesti eloquenti e Antonio lanciò un’ occhiataccia alla bionda Ferro. Ma niente, nessuno riuscì a fermare quel fiume in piena, ricco di cattiveria e malvagità. “- L’altra alunna era Violetta Castillo… ah, ma forse voi la conoscete come Viola Casillas… o sbaglio?” ghignò, soddisfatta, la contessina. Ed ecco che rivelava l’altro segretuccio della principessina. Si divertì un sacco a guardare l’espressione sconcertata di tutti in sala. Camilla sgranò gli occhi, Francesca si accasciò sulla sedia portandosi le mani al volto, Leon e Thomas la fulminarono con lo sguardo come pure Angie, Pablo e Antonio. Gli altri, invece, restarono alquanto scioccati e senza parole. Ludmilla si andò a risedere con i suoi soliti modi da diva e tutta felice per quella scottante rivelazione.
“- E’… vero quello che dice? Viola è Violetta Castillo? La principessa?” chiese, sconvolto, Federico. “- Sì, ragazzi. E’ così.” Si limitò a dire Antonio, sedendosi sul bordo del palco come gli altri insegnanti. “- Lo ha fatto perché la musica è la sua vita. E non puo’ avere colpa di questo.” la voce, quasi tremante, di Angie, ruppe il silenzio che era calato nella sala. Pablo prese a fissarla stupito, come tutti gli altri. “- Violetta è come la regina Maria, sua madre. Il padre non vuole riconoscere il fatto che la figlia ami la musica, quella moderna soprattutto. Non ha mai saputo che sua figlia veniva qui a studiare. Ancora non lo sa e non deve saperlo.” disse, tutto d’un fiato, la donna abbassando lo sguardo. “- Voi sapevate di lei? Che fosse la principessa?” chiese Lena, alzandosi in piedi curiosa. “- Sì. Volevamo il suo bene. Non volevamo negarle questa passione. Anche a costo di andarci di mezzo con tutta la scuola. Abbiamo sbagliato, ed ora, per questa faccenda del video, hanno annullato tutto, spettacolo incluso. E il sovrano ancora non sa che la figlia ha studiato qui… immaginatevi se dovesse venirlo a sapere! Mi raccomando: se ci tenete almeno un po’ alla vostra amica e a questa scuola… fate sì che il sovrano non lo venga a sapere.” aggiunse Pablo, stringendo le spalle ad Angie, ancora disperata e sconvolta. “- Bene… tra 10 minuti iniziano le lezioni. Torniamo alla vecchia vita: niente prove e solo ed esclusivamente musica classica. A dopo.” salutò Antonio, uscendo dalla sala, seguito da tutti i docenti.  
“- E quindi ha mentito a tutti!” borbottò Camilla ancora sbigottita, restando seduta in sala teatro, prima di andare verso la propria aula. “- Lo ha fatto per  inseguire il suo sogno! Quello di studiare musica! Che male c’è?! E vi ricordo che tutti abbiamo infranto le regole nella S.P.!” rispose Francesca, abbracciata a Federico che annuì in silenzio. “- No, ha ragione Fran. Anche se il fatto che la principessa fosse proprio nella S.P. mi ha fatto chiudere… la colpa non è sua. E forse neanche del re. E’ di quella perfida persona che ha girato questo tanto discusso video!” borbottò Luca, ancora incredulo per l’accaduto. “- Chissà chi lo ha fatto per poi farlo ricevere al sovrano! Forse una delle guardie ha sentito Leon e Vilu cantare e ha ripreso tutto come prova da mostrare a Castillo! O il principino che arrivò nella sala come una furia, ricordate?” ipotizzò Napo, confuso.”- Ragazzi, so che non è il momento ma io devo confessarvi una cosa. Non ve l’ho detta perché un po’ me ne vergognavo e… voi siete tutti nobili o quasi, mentre io…” Leon prese un profondo respiro e poi si accinse a continuare la frase mentre gli amici lo fissarono stupiti. “- …Io sono lo stalliere del castello, o meglio lo ero prima che il re mi licenziasse per la questione di quel filmato. Sia io che Thomas e Ludmilla sapevamo di Violetta, Viola, o come volete chiamarla.” Un’ altra notizia shock piombò sui ragazzi. Leon stalliere? Ludmilla e Thomas sapevano della principessa? “- Bene! C’è altro che dobbiamo sapere? Approfittatene!” urlò Camilla, un po’ stizzita da tutte quelle bugie che si erano venute a creare. "- Leon non c'è nulla di male! Anzi, il tuo sforzo per inseguire il tuo sogno è solamente da apprezzare!" sottolineò Maxi, dandogli una pacca sulla spalla, mentre tutti gli altri annuirono all'affermazione di Ponte. “- Dobbiamo scoprire chi ha fatto quel video! E riuscire a vendicarci in qualche modo per riprenderci il concerto! La musica, TUTTA, deve ritornare ad Amapola! E dobbiamo aiutare Violetta che, poverina, adesso sarà rinchiusa come una prigioniera a palazzo.” aggiunse intelligentemente Lena, determinata come al solito. “- E come faremo, scusate?” intervenne Andres, ancora perplesso. “- Non lo so. Ma una cosa è certa, insieme siamo…” “- MIGLIORI!” urlarono in coro i ragazzi, alla frase incompleta della più giovane delle Heraldez. “- Bene, ora in classe… o saranno guai! E bastano tutti quelli che abbiamo!” esclamò Luca, uscendo per primo, sottobraccio con Camilla, per poi venire seguito da tutti gli altri amici.
 
 
La notte era calata ad Amapola e tutto intorno era silenzio. L’unica luce, forte e alta nel cielo era il bagliore della luna che brillava, circondata da molte stelle. Leon stava per dirigersi verso il castello. Doveva vederla, voleva parlare con la sua principessa. Non riusciva a starle nemmeno un secondo lontano e, ora che erano stati costretti a separarsi, se ne stava rendendo ancora più conto. Chiuse di fretta la porticina in legno della sua casa sulla spiaggia e prese a correre sulla sabbia fredda e umida, con il rumore delle onde che si infrangeva sul bagnasciuga gli fece da colonna sonora per tutto il tragitto. Arrivò in un battibaleno nei pressi della residenza reale e prese ad osservare da dietro l’angolo delle mura del palazzo, le guardie fuori al grande cancello. Da lì, sicuramente, non vi avrebbe potuto accedere. Iniziò a pensare e pensare… come avrebbe potuto entrare al castello? D’un tratto si ricordò di una piccola entrata segreta che gli aveva mostrato Violetta tanto tempo prima e che nessuno poteva conoscere a parte lei. Era un sentierino stretto e piena di arbusti incolti ma, per fortuna, lì non c’era mai nessun controllo. Così, il ragazzo aggirò le mura del palazzo e si avvicinò a quel minuscolo cancelletto arrugginito e ricoperto di edera e piante rampicanti. Sembrava chiuso da anni ma, dando alcuni forti colpi alla serratura, subito si aprì di scatto con un tremendo cigolio che, per fortuna, non venne avvertito da nessuno. Si incamminò per quel luogo che gli ricordò subito la prima passeggiata che aveva avuto con la ragazza, il ponticello su cui avevano parlato varie volte… e si ritrovò all’interno delle mura.  Subito riconobbe la finestra della ragazza, ancora illuminata nella notte fonda. Era molto in alto e, nonostante fosse abbastanza atletico non poteva salire là su… anche se avesse voluto non c’era alcun appiglio per arrivare a quel piccolo balconcino o alla finestra. Prese subito un sassolino al suolo e lo lanciò con forza verso il vetro… riuscì solo dopo un paio di tentativi a prendere in pieno la stanza della ragazza. Violetta, intenta a scrivere sul suo diario, disperata e ancora sconvolta per l’accaduto, trasalì nel sentire quel piccolo colpetto al vetro. Si avvicinò piano alla finestra , l’aprì e, inizialmente, nel buio della notte, non vide nessuno. “- Psss Vilu! Sono io!” quella voce… quanto le mancava! “- Leon! Devi andartene! Potrebbe essere pericoloso!” disse lei, sotto voce, ma cercando di farsi capire a quei metri di distanza da cui si trovava dal giovane. “- Non potevo stare senza di te. Dovevo vederti!” urlò quasi lui, facendo sì che lei lo azzittisse con un cenno della mano, e, in seguito, gli facesse un altro gesto come per dire: ‘aspettami lì’. La giovane aprì un po’ la porta e notò le guardie fuori dalla sua camera, addormentate, ancora con delle carte da gioco in mano, vicino ad un tavolinetto. Prese un profondo respiro e, senza fare rumore, uscì lentamente dalla stanza per poi sorpassarle e correre di sotto, fino all’entrata del palazzo. Si fermò un paio di volte per evitare altri soldati all’esterno ma, finalmente, riuscì a raggiungere il giovane Vargas che, non appena la vide, si bloccò imbambolato. Violetta gli corse in contro e lo abbracciò forte. Gli era mancato tantissimo… lo guardò negli occhi e si scambiarono un bacio appassionato come non mai. “- Dobbiamo parlare.” disse lui, accarezzandole i capelli dolcemente. “- Non qui. Vieni!” sussurrò lei, tirandolo per un braccio verso il posto del loro primo incontro. Attraversarono di nuovo quel boschetto ma, farlo a piedi e in piena notte non fu per nulla facile. Dopo un bel po’ però, arrivarono a quello splendido lago che, adesso, brillava sotto il chiarore della luna.
“- Ti ricordi questo posto?” sorrise lei, timidamente, sedendosi sull’erba umida. “- Come potrei dimenticarlo!” disse Leon, mettendosi accanto a lei e cingendole le spalle con un caldo abbraccio. “- Mio padre è stato così ingiusto! Con te, con Angie, con Luca… mi dispiace!” si scusò la principessa, anche se non aveva nessuna colpa… anzi! Era stata lei stessa vittima di tutto quel caos che si era creato con quel video. “- Non c’entri nulla. Anche tu ci sei andata di mezzo. Non sai quanto stia male per questo.” aggiunse Leon, incupendosi e abbassando lo sguardo. “- Non preoccuparti. Prima o poi verrà fuori chi  ha fatto quella maledetta ripresa.” La voce di Violetta era decisa come mai e, infatti, anche il giovane Vargas prese a fissarla stupito. “- Io qualche sospetto ce lo avrei…” borbottò lo stalliere, tra sé e sé ma facendo sì che la ragazza lo sentisse benissimo. “- Chi?” chiese lei, voltandosi di colpo verso il ragazzo. “- Ludmilla!” disse seccamente Leon, che si innervosì al solo dover pronunciare quel nome. “- No, non penso! Io sospetto molto di più di Thomas! Era geloso di te! Sapeva che saresti stato punito molto più di me che sono la figlia del re… e poi quella scenata al locale! Ci aveva beccato lui! Oppure… qualcuna delle guardie! Non lo so, sono così confusa!” esclamò lei, portandosi le mani al viso e prendendo un profondo respiro. “- Non dovresti esserlo! Non ho altri sospettati! La Ferro mi odia e, soprattutto, odia te. Già mi ha creato problemi in passato! E non penso se ne faccia nel crearcene altri!” disse, alzandosi di colpo, Leon. “- Non dire così! Io non penso sia cattiva fino a questo punto!” ribatté lei, mettendosi in piedi di fronte a Vargas. “- Questa mattina, a scuola… è stata lei a rivelare a tutti l’identità di Viola Casillas… secondo te è ancora buona come credi?” rispose, stizzito, l'ex stalliere di corte. La giovane non poteva crederci… adesso tutti sapevano di lei, della sua identità! E se suo padre avesse scoperto che aveva frequentato la scuola? Ci mancava solo quella! “- Non preoccuparti. Nessuno parlerà della questione del Classic Studio e non ce l’hanno con te per avergli mentito, anzi, ti hanno capito alla perfezione. Ma attenta alla contessina Ferro. Il video lo ha fatto lei, ne sono sicuro.” concluse, con decisione, il ragazzo. Lei lo fissò impietrita e tremante.  “- Nessuno potrà rivelare altro su di me perché, prima o poi, sarò io a confessare a mio padre tutta la verità. Non voglio più mentirgli… ormai più che tenermi rinchiusa in camera cosa potrebbe fare? Far chiudere la scuola?” “- Sì. Potrebbe. E lo sai bene. Per favore… rifletti. Aspetta ancora un po’ prima di dirglielo! Ora è già abbastanza arrabbiato con te, me, Angie… aspetta. Dovremmo riprenderci quel concerto, così, magari, potrai dimostrargli sul palco quello che ami, quello di cui sei capace. Ora devo andare. Ti amo, principessa.” sorrise, dolcemente, il giovane, guardandola negli occhi e afferrandole le mani. “- Ti amo anch’io.” gli sussurrò lei, con un filo di voce, ad un centimetro dalle sue labbra, prima che i due si scambiassero un altro bacio, questa volta dolce e delicato. “- Dividiamoci… giuro che tornerò a trovarti. Ma prima… voglio che chi ha fatto quel video la paghi. E siamo già tutti decisi e con un unico sospetto, credo… ci rivedremo presto, amore mio. Te lo prometto.” La salutò lui, prendendo poi a camminare rapidamente verso il boschetto. Lei restò a fissarlo e a salutarlo con la mano, rabbrividendo per il freddo e per l’emozione che riusciva a regalargli solo lui, il suo unico e vero amore.
 
 
“- L’ho vista. Ieri notte sono riuscito ad incontrarla!” Leon arrivò verso il gruppo di amici fuori al Classic Studio che attendevano di entrare per l’inizio delle lezioni. “- Come sta?” chiese Francesca, preoccupatissima per l’amica. “- Non molto bene… ragazzi dobbiamo fare qualcosa per aiutarla! Prima di tutto dovremmo capire chi ha fatto quel video!” rispose Vargas, vedendo tutti gli altri annuire con decisione. “- E direi come secondo punto dovremmo farla pagare a chi ha fatto quel che ha fatto!” borbottò Maxi, alzandosi deciso mentre Andres lo tirò a sedere, un po’ spaventato dalla fin troppa determinazione del giovane rapper. “- No, ha ragione Ponte! E poi… dobbiamo vedere pure noi quel video! Leon e Luca… lo avete visto solo voi! E chi lo ha fatto, ovviamente!” aggiunse Federico, sfogliando distrattamente degli spartiti che aveva tra le mani. “- Dopo quello che ha fatto ieri in sala teatro io sospetto solo della tarantola!” borbottò Francesca, alzandosi e andando avanti e indietro, nervosissima al solo pensiero della bionda Ferro. “- Dobbiamo avere quel video! Dobbiamo prenderlo dal castello… qualcuno deve andare a prenderlo! Così lo vedremo anche noi! Magari c’è qualche indizio nelle riprese…” sottolineò Napo, astutamente, cominciando a riflettere con aria pensierosa. “- Ci sono! Thomas! Vieni qui!” urlò d’un tratto, Lena, la sorella di Nata. Tutti la fissarono stupiti… cosa aveva in mente la ragazza? Anche Heredia poteva essere un ipotetico colpevole! Perché coinvolgerlo in quel modo? “- Ciao! Che c’è?” chiese subito il principino, con la sua leggera vena di arroganza come al solito. “- Devi aiutarci! Sai cosa è successo a Violetta, no?” esclamò la piccola Heraldez, fissando con decisione il moro. “- Sì… io non ho nessuna colpa! Ho fatto quella scenata ma non avrei mai potuto farle passare quello che sta passando. Cosa posso fare per aiutarvi?” chiese lui, notando l’occhiataccia che subito, Leon gli aveva rifilato. Però, in effetti, tutti si erano accorti di quanto il principe avesse perso la testa per la Castillo e realizzarono che, in effetti, non l’avrebbe mai fatta soffrire come adesso stava patendo, dovendo restare chiusa al palazzo. “- Sei l’unico che puo’ andare al castello. Prendi quel video! Hai la scusante di andare a trovare la principessa, senza destare sospetti! E taci con la tua amichetta Ferro!” disse, astutamente, Lena, osservando anche i visi degli altri. Tutti erano sorpresi da quell’idea… ma era geniale! L’unico ad avere dei dubbi era proprio il giovane Vargas… che già poco sopportava il giovanissimo erede al trono di Magnolias ma che, pur di aiutare la sua amata, avrebbe anche sopportato il rivale. “- Sospettate di Ludmilla, immagino!” sibilò, tra i denti, il ragazzo. “- Ma che astuto che sei! Complimenti! E ringrazia che abbiamo subito scagionato te! Dopo la scenata in S. P. potevi essere un facile sospetto!” ridacchiò Napo, salendo sul muretto per apparire all’altezza del giovane. “- Come mai non dubitate di me?” aggiunse il giovane, ricordando la scenata del giorno prima a cui si riferiva il Ferro, sconvolto dal fatto che non gliene avessero ancora parlato. “- Sì, inizialmente anche tu eri tra i sospettati… ma eravate in due al Restò Bar… tu e la Ferro. Tu sei andato via infuriato… lei l’ho vista solo io, mentre prendevo la frutta per fare i vostri frullati… ma, d’altronde, conosciamo tutti la contessina… tu non sei capace di essere così subdolo. Sei un po’ arrogante… ma non avresti mai messo nei guai Violetta per farla pagare a Leon. Lei, invece, lo avrebbe fatto con piacere.”. Il discorso da agente di polizia che affermò Luca lasciò tutti di stucco ma non faceva una piega. Inizialmente avevano sospettato di Heredia… la sua scenata era stata un ottimo movente per poi vendicarsi con il video… ma non era nel suo stile. “- Vi ringrazio per avermi capito… ma non penso che Ludmilla…” iniziò Heredia, amico della Ferro. “- Aiutaci e ti  mostreremo la vera Ludmilla.” sentenziò Lena, sorridendo al principe che, dopo averci pensato per qualche secondo, annuì con decisione. “- Domani andrò a palazzo. Dove avete visto il video?” chiese lui, per facilitarsi la ricerca in quell’immenso posto. “- Nella sala conferenze del re. Ma ti avverto: stai lontano da lei, o io…” iniziò Leon ma Lena lo trattenne per un braccio. “- …O tu cosa?” affermò Thomas con aria di sfida, avvicinandosi a Vargas. “- Smettetela! Thomas, pensa ad aiutarci! E tu non infastidirlo!” urlò la bionda Heraldez, mettendosi al centro tra i due giovani rivali. “- Non hai niente da temere. Lei ama solo te, tranquillo!” sussurrò Francesca all’orecchio di Leon, facendogli l’occhiolino, mentre Heredia si stava allontanando verso l’entrata. “- Lo so. Io di lei mi fido… di lui molto meno.” concluse lui, osservando gli altri che presero a parlottare con l’ideatrice di quel piano geniale.
 
 
“- Finalmente! Hai saputo? Hai saputo?”. Gregorio Casal era seduto ad un tavolino nel suo enorme giardino, sorseggiando una tazza di thé fumante. “- Lo so. Il concerto è stato annullato. Tu c’entri qualcosa?” chiese subito Anita, sedendosi di fronte al conte che prese ad osservarla con aria confusa. “- Pensi che io possa essere così banale? Un video per far scoprire che la musica moderna è ancora viva ad Amapola? Mi sottovaluti, Dominguez!” urlò quasi l’uomo, prendendo a versarle da un elegante teiera una tazza di quella bevanda bollente. “- Giusto, hai ragione.” rispose lei, un po’ seccata dal tono sempre fin troppo acida di quel Casal. “- Quindi è finita. Non dobbiamo più far sì che lo spettacolo vada a rotoli per poter ottenere l’edificio!” esclamò la donna, girando con un cucchiaino d’argento, lo zucchero. “- Anche se non ci sarà il concerto quel posto non chiuderà! Ed io voglio comunque quel posto… allora non hai capito nulla, Anita? Mi meraviglio di te! Mi sembravi così sveglia… e invece…” Anita per poco non sputò tutto il thé per quanto fu sorpresa da quella frase. Lei sapeva benissimo che Casal voleva l’edificio… era che, in un certo senso, sperava, in cuor suo, che l’uomo si volesse arrendere a tutto quel piano strampalato. “- Chi erano i ragazzi che stavano suonando e cantando? Sono dello Studio?”. A quella domanda la Dominguez abbassò lo sguardo e posò la tazza nel suo piattino. “- Sì, due sì. Una non la conosco.” borbottò, sottovoce, la donna. Se Casal avesse saputo di Violetta avrebbe sicuramente riferito tutto al re e il suo piano malefico sarebbe andato in porto. Ovviamente, lui non sapeva, dato che hai giornalisti era stato detto solo di Leon e Luca e di una ‘misteriosa’ terza persona che aveva infranto le leggi del regno. In un certo senso, la donna, stava cominciando a mentire al suo alleato e se ne rese conto con suo grande stupore… si era stancata di vendicarsi in quel modo su Pablo e tutta la scuola. In fondo amava quel luogo, e, il direttore, anche se non era innamorato di lei la trattava sempre benissimo… era così dolce! Non poteva incolparlo per qualcosa che non provava! Come pure Angie… ok, le stava antipatica… ma che poteva farci lei se Galindo l’aveva scelta al posto suo?! E poi c’era pure Beto, con il quale stava legando molto. Non meritavano tutto quello. Così decise di tacere sulla faccenda della principessa, per evitare di dare lo spunto a Gregorio per far chiudere l’accademia e impossessarsene. Quella povera Violetta avrebbe avuto guai seri con il re… e non voleva.
“- Stai bene, Anita? Sei strana!”. A Gregorio non sfuggiva mai nulla. “- Mai stata meglio! Ma adesso devo andare, la pausa è finita e devo tornare allo Studio.” disse lei, afferrando la borsa appoggiata al bordo della sedia sulla quale era seduta. “- Non mi deludere, Dominguez. Mi fido di te. Ti contatterò io se saprò novità o se mi verrà qualche idea nuova per prendermi quello che voglio. A presto.” salutò Casal, facendole un cenno con la mano, ma senza smuoversi più di tanto e senza neppure avere la più che minima intenzione di alzarsi per accompagnarla al cancello. “- A presto…” balbettò lei, ormai addirittura intimorita da quell’uomo, così strano e tanto malefico. Era sempre più confusa. Non sapeva cosa dire o pensare… forse però, aveva capito che stava sbagliando. E stava già pensando da molto tempo sul da farsi, o forse, inconsciamente, aveva già iniziato a remargli contro, pur essendo ancora sua alleata.
 
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 Eccoci giunti al capitolo 24! Che dire? A parte che ho amato la scena di Leon e Vilu di notte nel bosco del castello a parlare! E quella di quando lui era sotto al balconcino in stile Romeo e Giulietta! *-* Dunque, per fortuna, a parte Violetta che teme che la gelosia abbia fatto fare il video a Thomas, tutti sospettano di Ludmilla e hanno detto ad Heredia di prendere quel video a palazzo… Leon è un tantino geloso e Fran che lo rincuora! :3 Anita vuole mollare tutto! Non ha detto nulla di Vilu a Casal! (applauso per Anita! u.u) e, inoltre, sembra ancor più confusa perché ha capito che allo Studio ci sono solo buoni che non meritano quella cattiveria che ha in mente Gregorio! Come continuerà la storia? Vi sta piacendo? :) Alla prossima, ciao! :)

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Capitolo 25
*** Chiarimenti, missioni da completare e momenti d'amore. ***


“- Principe Heredia! Come mai qui?” le guardie fermarono subito Thomas fuori dal palazzo Castillo. Non era con la sua solita limousine ma a piedi, e prese a fissare i due soldati con la sua solita aria da sbruffone. “- Fatemi passare. Devo vedere la principessa.” disse, con voce chiara e decisa il ragazzo. “- Il re non credo voglia che qualcuno si avvicini alla camera della ragazza. Immagino che lei sappia cosa è successo ad Amapola…” borbottò una delle due guardie. Nessuno, a parte i soldati che sotto giuramento non avrebbero potuto dire neanche una parola sull’accaduto, sapeva cosa c’entrasse Violetta con tutta quella questione. I giornali non ne avevano parlato per volere del sovrano ma i ragazzi dello Studio avevano saputo chi erano i tre alunni ad aver infranto le leggi del regno, principessa compresa. “- Allora parlerò solo con il re. Ma devo entrare. Subito.” gridò quasi il principe, buttando per aria i due soldati e cercando di aprire il cancello, cosa che gli riuscì con modi bruschi. Nessuno riuscì a fermarlo e le due guardie presero a fissarlo scioccate. Che modi aveva quel ragazzino! Thomas salì lungo il viale d’accesso principale, aggirò in fretta la fontana al centro del giardino ed entrò con passo sicuro nel castello, facendo inchinare chiunque incontrasse sulla sua strada, che, nel riconoscere il principe di Magnolias, faceva una veloce riverenza davanti a lui. Spalancò la porta della sala del trono e vi trovò solo Roberto, intento a scribacchiare, sommerso dalle sue solite scartoffie. “- Devo parlare con il re.” esordì il giovane, facendo sobbalzare l’uomo che per poco non cadde dalla sedia per lo spavento… tanto preso com’era dal suo lavoro neppure l’aveva sentito o visto entrare. “- Principe Heredia! Venga, l’accompagno. Il sovrano è di sopra, ma sarà ben lieto di conferire con lei! E’ nella Sala Conferenze ma avrà di certo terminato la sua riunione con Camelias… prego, da questa parte.” indicò il braccio destro del re, indicando la grande scalinata al centro del salone principale, nel quale erano rapidamente arrivati. Salirono le scale in fretta e si ritrovarono in un minuto di fronte al grande ufficio del sovrano. “- Vostra Altezza, c’è il giovane principe Heredia che vorrebbe conferire con lei.” iniziò Roberto, dopo aver bussato ripetutamente e aperto la porta. “- Thomas! Che piacere vederti!” sorrise German Castillo, facendo ruotare la sua poltrona rossa dietro al grande tavolo delle riunioni. “- Il piacere è mio, Maestà.” salutò gentilmente il ragazzo, chinando leggermente il capo e stringendo la mano al re. “- Immagino abbia saputo quello che è successo nel nostro regno…” iniziò subito il re, andandosi a risedere dietro alla scrivania, giocherellando con alcuni strani soprammobili per allentare la tensione. “- Come non avrei potuto sapere… il fatto che abbia riaperto le segrete è stato in prima pagina per giorni! E poi quei due ragazzi arrestati… e quella terza misteriosa persona che non ha subito punizioni… in città si parla, Maestà… tutti sospettano di chi si possa trattare…” esclamò, prontamente, Thomas, seduto di fronte all’uomo, all’altro capo dell’immensa scrivania che, a quelle parole, trasalì, posando subito la penna con la quale stava firmando dei fogli con lo stemma reale di Amapola. “- Tu dici che qualcuno se ne è accorto? Tu, ad esempio, di chi… sospetti?” chiese il re, spiazzato da quella frase. “- Maestà, se si fosse trattato di un ‘qualcuno’ qualsiasi, di un ragazzo del popolo… avrebbe pagato come quel Vargas o come il giovane Rossini. O è sua figlia, o qualcun altro dell’alta società!” sintetizzò subito Heredia, appoggiando i gomiti sul tavolo e fissando l’espressione sconvolta di German che non gli staccava gli occhi di dosso. “- Sei intelligente, ragazzo. Ecco perché mi saresti piaciuto tantissimo come mio successore ad Amapola e Camelias. Magari unendoci anche il tuo Magnolias.” buttò lì il re, cercando di cambiare discorso e prendendo a sfogliare distrattamente dei documenti davanti a sé. “- Peccato che sua figlia non sia tanto d’accordo. Mi sopporta ben poco.” riassunse il giovane, abbassando lo sguardo velocemente per non far cogliere la sua espressione rammaricata a quelle parole. “- La vada a chiamare, per favore. Voglio solo salutarla.” aggiunse poi, sperando che il re lasciasse l’ufficio cosa che, per fortuna, avvenne. “- Torno subito. Violetta sarà felice di vederti.” sorrise il sovrano, uscendo con passo fiero dalla sala. Non appena Castillo fu fuori da lì, il giovane scattò in piedi, e, velocemente, andò a chiudere la porta senza fare rumore. Si mise subito a frugare tra i cassetti, cercando questo misterioso video. Ne aprì vari, sotto la scrivania, fino a quando non si rese conto che, di fronte a lui, vi era un enorme schermo con, al di sotto, un lettore dvd. “PER IL RE: DA GUARDARE CON URGENZA.”. Bingo! Per fortuna, sulla mensola accanto ad esso, vi era ancora la custodia con quella scritta a caratteri cubitali. Doveva essere quello, per forza! Lo afferrò e notò subito che mancava il cd all’interno. Cercò rapido il telecomando del lettore ma, non vedendolo, riuscì ad aprire l’aggeggio armeggiando con dei tastini e, all’interno, vide un cd con la stessa scritta sopra. Eccolo! Lo prese lo infilò subito nella tasca della giacca. Un rumore di passi si fece sempre più vicino facendolo scattare a sedere. La porta si aprì e apparve il re, ma questa volta, alle sue spalle una figura magrolina e triste si affacciò nella sala. Era sempre bellissima come Heredia la ricordava ma, adesso, non aveva più quella splendida luce negli occhi e quel bellissimo sorriso che gli aveva fatto perdere la testa. “- Thomas!” disse, gelida, ancora convinta che il video l’avesse girato lui. “- Principessa! Che piacere vederti!” sorrise lui, con il suo solito fare deciso, alzandosi e avvicinandosi alla ragazza. “- Io vado, ho una conferenza nella sala del trono.” salutò il re, scomparendo nel corridoio, volendo lasciare di proposito i due da soli nella stanza. “- Come mai sei venuto qui? Perché hai fatto quel video? Volevi farla pagare a Leon, vero? E a me per averti rifiutato più volte!” strillò la ragazza, fuori di sé per la rabbia, cosa che il ragazzo non si aspettava. “- Chi ti dice che sia stato io? Sentiamo!” esclamò con tono fermo e pacato lui, sedendosi di fronte alla giovane ancora rossa e nervosa. “- Hai pure la faccia tosta di venire qui a ‘salutarmi’! Sei ridicolo, Heredia! Io amo Leon, che ti piaccia o no! E anche se ci hai fatto questo per dispetto… noi non ci lasceremo mai.” esclamò la giovane, decisa ma ancora con lo sguardo triste e sconvolto. “- Non sono stato io. Che tu mi creda o no, tornato a casa dal Restò Bar sono stato per tutto il pomeriggio in conferenza con Magnolias! Problemi burocratici che mi hanno tenuto tutto il giorno in sala conferenze, quindi, mia cara principessa, ho anche le prove della mia innocenza! ” si giustificò lui, senza smuoversi più di tanto, anche se quelle parole lo avevano ferito profondamente. In fondo, una volta tanto, stava dicendo la verità… e si rese conto per la prima volta che la Ferro aveva fatto di tutto per incastrarlo. Aveva insistito lei a mandarlo nella S.P. quel pomeriggio, così che tutti avessero sospettato di lui, e soltanto di lui. Per fortuna, però, Luca aveva visto pure lei nel locale, per giunta dietro al bancone. E se di lui un pochino si fidavano, la contessina la conoscevano fin troppo bene. E la detestavano tutti! E poi… quel che aveva detto in sala teatro era stato fin troppo chiaro: la Ferro si era data la zappa sui piedi da sola.
“- Anch’io mi fidavo di Ludmilla. Ed ho sbagliato, a quanto pare. Non fare il mio stesso errore.” replicò il giovane, toccandole leggermente la punta del naso, cosa che la infastidì ancor di più. “- Vattene, per favore.” lo invitò lei, indicandogli la porta. “- Au revoir, principessa. Prima o poi capirai che errore stai facendo a non fidarti di me.” ghignò lui, fissandola un’ ultima volta, prima di uscire dalla sala, il cd in tasca e, anche se cercasse di non farlo notare, un groppo alla gola per come la ragazza lo aveva trattato.
 
 
“- Tommy! Sei venuto a trovarmi! Non puoi proprio stare senza di me, vero?”. La grande villa Ferro era illuminata da lampioncini lungo tutto il viale. Ludmilla era sotto al portico, limandosi le unghie seduta su una panca in ferro battuto, finemente lavorata. “- Dobbiamo parlare. Subito.” disse, con aria seria, il giovane Heredia, sedendosi accanto a lei e fissandola con sguardo severo. Aveva ancora il dvd nella giacca, ma non aveva intenzione di mostrarlo a lei. “- E’ successo qualcosa? Sei ancora sconvolto per il fatto che ti abbiano nascosto la S.P.? Non temere… lo fanno con i migliori. Lo hanno fatto anche con me.” sentenziò la bionda, agitando la sua chioma lucente con fare deciso. “- A proposito di quello… hai girato tu quel video, vero?”. La contessina di certo non si aspettava quella domanda. “- Cosa? Come? Certo che no!” si lamentò la ragazza, imbronciata e incrociando le braccia al petto come offesa da quella affermazione. “- Mi hanno accusato. Violetta mi odia! Ed è solo colpa tua. Io dopo essere stato con te al locale ero in conferenza con Magnolias! Sono innocente e tu mi hai fatto andare lì a fare quella scenata… tu volevi incastrarmi!” gridò il ragazzo, alzandosi in piedi e cominciando ad andare avanti e indietro, nervoso come mai. “- Io non c’entro! Chi ti dice che sia stata io, Tommy? Non mi credi?” supplicò lei, quasi con le lacrime agli occhi. “- No. Mi dispiace. So quanto odi ed hai sempre odiato Violetta. Non mi meraviglierei se le avessi fatto una cosa del genere.” replicò il ragazzo, risedendosi e portandosi le mani al capo, in preda ad un forte mal di testa.
“- Thomas non trattarmi così, ti prego! Io… so che non è il momento giusto per dirtelo però… ti amo. Non posso farci nulla. E non sopporto che tu mi tratti male.” A quelle parole il ragazzo sollevò lo sguardo scioccato, prese a fissare il volto di Ludmilla che, finalmente, sembrava sincero. Osservò quei lineamenti, quegli occhi scuri così decisi… lei era come lui. Era così diversa dalla principessa… lei tanto dolce e gentile. Si ricordò del suo arrivo ad Amapola, di come la contessina lo avesse accolto bene, di come lui, prima che incontrasse la Castillo, l’avesse anche guardata con occhi diversi. Ma, adesso, no. Dopo quello che Ludmilla aveva combinato non poteva cedere. Lei si stava avvicinando sempre di più alle sue labbra, erano ad un centimetro di distanza, la Ferro gli poggiò una mano sulla guancia ma lui, di colpo, indietreggiò. “- Non posso. Adesso no.” disse, alzandosi, il giovane, per la prima volta in vita sua con la voce un po’ tremante. La ragazza, senza pensarci due volte, abbassò lo sguardo, scattò anche lei in piedi e ferita doppiamente nell’orgoglio, se  ne tornò in casa, sbattendo forte la porta e lasciando il ragazzo sul portico, ancora confuso e imbambolato per quel che stava per fare la giovane e per ciò che gli aveva detto.
Ludmilla salì velocemente la grande scalinata, fino ad arrivare in camera sua. Si buttò sul letto, la testa affondata nel cuscino e i suoi boccoli, sempre perfetti, sparsi qui e lì. Pianse tanto. Come mai in vita sua. Non solo perché Thomas, il suo unico vero amore l’aveva rifiutata, ma perché, forse, si stava rendendo conto che il giovane principe aveva ragione. Era stata troppo cattiva con la principessa… era sempre stata troppo cattiva con tutti. Restò lì per un tempo indefinito, rinchiusa nella sua stanza con dei grossi lacrimoni che le rigavano le guance pallide. Sua madre bussò ripetutamente ma fu inutile. Non voleva che qualcuno la vedesse in quello stato… così scese dalla sua stanza solo ore dopo, quando passò il gonfiore agli occhi e riuscì parlare senza scoppiare in lacrime. Tentò varie volte di contattare il principe, per chiedergli scusa, per provare a parlargli ma senza ottenere risposta cosa che, ovviamente, la fece stare ancor più male.
 
 
“- Allora, hai preso il video?” Lena accolse Heredia sulla porta di villa Heraldez, dove tutti i ragazzi si erano riuniti per vedere quel dvd. “- Io non lascio mai le missioni a metà, bella signorina!” esclamò il principe, entrando a testa alta e con la sua solita aria arrogante. La grande casa era vuota perché i genitori di Nata e Helena erano fuori dal regno per affari, quindi non ci pensarono due volte ad organizzare lì quell’incontro clandestino. “- Io ho portato i Pop Corn!” urlò, saltellando, Andres, con una busta di plastica in mano. “- Bravo, Andres, così ci piaci!” disse subito Maxi, scavando tra le cose portate dall’amico ed estraendo una bottiglia di Coca Cola da un sacchetto della spesa. “- Porta i viveri e dimentica di invitare Andrea! Non si fa, amico!” rise Napo, sedendosi sul divano rosso porpora del salone della reggia. “- Mi raccomando! La servitù ci copre solo se non lasciate troppo disordine in giro! Sanno che stiamo vedendo un film tutti insieme!” rise, con aria furbetta, Nata, sedendosi accanto al giovane rapper che subito le fece posto. “- Ponte, via i piedi da quel tavolino! E’ del Primo Settecento!” strillò Lena, scacciando con un gesto della mano le gambe del rapper tese su quel pezzo d’antiquariato. “- Ragazzi…  è stata difficile… ma il vostro amico Heredia è meglio di 007. Ecco a voi il film che ha scalato le classifiche di tutto il regno di Amapola!” esclamò Thomas, con viso furbetto. “- Sta’ zitto e metti quel video! E poi la proiezione è stata limitata! Io, Luca e il re ne abbiamo avuto l’esclusiva!” ribatté Leon, sedendosi sul bracciolo del divano, beccandosi un’occhiataccia dalla più piccola delle Heraldez che gli indicò la poltrona ad un centimetro da lui, tra l’altro anche vuota. “- Mettete play, per favore? O dobbiamo aspettare che si spengano le luci come al cinema?” borbottò Francesca, stringendosi al baronetto Bianchi come se stessero sul serio per assistere alla proiezione di un film, che, dall’abbraccio, sarebbe potuto essere un horror. “- Luca! Sei il più vicino al lettore! Metti play!” ordinò Maxi, facendo alzare controvoglia l’italiano che si apprestò ad accendere e a far partire il filmato. Il video partì e, non appena iniziò, Andres prese ad applaudire, venendo azzittito da tutti in malo modo. “- Sono Vilu e Leon! E stanno cantando… che bravi che sono!” sorrise Fran, indicando lo schermo al plasma vicino al muro. “- Guardate! Lì si vede la scritta ‘Restò Bar’! Ecco perché mi hanno fatto chiudere!” borbottò Luca, mettendo il broncio e venendo subito abbracciato da Camilla. “- Però guardate! Hanno inquadrato solo loro due! Se fosse stata una delle guardie avrebbe ripreso anche noi nella sala! Invece si vede che questo ‘regista’ voleva colpire proprio loro due soltanto! Di noi altri si sentono solo le voci!” fece notare Napo, iniziando a riflettere e facendo cominciare a pensare un po’ tutti, mentre, come sottofondo musicale, vi erano ancora i due ragazzi che cantavano appassionatamente. “- Napo ha ragione. Ragazzi l’unica ad avercela con loro e ad aver fatto notare di odiare la principessa è soltanto una persona…” cominciò la Torres, con decisione. “- LUDMILLA!” urlarono gli altri, tutti in coro facendo una smorfia al solo dover pronunciare quel nome. “- L’avrà girato con il cellulare? O con il tablet? Che dite?” chiese Andres, confuso, fissando ancora lo schermo della tv. “- La definizione è ottima… e l’immagine sembra  molto grande rispetto a quella di un telefonino… e pure l’audio è perfetto. Io dico che lo ha fatto con un tablet…” sentenziò Maxi, l’esperto informatico, afferrando l’ennesima patatina dalla busta di Andres e cominciando a sgranocchiare rumorosamente. “- Dobbiamo prendere quel tablet! Magari riusciamo a trovare il video e ad incastrarla!” disse Lena, con un fuoco nello sguardo, così deciso e fiero che avrebbe intimorito persino la contessina Ferro. “- Ci penso io… riporto questo bel filmino al re… e passo a trovare Ludmilla…” esclamò Thomas, alzandosi per andare ad estrarre il cd dal lettore. “- Giuro che se è stata sul serio la tarantola gliela faccio pagare! Se Violetta è rinchiusa in stile ‘Raperonzolo’ è tutta colpa sua e della sua invidia!” gridò Fran, con Federico che prese a calmarla con un abbraccio che l’azzittì di colpo. “- Calmiamoci. Pensiamo ad avere quel tablet. Dopo che avremmo visto il video su quell’affare, a patto che non lo abbia cancellato, prenderemo le nostre decisioni.” sentenziò il principe Heredia, tirando un forte sospiro che fece riprendere a riflettere a tutto il gruppo. “- Domani. Domani stesso vedi di prendere quel coso… e vediamo di liberare Violetta.” sibilò Leon, alzandosi e avvicinandosi minacciosamente a Thomas che sembrò non smuoversi di un centimetro, continuando però a reggere lo sguardo di sfida del giovane Vargas, senza alcun timore.
“- Calmiamoci tutti! Leon, siediti! Thomas… contiamo su di te. Vogliamo fidarci anche se… sei ‘amico’ della Ferro.” disse Lena, ponendosi tra i due rivali che continuavano a guardarsi in cagnesco. “- Violetta mi odia perché è convinta che abbia girato io il filmato, essendo geloso dello stalliere. Io non avrei mai fatto una cosa del genere. Sapevo che ci avrebbe rimesso anche lei. Solo Ludmilla, forse, avrebbe potuto fare una cosa del genere. Avete visto come ha reagito alla notizia del concerto annullato… o sbaglio?” chiese Heredia, fissando tutti che abbassarono lo sguardo, confusi. “- Io voglio che la verità venga fuori. Che la principessa non mi odi come adesso a causa di qualcosa che non ho fatto. Quindi voglio quanto voi scoprire chi è stato l’autore di questa ‘geniale’ ripresa.” aggiunse il moro di Magnolias, con un tono deciso e fiero. “- Vai. E facci sapere.” sorrise Nata, andandogli ad aprire la porta della stanza, facendo sì che anche gli altri amici si alzassero per tornare alle loro case. “- Non vi deluderò.” borbottò il ragazzo, voltandosi per l’ultima volta, prima di abbandonare la stanza.
 
 
“- Ciao! Ero preoccupato! Non mi rispondi al cellulare! E che significa quell’sms che domani non vieni allo Studio? Non dire stupidaggini!”. Pablo apparve sul portico della villetta della sua migliore amica, Angie che gli aveva aperto la porta ancora sconvolta per tutto quello che le stava accadendo in quel periodo. Lo invitò ad entrare, senza nemmeno aprire bocca ma facendogli un cenno con la mano verso il piccolo salotto all’interno della casa. Quella stanza era molto accogliente, come il resto della piccola casetta… e pensare che lei avrebbe dovuto vivere al castello di Camelias! Quello sarebbe stato il posto per una principessa come lei! Ma la regina Angelica non voleva. Voleva proteggerla, come la migliore delle madri, dalle ire di Castillo. Ad ogni modo quel posto era arredato molto bene. Nel salottino, dove la donna accolse il direttore, foto e cornici erano in bella mostra su molti mobili elegantemente intagliati. Una grande libreria era accostata ad una parete e una grande vetrata faceva sì che, di giorno, la luce entrasse nella stanza, invadendola completamente. “- So che stai male, lo capisco. Ma devi reagire! Io ti voglio bene e se lo dico lo faccio per te! Non puoi continuare così! Cosa vuoi fare adesso? Passare la tua esistenza segregata qui senza fare nulla? Devi combattere! Come stavi facendo e come hai sempre fatto!”  affermò subito lui, quasi con rabbia, sedendosi su un piccolo sofà blu cobalto, sul quale prese posto anche la donna. “- Non è facile. Non ce la faccio più, Pablo. Io non posso. Me ne voglio ritornare a Camelias.” sentenziò la donna con tono rassegnato che, di solito, non era da lei, portandosi le mani al viso, disperata. L’uomo la fissò per qualche secondo, con l’aria sconvolta da quella frase. “- Non puoi farlo! Tua madre ti ha mandato anni fa lontana dal vostro palazzo proprio per tenerti al sicuro da Castillo! E se dovessi tornare lì, ora, lui ti riconoscerebbe anche! Dovresti prima parlare con lui, con il re. Con calma, ovviamente e non subito dato che già mi pare che sia parecchio arrabbiato!” le consigliò il moro, avvicinandosi a lei che nemmeno alzò lo sguardo dal tappeto sotto al divano. “-  ’Dovrei, sarebbe meglio, fai così…’ io non… tu non puoi capire quello che sto passando! German mi odia! Pensa che abbia lasciato la figlia sola al Restò Bar! E nemmeno sa dello Studio! O del fatto che io sia una Saramego, la zia di Violetta! Tutti questi segreti mi faranno impazzire!” urlò la donna, cominciando poi a piangere a singhiozzi, alzandosi di scatto e andando verso la grande finestra che dava sull’esterno del piccolo giardino della villetta. “- Non devi fare altro che tornare al castello, da tua nipote! Ti ricordo che lì hai anche una missione. Forse stai per ritrovare tua sorella! Ti rendi conto, Angie? Dopo tutto quello che hai fatto vuoi mollare? Così, per una cosa del genere? No! Io ti conosco e sei molto più forte di quello che tu non possa immaginare. Parla con German e digli che avete un patto. Ricordagli di Lidia! Della possibilità che si possa trattare della regina! E se serve minaccialo anche! Digli che se non ti fa tornare a corte parlerai ai giornali! Vedrai come ti riassumerà di corsa!” esclamò stizzito Pablo, prendendole le spalle mentre lei era ancora voltata a fissare un punto indefinito, al di là del vetro. “- Non posso minacciarlo!” cominciò, stranamente, a ridere lei, voltandosi e ritrovandosi di fronte Galindo che le era parso folle a quella affermazione. “- Ok, scherzavo! Ma almeno ti ho fatto divertire!” esclamò il moro, ancora davanti a lei, prendendo a fissarla negli occhi, quei grandi occhi color smeraldo che gli facevano battere il cuore all’impazzata. “- Sai perché ti vorrei sempre al mio fianco?” chiese lei ancora singhiozzante, asciugandosi un’ultima lacrima che le scese rapida sulla sua guancia pallida. “- Perché sono un genio?” ribatté lui, con l’aria di chi vuole pavoneggiarsi e facendola ridere ancora di più. Ad un tratto però, entrambi si fecero seri, si guardarono ancora intensamente e si avvicinarono sempre di più, fino a quando le loro labbra non furono ad un millimetro di distanza. Pablo le prese il viso tra le mani. Ora o mai più, doveva avere il coraggio di fare ciò che aveva sempre sognato di fare, da quando l’aveva vista per la prima volta in vita sua allo Studio. Poggiò le sue labbra su quelle di lei, dando vita al bacio più dolce del mondo, che, ad entrambi, sembrò durare un’eternità.
“- Scusami. Forse non avrei dovuto. Forse non è il momento adatto per te e io forse…” ma Angie zittì subito l’uomo, poggiando il suo indice sulla bocca del direttore, lasciandolo anche stupito. “- O forse avremmo semplicemente dovuto capirlo prima. Grazie.” sorrise dolcemente la donna, accarezzandogli la guancia, un secondo prima che, questa volta lei lo ribaciasse, lasciando lui felicemente sorpreso. “- Tu hai sempre ragione. Ti sono grata di tutto quello che fai per me, ogni giorno.” sussurrò la bionda, abbracciandolo e stringendolo forte a sé. “- Io non faccio proprio nulla! Se sei arrivata dove sei ora, nelle ricerche di Maria e in tutto il resto è soltanto merito tuo. Io posso consigliarti, ma il coraggio viene tutto dal tuo cuore… Ti amo, Angie.” le sussurrò dolcemente l’uomo all’orecchio. “- Ti amo anch’io.” esclamò lei con decisione.
Era sicura che, quel periodo pessimo che stava passando a causa di quella catena di eventi, fosse diventato il più bello della sua vita solo grazie a quella persona speciale che era Pablo. Lo amava, e lui provava lo stesso per lei. Pensava a quante volte le fosse stato vicino, l’avesse aiutata. Lui c’era sempre. Ed era sicura che, da allora in poi, anche lei avrebbe fatto lo stesso per lui.
 
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Eccoci qui al capitolo 25! Io sono ancora con gli occhi a cuoricino per il finale… emh ma andiamo con ordine. Thomas e Ludmilla. Lui è infuriato per come lo ha trattato Violetta. Ha preso il video dall’ufficio del re e, rosso di rabbia, è andato dalla Ferro che, dichiarandogli il suo amore, è rimasta tanto delusa. A casa Heraldez hanno visto tutti il filmato e, adesso, il principino deve recuperare il tablet di Ludmilla per trovare tracce del video. Il finale è tanto… athyjutrk *-* niente, sono adorabili! Pablo e Angie li adoro troppo e sono stati così dolci che, a momenti, mi scioglievo mentre scrivevo! :3 Spero che il capitolo sia piaciuto anche a voi… alla prossima! Ciao! :)

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Capitolo 26
*** Riprendiamoci la musica! ***


Thomas camminava verso villa Ferro a passo sicuro. Era appena stato al palazzo reale e, con una scusa, era riuscito a rimettere il dvd dove l’aveva trovato, senza destare alcun sospetto e senza riuscire a incontrare Violetta, cosa che gli era dispiaciuta molto. Avrebbe voluto raccontarle cosa stavano facendo lui e gli altri ragazzi per lei ma sarebbe stato tutto inutile… lei lo odiava e nemmeno l’avrebbe voluto ascoltare. Oltrepassò il grande cancello dei conti Ferro e si addentrò nell’enorme giardino curato in ogni minimo particolare. Mentre, ormai, era arrivato sotto al portico della grande casa, Susana Garcia Lopez, la madre di Ludmilla, gli si parò contro con aria preoccupata, ornata dai suoi soliti vistosissimi gioielli ma con il viso cupo e teso come il ragazzo non l’aveva mai vista.
“- Principe Heredia! Per fortuna è qui!” esclamò la donna, facendogli strada nella grande casa. “- E’ successo qualcosa?” chiese il giovane, seguendola per le scale. “- Non vuole parlare con nessuno! E’ da ieri che è chiusa in camera sua e non apre neppure per il pranzo o la cena! Per favore, la faccia ragionare lei! Ci Provi almeno! Non è un comportamento nello stile di mia figlia! E’ una Ferro, fiera e orgogliosa! Non ho idea di cosa le prenda!” si sfogò la donna, bussando ripetutamente ad una porta con una grande stella dorata appiccicata in cima. “- Ludmi, tesoro! C’è una persona che vuole parlarti! Ascolta almeno lui!” strillò la donna, senza ottenere alcuna risposta dall’altro lato e ignorando, che la causa del comportamento della giovane fosse proprio quello che le aveva detto il giovane Heredia qualche tempo prima, scatenando in lei quella reazione di chiusura. Susana, ancora sconvolta, si allontanò, facendo cenno al principe di insistere, di parlare ancora alla figlia. “- Ludmilla… per favore, apri! Devo parlarti di una cosa importante!” esclamò Thomas, bussando forte alla porta. Silenzio. Passò qualche secondo, il ragazzo si fermò, come in attesa, ad ascoltare con l’orecchio teso vicino al freddo legno dello stipite. Un rumore di molle lo fece sobbalzare. Dopo un attimo la porta si aprì lentamente e apparve una irriconoscibile ragazza bionda. Aveva gli occhi gonfi ed era pallida come un lenzuolo. Ludmilla lo fissò per qualche secondo con i suoi intensi occhi nocciola, rimpiccioliti dalle troppe lacrime e si scostò per farlo entrare, nonostante tutto, mantenendo il suo solito atteggiamento orgoglioso. Richiuse la porta alle spalle del giovane Heredia che trasalì nel vederla in quello stato… non se lo aspettava proprio! La ragazza si sedette sul suo enorme letto a baldacchino con una splendida coperta fucsia coperta da disegni di stelline dorate. Quella camera era enorme e i colori dominanti erano: fucsia, bianco, nero e dorato rendendo quel luogo, un posto per una vera diva.
“- Mi dispiace per l’altro giorno.” disse subito, con aria fiera, il giovane, sperando che scusandosi avesse risolto tutta quella situazione in un batter d’occhio. “- Cosa sei venuto a fare?” rispose, gelida, la giovane, spiazzando il ragazzo che, di solito, veniva quasi venerato dalla bionda contessina. “- Volevo parlare con te. Hai reagito parecchio male, mi pare!” sibilò il principe, sinceramente dispiaciuto nel vederla in quello stato. In fondo lui le voleva bene, gli dispiaceva provocarle quella sofferenza… anche se era certo che era stata lei a fare quel video che l’aveva fatto odiare dalla principessa Castillo. “- Lasciami in pace. Hai detto abbastanza ieri. Se non vuoi andartene tu, beh, sarò costretta a farlo io!” strillò la giovane, alzandosi dal letto e andando a spalancare la porta per uscire dalla camera. “- Benissimo! Vai! Almeno esci da qui dentro! Non puoi continuare così! Non è da te!” gridò, fuori di sé, Heredia, guardandosi intorno per cercare con gli occhi il tablet nella vastissima stanza della Ferro. “- Tu fatti gli affari tuoi! Non ti riguarda quello che faccio o non faccio! Ciao!” strillò con la sua solita vocina acuta la biondina, uscendo nel corridoio. Thomas avvistò l’oggetto che cercava con lo sguardo e chiamò di colpo la Ferro, avendo avuto un’idea geniale in quell’istante. “- LUDMILLA! Vieni qui!” strillò Heredia, facendo riaffacciare la ragazza sull’uscio. “- Ho una bella idea per farti distrarre… canta. Adesso.” sentenziò il giovane con il suo solito fare arrogante, stringendo il tablet tra le mani e andando a chiudere la porta alle spalle di Ludmilla che era rientrata nella sua stanza. “- Tu sei impazzito! Forse non ti è chiaro che ti detesto?” chiese, ironicamente, la ragazza, andando a sedersi alla sua scrivania, accavallando una gamba con fare da diva. “- Io ti sto solo lanciando una sfida, non ti chiedo di perdonarmi… dico, semplicemente, che non riesci a cantare la canzone di Violetta, ‘En Mi Mundo’. Non arrivi a quella nota altissima sul finale…” la provocò Thomas, sperando che il suo piano andasse a buon fine. “- Non ci provare nemmeno! Io arrivo a qualsiasi nota.” ribatté subito, come previsto, la giovane, fissandolo e alzandosi per andargli in contro. “- Sentiamo, allora!” esclamò il ragazzo, accendendo il tablet e avviando una ripresa. “- Il video è proprio necessario?” chiese la bionda, schiarendosi la voce nervosamente. Ne sapeva qualcosa di riprese e il fatto che il giovane facesse quel video la innervosiva e preoccupava… “- Almeno dopo avremmo le prove che ho ragione e che non riesci a cantare come la principessa…” la sfidò ancora il giovane erede al trono, prendendo a ridacchiare. “- Bene, vediamo subito!” borbottò la ragazza, mettendosi al centro della sala con le braccia unite al petto come suo solito e iniziando ad intonare la canzone della sua acerrima rivale. La cantò molto bene, senza stonature e salendo perfettamente anche alle note più acute. “- Touché, signorina. Aveva ragione,e, quando sbaglio, lo so riconoscere. La canti benissimo anche tu e mi congratulo.” sorrise, con sguardo astuto, Heredia. “- Come volevasi dimostrare. Ora sparisci… prima che mi infuri ancora di più. Ti ricordo che se ho appena cantato per te non significa che ti ho perdonato.” strillò la giovane, paonazza in viso per i nervi che aveva a fior di pelle. “- Hai cantato per me e non dire il contrario, lo hai anche ammesso, quindi… ottimo!” ghignò il principe, alzandosi e andandole incontro con un sorrisetto beffardo e arrogante. “- Sei… insopportabile! Me ne vado! Addio!” urlò la Ferro, correndo fuori rendendosi conto della gaffe che aveva appena fatto dicendo quel che aveva detto. Thomas non ci pensò due volte. Rimasto solo nella camera mise il tablet sotto alla sua giacca e uscì, come se nulla fosse, in corridoio. Si allontanò rapidamente da quella villa, avendo ottenuto ciò che voleva e, grazie ad una bella idea che gli era venuta, aveva anche di più di quello che sperava di trovare in quella casa.
 
 
“- Guadate il vostro principino cosa vi ha portato! Più di quanto volevate, signori miei!” Thomas arrivò al parco e, vedendo che tutti i ragazzi erano lì riuniti a chiacchierare, seduti sull’erba all’ombra di una grande quercia, si unì a loro, un po’ infastidito dal fatto che si sarebbe dovuto sporcare l’elegante abito di terriccio. “- Ci dovevamo vedere da noi oggi pomeriggio, cosa ci fai qui?” esclamò Lena, prendendo a fissarlo con aria confusa. “- Ma come?! Io vi porto un bel ‘doppio’ regalino e voi mi trattate così! Ma che antipatici che siete! Con un principe, poi!” rise il ragazzo, venendo fissato da tutti in modo strano. “- Hai preso il tablet! Geniale! E hai già visto se c’è ancora quel video di Vilu e Leon?” chiese subito Francesca, vedendolo estrarre dall’interno della giacca il gioiellino elettronico con aria soddisfatta. “- No, volevo controllare insieme a voi, sono un gentiluomo, io!” sorrise Thomas, facendo l’occhiolino alla mora e scatenando subito un po’ di gelosia nel baronetto Bianchi che, per tutta risposta, strinse le spalle all’italiana. “- Bene, gentiluomo… accendi e vediamo!” esclamò Federico, mentre tutti si misero introno al principe. “- E quel video sul desktop? E’ quello?” avvistò Maxi dopo qualche secondo, indicando lo schermo piatto del tablet. “- No, quella è una mia idea…  ‘un omaggio della casa’… ma ve la mostro e spiego dopo.” disse il giovane Heredia, prendendo ad iniziare le ricerche nel dispositivo.  “- Abbiamo controllato ovunque e non c’è, Maledizione!” imprecò Napo dopo una mezz’oretta di tentativi vani. “- Tanta fatica e non abbiamo nulla! Nulla! Dannazione! La tarantola è troppo furba! L’avrà già cancellato!” esclamò stizzita Camilla, afferrando il tablet per spegnerlo di colpo. “- Ferma dove sei! Cosa hai detto?” chiese Luca, afferrando il mini computer dalle mani irate della fidanzata, prima che potesse schiantarlo al suolo, stizzita com’era dalla situazione. “- Che la tarantola è furba?” ripeté la Torres, fissando un po’ stranita l’italiano. “- No! Che lo avrà cancellato! Guardiamo nel cestino!” esclamò il moro, entusiasta della sua intuizione. “- Eccolo! Lo sapevo che era stata lei!” urlarono un po’ tutti, dopo aver trovato l’icona del video e aver premuto play. “- Allora la contessina non è poi così furba!” rise Nata, mentre le voci di Leon e Violetta si espandevano nell’aria. “- Togli il volume o qualcuno ci verrà ad arrestare!” rimproverò al principe, Andres,  facendo sì che il futuro re eseguì l’ordine, meravigliato dalla frase intelligente e astuta dell’amico. “- E quel video sul desktop? Cos’era?” chiese Lena, curiosa, non appena quello dei due amici terminò. “- Diciamo che vorrei ripagare la Ferro con la stessa moneta per quello che ha fatto a Violetta!” sorrise Thomas, vedendo gli occhi degli altri illuminarsi di stupore, a quella frase. Aveva però, nominato solo la principessa… come se il povero Vargas non avesse pagato. Addirittura Luca ci era andato di mezzo! Eppure lui pensava solo a lei. La cosa non sfuggì di certo a Leon che, seduto lì con loro, fino a quel momento, se ne era stato in silenzio e un po’ in disparte. Poco sopportava il principino ma doveva ammettere che, in quel caso, era stato di grande aiuto. “- Mandiamo un bel video della signorina che canta pop al re e ricambiamo al favore! So che lei accuserà me perché sa che l’ho girato io… ma non mi importa e, in fondo, se lo merita! Poi non avrà troppe conseguenze… è una Lopez Ferro! Quindi nemmeno corre molti rischi!” sentenziò Thomas, ormai quasi steso sull’erba, rilassato come se nulla fosse. “- No! Aspettate! Io ho un’idea migliore… ” disse, dopo qualche secondo di silenzio, Camilla. “- Migliore della mia? Ne dubito…” ridacchiò il principe, risollevandosi dal prato e mettendosi a sedere come gli altri. “- E’ molto simile alla tua! Dunque… Nata, Lena… i vostri sono fuori questa sera? Abbiamo bisogno di casa vostra, vuota. E ci servirà una telecamera!” disse la Torres, alzandosi e cominciando a scribacchiare su un foglietto. “- Sì, stasera dovremmo essere da soli! Anche la servitù dopo la mezzanotte va via… ma che intenzioni hai?” chiese Nata, un po’ preoccupata dall’espressione divertita e furbetta dell’amica. “- Ho un piano… potremmo seriamente attentare all’incolumità psicologica del re… ma potrebbe anche funzionare! Insieme siamo migliori… non potrà arrestarci tutti… deve capire quanto conta per noi la musica, deve comprendere che è la nostra vita! Riprendiamoci quel concerto! Scatta la missione ‘RIPRENDIAMOCI LA MUSICA’!” esclamò Camilla, venendo fissata dagli amici un po’ sconcertati. “- Tu dici che se riceve vari video, con noi che cantiamo, forse capirà che non è poi così grave e lascerà anche Violetta in pace? E’ folle ma… potrebbe avere qualche conseguenza positiva…” ipotizzò Napo, confuso e pensieroso. “- … O negativa.” lo corresse prontamente Nata, già terrorizzata e tremante e pessimista come sempre. “- Conosce tutte le nostre famiglie o quasi. Se gli mandiamo tutti un video in cui cantiamo una canzone pop forse capirà che per noi è importantissimo che capisca che Leon e Vilu non sono i soli che hanno infranto le regole di Amapola e che quindi non puo’ punire solo loro! Leon ha già passato una notte in galera come Luca e Violetta è ancora segregata a palazzo! Comprenderà che tutti siamo disposti a trasgredire se si tratta dell’amore per la musica. Chi è con me?” affermò Camilla, con aria da vera leader. “- Mi piace come ragioni, baby. Io ci sto!” sibilò Thomas, dandole il cinque. “-Io sono con voi!” esclamarono un po’ tutti, alcuni più sicuri, altri un po’ più titubanti. “- Ci siamo tutti. Giochiamoci quest’ultima carta e riprendiamoci ciò che è nostro. A stanotte, ci vediamo a mezzanotte ed un minuto da noi!” Concluse Lena, affiancando la Torres che le sorrise, con aria astuta, tanto quanto quella della bionda Heraldez.
 
 
La mattina dopo, al castello, sarebbe arrivata più posta di quella prevista ma, all’alba, non ci si aspettava nulla di tutto ciò che sarebbe successo durante quel giorno. Il re era tranquillamente nella sala del trono e stava ripensando alla storia di Lidia, e al fatto che Angie sapesse tutto ciò che lui sospettava sulla Mendoza. L’aveva cacciata e si rese conto che facendolo, aveva commesso un gravissimo errore.
Non solo lei avrebbe potuto, per pura vendetta, parlare ai giornalisti della misteriosa donna, ma, per giunta, aveva perso la possibilità di avvicinarsi alla aiutante cuoca, che, probabilmente, poteva anche essere la sua amata Maria. No, lei non era il tipo da prima ipotesi… ormai conosceva la Salinas e non avrebbe mai potuto tramare in quel modo, era una brava ragazza e, la cosa, lo tranquillizzò. Si alzò dal trono, ignorando le lamentele di Jade che gli stava riempiendo la testa da giorni sul fatto che il concerto fosse stato annullato e, azzittendola con un cenno scocciato della mano, si recò verso ciò che da giorni voleva fare… parlare alla Mendoza. Si avventurò nel giardino e aggirò il palazzo, recandosi sul lato da cui vi era l’entrata secondaria alle cucine. Si sporse, senza farsi notare, dalla porticina in legno e spiò all’interno. La prima ad arrivare era proprio lei, la notò subito dietro al tavolo, intenta a spazzare con foga il pavimento. Il sovrano si spostò dietro alla piccola finestra esterna e continuò ad osservarla come imbambolato. Andare a chiacchierare o scappare? No, la seconda, decisamente. Optò subito per la seconda. Si voltò con un movimento goffo per andare via da lì e, alle sue spalle sentì un tonfo che lo fece sobbalzare. Un vaso di papaveri era caduto rovinosamente al suolo spaccandosi in mille cocci. “- Cosa succede qui fuor…?! Maestà!!! Cosa ci fa lei qui?” Lidia era accorsa fuori ancora con la scopa tra le mani, brandendola come un’ arma ma, vedendo il re che, probabilmente, la stava spiando, si immobilizzò di colpo. “- Mi vuole prendere con quella? Vengo in pace, tranquilla!” rise German, cercando di non utilizzare il suo solito tono antipatico e formale… insomma, da ‘re’. La Mendoza abbassò di colpo la mano che reggeva l’oggetto, rendendosi conto che era rimasta con il braccio in alto come se avesse voluto colpire chi la stava osservando, in quel caso il sovrano. “- Mi scusi! Non volevo! Non credevo che lei… fosse… Scusi ancora. Ritorno a lavorare se non le dispiace. Con permesso.” si giustificò, in vistoso imbarazzo la bionda, facendo un veloce inchino al re e avviandosi per rientrare nelle cucine, tutta rossa in viso. “- Aspetti!” la voce del re la fece girare di colpo, e ritornò vicino a Castillo, ancora violacea per la precedente gaffe. “- La sta… ancora infastidendo Matias?” chiese balbettante, per rompere il ghiaccio, il sovrano, fissando quegli occhi così belli e tanto familiari per lui. “- Come mai si preoccupa tanto per me? Io sono una serva… eppure lei si interessa così tanto…” sorrise la Mendoza, abbassando lo sguardo, imbarazzata dal fatto che il re la guardasse con fin troppa insistenza. “- Mi preoccupo di tutto il mio personale… e poi conosco Matias. Non mi fiderei troppo di lui.” si giustificò il re, distogliendo finalmente gli occhi da quelli della donna, accortosi del suo imbarazzo. “- Non si fida del suo futuro cognato! Wow… ” ironizzò lei, ridacchiando per rivoltarsi e avviarsi dentro la sala per lavorare. “- Comunque no. Non mi infastidisce più come un tempo. Grazie lo stesso.” disse ancora, sempre di spalle e camminando verso le cucine. Che caratterino, proprio come quello che aveva Maria! German non resistette più. L’afferrò dolcemente per un braccio e la fece rigirare, questa volta a sorpresa. “- C- cosa c’è ora, Maestà?” balbettò lei, fin troppo vicina al sovrano, fissandolo intensamente negli occhi. Il re non disse nulla e fece una cosa che non si aspettava nemmeno lui. Le prese dolcemente il viso tra le mani e, travolto da una incomprensibile attrazione la baciò dolcemente. Lidia fu talmente scioccata che non riuscì a muoversi e restò immobilizzata e sconvolta da quell’avvenimento. Entrambi, però, in quel bacio, avvertirono qualcosa di particolare… era per tutti e due come se quella non fosse la prima volta che si scambiassero quel gesto d’amore. Non era un caso se anche lei rifletté sulla cosa, lasciandosi, dopo un po’, andare a quella tenerezza. “- Scusami Lidia, non… scusa.” esclamò German, staccandosi da lei ma standole ancora molto vicino. “- Io non so cosa… le sia preso. Mi scusi se glielo dico così fortemente ma…” iniziò la donna ma venne interrotta dal tono pacato e serio del moro: “- No, hai perfettamente ragione, in realtà non lo so neanch’io. Mi dispiace.” ci fu qualche secondo di silenzio, l’imbarazzo più totale era calato tra i due che nemmeno riuscivano a guardarsi. Senza dire nulla, la bionda abbozzò un rapido sorriso e, raccogliendo la scopa che le era caduta durante il bacio, rientrò nelle cucine, sconvolta per quello che le era accaduto. German ricambiò al sorriso un po’ goffamente e rimase lì, imbambolato a fissarla allontanarsi velocemente da quel luogo. “- Maestà! Maestà! Mi ascolta? E’ da tutta la mattina che la cerco! Cosa ci fa qui, sul retro?!” La voce, o meglio, le urla di Roberto, fecero sobbalzare il sovrano che, finalmente si incamminò nella direzione opposta alle cucine, andando in contro al suo fido aiutante che lo guardava con un pacchetto postale giallo tra le mani e con aria un po’ sconcertata.
“- Cosa c’è?” disse, un po’ stizzito dall’interruzione del suo flusso di emozioni, il re. “- Potrei farle la stessa domanda, Sire! E potrei aggiungere anche un: ‘cosa ci faceva qui?’ Ma non c’è tempo! Ecco, guardi!” esclamò, pensieroso, l’occhialuto uomo, passandogli quella misteriosa busta. Non c’era un mittente, solo una grande scritta in stampatello su un lato.
 
“RIPRENDIAMOCI LA MUSICA!”
 
“- Cosa significa? E cosa sono tutti questi cd? Cos’è? Mi vogliono minacciare?” borbottò confuso il re, esplorando il contenuto del pacchetto mentre camminava verso il suo ufficio. Dall’interno apparvero una decina di dischetti con la stessa scritta sulla copertina, quella che aveva il video incriminante trovato dal re a palazzo che avevano mandato con le immagini della figlia che cantava al Restò Bar con quel ragazzo, Leon lo stalliere.
“- A me sembra molto chiaro quello che vogliano dirci…” sussurrò quasi Roberto, aprendo la porta della sala conferenze del castello. “- Sta’ zitto! Se pensano di farmi paura non ci riusciranno! Metti un dvd, forza!” ordinò il sovrano, sedendosi sulla poltrona di fronte allo schermo piatto, attendendo di vedere quei video. Rimase scioccato da ciò che vide: il primo era girato in una stanza tutta fucsia, bianca e nera, e la contessina Ferro stava cantando la stessa canzone pop che la figlia e Leon avevano intonato nell’altra registrazione, quella dello scandalo. “- Cos’è uno scherzo? Da lei non me lo aspettavo! Chiama Susana! Le voglio parlare subito!” strillò il re, afferrando il telefonino e passandolo al suo fido collaboratore. “- Aspetti, Sire! Vediamo anche gli altri! Non prenda altre decisioni affrettate! Lo ha già fatto qualche giorno fa e non mi pare sia andata troppo bene!” gli consigliò l’uomo, mettendo subito un altro cd nel lettore. Questa volta, a cantare quella stessa canzone, in un'altra stanza, erano due visi noti al sovrano. In duetto, le sorelle Helena e Natalia si stavano sbizzarrendo in una bella esibizione pop. “- Anche… loro! Ma non sono le figlie di Heraldez? Metti un altro dischetto, sbrigati!” strillò il sovrano. A mano a mano, visionarono tutti i dvd ricevuti e il re sbiancò sempre più. L’ultimo dvd era il solito mini live della giovane Rossini con il baronetto Bianchi. “- Basta! Spegni quel coso!” si lagnò quasi il re, vedendo la porta spalancarsi. “- Sono dei geni!” urlò la principessa che, annoiata dalla sua vita da ‘segregata’,  si era messa ad origliare, capendo tutto quello che avevano fatto gli amici per lei. “- Li conosci? Come mai? In biblioteca o in quella specie di bar illegale? Dove li hai visti?” le chiese suo padre, vedendola abbassare gli occhi di colpo. In realtà li conosceva grazie al Classic Studio… ma lui non poteva né tantomeno doveva saperlo… per ora. “- Al Restò Bar… ma li avrò visti una o due volte. Io e Angie ci andavamo così raramente.” si giustificò la giovane, abbozzando un sorriso e tentando di apparire convincente.
Si avvicinò alla busta sulla scrivania del sovrano e si rigirò quella busta tra le mani. “- Riconcedigli quel concerto. Non ti stanno chiedendo niente di così grave, papà! E evita altri scandali… come riaprire le segrete per quei poveretti di Luca e Leon…” iniziò la ragazza, diventando di colpo triste.  “- Non nominare quel nome!” urlò il padre, riferendosi al giovane Vargas. “- Per favore! Non è una richiesta impossibile! Riapri quel bar dei Rossini e, soprattutto, fai tornare qui Angie. Ho bisogno di lei, non lo capisci? Ti stai rendendo odioso! Il popolo non ti sopporta più e questa ne è la prova!” gridò la ragazza, mostrandogli la busta gialla con la scritta che era la dimostrazione che, quella sua severità era diventata egoisticamente inaudita. “- Sire… devo dire che è fortunato. La futura erede al trono è una ragazza brillante. Ed ha pienamente ragione. Chiami Antonio e riconsenta quel concerto! Magari riconsenta che la musica, tutta, ritorni ad Amapola! E ridia quel lavoro ad Angie e a Leon! Riapra quel locale che tutto il regno adora!” lo incoraggiò Roberto con tutte quelle possibili opzioni, sorridendo alla principessa e prendendo a fissare di nuovo il sovrano che era rimasto confuso dalle parole di sua figlia. “- Chiama Antonio. Concedi di nuovo quel concerto. Ma che sia classico! Non voglio ulteriori scherzi. Anche Angie… deve tornare. Ho sbagliato con lei. E riapri quel locale ma badassero bene al fatto che non voglio più che vi vengano suonate musiche non consentite o lo farò chiudere e questa volta per sempre. Leon… no, non se ne parla.” ordinò il re, con tono solenne, tentando di apparire meno severo di quanto in realtà non fosse. In particolare attendeva il ritorno della Salinas… e forse quel bacio con Lidia gli aveva permesso di sperare ancora sulla vera identità della donna misteriosa. Quella poteva essere Maria, la sua Maria… anche se gli sembrava ancora così assurdo. Ma solo con l’aiuto di Angie avrebbe potuto capirci qualcosa in più, lei era già sulla buona strada quando era a palazzo nel legame con la Mendoza, e lui, con la sua cocciutaggine, aveva interrotto tutto per una semplice canzone cantata dalla figlia. “- E’ già qualcosa… ma non credo che i ragazzi intendessero solo questo…” iniziò Roberto titubante, avendo capito appieno cosa intendessero i giovani artisti e nobili del regno. “- Per ora è tutto e accontentatevi. Oggi sono stato fin troppo buono… siete fortunati che mi sento particolarmente felice.” sentenziò il re, ripensando a Lidia, non dando a nessuno possibilità di replicare. Senza dire nulla però, la figlia gli corse in contro abbracciandolo forte. “- Oh grazie, grazie! Te ne sarò grata per sempre e apprezzo lo sforzo!” esclamò la ragazza, anche se delusa per la non riammissione a corte del giovane Vargas. Poco importava però, perché la giovane, adesso, lo avrebbe rivisto in “biblioteca” se lui avesse consentito, a poco a poco, di farla ritornare ad uscire con la sua istitutrice… forse sarebbe ritornata Studio! “- Roberto, esegui. Chiama Antonio, riapri il locale e chiama anche la signorina Salinas.” replicò il re, lanciando un’ occhiataccia al suo assistente che corse fuori per eseguire l’ordine di Sua Maestà annuendo in tutta fretta con decisione, prima che il sovrano potesse cambiare idea. In un certo senso i ragazzi e anche Violetta grazie a loro, avevano ottenuto qualcosa quel giorno. Non tutto, certo… ma forse, non mancava molto perché la musica tornasse ad Amapola. In tutte le sue sfumature.
 
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Ahi, ahi, ahi! Capitolo movimentato! A voi cosa ve ne pare? I ragazzi speravano di poter riavere tutta la musica ma, come al solito, il re finge di non capire… beh, però qualche passo avanti lo ha fatto! Ed anche con Lidia! *-*
Thomas è sempre super contorto. Frega alla grande la Ferro e aiuta i ragazzi portandogli il tablet della giovane… (e qui apro una parentesi… non avevo idea se i tablet avessero o no un cestino come i pc… vabbè, noi ipotizziamo che lo abbiano! XD) e poi l’idea di Camilla… geniale… mi immaginavo la faccia del re nel vedere tutti quei video! XD Spero che questo capitolo vi sia piaciuto! Approfitto per ringraziare i miei affezionati lettori! Grazie di cuore per le splendide recensioni che mi lasciate! *-* Alla prossima, ciao! :)

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Capitolo 27
*** Pentimenti sinceri. ***


“- La ringrazio per essere venuta. Prima di tutto devo scusarmi con lei. Ho reagito troppo male e mi devo rendere conto che la responsabilità è la sua ma anche di mia figlia. Ormai è grande e finisce per commettere qualche errore, come cantare pop con quello stalliere.” disse, quasi tutto d’un fiato, l’uomo, sottolineando, quasi con disprezzo, l’appellativo con cui aveva nominato il ragazzo, prima di quell' "incidente", suo fido lavoratore al castello.
“- E, sentiamo, cosa la disturba ti più, Maestà? Che stesse facendo musica o che fosse con Leon Vargas?”. La conversazione tra Angie e il re Castillo era appena iniziata e subito la donna lo rispose a tono, reggendo con forza ed aria di sfida lo sguardo del sovrano. Non poteva credere ai suoi occhi quando aveva ricevuto quella telefonata: Roberto Lisandro, consigliere di Sua Altezza, l’aveva contattata per un’ udienza nella sala del trono perché il re voleva conferire con lei. Inizialmente Angie si era impuntata. “- Non ci andrò. Mi ha ferita e non intendo tornare per essere umiliata ancora!” aveva detto a Pablo, la sera della telefonata quando si trovava da Galindo. Per fortuna lui, come al solito, l’aveva consigliata per il meglio, spingendola a cambiare idea e a pensare al bene di sua nipote e alla sua missione, ovvero capire qualcosa di quella Lidia... “- Ti sei disperata tanto quando ti ha cacciato ed ora non ci vuoi tornare? Angie! Ragiona e non fare stupidaggini!” aveva detto il direttore, facendola subito sentire meglio.
“- Lo sapevo che non avrei dovuto chiamarla! E’ la solita impertinente, signorina Salinas le ho detto che sono pentito, dovrebbe essere onorata di questo mio atteggiamento!” si lamentò German, seduto sul suo trono rosso porpora e incrociando le braccia al petto con il suo solito modo di fare severo e autoritario. “- Ma per favore! Non prendiamoci in giro, Sire. Io so benissimo perché mi ha contattato di nuovo. Lei vuole sapere di Lidia. Di me non le interessa  nulla. Anzi, le dirò di più. Lei ha avuto paura che sbandierassi ai quattro venti  la faccenda della Mendoza. E’ quello il motivo per cui adesso sono di nuovo qui!” strillò Angie, cominciando a percorrere in lungo e in largo la stanza, con fare nervoso. Forse aveva centrato in pieno il punto e se ne rese conto dal fatto che il re, per qualche secondo, rimase in silenzio, spiazzato da quella affermazione così disarmante. “- Sa che le dico? Io ci sto. Torno a palazzo e continuerò come se nulla fosse accaduto, con il nostro patto e tutto il resto… ma lo farò a una sola condizione. Penso che me lo debba dopo come mi ha trattato!” esclamò ancora la bionda, fissando l’aria sorpresa e curiosa del re che si sporse verso di lei, pur restando seduto compostamente dov’era. “- A quale? Parli!” chiese l’uomo, confuso. “- Se torno qui come istitutrice voglio poter riportare sua figlia fuori, in biblioteca. Nient’altro.”. Erano giorni che Angie pianificava quella richiesta ma, come si aspettava, inizialmente la reazione del sovrano non fu per  nulla accomodante. “- Non se ne parla. No. Soprattutto ora che ho fatto riaprire quel posto… come si chiama…” iniziò lui, sperando di ricordarsi il nome di quel locale che aveva infranto le regole di Amapola. “- Restò Bar! E comunque se non accetta le mie condizioni io… me ne vado. Arrivederci, Sire!” disse la bionda, stizzita, avviandosi sull’elegante tappeto rosso che attraversava la grande sala, sperando che lui, in quel lasso di tempo del suo percorso fino all’uscita, ci ripensasse. “- Aspetti!” urlò il re, facendola bloccare di colpo e un sorrisino furbo le si disegnò automaticamente sul viso, quando ormai la donna era sotto l’enorme porta di legno. “- Va bene. Ma niente scherzi!” urlò il re, scendendo dal trono e andandole in contro con un mezzo sorriso, che lei non ricambiò, ancora nervosa da quella discussione. “- A domani, Altezza.” si limitò a dire lei, andando a passo svelto verso l’immenso ingresso, antistante la sala.
Si precipitò al piano di sopra senza dare troppo nell’occhio e attraversò un corridoio che sembrava essere interminabile… a destra e a sinistra solo porte, intervallate da ritratti di antenati dei Castillo dai visi severi quanto il re che la donna fissò quasi con sconcerto. “- Dovevano essere tutti simpatici come German!” borbottò Angie, sottovoce, senza neppure rendersene conto. Arrivò alla stanza che voleva, fuori vi erano due guardie che tentarono di fermarla ma lei li ignorò ed entrò di colpo, facendo anche sobbalzare la principessa. “- Angie! Che bello vederti! Sono al settimo cielo!” strillò la giovane, alzandosi dal letto su cui stava scrivendo il suo diario e correndo in contro alla donna, incuriosita da quella bella e inaspettata visita. “- Tuo padre vuole che io sia di nuovo la tua istitutrice! E, sotto mia insistenza… ha deciso che da domani potrai tornare a ‘studiare in biblioteca’!” disse, con aria furba, la bionda, facendole l’occhiolino senza farsi notare dalle guardie che si erano bloccate sull’uscio. “- Non ci credo, non ci credo, non ci credo! Sei la migliore del mondo!” urlò la ragazza, saltandole tra le braccia e stingendola forte a sé. Quanto bene voleva ad Angie! Si era affezionata così tanto a lei… ed era sicura che anche la donna ci tenesse davvero molto a lei, dato che faceva sempre tutto il possibile per renderla felice. “- Ora vado. Ma ci vediamo domattina. Ciao, tesoro!” sorrise la bionda, dandole un tenero bacio sulla fronte e uscendo dalla grande camera, lasciando la ragazzina felice come non mai.
 
 
“- Viola! Che bello vederti di nuovo qui!” non appena la giovane, al mattino dopo, apparve fuori dalla scuola, tutti gli amici, anzi, tutti gli allievi della scuola, le corsero in contro felici per abbracciarla. “- Adesso potete anche chiamarmi Violetta… penso che abbiate saputo!” disse la giovane, abbassando lo sguardo. “- Sei la… principessa di Amapola! Mi fa uno strano effetto, sai?” sorrise Francesca, facendola scoppiare a ridere di gusto. “- Sua Altezza? Adesso dobbiamo chiamarti così?” chiese confuso Andres, beccandosi un’occhiataccia da Andrea e Maxi, accanto a lui. “- No, certo che no!” esclamò la giovane per poi aggiungere: “- Ho una paura tremenda! Adesso che allo Studio sapete chi sono, mi sento terrorizzata dal che mio padre lo scopra prima del concerto! Ormai manca poco e voglio che sia una sorpresa per lui... Quello show significa molto per me. Voglio mostrargli tutta la passione che ho per la musica, moderna o classica che sia!” sorrise, con aria sognante la giovane erede al trono. “- Indovina chi ha sbandierato ai quattro venti la tua identità qui a scuola?!” borbottò Heredia, avvicinandosi agli altri. “- LUDMILLA!” urlarono tutti in coro, fissando la bionda contessina che, in lontananza, li fissava sott’occhi, senza farsi troppo notare. “- E indovina anche chi ha fatto quel video che è arrivato a tuo padre?” disse, questa volta Camilla, fissando la Ferro che continuava a fingere di essere immersa in una lettura di spartiti. “- Non ci credo. Che delusione! E io che mi fidavo di lei… che stupida sono stata!” borbottò, tristemente la giovane. Poi, d’un tratto, si guardò intorno e notò subito che mancava qualcuno di importante. “- Scusatemi ma Leon non c’è?” chiese, subito preoccupatissima nel non vedere il suo ragazzo tra tutti gli alunni. “- Buongiorno, principessa!”. Da dietro alla giovane, qualcuno le afferrò i fianchi facendola voltare di colpo. “- Pensavo ti fosse successo qualcosa! Che bello rivederti!” urlò lei, saltandogli al collo e stringendolo  forte. “- Diciamo che posso continuare a seguire i corsi grazie a Pablo che mi ha fatto avere una borsa di studio, dato che ho perso il lavoro e non mi sarei potuto più permettere questo posto…” sottolineò lui, guardandola intensamente negli occhi. “- Ok, noi andiamo in classe… bisogna provare e lo spettacolo è alle porte! Con le prove del finale siamo ancora a zero! Perciò, miei cari piccioncini… sbrigatevi e raggiungeteci anche voi in sala teatro!” esclamò Federico, facendo strada a tutti gli altri che capirono al volo che quei due giovani andassero lasciati da soli e in santa pace. “- Sono così felice che adesso potremmo di nuovo vederci sempre qui allo Studio!” disse la ragazza, andandosi a sedere su un muretto, seguita da Vargas che fece lo stesso. “- Niente ci separerà mai. Qualsiasi cosa accada dopo lo show, io per te ci sarò sempre.” Le sussurrò il giovane dolcemente, circondandole le spalle con un abbraccio, facendo sì che lei appoggiasse la testa sulla sua spalla. “- Andiamo però, altrimenti faremo tardi alle prove. E ho causato già problemi a tutti… non voglio provocare altri guai!” rise lei, alzandosi e porgendo la mano a lui per fare lo stesso. “- Anche lo spettacolo potrebbe essere un problema un po’ per tutti, sai? A causa di tuo padre, intendo!” rise lui, stringendola per entrare nella scuola. “- Leon! Non dire così, per favore! Altrimenti mi fai aumentare l’ansia!” borbottò lei, mettendo il broncio e incrociando le braccia al petto. “- Scherzo! Andrà tutto per il meglio, vedrai.” la tranquillizzò lui, fermandosi fuori dalla sala teatro. “- Ti amo. Mi sei mancato così tanto!” sorrise lei, perdendosi negli occhi del giovane. “- Io di più… ma adesso andiamo, oh mia Dafne! Le prove di ‘Juntos Podemos’ sono già cominciate!” sorrise lui, dolce come sempre, prendendole il viso tra le mani per baciarla ancora, prima di andare in classe. “- Andiamo, oh mio Nicolas!” scherzò la ragazza, riferendosi anche lei allo show, dopo essersi staccata da quelle labbra così splendidamente dolci, da cui non avrebbe mai voluto separarsi.
 
 
Anita era in sala professori sorseggiando una tazza di thé, nervosissima come al solito. Aveva appena finito di parlare con il conte Casal e la cosa le aveva messo una strana sensazione addosso. Non era più la solita… e quella telefonata ne era stata la prova. Perché non aveva detto nulla di Violetta a Gregorio? Lui con una sola telefonata avrebbe fatto sapere tutto al re, avrebbe fatto chiudere lo Studio in men che non si dica e quella storia sarebbe finita lì! E quello era il loro obiettivo da mesi, ormai. E allora perché si stava comportando così? Non se lo spiegava. Sentiva sempre qualcosa di strano dentro di sé, ogni qual volta uno dei suoi colleghi si mostrava gentile, nonostante lei continuasse ad avere il solito caratteraccio di sempre. E poi, aveva deciso di non dire nulla al conte perché subito pensò a come quella povera ragazza stesse solo inseguendo il suo sogno, come aveva fatto pure lei alla sua età… perché avrebbe dovuto rovinarle la vita? D’altronde lei non c’entrava nulla con tutta quella storia, con quel piano folle in cui si era andata ad immischiare per pura voglia di vendetta. Contro Angie, contro Pablo… qualche tempo prima più pensava a quei due e più le montava una rabbia dentro indescrivibile… e allora si rendeva conto che stava facendo la cosa giusta, rovinare loro e la scuola con l’aiuto del potente Casal non poteva essere un errore. Ultimamente, però, non aveva più la stessa impressione di quando tutta quella storia era iniziata. Il direttore era sempre stato carino con lei… se non l’amava doveva farsene una ragione. E la Saramego, per quanto fosse invidiosa di lei, non aveva alcuna colpa. Mentre continuava a riflettere con le cuffie dell’Mp3 a tutto volume nelle orecchie, vide la porta spalancarsi. Pablo entrò con il suo solito passo sicuro e la salutò allegramente con la mano. Ecco. Le complicava ancora di più le cose se faceva così, se era sempre così buono… dopo di lui entrarono anche Beto e Angie, chiacchierando di chissà cosa e che, non appena la videro, la salutarono affettuosamente da lontano. Basta. Quella storia doveva finire lì. Si tolse gli auricolari e si avvicinò agli altri professori, sedendosi di colpo di fronte a loro, come se stesse per confessare qualcosa o stesse per dare un esame di fronte ad una commissione. “- Anita stai bene?” chiese Angie, alzando un sopracciglio perplessa da quell’atteggiamento. “- Sì. Anzi no. Devo parlare con te, Pablo.” balbettò la mora, prendendo poi a fissare il direttore, facendo sì che la Saramego storcesse un po’ il naso a quelle parole… si ritrovò ad essere stranamente gelosa di Anita… era la prima volta che le capitava… la fissò un po’ stranita e fece per uscire, come pure Beto. “- No, fermi. Devo parlare con tutti voi in realtà. Io... mi dispiace…” iniziò la Dominguez, abbassando lo sguardo sul tavolo. Si meravigliò di sé stessa. Non poteva star facendo sul serio quello che stava per fare. “- Di cosa, scusa?” chiese Beto, riafferrando la tazza di caffè dal tavolo per poi berne un lungo sorso. “- Ho fatto una cosa terribile. Sono pentita e voglio chiedervi scusa.” disse Anita, prendendosi il volto tra le mani e socchiudendo gli occhi di ghiaccio come se un gran mal di testa le si stesse scatenando improvvisamente. “- Ma di cosa parli?” aggiunse il direttore, prendendo a fissarla senza staccarle lo sguardo di dosso, come per cogliere ogni minimo dettaglio per capirci qualcosa di più di quella bizzarra frase. “- Vi ricordate di Gregorio Casal? Il conte? Io… sono stata per tutto questo tempo la sua spia, all’interno della scuola… non si è mai arreso. E’ deciso a farvi chiudere… ma adesso mi sono arresa io. Non ce la facevo più… io… mi dispiace, sul serio.”. Anita cominciò a piangere e a singhiozzare, lasciando tutti stupefatti da ciò che aveva appena detto. “- TU CHE COSA?!” urlò Pablo, scattando in piedi, arrabbiato come mai lo avevano visto neppure i suoi colleghi. “- Io non volevo… è stato lui a cercarmi e io..”  ma Anita fu interrotta da Angie. “- Cosa sa? Non sa di Violetta, vero?” esclamò, subito in ansia per il bene di sua nipote. “- Non gliel’ho detto, la ragazzina non c’entra nulla con…” ma si bloccò di colpo, senza fiato per il troppo pianto. “- Non c’entra nulla con cosa?” chiese il direttore che, vedendola in quello stato, smorzò un po’ i toni, pur restando alterato. “- Io vi ho… detestato. Ce l’avevo tantissimo con te e Angie e… ero gelosa, ecco. Avrei fatto di tutto pur di vedervi star male per la perdita del Classic Studio. E forse l’avrei fatto… se solo questi miei stupidi sensi di colpa non me lo avessero impedito!” urlò Anita, alzandosi di scatto e avviandosi verso la porta. Pablo e Angie sbiancarono. Li odiava tanto perché allora lei… era innamorata di Galindo! Ora era tutto chiaro. “- Anita tu eri… innamorata di me, per caso?” buttò lì il moro, avanzando nella direzione della coreografa. “- Sì. Contento adesso? Sì! Ero follemente pazza di te. E tu non mi hai mai neppure calcolato! Ed ero verde d’invidia di Angie. Non ci potevo fare nulla… ogni volta che vi vedevo insieme io avevo una fitta allo stomaco, al cuore… e stavo malissimo. Pensavo che stessi facendo la cosa giusta ad aiutare Casal a rovinarvi… e invece ho sbagliato tutto. Adesso ho capito. Ho capito quanto la ami, quanto è fortunata ad avere… un uomo come te. Mi dispiace. Scusami Angie. Scusami, Galindo.”. La Dominguez aveva detto tutta quella frase con una calma glaciale, da far spavento a tutti e tre i colleghi. “- Io… non ho altra scelta, Anita. Scusami ma devo farlo… sei… licenziata.” sentenziò, dopo qualche secondo d’imbarazzante silenzio, il direttore, ancora scosso da quella strana dichiarazione verso una donna per cui non provava né avrebbe mai provato nulla. Non voleva essere cattivo. D’altronde lui era sempre fin troppo buono e accomodante… ma si sentiva in dovere di cacciarla dalla scuola, era stata per tutto quel tempo la pericolosa socia di Casal. Gli dispiaceva un sacco per lei ma cosa avrebbe dovuto fare? Cosa poteva dire? Avrebbe mai potuto tenerla allo Studio come se nulla fosse accaduto? Come se quella conversazione non fosse mai avvenuta? No. Non riuscì a trattenersi e le aveva detto subito, senza giri di parole,  quale erano le sue intenzioni sul suo posto nella scuola. “- Hai ragione. Ma non mi licenziare tu. Me ne vado io… scusate ancora. Prometto che non avrò più contatti con Casal… e… ah! Fate attenzione allo spettacolo per la famiglia reale. E’ lì che vuole agire.” suggerì la mora, aprendo la porta dell’ufficio. “- Ferma!” urlò, stranamente, Angie, facendola bloccare e voltarsi di colpo. “- Vieni qui.” la invitò la bionda, facendo sì che Anita le si avvicinasse un po’ titubante alla sua rivale giurata. Forse pensava che volesse darle una lezione per quello che era venuta a sapere… e avrebbe anche avuto pienamente ragione! “- Tu devi continuare a sentire Casal e a tramare con lui.” sentenziò la Saramego, facendo sì che i tre professori prendessero a fissarla sconvolti. “- C- come?” balbettò la Dominguez, scioccata da quella frase, sgranando gli occhi di ghiaccio. “- Nel senso che fingerai di essere ancora sua alleata… e, invece, ci riferirai ogni minimo dettaglio dei suoi piani. Così sapremo come e quando agirà allo show per la famiglia reale e potremo prevedere ogni sua mossa. Così saremo noi a vendicarci di lui.” spiegò con calma Angie, con un sorrisetto furbo che le si disegnò automaticamente sul viso. “- E’ geniale!” urlò Beto, sgranocchiando dei biscotti. “- Anita, ho reagito male… scusa. Ma come pretendevi che mi comportassi?” borbottò Pablo che fu azzittito da Angie e Benvenuto che gli lanciarono occhiatacce eloquenti per farlo tacere. Ora potevano avere l’aiuto della Dominguez! E poi si era pentita… bastava così. “- No, ma tu hai perfettamente ragione. Perdonatemi voi. Tutti. Siete degli ottimi insegnanti e delle persone fantastiche. Non vi meritavate nulla di tutto ciò.” Affermò la mora, abbozzando un sorriso. “- Bene, Vai in classe, anzi… andate tutti in classe che ci sono le prove, forza!” strillò il direttore, indicando ai tre l’uscita. “- Quindi resto?” chiese, un po’ intimorita, Anita. “- Sì! Ovvio che resti!” urlò Beto, lanciando in aria alcuni spartiti… beh, uno dei suoi strani modi di festeggiare. “- Pablo, è vero che resta?” chiese poi Angie, fissando il moro. “- Ho detto in classe… ‘tutti’ in classe. Anche Anita.” rise il direttore, facendo sì che la Dominguez non si potette trattenere e lo abbracciasse forte. “- Grazie. Sapevo che siete meravigliosi… per questo forse mi sono pentita. E sono felice di averlo fatto.” sorrise lei, afferrando il suo borsone dal pavimento. “- In classe! Muovetevi!” rise ancora il direttore, un po’ confuso e ancora preoccupato dalle intenzioni di Casal. Sapeva che non si era arreso e adesso ne aveva anche la conferma. “- Ehi… Anita ci aiuterà. Andrà tutto bene, vedrai.” In sala erano rimasti solo lui ed Angie che, come se lo avesse letto nel pensiero gli si avvicinò e gli accarezzò dolcemente il viso. “- Speriamo. Ho sempre sospettato che quel tizio non si fosse arreso!” borbottò lui, pessimista come al solito e ancora nervoso per tutto ciò che era successo. “- E quindi la Dominguez mi ha sempre odiato perché amava te! Sai che potrei essere gelosa?” rise Angie, tentando di distrarlo, cosa che, infatti le riuscì. “- Abituati… io faccio questo effetto alle donne!” si pavoneggiò lui, facendola scoppiare a ridere. “- Che c’è? E’ la verità! Avrebbe fatto andare a rotoli la scuola solo per il mio bel faccino!” continuò lui, facendo sì che lei ridesse ancora di più. “- Dai, però in parte è stranamente vero! Ma lei sa che non ha speranze e che sei impegnato!” cominciò lei, ingelosita dal fatto che adesso aveva capito di avere una probabile rivale con l’uomo che amava. “- Chi te lo dice che non ne abbia?” scherzò lui, contentissimo del fatto che fosse gelosa. “- Cosa, Galindo?! Come dice?!” strillò lei, che ci credette sul serio. “- No, scherzavo. Hai ragione tu! Amo solo te, mia bella principessa.” concluse lui, afferrandola per i fianchi e baciandola dolcemente, lasciandola senza parole.
 
 
“- Ludmilla! Dobbiamo parlare!” Thomas rincorse la giovane Ferro nel corridoio che conduceva all’uscita dello Studio. Le lezioni erano finite da un po’ e le prove erano state estenuanti. Per tutta la durata del mini musical, la bionda aveva ignorato quasi del tutto colui che avrebbe dovuto interpretare suo marito, il re Ferdinando. “- Che vuoi?” chiese gelida, come del resto era stata per tutto il giorno. “- Hai recitato malissimo… eppure sei un’ottima attrice! Come mai questa pessima performance? Cerca di migliorare per lo spettacolo o resterai senza il re!” ironizzò subito Heredia, sperando di smorzare quella tensione. “- Sei incredibile! Forse tu non lo sai ma ho ricevuto una partaccia dai miei perché quel video che mi hai fatto l’altro giorno è finito al re… e a quanto pare non solo il mio! Ma come ti salta in mente? Anzi, come vi salta in mente dato che suppongo che sotto ci sia lo zampino anche dei tuoi nuovi amichetti!” strepitò la giovane, alludendo a qualche giorno prima. “- Ah, scusami per quello scherzetto! Beh, almeno ha funzionato e ci hanno riconcesso il concerto. Ah, giusto… dimenticavo che se non fai da protagonista la questione non ti interessa…” disse ancora sarcasticamente, il ragazzo. Fissandola bloccarsi di colpo mentre stava ancheggiando, ormai quasi nel cortiletto antistante la scuola. “- Mi dici che vuoi? Ah! E restituiscimi il tablet! So che ce l’hai tu!” esclamò, furiosa ma con una calma disarmante, la giovane. “- Se non fosse stato per loro sarebbe arrivato solo il tuo video al sovrano… e lì si che ci sarebbero stati problemi per te! Ma ’i miei nuovi amichetti’ sono molto meglio di quanto tu non possa immaginare!” gridò il principe, estraendo il piccolo aggeggio tecnologico dalla tasca della giacca. “- E quindi mi stai dicendo che è stata una tua idea allegare al re anche la mia registrazione? Ma che bravo!” strillò, ormai violacea, la contessina, riprendendo a camminare, questa volta a passo svelto, verso il marciapiede dove avrebbe atteso la sua limousine che sarebbe arrivata da lì a poco a prenderla. “- Complimenti a te per quello che hai fatto alla principessa! Ben ti sta, contessina!” borbottò Heredia, come per ricambiare a ciò che aveva appena detto la ragazza. “- Tu proprio non lo capisci, vero? Non te ne rendi conto di perché ho fatto tutto ciò che ho fatto!” disse la giovane, questa volta abbassando lo sguardo, senza il suo solito atteggiamento da diva. “- No, non lo capisco! Dimmelo tu! Illuminami, Supernova!” disse il ragazzo, avvicinandosi a lei con aria decisa e passo fiero. “- Tu eri cotto di lei. Non lo sopportavo… quando sei arrivato qui non avevi occhi che per me, ed ero felice… poi hai conosciuto lei, la principessina! E da allora io sono diventata invisibile! Volevo rovinarle la vita, anche con Leon. Non doveva essere felice… voleva rubare te e Vargas! Dello stalliere non mi è mai interessato… ma di te sì. E tanto anche. E la cosa peggiore sai qual è? Che mi importa ancora di te, nonostante tutto.” La faccia di Thomas era sconvolta. Insomma, aveva capito di piacere alla giovane, ma non poteva mai immaginare che la causa di tutto quel che Ludmilla aveva fatto era proprio lui! “- Tu… eri gelosa di lei… per me? Ludmilla, lei non mi ama!” sottolineò, anche un po’ tristemente, il principe Heredia. “- Lei… non ti ama, appunto. Ma tu ami lei. E non lo sopportavo. Tu sei l’unico ragazzo che mi ha fatto pensare che forse anche per me c’era speranza, ci poteva essere un po’ di felicità. Poi, invece, sono diventata ancora peggio di quanto non lo fossi già. Non avrei dovuto, lo so. Ma era più forte di me, non potevo evitarlo. La gelosia era più forte di me, era incontrollabile. Ma adesso ho capito. Ho imparato che facendo del male non si puo’ ottenere qualcosa di buono, mai.” . nessuno aveva mai visto Ludmilla Lopez Ferro in quello stato. Una lacrima le rigò il viso ma lei l’asciugò rapida con una mano, per non farla cogliere dal giovane che, invece, la notò subito. Si era resa conto che stare da sola non l’avrebbe portata a nulla, non voleva passare il resto dei suoi giorni così. Aveva capito che, nonostante tutto, Thomas lo avrebbe perso comunque dopo ciò che aveva fatto, facendolo accusare e odiare dalla principessa. Il principe Heredia non disse nulla ma la guardò mentre lei continuava a tenere lo sguardo basso. Le si avvicinò sempre più, le sollevò il viso con un gesto lieve e la fissò negli occhi nocciola. Era una splendida ragazza, lo aveva sempre pensato. Aveva perso la testa dopo aver conosciuto Violetta… ma in fondo aveva sempre sentito qualcosa anche per la Ferro, fin dal primo istante in cui l’aveva vista. Non disse una parola ma continuò ad osservare il suo volto, veramente pentito. Così debole, così fragile come la vedeva adesso era ancora più bella e, capì che anche lei, dentro di sé, aveva una parte dolce. Senza aggiungere nulla le si avvicinò sempre più fino a quando appoggiò le sue labbra su quelle della giovane che rimase sorpresa e felice da quel bacio. “- Non è mai troppo tardi per capire i propri errori e per cambiare.” disse Thomas, ancora ad un centimetro da lei, tanto da sentirne il respiro sul viso. “- Io solo ora li ho capiti…” disse lei, con un filo di voce. “- Non mi riferivo solo ai tuoi… ma anche ai miei. Ho capito adesso soltanto qual era la cosa giusta da fare, sin dal principio…” disse il ragazzo, accarezzandole una guancia per poi allontanarsi e proseguire nella direzione opposta, lasciando la Ferro sconvolta e, forse finalmente felice.
 
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Eccoci con il capitolo 27! Capitolo dei pentimenti! Prima German, poi Anita e, infine Ludmilla… e la storia ancora non è finita! Angie ha riportato la principessa allo Studio! Sono riprese le prove e si prosegue con la preparazione dello show ma adesso a scuola tutti sanno della vera identità di Viola! Manca ancora un’eternità al gran finale! Spero che la storia vi stia piacendo ancora… mi raccomando, continuate a seguirmi! Ci saranno ancora tante sorprese e colpi di scena che ci attandono! Alla prossima! Ciao :)

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Capitolo 28
*** Inviti e coalizioni strategiche. ***


“- Nata! Nata! Ti vuoi svegliare? E’ arrivata una cosa! Guarda!!! E su, alzati, pigrona!”. La stanza della maggiore delle Heraldez era illuminata da un lieve raggio di sole che terminava dritto sul cuscino della riccioluta spagnola. Lena era entrata come una furia, due buste strette tra le mani e tanto entusiasmo per quella novità. “- Lena! Che vuoi? Dì a Pablo che entro direttamente alla seconda ora!” borbottò, ancora con la voce assonnata, Nata, girandosi dal lato opposto del letto. “- No! Tu ti alzi, adesso! E poi non parlo solo dell’accademia! Devi vedere cosa ci è arrivato! GUARDA!” strillò Helena, facendole svolazzare una lettera davanti agli occhi, ancora semi chiusi, della sorella maggiore. “- L’invito per il ballo… dammi!” urlò d’improvviso Nata, strappando la busta dalle mani nella sorella che fu soddisfatta nel vederla scattare in piedi, euforica , quasi quanto lei. Un biglietto elegantissimo con lo stemma di Amapola e contornato da lettere dorate le fece sgranare i grandi occhi neri.

“Gent.ma Sig.na, Natalia Heraldez,
 
Siamo lieti di comunicarle che è ufficialmente invitata al gran ballo in onore del compleanno, nonché debutto in società, della principessa e futura erede al trono di Amapola: Violetta Castillo.
Laddove possibile, è gentilmente pregata di giungere alla festa accompagnata da un cavaliere.
Cordiali Saluti, il sovrano.                                                                                                          German Castillo.”
 
“- Strano!” disse, improvvisamente, Nata, rigirandosi ancora il foglio tra le mani, senza mostrare un minimo di felicità. “- Strano? Il re in persona ci invita al ballo e tutto ciò che hai da dire è… Strano? Strana sei tu, sorellina!” rise Helena, rileggendosi per l’ennesima volta quell’invito tanto atteso. “- Strano nel senso che dopo aver ricevuto i nostri video e aver subito la ramanzina da mamma e papà, il re abbia comunque deciso di invitarci! Allora non se l’è presa poi così tanto!” sorrise Nata, facendo mente locale sulla partaccia ricevuta, qualche sera prima, insieme a sua sorella, dopo che il sovrano aveva convocato a corte gli Heraldez per quella “bravata” della musica moderna. “- Io penso che invece se la sia presa e come! Ma non poteva dare ulteriori scandali e ha deciso di invitarci! Siamo una delle famiglie più influenti di Amapola, ricordi?” ghignò, furbetta, la biondina, andando ad aprire l’enorme armadio della sorella. “- Parliamo di cose importanti… abbiamo due punti da chiarire; numero uno… cosa ti metti? E numero due: chi ci porti al ballo?” esclamò la piccoletta, cominciando a tirar fuori tutti gli abiti della mora e a buttarli sull’enorme letto a baldacchino che troneggiava al centro della camere e, sul quale, si era seduta la più grande. “- Non lo so…” balbettò lei, come al solito insicura. “- Invita Maxi! Eddai, se non lo inviti tu lo farò io!” strillò Helena, andandosi ad accomodare accanto alla sorella. “- Cosa? Lo vuoi portare al ballo?” chiese Nata, sgranando gli occhi e prendendo a fissare la giovane con aria buffa. “- Ma no! Che cosa dici? Lo invito da parte tua! Io so già con chi ci andrò al ballo…” sentenziò, decisa come al solito, la ragazzina. “- Napoleon Ferro! Sì ma tu sei fortunata! Lui sicuramente, essendo un Ferro, avrà ricevuto l’invito! Ponte non è nobile… come potrei portarlo alla festa se nemmeno sarà stato invitato? E poi chi lo dice a mamma e papà che già sono infuriati dopo la storia del video?” cominciò a dire la mora, confusa e frastornata da tutti quei dubbi. “- Ma chissene frega dell’invito e di mamma e papà! Ci vuoi andare con Maxi? Benissimo, invitalo tu! Che cosa ci vuole, Nata!” la consigliò lei, scuotendo il capo come se la sorella fosse un caso disperato. “- Non lo posso portare se non ha l’invito!” si lagnò la giovane, stendendosi sul letto con aria afflitta. “- E se non ci vai con Ponte con chi ci andrai, scusa?” chiese d’un tratto Lena, alzandosi per andare ad aprire la porta, alla quale avevano appena bussato. Una bella donna, mora e con gli occhi furbi e scurissimi fece capolino nella camera.
La signora Heraldez era fiera di quell’invito ricevuto per le due figlie e sembrava aver del tutto rimosso la questione della convocazione a corte da parte del sovrano. “- Natalia! Alzati e vieni di sotto. C’è una persona che ti aspetta! E poi sbrigatevi o farete tardi per l’accademia!” le rimproverò la madre, ritornando nel corridoio e facendo alzare un po’ confuse le due giovani dal letto. “- Chi c’è?” si chiese, quasi tra sé e sé Nata, afferrando un bel vestitino rosso e corto tra quelli che la sorella le aveva sparso sul letto qualche minuto prima e dirigendosi in bagno. Ne uscì qualche minuto dopo, elegantissima e pronta per scendere con Lena che la stava aspettando, di nuovo immersa nell’armadio della maggiore. Scesero le scale con curiosità, interrogandosi su chi ci potesse mai essere al piano di sotto dove subito avvistarono la madre,  Florencia Heraldez e due giovanotti, uno dal viso familiare e l’altro sconosciuto. “- Napo! Che bello vederti! Come mai qui?” chiese Helena, correndo subito in contro al giovane conte Ferro che stringeva tra le mani la stessa busta ricevuta dalle due, con l’invito. “- Sono venuto all’alba a chiedere ufficialmente ai tuoi genitori se è possibile invitarti al ballo… beh, sono venuto presto… o avrei potuto perdere l’onore di portarti con me alla festa!” ridacchiò il giovane, sotto lo sguardo emozionato della biondina. L’altro ragazzo, invece, se ne stava serio accanto alla donna, fissando incantato Nata e senza dire nulla. “- Natalia, lui è Carlos Ortiz e viene dalla Spagna. Sarei molto felice se accettassi di andare al ballo con lui… l’ho invitato io non appena ho visto gli inviti nella cassetta della posta!”. Nata sbiancò di colpo e dovette fare una stranissima espressione perché il giovane la fissava preoccupato. Come aveva potuto la madre farle questo? Nemmeno sapeva se lei avesse o no un altro ragazzo da invitare! E gli portava quel pinguino a casa, nemmeno il tempo di ricevere l’invito. “- Io… devo andare a scuola. Ne riparliamo più tardi… ciao a tutti.” Gridò quasi la ragazza, fiondandosi fuori dalla porta, sotto lo sguardo sconvolto di tutti i presenti. “- Napo, andiamo anche noi?” sorrise Lena, trascinandosi il giovane Ferro per un braccio, lasciando sbigottiti la madre e Carlos.
 
 
“- Sono arrivati gli inviti! Ragazzi! Erano nella cassetta della posta già all’alba!” urlò Camilla correndo verso il gruppo di amici, già in sala teatro per le prove di “Juntos Podemos” e sventolando il suo in alto, come un trofeo. “- Sì… sono arrivati a tutti ma non a me!” borbottò Luca. “- Neppure a me!” aggiunse Maxi, sedendosi su uno scalino del palco. “- O a me…” disse Fran, appoggiando alcuni spartiti sulla tastiera con fare stizzito. “- Figuratevi se  il re a me lo ha mandato!” rise Leon, cercando di non apparire più triste di quanto in realtà non fosse. “- Qual è il problema? Fran tu ci vieni con me!” sorrise Federico, tirando fuori dalla tasca la sua busta sgualcita e mostrandola alla fidanzata. “- Nessuno ha detto che dovete andarci con qualcuno che ha ricevuto l’invito! Sono mortificata per mio padre… ormai lo conoscete bene! Mi dispiace!” esclamò Violetta,  apparendo da dietro le quinte del teatro con dei costumi stesi su un braccio. “- Principessa, dice che posso portarci Luca senza problemi?” scherzò Camilla, facendo un mezzo inchino che la imbarazzò moltissimo. “-  Certo che puoi! Sulla lettera non c’è scritto che anche l’accompagnatore debba avere l’invito! O almeno, non penso ci siano problemi!” rise lei, sedendosi sul bordo del palco accanto agli altri. “- Non fare altri danni! Non è il caso che tu ti becchi un’altra partaccia!” esclamò, giustamente, Federico. “- Voi siete miei amici, tutti! E voglio che ci siate tutti al mio compleanno!” sorrise la principessa, estraendo dalla borsa una busta da lettera gialla. “- Cos’hai lì dentro?” chiese subito Francesca, indicando quel pacchetto così voluminoso. “- Diciamo che, conoscendo benissimo mio padre,  avevo già previsto tutto! Maxi, Fran, Luca e Leon… ecco i vostri inviti! Dovete solo aggiungervi il nome… qui sopra!” disse, tutta sorridente, la giovane erede al trono, indicando decine di inviti che erano elegantemente stretti in un nastro rosso, ma che erano ancora bianchi, privi di nome. “- Sei grande!” urlò Francesca, buttandole le braccia al collo, per poi trascinarsi Federico fuori dalla sala, sicuramente per organizzarsi per la serata di gran galà. “- Luchino! Immagino che anche con l’invito alla mano, adesso, debba convincerti io a venire al ballo con me!” rise la Camilla, in piedi di fronte al fidanzato. “- No… stavolta no!” sorrise lui, alzandosi e prendendole dolcemente le mani. “- Vuole farmi quest’onore, signorina Camilla Torres? Viene al compleanno della principessa con me?” disse, quasi tutto d’un fiato, Luca, balbettando e diventando violaceo per l’imbarazzo. “- Però! Fa passi da gigante il ragazzo!” ironizzò Napo, seduto accanto a Lena e facendola iniziare a ridere di gusto. “- Sì! Lo voglio!” urlò Camilla, dopo un minuto di silenzio per la sorpresa e la felicità. “- EVVIVA GLI SPOSI!” urlò Andres, alzandosi in piedi e battendo le mani con foga. “- Smettila! Siediti!” rise Andrea, tirandolo di nuovo al suo posto, con aria divertita. Loro di sicuro ci sarebbero andati insieme, senza problemi, avendo anche ricevuto entrambi la lettera. “- Maxi… tu con chi ci vai? Adesso hai anche l’invito! Non hai nessuna scusa…” buttò lì Lena, facendo diventare paonazza la sorella che, di colpo, distolse lo sguardo. “- Non lo so… non ci avevo neppure pensato non avendo ricevuto nulla fino ad ora!” rise il rapper, puntando subito gli occhi sulla maggiore delle Heraldez che, nell’udire quella conversazione scomoda, si era allontanata con la scusa di dover leggere degli spartiti poggiati ‘casualmente’ sulla sedia in fondo alla sala. “- Nata! Vieni qui!” sentì d’un tratto urlare la riccia. Dannata sorellina! Sapeva che a quel ballo doveva andarci con quel Carlos, se pur lei non avesse minimamente voluto… non poteva giocarle un tiro mancino del genere, nonostante fosse per il suo bene. “- Maxi ha detto che ha bisogno di una bella dama da portare al ballo… che ne dici?” chiese subito la vispa biondina, facendo l’occhiolino a Natalia che rimase imbambolata e ancor più rossa in viso. “- Io… dovrei andarci con…” “- Con te! Voleva dire proprio questo! Lei dovrebbe andarci con un bel giovanotto come te!” urlò Helena, interrompendo la maggiore che già aveva immaginato a cosa volesse andare a parare.  “- Ne sono felicissimo! Allora passo a prenderti io! Che poi abbiamo prima il concerto la sera della festa, giusto?” chiese Ponte, tanto felice quanto in panico per la tensione. “- Sì, per lei è perfetto! Vieni pure con Napo che passa a prendere me! O, magari, ci mettiamo d’accordo diversamente! Tanto il mio numero ce l’hai!” prese accordi la piccola Heraldez, sotto lo sguardo sbigottito di Nata che le stava facendo dei segnacci molto eloquenti da lontano.
“- Ragazzi, come va con le prove? Siamo venuti per vedere come state andando con la conclusione dello show!” la voce di Pablo spezzò quelle chiacchierate e quel momento di relax, facendo scattare tutti in piedi e provocando l’arrivo in sala di Thomas, seguito dalla contessina Ferro, che tutti presero a guardar male. “- E’ successo qualcosa?” chiese subito il direttore, notando quell’imbarazzante silenzio che era calato nella sala non appena il principino e la bionda fecero il loro ingresso. “- No, ma forse la contessina dovrebbe chiederci scusa dato che ancora non lo ha fatto!” strillò stizzita Camilla posizionandosi in scena per interpretare Luz, la dama di compagnia della principessa. “- Sentite, è pentita. Ha detto che le dispiace… ora proviamo, per favore?!” disse, nervosamente Thomas, afferrando una corona in plastica dorata e posizionandosela sul capo per interpretare il re Ferdinando. “- Sta’ a sentire il tuo papà!!!” scherzò poi Heredia, avvicinandosi alla scenografia dove Violetta era già sul piccolo balconcino, pronta a provare il suo ruolo, quello di Dafne, la principessa il cui amore era contrastato… proprio come il suo. Leon gli diede una spinta che subito Pablo notò. “- Buoni voi due, basta! Non so cosa sia successo di preciso. Se Ludmilla è sul serio pentita…” iniziò l’uomo, fissando la contessina che abbassò lo sguardo, annuendo. “- … Beh, se lo è davvero non vedo dove sia il problema! Sul palco! A lavoro, non perdete altro tempo!” ordinò il direttore, facendo sì che tutti tornassero al proprio posto, in scena, e iniziassero a provare.
“- Molto bene! Bravissimi! Sono veramente fiero di voi! Con così poco esercizio siete già perfetti. Io torno in direzione… voi continuate ancora e ancora! Deve essere una conclusione perfetta! Il re soprattutto… dovrà restare senza parole! O almeno è quello che ci auguriamo tutti… quindi… a lavoro!” esclamò Pablo, facendo sì che un bell’applauso si levasse nella sala teatro.
“- Leon! Leon devo parlarti!” Violetta scese rapida dal palco e afferrò il braccio di Vargas che si voltò e prese a fissarla incantato ma un po’ titubante. Sospettava già di cosa volesse parlarle. “- Non ci posso venire con te, lo sai. Passi che Luca, Fran e Maxi ci vadano pure con un invito mai spedito dal re… ma io proprio non posso. E puoi immaginare il perché… se tuo padre mi vedesse lì sarebbe la fine. Mi dispiace. Non c’era cosa che più desiderassi al mondo, quella di venire al ballo con te… ma non mi è possibile.” La voce di Leon era quasi rotta dall’emozione e dal nervosismo per quel sentimento che era sempre costretto a reprimere. “- No, per favore! Io voglio te! Non ci andrò con nessun altro, né vorrei andarci! Mi inventerò qualcosa!” esclamò lei, afferrandogli dolcemente le mani. “- Ti amo tanto, lo sai. E se non accetto di venirci lo faccio perché ci tengo a te e non voglio provocare le ire del re. Capirebbe che l’invito me lo avresti dato tu e non voglio che si scateni un altro putiferio che coinvolga soprattutto te.” Tentò di sorridere Vargas, apparendo ancor più dolce di quanto non lo fosse già di solito. “- Capisco. Non ti preoccupare, non meriti nemmeno tu altri problemi. Senza di te al mio fianco non sarà lo stesso, mio principe.” Gli sussurrò lei all’orecchio, quell’ultima parola fece avvampare il giovane che prese a sorridere di gusto, onorato di sentirsi chiamare così dalla ragazza che, nonostante lo amasse così tanto, aveva capito alla perfezione il problema. Gli altri tre amici avrebbero potuto ricevere quell’invito per sbaglio… ma Leon… beh, il re avrebbe capito chi glielo avrebbe potuto consegnare! “- Leon, Violetta… devo parlarvi. Un secondo soltanto.” La giovane Ferro si era avvicinata ai due accompagnata da Thomas che annuiva alle parole della contessina, come se l’avesse convinta lui ad andare a parlare con i due ragazzi. “- No, per favore, basta! Hai già fatto abbastanza, puoi andartene, grazie!” esclamò Leon, voltandosi come per andarsene. “- Aspetta, stall! Falla parlare almeno!” borbottò ghignando Heredia, lasciando perplesso il giovane. “- Stall? Non dirmi che sta per stalliere perché, principino o no, giuro che io ti…” Leon gli si stava avvicinando con fare minaccioso ma  Violetta si mise al centro e salvò la situazione. “- Cos’hai da dirci, Ludmilla?” chiese alla Ferro che teneva lo sguardo sulle sue splendide scarpe costosissime. “- ’Scusa’ è un parolone che non rientra nel vocabolario di questa Supernova qual sono! Diciamo che sono mortificata per quello che è successo e farò in modo che non accada più, tenterò di darmi un freno…” disse la biondina, con il solito ghignetto furbo ma che, quella volta, sembrava sincero. “- La Supernova, ormai, ha ottenuto quel che vuole. Me. Quindi state tranquilli… perché non vi infastidiremo più, vero?” esclamò, soddisfatto, Heredia, con tono fiero e divertito. “- Io però farei attenzione al re… ci penserà di sicuro lui a darvi fastidio. Buona giornata!” sorrise il principe di Magnolias, lasciando sbigottiti i due che prima si fissarono scioccati e poi scoppiarono insieme in una fragorosa risata.
“- Si puo’ sapere come ti è saltato in mente? Ed ora come faccio con Carlos?” Nata rincorreva la sorella per il corridoio fino a quando riuscì a bloccarla al distributore di succhi. “- E che noia! Digli che hai l’influenza ed esci dalla porta secondaria! Come faccio sempre io! E poi scusa, non era quello che volevi? Non mi dicesti che avevi una cotta per Ponte? Bene cosa vuoi di più?” chiese Helena, sorseggiando la sua aranciata, ancora accaldatissima dalla prove di “Juntos Podemos”. “- Sì! Era quello che volevo ma…” iniziò a titubare Nata, appoggiandosi con le spalle al muro con aria tesa. “- Ma niente! Vacci con chi vuoi e divertiti! Sei una Heraldez! Non ci facciamo mettere i piedi in testa da nessuno!” ghignò la piccolina, buttando il bicchiere, ormai vuoto, nel cestino. “- Anche mamma e papà sono Heraldez! E se sanno di me e Ponte mi fanno fuori! Fanno fuori pure a Maxi!” gridò, esasperata, la giovane. “- Non lo sapranno mai… ho già un’idea per liberarti di Carlos il pinguino e andare con il rapper alla festa!” sorrise Helena, tirando poi la sorella per un braccio con un’aria più furba che mai stampata sul grazioso faccino.
 
 
“- Non si è fatta più viva! Stavo cominciando a preoccuparmi, mia cara Dominguez.” Anita entrò nel giardino di Casal nervosa come non mai, stringendo forte a sé il suo borsone e camminando a passo lento e titubante. “- Si sieda pure e mi racconti!” sorrise, tentando di apparire gentile, Gregorio, ignorando tutto quello che era successo alla sua “socia”. Anita era lì solo perché Pablo, Angie e Beto l’avevano convinta. Fosse stato per lei avrebbe lasciato perdere il conte e i suoi piani ignorandolo e non rispondendo più alle sue chiamate… ma, come giustamente le avevano suggerito i colleghi, non sarebbe stato facile scappare da quel tizio… e poi, volevano che venisse beccato, che Anita li aiutasse a far cogliere il conte con le mani nel sacco, proprio la sera dello show, quando lui avrebbe agito. “- Nessuna novità, per quello non mi sono più fatta sentire. Tutto prosegue secondo i piani.” Si limitò a dire la donna, fissando l’erbetta del giardino sotto la panchina sulla quale era seduta, proprio di fianco al conte.  “- Quindi lo show si farà? Ho letto che il re l’aveva annullato dopo quella sorta di… scandalo della musica moderna!” borbottò, disgustato, Gregorio, afferrando alcuni quotidiani recenti da un tavolinetto di fronte a lui. “- Le ho già detto che la conclusione dello spettacolo sarà pop, vero?” chiese la Dominguez, portandosi una ciocca castana dietro l’orecchio, con agitazione. “- Sì, e io le ho detto che comunque, intendo proseguire nella missione. Ha portato la piantina del teatro?” disse, con aria stizzita, Casal. “- Sì… eccola!” disse Anita, dopo aver scavato nel borsone ed avendone estratto una planimetria dettagliata della struttura. “- Molto bene…” borbottò l’uomo, pulendo le lenti degli occhiali con un fazzoletto, per vedere meglio. Anita non fiatò ma lo fissò tesa. “- Vede qui? Questo punto? Dovrebbero esserci  i cavi portanti della scenografia. Lei, la dovrà tagliarli quando glielo dirò io… chiaro?” disse Gregorio, con decisione. “- No.” Si limitò a dire, con una calma sconcertante, la Dominguez. “- No? Cosa no? Come no? Signorina le ricordo che noi due abbiamo un patto!” urlò lui, scattando in piedi e buttando la pianta sul tavolinetto di fronte, con aria furiosa. “- Certo, noi abbiamo un patto. E su questo sono d’accordo. Ma sappia che mai mi aveva detto che avrei dovuto procedere nella parte più difficile da sola. Io sono stata la sua spia. Adesso sarà lei a fare il lavoro peggiore, mi dispiace. Ma io l’aiuterò facendola accedere al backstage, non si preoccupi!” ghignò Anita, decisa più che mai su quello che stava dicendo. Pablo era stato chiaro: dovevano beccare Casal in persona a far danni allo show! E lei stava riuscendo nella sua doppia missione. “- E’ astuta, lo sa? Il lavoro sporco lo lascia a me!” ridacchiò l’ignaro milionario, fissandola sconcertato da tale atteggiamento. “- Non se lo aspettava, vero? Era ovvio che io non avrei messo mano alla rovina dello spettacolo.” replicò la ballerina, alzando un sopracciglio, soddisfatta. “- Va bene. La telefono io la sera dello spettacolo, quando sarò all’entrata del dietro le quinte… così lei mi farà entrare e mi coprirà. Sarà un disastro! Il re non solo sarà infuriato dalla musica moderna… per quanto poi vedrà anche cadere tutta la scenografia al suolo, sarà un oltraggio per lui e tutta la famiglia reale!” ipotizzò subito l’uomo, divertito al solo pensiero. “- Sì, per lui sarà un’ offesa senza precedenti! Uno spettacolo così cadente che farà chiudere la scuola, fregandosene dell’incidente diplomatico che potrebbe provocare con Camelias e, ovviamente, tra i migliori nuovi acquirenti avrà lei!” continuò Anita, cercando di apparire convincente e di sembrare ancora alleata con l’uomo. “- E’ molto sveglia, noto. Complimenti! Ho scelto un’ottima socia in affari. Me ne compiaccio!” esclamò l’uomo stringendole la mano mentre lei si alzava in piedi e afferrava la borsa per andare a riferire tutto ciò che aveva saputo, agli altri professori. “- Il piacere è stato mio, conte. Non si pentirà della mia collaborazione, Casal!” ad un tratto Gregorio rimase perplesso e la fece voltare, mentre lei era già sul viale per il cancello d’uscita principale: “- Ma non ci davamo del tu? Siamo passati di nuovo al ‘lei’?” scherzò il ricco conte, scoppiando a ridere. “- In alcuni casi è meglio non apparire troppo in confidenza o potrebbero nascere dei sospetti… lei capirà, no?” ghignò ancora Anita, lasciando l’uomo ancora più confuso, appena fuori dal portico della sua villa, mentre la fissava allontanarsi con il suo solito passo fiero ed aggraziato allo stesso tempo.
La Dominguez rientrò tutta trafelata al Classic Studio e, come d’accordi, corse subito in sala professori dove ad attenderla trovò i colleghi che chiacchieravano amichevolmente. “- Anita! Novità?” chiese subito il Pablo, andandole in contro con aria curiosa e tesa allo stesso tempo. “- Sì. Tante. Sedetevi che vi racconto come e quando colpirà il nostro caro Casal!” sorrise lei, aprendo la piantina sul tavolo al centro della stanza, sotto lo sguardo innamorato di Beto,  quello interrogativo di Angie e quello preoccupatissimo del direttore.
 
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Capitolo di inviti, pentimenti e alleanze! Ma partiamo dalle sorelline Heraldez! Che vuole la signora Florencia che chiama questo Carlos per la povera Nata? Ma meno male che c’è Lena! ;) Leon e Vilu… non potranno andare al ballo insieme! Nuoooo! >.< Ma non vi preoccupate, in un modo o nell’altro, il nostro Vargas non starà lontano dalla festa quella notte… poi vedrete che scena ho in mente (e mi amerete… u.u)! *-* Ludmilla e Thomas stanno insieme! Vuoi vedere che Heredia la porta sulla retta via? ( Fa anche rima! XD) per ora ci sta riuscendo! ;) Anita è pentita e il suo ruolo si è invertito! Adesso è lei che va da i nostri prof a riferire tutto ciò che sa su Gregorio! XD Chissà come andrà a finire… preparatevi che manca poco al compleanno della principessa… e quindi alla serata del concerto e del ballo! *-* Alla prossima, ciao! :)

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Capitolo 29
*** L'arrivo di Angelica. ***


“- Allora che farai, ci andrai a quel ballo? Ti hanno già… invitata?” borbottò Pablo, andando nervosamente avanti e indietro nel suo soggiorno. Angie era seduta sul divano e stava chiacchierando con lui da un bel po’. Adorava ascoltare i suoi consigli, sentire cosa avesse da dirle… e poi, ormai, tra loro c’era qualcosa di ben più grande di una semplice amicizia. “- Sì. Sono l’istitutrice di Violetta. E’ ovvio che mi abbiano invitata, Pablo!” ridacchiò lei, osservando la faccia del direttore incupirsi ancor di più. Chi diavolo l’aveva invitata? Chi avrebbe osato stringerla per ballare un romantico valzer con lei? Chi avrebbe potuto udire la sua splendida risata se non lui? La gelosia cominciò a prenderlo e decise di sedersi accanto a lei, testa bassa sul tappeto al di sotto del sofà e aria di chi aveva appena avuto una pessima notizia. “- Chi… con chi… ci vai? Per curiosità, se posso saperlo, chiaramente!” balbettò lui, teso come una corda di violino, senza neppure alzare gli occhi. “- Con nessuno, con chi vuoi che ci vada!” disse candidamente lei, avvicinandosi all’uomo che, finalmente, a quelle parole, prese a guardarla. Per un secondo si perse in quegli occhi verde smeraldo, quanto amava la sua principessa! “- Io, ovviamente, non ho ricevuto l’invito! Altrimenti ti avrei accompagnata! Ma sai com’è… io non ho il sangue blu! Né faccio parte dell’alta società di Amapola!” ironizzò il moro, sorridendole dolcemente. “- Se volessi potresti accompagnarmi comunque! Ti faccio avere l’invito! Ti ricordo che io e il re, ormai, siamo molto in confidenza!” disse la donna, facendogli l’occhiolino, sapendo che si sarebbe ingelosito e aspettando una sua reazione che non tardò ad arrivare... “- No. Questa cosa che siete così tanto in amicizia… non me la dire mai più, abbi pietà di me! Non posso competere con un sovrano!” esclamò lui, cingendole le spalle con un abbraccio in cui lei subito si accoccolò subito. “- Io ce l’ho già il mio re! Lo sai, vero? E mi porterà al gran ballo a palazzo!” gli sussurrò lei, così dolcemente che per poco non lo fece sciogliere come un ghiacciolo nel bel mezzo del Sahara. “- Ed io ho la mia regina… ma tu lo sarai per davvero, un giorno! Io invece no!” ridacchiò lui ad un centimetro dalle sue labbra, prima di baciarla teneramente. Ad un tratto, il campanello li interruppe bruscamente. “- No, per favore non aprire! Stiamo così bene… di sicuro è qualche scocciatore!” borbottò lei, ormai praticamente abbracciata a lui che, senza farselo dire due volte, non si mosse di un centimetro per andare alla porta, restando serenamente sul divano con la sua donna tra le braccia. Un altro scampanellare, sta volta più insistente, invase la casa. “- Potrebbe essere importante… vado, li liquido e torno da lei, principessa!” rise il direttore, facendo un balzo dal divano e avviandosi verso l’ingresso. “- Chi è?!” urlò, molto seccato, facendo scoppiare a ridere Angie che era rimasta nel soggiorno. Senza nemmeno attendere risposta, pur di far presto, aprì nervosamente la porta. “- A- A… Angelica! Sua Altezza, no, io volevo dire… cioè…” Si sarebbe aspettato di vedere chiunque, ma proprio tutti, forse persino German Castillo… ma quella anziana donna così di classe, di certo non se lo sarebbe neppure mai immaginato che potesse un giorno bussare alla sua porta. “- Pablo! Ma quanto sei cresciuto!” disse lei, afferrandogli le guance come si fa con i bambini quando non li si vede da tanto tempo. “- Lieto di vederla qui! Ma entri, presto! Prima che qualcuna delle guardie la riconosca e la rispedisca a Camelias con un biglietto di sola andata!” esclamò il direttore, quasi tirandola in casa e chiudendo forte la porta, che causò un rumore sordo tanto forte da far sobbalzare Angie. “- Amore, chi era?” chiese lei, ignara che si sarebbe ritrovata la madre di fronte. “- Angeles!” quella voce la bloccò mentre stava per andare all’ingresso. La regina Angelica la fissava incredula, con un sorriso stampato sul viso, mentre la figlia faceva andare il suo sguardo, in confusione, da Pablo alla mamma e viceversa. “Mamma! Come mai qui?” chiese lei, sgranando gli occhi nel vederla con alcuni borsoni da viaggio. “- Sono andata a casa tua ma non ti ho trovata e ho pensato subito che potevi essere qui! Da quanto tempo, tesoro mio! Stai bene? Sei così dimagrita! Stai mangiando, amore? Pablo sta mangiando, vero?” la raffica di domande che seguì la travolse come un fiume in piena mentre si ritrovò stritolata nell’abbraccio della regina che non sembrava volerla lasciare. Sarà anche stata la sovrana di Camelias… ma era pur sempre una madre preoccupata per la sua bambina! “- Mangia anche troppo, tranquilla, Maestà!” la prese subito in giro l’uomo, beccandosi un’occhiataccia dalla diretta interessata che, finalmente, riuscì a divincolarsi da quella morsa affettuosa di Angelica. “- Pablo, chiamami pure Angelica e dammi del tu! Sono così contenta che tu ti stia prendendo cura della mia piccolina, che, grazie a te e ad Antonio, dopo tanti anni passati all’estero, in Europa, adesso è qui e lavora proprio allo Studio di Maria, ad Amapola! Non posso crederci!”. La voce della regina era quasi commossa e, adesso, dopo aver abbracciato la Saramego, stava stringendo l’uomo con foga. “- Non ho fatto nulla di speciale…  per la sua ‘piccolina’ farei di tutto!” disse lui, sottolineando il nomignolo con cui anche la regina aveva chiamato la figlia e facendo sì che la donna si stizzisse, andandosene di nuovo in salotto, venendo però, seguita dai due. “- Allora? come prosegue qui ad Amapola? Figliola, non mi hai più neppure telefonato! All’accademia tutto bene? Sei riuscita ad incontrare la nostra nipotina o ad avvicinarti al palazzo?”. La donna non la smetteva di fare domande, tanto che Angie non sapeva da dove iniziare a rispondere. “- Mi dispiace non essermi fatta sentire. Mi sei mancata così tanto!” cominciò la bionda, facendo nascere un dolce sorriso sul viso dell’anziana donna. “- Sei tutto quello che mi resta, amore mio. Quando ti ho dovuta mandare in Europa, beh, mi sono sentita così in colpa, non immagini quanto, tesoro! Ma l’ho fatto per il tuo bene, tesoro. Se quel malvagio di Castillo se la fosse presa anche con te che eri così piccola, indifesa… io… non avrei davvero saputo cosa fare! Se non ti avessi messa al sicuro, non me lo sarei mai potuto perdonare! Mi capisci, vero?”. La voce della regina di Camelias era quasi rotta dal pianto, al solo dover ricordare quei momenti drammatici in cui, non solo aveva perso la sua amata figlia maggiore da poco e suo marito in seguito, ma aveva dovuto anche far fronte alle ire di Castillo che l’accusava ingiustamente della dipartita della moglie. “- Ho capito, mamma. Tranquilla. Tu volevi solo proteggermi e lo so bene. Ma adesso io mi chiedo come mai tu sia qui! Sai che è rischioso per te venire ad Amapola? A me non possono riconoscermi di sicuro! Ma di te si ricordano fin troppo bene! Mamma, io non voglio che tu corra qualche inutile rischio!” sottolineò Angie, preoccupata come non mai per quella inaspettata visita. “- Figlia mia, forse è arrivato il momento di correrlo questo rischio. Devo andare a palazzo. Domani stesso. Sai che giorno è domani?” chiese la donna, con un brillio negli occhi nocciola, identici a quelli di Maria, a quelli della sua amata nipotina che non vedeva da anni. “- Il compleanno di Violetta…” sussurrò la bionda, abbassando lo sguardo. “- Mamma, ascoltami. Io… sono stata a corte.” Si decise, ad un tratto a dirle che aveva rivisto il re e la nipote… ma non volle azzardarsi a dire nulla su Lidia. Nemmeno le passò per la testa di volerla illudere su quella vicenda. “- Sul serio? E come l’hanno presa? Sei una Saramego! Perché… lo sanno chi sei, vero Angeles?” intuì subito la donna, alzando il viso della figlia con un gesto tenero della mano. “- No, non lo sanno. Per loro sono Angie Salinas. L’istitutrice della principessa. Mamma, mi dispiace ma io dovevo vedere Vilu… e se mi fossi presentata con la mia vera identità nemmeno mi avrebbero mai fatta avvicinare alle mura del castello e poi…” la bionda si bloccò di colpo. Stava per svelare tutta la questione della sorella ma si fermò giusto in tempo, deglutendo rumorosamente e distogliendo lo sguardo dalla regina. “- E poi, cosa?” chiese subito la sovrana di Camelias, prendendo ad analizzare la sua espressione tesa che non sfuggì alla donna. “- Nulla. Sono a palazzo da mesi ormai. Ho portato anche Violetta allo Studio! Non sai quanto è felice quando canta, suona… proprio come noi, come Maria. Ovviamente tutto in gran segreto! Se German dovesse solo riuscire captare qualcosa sarebbe la fine!” esclamò Angie, posando lo sguardo su Pablo che, fino a quel momento aveva deciso di lasciarle da sole a parlare e che adesso stava rientrando con un vassoio con tre tazze di caffè e dei biscotti. “- Tesoro ma è troppo rischioso! Non sarà pericoloso? Ho saputo del ballo e del concerto! Domani sera prenderò parte all’evento a palazzo!” sentenziò con fin troppa naturalezza, Angelica, afferrando una madleine con grande eleganza. “- No, ti prego mamma! Questo sarebbe rischioso! Proprio domani, no!” ma la Fernandez la interruppe con un aggraziato gesto della mano. “- Ho già deciso, figliola. Domani andrò a conferire con quell’uomo. Mi deve moltissime spiegazioni… e le deve anche a te e, soprattutto, a sua figlia che immagino sia ignara di troppe cose.” concluse la donna, fissando l’aria scioccata della donna. “- Emh, io vado a lezione. Angelica tu puoi restare qui tutto il tempo che vuoi, senza alcun problema. Di sopra la stanza degli ospiti è libera. E’ meglio che non vada in giro per il regno… è pericoloso.” aggiunse, premuroso come al solito, Pablo, immettendosi con un po’ in imbarazzo, in quella conversazione. “- Grazie, sei molto gentile. Mi poteresti le valige in camera, per favore?” sorrise la regina, mentre lui, senza batter ciglio le prendeva i borsoni e se li trascinava a fatica per le scale chiedendosi, tra sé e sé cosa avesse mai potuto portarsi di così pesante la regina. “- Siete una bellissima coppia, sai?” ridacchiò Angelica, mentre il moro era di sopra a sistemare le sue cose. “- Coppia? Chi? Che dici, mamma!” prese a dire, nervosamente la figlia, arrossendo di colpo fino alla punta delle orecchie. “- L’hai chiamato ‘amore’… pensi che sia sciocca, tesoro? Ho molti anni più di te e questo mi rende molto più saggia di quanto tu non possa immaginare! E poi ho visto come vi guardate!” esclamò l’anziana, prendendo a sorridere con aria furba alla donna che, tesissima, si mordeva nervosamente un labbro. “- Tranquilla, non vi disturberò più di tanto. Fate come se non ci fossi…” rise ancora lei, facendo diventare, se possibile, ancor più paonazza, la bionda. “- No, no ma che dici! Emh… si è fatto tardi. E’ meglio che vada allo Studio anch’io. A dopo! E non muoverti da qui! Evitiamo di correre ulteriori rischi!” disse Angie, tentando disperatamente di cambiare discorso. “- Anche se non è nobile… siete splendidi e sono tanto felice per voi!” rise ancora Angelica, restando, invece su quell’argomento. “- Andiamo?” esclamò Pablo, scendendo le scale di corsa e cingendole la vita con un abbraccio, ignaro di cosa sospettasse già la futura suocera su loro due. “- Andate, andate. Ci vediamo dopo…” sorrise la regina, vedendo i due uscire di fretta, e facendo un sorrisino di chi aveva già capito tutto.
 
 
Non sapeva cosa fare ed era una situazione così particolare da non farlo dormire da giorni. German non faceva altro che pensare a Lidia, di giorno lo confondeva facendo sì che si perdesse nei meandri dei suoi pensieri, mentre, di notte, quel chiodo fisso o lo teneva sveglio, facendolo camminare avanti e indietro per l’enorme camera da letto, o, se per puro caso riusciva ad addormentarsi in preda alle tisane di Olga, la Mendoza invadeva anche il suo mondo onirico, apparendo nei suoi sogni nel pieno di quel momento vissuto qualche giorno prima. Già, quel bacio. Era colpa sua, soltanto colpa sua. Ma la voglia di far quel che aveva fatto era stata incontrollabile. Fatto sta che, da quel momento in cui le loro labbra si erano sfiorate, scatenando in lui un turbinio di emozioni confuse, non aveva fatto altro che pensare a Lidia, così simile alla sua Maria da averlo fatto perdere la testa in quel modo, come mai prima.
“- Ciao, Lidia.” Esordì, avvicinandosi alla donna che era nel piccolo orto alle spalle delle cucine, raccogliendo, probabilmente, ingredienti per il pranzo. “- Maestà! Mi ha spaventata!” sobbalzò la Mendoza, facendo cadere tutte le verdure che aveva sistemato nella cesta. “- Come va?” balbettò, un impacciato re, guardando negli occhi la donna. “- Bene, ma lei come mai è qui?” chiese lei, turbata nell’esserlo ritrovato di colpo alle spalle, facendole prendere quasi un colpo. “- Dovevo vederla.” sintetizzò l’uomo, raccogliendo con lei tutti gli ortaggi che erano rotolati al suolo. “- Non si preoccupi, faccio io.” disse subito lei, mentre si ritrovarono con la mano sullo stesso pomodoro, facendoli diventare entrambi dello stesso colore del prodotto dell’orto sul quale le loro dita si erano, per un secondo, sfiorate. Lidia fece un balzo all’indietro, allontanandosi, ancora paonazza per l’accaduto. Anche per lei quel bacio era stato fin troppo sconvolgente e, per giunta, sembrava che, chissà per quale strano motivo, non fosse stato l’unico con quell’uomo. Poi però, si rendeva conto che mai, neppure in un’altra vita, avrebbe potuto ritrovarsi a baciare un re e quindi si allontanava da quel pensiero in un baleno, come aveva fatto in quel momento camminando a ritroso per stare lontana da Castillo. “- Lidia io… sento per te qualcosa di troppo forte. Mi ricordi una persona, l’unica che io abbia mai amato e… ti amo. Non posso farci nulla, mi dispiace. Ti amo e non posso evitarlo.” Per la seconda volta la Mendoza si ritrovò scioccata, sconvolta da quella affermazione tanto quanto lo era stata per quel bacio, qualche giorno prima. “- Non è possibile, Maestà. Lei puo’ fare solo una cosa… puo’ solo dimenticarmi. E poi è fidanzato con la contessa La Fontaine, o sbaglio? Bene, mi lasci in pace.” disse, con un filo di amarezza, la bionda. Sentiva un’attrazione troppo forte nei confronti di quell’uomo, fin troppo per i suoi gusti e la cosa non riusciva nemmeno a spiegarsela. German le provocava degli strani sentimenti contrastanti. Lei non era degna di lui, il sovrano. Si sentiva inferiore e questo  a faceva star male.
“- Lidia, io…” Non riusciva a fermarsi, quando la vedeva, quando semplicemente incrociava quello sguardo aveva l’impulso irrefrenabile di baciarla ed era strano, dato che la conosceva così poco. Forse si stava lasciando troppo prendere dal fatto che assomigliasse così tanto a Maria… o forse aveva seriamente perso la testa. No. Non gli importava chi fosse, anche se in realtà si stava solo illudendo e quella non sarebbe mai potuta essere Maria, si rese conto che l’amava lo stesso.
 Si stava avvicinando sempre di più a lei, prendendole il viso tra le mani stava forse per ricompiere quell’”errore”, nonostante la donna fosse stata fin troppo chiara. Avrebbe dovuto solo dimenticarla ma lui non ci riusciva proprio! Ci aveva provato, questo sì. E aveva fallito miseramente, ritrovandosi in ogni secondo della giornata con la testa tra le nuvole, fantasticando su di lei. Mentre era ad un centimetro dalle labbra di lei accadde una cosa che, di certo, non si sarebbe mai aspettato. Non capì in che modo ma, nel giro di un attimo, Lidia gli diede uno schiaffo in piena guancia, stordendolo per qualche secondo. “- Mi dispiace. Almeno così si ricorderà che non possiamo ripetere lo stesso sbaglio dell'altra volta!” Strillò la donna, afferrando la cesta dal terreno e allontanandosi da lui, quasi correndo via. Il re rimase imbambolato e sorpreso ma non si arrese, la seguì a passo svelto, arrivando fino alla porticina esterna delle cucine. “- Lidia! Aspetta un secondo!” urlò, facendo girare, purtroppo, anche Matias La Fontaine che, come al solito, stava vagando nella suo far nulla abituale, nei pressi del giardino che portava al garage delle sue preziose autovetture. Si bloccò istintivamente e si nascose dietro un albero ed alcuni cespugli per non farsi notare ed assistette a quella scena. Il re che rincorreva la Mendoza. “- Ecco perché mi ci ha fatto allontanare! La voleva tutta per sé, quel…” ma si bloccò, tendendo l’orecchio verso i due che iniziarono a parlare. “- Mi dispiace, Maestà, se vuole mi rinchiuda pure nelle segrete. Io non posso baciarla, se è successo è stato uno sbaglio. E ne sono desolata.” Stava dicendo Lidia, ma lui, più che altro, colse solo la parola “baciarla” e lo sguardo dolce della donna. Per non parlare di quello del re! “- No, non ho intenzione di metterla in cella e sa perché? Perché non me lo perdonerei mai. In fondo, quel bacio l’ho voluto anch’io.” A quelle parole del sovrano, Matias sussultò. Bacio? Come bacio? Quale bacio? L’unica donna che avrebbe dovuto baciare suo cognato era la sorella… e non di certo una delle donne della servitù, per quanto riconoscesse che Lidia avesse un fascino particole, cotto come ne era anche lui stesso. “- Devo tornare al lavoro, mi scusi.” Lo liquidò la Mendoza, entrando nelle cucine e facendo restare di sasso, con sguardo innamorato e una guancia rosso fuoco, e, come decorazione, il segno delle cinque dita della mano di Lidia. Si toccò distrattamente il viso che sentì ancora bollente per il colpo e si allontanò rapidamente da lì, sperando che quel segno se ne andasse rapidamente per non dare nell’occhio, in modo che nessuno se ne fosse accorto. Che caratterino aveva quella Mendoza! Invece di allontanarlo, senza rendersene conto, aveva peggiorato la situazione, facendo sì che lui ne fosse ancora più preso. Girò l’angolo e, nascondendo la parte lesa tenendo lo sguardo basso, si recò subito nel castello. “- Sire! La sto cercando da un po’! Ma cosa… vuole raccontarmi qualcosa, Altezza?” iniziò subito Roberto Lisandro, l’unico a cui non si poteva nascondere nulla. “- No, c’è una riunione con la videoconferenza, vero? Bene, andiamo!” borbottò serio il re, ignorando di avere ancora ben stampate le dita della Mendoza sulla faccia. “- Con quel segno sul viso penso che sarà divertente spiegare ai dirigenti di Magnolias l’andamento economico di Amapola!” rise Roberto per poi continuare subito, senza dare il tempo di replicare al sovrano che lo stava già guardando malissimo. “- Sta passando un po’ troppo tempo nelle cucine e la vedo… distratto! Si è per caso innamorato ed ha preso pure… una bella cantonata, Altezza?!” ridacchiò l’occhialuto assistente, indicando divertito la guancia del re che lo incenerì con lo sguardo. “- Sto zitto e le prendo del ghiaccio… ma è meglio che vada io in cucina, sta volta…” aggiunse ancora Roberto, continuando a ridere sotto lo sguardo severo del sovrano di Amapola che, se non lo avesse considerato l’unico degno del ruolo di suo assistente e, probabilmente anche suo amico, lo avrebbe rinchiuso subito nelle segrete a vita per quella sottile ironia provocatoria.
 
 
“- Jade, JADE! Non immaginerai mai cosa ho visto e sentito! Beh, più che altro visto, l’audio non era dei migliori!”. Matias La Fontaine era entrato come una furia nell’enorme stanza della sorella che era intenta nel farsi applicare una maschera di un acceso verde pistacchio sul viso. “- Ah, Matias sei uno strazio! Qual è il problema questa volta?” si lamentò, per giunta, la donna, stendendosi letteralmente sulla poltroncina della sua camera e cacciando, con un gesto della mano stizzito, le sue dame di compagnia per restare da sola con il fratello. “- Io vengo ad avvertirti che stai per perdere il tuo amato re e tu mi mandi anche a quel Paese? Sei incredibile, lo sai?” urlò stizzito il biondo, non appena le ancelle si furono allontanate dall’enorme sala. “- CHI? COSA? QUANDO?” gridò la mora, mettendosi di colpo in piedi e togliendosi le fettine di cetriolo dagli occhi di ghiaccio e poggiandole su un tavolinetto di fronte a lei. “- Lidia! La Mendoza! Si sono baciati! E il tuo e il mio posto qui a corte, sono  in serio pericolo! E’ tutta colpa tua! Sei tu che ti siedi sugli allori e ti fai fregare il futuro marito da sotto al naso! Sei una tonta!” aggiunse lui, cominciando ad andare nervosamente avanti e indietro per la stanza. “- Quella servetta? Ma non è quella che hai assunto tu? Me la pagherai cara! Qui il tonto sei tu!” gridò, con la sua solita vocina gracchiante, la donna. “- Beh, in effetti non hai tutti i torti… ma non è questo il punto! Ce ne dobbiamo sbarazzare! E per sempre! E forse so già cosa fare…” ghignò l’uomo, lasciando fin troppo confusa la sorella. “- E come? Devo andare a fare una scenata a German? Come osa baciare un’altra? Io… vado subito!” urlò, furiosa, Jade, alzandosi ma venendo trattenuta per un braccio da suo fratello. “- Sei matta? Ma cos’hai in quel cervellino da gallina? No! Tu a German non devi dire nulla! Nulla! Capito? Tanto negherebbe fino alla morte!” spiegò, con calma, il biondo. “- Chi è morto?” lo interruppe, spaventata, la mora, grattandosi il capo titubante. “- Nessuno, per ora! Ma faccio fuori te se non mi ascolti! Noi non vogliamo perdere questo splendido ruolo che abbiamo qui a corte, giusto?” ma, ovviamente, lei ancora non capì. “- Va bene, te lo spiego con parole elementari. Tu non vuoi perdere il tuo Ger, vero?” a quelle parole, invece, Jade sobbalzò dal divanetto. “- No! German è solo mio! NESSUNO me lo porterà via! Tantomeno quella servetta!” strillò, in preda ad una crisi di nervi, avendo, finalmente, centrato il punto della discussione. “- Bene, allora dobbiamo sbarazzarci di quella Lidia, facendola licenziare così che si allontani per sempre dal castello!” esclamò Matias, facendo annuire compiaciuta la sorella che, nell’aver capito la situazione, si dimostrò più sveglia. “- Come?” chiese infatti, agitandosi e cominciando a camminare nervosamente per la camera. “- Ce ne sbarazzeremo la sera del ballo! Se Lidia non dovesse presentarsi a lavoro quel giorno… sarebbe un bel guaio, con tutto quello che ci sarà da fare!” ridacchiò Matias, lasciando perplessa la sorella che, ormai, al solo sentir pronunciare il nome della Mendoza, si innervosiva come una belva. “- Calmati! Non preoccuparti. Ho già in mente un bel piano contro la aiuto cuoca… mi duole, è proprio una bella donna e non vederla più qui, a corte, sarà un peccato! Ma non solo mi ha sempre ignorato, adesso addirittura mette a rischio anche la nostra permanenza a palazzo! Quindi, per il nostro bene, deve andarsene! E noi, la faremo cacciare! Così, quando il sovrano sarà triste per quello che ha fatto la Mendoza, entrerai in gioco tu, consolandolo e facendo sì che ti sposi quanto prima!” strillò, entusiasta, l’uomo, facendo saltellare di felicità anche la sorella che captò solo la parola “cacciare” riferita alla rivale e “sposare” riguardante lei e il re e ciò le bastò per renderla felicissima. “- Torna pure alle tue cremine, fatti bella per Germy che io vado dai miei gioiellini, il garage attende il suo padrone!” strillò Matias, uscendo di fretta e richiudendosi la porta alle spalle con un tonfo, lasciando la sorella un po’ scioccata ma felice della soluzione trovata dal biondo per sbarazzarsi di quell’”ostacolo” verso il suo matrimonio con il re.
 
 
“- Mi è venuta un’idea geniale per il ballo! Ne ho già parlato con papà ed è stranamente d’accordo! Penso che abbiate già letto sul giornale di Amapola la notizia! ” Violetta piombò nel parco, dove tutti gli amici erano riuniti a chiacchierare. “- Un ballo in maschera! Sarà fantastico! Così anche chi ha l’invito… emh, insomma quello meno ufficiale non spedito dal re, per intenderci, vi potrà partecipare senza problemi! E’ perfetto!” strillò la giovane, euforica per quella decisione. “- Wow che forza! E’ geniale!” sorrise Francesca, abbracciando Federico. “- Mi sorprende il fatto che tuo padre abbia accettato senza problemi!” rise subito Lena, furbetta come al solito. “- Leon… posso parlarti un secondo?!” disse poi, avvicinandosi al giovane che stava scrivendo su dei pentagrammi alcune note di una melodia che, evidentemente, gli era appena venuta in mente. “- Sì, anch’io devo parlarti. Andiamo… ti porto in un posto che conosci molto bene…” sorrise dolcemente lui, mentre gli altri rimasero a fissarli allontanarsi, mano nella mano, per una scorciatoia che divideva in due il parco, conosciuta da pochi abitanti del borgo. Dopo un po’ di cammino, arrivarono sulla spiaggia su cui avevano avuto il loro primo appuntamento e Violetta se ne accorse subito. Come poteva dimenticarsi quel luogo tanto magico nel quale si erano scambiati il loro vero e proprio primo bacio? “- Adoro questo posto! Mi ricorda l’attimo più bello della mia vita!” esclamò subito lei, respirando a pieni polmoni quell’aria piena di iodio e lasciandosi guidare da quella lieve brezza marina che le scompigliava i capelli. Stavano camminando sulla riva, ancora mano nella mano con il suo amato stalliere, con le onde che quasi gli bagnavano le scarpe. “- Lo hai fatto per me, non è così?” chiese d’un tratto lui, parandosi di fronte alla principessa e tenendole le mani dolcemente. “- Così potrai parteciparvi senza alcun problema. Ci sarà talmente tanta confusione che non dovrebbe far caso a te. Leon io non ci voglio andare da sola! Voglio solo te al mio fianco. Sarà la serata più importante della mia vita e… non riesco ad immaginarmela senza di te. Ecco io… ” ma venne prontamente interrotta da Vargas. “- E’ un rischio troppo grande. Non voglio che tu lo corra.” Iniziò subito lui, molto riflessivo come al solito. “- Beh, sappi che è un rischio che voglio correre. Se significherà averti al mio fianco quella notte. Ne correrei milioni pur di averti per sempre accanto a me.” Concluse lei, lasciandolo senza parole, emozionato da cotanta decisione e dolcezza allo stesso tempo. “- Ancora non posso crederci che abbia deciso di dare questo nuovo aspetto al ballo solo per me. Wow…” si limitò a dire lui, perdendosi negli occhi nocciola della giovane e spostandole una ciocca castana dal volto, ponendogliela, con una carezza, dietro l’orecchio. “- Allora non lo hai ancora capito che io, per te, farei di tutto?” disse lei, dolcemente, prendendogli il  viso tra le mani e avvicinandolo al suo. Leon ne rimase felicemente sorpreso. Era la prima volta che era lei a prendere coraggio e ad avvicinarsi alle sue labbra. Lo guardò ancora, quando furono ad un millimetro di distanza, si perse in quegli occhi limpidi come il mare e, un po’ tremante per l’emozione, si lasciò andare ad un dolce bacio, prima più delicato e poi più passionale. “- Ti amo, principessa.” Sussurrò lui, ad un soffio dalla sua bocca. “- Ti amo, mio principe.” Rispose lei, prima di ribaciarlo ancora, questa volta dando vita ad un bacio più intenso.
 
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Da premettere che, sia sull’inizio Pangie che sul finale Leonetta, come ben potrete immaginare, sono svenuta… Questo capitolo mi piace molto e spero piaccia anche a voi! :) Lidia che da lo schiaffo al re! Guardie!!! XD No, invece lui è stra cotto e nemmeno si arrabbierebbe mai con lei… che dolci pure loro! Aw *-* Ma cosa trameranno mai i La Fontaine? Si salvi chi puo’! Povera Mendoza! Ma possibile che c’è sempre qualcuno che trama in questa storia? Grrr! >.< Ah, non dimentichiamoci un'altra cosa importantissima che da il titolo al capitolo... la regina Angelica è tornata ad Amapola! E vuole affrontare il re! Aiuto! German, scappa finché puoi! XD Alla prossima con il capitolo del concerto! *-* Vedremo la scena Leonettosa e la reazione del re!!! Germy (come lo ha chiamato Mati!) fai il bravo! (Ne dubito! XD) Ciao! :)

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Capitolo 30
*** Concerto e... sconcerto! ***


Un raggio di sole filtrava dalla finestra dell’enorme camera della principessa, illuminandole il viso, ancora sul cuscino. Era arrivato il giorno tanto atteso, il giorno del suo compleanno, il giorno del concerto e del gran ballo in suo onore. Aprì un occhio per volta, ancora assonnata e sbadigliando rumorosamente. Si mise seduta al centro del letto e, subito, notò che accanto a lei, sulla poltroncina di velluto rosso, vi era una splendida composizione di fiori, delle camelie bianche miste a dei papaveri rosso fuoco, i simboli di Camelias e Amapola. Curiosa di quel primo regalo, scattò in piedi e si avvicinò ad essa, cominciando a sorridere meccanicamente... aveva già sapeva chi gliel’avesse fatta ricevere. Infatti, ne afferrò il bigliettino e, per niente sorpresa cominciò a leggere tra sé e sé:
 
“Alla mia piccola principessa che sta crescendo… ti auguro tutte le cose più belle che la vita vorrà offrirti. Ti voglio bene, Papà.”
 
Lo sapeva! Ad ogni compleanno la stessa storia, era sempre il primo a farla commuovere. Si vestì rapida e scese le scale quasi di corsa, piombando allegra nel salone principale in cui fervevano i preparativi per il gran ballo. “- Papà! Grazie per la splendida sorpresa!” strillò lei, ancora con gli occhi lucidi e sorridente come non mai. “- Amore mio, era il minimo! Buon compleanno!” esclamò il re, abbracciandola con affetto. Jade li fissò, quasi disgustata, ancora troppo presa dalla questione di Lidia e del piano che aveva per rovinare quella servetta. “- Auguri, tesorino!” ghignò, tanto da apparire malvagia a livelli massimi, la mora, facendo addirittura indietreggiare la ragazza, quasi intimorita dalla donna. “- Grazie…” si limitò, infatti, a rispondere la giovane, titubante e preoccupata dallo sguardo della La Fontaine. “- Bene, dov’è Angie? Dobbiamo correre in biblioteca!” sorrise Violetta, pensando a quanto sarebbe stata emozionante e faticosa allo stesso tempo, quella mattinata allo Studio. Era la sera del concerto, la sera in cui il padre avrebbe scoperto tutto e la faccenda le metteva un’ ansia incredibile.
“- Buongiorno, piccolina!” La Saramego apparve dal portone principale e subito fu stritolata in un abbraccio dalla principessa, sotto lo sguardo sorridente del sovrano e quello nauseato di Jade. “- Buon compleanno, tesoro!” le disse Angie, ancora stretta alla nipote che subito dimenticò le sue ansie per lo spettacolo. Sentiva un’affinità speciale con quella donna, era come se qualcosa di speciale le legasse. In quell’istante, apparve anche Lidia nella sala e, tentando di sfuggire allo sguardo del re, prese a sistemare, come altre donne della servitù, dei nastri bianchi, rossi e oro per l’immensa scalinata, da cui sarebbe scesa la principessa quando tutti gli invitati sarebbero stati già in sala ad attenderla. “- Buon compleanno, principessa!” salutò la Mendoza, con un dolce sorriso che Violetta ricambiò con un timido: “- Grazie!”, stupita però, dalla somiglianza che quella donna aveva con Angie… ma, in quel momento, avendo altri pensieri per la testa, non gli diede troppo peso e si affrettò ad uscire con la sua istitutrice… le prove generali l’attendevano! E non vedeva l’ora di salire su quel palco! Quando, nella sala rimasero solo German, la Mendoza e qualche altra indaffarata donna della servitù, l’uomo le si avvicinò, titubante e, senza dire nulla, lasciò cadere proprio ai suoi piedi una lettera facendo si che lei lo fissasse stranita. Il re, però, si allontanò rapidamente, senza neppure darle il tempo di parlare, come se, aver perso quella busta, fosse stata solo una casualità. Lidia, senza farsi notare, si sedette su uno dei gradini e aprì, curiosissima, quella lettera. Un invito per il ballo in maschera? Per lei? A quella festa? Ma se avrebbe dovuto lavorare per tutta la sera! Lo osservò per qualche secondo, rigirandoselo tra le mani sconvolta. Il re non aveva ancora capito che tra loro sarebbe stato impossibile! E poi, per potervi partecipare avrebbe avuto bisogno di un abito… uno di quelli costosissimi che lei non aveva! Che disastro! E poi… no, no e no! Non ci avrebbe partecipato! Aveva bisogno di un consiglio… e solo Angie, la sua unica amica l’avrebbe potuta aiutare… così, rapida, decise di telefonarle per parlare con la persona che avrebbe potuto darle il giusto consiglio su quella bizzarra situazione.
 
 
Nel grandissimo teatro le prove continuavano senza sosta. Leon era vestito… beh, come al solito. Non aveva bisogno di un costume per interpretare il povero e innamorato Nicolas, il musicista innamorato della principessa Dafne. Violetta, invece, era in piedi, sul piccolo balconcino della scenografia, come una perfetta Giulietta di Shakespeare. Sulla scena vi erano anche Ludmilla, vestita da regina Ines e, accanto a lei, Thomas, in perfetta tenuta da sovrano Ferdinando. Accanto alla principessa, sul balconcino, vi erano Camilla e Fran, le due dame di compagnia che assistevano alla serenata di Vargas. “- Ok, stop. Va benissimo così. Siete tutti perfetti. Complimenti!” esclamò Pablo, seduto in platea ed immerso nelle sue solite scartoffie. “- Proviamo il pezzo finale, Ser Mejor!” urlò Anita, alzandosi in piedi ed avvicinandosi al bordo del palco. “- Non avrete il tempo di cambiarvi voi che interpretate Juntos Podemos… lo ballate così!” Sentenziò l’insegnante, osservando gli altri interpreti annuire e fissando Ludmilla che stava per ribattere ma fermandola, giusto in tempo, con un cenno stizzito della mano. “- Lo so che è scomodo con gli abiti lunghi… ma siete bravi. Potete farcela. La coreografia non è poi così complessa da potervi dare problemi.” Sorrise ancora la mora, azzittendo la contessina Ferro che andò a preparasi per l’ultimo brano, stranamente, senza proferire parola. “- Anita, Angie, Beto… riunione improvvisata. Ragazzi, 5 minuti di pausa e poi riprendiamo.” Esclamò di colpo Pablo, quando le prime note dell’ultimo brano avevano già invaso il teatro.
“- Sei nervosa?” durante quel breve intervallo, tutti erano scesi dal palco per recarsi dietro le quinte e solo Violetta era rimasta al centro della scena, con il naso all’insù, fissando la galleria con il grande stemma reale, in cui avrebbero dovuto assistere allo show lei, Jade e suo padre. “- Andrà tutto bene, tranquilla. Vedrà il pezzo come una sorta di omaggio a Camelias, alla regina… e non potrà arrabbiarsi… beh, non troppo, suppongo.” Sorrise Leon, accarezzandole la guancia, ancora con la chitarra sulla spalla. “- Sono così tesa! Ma non voglio pensarci. Vada come vada, avrò dimostrato al regno, e soprattutto a lui, che la musica deve tornare ad Amapola, che è questo ciò che amo, proprio come mia madre.” Concluse lei, abbassando lo sguardo. “- Ehi, principessa. Qualunque cosa accada io sarò accanto a te, sempre.” Disse Leon, prendendole le mani dolcemente. “- Grazie! Conta tantissimo per me sentirti vicino, al mio fianco in ogni momento. Ti amo tanto!” esclamò lei, abbracciandolo di colpo con foga, facendo si che le cadesse il diadema dal capo. “- Principessa, attenzione! Non perda la corona!” rise lui, raccogliendo l’oggetto dalle assi in legno palcoscenico e ponendolo sul capo di lei con delicatezza. “- Dai, questa è finta… stasera avrai in testa quella vera!” rise ancora il giovane, perdendosi nei suoi occhi. “- Che ansia!” cominciò lei, ridendo nervosamente e fissando lo sguardo cristallino del giovane che aveva sempre il potere di tranquillizzarla. “- Ragazzi, pausa finita! Riprendiamo!” strillò Angie, arrivando seguita dagli altri professori e facendo sì che tutti gli alunni giungessero sulla scena. All’improvviso uno squillo del cellulare la fece sobbalzare, mentre i giovani continuavano con le prove, si avviò verso l’uscita del teatro per andare a rispondere a quel numero anonimo. “- Pronto chi parla?” chiese subito, nel corridoio che portava all’ingresso principale. “- Angie. Sono io, Lidia.”. Al solo sentire quella voce le si raggelò il sangue nelle vene. Non sapeva neanche che avesse il suo numero, o, almeno, non ricordava di averglielo dato. “- Ehi! Tutto bene?” sorrise Angie meccanicamente, come se l’avesse di fronte a lei. “- Sì, più o meno, o meglio, no. Ho bisogno di parlarti subito. So che ora sei impegnata con la principessa ma… oggi pomeriggio devo assolutamente vederti.” La voce della Mendoza appariva quasi tremante, cosa che fece un po’ preoccupare la Saramego. “- Lidia ma è successo qualcosa? Perché mi stai mettendo paura!” esclamò l’insegnante che era stata raggiunta dal direttore che, nel vederla allontanarsi dalle prove si era preoccupato. “- No, niente di grave. Ma sei l’unica amica che ho… e solo tu puoi aiutarmi. Ma non voglio parlartene per telefono. Ci vediamo da te alle 17, va bene?”. Angie rimase ancor più titubante ma felice del fatto che la misteriosa donna si fidasse cecamente di lei. Il concerto era alle 18 e 30… e alle 21 iniziava il gran ballo. Avevano ancora tanto da provare ma era curiosa di sapere cosa volesse dirle Lidia, voleva aiutarla… così, senza troppi giri di parole, accettò e riattaccò restando a fissare il cellulare, incredula per quella telefonata. “- Qualcosa non va?” Pablo la fece quasi sobbalzare. “- Era… Lidia. Vuole parlarmi. Mi sembrava così tesa.” disse, sconvolta, la donna, prendendo a osservare il direttore. “- Avete legato molto, allora! Bene!” sorrise l’uomo, rassicurante come al solito. “- Abbracciami, per favore!” esclamò la donna, trovandoselo, in men che non si dica, stretto a lei, affettuoso come sempre. “- Andrà tutto a meraviglia, tesoro! Devi tranquillizzarti!” disse Galindo, accarezzandole dolcemente i capelli. “- Non sai come… come sto vivendo questo periodo! Sono così nervosa! Ho l’impressione che andrà tutto male, che il re se la prenderà con Vilu, con mia madre… con me, soprattutto con me! E forse anche con te e Antonio! E non me lo perdonerei mai! E per quanto riguarda lo show… non so più cosa fare! Ora anche Lidia mi tiene sulle spine! Non ce la faccio più! So che mi sono creata questa situazione da sola… ma non pensavo che fosse così difficile da gestire! Io l’ho fatto solo per vedere mia nipote felice… e magari per riabbracciare quella che potrebbe essere mia sorella! Ma adesso mi sento così preoccupata!” disse, quasi tutto d’un fiato, la bionda. Pablo la fissò e l’ascoltò attentamente, poi, le prese le mani e la guardò negli occhi. “- Andrà bene! Non essere così pessimista! E poi nemmeno sai cosa vuole Lidia! Quindi non cominciare a preoccuparti anche per questo! Pensa a me che stasera dovrò fronteggiare il piano del malefico Casal!” sentenziò lui, con la solita tranquillità e con un luminoso sorriso, nonostante la tensione. “- Hai ragione! Con tutta questa confusione avevo dimenticato il malefico conte! Non temere, ci sarò io con te contro quel tizio! Sai, mi riesci a calmare come nessuno! Ti amo!” sorrise finalmente lei, abbracciandolo di nuovo. “- Sapere che ti faccio l’effetto di una camomilla mi fa stare ancora meglio! Ti amo anch’io!” rise l’uomo, ancora stretto a lei, poi, finalmente più sereni, si recarono di nuovo alle prove, in cui i ragazzi si stavano impegnando come non mai. Volevano che tutto fosse perfetto e che il sovrano di Amapola non potesse avere nulla da dire.
 
 
La porta suonò più volte. Angie, capendo di chi si trattasse, si precipitò verso l’ingresso… per fortuna sua madre era ancora da Pablo! E ci sarebbe rimasta anche lei, se solo non avesse atteso quella persona così speciale.
“- Permesso! Posso?” Lidia era titubante e lei l’accolse con un sorriso smagliante per metterla subito a suo agio.
“- Ciao! Certo, accomodati!” esclamò con gentilezza l’insegnante, facendole strada nel corridoio. “- Devo parlarti di una cosa importante.” disse subito la Mendoza, sedendosi accanto all’altra sul divanetto del salotto. “- Sei agitata da stamane… dimmi tutto!” esclamò subito la piccola Saramego, ancora preoccupata. L’espressione tesa della cuoca di certo non l’aiutava a tranquillizzarsi. “- Mi ha baciata.” Esclamò, seccamente, la più grande delle due donne, senza che l’altra ci potesse capire molto. “- Aspetta, chi? Matias? Ancora ti sta infastidendo?” chiese, giustamente, la professoressa, fissandola stupita ed essendo a conoscenza della cotta del La Fontaine nei confronti della donna. “- Il re. Mi ha baciata. Poi, mi voleva ribaciare e gli ho dato uno schiaffo! Ti rendi conto? Se avesse voluto mi avrebbe potuto far arrestare ma non l’ha fatto! Dice che mi ama! Io gli ho detto che tra noi è impossibile, che lui ha una nuova fidanzata e che… insomma, che mi deve dimenticare!” Lidia cominciò a raccontare velocemente, lasciando sconvolta Angie che sapeva molte cose riguardo al sovrano e a lei. Il re aveva completamente perso la testa per la donna che sospettava essere sua moglie, data per deceduta anni prima, ma forse tornata, chissà in che modo e, probabilmente, senza memoria. Non poteva credere alle sue orecchie.
“- Frena, Lidia! E poi? Lui si è arreso o ha continuato ad insistere?” si incuriosì la più giovane, ascoltandola con attenzione. La Mendoza, però, non disse nulla, aprì la borsa e ne estrasse un invito, uguale a quello che aveva ricevuto lei stessa, a corte. Se lo rigirò tra le mani e sospirò profondamente. “- Qualcosa mi dice che non si è dato per vinto… beh, testardo com’è non mi sorprende!” sorrise Angie, restituendole la lettera che lei rimise a posto.
“- Non puo’ essere! Io non ci posso andare! E poi devo lavorare, mi riconoscerebbero! Insomma, una serva alla festa… sai che scandalo! E poi non avrei niente da mettermi e con lui nemmeno ci potrei andare!” strillò Lidia, quasi d’un fiato, prendendosi la testa tra le mani. “- Ma tu… sinceramente… sei innamorata di lui? Cosa provi per il re?” chiese la Saramego, facendole alzare di colpo lo sguardo. “- Io non posso, né devo provare nulla. Ecco tutto.” sentenziò lei, con un’ aria triste che non sfuggì all’altra. “- Lidia… io invece, ho capito che sei innamorata, ma non lo ammetteresti mai! Quindi tu ci devi assolutamente andare! E poi sarà una festa in maschera! Chi vuoi che ti riconosca?” rise Angie, circondandole le spalle con un abbraccio. “- Pensi che abbia un abito degno di un ballo reale?” esclamò l’altra, fissandosi l’abitino rammendato sulla gonna. “- Cenerentola, questo non è un problema! Vieni con me. Sarò la tua fata Madrina!” sorrise di colpo l’istitutrice, alzandosi e porgendole la mano. Si era portata vari abiti da Camelias… tanto che la Mendoza, che ignorava il fatto che la Saramego in realtà fosse una principessa, vedendo quell’armadio, rimase sconvolta. “- Wow… un guardaroba da fare invidia alla contessa La Fontaine!” rise, di fronte a quella sfilza infinita di vestiti, anche lunghi, da cerimonia. “- Questo sarà il mio. Tra questi puoi scegliere quello che vuoi, e poi pensiamo a scarpe, a questo disastro di capelli e al trucco. Ah! Ecco una maschera, come quelle di tutti gli invitati. Copre metà viso e si vedono solo gli occhi!” sorrise Angie, girovagando per la sua camera, al piano di sopra della villetta. “- E tu dove te lo porti quel vestito?” rise Lidia, vedendo che l’altra stava mettendo il suo abito con scarpe, borsa e tutto il necessario per il trucco in un borsone. “- Ehm, io verrò un po’ più tardi alla festa, credo… prima ho un impegno e non potrò tornare qui a cambiarmi.” esclamò la bionda, restando sul vago, chiudendo la cerniera del bagaglio. Ovviamente doveva prepararsi stesso al teatro… poco prima che iniziasse lo spettacolo. “- Io prendo questo! E questi tacchi. Grazie di cuore!” disse la Mendoza, afferrando un abito largo, la maschera e delle elegantissime scarpe. “- Vai, portati tutto a palazzo. A stasera, spero!” La salutò Angie, che pensò subito al fatto che dovesse ritornare dai ragazzi alle prove… ormai mancava pochissimo allo show e l’ansia che aveva aumentava sempre di più. Sperava di arrivare alla festa sana e salva… insomma il re, al concerto, avrebbe capito troppe cose che le mettevano una tensione assurda. “- A stasera!” esclamò Lidia, scendendo per le scale prima che, anche la Saramego, potesse fare lo stesso per recarsi al Grande Teatro Dell’Opera di Amapola.
 
 
“- Ma Violetta quando arriva?” Camilla era dietro le quinte e sbirciava, con Francesca, da dietro al sipario ancora chiuso, mentre la sala si riempiva di gente ed un allegro vociare si levava forte. In prima fila, i giornalisti e i critici erano già in agguato con le telecamere e macchine fotografiche. Il palco reale, però, in alto al centro, di fronte a loro, era ancora vuoto. “- Arriverà, vedrai. Calcola che il mini musical è alla fine. Quindi di sicuro per quel momento sarà già qui da un pezzo!” la rassicurò l’italiana, avviandosi verso gli altri amici, tutti tesissimi.
“- Eccomi! Scusate il ritardo!” Angie arrivò qualche secondo prima che iniziasse lo show e si beccò un occhiataccia dal direttore che scosse il capo in segno di disapprovazione ma che, comunque le sorrise. Riusciva ad arrivare in ritardo anche quella sera così importante per tutti! “- Ok, ragazzi, ci siamo. Non ho molto da dirvi, so quanto avete lavorato e combattuto, letteralmente, per questo spettacolo. Quindi, quando si alzerà quel sipario, vi voglio carichi e brillanti come vi ho sempre visto, anche in prova. Non lasciatevi intimorire dal re, né da nessuno. Insieme siamo…” “- MIGLIORI!” gridarono i ragazzi, applaudendo poi al discorso di Pablo.
“- Il primo in scaletta è Luca, al piano con il brano di Mozart, accompagnato dal balletto classico! Te lo ricordi?” chiese subito Beto, fissando il ragazzo, elegantissimo, che leggeva degli spartiti. “- Ormai lo conosco a memoria! Potrei suonarlo ad occhi chiusi… se non fossi così teso!” rise nervosamente lui, che, dopo un bello scappellotto di incoraggiamento da parte del professore, si posizionò per entrare in scena. “- Le ragazze del primo pezzo di classico sono pronte?” urlò Anita, vedendo correre in fila, ordinatamente, Camilla, Francesca, Nata, Lena e Ludmilla. Erano bellissime con i loro chignon, indossavano uno splendido tutù in tulle bianco e le scarpette da danza rosa pallido. “- Cosa state aspettando? In scena, forza!” urlò la Dominguez, severa come al solito. Un applauso si levò dal pubblico e lo spettacolo, dopo una semplice presentazione da parte del preside, iniziò ufficialmente. I brani furono vari e le coreografie lasciarono a bocca aperta il pubblico che applaudiva con foga ed emozione i ragazzi.
“- Francesca hai accordato il violino? E tu Camilla? Forza che è il momento del brano di archi! Anche Maxi e Andres con il contrabbasso devono salire sul palco! Ah, e Andrea!” esclamò Angie, facendo sì che gli allievi, ormai che le femmine si erano anche cambiate dall’esibizione di danza classica, si avviassero verso il palco. Era arrivato il loro turno di esibirsi.
“- Tesoro hai visto come sono bravi questi ragazzi?” sussurrò il re, all’orecchio della figlia, mentre i musicisti erano nel pieno del loro momento. “- Sono fantastici. Che meraviglia!” sorrise Violetta, osservando gli amici dare il meglio di loro con quella splendida melodia classica. Tra poco sarebbe toccato al pezzo moderno… avrebbe dovuto, senza dire nulla al padre, salire sul palco anche lei.
Durante il brano al piano di Leon il re era rimasto come immobile, pietrificato e lo fissava senza far comprendere, dalla sua espressione, imperturbabile, cosa ne pensasse. In realtà non poteva credere ai suoi occhi e alle sue orecchie. Quello stalliere aveva talento, lo riconobbe persino lui, ma, ovviamente, non disse una parola su quel giovane, tanto bravo eppure tanto poco sopportato da lui. Fu la volta di Ludmilla e Lena che si dedicarono ad un brano lirico, da ottime soprano qual erano, accompagnate al piano da Federico. Le ragazze si fissarono per tutto il tempo con aria di sfida, il povero baronetto Bianchi si sentiva addirittura un terzo incomodo tra quelle due! Facevano quasi a gara a chi raggiungesse la nota più alta… ma fu non appena iniziò quell’esibizione che, nel backstage, si scatenò il putiferio.
“- Anita! finalmente sono riuscito ad arrivare dietro le quinte grazie anche a lei! Ora non mi resta che tagliare quel cavo e quei due portanti, così tutta la scenografia cadrà ai piedi dei giovani allunni!” ghignò Gregorio, mentre la Dominguez, come stabilito, gli stava facendo da palo, appoggiata alla porta ma con un bel registratore attivo nella tasca dei jeans. “- Come mai, scusi? Mi ripete il piano? Cosa devo fare io?” mentì lei, alzando anche il tono di voce per far registrare tutto. “- Come? E per quale motivo dovrei ripeterglielo se ne parliamo da mesi? Dobbiamo boicottare questo stupido show! Lo ha dimenticato?” esclamò, stizzito, Gregorio, armeggiando con delle corde, dovendo rendersi conto di quale fosse quella da tagliare. “- Proprio questo mi serviva sapere!” esclamò Anita, sorridendo con aria astuta, mentre Pablo, Angie e Beto facevano il loro ingresso senza alcun problema, lasciando Casal scioccato e immobilizzato e facendogli cadere al suolo delle grosse forbici. “- Attento, ti potresti far male!” ridacchiò la Dominguez, afferrando l’oggetto dal suolo e mostrando, fiera, il registratore. “- Lo sapevo che ce l’avrebbe fatta pagare ma… peccato! Siamo stati noi a fregare lei!” sorrise Pablo, avvicinandosi al nemico con le braccia incrociate e uno sguardo furbo. “- Cosa… ma come…?” balbettò il conte, non capendo in che modo avessero potuto incastrarlo. “- Diciamo che si è scelto l’alleata sbagliata! Mai fidarsi di nessuno, signor Casal! Mai!” rise Angie, dando una pacca sulla spalla alla collega e fissando l’aria sconvolta di Gregorio che era addirittura diventata esilarante. “- Se non vuole che questo registratore vada dritto, dritto alla polizia e la facciamo chiudere tutte le filiali della sua enorme azienda… sparisca dal regno e non ci torni mai più! Avrebbe potuto ferire qualcuno dei ragazzi con questo folle boicottaggio, ci ha mai pensato?” lo rimproverò ancora il direttore, osservando l’aria del conte, quasi afflitta. “- Io sapevo che avrei dovuto lasciare questo posto molto tempo fa! Siete stati bravi, molto bravi… tu soprattutto, mia carissima Dominguez. Una doppia personalità invidiabile, complimenti! Ma, sapete…  Amapola mi ha sempre portato solo guai! Me ne vado di mia spontanea volontà! Mi trasferisco negli Usa, tanto anche lì ho molte filiali della ‘Casal&Co’… buon giorno, buonasera, buonanotte! Su Amapola, per me, cala il sipario!” borbottò, fin troppo teatralmente, Gregorio, resosi conto della figuraccia, uscendo come se nulla fosse accaduto.
Non appena fu uscito, i professori cominciarono a fare un baccano indescrivibile, urlando e festeggiando abbracciandosi con foga. “- Un ringraziamento speciale va ad Anita. Grazie di cuore… se non fosse stato per te!” sorrise Beto, quando anche lei si fu zittita da quell'esplosione di felicità e, ritrovando la sua solita eleganza e si avviò, solo sorridendo, verso i camerini, seguita però dagli altri colleghi, ancora esultanti.
“- Papà, scusami ma io… devo andare un minuto in bagno.” sussurrò, all’orecchio del padre, la principessa.
“- Tesoro! E’ il concerto in tuo onore! Non riesci ad aspettare? Ormai penso che manchi poco al termine!” esclamò German, mentre Jade sbadigliava rumorosamente, senza un minimo di classe. “- Non posso! E’ un’ emergenza! Torno subito. Ricordati che qualunque cosa accada io... ti voglio bene!” esclamò, però, facendo voltare sorpreso il padre per quella affermazione ma, non gli diede troppo peso e ritornò a godersi lo spettacolo, ignaro di quello che sarebbe successo da lì a poco sulla scena.
Violetta percorse rapidamente il percorso che la separava dal dietro le quinte e vi arrivò solo dopo 5 minuti, affannando per la gran corsa. “- Ce l’ho fatta!” esclamò, appoggiandosi alla porta, la giovane, già vestita elegantemente da principessa. “- Perfetto. Ora in scena c’è Napo con l’assolo al flauto traverso. Siete pronti? Qualunque cosa accada, nessuno potrà dire che non saremo stati grandiosi!” esclamò Pablo, con un filo d’ansia che i ragazzi avvertirono subito.  “- Andiamo a sconcertare il sovrano e torniamo vittoriosi!”  rise Thomas, dando una pacca sulla spalla a Leon che lo guardò malissimo ma che si lasciò scappare un mezzo sorriso nel vederlo vestito da re, con tanto di mantello rosso e corona d’oro! “- Sei carino, Heredia, nella tua versione originale!” esclamò Vargas, non riuscendo più a trattenersi e scoppiando a ridere senza riuscire a fermarsi. “- Lo sono sempre, caro Stall! Anche tu sarai molto naturale nel ruolo di Nicolas, immagino!” si pavoneggiò, sistemandosi i capelli e abbozzando un ghignetto, Thomas, acido come sempre. Continuarono a punzecchiarsi per un po’ ma, per fortuna, erano troppo tesi per litigare animatamente e ciò non accadde.
Il sipario si alzò e sulla scena era illuminata da un fascio di luce solo la scenografia, un balconcino sulla quale non c’era ancora nessuno. Leon entrò in scena nei panni del povero Nicolas e si mise a strimpellare sotto alla finestra della principessa. Ad un tratto, fingendo  di avvertire dei passi, si nascose dietro alla scenografia. In scena erano arrivati il re Ferdinando e la Regina Ines, ovvero Thomas e Ludmilla. “- Non voglio più che veda quel poveraccio! Nostra figlia sposerà chi dico io e, se solo dovessi rivedere quel Nicolas, giuro che lo caccerei in malo modo dal nostro regno!” disse, con una punta di soddisfazione, il principe Heredia, calandosi perfettamente nel ruolo… molto in stile German. “- Sono d’accordo, mio re. E’ già deciso. Dafne sposerà il principe Cordovantes, che le piaccia o no!” esclamò Ludmilla, perfetta nel ruolo di una donna che è al potere, che comanda su tutti, persino sulla figlia. Quando i due uscirono di scena, riapparve Nicolas, cioè Leon che prese a chiamare la sua amata. “- Dafne! Danfe!” urlò, quando una luce si accese nella finestra. Sul balcone, però, apparvero Camilla e Francesca, le dame di compagnia della principessa, interpretando Luz e Flor. “- Oh cielo! Nicolas! Non puo’ stare qui! Se ne vada!” urlò Camilla che era quella più severa, mentre Francesca, che aveva il ruolo della più romantica e sensibile, azzittì l’altra con un gesto della mano, esclamando: “- Aspetti! Vado a chiamare subito Dafne!” e, così dicendo, scomparvero dalla scenografia. Un silenzio surreale era calato nel teatro e il re, senza dire nulla, osservava incantato. Riconobbe subito quell’opera: Juntos Podemos, il musical scritto da Maria e che avrebbe anche dovuto interpretare, se solo non fosse accaduto ciò che poi era successo. Un boato di stupore si levò improvvisamente dal pubblico. Quasi nessuno a corte conosceva quella giovane ma arrivata a teatro, l'aveveno subito vista. Inoltre,  i membri dell’alta società, tipo gli Heraldez o i Ferro, intuirono subito di chi si trattasse e, a mano a mano, la voce cominciò a girare in tutta la sala.
La principessa Castillo, fino a qualche minuto fa seduta accanto al padre, era apparsa sul balcone, bellissima come sempre e fissava il giovane sul palco, in silenzio. German si stropicciò più volte gli occhi e cominciò a parlare fittamente con Roberto, seduto alle sue spalle, forse cercando conferma che quella fosse la figlia.
“- Nicolas! Non puoi stare qui! Se ti vede mio padre è finita!” esclamò lei, mentre il ragazzo, ignorando le sue parole, si perse a fissarla, quasi dimenticando la sua parte… si riprese solo dopo qualche secondo di silenzio.
“- Non mi importa. Ti amo, Dafne! Affronterò tutto! Affronterò il re, la regina, tutto… per te.” Ribatté il giovane, con decisione. Quella situazione era fin troppo simile alla sua e la cosa lo faceva calare ancor meglio nel personaggio. “- Non lo farai da solo. Combatteremo insieme. Perché, insieme… POSSIAMO!” sorrise dolcemente lei, mentre partivano le prime note del brano ‘Podemos’. I ragazzi si guardarono dolcemente negli occhi e iniziarono a cantare. Le prime strofe erano di Leon, ma, quando anche lei iniziò ad intonare quella soave melodia, si notò come le loro voci si unissero perfettamente, amalgamandosi e andando quasi a comporre un unico canto, dolcissimo e meraviglioso. Una canzone moderna! Il pubblico non poteva credere alle proprie orecchie! German era nervosissimo ma, nonostante tutto, aveva riconosciuto quel pezzo e la cosa lo fece iniziare a riflettere… gli ricordava tantissimo sua moglie… quante volte l’aveva sentita cantare quella canzone? Quante volte l’aveva intonata con Maria, quando la loro bambina era ancora nella pancia della donna? Quante, gli aveva recitato quella frase detta qualche istante prima dalla figlia quando dovevano far fronte a qualche difficoltà? ‘Juntos, Podemos’: Insieme, Possiamo. E quando la Salinas l’aveva cantata nella torre e Lidia l’aveva riconosciuta? Quanti brividi gli avevano percorso la schiena in quel momento?
Il pezzo finì e un forte applauso travolse i giovani. Nonostante fosse stato un brano moderno era stato tanto apprezzato! Non appena si abbassò il telone tutti si posizionarono sulla scena per il gran finale. Quando si rialzò e il palco era buio, un fascio di luce illuminò subito Violetta che iniziò con le prime frasi di ‘Ser Mejor’ per poi dare il via a tutti gli altri. Fu spettacolare, moderno e tanto emozionante! La coreografia fu perfetta, la scenografia si colorò di mille colori e i ragazzi si divertirono come mai. German, al suo posto, non sapeva cosa dire… un altro brano di Maria! Ma come li aveva trovati la figlia? E cosa c’entrava con lo Studio? Di sicuro c’era lo zampino della Salinas! Lei soltanto aveva la chiave per il luogo in cui vi erano quegli spartiti e lei aveva in affido la giovane e avrebbe dovuto provvedere ad accompagnarla solo in biblioteca… cominciò a dubitare di tutto, ma, allo stesso tempo, si rese conto che anche Antonio aveva tramato contro di lui… e la cosa lo innervosì abbastanza. Non solo il preside della scuola, tanto amico di sua moglie, ma anche tutti gli allievi avevano agito alle sue spalle… ora si spiegava tutti quei dvd che aveva ricevuto, per provocazione… rivolevano la musica moderna, ignorando che le leggi di Amapola lo vietassero severamente. Lo spettacolo terminò e i ragazzi avevano dato il massimo, erano felici e rimasero immobili come prevedeva la conclusione dell’esibizione. Ci fu un secondo di silenzio e di tensione ma poi, subito, tutti applaudirono, iniziando prima lentamente per timore del sovrano ma poi, si decisero a battere le mani forte, sempre più forte, fino a che il teatro non si riempì di scroscianti acclamazioni da parte del pubblico.
Il re applaudì giusto per non apparire troppo freddo… ma era ancora sotto shock. Doveva assolutamente parlare con la figlia e, soprattutto, con Angie.
 
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Eccoci ad un vasto e intricato capitolo. Ricapitoliamo un po’! E’ il compleanno di Vilu! Lidia ha ricevuto l’invito ed ha chiesto consiglio ad Angie. C’è stato lo spettacolo, prima classico e poi tutto pop! Casal è stato beccato ed obbligato a lasciare Amapola! E il re, è ancora sotto shock! XD Preparatevi alla sua reazione vera e propria nel prossimo capitolo! Ne leggerete delle belle! Ma la nostra storia continua ancora per molto (Spero non vi dispiaccia! :3)! Seguitemi, mi raccomando! Approfitto per ringraziare ancora i miei recensori  e lettori affezionati! GRAZIE DI CUORE! Ciao! :)

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Capitolo 31
*** Un inizio movimentato. ***


“- Giuro che scateno un finimondo! Roberto, ti rendi conto di ciò che hanno fatto? Tutti contro di me!” il re era in piedi, nel palco reale del teatro, e attendeva che sua figlia ritornasse a sedersi. Si era esibita. C’era stata un’ esibizione di musica moderna e lei ne aveva preso parte. Non ci credeva, non poteva essere vero. Già si immaginava i titoli sui giornali di Amapola, che debutto in società che era stato quello della principessa!
“- Sire, lei esagera! Il finimondo lo vuole creare lei! E poi, se tutto il regno si sta ribellando a questa faccenda della musica, si faccia delle domande! L’idea di Violetta è stata eccellente! Ha ricordato la sua mamma con “Juntos Podemos”. Io non ci trovo nulla di male, anzi! Anche Camelias apprezzerà l’omaggio e vedranno di buon occhio l’esemplare gesto proveniente proprio da Amapola!” ribatté il fido consigliere, aggiustandosi gli occhialetti sul naso con aria decisa. “- Sì, certo! E come mai mia figlia ha conosciuto il Classic Studio? Angie! Sicuramente c’entra lei! Altro che ‘biblioteca’, aria fresca, tutti quei suoi monologhi su quanto le potesse far male restare sempre a palazzo… mi hanno imbrogliato!” strillò il sovrano, avviandosi verso le scale per raggiungere il piano inferiore, seguito dall’altro uomo e cercando la giovane principessa, mentre Jade era già andata via, chiacchierando con Susana Ferro e le altre donne dell’alta società.
“- Papà! Piaciuta la sorpresa?” mentre German era ormai quasi arrivato sotto al palco per dirigersi verso i camerini, salutando e facendo lo slalom tra gli altri nobili di Amapola, la figlia apparve alle sue spalle, felice come una Pasqua per quello splendido spettacolo ma, allo stesso tempo, un po’ intimorita per la reazione che avrebbe potuto avere suo padre. “- Tu! Dov’è Angie?” disse, stizzito il sovrano, mentre Roberto tentava di calmarlo gesticolando ma restando in silenzio. La sala si stava lentamente svuotando e tutti andavano verso l’uscita per recarsi al gran ballo che, da lì a poco, sarebbe iniziato. “- Eccomi! Mi cercava?” la Saramego, visibilmente nervosa, arrivò accanto a Violetta, cingendole le spalle con un abbraccio, con fare protettivo e rassicurante come sempre. “- Non siete mai andate in biblioteca! Lei portava mia figlia in quell’accademia! Lo ammetta! Mi ha mentito! Non la perdonerò mai! E tu, Violetta… hai tradito la mia fiducia, anzi, tutte e due lo avete fatto!” tuonò quasi il re, mentre, a poco a poco, il teatro era diventato vacante ed erano rimasti solo loro, ancora ai piedi della scena. “- E cosa puo’ farci, Altezza? Ci vuole arrestare, come ha fatto con Leon e Luca?” disse, con tono di sfida, Angie, spiazzando parecchio l’uomo e lasciando anche Roberto a bocca aperta. “- No, ma a lei posso licenziarla, e mia figlia puo’ restare in punizione nella torre più alta del castello per il resto della sua esistenza! A proposito di torri, come ha fatto mia figlia ad avere quel…” ma si interruppe, rendendosi conto che stava per parlare della stanza segreta con gli oggetti di Maria davanti a Violetta, che non doveva saperne nulla, ignorando il fatto che la figlia vi fosse già stata in quel posto così pieno di ricordi che avevano dato vita a tantissime emozioni in lei e che, proprio lì, avesse trovato quelle partiture e quei copioni, messi poi in scena quella sera. “- Vuoi sapere dove ho preso gli spartiti e tutto il resto? Beh, Angie non c’entra nulla! Li ho trovati in quel luogo meraviglioso che tu mi hai nascosto per anni! Perché papà? Perché mi hai nascosto tutti gli oggetti della mamma?! Ti prego, se c’è una chiave, io voglio averla per salire lì su tutte le volte che mi va. Per favore!” German si azzittì di colpo, abbassando lo sguardo con aria afflitta. “- Non ero l’unica ad avere dei segreti, o sbaglio?” Violetta era riuscita a far rimanere di sasso il sovrano e a ribaltare la situazione. Adesso era lei ad essere dalla parte della ragione. Angie al solo sentire la parola “segreti” si incupì, sapendo che nascondeva anche lei qualcosa di grosso. Era la sorella della regina, la zia di Vilu, cognata del re… e nessuno sapeva nulla a palazzo. “- Mi dispiace.” Sentenziò il re, facendo sì che tutti e tre i suoi interlocutori, prendessero a fissarlo con aria stupita. “- Papà io amo la musica, tutta, come la mamma. Ho preso parte a questo evento per fartene renderne conto e, allo stesso tempo, cercando di omaggiare anche la memoria della regina. Ti prego, lascia in pace il Classic Studio, Angie, Antonio e tutto il regno! Riportiamo la musica ad Amapola, come avrebbe voluto lei. Fammi questo regalo di compleanno.” Il sovrano la fissò, non disse nulla e si voltò per uscire dal teatro con il suo solito passo fiero ma, in realtà, un po’ turbato da quella richiesta e non proferendo parola per tutto il percorso verso l'enorme portone principale che dava accesso all'atrio della struttura. Venne seguito dalla principessa, da Roberto e da Angie e, solo quando arrivò alle scale, all’esterno del maestoso edificio, il re si voltò, fissando i tre che l’osservavano, l’uno accanto all’altro sul primo gradino, con aria preoccupata, in attesa di ascoltare un responso alla frase detta qualche istante prima dalla principessa. “- Sì è fatto tardi. Tra poco ci sarà il gran ballo. Sbrighiamoci.” Si limitò a dire l’uomo, arrivando alla limousine parcheggiata proprio di fronte al teatro. Roberto lo seguì senza batter ciglio ma allargando le braccia e scuotendo il capo, in segno di disapprovazione e zia e nipote si scambiarono uno sguardo eloquente. Pensavano che l’avesse presa peggio… e, in fondo, non aveva detto di no alla richiesta della principessa. Forse c’era un barlume di speranza… forse, un giorno, nemmeno troppo lontano, il re di Amapola avrebbe potuto rinunciare a tutte quelle sue assurde leggi per far ritornare il regno com’era un tempo, allegro e spensierato, inondato da ogni tipo di musica.
 
 
Il cancello del palazzo si apriva e richiudeva in continuazione e già una trentina di auto di lusso avevano percorso il viale d’ingresso, girando intorno alla grande fontana, illuminata e zampillante, e andandosi a fermare proprio di fronte alla scalinata che portava all’ingresso del castello. Una folla di conti, principi e altri membri dell’alta società si stavano affrettando a raggiungere il salone principale per la festa in maschera, il gran ballo in onore della principessa Violetta Castillo.
Lidia, intanto, era ancora indecisa sul da farsi… in effetti, avendo l’invito, poteva anche andare a quella festa… ma come? Si doveva cambiare… e, non avendo una limousine, si doveva intrufolare al gran gala da qualche entrata secondaria che portava al salone elegantemente addobbato. Doveva trovare un posto per indossare l’abito che le aveva dato Angie e, soprattutto, per mettersi la mascherina. Con il suo borsone si recò nelle cucine e, prima che potesse essere travolta da quella bolgia di personale, intenta a preparare tutti i tipi di pietanze possibili e immaginabili, venne afferrata per un braccio da Olga. “- Eccoti finalmente! Sbrigati che c’è molto da fare, mettiti il grembiule e inizia da quel sacco!” urlò, mentre le mise una sorta di pelapatate tra le mani e la spinse verso un tavolo enorme, facendola quasi barcollare tra la folla di cuochi tutti indaffarati. “- Olga, ti prego, mi devi aiutare!” disse però la Mendoza, mostrandole dall’interno della borsa, l’invito. “- AAAAH!” l’altra aveva dato un urlo per la sorpresa che fece voltare tutti nella direzione delle due. “- Tesoro ma allora devi andare a prepararti! E poi mi chiedo perché tu l’abbia ricevuto ed io no!” si lamentò la donna, continuando a sbattere della maionese come una furia. “- Te l’ha dato Matias La Fotnaine, sicuramente! Vai con lui al ballo?” chiese, curiosa come al solito, la cuoca. “- NO! Me lo ha dato… un’altra persona… so che ti sembrerà assurdo ma… mi ha invitato il re!” Un altro grido emozionato di Olga si levò nelle cucine, sconvolgendo tutti che, dopo qualche secondo di sconcerto, non avendoci capito nulla, ripresero a lavorare. “- Adesso ti scongiuro, coprimi! Se i due La Fontaine sanno che non sto lavorando e sono alla festa mi farebbero cacciare!” spiegò prontamente la bionda, cercando comprensione nello sguardo dell’altra. “- Ovvio! So tenere un segreto! Oh cielo, sul serio lo hai ricevuto dal sovrano in persona? Che meraviglia! Allora sbrigati! Va’ a cambiarti nella dispensa della cucina dell’ala ovest del palazzo. Lì ci sono alcuni forni fuori uso, quindi non dovrebbe esserci nessuno. Ma fa’ in fretta! Vai, tesoro! E divertiti!”  la salutò Olga con la mano, con aria piuttosto sognante, mentre l’altra si precipitò di nuovo fuori, aggirò il castello e si avviò verso il luogo definito dall’amica. Piombò nella dispensa e si chiuse dentro… ignorando di essere stata seguita per tutto il tempo, fin da quando aveva parlato ad Olga… e per fortuna che la sua spia non aveva sentito nulla, nella confusione di quell’affollatissimo luogo, in fermento per la festa! Si infilò di fretta lo splendido abito, la maschera ed appallottolò i suoi stracci nel borsone, richiudendolo, per poi uscire. “- Ora!” sussurrò Matias a sé stesso, chiudendo la porta dall’esterno. “- In trappola mia bella Lidia!” esclamò, allegro, il biondo. Il La Fontaine, però, non sapeva del ballo, ignorava il fatto che la donna fosse stata invitata per giunta proprio dal re! Pensava che la donna fosse stata mandata da Olga a prendere qualcosa in quell’altra dispensa. Se avesse saputo, di sicuro, non avrebbe messo in atto il piano che, sicuramente, avrebbe fallito dato che il sovrano in persona l’aveva richiesta come partecipante alla festa e che quindi, non avrebbe dovuto lavorare per tutta la sera. A quel girare di chiave, la Mendoza si voltò di colpo, fissando la serratura e una lunga ombra che si era proiettata al di sotto della porta, non lasciando presagire nulla di buono.  Corse con difficoltà per lo spazio stretto e l’abito lungo, verso l’uscita ma la trovò, come purtroppo aveva predetto, bloccata. “- Aiuto! Aiutatemi!” strillò la bionda, colpendo varie volte sul resistente legno, tentando di uscire… ma nessuno, apparte il soddisfatto biondino, la sentì, prima di ritornarsene alla festa a mangiare a più non posso. Durante il percorso telefonò alla sorella, già intenta a chiacchierare con Susana Lopez Ferro, e con le altre donne dell’alta borghesia. “- Jade, la servetta è in trappola. Tra poco avverti German di andarla a cercare in cucina. Sarà molto arrabbiato di non trovarla a lavoro!” rise l’uomo, mentre la sorella, con uno sguardo malvagio e un ghigno malefico, lasciò il gruppo di amiche e subito si avviò verso Castillo. “- Amore mio, mi dedicheresti un secondo?” sorrise falsamente la donna, individuando subito, tra le mille persone, il suo German. “- Cosa c’è?” chiese lui sorridendo e fissando, da sotto la maschera, gli occhi di ghiaccio della donna. “- C’è un problema nelle cucine… sembra che manchi una donna della servitù, una certa: Lidia Mendoza.” Ghignò, quasi, la mora. Il re ne restò colpito ma non più di tanto. Forse Lidia aveva deciso di partecipare alla festa e stava per arrivare… quindi non si sconvolse più di tanto del fatto che non stesse lavorando. “- Allora? Non dici nulla? Non si lascia il lavoro nel momento in cui serve di più la propria collaborazione! La devi licenziare subito!” urlò quasi Jade, lasciando il re a bocca aperta. Che avesse capito qualcosa? Mentre discutevano, Olga che non riusciva a farsi gli affari propri, si avvicinò con la scusa di portare un vassoio di gamberetti al sovrano e alla sua futura consorte. Scostò Jade con un gesto stizzito della mano e sussurrò a German: “- Lidia è già arrivata? E’ strano, dovrebbe essere già qui!” poi, lanciando un’ occhiataccia alla mora e allontanandosi, tutta fiera per aver conferito con il re. Ma German la rincorse, lasciandola ancora più orgogliosa di tutto quell'interessamento. “- Aspetti, Olga! Che significa? Lei l’ha vista  a palazzo?” chiese, curioso, il sovrano. “- Sì! Starà a momenti per arrivare, Altezza. Si era andata a cambiare!” sorrise la mora, ritornando nelle cucine e lasciando il sovrano, impalato, al centro della sala. “- Qualche problema?” chiese Jade, ritornando accanto a lui. “- No. Ma tu mi hai detto di non aver visto la Mendoza! Olga mi ha appena detto il contrario!” esclamò, in confusione, il re. “- Ma cosa ti frega di quella servetta! Cacciala e finiamola qui!” strepitò, con la sua vocina gracchiante, la donna, mentre alla festa, stavano continuando a fare il loro ingresso gli ospiti. Ad un tratto, sottobraccio, apparvero la Salinas e il direttore del Classic Studio, ovviamente anche loro elegantissimi e con le maschere a coprirgli gli occhi. “- Altezza, è successo qualcosa?” chiese subito Angie, avvicinandosi con Pablo al sovrano. “- Lidia non si trova. Mi deve aiutare. Non so se lei già sa che io l’avevo…” “- Invitata. Lo sappiamo!” lo interruppero i due, sorridendo. “- Ah anche lei sa…?” chiese Castillo, sconvolto dalla risposta di Galindo. “- Io so tutto, Sire. Più di quanto lei non possa immaginare!” esclamò il direttore con tono fiero, facendo sì che il sovrano lo fissasse stupito ma che, rapidamente, cambiasse discorso. “- Vabbè, lasciamo perdere. Dovete cercarla. Parlate con Olga, io purtroppo non posso muovermi dalla festa. C’è qualcosa che non mi quadra in questa faccenda!” sospettò, giustamente, il re. “- Andiamo!” esclamò Angie, tirandosi Pablo per un braccio che, sbuffando, si lamentò dicendo qualcosa del tipo: “- Ma non c’è mai un secondo di pace in questo regno?”. Veloci come due fulmini, si avviarono verso le cucine e subito fu la stessa Olga ad andare incontro a loro. “- Angie?” gridò, fissando gli occhi verdi della donna al di sotto della maschera. “- Eh già!” sorrise lei, sollevandosela sui capelli, elegantemente raccolti in un’acconciatura alta. “- Dov’è Lidia?” chiese, senza giri di parole, la bionda.
“- Sentite, io le ho detto di andarsi a cambiare nelle cucine dell’ala ovest! Ma sembra essersi volatilizzata!” disse la cuoca, stupita anche lei da quella bizzarra vicenda. “- Sbrighiamoci!” strillò, questa volta Pablo, tirandosi la Saramego per un braccio, pronto ad aggirare il castello per trovare la Mendoza. “- LIDIA! Lidia sei qui dentro?” La domanda di Angie risuonava quasi sottoforma di un eco nelle cucine dalla parte opposta del palazzo. “- Angie! Sei tu?” una voce, proveniente dalla dispensa, la fece sobbalzare. “- Ma come sei rimasta qui dentro? La porta è bloccata!” esclamò la donna dall’esterno, girando il pomello con forza. “- Mi ci ha chiuso qualcuno, aiutami per favore!” pregò l’altra. “- Come facciamo?” esclamò Pablo, guardandosi intorno per cercare qualcosa con cui distruggere quella serratura. Angie cominciò ad aggirarsi per la cucina, aprendo cassetti e scavando tra i vari utensili. “- Prova con questo!” gridò, ad un tratto, trovando un cacciavite in una cassetta per gli attrezzi, probabilmente lì per riparare qualche forno e, per fortuna, dimenticata. Il direttore dopo un po’ di tempo, riuscì a smontare la serratura, liberando la Mendoza e, non appena lei avvertì la porta aprirsi, si precipitò fuori, facendo ruzzolare l’uomo a terra che se la beccò sul naso e abbracciando la Saramego. “- Sei meravigliosa! Stai bene?” disse Angie, rendendosi conto solo dopo un secondo che il direttore era finito al suolo. “- Io non molto!” si lamentò l’uomo, rialzandosi dal pavimento e toccandosi la fronte, intontito. Angie lo fissò un po’ spaventata ma, senza pensarci due volte, ricominciò a fare domande alla Mendoza. “- Chi è stato?” chiese subito, tirando per un braccio Pablo che si rimise finalmente in piedi, e che per un minuto circa, rimase immobile a fissare Lidia… non capì se era stato il colpo preso ma, si rese subito conto aveva proprio ragione la sua amata… quella donna misteriosa era così simile alla regina da essere sconvolgente anche il solo incrociare il suo sguardo! “- Non ne ho idea!” disse lei, quasi con gli occhi lucidi. “- Adesso andiamo, ce ne occuperemo dopo!” le esortò Pablo, fissandosi la mano insanguinata con cui si era appena toccato il naso e facendole uscire dalla cucina per prime, seguendole di tutta fretta.
 
 
“- Nata lo so che lo show è stato stupendo! Ma basta parlarne! Devi sbrigarti! Maxi è già al parco!” Lena urlò quella frase con decisione, già elegantissima, facendo attendere Napo che era già al piano di sotto con il giovane che avrebbe dovuto accompagnare la maggiore delle Heraldez al ballo, ovvero quel Carlos. “- Siamo in ritardo! Muoviti!” strillò ancora la biondina, passandole una pochette rossa, a tinta con il suo abito. “- Magari se mi spiegassi il tuo geniale piano! Come evito il ‘pinguino’ che mi sta già aspettando all’entrata?” chiese per l’ennesima volta la riccia. “- Per l’ultima volta! Napo gli ha detto che hai l’influenza e se ne è andato quindi non è più qui! Starà già a casa sua, triste e sconsolato… E tu, libera e felice, esci dalla porta secondaria della cucina e raggiungi Ponte che ti sta aspettando, quindi sbrigati!” spiegò, tentando di tenere la calma la piccoletta, in un bellissimo vestito azzurro acquamarina. “- Ah… e andiamo a piedi? E se mamma e papà se ne accorgono? Saranno pure loro al ballo!” esclamò Nata, andando nervosamente avanti e indietro per l’enorme camera. “- Numero uno: al parco c’è una bella carrozza, regalino mio e di Napo, che vi porterà a palazzo… numero due: la festa è in maschera… e anche se dovessero accorgersene… chissene frega! Diremo che è stato Carlos a non essere venuto a causa di un’ influenza! Ma ora  va’!” disse Helena, spingendo la maggiore nel corridoio, mentre la fissò scendere di corsa le scale per raggiungere il rapper del suo cuore.
 
Leon camminava a passo deciso verso il Classic Studio. Per quanto gli sembrasse curioso ritornare in quel castello sapeva che non doveva temere nulla. Aveva la maschera e l’invito… ed era vestito, grazie ad un prestito di Federico, come uno dei tanti ‘pinguini’ elegantissimi dell’alta società ma, nonostante tutto, non si sentiva poi così a disagio in quell'abito che lo rendeva un giovane di gran classe. Non vedeva l’ora di vederla… e sarebbe arrivato a piedi, se solo il baronetto Bianchi, in limousine dopo essere passato a prendere Francesca, non l’avesse invitato ad andare in auto con loro, prendendo appuntamento fuori all’accademia. “- Mi sento il terzo incomodo. E la cosa mi sta mettendo in imbarazzo!” esclamò ad un tratto Vargas, seduto in disparte nell’enorme auto di lusso, osservando i due italiani abbracciati sul sedile di fronte al suo. “- Ma dai! Adesso stai per arrivare anche tu dalla tua amata!” rise Federico, ricomponendosi per non mettere a disagio l’amico. “- Se il re non mi ha fatto fuori allo spettacolo… mi farà fuori adesso, se mi riconosce!” disse Leon, teso come una corda di violino. “- Ma smettila! Angie ha telefonato a Pablo che ha chiamato Antonio che ci ha comunicato tramite mail che Castillo non era poi così furioso… sei salvo, Vargas!” rise Fran, dandogli una pacca sulla spalla sporgendosi dal lato del sediolino dello stalliere. Arrivarono  a destinazione e Leon si confuse tra gli amici. Erano appena arrivati Andrea e Andres, Luca e Camilla che scesero dall’ enorme auto della Torres, Lena e Napo tutti sorridenti e, in ultimo, facendosi attendere come ogni stella che si rispetti, Ludmilla e il principe Heredia. Ma la Ferro si sbagliava… non fu l’ultima ad arrivare né quella che fu notata di più, con la sua maschera tempestata di brillanti e l’abito larghissimo e ornato d’oro. “- Ma quella è…” iniziò Francesca, sgranando gli occhi nel vedere una carrozza trainata da uno splendido cavallo bianco, arrivare sul viale, essendo ancora fuori dal palazzo con tutti gli altri. “- Sì… la mia sorellina e il rapper!” esclamò Lena, mentre tutti presero a fissare gli ultimi arrivati con aria felicemente sorpresa. “- Buonasera!” sorrise la più grande delle Heraldez, venendo aiutata dal suo gentleman a scendere dalla loro sorprendente vettura, in vistoso imbarazzo per avere tutti quegli occhi puntati addosso… seppur amici la cosa la rendeva molto tesa. “- Che chic!” rise Thomas, venendo letteralmente tirato dentro al castello da una stizzita contessina Ferro che disse qualcosa del tipo: “- Perché noi non ci abbiamo pensato? Che rabbia!”.
“- Andiamo anche noi… la festa sta per iniziare!” sorrise Camilla, prendendo la mano al suo fidanzato, fissando la biondina inveire per la gelosia, facendo ridacchiare sotto ai baffi il principe Heredia… quella ragazza non cambiava proprio mai!
“- Ehi… tranquillo. Andrà tutto bene.”. Francesca, mentre Federico chiacchierava con Maxi, stava rincuorando il povero Leon, visibilmente agitato che quasi tentennava sull’ingresso. “- Grazie, Fran!” esclamò lui, abbracciandola. La Rossini era la migliore amica che si potesse desiderare, lo aiutava e rincuorava sempre… era la migliore! “- Ehi tu! Ti ho prestato abito, scarpe e auto… ma la fidanzata te lo scordi! Lei è solo mia!” rise il baronetto Bianchi, dandogli una pacca sulla spalla e cingendo la vita alla mora che arrossi di colpo. “- Tranquillo… io rischio la vita per andare dalla mia!” ironizzò Leon, facendo scoppiare i due amici in una grande risata mentre, continuando a divertirsi, entrarono nel palazzo.
 
 
“- Eccola qui, sana e salva!” sorrise Angie, con aria sconvolta per la gran corsa e ancora con il fiatone, avvicinandosi al sovrano con Lidia e Pablo. “- Io sono 'meno sano' di prima, invece!" borbottò Galindo, osservandosi la mano insanguinata per la porta presa in pieno volto, sul naso. "Diciamo che qualcuno aveva deciso di segregarla in una dispensa!” spiegò ancora il moro al sovrano che lo fissò sconvolto. Jade, sentita la discussione, si andò ad avvicinare al fratello, intento ad azzannare una decina di tartine alla volta dal buffet. “- Idiota! Ci beccheranno! Ed è tutta colpa tua! Il re sapeva che non avrebbe lavorato stasera! Non l’avrebbe comunque licenziata, tonto!” si arrabbiò la mora, strappandogli l’ennesimo tramezzino dalle mani, lasciandolo deluso. “- Tonta tu! Sai perché non avrebbe lavorato stasera? Perché il tuo caro sovrano… l’aveva invitata alla festa! E tu ti stai facendo soffiare il marito da sotto al naso!” replicò il biondo, riprendendo ad ingozzarsi. “- Tu… non sapevi che sarebbe venuta qui, al ballo?” lo interrogò la sorella, questa volta strappandogli un calice di champagne dalle mani. “- No! Che ne sapevo, io?! E’ il tuo fidanzato, avresti dovuto saperlo tu!” si difese il biondo.  Per loro sfortuna, mentre discutevano, Roberto si era avvicinato e aveva sentito tutto. “- Molto interessante, moltissimo… provvederò a riferire tutto al sovrano. Buona serata!” esclamò, con la solita tranquillità, l’uomo. I due La Fontaine sbiancarono e, senza aggiungere nulla, si separarono come se neanche si conoscessero. “- So io chi è stato! Li ho sentiti con le mie orecchie… tramavano per far licenziare la povera Lidia!” Lisandro, con la sua solita calma, si avvicinò al sovrano, indicando i due fratelli che facevano i vaghi, nei pressi del tavolo degli aperitivi, mentre German li fissava confuso. “- Poi le spiego i dettagli…  ma, secondo il mio modesto parere,  dovrebbe cominciare a pensare a come cacciarli da palazzo, Sire.” aggiunse l’occhialuto aiutante, facendogli l’occhiolino. Ad un tratto, il portone d’ingresso si spalancò… era inusuale dato che tutti gli invitati erano già lì da molto… l’orario sull’invito era stato superato da un po’… tutti i ragazzi erano arrivati, mascherati e allegri (per fortuna il re non fece neppure caso a Leon, troppo preso dalla faccenda della Mendoza!), l’alta società era tutta presente… si attendeva solo la discesa dalla grande scalinata della principessa… e allora chi era quell’inattesa ospite? Le guardie non sapevano cosa fare, la donna li fece allontanare con un gesto della mano e poi, con sorpresa degli invitati, si inchinarono in una elegante riverenza, davanti a lei. La figura, dal portamento elegantissimo, avanzò sul tappeto rosso facendo strusciare il suo splendido abito su di esso, provocando un leggero fruscio che si avvertì, dato che era piombato un silenzio paradossale in tutto il salone. Tutti erano rimasti come pietrificati, ai lati della sala, ad osservare la scena. “- German Castillo. Da quanto tempo!” esclamò l’anziana donna, facendo restare il re scioccato. Cosa ci faceva lei lì? Il cuore del sovrano cominciò a battere all’impazzata per il nervosismo. Angie indietreggiò sconvolta e Pablo, capendo tutto, le cinse le spalle in un abbraccio. “- Non mi pare di averla invitata, signora Fernandez.” disse, gelido come al solito, il sovrano. “- Non credo che per venire al compleanno di mia nipote abbia bisogno di una lettera in carta bollata.” Rispose, a tono, la donna, facendo levare un sospiro di stupore dal resto degli invitati per tale affronto.
Intanto, Violetta, in piedi sulla cima delle scale, pronta per la sua discesa, aveva sentito e rimase sconvolta, gli occhi spalancati nel fissare quella misteriosa signora, mai vista in vita sua, che l’aveva appena definita “nipote”. Ad un tratto, forse per interrompere quel clima tesissimo che si respirava nell’aria, il ciambellano di corte annunciò l’ingresso della festeggiata. “- Signori e signore, date il vostro caloroso benvenuto alla futura erede al trono di Amapola che, questa sera, debutta in società: la principessa Violetta Saramego Castillo.” Disse, con tono solenne, l’uomo in alta uniforme. Leon rimase incantato ad osservarla. Era bellissima, capelli raccolti in una pettinatura alta con un diadema di brillanti sul capo. Un abito largo e blu scuro con finiture d’argento e la maschera tra le mani, con piume su un laterale dello stesso colore. Ma non era rilassata e subito gli amici lo avvertirono. Scese titubante, tenendosi al corrimano in marmo e continuando a fissare quella donna con tanto di corona, di fronte a suo padre che la osservava nervoso.
Un grande applauso aveva preso ad accompagnare la giovane, ma lei non pensava ad altro che alle parole della signora. “- Papà che sta succedendo?” sussurrò la giovane, giunta alla fine della scalinata, tenendosi un lembo dell’abito. Ora aveva preso a fissare la grande collana della donna che subito la colpì. Era un ciondolo che raffigurava una grande chiave di violino con tanti piccoli brillanti incastonati… era sicura di aver visto già da qualche parte quel simbolo… forse quando era stata nella torre della madre! Ci rifletté e, in tutte le foto, anche la regina Maria indossava sempre quello stesso ciondolo. La principessa però, non era la sola che rimase scioccata nel fissare quel gioiello… Angie, sconvolta dal fatto che la donna avesse avuto il coraggio di indossarlo, sbiancò di colpo e, cosa ancor più inaspettata, Lidia Mendoza, non staccava gli occhi da quel pendente, come se riconoscesse alla perfezione quella splendida collana.
 
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Capitolo molto movimentato! Il gran ballo è arrivato! Il piano dei La Fontaine contro Lidia che, per fortuna, è subito stato sventato e Roberto ha sentito tutto, l’arrivo che ho adorato di Leon con Federico e Francesca, il piano di Lena per far andare alla festa la sorella con Maxi…  e, gran finale… Angelica si presenta al compleanno della principessa con un ciondolo che Angie, Vilu e Lidia sembrano aver riconosciuto! Ora la ragazza vuole spiegazioni… non sapeva di avere parenti! Come proseguirà la storia? Alla prossima, ciao! :) 

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Capitolo 32
*** Il ciondolo della memoria. ***


Angelica era ferma al centro della sala, di fronte a lei il sovrano e, alla sua sinistra erano in piedi Lidia, Angie e accanto a quest'ultima, Pablo. Le due bionde erano piuttosto scosse, per motivi differenti. Violetta si avvicinò al padre mentre lui dava ordine a Roberto di dare il via alle danze per far si che quella spiacevole situazione non ricevesse più attenzione del dovuto. I ragazzi, ignorando la faccenda, dopo alcuni attimi in cui furono presi dalla tensione, iniziarono a ballare a passo di valzer, mentre solo Leon continuò a fissare in quella direzione, preoccupatissimo per la sua principessa. “- Posso sapere che sta succedendo, papà? Chi è questa signora? E perché dice che io sono sua nipote?” chiese ancora la festeggiata, mentre la Saramego e l’anziana donna si lanciarono una rapida occhiata, nervose e agitate come mai. Intanto, Lidia, senza aprir bocca, continuava a fissare quel particolare ciondolo, come se lo avesse visto già anni prima. “- Tuo padre non ti ha mai detto, immagino, della mia esistenza. Tesoro, non so cosa sai del regno di Camelias ma vedi, il regno non è disabitato e per questo toccato ai Castillo di diritto come, probabilmente, ti avranno fatto credere per tutto questo tempo. Io sono la regina di quel magnifico posto... regina simbolica, considerando che tuo padre si è preso il pieno possesso dei territori che sarebbero spettati a me, accusandomi ingiustamente di aver convinto la regina Saramego, tua madre, a prendere parte a quell’ultimo maledetto spettacolo. Per evitare conflitti glieli ho ceduti dopo la morte di Maria, mia figlia. Tesoro, piacere di conoscerti: io sono tua nonna, Angelica Fernandez.” Sorrise la donna, lasciando sbigottita la giovane che era rimasta senza parole e prese a fissare sconvolta il sovrano che era sbiancato, non riuscendo a spiccicare parola e che si limitò ad abbassare soltanto lo sguardo. Sperava che sua figlia non si accorgesse mai di quella situazione ma era consapevole che, prima o poi, gliene avrebbe dovuto parlare… non voleva che lo scoprisse in quel modo. Le aveva nascosto tutti quei segreti ed era stato solo per non farla soffrire, nel ricordo di sua madre, di certo non per farla star male! L’amava più di ogni altra cosa, la sua bambina… e non avrebbe mai voluto spegnerle quello splendido sorriso, tanto simile a quello della sua mamma.
“- Papà… perché? Io pensavo che… perché mi hai nascosto tutto questo? Pensavi che aver contatti con la mia famiglia mi avrebbe potuto danneggiare? Non hai pensato neppure per un minuto che potesse farmi solo del bene vederli, poter confrontarmi con loro, sentire il loro affetto?” la principessa era scioccata, aveva le lacrime agli occhi e si meravigliò di tutti quegli scheletri dell’armadio del re. Non riusciva neppure ad odiarlo… in fondo era suo padre, nonostante tutto sapeva che ogni cosa l’aveva fatta solo per lei, pensando, erroneamente, che la facesse per il suo bene. Ma si sentiva così arrabbiata nei suoi confronti anzi, più che arrabbiata era delusa. Sì, delusa dal fatto che non fosse stato sincero, che le avesse nascosto tutte quelle cose, così importanti per lei.
“- Tesoro, mi dispiace.” Tentò di iniziare il re, sotto voce, avvolgendo un braccio intorno alle spalle della ragazza. “- No, papà. Mi dispiace. Per ora non me la sento…” disse lei, allontanandosi e indietreggiando. “- Bene, visto che ci siamo, ti dico un'altra cosa… anzi… te la faccio dire da Angie.” Le disse Angelica, con un sorriso amaro, di chi era molto irata nei confronti del re di Amapola. A quelle parole la più piccola delle Saramego si sentì le gambe tremare per la tensione e, se non fosse stata sorretta da Pablo che le cingeva la vita, probabilmente, sarebbe svenuta in quell’istante. German prese a fissare la donna con aria scioccata, ancor di più rispetto a quella della figlia. Cosa sapeva la Salinas? Perché doveva essere lei a confidare qualche altro segreto a sua figlia? Il sovrano tentò di parlare ma le parole non gli uscirono, così che fu Angie a fare un passo avanti, tutta tremante per il nervosismo. Sapeva benissimo cosa intendesse la madre… doveva rivelare la sua identità ma, per farlo, aveva bisogno di una cosa… scavò nella sua pochette e ne estrasse una lunga catenina d’oro bianco, con un grande ciondolo dello stesso materiale. Lo stesso che indossava Angelica e che la Mendoza stava ancora fissando, come ipnotizzata. La musica della piccola orchestra, in fondo alla sala, aveva ripreso a suonare un lieve valzer e come note di sottofondo arrivavano unite alle risate dei ragazzi e degli altri invitati che continuavano a ballare felici. “- Cosa significa?” chiese Violetta, indicando le due collane identiche, e avvicinandosi alla sua istitutrice, ancora scioccata. “- Significa che sono tua zia. Angeles Saramego.” German non riusciva a proferire parola. Era rimasto di sasso, sconvolto. Ecco perché lo stava aiutando tanto con la faccenda di Lidia! Voleva ritrovare sua sorella, Maria! Ma com’era possibile? Angeles era solo una bambina ed ora, ed ora era cresciuta! Sì, il tempo era passato… eppure lui non sapeva neanche che fine avesse fatto quella ragazzina, dopo la scomparsa di sua moglie. “- Se ti stai chiedendo dove è stata per tutti questi anni ti posso rispondere io, mio caro German. Per proteggerla dalle tue immotivate ire, l’ho spedita in Europa, in incognito. Ed è tornata ad Amapola compiuta la maggiore età, in modo che tu non ti ricordassi più di lei e la lasciassi in pace. Ha insegnato al Classic Studio per questi anni, grazie all’aiuto di Antonio è stata subito assunta. Ma la voglia di riabbracciare Violetta era troppo forte, così si è improvvisata istitutrice per venire a corte e stare con lei.” Concluse Angelica, fissando la figlia minore che aveva gli occhi bassi sul pavimento. “- Io non me la sarei mai presa con lei, Angelica!” esclamò, finalmente, il re, riuscendo a spiccicare di nuovo parola. “- No, certo. Ma l’avresti costretta ad una vita da reclusa a Camelias, come hai fatto con me… e come hai fatto con tua figlia.” Sentenziò l’anziana regina, fissandolo in malo modo. “- Mi dispiace averti dovuto mentire, tesoro. L’ho fatto per stare con te.” disse la professoressa, sperando di trovare perdono dalla giovane che, ormai, era quasi in lacrime e non rispose nulla. “- ECCO DOVE L’HO VISTO!” Nel silenzio generale, Lidia urlò quasi quella frase, indicando la collana di Angelica che, fino a quel momento, non aveva quasi fatto caso a lei. Tutti si voltarono a guardare la Mendoza che, in quell'istante, ebbe un ricordo che si impossessò come d'improvviso, della sua mente.
 
Si svegliò sulla sabbia umida, una ferita alla gamba che le faceva malissimo… ma non se ne creò un problema… non pensava di essere sopravvissuta e, invece, nonostante quel dolore lancinante, era viva. Era già un miracolo! L’unica superstite di quell’incidente aereo, l’equipaggio non ce l’aveva fatta. Si avvicinò al relitto del velivolo a due passi dal luogo in cui si era ritrovata, zoppicante, accaldata dal sole cocente che picchiava forte, alto nel cielo. Non ebbe il coraggio di guardare all’interno. Da un finestrino distrutto e ormai privo di vetro, estrasse una borsa, doveva essere la sua, dati gli oggetti  che vi trovò dentro. Un pettine, un rossetto, uno specchietto in frantumi e altri tipici di una pochette da donna. Si fermò, però, ad osservare un elemento atipico da tenere insieme alle altre cose: una  foto. Tra le mani si ritrovò l’immagine di una bambina, poteva avere più o meno 5 anni, e, accanto a lei, due belle figure, una ragazzina bionda, dai grandi occhioni verdi e l’aria allegra e una donna, adulta, dai capelli castani in un elegantissimo abito lungo. La donna e la ragazzina indossavano un ciondolo con una grossa chiave di violino legata ad una catenina. Chissà chi erano quelle persone, di sicuro doveva conoscerle molto bene e amarle tanto da portarsi la fotografia sempre con sé. Camminò con fare confuso e barcollante verso il posto a qualche metro solo dal relitto dell’aereo, luogo in cui si era risvegliata e notò un oggetto che brillava sulla sabbia dorata. Si chinò con curiosità e lo raccolse prontamente. Era stupendo! Non pensava di averne uno anche lei, identico a quello delle due nella foto. La collana era spezzata, il ciondolo invece era integro, uguale e identico a quello di quella ragazzina e di quella donna. Se lo rigirò tra le dita e cominciò a riflettere, nonostante il gran mal di testa che stava cominciando a diventare sempre più pulsante. Forse indossava lei quella catenina, e, probabilmente, nell’incidente si era spezzata e l’aveva persa nell’impatto. Si cominciò a fare delle domande… chi era? Cosa ci faceva lì? Cosa significava quell’oggetto? Chi erano le persone della foto? Non lo sapeva, per quanto si sforzasse nel ricordare non ci riusciva e la cosa le faceva solo aumentare il gran cerchio alla testa che già aveva e che le attanagliava il capo. Di una cosa era certa: doveva tornare da dove veniva, voleva fuggire da quell’isolotto sperduto sul quale era finita.
 
“- Maria?” a quella voce, Angelica si avvicinò alla donna e la squadrò, al di sotto della maschera. In quell’istante la musica cessò. Quegli occhi, quelle labbra… quella esclamazione, con quella voce. Le sollevò, in men che non si dica, l’oggetto che le impediva la visuale e il viso della Mendoza si ritrovò scoperto, occhi negli occhi con quella signora, così familiare… l’aveva già vista! La foto, i giornali nella torre, il ciondolo… tanti pezzi si stavano riunendo nella sua testa… la sua memoria cominciava ad elaborare spezzoni di vita che, solo alla vista di quella collana, di quella anziana signora, avevano preso a percorrerle la mente. E, ad un tratto ebbe come un lampo, si meravigliò di sé stessa, le parole le uscirono quasi in automatico… non se lo aspettava ma lo disse, ad alta voce, balbettante, nel silenzio generale… “- M-mamma?” chiese, stupita, fissando gli occhi castani di Angelica che rimase a bocca aperta a fissarla. “- Tu non eri venuta qui solo per Violetta…” comprese subito la donna, guardando ora Angie che stava analizzando ancora il volto scioccato di Lidia. “- Sei davvero tu.. ma come è possibile?” chiese la regina di Camelias, prendendole le mani, ancora incredula. “- L’incidente aereo, il concerto… io… io adesso ricordo…” balbettò la Mendoza, ancora scioccata, cominciando ad elencare tutto ciò che si stava facendo, solo allora, chiaro nella sua testa. “- Camelias, Amapola, Violetta, Angeles, German… German tu…” un sospiro di stupore si levò tra gli invitati, tutti scossi per quel bizzarro avvenimento. “- Mamma?! No, è impossibile…” tentò di affermare la principessa, osservando gli occhi di Lidia, identici a quelli di Angie e indietreggiando, scossa come mai. “- Tesoro, io so solo che una cosa è certa… è un miracolo!” disse la donna, cominciando a camminare verso il centro della sala e guardandosi intorno con aria sognante… quel palazzo! Ora ricordava, quella scalinata, quelle sale, tutto! Si voltò, poi, verso Angie che la fissava, immobile e con le lacrime che ormai le rigavano il viso, commossa per la gioia. “- Angie… tu, senza saperlo, sei già stata una sorella per me, in tutto questo tempo in cui io non ricordavo niente. Ti volevo già bene come se fossi, per me, qualcuno di importante. Non posso credere che… oh, sorellina!” urlò poi, abbracciandola di colpo e lasciandola senza fiato. “- Non sai quanto mi sia mancata!” esclamò, tra i singhiozzi, l’altra, stringendola forte. Non si sarebbe più staccata da lei. Erano anni che sognava quel momento, inizialmente illudendosi sapendo che la sorella non c’era più. Ma da quel giorno in cui l’aveva rincorsa, fuori dall’accademia, aveva sempre saputo di non essersi sbagliata, ci aveva creduto, lo aveva sperato… aveva fatto di tutto per verificare che le sue teorie fossero  fondate ed ora, finalmente, ecco che tutto prendeva forma, ora era come se anche lei ricominciasse a vivere. “- Tesoro, so che ti sembra assurdo ma devi credermi… sono io.” Tentò di sorridere, emozionata, Maria, osservando la faccia impaurita della ragazza. “- No. Non ci credo…” esclamò lei, camminando a ritroso e sollevandosi la maschera. “- Tesoro devi crederle. Fidati di me…” Sentenziò il padre, sorpreso del fatto che sua moglie ancora non lo avesse degnato di un sorriso. “- No! Io non mi fido più di te! Mi hai sempre mentito! Adesso, non dirmi che sapevi anche questo…” esclamò confusa la ragazza, con il gran timore che il padre affermasse quel suo sospetto. “- Non ne avevamo la certezza. Ora l’abbiamo… ecco perché ti portai nella torre, riconoscesti anche la canzone, Podemos…” sorrise Angie fissando poi Lidia, beccandosi le occhiatacce di sua madre e della nipote che non ne sapevano nulla. “- Non volevamo illudervi inutilmente, se non fosse stato così avreste sofferto ancora, senza motivo! Sarebbe stato come se Maria fosse morta, per la seconda volta, dandovi un altro atroce dolore!” esclamò German, avvicinandosi alla figlia e cingendole le spalle con un abbraccio. “- Io… non so cosa dire…” ribatté la ragazza, che, voltandosi, si avviò verso l’uscita del palazzo, sconvolta anche lei da quel suo comportamento. Non riusciva a crederci. Non ce la faceva. Avrebbe voluto stringerla, piangere di felicità, parlarle… invece, l’unica cosa che riuscì a fare fu uscire in giardino, confusa per tutte quelle notizie. Gli amici la fissarono uscire, volevano raggiungerla ma Leon li fermò con un gesto della mano. In quel momento, per quanto li adorasse, aveva bisogno di lui, solamente di lui.
 
 
“- Non mi dici nulla, Maria? Mi fa così strano richiamare questo nome… ho sempre saputo che c’eri tu sotto l’identità della Mendoza. In cuor mio lo speravo… certo, ero dubbioso… ma ora tu sei qui, possiamo ricominciare! Riprenderci la nostra vita, insieme.” Lidia era salita di sopra, girava tra le stanze ed era entrata nell’immensa camera reale.  Si era seduta sul bordo dell’enorme letto a baldacchino, e teneva gli occhi bassi, senza sapere cosa dire. “- Perché hai fatto quello che hai fatto a Camelias, dopo la mia scomparsa? Avevi addirittura bandito la musica dal regno di Amapola, hai rinchiuso tutte le mie cose nella torre… volevi dimenticarmi, giusto? Volevi ricominciare subito, senza di me, senza che fossi neppure nei tuoi ricordi, in quelli di nostra figlia, in quelli del popolo!”. La voce della regina era quasi strozzata dai singhiozzi e non alzò gli occhi nemmeno per un secondo su suo marito che rimase scioccato da quell’affermazione. “- No, amore mio! Come puoi pensare una cosa del genere? Io non ho mai amato nessuna in vita mia come ho amato te!” esclamò lui, sedendosi accanto a lei, e accarezzandole il viso dolcemente, senza che lei alzasse neppure lo sguardo dal pavimento. “- Certo, talmente tanto che avevi già una donna pronta a sostituirmi… Jade.” Disse lei, cupa in volto, scostandosi un po’ da lui. “- Maria, mi devi ascoltare! Io non volevo dimenticarti! Io non volevo che Vilu soffrisse nel dover convivere con il suo passato, dovendo parlarle di Camelias, dei parenti che aveva lì… io l’ho fatto solo per il bene di nostra figlia!” tentò di giustificarsi l’uomo, preoccupato dalle parole nervose della moglie. “- Ma quale bene, German! Il suo… o il tuo? Sono certa che alla nostra bambina avrebbe solo fatto bene stare in contatto con mia madre e mia sorella! Tu, piuttosto… avevi paura, ammettilo! Paura di dover convivere con il mio ricordo, con il tuo passato.” intuì subito la donna, mentre una lacrima le percorse subito una guancia pallida. “- Io ti amo, Maria.” Esclamò il moro, sollevandole il viso con un gesto rapido della mano, e asciugandole dolcemente gli occhi con l’altra. Voleva baciarla e l’avrebbe fatto se solo lei non avesse risposto in modo diverso da come lui si aspettava. “- Io non lo so...” disse lei, seria e tesa. Lo amava, ne era certa, lo aveva amato anni addietro come nessuno. L’aveva amato quando era tornata, come Lidia, a corte. Lo aveva amato quando si erano baciati ma aveva paura di non essere alla sua altezza. Era certa di amarlo ancora adesso, ma era così confusa che preferì non dirglielo. Aveva nascosto troppo alla principessa, aveva quasi provocato una guerra, ingiustamente, tra Camelias e Amapola, aveva costretto sua madre a vivere segregata nel suo regno come sovrana simbolica e sua sorella ad andare all’estero. Ora che si stava rendendo conto di tutti quegli errori commessi dall’uomo che amava non sapeva cosa pensare. Poi c’era quella Jade… ok, lo ammise a sé stessa: era sempre stata gelosa di lei, anche inconsciamente, quando era la “donna della servitù”. Come aveva potuto sostituirla con quell’oca? Era sicura che quella lì e quel tonto del fratello c’entrassero anche con la sua chiusura nella dispensa, prima che iniziasse la festa. “- Maria, ti prego, rifletti…” aggiunse ancora lui, quasi con gli occhi lucidi. No, non poteva credere alle sue orecchie. L’aveva appena ritrovata eppure la sentiva distante come mai in vita sua. “- Bene, rifletterò! Ma fallo anche tu. Dimostrami che sei la persona che eri quando ci siamo conosciuti, quando eravamo sposati… non quel sovrano autoritario che sei diventato dopo la mia scomparsa.” Ribatté subito lei, alzandosi per scendere di nuovo al ricevimento.  Ora voleva solo rivedere sua figlia, abbracciarla… ma allo stesso tempo aveva paura che lei l’avesse presa troppo male, che non le credesse che… no. Forse era meglio aspettare, darle del tempo per farle rendere conto di ciò che era accaduto. Ritornò dalla sorella, dal resto degli invitati che erano dubbiosi ma avevano afferrato qualcosa e, inoltre, la somiglianza era  impressionante. Il sovrano rimase seduto sul letto, la testa tra le mani. Aveva ragione lei. Era stato un idiota e lo riconosceva… ma cos’avrebbe potuto fare adesso? Non voleva perderla, di nuovo. Si stese di colpo, sperava che gli venisse un’idea… qualcosa che facesse capire a Maria che lui era sempre lo stesso che aveva sposato… ma cosa? Aveva bisogno di una persona… afferrò il cellulare e chiamò il suo fido consigliere: Roberto. L’uomo si fiondò di sopra preoccupato, e, nel vedere il re steso sul letto temette che tutte quelle notizie lo avessero fatto sentir quasi male.
“- Maestà! Sta’ bene?” urlò, in panico. “- Sì, sto bene… ma mi devi aiutare. Devo riconquistare mia moglie. Ora o mai più. Non voglio allontanarmi da lei, ancora… e questa volta a causa della mia stupidaggine!” disse l’uomo, facendo sorridere il suo braccio destro che si sedette accanto a lui e si meravigliò del fatto che, finalmente, il sovrano si fosse accorto dei suoi errori. “- Dunque, un modo ci sarebbe, o meglio, io una mezza idea ce l’avrei… prenda carta, penna e cuore… e si prepari al discorso più intenso della sua vita.” Esclamò Roberto, mentre il re, per una volta, fu agli ordini del suo aiutante.
 
 
“- Sapevo che ti avrei trovata qui.” Leon fece sobbalzare la principessa seduta nelle scuderie, sul solito covone di fieno in fondo alle stalle dove si sedevano sempre a chiacchierare insieme, quando lui lavorava ancora a palazzo. “- Non ci posso credere. Sono al settimo cielo ma sono così… confusa. Non vorrei illudermi… ho paura di soffrire, ancora. Già affrontare la sua… scomparsa… per me è stato difficilissimo, non immagini quanto. E adesso… scopro di avere una famiglia a Camelias, che mia madre non è mai morta e che, in questi mesi, è stata qui a palazzo, come serva! E mia zia è sempre stata la mia migliore amica e istitutrice per tutto questo tempo… per starmi vicino e per cercare sua sorella si è dovuta fingere un’altra persona a causa dell’ottusaggine di mio padre!”. Violetta era sconvolta, piangeva e disse quelle parole piano, nonostante fosse molto agitata e tremante. “- Dev’essere stato il compleanno più movimentato della tua esistenza…” esclamò Leon, però pentendosene subito… che cosa stupida le aveva detto? Avrebbe potuto dirle qualcosa di dolce, di tenero, farle sentire che era lì, con lei… e aveva parlato senza riflettere, dicendo la prima cosa che gli era saltata in mente, in stile Andres! Ad un certo punto, però vide che lei annuì a quella sua bizzarra frase e cominciò a sorridere, asciugandosi gli occhi. “- Sai che hai ragione? Una volta mi hanno organizzato una ‘festa a sorpresa’… ma una ‘festa con sorpresa’ è la prima volta!” disse lei, smettendo, finalmente, di piangere e abbozzando una amara risata. “- Tuo padre ha sbagliato devi perdonarlo… per quanto strano possa sembrare lo ha fatto per te. Non avrebbe mai voluto farti soffrire e temeva che il ricordo di tua madre ti potesse far male… so che è assurdo ma forse, nella sua mente contorta appariva come un’idea geniale. Quella Lidia è tua madre. Devi essere felice. Devi andare di là e devi abbracciarla, devi crederci… se seguirai il tuo cuore, capirai che è davvero lei. E per quanto riguarda la regina Angelica e Angie… beh, sono un bel regalo di compleanno anche loro, no?”esclamò Leon, cingendole le spalle con un abbraccio a cui lei si lasciò completamente andare, affondando la sua testa sulla spalla di lui e respirando, a pieni polmoni, il suo profumo da cui si fece trasportare, socchiudendo gli occhi. “- Ti amo.” Sussurrò lei, con un filo di voce, al giovane che istintivamente sorrise. “- Io di più, principessa.” Rispose lui, dolcemente, baciandole teneramente la fronte. “- Aspetta, quindi la nostra prof di canto è anche lei una principessa? Wow!” rise, ad un tratto, collegò il grado di parentela tra le due. “- Sì! Ci pensi?” disse la ragazza, alzandosi dalla balla di fieno di scatto e scuotendo la gonna per eliminare le fastidiose pagluzze. “- Torniamo alla tua splendida festa?” disse Leon, prendendole la mano, dolcemente. “- Non mi va… restiamo ancora un po’ io e te…” sbuffò lei intrecciandogli le braccia dietro al collo e fissandolo dolcemente, ma, il giovane, sorridendole, le fece segno di seguirla con aria astuta e, in men che non si dica, la stava già portando per mano, dolcemente, nei pressi dell’entrata del palazzo. Un bel valzer arrivava alle loro orecchie quando furono vicino alla grande fontana, splendidamente illuminata e zampillante. “- E va bene, mettiamola così… mi concede questo ballo, signorina?” esclamò ad un tratto Leon, facendo un inchino davanti a lei e baciandole la mano. “- Ma sei matto? Qui?” rise lei, mentre lui le cingeva già la vita per iniziare la danza.
“- Tu non vuoi ancora entrare… e io voglio ballare. Quindi direi che se restiamo qui siamo giunti ad un compromesso! Danzeremo senza varcare la soglia del palazzo! Pronta?” chiese lui, iniziando quel dolce ballo, per niente impacciato da quei passi antichi. “- Sei bravo, Vargas!” sorrise la giovane, mentre si lasciava guidare dal ragazzo che, felice del complimento, cominciò a pavoneggiarsi un po’: “- Ovvio! Cosa credevi? Che fossi un pessimo ballerino? Come quell’impacciato pinguino di Heredia?” esclamò, ridendo e facendo scoppiare in una fragorosa risata anche lei. “- La smetti? Sei fissato con quello lì? Non rovinare il momento romantico!” borbottò la giovane, continuando a danzare e guardandolo intensamente e perdendosi in quegli occhi verdi come il mare, per poi aggiungere, con decisione: “- Basta con Thomas, smettila! Siamo io e te. Nessun altro. Insieme… possiamo. Ricordatelo sempre, qualunque cosa accada.” Sussurrò, ad un centimetro da lui. “- Insieme, possiamo. Non potrei mai dimenticarlo, principessa Castillo.” Ripeté lui, prima di prendere il viso tra le mani e di darle il bacio più dolce del mondo, sulle note di una elegante melodia, come sfondo la luce della luna ad illuminarli e gli zampilli festosi della fontana che continuavano a sprizzare allegramente getti d’acqua.
 
 
“- Fede! Ragazzi! Guardate lì fuori!” esclamò Francesca, affacciandosi dall’immenso portone d’ingresso del palazzo. I ragazzi si erano decisi ad andare a cercare quei due, soprattutto per parlare con Vilu dopo quello che era successo… ma si bloccarono vedendoli ballare nel grande giardino. “- Ma come sono carini!” esclamò Camilla, appoggiandosi anche lei accanto a Fran. “- Andiamo di nuovo di là! Non vorrete mica disturbarli?” rise Lena, tirandosi Napo nella direzione della grande sala da ballo prima che potesse far danni e tutti gli altri la seguirono. “- I dolci sono serviti!” la voce di Olga, dall’interno del castello li fece affrettare il passo. “- Bisogna avvisare quei due! Leon! Vilu! I dol...!” urlò Andres, ma, prima che potesse finire la frase, venne strattonato a forza da Maxi e Federico, mentre Andrea gli tappava la bocca con la mano. “- Andy Andy! Lasciali in pace! Hanno di meglio da fare che mangiare quei due!” rise la fidanzata, facendo finalmente comprendere tutto al ragazzo. “- Ecco, Andrea sì che ha capito tutto! Prendi esempio da lei!” rise Lena, guidando il gruppo nella direzione opposta alla coppia all'esterno.
“- Sono ancora lì fuori? Ma che noiosi!” chiese Ludmilla, vedendo tornare i ragazzi senza i due innamorati, ancheggiando come al solito verso il buffet, sottobraccio con Thomas. “- Ti dai una regolata, almeno adesso? E dai, contessina!” rise Napo, suo cugino, facendo cominciare a ridere sotto ai baffi tutti, Heredia compreso. “- Non vi preoccupate… tra poco me la porto a Magnolias… poi vedrete come vi mancherà!” sentenziò il principe, ironicamente, cingendole le spalle con un abbraccio a cui la ragazza non si ribellò affatto, innamorata com’era, nonostante la frase sarcastica del fidanzato. “- Mah, ne dubito! E poi, diventerà una reale e si monterà ancor di più la testa con la corona!” esclamò Lena, guardandola male e afferrando l’ennesimo dolcetto alla crema sotto lo sguardo furioso della Ferro. “- E qui ti sbagli… lei non diventerà reale…” rise il moro, vedendo la contessina che prese a fissarlo in modo irato. “- Lei lo è già, cara Heraldezina! Lei è già la mia principessa.” Sentenziò, serio, Thomas. “- Ma quando ci sarà la presentazione ufficiale di Violetta?” chiese Andres, prendendosi l’ennesimo bigné dall’enorme tavolo imbandito. “- A mezzanotte in punto. Dal balcone reale. Si apriranno i cancelli del palazzo e tutto il popolo si riunirà qui sotto! Non è emozionante?” esclamò Francesca, stringendosi al baronetto Bianchi che annuì deciso. “- Sai come sarà tesa! Non è stata una serata facile… fortuna che c’è Leon con lei!” disse Camilla, passando un bicchiere di cocktail a Luca che la ringraziò con un bel sorriso. “- Sì, povera Vilu! Ma, in fondo, è sorprendente la questione della regina… chissà se ci capiremo qualcosa in più dal discorso di presentazione della principessa…” sottolineò, ancora confuso, Maxi. “- Sicuramente se ne parlerà. Cioè quella lì è la regina? Wow, quindi se ho capito bene… era dispersa ed è riuscita a tornare, seppur senza memoria, ad Amapola? E la prof Angie è sua sorella? La principessa di Camelias? Con quella musica e i balli non sono riuscita a capire molto!” esclamò Lena, prendendo a riflettere mentre l’ennesima musica stava iniziando. “- Dopo sarà sicuramente tutto più chiaro ma ora… Natalia Heraldez, mi concede questo ballo?” sorrise Maxi, mentre la mora arrossì di colpo. “- Certo…” balbettò, in preda all’emozione, la spagnola. “- In pista, forza!” esclamò Federico, tirando dolcemente Francesca per un braccio, trascinandola al centro della sala.
Intanto, sui divanetti laterali, Angie parlava con Maria… le faceva così strano riaverla al suo fianco! O meglio, l’aveva sempre avuta in quei mesi ma, adesso che lei aveva recuperato la memoria era così strano… Angelica si era messa a chiacchierare con Pablo per lasciarle un po’ da sole. “- E quindi tu sospettavi che fossi io, da sempre?” sorrise, incredula, la maggiore. “- Sì, credimi! Puoi chiedere al direttore se non mi credi!” rise la più piccola. “- Cosa farai adesso? Con German e Vilu, intendo…” aggiunse ancora Angie, tesa. “- Non lo so. German ha sbagliato. Voglio riflettere… Violetta l’adoro è ovvio! Ma voglio darle tempo, sarà stato uno shock per lei, povera la mia bambina.” esclamò Maria, abbassando lo sguardo. “- Maria, sappi che German ti ha sempre amato… ha sbagliato, certo… ma siamo esseri umani. Chi di noi non ha mai commesso qualche errore?” esclamò la minore, facendo sollevare lo sguardo alla sorella. “- Lo amo anch’io…” sussurrò quasi lei, con aria sognante. “- E allora qual è il problema? Forza devi parlargli!” sorrise subito la professoressa di canto, ma Maria la fermò subito. “- Non adesso, Abbiamo già parlato e gli ho detto che devo pensare.” Sentenziò la regina, pur sapendo di non aver nulla su cui dover riflettere. “- Va bene, ma pensaci sul serio.” Ribatté la sorellina, fissandola come incantata. Maria era lì, davanti a lei e le sembrava di vivere un sogno. “- Mi sei mancata. Tantissimo.” disse, ad un tratto, Angie, trattenendo a stento le lacrime. “- Ti voglio bene, sorellina! Grazie di tutto… se non fosse stato per te che hai creduto subito che io fossi… io!” sorrise la più grande, abbracciandola di colpo. “- Grazie di cosa? Anch’io ti voglio bene! E te ne vorrò per sempre, ricordalo!”.
“- Altezza, mi scusi se vi disturbo… le posso rubare un secondo la principessa?” dopo un po’ il direttore si avvicinò alle due facendo un inchino alla regina che sorrise dolcemente. “- Ma certo! Grazie, Pablo. Angie mi ha sempre raccontato tutto ciò che hai fatto per lei. Te ne sono davvero grata. E ti ringrazio anche per il salvataggio di prima… sono felice di averti conosciuto. Sei una persona fantastica, ne sono certa.” Esclamò la donna, osservando Galindo arrossire e abbassare lo sguardo, per non dare troppo a vedere il suo imbarazzo. “- Di nulla, Maestà!” disse lui, felice per quei complimenti dalla regina. “- Chiamami Maria e dammi del tu! Altrimenti mi sento troppo vecchia!” rise lei, facendo scoppiare a ridere anche la sorella e il moro. “- Andiamo, mio principe! A ballare! A dopo!” disse Angie, tirandolo per un braccio verso il centro della sala e salutando l’altra con la mano.
“- Tua sorella è… meravigliosa! Proprio come te!” esclamò Pablo, in pista tra i tanti invitati, stretto alla sua amata Saramego. “- Sì lo so… io ancora non ci posso credere!” disse lei, volteggiando in quel valzer, cingendo la vita di lui. “- Non dire così. Tu ci hai sempre creduto! Sei stata l’unica che non si è mai arresa… quindi adesso devi solo essere felice e goderti questo momento! L’hai ritorvata! Sono così felice per voi!” affermò il moro, guardandola intensamente negli occhi. “- Come fai?” chiese lei, con un sorriso furbo, prendendo a fissarlo con aria stupita. “- Cosa?” chiese lui, danzando ancora e conducendola alla perfezione in quel valzer. “- Come fai ad essere sempre così… perfetto? Mi capisci come nessuno! Ti amo, Pablo!” sussurrò lei dolcemente, mentre la musica continuava e intorno a loro, volteggiavano altre tantissime coppie. “- Ti capisco come nessuno proprio perché ti amo, mia principessa!” esclamò lui, avvicinandosi alle sue labbra, prima di sfiorargliele dolcemente. Il ballo continuava ma loro erano fermi, al centro della sala, uniti in un tenero bacio. C’erano solo loro e il loro amore che, erano certi, sarebbe stato senza fine.
“- Tesoro mio. Posso parlarti un po’?” Angelica si era subito seduta al posto della figlia minore, accanto alla Saramego, mentre la giovane regina continuava a fissare con aria incantata Galindo e la sorella minore al centro della sala. “- Sono splendidi, non trovi?” disse Maria, dolcemente, indicando alla madre la bella coppia in pista. “- Sì, lo so… sono davvero meravigliosi, sono così felice per Angeles! Ne ha passate così tante… merita di essere finalmente felice e sono certa che con Pablo lo sarà e molto, sempre…” concluse Angelica, prendendo poi a fissare l’altra figlia, accanto a lei con lo sguardo velato da una grande tristezza per la questione di suo marito che non le sfuggì. “- Se sei venuta a parlarmi anche tu, come Angie, di German ti dico subito che devo rifletterci. Ora voglio pensare a mia figlia.” Concluse la bionda, capendo al volo dove volesse andare a  parare la madre. “- No, in realtà quella è una decisione che spetta a te… hai ragione a volerci pensare. Segui il tuo cuore, tesoro. Quella strada è sempre quella giusta.” Disse, saggiamente, la più anziana, prendendole le mani. “- Non posso credere a tutta questa storia, mamma.” Esclamò la donna, con gli occhi lucidi. “- E’ finita, figliola. E’ finita. Sei tornata, finalmente! Ho sempre saputo che non eri scomparsa in quell’incidente! Ho sempre sognato di riabbracciarti e sapevo che, prima o poi, avrei potuto. Camelias ti aspetta. Devi tornare a salutare il tuo regno.” disse Angelica, con le lacrime agli occhi. “- Di certo andrò anche lì. Sai, non ricordavo di nulla… eppure sapevo che qualcuno mi attendeva con ansia, una volta ritrovati i miei ricordi.” sorrise lei, mentre una lacrima percorse la guancia della regina più anziana. “- Sì, figlia mia. Quel giorno è arrivato e, finalmente, possiamo riabbracciarti.” Esclamò la madre, mentre le due si strinsero con emozione e riprendendo a piangere, commosse e felici di quel tanto atteso incontro. Dopo tanti anni, la regina Maria era tornata.
 
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Premetto che adoro questo capitolo così emozionante... tutti i segreti sono venuti alla luce e, cosa importante… Lidia! Ha recuperato la memoria grazie al ciondolo! E la regina è tornata! Dice che su German vuole riflettere, comprensibile per quello che ha fatto dopo la sua scomparsa! Vilu è sconvolta… poverina! Per fortuna c’è Leon a farla distrarre… la scena che ballano nel giardino è tanto dolce, l’adoro! :3
Anche il finale con il ballo Pangioso e con i discorsi tra le sorelle e poi con la regina Angelica. Cosa farà German per riconquistare la donna della sua vita? Come sarà la presentazione della principessa al popolo? E Jade e Matias che fine avranno fatto? Per sapere come prosegue la storia… continuate a seguirmi! Alla prossima, ciao! :)

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Capitolo 33
*** Discorsi Reali. ***


Il giardino del castello era illuminato da forti faretti che permettevano che l'ampio spazio avesse luce in ogni angolo. Una grande folla si era riunita al di sotto del maestoso balcone reale, in attesa di conoscere questa principessina, curiosi di vederla, di ascoltarla e di notare se assomigliasse anche alla tanto amata regina Maria.
“- Sono nervosa, Leon!” Violetta era in preda al panico, ormai nel vasto salotto al piano di sopra, attendendo solo che arrivasse il padre per iniziare il suo discorso pubblico. “- Non chiamarmi così di fronte al re o mi butterà di sotto!” rise il giovane Vargas, ancora con la maschera della festa. “- Sì, hai ragione!” rise lei, prendendogli le mani, dolcemente. “- Andrà tutto bene, parla con il cuore e non potrai sbagliare. Tutta Amapola di adorerà, ne sono certo. Ma adesso devo andare dai ragazzi, di sotto… buona fortuna, amore mio!” le sussurrò Leon, schioccandole un dolce bacio sulla fronte. “- Tesoro, sei pronta?” German arrivò nella sala con un foglio tra le mani, vistosamente nervoso e seguito da Maria, che osservò Violetta teneramente, Angie e Angelica che erano piuttosto tese. “- Violetta, io…” tentò di iniziare la regina mentre la ragazza le faceva posto su un piccolo sofà rosso porpora, tenendo lo sguardo basso. Non riusciva a credere di star seduta accanto a sua madre… la sua mamma era lì e lei aveva ancora i suoi forti dubbi che si trattasse sul serio della regina Maria. “- Mi dispiace per come mi sono comportata, scappando in quel modo ma… è tutto  così assurdo!” esclamò la principessa, levandosi la maschera del ballo. “- Lo so, tesoro. Lo è anche per me, lo è un po’ per tutti. Lo capisco, tranquilla. Prenditi tutto il tempo che ti serve… e poi hai avuto così tante notizie, tutte insieme… anch’io avrei reagito come te!” sorrise, rassicurante, Maria, cingendole le spalle con un abbraccio, esitando un po’, per non darle l'impressione di correre troppo… doveva essere lei a sentire che quella fosse sul serio la sua mamma… non voleva metterle fretta, dopo quello che aveva passato era anche comprensibile che fosse ancora scossa. Ad un tratto, la porta si spalancò di colpo con un botto che fece sobbalzare tutti. Jade entrò, come una furia, nella sala, con aria stizzita come mai.
“- Ma che bella famigliola felice! Bravi! German, non posso credere che stia dando retta a questa bugiarda! Sta fingendo! Lei non è Maria e tu ci stai cadendo come un pollo!”. Il re la fissò, sgranando gli occhi per la sorpresa e nervoso per quel tono che stava tenendo la donna. “- Come osi rivolgerti a me così? E a lei, soprattutto?!” urlò il re, avvicinandosi alla donna, dopo che Roberto gli aveva raccontato che era stata lei, con l’aiuto di suo fratello a rinchiudere Lidia in quella dispensa, per farla licenziare così da allontanarla per sempre da palazzo. “- Le credi senza prove! Si sarebbe potuta inventare la bella storiella della piccola naufraga dal nulla! Vuole solo rubarmi il ruolo di futura regante!” strillò, con la sua vocina gracchiante, la mora che dimostrò a tutti che, in fondo, tanto tonta non era! “- Che cosa succede qui? Sorellina, calmati… ragioniamo con calma! Anche se Jade non ha tutti i torti, Sire!”. Matias, sentendo quel baccano era corso nella sala al piano di sopra, ancora con una tartina nella mano destra e un dolce nella sinistra. “- Ma con quale coraggio vi sentite ancora in diritto di parlare? Io, fossi in voi, andrei via da qui! Avete fatto una cosa ignobile rinchiudendo mia sorella lì dentro! Solo perché temevate di perdere il vostro posto qui a palazzo! Siete spregevoli! Non ho parole per quello che avete combinato!” Angie si era avvicinata ai due, fuori di sé per la rabbia e diventando paonazza in viso. “- E tu… tu sapevi… sono sicura che c’entri con le menzogne che va dicendo in giro questa ipocrita!” gridò ancora Jade, indicando Maria che prese un sospiro profondo e si alzò, affiancando la sorella che stava già per azzuffarsi con la mora… era partita in quarta come al solito, ma la più grande delle Saramego la trattene per un braccio. “- No, Angie… lasciala perdere. Non ne vale la pena!” disse, con una calma impressionante, la donna, ferita ma senza darlo a vedere. Superò i La Fontaine, soddisfattissimi del fatto che la regina avesse lasciato la sala e che la più piccola delle sorelle Saramego si fosse calmata, nonostante continuasse a guardarli malissimo, per poi correre fuori, dietro alla maggiore.
“- Jade qui se c’è una falsa ipocrita quella sei proprio tu!” strillò, inaspettatamente Violetta, meravigliandosi anche lei di quella frase… insomma… aveva ancora i suoi dubbi sulla questione della Mendoza eppure quella frase le era venuta dal cuore, come se, in fondo al suo animo, credesse cecamente all’identità di Lidia.
“- Mocciosa impertinente! Chi ti da il diritto di parlarmi così?” strepitò la mora, avvicinandosi con aria di sfida anche alla ragazzina che, senza perdersi di coraggio, la fissò intensamente. “- Io ce l’ho il diritto. Tu non sei una reale come me… e nemmeno come mia madre o mia zia! Speravi di sposare mio padre e di avere un erede maschio che mi soffiasse il trono. Pensavi non l’avessi capito? Non sono così stupida. Ma, cara mia ti è andata male! Ed ora, se non vuoi essere arrestata per sequestro di persona per quello che hai fatto a mia madre… vattene!” esclamò Violetta, accorgendosi poi di quello che aveva detto… ‘mia madre’… lo aveva detto sul serio? Sì, lo aveva ripetuto per ben due volte! Cominciò a respirare affannosamente, un po’ per il nervosismo un po’ perché si era appena resa conto di averla ritrovata. Sì, era così. Ormai basta scuse, basta illusioni, basta paure. Era lei, ed era sicura di crederci sul serio. Il re non disse nulla, osservò prima la figlia e poi i due La Fontaine. Angelica fissava la principessa soddisfatta: se c’era una cosa di cui era certa è che il temperamento lo aveva ereditato tutto dalle tre donne di Camelias.
“- E tu lasci che tua figlia mi tratti così? No, guarda non dire nulla! Mi hai deluso, German!” si lagnò la La Fontaine mentre il re continuava a fissarla, convinto che la figlia avesse ragione. In fondo aveva sbagliato ad ingannare Jade. Lui non l’aveva mai amata… ma, d’altronde, lei stava lì solo per conquistarsi il posto di Maria, magari cercando di rubare anche quello di sua figlia. E poi, come si era rivolta alla sua bambina e a sua moglie! Quella era la vera Jade La Fontaine, la stessa che aveva chiuso Lidia, ancora allo scuro del fatto che quella fosse sua moglie, nella dispensa, per pura gelosia. “- Mi dispiace. Io non ti ho mai amato e sono desolato di averti fatta soffrire. Ma anche tu, mi pare, non sia mai stata una persona sincera. E’ finita.” Sentenziò l’uomo, facendo sì che la donna lo fissasse con aria disgustata. “- Me ne vado io, mio caro. Tu non mi meriti! Addio!” strillò, furiosa, uscendo dalla stanza, seguita dal fratello che tentò di convincerla che avesse detto una stupidaggine. Non volle sentire ragioni. Se ne andò in camera a fare le valige, intenzionata a lasciare Amapola per sempre.
“- Papà mi dispiace per quello che le ho detto ma…” iniziò Violetta, mentre suo padre fissava ancora la porta, teso per quella situazione e per quel discorso che lo attendeva. “- No, hai fatto benone!” intervenne sua nonna, accarezzandole i capelli e facendo scappare un sorrisino tirato anche al re.
 
 
“- Ti prego, Maria, aspetta! Non vorrai mica ascoltare quella pazza della La Fontaine? Noi ti crediamo, non devi dimostrare nulla a nessuno! Fidati!” Angie rincorreva nel corridoio che portava alle camere della servitù la regina che attraversò l’ormai vuota sala del gran ballo. Tutti erano già saliti nella camera antistante al salone per assistere come in prima fila al discorso. Solo Leon, insieme a Federico che aveva deciso di fargli compagnia, si era recato nel giardino, confondendosi tra la folla del popolo per non farsi notare dal re… si era proposto anche Andres per accompagnarli di sotto ma, per evitare di farsi riconoscere, lo avevano lasciato dentro con Andrea e il resto del gruppo.
“- No, forse Jade ha ragione…” borbottò, con gli occhi lucidi, l’altra donna, aprendo di fretta una porticina nell’ala più sperduta del palazzo e sedendosi sul suo letto, non di certo quello che sarebbe spettato ad una regina. Era la camera di Lidia Mendoza, dove aveva passato tutti quei mesi da quando lavorava a corte. “- No, dico… sei impazzita? Su cosa avrebbe ragione, sentiamo!” la rimproverò la sorella minore, sedendosi su una sedia sgangherata, di fronte all’altra. “- Non ho prove, Angie! Io ricordo tutto, adesso… ma voglio dimostrare di essere sul serio chi sono e non posso farlo!” si lamentò l’altra, stendendosi di colpo sul letto, in orizzontale. “- Per l’ultima volta, Maria: non hai bisogno di dimostrarci nulla! Noi ti abbiamo sempre creduto! Ed ora che anche la tua amnesia è scomparsa abbiamo la conferma di ciò che pensavamo!” sorrise Angie, andandosi a sedere sul duro materasso, accanto a lei. “- Aspetta! Io ce le ho le prove!” gridò, d’un tratto Maria, mettendosi seduta al centro del letto e alzandosi di colpo, lasciando la sorella scioccata da tale frase. La vide inginocchiarsi sotto ad esso a cercare qualcosa. “- Maria, stai bene?” chiese Angie, affacciandosi verso la maggiore, a testa in giù, restando seduta. “- Mai stata meglio!” disse affannando l’altra, tirando qualcosa di pesante da sotto alla coperta che pendeva fino al pavimento. Una borsa da viaggio, stracciata e molto malandata che puzzava di salsedine, apparve da lì sotto. “- Questa immagino fosse con te in aereo! Guarda, qui c’erano le cifre ‘M’ e ‘S’ ma sono semi cancellate, nemmeno si distinguono più!” indicò la sorella minore, andandosi a sedere a terra, accanto all’altra. “- Sì ma non intendevo questo… aspetta…” esclamò l’altra, scavando nella valigia a mano ed estraendone vari oggetti. Uno specchietto rotto, un pettine, una fune, un rossetto semi distrutto… niente che ad Angie apparve utile per provare la vera identità della Mendoza. “- Eccola! Sapevo di averla portata con me!”. Da un doppio fondo del borsone, uscì, finalmente, l’oggetto che la regina cercava. “- Se German aveva chiuso tutti i miei oggetti in quella torre io non potevo avere questa in questa borsa!” esclamò lei, fissando una foto, mezza strappata e un po’ ingiallita, la stessa  immagine che aveva visto sull’isola e da cui non si separava mai… Angie la osservò e un sorriso le si disegnò sul viso. Erano lei da ragazzina e sua madre con Violetta, da bambina, per la mano. Si ricordava addirittura quando la stessa sorella l’aveva scattata! “-  Questa la volevi per tenerla sempre con te. Anche quando sei partita te la sei portata via! Per questo non la trovavamo più tra le tue cose… l’avevi con te anche nel giorno dell’incidente!”  disse la minore, sgranando gli occhi per la sorpresa. “- Adesso andiamo o ci perderemo il discorso! Questa la portiamo con noi… corri!” urlò la più giovane, tirandosi la maggiore fuori da quella semplice stanzetta che, da quel momento in poi, non sarebbe più stata camera sua.
“- Finalmente! Si può sapere dove eravate finite? Aspettavano solo voi…” Pablo era sull’uscio del salotto che dava sul balcone, Maria, senza dire nulla si fiondò nella stanza con un sorrisino rivolto all’uomo e alla sorella. “- Abbiamo la prova, una foto che aveva sempre con sé, anche durante quel viaggio! E’ sul serio lei!” strillò Angie, gettando le braccia al collo del fidanzato. “- Sul serio? Peccato che questa prova non sia uscita fuori prima!” rise lui, stringendola a sé e pensando a quante peripezie si sarebbero evitate se quell’inizio fosse saltato fuori dall’arrivo della Mendoza a palazzo. “- Sono davvero felice per te, ti amo!” esclamò lui, prima di baciarla dolcemente. “- Ti amo anch’io! Ma ora entriamo in sala… inizia il discorso e sono sicura che il re ci sorprenderà e che mia nipote non sarà da meno…” sorrise lei, accarezzando il viso di Pablo. “- Ah, aspetta! Manca una cosa!” gridò lui, prendendole la pochette dalle mani. “- Che cosa?” chiese lei, curiosa, osservandolo scavare nella borsetta che, fino a qualche istante prima, aveva lei tra le mani. “- Questa. Ora non devi più nasconderti, Angeles Saramego. Principessa, Angeles Saramego.” Disse il moro, andando alle sue spalle e chiudendole la collana di Camelias. “- Sì. Ora possiamo andare sul serio! Prego, principessa!” esclamò Pablo, porgendole il braccio mentre lei fissava ancora il ciondolo. “- Hai ragione, come sempre! Andiamo, principe Galindo!” sorrise lei, mettendosi sottobraccio ed incamminandosi verso la sala.
 
 
Il balcone si aprì e dal basso si levò subito un boato. Nel buio della notte tutto il popolo era riunito al di sotto del palazzo e attendeva con ansia quel discorso. Qualche voce era già trapelata ma, ovviamente, tutto era molto confuso. La regina Angelica era a palazzo? Ed anche sua figlia minore Angeles? E poi si erano rincorse così tante voci sulla faccenda di Lidia, di Maria… Insomma, solo in quel momento tutti avrebbero potuto sapere la verità e caprici qualcosa in più su quell’intricata faccenda! La presentazione della principessa era riuscita a passare quasi in secondo piano e l’euforia della gente era molta.
“- Buonasera, popolo di Amapola!” Il sovrano, German Castillo era apparso sul balcone reale, provocando un altro levarsi festoso di grida e saluti. “- Questa sera avremmo dovuto presentare esclusivamente mia figlia, la futura erede al trono Violetta Castillo ma, il corso degli eventi mi porta a parlarvi prima di un’altra faccenda che mi sta molto a cuore.” Sospirò il re, prendendo fiato prima di continuare il suo discorso con il suo solito tono fermo che, però, stava per cedere il posto ad uno meno serioso e più teso, quasi commosso: “- Questa sera, a palazzo, è tornata una donna, anzi tre donne, molto amate da tutti. La prima è stata Angelica Fernandez, regina di Camelias che io, ingiustamente, ho costretto a vivere segregata nel suo regno, come sovrana simbolica. Ho capito di aver sbagliato e mi dispiace, sinceramente, per quello che ho fatto. Spero di cuore che questa donna magnifica possa mai perdonarmi. Un’altra grande donna, invece, è stata al mio fianco per molti mesi ma, sempre a causa della mia cocciutaggine, non le ho consentito di rivelarmi la sua vera identità… la principessa Angeles Saramego, una  persona meravigliosa che, sempre a causa dei miei errori, ha passato la sua infanzia in Europa, lontana dalla sua famiglia reale. In un certo senso è come se fosse ritornata anche lei quest’oggi.” Già a quelle parole il pubblico sembrava immobilizzato, molti flash di fotografi illuminavano la notte, tra la folla, e tutti ascoltavano attentamente, attendendo di sapere chi fosse la terza donna di cui il sovrano aveva inizialmente parlato. Lui stesso si rese conto di ciò che stava dicendo solo in quell’istante. Si stava scusando pubblicamente e, anche se non era nel suo stile, capì che era l'unica cosa giusta da fare. Si era reso finalmente conto di aver commesso fin troppi errori e doveva rimediare, subito. “- La terza… beh, la terza è una donna che ognuno di noi, per tutto questo tempo, ha creduto scomparsa tragicamente in un incidente aereo. Tutti abbiamo sofferto tantissimo, io in primis… non sto qui a spiegarvi come sia riuscita a tornare,  a quello si dedicheranno per mesi e mesi i giornali e rotocalchi vari…” ridacchiò leggermente il sovrano, mentre tutti scoppiarono in una fragorosa risata. “- ... Ma per me è semplicemente un miracolo. Non ho altre spiegazioni per considerare ciò che mi è accaduto, che ci è accaduto, ritrovandola qui, con noi, sana e salva. Il destino prima ci ha fatto tanto soffrire e poi… e poi ha voluto regalarci la gioia di riaverla, così che, se vorrà, potrà tornare a regnare al mio fianco. Prima di presentarvela nuovamente, voglio chiedere scuse pubbliche a Cameilas, ad Angelica, Angeles, a mia figlia, per averle nascosto fin troppe cose. Chiedo scusa anche a voi, mio amato popolo, per avervi privato di troppo. Ma soprattutto chiedo scusa a lei, per aver commesso tanti errori in sua assenza. Salutate il ritorno ad Amapola… della regina Maria Saramego.” Un sospiro di sorpresa si levò dalla folla. Sul balcone apparve, in un abito elegantissimo una bella donna, bionda ma molto simile alla sovrana. Ci fu prima un brusio indefinito ma, per la curiosità di saperne di più, calò il silenzio in un istante, così che Maria potesse prendere la parola. “- Non avrei mai pensato di aver dovuto fare un discorso davanti a tutti voi, a distanza di anni. Posso semplicemente dirvi che gli ultimi trascorsi, sono stati di buio totale per me. Non è stato facile… non ricordavo nulla eppure, per pura casualità, sono ritornata proprio qui, da dove ero scomparsa tanto tempo fa, prima che quel maledetto aereo decollasse. Non vi voglio annoiare raccontandomi tutte le mie disavventure perché, credetemi, sono state davvero tante. Ma vorrei sul balcone accanto a me, mia sorella e mia madre, a cui ho sempre tenuto tantissimo.” Le due donne, a passo fiero, apparvero accanto alla regina, sorridendole dolcemente. “- Ma adesso, non voglio che si perda altro tempo… è la sua serata, quella della mia bambina. Lascio l’onore della presentazione a mio marito…” esclamò lei, guardando German che annuì con calma e che, solo dopo qualche secondo, realizzò il fatto che la donna lo avesse chiamato in quel modo… “mio marito”. Che il consiglio di Roberto avesse funzionato? Che parlare a cuore aperto e scusarsi pubblicamente fosse stato apprezzato da Maria? Non lo sapeva ma fu fiero di aver ritrovato quella grande donna che era sua moglie. “- E’ stata una serata movimentata ma è con immenso piacere che vi presento la futura regina di Amapola: Violetta Saramego Castillo!”. La principessa, ancora nella sala, sentì l’applauso che seguì al suo nome, sia fuori che nella camera, e impallidì.
“- Vai! E’ il tuo momento!” gridò Francesca, dandole una pacca sulla spalla. “- Forza, Altezza!” risero Lena e Nata, spingendola verso l’uscita al balcone. Violetta prese un grande e profondo sospiro e poi, con le gambe tremanti, riuscì ad affiancare i suoi genitori e i suoi altri parenti, sulla terrazza. Con tutto quello che era successo aveva completamente rimosso il discorso che si era preparata da mesi e poi… e poi adesso le sembrava alquanto inutile. In una notte, per lei, era cambiato tutto… quel monologo che aveva imparato a memoria, in passato, non andava più bene, era così fittizio così costruito. Guardò giù e si tenne saldamente alla fredda ringhiera in pietra per non svenire. Una folla si estendeva a perdita d’occhio, tutto intorno alla fontana, fino a fuori al cancello esterno. Con gli occhi, subito, cercò di individuare Leon ma era impossibile trovarlo. Era come cercare un ago in un pagliaio… ma, in fondo, si rese conto che lui c’era e anche se non riusciva a vederlo, la stava ascoltando. Un surreale silenzio era calato così, la ragazza, iniziò a parlare: “- Mi ero preparata un discorso per questa serata. Ma, sono successe così tante cose che, sono sincera… non ne ricordo una sola parola!”. Tutti scoppiarono in una fragorosa risata, lei compresa che si rese conto della figuraccia ma, senza perdersi di coraggio, subito continuò, in fondo, era stata fin da subito sincera: “- Avete già ascoltato il re, vi ha già spiegato quanto sia accaduto, quindi è inutile che ve lo ripeta anch’io. Devo ricordare che sono qui per parlare non di me, bensì del mio popolo, di Amapola. Devo presentarmi per la gente, per tutti voi, accorsi qui numerosi per conoscere la vostra futura regina. Vedete, noi siamo un popolo che non smette mai di lottare per ciò che ama, siamo un piccolo regno che sogna e non si arrende. In tutti questi anni io non ho mai desiderato altro che poter rincontrare una persona… e, miracolosamente, ci sono riuscita. Ho conosciuto persone che, pur di inseguire una propria passione, hanno fatto di tutto, hanno lottato senza timore. Voi non ve ne siete accorti ma sono stata per mesi tra la mia gente, nel regno, in borghese… e ho visto in prima persona quanti sacrifici bisogna fare per andare avanti. E non parlo solo dell’economia, ma della vita, in generale. Ecco, io forse sono ancora molto giovane per parlare di ciò, ma credetemi, aver vissuto tante esperienze, negative o positive che siano, anche se in pochi anni di età, mi ha fatto crescere molto. Non sono di quelle persona che promettono la luna per poi non mantenere la parola data, ma vi prometto solamente una cosa: giuro solennemente che amerò sempre la mia gente con tutto il mio cuore. Amapola cambierà. E non parlo solo di quando diverrò regina… per quello ci vorrà ancora un bel po’. Penso di parlare anche a nome dei sovrani attuali… i miei genitori. Il nostro regno cambierà già da questa sera.” German la fissava un po’ preoccupato ma orgoglioso di quelle splendide parole della sua bambina… erano così dolci, semplici ma sincere! In un attimo si rese conto che quella ragazza, così decisa e intelligente, non era più la sua piccolina, ormai era chiaro che era cresciuta, era una donna. Maria le sorrise dolcemente, annuendo… probabilmente o si fidava cecamente delle decisioni della ragazza o aveva già capito cosa intendesse dire. Violetta osservò come la gente attendesse in religioso silenzio di ascoltare le sue parole, come se pendesse dalle sue labbra. Non pensò neppure ad un secondo a quello che avrebbe potuto dire suo padre, sua madre… era una decisione che voleva prendere lei, anche in onore della regina, tornata nel regno. “- Da questa sera, trovo giusto che, la musica, TUTTA la musica, torni ad Amapola!”. Dopo quella frase si scatenò una gioia incontenibile, gente che si abbracciava, chi saltava felice, i ragazzi, all’interno urlavano come dei forsennati, al settimo cielo per la decisione della giovane futura sovrana. Maria la fissò, sorpresa da cotanta decisione della figlia, e, senza dire nulla, le si avvicinò, un po’ titubante, abbracciandola di colpo per poi scoppiare in lacrime. “- Scusami. Perdonami per non averti creduto subito.” Singhiozzò la principessina, ancora stretta a lei. “- E’ finita, bambina mia. Tranquilla. Quest’ incubo è finito per tutti.” La rassicurò la donna come la migliore delle madri, accarezzandole i capelli dolcemente e dandole un tenerissimo bacio sulla fronte. Ad un tratto un boato illuminò il cielo. Il discorso era finito e, come previsto, in lontananza, tanti fuochi d’artificio brillarono nel cielo, scintillanti, come per festeggiare quella magnifica serata. Finiti quei coloratissimi festeggiamenti, i reali rientrarono nella sala, la principessa fu subito “rapita” dagli amici che non la smettevano di congratularsi, per il discorso e per la decisione sulla musica. La regina, invece, si avvicinò piano al marito che si era andato a chiudere nella sala conferenze,  per controllare le prime pagine dei giornali che già da subito circolavano su internet.
“- Posso parlarti un secondo?” chiese, sull’uscio della porta socchiusa, facendolo sobbalzare dall’attenzione che aveva al suo portatile. “- Certo. Prego.” Sorrise lui, chiudendo il pc e fissandola, sempre incantato nel vederla, come se fosse la prima volta che incrociasse i suoi occhi.
“- Devo chiederti scusa. Sono stata fin troppo dura con te e  mi dispiace. Hai dovuto crescere da solo nostra figlia, con un regno da governare… e non dev’essere per niente stato facile. Certo, hai commesso degli errori. Ma sei veramente pentito e ti sei scusato pubblicamente, cosa di certo difficile per un testone orgoglioso come te… lo apprezzo moltissimo, immagino che lo abbia capito. So che quel gesto lo hai fatto soprattutto per me, German. Ti conosco.” Sorrise Maria, abbassando lo sguardo sulle scartoffie ordinatamente posizionate sull’enorme scrivania. Il re continuava a osservarla… ma quanto era bella? Anche se cambiata l’amava come sempre o anche di più. Prima che il sovrano avesse il tempo di rispondere, però, la donna continuò: “- Ti ho nascosto anch’io una cosa. Molto importante.” A quella frase il re la fissò sconcertato. C’era altro che doveva sapere? Cominciò a preoccuparsi ma la bionda lo fermò con un gesto della mano, prima che potesse chiedere qualunque cosa ed interromperla. “- Ti ho mentito. Non ti ho mai detto che ti amavo. E invece, ti amavo con tutto il mio cuore. Ti amavo anche quando ero Lidia Mendoza. Non lo avrei mai ammesso, neanche sotto tortura… e, sappi ti amo ancora, German Castillo.”. Ci fu una pausa di qualche secondo. Il re rimase felicemente sorpreso di quelle parole e, senza aggiungere nulla, aggirò la scrivania e le andò in contro, non disse una sola parola ma la guardò negli occhi, le prese il viso tra le mani e baciò, per la prima volta da quando era veramente tornata, Maria Saramego.
Rimasero a guardarsi per un secondo che sembrò eterno ad entrambi, erano così felici ed innamorati… nessuno avrebbe potuto rovinare quell’atmosfera. O, almeno, così credevano fino a quando la porta non si spalancò e apparve la contessina La Fontaine, con due grossi trolley fucsia e prese a guardarli male, avanzando con passo sicuro verso i due. “- Tu sei proprio sicuro di voler credere a questa folle bugiarda?” chiese, ancora, la mora, appoggiandosi alla valigia con fare nervoso, mentre il fratello apparve alle sue spalle. “- Non credo di essere una folle, né, tantomeno una bugiarda. Ho trovato una cosa in fondo alla borsa con cui sono tornata ad Amapola… ho le prove per confermare quanto detto.” . La frase di Maria sconvolse anche il re che davvero non si aspettava qualcosa del genere. Insomma, lui le aveva sempre creduto e non immaginava che lei potesse avere qualche indizio per risultare la Saramego. “- Ecco. Guardi questa foto. Nessuno, a parte Maria, avrebbe potuto averla. Questa l’ho sempre portata con me, in ogni viaggio. Ovunque. ” Sentenziò la bionda, mentre Jade e Matias fissavano l’immagine, esterrefatti. A quel punto, anche German strappò quasi dalle mani dei due La Fontaine la foto, per vederla, incuriosito. Sì, ricordava benissimo quell'immagine. Un ricordo si fece largo nella sua mente non appena la vide:
 
“- Mamma, Angie! Mettetevi in posa, forza! Voglio una bella foto di tutte e due con Vilu, così vi porterò sempre con me, ovunque vada!”. La voce di Maria era dolcissima e melodiosa e riecheggiava nel palazzo reale. Stava armeggiando con una macchina fotografica, appassionata di arte qual era, mentre le tre attendevano ferme, davanti all’imponente scalinata nel salone principale, di fare quella istantanea. “- German! Forza vai anche tu con loro, voglio anche te nella foto! Devo tenere le persone più importanti della mia vita sempre con me, in un’unica immagine!” esclamò poi la regina, radiosa, mentre l’uomo si stava avvicinando alla moglie, incuriosito dalla situazione, dopo aver sentito quella frase. “- No, lo sai che non amo molto farmi fotografare! Mi annoia terribilmente!” rise lui, cingendole la vita con un abbraccio e schioccandole un bacio sulla guancia. “- Sempre il solito musone, Altezza!” strillò la bionda ragazzina, Angie, sorridendo ad una piccolissima Vilu che, tranquillissima, teneva pazientemente la mano ad Angelica. “- Angeles! La smetti?” la rimproverò la regina di Camelias, sdrammatizzando con un sorriso, rivolto al sovrano di Amapola. “- Tu invece sempre la solita insolente, giusto, principessina Saramego?” la prese in giro il cognato, avvicinandosi alla biondina e sfiorandole la punta del naso con un dito, innervosendola ancor di più per poi voltarsi poi e allontanarsi verso la sala del trono, momento in cui ricevette una linguaccia dalla ragazzina. “- Sorellina, basta! Ti ricordo che è mio marito!” rise Maria, continuando a cercare di capire come funzionasse quell’aggeggio. “- Povera te!” rise la più piccola per poi riprendere a lamentarsi su quella lunga attesa. “- Ci vuole ancora molto?” chiese Angelica, mentre Violetta cominciava a spazientirsi. “- No, ecco! Pronte?” esclamò Maria, con un sorriso luminoso. “- Da una vita!” urlò Angie, ridendo. “- Bene, allora sorridete… 1… 2… 3… dite tutte: cheese!”.
 
“- Me la ricordo bene questa foto… volevi che…” tentò di dire il re, emozionato al ricordo di quel giorno felice che si era ricordato. “- Volevo che ci fossi anche tu, ma a te non sono mai piaciute le foto!” rise Maria, lasciando Jade a bocca aperta. Senza dire nulla, Matias si tirò fuori dalla sala la sorella, salutando con un cenno stizzito della mano. “- Addio, Sire! Altezza Saramego!” intuì subito il conte, preoccupato di fare una brutta fine da segregato nelle celle sotterranee per ciò che aveva fatto a Lidia, mentre la mora cominciò a frignare e a lamentarsi stizzita, ferita nell’orgoglio ma venendo trascinata quasi a forza da Matias, fuori da quel palazzo. Ci volle un’opera di convincimento non indifferente per far andare Jade lontano da lì, da Amapla ma, dopo ore ed ore di cammino verso il porto, Matias ci riuscì, dicendole che sarebbero andati in vacanza in giro per il mondo, sorvolando sul fatto che, sì, sarebbero imbarcati su una nave da crociera… ma come lavoratori, non come turisti. Erano conti ma il biondo La Fontaine, sicuro di continuare sempre la sua vita da nababbo a palazzo, a spese del sovrano, aveva sperperato tutti i loro possedimenti e risparmi in stupidaggini varie… ed ora erano senza un soldo.
 
 
“- Violetta, posso parlarti un secondo?” la festa era ormai finita e gli invitati erano andati via da poco. La principessa, stanca dalla movimentata serata, era chiusa in camera sua a scrivere sul suo diario di quel giorno così speciale. “- Ma… emh, certo. Prego!” sorrise Violetta, alzandosi dal letto e andando in contro a Maria. Stava per chiamarla mamma ma si bloccò… Era ancora strano per lei dire, a distanza di tanti anni, una cosa del genere… doveva farci l’abitudine. “- Guarda cosa ti ho portato!” esclamò lei, sedendosi sul soffice letto accanto alla ragazza e allungandole una fotografia. “- Non ci credo! Dove stava? Nella torre?” chiese la ragazza, allegramente, fissando l’immagine. “- Nella mia borsa, quella con cui sono arrivata dall’isola ad Amapola…” esclamò la donna, osservando l’aria scioccata della ragazza. “- Dall’isola? Quale isola?” chiese la principessa, andando ad appoggiare la foto sul comodino. “- Quando l’aereo è caduto… mi sono ritrovata su un isolotto deserto… mi sono risvegliata a pochi passi dal velivolo.” Spiegò la madre, mentre la ragazza restò ancor più stupita. “- E come hai fatto ad arrivare fin qui?” chiese ancora lei, stupita. “- Sono una Saramego. Noi Saramego non ci arrendiamo mai!” esclamò Maria, facendole l’occhiolino. “- Anche tu sei per metà Saramego, tesoro!” aggiunse poi lei, sorridente. “- Sì. Infatti non mi arrenderò mai.” Sorrise Violetta, pensando al suo Leon e al suo amore impossibile. “- Dai, si è fatto tardi. Devi dormire! E’ stata una giornata fin troppo stressante! A proposito… hai tenuto un grande discorso. Sono fiera di te.” esclamò sua madre, mentre la giovane si alzò per togliere il suo splendido abito della festa e per riporlo nell’armadio. “- Grazie… ehi, posso tenere questa foto?” chiese lei, riprendendo a fissare, felice, quell’immagine sul comò. “- Certo… è tua. Io vado a salutare zia Angie e la nonna… devo raccontargli ancora tante cose… l’isola, il viaggio fino a qui… ed anche tuo padre ha detto che vuole saperne di più! Non ho nemmeno avuto il tempo di spiegare!” esclamò Maria, alzandosi dal letto. “- Perché devi salutare la zia e la nonna? Non dirmi che ne vanno già a Camelias?” chiese la principessa, intristendosi. “- No… stanno andando a casa di Pablo in realtà la nonna deve prendere i suoi bagagli che sono lì! Non chiedermi perché si trovino da Galindo… non ne ho idea! Poi, un giorno, glielo domanderemo!” scoppio a ridere la donna, facendo iniziare a ridacchiare anche la ragazza. “- Mamma…” la ragazza si era fatta seria e si rese conto che, finalmente l’aveva chiamata come avrebbe dovuto. Maria si girò con un dolce sorriso rivolto alla sua bambina, ormai sotto le coperte dell’enorme letto a baldacchino. “- Che c’è, tesoro?” chiese, teneramente lei, ormai sull’uscio. “- Anche se non avevi memoria… ti sono mancata in qualche modo?” chiese curiosamente la  giovane, facendo sì che la donna le si avvicinasse di nuovo e le si sedesse accanto, sul letto.
“- Tanto, amore mio. Sentivo che mi mancava qualcosa di vitale. Come se un pezzo del mio cuore non fosse stato più al suo posto… ma ora è tornato dove doveva sempre essere stato. Era come se ci fosse il sole, un sole cocente, ma come se io non riuscissi a percepirlo appieno, come se il mio cielo fosse stato coperto da nuvole che mi impedissero la piena visuale. Ora invece ne sento il calore e ne vedo i raggi luminosi e splendenti. Sei tu il pezzo del cuore che mi mancava, tu sei il calore che percepivo ma che non capivo da dove arrivasse. Ora ti vedo, sei qui con me, mio piccolo sole. E non potrei chiedere nulla di più. Sono finalmente felice.” Sussurrò, la donna, facendo sì che la ragazza si addormentasse, cullata da quelle dolci parole e, finalmente, ricominciando a vivere serenamente anche lei. Anche per Violetta era lo stesso: un pezzo di cuore, che credeva perso per sempre, era ritornato… ed era felice come mai in vita sua. Il suo sole stava ritornando a splendere e brillava alto nel suo cielo. Sapeva bene che, da quel momento, non sarebbe stata più vittima del buio della tristezza e della malinconia.
 
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A parte che mi sono commossa per l’ultimo pezzo mamma/figlia… ok, lo ammetto, sto piangendo come una disperata! :’)
Il discorso del re, quello di Maria e di Vilu che riporta la musica ad Amapola, la questione della foto della Saramego, German e la regina con la loro scena super dolce, Jade e Matias che sloggiano da palazzo (finalmente!)… insomma, ci stiamo avvicinando alla fine, si sente! Ora bisognerà capire una cosa… la coppia Leonetta come affronterà questa nuova fase della ff? Vi sta piacendo la storia? Alla prossima, ciao! :)

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Capitolo 34
*** Sangue blu. ***


“- Non ci credo! Ancora c’è quel ragazzino a palazzo? E chi lo ha fatto entrare, sentiamo!” German era nella sala del trono, camminando nervosamente avanti e indietro, mentre Maria lo fissava con aria scocciata, dall’alto del trono. Ma perché era così cocciuto? Sembrava essere cambiato in meglio e, invece, continuava ad avercela con lui. Cosa voleva da quel povero ragazzo, già tanto sfortunato, senza una famiglia e che lavorava onestamente per mantenersi? “- Non capisco cosa tu abbia contro Leon! E’ un così caro ragazzo! E poi dovresti sapere perché è qui. Sta ricevendo quello che gli spettava da Roberto. Ha lavorato per mesi e nemmeno avevi finito di pagarlo! Eri troppo impegnato a cacciarlo da palazzo!” esclamò, stizzita, Maria, alzandosi per uscire dalla sala. Quando German stava così era meglio lasciarlo a sbollire da solo. “- Appena si è preso ciò che gli spetta lo voglio fuori da qui! A chilometri di distanza dal castello, possibilmente!” strillò il re, mentre la regina si stava avviando verso l’uscita. “- Certo, certo…” disse, senza nemmeno dar troppo peso a ciò che aveva appena ascoltato. “- Mi hai sentito? Dì a Lisandro di liquidarlo in fretta! Prima che Violetta possa vederlo!” sentenziò ancora il sovrano. A quel punto la donna si voltò e tornò indietro, con grande stupore del marito che pensava stesse venendo ignorato. “- Ti da tanto fastidio che non sia nobile, eh? Abbi il coraggio di ammetterlo, almeno! Sei incredibile! Anche… “Lidia” non era nobile… eppure mi pare che ti piacesse e la cosa non ti pesasse più di tanto! L’hai baciata, o sbaglio?” ridacchiò lei, lasciando stupefatto l’uomo. La regina aveva notato come quel giovane tenesse tanto alla sua bambina e quanto la rendesse felice. Certo, non era un ragazzo dell’alta società… ma a lei non importava più di tanto. “- Cosa c’entra Lidia adesso? Io ho sempre saputo che tu eri… tu, la regina!” replicò lui, stizzito. “- Ma smettila! Eri innamorato comunque, senza avere la certezza di chi fossi in realtà! German… te lo dico per l’ultima volta: lascia in pace Vargas e, soprattutto, nostra figlia. Ha già sofferto troppo per vari motivi.” Gli ordinò quasi la donna, abbassando lo sguardo e intristendosi, al solo pensiero che la sua Violetta fosse stata male per tanti diversi momenti brutti.
“- E quindi tu acconsentiresti che la futura erede al trono si fidanzasse con un… uno stalliere?!” si lamentò l’uomo, ancora irato e che lo diventò ancor di più al solo dover pronunciare quella parola che avesse a che fare con "fidanzato" relativa a Vargas. “- Se lo ama, non vedo dove sia il problema! German, sono ragazzi! Lasciali in pace!” disse lei con leggerezza, come se nulla fosse. “- Sono fin troppo innamorati e la  cosa mi preoccupa… non voglio sentire ragioni. Lui non è nobile. Accompagnalo personalmente al cancello non appena avrà finito con Roberto e i suoi soldi.” Ordinò, categorico, il sovrano. “- Come vuoi… pensavo che dopo quel discorso, fossi tornato quello di un tempo… sai, non ti ricordavo così…” ma la donna si interruppe, cercando un aggettivo adatto. “- Così come?!” chiese lui, curioso. “- Così testardo e rompiscatole. A dopo.” Esclamò la bionda, avviandosi verso la porta e sbattendola con fare stizzo, facendo sobbalzare il marito. Si avvicinò al giardino in cui erano seduti Roberto e Leon ma fu distratta da una voce allegra che la chiamò in lontananza. “- Maria! Ciao!” Angie arrivò, sorridente come al solito, e l’andò a salutare con entusiasmo. “- Sorellina! Pensavo venissi a stare a palazzo, e invece…” ridacchiò la più grande delle Saramego, alludendo al fatto che si fosse trasferita a casa di Pablo e che non si fosse fatta portare ancora le sue cose al castello, a differenza di Angelica. “- Smettila! Piuttosto, come mai Leon è tranquillamente in giardino e tuo marito ancora non è andato a chiamare le guardie?” chiese lei, cambiando argomento ma arrossendo comunque come un pomodoro. “- Lascia stare. Non sopporta proprio quel poverino!” le confessò Maria, con aria rammaricata, ripensando a quanto il sovrano odiasse quel ragazzo. “- Lo so... ma io vado a chiamare Vilu! Così almeno lo saluta! Lo Studio è chiuso per ristrutturazione e lo sarà ancora per qualche settimana! E quei due a stento riescono a vedersi…” esclamò la più giovane, avviandosi verso l’entrata principale e accennando un saluto con la mano a Vargas che rispose con un sorriso gentile. “- Vai ma non farti beccare da Sua Mestà!” scherzò la sorella, vedendola correre ad avvisare la figlia della presenza dell'ex stalliere di corte.
“- Sveglia pigrona! Il sole è alto e di sotto c’è un ospite per te che ti attende…” Angie era letteralmente saltata sul letto della nipote che aprì un occhio con aria scocciata. “- Ma io ho sonno, zia!” si lamentò, voltandosi dall’altra parte. “- Ok, capisco… vuol dire che riferirò a… LEON… di tornare un’altra volta…” disse la donna sottolineando quel nome, con aria furba, alzandosi e avviandosi verso la porta convinta di ciò che sarebbe accaduto da lì a poco. “- Leon? Dove? Ma papà lo sa?” come previsto, la principessa era saltata dal letto come un grillo e si era subito catapultata nell’armadio, creando un grande ammasso di abiti, scarpe e borse in giro per la stanza. “- Non avevi sonno?” rise la Saramego, con aria astuta. “- Mi è passato!” rise la giovane, pettinandosi i capelli arruffati. “- Andiamo dai… ah, e se tuo padre te lo chiede… non ti sono venuta a chiamare io… siamo scese ‘casualmente’ in giardino…” esclamò la zia, aprendo la porta e richiudendola alle sue spalle e quelle della giovane. “- Perfetto! Sei mitica!” sorrise la giovane, schioccandole un bacio sulla guancia e precipitandosi al piano di sotto con aria felice. “- Buongiorno, tesoro! Angie, non l’ho neppure vista arrivare!” esordì il re, parandosi di fronte alle due che cambiarono espressione non appena lo videro. La donna lanciò un’ occhiata al sovrano come per far capire alla ragazza di lasciar parlare lei al padre. “- Salve, German! Mi puoi anche dare del ‘tu’, ormai siamo parenti… o meglio, ora che lo sai, in realtà lo siamo sempre stati! Senza saperlo… o meglio tu non lo sapevi… no, lo sapevamo entrambi ma in passato…” rise lei, nervosamente. Doveva trattenerlo. Ecco qual era il suo obiettivo. “- Papà io vado a salutare la mamma. Devo parlarle di una cosa importante…” inventò invece la giovane, aggirando di fretta l’uomo e la zia. “- Sì, scusami, Angie hai ragione. Devo farci ancora l’abitudine.” Sorrise lui, tentando di apparire meno severo di quanto non fosse.
 
 
“- Mamma! La zia mi ha detto che c’era… ma dov’è?” domandò la giovane, guardandosi intorno perplessa, sperando di incrociare gli occhi del giovane Vargas. Già, quegli occhi. Era da un po’ che non li guardava e le mancavano terribilmente. “- La persona che stai cercando è in biblioteca e ti sta aspettando… io non ti ho detto nulla, però.” Sorrise Maria, facendole l’occhiolino. “- Papà è dentro ma se dovesse uscire e trovarci anche solo a parlare, lui…” ma la madre la interruppe: “ - Lo so bene, tesoro mio. Ci penseremo io e Angie a distrarlo… ora va’!” esclamò, dandole una pacca sulla spalla e facendo sì che la ragazza iniziasse a correre verso il posto in cui si trovava il giovane.
“- C’è nessuno? Leon?” chiamò la ragazza, appoggiandosi all’enorme porta che permetteva l’accesso dall’esterno alla biblioteca reale. L’enorme salone era, come al solito, molto tetro, miliardi di libri sembravano osservarla, come quegli orrendi quadri di chissà quale antenato, disseminati su molte delle pareti circostanti. “- Leon sei qui?” ripeté la giovane, addentrandosi tra i vari corridoi che si creavano tra differenti librerie, alte fino al soffitto. “- Principessa! Buongiorno!” una voce la fece sobbalzare. Quel tono così dolce… un brivido le corse già per la schiena rapido, mentre lei si diresse al tavolo vicino al quale era appoggiato, con noncuranza, Leon. “- Amore mio!” sorrise subito lei, entusiasta di vederlo. Quando i loro sguardi si incrociarono scattò qualcosa… si sentivano dei clandestini nel doversi vedere in quel modo ma, pur di incrociare i loro occhi avrebbero fatto di tutto. “- Tua madre è l’opposto di tuo padre… mi ha invitato lei ad aspettarti qui e ti giuro che la cosa mi sembrava sospetta, inizialmente! Quando ho sentito la porta aprirsi mi stava prendendo un colpo… pensavo fosse una trappola e che stesse arrivando seguita dal re e dalle sue guardie… invece no… è stata sul serio così gentile con me!” sorrise lui, perdendosi a guardare la sua amata principessa. “- Io avrò pur preso da qualcuno! E non mi pare che abbia il carattere di papà!” rise la giovane, prendendogli le mani dolcemente. “- Mi mancavi tantissimo…” sussurrò il biondo, dandole un tenero bacio sulla fronte. “- E’ per questo che sei venuto? Sei venuto a trovarmi?” scherzò la principessa, sapendo benissimo che il giovane non poteva nemmeno avvicinarsi a lei. “- Ero venuto per vedere Roberto in realtà! Affari del mio ex lavoro!” scoppiò a ridere Leon, facendo divertire anche lei. “- Mi dispiace. Tutto ciò che ha a che fare con mio padre fa sentire in colpa anche me… lo so che è severo, burbero… ma ti giuro che, in fondo, non è una persona cattiva…” disse Violetta, appoggiandosi con la schiena ad una libreria zeppa di libri che scricchiolò nonostante l’esile fisico della principessa. “- Spostati da lì! E’ pericoloso, Vilu!” la esortò subito Vargas, vedendo gli scaffali traballare al minimo respiro tirato dalla ragazza. “- Ma no! In fondo è solid…” ma mentre stava per terminare la frase, alcuni volumi cominciarono a cadere al suolo provocando un forte tonfo e lei si ritrovò scaraventata dall’altro lato del tavolo, tra le forti braccia dello stalliere. “- Mi sa che avevi ragione tu…” disse lei, sul pavimento ancora stretta a lui, tremante, terrorizzata da quel boato che aveva provocato. Non erano caduti solo due o tre libri. L’intera scaffalatura era venuta giù, provocando un forte rumore e una nuvola di polvere che si levò alta nella sala. “- Ti ho salvato, principessa… per la seconda volta!” esclamò lui, aiutandola a rimettersi in piedi. “- Hai ragione! Ricordi come ci siamo conosciuti? Fuori dallo Studio?” rimembrò lei, mentre un dolce sorriso le si disegnò subito sul volto al solo pensiero. “Sono il tuo eroe, principessa! C’è poco da fare! Il cavaliere Vargas, sempre al suo servizio!” disse lui, facendo un buffo inchino e un lieve baciamano che fece arrossire la ragazza. “- Vedi? Il destino vuole che tu sia sempre al mio fianco… altrimenti poi come faccio senza di te a proteggermi?” sorrise la giovane, dolcemente, buttandogli le braccia intorno al collo e prendendo a fissarlo con amore. “- Appunto… e se lo vuole il destino bisognerà fidarsi!” sottolineò lui, ricambiando al sorriso e baciandola teneramente. Si guardarono intensamente negli occhi quando erano ancora ad un millimetro di distanza. Nonostante stessero insieme da un po’, per entrambi, ogni bacio era come se fosse il primo, provocando un turbinio di emozioni dentro di loro.
“- German, starà arrivando, vieni qui! E’ nelle scuderie!” La voce di Angie li fece sobbalzare e allontanare di colpo. Conoscendo la zia, geniale com’era, aveva urlato in quel modo di proposito per far sentire ai due giovani prima che succedesse il finimondo. “- Tesoro, dalle ascolto! Controlla prima nelle scuderie, ho visto Vilu andare di là!” questa volta, invece, era stata la regina a parlare tentando di calmare il sovrano che doveva essere piuttosto alterato. “- Il ragazzo è ancora qui? Rispondete!” urlò l’uomo, quando le voci si facevano sempre più vicine. “- Ma no, se ne è andato subito dopo aver visto Roberto! Calmati!” esclamò ancora Maria, la cui voce era sempre pacata e tranquilla.
“- Te ne devi andare di qui! Ci vediamo domani, vengo io a casa tua! Ma ora va’, presto!” strillò Violetta, tirandolo verso l’entrata alla biblioteca che dava nell’interno del palazzo. “- I libri… sono caduti! Ti aiuto!” esclamò lui, indicando il cumulo di volumi ancora al suolo. “- No, adesso devi solo andar via! Ci penso io! Ciao!” disse lei, ormai sotto voce data la vicinanza dei tre all’esterno sotto l’uscio della porta nascosta  tra milioni di librerie e richiudendola con il fiatone per la gran corsa.
Ritornò a sedersi come se nulla fosse al grande tavolo in legno quando entrò German, seguito a ruota dalle due sorelle Saramego. “- Violetta!” disse, stupito di vederla lì, da sola, a leggere tranquillamente. “- Vi avevo detto che era qui!” esclamò, lanciando poi un’ occhiataccia alle due nobili di Camelias e avvicinandosi alla libreria distrutta, mentre le due sorelle si lanciarono un eloquente rapido sguardo. Ora il re si inventava anche che stava cercando la figlia e non Vargas! “- Cosa è successo? Tu stai bene?” chiese, stupito da quel disordine e da quei tomi sparsi al suolo tra assi di legno e documenti vari. “- Ah… quello… beh, stavo mettendo apposto dei libri che avevo in camera quando è crollato tutto. Stavo per venirti ad avvisare ma tra quei volumetti per terra ho trovato qualcosa di interessante che, stranamente, ancora non avevo letto! Mi ha preso talmente tanto che non ho neppure guardato l’orologio!” disse lei come se nulla fosse, sfogliando il piccolo saggio che aveva tra le mani. “- Ti avevo detto che Vargas era andato già via da un po’! Ma tanto tu non ti fidi nemmeno di te stesso!” lo rimproverò Maria, per poi sorridergli dolcemente. Pericolo scampato, ancora una volta. “- Leon? E’ venuto qui? Io non lo sapevo nemmeno!” si intromise la principessa, facendo soffocare a stento una risata alla zia che, per fortuna, non diede nell’occhio. “- Lasciatela studiare, forza! Tutti fuori!” ordinò la più piccola delle Saramego, spingendo i due reali fuori dalla biblioteca e voltandosi per fare l’occhiolino alla nipote che, dal labiale, fece intendere un “grazie”.
Quando tutti furono fuori la giovane poté, finalmente, tirare un sospiro di sollievo e si stese quasi sulla sedia, riprendendo fiato per assaporare quel secondo di pace. Non ne poteva più di dover vedere Leon in quel modo! Che male poteva esserci se si amavano? Perché suo padre era così cocciuto e non voleva riconoscere quello che sentiva per lo stalliere? Già, proprio per quello. Perché lui per il re era soltanto lo stalliere di corte. Anzi, ex stalliere. Non riusciva a considerarlo al pari di sua figlia, la futura regina di Amapola. La principessa iniziò con quelle riflessioni e se ne stancò subito. Era inutile, non riusciva a trovare soluzione a quella faccenda. Solo allo Studio si potevano vedere senza problemi e qualche volta alla capanna del giovane, quando però, il sovrano acconsentiva a farla uscire con Angie che era costretta a farle da palo per tutta la giornata. Non che alla zia dispiacesse, anzi. Ma dispiaceva alla ragazza continuare in quella maniera. Si alzò, con un cerchio alla testa insopportabile e, senza fare caso a dove mettesse i piedi, inciampò rovinosamente e si ritrovò distesa al suolo, sull’elegante tappeto rosso cosparso di volumi. “- Dannazione! Povera me!”disse, rialzandosi e osservando un libro che non aveva mai visto. Era un enorme volume polveroso rilegato in oro con la copertina color verde smeraldo. Nessun titolo. “- Che strano… e questo cos’è?” si chiese tra sé e sé la ragazza, sollevando il pesante tomo e posandolo sul tavolo. Era una sorta di registro, pieno di mappe e luoghi vicini e lontani da Amapola. Il titolo esterno era cancellato ma, nella prima pagina era stampato in grassetto nero.
 
“LIBRO D’ORO DELLE FAMIGLIE NOBILI DI AMAPOLA.”.
 
“- Esiste una cosa del genere? Wow!” ridacchiò la ragazza, prendendo a sfogliare, quasi meccanicamente, il volume polveroso e semi distrutto. Riconobbe molti cognomi che conosceva: Ferro, discendenze di Heredia ed Heraldez che venivano proprio dal regno Argentino e notò, in alcuni disegni, i simboli delle varie famiglie nobiliari di Amapola. Ad un tratto c’era un brutto ceffo di nome Casal che aveva un viso familare… poi si ricordò del tizio che voleva rovinare lo Studio di cui aveva tanto sentito parlare e quello doveva essere qualche suo lontano antenato. C’erano persino i La Fontaine! Per fortuna, questi ultimi, ormai lontani dalla sua terra. Verso la fine, tra le pagine ingiallite, qualcosa attirò la sua attenzione. Era uno stemma particolare, molto di classe e diverso da tutti quelli che aveva visto in precedenza.  Uno sfondo blu era attraversato da un delfino argenteo sospeso al centro, come se stesse saltando nell’Oceano, libero e felice. Si soffermò a fissare quell’animale con curiosità… era davvero un bel blasone! D’un tratto, sgranò gli occhi sconvolta, leggendo il titolo che si trovava in cima al foglio e il cuore cominciò a batterle all’impazzata… sì, la scritta diceva proprio, in una elegante calligrafia arcaica:VARGAS DE MARINO”.
“- Non posso crederci… è impossibile…” esclamò, stupefatta, la ragazza, iniziando a leggere curiosa come mai quelle pagine.
“- Potrebbe essere nobile! Non ci credo!” urlò, quasi istintivamente la ragazza, perdendosi di nuovo nella lettura. “- Chi?” la voce di Angie, rientrata in biblioteca, la fece sobbalzare. “- Proprio te stavo venendo a cercare! Leggi qui! I Vargas de Marino, secondo questo libro, hanno discendenze nobiliari! Voglio saperne di più! Devo saperne di più! E se Leon ne facesse parte? Se non fosse un semplice Vargas?” sorrise lei alla zia che fissava il volume ancora sconcertata. “- Come mai tuo padre non lo sapeva?” chiese, sfogliando le pagine dedicate alla famiglia con lo stemma del delfino. “- Forse pensava fosse un omonimo! Che avesse solo una parte inutile del loro stesso cognome! In fondo sa che lui viene da un orfanotrofio, che non ha nessuno! Angie non poteva sospettare che fosse sul serio uno di loro!” esclamò la ragazza, convincendo anche la donna. “- Sì sarà stato per questo, credo… guarda qui!” sorrise la zia, indicando un ritratto di un ragazzino, quasi identico allo stalliere. “E’ la copia di Leon!” rise la Saramego, facendo annuire con decisione la ragazza. “- Conte Felipe Vargas De Marino. Secondo questo libro dovrebbe essere l’ultimo discendente della famiglia, una casata di conti a quanto pare!” sentenziò la principessa, sfogliando le altre pagine che, però, erano bianche. “Sì, suppongo di sì. Ma calcola che questo libro è molto vecchio e, dopo la sua pubblicazione la famiglia si sarà comunque allargata! Secondo me l’unico che potremmo cercare è questo Felipe! Dovrebbe essere il più giovane di tutto l’albero genealogico!” esclamò la donna. “- Ma che parentela potrebbe avere con Leon?” si chiese la ragazza, pensierosa come mai. “- Stando a quanto riportato qui… potrebbe essere uno zio o, addirittura, suo padre… dipende!” esclamò la Saramego. “- A patto che lui sia un Vargas De Marino… noi sappiamo che è soltanto Vargas!” disse la giovane, ritornando a fissare lo stemma della casata con aria assorta. “- Tentar non nuoce. Cerca informazioni su questo tizio! Magari scoprirai qualcosa… ti aiuterò io!” sorrise subito lei, rassicurante come al solito. “- Grazie. Sicuro troverò qualcosa in quell’orfanotrofio! Forse dovrei iniziare a cercare proprio da lì!” esclamò la giovane, alzandosi di colpo. “- Benissimo! Andiamo! Ti accompagno!” disse Angie, seguendola e afferrando il pesante librone, prima di strappare con foga quelle pagine dal prezioso volume. “- Ci servono! Non guardarmi così! Fornitevi di una fotocopiatrice e non distruggerò più niente!” rise lei, mentre, al sentire quel rompersi di fogli, la ragazza aveva preso a guardarla male, ridacchiando.
 
 
Angie e Violetta camminarono moltissimo ma, finalmente, arrivarono di fronte ad un tetro edificio, fuori dalla zona benestante di Amapola. Nel cortile, dei bimbi, giocavano allegramente ma qualcosa, una sorta di tristezza nei loro occhi, incupì persino le due visitatrici di quel luogo. “- Mi vengono i brividi a venire qui… poveri bambini!” sussurrò, sottovoce, la giovane, coperta con un cappuccio di una felpa per non farsi riconoscere, ormai famosa come anche sua zia che era vestita in modo molto camuffato anche lei. “- Già… questo posto mette una malinconia tremenda!” esclamò la Saramego, entrando nell’edificio ma fissando ancora i piccoli che si rincorrevano nel cortile. “- Buongiorno signore! Posso aiutarvi?” una donna grassoccia e mora, dallo sguardo gentile, accolse le due con un gran sorriso. “- Salve. Vorremmo un’ informazione. Ci servirebbe sapere quando un ragazzo è stato portato qui e se  avete notato qualcosa di particolare… un indizio, qualunque cosa!” disse subito la ragazza, mentre la signora prese a fissarla un po’ stupita. “- Tu mi ricordi qualcuno, signorina… e anche lei!” aggiunse poi, rivolgendosi ad Angie ed indicandola. “- Allora, ci puo’ aiutare?” supplicò quasi la principessa, ignorando le supposizioni della mora. “- Beh, vedi… di qui passano tantissimi bambini! E poi non posso mica dare informazioni così, a chiunque!” esclamò, cambiando espressione e diventando più accigliata, allontanandosi da dietro al bancone d’ingresso in cui si trovava. “- Aspetti!”urlarono le due incoro alla signora, scoprendo dal nome dorato sulla scrivania che si chiamasse “Elvira Ruiz”. “- Elvira! Dobbiamo rivelarle un segreto!” tentò di incuriosirla Angie, riuscendoci alla perfezione. “- Cosa volete ancora?” disse, molto meno simpatica di quanto non fosse sembrata all’inizio, la Ruiz. A quelle parole le due si scambiarono un’eloquente occhiata e, capendosi al volo, si abbassarono i cappucci e si tolsero gli occhiali da sole lasciando la donna a bocca aperta. “- Principesse! Non sapevo che… cosa volevate sapere, perdonatemi?” disse di colpo, afferrando alcuni registri e tornando dietro al banco informazioni. “- Di un ragazzo: Leon Vargas. Tutto ciò che sa su di lui.” Esclamò subito Violetta, sporgendosi verso la signora che, nel sentire quel nome, si incupì un po’. “- Lo ricordo bene, certo. E’ andato via da poco… non appena compiuti i 18 anni.” Esclamò Elvira, frugando tra delle carte sparse di fronte a lei. “- Ci serve qualcosa sul suo passato! Qualsiasi informazione potrebbe esserci d’aiuto.” Sottolineò Angie, appoggiando i gomiti alla scrivania e sporgendosi verso l’altro lato, dove c’era Elvira. “- Certo, Altezza! Sto cercando… ah! Eccolo qui! Vargas, Leon!” strillò la signora, abbassata dietro al banco, restando quasi invisibile agli occhi delle due. “- Arrivò qui in una notte di pioggia… una donna lo lasciò sulla soglia, in una cesta, come accade ancora adesso per molti di questi bambini. Ma ricordo una particolarità importante… aveva un lenzuolino prezioso, non i soliti stracci in cui vengono lasciati gli altri orfani di solito! E poi… ah! Ecco! Indossava un ciondolo… d’argento… Lo aveva al braccio con una catenina lunga e brillante con inciso questo nome dietro.” Concluse la signora, sfogliando il fascicolo del giovane. “- Quindi non era povero? Insomma, non le diede quest’impressione, giusto?” ipotizzò subito Angie, fissando la nipote. “- No, non credo… non l’ho mai pensato. Quel giovane mi ha sempre incuriosito! Ma poi un bellissimo ragazzo, sempre così… posato, quasi regale, ecco! Lui non stava mai troppo con gli altri. Non che fosse un asociale, per carità! Anzi, lo adoravano tutti! Ma amava scrivere e suonare… per intenderci, alcune volte se ne stava da solo in disparte… Per un periodo avevamo un pianoforte sgangherato, lì, nell’atrio… quando cercavi Leon sapevi sempre dove trovarlo, sempre lì a suonare! E apprese! Apprese subito, da solo! Un talento innato, insomma.” Concluse la donna, mentre a Violetta e Angie si formò automaticamente un sorriso sul volto. Le tre, però, non si accorsero che qualcuno, nell’ombra, stava ascoltando. “- Quindi, se vogliamo informazioni sul suo passato dobbiamo cercare il ciondolo! Devo parlare con lui, insomma!” sorrise la ragazza, osservando la zia annuire, rassicurante come sempre. “- Grazie mille, signora! Si ritroverà una bella donazione per la struttura da parte di Camelias!” sorrise Angie, osservando gli occhi della signora Ruiz illuminarsi. “- Oh, al vostro servizio, principesse!” disse emozionata la mora, accompagnandole verso l’uscita. Piccolo dettaglio… nell’uscire, dimenticarono di camuffarsi e i bimbi nel cortile le riconobbero!
“- Principessa! Principessa sei davvero tu? Wow sei splendida, Violetta!” strillò una ragazzina dalle lunghe trecce bionde e il nasino all’insù. “- Grazie, tesoro. Lo sei anche tu!” sorrise dolcemente lei, inginocchiandosi per arrivare all’altezza della sua “ammiratrice” e accarezzandole i capelli. “- Principessa, vuoi giocare con noi?” rise un’altra, tirandole la gonna. “- Su, cantaci qualcosa! Sappiamo che sei bravissima!” disse un bimbo cicciotto e dall’aria simpatica. “- Adesso non possiamo proprio! Ma torneremo domani stesso! Vero, Vilu? Violetta!” strillò Angie, perdendola di vista. Niente da fare, era già seduta sul prato, circondata dai bambini, cantando ‘En Mi Mundo’. Ci fu un forte applauso e, finalmente, la ragazza riuscì a tornare da sua zia. “- Ciao! Ci vediamo!” strillò, mentre tutti presero a salutarla con la mano. “- Principessa, ottima esibizione! Ma non si dimentichi che ha una missione… vai a parlare a Leon… io ti aspetto da Pablo. In bocca al lupo!” esclamò la Saramego, arrivata allo svincolo in cui si sarebbero dovute dividere. “- Salutami lo zio!” rise la principessina, facendo diventare violacea l’altra. “- Sbrigati!” strillò l’altra, scoppiando a ridere nervosamente.
 
 
“- Signora Ruiz!” la voce di un uomo fece voltare la donna che era di spalle al bancone. “- E lei chi è?” chiese la donna, fissandolo sorpresa… era ricco e si notava subito. Un grosso ciondolo attirò subito la sua attenzione… Era d’oro massiccio e brillava. “- Felipe Vargas De Marino. Ho sentito che parlava a quelle due donne circa un certo Leon Vargas. E’ andato via da poco da qui, quindi?” chiese lui, curioso, fissando con i suoi grandi occhi verdi, Elvira. “- Ma cosa volete tutti, oggi, da me! E poi non sono tenuta a dirle nulla! Sono informazioni private!” si lagnò l’altra, posando dei pesanti registri che aveva preso precedentemente. “- Sì, invece. Se il ragazzo è colui che sto cercando io… potrebbe essere molto importante.” Disse lui, allungando un sacco di iuta sul banco che traboccò di monete d’oro. “- Sì, è stato qui fino a qualche tempo fa, è andato via da poco, compiuta la maggiore età. Ma se ha già sentito tutto prima cosa vuole ancora?” chiese la donna, afferrando i soldi e mettendoli al sicuro sotto alla scrivania. “- Vorrei sapere dove posso trovarlo adesso?” chiese ancora il biondo, con un sorriso smagliante e molto affascinante che quasi lasciò di sasso la donna. “- Si dice che viva dalle parti del porto. Ma non so altro. Se vuole sapere altro si rivolga alla principessa Saramego o alla piccola Castillo… a quanto pare anche loro lo stavano cercando! O meglio, cercavano informazioni sul passato del ragazzo…” ma, mentre diceva ciò, l’uomo si era precipitato fuori… sperando di vedere una delle due reali in lontananza per potervi parlare. Della più giovane non vi era traccia… sembrava essersi volatilizzata nel nulla! Cominciò a camminare distrattamente su un marciapiede solitario e, ad un tratto, si accorse che davanti a lui, sembrava star attraversando la strada proprio la più grande delle due donne in orfanotrofio. Senza pensarci due volte la seguì e la perse di vista svoltando un angolo che dava su alcune villette… era sicuramente entrata in una di quelle case. Doveva trovarla.
 
 
“- Quindi Leon è nobile? Un Vargas De Marino?” chiese per l’ennesima volta Pablo, sconcertato da ciò che gli stava raccontando la donna. “- Potrebbe. Beh, siamo state all’orfanotrofio e tutto lascia supporre che lo sia.” Esclamò Angie, seduta sul sofà del soggiorno, sorseggiando una tazza di caffè fumante. “- Ed ora Vilu è andata a parlargli? Sai che se tutta questa vicenda fosse vera quei due non avrebbero più problemi per stare… emh… insieme?” chiese subito lui, appoggiando un vassoio sul tavolinetto e sedendosi accanto alla donna. “- Sì. io sono convinta che lei stia cercando la verità proprio per questo. E’ assurdo come mio cognato possa essere cocciuto e testardo su questa cosa! Si amano! Che male c’è se vogliono stare insieme!” esclamò lei, probabilmente stizzita come mai. “- C’è che sono di due mondi opposti. Come me e te.” Disse, cupo, Galindo, sfiorando la mano della donna con la sua. Lei alzò lo sguardo e gli sorrise, teneramente. “- Gli opposti si attraggono, Pablo. E sinceramente potranno dire ciò che vorranno. Io ti porterò a Camelias con me. Ti amo.” Esclamò, seria, la donna, lasciandolo stupito e felice. Senza dire nulla le si avvicinò e la baciò con passione, in un secondo tutto il mondo spariva, si sentiva completo quando stava con lei, la sua principessa. Il campanello suonò più volte ma i due lo ignorarono all’inizio, troppo presi da quel bacio. “- Ancora! Possibile che debba sempre arrivare qualcuno quando siamo insieme!” si lamentò lui, alzandosi controvoglia e avvicinandosi alla porta. Aprì d’istinto, convinto che si trattasse di Angelica che era andata a palazzo e si era stabilita lì da qualche ora… o di Maria che cercasse la sorella. Di certo, non si aspettava di ritrovarsi di fronte quello sconosciuto. Alto, capelli castano dorato e occhi verdi. Un gran bell’uomo distinto ed elegante lo salutò gentilmente. “- Buon pomeriggio. Cerco Angeles Saramego. Potrei parlare un minuto, per cortesia?” disse, osservando la faccia di Pablo che doveva essere tutto un programma. “- Lei chi è, mi perdoni?” chiese, stizzito, Galindo, ormai già verde di gelosia supponendo chissà cosa. “- Amore ma chi er… lei è chi penso che sia?” Angie era arrivata sulla porta e lo fissava scioccata. Poteva essere lui? Beh, era identico a Leon e al giovanotto della foto sul libro, certo da adulto, ma era certa che fosse proprio quel conte, poco ma sicuro! “- E chi pensi che sia il signore? Giusto per curiosità!” disse, con voce buffa e nervosa il direttore dello Studio, cingendo la vita della fidanzata per far capire subito al bell’imbusto come stessero le cose. “- Felipe Vargas Di Marino.” Esclamarono, quasi all’unisono, Angie e il sosia di Leon. “- Ah! Quindi vi conoscete già?” si incuriosì Pablo che, pur sapendo di chi si trattasse, si ingelosì comunque, ancor di più. “- Principessa Saramego, i miei omaggi.” Disse il conte, facendole il baciamano che la imbarazzò alquanto. “- Sì, ok, va bene abbiam capito che è un galantuomo! Entri e si sieda… lì, su quella poltrona singola possibilmente!” strillò Pablo, indicandogli un’elegante poltroncina di lato al divano su cui si sedette l'ospite mentre lui quasi tirò a sedere la bionda accanto a sé, cingendole le spalle con un abbraccio, facendo si che lei lo guardasse e trattenne a stento le risate. “- Per favore. Se lei sa dove potrei trovare Leon Vargas deve dirmelo! Lo sto cercando da giorni!” disse il conte, fissando Angie così intensamente da far alterare ancor di più Galindo. “- Lei è un parente, quindi?” chiese il direttore, cercando di distrarlo. “- Sono lo zio. Leon è un Vargas Di Martino. Beh, tutti lo conoscono solo come Vargas perché… è una lunga storia. Prima vorrei vedere il ragazzo. Se sapete dov’è mi fareste un gran favore.” Disse Felipe, sorridendo alla Saramego, facendo sì che Galindo lo fissasse con aria ancor più nervosa. “- E va bene. Le dirò dov’è. Ma sia cauto! Non lo sconvolga troppo, la prego. Quel povero ragazzo ha sofferto tanto, non ha mai avuto vita facile. Per fortuna, adesso, ha almeno l’amore.” esclamò Angie, pensando a quanto la sua nipotina amasse il giovane. “- Lo puo’ trovare sulla capanna sulla riva, presso il Puerto Mayor. Ora dovrebbe essere lì.” Aggiunse la bionda, osservando l’uomo alzarsi di colpo con aria tesa e decisa. “- Gentilissima, grazie di cuore. E scusatemi per il disturbo.” Salutò l’uomo, felice per l’informazione avviandosi verso la porta. “- Nessun disturbo! Si figuri e buona giornata!” strillò Galindo, quasi sollevato dal fatto che quel Felipe fosse subito andato via. “- Era lui! Capisci?” disse, con gli occhi che le brillavano di felicità, Angie, non appena il conte fu fuori di casa. “- Oh! Ma che bello! Che emozione!” la prese in giro Pablo imitando la sua voce, facendola scoppiare a ridere. “- E smettila! Io dicevo che ero felice per Leon e mia nipote! Tu devi finirla di essere geloso! E comunque non era niente male…” sorrise lei, provocandolo ancor di più. “- Ecco! Lo sapevo! Ti guardava, lo guardavi… principessa di qui, principessa di là, il baciamano! Vado a cucinare che è meglio… no, ma tu vai! Va’ dal conte Vargas De Marino, vai! Io torno ai fornelli!” borbottò lui, avviandosi verso la cucina, venendo fermato da lei che lo tirò per un braccio facendolo voltare. “- Non mi interessa niente del conte! Io voglio solo un direttore! Il direttor Galindo, lo conosci?” rise, ad un centimetro dalle sue labbra, prima di baciarlo dolcemente. “- Mi sembra di averlo sentito nominare…” sorrise lui, prima di baciarla ancora una volta.
 
 
“- Leon! Che bello vederti!” Violetta era appena entrata nella capanna del giovane Vargas, che, felice di vederla, le sorrideva, continuando ad apparecchiare con aria furbetta. “- Ma non è presto per cenare?!” chiese lei, fissando un raggio di sole che irraggiava tutta una fiancata della casetta, rendendola calda e ancor più accogliente, nonostante fosse una catapecchia. “- Sì, per cenare è effettivamente presto... ma per i muffin è l’ora perfetta!” esclamò lui, avvicinandosi alla ragazza e baciandola lievemente sulle labbra con dolcezza. “- Devo parlarti di una cosa importante…” iniziò subito lei, sedendosi al tavolinetto che il giovane stava allestendo: un vaso di fiorellini al centro, due bicchieri colorati e una brocca con del succo d’arancia. “- Mi spaventi se mi dici così! Cosa è successo?” chiese lui preoccupato dal tono della principessa, portando un vassoio di dolcetti fumanti e poggiandolo di fronte a lei. “- Si tratta di te. Insomma… non ti sei mai chiesto chi fossero i tuoi genitori, da dove venissi, se fossi… se fossi parte di una famiglia ricca o povera? Ti fai mai tutte queste domande?” iniziò la giovane, addentando un muffin con gocce di cioccolato. “- No. Perché so che non ho nessuno al mondo… e poi se mi avessero voluto non mi avrebbero abbandonato. Sarei cresciuto con genitori che mi avrebbero amato. Probabilmente io sono sempre stato un intralcio. Ma non fraintendermi… non voglio lamentarmi. Sono felice adesso. Ora ho te, ti amo e nessuno potrà mai separarci!” esclamò lui, ponendo la mano su quella della ragazza e, finalmente, sedendosi accanto a lei.
“- Senti Leon, non prendere a male ciò che sto per dirti. Io l’ho scoperto per puro caso… ma tu devi sapere ciò che sospetto. Ho trovato un libro e… ho scoperto che una famiglia originaria di Amapola si chiamava proprio Vargas Di Marino… insomma se fosse collegata a te tu… saresti un conte e poi c’era uno stemma con un delfino… stupendo! Mi ha subito colpito! Sono stata all’orfanotrofio con Angie… e…” Leon la guardava sbigottito ma non troppo. Insomma, lui sapeva da sempre di essere solo al mondo e pensava che quelle fossero solo una marea di coincidenze. Ascoltò con attenzione il racconto della ragazza su ciò che aveva scoperto e, quando finì di parlare restò, stranamente, in silenzio. “- Perché non dici nulla? So che non avrei dovuto indagare ma è successo tutto così in fretta e quel volume mi ha… sorpreso. Mi dispiace, sei arrabbiato?” chiese la principessa, ma il ragazzo continuava a non dire nulla. “- Perdonami, ti prego!” disse ancora lei, quasi con le lacrime agli occhi. Leon si alzò, e, sorprendentemente, si sfilò una catenina che aveva al collo, coperta sotto la camicia. “- Era questo il simbolo?” chiese poi, poggiandola sul tavolo e facendo sì che lei rabbrividisse nel riconoscere lo stesso stemma del libro.
“- Sì, sì Leon era questo! Allora tu sei…” balbettò lei, osservando la faccia sconvolta del giovane. “- Mi sono sempre chiesto cosa significasse… ma allora… perché mi hanno abbandonato? Ho sempre pensato di venire da una famiglia povera… in quel caso avrei pure in qualche modo giustificare il gesto di lasciarmi da solo, di farmi crescere in quel posto, non avendo i mezzi per mantenermi! Ma se erano ricchi perché lo hanno fatto?” urlò Vargas, gelido, con lo sguardo basso. Una lacrima gli solcò una lacrima e non riuscì a fermarla. Si sentiva ancor più ferito, deluso… per anni in realtà si era chiesto da dove venisse, chi fosse la sua famiglia… ed ora era così strano… era un nobile. Ma nessuno di quella casata si era mai preoccupato di lui! Una sola domanda si era impossessata della mente del ragazzo: PERCHE’? Perché non lo avevano voluto crescere? Potevano essere stati così spregevoli da lasciarlo all’orfanotrofio senza un motivo? Beh, di sicuro non si trattava di un motivo economico, ora era evidente.
“- Leon… si sistemerà tutto, vedrai. Sono sicura che tua madre avrà avuto un ottimo motivo per non poterti tenere con sé… forse voleva proteggerti! Da qualcosa, da qualcuno… vedrai che tutto si chiarirà.” Gli sussurrò Violetta, abbracciandolo da dietro e facendolo voltare di colpo. “- Io non ce l’ho con te, lo sai questo, vero?” chiese lui, asciugandosi una lacrima con la mano e tentando di sorriderle debolmente. “- Sì, sta’ tranquillo. Lo so. Leon… non volevo intromettermi ma volevo che tu lo sapessi, non appena l’ho saputo io.” Esclamò lei, prendendogli le mani e perdendosi negli occhi verdi come il mare del giovane, adesso un po’ arrossati dal pianto. “- Sì. Lo so, amore mio, non preoccuparti. Ti amo, Vilu. Sei la mia forza… so che dovrebbe essere l’inverso! E invece…” abbozzò una risata lui, finalmente distrattosi grazie alla ragazza. “- Invece nulla! Tu sei sempre stato la mia forza, Leon. Ora tocca a me. Ti sarò vicina, te lo prometto. Non mi interessa di nessuno… mio padre mi rinchiudesse di nuovo! Mi interessa solo di te.” Esclamò lei, sollevandogli il viso e baciandolo dolcemente. Qualcuno, però, li interruppe. Dei colpi sordi alla porta fecero avvicinare Leon ad essa per vedere di chi si trattasse. Quando aprì una ventata di salsedine si levò nell’aria e un ombra sull’uscio, lasciò di sasso entrambi i ragazzi.
 
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Sconvolti?! Ammettetelo che questa non ve l’aspettavate! Siete scioccati quanto Violetta, Angie e Leon? Beh, mi sa di sì! Che dire… capitolo un po’ lungo ma intensissimo e super movimentato. Io amo le scene Leonetta e Pangie e ci sclero sempre, ma dettagli! XD Felipe Vargas Di Marino… lo stemma col delfino… insomma… sarà vero? Come proseguirà la nostra storia? Lascio a voi i commenti! Vi attendo per il prossimo (ultimo) capitolo, ricco di suspanse prima di un epilogo dolcissimo! Alla prossima, ciao! :)

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Capitolo 35
*** E vissero tutti felici e contenti... ***


Un uomo sulla trentina apparve sull’uscio della capanna di Leon. Era bello, molto affascinante, alto e identico al ragazzo. Violetta prese a fissarlo con curiosità. Le sembrò di vedere il suo ragazzo da adulto tanto erano uguali.
“- Mi scusi lei chi è?” chiese subito il ragazzo, accortosi subito anche lui dell’impressionante somiglianza che quell’elegante signore aveva con lui. “- Leon! Sei davvero tu?”. Aveva un tono di voce così elegante e dolce che non sfuggì a nessuno dei due ragazzi.  “- Ci conosciamo?” chiese il’ex stalliere, ancora sorpreso da quella persona sconosciuta. “- Se mi lasci entrare ti spiegherò tutto. Abbiamo tante cose da dirci, ragazzo mio!” esclamò il conte, ancora fermo sulla porta, appoggiato con fare distratto allo stipite di legno, corroso dalla salsedine. “- Io non faccio entrare uno sconosciuto in casa mia!” disse, giustamente, il ragazzo, indietreggiando e proteggendo con il suo corpo Violetta che era alle sue spalle e fissava ancora quel tizio, incredula.
“- LEON, VIOLETTA! Dove siete?” Angie che li chiamava in lontananza li fece uscire tutti e tre fuori dalla capanna. Subito i giovani si voltarono verso la donna che era seguita dal direttore dello Studio ed aveva un'espressione alquanto scossa e tesa. “- Tutto bene? Ero preoccupata!” chiese la Saramego che non era riuscita a restarsene a casa, sapendo che quell’uomo avrebbe sconvolto la vita di Leon da lì a poco. I due ragazzi, nel sentire quella voce familiare, si erano fiondati verso i due professori, scansando l’uomo rapidamente e lasciandolo immobile sulla porta. “- Sì, tutto bene ma, perché sei qui? Mi sembri agitata, zia! Per caso voi sapete chi è quel tizio?” chiese la principessa ai due professori, indicando quella misteriosa persona rimasta vicino alla capanna. I due docenti, prima si fissarono e poi annuirono con decisione. “- Andiamo tutti in casa. Se Leon è d’accordo, chiaramente!” disse Pablo, avviandosi verso la casetta di Vargas, poco lontana dalla riva. “- Prego!” sorrise il ragazzo al direttore, facendo strada ai suoi inaspettati ospiti, ancora alquanto confuso da quel misterioso visitatore che sembrava conoscerlo e continuava a fissarlo, in silenzio, quasi sconcertato. Si sedettero tutti e quattro sul divanetto sgangherato di casa e attendevano solo che l’ambigua persona, su una poltroncina di lato al sofà, iniziasse a parlare. “- Allora, vuole dirci chi è o dobbiamo aspettare ancora molto?” iniziò Leon ansioso, prendendo ad analizzare il nuovo arrivato. Non riusciva a capacitarsi di quanto somigliasse a lui… eppure non lo aveva mai visto in vita sua! Chi era? Che voleva? E soprattutto, perché continuava ad osservarlo senza sosta? Queste e altre mille domande affollarono la mente del giovane che, finalmente, notò che il conte stava per iniziare il suo discorso.
“- Hai ragione figliolo, dunque, per prima cosa mi presento: sono Felipe Vargas De Marino, conte di Amapola.” Esclamò l’uomo, facendo sobbalzare lo stalliere e Violetta che non l’avevano mai visto prima di quel momento ma che sapevano, grazie a quel libro, di chi potesse trattarsi che portasse quel cognome. “- Piacere… come mai mi cerca?” balbettò quasi il ragazzo, confuso da quella presenza in casa sua. “- Leon tu… tu sei un Vargas De Marino come me, anche se immagino che tu non possa saperlo. Sei un conte, tuo padre, era un conte del la mia stessa casata, un grande uomo, sempre fedele al sovrano, in tutte le sue battaglie! Tua madre, invece, è una contessa originaria del Messico, Carolina De Reyes, del regno di Dalias, vicino Città Del Messico. Quando sei nato tu, le due famiglie, i De Marino e i De Reyes stavano vivendo già un aspro conflitto a causa di commerci mancati, affari economici vari eccetera, inoltre c’era chi appoggiava Amapola, chi invece era orientato e appoggiava il governo di Angelica Fernandez, per Camelias… poi, con la scissione dei due regni, quello dei Saramego e dei Castillo la situazione si complicò ulteriormente… ma questo accadde qualche anno dopo la tua nascita, torniamo qualche anno indietro… Insomma, tua madre era follemente innamorata di un De Marino, lo incontrò per caso, un tempo, qui ad Amapola. Lei era con il padre, tuo nonno Gonzalo De Reyes per affari, lontana da Dalias, poiché il sovrano voleva conoscere alcuni rappresentanti del suo regno e, inoltre, dovevano restare per un periodo di tempo per questioni commerciali qui in Argentina. Mi ricordo ancora quando tuo padre, mio fratello maggiore, Miguel Vargas De Marino, perse completamente la testa per tua madre! Erano felici ma costretti a vedersi di nascosto per non scatenare le ire delle due famiglie in conflitto. Ma tutto cambiò quando…” e lì, Felipe si interruppe bruscamente, abbassando gli occhi sul pavimento. “- Quando?” chiesero tutti in coro con curiosità, tanto presi da quel racconto che sembrava venuto fuori da un libro di storia antica o di letteratura. “- …Quando si scoprì che saresti nato tu, figlio di una De Reyes e di un Vargas De Marino. Sarebbe stato uno scandalo! Così, per evitare di farti finire in cattive mani, tua madre decise di lasciar andare suo padre di nuovo a Dalias e, con una scusa, di rimanere qui, in una casetta segreta con tuo padre, per tutto il tempo della gravidanza. Io, nonostante avessi qualche anno di meno, ero sveglio e mi accorsi di tutto… quindi non potettero nascondermi nulla! Vidi tua madre con il pancione, figurati! Si rese conto che doveva affidarti a me, meno coinvolto di Miguel, e io ti feci portare da lei stessa, appena nato, nell’orfanotrofio. Saresti cresciuto qui, lontano da Dalias e non avresti destato alcun sospetto con mezzo cognome, senza quella parte che contava di più. Ora che le acque si sono calmate e siamo in rapporti civili con il regno Messicano, e che Camelias e Amapola si sono riuniti, però, tua madre mi ha chiesto di venirti a cercare, di sapere come stavi, se avessi bisogno di qualcosa, se… volessi conoscerla. Lei non immagini quanto abbia voglia di riabbracciarti ed anche mio fratello, il tuo papà che adesso è con lei lì! Adesso che possono farlo sono così impazienti di conoscerti. Sia chiaro, ragazzo… io chiedevo sempre informazioni su mio nipote, non direttamente all’ orfanotrofio ma da seconde fonti, sono pur sempre tuo zio! Ma non potevo neppure avvicinarmi a te o la cosa sarebbe stata sospetta! Ma ora… ora grazie al cielo è tutto diverso!” esclamò, allegro, Felipe, lasciando tutti scioccati… soprattutto il diretto interessato che non disse una sola parola e si ritolse la collana, fissandone il ciondolo con il delfino e rigirandoselo tra le mani. “- Stai bene, Leon?” gli chiese all’orecchio Violetta, facendolo annuire con decisione ma sempre tenendo lo sguardo basso. “- Ah, capisco, signor Felipe… bene, per vostra informazione sto benone. Ed ora cosa pretendete? Che dopo avermi ignorato per anni venga con un perfetto estraneo in un posto sconosciuto a conoscere delle persone a me ignote? No. Mi dispiace. Non posso.” Balbettò il ragazzo, alzando finalmente gli occhi sullo quello che aveva scoperto, da un minuto all’altro, essere suo zio.
“- Leon… te lo ha spiegato… lo hanno fatto per te. Dagli una possibilità. Verrò con te, non ti lascio, e questo lo sai.” Esclamò Violetta, sorridendogli e poggiando la sua mano su quella del ragazzo che non sembrava voler cambiare idea. “- Perché non è venuto mio padre a cercarmi? Hanno mandato te perché non hanno avuto il coraggio di venire di persona?” chiese il ragazzo, con tono fermo e un po’ acido, ma tutto tremante per la notizia. “- Te l’ho detto! E’ andato da tua madre, a Dalias, non è più qui ad Amapola già da un po’. Finalmente potranno stare insieme, a distanza di anni e vorrebbero tanto vederti. Non pretendono che tu viva lì, sanno che qui hai i tuoi amici, la tua vita… o meglio, lo hanno potuto immaginare! Ma vorrebbero soltanto conoscerti, nient’altro.” Precisò Felipe, cercando gli occhi verde smeraldo del giovane, ancora bassi sul ciondolo. Era così sconcertato… aveva una famiglia! Una famiglia dal sangue blu, tra l’altro. Ma, orgoglioso e testardo com’era non riusciva a capacitarsi del fatto che lo avessero abbandonato. Non riusciva a capire nonostante le spiegazioni validissime di Felipe. O forse… non voleva capire. “- Leon, non l’hanno fatto perché ti volevano abbandonare. Io ti… posso capire, credimi. Sono vissuto sempre da solo e so quanto possa essere stato difficile e quanto lo sia adesso che tu abbia scoperto la verità sulle tue origini. Ma tu una famiglia ce l’hai e potresti avere la possibilità di conoscerla.” Sentenziò Pablo, abbassando lo sguardo al solo ricordo di quello che aveva passato anche lui stesso per diventare un coreografo, senza avere nessuno al mondo, proprio come credeva, fino a qualche tempo prima, il giovane allievo… improvvisamente si rese conto che, forse, per questo motivo Leon gli stava tanto a cuore… gli ricordava un po’ lui da ragazzo. “- Poi torneresti qui, ad Amapola! E pensa che al re saresti molto più simpatico se sapesse chi sei in realtà…” sottolineò Angie, astutamente, facendogli l’occhiolino, alludendo all’amore che aveva verso la principessa.
“- Ci devo… pensare. Scusatemi ma, adesso, vorrei restare un po’ da solo…” disse, alzandosi in piedi, il ragazzo, ancora tremante e tremendamente scosso. “- Va bene… è normale, sei sconvolto. Noi andiamo a palazzo. Sono mesi che sogno di vedere il sovrano. Mi riconoscerà a stento dopo il mio lungo periodo di soggiorno a Dalias! Mancavo da qui da un bel po’! Ma penso che di sicuro ricorderà molto bene tuo padre… era un suo fido alleato. Se cambi idea saremo al castello. Potremmo partire domani in mattinata. Pensaci, ragazzo. E ricorda: i tuoi genitori non vedono l’ora di riabbracciarti… non avrebbero mai voluto abbandonarti ma non hanno avuto scelta, per il tuo bene. Capisco che tu sia turbato! E’ normale… ma riflettici.” Esclamò, dolcemente, Felipe, uscendo seguito dai due professori dello Studio che lo salutarono con un cenno della mano, anche loro tesi per tutto ciò che era successo quel giorno.
“- Leon io… non so cosa dirti ma un consiglio te lo posso dare… ne hai dati tu tanti a me ed ora è il mio turno: non perdere l’occasione di poterli rivedere, potresti pentirtene. Sono sicura che è il tuo sogno di sempre poter sapere chi siano i tuoi genitori, abbracciarli dopo tanto tempo. Non essere orgoglioso, dovresti essere contento, guarda il lato positivo. E poi… io verrei con te! Stanne certo. A costo di legare mio padre nelle segrete e di partire!” Scherzò la ragazza sull’ultima parte della frase, prendendogli le mani, ormai sull’uscio. “- Grazie.” Esclamò lui, ancora teso ma avendo ascoltato con attenzione le parole della principessa.
 
 
“- German Castillo! Non posso credere ai miei occhi!” sorrise Felipe, avanzando sul tappeto rosso della sala del trono di Amapola, seguito dalla principessa che camminava lentamente, aspettando curiosa di ascoltare cosa avesse da dire il padre di quel ritorno a corte. “- Miguel? Miguel Vargas De Marino?” esclamò, erroneamente, il sovrano, alzandosi sorpreso e andandogli in contro per osservare meglio quel viso tanto familiare. Maria assisteva alla scena dall’alto del suo trono con aria confusa. “- Fuochino, Altezza. Sono Felipe. Il fratellino di Miguel!” rise il conte, mentre German fece una faccia sconvolta, sgranando gli occhi neri e prendendo a sorridere. “- Non ci credo! Pensavo che non viveste più qui ad Amapola!” esclamò, abbracciando il vecchio amico e perdendo il suo solito aspetto regale. “- Diciamo che sono andato per un bel po’ a Dalias, con Carolina e Miguel… ed ora sono tornato per un conto in sospeso…” sorrise l’uomo, mentre il re lo condusse al salotto reale, meno formale della sala del trono e di certo più comoda per un ospite. Maria e Violetta li seguirono, curiose ma, la ragazza, con un rapido riassunto, si intrattenne prima a spiegare tutta la faccenda di Leon a sua madre e di quel misterioso zio tornato per lui dal Messico.
“- Un conto in sospeso? Mi preoccupi, Felipe! C’è qualcosa che mi vuoi dire?” esclamò il sovrano, sedendosi sulla poltrona di fronte al suo interlocutore. “- No… volevo solo salutarti, non ci vediamo da così tanto!” rispose lui, cambiando discorso, senza volerlo. “- Già, mi ricordo quando Miguel era ad Amapola e ci vedevamo spesso per andare a cavallo e tu eri un moccioso che stava sempre tra i piedi! Volevi sempre venire con noi e tuo fratello si arrabbiava tantissimo!” rise German, facendo scoppiare a ridere anche l’altro. “- Grazie per il complimento! Ma, in effetti ero proprio una palla al piede!” sbottò De Marino, afferrando una tazza di tè da un vassoio d’argento, posato di fronte a loro da una cameriera subito chiamata dal sovrano per portare da bere all’ospite. “- Insomma, non credo che tu sia tornato qui solo per passare a trovare me!” esclamò, giustamente, il re, alludendo ancora a quel “conto in sospeso” di cui aveva parlato l’uomo precedentemente… subito si preoccupò del fatto che si potesse trattare di qualcosa che riguardasse gli affari e voleva saperne di più, anche per protezione di Amapola… si fidava cecamente dei De Marino… erano i De Reyes che non gliel’avevano mai contata giusta e il fatto che c’entrasse Dalias lo preoccupava.
“- Tranquillo! I De Reyes, ormai, sono calmi e pacifici! Non hanno più niente contro di noi e ci siamo anche chiariti da qualche tempo a questa parte…” rispose Felipe, conoscendo fin troppo bene il sovrano e facendolo quasi sorridere per averlo letto nel pensiero. “- …Si tratta di mio nipote. Nato nel periodo dei conflitti tra noi e i De Reyes… mio fratello perse la testa per la figlia di Gonzalo De Reyes, ti ricordi? Carolina!” esclamò il biondo, facendo rinascere un sacco di ricordi al solo sentire nominare quei due nomi. German si ricordò subito di quell’uomo, il conte Reyes… un severissimo nobile che non consentiva neppure che sua figlia conoscesse un ragazzo o partecipasse a qualche festa… era quasi come… come lui. Carolina era splendida e ricordò perfettamente il periodo in cui quasi non vedeva più Miguel perché troppo preso da questioni di cuore. “- Hanno… hanno un figlio? E dov’è stato per tutti questi anni?” chiese il re, curioso da quella storia. “- Nell’orfanotrofio a due passi da qui… povero ragazzo. E’ scioccato e posso anche capirlo! Vorrei riportarlo per un po’ a Dalias, dai suoi genitori. Muoiono dalla voglia di conoscerlo.” Sorrise Felipe, facendo annuire il re che continuava a fissarlo, soprpreso di una cosa: notava una somiglianza tra quel conte e qualcuno… qualcuno che conosceva ma non si trattava solo di Miguel, suo amico e alleato di gioventù… no… c’era qualcun altro che era identico a lui eppure non riusciva a capire di chi potesse trattarsi… e poi quella storia del nipote era così bizzarra! Non poteva credere al fatto che il suo compagno fidato non gli avesse mai parlato di quella faccenda del figlio… “- Non poteva dirti nulla, non guardarmi così! Eri il re, voleva proteggere suo figlio da Gonzalo e da Dalias… ti voleva bene e te ne vuole ancora ma era una questione troppo importante per lui. Era un segreto tra me, che lo scoprì per puro caso, Miguel e Carolina.” Sentenziò il biondo, ancora una volta come se avesse letto la mente del re. “- Capisco. Ah, ecco! Finalmente posso presentarti mia moglie e la mia principessa! Non so se ti ricordi di Maria… penso che avrai letto la faccenda della scomparsa, della perdita di memoria… eccetera! ” esclamò German, vedendo arrivare la regina e sua figlia verso di loro, ancora parlottando fittamente. “- Certo! Sui giornali non si parla d’altro! E comunque… come potrei dimenticare la più bella del reame! Salve, Maestà! E’ un piacere ritrovarla sana e salva, più stupenda che mai!” esclamò, con tono simpatico, l’uomo, facendo arrossire la Saramego e borbottare qualcosa sottovoce a German. “- Felipe… sono felice di rivederti.” Esclamò lei, ricevendo un galante baciamano dall’uomo. “- La principessa, invece già la conosco…” disse poi, facendo l’occhiolino alla ragazza che sorrise al pensiero che quello fosse lo zio del suo amato. “- Ah, immagino! Anche lei è stata su tutti i quotidiani. Con il finimondo che è successo…” esclamò German, ignorando il fatto che lui la conoscesse per la faccenda di Leon. “- Non solo… ecco vedi io e Violetta ci siamo conosciuti questa mattina…” sorrise il conte, che stava per raccontare la faccenda dell’orfanotrofio, di Angie e tutto il resoconto della giornata ma, un boato ruppe il silenzio. Il portone principale si spalancò e ne apparve Leon, circondato dalle guardie che tentavano, invano, di trattenerlo. “- COSA CI FAI TU QUI?” Tuonò il sovrano, mentre Violetta gli corse subito in contro, intimando i soldati di lasciarlo in pace. “- Signore, non siamo riusciti a trattenerlo!” esclamò una delle guardie rammaricata. “- Andate, a lui ci penso io!” ordinò il re, mentre i soldati si allontanarono stizziti da quel moccioso che aveva intralciato il loro lavoro. “- Leon!” esclamò Felipe, avvicinandosi a lui e facendo sì che German si voltasse per fissarlo, sconvolto. “- Ah, lo conosci? Ha già dato problemi anche a te?” borbottò il sovrano, tenendo per un braccio il ragazzo che, prontamente, tentò di  divincolarsi, nervoso come mai. “- Papà lascialo in pace! Smettila!” lo pregò la figlia, osservando come il padre tenesse il suo amato con forza. “- German, adesso la pianti! Lascia stare quel ragazzo!” strillò Maria, rimproverando Castillo… sempre, quando si parlava di quella faccenda, il re e la regina riuscivano sempre a litigare, nonostante si amassero moltissimo. “- Problemi? Che problemi! No!!! E’ lui! E’ il figlio di Miguel!” disse, invece, Felipe, facendo sì che il sovrano mollasse di colpo il giovane stalliere che cadde per terra e prendesse a fissarlo sconvolto. I suoi occhi passavano dal conte all’ex stalliere che si stava rialzando, come se stesse assistendo ad una partita di tennis. “- No… non è possibile. Lui è stato lo stalliere di corte… e mi ha dato fin troppi problemi! Ha perso la testa per mia figlia e… no, non ci credo!” sentenziò il re, ora fissando la regina e la principessa. “- E’ un Vargas De Marino, allora. Porta rispetto!” ironizzò Maria, dandogli un’inaspettata pacca sulla spalla che lo fece sobbalzare. “- Tu… sei… il figlio di Miguel…” balbettò finalmente l’uomo, forse risvegliato da quello stato di trance solo dal colpetto ricevuto dalla moglie. “- Incantato!” disse stizzito il giovane, cingendo, con aria di sfida, le spalle a Violetta che sorrise dolcemente, facendo ingelosire abbastanza il re che, però, a quel punto, non poté dire nulla. “- Felipe… emh… zio Felipe… scusami, mi fa strano, mi devo abituare… beh, io… ci ho pensato. Avevate ragione. Tutti. Devo conoscerli. Voglio conoscerli. Verrò a Dalias, ma solo per un po’. Devo… capire qualcosa di più. Ho bisogno di vederli, di avere delle risposte. E potrò farlo solo se verrò nel regno Messicano per incontrarli.” In quel momento arrivarono anche Angie e Pablo che furono sorpresi di trovare tutti riuniti nell’ingresso a parlare… con il giovane Vargas che era lì, faccia  a faccia con il sovrano e con suo zio. Rendendosi conto, però, di essere arrivati in un momento clou, se ne stettero in silenzio sull’uscio, felici come mai del fatto che il giovane avesse fatto la scelta giusta. “- Sono così contenta! Ero sicura che avresti preso la decisione migliore!” esclamò Violetta, abbracciandolo di colpo, davanti al padre che si voltò, nervoso. “- Adesso accetterai che… nostra figlia stia con lui, spero! Avresti dovuto accettarlo anche prima però!” gli sussurrò Maria all’orecchio, facendolo sorridere nervosamente. Ora aveva un futuro re dal sangue blu. Non poteva trovare più scuse per giustificare la sua gelosia morbosa nei confronti della figlia. “- Maestà… so che tra noi non c’è mai stato un buon rapporto ma… mi scusi. Lei ha ragione, sono stato uno sciocco, un folle a mettermi contro di lei. Ma non può ritenermi colpevole di nulla e sa perché? Perché la mia follia era motivata. Ero e sono pazzo d’amore per sua figlia. Voglio solo il meglio per lei, la amo. La amavo da stalliere, la amo ancora oggi e sono certo che l’amerò per sempre. La prego, mi conceda di essere il suo fidanzato. In fondo, vogliamo la stessa cosa: la felicità di Violetta.”. Leon si era avvicinato al re, questa volta senza la sua solita aria di sfida. Era teso, tremante, ma aveva detto quelle parole con il cuore. Dopo quella dichiarazione alla principessa scese, rapida, una lacrima di felicità su una guancia, cosa che non sfuggì alla madre che l’abbracciò e la tenne stretta a sé. Felipe osservava, fiero, il ragazzo, deciso come suo padre, pronto a sfidare un re pur di stare con la persona che amava, nel vero senso della parola. Angie e Pablo lo guardavano con orgoglio, non solo aveva fatto la scelta giusta di andare, per un po’, a stare con i suoi veri genitori in Messico… ma aveva parlato con l’anima al sovrano che, in effetti, era rimasto colpito da quelle parole. German, forse per la prima volta in vita sua, non sapeva cosa dire. “- Papà, per favore… dì qualcosa! Qualunque cosa!” lo esortò Violetta, andandogli in contro e prendendogli le mani, lasciandolo sorpreso. La fissò scioccato… quant’era bella la sua bambina… no. Non era più una bambina. Era una donna, una splendida donna. Leon era un Vargas De Marino e la cosa gli faceva piacere… nonostante gli screzi quel discorso gli aveva aperto gli occhi. non avrebbe mai dovuto vedere il ragazzo come un nemico… volevano solo che la giovane fosse felice. Lo volevano fortemente sia lui che Leon. “- Sì. Hai ragione. Mi hai dimostrato che si puo’ essere più maturi da giovani che alla mia età. Sono felice di… concederti mia figlia come fidanzata. Avrei dovuto capirlo prima. Se solo vi avessi ascoltato se solo io… ma ormai è tardi per i rimpianti. Leon… perdonami. E non lo dico solo perché, adesso ho scoperto che sei un conte. Sappi che mi scuso per quello che ti ho fatto passare. Sia a te e a mia figlia.” A quelle parole del re, nessuno sembrava crederci a quello che German aveva detto. Si era scusato? Aveva chiesto perdono al giovane Vargas? “- Sono fiera di te. Questo è l’uomo che ho sposato. Ti amo!” gli sussurrò Maria, prima di schioccargli un tenero bacio sulla guancia. Leon e Violetta si strinsero fortissimo, Felipe, Angie e Pablo si guardarono soddisfatti… era cambiato. Era cambiato in meglio… anzi, non era cambiato. Era ritornato ad essere la persona che aveva iniziato a governare, appena sposato, su Amapola e Camelias come un sovrano giusto e buono… certo un po’ severo, ma che avrebbe fatto di tutto per la serenità del suo popolo e, soprattutto, di sua figlia. “- Grazie, papà. Ero certa che avresti capito! Allora lo posso accompagnare a Dalias? Sarà solo per qualche settimana! Ti prego, ti prego ti prego!!!” supplicò la figlia, approfittando di quel momento di dolcezza di suo padre e andandogli in contro con aria tenera. “- No!” esclamò categorico German, seccamente e ridendo.  “- Certo che puoi, tesoro!” sorrise invece Maria, dandole un bacio sulla fronte. “- No!” ripeté, ancora, il re alzando il tono di voce. “- GERMAN!” urlarono tutti i presenti in coro. “- E va bene… ma niente aerei! Ci andate in nave… o potrei morire d’ansia per tutto il viaggio… poi mi chiamerai, durante ogni singolo minuto del tuo soggiorno da Miguel e Carolina! Mi raccomando e poi…” iniziò il re ma fu interrotto da un sonoro: “- GERMAN!” che lo richiamò alla calma. “- E va bene! La smetto… ok, vai tranquilla.” Sorrise Castillo alla figlia, ancora tremante e che lo fissava con gli occhi lucidi.
 
 
“- Non posso credere che ti abbia capito!” sorrise Violetta nel giardino, seduta sul bordo della fontana al centro del cortile, con la testa appoggiata sulla spalla del suo Leon. Le sembrava di vivere un sogno, ancora non riusciva a realizzare a pieno ciò che le era successo, a lei e al suo amato Vargas! Era, finalmente, libera. Libera di stare con lui, tranquillamente a palazzo senza doversi nascondere da nessuno, libera di vivere la sua vita come voleva… insomma: era libera… e la cosa le piaceva tantissimo. “- Non dirlo a me… se solo mi avesse ascoltato prima non avremmo passato tutto quello che abbiamo vissuto fino ad ora!” esclamò lui, giocherellando con gli zampilli d’acqua e facendo scappare via un branco di pesci rossi che si spaventò, prendendo a nuotare in direzione opposta, sparpagliandosi. “- Quello si chiama Leon.” Disse, d’un tratto, Violetta, indicando un pesciolino bianco e arancio, piccolo e un po’ diverso da tutti gli altri identici. “- Come ti è venuta questa?” esclamò divertito Vargas, senza riuscire a smettere di osservare il nuovo animaletto arrivato a corte, seguendolo con lo sguardo. “- Ah, ti spiego! Lui è arrivato a palazzo proprio il giorno in cui sei andato via tu a causa di mio padre, quando ti licenziò. Mi mancavi tanto e allora…” ma Leon la interruppe: “- E allora hai pensato bene di dargli il mio nome in mio onore! Wow!” esclamò, ancora ridendo, il ragazzo. “- Uffa adesso non prendermi in giro! E poi, sappi che è il più ‘cool’ di tutta la fontana!” sorrise lei, allegramente ma fingendosi imbronciata per le risate del suo fidanzato. “- D’altronde, ormai so di essere un De Marino. Quindi, vediamo un po’: De Marino uguale ad acqua, stemma con il delfino, pesce rosso. Il collegamento ci sta bene!” rise ancora Vargas, guardandola dolcemente e perdendosi nei suoi occhi come al solito. Quanto amava la sua principessa… era il giorno più bello della sua vita! Ora poteva stare con lei e questo gli bastava per essere felice. “- Porta rispetto alla tua, ormai, fidanzata ufficiale!” sottolineò, sorridente, anche lei, ricordandogli il permesso di stare insieme concessogli dal padre. “- Ha ragione, mi perdoni, Altezza. Mi devo abituare al fatto che il re non mi sguinzagli le guardie alle calcagna! E’ così bello poter stare qui, abbracciato a te, a chiacchierare come se  nulla fosse, con serenità.” disse, teneramente, Leon, stringendole ancor di più le spalle.
“- E domani partiremo per Dalias… sei emozionato?” chiese la giovane, socchiudendo gli occhi e respirando appieno l’aria profumata dai papaveri in fiore di cui era zeppo il giardino, mischiati al profumo del suo ragazzo. Riusciva a sentire il battito del cuore di Vargas e quel suono la rilassava moltissimo, si sentiva così serena in quel momento… le era mancata tutta quella pace e tranquillità nella sua vita ed ora, finalmente, grazie al giovane, l’aveva ottenuta dopo tanto e tanto tempo di ansie, paure e periodi bui. “- Sono teso. Ma so che ti avrò al mio fianco e la cosa mi rasserena. Stare con te mi fa stare così bene che potrei affrontare qualunque cosa.” Disse lui, tentando di nascondere la sua ansia e sorridendole dolcemente. “- So che sei nervoso ma devi stare calmo, ora è chiaro perché hanno dovuto lasciarti in orfanotrofio. Ti amano, Leon. Ti hanno protetto e non vedono l’ora di riabbracciarti. Sta’ tranquillo. Io ci sarò e ti appoggerò, con tutto il mio amore. Vedila come una vacanza in Messico con me, dalla tua famiglia! Non è male, o no?” rise la giovane, guardando il lato positivo, allegra e stringendogli una mano, intrecciandola con la sua… combaciavano alla perfezione e il pensiero la rese felicissima. “- Sai cosa? Dovresti prendere un altro pesciolino per la fontana!” disse, confondendola, Leon e ritornando a osservare per un secondo la vasca. La principessa lo guardò perplessa da quella frase e prese a fissarlo con una faccia che doveva essere alquanto buffa perché Vargas, non appena riprese a guardarla, ricominciò a sorriderle teneramente. “- Se c’è un Leon deve esserci anche una Violetta, per forza! Io non sono nulla senza di te. Mi completi, Vilu.” Disse, con aria seria e, allo stesso tempo dolce, il ragazzo, sollevando la mano intrecciata a quella della giovane e fissandole con tenerezza. “- Ci completiamo a vicenda. E provvederò ad aggiungere una principessina alla vasca!” sorrise lei, avvicinandosi alle labbra del ragazzo e sfiorandogliele con un tenero bacio che lasciò di sasso e felice il ragazzo che ancora doveva abituarsi alla storia di poter stare liberamente con lei, come coppia, nel giardino, sotto al naso del sovrano.
“- Ti amo, Leon Vargas. Mi sono innamorata di te. Ti amavo tantissimo quando eri un semplice stalliere e ti amo adesso da De Marino. E, di una cosa sono certa: che ti amerò sempre e comunque. Qualunque cosa accada.” Sussurrò, ancora ad un centimetro dalle sue labbra, la ragazza.
“- Ti amo, principessa. Sei il dono più bello che la vita potesse farmi. Dopo tante difficoltà, per entrambi, adesso siamo felici ed è la cosa più bella che abbia mai potuto sperare. Qualunque cosa accada… solo insieme, possiamo… ” Le disse, sottovoce lui, prima di prenderle il viso tra le mani e di baciarla con passione. Ormai nulla avrebbe più potuto dividerli. La loro avventura era appena cominciata e sarebbe stata la favola più bella mai scritta. Il sole stava calando, il tramonto rese il paesaggio, ormai estivo, di un forte colore arancio che risplendeva sull’acqua della fontana. Due ragazzi continuarono a parlare dolcemente, sognando il loro futuro insieme nel quale il loro amore sarebbe trionfato. La loro vita sarebbe stata al comando di Amapola. Ma non era questa la cosa più importante: erano insieme. Perché soltanto insieme… potevano. Potevano affrontare le difficoltà, come avevano sempre fatto fino a quel momento e avrebbero continuato a fare in futuro, potevano volare solo con la forza del loro legame, un amore senza fine. E, come nella migliore delle favole, anche loro e tutti i nostri protagonisti, vissero felici e contenti.
 
 
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Ok, sto piangendo come una disperata nonostante, forse, questo capitolo non sia il massimo! Lo so, lo so, è finita e voi starete esultando! XD No, a parte scherzi manca ancora un lungo e dolcissimo epilogo! Bisogna ancora spiegare come sono andate le vite di tutti gli altri personaggi! I nostri Leonetta… no, ok, li amo e sto sclerando! *-* Sono splendidi e felici… ormai German li lascerà in pace! Olè! Ora Vargas conoscerà la sua famiglia e andrà a Dalias con la principessa… aww *-*
Bene, ringraziamenti ufficiali li farò nel prossimo capitolo, l’ultimo vero e proprio ma comincio a dire un grazie di cuore a coloro che mi hanno lasciato delle splendide recensioni o che, semplicemente hanno letto la storia, magari inserendola tra le preferite/seguite/ricordate. Ma non potete capire che tristezza per la fine ma, allo stesso tempo la soddisfazione che ho in questo momento! :3 Aspettate ancora l’epilogo, mi raccomando. Ciao. :)

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Capitolo 36
*** Epilogo - Cinque anni dopo... ***


Epilogo - 5 Anni Dopo...


Caro diario,
 
in questi anni ho avuto poco tempo per scriverti e, tornare tra le tue pagine, rileggendo tutto ciò che ho scritto quando ero ancora una ragazzina, mi fa, tutt’oggi, sorridere ed emozionare come se  avessi la possibilità di rivivere tutti quei momenti attraverso queste righe. Trovarti in una cassapanca, coperto di polvere, mi ha fatto subito correre a leggere l’ultima pagina, quella che scrissi esattamente cinque anni fa, quando io e Leon stavamo per partire per Dalias. Wow, quante cose ho da raccontarti! Quante ne sono cambiate in questo tempo! Riprendiamo con ordine… ti ricordi? Papà consentì a me e al mio ragazzo di stare insieme, i fidanzati ufficiali, eredi al trono di Amapola… o meglio  non più solo eredi considerato che, ormai, stiamo per sposarci e diventeremo sovrani a tutti gli effetti! Sì, lo so è così emozionante, non sto più nella pelle al solo pensiero! Ancora non riesco a  credere che sia tutto vero. Tra poco saremo noi al comando del regno e devo dire che la cosa, stranamente, non mi mette per nulla ansia e sai perché? Perché posso stare tranquilla, avendo un compagno al mio fianco come il mio amato Leon. Sì, sono fiera del mio futuro re, lo amo come quando lo conobbi e lo amerò per tutta la vita, ne sono certa. Siamo una cosa sola, il nostro amore supererà qualunque cosa e sono orgogliosa di poter dire di avere la possibilità di tenerlo sempre al mio fianco. Non è stato per nulla facile la sua vita. Sento che, finalmente, è sereno insieme a me… non fa altro che dirmelo e la cosa mi rende felicissima. Se gioisce lui, gioisco io. Ricordo ancora il nostro primo soggiorno a Dalias, in Messico, per conoscere i suoi genitori. Carolina e Miguel Vargas De Marino sono delle persone eccezionali e lo amano tantissimo. Leon inizialmente era un pochino freddo nei loro confronti, insomma, titubante. Poverino, in fondo lo capisco, non dev’essere di certo facile per nessuno ritrovarsi di fronte la propria vera madre e il proprio vero padre, così, d’improvviso. Ma, ormai, sta legando un sacco con loro e quando li guarda leggo nei suoi occhi un amore sconfinato che, ormai, non ha più timori nel venire fuori nei loro confronti. I miei genitori, invece, hanno deciso, qualche mese fa,  di abdicare. Non che avessero problemi nel governare, anzi! Sono stati dei sovrani eccellenti per Amapola… ma, evidentemente, vedere me e Leon così uniti gli ha fatto prendere questa decisione… non chiedermi come mio padre abbia preso questa scelta, sono sicura che sarà stata un po’ sofferta per lui (e che mia madre abbia influito un sacco nel fargli accettare l'idea...)… ma l’ho visto sereno e la cosa mi tranquillizza tanto. Si fida di me e, sorprendentemente, ha cambiato completamente atteggiamento con Leon. Sta finalmente capendo di che stoffa è fatto ed è sicuro che sarà un suo degno successore.  Sorprendente che lo abbia detto sul serio il sovrano Castillo in persona, eh? Già, lo so, quella frase stupì anche me,  il mio amore e la mamma, ma papà è fatto così… tanto testardo e severo quanto buono. Beh, in effetti Leon si sta dimostrando già da ora una persona in gamba nel governare e lui se ne è finalmente, dopo un lungo periodo di titubanza, reso conto appieno. Fatto sta che, tra esattamente 4 settimane, ci sarà il matrimonio reale, il nostro matrimonio reale… e non sto più nella pelle! I giornalisti di tutto il mondo sono già nel regno e miriadi di fotografi non fanno altro che inseguirci ogni momento… ma non è un  problema. L’importante per me è solamente stare con il mio solo ed unico amore. E’ questo che conta davvero, che mi rende felice. In questi giorni, ad Amapola, oltre ad una folla di curiosi e di mass media, stanno arrivando anche tutti i nostri amici di sempre, con i quali non abbiamo mai perso i contatti. Ieri, ad esempio, sono venuti a trovarci a palazzo il barone Bianchi e la sua fidanzata ufficiale, Francesca Rossini. La mia Fran, quanto le voglio bene! Ormai fa avanti e indietro dall’Italia per concerti insieme al suo amato, e mi ha confidato che, anche loro due, stanno pensando al matrimonio per stabilirsi, definitivamente, qui in Argentina. Federico è sempre tanto preso dagli affari essendo un noto produttore musicale e stravede come al solito per la sua storica dolce metà. La cosa bella che mi fa sorridere è che sembra incantarsi a guardarla ogni volta, come se fosse sempre la prima. Sono così dolci! Mi ha fatto tanto piacere poterli riabbracciare e sapere che ci saranno alle nozze mi ha fatto fare i salti di gioia! Luca e Camilla, invece, sono tornati apposta da Roma, dove vivono e gestiscono una catena di ristoranti, per il matrimonio reale. Cami si è già sposata ed hanno un bimbo splendido, un "mini Rossini" di nome Lorenzo, super vivace e bello come la mamma e il papà! Non vi dico l’emozione della zia quando è nato! Telefonò a tutti in piena notte, fregandosene del fuso orario! Le adoro troppo, e, nonostante la distanza che ci divide, amo passare del tempo con le mie migliori amiche. Sono importantissime per me e spero che riusciremo comunque a vederci sempre, nonostante la vita ci divida spesso. Un' altra conferma alla partecipazione reale è stata quella delle sorelle Heraldez. Loro ho avuto modo di rivederle un po’ più spesso a vari ricevimenti dell’alta società, essendo comunque rimaste in Argentina. Helena e Napo continuano a fare coppia fissa come sua sorella minore, Natalia, e il super simpatico Maxi o, come si fa chiamare adesso davanti ai suoceri, Maximiliano! Non è cambiato per niente! E’ il solito rapper casinista di sempre solo che tenta di contenersi, con scarsi risultati, davanti ai conti Heraldez! Ma lo adoriamo tutti proprio per questo. Non vi dico cosa ha dovuto passare per entrare nelle grazie dei genitori delle due sorelle spagnole! Per fortuna, con il tempo, anche Ponte è stato accettato… emh, senza cappellino e con il suo nome completo… ma pur sempre accettato!  E poi, devo dire che per lui non è stato per nulla un peso, anzi… farebbe di tutto per stare con Naty e sono sicura che anche il loro amore continuerà in eterno! insomma, quel Carlos se ne è tornato in Spagna per sempre e Maxi puo’ girare liberamente per villa Heraldez senza essere più “sbranato” dai genitori della fidanzata.
Helena, invece, è diventata la prima ballerina del Gran Teatro Dell’Opera di Amapola e Natalia fa parte della stessa compagnia della sorella. Sono spesso in tour ma tornano sempre qui, a casa loro, e andarle a vedere sul palco è sempre un’ emozione incredibile. Sono eccellenti danzatrici… beh, calcola, mio caro diario, che la loro insegnante è stata la Dominguez che, adesso, è diventata proprio lei la direttrice del teatro del regno! In pratica le ha assunte lei stessa, affermando di volerle fortemente nella sua compagnia! Anita è perfetta nella gestione del posto e, non l’avrei mai detto ma… si è sposata! No, non fraintendermi… è una splendida donna e si è anche dimostrata dal cuore buono, quindi avevo immaginato che potesse convolare a nozze prima o poi… ma il punto è con chi lo abbia fatto… va beh, caro diario, te faccio breve: Roberto Benvenuto, il nostro Beto, professore di musica, l’ha portata all’altare l’anno scorso! Ammetto di essere rimasta sorpresa da quell’invito! E non solo io... ricordo ancora l’espressione di Leon quando leggemmo la partecipazione! Beh, in fondo, sono una bella coppia, lei così decisa ma allo stesso tempo fragile e lui… beh, lui la ama alla follia ed è sempre il solito… semplicemente Beto! Ormai è diventato il direttore dello Studio e, di conseguenza, è meno strambo di un tempo… insomma, l’impiego di responsabilità lo ha cambiato in meglio ed è felice con la sua Anita e la loro splendida bambina, Melody. Ah, a proposito di famiglie felici e di bambini! Non ti ho detto la grande novità!
Camelias è tornato un regno indipendente e al suo governo ci sono niente poco di meno che la mia amata zia, Angie, che si è sposata con Pablo Galindo che ha ceduto, appunto, il suo ruolo di dirigente dello Studio a Beto! Il loro matrimonio è stato spettacolare! Se ne è parlato per mesi! Altro che William e Kate, niente in confronto ai miei fantastici zii! Tornano spesso ad Amapola a trovarci e, quando arrivano, riescono a mandare in tilt il regno! Ormai sono settimane che i giornali titolano, quasi copiandosi l’uno con l’altro: “Le favole di Galindo e Vargas. Un sogno che diventa realtà per Camelias e Amapola”. Beh, non ti spiego perché parlano di favola per il mio Leo, si è intuito quanto la sua vita sia stata sorprendente… da stalliere a futuro re. Per quanto riguarda mio zio, invece, è più o meno la stessa cosa,,, cambiano la parola stalliere e la sostituiscono con “direttore di un’accademia”… ma il senso è quello. La cosa bella e che mi rende felice è vederli così innamorati… mia zia è felice, lui la rende felice e sono davvero stupendi al comando del regno dei Saramego. Ah, a proposito! C’è già la cicogna che sta per arrivare a Camelias… avrò presto un cuginetto reale, un maschietto e si è deciso, dopo varie discussioni, che si chiamerà Lucas! Non vedo l’ora! Sono così emozionata!!! Il papà del futuro re non sta più nella pelle e non fa altro che parlarne! Angie, invece… beh, le leggo una serenità in viso che non le avevo mai visto e sono tanto contenta per lei e Pablo. Lui, nonostante non fosse nobile né, tanto meno, reale, ha uno spirito da sovrano giusto e buono e tutto il popolo lo adora già. Leon sarà proprio un degno re come lui, ne sono certa! E poi vanno un sacco d’accordo… sono sicura che, finalmente, regnerà la pace per sempre tra Camelias ed Amapola.
A proposito di regni! Magnolias è stato al centro del mondo per un sacco di tempo e lo sarà ancora per un po’… il principe Thomas Heredia è tornato in Spagna con la sua futura consorte, la contessina Ludmilla Lopez Ferro. Sì, ha dell’incredibile, lo so. Quei due mi sono sempre sembrati due poli opposti… lui tanto deciso, freddo, sempre con quel sorrisetto ironico… lei apparentemente malvagia ma in realtà soltanto molto fragile. Insomma, è proprio vero che i detti antichi non sbagliano mai e per loro non puo’ che valere quello che afferma: “Gli opposti si attraggono”. Che poi, riflettendoci, tanto opposti non lo sono mai stati… la forza era la loro caratteristica fondamentale e centrale e quella, in effetti, l’hanno sempre avuta entrambi. Fatto sta che, anche il loro matrimonio reale è molto atteso, soprattutto in Europa, ma sono contenta che abbiano confermato anche loro la partecipazione al nostro… stanno per arrivare anche loro qui, in Argentina. Ludmilla sembra finalmente essersi calmata… no, non che sia cambiata molto, sia chiaro! Ma la vedo finalmente serena, accanto al suo amore di sempre, il principe Heredia. Sono sempre stata convinta che lui avesse un' influenza positiva su di lei e, con il passare del tempo, questa mia teoria è stata confermata. Insoma… se alla Ferro fa tanto bene stare con Thomas ben venga anche la loro particolare coppia! O “la strana coppia!” come li definisce, ogni volta ridendo, Leon.
Mentre ti scrivo sono nella mia stanza, quella solita dove ho trascorso tutta la mia adolescenza. Caspita se conosco bene questa camera! Mi ricordo ancora i pianti che mi ci sono fatta… da quando mia madre scomparve… a quando Leon fu licenziato da palazzo e io fui segregata qui dentro, in punizione per la questione della musica pop… beh, ormai non voglio più essere triste, non adesso. La mia mamma è felicemente viva e l’adoro tantissimo e il mio futuro marito... (wow, che bello poterlo scrivere! Ancora devo realizzare appieno la faccenda!) beh, lui nemmeno soffrirà più.
Ora è impegnatissimo… ah, mio caro diario, se ti dico dov’è comincerò a ridere senza sosta… sta sfidando Andres, il suo migliore amico di sempre, in una sorta di caccia al tesoro per il castello che poi dovrebbe concludersi a cavallo… ma la cosa divertente è che per spiegare le regole al suo amico storico ci sono volute circa due ore! Per fortuna è intervenuta Andrea, ormai sua moglie, che pur di liberarsene per un po’, lo ha mandato in giro per il castello con il mio fidanzato. Non ti dico quanto sono carini quei due! La sua consorte, però, è stata tenerissima! Mi ha detto che lo ama alla follia ma che, ogni tanto, deve lasciarla in pace! Andres è sempre il solito! Immagino che stordisca spesso la povera Andrea con tutti i suoi racconti strampalati e folli! Ma si amano ed è quello l’importante. Si vede che si divertono un sacco insieme… tra l’altro, ormai, sono due professori dello Studio 21 che ha ripreso il suo vecchio nome, e, lavorando vicini, sono ancor più uniti.
Già, lo Studio… quell’accademia mi ha cambiato la vita. E’ iniziato tutto da lì. Fuori da quella scuola ho conosciuto per la prima volta Leon, lì ho capito che avevo la stessa passione per l’arte di mia madre, grazie allo spettacolo organizzato da loro ho iniziato la mia opera per riportare la musica ad Amapola. Sì, perché ormai, dopo il mio debutto ufficiale in società, la melodia ha di nuovo invaso il nostro regno, per la gioia di tutti gli abitanti e soprattutto per la mia. Via quel cupo grigiore, quel silenzio che l’aveva oppresso per troppi anni. Adesso, invece, l’aria sembra essere sempre colorata da mille sfumature di suoni, anche quando il cielo è coperto o c’è un temporale… tutto è cambiato, in meglio. Non ti dico quanto sia fiera la nonna Angelica delle mie idee, del mio carattere! Dice che sono identica alla zia e alla mamma e che le ricordo tanto lei da giovane. Mi consiglia sempre ed è molto saggia… credimi, starei per ore ad ascoltarla. E’ sicura che, una volta al comando, sarò proprio come lei, giusta e buona. Beh, mi sento molto orgogliosa di tutti questi complimenti ed ogni volta divento paonazza per l’imbarazzo… e lei, che capisce sempre tutto, se ne accorge subito! Beh, d’altronde fu la prima ad accorgesi della zia e di Pablo! Mi racconta sempre di quando tornò ad Amapola e trovò quei due insieme, a casa di Galindo! Ed ogni volta scoppiamo ancora a ridere! E poi, la nonna adora anche Leon… lei non ha mai avuto pregiudizi sul fatto che non fosse nobile, come non ne ha mai avuti per lo zio Pablo! Le voglio un mondo di bene, nonostante sia anziana ha una mentalità giovanile e aperta e tutto il popolo apprezza un sacco la cosa. Ora ha lasciato il palazzo di Camelias per vivere in una villetta in Europa, una residenza estiva… quella, per intenderci, in cui era cresciuta Angie da ragazza, per essere protetta dalle ire di mio padre nei confronti dei Saramego. La nonna ci viene spesso a trovare e mi ha chiamato entusiasta della notizia del matrimonio! Beh, è fantastica, una donna meravigliosa e sono fiera che nelle mie vene scorra anche il suo sangue, quello di mia madre e quello della zia. Tre donne decise, forti e determinate… spero di essere anch’io come loro, un giorno. Anzi, forse già lo sono diventata. Sono cambiata un sacco in questi anni… ricordo quando ero un uccellino impaurito, perennemente in gabbia, quando nemmeno potevo varcare le mura del palazzo… ma, la mia forza e la presenza di Angie, devo dire, mi hanno aiutato tanto a diventare una persona libera.
Già, la libertà… sottovalutiamo sempre questo regalo, questa possibilità di essere senza catene, pronti a poter vivere senza costrizioni, senza nessun impegno. Mi era mancata così tanto che adesso ne comprendo appieno l’importanza. Essere liberi, avere la possibilità di poter inseguire i propri sogni, il proprio destino. E’ meraviglioso sentirsi come l’aria, senza nessuno che scelga al posto tuo, che ti dia ordini secondo il suo volere. Ho vissuto per troppo tempo così e, adesso, mi sono resa conto che la libertà è un bene fin troppo prezioso e bisogna averne tanta cura. Io lo farò e voglio che anche il popolo ne possa godere appieno.
Voglio essere una sovrana come le Saramego: decisa, buona e giusta. Voglio che la gente apprezzi il mio lavoro, voglio servire il popolo nella maniera migliore che ci sia, senza compiere errori, senza l’autoritarismo che ha avuto in passato, mio padre. Non sarò “la regina”… voglio rimanere Violetta, la ragazza sognatrice che ama la sua gente e che farà il possibile per governare nel migliore dei modi Amapola con, accanto, l’uomo della mia vita che sono sicura farà lo stesso. Lu, tra l’altro, è stato un ragazzo del popolo per tanto tempo prima di conoscere le sue vere origini nobili ed è cresciuto tra i poveri del regno, tra le persone comuni. Chi meglio di lui per far valere i diritti anche dei meno abbienti? Sarà meraviglioso, sarà il re che tutti hanno sempre sognato, sarà il re che io ho sempre sognato. Beh, mio caro diario, adesso devo andare… sono indaffaratissima con i preparativi delle nozze… sai com’è: abito, addobbi, fiori e via dicendo… ma mi sa che prima di occuparmi di tutti questi affari, passerò dal mio amore. Non ce la faccio a stare lontana da lui! Neppure per un secondo! Devo dirgli, in ogni momento quanto lo ami, quanto voglia stare con lui per sempre, per tutti i giorni della mia vita… IO AMO LEON VARGAS! Conte De Marino… o stalliere che sia! Per me è sempre stato indifferente! Se ho una certezza è sempre stata questa: amo il mio, da sempre, re e sarà per sempre così!
 
 

 Con affetto, Violetta.

 
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Ed eccoci all’epilogo! Spero che questa storia vi sia piaciuta, che vi abbia lasciato qualcosa, un’emozione… insomma che abbiate gradito la mia ff, ormai completa “Juntos Podemos…”. (mi fa sempre un certo effetto pubblicare gli epiloghi… e inserire la parola “completa”… *-*). Ora voglio dedicarmi un po’ ai ringraziamenti ufficiali, allora:

Grazie a Sweet_Trilly perché, nonostante i mille impegni, ha seguito sempre con affetto la storia lasciandomi splendide recensioni e regalandomi preziosi consigli! E w i nostri scleri sull’angelo dagli occhi verdi, i Leonetta e i Pangie! (Un’altra fan della coppia Pangie! Allora non sono la sola! :3)
 
Grazie a Syontai, sempre gentilissimo e cordiale! Ho adorato le tue recensioni chilometriche (ma questo lo sai già… ;) e le tue dritte! :) E w i nostri scleri Leonettosi! ;)
 
Grazie a Ary_6400 per le avermi sempre seguita con affetto, lasciando sempre una bella recensione!
 
Grazie a Anne Hepburn per le belle recensioni e l’affetto con cui mi ha seguita!
 
Grazie anche a:
 
Fedec93
Gatto17
Heyjustinloveu
Ilariacerati91
Morgana1994
Taylor13
AnnaSscNapooli
Dolceluna83
Mishy
Sara JB
Sofy_87
Pumba93
Vilueleon_01
Ines_love_321
Cande16
 
Insomma, sperando di non aver dimenticato nessuno, grazie di vero cuore a tutti coloro che mi hanno seguito, anche solo leggendo o inserendo la storia tra preferiti/seguite/ricordate. Tornerò presto con una nuova fan fiction, la sto già scrivendo… ovviamente Leonettosa! Avevate dubbi? ;)
Alla prossima, ciao! :)

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