Phoenix Song, or Hermione Granger and the HBP

di grangerous
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Song of Healing ***
Capitolo 2: *** The Man with Two Masters ***
Capitolo 3: *** The First Lesson ***
Capitolo 4: *** The Agreement ***
Capitolo 5: *** Preparations ***
Capitolo 6: *** Happy Returns ***
Capitolo 7: *** Hermione's Helping Hand ***
Capitolo 8: *** Slytherin Politics ***
Capitolo 9: *** Birthday Surprises ***
Capitolo 10: *** Occlumency ***
Capitolo 11: *** Slytherin Conversations ***
Capitolo 12: *** Severus Saves ***
Capitolo 13: *** Canary Yellow ***
Capitolo 14: *** Defensive Mechanisms ***
Capitolo 15: *** Christmas Cheer ***
Capitolo 16: *** Viktor Victorious ***
Capitolo 17: *** Family and Friends ***
Capitolo 18: *** Reversal of Fortune ***
Capitolo 19: *** One is the Loneliest Number ***
Capitolo 20: *** Misery Loves Company ***
Capitolo 21: *** Knowledge = Power ***
Capitolo 22: *** Information Networks ***
Capitolo 23: *** Occam's Razor ***
Capitolo 24: *** Sectumsempra ***
Capitolo 25: *** Felix Felicis ***



Capitolo 1
*** Song of Healing ***


Capitolo 1

Nota della traduttrice:

E' la mia prima traduzione per il fandom di HP e spero possa incuriosirvi e interessarvi com'è accaduto a me. Trovate la storia in originale qui.

Questa è la prima di una trilogia con protagonisti Hermione e Snape, in un'alternativa versione degli ultimi due libri della saga. L'autrice grangerous, di cui curo l'account su questo sito, è stata molto gentile da acconsentire alla traduzione. Conosce abbastanza bene la lingua italiana, quindi penso potrà apprezzerare ogni vostro commento alla storia senza bisogno di traduzione. 

Alcune precisazioni:

  • ho deciso di non tradurre i nomi dei personaggi, mentre tutto il resto lo troverete in italiano;

  • le frasi sottolineate sono prese pari pari dal testo originale;

  • le forme di rispetto sono qui espresse più o meno come nei libri: gli studenti danno sempre del lei ai professori, mentre i prof danno del tu agli studenti, ma antepongono le forme Signor e Signorina prima del cognome (approfitto per ringraziare ThePortraitOfMrsBlack per le precisazioni a riguardo).

Infine, il capitolo non sarebbe leggibile senza il prezioso intervento della mia beta silviabella che vi ha evitato errori ed orrori degni di un girone dell'inferno dantesco.

Buona lettura,

Anne London


Capitolo 1


Song of Healing


"Innerva."

La voce la rese improvvisamente conscia del suo corpo, nell'improvvisa consapevolezza di dolore e panico. Harry. La profezia. Si sforzò di alzarsi, strizzando gli occhi contro la luce intensa. Una mano fredda sulla fronte la spinse gentilmente, ma fermamente, indietro nel letto. Un letto? Dove sono?

"Signorina Granger," conosceva quella voce: fredda come la mano sulla fronte, profonda e molto rassicurante. “Sei ad Hogwarts, nell'infermeria per essere precisi. Preferirei stessi sdraiata.”

“Do-dov'è Harry?” chiese, il panico che pulsava nelle vene.

“Malgrado abbia trascinato cinque dei suoi compagni in un'idiota tentativo di salvataggio studiato male, né Harry Potter né altri studenti sono stati gravemente feriti. Tu, invece, devi stare ferma.”

Gradualmente i suoi occhi si assestavano all'illuminazione della corsia. Il Maestro di Pozioni incombeva sul suo letto, i capelli scuri davanti al viso.

“Mi è sembrato di capire dal signor Potter che sei stata colpita da Antonin Dolohov, mentre lui stesso era affetto da un incantesimo tacitante. E' andata così? ”

La botta di adrenalina iniziale ormai andava scemando e parlare diventava sempre più difficile. “Sì, signore,” suonava più come “Sissssore...”

“Né Potter né Longbottom sono stati in grado di dirmi qualche maledizione ha usato Dolohov.” Il tono di Snape implicava che una tale ignoranza era imperdonabile. Sollevò un sopracciglio con aria interrogativa in attesa di una risposta.

“Non lo so neanch'io,” riuscì a rispondere. Snape appariva straordinariamente indifferente. “Mi dispiace signore...”

Snape si raddrizzò e incrociò le braccia sul petto. “Signorina Granger,” iniziò, scivolando in automatico in modalità lezione. “Un incantesimo scagliato sotto l'effetto tacitante si differenzia enormemente da un incantesimo non-verbale dello stesso tipo. Le conseguenze possono essere difficili da prevedere. In molti casi, tuttavia, l'incantesimo si installa nel ricevente come potenziale magico, crescendo in intensità fino all'esplosione di energia magica risultante. La situazione è altamente pericolosa per il ricevente. Sono stato abbastanza chiaro?”

Gli occhi di Hermione si spalancarono e iniziò a sentire un diverso tipo di panico crescerle nel petto. “Vuol dire che la maledizione è bloccata dentro di me, pronta ad esplodere da un momento all'altro.”

Snape la guardò negli occhi, un'espressione seria in volto. “Corretto.”

“Cosa...” iniziò, ma lui alzò un dito per interromperla.

“Senza conoscere la maledizione usata non c'è niente che si possa fare.” S'interruppe, deglutendo leggermente prima di continuare. “Ho bisogno che mi mostri il ricordo dell'evento.”

"Legilimanzia?"

“Esatto.”

Hermione poteva sentire il cuore batterle forte nel petto. Devo farlo entrare nella mia mente? Non mi meraviglio che il professor Snape sia qui al posto di Madama Pomfrey. Tutto iniziava ad avere un senso, dalla presenza dell'uomo al suo capezzale al terribile dolore che andava pulsando per tutto il corpo. Hermione si morse il labbro inferiore per un breve momento. “Cosa devo fare?” chiese.

“Il contatto con la pelle aumenta la connessione,” replicò Snape. Sembrava quasi annoiato, un leggero tocco di disgusto colorava la sua voce. “Altrimenti può essere sufficiente mantenere un contatto visivo; cerca di rilassarti il più possibile.”

Rilassarmi? Corro un pericolo mortale per una maledizione inesplosa e il professor Snape sta per rovistare nel mio cervello. Dovrebbe essere un gioco da ragazzi.

Lui si avvicinò al letto e le prese il mento con la mano sinistra, alzandole il viso per guardarlo direttamente. Con la mano destra posizionò la bacchetta contro la tempia di lei. “Pronta?”

Hermione strinse le labbra e annuì con determinazione. Il movimento era così leggero che, se la mano del professore non fosse stata a contatto con il suo mento, lui non l'avrebbe notato.

I suoi occhi si strinsero. “Legilimens.”

Sentì allora la sua presenza, ai margini della coscienza. Mentre si spingeva avanti il dolore nel suo corpo cresceva schiacciandola da tutti i lati. Non riusciva a resistere. Sopraffatta dal dolore rispose d'istinto. “NO!” Aveva davvero urlato? Era tutto nella sua testa? In un disperato tentativo di mantenere il controllo respinse il dolore, bloccandolo dentro all'equivalente mentale di un grosso baule, non dissimile da quello usato negli anni per trasportare i suoi vestiti e libri a Hogwarts.

“Signorina Granger,” La sua voce, come il viso, manifestava shock. “Mi pare di capire che hai studiato occlumanzia?”

“Io... no, certo che no.” Lo guardò confusa, realizzando all'improvviso che anche la sua presenza nella sua testa era andata scomparsa.

“Certo che no,” le fece eco, deridendola. “Eppure sembrerebbe abbia approcciato l'argomento con il tuo consueto entusiasmo.”

“Io...” Hermione contorse il viso, incapace di articolare una frase coerente. Il dolore era diminuito in qualche modo, ma si sentiva esausta. “Stavo occludendo?”

“Sì.” Snape sospirò. “In altre circostanze avrei spinto fino a smantellare le tue difese mentali, ma vista la maledizione bloccata dentro il tuo corpo il rischio è troppo alto. Ho bisogno che tu mi faccia entrare.” Esitò un momento, “Sarebbe molto più semplice se ti fidassi di me, almeno per la durata del procedimento.”

“Non è... è solo...” Persino con il dolore che spingeva profondamente dentro di lei, respirare era difficile e conversare quasi impossibile. Girò la testa a guardare il soffitto sopra di lei, combattendo le lacrime che pizzicavano pericolosamente. Respira Granger, pensò. Dentro, fuori. Non vuoi che lui scopra quanto sei spaventata. “Fa male,” sussurrò finalmente, evitando il suo sguardo.

“Sì. Farà molto male.” In qualche modo la sua onesta risposta alleviò la durezza delle sue parole e la paura diminuì leggermente. “Vista la tua situazione corrente, tuttavia, affrontare il dolore sarà inevitabile.” Lei continuava a non far caso a lui, guardando fisso il soffitto. Ci siamo, a breve nominerà il tanto celebrato coraggio da Grifondoro; probabilmente è un brutto momento per confessare che non ne posseggo neanche un po'. Con la coda dell'occhio vedeva il suo viso, immobile, in attesa di una sua risposta. I secondi passavano dolorosi. Non ha intenzione di dire nulla? Finalmente si azzardò a guardarlo in viso. Quando lei espirò, lui lasciò andare il respiro che chiaramente tratteneva in simpatia. “Allora, signorina Granger?”

“Professore, ho fiducia in lei. Ma non so come farla entrare.”

Snape la osservò ponderando. “Hai spinto il dolore in un baule nel lato più profondo della coscienza.”

Era un'affermazione, non una domanda. “Hai solo bisogno di aprire il baule e invitarmi a guardare dentro.”

Snape continuava a sostenere il suo sguardo e Hermione sperò che non riuscisse a leggere quanto disperatamente sopraffatta si sentisse. Forza, Granger; Grifondoro, ricordi? Finalmente lei annuì. Al suo cenno d'intesa le spalle di Snape si rilassarono leggermente. Ancora una volta prese il suo mento fermamente con la mano. “Legilimens.”

Il dolore iniziò a riecheggiare, annebbiandole la vista, le membra doloranti. Combattendo per rimanere calma, Hermione si focalizzò sugli occhi scuri e le lunghe ciglia del suo professore di pozioni. Professor Snape, Professor Snape. Il suo nome era un mantra che offriva un filo di pensiero razionale lungo la rossa foschia che minacciava di sommergerla. Sovrapposte alla visione dell'infermeria riconobbe scene dei suoi ricordi, tutte rappresentanti l'uomo di fronte a lei. Osservò il suo corpo incosciente attraversare il tunnel della Stamberga Strillante con la testa che sbatteva e si graffiava contro il muro; lei seduta in classe durante la prima settimana ad Hogwarts elettrizzata dalla sua voce, “Io posso insegnarvi a distillare la fama, imbottigliare la gloria e perfino porre un fermo alla morte.” Guardò mentre torreggiava sopra allo sfortunato professor Lockhart all'unico incontro del Club dei Duellanti, la minaccia evidente in ogni fibra del suo corpo; lo osservò sollevare la manica, in un inutile tentativo di convincere Fudge che Lord Voldemort era tornato...

“Signorina Granger,” la voce reale di Snape attraversò gli strati di memoria. Riecheggiava in modo strano, come se potesse sentirlo dentro e fuori la propria testa. “Per quanto tu possa trovare piacevole abbandonarsi al ricordo di ogni nostro incontro avuto durante gli scorsi cinque anni, non ho né il tempo né il temperamento per godermi lo spettacolo. Ho bisogno che mi mostri cos'è accaduto nell'Ufficio Misteri.”

Hermione sospirò con riluttanza, lasciando andare l'ultima visione del professor Snape ritardare l'inevitabile. L'ufficio della Umbridge si delineò davanti a lei. Millicent Buldstrode teneva Hermione premuta scomodamente contro il muro, mentre Snape rimaneva accigliato sulla soglia. Prima che la scena svanisse, Hermione dovette rivivere il fervente urlo di Harry. “Ha preso Padfoot! Ha preso Padfoot dal luogo dov'era nascosto!” così come la ringhiante risposta del professore, “Potter, quando vorrò che mi vengano urlate contro delle sciocchezze ti darò una pozione Tartagliante...

Secondi dopo, Hermione era accovacciata sotto una scrivania, il panico martellante nelle vene. Il ricordo era così vivido che la corsia dell'infermeria era completamente sbiadita alla vista. A portata di mano sentì Harry colpire uno dei due Mangiamorte vicini, a pochi metri da dove si nascondeva. Il più vicino paio di gambe schivò il colpo e la sua sfera d'attenzione si concentrò sulla bacchetta puntata direttamente su di lei. Non riusciva a muoversi, non riusciva a parlare. Come da una grande distanza sentì una voce.

"Avada...”

Solo quando il corpo di Harry sbatté contro il ginocchio del Mangiamorte, buttandolo sul pavimento, Hermione riprese il controllo delle sue membra riluttanti. Il suo miglior amico ingaggiando una lotta sul pavimento con il Mangiamorte che avrebbe potuto ucciderla, aveva evitato un colpo sicuro. Neville, tuttavia, si lanciò ugualmente in avanti.

EXPELLIARMUS!” urlò, ansimando con orrore mentre sia la bacchetta di Harry che quella del Mangiamorte volavano fuori dalla loro portata. Hermione si lanciò in avanti e si precipitò dietro di loro. Neville continuava ad urlare, riuscendo a lanciare un'altra maledizione, che per fortuna finì lontano da entrambi gli uomini, finché Hermione, finalmente, riuscì a colpire il Mangiamorte. Richiamò la bacchetta di Harry e gliela restituì prima di notare che il Mangiamorte era caduto contro e attraverso la bizzarra campana di vetro che dominava la stanza. Orribilmente la sua testa si contraeva sulle spalle, distorcendo i suoi lineamenti e sostituendoli con quelli di un infante, malgrado il suo corpo fosse rimasto uguale fuori dalla campana.

Mentre lo strano effetto procedeva ora al contrario, Hermione capì cosa stava osservando. “È il tempo,” sussurrò, Tempo...

Delle urla dalla stanza adiacente la riportarono con l'attenzione verso il grosso problema della fuga. Allungò un braccio verso Harry, ma prima che potesse bloccarlo urlò verso i suoi amici.

"RON? GINNY? LUNA?"

"Harry!" lo rimproverò, nessuna speranza che la loro posizione potesse passare inosservata. Harry la guardò, immediatamente contrito, quindi alzò la bacchetta verso il Mangiamorte con la testa da neonato che era riuscito a rimettersi in piedi. Sconvolta, Hermione lo prese per un braccio. “Non puoi far del male ad un bambino!” sibilò, spingendolo verso la porta.

Per un secondo, Harry la guardò come se fosse pazza. Sembrava pronto a ribattere, ma dei passi in avvicinamento lo spinsero a muoversi “Avanti!” incoraggiò, spingendo Hermione verso il salone delle porte e gesticolando urgentemente verso Neville.

Mentre correvano, altri due Mangiamorte apparvero nella stanza davanti a loro e Harry schivò di lato, verso una piccola porta e dentro un ufficio disordinato. Mentre Harry chiudeva la porta, Hermione cercava di sigillarla.

"Collo..." Iniziò troppo tardi. La porta venne spalancata e due Mangiamorte si lanciarono dentro la stanza.

IMPEDIMENTA!” Urlarono entrambi i Mangiamorte. Hermione venne lanciata indietro nella stanza, sbattendo dolorosamente contro uno scaffale. Automaticamente alzò le braccia per proteggersi la testa, bloccando diversi pesanti volumi che erano stati scagliati via dalle mensole dalla forza dell'impatto. Harry e Neville erano stati scaraventati per la stanza, Neville era scomparso dietro ad una scrivania e Harry sembrava avesse perso conoscenza. Carponi sulle ginocchia, Hermione alzò la sua bacchetta, il suo primo pensiero quello di ammutolire il Mangiamorte vicino ad Harry, che iniziava ad urlare agli altri il punto in cui si trovavano.

"Silencio!" urlò. Hermione quasi pianse di sollievo quando sentì la voce di Harry dietro di lei.

"Petrificus Totalus!" disse e l'altro Mangiamorte cadde di lato.

Uno giù, uno muto. Hermione non riuscì a trattenere un sorriso e si girò per congratularsi con Harry. “Ben fatto, Ha...”Ancora prima che avesse finito di parlare, lo sguardo orripilato sul viso di Harry la fece voltare indietro verso il Mangiamorte ammutolito. Con uno sguardo vendicativo sul viso, frustò l'aria con la bacchetta verso di lei, una striscia porpora la colpì sul petto e il dolore esplose nel suo corpo. Un debole “Oh!” le uscì con l'impatto e mentre la scena intorno a lei sbiadiva la consapevolezza della propria stupidità la travolse. Perché silencio? Perché non l'ho pietrificato quando ne avevo la possibilità?

Ancora una volta il dolore stava avendo la meglio, si sentiva affogare sotto le onde rosse, mentre malediva la sua stupidità ancora e ancora. La voce di Snape la riportò al presente, riecheggiando negli spazi interni ed esterni che entrambi occupavano.

Rimettilo nel baule, signorina Granger, ORA!” Debolmente all'inizio, Hermione iniziò a respingere la sofferenza. Con sollievo si rese conto che Snape la stava aiutando. Solo quando il baule si chiuse di colpo i contorni e i colori dell'infermeria tornarono a fuoco, il viso del professor Snape a pochi centimetri dal suo.

Raddrizzandosi, lasciò andare il mento e passò rudemente la mano sul suo viso. Appariva scosso, ma quando iniziò a parlare la sua voce era regolare.

“Conosco la maledizione utilizzata da Dolohov: una rara maledizione-frusta a cui pochi sanno come contrastare. Fortunatamente sono a conoscenza del contro incantesimo.” A quel punto abbassò leggermente la testa e capelli gli scivolarono lungo il viso. Con gli occhi così celati alla vista, continuò: “A questo punto ho bisogno di attivare la maledizione. Il tuo petto si aprirà. Riuscirò a guarirlo immediatamente, ma la procedura sarà ugualmente molto dolorosa. Corri anche il rischio di una cicatrice permanente.”

Snape s'interruppe, aspettando forse una risposta da Hermione. Ad un certo punto lei registrò il fatto che avesse smesso di parlare e voltò lo sguardo assente verso di lui, anche se non riusciva a smettere di pensare a quanto fosse stata stupida. Il suo continuo silenzio sembrò irritare il professore.

“Una cicatrice, signorina Granger. Per quanto non dubiti che possa trovare l'idea rivoltante, non ho bisogno di evidenziare il fatto che ogni altra azione aumenterebbe il rischio di danni permanente al cervello.”

Professore, non m'importa della cicatrice.” La riteneva così superficiale da pensare che potesse importarle di una cicatrice quando avrebbe potuto quasi essere uccisa? Hermione si sentì improvvisamente male per l'umiliazione. Il professor Snape aveva visto il suo errore e chiaramente la pensava una vanesia, stupida ragazzina. “Non sta per dirmi quanto sono stata stupida?” Il tono di voce era inusualmente amaro mentre voltava il viso contro il cuscino.

Snape incrociò le braccia e appoggiò un fianco contro il letto. Quando parlò la sua voce era sarcastica come sempre, eppure in qualche modo più gentile di quanto l'avesse mai sentita. “Una volta che questa vicenda sarà terminata, signorina Granger, sarò deliziato dal dirti, con rigorosi dettagli, precisamente quanto stupida sia stata l'intera iniziativa dal momento in cui vi ho visti nell'ufficio della Umbridge. Per adesso, tuttavia, il tempo è fondamentale. La tua vita rimane in pericolo e ho bisogno che collabori per liberare la maledizione di Dolohov. Sei pronta?”

Hermione aveva chiuso gli occhi mentre parlava, ma li riaprì quasi immediatamente in risposta alla sua domanda. Ancora una volta annuì. Snape sembrò inspiegabilmente sollevato. “Bene,” replicò. Se un sollevato professor Snape era una visione inusuale, lo sguardo imbarazzato che ne seguì appariva ancora più strano sui suoi lineamenti. “Nell'interesse dell'efficienza sarebbe meglio rimuovere i tuoi vestiti prima di attivare la maledizione.”

Hermione ebbe appena il tempo di sbattere le palpebre per la sorpresa. Snape si avvicinò al letto e afferrò le lenzuola fermamente con la mano sinistra. Vedendolo far questo, Hermione respirò brusca, ma inaspettatamente Snape la coprì fino al mento. Muovendo la bacchetta con un intricato movimento circolare mormorò un incantesimo che Hermione non capì. La sensazione dei vestiti che si contorcevano era bizzarra. Bottoni uscivano fuori dalle asole e strati di vestiti si districavano sotto il peso del suo corpo. Spuntarono da sotto il bordo delle lenzuola e si sollevarono verso una sedia, dove rimasero quasi piegati in una pila. Hermione realizzò con sollievo che, malgrado avesse perso mantello, maglione, maglietta e reggiseno, manteneva ancora tutto dalla vita in giù.

Snape fissò in modo determinato un punto diversi centimetri a sinistra del suo orecchio e fece ricorso al suo tono più sarcastico. “Puoi star certa che non rimuoverò le lenzuola fino all'ultimo momento possibile.”

Dopo questo si voltò. Dopo aver guardato i suoi stessi abiti per un lungo momento, rimosse il mantello e la lunga giacca, sbottonando con attenzione e appendendo entrambi sulla sedia. La rimozione della giacca rivelò un gilè nero e una camicia bianca, la sua figura stranamente sottile senza i voluminosi vestiti. Prima di girarsi verso il letto sollevò le maniche con cura. Hermione riuscì a intravedere il marchio nero, molto visibile sulla pelle pallida dell'avambraccio.

Quando si girò di nuovo verso di lei il suo viso era calmo, l'evidenza del precedente imbarazzo sapientemente acquietata.

Per la terza volta le prese il mento con la mano e la guardò negli occhi. “Sei pronta, signorina Granger?” chiese.

Hermione era estremamente consapevole del lenzuolo sottile che parava il suo corpo dalla vista, insegnante e studentessa spogliati entrambi di diversi strati dei loro abiti tipici. Le sue dita erano premute contro la guancia in un gesto intimo e protettivo che contrastava con le sue precedenti esperienze con lo strano e imprevedibile uomo. Il cuore le batteva forte nel petto. Quando aprì la bocca per parlare, la gola era arida e le parole suonarono strane e rauche.

“Sì, signore,” sussurrò.

"Legilimens."

Pochi secondi dopo l'immagine del baule chiuso a chiave era di fronte ai suoi occhi. Sentì Snape parlare nella strana voce dentro-fuori che accompagnava le incursioni dentro la sua mente. “Al tre...”

All'uno la sua mano si staccò dal mento e afferrò le lenzuola.

Al due spinse indietro le lenzuola con un gesto armonioso, esponendo il suo corpo dalla vita in su.

Al tre il mondo di spaccò. Il suo corpo si aprì dalla spalla alla vita, tagliando diagonalmente lungo il suo petto. Aprendo la bocca per urlare riuscì solo ad articolare un gemito. Nello sforzo di rimanere cosciente, Hermione vide Snape trasalire quando il suo sangue gli schizzò sul viso e sui vestiti. Tuttavia non interruppe il contatto visivo. Respirando profondamente iniziò a cantare.

Hermione sentì il suo canto dentro la testa e anche fuori, lo sentì nel midollo e in ogni fibra della sua carne. Filtrava attraverso il corpo, cancellando il dolore e ricucendo insieme i bordi lacerati della ferita. Con la sensazione di sollievo che accompagnava il suo canto, Hermione ebbe una rivelazione che sembrava talmente ovvia che si chiese come non lo avesse notato prima.

Gli occhi di Snape erano fissi nei suoi, mentre la bacchetta tracciava elaborate curve sopra la ferita che andava sanando. Euforica per l'adeguatezza della sua scoperta, Hermione sorrise al suo professore.

“È ovvio,” sussurrò, “Lei è una fenice.”

Sempre sorridendo, Hermione vide i suoi occhi spalancarsi per la sorpresa, anche se il suo cantare non vacillò mai. Il suono creò un bozzolo caldo dentro cui si sistemò grata, sentendosi al sicuro come mai prima.

Dopo tre o quattro minuti del canto di Snape, il taglio profondo nel corpo di Hermione era completamente sostituito da un fresca e all'apparenza dolorosa cicatrice. La sua voce si calmò fino al silenzio e Hermione sentì la sua presenza indietreggiare gentilmente dalla sua coscienza. La mano che reggeva la bacchetta cadde sul letto e diede un'occhiata al petto esposto per un velocissimo secondo, prima di girare il volto e frettolosamente sollevare le lenzuola per coprirla.

Hermione si sentiva come se stesse galleggiando. Provò a parlare, ma nessuna parola ne uscì. Avrebbe voluto dire grazie.

“Poppy?” chiamò Snape con voce tranquilla. Sembrava esausto e le spalle erano curve per la stanchezza. Hermione sentì l'avvicinarsi di rapidi passi e le tende intorno al suo letto aprirsi per rivelare il viso preoccupato dell'infermiera della scuola.

Pomfrey si avvicinò immediatamente ad Hermione e tirò via le lenzuola. Snape si voltò, trovando da fare con la sua giacca. Pomfrey passò leggermente la mano lungo la brutta cicatrice rossa sul petto di Hermione. Provò diversi incantesimi diagnostici prima di metter via la sua bacchetta nel grembiule. “Oh, Severus,” sospirò. “Ben fatto.” Con mani capaci rimise a posto le lenzuola intorno alle spalle di Hermione e spostò una ciocca di capelli scomposta dalla fronte della giovane donna. “Benderò la ferita a breve,” sussurrò ad Hermione. “Andrà tutto bene.”

Snape schioccò le dita della mano destra e sul tavolo vicino al letto apparve una penna con inchiostro sospesa in aria. Malgrado rimanesse un po' lontano la penna iniziò a elencare una lista di pozioni medicinali nella sua distinta scrittura spigolosa. “Queste sono le pozioni che le servono.” commentò dando ancora le spalle al letto.

Pomfrey si girò e prese la pergamena, facendo scorrere un'esperta occhiata lungo la lista con una certa preoccupazione. “Severus,” iniziò incerta. “Abbiamo solo tre di queste nell'inventario.”

Snape quindi si voltò verso il letto. Pomfrey rimase allibita nel vederlo. La sua faccia e i vestiti erano abbondantemente schizzati con il sangue di Hermione e occhiaie scure erano visibili sotto gli occhi. Aveva rimesso la giacca e il mantello da insegnante, ma erano ancora sbottonati. Mentre si voltava si strofinò con il dorso della mano lungo la fronte, spargendo le gocce di sangue che vi erano, lasciando delle strisciate scure.

“Quali sono quelle già presenti?” chiese, portando avanti l'altra mano verso la lista.

“Abbiamo la pozione rimpolpasangue, la sonno senza sogni, ovviamente, e antidolorifici basilari... ma Severus hai bisogno di riposare, non puoi assolutamente fare le restanti nel tuo stato attuale!”

Snape alzò un sopracciglio. L'ombra del suo abituale ghigno fece sollevare il bordo della sua bocca. “Andiamo, Poppy,” la rimproverò. “Non c'è riposo per i malvagi.” Si voltò allora, i suoi vestiti sbottonati che si gonfiavano in teatralmente. Fece per andar via, ma la mano tesa di Pomfrey lo agguantò per un gomito.

“Aspetta!” lo chiamò. Lui si voltò lievemente verso di lei, ma senza parlare. Schioccando la lingua contro i denti, Pomfrey tirò fuori la bacchetta. Tergeo. Ecco, ora va un po' meglio.” L'incantesimo asciugò il sangue dai vestiti e dal volto di Snape, migliorando nettamente il suo aspetto. In modo quasi affettuoso gli diede un paio di colpetti sul suo petto con la bacchetta. “Sei un brav'uomo, Severus Snape,” disse.

Snape alzò gli occhi al cielo, malgrado un piccolo sorriso, che fece capolino all'angolo della bocca, tradisse il suo piacere per il commento. “Se hai finito...” osservò con tono esasperato. Scuotendo il braccio e liberandolo dalla presa, girò sui tacchi e con lunghe falcate si allontanò dalla stanza.

Hermione stava ancora cercando di ringraziarlo, ma senza successo. Solo un leggero sospiro uscì dalle sue labbra. Il suono attirò comunque l'attenzione di Madama Pomfrey che si voltò verso la sua paziente, le braccia incrociate sul petto.

E tu, giovane donna. Spero tu abbia capito quanto sei stata fortunata. Tremo al pensiero di cosa sarebbe potuto succedere se il professor Snape non fosse stato qui, disposto ad aiutarti!” Mentre parlava rimosse diverse fiale dalle tasche spaziose del suo grembiule e le allineò sul comodino di fianco al letto. Dopo averle stappate le portò alle labbra di Hermione una per una, aiutandola ad ingoiare. “Queste ti aiuteranno a dormire e diminuiranno il dolore. Adesso dormire è la cosa migliore che tu possa fare.”

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Capitolo 2
*** The Man with Two Masters ***


Capitolo 2

Ecco qui il secondo capitolo. Salvo problemi cercherò di aggiornare settimanalmente ogni venerdì.

Un ringraziamento particolare a silviabella che betizza il testo e lo rende leggibile.

Anne London







Capitolo 2

The Man with Two Masters



Ah, Severus, sono felice che tu sia riuscito a trovare il tempo di parlare con me, oggi.” Malgrado il saluto fosse affabile, Snape capì immediatamente quanto Dumbledore fosse furioso.

Albus,” commentò con tono evasivo, sedendosi al lato opposto della scrivania del preside. Sapeva che l'anziano preside sarebbe arrivato dritto al punto.

Cosa devo fare, Severus, per farti capire la gravità della tua situazione?”

Della mia situazione?” I suoi occhi si fermarono su Fawkes. Fenice. La parola gli riecheggiava nella mente dandogli un senso di bruciante fastidio allo stomaco.

La tua presenza è assolutamente vitale nella nostra lotta contro Voldemort. Eppure ieri hai con noncuranza messo in pericolo la tua vita.”

Gli occhi di Snape scattarono verso Dumbledore. “Ieri, Albus, ho salvato una vita – uno dei tuoi preziosi Grifondoro, nientemeno.” Snape sentì una fredda ira risalire in risposta al rimprovero di Dumbledore. Appoggiandosi allo schienale pose insolentemente una gamba sopra l'altra e incrociò le braccia. La sua voce grondava sarcasmo. “Tieni di più alla mia vita?”

Sarebbe una tale sorpresa se fosse così?” La risposta di Dumbledore fu repentina. “Il tempo delle decisioni dettate dai sentimentalismi è finito. Siamo in guerra, ragazzo mio, e ho solo una spia ben piazzata. Non puoi permetterti di correre un simile rischio.”

Per quanti anni Snape aveva desiderato sentire l'uomo proclamare che la sua vita aveva un valore e valeva la pena compiere qualche sacrificio per proteggerla? Eppure adesso, di fronte ad una tale affermazione, il gesto risultò inutile, una valutazione senza cuore sul suo valore per la causa. Le parole di Dumbledore fecero contrarre dolorosamente il suo stomaco. Gli tornò alla mente il petto esposto, aperto e sanguinante della signoria Granger mentre la maledizione esplodeva. Fu travolto dall'ira.

E se fosse stato Potter? Hai sempre visto alcuni studenti più sacrificabili di altri.” Mentre parlava, Snape si sporse in avanti, le mani aggrappate ai braccioli della sedia.

Io...” Dumbledore s'interruppe con disagio, sembrando leggermente imbarazzato per la prima volta durante la conversazione, e abbassò gli occhi sulla scrivania. Una mano rimaneva chiusa lievemente a pugno mentre Dumbledore la guardava. Le rughe intorno alle nocche attirarono l'attenzione di Snape. Dumbledore sembrava vecchio. La realizzazione era scioccante e terrificante. Quando il preside parlò ancora, la sua voce era quasi un sussurro. “Qui non stiamo parlando della tua infanzia, Severus, ma delle tue azioni di ieri.” Continuò Dumbledore, la voce ancora sotto controllo. “Sono sollevato, ovvio, che la signorina Granger sia riuscita a sopravvivere. E grato anche. Tuttavia, entrare nella sua mente mentre tratteneva una simile maledizione è stata una sciocchezza eccessiva. Se avesse perso il suo controllo mentale sareste morti entrambi o avreste sofferto di irreparabili danni cerebrali.”

La tua logica è deplorevole, preside. Hermione Granger è vitale per il risultato della guerra come lo sono io, se non di più. Abbiamo visto entrambi i calcoli aritmantici: la ragazza è un elemento essenziale per l'amicizia di quei tre. Purosangue, mezzosangue e nata babbana; maschio e femmina: c'è una forte componente magica in questa combinazione. Pensa, Albus! Cosa avrebbe potuto fare Harry Potter se fosse stato responsabile per la morte della sua migliore amica? Quali conseguenze avrebbe messo in moto questa situazione?”

Il mio intervento era necessario. Solo tu o io avremmo potuto gestire la Legilimanzia richiesta e solo io so come curare il Sectumsempra. Non posso dire che mi aspettassi la tua cieca gratitudine, Albus, ma confesso che speravo in qualche parola di ringraziamento per aver salvato il cervello del trio Grifondoro. Non so come la mia posizione di capro espiatorio del Signore Oscuro possa avere più benefici della sua continua presenza al fianco di Potter.”

Snape era in piedi, le mani sulla scrivania di Dumbledore e chinato in avanti, gli occhi fissi su quelli del preside. Entrambi respiravano pesantemente.

Severus?” Dumbledore sembrava esitante. Si sporse in avanti e poggiò una mano su quella di Snape. “Siediti, per favore. Ti devo delle scuse.”

Dopo diversi secondi Snape sedette e, mentre lo faceva, tirò via la mano da sotto quella di Dumbledore, incrociando le braccia sul petto.

Grazie, Severus.” Dumbledore si tolse gli occhiali e strinse tra le dita la radice del naso. “Mi sbagliavo. Hai fatto la cosa giusta, quella onorevole. Per la seconda volta in due giorni mi sono trovato nella stessa posizione: in entrambi i casi ho riposto la salvezza di un giovane uomo cui voglio bene al di sopra del bene comune. Sembra essere una mia colpa ricorrente. Tu sei essenziale per la nostra causa, Severus, ma ancora più importante, non potrei sopportare di perderti. Parlo senza paura e spero che tu possa trovare nel tuo cuore la forza di perdonarmi.”

Snape sentì lo stomaco contorcersi involontariamente alle parole di Dumbledore. Fin dall'incidente con la signorina Granger, il giorno prima, le sue emozioni erano in costante tumulto. Non aveva l'abitudine di entrare nella mente dei suoi studenti, al contrario. Eppure, da esperto legilimante, la superficie dei pensieri ed emozioni delle persone intorno a lui sfarfallavano costantemente ai bordi della sua conoscenza – un brillante caleidoscopio di intenzioni e desideri. Sapeva, per esempio, quando qualcuno mentiva e reagiva senza possibilità di errore alla paura e al disgusto che la sua presenza generava nella popolazione studentesca in generale. Gli studenti della sua casa erano un'eccezione, ovviamente, come lo erano diversi studenti degli ultimi anni, in particolare quelli di Corvonero che riuscivano alla fine a sostituire il loro iniziale terrore con un riluttante rispetto. Eppure l'opinione di Hermione Granger lo aveva colpito. Aveva detto di avere fiducia in lui e lo intendeva sul serio. La forza della sua protezione occlumantica aveva soppresso quest'informazione lungo gli anni della loro conoscenza, ma una volta dentro le sue difese, il rispetto aveva colorato i suoi pensieri con un'intensità impossibile da ignorare.

Ora, ecco Dumbledore scusarsi e apertamente confessare la sua ammirazione. Le spesse pareti delle difese emozionali di Snape erano inclini a resistere al disprezzo e al sospetto, lasciando rispetto e preoccupazione scivolare dentro delicati spazi interiori con una facilità che trovava terrificante. Fissando il viso stanco di Dumbledore, Snape si sentiva goffamente vulnerabile.

Il silenzio che seguì le scuse di Dumbledore era carico e imbarazzante. Snape spinse in avanti una mano in modo sia sprezzante che difensivo. “Basta.” disse rauco, la gola arida. “I sentimentalismi non portano a nulla.”

Questo, ragazzo mio,” rispose Dumbledore con un sorriso ironico, “è uno dei pochi punti su cui dissentiamo.”

Snape sbuffò leggermente divertito. “Pochi?” chiese sarcastico, alzando un sopracciglio.

Dumbledore rise sollevato. Il leggero umorismo del loro scambio aveva fatto molto per creare un certo sollievo tra i due. Dumbledore alzò la bacchetta e chiamò a sé una bottiglia di firewhiskey con due bicchieri di vetro da una credenza. Dopo aver versato due dosi generose ne passò una a Snape.

Credo che entrambi meritiamo una bevuta, non credi?”

Snape sollevò il suo bicchiere in risposta e bevve avidamente. Dopodiché appoggiò il bicchiere sul bracciolo della sedia e osservò Dumbledore dall'altra parte del tavolo.

Sarai felice di sentire, Severus, che finalmente ho preso in considerazione il tuo consiglio di parlare ad Harry della profezia”

È un po' troppo tardi, Albus.” Non c'era astio nella risposta di Snape, ma semplice rassegnazione. “Se l'avessi fatto settimane fa, Sirius Black sarebbe ancora vivo ed Hermione Granger non dovrebbe portare una cicatrice per il resto della sua vita.”

Per un momento Dumbledore non disse nulla, ma sollevò il bicchiere in segno di brindisi “A Sirius Black, morto con lo stesso coraggio con cui è vissuto.”

Snape proseguì. “A Sirius Black,” gli fece eco, “l'ultimo della sua stirpe.” Bevve una lunga sorsata, abbassando il suo bicchiere e notando che Dumbledore osservava con sguardo calcolatore.

Severus, dimmi di Hermione Granger.”

Cosa c'è da dire? È viva.”

Sciocchezze. È cambiato qualcosa. Anche se non posso dire di averti mai sentito parlare di lei con lo stesso livello di vetriolo che Harry Potter sembra ispirarti, ritenevo che non provassi per lei altro che disprezzo.”

Snape trattenne il respiro per qualche secondo, prima di rilasciarlo. Ancora una volta i suoi occhi si spostarono di lato per osservare Fawkes. Mi ha chiamato fenice. La parola continuava a risuonare, ma non riuscì a ripeterla ad alta voce; sembrava ridicolo. Era tentato di dire tutto a Dumbledore e allo stesso tempo di scagliare il bicchiere contro il muro e scappare via – anche se sapeva che l'ultima opzione rinviava solo l'inevitabile. Dumbledore avrebbe ottenuto da lui comunque una qualche versione della storia, lo faceva sempre. Snape calcolò un'opzione sicura: descrivere i concetti generali a Dumbledore, lasciando all'uomo più anziano il compito di giungere alle proprie conclusioni.

Penso siamo d'accordo che i miei tentativi d'insegnare l'Occlumanzia a Potter siano stati un completo disastro.” Snape non poté fare a meno di contrarre le labbra di fronte alla secca risata di Dumbledore. “Il suo odio è stata una componente tossica per tutti i miei tentativi dentro i suoi ricordi - e credevo che il sentimento fosse comune nei suoi amici. Non avevo motivo di credere che la sua migliore amica provasse qualcosa di diverso. Di conseguenza, la mente della signorina Granger è stata una completa sorpresa. Innanzitutto, la ragazza è un'occlumante naturale. Se non lo fosse stata non credo sarebbe uscita viva dall'Ufficio Misteri. Inoltre, non mi odia affatto. Sembra addirittura che le piaccia l'ora di Pozioni.” Snape alzò le spalle, fingendo nonchalance nella vana speranza d'ingannare un preside così dotato nel leggere il linguaggio del corpo come se leggesse la mente. Dietro le sue difese occlumantiche Snape urlava silenzioso: ho scoperto la pelle perfetta del suo petto e sono stato ad osservare la sua tenera carne che veniva squarciata da una maledizione che il me stesso più giovane, e immensamente più stupido, ha inventato. Dovrebbe odiarmi, eppure avrebbe voluto ringraziarmi. Mi ha chiamato fenice. “Ripensandoci,” continuò, nessun segno visibile sul viso dei suoi reali pensieri, “è chiaro che nei confronti di Harry Potter avrei dovuto utilizzare il solo metodo pedagogico che sembra funzionare: avrei dovuto insegnare direttamente alla signorina Granger e lasciare che lei passasse il suo sapere e abilità attraverso un processo di educazione per osmosi. Non ridere, Albus. Sono molto serio. Non hai avuto il dubbio piacere di tentare di insegnare qualcosa a Potter e Weasley; è Granger che apporta il cervello all'operazione. Al primo anno è riuscita a risolvere il mio puzzle di logica... ”

Vedo che brucia ancora...”

Lascia pure a me il sarcasmo, Albus, non gli rendi giustizia. Al secondo anno Granger è stata la prima a capire che quel mostro era un basilisco e si è comportata con una perspicacia che ha salvato sia la sua vita che quella di un altro studente, e sappiamo che ha sperimentato la pozione polisucco all'inizio di quell'anno – incredibilmente giovane. Dumbledore's Army è stata una sua idea e sono certo ci fosse lei dietro qualunque scherzo abbiano giocato alla Umbridge. Ogni volta Granger era presente per aiutare Potter; non sarebbe vivo oggi se non ci fosse stata lei.”

Ti sei scusato per la spietata trascuratezza espressa per la sua vita oggi, ma cosa mi dici del disprezzo che hai dimostrato negli ultimi cinque anni?”

Dumbledore era chiaramente offeso dalle parole di Snape. Sedeva rigido sulla sedia con la fronte aggrottata. Snape notò con sufficienza che aveva distratto con successo il preside dall'indagare in profondità sull'incidente con Granger e nel contempo si rese conto che effettivamente aveva ottenuto una reazione allo specchio per le allodole che aveva tirato fuori. Interruppe Dumbledore prima che potesse protestare.

Sto parlando della classe di Difesa Contro le Arti Oscure. I ragazzi sono coinvolti in una guerra mortale, Albus. Quale preparazione hanno? Cinque anni, cinque insegnanti: uno più inetto del suo predecessore. Devi assumere un candidato qualificato quest'anno e se non lo fai insegnerò io stesso.

Dumbledore sospirò. “Hai ragione, Severus. Non sono preparati abbastanza, e non per mancanza di voglia d'imparare. Eppure ci siamo trovati in questa situazione così tante volte: la cattedra è maledetta e non posso esporti ad un simile rischio.”

Come ho ribadito ogni volta, è stato il Signore Oscuro a lanciare la maledizione. Incaricare il suo leale Mangiamorte è il mezzo più sicuro per fare in modo che la maledizione venga rimossa.

Forse.” Dumbledore sospirò ancora, pesantemente. “Ti mancherà Pozioni, lo sai.” Sorrise sbilenco all'uomo più giovane. La conversazione stava ormai viaggiando verso percorsi sicuri e l'equilibrio era ristabilito.

Lo so, anche se pochi ti crederebbero.” Snape sentì le proprie labbra rilassarsi e inarcò un sopracciglio. “Gli altri saranno più che altro convinti della mia riluttanza a lasciare a qualcun altro il mio prezioso laboratorio, piuttosto del piacere che traggo dall'argomento...”

Parlando d'insegnamento, Severus, credo di vedere un modo per salvare qualcosa dalla nostra precedente discussione. Il prossimo anno dovrai dare lezioni private alla signorina Granger.”

Severus fu colto completamente alla sprovvista. “Potresti ripetere, Albus? Non puoi essere serio.”

Perché no? Dopotutto è stato praticamente un tuo suggerimento. Potresti iniziare col controllare che abbia il pieno controllo dell'Occlumanzia e Legilimanzia e, da lì in poi, spostarti su avanzate tecniche di difesa. Dal tuo racconto è una studentessa sveglia e non ha obiezioni alla tua compagnia. Non avendo più la responsabilità d'insegnare ad Harry durante la sera avrai a disposizione molto tempo.”

Ancora una volta Dumbledore era riuscito a mettere Snape all'angolo. Aprì la bocca per protestare, ma la richiuse presto con la consapevolezza che questa volta non gl'importava affatto. Scorrendo un dito sul labbro inferiore si appoggiò allo schienale della sedia. Dall'altra parte, il luccichio divertito negli occhi di Dumbledore. Riluttante a capitolare così facilmente, Snape si voltò verso Fawkes per un lungo momento. Era il suo turno di sospirare e lo fece nel modo più drammatico possibile. “Molto bene, preside,” brontolò. “Ogni tuo desiderio è un ordine.”

Poco dopo s'irrigidì all'improvviso. La sua mano sinistra si contrasse e gli occhi si spalancarono per il dolore.

Voldemort?” chiede con urgenza Dumbledore.

Snape annuì bruscamente e si alzò.

Posso abbassare le difese della scuola nell'ufficio per farti andare direttamente...”

No, non preoccuparti. Devo prendere il mantello e la maschera.” Snape sollevò il bicchiere di whiskey e lo finì tutto d'un fiato. Mentre gettava una manciata di polvere volante nel camino, e si spostava nel suo ufficio, sentì il saluto preoccupato di Dumbledore in lontananza.

Aspetterò il tuo ritorno. Buona fortuna!”

Poco dopo Severus usciva dai cancelli di Hogwarts. Alcuni respiri profondi furono sufficienti per ripristinare la compostezza che lo aveva eluso nell'ufficio di Dumbledore, prima di toccare il marchio nero con la bacchetta e svanire.

All'apparizione, riconobbe il salone di Malfoy Manor. Non c'era bisogno della maschera. La ripose in una tasca interna, sistemò il mantello e camminò verso la sala. Il corridoio era stranamente vuoto e Severus si mise a riflettere con inquietudine sullo stato del suo precedente leader: le conseguenze dell'incidente al ministero non potevano aver lasciato il Signore Oscuro di buon umore. Mentre si avvicinava sentì un pietoso lamento che risultò provenire dalla stessa stanza.

Narcissa Malfoy piangeva curva ai piedi di Voldemort. All'arrivo di Snape si alzò in piedi con imbarazzo.

Va' via,” disse Voldemort alla donna sconvolta, con evidente disprezzo. “Devo parlare con il leale professore.”

Narcissa si spostò verso Severus, oscillando leggermente. Si sporse in avanti e si aggrappò alla sua manica. “Severus, ti prego...” Una nota di assoluta disperazione marcava la sua voce. L'incarnato pallido del suo viso era macchiato da una sottile linea di muco che le segnava la guancia. Snape guardò la sua mano, dilatando leggermente le narici.

Ah, Narcissa,” disse in modo strascicato, dando uno strattone con il braccio per liberarsi dalla presa, sempre un'ospite così cortese.” Il sarcasmo riuscì ad essere un ottimo sfogo per la sua irritazione. Alle sue parole, il respiro di Narcissa divenne quasi un singhiozzo e trasalì come se l'avesse colpita. Lanciando un ultima occhiata terrorizzata verso Voldemort, scappò dalla stanza.

Solo con Voldemort, Snape s'inchinò su un ginocchio, abbassando la testa. “Mio signore,” disse.

Mio caro ragazzo.” L'ironia della scelta dei termini non sfuggì a Snape. “Alzati. Vieni, siediti. Prendi da bere.”

Mormorando un ringraziamento per un simile onore, Snape si alzò e si sedette nella poltrona di fianco a Voldemort. Una tale convivialità era rara. Forse il cerchio dei Mangiamorte favoriti si è ridotto dopo gli eventi al ministero e sono stato promosso dopo un processo di eliminazione... oppure è una trappola. O entrambi.

Sai, Severus, c'è qualcuno fra i Mangiamorte che dubita della tua lealtà.”

Snape sapeva di aggirarsi su un terreno pericoloso. “Lo so.”

Voldemort rise, una dura risata senza allegria. “Non sembri troppo preoccupato.”

Snape alzò le spalle. “Nessuno può sperare d'ingannare il più grande legilimante del mondo e sopravvivere.”

Dici il vero, mia cara spia.” Voldemort sembrava compiaciuto, gli occhi rossi leggermente chiusi mentre la caricatura di un sorriso alterava i tratti del suo viso piatto. “Quali novità mi porti?”

Dumbledore non ha convocato alcun incontro dell'Ordine dal fiasco del ministero – sembra che sia stato troppo impegnato a mandare dei gufi a Fudge. Il preside non sembra credere abbastanza nei burocrati tanto da potersi fidare e Fudge è talmente nel panico da prender tempo finché Dumbledore non avrà di meglio da fare altrove.”

E Potter?”

Il moccioso tiene il broncio. E' incapace di apprezzare la fortuna di essere ancora vivo, così come anche gli studenti che ha portato con sé, o l'ironia di vedere l'uomo che è andato a salvare morire come conseguenza delle sue azioni.”

Severus, tu dipingi un promettente scenario degli eventi che apparivano invece così disastrosi.” Voldemort allungò una mano e accarezzò con un dito la linea della guancia di Snape. Severus sentì il respiro bloccarsi in gola e s'impose di rimanere calmo. Voldemort sibilò il nome di Snape, il suono sibilante prolungato, come se avesse momentaneamente perso il controllo della sua voce. “Ho sottovalutato il pericolo che affronti giornalmente. Devi lasciare che ti ricompensi... quest'estate Wormtail verrà a lavorare come tuo assistente.”

Una spia che spii la spia? Snape non aveva assolutamente nessun desiderio di passare del tempo in compagnia di Wormtail, figuriamoci ospitarlo per dei mesi. “Mio Signore, sei generoso.”

Voldemort sorrideva ancora: era snervante. “Infatti, Severus, lo sono. Sai perché ti ho invitato qui, stasera?

No, Mio Signore.”

Voglio condividere con te alcuni dettagli di un piano estremamente confidenziale.”

Mio Signore, ne sono onorato.” I sensi di Snape erano alla massima allerta, sentiva un imminente pericolo arrivare con palpabile forza.

Sono rimasto molto dispiaciuto di come sono andati gli eventi al ministero.” Il viso di Voldemort s'incupì. “La profezia si è spaccata, i miei Mangiamorte catturati e il mio ritorno al potere indiscutibilmente chiaro – persino per quell'idiota di Fudge. Eppure ho deciso di lasciare che la famiglia Malfoy abbia una possibilità di redimersi.”

La famiglia Malfoy... Vuol dire Draco. Snape studiò il suo viso per avere un'espressione interessata.

Sì,” continuò Voldemort, “il problema, come la vedo io, non è Harry Potter, ma l'interferenza di Dumbledore.”

Non pensarci adesso, avrai abbastanza tempo dopo. Reagisci solo come un Mangiamorte. “Mio Signore...,” Voldemort interruppe il suo commento con una mano alzata.

Esatto. Draco è adeguatamente posizionato dentro la scuola e meno sospettabile rispetto a te. Gli darò un anno. Se uccide Dumbledore sarà onorato al di sopra di tutti gli altri.”

E se non riesce, morirà. “Draco, Mio Signore? Ma è molto giovane...

Ha sedici anni, Severus. Sia tu che io abbiamo ucciso prima che il nostro diciassettesimo anno fosse finito.”

Mio Signore, perdona la mia impertinenza, ma entrambi avevamo più talento di quanto ne abbia Draco adesso. Ha qualche dote a livello accademico, certamente, ma Dumbledore è un mago straordinariamente potente. Le possibilità di successo di Draco sono insignificanti!”

Voldemort fece un sorrisetto. “Ma è una possibilità, non di meno.” Si curvò verso Snape, ancora una volta allungando una mano per toccare la sua pelle. “Non agitarti, mia piccola spia. Se Draco dovesse fallire, farò in modo che tu sia liberato in qualche altro modo: questo sarà l'ultimo anno che passerai a rispondere agli ordini di Dumbledore.”

Snape represse un brivido mentre le dita di Voldemort scorrevano lungo il suo mento. Così la trappola è piazzata e l'avvertimento comunicato.

Voldemort rise. “Un brindisi, Severus, a Draco!”



Snape non perse tempo nel lasciare Malfoy Manor. Per un momento considerò una visita veloce a Spinner's End, ma sapeva che gli obblighi della lunga serata non erano ancora finiti. Il suo arrivo fuori dai cancelli di Hogwarts fu accolto dal consueto osservatore: una gatta soriana sedeva vicino al punto di smaterializzazione, la sua coda piegata con cura intorno alle zampe.

Lui la guardò. “Sano e salvo,” scattò. “Vattene via.”

La gatta sbadigliò e si stirò prima di saltare nei cespugli con la coda sollevata che si agitava. Quel comportamento era una dimostrazione impeccabile della sua suprema noncuranza per l'arrivo improvviso dell'uomo e per il tono da lui usato.

Dopo che la gatta se ne fu andata verso il castello, Snape divenne arcigno. Lo sguardo di piacere con cui Dumbledore accolse la sua seconda visita della serata aggravò ancora di più il cipiglio. Il pensatoio era pronto sulla scrivania. Snape iniziò a tirar fuori i ricordi della serata e a riporli nel recipiente di pietra, senza preoccuparsi di rispondere al saluto del preside. I fili argentati vorticarono e, per un momento, Severus immaginò che potessero essere altri ricordi, qualcosa di bello e innocente, non un complotto per uccidere una delle due persone presenti.

Fece un gesto arrogante al pensatoio. “Dopo di te, preside.”

Dumbledore lo guardò con apprensione. “Severus, tutto bene?”

Come risposta, Snape indicò semplicemente ancora una volta il pensatoio. Dumbledore rilasciò un piccolo sbuffo dal naso e si piegò in avanti, mettendo il viso dentro il liquido argenteo. Poco dopo Snape fece lo stesso.

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Capitolo 3
*** The First Lesson ***


Capitolo 3
NdT: Eccoci qua, capitolo 3. Come sempre, un grazie immenso a silviabella per la beta.


Capitolo 3
The First Lesson



Eccolo di nuovo. Hermione Granger avrebbe riconosciuto il fruscio delle pagine ovunque. Qualcuno nella stessa stanza stava leggendo e – quel suono stridente sembrava proprio una penna – prendendo nota, anche. Non Ron, questo è certo. E certamente neanche la Umbridge. Madama Pomfrey? Perché dovrebbe essere in piedi nel bel mezzo della notte? Chiunque fosse sedeva vicino. Hermione aprì gli occhi e si rese conto di un soffice bagliore rosso arrivare da qualche parte di fianco a lei. Socchiudendo le palpebre, per fingersi ancora addormentata, si girò, mormorando come se stesse sognando, cogliendo l'occasione per dare un'occhiata all'infermeria.

Il professor Snape! Non c'era dubbio sul caratteristico profilo seduto così vicino al letto. Con un libro aperto in grembo e una penna in mano. La punta era ferma sopra ad un'annotazione quasi finita che stava scrivendo direttamente a margine della pagina. Sentendola muoversi si era bloccato e i suoi occhi scuri la osservavano attraverso la cortina di capelli.

Hermione trattenne il respiro. Esser beccata a spiare il professor Snape era piuttosto in basso nella sua lista di priorità, anche se lui era seduto accanto al suo letto ad un'ora assurda del mattino. Dopo che sembrò passare un'interminabile lungo minuto, Snape riabbassò gli occhi sul suo libro. Hermione cominciò a respirare di nuovo. Osservandolo attraverso le palpebre socchiuse lo vide finire di scrivere il commento interrotto precedentemente, prima di posare la penna lungo il dorso del libro. Piegandolo lo tenne quasi chiuso con una mano, le lunghe dita inserite in mezzo alle pagine, per tenere il segno. Solo allora decise di parlarle e farle capire che sapeva fosse sveglia.

Signorina Granger,” disse calmo, facendo un segno col capo verso il letto.

Hermione trattenne il respiro involontariamente. “P-professore,” balbettò. Lo sapeva fin dal principio, pensò un po' risentita. Non sembrava stesse per lanciarle una maledizione o togliere punti, tuttavia, e quello contava pur qualcosa. Infatti con Harry assente, e Ron addormentato lì vicino, poteva essere la sua unica opportunità di avere una conversazione civile: un'opportunità che non intendeva perdere.

Prima che potesse parlare, si sollevò su un gomito. “Professore,” iniziò, “Vorrei ringraziarla per il suo intervento di venerdì, mi ha salvato la vita-”

Basta.” Sollevò la mano libera per interromperla. “Non c'è bisogno che mi ringrazi: stavo solo facendo il mio lavoro.”

Non solo,” insistette. “Madama Pomfrey mi ha detto del rischio che ha corso. Se quella terribile maledizione fosse esplosa mentre era nella mia mente, saremmo potuti morire entrambi-”

Ho detto, basta.” Il tono non ammetteva repliche ed Hermione si zittì, non senza un leggero sbuffo d'impazienza. Il suo commento successivo, tuttavia, la lasciò momentaneamente senza parole per la sorpresa. “A meno che non tu sia capace di parlare di qualche argomento più interessante, me ne andrò.”

La stava veramente invitando a parlare con lui? Il tono di voce aveva come al solito una punta di crudeltà, ma le parole erano quasi amichevoli. “P-professore?” balbettò ancora. In risposta sogghignò leggermente e la guardò sprezzante dall'alto in basso.

Sicuramente tu fra tutti, signorina Granger, sarai in grado di pensare ad un domanda, vero?”

Provocata dalla sua solita scortesia, Hermione pose senza pensarci troppo la domanda che aveva sulla punta della lingua.

Ehm, perché è qui?”

Persino Madama Pomfrey merita ogni tanto una notte di sonno ininterrotto.” Snape sembrava annoiato.

Lo scambio stranamente tenero con Madama Pomfrey il giorno dell'incidente ritornò nella mente di Hermione, suggerendo un'acida replica: “Scommetto che lei non la considera malvagia, allora.*Ops, pensò. Invece di reagire, Snape ghignò.

Mmm,” si accarezzo il labbro inferiore con la sua mano libera. “Tra tutti i miei colleghi sicuramente non ritengo Poppy Pomfrey malvagia... Bellatrix Lestrange invece...” Lasciò la frase in sospeso.

Una piccola risata sorpresa sfuggì dalle labbra di Hermione. Questo è surreale. Furtivamente si diede un pizzico all'interno del braccio. Le fece male. Non è un sogno, quindi. Anche se la sua mente rimuginava sulla situazione in cui si trovava, Hermione Granger non aveva intenzione di sprecare un'occasione simile. “Veramente, professore, potrei farle una domanda?”

Signorina Granger, se ti dovessi mai trovare in una situazione in cui non hai niente da chiedere, per favore informami.”

Vuol dire che mi risponderà?”

Quello, signorina Granger, dipende dalla domanda.”

Mi sta bene. Hermione fece un profondo respiro. “Com'è possibile che, al Ministero, i Mangiamorte non ci abbiano semplicemente uccisi tutti?”

E' una bella domanda, alla quale ci sono diverse possibili risposte.” Snape appoggiò il dorso del libro che teneva in mano contro il labbro inferiore. “Primo, l'Anatema che Uccide, come le altre senza perdono, ha bisogno di una gran quantità di energia magica. Il processo diventa più facile con la pratica, ma durante un combattimento la situazione può lasciare il mago in svantaggio; l'energia abbassa i riflessi e la forza delle maledizioni successive. Secondo, i Mangiamorte sono abituati a giocare col cibo.” La bocca di Snape si contorse per il disgusto. “Stavano affrontando sei avversari minorenni, semplici adolescenti. Quasi certamente si sentivano adeguati alla situazione senza aver bisogno dell'utilizzo di una potenza magica di quella portata. Terzo, il Signore Oscuro, nel caso che tu non l'abbia notato, ha una certa malsana ossessione verso Harry Potter. Questo ci porta alla sporadica mancanza di logica. È deciso nel voler uccidere il ragazzo, ma vuole farlo lui stesso. Fare diversamente sarebbe nientemeno che un'ammissione della sua fallibilità. Se fosse un Mangiamorte ad uccidere Potter, anche per sbaglio, questo garantirebbe la sua morte. Come conseguenza, la sua presenza vi ha dato un certo livello di protezione; avreste corso il rischio dell'Avada Kedavra solo se non ci fosse stato pericolo di colpire Potter per sbaglio .

Quindi,” la voce di Hermione era un sussurro, “Quando ero sotto al tavolo, quando Harry mi ha salvata,” non riusciva a dire il nome della maledizione, “È stato perché il Mangiamorte aveva un colpo sicuro e sapeva che non avrebbe colpito Harry?”

Precisamente.”

Hermione deglutì pesantemente. L'orrore di aver sfiorato la morte la travolse, lasciando un sapore metallico in bocca. Il senso di sollievo fu seguito da uno di vigliaccheria e, ripensando a Sirius e Cedric, da senso di colpa.

Ha detto,iniziò, con la gola arida. “Ha detto che mi avrebbe spiegato esattamente quanto siamo stati stupidi. Credo che questo sia un buon momento.”

Mi sembra che col tuo attuale umore possa svolgere questo compito da sola in modo più che adeguato.”

Vero. Per un paio di minuti fra i due regnò il silenzio. Hermione contemplava i bordi delle lenzuola, piegandole distrattamente con le dita della mano destra. Ripensandoci, la visita al Ministero era stata un disastro tattico dall'inizio alla fine.

Finalmente si decise a parlare. “Vorrei avessimo avuto più di un solo incontro del club dei duellanti.”

In risposta, Snape fece un verso di disgusto quasi indistinguibile. “Pensi che qualche lezione in più avrebbe fatto pendere l'ago della bilancia a vostro favore? ”

Avrebbe potuto aiutarmi.” Hermione sussultò di fronte al disgusto nella voce dell'uomo. La risposta di Hermione era più disperata che sprezzante.

Sei studenti, tutti minorenni, ognuno di loro ha sofferto dell'incompetente successione di professori di Difesa contro le Arti Oscure. I Mangiamorte avrebbero avuto più di un'occasione con ognuno di voi, non importa la quantità di lezioni di duello sostenute. La morte di Black non ti ha insegnato abbastanza?”

Hermione si appoggiò un altro po' sui cuscini. La rabbia di Snape era palpabile. Eppure, mormorò ancora, questa volta più a sé stessa che al professore, “Avrebbe potuto aiutarmi.”

Lui allora la guardò, gli occhi socchiusi mentre rifletteva. “Avrebbe potuto. I tuoi riflessi sono scarsi e i tuoi incantesimi di Difesa mancano di forza.”

Hermione sapeva che le critiche era meritate, ma le sue parole facevano male ugualmente. Le lacrime minacciavano di scendere e sbatté le palpebre velocemente, determinata a non farsi vedere da Snape.

Se speri di eguagliare i voti di Potter in Difesa contro le Arti Oscure,” continuò, “ti suggerisco di lavorare sulla tecnica durante le vacanze.”

Lo farei se sapessi come.” Hermione si maledì per apparire così petulante, anche se almeno non piangeva.

Pensa, signorina Granger,” Snape aveva deciso di sfruttare il suo tono più sarcastico. “Oltre gli esami di Difesa contro le Arti Oscure, cos'è che Potter fa meglio di te?”

Niente!” Petulante senz'altro. Se non del tutto imbronciata. “Cioè, niente eccetto il Quidditch.”

Esattamente.”

Non può essere serio!” La sorpresa le fece abbandonare l'autocommiserazione all'istante. “Harry è bravo in Difesa contro le Arti Oscure perché è bravo a Quidditch? No, non può essere vero o anche Ron dovrebbe essere più bravo di me!”

Non è così semplice, signorina Granger. Mentalmente sei abbastanza abile, ma la tua forma fisica è al di sotto della media. È una combinazione di forza mentale e fisica che conduce ogni incantesimo ad essere scagliato con precisione e forza. Potter è fisicamente più forte di te come, a dire il vero, lo è Ronald Weasley. Eppure, mentre Potter sembra, con ogni intento e obiettivo, intellettualmente carente come il signor Weasley, ha una testarda tenacia di fronte alla pratica di Difesa e nel lanciare incantesimi offensivi.”

Hermione era così stupefatta che quasi non registrò l'insulto ai suoi amici. Il suo cervello si agitava per le nuove informazioni. Si tirò su e si sedette appoggiandosi alla testiera del letto. “Quindi,” teorizzò, “non potrò mai essere all'altezza di Harry in Difesa contro le Arti Oscure: lui è più alto di me e molto più forte. Non potrò mai eguagliare nessuno dei ragazzi.”

Sciocchezze,” sbuffò Snape derisorio. “Hai perso la tua abilità nel ragionare logicamente? Solo pochi minuti fa dicevi di poter fare meglio di Ronald Weasley.”

Oh. Allora...” Hermione si bloccò. Allora cosa?

Ginevra Weasley è sicuramente un miglior esempio con cui confrontarti.”

È vero! Gioca a Quidditch, è incredibilmente in forma e le sue maledizioni sono straordinariamente potenti!” L'entusiasmo della scoperta elettrizzò tutto il corpo di Hermione e la ragazza si strinse le braccia intorno alle ginocchia nel tentativo di controllare l'urgenza di saltare di piacere.

Causa ed effetto,” rimarcò Snape. “La potenza comparativa e meno importante della potenza complessiva. È sufficiente essere al massimo della condizione.”

Ma perché nessuno me l'ha mai detto prima?”

Una smorfia passò veloce sul volto di Snape. “È un'informazione che molti danno per scontata.”

Hermione rimase immobile, il suo entusiasmo del tutto sparito. “Intende dire che è un'informazione che molti purosangue danno per scontata.” Disse in tono neutro.

Sì.”

Hermione fece un profondo respiro e lo lasciò andare lentamente dal naso. “Bene, adesso lo so, più o meno. E lei pensa che dovrò imparare a giocare a Quidditch durante le vacanze?”

Snape alzò un sopracciglio. “Non è necessario il Quidditch. “Avresti grosse difficoltà ad imparare a volare bene nella casa dei tuoi genitori senza infrangere le ragionevoli leggi restrittive per i maghi minorenni e lo statuto internazionale di segretezza. Inoltre il Quidditch è impossibile da imparare da soli. Suggerisco la corsa, forse accompagnata dallo yoga. Nel tuo caso, la corsa ha l'evidente vantaggio che, diversamente da altri sport, può essere imparata adeguatamente da un libro.”

Ahi. Crudele, ma esatto. Perché far finta di poter imparare a tenermi in buona forma fisica in modo diverso da tutto il resto? Almeno papà sarà contento. Suo padre aveva sempre cercato di convincerla ad andare a correre, ad un certo punto aveva anche partecipato ad alcune maratone. Ah. Così forse non avrebbe dovuto imparare da un libro dopotutto, ma questa era un'informazione che Snape non aveva bisogno di sentire. Professor Snape. Hermione lo guardò di sottecchi e rivisitò la strana, e curiosamente utile, conversazione avuta. Non era stata esattamente piacevole, ma lui non si era neanche comportato nel suo solito modo. Di solito non rispondeva alle sue domande. Strano. Pensò se poteva permettersene ancora una.

Professore?”

Snape alzò lo sguardo e i suoi capelli si spostarono lungo la guancia, lasciando liberi gli occhi, e sollevò un sopracciglio con aria interrogativa.

Perché mi sta dicendo queste cose?”

Snape sospirò piano col naso. Chiuse il libro che era tornato a leggere, appoggiandolo nel comodino vicino al letto. Alzandosi in piedi si avvicinò e rimase in piedi così vicino al letto da poterlo toccare, incrociando le braccia.

Signorina Granger, l'informazione che sto per darti non dev'essere riferita.” La guardò dall'alto in basso. “Questo include anche i due imbecilli che chiami amici.”

Harry e Ron non sono imbecilli!”

Come?” Snape di chinò leggermente, la figura minacciosa incombente sul letto. L'incantesimo di luce con cui leggeva era alle sue spalle e lanciava un'ombra intimidatoria lungo il letto.

Ehm... chiedo scusa, signore.” Ops. E stava proprio per dirmi qualcosa d'importante.

Snape si raddrizzò e alzò un sopracciglio. “Meglio.” Concesse.

Hermione sospirò di sollievo. Forse non aveva rovinato tutto, ancora.

Voglio la tua parola, Miss Granger, che non rivelerai il contenuto della nostra conversazione a nessuno.”

Ah. Bene, non sarebbe la prima volta. Durante il terzo anno aveva tenuto la giratempo nascosta a tutti, Harry e Ron inclusi.

Ha la mia parola, signore.”

Molto bene.” Snape si voltò e camminò diversi passi lontano dal letto prima di voltarsi improvvisamente indietro verso di lei, il mantello ondeggiante intorno alla sua forma sottile. Rimase lì, le braccia strette e incrociate sul petto. “Il preside ha deciso che, durante il prossimo anno, prenderai delle lezioni private con me.”

Occlumanzia?” La domanda lasciò la sua bocca prima che Hermione si rendesse conto e si morse le labbra, inorridita per aver interrotto.

Snape alzò le spalle sprezzante. “Tra le altre cose.”

Sapeva che la stava guardando da vicino, sapeva che stava sogghignando verso di lei, ma non riuscì a trattenere un sussulto di gioia, né una leggera esclamazione di sorpresa. “Wow.”

Per iniziare, ho diversi libri per te da leggere durante le vacanze. Li lascerò sul comodino, prima o poi, nei prossimi giorni. Non mostrarli a nessuno. Contengono sia esercizi mentali che teorie e pratiche per l'Occlumanzia. Voglio che tu faccia pratica di rilassamento e tecniche di pulizia mentale ogni giorno. Lo saprò se non lo farai. Sono stato chiaro?”

Sì, signore.”

Una volta avuto il programma delle classi del sesto anno dovrai trovare un orario durante la quale la tua assenza non sarà notata.”

Hermione sapeva già quando le sarebbe stata garantita un po' di solitudine. “Signore, prendendo per assunto che il divieto di giocare a Quidditch verrà annullato, possiamo incontrarci durante le prove della squadra Grifondoro. Harry e Ron saranno occupati.”

Infatti, mi sembra probabile.” Snape si spostò lontano dal letto e prese il libro dal comodino. Guardò verso di lei. “Stenditi,” ordinò. Sentendosi come un cane obbediente, Hermione si sistemò sotto le coperte. “Per adesso hai bisogno di riposo.”

Snape si accomodò nella sedia, la conversazione era chiaramente finita. Hermione chiuse gli occhi, ma tese l'orecchio verso il suono delle pagine voltate. Seppure convinta che il vorticare dei pensieri l'avrebbe tenuta sveglia, Hermione fu presto profondamente addormentata. 

*

*

*


* Il riferimento è alla conversazione tra Poppy e Snape nel capitolo 1: "Non c'è riposo per i malvagi". E' una citazione dalla Bibbia (Isaia 57:20) e in inglese è No rest for the wicked, molto usato nel parlare quotidiano. Pignoleria mia, magari a qualcuno può interessare (anche perchè in italiano non si usa).

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Vorrei iniziare col ringraziarvi: la storia ha un certo seguito, anche se per ora è più che altro silenzioso, ma fa piacere comunque :).

Fink1987:  ti ringrazio per i complimenti, la storia non è semplicissima da tradurre (e per fortuna esistono quelle sante donne delle Bete :)). Ho deciso sui nomi originali perché non ho mai apprezzato questa mania di tradurre tutto. Su HP può in effetti avere senso, visto che i nomi in inglese hanno un significato e il prodotto è prevalentemente rivolto ai bambini/ragazzi, ma ormai i piccoletti conoscono l'inglese meglio di noi... E poi, diciamolo, "Piton" non si può proprio sentire! Ho invece lasciato tutto il resto, tranne Dumbledore's Army per evidenti motivi, così da non confondere troppo. Grazie per la recensione :)).
Il prossimo aggiornamento, vista la brevità del capitolo 4, sarà lunedì (spero apprezzerete il pensiero ;)).

Anne London

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Capitolo 4
*** The Agreement ***


Capitolo 4

NdT: capitolo 4, come promesso, pubblicato in anticipo. Dal prossimo si tornerà alla pubblicazione di venerdì. I dialoghi sottolineati sono presi dai romanzi originali.

Grazie, grazie, grazie a silviabella per il betaggio. ^__^



Capitolo 4

The Agreement



Finalmente Severus si raddrizzò, dopo aver ispezionato le mensole pulite dove si trovavano gli ingredienti per le pozioni sistemati con cura, con un senso di conquista. La schiena protestò a causa del movimento improvviso e lui si stirò indolente, sciogliendo i muscoli tesi. Nelle trentasei ore dalla partenza dell'Espresso per l'estate, che aveva svuotato la scuola dagli studenti, aveva pulito l'ufficio, impacchettato i vestiti e una selezione di libri, riorganizzato il sistema di archiviazione e fatto meticolosamente l'inventario della credenza con le scorte. Aveva saltato la cena e perfino mandato via Hooch quando era passata con l'intenzione di convincerlo ad andare ad Hogsmeade per una bevuta di fine semestre. Lo stomaco brontolò e per un momento si fermò indeciso: cena e letto o meglio andare subito a Spinner's End quella notte stessa? Senza dubbio, il riguardo che gli elfi domestici avevano per la colazione era sicuramente superiore a qualunque cosa potesse cucinare Wormtail e quel pensiero da solo lo fece decidere.

Attraversando l'ufficio prese una manciata di polvere volante e la lanciò nel caminetto, intenzionato ad andare nelle cucine. Mentre lo faceva, non solo le fiamme divennero verdi, ma fece eco un forte bang accompagnato da una lampo di luce. Istintivamente, Severus prese la bacchetta e, anche se i suoi occhi si riadattarono pochi secondi dopo, capì che non ce n'era motivo: Fawkes si librava davanti a lui. Assalito da una forma di panico diversa, Severus si fermò solo un attimo per chiamare a sé un'ordinaria borsa di pelle nera appesa dietro alla porta dell'ufficio. Afferrò quindi saldamente la coda piumata che la fenice gli offriva. Prima che Fawkes lo trasportasse da un'altra parte con un rumoroso boato, Severus ebbe il tempo solo per un attimo di pensare: Fa' che Albus stia bene.

Severus fece una panoramica dell'ufficio di Dumbledore in pochi secondi: la spada, l'anello, Dumbledore curvato sulla sua sedia, fiamme verdi che si estinguevano sulla mano della bacchetta, la bacchetta stessa sul pavimento. Prima le fiamme verdi. Severus eseguì diversi incantesimi diagnostici con una mano, rovistando nella sacca nera con l'altra. Tirò fuori una piccola bottiglia piena di un denso liquido color oro, tolse il tappo e la mise sul tavolo.

Fawkes,” ordinò, indicando la bottiglietta. “Lacrime.” Obbediente, la fenice volò sul tavolo e abbassò la testa così da poter versare le lacrime direttamente dentro la bottiglietta.

Girando intorno al tavolo, Snape iniziò a cantilenare un incantesimo di raffreddamento modificato rispetto all'incantesimo tradizionale, traducendo le parole in latino nell'equivalente Serpentese. Il sollievo si diffuse in tutto il corpo quando le fiamme iniziarono a diminuire ed estinguersi. Chiuse gli occhi per un lungo momento, poi si girò verso Fawkes.

Grazie,” sussurrò, la gola arida. Prendendo la bottiglia, Severus mise il pollice sull'apertura, agitandola meticolosamente, trasferendo il contenuto in un calice vicino alla scrivania. Con la mano della bacchetta afferrò la parte frontale dei vestiti di Dumbledore, sollevandolo in posizione eretta. Allo stesso tempo, Severus versò lentamente la pozione nella bocca di Dumbledore e iniziò a cantare l'incantesimo sulla sua mano ferita. Con un po' di fortuna (e la pozione ne apportò parecchia) avrebbe potuto contenere la maledizione, ma con una magia oscura tanto potente le possibilità di contenerla del tutto erano quasi nulle.

Severusss...” le sillabe prolungate di Albus, mentre tornava cosciente, ricordarono a Snape, in modo nauseante, Voldemort e la possibilità fin troppo reale della morte di Dumbledore. Per un altro lungo momento, Dumbledore rimase in silenzio, poi le palpebre sbatterono per sollevarsi e gli occhi misero a fuoco.

Perché, perché hai indossato quell'anello?” Tutta la preoccupazione di Snape si concentrò in rabbia. “Contiene una maledizione, sicuramente te ne sarai accorto. Perché ti sei azzardato anche solo a toccarlo?

Io... sono stato uno stupido. Terribilmente tentato...

La debolezza nella voce di Dumbledore non fece niente per raffreddare l'umore di Snape. “Tentato da cosa?” La domanda perentoria non ottenne risposta. “È un miracolo che tu sia riuscito a tornare qui!” Continuò. “L'anello contiene una maledizione di straordinaria potenza, spero di essere riuscito a contenerla. Ho fatto in modo di bloccare la maledizione ad una mano sola per il momento-

Hai fatto un ottimo lavoro, Severus. Quanto tempo credi mi resti?” Dumbledore sembrava più forte. Una nota di tenue curiosità colorava la sua voce e guardava la mano danneggiata con un'espressione interessata.

Non saprei dirlo.” Snape lasciò andare un sospiro sconfitto. “Forse un anno. Non c'è modo di bloccare un incantesimo del genere per sempre. Alla fine si propagherà ed è quel tipo di maledizioni che si rafforzano col tempo.”

Sono fortunato, estremamente fortunato, ad averti, Severus.

Dannazione. Deve sempre sembrare così nobile d'animo?Se solo mi avessi chiamato un po' prima avrei potuto fare di più, far sì che ti rimanesse più tempo! Pensavi che rompere l'anello avrebbe spezzato la maledizione?

Qualcosa del genere... deliravo, senza dubbio... Beh, allora, questo rende le cose più semplici.” Dumbledore si sedette dritto sulla sedia e abbassò la manica intorno al polso annerito. “Mi riferisco al piano di Lord Voldemort che mi riguarda. Quello di far sì che il povero giovane Malfoy mi uccida.

Il “povero giovane Malfoy” ha un nome e puoi usarlo. Snape si accigliò e si sedette nella sedia dall'altro lato della scrivania. “Il Signore Oscuro non si aspetta che Draco abbia successo. È solo una punizione per il recente fallimento di Lucius. Torturare lentamente i genitori di Draco mentre lo osservano fallire e pagarne il prezzo.E torturare lentamente anche me mentre lo guardo soffrire e contemplare anche la mia eventuale morte.

In breve, sul ragazzo pende una sentenza di morte sicura quanto la mia.No, sicura quanto la mia. Ora, credo di poter pensare che il naturale successore per il lavoro, una volta che Draco avrà fallito, debba essere tu?

Credo che questo sia il piano del Signore Oscure.E ad un certo punto morirò anch'io – a meno che, ovviamente, non diventi evidente in precedenza che l'ho tradito: in quel caso morirò prima.

Lord Voldemort prevede un momento nel prossimo futuro in cui non avrà bisogno di una spia ad Hogwarts?

Pensa che la scuola cadrà presto nelle sue mani, sì.

E se dovesse cadere nelle sue mani, ho la tua parola che farai ciò che è in tuo potere per proteggere gli studenti di Hogwarts?

Crede davvero onestamente che sarò ancora vivo per poterlo fare? La discussione avuta l'altra notte, dopo aver visto i ricordi nel pensatoio, era stata più breve del previsto. Forse Dumbledore non aveva ancora afferrato le reali conseguenze della trappola in cui aveva guidato Snape. Snape osservò con sguardo assente l'uomo più anziano che, dal canto suo, lo guardava indagatore. In ritardo, Snape di rese conto che era attesa una sua risposta e annuì meccanicamente.

Bene.” Dumbledore gli sorrise. “Allora. La tua priorità sarà di scoprire cosa sta facendo Draco. Un adolescente spaventato è un pericolo per gli altri, così come per sé stesso. Offrigli il tuo aiuto e guidalo, dovrebbe accettare, tu gli piaci-

-molto meno da quando suo padre ha perso credito presso il Signore Oscuro. Draco incolpa me, crede abbia usurpato la posizione di Lucius.

In ogni caso, prova. Sono meno preoccupato per me rispetto alle accidentali vittime di qualunque piano possa pensare il ragazzo. In sostanza, ovviamente, c'è solo una cosa che bisogna fare per salvarlo dalla collera di Lord Voldemort.

Snape aveva tutte le intenzioni di provare. L'unica conclusione sensata a cui era arrivato negli ultimi giorni riguardava la tremenda necessità di salvare Draco e insegnare alla Granger il più possibile. Il secondo compito sarebbe dovuto essere più semplice, ma aveva già speso delle ore cercando di risolvere il primo e il casuale commento di Dumbledore attirò improvvisamente la sua attenzione.

Hai intenzione di lasciare che ti uccida?” disse sardonico.

Certamente no. Tu devi uccidermi.

Per un lungo momento, Severus non riuscì a replicare. Il sangue pompava forte nelle sue orecchie, tanto da chiedersi se avrebbe mai più sentito qualcosa. Molti colpi dopo riprese la sua compostezza, insieme alla sua pesante ironia. “Vuoi che lo faccia subito? O preferisci avere un po' più di tempo per comporre il tuo epitaffio?

Oh, non ancora.” Dumbledore cercò di avere un tono di disinvolta noncuranza. “Oserei dire che il momento si presenterà da solo a tempo debito. Visto cos'è accaduto stasera, possiamo essere sicuri che accadrà entro un anno.

Se non t'importa di morire, perché non lasci che lo faccia Draco?” Malgrado si sforzasse, Severus non riusciva a tenere l'amarezza lontana dalla voce. Guardò la scrivania di fronte a lui, furioso per le lacrime che minacciavano di scendere.

L'anima del ragazzo non è ancora danneggiata. Non voglio che si spezzi per colpa mia.

E la mia anima, Dumbledore? La mia?” Era quasi un sussurro e rimase nell'aria tra i due mentre Snape continuava a guardare il piano del tavolo.

Tu solo puoi sapere se l'aiutare un vecchio ad evitare il dolore e l'umiliazione danneggerà la tua anima.”Dumbledore si sporse in avanti e allungò la mano per stringere gentilmente il gomito di Snape. “Ti chiedo questo come un grande favore, Severus, perché la morte si avvicina per me, quanto è vero che i Cannoni di Chudley finiranno ultimi nella classifica di quest'anno. Confesso che preferirei una morte veloce, un'uscita indolore rispetto alla prolungata e caotica operazione che ne risulterebbe se, per esempio, Greyback fosse coinvolto. Ho sentito che Voldemort lo ha reclutato, è vero? Oppure la cara Bellatrix, a cui piace giocare col cibo prima di mangiarlo.

La testa di Snape vorticava. Un grande favore. Come se non gli avessi dato tutto – tutto – durante gli ultimi diciassette anni. E se potessi rifiutare ora, vorrebbe dire la fine della mia vita... senza dubbio significherebbe la fine di ogni parte della mia vita che vale la pena vivere. Avrebbe potuto evitare di rispondere ancora un po', se non avesse guardato Dumbledore nei suoi intensi occhi azzurri. Odiandosi, e odiando Dumbledore per avergli chiesto una cosa del genere, annuì.

Grazie, Severus...

Dumbledore voleva discutere i dettagli per trovare un accordo ad un possibile scenario post-omicidio, ma Severus non poteva sopportarne l'idea. Invece minacciò di chiamare Poppy tramite metropolvere finché Dumbledore si arrese e si ritirò per dormire, non prima di aver ingoiato diverse pozioni di guarigione imposte da Severus, con la promessa di una visita dall'infermiera come prima cosa al mattino.

Dopo che Dumbledore se ne fu andato, Snape contemplò l'uso della metropolvere, ma decise che una passeggiata verso i sotterranei gli avrebbe fatto bene. Alla base delle scale che portavano all'ufficio di Dumbledore, Snape si fermò per controllare l'orologio. Erano solo le dieci e trenta. E pensare che solo un'ora e mezza fa evitavo di pensare alla mia impellente morte con la veneranda pratica di dedicarsi al lavoro per temporeggiare... e adesso il proseguimento della mia miserabile esistenza è garantita dalla promessa di uccidere l'unico che mi vede, e mi apprezza, per ciò che sono realmente. Severus guardò l'orologio una seconda volta: solo dieci e trenta. Sicuro come il fatto che i Cannoni di Chudley sarebbero finiti all'ultimo posto in classifica, sicuramente in quell'ora di tarda serata avrebbe trovato Hooch giù al pub – forse insieme a Poppy e Minerva. Se mai Severus Snape avesse avuto bisogno di una bevuta, questo era uno di quei momenti. Senza preoccuparsi di prendere il mantello, si mise in movimento verso Hogsmeade e la sicura compagnia.

*

*

*


Questo capitolo è prevalentemente canon e fa da collegamento con tutto quello che succederà dal prossimo. Spero che la storia vi piaccia e che continuate a seguirla come state facendo. :)

chi_lamed: Il fatto che Snape ed Hermione siano molto fedeli è una delle cose che mi è piaciuta di più. Poi, ovviamente è una fanfiction e l'aiutrice ci ha messo del suo, ma devo dire che i leggeri cambiamenti a me non hanno dato fastidio (spero non lo diano neanche a voi). L'atmosfera respirata in questo capitolo la ritroveremo spesso, anche se in modo diverso...e smetto di blaterare, prima che mi scappi qualche spoiler ;).

Anne London

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Capitolo 5
*** Preparations ***


Capitolo 5

NdT: rieccoci con l'aggiornamento di venerdì. Tutti in coro: grazie silviabella!!



Capitolo 5

Preparations


Hermione poté lasciare l'infermeria tre giorni prima della fine della scuola. Non aveva visto il professor Snape dalla chiacchierata notturna, ma diverse volte si era svegliata con la sensazione di averlo mancato per poco e, in un'occasione, si era trovata con una pila di libri sul comodino, di fianco alle pozioni di guarigione. La cicatrice lungo il petto era sbiadita in modo significativo. Madama Pomfrey le aveva lasciato una crema da applicare tutte le mattine e una pozione da prendere una volta a settimana, ma l'aveva anche avvertita che difficilmente sarebbe sparita del tutto. Ad Hermione non importava. Sentiva di averla scampata bella e aveva preso l'abitudine di sfregare la nuova pelle vicino alla clavicola. Toccarla la faceva sentire in qualche modo più forte, meno persa e più determinata.

Passò le prime due settimane di vacanza a casa con i genitori. Sua madre aveva preso delle ferie dal lavoro e persino suo padre era riuscito a passare alcuni pomeriggi lontano dallo studio. Era entusiasta del suo nuovo interesse per la corsa e non riusciva a smettere di parlarne. Le aveva dato abbondanti informazioni sulle corse lunghe, sulle corse a tempo, sulle corse leggere e sullo stretching; le diede diversi libri e le mostrò un certo numero di siti web che rendevano semplice calcolare gli allenamenti e gli obiettivi di velocità. Oltretutto correva con lei, felice di modificare la sua velocità al suo passo più lento e barcamenando la conversazione per entrambi quando lei si trovava senza fiato (il che all'inizio succedeva spesso).

Hermione esitava nell'informare i suoi genitori a proposito degli eventi dell'anno precedente. Hogwarts aveva delle strane leggi riguardo i parenti babbani e le ferite magiche. Giustamente, i Granger erano furiosi alla fine del secondo anno di Hermione nello scoprire che aveva passato parte dell'anno in coma, senza che loro ne sapessero nulla. Avevano quindi minacciato di porre fine alla sua educazione magica e solo un estenuante incontro con la professoressa McGonagall, pieno di disastrose avvertenze sulle orribili conseguenze di vivere con una strega inesperta, aveva fatto loro cambiare idea. Eppure avevano bisogno di sapere del ritorno di Lord Voldemort, per la loro incolumità così come quella di qualunque altro, ed era particolarmente certa che sarebbero stati meno furiosi di sapere della nuova cicatrice se l'avessero sentito da lei per prima. Alla fine cambiò leggermente la storia: disse loro del confronto fra Dumbledore e Voldemort al Ministero (lasciando fuori la sua partecipazione insieme a quella di Harry e degli altri), e attribuì la sua ferita ad un incidente durante una “pratica di duello”. “Vista la guerra in arrivo, mamma, hanno preso l'autodifesa particolarmente sul serio; il professor Snape mi ha curata subito quindi non c'è niente di cui preoccuparsi...” La lasciò un po' nauseata che i suoi genitori trovassero le sue bugie così convincenti, ma semplicemente strofinò la cicatrice furtivamente e tenne la bocca fermamente chiusa.

Una volta che la madre fu tornata al lavoro Hermione iniziò a passare molto del suo tempo alla Tana, tornando a casa solo nei weekend. Diversi giorni prima il signor Weasley aveva collegato il caminetto della camera da letto dei suoi genitori alla Metropolvere, cosa che rese il viaggio di andata e ritorno molto semplice. Anche Harry era alla Tana e l'affollata casa Weasley era molto più divertente del correre intorno alle case a schiera di Londra da sola. Eppure era spesso un po' sollevata quando si allontanava dal rumore e dal trambusto nei fine settimana, e le lunghe corse che faceva con suo padre durante la domenica mattina divennero sempre più preziose nelle sue abitudini estive.

Hermione seguiva un meticoloso programma di corsa. Il professor Snape aveva ragione: la matematica e la logica che servivano per imparare la corsa l'affascinavano. Poteva correre da sola e poteva imparare da un libro. Il Quidditch era completamente un'altra cosa. Nonostante stringesse i denti e giocasse due contro due con Harry, Ron e Ginny ogni volta che lo proponevano, era comunque una giocatrice tremenda e imparava lentamente. Il gioco sembrava andare troppo veloce e si sentiva quasi umiliata alla fine di ogni partita. Anche quando l'altezza era limitata dal giocare nel giardino posteriore della Tana, il vuoto tra lei e il terreno la lasciava stordita per l'ansia. Se non puoi essere coraggiosa, Granger, diceva a sé stessa, sii testarda. Il professor Snape probabilmente direbbe che non c'è differenza.

Praticava, inoltre, gli esercizi mentali che Snape aveva stabilito. Prima di lasciare Hogwarts aveva incantato le copertine dei libri che lui le aveva dato in modo che sembrassero delle edizioni di Aritmanzia Oggi. Solo Bill poteva provare interesse ad aprire un pubblicazione del genere ed era così impegnato nel corteggiare Fleur da essere riuscita a tenerli sottomano senza preoccuparsi, persino leggendoli diverse volte nella cucina della Tana. In effetti aveva scoperto che l'immagine di Hermione Granger immersa in un libro era, a tutti gli effetti, invisibile. Se non si muoveva all'improvviso o guardava verso di loro, gli adulti parlavano come se non ci fosse affatto, regalando piccoli stralci d'informazioni riguardanti altri membri dell'Ordine, o notizie di altri attacchi Mangiamorte. Il nome di Snape, in particolare, attirava sempre la sua attenzione. Hermione non aveva parlato con nessuno del suo ruolo avuto nella guarigione della maledizione di Dolohov, o delle loro strane conversazioni notturne. L'unica volta in cui avrebbe voluto parlarne fu quando Harry menzionò le sue imminenti lezioni con Dumbledore, anche se era certa che né Ron né Harry sarebbero stati entusiasti delle sue lezioni col professor Snape quanto lo era lei. L'impegno di Snape di aiutarla era un po' come la sua cicatrice – nuova, ruvida e nascosta alla vista; continuava a toccarla come un talismano per ricordarsene e l'idea la spaventava e la rassicurava; la prossima volta avrebbe combattuto meglio, sarebbe stata più forte.

Il suo nome era menzionato raramente e solo incidentalmente, “Snape sarà presente all'incontro dell'Ordine di domani.” “Snape ha detto di esser sicuri che Dumbledore parli con Minerva.” Sfortunatamente nessuno degli incontri si teneva alla Tana ed Hermione era molto dispiaciuta di non averlo potuto vedere.

Infatti, si rimproverò aspramente la mattina dopo il compleanno di Harry, mentre era sdraiata nel letto a pensare al suo professore assente, stai sviluppando un'insana ossessione per quell'uomo! Scivolando fuori dalle coperte afferrò la sua tenuta da corsa e sgattaiolò fuori senza svegliare Ginny. Prima di lasciare la Tana lanciò su di sé un incantesimo di Disillusione e attaccò la bacchetta alla fascia per il sudore così che rimanesse distesa all'interno del braccio. Corse per almeno sei chilometri e mezzo lungo le coltivazioni fuori dal villaggio. Il cielo era sereno con una piacevole brezza fresca; Hermione si sentiva meravigliosamente bene. Solo nell'ultima settimana correre era diventato più semplice. Nell'ultimo tratto verso casa andò più veloce, tornando dentro il territorio della Tana con le gambe pesanti e senza fiato.

Chi c'è?!” Harry la spaventò allo stesso modo con cui lei aveva appena spaventato lui. Si era bloccato in posizione da duello, la bacchetta puntata direttamente verso di lei.

Aspetta, Harry! Sono io, Hermione.” In fretta annullò l'incantesimo di Disillusione e sentì il calore del contro incantesimo che si scaricava lungo la schiena.

Maledizione, mi hai fatto prendere un colpo,” replicò, passandosi la mano lungo i capelli e lasciandosi andare seduto sul terreno.

Sì, anche tu.” Hermione si abbassò e appoggiò le mani sulle ginocchia. Si sforzò di recuperare il fiato, combattendo l'effetto combinato dell'adrenalina della corsa e di quella che l'apparizione improvvisa di Harry aveva attivato.

Il sollievo sul viso di Harry si era trasformato in irritazione. “Vorrei poter uscire anch'io dal giardino,” disse con tono amaro.

Hermione ebbe la grazia di apparire un po' in colpa. “Io, ehm, non ho esattamente chiesto il permesso,” rispose e aggiunse debolmente, “Avevo la mia bacchetta.” Non che sia autorizzata ad usarla!

Harry la guardò sorpreso. “Non è esattamente il tuo modo di fare, 'Mione!” commentò. “In effetti, anche l'esercizio fisico non è esattamente nelle tue corde. Cosa stai combinando?

Hermione si prese un piede in mano e tese il quadricipite. “Beh, ho, ehm, letto da qualche parte che migliorare la forma fisica aiuta la propria forza magica. Credo di essere un po' delusa dai miei voti in Difesa.” Sorrise ironica ad Harry e cambiò gamba per lo stretching. “Il prossimo anno voglio fare di meglio. La prossima volta che combatteremo i Mangiamorte voglia fare di meglio.”

A quelle parole Harry si sedette un po' più dritto. L'espressione scontrosa che così spesso era presente sul suo viso s'incrinò leggermente. “Sei fantastica, Hermione.”

Sciocchezze.” Si sedette vicino a lui. “Mi hai salvato la vita al Ministero, Harry. Se fossi stata più brava in Difesa avrei potuto mettere fuori uso Dolohov, non renderlo muto. Avrei potuto non rimanere affatto ferita.”

Il viso di Harry si rabbuiò ancora. “È colpa mia se tutti voi eravate lì! L'hai detto tu stessa che ho un debole per salvare la gente. Se non avessi creduto a quello che Voldemort...”

Harry! Voldemort ti ha ingannato. Ti ha ingannato perché è malvagio e gli hai creduto perché sei fondamentalmente buono. Non c'è niente di cui vergognarsi! Se lasci che le sue azioni ti cambino, allora lo avrai lasciato vincere.”

Dio, Hermione,” Harry aveva sollevato le ginocchia contro il petto e aveva nascosto il viso fra le gambe. “Sembri Dumbledore.”

Hermione rese la sua voce più profonda che poté. “Mio caro ragazzo,” replicò con un'imitazione passabile del tono divertito del preside. “Ho sempre avuto un certo dono con la Polisucco.”

La risata nasale con cui Harry accolse il fiacco scherzo fece sentire Hermione assurdamente contenta. Harry era stato fin troppo suscettibile dalla morte di Sirius da dare la sua risata per scontata. “Andiamo,” rise anche lei, alzandosi in piedi e porgendo una mano per sollevarlo. “Scommetto che la colazione di Molly è quasi pronta.”

Quando prese la sua mano, Harry si fermò per un secondo, gli occhi stretti mentre guardava la generosa porzione di gamba rivelata dai calzoncini da corsa. “Sai Hermione, direi che stai avendo qualche beneficio secondario dall'intenso programma che stai seguendo!”

Attento, Harry James Potter, non accetto quel tipo di sfacciataggine da chiunque!” Malgrado le parole polemiche, Hermione arrossì compiaciuta. Era piacevole sapere che uno dei suoi migliori amici aveva notato che lei era una ragazza, anche se avrebbe preferito fosse stato l'altro.

Dentro trovarono non solo Molly a colazione, ma anche Ron, Ginny e le loro lettere da Hogwarts. Hermione aprì la sua e scorse la lettera di accompagnamento – congratulazioni per i tuoi GUFO, benvenuto nel sesto anno, l'inizio dei MAGO, ancora prefetto, tante belle solite cose – e guardò velocemente la lista dei libri. Wow, questi libri di Aritmanzia sembrano eccellenti! Desiderava una copia di Applicazioni Pratiche Avanzate dei Principi dell'Aritmanzia da una vita. Mentre gli occhi scorrevano fino alla fine della pagina, il suo cuore fece un salto. Aggiunti alla fine della lista dei libri c'erano tre titoli in più, scritti con la distintiva spigolosa grafia del suo professore di Pozioni: Protezioni di Base, Difendere la Mente e il Corpo e Attenzione all'Esercizio Fisico: Migliorare i Riflessi Magici. Non può essere vero, pensò. Il cuore batteva forte e inconsciamente si toccò gentilmente la cicatrice.

Un grido da parte di Harry interruppe le sue fantasticherie. Aveva la sua lettera aperta e teneva in mano una spilla rosso e oro. Hermione la guardò stupidamente per un secondo. È anche lui un prefetto? Harry gliela mostrò più da vicino, un sorriso felice sul viso: Capitano della squadra di Quidditch.

Questo ti dà gli stessi diritti dei prefetti!” rimarcò Hermione con reale piacere, “Puoi usare il nostro bagno speciale e tutto il resto!

Durante i giorni successivi Hermione cercò di non guardare la sua lista dei libri troppo di frequente. Malgrado sbavare per i libri fosse un atteggiamento normale per lei, non voleva neanche far sì che qualcuno dei ragazzi notasse la grafia del professor Snape e chiedesse qualcosa in proposito. Quando infine andarono a Diagon Alley per le compere, tuttavia, non poté nascondere il suo disappunto di fronte al suggerimento di Arthur di dividersi.

Molly, non ha senso andare tutti quanti da Madama McClan,” disse. “Perché loro tre non vanno con Hagrid mentre noi andiamo al Ghirigoro e prendiamo i libri per tutti?

Hermione consegnò la sua lista riluttante, con evidente divertimento di Ron.

Andiamo, Hermione,” rise, mettendole un braccio intorno alle spalle. “Puoi visitare la libreria qualche altro giorno quando abbiamo meno da fare. D'altro canto, fin troppo presto sarai di ritorno ad Hogwarts e potrai passare tutto il tempo che desideri nella tua benedetta biblioteca.”

Davvero, Ron?” cercò di assumere il suo tono di voce più irritato, ma non riuscì a trattenere una nota di divertimento. “Mi ci lascerai passare tutto il tempo che voglio? E tu non cercherai mai di farmi uscire?

Solo quando diventa assolutamente necessario per la tua salute!” Protestò Ron, “Fa più male a me che a te.”

Puoi dirlo forte!” Rise Hermione e lo colpì leggermente nelle costole.





In seguito Hermione rifletté che il viaggio a Diagon Alley non fu meno colmo di eventi rispetto a quello che una vita insieme ad Harry portava di solito. Draco Malfoy stava certamente tramando qualcosa, il suo comportamento da Magie Sinister era tutt'altro che innocente. Certamente non dissentiva con Harry su quel punto. Non era entrata nel negozio per cercare di scoprire qualcos'altro? Eppure, c'era qualcosa di disturbante nell'ossessione che Harry aveva sviluppato. Persino Ron l'aveva notato. Ad un certo punto, tre o quattro giorni dopo essere andati a fare spese, i due amici si guardarono negli occhi nel bel mezzo di una delle tirate di Harry e, più tardi quello stesso giorno, Ron la bloccò da sola sulle scale.

Ehi.” Ron la prese per un gomito mentre passava.

Ehi anche a te.” Erano particolarmente vicini e lei poteva sentire il suo odore leggero, dolce ed estivo, come di erba appena tagliata.

Credi che Harry stia bene?”

Si sentiva male a parlare di Harry in sua assenza, ma c'era qualcosa di piacevole in tutto ciò. Primo, Ron aveva un'adorabile espressione preoccupata sul viso e, secondo, erano migliori amici: chi altri poteva avere il diritto di essere preoccupato per lui?

Intendi la cosa del Prescelto o lo sguardo nei suoi occhi quando parla di Malfoy?” Parlavano entrambi molto piano e si avvicinò un po' di più.

Entrambe, in realtà. Si sta comportando in modo strano con questa storia di Malfoy, è sicuro. Come se fosse personale o stesse prendendo tutto in maniera esagerata.”

Oh, Ron. Sono contenta che entrami l'abbiamo notato. Ha lo stesso sguardo anche quando qualcuno nomina Sirius. Tutto chiuso in se stesso e arrabbiato.” Hermione masticò brevemente il proprio labbro inferiore. “Cosa pensi che dovremmo fare?”

Dio, non lo so. Cerchiamo solo di minimizzare tutta la faccenda Malfoy, non credo dovremmo incoraggiarlo.”

Ok.”

Ok.”

Hermione si sentiva riluttante a concludere la conversazione. C'era qualcosa di veramente piacevole nello stare così vicina a Ron e parlare sottovoce.

Bene, uhm, io, ehm, credo che ci vedremo in giro.”

Sì, lo credo anch'io.”

Wow. Come fa una conversazione a passare da piacevole a imbarazzante così velocemente? Hermione arrossì un po' e corse su per le scale verso la stanza che divideva con Ginny più in fretta che poté. La più giovane degli Weasley era già lì. Hermione si buttò nel letto e prese il libro più vicino, facendo finta di leggere. Prima inizia questo semestre, pensava, meglio sarà!


*


*


*

Anche questo capitolo è un po' breve, ma serve comunque da raccordo con il successivo. Settimana prossima si torna ad Hogwarts :).

Anastasia_Snape: in realtà non è un spoiler. Mentre Snape cura la sua ferita, Hermione, nel delirio del momento, paragona il suo canto a quello di una Fenice e lo chiama tale. :)

Anne London

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Capitolo 6
*** Happy Returns ***


Capitolo 6

NdT: sono come sempre d'obbligo i ringraziamenti alla fantastica beta silviabella.



Capitolo 6

Happy Returns


Poco dopo che Narcissa e Bellatrix se ne furono andate, Wormtail entrò furtivamente nel soggiorno, sfregando la mano argentata contro il palmo dell'altra mano.

Che gentili le sorelle Black. Una semplice visita di cortesia, immagino.”

A quel punto Severus aveva già addosso il suo mantello da viaggio.

Porta via quei bicchieri,” ordinò.

Certo, certo. Ma dove stai andando?”

Una sola parola di risposta - “Fuori” - prima che Severus mettesse in pratica le parole e sfrecciasse fuori di casa. Se Wormtail non fosse stato presente sarebbe potuto uscire dal giardino posteriore, sparendo di colpo nel buco della recinzione come ai bei vecchi tempi. Anche usando la porta principale non gli ci volle molto per arrivare nel viale dietro casa. Per circa un chilometro camminò per una strada contorta che raramente lo costringeva a camminare fuori dall'ombra. Si bloccò per guardarsi intorno. Gli sembrava di essere arrivato – se il decrepito parco giochi per bambini dove si trovava poteva essere classificato come destinazione. Alla fine Severus si avvicinò ad un'altalena, uno dei pochi elementi di gioco che rimaneva intatto. Grazie al suo fisico asciutto riuscì a sedersi, con la mano sinistra stretta forte intorno alla catena e la fronte appoggiata alla mano.

Era tardi, era buio, era freddo in modo anormale. Aveva 36 anni ed era seduto in un parco per bambini. Aveva appena giurato con un Voto Infrangibile di uccidere Albus Dumbledore nell'inevitabile circostanza che Draco Malfoy fallisse nell'impresa.

Maledizione, si disse, non fa nessuna differenza. Una volta fallito Draco, la mia scelta sarebbe comunque stata quella di essere coinvolto nella morte di Albus a mia volta. Ripensò ai termini della promessa che aveva fatto.

Vuoi tu, Severus, vegliare su mio figlio Draco affinché riesca nel suo tentativo di eseguire le richieste del Signore Oscuro?

Fatto. Severus e Lucius avevano passato lunghe ore a discutere di tenere Draco fuori dalla diretta partecipazione alle battaglie del Signore Oscuro. Il ragazzo era stato un bambino malaticcio, preceduto da tre aborti spontanei, ed era amato da entrambi i genitori ad un livello ossessivo. Lui da solo era considerato dai Malfoy molto più importante di qualunque servile lealtà verso la causa di Lord Voldemort.

Vuoi tu, al meglio delle tue possibilità, proteggerlo dal pericolo?

Ancora, niente che non avesse già avuto intenzione di fare.

E se si rivelasse necessario... se Draco dovesse fallire... porterai a termine l'impresa che il Signore Oscuro ha ordinato a Draco di compiere?

Beh, era già sicuro che Draco avrebbe fallito. E Severus aveva già promesso a Dumbledore di completare l'impresa lui stesso. Perché allora si sentiva il cuore così pesante?

Severus si guardò intorno nel parco desolato e immaginò sé stesso da ragazzino. Devo essere sembrato spaventoso. Aiutava, comunque, essere lì nel parco dove, in un certo senso, era cominciato tutto. Rimase lì seduto a lungo, lasciando che lo strano freddo di luglio filtrasse nelle ossa, e pensò ai momenti della sua vita in cui avrebbe potuto fare una scelta diversa. Sapeva di stare per fare qualcosa d'importante, con conseguenze personali devastanti. Questa volta intendeva agire con la piena consapevolezza delle possibili conseguenze.

Era quasi passata un'ora quando finalmente si alzò. “Andiamo, Mocciosus,” disse a voce alta. “Sai molto bene da che parte stai.”

Severus Snape camminò fuori dal parco verso la parte più buia, dove sparì con un crack.



Quella sera non c'era nessun gatto ad attenderlo al suo arrivo ad Hogwarts. Camminò verso il castello senza incontrare un'anima. Salutò il gargoyle con un lungo e sofferto sospiro. “Lecca lecca al limone”, mormorò. Dumbledore era ancora sveglio e, dopo aver visto le memorie di Snape nel Pensatoio, contento in modo ridicolo.

Ben fatto, Severus! Nessuno tranne te sarebbe riuscito a eseguire una tale interpretazione. La gelosia rende Bellatrix un'avversario molto più impegnativo dello stesso Voldemort, ma stanotte sei andato oltre nella tua strada per convincerla!”

Dumbledore versò ad entrambi da bere, sorridendo felice. Dall'altro lato della scrivania, Snape era corrucciato. Cercò con tutte le forze di non pensare all'uccisione del preside o di quanto spiacevole sarebbe stata la sua vita una volta che il piano di Dumbledore si fosse compiuto.



Era dai suoi primi anni ad Hogwarts che Severus non era così contento di arrivare alla fine delle vacanze. Lasciare Spinner's End era stato un piacere e, a confronto con la continua, irritante presenza di Wormtail, non vedeva positivamente l'ora di passare del tempo con i suoi studenti.

Era in piedi ad un lato delle grandi porte, guadando un gruppo di studenti in arrivo al castello. Nascosto alla vista dalla luce che filtrava dall'entrata principale, non era altro che una delle “misure di sicurezza extra” attivate per quella sera. Vedendo Horace Slughorn strizzar la sua corpulenta persona fuori da una delle carrozze, Severus si ritirò istintivamente più in fondo nell'oscurità. Un senso di risentimento minacciava il suo buon umore e dovette reprimere un istinto infantile di maledire l'uomo mentre non guardava. Basta, si disse, e mentre Slughorn spariva dentro l'entrata, Severus riportò la sua attenzione sugli studenti. Quando Hermione Granger e il più giovane dei ragazzi Weasley emersero dalle scale senza Potter, discutendo furiosamente a bassa voce, i suoi occhi si strinsero con sospetto. Quando passarono davanti a lui, Severus decise di seguirli.

Sono serio, Hermione, non esiste che lo dica a Snape!”

Ron! Primo, è il professor Snape e, secondo, se fossimo andati da lui l'anno scorso-

A insaputa dei due studenti, il professor Snape stava ascoltando ogni parola.

Neanche morto! Harry non ci ringrazierebbe per avergli mandato contro Snape, lo sai! ”

Cresci, Ron! Non è una cosa tra studenti contro insegnanti, non lo è mai stato! È membri dell'Ordine contro Mangiamorte!”

Credo sia ora d'intervenire. Severus si avvicinò e prese Ron per il colletto. Abbassandosi gli sibilò in un orecchio, “Perso qualcosa, signor Weasley? I vostri guai tendono ad arrivare in tre.”

Lo sguardo scioccato sul viso di Weasley era comico e intensamente soddisfacente. Granger, invece, sembrava assurdamente sollevata di vederlo. Idiota di una ragazza, potrebbe vederci chiunque.

Chiudi la bocca, signorina Granger,” ringhiò, prima che lei potesse parlare, Non ho bisogno delle tue chiacchiere qui più di quanto mi servano in classe. Allora, signor Weasley, dov'è Potter? Lo hai abbandonato?”

N-no,” Weasley sembrava senza respiro e disperato. “È già andato dentro.” La bugia era così evidente che non valeva la pena richiamarlo.

Lasciandovi indietro a portare i suoi bagagli. Povero me, il famoso signor Potter diventa più presuntuoso ogni anno che passa.”

Professor-”

Signorina Granger, ti ho detto di tacere!” Non si preoccupò neanche di guardarla. L'agitato senso di colpa e preoccupazione che emanava da Weasley era così forte che non aveva bisogno di ulteriori dettagli di quello che era successo: chiaramente Potter non aveva lasciato il treno. “Venti punti in meno a Grifondoro, Weasley, per aver mentito ad un insegnante.” Lasciò la presa sul colletto di Ron e si voltò veloce, così che la toga da insegnante* fluttuò nell'aria, avviandosi verso la stazione.

Era già avanti per strada quando intercettò il Patronus di Tonks e, con la consapevolezza che il bambino-che-è-sopravvissuto continuava a fare precisamente quello, Severus rallentò un po' il passo. Mentre camminava, Snape fece un sorrisetto: stava per godere dell'onore di scortare Potter a cena. Hogwarts gli era veramente mancata.



Seduto al tavolo della cena quella sera, Severus fu non poco soddisfatto di fronte alla reazione degli studenti alla presentazione di Horace Slughorn. Nessuno applaudì. Invece gli occhi si erano voltati verso di lui e il suo cambio d'insegnamento causò una piccola scenata. Se soltanto avesse potuto far girare la palle a Potter e rendere felici i suoi Serpeverde ogni sera! E se solo il suo sostituto fosse stato qualcun altro invece di Slughorn.

Hooch si era appoggiata dietro Minerva e gli faceva l'occhiolino, “Ah, essere famosi,” commentò.

Severus rispose con un ghigno.

Pianificare le nuove lezioni era stato interessante. Era un eccessivo carico di lavoro, ovviamente, comporre il nuovo programma per tutti e sette gli anni, ma era un piacevole cambiamento rispetto al re-insegnare Pozioni che aveva perfezionato anni prima.

Una volta che gli studenti furono mandati nelle sale comuni – ma chi è l'uomo che effettivamente usa le parole “Hop hop?” pensò Severus- Dumbledore si girò verso gli insegnanti. “Immagino che tutti sappiate della riunione di questa sera? Mi aspetto di vedervi tutti nella sala insegnanti a breve.”

Che bello,” esultò Slughorn. “Potremmo farci un bicchierino e conoscerci un po' meglio.”

Snape alzò gli occhi al cielo e si alzò in piedi. “Albus,” disse, con un leggere inchino, “Devo prima compiere i miei doveri di Capo Casa.”

Fantastico, Severus,” gli disse Dumbledore mentre andava via. “Possiamo aspettarti.”

I prefetti Serpeverde avevano fatto un ottimo lavoro nel condurre il primo anno verso la sala comune e, mentre Severus oltrepassava la tavolata, i ritardatari si alzarono in fretta. Il ritardo sarebbe stato evidente se fossero arrivati dopo il professor Snape.

La sua entrata nella sala comune fu accolta con un applauso. Diversi studenti si alzarono in piedi e alcuni si avvicinarono per porgergli le congratulazioni.

Basta,” disse gentilmente, alzando una mano per ottenere silenzio. “Il nostro primo dovere questa sera è di dare il benvenuto ai nuovi studenti. Prego, fate un passo avanti.” Sette ragazzi del primo anno, molto tesi, si misero al centro della stanza: quattro ragazze e tre ragazzi. Severus colse l'occasione per esaminarli da vicino, avendo perso lo Smistamento. Solo una sembrava malnutrita – e Hogwarts avrebbe provveduto presto al problema. Lei e uno dei ragazzi avevano l'aspetto bluastro ed emaciato della trascuratezza; avrebbe passato più tempo con loro. Alcuni erano invece fratelli e sorelle minori di studenti delle classi più avanti; non avrebbero avuto problemi ad adattarsi.

Benvenuti ad Hogwarts,” disse, “e ancora più importante, benvenuti nella casa Serpeverde. Per i prossimi sette anni, questa scuola sarà la vostra casa e questi studenti la vostra famiglia. Non ho dubbi che alcuni di voi abbiano sentito cose terribili sui Serpeverde – sulla magia oscura e persone malvagie. Se è così, non pensateci. Questo tipo di storie sono propagandate da degli stupidi ignoranti, che non sanno di cosa stanno parlando.”

C'è un bel po' di animosità fra case in questa scuola, incoraggiata dal sistema dei punti e dal campionato di Quidditch. Non prendetela sul personale. Portate, comunque, orgoglio alla vostra casa. Guadagnate punti, battete le altre squadre a Quidditch. Serpeverde è una nobile istituzione. Siamo orgogliosi di avervi e voi sarete orgogliosi di essere qui. Il Cappello Parlante vi ha scelto fra tutti i vostri colleghi ed ognuno di voi è qui con egual diritto. Come Serpeverde, resisterete o cadrete insieme. Ognuno dei vostri compagni Serpeverde vi difenderà quando e ovunque sarà necessario. Vi comporterete con rispetto e non ci saranno prepotenze o prese in giro con i vostri compagni di casa, in nessuna forma. Sono stato abbastanza chiaro?”

I sette ragazzini di fronte a lui annuirono obbedienti e un certo numero di ragazzi degli anni successivi applaudirono e urlarono per incoraggiarli.

La porta del mio ufficio è sempre aperta. Se doveste avere bisogno di me – a ogni ora – è sufficiente che parliate con il ritratto di Lady Florinda de' Medici appeso qui di fianco alla porta.” Fece un gesto verso il ritratto e Lady Florinda fece un gesto cortese con la testa. “Mi verrà a cercare immediatamente.”

Molto bene allora,” continuò, voltandosi verso il resto della sala. Serpeverde, vi presento i vostri nuovi compagni.” Fece una pausa per l'esplosione degli applausi. “Adesso, voi del primo anno avete avuto una lunga e sorprendete giornata. Gli studenti del secondo anno vi mostreranno le vostre stanze. Mi aspetto che le usiate. Per tutti gli altri, andrete a letto prima di mezzanotte. Non voglio trovare nessuno sveglio al mio ritorno in sala comune per quell'ora. Un'ultima cosa – Malfoy, Bulstrode, Nott, Parkinson, Goyle, Crabbe, Daphne Greengrass, Baddock e Lorrelie – vorrei scambiare due parole con voi nel mio ufficio, adesso.”

Il suo ufficio era affollato una volta entrati in massa. Draco prese l'unica sedia disponibile (oltre alla sedia di Snape), e gli altri rimasero in piedi a disagio. Severus si sedette, guardandoli in silenzio finché il chiacchiericcio si fermò e Parkinson iniziò a sembrare sospettosa.

Finalmente parlò. “Vi ho chiamati qui questa sera perché ognuno di voi si è fatto coinvolgere nella cosiddetta Squadra d'Inquisizione.” Diversi studenti iniziarono ad avere sguardi tesi. Draco sembrava annoiato. “Sono contrariato.”

Ma professore,” - fu Millicent Bulstrode che si azzardò a parlare - “l'anno scorso ci ha detto che avremmo dovuto dimostrare la nostra lealtà al Ministero.”

Sbagliato. L'anno scorso vi ho detto che sarebbe stato nel vostro interesse sembrare leali al Ministero. È anche nel vostro interesse sembrare fedeli a Dumbledore. Dolores Umbridge è una folle. Una folle che è ora inabile e forse non tornerà più al suo lavoro al Ministero. Voi – tutti voi – avete scelto la parte sbagliata. Un Serpeverde consumato è capace di sembrare leale in ogni circostanza; la vostra lealtà primaria è verso voi stessi e verso i vostri compagni di casa. Come membri della Squadra d'Inquisizione vi siete abbassati a fare il lavoro sporco di qualcun altro. Avrete bisogno di essere molto più cauti prima di sovrapporre la supremazia alle vostre scelte e azioni. Sono stato abbastanza chiaro?

Sì, signore.” Molte delle risposte erano borbottate, ma diversi studenti apparivano pensierosi. Draco, d'altra parte, lo guardava dall'alto in basso con un'espressione indecifrabile sul viso.

Siete liberi. Draco-”

Professore?” Il tono freddo, unito allo sguardo assente sul viso, gli dava un aspetto insolente. Un'ombra del calore che aveva caratterizzato i loro rapporti negli anni precedenti.

Voglio vederti domani dopo la fine delle lezioni.”

Draco inclinò la testa e seguì gli altri fuori.

Solo nel suo ufficio, Severus si prese la radice del naso fra le dita brevemente e sospirò. Per un momento sedette con gli occhi chiusi, combattendo per recuperare quel senso di gioioso ritorno che aveva sperimentato nelle ore precedenti. Giudicandola una causa persa, lasciò stare e sospirò ancora prima di dirigersi verso la sala professori.

Come prevedibile, fu l'ultimo ad arrivare. Parlare con gli studenti più grandi lo aveva fatto tardare persino più di Pomona, che passava più tempo degli altri con i nuovi Tassorosso. L'incontro non era ancora iniziato e gli altri professori vagavano per la stanza o sedevano in piccoli gruppi, chiacchierando. Severus vide Slughorn in un angolo mentre parlava con una confusa Sybil Trelawney e immediatamente si voltò nella direzione opposta, dove Minerva McGonagall lo guardava con aria divertita.

Ecco, bevi questo,” gli spinse una tazza in mano, “ne prenderò un'altra per me.”

La annusò: tè con una generosa aggiunta di brandy. “Cosa diavolo ho fatto per meritare gli scarti della tua bevanda?” chiese acidamente.

Oh, sembri solo uno che ne ha bisogno.”

Severus le lanciò un'occhiataccia, ma lo sorseggiò ugualmente. Il tè caldo e il calore del liquore bruciarono durante il passaggio, contribuendo a sciogliere leggermente i muscoli.

Nel centro della stanza, Dumbledore batté le mani e richiamò l'attenzione di tutti. “Adesso che ci siamo tutti credo possiamo iniziare. Per favore trovate una sedia e accomodatevi.” Solo quando furono tutti seduti continuò. “Ancora una volta, vorrei dare il benvenuto al nuovo membro del corpo insegnanti. Horace, ovviamente, non è un estraneo a molti di voi avendo insegnato qui in precedenza, diversi anni fa.” Ci fu un leggero applauso. “La presenza di Horace ha permesso a Severus di dedicarsi alla difficile e stimolante impresa di insegnare Difesa Contro le Arti Oscure, dispensando una serie di competenze che non sono, forse, mai state così cruciali fino a questo momento. Precisamente per questa ragione, sono felice di annunciare che – contrariamente alle sue abitudini – Severus accetterà qualunque studente abbia passato il suo GUFO per il livello di MAGO. ”

Severus fece un sorrisetto di fronte ai diversi sguardi meravigliati che ricevette.

Bene, queste sono buone notizie!” esclamò Filius, “Pensavo avrei dovuto deludere un certo numero di Corvonero domani che aveva sperato di continuare con solo una E!”

Il che mi ricorda, Horace,” aggiunse Dumbledore, “per facilitare chi dovrà preparare l'orario di domani, qual è il limite per entrare nella tua classe di MAGO? ”

Oh, Albus, sarei felice di accettare qualunque studente con una O od una E, anche con una A se sono pronti a lavorar duro.” Slughorn sorrise al gruppo riunito in un modo che Snape poté solo giudicare come frivolo.

Immagino che se non puoi essere selettivo nella scelta dei libri di testo,” disse piano Severus, “non c'è motivo per cui debba esserlo con gli studenti.”

Severus!” McGonagall sembrava indignata.

Hooch lo colpì di nascosto alla gamba. “Attento,” sibilò.

Slughorn farfugliò, “Co-cosa intendi, Snape?”

Hai bisogno che lo spieghi chiaramente?” Severus sembrava particolarmente aggressivo.

Basta!” La voce di Dumbledore interruppe il trambusto con tono di comando. “Severus! Horace! Siete colleghi adesso e tratterete l'altro con rispetto.”

Severus controllò la lingua. Slughorn mormorò, “Ma guarda un po',” sottovoce.

Signori?” C'era un'insistenza glaciale nel tono di Dumbledore.

Va bene, Preside.”Severus inclinò la testa verso Dumbledore e decise di ignorare completamente Slughorn.

Dumbledore sbrigò velocemente altre faccende amministrative e l'incontro si concluse quarantacinque minuti dopo. Severus se ne andò immediatamente, ma fu trattenuto da Hooch che lo prese per la toga.

Ehi, non così in fretta,” esclamò e abbassò la voce. “Perché non ti piace Slughorn?”

Hooch,” sogghignò, guardando la toga trattenuta, “Non mi piace nessuno.”

Lei alzò gli occhi al cielo, ma non lo lasciò andare. “Certo, hai ragione. Dimentica quello che ho detto. Cosa rende la cosa così personale in questo particolare caso, allora?”

Slughorn,” esclamò con furia, “è un insegnante terribile che non si preoccupa di evidenziare gli errori disseminati nel libro di testo. Non riesce a pensare a niente al di fuori del suo – limitato – circolo di persone influenti e fa terribili favoritismi fra gli studenti.”

Minerva, che non si era accorto stesse ascoltando, sbuffò forte con disapprovazione, “Andiamo, Severus, anche tu fai dei terribili favoritismi!”

Severus si voltò di colpo per guardarla, tirando via il braccio dalla morsa di Hooch. “I miei favoriti, Minerva, sono stati scelti dal Cappello parlante! Sto attento ai miei Serpeverde perché nessun altro lo fa!”

Eppure,” replicò Minerva imperterrita, “possiamo beneficiare tutti un po' di quel tipo di cooperazione fra case che Horace tende ad incoraggiare!”

Dillo ai tuoi preziosi Grifondoro! Quanti Serpeverde hanno incluso nel loro gruppo inter-case di vigilanti l'anno scorso? Nessuno!”

La faccia di Minerva si ammorbidì e allungò una mano verso il braccio di Severus. Lui trasalì e si tirò indietro. “Dimentica ciò che ho detto,” ringhiò. “Se volete scusarmi, ho del lavoro da fare.”


*

*

*


* Probabilmente penserete che qui ci stava bene la parola mantello, così com'è usato nelle traduzioni dei libri (o forse non ve ne frega nulla...) Il fatto è che i docenti ad Hogwarts, così come gli studenti, non hanno addosso dei mantelli, ma delle lunghe toghe nere con le maniche, così come avete visto nei film. Il termine inglese è proprio diverso e non vuol dire minimanente mantello. Scusate, ma la mia pignoleria ha avuto la meglio sulle traduzioni ufficiali...


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Continuo a ringraziarvi per il seguito prevalentemente silenzioso, state diventando tanti :)

chi_lamed: La questione dell'esercizio è molto interessante, un altro modo per vedere le differenze tra Purosangue e Nati Babbani (se fossi una strega temo che in questo periodo la mia magia sarebbe molto debole, ehm...). Il rapporto Hermione-genitori è molto ben gestito, credo apprezzerai anche più avanti (non penso sia uno spoiler troppo grosso dire che torneranno).

Fink1987: Devo dire che non sempre nelle fanfiction mi piace il modo in cui è gestito Ron; questa è una di quelle dove lo apprezzo, soprattutto quando riguarda anche i rapporti con il trio. Per Hermione, beh, diciamo che non si può certo rimanere indifferenti di fronte ad uno Snape chiaccherone e quasi socievole, ma hai visto da questo capitolo che le cose si stanno assestando sulla normalità (o quasi...) :)

Anne London


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Capitolo 7
*** Hermione's Helping Hand ***


Capitolo 7

NdT: nuovo capitolo e nuovo grazie a silviabella. :)



Capitolo 7

Hermione's Helping Hand




Hermione aveva sperato che una volta tornata ad Hogwarts le sue lezioni con il professor Snape sarebbero iniziate subito, ma dopo averle sbraitato di tenere la bocca chiusa, e averla presa in giro per sapere le risposte in classe, non aveva dato segni di essere consapevole della sua esistenza. Tutti i tentativi di rimanere indietro alla fine delle lezioni di Difesa erano vanificati dalla presenza di Harry e Ron e, l'unica volta in cui lo aveva incontrato in un corridoio senza i ragazzi al seguito, Snape era passato oltre senza degnarla neanche di uno sguardo. Ogni tanto pensava addirittura di aver sognato l'intera storia, sia la guarigione che la conversazione notturna – poteva essere delirio, dopo tutto. Per rassicurarsi, Hermione aveva preso a portarsi dietro la lista dei libri in tasca, per controllare che la sua scrittura ci fosse ancora. Aveva letto buona parte dei libri che lui le aveva dato diverse volte ed era impaziente di discuterne con qualcuno. Protezioni di Base, in particolare, era un libro con un titolo veramente fuorviante: il contenuto era tutt'altro che di base, addirittura oltre il livello dei MAGO.

Nelle sue ore di lezione c'era un po' di tutto. Snape era valido e terrificante in Difesa Contro le Arti Oscure come lo era stato in Pozioni, anche se il grado di favoritismo messo in atto da Slughorn era irritante e il successo di Harry nell'usare le istruzioni del suo maledetto Principe Mezzosangue la stava facendo diventare matta. Aritmanzia, invece, era una gioia completa.

Difficilmente qualcuno portava Aritmanzia ai MAGO e il sesto e settimo anno facevano lezione insieme. Tra i Grifondoro era l'unica, mentre c'erano diversi Corvonero e due Serpeverde del suo anno, Blaise Zabini e Tracey Davis.

All'inizio della prima lezione, la professoressa Vector aveva delineato il programma:

Non ho bisogno di dirvi quanto sia deliziata dal fatto che abbiate deciso di continuare con l'Aritmanzia. Ora, visto che gli studenti del settimo anno questo già lo sanno, spero perdoneranno il mio ripetermi. Per passare Aritmanzia al livello di MAGO è necessario non solo imparare l'aspetto teorico abbastanza bene da passare l'esame scritto, ma anche completare un progetto indipendente di probabilità aritmantiche. Di conseguenza, buona parte del nostro anno verrà impiegato sui progetti personali. Durante il primo semestre, faremo lezione come programmato. Durante questo periodo affronteremo le nuove teorie numeriche e rivedremo le forme più complesse d'immaginario e calcoli numerici magici, includendo matrici multidimensionali. Spenderemo anche un po' di tempo studiando i problemi generati dal cercare di adattare modelli teorici a situazioni pratiche. Durante questo semestre mi aspetto che ogni studente sviluppi una proposta di ricerca che dovrà essere pronta prima delle vacanze natalizie. Dopo Natale, tuttavia, le lezioni regolari saranno più rare. Farò sì che l'orario delle lezioni sia trutturato in modo da avere incontri singoli in cui possiamo concentrarci sui progetti indipendenti.”

Ora, prima di andare avanti, vorrei ricordarvi che tutte le applicazioni di Aritmanzia sul gioco d'azzardo sono severamente proibite dalla legge del Ministero e che nessun progetto inerente il Quidditch sarà accettato da me o dagli esaminatori. Capito?”

La professoressa Vector sorrise alla classe che rispose al sorriso. Il divieto delle scommesse sul Quidditch, arrivati al livello di MAGO, non era nulla di nuovo. Vector era sì obbligata dalla legge a ricordare il divieto, ma tendeva a considerarlo come una sorta di scherzo ricorrente.

Dal momento in cui la professoressa Vector si lanciò in un complicato ripasso del trasferimento grafico tra spazio-m e spazio-i, Hermione ebbe poche possibilità di pensare al suo progetto indipendente.

Alla fine della lezione, la voce della professoressa Vector interruppe i pensieri di Hermione mentre metteva via i suoi appunti. “Signorina Granger, se volessi attendere un momento, vorrei parlare brevemente con te.”

Certamente, professoressa.” Raccogliendo in fretta il resto delle sue cose, Hermione si avvicinò alla scrivania della Vector.

La Vector fece segno ad Hermione di sedersi nella sedia più vicina e fece il giro intorno alla scrivania per sedersi sul bordo, vicino a dove stava Hermione. Dimostrava circa sessant'anni, anche se Hermione sapeva come invecchiavano le streghe, e poteva essere molto più vecchia. Era piccola, non più alta di Hermione, asciutta e, esclusa la ciocca di capelli vicino alla fronte che tendeva al grigio argento, i suoi capelli erano neri. Li portava lunghi abbastanza per tenerli dietro le orecchie e non più di così. I capelli erano abbastanza spessi da far assumere alla testa una forma triangolare, se vista da certi lati. Parlava inglese con una traccia di accento e, da quel che Hermione poté capire, dormiva e lavorava ad orari assurdi, sopravvivendo con un costante afflusso di caffè che beveva da una tazzina senza manici. Sorrideva un sacco.

Allora, signorina Granger, non vorrei partire con nessuna congettura, ma mi sembra possibile pensare” qualcosa nel luccichio dei suoi occhi convinse Hermione che la professoressa aveva già calcolato precisamente la possibilità “che il tuo progetto indipendente  possa riguardare la guerra in corso. È corretto?”

Oh, infatti.Hermione deglutì. Realizzò – con un discreto shock – che non aveva mai pensato alla rilevanza dell'Aritmanzia per la sopravvivenza di Harry. Come posso essere stata così idiota? Amava l'Aritmanzia, era la sua passione, ma non aveva mai pensato di usare l'elaborato lavoro di teoria al di fuori delle mura accademiche.

La Vector sorrise. “Come sono certa tu abbia capito, è un argomento su cui ho lavorato parecchio.”

Hermione non aveva capito niente del genere, ma annuì lo stesso.

Comunque,” continuò la professoressa Vector, “non avrebbe alcun senso per te rifare il lavoro che ho già fatto io. Suggerirei, invece, di lavorare insieme. Sarei molto contenta di mettere a tua disposizione i miei calcoli. Ti ci vorrà un po' di tempo per familiarizzare con il lavoro della matrice che ho sviluppato, ma dopo quel punto sono certa che riuscirai a sviluppare alcune modifiche, o calcoli supplementari, che possono servire adeguatamente allo scopo di valutazione.”

Gli occhi di Hermione brillarono di contentezza e si sentiva vicina a saltare per la felicità. “Grazie! Wow, io... voglio dire, wow.”

La professoressa Vector alzò una mano di fronte al suo entusiasmo trattenuto. “Senza volermi vantare,” aggiunse, “le equazioni completate sono al di sopra del livello richiesto agli studenti dei MAGO. Infatti, è la più complicata serie di calcoli a cui ho mai lavorato. Non ho dubbi, tuttavia, che tu sia perfettamente capace di capire e lavorare sul materiale.”

Hermione arrossì di piacere.

Ti suggerisco di cogliere l'occasione di venire nel mio ufficio al più presto, anche domani, se ti capita di avere un'ora libera, così puoi iniziare a familiarizzare con i calcoli.” Un'espressione insolitamente seria passò sul viso della Vector. “Sono sicura di non doverti avvertire che l'esistenza di questi calcoli è altamente confidenziale. Dovessero cadere nelle mani sbagliate sarebbe disastroso per la nostra causa. Solo un selezionato numero di membri dell'Ordine ne è a conoscenza e vorrei chiederti di non dirlo a nessuno, nemmeno ai tuoi compagni di classe.”

Oh, certamente.Hermione arrossì al pensiero delle possibili conseguenze. “Ha la mia parola, professoressa, non lo dirò a nessuno.” Sembrava esserci un discreto numero di cose nella sua vita che non poteva dire a nessuno. Le venne in mente un improvviso pensiero. “Professoressa,” chiese, “anche dall'altra parte hanno aritmanti?”

Nessuno talentuoso come me,” replicò la professoressa Vector, l'umorismo che le addolciva i tratti del viso ancora una volta. Con una smorfia ironica aggiunse, “Apparentemente, Tom Riddle potrebbe avere un ottimo aritmante se non fosse così scettico sul valore della matematica babbana. Sappiamo per certo che non si è preoccupato di progetti e calcoli durante l'ultima guerra e le nostre informazioni suggeriscono che non ne ha fatto uso neanche questa volta.”

Hermione pensò all'informazione. “Ho due ore libere domani mattina presto,” si azzardò, “Lei è libera?”

Di prima mattina?” La Vector fece una smorfia al pensiero.

Quando Hermione annuì in segno di scuse, la professoressa Vector sospirò.

Va bene allora, se non ti dà fastidio l'odore del caffè, penso di potercela fare.”



Quando Hermione si presentò nell'ufficio della Vector il mattino successivo, fu meravigliata di vedere la professoressa vestita con quelli che sembravano in modo sospetto dei pantaloni da ginnastica e un cardigan fatto a maglia. La Vector si limitò a sorridere davanti al suo sguardo di meraviglia.

Non indosso mai la tunica da insegnante prima di mezzogiorno, se posso evitarlo. Non credo che tu beva caffè greco, vero?”

Hermione si morse la lingua per impedirsi di commentare che evitare la tunica era una cosa e indossare pantaloni da ginnastica era un'altra. “Uhm, non ho mai bevuto caffè greco, però mi piace l'espresso. È molto diverso?”

Abbastanza. È più forte e leggermente granuloso. Si beve dolce. Provalo, sto per farne un altro po' per me. Se non ti piace posso finirlo io.”

La Vector fece il caffè come se fosse un rituale importante, mescolando il caffè, lo zucchero e l'acqua in un pentolino che, come disse ad Hermione, si chiamava briki. Lo mise sul fuoco a fiamma bassa, che si accese magicamente, e prestò la massima attenzione alla preparazione, lasciandolo bollire e stabilizzandolo diverse volte prima di dichiararlo pronto per essere bevuto. Solo una volta avuta la tazza in mano riportò la sua attenzione alle equazioni aritmantiche che Hermione era andata a vedere.

Muovendo la mano verso una parete spoglia, rivelò un'enorme lavagna coperta di calcoli e formule. Sulla parete opposta apparì una matrice incompleta.

Può andare per iniziare,” disse. “In sostanza, la matrice è laggiù. Attualmente è distribuita su 18 dimensioni, cosa che rende complicato vederla completa tutta insieme, ma se dovessi iniziare a semplificarla perderemmo dettagli. D'altro canto, ho i calcoli unificati e qui,” alzò la mano di nuovo, diversi pannelli della lavagna scivolarono di lato lungo delle guide sul pavimento e uno di essi, che era rimasto nascosto in precedenza, emerse da dietro al muro. “Queste sono alcune delle formule incorporate. Puoi lavorare lentamente su queste: ti risulterà più chiaro cos'ho fatto.”

Hermione si era avvicinata e stava cercando di seguire la logica della matematica di fronte a sé. Era la cosa più complicata che avesse mai visto. Prese un sorso del caffè: strano, ma non disgustoso.

Vieni qui, questo potrebbe interessarti,” La Vector la chiamò da un punto vicino all'angolo della lavagna. “Queste sono le probabili proiezioni sul fatto che Harry Potter sopravviverà e Voldemort no.”

Hermione tracciò la lunghezza dei calcoli con il dito. “51%.” Si fermò. “Non è molto alta.”

Molto meglio di com'era prima, mia cara. Guarda questo, è affascinante. Controlla questi due coefficienti runici: questo è Ronald Weasley e questo-”

Sono io!”

Esatto. Guarda cosa succede se ti tolgo dall'equazione.”

La Vector prese un cancellino e pulì la lavagna dal coefficiente che rappresentava Hermione. La formula brillò per un secondo e ricalcolò la probabilità.

12%.” Hermione era sbalordita. Solo la mia presenza aumenta le possibilità di Harry del 39%? Il pensiero la spaventava.

Togli Ronald,” e dicendolo Vector lo fece, “scende ancora, solo il 3%.”

Hermione era senza parole.

Rimetto te all'interno,” continuò la Vector, battendo la bacchetta nella lavagna, “e le probabilità di Harry salgono al 46%. Tu, mia cara, sei il fattore cruciale per il suo successo. Solo con te e Ronald, tuttavia, possiamo raggiungere un equilibrio oltre il 50%. Sembri sorpresa,” La Vector strinse gli occhi preoccupata e prese una sedia per Hermione. “Bevi un altro po' di caffè, fa miracoli. Credo che ci voglia un po' ad abituarsi nel vedere le proprie azioni e quelle dei tuoi amici ridotte a numeri.”

La Vector prese un'altra sedia per sé e le due donne rimasero sedute a fissare i calcoli insieme mentre bevevano caffè.



Alla fine della seconda settimana il professor Snape non aveva ancora parlato con Hermione a proposito delle lezioni private. Lei lavorò su diversi pannelli con i calcoli della professoressa Vector, ma il processo era lento, e decise di andare al campo da Quidditch per vedere le selezioni con umore particolarmente scontroso. Quella puttanella di Lavender, che guardava Ron con tanto di occhioni, non aiutava. Hermione avrebbe voluto portarsi qualcosa da leggere, ma rifletté che il supporto morale che era andata a dare sarebbe sembrato un po' attutito se l'avesse fatto. Non che Ron sembri aver bisogno del mio supporto, brontolò amaramente, sedendosi nelle gradinate e guardando intorno il gran numero di studenti che era arrivato. Questi non possono essere tutti Grifondoro, pensò all'improvviso, avendo notato diversi ragazzi più giovani che avrebbe giurato fossero di Corvonero. Hermione mise i piedi sopra lo schienale del seggiolino di fronte a sé e sollevò la toga così da poter sentire il caldo del sole sulle gambe. Incrociando le braccia si appoggiò e guardò in lontananza. Non durerà per sempre, rifletté. La conversazione durante la colazione tra lei e i ragazzi le ritornò alla mente e, per diversi minuti, i pensieri deviarono sulle frequenti assenze di Dumbledore e valutò se Snape stesse solo aspettando l'inizio degli allenamenti di Quidditch per cominciare. Quello potrebbe avere senso. Il suo umore si risollevò leggermente e guardò verso Harry che aveva iniziato ad urlare istruzioni.

Cormac McLaggen camminava nella sua direzione, con uno sguardo bellicoso. Consciamente lei abbassò la toga per coprire le gambe, non prima che McLaggen riuscì a lanciarle un'occhiata, scorrendo dalle gambe fino ai capelli. Hermione si sentì un po' a disagio. Strinse i denti e sperò, intensamente, che andasse a sedersi da un'altra parte, ma non ebbe tanta fortuna; si sedette solo un paio di posti di fianco e, cosa peggiore, iniziòuna conversazione.

Malgrado le sue vaghe e monosillabiche risposte, McLaggen iniziò a parlare incessantemente durante le selezioni dei Cercatori e Battitori, gratificando Hermione con lunghe e accurate opinioni sul talento e sulla tattica. Hermione fece del suo meglio per ignorare gli inutili commenti – mordendosi la lingua durante le affermazioni di McLaggen riguardo alle prestazioni di Ron l'anno precedente – ma alla fine un commento su Ginny portò la sua pazienza al limite.

Beh, ti fa pensare,” commentò lui, “quale sia il talento che l'ha fatta entrare in squadra! Non che mi lamenti, in ogni caso – non vedo l'ora di vederla nello spogliatoio dopo le partite -”

Come ti permetti!” Lei fumava. “Ginny Weasley è un'eccellente giocatrice di Quidditch e una mia cara amica! Lasciando da parte il fatto che ha appena fatto diciassette centri, non riesco a credere che tu possa fare un commento del genere su un tuo potenziale compagno di squadra!”

McLaggen sembrava impassibile di fronte al suo scatto. Infatti rise di lei e mise il braccio dietro allo schienale dei seggiolini fra loro, facendo pendere le dita pericolosamente vicino alla sua spalla. “Ooh, non siamo gelosi, vero? Non preoccuparti, mi piacciono le ragazze che fanno un po' di scintille. È un peccato che tu non provi ad entrare in squadra.”

Hermione era momentaneamente senza parole. “Ti assicuro, Cormac McLaggen, che quello che fai o no con una ragazza non è assolutamente un mio problema! E per tua informazione, Grifondoro ha già un Portiere esemplare. Le tue possibilità di entrare nella squadra sono molto basse.”

Fortunatamente per entrambi, Harry aveva iniziato a chiamare per le selezioni da Portiere e convocò McLaggen proprio in quel momento. McLaggen si alzò con aria da spaccone, chiaramente ignaro del reale pericolo in cui si era trovato, ed Hermione si maledì per non avergli fatto il malocchio quando ne aveva l'opportunità.

Sedette, fumante di rabbia, per le prove dei primi candidati al posto, soffermandosi su diversi scenari soddisfacenti che coinvolgevano McLaggen in situazioni molto compromettenti e dolorose. Non c'è possibilità che Harry permetta ad una persona così orribile di entrare in squadra. Quando McLaggen parò le prime battute, tuttavia, le sue certezze iniziarono a incrinarsi. Si voltò a guardare Ron: aveva un aspetto orribile. Era così stressato da avere il colorito tendente al verde. Mentre McLaggen parava il terzo tiro, la tensione di Hermione cominciò a montare. Se Ron non entra in squadra non lo supererà mai! E non avrò mai l'occasione di avere lezioni con il professor Snape. Hermione non si fermò a pensare a quale soluzione potesse essere la peggiore. McLaggen parò il quarto tiro ed Hermione colse l'espressione sul viso di Ginny: uno sguardo tetro e fisso. Quello la fece decidere. Non c'era possibilità che Hermione lasciasse che quel verme desse un'occhiata a Ginny nello spogliatoio. Di nascosto fece scivolare la bacchetta fuori dalla tasca, fino in mano.

Confundus,” sussurrò e sospirò di sollievo quando McLaggen decise di buttarsi nella direzione sbagliata e mancò il quinto tiro completamente.

Guardare la prova di Ron fu snervante. Hermione trattenne il fiato e strinse i pugni così forte che le unghie scavarono solchi nel palmo della mano. Il sollievo che sentì quando lui parò tutti i tiri la lasciò stordita. Con una risata quasi isterica di sollievo, saltò dalla sedia e corse verso di lui, il precedente fastidio nei suoi confronti dimenticato: confrontato con Cormac McLaggen, Ronald Weasley era un principe.

Sei stato grande, Ron!Urlò, dandogli un veloce abbraccio. Ron sorrise e dopo il discorso di Harry sull'organizzazione della nuova squadra, i tre amici si spostarono verso la casa di Hagrid. Era così bello essere fuori sotto il sole, avere Ron ed Harry così contenti per il Quidditch e sapere che McLaggen si meritava la punizione che gli aveva dato, che quando Ron affermò ridendo che McLaggen sembrava affetto dal Confundus, Hermione provò solo un leggero senso di colpa.

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Non so voi, ma l'uso dell'Aritmanzia è una delle cose che più apprezzo di questa storia :)

chi_lamed: Il capitolo precedente è una presentazione di alcune location e di alcuni rapporti che si svilupperanno nel corso della storia. Io ad esempio ho adorato l'accoglienza nella sala comune dei Serpeverde. Il comportamento con Slughorn diciamo che è spiegato anche nei libri originali e qui è reso più palese avendo un punto di vista diretto :). La storia sta iniziando ad entrare nel vivo, spero possa continuare a piacerti :)

Anne London

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Capitolo 8
*** Slytherin Politics ***


Capitolo 8

NdT: forse non ve ne rendete conto, ma non avete idea di quanto dovete a silviabella per la leggibilità.





Capitolo 8

Slytherin Politics


Mentre lo status di sangue dei nuovi Tassorosso era considerato irrilevante, Severus la riteneva un'informazione cruciale quando si trattava dei suoi Serpeverde e si occupò di verificarla il prima possibile. Cinque Purosangue, un Mezzosangue e una Nata Babbana. Non lo sorprese affatto scoprire che la malnutrita ragazzina e la strega Nata Babbana erano la stessa persona. Come stabilito, Severus si prese il tempo di incontrare tutti i nuovi studenti entro la prima settimana. Morris Bletchley e Terrence Harper non avevano problemi. Entrambi avevano dei fratelli a Hogwarts che li aiutavano. Raquel Garside e Milton Hammerbright provenivano entrambi da famiglie Purosangue così ben radicate da poter vantare legami famigliari con metà sala comune, e probabilmente andavano in vacanza in Riviera con un certo numero di loro. Pubert Cavendish, d'altro canto, era probabilmente imparentato con altrettanti individui, ma veniva da una famiglia dove i soldi erano un problema. I suoi vestiti erano ovviamente di seconda mano e sembrava un po' spaesato. In passato, Severus lo avrebbe affidato nelle capaci mani di Draco Malfoy – tipicamente pronto a condividere i dolci e altre generosità mandategli da Narcissa ad intervalli regolari – ma Draco non si era preoccupato di presentarsi dal suo Capo Casa per parlare. Invece, Severus aveva parlato con Blaise Zabini. Chelsea Gladstone, Mezzosangue, era arrivata ben preparata da sua madre e non aveva problemi a destreggiarsi fra gli elementi delle sue origini familiari per la quale i suoi compagni potevano guardarla dall'alto in basso. Severus l'aveva sentita informare con disinvoltura una ragazza del terzo anno che suo padre era immigrato dal Canada molti anni prima – convenientemente spiegando così il suo cognome Babbano. Fece un appunto mentale di parlare con Tracey Davis di tenerla d'occhio. Jocelyn Smith, invece, era causa di preoccupazione.

Era arrivata al suo appuntamento in perfetto orario e si sedette davanti alla scrivania di Snape senza una parola. Le gambe sporgevano in modo strano, troppo corte per raggiungere il pavimento. Le dimensioni della sedia la facevano apparire più giovane di quello che era in realtà. Mentre attendeva che Snape parlasse, teneva il corpo contratto, le mani strette in grembo.

Snape la guardo intensamente per un momento prima di parlare: la signorina Smith non era una bella bambina. Era troppo magra e piccola per la sua età. Tutto in lei aveva poco colore. I capelli erano di un biondo opaco e arrivavano appena sotto le spalle. Le punte erano irregolari e avevano un bisogno disperato di essere tagliate. Gli occhi erano di un pallido blu sbiadito e sembravano troppo larghi per il suo viso emaciato. L'ombra di un livido coloriva una guancia.

Signorina Smith,” iniziò. C'era qualcosa di leggermente snervante nel modo in cui la ragazzina lo fissava, senza battere ciglio. “Avrai sentito che solo i maghi e le streghe Purosangue possono entrare nella casa Serpeverde.” La ragazza non replicò e lui andò avanti. “Ovviamente, quest'affermazione non è vera, così come la maggior parte delle asserzioni sulle inclinazioni magiche dei figli di Babbani. Ci sono, per esempio, certe fazioni politiche nella casa Serpeverde che continuano a declamare questo tipo di retorica. Sarebbe per te opportuno astenerti dal discutere la tua genealogia. Fortunatamente il cognome 'Smith' è comune nel mondo magico, così come in quello Babbano-inglese.”

La ragazza non diceva ancora nulla. Ha almeno sbattuto le palpebre?, pensò Severus.

Hai qualche domanda?” chiese.

No, signore,” replicò con prontezza, con una voce chiara e acuta. Dopo una pausa aggiunse, “E non ho assolutamente niente da dire a nessuno sulla mia famiglia.” La voce era allo stesso tempo infantile e seria in modo disturbante.

Per un momento la sua risposta prese Severus alla sprovvista. Con un sobbalzo si accorse che la neutralità della voce era estesa anche ai suoi pensieri: non riusciva a sentirla affatto. La ragazza sta Occludendo e anche in modo considerevole. La scoperta lo lasciò sconcertato. Era già abbastanza sorprendente scoprire che Hermione Granger, un'odiosamente precoce studentessa del quinto anno, aveva sviluppato un talento da Occlumante. Ma una matricola con nessuna esposizione alla magia? Qualcosa non andava. La trattenne ancora per qualche minuto. Lei diede risposte evasive ad alcune domande riguardanti il primo giorno di lezione e decise di lasciarla andare. Mentre raggiungeva la porta la richiamò.

Signorina Smith?” Lei si voltò subito. “Chi è venuto a visitare la tua famiglia e portare la lettera di Hogwarts?”

La professoressa McGonagall, signore.”

Molto bene, puoi andare.”

Una volta che la porta si fu chiusa dietro la ragazza, Snape controllò l'orologio. C'era ancora un po' di tempo prima di cena. Se si sbrigava sarebbe riuscito a trovare Minerva nel suo ufficio.

Decise di camminare, piuttosto che usare la Metropolvere, cogliendo l'opportunità di sgranchirsi le gambe. La porta della McGonagall era chiusa, ma quando bussò, lei rispose facendolo entrare.

Alla vista di Snape sulla porta, Minerva lo guardò con sguardo ironico, la discussione di due sere prima ancora fresca nella mente.

Accidenti,” lo prese in giro. “Guarda un po' cos'ha portato il gatto.”

Snape le lanciò uno sguardo pieno di disgusto. “Tu sei l'unico gatto qui in giro, Minerva, e non desidero contemplare gli oggetti che porti.”

Minerva ridacchiò. “Siediti e prendi un biscotto,” offrì, spingendo una barattolo di frollini verso di lui.

Snape si sedette e incrociò le braccia, ignorando i biscotti. “Sono qui per discutere di una studentessa – una delle mie.”

A questa affermazione, Minerva gli lanciò uno sguardo interessato. “Per un momento ho pensato che fossi venuto a lamentarti di uno dei miei Grifondoro.”

No. È Jocelyn Smith.”

Ah.” Le labbra di Minerva si contrassero in disapprovazione e scosse la testa. “Sono rimasta molto stupita di vedere lei, fra tutti quanti, mandata a Serpeverde. Ha bisogno di qualcuno che se ne occupi – non guardarmi così Severus! É perfettamente chiaro che sei qui esattamente per la stessa ragione, non stavo implicando che tu –”

E perché ritieni che Serpeverde non sia un posto adatto a lei?” La voce di Severus era bassa e pericolosa.

Oh, Severus! É una Nata Babbana! Sarebbe stata meglio in un posto dove non ha bisogno di nascondere la storia della sua famiglia.”

Il Cappello Parlante la pensava diversamente.”

Calmati, Severus, non ho intenzione di avere questa conversazione con te, di nuovo.” Minerva si sporse in avanti e fece sbatacchiare la latta di biscotti sulla scrivania. “Forza, prendi un biscotto.”

Severus sospirò pesantemente. Con ostentata riluttanza, prese un biscotto e gli diede un morso.

Così va meglio. Suppongo tu voglia sapere com'era la condizione della famiglia quando sono andata a visitarla.”

Sì,” disse Severus tra un morso e l'altro del biscotto.

Non buona, temo. La madre è poco più che una ragazzina anche lei e il padre se n'è andato da parecchio. Da quel che ho capito c'è un costante via vai di persone tra l'appartamento e il letto di sua madre, pochi dei quali tengono alla bambina. Il posto è una casa popolare, sporca dal pavimento al soffitto. L'intera visita è stata orrendamente deprimente. Jocelyn è qui con una borsa di studio, ovviamente.” Minerva si fermò per un momento prima di continuare. “Ho anche portato la ragazza a Diagon Alley per comprare l'occorrente per la scuola. Non ha detto granché. Non sembrava credere che stesse accadendo davvero. Dopo aver comprato i libri mi ha chiesto 'Posso tenerli?', come se si aspettasse di doverli restituire. È stato straziante.”

Severus sentì una fitta di simpatia verso la sua piccola responsabilità. Per un lungo momento guardò verso Minerva, senza proferir parola, un secondo biscotto dimenticato in mano.

Severus,” disse lei gentilmente, “sono veramente sollevata che ci sia tu a controllarla. Ora, andiamo di sotto per la cena, prima che mangi tutti i miei frollini.”



Più tardi quella sera, Severus si trovò seduto nel suo ufficio, lavorando apparentemente al programma di lezioni per il terzo e quarto anno. In realtà era perso nei suoi pensieri. La sua mente continuava a tornare alla situazione di Jocelyn Smith e Hermione Granger: due streghe Nate Babbane, entrambe Occlumanti naturali. L'abilità nell'Occlumanzia raramente si sviluppava senza aiuto e per un bambino era necessario un controllo mentale di incredibile difficoltà da padroneggiare. Era solo una mera coincidenza? Le circostanze sembravano così diverse, eppure il risultato era lo stesso. Severus sospirò di frustrazione.

Prima cosa, aveva perso già abbastanza tempo pensando ad Hermione Granger. Fin dalle conversazioni avute alla fine dell'anno, sembrava essere continuamente nei suoi pensieri. Ora, da quando la scuola era ricominciata, si accorgeva che la sua presenza saltava fuori continuamente tra la folla di studenti, cercando la sua attenzione. Se solo la dannata ragazza la smettesse di guardare verso di lui, e cercare di parlargli, avrebbero potuto iniziare le lezioni, ma ancora non era sicuro, né per lei, né per lui. Severus aveva appena iniziato a riflettere su quanto tempo avrebbe avuto per insegnarle prima che gli elementi più drastici del piano di Dumbledore si mettessero in moto, quando il Marchio Nero iniziò a bruciare. Trattenendo il respiro per la ferocia del dolore, mise da parte i programmi delle lezioni e si mosse verso le sue stanze. Severus richiamò il mantello e la maschera, mandò il suo Patronus ad informare Dumbledore della sua partenza e s'incamminò fuori.

La serata era piacevole. Il cielo era chiaro e le stelle splendevano sopra di lui. Se il dolore al braccio non fosse stato tanto forte, avrebbe apprezzato la passeggiata fino al punto di Smaterializzazione. Mentre camminava disciplinò la mente, spingendo via la seccante ansia causata dalla convocazione. Era chiamato raramente durante il periodo di lezione: doveva essere successo qualcosa d'importante. Nel momento in cui attraversò le protezioni della scuola, la sua mente era lucida. Toccò il Marchio Nero con la bacchetta e si Smaterializzò.



Ancora una volta si ritrovò nell'atrio di Malfoy Manor. Questa volta sia Narcissa che Bellatrix erano presenti ad accoglierlo. Narcissa corse verso di lui non appena fu arrivato e lo prese per un braccio con entrambe le mani.

Severus,” ansimò. “Mi dispiace tanto.”

Il suo sguardo si spostò dalla sua faccia addolorata a Bellatrix, che non si era mossa da dove stava, in piedi contro il muro. Anche lei aveva una leggero sguardo di scuse.

Cos'avete fatto?” chiese. La voce riecheggiò duramente contro le superfici piastrellate della stanza.

È venuto a sapere del Voto Infrangibile e... Oh, Severus, non è contento...”

I bordi della bocca di Snape si abbassarono per la collera, enfatizzando le linee dure del suo viso. Tirò via il braccio dalla morsa di Narcissa e si mosse verso la porta. Mentre oltrepassava Bellatrix, si voltò verso di lei senza rallentare il passo, “Ancora a crear problemi, Bellatrix?” chiese, non fermandosi neanche per sentire la risposta.

Severus si prostrò immediatamente dopo essere entrato nel salone.

Ah, Severusss... mi delizia che tu abbia trovato il tempo di venirmi a trovare. So quanto tu sia terribilmente occupato in questo periodo dell'anno.”

Non per la prima volta Severus si ritrovò a pensare alle somiglianze fra Dumbledore e il Signore Oscuro. In qualche modo, con il viso schiacciato contro il pavimento e certo della punizione futura, si sentiva meno preoccupato rispetto a prima, quando contemplava la possibilità di un dolore fisico.

Pochi secondi dopo fu sollevato in aria.

Mio caro ragazzo, permettimi di aiutarti ad avvicinarti.” Voldemort aveva la bacchetta puntata e fece lievitare Severus verso di lui. Quando il suo corpo fluttuante fu abbastanza vicino a Voldemort da poterlo toccare, venne fatto cadere senza tante cerimonie sul pavimento.

Mio Signore,” riuscì a dire, malgrado gli fosse mancato il respiro.

Sembra che tu abbia trascurato di dirmi qualcosa, Severus.”

Infatti, mio Signore. Chiedo scusa.”

Non è abbastanza, Severus. Vedi, se tu andassi in giro noncurante a contrarre Voti con la gente, come potrei essere sicuro che tu mi sia fedele?” Ci fu una lunga pausa. “Severus? Guardami!”

Snape guardò gli occhi rossi e la bacchetta puntata del Signore Oscuro. Voldemort si sporse in avanti e gli sorrise in una nauseante parodia di amicizia. “Legilimens,” sussurrò.

L'incursione di Lord Voldemort nella mente degli altri includeva inevitabilmente una certa quantità di dolore: provava grande piacere nello spingersi oltre i limiti e far del male. Severus, comunque, sapeva cosa aspettarsi. Si concentrò come si deve sul ricordo del Voto Infrangibile, avvolgendo in una cortina fumogena le altre memorie più recenti, così che Voldemort non potesse rendersi conto del controllo che Severus manteneva. Pensò al momento in cui camminava con Potter su per il castello e al discorso di benvenuto dei Serpeverde in sala comune. Entrambi attirarono brevemente l'attenzione di Voldemort, ma lui proseguì oltre, verso la scena di Spinner's End. Solo una volta aver visto Narcissa e Bellatrix andarsene si ritirò dalla mente di Severus. Mentre l'energia dell'incantesimo si estingueva, la testa di Severus ricadde di nuovo sul tappeto. Quella parte del cervello che non pulsava di dolore benedì Lucius per aver scartato l'idea di un pavimento spoglio.

Severus non era sicuro di quanto tempo fosse rimasto a terra, forse non più di qualche minuto. A quel punto Voldemort infilò la punta della scarpa sotto la sua spalla e lo fece girare a pancia in su. Guardando in alto, Severus vide Voldemort chinato in avanti e notò, per la prima volta, la presenza di Nagini.

Bene, Severus, confesso che hai dimostrato di essere più fedele di quel che immaginavo.”

È una tregua? Voldemort sembrava impressionato dai ricordi appena visti, ma Severus non era ancora convinto che l'immediato pericolo fosse passato. Pensava fosse più sicuro non dire nulla. Voldemort faceva sbattere la bacchetta contro la coscia con aria assente. Con l'altra mano accarezzava la testa di Nagini.

Infine fu al serpente che Voldemort parlò, cantilenando come ad un bambino, “Mi dispiace, piccola mia, ma lo lascerò vivere per questa volta.” Guardando Severus, il Signore Oscuro diede ancora un colpetto con la scarpa. “Alzati,” ordinò.

Severus si sollevò sulle mani e sulle ginocchia, premendo la fronte sul pavimento vicino ai piedi di Voldemort. “Grazie, mio Signore,” disse.

Quando sollevò la testa, Voldemort si era abbassato un'altra volta, riducendo la distanza fra loro. “Perché non me l'hai detto?”

Ero arrabbiato con Bellatrix, mio Signore; ero furioso che venisse a chiedere della mia lealtà verso di te. Immaginavo che ti avrei annoiato con dei racconti d'insignificante gelosia.”

Pensi che un Voto Infrangibile sia una cosa da niente? Quanti altri ne hai fatti?”

Nessuno, mio Signore, lo giuro. Non ho promesso nulla che non avrei fatto volentieri lo stesso.” Dopo un attimo aggiunse, “Tengo molto al ragazzo.”

Lo sai, Severus, potresti essere il mio servitore più importante.” Voldemort lo guardava con una curiosa espressione di valutazione.

Mio Signore, tu mi onori.”

La prossima volta che farai qualcosa di così stupido, Severus, fai in modo di dirmelo tu stesso, così non sarò costretto a punirti.” Con questo Voldemort alzò la mano e la posò momentaneamente sulla testa di Severus, come in benedizione. Quindi, sollevando la bacchetta oziosamente, rise, “Crucio.”



Più o meno un'ora dopo, Severus tornò ad Hogwarts e, non appena si Materializzò nella radura, cercò la gatta con lo sguardo. Incespicò leggermente all'arrivo e la gatta balzò preoccupata verso di lui, strusciandosi gentilmente contro le sue gambe nel momento in cui si raddrizzò.

Miagolò in tono lagnoso.

Sono stato peggio,” replicò, iniziando la lunga camminata verso il castello con la gatta di fianco.

Rivivere le esperienze della serata fu singolarmente spiacevole. Prostrarsi davanti ad un maniaco omicida era una cosa, vedere sé stessi farlo era un'altra. Fortunatamente, Dumbledore era felice di scambiare solo poche parole per sviscerare la conversazione e permise a Severus di andarsene poco dopo mezzanotte.

Severus scese le scale e lasciò che la camminata verso i sotterranei gli schiarisse la mente. Il corpo gli doleva per gli effetti di una prolungata sessione di Cruciatus. Camminare faceva male, ma sapeva per esperienza che sarebbe stato molto peggio al mattino se non avesse fatto stretching prima di andare a letto.

Incontrò la gatta subito fuori dalle sue stanze. “Cosa vuoi?” chiese con la sua consueta scortesia. La gatta si stirò in risposta e, quando lui abbassò le protezioni delle stanze, lo seguì dentro. Severus si tolse con noncuranza il mantello e lo appese dietro la porta. Attraversando la stanza si sedette in una poltrona confortevole e si tolse gli stivali. Quando rimase in calzini sollevò i piedi sopra al tavolo da caffè, chiamò a sé una bottiglia di Whisky Incendiario e un bicchiere dalla mensola e se ne versò una generosa quantità. Con un leggero miagolio di disapprovazione la gatta saltò sul bracciolo della poltrona e inarcò la schiena. “Ridicolo,” mormorò Severus, guardandola torvo. Lei miagolò ancora e lui con un sospiro chiamò a sé un piattino che fece galleggiare nell'aria di fianco a lei. Scuotendo la testa versò un po' del liquido ambrato. “Ti rendi conto che tutto ciò è grottesco?” chiese, mentre lei leccava felice. Severus appoggiò la bottiglia per terra, chiuse gli occhi e si appoggiò allo schienale della poltrona, stringendo il bicchiere sul petto.

La gatta finì di bere, leccando il piattino finché non tornò pulito. Muovendosi con grazia si spostò dal bracciolo nel grembo dell'uomo di fianco a lei. Mentre iniziava a massaggiargli le cosce, per prepararsi un giaciglio per dormire, lui fece una smorfia. “Devi proprio essere così insopportabile?” brontolò. Continuò a lamentarsi a intervalli regolari anche quando si fu accomodata, ma un osservatore acuto avrebbe notato che una mano si era sollevata per rimanere sulla testa della gatta e un lungo dito la accarezzava lentamente dietro l'orecchio.

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Aregilla: ben arrivata e grazie dei complimenti :)

chi_lamed: a me piacerebbe molto capire di più la matematica, ma è fuori dalla mia portata, così come lo sarebbe l'Aritmanzia, temo -.-

Anne London


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Capitolo 9
*** Birthday Surprises ***


Capitolo 9

NdT: sono via per diversi giorni senza computer, alla pubblicazione ci pensa Mimì1317 (non vedrete quindi le mie inutili osservazioni ai commenti ;))
Grazie, come sempre, a silviabella per la beta.
Anne London



Capitolo 9

Birthday Surprises

Il giovedì mattina, Harry e Ron aspettarono Hermione nella sala comune per andare a colazione. Quando arrivò, la colmarono di attenzioni e la scortarono giù al tavolo come delle guardie, uno per lato, tenendola per le braccia. Aprirono la strada con forti urla, e le loro eroiche ed elaborate parodie di galanteria la fecero ridere e arrossire di piacere. Fu difficile per lei accettare che Harry avesse fissato il primo allenamento di Quidditch la sera del suo diciassettesimo compleanno. Uno diventa maggiorenne una volta sola, ed Hermione non poté fare a meno di sentirsi un po' disturbata dal fatto che Harry, Ron e Ginny avrebbero passato la serata da un'altra parte.

Si erano comunque ricordati, cosa che era sicuramente meglio di altri anni. Mentre Ron aveva pensato fosse divertente presentarsi con La Guida sugli Scacchi per Idioti, Harry le aveva dato un generosissimo buono regalo per il Ghirigoro. Pensare a cosa avrebbe potuto comprare con il buono di Harry era abbastanza esaltante da aiutarla a riconoscere l'ironia dietro il regalo di Ron. Ricevette una lettera dai suoi genitori, ovviamente – un biglietto, una lettera e un altro buono regalo; in più sua madre le aveva comprato un certo numero di capi di vestiario mentre era a casa. La colazione quel giorno fu meravigliosa. Con una certa grazia, Hermione riuscì ad apprezzarla piuttosto che stare seduta a pensare alle sue prospettive di una serata solitaria con i suoi libri. Ron le promise che avrebbe masticato per l'intero pasto con la bocca chiusa e quasi ci riuscì. Nel complesso fu piacevole, per una volta, essere al centro dell'attenzione dei suoi compagni di casa, dei componenti del DA delle altre case e di diversi altri compagni di classe arrivati per farle gli auguri.

Fu con maggior riluttanza del solito che salutò i ragazzi per dirigersi alla prima ora di lezione. Vicino alla porta della Sala Grande venne bloccata da una ragazzina bionda con la cravatta Serpeverde.

Sei tu Hermione Granger?” chiese a bassa voce, ma chiaramente.

Sì,” replicò Hermione, abbassandosi all'altezza della ragazzina. “Ma temo di non sapere il tuo nome.”

La ragazza, chiunque fosse, ignorò la domanda. “Ho un messaggio per te dal professor Snape. Dice di ricordarti la tua punizione di stasera, alle otto, e che se arriverai in ritardo lo rimpiangerai.”

La bocca di Hermione si aprì di botto in una silenziosa esclamazione di sorpresa. Si voltò verso il tavolo degli insegnanti. Snape era lì e per un momento incontrò il suo sguardo, prima di voltarsi con un cipiglio amaro. Hermione si voltò per ringraziare la ragazza del disturbo, ma era già andata via.

Ah, pensò Hermione. La chiama punizione? Bene, aggiunse, uscendo dalla Sala con passo decisamente più energico, almeno non passerò la serata da sola.

Hermione era così contenta della sua prima lezione con Snape che era arrivata nei sotterranei con quindici minuti d'anticipo. Per un lungo quarto d'ora camminò su e giù per il vicino corridoio, riluttante ad arrivare in anticipo e terrorizzata di essere in ritardo. Ogni venti secondi circa controllava l'orologio finché finalmente, alle otto precise, bussò alla porta.

Avanti,” disse lui.

Buonasera, professore,” disse Hermione educatamente, mentre andava a sedersi davanti alla scrivania.

Snape non si preoccupò di sollevare lo sguardo dai compiti che stava correggendo, figuriamoci di rispondere. Per diversi minuti continuò a scarabocchiare commenti sui compiti davanti a lui mentre Hermione combatteva contro il bisogno urgente di porre le numerose domande che aveva. Nervosamente si strofinò la cicatrice attraverso la divisa, proprio nel punto in cui toccava la clavicola.

Alla fine Snape sospirò, come infastidito, e poggiò la penna. Sistemò la pila di pergamene di fronte a sé, squadrando i bordi e ponendole da parte.

Cos'hai da dire sul tuo comportamento?” chiese con tono di voce arrabbiato.

Gli occhi di Hermione si allargarono leggermente di sorpresa e trattenne un verso di stupore. È una domanda trabocchetto? pensò, cercando sul suo viso le tracce dell'uomo rilassato con cui aveva parlato nell'infermeria.

Ehm, questa non è una vera punizione, vero?” Alla fine della domanda Hermione sembrava incerta.

Snape sollevò un sopracciglio. “Perché no?” chiese.

La trepidazione che Hermione aveva avuto per tutto il giorno si dissolse in fretta, lasciandole la gola arida e una sensazione sgradevole e densa alla bocca dello stomaco. Si morse all'improvviso il labbro inferiore, incerta su cosa rispondere.

Hai Confuso qualcuno ultimamente?” chiese Snape.

Hermione si bloccò. Improvvisamente sentì il panico addosso. O mio Dio, come? Sono davvero nei guai. Come fa a saperlo? “Io...” iniziò

Non sprecare il mio tempo a negare, signorina Granger.” Si sporse in avanti sul tavolo. “Ti ho vista.”

Come?” la domanda era più che altro un sussurro.

Forse non te ne sarai accorta, signorina Granger, ma c'è una guerra in corso. Pensi che lasceremmo dei ragazzi fuori in giro, da soli, per delle ore?”

Hermione si sentiva stordita. “Cosa...?” Sembrava incapace di pronunciare più di una parola alla volta.

Cosa sta per succederti? Mmm... una domanda interessante.” Snape batté un dito contro il labbro, facendo finta di pensarci. “In condizioni normali saresti espulsa. Anche Potter – sai, ho sempre sperato di essere io ad espellerlo.”

Hermione ritrovò la voce, “Harry non ha niente a che fare con tutto ciò!”

Davvero?” la voce grondava scetticismo. “Quindi, Potter non ne sapeva niente? Sono sicuro che la notizia sarà per lui una completa sorpresa.”

Hermione si morse ancora il labbro inferiore. “Lui – oh, lo ha scoperto dopo, ma è stata colpa mia!”

Interessante. E cos'ha fatto dopo aver scoperto che la sua migliore amica aveva illegalmente interferito con il risultato di una competizione sportiva? Niente, immagino. Che indicibile nobiltà. Forse niente espulsione per il signor Potter, peccato. Non importa, il suo divieto a vita di giocare a Quidditch mi consolerà, in un certo senso.” Snape fece un sorriso sgradevole. “Immagino che il divieto ricadrà anche sul signor Weasley.”

Hermione fu assalita dalla nausea. “Non può – non deve coinvolgerli, professore,” lo pregò. “Sono la sola responsabile delle mie azioni, sono l'unica che dovrebbe essere punita.”

Teoria interessante,” rifletté Snape. “Tuttavia, una volta che questa storia diventerà pubblica, nessuno crederà che il-ragazzo-che-è-sopravvissuto-per-finire-in-prima-pagina non fosse coinvolto. Potrebbe essere un colpo per la sua reputazione. Rita Skeeter avrà una giornata campale.”

Hermione non poteva sopportare altro. Chiuse gli occhi e si nascose il viso fra le mani. Aveva fatto una cazzata, enorme. Sto per essere espulsa. Tutti penseranno che Harry sia un baro. Ron mi ucciderà.

Sai cosa succederà ora, signorina Granger?”

Scosse la testa senza rispondere, il viso ancora nascosto fra le mani.

Stai dritta, signorina Granger”, la rimproverò. “Se ti faccio una domanda, rispondimi!”

Si raddrizzò subito. Il viso era pallido per lo shock e gli occhi risaltarono improvvisamente contro il pallore della pelle. “Sì, signore,” ansimò.

Sai cosa succederà ora, signorina Granger?” ripeté.

No, signore.”

Tu ed io stiamo per andare a fare una visita dal preside e gli dirai esattamente cos'è successo. Sono stato abbastanza chiaro?”

Sì, signore.” Era come se stesse osservando la scena da una grande altezza. Non riusciva a sentire le sue membra. Pensò a come sarebbe potuta andare nell'ufficio di Dumbledore senza collassare per terra come un fantoccio.

Snape si era alzato e si era spostato verso il caminetto. “Alzati,” scattò.

Lei si sforzò di alzarsi in piedi. Con un verso d'irritazione, Snape si avvicinò e la prese per l'avambraccio e l'attirò a sé. Allo stesso tempo afferrò una manciata di polvere e la lanciò nel camino.

Ufficio di Dumbledore!” disse forte, e la spinse in mezzo alle fiamme verdi.

La sensazione del vortice della Metropolvere durò solo pochi secondi, prima che Hermione fosse espulsa, inciampando, verso la sua destinazione.

Non era mai stata nell'ufficio del preside prima ed era surreale trovarsi in un ambiente che Harry le aveva descritto diverse volte. Dumbledore era seduto dietro la scrivania e alzò lo sguardo mentre usciva fuori dal suo camino.

Buonasera, signorina Granger!” la salutò, sorridendo da dietro gli occhiali. “Ti stavo aspettando. Vieni, siediti. Immagino che Severus ti abbia detto perché sei qui.”

Il professore era appena uscito dal focolare dietro di lei, distendendo la sua figura allampanata con grazia e togliendo la fuliggine dalla toga con una mano elegante. Hermione gli lanciò uno sguardo spaventato.

Sì,” rispose nervosamente.

Esitante si sedette. Dumbledore continuava a sorriderle, intensificando così il crampo nervoso allo stomaco. Il professor Snape non si sedette. Rimase in piedi proprio di fianco a lei, con le braccia conserte e una solenne espressione.

Albus,” disse, “la signorina Granger ha qualcosa da dirti.”

Dumbledore la guardò con leggera curiosità. “Procedi pure, mia cara,” le disse incoraggiante. “Vuoi una caramella al limone? ”

Ah, no, grazie, signore.” Hermione non era pronta per vedere il piacevole contegno del preside trasformarsi in rabbia e considerò brevemente di scappare dalla stanza e buttarsi giù dalla finestra più vicina. Grifondoro, ricordi? Si rimproverò e un piccolo suono strozzato le sfuggì. Falla finita – almeno fai capire bene che Harry non era coinvolto.

Lo scorso sabato,” iniziò, concentrando la sua attenzione verso un'anonima porzione di scrivania di Dumbledore, “durante le selezioni della squadra di Quidditch di Grifondoro mi sono trovata a sedermi di fianco a Cormac McLaggen.” Guardò furtivamente il professor Snape. Fissava il muro dietro Dumbledore, il viso privo di emozioni. “Mi stava dando fastidio, come sempre, ma ho fatto di tutto per ignorarlo-”

Perdona la mia interruzione, signorina Granger,” si inserì Dumbledore gentilmente, “ma cosa intendi per 'fastidio'?”

Ehm,” arrossì, l'umiliazione che si sovrapponeva alla paura e al nervosismo. “Mi guardava e, uhm, diceva cose sgradevoli sui miei amici.” Cercare di spiegare il comportamento di McLaggen e i suoi effetti su di lei la faceva sentire una stupida. “Ho cercato d'ignorarlo per un po', ma ad un certo punto ha detto qualcosa di veramente inappropriato su Ginny e ho perso la pazienza.”

Dumbledore interruppe di nuovo, il viso serio, “Cos'ha detto, esattamente?”

Ehm, ha detto, uhm, che non vedeva l'ora di poterla osservare nello spogliatoio mentre si cambiava.” Hermione avrebbe voluto nascondersi in un buco e morire. Ripetere il commento di McLaggen ad alta voce la turbava ancora e la fece sentire stupida per aver risposto ad un simile insulto. Guardò Snape di sbieco, di nuovo. Non si era mosso.

Ma davvero,” disse Dumbledore con aria di rimprovero. “Cos'hai fatto in risposta?”

Gli ho urlato qualcosa e probabilmente gli avrei lanciato una maledizione, ma era il suo turno di provare per entrare in squadra.” Hermione non credeva di poter andare avanti con la storia e fece un lungo, tremolante, respiro. Dumbledore evocò un bicchiere con dell'acqua e lo spinse nella sua direzione. Bevve a lungo e cercò di continuare. “Lui, ehm, McLaggen stava andando veramente bene. E ho fatto qualcosa di molto stupido – non potevo sopportare di immaginarlo nello spogliatoio con Ginny ed io,” s'interruppe per un secondo, poi lo disse velocemente, “ho usato il Confundus. Sono terribilmente dispiaciuta.”

Dumbledore sospirò. Si tolse gli occhiali e si strinse la radice del naso. “Mia cara ragazza,” iniziò, “dei commenti del genere sarebbero stati ben più che sufficienti per ordinare la sua rimozione da qualunque squadra. Perché non hai parlato con la tua Capo Casa?”

Non ho pensato, professore.” Calde lacrime le pizzicarono gli occhi e una scese lungo la guancia. La asciugò via grossolanamente con il dorso della mano. “Ho agito mentre ero arrabbiata, sono un'idiota.”

Su su, signorina Granger,” Dumbledore le offrì un fazzoletto. “Non c'è bisogno di piangere.”

Prese il fazzoletto offertole con gratitudine, mentre le lacrime iniziavano a scendere sinceramente. “Ma c'è. Ora deve espellermi, e non voglio-”

Perbacco, signorina Granger!” Dumbledore sembrava stupito. “Non c'è bisogno di espellerti, cosa ti ha dato questa idea?”

Ma...” sollievo e sorpresa si contendevano la supremazia, “ma ho usato il Confundus su qualcuno durante un evento sportivo! È illegale!”

Beh, sì, vero. Ma viste le circostanze attenuanti... dopo tutto, la giustizia ha fatto il suo dovere alla fine, anche se il metodo è stato poco ortodosso.”

La faccia di Hermione aveva un'espressione vuota di stupore. “Ma dovrei essere punita-”

Signorina Granger,” la interruppe Dumbledore, lo scintillio divertito sparito dagli occhi. “Vuoi essere espulsa?”

No, certo che no, ma-”

Bene. Perché non possiamo permetterci di espellerti. Statisticamente sarebbe un disastro per il successo di Harry.”

Hermione fissò il preside. 39%, pensò. Tutto quello che aveva detto Dumbledore negli ultimi minuti aveva perfettamente senso. L'avrebbe passata liscia. Non perché lo meritasse, certamente non perché aveva fatto la cosa giusta, ma perché Harry era il Prescelto e Dumbledore non era pronto a punirla col rischio di mettere a repentaglio la lotta contro Voldemort. Le contorte implicazioni etiche della situazione la lasciarono un po' nauseata.

Si voltò a guardare il professor Snape. La stava osservando attentamente e, una volta incontrato il suo sguardo, sollevò un sopracciglio. Dalla leggera piega della bocca Hermione realizzò che lui capiva la sua complicata reazione alla decisione di Dumbledore. Mise da parte il pensiero per dopo.

Hermione tornò a guardare Dumbledore. Il suo solito aspetto, con tanto di sguardo scintillante, era tornato al suo posto. “Bene, ora che tutto è sistemato, possiamo passare ad altre questioni.” Unì insieme le mani e le sorrise. “Siediti, Severus. Non c'è bisogno d'incombere su entrambi.”

Hermione si aspettava che rispondesse bruscamente al preside, invece prese una sedia dall'aspetto molto confortevole e si accomodò. Dumbledore chiamò a sé una bottiglia e alcuni bicchieri da un tavolo vicino e versò tre dosi. Per la prima volta dal suo incerimonioso arrivo dal caminetto, la mano annerita di Dumbledore era in piena vista. Hermione cercò di non fissarla e, invece, colse l'occasione per dare un'occhiata alla stanza. Osservò attentamente Fawkes la fenice, i numerosi libri e gli strani oggetti. Vagamente, capì perché si trovava lì. I suoi pensieri vennero interrotti quando Dumbledore le offrì un bicchiere con del liquido dorato. Lo prese e lo annusò dubbiosa: era chiaramente Whiskey Incendiario.

Ehm, signore,” iniziò esitante.

Oggi è il tuo compleanno, non è vero?” chiese Dumbledore, sorridendo.

Sì, lo è.” Hermione non riusciva a trattenere la sorpresa nella voce.

Bene, allora, come un membro adulto del mondo magico, adesso puoi fare un sacco di cose. Bere è fra queste. Normalmente bere a scuola non è permesso per gli studenti di qualunque età, ma credo che possiamo fare un'eccezione per stasera.” Dumbledore sollevò il bicchiere. “Mille di questi giorni,” esclamò.

Il professor Snape fece la stessa cosa ed Hermione fu stupita di trovarsi a far tintinnare bicchieri con Snape e Dumbledore e fare un brindisi al suo compleanno. Il primo sorso di Whiskey Incendiario le bruciò la gola e la lasciò tossire indecorosamente. Dumbledore ridacchiò e le sembrò di aver colto di sfuggita del divertimento negli occhi scuri di Snape.

Ci vuole un po' di tempo per abituarsi,” disse il preside gentilmente.

Albus,” disse lentamente Snape, “credo sia arrivato il momento di giungere al punto.”

Hermione guardò curiosamente prima uno e poi l'altro.

Hai ragione, come sempre, Severus,” approvò Dumbledore. “Bene, signorina Granger, con il raggiungimento della maggiore eta, è con grande piacere che ti invito ad entrare nell'Ordine della Fenice. Non avendo tutori legali nel mondo magico, la decisione da prendere è solo tua.”

Il cuore di Hermione batteva quasi dolorosamente. “Oh – ma certo. Sì. Voglio dire, certo che lo voglio,” replicò, incoerente per l'entusiasmo.

Non così in fretta, signorina Granger,” il professor Snape interruppe il suo balbettare felice. “Devi fare un giuramento magico vincolante. Richiede di porre i bisogni dell'Ordine al di sopra dei tuoi desideri, di agire in accordo con le istruzioni – che ti piacciano o meno. Sei pronta a impegnarti per l'Ordine, anche fino alla morte?”

Dumbledore annuiva solennemente.

Ma certo che lo sono!” Guardò prima Dumbledore, poi Snape diverse volte. “Sono pronta,” disse risoluta, inconsciamente toccandosi la cicatrice. “Sono pronta a combattere contro Voldemort dal mio primo giorno ad Hogwarts.”

Dumbledore le rivolse un caldo sorriso. “Sono fiero di te, signorina Granger. Non mi aspetto altro. Il compito che voglio affidarti è, in un certo senso, molto difficile, ma forse niente che tu non abbia già fatto: la tua missione è di tenere Harry vivo. Ci sarà un tempo in cui dovrai contraddire gli altri membri dell'Ordine. Ci saranno circostanze in cui la scelta giusta non sarà facile da distinguere. Malgrado questo, comunque, voglio che ricordi che la tua lealtà – come membro a tutti gli effetti dell'Ordine e amica di Harry – è verso di lui e il compito che lo attende.”

Hermione corrugò leggermente la fronte a queste parole: Snape le aveva detto che avrebbe dovuto mettere l'Ordine prima di Harry, mentre Dumbledore le aveva detto l'opposto. “Ho tutte le intenzioni di stare di fianco ad Harry, signore,” lanciò un'occhiata a Snape. “Sia di tenerlo in vita, sia di seguirlo nella morte, se necessario.”

Dumbledore prese la bacchetta e con un gesto le indicò di fare lo stesso. Si allungò sulla scrivania e con la mano annerita toccò la punta della bacchetta con la sua. Snape si alzò in piedi con calma e abbassò la sua bacchetta verticalmente tra le loro, finché la punta non incontrò le altre due ad angolo retto.

Ripeti dopo di me,” indicò Snape. “Io, Hermione Jane Granger,” Hermione sbatté gli occhi sorpresa che sapesse il suo secondo nome, “prometto la mia lealtà all'Ordine della Fenice, sotto la guida di Albus Percival Wulfric Brian Dumbledore.”

Dopo che Hermione ebbe fatto eco alle parole del giuramento, la punta della sua bacchetta brillò oro.

Io, Percival Wulfric Brian Dumbledore, accetto la tua fedeltà all'Ordine della Fenice e do il benvenuto al tuo aiuto nella lotta contro Voldemort.” A queste parole, anche la bacchetta di Dumbledore s'illuminò e la luce si riflesse sulle facce dei partecipanti.

Io, Severus Tobias Snape, testimone di questo giuramento, lo dichiaro effettivo in questo giorno, giovedì 19 settembre, 1996.”

La luce nella stanza divenne così intensa che Hermione dovette chiudere gli occhi di fronte al bagliore dorato. Fawkes emise un'unica nota rieccheggiante. Si diffuse in tutto il corpo di Hermione come un fremito di piacere. Mentre la musica del suo canto diminuiva, così fece la luce, e la stanza intorno a lei tornò visibile un'altra volta.

Snape tornò alla sua sedia e Dumbledore le sorrise mentre puliva gli occhiali con la lunga manica della sua toga.

Credo che questo meriti un altro brindisi,” proclamò. “Al nuovo membro dell'Ordine!”

Ancora una volta Hermione fece tintinnare il bicchiere e bevve un altro sorso, anche se questa volta l'assaggio di Whiskey Incendiario fu molto più circospetto.

Allora, signorina Granger,” rimarcò Dumbledore. “Prima che tu vada tranquillamente a letto, ci sono solo un altro paio di cose di cui discutere.”

Il calore del whiskey si diffuse nello stomaco di Hermione. “Molto bene, signore,” replicò obbediente, sedendo leggermente più dritta.

Pur essendo il tuo obiettivo come membro dell'Ordine la cosa più importante, penso che non ci sia bisogno che esso occupi il tuo tempo quotidianamente, almeno per il momento.” Le sorrise. “Vorrei, comunque, che concentrassi i tuoi ammirabili poteri intellettuali su due progetti specifici. Il primo è quello che riguarda i calcoli Aritmantici – credo che la professoressa Vector ti abbia già parlato di questo argomento.” Hermione annuì. “L'altro riguarda le tue lezioni con il professor Snape. Ci sono diversi modi con cui entrambi questi progetti potranno rivelarsi più importanti delle tue regolari lezioni.” Hermione cercò di parlare, ma Dumbledore continuò prima che potesse farlo. “Il tuo lavoro in questo caso ricade sotto la categoria di membro dell'Ordine, e non come studente, quindi né la professoressa Vector né il professor Snape potranno darti o toglierti punti o infliggerti punizioni. Sono convinto che troverai altre motivazioni per far bene.”

Hermione non poté impedirsi di lanciare un'occhiata al professor Snape. Lui colse lo sguardo di lei e lo scatto verso l'alto delle sue labbra quando Dumbledore menzionò i punti.

Stai attenta, signorina Granger,” sogghignò, “Posso sempre togliere punti in qualunque altro momento.”

Sì, signore.” Le scappò una risata, a sottolineare la sua risposta, e cercò di affogarla con un altro sorso di Whiskey. Il sapore stava decisamente diventando piacevole.

Sono sicuro che non c'è nessun bisogno di ricordarti,” continuò Dumbledore, “che questo incontro, così come tutti gli altri, deve rimanere strettamente confidenziale. Non devi rivelare i contenuti degli incontri con il professor Snape e la professoressa Vector a nessuno al di fuori di questa stanza – nemmeno ad altri membri dell'Ordine. Allo stesso modo, il tuo ingresso nell'Ordine verrò rivelato solo a pochi membri. Sono certo di poter contare sulla tua discrezione.”

Sì, signore,” replicò, questa volta con completa sincerità.

Snape finì il suo Whiskey con un lungo sorso e poggiò il bicchiere sulla scrivania con un tonfo deciso. “Signorina Granger,” riuscì a far risuonare il suo nome come un comando, “se ti sbrighi riesci a tornare in tempo prima del coprifuoco.”

Uno sguardo all'orologio fu sufficiente per verificare la verità delle sue parole. Con un “Oh” di sorpresa si alzò in piedi. “Professor Dumbledore,” iniziò, “grazie.” Si voltò verso il professor Snape. “Quando potremo avere il nostro primo-”

Martedì,” la interruppe. “Ora vai.”

Hermione diede un'ultima occhiata veloce alla stanza, soffermandosi per un secondo sulla figura di Fawkes, poi filò via. Poco dopo, mentre era a letto, i suoi pensieri vagarono fra le varie svolte della serata. Quest'anno, pensò proprio mentre si stava per addormentare, il mio compleanno mi fa veramente sentire più vecchia di prima.

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Capitolo 10
*** Occlumency ***


Capitolo 10

Rendiamo insieme il dovuto tributo di ringraziamenti a silviabella.



Capitolo 10

Occlumency



Severus represse un sospiro di frustrazione. La prima lezione di Occlumanzia di Hermione Granger non stava andando così bene come aveva anticipato. Si stava alzando dal pavimento per la quarta volta e non era ancora riuscita a respingere i suoi attacchi. Anche Severus ne usciva ammaccato dal flusso dei ricordi di Hermione. La sua infanzia non era stata così miserabile com'era sembrata quella di Potter, eppure Hermione era stata una bambina sola e isolata fino all'arrivo ad Hogwarts, emarginata dalla crudeltà dei bambini per i risultati ottenuti senza sforzo. In base ai ricordi che aveva appena visto, uno poteva sentirsi giustificato a pensare che la sua vita fino a quel momento si fosse svolta come una serie di esperienze violente e terrificanti: l'aveva vista assalita da un Troll, pietrificata da un Basilisco e trasformata in un gatto; l'aveva vista guardare con orrore il gigantesco pezzo degli scacchi di Minerva far cadere Ronald Weasley e renderlo incosciente e avevano rivissuto diverse volte la battaglia all'Ufficio Misteri. Ora i suoi capelli sfuggivano al controllo delle numerose forcine e il viso portava i segni della stanchezza. Si muoveva cautamente in seguito alle numerose cadute e la smorfia della sua bocca evidenziava che era frustrata quanto lui.

Di nuovo in piedi, Hermione si strofinò gli occhi con il dorso delle mani. “Cosa sto sbagliando?” chiese.

Severus le fece cenno di sedersi. Lei lo fece con un sospiro.

Dov'è che fai i tuoi compiti?” chiese

Chiedo scusa?” L'apparente e improvviso cambio di argomento la spiazzò.

Rispondi solo alla domanda, signorina Granger.” Severus si sedette dietro la propria scrivania.

Oh, beh... dipende. Qualche volta in biblioteca, qualche volta in sala comune. Ogni tanto sul letto...” Arrossì leggermente ad accennare al letto.

La sala comune non è particolarmente rumorosa?”

Hermione roteò gli occhi. “Sempre,” confermò.

Come fai a concentrarti con tutto quel rumore?”

Cerco semplicemente di bloccarlo,” sollevò un sopracciglio, “Oh.”

Severus si girò sulla sedia e guardò la libreria dietro di lui. Dopo averci pensato un momento, si sporse e selezionò un tomo dal lungo titolo – Il Serraglio della Polisucco: Approcci Teorici sulla Basilare Pozione di Trasfigurazione Inter-Specie – e lo passò ad Hermione con un ghigno.

Lei fece una smorfia. “Non sapevo fossero peli di gatto! Non è che volessi trasformarmi in un gatto!

Snape la guardò con gli occhi socchiusi. “Davvero? Di chi pensavi fossero i capelli?”

Hermione gli lanciò un'occhiata sospettosa. “Niente punti casa, ricorda?”

Me lo ricordo.”

Lei si agitò leggermente imbarazzata sulla sedia. “Millicent Bulstrode.” Fece una pausa e aggiunse sulla difensiva, “Ho fatto la pozione in modo corretto, sa. Harry e Ron si sono trasformati perfettamente.”

Ma davvero.” Severus bruciava di curiosità, anche se non ne mostrava alcun segno sul viso. “E dimmi, quali dei miei Serpeverde sono diventati?”

Crabbe e Goyle.” Le braccia di lei erano incrociate fermamente sul petto e sembrava, allo stesso tempo, apprensiva e un po' fiera della sua impresa. All'alzata di sopracciglio di lui, sospirò e offrì la spiegazione desiderata. “Si sono intrufolati nella sala comune di Serpeverde e hanno interrogato Malfoy sulla Camera dei Segreti, va bene? È stata una mia idea.”

Era, Severus doveva ammetterlo, un piano audace. E per quanto ne sapeva sui tentativi di creare la Polisucco – la sua presenza in Infermeria, completa di vibrisse e coda, era una prova adeguatamente esplicita – non aveva realizzato che fosse riuscita a completare la pozione con successo.

Chi ha rubato la pelle di Girilacco?”

Hermione fece una smorfia. “Io.” Si strinse ancora di più con le braccia, aspettandosi chiaramente una sfuriata.

Severus tenne il tono deliberatamente noncurante. “Curioso. Ero convinto fosse stato il signor Potter.”

Beh,” Hermione si rilassò leggermente, ma sembrava ancora sospettosa, “era già in così tanti guai che ho pensato fosse meglio farlo io.”

Furba. “Leggi il libro adesso,” la istruì, cambiando argomento all'improvviso un'altra volta. Tenerla in una condizione di sbilanciamento è divertente, notò mentre lei obbedientemente apriva il libro, la confusione stampata sul viso. Snape puntò la bacchetta al muro che separava il suo ufficio da quello della sala comune di Serpeverde. Prima leggero, poi sempre più forte, il rumore iniziò a filtrare nella stanza.

Hermione sollevò lo sguardo con interesse. “Un incantesimo per origliare? Come ha fatto?”

C'è un motivo se l'incantesimo è non-verbale, signorina Granger.” Il tono di voce era secco. “Leggi il libro.”

Lei sorrise, imbarazzata, e riabbassò la testa sul libro. Per diversi minuti la osservò leggere. Una mano giocava distrattamente con una ciocca in disordine mentre si mordeva il labbro inferiore. I suoi occhi si muovevano rapidi e la fronte si aggrottava a tratti mentre registrava le informazioni. Solo quando fu convinto che lei fosse completamente immersa nella lettura la chiamò.

Signorina Granger,” - lei sollevò lo sguardo, leggermente assente - “Legilimens.

Per un breve secondo sentì i bordi delle sue barriere occlumantiche prima che collassassero. Vide che i suoi occhi si allargarono per un secondo come se l'avesse percepito anche lei. Prima che potesse spingere ancora nella sua mente, tuttavia, lei interruppe la connessione completamente, spostando il suo sguardo da quello di lui.

Aspetti!” disse, stringendo gli occhi chiusi e premendosi le mani sulle tempie. Il libro cadde, ignorato, sul pavimento. Qualche secondo dopo gli occhi si aprirono di nuovo. “Provi di nuovo,” disse, le mani ancora pressate sui lati della testa.

Questa volta Severus la sentì alzare coscientemente le barriere. Mentre spingeva contro di esse, lei le tenne intatte. Finalmente. Lui sbatté le palpebre e ruppe il contatto

Ce l'ho fatta!” Granger aveva stretto le mani a pugno in segno di trionfo e sorrideva contenta.

Combattendo l'impulso di ricambiare il sorriso, Severus invece reagì bruscamente. “Se non ti dispiace, vorrei che frenassi l'entusiasmo per il tempo necessario a raccogliere il mio libro dal pavimento.”

Velocemente, Hermione si chinò e ritrovò il libro, passando una mano, preoccupata, sulla copertina prima di poggiarlo sulla scrivania. Il suo sorriso s'incrinò parecchio. “Possiamo provare di nuovo, signore?” chiese.

No.” Severus prese una piccola fiala con una pozione dal cassetto della scrivania e gliela porse. “Bevi questo,” ordinò, annullando l'incantesimo per origliare con un gesto della bacchetta.

Che cos'è?” chiese, mentre stappava la fiala.

Signorina Granger!” lei si bloccò con la pozione vicina alle labbra, “Solo un folle prenderebbe una pozione senza sapere qual è!”

Ma professore,” protestò, abbassando la fiala, “Mi ha appena detto di berla!”

Lui sollevò gli occhi al cielo. “Ti fidi di chiunque?”

No.”

Lui sollevò un sopracciglio.

Beh, no. Se avesse voluto avvelenarmi, signore, lo avrebbe fatto tempo fa.”

Signorina Granger, dimmi solo che pozione è.”

Hermione sospirò esasperata. Sollevò la fiala alla luce, la fece roteare, quindi la annusò. “È un rilassante muscolare,” concluse. “Come quella che abbiamo fatto al terzo anno.” Improvvisamente gli sorrise. “Grazie,” aggiunse.

Il tuo benessere non è la mia principale preoccupazione,” replicò sprezzante. “Questi incontri non rimarrebbero segreti a lungo se tu domani fossi rigida e dolorante. Ora, prendi la tua medicina e vai.”

Per un secondo immaginò che stesse per replicare, ma bevve invece la pozione – chiudendo gli occhi e inclinando la testa indietro, rivelando la linea della gola. Severus si alzò all'improvviso e si voltò per riporre il libro nel ripiano della libreria dietro la scrivania.

Professore?”

Cosa?” replicò senza girarsi.

Devo tornare giovedì?” Sembrava speranzosa.

Lentamente si girò verso di lei. Sembrava davvero speranzosa. “Molto bene,” concesse. “Non arrivare tardi.”

Hermione sorrise contenta e camminò verso la porta. “Buona notte, professore,” disse, mentre chiudeva la porta.

Severus sprofondò nella sedia e si passò una mano sul viso. Devi controllarti, Severus, si rimproverò. Per un momento aveva... No. Punti casa o no, Hermione Granger era una studentessa e si sarebbe comportato di conseguenza.



La lezione di giovedì fu più semplice. Granger aveva capito come alzare le barriere consciamente e non era più collassata sotto la leggera pressione della Legilimanzia. Per un'ora lavorò sul resistere a diversi tipi di attacco di varia potenza e a controllare la quantità di energia che utilizzava per Occludere. Ad un certo punto, Severus si fermò. Granger non era ancora stanca, ma non voleva spingerla troppo verso uno sfinimento magico.

Siediti,” ordinò.

Hermione si sedette. Dal modo in cui si mordeva il labbro inferiore sapeva che una domanda era imminente. Pochi secondi dopo arrivò la conferma.

Professore,” chiese, “potrei farle una domanda?”

Era questa?” fu la secca risposta.

Ehm, no.” Controllò una risatina. “Non era la domanda che avevo in mente.”

Dimmi quello che intendevi, Granger,” - gli occhi di lei si spalancarono di fronte all'omissione dell'onorifico, ma non sembrava dispiaciuta - “in modo da non farmi perdere tempo.”

Bene, penso che quello che avevo in mente fosse: se pongo una domanda solo marginalmente correlata con la pratica dell'Occlumanzia, mi risponderà?”

Severus si passò un dito sulle labbra mentre considerava la richiesta. “Dipende. Fai la domanda, poi deciderò.”

Bene,” Hermione esitò un secondo. “Ho capito che ha dovuto imparare l'Occlumazia perché Volde – cosa?” Il suo ringhio arrabbiato la interruppe. “Ok, va bene. Non lo dirò, ma non esiste nemmeno che lo chiami 'Signore Oscuro'. Quella è una prerogativa Serpeverde.” Incrociò le braccia e gli lanciò uno sguardo corrucciato, respirando profondamente dal naso prima di continuare. “Come stavo dicendo, se Lei-Sa-Chi è un legilimante così potente, come ha fatto a non sospettare qualcosa se non riesce ad accedere ai suoi pensieri?”

Se bloccassi tutti i miei ricordi,” replicò Severus, “sospetterebbe qualcosa immediatamente. L'Occlumanzia, nella sua forma più pura, è ideata per difendere la mente contro gli attacchi, non per ingannare chi attacca. ”

Allora come-?”

Pensa, Granger.”

Si bloccò per un secondo, stringendo il labbro inferiore dentro la bocca. “Lei gli mostra alcuni dei suoi pensieri.”

Corretto.” Era davvero intelligente. Liberata dal peso di portarsi dietro i suoi compagni di classe, la sua mente balzava avanti a grandi passi. “Il Signore Oscuro non si è accorto che gli nascondo qualcosa. Se lo fosse non sarei ancora vivo.”

Ma sicuramente dev'essere straordinariamente difficile nascondere i ricordi incriminati da quelli innocui?”

Non proprio,” obiettò. “La maggior parte del mio tempo la passo in classe o svolgendo lavori per Hogwarts e, quando ce n'è bisogno, ho diverso materiale che coinvolge membri dell'Ordine e interazioni rivali col signor Potter.”

Hermione lo fissava con gli occhi sgranati, la bocca leggermente aperta. “Ma… mmm.”

Cosa?”

Niente.”

Severus le lanciò un'occhiata e ghignò. “Signorina Granger, ha davvero esaurito le domande?”

Sì,” replicò, chiudendo la bocca in un'inusuale linea severa. “Per il momento, sì.”

Bene, allora,” riuscì a controbattere, leggermente colto alla sprovvista. “Questo conclude la lezione. Quando saranno i prossimi allenamenti di Quidditch la settimana prossima?”

Ancora martedì e giovedì, ma,” - fece una smorfia - “il professor Slughorn ha organizzato uno dei suoi incontri per martedì.” La sua faccia s'illuminò leggermente. “Posso sempre rifiutare e venire qui, invece!”

Curioso che anche lei non sembri così affezionata a Slughorn, notò Severus. “E diffondere la voce sulla tua presenza qui all'intera scuola? Non essere idiota. Inoltre, se pensi che abbia il tempo o la voglia di darti lezioni più di una volta a settimana, sei tristemente in errore. Giovedì è più che sufficiente.”

Hermione si adoperò in un valente tentativo per non sembrare delusa, ma con poco successo. “Grazie, signore.” si arrischiò a dire. “Buonanotte.”

Mentre chiudeva la porta dietro di sé, Severus lasciò andare un lungo respiro.



Anche se tecnicamente non era più così diretto arrivare dal suo studio alla classe di Difesa Contro le Arti Oscure, rispetto alla classe di Pozioni, Severus assaporò la passeggiata che il cambio comportava. Camminare lungo i corridoi gli faceva sentire l'umore della scuola – insieme all'impareggiabile opportunità di togliere punti. Fu con questo – meno altruistico – intento che decise di deviare verso un corridoio poco utilizzato nei venerdì pomeriggio. Sentì delle voci, caratterizzate da un'inconfondibile cadenza crudele, anche se le parole diventarono chiare solo quando si avvicinò.

Dai forza, fai qualche magia!”

Non può! È una Magonò, ecco perché.”

Ehi, Magonò! Non meriti di essere qui.”

Un gruppo di Corvonero del terzo e quarto anno aveva bloccato qualcuno contro il muro. “Guarda un po',” disse lentamente. “Quale piacevole sorpresa.” Solo quando gli aggressori si tirarono indietro colpevoli, vide chi era il bersaglio dei loro insulti: Jocelyn Smith era immobile, il corpo rigido. Teneva la bacchetta stretta con una mano, gli occhi spalancati per la paura. Severus sentì la rabbia attraversargli il corpo. Tirò fuori la sua bacchetta e si voltò verso gli studenti di Corvonero. Alla vista della sua faccia, si trassero indietro con terrore, inciampando in un disperato tentativo di mettere qualcosa tra lui e loro – persino il corpo di un amico andava bene. Con un enorme quantità di autocontrollo, Severus si controllò, ergendosi in tutta la sua altezza e incombendo sopra ai recalcitranti studenti invece di maledirli.

Cinquanta punti in meno a Corvonero, a testa,” ringhiò. “E punizione, sabato. Ora sparite dalla mia vista!”

Non ebbero bisogno di ulteriore incoraggiamento. Uno dei ragazzi singhiozzava per la paura e una delle ragazze iperventilava.

Rimasto solo con la Smith, Severus aprì la porta più vicina e fece un gesto verso la classe vuota. “Qui,” ordinò. Lei si staccò dalla parete e si mosse verso l'ingresso. Lui la seguì dentro e chiuse la porta.

Sei ferita?”

Lei scosse la testa.

Qual è il problema?”

Lei alzò le spalle e voltò lo sguardo.

Signorina Smith – Jocelyn, guardami. Così va meglio. Quando ti faccio una domanda mi aspetto che tu risponda. Qual è il problema?”

Quasi impercettibilmente il suo labbro inferiore tremò. “Non riesco a fare magie,” sussurrò.

Nella classe di Difesa del primo anno si lavorava su un programma preparatorio di esercizi di bilanciamento e consolidamento, mentre s'imparava a identificare le caratteristiche di alcune creature oscure – Inferi, Licantropi ecc... L'unica sessione pratica era avvenuta la prima settimana quando Severus aveva introdotto l'Expelliarmus. Vero, Jocelyn non era riuscita a padroneggiare l'incantesimo, ma così come la metà della classe. Inoltre, non era inusuale per gli studenti Nati Babbani aver bisogno di qualche settimana in più prima di apprendere la magia volontaria. Non aveva pensato niente di diverso. Ora, invece, stava cambiando idea.

Quali magie hai fatto da quando possiedi la bacchetta?” chiese.

Nessuna,” replicò lei, mortificata. “Non merito di essere qui.”

Sciocchezze.” Per prima cosa, i Magonò non possono Occludere. “Vieni con me.”

Uscì dalla stanza e si diresse verso l'Infermeria, rallentando il passo solo quando, voltandosi indietro, notò Jocelyn costretta a correre per stargli dietro.

Poppy!” chiamò mentre entravano.

Arrivo!” fu la risposta, e poco dopo Poppy emerse dall'ufficio.

Poppy, questa è Jocelyn Smith, della casa Serpeverde. Jocelyn, questa è Madama Pomfrey, l'infermiera della scuola e assolutamente degna di fiducia.” Si voltò verso Poppy. “La signorina Smith ha bisogno di un controllo completo.”

Poppy sorrise gentilmente alla giovane ragazza preoccupata. Iniziò ad occuparsi della paziente dietro ad un separé, lasciando Severus a passeggiare lungo la lunghezza dell'Infermeria. “Allora?” chiese, quando Poppy emerse quindici minuti buoni dopo.

La faccia di Poppy era cupa mentre lanciava un incantesimo di privacy prima di rispondere.

Severus, perché quella bambina non è stata portata da me all'inizio dell'anno?”

Dammi solo i dettagli, Poppy; lascia la predica a dopo.”

Lei sospirò e si massaggiò la nuca con una mano. “D'accordo. Sta bloccando.”

Quello è ovvio, Poppy. Cos'altro?”

Cos'altro? Sei impossibile.” Poppy incrociò le braccia e lo guardò furiosa. “È malnutrita ed è stata picchiata di continuo. I lividi delle botte più recenti non sono ancora spariti e l'anno è iniziato da tre settimane.”

Quanto tempo ci vorrà per guarire le ferite fisiche?”

Severus, non mi ascolti. Sta bloccando! È un pericolo per sé stessa e per gli altri. Dobbiamo mandarla al San Mungo.

No!”

Severus, ascolta -”

No, Poppy, tu ascolta,” si avvicinò a lei e la prese per le spalle, scuotendola leggermente. Sembrava leggermente sovreccitato. “C'è un nuovo metodo che è stato sviluppato negli Stati Uniti. È sperimentale, ma ho letto il materiale che lo riguarda. Non è stato ancora introdotto al San Mungo. Se la mandi lì, la rinchiuderanno.”

Poppy lo guardò in faccia con un'espressione dubbiosa. “Quanto tempo?” chiese.

Sollevò le spalle senza lasciare andare quelle di lei. “Non lo so. Un paio di settimane? Per favore, Poppy.

Lei strinse le labbra, valutando le opzioni. “Va bene, hai due settimane.”

Non lo dire ad Albus.”

Due settimane e non un minuto di più.”

Severus si curvò in avanti con sollievo, appoggiando la fronte momentaneamente al centro della testa. “Grazie.” sussurrò.

Oh, Severus,” sospirò, “le cose che faccio per te.” Lo allontanò con un suono esasperato, ma lo sguardo sul suo viso era invece gentile. “Ascolta, avrà bisogno di sciroppi multivitaminici, molti più di quelli che ho – e se vuoi veramente fare qualcosa di utile dovresti modificare un po' di Ossofast così che lei possa prenderlo come integratore di calcio.”

Visto che non posso fidarmi dell'attuale professore di Pozioni per un lavoro adeguato,” replicò lui, riprendendo un po' del suo solito atteggiamento, “sarò felice di occuparmene.” Prima di lasciare l'Infermeria, girò intorno al separé verso il letto di Jocelyn.

Rimarrai qui, stanotte,” le disse. “Madama Pomfrey ti darà diverse pozioni e controllerà i risultati. Dopo colazione verrai da me. Ti aspetto nel mio ufficio per le 9:30, non arrivare in ritardo.”

Professor Snape?” La sua voce chiara lo interruppe mentre si girava. “Cosa c'è che non va in me?”

Niente che non si possa sistemare,” replicò. “Domani ti spiegherò quello che posso.”

Mentre camminava, sentì Poppy entrare nella modalità da infermiera che usava con i pazienti: “Forza, mia cara, bevi questo. Lo ha fatto il professor Snape, sai...”



Fortunatamente, Severus era abituato ad andare avanti con pochissimo sonno. Aveva passato diverse ore a fare pozioni – modificare la Ossofast era un processo delicato, anche se veloce, mentre lo sciroppo multivitaminico era una pozione semplice che doveva maturare a fuoco lento per diversi giorni – e buona parte del resto della notte a controllare gli scritti sulle condizioni in cui si trovava Jocelyn. La ragazza, scoprì quando arrivò prontamente alle nove e mezza, sembrava stare meglio dopo la notte in Infermeria. Malgrado fosse ancora pallida, il suo colorito era migliorato e Poppy aveva tagliato le punte rovinate dei capelli. Si sedette davanti a lui dall'altra parte della scrivania, le mani intrecciate strette sul grembo.

La genealogia delle abilità magiche è creduta imprecisa,” iniziò, scivolando senza sforzo in modalità lezione. “Di conseguenza, quando un bambino nasce da genitori magici viene osservato da vicino per qualunque segno di abilità magica, incoraggiandolo e festeggiando quando la magia si manifesta. Quando un bambino magico nasce da genitori non-magici, invece, la situazione è molto diversa. Manifestazioni di natura magica possono sorprendere e, in alcuni casi, spaventare i genitori. Messi di fronte alle circostanze, non sono informati per capire e alcuni parenti Babbani fanno il grave errore di punire il bambino.”

Mentre parlava Jocelyn sedeva molto ferma, i suoi grandi occhi fissi sul suo viso.

In breve tempo, queste punizioni possono peggiorare il problema: il corpo ha diversi meccanismi di autodifesa, la prima delle quali è allontanare il bambino dal pericolo o impedire a qualcuno di fargli del male. Immagina, se riesci, un ipotetico scenario dove una giovane strega è schiaffeggiata o picchiata per un fenomeno magico su cui lei ha poco controllo. Per autodifesa, la magia della bambina potrebbe Smaterializzarla in un posto sicuro, un posto dove l'aggressore non può arrivare o sbattere l'aggressore via lungo la stanza, lontano dalla bambina.”

Severus controllò il viso di Jocelyn per capire se lo scenario fosse a lei familiare, ma il suo viso era imperscrutabile.

Per esempio, quando questo tipo di punizioni sono o sproporzionatamente severe o inflitte di frequente, il corpo ricorre ad un meccanismo di difesa più estremo, a cui ci si riferisce comunemente con 'blocco'. Il cervello costruisce su sé stesso una barriera che lo protegge dal resto del mondo. Nessuno può entrarci e nessuna magia può uscirne. La barriera funziona per prevenire lo scoppio di magia per cui la bambina era originariamente punita, ma impedisce anche alla bambina l'utilizzo di qualunque magia a comando.” Si fermò un attimo, poi continuò. “In più, se la barriera rimane in piedi per un esteso periodo di tempo, può risultare pericolosa per la bambina. Alla fine la forza magica all'interno cresce fino al punto di esplodere, potenzialmente danneggiando la bambina o coloro intorno a lei.”

Stranamente, Severus non sapeva cos'altro dire e si sentì inspiegabilmente sollevato quando Jocelyn interruppe il silenzio. Il piccolo mento si sollevò leggermente e la tensione con cui tratteneva il suo corpo era palpabile.

Professore, ha detto che possiamo sistemare tutto.” La frase era a metà fra domanda e affermazione.

Sì,” concesse lui.

Come?”

Posso insegnarti a controllare la barriera che sta bloccando la tua mente.”

Lei può?” chiese Jocelyn mettendo enfasi sulla seconda parola.

Sì.” - Solo leggermente, i muscoli intorno agli occhi di lei si rilassarono - “Non sarà facile,” l'avvertì. “Devi ricordarti tutto e avrai bisogno di lasciarmi entrare nella tua mente. Pensi di poterlo fare?”

Lei annuì decisa. “Quando cominciamo?” chiese.

Lunedì, dopo le lezioni. Prima, tuttavia, voglio che tu faccia alcuni esercizi preparatori...”

*

*

*

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chi_lamed: Io ho adorato il capitolo 9. Il confronto fra i comportamenti di Snape e Dumbledore mette molto in evidenza l'atteggiamento manipolatore di quest'ultimo (non sono proprio una fan del preside...)



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Capitolo 11
*** Slytherin Conversations ***


Capitolo 11

Le risposte ai vostri commenti arriveranno dall'autrice stessa, probabilmente aggiungendoli successivamente al capitolo (o direttamente nel prossimo).

Io penso mi limiterò a trovare nuovi modi per ringraziare silviabella (e temo metterla in imbarazzo... santa donna ;))

Anne London



Capitolo 11

Slytherin Conversations



Hermione stava passando molto tempo nell'ufficio della professoressa Vector. Spesso e volentieri ci andava nell'intervallo tra le lezioni e la cena, quando era probabile trovarci la Vector – che girava con i suoi pantaloni da ginnastica – anche se la professoressa aveva generosamente modificato le difese della stanza così che Hermione potesse andarci a qualunque ora.

In quel particolare sabato mattina, Hermione si era alzata presto. Riluttante a perdere tempo, uscì furtivamente dal castello, prima che qualche compagno Grifondoro si svegliasse, e andò a fare una corsa. Per le otto aveva fatto la doccia, colazione – un paio di toast con la Marmite* e una mela – e si avviò verso il settimo piano. Una volta entrata, fu sorpresa di trovare la Vector nel suo ufficio e si fermò, come per scusarsi.

Hermione,” esclamò la Vector con un sorriso. “Entra pure.”

Buon giorno, professoressa, non mi aspettavo di trovarla qui a quest'ora.”

Una supposizione logica, mia cara. La verità è che non sono ancora andata a letto.” La Vector aveva una tazza di caffè in mano e fece un gesto verso il briki. “Posso fartene uno se vuoi,” offrì lei.

Meglio dopo,” replicò Hermione, sorridendo all'espressione amichevole della Vector. Quella mattina la professoressa aveva un lungo ramoscello di fiore di basilico attaccato all'asola del cardigan e il leggero profumo di erbe era mischiato con il persistente odore di caffè. Hermione pensò che solo Luna Lovegood avrebbe potuto copiare il suo stile, eppure le due donne non avrebbero potuto essere più diverse. “In realtà,” si azzardò, “se ha un momento avrei qualche domanda.”

Lavorando ai calcoli della Vector, Hermione si era imbattuta in diversi coefficienti runici irregolari che non era stata in grado di decifrare. Hermione tirò fuori alcuni rotoli di pergamena dalla borsa e cercò la lista che stava cercando.

Ecco,” Hermione puntò il primo simbolo, “cavo all'interno? Che cosa rappresenta? A volte ha una parte importante.

La Vector ridacchiò. “Ah, sì. Questo è il Ministero della Magia. Forse non la runa più probabile, ma l'ho testata contro l'assioma di Mickelham e ha dimostrato di essere sia efficiente sia stabile.”

Hermione vedeva la pertinenza e l'umorismo nella scelta della Vector. “Un'appropriata e deprimente riduzione runica,” replicò lei con una leggera risata.

Temo, Hermione, di non amare molto i governi,” disse la Vector storcendo il naso per enfatizzare il punto.

Ha avuto uno scontro con il Ministero?” chiese Hermione, curiosa, prima che l'educazione avesse la meglio su di lei.

Non esattamente il Ministero... è una lunga storia.”

Chiedo scusa,” esclamò Hermione. “Non era mia intenzione ficcare il naso.”

Sciocchezze!” replicò la Vector. “Non scusarti mai per aver posto una domanda.” Prese un altro sorso di caffè, guardando Hermione da sopra il bordo della tazza con aria di valutazione. “Se ti siedi con me mentre preparo un altro caffè,” aggiunse, “ti racconterò la versione breve.”

Hermione fu stupita dell'offerta e velocemente di sedette su una sedia.

Mentre la Vector metteva il caffè e lo zucchero nel briki, iniziò a parlare. “Sai, in Grecia prima della guerra – la Guerra Mondiale per intenderci – le popolazioni Babbana e magica non erano separate così tanto come lo sono oggi. Quando ero una ragazza ho studiato matematica – di per sé non magica. Coloro che avevano talento studiavano Aritmanzia; coloro che non lo avevano studiavano altre branche della matematica, ma non c'era una così netta distinzione fra le due. Dopo il diploma, ho lavorato come professoressa di matematica all'università di Salonicco. Ho lavorato lì per molti anni. Alla fine mi sono innamorata.” La Vector sorrise autoironica ad Hermione. “Era un mio studente. Non essere così sorpresa, signorina!”

Hermione non riuscì a controllarsi, “Ma...”

Queste cose succedono. Eravamo entrambi adulti. Per tua informazione, io avevo 46 anni e lui 23.”

Gli occhi di Hermione erano spalancati dalla sorpresa. “Lui com'era?” chiese con evidente curiosità.

Era meraviglioso. Pieno di energia, infiammato per la politica. Avrebbe potuto sedurre chiunque, convincere tutti ad unirsi alla sua causa. Era molto dolce e molto arrabbiato. Voleva cambiare il mondo intero, renderlo un posto migliore e più giusto.” Sollevò un sopracciglio come una che la sa lunga. “Il sesso era fantastico.”

Hermione arrossì. Si morse il labbro inferiore e sollevò le ginocchia contro il petto.

Sotto la sua influenza sono diventata una comunista – lo sono ancora in realtà. Per farla breve, siamo entrati nella resistenza durante la Seconda Guerra Mondiale e abbiamo combattuto nella Guerra Civile che ne è immediatamente seguita. Yanis è stato ucciso – dalle forze governative – nel 1949.” Hermione si lasciò scappare un verso di sorpresa, ma la Vector andò avanti dopo l'interruzione, con un inusuale sguardo cupo. “Sono stata costretta a lasciare il paese. A causa dei fascicoli su di me, e con anche la frontiera nord chiusa, avevo poche opzioni. Ho deciso di cambiare nome e lasciarmi il mondo Babbano completamente alle spalle. Come strega sono volata in Inghilterra; sono qui da allora.”

Hermione aveva così tante domande da non sapere da dove iniziare. “Professoressa, io... non so cosa dire. Grazie per avermelo raccontato.”

La Vector aveva uno sguardo lontano. “Prego, Hermione. È passato molto tempo dall'ultima volta in cui ho pensato a queste cose.”

Le manca?”

Yanis? Mi è mancato tutti i giorni, ma è stato molto tempo fa.” La Vector alzò le spalle, con il suo solito sorriso che spuntava dagli angoli della bocca. “Mi dispiace che sia morto, ovviamente, e mi dispiace che non abbiamo vinto, ma non mi dispiace nient'altro. Se dovessi rifare tutto da capo, anche conoscendo il risultato, combatterei lo stesso.” La Vector versò due tazze di caffè e ne porse una ad Hermione.

È stata la maledizione che uccide?” chiese, mentre le dita si chiudevano intorno alla tazza calda.

Santo cielo, no. Gli hanno sparato.”

Hermione corrugò la fronte brevemente. “Era un Babbano?” chiese con una certa sorpresa.

Era un matematico straordinario,” replicò la Vector con una risatina. “Ma è vero, non aveva le grandi vibrazioni di un Aritmante. I suoi talenti erano altrove.”

La testa di Hermione vorticava mentre processava tutto quello che la Vector aveva detto. Per un momento si sforzò di ricordare com'erano arrivate a quell'argomento inaspettato. “Certamente pone la sua antipatia verso il governo in prospettiva,” rimarcò.

Ne sono sicura, anche se non è il motivo per cui ti ho raccontato la storia.” La Vector fece una smorfia. “A rischio di sembrare una stupida seguace della psicologia new age, volevo che tu sapessi che ci sono diverse ragioni per iniziare una guerra e l'amore è fra le più importanti – amore e politica sono una combinazione feroce. Devi anche sapere che il processo di guarigione può essere difficile. Tornare ad essere una persona completamente integra è un obbiettivo ammirevole e possibile.”

Hermione fece un profondo respiro e lo lasciò andare lentamente. L'insegnante aveva colpito una delle preoccupazioni che assillavano i suoi giorni. “Grazie,” disse. “Penso siano cose importanti e che mi abbia fatto bene sentirle.”

Ogni ulteriore commento fu interrotto dal bussare alla porta. La Vector si sporse verso Hermione e sussurrò in modo cospiratorio, “Ah, la ragione per cui sono rimasta sveglia è appena arrivata.” Pigramente sollevò la mano che non teneva il caffè e le lavagne coperte dai calcoli dell'Ordine sparirono. Persino le cose scritte sulle pergamete di Hermione svanirono. “Avanti,” disse.

La porta di aprì e Tracey Davis (una dei Serpeverde della classe MAGO di Aritmanzia) entrò nella stanza. Alla vista di Hermione Granger, s'irrigidì visibilmente.

Buongiorno, Professoressa,” commentò a disagio. “Non sapevo fosse già occupata.”

Sciocchezze, Tracey,” replicò la Vector. “Prendi una sedia. Immagino, infatti, che Hermione sia molto interessata a conoscere il tuo progetto indipendente.”

Tracey camminò verso la scrivania, ovviamente riluttante. “Non vorrei annoiarti, Granger,” mentì, il contrasto nella sua voce solo leggermente velato.

Trenta secondi prima ad Hermione non sarebbe importato nulla del progetto della Davis, eppure adesso provava un velo di curiosità. “Mi piacerebbe sentirlo infatti,” si entusiasmò, cercando (invano) di sembrare sincera, “Sono sicura che non mi annoierai affatto.”

La Davis le rivolse un sorriso che si fermò subito sotto agli occhi. “Beh, forse quando sarà un po' più definito potremmo vederci e parlarne.”

Sembra una magnifica idea!” si inserì la Vector, sorridendo come se fosse ignara dei sottintesi della conversazione. “Vedi, Hermione, Tracey sta lavorando ad un tentativo per annullare la maledizione sulla cattedra di Difesa Contro le Arti Oscure.”

Hermione sbatté le palpebre più volte, sopraffatta da un moto di eccitazione. “È un progetto meraviglioso!” Esclamò. Il suo entusiasmo a questo punto era completamente genuino, anche se lo sguardo che Davis le lanciò era aggressivo come sempre. “Mi piacerebbe dargli un'occhiata.”

Beh, quando sarà pronto,” replicò Davis, “farò un salto nella tua sala comune per organizzare un incontro.”

L'assoluta enorme falsità contenuta nella frase della Davis era così smisurata che lasciò Hermione momentaneamente senza parole.

Eccellente!” disse la Vector serenamente, riempiendo il silenzio. “Grazie per essere passata,” disse, girandosi verso Hermione. “Torna pure quando vuoi.”

Mentre Hermione si chiudeva la porta alle spalle, lanciò un'ultima occhiata a Tracey Davis. Senza successo cercò di sopprimere un'improvvisa punta d'invidia: Hermione realizzò che voleva che qualcuno salvasse il professor Snape, solo che voleva essere lei.

Visto che ancora non erano le dieci, Hermione di diresse verso la Sala Grande: le probabilità che i ragazzi fossero lì a fare colazione erano alte. Quando Harry e Ron sembrarono più difficili da localizzare del previsto, tuttavia, sgraffignò un altro frutto e decise di non andare in biblioteca, in favore del lago.

Da quando la mia vita è diventata così complicata? si chiese. Prima Snape, ora la Vector, poi l'Ordine. Da aggiungere c'era anche la Profezia, con Harry marchiato come Prescelto. Tutti gli elementi erano collegati, alcuni in modo così complicato che era difficile metterli insieme e far sì che tutto avesse un senso. Hermione sbriciolò la sua mela tra i denti soprappensiero. I tempi in cui sistemare i compiti per colore era sufficiente per mettere tutto al proprio posto erano finiti.

Quando arrivò al vecchio albero di faggio si sedette, appoggiando la schiena contro il tronco, distendendo le gambe. Dovrei usare questo tempo per sistemare un po' di cose, decise. Prendi il professor Snape: mi piace oppure no? Sapeva che era una domanda stupida. Come membro dell'Ordine, la cosa importante non doveva essere se le piaceva o meno, ma come potevano battere Voldemort. Eppure, la domanda la preoccupava. Aveva passato cinque anni ad essere così incessantemente cattivo che la sua nuova disponibilità a rispondere alle domande era intossicante. Non che ora sia particolarmente gentile nei miei confronti. Aveva comunque notato un certo senso dell'umorismo. E c'era stato quel glorioso momento in cui l'aveva chiamata “Granger”. L'aveva fatta sentire... notata.

Hermione finì l'ultimo morso della mela e buttò via il torsolo nel lago per la Piovra Gigante. Sollevando le ginocchia contro il petto, avvolse le braccia intorno agli stinchi. Malgrado non ci fosse nessuno a vederla, fece un'espressione sarcastica. Il pensiero di essere notata da Snape le aveva portato alla mente la scena nell'ufficio di Dumbledore. Hermione Granger non era estranea all'etica delle 'aree grigie' – Cormac McLaggen, la pozione Polisucco, Dolores Umbridge, illegali magie da minorenne durante le vacanze così da poter andare a correre ecc – ma quel chiudere un occhio ben calcolato di Dumbledore l'aveva lasciata stranamente sconcertata. Snape, d'altro canto, aveva voluto farla agitare. Perché poi? Forse pensava che lo meritassi? Forse voleva farmi pensare a quello che avevo fatto? L'uomo era un enigma, di quello ne era certa. E un enigma su cui passo tanto tempo a pensare! Hermione si diede uno scrollo mentale e decise di pensare a qualcos'altro. La Vector, per esempio.

Persa nei suoi pensieri, Hermione era ignara dei due ragazzi che si erano avvicinati silenziosamente mentre fantasticava e ora si nascondevano dietro all'albero dov'era seduta. Quando le saltarono addosso da direzioni opposte, lei strillò. Cercò disperatamente un appiglio per alzarsi in piedi e prendere la bacchetta, il cuore che batteva con genuina paura. Poco dopo, riconobbe i suoi aspiranti aggressori e sospirò di sollievo, sia scivolando, sia collassando sul terreno, con una mano sul petto.

Oh, mio Dio! Non fatelo più!” protestò debolmente, sollevando un dito indignato verso i visi sghignazzanti di Harry e Ron. “Sono seria!” aggiunse, iniziando ad arrabbiarsi, “non avete idea-”

Le sue proteste sempre più forti furono improvvisamente ammutolite da Ron che le chiuse la bocca con una mano.

Per le mutande di Merlino, Harry! Pensavo avessimo sorpreso Hermione, ma temo possa essere la professoressa McGonagall travestita!”

Harry sostituì il suo sorrisetto con un'espressione finto-seria e scosse la testa gravemente. “Penso ci sia una sola cosa da fare, Ron.”

Ngmnh!” disse Hermione attraverso la mano di Ron, iniziando a lottare.

Solletico!” urlò Ron, con evidente gusto, mentre i due amici si tuffavano su di lei.

Dieci minuti dopo Harry, Ron e Hermione giacevano insieme sul terreno dopo essersi solleticati, aver ridacchiato, urlato e riso fino ad essere momentaneamente esausti. Voltando la testa, Hermione guardò da un ragazzo all'altro e sentì il suo cuore gonfiarsi con una sensazione quasi dolorosa di benessere. I suoi amici erano degli idioti, ma li amava lo stesso. Amore – pensò, improvvisamente colpita dal ricordo della conversazione con la Vector – amore e politica sono una combinazione forte.

Andiamo, buffoni,” disse, sollevandosi da seduta. “Aiutatemi e andiamo a fare visita ad Hagrid.”



Hermione sopravvisse allo Slug Club malgrado l'assenza di Harry e Ginny. La sua coscienza colpevole la obbligò a parlare brevemente con McLaggen – alla cena precedente lo aveva dissuaso con il semplice espediente di incrociare le braccia e fissarlo ogni volta che lui la guardava – ma riuscì a tollerare la sua detestabile versione di conversazione soltanto per pochi minuti, prima di scusarsi e giocare la ritirata tattica verso il bagno delle ragazze. Anche Blaise Zabini comparve alla cena ed Hermione colse l'occasione per indagare, curiosa, sul lavoro del compagno di classe Serpeverde, chiedendogli del suo progetto indipendente di Aritmanzia. Rimase delusa, tuttavia, dalla sua risposta. Dopo averla fissata dall'alto in basso per un paio di secondi, iniziò a parlare in modo monotono di proprietà di mercato, sistemi finanziari, imposte internazionali di scambio e capitalizzazione degli interessi composti. Stronzo, pensò dopo, scommetto che l'unica cosa che gli interessa del mondo Babbano è come sfruttarlo per far soldi. Hermione scambiò chiacchiere da poco con diverse persone che conosceva appena, riuscendo finalmente a usare come scusa il suo impegno per i compiti impellenti di Antiche Rune. Slughorn non aveva bisogno di sapere che aveva finito le traduzioni la settimana precedente – così imparava a prodigarsi in così tante immeritate lodi per le pozioni di Harry.

Il giovedì, Hermione si diresse alla lezione di Occlumanzia con il consueto mix di trepidazione e apprensione che le ispirava il suo sarcastico professore. Per tutta la settimana lo aveva osservato ad ogni occasione, analizzando attentamente ogni sua interazione. Era scortese con tutti, tranne qualche volta con gli studenti Serpeverde. Prevalentemente, il suo comportamento si scontrava con la leggera esasperazione o con la cortesia forzata, anche se molti degli altri insegnanti sembravano non badarci per niente, e diverse persone – Harry incluso – finivano per uscirne quasi incoerentemente arrabbiati. Quanto di questa immagine pubblica è un modo per offrire a Voldemort i ricordi che si aspetta di vedere? pensò, anche se l'idea che Snape potesse improvvisamente diventare cortese e allegro, se il Signore Oscuro fosse caduto l'indomani, la fece sghignazzare incontrollabilmente

Non perder tempo a sederti,” le disse non appena arrivò. “Iniziamo subito.”

Hermione fu in grado di respingere i primi attacchi di Legilimanzia senza problemi. “Professore,” chiese, “potrebbe insegnarmi a nascondere ricordi specifici?”

Rimase stupita quando lui accettò.

La chiave,” la informò, “sta nel fatto che le proiezioni Occlumantiche sono di per sé prodotti della tua mente, molto simili ai ricordi. Per questa ragione le stesse barriere si presentano – il baule che hai immaginato in Infermeria, per esempio. Per nascondere un ricordo specifico hai bisogno di metterlo dentro ad un oggetto con un altro ricordo.”

Con un altro ricordo? Intende, seguendo l'analogia del baule, che dovrei prendere un ricordo che include il mio baule di Hogwarts, tipo uno con me seduta nel mio dormitorio, e nascondere gli altri ricordi lì?”

Precisamente. Fai attenzione che la proprietà dell'immagine porterà un ulteriore peso, perciò sarebbe meglio scegliere un ricordo che si possa già dare per scontato abbia una certa rilevanza.”

Hermione si morse il labbro mentre ragionava sull'informazione. Mmm... un ricordo che abbia già importanza dentro la quale posso nascondere altri pensieri...

Suggerisco di provare prima che rovini il tuo labbro inferiore irreparabilmente,” disse ironicamente.

Hermione arrossì. “Certamente, signore. Cosa dovrei fare?”

Vai nel corridoio e chiudi la porta dietro di te. Quando sarai là, dì qualcosa ad alta voce. Immagina te stessa riporre la memoria di quel commento dentro un contenitore a tua scelta. Poi torna qui e vediamo quanto ci metto a trovarlo.”

Hermione si diresse obbediente in corridoio. Rimase lì per un lungo momento, la mente vuota. Quando l'ispirazione la colpì, sorrise compiaciuta e incrociò le braccia.

Severus Tobias Snape,” disse, “non dovresti vedere questa scena.”

Immaginò invece di entrare in biblioteca. Prese un libro da un ripiano, piegò la memoria della scena e la infilò all'interno. Chiuse il libro e lo ripose sul ripiano. In realtà, tornò dentro all'ufficio di Snape.

Sono pronta,” disse.

Snape si alzò fluidamente e girò intorno alla scrivania, la bacchetta in mano. “Legilimens.”

Hermione resistette all'impulso di alzare le sue difese Occlumantiche e rimase leggermente spiazzata dallo scorrere dei suoi ricordi. Sforzandosi di dare un senso all'afflusso di immagini, si rese conto improvvisamente che ognuna di esse si svolgeva nei corridoi di Hogwarts – vide ancora il Basilisco, osservò i suoi denti diventare enormi dopo essere stata colpita da Malfoy con una maledizione e correre via da Snape per la vergogna, e riconobbe sé stessa stretta in un abbraccio fra Harry e Ron a diverse età. Alla fine, la biblioteca iniziò ad apparire, l'immagine tremolante e a intermittenza tra i vari momenti in corridoio. Nei minuti successivi le sue visioni coinvolsero la biblioteca sempre più spesso finché, per un lungo periodo, non vide altro che la sua testa china sui libri, con i ripiani che facevano da sfondo immobile. Sentì la pressione mentale crescere e s'impose di stare calma. Non devo pensare a quello che ho detto in corridoio, ripeté a sé stessa, non devo pensare a... La pressione esplose verso l'esterno e l'immagine della biblioteca si sbriciolò. “Severus Tobias Snape,” vide sé stessa dire, “non dovresti vedere questa scena.”

L'ufficio di Snape tornò alla vista ed Hermione sbatté le palpebre. Le gambe tremavano e si sedette con attenzione nella sedia.

Snape si appoggiò al bordo della scrivania e passò un dito lungo il labbro inferiore. “Con un po' di pratica,” disse lentamente, “riuscirai a fare un tentativo come si deve.”

Hermione alzò la testa e notò la leggera tendenza verso l'alto della linea delle labbra ad un lato della bocca. Arrivando da Snape quelle erano parole di esuberante incoraggiamento e sorrise d'improvviso piacere.

Signore,” chiese, “com'è arrivato a vedere così tante immagini nel corridoio?”

I ricordi sono legati insieme da comuni fili emozionali: paura, nostalgia, desiderio, ecc, o sistemati in modo contiguo da contenuti comuni: una persona, un colore o un oggetto specifico. Un Legilimante o Occlumante esperto può identificare e sfruttare questi fili. Sapevo di dover cercare un'immagine successa in uno spazio come quello.”

Hermione aprì la bocca per fare un'altra domanda, ma Snape l'anticipò.

Per stasera basta così,” concluse, staccandosi dalla scrivania e girandoci intorno per sedersi al suo posto.

Per la prossima settimana,” iniziò Hermione, “Harry vuole fissare l'allenamento di Quidditch così da poter saltare l'incontro con Slug Club, quindi non sono ancora sicura-”

Granger,” la interruppe, “cosa fai domani dopo le lezioni?” La stava guardando in modo strano.

Niente di specifico. Vado spesso a lavorare alle equazioni con la professoressa Vector.”

Mmm.” Snape fece scorrere il dito indice lungo il labbro inferiore. “Se riesci ad abbandonare quell'orribile duo, di' loro che stai andando dalla Vector, ma poi vieni qui.”

Il cuore di Hermione si ravvivò. Vuole vedermi più di una volta a settimana? “Certamente, signore.”

Leggi il libro di Cvetkovich al capitolo 'Occlumanzia per Auto-Difesa' prima di venire. Per adesso, puoi andare.”



Hermione non aveva un reale bisogno di rileggere il capitolo di Cvetkovich – il libro era uno di quelli che le aveva prestato durante le vacanze – ma lo fece ugualmente. L'istintiva risposta mentale è veramente affascinante, pensò. Forse il professor Snape vuole parlarmi di più della mia ferita all'Ufficio Misteri. Lesse ancora una volta della maledizione Silencio e dei suoi particolari effetti secondari, giusto per essere sicura.

Sgattaiolar via da Ron ed Harry fu ridicolmente semplice. Erano ormai abituati alle sue visite nell'ufficio della Vector, e così disinteressati all'Aritmanzia che non venne loro neanche in mente di far domande. Quindici minuti dopo la fine delle lezioni, quindi, stava bussando alla porta del professor Snape.

Avanti,” chiamò.

Quando aprì la porta fu sorpresa di vedere che non era solo.

Chiedo scusa, signore,” disse velocemente. “Posso tornare dopo.”

Non è necessario, Granger,” replicò. “Siediti soltanto.”

Lei si sedette, guardando di sbieco l'altra occupante della stanza. Riconoscendo la giovane Serpeverde che le aveva consegnato il messaggio della sua “punizione” di compleanno con Snape, Hermione mise da parte una leggera fitta di gelosia. Che ironia, pensò. La scena tra lei, Tracey Davis e la Vector si sovrappose a questa nella sua mente.

Granger, lei è Jocelyn Smith.” Snape eseguì una frettolosa presentazione. “Jocelyn, lei è Hermione Granger.”

La precedente fitta di gelosia tornò con raddoppiata energia. La chiama per nome? Lei sorrise alla ragazzina nel modo più dolce che riuscì. “Ciao, Jocelyn, abbiamo già parlato una volta.”

Jocelyn la guardò brevemente, ma non disse nulla, riportando velocemente lo sguardo su Snape. Hermione resistette all'urgenza di volgere gli occhi al cielo. Cosa ci faccio qui? pensò. O meglio, cosa ci fa lei qui?

Snape sospirò e si prese la radice del naso fra pollice e indice. “Granger,” disse all'improvviso, poi si fermò. “Ho sperato...” Snape si bloccò, facendo un'altra pausa.

La curiosità ebbe la meglio sul fastidio ed Hermione fissò il suo professore. Non lo aveva mai visto così a corto di parole. Una mano era chiusa a pugno sulla scrivania, tanto serrata che le nocche erano bianche. A Severus Snape non piace chiedere aiuto, notò, usando un tono compiaciuto al sicuro della sua testa.

Al terzo tentativo, lui riuscì a pronunciare una frase per intero: “Speravo che tu potessi essere disposta a descrivere la sensazione mentale dei tuoi recenti esercizi di Bloccaggio usando metafore Babbane.”

Hermione guardò la ragazza di fianco a lei sorpresa. “Metafore Babbane?” chiese. “Ma-”

Ma cosa, Granger?” Il tono di Snape sembrava un avvertimento, che Hermione decise di ignorare.

Ma pensavo che Serpeverde-”

Pensavi male.” La voce cambiò da tono di avvertimento a ringhio e colpì la scrivania con il palmo della mano con enfasi.

Hermione incrociò braccia e gambe simultaneamente e fissò un punto diversi centimetri a sinistra dell'orecchio dell'uomo, con un'espressione testarda sul viso. “Qualcuno dovrebbe avvertire Draco Malfoy,” mormorò.

Snape si sporse in avanti minaccioso, una mano ancora premuta contro la superficie della scrivania. Le sibilò minaccioso, “Ma non sarai tu, vero, Granger?”

Invece di guardarlo, Hermione si girò verso la ragazzina seduta di fianco a lei. Durante lo scambio aggressivo, Jocelyn non aveva detto nulla, seguendo ogni scambio di battute con occhi sbarrati e spaventati. Di fronte alla sua espressione apprensiva, la rabbia di Hermione si dissolse. Come se volessi aumentare l'odio di Malfoy verso qualcun altro. Come spesso accadeva, la sua rabbia fu presto sostituita da un entusiastico apprezzamento per il ridicolo ed Hermione fu subito tentata di lasciarsi andare ad una risposta sarcastica – Allora forse, una volta che il Signore Oscuro sarà sconfitto, potrebbe informare Malfoy al posto mio? Invece contò silenziosamente fino a dieci e replicò con tutta la calma che riuscì a trovare. “No, professore, non mi sognerei di farlo.”

Stava per chiedere a Snape i motivi della sua richiesta, quando il suo cervello bloccò la bocca. Se Jocelyn è una Nata Babbana e ha bisogno di conoscere metafore Babbane per sapere come sbloccare allora dev'esserci una ragione - “Stai Bloccando?” chiese, rivolgendo la domanda a Jocelyn.

La ragazzina rivolse un'occhiata di panico a Snape, prima di girarsi ancora verso Hermione. Anche allora, non la guardò negli occhi, fissando invece il suo ginocchio. Piuttosto che parlare, annuì.

Accidenti. Hermione si passò una mano tra i capelli. Sarà stata maledetta? Pensò brevemente, prima che le letture della sera precedente rispondessero da sole alla domanda. No: maltrattata.

Per la prima volta in diversi minuti, si arrischiò a guardare verso Snape. Si era tirato leggermente indietro rispetto alla posa ostile che aveva assunto l'ultima volta che aveva parlato, ma si era mosso comunque a malapena. Il corpo era rigido e gli occhi spalancati. “Farò del mio meglio,” promise rassicurante.

La risposta alle sue parole fu immediata. Snape si rilassò sulla sedia e si passò una mano sul viso. “Vi lascio sole allora,” commentò. Alzandosi in piedi, entrò nel laboratorio di Pozioni, lasciando Hermione e Jocelyn alle loro discussioni private.

*


*


*

* La Marmite è una crema spalmabile a base di estratto di lievito, molto usata nel nord Europa.

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Capitolo 12
*** Severus Saves ***


Capitolo 12

E' di nuovo venerdì e siamo nella seconda metà di luglio. E siamo praticamente a metà storia!
Prendiamo allegoricamente silviabella in braccio e portiamola in trionfo per ringraziarla del betaggio.
Anne London

Capitolo 12

Severus Saves



Snape non sapeva cosa Granger aveva detto a Jocelyn, ma sapeva che aveva aiutato. Quando lui e Jocelyn si videro la volta successiva, il sabato mattina dopo colazione, lui riuscì – per un breve momento – a passare oltre le sue barriere.

La sessione iniziò così come i tentativi precedenti: si sedettero guardandosi da un lato all'altro della scrivania, a contatto con la pelle – un palmo della mano contro l'altro – e Jocelyn chiuse gli occhi per concentrarsi su un ricordo felice o neutro, qualcosa che poteva pensare di condividere. Quando fu pronta, aprì gli occhi e guardò in quelli di lui. Eppure questa volta le sue barriere erano abbassate e lui sbirciò tra i suoi ricordi. L'istante in cui toccò i bordi della sua mente, l'istinto gliele fece rialzare e sommariamente buttarlo fuori.

Severus guardò la ragazza di fronte a sé: sembrava stupita. Lasciò che un angolo della sua bocca si curvasse verso l'alto. “Non male,” osservò.

Jocelyn si sedette più dritta sulla sedia. Anche se non sorrise, i suoi occhi si spalancarono per un momento.

“Vogliamo riprovare?” chiese. Jocelyn, in risposta, annuì vigorosamente.

Eppure, nei venti minuti successivi, malgrado i diversi tentativi, furono incapaci di ricreare l'esperienza. Severus sentì la sua stessa frustrazione crescere e Jocelyn sembrava sempre più depressa. Mancava una settimana alla fine del tempo stabilito. Se il loro trattamento fosse fallito, e un resoconto ufficiale delle sue condizioni fosse arrivato al San Mungo, Jocelyn sarebbe stata certificata come pericolosa e quasi certamente ammessa alla sezione 'Lesioni da Incantesimo'.

“Basta,” disse alla fine, passandosi una mano sul viso. “Hai notato qualche differenza rispetto a come ti sentivi la prima volta e durante gli altri tentativi?”

Jocelyn aggrottò la fronte nel tentativo di catalogare accuratamente le sensazioni. “Ero più... rilassata al primo tentativo.”

Rilassata... Mmm. Tutto quello che Severus aveva letto per curare il Blocco insisteva sull'importanza di usare voci rassicuranti, gesti amichevoli e ambienti sicuri. Per fortuna, la sua piccola, perspicace Serpeverde non si era lasciata intimidire dalla sua personalità brusca e lui aveva accettato il suo buon senso senza pensarci due volte. Rilassata, però... doveva pensarci un po'.

“La seconda volta ci sono quasi riuscita; ma dopo io-” la voce esitò per un secondo prima di continuare, “Mi sono spaventata.”

“Che cosa ti ha spaventata?”

Jocelyn passò l'unghia di un dito lungo il bracciolo della sedia, osservando i suoi attenti progressi piuttosto che guardarlo negli occhi. Passarono diversi istanti prima che parlasse.

“Spaventata dal fatto che, una volta viste le cose che sono successe, potrei non piacerle più.”

La breve pausa, prima che Snape parlasse, era densa e pesante per l'ansia della ragazzina. “Jocelyn," disse immediatamente, “proviamo a farlo in un altro modo. Prendi la bacchetta.”

Jocelyn prese la bacchetta con un po' di riluttanza. “Perché? Non funziona.”

“Dammi la mano. Metti la punta della tua bacchetta qui, sulla mia tempia.”

La piccola mano scivolò per rimanere sul suo palmo più largo e la bacchetta urtò leggermente contro le sopracciglia, prima di spostarsi verso il punto che lui le aveva indicato. “Cosa stiamo facendo?” chiese lei.

“Voglio mostrarti alcuni miei ricordi,” spiegò. “Tecnicamente è magia, ma la Legilimanzia è così vicina all'Occlumanzia che stai già usando che forse potrebbe funzionare. Inoltre,” aggiunse, notando il bagliore interessato nei suoi occhi, “la tua innata curiosità potrebbe servire per spingerti fuori dalla tua zona di sicurezza.”

“Cosa devo fare?” Non aveva mai sentito la sua voce così eccitata.

“L'incantesimo è Legilimens, ma ancora più importante, devi voler guardare abbastanza a fondo nei miei occhi per vedere nella mia testa. Devi pensare di entrare nella mia mente. Capito?

Lei annuì, mormorando l'incantesimo a sé stessa un paio di volte.

“Sei pronta?”

C'era un'espressione determinata sul viso e una certa intensità nello sguardo. Respirò all'improvviso dal naso e per alcuni secondi trattenne il fiato, il corpo pronto. Quindi, con voce chiara e forte, lanciò l'incantesimo, “Legilimens!

Il potere si riversò fuori dalla sua bacchetta e la sua coscienza fece un capitombolo dentro la mente di Severus. Lui aveva scelto i ricordi quasi a caso; ce n'erano così tanti che sarebbero sicuramente bastati. La stanza che incontrò i loro occhi era una cucina sudicia. Superfici beige che sarebbero sembrate semplici negli anni '50, evidenziavano completamente la povertà un decennio dopo. Un bambino di otto o nove anni sedeva ad un malridotto tavolo laminato, mangiando una ciotola di cereali in modo discontinuo. Il cucchiaio era tenuto in modo piuttosto strano con una mano e il gomito era appoggiato al tavolo. Sia i vestiti che i capelli avevano bisogno di essere lavati. Dietro ai fornelli, una donna friggeva del bacon, la vestaglia piena di numerose macchie d'unto. La somiglianza fra i due era troppo forte per essere una coincidenza: avevano gli stessi capelli, scuri e lisci, la stessa pelle troppo pallida. La doppia porta d'ingresso si aprì, quindi si chiuse con un forte colpo che fece trasalire madre e figlio. Il contenuto del cucchiaio del ragazzo cadde sul tavolo. Si bloccò.

“Cristo,” imprecò l'uomo appena entrato. Si sporse in avanti e afferrò rudemente il colletto del ragazzo, tirandolo su dalla sedia e premendo il suo naso prominente nella piccola pozza di latte sulla superficie del tavolo. “Il piccolo mostro non riesce nemmeno a mangiare la sua colazione senza fare un disastro.”

Sullo sfondo la donna mise insieme le uova e il bacon per servirli. Si mosse in fretta intorno alla panca e maldestramente fece sbatte il piatto sul tavolo. “Toby,” ansimò. “Colazione!” La sua voce era acuta per l'ansia mentre cercava di distrarre il marito. “Com'è andato il turno di notte? Hai parlato con-”

La sua frase venne bruscamente interrotta quando Toby, senza lasciare andare il collo del ragazzo, si sporse in avanti e con un lungo braccio la colpì all'improvviso dietro la testa.

“Donna,” ringhiò, “non interrompermi quando cerco di educare il ragazzo.” Con la mano libera slacciò la fibbia e tirò fuori la cintura dai pantaloni. Questi si abbassarono di qualche centimetro sui fianchi e allargò le gambe per cercare di tenerli su. Tolse la sedia da sotto al ragazzo, tenendo la faccia premuta sul tavolo per tutto il tempo.

Il ragazzo tremava e teneva gli occhi chiusi. Mentre l'uomo, Toby, iniziò a colpire la schiena e le cosce con la cintura di cuoio, il ragazzino iniziò a piangere.

“Basta,” disse Severus pochi istanti dopo, senza insistenza, mentre interrompeva la connessione tra Jocelyn e i suoi ricordi. L'ufficio tornò in vista e guardò la ragazzina di fronte a lui con interesse. Aveva usato della magia – una breccia seria nel suo Blocco – ma non era sicuro di cosa potesse succedere dopo. Infatti, il suo corpo ondeggiava, vacillando sul bordo della sedia.

“Oh,” sospirò. “Lei...” si fermò e fissò la bacchetta. “Io...” con un suono soffocato si lanciò verso di lui, avvolgendo le sue braccia magre intorno al collo. Automaticamente, le braccia di Severus si chiusero intorno a lei e girò la sua figura sottile abbastanza da sollevarla in grembo. Oltre quindici anni come Capo Casa di Serpeverde lo avevano esposto a più che il semplice piangere di ragazzini e aspettò pazientemente che finisse. Ci vollero diversi minuti prima che i suoi singhiozzi si quietassero, abbastanza perché diverse lacrime gocciolassero scomodamente nel collo della sua toga. Una volta che lei ebbe finito, la fece risedere sulla sua sedia e le passò un fazzoletto senza dire niente. Lei lo prese tirando su piano col naso, soffiandolo forte e pulendolo meticolosamente, prima di restituire lo sporco e accartocciato pezzo di stoffa.

Severus osservò la ragazza e il fazzoletto con un'occhiata di disgusto. Prima di accettare la restituzione della sua proprietà prese la bacchetta ed effettuò un incantesimo di pulizia. Jocelyn osservò il procedimento attentamente, gli occhi che oscillavano avanti e indietro dalla bacchetta di lui alla sua. L'eccitazione emanata dal suo corpo era palpabile e, con un fremito per lo shock, Severus realizzò che poteva sentire anche la sua eccitazione mentale: le sue barriere erano abbassate. Lanciandogli un'occhiata veloce da sotto le ciglia, Jocelyn puntò la sua bacchetta al fazzoletto di nuovo pulito con uno sguardo di determinazione sul viso pallido.

Wingardium Leviosa,” esclamò, facendo lievitare il fazzoletto nell'aria. Con un grido di piacere lo fece fluttuare per la stanza.

Severus si alzò e girò intorno alla scrivania. Un senso di sollievo si dipanò per tutto il corpo, sciogliendo alcuni dei nodi che gli stringevano lo stomaco. Jocelyn era in piedi, saltellando intorno alla sua sedia mentre faceva vagare il fazzoletto in un secondo giro vittorioso nel suo ufficio. Il sorriso sul viso le trasformava l'aspetto: la durezza dei lineamenti si ammorbidì e le guance pallide si colorarono di rosso. Mentre il fazzoletto faceva un capitombolo sulla sua testa, Severus lo prese agilmente nell'aria, rimettendolo a posto nella tasca dove lo sentì dimenarsi ancora, prima di fermarsi.

“Siediti,” comandò, indicando la sedia.

Jocelyn si sedette immediatamente, controllando una risatina.

“Quando andrai via da qui, dovrai recarti da Madama Pomfrey. Lascia che ti faccia un controllo completo.”

“Sì, signore.” Dopo aver parlato strinse le labbra chiuse, ma Severus poteva vedere la domanda inespressa fare capolino ai bordi della bocca e vibrare alla base delle spalle. Che straordinario cambiamento. La silenziosa bambina insolitamente troppo ferma, che aveva imparato a conoscere come Jocelyn Smith era sparita. La ragazza al suo posto traboccava di energia.

“Sebbene non ci sia più bisogno di vederci tutti i giorni, suggerisco d'incontrarci una volta a settimana per continuare con gli esercizi di Occlumanzia. Sarebbe ideale che tu li abbia fermamente sotto controllo consciamente. Sono stato chiaro?”

Lei annuì il suo assenso.

“Puoi andare,” disse lui muovendo le dita in un gesto di commiato. Jocelyn scivolò obbediente dalla sua sedia e si mosse verso la porta. “Signorina Smith,” la chiamò all'ultimo minuto e lei si voltò a guardarlo da sopra le spalle, con una mano sulla maniglia. “Se ti trovo a fare magie nei corridoi dovrò toglierti dei punti.”

Il suo sorriso di risposta rimase con lui, anche quando se ne fu andata.

Rimasto solo nel suo ufficio, Severus si lasciò andare ad un sorrisetto di soddisfazione, per nulla dispiaciuto di fronte alla sua poco ortodossa, ma fortemente gratificante, soluzione al problema di Jocelyn. Avrebbe scritto ai Medimaghi di Harvard che avevano sviluppato il trattamento originale; senza dubbio sarebbero stati contenti di sentire del suo successo.

Per quanto, pensò, durerà il suo primo bagliore di felicità? Non per sempre. Da quel che sapeva dalle sue letture. Ma per un po' l'afflusso di magia, e il piacere di essere entrata in un nuovo mondo così lontano dalla miseria della sua precedente esistenza, avrebbe consentito a Jocelyn di vivere felicemente – forse per la prima volta. Ad un certo punto, ovviamente, avrebbe dovuto fare i conti con i ricordi della sua vita precedente e trovare un qualche modo per incorporarli nella sua percezione di sé. La cosa più importante, forse l'unica, che poteva fare per lei era continuare con le sue lezioni di Occlumanzia.

Il pensiero delle lezioni riportò la sua mente pensierosa al presente con una sgradita scossa. Trovare il tempo per incontrarsi tutti i giorni con Jocelyn gli aveva fatto mettere completamente da parte i compiti da correggere, lasciandolo con delle ricerche da leggere di cinque classi di studenti. Con un sospiro prese le due pile più vicine a sé e ponderò la scelta: iniziare con un semplice, breve ed infinitamente noioso compito del primo anno, o farsi strada nelle lunghe, più complesse ricerche della classe MAGO? Mago, decise, lasciando i compiti più facili per quando avrò più difficoltà a concentrarmi.

Dopo aver scritto una larga “S” nel quarto compito consecutivo, Severus smise di far finta che non gli interessasse il compito della Granger e cercò in mezzo ai rotoli davanti a lui, finché non lo trovò. Dispiegando la pergamena notò i trenta centimetri in più, aggiunti da lei, rispetto a quanto lui aveva previsto, e sogghignò malignamente. Questo, notò, merita un nuovo barattolo d'inchiostro rosso. Un'ora e un quarto dopo puntualizzò un aspro commento finale con un autorevole punto e ricontrollò ciò che aveva scritto con un'espressione compiaciuta. “O”, scrisse chiaramente in cima alla pergamena. Disseminati intorno alla scrivania c'erano una mezza dozzina di libri che aveva preso per controllare i riferimenti di lei, o puntualizzare qualcosa che aveva dimenticato. Aveva provato un piacere particolare ad informarla che una delle ipotesi di ricerca ipotizzate era stata, in effetti, risolta una decina di anni prima – riferendosi ad un documento non pubblicato che teneva nella sua collezione privata.

Severus si appoggiò alla sedia e iniziò a tamburellare con un dito sul compito della Granger, sorridendo furbescamente come il gatto con il proverbiale topo. I margini erano pieni dei suoi scarabocchi, il rosso dell'inchiostro incorniciava la sua grafia ordinata come un bordo decorativo. Aveva selvaggiamente demolito ogni sua asserzione, rimproverandola per diverse decisioni strutturali e un singolo apostrofo dimenticato aveva scatenato un intero paragrafo sulla inadeguatezza della sua grammatica.

Negli ultimi cinque anni, il botta e risposta del loro impegno accademico si era intensificato fino alle presenti – epiche – proporzioni. Sapeva che tipo d'impegno lei metteva nel suo lavoro, ammettendo, a modo suo, la profondità e la quantità delle sue riposte critiche. Diversamente dai suoi compagni di classe, Granger era la sola a prendere a cuore i suoi commenti, cambiando leggermente il suo stile di scrittura e rincorrendo gli oscuri riferimenti che lui faceva. Per un lungo periodo, la sua precocità lo aveva soltanto irritato – un'irritazione che si era accresciuta di anno in anno. In classe era praticamente impossibile: la prontezza con cui rispondeva a ciascuna domanda assicurava che nessun altro studente si prendesse la briga di pensare ad una risposta; le domande che lei poneva richiedevano invariabilmente una spiegazione così avanti nella curva di apprendimento che gli altri studenti smettevano completamente di ascoltare. All'inizio, il tono battagliero delle note ai margini dei suoi compiti era un tentativo di disciplinarla, uno sforzo volto ad umiliarla nella consapevolezza della sua ignoranza e quindi assicurarsi il silenzio in classe. Quanto a questo, non aveva avuto un particolare successo. Granger accettava ogni critica, raddoppiando gli sforzi e risollevandosi da ogni sfida.

L'anno precedente lo aveva fatto infuriare. Si era immaginato a coglierla in fallo o dilettarsi nella consapevolezza che gli stava facendo perdere tempo. Ma quest'anno le loro interazioni erano cambiate completamente. Non che il cambiamento fosse rispecchiato da una notevole differenza nel tono dei suoi commenti – erano aspri come sempre. Ma la visita nella sua mente lo aveva costretto a riconsiderare le sue motivazioni e che, a sua volta, era necessaria una rivalutazione delle proprie.

Perciò Severus ammise, anche se solo a sé stesso, che correggere i compiti della Granger era una della poche gioie della settimana. Così come le loro lezioni private. Liberata dall'inerzia intellettuale dell'ambiente scolastico, Granger saltava da un'idea all'altra ad una velocità esaltante. Liberata dalla struttura contestuale di un programma, che aveva imparato a memoria tempo prima, Granger era meno la so-tutto-io e più la curiosa, intuitiva allieva che era destinata a diventare. Nascondere i propri pensieri in un libro in biblioteca, rifletté, è stata una mossa ingenua. Questa settimana la inizierò alla Legilimanzia. Severus non aveva nessun desiderio di lasciare entrare qualcuno dentro ai suoi ricordi, ma visto che doveva – ad un certo livello – controllarne l'accesso sia da parte di Dumbledore che del Signore Oscuro, era relativamente tranquillo con una studentessa del sesto anno di Hogwarts, non importa quanto avanti potesse essere. Forse, quando avrà imparato, potrei farle fare esercizio con Jocelyn.

Il pensiero di entrambe le studentesse nello stesso istante lo colse come una lama dentellata tra lo sterno e l'ombelico. Cosa ha detto ieri Granger a Jocelyn? Fino all'ultimo momento non aveva capito che la sua presenza poteva rendere le cose più difficili per Granger; in effetti, non si era reso conto di non poter sopportare il resoconto degli eventi di Granger. Cosa avrebbe fatto se la sua visione differiva notevolmente dalla propria? E se le loro interazioni non avessero significato niente per lei?

Aveva tentato invano di giustificare a sé stesso la forza della sua reazione agli eventi nell'Infermeria, l'anno prima. Vero: era stato gratificante essere trattato con così tanto rispetto. Vero: la disponibilità con cui Dumbledore aveva pensato di sacrificare la vita della Granger l'aveva di colpo fatta balzare fuori dalla scatola pulita ed etichettata con “Grifondoro preferiti, bisogna far abbassar loro la cresta” in cui l'aveva precedentemente inserita. Vero: il fatto che nel suo delirio lei lo avesse identificato con una fenice – una fenice – toccava infallibilmente i suoi desideri da vigliacco delle sue notti più buie. Aveva sontuosamente mandato a puttane la sua vita; cosa avrebbe dato per bruciare fino a diventare cenere e ricominciare da capo? Eppure ancora, ancora, Granger – Ancora Granger occupa troppo della mia attenzione, s'interruppe con un sospiro, mettendo il compito di Draco Malfoy di fronte a sé. Attenzione che dovrei occupare diversamente.



Sabato pomeriggio, una settimana dopo, Severus si trovava in una posizione simile: a correggere compiti, anche se in questo caso era uno studente del terzo anno di Difesa Contro le Arti Oscure a guadagnarsi il frutto della sua inventiva. “Assicurati di avere effettivamente un punto a cui vuoi arrivare prima di dilungarti inutilmente,” scrisse ai margini. Fermandosi un attimo per considerare la mostruosità di fronte a sé, strofinò la punta piumata della sua penna contro le labbra increspate. “T,” decise alla fine, intingendo bene la penna nell'inchiostro rosso. Quando il fuoco del camino s'illuminò di verde, si fermò, e una singola goccia d'inchiostro cadde sulla superficie del foglio.

Snape!” La voce era quella di Hagrid. Era riuscito a far entrare solo la sommità della sua testa nel camino; rendeva la linea di comunicazione attutita, ma il panico nella sua voce arrivava tuttavia chiaramente. “Vieni, presto!" aggiunse, prima di sparire all'improvviso.

Severus lasciò andare un sibilò di irritazione. Come se non fosse sufficiente essere chiamato da un idiota che sbaglia la grammatica, quello stupido ha dimenticato di dirmi dove devo andare. Fortunatamente, in meno tempo di quello necessario a Snape per alzarsi, far sparire la macchia d'inchiostro e muoversi verso il caminetto, il fuoco divenne di nuovo verde e la testa di Minerva apparve.

“Ah, Minerva,” disse piano, “quale piacevole sorpresa.”

“Severus, non è il momento per commenti scherzosi – una studentessa è stata maledetta gravemente. C'è bisogno di te in Infermeria, adesso.” Non aspettando una risposta, sparì anche lei.

In poco tempo, Severus aveva chiamato a sé la sua borsa di medicinali ed era entrato nel caminetto, distendendo il suo lungo corpo nell'ufficio di Poppy con una disinvoltura che contrastava la velocità con cui si era mosso. Hagrid era lì ad aspettarlo e lo prese per le spalle.

“Cos'aspettavi?” chiese, oltrepassando la porta verso l'Infermeria ad una tale velocità che Severus dovette fare diversi passi veloci per impedirsi di cadere.

“Hagrid,” sibilò, “mollami!” Hagrid si fermò per un momento e guardò il viso furioso di Severus Snape con un'espressione leggermente confusa.

“Vero, professore,” offrì con la voce di uno che non aveva proprio capito cos'aveva fatto di sbagliato, battendo benevolo la spalla che aveva tenuto stretta. Severus sospirò e si allontanò con uno strano movimento della testa. Essere scortese con Hagrid era come picchiare un cane.

Libero dalla stretta del suo troppo entusiasta collega, Severus filò dritto dentro l'Infermeria. I suoi occhi controllarono i letti vuoti e, senza esitazione, andò dritto verso la zona con le tende vicina all'uscita. Aprendo le tende si fece strada anche all'interno dell'Incantesimo di Silenzio che Poppy aveva usato e le urla di Katie Bell assalirono le sue orecchie. La povera ragazza si contorceva nel letto mentre Poppy cercava di calmarla senza nessun effetto.

“Grazie Merlino,” esclamò Poppy quando lo vide, tirandosi indietro immediatamente per lasciarlo avvicinare.

“Diagnosi?”

“Niente che possa riconoscere. Apparentemente ha toccato qualcosa, una specie di oggetto maledetto.”

Severus tirò fuori la sua bacchetta e la sollevò verso il corpo che si contorceva della sua studentessa. Forme scure e fumose si formarono sopra il suo corpo, serpeggiando fino ad assumere forme runiche prima di dissolversi.

“Lo ha toccato?” chiese per conferma. “Con la mano?”

“Non lo so.”

La Bell era ancora vestita per il tempo orribile, completa di cappello, mantello e guanti. Una sciarpa che probabilmente completava il completo giaceva sul comodino; nel suo stato attuale avrebbe creato un pericolo di strangolamento. Le sue braccia si agitavano selvaggiamente e Severus dovette usare un incantesimo per rimuovere i guanti. Nel momento in cui lo fece il punto di contatto divenne evidente: la pelle di un dito si era gonfiata in modo allarmante. Riuscendo a bloccare il polso, e premendolo contro il materasso, riuscì a dare un'occhiata ravvicinata, malgrado la mano si contraesse violentemente. Poppy si avvicinò a lui e chinò la testa grigia vicino a quella scura di lui.

“Severus -” iniziò con tono preoccupato.

“Finché non vedo l'oggetto maledetto,” la interruppe, “non c'è altro che possa fare.”

Durante i minuti successivi Poppy misurò a grandi passi l'Infermeria, torcendosi le mani mentre camminava. Fare niente chiaramente faceva star male la Medimaga. Severus chiamò a sé una sedia e sedette a guardare il corpo di Katie Bell che si contorceva in modo disturbante. Una delle sue gambe magre stava sopra l'altra, le mani intrecciate e gli indici premuti contro le labbra. La sua immobilità contrastava nettamente con i continui movimenti bruschi della Bell. Per fortuna fu solo poco dopo che Filch arrivò, con un fagotto fatto con una sciarpa Grifondoro tenuto lontano dal suo corpo.

Severus fece un gesto ad indicare la cassettiera mentre si alzava in piedi. Filch mise giù la sciarpa con cautela, tirandosi indietro per quanto umanamente possibile. Trasportare qualcosa di così pericoloso lo aveva reso nervoso.

“Molto bene, professore,” ansimò Filch. Cercava di ingraziarsi Snape. “Me ne vado adesso.”

Severus lo fece andar via senza una seconda occhiata, portando la sua completa attenzione sul fagotto che Filch si era lasciato dietro. Con la bacchetta spostò la sciarpa su una sedia vicina, rivelando un pesante pendaglio di opale sulla quale operò una serie di gesti complicati. Ancora una volta, forme fumose si formarono vicino alla punta della sua bacchetta, muovendosi e curvandosi nell'aria dell'Infermeria, scandendo informazioni in una scritta runica arcaica. Severus mormorò tra sé, unendo insieme le rune e formulando conclusioni. Quando si voltò verso Poppy e Katie Bell aveva uno sguardo lugubre.

“Severus?” Poppy era apprensiva. Quando era arrivata la collana aveva smesso di camminare e rimase in piedi composta, pronta a ricevere istruzioni.

“Non posso curarla, ma potrei essere in grado di stabilizzarla abbastanza a lungo da portarla al San Mungo. Non possiamo muoverla in questo stato. Poppy, presta attenzione,” fece una lista con una serie di pozioni - “qualunque cosa non ci sia devi farla fare a Slughorn. Io sarò occupato qui.”

Poppy lo guardò con un sorriso tirato e girò sui tacchi. Si diresse verso le provviste di medicinali con tutto il suo controllo ritrovato. Armata di un preciso compito si calmò all'istante. Severus si voltò verso il letto e fece un lungo respiro preparatorio. Sarebbe stata una lunga notte.



Le striature dell'alba coloravano il cielo di rosa nel momento in cui Severus uscì dall'Infermeria. La spossatezza aveva reso più profonde le linee del suo viso, la voce era roca e la gola dolorante. Katie Bell, tuttavia, era stabilizzata. Severus era riuscito, cantando, a far uscire completamente una parte della maledizione fuori dal suo corpo, anche se molto rimaneva ancora nella ragazza che era entrata in coma. Sarebbero serviti gli sforzi combinati di Spezzaincantesimi professionisti e un team di Medimaghi per fare di meglio.

Mentre camminava, il rumore dei tacchi degli stivali di Severus risuonava in modo sinistro. Dalle finestre arrivava abbastanza luce, così che le torce erano spente, anche se non era abbastanza forte da variegare la scena dalle diverse tonalità di grigio. Ad una grande finestra ad angolo, Severus si fermò e rimase fermo per un momento, fissando il terreno sottostante. Il lago era sotto di lui come una pozzanghera scura e gli alberi della Foresta Proibita si stagliavano contro l'orizzonte. Severus appoggiò la fronte contro il vetro freddo e pensò con desiderio al suo letto. Alla fine oggi è domenica, rifletté. Con un respiro profondo si voltò e continuò a camminare: Dumbledore è sempre l'ultimo ostacolo prima del letto.

Quando Severus raggiunse l'ufficio del preside, Dumbledore era solo. Severus si era più che aspettato di trovarci Minerva, a condividere la veglia e a tenergli compagnia con una rigida alternanza di tè e Whisky Incendiario. Infatti, un rapido conto dei bicchieri sporchi, suggerì che sia lei che Hooch erano andate via. Pensò pigramente che le aveva mancate di poco e quanto tempo sarebbe dovuto rimanere come risultato. Se le altre fossero state lì avrebbe potuto riferire delle condizioni della Bell e sparire in una veloce ritirata.

“Mio caro ragazzo, buongiorno.” Albus, sembrava, si era immerso in alcuni calcoli della Vector, ma li mise via all'arrivo di Severus.

“Albus.” Severus si adagiò nella sedia dall'altro lato della scrivania di Dumbledore, stirando le gambe e godendosi la sensazione di sedersi dopo così tante ore in piedi.

“Com'è la paziente?”

Severus scrollò le spalle. “A questo punto, fuori dalla mia portata.”

“Ho sentito da Poppy che è la seconda volta che salvi la vita di una studentessa questa settimana.” Dumbledore si chinò leggermente in avanti, pronunciando la frase sia come lode che come domanda.

Il sospetto si districò in mezzo al groviglio di pensieri di Severus. “Poppy esagera. Ho affrontato la faccenda come Capo Casa di Serpeverde; non c'è molto altro da dire.”

Dumbledore sospirò, “Una Serpeverde?” fece eco. Severus sapeva che era una domanda retorica e non disse nulla. Dumbledore si sollevò la manica sul braccio annerito con fare melodrammatico. “Cos'è successo, Severus?” chiese alla fine, la sua preoccupazione da nonno che irradiava il suo viso.

Con il gomito sul bracciolo della sedia, Severus unì leggermente le punte delle dita. In risposta, sollevò un sopracciglio e lasciò che sul suo viso apparisse un'espressione di educata incomprensione.

“Severus, se uno dei tuoi studenti è in pericolo, mi aspetto di venirne a conoscenza. A prescindere dalla casa a cui appartiene.”

“Ti suggerisco di parlare con Poppy Pomfrey, Albus. È molto più qualificata per darti le informazioni che desideri.”

Severus notò lo spasmo nella bocca di Dumbledore mentre il preside combatteva per tenere la sua irritazione al di sotto della superficie di cordialità. “Adesso, tuttavia, lo sto chiedendo a te. Tenere dei segreti con me non fa parte della definizione del tuo lavoro.”

Siamo arrivati a questo? “Devo pensare, Albus, che la mia lealtà verso di te sia in dubbio?”

“No! Severus, certo che no. Mi fido di te – ti affiderei la mia vita.” Era una battuta scadente e non riscontrò effetto. “Al contrario, sono preoccupato che tu non ti fidi di me.”

Severus si esaminò le unghie della mano destra prima di replicare. “Come ho già detto in passato, Albus: alcuni studenti per te contano più di altri.”

Dumbledore prese il suo bicchiere di whisky con la mano annerita, che tremava leggermente. Come interpretazione di un orgoglio ferito, il suo comportamento era magistrale. Severus controllò l'urgenza di alzare gli occhi al cielo. Chiudendoli leggermente sentì tutta la stanchezza assalirlo. Meglio finirla in fretta.

“Il suo nome,” sospirò Severus, notando lo sguardo attento negli occhi di Dumbledore, e preparandosi alla successiva predica sul mettere a rischio la popolazione studentesca, “è Jocelyn Smith. È al primo anno. Era Bloccata e l'ho curata.”

La conseguenza delle sue parole fu molto più drammatica e molto meno polemica di quello che si era aspettato. L'espressione di Dumbledore si sbriciolò e la mano ferita volò sulla bocca in una quasi comica espressione di sorpresa. “Bloccata?” La sua voce era poco più udibile di un sospiro.

Severus aggrottò la fronte preoccupato. “Albus?” chiese. Quando Dumbledore non diede risposta, eccetto alzare vagamente una mano, Severus ripeté il suo nome, più bruscamente.

“Io... oh... l'hai curata?” La voce di Dumbledore era incerta e incredula.

Furtivamente, Severus tirò fuori la bacchetta dalla manica e la prese in mano, tenendo il polso sotto la scrivania e lontano dalla linea visiva. “Sì,” replicò. “Delle nuove ricerche da Harvard mostrano promettenti usi dell'abilità Occlumantica.” La reazione di Dumbledore lo preoccupava.

“Che cosa interessante.” Visibilmente Dumbledore si riscosse e Severus vide le difese dell'anziano uomo risollevarsi velocemente – sedeva dritto, aggiustandosi gli occhiali e tornando di nuovo al suo atteggiamento da nonno. In modo inaspettato, cambiò discorso. “Nessuna fortuna con il ragazzo Malfoy, allora?”

“No.” Severus strinse gli occhi guardando il preside. Qualcosa non torna. “Malgrado i miei sforzi, Draco continua ad evitarmi: non posso forzarlo a confidarsi.”

“Oh, bene,” replicò Dumbledore, i suoi modi un po' troppo disinvolti. “Speriamo tu abbia successo prima che commetta un altro goffo tentativo.”

Severus inclinò la testa in modo rispettoso, ma tenne gli occhi sull'uomo davanti a sé.

“Devi riposarti, Severus. Parleremo ancora più tardi.” Senza alcun dubbio, la conversazione era finita.

Malgrado l'ora tarda, Severus declinò l'offerta di usare la Metropolvere. Lo strano comportamento del preside gli aveva lasciato molto su cui pensare e si avviò attraverso gli ora luminosi corridoi, ripensando alla sequenza di eventi nella sua mente.

*

*

*

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Vi tocca ancora leggervi le mie risposte ai commenti, intanto grangerous ha quasi finito di scrivere la terza parte della trilogia.

chi_lamed: inizio con te che hai il doppio commento. Io non sono mai stata una fan di Silente, poi, soprattutto con l'andare avanti, ho iniziato a vederlo come quello che tira le fila e gestisce le vite come vuole, facendo l'occhiolino e mandando la gente a morire per la causa. Jocelyn è uno dei miei personaggi preferiti di questa storia, avrà ancora molto da dire :). Ho riso anch'io alla frase detta nei corridoi e mi sono immaginata la faccia di Severus ;).

Amy R: il Blocco è riferito al fatto che Jocelyn sta letteralmente bloccando la sua magia e quindi non riesce a fare incantesimi. Questa cosa viene nominata nel settimo libro ed è potenzialmente pericolosa sia per la persona Bloccata, sia per chi gli sta intorno.

Nyx_94: ti ringrazio anche a nome di grangerous, ogni tanto torna da queste parti e facci sapere cosa ne pensi :) 

Anne London

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Capitolo 13
*** Canary Yellow ***


Capitolo 13

NdT: siamo praticamente a metà storia (di già??) Vi ricordo che i dialogi sottolineati sono presi dai libri originali. Un “Hip Hip Urrà” a silviabella che come sempre betizza da Dea.

Anne London



Capitolo 13

Canary Yellow





Non è stato un attacco molto scaltro, davvero, se ti fermi a pensarci un attimo” osservò Ron, incoraggiando un ragazzino del primo anno a lasciare la sua comoda poltrona con un gentile colpetto dietro la testa. “La maledizione non è neanche entrata nel castello. Non proprio quello che chiameresti un piano infallibile.”

Non era neanche possibile che entrasse nel castello – i Sensori Segreti di Filch lo avrebbero rilevato, pensò Hermione. “Hai ragione,” disse ad alta voce a Ron, colpendolo insistentemente in un ginocchio finché, con una smorfia, non si arrese e lasciò la poltrona al suo occupante originario. “Non è stato ben congegnato affatto.

Dato che Ron era di nuovo senza sedia, si lasciò cadere nel bracciolo della poltrona di Hermione. La vicinanza del suo corpo la lasciò con una curiosa sensazione di piacevole formicolio. Sicuramente non è come mi sento vicino ad Harry. Se avesse mosso la gamba appena appena – lì – sarebbe andata a premere leggermente contro la coscia di Ron. Il calore che ne derivava era straordinario.

Harry stava ancora facendo la sua tirata contro Malfoy ed Hermione lanciò un'occhiata verso Ron. Lui colse il suo sguardo e alzò gli occhi al cielo in modo amichevole. Hermione gli sorrise. Il calore generato dal contatto con la gamba di Ron si diffuse sul suo viso e lei guardò subito da un'altra parte – colpevolmente, sperando che nessuno avesse notato che era arrossita. La lezione di Legilimanzia del professor Snape l'aveva lasciata con un senso di disagio verso il suo amico dai capelli rossi.

Ti capita mai di renderti conto di sapere cosa qualcuno sta pensando?” le aveva chiesto il professor Snape.

Hermione aveva considerato attentamente la domanda. “Beh, spesso devo spiegare ad Harry e Ron cosa pensano le ragazze, ma do sempre per scontato che sia perché sono, beh...”

Imbecilli?aveva suggerito lui in modo mellifluo, con un sopracciglio sollevato.

Ragazzi.Hermione gli aveva lanciato uno sguardo di disapprovazione.

Alla fine della lezione fu chiaro che le intuizioni di Hermione, sui pensieri delle altre persone, erano da attribuire meno all'intuito femminile e più ad un basso livello di Legilimanzia. Perciò sapeva, nel suo modo confuso, di piacere a Ron. E conosceva sé stessa abbastanza bene da capire che certamente lei non era contraria all'idea. Ma sapere cosa lui sentiva, senza che glielo avesse detto, era un po' come barare. Come se avesse spiato qualcosa di personale. Spinse la sua coscia un po' più contro quella di lui e lo guardò dal basso verso l'alto. Lui era piegato in avanti, cercando di convincere Harry a fare una partita a scacchi. Le maniche erano sollevate e le vene del suo avambraccio risaltavano contro la muscolatura. Sentendo la pressione sulla gamba, lui la guardò e le fece l'occhiolino. Hermione sorrise tra sé e prese i suoi compiti di Antiche Rune. Hermione Granger non era una da guardarsi intorno in attesa che uno stupido ragazzo facesse la sua mossa. Era perfettamente capace di prendere in mano gli eventi e la festa di Natale di Slughorn offriva l'opportunità perfetta.

Durante la prima lezione di Occlumanzia, Hermione si era trovata nella difficile situazione di dover entrare nella mente del professor Snape. L'esperienza l'aveva sopraffatta con una combinazione di terrore, nervosismo e intensa curiosità. Non aveva bisogno di preoccuparsi veramente, perché Snape era nel pieno controllo tutto il tempo. Le consentì di non vedere altro che una serie di ricordi ambientati nella classe di Pozioni – la maggior parte consisteva nella stessa Hermione, a varie età, che aiutava Neville in un vasto numero di pozioni disastrose.

Nelle lezioni seguenti Jocelyn Smith era presente e le due streghe praticarono le loro abilità di Occlumanzia e Legilimanzia in tandem. La rabbia iniziale con cui Hermione aveva risposto alla giovane ragazza era scemata, dopo la scoperta delle condizioni mediche di Jocelyn e la sua storia personale, e la prima conversazione che avevano avuto fu sufficiente a fornire le basi di una relazione molto amichevole. Hermione aveva scoperto un enorme e sorprendente piacevole sollievo nel parlare con qualcuno a cui piaceva il professor Snape quasi quanto a lei.

All'inizio, Snape insistette che le lezioni si svolgessero in un'unica direzione, con Hermione che cercava di entrare nella mente di Jocelyn a più riprese. Molti dei ricordi che incontrò nel processo erano fortemente deprimenti – ascoltare litigi fra la madre di Jocelyn e una sequela di uomini sboccati e spesso violenti, assistere a percosse, cene miserabili e solitari intermezzi in un appartamento sporco – ma Hermione sapeva come avventurarsi nei pensieri di qualcun altro e, mentre Jocelyn migliorava nel mettere via alcuni ricordi, fu anche testimone della gioia della giovane ragazza nel ritrovato talento magico, e degli amici che si era fatta ad Hogwarts. Quando Snape finalmente ordinò loro d'invertire i ruoli, Hermione realizzò, con un malcelato rossore di piacere, che lui riteneva le sue abilità Occlumantiche adeguate a mantenere ogni menzione dell'Ordine, e della guerra contro Voldemort, lontano dalla sottile intelligenza della sua giovane amica.

Quella sera stessa, mentre Jocelyn ed Hermione lasciavano l'ufficio di Snape, la ragazzina spostò la sua borsa da una spalla all'altra e le pose una domanda inaspettata.

“Sei brava in Trasfigurazione come dicono tutti?”

Hermione esitò, sorpresa. Dopo un lungo secondo spostò lo sguardo dalle dure pietre del muro del corridoio verso i chiari occhi azzurri di Jocelyn. Hermione scrollò le spalle. “Sono abbastanza brava,” convenne, “anche se non so quanto la gente pensa che io sia brava.”

“Apparentemente sei la migliore studentessa che la scuola abbia mai visto.”

“Questo è palesemente falso,” rispose Hermione automaticamente. La conversazione la stava mettendo a disagio. Non può essere vero, pensò un po' ansiosa. I Malandrini sono riusciti tutti a trasformarsi in Animagi alla mia età, persino Pettigrew. La professoressa McGonagall ha detto che non si sognerà di farmi provare prima del prossimo anno. Hermione si girò come per andar via.

“Aspetta!” La piccola mano di Jocelyn si chiuse intorno al suo gomito. La ragazzina fece un profondo respiro. “Pensavo che magari potresti aiutarmi con il mio ripasso di Trasfigurazione. A differenza della altre materie non mi sembra di riuscire a starci dietro dopo le settimane in cui non potevo fare magie all'inizio dell'anno.”

L'orgoglio ferito di Hermione guarì all'istante. “Ma certo! Ha perfettamente senso, sai, perché a differenza della altre materie del primo anno, le abilità di Trasfigurazione sono cumulative. Dobbiamo iniziare dal principio!”

Jocelyn sembrò sollevata. “Grazie, Hermione. Lo apprezzo molto.”

“È un piacere! Cosa ne dici dopo le lezioni domani? Chiederò alla professoressa McGonagall se possiamo usare la sua aula.”

“Perfetto, grazie!” Jocelyn sorrise e diede al gomito di Hermione una leggera stretta prima di girarsi nella direzione della sala comune di Serpeverde e correre via.

Potrà la mia agenda diventare ancora più piena? pensò Hermione disorientata, sorridendo tra sé mentre si voltava dall'altra parte verso la scalinata, per fare un salto in biblioteca sulla strada per la torre di Grifondoro.



Più tempo Hermione spendeva sui calcoli Aritmantici della Vector, più si convinceva del suo ruolo negli eventi in arrivo: il suo compito era mantenere Harry vivo. Quest'anno l'impresa sembrava sostanzialmente semplice, ma l'anno successivo, promettevano le equazioni, le cose sarebbero state molto più complicate. Hermione sospirò e si passò una mano tra i capelli, intrecciando le dita tra i nodi dei riccioli, che minacciavano di prendere residenza permanente. La Vector la guardò da sopra il suo lavoro con un'espressione di compassione. La professoressa stava scrivendo furiosamente con una mano, continuando a muovere avanti e indietro le perline di una collana con l'altra, con un ritmo costante e leggermente irregolare che, a dir la verità, stava irritando Hermione.

“Problemi nel paradiso Aritmantico?” chiese.

“No,” sospirò Hermione. “Vorrei solo che le equazioni fossero molto più specifiche su ciò che devo fare.”

La Vector le rivolse un sorriso ironico. “Potrebbe aiutare lasciare perdere le equazioni che riguardano il tuo futuro per un po' e concentrarti su qualcos'altro. Perché non ricalcoli alcune delle probabili distribuzioni degli eventi precedenti? Anche il più piccolo miglioramento potrebbe incidere sull'indeterminatezza che t'infastidisce nell'ultima formula.”

Era un buon consiglio. Hermione aveva cominciato ad ossessionarsi un po' con i dettagli del sottoinsieme che descriveva le interazioni con Harry e Ron. I quaternioni in particolare l'avevano tenuta occupata per diverse settimane e aveva passato diverse ore guardando le rappresentazioni grafiche girare su sé stesse nei quattro spazi dimensionali. Aveva trovato qualcosa di profondamente rassicurante nelle tre raffigurazioni di loro stessi, particolarmente negli ultimi giorni, quando Ron era stato inspiegabilmente intrecciato con lei. Con un altro sospiro – questa volta diretto al suo assente ed irritante amico piuttosto che alle equazioni – fece sparire il grafico che pendeva di fronte a lei e arrotolò la pergamena su cui stava scrivendo. Frugando nella sua borsa ritrovò i suoi appunti dei primi calcoli e li stese di fronte a sé. Mmm.

“Professoressa?” - La Vector la guardò subito, il suo sguardo incoraggiante puntualizzato dallo sbatacchiare della collana di perline - “Ha aggiunto l'incidente di Katie Bell al gruppo di eventi attuali?”

Il corpo della Vector si bloccò completamente, con la collana che diede un ultimo, ritardato, colpetto. “No. Pensi che possa far parte dello schema? Ammetto che mi è sembrato un evento abbastanza casuale.”

Non nuoce inserirlo, giusto? Lo vedremo subito se è significativo oppure no.

“Giusto. Ci sono molte incognite – il perché, il chi, l'obiettivo... Fallo. Hai ragione. Potrebbe rivelarsi cruciale.”

Hermione sentì il calore della frenesia intellettuale e si mise al lavoro con nuova energia. Portò il suo abaco davanti a sé e prese una nuova pergamena pulita.

“Mi chiedo,” mormorò la Vector, prima di tornare ai suoi calcoli, “mi chiedo perché Albus non abbia già suggerito la cosa.”



Hermione si precipitò al campo di Quidditch sentendosi in subbuglio. Come aveva potuto Harry? Felix Felicis! Avrebbe potuto conservare la pozione per aiutarlo contro Voldemort, ma oh no! L'aveva sprecata per una partita di Quidditch. DOVREBBE sapere che è illegale. Come se la MIA STUPIDITÀ nel Confondere McLaggen fosse una SCUSA! Il pensiero di aver toccato lievemente l'illegalità lei stessa, fece contorcere un po' di più il nodo di colpa nel suo stomaco. Che tipo di esempio sono io? Hermione voleva piangere, deglutendo con forza nel futile tentativo di allontanare dalla sua bocca il sapore metallico della colpa e della rabbia impotente. E Dumbledore – la sua mente ripensò al commenti di Dumbledore sulla sua indiscrezione: “Vuoi essere espulsa?... Bene. Perché non possiamo permetterci di espellerti. Statisticamente sarebbe un disastro...” - Dumbledore non avrebbe fatto nulla, anche sapendo.

Raggiungendo le panche, Hermione trovò un posto a sedere e s'immerse nella posta del mattino. Non aveva nessun desiderio di chiacchierare con Neville. Aprendo la nuova lettera ricevuta da Viktor, la fissò senza vederla veramente. Come aveva potuto Harry essere così idiota? Come posso essere io così idiota? Neville le diede un colpetto col gomito, quando i giocatori emersero dagli spogliatoi, e piegò la lettera ancora da leggere distrattamente, riponendola in tasca. Strinse la sciarpa e se la mise con fervore mentre un'inconsueta espressione accigliata faceva tendere verso il basso le linee della bocca. La pressione contro la base del collo alleggerì il suo stress solo in modo marginale.

Stai bene, Hermione?chiese Neville preoccupato.

“Bene,” ringhiò.

Lui sollevò le sopracciglia dubbioso, ma riportò l'attenzione allo svolgimento del gioco.

Ron parò tutto. Volava brillantemente, le lunghe braccia e le mani esperte che allontanavano via la Pluffa al sicuro dai cerchi, ad ogni opportunità. Il corpo di muoveva con la sua grazia slanciata e una forza esplosiva che, in altre circostanze, avrebbe mosso Hermione a profondi apprezzamenti. Oggi la faceva sentir male.

Hermione non notò neanche quando Harry catturò il Boccino perché non riusciva ad allontanare gli occhi da Ron. Solo quando gli spettatori intorno a lei si alzarono in piedi festeggiando, e la sua linea visiva fu interrotta, guardò allora da un'altra parte. Mentre Ginny si scontrava contro il podio dei commentatori, Hermione arrivò ad una spiacevole conclusione. Harry e Ron non sarebbero stati contenti con lei, ma dovevano discutere. Barare è barare, anche – o specialmente – quando Grifondoro cerca di battere Serpeverde. Cercò di mettere da parte ogni considerazione su ciò che questo poteva fare al già labile rapporto fra lei e Ron.

“Ci vediamo dopo, Neville,” mormorò mentre iniziava a passare in mezzo agli altri spettatori, facendosi strada fra le persone in movimento, e scendendo negli spogliatoi. Quando arrivò, erano rimasti solo Harry e Ron.

Raccogliendo il suo coraggio Grifondoro, con un profondo respiro, mise le metaforiche carte in tavola, “Voglio parlare con te, Harry. Non avresti dovuto farlo. Hai sentito Slughorn, è illegale.

Cos'hai intenzione di fare?” intervenne Ron aggressivamente. “Denunciarci?

Di cosa stai parlando?” Harry sembrava prendere la cosa come un grosso scherzo. È davvero così tranquillo a infrangere le regole?

Lo sai perfettamente di cosa sto parlando!” Hermione sentì la voce alzarsi di tono e silenziosamente maledisse la sua mancanza di controllo. “A colazione hai corretto il succo di Ron con una pozione della fortuna! La Felix Felicis!

No, non l'ho fatto.

Barare era già abbastanza brutto, ma anche mentirle? Hermione serrò le mani, con le unghie che le premevano nei palmi. “Sì, lo hai fatto, Harry, ed è per questo che tutto è andato bene, c'erano giocatori Serpeverde che sembravano assenti e Ron ha parato tutto!

Non l'ho messo!” Harry prese la bottiglietta con la pozione dorata dalla tasca, il sigillo ancora evidentemente intatto. “Volevo che Ron pensasse che l'avessi fatto, così ho fatto finta quando sapevo che stavi guardando.

Si voltò verso Ron e gli diede un'amichevole pacca sull'avambraccio. “Hai parato tutto perché ti sentivi fortunato. Hai fatto tutto da solo.

Hermione fissò Harry, gli occhi sbarrati per lo shock. Bastardo, pensò, facendo sbollire la rabbia solo un po'.

Ron sembrava sbalordito, la bocca rimase spalancata per diversi secondi prima che potesse dire qualcosa. “Non c'era davvero nulla nel mio succo di zucca? Ma il tempo era buono... e Vaisey non ha potuto giocare... davvero non mi hai dato nessuna pozione della fortuna?

Harry sorrise e diede un colpetto alla tasca dove aveva fatto scivolare la fiala con la pozione. Hermione vide il momento esatto in cui la furia si sostituì alla sorpresa sul viso di Ron. Si girò verso di lei e imitò la sua voce con un crudele falsetto, Hai aggiunto la Felix Felicis al succo di Ron stamattina, è per questo che ha parato tutto! Visto! Posso parare i tiri senza aiuto, Hermione!

Bastardo, pensò di nuovo, accusando l'altro suo migliore amico insieme al primo. La conversazione stava deragliando in un modo che lei non riusciva a prevedere. “Non ho mai detto che non potevi – Ron,” - lui se ne stava già andando, ma lo chiamò guardando con disperazione la sua figura che se ne andava - “Anche tu pensavi che te l'avesse data!

Rimasta sola con Harry, Hermione si passò bruscamente la mano sugli occhi.

Ehm,” Harry esitava, la precedente sicurezza svanita di fronte alla reazione di Ron. “Vogliamo... vogliamo andare alla festa, allora?

Vacci tu!” Hermione diede uno strattone alla cuffia di lana e se l'abbassò sulle orecchie. “Sono stanca di Ron al momento, non so cos'avrei dovuto fare.” Lanciò ad Harry un sorriso veloce che sperò apparisse maturo e paziente, anche se temeva sembrasse solo penoso, e si affrettò fuori dal campo. Una passeggiata lungo il lago sembrava improvvisamente davvero una buona idea.

Arrivata sotto al faggio si sedette e si sforzò di leggere la lettera di Viktor con l'attenzione che meritava. Come richiesto da lei, lui fornì ulteriori informazioni sulle ricerche avanzate di Trasfigurazione e i dettagli forniti ebbero su di lei un notevole affetto calmante. Lui le aveva rinnovato l'invito per andare a trovarlo ancora una volta in Bulgaria. Arrossì al pensiero: sapeva esattamente come sarebbero andate le cose se avesse accettato l'offerta. Beh, disse con rabbia a sé stessa, magari dovrei. Almeno qualcuno apprezza il mio fascino. Piegando la lettera con decisione decise che il suo equilibrio adesso era sufficiente per far sì che il ritorno in sala comune fosse una cosa gestibile. Tra l'altro, iniziava a far freddo.

La vista della sala comune, tuttavia, avrebbe turbato Hermione persino nelle migliori circostanze. Ron era avvolto da Lavender in una grottesca parodia di entusiasmo adolescenziale. Hermione girò i tacchi, mettendo una mano nel quadro della Signora Grassa, prima che si chiudesse dietro di lei, e si ributtò in corridoio. Doveva andar via.

Il primo paio di porte erano chiuse e al terzo tentativo mormorò, “Alohomora,” prima di scivolar dentro con un singhiozzo di sollievo. Camminando al centro della classe vuota ripensò ai diversi esercizi mentali di Snape dentro la sua testa. Sono calma, ripeté. Sono calma. Si sedette alla scrivania, colpendo la superficie con una mano. Sono calma. Prese la sua bacchetta e pensò alla lettera di Viktor. Gli esperimenti che sta facendo con le Trasfigurazioni animali erano veramente interessanti. Evocò un canarino dal nulla e lo mandò in circolo sopra la sua testa. Sono calma. Evocò un secondo canarino. Viktor è molto intelligente, un giocatore internazionale di Quidditch. Inoltre vive in Bulgaria, aggiunse con una voce interna più cinica, ma la represse spietatamente. Sono calma. Evocò un terzo canarino e lo mandò in circolo con i suoi compagni. Era difficile che i suoi genitori la mandassero in Bulgaria una seconda volta, ma ehi, poteva sempre invece invitare lui a farle visita. Decise di fare qualcosa quella sera stessa. Sono calma. Venne creato un quarto canarino che si unì al piccolo stormo che svolazzava in circolo. Certamente non m'importa della vita amorosa di uno come Ronald Weasley, un mediocre giocatore di Quidditch che, fosse intrappolato in un sacchetto di carta, non riuscirebbe neanche a Trasfigurarlo per liberarsi. Quindici canarini fecero la loro apparizione nello stesso momento in cui Harry scivolava nella porta ed entrava nella stanza.

Ok, ciao Harry, stavo giusto facendo pratica.” Hermione si concentrò nel mantenere la voce, e persino i canarini in circolo, tranquilli. Sono calma.

Sì... sono – ehm – venuti proprio bene...

Bel tentativo, Harry. Adorabile e coerente. Hermione era leggermente ammansita dal fatto che il suo amico fosse andato a cercarla. Ma avrebbe dovuto affrontare la ragione per cui erano entrambi lì.

Ron sembra apprezzare la festa,” dichiarò. Hermione desiderò avere il controllo vocale del professor Snape. Mellifluo e sarcastico era l'ideale a cui aspirava, non lo squittio stridulo che lo stress inevitabilmente scatenava.

Ehm... davvero?

Harry era sempre stato un terribile bugiardo. Non far finta di non averlo visto. Non si stava esattamente nascondendo, era-?” Hermione s'interruppe quando la porta si aprì di nuovo. Alla vista di Ron il suo cuore fece un balzo, solo per schiantarsi di nuovo quando lui tirò Lavender attraverso la porta, ridendo un po' istericamente. Puttana. La voce nella testa di Hermione era stranamente fredda.

Oh!disse Ron, dando un'occhiata agli occupanti della stanza e bloccandosi di colpo.

Oops!” rise Lavender, tornando indietro con una mano premuta sulla bocca.

Mentre il silenzio imbarazzato proseguiva, Hermione continuò a pensare al suo mantra ripetutamente: Sono calma, sono calma. Ron non la guardò neanche.

Ciao Harry! Mi chiedevo dov'eri andato!

Bastardo. Ciao, Ron? Immagino tu non abbia sprecato neanche un pensiero chiedendoti dov'ero andata io?! Muovendosi attentamente e più deliberatamente possibile, Hermione scese dalla cattedra e camminò verso la porta, l'aureola di canarini che la seguiva nei movimenti. Sono calma.

Mentre superava Ron, gli lanciò un sorriso smielato. “Non dovresti lasciare Lavender ad aspettarti fuori,” commentò, mentalmente encomiando sé stessa per il livello di tono di voce. “Si chiederà dove sei finito.” Lo sguardo di sollievo che passò sul viso di Ron al suo commento fu quasi comico e il sorriso di lei cambiò da falsamente dolce a compiaciuto. All'ultimo momento si girò verso di lui, la bacchetta in mano. “Oppugno!” urlò, lanciando i canarini in un fascio dorato di furia piumata Sbatté la porta dietro di sé, interrompendo di colpo le urla di fastidio.

Nella relativa sicurezza del corridoio, Hermione si mise a correre. Indubbiamente Lavender era tornata alla torre di Grifondoro ed Hermione non aveva nessun desiderio di incrociarla di nuovo nella sala comune o nel dormitorio. Si diresse, invece, verso l'ufficio della professoressa Vector – l'unico posto dove nessuno dei suoi amici l'avrebbe seguita e dove gli era garantito l'ingresso, non importa l'ora. I corridoi erano deserti, per il sollievo di Hermione, perché le lacrime ora scorrevano libere. Sebbene gli oscurassero la visione, la strada era così familiare che poteva camminare anche solo per istinto. Solo ad un paio di svolte dalla sua destinazione, tuttavia, fece una curva e si scontrò con qualcuno. Sarebbe caduta se delle mani forti non l'avessero afferrata per i gomiti e dondolò sui suoi piedi per qualche secondo, il viso premuto contro la spessa lana nera della toga da insegnante. Il cuore le saltò in gola. Una toga da insegnante che profumava in modo distintamente familiare – uno strano miscuglio di erbe e fumo che seguiva Snape dal laboratorio di pozioni alla classe di Difesa Contro le Arti Oscure. Le scappò un piccolo singhiozzo e si tirò indietro, determinata a correre via ancora una volta, ma le mani sui gomiti la trattennero. La sua umiliazione, realizzò, era ora completa.

“Signorina Granger, quando ti ho detto di andare a correre non intendevo di esercitarti nei corridoi.”

Hermione fece un tremolante respiro senza guardare in alto. “Mi dispiace signore, non succederà di nuovo.”

Snape la allontanò dal suo corpo senza lasciare la presa. Sentì l'intensità dal suo sguardo e fissò determinata uno dei bottoni della sua toga. Era lavorato in rilievo con una serpentina “S”. Respirando attraverso il naso più profondamente che poté, lottò per ritrovare un certo autocontrollo. Per ulteriore sicurezza, sollevo le sue difese Occlumantiche, anche se non aveva incontrato il suo sguardo.

Quando Snape lasciò andare il suo braccio, ondeggiò leggermente sui suoi piedi, sbalordita dal forte senso di perdita che la avvolse. Con sua sorpresa, lui tirò fuori un fazzoletto dalla tasca e glielo passò. Lei lo prese grata, asciugandosi gli occhi e soffiandosi il naso accuratamente. Poi lo ripiegò e lo restituì, guardandolo in faccia per la prima volta. Lui stava fissando il fazzoletto offerto con uno sguardo di singolare disgusto. Lei guardò verso le pieghe inzuppate stretto tra le sue dita e i lineamenti del viso gonfi di lacrime si contorsero in un sorriso beffardo.

“Posso pulirlo per lei,” offrì in fretta.

Snape allargò le narici, come se l'idea l'offendesse “Tienilo,” replicò, infondendo lo sdegno nella voce. “Dimmi,” continuò prima che lei potesse ringraziarlo, “avevi una destinazione in mente o stavi correndo per il semplice piacere di fare movimento?”

“Ero diretta verso l'ufficio della professoressa Vector.”

“Per regola dovrei rimandarti al tuo dormitorio.”

Hermione sbiancò visibilmente. “Per favore, signore, no.” La sua voce era all'improvviso tinta da un accenno delle lacrime precedenti.

Snape sollevò un sopracciglio. “In alternativa puoi avere una punizione con me.”

“Quello,” rispose Hermione con convinzione, “sarebbe infinitamente preferibile.”

Snape sollevò un secondo sopracciglio, che si unì al primo, e all'improvviso cambiò tattica. “Cos'avresti fatto se avessi scoperto che la professoressa Vector non è nel suo ufficio?”

“Mi ha permesso di superare le sue difese all'ingresso, signore. Posso andare quando voglio.”

Hermione non riusciva a respirare. L'avrebbe rimandata alla torre di Grifondoro? L'avrebbe fatta andare nell'ufficio della Vector? Lui rimase a considerare le opzioni per un lungo momento con un dito che sfregava il suo labbro inferiore.

“Vieni, Miss Granger,” ordinò, girandosi sui tacchi. Lei lo seguì veloce, sollevata oltre misura dal fatto che si stava dirigendo avanti, invece che indietro verso la sala comune. Fuori dalla porta della Vector si fermò. “Non farti trovare nei corridoi dopo il coprifuoco, signorina Granger, o ci sarà una punizione.”

Hermione bussò gentilmente alla porta per essere certa che fosse vuota, quindi l'aprì con un tocco della bacchetta. Si guardò dietro le spalle mentre entrava. “Grazie, professore,” disse. Snape non replicò, incoraggiandola meramente a varcare la soglia con uno sprezzante gesto delle dita.

Una volta che la porta fu chiusa, Hermione illuminò la stanza con un gesto della bacchetta. Il professor Snape è stato incredibilmente gentile, notò appoggiando il fazzoletto sul tavolo da lavoro e lisciandolo con la mano sinistra. Avrei quasi apprezzato una punizione. Fece un profondo respiro e si stirò, le braccia distese sopra la testa, la schiena arcuata. Visto che era lì, avrebbe fatto meglio a lavorare un po'. Risolutamente, tirò fuori i calcoli che riguardavano lei, Ron ed Harry da un lato, e prese le nuove equazioni che avevano a che fare con l'incidente di Katie Bell. Nel momento in cui si diresse verso il dormitorio, la sua escursione sarebbe stata considerata più come “in piedi prestopiuttosto che “fuori dopo il coprifuoco,” ma fu sollevata di non incontrare nessuno tranne la Dama Grigia, che le passò di fianco distrattamente. Scivolò nella sua stanza prima che qualcun altro fosse sveglio e chiuse le tende con molta attenzione intorno al suo letto. Grazie a Dio era domenica mattina e poteva dormire tranquillamente per tutto il giorno.

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chi_lamed: Tranquilla, posso capire che avendo letto i libri in italiano i nomi siano più familiari nella nostra lingua :). Ho scoperto che è uscita una nuova edizione dei romanzi con una traduzione rivista: molti nomi sono rimasti in inglese, altri (tipo Piton e Silente) sono rimasti tradotti e altri ancora hanno subito una variazione (tipo Tassorosso in Tassofrasso :-O!!)

Anne

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Capitolo 14
*** Defensive Mechanisms ***


Capitolo 14

NdT: spero che questi aggiornamenti stiano allietando le vostre vacanze, magari ve li leggete in spiaggia (beati voi...) Intanto mandiamo, tutti insieme, un corale GRAZIE a silviabella per la beta.

Anne London



Capitolo 14

Defensive Mechanisms





Severus stava insegnando alla Granger le basi delle barriere di difesa. Lei aveva afferrato i principi teorici velocemente e aveva replicato perfettamente i complessi movimenti della bacchetta. Infatti stava riproducendo delle sofisticate barriere magiche, ma non era ancora soddisfatto, perché la ragazza non le stava lanciando con tutta la forza del suo corpo, e le difese erano quindi deboli. Malgrado fossero abbastanza complicate da richiedere tempo e impegno per disgregarle, annullarle forzatamente era relativamente semplice.

Granger era in piedi al centro dell'ufficio, bacchetta in mano, lanciando ancora una volta le difese. Severus girava lungo il perimetro della stanza, distruggendo qualunque tentativo e criticando le sue prestazioni.

“Andiamo, Granger,” le ringhiò dopo aver demolito un'altra delle sue prove. “Questi non sono incantesimi.”

Granger soffiò via una ciocca di capelli dalla fronte, irritata. “Qual è la differenza?” chiese scontrosa.

Lui smise di camminare ed esaminò la giovane donna di fronte a sé. I segni della sua migliorata forma fisica erano evidenti. Avrebbe dovuto far meglio di così. “Sii specifica, Granger.”

Lei incrociò le braccia sotto al petto, a disagio per essere stata fissata tanto a lungo. “La differenza, signore, tra le barriere di difesa e gli incantesimi. Cosa dovrei fare di diverso?”

Severus si appoggiò con un fianco contro la superficie della scrivania e incrociò le braccia. “Il grado di qualità e di complessità di un incantesimo,” rispose con tono da lezione, “deriva dal movimento del polso: l'agitare e il colpire. Usare la bacchetta per Difesa contro le Arti Oscure, invece, necessita della forza dell'intero corpo.” Granger sembrava ancora un po' imbronciata, ma il labbro inferiore era in mezzo ai denti e Severus poteva vedere gli ingranaggi del suo cervello in funzione. “Siediti,” le disse, girando intorno alla scrivania per mettersi al suo posto.

Granger si sedette con un leggero sospiro. Severus represse l'urgenza di darle una scrollata. Era triste e irritabile dalla sera in cui si era scontrata con lui correndo nei corridoi, accecata dalle lacrime. I posti a sedere modificati durante i pasti rendevano abbastanza evidente il fatto che aveva litigato con Ronald Weasley; Harry Potter faceva da arbitro fra i due e non sembrava affatto felice della cosa. Weasley, così sembrava, stava affogando il suo dolore per il litigio in una pozza della saliva di Lavender Brown – né il metodo più sofisticato né la più raffinata scelta di compagna, avrebbe aggiunto. Perché le importa cosa pensa o fa un ragazzo idiota? pensò. Come può far sì che questo influisca sul suo rendimento scolastico? Era quello il punto egoistico delle sue preoccupazioni. Gli mancava la brillante scintilla che portava nelle sue lezioni. Gli mancavano gli ironici scambi di battute. Gli mancava il suo sorriso.

“Granger,” disse brusco.

Lei, che contemplava il suo ginocchio sinistro, lo guardò sorpresa. “Signore?”

“Parlami di Viktor Krum.”

Lei si bloccò, gli occhi sbarrati e lo sguardo prudente. “Cosa vuole sapere?” chiese con voce attentamente neutra.

Interessante. “Tutto,” Severus sollevò una mano con un gesto onnicomprensivo. “Come vi siete conosciuti, che persona è, cosa sta facendo adesso.”

“Perché?” L'atteggiamento del suo corpo urlava la sua riluttanza.

Severus sollevò un sopracciglio di fronte alla sua impertinenza, ma le lacrime erano troppo fresche nella sua mente per spingerla oltre i limiti quella sera. “Perché, signorina Granger, ho bisogno di sapere.”

Lei trasalì leggermente al suo uso dell'onorifico. Interessante. Le sue labbra erano strette in una linea sottile e il mento era leggermente alzato. Cosa c'è di Victor Krum che non vuole dirmi? Severus sospirò. Avrebbe fatto meglio a dirle perché voleva saperlo.

“Durante la prima guerra, il Signore Oscuro ha ricevuto un significativo supporto dalle famiglie Purosangue dell'est europeo,” spiegò. “Karkaroff è stato particolarmente utile nel processo di reclutamento, grazie ai suoi contatti a Durmstrang. Karkaroff, come sai, è diventato un traditore dopo la caduta del Signore Oscuro ed è recentemente stato ucciso.” Granger sussultò. I suoi occhi erano fissi sul suo viso e stava ascoltando attentamente. “Con Karkaroff fuori dai giochi, il Signore Oscuro spera di riprendere i contatti e Krum è stato suggerito come una probabile scelta. Vista la mia presenza ad Hogwarts durante il torneo Tremaghi, il compito è ricaduto su di me.

“Lei!?” esplose Granger con indignazione. “Lei vuole che le dia delle informazioni su un mio amico così che possa reclutarlo come Mangiamorte?”

“Ho detto questo?” La voce di Severus era fredda, il viso impassibile. Le sue parole facevano male. “Pensaci bene prima di aprire bocca.”

Granger esitò, mordendosi il labbro inferiore. Vide l'incertezza sul suo viso mentre scorreva la conversazione di nuovo nella mente. Lui sollevò un sopracciglio. “Allora?”

“No, signore. Non ha detto niente del genere.”

Severus la guardò freddamente per diversi secondi prima di continuare. “Scoprendo il piano del Signore Oscuro, Dumbledore mi ha chiesto di sondare Krum con molta attenzione. Può essere infatti possibile reclutarlo per l'Ordine.” Mentre parlava, Granger diventò scarlatta, mortificata dalla sua precedente uscita.

“Chiedo scusa, signore,” si avventurò una volta che lui si fu fermato per respirare. “Sono stata fuori luogo.”

Severus continuò come se lei non avesse parlato, anche se si nutrì del suo evidente rimorso. “Le tue informazioni sono cruciali. Il Signore Oscuro ha sentito i dettagli della permanenza di Krum ad Hogwarts da me e da Draco Malfoy. Il coinvolgimento” - Severus pronunciò la parola come se fosse volgare - “di Krum con te ha fatto sollevare una bandiera di allerta, anche se al momento il Signore Oscuro è portato a pensare che fosse un modo per tenere sotto controllo Harry Potter.”

Hermione incrociò le braccia strette al petto e le gambe, infastidita. La rabbia che aveva trattenuto per giorni si palesò momentaneamente sulla superficie. “Sembra,” commentò acidamente, “che il Signore Oscuro e Ronald Weasley abbiano qualcosa in comune.”

Severus sogghignò. “Prendo atto che hai una diversa opinione.”

Granger fece un profondo respiro e solo per poco evitò un altro scatto rabbioso. Stringendo le labbra, espirò dal naso prima di replicare. “Sì.”

Sollevò un sopracciglio interrogativo.

“Cosa vuole sapere?” Non era il suo normale tono entusiasta, ma per fortuna era passata da contraria a rassegnata.

“Inizia dal principio.”

Granger prese qualche momento per riordinare le idee. “Ci siamo conosciuti in biblioteca. All'inizio trovavo la sua costante presenza fastidiosa, o almeno lo erano le ragazze che gli stavano sempre intorno.” Sbuffò in disapprovazione. “Era una cosa ridicola! Se non fosse stato una star internazionale di Quidditch non sarebbe loro importato per niente! Non è particolarmente bello, sa. Ha un grosso naso e capelli sporchi ed è sempre corrucciato.” Entrambe le sopracciglia di Severus scattarono verso l'altro, ma Granger non se ne accorse. Si era immersa nel racconto, ignara della rassomiglianza fisica tra l'uomo che stava descrivendo e l'uomo a cui lo stava descrivendo. “Comunque, alla fine abbiamo parlato – principalmente di Trasfigurazione. Sta facendo delle interessanti ricerche a dire il vero.” Il suo viso s'illuminò e Severus fu sorpreso dall'improvvisa fitta di gelosia che le sue parole avevano scatenato. Non per Hermione Granger, si affrettò a rassicurare sé stesso. No, non per una studentessa, ma in generale per l'idea di interazioni romantiche in una biblioteca. La relazione che stava descrivendo sembrava... perfetta. “Sta lavorando alla trasformazione in Animagus che possa comprendere diversi animali piuttosto che una sola specie.”

Severus si sforzò di riportare l'attenzione all'argomento attuale. “Ha avuto fortuna?”

“Oh, sì. Voglio dire, deve aver visto la trasformazione in squalo che ha eseguito per salvarmi dai Maridi.”

“Incompleta, ricordo.” Per qualche ragione, lo sguardo brillante che accompagnò la menzione di Granger sul salvataggio lo irritava.

“Beh, sì. Ma è quello il punto. La forma da Animagus di Viktor è un'aquila – prevedibile in realtà, dato il suo talento da cercatore: volo, buona vista, abilità di individuare e prendere piccole prede. Per trasformarsi in uno squalo – anche se parzialmente – serve grande abilità!”

Granger parlava ora animatamente, ma la cosa non dava nessun conforto a Severus. Cambiò argomento all'improvviso, dalle ricerche di Krum alla situazione in biblioteca. “Quindi, parlavate di Trasfigurazione; cos'altro?”

“Fu solo quando m'invitò al ballo che capii che gli piacevo in quel senso. Ero lusingata, ovviamente, e siamo stati bene.” La sua voce ebbe un leggero picco di trionfo. “Ha certamente sorpreso parecchia gente. Comunque, poi mi ha salvata dal lago, come ho detto prima. E poi mi ha invitata a fargli visita in Bulgaria.” Alla parola “visita” il suo corpo si era irrigidito visibilmente. Il tono colloquiale con cui aveva raccontato parte della sua storia era evaporato completamente e la cautela che Severus aveva notato all'inizio della discussione tornò con forza. “È tutto. Siamo ancora amici e ci scriviamo lettere amichevoli di frequente.”

C'è qualcosa a proposito della visita che non mi sta dicendo. “Sei andata in Bulgaria per vederlo?”

Granger strinse le labbra. Rispose alla domanda, ma lontana dal fornire dettagli. “Sì.”

Un pensiero potente s'insinuò nel cervello di Severus. “Sei andata a letto con lui?”

Lei divenne rossa. “Non sono affari che la riguardano,” scattò.

“Davvero, signorina Granger,” sogghignò, “Non ho interessi pruriginosi nelle imprese sessuali dei miei studenti.” Vide dal fiero sguardo di lei che non era abbastanza e ricorse ad una subdola tattica alla Dumbledore: “È la mia vita ad essere in gioco nell'incontro con Krum; chiedo semplicemente informazioni.”

“Va bene.” Granger abbassò una gamba e ci appoggiò sopra l'altra, contorcendo le spalle con fastidio. “Sono andata a letto con lui, soddisfatto?”

Severus si sentì leggermente senza respiro, ma non riusciva a dare un nome alla sua confessione. Certamente non era soddisfatto.

Granger lo stava fissando, la sua espressione così simile a quella di Minerva McGonagall che l'idea di lei che andava a letto con qualcuno la trovava leggermente terrificante. “Non l'ho mai detto a nessuno. Non ad anima viva. La avverto, professor Snape,” alzò un dito in ammonimento, “che se mai dovessi sentire qualcosa da chiunque, saprò che è stato lei. La troverò e, professore o no, gliela farò pagare. Non ho assolutamente nessun desiderio che le mie imprese sessuali ” - sputò quasi la parola - “diventino un argomento del gossip di Hogwarts! Sono stata abbastanza chiara?”

Severus ammise a sé stesso di sentirsi un po' scosso dalla forza della sua rabbia. L'energia magica stava pulsando attraverso il suo corpo e lui fu sorpreso che non avesse rotto nessuno dei contenitori di vetro allineati sulle mensole del suo ufficio. Anni di allenamento gli fecero mantenere il viso impassibile. “Ti assicuro, signorina Granger,” disse sogghignando, “ho cose migliori da fare che indugiare in pettegolezzi scurrili.”

“Meglio per lei,” mormorò guardando da un'altra parte.

Mantenendo un fermo controllo sul suo respiro, Severus tornò al suo interrogatorio. “Siete ancora una coppia?”

“No. Non proprio. Siamo amici.”

Lui sollevo un sopracciglio all'imprecisione di quella definizione. “Chi è stato a interrompere la relazione?”

“Sono stata io.” Granger continuava a non guardarlo e rispondeva alle sue domande fissando un punto che si trovava diversi centimetri alla sua destra.

Le sue future interazione con Viktor Krum non giustificavano veramente la profondità della sua curiosità, ma Severus insistette lo stesso. “Sei andata a letto con lui, lo hai lasciato ed eppure rimanete amici. Un considerevole risultato, signorina Granger.”

Granger sospirò e sollevò gli occhi al cielo. “Senta,” disse, tornando a guardarlo direttamente. “Siamo andati a letto insieme dopo esserci lasciati; è stata una mia idea, quindi non vada a pensare che sono stata ingannata dalla storia della sua routine da star internazionale di Quidditch. Una volta arrivata in Bulgaria è diventato chiaro che le cose non stavano realmente funzionando, non nella lunga durata. La purezza del sangue è ridicolmente importante in Bulgaria e Viktor è una figura pubblica. Siamo stati inseguiti da reporter ovunque andassimo. In più, l'intera cosa della lunga distanza non aiutava. Abbiamo deciso, beh, io ho deciso che era meglio che rimanessimo amici. Viktor è stato molto gentile e comprensivo su tutta la questione. Una volta eliminata la pressione, allora,” lei scrollò le spalle, “il sesso è diventato improvvisamente una prospettiva molto più invitante. Mi è piaciuto,” aggiunse sulla difensiva. “È stato divertente. Non lo rimpiango per nulla.”

Andando contro il buon senso, Severus pose un'altra domanda: “E cosa hanno pensato i tuoi genitori?”

Hermione sbatté le palpebre. “Quello, Severus Snape, non sono cose che la riguardano! Ma per sua informazione,” lei si chinò in avanti e diede dei colpetti sul ripiano della scrivania con un dito indignato, “i miei genitori erano d'accordo. Prima di partire, mia madre mi ha dato un pacco di preservativi e mi ha detto di fare attenzione.” Si appoggiò allo schienale della sedia e incrociò di nuovo le braccia. “Per l'amor del cielo, avevo quasi sedici anni.”

Severus fece un colossale tentativo per riportare la conversazione nella giusta direzione. “Parlami ancora della Bulgaria. Sembra possibile che il Signore Oscuro possa mandarmi lì per Natale.”

“Per incontrarsi con Viktor?” Granger chiaramente accolse bene il cambio di argomento.

“Sì.”

“Non mi disturberei. Verrà in Inghilterra.” La sorpresa doveva essere evidente sul suo viso perché lei si spiegò meglio. “Coglie l'occasione per incontrare diversi manager di Quidditch. E,” lei esitò per un solo secondo, “passerà qualche giorno a casa dei miei genitori.”

Qualunque risposta potesse avere Severus fu anticipata da un bussare alla porta. Lui lanciò un'occhiata ammonitrice a Granger mentre diceva al visitatore di entrare. La porta si spalancò per rivelare la Hooch, che incrociò le braccia e appoggiò una spalla con disinvoltura allo stipite della porta.

“Severus,” disse come segno di saluto.

“Cosa vuoi, Hooch?” rispose seccamente.

“Vedere se hai voglia di una bevuta,” replicò lei, per nulla scossa dalla sua scortesia.

“Come avrai senza dubbio notato,” fece un sorrisetto compiaciuto, “Sono troppo occupato a controllare la signorina Granger” - i suoi occhi si spostarono sprezzanti verso di lei - “per la sua punizione.”

Con la schiena alle spalle del visitatore, Granger alzò gli occhi al cielo. Hooch, tuttavia, rifiutò il non troppo sottile invito ad andarsene.

“Sai, Severus,” disse strascicata, “ho sentito che le tue punizioni erano brutte, ma non avevo idea che tu costringessi gli studenti a chiacchierare con te.”

Touché. Severus sentì un angolo della bocca contrarsi verso l'alto e guardò verso gli occhi sorridenti della Hooch. “Hooch,” ringhiò, riconoscendo la sconfitta. “Vattene!”

Lei rise. “Ci vediamo più tardi allora? Viene anche Minerva. Il che vuol dire, ti avverto, sarà meglio che tu sia pronto a discutere la partita Grifondoro-Serpeverde con toni affettuosi!” Lei salutò con una mano e chiuse la porta dietro di lei, divertendosi visibilmente al suo disagio. Quando la pesante porta di quercia si chiuse con un tonfo, il suono della sua risata fu interrotto all'improvviso.

Lui guardò Granger. Si era immersa nella interazione fra lui e Hooch come una spugna e lo stava guardando curiosamente. Ad essere sincero, le sue regolari inclusioni fra le serate poker lesbiche mensili fra Hooch e Poppy lo confondevano tanto quanto l'idea sembrava sorprendere Granger, ma non aveva intenzione di dirglielo. Lascia che pensi quello che vuole.

Severus aggrottò la fronte e tornò al più importate argomento su Viktor Krum. “Krum sta venendo per stare da te? A Londra?”

Lei annuì. “Sì,” confermò.

Può risultare vantaggioso. “Forse potresti organizzare un incontro. Un caffè, un pomeriggio, da qualche parte nella Londra Babbana?”

Lei annuì ancora. “Gli scriverò per scoprire esattamente quali siano i suoi programmi.”

“Molto bene.” Per un lungo momento valutò la donna di fronte a sé, gli occhi che si socchiudevano un poco. “La prossima settimana c'incontreremo nella Stanza delle Necessità. Se arrivi prima di me, aspetta fuori. Indossa qualcosa di ampio e comodo. Vestiti sportivi.” Quello attirò l'attenzione di lei e lui poté vedere la domanda formarlesi nella mente. “Puoi andare,” disse lui, interrompendo ogni commento da parte sua.

“Buona serata, signore,” replicò lei. Raccogliendo le sue cose si diresse alla porta. Mentre la chiudeva dietro di sé, lui colse il suo sguardo indagatore.



Severus si diresse verso l'appartamento di Poppy e Hooch, poco dopo che Granger se ne fu andata. Dopo aver bussato, Poppy aprì la porta.

“Severus,” esclamò lei con un sorriso, “entra!”

Minerva e Hooch erano sedute intorno al tavolo da caffè, con il Whisky Incendiario in mano.

“Severus!” Minerva stava vigorosamente ridendo di gioia. Reggeva bene l'alcol, ma ne aveva chiaramente consumato più che abbastanza per vantarsi della recente partita di Quidditch con l'atteggiamento adeguato. “Ho due parole per te: Ronald Weasley!”

Severus sollevò gli occhi al cielo mentre si dirigeva verso il camino, chiamando a sé una sedia prima di replicare. “Stupidaggini, Minerva,” grugnì, sistemando le sue lunghe membra nella sedia, “Weasley è sembrato bravo solo perché Vasey era assente. Se la tua squadra ha bisogno che i nostri migliori giocatori non ci siano, per avere una speranza di vittoria, non c'è molto da vantarsi al riguardo.”

“Veramente, Severus!” Protestò Minerva. “Se Serpeverde avesse vinto saresti seduto qui a vantarti, persino se la ragione fosse che Grifondoro avesse schierato in campo delle matricole su delle scope, piuttosto che i nostri sette regolari!”

Poppy mise un bicchiere di Whisky Incendiario nelle sue mani e gli fece un sorriso amichevole.

“Ad essere sincero, Minerva, non sono certo che avrei notato la differenza nelle loro abilità a Quidditch.” Severus puntualizzò il sarcasmo con un elegante alzata di sopracciglio e fece rilassare le spalle contro la spalliera.

Mentre parlava, Poppy si portò dietro alla sedia di Hooch, passando una mano tra i soffici capelli appuntiti alla base del collo dell'altra donna, prima di sedersi lei stessa dall'altro capo del divano.

“Poker?” chiese la Hooch, sovrastando con la sua voce la sputacchiante replica di Minerva e chiamando delle carte dalla mensola del camino, così che volassero nell'aria verso di lei. Le prese senza sforzo con la mano sinistra e iniziò a mescolarle, muovendo le carte nel vuoto in modo impossibilmente complesso; ogni esperto giocatore di carte Babbano avrebbe avuto un colpo vedendola.

Mentre Poppy richiamava anche le fishes per il poker, Minerva riacquistò un po' del suo controllo, commentando compiaciuta che Severus doveva già darle dieci Galeoni per la loro scommessa sulla partita di Quidditch fra le loro Case. Con un ghigno e un languido cenno della mano, lui mandò l'equivalente in fishes da poker svolazzanti sul tavolo, per aggiungersi alla pila di lei.

“Hai bisogno di molto più dei miei Galeoni se speri di vincere questa sera,” osservò lui.

La McGonagall avrebbe puntato tutto e lei e Severus mantenevano un conto aperto che nessuno dei due intendeva riscuotere in denaro vero. In vari momenti della loro lunga, competitiva amicizia, ognuno aveva avuto un debito astronomico verso l'altro.

“Questo lo vedremo, giovanotto!” replicò lei, prendendo le carte che Hooch le aveva dato e aprendole a ventaglio con mano esperta.

A quel punto, Poppy abbassò la luce nel soggiorno, con l'eccezione di una luminosa sfera leggermente verde che stava sopra al tavolo, e il gioco iniziò seriamente. I quattro amici erano combinati in modo uniforme, anche se forse Severus poteva reclamare il vantaggio della “faccia da poker” e battibeccarono e spettegolarono amichevolmente durante il gioco. Severus sentiva un po' della tensione abbandonare il suo corpo, cacciata via dal calore dell'alcol e della compagnia.

Al momento in cui arrivò Albus, Severus aveva vinto una certa percentuale dei dieci Galeoni che aveva ceduto a Minerva. Il preside sorrise allegro mentre usciva dalla Metropolvere.

“Accidenti,” disse, “che bell'esempio di unità fra case!”

Severus alzò gli occhi al cielo alla ripetizione di una delle battute preferite di Albus, mentre scartava due carte dalla mano e ne chiamava altre due dal mazzo con un gesto delle dita. “Se per 'unità', Albus,” disse in modo strascicato, “intendi uniti nel desiderio di battere gli altri, ti basta guardare la Sala Grande.”

Hooch sorrise al commento. “O nel campo da Quidditch.”

Minerva spostò la sedia di lato così che Albus potesse inserirsi nel sempre più affollato spazio intorno al tavolo basso.

“Sempre così allegro, Severus,” lo derise Albus mentre prendeva una sedia.

“Se non ti piace questo particolare modello di genialità Serpeverde, puoi sempre invitare Slughorn al mio posto,” replicò Severus senza calore. Era stato particolarmente sollevato che nessuno dei suoi amici avesse apprezzato molto il ritorno del professore di Pozioni. Anche se le tre donne erano perfettamente gentili di fronte a Slughorn, non lo avevano invitato neanche una volta ai loro regolari incontri serali. Dal momento che, con l'eccezione di Hooch, che al tempo giocava come professionista a Quidditch, gli altri erano stati colleghi di Slughorn mentre Severus stesso era suo studente, l'omissione non era una cosa da dare per scontata.

“Parlando di Horace,” rimarcò Dumbledore, appoggiandosi leggermente contro lo schienale della sua sedia e rivolgendosi direttamente a Severus, “devo insistere perché tu vada alla sua festa di Natale. Non guardarmi così, giovanotto! Malgrado tu non dia molto credito a questo particolare genere d'interazione fra case, potrebbe avere conseguenze positive. Molti dei Serpeverde seguono la tua guida implicitamente e non vorrei mancare di rispetto alla loro possibilità di fare conoscenza solo perché tu lo fai. In pubblico, almeno, mi aspetto che tu ti comporti verso Horace con garbo e decoro.”

Irrazionalmente, il buon senso della proposta di Dumbledore irritava Severus ancor più dell'opinione in sé. Lo frustrava che Dumbledore, che aveva fatto poco per includere la casa Serpeverde all'interno del più vasto corpo scolastico, potesse criticarlo ad un così basso livello. Fortunatamente, Minerva iniziò a parlare, liberandolo dalla necessità di rispondere.

“Temo che io non ci sarò, Albus,” commentò lei in modo mellifluo, “tocca a me controllare i corridoi quella notte e, visto che Horace ha invitato diverse persone esterne, la sicurezza dovrà essere più alta del solito.”

“Io ci sarò,” intervenne Hooch. “Gwenog sarà presente e non la vedo da una vita. Mi chiedo se stia ancora con Patty Parkin.”

“No!” esclamò eccitata Minerva. “Non quella brunetta incredibilmente alta?”

E la ruota del gossip era partita e in piena funzione. Severus sedette contro la spalliera e appoggiò il whisky contro il petto, sentendosi al sicuro nella consapevolezza che Albus aveva perso la sua opportunità di chiedergli qualcosa per almeno i prossimi quarantacinque minuti.

*


*


*

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chi_lamed: in effetti Snape si è rivelato molto comprensivo e tendenzialmente gentile. Per quanto riguarda l'epilogo diciamo che per fortuna devono ancora succedere tante tante cose, spero che rimarrete incollati tutti così come state facendo (perchè i commenti sono pochi, ma la gente che segue cresce ad ogni capitolo!) Grazie per essere così costante nel lasciarci scritto cosa pensi della storia :)

Anne

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Capitolo 15
*** Christmas Cheer ***


Capitolo 15

NdT: cosa potrei mai inventarmi per ringraziare in modo originale silviabella per il suo betaggio? Si accettano suggerimenti :)

Intanto buone vacanze a chi è riuscito a farle!

Anne London



Capitolo 15

Christmas Cheer


Una volta divenuto evidente che lei e Ron non si sarebbero riconciliati prima della festa di Natale di Slughorn, Hermione rivolse le sue impressionanti capacità intellettuali al problema di chi avrebbe potuto portare per far irritare Ron. Notando con rammarico che gl'incontri di Quidditch di Viktor rendevano impossibile la sua presenza, concluse che il fortunato doveva essere trovato tra i talenti locali di Hogwarts. Per quasi un giorno intero aveva seriamente considerato Zacharias Smith, fino ad una cena con lo Slug Club quando l'ispirazione la colpì: Cormac McLaggen. Una punta ripetuta di rimpianto l'aveva spinta a parlare brevemente con lui a molti incontri. Invariabilmente, lui la guardava in modo lascivo o faceva qualche commento che la faceva arrabbiare nei primi minuti. Quindi gli rispondeva bruscamente e se ne andava infuriata. McLaggen, dal canto suo, sembrava interpretare i suoi insulti come una forma poco evoluta di tentativo di seduzione e non li trovava affatto sgradevoli.

Alla cena dello Slug Club in questione, gli eventi andarono più o meno come al solito: “Sai, Granger, se ti preoccupassi dei tuoi capelli e del trucco, saresti splendida,” commentò, lasciando scorrere lo sguardo per tutta la lunghezza del suo corpo.

Hermione si guardò apertamente intorno. “Sfortunatamente, non riesco a vedere nessuno qui per cui ne valga la pena.”

McLaggen rise. “Vuoi venire con me alla festa di Natale del vecchio Sluggy, allora? Ti mostrerò che ne valgo la pena.”

Hermione sbatté le palpebre sorpresa. Stava per interromperlo con uno tra i commenti più cattivi che riuscì a trovare quando lo scherno di Ron nella serra gli tornò alla mente: “Perchè non cerchi di uscire con McLaggen, Slughorn allora vi farà Re e Regina Lumaca*

Hermione lasciò che il suo sguardo vagasse sul corpo di McLaggen, considerando importante soffermarsi per un momento a esaminare il sedere. Perché no? Sembra un cavolo di edificio di mattoni, ma da una prospettiva puramente oggettiva, non è brutto – cioè, se ti piacciono gli uomini massicci e muscolosi, cosa che a me non piace. Ma avrebbe definitivamente fatto girare le palle a Ron, nessun dubbio.

“Va bene,” acconsentì. Litigare con McLaggen è quasi preferibile ai mortali convenevoli con Smith. “Ci vediamo alle otto all'entrata della sala. Non fare tardi.” Rivolgendogli un sorriso tirato, lo lasciò a sogghignare per la sua buona fortuna e a dare pacche sulle spalle ai suoi amici, con gioia.



Una volta che Jocelyn ebbe ricominciato dalle regole basilari, le ci vollero solo un paio di incontri per prendere la mano con Trasfigurazione ed Hermione trovò piacevole insegnare. Jocelyn era intelligente, veloce e divertente da avere intorno; in più apprezzava visibilmente passare il tempo con Hermione.

“Sono sorpresa che tu non sia stata messa a Corvonero!” la prese in giro Hermione alla fine del loro secondo e ultimo incontro di ripasso.

Jocelyn riuscì a gestire un ghigno degno di un Serpeverde per un paio di secondi, prima di rovinare tutto sorridendo ampiamente.

“Ad essere onesta, il Cappello Parlante ci ha pensato, anche se sono certa di aver fatto la scelta giusta: adesso sarei morta o confinata da qualche parte se non fossi stata a Serpeverde.”

Beh, questo mette certamente la scelta del Cappello Parlante nella giusta prospettiva. “Ha pensato a Corvonero anche per me,” commentò Hermione, il ricordo delle sue prime settimane solitarie ad Hogwarts le passarono davanti. Era convinta che il Cappello Parlante la ritenesse troppo stupida per andare a Corvonero, lasciandola più determinata che mai ad eccellere in ogni lezione. Quello, di conseguenza, aveva reso ancora più difficile farsi degli amici.

“Lo immaginavo, Hermione,” replicò Jocelyn. “Credo che il Cappello faccia un buon lavoro nel mettere la gente dove ha bisogno che stia.”

“Pensi che il Cappello Parlante sapesse che Harry aveva bisogno di me fin da allora?”

Jocelyn alzò gli occhi al cielo. “O che tu avessi bisogno di lui. Non hai mai pensato a come sarebbe stata la tua vita se fossi stata scelta per andare a Corvonero?”

Hermione non l'aveva fatto. Non seriamente. Non da quando lei, Ron ed Harry erano diventati così tanto amici.

“Ti saresti fatta degli amici,” continuò Jocelyn, “ma non avresti avuto delle avventure. Saresti sempre stata la prima del tuo anno, ovviamente, ma nessuno si sarebbe sorpreso della cosa. Saresti stata una Corvonero nella norma.”

Hermione fissò la sua amica. Era il tipo di commento che poteva fare Snape, ma lui l'avrebbe detto con una voce così carica di sarcasmo che avrebbe potuto essere ricevuto solo come un insulto. Jocelyn fece la sua stima con una voce normale, piatta; Hermione non era proprio sicura di come prenderla.

Inaspettatamente, Jocelyn ridacchiò. “Scommetto che avresti potuto essere la migliore amica di Marietta Edgecombe!”

La colpa fece attorcigliare lo stomaco di Hermione. “Tutto quello che può fare per sbarazzarsi di quella maledizione è provare rimorso per la sua azione!” disse di scatto, la sua coscienza infelice arpionata al tono della voce.

Jocelyn alzò un sopracciglio. “Sicuramente quello può dipendere prima di tutto dalle sue motivazioni per aver tradito il gruppo?” chiese.

“Mi rimangio quello che ho detto prima,” replicò Hermione nel tono più piatto possibile, “tu sei una perfetta Serpeverde.” Se c'è mai stata una casa che ha imparato ad osservare e quindi stuzzicare i punti sensibili di chiunque, brontolò tra sé e sé, quella è Serpeverde. La domanda di Jocelyn aveva soltanto intensificato il suo senso di colpa, ma, come Hermione sapeva bene, senza la pergamena originale, non c'era niente che potesse fare in proposito – e chissà dov'era finita una volta che la Squadra d'Inquisizione aveva finito con lei?

Jocelyn si limitò a sorridere compiaciuta, chiaramente deliziata di essere ritenuta una perfetta Serpeverde.



Mentre si dirigeva verso la Stanza delle Necessità più tardi quella sera stessa, Hermione rifletté sul suo progetto Aritmantico. Aveva aggiunto i calcoli che descrivevano l'incidente di Katie ed erano definitivamente collegati all'intera struttura. Mancava qualcosa, comunque, qualcosa di cui non aveva i dati, qualcosa che avrebbe illuminato la logica dietro l'attacco e dimostrato la precisa connessione tra quello e la più vasta probabilità della matrice. Sembrava così casuale. Non aveva senso e ad Hermione Granger non piaceva quando le cose non avevano senso.

Mentre arrivava alla Stanza le risultò ovvio che Snape fosse già arrivato: una porta dall'aria anonima era visibile nel muro. Era molto simile alle comuni porte interne della casa dei suoi genitori e sembrava inadatta nei muri di pietra dei corridoi di Hogwarts. La maniglia si girò facilmente ed entrò all'interno, trattenendo il respiro per la sorpresa quando la piccola porta si aprì in una stanza molto più grande. Sembrava una palestra. Il pavimento era coperto con un tappetino colorato e alle pareti erano appese sbarre per arrampicarsi e funi. Alla vista di Snape, i suoi occhi si spalancarono ancora di più. Era in ginocchio di fronte alla porta, la toga da insegnante sparita. Era vestito con un paio di vecchi pantaloni da ginnastica e una maglietta grigia sbiadita. Vedendolo, il suo cuore prese a battere velocemente.

“Sbrigati,” la accolse seccamente. “Togliti la toga e le scarpe; per adesso non hai bisogno della bacchetta. Spero ti sia ricordata d'indossare qualcosa di appropriato.”

Hermione si era sentita strana all'inizio della serata, quando aveva indossato i suoi vestiti sportivi sotto l'uniforme, ma adesso era sollevata. “Sì, signore,” disse obbediente, girandosi per cercare un posto dove appendere le sue cose. Dietro la porta da cui era entrata c'era una fila di ganci. Lì era appesa la toga del professor Snape e si sbrigò ad aggiungere la sua all'appendiabiti. Si tolse le scarpe e le pose in ordine dietro a quelle di pelle di drago di lui. Mentre si voltava si sentì stranamente esposta.

Nei brevi momenti che le erano occorsi per togliersi l'uniforme, lui si era alzato e aveva attraversato il tappetino avvicinandosi a lei. I piedi erano scalzi e attiravano il suo sguardo, malgrado tentasse di non fissarli. Erano lunghi e a punta, con una spruzzata di peli neri sulle nocche dei piedi. Lentamente, seguì la linea del corpo più in alto. Sotto le spaziose pieghe della toga e dei vestiti formali, il suo fisico era più slanciato e robusto di quel che lei s'immaginava. Le curve dei bicipiti bilanciavano i gomiti che altrimenti sarebbero risaltati su delle braccia troppo sottili e le vene dell'avambraccio richiamavano l'attenzione sui muscoli sottostanti. L'inchiostro del Marchio Nero spiccava con scioccante contrasto sulla pelle pallida. Doveva sapere che lo stava fissando perché aveva girato l'interno del braccio verso di lei, in modo che potesse guardare quanto voleva. Il cuore di Hermione batteva così forte che il rumore nelle orecchie la lasciò leggermente stordita. Lentamente si sforzò di guardarlo negli occhi, preparandosi all'ostilità che si aspettava avrebbe scatenato.

Quando i loro occhi s'incontrarono, lui non disse nulla. La sua bocca era una linea stretta, stranamente scavata ai bordi. Un sopracciglio era sollevato, ma il viso nel complesso sembrava stranamente cupo. Con un improvviso afflusso di comprensione, Hermione capì che non aspettava di urlarle contro, ma piuttosto di assistere al suo disgusto – si attendeva di vederla ritrarsi con orrore alla vista del Marchio Nero. Combattendo un'improvvisa urgenza di piangere, Hermione di sforzò di comporre il viso in un'espressione simile al suo sorriso di benvenuto. “Buonasera, professore,” disse. “Sono pronta ad iniziare.”

Un'espressione indecifrabile passò sul viso di lui prima che si voltasse. Fece un gesto verso i tappetini. “Fammi vedere una capriola,” le disse.

“Ehm, ci provo.” Hermione fece una smorfia. Si accucciò su un lato del tappetino e posizionò le mani sul pavimento. Goffamente spinse con i piedi, ricordandosi di tirar dentro la testa mentre si girava. Riuscì quasi a cadere in piedi, ma dondolò di nuovo all'indietro ancora prima di riuscire a riconquistare l'equilibrio, torcendosi di lato in modo da scattare in posizione eretta.

“Non così.” Snape scosse la testa lentamente, deridendola. “Così.” Dalla posizione eretta si tuffò in avanti. Le braccia assorbirono il peso del corpo e le gambe si piegarono senza sforzo contro il petto. Con un movimento incredibilmente fluido, rotolò e si sollevò di nuovo in piedi. Vedendola con la bocca spalancata per lo shock, ghignò.

“Non lo so fare.” Hermione scosse la testa con un piatto diniego.

“Non lo sai fare, ancora.” Il ghigno era ancora più pronunciato e lei sospettò che si stesse divertendo davanti al suo disagio.

“No, non posso.” Hermione sentì la sua voce diventare leggermente più alta per la disperazione e cercò di controllarla. “Non ero una di quelle ragazze che facevano ballo e ginnastica. Sono negata per questo genere di cose.”

“Signorina Granger,” - ormai sapeva di essere nei guai quando lui aggiungeva di nuovo l'onorifico davanti al nome - “sei una strega. Puoi farlo.” Sollevo la mano con un imperioso gesto d'invito.

“Cosa c'entra essere una strega con questo?” mormorò, quasi troppo piano per essere udita, anche se si spostò avanti obbediente.

Snape la prese per le spalle e la posizionò di fronte a sé.

“Gambe larghe,” ordinò, scorrendo un piede tra i suoi e colpendo gentilmente con la pianta la sua caviglia finché non ebbe posizionato i piedi dove voleva. “Ora, piega leggermente le ginocchia.” Spinse con le dita dello stesso piede dietro alle ginocchia, controllando che si piegassero al tocco.

Ovunque la toccasse, lei sentiva un fremito. Chi sei tu? pensava tra sé. E cosa ne hai fatto del professor Snape? Senza la sua toga sembrava un estraneo e cercò invano di ricordare una volta in cui lui l'avesse toccata volontariamente– quella volta in cui si erano scontrati nei corridoi non contava.

“Le mani,” le girò intorno e usò il suo piede per indicare un punto un metro davanti a lei, “cadranno qui. Abbassa la tua testa verso l'interno,” enfatizzò le parole spingendo la testa in avanti contro il petto con una mano “accosta le ginocchia e rilassati. Lo slancio per il tuffo farà sì che tu possa rotolare. Adesso prova.”

Hermione si concentrò intensamente sul punto del pavimento che lui aveva indicato e si focalizzò sulla leggera piega delle ginocchia. Ondeggiò avanti e indietro sugli avampiedi. “Non posso,” sbottò e guardò verso di lui con espressione supplichevole.

Lui roteò gli occhi. Da dove si trovava, perpendicolare alla sua posizione e diagonalmente di fronte a lei allungò le braccia e posizionò la mano più vicina sulla sua vita, l'altra mano alla base del collo. “Fallo, Granger,” ringhiò.

Facendo un profondo respiro, Hermione si lanciò in avanti, ma si spaventò all'ultimo momento prima di piegarsi e rotolare. Finì a quattro zampe, messa maldestramente in una strana parodia di cane a testa in giù. Le mani di lui erano ancora su di lei, la afferrò per la maglietta e, sollevandola, la rimise dritta. “Prova ancora.”

La seconda volta, riuscì a farla. Sentì le mani di lui spingere la testa al momento giusto e assicurarsi che la schiena si curvasse correttamente. Era così stupita di trovarsi in piedi ancora una volta che quasi cadde. “Oh!” esclamò, girandosi verso di lui per registrare la sua reazione.

Lui sollevò un sopracciglio. “Ancora, Granger.”

Snape fu un implacabile supervisore. Alla fine della lezione, Hermione riusciva a fare la capriola senza che lui l'accompagnasse e persino rotolando di lato, posandosi su un avambraccio e piegandosi su una gamba per alzarsi.

“Ora,” disse Snape, quando lei pensava che avessero finito. “Prendi la bacchetta.”

Hermione corse dove aveva lasciato la toga e cercò nella tasca, quindi corse indietro per mettersi davanti al suo professore.

“Chiudi gli occhi,” le disse. “Ricorda attentamente la sensazione del tuo corpo nel pieno del controllo. Pensa al momento alla fine della capriola, quando i tuoi piedi sono sotto di te, senza sapere di preciso come ci sono finiti. Concentrati sulla sensazione si spingere in alto le ginocchia che sono già piegate in preparazione.” Fece un attimo di pausa. “Ora lancia l'incantesimo scudo.”

Cave inimicum!” urlò Hermione e l'energia fuoriuscì dalla sua bacchetta. Mai, prima, aveva lanciato un incantesimo con una tale potenza. Le barriere erano visibili nell'aria mentre si formavano, luccicando come una calda foschia tra di lei e il soffitto. “Wow,” sussurrò, vedendo cos'aveva fatto.

“Questa,” replicò compiaciuto, le braccia incrociate sul petto, “è la differenza tra lanciare un incantesimo e l'usare le difese.



Con l'arrivo della fine del semestre, il carico di lavoro di Hermione passò da semplicemente pieno a frenetico. Per il suo progetto di ricerca di Aritmanzia, aveva passato diverse ore in biblioteca ricopiando esempi storici di precedenti battaglie, controinsurrezioni e guerriglie. In aggiunta al resto del suo programma di lavoro scolastico, stava incontrando Snape due volte a settimana – lui non l'aveva avvertita di essere troppo occupato per vederla e certamente non aveva intenzione di ricordarglielo. Hermione e Ron ancora non si parlavano, cosa che rendeva il tempo che passava con Harry teso e imbarazzante malgrado i tentativi di lui), e le lezioni con Snape erano diventate inequivocabilmente il culmine della settimana.

Una volta a settimana stavano nella Stanza delle Necessità, dove gli esercizi fisici a cui lui la sottoponeva diventavano progressivamente più difficili. Le insegnò a cadere, quindi a saltare, e la costrinse a ripetere faticosi scatti di addestramento che lui affermava essere utili per migliorare la spasmodica risposta muscolare. Durante una lezione, la fece strisciare stile soldato avanti ed indietro per tutta la stanza. Durante l'ultima lezione prima delle vacanze di Natale, lui mise su un percorso ad ostacoli, facendola iniziare da una parte e mettendo la sua bacchetta all'altro lato, quindi sfidandola a ritrovare la bacchetta mentre lui stava da una parte della stanza a lanciarle Schiantesimi.

Anche le lezioni che tenevano nel suo ufficio erano diventate più orientate verso la magia di difesa. Lavorarono su un gran numero di barriere – costruendole e smantellandole. Lavorarono anche a diverse tecniche per migliorare i riflessi. Qualche volta, significava che Snape poteva lanciarle maledizioni a caso mentre parlava, costringendola a far apparire incantesimi scudo oppure a deviarli; altre volte, lui diceva la parola “bacchetta” in momenti inaspettati e lei doveva tirar fuori la bacchetta più in fretta possibile. Si esercitavano ancora occasionalmente sulla Legilimanzia e Occlumanzia, anche se raramente e solo se anche Jocelyn era presente.

Hermione sentiva che, con la sua reazione al Marchio Nero di Snape, aveva passato qualche forma di test. Le ringhiava e sbraitava ancora contro e sogghignava e faceva commenti sarcastici, ma mai con la brutale punta di malignità di cui lo sapeva capace. Fuori dalle lezioni, Snape era sempre lo stesso e persino durante le sessioni nel suo ufficio il suo comportamento era vicino a quello solito, ma nella Stanza delle Necessità era positivamente rilassato.

Hermione era arrivata a capire che Snape provava grande piacere dall'uso e allenamento del proprio corpo. Infatti, Hermione era sufficientemente conscia del fatto che anche lei provava una certa quantità di piacere. Aveva avuto abbastanza cotte per degli insegnanti da riconoscere i segni – diamine, aveva avuto persino una cotta per la professoressa McGonagall per un periodo, senza contare la farsa che era stato il professor Lockhart. Primo, Snape era brillante. Stava imparando più durante le sue lezioni che in tutte le altre classi messe insieme. E secondo, aveva un bell'aspetto. Viktor Krum era la prova che Hermione non aveva problemi con nasi grandi o espressioni corrucciate e Snape si muoveva in un modo che si agganciava alla superficie della sua consapevolezza e attirava la sua attenzione. Se le piatte linee del suo corpo in mostra nella Stanza delle Necessità l'avevano all'inizio reso innegabilmente apparente, lei lo apprezzava anche per il modo in cui camminava nei corridoi e la classe, il modo in cui la toga si stendeva e gonfiava in risposta ai movimenti del suo corpo nascosto. È un peccato che non possa portare Snape alla festa di Slughorn, rifletté, quello avrebbe veramente fatto incazzare Ron. Il solo pensiero la fece ridacchiare parecchio, guadagnandosi uno sguardo di rimprovero da Madama Pince mentre cercava, senza risultato, di smorzare le risate tra le pagine dei compiti di Aritmanzia.



Hermione ricevette la conferma ai piani di viaggio di Viktor l'ultimo giorno di lezione. Sarebbe arrivato il 28, un sabato, e sarebbe rimasto con lei fino all'anno nuovo. Malgrado sarebbe stato in Inghilterra fino al 12 di gennaio, viaggiando per incontrare diversi manager di Quidditch, sarebbe rimasto a casa sua solo per quattro notti. Viktor aveva accettato di prendere un caffè con “una persona importante che vorrei davvero che tu incontrassi” nel pomeriggio del suo arrivo – Hermione non gli aveva detto chi fosse di preciso – lasciando a lei il compito di confermare le ultime disposizioni con Snape. Era grata che la lettera fosse arrivata prima che lasciasse Hogwarts.

Hermione non ebbe occasione di parlare con Snape durante il giorno, ma con la festa di Slughorn fissata per quella sera non era troppo preoccupata. Certamente non intendeva passare troppo tempo appesa al braccio di Cormac McLaggen.

Come concordato, s'incontrò con McLaggen nell'ingresso alle otto. Lui non valeva il tempo che richiedeva l'usare la Pozione per capelli, così aveva semplicemente bloccato le ciocche in modo allentato in cima alla testa. Indossava un semplicissimo e disadorno vestito con uno scollo all'americana di un intenso blu scuro. Era lungo abbastanza perché nessuno realizzasse che si trattava di un acquisto Babbano, piuttosto che un'autentica lunga veste, e il taglio del modello nascondeva la cicatrice, eccetto per una parte. Quel paio di centimetri che rimanevano visibili lungo la clavicola non la preoccupavano troppo. McLaggen aveva fatto un notevole sforzo: indossava una lunga veste di un rosso scuro, all'apparenza molto costosa, e le aveva portato un piccolo bouquet. Aveva insistito per portare la sua mano nella piega del braccio per la breve camminata dall'ingresso fino all'ufficio di Slughorn e la tenne lì con una stretta risoluta che suggeriva che scappare via da lui non sarebbe stato così facile come aveva anticipato.

“Ti avevo detto che saresti stata stupenda ed avevo ragione,” osservò McLaggen con l'aria di uno che offriva un complimento esagerato.

Mamma mia, sarà una lunga serata. “C'è una prima volta per tutto,” rispose con un sorriso tirato. McLaggen passò allora all'argomento Quidditch, chiaramente ritenendosi a posto con le carinerie. Hermione sospirò dentro di sé. Era noioso, ma alla fine aveva fatto una grande pratica nel perdere l'attenzione con le conversazioni sul Quidditch.

Vennero accolti alla porta dal loro ospite, il professor Slughorn, che aveva abbinato la giacca dello smoking viola con un cappello munito di nappe. Stava chiaramente puntando per un aspetto rilassato, ma riuscì a sembrare soltanto un poggiapiedi troppo pieno. “Cormac! Hermione! Che bella coppia che siete!” Pizzicò la guancia di Hermione con un imperdonabile gesto di cordialità da zio. “Non dimenticate, è stato qui allo Slug Club che per la prima volta avete imparato a conoscervi! È sempre un piacere spianare la strada di un giovane amore.”

Parlare con lui è persino peggio che parlare con McLaggen, pensò Hermione mentre onorava Slughorn con una smorfia che sperava potesse passare per un sorriso. “Andiamo, Cormac,” mormorò, tirandolo dentro la stanza e disperatamente scrutando la folla per qualunque segno di Ginny o Harry.

“Lo so a cosa stai giocando, civetta!” McLaggen l'afferrò all'improvviso per la vita, schiacciandola contro il petto.

“Cosa-?” Hermione si sforzò per ritrovare il respiro e districarsi dall'abbraccio di McLaggen senza fare una scenata. Non era soltanto enorme, ma anche massiccio. Colpirlo al petto non aveva effetto.

“Vischio,” lui le fece un sorrisetto, abbassando la bocca su quella di lei.

Il bacio fu terribile. Ad essere sincera, aveva soltanto Viktor come riferimento, ma il paragone non faceva onore a McLaggen. Le labbra erano calde in modo disturbante, disgustosamente bagnate e un po' troppo molli. L'esperienza fu molto sgradevole e andò avanti troppo a lungo. Per aggiungere insulto ad ingiuria, McLaggen passò una mano sopra il collo e nei capelli, spostando diverse forcine e distruggendo ogni speranza che potesse tenere il caos delle ciocche sotto controllo.

Ci vollero diversi minuti prima che la lasciasse andare. Tirandosi indietro con un sorrisetto compiaciuto, si asciugò il lato della bocca con il polpastrello del pollice. “Beh,” iniziò, sembrando esageratamente fiero di sé.

“Ehm, devo incipriarmi il naso,” ansimò Hermione, battendo in una veloce ritirata.

Dall'altro lato della stanza, s'imbatté in Harry e s'immerse in una conversazione con lui e Luna con un sospiro di sollievo. Non ci volle molto, tuttavia, prima che Mclaggen andasse a cercarla e si affrettò via di nuovo. Nascondendosi dietro la piega di un arazzo nel muro, Hermione fece il punto della situazione. Individuò Snape, alla fine, solo per notare l'irritazione con cui stava parlando con Harry – fra tutti quanti! Doveva aspettare e parlare con lui dopo. McLaggen era vicino al tavolo delle bibite a chiacchierare con un mago che non aveva mai visto prima, probabilmente uno degli ospiti speciali di Slughorn. Ginny, d'altro canto, non si vedeva da nessuna parte.

Cercando Snape, Hermione lo vide scortare Malfoy fuori. Dannazione. Se andava tutto bene sarebbe tornato presto – non era preparata ad andare in giro tutta la sera e rischiare un altro incontro con McLaggen e il vischio.

“Da cosa ti stai nascondendo?” Ginny si materializzò fuori dalla folla.

Hermione lanciò alla rossa un gran sorriso cospiratorio. “Evito il mio accompagnatore.”

“Non ti biasimo! Lo eviterei anch'io. Visto che Ron non è qui a godersi lo spettacolo puoi semplicemente sederti e lasciare che l'idea vada a fondo.”

Hermione sorrise. “Esattamente.”

“Avevo una mezza idea di evitare anch'io il mio accompagnatore,” sospirò Ginny, appoggiando le spalle contro il muro di fianco ad Hermione. “Non sollevare le sopracciglia a quel modo, signorina! Sai bene che stiamo seguendo la stessa strategia. Anche se credo che Dean sia una scelta più semplice da affrontare rispetto a McLaggen. Ugh.” Rabbrividì in modo drammatico ed Hermione rise. “Non t'invidio.”

“No,” concordò Hermione. “Ma è solo per una sera.”

“Già, evita soltanto il vischio in futuro, va bene?”

“Grazie, Ginny.” Hermione diede all'altra ragazza un'amichevole colpetto con la spalla e Ginny si staccò dal muro.

“Vado a cercare Dean.” La guardò con sguardo ironico. “Non fare niente che io non farei.”

La testa rossa di Ginny sparì nella stanza affollata mentre Hermione controllava se in vista c'era la figura del professor Snape. Era tornato, notò, e stava parlando con Slughorn non lontano dalla porta. Infatti, strinse gli occhi riflettendo, sembrava stesse salutando. Se riusciva a muoversi lungo i margini della stanza sarebbe stata in grado di uscire allo stesso momento. Controllando velocemente che McLaggen fosse ancora al sicuro dall'altro lato dell'ufficio, Hermione iniziò a muoversi. Si sbrigò, si strizzò, si scusò, pestò senz'altro il piede di qualcuno e fu semplicemente troppo tardi. Snape uscì mentre lei era ancora dei buoni metri lontana dalla porta. Eppure aveva bisogno di parlare con lui. Hermione aggirò un paio di Corvonero e fece un sorriso assente ad un Grifondoro del quarto anno. Finalmente! Uscì nel corridoio, l'aria fredda l'accolse con sollievo dopo l'atmosfera soffocante dell'ufficio affollato.

Il professor Snape non si vedeva da nessuna parte, ma indovinando che si stesse dirigendo verso i sotterranei, girò a destra e corse agilmente giù per una scala nascosta. Alla base della scala lo vide in lontananza, molto avanti.

“Professor Snape,” chiamò, ma lui non sembrò notarla. Raccogliendo la gonna con una mano, e ringraziando di non aver indossando delle scarpe ridicole, Hermione corse dietro di lui. “Professor Snape,” lo chiamò ancora, una volta che ebbe guadagnato un po' di terreno. Sicuramente deve avermi sentita? Quando lo ebbe quasi raggiunto lo chiamo ancora una volta, “Professore!” Lui allora roteò verso di lei, per la voce o per il rumore dei passi, non ne era sicura. Dovette bloccarsi di colpo per evitare di piombargli addosso.

“Signorina Granger,” ringhiò. Dal suo sguardo sembrava furioso.

Hermione fece un passo indietro. “Professor Snape,” ansimò.

Lui coprì la breve distanza tra loro con due falcate per incombere sopra di lei. Quando parlò ancora la sua voce era pesantemente minacciosa, ogni parola nettamente separata e distinta. “Che cosa vuoi?”

Ma Hermione non stava guardando lui. I suoi occhi scivolarono dal suo viso e stava fissando, con gli occhi sbarrati, qualcosa sopra la sua testa. Per diversi secondi nessuno dei due si mosse, finché – quasi riluttante – Snape girò la testa leggermente e guardò con la coda dell'occhio cos'aveva attratto la sua attenzione.

“Vischio,” sussurrò lei con voce soffocata.

Gli occhi di lui si voltarono verso di lei, ma diversamente rimase immobile. Hermione non respirava, non riusciva a pensare. Allora si mosse: con una lentezza infinita si protese verso l'alto e in avanti. Una mano si appoggiò al petto di lui. Le palpebre si chiusero e il cuore martellava. Poteva annusarlo, un profumo pulito e intenso andava a coprire l'odore fumoso dei sotterranei. Le sue labbra erano così vicine. Pochi attimi ormai...

Bruscamente, Snape voltò la testa. Le labbra di Hermione scivolarono sulla sua guancia, contro un ruvido accenno di barba.

Spalancò gli occhi e trasalì. Afferrandosi la mano la strinse contro il cuore che batteva forte. Merda. Hermione sentì crescere il panico e cercò di prepararsi all'esplosione d'ira che sentiva imminente. Merda. Snape – SNAPE! - mi ucciderà. Cosa diavolo stavo pensando?

“Signorina Granger,” la sua voce era spaventosamente calma, il viso senza espressione, “ti suggerisco di tornare nel tuo dormitorio, immediatamente.”

Ad Hermione non serviva un ulteriore incoraggiamento. Si girò subito, inciampando leggermente nella fretta di andar via più in fretta possibile. Arrivata all'angolo si girò indietro, ma Snape era andato via.

*


*


*

*Slug vuol dire Lumaca (da qui Lumacorno in italiano). Mantenendo il nome in inglese il gioco di parole non si coglie direttamente, scusate...

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Fink1987: bentornata :). Il rapporto tra i due diventerà sempre più interessante, anche se non aggiunto altro per non spoilerare. Grazie per i complimenti alla traduzione!

chi_lamed: io ho adorato la partita a poker, così come adoro tutti i coinvolgimenti del restante corpo insegnanti, li rende molto più umani (cosa che ha un senso avendo il punto di vista di un loro collega, invece che degli studenti). Hooch poi è veramente un mito :).

Keira Lestrange: ti ringrazio da parte di grangerous e benvenuta :). Anch'io ho trovato molto interessante questo tipo di coinvolgimento di Krum, secondo me è uno dei personaggi veramente sfruttati male in originale, JKR potreva certamente trovargli più spazio...

Anne

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Capitolo 16
*** Viktor Victorious ***


Capitolo 16

NdT: Spero abbiate passato un buon ferragosto. In queso capitolo siamo durante le vacanze di Natale, rinfreschiamoci un po'. :)

Graziegraziegrazie a silviabella ^__^

Capitolo 16

Viktor Victorious



Severus osservò il suo riflesso con un'espressione arcigna. Ogni speranza che non apparisse così male come si sentiva fu immediatamente infranta. Lasciando scorrere l'acqua calda, si strofinò il viso con una salvietta bagnata, desiderando di togliere la sensazione granulosa dagli occhi e i cerchi scuri che facevano mostra di sé al di sotto; il sonno si era dimostrato uno sfuggente compagno. Ogni volta che chiudeva gli occhi riviveva – con penosi dettagli – il suo incontro sotto il vischio con Hermione Granger. Quando teneva gli occhi aperti, il suo cervello si concentrava sul comportamento idiota di Draco, le inspiegabili azioni di Dumbledore e le probabili conseguenze della promessa che lui stesso aveva fatto ad entrambe le parti in guerra. La sua vita stava andando in pezzi.

Perché Draco aveva scelto quello, fra tutti gli anni, per rivendicare finalmente un po' d'indipendenza? Perché non si fidava più del suo Capo Casa? Perché Draco non aveva notato che il trattamento riservato dal Signore Oscuro a Malfoy senior non prometteva bene per la sua stessa incolumità?

Severus chiuse il rubinetto e nascose il viso in un asciugamano.

Il danno collaterale del piano di Draco era stato solo in parte contenuto; Katie Bell era stata fortunata. Soltanto Merlino sapeva quanti altri sarebbero stati messi in pericolo dai continui tentativi di Draco di uccidere Albus Dumbledore.

Dumbledore.

Severus sospirò e infilò l'asciugamano al suo posto.

Dumbledore stava perdendo il controllo. Non c'erano altre spiegazioni per la reazione alla notizia su Jocelyn Smith. Malgrado il vecchio irritasse Severus oltre misura, c'era un reale affetto nella loro relazione. Severus non poteva sopportare di vederlo vacillare. Non tollerava l'idea che Dumbledore stesse morendo. E Severus, assolutamente, decisamente, non voleva essere colui che doveva ucciderlo. Non era giusto. Certamente la scelta di fronte a sé non era giusta: uccidere Dumbledore, aiutare Draco ad uccidere Dumbledore o morire.

Per gli dei, date le probabili conseguenze del mantenere le doppie promesse che aveva fatto, morire sembrava un'opzione piuttosto buona.

Tranne.

Eccolo lì il tranne. Non voleva morire.

Da quando? pensò, esaminando il suo riflesso stranamente. Quand'è cambiato? La sua vita era stata in pericolo per anni – il Signore Oscuro, gli Auror, membri dell'Ordine sospettosi, frammenti appuntiti del calderone di Longbottom – non gli era importato. Forse era la differenza tra l'avere una scelta di sopravvivenza e una morte certa. Forse, pensò all'improvviso, abbassandosi verso il suo riflesso e aggrottando la fronte con disgusto verso sé stesso, è Hermione Granger?

Non sapeva cos'era peggio: i pensieri generati dal bacio mancato o quelli scatenati dal modo in cui era trasalita dopo.

Severus gemette.

Per Merlino, era stato tentato di lasciare che lo baciasse. I particolari tornarono in fretta – il blu scuro del vestito, l'accenno di cicatrice lungo la clavicola, il modo in cui i ricci cadevano scomposti lungo il collo. La curva della spalla nuda, il labbro inferiore leggermente sporto in avanti, le ciglia che sfioravano la sua guancia. Il suo profumo.

Severus deglutì e afferrò saldamente i bordi del lavandino. La calda ondata di eccitazione lo lasciò leggermente nauseato. Non avrebbe mai immaginato di essere il tipo d'uomo che desiderava i suoi studenti. Non voleva esserlo. Dei, se Minerva lo avesse saputo gli avrebbe staccato le palle. Albus – Albus avrebbe sorriso comprensivo e avrebbe suggerito che conoscere simili desideri e resistere lo rendevano un uomo migliore. Ma per Minerva il pensiero sarebbe stato un crimine. E Severus era incline ad essere dalla parte di Minerva in questo caso.

Hermione non sembrava una studentessa, ma la cosa non aiutava. Piuttosto il contrario. I suoi vestiti avevano costretto Severus a riconoscere l'importante differenza qualitativa tra far paura al corpo studentesco in generale e vedere una bella donna ritrarsi impaurita da lui per paura fisica. Risvegliava in lui un vecchio incubo.

Suo padre, Tobias Snape, era stato uno zotico e un prepotente. Aveva paura della conoscenza dei libri e delle cose che non riusciva a comprendere immediatamente, prima e principalmente la magia. Suo figlio, Severus, aveva ereditato il suo carattere insieme al naso. Eppure, mentre Severus non era affatto un uomo gentile, aveva comunque imparato in fretta che l'infliggere dolore fisico a quelli più piccoli e deboli di lui non gli dava nessun piacere. Severus aveva canalizzato la sua vena crudele, la sua infanzia infelice, il suo aspro senso dell'umorismo e un'intelligenza tagliente, verso una strada totalmente opposta a quella di suo padre. Aveva scelto la sua lingua come arma a doppio taglio; disprezzava chi ricorreva alla forza bruta e sbandierava la sua superiorità intellettuale. Provava poi un vendicativo piacere nell'essere segretamente un uomo migliore delle cosiddette persone buone e amichevoli intorno a sé.

Le fantasticherie di Severus furono interrotte dal distinto suono di qualcuno che si schiariva la voce. Sollevò la testa per guardare lo specchio.

“Mi scusi, signore,” commentò lo specchio in segno di scusa, “ma Lady Florinda è arrivata nel salotto e vorrebbe parlarle.”

Severus ringhiò in risposta, un basso suono animalesco, ma si voltò sui talloni e lasciò il bagno. Si diresse a grandi passi nel salotto e si avvicinò al ritratto appeso al muro di fianco al caminetto.

“Lady Florinda,” disse con un'imitazione passabile di cortesia e facendo un leggero inchino con la testa.

“Buongiorno, signore,” la Lady fece un inchino. “Alcuni studenti sono già partiti dalla sala comune, stanno per arrivare nel suo ufficio.*

Severus guardò l'orologio. Era in ritardo. La maggior parte degli studenti stava tornando a casa per Natale e i Serpeverde avrebbero usato la Metropolvere del suo ufficio. In pochi secondi aveva indossato la toga da insegnante. Fermandosi per ringraziare Lady Florinda, e richiamato a sé il caffè dalla colazione sistemata sul tavolo, lasciò la stanza. Di conseguenza non vide la lettera di Hermione finché non la trovò nel pomeriggio.

Quando la vide rimase immobile; la famigliare grafia circolare era immediatamente riconoscibile. Si sedette, facendo girare la pergamena tra pollice e indice per diversi minuti prima di rompere il sigillo e srotolarla.


Caro professor Snape,

ho organizzato l'incontro con Viktor alle 17 di sabato 28 dicembre in un caffè di Convent Garden (l'indirizzo è sotto). Si aspetta d'incontrare qualcuno a me importante. Per favore, mi faccia sapere se l'accordo non dovesse andare bene.

Vorrei scusarmi per il malinteso della notte scorsa e aspetto con impazienza di rivederla a Londra.

Le auguro un sincero Buon Natale,

Hermione Granger

The Drury Tea & Coffee Co.
New Row, 3
Londra, WC2N 4LH

Severus rilesse il messaggio diverse volte. Aveva l'impressione che Hermione avesse scelto le sue parole con molta cura. Distrattamente passò la punta di un dito sopra le parole “a me importante.” Cosa stava cercando di fare, offrirgli perdono?

Sei un'idiota, Severus Snape,” disse ad alta voce prima di arrotolare la pergamena a metà e la infilò in una tasca sul petto. “Un idiota,” aggiunse, spingendosi in piedi, “con del lavoro da fare.”

Anche se Severus aveva molti esami di fine semestre da correggere, decise di passare diverse ore rifornendo invece le scorte dell'infermeria. A volte l'astrazione contemplativa, e il piacere fisico di creare una pozione, erano l'unica sana soluzione.



Severus passò da Spinner's End per prendere degli appropriati vestiti Babbani, ma arrivò a Covent Garden con largo anticipo. Anche Hermione era in anticipo e, da dove era lui, Disilluso, fuori dalla finestra, la vide scegliere un tavolo con una buona visione della stanza e togliersi il cappotto, cappello, sciarpa e guanti. Londra non era fredda come Hogwarts, ma il tempo era comunque brutto. Hermione sembrava nervosa. Giocherellava con le bustine di zucchero che si trovavano sul tavolo e i suoi occhi guizzavano tra i passanti fuori e gli occupanti del caffè. Quando vide il suo viso illuminarsi di riconoscimento, Severus si voltò. Un taxi si era appena fermato e il distinto profilo di Viktor Krum era chiaramente visibile attraverso il vetro posteriore. Hermione uscì dal caffè per accoglierlo. Vestita solo con i jeans e il maglione, saltellava da un piede all'altro e mettendo le mani sotto le ascelle per tenerle al caldo mentre Krum pagava l'autista. Due borse sportive emersero dal taxi prima di lui seguite da vicino, comunque, dallo stesso Krum.

“Herr-Mioni!” urlò, allargando entrambe le braccia in un esuberante saluto.

“Viktor!” rise lei, precipitandosi impaziente nel suo abbraccio.

Per il disgusto di Severus, Krum la sollevò in aria e la fece girare. Decise che sarebbe stata una lunga serata. Hermione afferrò la borsa più piccola di Krum ed entrambi si affrettarono verso il caldo ed invitante interno del caffè. Severus si tirò indietro all'ombra di una porta d'ingresso vicina e rimosse l'incantesimo di Disillusione prima di seguirli dentro.

Hermione e Krum erano riusciti a nascondere le borse dietro ad una delle sedie e prevalentemente fuori dai piedi.

“Sei splendida,” diceva Krum ad Hermione mentre Severus si avvicinava.

Hermione arrossì leggermente e sembrava compiaciuta. Severus aggrottò la fronte.

“Professor Snape!” Hermione si alzò dalla sedia che aveva appena occupato, il rossore sulle guance – se possibile – s'intensificò. Krum si voltò a metà nel togliersi il cappotto, con il viso che registrava un leggero cenno di sorpresa. “Viktor, ti ricordi del professor Snape, vero?”

“Offiamente,” Krum replicò in modo piatto, allungando la mano. “È un piacere federla di nuofo, professore.”

Snape strinse la mano e inclinò la testa con cortesia. “Granger,” commentò freddamente, come modo per ricambiare il suo saluto. Lei gli rivolse un sorriso stretto ed imbarazzato.

“Voi due sedetevi,” suggerì lei, parlando troppo in fretta come conseguenza della sua ansia. “Prendo del caffè. Voi cosa volete?”

“Forrei un cappuccino, lascia che ti dia del denaro,” replicò Krum.

“Non c'è bisogno, ehm, professore?”

“Un doppio espresso, grazie.”

Con questo si guadagnò un accenno di sorriso più genuino. “Davvero?” chiese lei. Lui sollevò un sopracciglio imperiosamente e si sistemò i capelli dietro un orecchio. “Avrei dovuto capirlo,” commentò lei da sopra la spalla mentre si dirigeva verso il bancone.

Severus riportò la sua attenzione verso Krum. Indossava vestiti Babbani dall'aspetto costoso con etichetta dello stilista. Si era tolto il cappotto per rivelare un maglione di cashmere che indossava sopra ad una camicia. Severus, in contrasto, tenne il cappotto di lana addosso, malgrado il caldo del caffè. Gli strati protettivi di lana scura avevano la stessa funzione della sua toga da insegnante e gli conferivano la confortante illusione di autorità.

“Sono sorpreso di federla, professore. Non afefo capito che fosse lei la persona che Hermione” - storpiò la pronuncia solo leggermente - “foleva farmi incontrare.”

Severus non aveva alcuna voglia di convenevoli e lanciò un'occhiata ad Hermione che stava facendo le ordinazioni, prima di rispondere. “Infatti,” replicò in modo vago, metaforicamente calpestando diverse risposte sgarbate che gli erano venute in mente e guardandosi intorno per dire qualcosa di cortese. “Cosa ti porta in Inghilterra in questo periodo dell'anno?”

Un sorrisetto anticipatore incurvò i bordi della bocca di Krum. “Beh,” replicò con tono cospiratorio, “principalmente è un'opportunità per vedere Hermione. Sono stato abbastanza fortunato da organizzare alcuni incontri di Quidditch e quindi le spese di fiaggio sono pagate.”

Nessun segno dell'ondata di gelosia che Severus sentì fu registrata sul suo viso. “Infatti,” replicò ancora una volta con lo stesso tono. Aveva senso. Hermione e Krum si sarebbero anche ufficialmente lasciati, ma, tenendo conto del suo resoconto degli eventi, il sesso in sé era iniziato solo a quel punto. Non sarebbe stata una sorpresa se Krum avesse visto l'invito a stare a casa sua come una proposta per riprendere quelle attività.

Più o meno per il minuto successivo nessuno disse niente.

“Hermione defe afere un'alta opinione di lei,” commentò Krum, interrompendo il silenzio. “Ha insistito molto perché c'incontrassimo.”

Severus non poté fare a meno di chiedersi se la sua opinione rimaneva alta come lo era stata prima della festa di Slughorn. “Questo incontro è stata una mia idea.” L'enfasi che aveva messo nelle parole implicava che l'opinione di Hermione era irrilevante.

Krum sembrò preso alla sprovvista, ma qualunque risposta fu interrotta dal ritorno di Hermione.

“Espresso, cappuccino, cioccolata calda.” Declamò, trasferendo tutte le bevande dal vassoio che teneva sul tavolo. Appoggiò il vassoio in un ripiano vicino e si sedette, osservando Severus curiosamente.

Lui si fermò, la tazzina a metà dalla bocca e le lanciò un'occhiata interrogativa.

“Niente zucchero?” chiese lei, il luccichio malizioso negli occhi che smascherava la piatta innocenza del tono.

Lui aspettò finché lei non sollevò la sua bevanda verso la bocca prima di degnarsi di rispondere. “Granger, penso scoprirai che sono già abbastanza dolce così.” La risata sputacchiante fu una risposta sufficiente e Severus sentì una piccola contorsione di felicità nel profondo dello stomaco. Eppure il suo senso di responsabilità si riaffermò immediatamente. Far ridere Hermione non è il punto cruciale di questo incontro, ricordo a sé stesso bruscamente. Ingoiando il suo caffè con una sorsata, ripose la tazzina nel piattino e si voltò verso Krum. Usando il tavolo come copertura, Severus fece scivolare furtivamente la bacchetta in mano e lanciò un Muffliato non-verbale. Solo allora parlò.

“Cosa sai dell'attuale situazione politica?” chiese.

Prima di rispondere Krum guardò Hermione, che era tornata immediatamente seria. “Più di quanto lei possa immaginare.” Scrollò le spalle. “Karkaroff mi ha detto abbastanza sulla precedente guerra ed ero ad Hogwarts quando il preside ha annunciato il ritorno di Colui-Che-Non-Def'essere-Nominato. Da allora mi sono mantenuto su efenti generali ed Hermione mi ha detto un bel po'. Ho sentito dell'Ordine della Fenice.” Fece una pausa per un secondo, le pesanti sopracciglia unite insieme. “Perché lo chiede?”

Severus osservò a lungo il giovane uomo di fronte a sé prima di rispondere. “Sei al corrente che Karkaroff era un membro dei Mangiamorte durante la prima guerra?”

“Sì.”

“Lo ero anch'io.”

Krum sembrava sospettoso dalla svolta che la conversazione aveva preso, ma non sorpreso dall'informazione. “Sì,” disse ancora.

“Lo sono ancora,” continuò Severus. Questa informazione scioccò Krum. I suoi occhi di allargarono leggermente e guizzarono verso Hermione. “Sono anche un membro dell'Ordine della Fenice. Lavoro come spia.” Sollevò un dito per bloccare la domanda che Krum stava per fare aprendo la bocca. “Ti ho detto questo perché recentemente entrambi i miei capi hanno espresso un interesse nei tuoi confronti.” - la bocca di Krum si chiuse con uno schiocco udibile - “Non credo che tu sia in un immediato pericolo. Il Signore Oscuro sta cercando contatti nell'est Europa ed è stato fatto il tuo nome. Durante il torneo Tremaghi hai fatto una notevole impressione sui figli delle famiglie Mangiamorte. L'unico marchio contro di te è la storiella pubblica portata avanti con una strega Nata Babbana. Per quanto riguarda il Signore Oscuro, tuttavia, sa che la relazione è durata poco.”

Mentre Severus parlava, il colore di Krum si era intensificato in modo allarmante e strinse entrambe la mani a pugno. “Non difenterò mai un Mangiamorte!” Si precipitò a dire, l'accento rafforzato dalla rabbia. “Può dire al suo Signore Oscuro che trofo i suoi metodi orribili e che la propaganda anti Babbani dei suoi seguaci ripugnante!”

Hermione allungò le braccia e fece scivolare una mano sul grembo di Krum, stringendo gentilmente la sua coscia. Gli lanciò un sorriso rassicurante, calmandolo leggermente. L'ammirazione con cui lei rispose ai suoi commenti fece contorcere lo stomaco di Severus.

“Non farò niente del genere,” ringhiò. “Dirò al Signor Oscuro che sei lusingato di aver attirato la sua attenzione, che ammiri la sua politica e che, benché sei contrattualmente legato ad impegni di Quidditch in Bulgaria, e non avendo la libertà di movimento che ti piacerebbe, speri di essere tenuto informato degli eventi. Gli dirò che saresti felice di offrire ogni aiuto possibile. Inoltre, Krum, mi aspetto che tu faccia una considerevole donazione alla causa anti Babbani.”

I muscoli della mandibola di Krum sussultarono e si sporse in avanti con rabbia. “Non mi sta ascoltando, professore. Mio nonno fu ucciso da Grindelwald – lo sa perché? Perché afefa sposato una strega Nata Babbana! Ecco perché! La fita di lei fu salfata dalla resistenza e fu portata fia di nascosto. Quelle persone sono eroi per me. Non potrei mai, mai unirmi ad un gruppo come i Mangiamorte!”

“Sei un idiota,” sibilò Severus. “Non ti sto chiedendo di unirti ai Mangiamorte.”

Gli occhi di Hermione guizzavano da un uomo all'altro. La conversazione non stava andando bene e la sua preoccupazione era evidente nella posa rigida che aveva assunto la parte superiore del suo corpo. “Viktor,” mormorò lei, la mano che rimaneva sempre sulla coscia. “Ascoltalo fino alla fine.”

“Cosa sta chiedendo allora, professore?” Il tono e l'espressione erano belligeranti. Pose la sua larga mano su quella più piccola di Hermione, tenendola contro la sua gamba e intrecciando le dita con le sue.

Severus fece un profondo respiro ed espirò dal naso. “È quasi certo che il Ministero della Magia cadrà sotto il controllo del Signore Oscuro da qui a dodici mesi. Se e quando accadrà ci aspettiamo la messa in atto di una brutale legislazione anti-Babbana.” Fece una pausa. Krum lo guardava in modo testardo, le sopracciglia scure unite in un cipiglio. Il ragazzo non aveva ancora afferrato. “Alcuni Nati Babbani inglesi avranno bisogno di una via di fuga,” continuò Severus col tono che si potrebbe usare per spiegare le cose ad un idiota. “Idealmente, dovrebbero poter avere un contatto che sia un mago straniero ben inserito che possa viaggiare per l'Europa senza attirare l'attenzione.”

Finalmente arrivò la comprensione. Mentre l'espressione sul viso di Krum s'illuminava, Hermione gli sorrise, sporgendosi in avanti con la mano libera per stringere quella di lui fra le sue. Severus si alzò all'improvviso, spingendo indietro la sedia mentre si alzava. “Vado a prendere un altro caffè,” commentò verso la stretta fessura che separava i suoi due compagni. Stando in piedi in fila mentre aspettava di ordinare, guardò indietro verso il tavolo e vide Hermione sistemare una ciocca di capelli dietro l'orecchio di Krum. Essendosi spostato oltre i limiti dell'incantesimo di Silenzio non poteva sentire cosa stavano dicendo, ma Severus era più che sicuro di capire il loro linguaggio del corpo. La tensione sessuale, che era stata evidente dall'inizio, ebbe un picco quando Hermione si sporse in avanti e premette le labbra sulla sua guancia.

Severus registrò l'impatto di quel bacio con un pugno. Per un momento, il mondo intorno a lui andò fuori fuoco. Severus Snape non era un uomo di natura superstiziosa, ma in quel momento ebbe un'inesorabile esperienza di premonizione della sua morte. La sua vita si srotolava davanti a suoi occhi – al contrario. Perché non aveva notato la somiglianza prima? Due streghe Nate Babbane, Casa Grifondoro, prime della classe. Entrambe, maledizione, di gran lunga amichevoli con Potter. Entrambe bruciate dall'entusiasmo di fare la cosa giusta, entrambe troppo pronte a balzare in difesa degli altri. Entrambe le donne avevano scelto qualcun altro rispetto a lui. Però sì, questa volta era l'opposto: Hermione aveva iniziato a pensare a lui come ad un Mangiamorte, al principio aveva paura di lui. Poi, c'era stato un periodo in cui l'interesse che lei aveva nutrito per lui era stato soltanto utilitaristico – le aveva insegnato cose che non poteva apprendere altrove. Allora lui aveva appreso che la sua relazione con un altro era sessuale, e lo era da un po'. Il bacio che non era stato veramente un bacio era seguito e adesso lui stava guardando le sue interazioni con il suo amante, distrutto dalla gelosia. Che cosa rimaneva? Severus ripensò agli eventi dei suoi giorni a scuola, reinterpretandoli al presente: una discussione, un'amicizia, un omicidio, un desiderio da lontano. In quell'ordine. Aveva tutto un orribile senso.

“Ehi, signore, va tutto bene?” L'interruzione del barista riportò Severus al presente con un balzo. Dallo sguardo sul viso, non era la prima volta che gli faceva quella domanda. “Salve, allora, adesso che è tornato nella terra dei vivi, posso portarle da bere?”

“Un doppio espresso, ristretto.” Severus tirò fuori una manciata di monete Babbane dalla tasca dei jeans e prese l'ammontare esatto. Rischiò un'altra occhiata ad Hermione e Krum. Erano l'uno nelle braccia dell'altro. Hermione aveva la bocca vicino all'orecchio di Krum e gli stava dicendo qualcosa con delle frasi rapide. Krum era leggermente rosso e cercava di sembrare allo stesso tempo nobile e modesto. Severus sentì un afflusso di rabbia verso il giovane uomo.

“Un ristretto doppio signore, buona bevuta.” Ancora una volta il barista riportò Severus al presente. Severus aveva un lavoro da svolgere e le sue emozioni avevano poco o niente a che fare con quello. Sollevò il suo caffè dal vassoio, notando con un certo orgoglio che la sua mano era completamente ferma, e camminò indietro verso il tavolo.

Mentre entrava dentro ai confini dell'incantesimo di Silenzio, Hermione lo accolse con un caldo sorriso. Severus la fissò a sua volta con calma. La breve camminata era stata più che sufficiente per attivare le vecchie abitudini mentali di una vita, e le sue emozioni erano tornate nel pieno controllo.

“Professore,” iniziò Krum, con un tono un po' pomposo. “Forrei scusarmi per ciò che ho detto prima. Sono stato fuori luogo.”

“Una persona può solo sforzarsi per mantenere l'intelligenza allo stesso passo dell'altro.” Severus sogghignò al giovane uomo.

Hermione allora parlò, interrompendo con prontezza la risposta piccata di Krum. “Abbiamo iniziato a parlare di alcuni dettagli-”

“Non voglio sapere nessun dettaglio.” Severus sollevò un sopracciglio ammonitore. “Voglio solo sapere come contattarti” - questo era diretto a Krum - “se dovesse capitare la necessità.”

“Ma, perché non lo fuole sapere?”

“Perché,” spiegò Hermione, un anno luce più veloce del suo compagno, “meno sa e più sicuro è il piano.”

“Oh.” Krum aggrottò le sopracciglia e guardò lentamente da Severus ad Hermione e ancora indietro. “Ha detto di essere una spia.” Era più un'affermazione che una domanda, ma Severus confermò la verità annuendo. “Come facciamo a sapere da che parte sta feramente.”

Hermione aprì la bocca subito per correre in difesa di Severus, ma lui la interruppe con una mano sollevata.

“Quello, Krum, non è cosa che ti riguardi.” Krum aveva uno sguardo ribelle, i muscoli della mandibola contratti ancora una volta. “Ma ti dirò questo: a prescindere dalla mia definitiva lealtà, non ho simpatia per i pregiudizi di sangue. ”

Severus vide che Krum era tutt'altro che placato dalla sua risposta, ma Hermione aveva riportato la mano in modo rassicurante sulla sua coscia e lui visibilmente si rimangiò qualunque risposta intendesse dare.

“Come può contattarti il professor Snape?” disse subito in modo gentile.

“Tutte le lettere spedite a Viktor Krum sono smistate da un gruppo di segretari.” Krum sembrava riluttante a cambiare argomento sulla lealtà di Snape. “Loro leggono tutta la posta dei fan e cercano eventuali maledizioni. Se manda un gufo a Torvik Murk, invece, arriverà a me direttamente.”

“Bene.” Severus sollevò la mano, il palmo verso l'alto. “Alcuni dei tuoi capelli, Krum,” chiese.

Krum si adirò subito, ma Hermione cercò di assecondarlo, stendendo le braccia e tirando tre capelli dalla testa del giovane uomo con uno strappo netto.

“Ecco, professore,” commentò mentre li lasciava nel palmo di Severus.

“Bene,” disse di nuovo Severus. Prese l'espresso e bevve con una sola sorsata. Tirando fuori un paio di guanti di pelle dalla tasca si alzò in piedi. “Granger, Krum,” annuì ad entrambi. “Buonanotte.”

“Buonanotte, professore.” Si allontanò senza voltarsi indietro.

Una volta uscito dal caffè, comunque, s'infilò nella strada adiacente e si Disilluse. Quindi tornò indietro alla finestra del caffè ed esaminò la coppia che aveva appena lasciato. Pratiche standard di spionaggio, rassicurò sé stesso mentre riponeva i capelli di Krum in una piccola fiala di vetro per campionamento e la sistemava al sicuro in una tasca interna. Ad un certo punto, lei fece un gesto oltre le sue spalle e, pochi minuti dopo, i due iniziarono a vestirsi per l'esterno.

Mentre uscivano, la loro conversazione divenne udibile.

“Ma come faccio con le mie faligie?”

“Oh, non saranno un problema. Una volta arrivati al teatro, userò un leggero incantesimo per non farle notare e possiamo lasciarle nel guardaroba.”

“Non posso credere che stiamo andando all'opera!”

“Ti dispiace?”

“Per niente, sono felice.”

Hermione prese Krum a braccetto, sorridendogli. “Da questa parte, allora. Quaggiù c'è un eccellente posticino dove cucinano la pasta, possiamo mangiare un boccone prima dello spettacolo.”

Contro ogni convinzione, Severus li seguì. Il locale era solo dietro l'angolo. Il ristorante era piccolo e molto affollato, ma il maitre di sala li rassicurò che ci sarebbe stato un tavolo pronto a breve, lasciandoli fuori ad aspettare sotto il cerchio di calore emanato dai bracieri a gas. Severus era stato pronto ad andarsene viste le dimensioni del ristorante, ma vedendoli fermarsi vicino al braciere a sfregarsi le mani, si avvicinò.

“Herr-mioni,” disse Krum, enfatizzando il nome con cui la chiamava, “Ho qualcosa per te.” Mentre parlava tirò fuori una scatolina dalla tasca.

Gli occhi di Hermione si allargarono vedendola e Severus si sentì leggermente male. Sicuramente no?

“Cos'è?” Hermione sembrò un po' esitante.

È una piccola cosa su cui stafo laforando. Folefo darlo a te perché sei stata tu ad afermi dato l'idea originale.” Hermione sembrò incuriosita. “Ti ricordi quando sei fenuta nel mio paese?”

“Certamente!”

“Beh, se mi ricordo, i tuoi genitori erano un po' preoccupati. Soprattutto perché eri ancora troppo giofane per usare la magia fuori dalla scuola. Mi ha fatto pensare. Folefo fare qualcosa che potesse essere usata completamente senza magia – da un bambino o persino da qualcuno senza bacchetta.” Le porse la scatolina. “Afanti, aprila.”

Hermione prese la scatola dalla sua mano. La aprì con uno scatto. Sembrò un po' confusa dal contenuto, e osservò Krum curiosamente. Lui sorrise incoraggiante e allungò la mano per tirar fuori un un bottone d'argento sottile, poco più grande di due centimetri.

“Cos'è?”

“È una Passaporta personale, attivabile con la voce.”

“È attiva sulla mia voce?”

“Non ancora, defi prima impostarlo. Una folta attifo, la frase designata ti porterà a casa, non importa quanto tu sia lontana o le barriere Anti-apparizione che possono esserci.” Lui prese la Passaporta dalla sua mano e la girò di lato. “Mettila in bocca con il lato piatto contro la parte interna della guancia e questa parte sporgente-”

“L'occhiello.”

“-l'occhiello, tra i denti.” Lui la aiutò a metterlo in bocca, le dita che sfioravano delicatamente la linea della mandibola, due dita immerse dentro. “Ora di' qualcosa – ma fai attenzione! Scegli una frase che sei sicura di non poter dire per sbaglio.”

Hermione aggrottò la fronte pensando per un secondo, quindi sorrise intorno al suo boccone di metallo. “Nessun posto è bello come casa,” recitò. Krum annuì serio. Chiaramente non conosceva Il Mago di Oz. Hermione sputò la Passaporta nel palmo della mano e la guardò curiosamente.

“È studiata per essere cucita all'interno dei tuoi festiti, ficino alla pelle. In questo modo non hai bisogno di trofarla o ricordare di aferla con te, o afer paura di toccarla. Quello che hai bisogno di fare è dire la frase per essere trasportata a casa in salfo.”

“Viktor! È grandioso! Ci sarà voluta una vita!”

Krum alzò le spalle modestamente. “Un po', sì. È anche riutilizzabile. Può essere reimpostato un qualsiasi numero di folte, completamente senza magia; in questo modo ogni bambino può usarlo. Questo è studiato per portare sempre la persona a casa, ma ne ho fatto altre che trasportano le persone in altri posti.”

“Wow! Avrei voluto avere qualcosa di simile lo scorso anno, quando siamo stati attaccati al Ministero... Sai, Viktor, questo potrebbe rivelarsi davvero cruciale nei nostri piani – quante persone sanno del progetto?”

La risposta di Krum fu interrotta dall'uscita di alcune persone dal ristorante e la ricomparsa del maitre. “Venite, il vostro tavolo è pronto.”

Hermione ringraziò copiosamente l'uomo mentre entrava dentro, la Passaporta tenuta stretta in una mano. Severus fu lasciato fuori da solo, il cuore pesante e la testa che vorticava con le scoperte della serata. Girandosi sul posto, si Smaterializzò via. 

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* In italiano nel testo

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chi_lamed: la seduta in palestra mi è piaciuta molto, soprattutto il fatto che non ci siano forzature nell'atteggiamento di entrambi. Sì, Hermione si rende conto di avere una cotta, ma non esagera nel metterlo in evidenza e Snape è totalmente IC. Per la scena in corridoio io poi sarei corsa a scavarmi una fossa e nascondermi fino alla fine del settimo anno...ma io in effetti non sono una Grifondoro ;).

Fink1987:  Jocelyn è un gran bel personaggio, è ben delineata, si evolve in un modo che penso vi piacerà molto e reagise a ciò che le succede da vera Serpeverde. S'inserisce molto bene nel contesto delle storie di HP, potrebbe tranquillamente passare per un personaggio originale!

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Capitolo 17
*** Family and Friends ***


Capitolo 17

NdT: un grandissimo grazie a silviabella, alcune frasi non avrebbero senso senza di lei.



Capitolo 17

Family and Friends


Viktor Krum aveva fatto sentire Hermione meravigliosa. Nonostante oggettivamente lui assomigliasse un po' a McLaggen, lo sguardo di uno la faceva sentire attraente e potente, quello dell'altro sporca e vergognosa. Amava il modo in cui le sopracciglia di lui s'increspavano quando pensava. Amava la differenza tra la sua strana camminata con i piedi trascinati e la fluida e potente grazia dei suoi movimenti su una scopa. Amava il modo in cui il suo parlato scorreva più rapido quando era eccitato da un'idea; amava il modo in cui faceva scempio del suo nome. Dopo il rifiuto sperimentato con Ron durante l'ultimo semestre, un po' di tempo passato in compagnia di un'intelligente e ammirata star dello sport era esattamente ciò di cui aveva bisogno; allo stesso tempo, la sua presenza rendeva più semplice tenere la cotta per Snape sotto controllo. Non che Hermione fosse troppo stupida per non notare la somiglianza tra i due uomini, ma Snape era un suo insegnante. Non importa quanto intelligente, muscoloso o minacciosamente divertente fosse, lei doveva comportarsi in modo appropriato da quel momento in poi. Le loro lezioni erano fin troppo importanti per lasciare che una stupida cotta potesse interferire in quel modo. E se occasionalmente lasciava che i suoi occhi si chiudessero e che le sue labbra sfiorassero l'accenno di barba proprio ai lati della bocca di Krum, quello era un suo problema.

Hermione era stata terribilmente preoccupata al pensiero di vedere Snape per la prima volta dalla loro imbarazzante scena sotto al vischio, ma con suo estremo sollievo lui si era comportato come al solito. Infatti, rifletté, diverse volte negli ultimi tempi ho pensato che si sarebbe arrabbiato e ogni volta mi ha dimostrato che mi sbagliavo.

Lei sedeva all'Opera in un delizioso annebbiamento di contenta attesa. Viktor teneva la sua mano nelle sue, e la sua coscia era calda contro quelle di lei. La musica cresceva e pulsava nell'aria intorno a lei. Fluendo intorno e attraverso di lei, il suono attivava pensieri e risposte che erano più collegate con gli eventi degli ultimi giorni, piuttosto che con la storia che si svolgeva sul palco.

Alla fine dello spettacolo, Hermione e Viktor uscirono di soppiatto nella notte e s'infilarono in una via buia. Dietro ad un poco romantico cassonetto, Viktor avvolse le sue braccia strette intorno a lei, le borse appese ad una spalla. Hermione prese la Passaporta dalla sua tasca e la tenne contro la guancia con due dita.

“Sei pronto?” chiese lei. Quando Viktor sorrise, lei fece un profondo respiro e imitò Judy Garland meglio che poté. “Nessun posto è bello come casa.”

Ebbe un'improvvisa sensazione di essere strattonata dietro all'ombelico e la stradina puzzolente sparì. Sentì il calore delle braccia di Viktor stringersi intorno a lei e premette il viso contro il fermo supporto del suo petto. Poco dopo erano nella sua camera da letto, vacillando leggermente per mantenere l'equilibrio. Le luci erano spente e la stanza era illuminata soltanto dal debole chiarore dei lampioni fuori dalla finestra.

“Aspetta un minuto,” spiegò, andando a tentoni verso l'interruttore della luce. In quei giorni passava così poco tempo a casa dei suoi genitori che aveva imparato a muoversi molto a caso. “Ecco.” L'improvvisa luce rivelò un letto singolo, un generoso numero di scaffali carichi di qualunque cosa, dai vecchi libri di storie illustrati ai suoi libri di scuola, una scrivania bianca infilata nello spazio tra due armadi a muro, e uno schema rosa che indicava una precedente fase della sua vita.

Viktor Krum e le sue borse sportive sembravano quasi comicamente fuori posto. Hermione soffocò una risatina mentre apriva la porta per sbirciare fuori nel corridoio. Le luci erano spente e i suoi genitori sicuramente addormentati: non erano il tipo di persone che stavano svegli a preoccuparsi. Viktor li avrebbe salutati al mattino. Lei richiuse la porta e vi si appoggiò, le mani premute contro il legno dietro la schiena. La piena importanza della presenza di Viktor nella sua camera da letto premeva insistentemente in prima linea nella sua testa e mandava piccole scosse di piacere a strisciare fuori dal suo ventre. Hermione sentì improvvisamente molto caldo e si tolse il cappello e i guanti, sciogliendo la sciarpa e lanciandola sul comodino.

“I miei genitori hanno preparato un letto in più per te, ma, ehm, sei il benvenuto qui se ti piace l'idea.” Hermione si sentì improvvisamente nervosa.

Viktor aveva appoggiato le borse e si sedette con attenzione sul bordo del letto. “Da una delle tue lettere ho afuto l'impressione – perdonami se sbaglio – che forse c'era qualcosa fra te e il tuo amico Ron.”

Hermione non cercò di nascondere l'amarezza nella sua risposta. “Ha una ragazza.”

“Ah. Peggio per lui.” Viktor la guardò con un sorrisetto quasi comprensivo.

“Uhm, tu hai una ragazza?” Visto che stavano ponendo le domande e rispondendo in modo adeguato, Hermione pensò fosse meglio essere scrupolosa, anche se dal modo in cui lui le aveva tenuto la mano all'opera scommetteva su un 'no'.

Viktor alzò le spalle. “No. Dofe c'è il Quidditch, tuttafia, ci sono sempre ragazze...” Sebbene si fosse interrotto, Hermione non aveva problemi a capirne il senso.

“Non sono in cerca di una relazione in quanto tale...” Hermione non aveva intenzione di indurlo a letto con false pretese.

A questo, lui fece un gran sorriso, trasformando completamente il suo viso serio. C'era un'intensità nello sguardo che che le faceva contorcere le viscere e lei si staccò dalla porta per dirigersi verso il letto. “Se abbiamo solo cinque giorni, Herr-Mioni, sarà meglio che li sfruttiamo al massimo.” Si sporse in avanti e sfiorò leggermente la sua guancia con il dorso della mano, prima di avvolgere un ricciolo intorno al dito. “Sarebbe un fero piacere per me dormire qui stanotte.”

“Bene,” sorrise Hermione, esultante all'idea. Pose le mani fermamente sul petto di lui e lo spinse indietro nel letto, salendo a cavalcioni. “Anche se devo avvisarti, dormire non era esattamente la prima cosa che avevo in mente.”



Come anticipato, i genitori di Hermione rimasero impassibili di fronte alla scoperta delle sue disposizioni per dormire. Erano entrambi ex hippy e sua madre aveva preso una sorta di perversa gioia nei metodi permissivi genitoriali, deliziata dai momenti in cui riusciva a sconvolgere la relativamente convenzionale figlia. Infatti, al terzo giorno dall'arrivo di Viktor, sua madre intercettò sua figlia in cucina mentre Viktor e suo padre erano impegnati in una discussione piuttosto tediosa sull'apporto nutritivo degli atleti professionisti.

“Come vanno le cose fra te e il tuo ragazzo bulgaro?” chiese con interesse, il bagliore nei suoi occhi che rivelava la sete per i dettagli.

“Mamma, non è il mio ragazzo.”

“Va bene. Il tuo trombamico, allora.”

“Mamma!” L'esclamazione di Hermione era mezza di esasperazione, mezza di risate impotenti. “Dove hai imparato quel termine?”

“Da Liza, in realtà, che mi ricorda che lei, Carla e il piccolo Thom arriveranno domani. Il tuo bulgaro andrà d'accordo con il concetto di famiglia-felice-con-due-madri?”

“Sono sicura di sì.” Hermione si morse il labbro inferiore per un secondo. “Glielo accennerò stasera. Basta sia preparato e andrà bene.”

“Non hai risposto alla mia domanda, signorina, non pensare che lo abbia dimenticato.”

Hermione alzò gli occhi al cielo vedendo che sua madre aveva appoggiato i fianchi contro il banco della cucina ed era chiaramente pronta per una profonda chiacchierata madre-figlia. “Siamo solo amici.”

“Amici che scopano.”

“Sì, amici che scopano. Hermione lanciò un'occhiata alla spalle verso il soggiorno dove Viktor e suo padre stavano ancora parlando. Tirando fuori la bacchetta lanciò un incantesimo di silenzio. Di fronte allo sguardo interrogativo di sua madre, lei spiegò l'incantesimo. Sua madre lo prese come un'indicazione che Hermione stesse per sputare il proverbiale rospo e si avvicinò. “Viktor è un ragazzo fantastico,” spiegò Hermione. “È brillante, è sexy, è grande a letto.” Sua madre fece un sorrisetto. “Gli piaccio davvero per quello che sono. Gli piace il mio aspetto, adora la mia intelligenza, non è assolutamente, neanche un pochino, intimidito da me, ma allo stesso tempo mi rispetta.”

Sua madre ascoltava avidamente. “Ma?” chiese. “Sento che c'è un enorme 'ma' in ballo.”

Hermione sospirò. “Hai ragione. Ma, prende tutto troppo seriamente. Sul lungo periodo ho bisogno di qualcuno che mi faccia ridere e capisca le mie battute. Voglio dire, forse è solo una questione di linguaggio, ma non credo. In più, non litiga mai con me. Ho bisogno di qualcuno che non sia d'accordo su tutto così facilmente. Non fraintendermi, mi piace veramente e mi sto divertendo. Gli ho chiesto di venire a trovarmi e mi piace averlo qui.”

La madre di Hermione allungò una mano intorno alle spalle di Hermione, tenendola vicina. “Capisco. Davvero. E sono d'accordo con la tua stima della situazione. Voglio solo essere sicura di capire la cosa giusta e essere certa che tu stia bene. Sei stata attenta, vero?”

Hermione rimase toccata, anche se alzò gli occhi al cielo e sbuffò sonoramente. “Mamma! Uso tutti gli incantesimi e usiamo preservativi. Non c'è pericolo che possa prendermi qualcosa o rimanere incinta. Quello è qualcosa di cui non devi preoccuparti.

La dottoressa Granger diede un pacca rassicurante sulla spalla della figlia. “Stavo solo controllando Hermione. Mi fido di te, lo sai.”

Hermione rise. Lo sapeva. Avvolse le braccia intorno alla vita della madre e le diede una stretta. Non passava tanto tempo con i suoi genitori, ma le erano incredibilmente cari. E più invecchiava, più riconosceva un po' dei suoi genitori nella sua personalità. “Andiamo mamma, salviamo il povero Viktor dall'infaticabile interesse di papà.”



Hermione fu felicissima di vedere sua cugina Liza e la sua famigliola. Preavvisato, Viktor reagì in modo ammirevole con la questione delle genitrici lesbiche, anche se era chiaro che l'omosessualità così dichiarata non era un'occorrenza comune nei suoi circoli sociali. Eppure, mentre Liza aveva svelato il suo segreto, Hermione non poteva dire lo stesso di se stessa e la visita fu l'unico vero momento teso nella permanenza di Viktor. Parlando con Carla e facendo ballare sulle ginocchia il piccolo Thom di tredici mesi sul grembo, Hermione sentì per caso la conversazione con Viktor con crescente trepidazione.

“Quindi, Viktor, che cosa fai?” chiese Liza.

“Gioco a calcio.” Hermione sentì lo stomaco fare un balzo. Anche Liza giocava, per una squadra amatoriale femminile, ed era quasi certa che avrebbe spinto sulla bugia oltre il punto in cui poteva essere credibile.

“Da professionista?”

“Sarebbe il goal della vita.” Krum sembrava beatamente ignaro sia del brutto gioco di parole appena fatto, sia del pericolo cui stava andando incontro.

“Wow! Ho un pallone in macchina; potremmo fare un paio di tiri dopo pranzo! Cosa ne dici?”

“Mi piacerebbe.”

Con grande sollievo di Hermione saltò fuori che Viktor era bravo con un pallone ai piedi quasi quanto lo era con una scopa in mezzo alle gambe. Trotterellò nel piccolo cortile sul retro della casa dei Granger come se la palla fosse attaccata ai suoi piedi con un elastico. Liza riuscì a convincere Carla ed entrambi i genitori di Hermione a giocare per i primi dieci minuti o poco più – Hermione si scusò promettendo di controllare Thom – ma nel momento in cui fu chiaro che Liza e Viktor erano gli unici in grado di fare qualcosa con la palla, gli altri si ritirarono in fretta dietro ai loro bicchieri di vino, lasciando Viktor e Liza a destreggiare la palla tra di loro. Hermione riconsegnò il piccolo bambino alla madre e si divertì ad osservare Viktor dimostrare un completamente inaspettato, anche se visivamente appagante, talento fisico.



Meno di una settimana dopo, Hermione tornò con la Metropolvere a scuola attraverso il camino della camera da letto dei genitori. Entrando nell'ufficio della professoressa McGonagall fu sorpresa di trovare il preside seduto in un angolo.

“Buon pomeriggio, Hermione. Sono sicura che non hai bisogno che ti ricordi l'incantesimo per pulirti dalla cenere, vero?”

Hermione colse il suggerimento e prese la sua bacchetta per usare l'incantesimo persino prima che la McGonagall finisse il suo benvenuto.

“Buon pomeriggio professoressa McGonagall, preside.”

“Tra parentesi, Hermione, c'è una nuova parola d'ordine; Astinenza.” La McGonagall strinse le labbra leggermente. “La ragione del cambiamento ti apparirà chiara quando vedrai la Signora Grassa.”

“Grazie professoressa.” Hermione fece lievitare le sue borse e si diresse verso la porta.

“Ah, signorina Granger, una parola se non le spiace.” Dumbledore si alzò con agilità, aprendo la porta per lei con la mano sana e facendo un gesto verso il corridoio. Hermione lo seguì obbediente, il sopracciglio sollevato come unico indice della sua curiosità. Una volta che furono a diversi metri dalla porta della McGonagall, Dumbledore parlò. “Ho sentito che il professor Snape e Viktor Krum sono stati in grado alla fine di arrivare ad un accordo.”

Un gorgoglio di risate scappò ad Hermione. “Sì. Si sono guardati nel modo sbagliato.”

“Bisogna congratularsi con te, mia cara. Poche persone possono vantare di essersi occupati di entrambi gli uomini con tale riguardo, eppure sei riuscita a portare a termine la questione molto facilmente.”

Hermione arrossì leggermente di piacere. Poteva pensare che l'etica del preside lasciasse molto a desiderare, eppure i suoi complimenti erano rari e benvenuti.

“Ah, signorina Granger, prima che tu vada ho bisogno di chiederti di portare un messaggio per me.” Dumbledore tirò fuori una pergamena indirizzata ad Harry.

“Certamente, signore.” Hermione prese la lettera e se la mise in tasca.

“La mia prossima lezione con Harry è fissata per domani sera. So che anche il professor Snape sarà disponibile per quell'ora se volessi fare lezione. ”

“Grazie, sarebbe fantastico.” Hermione s'illuminò alla prospettiva di una lezione con Snape.

“Lo informerò.” Il preside fece un formale inchino e si voltò per andarsene.

“Uhm, professore?” si avventurò all'improvviso, sorprendendo persino sé stessa con la domanda. Dumbledore si voltò indietro subito. “Lei, er, le è capitato di sapere che fine ha fatto la lista dei membri del Dumbledore's Army, per caso?” Sapeva di aver fatto la domanda in modo imbarazzante e sussultò tra sé e sé.

“Mi è capitato, infatti.” Dumbledore le sorrise. “L'ho tenuta al sicuro supponendo che avresti voluto alla fine liberare la povera signorina Edgecombe dal visibile ricordo delle sue azioni.” Fece volteggiare la bacchetta con la mano annerita, richiamando la pergamena, che si inclinò gentilmente verso Hermione finché non la prese in mano.

Osservando la lista di firme si sentì stranamente malinconica. “Grazie, signore,” rispose educatamente. “Lo farò.”

Dumbledore le rivolse uno sguardo luccicante attraverso gli occhiali. “È tutto, signorina Granger?” chiese.

“Lei lo sa perché ci ha traditi con la Umbridge?” rispose, incapace di trattenere la domanda.

“Sua madre lavora al Ministero,” spiegò Dumbledore cortesemente, “capisco che è stata una questione di scelta fra amici e famiglia.”

Hermione deglutì pesantemente, disgustata con sé stessa per non aver rimosso la maledizione prima. “Grazie, signore,” replicò meccanicamente, prima di girarsi e dirigersi verso la sala comune di Grifondoro, il bagaglio che fluttuava dietro di sé. Solo una volta raggiunta la torre si trovò a pensare al perché Dumbledore non avesse rimosso il malocchio lui stesso; era più che capace di farlo.



Harry, Ron e Ginny arrivarono dalla Tana un paio di ore dopo ed Hermione corse loro incontro sulla strada di ritorno dalla biblioteca. Sostenuta dal ricordo di Viktor Krum, che le riscaldava il cuore, ignorò completamente Ron e persino la sua entusiasta riunione con Lavender non interferì con la sua serenità.

Harry esplodeva di notizie e non perse tempo nel prenderla da parte per informarla: la visita a sorpresa di Rufus Scrimgeour a Natale, il periodo sotto copertura con il branco di Fenrir Greyback e, molto più importante, la conversazione origliata tra Draco Malfoy e il professor Snape.

Hermione rivoltò la nuova informazione nel suo cervello, cercando di dare un senso alla cosa. Malfoy stava decisamente tramando qualcosa: non poteva negarlo ancora a lungo, anche se era ancora disturbata dalla rabbia vendicativa che si era attivata in Harry, e fece del suo meglio per puntualizzare le mancanze di logica nelle affermazioni di Harry sulla situazione. Questo, comunque, inevitabilmente le portò alla mente un particolare pomeriggio estivo quando lei e Ron aveva deciso di attuare un piano per minimizzare il ruolo di Malfoy. Un'improvvisa fitta di tristezza minacciò il suo buon umore. Perché Harry ce l'ha così a male con Malfoy e il professor Snape? pensò, insistendo nel distrarsi. Almeno l'ultima volta era stato facile difendere Snape. Il professor Snape stava ovviamente cercando di scoprire cosa voleva fare Malfoy – ed è anche una buona cosa. Dando per scontato che Malfoy sia dietro alla ferita di Katie... ma, un Voto Infrangibile? Sono così pericolosi. Pensò vagamente se c'era un qualunque modo per chiedere a Snape senza rivelare che Harry era lì ad origliare.

Questo comportamento era veramente sospetto da parte di Malfoy, persino se il suo “padrone” non si rivelava essere Voldemort. Le dita di Hermione prudevano per la voglia di aggiungere questi eventi alla matrice Aritmantica. Poteva essere abbastanza per dare un senso alla relazione tra Katie Bell con tutto il resto. Mmm. Avrebbe dovuto farlo senza l'aiuto della Vector comunque, perché le attività poco giustificabili di Harry sarebbero state sicuramente implicate. Con nuove equazioni da aggiungere, con la lezione di Snape del giorno dopo all'orizzonte, questo semestre prometteva di essere altrettanto pieno quanto l'ultimo.

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chi_lamed: E' abbastanza confuso, povero Snape... L'arrivo di Krum ci ricorda che in effetti c'è una guerra in corso e i figli di Babbani vanno salvati (in molte fanfiction questo aspetto della guerra passa in secondo piano, rispetto alle storie dei personaggi).

BeaSnape: Benvenuta nel club allora, sono contenta che grangerous abbia contribuito alla tua conversione ^_^

Spotless_Mind: Snape che non vuole più morire è bellissimo, finalmente ha qualcosa per cui vivere, invece di immolarsi ad agnello sacrificale (non ho ancora perdonato alla Rowling la sua morte, soprattutto il modo è_é).

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Capitolo 18
*** Reversal of Fortune ***


Capitolo 18 NdT: vi ricordo che i dialoghi sottotitolati si riferiscono direttamente ai romanzi originali. E un bel grazie a silviabella non ce lo mettiamo??
Anne London



Capitolo 18

Reversal of Fortune



Severus non aveva niente nella sua biblioteca personale di Spinner's End che potesse dargli delucidazioni sul suo presentimento, così tornò ad Hogwarts quello stesso giorno. Jocelyn, fra tutti, fu contentissima. Era perfettamente felice di condividere il suo tavolo in biblioteca, impassibile di fronte al comando di mantenere la bocca chiusa o al suo cipiglio. E il cipiglio c'era. Persino con le risorse della biblioteca di Hogwarts a sua disposizione, la ricerca non stava andando bene. Divinazione era una scienza così imprecisa e vaga che Severus trovò molto di quello che leggeva intensamente frustrante. C'erano numerosi studi sulle esperienze di pre o quasi morte, della vita che scorre davanti agli occhi e infinite esplorazioni sui déjà vu, ma niente che in modo specifico si applicasse alla sua esperienza di rivivere momenti fondamentali della sua lontana adolescenza al contrario.

Albus Dumbledore fu altrettanto felice del ritorno anticipato del suo insegnante di Difesa Contro le Arti Oscure. Insistette su diverse sedute di pianificazione fino a tarda notte, alimentate da un regolare afflusso di Whisky Incendiario, in apparenza ignaro della distrazione di Severus. La notte del trenta risultò essere la peggiore fra tutte. Dumbledore aveva consumato una significativa quantità di alcol, anche se manteneva un totale contegno persino nel parlare. Discuteva e vagava lungo il perimetro dell'ufficio mentre Severus sedeva nella sua solita sedia fissando in modo assente il vorticoso liquido ambrato del suo bicchiere.

Harry non deve saperlo, non prima dell'ultimo momento, non prima che sia necessario, altrimenti come potrebbe avere la forza di fare quello che dev'essere fatto?” Le parole ultime di Dumbledore perforarono la nebbia di autocommiserazione che occupava la mente di Severus.

Potter? Fino ad un momento prima Dumbledore era stato completamente impegnato con la necessità che Severus proteggesse gli studenti una volta che lui fosse morto. “Ma cosa deve fare?” Severus tossì e si schiarì la gola. Dovevano essere passati almeno trenta minuti dall'ultima volta che aveva parlato.

Questo è una cosa fra me ed Harry. Ora ascolta attentamente, Severus. Arriverà un momento – dopo la mia morte – non discutere e non interrompermi! Arriverà un momento in cui Lord Voldemort sembrerà aver paura per la vita del suo serpente.

Per Nagini?” Era questa un'ulteriore evidenza dell'incombente senilità di Dumbledore? Sembrava veramente perso. Severus sentì una fitta di pietà verso l'uomo di fronte a lui.

Precisamente. Se arriva un tempo in cui Lord Voldemort smette di mandare il serpente in avanti per suo ordine, ma lo tiene al sicuro indietro e sotto la sua protezione magica, allora credo sia il momento di dirlo ad Harry.”

Dirgli che cosa?” Severus sapeva che l'irritazione era evidente nella sua voce. Dumbledore non sembrava parlare in modo sensato e il modo in cui ora stava in piedi, con una mano a coprirsi gli occhi, sembrava più disperato e vulnerabile che mai.

Digli che la notte in cui Lord Voldemort cercò di ucciderlo, quando Lily ha usato la sua stessa vita come scudo,” - Severus sentì lo stomaco contorcersi alla superficiale invocazione del suo sacrificio - “l'Anatema che Uccide gli è rimbalzata addosso, un frammento dell'anima di Voldemort è stata separata dall'insieme e si è aggrappata all'unica anima viva rimasta nell'edificio che collassava. Parte dell'anima di Lord Voldemort vive dentro Harry, è ciò che gli dà il potere di parlare con i serpenti e il legame con la mente di Lord Voldemort che non ha mai capito. E mentre un frammento dell'anima persa da Voldemort rimane attaccata e protetta da Harry, Lord Voldemort non può morire.

Severus sentì come se si fosse tuffato dentro a dell'acqua ghiacciata. Il ragazzo è un Horcrux. Le parole di Dumbledore avevano finalmente iniziato ad avere senso e Severus desiderò in ritardo che il vecchio stesse in effetti delirando, perché fin troppo in fretta comprese le implicazioni di questa informazione. “Quindi il ragazzo... il ragazzo deve morire?” chiese, la voce completamente priva delle complicate ondate di emozioni che gli si rimestavano all'interno.

E Voldemort stesso dovrà farlo, Severus. È fondamentale.

Severus sentì un'ondata di collera verso il suo mentore e si sforzò per mantenere la voce sotto controllo. Il passato e il presente che crollavano su sé stessi nella sua mente “Credevo... dopo tutti questi anni... che dovessimo proteggerlo per lei. Per Lily.Per Lily... e per Hermione. È anche il suo lavoro tenerlo in vita.

Lo abbiamo protetto perché era essenziale insegnargli, crescerlo, lasciare che trovasse la sua forza. Intanto la connessione tra loro cresce sempre più forte, una crescita parassitica.” Severus fissò Dumbledore sbalordito, desiderando che il vecchio aprisse gli occhi; l'orrore della situazione era in qualche modo intensificata dalla sua incapacità di guardare Severus mentre parlava. “Qualche volta penso che lo sospetti lui stesso. Se lo conosco bene farà in modo che quando si prefiggerà d'incontrare la morte significherà veramente la fine per Voldemort.

Severus cercò di riordinare i fatti in modo coerente. Potter è un Horcrux e una volta che il Signore Oscuro proteggerà Nagini dovrò dirgli – questo non è un piano, è una completa farsa! Una volta che Albus sarà morto sarà difficile per me avvicinarmi abbastanza al Ragazzo delle Meraviglie per dirgli ciao, figuriamoci convincerlo che deve sacrificare la sua stessa vita... Quale ragione avrebbe Potter di credermi? Seguì un altro pensiero: Hermione potrebbe. Il “potrebbe” fu un duro colpo: se lo avesse detto subito gli avrebbe creduto senza esitazione, ma una volta assassinato Albus avrebbe avuto paura di lui così come chiunque altro – e quella era un'idea che non poteva sopportare. E ad Hermione importerebbe della morte di Potter, molto. La sua probabile reazione lo colpì come uno schiaffo sul viso: ne sarebbe devastata. Lily sarebbe devastata. Sarebbe stata devastata. Quando parlò ad Albus la sua stessa voce sembrò arrivare da molto lontano. “Lo hai tenuto in vita così che potesse morire al momento opportuno?

Di colpo Dumbledore si scoprì il viso e guardò Severus negli occhi. “Non essere sconvolto, Severus. Quanti uomini e donne hai visto morire?

Ah, Albus. Hai sempre un dono speciale col senso di colpa. Ultimamente solo coloro che non ho potuto salvare.” Severus si alzò in piedi. “Mi hai usato.Ed hai usato Hermione.

Cosa significa?

Ho spiato per te, ho mentito per te, mi sono messo in pericolo mortale per te. Sembrava tutto predisposto per mantenere il figlio di Lily Potter al sicuro. Ora mi dici che lo hai allevato come una bestia da macello, -Strano, rifletté dopo che le parole lasciarono la sua bocca, non avevo mai pensato a lei come Lily Potter prima. È sempre stata Lily Evans per me.

Ma questo è toccante, Severus,” s'inserì Dumbledore, la curiosità che si affacciava negli occhi. “Hai finito per affezionarti al ragazzo, dopotutto?

A lui?No. A lei. A Lily, ad Hermione. Malgrado i suoi migliori sforzi le due iniziavano a diventare progressivamente più confuse nella sua mente. “Expecto Patronum!” urlò.

Severus guardò il suo Patronus balzare fuori dalla bacchetta in una divampante luce argentata. Aggraziata in modo straziante, saltò per tutto l'ufficio prima di uscire dalla finestra verso la Foresta Proibita. Lui abbassò il braccio, la rabbia trasformatasi in tristezza. Si voltò verso Dumbledore, che lo stava fissando, gli occhi colmi di lacrime.

Dopo tutto questo tempo?” chiese Albus gentilmente, la voce leggermente spezzata.

Sempre,” replicò Severus, anche se i suoi occhi scivolavano verso Fawkes mentre parlava. Non era più sicuro a quale delle due donne Grifondoro si riferisse con la sua risposta, nemmeno se le due avrebbero mai potuto essere separate.



Prevedibilmente il Signore Oscuro convocò Severus il giorno di Capodanno. Fu una strana assemblea. Con quasi metà dei Mangiamorte ancora imprigionati ad Azkaban, incluso il teorico “padrone di casa” della festa, Lucius Malfoy, i festeggiamenti erano alquanto controllati. Narcissa sembrava ancora disperata, nessuna sorpresa al riguardo, e Draco sembrava imbarazzato nel suo tentativo di fare l'uomo di casa di fronte a una dozzina di Mangiamorte più anziani e del Signore Oscuro in persona. L'unica cosa buona della serata, dal punto di vista di Severus, fu la natura pubblica del suo arrivo: era stato in grado di riferire di Viktor Krum al gruppo intero e fu risparmiato dall'oltraggio della Legilimanzia dal Signore Oscuro. Usando i capelli di Krum e della Pozione Polisucco lui e Dumbledore avevano costruito dei finti ricordi in previsione di una tale eventualità, ma Severus fu sollevato di non doverli mettere alla prova. Nel suo attuale stato mentale non voleva tentare troppo la fortuna.

Thorfinn Rowle aveva trovato due donne Babbane ubriache da qualche parte e le aveva convinte a seguirlo ad una “festa in maschera”. Una di loro sembrava vivere il momento più importante della sua vita; l'altra guardava Nagini in modo apprensivo. Severus deglutì la pietà che gli ispirava e portò la sua attenzione altrove. Draco si nascondeva vicino a Bellatrix e sembrava irritabile. Quando Severus incontrò il suo sguardo, Draco gli lanciò uno sguardo particolarmente imbronciato. Quindi pensa di aver bisogno di Bellatrix per proteggersi – da me. L'ironia della cosa non passò inosservata a Severus.

Stava riflettendo su chi fosse la persona meno irritante con cui parlare quando Pettigrew gli strisciò furtivamente accanto per informarlo che il Signore Oscuro desiderava parlare con lui. Severus si voltò subito. Voldermort occupava una sedia con i braccioli alati vicino al fuoco , posizionata in modo da avere una visione dell'intera stanza senza impedimenti. Nagini era avvolta ad un braccio sopra alla sua spalla, con la testa nascosta sotto il mento di lui in un disturbante gesto intimo di affetto animalesco. Severus attraversò la stanza velocemente e s'inchinò su un ginocchio, abbassando la testa.

“Severuss, mio caro ragazzo.”

“Mio Signore.”

Voldemort fece ruotare la bacchetta e richiamò un piccolo cuscino che mise di fianco ai piedi. Fece un gesto magnanimo verso di lui. “Sssssiediti, Severuss.”

Senza una parola di protesta Severus si voltò e piegò la sua figura allampanata in modo servizievole, le lunghe gambe incrociate sulle caviglie, gli avambracci appoggiati sulle ginocchia. Era una posizione infantile ed imbarazzante; allo stesso tempo un'indicazione dell'attuale considerazione di Voldemort e un segnale verso Severus per come comportarsi. Da dove sedeva, guardando la stanza, poté vedere la reazione dei suoi compagni Mangiamorte. Bellatrix sembrava furibonda.

“Sai, Severus, ci sono delle voci tra i miei Mangiamorte.”

“Il mio compito è di sentire le voci tra i membri dell'Ordine della Fenice, mio Signore. Mi prendo la libertà d'ignorare quelle fra i miei compagni Mangiamorte.”

Il Signore Oscuro rise. “Mi sei mancato, Severus.” Sporgendosi in avanti con un dito sistemò i capelli di Severus dietro l'orecchio. Il dito era freddo dove aveva sfiorato la pelle. Il gesto era possessivo, ma anche calcolato per esporre il viso di Severus allo sguardo di Voldemort. “Queste voci” - Voldemort tornò in tema - “riguardano Harry Potter e la profezia.” Severus tenne la sua mente vuota. “Sembra che alcuni miei Mangiamorte, alcuni dei miei più cari amici, credano che Potter sia destinato a sconfiggermi. Sono curioso di sentire la tua opinione sull'argomento, Severus.”

Una risposta onesta era sempre la miglior linea e questa era rafforzata dall'intensità della conversazione della sera precedente con Dumbledore. “Credo che una volta che Dumbledore sarà rimosso troverai sorprendentemente facile uccidere il moccioso, mio Signore. Infatti bisogna solo sperare che nessuno lo uccida per sbaglio. Solo per mano tua potrà trovare una fine adeguata.”

“Ah, sì, Dumbledore. Quindi approvi il mio attuale piano?”

“Il piano ha i suoi meriti, mio Signore, ma sembra che Draco non sia in grado di portarlo a termine. Il suo ultimo tentativo è stato deplorevole.”

“Sono d'accordo, è stato goffo.” Il Signore Oscuro sospirò. “Gli ho dato un anno. Forse dovrei ripensarci?”

Severus lasciò che il suo sguardo si soffermasse su Draco prima di rispondere, una parola sbagliata avrebbe fatto condannare il ragazzo. “Dice di avere un piano.” Severus alzò le spalle. “Sarebbe... sportivo lasciarlo tentare.”

“Sei un tale puntiglioso verso le regole, Severus.” Severus non era sicuro se il tono di voce di Voldemort comportasse approvazione o meno. “E visto che hai fatto Voto di aiutare...” Il Signore Oscuro s'interruppe mentre appoggiava la mano dietro al collo di Severus. Il pollice e il medio strinsero un po' troppo per essere ritenuto un tocco piacevole e Severus sapeva che, se avesse deciso in tal senso, Voldemort avrebbe potuto strangolarlo all'istante. “Visto che hai fatto Voto di aiutare,” ripeté, “non ho niente da perdere dall'aspettare Draco ancora un po'.”



Nei suoi momenti più razionali Severus non aveva difficoltà ad analizzare la situazione attuale: aveva sviluppato dei sentimenti inappropriati verso la signorina Granger e lo stress della sua doppia vita stava reclamando il suo tributo. Era totalmente possibile che la prima istanza fosse sintomo della seconda. Aveva anche cercato di sviluppare diverse strategie nel tentativo di contenere il problema. Primo, era tornato a Spinner's End dopo aver riferito dell'incontro di Capodanno a Dumbledore e aveva passato diversi giorni facendo il meno possibile – nessuna lunga discussione con Dumbledore o Voldemort; nessun compito da correggere, nessun piano per le lezioni, nessuna interazione con gli studenti o con gli altri insegnanti; nessuna ricerca privata, niente. Secondo, aveva deciso di chiamare la signorina Granger con niente che non fosse il suo appellativo formale. Nessun uso informale di “Granger” e certamente mai più “Hermione”, nemmeno al sicuro nella sua testa. Terzo, l'avrebbe scoraggiata da qualunque approccio amichevole: avrebbe imposto la regola d'incontrarsi solo una volta a settimana e avrebbe colto ogni opportunità per sminuirla. Severus Snape aveva un talento particolare per i commenti taglienti e avrebbe esercitato la cosa nel pieno delle sue capacità.

Il tempo passato a Spinner's End gli aveva dato un'ampia opportunità per riflettere sulle sue “premonizioni.” Mentre a tarda notte stanco, ubriaco o entrambi – la sera nell'ufficio di Dumbledore si ergeva come primo esempio del secondo – dava per scontato uno stressante e convincente senso dell'inevitabile, la logica luce della giornata permetteva una benvenuta distanza critica. La somiglianza tra Hermione e Lily rimaneva vera, ma era, prevalentemente, affermata da un'analogia abbastanza superficiale. Le loro personalità, per esempio, erano quasi diametralmente opposte. Mentre Lily era disponibile e alla mano, popolare senza sforzo, Hermione era autoritaria e permalosa. Esclusi Potter e Weasley non aveva dei veri amici. Anche fisicamente erano molto diverse. Lily, semmai, mostrava una fin troppo forte somiglianza con Ginevra Weasley, piuttosto che con Hermione Granger. E il fatto che entrambe Lily ed Hermione risultassero essere straordinariamente intelligenti era solo una piccola osservazione a proposito del gusto di Severus Snape per le donne, non un'indicazione che le due erano la stessa persona.

Inoltre, razionalizzò, aveva creduto per lungo tempo nella sua imminente morte. Presto o tardi una fazione della guerra lo avrebbe creduto un traditore. Non si era mai aspettato di assistere alla caduta di Voldemort. E quindi, se la sua vita stesse volando verso la fine? Non era una sorpresa per lui. La cosa importante era tener duro – e così rimanere vivo il più a lungo possibile.

Durante quei pochi giorni di solitudine si era reso conto che il riguardo e il rispetto della signorina Granger significavano per lui molto più di quello che avrebbero dovuto. E il breve interludio sotto al vischio aveva sollecitato ore di riflessioni su ciò che esattamente lei avrebbe potuto intendere con quel gesto. Una ragione in più per dissipare qualunque nozione positiva lei potesse avere su di lui e la sua persona, immediatamente al suo ritorno a scuola. In questo modo i suoi ridicoli sentimenti non avevano opportunità d'interferire con i suoi doveri. Uccidere Albus sarebbe stato già di per sé abbastanza difficile senza doversi preoccupare dell'effetto che avrebbe potuto avere sulla sua relazione con un certo prefetto Grifondoro. Il successo del piano di Dumbledore giocava sui cardini del non far sapere a nessuno dove stava la sua lealtà e, visto che stava per vivere la terribile, solitaria esistenza necessaria a quella farsa, avrebbe fatto meglio a indurire il suo cuore e iniziare i preparativi. La signorina Granger sarebbe stata la giusta prova per impostare il suo futuro.



Severus tornò ad Hogwarts con un obiettivo ben chiaro: Materializzarsi ai cancelli della scuola giusto in tempo per mollare il bagaglio nelle sue stanze e dirigersi all'incontro con gli altri insegnati per l'inizio del semestre. Fu uno degli ultimi ad arrivare, anche se non c'erano ancora né Dumbledore né Flitwick. Ansioso di evitare discussioni insignificanti, Severus scivolò verso la sua sedia preferita ed esibì sul viso un cipiglio intimidatorio. Non avrebbe tenuto lontane Minerva o Hooch se avessero deciso di parlargli, ma la maggior parte degli altri si sarebbe fidato nel mantenere le distanze. Sfortunatamente, un cipiglio non era sufficiente per soffocare lo stupido chiacchiericcio di coloro intorno a lui. Slughorn era il peggiore. A quanto pare aveva lasciato la Gran Bretagna per due intere settimane di ferie e stava intrattenendo Pomona con i dettagli della sua vacanza in spiaggia alle Barbados. L'immagine mentale di Slughorn disteso col costume da bagno era lontano dall'essere piacevole.

“...e delle bevande così deliziose, servite dentro ad una noce di cocco! Lo avresti adorato! Ma,” il tono cambiò leggermente, “ciao Minerva! Come hai passato il Natale? Mi è dispiaciuto non vederti alla mia piccola festa!” Severus iniziò a ripetere gli ingredienti della Pozione Rilassante nel tentativo d'ignorare la conversazione intorno a lui, ma la voce di Slughorn era particolarmente irritante. “La tua Hermione era lì, ovviamente – è un membro regolare degli incontri del mio Slug Club!” Severus digrignò i denti alla menzione della signorina Granger. Gli altri insegnanti potevano anche fare libero uso del suo nome proprio, e persino tirar fuori pronomi personali, non era un suo problema. “Lei e McLaggen fanno certamente una bella coppia!”

“McLaggen?” chiese Poppy. “Non quell'idiota che ha mangiato delle uova di Doxy per una scommessa?”

“Stupidaggini, Horace,” replicò Minerva compiacente, “Hermione Granger ha cose molto più importanti per la testa che cercarsi un ragazzo!” Minerva persisteva nella ridicola convinzione che tutte le ragazze brillanti fossero lesbiche e Severus resistette all'urgenza di volgere gli occhi al cielo.

“Oh no, ti assicuro che è vero! Si sono messi in mostra in modo entusiasta sotto al vischio in un modo che non vedevo da anni!”

Gelosia e rabbia si accesero all'istante. Solo il tipo di controllo perfezionato da anni di spionaggio prevenne Severus dal lanciarsi dalla sedia e maledire Slughorn fino a farlo cadere nell'oblio. Ovviamente non era proprio colpa di Slughorn, ma a Severus non era mai piaciuto lo stesso.

L'arrivo di Dumbledore impedì a Minerva qualunque replica, che nascose dietro ad uno sbuffo indignato, e gli altri membri dello staff iniziarono a sistemarsi sulle sedie. Severus fu lasciato con la chiara realizzazione che le sue emozioni riguardo alla signorina Granger non erano così sotto controllo come aveva sperato.



Severus aveva avuto un moderato successo nell'ignorare la signorina Granger nella classe di DCAO - eccola lì, un viso in mezzo ad un mare di studenti – ma quando lei andò nel suo ufficio il lunedì sera per la prima lezione del semestre fu totalmente un'altra questione.

“Avanti,” disse, quando lei bussò alla porta precisamente alle otto. Lui non alzò la testa dai compiti che stava correggendo.

“Buonasera, professore.” La signorina Granger lo salutò allegra e camminò verso la sua solita sedia di fronte alla scrivania. Aveva uno scatto nel passo che non c'era alla fine del semestre precedente. “Spero si sia goduto le sue vacanze.”

“Tu sembravi certamente pronta a goderti le tue.” Pronunciò la parola “goderti” così che l'implicazione sessuale del commento fosse evidente.

Le sopracciglia di lei scattarono verso l'alto per la sorpresa, ma tenne il viso impassibile e la sua replica era chiara, “Chiedo scusa, signore?”

“Mi chiedevo,” rifletté, atteggiandosi ad un'aria di profonda contemplazione, “ti aggiri sotto al vischio per molestare ogni maschio di tua conoscenza?” Severus sentì l'ondata di rabbia come una vecchia amica. Dopo le emozioni e il subbuglio psicologico dell'ultima settimana, la normalità della rabbia maligna era un sollievo. In parte per la collera dovuta alla gelosa, in parte per la tristezza delle manipolazioni di Dumbledore, in parte l'assoluto terrore ispirato sia dalla prospettiva della sua morte impellente, sia dal continuare a vivere come assassino di Dumbledore, l'intero caos delle sue emozioni si canalizzò nella figura della giovane donna di fronte a sé. Come si permetteva di sorridere quando lui era così disperato? Come si permetteva di baciare McLaggen e poi cercare di baciare lui? Sogghignò.

Il viso di lei si rabbuiò all'istante. Il sorriso di benvenuto svanì per essere sostituito da un'espressione vuota. “Professore, trovo questo tipo di domande inappropriate. Dando per scontato che abbia una lezione per stasera, questo sarebbe un buon momento per iniziare.”

“Signorina Granger,” ringhiò, notando la leggera contrazione che provocava, “questo è il mio ufficio e tu sconfini nel mio tempo a disposizione. Ci sono molte lezione che tu -” diede un'enfasi individuale ad ognuna delle parole, rivolgendo uno sguardo di disprezzo lungo tutto il corpo mentre parlava - “hai bisogno d'imparare, deciderò io dove e quando. Sono stato chiaro?”

La signorina Granger aveva stretto la mani a pugno; il viso era molto pallido e la bocca stretta in una linea sottile. “Non sono qui come studentessa, professor Snape, ma come membro dell'Ordine della Fenice. E merito di essere trattata con rispetto.” Il picco della sua voce aveva raggiunto un livello più alto del normale.

“Davvero,” ghignò, “non ho mai notato molto rispetto agli incontri dell'Ordine.”

“L'ho sempre trattata-”

“Silenzio!” Severus si alzò dalla sedia e si chinò in avanti, entrambe le mani appoggiate contro la superficie di legno della scrivania. “Se è il rispetto che stai cercando ti sconsiglio di cercare farti strada andando a letto con tutti.”

“Come si permette?” La signorina Granger si sporse anche lei sulla sedia, il mento sollevato in una posa aggressiva.

“Ti senti più rispettata? O meno,” pressò in modo sgradevole, “dopo una scopata di consolazione da parte di Viktor Krum?”

La signorina Granger rimase senza fiato. La mano destra tremava dove l'aveva appoggiata nella tasca della bacchetta. Per un secondo lo fissò, senza parole, poi afferrò la borsa a tracolla e si alzò in piedi. “Non sono costretta a star qui ad ascoltarla,” commentò, con solo un leggero tremito nella voce. Teneva il mento alto e lottò per mantenere il volto impassibile. Severus colse un cenno del precario equilibrio delle lacrime lungo la palpebra inferiore. Senza un'altra parola, e senza voltarsi, lei uscì dalla stanza.

La porta si chiuse dietro di lei con un colpo deciso. Con un ringhio degno di un animale ferito Severus lanciò il contenuto della scrivania sul pavimento. Si diresse dall'ufficio verso il soggiorno e richiamò in silenzio la bottiglia di Whisky Incendiario. Far arrabbiare la signorina Granger non aveva migliorato il suo umore, per niente.

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silviabella: penso non sarei stata in grado di descrivere meglio di così il capitolo 17, ne hai colto in pieno l'essenza. E la giostra continua, come hai potuto vedere da questo capitolo, e non si fermerà fino alla fine dell'ultimo (fino alla fine della trilogia, se devo essere sincera...) ^___^

chi_lamed: spero che la mancanza di Severus dello scorso capitolo sia stata compensata da questo in cui torna in pieno “fool mood”. Lo scopo di grangerous è in effetti trovare delle soluzioni ai buchi del canone. Devo dire che ci riesce discretamente bene :))

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Capitolo 19
*** One is the Loneliest Number ***


Capitolo 19

NdT: col capitolo 19 vi ricordo sia i ringraziamenti dovuti a silviabella, sia che i dialoghi sottolineati si riferiscono ai romanzi originali.

Anne London



Capitolo 19

One is the Loneliest Number



Hermione si mise a correre l'istante dopo in cui la porta dell'ufficio di Snape si fu chiusa dietro di lei. Aveva bisogno di mettere quanta più distanza possibile tra sé e le sue parole crudeli. Una volta che fu emersa dai sotterranei, tuttavia, rallentò fino ad una irrequieta camminata. Non erano ancora le nove di sera e c'era ancora un certo numero di persone in giro; non aveva nessun desiderio di coronare la sua orribile serata con una punizione per aver corso nei corridoi. Non aveva neanche alcun desiderio di essere vista in lacrime, e con determinazione sbatté le palpebre per scacciare quelle che minacciavano di cadere, mentre cominciava a salire verso il settimo piano verso l'ufficio della professoressa Vector. Per una volta, le scale si mossero nella sua direzione e, dopo solo una breve deviazione per evitare McLaggen, accolse la familiare vista della porta della Vector con un sospiro di sollievo. Bussò, quindi entrò, senza aspettare il permesso.

“Hermione,” il sorriso di benvenuto della Vector scivolò immediatamente verso un'espressione preoccupata e zittì all'istante le perline della collana mentre le appoggiava sulla scrivania. Prendendo la bacchetta, la Vector richiamò a sé una sedia confortevole. “Siediti, subito. Ti preparo una tazza di caffè.”

Hermione tirò forte col naso e sentì la prima di molte lacrime scivolarle lungo la gola. “Suppongo -” tirò su col naso, “- che non abbia del tè?” chiese con voce spezzata.

“Una bevanda molto inferiore,” sottolineò la Vector, “ma viste le circostante...” Toccò il briki con la bacchetta, trasformandolo in un bollitore e ponendolo sulla fiamma per farlo scaldare. Frugando nel cassetto della scrivania trovò un po' di tè e una scatola colorata di biscotti con una sdolcinata scena di Hogsmeade nel periodo di Natale.

Hermione stava ora piangendo con tutta se stessa. Appoggiò i gomiti sulla scrivania e si coprì la testa con le mani. “Mi dispiace,” singhiozzò.

“Non essere ridicola, Hermione. Non voglio sentire le tue scuse. Ti sentirai meglio se butterai fuori tutto.”

Vector fece bollire l'acqua ad un ritmo regolare e prese del tempo per scaldare la teiera prima di mettere le foglie in infusione. Nel momento in cui le due tazze di tè furono pronte, il peggio delle lacrime di Hermione era passato. Hermione prese la tazza offerta e si appoggiò indietro contro lo schienale, cullandosi col calore della sua bevanda sul petto e accettando volentieri un biscotto al cioccolato.

“Penserà che sono un'idiota,” osservò, sorridendo piuttosto tristemente alla professoressa.

Vector le lanciò uno sguardo derisorio poco impressionato. “Nessuno crede un'idiota Hermione Granger,” replicò.

Hermione espirò dal naso in un gesto che era per metà una risata e per metà un sospiro. Inghiottì il resto del biscotto e si sporse a prenderne un altro. Il cioccolato era senz'altro terapeutico.

“Perché le persone devono essere così difficili?” chiese, non aspettandosi realmente una risposta.

“Credo ti stia riferendo ad una persona in particolare, non alle persone in generale.” La Vector inzuppò un biscotto nel suo tè e morse la parte molle.

“Beh, due persone in particolare, se devo dire la verità,” sospirò Hermione.

“Ragazzi?”

Hermione assentì con qualcosa di simile ad una gorgoglio di risate. Era vero, in un certo senso, ma pensare a Snape come ad un “ragazzo” era un'esagerazione. “Non Harry,” aggiunse, non volendolo mettere in mezzo – insieme a Ron era uno dei due ovvi “ragazzi” della sua vita.

“Posso?” Vector chiese il permesso come se non volesse ficcare il naso.

Hermione annuì mentre stringeva il labbro inferiore fra i denti.

“Il tuo litigio con Ronald Weasley è evidente da settimane.” Hermione fece alla Vector un sorriso sarcastico di conferma. “E l'altro, immagino, sia Severus Snape.”

Gli occhi di Hermione si spalancarono. “Come lo sa?”

La Vector eseguì una complicato disegno con la bacchetta, su di uno scarto di pergamena lì vicino, e l'intera matrice apparve nella sua complicata rappresentazione grafica. Muovendo la bacchetta come un direttore d'orchestra la Vector la fece ruotare, manipolando e allargando la particolare sezione in cui Hermione riconobbe la sua situazione attuale. Quindi la Vector la rovesciò lungo il terzo asse temporale ed eliminò molte delle linee visibili. Le due rimanenti erano intrecciate in una complicata relazione, inarcandosi in cerchio e una sopra l'altra, tirando e piegandosi fuori forma dalla forza delle loro interazioni.

“Oh.” Hermione la fissò e piuttosto fiaccamente aggiunse, “Abbiamo avuto una discussione.”

“Non ne sono sorpresa,” la Vector sembrava divertita. “Severus è una persona molto polemica.”

“Lei... e il professor Snape... siete amici?” Ponendo la domanda Hermione si rese conto di essere cresciuta parecchio nell'ultimo anno. Pensare ai suoi insegnanti come a delle persone con delle vite, amicizie, e un aspetto che non era proprio quello che mostravano ai loro studenti era una sensazione strana

La Vector considerò la domanda attentamente prima di rispondere. “Severus è una persona molto riservata. Posso contare sulle dita di una mano coloro che considera suoi amici: Albus, Minerva, Hooch, Poppy.” Si fermò per un secondo, fissando la lavagna piena di calcoli con un'espressione pensosa e la sua testa s'inclinò su un lato. “E Lucius Malfoy,” concluse. “Una volta al mese Minerva o Hooch organizzano un'uscita amichevole, giocano a poker, bevono un po', parlano di altre cose rispetto al lavoro scolastico.” Sospirò, il suo viso normalmente allegro ora serio, e fece un gesto verso l'equazione sul muro dietro di sé. “In circostanze normali, Hermione, non sarebbe etico usare dei calcoli Aritmantici così dettagliati sui propri colleghi.” Hermione fece un brusco sospiro di comprensione e guardò la sua professoressa con simpatia. “È difficile sapendo così tanto su di loro. Il fatto che, per la maggior parte, non sappiano che io so non allevia molto la mia coscienza.” Fece un'espressione ironica. “È anche pericoloso. Non devono sapere che io so o quello che so. La mia conoscenza dei piani di Dumbledore è un rischio calcolato.” Sorrise alla sua stessa battuta. “Devo sapere parecchio su ciò che hanno in mente molte persone, più di quanto il preside sia a proprio agio nel sapere. Non so tutto, ovviamente, ma tenerlo per me diventa più facile per lui e, ultimamente, più facile per me.”

Dev'essere una cosa solitaria, pensò Hermione, come essere una spia. Il suo stomaco si contrasse al marginale riferimento a Snape. Dumbledore vuole limitare le possibilità di tradimento. Hermione fissò la matrice generale, persa nei propri pensieri. Ma questo lascia l'Aritmante come l'anello debole – no, si corresse bruscamente con un'occhiata verso la Vector, l'Aritmante è l'anello di congiunzione, non necessariamente debole. Non c'era niente di debole nella Vector. Dumbledore, Vector, probabilmente Snape... ed io. Hermione non era solo un membro dell'Ordine della Fenice, ma uno di coloro con la conoscenza per tradirli tutti. Era un'immensa e terribile responsabilità.

“Se è di qualche consolazione,” aggiunse la Vector, interrompendo i suoi ragionamenti, “penso sia molto probabile che tu possa rimediare alla tua amicizia con entrambi gli uomini, forse persino rafforzando il legame creato dalla temporanea incomprensione.”

“Hmph.” Con Ron forse, ma non credo di sapere cos'ho fatto di sbagliato col professor Snape. “Come esattamente?”

Vector sorrise enigmatica. “Non possiamo necessariamente cambiare gli eventi della nostra vita, Hermione, ma possiamo cambiare le nostre reazioni a loro.”

Hermione si chiese, non per la prima volta, se la Vector fosse perspicace perché era una brava Aritmante o il contrario. Entrambe le cose probabilmente, decise, contenta dell'eleganza Aritmantica della sua risposta: una soluzione non invalida necessariamente le altre soluzioni.

“Sai, Hermione,” continuò la Vector, “sono particolarmente dispiaciuta di vederti così turbata questa sera, perché oggi in classe sembravi più felice del solito.”

Hermione sbatté le palpebre e cercò senza riuscirci quelle sensazioni di benessere e sicurezza che aveva provato al suo ritorno a scuola. Malgrado la conversazione e la tazza di tè con la Vector l'avessero calmata, la bolla di contentezza era bella che scoppiata. “Ha ragione, professoressa. Ho avuto delle vacanze piacevoli.” Hermione si diede una scrollata mentale. “Ho incontrato un vecchio amico. In effetti, stavo per aggiungerlo alla matrice. Abbiamo formulato un piano che, nel caso il Ministero dovesse cadere, farà in modo di far uscire di nascosto i Nati Babbani dal paese.”

Dall'improvvisa immobilità del corpo della Vector, Hermione capì che aveva detto qualcosa d'importante. La sua professoressa la guardava con un'espressione strana. “Quello, Hermione, è un calcolo che mi interesserebbe molto sentire.” In qualche modo sollevata dall'essersi allontanata dall'argomento Severus Snape, o dalla vita solitaria di uno stratega Aritmante, Hermione spiegò i dettagli salienti del piano suo e di Viktor. In pochi minuti, lei e la Vector avevano iniziato ad abbozzare l'inizio delle equazioni rilevanti, un compito che le avrebbe tenute occupate per le ore successive.



Durante la pausa pranzo, la mattina successiva, Harry portò Hermione fuori all'aria fredda del cortile. La intrattenne con i dettagli riguardanti la sua lezione con Dumbledore e il compito assegnatogli nel completare la domanda di Voldemort nei ricordi di Slughorn.

Dev'essere deciso a nascondere ciò che realmente è accaduto se Dumbledore non è riuscito a tirarglielo fuori,” rifletté. Dopotutto avrebbe potuto usare la Legilimanzia abbastanza facilmente. Horcrux... Horcrux... non avevo mai sentito parlare di loro...Un'altra cosa da aggiungere alla lista di cose da fare, quindi. Almeno aveva più che abbastanza lavoro per tenersi occupata.

Davvero?” La fiducia cieca che Harry aveva delle sue abilità di spiegare ogni cosa era quasi toccante.

Dev'essere davvero Magia Oscura avanzata o altrimenti perché Voldemort avrebbe voluto sapere qualcosa su di loro? Penso che sarà difficile trovare quell'informazione, Harry, dovrai essere molto cauto nel tuo approccio con Slughorn, pensare ad una strategia...

Ron crede che dovrei solo aspettare dopo Pozioni questo pomeriggio...

Hermione sentì la collera stringerle la gola, toccando il tono della voce. “Oh, beh, se Ron-Ron pensa così dovresti farlo. Dopotutto, quando mai il giudizio di Ron-Ron è mai stato imperfetto?

Hermione, non potresti-?

No!Girò i tacchi e tornò dentro, portando con sé le fiamme azzurre. Se Harry pensava che fosse lei quella che doveva scusarsi poteva anche dannatamente starsene fuori al freddo da solo.

Rimanevano ancora quindici minuti buoni d'intervallo ed Hermione s'infilò in una delle nicchie studio che circondavano il cortile, per riprendere fiato e ricomporsi prima delle lezioni. In questo modo poteva anche evitare di parlare con chiunque altro. Se la nicchia fosse stata vuota sarebbe stato un buon piano, ma sfortunatamente Hermione si ritrovò faccia a faccia con Tracey Davis, i cui calcoli Aritmantici erano aperti di fronte a sé in un certo disordine. La Davis non sembrava molto contenta e l'improvvisa intrusione di Hermione non fece nulla per migliorare il suo umore.

“Cosa vuoi Granger?” ringhiò.

Già turbata dal suo quasi litigio con Harry e dal pensiero di Ron, la vista della Davis e del suo lavoro Aritmantico erano uno sgradito promemoria della situazione con Snape. La vista della ragazza Serpeverde attivò un'improvvisa fitta di gelosia, seguita da vicino dalla rabbia verso sé stessa per aver avuto una reazione così cruda, quindi rabbia verso Snape per il suo orribile comportamento.

“Qualche progresso con il tuo progetto?” chiese Hermione in risposta, impostando la voce col tono più falsamente dolce che riuscì a trovare.

La Davis mise il suo lavoro di fronte a sé in modo protettivo. “'Vaffanculo, Granger,” rispose scortesemente. “Saresti felice come tutti gli altri piccoli Grifondoro se la maledizione andasse a buon fine – non sforzarti a negarlo.”

“Lo prendo come un no,” rispose Hermione, girando sui tacchi e scappando letteralmente.



Se Hermione aveva trovato Hogwarts solitaria prima di Natale, il secondo semestre fu ben peggiore. Ora doveva evitare McLaggen, insieme a Ron e Lavender, il che poneva la sala comune di Grifondoro proibita, eccetto che per alcune ore molto presto al mattino, ed era sempre ancora impossibile intrattenersi nel suo dormitorio. Vide Harry alternativamente solo durante i pasti o in biblioteca dove, malgrado i suoi migliori tentativi, non era stata in grado di scoprire nulla a proposito degli Horcrux. Le mancavano le sue lezioni private con il professor Snape, più di quanto fosse ragionevole, specialmente visto che durante DCAO era riuscito ad aumentare il suo livello di generale cattiveria oltre ogni immaginabile limite.

Un paio d'ore d'intenso lavoro avevano liberato Marietta Edgecombe dalla maledizione, anche se ci vollero un paio di settimane perché le macchie iniziassero a sparire completamente. Hermione tenne traccia dei suoi progressi con delle occhiate furtive durante i pasti, ma anche se le macchie stavano sparendo, le occhiate di Marietta erano furiose come sempre. L'intera catena di eventi portò Hermione a sentirsi sempre più depressa. L'unico posto in cui si sentiva sinceramente felice era il rifugio nell'ufficio della Vector e, di conseguenza, Hermione passò lì più tempo possibile.

I calcoli stavano procedendo bene. Con il prezioso ed esperto aiuto della Vector, aggiungere Viktor era stato piuttosto immediato. Prendendo per assunto che il Ministero sarebbe caduto, la sua presenza nella matrice dimostrava una significativa riduzione del numero di potenziali incidenti.

Aggiungere Malfoy era stato oggettivamente più difficile, e non solo perché lei non poteva rivelare la sua partecipazione alla Vector. Hermione, tuttavia, alla fine aveva risolto l'equazione con sua soddisfazione. La sua formula era definitivamente collegata a quella di Katie Bell e le probabilità che fosse in effetti un Mangiamorte iniziavano ad apparire straordinariamente alte.

Non lo aveva ancora detto ad Harry – o a nessun altro se è per questo. Eticamente era bloccata. I suoi calcoli la portavano a domandarsi in modo pressante che cosa avrebbe fatto successivamente Malfoy, ma allo stesso tempo era forte l'evidenza che Dumbledore, o almeno Snape, avesse già una chiara idea su chi fosse responsabile dell'incidente originale. E se avesse parlato a qualcuno dei suoi risultati avrebbe dovuto rivelare che Harry aveva origliato. In modo simile, non aveva la libertà di dire ad Harry niente a proposito dei calcoli di Aritmanzia, anche se in questo caso la sua forzata segretezza arrivò come un sollievo. Per essere completamente onesti, l'enorme “Te l'avevo detto” non era qualcosa che al momento aveva la capacità emozionale di sopportare.

Con l'equazione di Malfoy stabilizzata, il suo passo successivo fu quello di ricalcolare le probabilità variabili per tutto l'anno accademico. Fiduciosamente, la sua aggiunta alla matrice sarebbe stata sufficiente per quantificare alcune delle esistenti imprecisioni.

Rigirando ancora le strutture matematiche nella sua testa, Hermione attraversò il castello dall'ufficio della Vector verso la torre di Grifondoro. C'era ancora un'ora circa prima del coprifuoco e aveva calcolato, speranzosa, il tempo per poter anticipare i giocatori di Quidditch di ritorno dall'allenamento. In questo modo Lavender sarebbe stata di sotto nella sala comune in attesa di Ron, ed Hermione poteva prepararsi per andare a letto, senza dover assistere allo spettacolo del suo ritorno.

“Buonasera, signorina Granger,” l'improvvisa apparizione di Dumbledore sorprese alquanto Hermione; non era usuale imbattersi nel preside lungo i corridoi.

“Buonasera, professore.”

“Che cosa opportuna che ci siamo incontrati in questo modo. Perché non vieni nel mio ufficio per una tazza di tè?”

Non era il tipo d'invito che poteva essere facilmente rifiutato ed Hermione si ritrovò a seguire la scia di Dumbledore. Un iniziale velo di curiosità fu seguito da un martellante panico che qualcosa di terribile potesse essere accaduto – forse ai suoi genitori?

Dumbledore non fece nessuna menzione del motivo della visita finché non furono entrambi sistemati nell'ufficio, con in mano delle fumanti tazze di tè. Lui sorrise gentilmente, agitandosi dietro a latte e zucchero ed offrendole una certa varietà di biscotti.

“Bene, mia cara, come procede lo studio?”

Un po' della tensione di Hermione si dissipò: i suoi genitori stavano bene. Ciò che rimaneva si solidificò in una fredda massa da qualche parte vicina all'ombelico. Si trattava del professor Snape.

“Il mio lavoro sulle equazioni Aritmantiche sta procedendo molto bene.” Ecco, era la verità.

Meraviglioso! E come procede l'Occlumanzia?

“L'Occlumanzia non mi da più problemi, signore.” Hermione sollevò leggermente il mento e fissò Dumbledore direttamente negli occhi, sfidandolo quasi, a prenderla in parola. Notò un tremolio di qualcosa simile ad irritazione nel contrarsi della bocca. Pensava che del tè, biscotti e il tran tran del vecchio-gentile avrebbero potuto farla sfogare al suo orecchio comprensivo? Non era certo che volesse Dumbledore come confidente.

Dumbledore si appoggiò indietro sulla sedia e la fissò valutandola. Con il tè appoggiato contro il petto, tese avanti la sua mano annerita e usò un dito per girare il piattino sul posto. Il gesto mise particolarmente in evidenza la sua ferita. Semmai appariva peggio di come le era sembrata mesi prima: il nero era completamente avanzato lungo il suo braccio e ora spariva sotto alla manica. Hermione si ritrovò a fissare i suoi movimenti con un'orribile attrazione e spostò bruscamente gli occhi verso i suoi. Lui sospirò e cambiò drammaticamente tattica.

“Mi è giunta voce che tu e il professor Snape avete avuto un diverbio.”

Hermione sollevò un sopracciglio. Non c'era nessuna possibilità che potesse discutere i dettagli con Dumbledore. “Davvero? Credo sia un argomento che dovrebbe discutere con il professor Snape, signore.”

I bordi degli occhi di Dumbledore si piegarono nel suo primo e genuino sorriso della serata. “L'ho fatto,” replicò. “Non è stato la conversazione più... ah, conviviale.” Ponendo la tazza sul suo piattino sollevò entrambe le mani con i palmi sollevati in un gesto di diniego. “Ascolta, signorina Granger, non ho intenzione di indagare sulle specifiche del diverbio.” Fece una pausa. “Conosco Severus da molto tempo. Abbastanza a lungo da considerarlo un buon amico.” Dumbledore alzò le spalle con aria di disapprovazione. “Gli affiderei la mia vita. Eppure Severus è, nel migliore dei casi, permaloso. Non so cosa ci sia stato fra voi due, ma so che lo ha sconvolto.”

Hermione non disse niente e mantenne il viso impassibile. Dio, è un vecchio bastardo manipolatore. Immagino che Dumbledore pensi che riprendere le nostre lezioni sia importante per la “causa”.

Sono un uomo anziano, signorina Granger, e ho chiesto a Severus di portare a termine un incarico difficile. Spero non sia troppo duro per lui.

Hermione sentì una fredda rabbia. Non avrebbe voluto niente di meglio che perdonare il professor Snape, ma se Dumbledore pensava fosse suo compito fare ammenda si sbagliava. Oh, sapeva che Snape non era il tipo da chiedere scusa – diamine, non pensava neanche che Ron le avrebbe chiesto scusa direttamente – ma lei aveva bisogno di qualche indicazione, qualche gesto che fosse meno aspro del solito, che per Snape potesse contare. “C'è altro, professore?” Hermione era consapevole che il suo comportamento sconfinava nella mancanza di rispetto, ma non le importava.

Dumbledore sospirò ancora una volta. “No, signorina Granger, puoi andare.”

Mentre si alzava per andarsene, Hermione guardò a lungo Fawkes. Lui la guardò di rimando con la testa piegata su un lato in un modo che le ricordava la professoressa Vector. “Buonanotte professore, grazie per il tè.”

Dumbledore accettò i suoi ringraziamenti con un cenno e sollevò la mano per salutarla con la mano rovinata. La lunga manica della tunica scivolò con il movimento, mettendo in evidenza la pelle fino al gomito. Hermione si sentì un po' male, rendendosi conto che doveva essere nero fino in basso.

Hermione guardò il suo orologio mentre scendeva la scala a chiocciola. Doveva muoversi se voleva arrivare prima del coprifuoco. Ha ragione Dumbledore? si chiese, camminando verso la torre di Grifondoro senza fare attenzione al percorso. Il professor Snape è turbato quanto lo sono io?

Le mani che la afferrarono erano ruvide e forti e la tirarono verso la nicchia buia prima che potesse reagire. Fu voltata verso il muro con un tonfo; i libri che stava trasportando caddero rumorosamente sul pavimento. Una mano le coprì la bocca mentre con l'altra le teneva il polso, quello con cui usava la bacchetta, stringendolo saldamente. I suoi sforzi erano inutili. La mano sul suo viso le spingeva la testa indietro e, mentre si girava, le pietre le graffiarono la guancia e la ferirono alla testa. Cercò di colpire il suo aggressore, ma con una risata bassa l'ampio corpo si pressò contro di lei, di fatto intrappolandola.

“Tu ed io, Granger,” disse la voce di un uomo, leggermente ansimante. “Abbiamo una questione in sospeso.”

Merda. Aveva riconosciuto quella voce. Merda.

*

*


*

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Spotless_mind: capitolo denso con Hermione che s'inserisce benissimo nel contesto. Certo che quando Snape diceva che avrebbe tenuto le distanze non mi aspettavo una simile reazione, ma almeno ha ottenuto quello che voleva...in modo un po' drastico, uhm...

Anne

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Capitolo 20
*** Misery Loves Company ***


Capitolo 20

NdT: Certo che al ventesimo capitolo inventarmi qualcosa per ringraziare quella santa di silviabella è un po' difficile...



Capitolo 20

Misery Loves Company



Arrivato ad un certo punto Severus non poté sopportare di rimanere nel suo ufficio. Grifondoro aveva riservato il campo da Quidditch, eppure lei non era ancora arrivata. Invece prese a controllare i corridoi, facendo calare il silenzio tra i gruppi di studenti che parlottavano, mentre li superava e toglieva punti per le più piccole infrazioni. Con il coprifuoco che si avvicinava, Severus deviò verso la torre di Grifondoro. C'era sempre qualche studente che riteneva che cinque minuti di ritardo fossero comunque presto.

Al suono di passi in avvicinamento, si nascose dietro ad un'armatura a portata di mano e si Disilluse con un incantesimo non verbale. Nella sua vasta esperienza nel terrorizzare studenti, il saltar fuori e sorprenderli da dietro era risultato essere il metodo più soddisfacente. Controllò l'orologio proprio mentre il polso spariva alla vista. Chiunque fosse aveva trenta secondi di ritardo.

Eppure, mentre Hermione Granger passeggiava oltre il punto in cui era nascosto, si bloccò. Sembrava pensierosa. Il suo sguardo era sfocato e, mentre si mordeva il lato di un pollice, diversi libri di Aritmanzia erano mantenuti delicatamente contro il petto con l'altra mano. Senza veramente volerlo, Severus iniziò a seguirla, rimanendo ben indietro così che i suoi passi non potessero essere uditi. Quando lei voltò l'angolo di fronte, lui accelerò il passo, riluttante nel perderla di vista per secondo più del necessario. Ma, svoltato l'angolo, lei non si vedeva da nessuna parte. Gli occhi di Severus si restrinsero per la costernazione. Tenendo il passo leggero, continuò ad andare avanti, gli occhi che controllavano le mura su entrambi i lati, i sensi allerta per qualunque suono o traccia che potesse suggerire la presenza di Potter e il suo dannato mantello dell'invisibilità. Tutto ciò mentre sentì il suono di qualcuno che lottava e una voce di uomo, bassa e minacciosa:

“Tu ed io Granger abbiamo una questione in sospeso.”

Senza fermarsi a pensare ad un piano d'attacco, Severus si fermò vicino alla nicchia adiacente, allo stesso tempo facendo terminare il suo incantesimo di Disillusione e riempiendo lo spazio di luce. Valutò la scena di fronte a sé in un istante: McLaggen teneva Hermione bloccata contro il muro. Di fronte all'improvvisa luce intensa, McLaggen si voltò leggermente dando ad Hermione abbastanza spazio per dargli una ginocchiata nella parte alta del torso e liberare la mano della bacchetta. Strattonando la testa all'indietro e quindi velocemente in avanti, colpì con forza la sua fronte contro la radice del naso di lui: l'impatto fece un disgustoso scricchiolio. Pochi secondi dopo, McLaggen fu colpito da un potente Controincantesimo per il Malocchio, lanciato da Severus. Ci fu un flash di luce cremisi e il giovanotto ben piazzato fu lanciato attraverso la nicchia andando a schiantarsi contro il muro più lontano. Hermione non perse tempo, estrasse la sua stessa bacchetta e McLaggen aprì gli occhi alla vista di due punte di bacchetta, entrambe dirette risolutamente al cuore.

Severus notò l'aspetto della signorina Granger. C'era del sangue ai lati della faccia: era stata ovviamente scossa e ammaccata in diversi punti. Avrebbe voluto prenderla tra le braccia; voleva uccidere McLaggen. McLaggen. Battibecco tra innamorati?chiese, grondando sarcasmo.

“No, signore.” La voce della signorina Granger era dura come l'acciaio, la sua attenzione focalizzata sul giovane uomo disteso davanti a lei.

Lui riportò l'attenzione verso il suo aggressore e la bile gli salì in gola. “Cento punti in meno a Grifondoro, McLaggen,” disse seccamente. “Lascerò che sia la professoressa McGonagall ad ideare una punizione adatta: ti avverto, ha poca simpatia per gli uomini violenti.”

McLaggen lo fissò stordito. Il naso era chiaramente rotto e il sangue colava da una narice, scorrendo in rivoli lungo il mento.

Severus si chinò in avanti e lo afferrò per la tunica. Con un brusco strattone sollevò McLaggen in piedi. “Presentati al suo ufficio domani mattina prima di colazione. Sono stato abbastanza chiaro?”

McLaggen annuì in maniera disperata, con la paura che iniziava a penetrare nel suo stato scioccato. Quando Severus lo tirò via dalla nicchia, il suo senso di autopreservazione si riaffermò immediatamente e prima ancora che Severus lo stimolasse con un “Infermeria, subito!” lui si stava già muovendo nella direzione. Severus si voltò verso la signorina Granger. Aveva rimesso via la bacchetta ed era occupata a raccogliere i libri che aveva fatto cadere.

“Vieni qui.” La sua voce era inutilmente dura. Lei vacillò per un secondo con le dita intorno all'ultimo libro, prima di voltarsi verso di lui, i libri tenuti come uno scudo di fronte a sé. “Rimani ferma.” Con la bacchetta tesa Severus lanciò un semplice incantesimo diagnostico. Lividi e un taglio sul viso. Senza un unguento non poteva fare niente per i lividi, ma si avvicinò e appoggiò la bacchetta sul taglio, tenendo il suo corpo rigido. Hermione sussultò solo leggermente al tocco della bacchetta, con il viso impassibile. Una volta guarita, lui si tirò indietro e le fece segno verso l'uscita. Lei lo precedette fuori.

Nel corridoio lui passò avanti, conducendola verso l'ingresso della torre di Grifondoro. Nessuno dei due parlò, ma sentì i passi di lei dietro di sé. Di fronte al ritratto della Signora Grassa si fermò.

“Se ti ritrovo fuori dopo il coprifuoco, signorina Granger, perderai dei punti casa.” Lui le fece un gesto poco aggraziato verso il ritratto.

Hermione fece un profondo respiro. “Professore,” iniziò.

“Silenzio!”

“Ho solo-”

“Dieci punti in meno a Grifondoro,” ringhiò, schioccando le dita in maniera imperiosa verso la Signora Grassa, che lo degnò di uno sguardo di ribellione prima di aprirsi. “Dentro, adesso!”

Hermione contrasse la bocca per il fastidio. Senza un ulteriore sguardo entrò dentro al buco del ritratto, lasciando solo la Signora Grassa a notare l'espressione desolata sul viso di Snape e i suoi pugni stretti con fervore.

“Prego, professore!” disse la Signora Grassa sarcasticamente verso la sua figura che si allontanava, ma il professore non replicò.

La sua prima destinazione fu l'ufficio della McGonagall dove spalancò la porta come se fosse la sua aula di Pozioni. Minerva alzò lo sguardo, sorpresa di fronte al suo arrivo improvviso.

“Severus! Cosa significa tutto ciò?”

“Risparmiami le scene, Minerva. Domani mattina prima di colazione Cormac McLaggen verrà da te per una punizione. Dovresti davvero tenere i tuoi studenti sotto un migliore controllo, sai.”

“McLaggen? Cos'ha fatto adesso?”

Severus rispose sarcastico. “Apparentemente si è appena evoluto da comportamento-auto-distruttivo ad abuso-domestico.”

“Per carità Severus! Smettila d'incombere così, siediti e dimmi cos'è successo.”

Severus decise di ignorare le sue istruzioni. Invece di sedersi si chinò sulla sua scrivania verso di lei, le mani appoggiate sulla superficie di legno. “L'ho beccato in una nicchia vicino alla torre di Grifondoro intento nell'atto di sbattere la testa della signorina Granger contro il muro.” Minerva rimase senza fiato e si premette una mano sul cuore. “Visto che sei ovviamente incapace di controllare il suo atteggiamento, Minerva, spero possa fidarmi di te per punirlo.” Con questo, Severus si voltò ed uscì, lasciando Minerva a boccheggiare da sola.

Una volta arrivato nel suo ufficio, gli ci vollero solo pochi secondi per trovare l'unguento per i lividi. Chiamato un elfo domestico, gli diede istruzioni per farlo recapitare alla signorina Granger immediatamente. Fatto questo, tornò nei corridoi dove tracciò una solitaria e peripatetica via, mentre le ore passavano piacevolmente, e dove il sonno non sarebbe probabilmente arrivato.



I giorni successivi videro pochi miglioramenti nell'umore di Severus. Dormiva poco e litigava con chiunque si avvicinasse abbastanza per iniziare una conversazione. Rifiutò di andare a volare con la Hooch, anche se lei glielo aveva chiesto diverse volte, e fu persino scortese con Minerva nella sua forma di Animagus, scacciandola per allontanarla da lui con una pioggia di scintille verdi.

Il sabato sera, dopo aver sistemato il suo pasto intorno al piatto per il tempo necessario da considerarlo presente a cena, Severus si alzò per andarsene. Fu trattenuto dalla mano di Dumbledore sul suo braccio.

“Mio caro ragazzo, speravo potessimo fare una passeggiata serale insieme.”

Severus si risedette riluttante. Il preside aveva un talento per avanzare inviti da cui era impossibile sfuggire. “Va bene, Albus, anche se non riesco ad immaginare quali benefici si possano guadagnare per la salute dall'aria di febbraio in Scozia.”

Dumbledore sorrise benigno e gli diede un colpetto sul braccio in modo distratto. “Prendi del pudding al cioccolato prima di andare,” suggerì. Severus incrociò le braccia e si accigliò.

Una volta che ebbero iniziato la passeggiata, Dumbledore sembrò stranamente riluttante ad iniziare una conversazione ed erano ben lontani dalle mura del castello quando si decise.

“Sono grato, Severus, per il tuo pronto intervento nei confronti della signorina Granger questa settimana.”

Severus s'irrigidì e le sue mani si strinsero di riflesso. “Non ho alcun desiderio di parlare della signorina Granger, Albus.”

“Ah, mi pare di capire che non hai ancora ricominciato le tue lezioni.”

Severus decise di cambiare argomento, piuttosto che rispondere all'implicita domanda. “Cosa stai facendo con Potter durante tutte le sere in cui siete richiusi insieme?

Dumbledore sospirò. “Perché? Non stai cercando di dargli altre punizioni, Severus? Quel ragazzo passerà presto più tempo in punizione che fuori.

È suo padre in tutto e per tutto-”

Nell'aspetto forse, ma la sua natura più profonda è più simile a quella di sua madre. Ho passato del tempo con Harry perché ho delle cose da discutere con lui, informazioni che devo dargli prima che sia troppo tardi.

Severus sentì la critica sottintesa. C'erano cose che doveva insegnare ad Hermione Granger, ma per quello era già troppo tardi. Un'ondata di disperazione minacciò di sopraffarlo. No. Prendendo una pagina dal proprio libro della Granger ripiegò ogni ricordo che aveva di lei degli ultimi tre anni e lo nascose dietro la biblioteca della sua mente. Era una spia. Aveva un lavoro da fare. Si soffermò sui commenti di Dumbledore con attenzione, ripensando allo stesso modo anche a quelli delle altre sere. “Informazioni che devo dargli,” … “Se lo conosco bene farà in modo che quando si prefiggerà d'incontrare la morte significherà veramente la fine per Voldemort.

Informazioni. Credi in lui... ma non ti fidi di me.

Non è una questione di fiducia. Come entrambi sappiamo, ho un tempo limitato. È essenziale che io dia al ragazzo abbastanza informazioni per fare ciò che è necessario che faccia.

E perché io non ho le stesse informazioni?Dovrei dire a Potter quando deve morire, senza sapere ulteriori dettagli dell'essenziale piano segreto che deve compiere prima. Sono veramente in grado di determinare il momento corretto dal comportamento del Signore Oscuro nei confronti di Nagini? Il piano era zeppo di buchi, abbastanza larghi da farci passare l'Hogwarts Express.

Preferisco non affidare tutti i miei segreti ad una sola persona, soprattutto non ad una che passa così tanto tempo a ciondolare tra le braccia di Lord Voldemort.

Cosa che faccio per tuo ordine!

E lo fai estremamente bene. Non pensare che sottovaluti il pericolo costante a cui ti esponi, Severus. Passare a Voldemort quelle che sembrano informazioni di valore mentre nascondi l'essenziale è un lavoro che non affiderei a nessuno se non a te.

Eppure ti fidi molto più di un ragazzo che è incapace di usare l'Occlumanzia, la cui magia è mediocre, e che ha una connessione diretta con la mente del Signore Oscuro!

Voldemort teme quella connessione. Non troppo tempo fa ha avuto un piccolo assaggio di ciò che veramente significa condividere la mente di Harry con la sua. È un dolore che non ha mai sperimentato. Non cercherà di possedere di nuovo Harry, ne sono sicuro. Non in quel modo.

Non capisco.” Severus sapeva di sembrare petulante e la cosa lo faceva sentire più irritabile.

L'anima di Lord Voldemort, menomata così com'è, non può tollerare un contatto stretto con un'anima come quella di Harry. Come una lingua sull'acciaio ghiacciato, come la carne sul fuoco-

Anime?” Severus sputò la parola all'uomo anziano. “Stiamo parlando di menti!

Nel caso di Harry e Lord Voldemort, parlare di una è come parlare dell'altra.” Dumbledore controllò l'ambiente intorno a loro attentamente e continuò con un sospiro. “Dopo che mi avrai ucciso, Severus-

Ti rifiuti di dirmi tutto, eppure ti aspetti da me questo piccolo favore!Con Dumbledore morto nessuno saprà l'intera storia, nessuno sarà lì per assicurarsi che tutto vada perfettamente bene alla fine – Dio, chi piomberà addosso con abbastanza punti per mostrare a Potter come portare a casa la metaforica Coppa? Dai un sacco di cose per scontate, Dumbledore! Forse ho cambiato idea!

Mi hai dato la tua parola, Severus. E visto che stiamo parlando dei favori che mi devi, pensavo avessi acconsentito nel tenere d'occhio il nostro giovane amico Serpeverde?” Dumbledore sospirò alla rabbia nuda sul viso sottile di fronte a sé. “Vieni nel mio ufficio stasera, Severus, alle undici e non ti lamenterai che non ho abbastanza fiducia in te...

Secondo Dumbledore la conversazione era finita. Severus incrociò le braccia in modo ribelle, ma si voltò indietro verso il castello senza un'ulteriore parola.

Le undici di sera si rivelarono essere un incontro con la Vector a proposito dei calcoli Aritmantici. Dumbledore era particolarmente emozionato dai cambiamenti che l'inserimento di Krum aveva portato alla matrice, controllando ripetutamente le probabili conseguenze per i maghi e le streghe Nati Babbani. Severus capiva che la sua presenza nella stanza implicava un gesto di fiducia. Le speranze e i piani dell'intero Ordine erano aperte davanti a lui ed espresse in formule. Se qualunque informazione avesse raggiunto l'attenzione di Voldemort, le conseguenze non sarebbero state meno che mostruose. Eppure, non era felice di essere lì.

La Vector metteva sempre Severus a disagio. Non gli piaceva il fatto che la donna sapesse così tanto su di lui: non poteva sopportare il suo sorriso perenne. Non aveva alcun dubbio che avesse tracciato ed estratto la sua precedente carriera da Mangiamorte con Aritmantica accuratezza, persino quando sedeva nella sua classe da imbronciato adolescente. Non aveva visto lui stesso le equazioni fino all'anno prima che Potter iniziasse Hogwarts, ma anche adesso la presenza della Vector gli ricordava la nauseante sensazione di vedere la cruda iscrizione della sua vita e le motivazioni in forma numerica. Lo lasciava esposto e permaloso come se dietro quel sorridere la donna inscrutabile vedesse dietro ai crudi margini della sua anima.

Con i ricordi di Hermione Granger riposti via al sicuro, la frequente menzione del suo nome non era altro che un'irritazione minima, nemmeno i numerosi riferimenti a Krum poterono attraversare i limiti dei suoi nervi sovreccitati. Anche se dopo... Spinse quel pensiero da una parte e si concentrò sulla conversazione.

“Il suo lavoro è straordinario, come sempre,” osservò la Vector. “Severus,” continuò lei, “Avevo intenzione di chiederti se hai dato un'occhiata al progetto di Aritmanzia di Tracey Davis.”

“Essere il Direttore della Casa Serpeverde non comprende aiutare i miei studenti a fare i compiti.” Non gl'importava mantenere il sogghigno nella voce, ma la Vector gli sorrise in ogni caso.

“Se dovesse capitarti, dovresti dargli un'occhiata. Penso che lo troverai interessante. Non credo che risolverà il problema in cui si è infilata, ma è un encomiabile tentativo comunque.” La Vector aveva iniziato a raccogliere i vari fogli di pergamena coperti di equazioni che erano sparpagliati lungo la scrivania di Dumbledore. Sembrava che quell'interminabile serata stesse finalmente arrivando ad una fine.

“Sicuramente. Se non c'è più bisogno della mia presenza...” Severus si voltò verso Albus, un sopracciglio sollevato.

Dumbledore sollevò un polso molle in un gesto ben intenzionato di congedo. “Vai pure, Severus. Buonanotte.”

Severus annuì freddamente ad entrambi, Vector e Dumbledore, e con gratitudine uscì dal suo ufficio, giù dalle scale mobili e verso il corridoio. Incontrò Peeves solo dopo pochi momenti, ma il poltergeist aveva avuto il buon senso di scappare alla vista della sua bacchetta sguainata. La gatta, Minerva, gli soffiò da un angolo buio, ma vista la violenza del loro ultimo incontro c'erano poche possibilità che potesse approcciarlo: tornò nel suo appartamento senza ostacoli. Una volta dentro, chiuse la porta con attenzione e aggiunse ulteriori protezioni al già paranoico livello che era sempre in piedi. Sgusciò via dalla toga da insegnante e dagli stivali e si sedette di fronte al fuoco.

Dalla sua esperienza nel nascondere i ricordi di Lily da Lord Voldemort, sapeva che per disfare ciò che aveva nascosto era necessario riviverli. Bisognava rivivere ogni ricordo nella strana e simultanea temporalità di raccolta, un super saturo afflusso d'intensità accartocciata. Squisitamente doloroso, insopportabilmente reale. Serviva per mantenere il senso di colpa che sentiva per la perdita dell'amicizia con Lily, e la sua morte seguente bruciava intensamente malgrado il tempo passato. Ora doveva fare lo stesso con i ricordi di Hermione, e più li lasciava peggio sarebbe stato. Non vedeva proprio l'ora di passare il resto nella notte.



Il martedì sera trovò Severus solo nel suo ufficio, ancora una volta. Gli ultimi due compiti di Hermione Granger giacevano di fronte a sé e li stava fissando afflitto. Aveva misurato la lunghezza di entrambi con la bacchetta, lo sapeva, come lo sapeva ad una prima occhiata, che entrambi i compiti erano precisamente della lunghezza assegnata e non un centimetro di più. Avendoli letti completamente, sapeva che avevano a che fare soltanto e coscientemente con il soggetto trattato. Le informazioni all'interno era limitate a ciò che diceva il libro. Non c'erano riferimenti alle ricerche recenti o agli interessanti sviluppi nel campo, non trasversali informazioni di altre discipline, nessuna ipotesi sulla direzione che il lavoro avrebbe preso in futuro. Non c'era modo di scappare: il compito era blando e Severus si sentì derubato.

Guardò l'orologio nel muro: tre minuti alle otto. La sua mano sinistra era stretta in un pugno, a disagio e consciamente si rilassò, scuotendo la parte bassa del braccio gentilmente. Dal programma nella sala insegnanti sapeva che la squadra di Grifondoro aveva occupato il campo da Quidditch. Risolutamente, riportò la sua attenzione alle carte di fronte a sé, intingendo la sua penna nel barattolo d'inchiostro rosso. Con la punta della sua penna, sospesa sopra ai fogli esitò, insicuro su cosa scrivere. I secondi si prolungarono mentre una goccia d'inchiostro sporgeva, si stirava e alla fine cadeva sul foglio, la macchia come una sgradevole ferita contro la pergamena color crema. Severus ringhiò per l'irritazione e tirò fuori la sua bacchetta, asciugando la chiazza d'inchiostro. Guardò ancora l'orologio: un minuto alle otto. La mano sinistra era stretta a pugno ancora una volta e la tensione lungo il dorso del collo era quasi insopportabile.

Quando sentì bussare alla porta si bloccò. Speranza, disperazione e furia lottavano per avere il predominio. Chi osava interromperlo in quel particolare momento? Solo tardivamente si ricordò di parlare: “Entra.”

“Buonasera, professore,” disse Hermione Granger, il mento sollevato leggermente sotto la forza del suo sguardo. Lei attraversò la stanza quasi immediatamente e si sistemò nella sedia all'opposto della scrivania.

“Che cosa stai facendo?” Ringhiò la domanda, lo stomaco contratto per l'ansia.

Hermione perse diversi secondi a sistemare lo zaino sulla sedia prima di rispondere. “Dopo molte riflessioni,” disse con voce chiara, “ho deciso di perdonarla.”

Severus sbatté le palpebre. Non sta succedendo. “Davvero,” riuscì a dire alla fine con entrambe le sopracciglia alzate.

“Sì.” Hermione fece una pausa, le labbra premute insieme in una sottile linea che gli ricordava inesorabilmente Minerva. “Vorrei continuare le nostre lezioni. C'è ancora tanto che ho bisogno d'imparare.”

Severus afferrò il bordo della scrivania, forte. Alle sue parole la stanza s'inclinò sotto di lui, si sentiva come se stesse cadendo. Non disse nulla.

Notando il suo silenzio, Hermione insistette. “Dopo aver parlato con il professor Dumbledore l'altra sera...”

Dumbledore. Improvvisamente la chiarezza solidificò l'ambiente intorno a sé con un tonfo. Ingoiò nel tentativo di rimuovere il cattivo sapore dalla sua bocca. “Ah, sì, al preside piace interferire. Ha fatto appello al tuo buon carattere? Ha messo in evidenza le tue responsabilità con Potter? Tutti hanno uno sgradevole compito in questa guerra e io sono il tuo.” Il tono maligno era familiare e una rassicurante difesa.

“Lei certamente sa come rendersi sgradevole,” rispose Hermione, la rabbia che divampava negli occhi, “ma il preside non ha detto niente del genere. Ho scelto di venire qui stasera perché volevo farlo.” Vacillò leggermente, la rabbia che velocemente andava via. “Sono venuta perché mi mancava questo, mi mancava lei.” Sollevò le mani in alto. “Dio solo sa perché.”

“Bugiarda,” sussurrò.

Lei si sporse in avanti, le braccia incrociate e il viso duro. “Sa che non sto mentendo.” Si appoggiò di nuovo alla sedia e incrociò una gamba sopra l'altra in modo deciso. “Come stavo dicendo,” continuò con uno sbuffo d'irritazione, “dopo aver parlato col professor Dumbledore l'altra sera, ho capito che non valeva la pena aspettare delle scuse.”

“Stavi aspettando delle scuse?” Non era da Severus chiedere chiarificazioni e lei lo guardò curiosamente.

“Sì.” Si portò una mano fra i capelli. “Penso di meritarmele.” Guardando brevemente l'espressione stordita di lui continuò. “L'avrei perdonata subito se solo si fosse limitato all'insulto standard da Serpeverde, 'Sanguesporco'-”

Lui a quel punto ritrovò la voce. “Non usare quella parola! Non avrei mai-”

“Perché no?” Hermione alzò le spalle, un'espressione amaro sul viso. “Lo sono. Anche se sembra che solo i miei nemici mi chiamino 'Sanguesporco.' I miei amici,” - il viso le si contrasse - “sembrano favorire 'puttana'.”

Severus non sapeva se credere alle sue orecchie. Avrebbe perdonato 'Sanguesporco'? Le era mancato? Voleva delle scuse? Con un movimento fluido si alzò dalla sedia. Girò intorno alla scrivania e si fermò in piedi davanti a lei, estraendo la bacchetta e tenendola in alto come una daga, la punta verso il basso.

“Io, Severus Tobias Snape, ti chiedo scusa per le mie parole e le mie azioni-”

Hermione si alzò in piedi, lo sgomento visibile. “No!” Esclamò lei, ma Severus ignorò l'interruzione.

“Per il male che ho fatto a te, Hermione Jane Granger, farò ammenda offrendo me stesso e il mio talento finché l'onore non sarà soddisfatto.” Anche se non aveva mai detto quelle parole, la formula cerimoniale uscì dalla sua bocca come una poesia e la sua bacchetta s'illuminò con un'intensa luce bianca che era doloroso guardare.

Hermione sembrava scossa, ma afferrò stretta la sua bacchetta proprio sotto la mano di lui e parlò con voce ferma. “Io, Hermione Jane Granger, ti assolvo dalla tua colpa, dalla vergogna delle tue parole e dall'umiliazione delle tue azioni. Da questo giorno in avanti, sarai un uomo assolto. Vai in pace.” Mentre parlava la luce emanata dalla bacchetta di lui divenne gradualmente argentata finché tutto nella stanza non brillò di argento vivo. Mentre dava la benedizione finale, la luce si estinse, lasciando Severus ed Hermione a fissarsi l'uno nella faccia dell'altra, i corpi uniti dal tocco delle mani sulla bacchetta di lui e la traccia di magia che poteva ancora essere percepita nel formicolio della pelle.

Hermione stava ansimando leggermente e Severus si rese conto del rapido su e giù del suo stesso petto.

“Per che cos'era questo?” chiese con voce leggermente stridula. “Pensava che la volessi legato a me da una costrizione magica?”

Lui sollevò le spalle, leggermente imbarazzato. “Volevi delle scuse.”

“'Scusa' sarebbe stato perfettamente adeguato.” Lasciò andare la bacchetta di lui, improvvisamente in imbarazzo dalla prossimità dei loro corpi. Lui sistemò la sua bacchetta dentro la manica e tornò dietro alla scrivania, facendole il gesto di sedersi mentre lo faceva anche lui.

“Signorina Granger,” disse gravemente. La difficoltà della situazione lo assalì. Se Hermione non lo avesse assolto così prontamente, le conseguenze delle sue impulsive scuse sarebbero state disastrose. Con Voldemort e Dumbledore non poteva permettersi un altro padrone.

“Professore?” Lei interruppe il suo silenzio con esitazione. “Io, er, mi piacerebbe molto se mi chiamasse Granger.” Fece una pausa e il fantasma di un sorriso sollevò i bordi della bocca. “Forse avrei dovuto chiederglielo prima di assolverla?”

Il sollievo passò davanti al sorriso sul suo viso. “Molto bene, Granger.” Lui le lanciò uno sguardo di valutazione. “Mi pare di capire che tu voglia continuare le tue lezioni.”

“Sì, signore.” Si sedette un po' più dritta in attesa.

“Vieni con me, allora,” disse con un'improvvisa convinzione. Severus si alzò e aprì una porta nascosta tra gli scaffali dietro la scrivania. Abbozzò un finto inchino e le indicò di entrare. Lo sguardo che lei gli rivolse mentre passava era solo leggermente apprensivo.

“Oh,” sospirò, fissando dentro al laboratorio con aperta curiosità.

“Il professor Slughorn è rimasto leggermente deluso quando ha saputo che non avrebbe ri-ereditato il laboratorio del Maestro di Pozioni, anche se mi è parso di capire che la grandezza del suo attuale appartamento ha avuto in qualche modo la meglio sulla sua delusione.” Severus fece un sorrisetto al sorriso di ammirazione della Granger. “Penso sia il momento d'iniziare a fare qualche pozione. Inizieremo con la Polisucco.”

Il piacere sul suo viso scivolò leggermente. “Ma signore, non sarebbe meglio se facessi qualcosa che non ho mai fatto prima?”

Sollevò un sopracciglio, deridendo la sua impertinenza. Lei ebbe la grazia di arrossire e si morse il labbro inferiore, anche se non abbassò lo sguardo. “Questo,” disse lui, toccando la lavagna su di un muro con la bacchetta così che le lettere argentate scandissero gli ingredienti e le indicazioni, “è una ricetta che ho modificato io stesso.”

“Oh.” Le sopracciglia della Granger si incresparono mentre controllava le informazioni sulla lavagna. “Signore?” chiese “Come mai le indicazioni nel libro di Pozioni sono sbagliate?”

“Non sono sbagliate,” rispose, tirando giù un calderone della misura giusta dallo scaffale. “Forniscono le informazioni minime per fare le pozioni. Sta al pozionista adattare e modificare la pozione a seconda del suo gusto e specifiche. Mi piace controllare che gli studenti imparino le modifiche più efficienti ed efficaci. Slughorn tuttavia,” storse il naso in modo un po' derisorio, “segue il libro alla lettera.”

“Ah.” Poteva praticamente sentire gl'ingranaggi che giravano nella testa della Granger mentre processava questa informazione. “Com'è che nessuno me l'ha mai detto prima?” continuò.

“Granger!” Severus concentrò nella parola l'equivalente di sei anni di esasperazione. “Ti ho detto di smetterla di ripetere a pappagallo il libro di testo e usare la testa dal giorno in cui sei arrivata ad Hogwarts!” La bocca di lei formò un piccolo, silenzioso 'oh' di sorpresa e lui scosse la testa per la disperazione, non del tutto simulata. “Nella porta più lontana troverai l'armadietto con le provviste. Vai e prendi abbastanza ingredienti per una doppia pozione.”

Stava camminando verso l'armadietto, le dita che vagavano contro il telaio quando lui la sentì mormorare la sua riposta, “Pensavo che lei fosse stato soltanto crudele.”

Severus fu felice che lei non fosse lì per notare il modo con cui era trasalito in risposta alle sue parole. Doveva calmarsi.

Poiché quando la pozione raggiunse lo stato in cui doveva cuocere a fuoco lento era passato da molto il coprifuoco, Severus insistette per accompagnare Granger verso la torre di Grifondoro. Anche se nessuno dei due aveva parlato mentre camminavano lungo i corridoi, Severus si meravigliò della differenza tra questa camminata e quella del giovedì precedente. Vedendo la Signora Grassa, lui si fermò. “Sono sicuro che troverai la strada da qui in poi,” disse in modo strascicato.

Granger lo onorò con un largo sorriso. “Grazie professore,” disse. Per un momento si voltò il corpo che pendeva barcollando verso di lui come se volesse abbracciarlo. Quindi gli prese la mano. Severus la prese, la larga mano stretta intorno a quella più piccola di lei, ogni nervo consapevole del calore del suo palmo contro quello di lui e la stretta ferma delle sue dita contro la pelle. “Grazie,” disse lei di nuovo.

“Non hai niente di cui ringraziarmi,” replicò, la sua voce leggermente più severa di quello che intendeva. “Ora vai a letto... prima che ti tolga dei punti.”

Lei sorrise e si voltò indietro, finendo per correre nell'ultimo tratto e affrettandosi dentro al quadro.

“Non si corre nei corridoi!” le disse lui, accigliandosi per nascondere il piacere che ribolliva nelle vene. Lei fece un cenno con la mano prima di sparire dietro la Signora Grassa, che lanciò a Severus uno sguardo che era chiaramente di disapprovazione, persino da un centinaio di metri.

Mentre ritornava sui suoi passi, un soffiare aggressivo nel corridoio del terzo piano lo avvisò della presenza del gatto soriano. Severus si fermò e si accucciò con una mano tesa verso il suono furioso, anche se lo stesso gatto era nascosto nell'ombra e impossibile da vedere. “Ti devo delle scuse,” disse dolcemente verso l'oscurità.

Ci volle un impossibile lungo momento, ma alla fine lei uscì fuori, la coda tenuta alta e rigida lontano dal corpo. Severus rimase completamente immobile mentre lei lo considerava con prudenza, a debita distanza. “Mrraaawwhh,” miagolò lei, inclinando la testa di lato. Lui mosse le dita tese in risposta. Camminando delicatamente, la gatta arrivò sotto alla mano, sollevando la schiena mentre passava per massaggiarsi contro di lui. Lei si arrotolò intorno alle sue gambe, quindi scivolò via.

“Buonanotte, Minerva,” disse verso la sua forma che si ritirava. Mentre continuava verso il suo ufficio, un piccolo sorriso tirò i bordi della bocca.

I compiti della Granger erano ancora sulla scrivania dove li aveva lasciati. Fece un sorrisetto quando li vide e richiamò a sé il vasetto d'inchiostro senza preoccuparsi di sedersi. Intingendo la penna fermamente dentro all'inchiostro rosso, si appoggiò contro la scrivania. Nella sua distintiva scrittura appuntita, scrisse risolutamente alla fine della pergamena: “Questo compito è di molto inferiore ai tuoi standard usuali e vale a malapena lo sforzo che ci vuole per commentarlo. Ti suggerisco di impegnarti di più con il prossimo. A.”

*


*


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Spotless_Mind: in effetti la fine del capitolo scorso è un po' crudele e chi altri poteva essere il misterioso aggressore?? McLaggen non mi è mai stato simpatico neanche nei romanzi... Questo capitolo rimette in moto le interazioni Snape-Hermione, decisamente si andrà ad un gran bel ritmo nei prossimi :)

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Capitolo 21
*** Knowledge = Power ***


Capitolo 21

NdT: capitolo particolarmente difficile, abbiate quindi pietà di me e silviabella (che mi ha salvata in diversi passaggi...)

Anne London



Capitolo 21

Knowledge = Power



La vita divenne molto più piacevole per Hermione una volta riprese di nuovo le lezioni con il professor Snape. Passavano almeno una sera a settimana nel suo laboratorio privato, distillando alcune varietà di pozioni curative, mentre la seconda sessione la passavano nel suo ufficio ad imparare incantesimi curativi di base e diversi incantesimi di barriera straordinariamente complicati. Come la Vector aveva suggerito, la discussione e le scuse che erano seguite sembravano aver fortificato il suo rapporto con il professor Snape. Lui rimaneva brusco e provocatorio come sempre, ma lei notò una nuova attenzione alle sue idee e occasionalmente, i commenti ai suoi compiti, erano al limite del complimento.

Non poteva, tuttavia, insegnarle l'incantesimo cantato usato per guarirla dalle ferite dopo la battaglia all'Ufficio Misteri, anche se lei non lo aveva chiesto direttamente.

“Signore?” aveva chiesto durante la terza lezione sugli incantesimi di guarigione. “Mi insegnerà il 'Canto della Fenice'?”

Insolitamente, Snape fece quasi cadere in modo maldestro la fiala che reggeva, eppure riuscì a prenderla facilmente prima che toccasse il tavolo. “Di cosa stai parlando, Granger?” chiese irritato.

“La canzone che ha usato per guarirmi dalla maledizione di Dolohov,” spiegò. “Me la insegnerà?”

“No.” Il labbro superiore s'incurvò in modo derisorio. “Oltretutto sono le lacrime di fenice che guariscono, non il canto.”

Il piatto rifiuto sorprese Hermione e guardò il suo professore con curiosità. C'era qualcosa di strano nella sua espressione: la bocca era leggermente più tirata del solito e le narici erano dilatate. “A sentire Harry parlare di Fawkes nella Camera dei Segreti,” disse in tono neutro, “si potrebbe pensare che il canto guarisca il cuore, mentre le lacrime guariscono il corpo.”

Snape voltò la testa, impegnato ad etichettare la pozione che aveva in mano. I capelli scivolarono in avanti sugli occhi. “Se ricordo, Granger, era il tuo corpo e non il tuo cuore che richiedeva attenzione. La tua descrizione del contro-incantesimo è ridicola.”

Non proprio sicura del perché lo sfidasse, Hermione spinse ulteriormente sull'argomento. “Stavo delirando, ovviamente,” alzò le spalle, “ma credo ci fosse qualcosa nell'osservazione.” Il professor Snape non si era mosso. I muscoli della mandibola, notò lei, erano contratti sotto la pelle. “C'è molto della fenice in lei.”

Lui allora alzò la testa con una luce amara negli occhi. “Ovviamente,” rispose derisorio, con un gesto piuttosto violento verso la sua toga nera da insegnante, “è stato il mio sfolgorante piumaggio rosso e oro che mi ha fatto scoprire? O la mia abilità a sopravvivere alla morte? Il mio talento nello Smaterializzarmi attraverso le barriere Anti-smaterializzazione in un'esplosione di fiamme, forse? O semplicemente il mio affetto per i Grifondoro?” Ad ogni domanda retorica, la rabbia di Snape cresceva sempre di più e alla fine lui torreggiava su di lei, praticamente sputando per la rabbia.

“No,” interruppe lei con calma la sua invettiva, sollevando entrambe le sopracciglia verso di lui. Anche se le stava urlando addosso, lei si sentiva quasi certa che la sua rabbia fosse diretta altrove. “Stavo pensando alla sua lealtà, al coraggio, all'abilità di portare oneri straordinariamente pesanti e al suo talento per la guarigione.” Ci fu una lunga pausa mentre entrambi aspettavano che l'altro abbassasse lo sguardo. “Anche se,” aggiunse lei, con un accenno di risata che faceva capolino nella sua voce, “se dovessi vederla in rosso e oro, sarà bene che io sia equipaggiata per fare una chiamata.”

La tensione evaporò dalla posa di Snape. Piegò la testa all'indietro e fissò il soffitto, come a cercare un intervento divino. Quindi si spostò verso la porta e la tenne spalancata.

“Fuori Granger,” ordinò. “Hai messo fin troppo alla prova la mia pazienza oggi. Torna la prossima volta.”

Era quasi una vittoria, decise Hermione. Raccolse le sue cose senza lamentarsi e lasciò l'ufficio. Anche se non era sicura di cosa comportasse la “quasi vittoria”, sentiva che era davvero molto importante.



In ogni momento libero Hermione lavorava con insistenza ai calcoli Aritmantici. L'aggiunta di Draco Malfoy aveva influito molto sulle domande riguardanti l'immediato futuro ed era determinata a stabilire le alterazioni prima possibile.

Aiutavano inoltre a riempire gl'intervalli solitari del suo programma di lezioni, che avrebbe altrimenti dovuto passare con Harry e Ron. Harry, fosse benedetto, aveva ancora rigorosamente diviso il suo tempo tra i due amici, ma erano le interazioni bilanciate fra i tre che ad Hermione mancavano di più. Senza Ron c'era qualcosa che mancava nella sua amicizia con Harry – una stupidotta, disinvolta compagnia che era tutta capelli rossi, lentiggini e risate contagiose. Le mancava come un arto fantasma: anche nella sua assenza c'era dolore e un brusco ovvio vuoto.

Eppure, anche nei confronti di Ron si sentiva più speranzosa. Comunque determinata a non usare il suo vantaggio di Legilimante, era ovvio dal solo linguaggio dei corpi che le cose tra Ron e Lavender erano un po' difficoltose. Ogni broncio petulante che attraversava il viso di Lavender era un balsamo per Hermione e l'aiutava a tenere la testa alta.

C'erano comunque dei limiti e la mattina in cui Ron diventava maggiorenne fu uno di quelli. Hermione gli aveva preso un regalo molto prima del loro litigio e aveva covato la speranza che sarebbero potuti essere di nuovo amici al momento, il loro allontanamento nient'altro che acqua sotto ai ponti e alimento per riferimenti scherzosi. Visto che non era così, si alzò presto, determinata ad evitare lo sdolcinato spettegolio del mattino tra Lavender e Parvati, e strisciò verso l'ufficio della Vector prima che qualcun altro fosse in piedi. Come aveva sperato, l'ufficio della professoressa di Aritmanzia era vuoto ed Hermione riuscì a sfruttare una buona ora e mezza di lavoro ininterrotto prima che il borbottio del suo stomaco la costringesse ad andare in Sala Grande per la colazione. Prima di entrare si preparò e fu sorpresa di non trovare né Ron né Harry presenti. Lavender e Parvati sedevano con le teste vicine, sussurrando dietro ad un regalo incartato in modo elaborato. La presenza del pacco suggeriva che la ragazza non aveva ancora avuto l'opportunità di offrire a Ron i suoi auguri. Forse, se mangio in fretta, posso andarmene senza dover assistere. Hermione scivolò su di una sedia e avvicinò un piatto di uova verso di sé.

“Lui dov'è?”

Hermione alzò la testa con la forchetta a metà strada dalla sua bocca per vedere il viso striato dalle lacrime di Lavender Brown. “Scusa?” chiese con voce fredda.

“Dov'è allora? Perché non è qui?” Lavender suonava disperata.

Hermione alzò un sopracciglio nella sua migliore interpretazione di Snape. “Non ne ho idea,” disse in modo strascicato. “Sapere dove si trova Ronald Weasley non è una mia preoccupazione.”

Messa da parte la messinscena, Hermione sentì una punta di inquietudine mentre Lavender balzava esageratamente indietro da Parvati. Guardò verso il tavolo degli insegnanti, notando l'assenza della McGonagall, della Pomfrey, di Snape e di Slughorn; non c'erano neanche la Vector e la Trelawney, ma quello c'era da aspettarselo. È forse successo qualcosa di terribile? Meccanicamente Hermione masticò un altro boccone di cibo.

Quando Snape spuntò dall'ingresso degli insegnanti e prese posto al tavolo, lei guardò verso di lui. Lui guardò gli studenti che facevano colazione, controllando la stanza da una parte all'altra. Quando i loro occhi s'incontrarono, il suo solito ghigno s'intensificò, anche se Hermione lo ignorò. Ancora più importante, sentì la pressione della sua mente contro la propria. Abbassò le difese Occlumantiche per trovarsi a guardare nei suoi ricordi.

Snape e la McGonagall erano in piedi nella sala insegnanti. La sua Capo Casa sembrava esausta e il suo accento scozzese sembrava accentuato dallo stress.

“...ah, dopo una settimana o poco più in infermeria il ragazzo starà bene – Potter ha fatto qualcosa con un bezoar – ma mi chiedo, chi avvelena qualcuno per il suo compleanno?”

Snape sbatté le ciglia e guardò da un'altra parte, interrompendo la connessione. Le uova diventarono come cenere nella bocca di Hermione. Fu con una certa difficoltà che inghiottì. La vista del suo piatto la nauseò leggermente. Spingendo la sua sedia si alzò. Ron. Avvelenato. La stanza intorno a lei sembrava irreale e inconsistente. Devo andare in infermeria. Ignara della gente intorno a lei e del saluto di Neville quando s'incrociarono in corridoio, Hermione andrò dritta verso l'infermeria.

Harry era lì quando arrivò e camminava nei corridoi di fronte alla grande doppia porta. Nel momento in cui la vide, afferrò Hermione per entrambe le spalle e iniziò a blaterale in modo quasi incoerente.

“Era l'idromele! Grazie a Dio mi sono ricordato del bezoar! E Slughorn, ma ovviamente se non fosse stato per la pozione d'amore...”

Hermione soffocò l'urgenza di schiaffeggiarlo e afferrò invece la sua toga, scuotendolo un po'. “Calmati Harry. Inizia dal principio.”

Harry fece un profondo respiro e iniziò a riguardo, stavolta iniziando dai regali di compleanno, passando per la pozione d'amore e finendo col bezoar. Aveva appena finito quando Ginny arrivò e dovette raccontare la storia da capo. Hermione non disse nulla, ingoiando il suo schiacciante senso di colpa. La sua mente correva per una serie infinita di recriminazioni. Avrei dovuto parlare con Dumbledore a proposito di Malfoy e dei calcoli Aritmantici... Se solo avessi finito più formule avrei potuto prevederlo... Se avessi chiesto aiuto alla professoressa Vector lei avrebbe potuto risolvere questa parte dell'equazione... Se avessi ascoltato prima Harry avrei potuto aggiungere Malfoy molto tempo fa. La sua testa vorticava piena di possibilità assurde e, malgrado l'eco del ricordo delle parole della McGonagall che Ron sarebbe stato bene, il suo stomaco era contratto con la paura dei e-se: E se si fosse sbagliata? E se Ron fosse morto? E se non dovessi parlargli mai più?

Quando arrivò l'ora di pranzo, Ginny mandò Harry a prendere dei panini, ma Hermione non poteva permettersi di mangiare. La ragazza più giovane cercò di costringerla alzando anche la voce, ma quando Hermione non fece altro che guardare distrattamente in lontananza, Ginny tornò alla sua intensiva e ripetitiva conversazione con Harry a proposito di chi aveva avvelenato Ron e perché.

Solo alle otto di sera Madam Pomfrey finalmente li lasciò entrare e sedersi di fianco al letto di Ron, pochi minuti prima che arrivassero Fred e George per unirsi a loro. Ron sembrava pallido e malato. Il lenzuolo era stretto intorno al suo corpo innaturalmente fermo, con solo il leggero su e giù del suo petto a mostrare che era vivo. Vederlo in quello stato, con la scintilla vitale della Ron-nità assente, non servì ad acquietare l'ansia nel petto di Hermione. La conversazione degli altri le scivolava addosso e solo quando si parlava di chi potesse essere l'obiettivo, l'argomento tagliava la nebbia della sua distrazione. Ginny stava suggerendo Dumbledore.

Allora l'avvelenatore non conosceva Slughorn molto bene,” disse Hermione indistintamente, “chiunque conoscesse Slughorn avrebbe saputo che c'erano buone possibilità che tenesse qualcosa di così buono per sé.

Er-mo-ne,” mormorò Ron al suono della sua voce. La sua gola divenne asciutta, un lampo di sollievo bilanciato dalla dolorosa pressione nel cuore. Dopo pochi incomprensibili mormorii, Ron iniziò a russare, il familiare suono come un benvenuto contrasto al suo precedente silenzio.

L'improvviso ingresso di Hagrid riaccese la conversazione e i suoi ridicoli suggerimenti che qualcuno stesse cercando di far fuori la squadra di Quidditch di Grifondoro spinsero Hermione ad unirsi alla conversazione ancora una volta.

Beh, non penso che sia il Quidditch,” disse Hermione cupamente, “ma penso che ci sia una connessione fra gli attacchi.

Che cosa te lo fa pensare?” chiese Fred.

Beh, intanto avrebbero potuto essere entrambi fatali e non lo sono stati, anche se è stato per pura fortuna.” Hermione iniziò a contare sulle dita. “E poi né il veleno né la collana sembrano aver raggiunto la persona che avrebbero dovuto uccidere. Ovviamente questo rende ancora più pericolosa la persona che sta dietro tutto ciò, perché non sembra preoccuparsi di quante persone possa far fuori prima di raggiungere effettivamente la sua vittima.

I tre Weasley, Harry ed Hagrid la fissarono come se fosse l'oracolo della sventura e il difficile silenzio fu spezzato solo dall'arrivo del signore e della signora Weasley. Hermione, Harry ed Hagrid lo presero come il segnale per andarsene, squagliandosela il più in fretta possibile per dare alla famiglia un po' di tempo in privato ed evitare la collera di Madam Pomfrey, anche se Harry non riuscì ad evitare un abbraccio lacrimoso da parte di Molly.

Hermione si sentiva esausta. Non aveva mangiato per tutto il giorno e la testa le pulsava. Ed ovviamente c'era Hagrid che si lasciava sfuggire notizie a proposito di Snape e Dumbledore che discutevano nella Foresta Proibita. Sicuro, era un'informazione interessante, ma una serata con Harry che farneticava sul malvagio-Snape era così in basso nella lista delle attività di Hermione che scivolò a letto non appena arrivati alla torre. Cadde addormentata quasi immediatamente, anche se la notte fu lunga e turbata da strani incubi dove Ron moriva e il suo fantasma tornava a dirle che era stata tutta colpa sua.



La cosa migliore che derivò dall'orribile incidente di Ron fu che li riportò a far sì che si parlassero di nuovo. Lui sembrava così felice di vederla, quando fu cosciente la volta successiva, che il suo cuore si sciolse. Entrambi sorvolarono sul precedente allontanamento senza commenti, troppo sollevati dal ripristino della loro amicizia per rispolverare le ragioni delle divergenze originali. Hermione prese a passare un paio di ore tra le lezioni e la cena al suo capezzale. Lui mugugnò in modo amichevole quando gli portò i compiti della giornata e pasticciò abbastanza a caso un po' del suo lavoro, mentre lei si occupava della matrice Aritmantica. Visto che né Ron né Harry potevano comprendere le più semplici conoscenze Aritmantiche, poteva tranquillamente lavorare al materiale su Malfoy proprio sotto al loro naso.

L'incidente di Ron aveva raddoppiato gli sforzi di Hermione con i calcoli. Aveva appena codificato lo stesso incidente, e inserito dentro al sottoinsieme di equazioni relative a Katie Bell e Draco Malfoy, determinata a risolvere la matematica e mostrare i risultati a Dumbledore il più presto possibile.



Il mercoledì sera tardi Hermione arrivò ad una svolta. Si era ritirata per andare a letto presto, ma, incapace di dormire, aveva tirato le tende un po' più strette intorno al materasso e aveva ripescato le sue note dallo zaino. Armata di una matita (le piume erano un incubo combinate con le lenzuola), si mise al lavoro. Quando si rese conto di cosa stava guardando dovette sforzarsi per respirare. Hermione rifece le sezioni vitali dei calcoli. Il risultato non fece niente per alleviare il panico crescente che le artigliò la bocca dello stomaco. Brancolando in cerca dell'orologio controllò l'ora. Era passato il coprifuoco, ma in circostanze tali, decise, il bisogno era più importante. Doveva verificare con la professoressa Vector.

Hermione usò un incantesimo di Silenzio ed uscì di soppiatto dal letto, coprendo il pigiama con la sua uniforme e raccogliendo i calcoli al buio. Non poteva permettere che Lavender o Parvati la vedessero andar via. Sgattaiolò giù per la scala, scarpe in mano, e si mosse attraverso la Sala Comune solo con i calzini. Per un lungo momento la Signora Grassa si rifiutò di aprirsi.

“È importante,” sussurrò, improvvisando una storia. “Devo andare in infermeria immediatamente.”

“Stai attenta, signorina,” brontolò il ritratto mentre finalmente si apriva. “Non aspettarti di sentire una difesa da parte mia.”

“Grazie,” sussurrò Hermione il più educatamente possibile, l'oscurità che nascondeva la faccia scortese che assunse allo stesso tempo.

Una volta raggiunto il corridoio, si mise le scarpe. Faceva fin troppo freddo per camminare senza e doveva rischiare il rumore che poteva provocare. Non essere stupida! si rimproverò. La differenza è puramente psicologica! Usò un ulteriore incantesimo di Silenzio sulle scarpe per sicurezza. Mettendo da parte tutti i pensieri invidiosi sul mantello e la mappa di Harry, pensò a quanto fosse strano sgattaiolare per il castello di notte senza i suoi migliori amici. Per qualche scherzo del destino raggiunse l'ufficio della Vector senza incontrare nessuno se non un irriconoscibile fantasma del castello, che le passò di fianco senza emettere un suono – Hermione non fu mai così grata che l'ufficio della Vector e l'entrata della Sala Comune di Grifondoro fossero entrambe al settimo piano.

Bussò gentilmente alla porta, sospirando di sollievo quando sentì la voce della Vector da dentro. Mentre entrava, la donna più anziana sorrise.

“Hermione, che piacere!” La Vector non era una da commentare l'ora tarda per la visita.

“Salve, professoressa.” Hermione non si fermò per i sui convenevoli, stava già tirando fuori i calcoli dallo zaino. “Ho aggiunto altre informazioni alla matrice presente e sono quasi sicura di aver scoperto una piega d'improbabilità.”

“Mostrami.” La Vector fu immediatamente efficiente.

Le bastò dare un'occhiata al lavoro di Hermione per capire le implicazioni e mormorare imprecazioni sottovoce in una lingua che Hermione non poté capire. “Dobbiamo portarlo ad Albus,” decise, alzandosi in piedi rapidamente e muovendosi verso il caminetto. Gettando una manciata di Polvere, si inginocchiò e mise la testa nel fuoco. Hermione fu incapace di sentire la conversazione che seguì, ma in pochi secondi la Vector tornò, invitandola avanti.

“Ufficio di Dumbledore,” disse la Vector con voce ben chiara, spingendola fermamente dentro alle fiamme. Solo dopo pochi secondi di inquietante sensazione roteante dovuti alla Metropolvere, Hermione incespicò nel camino di Dumbledore.

“Buona sera, signorina Granger.” Dumbledore la accolse civile, come se non fosse passata da un po' la mezzanotte e non fosse improvvisamente caduta dentro al suo studio – nel bel mezzo di una riunione. La professoressa McGonagall e Snape si erano voltati sulle loro sedie per vedere il suo arrivo. La McGonagall sembrava leggermente presa in contropiede, ma Snape era imperturbabile come sempre, un sopracciglio leggermente alzato.

“Buonasera, professor Dumbledore, professor Snape, professoressa McGonagall.” Nel momento in cui aveva finito quel lungo saluto, la professoressa Vector era uscita dalla Metropolvere dietro di lei.

“Minerva, Severus, Albus,” disse la Vector. “Ci dispiace interrompervi, ma abbiamo un'emergenza Aritmantica.”

Dumbledore richiamò due sedie con un gesto della bacchetta. “Sedetevi, entrambe.” Si voltò verso Hermione ed aggiunse apertamente, “Nella presente compagnia sentitevi libere di esprimervi senza esitazione.”

Mentre Hermione e la Vector si sedevano, la McGonagall parlò. “Cosa significa, Albus?”

Lui le rivolse il suo sorriso-jolly da vecchio signore. “Non ne ho assolutamente idea! Forse le nostre ospiti saranno felici di illuminarci?”

Hermione guardò la professoressa Vector con aspettativa, ma lei semplicemente sorrise di rimando e fece un gesto verso Hermione per farla parlare. “Beh,” iniziò, srotolando la manciata di pergamene che aveva tenuto strette fino a quel momento. “Stavo lavorando all'attuale arco della matrice e sono abbastanza sicura di aver scoperto una piega d'improbabilità...” Vacillò e diede un'occhiata ai quattro visi dei venerabili professori. “Riuscite a seguire le equazioni Aritmantiche, vero?”

“Non studio Aritmanzia dal 1944,” replicò la McGonagall acida. “Io, innanzitutto, apprezzerei le occasionali chiarificazioni.”

“Giusto, va bene...” Hermione fece un profondo respiro e guardo la Vector in cerca di rassicurazione. La Vector sorrise incoraggiante. “Beh, suppongo che tutti qui siamo a conoscenza del lavoro che la professoressa Vector sta facendo?” Sequenza di cenni affermativi. “La premessa base è di massimizzare la probabilità che Harry sconfigga Voldemort.” Altri cenni. “Bene, i calcoli finali sono accurati solo al livello di ogni calcolo precedente e, per accertare il livello dei calcoli successivi, si basa sulla congettura che ogni cosa fino a quel punto sia andata bene come ci si aspettava. Cioè," chiarificò, cercando si dare specificità ad una spiegazione piuttosto astratta, “i calcoli del confronto finale assumono che quest'anno tutto andrà secondo i piani.”

“Sembra di capire che hai scoperto un problema riguardante quest'anno?” chiese Dumbledore, un bagliore della sua personalità evidentemente vacillava nel porre la domanda.

“Sì e no,” replicò Hermione cupamente. “Non è il piano ad essere il problema, ma la possibile reazione ad esso. Guardate,” toccò la carta di fronte a sé con la bacchetta, mettendo la matrice nello spazio tridimensionale ed estrapolò la sezione che voleva. Non era così aggraziata o veloce come la Vector, ma era migliore di qualunque suo compagno di classe. “Questa matrice, così com'è: stiamo prendendo il piano di quest'anno come un'unità integrata. La probabilità che tutto vada bene gira intorno al 72%-”

“Non è buono?” chiese la McGonagall.

“Apparentemente sì,” replicò Hermione, “ma se aggiungiamo la reazione al piano,” toccò la carta con un complicato movimento e il grafico cambiò sensibilmente, “possiamo vedere che le probabilità che il piano vada bene rimangono le stesse, ma le possibilità di reazione ad esso sono terribili – vicine al 12%.” Si fermò per un momento, poi aggiunse, “L'evento improbabile era nascosto in mezzo al primo, da qui il nome.”

Dumbledore ruppe il silenzio. “Quindi cosa vuol dire esattamente, signorina Granger?” C'era qualcosa di strano nella sua voce che catturò la sua attenzione, anche se non riuscì a capire bene perché.

“Beh, dipende. E preside, lei potrebbe essere la sola persona con abbastanza informazioni da saperlo per certo.” La McGonagall sembrava un po' confusa ed Hermione si sbrigò a spiegare meglio. “Ci sono un paio di possibilità, ma né la professoressa Vector né io abbiamo sufficienti dettagli dei piani dell'Ordine per sapere quale siano le migliori. Facciamo affidamento sui coefficienti runici e il loro collegamento con ogni membro per prevedere un tale comportamento attraverso lo spazio-m. In sostanza è molto probabile che sia una delle due cose: o l'Ordine ha un piano in corso che, una volta completato, ci apparirà così orribile che molte persone perderanno fiducia e andranno in panico; oppure,” Hermione fece un profondo respiro, i suoi sensi perfettamente consapevoli della presenza del professor Snape e della sua possibile reazione a ciò che stava per dire, “una delle persone codificate nella matrice è un traditore e il successo di quel particolare piano segnerà la rovina del nostro.”

Gli occhi della McGonagall si allargarono durante l'ultima spiegazione di Hermione e, una volta finito, la donna annaspò per lo shock, le mani premute sul cuore. Snape guardava Hermione in modo imperscrutabile, mentre Dumbledore stringeva le labbra, con le sopracciglia aggrottate per la concentrazione. Mentre Hermione guardava una faccia dopo l'altra, controllando attraverso il tavolo, qualcosa scattò come un fatto certo: Dumbledore e Snape sapevano di cosa si stava parlando, mentre la McGonagall no. Curioso.

“Come possiamo sistemarlo?” chiese Dumbledore, con la stessa sfumatura nella voce che aveva colpito la sua attenzione in precedenza.

Hermione si portò le mani tra i capelli. Non poteva+ ammettere che non lo sapeva. “Ho bisogno di altre informazioni,” sospirò.

Snape stava guardando i calcoli, la punta delle dita che tracciavano una parte della formula che lei aveva usato per dimostrare le alterazioni della matrice. “Intendi dire,” chiese, parlando per la prima volta da quando era arrivata, “che hai bisogno di più informazioni per calcolare la risposta a quella domanda o è quella la risposta?”

“Vorrei che-”

“Aspetta!” Vector si sporse oltre la spalla di Snape ed esaminò l'equazione che lui aveva in mano. “Potrebbe esserci qualcosa, Severus. Hermione, cosa succede se redistribuiamo i coefficienti certi?” La Vector richiamò diversi pezzi di carta, un paio di piume e ne spinse una verso Hermione. “Tu usa Kreisler ed Helpmann, io Pinkerton e Fradenburg.”

Per un po' di tempo nessuno disse niente, mentre Hermione e la Vector scrivevano furiosamente sulla pergamena davanti a loro. Hermione cercò di non sentirsi troppo consapevole sotto lo sguardo dei suoi professori, ma senza particolare successo. Essere qui come un adulto e non una studentessa è un lavoro duro, rifletté. Mentre era a metà della distribuzione della Helpmann capì di aver trovato qualcosa.

“Professoressa?” Hermione allungò una mano sul braccio della Vector. Lei alzò subito la testa. “Penso che potrebbe essere...” La Vector si sporse e scorse il suo lavoro.

“Molto bene, Hermione.” La Vector scribacchiò alcune cifre mentre controllava due volte i calcoli di Hermione. “Bene, quindi,” la Vector strinse le labbra mentre traduceva la formula di nuovo in circostanze reali. “Tu, Albus,” puntò la punta della penna verso di lui, “hai altre informazioni da dare a Severus.” La sua penna si mosse lungo il tavolo con un largo arco. “E tu, Severus, devi dare alcune informazioni ad Hermione.” La penna oscillò di nuovo e la Vector inclinò la testa su un lato pensosa. “No, credo sia la stessa informazione. E ultimo, ma non meno importante, c'è un pezzo specifico d'informazione che non dev'essere data ad Harry Potter in nessuna circostanza fino all'ultimo minuto. Mmm. Ha qualche senso?”

Hermione guardò con attenzione le reazioni a quest'informazione. Il professor Snape non ne mostrava nessuna, Dumbledore sembrava sospettoso, la McGonagall spostava la sua attenzione in ogni dove nel tentativo di gestire i fatti nuovi. La McGonagall, pensò Hermione, è l'unica dei tre che non sa cosa stia succedendo. Pensò anche a quale informazione avrebbe avuto bisogno di darle Snape.

“E?” chiese Dumbledore, “quali differenze comporta per la totale probabilità di predizione?”

“61.80339887%, arrotondato all'ottavo posto decimale,” rispose la Vector compiaciuta.

“Ma,” obiettò la McGonagall, “è un 10 per cento in meno del precedente!”

“No-” iniziò Hermione, nello stesso momento in cui la Vector diceva, “Veramente-” prima che entrambe si fermassero per permettere all'altra di continuare.

“È il Giusto Mezzo,” osservò Snape seccamente.

“Esatto,” disse Hermione. “Il Giusto Mezzo ha una tale importanza nella carica magica,” elaborò lei, “che una predizione di probabilità così precisa come l'ottavo posto decimale è molto più apprezzabile di una percentuale più alta, ma meno magica.”

Dumbledore sembrò sollevato, anche se rivolse un'espressione curiosamente contemplativa su entrambi Snape ed Hermione. “Bene, signorina Granger, sembra che le dobbiamo un grande favore. Le sue capacità Aritmantiche sono risultate esemplari.”

Hermione arrossì leggermente, guardando verso Snape e quindi la Vector per giudicare le loro reazioni. Snape sollevò un sopracciglio sardonico, mentre la Vector sorrise.

“Tutti i migliori Aritmanti sono Nati-Babbani,” puntualizzò la Vector.

Dumbledore ridacchiò, “Così dici, Ana, e devo convenire che l'evidenza va fortemente a tuo favore.”

Ana? Hermione guardò la Vector con improvvisa curiosità. Dev'essere il suo vero nome. Wow. Un'ondata di stanchezza l'assalì e girò il polso in modo impercettibile per dare un'occhiata all'orologio. Erano quasi le due. Quando tutti gli occupanti dell'ufficio si girarono per guardarla, Hermione capì che il gesto non era stato poi così sottile come aveva sperato.

“Santo cielo!” Esclamò Minerva. “Questa povera bambina ha lezione fra poche ore! Signorina Granger-”

“È ben più che una bambina, Minerva.” Snape la interruppe calmo. Un piccolo fiore di gratitudine sbocciò nel petto di Hermione.

“Molto vero, Severus,” convenne Dumbledore. “Ma anche Minerva ha ragione. É ora che andiamo tutti a letto. Signorina Granger, ha bisogno di tornare alla torre di Grifondoro: non è il caso che vada in giro per i corridoi a quest'ora.”

Automaticamente, Hermione guardò Snape, quasi anticipando che potesse accompagnarla lui verso la Signora Grassa, ma il battito d'occhi serio che lui le mandò era più che sufficiente come reazione per informarla che aveva commesso un qualche errore idiota. Oops. La professoressa McGonagall è la mia Capo Casa. Dovrebbe essere il suo lavoro. Si voltò verso la McGonagall, sollevata di notare che la donna più anziana era andata verso il camino e non poteva aver visto cos'era appena successo. La Vector sì, ne era sicura, ma non importava – la Vector, con le sue equazioni, sapeva tutto.

“Vieni allora, signorina Granger.” La McGonagall sembrava leggermente irritata ed Hermione si accorse improvvisamente che la professoressa aveva una manciata di Polvere pronta.

“Solo un momento, professoressa.” Hermione riempì in fretta lo zaino con le pergamene, offrendo la piuma alla Vector, che le fece segno di tenerla. “Buonanotte, professor Dumbledore, professoressa Vector, professor Snape.” Lei si voltò verso il fuoco e si avvicinò. “Buonanotte, professoressa McGonagall.”

La McGonagall le sorrise stancamente e buttò la polvere nelle fiamme. “Sala comune di Grifondoro!” esclamò, guidando Hermione attraverso il camino. Hermione trattenne il respiro, mentre il mondo diventava verde intorno a lei, prima di rotolare con gratitudine nello spazio familiare della torre di Grifondoro. Raramente il suo letto le era sembrato così invitante.

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Fink1987: Ti ringrazio, sei sempre gentilissima :) Forse in effetti è meglio leggere tutto accumulato, ti puoi fare un'immersione completa!

Mitsuki91: Mi spiace che la storia ti abbia portata via il sonno, ma spero ne sia valsa la pena :). Poi, per quanto riguarda le tue critiche, non credo verranno accolte male, penso sia sempre meglio avere dei pareri sinceri, piuttosto che degli apprezzamenti anche quando non sono sentiti. :)

wild_spirit: Grazie per i complimenti e per quanto riguarda Silente mi trovi pienamente d'accordo (sono felice che finalmente non venga più solo visto come il simpatico omino con i luccichini agli occhi che fa robe strane...)

EryVeg: Grazie anche a te :). Le sfumature tra i due in effetti sono tante, diciamo che non ci si annoia mai in nessun capitolo (soprattutto in quest'ultimo dove non c'è stato modo di distrarsi neanche nella traduzione :))

Eva7: In effetti Snape è bello sfacciato nel fare certe domande, ma diciamo che è divertente vedere le interazioni fra i due :-D. Grazie anche a te e, per quanto riguarda la scelta delle parole, sto trovando la cosa divertente, con silviabella ci stiamo facendo una cultura su certe cose (e ogni tanto si riscopre anche la grammatica, ehm...)

Anne

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Capitolo 22
*** Information Networks ***


Capitolo 22

NdT: oggi più che mai ringraziamo silviabella!!

Anne



Capitolo 22

Information Networks



Ci vollero diverse settimane prima che Dumbledore chiamasse Severus nel suo ufficio, molto tempo quindi per pensare a che cosa l'anziano preside volesse rivelargli. Molto tempo anche per Severus per ragionare su cosa avrebbe dovuto dire alla Granger. L'informazione più ovvia era anche la più pericolosa – non solo perché forse avrebbe messo in pericolo la sua posizione con il Signore Oscuro, ma anche perché aveva l'egoistico desiderio di mantenere il regolare equilibrio delle sue attuali interazioni con la stessa Granger. Era folle pretendere che il loro tentativo di amicizia sarebbe sopravvissuto alla scoperta, da parte di lei, che intendeva assassinare il preside. Così Severus, un po' come Dumbledore, evitava il momento della rivelazione.

La Granger, con sua grande sorpresa, non aveva chiesto. Non lo tempestava affatto con domande incessanti, sembrava che la ragazza avesse finalmente imparato ad essere paziente. Lei lo osservava, comunque, quando pensava che lui non potesse notarlo, con uno sguardo pensoso sul viso.

Non appena lei ebbe padroneggiato i trucchi della Materializzazione, lui spostò una delle lezioni della settimana completamente fuori dal castello. “Il prossimo giovedì indossa vestiti sportivi sotto la toga”, le diede istruzioni, “e vieni qui alla solita ora.”

La Granger, come sempre, arrivò puntuale alle otto. Le scarpe da tennis bianche sembravano fuori posto contrapposte alla lana scura della sua uniforme. “Seguimi,” le disse, precedendola verso il laboratorio di pozioni e verso il suo soggiorno. Gli occhi di lei si spalancarono quando capì dov'erano e la sua attenzione si rivolse immediatamente alla libreria. “Continua a muoverti, Granger,” la rimproverò, aprendo un'altra porta dall'altra parte della stanza. Lei andò avanti obbediente, con solo una persistente occhiata al divano e alle comode sedie di fronte al fuoco, con il tavolo da caffè coperto di libri e giornali e le sue bianche, bianche mura. Severus fece un sorrisetto. Si aspettava senza dubbio che fossero nere.

La porta si apriva direttamente sull'esterno, l'apertura nascosta nella parete proprio dietro l'angolo delle serre. Da dove passavano, vicino all'orto, tagliando verso la Foresta Proibita senza andare troppo a nord, non potevano essere scorti dalla capanna di Hagrid. Sotto alle cime degli alberi, Severus si fermò.

“Così andrà bene per il momento,” osservò, togliendosi la toga da insegnante e facendo apparire un appendiabiti su cui attaccarlo. La scosse per bene, così che potesse rimanere appesa senza incresparsi, e tolse il paio di scarpe da corsa dalla tasca. Erano nere. La Granger aveva seguito il suo esempio e si era tolta l'uniforme, rivelando i leggins da corsa e una felpa con la zip. Severus le fece cenno di appendere la toga, quindi si tolse gli stivali e si sedette su un vicino tronco per mettersi le scarpe da ginnastica.

“Da questa parte,” fece un gesto una volta pronto, muovendosi verso un vicino gruppo di alberi ed emergendo su un sentiero ben illuminato. “Tieni sempre la bacchetta pronta.” La Granger sembrava un po' preoccupata, ma comunque calma. “Correremo. Lascerò impostare il passo a te.”

Iniziarono con un'andatura rapida che impostarono subito come ritmo. La fioca luce delle loro bacchette si muoveva a scatti lungo il percorso. Granger correva più lenta di quanto non facesse lui normalmente, ma si muoveva bene e Severus apprezzò l'inconsueto piacere di correre in compagnia. La strada serpeggiava per la foresta per circa tre chilometri. In verità, raramente si allontanava dal suo limitare, ma all'interno era profonda abbastanza e la notte era sufficientemente buia da sembrare che potessero essere ovunque. Il soffice tonfo dei loro passi era assorbito nella foresta circostante, con i suoni dell'esterno di gufi e piccoli animali a fare da sottofondo alla loro conversazione. La Granger fu inizialmente presa alla sprovvista quando lui iniziò a interrogarla sugli aspetti tecnici della preparazione della Polisucco e sulle teorie sui cui si basavano le barriere che avevano studiato.

“Lei è cattivo come mio padre! Correre è già abbastanza difficile senza dover parlare allo stesso tempo!” esclamò.

“Non all'altezza del compito, Granger?” chiese, sogghignando allo sbuffo di fastidio. Lui rifece la domanda. Questa volta, lei rispose senza lamentarsi.

Il percorso finì proprio di fronte ai cancelli di Hogwarts.

“Oh!” esclamò la Granger. “Mi chiedevo dove fossimo esattamente.”

“Vieni,” disse lui, aprendo i cancelli abbastanza da far sì che potessero passarci attraverso. Andando avanti, la condusse al punto di Materializzazione. “Sai dove siamo adesso?” chiese.

“Suppongo sia il punto ufficiale di Materializzazione di Hogwarts?”

Lui annuì. “Dai un'occhiata attenta in giro, sarà bene che tu ricordi il posto abbastanza bene da riuscire a Materializzarti qui in ogni momento del giorno." Subito La Granger lo guardò brevemente e tornò alla sua ispezione attenta del posto, uno sguardo fiero di concentrazione sul viso. L'apparente intensità con cui eseguiva le istruzioni fece sollevare un angolo della bocca di lui, bocca che era acutamente tentata di darle diverse e ridicole istruzioni, per vedere quante poteva portarne a termine prima di scoppiare a ridere. “Sembra che tu sia finalmente riuscita a gestire i semplici processi della Materializzazione.” L'oltraggiosa occhiata che lei gli lanciò fece increspare le labbra di lui ulteriormente: lei era una dei pochi studenti ad essere riuscita a Materializzarsi con successo ed entrambi lo sapevano. “Vediamo come te la cavi con la Materializzazione Congiunta.”

Lei sbatté le palpebre. “Ma, signore, non ho la licenza.”

“Io sì,” replicò blandamente. “E a meno che tu non riesca a Spaccarci, nessuno ne verrà al corrente.”

Lo sguardo sul suo viso gli ricordò in modo irresistibile il loro primo incontro nella Stanza delle Necessità, quando lui le aveva fatto fare una capriola, ma evitò di prenderla in giro ulteriormente. Invece si avvicinò a lei.

“Porgimi il braccio,” le disse, afferrandola dall'avambraccio mentre lei lo faceva. “E tieniti stretta a me.” Lui si concentrò attentamente per non fare troppo caso a quanto vicini fossero, o alla sensazione del suo braccio sotto al suo. Lui sollevò un sopracciglio e la guardò dall'alto in basso. “Materializzaci trenta metri a sinistra, Granger,” fece una pausa per creare enfasi, “e cerca di non Spaccarci.”

La Granger deglutì, ma alzò leggermente il mento e lui capì che era pronta. La sua presa s'intensificò e vorticarono nel nulla, per riapparire pochi secondi dopo dall'altro lato della radura, entrambi – con evidente sollievo della Granger – completamente intatti.

“Mmm,” disse lui con tono che suggeriva che non andava affatto bene. “Prova di nuovo. Questa volta Materializzaci dov'eravamo prima.”

Nel corso della serata si spostarono progressivamente sempre più lontano dalla radura, rimaterializzanodosi poi al punto di partenza. “Impieghi troppo tempo nella fase preparatoria,” disse lui alla fine. “In definitiva devi essere capace di Materializzarti senza precedente avviso, sotto ogni circostanza.” Lui fece una pausa. “Hai fiducia in me?” chiese, porgendole il braccio.

“Certo che sì,” disse lei, come se fosse una domanda stupida, afferrando il suo avambraccio senza esitazione.

Severus sbatté le palpebre e si Smaterializzò prima che avesse la possibilità di chiedersi il perché di quella sensazione spinosa dietro la gola. Riapparvero in cima ad una collina, dove il terreno scendeva marcatamente sulla loro sinistra. Il vento soffiava attraverso i loro leggeri vestiti sportivi e i capelli della Granger si sollevavano sopra il suo viso in un groviglio selvaggio. Ad un certo punto nelle loro infinite Materializzazioni aveva perso l'elastico. Girando il viso verso il vento, lottò per togliere i ciuffi dalla faccia, guardandolo con aspettativa una volta che i capelli furono temporaneamente sotto controllo.

“Io e te stiamo per saltare da questa scogliera,” la informò lui, urlando nel vento. “Prima che tocchiamo il fondo, ci Materializzerò in salvo.”

Con le mani ancora immerse nei capelli lei guardò verso la scogliera e quindi verso di lui, con l'apprensione largamente stampata sul viso. Lei fece una smorfia, ma annuì determinata.

“Prendiamo una rincorsa,” le disse. “Stringimi la mano.”

Andarono indietro un centinaio di metri e la Granger gli afferrò con forza la mano sinistra: le sue dita erano fredde per colpa del vento e deglutì alla stretta delle sue lunghe dita. I capelli si gonfiavano dietro di lei e una ciocca era volata davanti agli occhi.

“Sei pronta?” chiese.

“Sì.” Il viso di lei aveva i chiari segni della determinazione.

Entrambi iniziarono a correre verso la scogliera. Mentre si avvicinavano al bordo, accelerarono il passo e saltarono. Per un secondo sembrò loro di rimanere fermi, come se fossero senza peso, prima di precipitare in basso con il vento e la gravità a spingere e premere i loro corpi. Severus strinse la mano della Granger e sparirono nel nulla.

Tornarono al punto di Materializzazione vicino Hogwarts, atterrando così agevolmente che inciamparono appena. Non appena arrivarono, Granger tirò via le mani dalle sue, si girò lontano da lui e cadde sulle mani e sulle ginocchia. Vomitò subito. Momentaneamente preso alla sprovvista, Severus si ricompose velocemente e le sollevò i capelli dal viso.

“Scusi,” disse debolmente, non appena riuscì a riprendere a parlare. “Non mi piacciono le altezze.”

Eppure è saltata da una scogliera perché le ho detto io di farlo. Pensò per un momento di non riuscire a respirare.

“La prossima settimana,” promise, “ti insegnerò a farlo. Una volta che sarai in grado di Materializzarti in salvo, sarai anche in grado di controllare la paura.”



Severus entrò a grandi passi nella sala comune in cerca di Jocelyn Smith. La trovò quasi immediatamente. Era seduta in un angolo dove due divani erano stati spinti così vicini che non c'era quasi spazio per stringersi tra loro, in un energico gruppo con altre tre ragazze del primo anno e uno dei ragazzi. Jocelyn era chiaramente il centro dell'attenzione mentre raccontava una qualche storia che gli altri trovavano spassosa. Si fermò per un momento per contemplare il cambiamento che l'anno aveva portato al suo comportamento, quindi piombò loro addosso con un cipiglio plastificato sul viso.

“Signorina Smith,” sussurrò minaccioso.

Jocelyn schizzò subito in piedi. Aveva subito aderito alla regola Serpeverde di rispetto verso il loro Capo Casa. Tutti gli studenti si rivolgevano a lui con puntigliosa educazione in pubblico, facendo tesoro degli atteggiamenti rilassati che occasionalmente permetteva in privato come eccezione alla regola. “Buona sera, signore,” rispose.

“Prego, spiegami perché ti sei guadagnata una punizione in un momento in cui avresti dovuto incontrarti con me.”

Lei ebbe la decenza di sforzarsi di mostrare uno sguardo contrito, ma una fossetta maliziosa rovinò in qualche modo l'effetto. “Mi dispiace, signore, ma non potevo evitare di lanciare quella maledizione a Gregory-”

La interruppe con un languido gesto della mano. “Signorina Smith, non m'interessa quanti Grifondoro hai maledetto o perché; m'interessa dover rivedere i miei programmi.”

Il suo secondo tentativo di apparire contrita era più convincete. Forse perché abbassò leggermente la testa. “Mi dispiace, signore,” disse di nuovo.

“Se non vuoi continuare basta che me lo dici. Preferisco se non mi fai perdere tempo.”

“No!” La testa scattò su, il rimorso evidentemente genuino adesso.

“Chiedo scusa?”

“No, signore. Non voglio che interrompiamo le lezioni.”

“Molto bene. Ci vedremo sabato mattina – prima di colazione. Sette e mezza e non più tardi.” Severus si girò senza preoccuparsi di ascoltare i calorosi ringraziamenti di Jocelyn. Era quasi sulla porta quando vide Tracey Davis con la fronte corrucciata sui suoi compiti di Aritmanzia.

“Signorina Davis,” disse colto da un impulso. “Un parola nel mio ufficio se non ti dispiace. Porta il tuo lavoro con te.”

La Davis raccolse le sue cose in fretta e lo seguì fuori dalla sala comune e nel suo ufficio, dove le fece cenno di sedersi.

“Dimmi, signorina Davis,” chiese, “per quale ragione la professoressa Vector ha pensato che il tuo progetto di Aritmanzia potesse interessarmi?”

La Davis sembrò un po' spaventata e maneggiò in modo maldestro la cinghia della sua borsa. Deglutì rigida. “Ho la mia proposta di ricerca qui, signore, se vuole darle un'occhiata.”

Severus tese la mano imperioso. La Davis cercò a tentoni tra le sue carte finché trovò quella giusta. La pergamena era soffice per il prolungato utilizzo e si appiattì facilmente.

Progetto Indipendente di Aritmanzia (MAGO) – Tracey Davis

Obiettivo: Identificare ed abolire la maledizione sulla cattedra di Difesa Contro le Arti Oscure ad Hogwarts.

La bocca di Severus divenne asciutta. Sollevò gli occhi lentamente e guardò la giovane donna di fronte a sé. Si stava agitando con la cinghia della borsa, la sua apprensione palpabile. “Grazie,” disse alla fine. La Davis le diede un sorriso teso in risposta, ma sembrava non meno agitata. Dopo una breve pausa aggiunse, non in modo sgarbato, “Lo sai che è stato il Signore Oscuro a lanciare la maledizione?”

Lei annuì, il viso serio. La Davis non era tra quelli che avevano fatto parte della Squadra d'Inquisizione l'anno prima, si ricordò all'improvviso.

“Molto bene, allora. Se dovesse esserci una qualunque informazione con cui posso aiutarti, non esitare a chiedere.” Lui diede un'occhiata alla proposta di ricerca e la restituì. Era stata molto scrupolosa.

“Grazie, signore.”

“Puoi andare.”

“Grazie, signore.” disse di nuovo, ficcando le carte dentro alla borsa e andando via il più in fretta possibile.

Severus sedette per un lungo momento. La Vector aveva perfettamente ragione: il progetto della Davis lo interessava molto.



Alla fine della lezione di sabato, Jocelyn si fermò nell'atto di raccogliere le sue cose.

“Signore?” chiese esitante.

Severus alzò la testa dalla contemplazione della serie di compiti che avrebbe dovuto correggere per primi e alzò un sopracciglio.

“Mi chiedevo,” Jocelyn esitò di nuovo. Era chiaramente una domanda di una certa importanza. “Mi chiedevo cos'era successo a suo padre.”

Per diversi secondi Severus rimase completamente immobile. Quindi sistemò i capelli dietro un orecchio. “L'ho ucciso,” replicò con il volto impassibile.

Jocelyn ritrovò la sua compostezza quasi immediatamente, ma non prima che lui potesse cogliere la sua reazione scioccata. Severus sentì una poco caratteristica urgenza di spiegarsi. “È stato un incidente,” la informò. “La più devastante conseguenza per mio padre e una che si è dimostrata nociva per la mia stessa carriera. Non è un approccio che consiglierei.”

Lui la osservò mentre annuiva, assorbendo silenziosamente le sue parole, e spingeva le sue ultime cose nella borsa.

“Grazie signore,” mormorò mentre usciva, l'orrore per la sua risposta visibile per l'assenza del suo usuale entusiasmo.

Non c'era bisogno di descriverle gli umilianti dettagli del suo processo di fronte al Wizengamot: Poppy Pomfrey testimoniò in sua difesa con con un esaustivo sermone sulle ferite e percosse che aveva ricevuto, mentre Slughorn si rifiutò di fare altrettanto; Lucius – quando era ancora il ragazzo d'oro del Ministero, prima che il nome della sua famiglia fosse macchiato dalla sua associazione con Voldemort – parlò a suo favore nel ruolo di testimone caratteriale per il suo giovane compagno di casa; le lacrime di sua madre e il costante perverso amore per l'uomo che aveva abusato di lei e suo figlio.

Due cose lo avevano tenuto fuori da Azkaban: era minorenne e non aveva usato la magia.

Severus non sapeva ancora perché quella particolare sera, una fra tutte le sere, aveva deciso di reagire. Era nel bel mezzo delle vacanze, quella terribile estate in cui aveva litigato con Lily. Era ubriaco, come lo era stato per molte notti. Ed aveva colpito suo padre. Solo una volta, ma per un qualche pazzesco destino lo aveva colpito esattamente nel punto giusto per spezzargli il collo. Fatale. Omicidio colposo. Legittima difesa. Severus aveva avuto diciotto mesi di liberà vigilata. Diciotto mesi di “buona condotta.” Diciotto mesi in cui un numero sempre minore di persone trovava delle parole gentili per il tetro, permaloso e triste ragazzo che aveva ucciso il suo stesso padre.

Ai Mangiamorte, al contrario, non era importato affatto.



"Severus, mio caro ragazzo, sono felice che tu abbia potuto fare un salto questa sera. Vuoi qualcosa da bere?” Dumbledore richiamò una bottiglia di Whisky Incendiario prima che Severus potesse avere l'opportunità di replicare. L'improvviso picco di giovialità nel suo tono fece capire a Severus quanto l'uomo più anziano fosse nervoso.

Severus si sistemò di fronte al preside e prese il bicchiere offerto con buon garbo.

“Come procedono le lezioni con la signorina Granger?”

“Bene come ci si aspettava.” Severus fece una pausa per passare il dito lungo il labbro inferiore prima di cedere e rispondere alla domanda nascosta nella richiesta di Dumbledore. “Non le ho ancora detto niente di non collegato con le sue lezioni.”

Dumbledore sembrò sollevato. “Hai deciso che cosa dirle?” chiese.

Severus sollevò un sopracciglio. “Un fatto sembra la scelta ovvia.”

“Non sono certo che sia così semplice,” rispose Dumbledore, piegandosi leggermente in avanti. “È nella sua natura prendere le parti degli individui calunniati e maltrattati – pensa alla sua campagna mal studiata per i diritti degli elfi domestici. Una volta che mi avrai ucciso, il tuo nome sarà come fango tra i membri dell'Ordine. Non possiamo correre il rischio che possa ergersi in tua difesa.”

Una pesante sensazione nello stomaco di Severus lo lasciò leggermente stordito e buttò giù una sorsata di Whisky Incendiario con meno grazia di quello che pensava. Lo spietato riferimento di Dumbledore ad un futuro in cui Severus perdeva i pochi amici e il poco rispetto che si era guadagnato penetrò come un coltello. Non per la prima volta considerò che la morte per Voto Infrangibile fosse una fine preferibile. “Albus,” riuscì a dire con voce dura, “è molto più probabile che la Granger si alzi in tua difesa piuttosto che per la mia.”

Dumbledore strinse le labbra e sorrise indulgente al suo collega. “Credo che sottovaluti il suo rispetto per te, Severus.”

Rispetto che sarà ben presto perduto. Severus mandò giù un'altra sorsata di whisky, il bruciore che scorreva lungo la gola che risaltava solo leggermente contro il tormento scatenato dalla conversazione.

“Anche quello sarebbe un disastro!” continuò Dumbledore, come se il mondo di Severus non stesse girando vertiginosamente sul suo asse. “Non possiamo certo permetterci una situazione dove cerca di fermarti. Sul serio, credo sia meglio non dirlo a nessuno. Sicuramente i calcoli potrebbero riferirsi a qualcosa di completamente diverso, no?”

Cosa sarebbe peggio, pensò distrattamente Severus, vedere il suo rispetto sbriciolarsi davanti ai suoi occhi o lasciare che mi ritenga un traditore insieme a tutti gli altri? Mettendo da parte il pensiero, così che non dovesse confrontarsi con la complicata domanda del perché la considerazione della Granger significasse molto più per lui che quella di Minerva o Hooch, cambiò discorso all'improvviso.

“Mi hai sicuramente chiamato qui stasera per discutere di qualcos'altro oltre che della signorina Granger, Albus.”

“Corretto come sempre, Severus. Volevo parlare dell'arte delle bacchette.”

Arte delle bacchette? “Davvero.” Severus incrociò una gamba sull'altra, allo stesso tempo irritato e sollevato dal cambio di un tale argomento a caso.

“Sei al corrente, immagino, delle conseguenze del duellare e della proprietà della bacchetta. ”

Si accese la luce della comprensione. “Ovviamente. Ti garantisco, Albus, che sono perfettamente soddisfatto della mia bacchetta e non ho alcuna intenzione di usare la tua.”

“Quello, mio caro ragazzo, è precisamente quello che speravo.” Dumbledore gli sorrise attraverso gli occhiali, quindi abbassò gli occhi sul suo bicchiere di Whisky Incendiario. Fece un profondo respiro, il sorriso sparito. “Che cosa sai della Stecca della Morte, o la cosiddetta Bacchetta del Destino?”

“Tanto quanto ogni mago con un'educazione ragionevole... Ci sono diverse voci a proposito dell'esistenza della bacchetta, ma nessuna che sia stata provata. Nella storia recente, Gregorovitch una volta si è vantato di averla in suo possesso: ha dichiarato di usarla come modello per le sue creazioni, presumibilmente per supportare la sua stessa reputazione. Ancora, non ci sono prove certe. Perché?”

“Si da il caso,” iniziò Dumbledore con un tono nervoso nella voce, “che io abbia delle prove certe.” Prese la sua bacchetta e la mise cautamente sulla scrivania tra loro.

Severus la guardò, la guardò veramente, per la prima volta. Sambuco.

“Gregorovitch aveva davvero la bacchetta in suo possesso,” disse Dumbledore. “Gli è stata rubata da Gellert Grindelwald e io l'ho presa da Grindelwald stesso nel 1945.”

Ci fu una lunga pausa finché finalmente Severus parlò. “E quindi quando ti avrò ucciso...” s'interruppe. La sua mente mulinava tra le possibilità e responsabilità.

“Sì.” Dumbledore sembrava prostrato. “Non volevo dirtelo. In realtà intendevo portarmi il segreto nella tomba. Sicuramente,” la sua voce vacillò, “sicuramente comprendi quanto sia importante che Voldemort non lo venga a sapere e che né lui, né alcun Mangiamorte, entri in possesso della bacchetta.”

“Se il Signore Oscuro mai lo sospetterà,” commentò Severus, la voce completamente priva di emozione, “mi ucciderà.”

“Sì,” confermò Dumbledore profondamente. “È un rischio.”

Per un lungo momento nessuno dei due uomini parlò.

“Severus?”

Severus sollevò gli occhi dal liquido ambrato che turbinava nel suo bicchiere e incontrò lo sguardo di Dumbledore.

“Nella Bacchetta di Sambuco c'è un potente incantesimo: non può essere rotta, non può essere bruciata. Se potessi distruggerla lo farei.”

Severus annuì la sua comprensione. Non aveva mai sentito Dumbledore così triste. Vuotò il bicchiere e lo appoggiò senza nessun suono sulla scrivania. “Ribadisco ciò che ho detto prima, Albus,” puntualizzò. “Sono perfettamente soddisfatto della mia bacchetta, non userò la tua.”

“Grazie, Severus,” sussurrò Dumbledore, gli occhi fissi sulla Bacchetta di Sambuco che ancora giaceva sulla scrivania fra loro.

Mentre Severus si alzava e si dirigeva verso la porta, Fawkes emise un basso, grido musicale. Severus rabbrividì, ma non si fermò. Avrebbe camminato nei corridoi per ore prima di riuscire ad andare a dormire.

*


*


*

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Vanny_Winchester: sono contenta che questa storia ti abbia portata a recensire, è successa la stessa cosa anche a me su ff.net :).

Eva7: ci ho messo un po' a decidere sulla “Ronnità” di Ron, ma in originale suonava così bene che ho cercato di trovare un termine adeguato. Temo che anch'io non sarei stata in grado di seguire l'aritmanzia, neanche per sogno...

Spotless_Mind: purtroppo ho avuto anch'io la visione di Snape piumato rosso-oro e ho cercato di levarmelo dalla testa il più in fretta possibile XD

Anne

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Capitolo 23
*** Occam's Razor ***


Capitolo 23

Ultimamente trovo che il venerdì arrivi veramente in fretta. È già passata una settimana e a me sembrano un paio di giorni. 

Al ventitreesimo grazie a silviabella non so più cosa inventarmi...

Anne London



Capitolo 23

Occam's Razor



Hermione fu felice quella mattina che Harry avesse accettato di usare la Felix Felicis. Un pochino di fortuna, pensò, era giusto quello di cui aveva bisogno per convincere Slughorn a dargli i ricordi sugli Horcrux. Dal momento in cui ebbe ingoiato il liquido dorato, tuttavia, Hermione cominciò a nutrire dei dubbi. Invece di andare verso l'ufficio di Slughorn, Harry prese l'improvvisa decisione di far visita ad Hagrid e presiedere al funerale di Aragog – e non ci fu niente che lei o Ron potessero dire per convincerlo altrimenti. Mentre Harry spariva sotto al mantello, e avanzava lentamente giù dalle scale del dormitorio dei ragazzi, Hermione guardò Ron e fece una comica espressione di disperazione.

“Andiamo,” mormorò Ron, replicando con una smorfia, “Andiamo con lui.”

In cima alle scale, tuttavia, ogni pensiero di star dietro ad Harry, prima che lasciasse la sala comune, svanì.

Cosa stavi facendo lassù con lei?” strillò Lavender.

“Cosa stai-,” farfugliò Ron bloccandosi, mentre il cervello s'inceppava con la bocca, e si rendeva conto all'improvviso che non poteva chiamare Harry in sua difesa. “Hermione è mia amica, Lav-”

Il suo secondo tentativo di formulare un discorso coerente venne interrotto da Lavender che ripartiva all'attacco.

“Sì, certo, Ronald Weasley! Le amiche non diventano gelose e non smettono di parlarti solo perché hai trovato una ragazza che ti apprezza veramente! Le amiche non spariscono con te nel dormitorio dei ragazzi: aspettano nella sala comune dove tutti possono vedere cosa sta succedendo! Le amiche non appaiono così dannatamente compiaciute mentre la tua ragazza sta urlando contro di te!

Tempo di andare, pensò Hermione, il suo senso di autoconservazione che vinceva sull'urgenza di rimanere e urlare di rimando a Lavender.

D'accordo, Ron,” disse allegramente, “vado in biblioteca. Raggiungimi dopo se vuoi.”

Per quanto riguardava Lavender, il disperato tentativo di Ron di afferrare il braccio di Hermione fu la goccia che fece traboccare il vaso. Hermione sentì i suoi strilli intensificarsi ancora di più mentre scivolava nel corridoio. Bene, pensò compiaciuta esattamente quanto Lavender aveva suggerito, questa è un po' di fortuna!

Ron la raggiunse dopo venti minuti, sembrava esasperato, ma più che altro sollevato. “Ci siamo lasciati,” spiegò fiaccamente, in risposta al suo sopracciglio inquisitorio. “Immagino che non darai un'occhiata ai miei compiti di Trasfigurazione, vero?”

Hermione sospirò in modo melodrammatico, ma accettò il compito che porgeva con esitazione. Le cose promettevano bene.



Il giorno dopo Hermione si trovò davanti Ginny sulle scale che portavano al dormitorio delle ragazze.

“Hey, Hermione,” disse Ginny con un sorriso tetro.

“Hey, che succede?” Hermione si fermò guardando la ragazza più giovane che era in piedi più in alto rispetto a lei.

“Oh, niente. Solo Dean che si comporta da perfetto idiota dopo esserci lasciati ieri.”

“Lasciarci è una cosa difficile?*” Scherzò Hermione, ma la citazione Babbana non venne colta da Ginny.

“Puoi dirlo forte.”

“Se ti è di consolazione,” offrì Hermione, pensando all'espressione attentamente disinvolta di Harry quella mattina quando aveva sentito la notizia, “credo che la tua relazione con Dean sia servita allo scopo.”

Ginny s'illuminò immediatamente. “Davvero?” Chiese, gli occhi che brillavano con un'improvvisa (e leggermente spaventosa) intensità.

“Davvero.”

“Hey, grazie Hermione!” Ginny rovesciò i capelli dietro le spalle e praticamente danzò dietro Hermione nella strada verso la sala comune.

Hermione sorrise tra sé e continuò a salire; se solo tutti i suoi problemi fossero stati così facilmente risolvibili. Con suo grande sollievo, né Lavender né Parvati erano in camera; si tolse le scarpe e gattonò sul letto, chiudendo le tende con attenzione intorno a sé. Hermione aveva un ora e mezza prima di cena e alcuni ragionamenti seri da fare. Tirando fuori la bacchetta, lanciò diverse barriere protettive che aveva imparato da Snape: Questo dovrebbe andar bene contro le interruzioni.

Quella mattina, durante Incantesimi, Harry aveva raccontato l'intera storia della sua avventura la sera prima: dal funerale di Aragog al processo di prendere i ricordi da Slughorn, passando per la visione dei ricordi e gli orribili dettagli su cos'è un Horcrux, fino alla promessa di Dumbledore di portare Harry con sé nella successiva missione alla ricerca del prossimo. Gli Horcrux. Hermione rabbrividì al pensiero di suddividere l'anima una volta sola, figuriamoci sette volte – No, si corresse, la logica che si riaffermava sull'orrore, sei volte. Sei divisioni sono sette pezzi. Due di queste erano già distrutte. Contò i rimanenti Horcrux: il ciondolo, la coppa, qualcosa di Corvonero o Grifondoro e sicuramente il serpente.

E come, pensò, sono collegati gli Horcrux con l'apparentemente devastante piano messo in atto quest'anno? E che cosa hanno a che fare, semmai, con l'informazione che il professor Snape dovrebbe darmi? Si circondò le ginocchia con le braccia e le strinse contro il petto. Probabilmente niente, decise. Dovevo già scoprire degli Horcrux da Harry: l'informazione del professor Snape deve avere a che fare con qualcos'altro.

Hermione sospirò. Non poteva tenere tutto direttamente nella sua testa. Sporgendosi avanti, afferrò le cinghie della borsa e la tirò sulle coperte davanti a lei. Rovistando dentro, trovò la matita e un pezzo di pergamena. Era tempo di fare una lista.

Piano 1 – Uccidere Voldemort

Metodo: Eliminare gli Horcrux (6), così Harry può combattere Voldemort

Progressi: Già distrutti (2), Diario, Anello

Rimanenti Horcrux (4): Ciondolo (S), Coppa (T), Qualcosa di G o R/C, Serpente(?)

NB: Anche se chiunque, in teoria, può distruggere gli Horcrux, la segretezza è cruciale (Se V dovesse scoprirlo potrebbe semplicemente farne altri), perciò in pratica devono farlo Dumbledore, Harry, Ron o Hermione.

Hermione si sentì un po' stupida a mettere giù il suo nome come potenziale cacciatrice di Horcrux, ma le piaceva essere scrupolosa. Il piano 1 era abbastanza inequivocabile. Il piano 2 era molto più difficile da riassumere perché Hermione non aveva chiaro quale fosse veramente il piano. Arrivò a:

Piano 2 - ?

Metodo: ?

Progressi: ?

prima di decidere che aveva bisogno di procedere per una via diversa, forse scrivendo tutto quello che sapeva e chi era coinvolto e a quale stadio. Iniziò con un nuovo pezzo di pergamena.

Piano con apparenti devastanti conseguenze.

Persone che conoscono i dettagli: Dumbledore, Snape.

Persone che non lo conoscono: McGonagall, Vector, Hermione, tutti gli altri (inc. Harry).

A quel punto Hermione era sdraiata sulla pancia, con le gambe che si muovevano nell'aria e una ciocca avvolta intorno all'indice della mano sinistra. Lasciò uno spazio e continuò a scrivere in basso nella carta.

Draco Malfoy. Mangiamorte (?) cerca di uccidere qualcuno ad Hogwarts, non gl'importa di chi ferisce nel tentativo (Katie Bell, Ron)

Potenziali obiettivi:

Harry (Improbabile – perché KB poteva semplicemente dargli il ciondolo ad Hogsmeade)

Slughorn (l'idromele era nel suo ufficio)

Dumbledore (idromele - Natale)

Una persona completamente diversa

Hermione esitò, mordendosi il labbro inferiore, quindi aggiunse:

NB: Snape ha promesso di aiutare/proteggere Draco (Voto Infrangibile – Narcissa Malfoy).

Fece un'altra pausa prima di finire il pensiero:

Quindi Dumbledore sa/Snape mantiene la copertura.

Hermione sospirò e rivolse lo sguardo alla lista dei possibili obiettivi. Faceva ridere pensare a Draco che uccideva Dumbledore, Dumbledore è praticamente invinci – il pensiero del suo braccio nero interruppe di colpo il pensiero. Malfoy non può, ma...

Deglutì. Le parole sulla pagina davanti a sé sembravano vorticare fuori fuoco. Stava per vomitare.

Hermione scivolò giù dal letto e goffamente si fece strada fuori dalle tende, inciampando nel bagno stordita. Ci mancò poco, ma riuscì a non perdere il pranzo. Nel tentativo di ristabilire il suo equilibrio, si sforzò di fare diversi respiri profondi e si bagnò ampiamente la faccia con acqua fredda. Ok, Granger, si disse. Torna in te.

Mentre apriva la porta del bagno si bloccò, così come Parvati e Lavender. Tutte e tre le ragazze si guardarono cautamente.

Ciao, Hermione,” dissero in coro, con voce falsamente dolce.

“Ciao.” La sua risposta fu brusca.

“Uhm,” gli occhi di Parvati si spostarono mentre parlava, “cos'è successo al tuo letto?”

Hermione si guardò intorno, fissando, sorpresa, il luogo in cui il suo letto avrebbe dovuto essere, ma non c'era niente. Ci vollero diversi secondi al suo cervello per riprendersi e farle chiudere la bocca, ma alla fine capì che le barriere che aveva usato erano così potenti che il letto stesso era stato nascosto alla vista. Soffocò l'urgenza di ridacchiare istericamente.

“Faccio solo pratica con il mio progetto extra di Incantesimi,” mentì, lanciando un sorriso tirato a Parvati e Lavender a turno. Quindi attraversò la stanza senza esitazioni. Mentre entrava nelle barriere, sentì il formicolio sulla pelle e allo stesso tempo il letto riapparve. Si voltò. Dall'espressione sul viso di Lavender e Parvati era appena sparita. Cercò di non sentirsi compiaciuta, ma non ci riuscì.

La sensazione non durò a lungo. Una volta dietro le tende del suo letto, fu obbligata a confrontarsi ancora una volta con la sua lista – e le implicazioni dell'informazione che conteneva. Si sforzò di pensarci con calma. Non escludere niente, per ora, ricordò a sé stessa. Non tutto è necessariamente quello che sembra.

Afferrò la matita con mano ferma. Non è altro che un esercizio di logica. Lo disse a voce alta per renderlo più reale. “È soltanto un esercizio di logica.”

Supposizione: Malfoy sta cercando di uccidere Dumbledore.

Fatto: Snape ha promesso di aiutare.

Di conseguenza: Se Malfoy fallisce Snape ucciderà Dumbledore

o

Supposizione: Malfoy sta cercando di uccidere Dumbledore.

Fatto: Snape ha promesso di aiutare, ma non lo intende davvero.

Di conseguenza: Quando Malfoy fallirà Snape morirà (Voto Infrangibile).

Hermione non si preoccupò di considerare la possibilità che Malfoy potesse riuscire. Istintivamente sentiva che la prima opzione fosse la migliore per descrivere il “piano con in apparenza devastanti conseguenze”, ma non poteva ancora spiegare perché poteva essere il più probabile.

Se Snape vive, scrisse dopo, Dumbledore muore. Se Dumbledore muore, Snape vive.

Spia o Genio?

Hermione fissò le parole davanti a sé per così tanto tempo che non sembravano più avere senso, sembravano scarabocchi neri sulla pergamena bianca. Quindi scrisse altre quattro parole, puntualizzandole con un punto di domanda:

Dumbledore sta già morendo?



Alla fine, Hermione scese a cena. Non c'era molto altro che potesse fare. I ragazzi salutarono il suo arrivo in ritardo con un certo sollievo.

Sci chieevamo dov'ei,” commentò Ron con la bocca piena di purè.

“Studiavo,” replicò distrattamente, servendosi una generosa porzione della verdura più vicina (fagiolini in questo caso).

La Sala Grange non era il posto per conversazioni personali di qualunque tipo e, con Ron ed Harry già immersi in una profonda conversazione in cui discutevano se il docente di Materializzazione, Wilkie Twycross, fosse in qualche modo imparentato con il giocatore di Quidditch con lo stesso cognome, Hermione riuscì ad arrivare alla fine del pasto senza prestare troppa attenzione all'ambiente circostante. Invece si fissò sulle scoperte e supposizioni delle ultime ore. Se Snape uccide Dumbledore, verrà emarginato, dovrà darsi alla fuga, la sua vita sarebbe in terribile pericolo. D'altro canto cementerebbe la sua posizione nel circolo di Voldemort, metterebbe la sua reputazione di Mangiamorte oltre ogni sospetto.

Supponendo che fosse il più sicuro fra tutti i posti possibili – barriere o non barriere – Hermione aveva nascosto le note nel reggiseno e, ogni volta che si muoveva durante la cena, sentiva i bordi della carta grattare contro i bordi irregolari della sua cicatrice. Aveva considerato solo brevemente la possibilità che Snape potesse essere un traditore. Forse Dumbledore si sbaglia a fidarsi di Snape? Harry certamente la pensa così. Ma le stesse parole di Dumbledore le riecheggiavano nella mente, “Gli affiderei la mia vita.” Dumbledore era troppo intelligente – e troppo manipolatore – per usare una frase del genere alla leggera.

Molto prima che il pasto fosse finito, Hermione seppe di dover parlare con il professor Snape. A causa di conflitti di calendario, la squadra di Grifondoro si allenava solo una volta quella settimana, di giovedì, ma Hermione non sapeva se poteva aspettare altre 48 ore per affrontare l'argomento. Doveva essere quella sera.

Quando Snape si alzò dal tavolo della cena lo fece anche Hermione. Il dolce era appena arrivato e Harry la guardò con sorpresa.

“Dove stai andando?” chiese.

“In biblioteca, scusa, ho un sacco di cose da fare.” La bugia più generica era in genere la migliore.

'Mione,” disse Ron con aria di rimprovero, “hai mangiato appena! Dovresti rimanere qualche altro minuto e assaggiare un po' di crostata di melassa.”

La sua preoccupazione la colpì al cuore. Il suo affetto per entrambi i ragazzi la avvolse di colpo, seguito subito da una fitta di panico. Non aveva tempo per queste cose.

“Non tutti hanno bisogno mangiare la stessa quantità del proprio peso solo per poter passare la serata, Ronald Weasley. Ci vediamo dopo.” Hermione scappò via, arrivando nell'ingresso giusto in tempo per vedere Snape sparire nelle scale che portavano ai sotterranei. Gli corse dietro.

Snape si fermo a metà del corridoio per parlare con un gruppo di ragazzi del secondo anno di Serpeverde. Un ragazzo, posizionato al sicuro dalla linea visiva di Snape, notò Hermione mentre arrivava e fece una smorfia. La sua scortesia colpì Hermione con un lampo d'ispirazione. Tirando fuori la sua bacchetta dalla tasca la puntò all'insolente ragazzino. La smorfia sparì immediatamente e disse qualcosa spaventato, nascondendosi dietro al compagno più vicino. Per la confusione, Snape si voltò, solo per trovarsi faccia a faccia con Hermione e la bacchetta sollevata con rabbia.

“Cosa significa tutto questo, signorina Granger?” Ringhiò mentre camminava verso di lei, la furia che enfatizzava le linee del suo viso.

Pluralitas non est ponenda sine necessitate**, replicò lei. Hermione respirava pesantemente, sperando che lui comprendesse.

I suoi occhi si strinsero. “Punizione,” sbraitò. “Adesso.”

Lei si voltò all'istante e si diresse verso il suo ufficio. Snape camminò dietro di lei, una presenza minacciosa ed arrabbiata. I Serpeverde si sparpagliarono mentre passavano, i sussurri scioccati facevano da staccato sincopato con il suono rintoccato dei tacchi degli stivali di Snape, sulla pietra del pavimento.

Chiuse le porta dietro di lei subito dopo essere entrati nell'ufficio.

“Sarà meglio che tu abbia una buona spiegazione per il tuo comportamento Granger, o strofinerai calderoni senza magia per le prossime quattro ore.”

“Avevo bisogno di parlare con lei, signore.”

“Siediti,” ordinò, girando a grandi passi intorno alla scrivania per andare a sedersi.

Accomodatasi nella sua solita sedia, con Snape accigliato dall'altra parte del tavolo, Hermione non sapeva da dove iniziare. Strofinò una mano contro la cicatrice, le spiegazzature della pergamena sotto le dita contribuirono ad intensificare il senso di urgenza che provava, ma ancora non sapeva esattamente che cosa dire.

Alla fine, Snape sospirò con irritazione. “Avessi saputo che provavi un tale desiderio di fissarmi, Granger, ti avrei spedita in Infermeria, invece di darti una punizione. Hai o no qualcosa da dire per cui valga la pena interrompere i miei piani per la serata?”

“Io... sì, signore.” Hermione fece un profondo respiro. “È vero,” chiese, “che il professor Dumbledore sta morendo?”

Snape le lanciò una lunga occhiata. “Da dove ti viene questa idea, Granger?”

“Osservazione. Non ha risposto alla domanda.”

“No, infatti.”

Così non si andava da nessuna parte. “Non ha fatto nulla per nascondere la mano annerita e sta peggiorando. Ci sono alcune maledizioni...” s'interruppe.

La bocca di Snape s'indurì. Era come se una saracinesca fosse calata sul suo viso, più rigido e terrificante dell'insegnate con cui di solito interagiva. “Molto astuta, signorina Granger. Ma ti assicuro, la maledizione sarebbe insufficiente per uccidere Albus Dumbledore.”

Hermione armeggiò nervosamente con i bordi della scrivania. Suo malgrado fu impressionata dalla sua abilità di aggirare la verità. Si schiarì la gola, il momento per la franchezza Grifondoro era arrivato. “Immagino che Draco Malfoy si dimostrerà similarmente insufficiente.”

Snape sedeva perfettamente immobile. Quando parlò, la sua voce era completamente piatta e quasi colloquiale nella sua cortesia. “Cosa stai insinuando signorina Granger?”

Hermione strinse le mani a pugno, le unghie che scavavano dolorosamente nei palmi. “Sto insinuando, signore, che lei e il professor Dumbledore avete escogitato un piano dove lei ucciderà Dumbledore al posto di Malfoy. Gli altri Mangiamorte non avrebbero nessuna ragione per dubitare della sua lealtà allora.”

Snape sollevò un sopracciglio. “Davvero?” Chiese con tono di cordiale incredulità. “E quale ragione, se posso chiedere, avrebbe Draco per cercare di uccidere il preside, in primo luogo?”

“Perché, signore, è un Mangiamorte, o sta cercando di diventarlo, per prendere il posto di suo padre.” La voce di Hermione tremò un po'. Era snervante affrontare il freddo e disinteressato Snape quando si era aspettata invettiva e furia.

“Un mago minorenne? Incaricato di uccidere il più potente mago oggi vivente? Non sembra molto probabile.” Cambiò leggermente posizione sulla sedia e i capelli neri si mossero in avanti a incorniciare il viso. “Come sei arrivata ad una tale improbabile conclusione, signorina Granger?”

Hermione esitò solo un secondo, poi recuperò la pergamena da dentro alla maglietta. Separò con attenzione i due fogli, piegò quella contenente le note sulla ricerca degli Horcrux di Harry e la mise al sicuro in tasca. Svolse invece l'altra. “Rasoio di Occam,” replicò, porgendola a Snape.

Lesse tutto il foglio, due volte, prima di parlare. “Come esercizio logico, signorina Granger, questo lavoro è imperfetto in modo significativo.” Lasciò che la pergamena cadesse sul tavolo tra loro.

Lei desiderò che la smettesse di chiamarla signorina Granger e tornasse al suo solito sé stesso. “Quale errore ho fatto signore?”

“La soluzione che proponi non è la più logica.” Prese una penna e aggiunse una linea di testo tra le due scritte da lei, poi spinse il foglio verso di lei. Ora, vicino alla fine della pagina, leggeva:

Supposizione: Malfoy sta cercando di uccidere Dumbledore.

Fatti: Snape ha promessi di aiutare.

Di conseguenza: Se Malfoy dovesse fallire, Snape ucciderà Dumbledore.

Conclusione: Snape è fedele al Signore Oscuro come lo è sempre stato.

Il cuore di Hermione batteva forte. “Troppo semplicistico, signore.” Replicò. “Non si addice in modo adeguato a tutte le informazioni. So, per esempio, che lei è leale a Dumbledore.”

Non ne hai le prove.” La voce era dura.

Il mento di Hermione si alzò leggermente e c'era una luce fiera negli occhi. “Non ho bisogno di avere prove, signore,” disse nel modo più chiaro e fiducioso possibile.

Snape ringhiò, un suono gutturale e rabbioso che arrivava dal profondo della sua gola. “Allora sei un'idiota. Chi pensi che ti crederà, Granger, se dovessi veramente uccidere il preside come da te suggerito?”

All'uso del suo nome da solo uno dei nodi allo stomaco si sciolse. “Nessuno probabilmente.” Esitò per un secondo, mordendosi il labbro inferiore. “Immagino stia andando incontro a tempi piuttosto duri, signore.” Qualcosa guizzò nel viso di lui, troppo velocemente perché Hermione fosse sicura di quello che aveva visto. “Pensavo,” continuò, “che questa potesse essere l'informazione che avevo bisogno di ricevere da lei. Con Dumbledore morto, Harry potrebbe perdere tutto. Chi lo sa che cosa ne farà il Ministero della scuola? Harry ha... un lavoro da fare, potremmo dover fuggire. È mio compito mantenere Harry vivo. Ho bisogno di prepararmi.”

“Granger-” si lamentò Snape. “Stai farneticando.”

“Scusi, signore.”

Lui si portò rudemente una mano sul viso. Sembrava... fragile. Hermione fu assalita da un senso d'ingiustizia. Come può Dumbledore chiedergli questo? È inumano. Si morse il labbro inferiore, respingendo l'urgenza di discutere a lungo quanto tutto fosse ingiusto. Non farneticare Granger, ricordò a sé stessa.

Per un lungo momento né Hermione né Snape parlarono. Alla fine lui sollevò la pergamena coperta di note e lesse di nuovo. “Come sai che ho stretto un Voto Infrangibile?” Chiese con solo un tocco d'irritazione nella voce.

Uhm, temo di non poterglielo dire, signore.”

“Non puoi o non vuoi?” Sogghignò. “Lasciami indovinare, coinvolge una certa canaglia e il suo mantello dell'invisibilità?”

Hermione alzò le spalle e tenne la bocca chiusa. Snape sospirò e buttò il foglio di nuovo sulla scrivania. “Fai in modo di disfartene saggiamente,” si raccomandò, facendo cenno alla pergamena. Obbediente, Hermione la fece sollevare e la spedì verso il fuoco. Per un secondo entrambi la osservarono bruciare.

“In quanti credi che possano arrivare alla stessa conclusione?” Chiese lui.

“Nessuno signore. Primo, nessuno ha tutte le informazioni. E...” Esitò.

“E?”

Ha avuto troppo successo nel camminare sul filo del rasoio, signore. Molte persone saranno pronte a credere il peggio di lei.”

Snape aprì la bocca come per parlare e la chiuse di colpo. Per un istante Hermione pensò che potesse piangere, ma tornò in sé molto in fretta.

“Molto bene, Granger,” disse. “Torna giovedì: pianificheremo la tua vita in fuga.”

“Signore?”

“Puoi andare, Granger. Vai ora o avrai davvero una punizione.”

Riluttante, Hermione si alzò. Snape sembrava spaventoso ed era restia ad andarsene. Voleva – impensabile – abbracciarlo, voleva inveire contro la difficoltà della sua posizione, voleva rassicurarlo, dirgli che era eutanasia e non omicidio, ma non poteva. Anche se non aveva né esplicitamente confermato né negato la sua teoria, e anche se la lasciava senza nessun dubbio sulla sua veridicità, certamente non avevano avuto una conversazione su quello. Andò verso la porta, esitando con la mano sulla maniglia.

“Ora, Granger,” sbraitò prima che potesse voltarsi.

“Buonanotte, signore,” replicò in fretta mentre usciva in corridoio.

Hermione si fermò a fissare la porta chiusa di Snape finché non si preoccupò che lui, o qualche altro Serpeverde, potesse trovarla lì. Non poteva neanche tornare alla sala comune. La sua testa ronzava e non era in grado di sostenere una conversazione normale. Invece girò i tacchi verso l'ufficio della Vector. Era quel tipo di energia nervosa che solo i calcoli Aritmantici potevano avere qualche speranza di dissipare. Ed Hermione aveva un sacco di nuove informazioni da codificare nella matrice.

*


*


*

*“Breaking up is hard to do” in originale. Mi par di capire che sia il titolo di una canzone, ma spero che grangerous possa far luce sulla cosa (sono curiosa, eh...)

**Non considerare la pluralità se non è necessario” fa parte della formula di risoluzione di un problema relativa al Rasoio di Occam.

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Spotless_Mind: adesso Hermione sa e trovo questo capitolo come trai miei preferiti. Quello precedente è veramente molto ricco e non so se preferire la scogliera o il modo in cui Snape parla dell'omicidio di suo padre, molto IC (un modo che mi fa anche venire i brividi, pensandoci, ma è veramente ben scritto).

Anne

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Capitolo 24
*** Sectumsempra ***


Capitolo 24

NdT: siamo quasi alla fine. Grazie come sempre a silviabella per essere arrivata con me fin qui :)

Anne



Capitolo 24

Sectumsempra



Dopo che Hermione Granger lasciò il suo ufficio, quella sera, Severus era appena entrato nella solitudine delle sue stanze quando si lasciò andare. Si raggomitolò sul pavimento proprio all'interno della porta e pianse: pesanti, moccicose, ridicole lacrime. Pianse per dover uccidere Albus. Pianse per essersi unito ai Mangiamorte. Pianse per le atrocità a cui aveva assistito e quelle che aveva compiuto. Pianse immaginando Hooch, Minerva e Poppy che lo pensavano un traditore. Pianse per l'infelice spreco della sua infanzia e la terribile ansia negli anni tra le guerre. Pianse per il modo in cui il Signore Oscuro lo desiderava e pianse per essersi innamorato di una sua studentessa. Quando finì era esausto.

Troppo stanco per alzarsi rimase sdraiato sul pavimento a fissare il soffitto. Granger non finiva mai di sorprenderlo.

Severus si era arreso nel compararla a Lily nel momento in cui lei lo aveva perdonato per la sua ridicola sfuriata su Krum. Non c'era paragone: Granger era più brillante, tenace e infinitamente più generosa. Granger, rifletté, aveva combattuto una battaglia da adulti nel suo primo anno ad Hogwarts; Lily, d'altro canto, aveva condotto una vita incantata – fino al momento del tradimento di Pettigrew, cioè – riso di fronte al pericolo, giocato a combattere, prendendo alla leggera il fatto di riuscire a cavarsela per un pelo. Severus non poteva immaginare Granger rimanere incinta e farsi una famiglia nel bel mezzo di una guerra. Grugnì all'idea. Anche se lo facesse, farebbe in modo di controllare in qualche modo tutto, proteggere chiunque e, allo stesso tempo, fare a maglia un paio di scarpine di lana per ogni giorno della settimana. In nessuna circostanza si ritirerebbe ad una vita di “moglie e madre”,lasciando ogni decisione a chiunque avesse provveduto allo sperma; nessuno potrebbe mettere da parte Granger per la sua stessa sicurezza.

Ora che aveva compreso i dettagli del piano di Dumbledore, Hermione lo aveva sorpreso ancora una volta. Primo, era stupefatto da come aveva messo insieme i pezzi. Pluralitas non est ponenda sine necessitate per davvero. Secondo, e più importante, Severus era sopraffatto dalla sua reazione. Non era sembrata disgustata, o nauseata, o ripugnata. Al contrario, era sembrata... comprensiva, preoccupata per lui. E non aveva avuto dubbi sulle sue intenzioni. Non una volta. Sebbene la piega d'improbabilità che aveva scoperto, e il puzzle di logica che aveva risolto, puntassero entrambi verso due possibili risultati, Granger aveva infallibilmente scelto “spia” invece di “traditore”.

Era innervosito. In qualche modo, fin dalla prima seduta di Legilimanzia nell'Infermeria solo nove mesi e mezzo prima, lei lo aveva cambiato. Mentre prima Severus si sentiva compiaciuto della sua morale superiorità verso coloro intorno a lui, ora era preoccupato di non essere all'altezza delle aspettative di una particolare donna.

Nonostante Dumbledore avesse fiducia in lui, il vecchio era un bastardo manipolatore. Severus gli voleva bene, ma sapeva che il senso di colpa era attentamente calcolato, i sotterfugi deliberati. Sapeva che Dumbledore avrebbe sempre fatto lo stesso errore: alcuni ragazzi erano più importanti di altri e quasi sempre più importanti delle donne di qualunque età. Granger, invece, lasciava da parte ogni pretesa di manipolazione e semplicemente lo guardava. Lo guardava come se lui fosse reale. Come se fosse una persona reale, in una difficile situazione, che stava per fare la scelta giusta. “Innervosito” era un eufemismo.



Precisamente alle otto del giovedì sera, Hermione Granger bussò alla sua porta.

“Avanti,” disse.

Riconobbe subito la smorfia testarda della sua bocca: aveva una domanda e non aveva intenzione di lasciar correre. “Forza, Granger,” le disse con un sospiro rassegnato.

“Cosa?” Chiese lei cautamente.

“Poni la tua domanda, mi sembra tu stia per scoppiare.”

“Oh,” disse, presa alla sprovvista dal suo incoraggiamento. “Va bene, allora. C'è un modo per modificare la memoria di qualcuno e invertire il processo successivamente?”

Lui sollevò un sopracciglio. “Dovrai essere un po' più specifica.”

“Beh, so che un Oblivion rimuove un ricordo specifico, o un gruppo di ricordi, ma se si volesse convincere qualcuno di essere totalmente qualcun altro per uno specifico periodo di tempo?”

“Per quanto tempo?”

“Un anno, forse due.”

“Lo sai che quello che proponi è completamente illegale?”

Lei annuì, ansiosa. “Sto cercando qualcosa che possa far tornare la persona completamente sé stessa dopo.”

Severus sbatté le palpebre. Granger sembrava stanca. C'erano cerchi scuri sotto gli occhi e il viso era teso. Dove ci porta tutto ciò? “Prima di rispondere alla tua domanda, Granger, ho bisogno di sapere i ricordi di chi intendi modificare.”

Lo sguardo si spostò di lato prima di rispondere, non come se stesse mentendo, ma come se la risposta la facesse sentire a disagio. “I miei genitori,” disse alla fine.

Severus sembrava sorpreso. “Perché?”

Granger lasciò andare il respiro che stava trattenendo con un sospiro di preoccupazione. “Da martedì sera lavoro ai calcoli. Molti elementi sono chiarificanti in virtù delle nuove informazioni, ma aggiungono anche nuove sezioni. Una delle cose che ho aggiunto era un'equazione per i miei genitori e il loro futuro non sembrava particolarmente buono. Mi sono trastullata con diverse opzioni senza troppa fortuna, finché – quasi per disperazione – ho codificato per modificare i loro ricordi e mandarli in Australia. É stata l'unica cosa che ha dato veramente una buona proiezione. Preferirei non condannarli ad una vita che non hanno scelto, e ignorare la loro precedente esistenza, ma se diventa una scelta tra quello e morte certa, allora lo farò.”

Severus assorbì l'accenno di triste determinazione che c'era sotto le sue parole. “Cosa ne pensi del mandarli con Krum?”

“Ho fatto dei calcoli per quello, ovviamente. Non sembravano molto promettenti.”

“Mostrami i calcoli,” chiese, porgendo in avanti la mano. Granger li prese prontamente dalla borsa e li passò a lui. “Quali supposizioni hai fatto?”

“La morte di Dumbledore, la caduta del Ministero e io in fuga con Harry e Ron.”

Le cifre erano devastanti. Se Granger non faceva nulla c'era un 98.9% di possibilità di morte; se li mandava da Krum 76%; se li mandava in Australia con i ricordi modificati, 1.4%. Aveva provato un esagerato numero di altre opzioni – andare in Australia così com'erano, modificare la memoria e rimanere in Gran Bretagna, andare in Europa ecc – ma senza avere con nessuna lo stesso risultato. Severus si passò un dito lungo il labbro inferiore, considerando le opzioni.

“C'è un modo,” disse alla fine, “ma non hai le capacità per farlo.” La speranza che le era sbocciata sul viso s'incrinò. “Richiede tecniche di Legilimanzia molto più complesse di quelle che abbiamo studiato e anche solo insegnartele sarebbe illegale.”

L'espressione di Granger era vuota, le sue emozioni nascoste. “Ma lei sa come farlo?” Chiese con voce neutrale.

“Sì,” confermò.

Le labbra di lei diventarono sottili mentre le stringeva l'una contro l'altra, prima che Granger abbassasse lo sguardo verso il grembo. Sapeva che non avrebbe chiesto.

Severus sentì la sua stessa voce come se arrivasse da lontano. “Posso farlo per te, se vuoi.” La gratitudine sul suo viso, mentre guardava verso di lui, era come un amo piantato nel petto che inesorabilmente lo portava nei piani di lei. “Avrò bisogno del tuo aiuto. La procedura è estremamente complessa: serve un Legilimante per nascondere la memoria originale, da qualche parte nel cervello del soggetto, e un altro per inventare una nuova storia per coprire le crepe. La memoria nascosta può essere attivata con un segnale – una frase o situazione – che la rilascerà dal luogo in cui è nascosta.”

Granger gli sorrise. “Grazie!” Oh, professor Snape, grazie tante!” Si morse il labbro inferiore brevemente. “Dovremmo darci un appuntamento? Pensavo, magari il primo fine settimana delle vacanze estive?”

“In teoria dovrebbe andar bene. Non posso essere certo dei miei movimenti una volta che l'anno scolastico sarà finito.” Non aveva bisogno di spiegarle perché.

“Mmm.” Sembrava pensierosa. “Cosa dovremmo fare allora?”

“Facciamo alle 11 del mattino del primo sabato.”

“E se non dovesse farcela per qualche ragione?” Chiese Granger.

“La stessa ora il giorno dopo.”

“Grazie signore,” disse Granger, abbastanza sicura e sorridendogli. La gola di lui si strinse e gli sembrò di non poter parlare. Quindi annuì.

Dopo che... succederà quella cosa, pensò, quante persone potrebbero esserci a fidarsi di me, per non parlare di chiedermi di modificare la memoria dei loro genitori? Non poteva sopportare di pensarci.

“Bene,” disse con voce leggermente stridula, “se hai finito forse potremmo passare alla lezione di oggi?”

Granger fece un largo sorriso. “Sì signore,” disse obbediente.



Con la finale della partita di Quidditch che si avvicinava, Severus tenne alla Granger tante lezioni quante le volte che la squadra di Grifondoro faceva allenamento. Una volta che la stagione fosse finita sarebbe diventato molto più difficile organizzarsi senza attirare l'attenzione dei suoi amici idioti.

Lei prese l'impegno di pianificare l'anno in fuga seriamente, come faceva con ogni altro progetto, compilando liste e immaginando possibili scenari. Visto che i suoi compiti non avevano sofferto come conseguenza, Severus sapeva che doveva lavorarci per un'infinità di ore.

Con ogni nervo che finiva per essere sull'attenti in sua presenza, o alla semplice menzione del suo nome, Granger sembrava comparire come una virtuale costante nei pettegolezzi della sala insegnanti, ognuno dei docenti che regolarmente si profondeva in panegirici sui suoi risultati e intelligenza. Non Severus, ovviamente, lui teneva la bocca chiusa, anche se in più di un'occasione era stato tentato di menzionare la profondità e la genialità dei suoi compiti di DCAO e l'impegno che ci metteva lui nel commentarli adeguatamente.

Era tentato di dirlo alla Vector: era stranamente affascinato da lei dalla notte in cui l'aveva vista lavorare insieme alla Granger. Nelle poche occasioni in cui si faceva vedere nella sala insegnanti osservava lei e il suo perenne sorriso. Lei e la Granger erano così a loro agio insieme. Ricordava il modo in cui la Granger la toccava, una mano sul braccio, e come le aveva sorriso. La Vector faceva libero e frequente uso del nome della Granger; non che per lei ci fosse bisogno di tenere la ragazza a dovuta distanza, di rifiutare persino di pensare al suo nome nella solitudine della sua testa. Severus era geloso, ma anche affascinato.

Un martedì pomeriggio, la settimana prima della partita Grifondoro-Corvonero, la Vector fece una delle sue rare apparizioni nella sala insegnanti. Severus era seduto vicino al fuoco, bevendo del tè. Con sua sorpresa, la Vector camminò direttamente verso di lui e si sedette in un'altra poltrona.

“Buon pomeriggio, Severus,” lo salutò lei allegramente.

“Septima,” replicò lui.

La Vector fece un'espressione sarcastica. “Non è veramente il mio nome, sai,” commentò lei, “puoi chiamarmi Ana o anche Anastasia – non sembri il tipo a cui piacciono i diminutivi.”

Severus sogghignò, quasi d'abitudine. “Bene, Anastasia, a cosa devo l'insolito piacere della tua compagnia?”

La Vector sorrise e si sporse in avanti in modo cospiratorio. “Ho sempre pensato che tu fossi qualcosa come uno scontroso bastardo, con cui non valeva la pena approfondire l'amicizia. Ma poi arriva Hermione Granger che pensa molto bene di te e io penso molto bene di lei. Mi fa pensare che forse dovrei ripensarci.”

“Mi perdonerai se tengo le mie lacrime di gioia per quando sarò da solo, vero?”

Gli occhi della Vector s'incresparono in risposta al suo amaro sarcasmo. “Ah, sì, ha fatto cenno al fatto che il tuo senso dell'umorismo è ben sviluppato.”

“Spettegoli abitualmente sugli altri insegnanti con gli studenti?” Chiese freddamente lui.

“Non più di quanto gl'insegnanti spettegolino sugli studenti, Severus.” Il suo sguardo si spostò sulla sinistra. “Filius, come stai?”

“Ana! Che piacere vederti! Cosa ti porta nella sala insegnanti?” Squittì Flitwick da dietro di lui.

“Niente di particolare, discutevo solo della signorina Granger qui con Severus.”

“Ah, l'incomparabile signorina Granger! Ma guarda, proprio oggi mi ha presentato il più meraviglioso incantesimo impercettibile prolungato: non è neanche nel programma fino al prossimo anno! Non so dove trovi il tempo!”

Severus pose tazza e piattino nel tavolino basso e si alzò con agilità in piedi. Fece ai suoi compagni un inchino rigido e scappò dalla conversazione. C'era solo un'altra mezz'ora prima di cena – tempo che poteva essere produttivamente trascorso a controllare i corridoi e togliere punti casa, tempo che non aveva bisogno di passare pensando a cosa la Vector stava combinando o riflettendo infruttuosamente su Hermione Granger.

Perciò fu così che Severus non si trovò lontano dalla scena quando sentì le inconfondibili urla del deprimente giovane fantasma Corvonero, Mirtilla, riecheggiare dal bagno dei ragazzi del sesto piano.

ASSASSINIO! ASSASSINIO NEL BAGNO! ASSASSINIO!

La vista di Draco, con il petto attraversato da una lunga e netta ferita, e che rapidamente moriva dissanguato, gli fece sentire il cuore in gola e inizialmente, la presenza di Harry Potter, venne registrata in modo solo marginale. Severus aveva la sua bacchetta pronta prima di aver pensato di prenderla, cantando il contro incantesimo tre volte prima di far guarire la ferita completamente, asciugando il peggio del sangue di Draco dal suo viso. Dov'è che Potter ha imparato il Sectumsempra? Rifletté nel momento in cui fu capace di pensare coerentemente.

Devi andare in infermeria,” disse a Draco, aiutando il ragazzo ad alzarsi in piedi e avvolgendo un braccio intorno al corpo per tenerlo dritto. “Potrebbero esserci delle cicatrici, ma se prendi subito del dittamo potremmo riuscire ad evitarlo...Vieni...

Potter era ancora accovacciato sul pavimento nel punto in cui Severus lo aveva spinto nella fretta di raggiungere Draco. Era coperto di sangue e acqua, il viso pallido quasi quanto quello di Draco. Idiota di un ragazzo, pensò Severus, il sollievo per la ripresa di Draco che cedeva alla rabbia. Prima di accompagnare Draco fuori dalla porta si voltò verso Potter. “E tu, Potter,” sbraitò furioso. “Tu mi aspetti qui.” Il ragazzo annuì obbediente, troppo sconvolto dalle conseguenze delle sue azioni persino per discutere.

Imparerà mai a pensare prima di agire?

Ci vollero solo pochi minuti per semi-trasportare, semi-scortare Draco in Infermeria e, con sollievo di Severus, Poppy emerse dal suo ufficio nel momento in cui arrivarono.

Dittamo,disse, portando Draco verso il letto più vicino. Poppy chiamò a sé immediatamente una fiala e diede una dose al ragazzo prima di metterlo a letto. Severus sospirò di sollievo.

“Tornerò,” disse, indirizzando il commento ad entrambi, Draco e Poppy. “Adesso ho da fare con il colpevole.” Girò sui tacchi con il viso lugubre e si diresse verso il bagno.



Severus rimase senza parole quando scoprì che Potter aveva il suo libro di pozioni del sesto anno, anche se la rivelazione spiegava molto: le calorose lodi di Slughorn sul talento dell'idiota per la materia, la domanda della Granger sul perché i libri erano sbagliati, dove Potter aveva imparato la maledizione nota solo ad una manciata di Mangiamorte. Potter lo aveva nascosto da qualche parte piuttosto che mostrarglielo, ovviamente, ma a Severus non importava di forzare una spiegazione. Una serie di punizioni di sabato sarebbero state sufficienti. Il pensiero dell'avvicinarsi della partita di Quidditch e l'incombente disappunto di Minerva portarono un ghigno sul volto di Severus. Che serva a Potter di lezione. E come si permette di usare le mie stesse maledizioni contro Draco? Severus strinse gli occhi al pensiero mentre pianificava un'adeguata punizione per quella zucca vuota.

Quella sera tardi, Severus tornò al capezzale di Draco. Il viso normalmente pallido del ragazzo sembrava quasi spettrale contro il bianco delle lenzuola. Poppy si agitava intorno a lui quando Severus arrivò e lei lo accolse con un sorriso.

“Bene, guarda chi c'è,” disse allegramente a Draco, “il tuo salvatore in persona. Sono sicura di poterti lasciare in mani più che capaci.” Con una pacca sul braccio mentre passava, Poppy sparì nel suo ufficio.

Draco, tuttavia, non sembrava affatto felice di vederlo, con il viso risolutamente voltato verso la direzione opposta, mentre Severus si sedeva nella sedia di fianco al letto. “Non ho niente da dirti,” puntualizzò con voce petulante.

“Tuo padre ti ha insegnato a mostrare delle maniere migliori di così, Draco,” replicò Severus con voce pacata.

“Beh, mio padre non è qui, no?”

Severus alzò gli occhi al cielo in una silenziosa preghiera per richiamare la pazienza. “Draco, sto cercando di aiutarti. Oggi ti ho salvato la vita. Il minimo che tu possa fare è ripagarmi con un po' di fiducia. Perché non parli con me? Perché non mi dici i tuoi piani?”

“Non ho bisogno di aiuto. Solo, va' via e lasciami in pace.”

“Molto bene.” Severus si alzò di nuovo in piedi. “Se cambiassi idea, sai dove trovarmi.”



Verso la fine di maggio, Granger riuscì a sgattaiolar via dalle sue ombre usando il gruppo di studio di Aritmanzia come scusa. Dal modo in cui il mento sporgeva, mentre sedeva dall'altra parte della scrivania rispetto a lui, sapeva che era pronta a fare un'altra domanda.

“Signore,” iniziò con un profondo respiro.

“Vai avanti, Granger,” sospirò in modo melodrammatico e si sistemò i capelli dietro le orecchie. “Sapevo che l'assenza di domande era troppo bella per durare.”

“Il fatto è che stavo pensando all'informazione che lei dovrebbe darmi.”

“Pensavo avessimo sviscerato abbastanza la faccenda,” disse con un sopracciglio alzato.

“Bene, il fatto è che in pratica ho capito quell'informazione da sola. Non mi ha realmente detto niente. Non ne abbiamo realmente discusso. Mi fa pensare che ci sia qualcos'altro che ha bisogno di farmi sapere.” Fece una pausa e aggiunse in modo sinistro, “Prima che sia troppo tardi.”

Severus sollevò il secondo sopracciglio. Poteva esserci qualcosa sotto. “Hai qualcosa di specifico in mente?” Chiese.

Dallo sguardo sapeva che l'aveva. “So che è ridondante,” disse in imbarazzo, “perché non lo direbbe a nessuno, ma mi promette che la cosa non uscirà da qui?”

Severus arricciò il labbro superiore magistralmente, ma prese la bacchetta senza protestare. Sollevandola disse, “Hai la mia parola.” La bacchetta s'illuminò di oro.

“La sua parola da sola era sufficiente, sa.” Lo criticò aspramente anche se sembrava sollevata. “Non so perché si senta sempre obbligato a fare un giuramento alla minima occasione.” Si morse il labbro e sembrò un po' nel panico non appena ebbe finito di parlare, chiaramente realizzando quanto fosse andata vicina a rimproverarlo per essere diventato in primo luogo un Mangiamorte.

Era una giusta domanda. Ogni volta che pensava di aver superato l'urgenza di fare giuramenti infrangibili si trovava impulsivamente a farlo di nuovo.

Hermione fece un profondo respiro prima di continuare. “Mi chiedo che cosa potrebbe dirmi a proposito degli Horcrux, signore.”

Gli Horcrux. Potter. Gli Horcrux. Plurale. Le parole di Dumbledore gli tornarono alla mente: Se lo conosco bene, farà in modo che quando si prefiggerà d'incontrare la morte significherà veramente la fine per Voldemort.

“È sicuro presumere che sei interessata a distruggerli, Granger, e non a farne uno?”

Assolutamente.

Severus sembrava valutare la giovane donna di fronte a sé, l'impaziente linea del suo corpo e il determinato atteggiamento della sua bocca. “Ho dei libri che potrebbero aiutare,” disse. “Non qui, ma a casa, a Spinner's End. Te li porterò,” aggiunse, “prima che sia troppo tardi.”

Il grazie della Granger era evidente nella larghezza del suo sorriso.

*



*


*

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Mitsuki91: Bentornata :). In effetti forse un abbraccio in questo momento sarebbe stato un po' troppo presto, mi sa che anche Severus non l'avrebbe presa troppo bene ;).

Vanny_Winchester: grazie per i complimenti da parte di tutte, spero che anche questo venerdì sia stato di tuo gradimento :)

Fink1987: anche a me piace molto la parte tra Snape ed Hermione, soprattutto ho apprezzato l'analisi razionale di lei, cosa che avrei proprio voluto leggere un po' di più nei romanzi originali.

chi_lamed: leggendo il sesto libro avevo capito che il principe fosse Severus, così come non ho mai avuto dubbi sul fatto che lui e Dumbledore fossero d'accordo, ma in effetti leggerlo spiegato così bene fa un altro effetto (soprattutto con qualcuno che finalmente si rende conto di cosa succede).

Spotless_Mind: Puoi cambiare idea quando vuoi :-D. Io l'ho sempre detto che Dumbledore era un vecchio bastardo manipolatore, fa una cosa veramente orribile...ogni volta che penso a come finisce tutta la storia originale mi viene il nervoso ò_ò!

Anne


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Capitolo 25
*** Felix Felicis ***


Capitolo 25

Io e silviabella siamo liete di presentarvi l'ultimo capitolo tradotto. Assicuratevi di leggere la nota di fine storia, mi raccomando!

Anne London



Capitolo 25

Felix Felicis



Hermione sapeva di non essere particolarmente cortese, ma non riuscì a trattenersi dal dire “Te l'avevo detto” ad Harry, a proposito del Principe Mezzosangue. Il suo comportamento la stava facendo molto arrabbiare. Nonostante la serie apparentemente infinita di punizioni, non era particolarmente provato dal rimorso e certamente, una volta che Grifondoro ebbe vinto la partita e lui e Ginny si furono messi insieme, Harry passò la maggior parte del suo tempo in un felice stordimento.

Disturbava Hermione più di quanto le piacesse ammettere, quanto era arrivato vicino ad uccidere Malfoy. Certo, Malfoy era sicuramente un Mangiamorte, ma non era come se lui ed Harry si fossero incontrati in un cimitero deserto e avessero duellato per le loro vite. Erano ad Hogwarts, in un bagno, e una stupida rivalità tra ragazzi era quasi costata ad uno di loro il prezzo più alto.

La preoccupava che Harry potesse comportarsi come se le rapide azioni di Snape, nel cancellare i segni sul corpo di Malfoy, avessero guarito anche la sua coscienza. Non ci arrivava? Nessuno di loro ci arrivava? Hermione aveva riconosciuto il contro incantesimo che Harry aveva descritto: era il “Canto della Fenice” con cui Snape aveva guarito le sue stesse ferite dell'Ufficio Misteri un anno prima. Ciò significava che Harry e il Mangiamorte avevano usato lo stesso incantesimo. Le circostanze erano spaventosamente simili alla situazione col vecchio capo di Percy, il signor Crouch, durante l'ultima guerra: sarebbe realmente stata una vittoria morale del bene sul male se entrambe le parti si fossero ridotte a mezzi simili per raggiungere i loro scopi?

L'indignazione morale di Hermione alimentò diverse ore di ricerca in biblioteca. Aveva sperato di scoprire qualcosa che potesse far cambiare idea ad Harry sulla sua dipendenza da pericolosi scarabocchi scritti da una fonte sconosciuta, ma l'unica traccia che scoprì fu un articolo su Eileen Prince. La ragazza, decisamente poco attraente, era andata a scuola nel periodo giusto, anche se il breve dibattito sui tornei di Gobbiglie tra scuole che accompagnava la sua foto non faceva cenno a Pozioni. Certamente non era abbastanza per convincere Harry: il quasi litigio lasciò Hermione fumante di rabbia e decise di fare una veloce passeggiata nei corridoi prima di studiare un po'.

Solo pochi minuti dopo, Ron arrivò precipitandosi verso di lei.

“Hermione!” Chiamò, “Hermione!”

“Cosa, Ron?” Era ancora irritabile.

“È Harry.” Ron si fermò di fianco a lei, annaspando pesantemente. “Ha ricevuto un messaggio da Dumbledore. Deve andare nel suo ufficio subito – penso che stiano per andare a trovarne uno!”

Non c'era bisogno che lui specificasse a cosa si riferisse quel'“uno”.

“O mio Dio!” Hermione si coprì la bocca con entrambe le mani, tutta l'irritazione dimenticata. “Andiamo, aspettiamolo nella sala comune.”

Trovarono da sedersi lontano da chiunque altro con una buona vista della porta. La tensione vibrava nei loro corpi nel punto in cui si toccavano. Prima di quanto anticipato, Harry era di ritorno.

Cosa voleva?” Chiese Hermione, e notando l'espressione tirata sul suo viso aggiunse ansiosamente, “Harry, stai bene?

Sto bene,” replicò. Senza fermarsi a parlare, corse su per le scale del dormitorio dei ragazzi. Hermione scambiò uno sguardo significativo con Ron e stavano per seguirlo di sopra quando lui tornò indietro di corsa. “Devo fare in fretta,” ansimò, senza fiato per le scale. “Dumbledore pensa che stia prendendo il Mantello dell'Invisibilità. Ascoltate,” Harry si guardò intorno velocemente ed usò il Muffliato. “Dumbledore ha trovato un altro Horcrux e mi sta portando con sé per prenderlo. Il fatto è che sulla strada verso il suo ufficio mi sono imbattuto nella Trelawney e lei -” Harry s'interruppe per un secondo, un'espressione strana che gli torceva il viso. “Aveva appena cercato di entrare nella Stanza delle Necessità. Aveva sentito la voce di un ragazzo urlare di gioia e, quando ha cercato di scoprire chi fosse, lui l'ha lanciata fuori dalla stanza.

Ad Hermione si mozzò il fiato.

“Cosa... intendi Malfoy?” Chiese Ron.

“Chi altri?” Replicò Harry con il viso cupo. “Capite che cosa vuol dire? Silente non sarà qui stanotte, quindi Malfoy avrà un'ottima possibilità di tentare qualunque cosa abbia in mente.

“Harry,” iniziò Hermione sapendo bene che con Dumbledore assente Malfoy non poteva portare a termine il suo piano, ma Harry la interruppe.

No, ascoltatemi! So che era Malfoy a festeggiare nella Stanza delle Necessità. Ecco-” Harry mise la Mappa del Malandrino nelle mani di Hermione. “Dovete controllarlo, e anche Snape. Usate chiunque riusciate a mettere insieme del DA; Hermione, quei Galeoni per contattare funzionano ancora, vero? Dumbledore dice che ha messo sulla scuola delle protezioni extra, ma se Snape è coinvolto saprà qual è la protezione di Dumbledore e come aggirarla – ma non si aspetterà che voi stiate di guardia, no?

Harry-” disse lei, questa volta in modo più insistente.

Non ho tempo di discutere,” replicò lui, girandosi verso Ron. “Prendi anche questo-

Grazie,” disse Ron, afferrando obbediente l'oggetto offerto. “Ehm – perché avrei bisogno di un paio di calzini?

Hai bisogno di quello che c'è avvolto, è la Felix Felicis. Dividetela anche con Ginny. Salutatela per me. È meglio che vada, Dumbledore sta aspettando-

No!” Hermione cercò di afferrare il braccio di Harry, ma lui la scrollò via. “Non vogliamo,” disse disperatamente. “Prendila tu, chi lo sa cosa dovrai affrontare?

Starò bene, sarò con Dumbledore,” le sue parole non erano così rassicuranti per Hermione quanto lui chiaramente intendeva che lo fossero. “Voglio sapere che tutti starete bene... Non guardarmi così, Hermione, ci vediamo dopo...

Harry era lontano e di nuovo di corsa prima che Ron ed Hermione potessero dire niente. Hermione si voltò verso Ron. Sembrava nervoso, ma quando lui incontrò il suo sguardo, raddrizzò la schiena e sorrise rassicurante.

“Tutto bene?” Chiese, sporgendosi in avanti e afferrandole le spalle.

“Sì,” replicò lei. “Prendo il Galeone da sopra. Aspetta qui.”

Hermione salì le scale due per volta. Il Galeone del DA era in una ciotola ornamentale sul comodino, insieme alla personale Passaporta che Viktor le aveva dato, una manciata di piccole monete e un bottone che era recentemente caduto dalla toga. Afferrò subito la moneta finta e si precipitò di sotto. Sulle scale infilò la testa nella stanza di Ginny, sollevata di trovare la ragazza più giovane seduta sul letto circondata dagli appunti di Trasfigurazione.

“GUFO,” spiegò Ginny con un sorriso distratto.

“Ginny,” Hermione fece una pausa. “Uhm, non ho proprio il tempo per spiegartelo, ma sembra che dei Mangiamorte stiano per irrompere nel castello.”

Ginny scattò in piedi immediatamente, afferrando le sue scarpe e indossandole. “Dov'è Harry?” Chiese.

“Te lo spiegherò quando saremo il numero più alto possibile di persone del DA, andiamo.”

Hermione scese le scale rumorosamente con Ginny alle calcagna. Ron stava aspettando dove lo aveva lasciato con Neville al suo fianco.

“Andiamo,” disse a tutti loro, indicando il buco nel ritratto. “Non possiamo parlare qui.”

I quattro passarono in gruppo in corridoio e lei li portò nella prima classe vuota, aprendo la porta con un Alohomora e chiudendola a chiave dietro di loro. La prima cosa che fece fu attivare il Galeone, anche se Hermione pensava fosse difficile che qualcuno oltre Luna potesse notarlo. Visto che la stessa moneta di Hermione era stata lasciata di fianco al letto, non riusciva ad immaginare quanti altri si fossero premurati di portarla con sé per un intero anno dopo che il DA aveva smesso d'incontrarsi regolarmente. Mentre Ron aggiornava Ginny e Neville con i concetti essenziali, glissando sulle ragioni della partenza di Harry e Dumbledore senza menzionare gli Horcrux, Hermione attivò la Mappa del Malandrino e la controllò, cercando Snape e Malfoy. Snape fu facilmente localizzato, immobile nel suo ufficio, ma Malfoy non si vedeva da nessuna parte.

Luna arrivò proprio mentre Ron finiva le sue spiegazioni.

“Ciao a tutti,” disse. “Stiamo per andare di nuovo al Ministero?”

“No,” replicò Ron con il volto serio. “Al contrario, stiamo aspettando che arrivino dei Mangiamorte qui stasera.”

“Mi sembra giusto.” Luna era calma come sempre.

“Ascoltate,” interruppe Hermione. “Malfoy è nella Stanza delle Necessità, Snape nel suo ufficio. Dovremo dividerci. Ron: tu, Ginny e Neville tenete d'occhio Malfoy. Portate la mappa con voi. Luna ed io controlleremo Snape – ti metterò al corrente mentre aspettiamo, Luna.” Guardò i visi intorno a sé. Tutti annuirono.

“Ok, ”disse Ron. “Rimane solo questo.” Districò la Felix Felicis dalla tasca e tenne la piccola fiala sollevata davanti agli occhi. “Credo che ce ne sia abbastanza per una sola sorsata a testa.” Offrì la bottiglia ad Hermione.

“Dopo di te,” disse, toccata dal suo gesto cortese.

Con infinita cura Ron sollevò il tappo. Esitante la sollevò verso le labbra e fece una pausa. “Alla sconfitta di Lord Voldemort,” intonò, tenendo la fiala come per un brindisi. Bevve un sorso attentamente e la passò a Ginny.

“Wow,” sottolineò lui, “questa roba è incredibile mentre va giù.”

“Alla sconfitta di Lord Voldemort,” fece eco Ginny e ingoiò la sua parte della pozione fortunata. Mentre la piccola bottiglia di Felix Felicis faceva il suo giro in circolo, ognuno di loro faceva un brindisi alla vittoria con solennità. Hermione fu l'ultima. Quando fu finalmente il suo turno avvolse le mani intorno alla fiala, tenendola sollevata mentre declamava il brindisi e la portava alla bocca. Ma non la ingerì. Hermione tenne le labbra fermamente chiuse e velocemente abbassò la pozione al suo fianco. Di nascosto prese il tappo dal tavolo, sigillò la bottiglia e la fece scivolare nella tasca. C'è un sacco di tempo per usarla dopo, ragionò.

“Va bene,” disse imitando il tono sicuro di qualcuno che ha appena bevuto fortuna liquida. “Andiamo.”

“Avessi saputo che sarei stata fortunata stasera avrei indossato delle mutande più carine,” scherzò Ginny mentre lasciavano la stanza, facendo ridacchiare Neville nervosamente. Si separarono in due gruppi alla scalinata, con Neville, Ron e Ginny che continuavano verso la Stanza delle Necessità ed Hermione e Luna che puntavano di sotto verso i sotterranei.

Hermione e Luna stazionarono fuori dall'ufficio di Snape per ore. Hermione aveva avuto molto tempo per spiegare la situazione a Luna e un sacco di tempo aveva avuto Luna per intrattenere Hermione con storie evidentemente false, per gentile concessione di suo padre. Fu quasi a mezzanotte che sentirono la voce acuta di Flitwick urlare a proposito dei Mangiamorte, mentre correva verso l'ufficio di Snape. Hermione afferrò la toga di Luna e camminò nell'ombra della vicina porta d'ingresso. Flitwick passò davanti a loro senza notarle.

“SEVERUS! Ci sono dei Mangiamorte nel castello: devi venire subito! Sono nella Torre di Astronomia!” Squittì Flitwick mentre entrava dalla porta di Snape senza bussare.

“Adesso dovresti prendere la Felix Felicis,” sussurrò Luna nell'orecchio di Hermione.

Prima che Hermione potesse avere la possibilità di rispondere, ci fu un distinto schianto dall'ufficio di Snape e lo stesso Snape saltò fuori in corridoio, con la bacchetta in mano. Hermione incespicò in avanti sulla sua strada, portando Luna con sé. Snape si fermò di botto, gli occhi che guizzavano da una ragazza all'altra.

“Il professor Flitwick non sta bene,” disse in modo strascicato. “Sembra essere collassato e dovete prendervi cura di lui. Sono richiesto altrove: come avete senza dubbio sentito, ci sono dei Mangiamorte nel castello.”

Luna sussultò. “Professor Flitwick!” Urlò, correndo verso l'ufficio di Snape senza altro rumore. Non appena la schiena di Luna si fu voltata, entrambi Snape ed Hermione fecero un gesto per attirare l'attenzione dell'altro.

“Professore,” disse con un urgente sussurro mentre lui diceva, “Granger,” con voce bassa.

Lui continuò velocemente. “Ci sono alcuni libri per te nel secondo cassetto. Ne avrai bisogno più avanti, le barriere sono state alterate per permetterti di entrare. Tienili con te.”

Si mosse come per andarsene, ma lei afferrò il braccio per trattenerlo. Con l'altra mano sfilò la fiala di Felix Felicis dalla sua tasca e la premette nel suo palmo.

“Questa è per lei,” mormorò, guardando velocemente indietro per controllare che Luna non fosse a portata di udito e fece un passo lontano dal professore.

Snape diede un'occhiata alla bottiglia nella sua mano, le sopracciglia che si univano per la sorpresa. “Felix Felicis?” Chiese. “Dove l'hai presa?”

“È di Harry... è una lunga storia. Ce la siamo divisi stasera.”

“Questa è la tua parte,” disse Snape.

“No,” replicò Hermione in modo poco convincente. Fece una smorfia, sapendo che il linguaggio del suo corpo rendeva palese la bugia.

Snape spinse la fiala indietro verso di lei, ma Hermione scosse la testa e mise le mani dietro la schiena, rifiutandosi di prenderla.

“Ne ha bisogno più di me, signore,” disse con urgenza.

Snape guardò verso di lei e poi alla pozione: prese una veloce decisione. Togliendo il tappo dalla bottiglia la sollevò alle labbra e svuotò il contenuto nella sua bocca. Notando che la bottiglia era effettivamente vuota, Hermione sorrise felice. Stava ancora sorridendo quando Snape colpì.

Muovendosi più veloce di quanto Hermione avesse ritenuto possibile, Snape spostò la bottiglia vuota dalla mano sinistra alla mano della bacchetta e stese la mano per afferrarle il mento con lunghe dita ossute. Faceva male. Le dita spinsero nelle guance, forzandola ad aprire la bocca e separare i denti. Quindi la baciò. Schiacciò la bocca contro la sua e aprì le labbra. Il fuoco liquido della Felix Felicis scivolò dalla bocca di lui in quella di lei.

Hermione lottò per non ingoiare, ma la sua testa era piegata verso l'alto ad una tale angolatura da aver poche possibilità. Si artigliò disperatamente alla mano di lui, lottando con le unghie per togliere le dita dalla sua faccia e ondeggiando leggermente quando si sbilanciò. Sentiva le ginocchia deboli. Mentre tossiva, e controvoglia ingoiava, la bocca e la presa di Snape si ingentilirono. Si tirò indietro abbastanza perché le loro labbra si separassero, lentamente, quasi riluttanti. Il cuore di Hermione faceva un rumore sordo nel suo petto con le infinite, formicolanti possibilità che la fortuna liquida diffondeva nel suo corpo come una canzone. Lei e Snape si fissarono l'un l'altro, i loro visi a malapena ad un centimetro di distanza. Poteva sentire il respiro di lui contro le sue labbra, poteva sentire il caratteristico odore di fumo. Le mani di lui tremarono contro le guance di lei e scivolarono per la breve distanza per fermarsi contro la sua gola, con le dita che gentilmente accarezzavano la linea della mandibola.

Voleva baciarlo ancora.

“Hermione!” Luna la chiamò all'improvviso dall'ufficio, con voce piena di panico e urgenza. “Vieni, presto!”

L'intero incontro era durato meno di un minuto, anche se sembrava che fosse durato molto di più. Snape sbatté le palpebre e quindi se ne andò, correndo verso le scale con lunghe falcate. Hermione passò le dita di una mano lungo la bocca, stupefatta. Poteva ancora sentire il calore della sua bocca su di lei, le labbra che brillavano per la carezza violentemente generosa. Con la Felix che scorreva nelle vene, la sua preoccupazione per lui si assopì. Si sentiva certa che Snape sarebbe stato bene, che tutto sarebbe andato nel modo in cui doveva. Con un piccolo sorriso privato si voltò verso l'ufficio di Snape. Luna aveva bisogno di aiuto.



Flitwick aveva battuto la testa in modo piuttosto forte per la caduta e né Luna né Hermione erano pronte a farlo rinvenire senza curare prima la ferita alla testa. Hermione fece apparire una barella e insieme le due giovani donne fecero sollevare la minuscola figura del loro professore d'Incantesimi sopra di essa. Hermione passò diversi minuti indaffarata finché il corpo non fu sul fianco, la testa leggermente piegata indietro e le vie aree libere – vecchi ricordi del corso di primo soccorso e la droga che le scorreva nelle vene accentuò la sicurezza che stesse facendo la cosa giusta.

“Dobbiamo lasciarlo in Infermeria sulla strada verso la Torre di Astronomia,” decise Hermione. “Farò levitare la barella, puoi aprire la porta? ”

Luna eseguì di corsa e le due uscirono in corridoio, col passo rallentato dalla barella che andava su e giù davanti a loro. Una volta portato Flitwick alle cure di Madama Pomfrey – e finalmente districatesi dalla sua vista acuta – Hermione e Luna si misero a correre. Mentre si avvicinavano alla torre riuscirono a sentire il suono della battaglia davanti a loro, Hermione pensò persino di sentire la voce di Snape urlare qualcosa in mezzo alla mischia. Eppure, quando finalmente voltarono l'ultimo angolo, con le bacchette pronte a combattere, la caotica scena davanti a loro era sprovvista di Mangiamorte.

Hermione si guardò intorno con una certa confusione. “Cosa sta succedendo?” ansimò col respiro irregolare per i diversi piani di scale che aveva appena polverizzato.

“Sono andati via,” replicò Lupin affermando l'ovvio. “Credo che siano per strada verso l'uscita dal castello.”

“Bill!” Il panico nella voce di Tonks catturò l'attenzione di tutti ed Hermione si voltò verso il suono. “È ancora vivo! Presto! Dobbiamo portarlo in Infermeria!”

Hermione corse dove Tonks era inginocchiata sopra alla figura sdraiata di Bill. C'era una considerevole quantità di sangue sul pavimento, sui suoi vestiti e sul macello di carne che avrebbe dovuto essere il suo viso. La Felix Felicis arrivò in soccorso di Hermione, spostando l'attenzione dall'orrore di quello che stava vedendo verso ciò che bisognava fare. La pozione dorata stava ancora cantando nelle sue vene e formicolava con il senso di ciò che doveva essere fatto. Fece apparire un'altra barella prima che il suo cervello avesse il tempo di processare la situazione. Tonks stava piangendo, troppo turbata per puntare la bacchetta sul suo amico ferito.

“Spostatevi,” ordinò Hermione facendo levitare Bill sulla barella, mentre Ron spingeva Tonks di lato e, spaventato, afferrava una manciata dei vestiti di suo fratello.

“Cos'ha che non va?” Chiese con voce acuta e piena d'ansia.

Il controllo di Hermione sembrò smuovere Lupin all'azione. Mise una mano sulla spalla di Hermione e le diede una breve stretta, anche se parlò a Ron.

“È stato morso da Greyback. Tu ed Hermione portatelo immediatamente in Infermeria. Io mi occuperò degli altri.”

“Andiamo Ron,” disse Hermione gentilmente, sollevando la barella nell'aria. Ron si alzò in piedi senza lasciare andare suo fratello, inciampando insieme di fianco alla barella, mentre Hermione manovrava lontano dal capannello di membri dell'Ordine preoccupati. Mentre se ne andava Hermione sentì Lupin che faceva apparire un'altra barella e dava degli ordini agli altri in proposito. Pensò a chi altri fosse ferito. La Felix Felicis le stava impedendo di essere preoccupata mentre sapeva che avrebbe dovuto esserlo e la cosa la infastidiva.

“Ma non era un licantropo,” mormorò Ron distrattamente, “o anche Lupin avrebbe dovuto esserlo. È il periodo sbagliato del mese.”

Persino attraverso il nebuloso calore della Felix Felicis, il cuore di Hermione soffrì di fronte all'evidente angoscia dell'amico.

Avevano appena percorso un terzo della strada verso l'Infermeria quando Ginny arrivò correndo dietro di loro, finendo per camminare di fianco alla barella e, come Ron, afferrando la parte più vicina del corpo del fratello ferito, come se il contatto fisico potesse restituirgli coscienza e salute.

“Qualcuno di voi ha visto dov'è andato Harry?” Chiese.

“È tornato?” Chiese Hermione in risposta, con il panico che passava attraverso la calma indotta dalla droga per un breve secondo. Il fermo controllo della barella levitata vacillò, ma si riprese dopo il breve ondeggiare. “Dov'è Dumbledore?”

“Non lo so,” rispose Ginny. “Non l'ho visto. Harry è andato a correr dietro ai Mangiamorte mentre si davano alla fuga.”

La preoccupazione per Harry e Snape attraversò il corpo di Hermione. Dumbledore, vuol dire che Snape...interruppe quella linea di pensiero di colpo. Lo avrebbe scoperto abbastanza in fretta. Per adesso doveva occuparsi di Bill.

Madama Pomfrey si prese carico della situazione dall'istante in cui attraversarono la soglia, spostando Bill in un letto e usando diversi incantesimi diagnostici sul suo viso. Con espressione seria iniziò a pulire le ferite; Hermione spostò la sua attenzione sui due Weasley più giovani. La loro dose di Felix Felicis era chiaramente finita ed erano entrambi visibilmente sconvolti. Incoraggiata dalla droga che ancora scorreva libera prese la mano di Ginny e, con la mano libera, massaggiò con piccoli cerchi la base della schiena di Ron . Ginny la guardò con gratitudine, mentre Ron sembrava inconsapevole e mormorava sottovoce, muovendo gli occhi lontano dal viso del fratello.

Quando gli altri arrivarono, Madama Pomfrey si affaccendò per visitare Neville, anche se tornò dopo pochi minuti. Notando chi era arrivato e chi no, Ginny assunse un'aria lugubre.

“Devo andare a cercare Harry,” annunciò, tirando via la mano da quella di Hermione e uscendo a grandi passi dalla porta. Ron non si mosse. Hermione era combattuta, ma decise di restare. Si sentiva certa che Harry potesse arrivare in Infermeria al più presto: niente poteva tenerlo lontano dai suoi amici feriti.

Mentre Lupin, Tonks e Luna raggiunsero Hermione e Ron di fianco al letto di Ron, Madama Pomfrey finiva di pulire i numerosi tagli e abrasioni che rovinavano il viso normalmente allegro e piacevole di Bill e iniziò a cospargerlo con un unguento verde e dall'odore acre.

Hermione lanciò uno sguardo indagatore verso Lupin. “Neville starà bene,” rispose rassicurante.

“Neville?” Fece eco Ron, l'informazione che qualcun altro fosse ferito che penetrava il bozzolo della sua preoccupazione per il fratello. Hermione gli diede una pacca sul braccio e lui la onorò con un sorriso stanco. “Grazie Hermione,” sussurrò.

Harry e Ginny arrivarono subito dopo, riducendo una delle preoccupazioni pressanti di Hermione. Lui, subito, raccontò i fatti e le circostanze che circondavano la morte di Dumbledore. Povero Snape, pensava Hermione, sapendo quanto poco vedesse l'ora per quell'incarico.

Shh! Ascoltate!” Esclamò Ginny all'improvviso, parlando sopra alle lacrime di Madama Pomfrey e interrompendo i pensieri di Hermione.

Hermione riconobbe il suono, anche se in realtà non lo aveva mai sentito: il canto della fenice. Fuori sul campo, Fawkes stava cantando, una dolorosa elegia per la morte di Dumbledore. Come la sua preoccupazione per Snape ed Harry, il canto della fenice sembrava penetrare senza sforzo l'umida nebbia della Felix Felicis. La musica era sia dentro che fuori Hermione e vibrava nella sua stessa carne, colpendo il suo cuore come se la avvolgesse in un involucro di suoni. La sensazione era straordinariamente familiare e la cicatrice sul suo petto fece male in simpatia. Per Hermione il canto e la sua esperienza risuonarono nella consapevolezza come il ricordo di Snape. Lacrime spontanee scorsero sulle sue guance, mentre piangeva per l'uomo che Dumbledore aveva lasciato indietro. Si chiese dove fosse andato e cosa stesse facendo: pensò a quanto solo dovesse essere in conseguenza di ciò.

Il canto di Fawkes era una splendida agonia. Voleva che il suono durasse per sempre, non voleva perdere mai la sensazione che le pulsava nelle vene.

Non era chiaro quanto tempo rimasero in piedi ad ascoltare, anche se l'incantesimo fu spezzato all'improvviso quando la McGonagall entrò nella stanza, con la pesante porta che si chiudeva dietro di lei. L'aspetto normalmente impeccabile della McGonagall era venuto meno: i capelli erano arruffati, i vestiti lacerati e macchiati. Anche lei era stata informata del ruolo di Snape nella morte di Dumbledore e collassò su una sedia dopo la spiegazione di Harry.

Hermione trovò la velocità con cui i membri dell'Ordine intorno a lei cambiavano la loro opinione sul professor Snape come una non gradita lezione sui limiti della fiducia. Bruciava dalla voglia di difenderlo, anche se farlo avrebbe invalidato la drastica distanza che Dumbledore e Snape avevano messo per mantenere la sanguinaria apparenza. Anche lei aveva il suo ruolo da giocare e, ancora una volta, la Felix Felicis arrivò in suo soccorso, spingendola a nascondere il viso tra le mani mentre collegava la massiccia versione redatta degli eventi fuori dall'ufficio di Snape. In un certo strano modo, mentire ai suoi amici più cari, era reso più facile dalla presenza degli altri e dall'orribile spettacolo del volto devastato di Bill.

Una volta che la professoressa McGonagall ebbe preso Harry da parte per parlargli in privato, Hermione fece le sue scuse e lasciò gli Weasley soli con Bill. I rappresentanti del Ministero stavano arrivando ed Hermione sapeva che sarebbe stata la sua ultima speranza per recuperare i libri che Snape le aveva lasciato. Fortunatamente, i corridoi erano deserti e scese nei sotterranei senza incontrare nessuno. Si sentiva strana mentre arrivava alla porta dell'ufficio di Snape, quasi aspettandosi di vedere la sua toga scura o di sentire la sua voce. L'urgenza di bussare fu quasi dominante. Invece posò il palmo contro il legno e spinse. La porta si aprì facilmente. Chiudendola con fermezza dietro di sé, Hermione attraversò la stanza velocemente, muovendosi dietro alla scrivania di Snape, e aprì il secondo cassetto. C'erano dei libri dentro. Il più grosso, Segreti delle arti più oscure, era rilegato in pelle nera e aveva una pergamena piegata nascosta dentro alla copertina. Hermione la tirò fuori con impazienza e la aprì per rivelare una singola parola all'interno: Polisucco.

Ovviamente.

Ficcati i tre libri dentro la toga, Hermione si voltò verso la porta che conduceva al laboratorio segreto di Snape. Anche quello si aprì al suo tocco. La Polisucco che avevano creato insieme era imbottigliata, etichettata e giaceva in una fila ordinata sul piano di lavoro. C'erano anche altre fiale di Dittamo e alcune pozioni base di guarigione. Hermione si guardò intorno in cerca di qualcosa in cui metterle, scoprendo un rotolo nero di feltro con delle piccole tasche, appeso dietro alla porta. Infilò le fiale nelle varie tasche e lo coprì attentamente, infilandolo nella toga di fianco ai libri. Con un'ultima occhiata in giro, chiuse la porta del laboratorio dietro di sé e rientrò nell'ufficio. Non aveva molto tempo.

Come se quel pensiero avesse richiamato gli Auror, Hermione sentì dei passi nel corridoio fuori: sembrava che la fortuna ispirata dalla Felix Felicis fosse appena finita.

“Accidenti, per queste barriere ci vorrà un po'. Non ci ha trafficato, vero?” La voce dell'uomo era leggermente attutita dalla porta ed Hermione sentì una distinta voce femminile rispondere. I suoi occhi si spalancarono per il panico e si guardò intorno nella stanza. Con sollievo lo sguardo le cadde sul camino e si affrettò. Prendendo una manciata di Polvere la lanciò nelle fiamme. “Sala comune di Grifondoro,” disse con voce bassa, ma chiara. Il fuoco divenne verde e lei sparì tra le fiamme con un evidente sospiro di sollievo.

Hermione incespicò dentro la sala comune, fermandosi solo brevemente per controllare che nessuno fosse in giro prima di affrettarsi per le scale e dentro la camera da letto. Togliendosi le scarpe, salì sul letto e tirò le tende, chiudendole perfettamente. Quindi lanciò tutte le barriere protettive che Snape le aveva insegnato, prima di prendere i tre libri dalla toga e dar loro un'occhiata più da vicino.

Fu solo perché cercò nello specifico che notò il nome scritto nella parte frontale di Segreti delle arti più oscure. Un incantesimo vedo-non-vedo, intelligente e sottile, lo rendeva altrimenti difficile da trovare. Ciò che vi lesse sorprese Hermione più che, quasi, l'orribile contenuto dei volumi: “Questo libro appartiene ad Eileen Prince.”



Hermione riferì ad Harry l'informazione che Eileen Snape era la madre di Snape – e che quindi Snape era il Principe Mezzosangue – la notte prima del funerale di Dumbledore. Lui la prese meglio di quanto si aspettasse, ma non senza diversi commenti malevoli su Snape. Lei intervenne senza pensare quando Harry fece un paragone tra Snape e lo stesso Voldemort. “Malvagio è una parola pesante,” disse fermamente, quasi desiderando subito di non aver pronunciato quelle parole nel momento in cui vennero verbalizzate. Sei un membro dell'Ordine della Fenice e hai un importante ruolo da giocare, si rimproverò. Ci sono delle cose che Harry non deve sapere.

Harry e Ron andarono a letto subito dopo ed Hermione valutò l'opportunità di scivolare fuori dal buco nel ritratto. Era quasi l'ora del coprifuoco, ma ad Hermione non importava più. Muovendosi velocemente si fece strada per il castello verso l'ufficio della Vector e bussò alla porta. La Vector c'era e le disse di entrare.

“Hermione, buona sera,” il sorriso della Vector era più teso del solito, ma sempre di benvenuto. Avendo riconosciuto la sua visitatrice, inarcò le sopracciglia verso il muro e mormorò qualcosa, facendo scintillare di nuovo alla vista la matrice delle equazioni. La Vector era in piedi vicino alla lavagna, con una tazza di caffè greco in mano e una pezzo di gesso nell'altra. Era chiaro che fosse seriamente al lavoro. Fece un gesto verso i calcoli con la tazza di caffè. “Stavo cercando di capire perché non riuscivo a predire la nostra attuale situazione,” disse con voce sfumata di professionale e personale disappunto.

“Io l'ho fatto,” replicò Hermione con tono di scusa.

“L'hai fatto?” Disse la Vector con sorpresa. “Siediti,” ordinò, puntando verso la sua scrivania e muovendosi verso la sua sedia.

“Avevo delle informazioni da una fonte dubbia, mi dispiace di non averle condivise con lei, ma non ero sicura...” Hermione prese una copia della sua versione delle equazioni dalla tasca mentre parlava e la porse alla professoressa.

La Vector sollevò il suo caffè in segno di perdono. Aveva tirato una piccola lavagna portatile verso di lei e stava scrivendo furiosamente, controllando il lavoro di Hermione con il suo. “E riesci a vedere una soluzione?” Chiese senza fare una pausa dai calcoli.

“Sì.”

Hermione aspettò pazientemente che la Vector risolvesse l'equazione. Dopo qualche altro minuto la donna alzò la testa e sorrise. Mise la ciocca bianca dei suoi capelli neri al sicuro dietro un orecchio . “Per quanto ne sai, Hermione, c'è ancora speranza.” Prendendo la sua bacchetta dalla tasca la Vector colpì il bordo della piccola lavagna, duplicando i calcoli in un pezzo di pergamena. “Questa è per te,” disse porgendo la copia ad Hermione. “È la curva d'alterazione noumenica attraverso la quale possiamo filtrare i dati esistenti per riflettere l'attuale stato degli eventi – lascia Albus come l'origine dell'intero piano, ma altera gli attori principali e i possessori delle informazioni.”

Hermione era impressionata. “Questa è matematica complicata in modo fenomenale!” Protestò.

“Grazie,” rispose la Vector, con un po' della sua solita scintilla. “Dovrai solo aggiornarla con le nuove informazioni, ovviamente, o le equazioni vegeteranno.” Piegò la pergamena che Hermione le aveva dato e la mise al sicuro nella sua toga.

“Hermione,” continuò la Vector con un tono più serio, “questi calcoli potrebbero dimostrarsi molto importanti per te nel prossimo anno – e sono abbastanza sicura che sarà un anno. Qualunque cosa tu non abbia già dovresti copiarla stanotte. Distruggerò ogni testimonianza dopo il funerale.”

“Ma-”

La Vector fece tacere Hermione con un dito sollevato. “Severus ha visto la matrice, ovviamente, ma visto che cambia costantemente, e visto che lui conosceva già molte delle informazioni, non credo faccia molta differenza. Il fatto è, tuttavia, che con Albus morto il Ministero cadrà molto in fretta.” La Vector finì il suo caffè e mise la tazza sul tavolo. Cercò nella tasca per un secondo, poi tirò fuori un oggetto d'argento dall'aspetto famigliare. “Il tuo amico Viktor mi ha mandato questo.”

“Una Passaporta?” Hermione era senza parole, la conversazione aveva preso una piega molto inaspettata.

“Per i registri del Ministero, Septima Vector è una Nata Babbana.” La Vector alzò le spalle. “Come in realtà anche Anastasia Papavasilopolous era una Nata Babbana. Una volta che il Ministero sarà caduto, la vita diventerà molto difficile per tutti noi, ma per una strega straniera Nata Babbana, vivere sotto una falsa identità messa in piedi in fretta, le cose potrebbero muoversi in modo fin troppo veloce. Pensavo che una via di fuga fosse il caso.”

“Oh,” disse Hermione con sguardo assente. “Infatti.”

La Vector sorrise e toccò con un dito un vicino foglio di calcoli. “Vedo che anche tu sarai assente da Hogwarts il prossimo anno.”

“Sì,” replicò debolmente.

“Hai i mezzi per diventare una straordinaria Aritmante, Hermione. Se tutto va per il meglio sarebbe per me un piacere lavorare di nuovo con te in futuro.” La Vector allungò una mano verso Hermione lungo il tavolo, e quando Hermione la prese, la strinse fermamente. “Abbi cura di te,” aggiunse portando la sorprendente conversazione alla fine.

Sulla strada di ritorno verso la torre di Grifondoro, Hermione fece una deviazione oltre l'arazzo di Barnaba il Pazzo e i suoi troll ballerini. Armata della dettagliata descrizione di Harry, fu relativamente semplice entrare nella Stanza delle Necessità e trovare il vecchio libro di pozioni di Snape. Sentendosi un po' in colpa, Hermione lo mise nella sua toga. Non andava bene lasciarlo indietro.



Il funerale fu tanto orribile quanto Hermione aveva supposto. L'elogio, in particolare, fu avvilente – Dumbledore era un uomo incredibile e il piccolo celebrante non incluse niente nel suo lungo discorso che arrivasse almeno vicino a rendere straordinaria la sua intelligenza o generosità, né tanto meno gli intrighi da machiavellico genio maipolatore.

L'unica cosa peggiore del discorso fu la vista del viso contratto di Jocelyn Smith. Hermione colse un lampo della esile, giovane ragazza in mezzo gli altri studenti Serpeverde, il loro gruppo emarginato dal resto della scolaresca, marchiata dal supposto tradimento di Snape. La faccia triste di Jocelyn tormentava Hermione con tutto il peso della conoscenza del suo segreto, il pensiero delle conseguenze che sarebbero ricadute su chi conosceva Snape e, ancora più importante, su Snape stesso. Hermione ricordò la breve lista dei suoi amici, così come l'aveva enumerata in precedenza la professoressa Vector quell'anno. Degli scarsi cinque nomi, ora rimaneva solo Lucius Malfoy – e lui era ad Azkaban. Chi altri, pensò, ha fatto tanti sacrifici per sconfiggere Voldemort?

Era per Snape, e non per Dumbledore, che piangeva disperatamente contro l'ampia e confortante spalla di Ron: il suo amichevole e rassicurante abbraccio era sia un'ancora che un promemoria su quanto fosse orribile perdere un amico.

Lei e Ron incontrarono Harry poco dopo che Rufus Scrimgeour lo ebbe lasciato e si sedettero sotto il loro faggio preferito, felici di essere lontani dalla folla. Era strano sedere in un posto così famigliare e discutere la terribile impresa che era stata lasciata ad Harry dopo la morte di Dumbledore.

Una volta ci hai detto,” disse fermamente Hermione di fronte alle sue proteste d'indipendenza, “che c'era tutto il tempo per noi di tornare indietro se lo volevamo. Ne abbiamo avuto il tempo, no?

Resteremo con te qualunque cosa succeda,” confermò Ron. “Però amico, devi venire a casa dei miei genitori prima di fare qualunque altra cosa, persino prima di Godric's Hollow.

Perché?” Harry era genuinamente confuso, la tremolante comprensione della sincerità dei suoi amici era ancora visibile sul suo viso.

Il matrimonio di Bill e Fleur, ricordi?” Suggerì Ron.

Sì,” disse Harry dopo un breve, sbalordito, silenzio. “Non dovremmo perdercelo.

Hermione girò la testa a guardare dall'uno all'altro dei suoi migliori amici. Amore e politica, ricordò a sé stessa, sono una forte combinazione. Sporgendosi in avanti con entrambe le braccia appese un braccio sulle spalle di Harry e l'altro intorno a Ron, strizzandoli contro di lei in un abbraccio goffo. Lei e Ron erano cruciali per il successo di Harry, lo sapeva questo: aveva visto la matematica. Finché restavano insieme c'era molta speranza. E lei, Hermione Granger, aveva un lavoro da fare. Doveva mantenere Harry vivo.

Guardando verso il lago, Hermione si lasciò andare a pensare dove fosse Snape e cosa stesse facendo. Si aggrappò al ricordo che le stava a cuore della sua promessa di aiutarla a modificare la memoria dei suoi genitori. Sarebbe venuto, lo sapeva, non importa quanto difficile per lui sarebbe stato partire: Severus Snape era un uomo di parola.

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NdT: Siamo arrivati alla fine! A me sembra ancora incredibile aver completato una traduzione :). Il seguito, Phoenix Tears, or Hermione Granger and the DH arriverà fra due settimane, ovvero venerdì 1 novembre (siate buone, abbiamo bisogno di portarci avanti con la traduzione e non ritrovarci all'ultimo momento con i capitoli da correggere).

Ci rileggiamo fra due settimane ^___^


Vanny_Winchester: ora è davvero finita, ma abbiamo altri due capitoli in arrivo :))

Eva7: Severus che piange in privato perlomeno è accettabile, si fosse messo a piangere davanti ad Hermione sarebbe stato molto più strano. Festeggiamo per l'addio a Lily, alziamo i calici!!

xX__Eli_Sev__Xx: Benvenuta e grazie per i complimenti! :).

EmaSnape: Grazie, io e silviabella cerchiamo di non lasciare orrori in giro per i capitoli (che ad una prima traduzione saltano fuori) ;))

Anne

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