Underworld

di Dimeck
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Thomas ***
Capitolo 2: *** Elaine e Fred ***
Capitolo 3: *** James ***
Capitolo 4: *** Un coltello ***



Capitolo 1
*** Thomas ***


La penna di Thomas cadde nuovamente sul banco provocando un rumore secco.
Aveva compiuto 14 anni appena il giorno prima e la sua vita non era cambiata affatto, eppure molte persone gli avevano raccontato di come la sua vita sarebbe cambiata non appena avesse raggiunto quell’età: che avrebbe cominciato a guardare le ragazze e che magari avrebbe lasciato perdere quei dannati videogiochi.
Ma la sera prima l’aveva passata al computer cercando di superare l’ultimo sfidante della Lega Pokèmon, sotto gli occhi demoralizzati della madre.
Ma aveva rinunciato a parlare con lei.
La campanella della fine delle lezioni attraversò i suoi pensieri risvegliandolo dal torpore tipico dell’ultima ora.
Lanciò un ultimo sguardo al professore di Inglese, era uno dei suoi prediletti. L’uomo ricambiò sorridendo.
Probabilmente Thomas non l’avrebbe più rivisto, stava uscendo da quella scuola per l’ultima volta, l’anno successivo si sarebbe trovato alle superiori, con nuovi compagni, nuovi professori, nuovi ambienti; ma aveva un’estate intera per abituarsi al nuovo inferno che avrebbe dovuto subire.
La strada che legava la sua casa alla scuola non era molto lunga, non gli ci vollero più di dieci minuti per percorrerla a passo lento.
Accennò appena un saluto a suo fratello che giocava in giardino, era arrivato prima di lui perché non era andato a scuola quella mattina; James gli aveva detto che voleva che il suo ultimo giorno di scuola fosse un giorno qualunque e non uno fatto di addii e feste, gli sembrava qualcosa di troppo programmato.
Thomas certe volte non lo capiva davvero, ma la madre aveva acconsentito,pur di non vedere James piangere, probabilmente; anche lui avrebbe cambiato scuola l’anno successivo, avrebbe fatto il suo ingresso alle scuole medie.
Entrò in casa e salì velocemente le scale per non farsi vedere dalla madre che lo avrebbe di certo tempestato di domande sulla scuola. Non era proprio il caso.
Entrò nella sua camera e si stese sul letto sospirando, accese il Game Boy e ricominciò a giocare dove si era fermato il giorno prima.
Quando giocava ai videogame si dimenticava del mondo, si immedesimava talmente tanto nell’eroe del suo gioco che pensava di star vivendo lui quelle avventure e se per caso la situazione si rendeva troppo difficile gli bastava spengere la consolle e andare a dormire. Desiderava ardentemente usare quel potere anche nella vita reale.
Si addormentò senza quasi accorgersene, l’ultima cosa che vide fu una mano sporca di terra spuntare dal suo giardino, ma si convinse che fosse solo la sua fantasia.

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Capitolo 2
*** Elaine e Fred ***


La mattina dopo si svegliò nuovamente alle 7, aveva dimenticato di scaricare la sveglia. Il terrore che ci fosse un altro giorno di scuola da affrontare lo riempì di panico, ma gli bastò uno sguardo al calendario per calmarlo.
Si alzò e si vestì con molta calma, ormai si era svegliato, inutile tentare di riaddormentarsi, inoltre avrebbe potuto godere di qualche ora di solitudine.
Uscì in giardino, voleva togliersi dalla mente quel dubbio che gli era venuto la notte prima. Rise al pensiero della mano che spuntava dal giardino, era una cosa così ridicola che non poteva essere altro che un sogno.
Aggirò la casa fino ad arrivare alla striscia di terra che era esattamente sotto la sua finestra. In effetti in un punto il terreno era leggermente smosso, ma spesso dei cani entravano nel suo giardino e scavavano cercando ossi o chissà quali altre diavolerie.
Comunque la curiosità dilagava in lui, quindi prese una pala e scavò per mezzo metro, se fosse andato più in profondità avrebbe trovato solo sassi, non valeva la pena di stancarsi così tanto solo per un’ allucinazione dovuta al sonno, rimise la pala a posto e rientrò in casa, il sabato era la giornata dell’Xbox.
Accese la consolle e cominciò a giocare, senza accorgersi che sua madre era in cucina, proprio accanto a lui.
-Thomas? Tutto bene? Ti ho visto uscire, cosa hai fatto?- gli chiese la donna mentre si preparava una tazza di cereali.
Thomas fece finta di nulla, continuando a giocare senza sosta.
Sua madre aspettò pazientemente qualche minuto, poi sbuffando si avvicinò al televisore e lo spense di colpo, lasciando Thomas esterrefatto.
-Sono stanca di vederti sempre davanti alla televisione. Esci! Prendi una boccata d’aria! Per cominciare vai a svegliare tuo fratello.- il tono di sua madre era calmo, ma non ammetteva repliche.
Thomas rimase fermo fissandola qualche minuto, finchè non cedette e non salì le scale per entrare nella camera di James e svegliarlo con una sgrullata.
Suo fratello si rigirò un paio di volte prima di aprire gli occhi.
-Thom, è sabato…- gli disse prima di riassopirsi.
Thomas lo sgrullò nuovamente.
-Mamma ti vuole.-
Uscì lasciando James libero di rischiare di riaddormentarsi, doveva andare in camera sua e nascondere più videogame possibili per salvarli dalla furia omicida della madre.
Ma la donna era arrivata prima di lui dato che il suo Nintendo era già sparito. Non riuscendo a controllare la rabbia scese di corsa le scale rischiando di travolgere il fratello.
-Mamma! Dove sono i miei giochi? Perché devi sempre farti i fatti miei facendo sparire tutto!- gridò alla donna. Si sentì una bestemmia soffocata provenire dal piano di sopra. Suo padre probabilmente era stato svegliato dai toni non proprio soavi di Thomas.
La donna si comportò esattamente come il figlio, fingendo di non sentirlo mentre mangiava i suoi cereali.
Thom ripetè la domanda un paio di volte, poi rinunciò e uscì in giardino.
Il sole illuminava il quartiere, sarebbe stata una bella giornata se avesse avuto tra le mani il suo Pokèmon Heart Gold.
Prese forte a calci il pallone facendolo rimbalzare contro lo steccato, sapeva che questa cosa faceva infuriare sua madre, ma la donna fece nuovamente finta di nulla; ciò fece infuriare il ragazzo ancora di più, che scavalcò lo steccato e cominciò a correre verso nord, senza una meta precisa.
Intanto James si era vestito e gli gridava dal giardino di fermarsi, finchè non si mise a correre anche lui.
Il bambino era veloce e raggiunse il fratello in poco tempo.
-Thom? Thom? Dove vai? Porti anche me?- gli chiese, quasi supplicandolo.
Thomas ignorò le sue richieste continuando a correre, ma presto dovette fermarsi, in quel modo lasciò implicitamente liberò spazio a James.
-Thom! Dove stiamo andando?- gli chiese di nuovo il fratello, il suo tono era pieno di ingenua curiosità, ma Thomas non sapeva realmente cosa rispondere, scrollò semplicemente le spalle mentre si riossigenava.
James si sedette a gambe incrociate accanto a lui, il fratello non fece in tempo a rivolgergli uno sguardo interrogativo che un paio di ragazzi si rivolsero ai due richiamando la loro attenzione.
-Ehi voi! Dove siamo?- chiese il maschio, aveva un paio di pantaloni corti blu sporchi e dei capelli neri corvino, poco più alto di Thomas, non doveva avere più di 15 anni. Accanto a lui una ragazza terribilmente simile all’altro, tranne per gli occhi, i suoi erano verdi.
Thomas sbuffò, non era proprio dell’umore giusto per sopportare uno scherzo.
-Non fate gli scemi, secondo voi dove siamo?.- indugiò un attimo sull’abbigliamento dei due ragazzi; era abbastanza normale, pantaloncini e maglietta per entrambi, ma coperti di strane macchie nere, sembravano chiazze di olio per motore.
Il ragazzo si voltò verso la ragazza scuotendo la testa, entrambi si voltarono e fecero un paio di passi avanti quando le parole di Thomas li costrinsero a voltarsi.
-Ehi aspettate! Chi siete? Da dove venite?-
-Io sono Fred, lei è mia sorella Elaine. Veniamo da una città vicina, volevamo fare una passeggiata.- calcò la parola passeggiata con un accento ironico. –E voi?-
Thomas fece una smorfia prima di rispondere.
-Fred? Fred e basta?-
Il ragazzo scoppiò a ridere.
-Tua madre non ti ha insegnato che non si risponde a una domanda con un’altra domanda? Comunque per te sono Fred e basta, sì.- calcò di nuovo ironicamente la parola “basta” prima di ripetere la domanda –E te?-
Thomas fece un profondo respiro, col carattere che aveva gli sarebbe saltato addosso all’istante, ma non voleva avere altre discussioni con i genitori tutte nello stesso giorno.
-Thomas Clarence. E lui è mio fratello James.- indicò il bambino, che era ancora seduto a gambe incrociate, ma ora fissava curioso Elaine.
I due ragazzi indugiarono qualche attimo poi si riavviarono nella direzione scelta prima.
Thomas li interruppe di nuovo.
-Certo Fred, certo. Una passeggiata!- gli disse cercando di imitare l’accento ironico del ragazzo.
Fred si voltò e con lui Elaine, che sembrava imitare perfettamente le movenze del fratello.
-Senti, Thommy vuoi sapere la verità? E’ questo che vuoi?- gli chiese con un tono terribilmente drammatico, ma così falso che avrebbe fatto invidia a una maglietta Dolce & Gababba.
Thomas annuì con fare deciso decidendo di ignorare l’atteggiamento di Fred.
-Beh, noi veniamo da Underworld, sottoterra.-

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Capitolo 3
*** James ***


Thomas cercò di trattenersi per qualche secondo, ma scoppiò a ridere senza controllo dopo un attimo, quei due ragazzi lo stavano proprio divertendo con le loro storie e con i loro atteggiamenti. La tensione, da parte sua, era del tutto scomparsa.
Fred lo guardò sdegnato e poi si voltò verso la sorella scuotendo la testa.
-L’avevo detto Elaine, l’avevo detto. Nemmeno lui ci avrebbe creduto.- le disse con tono deluso.
Thomas smise di ridere, Fred non mentiva o scherzava ora. La sua delusione e il suo sdegno si potevano toccare nell’aria.
Mise un braccio intorno alle spalle di Elaine per farle fare dietro-front, ma lei rimase fissa impuntandosi sui piedi. Studiava attentamente James, dopo pochi secondi cedette alla presa del fratello e si girò con lui.
Si allontanarono lungo la strada principale.
James fissò lo stesso punto finchè di loro non spari l’ombra, poi alzò lo sguardo verso il fratello.
-Ora Thom?- gli chiese, sempre ingenuamente. Davvero non si era accorto di nulla di ciò che era accaduto? Come poteva essere?
Thomas gli pose una mano sulla spalla per dirgli che doveva alzarsi, ma il fratello rimase fermo e sempre con la stessa voce gli ripose la stessa domanda.
Il ragazzo scosse la testa.
-Cosa ora? Torniamo a casa.- gli rispose scocciato, non aveva intenzione di rimanere lì aspettando che James decidesse di usare le sue gambe.
Il bambino continuò a rimanere fermo, nonostante il richiamo del fratello. Thomas si incamminò verso casa, incurante del sapere se James lo stesse seguendo o meno.
-Aspetta Thom, non credi che dovremmo aiutarli?-
-Jimmy, erano due nuovi arrivati che per attirare l’attenzione hanno inventato quella farsa. Capisci James? E’ solo un’invenzione.- gli rispose Thomas senza smettere di camminare.
I passi leggeri di James accompagnarono quelli più pesanti del fratello pochi secondi dopo, il bambino riuscì ad affiancarlo con poche lunghe falcate.
-Ma ne sei sicuro Thom?-
Thomas si voltò infuriato, se c’era una cosa che non sopportava era dover rispondere più volte alla stessa domanda.
-James, sì. Stai zitto.- gli disse quasi ruggendo.
James ammutolì e si toccò il naso con il mignolo della mano sinistra. Era un gesto che compiva spesso quando pensava che qualcunò gli stesse censurando delle informazioni.
In pochi minuti di silenzio raggiunsero la loro abitazione; Thomas entrò in casa e salì le scale per raggiungere la sua camera, James rimase in giardino.
Percorse a passi lenti il perimetro della casa, passando per il lato est notò la terra smossa da Thomas quella mattina.
Underworld.
Terra smossa.
La sua immaginazione e fantasia di undicenne connesse immediatamente quei fattori che probabilmente Thomas aveva ignorato, già un attimo dopo correva per le scale chiamando il fratello per nome e bussando ripetutamente alla sua porta. La risposta del ragazzo fu un secco grugnito che seguì il forte rumore della porta sbattuta.
-Che c’è ancora?- gli chiese cercando di contenere al meglio le urla.
-Qualcuno ha smosso della terra in giardino! Capito? Underworld! Terra smossa! Devono aver scavato fino a qui per uscire dalla loro città.-
Thomas respirò lentamente un paio di volte di seguito, doveva riuscire a non urlare, o avrebbe svegliato nuovamente il padre.
-James… James… c’è forse qualche cane nelle vicinanze?  Eh James? Fritz Cristo! Il cane degli Smith, James, il cane degli Smith.-
Risbattè la porta che mancò di poco il naso di Jimmy e si rinchiuse in camera sua, nuovamente.
Steso sul letto si addormentò, gli avvenimenti di quella mattinata lo avevano scombussolato, nonostante cercasse di non darlo a vedere. Aveva riflettuto e cercato di collegare gli avvenimenti della notte passata a quelli della mattina, ma le cose non combaciavano, la sua scarsa immaginazione e flessibilità lo portava a ritenere impossibile l’esistenza di un mondo sotterraneo e il fatto che la storia l’avessero raccontata due ragazzi poco raccomandabili non faceva che rafforzare la sua tesi.
-Dannati contaballe.- sussurrò prima di cadere fra le braccia di Morfeo.

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Capitolo 4
*** Un coltello ***


La madre di Thomas entrò nella sua camera e lo scrollò per svegliarlo.
-E’ mezzogiorno ragazzo, vuoi pranzare oppure no? E non ti eri svegliato alle sette?-
Thomas si girò di fianco coprendosi un orecchio con un cuscino e l’altro con una mano, tutto pur di non sentire quella pazza isterica che lo svegliava.
-Non ho fame- bofonchiò fra le coperte.
-Oh sì che hai fame.- la donna lo prese per le gambe, cercando di trascinarlo via dal letto, ma Thomas si aggrappò alle lenzuola.
-Sono davvero stufa! Stufa Thomas!- dopo aver urlato sua madre uscì dalla camera sbattendo la porta. Ma cosa aveva che non andava quel ragazzo? Eppure non gli mancava nulla, non era preso di mira dai bulli del quartiere, non andava male a scuola. Scosse la testa dirigendosi in cucina.
Thomas rimise a posto il letto e si sdraiò di nuovo,  non avrebbe più ripreso sonno per un bel pezzo.
Sua madre doveva rompergli ogni cosa facesse, o meglio, ogni cosa non facesse. Anche lui era stufo.
Fissò il soffitto, cercando di non pensare a nulla e stranamente si riaddormentò.
Un sassolino sbattè sulla finestra. Thomas scattò e si drizzò sul letto con uno sbuffo. Rapidamente si voltò verso di essa. Trattenne a malapena un urlo quando vide una mano che si stava arrampicando. Scese svelto dal letto e aprì la finestra per poi sbatterla con potenza sulle dita del malcapitato.
Fred cadde di schiena, fortuna che la distanza tra la camera di Thomas e il terreno non era molta e il ragazzo si rialzò senza dimostrare danni apparenti.
-Deficiente!- gli gridò agitando la mano.
Thomas si portò il dito indice alla bocca, per intimargli il silenzio, non volevo svegliare i suoi genitori. Lanciò un’occhiata all’orologio e vedendo l’ora trasalì. Le due! Che diavolo ci facevano due sconosciuto sotto casa sua alle due di notte?
-Che vuoi?- gli sussurrò.
Fred dovette farsi ripetere la domanda tre volte prima di capirla.
-Scendi idiota! Tu non credi ad Underworld? Ti portiamo a farci un giro!- gli urlò nuovamente.
Ma era stupido o cosa? Parlava di un mondo sotterraneo nascosto e segreto e non si faceva scrupolo ad urlarlo a tutto il quartiere.
-Devo chiamare la polizia? Non rompete le palle.-
Stava per sbattere la finestra e tornare a dormire finchè i suoi occhi non si posarono su quelli di Elaine, stava piangendo, non piangendo in modo evidente, sembrava quasi incapace di compiere qualsiasi azione potesse risultare evidente agli altri, piangeva in modo silenzioso e timido. Fu questo a colpire Thomas.
-Scendo Fred, ma fammi un brutto scherzo e ti massacro.- gli disse, a voce più alta, per non dover ripetere la minaccia più volte.
Fred annuì senza pensarci troppo, ma allungò il collo abbastanza preoccupato quando Thomas si allontanò dalla sua visuale per rovistare nei cassetti. Il ragazzo tornò davanti alla finestra impugnando un coltello e mettendolo sotto la luce per far sì che Fred capisse bene ciò che aveva in mano.
-Queste sono le mie condizioni Fred, a te stanno bene?- gli disse, cercando di mantenere il tono di voce calmo e cercando di non apparire troppo sadico.
Il ragazzo alzò la testa e un brivido lo pervase quando capì ciò che Thomas stringeva, ma nonostante tutto annuì, lentamente.
Thomas sorrise e gli disse un’ultima cosa.
-Fa attenzione vecchio mio, io mi devo vestire, aspettate cinque minuti.- disse sempre calmo, voleva dimostrare di essere lui il capo. Non riusciva a fidarsi di quei due, ma era troppo curioso di sapere dove lo avrebbero portato. Prima di prendere un paio di jeans, una maglietta e una felpa lanciò uno sguardo ad Elaine. Aveva smesso di piangere, il terrore aveva soppiantato la delusione; non era questo l’effetto che Thomas sperava di ottenere.
Mentre era girato Fred urlò un’altra cosa.
-Ehi Thomas! Chiama James.-
Il ragazzo non si girò per guardare Fred in faccia, ma interruppe le azioni che stava compiendo per riflettere qualche secondo.
Portare suo fratello in giro per le strade di notte e fargli prendere un bello spavento avrebbe comportato un’enorme soddisfazione.
Ma non voleva rischiare la sua incolumità, inoltre la loro madre avrebbe avuto qualcosa da ridire sulla loro passeggiatina notturna.
Mentre indossava i jeans mise la sicura al coltellino e lo mise in tasca, sapeva che non avrebbe mai avuto il coraggio di usarlo su due coetanei, ma aveva bisogno di spaventare Fred.
-James non viene.- disse ai due ragazzi  -Non so chi siete, cosa volete e dove mi porterete, non voglio rischiare che facciate male a mio fratello. –
Strinse la cinghia e si accinse a uscire di casa quando una valanga di pugni tempestò la porta della sua camera.
 
 
 
 
 
 
 

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