Serendipity

di Son Kla
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'uomo che sapeva volare ***
Capitolo 2: *** Il Cobra e L'Incantatore ***
Capitolo 3: *** Laddove si Baciano Mare e Cielo ***
Capitolo 4: *** La Superficie della Luna ***
Capitolo 5: *** Parole nel Silenzio ***
Capitolo 6: *** Contro me Stesso ***
Capitolo 7: *** Mille e uno modi di Amare ***
Capitolo 8: *** Parole di Fumo ***
Capitolo 9: *** Il Segreto del tuo Sorriso ***
Capitolo 10: *** Il Ragazzo Venuto dal Futuro ***
Capitolo 11: *** La Promessa Infranta ***
Capitolo 12: *** La Fine e L'Inizio ***
Capitolo 13: *** La Nuvola d'Oro ***
Capitolo 14: *** Fiducia ***
Capitolo 15: *** Mano nella Mano ***
Capitolo 16: *** Tra Cielo e Terra ***
Capitolo 17: *** Non è mai stato facile ***
Capitolo 18: *** Ricordi di nebbia ***
Capitolo 19: *** A una Porta dalla Verità ***
Capitolo 20: *** Il Figlio di Vegeta ***
Capitolo 21: *** Hope ***



Capitolo 1
*** L'uomo che sapeva volare ***


Assurdo

Era tanto che avevo voglia di scrivere su dragon ball, la mia prima fissa, la prima cosa che mi abbia portata alla mia più grande passione: il disegno. A quei tempi mi sono concentrata molto a disegnare, ma non ho mai scritto niente su dragon ball, e me ne dispiaccio. Alla fine, stasera, ho deciso di mettere a racconto quella storia che ho disegnato tanto tempo fa, e che ora mi fa tanta tenerezza riguardare di tanto in tanto, come un angolino nel passato dove mi rifugio quando mi sento un po' persa. La storia non è niente di speciale, ma a me racconta molto. Non posso pretendere che per voi sia così, e probabilmente sarà noiosa, ma spero che possa far passare bene qualche minuto anche a chi vorrà dargli una letta.

Baci baci, Kla.

Cap.1 –L’uomo Che Sapeva Volare-

Assurdo. Tutto quel che riesco a pensare in questo momento, è che tutto ciò è semplicemente assurdo, e la sensazione di vita è tanto forte che nemmeno posso augurarmi di stare sognando. Non sto sognando, e lo so bene. Eppure, quest’uomo vola, quest’uomo che mi porta su una spalla sta volando a migliaia di metri dal suolo, e molto più veloce di qualsiasi veicolo sul quale io sia mai montata.

Provo a pensare a cosa mi è successo, cerco di far riaffiorare alla mente le ultime immagini che mi si sono specchiate negli occhi.

Qualche persona, qualche volto.

Luogo, ambiente.

Nemmeno il cielo.

No, non ricordo niente. E le forze, insieme a una strana sensazione di paura, mi tengono ferma, senza muovermi, almeno quel poco per vedere la nuca di colui che finalmente ha raggiunto le capacità che l’uomo ha sempre invidiato agli uccelli grazie alle bellissime ali piumate che hanno ricevuto da madre natura. Anche gli angeli hanno le ali, e possono volare, e anche questi esseri l’uomo ha sempre invidiato, rappresentandoli in disegni e dipinti, raccontandoli in storie epiche e musiche, in poesie. Uomini con le ali, che sono tanto lontani da noi, alti nel cielo, e tanto candidi che preferiscono non avvicinarsi al nostro mondo così sporco. Sì, il loro volo doveva portarli sicuramente dove ero io in quel momento, più in alto, forse, ma era difficile immaginarlo, con la terra sotto di me così lontana e sfocata, da distinguerne solo le valli e le montagne. Un angelo? Non poteva esserlo. Riversa sulla sua schiena, avrei dovuto vedere due bellissime e grandi ali bianche, muoversi armoniosamente, delicatamente, spingere in basso l’aria per poter andare sempre più in alto. Non c’erano ali su quella schiena vestita di uno strano tessuto blu, coperto sul torace da una corazza di un materiale altrettanto sconosciuto ai miei occhi, bianco, rigido, ma contemporaneamente straordinariamente duttile nel vederlo adattarsi a qualsivoglia movimento di quel corpo teso e gonfio, muscoli scolpiti e presa forte. Quella presa, era impossibile non notarla, una presa forte, quasi arrogante tanto poca era la delicatezza con cui mi costringeva a testa in giù riversa lungo la schiena. E quel tocco, non poteva essere la presa di un angelo.

Chissà chi era, quell’uomo che sapeva volare. Ma soprattutto, cosa voleva da me, come diamine ero finita sul suo cammino. Qualche immagine affiora rapidamente: luci forti, abbaglianti, polvere e fumo… immagini strane e confusionarie, c’è qualcuno, due persone, in questi ricordi, ma non posso vederne le fattezze… niente, né il colore dei capelli, né la statura, né la corporatura. Non saprei nemmeno dire se fossero maschi o femmine. Forse, uno di quelli è proprio questo strano uomo che vola. Ma a parte il fatto che non conosco nient’altro che la sua schiena, non riesco proprio a vedere niente più in quelle immagini apocalittiche.

Una battaglia, distruzione.

La mia città!

Ero nella mia città, ecco dov’ero! E poi… e poi… caos. Di nuovo quelle immagini strane. Di nuovo immagini indecifrabili. Inutile sforzarmi.

E mi sento tanto stanca, infreddolita, e impaurita. L’altezza dovrebbe spaventarmi, ma non è quello. La presa è arrogante, ma forte, e se forse può disturbare un po', sono sicura di non cadere. Per quanto possiamo essere in alto, non cadrò giù, e non credo che mi farà cadere di proposito, altrimenti che motivo avrebbe avuto di portarmi via con sé. No, non è l’altezza, né la velocità. Non so dove sto andando, né perché. Non so cosa ne è stato della mia città, di quel che ho… o avevo… tutto distrutto, già. Allora avevo, di cosa avevo… quel poco. Quel poco che mi ero finalmente ricostruita, una vita, una parvenza di esistenza, tutto perduto, tutto da ricominciare da capo, di nuovo. Paura? O forse, semplice e pura tristezza, angoscia. Cosa stava succedendo al mondo?

Il mare sotto di noi era calmo, di un blu tanto intenso, l’acqua doveva essere molto profonda. All’orizzonte, la distesa blu si inabissava nel cielo, e così per ogni lato che io potessi vedere. Ma lentamente sento che ci stiamo abbassando, le orecchie si tappano, la superficie marina che adesso è più vicina si presenta increspata da una leggera brezza.

In mare? Che diamine di intenzioni ha questo strano uomo che vola? Sta scendendo verso il mare, ma che vuol fare?

Paura.

Sì, adesso è davvero paura, il mare alto, tutto blu, e in fondo all’orizzonte, il blu del cielo. Sembra di essere in mezzo al niente. Sola, nel niente più assoluto. Il mare gioca col vento, che fa cantare le sue onde, ma quel suono così dolce in quel momento non rilassa i miei nervi. Però quel suono, quel suono che sa cullare, non può… no, non può trovarsi in mare aperto.

Il blu intenso dell’acqua, diventa via via più celeste.

L’aspetto cristallino, fa trasparire un fondale ocra, la sabbia chiara.

Il suono delle onde che sfinite di sdraiano sulla spiaggia è inconfondibile. Anche se io non lo vedo, davanti a me c’è della terraferma.

In un attimo, la vedo anche io, i piedi dell’uomo che sa volare toccano la sabbia, qualche passo di frenata, e siamo fermi.

Un’isola, ecco cos’era. E dev’essere anche relativamente piccola, dato che da qui dietro se ne scorge appena la spiaggia, che curva subito su entrambi i lati.

Delle voci richiamano chiamano a gran voce un nome che non riesco a sentire, persa nei miei pensieri. Si avvicinano; le loro voci, proprio ora che provo ad ascoltarle, si abbassano fino a sparire.

Voglio scendere, scendere di lì.

Non ho forze, ho paura, è vero, ma non voglio più fingere di essere incosciente, non ha senso, e poi probabilmente mi butterà in terra lui da un momento all’altro. Stringo le mani a pugno, tirando appena la tuta blu. Inizio ad agitarmi, muovo le gambe.

Ma dove sono, voglio scendere!”

Mi solleva, prendendomi per la vita, il tocco è sempre forte, non garbato. Mi poggia con poca delicatezza davanti a sé, ma non ho forze, finisco sulle ginocchia. Non credevo di essere così debole.

“Finalmente parli, tanto lo so che sei sveglia da un bel po'.

L’uomo che sa volare, ha una voce strana, forte, fredda ma… ma qualcos’altro. Nonostante tutto, mi parla di mistero, non riesco ad averne timore. Non è molto alto, lo noto, sebbene lo veda dal basso. I suoi capelli sono lunghi e neri, ribelli nel loro svettare verso il cielo. I suoi occhi, impenetrabili e neri anch’essi. Lo sguardo corrucciato.

Non era un angelo, non avrebbe mai potuto esserlo. Non aveva ali, non aveva il tocco, e nemmeno l’aspetto era quello di un angelo. Ma quell’uomo sapeva volare. Lontano dall’essere una divinità, tutt’altro che umano, che cosa può mai essere quella persona che mi ha portata su quell’isola? Una figura misteriosa, ma non mi incuteva timore.

“Vegeta, chi è questa ragazzina?”

Hei, tutto a posto? Hai bisogno di una mano?”

La voce di donna che ha dato un nome all’uomo che volava, viene rapidamente seguita da un’ altra voce, più vicina, calda, bassa, maschile. La voce, e le parole, mi portano a voltarmi. Ricordo solo in quell’istante, delle voci che hanno accolto il nostro arrivo pochi minuti prima, e voglio vedere se anche quelle persone sono strane come l’uomo che sa volare, o se sono più simili a me.

Sono lontane, un po' più indietro di quel che credevo. Ma non posso vederli bene, colui che ha attirato la mia attenzione facendomi voltare prima ancora che per la curiosità, è lì vicino a me. Alzo lo sguardo.

Gli stivaletti ocra hanno una strana forma, i pantaloni larghi e scuri finiscono in vita su una cintura dalla chiusura celeste. Una canottiera nera coperta da un giacchettino blu scuro corto alla vita e lungo di maniche. Un fisico scolpito, estremamente scolpito, ma palesemente di un giovane uomo. Verso di me, la sua mano destra aperta. Sul viso, dai lineamenti simili al perfetto, risplendono due occhi celesti dall’espressione un po' triste e ricadono lunghi capelli di un colore chiaro, un grigio tendente al lilla. Mi rivolge un sorriso, e non posso fare a meno di posare la mano sulla sua.

Da quel momento, più niente sarebbe stato come prima.

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Capitolo 2
*** Il Cobra e L'Incantatore ***


-Il Ragazzo venuto dal Futuro-

Accidenti, i commenti che ho ricevuto per il primo capitolo mi hanno fatto un piacere immenso! Non immaginavo proprio che una storiellina così potesse interessarvi! Voglio ringraziare scImMia, la prima commentatrice, grazie per i complimenti, e sull’angelo di Trunks, mi trovo a concordare con te. Grazie a Lory, tesoro, lo sai che il tuo parere lo aspettavo… e sono felicissima che ti senti coinvolta, è proprio l’effetto che volevo dare. LoveDolphin, il tuo commento è terribilmente gentile e rincuorante, mi fai dei complimenti davvero importanti; e grazie per il preferito. Eleonora94 sei davvero gentilissima anche tu, sono contenta che ti abbia coinvolta. Ringrazio anche Puffoletta, che non ha commentato ma ho visto che ha messo la storia tra i preferiti.

È davvero incredibile quanta carica mi abbiano dato queste quattro ragazze con i loro complimenti generosissimi, ho già scritto un altro pezzettino. Voglio metterlo, per sapere ancora i vostri pareri, e i pareri di chiunque abbia voglia di leggere un po' questa storiellina. Un bacione a tutti, e specialmente a scImMia, lory, LoveDolphin, Eleonora94 e anche Puffoletta.

Cap.2 –Il Cobra e l’Incantatore-

Quella mano forte teneva la mia con delicatezza, e con delicatezza mi aveva aiutata ad alzarmi. Gli occhi erano di un celeste strano, bello, che io non avevo mai visto. Un celeste glaciale in un’espressione calda. Quell’espressione così simile a quella dell’uomo che sapeva volare. Voltai diverse volte la testa indietro, e poi di nuovo avanti, lentamente, guardando con timidezza e ritmicità entrambi i volti, uno sorridente e l’altro serio. Si somigliavano davvero molto, era impressionante. Pensai che doveva esserci una sorta di legame tra quell’uomo e quel ragazzo, la prima cosa che pensai, effettivamente, fu proprio che quei due dovevano essere padre e figlio. Ma i tratti somatici duri, resi ancor più aspri dagli occhi e i capelli neri, si ripresentavano mitigati su quel ragazzo. Doveva essere sicuramente l’influsso della madre. Si avvicinarono anche altre persone, in silenzio, aspettando probabilmente una mia risposta. Mi ero completamente dimenticata che quel ragazzo, porgendomi la mano, mi aveva chiesto qualcosa che, in quel momento, persa nei miei pensieri, non ricordavo più, e che lui con lo sguardo sempre fisso su di me sembrava ribadire.

Gr-grazie…” non sapevo la risposta a una domanda che non conoscevo più, ma dovevo in qualche modo ricambiare la cortesia, non tanto dell’aiuto ad alzarmi, ma di quel sorriso che mi rincuorava. Mi sentivo più al sicuro adesso, e tutte quelle persone che mi circondavano incuriosite dalla mia presenza avevano aspetto umano, vestiti umani, e soprattutto espressioni umane.

“Stai bene?” le sue mani si posarono sulle mie spalle. Anche il tocco delicato doveva essere della madre. Probabilmente era quella la domanda di prima, e voleva una risposta sebbene questa fosse evidente. Annuii appena con un sorriso timido sul volto, non riuscii ad aggiungere nessuna parola perché una voce interruppe le mie intenzioni già di natura insicura e titubante.

“Allora, Vegeta, si può sapere chi è questa ragazza e come mai l’hai portata qui?” una donna dai capelli corti e celesti tornò voltata verso l’uomo che sapeva volare. Oltre a lei, si erano avvicinati a me anche un vecchietto con la barba lunga e gli occhiali da sole; un bambino con capelli biondi e occhi verdi; una donna giovane, ma che a causa dell’abbigliamento e della pettinatura dimostrava più della sua età; un maialino vestito e eretto sulle zampe posteriori e una strana tartaruga marina gigante con l’espressione addormentata ma troppo intelligente per la sua razza anfibia.

Non me ne accorsi subito, ma dalla casa in quel momento stava uscendo un uomo adulto, molto alto, anche lui aveva i capelli biondissimi e rivolti in alto, gli occhi verdi. Quei due biondi, il ragazzo gentile e l’uomo che mi aveva portata lì, si somigliavano tutti e quattro in modo impressionante. Le loro espressioni, erano molto simili. L’uomo alto e biondo si avvicinò all’uomo che sapeva volare, e solo in quel momento mi accorsi di lui.

“Vegeta ma sei impazzito! Cosa diamine ti è passato per la testa!”

“Levati Kakaroth, non impicciarti!” e dandogli uno spintone sul braccio lo scansò per poi allontanarsi.

Dove vai! E questa ragazza? Ancora non ci hai detto niente!” la donna dai capelli celesti lo raggiunse, gli posò una mano sulla spalla, e lui si fermò.

Solo in quel momento quello strano uomo, Kakaroth lo aveva chiamato, si voltò accorgendosi di me. Mi guardò con espressione stupita, gli occhi prima spinti a chiudersi un po' dalle sopracciglia corrucciate si aprirono, sorrise e mi scrutò con curiosità.

“Beh chi è questa ragazzina?” si avvicinò con le mani sui fianchi, e la sua espressione mi apparve ancor più spensierata. Era evidentemente un uomo adulto, ma nel viso sembrava un ragazzino. Lo sguardo un po' ingenuo, come di chi vede le cose sempre per la prima volta. Ma scrutando negli occhi smeraldo, si scorgeva qualcosa di indecifrabile.

“È sbucata fuori durante il combattimento” si voltò appena, scrollandosi di dosso il tocco della donna che lo aveva avvicinato con un movimento brusco “e ha sprigionato una strana forza.”

Sembrava non voler aggiungere altro, ma alla fine venne convinto a raccontare tutto. Disse un sacco di cose che io non ricordavo affatto, e non mi riaffiorarono alla mente nemmeno spinte dalle sue parole. Lo sentii dire che stava combattendo contro un certo Cell, che la lotta si era spostata nel mezzo di una città. Raccontò di essersi trovato in difficoltà, sebbene non abbia mai voluto ammetterlo direttamente, ma comunque facendolo capire con discorsi oltremodo contorti. In quel momento dice di avermi vista apparire. Parlava di un’energia strana. Da come raccontava, benché in modo indiretto, sembrava proprio che fosse stata la mia apparizione a metter fine alla battaglia. Ma non si dilungò in particolari, e non riuscirono a fargli dire come mai aveva deciso di portarmi lì. Se ne andò borbottando, con le braccia incrociate, sul retro della casa. La donna dai capelli celesti, che pareva aver da lui una certa confidenza che agli altri era rifiutata, non lo seguì, rimase lì con noi, dicendo che Vegeta era sempre il solito. Però mi aveva salvata, e anche se strano, burbero e indelicato, l’uomo che sapeva volare mi incuteva una strana sensazione, di forza fisica e morale, non maligna.

“Questa poi è bella” riprese Kakaroth grattandosi la testa e riportando lo sguardo su di me “e allora, signorina, tu chi saresti?” la sua curiosità era condivisa da tutto il resto del gruppo, che con lo sguardo sembrava pormi la stessa domanda.

I-io… mi chiamo Mirai, signore.” Mi chiusi nelle spalle; quell’uomo, nonostante bonario e rassicurante, aveva un aspetto imponente, col suo corpo scolpito, ed era poi estremamente di bell’aspetto tanto da mettere in soggezione.

Il mio nome non sembrò soddisfare la sua curiosità, né quella del resto dei presenti. Probabilmente avevano molte cose da chiedermi, ma formulando le domande nella mente poco prima di pronunciarle si rendevano loro stessi conto che il quesito non poteva aver risposta logica alcuna. Se fossero esistite risposte esaurienti, esse avrebbero sicuramente portato un po' più di chiarezza nel gesto di Vegeta assolutamente innaturale per la sua indole. Ma suonavano tanto strane già solo nelle menti, le domande che si susseguivano, e probabilmente già nel mio sguardo perso e spaurito si poteva cogliere l’assenza di una risposta anche da parte mia.

Mi portai una mano al braccio sinistro massaggiandolo, sentendo uno strano fastidio, mentre aspettavo che qualcuno cominciasse con l’interrogatorio al quale probabilmente non avrei saputo rispondere in maniera esauriente. Ma nel silenzio generale, sentii delle mani poggiarsi laddove stavo cercando di alleviare il fastidio, e mentre mi voltavo per scoprire di chi fosse quel tocco, mi sentii alzare la manica della maglia.

“Hai un bel graffio… ti fa male?” il suo sguardo, dal braccio, tornò nei miei occhi. Il cuore perse un battito. Quegli occhi celesti avevano la capacità di controllare il muscolo che in petto si preoccupava di battere incessantemente dalla mia nascita.

N-no… è fastidioso ma… non fa male pizzica un po' soltanto…”

Comunque va disinfettato.” Mi sorrise con spontaneità, lui che possedeva lo sguardo magnetico e il sorriso incantatore, lui che non sapeva di provocarmi uno strano calore sul volto con qualsiasi gesto gentile che mi rivolgeva “Seguimi” e con un gesto della mano mi fece cenno di andare con lui, mentre si incamminava verso la strana casa dal tetto grande che sorgeva al centro di quella piccola isola. Iniziai a camminare sui suoi passi, un po' titubante, scostando lo sguardo casualmente su tutti i presenti come a ritirarmi con cortesia.

“Aspetta Trunks! Dobbiamo… ancora non…” la donna di prima lo richiamò, io rallentai il passo, voltandomi indietro. Stavo per fermarmi pensando lui l’avesse già fatto, ma quando lo sguardo tornò distrattamente verso di lui trovai di nuovo la sua schiena, che si allontanava. Non sapevo cosa fare, e camminavo sempre più lentamente guardandomi avanti e poi indietro.

Trunks! Trunks mi senti?”

Si voltò, infine, sembrava volerle rispondere qualcosa. Ma lo sguardo si diresse verso di me.

“Su, vieni.” Non aggiunse altro. Lo sguardo era un po' meno sorridente, ma gentile. Ed io lo seguii senza indugio, come si muove il cobra per mano del suo incantatore, il cobra che sembra ammaliato dal suono del flauto, ma che in realtà incapace di percepire suono alcuno si muove seguendo i soli movimenti dell’abile suonatore. E io al suo pari, senza aver sentito nemmeno una parola di quel che il ragazzo che avevo scoperto chiamarsi Trunks mi aveva rivolto, lo seguii dentro casa incantata dalla sua figura e le sue movenze.

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Capitolo 3
*** Laddove si Baciano Mare e Cielo ***


Eccomi, sto andando veloce con questa storia per adesso

Eccomi, sto andando veloce con questa storia per adesso. Ne approfitto, visto che la scuola mi impegna molto ultimamente, e non so se nei prossimi giorni potrò aggiornare. È la prima volta che pubblico la storia mentre la scrivo.

Ringrazio di nuovo Eleonora94, grazie davvero sono molto contenta che la storia riesca a coinvolgerti così; e ovviamente un grazissime e un bacione a lory, che segue quest’avventura nonostante le scene che la turbano!

Questo capitolo è un po' più lungo degli altri, ma spero di non annoiare troppo, è solo che tratta tutto della stessa scena e tagliarlo non avrebbe avuto molto senso.

Spero di sapere cosa ne pensate! Un bacio dalla vostra scimmia di quartiere!

Cap.3 –Laddove si Baciano Mare e Cielo-

La casa era carina, e dall’interno appariva molto più ampia di quel che non sembrasse guardandola da fuori. Su quell’isola così piccola, non sembrava poterci entrare una casa tanto grande. Aveva due piani, e presupponendo a prima vista che quello superiore eguagliasse in dimensioni quello sottostante, o quasi, erano entrambi molto ampi. La porta d’entrata dava in un salotto spaziosissimo, al centro del quale si trovava un tavolino basso circondato da poltrone e un grande divano. In fronte a quest’arredamento, un grande televisore, corredato di qualsivoglia accessorio complementare. In fondo alla stanza, sulla destra dell’entrata, c’era una piccola porta che dava nella cucina. Guardando avanti, si vedeva l’inizio delle scale che portavano al piano superiore. Non notai altro, entrando, non notai tutti i magnifici dettagli che nascondeva quell’alloggio nel mezzo di un vero e proprio paradiso. Un paradiso fatto d’acqua e sabbia sottile e morbida, qui, sulla nostra terra infernale.

Senza rendermi perfettamente conto dei miei movimenti, involontari, guidati da fortuna e istinto, visto che gli occhi più che guidare il mio cammino si concentravano nell’ambiente circostante, mi trovai al centro del salotto.

“Siediti” accompagnò le parole con un cenno della mano “vado a cercare qualcosa per disinfettare il graffio. Sorrideva ancora, mi sorrideva sempre. Non attese una mia risposta, sembrava sapere, non so come, che non avrei proferito parola. Ancora con il naso per aria posai su di lui uno sguardo accennato e distratto, e solo quando iniziai ad accomodarmi sul divano si allontanò. Soltanto allora mi voltai verso di lui, seguendo i suoi passi, imprimendo con attenzione nella mente ogni piega che si formava sui suoi vestiti ad ogni movimento della schiena o delle gambe. I capelli che lunghi e sciolti accarezzavano le spalle. Il portamento era elegante, quasi regale, e la figura scolpita. Era ipnotizzante, sembrava di non averne mai visto abbastanza, ogni sua movenza pareva nuova e bellissima, uno spettacolo troppo prezioso per potersi permettere di perderlo. Mi accorsi quando scomparve dietro una piccola porticina, che entrando era sfuggita alla mia attenzione, di quanto insistentemente lo stessi fissando. E dire che quando mi aveva rivolto la parola lo avevo guardato distrattamente. Ma capii subito che il mio sguardo distratto, più che dalla voglia di esplorare curiosa quell’ambiente per me nuovo e a suo modo affascinante, era stato mosso in maniera distaccata per pura vergogna. Quella figura, era davvero capace di mettermi in una terribile soggezione. Quello sguardo, di farmi sentire la cosa più brutta che potesse mai essere apparsa su questo pianeta. Quel sorriso, aveva il potere di farmi portare le mani ai capelli e al viso, convincendomi di essere in qualsivoglia modo trasandata, con un ciuffo fuori posto o con qualcosa sulla guancia, e disturbando così quella sua espressione perfetta.

Quel ragazzo aveva ricevuto dalla natura il dono di una bellezza imbarazzante e di uno sguardo che rifletteva un animo dolcissimo. Due qualità che, nella normalità della natura umana, sono in completa antitesi in una sola persona. Quasi sovrannaturale, ai miei occhi in quel momento, appariva Trunks, quel ragazzo che riuniva in tutto quello che le persone anche impegnandosi in tutta una vita raggiungono solo a metà. Tutto quello che una sola persona in una intera vita, anche riuscendo a raggiungere, non saprebbe assolutamente gestire, tanto enorme è il compito di bilanciare con uguaglianza un aspetto da divinità viziata e un animo da angelo appena nato.

Mentre guardavo fuori dalla finestra che mi si trovava davanti, dietro al televisore, non riuscivo a scorgere il confine tra cielo e mare. Un angolo di mondo senza orizzonte, un mare senza fine, e un cielo che non toccava la terra. Era proprio un posto strano, quello in cui mi aveva portato un uomo che sapeva volare. Mi avessero detto che lì il tempo si era fermato, e che il sole e la luna alternavano il loro lavoro a piacere e capriccio di chi ci viveva, ci avrei creduto. Era proprio quello il posto dove si potevano trovare creature tanto strane. E l’impressione di non aver visto nient’altro che la punta dell’iceberg, fino a quel momento, era sempre più intensa.

Tornò, col suo passo deciso, ad interrompere i miei pensieri. Trunks aveva tra le mani una casettina rossa con al centro una croce bianca inscritta in un cerchio dello stesso colore.

“Perdonami se ti ho lasciata sola troppo tempo. Non conosco bene la casa, non riuscivo a trovarla. Riferendosi con le sue ultime parole alla valigetta che teneva nelle mani, la mosse appena indicandola con un cenno della testa. Continuava a guardarmi nel viso, ed io non sapevo far altro che rifuggire il suo sguardo.

“Non fa niente… non ci hai messo tanto. Con tutta la volontà, forzai un sorriso su quel viso che mi sentivo strano, ridicolo, forse sciupato, o chissà che altro difetto volevo infliggere a un volto di ragazza adolescente.

Si sedette di fianco a me, poggiò la cassettina sulle gambe e l’aprì, tirò fuori delle garze e una boccetta con del disinfettante.

Comunque pare che tu… scusa, puoi allungare il braccio?” obbedii subito “ecco così, brava, tieni la manica alzata” tirò un po' più su la stoffa sfiorandomi la mano, il cuore rimbalzò due volte in un solo battito “dicevo, pare che tu abbia avuto modo di distrarti…” e tornò concentrato sulle garze che stava preparando. Non davo cenno di volergli rispondere, forse persa ancora nel battito nel petto scombussolato da quel tocco distratto, di quelle mani appena sfiorate “… ti sembra così strana questa casa?” sicuramente sapeva che una domanda diretta mi avrebbe più probabilmente portata a parlare. Infatti sortì l’effetto desiderato, e tornai con l’attenzione sulle sue parole.

“Sì… cioè no-non… non strana male… strana perché è bella e non avevo mai… insomma non mi è capitato spesso di vedere una casa così.”

Accennò una risata, per il modo impacciato che avevo di parlare, forse, o forse perché avevo detto cose sconclusionate e senza molto senso.

Posò le garze imbevute del liquido disinfettante sulla pelle offesa dal graffio, ritirai istintivamente il braccio in uno scatto. Non sono mai stata resistente al dolore, e con un coraggio inferiore al minimo sindacale. Ma se mi aspettavo un atteggiamento preoccupato e consolatorio, in tutta risposta il ragazzo mi prese il polso con forza sebbene senza stringere, mantenendo il tocco delicato ma non sfuggibile.

“Lo so, brucia un po'… cerca di resistere. La voce, sempre la stessa, lo sguardo dolcissimo, senza dubbio. Ma una decisione inaspettata.

Come diamine era possibile una tale perfezione in un unico essere? Non era spiegabile. Se mai si poteva rallegrarsi di una certa debolezza o indecisione in un animo così innocente qual’era quello che traspariva dai suoi occhi di ghiaccio, con un gesto aveva di nuovo sfatato un’altra nube grigia di quelle che si trovano spesso negli esseri umani a equilibrare i pregi.

Una divinità, o comunque non un essere umano. Nient’altro poteva essere quel ragazzo. E se solo non avessi pochi minuti prima fissato con perizia la sua schiena e i vestiti che su di essa danzavano anche loro ipnotizzati dai suoi movimenti, probabilmente mi sarei sporta per vedere se mai vi fossero state due ali sotto le spalle, pronte a sollevarlo in cielo, quel cielo che in quell’angolo di mondo non arrivava a finire se non sulla spiaggia.

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Capitolo 4
*** La Superficie della Luna ***


Metto anche questo capitolo che ho finito di scrivere ieri sera (ok, era stanotte più che ieri sera ma sono dettagli

Metto anche questo capitolo che ho finito di scrivere ieri sera (ok, era stanotte più che ieri sera ma sono dettagli!).

Continuo a trovare commenti che mi fanno un immenso piacere! Non me l’aspettavo e ne sono così felice che effettivamente la storia si sta scrivendo da sola!

Grazie a Lory, che continua a seguirmi nonostante io disturbi il suo sonno! eheh scherzo! grazie comunque di seguirmi così attentamente. Grazie a Eleonora94 che non si perde mai un capitolo e che nei suoi commenti mi dice cose sempre più gentili, mi fai davvero molto piacere! E' così importante per me che tu senta queste cose leggendo. Volevo ringraziare e salutare Amina-chan che è la prima volta che mi lascia un commento, e sono davvero felice di sentirla; grazie amina, spero che continuerai a seguirmi e a dirmi quel che pensi della mia storia. E infine, LoveDolphin, che io non so davvero che parole usare per ringraziarla, lei che mi lascia dei commenti davvero splendidi, ed estremamente generosi. Sono contenta che la storia le arrivi così profondamente in questo modo, e che il mio modo di scrivere non la induca al sonno ma la faccia quasi incantare. Sei davvero gentilissima, non sai quanto sia importante.

Bene, adesso vi lascio all'ennesimo capitolo. Anche questo non è cortissimo, però starò via il fine settimana quindi diciamo che fa per due giorni! eheh ok, ho sproloquiato abbastanza. Una bacione a chiunque arrivi in fondo ai capitoli senza addormentarsi eheh. Spero di sapere il vostro parere, soprattutto se c'è qualcosa che non vi torna. Una bacio, la vostra scimmia di quartiere.

Cap.4 –La Superficie della Luna-

Finì di medicarmi solo quando non sembrò convinto di aver perfettamente pulito la ferita, mi disse che non ci metteva niente sopra di modo che all’aria si sarebbe seccata prima e meglio. Lo ringraziai con lo sguardo basso, mentre soffiavo un po' sulla pelle striata di rosso.

“Coraggio non fa poi così male, su.” Si alzò per riportare i medicinali a posto, e incamminandosi mi posò una mano sulla testa, delicatamente. Tornò quasi subito seduto accanto a me, l’agitazione della carezza che mi aveva appena donato era ancora visibile, evidentemente, e lui la interpretò in maniera sbagliata.

“Non devi preoccuparti, Mirai, qui nessuno vuol farti del male.” Teneva le braccia appoggiate sulle gambe, piegato in avanti, guardava un punto indefinito di fronte a sè. Il mio nome attraversando le sue labbra pareva sporcarle. “Io ti sono infinitamente grato per aver salvato mio padre.” In quel momento ebbi la conferma che la prima impressione che mi aveva dato la vista di quei due era corretta “E se posso fare qualcosa per te, non esitare a chiedermelo.”

“Non credo di averlo salvato. Non saprei proprio in che modo io possa…”

“Lui dice così…” mi interruppe “… e se lo dice lui, lui che non lo ammetterebbe mai…”

“Non ha detto niente del genere.”

“Non direttamente, ma chi lo conosce l’ha capito.”

Rimasi per un attimo a pensarci, non avendo alcuna risposta.

“Non ricordo niente di quel che è successo, purtroppo.” Stavo tentando invano di far riaffiorare qualcosa degli ultimi attimi antecedenti il risveglio in volo.

“Non preoccuparti.” Gli occhi tornarono su di me, cogliendomi impreparata, e le mie iridi di un banalissimo marrone chiaro si trovarono inghiottite e perse nei suoi occhi senza fine. Tentai di reggere lo sguardo. “Nessuno pretende niente da te, stai tranquilla.” Aggiunse.

“Mi dispiace molto, non riesco a capire cosa sta succedendo, dove mi trovo… non sapevo nemmeno che gli uomini avessero imparato a volare…” provai a sdrammatizzate, per inghiottire un singhiozzo che quelle parole rincuoranti mi avevano indotto.

“Qui siamo tutti un po' strani. A questo dovrai farci l’abitudine.” Sorrise “Non è facile trovare il proprio posto e il proprio senso lontani da casa, ma ci si può abituare dopo un po'.” La sua voce, non cambiata di un solo tono, parlava però moltissimo di lui. Sembrava quasi in imbarazzo. Uno spiraglio, una debolezza finalmente, in quell’essere tanto perfetto, e mi sentii un po' più degna di sedergli al fianco.

“Non importa, sono strana anche io.” Volevo comunque rimettere a suo agio quell’angelo al quale avevo scoperto piccola e nascosta una macchiolina. Fece una breve risata, gli sorrisi anche io. Poi tornò un po' più serio, e lo sguardo sempre su di me.

“Io non ti chiederò mai niente.”

Arrivate al mio petto, con qualche istante di ritardo rispetto alle orecchie, quelle parole punsero dolcemente l’anima non permettendomi di trattenere le lacrime. La vista era ormai appannata, ma non volevo in alcun modo farglielo notare. Mi voltai in maniera fintamente distratta di lato, simulavo interesse per un orizzonte che avevo già scrutato a sufficienza e che comunque non riuscivo a vedere.

“Su, adesso vieni con me. Non staranno fuori ancora per molto. E loro, di cose da chiederti, ne hanno moltissime.” Si alzò, ed io lo imitai. “Ti porto in una stanza di sopra, così puoi riposare.”

Non mi sentivo particolarmente stanca, ma di nuovo in balia di quella persona e dei suoi gesti, mossi appena la testa annuendo, attenta a non far scoprire quel poco di lacrime che ancora persistevano sul mio volto, e lo seguii al piano superiore.

La stanza era ampia, e ben arredata. Nonostante mi trovassi nel paradiso aldilà del mare, l’aspetto era confortevole ma soprattutto accogliente. Come una stanza di un vecchio amico che ci invita da anni in casa propria e nella quale ci sentiamo a nostro agio quasi come nella nostra camera. Il soffitto scendeva obliquo, seguendo la curvatura del tetto soprastante. Sul lato più alto si apriva la porta d’ingresso, sul lato opposto, il più basso, si trovava una finestra con piccole tende color pastello e gli infissi aperti. La luce del sole filtrava la stoffa semi trasparente dei tendaggi illuminando la stanza di un chiarore tipico del sole del primo pomeriggio. Trunks chiuse la porta alle nostre spalle mentre io, come poco prima avevo fatto entrando nella casa, girettavo guardandomi attorno con aria incuriosita e persa nei miei pensieri. Dalla finestra si vedeva solo il mare, o forse era il cielo, comunque una distesa infinita di un celeste meraviglioso.

In realtà non avevo molta voglia di dormire. Ero stanca, probabilmente, ma non riuscivo ad averne la percezione. Tutte quelle cose strane mi mettevano un’irrefrenabile eccitazione addosso, l’eccitazione inconscia del mio residuo istinto animale che probabilmente già sentiva che da quel giorno non sarei stata più la stessa, né io né la mia esistenza.

“Perché stai cercando di… sì insomma, mi stai tenendo a distanza da tutti… da quelle persone che c’erano prima sulla spiaggia quando sono arrivata…” Volevo saperlo, la domanda mi rimbombava in testa da un bel po'. Era innegabile che tutte le sue azioni, fin dalla prima di portarmi in casa per disinfettarmi la ferita al braccio, fossero mosse con quella finalità. Mentre la mente era intenta a formulare una frase che potesse nel più cordiale dei modi fargli capire che non sentivo il bisogno di riposarmi, pronunciai invece quelle parole che scapparono rapide dai miei pensieri.

Sembrarono quasi coglierlo impreparato, in un primo momento, e non mi rispose. Mi guardò, il volto era serio ma tranquillo, come se avesse il concetto ben impresso nella testa ma non avesse il mezzo giusto per farlo passare dalla sua mente alla mia senza alterarne il significato. I miei occhi, piano piano, si abituavano alla sua bellezza fuori da ogni canone, e superata la prima impressione visiva, adesso del ragazzo mi attirava più quello strano atteggiamento. Sarà stato l’aspetto da bello e dannato, che adesso pur non percependolo ancora così forte aveva lo stesso ripercussioni ormai inconsce dentro di me condizionandomi nei pensieri, ma avevo come l’impressione che quel ragazzo nascondesse qualche sorta di mistero. Insomma ,qualcosa di affascinante nella sua storia, nel suo carattere, affascinante come quando ti parlano della luna, che i pochi che hanno calpestato il suo suolo la descrivono come deserta, disabitata e inospitale, ma tu che la vedi splendere in alto sopra la tua testa rischiarando anche la notte più buia proprio non ci puoi credere, e ti sembra l’astro più bello sul quale si possa desiderare vivere. Continuava a non rispondermi, iniziavo a pentirmi di aver detto quella frase avventata, volevo cambiare argomento. Ma non feci in tempo a trovare altre parole da pronunciare. Un vagito di bambino iniziò a diffondersi nell’aria, arrivando alle nostre orecchie dalla finestra aperta. Sentii la voce della donna dai capelli celesti allertarsi, anche l’altra donna disse qualcosa. Istintivamente mi portai un po' più vicino alla finestra e guardai di sotto, sporgendo solo con metà viso per evitare di farmi notare. Poco distante da dove era atterrato l’uomo che mi aveva portata in quel posto, non ci avevo fatto caso, ma c’era un tavolinetto con intorno quattro o cinque sedie lasciate scompostamente da qualcuno che si era evidentemente alzato di fretta, e su quel tavolino si trovava un piccolo seggiolino auto da neonati. Da là dentro, si vedevano agitarsi due gambette dalla pelle chiara, e sui piedini dei calzini corti bianchi con la risvolta. La donna con i capelli color del cielo allungò le mani e sollevò il fagottino che là dentro lamentava di essersi svegliato solo e abbandonato, in un mondo tanto grande per un frugoletto che non aveva più di qualche mese. Bastò il viso di quella che era evidentemente la sua mamma per rincuorarlo, e i lacrimoni smisero di scendere dai suoi occhi, rimanendo a inumidire due guanciotte paffute e colorite dallo sforzo del lamento.

“Che piccolo quel bambino… quella è la sua mamma, vero?” mi voltai cercando il ragazzo che tanto si stava premurando di me, e mi stupii nel trovarmelo vicinissimo, alle spalle, anche lui intento a guardare di sotto. Era tanto vicino che potevo vedere con quanta perfezione la natura avesse scolpito l’attaccatura del collo sui pettorali turgidi. Vedevo come quell’angolo della sua pelle che la maglietta lasciava scoperto si muovesse delicatamente in respiri lenti ma profondi, come controllati, quasi a non voler fare troppo rumore. Il suo sguardo era fisso su quella donna che giocava col suo bambino. E quel suo corpo rispecchiato nei miei occhi tanto inaspettatamente, si associò rapidamente ad un profumo che sentii in quel momento per la prima volta, un odore che cercai più volte inspirando con forza tanto era il piacere che procurava. Era il profumo della sua pelle.

“Sì… quella donna si chiama Bulma, ed è la mia mamma.”

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Capitolo 5
*** Parole nel Silenzio ***


In quel momento, devo ammettere di non aver capito proprio niente di come stessero in realtà le cose, ma le sue parole certo non mi aiutarono

Ok, ecco la scimmia tornata dal week end… eccomi tornata e quale miglior accoglienza delle mie adorate Ele94 (posso abbreviarlo così?), Lory e LoveDolphin? Eh eh migliore non ce n’è davvero… come posso ringraziare Ele94 per ogni volta che mi rincuora, quando mi dice che si sente coinvolta come se fosse lei stessa nella storia? Forse lei non se ne accorge, di quanto stupendo sia quello che mi dice! È il complimento migliore che io possa avere! Lory, tesoro, stanotte sai che faticavo a prender sonno? Eh eh, sarà mica il senso di colpa di averti disturbato il sonno? Ah ah ah dai non esageriamo, però sono contenta che ti coinvolga! LoveDolphin, come posso abbreviare il tuo nick? Love? O Dolph? O che altro? Eheh apparte questo, anche tu sei davvero un angelo nei commenti, altro che Trunks (eresiaaaa! Eh eh eh ma sì, angeli tutti e due)… sai che ti adoro per avermi menzionato la scena di Bulma e il piccolo Trunks? L’ho scritta d’impulso (come sempre per tutto, eh eh) però quando ho dato la rilettura al capitolo, era il mio pezzo preferito! Grazie!

Tornando alla storia, aggiungo anche questo capitolino, sperando di sbloccare un po' la scena. Finalmente penso di aver concluso questa situazione, e dal prossimo capitolo dovrei poter finalmente andare avanti con la storia, e iniziare a far accadere un po' di cose! Un bacio a chiunque legga senza avere l’effetto della valeriana! Eh eh. Baci, la vostra scimmia.

Cap.5 –Parole nel Silenzio-

In quel momento, devo ammettere di non aver capito proprio niente di come stessero in realtà le cose, ma le sue parole certo non mi aiutarono. È vero, mi trovavo in un luogo magico, aldilà del mare, dove gli uomini avevano imparato a muoversi nell’aria come si fa nell’acqua. Però, non ancora interamente assorbita da quell’ambiente, e dalla logicità che lo caratterizza, io rimasi soltanto in silenzio, perplessa, chiedendomi quale strano caso avesse mai portato quella donna a fare due figli con così tanta differenza di età. Sì, capii che erano fratelli, in quel momento, e nella mente per un attimo mi rimbalzò anche l’idea di domandare se quell’uomo burbero che volava fosse il padre non solo di Trunks, ma anche del piccoletto. Nessuna parola uscì dalla mia bocca, però. Il ragazzo che mi stava ancora accanto, molto vicino, date le dimensioni ridotte della finestra dalla quale entrambi scrutavamo fuori, sembrava incantato da quella scena. Io ancora non potevo capire, quanto quei semplici e istintivi gesti di donna, ma soprattutto di madre, parlassero a quei due occhi celesti che quasi brillando non si perdevano un solo movimento. Ma incantato guardava, e mi sembrava quasi di disturbare quel momento familiare, tanto che mi allontanai dalla finestra e non proferii parola. Comunque non mi sembrava il caso di prendermi confidenze che non mi erano concesse. Si voltò, dopo pochissimo che mi ero mossa, cercandomi con lo sguardo ma ancora evidentemente assorto nei suoi pensieri. Le voci sotto la finestra, si sentivano ancora distintamente, eravamo noi a non ascoltarle più, ognuno perso nei suoi pensieri, ognuno intento a trovare qualcosa da dire per interrompere quel silenzio senza senso. Forse erano troppe le cose da dirsi, ma troppa anche la paura di ferire reciprocamente l’altro, e regnava così solo il silenzio, quella cosa così strana, un nome per indicare qualcosa che esiste solo in mancanza di tutto il resto.

Cosa dobbiamo fare con quella ragazza? Non capisco perché Vegeta l’abbia portata qui!” fu impossibile ignorare la voce di donna che entrava dalla finestra, in quel momento di silenzio da parte di entrambi.

“Suvvia Chichi, non stare a preoccuparti, ci ha spiegato cos’è successo, e in questi giorni…”

“La fai sempre facile tu!” la voce squillante di lei costrinse l’uomo, la cui voce a me parve quella di colui chiamato Kakaroth, a interrompere il discorso “Io non sono affatto tranquilla! Non ha spiegato un bel niente, Vegeta! Energia, energia… e poi? Tu hai capito qualcos’altro?”

“Eh eh eh, beh… no ma…”

“Certo, Chichi, che possiamo fare? Riportarla in quella città? Ormai è tutto distrutto…” un’altra donna parlò in mio favore, e capii anche senza riconoscere il tono che era sicuramente la madre di Trunks, Bulma.

Mi sentivo terribilmente a disagio, e questa era la sensazione che traspariva anche dal volto del ragazzo che si trovava nella stanza insieme a me. Cercò il mio sguardo, ma non glielo permisi. Il viso si fece caldo, il respiro un po' più pesante, e non riuscii a far niente per impedirlo. Mi sentivo dispiaciuta, imbarazzata, d’intralcio. E tutto questo era ancora più accentuato dal fatto che di fronte a me c’era lui, Trunks, davanti al quale mi sentivo comunque ridicola. Avrei voluto sparire, avrei voluto andarmene, e tornare in quella città, anche se era deserta, anche se aveva accolto della mia vita non più di un paio d’anni. Ma non sapevo come. Sono sicura che in quei pochi istanti, ci fosse stata terraferma invece che una distesa infinita d’oceano, sarei scappata via. Non potevo, però, e ancora più ridicola mi sembravo già solo nel pensiero nel chiedere a quel ragazzo di riportarmi in città. Rimasi in silenzio, sedendomi sul letto che, nelle sue lenzuola fresche e pulite, invitava al riposo al centro della stanza. Per un attimo, le voci fuori si fecero più basse, e sembravamo entrambi far finta di niente, nella vana aleatoria speranza e finzione che nessuno dei due avesse sentito alcuna parola. Poi si tornò a sentire la voce dell’uomo dai capelli color del sole.

È una ragazzina, non rappresenta nessun pericolo. La sua aura è normale, e non ha niente di malvagio. Abbiamo una settimana prima del cell game, e niente da fare, si vedrà in questi giorni cosa intendeva Vegeta. Me ne occuperò io personalmente.” Ricominciò un po' di brusio, più o meno basse tutte le voci vollero intervenire dicendo qualcosa di poco decifrabile, ma l’idea generale che davano amalgamate era di approvare ciò che diceva quell’uomo. Era dotato di carisma, e di influenza su chi lo circondava, non c’era il minimo dubbio su ciò. “E comunque, non possiamo che aspettare, visto che per oggi Vegeta non sembra voler dire una parola di più.” Concluse con voce distratta, come se questo fosse normale.

“Avanti, per ora non ci pensiamo più e andiamo a preparare uno spuntino!” Bulma spezzò definitivamente la tensione, e tutti ricominciarono a parlare tranquillamente, come si fa in una qualsiasi riunione tra amici, in un’allegra giornata di sole qual’era quel giorno.

“Beh, a quanto pare resti a farci compagnia per un po'.” Fu provvidenziale, e maturo da parte sua, devo ammetterlo. Avevamo sentito entrambi, e negarlo o ignorarlo non avrebbe avuto molto senso. Si mosse verso di me, si piegò verso il basso davanti alle mie gambe, con il volto cercava il mio sguardo abbassato. Mi sorrideva rassicurante, con quella bella espressione da Dio che si era ritrovato in dote dalla nascita. Non sapeva che il suo sorriso mi stava portando con forza le lacrime negli occhi; ma suo malgrado se ne accorse preso.

Hei, che c’è?” allungò una mano verso la mia guancia, abbassai un po' più la testa nella speranza di avere la complicità dei capelli nel nascondere il viso, e nel frattempo di poter rimandare negli occhi quell’acqua salata che voleva per forza saltar giù dal mio volto. Ma quando arrivò la sua mano a sfiorarmi la pelle, e fu prorompente la sensazione di gentilezza e delicatezza, mi accorsi che non avrei più potuto far finta di niente. E comunque, se n’era sicuramente già accorto.

“Niente… non c’è niente, scusa” col dorso della mano destra infransi velocemente il sogno di quella lacrima che sperava di vivere l’unico momento più bello nella sua vita, il momento terminale, in cui le è concesso di volare. Volare per qualche istante, lasciando la mia pelle e infrangendosi per terra, o sulle mie ginocchia. Fosse stata fortunata, forse si sarebbe frantumata in mille goccioline sul braccio di trunks, o sulla sua mano. Ma interruppi il suo destino, con un gesto rapido, e senza mai volare in tutta la sua esistenza, finì il suo cammino con una traccia umida sulla guancia che trunks non stava sfiorando.

“Come non c’è niente, stai piangendo…”

Scusami, non è…”

“Per caso avevi qualcuno in quella città, hai paura per la tua famiglia…”

“No! No, io non ce l’ho… non ho…” mi avrebbe ascoltata, se avessi proseguito, ma non era il momento, e lasciai la frase in sospeso. Le lacrime adesso si lanciavano una dietro l’altra, sempre più desiderose di volare anche loro via dagli occhi che provavano senza successo a imprigionarle.

“Sei sola?”

Annuii con il capo, sempre più chino. Sembrò pentirsi di quella domanda, sembrò pentirsi di indelicatezza.

E allora perché piangi?” riprese la parola.

La sola idea di rispondere mi faceva piangere sempre di più. Sapevo che se avessi aperto bocca non sarei più riuscita a trattenere i singhiozzi. Però aspettava le mie parole, e fu più importante non dargli l’impressione di star ignorando il suo tentativo d’aiuto.

“Non lo so…” e fu allora che cominciai a singhiozzare, e mi portai le mani a nascondermi gli occhi rossi. “Non lo so davvero… non ne ho idea. Mi è venuto da piangere, ma non ho niente. E non mentvo. Cercavo in cuor mio con sincerità cosa avesse scaturito quelle lacrime, cercavo la ragione razionale, per dirgliela, e perché sapendola anche io forse avrei potuto impormi di smettere. Ma non lo sapevo, non avevo risposta, e per questo non avevo modo di impedire ai miei occhi il loro sfogo più naturale.

Sentii Trunks sospirare, un sospiro dolce, poi il materasso si mosse, e quando realizzai che si era seduto accanto a me, senza darmi nemmeno il tempo di togliermi le mani dal volto, sentii le sue braccia forti che mi stringevano a sé. Non disse niente, non mi chiese più niente, proprio come mi aveva promesso poco tempo prima. Solo mi concesse un po' di calore umano, che tanto mi mancava in quel momento, e il suo profumo. A lungo, sulla sua spalla, lasciai che la mia agitazione si sfogasse senza più alcun freno.

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Capitolo 6
*** Contro me Stesso ***


Bene, ci risiamo

Bene, ci risiamo! Avevo scritto questo paragrafo già ieri sera, ma lo metto oggi, e poi torno ai miei disegni di corsa sennò domani mi scuoiano eh eh! Di suo, erano quattro pagine, però ho pensato che erano troppe da reggere in un'unica lettura e le ho divise! Questa è la prima parte!

Torno a ringraziare le mie tre adorate recensirecenso… rece… si insomma le mie tre angiolette che mi commentano sempre eh eh. Lory, non mi annoi con le tue parole, non potrebbe mai accadere! Sono felicissima di farti sentire Trunks nelle mie storie, ma non voglio più turbarti il sonno! Ele94, tesoro, tu ringrazi me, però sono io che devo ringraziarti perché ciò che mi dici è sempre splendido, ed è anche per te che continuo a mettere qui i capitoli della storia! Lovva (ok, ho deciso il soprannome per LoveDolphin eheh) i tuoi commenti enormi e pieni di parole gentilissime mi riempiono di gioia! Anche tu, non ringraziarmi, perché il grazie maggiore è per te, e poi non sei affatto ripetitiva! Quelle parole dolcissime, anche ripetute mille volte, non potrebbero mai annoiare! Il fatto che tu sia felice di leggere la mia storia, mi fa un piacere immenso! Sei una forza davvero per me!

E adesso, bando alle ciance, vi lascio alla lettura! Da adesso, la narrazione passa a Trunks, e per un po' sarà onere suo. Voglio sperimentare una narrazione a più punti di vista; può darsi che in alcuni capitoli passi anche alla terza persona, dipende, insomma vedremo! Ditemi cosa ve ne pare delle mie sperimentazioni! Eheh perché io faccio i danni!

Un bacione a chiunque abbia letto già fin qui! Eheh, saluti, la vostra scimmia!

Cap.6 –Contro me stesso-

Scesi le scale lentamente, senza far rumore, non so se per evitare di svegliarla o perché mi sentivo un po' a disagio per l’atteggiamento che avevo avuto in quella situazione. Forse entrambe. Non avevo voglia di tornare giù, ma non avrei potuto rifuggire le mie responsabilità in eterno, tanto valeva affrontare subito quelle persone, soprattutto mia madre. E poi, la verità era che dovevo affrontare me stesso, e da me stesso non potevo in alcun modo rifuggire, non importava quante scale scendessi, né quanto silenziosamente. Riconoscevo per primo di aver avuto un atteggiamento strano, insolito, un atteggiamento che ritenevo io per primo sconveniente e che non accettavo. Sapevo che mia madre sarebbe stata probabilmente stupita, delusa, forse spiacevolmente sorpresa, lei che magari pensava di aver capito come sono, ma che poi aveva scoperto un lato del mio carattere che non si aspettava, e che non le piaceva. Forse si sentiva delusa. Ma glielo avrei detto, se mai avesse dovuto farmelo notare, che se lei si era sentita delusa, io lo ero quanto lei, io che avevo assunto quello strano atteggiamento contro la mia volontà, oltre me stesso. Non l’avevo fatto contro di lei, né di nessun altro dei presenti; mi ero semplicemente mosso d’istinto, contro la mia stessa volontà, senza sapere quel che stavo facendo.

Scendendo quegli scalini me lo chiedevo, cos’era quel comportamento che avevo assunto, e perché avevo sentito tanto irrefrenabile l’istinto di agire come avevo fatto, e avere la piena consapevolezza che, a tornare indietro, mi sarei mosso di nuovo nello stesso identico modo. In un momento in cui non ero stato interpellato, mi sono intromesso; in un luogo dove non sono che un ospite, mi sono permesso di portarla dentro casa; in una situazione in cui tutti volevano sapere da lei tante cose, io l’ho portata via. Mia madre, nel futuro, non mi ha insegnato così. Io non sono così. Però… c’è un però. Che io non riesco in alcun modo a decifrare, ma so che c’è. Non so perché ho visto in quel viso qualcosa di me stesso, negli occhi sperduti di chi non ha più niente. Io ho ancora qualcosa, ho mia madre che mi aspetta, un passato da difendere, un futuro da ricostruire. La mia vita, sebbene disastrata, è piena, ho molte cose da fare. La sua, invece, è vuota, e questo mi era parso di capirlo da prima ancora che me lo dicesse, che me lo confessasse lei poco fa in lacrime, con poche, pochissime parole. Non sapevo niente di lei, solo l’ho vista alzare lo sguardo, sperduta, e ho visto nei suoi occhi quel che ho visto nei miei, quando la macchina del tempo, dopo aver attraversato spazi mai esplorati contro il normale andamento della vita, si era fermata in lande aride e sterili, e io mi ero ritrovato davanti una realtà che nel mio mondo non avevo potuto vivere. Perché in quel tempo mio padre non aveva ancora scoperto che oltre la sua fame di forza e vendetta, c’era ancora un angolo di se stesso da scoprire e donare, a chi non pensava di poterlo trovare in lui.

Dovevo avere lo stesso sguardo, quel giorno di tre anni fa che viaggiai per la prima volta indietro nel tempo. Dovevo avere le stesse lacrime chiuse dentro, quando non potevo esaurire la loro curiosità, e le loro domande mi trafiggevano mentre l’unica cosa che potevo dirgli era l’arrivo imminente di una sciagura che vivevo da una vita. Portavo loro nient’altro che un inferno del quale ero primo protagonista, e unico superstite. Dovevo avere gli stessi occhi, e le stesse lacrime. Per questo l’ho strappata alle loro domande. Per questo l’ho difesa. Ed infine non posso che mettermi a sua completa disposizione, perché lei ha salvato mio padre. Non so come, non lo sa nemmeno lei, e mio padre non vuole parlarne. Ma l’ha salvato, e non mi serve sapere altro.

Al piano inferiore, l’allegra combriccola era riunita fuori dalla casa. Il vecchietto era sulla sdraio addormentato, con la solita rivista piena di donnine nude aperta e appoggiata sul viso, a fargli ombra agli occhi; Bulma e Chichi parlavano tra di loro, mentre il signor Goku e Gohan si allenavano in maniera blanda, alternando deboli colpi e distratte parate a spiegazioni in cui il padre con ampi movimenti delle braccia tentava di spiegare chissà cosa al figlio. Stavo per uscire, quando improvvisamente spuntò Olong dalla cucina, portava in mano diversi vassoi pieni di cibo, e non vedendoci a vicenda ci scontrammo, ma per fortuna niente cadde a terra. Usai così il pretesto di aiutarlo per andare fuori. Nessuno sembrò badare a me, quando misi piede fuori dalla porta, e nessuno sguardo strano mi fu diretto.

Hei, Trunks! Vieni qui che devo far vedere una mossa a Gohan, mi serve una mano!” Goku sbracciava e urlava nella mia direzione.

“Uffa basta! Avevi detto che questi giorni li passavi senza allenamenti, né niente di tutte quelle diavolerie!” Chichi si alzò in piedi e andò nella direzione dei due uomini della sua famiglia, prese Gohan per un braccio e lo strattonò lontano da Goku “Guarda qui, con questa storia del super saiyan già me l’hai trasformato in un teppista, il mio bambino” si chinò sul ragazzino e lo abbracciò “vuoi farmi morire di crepacuore, e nemmeno un giorno riuscite a star senza…”

Dai mamma, non disperarti” Gohan la interruppe “adesso la smettiamo, va bene?” Io non lo avevo visto così, anzi, lo avevo visto, ma ero troppo piccolo per ricordare. Ma si vedeva che era Gohan, quel Gohan che mi aveva cresciuto, e allenato. Quel ragazzo che mi era stato vicino quando non avevo più nessuno della mia stirpe che arrivasse a ricordarmi quanto sangue guerriero scorresse nelle mie vene. Non ero riuscito a diventare abbastanza forte da proteggerlo, e nemmeno da vendicarlo. Quanta rabbia, quando vedevo quel ragazzino ignaro del destino infame che lo aveva ingannato nel mio futuro, e che si era sacrificato per salvarmi. Ero lì anche per Gohan, per salvare lui e la sua felice realtà nell’unico ultimo modo che avevo trovato.

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Capitolo 7
*** Mille e uno modi di Amare ***


Oggi con gli aggiornamenti vado veloce

Oggi con gli aggiornamenti vado veloce! L'avevo detto che era un unico capitolo, quindi questo era già pronto! Allora... inizio con le mie tre angiolette.... (le mie Charlie's Angels! anzi, Kla's Angels! D'ora in poi siete ribattezzate! eheh). Allora... Ele94, tesoro, ancora grazie! Sono felice tu mi abbia dato la tua opinione per la narrazione a più punti di vista! Se dici che ti sembra interessante, continuerò! Lovva, io... che ti devo dire! Ogni volta per poco non mi fai emozionare! eheh no sul serio, mi scrivi sempre così tante cose, che solo per il disturbo meriti l'encomio! Anche a te l'idea di più punti di vista piace...quindi a maggioranza continuerò! eheh... E infine, ma non ultima, l'angel Lory che mi si emoziona col suo lov lov trunks, soprattutto quando parla lui (o forse di più quando lo descrive lMirai, che è meglio sentirsi nei panni della ragazza?).

Finito di dire ciò, ho messo il capitolo perchè domani probabilmente mi attarderò a scuola, e voglio che le mie tre angels lo trovino (Dai, lo ammetto, è la Lovva che mi ha convinta, dicendomi che accende il pc per vedere se ho aggiornato, tesora, che piacere che mi fai! Hai l'esame eh? Non mollare, è dura, ma alla fine ce la fai!)... e pensate a sta gioia che c'ha l'esame e si mette pure a finirsi il cervello sui miei scleri! che amore!!!

ok ok basta, che ogni volta per l'introduzione ci vuole più righe che per il capitolo!

Questo si riallaccia direttamente al capitolo precedente, per questo inizia con un discorso diretto! E' sempre Trunks che parla!!! Dal prossimo... ancora non so! eheh baci dalla vostra scimmia di quartiere!

Cap.7 -Mille e uno modi di Amare-

“Trunks, tesoro, mi aiuti a portare queste cose dentro casa?” la voce di mia madre attirò la mia attenzione, e posate sul tavolo le cose che aveva afferrato Olong in cucina, andai da lei e con un cenno rapido del capo offrii in silenzio l’aiuto che mi richiedeva. Non riuscii a guardarla negli occhi. Avevo come la paura di trovare nelle sue iridi alle quali dovevo il colore delle mie un cenno di rabbia, stupore, o peggio ancora delusione. Prese un vassoio anche lei, mentre a me aveva lasciato delle bibite e altre cose più pesanti, e mi fece strada fino alla porta, che si chiuse dietro di noi con un rumore debole ma secco, e dentro casa, il silenzio. Il brusio che si sentiva appena da fuori non faceva che accentuare sempre più la totale assenza di rumori al chiuso. Eravamo soli, io e lei, e mi sentivo a disagio, mi sentivo in colpa, mi sentivo di volerle dire qualcosa ma al contempo questo qualcosa non aveva parole per essere espresso. In fondo, suo figlio era quel fagottino col quale adesso stava giocando il giovane Gohan. Ma il pensiero che un giorno, quel bambino che rideva innocente, sarebbe diventato l’adulto che si era comportato tanto inaspettatamente, forse la turbava.

“Perché non è scesa?” la sua voce, nel bel mezzo dei miei pensieri, mi prese di sorpresa, e prima che potessi realizzare ciò che mi chiedeva il cuore cominciò a correre nel petto, agitato dalla paura che potesse confessarmi quel qualcosa che l’aveva ferita, o anche solo disturbata.

“Mi- Mirai?”

“Sì, la ragazza.” Si voltò verso di me, guardandomi. Faceva finta di aver qualcosa da fare, ma in realtà armeggiava con i bicchieri senza combinare niente.

“Si… si è addormentata.”

“Beh, è comprensibile, doveva essere molto stanca.”

“Sì, lo era.”

Di nuovo il silenzio. Anche lei non sapeva più cosa inventarsi per dare un senso al suo attardarsi in cucina.

“Non ti ha detto niente?”

“Detto niente di che?”

“Qualcosa su di se…” sapeva quel che voleva dire, ma non le giungevano le parole giuste per esprimerlo. Sperando che lo capissi da solo, come era avvenuto, lasciò la frase incompiuta.

“Non mi ha detto niente.” Abbassai lo sguardo, reo di aver mentito in parte, ma non potevo reggere anche quella sensazione, e proseguii a voce un po' più bassa “so solo che non ha familiari, né qualcuno che la aspetti… in quella città.”

Annuì voltando appena lo sguardo verso l’ingresso, ma non ci guardava davvero, solo i suoi occhi avevano bisogno di un posto dove appoggiarsi. Aspettando quel che stava fingendo di finire, mi ero appoggiato allo stipite della porta con la schiena, e le braccia incrociate dietro aiutavano la schiena a non sentire troppo lo spigolo pungente. D’un tratto posò lo straccio sul lavandino e tornò verso l’ingresso, per uscire. Ma poco prima di posare la mano sulla maniglia si voltò di nuovo, e cercò il mio sguardo che alla fine le concessi.

“Hai fatto bene, prima”

“Prima? Qu-quando?”

“Quando l’hai portata via.”

Sgranai gli occhi senza volere, anche se cercai di contenermi, ma lei lo percepì di sicuro. A lei non potevo nascondere niente, che fosse quella del futuro o quella del passato. Sembrava conoscermi anche senza avermi mai visto, e sentire quel che nemmeno io riuscivo a decifrare dei miei pensieri, anche solo guardandomi negli occhi.

“Mi dispiace” non riuscii ad aggiungere altro.

“Di che?” ma so che lo sapeva.

“Ho agito impulsivamente, non avrei dovuto permettermi.”

“Ma di cosa parli? E comunque ricorda che tu sei il figlio della grande Bulma, nonché di quel principe dal broncio perenne! Puoi far tutto quello che ti pare!” alzò il pollice facendomi l’occhiolino. Le sorrisi d’impulso, e la mia anima si alleggerì tanto da poter tirare un sospiro a pieni polmoni. “Le darò dei vestiti e degli asciugamani puliti così quando si sveglia potrà cambiarsi e farsi una doccia.” Toccò il metallo freddo della maniglia, aprendo la porta sulla quale indugiava ormai da diversi minuti. “Tu non vieni fuori?”

“Io… preferisco guardare un po' la TV…”

“Se hai fame, in cucina e fuori abbiamo un sacco di cose buone! Anche se oggi non hanno attirato tuo padre!”

“È sempre nel retro?”

“No, se n’è andato da un po'… speriamo non si cacci di nuovo nei guai.” Sorrise, e uscì. Sembrava noncurante, nei confronti di quel saiyan cinico e distaccato. Ma avevo come l’impressione che invece si preoccupasse per lui. Guardava il cielo, mentre uscendo sperava che non si andasse a ficcare in qualche brutta situazione, come aveva fatto quel giorno. Guardava il cielo forse sperando di vederlo tornare, e nel contempo avendo piena consapevolezza che non sarebbe accaduto, e nemmeno lei sapeva dire con precisione per quanto. Aveva uno strano modo di prendersi cura di lui, di amarlo. Anzi, forse il suo era il modo più difficile da applicare, e cioè rispettandolo, lasciandolo libero, soffrendo in silenzio le preoccupazioni e la sua mancanza piuttosto che frenare quel suo animo ribelle. Non ce l’avrebbe mai fatta; anche se è difficile immaginare qualcosa in cui mia madre non riesce. Forse, semplicemente, quel suo modo d'essere era tutto ciò di cui si era innamorata, e non avrebbe mai potuto spegnere quella fiamma dalla quale lei stessa era stata bruciata, e che amava tanto sentir ardere il suo corpo. Forse, la mia nascita, stava lentamente tovando un senso.

A passi lenti mi diressi nel salotto, accesi la tv e mi sdraiai sul tappeto coperto di grandi e morbidi guanciali. A pancia in su fissavo il soffitto, se avessi avuto modo di vedere attraverso il muro avrei potuto vegliare sul suo sonno.

Quella ragazza, quella Mirai, agli occhi di tutti aveva qualcosa di strano da scoprire, da analizzare, la sua forza, la sua energia. Ma ai miei occhi non era niente del genere. Debole e insicura, attraverso di lei potevo finalmente difendere quell’io che tenevo chiuso dentro da tanto tempo. Allora ero convinto che scoprendo come curare la sua anima turbata, sarei riuscito a trovare la medicina che cercavo da tempo per risargire le mie ferite.

Ah! Se qualcuno volesse infamarmi in diretta il mio contatto hotmail è bakasaru_kla@hotmail.com ... ogni volta mi scordavo! evviva i cervelli da scimmia!

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Capitolo 8
*** Parole di Fumo ***


Dei passi si fecero pian piano sempre più percepibili lungo le scale

E vada anche oggi con il nuovo capitolo! Ciao angeli! Lory è stata la prima a mettere il commento stavolta! E mi sembra di sentire in questa recensione che davvero ti è piaciuto molto questo capitolo: quello che mi dici, era tutto quello che volevo esprimere. T i ringrazio tanto! E dormi calma ti prego xD. Poi, Lovva, tesoro, non preoccuparti, non devi sempre scrivere tanto, quando so che hai letto per me è sufficiente (ebbene sì, aggiorno per farti trovare tutti i giorni il capitolo quotidiano!eheh pare una preghiera, ma che è xD)… scherzi a parte, l’idea che nonostante tutto quel che hai da fare ti premuri di leggere e commentare con così tante e gentili parole il mio lavoro, ti giuro mi fa un piacere infinito! Un kiss anche al tuo cervello in fusione eheh e mi raccomando non investire le vecchiette! E la mia terza angel, Ele94, mi fai sentire soddisfatta del mio lavoro se davvero la storia ti coinvolge così personalmente… e ci credo, visto che le parole che mi rivolgi sono davvero ciò che volevo comunicare. Sei sempre così gentile, non saprei mai che parole trovare per ringraziarti a dovere.

E adesso, vi lascio al prossimo capitolo! È sempre Trunks che narra… forse dal prossimo si ricambia! (ma cos’è un juke-box? Eheh)… un bacione dalla vostra scimmia preferita (?) xD

Cap.8 –Parole di Fumo-

Dei passi si fecero pian piano sempre più percepibili lungo le scale. Tocchi leggeri in punta di piedi, passi delicati che sembravano quasi titubanti. Avrei dovuto percepirlo dall’aura e dal suono che stava scendendo, ma me ne accorsi quando era quasi lì nel salotto. Effettivamente, non ero particolarmente all’erta, non ne avevo motivo, e probabilmente i miei sensi erano un po' annebbiati da quello strano stato di sonnolenza che ti fa tenere gli occhi aperti fissando qualcosa che a ripensarci non riesci in alcun modo a ricordare, nemmeno un minuto dopo. Tra l’altro, la tv non riusciva a trasmettere niente di interessante, se non quello strano combattente dai lunghi baffi e la folta capigliatura nera che, acclamato dalla folla, dichiarava di salvare il mondo sconfiggendo Cell. Uno spettacolo decisamente deprimente, e che invogliava al sonno.

Non l’avevo sentita arrivare, cosa molto strana per un essere che ha nelle vene il sangue della razza guerriera per eccellenza, ma non era questo il motivo principale. Non era la sonnolenza. Ho avuto da subito l’impressione che il motivo principale fosse quell’aura mite: percependo di lei non si riusciva a cogliere che una debole sensazione di vita. Non che in lei non ci fosse forza vitale, era sana e allegra, solo che… dava una completa sensazione di inoffensività. Come un bambino. E all’arrivo di un’aura del genere i miei sensi, proprio perché sviluppati più del canone standard terrestre, non solo non volevano, ma proprio non potevano allarmarsi. Se così non fosse stato, a me come a mio padre, al signor Goku e a Gohan, la vita sarebbe stata resa impossibile, trovandoci in stato di allerta all’arrivo di qualsiasi essere, fosse questo anche un semplice neonato.

Un’aura bassa, debole, e completamente innocua, insomma. Che cosa mai aveva trovato mio padre in lei da portarla alla nostra attenzione, io proprio non riuscivo a capirlo. Aveva parlato di una strana energia. Aveva espresso, facendosi quasi pregare, poche parole che parlavano di un salvataggio vero e proprio grazie a quella ragazzina. Non riuscivo a capire, e di minuto in minuto, più avevo a che fare con lei, più le parole di mio padre mi sembravano un eco lontano, aleatorio, che svanisce come il fumo di una sigaretta dalla bocca di un fumatore che espira distratto. Mi convincevo lentamente e inconsciamente che si era sbagliato, che si era in qualche modo espresso male, lo davo proprio per scontato, visto che quel che raccontava erano solo parole sparite con lui chissà dove in solitudine, mentre Mirai era lì con me, e potevo percepire coi sensi quel che annientava le parole di mio padre.

Hei Trunks…” la voce, bassa, incerta, richiamò la mia attenzione poco dopo aver percepito la sua presenza scendere le scale. Mi voltai. Il sorriso che le avevo preparato esitò un istante, quando trovai la sua figura leggermente diversa da come l’avevo lasciata. Il compito di ricoprirle la pelle lattea era stato affidato a un morbido vestitino lungo al ginocchio color celeste ghiaccio, che stringeva sotto il petto, lo scollo ampio a barca aveva al centro un fiocchetto. In testa i grandi ciuffi ondulati erano raccolti in un codino sul lato sinistro. Ai piedi, delle ballerine bianche, che accentuavano leggermente la statura non molto alta.

“Ho dormito tanto… eh?” ero a malapena riuscito a risponderle con un sorriso, e così riprese lei la parola.

“Hai fatto bene” le feci un cenno con la mano, battendo piano sui cuscini che mi circondavano e sui quali ero appoggiato “vieni, siediti.

Mi venne accanto, fu un po' impacciata nel sedersi, non sembrava abituata alle gonne.

“Tua mamma mi ha dato dei vestiti puliti… è stata davvero molto gentile” l’aria si mosse, nel suo avvicinarsi, e mi portò l’odore tipico di bagnoschiuma che aveva sulla pelle e sui capelli.

“Aveva detto che ti portava anche degli asciugamani puliti” azzardai, per non essere troppo indiscreto.

“Sì…” finì di aggiustarsi la gonna sulle gambe piegate, poi riprese “infatti mi ha lasciato un grande asciugamano, mi ha detto che potevo lavarmi, meno male, dopo una doccia sto davvero meglio. Nella camera poi c’erano i vestiti e queste scarpe” mosse un piede a destra e a sinistra un paio di volte “per fortuna sono la mia misura.

“Tu e mia madre avete più o meno la stessa altezza… lei di queste cose se ne intende.”

Continuava a lottare con quella stoffa che evidentemente non la copriva come voleva. Sembrava impegnata, assorta nel sistemarsi il vestito. L’espressione era quella che ha solitamente un bambino quando, nel fare la cosa più semplice, impiega tutte le abilità acquisite fino a quel momento, ma nonostante ciò non riesce e sembra sempre sull’orlo di scoppiare in un pianto col quale richiedere aiuto a un adulto. Non potetti trattenermi dall’osservarla insistentemente. Alzò il volto, accortasi che la fissavo, le guance sembrarono colorirsi.

“Mi chiedevo, quanti anni tu abbia” per un attimo ebbi la paura che l’avesse sfiorata il pensiero che il mio sguardo insistente fosse sulle gambe a suo avviso, evidentemente, troppo scoperte.

“Ho 19 anni.” Nel rispondere, il viso tornò basso, ma doveva aver comunque notato una certa espressione eloquente nel mio volto “Ti sembravo più piccola? Me lo dicono spesso.”

Mi venne una breve risata, non sapevo come rispondere, quando si parla di età con le donne, è peggio che camminare in un campo minato.

“Tu quanti anni hai, Trunks?” passò due volte le mani velocemente sulla gonna, come a lisciarla bene sulle gambe per l’ultima volta, e alzò il viso verso il mio “Aspetta indovino!” le sorrisi, accogliendo la piccola sfida “Uhm… una cinquantina!”

“Cinquanta?!” mi misi a ridere, lei mi fece una linguaccia “Ok, adesso siamo pari!”

“Dimmelo tu quanti anni hai, magari faccio davvero la gaffe!”

“Io ho 21 anni.” Le risposi semplicemente, mandando il busto indietro e sorreggendomi con le braccia tese e appoggiate con le mani più indietro della schiena. “Li porto bene?”

“Uhm…” fece finta di scrutarmi a fondo “direi di sì. Non aveva più lo sguardo sul mio, non teneva mai per molto gli occhi nei miei.

Rimanemmo per qualche istante in silenzio, aveva cambiato posizione delle gambe ed era ricominciato il rituale della gonna.

“Ti ringrazio tanto, per prima.” Parlò, col capo chino, intenta nel suo lavoro certosino, e non me l’aspettavo. Non aveva niente da ringraziarmi, aveva salvato mio padre, non sarebbe mai stato abbastanza quel che potevo fare per sdebitarmi. E poi, attraverso di lei, servendomene quasi, e per un attimo l’idea mi fece sentire un pungente senso di colpa, io credevo di poter conoscere ed espiare i fantasmi che avevano tormentato la mia vita passata. Tutto questo, lei in parte lo sapeva, in parte non doveva saperlo. Ma comunque, non doveva ringraziarmi.

“Hai fame? Vuoi qualcosa da mangiare? C’è di tutto!” mi guardò per un attimo, cercando di capire come mai non gli avessi risposto, ma nel sorriso che le rivolsi sembrò comprendere, e tornando con l’attenzione sulla mia ultima domanda, con un cenno del capo annuì. Mi alzai andando verso la cucina, mi imitò.

“Attenta a quando ti muovi, quel vestitino è corto!” parlai senza fermare il passo, dandole le spalle. Non l’avevo nemmeno vista, per la verità.

“Vero?!” il tono era imbarazzato e preso dal panico, non la guardai ma potrei in piena tranquillità scommettere che diventò paonazza “Dannazione io non ci sono abituata!”

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Capitolo 9
*** Il Segreto del tuo Sorriso ***


Tornata dal fine settimana

Tornata dal fine settimana! Rieccomi qui! Allora angeli...siete tutte e tre a rapporto vedo! eheh... cominciamo in ordine...

Ele, certo che puoi chiamarmi kla! Ah, me l'aveva chiesto anche la Lovva tempo fa, ma mi ero scordata di risponderle, comunque già mi chiama così perciò...insomma chiamatemi come vi pare! eheh tornando a Ele, sono contenta che ti piaccia Mirai, sto cercando di mantenerla naturale e non montata, e con i vestitini che piacciono anche a me, perciò il fatto che l'hai trovata carina è anche un complimento personale e perciò sempre più gradevole! Lovva, arrivo a te adesso... sei splendida! eheh davvero! Non preoccuparti se non riesci a leggere ogni giorno, so quanto puoi avere da fare! Tanto anche io d'ora in poi rallenterò un po'... il tuo commento presto o tardi è sempre importantissimo! Il fatto che quando leggi non ti accorgi nemmeno di arrivare in fondo al capitolo è davvero un bellissimo complimento per me! Eh sì, adesso i due si cominceranno a conoscere bene... beh ogni tanto ci vuole anche una risatina no? Un bacio tesora, in bocca al lupo per tutto! E la terza angel in ordine di recensione, Lory! Tu cogli sempre le sfumature di Trunks che voglio mettere in risalto! Sono contentissima che l'hai notato! Grazie davvero, e grazie anche per il bel commento, come sempre!

Adesso vi lascio al capitolo... stavolta è un po' più lunghino, visto che sono tre giorni che vi lascio in pace eheh (ma anche no! nd.Ele-Lovva-Lory)... la narrazione è sempre di Trunks... per ora resta a lui, almeno fino a fine della situazione! Un bacione dalla vostra Scimmia x3

Cap.09 -Il Segreto del tuo Sorriso-

Era buffa, mentre mangiava. Aveva appetito, e si vedeva, ma cercava di non farlo notare. Era attratta da tutto quel che c’era sul tavolo di cucina, che andava da pizzette e schiacciatine a moltissimi tipi di dolci, per arrivare a piatti come pasta e riso freddi. C’era di tutto perché mia madre e Chichi fanno sempre le cose in grande. E Mirai guardava in silenzio, con l’aria di chi non sa cosa scegliere, perché mangerebbe tutto. Però si sentiva in imbarazzo, era evidente, e così prese una fettina di dolce alla cioccolata e iniziò a morderlo lentamente, con gli occhi che si guardavano attorno solo per non ricadere di nuovo sui vassoi stracolmi.

“Prendi pure tutto ciò che vuoi” mi avvicinai a lei porgendole un bicchiere con del succo di frutta, che aveva scelto poco prima. Finì di ingoiare il boccone che stava masticando, poi prese con la mano libera il bicchiere.

“Sì sì…” sembrava titubante, e prese un sorso.

“Non ti piace niente?” ero sicuro che il problema fosse l’opposto, ma glielo chiesi ugualmente.

“No…” si mise in bocca l’ultimo pezzetto della fetta di torta e lo ingoiò velocemente “Anzi… tra l’altro… dev’essere tutto buonissimo” alzò lo sguardo verso di me.

Aveva un aspetto buffissimo, con la bocca tutta circondata di briciole di dolce. Sorrisi un po' più profondamente, e rimase perplessa, stavo per dirle cosa mi facesse tanto divertire ma evidentemente lo capì da sola, e si portò le mani alle labbra pulendosi velocemente.

“Ho la bocca sporca?” era imbarazzata, e tornò con lo sguardo verso il pavimento. Il viso le si coloriva sempre così velocemente.

“Tieni” presi un fazzolettino di carta dietro di me e glielo porsi, finì così di pulirsi. Alzò il viso senza parlare, ma guardandomi delicatamente. “Sì, adesso va bene” le dissi capendo cosa tacitamente mi chiedeva. Sorrise, si girò di scatto, prese una pizzetta, e tornò voltata verso di me stringendola con entrambe le mani appena sotto la bocca.

“Chi ha preparato queste cose? Tua mamma?” adesso era meno timida, e si muoveva con un po' più di disinvoltura. Ci aveva messo molto meno lei a fidarsi di me, che tutti gli altri quando arrivai la prima volta ed offrii loro da bere.

“Sì, la mamma e anche la signora Chichi.”

“Chi è Chichi? Quella signora coi capelli neri?”

Annuii alla sua domanda, e non parlai visto che dall’espressione che fece dopo il quesito pareva essersi accorta di aver chiesto una cosa ovvia, dato che esclusa mia madre l’unica altra donna era lei. Non glielo feci notare.

“E lei… chi sarebbe?”

“E’ la moglie del signor Goku… hai capito chi è Goku, giusto?” mordicchiando la pizzetta, mi fissava con gli occhi grandi sgranati, e dopo qualche istante di silenzio mosse la testa a desta e a sinistra. Dimostrava sedici anni, diciassette al massimo. “No? ti ha parlato quando sei arrivata, ricordi?” non muoveva più la testa, ma da quegli occhi pareva di poter leggere i suoi pensieri, e non v’era dubbio alcuno che continuasse a brancolare nel buio.

“Su vieni” sorrisi incamminandomi verso l’esterno “te li presento.”

Titubò, in un primo momento. Mosse il braccio in avanti e aprì la bocca come per parlare, ma non disse niente, solo rimase ferma in cucina. Sulla porta d’ingresso mi fermai e con la mano sulla maniglia la guardavo aspettando di capire quale problema avesse. Ma i suoi occhi erano bassi, e non potevo leggervi attraverso. Sembrò riflettere un attimo, poi alzò lo sguardo, sorrise, e trotterellando mi venne accanto.

“C’è qualche problema?”

“No…”

Non mi convinceva quella risposta, ma non chiesi spiegazioni, mi voltai e socchiusi la porta. Prima di poter uscire mi sentii tirare una manica della maglia, tornai con gli occhi su di lei.

“Non mi… io non voglio restare sola… per piacere…” evitava il mio sguardo, mollò subito la presa sulla stoffa della manica.

“Tranquilla, ci sono io.” Poggiai la mano sui suoi capelli, e lei si chiuse leggermente nelle spalle strizzando gli occhi, poi li aprì e guardandomi sorrise, sembrava ringraziarmi. Così finalmente, uscimmo fuori.

Mi stava appiccicata al fianco, con la testa china e gli occhi che guizzavano da una parte all’altra attraverso i riccioli che le ricadevano sul volto, per guardarsi intorno. A volte le sue mani, camminando, toccavano le mie braccia, e mi dava l’impressione di volersi aggrappare forte a me, ma non si azzardò a dar sfogo al suo istinto. Non so se con i miei movimenti ho influito sul suo desistere… non pensai nemmeno un istante di porgergli la mano, non per cattiveria, ma proprio perché pensavo che lei stessa avrebbe potuto imbarazzarsi a tal gesto, lei che non riusciva a sostenere neppure il mio sguardo. Se l’avesse davvero voluto, pensavo che avrebbe potuto farlo da sola. Non pensai, in quel momento, che già abbastanza sperduta e sballottata, non avrebbe mai azzardato; e solo ora mi accorgo che ho mancato nei suoi confronti, quel giorno. Comunque arrivammo vicino agli altri, chi seduto al tavolino, chi in piedi.

“Guarda, Chichi, te l’avevo detto che il celeste le avrebbe donato!”

“È tuo quel vestitino Bulma? Non te l’ho mai visto… è adorabile!”

“Certo che non me l’hai mai visto, ti pare che abbia l’età per mettermelo?” si alzò, mia madre, avvicinandosi a noi che ancora camminavamo lentamente nella loro direzione, e si portò vicino a Mirai. “Risale a quando avevo la sua età…” le poggiò una mano sulla spalla e dopo averle sorriso tornò con lo sguardo sull’altra donna. “Una volta lo dimenticai qui e poi… c’è sempre rimasto.”

“Non è un po' troppo femminile per te quel vestito, Bulma? Tu eri molto più maschiaccio alla sua età!” Goku si avvicinò a noi, con una mano si grattava la nuca e sorrideva. Lo seguiva poco distante suo figlio.

“Ma cosa dici io sono femminilissima!” a passo spedito andò di fronte all’amico, e con aria furibonda parlando gli agitò l’indice sotto il mento “Da chi me lo devo sentir dire, da quello che non distingueva i maschi dalle femmine!”

Iniziarono a battibeccarsi, com’erano soliti loro, nel modo che avevano di dimostrarsi il profondo affetto che li legava.

“Vieni Mirai” attirai l’attenzione della ragazza assorbita e divertita allo stesso tempo dalla scena. “Ti presento gli altri mentre loro si calmano.” Iniziai a camminare, mi seguì col suo solito passo saltellante.

“Sono buffi!” sentii la sua voce alle spalle.

“Sì, è vero.”

Arrivammo davanti alla sdraio del vecchietto, adesso sveglio e intento nelle sue solite letture.

“Genio.” Mosse lo sguardo verso di noi, e notando la presenza femminile, subito si agitò cercando di nascondere le riviste piene di signorine che, quando erano nella loro versione più vestita, portavano ridottissimi bikini. “Volevo presentarti Mirai.”

Si alzò, mentre con i piedi ancora spingeva gli ultimi giornalini rimasti alla vista sotto la sdraio.

“Piacere, piacere! Wow che bella ragazzina!” le fissava insistentemente il seno prosperoso, che con lo scollo ampio del vestitino era messo ancora più in risalto. Mirai se ne accorse, ma cercava di non crederci, io invece me ne ero accorto e ci credevo eccome. Mi sarei stupito del contrario. “Allora, qui sei la benvenuta resta pure quanto vuoi!” non toglieva lo sguardo dal suo petto, se non per cercare di vederle anche il resto del corpo sotto la gonna.

“La… la ringrazio…” non sapeva più cosa fare per sfuggire da quella situazione imbarazzante, tanto che a un certo punto mi guardò, lo fece cercando di sembrare naturale, ma capii subito che mi chiedeva aiuto. Le posai una mano sulla spalla, e la spinsi leggermente dietro di me.

“Genio!” cercavo di richiamare la sua attenzione, e di fargli alzare lo sguardo, ma dietro quegli occhiali scuri anche a testa alta avrebbe guardato dove voleva. “Genio!” alla fine alzò la testa nella mia direzione.

“S-sì? Dimmi Trunks…”

“La lasciamo al suo relax… sa dirmi dov’è Olong?”

Si guardò attorno più volte “Era qui… era qui con me fino a un minuto fa!”

Un grido acuto e prolungato ci fece sobbalzare, e senza avere il tempo di voltarmi verso Mirai me la trovai attaccata al braccio ancora urlante, mentre agitava una mano dietro di se. Non me l’aspettavo, o sarà stato quell’urlo che entrava pungente fino a far incrinare i timpani, ma d’istinto la presi per la vita e la sollevai sopra la testa.

“Olong!” era lì, il porcellino che stavamo cercando, dietro di lei, le manine grassottelle ancora allungate di fronte a se. Ci mise un po' a rendersi conto che ciò che stava impropriamente toccando gli era sparito in un attimo, e quando realizzò alzando lo sguardo incrociò i miei occhi. Dovevo avere un espressione furibonda, anche se in quel momento non me ne resi conto. “Ma cosa diamine sta facendo!”

“Ah… io… io…” balbettò cose poco decifrabili, poi si zittì. L’espressione leggermente impaurita tornò seria. La testa era sempre rivolta verso l’alto, ma i suoi occhi non sembravano più incrociare i miei. Capii pochi istanti dopo cosa stesse accadendo, quando la bocca si inarcò in un sorrisino strano, e voltandomi trovai anche il Genio nella stessa beata espressione pervertita.

“Trunks ti prego, fammi scendere!” nello stesso istante, la voce di Mirai mi portò con lo sguardo in alto. La stavo tenendo a pancia in su, quasi totalmente orizzontale sulla mia testa, e la gonna del vestitino era tutta tirata su, fino al punto vita. Mi sentii colorire il viso, trovandomi il tessuto a fiorellini degli slip a pochi centimetri dal volto. E quando se ne accorse, ricominciò a strillare, portandosi le mani alla gonna e cercando disperatamente di coprirsi le gambe.

“S-scusami!” la tirai giù, tenendola sempre in braccio, mentre lei stringendomi le braccia intorno al collo vi sprofondava il viso colorito di infinita vergogna.

“Che belle mutandine…” dicevano alternandosi il vecchietto e il maialino, con le loro solite facce affamate di giovani e morbide rotondità femminili.

“Adesso basta! Non avete ritegno!” alzai il tono di voce, istintivamente, e fu la seconda volta in quel giorno che mi trovai ad assumere un atteggiamento non mio. Si schiacciarono entrambi con le spalle contro il muro, leggermente intimoriti dalla mia voce alterata. “M-mi dispiace” cercai di riprendermi, nel frattempo feci scendere Mirai, che ancora tentava di tenere il volto coperto guardando in basso. Mi sentivo un calore sulle guance mai provato.

“Beh, noi adesso torniamo dagli altri.”mi piegai appena in avanti, come un piccolo inchino più studiato per scusarmi che per salutare. Mirai mi imitò, impacciata, sembrava farlo per la prima volta. Fu quel gesto a farmi tornare il viso del suo colore naturale, rilassandomi con un sorriso spontaneo.

Per tornare da mia madre e gli altri, feci il giro largo di modo da farle vedere tutta l’isoletta e farle fare il giro completo della casa. Stavamo in silenzio, un silenzio imbarazzante. Provai a dire qualcosa di assolutamente superfluo e insensato per illustrarle quella casa che non aveva assolutamente bisogno di spiegazioni, lei mi seguiva a capo chino senza ribattere.

“Perdonali… sono un po' eccentrici, ma col tempo… forse ci… beh… cerca di farci un po' l’abitudine.”

“La casa… è del Genio?” non c’entrava niente, ma furono le prime parole che mi rivolse.

“Sì… ma c’è sempre un gran via vai di gente.” Mi soffermai aspettandola, lei che mi seguiva a qualche passo di distanza, di modo che mi venisse al fianco. Avevo paura che non volesse, invece mi sbagliavo. Trotterellò nel suo solito modo, mi si mise vicino poi alzò il visino tondo e la trovai sorridente, il colorito assolutamente normale.

“Si vede… qui sembra un po' casa di tutti.” Mi sentii sollevato dal trovarla tranquilla e allegra.

“Infatti è così… è sempre stato così…”

Non capivo come potesse un sorriso così felice e spontaneo essere su quel volto che avevo visto poco più di un’ora prima inondato di lacrime senza un motivo preciso, ma che sgorgavano semplicemente dal suo inconscio sperduto e ferito. Eppure non mentiva, né adesso né prima, ne avevo la certezza. Aveva solo un’incredibile capacità di ripresa, e una forza vitale che raramente avevo visto, nel mio mondo perso nella distruzione. Se avessi imparato il suo segreto, avrei potuto anche io tornare a sorridere in quella mia realtà lontana decine di anni nel futuro.

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Capitolo 10
*** Il Ragazzo Venuto dal Futuro ***


Quando tornammo dagli altri, Bulma e Kakaroth avevano smesso di bisticciarsi

Ok, rieccoci qui! Wow questo capitolo cinque recensioni! Sono piacevolmente sorpresa! Ci sono le mie tre adorate Angels, Ainim93 e il mio nuovo Angel, Alan! Partiamo con ordine! La prima a recensire stavolta è stata la Lovva! Ciao carissima! Spero che la tua febbre sia passata, e che tu stia un po' meglio! Grazie ancora per le bellissime parole che mi rivolgi ogni volta, non importa se ci sono o no errori di grammatica, le scimmie come me non riescono nemmeno a riconoscerli! Eheh… ah, e sono contenta che hai notato la frase finale… era molto importante! Ma non avevo dubbi! Ele, grazie ancora dei complimenti! Eheh, no, pare che Genio e Olong non cambieranno mai! Trunks è stato protettivo istintivamente, certo, magari però se non l’alzava sopra la testa di modo da non sollevarle il vestitino forse era meglio! Eheh, ma come biasimarlo, mica se ne intende di donne e vestiti! Lory, eheh, tu aspetti solo l’inciucio eh! Beh non so se sia stato un principio di gelosia o meno, fatto sta che il nostro principino si trova in una situazione per lui sconosciuta e quindi ha atteggiamenti piuttosto istintivi! E poi, lui vuole proteggerla perché lei ha salvato (si sapesse come! Eheh) suo padre! Ma diamo tempo al tempo… Alan, è un piacere sentirti! Un bel coraggio a esserti fatto cinque capitoli uno dietro l’altro! Dici bene, ho il vizio di essere molto dettagliata, ma soprattutto mi piace cogliere e descrivere i momenti più comuni, quelli più banali diciamo! Sono quelli in fondo i momenti più importanti, quelli che costruiscono i rapporti e definiscono le relazioni interpersonali, inoltre sono quelli più intrisi dei nostri sentimenti. Comunque lo scopo è proprio quello di vedere Trunks alle prese con qualcosa di sconosciuto per lui, cercando di tenerlo più fedele possibile al personaggio! Vedremo come va! Per ora, grazissime per le recensioni dettagliate e attente, e grazie per leggere la storia! Sei il mio quarto angel! Eheh anche se erano tre… ma io ne ho quattro! XD

E poi, un saluto anche a Ainim93! Grazie per i complimenti! Non ho ben capito se hai sempre seguito la storia o se l’hai letta tutta insieme o solo quel capitolo, comunque spero che mi seguirai! Un bacio e grazie ancora!

E adesso… sotto col nuovo capitolo! La narrazione torna a Mirai… detto questo… un kissone a tutti dalla vostra scimmia! x3

Cap.10 –Il ragazzo venuto dal Futuro-

Quando tornammo dagli altri, Bulma e Kakaroth avevano smesso di bisticciarsi. Chiacchieravano seduti attorno al tavolino, e mentre ci avvicinavamo si accorsero di noi ma non ci dedicarono più di un’occhiata sfuggente, e qualche sorriso, persi com’erano in un qualche discorso che aveva tutta l’aria di essere serio. Mentre li raggiungevamo d’improvviso vidi Trunks sedersi sulla sabbia a un passo dalle onde che arrivavano a riva, e con un gesto della mano mi invitò a imitarlo. Mi sedetti così di fianco a lui, e mentre mi aggiustavo quella dannata gonna che pareva avercela con me, parlò rivolto verso l’orizzonte.

Stiamo un po' qui, ti va? Tanto loro stanno parlando di Cell…”

“Di chi?” andai a cercare il suo sguardo, che mi concesse.

Cell… è quel mostro che combatteva contro mio padre quando tu sei spuntata all’improvviso.”

“Non lo ricordo…” provai a lungo a riesumare qualche immagine dalla memoria, ma non servì a niente.

“Non ha importanza… non ti perdi niente!”

Gli feci diverse domande a quell’affermazione, e lui rispondendomi esaurientemente mi raccontò tutto su quel nuovo terribile nemico. Rabbrividii alla parola “essere perfetto”, una definizione che lasciava ben poche speranze alla razza umana e la sua sopravvivenza, ma il ragazzo di fianco a me mi rincuorò, dicendomi che Goku era molto forte e che aveva sempre risolto ogni problema, questo era quello che gli aveva sempre raccontato sua madre.

Ma Goku chi è? Non l’ho ancora capito!” alla fine, ci eravamo dimenticati di finire le presentazioni.

Ma come! È quello laggiù” si voltò in direzione del gruppetto riunito al tavolino, indicando appena col dito “Ci hai parlato, ricordi? Quello con la tuta arancione!”

Ma quello… quello non è Kakaroth?”

Tornò voltato verso di me, mi fissò per lunghi istanti con espressione neutra, poi scoppiò in una risata.

“Adesso ho capito!”

Cosa c’è da ridere?” continuavo a chiedergli un po' imbarazzata, sapevo che non rideva di me, ma quella figura mi metteva sempre a disagio, qualsiasi cosa facesse.

“Non preoccuparti” sembrava aver capito il mio stato mentale, tornò col volto rilassato e mi sorrise teneramente “Hai ragione! Mio padre davanti a te l’ha chiamato Kakaroth… ma solo mio padre lo chiama così. Il suo nome è Goku.”

“Ah! Quindi lui è Goku.” La mia espressione doveva essere perplessa, mentre muovendo la testa facendo cenno di aver capito.

“Mio padre lo chiama a quel modo, perché…” si soffermò. Sembrava non sapere da dove cominciare, ed effettivamente ogni parola era strettamente collegata ad altrettante premesse che era difficile riuscire a concludere una frase. “Sai è difficile da spiegare!” si portò una mano alla nuca, lo sguardo tornò in direzione del confine del mare, e sorrise.

“Qui è tutto così strano!” non riuscii a trattenermi… forse era la voglia di interrompere il silenzio, forse la cosa che più sentivo in quel momento. Non rispondeva, e nella minima paura che la frase potesse essere intesa male ripresi la parola “Ma le favole più belle sono quelle piene di mistero, no?”

“Favola dici?” quelle due gocce di cielo tornarono su di me.

“Un uomo che vola in un’ isola da paradiso terrestre… come inizio di una favola è perfetto.”

Fece una leggera risata, chiuse gli occhi e portò il viso rivolto verso il cielo. Era sporto all’indietro, si sorreggeva affondando le mani nella sabbia dietro di se. I capelli lunghi e lisci ricaddero verso il basso, non più appoggiati sulle spalle e lungo la schiena, adesso erano liberi di danzare ad ogni minimo alito di vento. La luce del sole filtrava dalle palme sotto le quali eravamo seduti colorendo a macchie il suo volto ancora verso l’alto, con gli occhi chiusi, e l’espressione pacifica. Il sorriso scivolò via lentamente dal suo viso, in maniera impercettibile anche per me che lo guardavo senza distogliere un attimo lo sguardo. Se ne andò come se ne va il sole tramontando, che lo puoi fissare senza interruzione, ma d’improvviso l’ultimo raggio ti saluta e scompare dietro le montagne all’orizzonte, e tu non ti sei nemmeno accorto di quando scendendo le ha sfiorate per la prima volta. All’improvviso era serio, sembrava addormentato. Ma il vento danzava nei suoi capelli, sfiorava il suo collo e poi andava a carezzargli il volto. Pareva avvolto da questa pace, e godersi le coccole della brezza marina. Non avrei mai potuto interromperlo, rapita da un attimo così magico. E intorno a noi, il rumore delle onde che si sdraiavano per un attimo sulla sabbia fina e bianca, stanche dell’incessante danza del mare.

“Come inizio è perfetto…” vidi le sue labbra muoversi, solo quelle “… ma non c’è un finale da favola a questa storia.”

“Beh, non è detto…” rannicchiai le gambe al petto e le strinsi con le braccia, continuavo a guardare quella figura che sembrava un tutt’uno con la natura. Ma improvvisamente aprì gli occhi, tornò col busto in avanti, voltò la testa verso di me e mi trovò intenta ad osservarlo. Mi imbarazzai e portai lo sguardo davanti a me, sperando di farlo prima che i nostri sguardi si incrociassero, ma sapevo che era comunque troppo tardi.

“Invece è detto… io lo so… io conosco il finale di questa storia.

“Non essere così pessimista… nessuno conosce il futuro. Parlai un po' assorta, ancora concentrata a rivedermi la scena appena passata nella mente più e più volte sperando di trovare una minima speranza che non si fosse accorto del mio fissarlo.

“Io conosco il futuro.” Parlò con voce greve, tanto che dovetti tornare con gli occhi su di lui, ma evitando i suoi. Rimasi in silenzio, sperando che proseguisse. Ma non lo fece, e furono lunghi gli attimi di silenzio che seguirono. I nostri occhi tornarono lentamente verso la sabbia. Dovevo trovare un significato a quelle parole, forse intendeva qualcosa di particolare, forse c’era un doppio senso che avrei dovuto carpire.

“Potresti non credere a quel che sto per dirti.” Alzai gli occhi su di lui, che finalmente aveva ricominciato a parlare, interrompendo ogni mio dubbio. “Però io… io… non appartengo a quest’epoca.

Iniziavo a capire, ma nel contempo non potevo convincermene. Rimasi in silenzio, guardandolo. Fu lui, per la prima volta, ad abbandonare per primo il contatto di sguardi.

Cosa intendi?” a quel gesto non riuscii a trattenermi dal parlare. Sembrava un po' triste, malinconico… debole.

“Io sono arrivato fin qui dal futuro. Ho viaggiato con una macchina del tempo.” Silenzio, poi di nuovo la sua voce “Riesci a credermi?”

“Io sono arrivata qui sulla schiena di un uomo che vola.” Ritrovai il suo sguardo, un po' stupito, tanto che potevo vedere ancora meglio il celeste delle sue iridi. Niente da invidiare a quel mare che cantava davanti a noi, né al cielo che si mostrava terso sopra le nostre teste. Il sorriso sul mio viso divenne più profondo “Come potrei non crederti.”

“Ti ringrazio” e con queste parole i suoi occhi vennero socchiusi da un sorriso, e quel colore unico tornò di nuovo a nascondersi nelle palpebre.

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Capitolo 11
*** La Promessa Infranta ***


Quello che mi raccontò successivamente, aveva dell’incredibile

Finalmente, ce l’ho fatta a scrivere un altro capitolo! Doveva essere breve invece… come sempre, ho sforato! Vabbè… passiamo ai miei angeli…

Questa volta il primo è stato il mio New Entry… Alan! Ciao Alan! Mi fa piacere che la narrazione a più voci ti piaccia con l’andamento della storia! Ero molto indecisa sul da farsi! Effettivamente il tempo a loro disposizione è poco, e l’incertezza per il domani non manca… chissà se useranno il poco tempo a loro disposizione al meglio! Anche tu sei preoccupato su cosa farà Trunks quando dovrà tornare al futuro! Eheh è la preoccupazione di tutti… vedremo… un bacio! La seconda a commentare è stata… la Lovva! X3 ciau tesora! Allora… possiamo dire di avere un nuovo pericolo per le strade italiane? Eheh… spero che sia andato tutto bene! Sono felice che sia stato il tuo capitolo preferito! Effettivamente ruotava proprio sul gioco di sguardi, come hai notato! Un bacione, e grazie ancora per le tue parole sempre stupende! Poi ho ritrovato il commento di Ainim! Mi ha fatto molto piacere! Adesso so finalmente che sei una new entry, ma se volevi potevi anche darmi un parere sul capitolo! Ehehcmq rispondo al tuo dubbio: sì, serendipity ha un significato, e in parole (molto) povere, è una parola che indica il trovare qualcosa mentre stiamo cercando qualcos’altro; è generalmente indicato anche come l’influsso del destino. Ovviamente, non a caso è il titolo della storia! Grazie per la domanda, nessuno me lo aveva ancora chiesto ma è molto importante! Lory, spero tu stia meglio! Grazie per le tue parole… beh effettivamente anche su Mirai c’è qualche mistero… ma lo scopriremo col tempo, no? un bacio! E dormi tranquilla! Ele (il cui commento è sparito per i problemi di ieri sera suppongo! Ma avevo scritto prima che venisse cancellato!), non preoccuparti se non hai potuto recensire prima! Il tuo commento è arrivato proprio mentre stavo scrivendo questo capitolo! Ho avuto molte cose da fare in questi giorni e non ho avuto modo di proseguire, ma sono contenta che tu sia arrivata in tempo! Non sei affatto ripetitiva, non sai quanto mi fanno piacere le tue parole, e il fatto che anche tu stia sentendo le emozioni crescere gradualmente non può farmi che un piacere immenso! È proprio quello che mi sono riproposta di fare! Un bacione.

E adesso… passiamo al prossimo capitolo (che riposto visto che è sparito! Alan… la tua recensione è andata xD spero che me la rimetterai x3)… narrazione… ma dai, che lo devo dire davvero? Si capisce! ^^ un kissone, la vostra scimmia di quartiere.

Cap.11 -La Promessa Infranta-

Quello che mi raccontò successivamente, aveva dell’incredibile. Mi risultò molto più facile credere alla sua voce che mi annunciava il suo arrivo da un’ epoca ancora inesistente, piuttosto che farmi un’idea che suo padre e quel Goku fossero due alieni provenienti da un pianeta di guerrieri ormai distrutto da anni. A grandi linee capii soltanto che Goku era cresciuto sulla Terra ignaro di essere un alieno, mentre il padre di Trunks era arrivato pochi anni prima con l’intenzione di distruggere il pianeta. Poi erano successe altre cose, battaglie in pianeti ai confini dell’universo, nemici in comune… e la storia tra quello strano uomo che volava e la madre di Trunks.

“Ma non sembrano alieni…” mi uscì di bocca piano, mentre voltandomi davo delle occhiate sfuggenti all’uomo dai capelli biondi dietro di me.

“Già, perché non hai visto le loro code!”

“Code?” tornai con lo sguardo sul ragazzo seduto di fianco a me “come la coda? Ma tuo padre non…” ci pensai bene prima di concludere la frase. Ma ero stata diversi minuti riversa sulla sua schiena, mentre mi portava all’isola, e se avesse avuto una coda non avrei potuto non ricordarmene.

“Adesso non ce l’hanno più, se la sono levata. Per i saiyan la coda è un punto molto debole.” Non mi permise di proseguire, aveva capito quel che intendevo. Continuai a guardare nei suoi occhi, senza sapere cosa dire. “Anche a me l’hanno levata appena nato” e si portò una mano sul fianco muovendola un paio di volte da sinistra a destra.

“Nemmeno il tuo fratellino ha la coda! L’hanno tolta anche a lui?”

Mi guardò perplesso, rimanendo immobile per qualche istante. Allora gli indicai con una mano il piccolo che riposava in braccio a Bulma. “Lui non è figlio di Vegeta?” ma non riuscii a finire la frase che Trunks scoppiò in una risata.

“Scusami” non mi permise di crucciarmi verbalmente per quel suo scatto d’ilarità, e prese la parola “non mi sono spiegato bene! Quello non è mio fratello… quello sono io da piccolo!”

Tornai con gli occhi alla ricerca della piccola figura rannicchiata tra le braccia della sua mamma. Da lontano non vedevo bene, ma lo sguardo lo cercò ugualmente. Che storia strana legava tutte quelle persone, che a prima vista, a non veder volare uno di loro, parrebbero semplici umani come tanti, come fin troppi che affollano la Terra. Ma non solo Vegeta, anche Trunks mi disse che sapeva volare, e pure Goku e suo figlio, e non solo loro. Avevano altri amici, alcuni alieni e alcuni terrestri, che volavano come loro. Sembrava uno scherzo, una storia, o un set cinematografico. Ma forse proprio perché era tanto strana da non sembrar vera, quella storia mi elettrizzò, e mai per un attimo pensai che quel ragazzo mi stesse mentendo. Se avesse dovuto raccontarmi una balla, per un qualsiasi motivo, probabilmente se ne sarebbe inventata una più verosimile, è questo quel che pensavo. Mentre in maniera inconscia sentivo di potermi fidare di lui.

Hei, ragazzi!” la voce di Goku, disattesa alle nostre spalle, ci fece trasalire.

“Salve signor Goku” lo salutò con cortesia Trunks, alzandosi in piedi. Di riflesso lo imitai, e mi mossi in un piccolo inchino. Apparve un sorriso nel volto del ragazzo dai capelli lunghi, vedendo che agivo come l’avevo visto fare poco prima di fronte al vecchietto.

“Eh eh eh suvvia ragazzi non sono abituato a tutta questa formalità” parlava in una piccola risata, quell’uomo dalla corporatura imponente che ci stava di fronte. Alla sua sinistra, in una postura estremamente impostata e impeccabile, forse quasi troppo per un bambino della sua età, si trovava il figlio. Nonostante la compostezza, sorrideva benevolmente.

“Prima non abbiamo finito le presentazioni” riprese la parola, tornando leggermente più serio, ma sempre sorridente. “Io mi chiamo Son Goku” e mi porse una manona grande e robusta.

P-piacere” stavo per ripetere il mio nome, ma ricordai che glielo avevo già detto, e mi limitai a mettere la mano nella sua. Aveva la mano calda, e la stretta con la quale suggellò il nostro saluto era forte, ma delicata. Si sentiva che stava trattenendo una potenza eccezionale, e si muoveva con me come di solito gli adulti si muovono con un neonato, in maniera impacciata e tesa alla vista di un esserino indifeso che non può dire se sente male. Certo, io potevo parlare, ma se avesse usato tutta la sua forza non ne avrei avuto il tempo. Tutto questo traspariva dai suoi modi delicati nei miei confronti.

E questo qui è mio figlio.” Proseguì poi lasciando la presa sulla mia mano e posandola sulla spalla del ragazzino, spingendolo delicatamente in avanti.

“Piacere, io mi chiamo Gohan.” Le braccia erano dritte lungo il corpo, lo sguardo fisso negli occhi della persona a cui parlava. E in quel caso, potevo chiaramente vedere quanto verde ci fosse nel suo sguardo. Sorrideva un po' timidamente, unica cosa che tradiva un appariscente rigida educazione. Presi anche la sua mano, piccola ma forte quasi quanto quella del padre. Solo l’atteggiamento era un po' diverso, meno timoroso, forse a causa dell’incoscienza che ancora non lo faceva render conto della propria forza, conseguenza comprensibile della sua giovane età.

“Ascolta, Mirai, avevo intenzione di capire meglio cosa intendesse Vegeta con quelle parole sulla strana energia che hai sprigionato.” Lo sguardo del padre tornò su di me, era sempre più serio e il sorriso un po' meno intenso.

“Io… non saprei proprio… non so proprio…” tornai con lo sguardo a terra. Trunks notò subito il mio imbarazzo, sapeva che non avevo risposte. Fece un piccolo passo in avanti, mettendosi leggermente di fronte a me, stava evidentemente per parlare, ma Goku lo anticipò.

“Sappiamo che tu non hai idea di cosa sia successo, non preoccuparti. Volevo soltanto fare delle prove con te.” Tornai a guardarlo, anche Trunks lo fissava con aria dubbiosa. “Non è niente di strano e tanto meno pericoloso, non preoccuparti.

“Vuole metterla alla prova in che senso?” intervenne Trunks, sembrava calmo e trasmise sicurezza anche a me, alzai gli occhi cercando lo sguardo di Goku.

“Cercherò di capire che energia ha in sé, che intensità ha la sua aura… insomma, quanto sa gestirla…” lasciò gli occhi di Trunks per trovare i miei. “Sempre se tu sei d’accordo.”

Quel volto, non solo di bell’aspetto, non solo deciso e sicuro sebbene decorato da un sorriso, non solo gentile, ma adesso anche più misterioso ai miei occhi perché sapevo provenire da un universo che non osavo immaginare nemmeno di notte quando scrutavo il cielo e le stelle… ma quel volto mi ispirava troppa fiducia per rifiutare.

“Per me va bene” riuscii a dire solo queste parole, mentre Trunks rimase in silenzio. Mi guardava serio, e quando cercai il suo sguardo per capire cosa egli pensasse a proposito, mi concesse uno dei suoi soliti sorrisi.

“Allora dobbiamo andare in un posto più isolato… tu non sai volare vero?”

“No…”

“Coraggio, vieni, ti porto io.” Le sue mani forti mi strinsero le vita, e con la facilità con cui mi aveva sollevata Trunks poco prima, anche Goku mi sollevò e mi mise sulla propria schiena. D’istinto strinsi le braccia intorno al suo collo, i muscoli erano talmente rigidi e tesi che mi parvero pietra. Ma la pelle era calda.

Si guardò attorno un paio di volte scrutando l’orizzonte, come per fare mente locale, poi mosse qualche passo verso la parte opposta dell’isola.

Dove dobbiamo andare?” sentii la voce di Trunks alle nostre spalle. Goku portò le braccia indietro per sostenermi le gambe che avevo piegato e tenevo strette ai lati del suo torace.

“Andiamo da soli, Trunks. Tu resta qui.” Il ragazzo dagli occhi marini rimase in silenzio, ma le labbra ancora aperte tradivano una certa interdizione. Anche io mi sentii agitata a quella novità. Non avevo paura di Goku, ma avevo una certa strana sensazione nel rimanere senza Trunks. “Ci vediamo tra poco!” con la voce un po' più alta parlò alla moglie e al resto dei presenti.

“Tra poco? Dove vai adesso, Goku?” le grida di Chichi non servirono a niente, il saiyan non l’ascoltò. Mentre la donna ancora finiva la frase, l’uomo al quale ero aggrappata mosse qualche passo e con un balzo si alzò in volo; in pochi attimi l’isola divenne un puntino lontano. Il vento era forte, lassù nel cielo, e le nuvole erano cumuli di cotone inconsistente che ci circondavano. Sotto di noi, solo il mare sempre più blu. Ma quel colore a me ricordava solo due occhi che da pochi minuti avevo perso, gli occhi di quel ragazzo che mi aveva detto che mi avrebbe protetta e che mi sarebbe stato vicino, ma che adesso era lontano, tanto lontano da me, in quell’isola da sogno che era già sparita all’orizzonte.

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Capitolo 12
*** La Fine e L'Inizio ***


Cap

Bene… dopo il fine settimana a Roma, torno con questo nuovo capitolo! Un pezzo l’ho scritto in treno, figurarsi! Eheh… ma partiamo dai miei angeli!

Allora, la prima recensione è di Alan! Hei, l’ultimo arrivato è sempre il primo ultimamente! Ehehe mi fa molto piacere, Alan, e lo sai quanto mi lascino felice le tue recensioni! Capisci sempre molte cose in ogni capitolo (molte più di me xD)… ma vediamo se stavolta riuscirai a scovare il senso del titolo! Ma, devo ammettere, che questo titolo è stato dato un po' così… il senso è difficile capirlo perché non ce l’ha! Ehehe scherzo… comunque, un bacio e ancora grazie di seguirmi! È davvero importante avere un lettore come te! La seconda è stata… la Lory! Eheh carissima, anche tu non manchi mai! La tresca con Goku non c’è (ehehe) però il nostro saiyan avrà un atteggiamento niente male… e forse riusciremo davvero a scoprire qualcosa in più su Mirai… un bacio e ancora grazie! Poi, c’è Ele94! Per lei, un ringraziamento speciale, e anche una piccola dedica: sì, perché metà di questo capitolo è nato proprio grazie alla tua recensione! Ero partita con l’idea di andare in questo capitolo direttamente con una narrazione in terza persona… ma quando ho letto le ultime parole della tua recensione in cui dici “Per Trunks, penso che fosse quasi scontato andare con loro due, mi piacerebbe davvero sapere quali siano i suoi pensieri dopo la risposta negativa di Goku” subito mi è venuto in mente che era davvero una buona idea mettere i pensieri di Trunks. E così, ecco qui un primo piccolo paragrafo di ciò che frulla nella testa del nostro principino dei saiyan. Mi hai dato davvero un’ottima idea, ti devo ringraziare di cuore! E ovviamente grazie anche per tutte le altre cose gentili che mi dici, sono sempre molto contenta di sapere che ciò che racconto riesce a trasmetterti molte sensazioni. È tornata anche Ainim a recensire! Ti ringrazio molto per i complimenti, e mi fa un immenso piacere che anche tu abbia notato il significato del titolo, il fatto che la promessa è stata infranta, sì, ma contro la volontà di Trunks. Grazie ancora, e spero che mi dirai cosa ne pensi anche di questo capitolo!

Stavolta la Lovva non ha lasciato la recensione, spero che stia bene e che non stia ammattendo dietro tutte le cose che ha da fare, comunque la saluto e le mando un bacione!

Finiti i ringraziamenti, andrei alla storia, voi che dite? Uff, il finale mi è rimasto un po' in sospeso, non volevo lasciarlo così, ma poi diventava troppo lunga! Comunque non credo che qualcuno sclererà per il patos! Eheheh se così fosse, aggiornerò prima del previsto xD

Un bacione e un augurio di buone feste a tutti: a chi recensisce, chi legge, e chi entra a dare un’ occhiata, dalla vostra scimmia di quartiere x3

Cap. 11 –La Fine e L’Inizio-

Era una sensazione strana, quella che provavo in quei momenti. Mi sentivo a mio agio, non c’era niente che mi infastidisse, solo qualcosa che mi lasciava vuoto, una presenza che completava ogni minuto, e che adesso mi mancava. Uno scopo. Forse era quello, ciò di cui sentivo la mancanza, il mio nuovo scopo, quella promessa a me stesso, e anche a lei. Quella promessa spezzata. Dovevo proteggerla, lei contava su di me, e invece non lo stavo facendo. Mi era stato impedito, e da un momento all’altro io ero costretto a sperare che qualcun altro si preoccupasse di ottemperare ai miei doveri. Mi fidavo ciecamente del signor Goku, e con lui Mirai era al sicuro, forse più al sicuro che con me. Ma nonostante ciò, io non potevo sapere cosa sarebbe successo; è vero, io conosco il destino del Mondo, ciò che lo aspetta nei prossimi venti anni, tuttavia io non potevo vantarmi di conoscere il futuro di quella realtà diversa, tanto diversa fin dal primo istante che avevo messo piede lì. Quindi, nella mia mente, poteva verificarsi qualsiasi evenienza di cui Mirai avrebbe potuto subirne le ingiuste conseguenze. Non era sotto i miei occhi, non era tanto vicina da poterla prendere per un braccio e tirarla dietro di me, e questo mi metteva inquietudine. Una strana inquietudine che nemmeno il canto debole e rilassante delle onde poteva interrompere. Non riuscivo a capire l’atteggiamento del signor Goku, e non potevo accettarlo. Una strana smania prendeva il posto del mio autocontrollo, delle strane immagini caotiche si susseguivano nella mia mente, assurde, ma terribilmente incancellabili. Poteva tornare, Goku, da un momento all’altro, nel panico, senza di lei. Allora avrei dovuto capire cos’era successo, se era viva, o magari avrei dovuto sentir rimbombare nelle mie orecchie tante inutili parole che mi spiegavano come non aveva potuto salvarla. Avrebbe detto che era stato preso alla sprovvista, che l’aveva messa in salvo ma lei era sbucata improvvisamente fuori. Avrebbe detto che gli dispiaceva. Ma a me non importava niente di tutto ciò, né del destino infame né delle sue scuse. Io non avevo tenuto fede alla mia promessa, per colpa del suo agire istintivo e senza rispetto, e questo il signor Goku non lo calcolava.

Hei, Trunks, tu non vieni lì dagli altri?” la voce di Gohan arrivò a sfatare quelle immagini che si stavano appropriando della mia calma e razionalità. Mi sembrava di averle sotto gli occhi, in maniera così reale, che non riuscivo proprio a capire come mai, dato che non erano altro che pensieri, io non ricordassi cos’avessi fissato fino a quel momento. E forse anche Gohan se n’era accorto, e aveva parlato proprio per ridestarmi da quegli incubi a occhi aperti. Mi voltai, guardandolo.

“Certo, andiamo.” Cercai di sembrare il più credibile possibile, sorrisi e iniziai a camminargli al fianco.

Dopo diversi minuti di volo, all’orizzonte apparve un fazzoletto di terra, un isola un po' più grande di quella di Genio, completamente deserta, la ricopriva interamente soltanto la sabbia, pietre, e qualche arbusto secco. Goku si era premurato di farla sentire a proprio agio, avevano chiacchierato durante il volo, e avevano riso. Il saiyan sapeva come avere la simpatia delle persone, anche solo regalando loro uno sguardo. E Mirai lo sapeva, sapeva di potersi fidare di quell’uomo strano, con i capelli tanto gialli da brillare e la forza spropositata. Era più grande di Trunks, e se anche la sua forza fosse stata uguale a quella del ragazzo, probabilmente aveva a suo vantaggio una maggiore esperienza e capacità. Lo si coglieva non solo facendo questi ragionamenti, ma anche da qualcosa che trasmetteva inconsciamente, standogli accanto, stringendogli la mano o aggrappandosi alla sua schiena. Aveva rallentato, quando gli pareva che la velocità di volo potesse infastidire o impaurire la ragazza. Aveva abbassato un po' la quota, quando si era accorto che lei aveva aumentato la stretta al suo collo. Ad un leggero tremore delle braccia, gli aveva chiesto se avesse freddo o paura. Tutto questo rincuorò la giovane, che in pochi minuti già era più rilassata e abituata a quello strano modo di spostarsi che avevano quegli alieni provenienti da un universo distrutto.

“Ci fermiamo su quell’isola laggiù?” disse Mirai accompagnando le parole ad un gesto della mano, indicando l’isola che si faceva sempre più vicina. Ma il saiyan volava veloce, anche se aveva rallentato, e mentre rispondeva la superò .

“Non serve un’isola… non hai ancora capito o fai finta di non capire?” quelle parole risultarono alquanto strane, alla giovane ragazza, che si limitò a tornare a stringere il collo dell’alieno al quale si teneva saldamente aggrappata. Improvvisamente l’atmosfera si fece più cupa e tesa. Fino a quel momento avevano scherzato, ma il tono di Goku non era più lo stesso di qualche minuto prima. Pensò che forse non era più il momento di ridere, ma il momento di affrontare le prove alle quali doveva essere sottoposta, e si zittì senza chiedere le spiegazioni che voleva. Si sentì strana, un po' stupida e sfacciata, con l’impressione di aver preso una confidenza che non le era concessa. Ma non si scusò, non sapendo di cosa effettivamente doveva scusarsi, e sentendosi ridicola se magari in realtà tutta quell’atmosfera pesante fosse stata solo una sua impressione.

Improvvisamente, Goku si fermò. L’isola appena passata sotto di loro era ormai solo un cenno che permetteva all’occhio umano di dividere il blu del mare da quello del cielo. Tra loro due e l’acqua sottostante, centinaia di metri.

Le mani di Goku andarono all’indietro, su Mirai, la sollevò togliendole l’appiglio alla propria schiena, e se la portò davanti, sorreggendola per la vita. La ragazza, d’istinto, portò le mani sugli avambracci dell’uomo che la teneva, e le gambe erano sempre leggermente curvate, come a volersi rannicchiare per essere più leggera, o forse un istintivo rifiuto ad allungarsi verso quel vuoto che le appariva mortale. Lo sguardo del saiyan era serio, fermo, un po' distante. Lei si limitò a rimanere seria a sua volta, ma tenendo sempre la sua tipica espressione gentile, un po' da bambina.

“Avanti, facciamola finita.” Furono le parole di lui, di nuovo disattese, di nuovo con un tono diverso da quello di poco prima, a interrompere il silenzio.

“Finita? Finita di… di cosa?” le dita affondarono un po' nella carne delle braccia di Goku.

“Suvvia, non c’è bisogno che continui con questa recita! La tua aura non puoi mascherarla con quell’espressione fintamente innocente.

Mirai non capiva. Che idea si era fatto Goku di lei? E come mai prima era stato così gentile, mentre ora il suo atteggiamento era distante e ostile? La presa sulla carne dell’uomo era sempre più forte.

“Vedi? Hai capito benissimo quel che ho intenzione di fare. Perciò è inutile che continui a stringere, come se tu avessi paura di cadere. Lo so, che sai volare meglio di me.”

Gli occhi della ragazza si sgranarono, e un tremito forte e incontrollabile prese il controllo su di lei. Tentò, invano, di mantenere un espressione neutra sul volto, lei che non riusciva ancora a credere di aver capito bene. Ma la faccia dell’uomo che le stava di fronte era sempre più seria. Alla fine, le parole le uscirono dalle labbra tremanti senza che potesse fermarle.

“Non… non vorrai lasciarmi cadere…”

“Ti conviene smetterla… altrimenti ti farai un tuffo in mare!”

Il volto di Mirai divenne pallido, l’espressione sempre più agghiacciata. Non capiva, non riusciva a capire cosa stesse succedendo. Ma le restarono pochi istanti per ripetersi nella mente le parole appena pronunciate da Goku: improvvisamente, finita la frase, il saiyan aprì le mani, e la presa della ragazza sulle sue braccia servì a ben poco. La figura dell’uomo si fece rapidamente minuscola, alta nel cielo, poi la forza di gravità unita alla velocità di caduta, portarono la testa della ragazza verso il basso, e ai suoi occhi apparve solo il blu dell’oceano, sempre più scuro e sempre più vicino.

Volare. Goku le aveva detto di volare, le aveva detto che era sicuro che lo sapesse fare. Ma si sbagliava, aveva commesso un errore, un tragico errore, e Mirai non sapeva come fare per potersi salvare. D’istinto si portò le braccia incrociate davanti al viso, e chiuse le palpebre, riducendo così lo spazio che si erano trovate le lacrime nei suoi occhi, e facendole scivolare via lungo il volto. Quando abbandonavano la pelle, essendo leggere, loro, rimanevano in alto, impiegando più tempo di lei a cadere verso il basso, verso quel mare che se per la ragazza rappresentava la fine, per quelle gocce uscite dai suoi occhi rappresentava forse un nuovo inizio, una nuova vita immortale, tra le onde dell’oceano di cui avrebbero per sempre da quel momento in poi fatto parte.

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Capitolo 13
*** La Nuvola d'Oro ***


Ricordo nitidamente quella strana sensazione

Tornata! Ohi, ma sono più fuori che dentro casa in ‘sti giorni! Vabbè… partiamo con i miei angels eheh

La prima stavolta è stata Ainim! Wow sono contenta di trovarti ancora nelle recensioni! Il tuo commento mi ha fatto sorridere, per il tono che aveva la prima frase: “Io spero tanto che Goku non si sbagli”. Eheh beh, se Goku si sbaglia o no, lo leggerai in questo capitolo se ti va, e così vedrai anche se Trunks lo fa a fettine o no! eheh… Goku dovrebbe capire cosa? Ma se Goku non capisce mai niente nemmeno quando ce l’ha sotto il naso! Grazie ancora per le tue recensioni, spero di risentirti! E buone feste! Poi c’è… la Lovva! Tesora, mi sei mancata! Ma certo che ti saluto lo stesso, come dimenticare te e i tuoi commenti stupendi! Allora avevo immaginato bene: avevi l’influenza! Spero davvero che tu stia un po' meglio! A me in compenso il raffreddore sta passando! Eheh… beh che dire, Goku ha compiuto un’azione un po' azzardata, comunque adesso potremo capire come mai… ma non perder tempo a sgridarlo, tanto è tardivo, si sa xD Ribadisco, non preoccuparti se non hai tempo, tanto anche io non aggiorno con furia, e poi immagino come sei impegnata! I tuoi commenti valgono talmente tanto che vale la pena aspettare un po'! Buone Feste anche a te, e buon 2008! Un bacio, ci sentiamo! La terza era… Ele94! Ciao carissima! Beh che dire, tu hai dato l’idea a me, e io sono riuscita a renderla come te l’immaginavi: un bel gioco di squadra! Comunque ti ringrazio ancora! Con questo capitolo potrai scoprire i motivi che hanno spinto Goku a quell’ (insano) gesto! xD beh, certo, se Trunks fosse stato con loro avrebbe riacchiappato subito Mirai, ma non solo, probabilmente avrebbe pure tirato uno scappellotto al nostro caro saiyan! xD Auguri anche a te cara, grazie di tutti i complimenti generosissimi, un bacio e alla prossima! Ora passiamo ad Alan! Hei hei, non hai più il primato della prima recensione! Ehehe ma sì dai, l’importante è che ci sei, mi fa molto piacere, lo sai! Ovviamente le varie stranezze che riguardano Mirai verranno svelate piano piano più avanti, non solo in un unico capitolo e così presto! Comunque vedo che hai capito il significato anche di quel titolo di capitolo! Non avevo dubbi! Eheh… parte la sfida anche per questo? No… questo è troppo scontato xD Comunque… sì, la scelta della terza persona nello scorso capitolo era per quelle ragioni che dicevi tu… in una descrizione in prima persona avrei rotto un po' l’atmosfera. Lascio un po' in sospeso anche questo finale, non sgridarmi ti prego xD ci sentiamo, così ti chiedo qual è la frase che non hai capito! Baci baci! E infine, ecco la Lory! La scena che mi hai citato era proprio un modo per dare l’idea del punto di vista della ragazza senza narrare in prima persona come faccio spesso. Sono felice che tu l’abbia notato. Non sei mai monotona nei commenti, Lory! Mi fa piacere sapere quel che pensi… ah, lo sai… la tresca non è nei miei progetti a breve termine xD un bacio, ci sentiamo!

Bene… anche stavolta ho detto tutto ai miei angeli! Torniamo al capitolo! Di nuovo narrazione in prima persona, affidata al nostro principino preferito! Un bacio a tutti, e un buon 2008, visto che mi sa che questo è l’ultimo aggiornamento dell’anno! (almeno penso! °°)… un bacio, la vostra scimmia!

Cap.13La Nuvola d’Oro-

Ricordo nitidamente quella strana sensazione. Ero inquieto da diverso tempo, da quando l’avevo vista sparire all’orizzonte sulla schiena del signor Goku. Ma ci fu un attimo, un preciso istante, in cui non riuscii più a controllare il mio istinto. Eravamo seduti tutti intorno al tavolino davanti alla casa di Genio, sulle mie gambe tenevo il piccolo me stesso che giocherellava tirandomi i capelli. Era strano credere davvero che quel fagottino fossi io, credere che io ero stato così piccolo. Non mi sembrava vero, che quegli occhi così ingenui, così innocenti e felici, un tempo erano stati sul mio viso. Non c’era da crederci che in pochi anni avrebbero pianto lacrime amare, e che sarebbero divenuti sempre più tristi, giorno dopo giorno, nella straziante ma inesorabile consapevolezza di essere sempre più solo, inutile e disperato. Una responsabilità troppo grande, un fallimento personale totale. Perché avrebbe dovuto subire tutto ciò, quel bambino che adesso rideva i suoi sorrisi più belli, con la boccuccia spalancata e senza nemmeno un dentino? Non v’era motivo accettabile per cui dal suo volto avrebbe dovuto sfuggire quell’espressione felice. Eppure sarebbe accaduto… sentii prorompente la necessità di difendere la gioia di quel bambino. Per la prima volta, mi resi conto di quanto quel viaggio lo avessi fatto anche per me stesso.

Tirava i miei capelli con forza, il piccolo che doveva alla genetica una potenza già fuori dal comune, e tutti non potevano che ridere di quel suo modo spontaneo di far male senza rendersene conto, e di giocherellare con i capelli che un giorno avrebbero adornato il suo stesso viso. L’aria era allegra, tutti erano rilassati. Sembravano essersi tutti dimenticati di quella ragazza, che aveva impedito che quel bambino non conoscesse suo padre. Forse per loro non era così importante, l’idea di perdere qualcuno, perché potevano resuscitarlo, perché sapevano che comunque potevano riaverlo. Io avevo provato in tutta la mia vita la terribile sensazione di aver strappate le persone care da un addio rapido, disatteso e soprattutto definitivo. E per me l’idea che mio padre quel giorno avesse scansato il cammino della Morte, non poteva esser cancellata da nessuna risata. Io che con il mio arrivo avrei dovuto salvar tutti, per poco non stavo per permettere che la persona alla quale più desideravo salvare la vita incrociasse di nuovo la terribile sorte che gli era capitata nella mia realtà. E se ciò non era accaduto, se mio padre era ancora vivo, era merito soltanto di una persona. Fu in quel momento, con quel ragionamento, che quella strana sensazione mi investì totalmente, e se fino a quel momento con razionalità ero riuscito a convincermi di concentrarmi su quel bambino che giocava con i miei capelli, in un solo istante ogni mio cenno di autocontrollo svanì. Borbottai delle scuse senza molto senso, non notai il visino un po' interdetto del cucciolo che riappoggiai tra le braccia della sua mamma, ancora voglioso di giocare con quelle ciocche che gli sembravano solo un nuovo divertentissimo balocco, e mi alzai rapidamente, allontanandomi verso il retro della casa. Probabilmente tutti sapevano cosa avevo intenzione di fare, ma non volli alzarmi in volo di fronte a loro. Sentii la voce di Gohan dirmi qualcosa piano, mentre mi alzavo, cercando di convincermi a restare lì, che suo padre voleva rimanere da solo e che sapeva quel che faceva. Non riuscì a calmarmi. Feci finta di non sentirlo, e proseguii nelle mie intenzioni. Appena fuori dal loro campo visivo spiccai un salto e iniziai a volare più veloce che potevo nella direzione dalla quale sentivo l’aura del signor Goku. D’istinto cercai di percepire la sua, perché sapevo che essendo più forte l’avrei trovata meglio. Ma mi stupii, quando la percepii relativamente modesta, mentre l’aura di Mirai era penetrante e impossibile da ignorare. La brutta sensazione che avevo trovò in questo strano fenomeno nuovo nutrimento, e continuavo a perdere sempre di più ogni rapporto con la razionalità. Aumentai l’aura fino a trasformarmi, senza nemmeno accorgermene, per volare più velocemente. Sentivo che ero vicino, quando d’improvviso l’aura di Mirai scomparve. Nella mia mente, mille idee, confuse, sconclusionate, mi accecarono sempre più. Non potevo volare più veloce di quel che stavo facendo, e me ne incolpavo. Sentivo le vene nella fronte pulsare fino a darmi fastidio, ma continuavo a sforzare il mio corpo. Quando mi accorsi che dovevo ormai essere tanto vicino da poter già riuscire a vederli, iniziai a cercare più attentamente intorno a me, e ci misi un po' a notare quella macchia scura in basso, vicinissima all’acqua. Senza nemmeno soffermarmi, scesi in picchiata, e mentre mi avvicinavo distinguevo sempre più nitidamente la figura del signor Goku, che stava volando a pochi centimetri dalla superficie marina. Ma sulla sua schiena non era più aggrappata Mirai.

“Signor Goku!” lo chiamai d’istinto, quando ormai l’avevo quasi raggiunto. Sicuramente si era già accorto che stavo arrivando, trasformato in super saiyan la mia aura era ancora più prorompente nella percezione, ma si voltò solamente quando richiamai la sua attenzione con quel grido. Poco prima che mi trovasse con lo sguardo, preferii perdere la trasformazione, e i capelli tornarono a poggiarsi morbidi sulle mie spalle. Mentre ruotava il busto verso di me, con espressione seria, ma non ostile, riuscii a vedere che tra le braccia stringeva Mirai. Durò poco la sensazione di tranquillità che mi portò la vista della ragazza: in un attimo gli arrivai vicino, e bloccandomi di scatto, quasi a fatica vista la velocità a cui volavo e che non avevo diminuito se non all’ultimo istante, notai subito le braccia abbandonate verso il basso, la testa reclinata indietro e gli occhi chiusi. Il suo corpo completamente incosciente era abbandonato tra le braccia di Goku, che la sorreggeva con una mano sotto la schiena e l’altra a raccoglierle le gambe.

In quel momento il grido che sentii dentro fu tanto forte da non permettermi di proferire alcun suono, nessuna parola. In quel tempo che mi ero immaginato una scena del genere, tanto era l’odio che sentivo potermi crescere dentro nei confronti di colui che mi aveva strappato alla mia promessa, che adesso che quell’odio stava nascendo davvero non sapevo come contenerlo. Mi sembrava di esplodere, mi sembrava di non riuscire a respirare, nell’attesa di comprendere se mi stessi sbagliando, o se di lì a poco avessi perso completamente la ragione e la responsabilità delle mie azioni. Nel frattempo, riuscivo solo a rimanere immobile, e la voce non voleva chiedere spiegazioni, per paura di sentire quello che non avrei in alcun modo accettato.

“Trunks… ti avevo detto di aspettarci all’isola con gli altri.”

Rimasi ancor più sconcertato. Era quella la sua unica preoccupazione?

“Che… che cos’è successo?” un filo di voce, solo quelle parole, niente più riuscii ad elaborare per poter parlare senza lasciar uscire fuori anche tutta la mia rabbia.

Goku, senza muovere gli occhi dai miei, con aria quasi più rilassata, ci mise un attimo a rispondermi un misero “Niente”.

“N- niente?” mi tremava la voce, e quell’atteggiamento noncurante aggravava solo la situazione “Co… cosa…” allungai una mano verso la ragazza, ma Goku si mosse leggermente di lato, non permettendomi di arrivare a sfiorarle la pelle. Le braccia di Mirai si mossero, a quello scatto, ondeggiando incontrollate. La testa ebbe un lieve movimento di lato, per poi tornare nella posizione originaria. Sentii uno strano tremore. In quel corpo dall’aspetto privo di vita colsi qualcosa che non so spiegare, mentre l’atteggiamento del signor Goku mi insinuò uno strano risentimento, e una nuova paura si fece sempre più spazio nella mia mente.

“Non preoccuparti, Trunks. Sta bene.”

“Non mi sembra!” non riuscii a trattenere una risposta un po' stizzita. Colui che avevo davanti mi guardò leggermente contrariato, ma mai severo.

“È svenuta, ma sta bene.”

“Beh, e cosa le è accaduto per perdere conoscenza!” non mi rendevo conto, in quegli attimi, di come il mio tono si facesse sempre più alterato. Ma probabilmente Goku aveva già notato la mia agitazione, da prima che iniziassi a parlare. Sul suo volto tornò un espressione sorridente, e sembrava non rimproverarmi più con lo sguardo per non aver mantenuto la parola che gli avevo dato poco prima, di non seguirli. Con voce calma mi spiegò quel che aveva fatto.

Mi prese un sussulto, quando mi raccontò il modo in cui l’aveva lasciata cadere, e la sensazione che più mi infastidiva vedendomi la scena, era quella che sorgeva cercando di immaginarmi l’angoscia di Mirai. Sola e improvvisamente tradita da un uomo di cui io le avevo indirettamente detto di fidarsi. Chissà se mi aveva odiato, in quei momenti. Mi raccontò che quando si era reso conto che non avrebbe volato, si era teletrasportato vicino a lei riprendendola pochi istanti prima dell’impatto, e in quel momento si era accorto che era svenuta. Disse che non era quella la sua intenzione, ma che comunque quella nuova fatalità giocava a suo favore. Se non avesse perso conoscenza per lo spavento, avrebbe dovuto farla svenire in un altro modo.

“Ho dovuto agire così, altrimenti non avrei potuto avere la certezza di una risposta vera. Chiedendoglielo, non avrei cambiato niente, avrebbe potuto mentire.” Furono le parole che pronunciò a conclusione del lungo discorso, che ascoltavo in silenzio.

Non riuscivo in alcun modo a capire come e perché quella ragazza potesse averci mentito, recitando una parte per uno scopo ai miei occhi del tutto ignoto. Inconcepibile, assolutamente inconcepibile. Ma chi avevo davanti era Son Goku, e lui forse ne sapeva più di me. Forse. Stavolta si sbagliava e io me lo sentivo, però volli concedergli il beneficio del dubbio.

“Se… se avesse voluto fingere… magari ha finto di precipitare. Se è un nemico con delle informazioni su di noi poteva immaginare che lei voleva metterla alla prova e che non l’avrebbe mai e poi mai lasciata morire.”

“Certo… ci ho pensato infatti. Ecco perché ti ho detto che il fatto che sia incosciente adesso gioca a nostro favore.” Alzò lo sguardo al cielo “Nuvola d’oro!” gridò verso l’aere sulle nostre teste. Ci vollero pochi istanti, e una piccola nuvola tutta gialla apparve all’orizzonte per raggiungerci in altrettanto poco tempo. Me ne aveva parlato, mia madre, della nuvola che Goku aveva da piccolo, e che usava per spostarsi su lunghe distanze, prima di imparare a volare.

“Adesso che è incosciente, non potrà mentire.” Tornò con lo sguardo su di me “Vedi Trunks, su questa nuvola può salire solo chi ha l’animo puro.” E alla sua spiegazione mi tornarono in mentre le parole di mia madre che, raccontandomi della nuvola di Goku, mi aveva raccontato anche di questa sua caratteristica.

“Se fosse stata sveglia… avrebbe potuto volare fingendo di essere sostenuta dalla nuvola.” Parlai d’istinto, concludendo il ragionamento iniziato dal guerriero di fianco a me. Goku mosse appena la testa, in un cenno di assenso, dopodichè tornò voltato verso la sua vecchia amica dorata.

Protese le braccia in avanti, adagiando la ragazza su quella piccola nube gialla. Il corpo di Mirai si mosse appena, abbandonato dalle braccia che l’avevano sorretta fino a quel momento, sprofondando un po' in quel cumulo dall’aspetto morbido come un grosso batuffolo di cotone. Il viso si piegò di lato, scomparendo tra i riccioli dei capelli e della nuvoletta. Un braccio era rimasto fuori dalla nuvola, pendendo verso il basso, con la mano aperta.

Per diversi secondi rimanemmo fermi, io e il signor Goku, fissando quel corpo dall’aspetto addormentato adagiato su quell’insolito giaciglio. Aspettavo che il guerriero di fianco a me proferisse parola, ma non intendeva farlo, almeno non prima che la mia pazienza avesse trovato il suo limite. Mi mossi così in avanti, lentamente sulle prime, come pronto a fermarmi ad un qualsiasi segnale di colui che mi affiancava. Ma non mi impedì di avvicinarmi, così proseguendo nel mio movimento, andai vicino a Mirai e la presi in braccio. Feci in modo di tenere il busto sollevato, completamente appoggiato a me, così da poter avere il suo viso vicino al mio collo, e poter controllare in qualsiasi momento i suoi respiri, che trovai fin da subito regolari e caldi sulla pelle. Mi sentii subito meglio, e in un sospiro di sollievo mi voltai verso Goku con un sorriso.

“Adesso possiamo fidarci?” ma la mia domanda era più retorica che realmente bisognosa di una risposta.

“Pare che tu non abbia mai avuto il minimo dubbio a riguardo… vero, Trunks?”

Tornai con lo sguardo su quel visino tondo addormentato. Sembrava piccola e imbranata, sembrava ai miei occhi una bambina un po' capricciosa, con quei riccioli sul viso, e le lentiggini. Ma come tutti i bambini che dormono, in quel momento io la vedevo solo come un essere indifeso. Mentre la fissavo, nell’incoscienza alzò appena una mano che aveva appoggiata sul proprio ventre e l’aggrappò alla maglietta nera, e mosse un po' il viso strofinandolo contro la giacca. Goku non attese le mie parole, notò sicuramente che perso nei miei pensieri avevo tutta l’intenzione di tardare un bel po' nel dargli una risposta che già traspariva dai miei sguardi.

“Però Trunks… questa era solo la prima delle prove di cui parlavo…”

“Lo so.” Risposi tornando con gli occhi in quelli del guerriero di fianco a me “Ma io mi fido di lei, signor Goku.”

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Capitolo 14
*** Fiducia ***


Quando riaprii gli occhi, la prima cosa che vidi fu la mia mano che stringeva la maglietta nera di Trunks

Anno nuovo, capitolo nuovo! Beh, speriamo non sia un capitolo l’anno! Ehehok, ho diverse cose da fare adesso che sta per ricominciare scuola. Comunque ogni tanto aggiungo un pezzetto! Ma prima passiamo ai commenti!

Chi è che ha commentato per prima? Lory, vero? Eheh, sì, perché ha aspettato pure l’aggiornamento! Ti ho fatto fare le ore piccole, ma sono contenta che per te ne è valsa la pena! Ok, per il bacio dovrai aspettare dai… abbi pazienza xD intanto un bacio lo mando io a te! Poi… Ainim! Ciao, sono contenta di ritrovarti! I tuoi commenti mi fanno sempre sorridere! Il pezzo di Trunks che torna nel futuro e dice a Bulma che ha fatto a pezzi Goku era a dir poco esilarante! Anche quella dello sbarco dai monti con la piena del fiume mi ha fatta ridere mezz’ora! Mirai è proprio così! XD Ovviamente, grazie mille per i complimenti, mi fanno molto piacere! Baci, alla prossima spero! Il terzo, Alan! L’ho pubblicata di notte perché Lory mi ha aspettata… ma tanto il primato non è l’importante! L’errore c’era… ma l’ho corretto! Sarà stato il sonno…scrivessi di giorno ogni tanto…mah! Poi… poi Ele! Ciao carissima! Beh, chissà quanto ha capito Goku, forse non molto, comunque ha assecondato Trunks e tanto ci basta che dici? Ora vedremo se assisterà al resto delle prove o no! Grazie ancora per i complimenti sempre generosissimi che mi fai! Sei troppo buona con me! Bacioni alla prossima! E infine… la Lovva! Tesora, non scusarti più ti prego! Il tuo commento, primo ultimo o in mezzo non ha importanza, è sempre fantastico! Mi riempi di complimenti, non so nemmeno più che risponderti, è importantissimo per me che il mio modo di scrivere ti stimoli così alla lettura. La frase che hai citato di Goku effettivamente ha una certa importanza… ovvio che poi la portata celebrale di Goku chissà cosa gli fa capire… eheh ogni cosa a suo tempo! Un bacio ancora, sperando che tua sorella non abbia deciso di mangiarsi te dalla disperazione! xD Alla prossima!

Tornando al capitolo, questo è piuttosto breve… purtroppo volevo evidenziare questo passaggio per tutta una serie di significati che ci sono sottintesi, ma poi mettere anche le prove successive sarebbe stato troppo pesante. Mi sembrava che questo pezzetto stesse bene così, da solo. Alla prossima, vedremo un po' queste fantomatiche prove di Goku, e come reagirà Mirai! (almeno penso!)…credo di aver detto tutto… vi lascio al capitolo! Bacioni, dalla vostra solita vecchia scimmia!

Cap. 14 –Fiducia-

Quando riaprii gli occhi, la prima cosa che vidi fu la mia mano che stringeva la maglietta nera di Trunks. Mi accorsi in pochi istanti, che mi teneva tra le sue braccia, e sulle prime finsi di non essermi ancora svegliata, perché mi sentivo in imbarazzo e non avrei saputo come affrontarlo. E poi, sentire il battito del suo cuore era bellissimo. Quella maglietta nera era così sottile, e alla mia guancia appoggiata al suo petto arrivava tutto il calore della sua pelle giovane e viva.

“Ti sei svegliata?” la sua voce mi colse d’improvviso, sentii un battito in più nel petto, poi alzai il volto verso il suo. Era lì, così vicino da poter sentire il suo respiro. Mi sorrideva.

Cosa…” chiesi in un sussurro spiegazioni, mentre cercavo di ricordare cosa mi fosse accaduto. Ricordai quasi nello stesso istante in cui mi accorsi che Goku era di fronte a noi.

“Ti senti bene?” mi chiese portandomi a togliere lo sguardo da quello di Trunks. Non riuscii ad evitare di guardarlo un po' storto, e d’istinto strinsi ancora di più le mani alla maglietta del ragazzo che ancora mi sorreggeva. Sentii Trunks sorridere delicatamente, Goku invece assunse un espressione sorridente ma un po' imbarazzata, si portò una mano dietro la nuca ridacchiando. “Non guardarmi così” riprese la parola interpretando il mio silenzio più che eloquente “Non avevo intenzione di farti niente di male.

“Mi stavo ammazzando!” mi fidavo di quell’uomo, e la cosa che mi faceva più male era aver sentito la mia fiducia mal riposta. E poi quel volo verso il mare non era stato affatto piacevole.

“Il signor Goku sapeva quel che faceva… è stato lui a riprenderti prima che tu cadessi in mare. Non avrebbe mai permesso che ti accadesse qualcosa di brutto. La voce di Trunks mi fece chiudere un po' più nelle spalle, affondando una metà di viso nel suo petto.

Mi sentivo strana. Non potevo capire come mai Goku avesse avuto quell’atteggiamento, e la sensazione della paura che avevo provato copriva ogni probabile comprensione. Mi ero sentita così vicina alla morte, così sola, quasi tradita. Accettare che quell’ uomo non intendeva farmi del male, senza sapere però il motivo che lo aveva spinto ad un azione del genere, non era concepibile per me. Volevo fargli tante domande, volevo sentire le sue motivazioni, ma non mi usciva nessuna parola dalla bocca, e nemmeno una frase di senso compiuto mi si formulava in testa.

“Te la senti di scendere?” mi chiese Trunks facendomi tornare con l’attenzione su di sé. Alzai il volto, guardandolo.

“No” rimbombava nella mia mente. Non era debolezza fisica, bensì bisogno di contatto umano quello che mi spingeva a desiderare di rimanere tra le sue braccia. Sembrava che solo con lui io mi sentissi pienamente a mio agio, e protetta. “No, che non voglio scendere!” continuavo a ripetermi nei pensieri. Ma aprendo bocca risposi semplicemente “Sì, certo, sto bene.

Delicatamente, allora, piegò le braccia permettendomi di toccare terra coi piedi, mi sostenne con il braccio intorno alla vita finché non fu sicuro che potevo tenermi in equilibrio da sola, dopo di che mi mollò. Fui io a rimanere con una mano aggrappata alla manica della sua giacca blu, ma me ne accorsi solo più tardi, lì per lì fu un gesto automatico. E lui rimase impassibile, tutto il tempo che tenni stretta la stoffa, come se non se ne fosse accorto, o come quando un gesto è talmente abitudinario e scontato che non ci facciamo nemmeno più molto caso.

Mi guardai intorno. Eravamo su un’ isoletta desolata e deserta, sembrava proprio quella che avevo visto in volo poco tempo prima con Goku. La terra era polverosa ed arida, qualche roccia si alzava sterile verso il cielo, in un’ impresa disperata di raggiungerlo viste le dimensioni ridotte. Il mare tutto intorno bagnava la terra sul bordo frastagliato, che assorbiva avidamente l’acqua in pochi istanti per poi tornare infertile come prima.

“Ti chiedo scusa per come ho agito. Volevo vedere se sapevi volare.”

“Io non so volare e gliel’avevo detto!” continuavo ad avere un tono involontariamente stizzito, anche se quel volto spensierato che si scusava riusciva a farmi sentire quasi in colpa del mio stesso risentimento.

“Sai, quando ti ho chiesto se eri disposta ad affrontare delle prove… ovviamente accettando era compresa un minimo di fiducia in me.

Abbassai la testa, a quelle parole, e vidi con la coda dell’occhio che lo sguardo di Trunks era tornato su di me. Se lui era tranquillo, sentivo di poterlo essere anche io, e se dopo quel che era successo lui stava lì in silenzio aspettando una mia reazione, poteva solo significare che non avevo niente da temere. Quando Goku aveva avanzato la proposta di sottopormi a delle prove, ancor prima di farmi rispondere, era intervenuto per capire meglio; adesso stava in silenzio, e questo mi diede forza.

Però… non mi butti più di sotto, vero?” alzai lo sguardo di nuovo su quello del saiyan biondo di fronte a me.

“Promesso.” E sorridendo mi allungò la mano, nella quale riposi la mia. “Adesso dobbiamo continuare con le prove, Mirai. Proseguì lasciando la presa, sempre con la solita delicatezza che usava nei miei riguardi. Mossi la testa in un cenno di assenso.

“Allora, io torno dagli altri.” Sentii Trunks intervenire, dopo un attimo di silenzio, e solo in quell’istante mi accorsi che tenevo la manica della sua giacca. Ma non la mollai, a maggior ragione per quel che aveva detto. Lo guardai, e poi guardai Goku in attesa della sua risposta. Gli avevo promesso fiducia, ma l’idea di allontanarmi da Trunks continuava a lasciarmi una brutta sensazione.

“D’ora in poi, se preferite, puoi restare. Quel plurale che usò nella frase parlò molto di ciò che aveva capito, e che forse noi ancora non comprendevamo pienamente.

Rimasi in silenzio, provai a guardare Trunks, credendo che volesse parlarne con me, ma lo trovai col volto diretto verso il guerriero che ci stava davanti.

“Allora, preferisco restare.” E sorrise. Solo dopo, sempre col suo sorriso, mi guardò. In quell’espressione sembrava non esserci il minimo dubbio, che anche io la pensassi come lui, che anche io lo volessi lì. E fu a quello sguardo, al quale risposi con altrettanto garbo in un sorriso, che mollai la presa sulla sua manica. Non avevo bisogno di tenerlo: lui mi sarebbe comunque rimasto vicino.

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Capitolo 15
*** Mano nella Mano ***


Ci furono dei lunghi minuti in cui regnò il silenzio

Buonasera (anche se forse sarebbe meglio un “buonanotte” dato l’orario!) a tutti! Sembra incredibile, ma sono tornata alla carica! Dopo quasi un mese di assenza, riesco ad aggiornare… purtroppo, come qualcuno sa, tra scuola e problemi vari ho dovuto far passare in secondo piano molte cose, come questa fanfic. Ma oggi ho scritto un nuovo capitolo, e finalmente la storia riparte! Cominciamo con le recensioni del capitolo precedente!

Alan, che devo aggiungere? Hai capito quasi più di me quel capitolo! Beh, comunque che Trunks non sia ancora definitivamente l’amore, hai proprio detto bene. Per ora per lei è più un punto di riferimento, una certezza. Sono contenta che si capisca. Grazie del commento, al prossimo capitolo! È tornata anche Ainim! Beh, ormai ti considero parte del gruppo delle angels, eh! Sono contenta che mi segui con assiduità, per quel che riguarda la curiosità spero di averla saziata almeno un po’ con questo nuovo capitolo, fammi sapere! Grazie e un bacione grande! Ho trovato anche una commentatrice nuova, la carissima Xhennet! Che io adoro tra l’altro, perciò trovare la tua recensione è stato davvero un piacere doppio! Complimenti vivissimi intanto per esserti letta tutto il mattone dall’inizio, e comunque non avrei mai immaginato che tu volessi leggerlo, è stata davvero una piacevole sorpresa! Grazie mille dei complimenti, spero che la trama si sviluppi senza delusioni. Per l’appunto questa è la prima volta che aggiorno con così tanto ritardo, ma spero comunque che continuerai a seguire la storia e soprattutto che mi farai sapere cosa ne pensi! Un bacio grandissimo e grazie ancora! E poi, c’è l’immancabile Lory! Ogni volta mi fai i complimenti per le descrizioni, e questo mi rende sempre molto felice. Ho esaurito almeno un po’ la tua curiosità? Ah… lo so che aspetti il bacio xD pazienza dai… pazienza per un altro po’… eheh.

Un saluto anche alla Lovva e a Ele94 che a questo capitolo non ho sentito, ma visto che sono due delle mie angels le saluto con un bacione e spero che stiano bene!

E adesso… torniamo alla storia, che è meglio. Forse è un po’ più lunghina del solito… ma visto che sono mancata un mese, me lo concedete?

Un bacione a tutti, anche chi dà una letta veloce! Ci sentiamo al prossimo capitolo, la vostra scimmia x3

Cap.15 -Mano nella mano-

Ci furono dei lunghi minuti in cui regnò il silenzio. Dopo che Trunks aveva deciso, anche a nome mio, di restare, Goku si era avvicinato a me allontanando un po’ il ragazzo dal mio fianco. Non ebbi quella strana sensazione che sentivo quando mi si allontanava, quella brutta sensazione di abbandono, e non solo perché mi rimase comunque relativamente vicino. No, c’era dell’altro, qualcosa che non potevo ben meglio definire se non interpretandolo come una fiducia crescente nei confronti del giovane dai capelli lunghi.

Goku mi girò un po’ intorno, osservandomi attentamente, ogni tanto poggiava una mano su di me, a volte su una spalla, a volte sulla testa, restava qualche istante immobile, poi abbandonava il tocco e continuava a scrutarmi. Si fermò dopo qualche minuto, mi si mise davanti con le mani sui fianchi, lo sguardo pensieroso. Un’ ultima occhiata partì dai miei piedi arrivando fino ai capelli.

“Beh, perlomeno con quei fianchi farai dei gran bei bambini!” la voce era spensierata, quasi in contrasto con l’espressione fin troppo seria, che subito seguendo il tono delle parole mutò tornando meno greve.

Mi portai con uno scatto le mani sulla parte del mio corpo presa in esame, e sentii il volto farsi caldo, mentre istintivamente corrucciavo lo sguardo.

Ma… ma che c’entra!” mi lagnai. Sebbene dalla vergogna tenessi lo sguardo in un punto indefinito del terreno, mi accorsi che Trunks, divertito da quell’uscita spontanea, ridacchiava un po’ imbarazzato poco distante da noi.

“Non hai proprio il fisico di una guerriera!” si difese il saiyan dai capelli biondi portandosi una mano alla nuca “Sei bassettina, hai i fianchi un po’ larghi per la tua altezza, e i tuoi muscoli non sono certo…” si interruppe lentamente, sembrò scorgere qualcosa nell’espressione che involontariamente avevo assunto. Non erano certo parole adulatorie, quelle che mi venivano rivolte, ma sentirle pronunciare da quell’uomo, con quell’aria bonaria e l’espressione solare, non potevano in alcun modo ferire. Sentendole rimbombare nella testa, durante il silenzio che si era creato, non riuscii a trattenermi da una risata. Trunks, che in un primo momento seguiva l’evolversi della scena un po’ impaurito dalla reazione che avrei potuto avere, al mio gesto di allegria distese i nervi e ricominciò a ridere a sua volta. Come se non avesse potuto gioire di una cosa palesemente divertente, se questa non avesse divertito anche me.

“Senti un po’, Goku! Hai conquistato così tua moglie?” tornai con lo sguardo su quello dell’uomo di fronte a me, assumendo un tono ironico. Lui sembrò non capire, la sua espressione dubbiosa per la mia risata rimase immutata, ma più concentrata, cercando di comprendere il senso della mia domanda. Poi si voltò verso Trunks, come a chiedergli consiglio. Il giovane, ancora divertito, si chiuse nelle spalle accompagnando il gesto con un’espressione un po’ dispiaciuta, come a dirgli che non poteva aiutarlo. Non è che non avesse capito, ma da quel poco che lo conosceva già sapeva che con Goku c’era sempre poco da spiegare, e preferì evitare di intromettersi nel discorso di sua natura già molto delicato. Sapeva che parlando di fisicità con una donna si corrono molti rischi. Il guerriero più grande, ancora confuso, sembrò dimenticarsi della mia domanda retorica e proseguì il discorso che sembrava essersi nel frattempo sviluppato nella sua testa.

“E poi, con quelle due cose lì davanti, se tu dovessi mai combattere alcuni movimenti ti risulterebbero sicuramente impacciati!” se il sorriso che avevo sul volto si stava rilassando, tornò a questa frase più teso e profondo. Almeno quello, avrei potuto prenderlo come un complimento. Ma ciò che mi faceva più sorridere, era vederlo parlare in modo schietto e spontaneo, come un bambino. “È veramente bizzarro immaginarti come guerriera. Finalmente, arrivò alla conclusione di tutto quel ragionamento, e esplicò a parole la motivazione dei gesti di poco prima.

“Ma io infatti non sono una guerriera!”

“Sì, ho capito, ma se è vero quel che ha detto Vegeta, almeno qualcosa di te dovrebbe riportare a una natura guerriera, invece…” si interruppe scrutandomi un’ennesima volta da capo a piedi, poi riprese la parola “… comunque, meglio passare oltre. Del resto, Vegeta non ha detto che hai combattuto, ma solo che hai sprigionato una strana energia.” Mi si avvicinò a passi lenti, mi sollevò una mano poi prese saldamente il polso voltando il palmo verso l’alto. “Tu ricordi qualcosa di quell’energia? L’hai sviluppata volontariamente?”

“Non ricordo niente. Ero concentrata sui suoi movimenti, ma accorgendomi che non si muoveva più, nel momento di silenzio aggiunsi “E comunque, non mi è mai accaduto niente del genere. Non ho mai sprigionato nessuna energia… né volontariamente, né involontariamente.”

Quindi non sai fare questo” alzò la mano che non teneva la mia, girò il palmo verso l’alto e materializzò una piccola sfera luminosa. Sebbene di dimensioni non maggiori a una palla da baseball, si poteva nitidamente sentire un imponente calore, oltre la forte luminosità che mi impose di voltare la testa dalla parte opposta. Non avevo mai visto niente del genere, se non nei cartoni animati e in qualche film di fantascienza. Eppure quella strana sfera era reale, e scaturiva dalle mani di quell’uomo. Voltai di nuovo lo sguardo verso quell’energia, la fissai, costretta però a strizzare gli occhi, molto attentamente. Trunks mosse qualche passo verso di noi, lentamente, distrattamente. Di lì a poco, Goku fece sparire la sfera. “Sapresti fare questo?” insistette, sempre tenendomi il polso.

“No” scossi il capo diverse volte accompagnando la risposta.

“Prova” sentii la stretta più serrata, imponendomi di tenere il palmo verso l’alto. Portai lo sguardo su quello di Goku.

Ma non so che devo fare.”

“Devi concentrarti… concentra le tue energie nella mano.

Mi infastidì, anche solo per un secondo, il modo che aveva di insistere. Non avevo la minima idea di quel che mi chiedesse di fare. Non capivo cosa intendesse per energie. Ma sembrava non voler proprio comprendere che non sapevo minimamente cosa fare, così portai lo sguardo sulla mano. E mentre pensavo di concentrarmi mi accorsi che in realtà pensavo a cosa volesse dire concentrare le energie, perciò pensavo senza in realtà concentrarmi. Pensavo fissandomi la mano, e ovviamente non accadeva niente.

“Non sei proprio capace, eh?” sentii la sua voce interrompere i miei pensieri. Fu in quell’istante che mi accorsi di come fossi totalmente sconcentrata.

“Te l’ho detto…”

Mollò la presa sul polso, lasciandomi libera la mano.

“Sì, ma eri anche troppo distratta.” La sua espressione era perennemente spaurita e allegra, ma bastavano poche parole per sottolineare come fosse in realtà a attento a ciò che lo circondava. Almeno, verso ciò che lo interessava.

“Forse mio padre si è sbagliato…” la voce di Trunks, disattesa, mi fece notare quanto vicino ormai ci fosse.

“Chi? Vegeta che si sbaglia su qualcosa del genere?” Goku portò lo sguardo sul giovane al suo fianco. “Tuo padre non fa che combattere da tutta la vita. Sa quello che dice.

“C’era caos in quel momento, era in difficoltà…”

“E comunque, Trunks, lui ha riconosciuto di esser stato aiutato da una potente energia; se non è stata lei, chi è stato?” dopo un attimo di silenzio, Goku proseguì “anche se non fosse stata lei, qualcuno ha sprigionato quel potere perché Vegeta lo ha percepito. Se ha avuto la forza di percepirlo, era abbastanza lucido da capire chi fosse a sprigionarlo. Sai meglio di me come noi saiyan possiamo resistere al dolore: quando perdiamo lucidità è praticamente solo in punto di morte.”

Il giovane dai lunghi capelli lisci chinò la testa e portò lo sguardo verso terra. Ciò che gli aveva detto quel guerriero molto più esperto di lui era vero. Si limitò a rimanere in silenzio, in cenno di assenso.

“Forza Mirai, vieni qui.” Si rivolse poi a me, Goku, che mi intimò di mettermi al suo fianco con un gesto della mano. Gli obbedii subito, portandomi vicino a lui con passo deciso.

“Adesso metti le mani in avanti col palmo verso l’alto” simulò il movimento che mi aveva appena descritto “Così. Aggiunse una volta in posizione. Lo imitai in silenzio.

Trunks, a pochi passi da noi, osservava attento.

Sulle mani di Goku si formò una sfera di energia gialla più grande di quella che mi aveva mostrato poco prima, delle dimensioni più o meno di un pallone da calcio. Come era successo prima, mi dava un po’ noia il calore e la luce, ma strizzai solo un po’ gli occhi cercando di resistere di nuovo col viso rivolto verso quello strano fenomeno.

Goku iniziò a muovere la mano verso la mia. Il calore si faceva sempre più noioso, la pelle bruciava a ogni centimetro che le sue mani si avvicinavano alle mie, ma rimasi immobile. Solo non riuscivo a mitigare un’espressione infastidita sul volto. I piedi di trunks si agitarono senza spostarlo di un passo, come se si volessero inconsciamente muovere ma la ragione li placasse.

“Prova a sostenere questa sfera d’energia” mi disse Goku con voce calma. Sembrava che per lui fosse meno faticoso che sollevare un bicchiere. Ma io mi sentivo bruciare sempre di più la cute, e iniziavo a sudare, vuoi per il calore, vuoi per la tensione che stava crescendo. Sforzandomi restai immobile mentre la sfera, sebbene sui miei palmi, era sorretta dall’uomo di fianco a me. Ma quando fece per mollarla lasciandomi l’onere di sostenerla, ritirai le mani facendo qualche passo indietro di scatto. Fu rapido lui, che con una mossa decisa, come se il mio gesto non lo avesse stupito nemmeno più di tanto, riprese subito l’energia per poi farla sparire in pochi istanti da dove era stata generata.

“Scusami.” E alzai subito lo sguardo verso di lui, che si voltava nella mia direzione scrutando che stessi bene. “scusami non ce l’ho fatta. Bruciava, bruciava terribilmente e poi…” non potetti finire, poiché mi prese le mani guardandole.

“Non ti sei fatta male, vero?” poi mi fece una carezza sulla testa e sorrise benevolo “Non preoccuparti va tutto bene.

Portai lo sguardo verso Trunks, era fermo, ma il suo corpo sembrava pronto a scattare in avanti. Era serio, ma pareva un animale legato, pronto a correre al massimo non appena la catena che lo tratteneva si fosse spezzata.

Ok, allora… non ci siamo nemmeno così. Vediamo un po’ come possiamo fare…” il guerriero si voltò verso il giovane che ci guardava senza distrarsi un solo istante “Trunks, puoi aiutarmi?”

Con un cenno del capo, il ragazzo si avvicinò a Goku, il quale gli spiegò cosa doveva fare. Ma non capii quasi niente, ancora persa nei miei pensieri, nel guardarmi le mani, nella paura, nel desiderio di interrompere quelle strane prove.

“Allora, Mirai” tornò rivolto verso di me, il saiyan biondo, spingendomi delicatamente verso Trunks “tu stai qui vicino a lui. E mentre parlava, iniziò a camminare per distanziarsi un po’ da noi due “Ti mostriamo come si può liberare l’energia. Osserva bene, e se ti senti pronta a un certo punto…” si fermò e tornò voltato nella nostra direzione “… prova a sostenere l’energia di Trunks. Ma per adesso osserva.”

Muovendo la testa gli risposi senza parole che avevo capito, poi portai lo sguardo a Trunks, che trovai già con gli occhi su di me.

“Non preoccuparti, terrò l’energia bassa, d’accordo?”

“Mi fido di te.” Sembrò stupito da quelle parole, che mi uscirono spontanee dalle labbra. Le dissi riferite a ciò che mi aveva appena detto; le dissi riferite a lui come persona. Le dissi, perché in quel momento avevo solo lui.

I due uomini si concentrarono, ognuno a modo suo si misero in posa, e dopo pochi minuti nelle loro mani si formarono sfere di intensità e luminosità differenti, che poi spinsero l’una incontro all’altra. Un fascio di luce sembrava unire le mani dei due ragazzi, interrotto solo al centro dalle due energie che fuse creavano una sfera grande e luminosissima. Schizzavano strani raggi simili a fulmini da quella sfera, grandi da far paura, spuntavano da un polo della bolla energetica e con un balzo arrivavano al polo opposto per poi essere inghiottiti di nuovo. Sebbene quell’energia sprigionasse, oltre a forza e calore, anche un forte vento, i due non sembravano affatto affaticati né in difficoltà, tanto che quando i miei occhi persero la concentrazione per tornare ad osservare i due uomini che si confrontavano, mi sembrò quasi una cosa facile da farsi. Non pensavo che poco prima non ero nemmeno riuscita a concentrarmi; guardando loro sembrava solo tutto così semplice. Che Goku fosse un guerriero più forte ed estremamente più esperto di Trunks l’avevo capito, perciò non mi stupii se il più del tempo il punto d’incontro delle due energie era sempre più sbilanciato verso il giovane Trunks. Via via che passavano i minuti, sembravano quasi dimenticarsi di me, di dovermi mostrare qualcosa: sembravano più voler dimostrare qualcosa a loro stessi, e le energie si intensificarono. La bolla luminosa che scaturiva dal contrasto dei loro poteri era sempre più vicina a Trunks, ma Goku si tratteneva magistralmente per non rischiare di ferirlo in alcun modo.

Mentre loro parevano ormai essersi scordati di me, ricordai quello che mi aveva detto Goku, di provare a sostenere l’energia con Trunks se me la fossi sentita. Senza pensarci su più di una volta mossi una mano in direzione di quelle del ragazzo. Lui se ne accorse, mi guardò senza muovere la testa, sorrideva come a rassicurarmi. Sorridendogli a mia volta poggiai il palmo sul dorso delle sue mani unite.

Non ebbi nemmeno il tempo di accorgermi cosa stesse accadendo. In quel preciso istante il fascio di energia che usciva dalle mani di Trunks raddoppiò, i capelli del ragazzo divennero biondi e irti verso il cielo, come erano quelli dell’altro guerriero. La sfera energetica divenne enorme e iniziò a correre indietro lungo la scia luminosa verso Goku, che anche se preso alla sprovvista riuscì comunque con uno sforzo a deviare il colpo verso il cielo, dove esplose e si esaurì. Il contraccolpo sbalzò Trunks qualche passo indietro, mentre io rotolai qualche metro per terra per poi fermarmi contro una roccia. Ricordo solo la polvere, tanta polvere da non vederci niente, la terra arida su cui ero sdraiata, e il mio respiro disturbato dalla terra che, volante, mi entrava nei polmoni ad ogni respiro. Non mi dava noia non poter respirare. L’unica cosa che mi angosciava era che, con quel senso di soffocamento, non riuscivo a chiamare quel nome, quel nome che mi rimbombava nella testa… il suo nome.

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Capitolo 16
*** Tra Cielo e Terra ***


“Mirai

Aggiornamento rapido! Tanto per farmi perdonare dell’assenza di inizio anno! Partiamo con le recensioni!

La prima è stata Bea, una nuova lettrice! È stato davvero un piacere, e ti ringrazio di avermi lasciato un pensiero! Sei stata davvero gentilissima, ma soprattutto paziente a leggertela tutta in una sera! In questo capitolo la tua curiosità dovrebbe essere soddisfatta almeno un po’… spero che mi lascerai un commento anche stavolta per farmi sapere che ne pensi ^^ grazie mille ancora, un bacio! Poi c’è l’angel maschio, Alan, che non manca mai! Effettivamente quello di Goku potrebbe essere quasi definito accanimento terapeutico ^^’ … ma infatti Mirai è un bel po’ stufa, e in questo capitolo è anche evidente! Forse in questo capitolo l’avvenimento proprio chiave non c’è, però è vero che è un po’ un capitolino conclusivo della situazione, e il vero e proprio cambiamento lo avremmo nel prossimo… ci sentiamo alan, bye bye! E ritorna anche la mia nuova angel (eh, sì, ormai sei ufficiale xD a tutti gli effetti x3) Ainim! Beh, quella di Kaioshin poteva essere una buona idea xD ma se la caveranno ugualmente senza xD grazie ancora per i complimenti, sei gentilissima, ci sentiamo alla prossima! Bacioni! E infine, è arrivata anche la Lory! Sei veramente troppo gentile, sono contenta che il capitolo ti sia piaciuto! Chissà, forse questo ti piacerà un po’ di più, visto che c’è un po’ più di vicinanza e tenerezza tra Trunks e Mirai x3 un bacio!

Il capitolo, come ho già accennato, è breve… ma volevo concludere questa situazione per poi cominciare con un nuovo capitolo nel passo successivo della vicenda… e poi, dopo il papiro del capitolo precedente, qualcosa di più breve e lento ci vuole! Un bacio dalla vostra scimmia!

Cap.16 -Tra Cielo e Terra-

“Mirai!” sentii la voce di Trunks, nitida, farsi sempre più vicina “Mirai! Mi senti?”

Gli occhi mi frizzavano, ma il richiamo mi spinse a non curarmene, e li aprii. La vista era appannata, ma vidi ugualmente la sua sagoma avvicinarsi, a passo spedito, e in pochi istanti mi fu vicino; le sue mani forti mi aiutarono a sollevarmi.

“Mirai, stai bene?” mi chiedeva in continuazione. Lo sentivo, ma il fastidio della sabbia che mi offuscava la vista, insieme alla polvere che mi aveva inaridito la gola, non mi faceva rispondere. Ottenendo così una preoccupazione sempre crescente del ragazzo che continuava a sorreggermi.

“Sto bene, Trunks… sto bene, è solo che la polvere…” gli risposi, dopo qualche colpo di tosse, per liberare un po’ la gola dal fastidio.

Hei, tutto ok?” arrivò anche Goku, rapidamente, raggiungendoci nel polverone che si stava ormai diradando.

“Io sto bene… lei…”

“Sì, sì… sto bene.” Li rassicurai, e per avvalorare ancora di più le mie parole alzai lo sguardo sorridendo. Ma quando i miei occhi si posarono sul ragazzo che mi stringeva, rimasi con le labbra schiuse senza aver alcuna parola da proferire: i suoi capelli erano biondi, raggruppati in grossi ciuffi che spiccavano verso l’alto, e i suoi occhi erano diventati di un verde estremamente acceso. Era identico a Goku. Tanto che per un attimo pensai che nella confusione e nello stordimento mi forse mi ero sbagliata, che era stato Goku a sollevarmi da terra e Trunks quello che era arrivato dopo. Spostai lo sguardo sull’uomo davanti a noi, riconobbi Goku. Mi guardai di nuovo a lato, in maniera un po’ più attenta, e solo allora ritrovai nei lineamenti di quel volto giovane il viso di Trunks. Senza che dicessi una sola parola, sembrarono entrambi capire cosa mi tratteneva in uno strano stato di ammutolimento. Si guardarono per qualche istante, poi Trunks sembrò concentrarsi; ma dopo poco tirò un sospiro rassegnato, mentre il volto era un po’ stupito.

“Trunks… forse è meglio se torni allo stato normale…” intervenne Goku, che non capiva cosa stesse aspettando a farlo.

“Ci sto provando… ma… non sono capace…”

“Come? Che significa?” tra lo stupito e l’interessato, il volto di Goku si fissò sul giovane che aveva di fronte.

“Non lo so… la mia energia sembra… non so… sembra non volersi esaurire…”

“Trunks… come mai… sei… sei biondo! Tu e Goku siete uguali!” finalmente, in un istante di silenzio, riuscii a mettere in parole i miei dubbi. La mia voce spostò lo sguardo del guerriero più anziano su di me. Senza rispondermi mi fissò un attimo in silenzio, poi mi prese per un braccio e delicatamente mi staccò da Trunks, tirandomi a sé.

“Come va l’energia?” gli chiese poi, con occhi concentrati tanto da sembrare scrutare la sua anima. “Mi sembra che la tua aura sia meno confusa…”

“Sì… va meglio…” gli rispose il ragazzo, fissando il terreno ai suoi piedi. Lo sguardo era serio anche se non turbato, però i pugni erano serrati e tenuti all’altezza dei fianchi, con le braccia leggermente piegate, e questa posizione tenuta involontariamente faceva trasparire una certa agitazione.

Sembravano entrambi talmente concentrati che preferii non dire niente, anche se le domande erano molte, e rimasi in silenzio e immobile al fianco di Goku che ancora mi teneva per un braccio.

Lentamente, quell’alone giallo che circondava Trunks si affievolì fino a scomparire, i capelli tornarono morbidi e lisci, di quel colore chiaro tendente al lilla. Gli occhi erano di nuovo celesti, un celeste non brillante ma profondo, quel bel colore che mette in imbarazzo. Tirò un sospiro, poi alzò il volto verso di noi, sorrise rapidamente a Goku e si soffermò su di me, porgendomi una mano.

Non curandomi della mano che mi reggeva il braccio mossi qualche passo in avanti liberandomi dalla presa ormai involontaria e andando a prendere la mano che il ragazzo mi porgeva.

“Ti sei spaventata?” mi chiese allungandosi e prendendomi anche l’altra mano.

“No… solo lì per lì non ti ho riconosciuto…” un forte calore mi salì dal collo per tutto il viso. Quel modo che aveva avuto di prendermi le mani mi aveva imbarazzata, e il cuore martellava tanto come se avessi corso un’ora. Mi accorsi presto, però, che la stretta era intensa, e la sua espressione leggermente concentrata.

“Strano… non mi fa l’effetto di prima…”

Mi sentii una stupida, per un attimo, io che in quella stretta avevo percepito chissà cosa, mentre lui ancora cercava una spiegazione a quello strano fenomeno di poco prima.

“Io non capisco perché ti sei trasformato in super saiyan! Poteva essere pericoloso, Trunks, e tu dovresti saperlo” lo redarguì Goku.

“Non l’ho fatto apposta” si difese il giovane “mi sono sentito invadere da una strana sensazione… la sfera d’energia mi è partita dalle mani senza che me ne accorgessi… non ho sentito nemmeno l’energia scorrermi il corpo e attraversarmi le mani… non so se per la velocità o… non lo so, ma mi sono reso conto solo dopo della trasformazione.”

Entrambi portarono gli occhi su di me, in silenzio.

“Ah, io non ne so niente, eh! Non chiedetemi cos’è successo perché io non ho fatto nulla!” plagiai il tono rendendolo volutamente lagnoso, alzai le mani in segno di resa e portai gli occhi al cielo. Assunsi un tono giocoso, ma cominciavo ad essere davvero un po’ stanca di quella situazione. Forse lo capirono, così fu Goku a porre fine a quello che stava diventando un debole calvario.

“Beh, penso che per oggi sia sufficiente…” sembrava che la frase terminasse in altro modo nella sua mente, ma in quel momento ci tacque i suoi propositi, e dopo un po’ concluse “… torniamo all’isola? Siamo via da troppo tempo… Chichi mi ammazza!”

Annuendo col capo, Trunks mi tornò vicino, mi sorrise, poi mi strinse le braccia attorno la vita e si sollevò in volo, aspettando che Goku facesse altrettanto per poi farlo andare avanti. Aveva molto rispetto nei confronti di quell’uomo.

Nel ritorno all’isola di Genio, Trunks mi spiegò di quella strana trasformazione che subivano loro saiyan quando si potenziavano. Era una trasformazione che sapevano richiamare a comando, ma mi disse che quel che era successo poco prima era strano, perché si era trasformato senza volere, senza nemmeno accorgersene, e soprattutto senza riuscire a perdere la trasformazione. Cosa che non gli era mai accaduta.

“Quindi anche Goku ha i capelli lilla come i tuoi?” gli chiesi di riflesso dopo averci ragionato su. Lo vidi sorridere.

“No… lui ha capelli e occhi neri, come quelli di mio padre. Stando com’ero così stretta a lui, sentii il suo cuore battere un po’ più forte nominando Vegeta “Loro sono saiyan, e i saiyan purosangue hanno occhi e capelli neri.

Bulma è una terrestre…”

“Già… mia madre, come la moglie del signor Goku, sono umane. Io e Gohan siamo mezzosangue, anche se lui ha ugualmente le caratteristiche fisiche tipiche dei saiyan…”

Perché anche Chichi ha occhi e capelli scuri…”

Vidi la sua testa muoversi in un cenno di assenso.

“Mentre Bulma è chiara…” più che altro pensavo ad alta voce “… e ha creato il primo saiyan dagli occhi celesti.”

Proprio quegli occhi che avevo nominato, a quelle parole arrivarono su di me. Sorridevano, teneramente. E il suo cuore tornò a battere forte. In quel momento, col vento che ci scompigliava i capelli, con la terra lontana metri sotto i nostri piedi, con il cielo così vicino che sembrava potessi toccarlo, mi sembrava che non esistesse molto altro oltre le onde e le nuvole. In quel limbo tra cielo e terra, l’unica cosa che sentivo era quel piccolo martello battere nel suo petto, e rimbombare dando nuova vita nel mio.

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Capitolo 17
*** Non è mai stato facile ***


Dopo tanti mesi, torno ad aggiornare questa storia

Dopo tanti mesi, torno ad aggiornare questa storia. Chissà se qualcuno ancora se ne ricorda!

Nell’ultimo capitolo mi hanno lasciato un pensiero Alan, Lory e Ainim, tra l’altro quello di Ainim molto recente! Scusate l’assenza prolungata… alla fine sono ripartita! Vi ringrazio molto per i vostri commenti, sempre gentilissimi ^^ … mi raccomando, Alan, non smettiamo mai di sperare nel pensionamento prematuro del musetto verde xD.

Senza ulteriore sproloquio, vi lascio alla lettura del nuovo capitolo… sempre dal punto di vista di Mirai, un capitolo piuttosto lento, ma pensavo che un po’ di rallentamento ci volesse…

Un bacio, la vostra scimmia, Kla!

Cap. 17 – Non è mai stato facile-

Quello che era successo non aveva scombussolato solo me, ma anche i due saiyan che mi avevano messa alla prova. L’unico risultato alla ricerca di risposte, era stato un ulteriore carico di domande, che si aggiungevano ad una lista già sufficientemente lunga.

Il ritorno all’isola di Genio fu, come era facile prevedere, molto caotico. Chichi strillava, Gohan chiedeva, il piccolo Trunks piangeva in braccio ad una Bulma distratta; poi c’erano Genio e Olong che allungavano le mani, e la Tartaruga, poveraccia, involontariamente certo, ma sempre tra i piedi.

Trunks, impegnato com’era a discutere con Goku e Gohan di quegli strani avvenimenti, pareva non ricordarsi più di me: appena toccato terra mi aveva mollata, portandosi più vicino al guerriero dai capelli biondi e lasciandomi indietro. Come rimaneva poco di quel volo, e di quel limbo che sembrava senza fine.

Andai dentro casa, a passi lenti, sperando che d’improvviso lui si ricordasse di me e corresse chiedendomi dove andassi. Ma non accadde. Cercando una meta a quella camminata iniziata con ben altro scopo, alla fine la trovai nel bagno: comunque, una bella sciacquata al viso era quel che ci voleva.

Fu solo in quel momento, per la prima volta dall’inizio di tutta quella strana situazione, che mi chiesi cosa mi stava accadendo. Fissando il mio volto serio e sconvolto, mi venne da chiedermi “che cos’è mai successo a quella ragazza? Perché ha quella faccia?”

Effettivamente, avevo un’espressione piuttosto sconvolta.

La mia città rasa al suolo da una creatura strana, poi uomini volanti, anzi no, non uomini… alieni! Alieni che diventano biondi quando gli pare.

“Certo che i parrucchieri devono essere andati tutti in fallimento sul loro pianeta!”

La battutaccia più scontata e scabrosa che potesse venirmi in mente… ma in quel momento, era il massimo che il mio cervello riuscisse a sfornare. Allora ancora non sapevo, che quel pianeta che avevo appena nominato non esisteva più ormai.

Dopo qualche secondo che fissavo la mia immagine riflessa, riuscii a farmene una ragione. O quantomeno, a convincermi di smetterla di stupirmi. Quando ascoltavo quella canzone ripetermi in continuazione se capitava anche a me di pensare che, aldilà del mare, viveva una città dove gli uomini sapevano già volare… beh… rispondevo spesso di sì. Sì, a volte mi capitava di pensarlo. Sono sempre stata un’inguaribile bambinona. E adesso che ero arrivata a quella città che mi veniva annunciata in un canto, adesso che avevo visto gli uomini volare… adesso non ci potevo credere.

Forse era semplicemente successo tutto troppo in fretta, come nei sogni… come nei sogni, dove accadono tante cose una sconnessa dall’altra… e non ci si chiede il perché, ci sembra al contrario tutto molto logico, lineare, scorrevole. Nei sogni, persone a noi conosciute hanno volti diversi da quelli che hanno nella realtà, e nel sogno noi non ci facciamo nemmeno caso. Nei sogni, ci ritroviamo nudi per strada senza chiederci con che cognizione di causa siamo usciti di casa senza vestirci…

Forse, ero proprio in un sogno. La cosa, stranamente, mi tranquillizzò. In fondo, non è il desiderio di una vita vivere in un sogno?

Insomma, per diversi minuti girai attorno al problema con successo, ma scaduto il tempo limite le difese della mia mente furono costrette ad alzare bandiera bianca.

C’era un unico motivo per cui tutta quella situazione mi sembrava comunque sopportabile, quell’unico motivo che mi teneva lì senza chiedermi perché diamine non desiderassi ardentemente andarmene da quel posto, quella ragione che mi faceva sentire bene e sulla quale si concentrava ogni mia attenzione.

C’era lui.

C’era quel Trunks.

Pensando a lui, non riuscivo nemmeno più a guardarmi nello specchio. Non volevo affrontare l’espressione sicuramente stupida che avevo nel volto, come non volevo guardare quel viso che al suo pensiero mi sembrava pieno di difetti.

Non lo negai a me stessa nemmeno per un istante, quella era proprio una bella cottarella. Era piacevole avere le sue attenzioni su di me, i suoi occhi che mi cercavano… era così piacevole che quando per un attimo mi erano mancati, subito mi ero sentita peggio. Non era proprio il momento di infatuarsi, me ne rimproverai. Ma non potevo farci niente.

Era davvero molto bello, e si era rivelato in più anche premuroso e dolce. Peccato che l’unica cosa che lo interessasse di me, era quella maledetta energia del cavolo che io non sapevo nemmeno cosa fosse.

Erano ormai diversi minuti che ero chiusa lì dentro, persa nei miei ragionamenti senza uscita. D’istinto mi sarebbe piaciuto aspettare che lui mi avesse cercata; ma non ero a casa mia, ed ero già stata abbastanza audace ad introdurmi in casa senza dir niente. L’unico pensiero, d’improvviso, fu solo quello di passare per una maleducata, e dopo essermi aggiustata velocemente i capelli uscii alla svelta, sperando che gli altri fossero tutti ancora fuori immersi nelle loro discussioni.

Pochi passi oltre la soglia del bagno, però, e trovai Chichi e Bulma in cucina che parlavano piuttosto animatamente dei loro mariti, e Genio e Olong in salotto che guardavano una trasmissione sul fitness femminile con espressioni piuttosto adoranti. Nessuno prestò attenzione a me. Come se la mia presenza fosse qualcosa di normale, come se fossero abituati all’andirivieni in quella casa.

Mi avvicinai alle due donne in cucina, con passi piuttosto incerti. Non avevo niente da dir loro, ma non volevo uscire e trovare ancora quei due uomini a parlare di cose che non capivo. E poi, se Trunks fosse stato preoccupato per me, sarebbe venuto lui a cercarmi!

- Oh, Mirai!- fu Bulma a rivolgermi la parola, vedendomi avvicinare incerta – Tutto ok, vero? Spero che quei due maniaci della lotta non ti abbiano scombussolata troppo!-

- Ah… no io… no sto bene non mi hanno… -

- Goku sta davvero esagerando, ultimamente!- squillò Chichi d’improvviso interrompendo il mio balbettare – Sta trasformando il mio Gohan in un teppista! Non ha altro in testa che il combattimento… tu non hai idea, Bulma, da quant’è che io e Goku non… - poi si interruppe, e portò gli occhi su di me. Pochi attimi di silenzio mi permisero di capire il senso di quell’interruzione.

- Beh, allora io… sono… sono fuori gli altri?- fingendo come la più pessima delle attrici di non aver capito, cercai una scusa per allontanarmi, così da non disturbarle oltre.

Ma Bulma scoppiò in una risata, nella quale in pochi attimi trascinò anche Chichi, che finalmente si liberò dall’imbarazzo.

- Oh tesoro, sì, il mio bellissimo Trunks è lì fuori… ma stai attenta… come stava dicendo Chichi adesso, non è affatto facile essere le donne di questi saiyan… - poi il suo tono, sebbene il volto ancora sorridesse leggermente, si fece un po’ più serio – Vivi al loro fianco nella consapevolezza che sarai sempre al secondo posto… -

Io non avevo detto “Trunks”. Io avevo detto “Gli altri”. Ma Bulma mi guardava benevola, e certo non volli specificarglielo… avrei riconfermato quello che volevo inutilmente negare.

- No, beh… cioè, mi piacerebbe aiutarvi… se posso fare qualcosa… tanto… tanto quelli là parlano di cose che io non capisco – l’impressione di disturbare svanì, sorpassata dalla voglia di far apparire un certo disinteresse per il bel mezzosangue dagli occhi chiari.

- Ma certo tesoro! Stai qui con noi, non dar retta a quei maniaci della lotta! – mi rispose la voce squillante della donna mora, poi, dopo aver frugato in un cassetto, mi infilò un bel grembiulino giallo e bianco.

Chiacchierammo del più e del meno, ma più che altro io rimasi zitta ad ascoltare i loro discorsi. Scoprii nuove cose su quegli strani alieni, e poi mi raccontarono anche qualche episodio del passato, di come si erano conosciuti… mi dissero anche che il papà di Trunks, Vegeta, era arrivato sulla terra per distruggerla. Mi raccontarono che era stato davvero molto cattivo. Chichi non sembrava ancora molto convinta della sua buona fede. Bulma non disse niente.

Io mi fidavo di quell’uo… beh, di quell’alieno. Insomma, io mi fidavo di lui. E non riuscivo a concepirlo come quell’assassino spietato che appariva dai racconti. Per quanto Trunks avesse potuto prendere dalla madre, comunque era nato. Sì, esiste anche l’istinto, il sesso… ma Trunks non sembrava nato da qualcosa del genere.

Cambiammo comunque presto argomento, e parlammo di molte altre cose, finché non fu il momento di chiamare tutti a tavola per la cena. Era incredibile come quei ragazzi accorressero repentini non appena si parlasse loro di cibo.

La serata proseguì tranquilla, dopo cena, un po’ fuori al fresco, un po’ in salotto a chiacchierare. Solo un servizio speciale alla tv ci riportò ad un certo punto alla realtà: Cell aveva attaccato e distrutto un’altra città.

- Aveva detto che non avrebbe fatto altre vittime innocenti, prima del torneo… - soffiò Goku serio come ancora non l’avevo mai visto.

- Cosa ti aspetti da un mostro del genere? – commentò borbottando Genio.

Nessuno era stupito di quell’atteggiamento. Ma quell’avvenimento interruppe la nostra spensieratezza. Ricominciarono così a parlare di quelle cose, dei combattimenti, dicendo che il giorno dopo dovevano tornare in un certo posto (parlarono di qualcosa tipo una “stanza del tempo” e di qualcos’altro) e che dovevano organizzarsi per i turni per entrarci. Poche parole d’intesa tra di loro.

Poi, in pochi minuti, in un silenzio quasi totale, andammo tutti a dormire. Io tornai nella stanza in cui mi aveva portata Trunks appena arrivata sull’isola, stanza dove dormiva anche Bulma. Goku e Chichi erano in un’altra camera, e Gohan rimase con Trunks che sennò si sarebbe ritrovato a dormire da solo insieme ad Olong e Genio nella camera più grande.

La giovane donna dai capelli celesti fu molto gentile con me. Parlammo ancora un po’ nel buio, le raccontai quello che avevo detto a Trunks e che lei già sapeva, ma mi ascoltò con pazienza. Alla fine ci augurammo la buonanotte, dopo che lei mi disse di stare tranquilla, che Goku ci avrebbe salvati tutti.

La luce della luna era molto fioca, non era notte di plenilunio. Ma abbastanza intensa da farmi localizzare la finestra anche a luci spente.

Che strana giornata. Ma le credevo.

Là fuori il mare continuava a bagnare la sabbia morbida e bianca. Quell’isola non avrebbe cessato la sua vita.

Io le credevo.

Dentro quella casa delle persone dormivano mentre un mostro si preparava a distruggere il mondo, ma dormivano fiduciose.

Io le credevo.

Quella donna mi aveva messo in allerta, dicendomi che non era facile amare quegli alieni.

Le credevo, e in un angolino del mio inconscio, già lo sapevo.

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Capitolo 18
*** Ricordi di nebbia ***


Mi svegliai molto presto quella mattina

Eccomi con il nuovo capitolo! Anche stavolta, ho aggiornato con molto ritardo. Cause di forza maggiore.

Ringrazio davvero tanto Ainim, che nonostante gli aggiornamenti dispersivi mi lascia sempre un pensiero, e Sabri, che ha iniziato a leggere da poco la mia storia e la segue con tanta pazienza!

Adesso ho la trama molto più delineata nella mia testa, perciò spero di aggiornare più di frequente.

Un bacio, Kla.

Cap.18 – Ricordi di nebbia

Mi svegliai discretamente presto quella mattina. In realtà non dormii poi molto. Ci misi ad occhio e croce quasi un’ora per addormentarmi, fissando l’unico debole punto di luce nella stanza, la finestra poco distante da me. Quando riaprii gli occhi, la luce che riusciva a filtrare dai vetri era sempre più o meno la stessa. E la sensazione era quella tipica di quando hai molto sonno ma hai dormito molto poco. Dal primo risveglio in poi, non sono più riuscita ad addormentarmi completamente, e si alternavano momenti di dormiveglia a momenti in cui stavo ad occhi spalancati cercando un soffitto che non vedevo.

Quando una luce arancione iniziò a colorire l’interno della stanza, mi sentii meglio: quella notte tanto simile ad un calvario era terminata. Non saprei dire tuttora il motivo per cui quella notte non riuscivo a prendere sonno. Di motivi ce ne erano eccome, forse anche troppi, per poterne trovare uno solo. Ed io, sdraiata nel letto ad occhi aperti, stavo sveglia sapendo di dover pensare a qualcosa ma non sapendo a cosa.

Alla fine, sentii Bulma muoversi. Si era mossa diverse volte durante la notte, ma i movimenti di chi dorme sono ben diversi dai movimenti di chi si sveglia. Riconobbi subito quei suoni: finalmente si stava svegliando.

Aspettavo quel momento con ansia: non avevo più voglia di stare in quel letto, ma non mi sentivo abbastanza in confidenza con l’ambiente per uscire dalla stanza da sola. La vidi alzare il busto e stiracchiarsi, titubò qualche istante stropicciandosi gli occhi, poi ruotò le gambe facendole scivolare dal bordo del letto, rimanendo seduta mentre coi piedi cercava le ciabatte. In ogni suo movimento si coglieva una certa premura nei miei confronti, cercava in maniera evidente di far piano per non rischiare di svegliarmi. Ma non appena in piedi, dedicandomi un rapido sguardo, notò i miei occhi fissi su di lei.

- Ah, sei sveglia – disse con la sua tipica voce allegra – Ho fatto troppa confusione? -

Mi tirai a sedere in uno scatto.

- No, figurati… sono sveglia da un po’… -

Mi chiese se avevo passato una buona nottata e altre domande sul genere, alle quali in risposta ovviamente mentii.

L’isola di prima mattina era bellissima, la vidi spalancando la finestra e crogiolandomi nell’aria di mare che mi attraversava il viso. Temporeggiai, godendomi il panorama, mentre Bulma era in bagno. Proprio mentre ero lì che iniziavo a sentirmi calda la pelle sotto i raggi del sole, sentii la porta d’ingresso aprirsi, e sporgendomi verso il basso vidi uscire Trunks, Goku e Gohan. Si stiracchiavano in una ginnastica di riscaldamento per i muscoli. Capii subito che avevano intenzione di allenarsi. Certo che non pensavano ad altro!

- Il bagno è libero, Mirai – sentii la voce di Bulma dietro di me, e sobbalzai proprio come sobbalza un bambino colto con le mani nel barattolo di biscotti – Se vuoi puoi andare – concluse con il suo solito sorriso.

- Sì, grazie! – risposi balbettando appena, e simulando indifferenza. Ma certo, non potevo pretendere che Bulma mangiasse la foglia.

Mentre prendevo della biancheria pulita che mi aveva gentilmente preparato, e il vestito che mi aveva dato il giorno prima, la donna dai capelli celesti si affacciò alla finestra con passo delicato.

- Ti ho lasciato degli asciugamani puliti vicino al lavandino – aggiunse mentre lanciava un’occhiata distratta di sotto. Poi, sorrise maliziosa tornando con gli occhi su di me, che nel frattempo, troppo concentrata nella consapevolezza che mi aveva beccata piena a fissare inebetita suo figlio, non le avevo risposto.

- Ah! – trasalii – Ti ringrazio molto! A-allora vado… -

- Ti aspetto in cucina per la colazione – la sentii dirmi, mentre già uscivo dalla stanza.

 

Scesa al piano terra, trovai Chichi e Bulma in cucina, impegnate apparentemente nella preparazione di un buffet matrimoniale. Genio e Olong, in salotto, non si erano accorti di me, totalmente concentrati su un programma di fitness femminile alla tv. Tornai con gli occhi sulle due donne in cucina, e andai da loro.

- Chi si sposa? – chiesi con una confidenza che non riconobbi mia.

Le due mi guardarono piuttosto perplesse, poi capirono e sorrisero entrambe.

- Oh, ti stupirai nel vedere come mangiano quelli là – mi rispose Bulma tornando ai fornelli – Anzi, valli a chiamare, che la colazione è pronta –

Chichi mi diede il buongiorno, e convenne con l’amica che fosse il caso di chiamare i tre saiyan là fuori. Così, titubante, mi mossi verso la porta d’ingresso.

Salutai ad alta voce Genio e Olong, che si accorsero di me e ricambiarono il saluto, schiodando gli occhi dallo schermo un solo attimo.

Poi aprii la porta per cercare i tre ragazzi come mi era stato ordinato. Il cuore accelerò il battito. Sapevo il perché, ma mi arrabbiavo con me stessa. Mi sentivo una sciocca ragazzina.

Con stupore non li trovai lì dove li avevo lasciati vedendoli dalla finestra, e muovendo qualche passo sulla sabbia chiara mi guardai intorno perplessa.

Dove potevano essere spariti, in un’isola così piccola?

Girai intorno alla casa, e tornai al punto di partenza. Di loro, nessuna traccia.

Stavo già per perdere le speranze, convinta che fossero tornati dentro passando per una finestra, o altrimenti dandoli per dispersi. Beh, che erano strani si sapeva.

Invece, d’improvviso, sentii una forte ventata alle spalle, poi una discreta onda causata dal moto violento dell’aria si alzò dalla distesa semi immobile di mare finendomi addosso e bagnandomi fino alle gnocchia. Non riuscii a trattenere un grido, mentre mi voltavo, e vidi i tre saiyan che volavano tutto intorno all’isola, poi risalivano verso il cielo, poi riscendevano in picchiata, combattendo tutti e tre contemporaneamente l’uno contro l’altro.

- Ma sono pazzi! – mi uscì di bocca in un sospiro, mentre indietreggiavo reggendomi la gonna, che con quel vento svolazzava ovunque.

Mentre raggiungevo la porta, mi sentii strattonare via dal suolo, e senza che potessi capire cosa fosse accaduto mi ritrovai il mare sotto i piedi, a diverse decine di metri di distanza.

Solo dopo qualche secondo riuscii a piazzare le mani su quei due macigni che mi stringevano la vita, e facendo forza sulle braccia mi voltai trovando il volto di quello che io ancora riconoscevo come Kakaroth. Non mi guardava, fissava in alto; così, spontaneamente, mossi lo sguardo verso il punto che guardava lui. Poco più in su, c’erano Gohan e Trunks. Il più giovane stava fermo, riprendendo fiato, mentre il ragazzo dai capelli lunghi stava preparando un attacco energetico. Proprio nell’istante in cui lo stava per lanciare, lo raggiungemmo. Trunks si immobilizzò, quando Goku mi sporse in avanti tenendomi completamente sospesa in aria. Quell’uomo ci stava prendendo gusto nel togliermi anni di vita, non c’era dubbio. Cercando il volto di chi mi teneva sospesa tra la vita e la morte, lo trovai a sorridere beffardo.

- E ora che fai? – chiese il più adulto al giovane che aveva di fronte, totalmente spiazzato al punto da dover riassorbire l’energia che aveva preparato in una sfera luminosa.

- Devi stare attento, Trunks – aggiunse poi con tono più calmo, avvicinandosi lentamente al ragazzo e porgendomi a lui.

- Buongiorno! – cercai di sdrammatizzare, mentre mi aggrappavo alle spalle di Trunks e lui mi stringeva saldamente a sé.

- Buongiorno anche a te – rispose lui gentile. I suoi capelli tornarono lilla, e anche Goku e Gohan, che nel frattempo si era avvicinato, persero la trasformazione super saiyan.

- Allora! – squillò Goku con la sua solita leggerezza – Scommetto che sei venuta a dirci che la colazione è pronta! – e si massaggiò avidamente la pancia.

- Sì! La colazione è pronta! – sottolineai ripetendo come un pappagallino; girai appena la testa, ma senza muovere un muscolo del corpo.

 

Effettivamente, Bulma e Chichi avevano ragione: quei tre ragazzi mangiavano come un esercito. E fu solo questione di buone maniere se Trunks, a differenza di Goku e Gohan, si astenne dal chiedere il bis anche quando la tavola era stata completamente spazzolata.

- Adesso basta! – sbottò Chichi verso il marito ed il figlio – Non c’è più niente da mangiare! Aspettate l’ora di pranzo! –

- Già, a proposito – intervenne Bulma, battendo un pugno del palmo della mano opposta – Cosa gli diamo a pranzo, se non c’è più niente! –

- Oh, no, Bulma, starai scherzando vero? – nella voce di Goku, limpida e nitida una vena di disperazione. Io dico che non sarebbe stato così disperato nemmeno se gli avessero annunciato lo sterminio di tutta la sua famiglia. Certo che no, la famiglia si resuscita, ma il frigo chi lo riempie? Ma io, questa magia, la più importante forse, in quel momento ancora non la conoscevo.

La donna dai capelli chiari si portò una mano sulle labbra.

- Dobbiamo andare a fare la spesa… - borbottò pensosa Bulma- … allora, chi va? – squillò poi fissando con un bel sorrisino killer il resto dei presenti.

- Beh, tu hai la macchina volante, no? – ribattè Chichi rivolta all’amica.

- Oh, sì… ma sai quanto ci metterei con quella ad arrivare al primo villaggio? – poi fissò i tre begli omaccioni che aveva di fronte – Deve andarci qualcuno di loro – concluse indicandoli.

- Vado io! – squillò Goku felice.

- Non se ne parla! – lo rimbeccò la moglie – Saresti capace di mangiarti tutto per strada, e poi non mi fido a lasciarti dei soldi in mano! –

Mi venne da ridere. Che strana razza di rapporto avevano quei due?

- Beh, mandiamo Gohan con lui! In fondo, tuo figlio è molto affidabile e sono sicura… -

- Non se ne parla! – strillò ancora più forte Chichi, interrompendo BulmaGohan deve fare i suoi compiti per scuola! –

- Vado io – si propose allora Trunks, con grande calma, facendo calare un pacifico silenzio – Per me non c’è il minimo problema –

Dopo averci pensato un po’ su, Bulma e Chichi convennero che quella fosse la soluzione migliore. Stilarono una dettagliata lista della spesa, più somigliante ad un dizionario culinario, e gliela consegnarono insieme al denaro.

- Tu vieni con me – sussurrò Trunks ad un tratto, rivolto a me, mentre Bulma e Chichi mettevano lista e soldi in una piccola busta – Vero? –

La risposta, più che ovvia, era senz’altro sì. Ma invece di dirglielo di getto, indugiai. Pensai qualche secondo al motivo per cui voleva portarmi con sé, sicuramente per quella storia che avevo salvato suo padre, così lui era convinto. Pensai a cosa avrebbero detto Bulma e Chichi, se si fidavano di me, se avrebbero iniziato a insinuare qualcosa su di noi. Ma subito dopo pensai che, qualsiasi fosse la ragione, io potevo stare con Trunks, e qualsiasi cosa potessero mai pensare gli altri, alla fine o già lo pensavano, o l’avrebbero pensato il giorno dopo.

- Certo! – risposi allora in un soffio, sorridente e sinceramente entusiasta.

Quando Trunks si incamminò verso la porta d’ingresso e io lo seguii camminando al suo fianco, nessuno disse niente. Come se nessuno l’avesse notato, o più semplicemente la cosa fosse ovvia e scontata. Salutai allora a mia volta, e chiusi la porta dalla quale eravamo usciti.

A pochi passi dal bagnasciuga, Trunks si fermò aspettando che lo raggiungessi, poi si voltò dandomi le spalle e mi incitò a saltargli sulla schiena. Feci come mi aveva ordinato, e sentii le sue braccia forti avvolgere saldamente le mie gambe, strette sui suoi fianchi.

- Reggiti, mi raccomando – mi disse, e solo quando gli strinsi le braccia saldamente intorno al collo, partì. Cercò di farmi abituare gradualmente a quel nuovo modo di spostarmi, me ne accorsi, perché all’inizio volava molto piano, e poi lentamente accelerò. Ma non considerava che io ero già stata svezzata al volo da suo padre. E Vegeta, questo tipo di riguardi, non si sogna di averli con nessuno.

 

La cittadina che ci avevano indicato Bulma e Chichi come la più vicina, era un piccolo villaggio sperduto tra le montagne. Laggiù, il terrore di Cell era ancora solo una notizia trasmessa alla radio, o alla tv. Ma la sensazione tangibile di morte che io avevo negli occhi, sebbene solo in qualche flash, quella era ben distante da quel luogo.

Fu quell’aria di apparente tranquillità che ci convinse di poter perdere un po’ di tempo girando per le vie, e prendendocela comoda nel fare la spesa. Un carrello, ovviamente, non bastò, e dovevamo portarne uno a testa; entrambi, ovviamente, già stracolmi a metà lista.

In quel momento, pensai che in fondo potevo essere felice. Per quanto quel ragazzo fosse entrato con rapidità nella mia vita, e con altrettanta rapidità poteva uscirne, in quel momento io mi sentivo felice. E dato che il mio passato era stato completamente inghiottito da una voragine nera, e che tutto quello che rimaneva di me erano due anni di vita vissuta cercando di ricostruire i cocci di un vaso ridotto in frantumi e che io nemmeno conoscevo, pensai che in fondo ogni piccola felicità ripagava questo strano percorso che era la mia vita.

Pensavo questo mentre scrutavamo insieme la lista della spesa, spalla contro spalla. Pensavo questo mentre mi aiutava a prendere un prodotto sul ripiano più alto dello scaffale. Pensavo a questo quando mi sorrideva porgendomelo, e io che lo ringraziavo.

Mi accontentavo della mia piccola, effimera felicità. Ma non credevo che qualche forza maggiore ce l’avesse così tanto con me, così tanto da privarmi anche di quel poco di cui mi accontentavo.

D’improvviso ci fu un boato, e mezzo negozio crollò, spargendo macerie e polvere ovunque.

Le grida erano le stesse che avevo sentito il giorno prima, quando Vegeta mi aveva portata via con sé. La polvere, e le macerie, le stesse.

Qualcosa tornò nella mia mente, fulmineo.

Una voce.

“Mirai”

Sì, quella voce.

Nella confusione ero caduta in terra, ma a quei ricordi mi sentii attraversare da una sensazione di puro panico. Trunks mi venne vicino, prendendomi per un braccio.

- Mirai, stai bene? – continuava a chiedermi. Ma la sua voce, nella mia testa, era solo un’eco. Uno dei tanti rumori che c’erano nell’aria. La sua voce, le grida di dolore e di paura, le macerie che continuavano a cadere. Tutto insieme, un impercettibile sottofondo.

“Mirai… oppure…” quell’ombra indefinita, che a malapena ricordavo insieme alla figura di Vegeta, si faceva sempre più chiara.

- Mirai! Rispondimi! Ti sei fatta male? –

“Mirai… oppure… dovrei dire…” Un mostro. Un enorme mostro verde. L’ombra del giorno prima, fu d’improvviso nitida nei miei ricordi. Quel mostro e Vegeta combattevano senza tregua distruggendo tutta la città, davanti ai miei occhi. Quella voce che continuava a rimbombarmi nella testa, era la sua voce. Ne ebbi improvvisamente la certezza.

- Mirai, ti prego, dì qualcosa! – la voce di Trunks, era ormai un grido. Mi si parò davanti, scuotendomi per le spalle, e non potei che trasalire dai miei pensieri.

- Trunks ti prego portami via! Portami via di qui! Devo scappare, ti supplico! Morirò! Mi ucciderà!- presi a gridare, completamente inghiottita dal panico. Come nella più macabra delle sensazioni, già sapevo chi aveva causato quel caos. Lo sapevo, perché sentivo la sua voce nella testa, lo sapevo perché poche ore prima avevo avuto la stessa scena di distruzione davanti agli occhi.

Il ragazzo, colto evidentemente alla sprovvista dalla mia reazione, rimase per un attimo immobile, senza reazione. Ma io non volevo stare lì. Mi alzai di scatto e presi a correre.

- Aspetta, dove vai! – mi richiamò lui, alzandosi a sua volta per raggiungermi.

- Mirai! –

Quella voce, tuonò intorno a noi. In quel macabro silenzio che si crea dopo un’enorme distruzione.

Mi bloccai di scatto, e Trunks per poco non mi finì addosso. Mi tirò per un braccio, portandomi dietro le sue spalle. Iniziai a gridare.

- Ciao Mirai – riprese quella voce, ormai certa che fossi davvero io. La sua sagoma, iniziava a delinearsi sempre meglio, via via che la polvere cadeva al suolo. Intorno a noi, solo macerie, e i corpi di chi non era riuscito a fuggire, e che adesso giaceva senza vita sul suolo di un supermercato.

- Non ascoltare! – gridai, mossa dall’istinto. Mi tappai le orecchie, strillando, strillando di non ascoltare.

- Su, Mirai, non fare così… - borbottò quel mostro ironicamente. A passi lenti si dirigeva verso di noi.

- Cell! – tuonò d’improvviso Trunks, quando la figura fu nitida e a pochi passi da noi – Non ti avvicinare! – lo intimò mettendosi in posizione di difesa.

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 19
*** A una Porta dalla Verità ***


- Heilà Trunks

Aggiornamento rapido, stavolta. La storia si sta davvero snodando tutta nei miei pensieri, e non riesco a fare a meno di scrivere. Grazie Sabri per il commento. Sono contenta che ci hai capito qualcosa nel caos di quel capitolo… l’ultimo pezzo era un po’ contorto, me ne rendo conto.

Al prossimo capitolo. Baci, Kla x3

 

Cap.19 – A una porta dalla Verità

- Heilà Trunks! Tuo padre ha rifilato a te la ragazzina? – chiese con tono sempre più cinico.

- Vattene via Cell

- Altrimenti? – lo provocò il mostro – Cosa pensi di fare, eh? –

Il giovane saiyan, rimase senza risposta. Sapeva benissimo di non potere niente contro la forma perfetta di Cell. Non era riuscito a fare niente quando l’aveva affrontato insieme a suo padre, terminando lo scontro con una rovinosa sconfitta e uscendone vivo per miracolo. Ma non aveva intenzione di farlo avvicinare a Mirai, e lo avrebbe ostacolato con tutte le sue forze. Senza poter ribattere, si trasformò in super saiyan e accentuò la posizione di difesa.

- Beh, adesso cominci davvero a farmi paura… - lo prese in giro il mostro.

- Maledetto… - soffiò il giovane.

Con uno scatto, Cell colse di sorpresa Trunks, lanciandogli una sfera di energia che il giovane riuscì a bloccare con una barriera a pochi centimetri dal viso. Contrastare quell’energia gli costava un’evidente sforzo, ma non aveva intenzione di mollare.

Sarebbe morto.

Ma quell’essere spregevole sarebbe arrivato a Mirai poggiandogli i piedi sulla schiena.

- Mirai, allontanati! Ti prego, allontanati! Mi senti? – continuava a implorare il ragazzo. Lei, inginocchiata dietro di lui, tra le macerie che le escoriavano le ginocchia, tra la polvere che le imbiancava i capelli e la pelle, lo osservava con occhi spalancati.

- Non lo ascoltare, Trunks! Non ascoltarlo! Non è vero! – ripeteva alternando il tono della voce, prima basso, poi alto improvvisamente, fin quasi ad urlare.

- Vattene Mirai! – gridò allora il saiyan con tutta la voce che aveva. Il suo ultimo grido. Ogni respiro, oramai, era forza preziosa che gli serviva per guadagnare qualche istante di vita.

Una piccola folata di vento investì alle spalle i due giovani. Non se ne accorsero granché. In quella confusione, un po’ di venticello era davvero il problema minore.

- Tho! Guarda chi si vede! – tuonò d’improvviso la voce di Cell –Son Goku! – ed interruppe all’istante l’attacco. Trunks ebbe un lieve contraccolpo, fece un passo in avanti e riprese l’equilibrio; poi si voltò con uno scatto.

- Signor Goku! – esclamò rincuorato.

Il saiyan si chinò su Mirai, la prese per le braccia aiutandola ad alzarsi, e Trunks si avvicinò a loro.

- Signor Goku, non so come ringraziarla! Non sapevo più… -

- Poggiami una mano sulla spalla, Trunks – lo interruppe lui senza togliere lo sguardo dal mostro che aveva di fronte. Sapeva di non potersi permettere il lusso di abbassare la guardia.

- Finalmente ci rivediamo, Goku! Sarà molto più divertente battermi con te, che con quel moccioso… -

- Non sono qui per te! – ribattè il saiyan - Non sono ancora trascorsi dieci giorni! – poi il suo volto, sempre così allegro e spensierato, si incupì ancora di più – E tu hai ucciso degli innocenti nel frattempo. Sei un essere viscido Cell. Ma ti pentirai di ciò che hai fatto – lo minacciò.

- Mi sono accorto di aver commesso un madornale errore – si difese il mostro, sempre con tono canzonatorio – Dieci giorni sono davvero troppi. Mi sto annoiando a morte. Voglio combattere subito –

- Non sono qui per te. Non voglio più ripeterlo – ribadì Goku, portandosi l’indice e il medio della mano destra alla fronte.

- Non farlo! Ti troverò in capo al mondo! – gridò Cell, avendo perfettamente intuito le intenzioni del guerriero. Ma Goku non lo ascoltò. In un istante la sua figura scomparve, insieme a quella di Trunks e Mirai.

 

I tre si materializzarono d’improvviso al palazzo del Supremo, generando lo stupore dei presenti.

- Kakaroth! – balbettò Vegeta, preso alla sprovvista – Che ci fai, qui? – poi lanciò un’occhiata distratta anche a Trunks e Mirai, inarcando un sopracciglio come a voler mostrare il proprio disappunto.

- Chi c’è nella stanza dello spirito e del tempo? – chiese Goku, con apparente furia.

- È appena uscito Piccolo. Adesso devo entrare io, e poi… -

Ma Goku si mosse di scatto, trascinandosi dietro Mirai per un braccio, senza ascoltare il resto delle parole di Vegeta, tanto che il principe dei saiyan si innervosì.

- Che cosa hai in mente, eh? – grugnì a denti stretti, raggiungendolo e bloccandogli la strada. Ma Goku pareva essere davvero irrequieto. Rimase per un attimo a fissare il coetaneo, severo, sperando che desistesse dal voler attaccare rissa.

- Signor Goku, che cosa ha intenzione di fare? – la domanda di Trunks, alla fine era la stessa di quella di Vegeta. Solo che il figlio seppe porla con molto più garbo. E a lui, Goku sentì di dover dare davvero delle spiegazioni.

- L’obiettivo di Cell era lei, vero Trunks? – chiese rapido.

- B…beh, sì… - balbettò incredulo il giovane – Ma lei come… -

- Non ho sentito traccia della tua aura finché non ti sei trasformato. Tu, da quando sei venuto via dall’isola di Genio, hai sempre tenuto a zero la tua aura. Sbaglio? –

- No… è come ha detto lei… - Trunks appariva sempre più confuso. Vegeta, nel frattempo, cercava di capire qualcosa.

- Quindi Cell vi ha localizzati cercando l’aura di Mirai! Vuol dire che conosce la sua aura, e che… che stava cercando proprio lei. – concluse Goku, fissando la ragazzina che ancora non aveva mollato. Lei, spaurita, restava immobile con lo sguardo sul pavimento. Non sembrava totalmente presente, con il pensiero.

- Quindi non mi sono sbagliato! – intervenne Vegeta, d’improvviso, prima che Trunks potesse mostrare il suo assenso – Quella che ho sentito prima era davvero l’aura di Cell! –

- Sì, papà. Quel mostro ha attaccato me e Mirai mentre eravamo in un villaggio – poi il più giovane tornò con gli occhi sull’altro saiyan – Quel che lei dice è giusto, signor Goku. Infatti Cell… - ma si interruppe. Guardò Mirai, senza riuscire a vederle il volto, coperto dai capelli, e non proseguì.

- Infatti Cell, cosa? – lo incitò Goku. Trunks, scosso da quelle parole, trasalì e riprese la parola.

- Infatti Cell… - abbassò lo sguardo - …si è rivolto a lei… diciamo che le ha parlato come se la conoscesse… -

Vegeta sgranò gli occhi – Quando l’ho trovata, effettivamente… - parve pensarci su, poi riprese - … effettivamente, non sembrava ignorarla come il resto dei presenti. Quando lei ha sprigionato quella strana energia che mi ha permesso di – deglutì – di fuggire… l’ho sentito dire qualcosa. L’ho sentito maledire qualcuno. Ora che ci ripenso… ha detto … - anche Vegeta cercò con lo sguardo la figura della ragazzina – Ha detto Mirai –

- Ho capito – soffiò Goku, riprendendo a camminare – Trunks, vieni con me –

- E adesso dove vai, Kakaroth? –

- Mi dispiace Vegeta. Dovrai allenarti domani – rispose senza nemmeno voltarsi verso il suo interlocutore, e lasciandolo ad augurargli maledizioni e sciagure.

Mirai seguiva l’uomo che la trascinava senza proferire parola, né discutere. Non alzava gli occhi dal terreno, e non mostrava reazione a ciò che le succedeva intorno. E sì che Goku, dal nervoso, forse un po’ troppo il braccio lo stringeva.

Trunks le si affiancò, voleva chiederle qualcosa, voleva rassicurarla con un tocco sulla spalla. Ma la camminata era a passo spedito, e lei sembrava non essersi nemmeno accorta della sua presenza. Decise di aspettare che Goku si fermasse, cosa che avvenne dopo un percorso lastricato e affiancato su ambo i lati da colonne alte e bianche, davanti a una grande porta decorata.

- La stanza dello spirito e del tempo? – sfuggì di bocca a Trunks, che conosceva bene quel portone.

- Salve Goku – si palesò d’improvviso mister Popo, alle loro spalle.

- Ciao Popo. Dobbiamo usare la stanza, se non ti dispiace – la domanda di Goku, fu più retorica che altro

- So che doveva entrare Vegeta – rispose lui, con la sua solita inespressività.

- Siamo d’accordo con lui – per Goku, essere d’accordo con Vegeta significava avergli imposto una sua decisione. E si era quasi stupito di non aver dovuto prenderlo a cazzotti per convincerlo a far slittare di un giorno il suo allenamento.

- Allora, fate pure – concluse lo strano ometto nero.

Goku si voltò, spalancò la porta della stanza speciale e si voltò verso Trunks, fissandolo negli occhi.

- Forza, entrate – lo incitò.

- Ma signor Goku! Mirai non può sopportare le condizioni che ci sono in questa stanza! Non è allenata a sufficienza! –

- Lei non sa azzerare la sua aura. Se non entra qua dentro, Cell la troverà di nuovo –

Era vero. Se ne rese conto subito anche Trunks. E sapeva bene cosa avrebbe significato un secondo incontro con Cell. Stavolta, non avrebbe potuto difenderla.

- Insegnale il controllo dell’aura. Solo quando saprà tenerla perfettamente azzerata potrete uscire. Solo allora – si raccomandò Goku, scandendo particolarmente le ultime due parole.

- Farò del mio meglio – acconsentì il giovane saiyan con un cenno deciso del capo – Vieni Mirai – si rivolse poi alla ragazza, prendendola per le spalle. Lei, senza fiatare, lo seguì.

Un ultimo sguardo tra i due guerrieri, poi la porta si chiuse, lasciando Goku e i suoi mille quesiti lì fuori, e Mirai con le risposte che inconsciamente portava con lì dentro.

 

 

 

 

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Capitolo 20
*** Il Figlio di Vegeta ***


Impensabile ma vero, il primo giorno in quello strano posto Mirai e Trunks lo passarono nel più totale silenzio

Rieccomi con un nuovo capitolo… spero di non andare troppo lenta con la narrazione… effettivamente siamo a venti capitoli e ancora sono passati sì e no due giorni o tre… Magari, fatemi sapere se secondo voi l’andatura narrativa è troppo lenta. È che io tendo ad essere troppo descrittiva!

Nel frattempo, ringrazio Sabri che mi segue sempre (speriamo che Mirai se la cavi nella stanza speciale, dai!) e una new entry, Cri92! Grazie per avermi lasciato un commento, e sono contenta che la storia ti abbia incuriosito! Solo non capisco… sei riuscita a leggerti tutti e diciannove i capitoli? Che pazienza, lasciatelo dire!

Bene, adesso passo al nuovo capitolo. La narrazione è volutamente alternata… pensavo ci stesse bene in un momento del genere. Il capitolo è corto, in quanto questo passaggio della storia, a mio avviso, meritava una parte a sé stante.

Alla prossima! Un bacio, Kla.

 

Cap.20 – Il Figlio di Vegeta

Impensabile ma vero, il primo giorno in quello strano posto Mirai e Trunks lo passarono nel più totale silenzio. E per silenzio, non va intesa qualche parola sporadica e sterile, ma la definizione di silenzio nel suo significato più originale.

Mentre Trunks ancora finiva di chiudersi la porta alle spalle, lei si era avventurata in quello spazio impervio e sconosciuto come se stesse entrando in casa propria. Quando arrivò alla stanza da letto, e vide i due grandi letti a baldacchino, senza la minima esitazione si sdraiò pancia in giù su quello che prima riuscì a raggiungere, sprofondando il viso nel guanciale, come se non stesse aspettando altro.

Trunks non la seguì, un po’ inconsciamente, un po’ dovendo reprimere l’istinto. Vinse la scelta di abbandonarla a se stessa, anche perché l’unico motivo che lo spingeva a non lasciarla sola era la paura che si addentrasse nel bianco sconfinato che regnava fuori da quelle poche stanze arredate, e che si perdesse. Ma realizzò subito che se Mirai avesse anche solo provato a mettere un piede sugli scalini che davano verso il bianco nulla, sarebbe stata bloccata dalla super gravità, nonché dalla carenza di ossigeno e dalle condizioni impervie e limitative per un comune essere umano. Pensando questo, si rese conto di non essere pienamente sicuro che lei fosse un essere umano. Era questo dubbio il motivo che lo tratteneva dal curarsi di lei. Comunque, giustificò presto il suo istinto agitato, riflettendo sul fatto che se non fosse stata una terrestre indifesa se la sarebbe cavata benissimo.

Qualsiasi fosse la verità, perciò, non si trovava in pericolo, e non aveva bisogno di lui.

Così prese la direzione opposta a quella di lei, e andò in cucina a controllare le condizioni della dispensa.

Il resto della giornata non si incrociarono mai: Mirai non si mosse nemmeno una volta dal letto, e c’è da credere che a un certo punto si sia addormentata, sfinita dallo stress e probabilmente dal pianto che avrà soffocato nel guanciale tutto il tempo.

Trunks, dopo aver controllato che nelle varie stanze fosse tutto ok, si era messo ad allenarsi, e sprofondato nei suoi pensieri continuò a combattere il niente per tutta la notte, in quel bianco infinito e accecante.

 

 

- Sei un Cyborg? – mi chiese Trunks, cogliendomi di sorpresa alle spalle. Lo sapevo che non dovevo uscire dalla camera, ma la fame si era fatta insopportabile. E poi avevo sete. Forse avevo pianto troppo.

Tenni l’espressione forzatamente seria, quando mi voltai cercando il suo sguardo. Né pianto, che era stato dominante quasi tutta la notte, né tristezza, né sorrisi pietosi. Mi sentivo colpevole, macchiata di un’onta che non conoscevo, e la sensazione di averlo ingannato era terribile e fortissima.

Non poteva durare per sempre, quella gioia, lo sapevo. Ma nemmeno così poco.

Ripensai alla sua gentilezza, alla sua disponibilità.

Alla sua promessa.

 

- Io non ti chiederò mai niente-

 

Eravamo nella grande sala della casa di Genio, e lui mi aveva portato via dalla curiosità di tutti gli altri, che tanto mi feriva e mi stordiva.

 

- Sei un Cyborg? –

 

Eravamo in una cucina di una stanza strana e sconosciuta, e lui mi mostrava tutta la sua curiosità, che tanto mi feriva e mi stordiva.

 

I suoi occhi non erano più il riflesso di un oceano tropicale caldo e cullante. Il celeste, guardato in quel momento, mi ricordò solo il ghiaccio, il mare freddo del nord.

Anche se l’avessi saputo, non glielo avrei detto.

 

 

 

- E se lo fossi, tu… dovresti uccidermi? – mi chiese, in risposta, con voce stanca, ma neutra. Si sentiva che non parlava da molto, e il suo tono era spezzato da tracce inequivocabili di un brutto sonno e un pianto prolungato.

La sua risposta mi pietrificò, e per lunghi minuti mi trovai a tacere.

La sua risposta mi mise in discussione.

Da quando eravamo entrati lì dentro, da quando mi ero chiuso la porta alle spalle ed avevo avuto un minuto intero di silenzio per riflettere, quella era la prima domanda che mi era balenata per la testa. Dopodiché, non ero più riuscito a smettere di pensarci.

Qualsiasi fossero gli indizi, i pochi momenti vissuti insieme, qualsiasi cosa io conoscessi di lei, sebbene poco, era stato tutto cancellato da quella domanda. Se tornavo col pensiero al suo sorriso riconoscente, lo vedevo come menzogna e inganno. Riuscivo a sentire nella testa i suoi pensieri, dietro a quel sorriso. Qualcosa del tipo “sembra che ci stia cascando”, o altre variazioni sul tema.

 

- E se lo fossi, tu… dovresti uccidermi? –

 

Ora questa domanda aveva preso il posto della mia. Ed era questa domanda a mettere in discussione tutti i miei pensieri.

Era questa domanda la nuova prospettiva dalla quale vedevo tutto il resto.

 

- No –

 

Avrei voluto sentirmi rispondere. Non mi importava di avere spiegazioni, non le volevo. Anche fosse stata una bugia, io avevo bisogno che lei, guardandomi negli occhi, mi dicesse No.

Lei aveva salvato mio padre. Io le avrei creduto.

Ma questo, lei, probabilmente non lo sapeva. Lei, a ragione, sicuramente aveva la certezza che non le avrei creduto.

 

Eppure…

 

- Sì –

 

… se mi avesse risposto un , io cosa avrei mai potuto fare? Avrei dovuto ucciderla, eliminarla, o quantomeno combatterla. Avrei dovuto uscire in fretta, dicendolo al signor Goku, a mio padre, a tutti gli altri.

La delusione di mia madre incisa distintamente nel suo sguardo. Il disprezzo negli occhi di chi l’aveva accolta e ospitata con tanta cortesia.

Questo, lei, lo sapeva sicuramente. Lei, a ragione, sicuramente aveva la certezza che questa fosse l’unica risposta alla quale avrei creduto.

 

Invece, lei non mi aveva risposto. Non aveva detto il No che l’avrebbe salvata, non mi aveva detto il Sì che l’avrebbe condannata.

Era passata oltre la risposta, andando direttamente allo stadio successivo.

 

La mia domanda, quella terribile ossessione che mia aveva posseduto, era solo una nuvola di fumo. Non aveva senso, come un vicolo senza sfondo.

 

 - E se lo fossi, tu… dovresti uccidermi? –

 

Così lei aveva portato i miei occhi sul muro alto che chiudeva quel vicolo.

 

 

Trunks chinò il capo, arreso. Strinse i pugni, in un chiaro segno di ira con sé stesso.

- Devi perdonarmi – sospirò con voce debole – Sono molto più solo di te – aggiunse prima di fare un passo in avanti. Pareva esserci una precisa intenzione che aveva mosso quel gesto. Ma il ragazzo si fermò.

- Dimmi quello che devo fare. Io lo farò – dichiarò lei trattenendo le emozioni. Come se le sue parole non avessero la minima importanza; come se non avesse altro modo di porsi con lui, se non mettersi a sua completa disposizione.

Era il prezzo per la gentilezza e la fiducia che aveva ricevuto.

- Dimmi di no – rispose Trunks senza alzare gli occhi – Dimmi che non sei un cyborg. Io ti crederò-

- Non lo so – parve insistere lei, deludendolo. Lui si era spogliato di ogni difesa, le aveva servito la propria fiducia su un piatto d’argento. Voleva crederle, anche contro ad ogni razionalità.

Voleva crederle.

Con quella risposta, lei sembrava non volerglielo permettere. Forse, Mirai lo capì.

- Non so cosa sia un cyborg – sospirò, poi riprese un pensiero ad alta voce – Ma se comunque io avessi a che fare con quel mostro, se sono un essere umano invece che un cyborg è un po’ meno grave? - 

 

Questa domanda, improvvisa e semplice, arrivò alle orecchie del giovane saiyan.

In tutta la sua durezza lo colpì come non era mai stato colpito.

Lui.

Che era erede di una stirpe aliena, guerriera, e sanguinaria di invasori.

Lui.

Che aveva combattuto per tutta la vita i nemici dell’umanità fin quasi alla morte.

 

Questa domanda, improvvisa e semplice, era arrivata a lui.

 

Il figlio di Vegeta.

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Capitolo 21
*** Hope ***


- Continuo a non capire – esclamò lei portandosi le ginocchia al petto, e sembrando così ancora più piccola su quel letto tanto grande – Quindi quando tu tornerai nel tuo futuro, non sarà cambiato proprio niente

E anche oggi sono riuscita a finire il nuovo capitolo. Doveva essere più breve di quel che è, ma comunque penso che sia coerente lo stesso. La narrazione è sempre in terza persona, per adesso mi serve molto per velocizzare la situazione. In fondo, in questo momento, sono più importanti i fatti delle riflessioni. Un bacio a Sabri che continua a leggere e commentare la storia! Non preoccuparti, via via si farà tutto chiaro!

Al prossimo capitolo, Kla

 

Cap. 21 – Hope

- Continuo a non capire – esclamò lei portandosi le ginocchia al petto, e sembrando così ancora più piccola su quel letto tanto grande – Quindi quando tu tornerai nel tuo futuro, non sarà cambiato proprio niente? –

Trunks sorrise, un sorriso quasi d’imbarazzo, mentre abbassava lo sguardo sul guanciale che aveva a fianco – Sì, è così – ammise parlando piano. Si portò tutto sul letto, incrociando le gambe. Lei, lì davanti a lui, lontana quanto la distanza di un letto e vicina quanto la distanza di un’occhiata.

Com’era difficile, da un po’ di tempo, sostenere il suo sguardo. Non era più la stessa cosa.

- Ma il fatto è che l’importante per me e mia madre era riuscire a creare un mondo dove nessuno soffrisse come abbiamo sofferto noi – aggiunse lui sistemando le lenzuola leggermente increspate dai suoi movimenti.

- Molto eroico – lo canzonò lei. Quando Trunks alzò lo sguardo per capire dalla sua espressione quale fosse il tono della frase, all’udito totalmente sterile, la trovò a sorridergli – Stavo scherzando – aggiunse allora Mirai, presa in pieno dallo sguardo inquisitorio – Io ti trovo sorprendente –

Il ragazzo sussultò leggermente, e come suo solito arrossì, riportando lo sguardo sul proprio letto. Non era abituato ad avere un certo tipo di rapporti con altre persone, non era abituato affatto. Amicizia, affetto, conoscenza… concetti così distanti dalla sua mente. Si ritrovò a pensarci, in quell’istante, e se ne rammaricò. L’unico amore mai provato, era quello per sua madre; l’unica amicizia mai avuta, quella di Gohan. E poi? Poi il niente.

Nel momento in cui era diventato abbastanza grande per avere un qualsiasi tipo di legame, il mondo era già stato quasi totalmente raso al suolo dai cyborg: le persone si nascondevano al mondo, rimanendo nascoste anche ai suoi occhi; ogni giorno andava trascorso nella segretezza, nascosti nelle macerie di quello che sembrava il ricordo di un imponente edificio, importante e prestigioso.

Ciò che rimaneva della Capsule Corporation.

Gli unici rapporti umani che era riuscito ad avere, si erano materializzati nelle rare occasioni in cui era riuscito a strappare qualche vita dalle mani assassine dei cyborg. Rapporti che iniziavano con un timido – Tutto ok? – e terminavano nello stesso istante con le urla della persona tratta in salvo, che scappava gridando da quel terribile incubo ad occhi aperti.

Quella realtà distrutta dall’orrore, sterile di sua natura, sembrava oltremodo essergli avversa.

Forse era questa la sua punizione per essere l’unico in grado di salvare quel mondo, e non essere ancora riuscito a farlo.

 

- Non trovi? – le parole di Mirai, come un eco, lo distolsero dai suoi pensieri. Quando alla fine arrivarono forti alle sue orecchie, alzò gli occhi di scatto su di lei. Lo sguardo dubbioso della ragazza parlava chiaro: era diverse volte che gli poneva una qualche domanda.

- Eh… sì… sì certo – rispose lui frastornato. Provò a mentire, in maniera goffa, quasi inutilmente. In fondo, anche se mezzo saiyan, era pur sempre un uomo.

Mirai sorrise debolmente. La intenerì l’atteggiamento così indeciso di un ragazzo tanto forte e coraggioso. Aveva capito perfettamente che Trunks non l’aveva ascoltata, ma non volle infierire su di lui, e lasciò correre, soddisfatta comunque di averlo strappato a quei pensieri che probabilmente gli affollavano la testa, e che sicuramente erano molto tristi.

Trunks era sempre così quando parlava del suo futuro, si perdeva nei discorsi, accennava pochi particolari e poi sembrava sprofondare senza ritorno nei propri pensieri.

- Ma scusa… se non ricordo male… non mi hai forse raccontato che tu e tuo padre avete combattuto Cell alla sua seconda trasformazione, e che avreste potuto tranquillamente batterlo? – parlò d’improvviso, Mirai, quasi le fosse tornato in mente qualcosa di molto importante, un pensiero che le era sfuggito dalla mente persa nell’osservare Trunks immerso nei suoi ricordi.

- Certo, al suo secondo stadio lo avremmo eliminato senza alcun problema… - assentì lui. Nei suoi occhi, una vena di dolore. Ancora una volta, non era riuscito a salvare il mondo dall’incombente minaccia.

- E allora com’è che non riesci ad eliminare i cyborg nel tuo tempo? Sono forse più forti di quelli in questa realtà? Sono più forti di Cell? – chiese Mirai sempre più incalzante.

Trunks tornò a sorridere; stavolta il suo sorriso era soddisfatto, illuminato di speranza, e al contempo bonario e gentile, stupito da tutte le attenzioni e le curiosità di quella ragazzina ingenua.

- No- scosse lentamente il capo – La loro forza è la stessa. Sono io che mi sono allenato in questo mondo… e la mia forza è aumentata da quando sono arrivato –

- Ma allora! – squillò lei battendo un pugno sul palmo dell’altra mano – Quando tu tornerai nel futuro, non è vero che non sarà cambiato proprio niente! Sarai cambiato tu! – sentenziò indicandolo.

Il giovane saiyan, rimanendo in silenzio, portò gli occhi sorridenti sulla ragazzina che, di fronte a lui, sembrava tanto entusiasta.

- Questo è ciò che mi auguro – le rispose semplicemente. E ancora una volta si trovava a non capire quella ragazza, il suo entusiasmo e quel modo di affrontare le avversità, l’idea costante che la nebbia è solo presagio di una bellissima giornata.

Aveva tratto molta fiducia dalle parole di Mirai. Da come ne parlava lei, sembrava che fosse già tangibile la certezza che il suo mondo ben presto avrebbe visto e vissuto la bellezza della pace. Questa sensazione lo calmò molto, e non riuscì a trattenersi dal ringraziarla col pensiero.

Al contempo, stranamente, sentì forte una strana sensazione. Lui che pensava di conoscere bene il proprio scopo, quel solo ed unico obiettivo della sua vita, ora che questo era ad un passo dalla realizzazione, scoprì in quel momento non essere la sola cosa importante.

La pace. Il suo percorso.

Fino a quel momento l’aveva attraversato guardando in basso, passo per passo, dove metteva i piedi.

Alle parole di Mirai, aveva finalmente alzato lo guardo, e constatato con gioia che quel percorso arrivava davvero alla sua meta. Ma al contempo, aveva intravisto lontano, ma sempre più vicino, qualcosa che sembrava distogliere la sua attenzione.

Non era un ostacolo, né un impedimento. Ma era qualcosa che offuscava la vista del suo traguardo.

Non c’era solo la pace, alla fine di quel tragitto. Adesso qualcosa oscurava il suo obiettivo.

E gli venne da chiedersi se quello fosse un prezzo da pagare, o una rinuncia da dover affrontare.

 

Ormai era passato quasi un mese, da quando erano entrati nella stanza dello spirito e del tempo. I primi giorni non erano stati facili, né da un punto di vista emotivo per entrambi, né da un punto di vista fisico per Mirai. Le condizioni di quella stanza le erano davvero avverse. Tuttavia, con impegno, si trovò ad adeguarsi il meglio possibile a quella situazione.

Trunks si era rivelato un buon insegnante, riuscendo ad iniziare Mirai alla tecnica del controllo dell’aura. Purtroppo, però, trascorso quasi un mese la parola giusta da usare era sempre “iniziare”. La ragazzina non mostrò fin da subito grande propensione per le tecniche spirituali di autocontrollo, e per nessuna tecnica specifica.

A dirla in maniera semplice, era totalmente negata.

Solitamente quasi tutta la giornata veniva impiegata nell’allenamento, e mentre Mirai cercava di mettere in pratica ciò che Trunks le insegnava, il ragazzo, per impiegare in modo costruttivo il suo tempo, spesso andava nello spazio bianco fuori dall’abitazione ad allenarsi un po’. O semplicemente a far finta di allenarsi, ma almeno rilassava la mente. Spiegare a chi non capiva era terribilmente stancante.

Un giorno, il saiyan aveva appena finito di allenarsi. O meglio, aveva sentito odore di cibo provenire dalla cucina, e aveva deciso che per quel giorno si era allenato a sufficienza. Rientrando guardò gli scalini, spesso vi trovava un asciugamano, e quel giorno non fu una delle rare eccezioni. Lo prese e si asciugò il sudore sul viso e sul torace, continuando ad annusare attentamente l’aria. Quando Mirai non combinava disastri ai fornelli, riusciva a tirar fuori anche qualcosa di commestibile. Ultimamente era migliorata, comunque.

In cucina come in tutto, Mirai sembrava saper fare molte cose; ma partiva facendole in maniera mediocre, per poi migliorare molto in poco tempo. Come se non le stesse imparando sul momento, bensì le conoscesse già bene da tempo, ma le avesse accantonate in un angolo della sua memoria e le stesse tirando fuori lentamente dai ricordi.

A passi decisi Trunks si avvicinò alla cucina, affacciandosi. Mirai non era ai fornelli. Ne rimase quasi stupito, e si voltò per vedere se fosse alle sue spalle, o in un’altra stanza.

Cercandola ma non riuscendo a localizzarla, d’improvviso si accorse di non percepirla.

- Ti fai prima la doccia o prima si mangia? – la voce della ragazzina si palesò d’improvviso, e la sua figura apparve di fronte al giovane saiyan, intento a guardarsi alle spalle, cogliendolo di sorpresa tanto da spingerlo ad un involontario scatto nervoso. Il braccio di lui urtò la pentola che Mirai teneva in mano, e il suo contenuto andò diritto su metà viso e un braccio di lei. Ovviamente, il grido che ne seguì rasentò gli ultrasuoni. Quella specie di brodaglia non aveva un odore granché appetitoso, ma bruciava! Bruciava eccome!

- Mi dispiace! – continuava a scusarsi Trunks – Mi dispiace moltissimo! – e dopo essersi guardato nervosamente intorno per diversi secondi, focalizzò l’asciugamano che aveva sulle spalle e prese ad asciugarle il volto e il braccio.

Alla fine, bagnandole più volte le parti semi ustionare, la fece calmare.

Riuscì a farla sedere, mentre lui, accoccolato di fronte a lei, continuava a tamponarla delicatamente sull’avambraccio.

- Va meglio? – le chiese per l’ennesima volta. Non riusciva ad ottenere risposta.

- Sì… - piagnucolò lei finalmente, col tono di una bambina – Sì, sto meglio – e con la mano del braccio non ustionato si asciugò i lacrimoni agli occhi.

- Potevi scegliere un momento migliore per farmi vedere che hai imparato! – fu il docile rimprovero del ragazzo. Lei lo guardò spaurita.

- Che? – chiese perplessa.

- L’aura! – specificò lui. Non aveva ancora capito, che il concetto non era per niente evidente.

Mirai non mutò l’espressione inquisitoria che aveva sul volto.

- Ci penso io alla cena – riprese lui senza obbligarla a chiedere ulteriori spiegazioni. Era palese che era stato solo un caso.

Mentre preparava la tavola, portò più volte gli occhi sulla ragazzina, per assicurarsi che fosse davvero calma. Ma l’unica cosa che riuscì a vedere distintamente, fu con quanto piacere lei portava spesso l’asciugamano al viso, per lasciarsi calmare e cullare dall’odore che questo emanava.

 

 

 

 

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