Ricominciare ad amare ancora di Jessica Fletcher (/viewuser.php?uid=117300)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una brutta faccenda ***
Capitolo 2: *** Tu mi porti su ..... ***
Capitolo 3: *** ...e poi mi lasci cadere ***
Capitolo 4: *** Tutto il mio amore ***
Capitolo 1 *** Una brutta faccenda ***
fra nuvole e lenzuola
Ricominciare ad amare ancora
Cap. 1 - Una brutta faccenda
Quanto tempo era
passato? Quanti
giorni, quanti anni da quando Jessica se ne era andata? Don Flack non
lo rammentava più, non voleva ricordarlo, non aveva la forza
di
fare un conteggio così doloroso.
Quello che avrebbe voluto non era tanto dimenticarla ma solo che il
ricordo di lei cessasse di fargli così male; ma non poteva,
non
poteva nemmeno lontanamente pensare a lei senza soffrire di nuovo come
un cane; come il giorno in cui l'aveva persa.
E allora aveva deciso di fare finta di niente, di indurire il proprio
cuore, di renderlo di ghiaccio, di chiudere con l'amore ed i
sentimenti e di dedicarsi solo al lavoro, che svolgeva bene, con
solerzia, certe volte spietatamente, certe volte con umana comprensione
per i più deboli e gli sfortunati, questo fino a quando le
forze
lo reggevano. Poi andava a casa e crollava addormentato in un sonno
senza sogni, buio e cupo come la notte senza stelle.
Certe volte, oh certe volte, il ricordo di lei tornava a farsi vivo
prepotentemente nella sua mente, bastava che passasse per caso davanti
ad un locale in cui avevano pranzato insieme, o davanti ad un cinema in
cui erano andati a vedere un film romantico, o in quel posticino tutto
speciale di Central Park e allora sì, il dolore minacciava
di
riaffiorare alla sua mente. Allora c'era il bere, gli alcolici, i
superalcolici a fargli compagnia, a non farlo sentire solo, ad
anestetizzargli la mente. Strano: c'erano sere in cui si scolava
un'intera bottiglia di Jack Daniels, poi andava a letto, e l'indomani
faceva il suo ingresso, bello e fresco non non mai, nella stazione di
polizia di New York, pronto ad un'altra giornata di lavoro come se
niente fosse accaduto.
E così era riuscito ad andare avanti, a sopravvivere, a
crearsi
un suo equilibrio e tutto sembrava andare sufficientemente bene, c'era
riuscito sì, o almeno così credeva, fino a quella
mattina
di gennaio; quella fredda mattina di gennaio.
Come tutte le mattine si era svegliato, si era lavato, vestito, rasato e
guardando la propria immagine allo specchio si era soffermato a
guardare non tanto le rughe di espressione che aveva sul viso o i primi
capelli grigi che cominciavano a spuntare sulle tempie (eh, sì....ragazzo
mio, stai invecchiando) quanto,
piuttosto, quell'ombra di tristezza nel fondo dei suoi occhi color del
mare meravigliandosi, quasi, di essere l'unico a notarla. Gli altri,
tutti gli altri, vedevano in lui il solito compagnone allegro e
divertente: la maschera che lui indossava ogni giorno; niente
di più
Sospirando si era vestito, era uscito di casa e, senza nemmeno fare
colazione, si era recato alla fermata della metropolitana. C'era tanta
gente, come ogni mattina, del resto, tutti come lui; lavoratori, gente
normale, onesta che si impegnava tutti i giorni in un lavoro oscuro e
mal pagato e poi, la sera, tornava a casa, dalla famiglia. La maggior
parte di loro aveva qualcuno che li aspettava , mentre alcuni, come
lui, sarebbero rientrati in una casa vuota e buia.
Don, che fai? stai
diventando sentimentale? Dai scuotiti che arriva il treno!
Il treno arrivò, si sentì lo
stridore dei freni e,
proprio mentre le porte si aprivano si sentì un grido
provenire
dal marciapiede prospiciente le prime carrozze e poi alcune
parole
concitate "E' caduto un uomo.....è sotto al treno...lo ha
messo
sotto! Aiuto! Aiuto!"
Don cercò di raggiungere velocemente, facendosi strada a
spintoni fra la folla, il luogo da cui provenivano
quelle
voci : "Polizia!" gridò per farsi riconoscere "Squadra
Omicidi!".
Una volta arrivato sulla scena del delitto si rese conto che per il
malcapitato c'era ben poco da fare: steso sotto alle ruote
del
convoglio, completamente maciullato e totalmente irriconoscibile c'era
il corpo di una persona; da come era ridotto era impossibile stabilire
se si fosse trattato di un uomo o di una donna, e quale età
avesse; si poteva solo capire che si trattava di una persona adulta.
Brutta faccenda,
bruttissima! Qui
nemmeno i ragazzi di Mac avranno un compito facile....figuriamoci io!
Sempre di capire di che cosa si tratta: suicidio, omicidio o semplice
incidente? Okay, diamoci da fare!
Don, cercò per quanto possibile di tenere la
gente lontana
dal corpo, poi preso il telefonino, avvertì la centrale di
polizia che c'era stato un incidente e in attesa dei suoi colleghi
cominciò a cercare di fare luce sulla faccenda.
"Okay, sono l'agente Don Flack, della squadra Omicidi" si
presentò "la persona
caduta sui binari è indubbiamente deceduta sul
colpo.....dov'è l'autista del convoglio? " gli fu indicato
un
uomo dall'aspetto visibilmente stravolto che, appoggiato al muro, si
teneva il viso fra le mani e continuava a ripetere "Non l'ho visto!
Giuro che non l'ho visto. Non è stata colpa mia"
Don capì che non era proprio il momento di interrogare
l'uomo,
lo avrebbe fatto più tardi quando si fosse calmato e
comunque
dubitava che gli avrebbe potuto essere di aiuto. Così si
rivolse
alla folla che si era radunata intorno al luogo dell'incidente:
"Qualcuno ha visto qualcosa?"
"Io!.... io l'ho visto" disse una voce proprio dietro di lui. Don si
voltò e .....rimase per un attimo come stupefatto.
Credete nell'amore a prima vista? Lui non ci credeva, non ci
aveva
mai creduto. Eppure c'era qualcosa nella donna che
aveva parlato
che lo colpiva inesorabilmente. La guardò bene: un po'
più alta della media, bel fisico snello, lunghi riccioli
biondi
che scivolavano fin sulle spalle e il più bel paio di occhi
verde smeraldo che lui avesse mai visto (Caspita, che bella ragazza! ).
"Lei lo ha visto, signorina? Signorina....." rimase in
attesa del nome;
"Rossi. Jennifer Rossi"
"Ah, italiana...."
"Di lontana origine italiana. I miei nonni paterni sono venuti a New
York dall'Italia. Ma io sono newyorchese doc"
Jennifer, mentre parlava, si soffermò a guardare il
bell'agente davanti a lei (Che
mi venisse un colpo! E' proprio un gran figo! Guarda lì che
occhi azzurri!)
"Diceva che ha visto cosa è successo.....ce lo
può
raccontare?" Don riprese l'interrogatorio, cercando di fare finta di
niente. Ma non riusciva a distogliere lo sguardo dalla ragazza;
"Sì, ho visto un uomo che spingeva questo poveretto nei
binari
della metropolitana e poi l'ho visto scappare dentro alla galleria."
"Capisco. Probabilmente è fuggito lungo i binari contando
sul fatto che il treno
sarebbe stato fermato.....poi alla prossima fermata ha cambiato linea
prendendo un altro treno. Sarà finito chissà
dove..........uhm......ce lo potrebbe descrivere?"
"Più o meno....l'ho visto solo di sfuggita....più
che
altro l'ho visto scappare. Stavo avvicinandomi al binario per prendere
il treno e lui mi ha dato una spinta per poter fuggire via.....poi
è stato il caos e mi sono lascita prendere dalla confusione.
Mi
sembra non fosse tanto alto, corporatura normale, capelli e carnagione
scura.....forse un ispanico....ma non ci giurerei"
"Beh, comunque ci pensi bene....vediamo se riusciamo a fare un
identikit....si ricorda se portava dei guanti o roba del genere?"
"No, non ricordo guanti. Portava un cappotto scuro, non ricordo altro."
"Va bene, venga in centrale con me per la deposizione", lasciamo il
campo alla scientifica. E Don si soffermò un istante a
scambiarsi un saluto con Danny e Lindsay Messer, suoi colleghi delle
scientifica nonché suoi buoni amici. Sorrise, poi, alla
battuta del solito Danny il quale, ammiccando verso la bionda, gli
aveva detto "Lo interroghi tu personalmente il teste, vero Don? E
chissà come lo interrogherai bene!" dopodiché
prese, per l'appunto, la
testimone per il polso, delicatamente, e si diresse verso una delle
macchine del NYPD ferme ad attenderli fuori dalla stazione.
Dall'interrogatorio non emerse niente di nuovo riguardante il caso, ma
per tutta la durata, i due non fecero altro che scambiarsi
intensi sguardi appassionati.
(Giuro che se mi chiedesse di passare la notte con lui, non saprei
proprio come dirgli di no) pensava Jennifer;
(Adesso le chiedo se viene a cena con me, stasera) era
invece il pensiero di Don; e lo avrebbe fatto (non era timido) ma
gli seccava avere gli occhi di tutti la centrale su di se ed
era
pressoché sicuro che Danny, Adam e Sheldon stavano
già
scommettendo se e quando lui sarebbe riuscito portarsi la
ragazza
a letto.
Decise di giocare di attesa e aspettò che lei fosse pronta
ad uscire per aspettarla proprio davanti alla porta;
"Beh, allora arrivederci, signorina Rossi"
"Chiamami pure Jennifer, e, ti prego diamoci del tu!"
"Certo, Jenny, arrivederci, allora"
Eh, no, mica lo faccio
scappare così......
"Ti volevo dire, Don...ehm....sei stato molto gentile con
me.
Vorrei contraccambiare......ti va di venire a cena da me, stasera?"
"Cucina italiana?"
"Certamente. Tradizione di famiglia....a stasera, allora? ci posso
contare?"
"Okay" e Don le prese la mano per baciarne il dorso, da vero gentiluomo
"a stasera".
La guardò allontanarsi per poi tornare verso i
proprio
passi, all'interno della centrale, giusto in tempo per sentire Adam
dire "Ve lo avevo detto che il vecchio Don non avrebbe perso tempo. Fa
sempre centro, lui!"
Okay, e penso che, per
ora, possa bastare così....
Dirò la verità, avrei voluto scrivere una one
shot (come sempre del resto) ma mi sarebbe venuta troppo lunga,
così ho deciso di provare una multi-chapter.
L'idea mi è venuta pensando che, dopo la morte delle sua
fidanzata Jessica, non abbiamo mai più visto Don Flack fare
coppia fissa con un'altra donna. Da questa considerazione la
mia mente ha vagato e sta tirando fuori questa fan-fiction.
Spero che vi piaccia e spero di riuscire a finirla in tempi non biblici
Buona lettura
Love
Jessie
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Capitolo 2 *** Tu mi porti su ..... ***
tu mi porti su
Ricominciare ad amare ancora
Tu mi porti su .....
La cena era stata un
successone; Don
era arrivato puntualissimo con un mazzo di fiori nella mano destra e
una bottiglia di rosso nella sinistra, la tavola era apparecchiata
semplicemente ma con eleganza. Le portate erano squisite, la pasta,
cotta decisamente al dente, e condita al pesto di noci era stata una
gustosa novità per il giovane agente così come la
cima
ripiena e la torta di verdure, il dessert poi, un semplice
ma squisito dolce al cioccolato, si sfaceva letteralmente in
bocca. Don era
estasiato:
"Dove hai
imparato a cucinare così?" chiese alla ragazza;
"Mia nonna
paterna era italiana, di Genova, per la precisione. Tutti i
piatti che ho preparato sono tipicamente liguri...ogni sabato andavo a
trovarla, ci chiudevamo in cucina e lei mi insegnava le ricette
tradizionali della sua gioventù. La cucina ligure
è
piuttosto povera, ma estremamente gustosa...come hai potuto notare".
"Ho notato,
infatti, notato e gustato appieno....." Don aveva l'aria estremamente
soddisfatta;
"Novità
sulle indagini?" chiese Jenny un po' per fare
conversazione, un po' perché era veramente interessata,
oltre che parte
in causa, all'accaduto;
"Uhm, niente
di eclatante. Dall'esame del DNA si è scoperto che
si trattava di un uomo, pare di razza bianca, però non ne
abbiamo
scoperto l'identità: non combacia con nessuno presente nei
nostri data-base, il che significa che è incensurato. E'
morto
in seguito allo scontro col convoglio, non che su questo ci fossero
dubbi....e, anche se avesse avuto qualche altro tipo di trauma, il
cadavere è in tali condizioni che non è possibile
appurare niente .....praticamente brancoliamo nel buio. Sei sicura che
è stato spinto, vero?"
"Sì,
al cento per cento, l'ho visto bene. Le telecamere interne del
Metrò, hanno rilevato qualcosa?"
"Poco o
niente....si vede una gran folla, l'uomo che cade sui binari, e
subito dopo un gran casino di persone che gridano e vanno di qua e di
là; nient'altro....."
Don tacque
pensieroso e rimasero entrambi qualche minuto in silenzio.
Fu Jenny a
rompere il silenzio "Senti, Don, è inutile che
ce la stiamo tanto a raccontare: siamo entrambi maggiorenni e
vaccinati. Quello che voglio io è, forse, la stessa cosa che
vuoi tu. Lasciami dire che, dal momento che ci siamo visti, ieri, mi
sono sentita tutto un rimescolio addosso e non ho fatto altro che
pensare a quanto sarebbe bello fare l'amore con te. Io ti voglio, Don,
ti desidero più di quanto abbia mai desiderato un altro uomo
in
vita mia. Non so se tu vuoi la stessa cosa che voglio io e non so come
reagirai a queste mie parole; pensa pure quello che vuoi,
però non ce la faccio più
a fare conversazione come se niente fosse. Sei libero di andare, ora, o
di restare, se
vuoi, ma se resti ......" la ragazza non si prese nemmeno la briga di
finire il discorso: era già tutto fin troppo chiaro. Il
poliziotto rimase, inizialmente, stupito e sorpreso dal fatto che una
donna potesse prendere l'iniziativa a quel modo (già,
questa è la serata delle sorprese) ma, a dire il vero, la
cosa non gli dispiaceva; non gli dispiaceva affatto.
Non rispose
nemmeno, non perse tempo, si avvicinò a Jenny, le
prese il viso fra le mani, accostò la bocca alla sua e,
tanto
per rompere il ghiaccio, le diede un lungo, esagerato, intenso bacio
alla francese. Poi la afferrò per i fianchi portandola
contro di
se per farle sentire la propria eccitazione....lei gli si
strusciò addosso per qualche minuto mentre le mani
armeggiavano sotto alla maglietta di lui, poi, proprio mentre le stava
spostando verso il bottone dei jeans, si fermò un attimo,
sospirò e
gli disse "non vorrai mica farlo in piedi, vero?";
Don, a quel
punto, lo avrebbe fatto ovunque: in piedi, per terra, anche
sottosopra, se necessario, ma si fermò pure lui,
la
guardò per un istante negli occhi, e...... si
lasciò
condurre in camera da letto.
Giacevano in
silenzio, dopo avere fatto l'amore; Don era steso sulla
schiena, un po' distaccato da Jenny, la quale stava distesa su di un
fianco con il viso rivolto verso di lui.
Ad un certo
punto lei ruppe il silenzio "Come si chiama?"
"Chi?"
"La donna che
tu ha spezzato il cuore, quella per la quale stai ancora
soffrendo, quella che è rimasta in fondo a te. Come si
chiama?"
"Come si chiamava
vorrai
dire.....perché.....perché è morta".
Ci fu un
attimo di silenzio; Jenny sussultò pentendosi di avere fatto
una domanda così inopportuna
(Dovrei imparare a farmi i cavoli miei, certe volte), poi Don
proseguì:
"Si chiamava
Jessica, era un poliziotta, una mia collega ed è morta
in uno scontro a fuoco, tempo fa";
"Mi
dis.......";
"No, non dire
che ti dispiace, non la conoscevi, conosci poco anche
me.....non può dispiacerti veramente e io sono arcistufo di
frasi fatte e di circostanza. Dimmi piuttosto, da cosa te ne sei
accorta?"
"A parte che mi
dispiace veramente sia
per te che per lei , anche se non la conoscevo....mi dispiace
che
sia morta così giovane e che ti abbia lasciato solo....per
quanto riguarda il come me ne sono accorta.....beh, Don, tu quando fai
l'amore sei, come dire.... trattenuto.....come se avessi paura a
lasciarti andare. Lasciarti andare veramente, intendo, dare tutto te
stesso....per carità sei
bravo, sai come soddisfare una donna...ma....c'è qualcosa in
te
che sfugge; è come se avessi paura. Paura a innamorarti
ancora,
paura a ritrovarti nella condizione di dover soffrire
ancora....è vero?"
"Sì,
è vero.....strano, sei la prima che se ne accorge"
Don era veramente colpito sia da come Jenny gli aveva tenuto testa sia
dal fatto che avesse perceputo una cosa talmente sepolta in fondo
a lui
che egli stesso notava a malapena.....Ma
questa donna.... questa donna è veramente
eccezionale......non solo
è bellissima ma possiede un'enorme intelligenza e
sensibilità....se fossi pronto ad innamorami ancora....beh
allora è di lei che mi innamorerei! ......Se solo
potessi ricominciare ad amare ancora!
La
guardò per pochi istanti, come rapito, poi si
avvicinò
a lei per baciarla ancora e questa volta.....questa volta si
lasciò un pochino andare e il bacio fu dolce, morbido,
delicato quasi. E,
mentre la baciava, le accarezzava la pelle nuda, soffermandosi ogni
tanto con la mano quasi a voler sentire meglio sotto al suo palmo
quelle forme quasi perfette e l'epidermide di seta.
Finirono col
fare l'amore nuovamente per poi crollare, distrutti, in un
sonno
profondo.
L'indomani
mattina Don fu svegliato da una voce proveniente dalla
cucina....la radio era accesa e la voce seguiva le note di una famosa
canzone:
And
in this crazy life
and through these crazy
times
It's you, it's you
You make me sing
You're every line,
you're every word
You're everything
Era una
bella voce, sonora, intonata, un po' roca, con una tonalità
bassa per una donna, quasi da contralto....si alzò dal letto
e
si recò in cucina.
Jennifer era intenta a preparare la colazione, indossava una maglietta
lunga sopra gli slip, e si muoveva con sicurezza canticchiando;
sembrava felice, scuoteva la testa a tempo di musica e i
riccioli biondi
ondeggiavano sulle spalle. Don rimase fermo per un po' ad
ammirarla trovandola incredibilmente desiderabile.
Ella guardò verso la porta della cucina e lo vide
lì, in piedi, che la guardava:
"Buon giorno bellissimo....ben svegliato. Cosa vuoi per colazione? Ti
piace il caffè? preferisci le uova o i pancakes? e....." non
riuscì a finire la frase perché si
trovò
improvvisamente spinta contro al tavolo con una bocca vogliosa sulle
proprie labbra e due mani forti che le stringevano i fianchi;
"Ehi! ma che buon giorno appassionato! Ma cosa mi
stai facendo?"
Lui le aveva appena tolto la maglietta e stava percorrendo il suo corpo
con le mani e la bocca. Lei non perse tempo e
allacciò la
proprie gambe intorno ai fianchi dell'uomo; si
ritrovò
sdraiata sul tavolo.....e poi......
Jenny stava ancora semidistesa sul tavolo, appoggiata sui gomiti, con
la
testa reclinata all'indietro e il respiro che si stava normalizzando;
si stava rendendo conto di non avere mai provato per nessun
altro quello che provava in quel momento per Don; piano piano
sollevò lo sguardo solo per incontrare gli occhi dell'uomo
che in quel momento erano di un azzurro cupo.
Don la
fissò a lungo, affascinato dal suo sguardo, quasi
felino, da quell'espressione viva e intensa e da quella bocca
rossa e piena.
Improvvisamente
sentì una voglia irrefrenabile di stringere la donna a se,
di
coccolarla e accarezzarla, di farla stare bene, di renderla felice,
rimanendo quasi stupito di provare di nuovo qualcosa del genere (allora,
forse, mi sono innamorato di nuovo....allora .......ritorno ad
amare....i miei sentimenti sono ancora vivi, posso ancora provare
qualcosa per qualcuno)
La
afferrò delicatamente per le spalle per stringerla contro al
proprio petto, per sentirla vicina, per sentirla sua. Ella si
abbandonò completamente all'abbraccio e posò la
propria testa sulla spalla di lui,
allacciando le braccia intorno al suo collo. Rimasero così per
parecchio tempo, senza parlare, senza fare niente, senza quasi
muoversi,
felici di sentire l'uno il calore del corpo dell'altro, felici di
essere insieme.....
Fu Don che
ruppe il silenzio: "Jen?"
"Mhh?"
mugolò lei sempre sulla sua spalla
"Credo di
essermi innamorato di te!"
"Credo
anch'io!"
"Cosa? che mi
sono innamorato di te?"
"No....cioè,
sì, anche......" lei scoppiò a ridere
"cioè.....uff! (com'è
complicato dirlo, certe volte) volevo dire: anch'io credo di
amarti. Anzi ne sarei quasi sicura......e...."
E poi non
disse altro.....perché le labbra di lui si erano
posate sulle sue e non è proprio possibile parlare mentre
un'altra persona ti sta dando un bacio sulla bocca.
Si stavano
ancora baciando quando la radio smise con la musica per trasmettere una
notizia:
"E'
stato diramato l'identikit dell'assassino della metropolitana. Grazie
alla collaborazione di una testimone oculare, il ricercato ha ora un
volto"
Jenny
si staccò per un istante dall'abbraccio e guardò
Don con aria preoccupata: "E se lui riesce a risalire a me? E se mi
viene a cercare?"
"Ma no....."
minimizzò lui "non c'è modo che ti possa
rintracciare. E, comunque.......ci sarò sempre io a
proteggerti, piccola, non ci pensare.....non avere paura. Non
c'è proprio niente per cui avere paura".
Ma, mentre la
sua mente credeva fermamente a queste parole, nel fondo del suo cuore
Don non era per niente tranquillo......
Occorre
dire che, nel prossimo capitolo, ci saranno problemi per Jenny e Don?
Beh mi pare piuttosto chiaro: il prossimo capitolo sarà ben
movimentato!!!
In questo secondo capitolo, però, mi sono mossa fra il
romantico e il sexy .....mentre lo "pensavo" ad un certo
punto avevo anche accarezzato l'idea di metterci dentro una scena lemon
vera e propria (si vede che Don Flack mi ispira cose sconce,
che volete che vi dica), poi però ho preferito lasciare
perdere....almeno mi possono leggere tutti, anche i minorenni. E poi
temo di non essere capace a scrivere di sesso.....sono più
brava con i sentimenti e le sdolcinature!
Prima che vi lascio, volevo dire una cosa, io sono di origine ligure e
i piatti della cena sono realmente piatti tradizionali liguri, compreso
il dolce freddo al cioccolato.
Per ora
è tutto vi saluto
Bye bye
Love
Jessie
PS:
recensite, prego.....
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Capitolo 3 *** ...e poi mi lasci cadere ***
e poi mi lasci cadere
Ricominciare ad amare ancora
Cap.3 - .....e poi mi lasci cadere!
Basta.... Quei giorni
erano finiti, non doveva più rientrare in una casa vuota,
fredda e buia.
Adesso Don, la sera, aveva qualcuno da cui ritornare, qualcuno che lo
aspettava, che gli gettava le braccia al collo, gli dava il
bacio
di bentornato, gli faceva dimenticare le
difficoltà e le
amarezze della giornata lavorativa.
Adesso lui, tutte le sere andava a casa di Jennifer, vi si era quasi
trasferito.
Cenavano quasi sempre in casa, Don era deliziato della
cucina italiana della ragazza ("finirò con l'ingrassare" le
aveva detto una volta; "ma no" era stata la risposta "la
cucina
sana non fa ingrassare"),
poi guardavano un DVD o un programma sportivo alla
televisione.
Lui era rimasto così sorpreso di quanto ella fosse
appassionata
di "Soccer",
di calcio, e tifosissima dei Red Bulls di New York che, alcune
volte, l'aveva anche portata allo stadio, divertito dal fatto di averla
resa felice come una bambina.
Gli piaceva molto
renderla felice, lo
faceva sentire veramente bene; del resto ci voleva così
poco per farla ridere. Bastava una piccola gentilezza: un regalo
inaspettato, una serata allo stadio o ad un concerto, una storiella
divertente e, soprattutto, fare l'amore e i suoi occhi
brillavano
come stelle, luminosissimi, pieni di vita.
Don era veramente soggiogato dal carattere e dallo spirito di questa
donna e, ora lo capiva chiaramente, era veramente innamorato di lei.
Dal canto suo, Jenny aveva capito quanto sotto la scorza dura del
poliziotto inflessibile ci fosse un uomo fondamentalmente buono e
amabile che aveva sofferto tanto per la morte della donna amata e che,
piano piano, stava cercando di rifarsi una vita. Lei lo adorava,
adorava come lui la guardava, come la faceva ridere, come la faceva
sentire. Insieme a Don lei si sentiva donna e desiderabile come non si
era mai sentita fino a quel momento e si stupiva, certe volte, a
pensare come da quella che inizialmente era nata come una serata di
cena più eventuale sesso fosse nato un sentimento
così
intenso.
Entrambi si sentivano immensamente fortunati, entrambi erano veramente
felici e pronti a iniziare una nuova vita a due....finché
quella
sera.....
Jenny aveva appena finito i preparativi per la cena quando
sentì
squillare il campanello della porta, subito si rallegrò
tutta
e andò ad aprire:
"Sei tu, Don?" chiese aprendo la porta, ma l'uomo sulla
soglia non era Don.
Cercò con tutta la forza che aveva in corpo di richiudere
l'uscio dinanzi a se ma lo sconosciuto era troppo forte per lei: con
uno
strattone più forte degli altri riuscì ad aprire
la porta
e ad entrare in casa.
Jennifer cercò di indietreggiare, ma l'uomo ebbe gioco
facile
nel bloccarla contro al muro e nel puntarle un coltello alla gola:
"Puttana! Sei solo una puttana! Mi volevi fregare vero? Troia!" e la
colpì con un tremendo ceffone al viso.
Jenny lo aveva riconosciuto, lo aveva riconosciuto nel preciso esatto
momento in cui l'aveva visto: era l'assassino della metropolitana! Ed
era ben chiaro che era lì per ammazzarla, ora la sua vita
non
valeva più niente, ora la sua vita era appesa ad un filo....
"Per favore, non uccidermi" lo pregò;
"Ma io devo farlo, bionda, devo.
Perché
ti sei l'unica testimone che mi ha visto gettare quel bastardo sotto al
treno e finché sei al mondo io non potrò mai
essere
tranquillo, mai!" La teneva, ora, dal di dietro con un braccio ad
immobilizzarla e l'altro a minacciarla con il coltello;
"Ma come mi hai trovato? Come puoi sapere che sono proprio io la
testimone?" Jenny cercava di prendere tempo
"Eh, eh, biondina....tu non sei proprio il tipo che passa
inosservato....quando ti ho scontrato, mentre cercavo di sfuggire, il
tuo bel viso è rimasto impresso nella mia
memoria.....sapevo benissimo che tu eri
l'unica che mi avesse visto in faccia. Così quando i
giornali
hanno dato la notizia che c'era una testimone.....beh ho cominciato a
sospettare di te......e ho iniziato ad andare, camuffato, alla
fermata del
Metrò per spiarti. Un giorno ti ho visto insieme a quel
bastardo
di un poliziotto e allora è stato tutto chiaro: tu sei la
testimone, tu sei quella che mi manderebbe in galera, se solo potesse
testimoniare...... non so se ha il coraggio di
negarlo!"
Jenny non rispose, non disse niente: tremava di paura
"Allora, cosa dici? Neghi o confermi?" e prima che la ragazza potesse
rispondere, lui l'aveva voltata e aveva cominciato a colpirla
ripetutamente in viso "Avanti, puttana, negalo se hai il coraggio!";
Ella fece cenno di no con la testa e cominciò a piangere
silenziosamente.......l'uomo le disse "Vedi, è chiaro: tu mi
tradiresti, tu non puoi rimanere viva: devo proprio
ammazzarti......prima, però, prima potremmo divertirci un
po' insieme.....che ne diresti di un bel giochino? ......pensa:
è l'ultima scopata che farai.....per cui cerca di prenderci
gusto!", così dicendo la spinse a
terra, si inginocchiò sopra di lei e
cominciò ad
armeggiare con la cintura dei suoi jeans;
"No!" la voce di Jenny era strozzata "no, ti prego.....ti prego no, non
farmi questo...fa quello che vuoi ma questo no, ti prego, ti
scongiuro....." ma l'uomo, per tutta risposta, incominciò a
sghignazzare.
Improvvisamente si sentì una voce "Lasciala stare, bastardo!"
Don era entrato dalla porta, rimasta aperta, e si stava avventando
contro l'uomo prendendolo con forza per le spalle. Lo sbatté
contro al muro mandando la testa a cozzare contro la parete una volta,
due volte, tre volte.....l'uomo cercò di difendersi, volse
il
coltello verso il corpo del poliziotto il quale gli afferrò
la
mano......rimasero per un po' a fare una specie di braccio di ferro,
le mani sospese fra i loro corpi mentre ognuno dei due cercava
di
volgere il coltello a colpire l'altro......poi Don riuscì a
torcere il braccio dell'aggressore e a fare cadere a terra il pugnale.
Cominciò a colpirlo, a riempirlo di pugni, di calci e non
smise
nemmeno quando l'altro cadde mezzo morto a terra. anzi, tutto il
contrario, cominciò a colpirlo ancora più forte.
Come invasato, Don, prese l'uomo per le spalle e cominciò a
sbattergli la testa sul pavimento, ripetutamente, violentemente ....e
lo avrebbe di sicuro ucciso se non fosse stato per una voce
laggiù nell'angolo, la voce di Jenny;
"Basta Don, basta! Non ucciderlo, non diventare un assassino, non
diventare come questo bastardo".
Il poliziotto si fermò, come ridestandosi da un sogno, prese
le
braccia dell'uomo, che stava steso al suolo privo di
conoscenza, le
portò alla schiena e le fermò con le manette.
Estrasse la pistola dalla fondina e, tenendo sempre l'uomo sotto
tiro, telefonò alla
centrale per informarli dell'accaduto, poi rivolse il proprio sguardo
verso il punto in cui si trovava Jenny. La vide seduta a terra,
stravolta, tremante, pallida, con il volto pieno di segni
lividi e rossastri.
Si affrettò a raggiungerla, impaziente di poterla
abbracciare, confortare;
"Jenny, tesoro. Stai bene?";
"Secondo te?" la risposta arrivò inaspettata;
Jennifer gli
rivolse uno sguardo cupo, arrabbiato; poi cominciò a
colpirlo, a
prenderlo a pugni sul petto, sull'addome, sulle spalle, dove
capitava....."Mi avevi
detto......mi avevi detto che non mi sarebbe successo niente, che mi
avresti protetta! Sì, certo, guarda qui.....per poco
quell'animale mi fa fuori....e tu dov'eri? Dov'eri quando è
entrato qui? dov'eri quando ha cercato di violentarmi.....schifoso
..... bastardo ....e tu bugiardo, traditore!....e.....ci
è
mancato poco..... ci è mancato proprio poco ......oddio!"
Jenny continuò per qualche minuto a prendere Don a pugni e a
mormorare frasi spezzate, per poi crollare. Si aggrappò,
allora, con forza al "suo" poliziotto e scoppiò
in un pianto dirotto. Lui le cinse le spalle con un braccio e,
tenendola stretta, cominciò a muoversi avanti e indietro
quasi a cullarla mentre le
baciava e le accarezzava piano il viso.
Cercava così di offrirle conforto pur sapendo bene che
doveva lasciarla sfogare affinché lo choc
passasse...
Quando la omicidi e la scientifica entrarono nell'appartamento li
trovarono ancora abbracciati.
"Don?" era stato Mac Taylor a parlare "è la tua ragazza?" ;
"Sì è la mia ragazza ...ed è la
testimone dell'omicidio in metropolitana"
"Quindi tu hai una storia con la teste chiave di un delitto che, guarda
caso, è stata vittima di un'aggressione. Inoltre hai pestato
tanto quell'uomo da ridurlo privo di conoscenza....umh....lo sai che ci
potrebbe
essere un conflitto di interesse? Un buon avvocato potrebbe accampare
chissà quante ragioni, una fra tutte la gelosia e mandare al
diavolo tutti i capi di accusa che potrebbero essere formulati contro
l'aggressore. Mi dispiace
ma devo chiederti di venire con me in centrale immediatamente: ti devo
tenere lontano dalla scena del crimine e sei tenuto a fare
rapporto sull'accaduto. E speriamo che gli affari interni non ci
rompano troppo le scatole"
"E Jenny?";
"La signorina deve andare al pronto soccorso
a farsi controllare e medicare, poi dovrà testimoniare.
Sarà meglio che non vi vediate per qualche ora e che ognuno
di voi testimoni per proprio conto. Don, io di te mi fido, ma le
procedure sono le procedure, lo sai";
"Lo so, lo so anche troppo bene" rispose l'agente, poi, rivolto verso
la ragazza, "Jen?", lei
si limitò ad annuire debolmente "ti devo lasciare per un
po'....devi andare a farti medicare, io non posso venire. Ti lascio con
una brava poliziotta
che saprà prendersi cura di te, okay?"
Lei continuò ad annuire debolmente.
In realtà era combattuta fra due diversi sentimenti, da un
lato avrebbe voluto che Don la tenesse stretta per sempre, dall'altro
voleva rimanere un po' da sola con i suoi pensieri. Lasciò
così che lui si sciogliesse dall'abbraccio
e accettò volentieri l'aiuto dell'agente incaricata
di prendersi cura di lei, la quale l'aiutò a ad alzarsi e a
ricomporsi.
Don la guardò un'ultima volta (ma perché
è sempre così difficile lasciarsi?) le
fece una carezza sul viso, poi se ne andò.
"Don......." fu tutto quello che Jenny riuscì a sussurrare
mentre lo vedeva allontanarsi e sentiva i propri occhi riempirsi
nuovamente di lacrime.
Accidenti che finale
lacrimoso!
Dunque lasciate che vi spieghi una cosa: originariamente avevo
l'intenzione di scrivere solo tre capitoli, ma il terzo mi sta venendo
troppo lungo e, inoltre, ho le idee un po' confuse su come portarlo
aventi, così, in attesa che mi si schiariscano, finisco qui
il
terzo capitolo (in pieno dramma) e completerò la storia con
un
quarto capitolo che, già preannuncio, sarà
piuttosto corto
Mi rendo conto di essere andata un po' "fuori dai canoni" sia nelle
situazioni che nei personaggi e che in una vera puntata di CSI le cose
sarebbero andate diversamente (forse) ma non sapevo proprio come
tirarci fuori le penne.....beh alla fine è solo una
fan-fiction e mi sto divertendo parecchio a scriverla.
Spero che voi vi divertirete a leggerla!
Vi saluto tutti
Recensite, prego
A presto
Love
Jessie
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Capitolo 4 *** Tutto il mio amore ***
cap 4
Ricominciare ad amare ancora
Cap. IV - Tutto il mio amore
Era stata una nottata
estenuante per entrambi.
Jenny era stata affidata alle cure di un'agente della scientifica, una
bella signora sulla tarda quarantina con splendidi capelli corvini, lo
sguardo penetrante e un fare molto materno e protettivo nei suoi
confronti;
"Sei la ragazza di Don?" le aveva chiesto;
"Sì, sono Jenny, Jennifer Rossi, e .....beh, sì
...ho una storia con Don Flack. Da poco tempo, però"
"Piacere di conoscerti. Mi chiamo Jo Danville e sono una collega di
Don. Lavoro alla scientifica.....collaboro molto con il tuo
boyfriend. Lo sai, mi sembra già di conoscerti, Don parla
moltissimo di te"
"Ah sì...." Jenny era alquanto stupita da questa
rivelazione,
davvero non credeva di essere così importante per il
poliziotto
"e cosa dice di me?";
"Che sei bellissima, e questo è vero, e che sei fantastica,
intelligente, profonda, piena di vita. Fa veramente piacere sapere che
finalmente ha trovato qualcuno dopo....beh, dopo Jessica"
"Sai una cosa? - posso darti del tu, vero?";
Jo fece cenno affermativo col capo;
"Beh" proseguì Jennifer "lo sai che veramente non credevo di
contare così tanto per lui. Don mi piace
tantissimo, ne sono profondamente innamorata è la
storia
più importante della mia vita. Ma non ero sicura di essere
tanto
importante per lui. Temevo che stesse con me solo
perché......"
la ragazza tacque per qualche istante quasi a volere cercare le parole,
poi proseguì "....perché non voleva restare da
solo";
"No, ma cosa dici? Dammi retta: è veramente preso da te" Jo
pronunciò queste parole sicura, quasi con enfasi, poi
proseguì, più piano, quasi a scusarsi "Bene,
Jenny, adesso
ti porto al Pronto Soccorso, lì ti cureranno e faranno
accertamenti per essere sicuri che tu non abbia niente di rotto o
danneggiato. Dopo, proseguiremo con la deposizione ed il confronto,
ok?"
"Va bene".
L'agente Danville rimase con Jennifer per tutta la durata della sua
permanenza al Pronto Soccorso, dopo le medicazioni e i primi
accertamenti, assicuratisi che non aveva niente di rotto, le
fecero l'esame anti stupro:
"Ma non mi ha violentata," protestò lei "non ha
fatto in tempo, Don lo ha fermato";
"E' la procedura, Jennifer" le fu risposto "molte donne rimuovono
quanto veramente accaduto. Non possiamo correre il rischio di non
sapere. Per te innanzitutto, per correre ai ripari contro malattie e
gravidanze indesiderate, e inoltre per raccogliere eventuali prove".
Così la ragazza fu sottoposta ad un esame indubbiamente
fastidioso ed imbarazzante che, comunque, risultò negativo (meno male....ma lo avevo detto
io).
Dopo gli accertamenti medici fu, come si dice in termine
investigativo-forense, "processata". Jo le
fotografò
più volte il viso, laddove aveva la maggior parte dei lividi
e,
molto più sommariamente, il resto del corpo, e la
scansionò un po' dappertutto in cerca di prove certe
dell'avvenuta aggressione.
E poi fu la volta del confronto e della testimonianza.
Don, invece, era andato immediatamente in Centrale dove quelli squali
degli affari interni lo avevano torchiato a lungo circa i suoi rapporti
con Jennifer e severamente ammonito circa la scarsa
opportunità
di avere stabilito una relazione amorosa con una testimone (ma cosa ci posso fare, io, se
mi sono innamorato!?).
Alla fine lo avevano condotto davanti all'aggressore, il
quale,
piantonato in ospedale, aveva ripreso conoscenza e dimostrava di non
avere subito gravi danni dal pestaggio subito.
L'uomo, che rispondeva al nome di Jaime Navarro, ed era, come
aveva ben intuito Jenny, di origini ispaniche, si stava atteggiando a
povera vittima della brutalità della polizia e asseriva che
si
stava "intrattenendo" con un'amica quando era arrivato quell'energumeno
(alludendo a Don) che lo aveva preso a calci e pugni senza apparente
motivo.
A Flack non rimase altro che additarlo come aggressore di Jennifer,
affermare di averlo trovato mentre teneva la ragazza sotto minaccia di
un'arma da taglio e stava cercando di violentarla, dopo averla
picchiata
abbastanza duramente. Sapeva benissimo, però, che, in un
eventuale processo, la propria testimonianza poteva non essere
sufficiente e le cose si sarebbero potute mettere male per lui.
Sperava solo che la deposizione di Jenny e le prove raccolte da Jo
venissero in suo aiuto, altrimenti sarebbero stati casini......grossi
casini.
Jenny, introdotta al cospetto di Navarro, non aveva avuto dubbi: con
una fermezza e una tranquillità sorprendenti, per una
persona
ancora sotto choc, lo aveva accusato come suo aggressore,
ricostruendo con grande precisione l'accaduto, ricordando per filo e
per segno le percosse subite, lo aveva riconosciuto come il
killer
della metropolitana e aveva anche riportato esattamente le parole che
l'uomo aveva pronunciato poche ore innanzi, poco prima del tentativo di
stupro e assassinio nei suoi confronti, parole che non lasciavano alcun
dubbio su cosa avesse fatto e sulle sue intenzioni.
"Vedrai, lascia che lo mettano alle strette e canterà come
un
uccellino" le aveva detto Jo mentre lasciavano la stanza di ospedale
dove era ricoverato l'uomo "probabilmente si è trattato di
un regolamento
di conti fra bande rivali, o di un delitto nell'ambito del commercio di
droghe. Navarro è risultato avere parecchi precedenti per
furto,
spaccio e stupro. Non per omicidio, non ancora almeno"
"Vuoi dire che mi è andata bene?";
"Parecchio bene, direi......fortuna che il tuo angelo custode
è arrivato in tempo"
".....Don, il mio cavaliere dall'armatura scintillante....."
"Credimi." continuò Jo, "ci tiene veramente tanto a te".
Il cielo si stava rischiarando e stava per nascere un nuovo
giorno; "Devo venire in Centrale, ora?" chiese Jennifer;
"Sì, ma solo per firmare ufficialmente la testimonianza. Hai
fatto tutto quello che dovevi fare, non ci devi più dire
niente,
ormai. Penso che non vedrai l'ora di andare a casa a riposare"
"A casa, già...." rispose pensierosa la ragazza.
Don sedeva, con aria tenebrosa, alla propria scrivania, Jo aveva
telefonato che
Jenny stava bene e che le prove raccolte erano più che
sufficienti ad
incastrare Navarro e che pertanto il giovane agente poteva stare
tranquillo. Ma lui non era tranquillo proprio per niente.
"Un dollaro per i tuoi pensieri" gli disse Mac sedendosi sulla sedia
libera proprio a fianco a quella di Flack;
"Eh? cosa hai detto?"
"Lasciamo perdere. Don si può sapere a cosa stai pensando?
Ti
vedo molto turbato. Non eri così da quando...." Taylor stava
per
dire "....da quando Jessica è morta" ma si era
trattenuto
in tempo......"da molto tempo" disse, invece;
"Stavo pensando a Jennifer, al fatto che non sono riuscito a
proteggerla. Il fatto è che ho fallito nuovamente,
come
è stato per Jessica."
"Ma tu l'hai salvata! Sei arrivato in tempo, sei riuscito ad evitare
che quell'uomo le facesse veramente del male. Non hai niente da
rimproverarti"
"L'avresti dovuta vedere, Mac, vedere come l'ho vista io. In preda ad
una crisi isterica, piangente, arrabbiata....arrabbiata con me. Le
avevo promesso che non le sarebbe successo niente, ed invece......ha
passato dei bruttissimi momenti e io non ero lì con lei. Non
so
se riuscirà a perdonarmi. Non so nemmeno se ci
riuscirò io"
"Ragazzo mio" Mac mise una mano sul braccio di Don a sottolineare le
sue parole e, quasi, a consolarlo "se lei veramente ti
vuole bene, allora capirà e saprà come
perdonarti.
Credimi! Ma devi essere meno duro con te stesso; la vita spesso riserva
un'altra possiblità"
L'altro non rispose, si limitò ad annuire con la testa e
rimase qualche istante con lo sguardo perso chissà dove.
Fu solo più tardi, a caso definitivamente, concluso
che
Don riuscì a prendersi un po' di tempo e
pensò bene
di andare a casa
a farsi una dormita (sempre
che io riesca a dormire).
Indossò la giacca, i guanti e si
avviò verso
l'uscita. Era ancora sulla soglia della Centrale di Polizia, quando la
vide: "Jen!" mormorò sorpreso.
Jennifer stava lì, appena fuori dalla porta, tutta stretta
nel
suo piumino nero, le braccia incrociate intorno al corpo nel tentativo
di scaldarsi o, forse, di proteggersi e lo aspettava.
Aveva un aspetto molto provato: gli occhi gonfi e cerchiati di rosso,
il labbro tumefatto e spaccato, parecchi lividi sul viso ma si sforzava
di
sorridere. Non appena lo vide gli andò incontro e gli prese
la
mano.
"Andiamo a casa" gli disse;
Don fece scivolare la propria mano sul braccio di Jenny fino a
poggiarla sulla sua spalla, la attirò e la
strinse
forte a se; lei affondò il viso
sulla sua spalla allacciando le braccia intorno alla vita del suo
ragazzo.
Sentì che stava tremando, dapprima lievemente, poi
sempre
più forte e prese a massaggiarle la schiena premendo appena
le labbra fra i suoi capelli, per confortarla. (Ci sono io, Jen, ci sono io con
te!)
La tenne abbracciata a lungo, fin
quando non gli
sembrò che il tremito si fosse calmato, poi le
sollevò il
viso per guardarla bene. Aveva le guance rigate di lacrime e nei suoi
occhi c'era un'espressione vuota, lontana. Non erano più gli
occhi della sua Jenny, quello sguardo intenso e brillante che egli
aveva imparato ad amare nei giorni addietro. Quelli davanti a lui erano
occhi spaventati e velati al tempo stesso; avevano
l'espressione ferita che egli aveva
riscontrato tante volte, nel suo lavoro, ma che mai e poi mai
avrebbe voluto vedere nella persona amata.
Aveva bisogno di lui e Don si sarebbe preso cura di lei.
Le avrebbe dato tutto quello che poteva darle: se
stesso, il
suo amore, la sua devozione, la sua passione; ogni cosa pur di vedere
di nuovo quella luce nel suo sguardo.
Questo, era il compito che si era dato e non avrebbe fallito.
Non poteva fallire.
Accostò il proprio viso a quello della ragazza, le diede un
piccolo, dolce bacio a fior di labbra, e le sussurrò:
"Sì, andiamo a casa".
La prese per la vita e la portò via con se.
E finisce qui, al quarto
capitolo.
Alla fine non è nemmeno venuto poi tanto corto!
Ho proprio cercato di non metterci troppo tempo e penso di esserci
riuscita, spero (ma dovrete dirmelo voi) che non risulti troppo "tirata
via" velocemente tanto per finirla. Ho cercato di mettere bene a fuoco
le situazioni e di rifletterci sopra (impegni permettendo) ma non so se
ci sono riuscita.
Ho dato un ruolo "interessante" a Jo Danville, perché
è
un personaggio che mi piace molto; trovo che abbia una grande
umanità.
Spero che la mia fiction vi piaccia.
Attendo recensioni
Baci
Love
Jessie
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