Ricominciare ad amare ancora

di Jessica Fletcher
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una brutta faccenda ***
Capitolo 2: *** Tu mi porti su ..... ***
Capitolo 3: *** ...e poi mi lasci cadere ***
Capitolo 4: *** Tutto il mio amore ***



Capitolo 1
*** Una brutta faccenda ***


fra nuvole e lenzuola

Ricominciare ad amare ancora


Cap. 1 - Una brutta faccenda



Quanto tempo era passato? Quanti giorni, quanti anni da quando Jessica se ne era andata? Don Flack non lo rammentava più, non voleva ricordarlo, non aveva la forza di fare un conteggio così doloroso.
Quello che avrebbe voluto non era tanto dimenticarla ma solo che il ricordo di lei cessasse di fargli così male; ma non poteva, non poteva nemmeno lontanamente pensare a lei senza soffrire di nuovo come un cane; come il giorno in cui l'aveva persa.
E allora aveva deciso di fare finta di niente, di indurire il proprio cuore, di  renderlo di ghiaccio, di chiudere con l'amore ed i sentimenti e di dedicarsi solo al lavoro, che svolgeva bene, con solerzia, certe volte spietatamente, certe volte con umana comprensione per i più deboli e gli sfortunati, questo fino a quando le forze lo reggevano. Poi andava a casa e crollava addormentato in un sonno senza sogni, buio e cupo come la notte senza stelle.
Certe volte, oh certe volte, il ricordo di lei tornava a farsi vivo prepotentemente nella sua mente, bastava che passasse per caso davanti ad un locale in cui avevano pranzato insieme, o davanti ad un cinema in cui erano andati a vedere un film romantico, o in quel posticino tutto speciale di Central Park e allora sì, il dolore minacciava di riaffiorare alla sua mente. Allora c'era il bere, gli alcolici, i superalcolici a fargli compagnia, a non farlo sentire solo, ad anestetizzargli la mente. Strano: c'erano sere in cui si scolava un'intera bottiglia di Jack Daniels, poi andava a letto, e l'indomani faceva il suo ingresso, bello e fresco non non mai, nella stazione di polizia di New York, pronto ad un'altra giornata di lavoro come se niente fosse accaduto.

E così era riuscito ad andare avanti, a sopravvivere, a crearsi un suo equilibrio e tutto sembrava andare sufficientemente bene, c'era riuscito sì, o almeno così credeva, fino a quella mattina di gennaio; quella fredda mattina di gennaio.
Come tutte le mattine si era svegliato, si era lavato, vestito, rasato e guardando la propria immagine allo specchio si era soffermato a guardare non tanto le rughe di espressione che aveva sul viso o i primi capelli grigi che cominciavano a spuntare sulle tempie (eh, sì....ragazzo mio, stai invecchiando) quanto, piuttosto, quell'ombra di tristezza nel fondo dei suoi occhi color del mare meravigliandosi, quasi, di essere l'unico a notarla. Gli altri, tutti gli altri, vedevano in lui il solito compagnone allegro e divertente: la maschera che lui indossava ogni giorno; niente di più

Sospirando si era vestito, era uscito di casa e, senza nemmeno fare colazione, si era recato alla fermata della metropolitana. C'era tanta gente, come ogni mattina, del resto, tutti come lui; lavoratori, gente normale, onesta che si impegnava tutti i giorni in un lavoro oscuro e mal pagato e poi, la sera, tornava a casa, dalla famiglia. La maggior parte di loro aveva qualcuno che li aspettava , mentre alcuni, come lui, sarebbero rientrati in una casa vuota e buia.
Don, che fai? stai diventando sentimentale? Dai scuotiti che arriva il treno!
Il treno arrivò, si sentì lo stridore dei freni e, proprio mentre le porte si aprivano si sentì un grido provenire dal marciapiede prospiciente le prime carrozze  e poi alcune parole concitate "E' caduto un uomo.....è sotto al treno...lo ha messo sotto! Aiuto! Aiuto!"
Don cercò di raggiungere velocemente, facendosi strada a spintoni fra la folla,  il luogo da cui provenivano quelle voci : "Polizia!" gridò per farsi riconoscere "Squadra Omicidi!".
Una volta arrivato sulla scena del delitto si rese conto che per il malcapitato c'era ben poco da fare:  steso sotto alle ruote del convoglio, completamente maciullato e totalmente irriconoscibile c'era il corpo di una persona; da come era ridotto era impossibile stabilire se si fosse trattato di un uomo o di una donna, e quale età avesse; si poteva solo capire che si trattava di una persona adulta.
Brutta faccenda, bruttissima! Qui nemmeno i ragazzi di Mac avranno un compito facile....figuriamoci io! Sempre di capire di che cosa si tratta: suicidio, omicidio o semplice incidente?  Okay, diamoci da fare!
Don, cercò per quanto possibile di tenere la gente lontana dal corpo, poi preso il telefonino, avvertì la centrale di polizia che c'era stato un incidente e in attesa dei suoi colleghi cominciò a cercare di fare luce sulla faccenda.
"Okay, sono l'agente Don Flack, della squadra Omicidi" si presentò "la persona caduta sui binari è indubbiamente deceduta sul colpo.....dov'è l'autista del convoglio? " gli fu indicato un uomo dall'aspetto visibilmente stravolto che, appoggiato al muro, si teneva il viso fra le mani e continuava a ripetere "Non l'ho visto! Giuro che non l'ho visto. Non è stata colpa mia"
Don capì che non era proprio il momento di interrogare l'uomo, lo avrebbe fatto più tardi quando si fosse calmato e comunque dubitava che gli avrebbe potuto essere di aiuto. Così si rivolse alla folla che si era radunata intorno al luogo dell'incidente:
"Qualcuno ha visto qualcosa?"
"Io!.... io l'ho visto" disse una voce proprio dietro di lui. Don si voltò e .....rimase per un attimo come stupefatto.
Credete nell'amore a prima vista? Lui non ci credeva, non ci aveva mai creduto. Eppure c'era qualcosa nella donna che aveva parlato che lo colpiva inesorabilmente. La guardò bene: un po' più alta della media, bel fisico snello, lunghi riccioli biondi che scivolavano fin sulle spalle e il più bel paio di occhi verde smeraldo che lui avesse mai visto (Caspita, che bella ragazza! ).
"Lei lo ha visto, signorina? Signorina....." rimase in attesa del nome;
"Rossi. Jennifer Rossi"
"Ah, italiana...."
"Di lontana origine italiana. I miei nonni paterni sono venuti a New York dall'Italia. Ma io sono newyorchese doc"
Jennifer, mentre parlava, si soffermò a guardare il bell'agente davanti a lei (Che mi venisse un colpo! E' proprio un gran figo! Guarda lì che occhi azzurri!)
"Diceva che ha visto cosa è successo.....ce lo può raccontare?" Don riprese l'interrogatorio, cercando di fare finta di niente. Ma non riusciva a distogliere lo sguardo dalla ragazza;
"Sì, ho visto un uomo che spingeva questo poveretto nei binari della metropolitana e poi l'ho visto scappare dentro alla galleria."
"Capisco. Probabilmente è fuggito lungo i binari contando sul fatto che il treno sarebbe stato fermato.....poi alla prossima fermata ha cambiato linea prendendo un altro treno. Sarà finito chissà dove..........uhm......ce lo potrebbe descrivere?"
"Più o meno....l'ho visto solo di sfuggita....più che altro l'ho visto scappare. Stavo avvicinandomi al binario per prendere il treno e lui mi ha dato una spinta per poter fuggire via.....poi è stato il caos e mi sono lascita prendere dalla confusione. Mi sembra non fosse tanto alto, corporatura normale, capelli e carnagione scura.....forse un ispanico....ma non ci giurerei"
"Beh, comunque ci pensi bene....vediamo se riusciamo a fare un identikit....si ricorda se portava dei guanti o roba del genere?"
"No, non ricordo guanti. Portava un cappotto scuro, non ricordo altro."
"Va bene, venga in centrale con me per la deposizione", lasciamo il campo alla scientifica. E Don si soffermò un istante a scambiarsi un saluto con Danny e Lindsay Messer, suoi colleghi delle scientifica nonché suoi buoni amici. Sorrise, poi, alla battuta del solito Danny il quale, ammiccando verso la bionda, gli aveva detto "Lo interroghi tu personalmente il teste, vero Don? E chissà come lo interrogherai bene!" dopodiché prese, per l'appunto, la testimone per il polso, delicatamente, e si diresse verso una delle macchine del NYPD ferme ad attenderli fuori dalla stazione.

Dall'interrogatorio non emerse niente di nuovo riguardante il caso, ma per tutta la durata, i  due non fecero altro che scambiarsi intensi sguardi appassionati.
(Giuro che se mi chiedesse di passare la notte con lui, non saprei proprio come dirgli di no)
pensava Jennifer;
(Adesso le chiedo se viene a cena con me, stasera)
era invece il pensiero di Don; e lo avrebbe fatto (non era timido) ma gli seccava avere gli occhi di tutti la centrale su di se ed era pressoché sicuro che Danny, Adam e Sheldon stavano già scommettendo se e quando lui sarebbe riuscito portarsi la ragazza a letto.
Decise di giocare di attesa e aspettò che lei fosse pronta ad uscire per aspettarla proprio davanti alla porta;
"Beh, allora arrivederci, signorina Rossi"
"Chiamami pure Jennifer, e, ti prego diamoci del tu!"
"Certo, Jenny, arrivederci, allora"
Eh, no, mica lo faccio scappare così......
"Ti volevo dire, Don...ehm....sei stato molto gentile con me. Vorrei contraccambiare......ti va di venire a cena da me, stasera?"
"Cucina italiana?"
"Certamente. Tradizione di famiglia....a stasera, allora? ci posso contare?"
"Okay" e Don le prese la mano per baciarne il dorso, da vero gentiluomo "a stasera".
La guardò allontanarsi  per poi tornare verso i proprio passi, all'interno della centrale, giusto in tempo per sentire Adam dire "Ve lo avevo detto che il vecchio Don non avrebbe perso tempo. Fa sempre centro, lui!"

Okay, e penso che, per ora, possa bastare così....
Dirò la verità, avrei voluto scrivere una one shot (come sempre del resto) ma mi sarebbe venuta troppo lunga, così ho deciso di provare una multi-chapter.
L'idea mi è venuta pensando che, dopo la morte delle sua fidanzata Jessica, non abbiamo mai più visto Don Flack fare coppia fissa con un'altra donna.  Da questa considerazione la mia mente ha vagato e sta tirando fuori questa fan-fiction.
Spero che vi piaccia e spero di riuscire a finirla in tempi non biblici

Buona lettura
Love
Jessie

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Capitolo 2
*** Tu mi porti su ..... ***


tu mi porti su

Ricominciare ad amare ancora

Tu mi porti su .....

La cena era stata un successone; Don era arrivato puntualissimo con un mazzo di fiori nella mano destra e una bottiglia di rosso nella sinistra, la tavola era apparecchiata semplicemente ma con eleganza. Le portate erano squisite, la pasta, cotta decisamente al dente, e condita al pesto di noci era stata una gustosa novità per il giovane agente così come la cima ripiena e la torta di verdure, il dessert poi, un semplice ma squisito dolce al cioccolato, si sfaceva letteralmente in bocca. Don era estasiato:
"Dove hai imparato a cucinare così?" chiese alla ragazza;
"Mia nonna paterna era italiana, di Genova, per la precisione. Tutti i piatti che ho preparato sono tipicamente liguri...ogni sabato andavo a trovarla, ci chiudevamo in cucina e lei mi insegnava le ricette tradizionali della sua gioventù. La cucina ligure è piuttosto povera, ma estremamente gustosa...come hai potuto notare".
"Ho notato, infatti, notato e gustato appieno....." Don aveva l'aria estremamente soddisfatta;
"Novità sulle indagini?" chiese Jenny un po' per fare conversazione, un po' perché era veramente interessata, oltre che parte in causa, all'accaduto;
"Uhm, niente di eclatante. Dall'esame del DNA si è scoperto che si trattava di un uomo, pare di razza bianca, però non ne abbiamo scoperto l'identità: non combacia con nessuno presente nei nostri data-base, il che significa che è incensurato. E' morto in seguito allo scontro col convoglio, non che su questo ci fossero dubbi....e, anche se avesse avuto qualche altro tipo di trauma, il cadavere è in tali condizioni che non è possibile appurare niente .....praticamente brancoliamo nel buio. Sei sicura che è stato spinto, vero?"
"Sì, al cento per cento, l'ho visto bene. Le telecamere interne del Metrò, hanno rilevato qualcosa?"
"Poco o niente....si vede una gran folla, l'uomo che cade sui binari, e subito dopo un gran casino di persone che gridano e vanno di qua e di là; nient'altro....."
Don tacque pensieroso e rimasero entrambi qualche minuto in silenzio.

Fu Jenny a rompere il silenzio  "Senti, Don, è inutile che ce la stiamo tanto a raccontare: siamo entrambi maggiorenni e vaccinati. Quello che voglio io è, forse, la stessa cosa che vuoi tu. Lasciami dire che, dal momento che ci siamo visti, ieri, mi sono sentita tutto un rimescolio addosso e non ho fatto altro che pensare a quanto sarebbe bello fare l'amore con te. Io ti voglio, Don, ti desidero più di quanto abbia mai desiderato un altro uomo in vita mia. Non so se tu vuoi la stessa cosa che voglio io e non so come reagirai a queste mie parole; pensa pure quello che vuoi, però non ce la faccio più a fare conversazione come se niente fosse. Sei libero di andare, ora, o di restare, se vuoi, ma se resti ......" la ragazza non si prese nemmeno la briga di finire il discorso: era già tutto fin troppo chiaro. Il poliziotto rimase, inizialmente, stupito e sorpreso dal fatto che una donna potesse prendere l'iniziativa a quel modo (già, questa è la serata delle sorprese) ma, a dire il vero, la cosa non gli dispiaceva; non gli dispiaceva affatto.

Non rispose nemmeno, non perse tempo, si avvicinò a Jenny, le prese il viso fra le mani, accostò la bocca alla sua e, tanto per rompere il ghiaccio, le diede un lungo, esagerato, intenso bacio alla francese. Poi la afferrò per i fianchi portandola contro di se per farle sentire la propria eccitazione....lei gli si strusciò addosso per qualche minuto mentre le mani armeggiavano sotto alla maglietta di lui, poi, proprio mentre le stava spostando verso il bottone dei jeans, si fermò un attimo, sospirò e gli disse "non vorrai mica farlo in piedi, vero?";
Don, a quel punto, lo avrebbe fatto ovunque: in piedi, per terra, anche sottosopra, se necessario, ma  si fermò pure lui, la guardò per un istante negli occhi, e...... si lasciò condurre in camera da letto.

Giacevano in silenzio, dopo avere fatto l'amore; Don era steso sulla schiena, un po' distaccato da Jenny, la quale stava distesa su di un fianco con il viso rivolto verso di lui.
Ad un certo punto lei ruppe il silenzio "Come si chiama?"
"Chi?"
"La donna che tu ha spezzato il cuore, quella per la quale stai ancora soffrendo, quella che è rimasta in fondo a te. Come si chiama?"
"Come si chiamava vorrai dire.....perché.....perché è morta".
Ci fu un attimo di silenzio; Jenny sussultò pentendosi di avere fatto una domanda così inopportuna (Dovrei imparare a farmi i cavoli miei, certe volte), poi Don proseguì:
"Si chiamava Jessica, era un poliziotta, una mia collega ed è morta  in uno scontro a fuoco, tempo fa";
"Mi dis.......";
"No, non dire che ti dispiace, non la conoscevi, conosci poco anche me.....non può dispiacerti veramente e io sono arcistufo di frasi fatte e di circostanza. Dimmi piuttosto, da cosa te ne sei accorta?"
"A parte che mi dispiace veramente  sia per te che per lei , anche se non la conoscevo....mi dispiace che sia morta così giovane e che ti abbia lasciato solo....per quanto riguarda il come me ne sono accorta.....beh, Don, tu quando fai l'amore sei, come dire.... trattenuto.....come se avessi paura a lasciarti andare. Lasciarti andare veramente, intendo, dare tutto te stesso....per carità sei bravo, sai come soddisfare una donna...ma....c'è qualcosa in te che sfugge; è come se avessi paura. Paura a innamorarti ancora, paura a ritrovarti nella condizione di dover soffrire ancora....è vero?"
"Sì, è vero.....strano, sei la prima che se ne accorge" Don era veramente colpito sia da come Jenny gli aveva tenuto testa sia dal fatto che avesse perceputo una cosa talmente sepolta in fondo a lui che egli stesso notava a malapena.....Ma questa donna.... questa donna è veramente eccezionale......non solo è bellissima ma possiede un'enorme intelligenza e sensibilità....se fossi pronto ad innamorami ancora....beh allora è di lei che mi innamorerei! ......Se solo  potessi ricominciare ad amare ancora!

La guardò per pochi istanti, come rapito, poi si avvicinò a lei per baciarla ancora e questa volta.....questa volta si lasciò un pochino andare e il bacio fu dolce, morbido, delicato quasi. E, mentre la baciava, le accarezzava la pelle nuda, soffermandosi ogni tanto con la mano quasi a voler sentire meglio sotto al suo palmo quelle forme quasi perfette e l'epidermide di seta.
Finirono col fare l'amore nuovamente  per poi crollare, distrutti, in un sonno profondo.

L'indomani mattina Don fu svegliato da una voce proveniente dalla cucina....la radio era accesa e la voce seguiva le note di una famosa canzone:

And in this crazy life
and through these crazy times
It's you, it's you
You make me sing
You're every line, you're every word
You're everything

Era una bella voce, sonora, intonata, un po' roca, con una tonalità bassa per una donna, quasi da contralto....si alzò dal letto e si recò in cucina.
Jennifer era intenta a preparare la colazione, indossava una maglietta lunga sopra gli slip, e si muoveva con sicurezza canticchiando; sembrava felice, scuoteva la testa a tempo di musica e i riccioli biondi ondeggiavano sulle spalle. Don rimase fermo per un po' ad ammirarla trovandola incredibilmente desiderabile.
Ella guardò verso la porta della cucina e lo vide lì, in piedi, che la guardava:
"Buon giorno bellissimo....ben svegliato. Cosa vuoi per colazione? Ti piace il caffè? preferisci le uova o i pancakes? e....." non riuscì a finire la frase perché si trovò improvvisamente spinta contro al tavolo con una bocca vogliosa sulle proprie labbra e due mani forti che le stringevano i fianchi;
"Ehi! ma che buon giorno appassionato!  Ma cosa mi stai facendo?"
Lui le aveva appena tolto la maglietta e stava percorrendo il suo corpo con le mani e la bocca. Lei  non perse tempo e allacciò la proprie gambe intorno ai  fianchi dell'uomo; si ritrovò sdraiata sul tavolo.....e poi......

Jenny stava ancora semidistesa sul tavolo, appoggiata sui gomiti, con la testa reclinata all'indietro e il respiro che si stava normalizzando; si stava rendendo conto di non avere mai provato per nessun altro quello che provava in quel momento per Don; piano piano sollevò lo sguardo solo per incontrare gli occhi dell'uomo
che in quel momento erano di un azzurro cupo.
Don la fissò a lungo, affascinato dal suo sguardo, quasi felino, da quell'espressione viva e intensa  e da quella bocca rossa e piena.
Improvvisamente sentì una voglia irrefrenabile di stringere la donna a se, di coccolarla e accarezzarla, di farla stare bene, di renderla felice, rimanendo quasi stupito di provare di nuovo qualcosa del genere (allora, forse, mi sono innamorato di nuovo....allora .......ritorno ad amare....i miei sentimenti sono ancora vivi, posso ancora provare qualcosa per qualcuno)
La afferrò delicatamente per le spalle per stringerla contro al proprio petto, per sentirla vicina, per sentirla sua. Ella si abbandonò completamente all'abbraccio e posò la propria testa sulla spalla di lui, allacciando le braccia intorno al suo collo. Rimasero così per parecchio tempo, senza parlare, senza fare niente, senza quasi muoversi, felici di sentire l'uno il calore del corpo dell'altro, felici di essere insieme.....
Fu Don che ruppe il silenzio: "Jen?"
"Mhh?" mugolò lei sempre sulla sua spalla
"Credo di essermi innamorato di te!"
"Credo anch'io!"
"Cosa? che mi sono innamorato di te?"
"No....cioè, sì, anche......" lei scoppiò a ridere "cioè.....uff! (com'è complicato dirlo, certe volte) volevo dire: anch'io credo di amarti. Anzi ne sarei quasi sicura......e...."
E poi non disse altro.....perché le labbra di lui si erano posate sulle sue e non è proprio possibile parlare mentre un'altra persona ti sta dando un bacio sulla bocca.
Si stavano ancora baciando quando la radio smise con la musica per trasmettere una notizia:

"E' stato diramato l'identikit dell'assassino della metropolitana. Grazie alla collaborazione di una testimone oculare, il ricercato ha ora un volto"

Jenny si staccò per un istante dall'abbraccio e guardò Don con aria preoccupata: "E se lui riesce a risalire a me? E se mi viene a cercare?"
"Ma no....." minimizzò lui "non c'è modo che ti possa rintracciare. E, comunque.......ci sarò sempre io a proteggerti, piccola, non ci pensare.....non avere paura. Non c'è proprio niente per cui avere paura".
Ma, mentre la sua mente credeva fermamente a queste parole, nel fondo del suo cuore Don non era per niente tranquillo......



Occorre dire che, nel prossimo capitolo, ci saranno problemi per Jenny e Don? Beh mi pare piuttosto chiaro: il prossimo capitolo sarà ben movimentato!!!
In questo secondo capitolo, però, mi sono mossa fra il romantico e il sexy .....mentre lo "pensavo" ad  un certo punto avevo anche accarezzato l'idea di metterci dentro una scena lemon  vera e propria (si vede che Don Flack mi ispira cose sconce, che volete che vi dica), poi però ho preferito lasciare perdere....almeno mi possono leggere tutti, anche i minorenni. E poi temo di non essere capace a scrivere di sesso.....sono più brava con i sentimenti e le sdolcinature!

Prima che vi lascio, volevo dire una cosa, io sono di origine ligure e i piatti della cena sono realmente piatti tradizionali liguri, compreso il dolce freddo al cioccolato.

Per ora è tutto vi saluto
Bye bye
Love
Jessie

PS: recensite, prego.....



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Capitolo 3
*** ...e poi mi lasci cadere ***


e poi mi lasci cadere

Ricominciare ad amare ancora

Cap.3 - .....e poi mi lasci cadere!


Basta.... Quei giorni erano finiti, non doveva più rientrare in una casa vuota, fredda e buia.
Adesso Don, la sera, aveva qualcuno da cui ritornare, qualcuno che lo aspettava, che gli gettava le braccia al collo,  gli dava il bacio di bentornato,  gli faceva dimenticare le difficoltà e le amarezze della giornata lavorativa.
Adesso lui, tutte le sere andava a casa di Jennifer, vi si era quasi trasferito.
Cenavano quasi sempre in casa, Don era deliziato della cucina italiana della ragazza ("finirò con l'ingrassare" le aveva detto una volta; "ma no" era stata la risposta "la cucina sana non fa ingrassare"),  poi guardavano un DVD o un programma sportivo alla televisione. Lui era rimasto così sorpreso di quanto ella fosse appassionata di "Soccer", di calcio, e tifosissima dei Red Bulls di New York che, alcune volte, l'aveva anche portata allo stadio, divertito dal fatto di averla resa felice come una bambina.

Gli piaceva molto renderla felice, lo faceva sentire veramente bene; del resto ci voleva così poco per farla ridere. Bastava una piccola gentilezza: un regalo inaspettato, una serata allo stadio o ad un concerto, una storiella divertente e, soprattutto, fare l'amore e i suoi occhi  brillavano come stelle, luminosissimi, pieni di vita.
Don era veramente soggiogato dal carattere e dallo spirito di questa donna e, ora lo capiva chiaramente, era veramente innamorato di lei.

Dal canto suo, Jenny aveva capito quanto sotto la scorza dura del poliziotto inflessibile ci fosse un uomo fondamentalmente buono e amabile che aveva sofferto tanto per la morte della donna amata e che, piano piano, stava cercando di rifarsi una vita. Lei lo adorava, adorava come lui la guardava, come la faceva ridere, come la faceva sentire. Insieme a Don lei si sentiva donna e desiderabile come non si era mai sentita fino a quel momento e si stupiva, certe volte, a pensare come da quella che inizialmente era nata come una serata di cena più eventuale sesso fosse nato un sentimento così intenso.
Entrambi si sentivano immensamente fortunati, entrambi erano veramente felici e pronti a iniziare una nuova vita a due....finché quella sera.....

Jenny aveva appena finito i preparativi per la cena quando sentì squillare il campanello della porta, subito si rallegrò tutta  e andò ad aprire:
"Sei tu, Don?" chiese aprendo la porta, ma l'uomo sulla soglia non era Don.
Cercò con tutta la forza che aveva in corpo di richiudere l'uscio dinanzi a se ma lo sconosciuto era troppo forte per lei: con uno strattone più forte degli altri riuscì ad aprire la porta e ad entrare in casa.
Jennifer cercò di indietreggiare, ma l'uomo ebbe gioco facile nel bloccarla contro al muro e nel puntarle un coltello alla gola:
"Puttana! Sei solo una puttana! Mi volevi fregare vero? Troia!" e la colpì con un tremendo ceffone al viso.
Jenny lo aveva riconosciuto, lo aveva riconosciuto nel preciso esatto momento in cui l'aveva visto: era l'assassino della metropolitana! Ed era ben chiaro che era lì per ammazzarla, ora la sua vita non valeva più niente, ora la sua vita era appesa ad un filo....
"Per favore, non uccidermi" lo pregò;
"Ma io devo farlo, bionda, devo. Perché ti sei l'unica testimone che mi ha visto gettare quel bastardo sotto al treno e finché sei al mondo io non potrò mai essere tranquillo, mai!" La teneva, ora, dal di dietro con un braccio ad immobilizzarla e l'altro a minacciarla con il coltello;
"Ma come mi hai trovato? Come puoi sapere che sono proprio io la testimone?" Jenny cercava di prendere tempo
"Eh, eh, biondina....tu non sei proprio il tipo che passa inosservato....quando ti ho scontrato, mentre cercavo di sfuggire, il tuo bel viso è rimasto impresso nella mia memoria.....sapevo benissimo che tu eri l'unica che mi avesse visto in faccia. Così quando i giornali hanno dato la notizia che c'era una testimone.....beh ho cominciato a sospettare di te......e ho iniziato ad andare, camuffato, alla fermata del Metrò per spiarti. Un giorno ti ho visto insieme a quel bastardo di un poliziotto e allora è stato tutto chiaro: tu sei la testimone, tu sei quella che mi manderebbe in galera, se solo potesse testimoniare...... non so se ha il coraggio di negarlo!"
Jenny non rispose, non disse niente: tremava di paura
"Allora, cosa dici? Neghi o confermi?" e prima che la ragazza potesse rispondere, lui l'aveva voltata e aveva cominciato a colpirla ripetutamente in viso "Avanti, puttana, negalo se hai il coraggio!";
Ella fece cenno di no con la testa e cominciò a piangere silenziosamente.......l'uomo le disse "Vedi, è chiaro: tu mi tradiresti, tu non puoi rimanere viva: devo proprio ammazzarti......prima, però, prima potremmo divertirci un po' insieme.....che ne diresti di un bel giochino? ......pensa: è l'ultima scopata che farai.....per cui cerca di prenderci gusto!", così dicendo la spinse a terra, si inginocchiò sopra di lei e cominciò ad armeggiare con la cintura dei suoi jeans;
"No!" la voce di Jenny era strozzata "no, ti prego.....ti prego no, non farmi questo...fa quello che vuoi ma questo no, ti prego, ti scongiuro....." ma l'uomo, per tutta risposta, incominciò a sghignazzare.

Improvvisamente si sentì una voce "Lasciala stare, bastardo!"

Don era entrato dalla porta, rimasta aperta, e si stava avventando contro l'uomo prendendolo con forza per le spalle. Lo sbatté contro al muro mandando la testa a cozzare contro la parete una volta, due volte, tre volte.....l'uomo cercò di difendersi, volse il coltello verso il corpo del poliziotto il quale gli afferrò la mano......rimasero per un po' a fare una specie di braccio di ferro, le mani sospese fra i loro corpi mentre ognuno dei due cercava di volgere il coltello a colpire l'altro......poi Don riuscì a torcere il braccio dell'aggressore e a fare cadere a terra il pugnale.
Cominciò a colpirlo, a riempirlo di pugni, di calci e non smise nemmeno quando l'altro cadde mezzo morto a terra. anzi, tutto il contrario, cominciò a colpirlo ancora più forte.
Come invasato, Don, prese l'uomo per le spalle e cominciò a sbattergli la testa sul pavimento, ripetutamente, violentemente ....e lo avrebbe di sicuro ucciso se non fosse stato per una voce laggiù nell'angolo, la voce di Jenny;
"Basta Don, basta! Non ucciderlo, non diventare un assassino, non diventare come questo bastardo".

Il poliziotto si fermò, come ridestandosi da un sogno, prese le braccia dell'uomo, che stava steso al suolo privo di conoscenza, le portò alla schiena e le fermò con le manette.
Estrasse la pistola dalla fondina e, tenendo sempre l'uomo sotto tiro, telefonò alla centrale per informarli dell'accaduto, poi rivolse il proprio sguardo verso il punto in cui si trovava Jenny. La vide seduta a terra, stravolta,  tremante, pallida, con il volto pieno di segni lividi e rossastri.
Si affrettò a raggiungerla, impaziente di poterla abbracciare, confortare;
"Jenny, tesoro. Stai bene?";
"Secondo te?" la risposta arrivò inaspettata;
Jennifer gli rivolse uno sguardo cupo, arrabbiato; poi cominciò a colpirlo, a prenderlo a pugni sul petto, sull'addome, sulle spalle, dove capitava....."Mi avevi detto......mi avevi detto che non mi sarebbe successo niente, che mi avresti protetta! Sì, certo, guarda qui.....per poco quell'animale mi fa fuori....e tu dov'eri? Dov'eri quando è entrato qui? dov'eri quando ha cercato di violentarmi.....schifoso ..... bastardo ....e tu  bugiardo, traditore!....e.....ci è mancato poco..... ci è mancato proprio poco ......oddio!"
Jenny continuò per qualche minuto a prendere Don a pugni e a mormorare frasi spezzate, per poi crollare. Si aggrappò, allora, con forza al "suo" poliziotto e scoppiò in un pianto dirotto. Lui le cinse le spalle con un braccio e, tenendola stretta, cominciò a muoversi avanti e indietro quasi a cullarla mentre le baciava e le accarezzava piano il viso.
Cercava così di offrirle conforto pur sapendo bene che doveva lasciarla sfogare affinché lo choc passasse...

Quando la omicidi e la scientifica entrarono nell'appartamento li trovarono ancora abbracciati.
"Don?" era stato Mac Taylor a parlare "è la tua ragazza?" ;
"Sì è la mia ragazza ...ed è la testimone dell'omicidio in metropolitana"
"Quindi tu hai una storia con la teste chiave di un delitto che, guarda caso, è stata vittima di un'aggressione. Inoltre hai pestato tanto quell'uomo da ridurlo privo di conoscenza....umh....lo sai che ci potrebbe essere un conflitto di interesse? Un buon avvocato potrebbe accampare chissà quante ragioni, una fra tutte la gelosia e mandare al diavolo tutti i capi di accusa che potrebbero essere formulati contro l'aggressore. Mi dispiace ma devo chiederti di venire con me in centrale immediatamente: ti devo tenere lontano dalla scena del crimine e sei  tenuto a fare rapporto sull'accaduto. E speriamo che gli affari interni non ci rompano troppo le scatole"
"E Jenny?";
"La signorina deve andare al pronto soccorso a farsi controllare e medicare, poi dovrà testimoniare. Sarà meglio che non vi vediate per qualche ora e che ognuno di voi testimoni per proprio conto. Don, io di te mi fido, ma le procedure sono le procedure, lo sai";
"Lo so, lo so anche troppo bene" rispose l'agente, poi, rivolto verso la ragazza, "Jen?", lei si limitò ad annuire debolmente "ti devo lasciare per un po'....devi andare a farti medicare, io non posso venire. Ti lascio con una brava poliziotta che saprà prendersi cura di te, okay?"
Lei continuò ad annuire debolmente.
In realtà era combattuta fra due diversi sentimenti, da un lato avrebbe voluto che Don la tenesse stretta per sempre, dall'altro voleva rimanere un po' da sola con i suoi pensieri. Lasciò così che lui si sciogliesse dall'abbraccio e accettò volentieri l'aiuto dell'agente incaricata di prendersi cura di lei, la quale l'aiutò a ad alzarsi e a ricomporsi.
Don la guardò un'ultima volta (ma perché è sempre così difficile lasciarsi?) le fece una carezza sul viso, poi se ne andò.

"Don......." fu tutto quello che Jenny riuscì a sussurrare mentre lo vedeva allontanarsi e sentiva i propri occhi riempirsi nuovamente di lacrime.

Accidenti che finale lacrimoso!

Dunque lasciate che vi spieghi una cosa: originariamente avevo l'intenzione di scrivere solo tre capitoli, ma il terzo mi sta venendo troppo lungo e, inoltre, ho le idee un po' confuse su come portarlo aventi, così, in attesa che mi si schiariscano, finisco qui il terzo capitolo (in pieno dramma) e completerò la storia con un quarto capitolo che, già preannuncio, sarà piuttosto corto

Mi rendo conto di essere andata un po' "fuori dai canoni" sia nelle situazioni che nei personaggi e che in una vera puntata di CSI le cose sarebbero andate diversamente (forse) ma non sapevo proprio come tirarci fuori le penne.....beh alla fine è solo una fan-fiction e mi sto divertendo parecchio a scriverla.
Spero che voi vi divertirete a leggerla!

Vi saluto tutti
Recensite, prego

A presto
Love
Jessie




 

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Capitolo 4
*** Tutto il mio amore ***


cap 4

Ricominciare ad amare ancora



Cap. IV -  Tutto il mio amore


Era stata una nottata estenuante per entrambi.

Jenny era stata affidata alle cure di un'agente della scientifica, una bella signora sulla tarda quarantina con splendidi capelli corvini, lo sguardo penetrante e un fare molto materno e protettivo nei suoi confronti;
"Sei la ragazza di Don?" le aveva chiesto;
"Sì, sono Jenny, Jennifer Rossi, e .....beh, sì ...ho una storia con Don Flack. Da poco tempo, però"
"Piacere di conoscerti. Mi chiamo Jo Danville e sono una collega di Don. Lavoro alla scientifica.....collaboro molto con il tuo boyfriend. Lo sai, mi sembra già di conoscerti, Don parla moltissimo di te"
"Ah sì...." Jenny era alquanto stupita da questa rivelazione, davvero non credeva di essere così importante per il poliziotto "e cosa dice di me?";
"Che sei bellissima, e questo è vero, e che sei fantastica, intelligente, profonda, piena di vita. Fa veramente piacere sapere che finalmente ha trovato qualcuno dopo....beh, dopo Jessica"
"Sai una cosa? - posso darti del tu, vero?";
 Jo fece cenno affermativo col capo;
"Beh" proseguì Jennifer "lo sai che veramente non credevo di contare così tanto per lui. Don  mi piace tantissimo, ne sono profondamente innamorata è la storia più importante della mia vita. Ma non ero sicura di essere tanto importante per lui. Temevo che stesse con me solo perché......" la ragazza tacque per qualche istante quasi a volere cercare le parole, poi proseguì "....perché non voleva restare da solo";
"No, ma cosa dici? Dammi retta: è veramente preso da te" Jo pronunciò queste parole sicura, quasi con enfasi, poi proseguì, più piano, quasi a scusarsi "Bene, Jenny, adesso ti porto al Pronto Soccorso, lì ti cureranno e faranno accertamenti per essere sicuri che tu non abbia niente di rotto o danneggiato. Dopo, proseguiremo con la deposizione ed il confronto, ok?"
"Va bene".

L'agente Danville rimase con Jennifer per tutta la durata della sua permanenza al Pronto Soccorso, dopo le medicazioni e i primi accertamenti,  assicuratisi che non aveva niente di rotto, le fecero l'esame anti stupro:
 "Ma non mi ha violentata," protestò lei "non ha fatto in tempo, Don lo ha fermato";
"E' la procedura, Jennifer" le fu risposto "molte donne rimuovono quanto veramente accaduto. Non possiamo correre il rischio di non sapere. Per te innanzitutto, per correre ai ripari contro malattie e gravidanze indesiderate, e inoltre per raccogliere eventuali prove". Così la ragazza fu sottoposta ad un esame indubbiamente fastidioso ed imbarazzante che, comunque, risultò negativo (meno male....ma lo avevo detto io).
Dopo gli accertamenti medici fu, come si dice in termine investigativo-forense, "processata".  Jo le fotografò più volte il viso, laddove aveva la maggior parte dei lividi e, molto più sommariamente, il resto del corpo, e la scansionò un po' dappertutto in cerca di prove certe dell'avvenuta aggressione.
E poi fu la volta del confronto e della testimonianza.

Don, invece, era andato immediatamente in Centrale dove quelli squali degli affari interni lo avevano torchiato a lungo circa i suoi rapporti con Jennifer e severamente ammonito circa la scarsa opportunità di avere stabilito una relazione amorosa con una testimone (ma cosa ci posso fare, io, se mi sono innamorato!?).
Alla fine lo avevano condotto davanti all'aggressore, il quale, piantonato in ospedale, aveva ripreso conoscenza e dimostrava di non avere subito gravi danni dal pestaggio subito.
L'uomo, che rispondeva al nome di Jaime Navarro, ed era, come aveva ben intuito Jenny, di origini ispaniche, si stava atteggiando a povera vittima della brutalità della polizia e asseriva che si stava "intrattenendo" con un'amica quando era arrivato quell'energumeno (alludendo a Don) che lo aveva preso a calci e pugni senza apparente motivo.
A Flack non rimase altro che additarlo come aggressore di Jennifer, affermare di averlo trovato mentre teneva la ragazza sotto minaccia di un'arma da taglio e stava cercando di violentarla, dopo averla picchiata abbastanza duramente. Sapeva benissimo, però, che, in un eventuale processo, la propria testimonianza poteva non essere sufficiente e le cose si sarebbero potute mettere male per lui. Sperava solo che la deposizione di Jenny e le prove raccolte da Jo venissero in suo aiuto, altrimenti sarebbero stati casini......grossi casini.

Jenny, introdotta al cospetto di Navarro, non aveva avuto dubbi: con una fermezza e una tranquillità sorprendenti, per una persona ancora sotto choc, lo aveva accusato come suo aggressore, ricostruendo con grande precisione l'accaduto, ricordando per filo e per segno le percosse subite, lo aveva riconosciuto come il killer della metropolitana e aveva anche riportato esattamente le parole che l'uomo aveva pronunciato poche ore innanzi, poco prima del tentativo di stupro e assassinio nei suoi confronti, parole che non lasciavano alcun dubbio su cosa avesse fatto e sulle sue intenzioni.  
"Vedrai, lascia che lo mettano alle strette e canterà come un uccellino" le aveva detto Jo mentre lasciavano la stanza di ospedale dove era ricoverato l'uomo "probabilmente si è trattato di un regolamento di conti fra bande rivali, o di un delitto nell'ambito del commercio di droghe. Navarro è risultato avere parecchi precedenti per furto, spaccio e stupro. Non per omicidio, non ancora almeno"
"Vuoi dire che mi è andata bene?";
"Parecchio bene, direi......fortuna che il tuo angelo custode è arrivato in tempo"
".....Don, il mio cavaliere dall'armatura scintillante....."
"Credimi." continuò Jo, "ci tiene veramente tanto a te".

Il cielo si stava rischiarando e stava per nascere un nuovo giorno; "Devo venire in Centrale, ora?" chiese Jennifer;
"Sì, ma solo per firmare ufficialmente la testimonianza. Hai fatto tutto quello che dovevi fare, non ci devi più dire niente, ormai. Penso che non vedrai l'ora di andare a casa a riposare"
"A casa, già...." rispose pensierosa la ragazza.

Don sedeva, con aria tenebrosa, alla propria scrivania, Jo aveva telefonato che Jenny stava bene e che le prove raccolte erano più che sufficienti ad incastrare Navarro e che pertanto il giovane agente poteva stare tranquillo. Ma lui non era tranquillo proprio per niente.
"Un dollaro per i tuoi pensieri" gli disse Mac sedendosi sulla sedia libera proprio a fianco a quella di Flack;
"Eh? cosa hai detto?"
"Lasciamo perdere. Don si può sapere a cosa stai pensando? Ti vedo molto turbato. Non eri così da quando...." Taylor stava per dire "....da quando Jessica è morta"  ma si era trattenuto in tempo......"da molto tempo" disse, invece;
"Stavo pensando a Jennifer, al fatto che non sono riuscito a proteggerla. Il  fatto è che ho fallito nuovamente, come è stato per Jessica."
"Ma tu l'hai salvata! Sei arrivato in tempo, sei riuscito ad evitare che quell'uomo le facesse veramente del male. Non hai niente da rimproverarti"
"L'avresti dovuta vedere, Mac, vedere come l'ho vista io. In preda ad una crisi isterica, piangente, arrabbiata....arrabbiata con me. Le avevo promesso che non le sarebbe successo niente, ed invece......ha passato dei bruttissimi momenti e io non ero lì con lei. Non so se riuscirà a perdonarmi. Non so nemmeno se ci riuscirò io"
"Ragazzo mio" Mac mise una mano sul braccio di Don a sottolineare le sue parole e, quasi, a consolarlo "se lei veramente ti vuole bene, allora capirà e saprà come perdonarti. Credimi! Ma devi essere meno duro con te stesso; la vita spesso riserva un'altra possiblità"
L'altro non rispose, si limitò ad annuire con la testa e rimase qualche istante con lo sguardo perso chissà dove.

Fu solo più tardi, a caso definitivamente, concluso che  Don riuscì a prendersi un po' di tempo e pensò bene di andare a casa a farsi una dormita (sempre che io riesca a dormire).
Indossò la giacca, i guanti e si avviò verso l'uscita. Era ancora sulla soglia della Centrale di Polizia, quando la vide: "Jen!" mormorò sorpreso.
Jennifer stava lì, appena fuori dalla porta, tutta stretta nel suo piumino nero, le braccia incrociate intorno al corpo nel tentativo di  scaldarsi o, forse, di proteggersi e lo aspettava.
Aveva un aspetto molto provato: gli occhi gonfi e cerchiati di rosso, il labbro tumefatto e spaccato, parecchi lividi sul viso ma si sforzava di sorridere. Non appena lo vide gli andò incontro e gli prese la mano.
"Andiamo a casa" gli disse;
Don fece scivolare la propria mano sul braccio di Jenny fino a poggiarla sulla sua spalla, la attirò e la strinse forte a se; lei affondò il viso sulla sua spalla allacciando le braccia intorno alla vita del suo ragazzo.
Sentì che stava tremando, dapprima lievemente, poi sempre più forte e prese a massaggiarle la schiena premendo appena le labbra fra i suoi capelli, per confortarla. (Ci sono io, Jen, ci sono io con te!)
La tenne abbracciata a lungo, fin quando non gli sembrò che il tremito si fosse calmato, poi le sollevò il viso per guardarla bene. Aveva le guance rigate di lacrime e nei suoi occhi c'era un'espressione vuota, lontana. Non erano più gli occhi della sua Jenny, quello sguardo intenso e brillante che egli aveva imparato ad amare nei giorni addietro. Quelli davanti a lui erano occhi spaventati e velati al tempo stesso; avevano l'espressione ferita che egli aveva riscontrato tante volte, nel suo lavoro, ma che mai e poi mai avrebbe voluto vedere nella persona amata.

Aveva bisogno di lui e Don si sarebbe preso cura di lei. 
Le avrebbe dato tutto quello che poteva darle: se stesso, il suo amore, la sua devozione, la sua passione; ogni cosa pur di vedere di nuovo quella luce nel suo sguardo.
Questo, era il compito che si era dato e non avrebbe fallito.
Non poteva fallire.
Accostò il proprio viso a quello della ragazza, le diede un piccolo, dolce bacio a fior di labbra, e le sussurrò:
"Sì, andiamo a casa".
La prese per la vita e la portò via con se.


E finisce qui, al quarto capitolo.
Alla fine non è nemmeno venuto poi tanto corto!
Ho proprio cercato di non metterci troppo tempo e penso di esserci riuscita, spero (ma dovrete dirmelo voi) che non risulti troppo "tirata via" velocemente tanto per finirla. Ho cercato di mettere bene a fuoco le situazioni e di rifletterci sopra (impegni permettendo) ma non so se ci sono riuscita.
Ho dato un ruolo "interessante" a Jo Danville, perché è un personaggio che mi piace molto; trovo che abbia una grande umanità.

Spero che la mia fiction vi piaccia.

Attendo recensioni
Baci
Love
Jessie



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