Le bateleur.

di ItsNaike
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'appeso. ***
Capitolo 2: *** L'eremita. ***
Capitolo 3: *** Il matto. ***



Capitolo 1
*** L'appeso. ***


 
L’appeso.
 
 
 
   È tutta una questione di fortuna, Josh.
 
   Una carta, due, tre. Gira, copri, volta. Gira. Non sai cosa svela, non lo sai finché non lo vedi. Lei ha le mani lunghe, lunghe e con tanti anelli. Ha tanti anelli, tanti bracciali, tanti bracciali luccicanti. E la sua gonna luccica, e il suo sguardo luccica.
 
   La fortuna è con te. La fortuna può cambiare il tuo destino. Basta voltare la carta giusta.
 
   La carta giusta. L’avrebbe voltata per lui. Lo sapeva, lo sapeva che lo avrebbe fatto. Lo aveva sempre protetto. Lei lo conosceva come nessun altro. Aveva bisogno di lei.
E allora perché aveva smesso di aiutarlo?
 
   Puoi essere tu l’artefice del tuo destino.
 
   Luccica, luccica, luccica.
   Uscire di casa, scendere le scale. Occhi bassi. Aprire il portone.
   Luccica, luccica.
   Correre prima di incrociare un maledetto cane. Prima che il maledetto cane ululi.
   Luccica.
   Colazione nel solito bar. Cosa ordina? Un caffè. Con cosa? Solo un caffè. Ne è sicuro? Sì. Ogni volta deve ripeterlo, la cameriera non capisce mai. Non capisce mai che vuole solo un dannatissimo caffè.
   È tutta una questione di fortuna. Girare la carta giusta.
   Ora glielo porto, dice.
   La cameriera fa un passo indietro. Urta la bottiglia dell’olio. L’olio si rovescia  a terra. Tutto a terra, tutto a terra.
   Luccica, luccica, luccica. O dio, o cristo santo. Tutto quell’olio.
   Deve uscire. Deve assolutamente uscire. Scatta in piedi e si lancia fuori. La mano in tasca. Cerca la moneta. Fredda. Talismano di Marte. Difende dalle infermità, rende invulnerabili.
   Stupida, maledetta cameriera.
   Tutto quell’olio.
   Aveva bisogno di qualcosa di più potente. Di una protezione. Aveva bisogno di lei, ma lei lo aveva abbandonato.
 
   Volta la carta giusta, Josh.
   Lo aveva detto lei. Se il destino non ti sorride, costringilo almeno a guardarti in faccia.
 
 
 
 
   - Chi ti scrive, ragazzo?
   Morgan aveva un sorriso insinuante. Reid decise di ignorarlo. Stringeva in  mano una busta sottile indirizzata a lui, recapitatagli quella mattina all’ingresso nell’ufficio. Nessun mittente.
   - La tua bella ti manda lettere d’amore, eh, Reid?
   Se solo il collega avesse dato un’occhiata più approfondita avrebbe notato subito che non c’era abbastanza spessore per una lettera. Doveva essere un cartoncino, forse un biglietto da visita. Se ne intravedevano i contorni in trasparenza. La tastò mentre si avvicinava alla sua scrivania.
   - Chi è che manda lettere a chi? – intervenne JJ immettendosi nell’open space con il sorriso mattutino che solo lei sapeva imbastire.
   Morgan si finse immerso in qualche scartoffia, tossicchiando divertito. Lei si avvicinò, scaricando una pila di fascicoli sulla scrivania di Reid.
   - Tutto a posto, Spence?
   - Sì, è solo che…
   Aveva aperto la busta bianca.
   - Non capisco questa.
   - Che diavolo è? – domandò Morgan, alzando la testa.
   - Un Trionfo marsigliese, - sussurrò Reid. Aveva in mano una spessa carta dai bordi dorati, che raffigurava con estrema perizia un uomo agganciato per una gamba ad un palo di legno.
   - Un cosa?
   - Un Trionfo marsigliese, una varietà di tarocchi molto diffusa. Comprende ventuno figure più il Matto, rappresentato senza numero, che può essere inserito alla fine come all’inizio del mazzo, - recitò lui rapidamente.
   - E questa che figura sarebbe? – domandò JJ, vagamente perplessa.
   - La dodicesima, che corrisponde all’Appeso, - rispose Reid, senza alzare lo sguardo, - È interessante, - snocciolò, - Il soggetto è raffigurato a testa in giù, appeso per una gamba, con l’arto libero piegato verso l’interno. Questo tipo di pittura, che viene definita ‘infamante’, era solitamente affidata a mestieranti, ma a volte ad artisti di rilievo, come Sandro Botticelli e Andrea del Sarto.
   - Allora bisogna chiedere a Rossi, - disse Morgan, alzando un sopracciglio, - Non è lui l’esperto d’arte…?
   - Del quattordicesimo secolo, sì, - concluse Reid al suo posto.
   - E perché qualcuno dovrebbe volerti mandare una carta dei tarocchi? – domandò il collega, - Qualche compagno di college non si è ancora stancato degli scherzi? – ridacchiò.
   - Non lo so.
   - Spence, sei sicuro che non sia una cosa di cui preoccuparsi? – chiese JJ.
   - Non lo so.
   - Dovremmo parlarne con Hotch.
   - Io non… Ha già abbastanza da fare.
   Si alzò in piedi, infilando in fretta la carta nella borsa di pelle.
   - Non siamo in ritardo per la riunione? – domandò nervosamente, prima di dirigersi in fretta verso le scale.
 
 
 
 
Tutti, tutti, tutti. Non ce l’avrebbero fatta. Lui aveva il potere, lui li controllava tutti.
   Scrisse con estrema calma l’indirizzo, in caratteri maiuscoli. Poi staccò l’adesivo che chiudeva la busta, controllò per l’ultima volta il contenuto e premette, facendo attenzione che in ogni punto aderisse per bene.
 
 
 
 
   - Ci chiamano dall’Illinois. Pare che a Chicago stiano avendo qualche problema con un duplice omicidio, - illustrò JJ, accendendo lo schermo nella sala delle riunioni.
   - Come mai richiedono già la nostra consulenza? – domandò Rossi.
   - Per questo, - rispose lei, proiettando tre immagini. Erano tutte raffigurazioni dello stesso cadavere da diverse angolature.
   - David Martin, trentadue anni, assassinato la notte del trenta dicembre. La causa del decesso è il dissanguamento. La polizia teme che si tratti di un omicidio satanico, - proseguì JJ, - Come potete vedere, gli sono stati cuciti al petto due seni di donna. Appartenevano a Allie Jones, una prostituta ritrovata in un cassonetto a pochi isolati dalla scena del crimine. E quella che vedete qui, - disse, premendo un pulsante che ingrandì una quarta foto, - È una capra.  L’S.I. l’ha sgozzata e l’ha lasciata accanto al cadavere di Martin.
   - Non esistono omicidi satanici, - mormorò Hotchner, con gli occhi fissi sugli incartamenti, - Violenze, atti di vandalismo, ma non omicidi.
   - Questo non impedisce alla gente di avere paura, - disse Blake.
   - Quindi abbiamo due cadaveri, - proseguì Rossi, - Quello di Martin è stato preparato con perizia, mentre Allie Jones è stata abbandonata per strada. Questo dimostra che l’S.I. non aveva alcun interesse per lei, e che se ne è servito solo per i suoi scopi.
   - Che senso ha cucire dei seni addosso ad un uomo? – domandò Morgan, la fronte corrugata, - Simboleggia la perdita della virilità?
   - In realtà, - intervenne Reid, - L’essere con genitali maschili e seni femminili accompagnato da una capra è una rappresentazione del Diavolo piuttosto comune a partire dal Medioevo. Se si pensa che…
   Il rumore della porta che si apriva lo interruppe. Una figura comparve e fece qualche passo avanti. Appena il tempo sufficiente per lanciare un’occhiata allo schermo.
   - Oh mio Dio, oh mio Dio…  Cos’è quella roba? No, aspettate, non voglio saperlo!
   - Cosa c’è, Garcia? – domandò Hotchner.
   - Mi scusi, signore… JJ, puoi togliere quella cosa? È il vostro mestiere, e io mi sento così sperduta fuori dal mio regno da nerd, nel quale sono la sovrana indiscussa della tecnologia superiore…
   - Garcia.
   - Scusi, scusi. Non posso farne a meno.
   Penelope Garcia poggiò sul tavolo alcune cartelle.
  - Vi ho portato il materiale sul caso. Tutto quello che ho trovato sulle vittime, e anche tutti i possibili collegamenti che, per ora, e sottolineo per ora, sembrano limitarsi alla città di residenza. Ma se qualcosa esiste nell’infinita rete del web, la vostra Penelope lo scoverà.
   Morgan soffocò una risata.
   - Passate a prendere le valigie. Il jet ci aspetta tra un’ora, - disse Hotchner. Era il suo congedo.
 
 
 
 
Casa. Non che la vedesse molto.
   Non che gli dispiacesse.
   David Rossi prese la valigia già pronta, che teneva nell’armadio. Camicie piegate, giacche, pantaloni, cravatte. Tutto in perfetto ordine. Come un commesso viaggiatore. La valigia, come sempre, era piccola. Riteneva lecito sperare che il suo soggiorno non si sarebbe prolungato. Più tempo voleva dire più vittime.
   Passando nell’ingresso la sua stessa faccia gli sorrise dalle copertine dei suoi libri. Rossi non si fermò a contemplarli. Sul tavolo giaceva un mucchietto di posta non letta. Scorse rapidamente i fogli, giudicandoli non interessanti. Potevano aspettare il suo ritorno.
   O forse no.
   Una busta bianca, senza mittente, con l’indirizzo scritto a penna. Non spessa abbastanza da contenere una lettera. Rossi posò la valigia a terra e, lentamente, passò il dito sotto l’apertura.
   Conteneva due fogli.
   Una carta dei tarocchi, raffigurante il Diavolo sghignazzante, con ali di pipistrello e seni femminili.
   E un biglietto scritto a mano.
 
   «Parla col dottore. Il dottore non ha capito»
 
 
 
 

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Capitolo 2
*** L'eremita. ***


  
 
 
L’eremita.
 
 
 
Devi essere forte, Josh. Devi resistere. Ce la puoi fare.
 
   Ma loro non capiscono, non capiscono mai.
Loro non si sono accorti di nulla.
 
   Devi essere forte lo stesso. Le stelle sono dalla tua parte, e anche io.
 
   Uscire di casa. Comprare da mangiare. Tornare a casa. Lavoro. Lavoro. Lavoro. Finire il lavoro, bisogna finire il lavoro. È così che fa la gente. Mangia, dorme, lavora. Quella gente non sa nulla delle stelle, non sa nulla di lei.
   Ha bisogno di parlarle. Ha bisogno di sentirsi rassicurato.
   Fare la cosa giusta.
   Eppure loro non capiscono.
   Come hanno potuto? Dove ha sbagliato?
 
   L’errore non è tuo, Josh. È loro. Tu non puoi sbagliare. Non con me a guidarti.
 
   Sì, sì, avevano sbagliato. Loro avevano sbagliato, lui non c’entrava niente. Niente. Aveva tutto pronto per il prossimo passo. Avrebbe cambiato il suo destino, avrebbe scoperto tutte le carte favorevoli. Era pronto a guidare. Non come aveva sempre fatto, non come aveva sempre fatto…
   Non sarebbe più stato come allora. La mamma che diceva sempre di stare zitto. La sua vita era sua. Solo sua. Nessuno a dirgli di tacere.
   Lei non lo avrebbe zittito. Lei lo proteggeva.
   Silenzio, silenzio, silenzio…
  
   - Smettila! Ti ho detto di smetterla, stai zitto!
 
   Ma il vecchio continua a lamentarsi.
 
 
 
 
   - Dobbiamo parlare.
   Hotchner non sorrideva. Non sorrideva mai in quelle occasioni. Il jet era in volo da pochi minuti. Rossi tirò fuori la busta bianca dalla tasca.
   - Cos’è? – chiese Blake.
   - Credo che l’S.I. abbia voluto contattarci. Ho ricevuto questa.
   Rossi estrasse la figura XV, Il Diavolo, e la depositò sul tavolo. Gli sguardi di JJ e Morgan si fermarono su Reid.
   - Avrei dovuto dirvelo, - mormorò lui, - Ma non credevo riguardasse il caso… - tuffò le mani nella borsa e ne estrasse il tarocco dell’Appeso.
   - Avresti dovuto, - disse Rossi, trascinando le sillabe con lentezza, - Perché sembra che il killer provi un certo risentimento.
   Silenziosamente gli mostrò il biglietto.
   - ‘Il dottore non ha capito…’ - sussurrò Reid, - Cosa avrei dovuto capire?
   - Non lo sappiamo ancora.
   - Abbiamo due tarocchi e un solo omicidio… a meno che…
   - A meno che quello che dovevi capire era che esiste un omicidio precedente, - concluse Rossi.
   - Morgan, chiama Garcia, - ordinò Hotchner.
   Morgan compose il numero.
   - Parla, mio dolce cioccolatino palestrato. Ogni tuo desiderio è un ordine.
   - Bambolina, sei in vivavoce.
   - Oh… scusate.
   - Garcia, puoi cercare gli omicidi nella zona di Chicago negli ultimi tre mesi? – domandò Reid.
   - Eeee… fatto. Navigo in un mare di nomi, qui.
   - Qualche cadavere appeso a testa in giù?
   - Controllo… nulla.
   - Per essere sfuggito alla polizia deve essere stato scambiato per qualcos’altro, - considerò Blake.
   - Penelope, cerca i suicidi in cui la vittima si è impiccata, - disse Morgan.
   - Ho qui tre nomi.
   - Leggimeli lentamente.
   - Robert Holls, scapolo, cinquantasei anni. Jerome Ayes, vedovo di quarantadue. Harry Yates, sposato con due figli. Quarantacinque anni.
   - È lui, - disse Reid, alzando di scatto la testa, - Le statistiche dimostrano che gli uomini con una famiglia a carico raramente scelgono di togliersi la vita.
   - Grazie, Garcia.
   - Di nulla.
   Hotchner si passò una mano sul viso. – Dopo che ci saremo sistemati voglio Rossi e Morgan sulla scena dell’omicidio di Martin. Reid e Blake, chiedete di riesumare il corpo di Yates, poi andate a parlare con la famiglia. Dobbiamo scoprire se è stato davvero ucciso. JJ, con me all’obitorio.
   Rumore di scartoffie. Un silenzio per qualche istante.
   - Perché l’S.I. ci ha contattati?
   I volti di tutti si volsero verso Blake.
   - È una sfida o cosa? – proseguì Alex, - Vuole dimostrarci di avere accesso alle nostre informazioni personali? Vuole spaventarci?
   - È quello che dobbiamo scoprire, - sussurrò Hotchner.
 
 
 
 
   - O mio dio, o mio dio…
   - Mi dispiace, signora Yates.
   - No, non fa niente. Va tutto bene.
   Blake attese per un istante che la donna si ricomponesse e la lasciò frugare in un cassetto in cerca di un fazzolettino.
   - Sapete, in realtà l’ho sempre sospettato. Ero sicura che Harry non si fosse ucciso. Voglio dire, aveva due meravigliosi figli… Abbiamo due bambini, sapete? Maschi. Jack compirà sei anni a dicembre, e Lee ne ha solo quattro. Non ricorderà mai il volto di suo padre…
   Clara Yates fu di nuovo scossa da singhiozzi.
   Reid sbatté le ciglia, distogliendo lo sguardo da quello di lei e vagando per la stanza, soffermandosi sulle fotografie, sul mobilio.
   - Ne siete sicuri, quindi?
   - Lo sospettiamo. Ci serve il suo permesso per riesumare il corpo e fare degli accertamenti, - disse Alex con garbo.
   - Qualunque cosa, - rispose la signora Yates, - Qualunque cosa. Sapete, noi siamo credenti, e farei di tutto per dimostrare che mio marito non si è suicidato. Sarebbe un peccato mortale, capisce?
   Blake annuì senza aggiungere nulla, e il trillo del telefono di Reid interruppe il silenzio.
   - Morgan? Sì, arriviamo.
   Alex lo guardò interrogativa.
   - Ci vogliono sulla scena del crimine.
 
 
 
 
   - Il referto dice che non è stato ucciso qui. Chiaramente la perizia con cui l’S.I. ha preparato la scena indica premeditazione. Forse ha tenuto Martin da qualche parte, giusto il tempo di uccidere Allie Jones, - disse Hotch, camminando avanti e indietro nel vicolo.
   - Forse ha un furgone, - propose Rossi, - Ho visto che ci sono dei lavori a due isolati, un cantiere. Un camioncino non avrebbe destato sospetti.
   - Quindi l’S.I. ha neutralizzato Martin, lo ha chiuso nel furgone, ha adescato Allie Jones e ha portato dentro anche lei. Dopo essersene servito la ha scaricata altrove e ha preparato per Martin tutta questa messa in scena, - riassunse Morgan, le sopracciglia aggrottate.
   - Non per Martin, per noi, - interruppe Reid, attraversando i nastri che circondavano il perimetro della scena del crimine. – Rossi, posso vedere la tua carta?
   Dave mise una mano nella tasca ed estrasse il tarocco imbustato.
   - Esattamente la stessa scena, ricreata in ogni minimo dettaglio, - disse Reid, alzando e abbassando alternativamente lo sguardo, - Un messaggio per la squadra, un indizio per aiutarci a prenderlo.
   - È una caccia, - disse Alex, dubbiosa.
   - Una sfida. E il Soggetto è rimasto offeso quando ho sottovalutato il suo messaggio. Vuole giocare contro di noi, e vuole sapere che noi accettiamo. È una partita.
   - Non dobbiamo lasciarglielo fare, - mormorò Hotch, allontanandosi in silenzio.
 
 
 
 
   Oh, è un vecchio gioco, una vecchia scenetta. Vecchia, vecchia, vecchia. Vecchia come il vecchio. C’è bisogno di una sedia vecchia come il vecchio, per rendere vecchia la scena.
   Zitta, zitta, smettila di suonare quegli stupidi campanelli.
   Zitta.
   Zitta!
   Scusa.
   Non volevo, scusa, lo so che sei l’unica che mi vuole bene, a cui interessa qualcosa di me. Lo so, scusa.
   Ma io sono molto triste, ora, molto triste, e c’è solo una cosa che mi potrebbe rendere felice. E tu sai qual è. Lo sai, vero? Sì che lo sai, me l’hai suggerito tu.

   Il vecchio è morto, lo hai ucciso tu. E ora bisogna che loro lo sappiano, che capiscano cosa sai fare. Il vecchio eremita è morto, e tu vincerai il gioco.

   Josh, non comportarti da stupido, tu non sei stupido. Josh, tu sei intelligente. Sei il migliore, sei un uomo di successo. Puoi cambiare il tuo destino.
   E ora invia questa lettera.
 
           Aaron Hotchner,
           la partita comincia.
   
 

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Capitolo 3
*** Il matto. ***


Il matto.
 
 
 
Hotchner osservò il biglietto con la fronte corrucciata ed un certo senso di estraneità, come non fosse stato recapitato a lui. Le sopracciglia aggrottate, fissò per un istante la strada fuori dalla stazione di polizia dove erano stati sistemati.
   - Abbiamo un indizio stavolta, Aaron.
   Hotch si voltò verso Rossi.
   - Lo so, Dave.
   - E allora cosa c’è che non va?
   Lui tornò a posizionarsi in piedi accanto al tavolo.
   - Non mi piace stare al suo gioco. Non voglio essere costretto a seguire le sue regole. E se fosse una trappola?
   - Non piace a nessuno, - ammise Rossi con il suo tono pacato, - Ma questo S.I. ucciderà comunque. Non può farne a meno, tanto vale utilizzare le sue carte contro di lui.
   Reid entrò nella stanza, carico di fascicoli e con la tracolla storta. Depose tutto sul tavolo e poi posò lo sguardo sul tarocco.
   - È questo? – domandò, in tono lievemente eccitato. Hotch annuì lentamente.
   - Recapitato qui, alla stazione di polizia. È stato imbucato da una cassetta a pochi isolati.
   - L’eremita, - disse Reid, prendendo in mano la carta, - Decisamente proveniente dallo stesso mazzo delle altre.
   - E cosa fa questo eremita? – chiese Morgan entrando a sua volta.
   - Cammina con una lampada in mano, appoggiandosi a un bastone, - sciorinò lui in risposta, - Viene spesso assimilato alla figura di Diogene che, con un lume, girovagava dicendo di cercare l’uomo. Era un filosofo cinico, e verso la fine del trecento la sua figura…
   - Va bene così, Reid.
   - Oh. Scusate.
   - Quindi presupponiamo che il Soggetto Ignoto abbia rapito un uomo sopra i sessanta?
   - Vista la sua ossessione per i dettagli, direi che lo cerchiamo somigliante a questo, - disse Reid, attaccando la carta al quadro delle prove, - Barba lunga e capelli bianchi.
   - Potrebbe essere un senzatetto? – fece Morgan.
   - L’S.I. fino ad ora sembra scegliere vittime causali che soddisfino le sue necessità, quindi perché no. I vagabondi sono facili da attirare ed è difficile che se ne denunci la sparizione, - rispose Rossi.
   Morgan prese il telefono in mano e compose un numero.
   - Ufficio dell’Ingegno Supremo in ascolto. Chiedete e vi sarà dato.
   - Ehi, bambolina. Puoi cercare se ci sono state denunce di scomparsa nella zona di Chicago negli ultimi tre giorni?
   - Okay, so bene di essere un supergenio, ma questo è un po’ vago anche per me…
   - Cerchiamo un maschio bianco di più di sessant’anni, barba e capelli bianchi, forse un senzatetto.
   - Sto cercando… Bingo, ne ho trovato uno! Jeff Olson, sessantadue anni, scomparso dall’altro ieri secondo Susan Horne, la direttrice della mensa dei poveri frequentata da Olson.
   - Mandaci l’indirizzo, Garcia.
   - È già sul vostro cellulare, tesoro.
   - Grazie, dolcezza, sei la migliore.
   - Lo so, ma grazie per essere uno stimolo continuo alla mia autostima.
   Morgan riagganciò sorridendo appena.
   - Dov’è JJ? – chiese Hotchner
   - Lo sceriffo l’ha chiamata cinque minuti fa. – fece Rossi, - Morgan, tu e Blake andate a parlare con Susan Horne.
   - Io vorrei restare qui per cercare di tirar fuori qualcosa da questi messaggi, - disse Reid, posizionandosi davanti alla lavagna delle prove, - Cercando di contattarci l’S.I. si sarà lasciato scappare qualcosa di troppo. O almeno spero.
   - Se c’è qualcuno che può farlo, quello sei senza dubbio tu, - rispose Morgan alzando un sopracciglio e lasciandosi sfuggire un sorrisetto.
   - Va bene. Troviamo Jeff Olson prima che sia tardi, - disse Hotch.
   In quell’istante la porta si aprì e apparve JJ, dietro di lei lo sceriffo del distretto.
   - JJ, bene. È molto importante che non trapeli nulla riguardo l’indagine. Questo S.I. cerca notorietà e controllo: non dobbiamo lasciare che la stampa gli dia ciò che vuole. Niente soprannomi, niente telegiornali, e nessun accenno alle carte da gioco.
   Ma qualcosa nello sguardo di lei fece tacere Hotchner.
   - Cosa succede?
   - Abbiamo un altro cadavere.                                                                                                                              
  
 
 
 
Jeff Olson era stato adagiato su una sedia, il bastone nella mano destra e una lanterna spenta a terra accanto a lui. Il rigor mortis impediva alla presa di cedere, così creava qualcosa di simile ad una grottesca statua di gesso. Hotch non sorrideva. Aveva le sopracciglia aggrottate e qualcosa di pensieroso nello sguardo.
   - L’ S.I. ci ha preceduto di nuovo, - disse infine, - Non possiamo più permettergli di controllarci a questo modo.
   - È Jeff Olson. L’assistente sociale che fa servizio alla mensa dei poveri lo ha confermato da una fotografia, - fece Morgan, venendo avanti.
   - Stavolta lo avevamo in pugno, - disse Alex, - Non capisco qual è il punto nel lasciarci degli indizi.
   - Senso di potere, egocentrismo. Vuole che ci muoviamo secondo le sue regole, vuole farci sentire impotenti. Ci invia dei messaggi, ma non ci dà il tempo di decifrarli. Lascia che gli corriamo dietro senza poterlo mai prendere.
   Hotch si voltò verso la squadra.
   - Siamo pronti per rilasciare un profilo.
 
 
 
 
   - L’S.I. è organizzato, progetta tutto nei minimi particolari e sta ben attento a non lasciare tracce. Ha dimostrato forza fisica per sopraffare da solo tutte le vittime, per questo riteniamo che sia tra i venticinque e i trentacinque anni. La sua ossessione per i dettagli salta subito agli occhi di chi lo osserva, per questo probabilmente ha difficoltà nelle interazioni sociali. Non crediamo che possa essere sposato o in una relazione stabile. Se possiede un lavoro, deve poterlo svolgere da casa oppure in solitudine.
   Il Soggetto uccide le sue vittime secondo l’immaginario dei tarocchi. È superstizioso, quindi state attenti a chi non passa sotto le scale, alle reazioni esagerate di fronte a vetri rotti o sale sparso, a chi evita gatti neri e ad altri segni del genere. Le vittime che sceglie sono di opportunità, gli unici requisiti sono la somiglianza con i personaggi raffigurati in una edizione dei tarocchi nota come Trionfi Marsigliesi.
   Inoltre vi chiediamo di non divulgare alcun particolare sugli omicidi. L’S.I. cerca attenzione, e i media gliene darebbero fin troppa. Grazie.
 
   Hotch osservò gli agenti allontanarsi, sussurrando tra loro e osservando gli appunti presi.
   - Credi che sia stata una buona idea?
   Rossi lo fissò.
   - Cosa?
   - Negargli la visibilità. Il Soggetto è un egocentrico che cerca attenzione, non concedergliela potrebbe portare ad un’escalation.
    Hotchner scosse la testa.
   - Lo agiterà, e questo gli farà commettere un passo falso.
   - Lo spero.
   Il suono del telefono li interruppe.
   - Rossi.
   - Sono Morgan. Venite dal medico legale, ci sono novità.
 
 
 
 
   Il coroner era chino sul cadavere.
   - Non me ne sono accorta prima perché non avevo esaminato lo stomaco. Ma ecco qui.
   Indicò un tavolino, dove erano sparsi alcuni frammenti.
   - È carta. Un foglio spesso, decorato. Non capisco cosa ci sia scritto, ma la scientifica lo può ricostruire.
   - È un tarocco, - disse Morgan, - Capite? Glielo ha fatto ingoiare prima di ucciderlo.
   - Ha cambiato il modus operandi.
   - Questa è una mossa da sadico, - disse ancora Morgan.
   - Ma l’S.I. non aveva mai dato segni di sadismo prima d’ora, - fece Rossi,  aggrottando le sopracciglia.
   - Cosa suggerisci?
   - E se lo avesse fatto solo per essere certo che la carta ci arrivasse?
   Hotch lo osservò.
   - C’è stato un temporale stanotte. Il corpo era all’aperto, protetto solo dal cornicione del palazzo. Se avesse lasciato il tarocco lì il vento lo avrebbe trascinato via. È stata una mossa di utilità, per essere sicuro che ricevessimo il messaggio.
   - Potrebbe essere, - disse Morgan, - Ma manca ancora qualcosa.
   - Cosa?
   - Il mittente. Questa volta non ha indirizzato l’indizio a nessuno?
   Hotchner si rivolse verso la dottoressa.
   - Ha trovato per caso qualche segno particolare, qualcosa che possa indicare un nome o un destinatario?
   Il coroner alzò le spalle e girò il cadavere con forza.
   -  Stavo per mostrarvelo. Non so se è abbastanza particolare per voi.
   Sulla schiena di Jeff Olson, scavate nella carne, spiccavano due ferite slabbrate. Avevano entrambe la forma di una J.
 
 
 
 
   Il telegiornale non aveva detto una parola. Non una sola parola.
   Non era possibile. Continuavano a non capire, continuavano a sottovalutarlo. Non capivano, non capivano mai.
   Ma l’errore non era suo, oramai lo sapeva.
   Parlavano degli omicidi. Nessuno avevano capito che quel vecchio era l’Eremita, nessuno. Nessuno capiva mai.
 
   Ti prego, stammi vicina.
   Ho bisogno della tua mano che mi guidi.
   Ho bisogno di te.
 
   Tu mi hai insegnato ogni cosa, e la colpa non è mia. La colpa è loro. E anche il Matto morirà se non correranno in tempo.
 
   Correte, correte, correte, correte, correte.
 
   Anche lui da piccolo correva, via, ma la mamma non voleva. Gli gridava sempre di tornare indietro, ma lui correva, correva, correva…
   E poi tornava sempre. La mamma non era contenta, di vederlo tornare.
   La mamma non era mai contenta di Josh. La mamma avrebbe voluto che fosse morto Josh al posto di suo fratello. E invece Josh era vivo. Vivo, vivo più che mai.
 
   Sono fortunato ad avere te. Sono tu mi capisci, solo tu mi ami.
   Sono fortunato.
   La Fortuna è con me.
 
 
 
 
   Reid si era messo gli occhiali. Non era un buon segno.
   - Mi hanno inviato la ricostruzione della carta trovata nello stomaco di Olsen, - disse, quando vide entrare Morgan. Hotch e Rossi lo seguirono poco dopo.
   - È il Matto. Senza numero, si può inserire all’inizio o alla fine del mazzo. È un giullare girovago che intraprende una strada sconosciuta, con poche cosa al seguito, mentre un cane lo rincorre. Una figura analoga compariva anche nei tarocchi del Mantegna, ma era chiamato il Misero, e… non vi interessa, - concluse bruscamente, osservando gli sguardi del resto della squadra.
   - Senza offesa, Reid.
   - Ci mancherebbe. Ho appena finito di analizzare i messaggi dell’S.I., ma mi manca ancora l’ultimo.
   - Credo che non ci sia molto da analizzare al riguardo, - rispose Rossi, - Lo ha inciso nella carne della vittima, e sono solo due lettere: JJ.
   Reid si sistemò gli occhiali di corno.
   - JJ lo sa?
   - Non ancora, - rispose Hotch, - Cosa hai trovato?
   - Qualcosa di interessante, in effetti, - disse Reid, - Osservate.
   Con il telecomando accese il proiettore, e i messaggi dell’S.I. ingranditi comparvero sullo schermo.
   - A prima vista niente di strano. Ma studiandoli attentamente ho notato che due diverse calligrafie dominano nelle frasi.
   - Cosa significa?
   - Guardate. Quando scrive ‘Parla con il dottore’ le linee delle lettere sono dritte e spigolose. Invece in ‘Il dottore non ha capito’ ci sono più curve, più irregolarità. Ed è così anche nel secondo messaggio, ma all’inverso. Il nome di Hotch è incerto, la minaccia fermissima.
   - Vuol dire che abbiamo a che fare con due S.I.? – domandò Rossi.
   - Forse sì. Oppure con un solo S.I., ma con due distinte personalità.
   Reid attese in silenzio, vagamente eccitato.
   - Mettiamoci al lavoro prima che uccida ancora.
 
 
 
 
   Tic tac, il tempo corre.
   Tic tac, JJ, salva il Matto, o il Matto morirà!
 
   E l’uomo si lamenta, nel buio della stanza, e fa rumore, lo infastidisce. Ma deve attendere, deve limitarsi a stringere le corde.
   - Abbi pazienza, presto verranno a salvarti.

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