Basketman Star di NiraMalfoy (/viewuser.php?uid=35668)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo Uno ***
Capitolo 2: *** Capitolo Due ***
Capitolo 3: *** Capitolo Tre ***
Capitolo 4: *** Capitolo Quattro ***
Capitolo 1 *** Capitolo Uno ***
Salve a tutti ^^
Fino al momento in cui non ho premuto il tasto d'invio non ero sicura
se volevo davvero pubblicare questa Fanfic, perchè ci sono
molto affezionata e non sapevo se volevo condividerla con qualcun'altro
... ma come potete constatare alla fine ho scelto di condividerla con
voi ^^.
Questa è una delle prime Fanfic che ho concluso (e di cui
vado molto fiera) per cui è già conclusa (ma va
... ndTutti), ma la pubblicherò a capitoli (che dovrebbero
essere 5), e se tutto va bene pubblicherò un capitolo al
giorno.
Per tutti i lettori di Childish Man che dovessero trovarsi per caso a
leggere anche questa Fanfic: non temete, presto avrete un nuovo
splendido capitolo! Ma se volete, per ora potete leggere ciò
che segue ^^.
BUONA LETTURA A TUTTI.
Basketman Star
Era molto freddo
quell’inverno. Era così freddo, eppure non aveva
ancora nevicato. Non una volta il sole si era svelato attraverso le
soffocanti nubi scure. Un grigiore quasi innaturale si era avviluppato
attorno alle affollatissime strade di Tokyo.
Con
l’arrivo del mese di dicembre, come al solito, le decorazioni
natalizie avevano fatto la loro comparsa, riempiendo di gioia
l’intera città. E così, si chiese,
avrebbe dovuto sentirsi felice? Dopotutto, suo malgrado, il Natale era
alle porte anche per lei.
Ma no, lei
non era il tipo. Non le erano mai piaciute le feste e, almeno da un
po’ di anni a quella parte, non aveva più
festeggiato il Natale. Per lei era solo un triste giorno, un giorno
tragico in cui non avrebbe mai potuto, neanche se avesse voluto, essere
felice; un giorno pieno di nostalgici ricordi, fatto soltanto di pianti
e autocommiserazione.
E
così, quella fredda mattina d’inizio dicembre, se
ne stava sdraiata sul divano del suo appartamento in centro,
nell’attico di uno dei grattacieli più alti della
città, a lasciarsi crogiolare dalla depressione che, in quel
periodo dell’anno, le attanagliava sempre il cuore. Di andare
a lavorare non se ne parlava neanche quel giorno.
Con la mano
che penzolava giù dal divano afferrò il
telecomando, che la sera prima era scivolato in terra, ed accese la
televisione premendo un tasto qualunque.
La voce di
un cronista sportivo di basket inondò la casa immersa nel
silenzio, descrivendo alla perfezione l’azione di gioco che
stavano svolgendo i giocatori in campo, tanto che Sachiko
riuscì ad immaginarsi ogni singolo movimento anche senza
osservare lo schermo. Il suo sguardo perso era infatti rivolto verso
l’enorme vetrata della sala, che prendeva tutta la parete: il
sole doveva ancora nascere.
Ma le parole
del cronista, che fino a quel momento non stava ascoltando
attentamente, continuavano a premere per riuscire ad insinuarsi nella
sua testa e ci riuscirono infine, facendola voltare verso lo schermo.
Rimase zitta
a fissare quelle immagini. Quanto tempo era passato? Eppure sembrava
ieri quando anche lei giocava a basket, proprio come quei
professionisti che adesso guardava alla televisione, anche se non aveva
mai giocato a quei livelli.
La sua mente
venne invasa dai ricordi: faceva le superiori, secondo anno, sezione 5,
liceo Shohoku. La loro squadra di basket era una delle più
forti del paese, tra quelle giovanili. Ricordava perfettamente che
durante il Campionato Nazionale avevano battuto il Sannoh, la squadra
più forte, i numeri uno. E poi, nella partita successiva,
erano stati schiacciati ed umiliati da una squadra di poco conto. Si
erano montati la testa ed erano stati puniti.
Eppure
ricordava così bene l’espressione triste e
rassegnata del capitano, Ryota Miyagi: era il suo migliore amico. Come
aveva voluto bene a quel ragazzo. Fino allo sfinimento. Quel pazzo
ragazzo dalla testa riccioluta, follemente innamorato della manager del
club di basket: Ayako. Lui corteggiava ed adulava quella ragazza fino
all’inverosimile, sebbene non fosse mai stato ricambiato in
due anni. Ayako gli voleva bene, questo era certo, ma non aveva mai
provato amore per lui.
E ricordava
bene, al momento della sconfitta, le lacrime di tutti i suoi compagni
di squadra. E anche quelle lacrime calde che lui aveva versato sulla
spalla di lei, prima di confessarle il suo amore. E Sachiko, con un
tuffo al cuore, si era finalmente resa conto che Hanamichi Sakuragi,
quella promettente matricola del primo anno dalla bizzarra capigliatura
rossa, provava gli stessi sentimenti che lei provava per lui. E si
erano baciati lì, in mezzo al campo, nonostante la bruciante
sconfitta appena subita, mentre tutti applaudivano commossi.
Quelli,
Sachiko se lo ricordava bene, erano stati i giorni più belli
e felici della sua vita. Tutti i giorni poteva stare accanto al ragazzo
che amava, giocare a basket, e la scuola non andava neanche tanto male
e soprattutto era circondata da amici. Amici veri. Gli amici del club,
che ora non frequentava più.
No. Non
aveva voluto vedere più nessuno di loro dopo quel brutto
incidente. Non sarebbe stata capace di affrontarli e di guardarli negli
occhi. Non sarebbe stata capace di dire loro che per colpa sua adesso lui non
c’era più e non ci sarebbe mai più
stato.
Sospirò.
Solo il ricordo di quel brutto giorno era difficile da sopportare. Il
rimorso, il peso sulla coscienza di una vita stroncata sul nascere, di
una vita che non meritava di lasciare quel mondo. Un altro sospiro
… era proprio il giorno di Natale quando successe:
“Era
sera e la neve scendeva a fiotti dal cielo, candida e fredda abbondava
lungo i marciapiedi e sulle strade. Lei e Hanamichi stavano
passeggiando spensierati, diretti verso il negozio sotto casa di lui
per compare i regali al resto della squadra: quella sera avevano
organizzato una festa da passare assieme all’intero club di
basket.
E
andava tutto così tremendamente bene. Sachiko era felice.
Hanamichi era felice. Tutti lo erano. D’altronde, a Natale,
chi non potrebbe essere felice?, pensava la giovane, mentre camminava
abbracciata al proprio ragazzo. Quel rossino dalla statura spropositata
per un sedicenne: un metro e ottantanove centimetri, mentre lei
misurava soltanto un metro e sessantacinque. Ma dopotutto si sentiva
protetta quando stava con lui. Si sentiva al sicuro.
Nessuno
avrebbe mai osato avvicinarla, perché Hanamichi metteva
paura a tutti quanti, anche se, a discapito delle apparenze, era un
ragazzo timido e romantico, tremendamente. E questo era un bene. Ad
Sachiko piaceva molto quel suo modo di farla sentire speciale in ogni
occasione, arrossendo ogni qualvolta le facesse un complimento. E lei
non poteva fare a meno di amarlo ogni giorno di più e sapeva
bene che i suoi sentimenti erano pienamente ricambiati da lui.
Ma
poi l’inevitabile li travolse e sconvolse la vita di lei.
Quella felicità che pensava sarebbe durata in eterno si
spezzò all’istante, scomparendo nel nulla come per
magia, infrangendosi al suolo come una maschera di porcellana.
Lo
sguardo di terrore negli occhi di lei … il corpo esanime di
lui sulla strada … il panico e il chiacchiericcio della
folla di gente che si era radunata attorno a loro. E poi la luce rossa
a intermittenza dell’ambulanza … le voci confuse
dei paramedici … due macchine capovolte, ferme accanto al
marciapiede … e i conducenti di esse privi di vita
…
E
Sachiko, in quel momento, sentì la vita di lui scivolare via
portandosi dietro anche la sua. Sentì i battiti del cuore di
Hanamichi farsi sempre più deboli e incostanti, fino a
cessare di essere, completamente. E gli occhi del rossino, ancora
spalancati, divennero vitrei e senza anima e lei, inginocchiata al
fianco di lui, aveva versato tutte le lacrime che aveva in corpo. Aveva
palesato ed esaurito tutta la sua tristezza su quella strada piena di
sangue, sotto gli occhi di gente sconosciuta che rimaneva a fissarla,
impotente di fronte a quella scena così tragica e dolorosa.
Hanamichi
Sakuragi, quel ragazzo così pieno di vitalità,
aveva smesso di esistere in quel momento, dopo averle rivolto il
sorriso più dolce e colmo d’amore che lei avesse
mai visto.”
Da quel
giorno la vita di Sachiko fu completamente sconvolta. Si sentiva
terribilmente in colpa per la morte di lui e, il giorno seguente, aveva
cambiato scuola, abbandonando il basket e i propri amici dello Shohoku.
Abbandonando la vecchia vita per sempre …
Era cambiata
completamente d’allora; sebbene fossero passati soltanto sei
anni da quel triste giorno, la Sachiko di un tempo non esisteva
più. Ormai era diversa. Più cinica.
Più forte. Non si era più legata a nessuno. Era
senza amici e senza un uomo. Completamente priva di una vita privata.
Ma era meglio così, lei lo sapeva, in questo modo non
avrebbe più sofferto né fatto soffrire qualcuno.
Una lacrima
solitaria solcò il volto della ragazza, spazzata bruscamente
via dal braccio di lei strofinato più volte sulla guancia.
Non voleva piangere, non più. Doveva essere forte e riuscire
a dimenticare quel periodo della sua vita. Vivere come se tutto quello
non fosse mai successo.
Eppure lo
sapeva che, come tutti i Natali, si sarebbe recata al cimitero anche
quella volta, sempre con la speranza di non incontrare nessuno dei suoi
vecchi amici. Non voleva affrontarli. A distanza di anni non sarebbe
ancora riuscita a guardare in faccia neanche uno dei vecchi giocatori
del club di basket dello Shohoku. Non voleva. Aveva paura. Una paura
che la perseguitava da sei anni.
E poi, per
l’ennesima volta, il volto di Hanamichi comparve nei suoi
pensieri. Che cosa provava adesso per quel rossino? Se l’era
chiesto tante di quelle volte, ma non aveva mai trovato una risposta.
Forse … non era più amore ciò che
provava per lui. Era un’incredibile affetto, certo
… ed una voglia immensa di poterlo riabbracciare.
Pensava
sempre a come sarebbe diventato se fosse stato ancora vivo. Di sicuro
non sarebbe cambiato molto, forse sarebbe cresciuto di un altro paio di
centimetri …
Di sicuro
sarebbe diventato una stella del basket: il miglior rimbalzista di
tutto il Giappone, di questo lei ne era certa. Già alle
superiori era un vero fenomeno nel prendere la palla su rimbalzo. Era
la sua specialità.
Sorrise nel
ricordare gli epiteti con cui lui stesso si chiamava: Genio del Basket,
Punta di Diamante dello Shohoku, Re dei Rimbalzi …
Sì,
sarebbe diventato un grande giocatore senz’ombra di dubbio.
*******************************
Uhm ... che ve ne pare??? ^_^''''''
I capitoli saranno tutti di questa lunghezza, circa ... lo so che sono
cortini, ma ho preferito dividerla in cap anzichè postarla
tutta assieme!
Come ho già detto e stradetto questa è una Fanfic
a cui tengo moltissimo, per cui mi sembra futile dire che vi sarei
infinitamente grata se decideste di lasciarmi un parere!! Vi
supplico, vi sarò grata per sempre XDDDDD
Beh, come di consueto ringrazio tutti coloro che hanno letto e tutti
coloro che decideranno di recensire (spero che tra di voi ce ne sia
almeno uno!!!) e spero che tornerete per il prossimo capitolo!
Ciauz
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Capitolo 2 *** Capitolo Due ***
Salve a tutti ^^
Eccomi di nuovo qui con il secondo chap, come promesso!
BUONA LETTURA.
***********************************************
- Ciao Hanamichi … come stai?
La voce di
Sachiko rimbombava nel silenzio di quel cimitero. Era il giorno di
Natale … non c’era proprio nessuno a piangere
sulla tomba dei propri morti. Quel giorno tutti festeggiavano e nessuno
avrebbe pensato ai tristi avvenimenti della vita e della morte, non a
Natale.
Era sola,
inginocchiata sulla tomba di Sakuragi; un mazzo di rose rosse e
perfette tra le mani pallide: - E’ da un po’ che
non ti vengo a trovare. Devi perdonarmi, ma non ne ho proprio avuto
tempo. - continuò la giovane nel suo soliloquio, rivolgendo
un nostalgico sorriso alla lapide del ragazzo.
Poi un
sospiro. Avrebbe forse dovuto sentirsi una sciocca a parlare con il
nulla? Eppure lei non si sentiva affatto stupida, anzi era a suo agio.
Hanamichi, nonostante gli anni trascorsi, era l’unico che
stava in silenzio ad ascoltarla. Era rimasto lui il suo unico amico. Un
sorriso sarcastico percorse il suo viso: il solo amico che aveva era un
morto.
Poi
silenzio. Tanto silenzio. Il cuore della ragazza era così
triste … credeva che non avrebbe più sorretto
tutto quel dolore che portava dentro. E invece … lei era
ancora viva. E non avrebbe voluto esserlo, non senza di lui. E in
effetti, senza Hanamichi, lei non era più riuscita ad essere
viva sul serio. Era diventata semplicemente un pupazzo insensibile
… o almeno era quello che avrebbe voluto essere, per non
soffrire più. Ma non era così. Nel cuore di lei
c’erano ancora tanti sentimenti, tanta tristezza …
La mano che
reggeva il mazzo di fiori si posò in terra, adagiando quelle
rose, che le ricordavano il colore della capigliatura di lui, accanto
alla sua tomba: - Ti ho portato questi … spero che ti
piacciano. Non sono granchè, ma il giorno di Natale
è difficile trovare un fioraio aperto … -
sussurrò lei, faticando nel trattenere le lacrime.
Forse non si
sentiva una sciocca, ma di certo agli occhi di un estraneo avrebbe
potuto sembrare una scena così patetica quella …
ma a lei non importava.
Tutto
ciò che le interessava era poter stare accanto a lui ed
essere lasciata in pace da tutti. Ed era questo che stava facendo.
Nonostante
tutto era felice, perché in quel modo lei non avrebbe mai
perso Hanamichi. Sarebbero rimasti legati per sempre. Lei non avrebbe
mai sofferto nel vederlo tra le braccia di un’altra.
Sì … una sadica ed egoistica felicità.
Ma, dopotutto, quello era il solo modo che lei conoscesse per riuscire
ad andare avanti.
- Allora,
che mi racconti Hana-chan? Ti stai divertendo lassù? - gli
occhi di lei si puntarono verso il cielo. Ma chi voleva ingannare? Lei
non aveva mai creduto ad una vita dopo la morte. Sapeva che lui non
poteva sentirla, che non l’avrebbe più ascoltata,
perché non era andato da nessuna parte. Il suo corpo giaceva
semplicemente sotto il terreno dove lei era inginocchiata, putrefatto e
divorato dagli insetti. Una scena così cruda che le si
strinse il cuore al solo pensiero, ma dopotutto era quella la
verità: pochi metri sotto di lei gli insetti vivevano
cibandosi della morte di Hanamichi.
E
l’anima di lui … forse doveva credere che fosse
andata in cielo? No … lei non credeva neppure a quello. Era
diventata inevitabilmente cinica e non poteva essere altrimenti,
poiché ormai viveva soltanto nel dolore.
Una calda
lacrima s’infranse sul terreno, a pochi centimetri dalla
lapide, e venne subito risucchiata dalla terra. Lei sperò
che quella piccola goccia, piena d’affetto per il rossino,
potesse raggiungere la sua bara … proprio là
sotto. Sì, il suo corpo era così vicino, eppure
così lontano.
E lei non si
era ancora rassegnata all’idea che non l’avrebbe
più rivisto. Ogni tanto sognava che entrambi si erano
semplicemente persi di vista con il passare degli anni e che lui adesso
avesse una vita propria: un appartamento, un lavoro, una
moglie forse, magari anche una figlia … ma poi il
sogno finiva e lei ricominciava a piangere.
Dei passi
poco distanti da lei ruppero il silenzio e spezzarono
l’atmosfera di sofferenza che si era creata attorno alla
tomba di Hanamichi. Passi di cui Sachiko non si preoccupò di
scoprire il proprietario. Ma fu leggermente sollevata. La presenza di
qualcuno lì, in quel momento, significava che forse non era
l’unica ad essere triste a Natale. Dopotutto c’era
tanta sofferenza al mondo. Di certo non era la sola a sentirsi in
quello stato, ma saperlo non l’aiutava granchè e,
se possibile, la faceva stare peggio.
E poi una
voce rimbombò nelle orecchie di lei, facendola sobbalzare.
Il panico prevalse sopra tutti gli altri sentimenti e non
desiderò altro che poter scappare da lì. Lontano.
Sempre più lontano. Fino a scomparire … E nessuno
avrebbe notato la sua assenza. Nessuno avrebbe sentito la sua mancanza.
E lei avrebbe finalmente raggiunto il suo amore perduto …
Ma non
avrebbe potuto scappare e, anche se proprio non se lo aspettava, era
giunto il momento di affrontare le sue paure. Proprio lì,
sotto gli occhi spenti di Sakuragi. Sarebbe stato difficile, ma avrebbe
dovuto farlo.
Sachiko
voltò la testa, un gesto lento e quasi snervante,
finchè ai suoi occhi si palesò il viso di un
ragazzo dai buffi capelli a forma di cespuglio sulla testa, riccioluti
e ribelli. Lei sgranò gli occhi, incredula. Avrebbe
riconosciuto quel taglio di capelli tra milioni di altri, a distanza di
anni …
- Sachiko
Washio, sei proprio tu? - chiese Ryota Miyagi, il ragazzo che un tempo
era stato un grande amico di lei, rivolgendole un mezzo sorriso.
La giovane
annuì, senza sapere che cosa dire, e si alzò in
piedi. Con sua sorpresa notò che lui era cresciuto davvero
molto in quegli anni. Al liceo era più alto di lei solo di
qualche centimetro ed ora … c’erano almeno due
spanne di differenza tra loro.
Il sorriso
di lui si spense inevitabilmente, portato via dall’imbarazzo
che si era creato trai due, e il suo sguardo si posò sulla
lapide in cui risaltava a grandi lettere il nome di Hanamichi Sakuragi:
- Vieni qui tutti gli anni, non è vero? - chiese lui.
E lei
annuì per la seconda volta, incapace di tramutare i pensieri
in parole, tenendo lo sguardo abbassato a fissarsi le scarpe. No, tra
tutte le persone che avrebbe potuto incontrare non avrebbe voluto
trovare proprio lui. Perché per lei, di fronte a Ryota,
sarebbe stato doppiamente difficile confessare il suo senso di colpa e
raccontare l’accaduto.
Poi il
giovane fece qualcosa che la spiazzò: avanzando di qualche
passo poggiò una mano sulla spalla di lei, mentre le posava
l’altra sotto il mento e le alzava il volto,
cosicché lei fosse costretta a guardarlo negli occhi. Si
osservarono in silenzio per pochi istanti, che volarono via in un
soffio: - Sachiko … non ti sei fatta più vedere
dopo quello che è successo. Non mi hai neanche dato
l’opportunità di dirti quanto mi dispiacesse per
te … e per lui. - una pausa: - Non mi hai neanche detto
addio … - Ryota non aveva distolto lo sguardo neanche per un
singolo attimo, ma lei si ostinava a proteggersi nel silenzio.
Rossa in
volto, continuava a fissarlo con evidente imbarazzo. Da quando era
diventata così timida? Forse era colpa delle sue poche
relazioni con gli altri esseri umani. Questo l’aveva portata
a chiudersi nei suoi pensieri e l’aveva abituata ad essere
perennemente sola, senza bisogno di nessuno.
Lui ci mise
relativamente poco a capire che lei non avrebbe parlato, ma non le fece
domande. Non voleva fare nessuna domanda alla sua vecchia amica.
Soltanto una cosa gli premeva di fare, in quel momento … e
così fu. In uno scatto afferrò la vita di lei,
portandola verso di sé, e la cinse con il calore delle sue
forti braccia da sportivo; l’abbracciò nascondendo
il suo volto sulla spalla della ragazza, respirando sul collo di lei ed
inebriandosi del suo profumo: - Avresti dovuto lasciare che io ti
consolassi Sachiko … a quest’ora sarebbe stato
tutto diverso.
Lei rimase
spiazzata da quell’abbraccio inaspettato, ma non oppose
nessuna resistenza. Quel calore umano, quella sicurezza che Ryota le
aveva sempre trasmesso in passato, si palesarono in quel momento,
circondando i corpi dei due giovani. Ma lei non ricambiò
l’abbraccio; le sue braccia erano inermi lungo i fianchi,
quasi come se fossero morte.
E poi lui si
allontanò da lei quasi subito, osservandola con un sorriso
sarcastico per quel gesto non ricambiato. Dopodichè rivolse
tutta la sua attenzione al rossino e, inginocchiandosi di fronte alla
lapide, poggiò uno scarno mazzo di fiori accanto alle rose
infuocate che aveva portato Sachiko.
E il
silenzio calò su di loro, mentre la giovane, ancora
immobile, osservava quella scena con gli occhi pieni di lacrime, e poi
finalmente si decise: - Vieni tutti gli anni anche tu? - fu soltanto un
sussurro quello di lei, un balbettio spezzato da insistenti pause di
silenzio, ma lui lo sentì ugualmente.
Non si
voltò ad osservarla quando le rispose: - No Sachiko, questa
è la prima volta che vengo … è la
prima volta che trovo il coraggio di affrontare la realtà
…
Lei si
avvicinò di qualche passo a quel giaciglio triste, su cui il
vecchio amico era inginocchiato, e si lasciò scivolare
accanto a lui, osservandolo con apprensione: - Perché? - fu
una domanda posta quasi a caso, di cui Ryota non riuscì a
capire il significato … e non rispose, ma semplicemente la
guardò.
E lei
trovò il coraggio di proseguire quella frase; non capiva
perché le risultasse così difficile parlare: - Il
coraggio … come mai lo hai trovato soltanto adesso? - lo
sapeva quello che stava facendo. Si stava rivolgendo a lui con un tono
ed un’espressione che avrebbe adottato per parlare con un
perfetto estraneo. Ma infondo, dopo tutto quel tempo trascorso
inesorabilmente, era davvero diventato uno sconosciuto Ryota Miyagi?
- Non lo so
… forse avevo paura d’incontrarti e affrontarti
… - disse lui riportando lo sguardo sulla tomba, senza
trovare il coraggio di guardare la ragazza.
Paura? Lui
aveva paura di incontrare lei? E lei allora cos’avrebbe
dovuto avere? Terrore forse? Sì … forse non era
semplice paura, ma terrore quello che provava Sachiko.
La giovane
non disse niente, chiudendosi ancora nel silenzio, ma lui sembrava non
avere intenzione di permetterglielo: - Sai … quando sei
scomparsa in quel modo ho pensato che tu ce l’avessi con noi
… che ce l’avessi con me. - fece una piccola
pausa, forse cercando di mascherare i sentimenti rivelati dal proprio
tono di voce: - Io … non mi sono mai perdonato di non averti
consolato quando avrei dovuto, però tu …
- Non
è colpa tua! - lo interruppe lei, sconvolta. Aveva quasi
urlato, ma si ricompose immediatamente: - Tu non c’entri
niente. La colpa è mia … - abbassò lo
sguardo, mentre la voce ora era spezzata dai singhiozzi e dalle
lacrime: - … se Hanamichi è morto è
solo colpa mia. - da quanto tempo era che non pronunciava quel nome ad
alta voce?, forse da quando lui era ancora vivo: - Me ne sono andata
perché non volevo affrontarvi … non ne avevo il
coraggio. - si asciugò le lacrime con la stoffa del suo
pesante cappotto nero: - Sono solo una vigliacca …
*******************************
Grazie a tutti coloro che hanno letto fin qui e grazie anche a chi ha
recensito:
Bella07: ciao^^
... Hana non è neanche il mio preferito (è
Ryota!!!) ... comunque non temere perchè la fic non
sarà sempre così drammatica!!! Grazie per i
complimenti e ... per il Natale ... beh avrai capito che neanche a me
piace poi molto ...
temarisan: ciao ^^. Prima di tutto ti
ringrazio per i complimenti ... e alla fine ho scoperto che ho fatto
bene a postarla, meno male!!! Per Hana anche a me è
dispiaciuto un sacco fargli fare quella parte ... anche se non
è il mio preferito lo adoro ugualmente!!!
Ciao a tutti e alla prossima!
|
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Capitolo 3 *** Capitolo Tre ***
Ed eccomi qui anche oggi con un nuovo chappy ^^
Avevo detto che i capitoli sarebbero stati 5, ma invece saranno 4.
Quanto segue, infatti, sono due capitoli unificati, perchè
altrimenti sarebbero stati troppo corti ^_^''.
Detto questo auguro una buona lettura a tutti.
******************************************
Quel Natale trascorse diversamente quell’anno.
Non era come
se l’era immaginato; lei pensava che lui fosse cambiato, ma
infondo aveva scoperto che era rimasto sempre lo stesso. Sì,
adesso lo sapeva per certo, Ryota Miyagi non era diventato uno
sconosciuto.
I due
ragazzi camminavano l’uno accanto all’altra in
quella giornata grigia, su quel marciapiede pieno di negozi addobbati
di decorazioni luminose, attorniati da gente spensieratamente felice. E
loro, a testa china, avanzavano in perfetto silenzio, facendosi
compagnia l’un l’altra.
- E
… Ayako … che fine ha fatto? - chiese lei, mentre
i due attraversavano una strada affollata.
Lui
continuò a tenere lo sguardo basso anche quando rispose: -
Non l’ho più vista dopo le superiori, ma ormai mi
è passata quella cotta. - un lieve sorriso percorse il suo
viso.
- Insomma,
quindi neanche tu hai più notizie degli altri?
Ryota scosse
la testa senza dire niente.
- E tu? Che
hai fatto in tutto questo tempo? - domandò ancora lei. Non
avrebbe dovuto fare tutte quelle domande, e lo sapeva; non avrebbe
dovuto ricominciare a frequentare quel giovane a cui era rimasta tanto
affezionata, sapeva anche quello. Da molto tempo ormai aveva deciso che
non avrebbe più avuto legami, eppure era più
forte di lei …
- Niente di
speciale. - rispose lui.
Ancora
silenzio trai due. Finché non giunsero al bivio di una
strada deserta e lui finalmente alzò lo sguardo su di lei.
Ma il volto della giovane era difficile da osservare, Ryota non
riusciva a capire perché, ma le ricordava terribilmente
Hanamichi … e quella, per lui, era ancora una ferita aperta
e dolorosa. Neanche lui, così come l’amica, era
ancora riuscito ad accettare la morte del rossino, ma di sicuro se la
cavava meglio di Sachiko e ne era consapevole.
- Io giro
qui … - disse il ragazzo, infilando le mani gelate nelle
tasche del giubbotto.
Lei
annuì in silenzio. Non voleva dirgli addio ancora una volta,
proprio ora che si erano appena ritrovati. Ed evidentemente anche lui
la pensava nella stessa maniera perché, subito dopo averla
osservata, dubbioso per un attimo, estrasse da una tasca un biglietto
spiegazzato e glielo porse: - Me lo faresti un favore? - le chiese
rivolgendole un sorriso speranzoso.
- Vieni a
vedere questa partita …? - continuò lui, mentre
la giovane prendeva quel biglietto tra le mani e l’osservava
con stupore. Infine annuì, anche se leggermente incerta.
Andare a
vedere una partita di basket con Ryota … non credeva sarebbe
stata esattamente una buona idea. Troppi ricordi le sarebbero
riaffiorati alla mente, ma nonostante tutto accettò.
Lui le
rivolse ancora un sorriso, questa volta più entusiasta: -
Bene. Allora ci vediamo domani allo stadio. Probabilmente
farò un po’ tardi ma tu aspettami, intesi? - e
senza darle il tempo di controbattere si voltò e
svoltò in quella piccola stradina sterrata, probabilmente
diretto verso casa.
E Sachiko
sorrise, quasi commossa ...
***
Osservava
quella zona con aria spaesata. Non era mai stata lì. Non era
mai andata in quello stadio dove giocavano solo ed esclusivamente le
squadre di basket più forti del Giappone.
Ma,
nonostante lo smarrimento, si fece forza e si accodò alla
fila di gente che aspettava per entrare. Ryota le aveva detto di
aspettarla all’interno e lei l’avrebbe fatto.
La nostalgia
la colse alla sprovvista, mentre il suo sguardo si posava
inevitabilmente sul campo da basket occupato ora dalle cheerleader
delle due squadre avversarie. Le ragazze ballavano e saltavano mentre
Sachiko, sedendosi al suo posto, immaginava quel campo con i giocatori
dello Shohoku … e una delle fenomenali schiacciate di
Hanamichi.
E poi
sorrise. Lui sarebbe stato felice se Sachiko non avesse mai lasciato il
basket. Dopotutto pensò che stesse facendo la cosa migliore,
andando a vedere quello scontro.
Erano
passati dieci minuti e ancora Ryota non si faceva vedere, ma lei era
tranquilla: sapeva che, presto o tardi, sarebbe arrivato.
Lanciò
uno sguardo al tabellone che, una volta iniziata la partita, avrebbe
tenuto il conto dei punti segnati dalle due squadre. E poi un sobbalzo
quando scoprì che uno dei due team era quello per cui loro,
l’intero club di basket dello Shohoku, tifavano ai tempi del
liceo: il Ryonan (lo so, ho poca fantasia XD).
La ragazza
sospirò. Aveva completamente perso di vista quello sport.
Ormai non conosceva più neanche un solo giocatore di basket
e non seguiva più i campionati. Non sapeva chi fosse la
squadra più forte del paese, non sapeva chi fosse la star
del basket più acclamata del momento. Non sapeva
più niente. E, pensando a tutto quello, si sentì
fuori posto in quella palestra pieni di tifosi sfegatati ed euforici,
che non vedevano il momento che cominciasse la partita.
Per qualche
attimo la giovane pensò di andarsene e cedere il proprio
biglietto a qualche ragazzino rimasto fuori dallo stadio, desideroso di
entrare. Ma, senza neanche sapere perché, non lo fece e
rimase seduta al suo posto ad aspettare.
Altri dieci
minuti. Il posto accanto al suo era stato occupato da un grassoccio
signore dall’aria simpatica: - Mi scusi … ma
questo posto dovrebbe essere occupato … - disse Sachiko
rivolgendosi all’uomo.
Lui la
guardò dispiaciuto, tirando fuori il suo biglietto e
controllando di essersi seduto nel posto corretto e poi, con un
sorriso, lo porse alla giovane: - Controlli lei stessa … qui
c’è segnato proprio questo posto … - le
disse.
Sachiko
sospirò. In quel momento se ne sarebbe volentieri andata.
Lui non sarebbe venuto …
Ma
l’inizio della partita la trattenne sugli spalti. Aveva visto
qualcosa che l’aveva convinta a restare, qualcosa che
l’aveva completamente spiazzata.
Ora sapeva
dove fosse Ryota: in campo con indosso la maglia del Ryonan. Aveva il
numero quattro: la maglia del capitano. La giovane non poteva crederci.
Si sporse leggermente per osservare meglio, mentre vedeva lo sguardo
dell’amico cercarla freneticamente tra il pubblico. Lei
sventolò la mano, urlando il nome di lui che, vedendola,
ricambiò quel gesto accompagnandolo con un segno di vittoria
ed un sorriso spontaneo e felice.
La giovane
non riuscì a trattenere le lacrime. Allora, almeno uno di
loro, era riuscito a diventare un giocatore di fama internazionale.
Almeno uno di loro era riuscito ad avverare i propri sogni. Era davvero
felice per il suo vecchio amico. E sapeva che anche Hanamichi ne
sarebbe stato entusiasta … ed anche un po’ geloso
forse …
Poi il suo
sguardo si spostò sull’uomo accanto a lei, che le
stava porgendo un fazzoletto di carta e sorrideva: - Così
lei conosce Ryota Miyagi? - chiese lui.
-
E’ un vecchio amico. - ammise lei prendendo il fazzoletto ed
asciugandosi le lacrime: - Il mio migliore amico ai tempi del liceo
… - quel ricordo le strappò un nostalgico sorriso.
- Oh
… allora molte ragazze oggi la staranno guardando con
invidia. - disse l’altro con aria divertita.
Lei
l’osservò spaesato. Che lei ricordasse, al liceo,
nessuna ragazza era interessata a Ryota … ma ora intuiva che
le cose erano cambiare. Adesso lui era famoso ed era anche molto
più alto e poi, per quanto le riguardava, era sempre stato
un bel ragazzo: - Già … - rispose.
E finalmente
la partita cominciò. Ryota era rimasto bravo come un tempo
e, anzi, era forse diventato ancora più veloce ed agile.
Ricordava che già quando erano più giovani lui
aveva il titolo di giocatore più veloce tra le squadre
giovanili. Inevitabilmente, esattamente come succedeva quando giocava
nello Shohoku, il talento di lui portò la sua squadra alla
vittoria.
Sì,
non c’erano dubbi: era davvero bravissimo ed aveva una
miriade di fan … sembrava così incredibile una
cosa del genere. Eppure era la realtà.
Lui era
riuscito a crearsi una vita … una vita che invece Sachiko
non aveva e, forse inconsciamente, non voleva avere.
La partita
terminò in quel momento, decretando la vittoria del Ryonan.
Sachiko
aspettò sugli spalti che Ryota la raggiungesse, osservando
lo stadio svuotarsi sempre di più, finchè non
rimase l’unica presente.
- Mi scusi,
ma non può restare qui. - le disse ad un tratto un uomo
addetto alla sicurezza, mentre la sua voce rimbombava
nell’eco provocato dalle mura silenziose.
- Sto
aspettando Ryota Miyagi … - rispose lei senza neanche
osservarlo.
Quello si
mise a ridere di gusto, come se Sachiko avesse appena detto qualcosa di
tremendamente divertente e lei lo guardò senza capire.
- Ragazzina
… le fan di Miyagi sono tutte fuori ad aspettare che lui
esca per gli autografi. - sogghignò ancora, irritante.
E lei
sorrise apertamente in direzione di quello sconosciuto, ma in
realtà il suo sguardo andava oltre la figura
dell’uomo, fissando il punto in cui una sagoma si avvicinava
a loro.
- Lasciala
stare Sugihyama. - esordì Ryota, rivolgendosi
all’addetto alla sicurezza: - Sai meglio di me che quella
degli autografi è solo una scusa per liberarmi delle fans. -
diede una fragorosa pacca sulla spalla dell’uomo: - Lei
è una mia vecchia amica: Sachiko Washio. - concluse
ricambiando il sorriso di lei.
**************************************
Ed infine grazie a tutti quelli che hanno letto, che leggeranno e che
recensiranno.
gloglo: ciao,
mi fa piacere che la storia ti stia piacendo, ne sono davvero molto
felice!!! E sono anche contentissima di essere riuscita a trasmettere i
sentimenti di Sachiko a chi legge (o almeno a te XD) ... era proprio
quello il mio intento! Grazie per i bei complimenti ... l'unica cosa
che ho potuto fare per ricambiare è stato offrirti questo
nuovo capitolo, sperando che ti piaccia. A presto.
Ciao a tutti, al prossimo ed ULTIMO capitolo ^-^
Tornate numerosi!!!!! XD
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Capitolo 4 *** Capitolo Quattro ***
Salve a tutti ^^
Eccomi qui con l'ultimo capitolo della Ficcy ... spero vi
piacerà.
Buona lettura a tutti.
*******************************
- Così sei diventato famoso … - Sachiko
sospirò fissando il cemento che si susseguiva al suo
avanzare.
Stavano camminando
diretti verso il mare; lui, accanto a lei, fischiettava un motivetto
allegro tenendo il borsone della palestra sulle spalle.
La tristezza, che
durante la partita era stata sostituita dalla nostalgia, era di nuovo
piombata a gravare sul cuore della ragazza.
- L’ho fatto
perché volevo esaudire il sogno di tutti noi … -
rispose lui osservandola. Poi, ad un tratto, il suo tono
cambiò, diventando più serio e determinato: -
… avrei voluto dirti questo, ma in realtà
l’ho fatto perché pensavo che se tu mi avessi
visto in televisione mi avresti rintracciato …
L’iridi di
lei brillarono, mentre il cuore le faceva un buffo balzo dentro il
petto: - Non ho più seguito il basket da quel giorno
… - sussurrò diventando, suo malgrado, di colore
paonazzo.
- Sì
… l’avevo immaginato. - rise, una risata triste,
ma allo stesso tempo rassicurante: - Così non
potrò vantarmi con te, perché non sai che ho
firmato da poco un contratto per giocare in una squadra
dell’N.B.A., il prossimo anno …
Ci volle un
po’ alla ragazza per elaborare ciò che lui le
aveva appena detto. E poi l’espressione di Sachiko
s’illuminò all’improvviso, abbandonando
quasi completamente la tristezza e, in meno di un battito di ciglia,
era saltata al collo di lui, piangendo sulla sua spalla ed inumidendo
la sua maglietta. Ma erano lacrime di felicità quelle, una
felicità che era sbocciata nel cuore sofferente di lei
all’improvviso, facendola sentire come se fosse rinata in
quel momento.
Ryota accolse quel
gesto inaspettato con un sorriso, afferrando la vita di lei e
sollevandola da terra … e anche i suoi occhi
s’inumidirono di lacrime di gioia.
La spiaggia era deserta
e la sabbia tremendamente fredda. Erano seduti l’uno accanto
all’altra, osservando silenziosamente il mare e le onde
salate che si schiantavano ritmiche sugli scogli rocciosi, ritraendosi
sempre con un sibilo che sembrava il rumore di un pianto.
Un pianto. Allora anche
il mare era triste, qualche volta?, pensò Sachiko.
Perché lei avrebbe volentieri ceduto al mare tutte le sue
tristezze, perché esso potesse custodirle con gelosia in
eterno … e invece no. Ancora una volta, l’ennesima
volta, si ritrovò a pensare con tristezza al volto
sorridente di Hanamichi Sakuragi. Avrebbe voluto parlarne con qualcuno
… potersi sfogare - cosa che non aveva mai fatto. Poi si
voltò istintivamente verso Ryota, che osservava un punto
imprecisato dell’orizzonte.
- Sai … lui
amava davvero la vita. Adorava starsene seduto sulla spiaggia deserta
assieme a me ad osservare il mare … - iniziò lei,
senza guardare il giovane che, invece, la stava osservando incredulo.
Non sapeva perché lei gli stesse dicendo quelle cose. Lui
credeva che non avrebbe voluto parlarne, per questo non le aveva
chiesto nulla fino a quel momento. Ma visto che adesso era lei a fargli
capire che non desiderava altro che potersi sfogare con qualcuno,
rimase ad ascoltarla in rispettoso silenzio.
- … e gli
piaceva davvero molto giocare a basket: era tutta la sua vita. Credo
che senza il basket non sarebbe diventato lo stesso Hanamichi
… e per questo mi aveva sempre detto che avrebbe dovuto
ringraziare te, anche se non ebbe mai il coraggio di farlo. So che a
lui non dispiacerà se ora te lo sto dicendo …
anzi credo che ne sarà felice … - la
voce di lei venne spezzata da un sussulto involontario, palesatosi
assieme ad una lacrima che ora percorreva la sua guancia.
- … non
immagini nemmeno quanto lui ti volesse bene. - continuò
Sachiko cercando di ignorare lo sguardo preoccupato di Ryota: -
… voleva bene a tutto il club di basket … perfino
a Rukawa. - e poi sorrise nel pronunciare le ultime parole.
Kaede Rukawa. Quel
ragazzo - un vero asso del basket - era sempre stato l’eterno
rivale di Hanamichi. Colui che il rossino desiderava poter battere sul
campo da basket con tutto il cuore. Non ci riuscì mai, non
ne ebbe il tempo. Perché Sachiko ne era certa, se Hanamichi
avesse avuto più tempo per potersi allenare, il tenebroso
Rukawa sarebbe stato schiacciato dal talento di Sakuragi.
- Non è
giusto … - sussurrò la ragazza mentre gli occhi
le si appannavano, per via delle troppe lacrime che stava cercando di
trattenere.
Ryota le
poggiò affettuosamente una mano sulla spalla, prima che lei
continuasse: - Non è affatto giusto! - ora le sue parole
erano tutt’altro che un sussurro: - Perché
è toccato proprio a lui? Avrei dovuto essere io …
- si fermò per un attimo, ormai il volto completamente
rigato dalle lacrime. Stava per confessare una cosa che non aveva mai
detto ad anima viva.
- … dovevo
essere io. Sarei dovuta essere io quella nella tomba, al posto suo! Se
solo lui non fosse stato così dannatamente pronto di
riflessi … a quest’ora sarei io …
quella … morta … - s’interruppe,
incapace di andare avanti. Eppure desiderava con tutta se stessa che
almeno Ryota conoscesse la verità. Che conoscesse quale
fosse il peso che, da sei anni a quella parte, gravava sulla coscienza
della ragazza. Lui doveva sapere. Non era giusto tenerlo
all’oscuro. Se lo sentiva, Hanamichi avrebbe voluto che
Sachiko ne parlasse con Ryota, che continuava a guardarla preoccupato,
senza avere il coraggio di dire nulla.
- Hanamichi
… lui … quella sera mi salvò la vita
… - quelle parole affilate spezzarono il freddo che aveva
avvolto i due ragazzi fino a quel momento, trasformandolo in un caldo
insopportabile e soffocante.
- Cosa? -
sillabò il ragazzo.
- Il semaforo era verde
e così non mi posi il problema se attraversare o meno la
strada, non guardai neanche se c’erano macchine in arrivo
… se solo non ci fosse stato lui … - Sachiko
nascose il volto nelle mani congelate, incapace di smettere di
piangere. Ma ci mise poco a riprendersi, imponendosi di farlo. Doveva
finire di raccontare. Doveva farlo a tutti i costi.
“Eravamo
fermi al semaforo, aspettando di poter attraversare la strada. Ci mise
poco a diventare verde così, non vedendo l’ora di
entrare nel negozio dove avremmo comprato i regali per voi, mi
affrettai ad attraversare la strada. Non mi accorsi che, da dietro
l’angolo, aveva appena svoltato una macchina che viaggiava a
tutta velocità. Ma quando sentii Hanamichi urlare il mio
nome ed udii il rumore stridulo del freno che s’inceppava per
via della troppa neve, non feci in tempo a scansarmi dalla strada. Ero
paralizzata dal terrore. Credevo che sarei morta lì, tra le
braccia di lui. Il conducente ubriaco, che era alla guida di quella
vettura impazzita, sterzò bruscamente cercando di evitarmi,
ma nel farlo coinvolse una seconda macchina ferma al semaforo per
svoltare a destra. Lei due auto, ormai impazzite del tutto, mi stavano
venendo inevitabilmente incontro. Fu allora che Hanamichi, senza
pensarci due volte, si buttò in mezzo alla strada, correndo
come una furia, e mi spinse da un lato, facendomi rovinosamente cadere
sulla neve fresca. E lui … cadde a terra e non fece in tempo
a spostarsi … Morì, così come i
passeggeri delle due macchine.
Questo
… non ebbi mai il coraggio di raccontarlo a qualcuno. Ora
… soltanto tu ed io lo sappiamo …”
Sachiko aveva
raccontato gli avvenimenti di quella lontana sera di dicembre tutto
d’un fiato, narrando l’accaduto come se fosse una
cosa che non la riguardasse affatto, anche se in realtà
stava piangendo mentre lo raccontava. E Ryota, man mano che lei
proseguiva nel racconto, l’aveva abbracciata, stringendola
sempre più forte ogni volta che la sentiva singhiozzare.
Fu così che,
appena lei rimase zitta, lui non seppe che cosa dire. Neanche si era
reso conto di averla abbracciata e probabilmente la stringeva
così forte da permetterle a malapena di respirare.
Così allentò la presa senza pensarci due volte,
ma lei non si allontanò. Rimase abbracciata a lui,
stringendo le mani attorno al suo cappotto e respirando affannosamente.
Ma nonostante ciò non aveva ancora terminato di parlare, non
aveva ancora finito di sfogarsi. Effettivamente, se avesse potuto,
avrebbe parlato in eterno. Perché di cose da dire su quella
sera ne aveva fin troppe …
- Dopo quel giorno sono
scomparsa perché non volevo più provocare
sofferenza a qualcuno. Non volevo più che qualcuno stesse
male a causa mia. Non volevo più che qualcuno morisse per
salvarmi la vita … - infine si allontanò un
po’ da Ryota, per potersi asciugare le lacrime.
Miyagi, dal canto suo,
non disse alla giovane che andandosene via aveva procurato al club di
basket non poca tristezza e nostalgia, perché non voleva
infierire ancora in quello che sembrava un già molto
instabile stato d’animo.
Lei lo
guardò in quel momento, rivolgendogli un sorriso triste: -
Ti ho bagnato tutto il giubbotto …
E lui non seppe
più trattenersi. Non voleva più trattenersi.
Perché troppo a lungo, dalla fine delle superiori, aveva
mentito a sè stesso. Troppo a lungo aveva passato notti
insonni pensando a lei, a come stesse e a cosa stesse facendo. Pensando
a come se la cavasse. Ed ora lo sapeva. Lei era tremendamente sola ed i
suoi occhi tristi non chiedevano altro che conforto e protezione. Ed
erano cose che lui poteva darle. Erano cose che lui era disposto a
darle. Anzi, lui avrebbe fatto di tutto pur di dargliele.
Rivolse alla ragazza
uno sguardo perforante e lei capì subito ciò che
celavano gli occhi verdi di lui. Capì subito che se avesse
voluto avrebbe potuto fermarlo e lui non se la sarebbe presa. Sapeva
che quello sguardo non era nient’altro che una muta domanda
per avere il consenso di lei. E Sachiko non si stupì affatto
quando, sostenendo lo sguardo di Ryota, si riscoprì a volere
quel bacio almeno quanto lui. Si riscoprì a pensare che i
sentimenti per quel ragazzo dai riccioli ribelli erano diversi, diversi
da quelli che erano sempre stati fino ad allora. O forse erano
semplicemente rimasti nascosti per tutti quegl’anni.
- Sachiko …
- sussurrò il ragazzo, prendendo il volto della giovane tra
le mani e continuando ad osservarla con quegli occhi dolci: -
… ti prego non fermarmi … -
proseguì, mentre ormai i loro volti erano distanti meno di
un soffio di vento.
E lei non avrebbe
assolutamente fatto nulla per fermarlo. Anzi, con un gesto improvviso,
ma calmo allo stesso tempo, cinse la vita di lui con le sue braccia,
avvicinandosi al suo corpo caldo.
E le labbra dei due
giovani si sfiorarono in un bacio timido e breve. Gli occhi di entrambi
socchiusi, ad assaporare quel momento, finchè esso stesso
non divenne uno scambio molto più intimo di gusti, sapori ed
emozioni nuove. Un lungo scambio di effusioni affettuose attraverso le
labbra calde e palpitanti dei due.
Ed in quel momento
candidi fiocchi di neve bianca cominciarono a cadere dal cielo,
dapprima timidi e solitari e poi una vera cascata, quasi come soffice
cotone che leggiadro si posava sulle sagome dei due ragazzi.
Sachiko lo sapeva,
Hanamichi non sarebbe stato affatto contrario a tutto ciò.
Sachiko lo sapeva,
Hanamichi avrebbe voluto con tutto il cuore che Ryota si prendesse cura
di lei.
Per sempre.
The End
*************************
Allora che
ve ne pare??? Troppo smielata??? ^_^'''
Datemi un parere, please XD
E mi raccomando, continuate a seguirmi numerosi!!!
gloglo:
mi fa
piacere che anche il terzo chap ti sia piaciuto ... lo so è
triste che finisca, però spero che il finale ti piaccia
almeno quanto la fic ^_^''' ... e forse, chissà, magari mi
verrà l'ispirazione per un possibile seguito XD Ciauz
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