Basketman Star

di NiraMalfoy
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo Uno ***
Capitolo 2: *** Capitolo Due ***
Capitolo 3: *** Capitolo Tre ***
Capitolo 4: *** Capitolo Quattro ***



Capitolo 1
*** Capitolo Uno ***




Salve a tutti ^^
Fino al momento in cui non ho premuto il tasto d'invio non ero sicura se volevo davvero pubblicare questa Fanfic, perchè ci sono molto affezionata e non sapevo se volevo condividerla con qualcun'altro ... ma come potete constatare alla fine ho scelto di condividerla con voi ^^.
Questa è una delle prime Fanfic che ho concluso (e di cui vado molto fiera) per cui è già conclusa (ma va ... ndTutti), ma la pubblicherò a capitoli (che dovrebbero essere 5), e se tutto va bene pubblicherò un capitolo al giorno.

Per tutti i lettori di Childish Man che dovessero trovarsi per caso a leggere anche questa Fanfic: non temete, presto avrete un nuovo splendido capitolo! Ma se volete, per ora potete leggere ciò che segue ^^.

BUONA LETTURA A TUTTI.






Basketman Star



Era molto freddo quell’inverno. Era così freddo, eppure non aveva ancora nevicato. Non una volta il sole si era svelato attraverso le soffocanti nubi scure. Un grigiore quasi innaturale si era avviluppato attorno alle affollatissime strade di Tokyo.
Con l’arrivo del mese di dicembre, come al solito, le decorazioni natalizie avevano fatto la loro comparsa, riempiendo di gioia l’intera città. E così, si chiese, avrebbe dovuto sentirsi felice? Dopotutto, suo malgrado, il Natale era alle porte anche per lei.
Ma no, lei non era il tipo. Non le erano mai piaciute le feste e, almeno da un po’ di anni a quella parte, non aveva più festeggiato il Natale. Per lei era solo un triste giorno, un giorno tragico in cui non avrebbe mai potuto, neanche se avesse voluto, essere felice; un giorno pieno di nostalgici ricordi, fatto soltanto di pianti e autocommiserazione.

E così, quella fredda mattina d’inizio dicembre, se ne stava sdraiata sul divano del suo appartamento in centro, nell’attico di uno dei grattacieli più alti della città, a lasciarsi crogiolare dalla depressione che, in quel periodo dell’anno, le attanagliava sempre il cuore. Di andare a lavorare non se ne parlava neanche quel giorno.
Con la mano che penzolava giù dal divano afferrò il telecomando, che la sera prima era scivolato in terra, ed accese la televisione premendo un tasto qualunque.
La voce di un cronista sportivo di basket inondò la casa immersa nel silenzio, descrivendo alla perfezione l’azione di gioco che stavano svolgendo i giocatori in campo, tanto che Sachiko riuscì ad immaginarsi ogni singolo movimento anche senza osservare lo schermo. Il suo sguardo perso era infatti rivolto verso l’enorme vetrata della sala, che prendeva tutta la parete: il sole doveva ancora nascere.
Ma le parole del cronista, che fino a quel momento non stava ascoltando attentamente, continuavano a premere per riuscire ad insinuarsi nella sua testa e ci riuscirono infine, facendola voltare verso lo schermo.

Rimase zitta a fissare quelle immagini. Quanto tempo era passato? Eppure sembrava ieri quando anche lei giocava a basket, proprio come quei professionisti che adesso guardava alla televisione, anche se non aveva mai giocato a quei livelli.
La sua mente venne invasa dai ricordi: faceva le superiori, secondo anno, sezione 5, liceo Shohoku. La loro squadra di basket era una delle più forti del paese, tra quelle giovanili. Ricordava perfettamente che durante il Campionato Nazionale avevano battuto il Sannoh, la squadra più forte, i numeri uno. E poi, nella partita successiva, erano stati schiacciati ed umiliati da una squadra di poco conto. Si erano montati la testa ed erano stati puniti.

Eppure ricordava così bene l’espressione triste e rassegnata del capitano, Ryota Miyagi: era il suo migliore amico. Come aveva voluto bene a quel ragazzo. Fino allo sfinimento. Quel pazzo ragazzo dalla testa riccioluta, follemente innamorato della manager del club di basket: Ayako. Lui corteggiava ed adulava quella ragazza fino all’inverosimile, sebbene non fosse mai stato ricambiato in due anni. Ayako gli voleva bene, questo era certo, ma non aveva mai provato amore per lui.
E ricordava bene, al momento della sconfitta, le lacrime di tutti i suoi compagni di squadra. E anche quelle lacrime calde che lui aveva versato sulla spalla di lei, prima di confessarle il suo amore. E Sachiko, con un tuffo al cuore, si era finalmente resa conto che Hanamichi Sakuragi, quella promettente matricola del primo anno dalla bizzarra capigliatura rossa, provava gli stessi sentimenti che lei provava per lui. E si erano baciati lì, in mezzo al campo, nonostante la bruciante sconfitta appena subita, mentre tutti applaudivano commossi.

Quelli, Sachiko se lo ricordava bene, erano stati i giorni più belli e felici della sua vita. Tutti i giorni poteva stare accanto al ragazzo che amava, giocare a basket, e la scuola non andava neanche tanto male e soprattutto era circondata da amici. Amici veri. Gli amici del club, che ora non frequentava più.
No. Non aveva voluto vedere più nessuno di loro dopo quel brutto incidente. Non sarebbe stata capace di affrontarli e di guardarli negli occhi. Non sarebbe stata capace di dire loro che per colpa sua adesso lui non c’era più e non ci sarebbe mai più stato.

Sospirò. Solo il ricordo di quel brutto giorno era difficile da sopportare. Il rimorso, il peso sulla coscienza di una vita stroncata sul nascere, di una vita che non meritava di lasciare quel mondo. Un altro sospiro … era proprio il giorno di Natale quando successe:

“Era sera e la neve scendeva a fiotti dal cielo, candida e fredda abbondava lungo i marciapiedi e sulle strade. Lei e Hanamichi stavano passeggiando spensierati, diretti verso il negozio sotto casa di lui per compare i regali al resto della squadra: quella sera avevano organizzato una festa da passare assieme all’intero club di basket.
E andava tutto così tremendamente bene. Sachiko era felice. Hanamichi era felice. Tutti lo erano. D’altronde, a Natale, chi non potrebbe essere felice?, pensava la giovane, mentre camminava abbracciata al proprio ragazzo. Quel rossino dalla statura spropositata per un sedicenne: un metro e ottantanove centimetri, mentre lei misurava soltanto un metro e sessantacinque. Ma dopotutto si sentiva protetta quando stava con lui. Si sentiva al sicuro.
Nessuno avrebbe mai osato avvicinarla, perché Hanamichi metteva paura a tutti quanti, anche se, a discapito delle apparenze, era un ragazzo timido e romantico, tremendamente. E questo era un bene. Ad Sachiko piaceva molto quel suo modo di farla sentire speciale in ogni occasione, arrossendo ogni qualvolta le facesse un complimento. E lei non poteva fare a meno di amarlo ogni giorno di più e sapeva bene che i suoi sentimenti erano pienamente ricambiati da lui.
Ma poi l’inevitabile li travolse e sconvolse la vita di lei. Quella felicità che pensava sarebbe durata in eterno si spezzò all’istante, scomparendo nel nulla come per magia, infrangendosi al suolo come una maschera di porcellana.
Lo sguardo di terrore negli occhi di lei … il corpo esanime di lui sulla strada … il panico e il chiacchiericcio della folla di gente che si era radunata attorno a loro. E poi la luce rossa a intermittenza dell’ambulanza … le voci confuse dei paramedici … due macchine capovolte, ferme accanto al marciapiede … e i conducenti di esse privi di vita …
E Sachiko, in quel momento, sentì la vita di lui scivolare via portandosi dietro anche la sua. Sentì i battiti del cuore di Hanamichi farsi sempre più deboli e incostanti, fino a cessare di essere, completamente. E gli occhi del rossino, ancora spalancati, divennero vitrei e senza anima e lei, inginocchiata al fianco di lui, aveva versato tutte le lacrime che aveva in corpo. Aveva palesato ed esaurito tutta la sua tristezza su quella strada piena di sangue, sotto gli occhi di gente sconosciuta che rimaneva a fissarla, impotente di fronte a quella scena così tragica e dolorosa.
Hanamichi Sakuragi, quel ragazzo così pieno di vitalità, aveva smesso di esistere in quel momento, dopo averle rivolto il sorriso più dolce e colmo d’amore che lei avesse mai visto.”

Da quel giorno la vita di Sachiko fu completamente sconvolta. Si sentiva terribilmente in colpa per la morte di lui e, il giorno seguente, aveva cambiato scuola, abbandonando il basket e i propri amici dello Shohoku. Abbandonando la vecchia vita per sempre …
Era cambiata completamente d’allora; sebbene fossero passati soltanto sei anni da quel triste giorno, la Sachiko di un tempo non esisteva più. Ormai era diversa. Più cinica. Più forte. Non si era più legata a nessuno. Era senza amici e senza un uomo. Completamente priva di una vita privata. Ma era meglio così, lei lo sapeva, in questo modo non avrebbe più sofferto né fatto soffrire qualcuno.

Una lacrima solitaria solcò il volto della ragazza, spazzata bruscamente via dal braccio di lei strofinato più volte sulla guancia. Non voleva piangere, non più. Doveva essere forte e riuscire a dimenticare quel periodo della sua vita. Vivere come se tutto quello non fosse mai successo.
Eppure lo sapeva che, come tutti i Natali, si sarebbe recata al cimitero anche quella volta, sempre con la speranza di non incontrare nessuno dei suoi vecchi amici. Non voleva affrontarli. A distanza di anni non sarebbe ancora riuscita a guardare in faccia neanche uno dei vecchi giocatori del club di basket dello Shohoku. Non voleva. Aveva paura. Una paura che la perseguitava da sei anni.

E poi, per l’ennesima volta, il volto di Hanamichi comparve nei suoi pensieri. Che cosa provava adesso per quel rossino? Se l’era chiesto tante di quelle volte, ma non aveva mai trovato una risposta. Forse … non era più amore ciò che provava per lui. Era un’incredibile affetto, certo … ed una voglia immensa di poterlo riabbracciare.
Pensava sempre a come sarebbe diventato se fosse stato ancora vivo. Di sicuro non sarebbe cambiato molto, forse sarebbe cresciuto di un altro paio di centimetri …
Di sicuro sarebbe diventato una stella del basket: il miglior rimbalzista di tutto il Giappone, di questo lei ne era certa. Già alle superiori era un vero fenomeno nel prendere la palla su rimbalzo. Era la sua specialità.
Sorrise nel ricordare gli epiteti con cui lui stesso si chiamava: Genio del Basket, Punta di Diamante dello Shohoku, Re dei Rimbalzi …
Sì, sarebbe diventato un grande giocatore senz’ombra di dubbio.


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Uhm ... che ve ne pare??? ^_^''''''
I capitoli saranno tutti di questa lunghezza, circa ... lo so che sono cortini, ma ho preferito dividerla in cap anzichè postarla tutta assieme!

Come ho già detto e stradetto questa è una Fanfic a cui tengo moltissimo, per cui mi sembra futile dire che vi sarei infinitamente grata se decideste di lasciarmi un parere!! Vi supplico, vi sarò grata per sempre XDDDDD

Beh, come di consueto ringrazio tutti coloro che hanno letto e tutti coloro che decideranno di recensire (spero che tra di voi ce ne sia almeno uno!!!) e spero che tornerete per il prossimo capitolo!

Ciauz




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Capitolo 2
*** Capitolo Due ***





Salve a tutti ^^
Eccomi di nuovo qui con il secondo chap, come promesso!
BUONA LETTURA.

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- Ciao Hanamichi … come stai?

La voce di Sachiko rimbombava nel silenzio di quel cimitero. Era il giorno di Natale … non c’era proprio nessuno a piangere sulla tomba dei propri morti. Quel giorno tutti festeggiavano e nessuno avrebbe pensato ai tristi avvenimenti della vita e della morte, non a Natale.
Era sola, inginocchiata sulla tomba di Sakuragi; un mazzo di rose rosse e perfette tra le mani pallide: - E’ da un po’ che non ti vengo a trovare. Devi perdonarmi, ma non ne ho proprio avuto tempo. - continuò la giovane nel suo soliloquio, rivolgendo un nostalgico sorriso alla lapide del ragazzo.
Poi un sospiro. Avrebbe forse dovuto sentirsi una sciocca a parlare con il nulla? Eppure lei non si sentiva affatto stupida, anzi era a suo agio. Hanamichi, nonostante gli anni trascorsi, era l’unico che stava in silenzio ad ascoltarla. Era rimasto lui il suo unico amico. Un sorriso sarcastico percorse il suo viso: il solo amico che aveva era un morto.

Poi silenzio. Tanto silenzio. Il cuore della ragazza era così triste … credeva che non avrebbe più sorretto tutto quel dolore che portava dentro. E invece … lei era ancora viva. E non avrebbe voluto esserlo, non senza di lui. E in effetti, senza Hanamichi, lei non era più riuscita ad essere viva sul serio. Era diventata semplicemente un pupazzo insensibile … o almeno era quello che avrebbe voluto essere, per non soffrire più. Ma non era così. Nel cuore di lei c’erano ancora tanti sentimenti, tanta tristezza …
 
La mano che reggeva il mazzo di fiori si posò in terra, adagiando quelle rose, che le ricordavano il colore della capigliatura di lui, accanto alla sua tomba: - Ti ho portato questi … spero che ti piacciano. Non sono granchè, ma il giorno di Natale è difficile trovare un fioraio aperto … - sussurrò lei, faticando nel trattenere le lacrime.
Forse non si sentiva una sciocca, ma di certo agli occhi di un estraneo avrebbe potuto sembrare una scena così patetica quella … ma a lei non importava.
Tutto ciò che le interessava era poter stare accanto a lui ed essere lasciata in pace da tutti. Ed era questo che stava facendo.
Nonostante tutto era felice, perché in quel modo lei non avrebbe mai perso Hanamichi. Sarebbero rimasti legati per sempre. Lei non avrebbe mai sofferto nel vederlo tra le braccia di un’altra. Sì … una sadica ed egoistica felicità. Ma, dopotutto, quello era il solo modo che lei conoscesse per riuscire ad andare avanti.

- Allora, che mi racconti Hana-chan? Ti stai divertendo lassù? - gli occhi di lei si puntarono verso il cielo. Ma chi voleva ingannare? Lei non aveva mai creduto ad una vita dopo la morte. Sapeva che lui non poteva sentirla, che non l’avrebbe più ascoltata, perché non era andato da nessuna parte. Il suo corpo giaceva semplicemente sotto il terreno dove lei era inginocchiata, putrefatto e divorato dagli insetti. Una scena così cruda che le si strinse il cuore al solo pensiero, ma dopotutto era quella la verità: pochi metri sotto di lei gli insetti vivevano cibandosi della morte di Hanamichi.
E l’anima di lui … forse doveva credere che fosse andata in cielo? No … lei non credeva neppure a quello. Era diventata inevitabilmente cinica e non poteva essere altrimenti, poiché ormai viveva soltanto nel dolore.

Una calda lacrima s’infranse sul terreno, a pochi centimetri dalla lapide, e venne subito risucchiata dalla terra. Lei sperò che quella piccola goccia, piena d’affetto per il rossino, potesse raggiungere la sua bara … proprio là sotto. Sì, il suo corpo era così vicino, eppure così lontano.
E lei non si era ancora rassegnata all’idea che non l’avrebbe più rivisto. Ogni tanto sognava che entrambi si erano semplicemente persi di vista con il passare degli anni e che lui adesso avesse una vita propria: un appartamento, un lavoro, una moglie  forse, magari anche una figlia … ma poi il sogno finiva e lei ricominciava a piangere.

Dei passi poco distanti da lei ruppero il silenzio e spezzarono l’atmosfera di sofferenza che si era creata attorno alla tomba di Hanamichi. Passi di cui Sachiko non si preoccupò di scoprire il proprietario. Ma fu leggermente sollevata. La presenza di qualcuno lì, in quel momento, significava che forse non era l’unica ad essere triste a Natale. Dopotutto c’era tanta sofferenza al mondo. Di certo non era la sola a sentirsi in quello stato, ma saperlo non l’aiutava granchè e, se possibile, la faceva stare peggio.

E poi una voce rimbombò nelle orecchie di lei, facendola sobbalzare. Il panico prevalse sopra tutti gli altri sentimenti e non desiderò altro che poter scappare da lì. Lontano. Sempre più lontano. Fino a scomparire … E nessuno avrebbe notato la sua assenza. Nessuno avrebbe sentito la sua mancanza. E lei avrebbe finalmente raggiunto il suo amore perduto …
Ma non avrebbe potuto scappare e, anche se proprio non se lo aspettava, era giunto il momento di affrontare le sue paure. Proprio lì, sotto gli occhi spenti di Sakuragi. Sarebbe stato difficile, ma avrebbe dovuto farlo.

Sachiko voltò la testa, un gesto lento e quasi snervante, finchè ai suoi occhi si palesò il viso di un ragazzo dai buffi capelli a forma di cespuglio sulla testa, riccioluti e ribelli. Lei sgranò gli occhi, incredula. Avrebbe riconosciuto quel taglio di capelli tra milioni di altri, a distanza di anni …
- Sachiko Washio, sei proprio tu? - chiese Ryota Miyagi, il ragazzo che un tempo era stato un grande amico di lei, rivolgendole un mezzo sorriso.
La giovane annuì, senza sapere che cosa dire, e si alzò in piedi. Con sua sorpresa notò che lui era cresciuto davvero molto in quegli anni. Al liceo era più alto di lei solo di qualche centimetro ed ora … c’erano almeno due spanne di differenza tra loro.

Il sorriso di lui si spense inevitabilmente, portato via dall’imbarazzo che si era creato trai due, e il suo sguardo si posò sulla lapide in cui risaltava a grandi lettere il nome di Hanamichi Sakuragi: - Vieni qui tutti gli anni, non è vero? - chiese lui.
E lei annuì per la seconda volta, incapace di tramutare i pensieri in parole, tenendo lo sguardo abbassato a fissarsi le scarpe. No, tra tutte le persone che avrebbe potuto incontrare non avrebbe voluto trovare proprio lui. Perché per lei, di fronte a Ryota, sarebbe stato doppiamente difficile confessare il suo senso di colpa e raccontare l’accaduto.

Poi il giovane fece qualcosa che la spiazzò: avanzando di qualche passo poggiò una mano sulla spalla di lei, mentre le posava l’altra sotto il mento e le alzava il volto, cosicché lei fosse costretta a guardarlo negli occhi. Si osservarono in silenzio per pochi istanti, che volarono via in un soffio: - Sachiko … non ti sei fatta più vedere dopo quello che è successo. Non mi hai neanche dato l’opportunità di dirti quanto mi dispiacesse per te … e per lui. - una pausa: - Non mi hai neanche detto addio … - Ryota non aveva distolto lo sguardo neanche per un singolo attimo, ma lei si ostinava a proteggersi nel silenzio.
Rossa in volto, continuava a fissarlo con evidente imbarazzo. Da quando era diventata così timida? Forse era colpa delle sue poche relazioni con gli altri esseri umani. Questo l’aveva portata a chiudersi nei suoi pensieri e l’aveva abituata ad essere perennemente sola, senza bisogno di nessuno.

Lui ci mise relativamente poco a capire che lei non avrebbe parlato, ma non le fece domande. Non voleva fare nessuna domanda alla sua vecchia amica. Soltanto una cosa gli premeva di fare, in quel momento … e così fu. In uno scatto afferrò la vita di lei, portandola verso di sé, e la cinse con il calore delle sue forti braccia da sportivo; l’abbracciò nascondendo il suo volto sulla spalla della ragazza, respirando sul collo di lei ed inebriandosi del suo profumo: - Avresti dovuto lasciare che io ti consolassi Sachiko … a quest’ora sarebbe stato tutto diverso.
Lei rimase spiazzata da quell’abbraccio inaspettato, ma non oppose nessuna resistenza. Quel calore umano, quella sicurezza che Ryota le aveva sempre trasmesso in passato, si palesarono in quel momento, circondando i corpi dei due giovani. Ma lei non ricambiò l’abbraccio; le sue braccia erano inermi lungo i fianchi, quasi come se fossero morte.

E poi lui si allontanò da lei quasi subito, osservandola con un sorriso sarcastico per quel gesto non ricambiato. Dopodichè rivolse tutta la sua attenzione al rossino e, inginocchiandosi di fronte alla lapide, poggiò uno scarno mazzo di fiori accanto alle rose infuocate che aveva portato Sachiko.
E il silenzio calò su di loro, mentre la giovane, ancora immobile, osservava quella scena con gli occhi pieni di lacrime, e poi finalmente si decise: - Vieni tutti gli anni anche tu? - fu soltanto un sussurro quello di lei, un balbettio spezzato da insistenti pause di silenzio, ma lui lo sentì ugualmente.
Non si voltò ad osservarla quando le rispose: - No Sachiko, questa è la prima volta che vengo … è la prima volta che trovo il coraggio di affrontare la realtà …

Lei si avvicinò di qualche passo a quel giaciglio triste, su cui il vecchio amico era inginocchiato, e si lasciò scivolare accanto a lui, osservandolo con apprensione: - Perché? - fu una domanda posta quasi a caso, di cui Ryota non riuscì a capire il significato … e non rispose, ma semplicemente la guardò.
E lei trovò il coraggio di proseguire quella frase; non capiva perché le risultasse così difficile parlare: - Il coraggio … come mai lo hai trovato soltanto adesso? - lo sapeva quello che stava facendo. Si stava rivolgendo a lui con un tono ed un’espressione che avrebbe adottato per parlare con un perfetto estraneo. Ma infondo, dopo tutto quel tempo trascorso inesorabilmente, era davvero diventato uno sconosciuto Ryota Miyagi?
- Non lo so … forse avevo paura d’incontrarti e affrontarti … - disse lui riportando lo sguardo sulla tomba, senza trovare il coraggio di guardare la ragazza.

Paura? Lui aveva paura di incontrare lei? E lei allora cos’avrebbe dovuto avere? Terrore forse? Sì … forse non era semplice paura, ma terrore quello che provava Sachiko.
La giovane non disse niente, chiudendosi ancora nel silenzio, ma lui sembrava non avere intenzione di permetterglielo: - Sai … quando sei scomparsa in quel modo ho pensato che tu ce l’avessi con noi … che ce l’avessi con me. - fece una piccola pausa, forse cercando di mascherare i sentimenti rivelati dal proprio tono di voce: - Io … non mi sono mai perdonato di non averti consolato quando avrei dovuto, però tu …
- Non è colpa tua! - lo interruppe lei, sconvolta. Aveva quasi urlato, ma si ricompose immediatamente: - Tu non c’entri niente. La colpa è mia … - abbassò lo sguardo, mentre la voce ora era spezzata dai singhiozzi e dalle lacrime: - … se Hanamichi è morto è solo colpa mia. - da quanto tempo era che non pronunciava quel nome ad alta voce?, forse da quando lui era ancora vivo: - Me ne sono andata perché non volevo affrontarvi … non ne avevo il coraggio. - si asciugò le lacrime con la stoffa del suo pesante cappotto nero: - Sono solo una vigliacca …

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Grazie a tutti coloro che hanno letto fin qui e grazie anche a chi ha recensito:

Bella07: ciao^^ ... Hana non è neanche il mio preferito (è Ryota!!!) ... comunque non temere perchè la fic non sarà sempre così drammatica!!! Grazie per i complimenti e ... per il Natale ... beh avrai capito che neanche a me piace poi molto ...
temarisan: ciao ^^. Prima di tutto ti ringrazio per i complimenti ... e alla fine ho scoperto che ho fatto bene a postarla, meno male!!! Per Hana anche a me è dispiaciuto un sacco fargli fare quella parte ... anche se non è il mio preferito lo adoro ugualmente!!!

Ciao a tutti e alla prossima!



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Capitolo 3
*** Capitolo Tre ***




Ed eccomi qui anche oggi con un nuovo chappy ^^
Avevo detto che i capitoli sarebbero stati 5, ma invece saranno 4. Quanto segue, infatti, sono due capitoli unificati, perchè altrimenti sarebbero stati troppo corti ^_^''.
Detto questo auguro una buona lettura a tutti.

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Quel Natale trascorse diversamente quell’anno.

Non era come se l’era immaginato; lei pensava che lui fosse cambiato, ma infondo aveva scoperto che era rimasto sempre lo stesso. Sì, adesso lo sapeva per certo, Ryota Miyagi non era diventato uno sconosciuto.
I due ragazzi camminavano l’uno accanto all’altra in quella giornata grigia, su quel marciapiede pieno di negozi addobbati di decorazioni luminose, attorniati da gente spensieratamente felice. E loro, a testa china, avanzavano in perfetto silenzio, facendosi compagnia l’un l’altra.

- E … Ayako … che fine ha fatto? - chiese lei, mentre i due attraversavano una strada affollata.
Lui continuò a tenere lo sguardo basso anche quando rispose: - Non l’ho più vista dopo le superiori, ma ormai mi è passata quella cotta. - un lieve sorriso percorse il suo viso.
- Insomma, quindi neanche tu hai più notizie degli altri?
Ryota scosse la testa senza dire niente.
- E tu? Che hai fatto in tutto questo tempo? - domandò ancora lei. Non avrebbe dovuto fare tutte quelle domande, e lo sapeva; non avrebbe dovuto ricominciare a frequentare quel giovane a cui era rimasta tanto affezionata, sapeva anche quello. Da molto tempo ormai aveva deciso che non avrebbe più avuto legami, eppure era più forte di lei …
- Niente di speciale. - rispose lui.

Ancora silenzio trai due. Finché non giunsero al bivio di una strada deserta e lui finalmente alzò lo sguardo su di lei. Ma il volto della giovane era difficile da osservare, Ryota non riusciva a capire perché, ma le ricordava terribilmente Hanamichi … e quella, per lui, era ancora una ferita aperta e dolorosa. Neanche lui, così come l’amica, era ancora riuscito ad accettare la morte del rossino, ma di sicuro se la cavava meglio di Sachiko e ne era consapevole.
- Io giro qui … - disse il ragazzo, infilando le mani gelate nelle tasche del giubbotto.
Lei annuì in silenzio. Non voleva dirgli addio ancora una volta, proprio ora che si erano appena ritrovati. Ed evidentemente anche lui la pensava nella stessa maniera perché, subito dopo averla osservata, dubbioso per un attimo, estrasse da una tasca un biglietto spiegazzato e glielo porse: - Me lo faresti un favore? - le chiese rivolgendole un sorriso speranzoso.

- Vieni a vedere questa partita …? - continuò lui, mentre la giovane prendeva quel biglietto tra le mani e l’osservava con stupore. Infine annuì, anche se leggermente incerta.
Andare a vedere una partita di basket con Ryota … non credeva sarebbe stata esattamente una buona idea. Troppi ricordi le sarebbero riaffiorati alla mente, ma nonostante tutto accettò.
Lui le rivolse ancora un sorriso, questa volta più entusiasta: - Bene. Allora ci vediamo domani allo stadio. Probabilmente farò un po’ tardi ma tu aspettami, intesi? - e senza darle il tempo di controbattere si voltò e svoltò in quella piccola stradina sterrata, probabilmente diretto verso casa.

E Sachiko sorrise, quasi commossa ...


***


Osservava quella zona con aria spaesata. Non era mai stata lì. Non era mai andata in quello stadio dove giocavano solo ed esclusivamente le squadre di basket più forti del Giappone.
Ma, nonostante lo smarrimento, si fece forza e si accodò alla fila di gente che aspettava per entrare. Ryota le aveva detto di aspettarla all’interno e lei l’avrebbe fatto.

La nostalgia la colse alla sprovvista, mentre il suo sguardo si posava inevitabilmente sul campo da basket occupato ora dalle cheerleader delle due squadre avversarie. Le ragazze ballavano e saltavano mentre Sachiko, sedendosi al suo posto, immaginava quel campo con i giocatori dello Shohoku … e una delle fenomenali schiacciate di Hanamichi.
E poi sorrise. Lui sarebbe stato felice se Sachiko non avesse mai lasciato il basket. Dopotutto pensò che stesse facendo la cosa migliore, andando a vedere quello scontro.

Erano passati dieci minuti e ancora Ryota non si faceva vedere, ma lei era tranquilla: sapeva che, presto o tardi, sarebbe arrivato.
Lanciò uno sguardo al tabellone che, una volta iniziata la partita, avrebbe tenuto il conto dei punti segnati dalle due squadre. E poi un sobbalzo quando scoprì che uno dei due team era quello per cui loro, l’intero club di basket dello Shohoku, tifavano ai tempi del liceo: il Ryonan (lo so, ho poca fantasia XD).

La ragazza sospirò. Aveva completamente perso di vista quello sport. Ormai non conosceva più neanche un solo giocatore di basket e non seguiva più i campionati. Non sapeva chi fosse la squadra più forte del paese, non sapeva chi fosse la star del basket più acclamata del momento. Non sapeva più niente. E, pensando a tutto quello, si sentì fuori posto in quella palestra pieni di tifosi sfegatati ed euforici, che non vedevano il momento che cominciasse la partita.
Per qualche attimo la giovane pensò di andarsene e cedere il proprio biglietto a qualche ragazzino rimasto fuori dallo stadio, desideroso di entrare. Ma, senza neanche sapere perché, non lo fece e rimase seduta al suo posto ad aspettare.

Altri dieci minuti. Il posto accanto al suo era stato occupato da un grassoccio signore dall’aria simpatica: - Mi scusi … ma questo posto dovrebbe essere occupato … - disse Sachiko rivolgendosi all’uomo.
Lui la guardò dispiaciuto, tirando fuori il suo biglietto e controllando di essersi seduto nel posto corretto e poi, con un sorriso, lo porse alla giovane: - Controlli lei stessa … qui c’è segnato proprio questo posto … - le disse.
Sachiko sospirò. In quel momento se ne sarebbe volentieri andata. Lui non sarebbe venuto …
Ma l’inizio della partita la trattenne sugli spalti. Aveva visto qualcosa che l’aveva convinta a restare, qualcosa che l’aveva completamente spiazzata.

Ora sapeva dove fosse Ryota: in campo con indosso la maglia del Ryonan. Aveva il numero quattro: la maglia del capitano. La giovane non poteva crederci. Si sporse leggermente per osservare meglio, mentre vedeva lo sguardo dell’amico cercarla freneticamente tra il pubblico. Lei sventolò la mano, urlando il nome di lui che, vedendola, ricambiò quel gesto accompagnandolo con un segno di vittoria ed un sorriso spontaneo e felice.

La giovane non riuscì a trattenere le lacrime. Allora, almeno uno di loro, era riuscito a diventare un giocatore di fama internazionale. Almeno uno di loro era riuscito ad avverare i propri sogni. Era davvero felice per il suo vecchio amico. E sapeva che anche Hanamichi ne sarebbe stato entusiasta … ed anche un po’ geloso forse …
Poi il suo sguardo si spostò sull’uomo accanto a lei, che le stava porgendo un fazzoletto di carta e sorrideva: - Così lei conosce Ryota Miyagi? - chiese lui.
- E’ un vecchio amico. - ammise lei prendendo il fazzoletto ed asciugandosi le lacrime: - Il mio migliore amico ai tempi del liceo … - quel ricordo le strappò un nostalgico sorriso.
- Oh … allora molte ragazze oggi la staranno guardando con invidia. - disse l’altro con aria divertita.
Lei l’osservò spaesato. Che lei ricordasse, al liceo, nessuna ragazza era interessata a Ryota … ma ora intuiva che le cose erano cambiare. Adesso lui era famoso ed era anche molto più alto e poi, per quanto le riguardava, era sempre stato un bel ragazzo: - Già … - rispose.

E finalmente la partita cominciò. Ryota era rimasto bravo come un tempo e, anzi, era forse diventato ancora più veloce ed agile. Ricordava che già quando erano più giovani lui aveva il titolo di giocatore più veloce tra le squadre giovanili. Inevitabilmente, esattamente come succedeva quando giocava nello Shohoku, il talento di lui portò la sua squadra alla vittoria.
Sì, non c’erano dubbi: era davvero bravissimo ed aveva una miriade di fan … sembrava così incredibile una cosa del genere. Eppure era la realtà.
Lui era riuscito a crearsi una vita … una vita che invece Sachiko non aveva e, forse inconsciamente, non voleva avere.

La partita terminò in quel momento, decretando la vittoria del Ryonan.
Sachiko aspettò sugli spalti che Ryota la raggiungesse, osservando lo stadio svuotarsi sempre di più, finchè non rimase l’unica presente.
- Mi scusi, ma non può restare qui. - le disse ad un tratto un uomo addetto alla sicurezza, mentre la sua voce rimbombava nell’eco provocato dalle mura silenziose.
- Sto aspettando Ryota Miyagi … - rispose lei senza neanche osservarlo.
Quello si mise a ridere di gusto, come se Sachiko avesse appena detto qualcosa di tremendamente divertente e lei lo guardò senza capire.
- Ragazzina … le fan di Miyagi sono tutte fuori ad aspettare che lui esca per gli autografi. - sogghignò ancora, irritante.
E lei sorrise apertamente in direzione di quello sconosciuto, ma in realtà il suo sguardo andava oltre la figura dell’uomo, fissando il punto in cui una sagoma si avvicinava a loro.
- Lasciala stare Sugihyama. - esordì Ryota, rivolgendosi all’addetto alla sicurezza: - Sai meglio di me che quella degli autografi è solo una scusa per liberarmi delle fans. - diede una fragorosa pacca sulla spalla dell’uomo: - Lei è una mia vecchia amica: Sachiko Washio. - concluse ricambiando il sorriso di lei.

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Ed infine grazie a tutti quelli che hanno letto, che leggeranno e che recensiranno.

gloglo: ciao, mi fa piacere che la storia ti stia piacendo, ne sono davvero molto felice!!! E sono anche contentissima di essere riuscita a trasmettere i sentimenti di Sachiko a chi legge (o almeno a te XD) ... era proprio quello il mio intento! Grazie per i bei complimenti ... l'unica cosa che ho potuto fare per ricambiare è stato offrirti questo nuovo capitolo, sperando che ti piaccia. A presto.


Ciao a tutti, al prossimo ed ULTIMO capitolo ^-^
Tornate numerosi!!!!! XD

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Capitolo 4
*** Capitolo Quattro ***




Salve a tutti ^^
Eccomi qui con l'ultimo capitolo della Ficcy ... spero vi piacerà.
Buona lettura a tutti.

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- Così sei diventato famoso … - Sachiko sospirò fissando il cemento che si susseguiva al suo avanzare.

Stavano camminando diretti verso il mare; lui, accanto a lei, fischiettava un motivetto allegro tenendo il borsone della palestra sulle spalle.
La tristezza, che durante la partita era stata sostituita dalla nostalgia, era di nuovo piombata a gravare sul cuore della ragazza.
- L’ho fatto perché volevo esaudire il sogno di tutti noi … - rispose lui osservandola. Poi, ad un tratto, il suo tono cambiò, diventando più serio e determinato: - … avrei voluto dirti questo, ma in realtà l’ho fatto perché pensavo che se tu mi avessi visto in televisione mi avresti rintracciato …
L’iridi di lei brillarono, mentre il cuore le faceva un buffo balzo dentro il petto: - Non ho più seguito il basket da quel giorno … - sussurrò diventando, suo malgrado, di colore paonazzo.
- Sì … l’avevo immaginato. - rise, una risata triste, ma allo stesso tempo rassicurante: - Così non potrò vantarmi con te, perché non sai che ho firmato da poco un contratto per giocare in una squadra dell’N.B.A., il prossimo anno …

Ci volle un po’ alla ragazza per elaborare ciò che lui le aveva appena detto. E poi l’espressione di Sachiko s’illuminò all’improvviso, abbandonando quasi completamente la tristezza e, in meno di un battito di ciglia, era saltata al collo di lui, piangendo sulla sua spalla ed inumidendo la sua maglietta. Ma erano lacrime di felicità quelle, una felicità che era sbocciata nel cuore sofferente di lei all’improvviso, facendola sentire come se fosse rinata in quel momento.
Ryota accolse quel gesto inaspettato con un sorriso, afferrando la vita di lei e sollevandola da terra … e anche i suoi occhi s’inumidirono di lacrime di gioia.

La spiaggia era deserta e la sabbia tremendamente fredda. Erano seduti l’uno accanto all’altra, osservando silenziosamente il mare e le onde salate che si schiantavano ritmiche sugli scogli rocciosi, ritraendosi sempre con un sibilo che sembrava il rumore di un pianto.
Un pianto. Allora anche il mare era triste, qualche volta?, pensò Sachiko. Perché lei avrebbe volentieri ceduto al mare tutte le sue tristezze, perché esso potesse custodirle con gelosia in eterno … e invece no. Ancora una volta, l’ennesima volta, si ritrovò a pensare con tristezza al volto sorridente di Hanamichi Sakuragi. Avrebbe voluto parlarne con qualcuno … potersi sfogare - cosa che non aveva mai fatto. Poi si voltò istintivamente verso Ryota, che osservava un punto imprecisato dell’orizzonte.

- Sai … lui amava davvero la vita. Adorava starsene seduto sulla spiaggia deserta assieme a me ad osservare il mare … - iniziò lei, senza guardare il giovane che, invece, la stava osservando incredulo. Non sapeva perché lei gli stesse dicendo quelle cose. Lui credeva che non avrebbe voluto parlarne, per questo non le aveva chiesto nulla fino a quel momento. Ma visto che adesso era lei a fargli capire che non desiderava altro che potersi sfogare con qualcuno, rimase ad ascoltarla in rispettoso silenzio.
- … e gli piaceva davvero molto giocare a basket: era tutta la sua vita. Credo che senza il basket non sarebbe diventato lo stesso Hanamichi … e per questo mi aveva sempre detto che avrebbe dovuto ringraziare te, anche se non ebbe mai il coraggio di farlo. So che a lui non dispiacerà se ora te lo sto dicendo … anzi credo che ne sarà felice … -  la voce di lei venne spezzata da un sussulto involontario, palesatosi assieme ad una lacrima che ora percorreva la sua guancia.

- … non immagini nemmeno quanto lui ti volesse bene. - continuò Sachiko cercando di ignorare lo sguardo preoccupato di Ryota: - … voleva bene a tutto il club di basket … perfino a Rukawa. - e poi sorrise nel pronunciare le ultime parole.
Kaede Rukawa. Quel ragazzo - un vero asso del basket - era sempre stato l’eterno rivale di Hanamichi. Colui che il rossino desiderava poter battere sul campo da basket con tutto il cuore. Non ci riuscì mai, non ne ebbe il tempo. Perché Sachiko ne era certa, se Hanamichi avesse avuto più tempo per potersi allenare, il tenebroso Rukawa sarebbe stato schiacciato dal talento di Sakuragi.
- Non è giusto … - sussurrò la ragazza mentre gli occhi le si appannavano, per via delle troppe lacrime che stava cercando di trattenere.
Ryota le poggiò affettuosamente una mano sulla spalla, prima che lei continuasse: - Non è affatto giusto! - ora le sue parole erano tutt’altro che un sussurro: - Perché è toccato proprio a lui? Avrei dovuto essere io … - si fermò per un attimo, ormai il volto completamente rigato dalle lacrime. Stava per confessare una cosa che non aveva mai detto ad anima viva.

- … dovevo essere io. Sarei dovuta essere io quella nella tomba, al posto suo! Se solo lui non fosse stato così dannatamente pronto di riflessi … a quest’ora sarei io … quella … morta … - s’interruppe, incapace di andare avanti. Eppure desiderava con tutta se stessa che almeno Ryota conoscesse la verità. Che conoscesse quale fosse il peso che, da sei anni a quella parte, gravava sulla coscienza della ragazza. Lui doveva sapere. Non era giusto tenerlo all’oscuro. Se lo sentiva, Hanamichi avrebbe voluto che Sachiko ne parlasse con Ryota, che continuava a guardarla preoccupato, senza avere il coraggio di dire nulla.

- Hanamichi … lui … quella sera mi salvò la vita … - quelle parole affilate spezzarono il freddo che aveva avvolto i due ragazzi fino a quel momento, trasformandolo in un caldo insopportabile e soffocante.
- Cosa? - sillabò il ragazzo.
- Il semaforo era verde e così non mi posi il problema se attraversare o meno la strada, non guardai neanche se c’erano macchine in arrivo … se solo non ci fosse stato lui … - Sachiko nascose il volto nelle mani congelate, incapace di smettere di piangere. Ma ci mise poco a riprendersi, imponendosi di farlo. Doveva finire di raccontare. Doveva farlo a tutti i costi.

“Eravamo fermi al semaforo, aspettando di poter attraversare la strada. Ci mise poco a diventare verde così, non vedendo l’ora di entrare nel negozio dove avremmo comprato i regali per voi, mi affrettai ad attraversare la strada. Non mi accorsi che, da dietro l’angolo, aveva appena svoltato una macchina che viaggiava a tutta velocità. Ma quando sentii Hanamichi urlare il mio nome ed udii il rumore stridulo del freno che s’inceppava per via della troppa neve, non feci in tempo a scansarmi dalla strada. Ero paralizzata dal terrore. Credevo che sarei morta lì, tra le braccia di lui. Il conducente ubriaco, che era alla guida di quella vettura impazzita, sterzò bruscamente cercando di evitarmi, ma nel farlo coinvolse una seconda macchina ferma al semaforo per svoltare a destra. Lei due auto, ormai impazzite del tutto, mi stavano venendo inevitabilmente incontro. Fu allora che Hanamichi, senza pensarci due volte, si buttò in mezzo alla strada, correndo come una furia, e mi spinse da un lato, facendomi rovinosamente cadere sulla neve fresca. E lui … cadde a terra e non fece in tempo a spostarsi … Morì, così come i passeggeri delle due macchine.
Questo … non ebbi mai il coraggio di raccontarlo a qualcuno. Ora … soltanto tu ed io lo sappiamo …”

Sachiko aveva raccontato gli avvenimenti di quella lontana sera di dicembre tutto d’un fiato, narrando l’accaduto come se fosse una cosa che non la riguardasse affatto, anche se in realtà stava piangendo mentre lo raccontava. E Ryota, man mano che lei proseguiva nel racconto, l’aveva abbracciata, stringendola sempre più forte ogni volta che la sentiva singhiozzare.
Fu così che, appena lei rimase zitta, lui non seppe che cosa dire. Neanche si era reso conto di averla abbracciata e probabilmente la stringeva così forte da permetterle a malapena di respirare. Così allentò la presa senza pensarci due volte, ma lei non si allontanò. Rimase abbracciata a lui, stringendo le mani attorno al suo cappotto e respirando affannosamente. Ma nonostante ciò non aveva ancora terminato di parlare, non aveva ancora finito di sfogarsi. Effettivamente, se avesse potuto, avrebbe parlato in eterno. Perché di cose da dire su quella sera ne aveva fin troppe …

- Dopo quel giorno sono scomparsa perché non volevo più provocare sofferenza a qualcuno. Non volevo più che qualcuno stesse male a causa mia. Non volevo più che qualcuno morisse per salvarmi la vita … - infine si allontanò un po’ da Ryota, per potersi asciugare le lacrime.
Miyagi, dal canto suo, non disse alla giovane che andandosene via aveva procurato al club di basket non poca tristezza e nostalgia, perché non voleva infierire ancora in quello che sembrava un già molto instabile stato d’animo.
Lei lo guardò in quel momento, rivolgendogli un sorriso triste: - Ti ho bagnato tutto il giubbotto …

E lui non seppe più trattenersi. Non voleva più trattenersi. Perché troppo a lungo, dalla fine delle superiori, aveva mentito a sè stesso. Troppo a lungo aveva passato notti insonni pensando a lei, a come stesse e a cosa stesse facendo. Pensando a come se la cavasse. Ed ora lo sapeva. Lei era tremendamente sola ed i suoi occhi tristi non chiedevano altro che conforto e protezione. Ed erano cose che lui poteva darle. Erano cose che lui era disposto a darle. Anzi, lui avrebbe fatto di tutto pur di dargliele.
Rivolse alla ragazza uno sguardo perforante e lei capì subito ciò che celavano gli occhi verdi di lui. Capì subito che se avesse voluto avrebbe potuto fermarlo e lui non se la sarebbe presa. Sapeva che quello sguardo non era nient’altro che una muta domanda per avere il consenso di lei. E Sachiko non si stupì affatto quando, sostenendo lo sguardo di Ryota, si riscoprì a volere quel bacio almeno quanto lui. Si riscoprì a pensare che i sentimenti per quel ragazzo dai riccioli ribelli erano diversi, diversi da quelli che erano sempre stati fino ad allora. O forse erano semplicemente rimasti nascosti per tutti quegl’anni.

- Sachiko … - sussurrò il ragazzo, prendendo il volto della giovane tra le mani e continuando ad osservarla con quegli occhi dolci: - … ti prego non fermarmi … -  proseguì, mentre ormai i loro volti erano distanti meno di un soffio di vento.
E lei non avrebbe assolutamente fatto nulla per fermarlo. Anzi, con un gesto improvviso, ma calmo allo stesso tempo, cinse la vita di lui con le sue braccia, avvicinandosi al suo corpo caldo.
E le labbra dei due giovani si sfiorarono in un bacio timido e breve. Gli occhi di entrambi socchiusi, ad assaporare quel momento, finchè esso stesso non divenne uno scambio molto più intimo di gusti, sapori ed emozioni nuove. Un lungo scambio di effusioni affettuose attraverso le labbra calde e palpitanti dei due.
Ed in quel momento candidi fiocchi di neve bianca cominciarono a cadere dal cielo, dapprima timidi e solitari e poi una vera cascata, quasi come soffice cotone che leggiadro si posava sulle sagome dei due ragazzi.

Sachiko lo sapeva, Hanamichi non sarebbe stato affatto contrario a tutto ciò.

Sachiko lo sapeva, Hanamichi avrebbe voluto con tutto il cuore che Ryota si prendesse cura di lei.

Per sempre.



The End

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Allora che ve ne pare??? Troppo smielata??? ^_^'''
Datemi un parere, please XD
E mi raccomando, continuate a seguirmi numerosi!!!


gloglo: mi fa piacere che anche il terzo chap ti sia piaciuto ... lo so è triste che finisca, però spero che il finale ti piaccia almeno quanto la fic ^_^''' ... e forse, chissà, magari mi verrà l'ispirazione per un possibile seguito XD Ciauz

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