Profezie

di MaxT
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La via per Heatherfield ***
Capitolo 2: *** vecchie amiche ***
Capitolo 3: *** Dimenticare assieme ***
Capitolo 4: *** Invito a Meridian ***
Capitolo 5: *** Il giardino di Phobos ***
Capitolo 6: *** Racconti dopo cena ***
Capitolo 7: *** Nuove stelle e vecchie guardiane ***
Capitolo 8: *** Come mai avvenuto ***
Capitolo 9: *** Fuori tempo ***
Capitolo 10: *** Il giorno dopo ***
Capitolo 11: *** Gocce nel mare ***
Capitolo 12: *** Qualcosa di nascosto ***
Capitolo 13: *** sulle ali di una civetta ***
Capitolo 14: *** Arrivo all'orfanotrofio ***
Capitolo 15: *** Un fiore con sei petali ***
Capitolo 16: *** A prima vista ***
Capitolo 17: *** Fondazione Astro Nascente ***
Capitolo 18: *** A pagina nuova ***
Capitolo 19: *** Modi di immaginare ***
Capitolo 20: *** Iniziazione ***
Capitolo 21: *** Spettri del passato ***
Capitolo 22: *** Dove inizia l'arcobaleno ***
Capitolo 23: *** Immagine di un fantasma ***
Capitolo 24: *** Tabula rasa ***
Capitolo 25: *** Il ciclone Irene ***
Capitolo 26: *** Due aquile ***
Capitolo 27: *** Seduzione ***
Capitolo 28: *** La scommessa ***
Capitolo 29: *** Mattina d'autunno ***
Capitolo 30: *** Memorie ***
Capitolo 31: *** Tutto sarà diverso ***
Capitolo 32: *** Colpo di mano ***
Capitolo 33: *** Immagini allo specchio ***
Capitolo 34: *** Pensate a loro ***
Capitolo 35: *** Turnover ***
Capitolo 36: *** Esilio ***
Capitolo 37: *** Ombre di ricordi ***
Capitolo 38: *** Davanti a un quadro ***
Capitolo 39: *** Ultimatum ***
Capitolo 40: *** Caleb ***
Capitolo 41: *** Corpo astrale ***
Capitolo 42: *** Rivolta ***
Capitolo 43: *** Ombre sul palazzo ***
Capitolo 44: *** La Guardiana del Cuore ***
Capitolo 45: *** Due Lune ***
Capitolo 46: *** Solo un anno ***
Capitolo 47: *** Nemesis ***
Capitolo 48: *** La gemma di memoria ***
Capitolo 49: *** L'amica del cuore ***
Capitolo 50: *** La principessa Vera ***
Capitolo 51: *** Le sorgenti della magia ***
Capitolo 52: *** Ali sulla città ***
Capitolo 53: *** Le notti di Carol ***
Capitolo 54: *** Ritorno ***
Capitolo 55: *** Spola tra i mondi ***
Capitolo 56: *** Gli angeli della libertà ***
Capitolo 57: *** Progetti di buona tirannia ***
Capitolo 58: *** La città infinita ***
Capitolo 59: *** Aracnofobia ***
Capitolo 60: *** Crepuscolo di tempesta ***
Capitolo 61: *** Il canto del cigno ***
Capitolo 62: *** Il giorno della svolta ***
Capitolo 63: *** Il racconto di un viaggiatore ***
Capitolo 64: *** Il punto ***
Capitolo 65: *** Giganti nella notte ***
Capitolo 66: *** Bagliori nelle pupille ***
Capitolo 67: *** Sortita a Meridian ***
Capitolo 68: *** Di mosche, di uccelli e di fantasmi ***
Capitolo 69: *** Lampi a Kandrakar ***
Capitolo 70: *** Nella tana della tigre ***
Capitolo 71: *** E i ranocchi stanno a guardare ***
Capitolo 72: *** Il peso di un'antica profezia ***
Capitolo 73: *** Il costo del riflesso ***
Capitolo 74: *** La creazione del caos ***
Capitolo 75: *** Lo scantinato delle bambole ***
Capitolo 76: *** L'alba del grande giorno ***
Capitolo 77: *** Il mostro nel giardino ***
Capitolo 78: *** Caccia nel labirinto ***
Capitolo 79: *** Anticorpi ***
Capitolo 80: *** L'assalto della discordia ***
Capitolo 81: *** Serpenti d'acqua ***
Capitolo 82: *** Mostri fuori controllo ***
Capitolo 83: *** La danza delle ombre ***
Capitolo 84: *** Elyon ed Elyon ***
Capitolo 85: *** Cuori a confronto ***



Capitolo 1
*** La via per Heatherfield ***


La via per Heatherfield  
 
Premetto che “Profezie” è una fanfiction basata sui personaggi di W.I.T.C.H., il ben noto fumetto della Disney.
L’utilizzo di questi personaggi, ambientazioni ed eventualmente di immagini non ha carattere commerciale, ed è inteso unicamente come un omaggio a questa bella saga.
Questa storia è ben coerente con il fumetto fino al n. 63, l'ultimo pubblicato quando ho iniziato a scriverla.
Questa è la riscrittura del primo capitolo, per portarlo allo stile degli ultimi pubblicati nel 2008; purtroppo, per motivi di tempo, non vi ho introdotto illustrazioni, come ho cominciato a fare dal n.12 in poi.
Nota: chi ha letto la mia flashfiction 'La via per la Terra'  forse la riconoscerà nella prima mezza pagina di questo capitolo.

Profezie

cap.1

La via per Heatherfield

(versione riscritta dell’Agosto 2008)

L’ uccellino striato di grigio ricambia lo sguardo speranzoso della ragazza che lo tiene in mano. Le trecce biondo cenere e la corona argentea si riflettono, minuscoli, nei suoi occhietti neri e gialli.
Lei gli applica un sottilissimo collare di metallo lucente. “Ecco, piccolo. Questo ti riporterà indietro. Ora vai. Rischierai la tua vita per la Luce di Meridian”.
Allunga le mani verso l’alto per farlo alzare in volo. Sopra di loro non c’è il cielo, ma le volte azzurre della sala del trono da cui Elyon regna su tutto il metamondo.
L’uccello dispiega le ali, poi svanisce in un baluginio, come un riflesso su uno stagno.

“E’ andato”, esala una donna dalla pelle di un delicato verdazzurro. Quando sono in pubblico lei è il capitano Miriadel, ma in privato Elyon continua a chiamarla mamma. “Tra poco sapremo se può tornare”.
“Dovrebbe essere questione di secondi”, aggiunge l’ancella Nagadir, una ragazza con la pelle oliva e i capelli scuri raccolti all’indietro.
“Andrà bene”, rassicura la giovane regina, cercando di mascherare la sua emozione. “Ho seguito punto per punto i libri segreti”.
Immagina il volatile mentre, alla velocità del pensiero, il piccolo corpo smaterializzato viene trasferito al portale invisibile nel cielo, lo attraversa guidato dall’amuleto al suo collo e poi viene diretto verso la città alla quale lei credeva di appartenere, fino al giorno in cui il suo vero passato le è stato svelato nel modo più crudele.
Con la fantasia, Elyon segue il viaggio vertiginoso, che avrà termine quando il piccolo uccello grigio si sarà materializzato in un cielo che lui non ha mai visto prima, tra odori e suoni estranei e sagome di edifici di un altro mondo. Lo immagina mentre scende a terra, incredulo, forse pensando di sognare. Sognano, gli uccelli? Sanno cos’è un sogno?
Non importa. Questa vista non durerà a lungo: dopo pochi istanti, l’amuleto al suo collo farà svanire quelle brevi immagini, ed in un attimo il suo corpo minuto riattraverserà lo spazio in un modo che neppure lei, la Luce di Meridian, comprende veramente.
“Dovrebbe tornare ora!”.
Mentre Elyon parla, un baluginio appare sopra di loro, e subito l’uccello volteggia incredulo sotto il soffitto.
“Grande!”, esclama Nagadir con entusiasmo. “Altezza, avete avuto successo!”.
“La strada verso la Terra è di nuovo aperta!”, gioisce Elyon, mentre il volatile si posa sulla sua mano alzata. Lo avvicina al viso, per osservare il frammento di una piantina che tiene nel becco. “Erica. Da quanto tempo…”. Gli sfiora la testa con un dito, chiudendo gli occhi. “Sì. L’Oceano Atlantico! Heatherfield! Grazie, piccolo uccello, grazie!”.
Sfilato il sottile collarino argenteo, Elyon si dirige verso la terrazza che, dalla sala del trono, dà una vista completa dell’antica città di Meridian.
Alza nuovamente il braccio. “Và”.
Lo guarda volare sull’ampio vallone in cui è incassata la capitale, e poi deviare a destra per dirigersi verso i boschi sull’altopiano che la sovrasta, sparendo in lontananza per tornare alla sua semplice vita da uccellino.

Mentre sta guardando ancora il lontano puntino grigio, Miriadel le si avvicina. “Devo dirti il vero, Elyon. Speravo che la prova fallisse”.
“Perché?”. La guarda sconcertata.
“Sarà comunque un viaggio rischioso. Hai provato quel teletrasporto una sola volta. E se ti schiantassi contro le pareti del portale? E se tu non ritrovassi più la strada del ritorno? Tu sei l’ultima della tua stirpe”.
“Mamma…”, tenta di protestare, facendo un gesto di scongiuro dietro la schiena.
“E poi, potresti essere interrogata dalla polizia. Siamo spariti da Heatherfield più di due anni fa senza dare alcuna spiegazione. E che scuse potrai trovare ora?”.
Elyon sbuffa. “Mamma, tra due ore sarò di nuovo qui”.
“E’ una promessa?”.
“Di più”, risponde caparbia. “E’ una profezia”.
Scuote il viso, turbata. “Elyon, non mi piace che tu scherzi su queste cose”.
“Abbiate fiducia, capitano Miriadel”, la rassicura Nagadir. “Le regine del passato sapevano fare questo viaggio, e nessuna si è perduta”.
Deve rassegnarsi. “Va bene, Elyon. Vai. Ah, e salutami le tue vecchie amiche, soprattutto Cornelia”.
La Luce di Meridian ricambia con un sorrisone. “Così mi piaci, sai mà? A proposito, ora ad Heatherfield è marzo, vero?”.
“Mi pare di sì”, risponde Miriadel guardando fuori dal terrazzo.
Quando si volta, vede che Elyon non indossa più l’impegnativo abito regale, ma un completino grigioazzurro di una foggia che non vedeva più dai tempi del loro esilio sulla Terra. “Ah, non farti vedere così dalle guardie. Per gli standard di Meridian, quelle ginocchia in vista sono indecenti”.
“Va bene, mà. Vado e torno”.
Elyon si concentra sulla sequenza di operazioni mentali che daranno il via al teletrasporto, e le ripete sempre più velocemente, finché sembrano fondersi in una sola. Mentre  vede l’immagine della stanza tremolare e svanire, sente ancora la voce di Miriadel: “Solo due ore di orologio! Hai promesso!”.
 

Heatherfield, U.S.A.

E’ una splendida giornata di primavera ad Heatherfield. Dopo l’acquazzone della mattinata, l’aria è fresca e limpida, e il sole sfavillante  crea un piacevole contrasto di caldo e freddo.
“Che splendida giornata per il mio grande ritorno!”, pensa Elyon mentre si guarda attorno. Il colore del cielo, l’odore dell’aria, gli edifici, ma soprattutto la gente, sono come li ricordava dalla sua infanzia, quando credeva di appartenere a questo mondo da sempre e per sempre.
Quando un condominio signorile fa capolino da dietro gli alberi del viale, la sua emozione si fa sempre più forte. Eccola, la casa di Cornelia! Condominio Garden Plaza.
Costeggia la cancellata metallica, guardando il giardino curato e le due torri cilindriche che incorniciano la facciata come un castello delle favole.
Arrivata al cancello, scorre l’elenco dei nomi sui campanelli. Famiglia Hale. Eccolo, è qui! Avrei potuto riconoscerlo a occhi chiusi!
La ragazza fa alla telecamera il suo sorriso più bello.
 

Heatherfield, casa Hale

“Mammaaaaaaa! Il campanelloooooo!”, grida la bambina dal soppalco sopra il soggiorno.
“Lilian, puoi vedere tu?”, risponde la signora Elizabeth dalla cucina.
“No, mamma. Non posso lasciare Sbirulino solo nel bagnetto. Vuoi che anneghi?”.
La donna esce dalla cucina, asciugandosi le mani. “Lilian, il bambolotto non… vabbè”.
Ormai è arrivata al citofono, e guarda il viso che appare nel piccolo schermo. “Mi dispiace, niente pubblicità…. Ma…” . Possibile?
“Signora Hale, sono Elyon. Posso salire?”.
La scruta, incredula. “Elyon? Elyon, proprio tu?”.
Nessuna risposta. Il viso è già scomparso dallo schermo.

Dopo due minuti, la ragazza esce a passo lungo dall’ascensore, con un sorriso larghissimo. “Signora Hale!”.
“Elyon, ma sei tu?”. La guarda con attenzione. “Come sei cresciuta in due anni. Quasi non ti riconoscevo”.
“Cresciuta? Non quanto vorrei”.
“Sembri un’altra. Sei più carina. A parte i capelli”.
“Grazie. Ehm… i capelli? Non vanno?”. La guarda un po’ sorpresa.
“Oh, certo che vanno. Volevo dire che hai tenuto le tue inconfondibili treccine, come da bambina”.
“Si, sono una specie di firma”. Si guarda attorno. “Trovo Cornelia?”.
“Cornelia… oh no, è fuori, e non so neanche bene dove. E’ passato Peter a prenderla, e sai…”.
“Peter? Peter chi…”. Ci pensa un attimo. “Ah, il fratellone di Taranee?”.
“Proprio lui. Un ragazzo d’oro”, asserisce la madre con convinzione.
“Sono contenta. Con Caleb non aveva futuro”.
“Caleb?”. La madre alza un sopracciglio, riconoscendo il nome dei deliri di Cornelia di due anni prima.

“Caleb! Il fiore!” , grida una voce di bambina dal soppalco.
La signora alza il viso. “Lilian, hai visto chi c’è?”.
Sì, ha visto. Sta scendendo le scale a rotta di collo. “Elly! Elly!”.
“Ehhiii!! “. Elyon la accoglie a braccia aperte, e crolla a sedere sul divano sotto tanta spinta festosa. “Ciao Lilian, fatti vedere. Ehi, occhioni azzurri, sei cresciuta alla grande! Aspetto di vederti più alta di Cornelia, un bel giorno!”.
“Elly, mi racconti una storia, come una volta?”.
Elisabeth la richiama con un po’ di cipiglio. “Lilian, non interrompere Elyon, ha tante cose da raccontarci. E non spiegazzarle la gonna!”.
Per tutta risposta, la bambina appoggia la testa sulla spalla dell’ospite. Si vede già chi comanderà in famiglia.
La madre cerca di far passare inosservata la sua piccola sconfitta. “Vuoi qualcosa da bere, Elyon?”.
“Grazie signora”, riesce a rispondere da sopra la testa bionda di Lilian.
“E i tuoi genitori?”, chiede mentre versa una bibita. “Siete scomparsi tutti così improvvisamente…”.
“E’ vero”, assente imbarazzata. “Purtroppo non posso spiegare cosa è successo”.
La signora aggrotta gli occhi. “E ora dove abitate?”.
“Ora… tornerò a frequentare la città occasionalmente. Ho intenzione di riprendere i contatti. A proposito, ho un ricordino per Cornelia”.

Elyon estrae dalla borsa un cilindretto che contiene un foglio arrotolato. Quando viene svolto, questo rivela un acquerello di una città in stile quasi medievale, sovrastata da un castello a cinque guglie.
La signora si aggiusta gli occhiali. “ Lo hai dipinto tu? E’ molto bello, te lo dice una che in mezzo alle opere d’arte ci lavora tutti i giorni!”.
“Grazie signora”, sorride raggiante. “Anch’io ci dedico del tempo”.
Lilian spalanca gli occhioni azzurri. “Elly, cos’è? Il castello di una principessa?”.
“Sì Lilian, è il castello di una giovane regina”.
“Mi piace di più principessa!”.
“Il castello di una principessa, allora. Una principessa di un regno lontano e felice, che possedeva dei favolosi poteri magici e voleva capirli fino in fondo per utilizzarli per il bene”. Elyon entra nel ruolo della vecchina che racconta favole accanto al focolare. “La principessa era circondata da persone che le volevano bene e la consigliavano, ma i suoi poteri erano così grandi che lei stessa ne restava stupita. I suoi amici ed i suoi insegnanti non erano in grado di spiegarle tutto quello che succedeva, così cercò di capire da sola, studiando e provando”.
“Era brava, allora”.
“Si, molto. Fece prodigi, accese nuove stelle nel cielo, cancellò errori… sì, come si fa con la gomma quando si sbaglia a scrivere. Ma ancora la principessa non era soddisfatta, perché non sapeva fin dove poteva arrivare. Allora andò a parlare con delle fatine per chiedere il loro consiglio, ed esse furono dapprima felici di ritrovarla. Dopo un po’, però, le fatine cominciarono ad invidiare e temere il potere della principessa...”.
Lilian si stava appassionando alla favola, ma l’ultima frase la turba. “Elly, ma era cattiva la principessa, o lo erano le fatine?”.
Ora anche Elyon sembra turbata. Ha perso la sua aria compiaciuta e gioca nervosamente con le trecce.  “Oh Lilian… nessuna era cattiva, solo… qualche volta, la gente non si capisce. Ma non temere, questa storia andrà a finire bene”.
“Elyon, se posso, vai ancora a scuola?”, chiede la signora.
“Sto studiando privatamente. In tempi recenti ho divorato anche libri di fisica, di biologia e di genetica, ma erano tutti vecchi, di più di vent’anni fa”.
Lilian alza un sopracciglio. “Mamma, cosa sono le cose che dice Elly?”.
“Buona, tesoro. Elyon, come mai questi interessi così insoliti?”.
“Un anticipo sull’università”. Si stringe nelle spalle. “Sono venuta a Heatherfield anche per cercare nuovi libri aggiornati, e per comprare un computer portatile. Mi servirà per raccogliere gli appunti”. Alza gli occhi verso l’orologio a muro. “Ora però devo andare. Signora, ripasserò molto presto”.
“Ciao Elyon. Sarai la benvenuta”. Elizabeth si alza in piedi.
Lilian non si rassegna facilmente. “Elly… mi disegni una fatina?”.
Elyon le accarezza la testa. “Promesso, principessa. Ma non ora. Arrivederci”.
 

Heatherfield, centro città

Poco dopo, Elyon attraversa le vie del centro, piene di ricordi.  Il PC World è vicino. Eccolo là, dopo l’agenzia di viaggi.
Come una volta, sbircia ancora dalla vetrina per individuare il commesso.
Sì, è ancora lui. Coraggio, Luce di Meridian.

“Buongiorno”, cinguetta avvicinandosi al bancone.
“Buongiorno, signorina”, risponde il giovanotto che in giorni lontani lei ha ammirato spesso dalla vetrina.
Lo guarda civettuola. “Vorrei vedere di un computer portatile”.
“Ecco, gliene prendo uno che abbiamo in offerta” . Il commesso si allontana verso la vetrina.
Elyon, in uno sforzo di disinvoltura, nota un computer a torre appoggiato sul banco vicino. Preme il bottone di accensione, e la macchina si avvia.
Vede il commesso ritornare con in mano un oggetto simile ad una valigetta. “Mi sono permessa di accenderlo”, dice indicando lo schermo illuminato che si sta animando di finestrelle.
“Può interessarle quello, signorina?”.
“No, vediamo il portatile”. Trattiene il fiato mentre il commesso lo apre, mostrando lo schermo e la tastiera. “Che belloo, mi spiega un po’?”.

Dopo una mezz’ora di spiegazioni intervallate da “Ma noo”, “Bellissimoo”, “Ma quante cose che sa lei”, Elyon si decide. “Mi ha convinto. Lo prendo”.
Il commesso lo spegne e ripiega lo schermo. “Glie ne do uno inscatolato…”.
Lei gli fa un largo sorriso. “Lei non ha obiezioni se prendo questo già pronto all’uso, vero?”.
Al suo sguardo esitante, insiste. “La prego! Io non ho pratica di come caricare un sistema operativo. Sia gentile…”. Lo guarda negli occhi, languida.
Lui si arrende. “Va bene, signorina. Lo prenda pure”. Inizia ad inserirlo in una valigetta, assieme ai manuali ed agli accessori.
“Grazie”, sorride radiosa Elyon quando le mette in mano la valigetta completa. “A proposito, accettate questo medaglione d’oro come pagamento?”. Gli mette davanti agli occhi un gioiello scintillante.
Il commesso esita, osservando i riflessi sulla superficie ben cesellata. “Ecco, signorina… veramente no. Possiamo accettare contanti, carte di credito, assegni… ma questo no”.
“Ma io non ho valuta”, protesta costernata Elyon. “E poi, vale senz’altro di più dei milleseicento dollari che mi chiede!”.
“Mi dispiace”. L’uomo la guarda severo. “Perché non torna accompagnata dai suoi genitori, per un acquisto così importante?”.
“Perché sono nell’altro mondo”, risponde lei con naturalezza.
"Oh...". Resta confuso un attimo. “Mi dispiace. Comunque non posso”.
Elyon lo guarda fisso negli occhi. “Lei è stato gentilissimo, fino ad adesso. Non vorrà deludermi, no?”.
“No….”, risponde lui, senza riuscire a staccare lo sguardo.
“Lei è gentile, disponibile. Lei sa di essere così. Lei sa come fare uscire i clienti con il sorriso sulle labbra, vero?”.
“Vero…”. Il commesso è perso dentro gli occhi grigi della Luce di Meridian.
“Lo sapevo. Lei è un signore. E, anche se non ho dollari, lei non esiterà ad accettare questo medaglione d’oro come pagamento, giusto?”.
“Giusto…”, risponde ancora, senza muovere gli occhi dai suoi neanche per guardare l’oggetto lucente che Elyon gli depone davanti.
“Grazie. E’ un grande piacere trattare con lei. Lei sa rendere le cose facili. Saprò sempre di poter contare sulla sua gentilezza”. Elyon prende sottobraccio la borsa e la accarezza, come farebbe una bambina con un regalo desiderato a lungo. “Grazie. E’ splendido!”.
“Splendido”, ripete l’uomo con un sorriso ebete. Non batte ciglio neanche quando la borsa sotto l’ascella della ragazza svanisce nel nulla.
“La saluto. Grazie ancora”. Incamminandosi verso l’uscita , Elyon si volta ancora per sorridergli. “Lei è molto gen…”.
BONK! La Luce di Meridian si schianta rovinosamente contro la porta a vetri.
Il commesso riprende subito la sua attenzione. “Signorina! Si è fatta male?”.
“ Ohiii… cioè, oh, non è niente”, minimizza con un sorriso ed un gesto noncurante, che non fanno bene il paio con la mano sullo zigomo. Ohchescemachescema…

Appena lei è uscita, il computer a torre che aveva acceso si spegne da solo.
Incuriosito, lui si avvicina ed osserva, senza capire.
Come ha fatto ad accendersi, se non era collegato alla presa?
 

Heatherfield, davanti al Garden Plaza

Il sole sta calando quando una ragazza bionda e longilinea, accompagnata da un ragazzo dalla pelle scura ed i capelli rasta, si ferma davanti al cancello del condominio.
“Ci salutiamo qui, Peter?”, chiede Cornelia con uno sguardo che sembra sottintendere un’altra risposta.
“Magari ti accompagno fin su a casa?”, chiede lui speranzoso, sfiorandole gli splendidi capelli lunghi e lisci.
Improvvisamente dal citofono arriva la voce della madre. “Ciao ragazzi, forse vi interessa sapere che a casa ci sono io con Lilian”.
“Oh, mamma”, sussulta Cornelia.
“Buonasera, signora Hale!”. Il ragazzo fa un largo sorriso di circostanza alla telecamera.
“Saliamo subito, mamma. Due minuti. Mi accompagni fino di sopra, Peter?”.
“Certo”.

Percorrendo i viali interni del giardino, Cornelia gli fa presente: “Dobbiamo ricordarci della telecamera. Non era il posto adatto per… sentirsi soli”.
“Magari l’ascensore…”, suggerisce Peter , alzando gli occhi alla ricerca di altre telecamere mentre varcano il portone dell’atrio.
“Magari…”, sussurra Cornelia tra i denti.

Una vicina poco simpatica sta già attendendo davanti alla porta, premendo nervosamente il bottone di chiamata. “Oh, signorina Hale. Sa, quando ero giovane, le ragazze per bene non andavano da sole in ascensore con i giovanotti!”. Soprattutto se negri e con i capelli da selvaggio, aggiunge la sua smorfia.
“Quando era giovane, signora Boringley, forse non esistevano gli ascensori”, risponde piccata Cornelia. “Vieni, Peter, hai voglia di farti qualche rampa di scale a piedi?”.
“Nessun problema. Andiamo”.
Lasciano la vicina a rugnare sull’ascensore. “Sempre occupato! Neanche fosse un albergo…”.

Dopo due rampe, Peter si guarda intorno. Dove si può stare un attimo tranquilli? Sul pianerottolo? No… non davanti alle porte.  Sulle scale?
Lei sorride, indovinando i suoi pensieri. “Peter, lascia perdere. Mia madre starà cronometrando il tempo che impiego a salire”.
Arrivati al piano di casa, vedono una Lilian molto soddisfatta di sé che sta tenendo occupato l’ascensore con un piede sulla sua porta.
“Ciao Corny. Ciao Peter. Come mai siete saliti a piedi?”. Finisce la frase con un sorriso soave.
La sorellona ricambia il sorriso. “Brava, continua pure a tenere occupato l’ascensore. Forse vedrai salire a piedi anche la signora Boringley”.

La madre si sporge sulla soglia con cipiglio. “Lilian, cos’è che stai facendo?”.
La bambina, presa in castagna, toglie il piede dalla fotocellula. L’ascensore si chiude e parte obbediente verso il piano terra.
“Ecco, Lilian, ora sono cavoli tuoi!”, sogghigna Cornelia alla sorellina che rientra in casa, seguita dallo sguardo ilar-minaccioso della madre.
“Peter, vuoi entrare?”, chiede la signora.
“Grazie signora. Lo farei di cuore. Ma ho un impegno. A domani?”.
“A domani, Peter”. Cornelia saluta con un sorriso.

Appena rientrate, Lilian corre verso il tavolino del soggiorno, e torna trionfante mettendo davanti agli occhi di Cornelia un trofeo.
Riguadagnata la distanza per mettere a fuoco, la ragazza trasale, riconoscendo la sagoma del palazzo reale di Meridian. “Cosa vuol dire?”. Guarda interrogativa la madre sorridente.
“Che abbiamo avuto una visita inattesa. Questo pomeriggio è venuta Elyon a cercarti”.
“Elyon?!?”. Cornelia resta senza parole. Elyon dopo anni… e lei era fuori! “Raccontami tutto, dall’inizio! Cosa aspetti?”.

Dopo il racconto della madre e le interruzioni di Lilian, Cornelia riflette, seduta sul letto nell’intimità della sua camera.
Elyon è tornata.
Ellie, la migliore amica della sua prima adolescenza, la compagna di classe e di giorni passati che ora sembrano ancora più felici. Di Elyon si può dire tutto ed il contrario di tutto, ma non ha smesso di pensarla come la sua amica più cara.
Apre il cassetto dove conserva i suoi album di fotografie, e ne sfoglia uno a caso. È difficile trovare una pagina dove non appaiano insieme almeno in una immagine sorridente. Ricorda con rimpianto i suoi sguardi fiduciosi, le confidenze in un orecchio, la sicurezza che le dava e che ne riceveva. Nessun’altra persona è riuscita a farla sentire più importante.
 

Heatherfield, casa Vandom-Collins

Che stufa di questa matematica. A cosa servono gli studi di funzione, se i prof non capiscono neanche quando siamo al limite?
Una Will annoiata sta sfogliando un testo scolastico, sperando che alla conoscenza piaccia entrare nella testa attraverso gli occhi. Chissà perché non funziona così…
Sente squillare il telefono. Si copre le orecchie. Ecco, prof, se non sono riuscita a studiare è perché il telefono suonava ogni momento.
La voce di un altro prof irrompe nella sua depressione serale. “Will, c’è Cornelia per te!”.
“Grazie… Dean”. Non sempre le è facile chiamare per nome il suo insegnante.
Non riesce neanche ad immaginare di chiamarlo papà, anche se ha sposato sua madre Susan.

“Ciao Cornelia ... Sì? Elyon?... Davvero? Whow! Questa è una grande notizia!... Correre da te? Lo farei subito. Però lo sai, c’è aria di verifica per domani. Puoi convocare tutte a casa tua per le tre?”.
Riabbassando il telefono, Will guarda persa oltre il libro, oltre la mensola popolata dai pupazzi ranocchiformi che le sorridono con occhi fissamente vivaci.
Elyon: sua compagna di classe per due brevi giorni di un autunno passato, e aliena che viveva in esilio ignorando le sue stesse origini. Nemica mortale, e amica ritrovata. Perfida ingannatrice, e vittima lei stessa di un inganno crudele ordito dal fratello e dall’uomo che forse amava. Orfana dalla nascita, ed ultima della sua stirpe. Ragazzina insicura, e Luce di un mondo in cui realtà e magia si compenetrano.
Come avrà fatto a tornare? Dai tempi dei varchi sulla muraglia, nessuno era mai passato dal metamondo a Heatherfield, se non attraverso la fortezza di Kandrakar, al centro dell’infinito.
Ridicolo, pensa: era molto più facile passare direttamente tra i due mondi quando c’era la muraglia, con le sue brecce aperte da una magia ostile. Ciò che la ha sostituita assomiglia ad un immenso, invalicabile vuoto.
 

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Capitolo 2
*** vecchie amiche ***


2-Vecchie amiche  
Questa è la riscrittura del capitolo 2, che pubblicai nel 2006. 
Credo di avere reso meglio azioni e dialoghi, eliminando inoltre alcune parti che legavano male con il resto della storia.
Approfitto per ringraziare Melisanna per la sua recensione alla prima versione della prima puntata. : )

Profezie


 
Riassunto della prima puntata
Dopo aver messo a punto un metodo di teletrasporto idoneo, Elyon, la giovane Luce di Meridian, torna a cercare la sua vecchia amica Cornelia ad Heatherfield, la città dove ha vissuto in esilio la sua infanzia. In casa trova solo la madre Elizabeth e la sorellina Lilian. Alle loro domande sulla scomparsa sua e della sua famiglia, due anni prima, Elyon può dare solo risposte evasive.

Cap.2

Vecchie amiche
(versione riscritta dell’Ottobre 2008)



Heatherfield, casa Hale

I gatti, si sa, adorano i gomitoli di lana. Napoleone non fa eccezione. Cosa c’è di più bello che prendere a zampate un morbido e caldo gomitolo che si lascia dietro una scia rosa sul suo percorso? E la soddisfazione di osservare la ragnatela di fili di lana che si stende tra le gambe dei mobili in tutta la stanza?
Qualcuno sta per entrare. Il gattone grigio sa che questo prelude ad un brutto quarto d’ora. Corre sotto il letto, afferrando quanto resta del gomitolo.
La voce di una bambina rimbomba, attutita da una cortina di coperte. “Napoleone! Che disastro!”.
Il gatto si accuccia silenzioso. Per milioni di volte da quando esistono i gatti ed esiste il mondo, questa mossa ha permesso di salvare la pelliccia. Però stavolta sembra non funzionare.
Le rassicuranti coperte vengono scostate, e un occhio enorme scruta attraverso lo squarcio.
“Lascia il gomitolo!”, grida Lilian.
Chissà come ha fatto a scoprirlo subito?
L’altra cosa che ha salvato la pelliccia ai gatti è il loro scatto. Napoleone balza fuori dal rifugio sotto il letto, e con due balzi si porta sopra la libreria, ancora con il trofeo in bocca.
Ma, ormai, neanche questo posto è sicuro. Lilian si sta accostando su una grande sedia d’assedio.
Il gatto balza giù ed esce dallo spiraglio della porta socchiusa. Sta per assaporare la salvezza…. ma il suo trofeo gli svanisce dalla bocca.
Sorpreso, si ferma a guardare indietro. Dov’è andato il morbido gomitolo? Dietro di sé vede solo un filo di lana.
“Napoleooone! Disastro! Aspetta che la mamma veda…”.
Il gatto cerca la salvezza sulla balaustra del soppalco. Sotto di lui vede che la padrona di casa sta intrattenendo delle ospiti.
 

Cornelia, seduta sul bracciolo del divano, sovrasta sua madre che sta pazientemente raccontando la storia di Elyon per la terza volta. Davanti a lei, vede gli occhi attenti delle sue quattro amiche: Will, Irma, Taranee ed Hay Lin. In breve, le W.I.T.C.H.
“… e questo è tutto, ragazze”, conclude la signora Elizabeth. “Non ha voluto dirmi niente di dove e perché si sono trasferiti”.
In quel momento, un trillo del campanello le fa voltare tutte verso l’ingresso.
Cornelia corre al citofono. Fa che sia lei…  “Chi è?”.
Sullo schermetto le appare un enorme sorriso sfocato a trentadue denti. Poi il soggetto si allontana e l’immagine si chiarisce.
“Ellie!”.
“Ciao Corny”, gracchia la vocina del citofono.
“Ellie… Sali! Siamo tutte qui per te!”. Si volta verso le altre con un sorriso radioso. “Sta arrivando!”.
“E’ lei!” “Che tempismo” “Non vedo l’ora!”.
Cornelia apre la porta dell’appartamento, e trasale. Trova l’amica già lì, con il dito alzato verso il campanello. “Ma…”.
“Sorpresa!”, grida Elyon, abbracciandola. “Oh, Corny, sapessi quanto mi sei mancata!”.
“Ma….”. La stringe anche lei, e le sussurra nell’orecchio: “Ellie cara, c’è anche mia madre. Ti prego, non fare stranezze”.
“Oh! Ricevuto!”, le risponde sciogliendosi dall’abbraccio.
Cornelia la prende per mano, scortandola verso il soggiorno, dove le amiche la aspettano con grandi sorrisi. “Elyon!”   “Benvenuta!”.
Irma si alza per andarle incontro. “Ehi picc…”. La riguarda. “Ma non sei più mica tanto piccoletta”.
“Irma cara! Il tempo fa giustizia”, le risponde lei.
“Lasciami solo il tempo di trovarti un altro soprannome…”, ribatte, tirandole una treccia.
“Sei cresciuta alla grande”, dice Hay Lin, misurandosi. “Sei diventata alta quasi come me in poco più di un anno…”.
“In più di due anni”, la corregge Will con una gomitata discreta. Con un’occhiata, cerca di ricordarle che non possono rivelare alla signora Hale le circostanze del loro precedente incontro con Elyon.
“E’ l’età, ragazze”, commenta Elizabeth. “Ci si addormenta bambine e ci si sveglia signorine!”.

Dall’alto della scala si sente una vocina: “Elly, mi hai portato il disegno della fatina?” .
Lilian scende con in braccio un Napoleone per niente consenziente.
“Piccolina!”, strilla Elyon a braccia aperte. “Sì, ce l’ho lì”. Indica un blocco da disegno appoggiato sul tavolo, che nessuna aveva notato prima, e lo apre.
“La fatina!” , urla Lilian entusiasta. “Bellissima!”. Rimira la figura di una bambina simile a lei, vestita con una calzamaglia a righe verdine e azzurre e con due alette orlate di nero.
Le guardiane in incognito si scambiano sguardi interrogativi.
“Ho qualcosa anche per voi, amiche! Cornelia…”. Le porge un altro acquerello.
“Bello!”, risponde la Signora della Terra, scrutandolo con attenzione; si stupisce un po’ di non riconoscere i fiorellini gialli simili a campanule. “Cos’è questa pianta?”.
“Si chiamano Konnestras.  Crescono nel mio giardino, ma non hanno equivalenti su… da queste parti”.
Le ragazze notano l’occhiata interrogativa della signora Elizabeth. A quanto pare, questo nome esotico non trova corrispondenze nella sua cultura botanica.
“Taranee. Questo è per te! Il tuo elemento!”. Elyon le porge un acquerello che rappresenta fiamme e braci in un caminetto.
Taranee lo guarda con attenzione. Il contrasto tra i colori quasi fluorescenti delle fiamme e lo sfondo scurissimo lo fa sembrare molto luminoso. “Grazie. Sembra acceso!”.
“Vero?”. Elyon annuisce compiaciuta. “Per te, Hay Lin, c’è un doppio senso”.
“Un’autostrada medievale?”, chiede sorpresa Irma guardando il foglio.
Hay Lin la squadra con compassione. “No, genio, questa è la grande muraglia cinese”. Ammira il piccolo dipinto. “Chissà come piacerà a mia nonna. Lei mi raccontò di averla vista con i suoi occhi, da giovane”.
La signora Hale la scruta, sempre più spiazzata. “Tua nonna…. Hai un’altra nonna?”.
Hay Lin serra i denti. Si è tradita per la seconda volta.  “No…”.  Lo sguardo severo con cui Will la gratifica le dà un’idea. “Scusi, ho sbagliato ad esprimermi. Sa, mi rivolgevo a Will ed ho fatto confusione”.
Elyon richiama l’attenzione. “Irma, guarda qui. Ti piace la cascata? Anche questa si trova nel mio giardino”.
“Bellissima!”. La guardiana dell’acqua le ammicca. “Una scelta casuale?”.
Gli sguardi della signora Hale sono sempre più interrogativi.
“Will, manca ancora il tuo”. L’ultimo dipinto viene estratto  dal blocco.
“Il mio ghiro!”. Will prende delicatamente il foglio tra le mani. “Che ricordo…”. Il momento di commozione viene interrotto da un dubbio. “Elyon, come sapevi di lui?”.
L’artista le strizza l’occhio, compiaciuta. “Non dirmi che non ci hai pensato spesso!”.
La signora Hale si schiarisce la voce. “Elyon, mi sembra che, a distanza di due anni, voi abbiate ancora un sacco di segretucci in comune. Magari avete frequentato amici in comune, come quel… Caleb?”.
Gli sguardi delle ragazze le fanno sospettare di avere centrato il segno.
“Vecchie storie”, taglia corto Cornelia.
“Che non mi hai mai raccontato”, sottolinea la madre.
“Perché non c’è niente da raccontare!”, si inalbera la ragazza. Per un attimo, le due si fronteggiano come due immagini allo specchio.
“Non si preoccupi, signora, sono segretucci tra ragazze”, interviene Elyon, sentendo l’elettricità nell’aria.
Osserva la signora. E’ bastato questo? Forse no. “Sa, a me piace stupire. Ho imparato qualche gioco di prestigio”. Si rivolge alla piccola di casa Hale. “Ed ora, Lilian, hai mai visto un numero di magia?”.
“Siii. Il coniglietto dal cappello!”.
“Ne vedrai uno nuovo. Chi può prestarmi una moneta?”.
“Ce l’ho io”. Will cerca nelle tasche dei suoi jeans, estraendo chiavi sfuse, biglietti ripiegati ed un ranocchio di gomma. “Eccola”, esclama al termine di una ricerca sempre più affannosa.
“Grazie Will, te la renderò con gli interessi”. Guarda la bimba negli occhi, tanto da vicino che alla piccola viene quasi da ridere. “Allora, Lilian. Ti ricordi la principessa del regno lontano? Era diventata molto brava. Guarda cosa sapeva fare…”.
L’espressione di tutte passa dal curioso allo sbalordito quando, dopo essersi rigirata un po’ il dollaro tra le mani, Elyon le chiude e lascia cadere sul tavolo, una dopo l’altra, uno sgocciolio di monete uguali e tintinnanti.
Dopo la sorpresa iniziale, Lilian sembra delusa. “Elly, e il coniglietto dov’è?”.
“Coniglietto?”. La grande maga resta in dubbio. “Ah, forse in qualche cappello della tua sorellona…”.
L’interessata interviene con cipiglio: “Lilian, non chiedermelo! Nessuno dei miei cappelli è disponibile per diventare il tuo allevamento di conigli!”.
La faccia della bambina si deforma in una smorfia di sofferenza e disperazione. “Maaaammmaaaa…”.
“Lilian, pensa a Napoleone”, le risponde con pazienza. “Cosa direbbe di dover dividere la casa con un coniglio?”.
“Sarebbe felice. Aspetta, te lo dirà lui stesso. Lo vado a prendere”.
Sarà per le parole, sarà per lo sguardo di Lilian carico di intenzione, il gattone si allarma e cerca di defilarsi al piano di sopra.
“Napoleoooneeee!”. La bambina lo insegue su per le scale, ed entrambi spariscono oltre una porta aperta.
“Figlie”, sospira Elizaneth.
“Grazie, mamma”, risponde Cornelia indispettita. “Amiche, che ne dite di un giro in centro? Qui si sentono fin troppo i gracidii del rosp… di Lilian”.
Elyon sorride, entusiasta dell’idea. “Venite a mangiare un gelato? Offro io!”, dice soppesando il piccolo tesoro sgorgato dalle sue mani.

Will è rimasta sulle spine fin dall’inizio dell’incontro. Appena nell’ascensore, approfitta per parlare chiaro. “Elyon, non offenderti, ma devo dirtelo. In dieci o quindici minuti hai dato fin troppe impressioni di stranezze. Bastano per una vita”.
“Stai attenta ad attirare la curiosità della gente”, aggiunge Taranee. “Magari tu hai poco da perdere se salta la tua copertura, torni a Meridian e cucù, ma noi dobbiamo vivere qui. Non fare in modo che ci pongano domande alle quali non possiamo rispondere”.
“E se ci si mette anche Hay Hey con le sue gaffes…”, aggiunge Irma con un sorrisino allusivo.
“Poteva capitare a tutte”, minimizza l’imputata, ricambiando con un’occhiata storta.

Le porte si aprono al piano terra, mettendole faccia a faccia con una anziana che parlotta tra sé, irritata. “…una povera donna che…”.
“Buongiorno, signora Boringley”, la saluta Cornelia con un sorriso affettato.
“Ah signorina Hale! Dovevo sapere che aveva a che fare con tutti questi ritardi. L’ascensore non è suo o delle sue strane amiche, sa?”.
“Signora, le assicuro che Lilian questa volta non c’entra”, si giustifica Cornelia.
“Ah, allora le altre volte era lei!”, sbotta la Boringley.
La ragazza stringe i denti. Si sente qualche risolino soffocato.
Irma le si accosta, e le sussurra: “Brava Corny io-so tutto. Scommetto che al ritorno troverai un po’ di maretta in famiglia!”.
“Avevo bisogno di udirlo da te, cara Irma!”, le risponde con un sorrisino tra i denti .
Appena uscite le ragazze, la signora prende posto nell’ascensore con un’espressione di fastidio.
Elyon si volta indietro: “Signora, forse è lei che non sa premere bene il bottone”.
“Signorina, mi prende per stupida?”. Detto fatto, preme ripetutamente il bottone del secondo piano, senza effetto. “Ma perché non parte? Stupido ascensore!”, grida frustrata, mentre le ragazze si allontanano.
 

Heatherfield, gelateria Golden

“Eccoci, Dotty!”, prorompe Irma con allegria entrando nel loro locale preferito. “Le fantastiche cinque sono diventate le fantastiche sei”.
“Sei volte fantastico”, risponde la cameriera con un sospiro entusiastico.
“Brava, Irma, invita anche i giornalisti”, le sussurra Cornelia, non del tutto scherzosa. “Non vedi che il capo è sulle spine?”.
Will stringe i denti. “Il capo, chi?”. Non è entusiasta di mostrarsi con Elyon in un locale in cui sono così conosciute, ma la loro ospite ha insistito: ha cominciato a parlarle di pomeriggi andati, di risate fatte attorno a quei tavoloni, di ragazzi sbirciati attraverso le grandi vetrate curve sulla piazza, finché la Guardiana del Cuore ha dovuto capitolare.
Adocchia il tavolo più isolato. “Lì parleremo un po’ più liberamente”.

Poco dopo, appena allontanata la cameriera con le ordinazioni, Elyon strizza l’occhio a Will. “Sei rimasta silenziosa per tutta la strada. A cosa stai pensando?”.
“A quello che dicevamo in ascensore”. Si allunga sopra il tavolo per parlarle da vicino. “Elyon, sono un po’ preoccupata. Ora che ti sei fatta vedere, è probabile che ti faranno, o ci faranno, un sacco di domande”. Si gira verso Irma, accanto a lei. “Tuo padre ha preso parte alle indagini. Cosa dirà sapendo che sei uscita con la scomparsa Elyon Portrait?”.
Irma scuote le spalle. “Potrei non dirglielo…”.
“E’ facile che lo venga a sapere da mia madre”, fa presente Cornelia. “Forse sospetta anche che ci siamo viste in questi due anni”.
Elyon, imperturbabile, suggerisce: “Dite che vi ho solo accennato che mio padre lavora per il governo, ed è tutto top secret. Non sapete nient’altro”.
“E’ una bugia fragile”, fa notare Will.
“La saprò sostenere in modo convincente”, afferma convinta Elyon. “Se vi chiedono di cosa abbiamo parlato, rispondete che abbiamo rivangato i bei tempi andati e parlato di ragazzi”. Sorride a Cornelia, al suo fianco. “A proposito, Corny, tua mamma mi ha accennato di Peter”.
“Sì”, sorride Cornelia un po’ timidamente. “Ti racconterò…”.

Una domanda resta nell’aria per un attimo. Alla fine, è Irma a formularla: “E che ne è del bel Caleb?”.
Se la questione era rimasta in sospeso, un motivo c’era. Il viso di Cornelia si rabbuia un attimo, ma poi riprende un sorriso teso. Anche Elyon ha un momento di ombra. Le due si studiano un attimo, imbarazzate.
Cornelia è la prima a parlare: “Ellie, se c’è qualcosa tra voi, per me non c’è problema, lo giuro. Me ne sono fatta una ragione da molto tempo”.
“Grazie, cara”, risponde l’altra con un sorriso mesto. “Purtroppo le cose sono un po’ difficili. Meridian è un altro mondo, e non proprio un mondo delle favole. Ha modi di pensare ai quali faccio fatica ad adattarmi”.
“Mi dispiace. Ormai davo per scontato che foste felici assieme”.
“Senti, Corny, magari ne parleremo a quattr’occhi? Scusate, ragazze”.
Cornelia annuisce.

Irma non aveva previsto l’imbarazzo provocato dalla sua domanda. “Scusa, piccoletta”.
“Di niente, Irma. Raccontami qualcosa di bello. Qualcosa che non so”.
Irma ci pensa un attimo. Qualcosa che non sa… “Hai sentito che Cedric è morto?”.
Gli sguardi di tutte le amiche la fulminano.
“Morto?”. Elyon impallidisce.
“Irma colpisce ancora!”, sfreccia Cornelia. “Un giorno dovrai spiegarmi come fai a trovare sempre la cosa più inopportuna”.
Davanti allo sguardo interrogativo di Elyon, Will cerca le parole più brevi per raccontare un’avventura che le ha lasciate con tanto amaro in bocca.
“L’Oracolo ha mandato qui  Cedric per farlo redimere. Lui, invece, ha cercato di vendicarsi. Poi, però, si è innamorato di Orube, e si è sacrificato per salvare lei. Insomma, è morto facendo l’unica cosa buona della sua vita”.

Elyon è rimasta pietrificata.
Cornelia la scuote delicatamente. “Ellie, come lo ricordi?”.
Lei esita a lungo prima di rispondere. Quando lo fa, ha un tono amaro che fanno fatica a riconoscere. “Lo ho odiato. Lo ho odiato perché mi ha ingannata, ha tradito la mia fiducia. Perché… perché lo sapete!”. Silenzio. “Però è la persona che mi ha rivelato chi ero. Che mi ha iniziato ai poteri. Che mi ha riportato… da dove vengo”. Tira su di naso. “E che mi aveva dato l’impressione di…”. Si interrompe. La ferita non è ancora rimarginata.

Irma apre la bocca per dire qualcosa, ma viene fulminata da un’occhiata di fuoco di Taranee.
Elyon alza gli occhi, come se avesse sentito.
Taranee se ne accorge subito. “Scusa, Ellie, ma…”., si guarda attorno circospetta, “… ma anche tu riesci a leggere i pensieri?”.
“Sì”, deve confermare lei, stupita. “Come te ne sei accorta?”.
“Hai reagito alla battuta di Irma come se la avesse detta davvero”. Le lancia un’occhiata penetrante. “E solo ora mi sono accorta che riverberi le mie parole un attimo prima che io le pronunci”.
“E’ vero”, annuisce Elyon.
“Un nuovo club nel club”, scherza Irma con una punta di invidia. “Ah, piccoletta… era davvero così brutta la battuta che non ho detto?”.
“Ma che dici, cara?. Era… degna di te”.
“Grazie”, risponde soddisfatta Irma, ignorando altri sorrisini. “E hai anche qualche forma di… come dire, di conoscenza del futuro?”, chiede. “Sai, a me è successo di avere visioni inquietanti in specchi d’acqua”.
“Una faccia grassoccia con gli occhi verdi?”, suggerisce Cornelia con un vago sogghigno.
Elyon non fa caso allo scambio di occhiatacce e pedate sottobanco tra le due. Dopo un attimo combattuto, risponde: “Sì. Purtroppo sì, e non ne sono così entusiasta”.
Will dà voce agli sguardi preoccupati delle amiche: “Puoi parlarcene?”.
“E’ una cosa che succede quando meno me l’aspetto. Talvolta, quando parlo senza fare attenzione, mi capita di dire qualcosa di non voluto, come uno strafalcione. Oppure, di disegnare come in trance qualcosa a cui non avevo pensato prima”. Studia un attimo le loro reazioni. “Appena succede, ho una sensazione strana, come di dejà vu, e la sicurezza che accadrà realmente”.
“Sono solo sensazioni?”, chiede Will inquieta.
“Molte di queste si sono realizzate nei più piccoli dettagli”.
“E le altre?”.
Elyon esita prima di rispondere. “Credo che prima o poi si realizzeranno tutte”.
Hay Lin spalanca gli occhi, impressionata. “Non ti spaventa?”.
“Talvolta sì. La maggior parte degli avvenimenti visti finora, però, non sono affatto spaventosi”.
Hay Lin ha la fortissima sensazione di essere davanti ad una mezza verità. “E altri, invece…”.
“Cos’è che ti ha turbata?”, le fa eco Taranee.
Lo sguardo di Elyon si perde lontano. Alla fine, tira fuori dai denti: “Il ritorno di una tirannia a Meridian”.
Restano tutte a guardarla in silenzio, mentre gioca nervosamente con le trecce.

“I vostri milk-shakes”. Dotty si avvicina con aria sbrigativa, e depone davanti a loro dei grossi bicchieroni colmi, da cui traballano cannucce sgargianti e variamente sbilenche. “Ah, ricordate, qui non si fa credito”.
Elyon inarca un sopracciglio, mentre la guarda tornare al banco. “Fa così con tutti? Una volta era diverso”.
Ecco un motivo in più per non venire proprio qui, sembra dire Will con uno sbuffo.
“Essere magiche ha il suo prezzo”, sospira Taranee.

“Raccontaci di più sulla tirannia”, insiste Will.
“Difficile. Le profezie sono tutte vaghe”, risponde pensierosa giocando con la cannuccia. “E’ come un principio: non ti danno mai abbastanza informazioni da poterle rendere false”.
Hay Lin alza gli occhi dal suo milk-shake. Ha avuto ancora la sensazione di qualcosa detto a metà.
Taranee cerca di interpretate: “Vuoi dire che, per esempio, se uno sapesse di morire in un certo giorno e un certo luogo, potrebbe invalidare la profezia evitando di trovarsi lì nel momento indicato?”.
Hay Lin aggiunge: “In questo modo, non si saprebbe mai se era una vera profezia o una semplice fantasia”.
“Bell’esempio”, conviene Elyon. “Ho scoperto che la precognizione è stato un dono di tutte le regine Escanor. Sto cercando racconti su come loro abbiano affrontato situazioni del genere in passato”.
“La tirannia di Phobos non è una risposta sufficiente?”, chiede Irma.
Stavolta nessuna gomitata, solo un incrociarsi di sguardi preoccupati.
Cornelia prende la mano di Elyon. “Se dovesse succedere davvero, saremo a combattere al tuo fianco, non dubitarne! Con o senza il permesso dell’Oracolo”.
“Lo so, Corny”, sospira la Luce di Meridian con uno sguardo indecifrabile.

Dopo un attimo, riprende una discreta imitazione di un sorriso. “Ora vi racconterò di un altro progetto che sto cullando da tempo. Voglio fare qualcosa per far sviluppare il metamondo con alcune delle tecnologie che sono così utili sulla Terra”.
Hay Lin chiede: “Intendi elettricità, trasporti, ospedali?”.
Taranee aggiunge: “Scuole, giornali, biblioteche pubbliche?”.
Irma mette la ciliegina: “Concerti rock?”.
“Eccola!”, sorride Cornelia. “Il nostro genio sa ben consigliarti sulle priorità!”.
Elyon torna a sorridere. “Sì, qualcosa del genere. Un mondo con più sicurezza, più benessere, che non si basi solo sulla magia o il lavoro muscolare”. Riflette un attimo. “Sto cercando di decidere da dove iniziare, perché tutte queste cose sono interdipendenti”.

Si interrompe, notando un vocio alle spalle e lo sguardo di disappunto che Will vi indirizza. Un gruppo di ragazzi sta prendendo posto nel tavolo accanto al loro.
“Cambiamo discorso”, dice con un tono allegro. Estrae dalla borsetta il blocco da disegno.
“Oh, sì, altri schizzi!”, gioisce Hay Lin. “Vediamo i tuoi capolavori…”.
Will serra i denti e suda freddo. Il blocco è più grande della borsetta da cui è stato estratto. Prega tra sé che nessun estraneo lo abbia notato.
La biondina apre il blocco, mostrando il ritratto a matita di un uomo giovane. “Corny, ti ricorda qualcosa?”.
Cornelia si studia bene il ritratto, spostandosi una ciocca di capelli dal viso. “Carino. No, non lo riconosco”.
Espressione finto-delusa. “Come, non ti ricordi il negozio di informatica PC World?”.
“Quello… Ah, sì, quello dove ti fermavi sempre a sbirciare il commesso dalla vetrina?”. Riguarda il ritratto. “E’ lui?”.
“Shhh! Ma che racconti in giro?”, sibila, mentre le dà una gomitata scherzosa. “Sì, proprio lui”.
“E’ il ritratto del futuro re di Meridian?”, chiede Irma ironica.
La regina scuote il viso. “Acqua passata, e da molti anni. Ieri mi ha solo venduto un computer. Ma me lo avrebbe anche regalato, se avessi voluto”.
“Hai fatto così colpo, Ellie?”, chiede Cornelia scherzosa.
“A mio modo!”, sorride lei enigmatica, mentre si alza dal tavolo.
 

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Capitolo 3
*** Dimenticare assieme ***


profezie cap.3: dimenticare assieme  
Questa è la riscrittura del terzo capitolo di Profezie, ma era già stata pubblicata come racconto a sè stante  per un contest.
La differenza maggiore rispetto alla prima versione del 2006 è la storia con Caleb, che chiarisce il loro rapporto. Non anticipo come si evolverà la situazione nei capitoli finali.
Nel capitolo è dedicato un certo spazio alla descrizione del ruolo della regina; ciò serve sia per chiarire alcune delle ragioni del disadattamento di Elyon, sia come premessa per lo svolgimento futuro della trama.
Ringrazio di cuore Eleuthera, che ha betato questo racconto, Rowena e Crimsontriforce che hanno recensito "Dimenticare assieme" come lettrici, e Naco Chan e Izumi, che lo hanno fatto come giudici di gara.
Un grazie anche a Melisanna e Valerie per le loro graditissime recensioni al secondo capitolo.

Profezie


Riassunto delle puntate precedenti
Elyon, la giovane Luce di Meridian, è ora in grado di teletrasferirsi fino ad Heatherfield, la città della sua infanzia, e torna a trovare le sue amiche W.I.T.C.H. : Will, Irma, Taranee, Cornelia, Hay Lin.
Dai suoi discorsi, si capisce che è preoccupata per una profezia, fatta da lei stessa, che prefigura una nuova tirannia a Meridian. Inoltre confida di avere grossi problemi ad adattarsi alla mentalità della città di cui si è scoperta legittima sovrana.
Will è preoccupata: l'improvvisa ricomparsa di Elyon, sparita da Heatherfield con la famiglia in circostanze misteriose due anni prima, può attirare attenzioni inopportune anche su di loro.

Cap.3

Dimenticare assieme
(versione riscritta dell’Ottobre 2008)



Meridian, Giardino di Phobos

C’è un luogo, immerso nel verde, dove alberi maestosi nascondono la vista del cielo, dove i fiori possono essere così grandi e belli da far sembrare che ti guardino, e dove i rampicanti si scostano da soli per permettere il passaggio alla loro padrona.
Questo luogo si estende attorno alle cinque torri che costituiscono il Palazzo Reale di Meridian, ed è ancora detto ‘il giardino di Phobos’, ricordando il tiranno che lo ha fatto portare al suo splendore.
Anche se non è più popolato da esseri artificiali, quali i mormoranti, questo giardino è ancora un inno al bisogno di separarsi dal mondo reale.
Un angolo è ricoperto da piccoli fiori gialli simili a campanule, dal profumo delicato. E’ l’angolo dove la giovane regina passa la maggior parte del suo tempo. L’angolo dove legge, disegna, sperimenta la magia. La sua vera reggia.
Oggi Elyon non fa eccezione. E‘ seduta sul terreno soffice ed erboso, con il suo nuovo computer portatile appoggiato sulle gambe. La macchina, obbediente, funziona anche senza alcun collegamento con la rete elettrica.

“Elyon…”.
Da dietro ai rampicanti, vede arrivare la sagoma di una donna dalla pelle color uovo d’anatra, con una lunga veste verdazzurra: Miriadel. Non ha nessun legame di sangue con la casa reale, ma, per i quattordici anni che Elyon ha passato sulla Terra, lei è stata al centro del suo mondo di bambina.
“Ciao mamma! Sto scrivendo una serie di appunti. Su questa”. Girando lo schermo del computer, le mostra un disegno vivacemente colorato. “Sarebbe la prima centrale geotermoelettrica di tutto il metamondo”.
“Bello, Elyon”, risponde indulgente. “Tu progetti in grande. Però la corrente elettrica non è la nostra priorità. Molte delle sue funzioni sono svolte da quel po’ di poteri magici che quasi tutti gli abitanti del metamondo possiedono”.
La reginetta gonfia la guancia. Sono tutti discorsi già fatti. Perché ripeterli?  “Lo sai, la magia potrebbe non durare per sempre. Dobbiamo differenziare le risorse”.
“Certo, cara. Nel frattempo è arrivata quella delegazione. Non è il caso di farli aspettare”.
Elyon sbotta, impaziente: “Mamma, lo sai che io ho piena fiducia in te, e in tutti quelli a cui ho delegato incarichi. Perché non può occuparsene qualcuno di voi?”.
“Luce di Meridian, il popolo ha bisogno di vedere che ti interessi di lui. Se lo deludi, prima o poi ciascuno comincerà a pensare ed agire solo per sé”.
Elyon si alza sbuffando. “Hai ragione, naturalmente”.

Poco dopo, seduta sul trono, Elyon non riesce a prestare più di tanta attenzione a ciò che i delegati le sottopongono. Li osserva distrattamente. Il loro aspetto è molto disomogeneo, alcuni sembrano degli uomini con la pelle verde, altri sembrano quasi a lucertole. I suoi pensieri vagano.
Viene richiamata dalle sue fantasie dal capo delegazione: “Luce di Meridian, cosa dovremmo fare in questa situazione?”.
“Eh?...”.
Miriadel è ancora lì vicino, e si è accorta della sua distrazione; la reginetta percepisce sua disapprovazione al di là dell’atteggiamento ossequioso.
Poi capta una vocina sepolta nella mente, un suggerimento. Grazie!
Seguendo questa percezione, Elyon risponde: “Finora avete agito correttamente, ma dovremo sentire la controparte prima di prendere una decisione. Vi convocherò nuovamente tra dieci giorni”.
“Grazie, Vostra Altezza. I nostri omaggi”. I delegati si ritirano, apparentemente soddisfatti. Se hanno percepito la sua estraneità, sanno nascondere bene la loro delusione.

Appena il portone azzurro e dorato si richiude alle loro spalle,  Sua Maestà si volta verso il suo angelo custode. “E’ andata bene, mamma?”.
Miriadel esita un attimo, prima di rispondere. “Elyon, le decisioni su queste cose le posso prendere io, ma la gente ha bisogno di percepire la tua attenzione. E’ il collante della nostra società. Tu dovresti percepire i loro bisogni prima ancora che aprano bocca!” .
Poi si volta verso la grande finestratura e guarda lontano, al di là della città ai piedi del palazzo. “Ti parlerò chiaro. Avevi iniziato bene, almeno si sentiva la buona volontà. Invece, da un anno, vivi in un mondo tutto tuo. Ciò può essere sopportabile per una nobilotta di campagna, ma se dovesse continuare così…”. Si volge verso la regina. “… c’è in gioco l’unità di tutto questo mondo!”.
Mentre Miriadel parla, lo sguardo di Elyon passa dallo stupito allo sdegnato. “Ma… ti rendi conto di quello che stai dicendo?”.
“Certo!” Miriadel sostiene lo sguardo. “Il nostro mondo ha molto più bisogno di una regina attenta di quanto abbia bisogno di una grande maga o di una sperimentatrice di novità aliene. Conosco anche io la tecnologia terrestre, il suo rovescio della medaglia, e so che un tentativo di trasformare Meridian in una brutta copia della Terra ci porterebbe ad una catastrofe!”.
La regina la ricambia con uno sguardo d’ira. “Capitano Miriadel, non intendo parlarne più! Le ho delegato di trattare le questioni di ordinaria amministrazione. Se le pesano, me lo faccia sapere, e troverò un’altra persona di fiducia!”.
Detto questo, la Luce di Meridian svanisce con un baluginio dalla sala del trono.

Un istante dopo, il giardino prende forma davanti ai suoi occhi. Le felci verde brillante, l’erba morbida e soprattutto i suoi meravigliosi fiori gialli, i Konnestras, sembrano aspettare la loro padrona.
Si siede sul pendio, fremendo di rabbia. Si rialza, e cammina avanti ed indietro un po’ di volte. Come ha osato! E’ questo, ciò che pensa di lei?
Si siede di nuovo, stringendosi le ginocchia al viso. Come possono essere così ciechi? Se non sarà lei ad occuparsi di quei progetti, nessun altro lo farà.
Respira a pieno il profumo di quell’angolo di paradiso. Alza lo sguardo, verso le piccole chiazze di cielo tra le chiome degli alberi giganti ornati di rampicanti. Questo posto riesce sempre a farla stare meglio, a ridarle coraggio e convinzione.

La sua attenzione viene attirata da un sommesso parlare al di là della cortina di rampicanti. Sono due uomini. Uno è Daltar, il giardiniere. L’altro… Caleb! Caro!
Si sente combattuta. Riuscirà a consolarla, o riprenderà il rimprovero di Miriadel? Ha detto già più volte come la pensa.
Eppure lo adora. Lui è speciale. Quando ne tracciò un ritratto a matita, tre anni prima, era solo un gioco tra ragazzine, la sua interpretazione del ragazzo dei sogni della sua amica Cornelia. Nessuna delle due si sarebbe mai sognata di trovarselo avanti in carne ed ossa.
Bello, come solo un sogno può essere. Coraggioso, come un principe delle favole. Capace di scrutarti dentro, e di parlare alla tua anima. Misterioso, con quelle striature verdi che ti ricordano che appartiene ad un altro mondo… Oh, cavolo, l’ho pensato ancora! A questo mondo, non ad un altro!

Lui scosta prudentemente alcuni rampicanti. “Posso parlarti, Luce di Meridian?”.
Gli fa un sorriso imbronciato. “Vieni, caro. Ma per te, sono semplicemente Elyon!”.
“Non c’erano dubbi su dove trovarti!”, le dice avvicinandosi.
Lei gli fa cenno di sedersi accanto. “Conosci posto migliore, in questo palazzo?”.
“Per una regina, sì”. Inarca un sopracciglio. “Almeno, sei stata attenta a non respirare il polline?”.
“Ancora queste raccomandazioni?”, risponde imbronciata. “Non sono una sprovveduta”.
Anche lui prende posto sul pendio, accanto a lei. “Miriadel mi ha raccontato di poco fa. Ci è rimasta molto male”.
Elyon sospira. “Lo so. Le chiederò scusa”.  Prende fiato. “E’ che non capisco la sua insistenza! Io non so nulla delle questioni su cui vuole farmi decidere! Sono sicura che tu, lei e cento altri sapreste farlo molto meglio di me”.
Lui attende a rispondere. Alla fine, esala: “Su questo hai ragione. Ma c’è un’altra cosa”.
“Come?”. Lo sguardo di Elyon è sorpreso. Non è quello che si era sentita rispondere finora. “E allora, spiegami, perché mi hai sempre detto le stessissime cose di Miriadel, prima di oggi?”.
Caleb si guarda attorno mentre cerca le parole. “Partirò da lontano. Nella società di tutto questo mondo, ciascuno sa quale è il suo dovere secondo le leggi e le convenzioni. Ma perché deve attenersi?”.
E’ un indovinello? “Mah… per morale?”.
“Anche. Ma se uno volesse sgarrare?”.
“Per non essere punito… credo”. Dove vuole arrivare?  ‘Eppure, quasi ovunque, le punizioni previste non sono così terribili’.
Lui riprende: “Eppure, quasi…” .
“Te l’ho già letto nel pensiero, Caleb, và avanti”.
“Hai ragione, la faccio breve. Tutti stanno al loro posto, perché il loro superiore può individuare ogni cattiva intenzione, ogni malefatta, proprio leggendo il pensiero”.
“Opprimente!”, esala lei, alzandosi in piedi.
“No, se è usato bene. I capi non devono sapere tutto dei loro sottoposti, ma sanno porre le domande giuste e scrutare le reazioni. Sono capi anche per questo!”.
Elyon sbuffa. “Non ti è venuto in mente che tutto ciò si presti ad una tirannia orribile?”.
“No! Io so bene cos’è la vera tirannia, e non è questa! I controllori non possono abusare della loro posizione, sono a loro volta controllati. Così, di gradino in gradino, si arriva ai feudatari, ai conti, ai delegati della Luce di Meridian…”.
“… ed alla regina stessa. A me. Volevi arrivare qui?”.
“Sì. Lasciami continuare. Se uno qualunque degli anelli intermedi non funziona, può essere individuato e sostituito. Ma il gancio che tiene su tutto è proprio la Luce di Meridian. Le persone si aspettano la sua attenzione, si aspettano che lei legga dentro di loro per capirne le paure, i bisogni, ed apprezzarne la lealtà”.
“Caleb, anche tu sai leggere i pensieri. Anche Miriadel”. Scrolla le spalle. “Quasi tutti lo sanno fare, chi più, chi meno”.
“Ma il potere psichico di una regina Escanor è molto maggiore. Elyon, tu non lo hai ancora sviluppato pienamente, ma quando ci sarai giunta, nessuno potrà sperare di ingannarti, come potrebbe anche succedere a me ed a Miriadel.
Lei si tormenta le mani. “Potrei potenziare i vostri poteri. Ho già letto come fare. Nella biblioteca segreta… ”.
“No, non basterebbe. Questa organizzazione può funzionare bene se c’è un solo vertice. Immagina che due sottoposti siano senza controllo, ed entrino in competizione per ottenere più potere o vantaggi personali…”.
Lei  sbuffa. Sente che, ancora una volta, la logica ineccepibile del sistema la sta avvolgendo senza lasciarle uscita. “E se fossi proprio io a volere più potere o vantaggi personali?”. Sa già la risposta.
“Elyon, la Luce di Meridian ha già piena autorità su tutto. Non può desiderare più potere di quello che ha. Questo garantisce l’imparzialità del suo operato”.
“E mio fratello Phobos, allora?”, chiede lei, in un ultimo tentativo di ribellione all’evidenza.
“Phobos era un usurpatore. Ha agito da tiranno proprio perché ha voluto un potere che non gli spettava”, continua Caleb, calmo e sicuro. “Poi ha guardato nelle coscienze dei suoi collaboratori solo con il sospetto di trovarci critiche, ed ovviamente le ha trovate. Così ha quasi distrutto una intera generazione di telepati di corte, quelli che servivano per tenere unito questo mondo, e li ha rimpiazzati con esseri artificiali, i mormoranti. Io ho assistito con i miei occhi a tutto questo!”.
Elyon gli afferra convulsamente una mano. “Anche un mormorante può avere una coscienza!”.
Caleb accarezza con delicatezza le mani di lei, finché non sente la sua presa divenire più naturale. “Lo so, Elyon”. La guarda, cercando di infonderle sicurezza. “Ma non ho ancora finito di spiegarmi. Questo sistema gerarchico è stato quasi distrutto a Meridian, la capitale, ma in tutto il resto di questo mondo funziona ancora, a livello di contee. Ebbene, bisogna dimostrare ai conti che la Luce di Meridian è tornata nel pieno delle sue funzioni prima che questi si macchino di azioni che poi li rendano restii ad accettare un controllo: corruzione, guerra, abusi. Devi riprendere il ruolo che fu di tua madre e di tutte le regine Escanor del passato. Fallo subito, o l’esitazione di oggi sarà la causa delle guerre di domani”.

Elyon tace a lungo, oppressa da un peso enorme. Alla fine, esala, quasi inudibile: “Perché io?”. Sa già la risposta.
“Sei la sola che…”.
“Questo lo so, fin troppo bene!”, Elyon trattiene a stento le lacrime. “Maledetta discendenza! Se non fosse per questo, noi due saremmo liberi! Potremmo…”. Appoggia il viso alla sua spalla, cercando di nascondere le lacrime.
“Elyon cara…”. La accarezza sulle guance, sul collo. Gioca con le sue trecce. Quando lei alza il viso, le dà un bacio sulla fronte, e le chiude le labbra sfiorandole con un dito. “Elyon, ne abbiamo già parlato”.
“Ti prego, Caleb. Ti prego!”.
Lui scuote il viso tristemente. “Elyon, lo sai. Se fossimo solo un uomo ed una donna, non esiterei un attimo. Ma io sono stato creato come un mormorante, ed anche se ho voluto diventare un uomo, con tutto me stesso…”.
“Non dirlo!”. Gli mette una mano sulla bocca. “Tu lo sei! Hai l’aspetto, il cuore, il modo di sentire di un uomo. La tua forza, il tuo…”.
Caleb scuote la testa. “Non basta, purtroppo. Lo sai anche tu: volontà, amore, magia non hanno effetto fin dentro quelle che tu chiami le cellule del corpo. Io non sarò mai in grado di darti dei figli”.
“Figli… Ho pochi, troppo pochi anni per parlare di figli!”.  Si copre il viso. “Non so più neanch’io quanti anni ho. Per la Terra, ne avrei sedici…”.
Caleb scuote il capo. “Elyon, la mia lealtà verso la Luce di Meridian va al di là di questa persona  -indica sé stesso - che vorrebbe essere, e non lo sarà mai, un semplice uomo come gli altri. Per il bene di questo mondo, tu dovrai generare quella che sarà la prossima Luce di Meridian. La più potente regina e maga della sua era”.
Lei alza il viso, cercando i suoi occhi. “Passeranno anni, forse molti più di quello che possiamo immaginare ora. Perché buttare via la possibilità di essere felici assieme?”.
“Il futuro ha radici nel presente. Questa sarebbe una strada senza uscita, o ci costringerebbe a compromessi che ci peserebbero troppo. Forse passeranno davvero moltissimi anni, ma ciò non toglie che tu sei l’unica che può farlo. E non con me”.
Elyon china di nuovo il capo. “E questo sarebbe il potere che mi spetta? Quello di cui non potrei desiderare di più?”.
“Sai che ho ragione. Mi costa dirlo, mi costa tanto. Ma è meglio se usi il tuo stesso potere per dimenticare almeno un po’ di ciò che proviamo”.
Alza gli occhi, quasi inorridita. “E tu?”.
“E io… non preoccuparti, resterò il tuo fedele amico ed attendente”.
“No! Continueresti a soffrire!”.
Caleb respira a fondo. “Allora prepara una pozione anche per me. Fallo, e domani saremo più sereni, tutti e due”.
Lei lo stringe a lungo. “Non posso, Caleb”.
Lui le accarezza i capelli. “Ti prego, Elyon. Fallo per Meridian, e fallo per me”.
Elyon continua a stringerlo. Lentamente, i suoi sussulti finiscono, ed alza gli occhi arrossati verso i suoi. Studia ancora il suo sguardo deciso. Lentamente, fa un assenso con la testa. “Andiamo nel mio laboratorio”.
Quando il giardino tremula e svanisce tutto attorno, i loro sguardi restano fissi l’uno nell’altro.

L’ambiente che riappare ai loro occhi è immerso nella penombra. In risposta ad uno sguardo di Elyon, i tendoni pesanti si divaricano, facendo entrare la luce del pomeriggio nello stanzone bianco e disordinato. Due grandi tavoli mostrano alambicchi e fornelli che non stonerebbero in un laboratorio di alchimia. Alle pareti, otto grandi specchi deformanti rimandano immagini grottesche. Su un lato, vocino ad una porta, c’è una specie di salottino spartano con un divanetto, un tavolino e due poltrone. Nelle vetrinette, teste di bronzo e di legno, monili e ciondoli fanno compagnia a libri e a flaconi etichettati con gli antichi caratteri di Meridian o con quelli, ancora più arcani, di un altro mondo chiamato Terra.
Caleb conosce quel locale, e rabbrividisce. Prima che della Luce di Meridian, questo laboratorio fu di Phobos.
Elyon va ad un armadietto, con il passo rassegnato di un condannato a morte. Estrae due bustine di carta di un vivido colore giallo. Le mostra a Caleb, studiandolo alla ricerca di qualunque segno di esitazione, ma non ne vede.  “Ecco, caro. Queste ci aiuteranno”. Estrae due bicchieri, e li riempie d’acqua da una fiaschetta. Strappa le bustine, versando la poverina, gialla come la carta che la contiene.
Caleb alza il suo bicchiere davanti agli occhi. Studia come la polverina, sciogliendosi lentamente, evidenzia le minime correnti nel bicchiere dividendosi in filetti colorati che si diffondono lentamente nell’acqua, quasi come sottilissimi tentacoli. Qualcosa che afferra i ricordi e li trasforma in…
Cerca di scacciare il pensiero amaro con una domanda banale. “Così giallo… è fatto con il polline dei konnestras?”.
“Anche. Ma c’è ben altro”. Lei fa una smorfia impercettibile, come se il pensiero la disturbasse ancora di più. “Caleb, questo filtro funziona così: subito prima di berlo, e finché non fa effetto, devi pensare al colore giallo, ed al tempo stesso ai ricordi che vuoi dimenticare”. Allunga la mano verso una scatoletta, e ne estrae una benda di trasparente tessuto giallo. “Questa può aiutarti a visualizzare”.
Lui la prende in mano per un attimo, e vi guarda attraverso. “Tu la userai?”.
“No. Sono allenata. La visualizzazione è il punto di partenza di quasi tutte le magie”.
Lui rende la benda gialla con un gesto garbato. “Non credo di averne bisogno neanche io, grazie”. Osserva che nella stessa scatola ve ne sono anche di rosse, e alcune con una sottile fascia azzurra. “E quelle, a cosa servono?”.
Elyon ne estrae tristemente dei lembi. “Questa pozione funziona in modi diversi a seconda di cosa visualizzi mentre la prendi. Giallo, per dimenticare. Rosso, per imprimersi un ricordo fasullo. Azzurro, per ripristinare i ricordi originali”. Li ripone, sospirando. “Però, oggi non ci serviranno”.
Lo guarda a lungo. Spera ancora di percepire un’esitazione. “Sediamoci, amore mio. Questa roba ci farà addormentare come sassi per un po’”.
Caleb si accomoda accanto a lei, sul divano. “Hai scelto bene, regina. Domani staremo meglio, tutti e due”.
“Elyon! Per te, per sempre, solo Elyon”. Esita. “Caleb, amore mio, è l’ultima volta… Non vorresti…”.
Lui le tiene una mano. “Elyon, ti prego, è già difficile così. Non facciamoci mancare il coraggio, ora che lo abbiamo trovato!”.
Lei assente. Il gesto di asciugarsi la guancia con una manica vanifica il suo tentativo di espressione stoica. “Domani staremo meglio… ma ora, è un po’ come un…”. Un groppo alla gola le impedisce di completare la frase.
Prende fiato, e trangugia in un fiato il suo bicchiere.
‘E tu?’, sembra dire il suo sguardo di attesa, che in pochi secondi sfuma in un sonno senza sogni.
Caleb attende ancora qualche istante, poi si alza a vuotare il bicchiere nel lavello.
La guarda. E’ stata le scelta giusta, per lei.
Da parte sua, Caleb non vuole dimenticare. Chi vorrebbe essere un uomo vero non ha il diritto di sfuggire questa prova.
Si china a sollevarla. Pesa poco, sembra più una bambina che una donna. Si incammina verso l’uscita, per le scale che scendono dalla torre.
Domani mattina la Luce di Meridian si sveglierà nel suo letto, con un’angoscia in meno. Sarà lui a portare tutto il peso di quell’amore impossibile, come ora porta lei, afflosciata, incurante degli sguardi allarmati dei servitori.
Forse sarà l’ultima volta che la tiene tra le sue braccia.
 
 

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Capitolo 4
*** Invito a Meridian ***


4-invito a Meridian  
Questa è una versione rivista del vecchio capitolo 4 del 2006. Non vi sono grosse novità di contenuto, a parte qualche considerazione di Elyon su Caleb. Credo di avere migliorato un po' lo stile originale.
Grazie mille a Baby Bunny per la sua recensione.

PROFEZIE


Riassunto delle puntate precedenti 
Elyon, la giovane Luce di Meridian, è ora in grado di teletrasferirsi fino ad Heatherfield, la città della sua infanzia, e torna a trovare le sue amiche W.I.T.C.H. : Will, Irma, Taranee, Cornelia, Hay Lin. Racconta che è preoccupata per una profezia, fatta da lei stessa, che prefigura una nuova tirannia a Meridian. Inoltre confida di avere grossi problemi ad adattarsi alla mentalità della città di cui è sovrana. 
Will è preoccupata: l'improvvisa ricomparsa di Elyon, sparita da Heatherfield con la famiglia in circostanze misteriose due anni prima, può attirare attenzioni inopportune anche su di loro.
A Meridian, in un colloquio con la madre adottiva Miriadel e con il giovane Caleb, emergono le aspettative che rendono infelice Elyon: lei sola può porsi al vertice della piramide di controlli telepatici che assicura onestà e fedeltà in tutta la gerarchia sociale. Inoltre, lei sola potrà generare la prossima regina, e questo le rende impossibile sposare Caleb, che non può avere figli. Il giovane ottiene che lei si dimentichi del loro amore con l'aiuto di un filtro, ma resta al fianco di Elyon come amico e attendente. 

Cap.4

Invito a Meridian
(versione riscritta dell’Ottobre 2008)


Heatherfield, centro città

La libreria Harris è una delle più rinomate di Heatherfield.
Copre tutti i settori del campo, dalla narrativa per bambini ai fumetti, dagli immortali classici agli ultimi successi, dalla divulgazione scientifica alle pubblicazioni specializzate che ne fanno un punto di riferimento anche per l’università.
I suoi scaffali alti e ben ordinati hanno visto generazioni di clienti aggirarsi scrutando titoli sulle coste, sfogliare prime pagine e retrocopertine, riporre volumetti o carezzarli tra le mani mentre si dirigevano alla cassa per farli propri.

Questo pomeriggio, la commessa guarda da sopra gli occhiali una biondina con le trecce che sta accumulando numerosi tomi su un angolo del banco. Si chiede come farà a portarli via, più ancora che a pagarli. Potrebbe essere uno spettacolo memorabile.
“Ha fatto il conto?”, chiede Elyon sorridente.
La donna abbassa gli occhi sul registratore di cassa. “Sì. Tieniti forte. Trecentosessantadue dollari e venti centesimi”.
“Bene. Ora ci vorrà un po’ di pazienza…”. Estrae dalla borsetta un portamonete.
La commessa fa un sorriso di sufficienza. “Immagino che lì ci saranno i venti centesimi”.
“Si, anche quelli”. Elyon comincia ad estrarre monete da un dollaro ed impilarle per dieci. Le colonnine di monete crescono, ma il borsellino sembra non svuotarsi mai.

Venti minuti dopo, il banco è pieno di pile di monetine. Dietro di Elyon si stava formando la fila, ma poi i clienti sono tornati ad ammazzare il tempo davanti alle scansie.
“Fine. Vede che ci sono anche i venti centesimi?”. Lo sguardo della ragazza sembra trattenere l’ilarità sotto una sottile maschera compassata.
La commessa, sarcastica, conta le pile di monete:  “ … Trecentocinquanta, sessanta, sessantadue e venti… Sì, c’è tutto. E ora voglio vedere come…come…”. Alza gli occhi e trasale. “Dove sono andati tutti i libri?”.
Con un bel sorriso, la ragazza indica la borsetta che porta al braccio. “Ah, sono qui dentro. Grazie e buonasera!”.
Arrivata sulla porta, Elyon si volta ancora a guardare la commessa sbalordita.
‘Certi momenti valgono un’esistenza’, pensa soddisfatta mentre esce.
La successiva destinazione è una libreria molto più antica. Ma non per aggiungere altri tomi alla sua collezione.
 

Heatherfield, Ye Olde Bookshop

La semioscurità dello scantinato è illuminata dalla luce azzurrina di uno schermo a forma di esagono irregolare. L’immagine solenne di un uomo calvo sta rispondendo a cinque ragazze di cui si intravedono solo le sagome da dietro.
“Guardiane, Elyon ha bisogno anche di voi per trovare se stessa. Statele vicine e cercate di capire cosa la tormenta. Siate pazienti con le sue stranezze, ma consigliatela sinceramente. Non cercate di forzarle la mano e ricondurla alla Elyon di uno o due anni fa. Forse quel guscio è diventato troppo stretto. Le crisi possono essere un momento di evoluzione. Se sta cambiando, può voler dire che era necessario cambiare”.
“Oracolo, potete contare su di noi”, risponde Will. “ Avremmo fatto questo comunque”.
“Oracolo, ragazze”, interviene Cornelia, “a me fa male sentir considerare Elyon come se fosse una malata in osservazione. Da quando la conosco la ho sempre considerata…eccentrica e ipersensibile. Con tutte le sue stranezze, forse somiglia più adesso alla Ellie che ho conosciuto da bambina di quanto non le sia somigliata da quando è diventata regina”.
“Cornelia, il tuo affetto va rispettato”, risponde l’Oracolo.  “Però ora Elyon ha responsabilità che non conosceva tre anni fa. Non può rifiutarle, perchè non è sostituibile. Saprai aiutarla a farvi fronte?”.
Cornelia annuisce grave. “Va bene, oracolo. Da dove cominceremo?”.
“Dalla porta”, risponde lui imperturbabile. “Valle ad aprire, è lì al negozio. Arrivederci, guardiane”.

“Ragazzee!”, sentono una voce cinguettante dall’ingresso.
Si guardano, mentre la luce del portale si affievolisce e svanisce dai loro visi e dalle pareti.
“Che tempismo!”, esclama sorpresa Hay Lin, mentre Will per prima si decide a salire le scale dello scantinato.
Elyon è lì, al centro del negozio, e si guarda attorno un po’ nervosamente. Quel locale è pieno di ricordi, per lei, e non sono tutti belli.
Quando vede le amiche, si illumina. “Ragazzee!”, ripete allargando le braccia.
Cornelia, mettendo in disparte la sua flemma, le corre incontro e la abbraccia. “Ciao, Ellie”.
“Ciao!”   “Che sorpresa!”  “Quasi sorpresa!” , la salutano le altre.
Will va perplessa all’ingresso per controllare.  “Ma come hai fatto a entrare con la porta chiusa a chiave?”.
L’altra fa una parodia di espressione contrita. “Chiusa? Oh, non me n’ero accorta! Scusate!”.
“Non c’è problema. Si vede che era serrata male”, conclude Will senza convinzione.
Elyon riprende a sorridere entusiasta. “Ragazze, cosa ne direste di venire a Meridian a trovare un po’ di vecchi amici?”.
“Sarebbe fantastico!”, risponde Will, più incerta che altro. “Ma sai che non possiamo usare i nostri poteri per scopi personali”.
“Non c’è problema! L’agenzia turistica Luce di Meridian offre viaggio, vitto e alloggio!”.
Prima di poter rispondere, le WITCH vedono tremolare e svanire lo sfondo familiare del vecchio negozio.
 

Meridian, palazzo reale

Sarebbe una giornata come tutte nel palazzo reale di Meridian, se non fosse perché le ricerche di Miriadel risultano sempre più vane.
La donna entra di nuovo, esaperata, nell’appartamento reale.
L’ancella Nagadir si alza in fretta dal lussuoso divano verde ed oro, facendo sparire furtivamente un romanzetto rosa sotto un cuscino e riprendendo in mano lo spolverino d’ordinanza.
“Capitano Miriadel…”, la accoglie compunta.
“Niente”, fa la donna. “Elyon non è neanche in giardino. E’ un’ora che la cerco per tutto il palazzo, che la chiamo a voce e col pensiero, che chiedo di lei a tutti quelli che incontro, e niente! Sei sicura che sia andata lì?”.
“Così mi ha detto”, conferma Nagadir.
Parlando tra sé, Miriadel dice: “Mi sa che è uscita senza dire niente”. Alzando di nuovo gli occhi su Nagadir, nota che il suo viso si illumina mentre guarda  un punto alle sue spalle.
“Capitano, eccola! Altezza…”.
Miriadel si volta in tempo per veder svanire il tremolio luccicante, da cui emergono sei ragazze. “Elyon… Altezza! Guardiane!”.
Elyon sorride loro, indicando le amiche spaesate che ha portato con sé. “Ciao Mamma! Ciao Nagadir! Abbiamo ospiti!”.
Per un attimo l’espressione di Nagadir è incerta. Dove sono le guardiane? Quelle ragazzine? Fa un inchino formale, continuando a studiarle con discrezione. “Al vostro servizio!”.
“Potete chiamare Caleb? Sarà felice…”, chiede Elyon.
Anche le ospiti sono spaesate. Non hanno avuto il tempo di dire: ‘Ma…’, figuriamoci quello di dire: ‘Ma non possiamo, abbiamo i compiti da finire eppoi eccetera’. Si sono trovate in un altro mondo nel tempo di un respiro.
Cornelia, poi, non è affatto sicura di essere a suo agio davanti a Caleb, la sua vecchia fiamma.

Dopo qualche convenevole, vedono arrivare il luogotenente, che indossa un’elegante livrea color turchese. “Ben trovate, guardiane!”, sorride.
“Ciao Caleb!”.  “Che sorpresa!”.
Lui e Cornelia si sorridono e si stringono la mano, ma l’imbarazzo tra loro è difficile da nascondere.
Elyon nota il loro momento difficile. “Caleb, perché non porti le nostre amiche a vedere il giardino? Ragazze, è favoloso! Ci passo ore e ore”. Poi, rivolta alla sua vecchia amica: “E tu, Corny, mi accompagni in camera? Vi raggiungeremo tra poco”.

La camera della regina è sontuosa, adornata da grandi colonne a tortiglione. Pesanti tendaggi verde scuro coprono le finestre strette ed alte, ornate da strutture irregolari ma armoniose.
Sedute sul letto, le due vecchie amiche restano un attimo in silenzio. Entrambe cercano un modo per iniziare che non uccida nella banalità quella antica familiarità che cercano di riconquistare.
Comincia Elyon: “Corny, l’ultima volta che ci siamo viste ed hanno fatto il nome di Caleb, ti ho vista turbata”.
Cornelia annuisce. “E' una ferita ormai rimarginata. Io spero tanto che siate felici insieme”.
“Insieme?”. Elyon nicchia. “Non è proprio così”.
“No?”, si stupisce l’altra. “Quando vi ho visti vicini, ai tempi di Endarno, ho avuto questa percezione”.
La Luce di Meridian fa un’espressione indefinibile. “E’ il mio migliore amico. Leale, coraggioso, devoto. E non solo perché sono la regina”.
Cornelia la scruta, cercando di leggere fra le parole. “Vuoi dire che… è innamorato di te, ma tu non lo ricambi?”.
Elyon, combattuta, aspetta a lungo prima di rispondere. “Tutti e due sappiamo che, per come è stato originato, Caleb non potrebbe darmi figli”.
Cornelia resta amareggiata. “Pensi già ai figli? Non riesco a capirti! Caleb è diventato com’è con la forza della sua volontà. Merita di essere considerato un vero uomo, molto più di quelli che lo sono nati senza alcun merito!”.
Elyon annuisce. “Lo penso anch’io”. Tace, raccolta in sé. “Faccio tanta fatica ad abituarmi a certi modi di pensare. La società di questo mondo è costruita attorno alla figura della Luce di Meridian, una sovrana dai poteri magici innati e trasmissibili alla discendenza per via femminile”. Comincia a tormentarsi le trecce. “E’ tutto così diverso da quando ero ad Heatherfield… da quello che ho sempre creduto, sentito…”.
Cornelia annuisce, sentendo l’amarezza della sua amica. “Lui cosa ne pensa di ciò?”.
“Mi ha sempre spronata ad impegnarmi nel mio ruolo di regina. Dice che non sono sostituibile in alcun modo”.
“Ma avete mai parlato di amore?”.
“Io mi sono accorta che è innamorato solo pochi giorni fa, leggendogli i pensieri. Dal suo comportamento non traspare affatto. Ho cercato di parlargliene, ma lui ha evitato l’argomento. Ha detto solo che potrò sempre contare su di lui come amico e come collaboratore”.
“Tutto qui? E tu, gli hai detto qualcosa?”.
“Sì. Al secondo tentativo, mi sono fatta forza, e sono stata così esplicita che ho temuto di averlo sconvolto. Gli ho detto che… che non posso ricambiare il suo amore, ma gli voglio un bene grandissimo”. Si stringe nelle spalle, colpevole. “Ho fatto male? Lui lo sapeva già, naturalmente, ma sentirselo dire...”.
Cornelia tace a lungo, inseguendo vecchi ricordi che bruciano ancora. “Anch’io mi sono sentita dire qualcosa di simile… E’ stato come vedere il mondo che mi crolla addosso”.
“Da lui?”.
“Sì”. Torna ad immergersi nei suoi pensieri, mentre gli occhi le si arrossano.
Dopo un lungo silenzio, Elyon riprende. “Quando ti ha lasciata, ci ha sofferto anche lui. Forse, prendere una decisione è ancora più difficile che subirla. Comunque lascia rimpianti e rimorsi”.
Cornelia torna a guardarla intensamente, con una scintilla di rabbia. “Ne sai qualcosa? Lui te ne ha parlato?”.
Elyon si stringe nelle spalle. “Lo ho capito da sola. Sai già come”.
Cornelia annuisce, combattuta. “Puoi dirmi se ci sono altre ragioni, oltre a quelle che so già?”.
“Sarebbero già sufficienti, ma ne posso aggiungere una, anche se forse quella volta lui non ne era consapevole. Gli abitanti del metamondo crescono più lentamente dei terrestri, e sono più longevi. Lui vivrà molto più a lungo di te, Corny. Tu sarai già una vecchina quando lui avrà, diciamo, una mezza età. Il tempo vi avrebbe separati in un modo più crudele della morte”.
Cornelia annuisce triste. “Una volta io avevo un dono che mi avrebbe prolungato la vita, e vi ho rinunciato. L’ho dato ad un bambino che ne aveva più bisogno di me”.
“Lo rimpiangi?”.
Dopo un attimo di riflessione, Cornelia scuote il viso, decisa. “No. Lo rifarei”.

Poi guarda la sua amica con occhi diversi. “Ellie, la stessa cosa vale anche per te? Anche tu cresci più lentamente?”.
Elyon annuisce. “E’ vero. Ho cercato sempre di tenerlo nascosto. Faccio conto di avere sedici anni”.
“Quando sei nata veramente?”
Un momento di esitazione. “Dodici anni di Meridian fa, che equivalgono a diciotto anni terrestri fa. Due prima di te”.

Cornelia ha un lunghissimo attimo di riflessione. “Eppure sembriamo coetanee, fino da quando ti ho conosciuta. Cos’è che mi sfugge?”.
“Corny, dopo la fuga ad Heatherfield, i miei genitori adottivi hanno dovuto affrontare questo problema. Quando avevo cinque anni ne dimostravo tre. I miei genitori hanno cercato di mascherare la discrepanza cambiando città, modificando la data di nascita e mandandomi alla scuola elementare un anno più tardi del normale. Alla fine delle elementari, ci siamo ritrasferti ad Heatherfield. Ho lasciato tutte le mie amiche... Di nuovo la mia data di nascita è stata alterata, ed ho ripetuto un anno scolastico. Poi, ricordi, ci siamo conosciute allo Sheffield in prima”.
Cornelia mette a fuoco i suoi ricordi di oltre cinque anni prima. “Allora non mi sembravi particolarmente piccola”. Ci riflette ancora un attimo. “Beh, un po’sì. Una bambolina bisognosa di protezione!”, ricorda con un sorriso di tenerezza.
“Sì, e la cosa si è accentuata con il passare degli anni. In terza ero la più piccola e infantile del gruppo. Sentivo di avere qualcosa che non va, un segreto da nascondere. Ma pensavo che fosse solo un problema di crescita. Prima o poi avrei dovuto trasferirmi di nuovo, perdere tutti gli amici, tornare a falsificare la data di nascita. Non volevo!  Poi è successo ciò che sai”.
Cornelia la guarda intensamente. “Ma ora hai recuperato molto…”. Si interrompe, mentre comincia a capire.
Elyon si stringe nelle spalle, come se l’altra avesse intuito un segreto vergognoso. “Corny, ho barato sul mio aspetto. Mi sono attribuita qualche anno in più, altrimenti non sarei cambiata molto da come mi ricordi. Non ce la facevo più a sentirmi come una bambina accanto a voi!”.
Cornelia cerca la mano dell’amica. “Ellie, per me andavi bene prima come vai bene adesso. Se ti preferisci così, ti preferirò anch’io”.
“Grazie, cara. Ci tengo tanto. E sai perché? Fino a sette anni, quando sono andata a scuola, avevo pochissimi contatti con altri bambini. Però avevo un’amica del cuore immaginaria, alla quale raccontavo tutto e con la quale giocavo per ore ed ore. La avevo chiamata Cornelia. La ho subito riconosciuta in te, quando ti ho incontrata per la prima volta”.
Cornelia è commossa. Con un filo di voce risponde: “Grazie, Ellie. Resterà tutto tra noi due”. Le trae la testa sulla sua spalla, come per rassicurarla.

Poco dopo, alzando gli occhi, Cornelia nota un bel cassettone intarsiato, con diversi disegni e dipinti allineati contro il muro, ed altri impilati in buon ordine sul ripiano, forse dalla solerte mano di Nagadir.
“Ellie, che bei disegni!”. Li osseva meglio. “Sono autoritratti?”.
“Quelli? Oh, sì, vieni vicino a vederli!”, dice Elyon con l’orgoglio dell’artista, mentre si alza e fa strada. “Magari ti sfiorerà il sospetto che io sia un po’ egocentrica…”, si schermisce.
Cornelia guarda il disegno di una bambinetta con le trecce lunghe.”Che tenerezza! Quanti anni avevi, qui?”.
“Non saprei dirlo. Ero carina?”.
“Moltissimo!”. Ne adocchia un altro. “In questo hai reso bene l’aria sperduta che avevi quando sei entrata in classe la prima volta”.
“Ero sempre così”, risponde lei, nuovamente timida.
“Ma no, avevi tanti colpi di pazzia divertentissimi”.
Un altro ritratto rappresenta Elyon come una giovane nel fiore degli anni, bella e sicura. “E questo?”, scherza Cornelia, “E’ una profezia?”.
“Non proprio”, risponde lei, imbarazzata. “Comunque, è così che sarò nel giro di dieci o quindici anni”.
Forse Irma troverebbe l’occasione buona per farci ironia, ma Cornelia annuisce, convinta.
I suoi occhi passano al disegno successivo: una Luce di Meridian anziana ed un po’ rugosa, ancora con le caratteristiche trecce, ma questa volta di un bianco perlaceo. “Eccoti da vecchia”, sorride. “Quanti anni hai qui? Sessanta o duecentosessanta?”.
Elyon si fa seria. “Non so, Corny. Quando una ha il potere di controllare il suo corpo in un certo modo, ci vuole molto coraggio per lasciarsi invecchiare”.
Cornelia annuisce. Stava per dire ‘Beata te’, ma il tono di Elyon le ha fatto sospettare che questa medaglia abbia il suo rovescio.
L’ultimo ritratto è diverso dagli altri: mostra una donna giovane, sui venticinque anni, con un viso vagamente simile a quello di Elyon, ma più stretto, un naso più appuntito, e una vistosa capigliatura bionda. Qualche tratto ricorda la stessa Cornelia.
“Questa non sei tu, vero?”.
Elyon prende in mano il foglio pesante, ed esita prima di rispondere. “In un certo senso, sono io. Ai tempi di Cedric, mi sono presentata a Will proprio così. Vera, la sua istruttrice di nuoto”.
“Una cosa sepolta, allora”. A nessuna di loro piace rivangare quel passato.
“Forse no”, la smentisce Elyon, pensierosa. “Potrebbe tornare ad essere la mia seconda identità, se dovessi muovermi in incognito sulla Terra”.
 

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Capitolo 5
*** Il giardino di Phobos ***


5-il giardino di Phobos  
Questa è una riscrittura del capitolo pubblicato nel 2006. A parte i miglioramenti stilistici, il racconto di Caleb a Will è un po' cambiato rispetto alla versione originale, e tutta la parte sulla cena è stata spostata al capitolo successivo.
Un grazie di cuore a Melisanna per le sue osservazioni puntigliose fatte sui capitoli 2 e 4 originali.

PROFEZIE


Riassunto delle puntate precedenti
Elyon, tornata ad Heatherfield a trovare le sue amiche W.I.T.C.H., racconta loro che è preoccupata per una profezia, fatta da lei stessa, che prefigura una nuova tirannia a Meridian. Inoltre confida di avere grossi problemi ad adattarsi alla mentalità della città di cui è sovrana. 
Will è preoccupata: l'improvvisa ricomparsa di Elyon può attirare attenzioni inopportune anche su di loro.
A Meridian, in un colloquio con la madre adottiva Miriadel e con il giovane Caleb, emergono le aspettative che rendono infelice Elyon: lei sola può porsi al vertice della piramide di controlli telepatici che assicura onestà e fedeltà in tutta la gerarchia sociale. Inoltre, lei sola potrà generare la prossima regina, e questo le rende impossibile sposare Caleb, che non può avere figli. Il giovane ottiene che lei si dimentichi del loro amore con l'aiuto di un filtro, ma resta al fianco di Elyon come amico e attendente. 
Elyon invita le amiche a cena a palazzo e, mentre si apparta con Cornelia per delle confidenze, lascia le altre in compagnia di Caleb.

Cap.5
Il giardino di Phobos
(versione riscritta dell’Ottobre 2008)


Meridian, palazzo reale

Mentre la sua regina si trattiene con Cornelia, Caleb è al tempo stesso deluso e sollevato che l’incontro con la sua vecchia fiamma sia stato così breve.
Aveva immaginato mille volte di trovarsi nuovamente faccia a faccia con lei, ed ogni volta era diverso.
La realtà è stata più prosaica. Avrebbe avuto tante cose da dirle, ma temeva di incespicare ad ogni parola.
Nel ruolo di cicerone del castello, invece, si sente molto più a suo agio. Ha già illustrato l’edificio a diversi ospiti importanti, in passato, e le parole gli vengono senza sforzo.

“Questo palazzo risale alla regina Adariel, trecentoquaranta anni fa. Ha sostituito, come residenza della regina, il vecchio castello”.
Guarda fuori da una finestra alta, dalle nervature simili ad ali di farfalla. “Venite, ragazze, da qui si vede”. Lo indica loro attraverso il vetro. “E’ stato usato come caserma, ma ora quasi tutte le unità militari che vi erano stanziate ai tempi di Phobos sono state spostate fuori città e impiegate per la costruzione di strade e acquedotti”.
Will osserva con attenzione la tozza costruzione lontana. “Sembra proprio un castello medievale terrestre, con mura di pietre squadrate, merli e torri. Non somiglia minimamente a questo dove siamo ora”.
Caleb annuisce. “Quel castello è antichissimo, fu costruito ai tempi di Escanor”.
“E questo?”. Will indica attorno a sé.
“Il palazzo dove siamo ora fu disegnato dalla regina Adariel da giovane”, riprende Caleb, “ma passarono trent’anni prima che lei potesse inventare quasi dal nulla i metodi per costruirlo. La magia ebbe un ruolo determinante: le pietre degli ultimi piani furono teletrasportate in alto una per una, e saldate con le restanti. Questa costruzione è in grado di resistere a qualunque cataclisma, e di ripararsi da sola come un organismo vivente”.

Irma reprime uno sbadiglio. Ha un commento telepatico per le amiche: ‘Questa sarebbe la gita ideale per il professor Collins.  Will, chissà se lui ha usato questo sistema per fare colpo su tua madre?’.
Un’occhiata di Caleb, oltrechè di Will, le fa capire che quel metodo di comunicazione non è così privato come credeva.
Il luogotenente le dice, con tutta la gentilezza di cui è capace: “Irma, hai piacere di andare ad aspettare Elyon nel giardino? E’ bellissimo, forse ti piacerà più del palazzo o del mio cianciare”.
Irma arrossisce colpevolmente, e cerca di recuperare con un largo sorriso. “No, Caleb, io adoro seguire una guida d’eccezione come te!”.
Si percepisce un risolino imbarazzato delle compagne.
Lui annuisce severo. “Sono contento della tua attenzione. Però sappi che ti aspetteranno ancora delle scalinate in salita”.
Irma ora comincia a temere di essere stata congedata. “Peccato che non ci siano ascensori!”.
“Veramente ci sono”, ammette Caleb. “Non assomigliano ai vostri…”.
“Perché?”, chiede preoccupata. “Hanno fauci aguzze e il motto ‘Lasciate ogni speranza, o voi che entrate?’”.
“No”, risponde Caleb, sopprimendo un sorriso divertito. “Sono piattaforme per il teletrasporto che appaiono come dischi bianchi sul pavimento”.
Irma sorride sollevata.“Grazie, vada per l’ascensore!”, conclude.

“A me farebbe tanto piacere vedere il giardino”, se ne esce inaspettatamente Hay Lin, alla quale il teletrasporto di prima ha già fatto venire le farfalle nello stomaco. “E’ quello stesso di Phobos?”.
Caleb aggrotta le sopracciglia, sfiorato dal sospetto di essere piuttosto noioso come guida. “Sì, ma i mormoranti e le piante letali non ci sono più. Elyon è di casa lì”.
Taranee decide di accodarsi all’amica. “Aspetta, Hay, ti seguo”.  Poi, con un sorrisino di scusa a Caleb: “Ci raggiungi giù anche tu, dopo il giro?”.
 

Meridian, giardino di Phobos

Quando Hay Lin e Taranee escono dalla porta nella torre ed accedono alla coltre verde del giardino, il sole sta declinando su Meridian, ma dalla luce che passa attraverso la vegetazione si capisce a malapena se è giorno o notte.
Alcuni fiori stanno aprendosi lentamente, mostrando i primi segni della loro luminescenza notturna.

La voce di un uomo proviene da un angolo scuro sotto un albero. “Stando qui, non si può capire l’ora dalla posizione del sole, né dalle stelle. Però, chi ha esperienza la può dedurre dai fiori che sono aperti o chiusi, o dall’orientazione di certe corolle”.
Quando gli occhi si abituano alla penombra, le ragazze riconoscono il giardiniere. “Daltar! Ricordo bene?”, lo saluta Taranee.
“Ben tornate, guardiane”. Ad una seconda occhiata, resta incerto. Le ricordava più adulte. “Ma siete voi?”.
“In persona!”, risponde Hay Lin. “Non temere, non ci sono cadute le ali invecchiando!”.
L’ambiente attorno viene illuminato da un lampo blu, mentre lei, per dimostrare ciò che dice, si trasforma nella Guardiana dell’Aria in alette e calze a righe.
“Ta-dah! Mi riconosci, ora?”, chiede con un sorriso giocoso. Osserva lo sguardo meravigliato del giardiniere, e decide di prenderlo per un sì.
Detto questo, opera la trasformazione inversa, molto meno spettacolare.
“E’ solo che siamo fuori servizio”, conclude.
“Stiamo aspettando Elyon… cioè Sua Altezza”. spiega Taranee. “Aveva qualcosa di personale da dire a Cornelia, e si sono appartate assieme”.
“Scommetto che le sta raccontando la sua vita da quando è nata”, scherza Hay Lin.

Il vento fruscia tra le foglie.
Hay Lin ascolta attenta. “Tacete un attimo, per piacere. Questo sussurro di foglie… mi ricorda qualcosa. Daltar, mi parla di te. Delle tue ore passate a curare amorevolmente queste piante. Delle potature, degli innesti. Per te questo non è solo un lavoro, o sbaglio?”.
Il giardiniere sorride. “E’ vero. Questo giardino è quasi la mia ragione di vita. Sono stato io a portarlo all’attuale splendore negli ultimi venti anni. Phobos mi ha…”.
“Scusa, questo fruscio… ora è lui. Phobos, scommetto”. Per la Guardiana dell’Aria, la voce del vento non ha misteri. “Risentimento…vendetta… la sensazione di avere subito una enorme ingiustizia. Il desiderio di rivalsa”.
Daltar annuisce. “La tua sensibilità è sorprendente, Guardiana. Questo giardino era realmente il luogo favorito di Phobos. Venite, vi accompagno a vedere la vasca con le ninfee dove faceva il bagno”. Muove qualche passo in salita, verso una piccola rupe che sembra marcare il centro del giardino. “E’ quella”, indica una pozza limpida ai piedi di una cascatella artificiale.
Poi si volge verso due alberi enormi: “Dietro a quella cortina di rampicanti, c’era il suo angolo preferito”.

Le ragazze si dirigono verso il luogo indicato, scostando i rampicanti. Erba e muschio sofficissimi rivestono il terreno costellato dai fiori gialli.
Hay Lin si siede. “Il terreno è morbido come un cuscino”.
Anche Taranee si siede, chinandosi sul tappeto erboso. “Questi fiorellini hanno un profumo delizioso”.
Le ragazze li annusano, inebriandosi con quell’aroma così esotico.
Daltar le raggiunge. “Guardiane, non annusate direttamente quei fiori. No, non così!”.
“Perché? E’ stupendo!”, si estasia Hay Lin, immergendo il viso nella folla di corolle profumate.
Taranee ridacchia. “Hai il muso giallo. Cioè, ancora più giallo del solito!”.
“E le tue mani! Guardale!”, ribatte Hay Lin con insolita allegria.
L’altra si porta una mano alla fronte, senza perdere il sorriso. “Ho un po’ di mal di testa, Hay Hey. Hai parlato ancora troppo!”.

Daltar scuote il viso, senza partecipare all’allegria delle due ragazze. “Guardiane, avete fatto male ad annusare appieno quei fiori. Colpa mia, non ho fatto in tempo ad avvertirvi. Dovrebbero essere usati solo per propiziare grandi poteri magici in occasioni particolari. Ora venite via…”.
Per tutta risposta, Taranee inizia a sproloquiare. “Si trattava bene Phobos. Bravo il nostro tirannello!  Ma non ho bisogno di prati e fiori: guarda cosa faccio, Hay Lin”. Comincia a creare dei bellissimi cerchietti di fuoco con le dita. “Guarda Hay Hey: questi, Phobos non li sapeva fare!”.
La cinesina non ascolta l’amica. Resta assorta nell’ascoltare una debole folata di vento. “Quanti progetti sono nati in quest’angolo! Quanto potere hanno portato! Prima ancora che sua madre morisse, Phobos era già quasi il padrone incontrastato. E all’ultimo momento, zac, viene la piccoletta a gettargli acqua sul fuoco. O era benzina? Ah…benzina…”.
Daltar alza un po’ la voce: “Guardiane, venite via, andiamo dentro a sederci su un divano!”.
“Aspetta aspetta!”, dice ancora una Hay Lin esaltata. “Un’altra folata. Questa è lei! La piccoletta! Oh, questo è anche il suo angolo preferito. Altrochè trono! Altrochè riunioni noiose con omini verdi! Che confusione! C’è più confusione nella testona di Elyon che nella camera di Will! E le brucia ancora… le brucia ancora di non essere riuscita a difendersi da Phobos da sola! Bastava che lo chiedesse; prego, Luce di Meridian. Cavatela pure da sola! Illuminaci!”.
Daltar si sta irritando. “Venite via, guardiane! E tenete la bocca chiusa!”. Le afferra per i polsi e le allontana dall’angolino dei fiori.
“Ahi!”, protesta Taranee. “Mi fai male! Nessuno ti ha mai ridotto in cenere prima d’ora?”. D’improvviso, si porta l’altra mano alla fronte. “Ohi, la testa, che cerchio, sembra un cerchio di fuoco nella mia testa. Attorno alla testa”.
Con impressione, Daltar si accorge che la ragazza ha realmente un cerchio di innaturale fuoco giallo e freddo che le cinge il capo come una corona.
Hay Lin continua a sproloquiare per conto suo. “Una folata di vento! Datemi una folata di vento, e vi racconterò tutto quello che illumina la Luce di Meridian!”.
La risposta del suo elemento non si fa attendere: un soffio innaturale comincia a turbinare nel giardino, agitando le fronde e l’erba. Mentre Daltar le sta ancora tirando verso l’ingresso della torre nordest, vengono nuovamente raggiunti dal profumo inebriante dei fiori gialli.
Hay Lin nota la zappetta appesa alla cintura del giardiniere, la sfila e la fa suonare contro il muro del  palazzo. “ Questo sei tu, Daltar. Ti riconosco! Non è la prima volta che succede, eh? Quando eri appena arrivato… ah, quante scemenze che hai detto. Le guardie ti hanno portato a smaltirla in guardina prima che ti sentisse Phobos…”.
Taranee continua a lamentarsi. “La testa… Ho un cerchio di fuoco nella testa… Di che colore è il fuoco in questo posto? Io vedi fuoco giallo…”.

Arrivati finalmente alla breve scalinata dell’ingresso, Daltar le trascina su quasi con rabbia.
Entrati nell’atrio, due guardie e una cameriera li guardano con costernazione, mentre una nuova folata di vento richiude di botto la porta alle loro spalle.
“Chiama il dottor Tarnos!”, grida Daltar alla donna. “Un’altra intossicazione!”.
Lei guarda impressionata la corona di fuoco che cinge la testa di Taranee. “Può servire anche un secchio d’acqua?”.
 

Meridian, atrio del palazzo reale

Un quarto d’ora e varie iniezioni dopo, l’antidoto del dottor Tarnos ha iniziato a fare effetto.
Hay Lin e Taranee smaltiscono i fumi del polline sedute scompostamente su un sontuoso divano nell’atrio.
“Ohi, la testa… “, si lamenta Hay Lin serrando gli occhi.
“Non dire niente…”, le fa eco Taranee con viso sofferente.

Quando discendono dallo scalone, Caleb, Will e Irma notano l’atteggiamento sofferente delle amiche.
Il luogotenente intuisce subito le cause del malessere. “Ragazze, siete state lì dei fiori gialli?”, chiede alle due ciondolanti sul divano.
“Mai più… mai più!”, risponde Hay Lin boccheggiando.
“Ho ancora mal di testa…”, aggiunge Taranee, portandosi le mani alle tempie.
Caleb si morde il labbro. “Colpa mia, temo. Avrei dovuto avvisarvi, ma ero certo che lo avrebbe fatto Daltar”. Rivolgendosi a Will e Irma, aggiunge: “Quei fiori possono essere un problema”.
“Quali fiori?”, chiede Will.
“Si trovano nell’angolo del giardino preferito da Elyon”. Fa strada verso la porta. “Venite a vederli?”.
“Ma, se è pericoloso…”, nicchia Will.
“Non vi salteranno addosso. Sono una gioia per gli occhi, purché si faccia un minimo di attenzione. Non dovete annusarli a pieno, perché il loro polline ha proprietà particolari”.
Scendendo la breve rampa di scale che digrada sul giardino, lui continua: “Elyon passa molto tempo lì, però non la abbiamo mai vista nelle condizioni in cui dovevano essere le vostre amiche poco fa”.

Poco dopo, scosta con il braccio una cortina di rampicanti, facendo strada alle ragazze.
Le due guardano, a bocca aperta. Il giallo vivido delle corolle rivaleggia con il verde tenero dell’erba, e con quello più scuro dei cespugli ed alberi che chiudono quest’angolo di paradiso.
“Ma è meraviglioso!”, esclama Will, meravigliata.
“Ed ha un profumo stupendo!”. Irma annusa voluttuosamente l’aria, poi passa la mano tra i fiori, ammirando le tracce gialle che restano sulle mani, e poi soffiandole via.
“E’ vero!”, annuisce lui. “Era anche l’angolo preferito di Phobos. Qui i konnestras ci sono da molto tempo, ma è lui che ha voluto che fossero piantati in questa quantità.”.
Will si acciglia all’accostamento inatteso. “Pensi che questo posto possa avere qualche influenza negativa su di lei?”.
Lui si stringe nelle spalle, passandosi una mano sul mento. “Non so. Elyon fa molta fatica ad accettare alcuni degli aspetti del suo ruolo. All’inizio, tutto sembrava più facile. Era entusiasta, fiduciosa, si sentiva come una principessa delle favole. Poi, ai primi confronti con le vere responsabilità, si scoprì inadeguata. Si rifugiava in attività marginali come visitare la gente, organizzare feste…”.
“Un po’ come Cenerentola II”, interviene Irma dall’alto della sua cultura.
“Non conosco questa regina”, risponde perplesso Caleb, per poi tornare al filo del suo racconto. “Poi c’è stata quella prigionia a Kandrakar che l’ha segnata”.
Will annuisce triste. “Non posso biasimarla per questo”. Si figura quel luogo da incubo, ammantato da candide nuvole e dalla retorica di quella stessa Kandrakar di cui lei è guardiana, che custodisce l’equilibrio tra i mondi. Ha dovuto spesso ripetersi che un luogo come quella torre può essere stato dettato dall’anelito ad un bene superiore.
“E poi”, riprende Caleb, “poco tempo dopo, nel giorno del suo compleanno, ricevette da Galgheita un cofanetto sigillato con dentro una lettera postuma di sua madre”.
“Postuma?”, si stupisce Irma. “Ma sua madre è pur viva, la abbiamo…”.
Lui la interrompe. “Non mi riferisco a Miriadel, ma alla regina Nadarin, madre di Elyon e di Phobos”.
“Cosa c’era scritto, su quella lettera?”, chiede Will.
Caleb scuote il viso. “Nessuno lo sa, se non lei. Si ritirò a leggerla in camera sua, e ne fu sconvolta. Da allora, si è rifugiata sempre più spesso nel posto in cui siamo ora”.
“Le è stato di conforto?”, chiede Will.
“Non so. Il suo umore è diventato instabile: in alcuni momenti è solare, entusiasta di tutto. A distanza di poche ore sembra un’altra persona, irritabile e lontana. Spesso fa cose di cui si pente, e poi chiede scusa in lacrime. Prima non era così”.
“Glielo hai detto?”, chiede Irma. “E lei?”.
“Ho fatto di tutto per sostenerla, per darle forza, con il risultato che…”. Caleb si interrompe, mentre una nuova ombra passa sul suo viso. Scuote la testa, scacciando qualche pensiero. “E poi, stando qui a lungo tra i konnestras, il dono della profezia le si è manifestato prima del tempo”.
“Prima del tempo…”, ripete Will. “Di quale tempo?”.
“Dell’età in cui si è manifestato nelle regine che l’hanno preceduta”.
“Ma che dono e dono, è una iettatura!”, se ne viene fuori Irma, seduta sul pendio con gli occhi un po’ più lucidi del solito. “Sarebbe stato meglio non sapere certe cose, se poi non si possono evitare!”.
“Verissimo”, ammette cupo Caleb. “Però, talvolta le profezie infallibili si possono interpretare in più modi”.
“Come la profezia della tirannia. Mi farebbe perdere il sonno”, continua Irma ancora più inopportuna del solito.
Caleb annuisce ancora. “Credo che anche lei ci abbia passato delle notti in bianco”. Sospira, senza guardarle. “Sapere di essere destinata a diventare un tiranno non…”.
“COSA?” rispondono le ragazze a una sola voce, spalancando gli occhi.
“Sarebbe lei, il tiranno?”, completa Irma, scambiando uno sguardo allibito con Will.
Caleb si porta le mani al viso. “Non ve l’aveva…”. Scuote la testa. “Basta così, Guardiane. Ho parlato e straparlato!”. Si alza in piedi, guardando con rabbia il terreno attorno a sé. “Magari sono stati questi fiori traditori ad annebbiarmi la mente e sciogliermi la lingua”.
Will, turbata, cerca di giustificarlo. “Ma no, Caleb. Scommetto che Elyon ci ha chiamate qui anche per parlarci di questo”.
“Può darsi”, annuisce lui. “Visto che la profezia vi riguarda…”.
Will aggrotta gli occhi. “In che modo?”.
Caleb si morde ancora il labbro. “Ve lo dirà lei stessa, se vorrà. Scusate, ho parlato troppo. Torniamo dentro, ora”.
 

Salone alla base della torre nordest

Scendendo lo scalone, Elyon e Cornelia trovano le amiche ciondolanti sul divano dell’atrio, sotto lo sguardo impassibile di due guardie in divisa verdazzurra ai lati della sala.
Sua Altezza le saluta scherzosa. “Tara, Hay, vedo che Caleb vi ha fatto camminare fino allo sfinimento”.
Quando un rantolo inarticolato esce dalla bocca di Hay Lin, l’ombra di una smorfia  ironica passa sul viso dei due militi impettiti.
Una volta di fronte alle loro amiche, Cornelia ed Elyon notano il loro sguardo stranamente spento.
“Ragazze, vi sentite bene?”, fa la Guardiana della Terra.
“Meglio, grazie”, risponde Hay Lin con un poco convincente strabuzzare d’occhi.
“Solo un capogiro”, boccheggia Taranee.
Elyon storce il viso. Ha notato le tracce di polline giallo sulle scarpe ed i vestiti delle due.

In quel momento, Caleb rientra dalla porta sul giardino. Anche lui ha qualche traccia gialla sui pantaloni e le scarpe, ed abbassa gli occhi colpevoli.
Quando entrano Will e Irma, la Luce di Meridian nota una nuova preoccupazione nel loro sguardo.
Sarà il caso di chiarire la cosa entro la serata, si promette.
Ora riprende il tono festoso da padrona di casa: “Ragazze, restate a cena? Il nostro cuoco ha già preparato per tutte!”.
Le altre si guardano indecise.
“Vi prego!”, aggiunge Elyon con sguardo supplichevole, più da bambina che da regina.
Will risponde combattuta: “Credo che a quest’ora ci stiano aspettando a casa. Non sanno neanche…”.
“Non c’è problema, Will”, le sorride Sua Altezza. “Ti accompagno a telefonare!”.
Irma spalanca gli occhioni verdi, ancora un po’ arrossati. “Avete il telefono, qui?”.
“Veramente no”, ammette Elyon. “E neanche la copertura di rete. Andremo un attimo ad Heatherfield, a casa mia”.
Will annuisce dubbiosa, mentre Elyon la prende a braccetto. L’ immagine delle due, avvolta da un debole scintillio, tremola e svanisce alla vista.

Cornelia continua a guardare, inquisitoria, le sue amiche boccheggianti. “Ma cosa vi è successo? Sembrate ancora più strane del solito”.
“Sono quei fiori gialli…”, biascica una Taranee decisamente non nei momenti migliori.
Caleb risponde: “I konnestras. Se si respira a pieno il loro polline, gli effetti sono stranissimi e sgradevoli. Anzi, quelli che vedi sono solo i postumi”.
“Konnestras?”. Cornelia ha già sentito quel nome. Sono i fiori ritratti nel disegno che Elyon le ha regalato poco tempo prima. “Per piacere, posso vederli?”.
Caleb annuisce, incerto. “Va bene. Seguimi. Ma attenta…”.
 

Giardino di Phobos

Quando Caleb le scosta i rampicanti, Cornelia accede con meraviglia a quell’insidioso angolo di paradiso.
Guarda il giallo vivido che sembra abbagliare. Annusa l’essenza profumata di cui si ammanta il suolo. Sfiora con le dita le corolle delicate, e ne percepisce le proprietà psicoattive.
“E’ bellissimo… e ingannevole. Quei fiori fanno più male che bene. Non dirmi che…”.
“Che questo è l’angolo preferito di Elyon?”. Le ha letto nel pensiero. “Sì, è così”.
Lei annuisce preoccupata. “Credimi, io capisco le piante, anche quelle che non ho mai visto prima. Queste dovrebbero essere estirpate. Ne parlerò a Elyon in privato”.
Caleb annuisce, combattuto. Le parole di Cornelia confermano i suoi timori. Non crede affatto, però, che la regina rinuncerà a quei fiori di sua spontanea volontà.
 

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Capitolo 6
*** Racconti dopo cena ***


cap.6- racconti dopo cena  
Anche questo capitolo è una versione riscritta del vecchio n.6. 
Grazie della recensione, Valerie. Auguri per il tuo computer e per la tua fiction. 
Spero proprio che ti piaccia anche questa puntata. Racconta una leggenda del metamondo sull'origine degli abitanti e della casa reale. 
E' un po' in contrasto con certi racconti di Kandrakar che narrano della millenaria lotta del bene contro il male... ma, si sa, ogni paese ha la sua mitologia.

PROFEZIE


 
Riassunto delle puntate precedenti
Elyon, tornata ad Heatherfield a trovare le sue amiche W.I.T.C.H., racconta loro che è preoccupata per una profezia, fatta da lei stessa, che prefigura
 una nuova tirannia a Meridian. Inoltre confida di avere grossi problemi ad adattarsi alla mentalità della città di cui è sovrana. 
 Will è preoccupata: l'improvvisa ricomparsa di Elyon può attirare attenzioni inopportune anche su di loro. 
 A Meridian, in un colloquio con la madre adottiva Miriadel e con il giovane Caleb, emergono le aspettative che rendono infelice Elyon: lei sola può
 porsi al vertice della piramide di controlli telepatici che assicura onestà e fedeltà in tutta la gerarchia sociale. Inoltre, lei sola potrà generare la
 prossima regina, e questo le rende impossibile sposare Caleb, che non può avere figli. Il giovane ottiene che lei si dimentichi del loro amore con l'aiuto
 di un filtro, ma resta al fianco di Elyon come amico e attendente. 
 Elyon invita le amiche a cena a palazzo. Nel giardino, Irma e Taranee respirano a pieno il polline di alcuni fiori, i konnestras, subendone strani effetti. Caleb rivela che quello è il luogo preferito da Elyon, soprattutto da quando questa ha ricevuto una misteriosa lettera postuma di sua madre. Si lascia sfuggire anche che la profezia di Elyon prevede che lei stessa sarà il nuovo tiranno. 
Cornelia giudica che i konnestras la influenzano negativamente, e dovrebbero essere estirpati.

Cap.6

Racconti dopo cena
(versione riscritta dell’Ottobre 2008)




Meridian, sala da pranzo di Elyon

“La mia modesta sala da pranzo”, dice Elyon con malcelato orgoglio, fermandosi per un attimo accanto alla porta aperta per lasciar guardare le amiche.
La grande stanza, a forma di fetta di torta, occupa buona parte del piano della torre.
Le ragazze entrano lentamente, osservandosi intorno. La grande tavola imbandita, la finestratura dal pavimento al soffitto, i marmi ed i legni lucidi, i ritratti ed i paesaggi sembrano tutti raccontare storie di regine e re antichi, di ambasciatori ed ospiti illustri, e di decisioni prese in pranzi di lavoro che hanno lasciato tracce importanti nella storia della città.

“Modesta come la sua padrona”, fa Irma, per niente impressionata, dopo una rapida occhiata attorno. Sono altre le cose che la interessano in una sala da pranzo. Si dirige sicura verso il tavolo, sedendosi sulla sedia dallo schienale più alto, che dà le spalle alla finestratura.
“Cosa vuoi dire?”, le chiede la Luce di Meridian inarcando un sopracciglio, scoprendosi anche defraudata della sua sedia preferita.
“Che Irma si sentirebbe più a suo agio nella mensa della servitù”, risponde Cornelia per lei. “Se vuoi farla accompagnare, Ellie, poi noialtre mangeremo più tranquille”.
“Ehi!”, si ribella Irma. “Bionda, parla per te!”.
Will si stringe nelle spalle con aria rassegnata, ma segretamente divertita dallo scambio di punzecchiature. “Elyon, conoscevi queste due già da prima di me. Non dovresti meravigliarti più”.
“Infatti…”, annuisce lei sorridendo. “Sai, Will, Mi sembra di conoscerti da tantissimo, eppure, se fai i conti, dal nostro primo incontro due anni fa abbiamo passato assieme solo poche ore”.
“Brevi, ma intense”, aggiunge Taranee sorridendo. Non le sembra gentile ricordare in che circostanze lei ha goduto, più di Will, della compagnia di Elyon.
“Questo non è un self service, vero?”, chiede Irma, notando che non c’è nessun servitore nella stanza, né, soprattutto, alcun cibo.
“No di certo!”, la rassicura la padrona di casa, ammiccando. “Aspetta e vedrai!”.

Mentre le amiche si siedono, Hay Lin cammina lungo le pareti, persa nei dipinti che le adornano. “Elyon, sono bellissimi. Questa scogliera… Il modo in cui sono rese queste montagne… Ma davvero hanno questi colori, se viste dal vivo?”.
“Veramente non lo so”, ammette lei. “Me lo ero chiesto anch’io, da brava pittrice. Se vorrete, un giorno andremo a vedere assieme quei luoghi”.
Hay Lin prosegue fino ad arrivare alla porta da cui sono entrate. E’ chiusa, ed il battente ha un largo pannello di un azzurro ceruleo che attira la sua attenzione. Le pare che stia diventando via via più luminoso, e il suo azzurro non sembra più una superficie dipinta, ma come il riflesso del cielo in uno specchio. Da oltre la porta, le sembra di sentire uno scampanellio lontano.

“EEK!”. Hay Lin non riesce a trattenere un piccolo strillo di sorpresa quando ne emerge qualcosa di metallico con appesi dei campanelli d'ottone. “Ma cosa...”.
Con prudenza, dal pannello fuoriesce un carrello di vivande, ed un cameriere dalla bella livrea cremisi e dal brutto viso verde si sporge per metà all'interno della stanza. “Chiedo scusa. Altezza, signorine...ho spaventato qualcuno?”.
“Avanti, Idriorr. Entra pure”, lo rassicura Sua Altezza. Poi si gode le espressioni sorprese delle amiche. “Ragazze, non preoccupatevi: quella porta, quando è chiusa, funge da portale tra la sala da pranzo e la cucina, che è sul lato opposto del palazzo”.
Taranee fischia sbalordita. “Tutto per non far raffreddare le pietanze calde”.
“E se qualcuno apre la porta nel momento sbagliato?”, chiede Will.
Elyon ridacchia, e si rivolge al domestico. “Lo spieghi tu, Idriorr?”.
Lui accenna un inchino paziente, sforzandosi di trovare divertente la cosa. “Sì, Altezza. Succede che mi schianto contro la parete”. Trattenendo un sospiro, comincia a trasferire i piatti degli antipasti dal carrello al tavolone.

Irma non perde niente di queste operazioni. Ha negli occhi la luce che prelude al suo rituale preferito. Resta un attimo indecisa, osservando che molte pietanze le sono sconosciute.
“Beh, io comincerei da questi spaghetti”.
“Subito, signorina”. Il cameriere gliene riempie il piatto, e lei inizia ad arrotolarli sulla forchetta con abilità da amatrice.
Elyon annuisce soddisfatta. “Ho fatto preparare qualcosa delle specialità di Meridian e qualcosa di familiare, tanto per andare sul sicuro”. Poi, ridacchiando: “Ho fatto escludere cose come gli occhi di bomp ed i ronfarelli vivi; non mi ci sono mai abituata neanch’io”.
Hay Lin le chiede con naturalezza: “Perché ti guardano con rimprovero, o perché ti supplicano telepaticamente di risparmiargli la vita?”.
“Perché scappano dal piatto”, risponde la padrona di casa.
Notando qualche smorfia di orrore tra le amiche, Hay Lin minimizza: “Che c’è di strano? Non avete mai assaggiato gli scorpioni vivi, come si fa in Cina?”.
Osservando le facce delle altre, si pente subito di avere parlato.
Cornelia le tributa un’occhiata glaciale: “Hay Hey, se credi di fare una bella pubblicità al tuo ristorante…”.
Irma smette di mangiare e osserva preoccupata gli spaghetti, aguzzando la vista per capire se abbiano occhi o zampe.
Elyon le tranquillizza: “Ehi, ragazze, non preoccupatevi. Non c’è niente di troppo esotico in questi cibi” . Si rigira davanti agli occhi la forchetta con infilzata una specie di cannellone, come se neanche lei credesse troppo alle sue parole.
Nel mentre, dal portale arriva un secondo cameriere con un carrello di bevande.
“Grazie, ho proprio sete”, dice Cornelia, facendosi versare nella coppa un nettare giallino e spumeggiante.
La Guardiana dell'Acqua volge lo sguardo vendicativo verso di lei. 'Troppo facile, Cornacchia!', si dice tra sé.
L'espressione disinvolta di Cornelia si muta in stupore ed imbarazzo quando il suo gesto di bere viene accompagnato da abbondanti schizzi, versamenti ed un orrido rumore di risucchio.
“IRMA!”, ruggisce infine, con il suo sguardo più feroce ed il viso ancora grondante.
“Siii?”.

Un’oretta e molte portate dopo, Irma annaspa combattuta davanti ad una torta di chisacosa che sembra una vera delizia. Perché proprio ora il suo stomaco deve chiudere i battenti? Eppure il messaggio da dentro è chiaro: o il cibo, o l’aria.
La ragazza deve declinare il dolce con un cenno accompagnato da un’occhiata piena di rimpianti, come ad un amante che non rivedrà mai più.
“Irma, non ti riconosco!”, le dice Cornelia con voce mielata. “Lasci nel piatto proprio questa torta? E’squisita!”. Le sorride con scherno. Lei ha conservato un po’ di posto per il gran finale.

Finito il dolce, Elyon propone: “A Meridian, per tradizione, dopo una cena si raccontano storie. Chi conosce qualcosa?”.
Tutti gli sguardi si volgono verso Hay Lin. Will parla per tutte: “Hay, conosci qualche leggenda cinese, per caso?”.
“Che non sia ancora quella dei quattro draghi”, precisa Cornelia.
“Sì, a dozzine”, annuisce un po’ svogliatamente la cinesina davanti al suo piatto della seconda portata, ancora mezzo pieno. L’inalazione del konnestras non ha ancora finito di esigere il suo tributo di nausea. Cerca di assumere un’aria ispirata, e inizia: “Un giorno, ad un fattore sfuggì il suo cavallo dal recinto. L’uomo era abbattuto, ma il vecchio padre gli chiese: ‘Sei sicuro che sia un male?’. Lui, però, non capì cosa intendesse”.
“Neanche io”, commenta Irma con una scrollata di spalle.
“Zitta, grazie. Tempo dopo, il cavallo ritornò al recinto portando con sé una cavalla. Il fattore era raggiante, ma il vecchio padre gli chiese: ‘Sei sicuro che sia un bene?’. Infatti, tentando di domare la cavalla, l’uomo fu disarcionato e si fratturò un braccio. Mentre il poveretto gemeva per il dolore, il vecchio padre chiese ancora: ‘Sei sicuro che sia un male?’”.
“Ma certo, Hay!”, la interrompe ancora Irma, stringendosi a denti serrati il braccio destro. “Quando è successo a me, mi ha fatto un male boia!”.
“LASCIAMI CONTINUARE, GRAZIE!”, alza la voce Hay Lin, poi si sforza di riprendere il contegno. “Dunque, dicevo: in breve, scoppiò una guerra, e molti paesani furono obbligati ad arruolarsi, tranne l’uomo con il braccio rotto, che era ben contento di questo. ‘Sei sicuro che sia un bene?’, chiese ancora il vecchio padre”. Hay Lin ci pensa un attimo, poi conclude: “La storia potrebbe andare avanti all’infinito, ma io no. Sono esausta”.
Torna a puntellare il mento con gli avambracci.
“Siamo sicuri che sia un male?”, chiede Irma un po’ imbronciata.
Per qualche attimo, al disotto del piano del tavolo viene combattuta una guerra segreta fatta di calcetti, pizzicotti  e gomitate.
“RAGAZZE!!”, si impone Will, dopo che un calcio fuori bersaglio si è abbattuto sul suo ginocchio neutrale. “La vogliamo finire?”.

Cornelia annuisce innocentemente, e si volge verso Elyon. “Magari tu saprai qualche bella leggenda del metamondo”. Ha già capito che l’amica non aspettava altro.
Infatti si illumina. “Ma certo, Corny. Ce ne è una che racconta le origini degli abitanti. La ho un po’ rielaborata di mia fantasia”.
Intreccia le dita, sorridendo con l’aria dolce di una nonna che racconta una fiaba ai nipotini.

“Fin da prima che esistesse la vita, il Metamondo e la Terra sono stati uniti tra loro da un portale naturale che, passando al difuori dello spazio, congiungeva questi due mondi separati da distanze astronomiche.
Vi erano occasionali passaggi di esseri viventi tra i due mondi: animali, semi di piante. Talvolta morivano, talvolta sopravvivevano e si adattavano all’ambiente diverso, evolvendosi in modi differenti”.
Elyon guarda fissa davanti a sé.  Le ragazze intuiscono che sta vedendo ambienti lontanissimi ed estranei, popolati di piante aliene e mostriciattoli di ogni forma.
“Più di trentamila anni fa, l’Europa era ancora popolata da una umanità diversa. Ora questi esseri verrebbero chiamati Neanderthaliani, ma loro non lo sapevano. Nel frattempo, una nuova popolazione ostile stava migrando nei territori in cui vivevano. I discendenti di questi ultimi avrebbero riservato per sé il nome di Sapiens Sapiens”.
“Sapiens sapiens….”, medita seria Irma. “Avevano forse a che fare con l’Oracolo?”.
“No, cara”, le spiega pazientemente Cornelia. “E neanche con te”.
“Ehm…”, si schiarisce Elyon. “Se posso…  Bene, questi nuovi erano entrati in concorrenza con gli abitanti originali per le scarse risorse di quella terra fredda e selvaggia. La migliore capacità di costruire armi, di coordinare gruppi, di pianificare e di parlare erano i loro punti di forza. Non era possibile alcuna fusione delle due popolazioni: erano troppo diverse, praticamente due specie distinte. Nell’immaginario collettivo dei nuovi arrivati, i tratti dei vecchi abitanti erano l’archetipo stesso della bestialità: l’arcata sopraccigliare prominente, la fronte e il mento sfuggenti…”.
Cornelia guarda il profilo di Irma con occhio critico. Quando questa se ne accorge, una nuova guerra sommersa di pizzicotti infuria brevemente sotto lo schermo discreto della tovaglia.
“Ehm”, si schiarisce ancora Elyon. “Ovunque, la decisione presa dai nuovi era sempre la stessa: sterminare quegli esseri sub-umani. Le piccole tribù si coalizzarono tra loro. Iniziarono una lotta senza quartiere contro gli abitanti originali, che opposero una resistenza disperata e scoordinata. Questo avvenne in tutto il Vecchio Mondo. Fu la vera prima guerra mondiale”.
Will ha seguito, attentissima. “Chissà se alcuni nomi della mitologia, come Ercole o Odino, risalgono così indietro nel tempo?”.
“Non saprei”, dice Elyon stringendosi nelle spalle. “Comunque, prima che tutto ciò finisse, per alcuni dei vecchi abitanti si aprì una inaspettata via di salvezza: il portale naturale tra Terra e Metamondo si portò al livello del terreno, e divenne accessibile”.
“Chi fece questo?”, chiede Will.
Elyon si stringe nelle spalle. “Penso che fu solo un caso. Sapete, il portale fluttua, si muove lentamente, un po’ come i poli magnetici”. Riprende l’aria assorta da narratrice. “Non so dove avvenne: le leggende di qui raccontano solo di un luogo innevato. Comunque il portale naturale non è né vistoso, né inquietante come quelli che avete visto voi: può assomigliare, piuttosto, ad un tunnel nella nebbia”.
Will annuisce, catturata dal racconto. “Magari, i preistorici lo percorsero senza rendersi conto di passare da un mondo ad un altro”.
Elyon annuisce. “Probabilmente no, la prima volta. Erano solo gruppi di profughi in fuga, ma furono seguiti da bande di guerrieri invasori. Questi trovarono non solo i loro odiati nemici, ma anche un ambiente più favorevole del Nord Europa di trentaerottimila anni fa. Il metamondo era abitato già da diverse specie intelligenti. Alcune di queste erano dotate di poteri magici innati, altre erano completamente diverse da ciò che sulla Terra viene chiamato umano. Vi erano già i primi barlumi di quelle che avrebbero potuto diventare civiltà. Forse erano già in competizione tra loro. Comunque, l’arrivo di questi terrestri bellicosi ebbe l’effetto di un fiammifero in una polveriera. La guerra coinvolse anche i nativi in un’alternanza di scontri, massacri e alleanze effimere, mentre sempre nuovi guerrieri e nuovi profughi continuavano ad arrivare dalla Terra”.
Mentre Elyon fa una sosta per riempirsi un bicchiere, Will la guarda grave. E’ chiaro che non sta raccontando una semplice favola. “E poi?”.
“E poi…”, riflette lei, cercando di riprendere il filo. “Ah, sì. Già a quei tempi, nell’universo, esistevano degli esseri superiori, di cui si sapeva pochissimo. Un loro inviato apparve sul Metamondo, portandovi per le prima volta il nome di Kandrakar. Essi crearono la muraglia, un incantesimo su scala planetaria che bloccava il passaggio naturale e impediva il passaggio di ulteriori invasori. La prima volta che fu attivata, la muraglia salvò il metamondo dall’invasione umana”.
Hay Lin mugugna, pensando al racconto fatto da nonna Yan Lin quando spiegò loro il ruolo di Guardiane per la prima volta: “Non è proprio così che ce l’hanno raccontata”.
“Ssh!”, la zittisce Cornelia. “Sentiamo fino alla fine”.
“Grazie”, dice Elyon. “La storia sta arrivando al climax. Dunque… interrompere l’arrivo di nuovi invasori non fu sufficiente a rappacificare il metamondo. Poiché il massacro continuava, Kandrakar fece una potente magia che rimescolò tutti gli abitanti del metamondo con gli invasori. L’aspetto di tutti cambiò tanto, da individuo ad individuo, che non fu più possibile riconoscere le razze e specie originali. Ora c’era solo un’accozzaglia di esseri diversi. Questi, però, riuscivano a capirsi qualunque fosse la lingua che parlavano, e potevano incrociarsi tra loro”.
Will annuisce. “Sembra la storia della Torre di Babele, ma in un certo senso è alla rovescia”.
“E’ vero”, risponde Elyon. “Ma fu ancora più traumatica. Molti erano cambiati in qualcosa in cui non si riconoscevano, e si facevano orrore da se stessi. Molti si uccisero per la disperazione”.
Studia ancora i visi delle amiche. Impietriti. Hay Lin, inquieta, si porta la mano dietro come per controllare se per caso le fosse spuntata la coda.
Elyon riprende il racconto. “Alcuni tentarono di ricostruire i clan aggregando individui dall’aspetto simile, ma si accorsero che anche la somiglianza fisica non comportava la stessa origine. Solo un piccolo gruppo ebbe successo nel riunire individui quasi omogenei, ed assomigliavano agli invasori terrestri. I pochi membri di questo gruppo si isolarono dagli altri e, unendosi tra loro, diedero inizio ad una discendenza ristretta ma abbastanza omogenea. Gli incroci tra consanguinei portarono ad accentuare sia alcune caratteristiche negative per la salute, sia alcune positive, come i poteri magici sempre più forti. Queste facoltà resero potente questa stirpe, sempre più ristretta. Col tempo questa divenne la classe dominante del metamondo, e da qui scaturì la famiglia reale che pian piano lo pacificò”.
“Gli Escanor?”, chiede Cornelia.
“Non ancora”, risponde Elyon. “Parliamo di parecchie migliaia di anni fa. Finita l’emergenza, Kandrakar disattivò la muraglia, perché il portale naturale, nel lungo periodo, era la via per cui si realizzava una benefica simbiosi tra i due mondi. Molto tempo dopo, un condottiero terrestre, Escanor, combatté a fianco della famiglia reale in una delle ultime guerre che insanguinarono questo mondo, poi si unì alla regina Ontlinor”.
“Ma mi pareva di ricordare che Escanor fu raggiunto nel metamondo da sua moglie Leryn”, interviene Taranee dal fondo del suo mal di testa. “Però non mi ricordo più chi me l’ha raccontato”.
“Forse l’hai letto in un fumetto”, la canzona Irma.
Elyon annuisce. “Oh, certo, certo, si chiamava proprio così, Leryn. Però esitò troppo a raggiungere Escanor, e, sapete com’è, lo trovò felicemente accasato con la regina Ontlinor”. Risolino imbarazzato. “Quello che successe tra le due non viene raccontato volentieri dagli storici di Meridian, ma alcuni racconti popolari sono uno spasso per chi si appassiona ai pettegolezzi”.
Cornelia le ammicca. “Se ci sarà occasione…”.
“Ci sarà di certo”. Elyon ricambia il gesto di intesa. “Ora ci avviciniamo ai nostri giorni. Anche la discendenza di Escanor e Ontlinor aveva i forti poteri magici innati tipici della famiglia reale precedente, trasmissibili per via femminile. Come sapete, anche il trono viene tuttora trasmesso per via matrilineare”.
Will si chiede: “Ma se il potere  si trasmette per via femminile, come mai il nome della stirpe Escanor deriva da un maschio? Non sarebbe più logico che anche quello venga ereditato dalla madre?”.
“Buona domanda, Will”, fa Elyon un po’ sorpresa. “Prima di Escanor e dopo di lui, la regina Ontlinor, molto più longeva, ebbe altri mariti  sempre appartenenti alla stessa stirpe reale; inoltre, anche le sue sorelle e cugine avevano figlie con poteri. Purtroppo i matrimoni tra consanguinei hanno amplificato dei difetti genetici”. Scuote il viso, triste. “Molti morivano giovani, o anche in culla. Siccome Escanor portò un po’ di sangue nuovo nella famiglia, per alcune generazioni i suoi discendenti furono più sani e ne ereditarono il cognome, finché le unioni tra consanguinei ricrearono il problema. Ormai siamo arrivati al capolinea”.
“Capolinea?”, chiede Taranee dal suo silenzio ancora un po’ sofferente.
La Luce di Meridian annuisce. “Nel senso che io sono l’unica discendente della famiglia reale”.
Cornelia inarca un sopracciglio. “Sbaglio, Ellie, o hai corso il rischio di doverti sposare con Phobos?”.
Elyon si irrigidisce. “Non so se quell’essere, suicidandosi, abbia fatto più bene a me o più danno a Meridian”. Si rattrista. “Mia mamma, in sogno, mi aveva raccomandato di vegliare su di lui, perché era tutto quanto restava della mia famiglia”.
Cornelia la guarda grave. “Pensi che si riferisse a questo discorso?”
“Forse. O forse, ha solo chiesto indulgenza per lui. So che lo amava, anche se sapeva cosa sarebbe diventato”.
“Per precognizione?”, chiede Will.
Elyon annuisce, grave.
“Vedici il buono, Ellie”, interviene Cornelia. “Ora tu godi di una libertà in cui tua madre e tua nonna non hanno mai potuto sperare”.
“Libertà…”. La regina storce impercettibilmente il viso un po’ infantile. “Sei sicura che sia un bene?”.
Per qualche secondo, nessuna parla più.

Dopo un po’, il silenzio pesante viene rotto da Irma. “Chi vuole sentire la barzelletta del cane siamese?”.
Nessuna risponde. Il cane siamese resta con la coda tra le zampe.

“Ragazze, che ora è?”, chiede Will.
Hay Lin risponde: “Tutto ciò che posso dirti è che il mio orologio fa le dieci di sera. Decisamente ora di tornare a casa”.
“Ragazze, ancora cinque minuti”, dice Elyon, ripresasi dal momento di tristezza. “Andiamo sul terrazzo a vedere le stelle. Ho una cosa da mostrarvi!”.
“Modesta anche questa?”, chiede Irma, alzandosi pigramente dalla sedia più grande.
 
 

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Capitolo 7
*** Nuove stelle e vecchie guardiane ***


7-nuove stelle e vecchie guardiane  
 
Ciao Melisanna, questo capitolo è stato modificato rispetto alla versione originale seguendo i tuoi suggerimenti. Spero che soddisfi di più.
Ho tolto la storia delle vecchie guardiane, che era slegata dal resto della trama; potrebbe essere la traccia per un lavoro futuro.
Ho cercato anche di alleggerire i dialoghi, anche se il clima del capitolo si fa comunque teso, come preludio al successivo, più drammatico.

 

PROFEZIE



 
 
Riassunto delle puntate precedenti 
Elyon si ripresenta a trovare le sue amiche ad Heatherfield. Appare cambiata, esuberante, e racconta del suo progetto di far sviluppare la sua città anche copiando tecnologie terrestri. 
In un attimo di sconforto, racconta di essere angosciata per una profezia fatta da lei stessa, che prevede l'avvento di una nuova tirannia a Meridian. 
L'oracolo raccomanda alle guardiane di essere vicine ad Elyon, che è in un periodo di cambiamento, e di consigliarla bene. 
Poco tempo dopo, Elyon si ripresenta alle amiche, invitandole a cena al palazzo reale. Arrivate qui, si apparta con Cornelia per farle delle confidenze sul suo passato, lasciando le altre in compagnia di Caleb. 
Nel giardino, Irma e Taranee respirano a pieno il polline di alcuni fiori, subendone strani effetti. Caleb rivela che quello è il luogo preferito da Elyon, da quando questa ha ricevuto una misteriosa lettera postuma di sua madre. Da allora, trascura i doveri di regina e fa studi tutti suoi.  Aggiunge che la profezia prevede che lei stessa sarà il nuovo tiranno. 
Cornelia giudica che questi fiori la influenzano negativamente, e dovrebbero essere estirpati. 
Dopodichè, tutte le ragazze vanno a cena con la regina.
Nel corso della cena, Elyon racconta una interessante leggenda sull'origine degli abitanti del metamondo e della stirpe reale.

Cap.7

Nuove stelle e vecchie guardiane




Meridian, terrazzo del palazzo reale

Nella notte luminosa, l’altopiano che si estende a nordovest del castello è visibile fino alle basse vette della catena che delinea l’orizzonte visibile. Sulle cime, vaghe tracce di neve brillano nella notte.
Ogni monte, ogni albero, ogni collina, lo stesso castello ha due ombre nitide che si proiettano sul terreno. Dove queste ombre si sovrappongono, si creano zone nere che sembrano come degli angoli dimenticati dalla creazione del modo.
Non serve la competenza di un astronomo per notare in cielo due stelle luminosissime, più luminose persino della luna piena.

“Altrochè Venere!”, esclama Hay Lin, “ Chissà cosa darebbe Eric per poter vedere questo spettacolo!”.
“Sono favolose!”. Questo entusiasmo ha contagiato anche Irma. “Chissà quanto vi fanno risparmiare di illuminazione stradale!”.
Hay Lin le osserva a lungo, traguardandole con un capitello. “Ma … si muovono? Non sono stelle fisse?”.
“Ragazze, quelle cosiddette stelle sono il risultato di un mio esperimento magico!”.  L’orgoglio di Elyon traspare dalla sua voce. “Ci sono numerosi piccoli satelliti naturali in orbita attorno a questo mondo, poco più che grossi sassi. Io sono riuscita a farne accendere cinque usando un’antichissima magia”.
“Li hai fatti tu?”, chiede incredula Cornelia.
“In un certo senso sì. Ma io ho solo praticato una magia descritta in un antico libro collezionato da Phobos”.
“Da dove viene tutta l’energia che irradiano?”, chiede Taranee.
“Non lo so, ragazze. Sto cercando una spiegazione su ogni genere di libri. Ho divorato gran parte della biblioteca di Phobos, dove sono descritti migliaia di incantesimi, ma non c’è una spiegazione fisica del perché funzionano”. Elyon scuote la testa. “Vorrei capire cosa succede su quei grossi sassi. Sto cercando su libri di fisica, ma l’unica cosa che ci somiglia un po’ è la fusione nucleare. Allora ho fatto un piccolo esperimento”.
Scruta i giochi di ombre sui visi delle amiche. Vi legge stupore e curiosità. Solo Taranee ha già capito l’enormità di quanto sta per spiegare.
“Ho simulato ciò che accade nel cuore di una stella. Ho inserito idrogeno dentro una grande sfera di vetro con una piccola cavità. Ho fatto rimpicciolire la sfera fino alle dimensioni di una palla. La ho fatta levitare via a grande altezza. Poi la ho fatto rimpicciolire rapidamente, comprimendo l’idrogeno dentro finché non è avvenuta la reazione”.
“Quale reazione?”. Irma non sa molto sulle stelle. Forse crede davvero che abbiano cinque punte.
“La fusione dei nuclei”, le risponde Elyon. “Da ogni quattro nuclei di idrogeno se ne è creato uno di elio”.
“E il cambio conviene?”, chiede Irma scettica. Quattro gomitate anonime la zittiscono.
“La luce ha illuminato tutto il cielo di Meridian per un paio di secondi. Siccome era notte fonda, il tuono lontano ha svegliato tutti gli abitanti”.
“Davvero è esplosa?”.
“Sì, Will. Chi ha visto la vampata ha avuto problemi di vista. Anch’io”. Guarda il cielo socchiudendo gli occhi.
“E la gente come l’ha presa?”.
“Non bene. Continuo a percepire pensieri preoccupati. Insomma, vorrei non averlo fatto”.
Le ragazze si guardano. Qualche pensiero guizza tra loro.

Elyon rompe quel silenzio imbarazzato. “Sapete, ho dato i vostri nomi alle cinque stelle artificiali”.
Guarda rapita verso il cielo. Sarebbe delusa a vedere la smorfia di Irma.
“Così Cassidy non è più la sola ad avere una stella tutta sua!”, commenta la guardiana. “Un bell’auspicio!”.
Alla luce degli astri, si vede Elyon inarcare le sopracciglia. “Chi è Cassidy?”.
Will le fa un riassunto. La brevità del suo racconto tenta di minimizzare l’orrore di una sconvolgente storia di gelosia, culminata con l’assassinio di una guardiana da parte di un’altra.
Quando Will smette di parlare, la regina è piena di domande. “Allora è stato il cuore di Kandrakar a corrompere Nerissa?”.
“Non so. Preferisco pensare che sia stato tutto dovuto alla sua ambizione”, risponde Will.
“E non temi che..”.
“Non dirlo! Sì, ci penso. Anche tuo fratello Phobos ha detto che sarebbe finita così. Ma era solo un suo inganno”. Poi, quasi inudibile: “Io prego sempre che fosse solo questo!”.
Si sente un po’ di freddo. Tutte le ragazze tornano al calduccio, in sala da pranzo.
 

Meridian, palazzo reale, sala da pranzo

Will guarda ancora l’orologio. “Le undici e tre quarti! Elyon, ora dobbiamo scappare di fretta. E’ stata una bellissima serata…”.
Elyon sembra essersi ricordata all’improvviso di una cosa.
“Ragazze, se avete ancora cinque minuti, vorrei esaminare le vostre ali, perché credo di avere capito a cosa servono”.
L’idea è accolta con un evidente interesse. Cornelia, in un alone di luce, assume il suo aspetto da guardiana. “Ecco fatto, Ellie”. Si siede su una delle grandi sedie vellutate.
“Grazie, cara. Vediamo…”. Elyon passa la mano destra aperta a pochi centimetri dalla punta di un’ala.
“Cosa stai facendo?”, chiede Will, seguendo con attenzione i movimenti.
“La sto irradiando con la mano. Sì, riesco a seguire l’energia, fluisce verso i muscoli della spalla e del braccio. Continua verso la mano”.
“Ora sento caldo”, dice Cornelia. Volta all’insù il palmo. “Sembra quasi luminoso!”.

Elyon è seria, come un medico che sta per proferire una diagnosi. “Voi guardiane avete poteri magici anche senza trasformarvi, vero?”.
“Sì”, risponde Will, “le prime avvisaglie hanno preceduto la prima trasformazione di quasi un anno”.
“Però sono più tenui”, completa Taranee. “Si esauriscono rapidamente”.
“Ragazze, queste ali fanno la differenza”. Elyon fissa rapita le splendide iridescenze verdi e azzurre. “Captano i poteri che permeano l’ambiente. Rinnovano la vostra energia magica quando viene utilizzata. Sono collegate con le braccia, perché voi usate quasi sempre il palmo delle mani per operare magie”.
“Ellie, posso farle sparire?”.
“Ancora un attimo, Corny”. La Luce di Meridian riprende a fare oscillare le mani su un’ala di Cornelia.
“Che fai? Sembra che le accarezzi…”.
Elyon ritira le mani dall’amica, e le tiene con i palmi affacciati a pochi centimetri tra loro.
Compare un’iridescenza che, in qualche secondo, prende la forma di una copia dell’ala.
Mentre riassume il suo aspetto normale, la guardiana è allibita. “Elyon, cosa hai fatto?”.
“Fidati di me, Corny”. Le sorride, mentre l’aletta fluttua sospesa tra i suoi palmi.
La rassicurazione non ha effetto. “Non mi piace. Elyon, questo non mi piace per nulla!”.
“Scusa, ora la faccio scomparire”. Un lampo di luce, e lo spazio tra le sue mani torna vuoto.
Per la prima volta da anni, Cornelia guarda la sua vecchia amica con diffidenza. “Non sono sciocca. Riprodurrai quell’ala appena io sarò fuori da questo palazzo. Ma perché?”.
“E’ solo un esperimento”, risponde con nonchalance. Poi, guardando meglio tra i giochi di ombre sul viso di Cornelia, si accorge della sua espressione. “Ti prego Corny, non tenermi il broncio. Sai quanto mi fa male”.
Cerca gli sguardi delle altre. Spera di trovarvi un’assoluzione. Capisce, con sgomento, che non è così.
Le guardiane si scambiano occhiate di sfuggita. Dei pensieri guizzano tra loro.
“Ragazze… dite qualcosa!”.

Dopo un lungo silenzio, Will le si avvicina. Le altre si raggruppano alle sue spalle, un passo indietro. “Elyon, posso essere sincera? Credo di parlare a nome di tutte. Stasera ci hai turbate”.
“Cosa…”.
“Ci sembra che il tuo desiderio di … di conoscenza, ecco, ti abbia preso la mano. Non ti ricordavamo così”.
“….”.
Will continua. “Mettiti nei nostri panni. Ci hai parlato di predizioni inquietanti, alle quali credi ciecamente. Fai i tuoi esperimenti su scala grandiosa, senza che servano per soddisfare un vero bisogno, e senza un’idea chiara delle conseguenze”.
“Quelle stelle artificiali… sei sicura che siano così innocue?”, chiede Taranee.
“Cosa dovrebbero fare?”, protesta Elyon. “Orbitano a sessantamila chilometri di altezza!”.
“E sia. E poi quella sfera…”, continua Will. “Tu sai benissimo che sulla Terra quella si chiamerebbe bomba termonucleare!”.
“Soprattutto”, aggiunge Cornelia, “non ci rassicura sapere che passi il tuo tempo in mezzo a tutti quei fiori gialli”.
“Cosa… Ma cosa vi ha detto Caleb di questo?”.
“Niente”, mente. “Ma sai che io conosco le piante. Percepisco che quelle hanno una influenza negativa. Credimi, se te ne sbarazzi è meglio”.
“Ma Cornelia, sono solo i fiori del mio giardino…”.
“Le parole solo fiori sono una grossa sottovalutazione. Guarda l’effetto su Taranee e Hay Lin…”.
Hay Lin, chiamata in gioco, fa una smorfia di disagio. Ricorda vagamente che, in giardino, le sono usciti di bocca commenti che non è il caso di ripetere mai più.
“Eppoi”, incalza Irma, “prevedi che diventerai una tiranna, sei angosciata all’idea, eppure cominci a fare proprio le cose che ci si aspetterebbe da un tiranno. Ti disinteressi della tua gente. Ti isoli nel giardino di Phobos. Leggi i suoi libri. Costruisci una...”.
Un calcio discreto di Will interrompe l’infelice intervento.
Elyon le guarda a bocca aperta. “Ma non ve l’ho detto io, che sarei … ”. Abbassa lo sguardo, storce la bocca. “E’ stato Caleb, vero?”.
Un cameriere in livrea sta per entrare con un vassoio di bibite. Non sappiamo che cosa ha percepito, ma è bastato per farlo desistere ed andare via discretamente.
“Ma no!”. Will cerca di recuperare la situazione. “Noi pensiamo solo che tu stia bruciando le tappe. Abbiamo paura che qualche magia troppo potente possa sfuggirti di mano”.
“Hai tanti anni davanti a te”, aggiunge Hay Lin. “Perché vuoi provare tutto e subito?”.
“Will, non sforzarti di addolcire la pillola. Ho capito. Tu pensi che prima o poi ci troveremo a combattere su fronti opposti”. Appena dette queste parole, la regina ne sembra spaventata.
“Cosa dici?”. Will, sorpresa, scruta il viso turbato di Elyon. “Noi ti stiamo solo dicendo le nostre impressioni”.
“E’ per onestà nei tuoi confronti”, aggiunge Taranee.
Elyon cerca lo sguardo di Cornelia. L’amica le sorride, ma è un sorriso velato dal dubbio.
 

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Capitolo 8
*** Come mai avvenuto ***


8- come mai avvenuto  
Ciao Melisanna, grazie per i tuoi commenti, che sono stati presi molto sul serio.
Ho modificato il capitolo precedente, cercando di renderlo più leggero.
Premetto che ho sofferto un po' scrivendo e riscrivendo questo episodio, e soffro un po' a pubblicarlo, a causa della sua natura drammatica. 
In effetti, Profezie è nato come un lavoro drammatico, e solo in seguito, dopo varie riscritture, ha assunto dominanti comiche, misteriose o avventurose in quasi tutti i capitoli.
Max

PROFEZIE


Riassunto delle puntate precedenti 
Elyon si ripresenta a trovare le sue amiche ad Heatherfield. Appare cambiata, esuberante, e racconta del suo progetto di far sviluppare la sua città anche copiando tecnologie terrestri. 
In un attimo di sconforto, racconta di essere angosciata per una profezia fatta da lei stessa, che prevede l'avvento di una nuova tirannia a Meridian. 
L'oracolo raccomanda alle guardiane di essere vicine ad Elyon, che è in un periodo di cambiamento, e di consigliarla bene. 
Poco tempo dopo, Elyon si ripresenta alle amiche, invitandole a cena al palazzo reale. Arrivate qui, si apparta con Cornelia per farle delle confidenze sul suo passato, lasciando le altre in compagnia di Caleb. 
Nel giardino, Irma e Taranee respirano a pieno il polline di alcuni fiori, subendone strani effetti. Caleb rivela che quello è il luogo preferito da Elyon, da quando questa ha ricevuto una misteriosa lettera postuma di sua madre. Da allora, trascura i doveri di regina e fa studi tutti suoi.  Aggiunge che la profezia prevede che lei stessa sarà il nuovo tiranno. 
Cornelia giudica che questi fiori la influenzano negativamente, e dovrebbero essere estirpati. 
Dopodichè, tutte le ragazze vanno a cena con la regina. 
Nel corso della cena, Elyon racconta una interessante leggenda sull'origine degli abitanti del metamondo e della stirpe reale.
Dopo la cena, le ragazze si portano in terrazza, dove la Luce di Meridian racconta di alcuni prodigi da lei realizzati, tra cui nuovi astri che illuminano la notte. Le guardiane, però, ne sono impressionate negativamente, e la criticano, richiamandola al suo ruolo di regina.

Cap.8

Come mai avvenuto



Meridian, palazzo reale

Gradini di granito bianco, lucido, curvi verso sinistra. Sempre uguali, passo dopo passo. Formano una elica perfetta. Se non si sapesse altrimenti, si direbbe che scendano all’infinito.
E’ un finale mesto per una serata importante. Le ragazze scendono nel grande atrio, e si preparano a congedarsi.
Il silenzio ferisce come un urlo. Cercano tutte qualcosa da dire.
“Hay Lin, come ti senti, ora?”, chiede Cornelia.
“Non c’è male, grazie”.
“E tu, Taranee?”
Taranee si sfiora la fronte. “Meglio, ma ho ancora un cerchio…”.
Hay Lin coglie l’occasione per rompere il velo di ghiaccio. “Elyon, se passi ad Heatherfield, vorresti venire a dare un’occhiata ai miei acquerelli?”.
“Sì, grazie, Hay”.
“Non aspettarti delle gioconde, ma forse qualcosa ti piacerà”.
Elyon accetta con gratitudine quell’appiglio. “Scusatemi: ho parlato, parlato, parlato di me, e mi accorgo ora di avervi lasciate a fare da tappezzeria”.
Hay Lin fa un gesto di noncuranza. “Ci rifaremo, non preoccuparti. Se tornerai a trovarci, ti…”.
Mentre parla, nota come un guizzo negli occhi appannati della Luce di Meridian. Si è voltata, dapprima impercettibilmente, poi decisamente, verso l’ampia porta vetrata che dà sul giardino di Phobos.
“Scusate un attimo…”. Elyon parte a passo deciso verso di là.
“Ellie, che succede?”. Dopo un attimo di indecisione, anche Cornelia la segue a grandi falcate.
Subito dopo, anche Irma viene dietro. “Venite, ragazze. Sta succedendo qualcosa!”.
Hay Lin e Taranee si scambiano uno sguardo. “Non in mezzo a quei fiori, Hay Lin… Dimmi che non stiamo per andare proprio là”.
“Resta qui, se non ti senti”. Hay si dirige veloce verso la porta.
Prima di seguirla malvolentieri, Taranee si guarda in giro. “Ma dov’è Will?”.

La guardiana del Cuore lo sente. Sta per succedere qualcosa.
Dall’alto della finestra, lo spettacolo del giardino illuminato da migliaia di fiori bioluminescenti è incantevole. Sembrerebbe un cielo alla rovescia, se non fosse per le luci delle finestre delle cinque grandi torri che lo contornano.
Due luci si muovono. Cos’è quella nebbiolina giallastra che le offusca?
Will scende lo scalone. La sensazione di un disastro imminente è sempre più forte. Ora è nell’atrio. Dove sono le sue amiche?
Due guardie le battono i tacchi in segno di saluto. Non sono le stesse di qualche ora prima.
Nel salone c’è anche Miriadel. Sul suo viso, Will legge un ansia che prima non c’era.

“Miriadel. Va tutto bene?”.
“Oh, Will. Ti prego. Cerca di calmarla, quando lo saprà!”.
Will le afferra le mani. Sono coperte da una vaga patina gialla. Anche i vestiti. “Cosa vuoi dire?”.
La donna prende fiato. “Caleb sta estirpando tutti i konestras”. Altro respiro. “I fiori gialli di Elyon. Non ho potuto fermarlo!”.
 

Meridian, giardino di Phobos

Will e Miriadel escono assieme sul pianerottolo. Le guardie accennano a seguirle.
“Zorlar, Todlocr, tornate al posto!”, li allontana la donna.
Dalla sua posizione, Will vede che la nebbiolina si è diffusa, ed offusca le luci dei fiori nella direzione dove le altre ragazze stanno andando.
 

Elyon sta quasi correndo. Il profumo nell’aria è così buono da fare quasi male, e gli occhi le bruciano.
I rampicanti scostati mostrano lo spettacolo desolante del giardiniere, con il viso coperto da una mascherina di stoffa bagnata e degli occhialini da piscina, che sta estirpando migliaia di fiorellini gialli e li sta caricando su alcune carriole.
Ogni fiorellino strappato rilascia uno buffetto di polline giallo, che si mescola alla foschia.
“DALTAR! COSA STAI FACENDO?!?! I MIEI FIORI!”.
Dalla sua destra sente la voce di Caleb, soffocata da una mascherina. “Mi dispiace tanto, Elyon. E’ una decisione mia, non di Daltar”. Si toglie la polvere gialla dalle lenti dei suoi occhialini.
“Tua? Ma io voglio quei fiori! Ho bisogno di loro!”.
“Lo facciamo per il tuo bene, Luce di Meridian. Mi dispiace tanto…”.
“Ma di che bene cianci? Credi che non sia in grado di decidere? Perché devi farlo per me?”.
Le ragazze sentono un tremolio, ma non sanno se è il terreno o l’effetto del profumo inebriante.
“Ti prego”. La voce di Caleb, quasi supplicante, sembra incomprensibile da dietro la mascherina. “Non stare qui proprio adesso. Il polline…”.
Cornelia le è dietro, si è tirata la maglietta fin sul naso e socchiude gli occhi. “Elyon, vieni via. Ha ragione. La…”
Quando si volta, Elyon è una maschera di odio. “Come, ha ragione? Anche tu mi consideri una bambinetta incapace di scegliere? Io sono la Luce di Meridian!”.
Il terreno continua a tremare.  Da dietro, si sente qualche esclamazione di sorpresa.
Cornelia si volta indietro, verso Irma. Capisce subito che qualcosa non va neanche nei suoi occhi. Sono arrossati, ma non li socchiude, non fa nessun tentativo di proteggerli. “Irma! Cosa fai qui? Copriti il naso!”. Comincia a tossire. Vede che anche Hay Lin e Taranee, due passi indietro, hanno qualcosa di spiritato negli occhi. “Allontanatevi!”.
Elyon si avvicina minacciosa a Cornelia. “Tu lo sapevi, vero! Sei stata tu a dirgli di farlo! Rispondimi!”.
“Io non...”.
Caleb si mette tra le due. “No! È una decisione solo mia. Sai come è iniziato con Phobos…”.
Elyon lo guarda con occhi increduli e arrossati. “Phobos …Mi paragoni a lui?”.
Caleb si è reso conto dell’errore, ma non ha il tempo per ritrattarlo.
“Traditore. Mi fidavo di te! E tu invece mi hai sparlato alle spalle!”.
Caleb si sente il terreno mancare da sotto. Comincia ad essere sollevato da terra, e rotea sempre più velocemente.
 

Dal pianerottolo sulla scala, Will guarda impotente la situazione che sta degenerando. Accanto a lei, Miriadel le stringe il braccio fin quasi a piantarvi le unghie. “Ti prego, Will, fai qualcosa! Ti prego…”.
Ma cosa? Will cerca il contatto mentale con le altre guardiane, ma si accorge subito che qualcosa non va. Una esaltazione innaturale.
‘Ragazze, non provocatela! Allontanatevi! Hay, spazza via quel polverone!’.
Troppo tardi. Con uno spettacolare luccichio smorzato dalla nebbiolina, le altre guardiane si sono trasformate. Una, due, tre. Manca Cornelia. Sente la sua voce gridare qualcosa come: “Noo. Che cosa fate?”.
“No! Non così!”, piange Miriadel, mentre la stretta al braccio si fa insopportabile.
Una debole brezza spinge il polline verso il pianerottolo. Will si stropiccia gli occhi. Perché le stanno bruciando? Perché le orecchie le stanno fischiando?
Sente volare frasi di fuoco. “…il tuo vero volto…”  “…strega…”   “…traditrici…”.
Intuisce che Caleb, sollevato da terra, rotea sempre più velocemente, e grida qualche cosa di incomprensibile.
Si vede un lampo rosato, uno scintillio azzurrino. Caleb cade a terra malamente. “…assassina…”. Era davvero Cornelia? Le orecchie le fischiano sempre più forte.
“Will! Ti prego! Ti prego!”. Miriadel sta piangendo come una bambina.
Accanto a lei, le due guardie sono finalmente uscite ed osservano la scena.
“Proteggiamo la Regina!”. Quello che sembra il capo estrae una spettacolare spada dalla lama frastagliata e luminosa.
“No, pazzo! State fermi tutti!”, cerca di imporsi Miriadel, ma per comandare non basta il grado. Nessuno ascolta un capitano che piange chino sul braccio di una ragazzina. “Tornate dentro, voi due!”. Parole sprecate.
Will fa fatica a tenere aperti gli occhi. “L’ultima carta, Miriadel. Se questa non funziona…”.
Nella sua mano compare il Cuore di Kandrakar. Lo tiene dietro la balaustra, per non farlo vedere. Non c’è proprio bisogno di un’ulteriore provocazione.
Attraverso le palpebre socchiuse, le sembra che un paio di pupille luminose guardino proprio nella sua direzione. Non vede più lampi, né movimento. Dove sono le altre guardiane?
Alle spalle di Elyon, parecchie piante del giardino stanno bruciando. Ora non è più il profumo maledetto che raggiunge le narici di Will, ma è fumo caldo.
‘Allora, Cuore? Allora, cuoricino? Se devi fare qualcosa, sembra che questo sia il momento buono…’
Miriadel tossisce. Alle loro spalle, si sentono arrivare numerose persone, ma si fermano tutte sul pianerottolo, gelate dall’orrore. Alcuni tossiscono. Qualcuno abbaia un ordine: “Presto! Gli idranti!”.
La vibrazione del terreno si smorza. Le due pupille, in mezzo al fumo, non sembrano più luminose.
Ora Will non percepisce più rabbia da quelle pupille. Quella che cresce di secondo in secondo è disperazione, rimorso, orrore. ‘Cosa ho fatto! Non è possibile!’.
‘Cuore, cuoricino, fai qualcosa, ti prego! Perche te ne stai lì a galleggiare sul palmo della mia mano?’. Lo stringe, lo scuote. ‘Fai qualcosa!’
Dal centro dal giardino, una specie di bolla luminosa si espande velocissima. ‘Cosa…’
 

Meridian, sala da pranzo di Elyon

Will riapre gli occhi. Sono tutte nuovamente in sala da pranzo. I resti di cibo nei piatti fanno capire che la cena è appena finita.
Ha ancora il cuore di Kandrakar in mano, sotto il tavolo. Lo fa sparire.
I suoi occhi increduli incrociano quelli di Elyon, seduta di fronte a lei. La luce di Meridian è stravolta. Non è stato un sogno. Si guardano. Ciascuna sa che l’altra sa.

Hay Lin pungola la biondina. “E allora?”.
“Allora… cosa?”. Elyon abbozza un sorriso sperduto.
“Non volevi raccontare una storia?”.
“Una storia? Oh, sì, sì, ma scusatemi. Sono molto stanca. Ve la racconterò al nostro prossimo incontro, promesso”.
“Ma… ti ho annoiata?”. Hay Lin ci è rimasta male. “Mi sembrava di avere raccontato una storia carina…”.
“Era stupenda, Hay. Non è questo!”. Si alza in piedi. “Voglio parlare con Caleb”.
Cornelia la trattiene per una manica. “Ellie, stai bene? Sei pallida come un cencio, e ti trema la voce”.

Pochi secondi dopo, il fedele attendente entra nella sala. “Elyon, volevi dirmi qualcosa?”.
“Sì, Caleb. Ho deciso di fare estirpare i fiori gialli dal giardino. Ti prego, fallo fare immediatamente, prima che cambi idea. Ah, prima vi conviene bagnarli per non fare sollevare il polline”.
Caleb sorride. “Saggia idea, Elyon. Provvederò immediatamente”.
Mentre gira sui tacchi ed esce a passo veloce, Caleb è sollevato. Quando aveva dato l’ordine a Daltar, poco prima, temeva che potesse essere l’ultimo della sua esistenza.

Irma non può fare a meno di dire qualcosa. “Sei sicura che sia un bene?”.
Una scarica di gomitate sotto il tavolo la zittisce.
“Elyon, cosa ti succede?”, chiede Taranee, osservando l’espressione turbata della regina. “Una nuova profezia?”.
“E’ per i fiori, vero?”, chiede Cornelia. “Ti stavano tanto a cuore…”.
Elyon non risponde, tenta solo un sorriso per niente convincente.
Nessuna nota il silenzio di Will.
 

Heatherfield, casa Portrait

Qualche minuto dopo, tutte le ragazze sono a casa Portrait, e si stanno congedando.
Gli sguardi di Will e Elyon si incontrano, si sfuggono con imbarazzo.
La guardiana del Cuore capisce che deve fare la prima mossa. Si accosta all’amica, che abbassa lo sguardo. “Elyon… hai preso la decisione migliore. So che ti è costata”.
Elyon cerca di rialzare gli occhi, combattuta tra vergogna e gratitudine.
Cornelia si è accorta di questi sguardi, che non sa come interpretare. “Ellie, per noi è stata una bella serata. Ma per te no, si vede!”. La prende per mano. “Sei sicura di non volerci dire cosa è successo?”. Finisce con un colpo di tosse. “Questa polvere…”.
“Ragazze, grazie comunque di essere venute. E’ stata una cosa importante per me”. Elyon fa fatica a trovare le parole. “Vedete, ad una regina i sudditi non dicono mai le cose troppo chiaramente, e spesso non osano neanche pensarle. Una ha l’illusione di trovarvi conferme e solo conferme. Con voi, invece, è stato diverso”.
“Ma non abbiamo detto niente di speciale”, si stupisce Taranee.
“Ma so che lo avreste detto. Grazie per questo!”.
 

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Capitolo 9
*** Fuori tempo ***


9-fuori tempo  
Grazie, Melisanna. Sono contento che ti sia piaciuto. Max

PROFEZIE


Riassunto delle puntate precedenti 
Elyon si ripresenta a trovare le sue amiche ad Heatherfield. Appare cambiata, esuberante, e racconta del suo progetto di far sviluppare la sua città. 
In un attimo di sconforto, racconta di essere angosciata per una profezia fatta da lei stessa, che prevede l'avvento di una nuova tirannia a Meridian. 
Poco tempo dopo, Elyon si ripresenta alle amiche, invitandole a cena al palazzo reale. Arrivate qui, si apparta con Cornelia per farle delle confidenze, lasciando le altre in compagnia di Caleb. 
Nel giardino, Irma e Taranee respirano a pieno il polline di alcuni fiori, subendone strani effetti. Caleb rivela che quello è il luogo preferito da Elyon, da quando questa ha ricevuto una misteriosa lettera postuma di sua madre. Da allora, trascura i doveri di regina e fa studi tutti suoi.  Aggiunge che la profezia prevede che lei stessa sarà il nuovo tiranno. Cornelia giudica che questi fiori la influenzano negativamente, e dovrebbero essere estirpati. 
Dopo la cena, le ragazze si portano in terrazza, dove la Luce di Meridian racconta di alcuni prodigi da lei realizzati. Le guardiane, però, ne sono impressionate negativamente, e la criticano, richiamandola al suo ruolo di regina.
La serata sta finendo mestamente. Passano nel giardino, e qui trovano che Caleb sta facendo sradicare tutti i fiori gialli, all'insaputa della sua regina. Sotto l'effetto del polline sollevato, Elyon aggredisce Caleb e le amiche in modo spaventoso. 
Immediatamente pentita,  riporta indietro nel tempo tutto il metamondo, ed è l'unica, assieme a Will, a ricordarsi di quanto successo. 
Tornate alla fine della cena, lei stessa dà ordine a Caleb di far estirpare i fiori. Le amiche notano il turbamento di Elyon, senza saperselo spiegare. Dopodichè vengono riaccompagnate ad Heatherfield, e sinceramente ringraziate per le critiche che loro non ricordano di avere mai fatto.

Cap.9
Fuori tempo


Heatherfield

Separatasi dalle amiche, Will ha percorso le vie della città, insolitamente deserte e silenziose per le dieci di sera. Infatti non sono le dieci.
Fa freddo, troppo per i suoi vestiti leggeri. Le luci delle case sono quasi tutte spente. Solo la sua abitazione, ormai in vista, ha le finestre illuminate.
Quasi un dejà vù. Manca solo la macchina della polizia.
Sale le scale silenziosa. Origlierà alla porta per capire cosa aspettarsi.
Non serve. Fin da prima di arrivare sul pianerottolo, sente la voce alta di sua madre attraverso la porta chiusa.
“Signora Hale?... Ah, è arrivata Cornelia?... E di Will…Grazie al cielo! Grazie!...... Non so come ringraziarla! E le altre?.... Anche loro?..... Come, Taranee un po’ strana? …. Certo, le farò sapere… No, sono io che la ringrazio… Buona notte, o buon quel che ne resta”.
Ora sente la voce di Dean. “Allora? Tutto a posto? Non aggredirla, ti prego. Sentiremo cosa avrà da dirci”.
“La signora Hale sta cominciando a pensare che quella Elyon sia una poco di buono. Oh, Dean, certo che sentiremo! E sentirà…”.

Alle spalle di Will il vicino di pianerottolo, in pigiama, esce dalla sua porta, trascinando piedi e ciabatte. Dà un’occhiata storta a Will e suona il campanello di casa Vandom-Collins con insistenza.
“Sì? Che vuole?”, chiede irritata Susan aprendo uno spiraglio.
Il vicino le risponde con voce impastata. “Signora Vandom, anzi scusi signora Collins, sua figlia è lì dietro che sta origliando  e pensando ad una scusa. Perché non la chiama dentro, abbassa la voce e ci lascia finalmente dormire?”. Gira sui talloni e rientra nel suo appartamento.
Grazie, signor Walls! Will entra in casa a testa bassa.
“Will! Lo sai che ora è?”.
“Il mio orologio fa le dieci…”.
“Bella scusa! Anche quello delle tue cinque amiche?”.
“Non lo so, mamma. Scusa, abbiamo perso il senso del tempo. Siamo state in un locale con Elyon…”.
“Quali locali seri stanno aperti fino alle due di notte, Will?”.
“Le due di notte?”, la guarda sbalordita.
“Le due di notte. Per tutti gli orologi della città, coalizzati contro di voi”.
La pendola del soggiorno, chiamata in causa, conferma sommessamente.
“Will, dove sei stata? Me lo puoi dire!”. Significa ‘me lo devi dire!’, naturalmente.
Will non regge lo sguardo inquisitore. “Mi dispiace, mamma”.
“E poi, chi è questa Elyon? Una che scompare per due anni e poi riappare dal niente? In che locale ti ha portata? Ti ha dato qualcosa?”.
“Ma che dici?”, la guarda offesa.
“ Will, non fidarti di tutte quelle che dicono di essere tue amiche!”.
Amiche! Se solo sapesse… “Buona notte, mamma”.
“Dean….”. Susan cerca di chiamarlo in soccorso, ma il tentativo è stroncato sul nascere.
Will chiude la porta della camera, estraniandosi dalla discussione. Ci sono troppe domande a cui non può rispondere. La voce della madre ha un tono che la angoscia, può immaginare le sue parole anche senza distinguerle.
Poi sente la voce più calma e dolce di Dean.
Buon vecchio baffone! Non avrebbe mai detto che il prof avrebbe finito per essere un elemento rasserenante nella sua famiglia.
Aspetta finché le voci si smorzano. Ha una cosa importante da fare, al più presto.
Tanto, sa che questa notte non potrà più dormire.
 

Fortezza di Kandrakar

L’azzurro di un cielo infinito si sta rispecchiando nell’azzurro di due occhi che lo contemplano. L’uomo calvo, affacciato ad una delle mille finestre di un palazzo maestoso, sembra perso nel fantasticare sulla forma delle nubi candide. Il primo effetto che fanno queste nuvole, viste dall’alto, è che sembra di poterci camminare sopra. In effetti è così.
Forse l’universo è eterno. Forse l’Oracolo è immortale. Will non lo è, si sente stanchissima, e la sua notte sta volando via. Sperava di sentire un commento sul racconto che lei gli aveva fatto un quarto di eone prima, ma ora si accontenterebbe anche di un congedo.
Da un corridoio avanza un uomo anziano dalla barba lunghissima e dalla veste color acqua.
“Oracolo, il consiglio è inquieto. Aspettano una tua parola”.
“Immagino che ‘buongiorno’ non basterà”. L’oracolo si volta. “Tibor, hanno visto tutti?”.
“Sì, Oracolo. Molti sono turbati”.
L’uomo calvo si rivolge a Will. “Guardiana, se visto da una prospettiva oggettiva, l’avvenimento di ieri sera non è stato così terrificante come lo avete vissuto voi. Piuttosto, è stato grottesco”.
Cosa c’era di grottesco, pensa Will. “Quando il mio corpo sarà sotto due metri di terra, Oracolo, sarò ben felice di poter osservare le cose da quassù, se mi sarà concesso. Ma ieri è stato orribile. Non voglio neanche sapere cosa era successo alle mie compagne in quei momenti!”.
“Erano ancora lì, anche se non le hai viste più. Stavano gracidando di terrore”.
“Gracidando?”.
Tibor aggrotta lo sguardo. “La Luce di Meridian non aveva alcun diritto di rivolgere la sua ira verso le Guardiane di Kandrakar!”. Poi, con tono imbarazzato: “Quello che ha più impressionato è che le ha sopraffatte facilmente”. Guarda Will con uno sguardo che lei interpreta come un rimprovero. Grazie, Tibor. Grazie, Luce di Meridian. “Avremmo dovuto dare battaglia tutte e cinque, per dimostrare che eravamo le più brave?”.
Si è subito pentita del tono polemico. Se quest’uomo è tra i saggi, un motivo ci sarà… anche se non si vede.
L’Oracolo interviene. “Mio buon Tibor, le guardiane avevano con sé il Cuore di Kandrakar. Ti ricordi cosa ha sempre fatto questo, in passato, quando stavano per essere sopraffatte da altri nemici?”.
“Sì, Oracolo. Ha preso vita ed è intervenuto”. Accenna un movimento delle spalle. “Questa volta, però, non ha fatto niente”.
“Ne deduci qualcosa?”.
A Will sembra di sentire la voce di Irma che chiede: ‘Era ancora in garanzia?’.
Perché l’Oracolo e Tibor si sono voltati verso di lei? Oddio, ora deve per forza dire qualcosa di intelligente. “Forse il Cuore ha giudicato che la situazione si sarebbe risolta da sé”.
L’Oracolo sembra soddisfatto. “Infatti è stato così”.
Tibor non demorde. “In effetti, Oracolo, la situazione non sarebbe degenerata così se le guardiane fossero rimaste zitte in disparte”.
‘Anche tu!’. Will si morsica la lingua. Perché il suo cervello deve pensare senza chiederle il permesso?
“Nonostante questo”, riprende l’Oracolo, “io credo che le cose siano andate bene così. Elyon stava prendendo una brutta piega. Questo avvenimento la ha messa in guardia nel modo più efficace, e senza nessun intervento da parte nostra”.
Will nota che l’uomo che un’eternità prima si chiamava Himerish focalizza lo sguardo dietro di lei. Chi…
“Ciao, Will”. Yan Lin, alle sue spalle, sorride soavemente. “Oracolo, la lezione per Elyon non sarà completa finché lei penserà di poter rimediare a qualunque cosa così facilmente. Deve prendere atto che le azioni possono pesare come macigni”.
“Saggia Yan Lin, condivido questa considerazione. L’incantesimo da lei usato per riavvolgere il tempo può creare problemi enormi ed ancora sconosciuti”.
“Se permetti, Oracolo…”.
“Sì, Yan Lin, fallo. Stanotte”.
 

Meridian, palazzo reale, camera di Elyon

Due occhi spalancati la guardano. Un viso indistinto nella semioscurità, illuminato fiocamente dal baluginare delle fiamme di un incendio. Una frase indistinta, ripetuta sempre uguale, sempre muta.
D’improvviso l’incendio divampa, il viso si fa riconoscibile. E’ il viso di Cornelia. La frase risuona assordante: ’Elyon, cosa hai fatto?’.
La giovane regina si sveglia di soprassalto. Apre gli occhi. E’ sudata. E’ la seconda notte popolata di brutti sogni.
Guarda l’orologio. L’alba è ancora lontana. Il palazzo è buio. L’orsacchiotto di peluche sta ancora dormendo. Chissà se riuscirà a riaddormentarsi anche lei…
Chiude gli occhi. Ha la sensazione di volare in un ambiente ovattato e luminoso. Intravede una sagoma davanti a sé.
“Luce di Meridian, mi riconosci?”. E’una donna anziana dai capelli lunghi.
“Yan Lin! Saggia Yan Lin! Se venite a rimettere ordine nei miei sogni, siete più che benvenuta!”.
“Grazie. Posso chiamarti ancora Elyon, come quando venivi a casa nostra?”.
“Sì. Che bei ricordi…”.
“Anche per me”.
“Sono contenta che non siate veramente morta”.
“Non si muore mai veramente. Non tutti hanno il mio destino, ecco tutto”.
Una domanda urla per essere pronunciata. “Voi sapete?”.
“Cos’è successo l’altra sera? Sì, sono qui per questo”.
“La mia vergogna!”.
“Vorrei poterti dire di no. Ma non servono né rimproveri, né consolazioni. Devo dirti una cosa importante”.
“…..”.
“Elyon, a mia conoscenza, nessuno ha mai riportato indietro nel tempo un intero mondo di tre ore, come hai fatto tu. L’incantesimo ha fatto effetto solo sul metamondo. Si è creata una discrepanza”.
“Discrepanza…”, ripete la ragazza con voce ansiosa. “Che conseguenze avrà?”.
“Nessuno di noi lo sa. Vedi, nell’universo tutto dipende da tutto. Potrei dire che tutto dipende dalle sue cause, ma non darebbe l’idea giusta. Perché quando parli di cause, parli di avvenimenti che puoi riconoscere ed a cui puoi dare un nome. Ma è un’idea grossolana”.
“Ma è già tanto se una persona capisce veramente la causa di quello che succede!”.
“L’idea che ci siano una, o due, o tre cause per ogni avvenimento può essere una utile schematizzazione, ma è sbagliata. Tutto interagisce con tutto”.
“Forse ho capito. E la discrepanza?”.
“Avviene quando una parte dell’universo interagisce con un’altra che si è sfalsata nel tempo. Alcuni effetti li vedi: tu ricordi e gli altri no. A Kandrakar ricordano, a Meridian no.  Queste, però, sono solo le manifestazioni visibili della discrepanza”.
“E quelle invisibili?”.
“Non le so neanch’io. Per questo mi fanno paura. In linea di principio, cambia il corso di tutto l’universo”.
Elyon si morde il labbro.“Cosa posso fare?”.
“In primo luogo, non farlo più”.
“Prometto!”.
“Non pensare che il passato si possa cancellare. Qualcosa si può rimediare, compensare, perdonare. Ma mai cancellare. Addio, Elyon, bambina, Luce di Meridian”.
 
 
Come si risolveranno i problemi con i genitori delle WITCH? E' il soggetto della prossima puntata: Il giorno dopo
Sarà l'ultima della prima parte della storia, prima di passare alla ricerca delle Gocce Astrali.

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Capitolo 10
*** Il giorno dopo ***


10-messaggio da Kandrakar  

PROFEZIE


Riassunto delle puntate precedenti 
Elyon si ripresenta a trovare le sue amiche ad Heatherfield. Appare cambiata, esuberante, e racconta del suo progetto di far sviluppare la sua città.  
In un attimo di sconforto, racconta di essere angosciata per una profezia fatta da lei stessa, che prevede l'avvento di una nuova tirannia a Meridian.  
Poco tempo dopo, Elyon si ripresenta alle amiche, invitandole al palazzo reale. 
Nel giardino, Hay Lin e Taranee respirano a pieno il polline di alcuni fiori, subendone strani effetti. Caleb rivela che quello è il luogo preferito da Elyon, da quando questa ha ricevuto una misteriosa lettera postuma di sua madre. Da allora, trascura i doveri di regina e fa studi tutti suoi.  Aggiunge che la
profezia prevede che lei stessa sarà il nuovo tiranno. Cornelia giudica che questi fiori la influenzano negativamente, e dovrebbero essere estirpati.  
Le guardiane richiamano Elyon al suo ruolo di regina. 
La serata sta finendo mestamente. Passano nel giardino, e qui trovano che Caleb sta facendo sradicare tutti i fiori gialli, all'insaputa della sua regina.
Sotto l'effetto del polline sollevato, Elyon aggredisce Caleb e le amiche.  
Immediatamente pentita,  riporta indietro nel tempo tutto il metamondo, e lei stessa dà ordine a Caleb di far estirpare i fiori. 
Al ritorno ad Heatherfield, le WITCH si accorgono che è notte fonda, ma non sanno dare spiegazioni plausibili ai genitori, che se la prendono con loro e con Elyon.
Will è l'unica del gruppo a ricordare per intero la drammatica serata, e si trasferisce a Kandrakar per riferire all'Oracolo, che prende la cosa in modo molto sereno.  
Yan Lin appare in sogno ad Elyon per ammonirla che l'incantesimo sul tempo non dovrà più essere usato, in quanto ha conseguenze imprevedibili.

Cap.10
Il giorno dopo


Heatherfield, davanti a casa Hale

E’ possibile stabilire se qualcuno ha le orecchie basse e la coda tra le gambe, quando le orecchie sono nascoste da un voluminoso caschetto di capelli e la coda non c’è?
Chiunque osservi Elyon può giurare di sì.
E’ il pomeriggio successivo al controverso rientro notturno. Sa che non può aspettarsi molta simpatia dai genitori delle sue amiche. E’ venuta, per prima cosa, a cercare di scagionare Cornelia.
Ecco il citofono del Garden Plaza.
Elyon trattiene il respiro prima di suonare, poi decide di non suonare affatto. Il portoncino scatta e si apre da solo.
Cammina sul vialetto interno. I piedi le pesano come mattoni.

All’ascensore c’è la solita vicina. Non dice niente.
Ma come passa il suo tempo questa donna? Sempre ad aspettare l’ascensore?
Quando le porte si aprono, la signora entra, ignorandola, e preme il bottone di un piano più alto. L’ascensore non parte. Prova e riprova, finché rinuncia con stizza.
Al che Elyon schiaccia il bottone del piano di  Cornelia, e l’ascensore parte immediatamente.
Il primo mezzo sorriso della giornata si dipinge sul suo viso, mentre la vicina la guarda con ira repressa.
Arrivata al piano, la ragazza le accenna un ciao-ciao di scherno con le dita della mano.
Ora è davanti alla porta di casa Hale. Ci è già venuta cento volte, no, forse mille. Perché dovrebbe essere diverso?
 

Heatherfield, camera di Cornelia

“Aspetta che ti prenda, rospo!”. L’urlo è accompagnato da una cuscinata, che Lilian schiva con una agilità inaspettata.
“In ca-sti-go! Cornelia è in ca-sti-go!”, gracida il mostriciattolo biondo.
Il secondo colpo di cuscino, di rovescio, la prende di sorpresa, in pieno viso.
Dopo un attimo di stupore inorridito, Lilian comincia a piagnucolare: “Mamma!”.
Si interrompe. Alcune piume fluttuano nell’aria.
Lo sguardo della sorellona è costernato, quello della sorellina sembra dire: ‘Ti ho in pugno!’.
“Maaammaaa! Cornelia ha rotto un cusciiinooo!”.
Cornelia cerca di zittirla. “Taci, rospo! sei stata tu, con la tua testa dura!”.
Perché ha la sensazione che questa spiegazione non basterà? Ci vuole un’idea migliore. “Cosa ci faceva un cuscino di piume in camera mia? Lo sai che…”. Si interrompe con un colpo di tosse.
Lilian esce sul soppalco. “Maaammaaa!”.
Appena la sorellina non guarda, Cornelia apre il palmo della mano. Le piume svolazzanti, come risucchiate, rientrano nel cuscino lacerato.
Lilian non grida più. Ma… con chi sta parlando la mamma?

“Cornelia non è in casa”, dice la madre, con tono insolitamente asciutto.
Dal soppalco arriva una voce che la contraddice. “Mamma chi è? Oh, Elyon? Entra!”.
Cornelia scende le scale. “Perché hai detto che sono fuori?”.
La madre la affronta con i pugni piantati sui fianchi. “Senti, signorina. E’ necessario che facciamo un discorso chiaro sulle tue amicizie e sulle tue abitudini. Posso sopportare che tu esca con una ragazza che non ha mai chiarito dove e perché è sparita per quasi tre anni. Posso anche sopportare che tu faccia le ore piccole. Ma non posso sopportare che tu rientri a casa senza saper dire dove sei stata, e senza più un’ombra di cognizione del tempo!”.
Anche Cornelia si pianta i pugni sui fianchi. “Senti, le mie amiche non verranno scacciate come mendicanti. Io sono in casa, e voglio vedere Elyon. Le cose si chiariscono così, e non con le porte chiuse!”.
“Senti, senti! Non sarebbe stata la prima volta che ti fai negare. Questa volta ci sarebbe finalmente un buon motivo”.
Si volta verso la porta. “Tu, Elyon, non sei più la benvenuta in questa casa!”.
La ragazzina si sente sprofondare. “Ma signora. Sono venuta fin qui per spiegare!”.
“E allora sentiamo!”. Elizabeth tamburella col piede.
“E’ che io sono in un periodo molto infelice”. Accompagna la frase con una faccia che farebbe pietà ad un mastino. “Ho bisogno del conforto delle mie amiche. Ieri sera, in particolare, ho avuto una grande crisi”.
Lo sguardo di Cornelia è esterrefatto. “Ma che…”. Si interrompe con un accesso di tosse.
Elyon riprende, con uno sguardo grato. “Ma sono stata fortunata ad avere amiche così, soprattutto come Cornelia. Mi hanno consolata a lungo. Poi mi sono vergognata della mia debolezza. Ho fatto promettere a tutte che si sarebbero dimenticate di quanto successo. E’ per questo che non hanno potuto dare spiegazioni”.
“…”
Elyon prende sotto braccio la sua amica, con uno sguardo adorante. “Cornelia, in particolare, è una ragazza forte e di buon senso. E’ il mio principale sostegno. Per favore, non mi chieda di più. Soprattutto, non punisca lei, che è stata ammirevole”.
Il principale sostegno fa del suo meglio per reggere il gioco. “Era il minimo che potessi fare, cara”.

La signora Elizabeth sembra un po’rabbonita da questa spiegazione accorata, ma resta a braccia conserte. “Complimenti per il melodramma, Elyon!”. La sua diffidenza è ancora palpabile.
Cornelia fa un cenno. “Ma perché stiamo in piedi? Sediamoci sul divano”.
Anche Lilian, rimasta silenziosa e turbata durante il litigio, si avvicina e si siede sulle ginocchia dell’ospite. “Ellie, mi racconti ancora la storia della principessa?”. Sorride, mentre la accarezza sulla testa.

Elyon le sorride, poi inizia a voce bassa. “La principessa del regno lontano chiamò vicino le sue amiche fatine, ma la sua inquietudine le spaventava. Allora cominciò a diffidare di loro, e loro iniziarono a diffidare di lei. Da cosa nasce cosa, e la principessa si sentì perseguitata”.
Lilian aggrotta gli occhi. Questa favola non è come tutte le altre.
“Iniziò a combattere le fatine comportandosi come una strega cattiva”. Elyon fa lampeggiare gli occhi, e curva le dita come artigli adunchi. La bambina si fa ancora più piccola.
“Solo un momento prima di commettere l’irreparabile, l’ultima delle fatine la guardò nuovamente negli occhi”. Pianta gli occhi spalancati in quelli impressionati di Lilian.
“Ed allora la principessa capì l’errore che stava facendo. Con la magia di un gesto della mano, cancellò i suoi errori, chiese perdono alle fatine e tornò loro amica. Imparò a riconoscere il modo in cui una persona buona può diventare cattiva, e non avrebbe mai più commesso gli stessi errori”.
Fa un sorriso sollevato da ‘tutto qui’.
Lilian ha ascoltato, incantata. “Sei tu quella principessa?”.
“Eh? Non so… la fiaba non racconta il suo nome”.
Cornelia è a disagio. “Ellie, alla prima occasione, devi tornare a raccontare quella fiaba anche a me”.
Elyon si rialza. “Ora vi chiedo perdono, devo andare. Passerò a scusarmi con i genitori di tutte”.
“Il signor Lair ha detto che gli interesserebbe molto farti alcune domande”. La signora Elizabeth non le ha mai staccato gli occhi di dosso. “Spero che almeno a lui potrai rispondere senza parlare di fatine”.
“Gli telefonerò subito. Grazie. Cornelia, a presto”.
“Ritorna quando vuoi, Ellie”.
 

Heatherfield, centrale di polizia

Questa giornata non è iniziata molto bene per il sergente Lair.
Dopo il rientro a notte fonda di sua figlia Irma, ha avuto una lunga e sconcertante discussione con lei.
Come risultato, non è più riuscito a prendere sonno fin quasi all’alba. Ed è stato un sonno breve, a cui uno squillo crudele di sveglia ha messo fine alle sette di mattina.
Queste cose si scontano. Tre caffè del distributore sono andati giù come fossero acqua, ed hanno avuto lo stesso effetto.
Ora è seduto alla sua scrivania, ha ascoltato quasi in trance l’interrogatorio dell’ultimo topo d’appartamento, ed ha delegato un subordinato a stenderne il verbale.

Il telefono squilla sulla scrivania. Oggi il sergente Lair odia tutto quello che può squillare.
“Pronto? Si, me la passi. Buongiorno, parla il sergente Lair. Parli pure”.
Sembra che l’effetto della telefonata sia più potente di quello dei tre caffè. Il sergente spalanca gli occhi.
“Elyon Portrait?... Sì, certo che mi interessa parlarti. Per più di una cosa… Ma dove sei finita? … mi aspetti a casa tua?... Certo che lo so!.... Strettamente confidenziale?.... Da solo?....Certo che vengo. Entro mezz’ora. Ciao, aspettami”.
Il sergente resta un attimo con gli occhi persi nel vuoto. Ricorda ancora l’indagine, due anni e mezzo prima. Del tutto inconcludente. Bene, forse questo incontro chiuderà il caso!
 

Casa Portrait, soggiorno

“Ben arrivato, signor Lair. Prego, si accomodi su quella poltrona. Purtroppo è un po’impolverata”.
Il sergente si siede prudentemente. “Non fa niente, Elyon. Ti abbiamo cercata per settimane. Sono contento di vederti in buona salute”.
“Sergente, quanto sto per dirle è strettamente confidenziale. Vuole avere la cortesia di spegnere il registratore nel taschino?”.
“Eh? Come… Va bene”. Estrae un oggettino nero e lo appoggia sul tavolino. Premuto un tasto, una minuscola luce rossa smette di fare capolino. “Ora però mi aspetto una spiegazione convincente”.
Sedendosi a sua volta, la ragazza inizia: “La avrà, signor Lair. E’ lunga, perciò si appoggi pure allo schienale. Così. Ora lei sentirà la spiegazione che ha tanto cercato. La ringrazio per la sua cortesia. Lei è venuto qui stanco. Questa notte non ha quasi dormito. Capisco la sua irritazione, signor Lair. Ma ora sta passando. Mentre si appoggia sullo schienale, lei capisce che la sua irritazione sta passando”. La voce di Elyon è monotona e rilassante, come una carezza.
Il viso dell’uomo si fa più disteso.
“Si rilassi pure. Lo schienale è morbido, e lei vi sta sprofondando sempre più. Così. I pensieri cattivi sono lontani, ora. Sente la sua mano destra appoggiare sul bracciolo. E’ comoda, è ben appoggiata. Anche la mano sinistra è comoda, è pesante. Ora la stanchezza della giornata si è trasformata in un dolce rilassamento. Non serve che tenga gli occhi aperti, signor Lair. Lasci pure che le sue palpebre si chiudano, se lo vogliono”.
Gli occhi del sergente si chiudono lentamente.
La voce di Elyon si trasforma in un sussurro. “Ora le sto per raccontare ciò che vuole sapere. Mi ascolti bene, lo ripeterò una sola volta. Poi mai più. Ora io le confermerò quello che lei ha sempre sospettato. Ci era arrivato da solo, signor Lair. E’ una storia che conosce già, anche se non sapeva di saperla. In realtà, ci siamo allontanati da casa volontariamente. Mio padre lavora per il governo. Non mi chieda di più. Noi lo abbiamo seguito. E’ tutto legale, ma è tutto segreto. Non è niente di cui lei debba preoccuparsi”.
Il viso inespressivo e rilassato del sergente non fa trasparire alcuna preoccupazione.
“Lei starà pensando a quegli agenti dell’Interpol. Non è necessario che lei gli dica niente. Anzi, non è opportuno. Sono già stati ripresi per avere insistito troppo, e non desiderano riparlarne”.
La voce di Elyon torna lentamente a colorirsi. “Ora sa, signor Lair. Sa che non c’è niente di cui lei debba preoccuparsi. Neanche il ritardo di Irma. E’ stata solo una sbadataggine da poco. Avevamo tante cose da dirci, ed abbiamo fatto tardi. Tutto qui. Irma era in buona compagnia”. Fa un sorriso che si percepisce anche con gli occhi chiusi. L’uomo ricambia il sorriso.
“Ora, c’è tanta gente che si è preoccupata per questo ritardo. Lei non vuole che tanta gente si preoccupi. Non vuole che le amiche di Irma vengano punite senza colpa. Ora che lei sa, sarebbe molto gentile che li rassicurasse. Ora sa tutto, questo glielo può dire, ma non dica, per piacere, che cosa sa. E’ confidenziale. E’ un segreto di stato. Lei non vuole tradire lo stato. Lei non vuole tradire neanche me. Bene, signor Lair. Le amiche di Irma ed i loro genitori sono nelle sue mani. Faccia ciò che è giusto”.
Vede che il sergente sta lentamente riprendendo il tono muscolare.
“Ora lei si è tranquillizzato. Lei si è riposato. Lei sta bene. Questa notte farà una splendida dormita che la ristorerà del tutto. Quando si sente, può aprire gli occhi, può alzarsi. Ora che le ho spiegato tutto, lei ha una cosa importante da fare”.

Il sergente Lair riapre gli occhi e, pian piano, si solleva dallo schienale. “Elyon, grazie per avermi parlato così schiettamente. Ora so tutto. Sono contento che Irma sia in buona compagnia”.
“Grazie signor Lair. Sapevo di poter contare sulla sua comprensione!”.
“A pensarci, credo che gli altri genitori debbano essere rassicurati”.
“Questo pensiero da parte sua è gentile. Io conto su di lei”.
“Lo farò stasera stessa. Telefonerò a tutti!”, dice il sergente alzandosi e dirigendosi verso la porta.
“Il suo registratore, sergente Lair”.
“Ah, sì, grazie”.
“Mi saluti tutti”.
Un sorriso soave e un cenno della mano chiudono l’incidente per sempre. O almeno, così spera.
 

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Capitolo 11
*** Gocce nel mare ***


11-gocce nel mare  
Grazie, Melisanna.  : ) Conto sempre sulle tue recensioni. Come sai già, ho risposto in dettaglio alle tue domande sul numero precedente sul forum, al http://freeforumzone.leonardo.it/viewmessaggi.aspx?f=4642&idd=8397
Grazie, Eleuthera.  : )  Sono contento che questo lavoro ti piaccia. Se hai voglia di discuterlo in dettaglio anche sul forum, ne sarò felicissimo.
Ringrazio fin d'ora chiunque voglia scrivere una recensione di incoraggiamento o di critica costruttiva.
MaxT

PROFEZIE


Riassunto delle puntate precedenti 
Elyon si ripresenta a trovare le sue amiche ad Heatherfield. Appare cambiata, esuberante, e racconta del suo progetto di far sviluppare la sua città anche copiando tecnologie terrestri. 
In un attimo di sconforto, racconta di essere angosciata per una profezia fatta da lei stessa, che la vede nei panni del prossimo tiranno del metamondo.
Nel corso di una drammatica visita a Meridian, emergono fatti interessanti, tra cui il racconto dell'origine degli abitanti  e della casa reale, ed un accenno ad una lettera postuma di sua madre che ha sconvolto Elyon.
Il sergente Lair, suggestionato dalla ragazza, rassicurerà i genitori delle amiche, e ciò le darà una maggiore libertà di movimento ad Heatherfield.

cap.11
Gocce nel mare



Heatherfield, davanti allo Sheffield Institute

E’ una bella giornata di maggio. Gli uccellini cantano, illetterati ma felici.
L’anno scolastico volge al termine, ma non tutte le ragazze stanno faticando sui libri scolastici. Non quella che si sta appoggiando agli stipiti della cancellata, poco prima dell’ora di uscita.
Elyon ha sentito suonare la campanella, ormai manca poco. Vede le avanguardie della folla di studenti che escono a passo lesto dalla scuola.
Oh, no, in testa c’è quel figuro di Uriah ed i suoi fedeli. Bell’incontro… La ragazza si defila dietro lo stipite per lasciarli passare.
Quando torna a guardare verso dentro, si trova davanti i sorrisi meravigliati di alcuni suoi vecchi compagni di classe.
“Ehi, Elyon!”   “Guardate, c’è la Portrait!”  “Ciao, piccoletta”   “Ma che fine hai fatto?”.
“Ehi! Ciao, Tom. Ciao, Olga”. Scambia qualche stretta di mano e dei sorrisoni. “E’ troppo lungo da raccontare…”
Il tempo di girare lo sguardo: anche Matt Olsen è lì accanto a lei.
“Elyon Portrait, vero?”. Le sorride. “Mi ricordo vagamente di te, ma Will me ne ha parlato molto”.
Elyon ha un tuffo al cuore. Il suo sogno di tanti anni prima! “Matt? Che vedere piacerti… che piacere vederti!”, biascica porgendogli la mano con un sorriso a trentadue denti.
Click, click. La lunga stretta di mano è interrotta dal rumore di scatti.
Una faccia vagamente conosciuta emerge da dietro una macchina fotografica. Ha un sorriso trionfante.
“Guarda guarda, la ragazza dei misteri!”, esordisce la fotografa. “Elyon Portrait di nuovo tra noi, dopo più di due anni! Ci racconti dove sei finita?”.
“E che foto!”, aggiunge un’altra, più alta. “Che sguardo per il ragazzo della Vandom! Un doppio scoop!”.
Matt si acciglia, ma tiene la lingua a freno. Sa che ogni cosa detta può essere usata contro di lui.
“Elyon, sarai agli onori della cronaca”, le dice la studentessa che prima ha chiamato Olga. “Queste sono Bess e Courtney Grumper, croniste e redattrici del giornalino della scuola”. Poi, in un orecchio: “Sono come l’AIDS. Se le conosci, le eviti”.
“Olga, verrà anche il tuo turno, stanne certa”. Bess le riserva uno dei sorrisini perfidi che le riescono così naturali. “Ora non voglio perdermi l’incontro”.
Le due sorelle si spostano di lato; la macchina fotografica è pronta.

Dalla scuola arrivano le sue vecchie amiche.
“Ehi, c’è Elyon!”   “Ciao!”  “Che sorpresa!”  “Ellie!”
Avvicinandosi, Cornelia le fa un salutone con la mano.
L’occhiata sospettosa di Will, invece, la fa sentire a disagio. Perché percepisce questo calore al viso?
Click.
Arrivata vicino, Irma fa sfoggio del suo leggendario tatto. “Ciao ex piccoletta. Hai preso sole? Sei rossa come un pomodoro”.
Will guarda la biondina con ancora più sospetto. “Ciao… Elyon”. Come si permette di arrossire davanti al suo Matt?
Tutto quello che Elyon riesce a biascicare è: “Meno male… temevo di essere diventata verde…”.
Cornelia corre in aiuto della vecchia amica. “Dai Ellie, dille di sì per farla contenta”. La prende a braccetto. “Come tutti i mali, Irma viene e passa”.
“A proposito di mali che passano”, fa notare Taranee, “Le Grumper stanno rientrando a scuola come se avessero molta fretta”.
“Verso i gabinetti più vicini”, sorride Elyon soddisfatta.
Matt nota un giro di sorrisini tra le ragazze, ma non ne capisce il significato.
Cornelia si accorge della sua perplesità. “Ah, Ellie, puoi parlare liberamente anche in presenza di Matt, ormai sa il nostro … i nostri precedenti, e anche qualcosa dei tuoi”.
“Dei miei? E non mi hai chiamata altezza?”, scherza Elyon, ma poi ritorna rossa di nuovo.
 “Non ho detto niente, stavolta”, dice Irma soave. “Stai facendo tutto da sola”.
Con un respiro profondo, Sua Altezza riprende il controllo del suo viso. “ Che ne dite di andare a mangiare una pizza? Offro io!”.
“Siii!”   “Grande!”   “E’ l’una. Saremo a casa per mezzanotte?”.
 

Heatherfield, pizzeria On The River

La pizzeria On the river ha una ampia vetrata che offre una bellissima vista sul fiume che attraversa Heatherfield.
Anni prima, Elyon amava venirci con i genitori per osservare i battelli, i gabbiani e il profilo della città come sezionata: sembra una specie di montagna, la cui vetta è data dall’argenteo grattacielo Skysight; le guglie ed i pendii, che digradano verso la periferia, sono formati dai palazzi più bassi sfumati dalla foschia.

La Luce di Meridian è a capotavola, Cornelia è accanto a lei, Matt sulla panca vicino al muro, con Will rigorosamente interposta tra lui e ogni altra possibile spasimante.
La cameriera raccoglie le ordinazioni con un cipiglio professionale che non lasca posto per molti sorrisi.
Elyon ritorna sull’argomento precedente. “Matt sa tutto? Anche sulle vostre sosia, le… gocce astrali?”.
“Sa qualcosa anche di loro”, risponde Will irrigidendosi. Nella sua sfera emotiva, Matt e le gocce, soprattutto la propria, sono argomenti incompatibili.  “Come ti sono venute in mente?”.
“Ho trovato interessanti riscontri a… da dove vengo”. Elyon parla con nonchalance. “Lì la creazione di… personaggi è ben nota, e persino regolamentata”.
“Sul serio? Magari abbiamo violato qualche legge e siamo state condannate in contumacia!”, finge di preoccuparsi Irma.
“Ci potete giurare”, assente la Luce di Meridian con espressione finto-grave.
“Rischiamo l’estradizione?”, rincara Irma con una ben recitata smorfia di paura.
Elyon la ignora. “Non le avete create da subito come persone permanenti. Ma lo sono diventate, non è vero?”.
“Mi sembri bene informata”, risponde Will.
La Luce alza un sopracciglio. “E’ successo sempre, quando qualcuno ha cercato di fare e di disfare”.
“Se lo avessimo saputo…”, dice Will con una smorfia. “Però in quel momento non avevamo scelte”.
“Era necessario che qualcuno coprisse le nostre assenze”, aggiunge Taranee.
Elyon si sporge in avanti. “Ragazze, ditemi, dove sono andate a finire le vostre amiche?”.
“Non lo sappiamo”, risponde Taranee. “Non sono più con noi”.
“Sono scappate?”.
Si nota qualche sguardo curioso dai tavoli vicini.
Dopo un breve silenzio imbarazzato, Will risponde: “No, ci siamo lasciate da buone amiche. Crediamo che loro siano a vivere in qualche altra città”.
“Ma come fanno a vivere? Sono mantenute?”.
“Ellie, non ne sappiamo niente”, risponde Cornelia. “Probabilmente anche il loro aspetto è cambiato”.
“Sono certo cambiate”, aggiunge Irma. “Il pelato ha promesso loro che le avrebbe riconvocate”.
“Riconvocate?”. Elyon aggrotta le sopracciglia. “Si sa quando?”.
Hay Lin inizia a piegare in modo curioso un tovagliolo di carta. “Non lo sappiamo”.
“Non abbiamo saputo più niente di loro”, dice Taranee.
“Avevano una specie di tatuaggio su un braccio”, aggiunge Hay Lin, mentre il tovagliolo tra le sue mani assume gradualmente la forma di una farfalla.
“Un tatuaggio…”. Elyon è interessata. “Hay Lin, potresti farmene un disegnino?”.
“Sì, Elyon. Ma non ho una penna con me. Non posso certo disegnarlo con lo stuzzicadenti!”
“Ecco, Hay Lin, prendi il mio!”, offre Elyon.
“Il tuo stuzzicadenti?”.
“Sì. Andrà benissimo!”.
Hay Lin prova sul polso lo stuzzicadenti, che lascia un segno nero di pennarello.
Elyon sorride compiaciuta alla sorpresa delle amiche.
“Ecco, guarda”. Hay Lin le porge il polso scarabocchiato. “Era più o meno così. Non era uguale per tutte”.
“Grazie Hay, sei un’amica”.

La cameriera arriva con due piatti di pizza per mano.
“Ecco: margherita, dama bianca, ai peperoncini… a chi il calzone? Al ragazzo, ovviamente!”.
“No, a me”, corregge Will. Sta cercando di fare la spiritosa, questa qui?
L’argomento la ha messa di cattivo umore. Ma… perché Elyon sta guardando così intensamente Matt? Come osa? Ma… anche Taranee lo sta guardando!
In due secondi, il suo ragazzo è sotto gli occhi di tutte.
Perché sta facendo quella faccia imbarazzata? Perché diventa rosso? Cielo, fa sì che si sia solo messo le dita nel naso un’altra volta!
“Tesoro, ragazze, devo dirvi una cosa”, inizia Matt. “Ho incontrato la goccia di Will circa un anno fa”.
“Cosa…”. Il Tesoro non può vedere la propria bocca spalancata e gli occhi fuori dalle orbite. “Tu hai…”.
“Ho preferito non dirtelo prima perché non ti arrabbiassi”.
“IO NON MI … … … arrabbio. Ma dovevi dirmelo!”.
Matt tenta di chiarire. “Che ti arrabbiassi con lei, intendevo”.
Will tenta di sorridere e parlare con voce dolce, ma ne esce un ghigno ancora più minaccioso. “E perché mai dovrei arrabbiarmi con lei… caro?”.
Matt deglutisce, a disagio. Niente della reazione di Will lo stupisce. Ma quando ha visto Elyon e Taranee fissarlo, ha capito che gli avevano letto il pensiero, e la cosa sarebbe emersa comunque.
“Mi dispiacerebbe, perché quella ragazza ha già preso una batosta”.
“Cioè…caro?”.
“Cioè…”, continua Matt, “la ho riconosciuta, e cacciata in modo lapidario”. Abbassa lo sguardo. “Era distrutta. A pensarci, poi, ha fatto male anche a me”.
“E così”, sibila Will, “quella strofa immonda, quella putrella malefica ha cercato ancora di spacciarsi per me!”. Poi guarda altrove, appoggiano la testa su una mano. Le dita davanti alla bocca fanno sbuffare il suo respiro come quello di un toro inferocito.
Matt la guarda dispiaciuto. Non aveva mai sentito quegli insulti in bocca alla sua ragazza. “No. Era diversa. Simile, ma non confondibile”.
Elyon cerca di intromettersi. “Racconta come è an…”.
Will la apostrofa. “Matt, racconta com’è andata!”.
“Quella ragazza mi ha avvicinato con una scusa, cercare un cagnolino perso. Ho sospettato subito chi fosse, ma non ne ero certo, perciò le ho dato corda per un po’. Poi la ho affrontata dicendole di non presentarsi mai più”. Si stropiccia il colletto. “Le ho detto anche… altre cose. Sapevo che aveva agito in mala fede, che aveva creato litigi, ma era…”.
“Innamorata di te, dillo!”, completa Will serrando i pugni e gli occhi.
 “E’ così, Will. Quando se ne è andata, era distrutta. Ci ho pensato e ripensato…”.
“A lei?”. Lo guarda allarmata.
“Più che altro, a ciò che le ho detto”.
Will smette di pugnalare il suo calzone e si sforza di tagliarlo con criterio.
“Sai il suo nome?”, chiede, infilandosi in bocca un pezzo fin troppo grande.
“Wanda”.
“E il suo aspetto?”, chiede Elyon, approfittando della bocca troppo piena dell’altra.
“Simile a Will quando è trasformata. Senza alette, ovviamente. Ma era più alta, più muscolosa, e con lunghi capelli neri”. Si volge verso Will. “Come tua madre”.

Un breve silenzio viene interrotto dalla voce speranzosa di Irma. “Ragazze, non sarà il caso che mangiate la vostra pizza? Io ho quasi finito!”.
Cornelia la guarda di sottecchi. “Cioè: se siete sazie, Irma ha già dei progetti sui vostri avanzi”. Sorride beffarda. La stoccata è andata a segno.
“No, uff…, è solo per dire che, quando avrò finito, dovrò stare a guardare voi che mangiate!”.
In attesa dell’affondo definitivo, Cornelia rincara. “Ragazze, stiamo rischiando di provocare un raptus predatorio”.
Irma incassa con un sorrisone largo e pizzoso. “Elyon, cosa dice la tua preveggenza? Corny io-so-tutto ritornerà a casa intera questa sera?”.
“Quasi intera”, risponde Taranee, “Tranne la parte che verrà mangiata dalle zanzare”.
Cornelia alza lo sguardo. “Già, c’è qualche insetto qui in giro”.
“Sono fuori stagione”, commenta Hay Lin. “E anche fuori orario. Non sono neanche le due”.
“Bestiacce schifose!”, sibila Taranee. “Mi hanno punta!”.
“E’ strano”. Cornelia si strofina una spalla. “Non le avevamo notate prima”.
Elyon estrae un barattolino sigillato dalla borsetta. “Ci penso io!”. Stappa il contenitore e lo appoggia sul tavolo.

“Ellie, il tuo trucco funziona!”, esclama stupita Cornelia.
“Stanno entrando!”, constata Hay Lin.
“Come hai fatto?”, chiede sbalordita Taranee. “No, non spiegarcelo ora!”, si contraddice, dopo un’occhiata furtiva ai tavoli circostanti.
“Ragazze, non attirate l’attenzione!”, intima Will, mentre inchioda sulla panca una mano di Matt che stava pazientemente cercando di riguadagnare posizioni interessanti.
Un attimo di silenzio, rotto da Cornelia. “Ho finito la pizza. Mi dispiace, Irma”.
Fa un sorrisino beffardo che lascia il segno.

Qualche minuto dopo, tutte hanno finito di mangiare.
La cameriera viene vicino sfogliando il suo blocchetto. “Fanno sessantuno e cinquanta centesimi”.
“Ecco!”. Elyon estrae dalla borsa pugnetti e pugnetti di monetine.
La donna si sorprende. “Ma non ti pesa la borsetta?”.
“Molto. Ecco perché ti pago con queste!”.
La cameriera ruota gli occhi, mentre le ragazze reprimono una risatina.
“Uno… due… due e cinquanta…”.
“… Sessantuno e quaranta, e quarantacinque, e cinquanta!”.
Finito il conteggio, Elyon chiede: “Può cambiarmi altre monete in pezzi da cinque e da dieci?”.
“Certo, cara, aspetta che vado a prendere la carriola”, risponde la donna con un sorriso storto.
Prende il gruzzolo in mano e se ne va, bofonchiando qualcosa tra i denti.
Dopo qualche passo, inciampa. Decine di monete si spargono sul pavimento con un tintinnio dispettoso, e molte rotolano entusiasticamente verso gli angoli più oscuri.
La cameriera, imbarazzata, raccoglie con gesti stizziti il piccolo tesoro disperso per mezzo locale.
Un sorrisino soddisfatto si dipinge sulle labbra di Elyon. “Un po’nervosetta, non è vero?”.
Tutto il gruppo si alza dal tavolo.
“Ellie, grazie per la pizza”, dice Cornelia. “Purtroppo un pomeriggio di studio ci sta chiamando a gran voce”.
“Fai bene, Corny. Domani interrogheranno proprio te in letteratura ed in fisica”. Reinfila nella borsetta il barattolo e saluta con la mano. “Ciao carissime”.

Mentre Elyon si allontana, Irma riemerge dal suo offeso isolamento. “Ragazze, sarei tanto curiosa di sapere cosa fa la nostra amica quando non è con noi!”.
Hay Lin la guarda scettica. “Non credo che diventi verde e con la coda”.
“Sarà. Vado a vedere!”, decide Irma. “Will, vieni con me?”.
“No, ti renderai ridicola”, risponde Will, artigliando il braccio di Matt in segno di possesso.
“Ragazze?”.
Solo Cornelia risponde con un sorriso beffardo. “Irma, per piacere, tienici fuori quando farai la tua gran bella figura!”.
 

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Capitolo 12
*** Qualcosa di nascosto ***


12-qualcosa di nascosto  
  • Eleuthera, grazie per la recensione. Mi ha fatto molto piacere. Come sai già, la risposta alla tua osservazione è sul forum al http://freeforumzone.leonardo.it/viewmessaggi.aspx?f=4642&idd=8397 
  • Melisanna, spero proprio che tu sia guarita. Non vedo l'ora che continui la tua fiction.
  • Kb_master, grazie ancora  per i suggerimenti molto circostanziati. Come puoi vedere, li ho applicati tutti. 
Questa volta c'è una novità. Ho inserito un paio di miei disegni per illustrare ambienti e personaggi.  Spero che piacciano. Se volete vedere le immagini più in grande, cliccate sopra.
Come al solito, qualunque recensione di incoraggiamento, di critica costruttiva o per chiedere chiarimenti è graditissima.

PROFEZIE


Riassunto delle puntate precedenti 
Elyon si ripresenta a trovare le sue amiche ad Heatherfield. Appare cambiata, esuberante, e racconta del suo progetto di far sviluppare la sua città anche copiando tecnologie terrestri. 
In un attimo di sconforto, racconta di essere angosciata per una profezia fatta da lei stessa, che la vede nei panni del prossimo tiranno del metamondo.
Tempo dopo, Elyon si ripresenta a trovare le WITCH all'uscita da scuola. Incontra anche Matt e si emoziona, con grande disappunto di Will. Le sorelle Grumper immortalano l'incontro imbarazzante scattando foto per il giornalino scolastico.
Elyon invita tutto il gruppo in pizzeria, dove porta il discorso sulle gocce astrali, le sosia create dalle guardiane e messe in libertà, con nuove identità sconosciute, più di un anno prima. Matt rivela, a sorpresa, di essere stato contattato dalla goccia di Will, ma di averla allontanata.
Durante il pranzo, il gruppo è infastidito da zanzare, che Elyon cattura facendole entrare in un barattolo.
Dopo il congedo di Elyon, Irma, incuriosita, vuole seguirla, ma non trova seguito tra le sue amiche.

Cap.12

 Qualcosa di nascosto






Heatherfield, fuori dalla pizzeria

Due occhi attenti, da lontano, guardano Elyon camminare tranquilla per il lungofiume assolato, ignara di essere l’obiettivo di un pedinamento.
Di tanto in tanto questa si ferma, guardando rapita verso le acque, i battelli ed i bei ponti che, in distanza, sembrano sorretti da ragnatele.
Anche i gabbiani che volteggiano leggiadri e, di tanto in tanto, si tuffano a pescare il loro cibo in poetici cassonetti sembrano degni di ogni attenzione, per quella pittrice in erba.
Maledetto uccellaccio! Non volare in questa direzione! Irma si defila dietro un passante giaccravattato proprio in tempo per evitare lo sguardo di Elyon.
L’uomo si volta, stranito, a vedere chi ha sfiorato le falde della sua giacca. “Ma… signorina!”.
Un’ idea… uno straccio di idea… ecco!  “Signore, guardi avanti, la prego! Stiamo facendo una gara di nascondino”. E’ così incredibile? Perché la guarda come se non capisse? Irma fa gli occhioni più grandi che può. “Non mi sveli, la prego!”.
Qualche luce si accende dietro gli occhi dell’uomo. “Ah!”. Tutto chiaro.
Torna a camminare nella direzione di prima, ma di tanto in tanto butta qualche occhiata furtiva all’inseguitrice defilata dietro di lui.

Elyon… dov’è Elyon? In mezzo alla gente non… ah, eccola là.
Se almeno ci fosse Will con lei… Irma è a disagio senza l’aiuto della Custode del Cuore. Ma ora lei sarà fin troppo occupata a custodire il cuore di Matt, interrogandolo su ogni dettaglio del suo incontro con la goccia astrale.
Accidenti, pensa Irma l’investigatrice. Le altre non sanno proprio capire quando qualcuno merita di essere seguito. Come fanno ad essere così zuccone? E’ chiaro che Elyon ha qualche progetto strano in mente.
Bene, la ragazza dei misteri non ha sospetti. Dopo un’ultima occhiata carica di rimpianto al fiume, si dirige verso una zona residenziale. Non è difficile capire qual’è la sua destinazione.
 

Heatherfield, davanti a casa Portrait

Dopo un quarto d’ora, Irma vede Elyon superare l’ingresso nel muro di cinta ed entrare nel cortile della sua antica abitazione.
L’elemento più caratteristico della villa a due piani è il portico, sovrastato dal grande abbaino che ora, agli occhi di Irma, fa somigliare la costruzione ad una testa di ciclope sonnecchiante.
Spostandosi di lato, l’investigatrice segue con gli occhi la padrona di casa mentre percorre il vialetto, misteriosamente libero dall’erba alta e dai cespugli cresciuti in due anni di abbandono, finché scompare oltre l’ingresso, sulla sinistra.
In questo momento, le sue immagini dei pomeriggi felici di quattro ragazzine sono offuscate da un’altra consapevolezza. Questo edificio nascondeva un passaggio nascosto verso un mondo sconosciuto e minaccioso.
Le tre ampie finestre sotto il portico hanno le saracinesche quasi completamente abbassate. Le fessure che restano scoperte le sembrano minacciose come le feritoie di un bunker.

Cosa fare? Irma si ferma incerta sul marciapiede, fuori vista.
E’fin troppo facile che chiunque entri nel giardino passando dall’ingresso venga notato.
Non è facile sbirciare oltre il muro di cinta, alto quasi due metri.  Ancora meno facile è  farlo senza dare nell’occhio ai passanti.
Ma forse c’è un’alternativa. Irma ha ancora con sé il suo zaino scolastico. Vediamo cosa può offrirle… Ecco, una stecca di plastica lunga trenta centimetri. Nastro adesivo. Uno specchietto, poco usato perché abituato a riflettere un viso che non la esalta. Una confezione di chewing-gum… E’ impossibile dimenticarne il diabolico potere adesivo sulla suola delle scarpe.
Bene, forse c’è anche l’idea.
In pochi minuti, il colpo di genio prende forma, apparendo al mondo come uno specchietto traballante su un supporto di fortuna.
Sì, cosi! Dando le spalle al muro e tenendo lo specchio sollevato sopra la testa, riesce a vedere l’interno del giardino. Irma, sei un genio!
Le prime immagini mostrano solo i cespugli che chiudono la visuale sui lati della casa. Non può andare così! Ci sarà, uno spiraglio…
Infatti c’è. Spostandosi di lato, lo specchietto traballante mostra qualcosa della parete laterale, seminascosta dal garage.
Piuttosto improbabile che succeda qualcosa di interessante proprio lì…
Invece succede! Una delle finestre laterali si apre!
Irma cerca di tenere fermo lo specchietto. Vede Elyon che si sporge e guarda in giro. Accanto a lei, alla finestra, c’è una ragazza più grande.
Le sembra che Elyon abbia parlato. Cos’ha detto? ‘Le troveremo’?
Vede la ragazza grande appoggiare sul davanzale esterno un barattolo aperto… come quello che Elyon aveva portato in pizzeria! La finestra viene richiusa.
Oh, no, non cedere proprio… AHI! Lo specchietto le cade sul viso, e si infrange ai suoi piedi con un suono secco.
Quattro frammenti di Irma la guardano da sotto il marciapiede con una smorfia di disappunto.
“Sette anni di guai”, ridacchia un postino che le passa accanto, portando a mano una bicicletta.
Da quanto la stava osservando, questo qui?
Non c’è tempo per vergognarsi. L’ultima immagine che Irma ha percepito prima del crash era uno strano tremolio sopra quel vasetto. Troppo strano!
Se potesse mettersi in contatto mentale con Taranee…
Sì, funziona. ‘Taranee, ti prego, venite presto davanti a casa di Elyon. C’è qualcosa di strano… No, non ha la coda verde… Come, non puoi? E Will? ... Come, Matt si arrabbia? ... Come, Cornelia dice che … lasciala dire! … E’ una cosa seria! … Va bene, le aspetto ’.

Un quarto d’ora dopo, una Will sbuffante e una Hay Lin eccitata si avvicinano dall’altra parte della strada.
Irma si sbraccia a fare dei gesti. Di là, di là…
Le amiche non capiscono, e si avvicinano incuriosite.
Hay Lin precede l’amica di qualche passo. “Irma, cosa volevi dirci con quei gesti?”.
“Volevo farvi capire di non attirare l’attenzione…”.
“Brillante!”.
“… e non di attraversare la strada in vista dalle finestre”.
“Ormai…”.
“Ma cosa succede?”, chiede Will.
“Ho visto una cosa strana”, cerca di spiegarsi Irma, eccitata. “Elyon è in casa con un’altra ragazza…”.
“A me è sembrato che tirasse gli occhi dietro ai maschietti”, commenta Hay Lin ridacchiando e guardando Will di sottecchi. Per un attimo, le si legge sul viso: A qualcuno più che ad altri!.
Gli occhi aggrottati di Will le fanno capire che l’argomento non le è gradito.
“Sciocca!”. Irma tenta di farsi prendere sul serio. “Erano alla finestra dietro il garage. Ha detto qualcosa tipo ‘le troveremo’.”  Irma indica oltre il muro. “Ha messo fuori dalla finestra il barattolo che aveva in pizzeria. Voglio andare a vederlo da vicino!”.
“Perché non vai?”, chiede ancora Hay Lin.
“Da sola?” chiede Irma, roteando l’indice contro la tempia.
“Va bene”, interviene Will. “Ormai che siamo qui, togliamoci il dubbio. Rendiamoci invisibili”.

In un momento in cui nessuno guarda, le ragazze svaniscono alla vista ed entrano nel giardino di casa Portrait.
Aggirano il garage sulla destra, passando tra l’erba alta.
Si sente qualche suono sommesso di spine che graffiano un tessuto, e un lamento soffocato. Pazienza. È un po’ tardi per ricordarsi che Hay Lin porta la gonna.
Arrivate vicino alla finestra, non ci sono più dubbi. Dal vasetto aperto continuano ad uscire migliaia di zanzare che si disperdono nell’aria.
Will sente un paio di schiaffi risuonare dietro di lei. Nella sua testa risuona qualcosa come ‘maledette bestiacce ’.
Da dentro il vetro della finestra chiusa, una figura guarda fuori. Non è Elyon. E’ una ragazza più grande. Apre i battenti, chiude il barattolo con un tappo e lo ritira dentro la casa.
Prima di richiudere la finestra, scruta nella loro direzione, come se le guardasse negli occhi.

Will è rimasta di stucco. Ha riconosciuto quella ragazza. Anni prima la credeva un’amica: Vera, la sua istruttrice di nuoto.
Invece era un inganno di Elyon, perpetrato secondo le istruzioni di Cedric.
La delusione provata per quel bel viso, che sembrava così aperto, le brucia ancora.
Elyon la sta ingannando di nuovo?
Voglio guardarla negli occhi. Voglio parlarle e sentirla parlare. Non posso restare con questo dubbio!
Will fa tornare visibile tutto il gruppo. “Ora andiamo a suonare. La conosco già quella faccia!”.
“Chi è?”, chiede Irma.
“E’ Elyon trasformata!”.
“Non è possibile”, risponde scuotendo la testa. “Mezz’ora fa le ho viste assieme alla finestra!”.
“Dovrà spiegare!”. Will si dirige decisa verso l’ingresso, sul lato opposto della casa.

Suona il campanello. La porta si apre quasi subito.
Davanti a loro c’è la ragazza.  Dimostra venticinque anni, è bionda, con occhi azzurri obliqui. Ha un sorriso un po’ indispettito.
“Eccovi di nuovo”. La voce è quella che Will ricordava: più matura di quella, acuta e un po’ infantile, di Elyon. “Avete delle curiosità, nevvero?”.
“Come dobbiamo chiamarti questa volta?”. La voce di Will è tagliente. “Elyon, Vera o come?”.
“Entrate!”.
Mentre la ragazza fa strada verso il soggiorno, la porta si chiude alle loro spalle.


 

Heatherfield,  soggiorno di casa Portrait

“Per i vicini, io sono Vera Portland, la nuova inquilina della casa”.
Davanti ai loro occhi, la ragazza prende le sembianze della loro amica. “Ma per voi sono Elyon”.
“Ma come!”, protesta Irma. “Vi ho viste assieme!”.
Elyon risponde con un’occhiata scettica. “Non credo proprio!”.
“Sì, mezz’ora fa, mentre mettevate quel barattolo fuori dalla finestra!”.
Irma va decisa verso le stanze interne, fino alla cucina sull’angolo opposto della casa. Le altre la seguono. “Quella finestra!”.
La padrona di casa fa spallucce. “Avrai visto un riflesso sul vetro. Questi battenti ruotano verso l’interno.” Accenna ad aprirli. “Ho aperto la finestra con le mie sembianze, le ho cambiate subito dopo per non farmi vedere dai vicini”.
“Ma quando sei entrata in casa apparivi come sei adesso”, insiste Irma. “E il tuo segreto?”.
“Le strade erano troppo affollate per potermi trasformare prima di entrare in casa, così ho corso il rischio”. Elyon sembra irritata. “E io che temevo di vedermi piombare in casa le Grumper o l’Interpol a spiarmi. Invece sei arrivata tu!”.
Irma ignora la frecciata. “E tutte quelle zanzare che uscivano dal barattolo?”.
“Uscire? Ti sbagli, quelle zanzare stavano entrando nel barattolo!”. Poi, con voce meno indispettita: “Nelle ultime ore ne sono apparse parecchie, ed io ho usato il barattolo sperando di farle sparire. Ma è stato controproducente, le ha richiamate tutte nel mio giardino, per cui ho smesso”.
“A noi sembrava che uscissero!”, insiste Irma.
Le amiche la lasciano parlare, se c’è da fare una brutta figura è meglio che la faccia solo lei.
“Se è così, il barattolo non funziona bene”, ribatte Elyon. “Ma non credo. E’ ancora in garanzia”.
Irma è infastidita da quel sorrisino di sfida. “Come avrebbero fatto migliaia di zanzare ad entrare nel barattolo senza riempirlo?”.
Il sorrisino resta. “Come avrebbero fatto ad uscire senza svuotarlo?”.
“E cosa significa ‘le troveremo’?. Lo hai detto sporgendoti dalla finestra”.
“Forse significa che ci senti male”.
“Non mi convinci. Sono sicura di ciò che ho visto!”.
“E come lo avresti visto?”. Elyon la scruta per un attimo, poi fa una faccia incredula. “No! Con uno specchietto traballante, da sopra il muro? Non ci posso credere!”.
Anche Will e Hay Lin si scostano un po’ da Irma. Quella dello specchio non l’aveva raccontata.
Irma arrossisce. “Cosa vuol dire? Sono ben capace di guardare uno specchio!”
Elyon sbuffa. “Irma, sono stufa di giustificarmi. Questa è la casa. Girala, perquisiscila, vedi se trovi un’altra persona o un barile pieno di zanzare”. Le fa un gesto verso le altre stanze. “ Prego, fallo. Ti aspetto qui!”.
Irma esita davanti a tanta decisione.
Will cerca di minimizzare. “Elyon, scusa, temo che siamo venute a disturbarti per un abbaglio. Sai, a Irma capita…”.
“Irma la conosco. Pensavo che anche lei conoscesse me!”.
Irma ora si sente in minoranza. “Non volevo offenderti…”.
Elyon è gelida. “Irma, allora la perquisisci o no la casa? Vuoi restare piena di dubbi?”. Le apre una porta , mostrandole una stanza impolverata con un tavolo e alcune librerie.
Will cerca ancora di conciliare. “Elyon, non offenderti, ti prego. Lo sai che abbiamo un dovere”.
“Sì. E so che cercate di farlo bene. Ma qualcuno ha preso un abbaglio, qui”.
Hay Lin, a disagio, si schiarisce la voce. “Se posso, Elyon: mi pare di capire che passi parecchio tempo in questa casa. Credevo che saresti tornata immediatamente ai tuoi doveri di regina a Meridian”.
“Oltre alle pizze, ho altri interessi a Heatherfield. Cerco libri, per dirne una”. Apre ancora la porta della stanza, mostrando il computer portatile appoggiato sul tavolo. “Mi collego a Internet, per dirne un’altra”.
Will sembra convinta.“Beh, Elyon, ti chiedo scusa ancora. Passerai a trovarci nei prossimi giorni?”.
“Credo di sì, magari dopo essere stata dalle Grumper”, dice con una scrollata di spalle. “Nel caso tardassi, potrete sempre mandare Irma a sbirciare dalla finestra!”.
Lo sguardo di Irma è apertamente diffidente. “Andiamo!”.
 

Heatherfield, fuori casa Portrait

Dopo uscite dal cortile, Hay Lin guarda verso la casa con rimpianto. “ Irma, l’hai fatta grossa. Mi sembra che si sia offesa. Spero solo con te”.
“No, ragazze”, dice Irma cupa. “Ci ha mentito. Ha raccontato scuse, ha creato inganni. Vi ricordate quel computer portatile sul tavolo?”.
“Sì. Era un’allucinazione, secondo te?”, chiede sarcastica Will.
“Un attimo prima non c’era”. La frase di Irma è una ulteriore doccia gelida. “Sono sicura, il tavolo era vuoto”.
Approfitta dello stupore delle amiche per ribadire: “Come sono sicura che c’erano due persone diverse, presenti assieme alla finestra”.
Segue un lungo silenzio.
Will si volta verso Hay Lin. “Tu di solito riesci a capire quando qualcuno mente”.
“Ragazze, questa volta non ho percepito niente, Né menzogna, né verità. In effetti è strano’.

Will si incammina, seguita dalle altre. “E secondo te, Irma, perché Elyon dovrebbe mentirci?”.
“Potrebbe non essere Elyon”. Irma riprende un po’ di foga. “Magari è la sua goccia. Se no, perché tutte quelle domande sulle nostre sosia in pizzeria? Perché tutte quelle letture sulla creazione di persone a Meridian? Perché passerebbe tutto questo tempo ad Heatherfield trascurando il suo trono?”.
“E cosa starebbe facendo, secondo te?”, chiede Hay Lin, meno sarcastica di prima.
Irma pensa a lungo. Quando le amiche hanno ormai perso la loro attenzione, si ferma e spalanca gli occhi. Si riconosce la sua espressione delle idee geniali. “Manda nugoli di zanzare per il mondo a cercare le nostre gocce astrali”.
Will si volta indietro verso di lei. “Cosa? E perché proprio zanzare?”.
Irma la guarda convinta. “Perché hanno succhiato campioni del nostro sangue”.
Hay Lin si stringe nelle spalle. “Chissà cosa ne dirà Cornelia…”.
 

Heatherfield, Ye Olde Bookshop

“Irma, solo tu potresti concepire una sciocchezza così !”, sbotta Cornelia. “Solo tu sei capace di andare a fare una figura del genere davanti alla mia migliore amica. Spero che non se la prenda con tutte, sennò…”.
La minaccia resta in sospeso. Cornelia torna a sedere prima di proferire parole di cui potrebbe pentirsi lei stessa, ma dal suo sguardo stretto e dalla mano davanti alla bocca si capisce quanto potrebbero essere taglienti.
Le altre guardiane, riunite nella antica libreria, sono defilate.
Irma cerca di leggere la loro espressione, ma non vede né un appoggio, né una condanna. Sono tutte piene di dubbi.
Ma come fanno a non capire? E’ tutto così logico…
E’ stanca di sentirsi rimproverare. Decide di non dire più niente sull’argomento, finché non potrà dimostrare che ha ragione.
 

Heatherfield, casa Lair

Quella sera stessa, Irma guarda il sole tramontare dalla finestra della sua camera.
Si fa coraggio.
“Mamma, vado a fare un giretto. Forse passerò da Elyon”.
“Porta un telefonino, tesoro. Non fare tardi”, risponde Anna dalla cucina.
Appena uscita, Irma si dirige a grandi passi verso la casa dei misteri.
 

Heatherfield, davanti a casa Portrait

Ormai è arrivata.  La grande casa bianca si intravede attraverso l’ingresso aperto del giardino. Le fessure sotto le saracinesche fanno trasparire le luci accese, ed a momenti si indovina il movimento di una persona nel soggiorno.
Irma sa che non può restare davanti all’ingresso senza essere notata. Purtroppo è venuta senza una buona idea per un punto di osservazione. Si guarda in giro. Forse un cassonetto appoggiato al muro…
Un’automobile rallenta. Elyon riceve visite?
Irma cerca di scrutare al disopra della luce dei fari.
Quando la macchina le è quasi di lato, Irma trasale accorgendosi che il guidatore fissa proprio lei.
Gli volta le spalle ostentatamente, allontanandosi di qualche passo. Nell’oscurità, nessuno la vedrà arrossire.
L’auto riparte sgommando con disappunto.
Quando è lontana, Irma torna ad alzare lo sguardo verso la casa…Come! Tutte le luci spente?
Le sembra di sentire come una finestra che viene aperta.
Scruta nell’oscurità. Qualcosa di pallido si sta silenziosamente alzando in volo.
 

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Capitolo 13
*** sulle ali di una civetta ***


13-sulle ali di una civetta  
Ciao Melisanna, ciao Eleuthera, grazie mille per i vostri incoraggiamenti. Ormai mi sono abituato a contarci.
Ringrazio kb_master per i suoi suggerimenti nello sviluppo della storia.
Come usuale, una discussione più dettagliata può essere trovata a http://freeforumzone.leonardo.it/viewmessaggi.aspx?f=4642&idd=8397  

PROFEZIE


Riassunto delle puntate precedenti 
Elyon si ripresenta a trovare le sue amiche ad Heatherfield. Appare cambiata, esuberante, e racconta del suo progetto di far sviluppare la sua città anche copiando tecnologie terrestri. 
In un attimo di sconforto, racconta di essere angosciata per una profezia fatta da lei stessa, che la vede nei panni del prossimo tiranno del metamondo.
Il sergente Lair, suggestionato da Elyon, rassicurerà i genitori delle amiche, e ciò le darà una maggiore libertà di movimento ad Heatherfield.
Tempo dopo, Elyon si ripresenta a trovare le WITCH all'uscita da scuola. Incontra anche Matt e si emoziona, con grande disappunto di Will.
Invita tutto il gruppo in pizzeria, dove porta il discorso sulle gocce astrali, le sosia create dalle guardiane e messe in libertà, con nuove identità sconosciute, più di un anno prima. Durante la cena, il gruppo è infastidito da zanzare, che Elyon cattura facendole entrare in un barattolo.
Dopo il congedo di Elyon, Irma, incuriosita, vuole seguirla, ma non trova seguito tra le sue amiche.
Tuttavia, spiando casa Portrait, Irma la vede sporgersi dalla finestra assieme ad una ragazza più grande, e liberare un nugulo di zanzare da un barattolo.
Chiamate Will e Hay Lin, le tre si presentano a casa, dove apre la ragazza grande, nella quale Will riconosce Vera, l'alter-ego di Elyon già incontrato anni prima. Dentro casa, la ragazza si ritrasforma in Elyon, e dà spiegazioni plausibili alle osservazioni di Irma.
Questa, però, non è convinta, pensa che Elyon stia cercando di rintracciare le gocce astrali. Infatti, tornando a sorvegliare la casa, Irma intravede qualcosa che si alza in volo da una finestra.

cap.13
Sulle ali di una civetta

Cielo sopra Heatherfield

La civetta si leva in volo nel cielo buio, silenziosa come uno spettro, portando tra le zampe un barattolino sigillato.
Dopo avere preso quota a colpi d’ala ed avere superato il livello di tutti gli edifici circostanti, l’uccello si gode la vista di Heatherfield dall’alto. E’ la prima volta che lo fa, e le strade trafficate si sono trasformate in un bellissimo spettacolo di luci.
La civetta gode della sua nuova vista acutissima. Da cento metri di altezza riesce a distinguere, alla luce dei lampioni e delle auto, dei dettagli che non aveva mai notato camminando sul marciapiede, mescolata alla gente. Visti dall’alto, i tragitti segreti dei gatti appaiono evidenti come non potrebbero esserlo mai stando….
Un momento. Quella con la faccia per aria è Irma. Che ficcanaso! Elyon dovrà affrontare questo problema sul serio.
Quando giudica di avere raggiunto una quota sufficiente, la civetta sparisce con un baluginio dal cielo di Heatherfield.

Lo scenario che riappare tremolando agli occhi dell’uccello è simile a quello appena svanito: lunghe file di luci allineate come fili di ragnatela, coppie di lucette rosse che si muovono assieme come occhi di animali alieni che recedono, luci arancioni come fuochi congelati che contornano prismi e parallelepipedi .
Non sono le stesse strade di poco prima: il tempo di un pensiero è stato sufficiente per spostarsi di cinquanta chilometri, senza il rischio di riapparire al centro di una via trafficata.
L’uccello sa che la città sotto  le sue ali si chiama Westgate. Poco prima, la aveva vista solo come un puntino su una mappa stradale.
Volteggia abbassandosi in larghi cerchi, ed i suoi occhi acuti cercano un luogo sufficientemente deserto per atterrare. Eccolo. Quel giardino buio.
Appena preso terra, la civetta svanisce in una fosforescenza tremolante.
Quella che gli occhi di un ipotetico testimone potrebbero vedere emergere da questa luce è la sagoma di una ragazza bionda, accompagnata da un forte profumo di geranio.
Si china. Raccoglie il barattolo dal suolo. Lo appoggia su un muretto, e lo apre.
Sorride soddisfatta , mentre un ronzio insistente annuncia l’uscita di un nugolo di zanzare, invisibili nell’oscurità.
La notte è ancora lunga. Entro l’alba, avrà disperso milioni di zanzare in decine di città.
 

Heatherfield, casa Portrait

La luce di un altro pomeriggio soleggiato contorna la sagoma della ragazza stagliata contro l’ingresso aperto.
Vera si sfila gli occhiali scuri. Dopo la luce del giorno, la semioscurità dell’interno offre un breve assaggio di cecità.
C’è qualcuno. Lo sento.
Chiude la porta alle spalle. “Sei tu?”.
La voce cinguettante di Elyon le risponde dal soggiorno. “Vera! Carissima!”.
“Ciao, Ellie. Aspetta che mi abituo all’oscurità… Eccoti!”.
“Che novità?”
“Ho iniziato. Ormai è questione di giorni”.
“Benissimo! E l’altra…”
“Stavo tornando proprio da lì. Da casa Grumper”.
“Le foto…”
“Eccole!”. Mostra trionfante le schede di memoria di una fotocamera. “I file e le stampe già fatte!”. Con un gesto da prestigiatrice, le compiono tra le dita cinque fotografie. “Eccoti insieme al tuo bellone”.

Elyon prende in mano le foto, le guarda con emozione. “Belle! Belle!”. Poi, un po’ vergognosa: “Lo guardavo davvero così? Will mi avrebbe odiata, se…”.
“Già. Però non le vedrà mai”.
“E queste… ero tutta rossa, sembro una bambina colta con le mani nella marmellata!”.
“Però Matt si vede molto bene anche qui”.
Elyon guarda le ultime tre foto, indecisa. “Non mi piaccio così”. Strofina più e più volte i polpastrelli sulle sue immagini. Alla fine, il rossore e l’imbarazzo hanno lasciato il posto ad uno sguardo sicuro e felice. Anche la Will sospettosa e la Irma sarcastica dell’ultima foto ora sembrano le migliori amiche del mondo.
“Cosa te ne pare?”, chiede Elyon, mostrando le immagini.
“Whow! Neanche col Photoshop!”.
Elyon aggrotta le ciglia, preoccupata. “Ti sei accertata che non scriveranno niente su di me?”
Vera strizza l’occhio, sempre più allegra. “Non ricordano più neanche il tuo nome”.
“Brava!”. La Luce di Meridian torna a guardare, felice, le sue belle fotografie.
L’altra ha ancora qualche carta per stupire. “Per il prossimo numero del loro fogliaccio, le ho ‘convinte’ a scrivere un articolo sulla loro infanzia, con lo stesso stile con cui scrivono degli altri”.
Uno sguardo meravigliato. “Noo!”.
“Sììì.  Erano entusiaste all’idea”, ricorda con un sorriso sempre più largo. “Le ho perfino aiutate a scegliere le foto da pubblicare”.
“Impedibile!”. Le scuote un polso. “Voglio vedere quel numero a tutti i costi!”.
“Quando si renderanno conto di cosa avranno fatto, sarà già tardi”.
“Vera, sei mitica!”.
“Modestamente…”, si compiace per un attimo. Subito dopo, però, l’espressione soddisfatta si adombra. “Ellie, c’è stato un problema”.
“Cosa? Con chi?”.
“Vieni vicino”,. La ragazza grande si accosta e si china leggermente. “Facciamo prima se sincronizziamo i ricordi”.
Per qualche silenzioso istante, le due fanno aderire le fronti.
Dopo qualche secondo Elyon si scosta e spalanca gli occhi. “No! Irma…”.
“Lei e le altre”.
“Non ci voleva”. Poi il suo sguardo cambia. “Ma tu, perché sei stata così acida con loro?”.
Vera è stupita del rimprovero. Si trincera dietro le braccia conserte. “Non avrei dovuto? Sono venute a spiarmi fin sotto le finestre, e sono entrate ad accusarmi a casa mia… nostra”.
Elyon la guarda a lungo, poi scandisce: “Vera, tu non sei obbligata a considerarle TUE amiche. Però non puoi essere acida con le MIE amiche”.
Per un po’ Vera la guarda negli occhi rimuguginando.  Infine, chiede: “E ora, che farai?”.
“Sonderò l’ambiente, a partire da Cornelia”.
“Ellie, aspetta qualche giorno. Se tu fossi costretta ad ammettere che cerchiamo le gocce astrali, potrebbero opporsi. Magari l’Oracolo le sposterebbe chissà dove”.
“E quindi?”.
“Quindi, prendi tempo. Le informerai a cose fatte”.
 

Heatherfield, casa Portrait

Dopo la semina, l’attesa.
Ormai, dopo qualche giorno, Vera ha finito i suoi voli notturni. Questa sarà la sua prima serata di tutto riposo.
Non ha voglia di uscire, né di lavorare con il computer.
Sta scegliendo un libro da leggere dalla polverosa biblioteca nel polveroso soggiorno della polverosa casa Portrait.
Ha scorso quelli del signor Thomas, perlopiù di storia militare. Suo pa… cioè, il buon colonnello Alborn, non si è smentito neanche nei panni di un oscuro impiegato terrestre.
Perché le è venuto da chiamarlo suo padre? In realtà, non l’ha neanche mai visto con i suoi occhi, anche se lo ricorda perfettamente.
La signora Eleanor (mamma?) aveva gusti diversi: tra i suoi vecchi libri prevalgono i romanzi fantasy.
Ne sfoglia alcuni, con poco entusiasmo. Ogni volta che li richiude con un piccolo botto, una nuvoletta di polvere mulina davanti al suo viso. Le sembrano ripetitivi e scontati. Lei potrebbe dare un sacco di spunti a questi autori.
Poi passa ai vecchi libri di Elyon, che li ha conservati accuratamente fin da quando era bambina. Vera li ricorda tutti perfettamente, come se avesse continuato a sfogliarli per anni.
Perlopiù libri di fiabe, fatine e principesse. Il cattivo era sempre un orco orribile, una strega cattiva, un drago feroce, un predone avido. Non era mai il proprio fratello. Non era mai il destino. Mai la solitudine. Mai sé stessi.
Vera sceglie un libro di leggende greche. E’ uno dei più recenti della libreria di Elyon: le è stato regalato da Cornelia quando credevano di avere entrambe dodici anni.
Sorride.
Sta sfogliando le leggende. Questa è interessante. L’ Edipo Re . Un’opera teatrale.
Una profezia rivela che il piccolo Edipo ucciderà il padre, re Laio, e sposerà sua madre Giocasta. Alla fine, la profezia si realizza proprio perché Laio ha tentato di impedirla, allontanando Edipo appena nato, e facendogli credere che era figlio di un altro uomo.
Gira le pagine. L’inizio dell’Iliade è simile. E’ profetizzato che il piccolo principe Paride provocherà la rovina di Troia. Il padre Priamo lo allontana e lui… anche qui, la profezia si è realizzata proprio perché era stato allontanato.

Mentre legge, seduta sul letto,  i suoi pensieri divagano. Sente come l’odore della pelle, il sapore del sangue. Scuote la testa. Che fantasie…
Sobbalza. Macchè fantasie! L’ha trovata! La goccia di Irma, A Midgale!
Le appare l’immagine a pixel esagonali della ragazza, vista attraverso gli occhi di un insetto.
Ci sono altre. Una bionda alta… Avvicinati, zanzara, zanzaruccia. Avvicinati al suo viso. No, non ai calcagni, bestiaccia! Si, brava così, sul soffitto…
Vera tenta di mettere a fuoco ogni dettaglio dell’immagine rovesciata che le si presenta in mente, ma è troppo offuscata per capire di più.
Un altro segnale. Un altro riconoscimento. La goccia di Will!
Non c’è tempo da perdere, pensa Vera salendo le scale fino ad una finestra sul retro. Le zanzare spesso non hanno vita lunga, nelle case.
Il cielo la aspetta.
 

Midgale

Sono passati pochi secondi, quando Midgale, illuminata dalla luce del tramonto, emerge dal tremolio indistinto in cui è svanita Heatherfield, sotto le sue ali.
Ora il segnale degli insetti è fortissimo. La civetta plana nella direzione da cui proviene, socchiudendo l’occhio più esposto al sole rosso.
Per un attimo, la visione ad esagoni di un enorme fiore dipinto le si fa incontro a velocità vertiginosa. La civetta ha un sussulto, sta per perdere il controllo. Un bruciore spaventoso le scoppia in tutto il corpo, per un istante, poi niente più.
La civetta riprende il controllo ed il fiato. Non lo ammetterà mai, ma è sconvolta. Si appoggia su un tetto, tremante. Ora sa cosa prova una zanzara quando muore.
Non c’è tempo, ha ancora un solo contatto. Le ragazze stanno cacciando l’ultimo insetto.
Il breve volo si conclude sulla ringhiera della scala antincendio di una cadente casa di mattoni.
La vista acuta, ora non più abbagliata dal tramonto, le mostra un vicolo squallido ed equivoco.
Ma non è venuta qui per guardare case e strade.
Stacca il contatto mentale con la zanzara: la violenza di un cuscino, ingigantita di mille volte, e troppa per poter essere vissuta due volte.
 


 

Scruta dentro la finestra incrostata. Sembra una cucina disordinata.
Quella… quella sembra Cornelia! Com’è cambiata!  Sembra che abbia vent’anni. Ha i capelli più corti. Si alza in piedi… Che statura! Più di un metro e ottanta. E che viso! Si è ritoccata. Ha il mento e gli zigomi più pronunciati, e anche un bel seno. E’ di una bellezza abbagliante, ma il suo sguardo non è sereno. Sembra arrogante. Armeggia nervosamente con un telefonino.
Entra un’altra. E’ la goccia di Will, certamente. Sembra una versione cresciuta dell’originale. Ha capelli color nero corvino, tagliati corti, quasi da maschietto; non più la chioma lunga e voluminosa che Matt ha descritto.  La t-shirt nera, trasandata, lascia indovinare spalle larghe e braccia forti. Ma perché quello sguardo cupo, perché quella bocca imbronciata? E’ sempre così?
Ecco la goccia di Irma. Anche lei dimostra vent’anni, ed indossa vestiti troppo stretti ed un grembiule da cucina. Oltre che cresciuta di età, sembra ingrassata, ma non sembra troppo cambiata come modo di fare. Ride e scherza. Se la civetta potesse, sorriderebbe. Ma non può.
Stanno entrando anche le altre. Oggi sono fortunata.
Ecco la goccia di Taranee! La ragazza di colore si siede nell’angolo più lontano della cucina. Ha uno sguardo triste, e soprattutto insicuro, e dà un’impressione di fragilità. E’ cresciuta molto meno delle altre; a parte i lunghi capelli ricci e l'assenza di occhiali, la differenza con l’originale si vede appena.
Quella può essere solo la goccia di Hay Lin. Sorride alla Taranee triste e si siede accanto a lei. Si scambiano qualche frase e qualche sguardo d’intesa. Purtroppo il rumore del traffico impedisce di sentire le parole.
La civetta la studia con attenzione. Anche questa ragazza dimostra diciotto o venti anni, e, con i capelli sciolti e più corti di quelli della sua originale, con la frangetta, il mento meno squadrato e le orecchie meno grandi, è la più cambiata ai suoi occhi. Ha uno sguardo dolce, ma stanco.
I vestiti che queste ragazze indossano sono di buona marca, ma usurati e sgualciti, tranne quelli di Cornelia, che è sempre elegante, e quelli di Will, che sembra non averci mai speso molto.
Sono più grandi e più belle delle originali. Vera conosce bene quel tipo di bellezza: è quello di chi ha potuto scegliere il suo aspetto. Ma perché questo luogo squallido? Perché quei vestiti sgualciti? Cos’è successo?
E’ possibile che Kandrakar abbia offerto loro questo squallore come vita alternativa?
La goccia di Will spalanca gli occhi, guardando verso di lei. Mi ha vista! La ragazza indica verso la finestra, e la civetta si trova cinque sguardi sbalorditi puntati addosso.
Meglio andarsene.

Vola giù fino ad un angolo poco in vista, e riprende la forma umana di Vera, rendendosi subito invisibile.
Deve fare una ricognizione del luogo. Una volta che lo avrà conosciuto bene, potrà tornarci direttamente con la dislocazione.
Il portoncino non è un ostacolo: basta un pensiero per far sbloccare la serratura a scatto.
Sale le scale fino al secondo piano, e accende la luce.
La lampada fioca le rende difficile mettere a fuoco i nomi sui campanelli. Picchietta, con disappunto, sulla cornicetta, e subito le lettere diventano luminose come braci.
Qui ci sono scritti cinque nomi femminili. Carol Hair. Wanda Vanderbilt. Irene Lane. Pao Chai. Therese Canteen. I loro, non c’è dubbio.
Attraverso la porta Vera sente le loro voci. Tra tutte, si riconosce quella squillante della goccia di Irma.
Inutile continuare. Ne so abbastanza per poter guidare Elyon in questo luogo.
 

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Capitolo 14
*** Arrivo all'orfanotrofio ***


14-arrivo all'orfanotrofio  
Grazie Melisanna, Vera è uno dei miei personaggi preferiti in questa fiction. Molto più avanti riserverà una grossa sorpresa.
Grazie Eleuthera, spero che la caratterizzazione delle gocce di questo capitolo sia all'altezza delle tue aspettative.
Grazie anche a kb_master per i suoi suggerimenti.
Come al solito, per discussioni più dettagliate rimando al  http://freeforumzone.leonardo.it/viewmessaggi.aspx?f=4642&idd=8397 

PROFEZIE


Riassunto delle puntate precedenti 
Elyon si ripresenta a trovare le sue amiche ad Heatherfield. Appare cambiata, esuberante, e racconta del suo progetto di far sviluppare la sua città anche copiando tecnologie terrestri. 
In un attimo di sconforto, racconta di essere angosciata per una profezia fatta da lei stessa, che la vede nei panni del prossimo tiranno del metamondo.
Tempo dopo, Elyon invita le WITCH in pizzeria, dove porta il discorso sulle gocce astrali, le sosia create dalle guardiane e messe in libertà, con nuove identità sconosciute, più di un anno prima. Durante la cena, il gruppo è infastidito da zanzare, che Elyon cattura facendole entrare in un barattolo.
Dopo il congedo di Elyon, Irma, incuriosita, vuole seguirla; spiando casa Portrait, Irma la vede sporgersi dalla finestra assieme ad una ragazza più grande, e liberare un nugulo di zanzare da un barattolo.
Chiamate Will e Hay Lin, le tre si presentano a casa, dove apre la ragazza grande, nella quale Will riconosce Vera, l'alter-ego di Elyon già incontrato anni prima. Dentro casa, la ragazza si ritrasforma in Elyon, e dà spiegazioni plausibili alle osservazioni di Irma.
Questa, però, non è convinta, pensa che Elyon stia cercando di rintracciare le gocce astrali. Infatti, tornando a sorvegliare la casa, Irma intravede qualcosa che si alza in volo da una finestra.
Infatti si tratta di Vera trasformata in civetta, che si porta nelle città vicine per spargere altri nuguli di zanzare.
Dopo qualche giorno, Vera riceve segnali mentali dalle zanzare che hanno punto e riconosciuto le gocce astrali delle WITCH a Midgale.
Si porta in volo fino sul luogo, e vede che assomigliano ancora alle originali, ma sembrano più grandi, sui venti anni.

cap.14
Arrivo all’orfanotrofio



Heatherfield, casa Portrait

Nel soggiorno polveroso, la luce del tramonto fa brillare le architetture complesse di una ragnatela. L’artefice di questa meraviglia è ancora all’opera. Forse la ha ereditata da suo padre, e non ha mai smesso di ampliarla ed abbellirla.
Elyon, seduta su una poltrona, osserva come un raggio di sole possa rivelare un piccolo mondo meraviglioso in ogni cosa.

Dopo pochi minuti, il sole è scomparso dietro le case, e la ragnatela torna a fare l’effetto che fanno di solito tutte le ragnatele.
Chissà cosa c’è scritto, sugli antichi libri di magia, su questo?

La pendola batte le otto di sera.
Qualcosa si intravede al centro del soggiorno. Una luminosità tremolante rischiara la penombra per un attimo, per poi prendere l’aspetto e la consistenza di Vera.
“Ciao, Vera, carissima!”.
“Oh!”. Si volta trasalendo. “Ellie? Te ne stai al buio?”
“Pensavo”. Alza un po’ le spalle. “Siediti anche tu. Come va la ricerca?”.
Vera si siede di fronte alla Luce di Meridian, e fa un largo sorriso che si perde nella semioscurità. “Le ho appena trovate”.
“Uau!”, sfugge a Elyon. “Sentivo che sarebbe stata la serata buona. Dove sono?”.
“A Midgale”. Esita un attimo. “Mi sembra che vivano nella miseria”.
“E’ perfetto!”, gioisce Elyon.
Vera la scruta un po’ contrariata. “Non mi sembra”.
“Ma sì. Accetteranno senza esitare le nostre proposte”. Si alza dalla poltrona, e tira l’altra per la mano. “Andiamo a vedere! Subito!”.
 

Midgale, pianerottolo della tana delle gocce

Sullo stretto pianerottolo in penombra, due aloni baluginanti assumono delle forme vagamente umane, prima di confondersi con la semioscurità.
La sagoma più alta si muove, allungando le braccia in avanti.
Un gridolino soffocato rompe il silenzio. “Ahiiii!”.
“Scusa, Ellie. Sto cercando la luce”.
“Quella di Meridian?”, ribatte la vocetta sofferente. “Era il suo piedino regale, quello che hai appena…”.
“Scusascusa. Adesso riesco a vedere qualcosa”.
“Anch’io. Tante stelline danzanti”. Sbuffa. “Ti avevo pur insegnato a muoverti nel buio!”.
Dopo lo sfogo, torna il silenzio.
Vera percepisce un pensiero di una mente ben conosciuta. ‘Non accenderla. Ora ci rendiamo invisibili e attraversiamo la porta chiusa’.
‘Vuoi osservarle un po’?’.
Le sagome delle due svaniscono completamente nella semioscurità.
Appena in tempo.
Sentono rumori di passi veloci e nervosi al di là della porta, poi questa si apre, e si staglia contro la luce del corridoio una figura alta ed elegante, che richiama Cornelia.

La ragazza ha fretta. Ormai ha già dieci minuti di ritardo. Si dirige a colpo sicuro verso l’interruttore della luce, a metà del pianerottolo.
Non ci arriva. Prima di potersi anche solo stupire, il suo torace impatta contro un ostacolo non visto. “Uff…”
 “OUCH”. Qualcuno finisce al tappeto con un tonfo.
“Scusi, non volevo… ma chi è?”. Intravede una figura a terra. Allunga la mano con prudenza verso l’interruttore della luce. “Mi scusi tanto… non capisco come ho fatto a non notarla. Ma…”.
La luce accesa le riserva una seconda sorpresa. La biondina con le trecce che la guarda dal pavimento le ricorda qualcosa di molto familiare.
“Corny, come sei cresciuta!”. Anche la voce è ben conosciuta.
Possibile che…“Ma… Elyon, sei proprio tu?”.
“Sì, in carne e ossa”.  Si alza, si misura con l’altra ragazza. Le arriva a malapena al mento. “Non serve che mi chiami altezza”.
“Ellie!” Gli occhi azzurri sono spalancati per la meraviglia. Le sfiora incredula le spalle. “Sei qui per noi?”.
“Sì, cara”. Le stringe le mani per qualche istante. “Possiamo entrare?”. Fa un cenno verso il niente. “Lei è con me”.
Accanto a Elyon, la goccia di Cornelia vede un’altra ragazza più grande,  che non riconosce. Come ha fatto a non averla notata prima?
“Prego, sei… siete le benvenute”, dice, scostandosi per lasciarle passare. “Però ora mi chiamo Carol, non più Cornelia!”.

“Elyon!”. Attraverso la porta aperta, la gemella di Irma ha assistito alle ultime battute.  “Ragazze, venite subito! C’è Elyon!”.
Le altre ragazze arrivano immediatamente nell’atrio.
“Elyon?”   “Ma è un sogno?”   “Sei qui per noi?”.
Le fanno tutte largo mentre entra nel misero appartamento.
“Come sono contenta di rivedervi!”. La piccoletta abbraccia quelle ragazze grandi che, in realtà, non ha mai visto prima. “Vi cerchiamo da giorni, ma vi pensiamo da parecchio tempo”.
 

Midgale, tana delle gocce

Cinque sguardi interrogativi si volgono verso l’accompagnatrice sconosciuta.
La gemella di Will sembra la più sorpresa, come se quel viso le ricordasse qualcosa. “Vera?”.
“Brava, Will”, risponde Elyon. “Ragazze, questa è Vera, ed è come voi. E’ la mia… chiamiamola la mia goccia astrale… anche se a vederla così non mi assomiglia molto”.
La goccia di Irma le fa un largo sorriso e le porge la mano. “Ciao, Vera. Io mi chiamo Irene. Accomodatevi in cucina, prego”. Si aggiusta il grembiule da cucina, che porta con l’orgoglio di una bella divisa. “Porto subito sedie per tutte, e metterò su un tè”.

Poco dopo, sono tutte sedute attorno ad un tavolo accostato ad una parete, a parte Irene che armeggia con i fornelli.
Carol, seduta proprio di fronte a Elyon, è eccitatissima, sorride e intreccia le dita. “Ellie cara… sono così contenta! Non avevo nessuna speranza di rivederti”.
Elyon ricambia il sorriso, poi, mentre l’altra fa una rapida telefonata, dà una rapida occhiata attorno a sé.
La cucina è stretta, con il tavolo accostato al muro alla sua sinistra. La pittura del muro è scrostata, scurita dal tempo e dalle muffe. Era bianca? Era giallastra?
I mobili della cucinetta, sulla parete di fronte al tavolo, sono sbrecciati, e un pomello mancante è sostituito da un cappio di spago.  Si vedono piatti e pentole sporchi nel lavello incrostato di calcare.
La stanza è rischiarata da una nuda lampadina ad incandescenza pendente dal soffitto; il portalampada cui è avvitata lascia indovinare che, un tempo, ci dovesse essere un paralume di vetro.
Alle spalle di Vera ed Elyon si trova la finestrella appannata attraverso la quale la civetta le ha spiate. Quattro metri più in là, oltre la ringhiera delle scale antincendio, c’è una finestra di un palazzo di fronte, illuminata dall’interno da un televisore che sembra trasmettere qualcosa di imbarazzante.

“Ragazze, sarò sincera, mi sembra che ve la passiate male. Che cosa è successo?”.
Carol ripone il telefonino. Ha appena disdetto l’impegno per il quale stava uscendo. “E’ vero, purtroppo”. La sua bocca si storce per un attimo di rimpianto. “All’inizio, più di un anno fa, eravamo mantenute in un bell’appartamento ed iscritte ad una scuola superiore prestigiosa. Tutto pagato dalla Fondazione Astro Nascente”.
“Quella di Kadma, una ex guardiana amica di Yan Lin”, precisa cupa la gemella di Will.
Carol riprende. “Per un po’ le cose sono andate bene. Poi, da un mese all’altro, la fondazione ha smesso di pagarci alcunché”. Abbassa le spalle. “Niente retta della scuola, niente affitto dell’appartamento, niente denaro per mangiare, e neppure per vestirsi…”. L’intrecciarsi delle dita diventa nervoso. “Abbiamo dovuto arrangiarci cercando dei lavori, ma purtroppo non abbiamo trovato gran che”.
“Eravamo prive di documenti”, spiega la gemella di Hay Lin, “A parte le tessere scolastiche scadute e poche altre carte senza valore legale”.
Carol la sbircia con uno sguardo da qui racconto io, e riprende. “Le nostre poche carte non trovano riscontro negli archivi. Chiunque faccia una ricerca ne conclude che sono false”.
Irene sospira.  “Senza documenti, non siamo riuscite a trovare un lavoro regolare. Abbiamo solo vissuto alla giornata”.

Elyon ascolta ed osserva con attenzione. “Non siete più così… gocce. Uguali alle guardiane, intendo. Per dirne una, sembrate più grandi”.
“Grazie al cielo!”. Carol fa il gesto di congiungere le mani. “Se sembrassimo minorenni, così senza famiglia, ci rinchiuderebbero in qualche istituto”.
“Forse non sarebbe stato un male”, fa osservare la goccia di Taranee.
Carol scrolla le spalle con una smorfia.
L’altra insiste: “Pasti e alloggio assicurati, e poi ci dovrebbero mettere in regola in qualche modo prima di farci uscire”.
Altra smorfia. “Parla per te. Per me, ce la caviamo pur sempre meglio così”.
Elyon sente che è meglio impedire che il discorso prenda quella piega. “Parlatemi di voi, ragazze!”.

Le gocce si guardano tra loro, poi gli sguardi di tutte le altre si posano su quella che si atteggia a leader.
“Ora io mi chiamo Carol Hair, e, tutto sommato, sono quella che se la sta cavando meglio… Non fare smorfie, Irene! Ti ho vista”. Si interrompe infastidita, poi riprende:  “Faccio la commessa, a nero, in un negoziuccio di vestiti nella zona della stazione…”.
“… che, da allora, ha molto aumentato la sua clientela maschile”, completa Irene. “E poi, la nostra Super Cornelia arrotonda lo stipendio facendo la fotomodella”.
“C’è chi può, e chi vorrebbe potere”, taglia corto Carol. Per fortuna, non vede Irene alle sue spalle che la mima nell’atto di aprirsi la camicetta.

Appena finito di parlare, si volta verso la ragazza asiatica seduta accanto a lei. “A te le parola, Pao”.
“Io mi chiamo Pao Chai. Pao di cognome, Chai di nome”.
“A noi viene sempre da chiamarla Pao”, ammette colpevolmente Irene.
“Non importa, Lane”, le sorride Pao Chai girandosi indietro.
Poi, nuovamente rivolta alle ospiti: “E’ un nome che mi sono scelta ancora prima della separazione da Hay Lin. Anche io lavoro a nero, come cameriera e lavapiatti di un ristorante cinese”.
Elyon la squadra. La bella figura è messa in evidenza da una maglietta stinta che le lascia scoperto l’ombelico.
Pao capisce l’occhiata. “Al lavoro uso un camice, o una divisa del locale. Non cerco altri problemi con…”. Si interrompe, imbarazzata. “E’ che quasi tutti i miei vestiti sono stati comprati in tempi molto diversi da questi”. Scrolla le spalle con amarezza. “Mai lavorare per un cinese! Una vita da schiavi assicurata!”. Guarda l’orologietto dai colori vivaci portato al polso sinistro. “Mi hai trovata qui per caso, tra poco dovrò tornare a lavorare per il turno serale”.
“Lascia perdere, Pao Chai”. Elyon fa il gesto di trattenerla. “Non avrai più bisogno di questo lavoraccio”.
A queste parole, le gocce sembrano ancora più speranzose. Non è solo una visita di cortesia...

Irene, in piedi, richiama l’attenzione schiarendo la voce. “Signore e signorine, io mi chiamo Irene Lane, e se le mie amiche non hanno mai sofferto la fame è soprattutto merito mio. Sono diventata una grande cuoca. Mi occupo della cucina e dell’appartamento”.
Elyon dà una rapida occhiata circolare alla cucina squallida e sciatta.
Irene, a disagio, intuisce quello che pensa. “Beh, l’appartamento è quello che è, eppoi abbiamo appena cenato…”.
Carol le dà quattro pacchette di sufficienza sulla pancia. “Polpetta è veramente brava a cucinare. Cerca di fare proselitismo: tutte come lei”.
Irene la ricambia con un sorriso amabile che sembra intendere: A buon rendere, spilungona!

Gli sguardi si voltano verso le due gocce che devono ancora presentarsi, all’altro capo della tavola.
La gemella di Will sembra molto a disagio, già da un po’. Distoglie gli occhi. Perché?
La goccia di Taranee la guarda un attimo con gli occhi da cerbiatta. Al paragone, è molto più piccola e dolce dell’altra. Si aggiusta i lunghi capelli ricci, e prende la parola.
“Comincio io, allora. Il mio nuovo nome è Therese Canteen”.
“Terry, per gli amici”, specifica Pao Chai.
“Terry”, ammette con un sorriso. “Ora non lavoro. Per un po’ ho lavorato nello studio di un’estetista”, ricorda con una percettibile smorfia di rancore. “Poi ho fatto telefonate ad un Call Center, poi… non ho trovato nessun lavoro accettabile”. Finisce con un sorriso triste: “Forse perché sono piccola e nera…”.
Irene le accarezza le spalle con un gesto protettivo. “Che dici, Terry? Sei bella, sei dolcissima. Arriverà l’occasione giusta anche per te”.

E’ arrivato il momento anche per la goccia di Will. Non può più esimersi.
Mentre la ragazza esita, Elyon la studia con attenzione. Rispetto a Will, è molto più muscolosa, più alta e soprattutto più cupa. La t-shirt nera è sbiadita e sformata, e non rende giustizia ad un fisico da atleta. Perché è così nervosa? E’ la visita che la mette a disagio?
Elyon tenta di rompere il ghiaccio. “E tu devi essere Wanda. Mi aspettavo di trovarti con i capelli lunghi…”.
Capisce immediatamente di avere fatto una gaffe. Troppo tardi, come per tutte le gaffe di questo mondo.
Per la ragazza, è come una sferzata. Il suo pensiero è come un urlo, per chi lo può sentire. Anche loro sanno di Matt! Lo sapranno tutti, ormai!
“Mi creavano problemi per l’attività sportiva, così li ho tagliati”.
Per un attimo, si richiude nuovamente in sé stessa.
Infine si decide. Sforzandosi di alzare lo sguardo, recita di un fiato: “Il mio nome è Wanda Vanderbilt. Per portare quattro soldi al gruppo ho fatto lavoretti saltuari. Attualmente sono disoccupata”.
Segue un attimo di silenzio pesante. La ragazza riprende, con tono meno forzato: “Elyon, se cercherai informazioni su di me, sentirai dire molte brutte cose. E saranno tutte vere”.
Elyon è esterrefatta. Vera continua a scrutare con attenzione questa strana ragazza.
Irene le accarezza le spalle. “Non dire così, Wanda. E’ tutto passato”. Poi, rivolta ad Elyon e a Vera: “Ha passato un brutto periodo, problemi di salute. E’ tutto finito, ora”.
Carol  sospira, un po’ infastidita. “Scusala, Ellie. Wanda non voleva rischiare di fare buona impressione. E’ specializzata nel farsi male da sola”.
Irene la guarda, quasi offesa. “Carol!”.
“E’ vero”, interviene inaspettatamente Wanda. “E’ una delle cose vere, che riassume tutte le altre”.
Ora sembra più rilassata, come se avesse vuotato un sacco pieno di altri sacchi.
Finalmente azzarda qualche sguardo diretto, negli occhi. Con un po’ di stupore, Elyon si accorge che guarda soprattutto la silenziosa Vera, seduta più indietro, accanto a lei.

Irene riprende, servendo il tè fumante in tazze spaiate: “Ci riferiamo spesso a noi stesse come le orfane. Questo bel posto, come potrai immaginare, viene chiamato orfanotrofio”.
Elyon cerca le parole. Non vuole sembrare offensiva. Non vuole sembrare falsa. Cosa dire?
“Mi meraviglio che Kandrakar abbia permesso tutto questo! Non si erano impegnati a farvi costruire una nuova vita?”.
“O forse non ci avete raccontato ancora tutto?”, chiede Vera. E’ la prima frase che le sentono dire.
C’è un momento di imbarazzo tra le gocce.
“L’oracolo di Kandrakar ci aveva promesso di richiamarci”. Wanda alza la manica della t-shirt nera,  mostrando un segno sul suo braccio muscoloso. “Vedi questi tatuaggi? Si sarebbero illuminati per avvisarci della sua chiamata”. Lascia ricadere la manica. “Ora, però, nessuna di noi ci spera più”.
“Forse era in corso un esame”, aggiunge Terry, “e noi non lo abbiamo passato”.
Irene conclude: “O forse questa vita è il vero esame”.
Cala il silenzio per qualche secondo. Tutti gli sguardi delle gocce si isolano, come per una specie di esame di coscienza.
Elyon rompe il pesante silenzio. “Forse l’oracolo vi considera come rimpiazzi, dovesse mai perdere qualcuna delle guardiane”. Dieci occhi si fissano nuovamente su di lei. “Oh, è solo una mia ipotesi”, si schermisce con un gesto della mano. “Se fosse così, però, può anche succedere che non ci sarà mai bisogno di voi, oppure che dovrete separarvi”, finisce con nonchalance.
Tutte tacciono. Queste parole si scavano la loro nicchia nell’immaginazione delle gocce.

E’ il momento propizio. Elyon si alza in piedi. “Ragazze, ho una proposta. Ho bisogno di voi per affiancare Vera nel raccogliere informazioni. Voglio far sviluppare Meridian utilizzando anche tecnologia terrestre”.
Passeggia avanti e indietro nello spazio ristretto della cucina. “Questo non esclude che in futuro potrete accettare la chiamata di Kandrakar, se lo vorrete”.
Ora Wanda è attentissima. “Perché hai deciso di cercare proprio noi?”.
“Ottima domanda”.  Elyon torna a sedere. “Ci sono molti motivi”.
“Il primo?”
“Per cominciare, voi avete già un’idea dei fatti e dei personaggi coinvolti. Spiegare queste cose ad altri, e soprattutto farsi credere, può essere un grosso problema”.
“Mi piace”, assente Wanda. “Così tutti i nostri ricordi tornano ad avere un senso”.
Terry  dà una delicata pacchetta sulla spalla di Pao Chai. “Finalmente una prospettiva!”. Pao risponde con un’affettuosa gomitata.
Elyon sorride e riprende a camminare. “Proprio così. Avevo anche considerato la possibilità di mandare qui dei metamondesi in incognito, o creare esseri artificiali su misura per il compito….”. Dopo una pausa ad effetto, completa: “… ma le persone non si possono creare, sfruttare e buttare via in questo modo”.
Le gocce sembrano colpite soprattutto dall’ultima frase. “Come hanno fatto con noi!”, ricorda Wanda con amarezza.
“E gli altri motivi?”, chiede Terry.
“Vi piacerà anche questo. Per aiutare Vera, verrete messe in condizione di usare i suoi poteri, che sono, o diventeranno presto, quasi pari ai miei. Per fare questo, ci vuole una predisposizione di nascita”.
“E noi…”. Wanda spalanca gli occhioni, che finora ha tenuto quasi aggrottati. Solo ora si riconosce appieno la somiglianza con Will.
“ E voi, come copie conformi delle guardiane, possedete certamente questa predisposizione, anche se non avete poteri autonomi”.
Wanda guarda con compiacimento le sue mani. “Puoi contare su di me, qualunque cosa tu voglia!”. Finalmente sul suo viso si dipinge qualcosa che assomiglia ad un sorriso.
“Anche su di me!”   “Anch’io!”   “Su tutte!”.
Terry alza le sopracciglia folte. “Altre ragioni?”.
“Sì. Sentimentali”. Elyon volge gli occhi verso la sua compagna silenziosa. “Vera ha gli stessi miei ricordi, e vi considera ancora le sue grandi amiche”.
C’è qualche espressione sorpresa. Ora le gocce guardano Vera con molta più considerazione.
“Benvenuta, Vera!”    “Sei dei nostri!”   “Però ti possiamo offrire solo un divano…”   “Anche il letto di Pao, fino alle due di notte, quando torna dal lavoro”.
“Grazie, ragazze”. Vera fa il primo bel sorriso che le vedono. “Spero proprio che la mia solitudine di queste settimane sia finita”.

Elyon guarda fuori dalla finestra. E’ buio da molto tempo. “Ragazze, si fa tardi. Ripasseremo domani mattina verso le dieci”.
Carol fa notare: “Ellie, a quell’ora sarò al lavoro”.
“Ragazze, non preoccupatevi per i vostri lavoretti. Non avrete più problemi di soldi, con noi”.
Le due visitatrici scompaiono nel consueto baluginio, lasciando le gocce a bocca aperta.
 “Avete visto?”   “Formidabile!”   “Ve lo aspettavate?”   “Niente più problemi di soldi!”
Irene si stringe le mani con aria sognante. “Ragazze, chi riuscirà a dormire questa notte?”.
 

Heatherfield, casa Portrait

Dal vago tremolio luminoso emergono Elyon e Vera, ancora con le mani alzate in segno di saluto.
La luce della stanza si accende da sola. Meglio non rischiare un altro pestone.
“Formidabile, Vera. Meglio di così non si poteva!”.
La più grande annuisce. “Accetteranno tutte le nostre proposte”.
“Già. E poi, sono simpatiche”. Poi Elyon cambia espressione. “Quella Wanda, però, è così strana… Perché quell’imbarazzo? Perché quell’uscita sgradevole?”.
“Ellie, mi sono accorta che quella ragazza rifletteva le tue parole un secondo prima che tu le pronunciassi”.
Elyon la guarda stupita. “Non sono sicura di aver capito”. Fa per dire. Ha capito benissimo.
“Quella ragazza ti leggeva il pensiero, e si è accorta che anch’io glielo stavo leggendo”. Guarda fuori dalla finestra, verso il giardino buio. “Ha dei grossi pesi, e si è sentita come nuda davanti a noi”.
“Ci darà problemi?”
“Non credo. Era entusiasta della tua proposta. Sta cercando disperatamente qualcosa di importante per dare un senso alla sua vita”.
Elyon tace a lungo. Anche lei guarda verso il buio fuori dalla finestra.  “E delle altre, cosa ne pensi?”.
 “Me le sono studiate. Ho ascoltato con un orecchio ciò che dicevano, ma soprattutto ho sondato i pensieri delle altre quando ciascuna parlava.”
“Brava. Che impressioni ne hai tratto?”
“Carol è il cavallo forte della compagnia, ma non è amatissima dalle altre. Hai notato come si beccavano?”.
Elyon si adombra. “Vuoi dire che non ti è simpatica? La mia impressione è stata ben diversa”.
“Non so. Sicuramente ti vuole bene, molto bene. Però è una personalità dominante”. Con un sospiro di rimpianto, continua: “Non mi ha quasi degnata di un’occhiata”.
Elyon ha notato l’amarezza con cui Vera ha concluso il discorso.
“Cambierà. Vedrai che vorrà bene anche a te”.
Capisce che non è convinta. La prende per le spalle. “Vera, guardami. Sei la mia copia. Sei uguale a me, tranne le poche cose in cui ti ho voluta diversa. Sei più grande e bella di me.  Hai il mio sangue, tutte le mie memorie, e molti ricordi appartenenti ai miei genitori adottivi. Conosci tutti i miei segreti, condividi tutti i miei affetti”. La scrolla con delicatezza. “E allora, perché la goccia di Cornelia non dovrebbe volerti bene?”.
 

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Capitolo 15
*** Un fiore con sei petali ***


15-un fiore con sei petali  
Cara Melisanna, grazie per il tuo costante aiuto ed incoraggiamento.
Cara Amantha, grazie anche a te. Sono contento che tu segua la storia. Sei stata gentile a lasciare questa recensione.
Cara Eleuthera, le tue recensioni sono proprio bellissime. Leggerle mi dà sempre un piacere immenso.
Un grazie anche a kb_master per i suoi consigli.
Come al solito, troverete risposte più dettagliate al http://freeforumzone.leonardo.it/viewmessaggi.aspx?f=4642&idd=8397&p=3

PROFEZIE


Riassunto delle puntate precedenti 
Elyon si ripresenta a trovare le sue amiche ad Heatherfield. Appare cambiata, esuberante, e racconta del suo progetto di far sviluppare la sua città anche copiando tecnologie terrestri. 
In un attimo di sconforto, racconta di essere angosciata per una profezia fatta da lei stessa, che la vede nei panni del prossimo tiranno del metamondo.
Tempo dopo, Elyon invita le WITCH in pizzeria, dove porta il discorso sulle gocce astrali, le sosia create dalle guardiane e messe in libertà, con nuove identità sconosciute, più di un anno prima. Durante la cena, il gruppo è infastidito da zanzare, che Elyon cattura facendole entrare in un barattolo.
Di nascosto dalle WITCH, Elyon affida a Vera, una copia di sè stessa che appare come una ragazza più grande, l'incarico di rintracciare le gocce astrali sfruttando le zanzare in possesso dei campioni di sangue delle guardiane. Dopo qualche giorno, queste riconoscono le gocce astrali a Midgale.
Poco dopo, Elyon e Vera si presentano alle ragazze. Assomigliano ancora alle originali, ma appaiono cresciute, sui vent'anni.
Nel povero appartamento, raccontano di essere state mantenute dalla Fondazione Astro Nascente fino a pochi mesi prima, quando sono state improvvisamente scaricate. Da allora hanno vissuto alla giornata, anche perchè sprovviste di documenti validi.
La goccia di Cornelia si chiama Carol, lavora come commessa e fotomodella ed è la controversa leader del gruppo.
La goccia di Irma si chiama Irene, e fa vita casalinga. La goccia di Hay Lin si chiama Pao Chai, e fa la lavapiatti in un ristorante cinese.
Quella di Taranee si chiama Therese o Terry, ed è disoccupata. La goccia di Will si chiama Wanda, ed è cupa, chiusa ed estremanente atletica.
Elyon propone alle gocce di collaborare con Vera a raccogliere informazioni tecnologiche per modernizzare Meridian; in cambio, risolverà molti dei loro problemi. Le ragazze accettano con entusiasmo, ed attendono il ritorno delle due per la mattina seguente.

cap.15
Un fiore con sei petali


Midgale, tana delle gocce

L’odore di caffè pervade l’aria. Tazze e tazzine sporche si stanno riposando sul tavolo e nel lavello, sgomitando tra i piatti e le pentole della cena.
L’atmosfera nella cucina sembra quella dopo una notte brava: teste ciondolanti puntellate da avambracci incerti, dieci occhi cerchiati che cercano di restare aperti, capigliature scapigliate dopo un incontro controverso con i cuscini.
“Ragazze, qualcuna di voi è riuscita a dormire, questa notte?”. Irene si versa la terza tazza di caffè della mattina.
“No, la mia vicina di letto continuava a parlare tutta eccitata”, risponde Carol, estraendo una spazzola da chissà dove.
“Irene, eri sveglia o parlavi nel sonno?”, le biascica Pao Chai, pericolosamente inclinata, con la testa appoggiata al muro e gli occhi chiusi.
“Sei davvero sveglia, Pao?”, le chiede Therese, chiedendosi se sia necessario puntellare l’amica.
Irene fa un sorrisino colpevole, poi recupera dal marasma del lavello una tazza già usata. “Pao, arriva un altro caffè”.

Alle dieci meno cinque, squilla il campanello dell’ingresso.
Irene apre la porta con un largo sorriso. “Benvenute! Volete un caffè?”.
Elyon e Vera entrano sorridendo. “Carissime…”, cinguetta sua altezza. Resta interdetta un attimo, vedendo gli sguardi assonnati. “Ragazze, sono le dieci di mattina, o abbiamo sbagliato fuso orario?”.
“Irene era un po’ agitata…”, risponde Carol, riguadagnando immediatamente il suo contegno.
“Prego, sedetevi”. Pao Chai indica, qualora ce ne fosse bisogno, le uniche due sedie libere.
Elyon siede davanti ad una tazzona di caffè. “Ragazze, sono ancora emozionata di vedervi. Sì, grazie, Irene, ancora un po’ di zucchero. Adesso Vera vi spiegherà tutto”.

Tutti gli occhi si puntano su di lei, che sta bevendo il suo caffè. Il discorso resta in sospeso mentre finisce la tazzina, studiando i loro sguardi.
La neo-caffeinizzata sorride sicura di sé. Sa di avere dei grossi conigli nel suo cappello da prestigiatrice.
“Ragazze, vi vedo distrutte, perciò comincio subito con qualcosa che dovrebbe svegliarvi”. Fa una pausa ad effetto. “Ci avete detto che una delle vostre grosse difficoltà è la mancanza di documenti”.
Vede molti assensi tristi.
“Già. Ha significato tante porte chiuse”, ricorda Terry.
“Ebbene, io sono in grado di creare qualunque documento in un attimo”. Sorride, godendosi gli occhi spalancati delle altre. Si sono raddrizzate tutte. Il sonno se ne sta andando via, forse a dormire.
“Ve lo dimostro subito”. Vera estrae un tesserino. “Questa è la mia carta di identità. Falsa, ovviamente, ma copiata da una autentica”.
Senza più parlare, Vera prende il documento tra i palmi delle mani e comincia a strofinarlo tra i palmi.
Silenzio. Occhi spalancati nell’attesa impaziente.
Dopo un minuto, depone la carta, poi ricongiunge le mani e le fa strofinare tra loro.
Pochi secondi dopo, tra i palmi c’è una seconda carta di identità, uguale alla prima.
“Oh!”     “Ma come…”.
“Fase due, ragazze. Carol, sorridi!”. La squadra con un solo occhio aperto. Non è convinta. “Non così ebete. Immagina che ti stia fotografando con quest’occhio”.
Il suggerimento raggiunge il suo scopo. L’espressione dell’altra si fa intensa e seducente.
Vera strofina il polpastrello dell’indice più e più volte sul tesserino, e la fotografia muta fino a rappresentare Carol.
Sorride soddisfatta. “Ottima. E’ riuscita benone. Si vede, che fai la fotomodella”.
Irene, in piedi alle spalle di Vera, sbircia l’immagine con una punta di invidia. “E senza neanche spogl...ouch!”. Qualcosa come una gomitata nel fianco la ha interrotta. Si guarda attorno confusa. Chi può essere stato? Non c’è nessuno accanto a lei…
“Ora modifichiamo il testo”, riprende Vera. “Nome: Carol Hair. Retrodaterò di quattro anni esatti la nascita di tutte voi. Età: venti anni. Occupazione: studente. Data di nascita: dieci maggio, ricordo bene? Luogo: Midgale”.
In pochi secondi, la stupefatta Carol si guarda sorridere nella sua nuova e perfetta carta di identità.

Dopo pochi minuti, i documenti di tutte le ragazze sono pronti. “Ecco anche il tuo, Wanda. Anche tu sei una studentessa”. Vera guarda la foto con rammarico. “Peccato per il sorriso, proprio non ti riesce”.
“Se sorridesse nella fototessera, non la riconoscerebbero più”, commenta Carol. Lo sguardo storto con cui la compagna la ripaga le scivola addosso senza turbarla.
“Grazie, Vera”, ricambia Wanda. “Tu sì che sei in gamba!”.
Carol si acciglia. Tra di loro, le gocce capiscono bene l’allusione.
“Ragazze, i vostri documenti sono perfetti”, riprende Vera, “ma ricordate che tuttora voi non siete iscritte ad alcuna anagrafe, per cui un controllo via computer da parte della polizia potrebbe crearvi problemi”.
“Ricevuto”. Wanda infila il prezioso documento nel portafogli vuoto. Esita un attimo, sa che sta per proferire una domanda inelegante. “Vera, oltre alle carte di identità…”.
Più che altro, la domanda era scontata per la maga. “Se posso creare anche il denaro?”. Vede tanti sguardi di attesa. “Certo, stavo per iniziare”.
Congiunge le mani e le sfrega.
Una banconota di piccolo taglio, arrotolata, cade sul tavolo.
“Uauuu!”  “Incredibile!”  “Sei una forza!”   “Sei una zecca! Cioè, volevo dire…”.
Il rituale continua per alcuni minuti. Le gocce srotolano, rimirano e allineano sulla tavola le banconote con devozione quasi religiosa.
Dopo un po’, Vera sembra stancarsi. “Ragazze, mi ci vorrebbe una banconota di taglio maggiore da usare come modello, sennò staremo più a pagare una pizza che a mangiarla”.
Pao Chai guarda con insistenza Carol.
Impossibile ignorare uno sguardo così deciso. “Cosa c’è, Pao?”
“Carol, tu sei l’unica di noi che ha un po’ di denaro in tasca”.
Con un’occhiata acida, Carol apre il suo borsellino. “Questo è il pezzo di taglio maggiore che ho”, dice porgendo una banconota da venti.
“Grazie. Ti ripagherò con gli interessi”. Vera prende la banconota tra i palmi.
Poco dopo, le banconote da venti cominciano ad accumularsi sul tavolo, tra gridolini di giubilo.
Carol si studia le banconote, passando gli occhi rapidamente dall’originale alle copie allineate. “Ehi! Ma queste banconote sono false!”, protesta.
“Come puoi dirlo?” . Vera fa l’ingenua. “Sono genuine, le faccio con le mie stesse mani!”.
Carol le avvicina agli occhi una delle sue creazioni. “Hanno tutte lo stesso numero di serie!”.
L’espressione delle gocce si fa un po’ costernata.
“Hai ragione!”. Vera passa un polpastrello sopra i numeri di serie. “Anzi, avevi ragione!”.
Carol riguarda incredula la banconota che non ha mai deposto. I numeri di serie sono cambiati. Cerca di nascondere il suo disappunto con un sorriso. “Bene…”.
Terry guarda estasiata il nuovo denaro, perfetto. “Vera, non ci meravigliamo più di niente!”.

Nel frattempo, Elyon è rimasta in silenzio. Il suo corpo è rimasto seduto tra Vera e Carol ad un angolo del tavolo, girando gli occhi e la testa come se seguisse con attenzione il discorso, ma il suo spirito ha iniziato a vagare per lo squallido appartamento, attraversando porte e pareti.
Ha intuito le code impazienti all’unico bagno piccolo e incrostato, le perdite d’acqua dai rubinetti e dai tubi, i vestiti lavati in una tinozza che contende lo spazio al passaggio. Spostandosi, ha visto i letti disfati ed accostati stretti in camere troppo piccole. Queste stanze raccontano di calze mal rammendate, di fioche lampadine ad incandescenza, di una tapparella bloccata storta a metà altezza che nessuna di loro è in grado di riparare, di un vecchio tavolo da stiro che porta i segni di bruciature dovute a mani inesperte. Quell’apparecchio per inalazioni appoggiato a terra, accanto al letto, è stato usato per gli stessi farmaci che ha visto anche a casa di Cornelia. Questo luogo deve essere un inferno per chi, come la sua amica, è allergico agli acari della polvere.
Dopo avere assorbito immagini e ricordi di questo appartamento squallido, lo spirito di Elyon torna ad aleggiare nella cucina. Può essere insolito guardare sé stesse sedute ad ascoltare con espressione finto-intelligente i discorsi fatti, ma ciò che la interessa non è la propria faccia. E’ quella delle altre. Mette a fuoco espressioni, pensieri, sentimenti.
Elyon non si fa ingannare da un falso sorriso. Qualcosa non va tra Vera e Carol. Questa si sente messa in disparte da questa nuova leader apparsa da un pianerottolo buio. Di tanto in tanto, lancia delle occhiate di rimpianto al corpo che fa dignitosamente finta di seguire le dimostrazioni di Vera.
Elyon ritorna in sé appena in tempo per ricevere una domanda da Carol.
“Ellie, se la tua goccia sa fare questo, mi piacerebbe proprio vedere cosa sai fare tu!”.
Una richiesta di confidenza? Una frecciata verso Vera?
Questa, piccata, replica: “Credevo che ti andassero bene documenti e soldi, ma se preferisci posso anche moltiplicare pani e…”. Si interrompe. Si guarda colpevolmente in giro per vedere se ha scandalizzato qualcuno.

Per Elyon si sta avvicinando l’ora del congedo. “Ragazze, anch’io ho un regalino”. La sua mano, chiusa a pugno, fa uno stranissimo rumore di risucchio. Tra le dita s’intravede un piccolo lampo.
Apre la mano, mostrando orgogliosa un oggettino simile ad una margherita di metallo smaltato. “Non è bellissimo?”.
“Una spilla?”, chiede Irene, in piedi, da sopra le sue spalle. “Bella, sembra un fiore”.
“Sì. In realtà, i petali sono sei gocce iridescenti, ed il centro è un sole giallo”.
“Helios, in greco”, specifica Vera, riavendosi dalla sorpresa.
“Già, con la corona di luce sovraimpressa in argento”. Mentre Elyon indica il centro della spilletta, tutte le ragazze si sporgono in avanti per vedere.

La Luce di Meridian si appunta la spilla sulla blusa. “Così ci ricorderemo che siamo un gruppo”.
Riconosce il pensiero di Vera: E anche di chi comanda.
Ma cos’ha da brontolare anche quando non parla?
“Elyon, il regalo era solo per te stessa?”, chiede Irene provocatoria.
“Per tutte!”. Richiude il pugno, ed il rumore di risucchio si ripete. Aprendo la mano, mostra una seconda spilletta sul palmo. “Irene, a te”.
“Grazie! Bella”. Se l’appunta sulla maglietta, coprendo una macchia di caffè.
Elyon ripete il gesto più volte, facendo apparire una spilletta per ciascuna delle ragazze. E’ bello vederle così contente. Perfino Wanda sorride, commossa e felice.
Infine ne appunta di persona una sulla camicetta di Carol, seduta accanto a lei. “Conto sulla tua collaborazione”, le sussurra.
E’ ricambiata con uno sguardo di rimpianto. Ti prego, non lasciarmi con questa qui, sembra voler dire Carol.
Ma cos’altro può fare? Tra mezz’ora è attesa a Meridian, al Consiglio dei Veglianti. Nel pomeriggio,  come somma sacerdotessa, deve svolgere una cerimonia rituale. La sera deve tornare ad Heatherfield. I ritagli di tempo sono riservati ai testi antichi, che esigono la sua attenzione. La notte, poi, il suo orsacchiotto non si addormenta senza di lei.
Si congeda con uno dei suoi sorrisi larghissimi. “Ragazze, a presto. Vera, ci vedremo a casa stasera alle otto?”.
Senza aspettare la risposta, la Luce di Meridian svanisce in un tremolio.

Vera sta riguardandosi ancora la spilla.
Chi lo dice a Elyon che l’ultima cosa di cui ha bisogno un servizio segreto è proprio un distintivo?
Wanda interrompe la sua riflessione.  “Vera, quali saranno le prossime mosse?”.
“Le prossime… Ah, sì, continuerò a produrre soldi ancora per una mezz’oretta. Preparatevi per andare a pranzo in ristorante. Irene, non ti dispiace, vero?”.
Irene fa un sorrisone da golosa. Sembra di no.
“E poi?”, incalza Wanda.
“Poi, nel pomeriggio, andrò ad un’agenzia immobiliare. Voglio affittare due begli appartamenti contigui, con tre camere ciascuno”.
Nota che Carol sembra persa nei suoi pensieri. Bisogna tentare di rompere il ghiaccio. Le sfiora la spalla. “Mi accompagnerai?”.
“Va bene”, risponde un po’ sorpresa.
“Allora, questa nostra vecchia tana ha i giorni contati?”. Non si capisce se Irene sia dispiaciuta sul serio, o stia scherzando.
“E noialtre?”, chiede Wanda.
Vera porge loro una mazzetta di banconote. “Che ne dite di fare un po’ di shopping questo pomeriggio?”.
“Sììì!”  “Potenza dei soldini!”  “Non più furtarelli!”  “Sta zitta!”.
 

Midgale, centro città

La centralissima 7th Avenue di Midgale è una strada larga, fiancheggiata da ampi marciapiedi allietati da vetrine sfarzose. La maggior parte dei palazzi risalgono all’inizio del novecento, ma, verso la fine della via, sono sovrastati dalle sagome di alcuni grattacieli più moderni.
File di automobili, punteggiate da grandi taxi gialli, scorrono ordinatamente attraverso l’incrocio con un grande viale poco distante.
Con disappunto, Vera nota che, sulla cartina che ha in mano, il nome della trasversale è reso illeggibile da una piega. Si volta verso la sua alta accompagnatrice, che in poche centinaia di metri ha collezionato diverse occhiate di uomini, una delle quali si stava per concludere con un tamponamento.
“Siamo sulla strada giusta per l’agenzia immobiliare, vero Carol?”.
“Sì”.
Mentre le due camminano, l’altra non fa alcun tentativo di conversare.
Dopo un po’ di silenzio, Vera ci riprova. “Abbiamo mangiato bene in quel ristorante greco, vero Carol?”.
“Già!”.
Continua a camminare, impassibile e quasi eterea.
E’ angosciante!
Vera la prende di petto. “Tu non hai simpatia per me, vero?”.
“Cosa te lo fa pensare?”, risponde senza girarsi.
“Anche senza leggere il pensiero, si capisce!”.
La biondona  trasale, ma continua a non guardarla. “Leggi il pensiero? Grande! La privacy ne guadagnerà molto”.
“Carol, vorrei chiarire una cosa. Ne parlerò una sola volta. Tu vuoi bene a Elyon. Ti ricordi di quando eravate amiche…”.
Finalmente Carol si volta verso di lei. “Non usare il passato. Tu lo confondi con quello di Cornelia”. Abbassa il viso, rattristata. “Anche Elyon mi ha chiamato così. Ma per me quel nome è una ferita mal rimarginata”.
Le due camminano un po’ in silenzio, attraversano la trasversale ad un semaforo pedonale, accelerando il passo quando il verde comincia a lampeggiare.
Dopo un po’ Vera riprende. “Carol, tutti i tuoi ricordi sono quelli di Cornelia, fino al momento in cui vi siete divise. Devi accettarli come tuoi”.
Carol resta impassibile. Perché dà l’impressione di avere scrollato le spalle? In realtà non si sono mosse affatto.
Vera cerca di fare breccia in quel muro di indifferenza ostentata. “Credi che Elyon si sarebbe scomodata a cercare una sconosciuta commessa e fotomodella, se non fosse stata la goccia della sua vecchia amica?”.
Questa è andata a segno. Carol si ferma e chiude gli occhi.
Vera le si mette di fronte, ed insiste: “Carol, tu sei come un ramo. Cornelia oggi è come un altro ramo. Il tronco è la Cornelia di prima. Devi accettarlo!”. Qualche passante le guarda, anche se ha parlato piano.
Carol ha ancora gli occhi chiusi. Finalmente risponde, con rabbia: “Quel ramo si è preso tutto il tronco. Lei ha il mio nome, lei ha la mia casa, la mia mamma, il mio meraviglioso papà”. La voce le trema. “Qualche settimana fa lo ho intravisto qui a Midgale. Stava entrando in una banca. Ho dovuto voltarmi perché non mi riconoscesse. Non avrei saputo...”.
La voce si spezza. Sembra che gli occhi chiusi le si stiano inumidendo, ma non piange.
Dopo un lungo silenzio, Vera riprende: “Io mi ricordo che una volta eri sempre tu a rassicurarmi e a sorridermi. A dirmi che ero matta, o che i miei disegni erano belli. Che effetto credi che possa farmi quando mi tratti come una sconosciuta?”.
Carol riapre gli occhi incredula. Sono ancora arrossati. “Ma io non ti ho mai….”. Poi capisce.
“Oh, cavolo, sono così egocentrica…Ma sei così diversa!”.
“Carol, ho un ruolo diverso. Sembro cresciuta, e quindi in un certo senso lo sono. Ma il mio passato è quello, e non lo rinnego”.
 

Midgale, tana delle gocce

E’ il tardo pomeriggio di una giornata molto speciale per le gocce. Il campanello del vecchio appartamento squilla due volte. Che sia il postino?
Irene apre con un largo sorriso. Sa già chi è. “Vera!”.
“Proprio io!”, risponde allegra.
“E Carol”, aggiunge l’interessata, un attimo prima che Irene le richiuda la porta in faccia.
Sventolando alcuni depliant, Vera entra in cucina, dove le altre la aspettano sedute al tavolo.
“Ragazze! Tra due giorni ci trasferiremo tutte”. Mostra due fogli stampati con alcune piccole foto degli appartamenti. “Abbiamo affittato due amori di appartamenti!”. Apre il pieghevole a mostrare una cartina, e indica un segno rosso a pennarello. “Sono qui, in un quartiere elegante non lontano dall’università”.
“Bella zona!”, assente Pao Chai. “Non è neanche lontana dalla nostra vecchia scuola”. Per la prima volta, una frase sull’Istituto termina senza suscitare neanche una smorfia di rimpianto.
Carol tenta un sorriso disinvolto. “Anticipo da nababbi, pagato in banconote da venti. Gli ha riempito mezza scrivania!”.
“Già”, ricorda Vera con un risolino. “Dovrò mettere le mani su una banconota da cinquanta o da cento per copiarla. Non tutti amano fare il bagno in quelle da venti”.
Pao Chai agita la mano. “Noi sì. Se ne hai da gettare…”.
Le altre guardano estasiate le immagini del depliant. “Bellissimi!”  “Una reggia”  “Due regge”.
Vera si siede, buttando l’occhio su alcune borse e pacchetti appoggiati sul tavolo. “Avete fatto un po’ di shopping?”
“Sì, quasi non ricordavamo come si faceva!”. Terry sfoggia sorridendo una camicetta nuova. “Come mi sta?”.

Wanda si fa seria. “Vera, tutto questo non è per beneficenza, vero?”. Gli sguardi delle altre si girano. Sembra una nota stonata. “Vuoi spiegarci meglio che cosa vuoi da noi?”.
Vera la guarda in modo rassicurante.“Tranquilla, Wanda, non ti sto comprando l’anima. Siamo tutte nella stessa barca”. Torna a guardare, soddisfatta, i depliant della casa. “Tra qualche giorno saprete quali saranno i vostri incarichi”.
 

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Capitolo 16
*** A prima vista ***


16-a prima vista  
Grazie Amantha, la tua recensione è stata rapidissima e ben gradita.
Grazie Melisanna, anche per i consigli nel definire i punti di vista dei personaggi e nel rifinire il disegno. Hai visto i dettagli nello specchio?
Grazie Eleuthera, le tue recensioni sono da antologia. 
Grazie a kb_master per i suggerimenti.
Dalle statistiche del sito, ho visto che il cap. 13 "Sulle ali di una civetta" è stato il meno letto. A giudizio d'autore, è uno dei miei più riusciti, perciò consiglio a tutti gli interessati di non lasciarlo indietro.
Come al solito, si può discutere più in dettaglio su  http://freeforumzone.leonardo.it/viewmessaggi.aspx?f=4642&idd=8397&p=3

PROFEZIE


Riassunto delle puntate precedenti 
Elyon si ripresenta a trovare le sue amiche ad Heatherfield. Appare cambiata, esuberante, e racconta del suo progetto di far sviluppare la sua città anche copiando tecnologie terrestri. 
In un attimo di sconforto, racconta di essere angosciata per una profezia fatta da lei stessa, che la vede nei panni del prossimo tiranno del metamondo.
Tempo dopo, Elyon invita le WITCH in pizzeria, dove porta il discorso sulle gocce astrali, le sosia create dalle guardiane e messe in libertà, con nuove identità sconosciute, più di un anno prima. Durante la cena, il gruppo è infastidito da zanzare, che Elyon cattura facendole entrare in un barattolo.
Di nascosto dalle WITCH, Elyon affida a Vera, una copia di sè stessa che appare come una ragazza più grande, l'incarico di rintracciare le gocce astrali.
Poco dopo, Elyon e Vera si presentano alle ragazze, rintracciate a Midgale. Assomigliano ancora alle originali, ma appaiono cresciute, sui vent'anni.
Nel povero appartamento, raccontano di essere state mantenute dalla Fondazione Astro Nascente fino a pochi mesi prima, quando sono state improvvisamente scaricate. Da allora hanno vissuto alla giornata, anche perchè sprovviste di documenti validi.
Il giorno dopo, Elyon e Vera tornano dalle gocce; Elyon regala una spilla a tutte le ragazze, poi le lascia con Vera. Questa dimostra subito di essere in grado di materializzare documenti e denaro falsi, ma perfetti. Le gocce sono entusiaste di Vera, tranne Carol, la goccia di Cornelia, che ne è gelosa e vorrebbe riprendere i contatti direttamente con Elyon. Il gruppo si prepara a trasferirsi in una nuova sede.

cap.16

A prima vista




    Heatherfield, casa Portrait

Un alito di vento da una finestra socchiusa muove leggermente le tende del soggiorno. Un ultimo raggio di luce aranciata, ricordo di un sole già calato dietro le case vicine, si proietta sulla parete.
La pendola batte le otto di sera. Puntualissima, Vera appare nell’atrio di casa Portrait.
“Ellie, sono arrivata!”, grida.
Una voce proviene dal piano superiore. “Cara, sono qui in camera.”
Vera sale le scale. “Hai preparato qualcosa da mangiare?”. Non ci conta, naturalmente.
“No, te l’ho risparmiato”, risponde infatti la voce dalla camera illuminata. “Sai quanto valgo in cucina”,
“Quanto me! Hai contato  le carte di merendine e crackers nel cestino?”. Vera sa che questa sera se ne aggiungerà qualcuna in più.
“No, non sono neppure entrata in cucina”.

Elyon, sdraiata sul letto, guarda un libro aperto. Ha ancora indosso il vestito lungo da regina, di lucente seta verdazzurra. “Cara, hai lasciato aperto il libro all’inizio dell’Iliade”.
Vera percepisce che l’altra non è serena. “Sì. Ho riletto della profezia su Paride”. Ho fatto male?
La Luce di Meridian alza lo sguardo dal libro. “Anche di quella su Edipo, vero? Cosa ne pensi?”.
Vera è a disagio. “Tu mi stai chiedendo delle profezie, vero?”. La studia un attimo. “Stai ancora pensando alla tirannide”.
Elyon si tormenta le mani. “Vera, io non voglio diventare un tiranno!”.
Il discorso si fa imbarazzante. “Nessuno può farti fare una cosa che non vuoi”. E’ vero?
“Ma il problema non è che lo voglia adesso. Lo vorrò in futuro?”. La regina si tira su a sedere sul letto. “Il mondo è pieno di dittatori, di criminali, di corrotti. Quanti di loro, a sedici anni, avrebbero voluto diventare così?”.
Vera prende tempo, poi lo sguardo insistente le fa capire che non può esimersi dal rispondere. “Se dovessi mai diventare così, sarà attraverso un percorso in cui ogni passo ti sembrerà quello giusto da fare”.
Elyon spalanca gli occhi, incredula. “Cosa vuoi dire?”.
Vera si siede accanto a lei, e le tiene una mano su una spalla.
“Ellie, vorrei rassicurarti. Vorrei dirti che non diventerai mai come temi”. Studia un attimo lo sguardo smarrito dell’altra. “Non pensare alla predizione. Talvolta le profezie si avverano perché ci credi. Altre volte si avverano proprio per ciò che fai per evitarlo. Proprio come con Edipo e Paride”. La guarda ancora. Sa che le ha fatto male, ma sarebbe stato inutile dire qualunque altra cosa. “Non pensarci, forse la predizione è stata solo una fantasia. E’ il consiglio migliore che ti posso dare”.
Segue un lungo silenzio.

Dopo un po’, Elyon si alza dal letto. Si sforza di dire qualcosa. “Con le gocce è andato tutto bene?”.
Vera fa un assenso incerto. “Carol è stata un po’ acida, così le ho parlato per rompere il ghiaccio”. Per un attimo, tace con un’espressione persa in qualche amarezza. “Per il resto, molto bene”, conclude.
“Sono contenta”. Fa un sorriso triste, persa a guardare fuori dalla finestra l’ultimo raggio di sole sul comignolo della casa di fronte. “Così avrai anche tu le tue amiche”.
“Sì”. Anche Vera guarda la macchia di luce che si fa sempre più piccola. “Credo che le originali non mi avrebbero mai accettata, e tanto meno aiutata”.
L’ultimo raggio scompare. Sua Altezza si gira verso l’amica con gli occhi spalancati, come se si fosse ricordata di qualcosa. “A proposito! Dovremo informarle!”.
Vera la guarda, costernata. “Le guardiane? Delle gocce?”.
“Delle gocce e di te. Qualche giorno fa gli hai mentito. Se lo scoprissero da sole, darebbero la colpa a me”.
Vera si agita. Detta così, può sembrare un rimprovero. “Dovrei venirci anch’io?”.
“Meglio di sì. Ti presenterò”.
Per la prima volta da quando esiste, Vera si sta arrabbiando. “Mi presenterai a delle persone che non mi accetteranno più di una banconota falsa, e mi sconfesserai davanti a loro!”.
“Sconfessarti? No… che dici?”. Elyon si accorge della frustrazione dell’altra. “Però devo recuperare la situazione. Sai come mi sentirei senza di loro”. Le passa un braccio attorno alle spalle. “Sopporta per stasera, cara, domani sarai di nuovo con le tue amiche”.
“Stasera?”, trasale Vera.
“Sì, ho già preso appuntamento con loro”. Sua altezza guarda la sua immagine riflessa sulle ante specchianti del guardaroba, mentre, con un tremolio, l’abito lungo di seta si trasforma in un completino grigioazzurro che non attirerà troppa attenzione. “Alla antica libreria”.
“La loro tana!”, esala Vera rassegnata.
 

Heatherfield, centro storico

Mezz’ora dopo, le due ragazze percorrono a passo veloce le strade del centro storico di Heatherfield. Elyon fa strada, e di tanto in tanto si volta a guardare l’amica, rimasta indietro di due passi. “Vera, non essere così nervosa. Sono io quella che ha più da perdere, se le cose dovessero andare male”.
“Vedrò di ricordarmelo”, risponde con voce riluttante.
Appena girato l’angolo, trovano sulla loro sinistra la vetrina dell’antica libreria, che mette in mostra un’alta scansa di libri antichi, oltre la quale si intravede una luce accesa. Questo mobile una volta non era qui, ricorda Elyon. E’ stato posizionato di recente, senza dubbio un paravento per garantire un po’ di riservatezza.
L’insegna verde e bianca, dipinta a mano, non è cambiata, e neppure le modanature in legno che tentano di conferire un’aria ottocentesca al negozio, anche quando la palazzina di mattoni non può avere più di ottant’anni.
Ricordi drammatici stringono il cuore della regina, ma li scaccia nel tempo di un battito di palpebre.
“Ecco, siamo arrivate”.

Quando allunga la mano verso la porta, questa si apre da sola. Niente telecinesi, c’è Cornelia sorridente a farla entrare. “Ciao, Ellie”.
“Ciao, Corny cara”.
In fondo alla stanza ci sono le altre amiche sorridenti.
“Ciao Elyon”  “Ciao piccoletta”  “Eccoci qui”.
Elyon allarga le braccia e cinguetta: “Ragazzeee!”.
Will, in piedi, le indica la strada per la saletta di lettura nascosta dietro gli scaffali. “Vieni, andiamo di là. Conosci il posto, credo”.
Elyon si guarda in giro. “E’ stato un po’ riorganizzato da… da quei tempi”. Percepisce la presenza di un grande potere nascosto da qualche parte nel locale, un qualcosa che le è ancora sconosciuto.
“Merito di Cedric”, riconosce Will.
Quel nome è una stilettata per Elyon. Non riuscirà mai a parlarne con naturalezza.
E’ un attimo soltanto. Torna subito presente a sé. “Ragazze, ho qualcuno da presentarvi”. Si scosta dalla porta e si volge per far vedere…ma l’ingresso resta vuoto.
Ma che fa Vera? “Vieni, cara, vieni avanti”.
La ragazza più grande compare nel vano della porta. E’ visibilmente titubante, a braccia e gambe incrociate.
“Vieni avanti ancora!”.
Cerca di sciogliersi, fa ancora qualche passo in avanti. Si pianta lì a gambe strette, poi torna ad incrociarsi tutta.
“………”   “……….”   “………..”    “………..”   “……….”
“Ragazze, Vera è la mia copia, anche se la vedete diversa da me. L’ho fatta al meglio delle mie capacità e della mia immaginazione, e sono orgogliosa di lei”.
L’altra, passo passetto, si defila dietro di lei, rimpiangendo di essere più alta della sua creatrice.
“…..”
Irma è la prima a rompere il silenzio.
“Ecco, ve l’avevo detto. Sono in due!”. Fa un largo sorrisone a Cornelia, che è rimasta impietrita a tenere la porta aperta. “Cosa mi dice ora Corny io-so-tutto?”.
Will si riscuote dallo stupore. “Era lei ad aprirci l’altra sera?”.
Vera fa cenno di sì con la testa.
Lo sguardo della guardiana si fa ostile. “E ti sei trasformata in lei? Ci hai ingannate?”.
“Will, ti prego! C’è una spiegazione a tutto”, interviene Elyon conciliante. “Non dovevamo sederci?”
Le guardiane fanno strada verso la saletta di lettura. Irma getta occhiate trionfanti verso Cornelia, che finalmente si riscuote chiudendo la porta di malagrazia.
Elyon le segue, trascinando Vera per la mano. Ma che cos’hai stasera?
Taranee ed Hay Lin sembrano più che altro curiose di conoscere la nuova arrivata, e si siedono ai lati del tavolo. Hay abbozza un sorriso incerto.
Will prende posto sul lato del tavolo di fronte a Elyon e Vera, ma resta in piedi a braccia conserte. “Allora?”.
Elyon si siede, cercando di sfoggiare un sorriso disinvolto. Com’è difficile! Guarda Cornelia che entra per ultima, e prende posto su una sedia nel lato più lontano e in ombra della stanza. Perché?
“Will, ragazze, io e Vera non avevamo concordato niente da dirvi,  perciò, quando la avete affrontata, ha preso tempo per permettermi di tornare a spiegarvi”.
Irma si sente il trionfo in mano. “E scommetto che le zanzare stavano uscendo dal barattolo, non entrando!”.
La Luce fa un buffo inchino con la testa. “Hai vinto la scommessa, Irma”.
La Signora dell’Acqua si gira verso Cornelia imbronciata. “Aha, Corny io-so-tutto, come la mettiamo?”.
L’altra ricambia con un’occhiata astiosa e tace.
Irma cerca l’en plein.  “E so anche a cosa servono le zanzare. Avete cercato le gocce astrali con i campioni del nostro sangue!”.
Elyon si gira un attimo verso Vera. Le vede negli occhi lo stesso stupore. “Irma, sei un genio! O te lo ha raccontato qualcuno?”.
Irma scuote piano la testa, con un’espressione soddisfatta che non le avevano mai visto. “E ora siete venute a dircelo solo dopo che le avete già contattate!”.
Un’altra sferzata per le altre guardiane, i cui sguardi vagano dal suo viso a quello di Elyon e Vera.
“Cosa?”   “Ma è vero?”   “Già contattate?”.
Elyon è meravigliata. “Ragazze… avete una chiaroveggente o una telepate! E’ proprio così!”.
“No, solo un po’ di intelligenza!”. Irma fa un larghissimo sorriso a Cornelia, che si stringe nelle braccia facendo la faccia più brutta di cui è capace.
Will è risentita. “Lo hai fatto di nascosto. Perché?”.
“Ma Will, ragazze, lo ho fatto solo per non mettervi in imbarazzo. Immaginate che l’altro giorno vi avessi detto: ‘sto cercando le vostre gocce, ma non ditelo all’oracolo’.  Voi cosa avreste fatto?”. E’ una domanda retorica a cui non si aspetta risposta. “Avreste dovuto scegliere chi tradire. Ebbene, io ve l’ho risparmiato”.
 “Non c’è che dire, Elyon, la stai girando bene”. Will non sembra convinta. “E perché le hai cercate?”.
“E’ ovvio”, risponde Irma sorniona. “Per fare compagnia alla sua goccia!”.
“Giusto, Irma. Vera ha bisogno di loro”. Elyon volta leggermente la sedia verso di lei, cercando di coinvolgerla nel discorso.
Taranee le sta scrutando molto attentamente. Sta cercando di leggergli il pensiero?
“Elyon, non è solo questione di compagnia, vero?”. A lei non piacciono le spiegazioni così superficiali. “Vera è qui per uno scopo. Qual è?”.
“Raccoglierà tecnologie per far sviluppare Meridian”. Studia gli sguardi di tutte. “Le gocce la aiuteranno”.
Tutto qui?, sembrano dire gli sguardi.
“Dove sono, ora?”, chiede Hay Lin.
“Vera, vuoi rispondere tu?”. Elyon si volge a lei sfiorandole la mano. “Così sentirete la sua voce”.
Tutta l’espressione di Vera, trincerata dietro le braccia conserte, sembra rispondere ‘no, non voglio’. Però gli inviti cortesi della Luce di Meridian sono degli ordini, per lei.
Si schiarisce la voce, poi inizia. “Le ragazze sono a Midgale. Abitano in una topaia perché sono state abbandonate a sé stesse. Ci hanno accolto a braccia aperte, e collaboreranno con noi”. Poi, con tono più acido: “Non so cosa gli avesse promesso il vostro Oracolo, ma pare che non abbia mantenuto!”.
Le ragazze sono ammutolite.
Hay Lin chiede ancora: “Sono cambiate?”.
“Le ragazze vi somigliano ancora, ma dimostrano venti anni”.
“E si chiamano…?”.
“Wanda… Irene… Terry… Carol… Pao Chai”, scandisce Vera, guardando ad ogni nome la guardiana corrispondente.
Irma sfreccia: “Hay Hey, se la tua goccia non fosse stata originale come te, potrebbero chiamarsi WITCH anche loro!”.
Hay Lin risponde con una scrollata di spalle. “Sarebbe stato peggio se la goccia di Will avesse voluto chiamarsi Beatrix”.
Will scocca un’occhiata storta ad Hay. Non ha gradito la battuta. Poi si rivolge ancora a Vera. “Vorrei incontrare le gocce. E’ possibile?”.
“Sì”, risponde l’altra fissandola negli occhi, quasi per sfida. “Ma devi sapere che alcune vi portano rancore. E’ meglio che ne parli prima con loro”.
Anche Will si trincera dietro le braccia conserte. “LORO ci portano rancore!”
Elyon fa un gesto conciliante. “Io spero che le cose si sistemeranno. Lasciate loro un po’ di tempo. Mi farò viva di nuovo nei prossimi giorni!”.
Cornelia è ancora imbronciata e a braccia conserte. “Elyon, passa da me. Ti devo dire due cosine a quattr’occhi!”.
“Certo, Corny!”. Sorrisone. “Domani pomeriggio?”.
“Tempesta in vista?”, ridacchia Irma.
Vera le getta una bruttissima occhiata. Alzandosi per andare via, aggiunge: “Ah, se qualcuno intendesse seguirci, stiamo andando a casa Portrait”.
Irma resta gelata. L’allusione è così scoperta che non può essere ignorata.
“Vera!”. Elyon la guarda un attimo con rimprovero, poi si volge alle sue vecchie amiche. “Scusate, ragazze…tornerò”, saluta mentre spinge l’altra verso la porta.
L’uscita delle due è accompagnata da un silenzio imbarazzato.
“Al meglio della sua immaginazione…”, sentono dire da dentro, neanche troppo piano.

Appena fuori, Elyon la rimprovera. “Sai quanto ci tengo a loro! Perché sei stata così acida?”.
La ragazza più grande è furente. “Quelle… Non mi hanno neppure salutata, quando mi hai presentata! Mi hanno trattato come un robot!”.
Prendendo a calci uno sfortunato ciottolo, aggiunge: “Se tu avessi portato un cagnolino, sono sicura che lo avrebbero coccolato per tutto il tempo! Perché ti meravigli se le loro gocce le detestano?”.
 

Nella libreria, le WITCH sono rimaste gelate attorno al tavolone.
Mentre Irma sta per dire qualcos’altro dietro a quell’arrogante appena uscita, Will la precede con un rimprovero. “Irma, abbiamo capito che sei tanto intelligente… ma mi sarebbe interessato sentire ciò che ci avrebbe detto Elyon senza che fossi tu a metterle in bocca le risposte”.
L’altra non parla. L’espressione trionfante ha lasciato il posto ad uno sguardo risentito.
Hay Lin ha estratto un notes e una matita. Non disegna nulla, ma quel gesto la aiuta a schiarirsi le idee. “Punto uno”, scrive, poi resta in attesa di un’ispirazione.
Taranee si volta verso Cornelia, immusonita in un angolo. Anche le altre seguono il suo sguardo. Tutte loro capiscono il perché di questa reazione: giorni prima, lei aveva ribadito di sapere per certo che Vera era la stessa Elyon, ed aveva bollato come fantasie demenziali le ipotesi di Irma.
Will guarda le facce delle amiche, una per una. Per un attimo, si chiede come appaia la sua. “Taranee, sei riuscita a capire cosa pensava quella Vera?”.
Taranee gira gli occhi da Cornelia. “Sì, Will, ma non aggiunge niente a quanto ha chiaramente dimostrato”.
Hay Lin estrae la matita dalla bocca, e segna una crocetta sul foglio. “Qualcosa non quadra”, riflette ad alta voce. “Quella Vera dovrebbe essere una super spia. Ricordate come è stata convincente qualche giorno fa?”.
“Già”, riflette Will. “Ci ha mentito senza che neanche tu riuscissi a percepirlo”.
“Vi affidate troppo ai poteri”, brontola Irma. “Bastava…”. Si interrompe, vedendo gli occhi di Taranee lampeggiare.
Hay ignora l’intervento. “Ed allora, come mai il comportamento così emotivo di stasera?”. Riprende a mordicchiare la matita. “Questo la svantaggia”.
Taranee cerca di ricordare le sue percezioni. “Forse voleva far scontare ad Elyon di averla portata qui malvolentieri”.
Will assente. “In ogni caso, questa ostilità aperta mi dà meno pensieri di…”. Stava per aggiungere ‘… dell’atteggiamento ambiguo di Elyon’ , ma si trattiene, vedendo lo sguardo di Cornelia perso nel vuoto.
Segue questo sguardo, che termina in un angolo in ombra tra le scansie di libri antichi.
Ora anche la sua attenzione si perde sugli scaffali sorprendentemente puliti. Ricorda il passaggio per Meridian aperto anni prima tra quelle stesse scansie, lo stesso giorno in cui l’istruttrice Vera si rivelò un inganno.
Taranee si alza dal suo scranno, e va ad accarezzare una spalla all’amica chiusa in sé stessa. “Cornelia, sono sicura che Elyon non sta facendo niente di male. Oggi è venuta a mostrare il viso. Ci tiene a noi, e soprattutto ci tiene a te. Domani la rivedrai, e chiarirete tutto”.
Questo fa effetto a Cornelia. Lentamente, alza gli occhi con gratitudine sull’amica.

Will vede con sollievo che il momento peggiore sta passando. Per un attimo, si vergogna di non avere preso lei l’iniziativa. Però, nella sua stessa bocca, quelle parole le sarebbero suonate false.
Tra tutti i personaggi che Elyon poteva costruire per la sua aiutante, doveva proprio sceglierne uno capace di riaprire una ferita chiusa?
“Dobbiamo riferire all’Oracolo queste novità”. Si alza dallo scranno. “Mettiamo in disparte i nostri sentimenti feriti. Siamo le guardiane, non ragazzine capricciose”.

Poco dopo, si trovano tutte allineate davanti al portale nel locale più remoto della antica libreria. La sua luminescenza azzurrina si riflette sui visi e negli occhi delle ragazze.
“Il nostro specchio magico”, scherza Hay Lin.  Qualche volta, questa ragazza è come un refolo che allontana le nubi di tempesta. Anche Cornelia fa un fugace sorrisino.
“Pensate all’Oracolo”. Will cerca di dare l’esempio del comportamento solenne che ci si aspetterebbe in quelle occasioni.
Dopo pochi secondi, l’immagine ieratica dell’oracolo appare.  “Guardiane, vi ascolto”.
Il racconto di Will è puntuale e dettagliato.
L’espressione impassibile dell’uomo appare vagamente turbata quando si accenna all’abbandono delle gocce astrali.
Alla fine del racconto, Will tace, in attesa di un commento che tarda a venire. Per un attimo, ha la sensazione che quegli occhi guardino dentro di lei.
L’attesa si prolunga. Dopo un po’, vede con la coda dell’occhio che Irma inarca un sopracciglio. Spera che non stia pensando qualcosa di sarcastico.

Finalmente l’Oracolo risponde. “Guardiane, grazie di avere riferito questi avvenimenti. Però mi accorgo che non siete serene. Il vostro coinvolgimento emotivo potrebbe complicare una situazione nella quale, per ora, non vedo niente di male”.
“Neanche il fatto che abbiano rintracciato le gocce di nascosto?”, chiede Irma, vedendosi sminuire il suo bel teorema.
“Le gocce… erano nelle mani di Kadma, non ho più pensato a loro dopo la vostra separazione”. L’Oracolo si volta verso un’altra persona fuori campo. Per un attimo, l’espressione sembra un po’ turbata. Poi lo sguardo torna sulle guardiane. “Mi dispiace per come gli è andata. Non ho niente in contrario se Elyon di Meridian dà un’altra possibilità a quelle ragazze”.
 

Heatherfield, casa Hale

Iniettive, suriettive, biiettive…E’ inutile, queste funzioni non entrano in testa!
E’ perché c’è già una cosa che ci ronza dentro. Elyon arriverà tra poco.
Questa notte Cornelia ha sognato proprio di lei, del loro incontro. Invero lo ha sognato in tre modi diversi, e non ricorda alcuna parola, solo i sentimenti che provavano.
In uno dei sogni Cornelia aggrediva a parole la sua amica, lei se ne usciva dalla stanza piangendo, e quando la seguiva, uscendo dalla camera sul soppalco, trovava le scale vuote.
In un altro sogno si fronteggiavano come sconosciute, e si allontanavano nella più completa indifferenza. In un altro ancora, l’ultimo, si abbracciavano felici.
L’unico punto in comune dei tre sogni era l’ora di arrivo di Elyon. Le 3,32 del pomeriggio.
Guarda nuovamente l’orologio della scrivania. Ora fa esattamente le 3,30.
Se è stato un segno, si saprà adesso. Si alza in piedi, guarda dalla finestra verso il portoncino.
Eccola laggiù, la Luce di Meridian, puntuale come il destino.

Poco dopo, Cornelia origlia attraverso la porta della camera. Sente il campanello suonare, poi la voce di sua mamma. “Ciao Elyon”. Si immagina il suo sorriso cortese e un po’ freddo.
“Buongiorno, signora, C’è…”. Questa è Ellie.
“Cornelia è in camera. Sali pure”.
Mentre si allontana dalla porta, Cornelia si immagina cosa provi l’altra. Prima d’ora, era sempre andata ad accoglierla di persona.
La porta della camera si apre prudentemente. “Si può?”.
“Ciao, Elyon”. Cornelia è in piedi a braccia conserte, e le dà un fianco.

“Non sono più Ellie?”, mugola.
“Dipende da te. Ti sarai accorta di una cosa…”.
“Di tante cose. Mi dispiace che Vera…”.
“Vera è  Vera. Non ne faccio una colpa a te”.
“Allora, hai capito perché non potevo…”.
“Lo ho capito”. Le lancia un’occhiata penetrante. “Ma c’è una cosa in più”.
“In più…”.
Cornelia tiene in sospeso l’altra per qualche secondo. “Sai che io ti ho sempre difesa a spada tratta, quando ti hanno criticata, no?”.
“Sì…”.
“E’ una questione di fiducia in te, e nelle informazioni che mi hai dato”.
“Ma io non ti ho mai mentito!”, si difende Elyon, sempre più a disagio.
“Però tu mi dicesti che avresti assunto l’identità di Vera, e poi ho scoperto che siete persone diverse”.
“…”
Inarca un sopracciglio. “Allora?”.
Dopo l’esitazione, la giustificazione prorompe con un tono quasi angosciato. “Corny, dopo quella volta ho dovuto rimettere ordine nella mia vita.  Ho cominciato a seguire tutte le riunioni del consiglio, a interessarmi sul serio a mille doveri. Farmi sostituire ad Heatherfield mi è costato, credimi!”.
“Ti credo”, lascia cadere dall’alto. “Però ci ho rimesso la faccia. Contro Irma, per giunta!”.
Freme a ricordare quel suo sorriso di scherno, e la battuta: ‘no, solo un po’ di intelligenza’, che sembrava un epitaffio su una tomba scavata nella cacca!
“Mi sarà rinfacciato ogni volta che tenterò di difenderti ancora”.
Guarda Elyon. Ha lo sguardo basso, gli occhi arrossati. E’ stata troppo dura? Per un attimo, ha paura che si volti ed esca a testa china. Non vuole questo.
La vocina che proviene da sotto il disordinato caschetto di capelli biondi sembra quella di una bambina. “Ti prego, Corny. Non trattarmi così! Sei la mia migliore amica!”.
Ecco, questo voleva! Finalmente le traspare un sorriso. “Allora non ci devono essere segreti tra noi!”.
Elyon la guarda, già più speranzosa. “I segreti pesano. Volevo risparmiartelo”.
“Ho le spalle forti”, sorride sicura.
“Resteranno tra noi?”.
“Tra noi”, assente Cornelia facendo l’occhiolino.
“L’hai voluto!”.

A pomeriggio inoltrato, Cornelia saluta dalla terrazza la sua amica che se ne sta andando. “Ciao, Ellie”, si sbraccia.
“Ciao, Corny”, risponde la vocina dalla strada.
Cornelia siede alla sua scrivania. Non sa se essere trionfante o turbata. Ellie, piccola pazza, ne hai di fantasia!
Dunque, ora è venuto il tempo di studiare queste benedette funzioni. Iniettiva vuol dire che, dato un…un….
Niente, la concentrazione non c’è, e non ha idea di come levarsi dalla testa i pensieri che vi si agitano. I suoi occhi vagano sulla libreria. Tra gli altri, riconosce un libro di mitologia greca uguale a quello che regalò alla sua migliore amica più di quattro anni prima.
Apre il cassetto. Il ritratto di Caleb, fatto da Elyon molto prima che entrambe lo conoscessero, è ancora lì. Perfetto in ogni dettaglio, anche il taglio del cappotto. Come potrebbe dubitare che…
Richiude il cassetto. Acqua passata, pensava fino a poche ore fa.
Il tempo stringe. Alle sette passerà Peter. Caro Peter! Pensa a quella volta che lui, guardandola negli occhi, aveva detto che non dovevano esserci segreti tra loro…
Cosa poteva rispondere lei se non: ‘Hai ragione, caro’?
 

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Capitolo 17
*** Fondazione Astro Nascente ***


17-fondazione Astro Nascente  
Grazie Mommika, la tua recensione è benvenuta. Sono contento che ti piacciano anche i disegni.
Grazie Amantha, in questa puntata Will tenterà di ottenere delle risposte. Con che successo...
Grazie Melisanna, il tuo aiuto mi è stato utilissimo anche questa volta, soprattutto per il disegno. Ho letto il tuo ultimo capitolo di Terra Magica, è molto bello.
Grazie Eleuthera, è sempre un grande piacere sapere che continui a seguire questa storia.
Grazie anche a kb_master per i suoi suggerimenti.
Come al solito, si può discutere più in dettaglio al  http://freeforumzone.leonardo.it/viewmessaggi.aspx?f=4642&idd=8397&p=3

PROFEZIE


Riassunto delle puntate precedenti 
Di nascosto dalle WITCH, Elyon affida a Vera, una copia di sè stessa che appare come una ragazza più grande, l'incarico di rintracciare le gocce astrali, le sosia da loro create e messe in libertà più di un anno prima .
Poco dopo, Elyon e Vera si presentano alle ragazze, rintracciate a Midgale. Assomigliano ancora alle originali, ma appaiono cresciute, sui vent'anni.
Nel povero appartamento, raccontano di essere state mantenute dalla Fondazione Astro Nascente fino a pochi mesi prima, quando sono state improvvisamente scaricate. Da allora hanno vissuto alla giornata, anche perchè sprovviste di documenti validi.
Elyon propone alle gocce di collaborare con Vera a raccogliere informazioni tecnologiche per modernizzare Meridian, e queste accettano.
Vera dimostra subito di essere in grado di materializzare documenti e denaro, e si prepara a trasferirsi in un nuovo alloggio assieme a tutte loro.
La sera, Vera torna a incontrarsi con Elyon a Heatherfield. La Luce di Meridian le confida la sua inquietudine sulla profezia, fatta da lei stessa, che la vede come prossimo tiranno di Meridian. Vera le consiglia di ignorare la previsione, portando ad esempio casi in cui le stesse azioni fatte per scongiurare una profezia nefasta la facevano avverare.
Subito dopo, Elyon presenta Vera alle WITCH, ma tra di loro si crea un'antipatia immediata.
Cornelia incontra privatamente Elyon e, fingendosi offesa, riesce a farsi rivelare dei retroscena sui quali si impegna alla massima riservatezza.
Le guardiane si interrogano sul perchè le gocce siano state abbandonate, e su perchè portino rancore a loro.

cap.17

Fondazione Astro Nascente






Fadden Hills

La targa di marmo lucido recita: “Fondazione Astro nascente”.
I grandi alberi del giardino sono mossi da un vento leggero, ed il suono delle fronde sembra raccontare storie di speranze.
Al dilà degli alberi, una grande villa neoclassica è fiancheggiata da una serra altrettanto alta.
Davanti a quella splendida cancellata, Will non può fare a meno di ricordare i suoi precedenti incontri con Kadma, la ex-guardiana che ha creato e gestisce questo ente benemerito.
Come al loro primo incontro, ha preferito farsi accompagnare da Hay Lin. Entrambe hanno un ricordo piuttosto antipatico della vecchia guardiana, ma hanno pensato che forse la presenza della nipote della sua defunta amica Yan Lin la avrebbe disposta meglio.
Il grande cancello si apre lentamente davanti a loro, accompagnato dal sommesso ronzio di un motorino elettrico.
“Devono averci viste. Cosa dici, Will, entriamo?”.
“Siamo qui per questo”.

Lo sguardo di Hay Lin cerca una presenza sulla cancellata e sulle colonne. “L’altra volta aveva mandato un merlo ad accoglierci”.
“Non siamo qui per parlare con un merlo, Hay. Conosciamo già la strada”. Will si incammina sul vialetto.
Hay Lin la raggiunge rapidamente. Si è abituata a rispettare le decisioni della custode del Cuore, anche se non le condivide sempre. “Perché non hai voluto portare con te Elyon? Ci teneva tanto”.
“Sarà già tanto se Kadma accetterà di parlare con noi”, risponde Will quasi senza voltarsi. “Perché portare qualcuna che non conosce?”.

Un custode brizzolato, con un elegante vestito grigio scuro ed una cravatta di uno sgargiante color topo, si fa incontro. “Signorine, questa è una proprietà privata, e voi non…”.
Tace per un attimo, come interdetto.
Quando riprende a parlare, il tono è piatto e lo sguardo vuoto. “Vogliate seguirmi, la signora vi riceverà tra pochi minuti”.
Le ragazze si guardano tra loro. Come fa a sapere cosa vogliamo?

Vista dall’interno, la meravigliosa serra che la fondazione utilizza come sala di attesa ricorda un po’ una chiesa, con la sua pianta a croce e le volte moto alte, con archi a sesto acuto. Alcuni vetri colorati creano disegni barocchi sulla parte alta delle pareti, e proiettano luci ed ombre variopinte sulle piante e sul pavimento.
“Vogliate attendere…”. Il custode scompare in una porta che collega la serra con il monumentale edificio principale.
Will, guardando le volte, riflette ad alta voce. “Una volta Kadma ci disse di avere esaurito i suoi obblighi nei confronti di Kandrakar”.
“Mi ricordo, Will. Eppure ha accettato di prendersi cura delle gocce astrali”.
“E poi, Hay, se ne è lavata le mani da un mese all’altro. Dobbiamo capire perché”.
“Io credo che l’Oracolo sapesse più di quello che ci ha raccontato”.
“Lo spero proprio, Hay, visto che non ci racconta mai quasi niente. Ma perché tacere questa volta?”.
La cinesina si stringe nelle spalle. “Forse era semplicemente troppo spiacevole per dircelo”.

Quando Kadma entra, indossa un vestito lungo di vaga ispirazione indiana, di un austero colore blu. La sua espressione è contrariata.
“Come avete fatto ad entrare? Non siete le…”.  Si blocca un attimo. Di nuovo, vedono due occhi persi e vitrei.
“…Benvenute”. Riprende con tono vuoto come la sua nuova espressione. “Che cosa vi conduce alla Fondazione Astro Nascente?”.  Si siede di fronte a loro, le mani incrociate in grembo.
Le ragazze si scambiano un rapido sguardo stupito. Cosa sta succedendo?

“Innanzitutto chiedo scusa del disturbo.”, inizia Will, sedendosi a sua volta. “Siamo venute a porre una domanda su una cosa che ci sta a cuore”.
“Nessun disturbo. Domandate pure”.
“Più di un anno fa vi sono state affidate cinque ragazze. Le nostre gocce astrali”.
“Gocce astrali…. Bel nome…”.
“Grazie”, si compiace Hay Lin. “L’ho inventato io!”.
“…per quelle pesti!”.
“Oh”.
Questo non stupisce Will. “Noi abbiamo sentito che qualcosa non ha funzionato. Volevamo saperne di più”.

“Mi ricordo”. Kadma parla lentamente, quasi in trance. “Più di un anno fa, Yan Lin mi apparve in sogno per chiedermi di prendermi cura di loro. Per Kandrakar non l’avrei fatto, ma per Yan Lin è diverso. Incontrai quelle ragazze per dar loro il benvenuto. La mia prima impressione non fu buona. In primo luogo erano ancora troppo simili a voi, poi apparivano quasi ventenni. Mi dissero che era stato per loro scelta. Gli feci presente che tutto ciò avrebbe creato difficoltà, ma furono irremovibili”.
Tace per un attimo, poi riprende, con tono già meno piatto. “La mia fondazione aiuta le persone ad aiutarsi, e ciò presuppone che si tratti di persone serie. Non tollero scorciatoie di alcun tipo, men che meno al curriculum scolastico. L’istruzione è fondamentale! Perciò i documenti e l’inserimento scolastico delle gocce astrali furono fatti in base alla loro età reale, cioè alla vostra, in contrasto con il loro aspetto”. Le guarda. Il suo sguardo non è più così vuoto.
Riprende con più colore nella voce. “Purtroppo questo fu solo il primo di una serie di problemi. L’atteggiamento di quelle ragazze era irresponsabile, come se tutto gli fosse dovuto perché erano state messe al mondo senza famiglia. Beh, la fondazione ha aiutato tanti altri ragazzi senza famiglia, che hanno dimostrato ben altra tempra. Queste, invece, cominciarono quasi da subito a saltare lezioni scolastiche. Dopo alcuni mesi, iniziai a ricevere rapporti ufficiali del tutto negativi dalla scuola, e quattro di loro furono bocciate”. Volge lo sguardo su alcuni incartamenti sul tavolino, quasi come se fossero i rapporti appena arrivati, e resta persa qualche istante nei ricordi. Una vaga smorfia di amarezza si fa strada attraverso la strana cortina di apatia che sta svanendo lentamente. “Ad aggravare le cose, alcune di quelle ragazze fecero grosse sciocchezze. In alcuni casi, fui costretta ad intervenire di persona per risolvere i problemi che avevano creato a scuola, e perfino con la legge”.
Gli occhi aggrottati di Kadma sembrano focalizzare un punto dietro le interlocutrici stupite, un punto lontano nello spazio e nel tempo. “Se la cosa non fosse stata costosamente messa a tacere, la fondazione avrebbe potuto avere seri problemi, avendogli creato delle false identità. Un semplice controllo di routine avrebbe fatto risalire la polizia fino a noi, compromettendo il lavoro di tutti questi anni. Provai a farlo capire a quelle ragazze in molti modi: mandai loro richiami, rimproveri, perfino minacce, sempre senza risultati. Capii poi che avevano acquisito un tale ascendente sul mio fiduciario a Midgale da sentirsi libere di fare tutto quello che volevano”. Tace un attimo, facendo un respiro profondo. “Così decisi di scaricarle tutte, cancellando poi ogni prova , per quanto possibile, dei rapporti che avevamo con loro. Quel denaro ora viene speso per ragazzi che lo meritano molto di più”.

La voce e l’espressione di Kadma sono gradualmente tornate quelle di sempre.
Le guarda negli occhi con rancore. E’ perché vede in loro le gemelle ribelli, o le servitrici di Kandrakar?  “Non so neanche perché vi ho raccontato questa storia! Mi ero ripromessa di non parlarne mai più”.
Will, a disagio, tenta un sorriso conciliante. “Qualcun altro ne è già a conoscenza?”.
Un sorriso sprecato.
“Non sono affari vostri, guardiane. Ed ora scusatemi, ho da fare”. Kadma si alza e si allontana a passo deciso.
Prima di sparire alla vista, getta un’ultima occhiata piena di rancore verso di loro.

Hay Lin ci è rimasta malissimo. “Perché è così, Will?”.
“Forse pensa che la abbiamo ipnotizzata per farla parlare”.
“Ipnotizzata?”. Spalanca gli occhi. “No! Non sapremmo neanche farlo!”.
“Hay, ho la sensazione che non siamo sole”. Will si guarda in giro. “Che ci sia un’altra persona con noi. Lo sento”.
Gli occhi a mandorla di Hay Lin somigliano sempre più ad occhi a noce di cocco. “Come dici? Chi?”. Guarda incredula tra  le piante e le grandi vetrate attorno a loro.
Prima di incamminarsi verso l’uomo grigio e impassibile che è riapparso alla porta per accompagnarle fuori, Will le sussurra con aria complice: “Una che sa dislocarsi, rendersi invisibile, ipnotizzare, fare aprire un cancello e chissà quante altre cose”.
“Capito”. Hay Lin si rilassa. “Qualcuna che ci farà un bel sorrisone largo e ci dirà: Ma ragazze, l’ho fatto per voi! Senza di me avreste trovato solo un cancello chiuso!”.
 

Heatherfield, casa Vandom, il giorno dopo

Dunque, le funzioni sono dette biiettive se ad ogni elemento del …codominio?.. Del condominio? Cavolo, le uniche parole chiare di tutto ciò sono gli articoli! Ed è inutile chiedere a Cornelia, ieri ha guadagnato la sua più bruciante insufficienza dell’anno proprio su questo argomento, e non ha ancora finito di leccarsi la ferita.
Will si lascia trascinare da una fantasia ammiccante. Il viso di Matt prende il posto del libro di matematica nei suoi occhi aperti e focalizzati lontano da quella scrivania ingombra. Che bello… le sorride e le si avvicina per sussurrarle all’orecchio…
DRIIIN! DRIIIN! Il campanello del citofono!
Con una smorfia di stizza, Will torna alla realtà. “Signorina”, ribadisce il telefonino cellulare dal suo posto privilegiato sulla scrivania, “C’è qualcuno al portone a basso”.
“Mamma, chi è?”, grida Will . Fiato sprecato. Un’occhiata alla sveglia raniforme che le sorride dal comò le fa capire che Susan non può essere già tornata.
“Chi è?”, sente provenire dal corridoio. Dean! Si dimentica troppo spesso che c’è anche lui, soprattutto quando passa ore silenziose nel soggiorno, immerso nelle sue letture storiche.
Le è già capitato di uscire dalla camera o dal bagno vestita in modo impresentabile, se si può dire vestita, e trovarsi faccia a faccia con lui
Lui bussa alla porta della camera. “Will, c’è una tua amica. L’ho fatta salire”.
Lei si stiracchia sulla poltroncina girevole. “Grazie. Chi è?”. Chissà se sarà necessario alzarsi…
“Non lo ha detto”, risponde lui facendo capolino nella camera e guardando con disapprovazione scarpe e vestiti sparsi sul pavimento. “Ma ho avuto l’impressione che potesse essere la Portrait”.
“Elyon? …”. Will non si aspettava quella visita. Da quanto ricorda, Elyon non è mai stata a casa sua.
“Avevo giusto qualche domanda da farle”. Dean alza un sopracciglio. “A partire da perché è sparita così, proprio due giorni dopo il tuo arrivo”.
A quelle parole, Will ha la sensazione che tutti i capelli le si siano rizzati in testa. Eppure il riflesso rimandato dal lungo specchio ovale la mostra con la chioma a posto, solo gli occhi sono più spalancati del solito, stile manga. Se fosse in un fumetto, sarebbe di certo disegnata con una enorme goccia di sudore sulla fronte. “Ma… forse lei non ha piacere di parlarne”.
“Forse, Will. Comunque, chiedere è lecito”, risponde aggiustandosi la camicia.
DIN DONN.
“Ecco, vado ad aprirle”.
Will lo segue, annaspando alla ricerca di una scusa per allontanarlo da lei.
Dean apre la porta. Come atteso, c’è la rediviva Elyon Portrait con un sorriso a trentadue denti. “Buongiorno, professor Collins. Will mi ha raccontato la bella notizia. Complimenti!”. Gli stringe calorosamente la mano, guardandolo negli occhi.
“Buongiorno, Elyon. Sei…”. Rimane come perplesso; chiude lentamente la porta con uno sguardo perso, mentre la ospite rivolge il suo smagliante sorriso ad illuminare il corridoio.
“Will cara…”.
“Ciao, Elyon. Vieni in camera”. Le fa strada verso il suo piccolo regno disordinato, chiude accuratamente la porta alle spalle, e le accenna a sedersi sulla sedia.
Will, però, resta in piedi. La guarda intensamente, finché l’altra non riesce più a nascondere il disagio e comincia a tormentarsi le trecce. “Elyon, desideri dirmi qualcosa in particolare?”.
“Sì. A proposito di Kadma… beh, lo hai capito già: anche io ero lì”.

Will la squadra con uno sguardo da lo sapevo bene. “Anche io ti devo dire qualcosa”. Cerca le parole. “Non che ci sia fosse qualcosa di male ad essere lì invisibile e senza invito…”.
Lo sguardo di Elyon si incupisce. “E’ ironico?”.
“No, non lo è. Non dico neanche che ci sia qualcosa di sbagliato nel farci pungere da zanzare, o nel ricercare le nostre gocce astrali, o nel mettere al mondo una che è in grado di spacciarsi per te”.
Elyon si alza lentamente in piedi,  e il suo sguardo si fa sempre più cupo. E’ impossibile non vedere un rimprovero in queste parole.
“E non ti sto neanche facendo una colpa dello spiacevole colloquio dell’altra sera”, continua Will. “Sono in grado di riconoscere da sola che condividiamo una parte del torto”.
Elyon abbassa gli occhi, a disagio. Ha già capito dove l’altra vuole arrivare.
“Ora ti sto chiedendo di metterti nei nostri panni”, continua Will, cercando il suo sguardo con insistenza. “Noi siamo state messe ogni volta davanti ad un fatto compiuto. Inoltre, ci hai informate solo dopo che qualcuna di noi ha avuto dei sospetti. A questo punto, tu, al mio posto, cosa penseresti?”.
Elyon alza gli occhi leggermente dal pavimento. Davvero l’altra vuole una risposta a questa domanda? Forse sì.
Dopo un attimo di attesa, Will si risponde: “Si potrebbe pensare che tu temevi una nostra opposizione, e non hai voluto correre il rischio. Perché?”
“…”
“Forse nei tuoi progetti c’è qualcosa che potremmo disapprovare?”.
“…”
“E non dovremmo essere preoccupate da ciò?”, conclude a braccia conserte.
 

Elyon alza lentamente lo sguardo. “Bel discorso”. La voce è bassa, una voce da groppo alla gola. “Ora, però, prova tu a metterti nei miei panni”. La guarda diretta, anche se le mostra il fianco e le braccia conserte. “Io ho dei doveri verso la mia città, e verso tutto il mio mondo. Io devo offrire loro il miglior futuro possibile, o, quando le cose vanno in altro modo, il minore dei mali”.
Per un attimo, il suo sguardo si perde fuori dalla finestra, poi torna su Will. “Si dà il caso che io abbia delle amiche qui, le uniche persone abituate a trattarmi come una loro pari, dopo due anni e mezzo di vita in cui non riesco a spezzare la soggezione che vedo in tutti gli sguardi e sento in tutte le voci”.
Il tono si alza gradualmente. “Ebbene, tu non ti aspetteresti di meglio che essere seguita per strada, spiata dalla finestra e accusata di fare cose di nascosto quando sei in casa tua, o no? E poco importa che quella in casa fosse Vera”.  Nasconde di nuovo lo sguardo. “E non ti aspetteresti di meglio che sentir pretendere un permesso per tutto ciò che fai?”.

L’amarezza con cui Elyon finisce la frase riecheggia più volte nei visceri di Will. La guardiana osserva l’altra, che le dà il fianco, il suo sguardo basso, le nocche livide tenute davanti alla bocca.
“Elyon, non volevo accusarti. Capisco che ti aspettassi altro. Ma, una volta di più, vedila coi nostri occhi: noi siamo le custodi dell’equilibrio tra i mondi. Tu stai realizzando un’interazione tra questi. Non credi che sia nostro dovere saperne di più?”.
 

Elyon si distende un po’. “Ve l’ho già detto, voglio far sviluppare Meridian. Dargli qualcosa, qualche briciola di quello che avete qui”. Alza lo sguardo verso Will. “Le interazioni tra la Terra ed il cosiddetto metamondo non sono nate con Phobos, sono sempre esistite. C’è almeno un portale naturale sempre aperto, che vaga casualmente. Quando si trova in un luogo accessibile, uomini ed animali possono passarvi, per volontà o per caso”.
Will ricorda il racconto di Elyon di un paio di mesi prima, ma le era parso di capire che fosse solo una leggenda. “Dove si trova, ora, il portale?”.
L’altra torna a guardare verso la finestra: “Sull’oceano Atlantico, al largo della costa est. Fluttua ad un centinaio di metri d’altezza. Ora ci passano solo i gabbiani. Il vostro Oracolo lo sa, di sicuro”.
Will segue incredula la direzione del suo sguardo. “Vuoi dire che si potrebbe arrivare a Meridian in elicottero?”.
“Assolutamente sì, a patto di conoscere con esattezza la posizione e l’allineamento del portale”. Si distende un po’. “Io, però, trovo più pratico il teletrasporto lungo una traiettoria che lo attraversa”.
Guardando l’espressione smarrita di Will, si sente nuovamente sicura di sé. “Queste cose non ve le ha spiegate, il vostro Oracolo. Sei sicura di non avere niente da dire a lui?”.
Will accenna ad un passo indietro. “Tocchi un nervo scoperto, Elyon. Però ti sei già risposta: siamo abituate a trattare te come una nostra pari, ma con lui è diverso”.
 
 

Will osserva l’abbozzo di sorriso con cui l’altra ha accolto le sue ultime parole. Sa che, con il suo discorso, non ha ottenuto niente, ma insistere può fare solo peggio. Una rottura con lei sarebbe negativa in tutti i sensi.
“Va bene, Elyon. Devo dirti il vero: non mi hai tolto i miei dubbi. Però almeno ci siamo dette un po’ di cose, e non vedo ragione di lasciarci male”.
“Siamo sempre amiche?”. Il viso dell’altra lascia intravedere una battaglia tra la tensione e la speranza.
“Sempre amiche, non è neanche in discussione”. Will le risponde con un sorriso dal quale cerca di scacciare le pieghe del dubbio. “Potremmo uscire assieme nei prossimi giorni”.
“Fantastico!”, risponde l’altra, con un’espressione esageratamente felice.
“E poi, Cornelia ha messo via per te una copia del giornale scolastico uscito oggi”. Will allunga la mano verso una specie di tabloid seminascosto sotto il libro di matematica. “Pensavamo che avrebbe parlato di te… ma invece c’è un incredibile articolo sull’infanzia delle Grumper, ci abbiamo riso mezz’ora”.
“Fantastico”, ripete Elyon squadrando le immagini di musetti impiastricciati di cioccolato, di sederini all’aria e di espressioni capricciose in braccio a qualche zia in posa. “Faccio un salto da…”.
“Aspetta, non ti conviene andarci adesso. Cornelia ha preso un’insufficienza ieri mattina, sua madre è sul piede di battaglia. Eri stata da lei il pomeriggio prima, no?”.
“E’ vero… mi dispiace. Ah, non si usa più fare la penitenza?”. Conclude con un occhiolino: “A me non l’avrebbero risparmiata”.
“Ci pensa già sua mamma. A proposito, non credo che la lascerebbe uscire neanche domani. Forse dopodomani…”.
La luce di Meridian fa un’espressione che somiglia fin troppo a quella delle idee geniali di Irma. “Forse se ci metto una buona parola…”.
Will cerca di non stringere i denti. “Le tue buone parole sono un po’ inquietanti. Lascia che le passi da sola”.
“Va bene”, risponde più mogia.
Cosa si può dirle di gentile? “Che ne dici di venire al cinema con noi, una di queste sere?”.
“Fantastico, ci sarò! Cosa c’è in programma?”.
Will esita. Non le viene su il film… ma forse non era la scelta adatta…
Il telefonino si premura di ricordarle il titolo. “Le Cronache di Narnia, miss Vandom. Genere fantasy. Racconta della ribellione ad una regina tirannica, la Strega Bianca”.
“Grazie”, risponde Will, con un’occhiata da ti schiattino le batterie.
Elyon aggrotta gli occhi. “Fantastico…”, ripete gelida. “E se andassimo a vedere una storia d’amore?”.
 
 

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Capitolo 18
*** A pagina nuova ***


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Ciao Amantha, 
innanzitutto volevo ringraziarti per la recensione al cap.17. Apprezzo la tua critica e la tengo in considerazione. 
La descizione un po' ossessiva dei movimenti e della mimica dei personaggi nel finale è un modo per evidenziare il conflitto tra ciò che sentono e ciò che dicono. Forse ho esagerato, è possibile, ma mi è sembrato un modo per evidenziare una tensione che dalle sole parole non si sarebbe capita appieno. 
Ah, ho visto che c'è stata una recensione anonima scortese nei tuoi confronti, forse da parte di qualche bambino. Ho provveduto subito a farla togliere. Anche quando hanno una falsa firma, le recensioni anomale si riconoscono subito. 
Ciao Melisanna, 
grazie anche a te per il tuo costante incoraggiamento. Spero proprio di poter leggere presto la fine della tua Terra Magica. Vediamo se verranno ancora pubblicate puntate nuove di 3 fictions diverse in due giorni, dopo tre settimane di stasi...
Ciao Fruittella 110, 
anche la tua recensione è benvenuta. Spero proprio che il lavoro continui a piacerti.
Ringrazio anche kb_master per i suoi suggerimenti.

Questo capitolo è dedicato soprattutto a delineare i caratteri delle gocce attraverso le loro riflessioni. Spero che questi personaggi vi piacciano.
Io ne sono affascinato, anche perchè mi danno molta più libertà di interpretazione delle WITCH originali.
Mi sono preso la libertà di inserire un po' di disegnini formato fototessera dei personaggi. Lo stile di disegno, soprattutto del naso, è diverso da quello del fumetto. Spero che piaccia lo stesso.
So che sarebbero stati bene dei disegni dell'appartamento, ma abbiate pazienza, sono impegnativi, vedrò di farli per le prossime puntate.
Come al solito, c' è la possibilità di discutere più in dettaglio al  http://freeforumzone.leonardo.it/viewmessaggi.aspx?f=4642&idd=8397&p=3

PROFEZIE


Riassunto delle puntate precedenti 
Di nascosto dalle WITCH, Elyon affida a Vera, una copia di sè stessa che appare come una ragazza più grande, l'incarico di rintracciare le gocce astrali, le sosia create dalle guardiane, e ribellatesi ad esse più di un anno prima .
Poco dopo, Elyon e Vera si presentano alle ragazze, rintracciate a Midgale. Assomigliano ancora alle originali, ma appaiono più belle e cresciute, sui vent'anni.
Nel povero appartamento, raccontano di essere state mantenute dalla Fondazione Astro Nascente fino a pochi mesi prima, quando sono state improvvisamente scaricate. Da allora hanno vissuto alla giornata, anche perchè sprovviste di documenti validi.
La goccia di Cornelia si chiama Carol. Quella di Irma, Irene. Quella di Hay Lin, Pao Chai. Quella di Taranee, Terry. Quella di Will, Wanda.
Elyon propone alle gocce di collaborare con Vera a raccogliere informazioni tecnologiche per modernizzare Meridian.
Vera dimostra subito di essere in grado di materializzare documenti e denaro falsi, ma perfetti. Le gocce sono entusiaste di lei, tranne Carol, che ne è gelosa e vorrebbe riprendere i contatti direttamente con Elyon. Il gruppo si prepara a trasferirsi in una nuova sede.
Più tardi, Elyon confida a Vera la sua inquietudine sulla profezia che la vede come prossimo tiranno di Meridian. Vera le consiglia di ignorare la previsione, portando ad esempio casi in cui le stesse azioni fatte per scongiurare una profezia nefasta la facevano avverare.
Elyon presenta Vera alle WITCH, ma tra di loro si crea un'antipatia immediata.
Per saperne di più, Will e Hay Lin si recano alla fondazione Astro Nascente, a Fadden Hills, per incontrare la ex guardiana Kadma che ne è alla guida.
Questa racconta che le gocce astrali, affidatele da Yan Lin, sono state scaricate in quanto hanno tenuto una condotta sconveniente durante tutto il periodo in cui sono state mantenute agli studi. 
Un tentativo di chiarimento tra Will ed Elyon si conclude con un niente di fatto, e le due preferiscono metterci una pezza sopra per non guastare i loro rapporti.

cap.18

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Midgale

Jefferson Street, recita il cartello di lamiera, mentre sembra indicare, come un braccio teso, una via tranquilla e contornata da platani.
Poche automobili lente e pochi pedoni sembrano godersi un’isola di quiete; un giovanotto elegante con gli occhiali da sole ed una signora anziana conversano amabilmente davanti al cancelletto  di un piccolo condominio seminascosto da un filare di alberi.

L’impiegato distoglie gli occhi dalla signora Priest, vedendo arrivare due taxi gialli che accostano a pochi metri da lui.
Quando ne escono le passeggere, lo sguardo gli brilla dietro gli occhiali scuri.
La titolare dell’agenzia, signora Rose, non aveva esagerato: due belle bionde, di cui una altissima che avrebbe ben figurato in qualunque sfilata.
Ma anche le altre appena scese non passano inosservate.
“Secondo lei, che lavoro fanno quelle lì?”, gli sussurra la donna con diffidenza.

“Tutta gente selezionata, non si preoccupi. Mi scusi, signora, il dovere mi chiama”, mente con noncuranza l’impiegato mentre si fa incontro al gruppo.
“La signorina Portland?”, chiede porgendo la mano alla Venere altissima, che lo ricambia con un sorriso incantevole. “Io sono James Harper, dell’agenzia”.
“Carol Hair. Felice di conoscerla, James”, risponde con una lunga, calda stretta di mano.
“Ah… Allora deve essere lei la signorina Portland”. Stringe la mano all’altra. Bella figura…La signora Rose gli ha detto che è questa che tiene i cordoni della borsa.
“Piacere. Vera Portland. E queste sono…”.
Le altre ragazze si fanno avanti sorridendo.
“Irene! Come va?”.
“Benissimo. E lei?” Che tette!
“Wanda Vanderbilt”.
“Incantato”. Questa sembra Lara Croft senza la treccia.
“Therese Canteen”.
“Ciao”. Sembra minorenne. Meglio non provarci.
“Pao Chai, onorata”, dice l’asiatica abbozzando un inchino.
L’impiegato ricambia l’inchino: “L’onore è mio”. Questa sembra la Musa dei cartoni animati.
“Benvenute, ragazze. Sono James Harper. Chiamatemi pure James”.
“Grazie, signor Harper”, risponde formale Vera.
“Certo, James”, gli risponde sorridendo Irene, ma con un po’ di disappunto deve constatare che, dopo una breve permanenza all’altezza giusta, le occhiate dell’uomo vanno più in alto.
“Prego, signorine”. Apre il cancelletto, e lo tiene educatamente aperto mentre il gruppo passa e si incammina sul vialetto in mezzo al prato.
Dopo pochi passi, superato il filare di alberi, il gruppo ha la vista completa della elegante palazzina color panna.
“Cosa ve ne pare?”, chiede l’impiegato, studiandole con attenzione.
“Bella. Come nel depliant”, risponde soddisfatta quella con i soldi.
“Complimenti!”, risponde la dea, contenta ma anche lei non impressionata. Sembra avere visto di meglio.
Le altre sembrano molto più colpite. La cinese e quella di colore sembrano sul punto di abbracciarsi. La tettona dà una pacca affettuosa sulle spalle di quell’altra, che ha gli occhi umidi.
Ma da dove vengono? Sembra che abbiano raggiunto la terra promessa…
“Prego, signorine”. Riprende a camminare verso l’edificio. “Questa zona è molto … tranquilla. Tutti i vostri vicini sono persone…  selezionate e rispettabili…”.
Vera lo interrompe. “Non siamo squillo, se è questo che sta pensando, signor Harper. Siamo studentesse universitarie. Lo dica pure ai vicini rispettabili, se sono preoccupati”.
L’impiegato resta gelato.
La dea gli fa una piccola scrollata di spalle, che sembra dire: non badarci, è fatta così.

Il momento di imbarazzo è rotto da un vicino anziano che apre il portoncino dell’atrio, e saluta un po’ stupito con un cortese “Buongiorno” pieno di curiosità.
“Ecco l’atrio”. L’impiegato tiene aperto il portoncino di legno, mentre il gruppetto passa dentro il locale rivestito di marmo beige chiaro. Gli sguardi corrono sul tappetino verde, sulle cassette della posta color rame e sulle scale sulla destra che scendono verso dei locali seminterrati.
L’ascensore è già aperto. “Prego, tre di voi con i bagagli. Tornerò subito a prendere le altre”.
Appena premuto il bottone del terzo piano, le porte si richiudono dietro di lui.
Quella Portland lo guarda con espressione indefinibile. Chissà come ha fatto a capire cosa stavo pensando… questa strega! E chissà perché ora gli occhi le hanno lampeggiato di nuovo! Dev’essere un tic.

Pochi minuti dopo, tutte le ragazze sono sul pianerottolo, e si vedono occhi grandi d’attesa.
L’impiegato apre il suo borsellino. “Ecco, signorine. Sei mazzetti di chiavi, come richiesto. Ulteriori due mazzi sono disponibili in agenzia, per ogni evenienza”.
“Grazie, signor Harper”, dice quella Portland, “Credo che potremo cavarcela da sole. Sappiamo riconoscere le serrature, i rubinetti e perfino gli interruttori generali. Se avremo problemi, telefonerò all’agenzia”.
“Non c’è di che”. Fa un sorrisino rigido alle altre. “Signorine, è stato un piacere”.
Risponde con la mano ai loro salutini, mentre le porte dell’ascensore si richiudono silenziose.
STREGA!

“Abbiamo scelto bene, ragazze?”. Vera sorride alle amiche, godendosi gli sguardi di attesa, mentre gira la chiave della porta. La serratura si apre senza sforzo, e il battente, quasi obbediente, si apre silenziosamente con la spinta di un dito.
Il corridoio che si apre davanti ai loro occhi è luminoso, con le pareti candide e il pavimento di marmo beige che continua quello del pianerottolo.
“Da sogno!”. Irene si guarda in giro. Un soggiorno sulla destra, una bella cucina sulla sinistra, un corridoio con altre sei porte… “Pao, Terry, andiamo a vedere il nostro!”.

Carol fa un sorriso di assenso, ma, mentre guarda le compagne che vanno a grandi passi verso l’altro ingresso, si accorge di non provare la loro stessa emozione. Questa ragazza senza età è passata dagli ambienti più lussuosi a quelli più squallidi, e ormai niente la impressiona più.
Ha la sensazione che neanche questa sistemazione durerà a lungo.
Guarda Vera che avanza a passo deciso nel corridoio, passando in rassegna le stanze con espressione soddisfatta.
Chissà perché ha trattato così quell’Harper? Non le sembrava male, ed inoltre potrebbero avere ancora bisogno di lui.
Vera sa creare denaro e documenti, ma ha gettato alle ortiche un’occasione di rendersi facile la vita. Bastava rispondere con gentilezza, non serviva di più. In quel caso.
Guarda lontano, fuori dalla finestra, verso i palazzi alti del centro città che svettano oltre gli alberi del giardino, persa in un suo pensiero.
La seduzione è un potere da coltivare. Non solo per i doni, l’accesso ad ambienti raffinati o un buon matrimonio. Chissà quante nomine di ministri o quante alleanze sono state influenzate da un velato suggerimento notturno. Chissà quanti massacri di innocenti sono stati scongiurati dalla supplica di una regina o di una cortigiana pietosa nel letto del suo re.

Le parole di Vera interrompono i suoi pensieri. “L’agenzia ha fatto un ottimo lavoro. Tutto è esattamente come lo avevo chiesto. Io prendo la prima camera”.
“Io la seconda”, risponde Carol quasi automaticamente, sollevando la prima delle sue valigie. Dovrà svuotarla in fretta, e fare almeno un altro viaggio in taxi per riprendere il resto dei suoi vestiti prima di riconsegnare le chiavi del vecchio appartamento. Non chiederà aiuto alle sue compagne: in questo momento, si sente imbarazzata per il suo guardaroba più ricco.
Osserva Wanda, che solleva con un dito una borsa sportiva con tutti i suoi averi, si dirige verso la terza camera e si volta come per dire “Mi lasciate l’imbarazzo della scelta”.

E’ magnifico, pensa Wanda osservando la sua camera luminosa, ancora profumata di tempera bianca. Neanche nei tempi migliori…
Si siede sul letto. Il materasso è rigido al punto giusto. Chissà se le peserà dormire da sola, in un letto tutto suo?
Si inginocchia, le sue dita sfiorano il pavimento di legno. Sì, questo non va male per riprendere gli allenamenti. Negli ultimi mesi è stata molto discontinua.
Si guarda attorno, seduta per terra. Volendo, c’è spazio per qualche attrezzo ginnico… No, non esageriamo, basterà un tappetino di gommapiuma, una corda e qualche pesetto. Questa camera spaziosa non deve diventare una palestra.
Anzi, si iscriverà nuovamente a qualche vera palestra, ma non certo quella di prima. Certe cose devono cambiare.
Pensa a Vera. Certo, ha sistemato ben bene quel tipo, ma ha esagerato. Per quei quattro pensierini…  Non sa cos’è la vera mancanza di rispetto.
Però è in gamba, le piace. Ha polso, ha autorità, ed al tempo stesso dolcezza.
Vorrebbe capire di più su di lei. Non sembra uguale ad Elyon. La piccoletta è buona, simpatica… ma si intravede ancora la ragazzina insicura ed iperemotiva che ricorda dall’inizio della sua esistenza.
Vera sembra avere molto più la stoffa per fare la regina.
Apre il suo bagaglio: una semplice borsa sportiva. Pochi semplici vestiti, pochi libri che non ha mai finito di leggere.
E poi c’è quella. Bisogna trovarle un posto adatto.

Irene accarezza il piano di granito bianco e nero. Questa cucina è stupenda. Le antine in massello, il piano cottura in vetroceramica… elegante, funzionale, una cucina con i controfiocchi.
Apre le antine: dentro ci sono già pile di piatti e una batteria di pentole.
Questo sarà il mio regno.
Si vede già a sfornare una torta dorata, mentre il profumo appetitoso si diffonde nell’aria. Nella sua fantasia, sente sé stessa chiamare le amiche, che fanno immediatamente capolino alla porta  profondendo sguardi e parole di ammirazione per l’ultimo capolavoro.
“Ehi, Irene, ti sei incantata?”, la risveglia la voce di Therese.
“Eh? Ah… no, stavo pensando che io farò la cuoca per tutto il gruppo”. Si volta verso la stanza da pranzo sull’altro lato del corridoio. “Alle ore dei pasti, ci potremmo trovare tutte attorno a quel tavolone tondo, così il soggiorno dell’altro appartamento sarà libero come sala delle riunioni”.
“Buona idea”, assente Terry. Poi la sua attenzione viene attratta dalla terrazza oltre la porta-finestra che dà luce alla cucina.
Mentre l’amica esce all’aperto, Irene continua a riguardare la cucina ed a sognare.
Quanti ricordi… Ricordi di sua madre Anna che cucinava serena, sapendo che tutta la famiglia si sarebbe riunita ogni sera attorno al tavolo, avrebbe detto una preghierina a mani giunte e fatto onore al suo lavoro di casalinga. Mentre passava attorno alla tavolata per raccogliere i piatti, Anna faceva spesso una fuggevole carezza a ciascuno: stringeva la spalla del suo uomo, accarezzava la testa del suo bambino, sfiorava la guancia di Irma…
Irene si scuote con una smorfia. Che fantasie. Ci ricasco sempre. Eppure dovrei sapere che Anna non è veramente mia madre, in nessun senso.

Visto dalla terrazza, il giardino mostra una geometria che Therese non aveva notato mentre lo attraversava. Il vialetto che taglia il verde  si incrocia con un altro, curvilineo, che contorna due piazzole ovali simmetriche con al loro centro delle fontane circolari che sembrano vasche per pesci.
La sottile striscia bianca di lavato si incurva e sparisce dietro l’angolo della casa, attorno alla quale sembra girare.
Quegli edifici alti sulla destra, poco distanti, fanno parte dell’università di Midgale.
E’ un caso? Vera, poco prima, le ha presentate come studentesse universitarie…
Il loro curriculum scolastico si è arenato all’inizio delle superiori, ricorda con rimpianto. A lei sarebbe piaciuto continuare, in qualche anno sarebbe stata in grado di entrare in quell’edificio che ora le ammicca, e di farlo a testa alta.

Pao Chai arriva, estasiata, dalla porta della cucina. “Terry, vieni a vedere che camere”.
Si ferma un attimo ad osservare dalla terrazza. “Che bella vista da qui!”. Trattiene per un braccio l’amica che sta rientrando in casa. “Guarda, Terry, quelle piazzole, quelle vasche… non sembrano due grandi occhi spalancati verso il cielo?”.
Terry torna a guardare giù. “Ora che me lo fai notare, sì. Il bianco… gli iridi verdi…”.
Pao, eccitata, le indica a braccio teso: “E quei filari di alberi, se visti dall’alto, devono sembrare a folte sopracciglia verdi. Il vialetto centrale sembra la linea di un naso”.
Terry segue le indicazioni di Pao. Non ha mai capito fino a che punto la sua migliore amica sia una visionaria, o una che riesce a vedere delle verità che giacciono inosservate sotto il naso della gente.
Due ombre veloci le fanno alzare gli occhi. Quasi controsole, vede le sagome di due gabbiani che sorvolano l’edificio. “Chissà se quei due uccelli si sentono osservati dal nostro giardino?”. Conclude con un occhiolino scherzoso all’amica.
Pao riprende, ispirata: “Gli uccelli hanno una visione di una città che la maggior parte delle persone non immagina neppure. La geometria delle strade, le simmetrie degli edifici, i geroglifici dei vialetti interni, gli intarsi delle aiuole…”.
“Hai rimpianti?”, chiede Terry indulgente. “Una di noi ha chiesto all’Oracolo di diventare una super velina, un’altra una casalinga sexy, un’altra una guerriera, con bei risultati …”. Si guarda alle spalle, nessun’altra in vista. Meglio così. “E ora tu avresti voluto diventare un uccello?”.
“No, Terry. Su quelle cose avevi ragione tu. Però non esistono solo ali fatte di carne, ossa e piume. Anche il pensiero può avere le ali”.
“E’ bello a dirsi, Pao. Ma se ci siamo messe in una certa situazione, è perché certi pensieri hanno volato troppo”.
 

  Tre ore dopo…

Lo spioncino dell’appartamento ha visto migliaia di volte l’arrivo dell’ascensore: il pulsante sul muro si accende, poi un fascio di luce si allarga sul pavimento e la parete di fronte, quindi le ombre degli occupanti si allungano preannunciando la loro uscita.
Oggi è la prima volta che, dietro le borse della spesa sollevate a fatica, compare il profilo delle nuove inquiline.
“Irene”, sbuffa Vera voltandosi indietro. “Ci sei?”.
“Sì, aspetta, mi districo”. Anche lei esce con due grosse borse di plastica.
Tutte e due sono ormai alla porta dell’appartamento a sinistra, quando una delle due sporte di Irene si lacera, lasciando cadere una valanga di pacchetti, lattine e scatole che mostrano orsetti ghiotti di crostatine e folletti che rimirano estasiati un albero di mele. Un cartone di latte si schianta sul pavimento del pianerottolo, formando una pozza bianca i cui tentacoli si allargano verso tutto il resto del mondo.
Una mucca disegnata sul cartone guarda costernata il disastro.
“Noooooo!”, si dispera Irene. “Ancora pochi passi, e la avrei appoggiata!”.
“Non ci voleva!”, aggiunge Vera guardandosi le lucide scarpe nere bagnate dagli schizzi. “Ci siamo ricordate di prendere qualcosa per pulire?”.
“No, miseria... Speriamo che in casa…”. Suona il campanello.
Pao Chai viene ad aprire. “Ciao…”. Guarda stupita il pianerottolo. Per un attimo, un sorrisino si disegna sul suo viso.
Non sapranno mai la battuta che stava per fare: un’occhiata alla faccia di Irene le fa capire che sarebbe presa male.
La grande cuoca è ormai entrata nel ruolo di padrona di casa: “Pao, tu e Terry potreste andare a prendere qualcosa per pulire, invece di…”.
“Aspetta, vedo se per caso c’è qualcosa già in casa”.
“Cerco qualcosa anch’io”. Vera apre la porta del suo appartamento.
Lasciati i sacchetti nell’ingresso, si dirige svelta in lavanderia.

No, lì non trova né stracci né altro di utile.
Mentre torna nel corridoio, sente rumori dall’ultima camera.
Bussa alla porta. “Wanda, ci sei?”.
“Si………. Ci sono. Entra……..pure”.
Vera apre la porta. C’è odore di sudore.
Wanda, in canottiera, sta facendo flessioni su un solo braccio.
“Diciassette… ciao. Diciotto….”.
Vera resta per un attimo incantata a guardarla mentre si allena.  Non è impressionata tanto dalla massa muscolare, quanto dai tendini che sembrano leve d’acciaio.
“…. E venti…. Tutto bene?”. Si alza senza alcun segno visibile di affaticamento.
“Sì. Venti flessioni per braccio? Ti stai allenando per entrare nei marines?”.
L’altra la guarda in un modo strano. “Al giorno d’oggi, una ragazza deve sapersi difendere, non trovi?”.
Vera rinuncia a vedere dietro quello sguardo. Intuisce che ciò che potrebbe captarvi la lascerebbe turbata. “Certo. Beh, avrei i miei metodi. Però, complimenti! Io non riuscirei neanche ad iniziare questo esercizio”.
“Non dire così. C’è stata una prima volta anche per me. E comunque, sono fuori allenamento”.
“Davvero?”.Vera guarda le stille di sudore che corrono giù lungo la fronte e il torace dell’altra. “Immagino che adesso farai una doccia”.
“Tra un quarto d’ora”, risponde Wanda, tornando a distendersi sul pavimento in legno. “Ho ancora qualche esercizio in programma”. Bloccati i piedi sotto il tavolino,  inizia a fare esercizi di addominali con facilità che sembra innaturale. “Uno… due…”.
Vera la osserva con una punta di invidia. “Farai la Terminator come secondo lavoro?”.
L’altra risponde senza rallentare l’esercizio. “Intanto… sono ancora curiosa… di conoscere… in cosa consisterà… il primo”.
“Domattina ne parleremo, tutte assieme. Ma perché sei così impaziente?”.
Wanda si ferma. Il suo sguardo intenso mette a disagio l’altra. “Vuoi saperlo davvero? Da quando esisto, non sono quasi mai riuscita a fare quello che voglio veramente. Negli ultimi mesi, a causa dei miei… problemi di salute, non ho neppure potuto dare il contributo che avrei voluto per tirare avanti la baracca. Mi annoio. Mi sento inutile”.
Si  interrompe, pentita dello sfogo. “Scusami”. Riprende il suo esercizio di addominali.
Vera non sa che dire. “Non preoccuparti, Wanda. Vedrai. Le cose cambieranno”. E’ troppo banale?

La voce di Pao Chai dall’atrio interrompe questo momento di imbarazzo. “Vera, abbiamo già trovato uno straccio”.
“Perfetto, Pao”, rimanda. Poi fa mente locale: Wanda è qui, le altre tre sono di là… chi manca?
“Wanda, sai dov’è Carol?”.
“Sì… E’ andata… al negozio… dove lavorava… per ritirare… la sua paga”.
 

Midgale, Harriett’s Dress Shop
 
 
Mentre Carol si avvicina al negozio, il dubbio ed il rimpianto si fanno più forti di passo in passo.
Guarda l’insegna color rosso e oro, e la vetrina che lei stessa ha contribuito ad allestire.
In questi mesi, questa non è stata solo la vetrina della signora Harriett, e non ha messo in mostra solo camicette, gonne e pantaloni. E’ stata anche la sua vetrina, ed ha messo in mostra anche lei stessa.
Esita davanti alla porta. La sua porta.
E’ stato un lavoro piacevole, anche se mal pagato. Un’isola di soddisfazioni quotidiane tra la situazione disperata delle sue compagne e gli ambienti difficili in cui ha fatto del suo meglio per restare a galla.
Ricorda il piacere che le ha dato l’accorgersi delle occhiate furtive dei clienti che si fermavano a guardare la vetrina, fingendo un improbabile interesse da intenditori per i vestiti esposti.
E’ stato bello vederli entrare impacciati, impazienti che distogliesse gli occhi per rubarle delle occhiate ai raggi X, e poi riuscire a metterli a loro agio con la gentilezza e la professionalità che ha saputo dimostrare. Uomini e donne, uscendo da quel negozio, hanno già capito che lei non è solo un metro e ottantatrè di Barbie dalle lunghe gambe, ma che dietro ai suoi ipnotici occhi azzurri ci sono capacità non comuni.
Si, deve molto a questo negozio. E anche a…

Carol non ha ancora aperto la porta che già vede la proprietaria venirle incontro, lasciando davanti allo specchio una cliente.
La signora Harriett e’ una donna sui cinquant’anni, minuta ma ben proporzionata, con ancora qualche traccia della passata bellezza. Anche lei ha fatto la modella, da giovane.
Afferra la sua bella commessa per le mani, guardandola dal basso in alto. “Carol, cara! E’ vero quello che mi hai detto al telefono?”.
E’ vero?  “Signora Harriett…”.
“Ma Carol, è per i soldi? Ne vuoi di più? Lo sai che senza documenti…”. Abbassa la voce. “…non posso regolarizzare la tua assunzione”.
“Non è per questo, signora… è che alcune cose sono cambiate”. Come si fa a spiegare tutto quello che sta succedendo?
“Carol, ti prego, ripensaci! Sei qui da pochi mesi, ma si stata miracolosa per questo negozio. Tutti i clienti ti hanno apprezzata! Perché vuoi gettare alle ortiche tutto questo?”.
Già, perché?
“Ci penserò, signora”. Forse c’è ancora un appiglio…”Eventualmente, le interesserebbe anche la mia presenza a tempo parziale?”.
 

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Capitolo 19
*** Modi di immaginare ***


19- modi di immaginare  
Grazie, Amantha, per i tuoi incoraggiamenti. Sì, Carol tiene molto a quel negozio. E' un personaggio complesso, che a prima vista potrebbe essere giudicato male. 
Grazie Melisanna, sono felice che continui a seguirmi ed a consigliarmi. Ho fatto le modifiche che mi hai suggerito al disegno di Pao Chai. Se hai suggerimenti anche per il testo, sono sempre in tempo a modificarlo e ricaricarlo. Attendo con impazienza il tuo prossimo capitolo.
Grazie, Fruittella. La tua recensione è benvenuta. I miei disegni... beh, se i disegnatori della Disney fossero lenti come me, uscirebbe un numero al secolo, non uno al mese.
Grazie anche a kb_ master per i suoi suggerimenti.
Come al solito, c' è la possibilità di discutere più in dettaglio al  http://freeforumzone.leonardo.it/viewmessaggi.aspx?f=4642&idd=8397&p=3
Questo capitolo è stato un po' sofferto. Racconta un po' dell'organizzazione del lavoro delle gocce, ed ho faticato un po' per non renderlo solo descrittivo. Spero di esserci riuscito. Se così non fosse, il prossimo capitolo racconterà dell'iniziazione delle gocce ai poteri magici, e credo che risulterà più emozionante.

 

PROFEZIE


Riassunto delle puntate precedenti 
Di nascosto dalle WITCH, Elyon affida a Vera, una copia di sè stessa che appare come una ragazza più grande, l'incarico di rintracciare le gocce astrali, le sosia create dalle guardiane, e ribellatesi ad esse più di un anno prima .
Poco dopo, Elyon e Vera si presentano alle ragazze, rintracciate a Midgale. Assomigliano ancora alle originali, ma appaiono più belle e cresciute, sui vent'anni.
Nel povero appartamento, raccontano di essere state mantenute dalla Fondazione Astro Nascente fino a pochi mesi prima, quando sono state improvvisamente scaricate. Da allora hanno vissuto alla giornata.
La goccia di Cornelia si chiama Carol. Quella di Irma, Irene. Quella di Hay Lin, Pao Chai. Quella di Taranee, Terry. Quella di Will, Wanda.
Elyon propone alle gocce di collaborare con Vera a raccogliere informazioni tecnologiche per modernizzare Meridian.
Vera dimostra subito di essere in grado di materializzare documenti e denaro falsi, ma perfetti. Le gocce sono entusiaste di lei, tranne Carol, che ne è gelosa e vorrebbe riprendere i contatti direttamente con Elyon. 
Le gocce si trasferiscono, con Vera, in due eleganti appartamenti contigui, in una zona residenziale vicino all'università.

cap.18
 
 
 

Modi di immaginare




Midgale, cucina delle gocce

Qualcuno crede che i sogni raccontati prima di colazione siano destinati ad avverarsi.
Altri credono che ogni ricordo dei sogni svanisca dopo il primo sguardo fuori dalla finestra.
Questa mattina Therese osserva il suo riflesso nella tazza del caffelatte, cercando di decidere cosa fare prima.
“Terry, hai per caso visto un insetto che nuota?”, chiede Irene sospettosa.
“Eh? No, scusa, la tua colazione è buonissima, come al solito”.  Abbozza un sorriso assonnato. “Stavo solo pensando”.
Irene sembra delusa. “Allora, se non è neppure lì, vuol proprio dire che mi è sfuggito!”, bofonchia a denti stretti.
Therese torna a guardare il caffelatte con occhi diversi. Lo appoggia sul tavolo.
“Niente più fame?”, chiede Irene delusa.
“Non tanta”, risponde con un sorrisino di scusa. Meglio cambiare discorso. “Questa notte ho fatto un sogno. Elyon era luminosa come uno spettro, e ci preannunciava un cambiamento. Un salto di qualità”.
“Salto… spero che non sia un nuovo esercizio ginnico.  Mi distruggono.”
Wanda entra in cucina, ancora con i capelli bagnati. “Cosa c’è di buono stamattina?”.
Therese le allunga la sua tazza. “Toh, prendi pure la mia. Non l’ho toccata”.
Entra anche Vera. “Ciao ragazze. Come va stamattina?”.
Irene propone, con il miglior sorriso che le riesce alle otto e trenta: “Ragazze, andiamo a ballare al Black Cat stasera?”.
Carol entra in cucina con passo da indossatrice. “Ragazze, purtroppo io ho già un impegno privato. Magari domani…”.
Irene sembra affranta. “Peccato, saremo solo in cinque”. Una piega della bocca tradisce il suo vero pensiero: quando lei è in gruppo con Carol, i maschietti la considerano solo come un ripiego.
Vera alza gli occhi dalla tazza. “In quattro, temo. Questa sera mi vedrò con Elyon ad Heatherfield”.
“Elyon?”. Che ricordi… Carol non ha mai perso la nostalgia per la sua amica di una volta. “Vera, perché non la inviti a uscire con noi qualche serata?”. Poi si risponde da sola, con amarezza: vicino a loro, Elyon sembrerebbe la sorellina portata dietro per non lasciarla sola a casa di sera.
 

Midgale, soggiorno delle Gocce

Pochi minuti dopo, hanno preso tutte posto attorno al tavolone circolare del soggiorno.
Irene si guarda attorno, e sussurra a Wanda, seduta tra lei e Vera: “Non ti ricorda re Artù ed i cavalieri della tavola Rotonda?”.
Con la coda dell’occhio, vede uno sguardo condiscendente calarle giù dalla sua sinistra.
“Brava Irene”, le sorride Carol dall’alto. “Tu sì che sai fare delle battute imprevedibili”.
La ricerca di  una risposta arguta è interrotta da Vera: “Ragazze, ora dobbiamo cominciare a parlare di cose serie”.
Osserva le facce delle compagne farsi più attente.
“Vi ho presentate  come studentesse universitarie. Quella sarà la copertura ideale per fare ricerche, ed avere libertà di movimento. Inoltre avremo accesso a molte persone e molte biblioteche che ci interessano”.
Irene inarca il sopracciglio. A lei interessano molto le persone in generale, e gli studenti maschi in particolare, ma le biblioteche…
“Chi sono queste persone?”, chiede Wanda.
“Saranno esperti in vari campi. Sarete voi stesse ad indicarmi i loro nomi”.
Tutte le gocce si guardano dubbiose. Therese parla per tutte: “Dovremo dare esami?”.
“Non è indispensabile. Ripeto: è una copertura”. Vera vede le compagne farsi più distese. “Non preoccupatevi per i documenti scolastici: ci penserò io”.
Qualcosa nello sguardo di Therese fa sospettare che prenderebbe volentieri molto sul serio quella copertura. “Hai già pensato a quale facoltà ci iscriveremo?”.
“Ho una mezza idea”, risponde Vera sfogliando un notes che nessuna aveva notato prima. “E’ meglio spaziare in diversi campi”. Alza gli occhi verso la ragazza seduta dall’altra parte del tavolone. “Carol, che ne diresti di impersonare una studentessa di medicina?”.
“Medicina?”. Carol pensa un attimo. Dottoressa Carol Hair… mi suona.  “Va bene. Un tema vale l’altro”.

Vera sposta lo sguardo sulla grande cuoca.
“Irene, pensavo di iscriverti alla facoltà di agraria”.
“Bene”, sbuffa Irene. “Così, ora che so qual è il mio campo, potrò anche coltivarlo”.
“Dai, Polpetta, pensa a tutti i bei contadini che troverai lì!”, la inchioda Carol con una pacchetta.

Guardando la ragazza cinese, si accorge di uno strano sguardo di attesa.
“Pao Chai, io ti vedrei bene a fare ingegneria civile”.
“Non ingegneria, ARCHITETTURA! Ti prego, l’architettura è la mia grande passione!”. Congiunge le mani e sfodera un larghissimo sorriso di supplica.
“Davvero? Non lo avrei mai sospettato…”
“Aspetta”, dice Pao alzandosi in piedi. “Voglio mostrarti qualcosa”. Si dirige a passo lungo verso l’appartamento di fronte.
Vera guarda interrogativa le compagne. “Cosa…”
“Forse vuole mostrarti i suoi disegni”, spiega Terry.
“E’ la sua passione quasi segreta”, aggiunge Irene. “Pao disegna scorci di un luogo fantastico”.
“E’ una città di sua fantasia, che ha chiamato Shangri-La”. Il sorriso di Terry  fa intuire l’orgoglio di saperne, del sogno di Pao, un po’ più delle altre.
“Passa così il suo tempo libero”. Negli occhi di Carol passa un lampo di tristezza e rimpianto.
“Qualche volta la abbiamo presa in giro”, confessa Irene, “ma dobbiamo ammettere che disegna in modo stupendo”.

Pao Chai rientra nella stanza a passo veloce, con le mani ingombrate da due cartelline ed un grande sorriso di speranza.
Wanda le lascia il posto accanto a Vera.
L’artista apre la prima cartellina, e ne sfila il primo foglio.
Disegnato a matita, su un comune foglio da fotocopie, c’è un maestoso palazzo, costruito su una rupe con la quale si fonde perfettamente.

“E poi questo”. Gli occhi le brillano d’orgoglio quando porge il secondo disegno, una vista di una fila di edifici su una rupe; in quello più a sinistra si riconosce lo stesso palazzo del foglio precedente. Tra questi si apre uno sbocco da cui sgorga una piccola ma altissima cascata, che si perde verso il basso. Sopra i palazzi, altri edifici fanno capolino, definendo una città intera costruita ai piedi di una vetta che sparisce tra le nuvole.
I fogli successivi mostrano sempre nuove viste degli edifici e della città, tutte ben coerenti tra di loro.
“Stai vedendo la città di Shangri-La. Una mia piccola fantasia”, sorride Pao orgogliosa.
“Piccola fantasia…”, ripete Vera stupita. “Sono disegni splendidi, e coerenti. E’ bellissimo!”.
“E’ un hobby, Vera. Il mio hobby”. Riguarda orgogliosa i suoi lavori.
Finita la prima cartella, comincia rapita a sfogliare la seconda. “Ecco, questo è il palazzo del governatore …gli interni…”. Pao continua orgogliosa a mostrare il suo lavoro, e comincia a spiegare nei dettagli tutto ciò che nostra. Nessuno osa interromperla. Si capisce che le altre avevano sbirciato quei disegni solo di sfuggita, ed ora contemplano affascinate il piccolo mondo in cui Pao si rifugia quando può.
Dopo avere parlato a lungo quasi senza interruzioni, Pao ripone con un’occhiata d’amore l’ultimo foglio. “Allora, non pensi che potrei diventare un buon architetto?”. Scruta speranzosa lo sguardo di Vera.
“Ma… Pao, veramente per noi l’ingegneria è più importante. Abbiamo bisogno di informazioni su tecniche di costruzione molto particolari…”
Pao inizia ad agitarsi. “Ma gli architetti sanno fare anche questo! O almeno, io imparerò a farlo”.
“Per le nostre ricerche, la facoltà di ingegneria…”.
“TI PREGO!”. Poi, guardandola imbronciata: “Non vorrai che sia infelice per tutta la vita?”. Guarda le sue amiche per cercarne l’appoggio. Vede solo sguardi imbarazzati.
“Ma…”
“TI PREEEGOOO!”.
Ma sono vere quelle lacrime?
 “Mi arrendo, Pao. Iscriviti pure ad architettura. Tanto, servirà solo come copertura. Niente vi impedirà di muovervi tra una facoltà e l’altra”.
 “Grazie”. Fa un buffo inchino, tira su il naso, poi inizia, trionfante, a reinserire con cura i suoi disegni nelle cartelline.

Vera studia le altre, a partire dalla sua sinistra. “Wanda, tu hai preferenze particolari?”.
Speriamo di no.
La ragazza scrolla le spalle. “Io sono stata un’atleta e una lottatrice. Hai qualcosa di attinente?”.
Vera scuote la testa. “No, mi dispiace”. Cerca di scrutare dentro di lei dalle sue pupille. Purtroppo, non vede niente che si adatti agli argomenti che ha da proporle. “Che ne dici di ingegneria elettrica?”.
Wanda assente. “Basta che non mi chiedi di far parlare gli elettrodomestici. Will lo sapeva fare, io no”.

Si volta verso l’ultima, alla sua destra. “Terry, a questo punto la nostra priorità successiva  è l’informatica”.
“Se non c’ è scelta…”, acconsente questa. “Non riesco a piangere così bene come Pao”.
Il lieve rossore sul viso della cinesina fa capire che la frecciata è andata a segno.

“Bene, ragazze”, riprende Vera. “Queste sono le coperture. In realtà, il vostro compito è raccogliere informazioni su alcuni progetti prioritari. Carol…”.
“Sì…”
“Tu ti interessi di psicologia spicciola, vero? Programmazione neurolinguistica, comunicazione non verbale e trucchetti vari per manipolare la gente?”.
“Ho letto qualche articolo su riviste di attualità, tutto qui”, risponde Carol, sforzandosi di apparire disinvolta mentre la fronte le si imperla. Ha sempre nascosto alle amiche questo suo interesse, per buone ragioni.
“Bene, forse ti piacerà il tuo tema. La localizzazione cerebrale delle funzioni mentali”.
“Ma… non vedo l’attinenza. E poi, forse mi hai preso per una scienziata?”.
“Credimi, scoprirai presto l’attinenza. E poi non serve molto: basta che raccogli qualche articolo per farti un’idea, e poi che identifichi i più grandi esperti. Cerca di entrare in contatto con loro con qualche scusa”.
Carol sorride. “Facile”. Almeno l’ultima parte.

Guarda Irene. “Il tuo primo tema riguarderà la modernizzazione delle pratiche agrarie nei paesi arretrati del terzo mondo”. Le porge un appunto.
“Terzo mondo? Terra, Meridian … qual è il terzo?”
Sta scherzando, cerca di convincersi Vera. Continua con un sospiro: “L’agricoltura nel metamondo segue ancora pratiche medievali. Cerchiamo idee realistiche per migliorarla”.
“Affascinante”, risponde Irene con il tono di chi preferirebbe tornare nella sua cucina a spadellare.
“Ah”, aggiunge Vera, “anche tu dovresti individuare degli esperti. Gente pratica”.
Irene fa un sorrisino rassegnato. “Contadini, insomma. Campi, mucche…”.
Carol interviene graziosamente. “Sono certa che farai colpo su di loro”.
La ricambia con un’occhiata sorta. “Perché preferiscono le mucche alle giraffe?”.

“Pao Chai, il tuo tema saranno le tecniche di prefabbricazione degli edifici”. Questa volta deve accontentarsi. Deve!
Alcuni pensieri sono come urli. “Va bene”, risponde Pao un po’ spaventata, smettendo per un attimo di scarabocchiare sul suo blocco.

“Wanda”, le porge un foglio già scritto. “Il tuo primo tema saranno i sistemi di allarme di ogni genere”.
“Interessante”, commenta scorrendo l’appunto. “Volete installare allarmi nel castello?”.
“Ci sono già”, sorride Vera. “Ci servirà per il nostro lavoro qui a Midgale”.

Manca solo la ragazza alla sua destra. “Terry, il tuo compito è trovare degli esperti sulla programmazione dei videogiochi”.
Sguardi increduli. “Videogiochi?”. “Abbiamo capito bene?”
“Va bene. Ma perché vi interessano tanto i videogiochi?”, chiede la mulatta afferrando il foglio che le viene porto.
“Ragazze, qualche volta la realtà si conforma alla fantasia”, risponde Vera ispirata. “Ho un’idea grandiosa su come si potranno usare quegli aggeggi nel metamondo, ma non chiedetemi di spiegarla ora”.
Lo sguardo di Wanda si accende. “Andremo a Meridian?”.
Vera scuote la testa. “Per ora non è previsto. Le informazioni che cerchiamo sono qui, sulla Terra”.

Carol tossicchia. “Vera, è meglio dirti una cosa. Io vorrei restare a lavorare, almeno part time, nel negozio. No, non fraintendermi. Quello che proponi mi … interessa, non voglio tirarmi indietro. Lavorerò la sera, se necessario. Però ho molti contatti attraverso il negozio, e non voglio lasciarli”.
“Contatti?”. Lo sguardo di Vera si aggrotta. “ Non è che metterai in pericolo la segretezza di quanto facciamo? Una confidenza… magari potresti cadere in contraddizione, e destare sospetti…”.
“Tradirmi come una sciocca?”. Carol le sorride sicura. “No, tranquilla! Non io!”.

“Vera, si può presentare un problema”. Tutti gli sguardi si volgono verso Terry. “Fino a sei mesi fa, noi eravamo allieve del terzo e quarto anno di un istituto comprensivo. Alcune di noi frequentavano ragazzi del settimo anno. E’ possibilissimo che li rincontriamo all’università e ci riconoscano. Come potremo spiegare la nostra presenza lì?”.
“Eh, già…”, fa eco Irene. “Jerry, Robert…”
“Non serve che ci elenchi tutte le tue conquiste, polpetta”, sferza Carol. “Ci saranno almeno trenta ex compagni in grado di riconoscerci, e dopo l’estate saranno il doppio”.
Vera le guarda. Non c’è speranza che quelle ragazze passino inosservate. “Bisognerà pensare ad una buona risposta. Magari un ‘ti ricordi male’, ma dovrà essere detto in un modo… molto convincente”.
Sorride sorniona. Quel ‘molto convincente ’  ha un significato ben preciso per lei.

“Per curiosità, Vera…”, chiede Wanda, “… tu ti limiti a supervisionare, o hai un tema di ricerca tutto tuo?”.
Vera esita a rispondere. “Il mio è un tema molto libero. Io ragiono come Elyon, so quello che sa lei, e riconoscerò subito ciò che le può dare delle idee nuove”.
“Idee nuove… su come modernizzare Meridian?”, azzarda Wanda.
“Anche. Ma, soprattutto, cerco … modi di immaginare”.
Sguardi perplessi. Terry parla per tutte: “Modi di immaginare che cosa, se possiamo?”.
Vera  esita, cercando le parole. “Voi tutte avete visto qualcosa che avete riconosciuto come innaturale. La creazione del denaro, per esempio”.
Guarda loro, poi guarda il notes davanti a sé. La copertina si solleva, si girano alcuni fogli scarabocchiati fino a trovarne uno bianco, sul quale compare, davanti ai loro occhi, un buon ritratto a matita di Elyon. “O questo”.
Guarda nuovamente le gocce sbalordite. “Ora, per fare queste cose servono poteri, ma non solo. Cos’altro serve?”.
“….”.
Riprende: “Ve lo dico io. Serve una rappresentazione del risultato. Una rappresentazione visiva, uditiva o cinestesica”.
Dopo un attimo di silenzio, Irene azzarda: “Cosa significa cinestesica?”.
E’ Carol a rispondere. “Significa intuizione dei propri movimenti o delle sensazioni interne”.
“Brava, Carol”, conferma Vera. “Avendo potere sulla materia, uno può realizzare ciò che può immaginare. Avvenimenti, oggetti, ed anche persone”.
Le gocce assentono. Non hanno bisogno di esempi.
“Se vogliamo creare qualcosa, possiamo scegliere un modello a portata di mano, anche senza immaginare la struttura interna. Vengono fuori copie perfette”.
“Come eravamo noi”, commenta ancora Carol.
“Facciamo un passo in più. Quando si copia la persona, non ci sono grosse difficoltà a immaginarla un po’ diversa”.
“Come te”.
“Giusto. Però queste modifiche sono superficiali. Non si estendono all’interno delle cellule, non coinvolgono il DNA”.
Sguardi persi. Dove vuole arrivare?
“Per esempio, Carol, i tuoi figli non erediteranno la tua statura, ma quella di Cornelia”.
“Si potranno accontentare”. Poi, con una punta di ripicca: “E i tuoi, quella di Elyon”.
“Verissimo”, sorride amabilmente Vera. Se era una provocazione, non la ha raccolta.
“E perché non si può modificare il DNA?” chiede Carol.
“Un po’ perché ne sappiamo troppo poco, ma soprattutto perché non ne esiste una rappresentazione sensoriale”.
“Cioè perché non puoi vederlo e toccarlo?”
“Sì. I disegni dei libri non bastano. Mostrano file di pallini colorati o letterine. Però i veri atomi, le vere molecole non sono pallini e letterine”.
Carol è attentissima. “E quindi…”
“E quindi… boh! Spero in qualche colpo di genio”. Vera guarda verso l’alto, come se cercasse un’illuminazione dal lampadario. “Potrebbe trovarsi in un videogioco, in una rivista, in un quadro…”.
“O in un sogno”, aggiunge Terry, adocchiando lo schizzo di sei farfalle disposte ad esagono che sta nascendo dalla matita di Pao Chai.
“Mal che vada”, conclude la cinesina, “troverai delle bellissime ispirazioni per dei dipinti astratti”.
 

Heatherfield, pizzeria On the river

La vista dalla vetrata è incantevole. In direzione del mare, i palazzi sono illuminati dalla luce aranciata del tramonto, mentre lunghe ombre blu cominciano lentamente ad arrampicarsi sulle loro facciate. Dalla parte opposta, le sagome degli edifici spiccano scure contro un orizzonte orlato da nuvole viola e cremisi. Qualche edificio ha già le lampade accese, ma bisognerà aspettare ancora più di un’ora perché la città spicchi in tutta la sua gloria di luci contro un cielo blu inchiostro.
Elyon, seduta ad un tavolino, è ben decisa a non perdere nessuna fase del miracolo quotidiano della sera. Dentro di sé, prende appunti sui colori ed i contrasti. Sa che un giorno dipingerà un quadro della sua vista preferita che sarà il primo di un’intera serie, e sa che quel giorno sarà un mercoledì, però non ha idea se in questo secolo o nel prossimo.
La voce del cameriere la distoglie dalla contemplazione. “La signorina vuole ordinare?”.
“Tra poco, aspetto una… Ah, eccola là”.
Dall’ingresso fa capolino un viso conosciuto.
“Vera, sono qua”, dice Elyon agitando la mano.
L’ha vista. Le viene incontro sorridente. “Ciao Ellie, è bello vederti”.
“Carissima… mi sto godendo la vista. E’ il mio locale preferito fin da bambina”.
“Mi ricordo. Le pizze qui…”.
“Ahem”, si schiarisce il cameriere. “Le signorine ordinano subito, o devo ritornare?”
“Subito”, risponde Vera sicura. “Due pizze margherite e  due aranciate. Ho azzeccato, Ellie?”.
“Perfetto”, assente l’altra, scoccando brevi occhiate all’evoluzione del tramonto. “Gira anche tu la sedia verso la vetrata. Non perdiamoci un attimo di questa bellezza”.
Le due tacciono per un attimo. Poi Vera butta lì: “Come ti va a Meridian?”.
“Direi bene, ma sempre sotto pressione. Sto cercando di non mancare agli impegni”.
“Ti piace?”
“E’ il mio dovere. E poi, da quando non perdo più il filo, le cose hanno acquisito un senso che prima non vedevo”. Si volta un attimo. “ E poi, leggo i testi antichi”.
“Con quella biblioteca unica, Ellie,  sarà una scoperta continua”.
Assente pensierosa. “Ci sono alcune cose troppo grandi. Qualche volta sento il rimpianto di Irma e Cornelia che bisticciano”.
“Ed allora vieni da noi. Carol e Irene non sono diverse”.
“Cornelia è una roccia. Le allusioni di Irma le scivolano via”. Elyon si fa più triste. “A me, invece, fanno malissimo, e mi tocca fare buon viso a cattivo gioco per non peggiorare le cose”.
“Irma dovrebbe imparare molto dalla vita”, risponde risentita Vera, “A partire dal non spiare la gente dalle finestre”.
“Non prendertela”. Elyon scrolla le spalle. “In fondo aveva ragione su tutta la linea”. Poi sorride nuovamente. “E poi, cos’è questa ostilità improvvisa per le spie? Anche voi…”.
Vera la interrompe ammiccando. Non parliamone. Non qui.
Elyon fa un impercettibile cenno di assenso. “E tu?”.
“Io forse sono più fortunata di te. Ieri abbiamo traslocato, oggi abbiamo cominciato ad organizzare il lavoro, e con i bisticci delle due aspiranti prime donne non sentiamo il bisogno della televisione”.
Elyon non perde di vista il tramonto. Fa un cenno di fastidio quando le luci di sala vengono accese, sovrapponendo una invasione di dischi volanti luminosi al cielo che sta virando verso un blu bellissimo.
“Peccato” dice Vera. “Vuoi che andiamo ad attendere qui fuori, sul balcone?”.
“Si, grazie”. Si alzano, Elyon solleva un dito ed immediatamente il cameriere, che le dava la schiena, si volta verso di lei. “Cameriere, andiamo lì fuori”.

Riprendono il discorso, appoggiate alla ringhiera.
“Vera, a loro piace?”
“Volevo parlartene. Non tutte sembrano entusiaste. Qualcuna pensa di non essere all’altezza, o che possa essere troppo scolastico. Insomma, vorrei dargli un’iniezione di entusiasmo”. Abbassa la voce. “Inoltre, Ellie, c’è il rischio che incontrino chi le può riconoscere”.
“Così vuoi anticipare l’inizio del loro addestramento ai poteri psichici?”.
“Esatto. Se sei d’accordo, potrei cominciare domani stesso”.
 “Va bene domani”. Elyon si volta verso di lei. “Ma sarò io stessa ad iniziarle”.
“Ma…  posso farlo da sola”.
“Ci tengo. Mi libererò dagli impegni. Poi, potrai continuare tu”.
“Come vuoi…”, risponde Vera più mogia.
Un alito di vento fresco ricorda che la sera sta lentamente sfumando nella notte.
 

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Capitolo 20
*** Iniziazione ***


20-iniziazione  
Bentornata, Eleuthera. Grazie per la tua bellissima recensione, ne sentivo la mancanza. Mi fai sentire proprio bravo. Sono contento che il disegno della serra ti sia piaciuto, è stato laboriosissimo. I successivi sono stati tutti nettamente più rapidi. Spero di poter riutilizzare lo sfondo per quando pubblicherò la storia delle gocce, a cui sto lavorando.
Ciao, Amantha. Grazie per la tua recensione. In effetti, il personaggio di Elyon è quello che mi dà più spunti, a volte descrittivi, a volte comici. Spesso mi fa tenerezza.
Ciao Melisanna, grazie, come al solito, per la tua recensione, sulla quale conto sempre. Per quanto riguarda il contrasto di cultura tra Irene e Carol, tieni conto che alla prima piace scherzare per guadagnarsi il centro dell'attenzione, e non sempre si capisce quando dice sciocchezze autentiche piuttosto che battute. Nel caso di Carol, lei ha letto molto per diventare una conversatrice affascinante e fare colpo sugli uomini; per far ciò, ha trascurato lo studio. Risultato: bocciate tutt'e due! 
Grazie per le altre osservazioni, forse rimetterò mano su disegno e testo.
Grazie anche a kb_ master per i suoi suggerimenti.
Come al solito, c' è la possibilità di discutere più in dettaglio al  http://freeforumzone.leonardo.it/viewmessaggi.aspx?f=4642&idd=8397&p=3

Questo capitolo mi sembra molto più mosso del precedente, ed è stato scritto quasi di getto. Mi ha dato soddisfazione. Purtroppo non ho avuto tempo di far rivedere l'illustrazione a nessuno, se vi trovate dei difetti fatemelo pure sapere, spesso si riesce a correggerli.
Il prossimo capitolo parlerà del passato di Wanda, e mostrerà Vera alle prese con qualcosa che scuote il suo autocontrollo. Se qualcuno la trova antipatica, credo che si divertirà.
Ah, avete letto per caso 'Dieci piccoli indiani' di Agatha Christie? Non trovate che il personaggio di Vera Claythorne ricordi moltissimo quello di Witch n.6, a cui è ispirata la Vera di Profezie? L'ho scoperto solo di recente.
 


 

PROFEZIE


Riassunto delle puntate precedenti 
Di nascosto dalle WITCH, Elyon affida a Vera, una copia di sè stessa che appare come una ragazza più grande, l'incarico di rintracciare le gocce astrali, le sosia create dalle guardiane, e ribellatesi ad esse più di un anno prima .
Poco dopo, Elyon e Vera si presentano alle ragazze, rintracciate a Midgale. Assomigliano ancora alle originali, ma appaiono più belle e cresciute, sui vent'anni.
Nel povero appartamento, raccontano di essere state mantenute dalla Fondazione Astro Nascente fino a pochi mesi prima, quando sono state improvvisamente scaricate. Da allora hanno vissuto alla giornata.
La goccia di Cornelia si chiama Carol. Quella di Irma, Irene. Quella di Hay Lin, Pao Chai. Quella di Taranee, Terry. Quella di Will, Wanda.
Elyon propone alle gocce di collaborare con Vera a raccogliere informazioni tecnologiche per modernizzare Meridian.
Vera dimostra subito di essere in grado di materializzare documenti e denaro falsi, ma perfetti. Le gocce sono entusiaste di lei, tranne Carol, che ne è gelosa e vorrebbe riprendere i contatti direttamente con Elyon. 
Le gocce si trasferiscono, con Vera, in due eleganti appartamenti contigui, in una zona residenziale vicino all'università.
Come copertura, fingeranno di essere delle studentesse universitarie; ognuna riceve una lista di argomenti e l'incarico di individuare degli esperti su ciascuno. Per fare fronte a futuri incarichi e imprevisti, Elyon e Vera decidono di addestrare le gocce ai poteri mentali.

Cap. 20

Iniziazione





Meridian

Esiste qualche luogo in cui l’oscurità è blu scuro. Minuscoli puntini luminosi si raccolgono in grappoli e screziature più chiare.
Uno di questi puntini risplende di azzurro, e va ingrandendosi sullo sfondo, che vira su un bel blu elettrico, come prima dell’alba.
Il puntino rivela sempre più le fattezze femminili, eteree e diafane della Luce di Meridian.

“Altezza…”. E’ la voce dell’ancella Nagadir. “Altezza… è ora di alzarsi”. Apre ancora di più i pesanti tendoni. Il raggio di luce che penetra si fa abbagliante.
Elyon apre a fatica un occhio. Intuisce il profilo sfocato del suo orsacchiotto. L’altra palpebra resta incollata.“Ciao Nagadir. Stavo facendo un bel sogno…Che ora è?”.
L’ancella indica un bell’orologio da muro irto di lancette e quadranti sovrapposti. “Mezza fase dopo mezzo ciclo dopo l’apice…”.
Uffa! “L’orologio terrestre, che ora fa?”.
Nagadir indica la sveglietta accanto al letto. “Zero otto punto tre zero A M”.
“Le otto e trenta di Midgale! Devo sbrigarmi!”.
“La colazione è già servita nell’anticamera”.
“Grazie”. Elyon si alza con uno sbadiglio e si stiracchia. Appena in piedi, decide che non ha nessuna voglia di sfilarsi la camicetta da notte. Basta pensarlo: un alone luminoso la avvolge. Dallo scintillio emerge vestita in un completino estivo bianco e blu, con una gonnellina a metà coscia. “Come sto così?”.
“Ecco, altezza… se io andassi vestita così in giro per Meridian, penserebbero che ho cambiato mestiere. Ma forse a Midgale…”.
“Grazie per la sincerità”. Si guarda nel grande specchio. A differenza di quelli normali, questo non rovescia le immagini. Ricorda come se n’è stupita la prima volta. Ora non si meraviglia più, ma nonostante questo non è mai riuscita a sfruttarlo per pettinarsi da sola. “Forse andrà meglio la tunica da grande sacerdotessa”.
Un altro alone luminoso trasfigura i vestitini estivi in un pesante paramento sacro.
“Ora è tutta un’altra cosa”, conviene Nagadir.

Seduta al tavolino davanti alla tazza di kwenbog, intingendovi dei gleisneel che profumano ancora di forno, la Luce di Meridian fantastica sul suo prossimo ingresso ad effetto. Vede già la sua sagoma ieratica e luminosa spiccare nella stanza oscurata, e pronunciare parole solenni che apriranno spazi immensi alle sue iniziate.
 

Midgale, cucina delle Gocce

Pao Chai è eccitata. Stamattina si divertiranno. Scambia sguardi di intesa con Irene davanti al caffelatte caldo.
Therese sonnecchiante sospira: “Se si arrabbia, ricordate che io non ne sapevo niente”.
Entra Vera. “Ciao Ragazze. Dormito bene?”.
“Benissimo”, cinguetta Pao. “Ora scusami… devo andare al bagno.. Sai com’e…”.
Infila la porta. Vera la ha guardata strana, forse non avrebbe dovuto giustificarsi. Ma sarà comunque un bellissimo scherzo.

Qualche minuto dopo, Pao rientra in cucina con un sorrisino troppo soddisfatto, in tempo per sentire Vera dire: “… e quindi Elyon dovrebbe arrivare a momenti”.
Il sorrisino si gela. Pao torna sui suoi passi, forse fa ancora in tempo a…

Troppo tardi!
Nel soggiorno c’è già la Luce di Meridian, con dei paramenti che la fanno sembrare un cono di gelato rovesciato con la testa, che guarda stupita un grande spadone lucente conficcato nella fessura a metà tavolo.
“Oh… Elyon…”.
L’altra le rivolge uno sguardo perso mentre tocca lo spadone. “Pao… Cos’è?”.
“Eh… niente, uno scherzetto…”. Ma perché i sorrisi che vorrebbero apparire innocenti sembrano invece quasi una firma su una confessione?
“E questo?” . L’elsa non è rifinita bene come il resto: sembra una nuda scatoletta di medicinali con la scritta ‘Excalibur’.
Arriva Irene di corsa. “Ciao Elyon. Vuoi assaggiare questa squisitezza?”. Si mette davanti al tavolone tondo, offrendole un frollino, mentre cerca goffamente di sfilare lo spadone con l’altra mano dietro la schiena.
Arrivano tutte le altre. “Ciao Ellie”.
Vera afferra lo spadone. “Bello. Re Artù ed i Cavalieri della Tavola Rotonda…”. Guarda la sua immagine deformata sulla lama di cartoncino specchiante. “Sì, mi sento molto Re Artù”. Osserva l’elsa, poi Irene. “Questa roba nella scatoletta è tua, vero?”. Estrae un blister che sembra contenere tanti anellini misteriosi, confezionati uno per uno, e glielo sventola davanti.
Il rossore sul viso risponde per lei.
Elyon le toglie di mano il blister. “Ma che cos’è questa roba?”. Alza gli occhi verso le ragazze, che esitano cercando parole che nessuna ha voglia di pronunciare.
Dopo un attimo, il colorito rosso peperone contagia anche Elyon. Le spiegazioni non servono più.
“Ecco”, sussurra Pao Chai a Irene, “Te l’avevo detto che era meglio rivestire di stagnola anche quella”.
“Eppure… Excalibur mi sembrava uno scherzo così carino… Ed era pure della misura giusta!”.
Carol guarda dall’alto la principale imputata. “Polpetta, devi proprio fare le tue belle figure davanti ad Ellie? E’ ancora troppo giovane per corromperla così”.
“Ma che c’entra? Era diretto a Vera. Eppoi, anche Elyon ha la nostra età”.
“Ma che dici, Polpetta? Gli occhi servono per guardare, non solo per battere le ciglia ai ragazzi!”. Si misura con Elyon, che non le arriva al mento. “Non vedi?”.
“Beh, solo perché una è tappa e piatta non significa che sia ancora una bambina!”, conclude l’altra a braccia conserte, appena un attimo prima di sussultare. “AHI! Chi è che pizzica?”.
“Sssst, ragazze!”. Pao Chai cerca di sibilare tra i denti. “Vi prego! State facendo peggio!”.
“Ma no”, smentisce Irene decisa. “Elyon non si è mica offesa….o si?”. La guarda. Ma perché le sembra che stia per mettersi a piangere? Ha forse detto qualcosa di male? “Ehi, Ellie…”.
“Tutto bene… davvero…”, risponde con la vocina più tremante ed incerta che le abbiano mai sentito.
Vera scuote la testa. Meglio interrompere questa scenetta prima che sia una scossa di terremoto a farlo. “Vedi, Ellie, avevi ragione tu, qui ci divertiamo”.
“Ho piacere”, risponde avvilita. “Avevo immaginato un ingresso ad effetto, ma era un po’ diverso”.

Tutte le ragazze si siedono attorno al tavolone. La Luce di Meridian cerca di recuperare un po’ di sicurezza. “Ragazze, quest’oggi vi inizierò ai rudimenti dei poteri psichici. Vi ho già detto che, essendo copie delle guardiane, anche voi avete una predisposizione innata per utilizzarli. Però finora non avete avuto dentro di voi alcuna sorgente di potere. Da oggi, Vera sarà la vostra sorgente. Utilizzerete il suo potere, come fosse il vostro”. Si volta verso Vera. “Sei pronta per condividerlo?”.
“In qualunque momento”, risponde sicura.
“Bene”. Con un gesto di Elyon, le tapparelle si chiudono, e la stanza cala nella penombra.
“Ora ascoltatemi. Qualche volta i poteri psichici si manifestano spontaneamente, ed uno impara a dominarli molto gradualmente. Questo non sarà il vostro caso. I vostri poteri saranno fortissimi, fin dall’inizio, ed è necessaria molta autodisciplina per usarli correttamente. Vi sentite?”.

La penombra inizia ad essere rischiarata da una luce azzurrina; sui visi che la riflettono vede cinque assensi impressionati. Bene.
“Il modo più rapido e sicuro per richiamare un potere psichico è compiere una serie di operazioni mentali in rapida sequenza, tanto rapida che devono essere praticamente contemporanee. Qualunque parola sarebbe inadeguata a descrivere queste operazioni, per cui io le trasmetterò direttamente nella vostra mente, dapprima lentamente, poi sempre più velocemente, finché sarete in grado di imitarle ed ottenere degli effetti”.
Elyon si concentra, e si sente diventare sempre più luminosa. Ormai la luce azzurrina che vede sui visi stupiti delle ragazze è potente. Chiude gli occhi e si alza in piedi. Sa che sta attraversando il tavolo, come un fantasma. Si porta di fronte a Carol. Vede il suo viso anche attraverso le palpebre serrate. “Alzati in piedi, Carol”. La vede obbedire. “Ora fai come faccio io”. Si vede con gli occhi delle altre. Sembra che non stia facendo niente, ma sa che questi momenti resteranno impressi per tutta la vita.
La sequenza ha inizio. Prima lenta, poi sempre più veloce. “Ripeti”.  Sente la mente di Carol riflettere le operazioni. No, ne ha sbagliata una. “Ricomincia”. Va bene. Di nuovo, sempre più veloce…
Dopo qualche decina di ripetizioni, dice: “Ora prova da sola”. Sente che Carol obbedisce. Sequenza perfetta. “Più veloce”.
 

Un’ora dopo, la Luce di Meridian sente di essere arrivata alla fine. Dopo le altre, anche Terry è in grado di ricreare perfettamente la sequenza. Si sente stanca, ma soddisfatta. Apre gli occhi. La luce azzurrina riflessa dai visi delle ragazze è ancora intensa, gli sguardi attenti e fissi. Ora sa che cosa prova un televisore ogni sera.

La luce si affievolisce, e gli scuretti si aprono da soli. Tornano a sentirsi i vaghi rumori della strada. Neanche lei ci aveva fatto caso, ma durante l’iniziazione erano scomparsi completamente.
“Allora, ragazze, come vi sentite?”. La guardano come una dea. E’ nuovamente orgogliosa di sè.
“E ora… possiamo leggere i pensieri?”, chiede Carol. Sembra a disagio.
“Sì. Leggi i pensieri di Pao Chai. Guardala negli occhi, è più facile”.
Dopo un attimo di concentrazione,  Carol azzarda: “E’ un dragone cinese?”.
“Siiii!”, gioisce Pao. “E tu stai pensando ad un anello”.
“A questo”. Carol mostra un gioiellino che porta ad un dito.

“Ehi, Wanda!”. Therese la guarda sorpresa. “Cosa vuole dire ‘adesso lo capiranno’?”. La scruta negli occhi più a fondo, e il suo viso si deforma in una smorfia di incredulità. “Ma tu potevi già leggere i pensieri?”.
Tutte le altre gocce si voltano interdette. “Cosa?”. “COSA?”. “COOOSA?”
“Sì”, ammette Wanda imbarazzata. “Da quella volta nella sala degli specchi di Kandrakar, da quando sono diventata quella che sono, so capire ciò che gli altri pensano”.
“E non ce l’hai mai detto?”, chiede Terry stupita.
“Avrei dovuto?”, scrolla le spalle.
Carol si copre la bocca, con gli occhi stralunati. “Ma… E come hai usato questo potere?”.
“A scuola, scommetto”, sorride Terry. “Comincio a spiegarmi certe risposte pronte… anche senza toccare libro”.
“Ma perché non dircelo?”, chiede Irene. “Poteva essere una risorsa”.
Wanda abbassa lo sguardo. “Non volevo mettervi a disagio”.
“A disagio!”, tuona Carol. “E per tutto questo tempo tu hai spiato…”.
Wanda fa un gesto noncurante. “Tranquilla. Non mi sono mai interessati i tuoi altarini, né i tuoi compromessi”.
Forse voleva essere rassicurante, ma detta così fa tutt’altro effetto.
L’altra si copre il viso fino agli occhi. La sua voce suona come non l’hanno mai sentita, quasi di pianto.. “Come puoi giudicare ciò che ho fatto? Stavamo andando a fondo!”. Poi, con più rabbia: “Tu… leggevi nei pensieri, e nonostante ciò non sei riuscita ad evitare neanche uno dei guai in cui ti sei ficcata! Ma allora lo hai voluto!”.
Wanda vacilla. Questa bordata ha colpito nel segno. “Ma io non…”.
“Basta Carol”, interviene Irene. “Non puoi aggredirla così solo perché capisce ciò che pensiamo. A me non avrebbe dato fastidio, io non ho tutti i tuoi segretucci da nascondere”. Poi, con un largo sorriso allusivo: “Comunque sarà interessante saperne di più su di te”.
Carol si siede, sudando e coprendosi il viso.
Pao Chai le viene vicino e le sfiora le spalle. “Carol, non prendertela, ti prego”. Si asciuga sul vestito la mano bagnata dal suo sudore.  “C’è stato un periodo in cui, se abbiamo continuato ad avere un tetto sopra la testa, è stato solo per merito tuo. Ti dobbiamo molto, e nessuna di noi potrebbe mai rinfacciarti le scelte che hai fatto”.
Per un attimo Carol sembra sprofondare ancora di più nella sedia. Pao ha la sensazione di avere fatto ancora peggio. Gli occhi le si arrossano, e, quasi, piangendo, si china sull’altra. “Ti prego! Non fare così, mi fa tanto male! Sorridi! Fallo per me!”.
Carol riprende lentamente il controllo e alza gli occhi premurosi verso l’amica. “Va tutto bene, Pao, davvero”. Un breve tremito sembra smentirla.

Vera ed Elyon si guardano, imbarazzatissime. Questo scoppio di tensioni è stato inaspettato.
‘Non capisco, Vera. Cosa sta succedendo?’.
‘Non so, Ellie. Cercherò di farmi spiegare, ma dovrò aspettare il momento adatto’.
“Ragazze… dobbiamo lasciarvi sole?”, chiede Vera.
“No, no… scusatemi”, dice Carol. Ora sembra essere lei a consolare Pao, accarezzandole la mano. “Scusami anche tu, Wanda”.
“Di che? E’ tutto vero”, risponde triste. Irene le accarezza le spalle.
“Dobbiamo aspettarci altre sorprese?”, chiede Therese.
“Non da me”, risponde Irene.
“Né da me”, rincalza Wanda, con una rapida occhiata a Pao Chai, che guarda imbarazzata fuori dalla finestra.
Carol sta smettendo lentamente di tremare. Si guarda il vestito bianco chiazzato di sudore. “Scusate dieci minuti. Ho bisogno di una doccia”.
“Scusa tu, Carol, ma stamattina i miei minuti sono preziosi”. Elyon allunga una mano verso di lei, e degli aloni azzurrini le percorrono lentamente il corpo.
Dopo pochi secondi, Carol è di nuovo asciutta e pulita. “Ellie… come hai fatto?”.
“Lo hai visto. Forse un giorno lo saprete fare anche voi”.
Vera sembra colpita. “Ellie, chissà se questo trucco si può usare anche per pulire un alloggio”.
“Forse sì”. La Luce la guarda dubbiosa. “Mi fai sentire in colpa, ti ho fatto abitare per due settimane in una casa coperta da due dita di polvere e ragnatele”.
“Era un dito solo”, risponde Vera con nonchalance, “ma in verticale”.

Elyon si ricorda che il suo tempo sta per finire. “Bene, ragazze. Devo dirvi ancora qualcosa”. Si risiede al tavolone. “Una volta il filosofo Bertrand Russell scrisse che, se gli uomini avessero potuto leggere i pensieri, la prima conseguenza sarebbe stata la fine di tutte le amicizie. E se questo è vero per gli uomini, figuriamoci per le donne!”. Accenna ad un sorrisino allusivo.
“Ebbene, questo comporta un cambiamento nel nostro modo di giudicare. Voi sapete bene che le persone non dicono tutto quello che pensano, a parte Irene che forse dice anche qualcosa di più”.
Percepisce il suo imbarazzo. La ragazza non sa se considerarlo un complimento o una critica.
“Quindi nei rapporti tra persone esistono due livelli: i pensieri e le parole espresse. Bene, io capisco che ci si possa considerare offesi per qualcosa che gli altri decidono di dire. Però, se farete lo stesso anche con tutto ciò che potrete leggere nella loro mente, farete solo del male a voi stesse e agli altri. Dovete mettere in disparte gli orgogli futili, e pensare sempre alle conseguenze di ciò che fate e dite. E qualche volta anche di quello che pensate”. Si alza in piedi. “Questo potere è enorme, e se usato male può distruggere i vostri rapporti con le altre persone”.

Anche Vera si alza, e le sfiora una mano. “Hai fatto un bellissimo discorso, Ellie. Credo che se lo ricorderanno bene”.
“Sono tutte cose imparate sulla mia pelle”, risponde con un sorriso. Ricordatelo anche tu, se mai avrai di nuovo occasione di trovarti davanti alle mie amiche!
Vera si irrigidisce. “E… come proseguiamo l’addestramento?”.
“Allena tu le ragazze. Tra qualche giorno, quando saranno ben sicure, tornerò ad insegnare la trasmissione intenzionale del pensiero”.
“Posso farlo io, se credi”.
“Ci tengo a farlo io, Vera. So che ti piacerebbe, ma consentimi questo piccolo egoismo”.
“Naturalmente”, risponde un po’ adombrata. “Comunque, qui non mancheranno le cose da fare”.
“Allora, Vera, noi due ci incontreremo venerdì sera ad Heatherfield”. Rivolta alle altre: “Ragazze, ci vedremo presto”.
Gira attorno al gruppo, sfiorando le spalle di tutte. “E non prendetevela. Quando si ha accesso ai poteri, parole come intimità e rispetto perdono il loro significato originario e ne acquistano uno tutto da scoprire”.
 
 

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Capitolo 21
*** Spettri del passato ***


21-spettri del passato  
 
Grazie, Giuly. Il nuovo nickname mi sembra migliore del precedente. Spero che anche questo capitolo ti faccia ridere, almeno verso la fine.
Grazie, Amantha. Sono molto contento che ti piaccia la caratterizzazione di questi personaggi. Devo trattenermi dall'  anticipare troppo, se no mi brucerei la storia sulle gocce che sto preparando .
Grazie, Melisanna, per i consigli e la recensione. Complimenti anche per il nuovo capitolo di Terra Magica. Per quanto riguarda Elyon... lei farebbe di tutto per liberarsi delle stimmate di "piccola" del gruppo, ma...
Grazie, Eleuthera, per la tua bella recensione. Per quanto riguarda Re Artù ed i cavalieri della tavola rotonda, l'ispirazione è nata dal tavolone circolare nel soggiorno in cui si riuniscono le congiurate. Spero di leggere presto qualcosa di tuo.
Grazie anche a kb_master per i suggerimenti.
Come al solito, c' è la possibilità di discutere più in dettaglio al  http://freeforumzone.leonardo.it/viewmessaggi.aspx?f=4642&idd=8397&p=3. 
Prima o poi cercherò di rivitalizzare quel topic. Tutte le recensioni, le critiche costruttive ed i commenti sono benvenuti.

Questo capitolo è stato scritto più di un anno fa, e da allora ha subito numerosi rimaneggiamenti, in particolare l'aggiunta della parte finale. Una Vera infallibile cominciava a pesarmi, ed il capitolo aveva bisogno di essere mosso un po'. 


 

PROFEZIE


Riassunto delle puntate precedenti 
Di nascosto dalle WITCH, Elyon affida a Vera, una copia di sè stessa che appare come una ragazza più grande, l'incarico di rintracciare le gocce astrali, le sosia create dalle guardiane, e ribellatesi ad esse più di un anno prima .
Elyon e Vera si presentano alle ragazze, rintracciate a Midgale. Assomigliano ancora alle originali, ma appaiono più belle e cresciute, sui vent'anni.
Nel povero appartamento, raccontano di essere state mantenute dalla Fondazione Astro Nascente fino a pochi mesi prima, quando sono state improvvisamente scaricate. Da allora hanno vissuto alla giornata.
La goccia di Cornelia si chiama Carol. Quella di Irma, Irene. Quella di Hay Lin, Pao Chai. Quella di Taranee, Terry. Quella di Will, Wanda.
Elyon propone alle gocce di collaborare con Vera a raccogliere informazioni tecnologiche per modernizzare Meridian.
Vera dimostra subito di essere in grado di materializzare documenti e denaro falsi, ma perfetti. Le gocce sono entusiaste di lei, tranne Carol, che ne è gelosa e vorrebbe riprendere i contatti direttamente con Elyon. 
Le gocce si trasferiscono, con Vera, in due eleganti appartamenti contigui. Come copertura, fingeranno di essere delle studentesse universitarie; ognuna riceve una lista di argomenti e l'incarico di individuare degli esperti su ciascuno. 
Per fare fronte a futuri incarichi e imprevisti, Elyon e Vera decidono di addestrare le gocce ai poteri mentali. 
Non appena in grado di leggersi il pensiero a vicenda, le gocce scoprono che Wanda lo sapeva già fare, e vi è un inaspettato scoppio di tensioni tra di loro. 

Cap. 21

Spettri del passato


Midgale, appartamento delle gocce

Dalle finestre filtra una cupa luce grigia. Nel cielo, grosse nuvole sembrano inseguirsi e sorpassarsi in una gara senza regole. Le cime dei pioppi nel giardino cominciano ad agitarsi nella tipica danza del vento. Un lampo lontano preannuncia un temporale imminente. La gente che si intravede sulla strada ha un passo affrettato.
Vera osserva le prime goccioline di pioggia infrangersi sui vetri. “Non sembra di essere in luglio, vero?”.
Terry la raggiunge in cucina. “Ho staccato tutti i computer. Speriamo che Wanda, Carol e Pao riescano a rientrare senza una doccia fuori orario”.
Irene si volta dai fornelli, ed accoglie anche lei con un grande sorriso. “Sei puntualissima per il tè, stavo per chiamarti. Oggi ho comprato dei nuovi frollini”.
Tutte le ragazze si siedono attorno al tavolo della cucina.
Terry guarda le immagini deformate dalla pioggia sempre più insistente sulla finestra “Non vorrei essere nei loro panni”. Scuote la testa,  poi, tra sé e sé: “Soprattutto quando saranno tutti zuppi”.
Irene è allegra. “Cosa possono fare quattro gocce di pioggia? In fondo, sono gocce anche loro”.
Due occhiate storte le fanno capire che non è obbligata a dire per forza tutte le battute che le passano in testa.
Versa il tè a tutte, spargendo qualche goccia nel piattino. “Carol sarà al sicuro nel negozio. I pomeriggi è sempre lì”.

Vera prende la palla al balzo. Ha pensato spesso alla scenata di Carol, Wanda e Pao Chai tre settimane prima, dopo l’iniziazione alla lettura del pensiero. Per un momento, ha temuto che il gruppo fosse sul punto di disgregarsi, ma dopo quello scoppio le acque si sono calmate quasi immediatamente. Sembra quasi che sia stato liberatorio. Dopo questo, sui loro precedenti è calata una cappa di omertà.
Da allora, ha spesso fatto attenzione ai loro pensieri sperando di capirne di più, ma non è servito a molto. Non ha mai affrontato apertamente l’argomento, temendo di riaprire delle vecchie ferite che forse stanno rimarginandosi.
Ora le tre sono fuori, lei e le altre stanno ciondolando annoiate davanti ad una tazza di tè… sembra l’occasione buona per saperne qualcosa di più.
Cerca di fare un tono casuale. “Carol… cosa mi raccontate di lei?”.
“Di sua altezza?”, risponde Irene mentre aggiunge lo zucchero. Si capisce che le vengono in mente molte cose da dire, e non tutte carine.
Troppe cose: mentre esita, Therese le soffia la parola. “Se speri che ti sappiamo spiegare certe sue reazioni, capiti male. Carol è un mistero anche per noi”.
Speri di cavartela così? “Ma un’idea ce l’avrete!”.
Irene assente col capo. “Tante idee! Si possono riassumere così: non è tutto oro ciò che luccica”.
Un lampo ed un  tuono conferiscono un alone satanico alla sua uscita, ma non nascondono l’occhiata di rimprovero di Therese.
“E Pao Chai? Cosa c’è tra loro?” .
Terry allontana la tazza dalla bocca. “Nei primi tempi, la migliore amica di Carol è stata proprio lei. La sua ombra”.
“Però non è durato a lungo”, puntualizza Irene. “Dopo qualche mesetto ha preso le distanze, quando ha…”. Si interrompe. Tra le due gocce passano una serie di sguardi, e forse anche qualche calcetto.
Vera ricorda il finale di quella scenata. “Però Carol è ancora molto protettiva verso Pao Chai”.
Un vago sorriso di tenerezza si disegna sul viso di Terry. “Pao è così ragazzina! Non vivrebbe senza tutte noi”. Si volta verso Irene: “Non vedi come soffre ogni volta che tu e Carol vi beccate?”.
“Ma lo facciamo solo per scherzo, lo sai”, si difende l’altra. “Sono certa che anche Pao lo capisce”.
Un altro lampo crea un effimero mondo di ombre e luci nette, ed il tuono impone un attimo di silenzio.
Le amiche scrutano nelle profondità della loro tazza, forse rivedendo il passato.

Vera riprende: “Ho sentito dire che Wanda portava i capelli lunghi”. Speriamo che non sia un segreto anche questo!
“Sì”, risponde Irene. “Erano splendidi. Non sai quante gliene abbiamo dette, quando li ha tagliati”.
Vera percepisce il pensiero carico di rimpianto dell’altra : Ha voluto che lo facessi io stessa.
“Ha risposto che le andavano male per l’attività sportiva”, aggiunge Terry.
Irene sbotta: “A me è sembrata una specie di penitenza…”.  Si interrompe.
“Dopo che Matt l’ha rifiutata?”, completa Vera.
Irene abbozza una smorfia triste. “Conosci già la storia”.
C’è un momento di silenzio mentre sorseggiano il tè, che ha ormai esalato da tempo il suo ultimo filo di vapore.

“Ha sempre praticato il Kung Fu?”, chiede Vera.
“No, ha cominciato solo quando ci siamo trasferite qui, tre settimane fa”. Irene le porge dei nuovi dolcetti.  “Le avrebbe fatto bene anche prima, ma non c’erano soldi”.
Vera alza gli occhi. “Prima? Ma non ha avuto problemi di salute?”.
Irene e Terry si guardano un attimo, incerte su cosa raccontare. E’ quest’ultima a rispondere: “A parte i postumi di un… incidente sportivo, Wanda ha sofferto di … depressione. E’ stata anche in cura, anche se il servizio pubblico qui non offre molto”. Un altro lampo illumina la stanza, e Terry riprende solo dopo che il tuono ha finito il suo rimbombo. “Per questo, le ha fatto bene iniziare un’attività in un ambiente più sano di quello di prima”.
Vera tenta di affrettarsi a deglutire un frollino per continuare a chiedere, ma Irene è più abituata di lei a parlare con la bocca piena. “Era finifa in un bruffo jiro”. Segue un tentativo di deglutizione. “In un scierto scienscio, la avviamo firata fuori gnoi”.
Terry interpreta: “Nel suo linguaggio masticatorio, vuol dire...”.
“Ho capito, grazie. Ma che brutto giro?”.
“Una palestraccia. Doping, incontri clandestini di boxe e altro…”.
“Botte da orbi, insomma. Per un bel po’, è diventata la sua seconda vita, se non la prima”, riprende Irene, finite le onoranze funebri del suo frollino. “Intendiamoci, alla fine lo ha fatto anche per noi, per tirare vicino qualche soldo. E’ sempre stata pronta a sacrificarsi per il gruppo”.
“Un momento”, interrompe Vera. “Non bastano pochi mesi di doping e di allenamento per costruire un fisico così e per essere in grado di affrontare incontri per cui si è pagate”.
Ora lo scroscio costringe Irene ad alzare la voce. “Già, ma guardaci. Ci siamo abituate a bruciare le tappe”.
Terry storce il viso. “Io, più che altro, mi sono abituata a vederle bruciare”.

Lo scroscio dura alcuni minuti.
Appena il rumore è calato, Vera riprende: “Wanda ha portato vicino molto denaro con gli incontri sportivi?”.
“Un po’”. Irene comincia a raccogliere le tazze. “Ci ha aiutati molto di più con il suo stipendio da guardia del corpo”.
“Guardia del corpo? Di chi?”.
“Di un tipo…”, risponde Irene evasiva. “Credo che abbia ancora la pistola che le ha dato”.
“La pistola?”. Vera trasale. “E’ depressa da mesi, e voi le avete lasciato una pistola?”.
Irene si stringe nelle spalle. “…Sssi… Ma come avremmo potuto sottrargliela? Lei è più forte di tutte noi messe assieme”.
“E la porta in giro con sé?”.
“Non sempre… certo non in palestra”.

Vera si alza inquieta. “Ragazze, seguitemi. Andiamo a dare un’occhiata al suo alloggio”.
Le due gocce si guardano. Lo sguardo di Terry esprime un rimprovero che Irene liquida con una impercettibile alzata di spalle.
Vera si accorge della loro riluttanza. “Ragazze, ricordate che l’imprudenza di una può metterci tutte nei guai”.

Attraversato il pianerottolo tra i due appartamenti, le tre entrano assieme nella camera disordinata. Alcuni vestiti giacciono in pose casuali sul letto ancora disfatto, e vari calzini spaiati popolano il pavimento.
Vera inizia ad aprire i cassetti, avendo cura di non lasciare tracce visibili della perquisizione. Non nota che, appoggiato su un lato dell’ultimo cassetto, c’è un frammento minuscolo di carta, che cade quando viene aperto.
Sposta alcune magliette sommariamente ripiegate. “Ragazze, ho trovato una scatoletta di proiettili!”.
Fanno solo in tempo a guardarsi in faccia, quando sentono la porta d’ingresso aprirsi. Non tentano neppure di richiudere il cassetto.
Dopo pochi secondi Wanda è sulla porta della camera. E’ bagnata fradicia, lascia dietro di sé una pozzanghera che si espande ad ogni momento che passa, ed i corti capelli neri le stanno incollati sul viso.
Le guarda a lungo.

“Vedo che le vostre mansioni spionistiche sono più ampie di quanto pensassi”.
Perché Vera si sente presa in castagna? E’ l’altra a doversi giustificare. “Wanda, perché giri armata?”.
“Per difendermi”. Lo sguardo è di sfida. “C’è tanta brutta gente in giro”.
“Nessuna di noi ha mai sentito il bisogno del tuo arsenale”. Vera nota l’imbarazzo delle altre. E’ così?
Vede ancora quello sguardo tetro sul viso di Wanda. Che ricordi ha risvegliato?
“Voi siete voi. Siete state fortunate, finora…”.
Vera si chiede se dovrebbe usare lo sguardo del comando o qualche altra forma di ipnosi. No, l’altra potrebbe risentirsi per sempre. Meglio tentare di convincerla. “Ascolta, il trasporto della pistola è illegale. Se ti arrestassero e indagassero, scoprirebbero che i documenti che porti addosso non hanno riscontri in nessun archivio. Perquisirebbero questo alloggio, ci farebbero domande per le quali non abbiamo una risposta. Tu non vuoi questo, vero?”.
Uno sguardo incerto. “Devo potermi difendere…”.
Ci vuole un contentino. “Wanda, ti insegnerò a difenderti bene. Ora dammi le mani. Sì, così, tutte e due”. La afferra per i polsi. “Ora chiudi gli occhi, ed immagina che l’indice ed il pollice della tua mano destra siano collegati con dei fili ai muscoli della tua spalla destra. Due fili viola. Immagina di tendere questi muscoli. Immagina che si carichino di elettricità. Immagina che un filo diventi sempre più rosso, e l’altro sempre più blu. Non rilasciarla ancora. Bene, ora ti mollo le mani. Allarga indice e pollice. Apri gli occhi. Ora avvicina lentamente tra loro i polpastrelli”.
Wanda obbedisce, e sente che le dita si attraggono tra loro, Quando sono a meno di un centimetro di distanza, tra esse scocca una scintilla. PANG. Un rumore secco di sparo la fa sobbalzare.
“Bene”, riprende Vera, “se vieni minacciata, anziché unire le dita come hai fatto ora, tocca con entrambe il tuo aggressore. Questo metodo può stendere o mettere in fuga chiunque”.
Wanda guarda la sua mano, e fa scoccare di nuovo la scintilla. PANG!
Perché non è soddisfatta?

“Vera, so già fare di meglio con calci e pugni. Sono sicura che tu non affideresti la tua difesa solo a questa specie di pizzicotto. Voglio lo Sguardo del comando!”.
Lo Sguardo del comando! “Cosa ne sai di questo?  E come lo sai?”.
“Quello che stavi quasi pensando di usare!”.
E’ così, eh?  “Non costringermi a farlo, Wanda”. La studia. “Ma di cosa hai paura?”.
“Sono cose mie”, risponde l‘altra incrociando le braccia.
Vera cerca di percepire le reazioni delle altre. Nessuno stupore, nessuna disapprovazione. Ma è possibile che fossero così timorose da affidarsi alla protezione di questa Rambo depressa?
“Ragazze, non capisco cosa vi spaventa. Ma, se volete, vi insegnerò altri trucchi per difendervi. Domani mattina vi insegnerò a bloccare un’arma a distanza”. Allunga la mano. “Però ora consegnami la pistola”.
Wanda la guarda a lungo negli occhi. Odia sentirsi dare ordini. Per un attimo pensa di sfidarla. Poi scuote il capo. Mi sono già fatta abbastanza male da sola in passato. Non posso giocarmi le sole amiche che ho.
Va verso il letto e sposta il cuscino. “Eccola”. La piccola pistola nera fa capolino da sotto un pigiama spiegazzato. La prende in mano, ma ancora esita a consegnarla.

Vera riflette, abbassando la mano. Bisogna convincerla con le buone. Ora farò vedere a tutte una cosa interessante. “Sapete perché a Meridian non si usano armi da fuoco?”.
Tre sguardi interrogativi.
“Perché non le hanno”, propone Irene.
A Therese questo sembra troppo ovvio. “Spiegaci un po’”.
“Subito. Guardate, prendo uno dei proiettili”. Vera estrae con attenzione un cilindretto di ottone dalla scatola, e lo pone sul pavimento tra due cuscini. “Nel metamondo quasi tutti posseggono almeno qualche minimo potere telecinetico. Cosa potrebbe succedere a chi andasse in giro con un’arma carica?”.
Tende la mano verso i cuscini.
Risuona un botto soffocato.
Qualche piuma comincia a volteggiare nell’aria.
Irene conclude: “Due cuscini in meno!”.

“E questo si fa con la telecinesi ?”, chiede Wanda, impressionata.
“Quella con cui, proprio ieri, muovevamo i cucchiai sul tavolo”, ricorda Irene.
Guardano rapite il lentissimo elegante galleggiare delle piume, finché Vera apre la mano. Queste si muovono verso di lei, finché, obbedienti, si posano dolcemente sul suo palmo. “La telecinesi”, riprende, “e la conoscenza dell’oggetto alla quale si applica”.
Wanda ci pensa un attimo. “Conoscenza? Se l’oggetto è davanti ai tuoi occhi, a cosa serve conoscerlo?”.
“Nonostante ciò che vedi nei cartoni animati, la telecinesi non crea grosse forze. Insomma, non da fermare un proiettile già sparato”. Sorrisino furbo. “Però puoi bloccare la sicura dell’arma del tuo nemico”.
Wanda scuote la testa. “Però non puoi conoscere tutti i tipi di pistola e la posizione delle loro sicure. Cambia da modello a modello”.
“Già. Però basta farsi un’idea per riconoscerla. Il trucco è semplice: puoi cercare di immaginarti come è fatta l’arma. Se hai potere, questa immagine sarà fedele. Devi essere in grado di interpretare quello che immagini, per sapere dove agire”.
Wanda tace un attimo, soppesando le implicazioni di queste parole. “Questo non si applica solo ad una pistola, vero? Si applica a tutto”.
“Esatto. Con le conoscenze giuste, puoi fermare un carro armato staccando pochi fili, o puoi distruggerlo facendo detonare le munizioni”. Apre la mano, e soffia facendo volare via di nuovo le piumette.
Mentre osservano rapite i fiocchi bianchi che galleggiano nell’aria, Vera continua: “In ogni macchina, in ogni essere, in ogni avvenimento ci sono dei punti nodali. Se si riesce a capirli, basterà poco per modificare il corso di qualunque evento”.

Bene, le ho impressionate. “Wanda, per piacere, ora dammi la pistola”.
Con uno sguardo di rimpianto, Wanda gliela consegna in mano. “Conosci le armi?”.
“Sì, tranquilla. Elyon mi ha trasferito le memorie di Alborn, il suo padre adottivo. A Meridian era un ufficiale, e ha continuato ad interessarsi ad argomenti militari anche in esilio”. Sorride studiandosi la pistola. Ne inizia a percepire la struttura interna, come se toccasse i pezzi uno per uno. “Sì, sarà più sicura nelle mia mani”.
BANG. Uno sparo sottolinea le sue ultime parole.
Un ciuffo di capelli di Vera si agita come spaventato. Qualche calcinaccio cade dal soffitto, mentre il tintinnio metallico del bossolo sul pavimento è coperto da un improvviso ronzio alle orecchie.
Passa mezzo minuto prima che le parole osino nuovamente uscire da qualcuna delle bocche aperte.
“Più sicura?”, chiede Therese.
“Ma… ma…”, balbetta Vera incredula. Pian piano volge gli occhi verso Wanda.
“Impossibile!”, espira quest’altra. “Non doveva neanche avere il colpo in canna”. Si volta verso le altre. “Qualcuna ci ha messo le mani?”.
Una Irene già bianca sembra farsi sempre più piccola.
“Sei stata tu, Irene? Sempre curiosa come una scimmia!”.
La scimmia incassa senza replicare.
Vera cerca di riprendere l’iniziativa. “Beh… ragazze, non è successo niente. Adesso la scarichiamo”. Con le mani tremanti, cerca la levetta per estrarre il caricatore.
“Prima reinserisci la sicura”, suggerisce Wanda.
Vera si rigira la pistola tra le mani. Ma perché le sue percezioni vanno in tilt proprio quando ci sarebbe più bisogno di loro? Ha bisogno di respirare a fondo. Prende aria più e più volte.
Terry e Wanda si scambiano uno sguardo preoccupato. “Hai bisogno di aiuto?”.
“No, grazie. Adesso sono a posto”, risponde Vera con una voce che lascia intuire tutt’altro.

Lo sguardo di Irene è attratto da riflessi di luci lampeggianti rosse e blu sul telaio di una finestra. “Ragazze, mi sa che abbiamo fatto colpo in più di un senso”.
“La polizia? Per noi?”, chiede Terry.
“Nooo…”. A Vera sembra che la pistola scotti. “Calma, calma, niente panico!”, implora strizzando gli occhi.
Irene va a sbirciare dal terrazzo. Con i denti serrati e gli occhi spalancati come lampioni, cerca di trasmettere un messaggio usando un codice arcano. L’indice verso l’alto fa tre giri, poi indice e medio sembrano camminare e salire delle scale, poi indica il pavimento…
Terry non ne può più. “Irene, insomma, parla! Non è mica vietato!”.
“Due agenti stanno entrando nel palazzo”.
“Oh, no!”. Vera vorrebbe tenersi la testa fra le mani, ma non è proprio consigliabile finché impugna l’arma. “Un’idea, un’idea qualsiasi… Ho trovato! Se vengono qui, ci parlo io. Wanda… tieni tu la pistola”.
“Qual è l’idea?”, chiede Irene. “Strillare ‘aiuto, aiuto, è stata lei’?”.
“Macchè. State a vedere”.
Vera respira a fondo.
Quando qualcuno sta cercando di recuperare la sua calma, due minuti possono sembrare brevi, ma a chi attende impotente sembrano interminabili.

Sentono bussare energicamente alla porta d’ingresso ancora socchiusa.
“Polizia. Che succede qua dentro?”.
La porta si spalanca. Al dilà , seminascosti dietro ciascuno stipite, ci sono due poliziotti con giubbetti antiproiettile e con le pistole puntata ad altezza d’uomo.
“Oh, agenti!”. Vera si fa avanti con un largo sorriso che sembra la fotocopia di quello di Elyon. Cerca gli occhi dell’uomo più anziano.“Qui va tutto bene”.
L’agente abbassa leggermente la pistola. “I vicini hanno sentito uno sparo”.
“Sì. Stavamo provando una pistola giocattolo. È un regalo per il mio nipotino che, da grande, vuole fare il poliziotto”.
“Ah. Fatemi vedere”.
“Certo, agente. Cara, porta la pistoletta”. Mentre sorride, le pupille cominciano a brillarle di una luce innaturale.
Wanda, ancora fradicia, gira l’angolo incerta, puntando la pistola in aria.
“Guardi, agente”. Vera si avvicina, alternando il suo sguardo intenso tra l’agente più anziano ed il novellino rimasto indietro fuori dalla porta. “Vedete che è un giocattolo? Ha anche il tappo rosso sulla bocca, come prescrive la legge. Può fare solo rumore”.
L’agente anziano, rabbonito, ripone la sua arma nella fondina.  “Un giocattolo”. Sorride, prendendo la pistola dalle mani di Wanda. Guarda compiaciuto un tappo rosso che possono vedere solo lui e il suo collega.

“Bella, non è vero?”, chiede Vera.
“Bella davvero”.
“Non facevano pistole giocattolo così belle quando lei era bambino”.
“Non facevano pistole giocattolo così belle quando ero bambino”, si compiace. “Guarda che bella, Tom”. La passa all’altro agente.
Questo se la rigira tra le mani. “Stupenda! Sembra vera!”. La impugna e la punta per aria.
BANG. BANG.
“Anche il rumore sembra vero”. La restituisce con un largo sorriso nelle mani tremanti di Wanda.
“Beh, scusate, signorine. Era nostro dovere controllare, quando la gente ci chiama”.
Gli agenti salutano giovialmente mentre spariscono nell’ascensore.

Irene si avvicina e guarda fuori dalla porta. “Sono andati. Potete anche smettere di trattenere il fiato”.
Guarda Vera ancora congelata. “Ehi… ma ti sono diventati bianchi i capelli per la paura?”. Osserva meglio. E’ polvere di calcinacci. Due fori di proiettili adornano il soffitto proprio sopra di lei.
Dalle labbra del capo esce un gemito incomprensibile. “……………………….”.
Irene accosta l’orecchio. “Come dici?”.
ODIO LE PISTOLE!”, le grida.
Irene sobbalza. “Ehi! Serve urlare?”. Si massaggia l’orecchio. “Scusa se te lo dico, ma forse ti sei sbagliata, e le memorie di Alborn riguardavano spade o pugnali. Peccato…”.
STA ZITTA!”.

Wanda inserisce la sicura, toglie il caricatore e lo appoggia sul tavolone del soggiono. Poi fa arretrare il carrello della pistola. Un proiettile viene espulso e tintinna sul pavimento.
“Ora è scarica per davvero”.
“Non potevi farlo prima?”, chiede Vera tra i denti.
Sguardo colpevole. “Non me lo avevi chiesto… ”.
Vera respira a fondo, cercando di mascherare il tremore.
“Chi la sente poi Carol, quando torna?”, si chiede Irene. “Le abbiamo dato argomenti per una settimana di sferzate nel suo peggior stile”.
“Meglio che non le diciamo niente”, risponde Wanda, “E speriamo che non lo capisca da sola”.
Terry guarda i fori sul soffitto. “Sì, quelli potrebbero essere opera dei tarli”.
Vera alza lo sguardo. Un po’ di polverina bianca le cade dai capelli. “Datemi cinque minuti per riprendere fiato, poi li faccio sparire io, quei segni”.
Degli aloni luminosi cominciano a percorrerle il corpo, a partire dalla testa. Dopo un attimo, le tracce di intonaco e sudore gelido sono sparite.
Terry la si avvicina. “Ehm, Vera, per domani… sei sempre decisa a spiegarci come bloccare le sicure delle armi?”.
Vera ci pensa. Riguarda i fori sul soffitto.
“Cambiamento di programma. Che ne dite dello Sguardo del Comando?”.
 
 
 
 

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Capitolo 22
*** Dove inizia l'arcobaleno ***


22-dove inizia l'arcobaleno  
 
Cara Melisanna, grazie per la tua osservazione. E' vero, la polizia è arrivata presto, ma tieni conto che siamo in un quartiere "in", dove uno sparo non è abituale, e che evidentemente c'è qualche vicino (forse la signora già intravista qualche capitolo fa) che ha fatto chissà che telefonata. Comunque il motivo "letterario" per cui ho lasciato passare poco tempo è che, per allungarlo, avrei dovuto fare iniziare ai personaggi qualche altro discorso e poi lasciarlo a metà, con dubbi effetti estetici.

Cara Eleuthera, ho apprezzato, come sempre, la tua bella recensione. Le gocce sono dovute passare dalla più completa irresponsabilità al dover lottare per vivere nell'arco di poche settimane, nel gennaio precedente, circa sette mesi prima di questo episodio. Wanda e Carol, in particolare, sfuggono a qualunque tentativo di attribuire loro un'età mentale.

Cara Giuly, grazie per la recensione. Sono contento che ti sia piaciuto anche questo capitolo. La descrizione del temporale deve essere nata in qualche giorno d'estate di più di un anno fa, forse guardando fuori dalla finestra della mia camera.
Irene piace molto anche a me. Non è molto diversa da Irma, a differenza di Carol e Wanda che sono molto cambiate rispetto alle originali. Mi aiuta spesso a trovare qualche cosa per far ridere anche in capitoli tesi.

Approfitto per ringraziare ancora kb_master, che mi sta dando molti suggerimenti importanti, soprattutto a livello di soggetto di parecchi capitoli.

Come al solito, c' è la possibilità di discutere più in dettaglio al  http://freeforumzone.leonardo.it/viewmessaggi.aspx?f=4642&idd=8397&p=3. 
Prima o poi cercherò di rivitalizzare quel topic. Tutte le recensioni, le critiche costruttive ed i commenti sono benvenuti.

Questo nuovo capitolo, il 22, è stato scritto di recente, quasi di getto. Il principale soggetto è Pao Chai; ci tenevo a definire meglio questo personaggio, che a me ispira molta tenerezza. 
Il titolo è il nome del negozio di belle arti dove si svolge gran parte della scena, di proprietà, appunto, del signor Rainbow (Arcobaleno). 


 

PROFEZIE


Riassunto delle puntate precedenti 
Di nascosto dalle WITCH, Elyon affida a Vera, una copia di sè stessa che appare come una ragazza più grande, l'incarico di rintracciare le gocce astrali, le sosia create dalle guardiane, e ribellatesi ad esse più di un anno prima .
Elyon e Vera si presentano alle ragazze, rintracciate a Midgale. Assomigliano ancora alle originali, ma appaiono più belle e cresciute, sui vent'anni.
Nel povero appartamento, raccontano di essere state mantenute dalla Fondazione Astro Nascente fino a pochi mesi prima, quando sono state improvvisamente scaricate. Da allora hanno vissuto alla giornata.
La goccia di Cornelia si chiama Carol. Quella di Irma, Irene. Quella di Hay Lin, Pao Chai. Quella di Taranee, Terry. Quella di Will, Wanda.
Elyon propone alle gocce di collaborare con Vera a raccogliere informazioni tecnologiche per modernizzare Meridian.
Vera dimostra subito di essere in grado di materializzare documenti e denaro falsi, ma perfetti. Le gocce sono entusiaste di lei, tranne Carol, che ne è gelosa e vorrebbe riprendere i contatti direttamente con Elyon. 
Le gocce si trasferiscono, con Vera, in due eleganti appartamenti contigui. Come copertura, fingeranno di essere delle studentesse universitarie; ognuna riceve una lista di argomenti e l'incarico di individuare degli esperti su ciascuno. 
Per fare fronte a futuri incarichi e imprevisti, Elyon e Vera decidono di addestrare le gocce ai poteri mentali, quali la lettura e trasmissione del pensiero, lo sguardo del comando e la telecinesi.

Cap. 22
 

Dove inizia l’arcobaleno




Midgale, centro città

Il sole pomeridiano è ancora alto su Midgale. Mentre camminano serene per le vie affollate del centro città, Pao Chai e Therese non possono fare a meno di rivivere la prima volta che le percorsero con gli occhi spalancati per l’eccitazione.
Quelle vetrine eleganti che le contornano sono state a lungo come un film, un sogno diurno di sfavillanti oggetti dei desideri, tanto vicini ai loro occhi quanto lontani dalle loro possibilità.
Da un po’ di tempo non è più così.
Ormai hanno svoltato l'ultimo angolo, ecco i negozi dove sono dirette.
“Eccolo qui, Terry. Allora io entro. Ci rivediamo qui fuori tra un'ora esatta”.
“Va bene, Pao. Ad ogni buon conto, sarò in quella libreria”. Therese si allontana a passo veloce, anche lei verso il suo negozio dei sogni.
Pao Chai sorride guardando l'insegna: Dove inizia l'arcobaleno, colorificio e belle arti. Il migliore della città. In passato si è fermata decine di volte a studiare la vetrina, memorizzando ogni quadro, ogni pennello, ogni scatola di colori. Ogni prezzo, soprattutto.
Entra, Pao Chai, è il tuo momento. Oggi ti farai finalmente il regalo che hai sognato per un anno e mezzo.
 

Varca la soglia cinguettando un “Buongiorno”, accolta dal DLINN di una suoneria.
Il titolare la saluta con indifferenza. Sa che è entrata molte volte, ha sfilato scatole, sfogliato libri di disegno, riposizionato i pupazzi accademici, osservato controluce il profilo dei pennelli, e poi è sempre invariabilmente uscita senza acquistare neppure una matita. Una tipa così va tenuta d'occhio. Per un attimo, l’attenzione dell’uomo si sofferma sulla vistosa spilla a forma di fiore, e anche su quello che c’è sotto.
Pao Chai non si accorge dello sguardo sospettoso che la segue. Si muove lenta, quasi divorando con gli occhi quegli scaffali colmi di tubetti e boccette che creano arcobaleni e scale cromatiche, gli espositori di marche concorrenti che sembrano fare a gara per attirare gli sguardi ed i desideri dei clienti, e che forse si fronteggiano minacciosi quando nessuno li guarda.
Solo un mese e mezzo prima, il quattro giugno, Pao Chai ha festeggiato il suo compleanno. Per essere precisi, più che il suo, era compleanno di Hay Lin, il quindicesimo, ma una ha pure bisogno di avere qualcosa da ricordare, anche se fittizio. E' stato solo due giorni prima che Elyon e Vera si presentassero alla loro porta, in risposta alle sue preghiere ed alle lacrime che, di nascosto, versava ogni notte, al ritorno dal suo lavoro da sguattera.
Quel quattro giugno, nel suo intervallo pomeridiano, Irene le ha preparato un bel dolce, tutte le amiche le hanno scritto bellissimi biglietti su carta da notes, che conserva con amore, e le hanno regalato una risma di fogli da fotocopiatore, che lei ha iniziato subito a mettere a buon frutto con nuovi scenari di Shangri-La. Nel periodo precedente, era stata costretta dalla mancanza di carta a disegnare sul retro dei disegni già fatti.
Quei tempi sono finiti. Ora, per avere denaro, devono solo chiederlo a Vera, ed aspettare un momento perchè dai palmi delle sue mani si formino quei meravigliosi biglietti verdi con l'effigie di quel signore che si chiama come la città.
Prende una valigetta dallo scaffale, la appoggia e la apre. Che colori meravigliosi! Quel rosso scuro le ricorda le modanature del Silver Dragon... che nostalgia! Rivede suo padre che serve in tavola ai clienti, e si volta a chiamarla. ‘Hay Lin, ho bisogno di te’. Sussulta. Lei non si chiama Hay Lin.
Basta divagare, Pao Chai. Questo vizio ti ha già tarpato le ali a scuola. Meglio capire cos'ha questo set in più di quell'altro più economico. Oh, no, quello è chiuso con il cellophane. Ecco ecco, ce n'è uno già aperto in esposizione. Però è chiaro che la prima scatola ha più scelta di colori, ed i pennelli di martora che include possono essere lavati, al bisogno, con soventi che scioglierebbero le setole di quelli sintetici. Scelta fatta.
Ora ci vuole un cavalletto. Ce ne sono sei tipi diversi. Cos’avrà questo economico di meno degli altri? Lo tocca con un dito. Non sembra molto stabile. Tocca il più massiccio. Questa è tutt’altra cosa! E poi, è il primo che ha visto. Forse la prima occhiata è sempre è un messaggio del destino.
Cosa manca? Una latta di trementina, un flacone grande di thinner, uno di olio di lino, tre cartoni telati… ci starebbe anche un manuale?

E’ passata quasi un’ora. E’ volata! Chissà se Terry… sì, è già qui fuori, che sta scrutando dentro attraverso i riflessi della vetrina.
‘Terry, pazienta altri tre minuti. Sto andando a pagare’.
‘Ora ti vedo’.

Una sovraccarica Pao Chai si presenta alla cassa, trascinando i suoi acquisti impilati tra le braccia ed il mento; il cavalletto che porta sottobraccio, avvolto in una custodia verde, sporge da dietro e sfiora pericolosamente la merce esposta sugli scaffali.
Sorride nervosamente al negoziante. “Ecco. Mi fa il conto?”. Dovrebbero essere circa duecentocinquanta dollari. Apre il portafogli. Le occhieggiano cinque banconote da cento, nuovissime. Sono copie perfette.
Il negoziante batte in cassa. “Sono duecentosettantaquattro dollari ed ottanta centesimi”.
Pao tira fuori le cinque banconote, e ne porge tre. Perché si sente così nervosa?
Il negoziante le guarda con stupore. “Ehi, ha una zecca in casa, signorina?”.
Forse voleva scherzare… certo che voleva scherzare… ma perché lei sta diventando così rossa in viso?
“Eh… non sono mica false”, cerca di rispondere scherzosamente mentre le porge, ma qualcosa non suona come dovrebbe.
Lo sguardo del negoziante, da meravigliato, è ritornato diffidente. Scruta con attenzione il denaro.
“Signorina, queste banconote hanno gli stessi numeri di serie”.

Il gelo si irradia nel corpo di Pao Chai. Mentre cerca una risposta qualsiasi che non le viene, il negoziante la apostrofa. “Mi dispiace, ora devo chiamare la polizia”.
Sta telefonando! Sta telefonando davvero! La polizia no! Non di nuovo! Non dopo quella volta con Carol…
‘Terry, aiuto, vieni subito’.

Pochi secondi dopo, la sua amica entra nel negozio. “Pao, tutto bene?”
Lo sguardo di panico con cui Pao la ricambia è una risposta eloquente.
Ascolta il negoziante che sta telefonando. “Sì, tre banconote da cento dollari con i numeri di serie uguali. Sì, la sto trattenendo. Venite subito!”.
Un errore di Vera! Bisogna agire subito, prima che altri testimoni leggano quei numeri di serie.
“Può mostrarmi quel denaro, per piacere?”, chiede al negoziante.
Lui la guarda ostile. La complice della falsaria, sta pensando. Ed ha ragione. Anche lei ha il portafogli pieno di quelle banconote. “Non si immischi, signorina! E’ meglio per lei”.
Va bene, lo hai voluto. Lo guarda dritto negli occhi. L’uomo resta catturato.
“Mi faccia vedere quelle banconote!”.
L’uomo le appoggia sul banco, senza poter staccare gli occhi dai suoi.
Ora, Terry deve solo fare come ha visto fare a Vera, e sperare che funzioni. Scruta le banconote, passa lentamente l’indice sopra i numeri di serie, quasi come se li leggesse con le dita.  Quando il polpastrello scopre nuovamente il numero, alcune cifre sono cambiate.
“Non sono affatto uguali. Li rilegga meglio!”.
“Come! Sì che sono…”.  Il negoziante rigira le banconote verso di sé, rilegge i numeri una, due, tre volte. “Ma… ma…”: L’espressione muta dal convinto, allo stupore, per poi finire nell’imbarazzo più completo. “Forse… mi devo essere… sbagliato”.
A quelle parole Pao Chai, che era rimasta paralizzata come un manichino, prorompe in un grande pianto.
“Ecco!”, rimprovera Therese al negoziante. “L’ha sconvolta con le sue accuse assurde”.
“Ma… scusate… ho visto male…”.
Nel negozio ci sono altri sei clienti, e tutti hanno seguito la scena.
Terry mette le mani attorno alle spalle dell’amica. “Che dici Pao, sporgiamo querela? Ci sono dei testimoni, e stanno per arrivare gli agenti”.
I singhiozzi di Pao Chai diventano sempre più irrefrenabili.
Il negoziante si agita sempre più. “Ma… scusate, vi prego! Ora telefono per disdire la chiamata…”.
Alza la cornetta, ma è tardi. Due agenti in divisa stanno già entrando nel negozio. Si rivolgono a lui: “E’ lei che ha chiamato la polizia?”.
“Io…”. Il negoziante impallidisce. “… io… mi sono sbagliato. Andate via, vi prego”.
Gli agenti guardano perplessi. “E’ lei il signor Rainbow?”.
“Sì, sono io, ma è stato tutto un malinteso… vi prego ancora di scusare”.
Gli agenti restano perplessi a guardare Pao Chai che singhiozza sempre più forte.
Therese alza la voce. “Pao, sei sicura di non voler sporgere querela?”.
Senza guardare, Pao fa un ampio gesto di diniego con la mano.
“Non abbiamo bisogno di niente, grazie”, dice Therese agli agenti.
Con qualche brontolio, i due decidono di lasciare il negozio.

Terry fronteggia il negoziante, mentre i singhiozzi dell’altra si vanno lentamente spegnendo. “E allora?”.
“Allora… chiedo scusa, ho solo letto male. Ma prego, prendete pure la merce, non serve che paghiate”.
“Non vogliamo regali da lei”, risponde Therese a braccia conserte. “Ora ci dia il resto, e chiudiamo qui la cosa”.
“Subito. Ecco cinquanta dollari. Un piccolo sconto”.
“Va bene”. Si rivolge a Pao Chai. “Come va? Possiamo andare?”.
Tirando su il naso ed evitando tutti gli sguardi, la cinesina riprende gli oggetti ormai suoi.
“Aspetta, ti aiuto io con il cavalletto”, dice Terry premurosa. “Torniamo a casa”.
Le tiene aperta la porta mentre escono senza salutare.
 

Midgale, appartamenti delle gocce

Vera richiude il suo ennesimo libro di fantascienza. Quante cavolate! Sembra una storia di cowboy ambientata nello spazio. Non sarà certo questo libro a fornirle le idee nuove di cui ha bisogno.
Guarda il letto costellato di volumetti. Questo pomeriggio ne ha già spulciati sei. Nessuna illuminazione in vista. Però uno aveva una bella trama. Lo riprende in mano per finirlo, così, solo per diletto. Ma sì, al diavolo il lavoro, per questo pomeriggio.

Sente il rumore delle chiavi. Qualcuno è rientrato nell’appartamento di là. Forse Irene con gli ingredienti per la torta.
D’improvviso viene investita da una percezione di avvilimento. E’ successo qualcosa!
Si alza, e si dirige verso l’appartamento al di là del pianerottolo.
La porta è chiusa. Meglio suonare: se continua a far scattare le serrature con la telecinesi, prima o poi qualche estraneo potrebbe notarla.
Viene ad aprire Terry. “Ehi, ciao, stavamo per venire a parlarti”.
“Eccomi, ragazze”. Appena entrata, la percezione si fa più forte. Viene da Pao Chai.
“Ma cosa è successo?”.
“Una brutta cosa”, risponde Terry. “Le ultime banconote che ci hai dato avevano tutte lo stesso numero di serie”.
“Oh!”. Brutto colpo per Vera. Non è il suo primo errore, in questo periodo. “Oh, no, scusatemi. Le altre lo sanno già?”.
“Già avvisate”.
“Brava, Terry. Ma Pao, cos’hai?”.
La cinesina non risponde.
A Vera basta un momento per rivivere quanto è avvenuto nel negozio. “Oh, no! Mi dispiace, mi dispiace tanto”.
Pao alza le spalle. “Ormai è successo”.
Vera parla tra sé. “E’ la seconda volta, questo mese, che attiriamo l’attenzione della polizia”.
“La seconda?”. Pao sgrana gli occhi arrossati. “C’è stata anche un’altra volta?”.
“Purtroppo”, deve ammettere Vera. “Ti racconterà Terry”.
C’è un’altra cosa che la preoccupa. “Pao Chai, non so come dirtelo, ma… avresti dovuto essere all’altezza di risolvere la situazione da sola”.
Pao abbassa gli occhi, umiliata. Tornando a casa, questo rimpianto aveva già cominciato a prendere il posto della paura e della vergogna provate in negozio.
“Davvero, Pao, bisogna sapere improvvisare”, infierisce Vera con il tono con cui si parla ad una bambina. “Con le cose che ti ho insegnato, avresti avuto diverse vie d’uscita. Per esempio…”.
Prima che possa continuare, Pao Chai ricomincia a singhiozzare.
Terry  le si avvicina di nuovo. “Pao, Vera non voleva darti la colpa. Voleva dire solo che dobbiamo imparare tutte a fare fronte a questi casi”.
“Ma certo!”. Vera prende l’imbeccata. “Dobbiamo pensare tutte a dei piccoli piani per non attirare l’attenzione, o per cavarcela se la abbiamo attirata. Anzi, cominciate a pensarci sopra, domani mattina metteremo nel calderone tutte le idee, e magari le proveremo tra noi”.
Pao tira su di naso. E’ triste, la sfiducia in sé traspare da ogni suo respiro.
Le altre cercano qualcosa di carino da dirle. Ma perché le idee per chiacchierare sfuggono proprio quando uno le cerca con affanno?
Terry è la prima. “Vera, hai visto che begli acquisti ha fatto Pao?”.
Vera guarda gli oggetti con entusiasmo eccessivo. “Colori a olio? Tele? Whow! Anche io ho sempre desiderato provarci!”.
“Puoi tenerli!”, risponde secca la cinese.
“Ma come?”. Vera ci è rimasta. “Pao, li hai sempre desiderati”.
“Ora non più”, risponde immusonita.
E’ bruttissimo sentirla parlare così. La hanno quasi sempre vista con il sorriso, talvolta radioso, talvolta timido. Mai così gelida verso di loro.
“Aspetta, Pao”, ritenta Vera. “Magari potresti insegnarmi a dipingere ad olio”.
“Non l’ho mai fatto prima. Io ho un anno e mezzo, ricorda!”.
“Allora, se siamo alla pari, potremmo fare una gara”, insiste strizzandole l’occhio.
“Ci penserò. Ora scusate, ma vorrei restare un poco da sola”.

Finalmente sola, nella sua camera. Che pomeriggio orribile, che giornata orribile! La sensazione della sua inadeguatezza non è mai stata tanto forte come oggi.
Si guarda allo specchio, di lato. Quello specchio ellittico, a corpo intero, è un regalo di Carol di pochi giorni prima. Lei ne ha comprati due, ne ha messo uno identico anche nella sua camera. La sua amica passerebbe ore a guardarsi, e ogni volta ne riceve una carica. Carol è orgogliosa della sua immagine, e dentro di sé si sente proprio come si vede.
Per Pao Chai è diverso. L’immagine della bella ragazza orientale è come ha sempre sognato di essere: alta, slanciata, con il viso affilato e le orecchie piccole. Dimostra vent’anni, ed ha attratto più volte le attenzioni dei ragazzi, di uomini maturi e perfino di molestatori.
Si guarda ancora. Sa che dentro di sé non è così come la mostra lo specchio.
Come diceva Terry? Il passo più lungo della gamba? E’ proprio questo che ha fatto Pao. Quante volte se ne è pentita. Vorrebbe sembrare di nuovo una ragazzina, avere una mamma ed un papà, ritornare in un’età nella quale l’amore significa scambiarsi bigliettini a scuola e casti bacietti.
Riguarda i suoi acquisti di oggi. Li ha desiderati tanto, ed ora vorrebbe non averli mai presi. Non oserà mai più andare in quel negozio.
Si ricorda della prima volta che vi entrò, ancora all’inizio della loro storia. Lei e Carol stavano ocheggiando per il centro di questa città grande e sconosciuta, con pochissimi soldi in tasca e tanti desideri da mettere in buon ordine. Le piaceva tanto girare con Carol, così sicura, così affascinante. Quel giorno lei la accompagnò dentro, compiaciuta della sua meraviglia, ed ascoltò tutti i suoi quantolovorrei entusiasti.
Pao guarda la cartellina da disegno e le matite allineate con ordine sul suo tavolo. Per parecchio tempo quelle poche cose le hanno consentito di sostituire questa realtà con un’altra, essere libera di volare tra le nuvole dorate della sua fantasia. Una smorfia amara: queste nuvole hanno avuto il loro prezzo, a scuola. Dopo la prima bocciatura si era ripromessa di cambiare, ma in realtà vi si è addentrata sempre più.
All’inizio pensava spesso ai suoi genitori, ma in fondo questi pensieri non erano amari. Non la hanno mai cercata semplicemente perché non sapevano che esistesse.
Ma Yan Lin? Sua nonna? Scuote la testa. Non è davvero sua nonna. Eppure, quando le ha accolte a Kandrakar, lei avrebbe voluto abbracciarla, piangere sulla sua spalla per i genitori che non rivedrà mai più. Lei sa che Pao esiste, eppure sembra che la abbia abbandonata, forse perfino dimenticata. Questo le brucia più di tutto.
Riguarda la valigetta dei colori, la apre. Splendidi! E’ proprio vero che non le importa più di loro? Questo marrone rossiccio… è il colore del letto di sua mamma. Si ricorda di quando aveva l’influenza, la febbre alta, e la sua mamma la faceva dormire nel lettone. A lei piaceva tanto avere la febbre, passare due giorni riverita e coccolata come una reginetta, e farsi preparare tisane dolcissime che beveva con avidità.
Basta, Pao, devi farti forza! Non puoi vivere come una bambina, se non c’è una mamma.
Dovrai fare qualcosa per essere all’altezza delle aspettative delle compagne, per dimostrare che anche tu non sarai per sempre pavida e distratta.
Riguarda la valigetta, accarezza i morbidi pennelli di martora. Sì, queste cose chiedono di essere usate. Vera voleva una gara di pittura? Ecco una bella occasione per dimostrare quello che vali, Pao Chai! E trova pure qualche idea da portare in discussione domani, tanto per dimostrare che, prima o poi, sarai davvero in grado di tirarti fuori dai guai da sola!
 

Midgale, centro città.

Mentre si aggira tra le scansie del più bel colorificio che ha trovato, Vera cerca di ricordare cosa avesse comprato Pao Chai.
Spera proprio che la compagna accetterà la sua sfida amichevole. Si sente un po’ in colpa, non pensava che la sua osservazione la avrebbe ferita così.
Comunque vada, domani il pomeriggio sarà dedicato al suo primo capolavoro pittorico.

Valigetta di colori, cavalletto, tele, solventi… ah, sì, anche il manualetto. Tutta la roba è impilata tra le braccia ed il mento. La latta di trementina, in precario equilibrio sulla pila, viene tenuta ferma solo dalla telecinesi. Il cavalletto, tenuto sottobraccio, sfiora un piccolo manichino su uno scaffale, che si volta come a guardarla passare.
Deposita tutti i suoi nuovi acquisti sul banco, poi apre il portafogli. Ne estrae cinque banconote da cento dollari nuove fiammanti.
Il negoziante la guarda un po’strano. Gli occhi indugiano un attimo sulla spilla simile ad una margherita, poi batte il conto. “Duecentosettantaquattro dollari e ottanta centesimi, prego”.
Vera mette giù tre dei suoi bei bigliettoni verdi.
Il negoziante li guarda con cura, li scruta, poi torna a guardare lei, con occhi sgranati.
“Cos’ha da fissarmi così? Non sono mica falsi!”.
 

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Capitolo 23
*** Immagine di un fantasma ***


23.immagine di un fantasma  
 
Cara Eleuthera, grazie per la tua bella recensione. Sei molto abile nel mettere in evidenza degli aspetti del lavoro e soprattutto dell'emotività dei personaggi. E' un grande piacere scrivere per lettori come te. Quanto al personaggio di Pao Chai, direi che è l'unica del gruppo a presentare un atteggiamento così marcatamente regressivo, però tutte loro sono preda di momenti di rimpianto che determinano quello che sono, e che talvolta emergono nelle pieghe della trama.

Cara Melisanna, grazie per il tuo continuo incoraggiamento e per i suggerimenti. So che esaminare le bozze del mio lavoro ti costa sacrificio visti i tuoi ritmi attuali, e spero proprio che tu possa trovare presto il tempo di proseguire il tuo Terra magica. Quanto al disegno, immagino che tu ti riferisca allo sfondo. Per scelta, lo ho fatto un po' sbiadito per far risaltare i personaggi in primo piano. Volendo, potrei fare degli ingrandimenti anche delle comparse. Il disegno di Terry a corpo pieno mi sembrerebbe venuto bene, purtroppo la posizione ha poco senso se avulsa dal contesto in cui si appoggia alla porta vetrata.

Approfitto per ringraziare ancora kb_master, che mi sta dando molti suggerimenti importanti, soprattutto a livello di soggetto di parecchi capitoli.

Come al solito, c' è la possibilità di discutere più in dettaglio al  http://freeforumzone.leonardo.it/viewmessaggi.aspx?f=4642&idd=8397&p=3. 
Prima o poi cercherò di rivitalizzare quel topic. Tutte le recensioni, le critiche costruttive ed i commenti sono benvenuti.

In questo capitolo, il gruppo delle gocce svolge la sua prima missione importante, commettendo  un errore clamoroso e potenzialmente gravido di conseguenze.


 

PROFEZIE


Riassunto delle puntate precedenti 
Di nascosto dalle WITCH, Elyon affida a Vera, una copia di sè stessa che appare come una ragazza più grande, l'incarico di rintracciare le gocce astrali, le sosia create dalle guardiane, e ribellatesi ad esse più di un anno prima .
Elyon e Vera si presentano alle ragazze, rintracciate a Midgale. Assomigliano ancora alle originali, ma appaiono più belle e cresciute, sui vent'anni.
Nel povero appartamento, raccontano di essere state mantenute dalla Fondazione Astro Nascente fino a pochi mesi prima, quando sono state improvvisamente scaricate. Da allora hanno vissuto alla giornata.
La goccia di Cornelia si chiama Carol. Quella di Irma, Irene. Quella di Hay Lin, Pao Chai. Quella di Taranee, Terry. Quella di Will, Wanda.
Elyon propone alle gocce di collaborare con Vera a raccogliere informazioni tecnologiche per modernizzare Meridian.
Vera dimostra subito di essere in grado di materializzare documenti e denaro falsi, ma perfetti. Le gocce sono entusiaste di lei, tranne Carol, che ne è gelosa e vorrebbe riprendere i contatti direttamente con Elyon. 
Le gocce si trasferiscono, con Vera, in due eleganti appartamenti contigui. Come copertura, fingeranno di essere delle studentesse universitarie; ognuna riceve una lista di argomenti e l'incarico di individuare degli esperti su ciascuno. 
Per fare fronte a futuri incarichi e imprevisti, Elyon e Vera decidono di addestrare le gocce ai poteri mentali, quali la lettura e trasmissione del pensiero, lo sguardo del comando e la telecinesi.
In alcune occasioni, le ragazze commettono goffaggini che attirano l'attenzione della polizia, ma senza particolari conseguenze. Finchè...

Cap. 23
 

Immagine di un fantasma

Midgale, zona artigianale ed industriale

L’orologio segna quasi le due di una calda notte di agosto. La luce arancione dei lampioni al sodio dipinge di piatti colori marroncini un capannone in fondo ad un cortile. Per contrasto, il cielo notturno sembra avere una intensissima tonalità blu scuro.
Le anonime facciate delle costruzioni della zona artigianale ed industriale di Midgale celano miniere di tecnologia terrestre. Di quella tecnologia banale, scontata su questo mondo, che invece può cambiare la vita degli abitanti di un altro.
Questa è la grande sera, quella che le gocce hanno sognato per due mesi. Per le prima volta entrano in azione sul serio. Le 007 di Meridian!
Vera comunica mentalmente, senza pronunciare una parola: ‘Tutte in posizione. Io e Wanda entriamo’ .
Le due si avvicinano al recinto. Non c’è bisogno di sforzarsi per individuare il cane da guardia: appena arrivano a contatto con il cancello, risuona il suo ringhio.
Il mastino emerge da una zona d’ombra. Arriva vicino al cancello emettendo un verso molto basso, più spaventoso del latrato che si sarebbero aspettate.  Ma è un attimo. Mentre Vera lo fissa, il cane si irrigidisce sulle sue zampe come un inquietante fantoccio.
La serratura del cancello scatta. Le due ragazze entrano indisturbate.
Anche la porta metallica chiusa del capannone non è un ostacolo: a Vera basta pensarlo, e il tamburo gira sbloccando la serratura.
Appena entrate, Wanda accosta la porta alle spalle, e guarda fuori attraverso una finestrella.
Vera si avvicina ad una macchina che sembra un grosso bancone metallico.
‘Questo è un tornio, Wanda. Una macchina semplice, tradizionale, che richiede l’abilità manuale di un artigiano’.
‘A che serve?’.
‘Per costruire pezzi meccanici scolpendo un cilindro di metallo. Però per costruire un buon tornio è necessario, tra le altre cose, un altro tornio’.
‘Ma Vera, allora come hanno fatto a costruire il primo tornio del mondo?’.
‘Sinceramente non lo so. Forse lo hanno scolpito nella pietra. Comunque noi prenderemo una scorciatoia. Questo sarà il capostipite di tutti quelli di Meridian’.
Vera tende le mani e le fa oscillare sopra la macchina. Questa inizia a restringersi lentamente, ma si intuisce che qualcosa non funziona.
Vera rafforza il suo incantesimo. Cos’è che non va?
La risposta arriva come il fragore di quattro spari. Alcuni oggettini metallici tintinnano sul pavimento di cemento. Il tornio era ancorato al suolo da quattro viti, che si sono spezzate con fragore.
Un allarme acustico suona. Vera tende la mano, e lo zittisce immediatamente. ‘Che sfortuna!’.
‘Continua, non si vede nessuno ’, suggerisce tranquillizzante il pensiero di Wanda.
Vera continua ad oscillare le sue mani sulla macchina. Questa continua a rimpicciolirsi lentamente, con rumore di strofinio sul pavimento.

Quando l’oggetto è ridotto alle dimensioni di un giocattolo, lo prende sul palmo della mano sinistra, e lo accarezza con la destra.
Sente un pensiero impaziente. ‘Non perdere tempo, Vera. Portiamolo via’
‘Non voglio rubarlo. Lo sto scandendo con le mani per ricrearlo’.

Ormai sono passati più di cinque minuti da quando l’allarme ha suonato. Appoggiato a terra l’oggettino, vi tende sopra le mani, iniziando la sequenza di operazioni mentali per ripristinarne la grandezza originale. La ripete più e più volte, sempre più veloce…
D’improvviso le risuona in testa: ‘Arriva il guardiano!’
‘Viene verso di voi’  ‘Dov’è?’  ‘Ormai è lì’  ‘Lì dove?’.
Voltandosi verso la porta, Vera fa in tempo a vedere il vuoto dove avrebbe dovuto esserci Wanda.
 

Nel cortile

Ha sceso le scale, trafelato. In più di trent’anni di lavoro come custode, non è la prima volta che qualcuno tenta di introdursi nell’officina. Balordi, teppisti, mai veri ladri. Qualcuno ha lasciato pantaloni e brandelli di pelle tra le zanne di Wolf. Ma spari, mai prima d’ora.
Teme di trovare il cane disteso in un lago di sangue. Invece è in piedi accanto al cancello aperto, innaturalmente fermo, e sembra fare la guardia solo alla propria immobilità.
“Wolf…”. Lo tocca con la mano. Il cane sembra impagliato.
Cosa diavolo succede? Mette il colpo in canna alla pistola.
Apre la porta metallica, defilandosi per metà dietro il battente, e protende il braccio armato e la torcia elettrica nella sinistra..  “Chi c’è qui dentro?”.
Il fascio della torcia squarcia la penombra e rivela, per un momento, una donna di spalle che si volta, sorpresa quanto lui. Poi attraversa il vuoto.

“Ehi, bionda… dove sei andata?”. Entra circospetto, guardandosi in giro e puntando la pistola verso la semioscurità del resto del capannone. “Chi c’è qui?”. Silenzio.
Senza voltare le spalle, cerca a tentoni il quadro elettrico a lato della porta, e, dopo qualche tentativo alla cieca, tutto il capannone è illuminato.
Cosa succede? Avanza verso l’interno. Accanto a dove ha visto la donna c’era un tornio… ma ora è sparito. I  quattro tiranti di fondazione che sporgono dal pavimento, spezzati e distorti, sembrano le tracce del gioco malvagio di un gigante.
E quello per terra cos’è? Un giocattolo?
Dopo qualche secondo sente la porta metallica richiudersi alle sue spalle.
Mi hanno giocato. Ma come?
Corre a riaprirla per guardare fuori. Nessuno! Forse dietro l’angolo… neppure!
Per la prima volta, questo posto gli mette i brividi.
 

Dieci minuti dopo, in strada.

Il reporter Darker vede l’auto con i lampeggianti rossi e blu fermarsi accanto al capannone. Due agenti in divisa scendono e vanno incontro ad un uomo anziano con una pistola ancora in pugno.
Il reporter scambia un’occhiata d’intesa con il fotografo Peeper, seduto al suo fianco nell’automobile. “Quel confidente alla centrale di polizia è prezioso”.
Fino a questo punto la serata è stata vuota, ed anche la notizia di un furto in un’officina può servire a tappezzare un angolino di una pagina di cronaca che, in certe occasioni, sembra disperatamente vasta e vuota. Certo, se fossero fortunati, più tardi nella nottata potrebbe saltare fuori la notizia di un bell’omicidio, ma per ora neanche queste notiziole da poco si possono gettare via.
“Scendiamo anche noi?”, chiede il passeggero, accennando ad aprire la custodia della macchina fotografica.
“Certo, Harold. Siamo qui per questo”.
I due uomini scendono dall’auto e seguono i poliziotti entrati nel capannone, passando accanto ad un mastino alla catena stranamente mansueto.
Li trovano tutti attorno ad uno spazio nel quale sembra mancare qualcosa che ha lasciato un’impronta rettangolare sul pavimento. “Salve, sergente Grinder”.
Il sergente risponde con un cenno distratto. La deposizione del guardiano è già iniziata.
“Lo hanno portato via nei tre minuti che ho impiegato ad arrivare. Ho trovato solo quell’affarino lì”. Indica il minuscolo tornietto sul pavimento.
L’altro agente chiede: “Quel coso scomparso può essere sollevato a mano?”.
“Scherza?”, risponde il guardiano. “Per collocarlo qui, più di trent’anni fa, fu necessario far entrare nel capannone un autocarro con una gru!”.
Il sergente alza incredulo un sopracciglio, smettendo di scrivere. “E in tre minuti, lei non ha trovato più né il coso, né un autocarro e neppure il portone grande aperto?”.
“Ho ben trovato il cane intontito. E, soprattutto, ho visto una ladra!”. Indica un punto sul pavimento. “Era ancora lì accanto al giocattolo!”.
“Che aspetto aveva?”.
“Aveva una coda…”.
“La ladra, non il cane”, lo interrompe l’altro agente.
“Ovvio”, chiarisce indispettito il custode. “Aveva i capelli a coda di cavallo. Era una bionda sui venticinque anni, alta…non so, meno di un metro e settanta. Vestiti qualsiasi, gonna e maglietta blu scuro”.
L’altro agente ridacchia. “E quante zampe?”.
Il custode si morde il labbro per non rispondere a tono.“Non ricordo altro”. Meglio non dire parola degli scintilli che, per un attimo, gli era sembrato di vedere attorno al giocattolo appoggiato sul pavimento.
Il sergente dà un calcetto discreto al suo collega. “Agente Tobbs, mi vada a cercare un’altra penna in auto, casomai questa dovesse esaurirsi”.
Mentre l’altro si allontana sbuffando,  lui continua a prendere nota diligentemente: “…. Gonna e maglietta blu scuro…capelli biondi a coda...  Ed è scappata?”.
Il custode esita prima di rispondere. “Sì… o meglio è svanita… Puff!”.
“Svanita?”   “Puff?”.
Il sergente Grinder lo guarda di storto. “Hanno rubato solo una macchina vecchia di trent’anni? Non avevate niente di più appetibile?”.
L’uomo si stringe le spalle. “Sì, veramente sì. Molte cose”. Indica, riluttante, delle macchine simili a grandi scatoloni arancioni con portelli sfinestrati. “Quei centri di lavoro a controllo numerico, per esempio, hanno meno di dieci anni”.
Il sergente si guarda in giro, poi torna a studiare il viso del custode. “Scusi signor… Dumper, vero?  L’officina è assicurata contro i furti?”.

Da come prosegue il discorso, è chiaro che i poliziotti non credono più alle parole del custode.
Dopo un po’, il sergente gli chiede diplomaticamente di soffiare in un palloncino.
Mentre Peeper scatta alcune foto al gruppo, il cronista si è ormai reso conto che la storia non sta in piedi. Se non fosse per l’incubo della pagina vuota, se ne sarebbe già andato.
Finite le fotografie, l’altro gli si accosta e bisbiglia:  “Non ti sembra che perdiamo tempo?”.
Il reporter risponde con un’impercettibile alzata di spalle. “Può sempre venire fuori  un pezzo curioso, basterà romanzarlo un po’”.
 

Midgale, sala riunioni delle gocce

Un tremolio, una debole luminosità. Poi il buio.
D’improvviso si sente lo scatto di un interruttore, e l’oscurità  lascia il posto all’immagine rassicurante del tavolo del loro soggiorno.
“Commenti?”, chiede Vera al gruppo, appena riemerso dal baluginio della dislocazione.
“Abbiamo appena risparmiato altri sei biglietti di autobus”, propone Irene.
“Siamo state bravissime. Entrate e scappate senza possibilità di cattura!”, propone entusiasta Pao Chai.
Terry scuote la testa. “Siamo state delle frane. Abbiamo lasciato un sacco di tracce. Questa volta prenderanno per pazzo il custode, ma se dovesse tornare a succedere…”.
“Due minuti di più, ed il tornio sarebbe tornato come prima”, ammette Vera con disappunto. “Purtroppo, è indispensabile che stia sul palmo della mano perché io lo possa scandire”.
“Dovremo perfezionare i piani”, propone Wanda. “Non ripeteremo gli stessi errori”.
“Almeno, sei riuscita a copiare quell’aggeggio?”, chiede Carol.
Vera va a sedere al tavolone, e comincia a passarsi le mani l’una sull’altra. “Adesso lo vedremo”.
Poi il movimento cambia, come se accarezzasse un oggetto invisibile.
Si sente una corrente d’aria provenire dalle spalle. Ad un certo punto si vede un angolo di un oggetto grigio avvolto da una vaga luminescenza. Le ragazze hanno l’impressione che venga come estratto dal palmo della mano di Vera.
Un momento dopo, una specie di giocattolo lungo dieci centimetri si trova appoggiato sul tavolo. Nessuna ha fiatato.
Dopo un lungo silenzio, Pao Chai chiede: “Elyon riuscirà ad ingrandirlo?”.
“Sì, ha preparato un’installazione fissa per fare questo. La ha chiamata ‘arco di crescita’ ”.
Pao cinguetta, rigirandosi il tornietto tra le mani: “Se questo arco non dovesse funzionare, prenoto questo aggeggio per le mie bambole!”.
 

Midgale, sala riunioni delle gocce, la mattina dopo

Sono le nove e due minuti di una radiosa mattina di agosto. O, quanto meno, le schegge di cielo luminoso che si intravedono attraverso i tendoni e le persiane suggeriscono questa idea.
Il soggiorno, invece, è ancora semibuio dopo che il debole alone opalescente è svanito.

Sono le nove e cinque.
Come altre volte, nessuna delle gocce si è ancora presentata. L’ora del caffelatte si sta lentamente prolungando, ed erode il tempo lavorativo come le onde erodono una riva sabbiosa.

Sono le nove e otto minuti.
Come altre volte, si sente un tamburellio di dita sul grande tavolo di legno.
Elyon sta contenendo la sua impazienza, seduta nella stanza. Non è più abituata, da molto tempo, a fare anticamera. Ci vuole un bello scherzo… Potrei farle rimproverare da un frollino! Che idea! Sorride immaginandosi la faccia di Irene, apostrofata dal biscotto che sta per addentare.

Sono le otto e nove minuti.
La prima ad entrare è Pao Chai, con il giornale in mano. Si tratta del Midgale Herald, un giornale locale.
“Ciaooo, Elyon. Sei venuta a complimentarti perché siamo diventate famose?”.
Elyon si acciglia per un attimo. “Ehi, Pao, stai scherzando, non è vero? Non farmi prendere certi colpi…”.
“Ecco il giornale. Giudica tu!”. Le apre il giornale sulla pagina della cronaca locale.
Appena Elyon focalizza un articoletto, la sua espressione si fa sorpresa e contrariata.
Pao Chai le fa l’occhiolino. “Non rovinare la sorpresa! Stanno arrivando”.

Si sente aprire la porta d’ingresso. Una Vera in vestaglia, seguita da quattro ragazze sbadiglianti, entra con un sorriso soddisfatto. “Ciao Ellie. Scusa, ma abbiamo fatto gli straordinari per questo coso”.
Estrae dal cassetto il minuscolo tornio. Il suo sorriso sembra chiedere: ‘siamo brave?’.
Elyon prende in mano l’oggettino, lo rigira, muove delicatamente le leve.
“Stupendo! E’ venuto benissimo!”. Alza gli occhi verso Vera. “A proposito, cara, anche tu sei venuta benissimo”.
“Grazie Ellie…”.  Per un attimo Vera lo ha preso come un complimento, ma poi qualcosa le dice che il senso della frase è un altro. Elyon le indica il giornale già aperto sul tavolone.
A Vera cade subito l’occhio su un articoletto corredato da una fotografia in bianco e nero. ‘Donna invisibile ruba un vecchio tornio’.
Appena vede la foto, le si gela il sangue.

Terry parla per lei. “Vera, quella lì sei tu…sullo sfondo, tra il custode ed il poliziotto!”.
“Cosa?”   “Ma non eri invisibile?”    “Come hanno fatto?”.
La smorfia di sorpresa si vena sempre più di disappunto “Ma come! Nessuno mi ha guardata, nessuno si è voltato verso di me. Ed invece…eccomi qui!”. Cade a sedere sulla sedia. “Non ho ingannato la macchina fotografica!”.
“E questo cosa implica?”, chiede Wanda.
“Se il custode vedrà questa foto, mi riconoscerà immediatamente, e questa farà da identikit. Inoltre i poliziotti gli crederanno per quando affermava che sono svanita di colpo”.
“Possiamo evitarlo”. Un luccichio brilla in fondo alle pupille di Elyon. “Andrò immediatamente a fare visita a questo custode per confondergli le idee”.
“Come farai?”, chiede Carol.
“Basterà un po’ di cortesia”. Strizza l’occhio. “Chi lo ha visto in faccia, oltre a Vera?”
“Io”. L’alzata di mano di Wanda precede tutte le altre. “Ho anche visto dove abita”.
“Bene, andiamo… fammi strada”.
Le due spariscono in un tremolio luminoso.
 

Midgale, casa del custode

Decisamente non è giornata. Dopo quell’allarme a tarda sera, non è quasi più riuscito a prendere sonno. Un tornio sparito… una ragazza misteriosa svanita davanti agli occhi… quel giocattolo, che sembrava la firma beffarda dell’atto di un teppista folle… E poi, le domande degli agenti, le insinuazioni, i palloncini… Umiliante. Inspiegabile ed umiliante.
E poi, all’alba, il suo dormiveglia è stato interrotto dal trillo crudele della sveglia.
E il titolare… tra mezz’ora dovrà affrontarlo faccia a faccia, la conversazione di stamattina al telefono è riuscita solo a farlo imbestialire.
Quella donna misteriosa, svanita così… Deve averlo ipnotizzato. Lo ha ipnotizzato, ha finito il furto con comodo e fatto sparire ogni traccia. Sì, è l’unica spiegazione che sta in piedi.
Ora che conosce il trucco, non funzionerà più.
‘Signor Dumper’.
Cos’era? Chi lo chiamava? Davvero qualcuno ha parlato? Forse sua moglie… “Helen, sei ancora in casa?”.
Silenzio. E’ già andata a lavorare.
‘Signor Dumper… Jacob, venga allo specchio ’
Di nuovo! Lo ho sentito! No, non lo ho sentito davvero. Era nella testa!
‘Allo specchio ’.
Si dirige esitante verso il bagno.
Vede la sua immagine nello specchio sopra il lavello, la stessa immagine che lo guarda assonnata ogni mattina presto appena alzato, e che gli fa smorfie quando si rade.
Ma oggi quest’immagine ha qualcosa di più strano.
Si avvicina per osservarla. Ha come una lucetta in fondo agli occhi.

Non sa quanto tempo la ha osservata. Non sa quanto a fondo. Ma ora è sicuro: non c’è nessuna luce strana negli occhi. E’ la faccia di sempre.
E’ stanco, solo stanco. Ha avuto una serataccia, una nottataccia. Chissà cos’avevano da insistere quei poliziotti, ieri sera, su una donna che lui dovrebbe avere visto… l’unica che ricorda è quella passante che è entrata per curiosare alle spalle del cronista.
 

Midgale, sala riunioni delle Gocce

Nella stanza si nota nuovamente un baluginio, dal quale emergono le figure di Elyon e Wanda.
“Tutto a posto”, rassicura la Luce . “I ricordi del custode non sono più un problema per noi. Vera, tu sei ufficialmente solo una passante curiosa, senza relazione con quanto è successo”.
Un’espressione di sollievo si dipinge sul viso di Vera. “Grazie, Ellie. Ora nessuno oserà contraddire l’evidenza delle foto”.
Terry ha appena finito di rileggersi l’articolo per la terza volta. “Per prudenza, bisognerebbe fare una visitina anche al cronista e al fotografo”.
Wanda scuote il viso. “Ragazze, anche così, il problema non è ancora risolto. L’articolo è lì, la foto è lì”. Batte l’indice sul giornale. “ ‘Donna invisibile ruba un vecchio tornio’.”
“Ma è un titolo ironico”, protesta Therese. “Se leggi tutto il testo…”
“L’ho già letto”, risponde Wanda perentoria. “E’ scritto come una barzelletta. Ma chi ha occhi per leggere, e interesse per capire, può farlo”.
Tutte sono gelate. “Cosa vuoi dire?”.
“Che, all’inizio dell’anno scorso, io sono già stata arrestata ed interrogata dall’Interpol al posto di Will. Lì c’è qualcuno che ha interesse per chiunque abbia poteri paranormali”. Chiude il giornale. “Elyon, tutto è partito dalle indagini sulla tua scomparsa. Anche se hanno dimenticato Will Vandom, forse sono ancora alla ricerca di soggetti simili”.
Tutte le gocce ricordano ancora quell’incubo trascorso dalle guardiane.

“Dovremo essere più attente”, dice Vera impressionata. “Innanzitutto dobbiamo riflettere bene sui limiti dell’invisibilità”.
Elyon si siede. “Ragazze, avremmo dovuto immaginarlo, noi due”. Guarda la sua vice. “L’incantesimo dell’invisibilità rientra nella categoria delle suggestioni, cioè non agisce sulla persona che si rende invisibile, ma sulle percezioni di chi guarda”.
“Perciò non influenza le pellicole, le telecamere e neppure le persone che osservano da lontano”, completa Vera dandosi una pacca sulla fronte. “Che scema…”.
Wanda si acciglia. L’incidente della fotografia, quindi, non era affatto imprevedibile.
Elyon riprende la sua parte in questa spiegazione a due voci. “La suggestione dell’invisibilità copre anche piccoli rumori, ma si spezza se la persona vi tocca, o se urlate”.
E’ il turno di Vera: “Se succedesse, potete ripetere l’incantesimo per sparire nuovamente”.
“Ma ormai ci avranno viste”, osserva Pao Chai.
“Potremmo cambiare aspetto”, suggerisce Therese.
“Già”. Elyon sbircia l’orologetto che porta al polso. “Dovete sapere un’altra cosa. Il sistema che vi ho già spiegato per cambiare aspetto funziona esattamente come l’invisibilità. Gli altri sono suggestionati a vedervi diverse, ma voi siete come sempre”.
Irene sorride. “L’ideale per far passare inosservata una macchia sul vestito!”.
Carol le tira un lembo della canottiera. “Allora comincia adesso, Polpetta”.

“Non si può trovare un vero metodo di invisibilità?”, chiede Wanda.
Elyon scuote la testa. “No. Si diventerebbe ciechi”.
“Oh!”. Irene fa uno scongiuro incrociando le dita.
“Perchè la luce attraverserebbe indisturbata una persona davvero invisibile”, spiega la regina. “Non verrebbe focalizzata dal cristallino degli occhi, né assorbita dalla rètina”.
“Ma Will era ben capace di rendersi invisibile”, insiste Wanda.
“Io mi sono trovata faccia a faccia con Will invisibile”, ricorda Vera. “Ho notato che le si vedono ancora le pupille, e attorno al contorno le immagini tremolano”.
Elyon riflette un attimo. “Forse le guardiane usano qualche sistema diverso”. Tamburella sul tavolone. “Chissà cosa… forse curvano i raggi di luce attorno al corpo”.
Wanda scuote la testa. “Il come non lo sanno neanche loro, ve lo assicuro. Hanno imparato a farlo, e basta”.
Vera annuisce. Riapre il giornale sul tavolone, e si riguarda nell’immagine. “Resta ancora irrisolto il problema delle pellicole fotografiche e delle telecamere”.
“E dei sistemi d’allarme”, aggiunge Wanda. “Le fotocellule, i sensori volumetrici, i sensori di peso… non possono essere ingannati da questo tipo di invisibilità”.
“Ma non vogliamo mica entrare nel caveau di una banca!”, dice preoccupata Irene. “O sì?”.
Vera la ignora. “Ellie, esiste un rimedio, anche se è molto costoso come consumo di potere”.
“Già!”, conviene Elyon perplessa. “La trasformazione materiale del corpo. Anche se vi fotografassero con un aspetto fasullo, poi non potrebbero più riconoscervi”. Si tira le trecce, persa per un attimo nel ricordare i suoi impegni a Meridian. Poi, con un vago tono di rimpianto: “Vera, ti senti di insegnare tu questo metodo?”.
La sua vice sorride. “Ci puoi contare, Ellie”. Sta arrivando anche il suo momento di fare la maestrina.
“Trasformazione materiale…” .  Irene è a disagio. “Ha a che fare con la pietra filosofale o Re Mida?”.
Vera la guarda con un sorriso paziente. “No, Irene. E’ una cosa come quella che avete fatto a Kandrakar. Il corpo cambia come lo volete voi”.
“Ah…”. Si sfiora i fianchi un po’ troppo pieni. “Mi piace”.

Elyon riguarda l’orologietto da polso. Ormai non c’è scusa, le lancette hanno superato il pezzetto di nastro adesivo colorato, attaccato sul quadrante, che le ricorda qualche impegno reale.
“Ragazze, devo tornare di fretta in un posto da sogno dove tutti mi chiamano ‘altezza’. Alla prossima”.
Il suo cenno di saluto è appena percepibile nella sagoma che tremola e svanisce.
Le gocce tornano a voltarsi verso Vera. Restano completamente interdette a vedere, al suo posto, una donna di mezza età.
“Bene, ragazze”, dice con un sorriso inquietante la sconosciuta. “Come si chiama quel cronista?”.
 
 

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Capitolo 24
*** Tabula rasa ***


24-tabula rasa  
Cara Amantha, grazie della tua recensione. E' una cortesia che apprezzo sempre moltissimo.

Cara Melisanna, conto sempre su di te. Sto cercando di costruire pian piano le premesse per chiarire i rapporti e le capacità dei personaggi prima di un qualcosa che avverrà tra qualche capitolo. Probabilmente tu immagini già cosa... Ti rinnovo i complimenti per l'ultima puntata di Terra Magica. Se ti serve un beta, sai che puoi contarci.

Ciao Giuly, è vero, anche io ho avuto qualche scrupolo per il povero custode. Quanto alle Witch originali, torneranno in scena tra qualche capitolo, quando la situazione cambierà molto. A dire il vero, a me piace di più scrivere delle gocce.

Cara Eleuthera, grazie per la tua bella recensione. Ammiro la tua attenzione e la tua abilità nel mettere in evidenza alcuni aspetti di questa storia che quasi sfuggivano anche a me. A proposito di Vera, è vero (....) che farà alcuni scivoloni. Il ruolo futuro di Wanda è quello del "falco" del gruppo, in contrapposizione, come si comincia a vedere già da questo capitolo, a Carol.

Approfitto per ringraziare ancora kb_master, che mi sta dando molti suggerimenti importanti, soprattutto a livello di soggetto di parecchi capitoli.

Come al solito, c' è la possibilità di discutere più in dettaglio al  http://freeforumzone.leonardo.it/viewmessaggi.aspx?f=4642&idd=8397&p=3. 
Prima o poi cercherò di rivitalizzare quel topic. Tutte le recensioni, le critiche costruttive ed i commenti sono benvenuti.

In questo capitolo, si ripresenta l'incubo di una minaccia passata e forse solo immaginaria; la tensione porterà a commettere degli errori di valutazione che daranno inizio ad una polarizzazione del gruppo che si trascinerà fin quasi alla fine della storia. All'inizio si può riconoscere una trasposizione onirica del rapimento della goccia di Will in WITCH n. 32- il gioco delle parti.


 

PROFEZIE


Riassunto delle puntate precedenti 
Di nascosto dalle WITCH, Elyon affida a Vera, una copia di sè stessa che appare come una ragazza più grande, l'incarico di rintracciare le gocce astrali, le sosia create dalle guardiane, e ribellatesi ad esse più di un anno prima .
Elyon e Vera si presentano alle ragazze, rintracciate a Midgale. Assomigliano ancora alle originali, ma appaiono più belle e cresciute, sui vent'anni.
Nel povero appartamento, raccontano di essere state mantenute dalla Fondazione Astro Nascente fino a pochi mesi prima, quando sono state improvvisamente scaricate. Da allora hanno vissuto alla giornata.
La goccia di Cornelia si chiama Carol. Quella di Irma, Irene. Quella di Hay Lin, Pao Chai. Quella di Taranee, Terry. Quella di Will, Wanda.
Elyon propone alle gocce di collaborare con Vera a raccogliere informazioni tecnologiche per modernizzare Meridian.
Vera dimostra subito di essere in grado di materializzare documenti e denaro falsi, ma perfetti. Le gocce sono entusiaste di lei, tranne Carol, che ne è gelosa e vorrebbe riprendere i contatti direttamente con Elyon. 
Le gocce si trasferiscono, con Vera, in due eleganti appartamenti contigui. Come copertura, fingeranno di essere delle studentesse universitarie; ognuna riceve una lista di argomenti e l'incarico di individuare degli esperti su ciascuno. 
Per fare fronte a futuri incarichi e imprevisti, Elyon e Vera decidono di addestrare le gocce ai poteri mentali, quali la lettura e trasmissione del pensiero, lo sguardo del comando e la telecinesi.
In alcune occasioni, le ragazze commettono goffaggini che attirano l'attenzione della polizia e perfino dei giornali.

Cap. 24
 

Tabula rasa





Deve essere una festa di gala. Saloni sontuosi ornati da colonne di marmo e tappeti rossi, grandi specchi con le cornici dorate. Uomini e donne eleganti che la ignorano, e tra cui si sente a disagio.
D’improvviso un pensiero le risuona in testa : ‘Tocca a te!’. Inizia a correre, senza sapere dove, senza sapere perché.
La fuga dura pochi passi. “Ferma, piccola…”. Due occhi scuri, intensi, prendono il posto di tutto il mondo. Sente il cuore che rallenta, ogni sua volontà cessa di esistere, mentre un velo di apatia avvolge ogni cosa. Come un sogno in un sogno, un’autorimessa prende il posto dei saloni eleganti.
Un rumore ritmico si avvicina dall’alto. Un vento innaturale la costringe a socchiudere le palpebre, attraverso le quali vede una figura sfocata, simile ad un coccodrillo, scendere dall’alto nel piazzale.
“Ed ora chiudi gli occhi, piccola!”. Sente il suo corpo afflosciarsi. Le grida, i rumori e le accelerazioni che sente perdono per lei ogni significato.
Un grido … un grido ripetuto, da lontano, tenta di sovrastare il sibilo ed il rombo che coprono ogni altra parola: “Wiiillll!”.
Ma io non mi chiamo Will!

Gli occhi di Vera si aprono sul buio della sua camera. E’ stato solo un sogno, un sogno orribile. Non è stato il primo, questa notte.
Il sonno, questa notte, non le è amico. Meglio alzarsi, fare qualunque cosa che allontani quegli incubi.
Si alza barcollando, e si dirige verso i tendoni serrati. Li scosta, ed apre la finestra, sentendo il piacere di un refolo fresco sul viso ed il collo sudati.
Al di fuori c’è un cielo nitido e senza luna. Se fossero in un deserto, sarebbe una nottata ideale per guardare le stelle. Invece si vedono solo quelle più luminose, lontane dall’orizzonte delle luci cittadine.
Non ha mai alzato gli occhi al di sopra di Meridian, eppure ne ricorda le costellazioni una per una. Le cerca per un po’, senza trovarle. Non c’è nessuna rassomiglianza tra il cielo del metamondo e quello sopra Midgale.
Sente la sua bocca impastata, e la gola che rivendica un po’ di acqua fresca.
Esce piano nel corridoio, scalza, cercando di non fare rumore. Un fruscio sulla sua destra la fa trasalire. C’è qualcun altro nell’oscurità.
‘Wanda!’, le comunica con il pensiero. Se Carol sta dormendo, dovranno rispettare il suo sonno.

‘Vera? Anche tu sveglia?’
‘Ho fatto un sogno orribile’.
‘Vieni in cucina’.

Click!
La luce abbagliante della cucina costringe Vera a strizzare le palpebre. Quando le riapre, Wanda è davanti a lei, schiena alla credenza. Si guardano negli occhi per un attimo, e capisce. “Era il tuo sogno!”.
Wanda abbassa gli occhi. “Sì, ma non era solo questo. E’ il ricordo che mi resta di quando sono stata rapita dai servizi segreti al posto di Will”. Si volta verso lo scolapiatti, a cercare un pentolino da mettere sui fornelli. “Credevo di avere lasciato indietro questo incubo da molto, ma, con quello che è successo ieri, ho ricominciato a preoccuparmi”.
Vera si siede. Non sente più il freddo ai piedi scalzi. Gli accenni fatti da Wanda il giorno prima non la avevano impressionata molto, ma ora deve sapere. “Raccontami tutto”.
“Stavano cercando persone dotate di facoltà extrasensoriali per i loro fini. Il loro uomo di punta si chiamava Ridde, quello del sogno. Aveva facoltà spaventose: controllo mentale, telecinesi e chissà che altro”. Accende il fuoco sotto il pentolino d’acqua. “Quello che hai visto tu è stato solo l’inizio. Il seguito è stato peggio: bloccata su un lettino, mani e piedi imprigionati, elettrodi su tutto il corpo, rumori innaturali trasmessi da cuffie, impulsi elettrici che mi attraversavano la testa…”.
“Orribile”, esala Vera.
“Non trovarono niente. La mia capacità telepatica si è sviluppata solo dopo”. Guarda l’orologio sulla parete. Le tre e mezza. “A distanza di un anno e mezzo, mi chiedo ancora se mi avrebbero rilasciata, senza l’intervento dell’oracolo. Qualche volta, essere un testimone scomodo non garantisce una vita lunga”.
“…”.
“La vera Will Vandom era già tornata a casa. Nessun genitore avrebbe segnalato la mia scomparsa. Nessuno mi avrebbe mai cercata. Will, al bisogno, avrebbe creato una nuova goccia”.
“Wanda…”.
“Se succedesse di nuovo, questa volta avrebbero belle prede tra le mani. Non ci rilascerebbero più. Oh, certo, non ci ucciderebbero. Ci terrebbero come cavie, o come medium…”.
Vera stringe i denti con rabbia. “Se solo ci provassero, gli friggerei il cervello!”.
“Ma Riddle…”.
“Basta, non nominarlo più. Non pensarlo nemmeno. Non tenterò di individuarlo. Se è un sensitivo, può essere controproducente”.
L’acqua nel pentolino richiama ribollendo la loro attenzione.
Wanda prende una scatoletta gialla dalla credenza. “Vuoi una camomilla anche tu?”.
“Grazie, sì”.
“Così dormirai un po’”.
Il viso di Vera si deforma in una smorfia. “Dormire…”.
 

Mattina, 8.45’

Irene esita davanti alla porta chiusa. E’ la prima volta che Vera non si presenta a colazione.
Wanda la raggiunge e le sussurra: “Lasciala dormire ancora un po’. Questa notte si è svegliata”.
Irene le pone una mano sulla bocca, poi accosta l’orecchio alla porta per ascoltare.
….. Sembra la ventola del computer.
“Entrate pure”. La voce di Vera attraversa attutita la porta.
Irene entra nella stanza. “Allora sei sveglia! E la colazione?”. Osserva Vera seduta alla scrivania davanti ad un notes scarabocchiato. La luce azzurrina dello schermo e quella dorata dell’abatjour si riflettono sul suo viso quasi ipnotizzato. Occhiaie gonfie, testa ciondolante. “Hai lavorato di notte, o navigato per siti piccanti?”.
Vera risponde con un grugnito di diniego.
Entra anche Wanda. “Ma sei sveglia da quella volta?”.
“Sì. Ho buttato giù qualcosa sulla carta”. Vera cerca di mettere a fuoco il foglio scritto da lei stessa. Perché fa così fatica? Possibile che abbia già bisogno di occhiali, alla verde età di… di… tre  mesi?
“Questa mattina dovevi insegnarci le trasformazioni corporee. Te la senti?”.
Vera guarda l’orologio, poi il notes. Gonfia una guancia.  “Scusate. Non me la sento”. Vede l’espressione delusa di Wanda. “Prendetevi la mattina libera, vi dirò qualcosa a pranzo”.
Wanda si avvicina e scruta lo schermo. “Notizie di attualità… servizi segreti… Patrioctic Act…Ma cosa cercavi?”.
Vera scrolla le spalle. “Questo paese è cambiato moltissimo in meno di tre anni. Ho iniziato a sospettarlo ieri, leggendo quel quotidiano, e me ne sto convincendo sempre più”. Batte le unghie sullo schermo. “Se mi fossi aggiornata, il tuo racconto di stanotte mi avrebbe sorpreso di meno”.
Anche Irene si abbassa a guardare lo schermo. “Embè? Tu non ti chiami mica Bin Laden”.
Per un attimo Vera non sa cosa rispondere, poi ci rinuncia. “Irene, la tua mattina libera è già iniziata. Non sprecarla!”. Guarda Wanda che sta leggendo il notes scribacchiato. “Anche tu…”.
“Aspetta, aspetta”, la interrompe lei. “Io ho pensato a lungo a queste cose. Avrei potuto esserti molto più utile di queste boiate”. Indica con disprezzo le finestrelle sovrapposte sullo schermo.
“Davvero?”. L’interesse si riaccende negli occhi assonnati di Vera.

Irene inizia a sentirsi esclusa. Le sue idee su cosa dà il sale alla vita sono ben diverse da quelle di Wanda. “Ciao, ragazze. Vi lascio cospirare da sole. Vera, di là c’è ancora il tuo caffelatte che piange abbandonato”. Saluta con la mano, dirigendosi a passi lunghi alla cucina per dare la lieta novella alle altre.

Wanda va verso la porta. “Vado a prendere i miei appunti”.
“Sono questi?”. Vera indica un notes sgualcito sulla scrivania, che Wanda non aveva notato prima.
L’altra è interdetta. “Come….”.
Sorride compiaciuta. “Ho ancora qualche trucchetto da insegnarvi”. Chiude gli occhi e cita, come leggendo: “Uno: mai usare l’aspetto vero per una operazione clandestina, neanche se ci si è rese invisibili”. Riapre gli occhi. “Giusto, Wanda, così possiamo ingannare anche le telecamere”.
“Tu non hai bisogno di occhiali!”. Wanda le prende seccata il notes, e lo apre alla pagina giusta.

Riprende: “Due: prima di un’azione, concordare con le compagne una scusa plausibile nel caso che si sia scoperte, e non cambiare mai versione”.
Vera ci pensa un attimo “Tipo: ‘mi è scappato il micino nell’officina, lo ha visto?’”. Ridacchia. “Ed una delle altre si trasforma in un gatto e miagola?”.

La porta si apre. “Miaooo”.  Irene si affaccia con un largo sorriso felino. “Io, Pao e Terry andiamo a fare shopping. Ciao ciao. Anzi, miao miao”.
“Cave canem”, le rimanda Vera. Poi si accorge che l’altra è rimasta perplessa sulla porta. “Vuol dire: attenti al cane”.
Irene alza un sopracciglio. “Se vuoi parlare in cinese, ti mando Pao. Ora devo andare. Au revoir!”.

“Tre”, riprende Wanda seria. “Mai ammettere un’accusa, neppure per discolparsi da un’altra accusa più grave”. Alza un sopracciglio “E’ un tipico trucco della polizia. Un’accusa falsa, più grave…”.
Vera tamburella. “Tipo: ‘sì, sono entrata nell’officina, ma non ho rubato il tornio’”.

“Quattro: mai parlare dei poteri magici, ammetterli o dimostrarli”.
Vera assente. “Cose come la creazione del denaro falso sono possibili solo con i poteri. Se la gente non crede in questi, le accuse cadono”.
Wanda la guarda, grave. “Ogni cosa che convinca gli altri dell’esistenza di questi poteri è una minaccia”.
Vera tamburella ancora. “Bisognerà dire due paroline a Elyon. Si diverte troppo a stupire la gente”.

“Cinque: prima di dislocarsi, trasformarsi o rendersi invisibili bisogna accertarsi di essere già fuori vista, per non rivelare questa capacità”.
Vera ci pensa un attimo. “E’ difficile sapere se ci sarà qualcuno vicino a dove ci trasferiamo”. Ennesimo tamburellìo. “L’unico modo abbastanza sicuro è rendersi invisibili prima di dislocarsi”.

“Sei: non portare con sé in azione documenti, spille, armi o qualunque cosa che possa essere un indizio per un investigatore”.
“Questo dovremo dirlo a Elyon”. Pensa alla sua spilla. E’ vistosa come un distintivo, ma finora non ha mai avuto il cuore di lasciarla giù.

“Sette: in caso di imbarazzo o cattura, non coinvolgere le altre, fare nomi o l’indirizzo: il gruppo verrà comunque in aiuto”.
Vera storce il naso. “Giusto. Però non è conciliabile con le storielle di gatti”.
Wanda si gratta il naso. “Beh… potremmo mettere che…”.
“Ne parleremo dopo. Fammi sentire gli altri punti”.

“Otto: attenzione a ciò che si dice al telefono o in qualunque ambiente che potrebbe essere sorvegliato”.
“Ottimo!” . Si guarda in giro, ed abbassa la voce. “Tra parentesi, dovremmo ideare qualche precauzione per non essere spiate proprio qui in casa”.
“Appunto. Ma non rubarmi gli argomenti, per piacere”.

Nel vano della porta appare una sagoma alta con un elegante vestito azzurro. “Ciao cospiratrici. Sto per andare al negozio, visto che non potrò fare il turno di pomeriggio”.
“Ciao Carol”. “Buon lavoro”.

“Nove: non fare entrare estranei in casa”. La guarda. “Soprattutto quelli che dicono di essere tecnici della società dei telefoni”.
Vera assente. “Buona. A meno che non leggiamo i loro pensieri dall’inizio alla fine”.

“Dieci: mai lasciare documenti scritti o registrati che comprovino capacità magiche, operazioni clandestine o precauzioni particolari”.  Chiude il notes, e guarda l’altra in attesa di un commento.
Vera alza le sopracciglia. “E’ finito?”
“Per ora sì. Che ne dici?”.
“Meriterebbe di essere messo in cornice”.
“Grazie. Troppo buona”. O è ironica?
Vera la guarda sorniona. “Se non fosse per l’ultimo comandamento….”.
Wanda si acciglia. “Cos’ha che non va? E’ uno dei più importanti!”. Lo rilegge. Lo rilegge ancora.

Pochi minuti dopo, il tritadocumenti divora ogni vestigia del suo lavoro.
 

Midgale, metropolitana

Le luci della stazione irrompono dai finestrini, dapprima sfreccianti, poi rallentano fino a dare un senso alle immagini.
Mentre si tiene al corrimano, la forza d’inerzia che la sbilancia verso avanti sembra una rivincita di quelle lezioni di fisica che ha così snobbato a scuola.
Wisconsin Station, recitano i cartelli sulla banchina. E’ questa.
Carol scende dal vagone, e si dirige sicura verso le scale mobili. Sono sei mesi che percorre questo itinerario quasi ogni giorno. Una volta Pao Chai le ha fatto osservare che  la fessura finale della scala mobile ingoia i gradini come una spiaggia sembra ingoiare le onde, e da quella volta non può fare a meno di fissare questo piccolo miracolo ogni volta che lo ha davanti agli occhi.
Sarà perché vi confluiscono quattro linee del metrò, sarà perché si trova sotto la stazione ferroviaria di Midgale, questa fermata è sempre affollata, e lo è sempre di più a mano a mano che si sale i livelli verso la superficie.
Le prime volte che ci passava, Carol non rinunciava mai ad entrare per sbirciare le banchine dei treni, rivivendo la sensazione inebriante della loro prima fuga.
Uscendo sulla strada, ricorda ancora come le apparve la città in quella lontana notte di fine febbraio.
Va a passo sicuro verso il negozio dove lavora. Chissà se la signora Harriett accetterà di buon grado di cambiarle il turno pomeridiano con quello di mattina?
Eccolo. Harriett’s Dress Shop. Non grande, ma più che dignitoso.
Osserva i tre manichini in vetrina. C’è ancora spazio per il quarto. Bene.
 

Midgale, Harriett’s Dress Shop

La signora Harriett depone il taglierino, mentre osserva le nuove camiciole dentro lo scatolone appena aperto.
Dinnn.
La porta si è aperta. Ma non è una cliente quella che entra. “Buongiorno, signora”.
“Oh, Carol, cara. Ti aspettavo questo pomeriggio”.
“Purtroppo ho un impegno imprevisto. Le va bene se resto qui ora?”.
“Benissimo. Guarda, hanno cominciato ad arrivare le collezioni autunnali”. Estrae una scatola con dentro una blusa marroncina.
“Bella! E poi… vediamo”. La ragazza cerca negli scatoloni allineati, ed estrae una gonna plissettata che crea un bellissimo abbinamento. E poi cosa c’è…. “Whow! Stupendo!”. Un tailleur con uno splendido motivo a foglie cadute!
Solleva i tre indumenti e se li mette davanti. “Che dice, li mostriamo al mondo?”.
“Certo, Carol, però prima finiamo di tirare fuori la roba, e facciamo sparire gli scatoloni”.
Carol continua ad estrarre i vestiti, trattenendo a fatica gridolini di entusiasmo.
Mentre lavorano per trovare il posto migliore per ogni capo, la signora Harriett sorride, ricordando la prima volta che Carol spostò i tre manichini in vetrina per fare posto al quarto: sé stessa. Indossò di nascosto i vestiti più nuovi del negozio, si mise in una bella posa che faceva il paio con quella dei manichini, e restò a lungo immobile scrutando i passanti da dietro le lenti di un paio di occhiali scuri. La prima volta, la negoziante si accorse del trucco solo dopo un quarto d’ora, quando, impegnata con una cliente esigente, cominciò a chiedersi dove fosse finita la sua schiantosissima commessa nuova. Lo trovò così spiritoso che la fece mettere in vetrina moltissime altre volte, con un effetto che superò quello di qualunque nuova insegna rutilante di lucette.
 

Midgale, zona della stazione

Anche quest’oggi il cielo è generoso. È la giornata ideale per cercare quella nuova libreria di cui gli ha parlato il professor Cantor.
A dire il vero, non crede che troverà libri sconosciuti: la verità è che le ferie estive gli sono già venute a noia dopo avere fatto indigestione del suo hobby preferito, la lettura, seduto compostamente sulla sua poltrona preferita in salotto.
D’altra parte, andare in agosto al suo elegante ufficio di preside del Glitfich Institute significa trovarsi da solo in un enorme parallelepipedo rivestito di specchi, vuoto e silenzioso.
Questa ricerca è un piacevole diversivo per il preside O’Connor.
Ecco, la via dovrebbe essere questa.  Dopo un muro di mattoni, diceva… no, questo è un negozio di vestiti.
Guarda la vetrina. Ci sono bei manichini realistici: ragazze alte, bionde, di una bellezza statuaria. Di plastica. Però, ragazze così esistono davvero. Per esempio, non potrà mai dimenticare quella che è passata come una meteora nella sua scuola. Somigliava a questo manichino.
Ma…
Si pulisce gli occhiali spessi, e focalizza meglio. Sembra che il manichino lo guardi, gli sorrida. Ma… gli ha fatto un saluto con la mano!
E’ proprio lei!
 

L’uomo entra nel negozio, voltandosi verso la vetrina da cui sta scendendo la sua ex allieva. “Carol Hair… è proprio lei?”.
“Signor preside, che piacere vederla!”. Gli tende una mano, cercando di mascherare un po’ di emozione.
“Signorina… che sorpresa incredibile! La trovo in gran forma”.
“Grazie, è vero. E lei?”.
“Bene. Quotidianamente bene. Alla mia età bisogna accontentarsi”. Si guarda attorno. “Vedo che hai trovato un lavoro dignitoso”.
“Sì, ne sono molto contenta”.
“Mi è dispiaciuto moltissimo quando avete dovuto andare via. Però capisco che non tutti sono nati per studiare, ma si può eccellere anche in altri campi”. Poi, con aria complice: “Non riferisca che ho detto una cosa simile.  Va contro gli interessi della mia scuola”.
“Può stare sicuro”. Carol risponde con una strizzata d’occhio.
Poi la complicità svanisce. Per un attimo, sembra che il preside sia cercando il modo di formulare una domanda spinosa. “Il vostro tutore vi permette di lavorare?”.
Carol ha un sussulto quasi impercettibile. Meglio cambiare discorso. “Ah, le presento la proprietaria del negozio, la signora Harriett”. Indica la cinquantenne minuta ed elegante che gli viene incontro sorridendo.
“Piacere. Harriett Glenn”.
Il preside accenna un inchino. Per un attimo, Carol crede che farà un baciamano. “Maxim O’Connor, onorato”.
“E così, lei conosce la nostra Carol”, cinguetta. Poi, più seria: “Ma perché ha parlato di un tutore?”.
L’espressione del preside si fa perplessa. “Per quanto abbia stentato a credere ai miei occhi, o forse dovrei dire ai miei occhiali, mi risulta che Carol e le sue amiche siano minorenni. Lei dovrebbe avere compiuto diciassette anni il… dieci maggio, ricordo bene?”.
La signora guarda stupefatta Carol. “Davvero? Mi avevi detto di avere vent’anni”.
La fronte di Carol si imperla di sudore, mentre cerca di non far spegnere il sorriso. “E’ così, ho i documenti che lo dimostrano”. Va a passi lunghi fino alla sua borsetta verde dietro il banco, e ne estrae il documento di identità. “Vedete?”. Lo esibisce, cercando di sfoggiare lo stesso sorriso sicuro della fotografia.
Il preside aggrotta le ciglia. “Ma… Ed i documenti che avete presentato a scuola?”.
“Ah, quelli… l’anagrafe ha scoperto che erano sbagliati”. Come possono essere sbagliati dei documenti? Una idea, una qualsiasi… “L’orfanotrofio aveva inserito i nostri documenti di ammissione in una cartella di un anno sbagliato”. Sorrisone teso. “Abbiamo insistito per una verifica, e la verità è venuta a galla”.
Due sguardi dubbiosi.
“Ma, guardatemi! Vi pare che io possa avere diciassette anni?”.
“Veramente no”, conviene il preside. “E neanche le sue amiche, tranne forse… la signorina Canteen, ricordo bene?”.
“Terry… Terry ne ha diciannove”.
Tutto a posto? Guardando la signora, Carol le legge negli occhi la prima domanda che le farà appena il preside sarà uscito: ‘Carol, se hai i documenti regolari, perché non mi hai chiesto di regolarizzare la tua assunzione?’. Una risposta qualsiasi… ‘Mah, temevo…’. Temevo cosa?
La proprietaria riprende a parlare con l’ospite. “Lei è preside… di che scuola, se posso?”.
“Del Glitfich Institute, un istituto comprensivo, sette anni tra medie e superiori. Sa quella…”.
“L’ho presente. Bella scuola”, conviene. “Ma… non è molto costosa? Cioè…”.
“Sì, signora. Il prestigio si paga. Dalla nostra scuola è uscita gente importante. Il sindaco della città, per esempio”.
“Ma chi manteneva le ragazze?”

Mentre parlano, Carol si sente la testa pulsare. Oddio, si sta aprendo il vaso di Pandora delle domande! Stilettate di ghiaccio le attraversano le mani ed i piedi. Ora O’Connor racconterà che sono state scaricate, e perché. Forse chiederà come si mantengono. Come può sostenere davanti al preside che ha una borsa di studio per l’università? Sa benissimo che non ha completato il quarto anno… Chissà se ha incontrato le altre, e cosa gli hanno raccontato… cavolo, niente di ciò che ha inventato può reggere, se raccontato a tutti e due assieme! Forse si chiederanno dove ha preso il denaro per vestirsi sempre bene e pagare un affitto, con quello che è retribuita… No, non deve saltare fuori! Non davanti al preside!

“Scusate, signori”. Una voce inaspettata  fa sobbalzare tutti. Si voltano verso Vera, apparsa alle spalle di Carol.

“Scusi, non la ho vista entrare…”, fa in tempo a dire la negoziante.
Un piccolo lampo si riflette negli occhi della Harriett e del preside. Le espressioni di tesa cortesia lasciano il posto al vuoto e all’immobilità.
Vera alza un dito, ponendolo sulla fronte della signora come per una condanna.
Carol fissa con stupore il gesto plateale ed il viso serio e teso. “Ma cosa stai facendo?”.
“Quello che avresti dovuto fare tu. Sto cancellando tutti i ricordi relativi ad una certa signorina Hair”.
Carol impiega un attimo per afferrare l’enormità di cosa sta succedendo. “No! Non puoi!”.
“Credi?”. Vera si sposta verso il signor O’Connor, e gli punta un dito tra gli occhi persi, subito sopra la montatura.
“NO!”. Carol le afferra il braccio, e lo abbassa. “HO DETTO CHE NON PUOI!”. Le si avvicina minacciosa.
Vera non è impressionata dai quindici centimetri di cui l’altra la sovrasta. “E’ necessario. Lasciami fare!”.
“No! Ci penserò da sola. Credi che non sappia cavarmela? Mi sono trovata in situazioni peggiori senza l’ombra di un potere”.
Vera sorride sarcastica. “Davvero? Sono stata richiamata dai tuoi pensieri, che sembravano urla. Ero in negozio da mezzo minuto, anche se non mi vedevi. Il tuo viso era il ritratto del panico, ed avrebbe contraddetto ogni scusa che avessi potuto inventare”.
Alza nuovamente il dito sulla fronte del preside.
Un lungo momento passa nell’immobilità più assurda. Poi, l’immagine del negozio svanisce tremolando.
 

Soggiorno

E’ un sogno. Un orribile sogno. Ora finirà… ne sta già cominciando un altro?
La prima immagine che emerge dal tremolio è un paesaggio su cui splende il sole, alto e radioso, al di là di una balconata.
Socchiude gli occhi, abbagliata. Quello che vede è il loro giardino.
D’improvviso, le pesanti tende del soggiorno si serrano, facendo piombare la stanza nella penombra.
Sente la voce di Vera alle sue spalle.
“Era necessario. Non potevi restare a cavallo di tre vite diverse”.
Si volta verso la sagoma dell’altra, che intuisce aldilà delle immagini del sole e del giardino impresse negli occhi come luci verdi e cremisi rutilanti.
“Chiunque ti abbia conosciuta un anno fa”, continua la sagoma, “non può credere a ciò che dici di essere ora”.
Carol cerca di mettere a fuoco la sua interlocutrice, e risponde con rabbia. “Ascoltami, avevo un mio progetto di vita, e lo stavo portando avanti bene. Non avevo bisogno di te, della tua paranoia per la segretezza”.
“Davvero?”. Il tono di Vera è sarcastico. “Eppure quelle che si sono scontrate erano contraddizioni tue, che precedevano il mio arrivo. L’epilogo che si prospettava era il tuo licenziamento”.
“La signora Harriett non mi avrebbe certo licenziata! Da quando lavoro lì, ha aumentato di molto la sua clientela, e sa che è merito mio”.
“Può darsi. Ma far lavorare una minorenne senza il consenso dei genitori è vietatissimo”.
“Ma che minorenne! Avevo i documenti!”.
“Che ti ho fatto io. Senza quelli, probabilmente avresti perso comunque il lavoro. O magari il preside, convinto di fare bene, avrebbe segnalato il tuo caso ad un’assistente sociale, che ti avrebbe potuta trovare al negozio, e poi avrebbe rintracciato tutte le altre”.
“Bah!”. Carol si stringe nelle spalle. “Me la sarei cavata comunque senza di te. Sei venuta a coinvolgermi nel tuo ennesimo pasticcio”.
Vera si morde le labbra, stizzita. “Prima di oggi, pensavo che avessi il sangue freddo per risolvere ogni situazione, che fossi la più capace del gruppo. Invece mi hai deluso moltissimo. Non solo eri vicina alla catastrofe, ma non vuoi neppure ammetterlo”.
Carol la guarda con odio. “Si poteva sistemare tutto senza cancellare metà della mia vita. Bastava convincerli della mia età”.
“La fai facile…. Ora”.
“Ora tornerò al negozio, e non azzardarti a seguirmi!”.
Carol parte a passi lunghi verso la porta. Si accorge di Wanda, vestita di scuro e seminascosta dietro lo stipite, solo quando la sfiora. La schiva con fastidio, ed imbocca l’uscita.

La porta sbattuta con rabbia risuona nel vano scale.
Carol preme il bottone dell’ascensore. Vieni, maledetto aggeggio! Cosa stai aspettando?
Al terzo tentativo, il bottone pigiato con troppa forza resta incastrato.
Al diavolo! Meglio le scale!

Wanda riapre la porta in tempo per vedere l’ultimo lembo del tailleur a foglie che scompare dietro l’angolo. Ascolta i passi che scendono ticchettando veloci per le scale.
“Andata!”.
“Tornerà”. Vera la raggiunge. “Ma ho paura che certe cose non saranno più come prima”.
L’ascensore, richiamato dal tasto schiacciato, arriva al piano. La striscia di dorata luce elettrica si perde nel vano scale rischiarato dal giorno.
“Guarda il bottone”. Wanda intuisce tutta la rabbia di quel gesto. “Provo a sistemarlo”. Chiude gli occhi. Le sembra di percepire l’interno dietro la mascherina, il tasto schiacciato oltre la sua sede, la molla distorta, come se li toccasse. Proviamo a…
Il tasto torna a posto. Non porterà alcuna memoria della sua disavventura.
Vera ha osservato. “Stai diventando brava. Però sforzati di farlo ad occhi aperti, alla prossima occasione”.  Scuote il viso. Ha l’impressione che i suoi scontri con Carol siano solo all’inizio.
 

Midgale, davanti all’ Harriett’s Dress Shop

Eccola! La vetrina si avvicina ad ogni passo. L’insegna rosso scuro ed oro la accoglie familiare, come tutti i giorni.
Carol esita un attimo davanti alla porta, poi entra.
La Harriett è sempre lì, e le viene incontro sorridendo. “Buongiorno, signorina. Ma…”. La squadra sorpresa da capo a piedi. “Lei è già entrata qui, oggi?”.
Proprio come temeva. “Ma non si ricorda di me?”.
La negoziante è imbarazzata. Sa che dovrebbe. “Gliel’ho chiesto perché i modelli che indossa ci sono arrivati proprio questa mattina, e i suoi hanno ancora i cartellini attaccati”.
Carol resta attonita. Si guarda i nuovi vestiti autunnali, già sudati per la sua maratona sotto il sole di agosto. “Ma davvero non si ricorda della sua commessa, Carol?”.
Sguardo attonito. “Non ho mai avuto una commessa che si chiamasse così”.
Assurdo! “Mi guardi! Davvero non mi riconosce?”.
La signora Harriett è sempre più imbarazzata. “Mi aiuti lei…”. Quella cliente deve essere già entrata, questa mattina. Ha indosso un suo vestito, avrà certo provato i nuovi arrivi. Ma perché è uscita e rientrata così trafelata? Non la ricorda assolutamente. Eppure cinquantadue anni sono troppo pochi per l’Alzheimer . O no?
“Sono Carol, la sua commessa!”.
Sguardo da ‘non capisco’. “Sta forse cercando un lavoro, signorina?”.

“Vuole scusarmi?”. Una vocina interrompe il momento di stallo. Una bella ragazza orientale appare sorridendo da dietro uno scaffale di camicie.
La signora Harriett sgrana gli occhi. Non aveva sentito entrare neanche questa cliente. “Signorina, mi…”. Non finisce la frase. I suoi occhi restano nuovamente vacui.
Carol si volta, incredula. “Pao!”. Era l’ultima persona che si aspettava di trovare qui. “Cosa…”.
“Allora, sei contenta di vedermi?”. Le sorride.
“Pao, anche tu…”.
“Sì, sto diventando bravina anch’io”.  Il sorriso si fa imbarazzato quando si accorge che Carol lo ricambia solo con lo sbigottimento. “Non preoccuparti. La signora non ricorderà questo incontro”.
L’altra si copre con le mani il viso sconvolto. “E’ un incubo!”.
Il momento sta diventando penoso anche per Pao Chai. “Ti prego, vieni con me. So quanto ci tenessi a questo lavoro, ma ora dobbiamo parlare tutte assieme di cose importanti”. Le guarda il vestito. “Cambiati. Io terrò fuori i clienti per cinque minuti”. Si volta un attimo verso la porta, e scruta  attraverso la vetrina. Nessuno in vista. Riguarda la sua amica immobile. Si avvicina. Deve dirle qualcosa, anche se teme che la sua voce tremerà. “Ti prego, Carol. Non piangere” .
 

Soggiorno delle Gocce

“Stanno tornando. Ora siamo tutte.”.
Alle parole di Vera, le altre sedute al tavolone si voltano verso l’atrio.
Dal baluginio emergono Carol, a capo chino come un salice piangente, e Pao Chai, che cerca di consolarla con toni sempre più angosciati. “Ti prego…”.
Appena scorge le altre, Carol si ritira verso la sua camera. Dopo un attimo di indecisione, l’altra le corre dietro.

Le altre si guardano.
Irene si spinge indietro i capelli. “Da quello che ci hai raccontato, pare che le cose non vadano affatto bene”. E’ la prima volta che prova pena per la biondona. “Devo essere sincera, penso che le cose potessero essere gestite in modo meno traumatico”.
Wanda scuote la testa. “Abbiamo necessità di sicurezza oggettive. Dobbiamo troncare i legami con il passato”.
Irene fa spallucce. “Con il preside, posso capirlo. Ma il negozio… perché?”.
“Per quanto è successo oggi”, risponde Vera. “Quella posizione è troppo esposta. Inoltre la rende facilmente rintracciabile”.
“Ti potevi limitare a cancellare l’avvenimento dalla memoria della signora comesichiama”.
Vera sbuffa. Non le piace troppo essere contraddetta, e la stanchezza della nottata in bianco torna a pesare su di lei. “Irene, hai assaggiato i cioccolatini in quel cassetto? Sono stupendi”.
Gli occhioni dell’altra brillano. “Quale cassetto? Quello?”. Si alza e li trova al primo tentativo, con l’abilità di un cane da tartufi.
“Con l’inizio dell’università, eventi del genere potrebbero diventare quotidiani”, interviene Therese. “E non sarà solo l’età ad essere incongruente. Qualcuno saprà che non abbiamo completato le superiori”.
Wanda tamburella nervosamente su un foglietto di appunti. “Allora, cambiamo città! Trasferiamoci!”.
“Solo come ultima possibilità”, replica Vera. “L’università di Midgale ha pochi paragoni, è il posto ideale per quello che dobbiamo fare”.
Lo sguardo di Therese cade sulle sedie vuote, e si porta le dita alle tempie. “Chiamo le altre”.
Vera la nota. “Ragazze, cerchiamo di usare i poteri senza gesti plateali. Possono dare nell’occhio”.
Dopo un minuto di silenzio, la loro attenzione viene attirata dai passi nel corridoio e da un tirar su di naso.  Quando le compagne entrano, è Carol, ancora con gli occhi rossi, che consola una Pao Chai piagnucolante.
Si siedono entrambe al loro posto, quasi di fronte a Vera. Carol tiene la sedia molto indietro e voltata verso Pao.
“Grazie di essere venute”. Vera spera che la sua frase non suoni sarcastica. “Abbiamo tre problemi da affrontare. Il primo è il confronto con il vostro passato. Il secondo è la fragilità della nostra copertura attuale. Il terzo è come non tradire certe attività segrete ed i poteri”.
Carol, tutta incrociata, evita il suo sguardo. “Oggi hai fatto l’ennesima sciocchezza”, esala con una voce che le altre fanno fatica a sentire.
Silenzio e gelo.
“In primo luogo, il mio lavoro era una delle poche cose che desse una parvenza di normalità a questo gruppo”, continua.
“Ehi, altesscia…”, tenta di ribattere Irene, ma il cioccolatino ha deciso di non condividere l’uso della bocca con altre parole.
Wanda guarda sempre più accigliata: “Carol, sei sempre la solita presuntuosa egoista!”.
La solita presuntuosa egoista non ricambia, e continua piano: “Ma non preoccupatevi troppo se l’affitto di questi due appartamenti supera di molto quello che qualunque borsa di studio ragionevole possa permettere a delle studentesse, perdipiù orfane”. Scrolla le spalle. “Al più penseranno che siamo tutte squillo”.
“Oh, no…”. Pao Chai si copre il viso.
Vera è bianca come un cencio. La giornata sarà ancora molto lunga.
Carol, con voce lontana, rigira il coltello nella piaga. “Cosa succederà quando un sacco di clienti affezionati chiederanno alla signora Harriett dov’è la sua commessa, e lei cadrà dalle nuvole?”.
“E se il preside…”, riflette Therese. “Vera, ho paura che queste amnesie siano una toppa più vistosa di quella che si vuole nascondere. Creano incongruenze tra i ricordi di diverse persone, e possono attirare sospetti su di noi”.
“O su un signore di nome Alzheimer”. Irene sorride soddisfatta della sua battuta mentre scarta, sotto il tavolo, un altro cioccolatino.
“Brava Irene”. Carol la guarda da sopra la mano che le sostiene il viso. “La hai provata allo specchio?”.
Irene stringe i denti. “Visto che abitiamo con te, staranno già pensando che siamo…”.
“BASTA!”. Vera batte il pugno sul tavolo. Quando riguarda le compagne, le trova come congelate a metà dei loro gesti.
“Ehi, ehi, ragazze… scusatemi”.
Le altre riprendono a vivere, e la guardano ammutolite.
Vera approfitta dell’attenzione. “Ho un’idea. Potrei creare una suggestione virale, che si trasmette da persona a persona: partirebbe da voi stesse, attraverso una risposta stereotipata che date a chi vi mette in imbarazzo, tipo ‘ricordi male’. Questi si dimenticano di voi, e poi, se qualcuno torna in discorso con loro, possono rispondere nello stesso modo e trasmettere l’amnesia all’infinito”.
Ci vuole un lungo momento perchè le gocce possano mettere a fuoco l’idea.
“Così nessuno noterebbe una contraddizione nei ricordi!”, riflette Terry compiaciuta.
“Geniale!”. A Wanda brillano gli occhi. “Non avremmo neppure bisogno di una copertura!”.
“E la suggestione circolerebbe senza nessun intervento da parte nostra!”. Pao Chai ci pensa sopra. “Formidabile”. Poi, con un’espressione dubbiosa: “Ma cosa succederebbe se ci tornasse indietro?”.
“Già”. Irene spalanca gli occhioni. “Se incontriamo uno e ci scappa: ‘ciao, ti ricordi di me?’”.
“Idea mostruosa!”. Carol geme sofferente e guarda Vera tra le dita. “Ci farebbe il vuoto attorno! ”.
Vera si acciglia. Era già arrivata alla stessa conclusione, ma sentirsela buttare addosso così non le piace affatto. “La potrei calibrare in modo che cancelli solo alcuni ricordi come l’età, o anche solo la percezione delle incongruenze.
“Ma puoi veramente creare una suggestione del genere?”. Wanda è strabiliata. “Con questa, si può fare ben altro che far dimenticare qualcosa di sgradito. Chi può fare questo, può conquistare l’universo!”.
“Ora come ora, no”, deve ammettere. “Ma nella biblioteca segreta di Elyon…”.
Wanda scuote la testa, delusa. “Non credo. Se esistesse, Phobos la avrebbe usata per sedare ogni rivolta a Meridian”.
Vera tamburella per un po’ con il dito. “Allora, facciamo una cosa semplice. Ciascuna di voi pensi alle cose che vuole fare dimenticare di sé, a partire dalla classe frequentata. Domattina metteremo a punto una semplice strategia per suggestionare le persone che volete”.
“Ehm”. Therese richiama l’attenzione. “Però, prima  di elencare le cose che vogliamo far dimenticare,  è meglio definire meglio il nostro presente. La nostra copertura attuale è troppo fragile per permetterci anche solo di sostenere una conversazione superficiale su noi stesse”.
“Già”, aggiunge Pao Chai. “Siamo sempre orfane?”.
Il velo di stanchezza cala nuovamente sugli occhi di Vera. Mezzogiorno è passato. “Ragazze, parlatene tra di voi nel pomeriggio, nel soggiorno dell’altro appartamento. Domani alle nove affronteremo l’argomento”.
Irene cerca di far sparire in tasca le carte dei cioccolatini sgranocchiati attorno al tavolo. “Sentivo un languorino… preparo un pranzo rapido per tutte”.
Anche Carol si alza. “Ragazze, vi dico subito che questo pomeriggio ho un impegno”.
Sguardi di curiosità.
“Sono sicura che la signora Harriett avrà bisogno di una nuova commessa”.
 

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Capitolo 25
*** Il ciclone Irene ***


25-il ciclone irene  
Cara Melisanna, grazie per il tuo costante incoraggiamento. Continuo a seguire con molto interesse la tua fiction.

Come al solito, c' è la possibilità di discutere più in dettaglio al  http://freeforumzone.leonardo.it/viewmessaggi.aspx?f=4642&idd=8397&p=3. 
Prima o poi cercherò di rivitalizzare quel topic. Tutte le recensioni, le critiche costruttive ed i commenti sono benvenuti.

Questo capitolo è più rilassato del precedente, ed il problema della segretezza sembra avere trovato una facile soluzione dopo due settimane di tensione. Sara davvero così?


 

PROFEZIE


Riassunto delle puntate precedenti 
Elyon affida a Vera, una copia di sè stessa che appare come una ragazza più grande, l'incarico di rintracciare le gocce astrali, le sosia create dalle guardiane, e ribellatesi ad esse più di un anno prima .
La goccia di Cornelia si chiama Carol. Quella di Irma, Irene. Quella di Hay Lin, Pao Chai. Quella di Taranee, Terry. Quella di Will, Wanda.
Elyon propone alle gocce di collaborare con Vera a raccogliere informazioni tecnologiche per modernizzare Meridian.
Vera dimostra subito di essere in grado di materializzare documenti e denaro falsi, ma perfetti. Le gocce sono entusiaste di lei, tranne Carol, che ne è gelosa e vorrebbe riprendere i contatti direttamente con Elyon. 
Le gocce si trasferiscono, con Vera, in due eleganti appartamenti contigui. Come copertura, fingeranno di essere delle studentesse universitarie; ognuna riceve una lista di argomenti e l'incarico di individuare degli esperti su ciascuno. 
Per fare fronte a futuri incarichi e imprevisti, Elyon e Vera decidono di addestrare le gocce ai poteri mentali, quali la lettura e trasmissione del pensiero, lo sguardo del comando e la telecinesi.
In alcune occasioni, le ragazze commettono goffaggini che attirano l'attenzione della polizia e perfino dei giornali.
Wanda convince Vera che la polizia segreta, che già la ha rapita in passato quando era la goccia di Will, potrebbe rimettersi sulle loro tracce. Il problema della segretezza crea alcune situazioni tese.

Cap. 25

Il ciclone Irene



Camera di Irene, inizi di Settembre

‘E con ciò?’.
Irene  ha sempre adorato questa frase dal suono impertinente.
Ma, nell’ultima settimana, deve molto di più a queste tre paroline, troppo umili e banali per sembrare una formula magica. Invece questa frasetta sbarazzina ha dissolto tutti i terrori di domande senza una risposta convincente, di sguardi sospettosi ed indagatori, di gaffes dalle conseguenze imprevedibili.
Soprattutto, ha dissolto le paranoie spionistiche di Vera e di Wanda, un incubo per tutte loro, e da allora la vita ha ripreso a sorridere.
Irene apre gli occhi nella camera buia, cercando le cifre rosse proiettate sul soffitto dalla radiosveglia. Le quattro e dodici. Si è svegliata prestissimo, ripensando eccitata allo splendido pomeriggio che ha passato.
Appena dopo pranzo, ha salutato tutte le amiche ed è andata all’università, dicendo che voleva consultare la biblioteca della facoltà di agraria. La avevano guardata uscire con sorrisini di intesa. Perfino Vera ha solo alzato un sopracciglio, senza fare obiezioni. E poi, perché avrebbe dovuto brontolare? Fino all’università Irene ci è andata davvero, e poi si è pure guardata in giro per scegliere qualcuno a cui chiedere della biblioteca. La facoltà aveva ricominciato ad essere affollata per gli appelli dei primi di settembre, e lei è stata una buona mezz’ora a godersi l’imbarazzo della scelta.
Alla fine, un bel ragazzo ha ricambiato la sua lunga occhiata. Quello sguardo le è piaciuto subito. Whow, lui aveva tutta l’aria di uno che sa dov’è la biblioteca di … come si chiama … di agraria. Un lampo di occhioni, e lei lo ha subito eletto a suo salvatore.
Strofina il viso sul cuscino, con voluttà. Frank. Frank Cowlinger, il più bel Frank del mondo. Per me.

Fin dalle prime parole lei ha capito di avere fatto colpo. Da quando ha ritrovato la sua bella linea originale, che aveva perso tra i frollini, questo le è molto più facile. Grazie, Vera. Lo devo a te.
Il bel Frank si è subito sentito investito della responsabilità di aiutare questa nuova arrivata in difficoltà, mostrandogli la posizione di tutte le biblioteche, dei laboratori e delle aule didattiche della facoltà di agraria, e, finite queste, anche quelle della vicina facoltà di veterinaria.
Dopo mezz’ora di giro turistico si sono seduti su un muretto. Tra battiti di ciglia e domande sull’università, il discorso è scivolato sui segni zodiacali, un argomento ottimo come biglietto da visita anche per chi non ci crede affatto.
Esaurito l’argomento, lei ha improvvisato le storie della sua infanzia in un orfanotrofio, raccontandole con tanto brio che, dopo un breve momento di compassione iniziale, poteva quasi percepire il rimpianto del ragazzo per essere cresciuto in una banalissima famiglia normale. Quanto ci hanno riso assieme!
Per la prima volta, un muretto di cemento le è apparso così comodo che, qualche ora dopo, ha telefonato alle amiche di prepararsi la cena da sole.
Frank le ha fatto passare una serata da sogno. Grazie, caro. Grazie, occhi buoni. Grazie, bellissimo.
E le altre? Le sue amiche? Una giornata così, sprecata sui computer? Non si può. Così serie, così comprese nel loro compito… Deve fare qualcosa per movimentare questa vita troppo riservata. Domattina ci penserà lei. Le sta venendo un’idea irresistibile…
Sìììì! Non può non farlo!!!
Si sente sveglia come un grillo, e apre gli occhi nella semioscurità. Le cinque e zero sei. Ancora quattro ore scarse…
I poster alle pareti appaiono come vaghe sagome rettangolari, ma lei può immaginare il sorriso complice di Karmilla e degli altri suoi divi che le ammiccano: ‘Sei brava, Irene! Fagli vedere cosa sai fare!’.
 

Soggiorno, ore 09.00

“Ci siamo tutte?”, chiede Vera. E’ una domanda retorica, naturalmente, soprattutto se fatta osservando il posto vuoto tra Wanda e Carol. “E Irene?”.
“E’ andata un attimo in bagno”, ridacchia Pao Chai. “Sai, alla pancia non si comanda”.
“Soprattutto alla sua”, completa Carol con nonchalance.
“Bene, ragazze”, riprende Vera, aprendo un notes. “Oggi dovremo definire le priorità per…”.

Un tremolio ai margini del campo visivo cattura la sua attenzione.
La Luce di Meridian appare nello splendore dei suoi paramenti reali. La sua vocetta intona: “Sorpresa, ragazzeeee”.
“Ehi, Ellie…”. Richiude il notes. “Ti aspettavamo per domani mattina”.
“Scusa, cara, ho dovuto anticipare… la giornata di domani sarà tutta impegnata a Meridian”. Si siede  nella sedia vuota tra Vera e Wanda, che le fanno posto.
“L’inaugurazione della fiera dell’artigianato? Non era di pomeriggio?”.
“Fosse solo quella… ti racconterò”. Sorride guardandole tutte. “E Irene?”.
“E’ in bagno”, si affretta a rispondere Pao Chai con un risolino.
“In seduta di gabinetto”, completa Carol. “Un po’ come i tuoi ministri”.

Vera si schiarisce la voce. “Ho qualcosa da mostrarti”.  Si alza a prendere alcuni oggetti da un cassettone. Estrae con delicatezza un elicotterino lungo venti centimetri, lo depone sul tavolo davanti a lei, e conclude con uno sguardo da Sono brava?.
“Wow!”. La regina avvicina il suo viso al giocattolo, e lo sfiora con i polpastrelli.
 “Per fortuna era nell’hangar”,  commenta Vera, “Altrimenti lo scroscio dell’altra notte sarebbe stato più tragico di mille sguardi indiscreti”.
“E’ una favola. Così sottile… è fragile?”.
“Non molto. Dopo che P……  che qualcuna l’ha stritolato tra le dita senza volerlo, ho fatto un incantesimo protettivo che gli mantiene la forma”. Lo riguarda con orgoglio.
“E’ perfetto! Anche questo è una copia?”.
“Sì, come tutto. Non abbiamo mai rubato niente. Ma aspetta, ci sono altre sorprese”. Estrae dal cassetto qualcosa di vagamente simile ad un albero di Natale di filo di ferro legato ad alcune scatoline penzolanti. “Questa è una centrale per i telefonini cellulari, non so come si chiama”.
Carol si schiarisce la voce. “Quella non è stata proprio un’operazione esemplare. Hai… è stato causato un blackout dei telefonini di quaranta minuti”.
“Grazie, Carol”, le risponde con sarcasmo mentre estrae dal cassetto un altro oggettino, simile ad una gomma da matita. “Ed ecco un campione di telefonino in scala ridotta”.
“Grande!”, commenta estasiata Sua Altezza Reale. Se c’era ironia, non si è sentita.
“Beh, non esageriamo”, si schermisce Vera. “Non è stato così difficile copiare il telefonino di Carol”.
“A pensarci, non ci sarà anche la copia della mia rubrica lì dentro?”, chiede sospettosa la padrona.
Elyon lo prende delicatamente nel palmo. “Non preoccuparti, perché mai dovrei curiosare?”. Chiude la mano, facendo sparire l’oggetto come per un inspiegabile gioco di prestigio.
Mentre Carol aggrotta le sopracciglia, Pao Chai ridacchia. “Racconta del distributore del caffè”.
Vera estrae dal cassetto un aggeggio simile ad una scatola di fiammiferi. “C’è anche quello, anche se non cambierà molto la vita di Meridian”.
“Vabbè, caffè ristretto”, risponde seriamente Terry.
Pao Chai continua a ridacchiare. “Racconta della copia che hai fatto per casa nostra, e che hai cercato di ingrandire”.
Vera la guarda storto. Cos’ha da ridere così, quest’anatra mandarina? “Dopo mezza giornata di lavoro, il coso non ha superato i trenta centimetri. Alla tua Barbie è piaciuto, Pao?”.
L’altra ridacchia sempre di più.
“Come mai così allegra oggi?”, chiede Vera irritata. “La tua bambola ti ha offerto da fumare qualcosa di strano?”.
Ovviamente la domanda non fa che aumentare i risolini.
Elyon fa un’espressione disorientata. “Vi divertite , qui….”.
“Beh, c’è chi lavora, anche, quando le altre glielo permettono”, risponde Vera un po’ indispettita. “Ora tieniti forte, ecco un’autogru da diciotto tonnellate”. Deposita sul tavolo un giocattolone giallo.  “E il gruppo elettrogeno…”. Depone davanti al gruppo un oggetto che sembra un ibrido tra un triciclo ed un frigorifero.
Elyon li sfiora con un dito. “Brava! Bravissima!”, poi li spinge lontano e torna a coccolarsi l’elicottero.

D’improvviso nota che Pao smette di ridacchiare, spalanca gli occhi nel miglior stile manga e fissa sbalordita alle sue spalle. Tutte le altre si fanno stupite, e gli sguardi si muovono tra lei ed un punto indistinto vicino alla finestra. Vuoi vedere che…
Si volta. Alle sue spalle c’è un’altra Elyon, con uno di quei completini grigioazzurri che le sono abituali e un’aria seccata che, invece, le è nuova.

La nuova arrivata rompe il silenzio sbalordito: “Irene… ma cosa combini?”.
“Io… io volevo solo scherzare un po’”, si giustifica la reginetta, mentre lo spettacolare abito reale si trasforma in una canottiera, e la figura acquista il viso e la corporatura di Irene.
Elyon tamburella col piede.“Allora, mi hai fatto il verso?”.
“Ci hai prese in giro!”, sbotta incredula Vera. “Ecco cos’aveva da ridere Pao Chai!”.
“Ma come!”. Elyon si rivolge a tutte, indignata. “Non vi accorgevate che è un’ignobile parodia?”.
Guarda le altre. Sei sguardi imbarazzati.
“Veramente, no”, risponde Vera. “Neanche un sospetto”.
Wanda scuote la testa. “Era perfetta in ogni dettaglio”.
“La voce, il modo di muoversi…è stata abilissima”, aggiunge Therese.
“Grazie”, risponde Irene con la testa incassata tra le spalle, come se aspettasse il crollo del soffitto.
Elyon sembra scandalizzata. “Ma… Ho davvero quella vocina? Quella cantilena?”.
Altri sguardi imbarazzati.
“A noi piaci così”, risponde Carol.
“Perché ti disprezzi?”, fa eco Vera. “Ti vogliamo bene tutte”. Sorrisone di incoraggiamento.
Lo sguardo deluso di Elyon si posa sulla grande attrice. “Irene, fatti vedere. Oggi mi sembri diversa”.
L’altra si alza, sfoggiando orgogliosa la sua ritrovata forma fisica. “Niente male, vero?”.
Carol la guarda con sufficienza. “Come avrai capito, alla prima prova di trasformazione corporea si è dimenticata sette chili da qualche parte nell’iperspazio”. Sorrisino. “Speriamo che duri. Tutte le passioni di Irene sono del tipo che fa crescere la pancia”.

“Torniamo in argomento?”, chiede Wanda impaziente. Certi lazzi riescono sempre ad adombrarla.
“Certo”, riprende Vera. “Siediti qui, Ellie. Come hai già capito, l’altro giorno ho iniziato ad addestrarle alle trasformazioni corporee. Irene è particolarmente abile, anche ad imitare le voci e le mimiche”.
“Ho visto”.
Terry rompe il suo silenzio serioso. “Irene è sempre stata un’imitatrice abile, anche prima di sapersi trasformare”.
Pao Chai si entusiasma: “Sì, non hai mai visto la sua imitazione di Carol?”. Si accorge troppo tardi di avere parlato troppo.
Gli occhi della bionda lampeggiano con ira. “Irene… come hai osato?”.
“Non c’era niente di offensivo”, si affretta a chiarire Pao, spaventata dal luccichio sinistro di quello sguardo.
“Era una cosa innocua, tra noi”, minimizza con calma Therese.
Non basta a placare la superbionda. “Sei fortunata, Irene. Non riuscirei a farti fare, neanche volendolo, una figuraccia come quelle che fai da sola!”.
L’altra si erge in tutta la sua statura ed imita l’espressione sdegnata di Carol. “Non è colpa mia se la creatività ti scarseggia”.
Un lungo sguardo torvo le cala dall’alto.“E rendimi il mio cellulare!”. Tende il palmo per riprenderselo.
Irene apre la sua mano. L’oggettino a forma di gomma è lì. “Elyon, questo fa parte del tuo bottino”. Glielo porge, ignorando l’intimazione.
“Grazie”. Elyon lo prende. “Non preoccuparti, Carol cara, non spierò la tua rubrica”. Il suo sguardo cade sugli altri oggetti sul tavolo.
Vera cerca di riprendere l’iniziativa. “Prima di essere interrotta, stavo per mostrarti le nostre prede della settimana. Un elicottero, un’autogru…”.
“Ho visto. Vera, hai fatto un lavoro splendido”. Elyon si siede accanto a lei, ed accarezza gli oggettini sul tavolo, come se fossero troppo delicati per poter essere afferrati. “Li porterò ad ingrandire oggi stesso”. Fa un gesto delicato, come se spazzasse le briciole dal tavolo con il taglio della mano.
Le gocce hanno già visto troppo per meravigliarsi di quella semplice magia che fa sparire gli oggetti, come ingoiati dal palmo. Ormai lo sanno fare loro stesse. Tasca dimensionale, la chiamano.
Elyon nota il viso un po’ deluso di Vera. Gli scherzi di Irene le hanno un po’ sciupato il suo momento di trionfo settimanale. “E, cara, sei riuscita a mettere a punto quella suggestione che dicevi?”.
“Certo”, riprende Vera con nuovo orgoglio. “Funziona a meraviglia, e senza provocare amnesie. Puoi dire qualunque cosa, anche ‘Era una notte buia e tempestosa, ma nel cielo risplendeva il sole’, poi, quando ti accorgi che ti guardano poco convinti, basta una rapida procedura mentale, e dirgli ‘E con ciò?’, e gli altri non vedono più alcuna incongruenza”.
“Fantastico!”, conviene Elyon. “Ma… quale incongruenza?”.
Nota il sorrisino soddisfatto di Vera e qualche sguardo imbarazzato dalle altre. “Ah… me l’hai fatta!”, deve ammettere.
“Scusa Ellie. E’ stata solo una prova. Con la gente normale, l’effetto è permanente, almeno così credo”.

Torna ad aprire il notes. “Queste sono tutte le novità. Oggi volevo parlare delle priorità nell’individuare i nomi degli esperti. L’anno accademico sta per iniziare”.
“E l’estate sta per finire!”, salta su Irene. Apre le tende per mostrare la bella giornata soleggiata. “Diglielo anche tu, Elyon. Di giornate così, prima dell’autunno, ce ne restano poche. Tra addestramento, riunioni e cospirazioni varie, la nostra estate è volata via senza vacanze”. Irene guarda le altre. “E se passassimo la giornata in spiaggia, a Lasthorn, facendo finta di essere ragazze normali?”.
Vera storce il viso. “Irene, per oggi hai passato il segno. Sai che abbiamo delle scadenze, e…”.
Elyon la interrompe delicatamente con una mano sulla spalla. “Avete fatto un ottimo lavoro. Soprattutto tu, cara. Andate pure, una giornata non ci creerà problemi”.
Vera la guarda con un po’ di disappunto, poi richiude di nuovo il notes. Cara Irene, oggi me l’hai fatta già due volte. “Vieni anche tu, Ellie?”.
“Non so…”, risponde incerta.
“Io non vengo, scusate”, taglia corto Carol. “Di pomeriggio devo andare in negozio. E poi, l’abbronzatura con i segni del costume per me è un problema”.
Allo sguardo interrogativo di Elyon, Terry risponde: “Lei fa la fotomodella”.
La Luce di Meridian la guarda ammirata. “Non ho mai visto le tue foto”.
Si sente qualche colpetto di tosse imbarazzato.
Vera cerca ancora di riprendere l’iniziativa. “Va bene, ragazze. Ne approfitteremo per un addestramento. Prima ci trasformiamo in uccelli, poi…”.
“Ma dai”, la interrompe Irene. “Sentiamoci delle ragazze normali, una volta tanto. Vacanza vuol dire vacanza!”. Tira fuori da un cassetto un orario ferroviario con un biglietto giallo già inserito tra le pagine. “Se prendiamo il treno alle…” , dice scrutando una pagina, “… ecco qui… alle dieci e quindici, in un’ora saremo in spiaggia”.
“Ma come!”, sbotta Wanda. “E non ti interessa trasformarti in uccello?”.
“Magari domani”, concede Irene. “Oggi voglio stare in mezzo alla gente”.
“Ma sì, facciamo uno strappo”, concorda Terry. “Tanto per ricordare com’è la via delle persone normali”. Si rivolge alla biondina in grigioazzurro. “Vieni anche tu, allora?”.
La Luce di Meridian deglutisce, combattuta e triste. “Mi piacerebbe tanto… Forse… Ma andate, non aspettatemi”. Saluta agitando le dita.
L’ultima cosa che distinguono mentre svanisce è il suo sorrisino di rimpianto.
 

Venti minuti dopo
 

Ormai la casa è di nuovo silenziosa. L’orda delle gitanti è partita.
Carol, seduta sul divano, ricorda la risata chiassosa di Irene, Wanda tutta muscoli che la invita a farsi una nuotata, il sorrisino di Pao che le è venuta vicino come per un’ultima supplica di venire, il saluto cortese e un po’ freddo di Terry, che ha allungato il collo nel soggiorno per capire che libro lei avesse in mano, ed infine lo sguardo distratto di Vera che sembrava ancora pensare alle scadenze saltate.
Invero, Carol non se l’è sentita di accodarsi: andare dietro come una gregaria ad una Irene scatenata, guardare le altre nuotare come pesci mentre lei entra in mare con passo incerto per evitare le pietre e i granchi, sudare al sole, scottarsi e riempirsi di sabbia, e soprattutto rischiare le figuracce che quella là vorrebbe sempre farle fare… perché dovrebbe? Non è il suo terreno.
L’unica cosa che la consola è che anche Vera ha dovuto subire l’iniziativa del ciclone Irene. Si vede che non ha voluto dimostrarsi autoritaria davanti ad Elyon…

Carol sfoglia il libro, godendosi la solitudine ed il grande divano di pelle scura del soggiorno.
1984, di George Orwell. Terry lo ha passato a Vera, che l’ha divorato in un giorno, poi è passato tra le mani di Wanda che l’ha preso molto sul serio. Pao Chai lo ha messo giù, turbata, dopo avere letto poche righe. Irene, invece, appena scorso il titolo ha scrollato le spalle, chiedendo perché tutte si interessassero di storia passata.

DIN-DONN

Il campanello d’ingresso. Chi sarà? Non è l’ora del postino. Si alza per aprire.
“Elyon!”.
Due occhi grigi quasi da bambina la guardano da sotto un voluminoso caschetto di capelli. “Ciao, Carol. Ti disturbo?”.
“No, no, entra… ma come mai? Di solito appari…”. Si interrompe, circospetta, e aspetta di chiudere la porta per finire. “… Appari già in casa”.
La più piccola le sorride con un insolito imbarazzo. “Ho voluto cambiare”.
“Vieni al divano. Ma… c’è qualcosa? Mi sembri strana”. Uno sguardo sospettoso. “Non sarà un altro scherzo?”.
“No, sono proprio io. Sono venuta per parlarti”.
“Con me?”. Carol si siede di fronte a lei, incredula.
Elyon assente. In un momento di silenzio, il suo sguardo cade sul libro appoggiato sul tavolino. “Cosa leggi di bello?”. L’espressione si fa ancora più turbata. “1984?”.
“Lo sto per iniziare”, risponde Carol. “Lo conosci già?”.
“Fin troppo bene”. Si rabbuia. “Mi ricorda… ma non parliamone ora”.
“Come vuoi”.
Dopo un lungo silenzio imbarazzato, le parole di Elyon si fanno strada a fatica: “Carol, sono davvero così come mi ha imitata Irene?”.
“…”.
“Con quell’aria da bambina petulante?”.
Carol la guarda a lungo, cercando di capire che cosa voglia l’altra. “Ellie, cosa c’è che non va in te? Io ho adorato il tuo modo di fare fin da prima di esistere”.
“Grazie, cara”. Elyon non ha dubbi su cosa significhi quella frase paradossale. “Però io sento di dovermi dare una mossa”.
“Perchè?”.
“Perché vivo in una specie di campana di vetro. A corte, sono riverita per qualunque scemenza io dica e faccia. Riesco a trovare qualche pensiero sincero solo quando non sono consapevoli della mia presenza”.
Non penserà mica che le mentiamo? E come potremmo? “Ma Irene non stava…”.
“Non me la sono certo presa con Irene”, risponde con un cenno noncurante. Poi torna quell’espressione incerta. “Però io non mi vedevo così, capisci?”.
“Credo…”. Doveva essere solo uno scherzo… che vaso di Pandora ha aperto?
“Io faccio una vita della quale non esiste l’uguale”. La Luce di Meridian guarda lontano, persa oltre la finestra. “So, e so fare, cose che sono al di fuori della portata di chiunque. Sono l’unica iniziata a molti misteri!”. Il momento di autocelebrazione finisce. Elyon affonda nel divano. “Nonostante questo, oggi mi sento una bambina goffa e viziata. Divento sempre più imbranata, capisci?”.
Carol le sfiora la spalla. “Sei rimasta male per l’imitazione. Anch’io, quando ho sentito la mia voce registrata, sono rimasta delusa”. Fa una caricatura di voce nasale. “Signore e soprattutto signori, ecco la grande Carol Hair”.
Elyon fa un sorrisino divertito, ma dura solo un attimo. “Non è cosa solo di oggi. Mi succede spesso. Mi sono abituata ad usare la telecinesi per ogni scemenza, il teletrasporto anche per andare in bagno, ed a leggere il pensiero invece di ascoltare. Ho paura di allontanarmi sempre di più dalle altre persone, e anche dal loro modo di sentire e di vivere”. Gli occhi le si inumidiscono. “Di veder invecchiare e morire le persone a cui voglio bene, e di essere troppo lontana ed aliena per farmi nuovi amici”.
Carol le prende una mano tra le sue. “Non ti allontanerai, se non vuoi”.
“Non lo voglio. Non in questo momento”.
“Hai bisogno di amiche, Ellie?”. Anche io. Tanto, anche se è duro ammetterlo.
“So che mi volete bene, voi, Cornelia e le altre, la gente di Meridian… In questo momento vorrei imparare a stare con gli altri”.
Carol accenna ad alzarsi dal divano. “Vuoi che raggiungiamo le altre al mare?”. Spero proprio di no.
L’altra si tormenta le trecce. “Non so… paragonarmi con loro… tutte ragazze vissute, con fisici da modelle… Mentre io…”.
“Allora capiti male. Io sono la più vissuta di tutte, e nel gruppo sono l’unica che fa davvero la fotomodella”. La guarda a lungo. “Ellie, devo dirti il vero, non ho capito che cosa vuoi”.
Elyon resta un attimo interdetta. “Scusa, cara. So che ho fatto confusione, ho detto tutto ed il contrario di tutto… prendilo come uno sfogo”. Tace un attimo, raccogliendo le idee.  “Quello che vorrei da te, Carol, è che mi insegnassi qualcosa del tuo modo di essere. Della disinvoltura con cui affronti il mondo”.
“…”. Ma cosa vuole dire con ciò?
“In un anno e mezzo, sei passata dal modo di vivere e di pensare di Cornelia a quello di una donna navigata”.
Una stilettata. Cornelia… “Ellie, ciò che vorrei di più al mondo è avere quello che ha lei. Una famiglia che la amerà qualunque cosa possa fare. La sicurezza economica, senza dipendere da Vera. Vorrei non dover fingere quando non ho voglia. Insomma, tutto quello che ho fatto è stato solo un ripiego”. Le molla la mano. “Per me sarebbe un onore insegnarti quello che posso. Ma, credimi, troppe cose non ti piacerebbero”.
Elyon le riprende la mano con foga. “Mi interesseranno comunque. Ti prego! Sono stufa di vivere in mezzo all’ovatta, come se fossi di cristallo! Portami a conoscere gli ambienti che frequenti!”.
Si rende conto di cosa mi chiede? “Ti ci troveresti a disagio. Sono ambienti molto… adulti”.
Elyon assente. “Lo sai, sono in grado di assumere qualunque aspetto”.
Fosse solo per questo… “Se vuoi sembrare cresciuta, fallo, e andiamo in spiaggia con le altre”.
“Ti prego!”. La trattiene per una spalla. “Carol, facciamo così: tu mi insegnerai come fai a muoverti con tanta disinvoltura, ed io ti insegnerò qualcosa di ciò che so io”.
Gli occhi di Carol brillano. La magia di Meridian. I segreti di un mondo misterioso. I pensieri di una regina onnipotente. “Se proprio lo vuoi, Ellie cara…”.
 
 

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Capitolo 26
*** Due aquile ***


26- due aquile  
Cara Melisanna, grazie per il tuo costante incoraggiamento.  Il richiamo a 1984, l'hai riconosciuto, non è casuale.

Come al solito, c' è la possibilità di discutere più in dettaglio al  http://freeforumzone.leonardo.it/viewmessaggi.aspx?f=4642&idd=8397&p=3. 
Tutte le recensioni, le critiche costruttive ed i commenti sono benvenuti.


 

PROFEZIE


Riassunto delle puntate precedenti 
Elyon affida a Vera, una copia di sè stessa che appare come una ragazza più grande, l'incarico di rintracciare le gocce astrali, le sosia create dalle guardiane, e ribellatesi ad esse più di un anno prima .
La goccia di Cornelia si chiama Carol. Quella di Irma, Irene. Quella di Hay Lin, Pao Chai. Quella di Taranee, Terry. Quella di Will, Wanda.
Elyon propone alle gocce di collaborare con Vera a raccogliere informazioni tecnologiche per modernizzare Meridian.
Vera dimostra subito di essere in grado di materializzare documenti e denaro falsi, ma perfetti. Le gocce sono entusiaste di lei, tranne Carol, che ne è gelosa e vorrebbe riprendere i contatti direttamente con Elyon. 
Le gocce si trasferiscono, con Vera, in due eleganti appartamenti contigui. Come copertura, fingeranno di essere delle studentesse universitarie; ognuna riceve una lista di argomenti e l'incarico di individuare degli esperti su ciascuno. 
Le gocce vengono addestrate ai poteri mentali, quali la lettura e trasmissione del pensiero, lo sguardo del comando e la telecinesi.
In alcune occasioni, le ragazze commettono goffaggini che attirano l'attenzione della polizia e perfino dei giornali.
Wanda convince Vera che la polizia segreta, che già la ha rapita in passato quando era la goccia di Will, potrebbe rimettersi sulle loro tracce. Il problema della segretezza crea alcune situazioni tese, che però, in seguito, sembrano risolte dalla formula magica "E con cio?", che sopprime la percezione delle incongruenze nelle persone a cui è recitata.
Si crea un rapporto più stretto tra  Carol e Elyon, che è ammirata per le sue capacità di cavarsela in ogni situazione.

Cap. 26

Due aquile


 


Sotto di loro si stendono le colline con le pendici coltivate a viti e frutteti, sempre più alte e costellate da boschi a mano a mano che si allontanano dalla città. Il sole nitido mitiga l’aria frizzantina che investe le penne.
Una corrente ascensionale si leva da una cava esposta a sud, e permette di prendere quota con lente volute, risparmiando i muscoli già un po’ dolenti. Percepire il discreto aiuto dell’aria sulle remiganti le ripaga dello sforzo fatto per prendere quota.
Dopo un po’ una delle due aquile lascia, quasi malvolentieri, le lente evoluzioni circolari  e veleggia verso la strada che si inerpica tra le colline. Non serve voltarsi, sa già che l’altra la seguirà. Infatti bastano pochi secondi per vedere la sagoma amica accostarsi alla sua ala.
Per un po’ volano fianco a fianco. Gli occhi acutissimi seguono la strada che serpeggia sul bordo della collina, fino a raggiungere un edificio sul versante est, appena sotto la cima di un colle che potrebbe quasi chiamarsi montagna.
A quelle viste da aquila non sfuggono gli edifici rurali, né quello nuovo, di pietra, con un ampio terrazzo coperto che dà verso valle, e neppure i recinti con animaletti da fattoria minuscoli come granelli di sabbia con le zampe.
Anche da quassù, si intuisce il nervosismo che la vista dei rapaci stagliati contro il cielo, mai troppo lontani, ha creato tra gli uccelli da cortile. Granelli screziati di marrone sembrano spingere nuvole di puntini gialli al riparo di una minuscola scatolina.
Quello è il posto che cercavano.
In picchiata!
No, pazza, aspetta…
La prima aquila ripiega all’indietro le ali, e si inebria dell’aria che le fischia attorno al becco mentre il terreno le viene incontro. Dopo qualche istante di esitazione, anche l’altra la segue.
Dopo avere percorso metà della folle picchiata, le ali si estendono di nuovo, rallentando e deviando gli uccelli verso il boschetto che si estende al dilà degli edifici.

La signora Johanna, uscendo nel cortile, segue con gli occhi i due rapaci mentre spariscono come fulmini dietro le cime degli alberi. Bene. Da quando abbiamo teso la rete sopra il pollaio, non ci provano più.
Prima di rientrare in casa, le sembra di sentire un fruscio distante, e una lontana voce femminile che sbraita “Pazza! Sia l’ultima volta!”, seguita da miagolii di scuse di una vocina più sottile.
Che qualcuno si sia fatto male?
Si volta verso il marito, all’interno. “Thomas, ho sentito qualcuno nel bosco”.
L’uomo le viene incontro sulla porta. “Johanna, l’acqua sta bollendo, ed i primi clienti hanno già ordinato”.
“Ma ho sentito un grido!”.
Alza un sopracciglio. “Di aiuto?”
“No. Di rabbia”.
“Ottimo motivo per tornare in cucina”.

Mentre sua moglie riprende il suo posto di combattimento, il signor Thomas inforca gli occhiali per osservare se qualche automobile in salita lungo la strada faccia presagire l’arrivo di qualche altro cliente. In un giovedì di fine settembre, l’agriturismo Chickens and Hens non può sperare in molta gente a pranzo.
Torna a voltarsi verso il bosco. Toh, due ragazze che scendono dal sentiero. Non le avevo viste salire.
Osserva una biondina buffa, con le trecce, ed un’altra più grande, con un’aria un po’ arrabbiata e la chioma raccolta in una coda che sembra reduce da un accapigliamento. Tutte e due hanno vestitini azzurri e gonne spiegazzate. Si fermano un attimo, e la più grande china la testa borbottando qualcosa che forse è meglio non capire, mentre l’altra le districa un rametto profondamente conficcato tra i capelli. Poi riprendono decisamente il sentiero verso il locale.
Quando si sono avvicinate di più, percepisce qualcosa dei loro discorsi: “In fondo, Vera, se tu non avessi tenuto gli occhi sul mio didietro fino quasi a terra, non ti saresti poi trovata a dover scegliere tra una roccia ed un cespuglio di rovi”.
Ma… ma guarda che tempi!
L’altra le fa cenno di tacere, poi accende un largo sorriso di circostanza mentre si avvicinano. “Buongiorno. E’ una locanda?”.
L’uomo si sforza di assumere un atteggiamento professionale. “Benvenute nell’agriturismo Chickens and Hens, signorine. Desiderate un tavolo?”.
“Sì, grazie. Magari sulla terrazza”, dice la piccola.
“Ed un bagno…”, aggiunge l’altra lisciandosi i capelli. “Sa, devo riordinarmi…”.
“Lo credo. Prego, quello è lì sulla destra”.
“Grazie”. Prova ad aprirlo. “Oh, no, è occupato”.
L’altra la tira per una manica. “Cara, scegliamoci il tavolo, prima”.
L’uomo fa caso agli strappi sulla gonna della grande. “Avete fatto una… passeggiata nel bosco?”.
“Eh, sì…”. Vera si guarda il vestito lacerato. “So che questi abiti non erano adatti, ma ho voluto far contenta la mia sorellina…”.
“Certo, certo…”, risponde l’uomo, cercando di non sembrare scettico. Una sorellona paziente... come se non vi avessi capite. Fa strada fino alla terrazza. “Ecco. Che ne dite di quel tavolo?”.
“Possiamo avere quello nell’angolo?”, chiede Vera, indicando il più lontano dagli altri due già occupati.
“Come preferite. Volete ordinare?”.
 

Pochi minuti dopo, Vera ritorna al tavolo dove Elyon sta osservando beata il panorama. “Bene, Ellie, ora sono di nuovo a posto”. Segue lo sguardo dell’altra verso l’orizzonte. “Oggi siamo state fortunate. Il primo giorno di sole dopo la pioggia, e una visibilità stupenda”.
“Non è stata solo fortuna”, le sorride Elyon. “Qualche volta la precognizione può essere utile”.
“Parla piano”, le sussurra Vera. Si accosta, e la guarda per un po’ con una punta di invidia. “Ecco una capacità che io non ho”.
“Meglio per te”. Elyon scrolla le spalle. “Credimi, crea più vincoli che opportunità”. Guarda lontano. “Soprattutto quando riguarda cose sulle quali credi di avere potere, ed invece… è già tutto scritto”. Si morde il labbro. “Però non bisogna limitarsi a ciò che le profezie dicono, ma soprattutto considerare ciò che non dicono”. Scuote il viso, a scacciare qualche spettro.
Riprende con un tono allegro e squillante: “Ma oggi è una giornata splendida. La ho dedicata a te. Sei contenta?”.
“Certo, Ellie”. Le sorride. “Ne sentivo il bisogno”.  La studia di sottecchi: “In particolare da quando hai iniziato a frequentare Carol da sola”.
“Gelosa?”. Scuote il viso. “Non devi. Sai, lei è in gamba e sa insegnare tante cose… ma tu sei importantissima per me. Anzi, sapessi come mi è piaciuto quando mi hai chiamata la tua sorellina…”.

“Ehm, ehm”. Il signor Thomas, alle loro spalle, è arrivato con le bevande ed il cestino del pane. “Tenete!”. Mette giù di peso il suo carico, e si allontana velocemente seguito dai loro sguardi un po’ sorpresi.
Sorellina e sorellona… bah! Se fossero figlie mie…

Elyon si volta a guardarlo mentre sparisce in cucina. “Un po’ scortese”.
“Sarà stanco. Bah! Cambiamo discorso”. Vera tira fuori, da chissà dove, un fascicoletto di fogli graffettati. “Ho le liste degli esperti, finalmente!”.
“Fantastico”, salta su Elyon con voce fin troppo squillante. “Possiamo passare alla fase successiva: copiare i ricordi”.
“Parla più piano, Ellie”. Vera le fa un cenno con la mano sulla bocca, e le si accosta di più. “Spiegami meglio”.
“Bene”. Le si accosta anche lei. “Tutti quei cervelloni hanno delle vere miniere d’informazioni nei loro ricordi: fatti noti, capacità di collegamento, tutto ciò che li rende esperti nel loro campo. Tutte cose che possono essere copiate, selezionate e trasferite ad altre persone”.
“Fantastico, Ellie!”. Vera quasi saltella sulla sedia mentre l’altra le spiega. “Anni di studi e di esperienze trasferiti così, in pochi minuti… E a chi sono destinati questi ricordi?”.
“A seconda di ciò che serve: a me, a te, alle gocce, ai futuri tecnici di Meridian”.
“Tecnici di Meridian?”. Resta perplessa. “Se questi ricordi sono riconoscibili come provenienti da un altro mondo… non creerà qualche complicazione?”.
“Non credo”. Elyon fa spallucce. “Sanno tutti che vado e vengo dalla Terra”.
L’altra scuote la testa. “E se, assieme alle cognizioni tecniche, tra i ricordi si nasconde qualcos’altro di imprevisto che può alterare le loro credenze, con conseguenze imprevedibili? Ideologie politiche, pregiudizi, valori estranei a quel mondo?”.
“Non preoccuparti, cara. Andremo per gradi”.
“Se lo dici tu, sono tranquilla”. Il viso di Vera dimostra tutt’altro. “E… quando inizierai?”.
“Ecco, cara… sarai tu a farlo”.
“Io?”. Si allontana, un po’ sorpresa. “Ma io non so come!”.
“Come no?”. Elyon abbassa la voce. “Sei ben capace di sincronizzare i ricordi con me. Userai lo stesso sistema anche con gli altri”.
Vera resta gelata. “Ma… richiede il contatto fronte a fronte per parecchi minuti”.
“Già!”. Elyon inizia a giocherellare con il suo tovagliolo.
“Per tenere questo tipo di contatto con un uomo senza destare sospetti, dovrei sedurlo”.
“Sono certa che sapresti farlo benissimo. Sei stupenda”. Il tovagliolo con cui Elyon sta giocando si trasforma, piega dopo piega, in un bellissimo origami a forma di gallo.
“No! Io non voglio sedurre nessun uomo”, sbotta Vera a braccia conserte. “Non se ne parla!”.

“Ehm ehm”. Il cameriere si schiarisce la voce alle loro spalle, facendole sobbalzare. “Le vostre lasagne”. Gliele sbatte di malagrazia sul tavolo e si allontana veloce.
Guardano le belle porzioni dalle molte sfumature di rosso e di giallino. “Sono ancora bollenti”, commenta Elyon disfacendo il suo bell’origami per appoggiarselo sul grembo.
Vera mette giù la lista sul tavolo, di malumore. “Non intendo sedurre nessuna delle teste d’uovo di questa lista”.
Elyon la guarda di traverso. “Se sei decisa, non posso obbligarti… certo, è un incarico importante. Per mettere Carol in grado di eseguirlo, dovrei insegnarle ancora molte cose ed abilitarla a nuovi poteri”.
Carol!  Vera reprime un moto di disappunto. Taglia con rabbia malcelata un boccone di lasagne e se lo infila in bocca. Quella là……. AAAHHHIII!  Annaspa verso il bicchiere, e si versa un po’ d’acqua in bocca per estinguere l’incendio.
“Cara! Ti sei scottata?”. Elyon mette giù la forchettata sulla quale stava soffiando con impegno.
“Wo, wo, wa huhho wene”, risponde Vera mentre la sua lingua tenta di palleggiare il boccone rovente da una guancia all’altra.
Dopo un attimo di quasi panico, l’infortunata riesce a deglutire, e ci trangugia sopra un altro bicchierone. “Mi sono scottata!”, esala alla fine.
“Mi hai fatto prendere un po’ di paura”.
“Passa… è passato. Sono una pelle dura”.
“Meno male”.
“Tornando alla memoria: lascia fuori Carol. Il piano B è questo: io avvicino gli esperti, chiedo un appuntamento con una scusa, li ipnotizzo, vi appoggio la fronte quanto serve, sperando che non gli puzzi l’alito, poi copio tutto; infine loro si dimenticano di me, e niente love story. Che ne dici?”.
“Che è perfetto, cara”.

Dopo un po’,  la signora Johanna viene a ritirare i piatti vuoti ed a portare due grandi terrine di insalata.
“Con permesso….”
Elyon la studia. Sarà anche lei scortese come quell’uomo che ora le evita ostentatamente? “Il vostro locale è proprio delizioso”, azzarda.
“Vero?”, risponde soddisfatta la signora. “E’ la mia piccola azienda di famiglia… a suo tempo, ho conquistato Thomas più con questa che con altro”.
Poveraccia. La biondina si sforza di sorridere ancora di più. “E poi il cibo è squisito”.
“E’ tutto genuino, i polli sono del nostro cortile. Niente a che vedere con allevamenti in batteria, surgelati da supermercato, prodotti chimici e altre diavolerie”.
Vera scorre il menù. “Ma questi asterischi….”.
La locandiera si stringe tra le spalle. “Beh, può capitare che… abbiamo un po’ di selvaggina in freezer, ma è un’eccezione. Sa, non sempre si fanno impallinare su ordinazione”.
Vera assente. “Siete voi che cacciate?”.
“Spesso è mio marito, oppure acquistiamo cacciagione da amici… sapete, lui ha un’ottima mira, ma qualche volta si fa un po’ prendere la mano. Gli è successo di impallinare un paio di rapaci”.
Due sguardi allibiti danno alla donna l’impressione di avere fatto una gaffe. Si affretta a rassicurare le clienti: “Tranquille, non li ho mai serviti in tavola!”.

Mezz’ora dopo, le due hanno finito le onoranze funebri di lasagne, insalata e dolce, e restano come ipnotizzate dal filo di vapore che si alza dalle tazzine di caffè lungo.
“Ellie….”
“Sì….”.
“Prima che ci appisoliamo, che ne dici di dare un’occhiata alla lista degli esperti?”. Le porge nuovamente il fascicolo.
“Volentieri”. Allunga la mano per prenderlo, e lo guarda pigramente.
Si sa che dopo pranzo la luce si propaga più lentamente, per cui gli occhi socchiusi di Elyon scorrono per un po’ sulla lista prima che il cervello dia l’ordine alla bocca di aprirsi e chiedere: “Cosa significano gli asterischi accanto ad alcuni nomi?”.
“Sono quelli che sembrano più promettenti”.
“Bene”. Elyon gira pagina. “E cosa vuol dire se ci sono due asterischi sullo stesso nome?”.
“Come… fammi vedere!”. Le riprende la lista. “Michael Raeder… assistente di chimica organica a Midgale… esperto in materie plastiche…. Non so. Mi sembra un pesce piccolo”.
“E le materie plastiche non sono tra le nostre priorità”, riflette Elyon.
Vera scorre le altre pagine. “Questo foglio è di Irene. Credo che ciò spieghi qualcosa”.
“Sono curiosa”. Elyon si riguarda l’appunto. “E poi è proprio di Midgale. Cominceremo da lui”.
L’altra scrolla le spalle. “Uno vale l’altro”.
“Lo faremo oggi”. La scuote per un braccio. “Andiamo!”
Vera esala a lungo prima di riaprire gli occhi. Guarda la tazza di caffè che non fuma più. “Fuori il dente, fuori il dolore”.
 

 Midgale, università

Attenuato da una porta socchiusa, uno strillo si fa strada fino al corridoio affollato di studenti.
“EEK! UN UOMO! Cosa ci fa qui…”.
“Cosa ci fate voi, bionde!”  “Questo è il bagno degli uomini” “Eravate anche chiuse nello stesso gabinetto”.
“E con questo?”. Una voce da ragazzina sembra mettere fine alla questione.

Le due escono di corsa, con le facce di un rosso acceso come la targhetta “MEN” sulla porta.
“Oh, cavolo”, sbuffa Vera. “Non sempre il teletrasporto è preciso come dovrebbe”.
“Meno male che conoscevi bene la destinazione, no?”, la stuzzica Elyon.
“Sempre meglio che farsi impallinare da quell’antipatico”, taglia corto Vera. “Ecco, quello in fondo
è l’atrio”.
Le due percorrono il grande corridoio fino ad un grande locale  costellato di cartelli di indicazione.
“Istituto di chimica… Ecco, di là”.  Una freccia indica di imboccare un corridoio di cui a malapena si vede la fine.
Molti “Di là” dopo, le due arrivano davanti ad un corridoio più stretto, chiuso da una larga porta a vetri. “Istituto di chimica”, recita finalmente la targa affissa sul muro.
“Ci siamo”. Vera si guarda attorno. “Non c’è molta gente, qui”.
“Meglio così, cara. Procedi tu, io ti faccio da palo”, la incoraggia Elyon scrutando l’orizzonte dall’alto del suo metro e cinquantasei.
Superata la porta a vetri, procedono con circospezione lungo il corridoio, incrociando quello che sembra un compunto laureando con una borsa piena di carte. Osservano le porte tutte uguali degli uffici tutti uguali. Alcuna sono aperte, e fanno vedere che, almeno nel disordine, quegli stanzini trovano una parvenza di individualità.
Ecco l’ufficio. “Michel Raeder, assistente”, recita Vera. Guardano attraverso la porta aperta. Il computer è acceso. Titoli accademici incorniciati fanno bella mostra di sé alle pareti.
Elyon si ferma a guardare una foto appesa alla parete. “Questo professor Raeder sembra molto più vecchio di quanto pensassi”.
Sguardo di compassione. “Ellie, quello è il presidente. Non vedi la bandiera?”.
“Oops... ma non è quello che ricordo io”, cerca di giustificarsi. “E poi, non ce l’ha mica scritto in faccia!”.
Vera guarda alcune foto di un’intera squadra di baseball in posa.“Forse è uno di questi. Ma quale?”.
Con la coda dell’occhio, vede sparire il riflesso dello schermo del computer dagli armadietti a vetri. Muove leggermente il mouse, e l’immagine si riforma subito. “Tetris! Poverino, è pieno di lavoro il nostro prof!”.

Dei passi nel corridoio catturano la sua attenzione. ‘Bene’, pensa Vera. ‘Appena entrato, chiudiamo la porta e… Ellie? Sei già sparita?’.
Quando varca la porta, l’uomo sembra stupito nel vedere la sconosciuta che lo sta aspettando. Si guardano.

Che uomo! Vera resta impalata a fissare il giovanotto alto ed elegante che ha di fronte. Quegli occhi… verdi, profondi, come non li ha mai visti… E quel mento deciso, quella fronte spaziosa, quei capelli castani ed ondulati, quegli occhiali con le stanghette seducenti… whow!
“Buongiorno, signorina. Cercava me?”.
Che voce profonda, calma, gentile… E’ perfetto, più perfetto di come Vera abbia mai potuto immaginare. E poi, un abile giocatore di Tetris… che sogno!
“Signorina… va tutto bene?”
‘Chiudi la bocca, Vera’ , fa eco una vocina nella sua mente.
Vera si scuote dallo stato di catalessi. “Si,… si, tutto a meraviglia, grazie!”.
“Cercava me?”.
“Sì!”. E poi? Cosa può dire?
‘Vera, svegliati, dì qualcosa, o lo perdi’.

“Ecco… La cercavo perché … perché...”.  Perché cosa?
‘Perché ho scommesso con un’amica che avrebbe accettato un invito a cena’.
‘Ellie! Che cavolate mi vuoi far dire?’
‘Fidati, è spiritosa. Gli piacerà. E poi, hai altre idee?’.
Vera fa appello a tutto il suo coraggio. “Vede… ho fatto una scommessa con una mia amica. Sì… Abbiamo scommesso se lei avrebbe accettato un invito a cena”.
L’uomo resta stupito e divertito. “Con chi ho il piacere?”.
“Vera. Vera… Portland”.
“Raeder. Michel Raeder. Immagino conoscesse già il mio nome”.
Vera annuisce con enfasi, cercando una risposta brillante. “Sssì…”.
L’uomo la squadra da testa a piedi, con soste intermedie. “Ci siamo già visti prima?”.
Che domanda poetica! Universi di possibilità si aprono davanti agli occhi di Vera. Magari, nella loro reincarnazione precedente, sono stati teneri amanti fino a tarda età, o forse i protagonisti di una storia drammatica in cui hanno promesso che si sarebbero…
‘Rispondi, furba’, le risuona nella testa. Guarda l’uomo che sta ancora attendendo.
“Non avrei potuto dimenticarlo”.
“Significa no?”.
“…”. Cosa può rispondere? Vorrebbe raccontare un romanzo, ma non sa quale.
L’uomo ha ben capito di aver fatto colpo. “Signorina Vera, cosa dovrei dire ad una bella sconosciuta che si presenta con un invito a cena, poi resta ad occhi e bocca spalancati e si incanta senza dire più niente?”.
Rispondi, Vera. Ora o mai più. “Do… dovrebbe dire: ciao Vera, chiamami pure Michel. Sarò onorato di venire a cena con te”.
L’uomo ride, poi ripete: “Ciao, Vera. Chiamami pure Michel. Sarò onorato di venire a cena con te”.
Whooowwww! “Michel…che bel nome! Non era di un arcangelo?”.
Michel ridacchia. “Forse, ma non era mio parente”. La guarda compiaciuto. “Hai preferenze per il locale?”.
Whow, com’è spiritoso… Il locale…quale locale? Ah, già…   “Mi…mi fiderò della tua scelta”.
“Allora, che ne dici del Black Flower?”.
“Benissimo”, sorride estasiata. Chissà dov’è…
“Alle otto, allora, di fronte al Black Flower”. La studia, ben ringalluzzito. “Contenta? Così ti ho fatto vincere la tua scommessa”.
Lei si stringe nelle spalle. “Veramente… l’ho persa. Avevo scommesso contro di me”.
“Oh!”.
“Ma verrò. Alle otto, allora…”
“Fantastico, Vera”. Guarda l’orologio sul muro “Purtroppo, ora ti devo congedare. Tra pochissimo sono atteso a lezione”.
Quando l’uomo le sfiora un braccio, Vera sussulta come se scottasse. Sta tremando. Chissà se se n’è accorto… “Mi… mi piacerebbe venire a sentirti!”.
“No, meglio di no, ti annoieresti. Cosa importa ad una bella bionda come te delle reazioni tra eteri diglicidici del bisfenolo A e ammine aromatiche?”.
Una risposta, una risposta qualsiasi… ma certo, stupidina, te la sta suggerendo lui stesso. “So che sono molto esotermiche, e portano ad una reticolazione irreversibile”.
L’uomo sembra un po’ sorpreso mentre la accompagna lungo il corridoio. “Vedo che ne sai di chimica”.
“Qualcosina soltanto”, si schermisce Vera, poi si volta verso di lui, stringendogli le mani. “Allora alle otto”. Gliele lascia andare lentamente, esitando a staccare gli occhi dai suoi, e fa qualche passo verso l’uscita.
SBONNG. Ahi, la porta a vetri. Vera barcolla dopo essersi schiantata.
“Vera! Ti sei fatta male?”.
“”No, non è niente. Tutto a meraviglia”, rassicura con un sorriso largo che cerca di sembrare disinvolto.
Ochescemachescema, si ripete appena chiusa la porta, prendendosi il naso fra le mani. Proprio davanti a lui. Ma da chi ho preso?
La risposta appare accanto a lei, ridacchiando mentre la accompagna. “Non dovevamo eseguire il piano B?”.
“Hai voglia di sfottere, vero Ellie? Dillo, che non ti sei mai divertita come oggi”.
‘Ho scommesso con un’amica…’. Non è stato un colpo di genio?”.
“Insomma… in assenza di meglio…”.
“Mi sembrava quasi di vedere nuvole di fiorellini uscirti dagli occhi”.
“Io… E’ che mi sembra un tipo passabilmente interessante”, si schermisce con un tentativo di nonchalance. “Vorrei solo conoscerlo un po’”.
 

Appartamento delle Gocce

Din donn.

Appena la porta si apre, è il viso aperto di Irene ad accoglierle. “Ehi, Vera! Ehi, ciao, piccoletta!”.
“Vostra altezza reale, prego”, ridacchia Elyon.
Appena entrate, Irene le studia un attimo. C’è qualcosa di insolito. “Perché quei sorrisini ebeti?”.
“Tutto bene, tranquilla”, le risponde Vera lontana.
L’altra la guarda ancora. “Vera, non eri tu che ci avevi vietato categoricamente di fumare cose strane?”.
Si riscuote un po’ dal suo stato di beatitudine. “Ma che dici! Sono di buon umore, tutto qui!”.
Elyon ridacchia. “Se la avessi vista prima… si è schiantata contro una porta vetrata, ha camminato come in trance, e se non la avessi trattenuta per un braccio avrebbe attraversato le strade senza guardare”.
“Che vuol dire!”, replica l’altra stizzita. “Eravamo sulle strisce zebrate, o no?”.
“Ti avrebbero stirataaaaa!”, la canzona Elyon.
“Tutta invidia!”, tira corto.
Irene ha studiato il battibecco, un po’ stupita. “Ah, ho capito!”. Si avvicina a Vera facendole un occhiolino. “Allora, chi è il fortunato?”.
“Il…. Cosa vuoi dire?”. Naturalmente lo sa benissimo.
“L’uomo che ti coglierà come una pera matura”.
“Ma che dici?”. Vera arrossisce sempre più e si trincera dietro le braccia conserte. “Io sarei una...?”.
“Non è mica una brutta cosa!”, replica Irene fingendosi ferita. “Le pere mature sono dolcissime”.
“Allora TU torna pure  in cucina tra la frutta! IO non sono così!”.
“Vabbè, dicevo per dire. Un bignè caldo…”.
“BASTA!”, grida Vera fuori di sé. “Hai passato il segno! Continua a sfottermi, e passerai la serata seduta in gabinetto!”.
“Vabbè, vabbè, scusa”. Irene alza le mani. “Posso almeno sapere chi è?”.
Vera resta trincerata dietro le sue braccia. E’ Elyon a rispondere con un risolino: “E’ il tuo due asterischi, Irene”.
“Ah, il bel Michel”, si illumina. “Valeva la pena di vederlo, vero?”.
“Insomma…”, minimizza Vera con ostentata sufficienza.
“Quel tipo è molto popolare tra le studentesse. Avrai una concorrenza agguerrita”.
“Ci vado solo a cena!”. Vera cerca di nascondere uno sguardo di preoccupazione.
“Prima di arrivare al dolce, devi sapere che il bel Michel è un tipo farfallone”.
Vera fa un passo indietro, sempre più piccata: “Sciocchezze! Si vede subito che è un tipo serio!”.
Irene le rivolge uno sguardo materno. “Aspetta, prima di costruirci un castello”.
E’ troppo!  “Ma che castelli! Non sono mica una ragazzina come…”. Si interrompe troppo tardi.
“Come Elyon, dillo pure”, completa Sua Altezza Reale.
Sguardo imbarazzato. “No, Ellie, non volevo dire questo”.
“Non importa”, risponde un po’imbronciata. “Consideriamola come una missione. Stasera ti accompagnerò fino al locale”.
 

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Capitolo 27
*** Seduzione ***


27-seduzione  
Cara Melisanna, ti sono sempre molto grato per la tua attenzione a Profezie e per la pertinenza dei tuoi commenti. Hai descritto bene la situazione psicologica di Vera.  Quanto al disegno, so che l'espressione di Michel è rigida, non da seduttore, ma mettiti nei panni di uno che apre la porta del suo ufficio e si trova dentro un'altra persona...

Come al solito, c' è la possibilità di discutere più in dettaglio al  http://freeforumzone.leonardo.it/viewmessaggi.aspx?f=4642&idd=8397&p=3. 
Tutte le recensioni, le critiche costruttive ed i commenti sono benvenuti.


 

PROFEZIE


Riassunto delle puntate precedenti 
Elyon affida a Vera, una copia di sè stessa che appare come una ragazza più grande, l'incarico di rintracciare le gocce astrali, le sosia create dalle guardiane, e ribellatesi ad esse più di un anno prima .
La goccia di Cornelia si chiama Carol. Quella di Irma, Irene. Quella di Hay Lin, Pao Chai. Quella di Taranee, Terry. Quella di Will, Wanda.
Elyon propone alle gocce di collaborare con Vera a raccogliere informazioni tecnologiche per modernizzare Meridian.
Le gocce si trasferiscono, con Vera, in due eleganti appartamenti contigui. Come copertura, fingeranno di essere delle studentesse universitarie; ognuna riceve una lista di argomenti e l'incarico di individuare degli esperti su ciascuno. 
Le gocce vengono addestrate ai poteri mentali, quali la lettura e trasmissione del pensiero, lo sguardo del comando e la telecinesi.
In alcune occasioni, le ragazze commettono goffaggini che attirano l'attenzione della polizia e perfino dei giornali.
Wanda convince Vera che la polizia segreta potrebbe rimettersi sulle loro tracce. Il problema della segretezza crea alcune situazioni tese, che però, in seguito, sembrano risolte dalla formula magica "E con cio?", che sopprime la percezione delle incongruenze nelle persone a cui è recitata.
Si crea un rapporto più stretto tra Elyon e Carol, che è ammirata per le sue capacità di cavarsela in ogni situazione.
Elyon affida a Vera l'incarico di copiare le memorie scientifiche di esperti in diversi campi, cosa che richiede il contatto fronte a fronte per alcuni minuti. Il primo della lista è un professore universitario di nome Michel Raeder, di cui Vera si innamora a prima vista.

Cap. 27

Seduzione




Camera di Vera

Il tempo passa, lento e veloce. Mancano solo due ore all’appuntamento con Michel, e l’immagine che ricambia lo sguardo di Vera dallo specchio scuote ancora il viso corrucciato.
Inutile. Neanche questo vestito la soddisfa.  Ma perché ha puntato sempre su uno stile così sobrio?  Ha sempre pensato che l’azzurro stesse bene con i suoi occhi ed i suoi capelli biondi, ma ora tutto quello che ha le sembra così quotidiano!
Irene si affaccia alla porta. “Si può?”.
Entra senza attendere risposta, e la studia fino a farla sentire radiografata.
“Vuoi fare colpo, capo?”.
Vera minimizza: “Beh… vorrei solo trovare un vestito degno per l’occasione”.
“Non spaccarti troppo la testa. Sei bella così”.
“Grazie”.
“E poi, gli uomini badano poco ai vestiti. L’importante è cosa c’è dentro”. Esce dalla camera strizzandole l’occhio.
Vera resta un attimo incerta. Irene è più profonda di come l’avesse giudicata, o è solo un’altra allusione stile bignè, ma camuffata meglio?
Si guarda di nuovo allo specchio. Ma sì, l’aspetto può andare anche così.
Quello che la preoccupa di più è: cosa raccontargli, se comincia a chiederle di lei?
 

Midgale, centro città, davanti al ristorante Black Flower

L’insegna del Black Flower è un fiore nero delineato da un bordo viola, al centro di una stella di foglie verde chiaro. Chissà se queste meraviglie esistono davvero sulla Terra, o hanno visto la luce solo su un tavolo da disegno?
Elyon osserva la vetrata dell’elegante locale, parzialmente oscurata da riquadri neri e viola. Le luci interne sembrano di candele.
“Sembra intimo e accogliente”, sorride compiaciuta. Poi guarda Vera, che scruta nervosamente tutte le automobili e le persone che appaiono sulla via. “Cara, perché mi sembri tanto impaziente?”.
“Sono calmissima, Ellie”, risponde tormentandosi una ciocca di capelli.
“Ricorda, devi sorridere tanto. Fallo parlare di sé. Ripeti spesso il suo nome. Riempi i vuoti ripetendo con parole tue ciò che ha detto lui”.
Vera sbuffa. Tutta farina del sacco di Carol. “Non ti sapevo esperta di uomini”.
“Non lo sono”, risponde piccata Elyon. Poi, imbronciata: “Non scordarti la memoria! Siamo qui per questo”.
Quale memoria… ah, sì. “Naturalmente!”.
Un automobilista rallenta e le guarda ostentatamente. Altrettanto ostentatamente gli voltano le spalle.

Pochi secondi dopo, una bella voce maschile proveniente da dietro di loro le fa voltare.
“Ben trovata, Vera”.
“Be… ben trovato, Michel…”. Gli occhi le rimangono come calamitati dai suoi. “…”.
L’uomo si volta verso Elyon. “E questa è l’amica che ha vinto la scommessa?”.
“Michel caro. Questa è…è…è mia sorella Elyon”.
“La tua sorellina? Piacere. Michel Raeder”. Le tende la mano con un sorriso un po’ sbrigativo.
Elyon è spiazzata. Non lo aspettava con quindici minuti di anticipo. Lei avrebbe voluto rendersi invisibile per tempo. “Ta… tanto piacere. Ora vi lascio da soli… buona serata!”. Perché si sente arrossire? E’ Vera, la pera matura. Non lei.

Appena fuori vista, Elyon si volta. Rossore ed imbarazzo sono svaniti, lasciando il posto a una curiosità irresistibile. Il primo appuntamento di Vera… Non posso perdermelo!  Per un attimo sente che dovrebbe vergognarsene , ma una giustificazione non si fa attendere: Potrebbe avere bisogno di un angelo custode. A volte è così imbranata, poverina.
Per chi sa farlo, si sta meno a rendersi invisibili che a pensarlo.  Elyon svanisce nell’indifferenza dei passanti, e torna verso il ristorante.
Eccoli là. Stanno entrando. Lui è galante, le tiene la porta aperta. Bene, adesso devo trovare qualcuno che la tenga aperta per me.
Attende uno, due, cinque minuti accanto all’ingresso. Uffa. Mai che arrivi qualcuno, quando serve.
Spazientita, entra nel locale. Bene, nessuno ha fatto caso alla porta.
Osserva l’interno, quasi stupita. Le luci sono basse e calde, irregolari e guizzanti come minuscole fiammelle nascoste, e provengono da fessure orizzontali che delineano il contorno di tutti i mobili scuri e laccati. Altri minuscoli punti luce si trovano sopra ciascuno stallo, e si accompagnano bene alle candele accese sui tavoli. Ma che bello!
Si muove con circospezione. Dove saranno adesso quei due piccioncini?
Li vede verso il fondo del ristorante, in un angolino delizioso. Tengono già tra le mani dei calici. Ma cos’ha davanti? Un bicchiere di vino!? Non ne ha mai bevuto prima!
Nessuno può vedere il sorrisino quasi cattivo che si è disegnato sulla bocca di Elyon. Mi sa che stasera ci si diverte!
Vera le sembra essersi liberata delle sue paure, e guarda rapita Michel tenendo teneramente una delle sue mani. Mentre l’uomo parla, lei assente e sospira.
Lo guarda come una pera matura può guardare il sole che la fa maturare.  Elyon sorride compiaciuta per la sua arguzia. Ehi, bella questa! Però è meglio non raccontarla ad Irene, se no sarà il tormentone della prossima settimana.
La osserva ancora, notando il viso insolitamente colorito e sognante. Proprio un bel bocconcino per un maschietto, pensa mentre rubacchia da un vassoio di antipasti.
Buona questa tartina. L’invisibilità ha i suoi vant…OUCH!
Non fa in tempo a finire il pensiero, che un cameriere intento a portare un grande vassoio la investe in pieno. Ruzzolano entrambi sul pavimento, con clangore di acciaio inox e di cocci.
Per un attimo, Elyon ha la sensazione che l’inserviente la stia guardando stupito.
Lei rinforza l’incantesimo dell’invisibilità. Non può farsi scoprire così, tutta imbrattata di sugo di pomodoro.
‘Ben ti sta’, le risuona in testa.
Chi ha osato? Scocca un’occhiata astiosa verso Vera, che guarda nella sua direzione e ride.
Il cameriere si alza, imbarazzato. “Vogliate scusare, signori”. Raccoglie il vassoio e quanto resta dei piatti, e si gira proprio mentre Elyon si sta rialzando.
Colpito da una testa reale, il vassoio ricade con nuovo clangore e rimacinamento di cocci.
Elyon stringe i denti per non prorompere in imprecazioni che, fossero pure nella lingua di Meridian, risulterebbero orrende anche all’orecchio di un sordo. Sente Vera ridere a crepapelle, ed anche altri clienti cominciano a ridacchiare imbarazzati.
Il cameriere è ancora più confuso, e la fioca luce pietosa nasconde un po’ i colori della sua faccia. Un altro inserviente impassibile viene ad aiutarlo, gli sibila qualcosa di poco gentile all’orecchio e lo aiuta a raccogliere cocci e lasagne con le mani e, come scoprirà poi, anche con la suola delle scarpe.
Elyon torna a guardare verso il tavolo dove l’altra sta ancora ridendo. Sente la domanda perplessa di Michel: “Ti diverte tanto, cara?”, e la risposta enigmatica di Vera: “Oh, ma io non sto ridendo di quel poveraccio”.
‘Come osi? Tu... tu... Guai a te se solo ti sogni di raccontarlo alle ragazze!’.
 

Meridian, palazzo reale

Una regina deve sapere in quali occasioni è meglio ritirarsi. Per esempio, quando si è imbrattate di sugo di pomodoro.
La Luce di Meridian riappare di pessimo umore nella sua sontuosa camera da letto. La risata di Vera le risuona ancora nelle orecchie. Speriamo che non ci sia nessuno, ho un diavolo per…
La voce dell’ancella Nagadir risuona allegra dall’anticamera. “Benvenuta, Altez…”. Appena varcata la porta, si porta le mani al viso. “AH! … PER GLI SPIRITI! SIETE FERITA?”.
Elyon scuote il viso. Sperava di passare inosservata finché non avesse potuto cambiarsi d’abito, ma non aveva fatto i conti con la capacità della sua ancella di percepirla anche da locali distanti. “Non preoccuparti per il rosso, Nagadir, è salsa di pomodoro alla chisacosa”. Le porge una manica. “Vuoi assaggiare?”.
“Come accettato, Altezza”. La squadra. Cambiarsi d’abito non basterà, anche le trecce sembrano intinte nei condimenti. “Preparo il bagno? Tra un’ora siete attesa in consiglio”.
 

Midgale, casa di Michel, due ore dopo

“Auto sportiva e appartamento bilocale in mezzo alle nuvole. Proprio una vita da scapolo!”, commenta Vera, entrando nell’alloggio di Michel, al quarantatreesimo piano.
“Infatti, per andare all’università, passo più tempo in ascensore che in automobile!”, scherza lui.
“Ma, con tutte quelle vetrate… non ti senti un po’ come nella vetrina di un negozio?”.
“Beh, ci sono le persiane. E poi si può spegnere le lampade”, risponde l’uomo, allungando la mano verso l’interruttore. La semioscurità avvolge la stanza. Dalle vetrate si vedono le luci della città dall’alto, le strade ben delineate percorse da lucette appaiate.
“Se vuoi vedere quei miei libri, li tengo in camera”, le sussurra Michel all’orecchio.
Vera sente il suo respiro sulla pelle. “Posso leggerli anche qui”, risponde passandogli le mani attorno al collo.
Si stringono e si baciano a lungo.

Alla prima pausa per riprendere il fiato, Vera pensa che è arrivato il momento di fare il suo dovere di spia. In realtà è curiosissima di sapere tutto di quest’uomo.
Si alza in punta dei piedi per arrivare a livello, e fa aderire le fronti. Come con Elyon. Inizia la sequenza per la copiatura della memoria.
Nessun effetto. Più veloce… ancora niente. Non sente quel pizzicore quasi elettrico, quella leggera vertigine che accompagna questo momento magico, e prelude al flusso di immagini caotiche e sovrapposte. L’unica vertigine che sente è quella dei due bicchierini di Porto.
Si stacca da lui. “Michel…”.
“Vera…”. L’attesa nel suo sguardo si può percepire anche al buio.
“Scusa, ho tanto sonno… puoi prepararmi il caffè?”.
“Ma certo!”.
Quando la luce si riaccende, Vera può indovinare un po’ di stupore nel suo sguardo, ma non riesce a leggere nessun pensiero. E’ l’effetto dell’alcool. Spazza via le esitazioni, ma appanna i poteri della mente, a partire dai più raffinati.
Resta appoggiata alla parete, mentre Michel armeggia con la macchinetta del caffé nell’angolo cucina. E’ stranamente ordinato per un uomo, osserva.
“Viene una donna?”, chiede Vera con voce impastata.
Lui la ricambia con uno sguardo stupito. “Come?”.
“A fare le pulizie, intendo”.
“Certo”. Il caffé comincia a salire nella tazzina monouso. “E tu, fai le pulizie da sola?”.
“No, chiamo un uomo”, risponde lei con una risatina soffocata.
“Ah”.
Non l’ha apprezzata. Eppure mi era sembrata così carina, questa battuta…
Mentre sorseggia con prudenza il caffé fumante, la bruciatura in bocca le ricorda del pranzo con Elyon. Si sono divertite, oggi… Elyon! E se è ancora qui a ficcanasare? E’ così curiosa e infantile, qualche volta…
“Sei immersa nei tuoi pensieri?”, le chiede Michel.
“Chiamiamoli pensieri… sono i fumi del vino”, si schermisce.

Poco dopo le sembra che le palpebre pesino di meno, che la mente sia più rapida. Proviamo la lettura del pensiero…
‘Quest’oca è proprio brilla’.
OCA!?!? OCA...A ME?!?!?
Questa intuizione è stata come un pugno nello stomaco per Vera. Oca! Odioso bellimbusto, non mi aggiungerai alla tua collezione di trofei! Facciamo presto, e poi buonanotte!
Lui le legge un’ombra inaspettata sul viso. “Cos’hai?”.
“Niente! Torna a spegnere la luce!”.
Un po’ stupito dal tono autoritario, Michel si riaccosta all’interruttore e spegne.
Le luci della città hanno perso tutta la loro poesia. Con rabbia, lei gli si allaccia al collo, evita la sua bocca, e si alza in punta dei piedi. Fronte a fronte, un po’spostata di lato. Sì, questa volta funzionerà. Tre minuti e… ma… ma…
“EHI! GIU’ LE MANI, PORCO!”, grida spingendolo indietro.
Dopo un attimo la luce si riaccende. Lui la guarda smarrito. “Ma che c’è?”.
“LO SAI BENISSIMO!”.
“Datti una calmata. Se non volevi…”.
“UNA CALMATA UN CAVOLO! QUEST’OCA BRILLA NON SARÀ IL TUO PROSSIMO TROFEO!”.
La guarda a bocca aperta. “Stai dicendo cose senza senso!”.
“Lo sai benissimo il senso che hanno!”. Riprende il soprabito dalla spalliera con le mani che tremano. “Mi hai deluso. Michel. Io pensavo di avere trovato un amico, ed invece volevi solo approfittare di me!”. Detto questo, si gira sui tacchi ed esce, sbattendo la porta d’ingresso alle spalle.
“VERA! NON PUOI ANDARTENE COSÌ!”, le grida l’uomo, riaprendo la porta. “Ma… dove sei?”. Davanti ai suoi occhi c’è solo un corridoio buio e deserto.

Cucina delle Gocce

“QUEL PORCO!”.
Pao Chai, Wanda e Therese alzano stupite gli occhi dalla loro partita di Monopoli, verso la figura appena materializzata nel corridoio. Non c’è da sbagliarsi, quello di Vera è un viso da bufera.
“Qualcosa non va?”, chiede Terry.
“NIENTE VA! Quel maiale…”.
Wanda scuote la testa. “Non puoi fidarti degli uomini! A loro non importa certo della tua felicità!”.
“Ma cos’è successo esattamente?”, chiede Terry.
“Sembrava così carino… è stato adorabile fino a quel momento, poi mi ha chiamata oca brilla!”.
“Come?”, si scandalizza Pao Chai. “Come ha osato?”.
“Beh… veramente lo ha solo pensato…”.
Più che scandalizzata, Therese sembra perplessa. “Perché lo ha pensato?”.
Vera la guarda male. Ma da che parte sta, questa? “E poi mi ha messo le mani addosso”.
Wanda batte forte il pugno sul tavolo. “Da rompergli gli attributi!”. Le casette del monopoli sobbalzano sul tabellone e restano lì, spaurite. Un dado ruzzola giù, trovando rifugio sotto un cassettone.
Vera riprende: “Solo perché sono rimasta con lui al buio, nel suo appartamento, ha creduto che volessi soddisfare i suoi porci desideri”.
“Ma gli hai copiato la memoria?”, chiede Therese.
“Ho cercato di farlo”.
“E….”.
“Non funzionava. Colpa del vino”, deve ammettere. Scruta le altre.  Si aspettava più solidarietà. “Ehi, non ero brilla. Ero solo un po’ allegra”.
C’è qualcosa negli sguardi con cui è ricambiata.
‘Se l’è cercata’  ‘Tutto qui? Non sa cos’è la vera mancanza di rispetto’  ‘Eppure prima sembrava davvero una pera matura’.
Come osano? Salta in piedi. “Basta! Io non sono così!”.
“Ma…”.
“IO LO ODIO! Perché mi ha trattata come un pezzo di carne! Perché mi ha fatto bere per approfittarsi di me! Perché va con tante donne, e crede di avermi in pugno come le altre! Perché è pieno di sé. Perché si crede bello! Perché… perché parla di chimica a tavola! E perchè… perché gioca a Tetris in ufficio. Perché…”.
Tace. Si è vista con i loro occhi, e sentita con le loro orecchie.
Torna a sedere. Stupida. Vera, sei una stupida. Non c’è modo di nasconderlo.
Guarda Pao Chai. Più volte , pensando tra di sé, l’ha chiamata anatra mandarina. Chissà se lo ha percepito ? Ora sa come ci si sente.
Vera cerca di riprendere il suo contegno. “Ragazze, scusatemi. Dimenticate quanto ho detto stasera. È stato solo uno sfogo. Domani è un altro giorno. Buona notte”.
Si alza, diretta al suo appartamento.
Apre di malumore la porta sul pianerottolo. Trasale trovandosi davanti ad una faccia grinzosa. E’la signora Priest, la vicina del piano di sotto, ancora con il dito alzato verso il loro campanello.
“Signorina Portland! Capisco che alla vostra età una ragazza possa avere delle disavventure, ma non è il caso di…”. Esita davanti allo sguardo di ira con cui è ricambiata. “… di… di tenere la televisione ad alto volume fino a quest’ora”.
 
 

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Capitolo 28
*** La scommessa ***


28-la scommessa  
Cara Melisanna, grazie di cuore per i tuoi incoraggiamenti. Il capitolo 27, come sai, è stato sofferto, e sono contento che alla fine tu lo consideri ben riuscito. Non sono uno scrittore di storie d'amore, perciò spero di riuscire a gestirla tutta in modo credibile, anche se è strumentale ad una trama più ampia.
Michel francese? Forse... Bisognerebbe chiedere a sua mamma perchè Michel le è piaciuto più di Michael, però sarà un po' difficile perchè lei non compare nel cast di Profezie. Raeder suona più tedesco, ma, ancora una volta, suo padre non è disponibile per chiedergli chiarimenti.

Cara Eleuthera, sono contentissimo di leggere ancora le tue belle recensioni. Anche a me Irene piace molto come personaggio, avrà anche una parte importante in una one-shot che pubblicherò a breve. Carol è spesso antipatica anche a me, ma non prendiamola sottogamba, è un personaggio di capacità non comuni. Vera ha preso gradualmente i connotati di orgogliosa e un po' pasticciona, in effetti la caratterizzazione iniziale era un po' piatta. Con una come Carol vicino, è difficile che si senta a suo agio.
Ti è piaciuta la gita all'agriturismo? L'ho costruita come una specie di commedia degli equivoci. 
Il personaggio che a me piace di più è Elyon, che, vivendo a cavallo di mondi, ruoli ed esigenze diversissime, mi dà spunti narrativi di ogni genere.

Questa volta non ho trovato tempo e voglia di fare un disegno. Penso che riprenderò con le prossime puntate. La ragione è che ho dedicato tempo a alcune one-shot autoconclusive derivate da parti di Profezie.
Una è già stata pubblicata, è La via per la Terra, ritagliata dall'incipit che sto preparando per una riscrittura dei primi capitoli di Profezie. Si è piazzata terza nella sua categoria alle finali della Seconda Disfida dei Criticoni. Se non avessi resistito alla tentazione di votare per me stesso, sarebbe arrivata seconda a pari merito.
Un'altra one-shot, quasi completamente nuova, è stata inviata alla giuria, come da regolamento, prima di essere pubblicata. E' incentrata su Elyon e Caleb, e si intitola Dimenticare assieme.
La terza, estrapolata dalla storia delle Gocce astrali ancora in scrittura, sarà pubblicata presto su EFP con il titolo di Sogni di goccia.

Come al solito, c' è la possibilità di discutere più in dettaglio al  http://freeforumzone.leonardo.it/viewmessaggi.aspx?f=4642&idd=8397&p=3. 
Tutte le recensioni, le critiche costruttive ed i commenti sono benvenuti.


 

PROFEZIE


Riassunto delle puntate precedenti 
Elyon affida a Vera, una copia di sè stessa che appare come una ragazza più grande, l'incarico di rintracciare le gocce astrali, le sosia create dalle guardiane, e ribellatesi ad esse più di un anno prima .
La goccia di Cornelia si chiama Carol. Quella di Irma, Irene. Quella di Hay Lin, Pao Chai. Quella di Taranee, Terry. Quella di Will, Wanda.
Elyon propone alle gocce di collaborare con Vera a raccogliere informazioni tecnologiche per modernizzare Meridian.
Le gocce si trasferiscono, con Vera, in due eleganti appartamenti contigui. Come copertura, fingeranno di essere delle studentesse universitarie; ognuna riceve una lista di argomenti e l'incarico di individuare degli esperti su ciascuno. 
Le gocce vengono addestrate ai poteri mentali, quali la lettura e trasmissione del pensiero, lo sguardo del comando e la telecinesi.
In alcune occasioni, le ragazze commettono goffaggini che attirano l'attenzione della polizia e perfino dei giornali.
Wanda convince Vera che la polizia segreta potrebbe rimettersi sulle loro tracce. Il problema della segretezza crea alcune situazioni tese, che però, in seguito, sembrano risolte dalla formula magica "E con cio?", che sopprime la percezione delle incongruenze nelle persone a cui è recitata.
Si crea un rapporto più stretto tra Elyon e Carol, che è ammirata per le sue capacità di cavarsela in ogni situazione.
Elyon affida a Vera l'incarico di copiare le memorie scientifiche di esperti in diversi campi, cosa che richiede il contatto fronte a fronte per alcuni minuti. Il primo della lista è un professore universitario di nome Michel Raeder, di cui Vera si innamora a prima vista, e lo invita ad uscire.
Vera, senza esperienza con gli uomini, prima fa una cattiva impressione, poi litiga con lui.

Cap. 28

La scommessa


La mattina di questo venerdì di fine settembre non sembra diversa da quelle che la hanno preceduta. Gli edifici alti, in distanza, appaiono tinti d’azzurro da una leggera foschia, ed i rumori della grande città arrivano attutiti dalla distanza e dagli alberi. Il traffico dell’ora di punta sfiora appena la tranquilla Jefferson Street.
Le ombre del filare di pioppi si proiettano sulla facciata della elegante palazzina color panna.
Dalle finestre, la bella luce mattutina inonda tutte le stanze di toni dorati.
Tutte, tranne una. Al di là della balaustra di una terrazza, una porta-finestra è completamente oscurata da un pesante tendone beige.
 

Soggiorno delle gocce

Attorno al grande tavolone rotondo, Vera ha appena finito il racconto della sera prima.
Lo ha faticosamente rielaborato, per lenire un po’ la sensazione di stupidità che ha preso il posto della rabbia iniziale.
“Così, cara, la tua serata è finita male”, si rammarica Elyon, seduta sonnacchiosamente accanto a lei. La differenza di orario con Meridian si fa sentire a pieno. “Eppure, vi avevo visti così ben avviati…”.
“Non tutte le ciambelle riescono col buco”, sospira Irene, indiscussa sacerdotessa della saggezza culinaria.
Vera la guarda di storto. E’ una massima innocente o un’altra allusione maliziosa? “Non importa”, conclude con un plateale gesto di diniego. “Ci ho pensato sopra. Sono decisa a finire il lavoro”.
“Brava”, approva Irene, “Così conoscerai meglio il bel Michel e…”.
Vera si trincera dietro le braccia conserte. “Non mi interessa”.
“Ah, no? Meglio, anche io ho proprio voglia di farmi invitare in uno di quei bei localini”.
E’ ricambiata con uno sguardo non proprio amichevole. “Puoi scordartelo!”.
“E come, se ti interessa!”, conclude Irene con un largo sorriso.
Wanda è adombrata. “Vera, non complicarti la vita. Tornargli vicino, dopo ieri sera, sarà una strada tutta in salita. Ipnotizzalo, copiagli la memoria e chiudila qui”.
La voce sicura e beffarda  di Carol le fa voltare verso l’altra parte del tavolone. “Brava, Wanda, un consiglio adatto a te”. Le guarda dall’alto. “Vera, fai così, e firmerai il tuo fallimento come donna”.
Vera, punta, si erge per fronteggiare la biondona. “Invece ti mostrerò cosa so fare!”.
“Certo, certo”. Carol sembra trovare interessantissime le sue belle unghie appena laccate. “Ti accompagno, casomai avessi bisogno di assistenza in tempo reale”.
E’ ricambiata con il gelo. “Non azzardarti a seguirmi! E neanche tu, Elyon. Non ho bisogno della balia”.
 

Università di Midgale, corridoio dell’Istituto di Chimica.

‘Michel Raeder, assistente’, recita caparbiamente la targhetta accanto alla porta dell’ufficio.
Era sembrato così facile entrare, prima di conoscerlo… perchè non può essere ancora così?
Forse perché ora Vera sta per giocare il tutto per tutto.
Toc, toc.
“Chi è?”, risponde una voce dall’interno. E’ lui!
Dai, Vera, sei decisa. Buttati e fai vedere quanto vali. “Sono io”. Apre la porta.
Lui, seduto alla scrivania, la accoglie con uno sguardo diffidente. “Ah. Come mai di nuovo qui?”.
Lei prende fiato, e recita: “Senti, Michel, mi dispiace per essere andata via così, ieri sera. Però tu mi hai fraintesa”.
“Ma certo, ho frainteso”, ripete gelido, mentre si dirige verso un armadio di fronte alla scrivania.
“Io mi aspettavo una serata romantica, un po’ di delicatezza…”.
Le dà le spalle, mentre apre le ante con lentezza forse studiata. “Interessante. E vieni a cercarla da questo porco?”.
“Facevo… va bene, mi è scappato”. E ora? “Facciamo così… io ti chiederò scusa per il porco se tu mi chiederai scusa per l’ oca brilla”.
La guarda stupito. “Ma io non ti ho mai chiamata oca brilla”.
“L’hai pensato, non negarlo”. Si pente subito di averlo detto.
Lui le volta le spalle irritato, scegliendo dei lucidi da un grosso raccoglitore. “Un’altra delle tue scommesse, vero? E cos’hai scommesso oggi con la tua amica?”.
Da dietro di Vera, una voce simile alla sua scandisce: “Che non riuscirai a portarmi a letto”.
L’uomo si volta allibito. “Cosa hai detto?”.
“Io… io…”. Vera è ancora più spiazzata di lui. ‘Irene, sei stata tu?’
‘Sì, capo’.
‘Mi fai sprofondare! Dovrei trasformarti in una scimmia!’.
‘Perché? Non hai promesso niente. Davanti a quel muro di freddezza, potevi solo andartene a testa bassa. Ora hai ancora una possibilità di condurre il gioco… se ci riesci’.
Lui la sta ancora studiando. “Allora, hai perso la parola?”.
Vera si impettisce. “Mi hai sentita! Scommetto che non riuscirai a… a fare quella cosa lì”.
La guarda a lungo, con diffidenza. “Davvero? Ieri ti ho già fatto perdere una scommessa”.
Tieni su, Vera, tieni su. “Beh, prova a farmi perdere questa!”.
Lo sguardo dell’uomo è combattuto. “Per me sei tutta matta. Ma io ho poco da perdere. A stasera, allora?”.
“A stasera, allora”, gli sorride con sfida. “Alle otto. Dove?”.
 

Davanti al ristorante Nightingale, ore 8 pm.

Eccolo, il Nightingale. Defilata dietro la cabina telefonica, Vera sbircia verso il locale sull’altro lato della strada. Questa volta non vuole arrivare con un solo minuto di anticipo. Poco importa che sia già lì, in piedi, da un quarto d’ora, ed abbia collezionato un po’ di occhiate curiose.
Mancano due minuti… ancora non si vede. Non avrà cambiato idea?  Ah, eccolo là. Sta aspettando dietro l’angolo dell’isolato.
Niente anticipo, ripete. Cinquantanove secondi… cinquantotto…
Al meno dieci, come rispondendo ad un segnale, sia Vera che Michel escono dal loro nascondiglio, diretti verso l’ingresso del Nightingale.
“Ciao, Michel”, lo saluta lei, copiando il sorriso disinvolto di Carol.
Anche lui ostenta la medesima disinvoltura. “Ciao, Vera”.
“Allora, vediamo il localino che hai scelto stasera”.
Lui la precede dentro, tenendole aperta la porta.
Un cameriere elegante si fa avanti. “Buonasera signor Raeder. Buonasera signorina. Se volete seguirmi…”.
Anche questo locale è intimo come il Black Flower; questa volta il tema non sono le luci di candele, ma le stelle. Le pareti, a sfumature di blu, rosa e viola e punteggiate da decine di minuscole luci bianche a led, suggeriscono crepuscoli e notti stellate. Dal soffitto alcuni globi di vetro butterato, fiocamente illuminati, imitano l’effetto di lune piene. I tavoli, coperti da tovaglie verdi con il motivo ad erba, sono incassati dentro nicchie che sembrano delle volte celesti.
Appena seduta, Vera è troppo occupata a guardare l’ambiente per notare i menu rivestiti in pelle blu che li aspettano sul tavolo. “Che meraviglia! Sembra di essere all’aperto, di notte”.
Lui assente, un po’ rigido. “Questo ambiente è opera dello stesso arredatore del Black Flower”.
Vera fa un sorriso stereotipato, mentre cerca cosa dire. “Li conosci bene, questi localini”.
“Sì”, concede lui con sufficienza. “Mi piacciono i locali di buon gusto”.
“Chissà quanto costeranno…”. No! Sciocca! Gli ho regalato il punto, proprio io che posso creare il denaro con le mani!
“Non importa, devono essere all’altezza della mia ospite”.
Whow! Punto per tutti e due! Le scappa un sorriso non studiato. “E bravo il nostro prof che gioca a Tetris”.
“Non solo Tetris. Mi piacciono giochi ben più sofisticati”.
“Per esempio?”. Quello che stiamo giocando ora?
“Giochi strategici, simulazioni…”, lascia cadere lui con indifferenza.
Questo le dice qualcosa. “Tipo Julius Caesar? O Rise of Empires?”.
Lui, nella luce quasi stellare, le sembra un po’ meravigliato. “Si, li conosci?”.
A Vera brillano gli occhi. Non ci aveva neanche sperato. “Sì, Michel, io ho una vera cultura in fatto di videogiochi”.
 

Appartamento di Michel, due ore dopo

I versi degli uccelli esotici si sovrappongono al ronzio di una ventola. Davanti agli occhi dell’esploratore, la giungla tropicale cede il passo alla semioscurità di una grotta. Proseguendo con coraggio tra concrezioni sempre più grandi e spettacolari, arriva ad una sala da cui si dipartono tre gallerie.
“Ecco, fin lì c’ero arrivata anch’io”. Vera, seduta alla scrivania accanto a Michel, indica un punto sullo schermo del computer. “Poi quella roccia…”.
“Devi spostarla di lato. Ti faccio vedere come prosegue”.
“Aspetta”. Si alza guardando in giro. “Posso approfittare del tuo bagno?”.

Poco dopo, mentre Vera sta ritornando al gioco, la sua attenzione viene attirata da un grande scaffale, dove centinaia di DVD si allineano ordinati.
“Michel, qui hai una vera cineteca!”. Scorre alcuni titoli. “Minority report! Questo mi ricorda tante cose”. Una smorfia amara, poi lo sguardo torna sulle costole dei film allineati. “Che tesori! Fantascienza, fantasy… ti piace il genere”.
“Sì”, risponde lui un po’ imbarazzato. Aveva messo tempo per rassegnarsi: la maggior parte delle donne preferisce i film romantici. Con tono colto, disquisisce: “Mi sono interessato alle mitologie moderne… un po’ come tu ti sei interessata alle interfacce dei videogiochi”.
“Guarda che non hai bisogno di una giustificazione intellettuale”, sorride lei. “Sono tra i miei preferiti. Li ho visti tutti… ah, tranne questo! Il mio nemico! L’ho cercato senza trovarlo”.
Lui viene vicino, e si rigira la custodia in mano. “E’ un film vecchio, ma a me è piaciuto molto”.
Gli occhi le brillano. “Posso vederlo? Giusto per curiosità…”.

L’inizio non è quanto di più entusiasmante. Durante una guerra, un pilota militare precipita su un pianeta deserto, dove trova un alieno, cerca di ucciderlo e ne viene catturato.
Vera si rigira sul divano, annoiata. “Quanto odio, Michel! Continua così per tutto il film?”.
“Ti dico che è bello. Devi vederlo fino alla fine”.
Lei si costringe all’attenzione: non è la prima volta che idee originali si nascondono, come diamanti tra il terriccio, tra trame scontate ed effetti che di speciale hanno solo il nome.
Però, si sta bene, su questo divano. Calduccio. Ben sagomato. Con una bella spalla a portata di viso…

Riapre gli occhi nel buio. Dove sono? Esplora attorno con le mani. Ma dove… Oh, no! Un letto, e non è il suo! Si sfiora. Il vestito è a posto.  E … lui?
“MICHEL!”.
Una luce si accende, disegnando la sagoma di una porta. L’uomo, con i vestiti spiegazzati,  si affaccia. “Ehilà, bella addormentata!”.
“Michel! Mi hai portata qui tu?”.
“Sì, cara. Arrivati alla scena dei meteoriti, mi sono accorto che avevi gli occhi chiusi”.
Oh, Vera, come hai potuto? “E’ che il tuo divano è così comodo…”, si scusa.
“Davvero? Non me ne sono accorto. Sono pieno di dolorini”, dice massaggiandosi il collo. “Però ti ho fatto perdere la scommessa”.
“COSA?”.
“Ti ho portata a letto. In braccio, è vero, e solo a dormire. Ma non era specificato altro”.
“Tutto qui?”. Gli sorride. “Michel Raeder, devo credere che sei diventato un bravo ragazzo?”.
Si studiano un po’. Lui si siede ai piedi del letto. La luce, dalla porta, gioca su metà del suo viso.
“Sai, Vera, io non ho preso sonno. Ti ho guardata a lungo. Sei incantevole quando dormi. Il viso ti si rilassa, come se il sonno dissolvesse una corazza di bugie”.
Lei spalanca gli occhi, allarmata. “Cosa dici?”.
“E quella odiosa maschera di finta sicurezza con cui ti sei presentata ieri sera… anche quella ti era scivolata giù dal viso”.
“Michel…”.
“Ed ho anche ripensato a questo: mi è sembrato che, pur di uscire con me, tu ti sia fatta in qualche modo violenza. Quelle frasi sulle scommesse…non sembravano neanche uscite dalla tua bocca”.
Lei lo guarda a lungo. Ma è sincero? La notte fa svanire le bugie, o le sostituisce con altre più credibili? Non importa, non ci sarà mai più un’occasione migliore.
“Michel. Devo dirtelo. E’ inutile continuare a giocare a un gioco in cui non sono brava. Ci tenevo troppo a non perderti. L’altra sera ti ho dato un’idea che non avrei mai voluto darti, me ne sono resa conto solo dopo”.
Lui assente col capo. “E’ buffo. Sembri molto più una brava ragazza ora che sei seduta nel mio letto, tutta scompigliata, di quando eri seduta compassata al tavolo di un ristorante romantico”.
Lei abbassa gli occhi. “Non sono mai stata con un uomo, prima. Non sapevo come fare. Non sapevo cosa dire. Quel bicchiere di Porto mi è sembrata la salvezza, finché non ho dovuto…”.
Già, lo scambio di memoria! Finora le è servito come una scusa davanti a sé stessa ed alle altre. Ora le pesa come un tradimento.
Prende fiato. “Michel caro, se io dovessi fare una cosa, per mio dovere… un qualcosa che non ti danneggerà in nessun modo… mi perdoneresti?”.
Lui aggrotta gli occhi. “Ora non ti capisco. Cosa vuoi dire?”.
“Non devi capire. Devi solo pensare che, se ora sono qui, è perché mi sono innamorata di te fin dal primo momento. Sarebbe stato tutto così facile, se no… Tutto quello che ho detto alle mie amiche è stato solo una scusa per rivederti. Ciò che mi ha portato nel tuo ufficio è passato in secondo piano, ma va fatto”.
Lo sguardo di Michel  la indaga. C’è qualcosa che gli sfugge in questa confessione. “Parli delle scommesse?”.
Vera temeva questa domanda. Si è già spinta ai limiti di quello che si può raccontare. Il suo ruolo si ammanta di bugie o mezze verità, e lei non può sfuggirgli.
“Non importa, Michel. Sto straparlando. Vieni, stringimi forte. Fai finta che siamo due bambini. Come fratello e sorella. Accosta la fronte, caro. Così”.
Inizia la sequenza. Un pizzicore, una vertigine, la sensazione di un flusso di sensazioni. Un grande flusso. Molto più forte degli aggiornamenti settimanali con Elyon. Parole, immagini sovrapposte, confuse… i ricordi di un’intera vita.

Il  contatto dura a lungo, poi finisce. Ora sono entrambi immobili.
Sente che Michel si scioglie e si sposta di lato. Accende la luce.
Perché? Era tutto così bello…
Strizza gli occhi, abbagliata. Quando li riapre, uno sguardo smarrito ricambia il suo.
“Cosa mi hai fatto?”, chiede lui, confuso. “E’… tutto vero?”.
“Tutto vero cosa, caro?”. Poi capisce. Ho scambiato i ricordi come faccio con Elyon! Non ho solo ricevuto i ricordi di Michel, gli ho anche trasmesso i miei! Un tuffo al cuore. La sensazione di mille spilli di ghiaccio conficcati nella pelle. Capisce l’enormità di quello che è successo. La sua origine, Meridian, le gocce, i poteri, le guardiane di Kandrakar… tutte le loro coperture sono bruciate.
Può tentare solo di fare finta di non capire. Cerca di socchiudere gli occhi in una parodia di sguardo felice. “Caro, è tutto vero, Sono qui con te. Ti sembro un sogno?”. Le sue stesse parole le suonano false.
Michel la guarda sempre più sconcertato. Ogni istante prende coscienza di nuovi ricordi.
Vera lo scuote, cercando di fare un viso ingenuo. “Caro, parlami, cosa ti succede? Ti ho deluso?”.
Dopo qualche lunghissimo istante di silenzio, l’uomo le chiede: “Vera, il nome Meridian ti dice qualcosa?”.
Calma, Vera. Calma, Vera… “Geografia? Perché ti è venuta in mente proprio adesso?”.
Lui la scruta a lungo. “Le ragazze con cui vivi si chiamano Carol, Irene, Wanda, Pao Chai e Therese?”.
Tieni su, Vera. Tieni su. “Caro, sei strano. Non ti basto io? E’ successo qualcosa?”.
“Devo sapere!”.
Vera si alza dal letto, sempre più agitata. “Non c’è niente da sapere. Spiegami tu cosa vuoi dire!”.
“Voglio dire.. non so spiegarlo. Ma tu sai cosa intendo!”.
“Neanche un po’! Sei strano tutto di colpo. Se quello che vuoi dirmi è che hai cambiato idea, me ne posso anche andare. Non era certo quello che mi aspettavo, ecco. Ma posso farlo...”. Detto questo, Vera scoppia a piangere. “Và all’inferno!”. Fugge verso la porta d’ingresso ed esce nel pianerottolo buio. Stupida, hai rovinato tutto.
“Vera! Non andartene.” Michel la segue nel pianerottolo… ma tutto ciò che vede è un debole baluginio che scompare subito.
 

Meridian, camera di Elyon

“Altezza… ”. Una voce la cerca fin nel profondo dei suoi sogni. “Vostra altezza… è l’ora!”.
Elyon si forza di aprire le palpebre incollate. Quando ci riesce, vede un viso familiare che riverbera la luce di un candeliere. “Nagadir…”.
Sbirciando verso la finestra, vede solo quattro sottili lame di luce fredda trapelare attraverso i tendoni. “Ma… è notte fonda?”.
“Lo so, altezza. Ma mi avete detto di svegliarvi alle zero otto tre zero pm di Midgale”. Le mette davanti agli occhi una sveglietta digitale.
E’ vero. Maledicendo la differenza di fuso orario, Elyon fa un respiro profondo. “Ancora cinque minuti…”, e richiude gli occhi.
 

Midgale, appartamento delle gocce

“Ragazze… ragazze… siete ancora qui?”. Elyon, trafelata e scapigliata, si materializza nel soggiorno.
Nessuno!… Un orologio, sulla parete, segna flemmatico le nove e venti. Saranno già andate via?
Esce dall’appartamento di destra, diretta a quello che lo fronteggia sul pianerottolo. La porta è chiusa…. Bah, nessuno la sta guardando. La può attraversare lo stesso. Ormai non le fa più l’effetto delle prime volte.
Emerge dall’altro lato, nell’appartamento. Silenzio. Forse non sono… Ah, eccole in cucina!
“Ciao, ragazze! Siete silenziose, oggi!”.
Therese alza gli occhi dalla tazza di caffelatte. “Ehi… Elyon! Non ti aspettavamo più”.
La Luce di Meridian entra in cucina. “Temevo che foste già uscite tutte… mi sono riaddormentata”. Le guarda bene. Perché queste espressioni meste ed imbarazzate? “Volevo sapere di ieri sera”, chiede un po’ imbarazzata.
“Non è andata bene, pare”, risponde Irene, deponendo alcuni piatti sporchi nel lavello.
Basta un’occhiata a Vera, appoggiata sui gomiti davanti ad una brioche neanche sfiorata, per avere conferma che qualcosa di importante non si è svolto come avrebbe dovuto.
Quando si incrociano gli sguardi, Elyon capisce.
“Vera… dimmi che non è così! Dimmi che quel tipo non sa tutto di noi!”.
Per tutta risposta, l’altra sprofonda tra le spalle e abbassa lo sguardo. Una voce quasi afona le esce di gola:  “Un errore. Un mio errore. Qualcosa è andato storto nel trasferimento di memoria”.
Wanda si passa una mano davanti al viso teso. “E adesso cosa facciamo?”, esala.
Carol è l’unica che mantiene un malcelato sorrisino di compiacimento. “Devo dirvelo io?”.

DRIIIN.

Pao Chai spalanca gli occhi fino a farli sembrare a noci di cocco. “Il campanello! Non sarà…”.
“Temo di sì”, sbotta Wanda. “Lo sapevo che non si sarebbe chiusa così”.
Irene va ad osservare lo schermo del videocitofono. “Oddio, è proprio lui! Non apriamogli!”.
Un breve ronzio richiama la sua attenzione sullo schermo. Riguardando l’immagine, resta ancora più disorientata. “Ma… il cancelletto si è aperto da solo!”.
Vera si alza con uno scatto, e va all’ingresso, scostandola. La goccia, disorientata, si sfoga con un eloquente gesto di ‘boh?’ rivolto alle compagne.
Terry risponde indicandole Vera con lo sguardo. “Non si è aperto proprio da solo, scommetto”.
Carol è sempre tranquilla. “Inutile tirarla per le lunghe. C’è una soluzione semplice… e già collaudata”. Fa uno dei suoi eloquenti sorrisini noncuranti. “Quel che non capisco è perché non abbia già provveduto la diretta interessata, che era così brava con i conoscenti degli altri… ”.
Elyon assente. “Sicuramente non ne avrà ancora parlato con nessuno. Basterà cancellargli la…”.
“NON LO FARAI!”. La voce di Vera le fa sussultare tutte. Nessuna oserebbe sfidare quello sguardo lampeggiante.
Il minuto successivo passa in un silenzio ed in un’immobilità surreali, mentre lei scruta attraverso uno spiraglio. Anche dal tavolo, si può quasi indovinare le lucette dell’ascensore che si accendono a contare i piani, e le sue porte che scorrono con un ronzio sommesso.
 

Nell'ascensore

La strada. Il giardino. L’atrio della palazzina. Tutto gli è apparso come già visto.
Le porte dell’ascensore si aprono al terzo piano, rivelando luci e pavimentazione che gli sono già familiari. Dovrebbe essere a destra… ma la porta è chiusa.
‘Michel!’ .
Si volta, come se fosse stato chiamato da sinistra.
Lei è lì, che lo sta guardando ad occhi sgranati dall’uscio socchiuso. Sembra ancora più emozionata che al primo incontro. Esita un attimo, poi gli apre la porta.
“Michel…”.
“Vera…”. Va verso di lei fin nell’atrio.
“MICHEL!”. Lei gli getta le braccia al collo, lo stringe fino a fargli male. Ride. Piange. “Michel…”. Non lo lascia rispondere. Lo bacia disperatamente.
Molto dopo, quando ha la possibilità di riprendere fiato, lui vede un’altra ragazza con gli occhioni verdi sgranati, che lo guarda da due passi più indietro. Questa deve chiamarsi Irene. Era anche a lezione. Sulla destra, una cucina come già la ricordava, con altri occhi allibiti. Le riconosce tutte, di viso e di nome.
“Ora so che è vero. Non importa, non tradirò il vostro segreto. Sono qui per te, Vera!”
“Per me…”, ripete lei, sognante.
“Sì. Per raccontarti il finale del film”.
 

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Capitolo 29
*** Mattina d'autunno ***


29-mattina d'autunno  

PROFEZIE


Riassunto delle puntate precedenti 
Elyon affida a Vera, una copia di sè stessa che appare come una ragazza più grande, l'incarico di rintracciare le gocce astrali, le sosia create dalle guardiane, e ribellatesi ad esse più di un anno prima .
La goccia di Cornelia si chiama Carol. Quella di Irma, Irene. Quella di Hay Lin, Pao Chai. Quella di Taranee, Terry. Quella di Will, Wanda.
Elyon propone alle gocce di collaborare con Vera a raccogliere informazioni tecnologiche per modernizzare Meridian.
Le gocce si trasferiscono, con Vera, in due eleganti appartamenti contigui. Come copertura, fingeranno di essere delle studentesse universitarie; ognuna riceve una lista di argomenti e l'incarico di individuare degli esperti su ciascuno. 
Le gocce vengono addestrate ai poteri mentali, quali la lettura e trasmissione del pensiero, lo sguardo del comando e la telecinesi.
In alcune occasioni, le ragazze commettono goffaggini che attirano l'attenzione della polizia e perfino dei giornali.
Si crea un rapporto più stretto tra Elyon e Carol, che è ammirata per le sue capacità di cavarsela in ogni situazione.
Elyon affida a Vera l'incarico di copiare le memorie scientifiche di esperti in diversi campi, cosa che richiede il contatto fronte a fronte per alcuni minuti. Il primo della lista è un professore universitario di nome Michel Raeder, di cui Vera si innamora a prima vista, e lo invita ad uscire.
Vera, senza esperienza con gli uomini, prima fa una cattiva impressione, poi litiga con lui. Il giorno dopo, pentitasi, fa un secondo tentativo, riuscendo a trovare interessi comuni, ma, quando gli copia le memorie, gli trasmette anche le proprie. Dapprima lei nega, poi fugge, infine lui torna a cercarla e le promette che non rivelerà il segreto.

Cap. 29

Mattina d'autunno


Camera di Vera

Attraverso i vetri rigati dalle gocce, Vera guarda i quattro ombrelli dai colori vivaci che si allontanano lungo il vialetto e spariscono al di là del filare di alberi. Le fronde le sembrano quasi braccia alzate verso il cielo, in un immobile ringraziamento per il dono della pioggia. O forse chiedono pietà? Ci vuole tanto coraggio per essere alberi, in una giornata così.
Sono andate, pensa, cercando di mettere a tacere il senso di colpa.
Wanda e Pao avevano un rimprovero negli occhi: ‘Ci mandi a perdere tempo? Noi non siamo in grado di fare le ricerche che ci chiedi’.
Terry andava comunque di buon grado all’università.
Irene, invece, sorrideva entusiasta all’idea di uscire. Quale giustificazione migliore, per prendersi delle libertà, di un compito di cui dichiaratamente non era all’altezza?
Non preoccupatevi, le ha incoraggiate: prestissimo vi metterò in grado di capire tutto. Intanto individuate le fonti dove cercare.
Era una mezza bugia, e loro lo avevano capito. La realtà è che Vera è in stallo.
Quando apre un libro, i suoi occhi scorrono sulle parole, ma la sua mente pensa a lui.
Quando riguarda la lista degli esperti, non può fare a meno di pensare alle sensazioni della comunione di ricordi con Michel.  Niente è così intimo come aprire le proprie memorie senza censure, senza bugie. Non c’è parola, non c’è sguardo, non c’è altro che possa superare questa comunione totale. E, dopo, è come conoscersi da sempre.
Può fare lo stesso con un altro uomo? No. Ha spergiurato ad Elyon ed alle gocce che lo avrebbe fatto, ma, ogni volta che sta per sottolineare un nome sulla lista degli esperti, la sua mano esita, le sue spalle pesano, e le viene un groppo alla gola.
Ormai le altre lo hanno capito.
Si riguarda il libro tra le mani: Caos: Teoria dei comportamenti caotici e determinismo causale.
Scuote il viso. Basta perdere tempo! Questo libro meriterebbe ben altra attenzione. E' chiaro che oggi non riuscirà a combinare niente, seduta a quel tavolo. Tanto vale andare da lui. Forse riuscirà anche ad assistere alla sua lezione.
Appena deciso ciò, la giornata riprende colore. Sorride tra sé . C’è una cosa che le interessa molto nelle lezioni di chimica organica: lui. Vuole vederlo in tutti i suoi aspetti, non solo nell’intimità di un locale o nella sua casa.
E alle altre, cosa racconterà? Va beh, può sempre copiare un po’ di libri, o qualche strumentazione scientifica dai laboratori dell’università, tanto per giustificare l’uscita. Decisione presa, allora!
Esce dalla sua camera. “Ehi, chi c’è in casa? Carol?”.
L’altra si sporge dalla porta accanto. “Sì? Che c’è?”.
“Io esco. Raggiungo le altre all’università”.
“Fai pure. Io ho da lavorare davvero, qui!”.
Vera resta un attimo annichilita dalla risposta. Il peggio è che non ha niente da ribattere.
A spalle curve, sfila dall’appendiabiti la sua giacca impermeabile e l’ombrello.
Coraggio, Vera, tra poco sarai dall’unica persona che, quest’oggi, può farti sentire speciale.
 

Istituto di chimica, ufficio di Michel

“Ehi, Vera, che sorpresa”. Michel, seduto alla scrivania, sta riordinando dei lucidi per proiezioni.
Appena la porta si è aperta, alcuni fogli trasparenti sistemati in bilico su una pila di libri scivolano giù a terra, terminando la loro planata elegante sotto un armadietto.
“Oh, mer… coledì”, esala lui, in una rara fusione di sonnolenza ed affano, poi si affloscia sullo schienale.
“Che accoglienza, micione”, lo rimprovera scherzosa. “E poi, oggi è giovedì”.
“Scusa. E’ che ho lezione tra cinque minuti, sono morto di sonno e non mi sono preparato”.
“Posso immaginare perchè”, sorride lei. Ad un suo gesto, i lucidi fluttuano da sotto l’armadietto fin verso le sue mani.  Li scorre brevemente. “Fammi indovinare, oggi parlerai di materiali termoplastici”.
“Probabilmente riuscirò solo a biascicare”. Allunga la mano per richiederle i lucidi. “Per come mi sento ora, dipenderà solo da questi se gli studenti capiranno qualcosa”.
“Ti accompagno. Non ho mai sentito una delle tue lezioni… non quelle in pubblico, almeno”.
Michel storce il viso.“Oh, no, non proprio oggi… ti farai una pessima idea”.
“Non temere, micione”, lo prende in giro. “So che hai cose più importanti da fare, la sera…”.
Lui annuisce con gli occhi socchiusi. “Temo che lo capiranno tutti, soprattutto se mi accompagni a lezione”.
“Perfetto”. Lo prende a braccetto e lo tira in piedi. “E soprattutto, che lo capiscano tutte!”. Lo guarda allusiva. Non ammetterà un rifiuto.
 

Università, aula didattica, un’ora dopo.

Il professore, dietro la cattedra, ripone nel quaderno il suo ultimo lucido, e spegne la lavagna luminosa. “E’ tutto, per oggi. Domani parleremo in dettaglio del potieli…polietilene”.
Mentre gli studenti si alzano in piedi e si dirigono alla porta, Vera lascia il suo posto in prima fila e gli va incontro sulla pedana. “Bravo, Michel caro, sei stato chiarissimo. Si è capito tutto fino all’ultimo polimero”.
Gli passa il braccio attorno alle spalle, godendosi gli sguardi un po’ spiazzati di due studentesse che si preparavano a chiedere chiarimenti sulla materia della loro vita, e che ora devono rassegnarsi ad uscire con gli altri.
“Mi accompagni in ufficio, Vera? Tra un’oretta ho una riunione in facoltà, e non credo che potrai seguirmi lì”.
“Va bene, caro. Però, quest’ oretta me la concedi a quattr’occhi?
 

Università, ufficio di Michel

La visuale, dall’ufficio al secondo piano, mostra un giardinetto interno che è un’oasi per la vista. Oggi, però, con la pioggia fitta , la malinconia entra dentro attraverso le vetrate.
“Allora, micione?”. Vera stringe forte il suo uomo, assaporandosi un momento di felicità mai previsto dal suo progetto di vita. Sente le sue mani che le accarezzano le spalle ed i fianchi, e il contatto con il mento non rasato sulla fronte. Alza il viso verso di lui. “Lo sai che pungi, se non ti radi bene?”.
Lui sorride ed annuisce. “Anche se mi rado, temo. Potrei limarmi le unghie sul mento, al bisogno”.
Anche lei sorride alla battuta, poi lo studia meglio. “Sei pensieroso?”.
“No, solo assonnato”, minimizza. Resta un attimo in sospeso. “Sì, pensavo. Mi chiedevo perché tu abbia scelto proprio me, tra tanti”.
Vera lo studia per capire i significati di questa domanda, poi lo stringe più di prima. “Michel, io non ti ho scelto. Sei tu che mi hai sconvolto la vita fin dal primo sguardo”. Gli appoggia il viso sulla spalla, e prosegue, più piano: “Io non mi riconosco più. Tutto il mio mondo, il lavoro a cui ho dedicato me stessa da quando esisto… Quasi non posso credere come tutto sia passato in secondo piano da quando ti ho visto qui per la prima volta. E non è passata neanche una settimana!”.
Appena la stretta si allenta e gli lascia riprendere fiato, Michel risponde: “Vera, io sono più sconvolto di te. Non sono solo il mio lavoro e il mio ambiente che sono stati messi in ombra. E’ la mia visione del mondo. La scienza era la verità, la magia era un insieme di belle favole per sognare. Ora è tutto diverso, ed ho quasi paura che sia un lungo, bel sogno, destinato a dissolversi con il suono della sveglia. Che mi restino solo vaghi ricordi ed il rimpianto per qualcosa di desiderato e mai esistito”. La guarda a lungo, cercando le parole giuste. “Vera, dimmi… tu sei… artificiale, no?”.
Lei si scioglie dalla presa, e lo guarda quasi offesa. “E’ un problema?”.
“No, no”, fa lui. “Vorrei solo capire meglio una frase trovata tra i tuoi ricordi. Cosa vuol dire ‘creata dall’aria’?”.
Creata dall’aria…” ripete lei. “Ah, non preoccuparti, non svanirò, se è questo che stai temendo. Sono una persona vera, in carne ed ossa. Mangio, dormo, respiro. Sono stata così fin dal primo momento di esistenza”.
“Non volevo offenderti…”.
“Lo so. Però a nessun essere artificiale fa piacere che altri lo sappiano”. Pian piano, l’espressione accigliata lascia il posto al rimpianto, mentre lo sguardo cade sulle fotografie appese alle pareti. Michel in mezzo ad una squadra di baseball… sempre lui, con il costume da laureato e una pergamena arrotolata in mano… tutti ricordi di una vita normale che lei non ha mai avuto. “Non basta la sfortuna di non avere genitori, di vivere in semiclandestinità con documenti falsi… la cosa che ci dispiacerebbe di più è il poter essere considerati come una specie di robot”. Torna a guardare la pioggia fitta. “Come le mie amiche, create dalle cosiddette guardiane come spettri da far scomparire a piacimento”.
“E cosa le ha mutate in persone vere?”.
“A loro piace pensare che sia stata solo la propria volontà. Da parte mia, ho una teoria diversa”.
“E’ complicata?”.
“Non certo per un chimico”, risponde lei con un’alzata di spalle.
“Ti ascolto. Ah… vuoi la lavagna?”.
“Sciocco!”, gli sorride. “Ebbene: forse il corpo di una goccia astrale è creato da atomi che sono a loro volta costrutti magici”. Con il dito, Vera segna puntini sparsi sui vetri che hanno cominciato ad appannarsi. “All’inizio potevano essere riassorbiti dalle loro creatrici. Poi, con la vita, mangiando, bevendo e respirando, pian piano un gran numero di molecole magiche del  corpo delle gocce è stato sostituito da altre molecole, vere, dell’ambiente, e questo ha reso impossibile riassorbirle”.
Quando finisce di parlare e di toccare il vetro, la nuvola di puntini ha assunto una forma vagamente umana.
“Suona ragionevole”, conviene Michel. “In un normale corpo vivente, la materia che lo costituisce viene ricambiata periodicamente”.
Vera annuisce. “Allo stesso modo, una mente costituita solo dai ricordi delle loro creatrici era solo un’emanazione di queste. Quando le gocce hanno cominciato ad avere ricordi propri, emozioni proprie, anche le loro menti si sono rese indipendenti”. Lo guarda. “La volontà di essere libere è nata solo quando ne esistevano già le premesse”.
I segni dei polpastrelli sul vetro appannato si sono uniti tutti in una sagoma umana, una specie di finestrella antropomorfa che lascia vedere uno scorcio del cortile sottostante. Da questa sagoma, una goccia di condensa cola giù lungo il vetro, come una lacrima.
Michel aspetta a lungo prima di parlare. Una folata di vento porta la pioggia a ticchettare sul vetro.
“Incredibile. Solo una settimana fa questa mi sarebbe sembrata una spiegazione buttata giù per un racconto di fantascienza, ed ora mi sembra ragionevole”.  Si volta verso di lei. “E tu, Vera, cosa ricordi della tua creazione?”.
Lei accenna un gesto verso la finestra. “Dovresti saperlo già”, risponde a disagio.
Michel osserva la vetrata che comincia a disappannarsi. “Voglio sentirlo dalle tue labbra”.
Vera tace a lungo. E’ difficile iniziare. Guarda lontano, oltre la pioggia. “Prima ero Elyon. Ho pensato a lungo a questa nuova persona. Ho riflettuto a lungo su cosa avrebbe dovuto avere più di me, e cosa meno. Sapevo che una copia fedele è sempre destinata ad entrare in competizione con la sua creatrice, perché vuole le stesse cose per sé. Invece io le ho dato un aspetto diverso, tra i migliori che riuscissi ad immaginare. Uno scopo di vita suo, un carattere suo, un nome suo. L’ho destinata a vivere in un ambiente diverso. L’ho costruita nella mia immaginazione con tutta la mia cura ed il mio amore”. Nella sua voce traspare l’orgoglio della Luce di Meridian per la sua bella opera. “Quando è venuto il grande giorno, ero molto emozionata. Era metà maggio, ad Heatherfield. Ho aspettato un temporale per coprire il rumore della creazione. Ho aperto porte e finestre della mia casa, per non farle implodere. Ho immaginato questa nuova persona con tutte le mie forze, ed ho teso le mani. Ho iniziato la sequenza più e più volte. Non riuscivo a ripeterla abbastanza velocemente. Ha funzionato solo dopo decine di tentativi. Ho sentito un  risucchio fortissimo, un rumore come di tuono”.
Torna a guardarlo. Ora è di nuovo Vera. “Quando ho aperto gli occhi, Elyon mi è corsa incontro, mi ha abbracciata. Mi sono guardata allo specchio, ed ero come mi conosci. Abbiamo pianto assieme”.
Mentre Michel ascoltava, ha sentito sempre più un groppo alla gola. Si sforza per dire qualcosa: “Vera, stai piangendo anche ora”.
“Ma no, sciocco!”. Tira su di naso. Fa fatica a continuare. “ Elyon è la migliore creatrice che io possa immaginare. E’ al tempo stesso una madre ed una sorella minore per me. Se penso alle gocce… loro non hanno avuto niente di questo”.
 

Camera di Carol

Le parole sullo schermo si sono fatte sfocate. Dopo una mattinata di lavoro, Carol si accorge di non riuscire più a focalizzare bene gli oggetti vicini.
‘Forse dovrò portare gli occhiali come mia madre’, si sorprende a pensare. Scuote il viso. La verità è che lei non ha una madre.
Bando alle tristezze. Può essere soddisfatta di sé. Ormai la sua relazione è finita.
Ovviamente, non è per Vera che sta facendo questo. Non sarà lei a prendersene il merito. Con l’ultimo colpo di mouse, avvia la masterizzazione del CD destinato direttamente ad Elyon.
Guarda l’orologio. Le dodici. Salvo imprevisti, la sua amica e capo supremo dovrebbe essere qui tra poco, come ha promesso nella loro ultima uscita, tre sere prima.  Carol non ha ritenuto opportuno avvertire nessuna delle altre. Sono troppo impegnate con i loro amoretti e i loro passatempi, si giustifica tra sé.

Sente una voce dal soggiorno: “Ragazzeee!”. E’ lei.
Le va incontro a braccia aperte. “Ellie cara!”.
“Carol carissima!”. Elyon ascolta ancora un attimo i rumori della giornata. “Sei sola in casa?”.
“Sì. Da qualche giorno le altre vanno all’università tutte le mattine, e restano lì spesso fino a metà pomeriggio”.
Elyon aggrotta gli occhi. “Come mai tanta voglia di studiare, così all’improvviso? Gran parte delle ricerche potrebbe essere fatto da qui, tramite Internet”.
“Come faccio io”, lascia cadere l'altra, con tono casuale. Poi, con un bel sorriso: “Ho un paio di sorpresine per te”.

Poco dopo, appena Carol si china ad armeggiare con il computer, lo sguardo di Elyon vaga nella camera ordinatissima, finché si posa su una cornicetta d’argento, mai notata prima, che contiene una fotografia. Sono loro due che sorridono serene, brindando con bicchierini lunghi e sottili di Coca-Cola, sedute ad un tavolino dall’elegante motivo azzurro e panna. La cosa più sorprendente è che la differenza di età e di statura si nota molto meno che nella realtà.
“Carol! Quella foto… sono io?”.
L’altra si alza sorridendo. “Certo Ellie. Chi altra conosci con quelle trecce?”.
“Oltre a me? Vera, Cedric ed Irene… ho scordato qualcuno?”. Si rabbuia per un attimo. “Ah, sì, la mia prima goccia. Poveretta!”.
“Solo imitazioni. Beh, questa sei proprio tu. Ti ricordi quel fotografo al bar Bellevue, due settimane fa?”.
“E’ lì? Ma certo!”. Scruta ancora l’immagine. “Ammettilo, ci hai smanettato sopra col Photoshop”.
“Solo qualche correzione”, minimizza.
“Ma qui sembro più grande”.
“Io ti vedo così. E se non lo sei adesso, lo sarai tra due o tre anni”.
Elyon si rimira nell’immagine, estranea e familiare come un bel sogno ricordato al mattino. “Che dirti, Carol? E’ molto bella. E me ne…”.
“Già pronta”. Si china ad aprire un cassetto della scrivania, e ne estrae un bel pacchetto argenteo con un fiocco dorato. “Questa era la sorpresina numero due”.
“Whooowww! Grazie, Carol. E’ stupenda!”.  Passa delicatamente le mani sul pacchetto, che al tatto rivela una cornicetta identica a quella sul comò. “E la sorpresina numero uno?”.
“E’ appena uscita dal masterizzatore”. Carol solleva orgogliosa un dischetto. La superficie iridescente lancia bagliori di arcobaleno. “Vorrei consegnarti in anteprima la mia ricerca in campo neuropsicologico. E’ un sunto della conoscenza attuale sulla localizzazione delle facoltà mentali”.
“Ma…”.
“Oh, certo, è solo una versione provvisoria. La aggiornerò e la perfezionerò con tutti i nuovi documenti che riuscirò a trovare”.
“Ma tu avevi, per ora, solo l’incarico di individuare nomi e documenti…”.
“Sono andata oltre”.
“Fammi vedere la tua ricerca”.
Carol le cede la sedia, e ne avvicina un’altra che stava aspettando il suo momento lì vicino.
“Ecco, si entra così…”. Fa una serie di doppi click. Ben annidata come una cipolla tra le sue bucce, la directory local contiene un file .htm contornato da decine di altre cartelle con nomi sibillini.
“Ma la hai nascosta apposta?”, chiede Elyon, divertita dal gioco di scatole cinesi.
Con un ultimo doppio click, il file si apre, mostrando un elegante sfondo color pesca.
Localizzazione delle funzioni mentali, troneggia come titolo.  Subito sotto, una serie di schemi illustratissimi e corredati da testi agili, costellati da decine di legami ipertestuali.
Elyon lo scorre rapita, mentre Carol sembra diventare più alta per l’orgoglio.
Dopo alcuni minuti di “Bello…”, “L’hai fatto davvero tu?”, “E qui cosa c’è?”, Elyon si volta verso la sua amica. “Ma è un grande lavoro. E tu…”.
“La ho sviluppata per conto mio, dopo che Vera ha fatto un discorso interessante sulla conoscenza, l’immaginazione ed il potere”.
“Hai capito bene la lezione, Carol. L’immagine dà potere sull’oggetto”. Clicca ancora qualche link. “Sei proprio in gamba! Un lavoro professionale!”.
“Oh, non sono diventata una neuroscienziata, questo sia chiaro. Sono brava soprattutto nei due strumenti fondamentali della ricerca sul web: il Copia e l’ Incolla”, si schermisce. “ Però ho tirato vicino e cucito gran parte di quanto pubblicato sull’argomento. Siti web, articoli di riviste… Nella pagina principale ho messo solo testi e schemi molto comprensibili… insomma, quelli che io riuscivo a capire”.
“E il resto?”.
“Tutte le parti più specialistiche, incluse le metodologie con cui i vari scienziati hanno ottenuto questi risultati, si trovano negli articoli linkati”, spiega con orgoglio. “Anche discorsi  su neurotrasmettitori, potenziali di membrana, frequenze di scarica, tomografie a emissione di positroni eccetera sono relegati qui, per ora, ma presto perfezionerò il lavoro e riuscirò a fare un riassunto agile anche su questi argomenti arcani”. Assume un tono casuale, guardando l’altra di sottecchi: “Certo, mi sarebbe stato tutto molto più facile se Vera avesse dato seguito alla copiatura delle memorie. In fondo, sono almeno due settimane che le ho dato la mia lista di nomi”.
Improvvisamente Elyon sembra a disagio. Conosce il significato che Carol attribuisce a quel tono. “Dove sono le altre? Non dovrebbero tornare per pranzo?”.
“Te l’ho detto, Ellie. Di solito tornano a metà pomeriggio. Da quando Polpetta non fa più il pranzo…”.
“Ah, no?”.
“Ha trovato un compagno… di studi”.
“E Vera cosa dice di questo?”.
“E’ ad un… incontro di studio di chimica organica. Da quando conosce Michel, sembra che questo campo sia prioritario per Meridian”.
“Non lo è”. Elyon storce il naso. “Da quanto racconti, sembra che siamo allo sfascio”.
Carol perde la sua finta aria casuale, e piazza i suoi occhi penetranti in quelli dell’altra.“Ellie, devo proprio dirtelo. Da quando ha conosciuto quell’uomo, Vera non è più in grado di mandare avanti il gruppo”.
“Tutto questo sbando in pochi giorni?”. Elyon è sempre più a disagio. “Mi stai dicendo cose gravi”.
“Non voglio affermare che Vera abbia sbagliato apposta quel trasferimento di memoria…”, lascia cadere, nuovamente con tono casuale, “…però devo dire che lei ha risolto brillantemente il suo problema di cuore. Ha perfino fatto colpo, altrochè passare per pazza!”.
“Non darle tutte le colpe”, la difende Elyon. “Sono io che le ho consigliato male come eseguire il trasferimento. In fondo, è stata la prima a tentare una cosa non facile”.
“Ma certo. So che ha delle attenuanti. Ma sembra che abbia lasciato impantanare la cosa”. Scuote il viso. “Non credo che vorrà sedurre altri”.
Elyon guarda la sua amica. Comincia a capire dove vuole arrivare. “Mentre tu, magari…”.
“Senti, Ellie, io so gestire molto bene i rapporti con gli uomini. Non faccio errori. Non perdo il controllo. Non ho difficoltà ad approcciare uno e poi mettere i paletti dove mi va bene”.
Uno sguardo dubbioso. “Sei sicura che avresti fatto meglio di Vera?”.
“Dammi la possibilità di dimostrartelo!”.
“Aspetta, Carol. Nell’ultima settimana ho cercato una risposta sui testi antichi di Meridian. Ho provato, fallito, riprovato, e infine raggiunto il mio scopo. Ora conosco un sistema per copiare i ricordi che non richiede il contatto fronte a fronte, solo uno sguardo negli occhi. Inoltre, è estremamente rapido”.
“Sembra il metodo ideale”, ammette Carol un po’ contrariata.
“Lo è”, sorride Elyon. “La perdita di tempo maggiore è selezionare e riordinare i ricordi da trasferire al destinatario”.
“Un po’ come ho già fatto nel CD”, sorride Carol. “Ellie, insegnami questo metodo. Sono precisa, sicura, efficiente.  Non ti deluderò”.
Elyon guarda a lungo gli occhi dell’altra, intuendo il nervosismo che nasconde così bene. Guarda lo schermo che mostra ancora sezioni del cervello colorate a macchie vivaci. Guarda ancora la fotografia incorniciata d’argento.
“E sia!”.  Si alza in piedi, lentamente. Il suo sguardo ora non è più quello di una ragazzina. La sua voce ora è solenne, e sembra riverberare. “Preparati, Carol”.  Tra le mani di Elyon appare una corona di metallo argenteo e lucidissimo, con una pietra ovale violetta. La indossa, e subito un alone luminoso comincia ad espandersi dal suo corpo. Bisogna vederla così per capire veramente perché è chiamata Luce di Meridian.
“Sono pronta!”, risponde Carol, mentre i suoi occhi riflettono quella stessa luce.
 

Università di Midgale

Chi guardasse la facciata dell’università di Midgale in questo cupo pomeriggio autunnale, vedrebbe che molte delle centinaia di finestre tutte uguali si aprono su stanze già illuminate dalla luce al neon.
Anche se qualcuno concentrasse la sua attenzione sull’ufficio del professor Netter, la scena che sta volgendo alla fine non gli sembrerebbe degna di nota, se non per la bella ragazza che sta congedandosi.
“La ringrazio, professore. Lei mi è stato molto utile. Chi dice che lei è un luminare ha ragione”.
L’uomo anziano risponde, lisciandosi i baffi: “Non c’è di che, signorina Hair. Effettivamente sono quaranta anni che mi sto interessando all’argomento”.
Mentre la ragazza saluta e scompare dalla porta, il professor Netter estrae dal cassetto gli spessi occhiali da vista dei quali farebbe volentieri a meno, soprattutto di fronte a una bella studentessa.
Pensa mestamente: ‘Sto invecchiando. Prima la vista, e ora anche la memoria. Non riesco già più a ricordare che cosa mi abbia chiesto la signorina… come si chiamava?’.
 

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Capitolo 30
*** Memorie ***


30-memorie  

PROFEZIE


Riassunto delle puntate precedenti 
Elyon affida a Vera, una copia di sè stessa che appare come una ragazza più grande, l'incarico di rintracciare le gocce astrali, le sosia create dalle guardiane, e ribellatesi ad esse più di un anno prima .
La goccia di Cornelia si chiama Carol. Quella di Irma, Irene. Quella di Hay Lin, Pao Chai. Quella di Taranee, Terry. Quella di Will, Wanda.
Elyon propone alle gocce di collaborare con Vera a raccogliere informazioni tecnologiche per modernizzare Meridian.
Le gocce si trasferiscono, con Vera, in due eleganti appartamenti contigui. Come copertura, fingeranno di essere delle studentesse universitarie; ognuna riceve una lista di argomenti e l'incarico di individuare degli esperti su ciascuno. 
Le gocce vengono addestrate ai poteri mentali, quali la lettura e trasmissione del pensiero, lo sguardo del comando e la telecinesi.
In alcune occasioni, le ragazze commettono goffaggini che attirano l'attenzione della polizia e perfino dei giornali.
Si crea un rapporto più stretto tra Elyon e Carol, che è ammirata per le sue capacità di cavarsela in ogni situazione.
Elyon affida a Vera l'incarico di copiare le memorie scientifiche di esperti in diversi campi. Il primo della lista è un professore universitario di nome Michel Raeder, di cui Vera si innamora a prima vista, e, quando gli copia le memorie, per errore gli trasmette le proprie. 
Vera, innamorata, trascura il gruppo e la copiatura di altre memorie;  Carol convince Elyon ad abilitarla a questo incarico, nel quale si dimostra subito efficientissima. 
Le altre gocce, disorientate, perdono tempo all'università in attesa delle memorie che dovrebbero renderle finalmente esperte nei rispettivi campi.

Cap. 30

Memorie



Università di Midgale

Il complesso dell’università potrebbe somigliare ad un domino di enormi mattoni rosati, se non fosse per le finestrature specchianti che, nei giorni di sole, riflettono il cielo terso e fanno sembrare che i quattro piani levitino l’uno sull’altro per qualche magia.
Purtroppo oggi non è affatto un giorno di sole, e le vetrate riflettono un plumbeo cielo autunnale, solcato dalle rigature verticali di una pioggia quasi monsonica. Chi guarda verso l’alto può vedere…
Già, ma perché devo guardare verso l’alto proprio oggi?, pensa Therese quando sente un rivolo d’acqua correrle giù per il collo.
Raddrizza l’ombrello e lo sguardo. Davanti a lei c’è l’ingresso, anche questo costituito da una fila di porte specchianti. Osserva le loro immagini riflesse che vengono incontro, per  ricongiungersi con loro nel momento in cui spariranno all’interno. Ciò le ricorda tante cose. Troppe.
Qualche istante dopo, Therese precede le altre gocce nell’atrio. Questo salone non ha mai smesso di emozionarla, da quando vi entrò la prima volta quasi per caso, più di un anno prima. Talvolta le capita ancora di incantarsi davanti ai cartelli segnaletici delle facoltà. Ogni cartello è un albero di possibilità, pensò quella volta. Scegli una strada, e rinunci a tutte le altre.

La voce di Pao Chai la richiama. “Ehi, Terry, sei ancora in questo mondo?”.
“Eh… Si, Pao. Stavo solo pensando. Perché, hai visto passare il mio cadavere nel fiume?”.
La cinesina fa un gesto di scongiuro. “Non hai ancora chiuso l’ombrello”.
“Ehm, scusate…”. Chiude il parapioggia sgocciolante, tenendolo ben discosto, casomai volesse vendicarsi inzuppandole i pantaloni. “Ecco fatto. Ci vediamo a pranzo”. Fa un cenno di saluto prima di imboccare un corridoio.
Pao Chai si volta a guardare con rimpianto dietro a sé. “Peccato che Carol non sia venuta con noi”.
“Sapessi come mi manca”, ridacchia Irene. Si ferma, cerca di sembrare più alta e spocchiosa, ed imita discretamente la voce della biondona: “Ragazze, andate pure. IO ho da lavorare”.
Wanda brontola: “Beata lei, che sa cosa fare”. Si guarda attorno, a disagio. “Mi accompagni fino…”.
Irene sorride, persa lontano. “Scusa, cara. Qui ci dobbiamo dividere. Ciao ciao!”.
Wanda segue il suo sguardo fino ad un ragazzo che passa sul lato opposto dell’atrio. “Ah, ecco perché tanta fretta all’improvviso. Non è Frank quello?”, le chiede con un tentativo di sorriso.
“Già”. Irene le fa l’occhiolino. “Mi piace studiare, da quando lui mi dà una mano”.
 

Biblioteca della facoltà di ingegneria

Le finestre grigie e verdazzurre dello schermo si riflettono negli occhi persi di Wanda. Appena arrivata, ha iniziato a surfare nervosamente da un link all’altro, perdendo l’attenzione dopo poche righe di lettura, ma ora lo schermo del computer è solo un paravento per dei pensieri alla rinfusa, mentre le sue mani giocherellano da sole con una penna.
Che sfascio! Nelle ultime tre settimane, tutto il metodo di lavoro impostato con tanta fatica sta andando a rotoli, ogni giorno di più. La nostra lady di ferro si è fatta cucinare da un bellimbusto, ed ha perso ogni polso della situazione. Esce a metà pomeriggio per andare con lui, torna a notte fonda, e la mattina dopo non riesce né a tenere gli occhi aperti, né a stare dritta sulla sedia. Per lui, sta rinunciando a tutto quello che è.
La penna le cade di mano. La guarda sul pavimento, senza raccoglierla.
Povera Vera, soffrirà. Soffrirà di certo. Ne vedo tutte le premesse. Di quale magia perversa sono depositari gli uomini? Fanno soffrire se non ci sono. Fanno soffrire se ci sono, e quando se ne vanno ci si sente sporche e disprezzate, indegne di quella parola mielata di cui film e romanzi traboccano.
Uno studente le raccoglie la penna, e gliela porge con un sorriso. Lei la prende, ma schiva lo sguardo. “Grazie”, risponde. Sorridere è troppo difficile, soprattutto oggi.
Ma basta con queste fantasticherie. Non posso masticare sempre veleno. Dovrei fare come Irene, che prende il bello da qualunque cosa, ed il resto le scivola via come pioggia dalla tela cerata. O come Carol, che cavalca le onde di questo mare dominandole e facendosi portare dove vuole lei. Cavolo, vorrei essere una eroina, ma biblioteche e relazioni non mi daranno l’occasione per diventarlo. Forse nella vita di tutti i giorni i veri eroi sono quelli che riescono a sorridere ed a vedere il bello delle cose.
Dà uno sguardo di sfuggita alle altre persone nella biblioteca, così lontane.
Sullo schermo, le finestre disordinate spariscono, sostituite da un fondo nero sul quale una scritta “University of Midgale- Engineering department” compie una lenta danza allucinante.
Cavolo, sono davanti ad un computer, ho le mie ricerche da fare, e riesco solo a divagare e lamentarmi che le cose vanno a rotoli. Devo rassegnarmi, stamattina non combinerò niente di buono.
Guarda fuori dalle finestre. Piove ancora a dirotto.
Non farti imprigionare da queste sbarre fatte d’acqua, Wanda. Hai bisogno di sfogarti, non di restare qui a rimuginare. Affronta la pioggia. La piscina non è troppo lontana, forse almeno lì riuscirai ad annegare questi pensieri cupi per un po’.
 

Biblioteca della facoltà di informatica.

L’orologio segna le dieci. E’ ora di andare.
Per dire il vero, Therese si era riproposta quantomeno di trascrivere un riassunto dell’articolo di 3D Magazine sulla movimentazione dei modelli grafici tridimensionali. Ma che cos’è un grado di libertà? Che significato dare a parole come ‘matrice’ e ‘vettore’ in questo contesto?
Deve ammetterlo, le mancano le basi. Se almeno Vera si sbrigasse ad attuare questi trasferimenti di memoria… è già parecchio che le hanno consegnato una nutrita lista di esperti, non pochi dei quali proprio di Midgale, ma, dopo il tentativo con Michel, lei non ha più dato seguito alla cosa.
A questo punto, è inutile scervellarsi cercando di dare un significato ad articoli così specialistici.
Tra soli sei minuti avrà inizio la lezione di geometria. Lei sarà lì, trascrivendo appunti con la sua mano e la mente veloce.
E’ vero, ha perso le primissime lezioni, ma ha trovato compagni gentili. Uno di loro la ha accompagnata di persona a fare le fotocopie del suo quaderno. Poi, quando lei ha scoperto con delusione che una frasetta sibillina negli appunti sottende significati comprensibili solo al suo autore, lui è stato pronto a spiegarglieli per filo e per segno per un mezzo pomeriggio.
Con le sue fotocopie meticolosamente annotate, Therese ha scoperto con piacere di non avere grosse difficoltà a seguire il corso, nonostante l’enorme vuoto culturale lasciato dall’abbandono della scuola superiore.
Con la cartella a tracolla, lascia a passi quasi felpati quella sala silenziosa, per immergersi nella folla di studenti che si dirigono verso le aule didattiche in fondo al corridoio.
Riconosce alcuni visi. Quella ragazza con le lentiggini e gli occhiali ieri era in prima fila, ed ha fatto due domande al professore. Quel ragazzo biondo con il pizzo, sempre ieri, stava parlando allegramente con un suo amico mentre prendeva posto in ultima fila. Probabilmente era lui che parlottava quando il professore, infastidito, si è interrotto ed ha guardato sopra la testa di Therese. Molti studenti si erano girati verso quel chiacchierio che per un breve attimo ha risuonato ancora come una risata in chiesa, per poi finire in un silenzio imbarazzato.  Se Pao Chai fosse stata con lei, all’uscita avrebbe certamente inventato qualche bella frase su come il silenzio stesso sia un suono, attribuendola a Confucio, Lao Tse o Mao Tsetung, a caso.
Bene, ecco l’aula. Imbocca la gradinata laterale verso la prima fila, dove i posti liberi non mancano mai.
La voce malevola di una ragazza, sussurrata abbastanza forte da poter essere sentita, la raggiunge alle spalle come una pugnalata. “Ha sbagliato stanza anche oggi, le scuole medie sono da un’altra parte”. Nessun dubbio che sia diretta a lei: è l’unica a sembrare nettamente più giovane degli altri.
Si volta. Chi è stata? Quelle due già sedute?
Una distoglie lo sguardo imbarazzata. L’altra la fissa con un sorriso di sfida.
E’ lei, la sua avversaria. Ma perché? Che si sia risaputo che ha lasciato il Glitfich al quarto anno solo il dicembre prima? Deve capirlo subito! Bene, guardami, me lo rendi più facile!  Cosa pensa quella?
‘Togli il tuo didietro di cioccolato da qui, ragazzina’. ?!?!?!
Ma… cosa vuol dire? E’ per razzismo? Eppure Therese non è l’unica di colore, nell’aula.
“Beh, cos’hai da fissarmi?”, le chiede l’altra, con il sorrisino di chi sa benissimo la risposta.
Terry mastica amaro. Guerra dichiarata, allora. Vorrei solo sapere perché.

Uno studente scende lungo i gradoni, e le sfiora il braccio. “Ciao, Terry”.
“Ehi, Rogers”.
“Ieri pomeriggio non c’eri, alla lezione di matematica generale. Vuoi vedere gli appunti?”.
“Grazie mille. Vieni a sederti accanto a me in prima fila?”. Ci penserò poi a questa tipa.
Terry dà un’ultima occhiata alla sua rivale, e capisce. La bocca rigida, le palpebre tirate… qualcosa è scoppiato dentro di lei. Fuoco e ghiaccio. ‘Non mi ha neppure guardata. Neppure salutata. Ha occhi solo per questa ragazzina’.
Therese si volta e scende i gradoni. Dunque è solo gelosia tra ragazze, per Rogers. E ora, come la gestisco questa grana?

Seduta in prima fila, si rende vagamente conto che il ragazzo ha iniziato a parlarle ed ad indicare degli scarabocchi sul suo quaderno ad anelli, ma non riesce a seguire cosa stia dicendo sulla partizione dell’insieme dei numeri razionali. Non era preparata a questa situazione. Che cosa significa, per quell’altra, questo che per lei è solo un compagno premuroso?
 

Corridoi dell’università

Irene sorride mentre passeggia per i corridoi, a braccetto del suo bel Frank. Guarda con rimpianto la pioggia che le impedirà di scendere nei giardinetti per trovare qualche angolino più intimo. Eppure, l’università deve essere piena di stanzette tranquille. Basta scoprirle.
Si accorge che il ragazzo ha un’espressione quasi di rammarico. “Che c’è, Frank caro?”
“Irene, mi chiedevo se tu non avessi lezioni, questa mattina”.
Lei alza le spalle. “Nelle mattine di pioggia, le lezioni mi mettono malinconia”.
“Hai detto lo stesso delle mattine di sole”.
“Già. Perché è vero”.
“Irene, resterei… ma ho un dovere. L’ho già trascurato troppo nelle ultime settimane. Ho dei genitori a cui devo rispondere, per disgrazia e per fortuna”.
Irene fa una espressione teatralmente delusa. “E tu mi lasceresti sola ad immalinconirmi in un corridoio… in mezzo a tutti questi studenti?”.
Messaggio ricevuto. “Ma no che non ti lascio sola. Accompagnami a lezione”. La tira verso il corridoio che si apre sulla destra.
“Va bene”. Irene acconsente di malavoglia; ormai sa capire quanto può tirare la corda. “Ah, che lezione è?”.
“Anatomia comparata”.
“Whow!”, fa lei estasiata. “Io adoro comparare le anatomie!”.
“L’ultima lezione era sui sistemi scheletrici dei vari ordini di mammiferi”.
Scrolla le spalle. “Beh… potrebbe darmi qualche idea per il costume di Halloween”. Poi alza gli occhi. Ma quella è Vera!
Frank segue il suo sguardo. “Hai visto qualcosa?”.
“Un’amica. E’ passata là, in fondo al corridoio”.
“Andrà a lezione… sono le dieci”.
Irene annuisce. “E’ facile. E’ da tre settimane che segue ripassi di chimica organica tutte le sere”.
 

Ore 10, Biblioteca della facoltà di architettura

Pao scorre l’ultimo numero della rivista “Concrete”, sforzandosi di sentirsi a posto con la sua coscienza.  Fino a poco tempo fa avrebbe pensato di essere solo all’inizio della mattinata lavorativa, ma ora i metri di giudizio sono cambiati. Ha già fatto un riassunto di due articoli. Nuovi additivi per il cemento, impregnanti per vecchie murature …Per essere sinceri, in realtà ne ha solo trascritto gli abstract, la bibliografia e gli autori. Degli articoli in sé ha capito pochissimo.
Beh, è già un’ora che lavoro. Prendiamoci un po’ di pausa!
Si alza e comincia a scorrere gli scaffali.
Architettura antica… Whow! Questo libro sul tempio di Karnaugh è nuovo.  Lo prende tra le mani, ammirando emozionata la grande foto a colori sulla copertina.
Lo porta fino al suo posto a sedere, spostando con disprezzo la rivista ancora aperta sul tavolo.
Apre il volume, sfogliando le spesse pagine con venerazione. Piantine… foto… Whooowwww! Uno spaccato a colori! Meraviglioso!
Segue i corridoi del disegno, meravigliandosi ad ogni dettaglio, ad ogni svolta. Assapora il silenzio rimbombante dei suoi passi, la semioscurità, il sollievo del riparo dal deserto soleggiato. Quando scorre i bassorilievi, le sembra di vedersi camminare tra i sacerdoti ieratici in processione, e di udire suoni di gong che rimbombano tra spessi muri e colonnati, fin dentro i suoi visceri.
Fantastico!
Quando l’immagine della biblioteca si riforma davanti ai suoi occhi, estrae un blocco da disegno ed una matita tenera dalla sua cartellina. Questi scorci… Sono certa che un edificio simile starebbe benissimo anche a Shangri-La!
La sua mano rapida e sicura corre sul foglio, tracciando linee sottilissime che definiscono i contorni. Poi cambia l’inclinazione della matita, ed i chiaroscuri iniziano a creare l’illusione della tridimensionalità.
All’improvviso, una voce le risuona nella testa: ‘Pao, sono Carol. Sei sola?’.
‘Carol? Come mai? Si, sono sola’.
‘Perfetto. Torna a casa al più presto, senza dire niente alle altre’.
‘Va bene. Finisco…’.
‘SUBITO!’. Poi, più dolce: ‘Vedrai, ne sarai entusiasta’.
 

Soggiorno delle gocce

Questo è il sistema di trasporto più rapido ed asciutto, pensa Pao Chai mentre il tremolio che la circonda prende la forma dell’atrio di casa.
“Carol? Dove sei?”.
L’amica le viene incontro dalla camera, con uno sguardo soddisfatto. “Pao carissima, i pacchetti di memorie sono pronti! Voglio che tu sia la prima a provarli!”.
Pao Chai deglutisce inquieta. “E’ l’onore della prima cavia sacrificata per la scienza?”.
Carol le sorride rassicurante. “Pao! Come potrei? Dai, siediti tranquilla”. Le offre una sedia, e si siede di fronte, abbassandosi un po’ per avere gli occhi alla stessa altezza. “Ciò che sto per fare è sicurissimo. Pensa a quel Michel, che ha subito un travaso pasticciatissimo senza alcuna preparazione, ed ora è felice e contento. Tu rischi ancora meno. Anzi, niente”.
“Se lo dici tu…”, si rimpicciolisce Pao.
Per un attimo, il viso di Carol sembra risentito. Si alza in piedi, torreggiando sull’altra. “Quella che ha rischiato sulla propria pelle sono io!”. Sottolinea la frase indicando sé stessa. “Ho copiato tutte le memorie di sei tra uomini e donne, ho assorbito ricordi eterogenei ed emozioni, segreti dolci e vergognosi, vittorie e amarezze, nascite e morti, incontri ed abbandoni. Ho dovuto estrarre la loro cultura da questo marasma, cancellando il superfluo. Ho filtrato tutto io. Io! Mi è costato, mi è costato caro. Ora mi sento come se avessi vissuto trecento anni”.
Il tono da dramma finisce. La sua voce torna calma. “Ma non importa. Per te, Pao Chai, ho estratto le conoscenze di un grande architetto. Ed è solo l’inizio”.
“Per me…”, esita la cinesina, sovrastata da un’amica che fa fatica a riconoscere.
“Ora è il momento, Pao. Tempo un minuto, e tu e saprai più di alcuni dei tuoi professori!”.
Le punta un dito tra gli occhi.
“Io ho…”. Pao strabuzza gli occhi per guardare quel dito. Intravede, seminascosto dalla mano, lo sguardo di Carol, esaltato e deciso come non mai.
Sente un formicolio al viso. Cerca di alzarsi, ma non è possibile senza spostare quel dito lì davanti.

L’attesa si prolunga. “Carol… lasciami andare, ti prego”.
L’altra toglie il dito e sorride. “Certo, Pao. Come ti senti?”.
 “Mi hai fatto un po’ di paura”. Si alza in piedi. “Sei decisa a farmi … quella cosa?”.
Scuote il viso. “Paura sprecata. L’ho già fatta”.
“Già fatta? Ma… io non ho avuto ricordi di niente”.
“Non sforzarti di richiamarli. La cultura, in un certo senso, è ciò che si è dimenticato. Ciò che è sedimentato e fa parte di noi”. Nota lo sguardo perso dell’altra. “Pao… mi ascolti?”.
“Sì. Stavo pensando al riassunto che ho lasciato a metà… avevo trascritto cose senza capirle! Aspetta…” . Va ad aprire la sua borsa, lasciata a terra nell’ingresso. Ne estrae la rivista, Concrete, ed inizia a sfogliarla avidamente. “Carol! Ora capisco tutto quello che c’è scritto! Lo potrei perfino spiegare con parole mie!”. Riapre il suo notes, alla pagina del riassunto. “Questo l’ho scritto poco fa. Che sciocca! Le uniche cose che avevo compreso erano quelle senza importanza!”.
“Funziona anche meglio di quanto sperassi!”, gioisce Carol. “Adesso richiamo anche le altre gocce. Ho un pacco regalo anche per loro”. Serra le palpebre per un attimo, con espressione assorta. “Saranno qui tra poco”.
Pao alza lo sguardo dal notes. “Carol… e Vera?”.
La bionda riapre gli occhi. “Pensa che bella sorpresa le faremo! Tornerà a casa, tutta crucciata perché le cose non vanno avanti, e le troverà bell’e fatte!”.
“Ma… questo non è scavalcarla?”.
“Cosa vuol dire?”. Scuote le spalle, quasi offesa. “Dov’è lei, adesso? E’ a copiare memorie? A filtrarle? Non credo! Scommetto che è da Michel a sospirare”. Torna a sorridere, decisa. “Quando tornerà, c’è il regalo anche per lei. Biologia e genetica. Sarà contenta. DEVE esserlo!”.
Pao esala, quasi inudibile: “Ne dubito”.
“Peggio per lei”. Nota un tremolio nell’atrio, dal quale sta per emergere una figura umana. “Ormai è una questione di minuti”.
 

Ufficio dell’Interpol, Washington.

‘Invisibile’ . INVIO.
L’agente si rilassa, mentre  il motore di ricerca scandisce milioni e milioni di siti web alla ricerca di quella parola.
Nell’attesa, si pulisce gli occhiali appannati, scostando un ciuffo di capelli biondi che tornano ostinatamente a pararsi davanti agli occhi. Si accarezza la barba cortissima, perennemente di una settimana, che gli dà l’aspetto di un adolescente troppo cresciuto e troppo sicuro del suo fascino alla Brad Pitt.
Guarda la stanza attorno a sé, disordinata, impolverata e piena di cimeli esotici. Nonostante gli oggetti misteriosi che ci ha portato, fa molta fatica a considerarla il suo ufficio. La usa pochissimo, perché il suo lavoro lo porta nei luoghi più impensabili e nei ruoli più disparati. Anche l’edificio ed il distintivo dell’Interpol gli sono quasi estranei, solo una copertura. I suoi veri superiori sono ai vertici di un’agenzia che egli non nomina mai.
Gli occhi tornano sullo schermo con i primi risultati della ricerca. Caspita, un milione e mezzo di siti contengono la parola Invisibile! Recensione di un romanzo di sottomarini,  pubblicità di una crema per le rughe… inutile!
Proviamo ad affinare la ricerca. ‘Invisibile+ mistero’. INVIO.
Anche questa volta la risposta si fa attendere.
Sbuffando, l’agente si riguarda i suoi vecchi cimeli appesi alla parete. Quel mascherone apparteneva ad uno stregone africano che si vantava di essere l’unico a poterlo indossare, e di saperlo usare per far morire i suoi nemici con un semplice rituale. Era temuto e riverito per questo. Chissà se lo è ancora, dopo che gliel’ha sottratto?
Comunque, tutte le prove di laboratorio hanno dimostrato che il mascherone è innocuo, può uccidere un uomo solo se glielo si dà in testa. Caro stregone, è meglio che provi con un notes.
Alza gli occhi. La prima pagina è visualizzata sullo schermo. ‘Credete nel mistero dell’invisibile…’. Bah, una setta. Continua a scorrere le righe.
‘Incredibile allarme in una piccola fabbrica. Donna invisibile ruba un tornio…… la scomparsa dell’oggetto avvolto nel mistero… ritrovato un tornietto giocattolo al posto della macchina sparita…’. Ma che cavolo… questo è il Midgale Herald, sette agosto. E’ un quotidiano serio, non una rivista di mistero per creduloni.
Con un doppio click, fa apparire l’articolo e la fotografia.
Mmh, il tono dell’articolo sembra ironico, fa quasi ridere. Però si dice che il giocattolo è stato acquisito dalla polizia.
Strano, riflette. Nelle sue vecchie visite ai negozi di modellismo, non aveva mai notato che esistessero modellini di macchine utensili.
Estrae il suo palmare, visualizzando una rubrica costellata di sigle criptiche. Ecco… ho già un impegno a Midgale nel prossimo futuro. Bene, non sarà difficile combinare anche un colloquio con questo… dov’è scritto… ecco, questo sergente Grinder. E se sotto questa storia buffa c’è qualcosa di interessante, io lo scoprirò. Parola di Ralph Sylla.
 

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Capitolo 31
*** Tutto sarà diverso ***


31-Tutto sarà diverso  
Cara CDM, ti ringrazio moltissimo per la tua recensione. E' una cortesia che apprezzo sempre tanto. Mi accenni a Will e Cornelia... ti riferisci ai capitoli arretrati, o a quelli ancora da pubblicare che ti ho fatto già leggere? Se è così, sono felice che tu abbia approvato la mia interpretazione delle Witch originali. Lungi dall'averle dimenticate, dalla prossima puntata i riflettori torneranno su di loro per un bel po'.
Così, dopo avere seguito pian piano l'evoluzione del gruppo delle gocce, siamo arrivati ad una svolta, e Profezie entra nel pieno della trama. Come dice il titolo, tutto sarà diverso, o almeno lo sembrerà.
Arriverete alla fine del capitolo con la sensazione di non aver capito qualcosa di importante? Portate pazienza, fa parte del gioco. Il quadro si chiarirà nel seguito, ma credo che i lettori più attenti riusciranno a fare delle ipotesi attendibili fin dalle prossime puntate.

PROFEZIE


Riassunto delle puntate precedenti 
Elyon affida a Vera, una copia di sè stessa che appare come una ragazza più grande, l'incarico di rintracciare le gocce astrali, le sosia create dalle guardiane, e ribellatesi ad esse più di un anno prima .
La goccia di Cornelia si chiama Carol. Quella di Irma, Irene. Quella di Hay Lin, Pao Chai. Quella di Taranee, Terry. Quella di Will, Wanda.
Elyon propone alle gocce di collaborare con Vera a raccogliere informazioni tecnologiche per modernizzare Meridian.
Le gocce si trasferiscono, con Vera, in due eleganti appartamenti contigui. Come copertura, fingeranno di essere delle studentesse universitarie; ognuna riceve una lista di argomenti e l'incarico di individuare degli esperti su ciascuno. 
Le gocce vengono addestrate ai poteri mentali, quali la lettura e trasmissione del pensiero, lo sguardo del comando e la telecinesi.
In alcune occasioni, le ragazze commettono goffaggini che attirano l'attenzione della polizia e perfino dei giornali.
Elyon affida a Vera l'incarico di copiare le memorie scientifiche di esperti in diversi campi. Il primo della lista è un professore universitario di nome Michel Raeder, di cui Vera si innamora a prima vista, e, quando gli copia le memorie, per errore gli trasmette le proprie. 
Vera, innamorata, trascura il gruppo e la copiatura di altre memorie;  Carol convince Elyon ad abilitarla a questo incarico, nel quale si dimostra subito efficientissima. Si crea un rapporto più stretto tra Elyon e Carol.

Cap. 31

Tutto sarà diverso



Midgale, Jefferson Street
 
 
Le luci dell’automobile che l’ha accompagnata sono ormai sparite dietro la curva.
Il suono dei suoi passi nella via deserta è coperto da folate di vento autunnale. Le luci dei lampioni proiettano ombre di fronde agitate ed insonni.
Mentre si avvicina alla sua abitazione, Vera si chiede che ora sia. Almeno le due, di certo. Anche stanotte, il proposito di rientrare presto è rimasto nel limbo delle buone intenzioni.
Il cancelletto si apre da solo.  Mentre Vera percorre il vialetto, alza gli occhi verso la palazzina, ora visibile sotto le chiome ondeggianti degli alberi. La facciata, illuminata in basso dalle luci del giardino, si perde in alto verso la semioscurità.
C’è qualcosa!
Eppure tutto sembra normale…
Vera sussulta notando il volo di un pipistrello ai margini del suo campo visivo. Eppure, anche quello è normale. 
Cerca di ridacchiare tra sé. Perché una civetta come lei dovrebbe avere paura dei pipistrelli?
Ripensa per un attimo al caldo contatto di Michel. Vorrebbe tornare indietro. 
Guarda alle sue spalle con rimpianto, ma vede solo un vialetto deserto che porta ad una strada deserta. 
Riprende a camminare verso la casa. Se c’è un destino, la sta aspettando.

 

Quando l’ascensore si apre al piano, la sensazione è fortissima: qualcuno la attende. Osserva entrambi gli spioncini degli ingressi: no, nessuno la sta spiando.
La risposta si infila tra i suoi pensieri: ‘Vera, sono Elyon. Vieni nella tua stanza, senza fare rumore’.

Pochi istanti dopo, svanito il baluginio, l’oscurità della camera rimpiazza la luce color panna del pianerottolo. “Ma…”.
‘Vera, non parlare, non accendere la luce’.
Cerca di localizzare la sua interlocutrice, mentre gli occhi si abituano alla fioca luce che filtra tra le tende. ‘Ma cosa sta succedendo? Perché…’.
La sagoma di Elyon si avvicina e la prende per le mani. ‘Vera, cara, dobbiamo parlare, ma non qui. Andiamo a casa mia, ad Heatherfield’.
La penombra si tinge di nuovo di aloni opalescenti.
 

Camera di Carol

Cos’è stato?
Carol apre gli occhi nell’oscurità, ed ascolta. Niente, solo il silenzio.  Eppure le era parso…
Un sogno, solo un sogno. Elyon e Vera. E' finito.
La sua amica le ha detto di avere creato Vera sulla base di sé stessa, come una goccia.  Ma dov’è la somiglianza? Se le figura fianco a fianco. Anche con il suo occasionale look da ventenne, Elyon non somiglia affatto a quella maestrina supponente. Forse qualche tratto, qualche modo di dire… ma quei colpi di testa che rendono Elyon così divertente? Quel bisogno di protezione che le ricorda tanto com’era a tredici anni, quando era la migliore amica di… di quell’altra, di Cornelia? Il nome la fa rabbuiare un attimo. Eppure, ora Carol è ad un passo dal rinnovare quei tempi, o meglio dal reinventarli daccapo. Verrà presto il momento in cui la sua amica le darà tanta fiducia che lei non dovrà più rispondere a Vera del suo operato.
Sorride nel buio. Si rigira per riaddormentarsi.
Cos’è stato? Come una scossa dentro…Ah… Vera è tornata. La percepisce oltre il muro. Usa il teletrasporto per ogni cretinata, quella lì, e poi ci angustia con la sua paura di essere scoperte.
Apre un occhio, tentando di focalizzare i numeri luminosi della sveglia.
Zero tre e… Bah. Dormirò meglio se smetterò di pensare a lei.
 

Camera di Vera

Quando i deboli luccichii della dislocazione sono svaniti, la sua camera appare di nuovo nell’oscurità. Vera ha di fronte uno specchio, ma non vede la sua espressione. Forse sconvolta, forse sfinita.
Apre le tende, facendo entrare i raggi dei lampioni baluginanti oltre le chiome delle quercie. Luci e ombre di fronde si proiettano su di lei e sulla parete alle sue spalle.    Ascolta i rumori della notte. Niente. Da dietro i doppi serramenti, gli alberi agitati dal vento sembrano fare parte di un film muto. Cerca il suono di un russare, o almeno il sommesso ronzio del frigorifero. Niente, sembra in sciopero anche lui.
Si siede sul letto. Il fruscio del piumone sembra l’unica cosa reale di questa situazione assurda.
Come può dirlo alle altre?

Lentamente, le idee prendono il loro posto fino a formare un quadro completo.
Ora sa cosa fare.
Gira gli occhi verso i numeri luminosi dell’orologio. Le quattro e trentotto. Resta poco della notte.
Nel palmo della mano le compare una bustina. La guarda a lungo, stagliata contro il debole chiarore della finestra. Ne strappa un lembo, la annusa. Ha un buon aroma dolce. 
Coraggio, Vera, ora non si torna più indietro. Con questa, un po’ d’acqua, ed il sonno profondo di cui hai bisogno, tutto sembrerà diverso domani mattina.

Camera di Vera, la mattina

“Ehi, ehi, Vera”. La voce di Wanda la raggiunge attraverso un oceano di sonno profondo.
“Mmh?”.
“Sveglia! Sono le nove”.
Si sente un risolino inconfondibile sullo sfondo. Pao Chai. “Irene ha perso. Non è tornata di mattina…per stavolta!”.
Non è tornata chi? Parlano di lei?  Cerca di socchiudere gli occhi, ma le palpebre restano come incollate.
D’improvviso, le torna in mente qualcosa della notte precedente. In pochi istanti il quadro riprende forma.
Apre gli occhi, si tira a sedere sul letto.
“Ehi, che scatto!”, si stupisce Wanda.
Già le nove e cinque? Si alza barcollando. “Ragazze, andiamo a mangiare. Devo dirvi qualcosa di importante”.

Attorno al tavolo della cucina, anche la sonnolenta allegria di Irene si muta in un’attesa nervosa mentre Vera finisce rapidamente una tazza di caffé che sveglierebbe  un orso dal suo letargo.
Alza gli occhi. Carol è in piedi, appoggiata al muro di fronte. Irene armeggia sul lavello alle sue spalle. Le altre la guardano, sedute al tavolo. Può parlare lì, anche senza trasferirsi nel soggiorno.
“Ragazze, questa notte ho incontrato Elyon. Mi ha dato una bruttissima notizia”. Allontana la tazza. “L’Oracolo le ha intimato di riconsegnarvi a lui. Tornerete ad essere solamente le gocce delle guardiane, dopo un lavaggio del cervello che vi priverà di memoria e di personalità autonoma”.
Studia gli sguardi attoniti.
Il rumore di una tazza che si infrange sul pavimento alle sue spalle dà il via ad un vaso di Pandora:
“Ma hanno promesso che eravamo libere!”, dice Therese. “Lo hanno promesso davanti all’Oracolo”.
“Davanti a mia… a Yan Lin”, aggiunge Pao Chai. “Lei lo sa, come può…”.
Irene alza lo sguardo desolato dal disastro di cocci e caffelatte ai suoi piedi. “Ma perché?”.
Wanda si scopre con rabbia un braccio, e lo esibisce fin quasi davanti al naso di Vera. “Abbiamo scrutato questi tatuaggi tutti i giorni, aspettando una chiamata”. Guarda irata il cielo grigio dalla finestra, come aspettandosi di intravedere una fortezza ergersi sopra le nubi. “E proprio ora che lo cose ci vanno bene, che abbiamo uno scopo, ci esigono per schiavizzarci di nuovo!”.
Carol incrocia le braccia, mentre torreggia in piedi appoggiata al muro opposto. “Perché lo hanno chiesto ad Elyon, quando potevano teletrasportarci?”.
“Perché ora potremmo reagire, è chiaro!”, le risponde Wanda.
Vera alza una mano a reclamare silenzio. “Per quanto mi ha detto lei, ci sono molte ragioni per questa intimazione. Una è che l’Oracolo vede molto male la nostra attività sulla Terra. La considera un’ingerenza eccessiva tra due mondi che dovrebbero restare…”.
Carol  la interrompe: “E non gli basta se cessiamo questa attività?”.
Giraffa indisponente! “No. Ci sono altre ragioni. La seconda è che le guardiane hanno un bisogno disperato delle loro gocce astrali per farsi sostituire. Lo sapete meglio di me”.
Wanda si batte un pugno su un palmo. “Maledette anche loro. Avevano promesso!”.
Therese le tocca un braccio, come per farla tacere con discrezione. “Aspetta. Ed Elyon non può opporsi?”.
Vera scuote il viso. “Per lei è rischioso. Se a Meridian la regina è quasi onnipotente, sulla Terra lo è di meno. Il problema maggiore, però, è il passaggio tra i due mondi. Se l’Oracolo riattivasse la muraglia, le impedirebbe di venire sulla Terra o, peggio ancora, di rientrare a Meridian”.
Therese insiste. “Ma anche senza arrivare ad una rottura con l’Oracolo, può cercare qualche compromesso”.
Irene si sposta di lato a Vera, con un rumore di calpestio di latte e cocci. “Non posso credere che le WITCH permetterebbero tutto questo. Noi schiavizzate, Elyon ricattata!”.
Vera si volta verso di lei, spostando un piede sotto cui percepisce un senso di umido e appiccicaticcio. “Non lo avrei voluto credere neanch’io. Purtroppo anche loro sono molto mal disposte. Si sono risentite con Elyon perché non le ha consultate prima di cercarvi, e hanno fatto ricerche su di voi. Ciò che hanno scoperto non è piaciuto. Kadma, per dirne una, vi ha descritte sotto una pessima luce”.
“Quella maledetta”. Wanda si tormenta le mani. Tendini di acciaio si intravedono attraverso la pelle dei polsi. “Vorrei andare ora a dirle qualcosa!”.
Terry cerca ancora di calmarla con un gesto. “Perché non cerchiamo un chiarimento con le WITCH? Kadma può raccontare ciò che vuole, ma quella che si è comportata peggio in tutta la faccenda è proprio lei!”. Cerca sguardi di consenso dalle altre. “Raccontiamo la nostra versione, e sarà lei a doversi vergognare più di tutte”.
“E per le gocce…”, propone Irene speranzosa, “…magari potremmo tornare a farlo part time, quando serve, e tornare qui nel tempo restante, senza essere riassorbite”.
Carol le regala un inedito sguardo di approvazione. L’idea sembra piacerle.
Anche Pao Chai accenna un assenso. “Potremmo anche rivedere…”.
Vera scuote il viso. “Mi dispiace, Elyon ha già provato tutte queste cose. Ha proposto i compromessi più fantasiosi, ma si è trovata davanti ad un muro. Sia le guardiane che l’Oracolo sono contro di noi. E lei tiene molto alle sue amiche WITCH.”.
Sguardi delusi.
“Per farla breve, l’Oracolo le  ha intimato di consegnarvi, dopo aver usato i suoi poteri mentali per cancellarvi memoria e personalità e mettervi in stato di soggezione…”.
“Certo!”, interrompe Wanda. “Con i poteri, potremmo cercare di reagire!”. Uno scintillio si genera dal palmo della sua mano. “E, con una personalità autonoma, potremmo rendergli la vita impossibile. Lo abbiamo già fatto alla grande, una volta”.
“E lei ha accettato?”, chiede Pao Chai con il cuore in gola.
Vera esita a rispondere. “Elyon ha girato questo incarico a me”.
Un debole piagnucolio della cinesina rompe il silenzio teso.
“Se le obbedissi, dovrei iniziare ora”, riprende Vera.
Sguardi di attesa. Irene, sempre in piedi, parla per tutte. “Ma non lo farai, vero?”.
“No”. Scuote la testa. “Però il mio rifiuto non risolverà la situazione”.
“Ed allora, come cavarcela?”, chiede Wanda, tornando a sedere. “Non sarà sufficiente chiudersi in casa”.
“Non in questa casa”, conviene Vera. Poi il suo tono cambia. “Però ne esiste una assolutamente sicura”.
Le ragazze la guardano speranzose.
“Il palazzo reale di Meridian!”, completa Wanda come illuminata.
“Esatto. Ragazze, una volta lì dentro, né l’oracolo, né le guardiane avrebbero la possibilità di reclamarci”.
Therese cerca di metter a fuoco le idee. “Ma avevi detto che Elyon è ricattabile…”.
“Che Elyon tiene di più alle sue amiche WITCH che a noi…”, aggiunge Pao Chai.
Vera annuisce. “Dovremo farlo contro la sua volontà!”.
“COOOSA?”.

Il viso di Carol si distorce in una smorfia di scetticismo. “Dovevo immaginare dove volevi arrivare”.
Tutti gli sguardi sono su di lei.
Continua: “Vera, ci hai raccontato un sacco di panzane. Posso anche capire che l’Oracolo sia preoccupato se commetti degli errori, come hai già abbondantemente fatto, ci fai arrestare e coinvolgi le guardiane. Ma questo rischio si allontanerebbe passando il comando ad una più abile di te”. Conclude con un sorrisetto allusivo. “E poi, questa storia delle guardiane incavolate fa acqua da tutte le parti. Per iniziare….”.
Vera la interrompe con un lampo degli occhi. “Davvero?”. Cara Carol, mi costringi. “Allora, guarda un po’ questa!”. Le compare in mano una rivista per soli uomini. Gliela apre davanti. “Ecco la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Anzi, le immagini della goccia che hanno fatto traboccare il vaso”. Sulla foto a piena pagina campeggia una splendida foto di Carol, vestita come l’avrebbe fatta la mamma se lei fosse stata fatta da una mamma.  “Vogliamo vedere le pagine successive?”.
“No! Aspetta…”. Carol deglutisce imbarazzata. “Quelle foto… sono servite per pagare l’affitto dello scorso marzo”. Guarda i visi imbarazzati delle compagne, cercando un’assoluzione.
“Non devi giustificarti davanti a noi”, risponde Vera con finta nonchalance. “Pensa all’effetto che hanno fatto su Cornelia. Chi credi che sia la più arrabbiata di loro?”. Mostra le foto successive, sempre più imbarazzanti a mano a mano che gira le pagine.
Pao Chai diventa color mozzarella. “Oh…”.
Carol balza avanti, strappa il giornale a Vera e lo richiude. “Basta così! Non c’entra niente!”. Si appoggia con le braccia sul tavolo, sovrastando minacciosa la sua rivale come un enorme cane pronto a mordere.
Vera la guarda con un sorrisino di vittoria. Finalmente la biondona è rossa come un peperone. Adesso, però, ha qualcosa di più importante da vincere. “Vieni in camera, Carol. Ti devo dire qualcosa di personale”.
“Va bene”, ringhia l’altra, erigendosi a braccia conserte.
“E voialtre, non origliate in alcun modo”.
 

In camera, le due, in piedi, si fronteggiano con sguardi di sfida.
Carol sta recuperando la sua sicurezza. “ E così, vuoi dare a me la colpa di questa situazione. Complimenti, bel colpo, una volta tanto. Ma non basterà a rendere credibili tutte le tue frottole”. Le si avvicina, sovrastandola. “Ieri sera sono stata con Elyon fino a mezzanotte, e non mi ha detto niente del genere. Come può essere scoppiato tutto tra la mezzanotte e le tre?”.
Vera alza un sopracciglio. “Semplice. Le è apparsa Yan Lin in sogno”.
“Non sta in piedi. Da come l’hai detta, dovrebbe avere parlato sia con l’oracolo che con le guardiane. Per una cosa così grave, sarebbe il minimo”.
“Certo. L’ha fatto prima, ma non ha voluto turbare nessuna di noi finché non ha ricevuto l’intimazione dell’Oracolo”. Si volta verso la scrivania, aggiustando con indifferenza la posizione di qualche soprammobile. “E poi, se non l’aveva detto prima a me, cosa ti fa pensare che lo avrebbe detto a te?”.
Carol scuote la testa, irritata. “Ci ho passato assieme tutta la serata. Mi sarei accorta se qualcosa la avesse turbata”.
“E quindi, Carol, tu pensi di conoscere Elyon meglio di quanto possa la sua gemella, solo perché esci con lei e le insegni ad ocheggiare nei locali notturni con un aspetto fasullo da ventenne”. Nota il lampo di disagio dell’altra. Può tirare l’affondo. "Dimentichi che il mio ultimo scambio di memorie con lei è stato proprio questa notte?”. Ahi, si rende conto troppo tardi dell’autogol.
Sul viso di Carol si dipinge un sorriso sarcastico. “Vera, i tuoi scambi di memorie sono… come dire… problematici. Il primo errore è stato … vantaggioso, per te. E questo altro?”.
Vera avvampa. “Questo è troppo!”. Si erge, cercando di guadagnare qualche centimetro davanti alla rivale.  “Mi stai accusando di essere stata in malafede con Michel?”.
“Parole tue, non mie”. Si riguarda le unghie, sentendosi in vantaggio. “Io so già come proseguirà il tuo discorso. So, per esperienza vissuta, che tutte le gocce astrali entrano in competizione con il loro originale, ed ora sembra che questo stia succedendo anche a te”. Continua, voltandole il fianco. “Quanto a me, se devo scegliere tra Elyon e la sua pseudo-gemella invidiosa, la scelta è già fatta!”.
Vera le si pone davanti, con finta aria casuale. “Sai già come proseguirà il mio discorso?”. La fissa negli occhi. “Non si direbbe. Non ti saresti appartata con me!”.
A Carol sembra che le pupille dell’altra diventino sempre più luminose. Solo ora capisce l’errore commesso, troppo tardi per voltarsi, troppo tardi per qualunque cosa. Non riesce più  a muoversi. All’inizio la sua faccia si deforma in una smorfia di paura, poi diventa sempre più vuota.
Non muove un muscolo neanche quando Vera le appoggia il palmo della mano destra sulla fronte.
 

Poco dopo, Vera si ripresenta sicura nel soggiorno. “Ragazze, torniamo a parlare di cose serie”.
Alle sue spalle segue Carol, rilassata e con un sorriso un po’ sciocco. Si siede compunta sulla sedia più vicina.
Pao Chai spalanca gli occhi. “E lei…”.
Vera scrolla le spalle. “L’ho dovuta calmare, per il bene di tutte. Non preoccuparti, in qualche giorno tornerà più bisbetica che mai. Abbiamo le ore contate, e non possiamo litigare su chi sbaglia di più. Vi salverete solo se saremo tutte unite”.
La cinesina, a disagio, guarda il viso vuoto di Carol e tace.

Wanda morde il freno, fa fatica a restare seduta.  “Allora, Vera, il tuo piano?”.
“Eccolo”. Breve pausa ad effetto. “In primo luogo, cancelliamo i vostri tatuaggi. L’Oracolo potrebbe usarli contro voi stesse. Scoprite il braccio…”.
Wanda si sfila per prima la felpa pesante dalla spalla. Guarda il suo marchio con disprezzo. Una promessa mancata. “Senza rimpianti!”.
Una dopo l’altra, le gocce porgono il loro braccio. Dopo poche passate del palmo di Vera, i simboli non si vedono più, come se non ci fossero mai stati.

“Bene, ragazze”. Fa il segno due con la mano. “In secondo luogo, sottrarremo il Cuore di Kandrakar a Will Vandom”.
Quattro sguardi allibiti.
“Geniale”, commenta estasiata una inedita Carol-agnello.
“E’ impossibile”. Wanda lo sa bene. “Il cuore può lasciare Will solo se lei lo consegna, o se lui stesso sceglie un’altra guardiana”.
Vera la guarda sicura. “Me lo darà. Anzi, te lo darà. So come fare”.
Wanda resta incredula più di qualche secondo, chiedendosi se ha capito bene. Gli sguardi sbalorditi delle compagne glielo confermano. A poco a poco, un sorrisino quasi cattivo si disegna sul suo viso. “Mi piace!”.

Vera sventola tre dita. “In terzo luogo, ci trasferiremo in un albergo per essere irreperibili, ma dovremo essere pronte a partire per Meridian da un momento all’altro”.
“E tutte le nostre cose?” chiede Irene, con uno sguardo di rimpianto alla cucina.
“Raccogliete quello che potete, ed usate il trucco della tasca virtuale per farlo stare. Agite rapidamente. Tra poco, io e Wanda ci trasferiremo ad Heatherfield, ed i vostri poteri svaniranno quando io sarò lontana. Voi andrete a cercare un albergo per sei, e non ritornate più qui. Stabilirò un contatto mentale con voi al mio ritorno”.

Vera fa il segno quattro. “In quarto luogo: appena Elyon avrà messo piede sulla Terra, ad Heatherfield o a Midgale, noi ci trasformeremo in copie convincenti di lei e delle guardiane, ed useremo il Cuore di Kandrakar per trasferirci a Meridian, nel palazzo”.
“Sai già quando arriverà Elyon?”, chiede Terry.
“Non so. Può essere oggi, come tra una settimana”. Guarda l’orologio. “Ma scommetterei di più su oggi”.
Wanda si alza in piedi. “Non c’è un momento da perdere. Sono pronta, al diavolo i bagagli”.

Vera mostra tutta la mano aperta.“Quinto”. Si rivolge a Wanda. “Appena a Meridian, tu userai il Cuore di Kandrakar per riattivare la muraglia, così né Elyon, né le guardiane potranno seguirci”.
“Ma io non…”. L’altra la guarda perplessa. “Davvero tu sapresti riattivarla?”.
“Sì. Ti spiegherò io come fare”. Almeno, come provarci.

Vera torna a mostrare la mano aperta. Per un attimo le ragazze hanno l'impressione di vedere sei dita, ma sono troppo prese per meravigliarsi di questi giochetti di prestigio.
“Sesto: una volta lì, assumeremo il potere e cercheremo tutto ciò che può rafforzarci”. Enumera sulle dita: “La Corona di luce, gli incantesimi di protezione del palazzo, la sorgente di energia magica, l’esercito, la biblioteca segreta… e una vasta scelta di amuleti il cui potere sfida l’immaginazione”.
“Per…”.
“Per respingere un eventuale tentativo di ritorno di Elyon e delle guardiane”.
Therese si adombra. “Non basterebbe la muraglia?”.
“Dovrebbe bastare…”. Vera cerca di sembrare sicura. “Se non fosse, saremo comunque più forti di loro”.

Pao Chai è sempre più a disagio. “Ma Vera… Elyon è un’amica, oltre che la regina. E’ giusto farle questo?”. Guarda Carol, cerca di scuoterla. “E tu cosa ne dici?”.
L’amica le risponde con un sorriso vacuo. “Certo….”.
Anche Irene è turbata da quello sguardo innaturale. “La piccoletta masticherà amaro”. Al pensiero, sospira e allunga la mano verso il sacchetto dei frollini, ghermendone uno.
Vera alza le spalle. “Le rimanderemo sulla Terra i suoi genitori adottivi e Caleb. Tornerà  nella sua casa, a frequentare lo Sheffield, a passeggiare con le sue amiche ed a sospirare dietro ai ragazzi”. Abbozza un sorriso. “Anzi, chissà che non cerchi di sottrarre a Will le attenzioni di Matt…”.
Carol allarga il suo sorriso di intensa vacuità. “Le ho insegnato bene….”.
“Sciuccesscioo ascicurato, alloua”, le risponde Irene a disagio, senza smettere di masticare.
Wanda si adombra ancora di più. Will… Elyon… Matt!
E’ un momento. Si riscuote. “Allora, andiamo?”.
Vera osserva gli sguardi di disagio delle altre compagne. “Aspetta. Devo dirvi ancora una cosa importante. Mi rendo conto che molte di voi si sentono in colpa. Non dovete. Quello che faremo non sarà solo per salvare la vostra libertà e, a questo punto, anche la mia. Sarà fatto per Meridian”.
Sguardi interrogativi.
Vera continua: “Esiste una profezia, fatta dalla stessa Elyon, secondo la quale lei è destinata a diventare la tiranna del metamondo”.
“Lei, una tiranna?”, chiede incredula Irene. “La piccoletta?”.
“E’ vero”, conferma inaspettatamente Carol, come in trance. “Ne ha parlato anche a me”.
Vera impiega un attimo per riprendersi dalla sorpresa di questa conferma inattesa. “Beh, con la nostra azione, noi impediremo che tutto questo si realizzi. Sottrarremo Elyon a questo destino odioso, e risparmieremo a Meridian secoli di sofferenza!”.
“Secoli?”, chiede una Irene sempre più incredula.
Vera assente con un sorriso un po’imbarazzato. “Sapete, le regine Escanor sono piuttosto longeve”.
“Ah, ecco….”. La compagna allunga ancora la mano verso il sacchetto dei frollini. “Perchè sono Escanor, o perchè sono regine?”.
Wanda la zittisce con un’occhiataccia.
Therese solleva un’altra obiezione. “Stiamo parlando di impadronirci del controllo di una intera città, se non di un intero mondo. Non mettiamola come se fosse rubare una roulotte! Saremo in grado di governare al suo posto?”.
Vera sorride sicura, ha già una risposta anche per questa obiezione: “Sì, vi posso dire che Elyon ha molto trascurato i suoi doveri, delegandoli a ministri e dignitari. Era troppo occupata a leggere in giardino, o sulla Terra a fare le sue ricerche. Stava recuperando un po’ di interesse per il governo solo negli ultimi mesi”.
Guarda lontano, fuori dalla finestra, verso il cielo. Quando la sua attenzione torna alle compagne, il suo viso sembra quasi ispirato. “Ormai quelle ricerche le abbiamo fatte noi, siamo in sei, siamo competenti. Conosciamo i suoi errori passati ed il destino previsto dalle sue profezie. Noi eviteremo questi e quello. Sì, governeremo Meridian molto meglio di lei, in suo nome”.
Uno squarcio nelle nuvole inonda la cucina con una limpida luce solare.
“Allora? Siete tutte d’accordo?”, chiede Vera, squadrando le sue compagne.
Una dopo l’altra, le gocce assentono.
Wanda è già in piedi, e si infila una giacca a vento nera uscita da chissà dove. “Ebbene? Cosa aspettiamo?”.
 

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Capitolo 32
*** Colpo di mano ***


32-Colpo di mano  
In questo capitolo ritorna in scena Will, e nei successivi rivedremo nuovamente le W.I.T.C.H. alle prese con una situazione inaspettata.

PROFEZIE


Riassunto delle puntate precedenti 
Un colpo di scena sconvolge la vita del gruppo di Midgale: dopo un incontro misterioso con la Luce di Meridian, Vera racconta alle ex gocce astrali che l'Oracolo e le W.I.T.C.H. hanno richiesto la loro riconsegna, e la regina ha dovuto acconsentire.
Per evitare questa mortificante prospettiva, Vera propone alle altre di impadronirsi del Cuore di Kandrakar e di sostituirsi ad Elyon a Meridian, impersonando la regina e le guardiane, ed impedendone il ritorno.
L'unica a non crederci e a ribellarsi è Carol, la ex goccia di Cornelia, ma viene costretta all'obbedienza con l'ipnosi.
Vera e Wanda, la ex goccia di Will, si trasferiscono ad Heatherfield per mettere in atto la prima parte del piano.

Cap. 32

Colpo di mano



Heatherfield

La palazzina grigia è un tipico esempio di archeologia industriale. Ha una pianta a L che sembra covare gelosamente un piccolo giardino, quattro piani le cui finestre fanno pensare ad uffici di una fabbrica di inizio secolo, e un traliccietto sporgente da una facciata  sul cui uso passato si possono formulare solo ipotesi fantasiose.
Un passaggio altissimo divide l’edificio in due ali non comunicanti. Anche qui, è difficile ipotizzare che genere di veicolo abbia reso necessaria una volta così alta.
La cosa che colpisce di più, forse, sono le due alte ciminiere di mattoni che svettano poco dietro la palazzina.

Due vecchiette osservano dal marciapiede opposto questo edificio un po’ lugubre, che si intona col cielo plumbeo di fine ottobre.
“Sembra una versione urbana dell’ingresso di un lager nazista”, dice quella più piccola e rugosa, con lunghi capelli bianchi raccolti in un chignon. Le sue palpebre pesanti coprono iridi di un azzurro intenso. “Ci vedrei una scritta in ferro battuto ‘Arbeit mach frei’  disposta ad arco, appena sotto la volta del passaggio”.
L’altra assente, cupa, sforzandosi di chinare un po’ la schiena per mascherare l’altezza e le spalle da atleta, che cercano di farsi notare da sotto il soprabito nero fuori moda. “Neanche a Will piaceva. Si è dovuta adattare a vivere qui. Però dentro è elegante, anche se non c’è l’ascensore”. Indica col braccio verso l’ala sulla destra: “Vedi quelle ampie finestrature quadrettate all’ultimo piano? E’ lì che dobbiamo andare”.
L’altra sbircia l’orologio a colori vivaci che porta al polso rugoso. “Le tre e quindici. Proviamo adesso”.
Le due vecchiette si avvicinano con passo fin troppo elastico al citofono, a lato dell’ingresso sorvegliato da una guardiola sfinestrata e perennemente deserta.
‘Vandom-Collins’, si legge sopra il campanello.
“Anche Collins? Oddio! Di male in peggio!”, trasale la più alta delle due. “Comunque sono loro!”.
Premono il bottone, poi attendono impazienti al citofono, con una scusa già pronta in bocca. Invece nessuno risponde.
“Perfetto”, si compiace la più piccola. “Non c’è ancora nessuno. Andiamo su!”.
Percorrono il breve vialetto. Il portoncino sotto l’alto passaggio, sulla destra, si schiude senza discutere.
Una volta nel vano scale, le due arzille vecchiette ringiovaniscono, assumendo l’aspetto di Elyon e Will. Quest’ultima fa strada verso l’alto. “Su per di qua!”.
All’ultimo piano, le serrature dell’ingresso scattano da sole, ed il pesante battente verde scuro  si apre davanti alle due ragazze.

Per un attimo, questa Will fuori luogo si ferma a guardarsi attorno. Lo stanzone è una grande cucina-soggiorno con le pareti di mattoni dipinte di bianco, e un pavimento di cotto lucidato.
Il tappeto giallo e cremisi all’ingresso non è cambiato. Sulla destra ci sono scaffali e librerie, che tracimano, ancora più di allora, di libri che si contendono lo spazio all’ultimo millimetro.
Davanti a lei ci sono due divani ed un puff color rosso scuro, raccolti attorno ad un tavolino basso e a un grande televisore che la aiutava a passare il tempo troppo breve e troppo lungo delle sue ore di esistenza. Più sulla sinistra, la cucina bianca e beige fa da sfondo al tavolone e alle sedie di legno.
Su tutte le superfici d’appoggio regna un colto disordine di libri e riviste, ammonticchiati senza un criterio riconoscibile.
Wanda pensa ai pomeriggi ed alle serate passate annoiandosi. No, non ha grossi rimpianti per quella casa.
Indica verso sinistra.  “Vera, la camera è di là”.
“Shh… niente nomi!”, fa la biondina accigliandosi.

Wanda entra nella stanza. Le rane di peluche le sorridono con allegria di pezza. Come fa Will ad affezionarsi a pupazzi così sciocchi?
Riconosce con scarso rimpianto il letto massiccio, la porta-terrazza che dà su un balconcino con panorama di ciminiere, l’alto specchio ovale, il tavolo col computer, le mensole caotiche, il pavimento cosparso di ciabatte e calzini come un inno all’entropia.
La camera allegra e disordinata è, nei suoi ricordi, un luogo di noia, quasi una prigione. Eppure è stata la sola libertà che ha avuto per un anno e mezzo, prima del distacco definitivo da Will. Era pur sempre una sosta nella claustrofobia che provava quando veniva riassorbita, e la speranza di poter incontrare ancora, sotto mentite spoglie, l’uomo della sua breve vita da goccia.
Il suo ricordo malinconico si interrompe quando lo sguardo viene catturato da una cornicetta sulla scrivania. Una foto di Matt! Bello, bellissimo! Sono ancora assieme. Chissà se ci ha…

La voce della compagna la distoglie dai suoi pensieri. “Ecco fatto!”. Accompagna la frase facendo oscillare le sue mani sul cuscino del letto. “E ora non scordiamoci le nostre microspie!”.
Dai suoi palmi sgorgano alcune mosche, che ronzano un momento in aria per salutare la vita, e poi si dispongono quietamente camuffate su superfici scure e angoli in ombra.
“Ora andiamo!”. La biondina fa un cenno di richiamo mentre esce dalla porta della camera.
La strana Will le fa un cenno, voltandosi verso la scrivania. “Un attimo… ti raggiungo subito”.
Pochi istanti dopo, esce anche lei a passo veloce dalla stanza. “Possiamo andare”.
Nel vano scale, le due ragazze riassumono l’aspetto di arzille vecchiette.
 

Atrio di casa Vandom-Collins

Sotto lo sguardo paziente di un orologio che segna le sedici, l’uscio dell’appartamento scatta e si apre. Una Will carica di sporte di plastica fa il suo ingresso faticoso, le deposita sul pavimento, poi si esibisce in una passabile imitazione di rantolo mortale e si sgranchisce le dita segnate. Infine tende l’orecchio. La casa è silenziosa.
Si sfila la giacca a vento cremisi. “Mamma! Dean! Sono arrivata! C’è qualcuno?”.
Nessuno risponde. Lei sbircia l’orologio a lancette in bella mostra sul muro. Sono solo le quattro. C’è tempo per una telefonata sospirosa a lui.
Scosta un lembo della felpa rosa, estraendo il suo telefonino dalla custodia sulla cintura dei jeans.

Quando Will entra in camera, non può mai fare a meno di gettare un’occhiata alla foto del suo Matt. Ma… la cornice è vuota! “No! Com’è possibile?”, si acciglia.
In ogni caso, ha una risorsa per scoprire la verità. “Sveglia, sveglietta…”, fa, rivolta ad un orologio raniforme appoggiato sulla testata del letto, “E’ entrato qualcun altro in questa stanza?”.
L’apparecchio risponde con una voce flemmatica che può sentire solo lei. “No, non è entrato nessun altro, dopo che tu e la tua amica siete uscite”.
Will afferra l’apparecchio con due mani, come se lo scrollasse per il bavero.“Cosa vuoi dire, sveglia? Quale amica?”.
“Calma, calma! Quella biondina con le trecce”.
“Elyon? Ma oggi non è stata qui…”.
“Come no! Quarantadue minuti fa! E lo dico con cognizione di causa!”. Con un po’ di fantasia, si può vedere la sua zampetta che indica il largo quadrante da orologio che ha sulla pancia. “E ora, mettimi giù”.
Will resta perplessa, combattuta tra il sospetto di un’ intrusione e quello, ancora più inquietante, di un Alzheimer precoce. “Ed era con me? Mi hai vista?”.
“Come ti vedo ora! Puoi finalmente mettermi giù, per piacere?”.
Gli indica la cornicetta vuota sulla scrivania. “E la foto di Matt, l’ha presa…”.
“Tu stessa!”. Gli occhi di rana sembrano scrutarla perplessi. Appena sente di nuovo il contatto rassicurante della testata del letto, conclude: “Sei strana, oggi”.
Will pensa subito alla sua goccia astrale. Non sarebbe la prima volta che le ruba fotografie di Matt. E l’altra ragazza? Elyon? Sarà stata Vera travestita, più probabilmente. La vita talvolta presenta strane inversioni di ruoli…
Si siede sul letto. Come potrebbe rintracciare Elyon, quella autentica? Con il portale alla libreria? Mai provato. Ma sa che Cornelia la vede spesso.
Afferra il telefonino cellulare e si distenda sul letto. Inizia a impostare il numero dell’amica, ma non fa in tempo a completarlo prima che una sonnolenza improvvisa si impossessi di lei. “Cosa mi…” .
Poi, solo un sonno senza sogni.

Heatherfield, caffè At the old factory

Le due vecchiette sono sedute ad un tavolino, davanti a due tazze ormai vuote e briciole di brioche. Lo sguardo è fisso e perso fuori dalla vetrina del bar, come se il velo della vecchiaia le facesse vivere in un limbo tutto loro.
In realtà, stanno spiando una stanza a cento metri di distanza attraverso occhi a pixel esagonali. Gli occhi delle mosche nella camera di Will.
“Ci siamo!”, grida all’improvviso, trionfante, la più piccola e rugosa.
Le due si alzano, e si avviano a passo di maratoneta verso l’edificio grigio quasi di fronte.
Il barista le insegue fin sulla porta. Tuona: “Ehi, nonne, non pagate il cappuccino?”.
La piccola si volta, con un’espressione beffarda. “C’era una mosca morta  dentro la mia tazza! Guardi, guardi pure! Protesteremo all’ufficio igiene”.
Il barista si morde un labbro e si volta verso l’interno del bar. La hanno sentita gli altri clienti? Forse sì. Qualcuno sembra scrutare preoccupato nella sua tazza, o sbirciare sospettoso il prosciutto dentro al tramezzino già addentato.

Il portoncino non è un problema. Nessuna serratura può sbarrare il passo a due vecchiette così.
Mentre salgono velocemente le scale della palazzina, una di loro riassume l’aspetto di Will, mentre l’altra svanisce nel nulla.
Di nuovo, l’ingresso dell’appartamento si apre rispettosamente al loro passaggio, e si dirigono verso la camera.
 
 
Appena entrata nella stanza, Wanda si ferma, emozionata. Eccola, Will, dopo tanto tempo! 
La osserva, profondamente addormentata. Il suo rancore si stempera un po’ notando che la guardiana appare vulnerabile e molto più giovane di lei. Lo sapeva, ovviamente, ne ha anche assunto l'aspetto, ma averla davanti agli occhi le fa un effetto diverso.

“Cosa aspetti? Cerca il Cuore di Kandrakar!”, la sollecita una voce proveniente dal vuoto.
Cercando con gli occhi la compagna, Wanda si stupisce. “Dove sei? Credevo che, parlando, saresti tornata visibile”.
“Mi piace fare esperimenti”, risponde compiaciuta la voce. “Ma non è il momento di parlarne. Fai presto!”.
Wanda si accosta al collo di Will e le sposta i capelli rossicci, ma il ciondolo non è lì. “Certamente lo ha smaterializzato. Di solito lo evoca nel palmo della mano”.
 

“Allora provo io”.
Una mano invisibile cala sulla fronte di Will. Un sussurro viene dal nulla: “Will, non aprire gli occhi. Io non esisto. Io sono un sogno. Tu stai sognando. Tu hai una veste lunga e candida. Hai delle fluenti ciocche di capelli bianchi e lisci. Stai passando davanti ad uno specchio. Ti guardi. Il volto che vedi è il tuo, Yan Lin. Tu sei Yan Lin. La guardiana Yan Lin. Il momento è cruciale. Una nuova generazione di guardiane è pronta per prendere le consegne. Davanti a te c’è la nuova custode prescelta, Will Vandom. Guardala negli occhi!”.
Gli occhi di Will si aprono. Sono vuoti e senza espressione.
“Mettiti a sedere, Yan Lin”.
Will si solleva e si mette a sedere sul letto.
“Yan Lin, il momento è solenne. Guardi negli occhi Will Vandom, è di fronte a te”.
Will guarda Wanda.
“Yan Lin, è il momento del passaggio. Evoca il cuore di Kandrakar e passalo a Will”.
Lentamente Will apre la mano destra. Con un bagliore, il ciondolo sferico si materializza levitando sopra il palmo.
Lo porge a Wanda.
Questa lo guarda incredula mentre l'oggetto passa, sempre levitando, sulla sua mano. Quando chiude le dita, la luce intensa scompare, e il Cuore viene come inghiottito dalla mano.
La voce dal niente riprende: “Bene, Yan Lin. La nuova generazione di guardiane è operativa. Ora tu puoi essere contenta. Ora faranno tutto loro. Rilassati. Riposati, Yan Lin, e dimentica le preoccupazioni. Dimentica tutto...”.
Lentamente, Will si distende e si riaddormenta profondamente.

“Abbiamo il cuore di Kandrakar!”, esulta la voce invisibile.
Wanda, invece, si guarda in giro come spaventata. Si sente addosso gli sguardi accusatori di una ranosveglia, di un impiccione cellulare e di un intero set di informatori informatici. “Vera, mi sono ricordata di una cosa terribile”.
“Cosa?”.
“Will parla con gli elettrodomestici”.
Il nulla fa un’espressione incredula. “E’ matta?”.
Scuote il viso. “No, lei parla e loro rispondono. Tutti questi apparecchi racconteranno per filo e per segno quello che è successo. Forse cercheranno perfino di svegliarla!”.
“Meglio lasciarla nel dubbio. Questi apparecchi non parleranno mai più”.
Una mano invisibile viene tesa. Si sentono scoppiettii provenienti dalla sveglia, dal cellulare, dal computer e dagli altri apparecchi elettrici della camera.

Uno scatto di serratura e una voce di donna dall’ingresso le fanno trasalire: “C’è qualcuno in casa? Will? Caro?”.
Poi segue una cacofonia di scatolette e bottiglie, e una imprecazione poco elegante. “Will, miseria! Hai lasciato ancora la spesa per terra! Vuoi renderti utile, o farmi rompere una gamba?”.
Wanda stringe i denti: “E’ Susan. La signora Vandom”.
“Via, subito! Dritte a Midgale!”.

Quando si affaccia, accigliata, nella camera di Will, Susan sente un leggero odore di bruciato. Un filo di fumo aleggia nella stanza.
“Ehi, Will… è successo qualcosa?”.
La ragazza continua a dormire come un sasso.
Susan fa un passo avanti e e sfiora il viso. “Will, mi senti?”.
“Mh?”….
“Va tutto bene? Sento un po’ di odore di bruciato!”. Va ad aprire la finestra; una folata fresca e umida spazza la stanza.
Un suono rantolante esce dalla bocca della ragazza addormentata: “Non sono Will. Sono Yan Lin”.
Susan si avvicina allarmata e la scuote. “WILL! COSA TI SUCCEDE? SVEGLIATI!”.
“Uuh?”. Will apre gli occhi e li volta lentamente verso la madre chinata su di lei.
“SVEGLIATI! STAI BENE?”.
La guarda, assente. “Sì, mamma. Adesso mi vesto”.
“Will, sei già vestita. Cosa ti succede?”.
“Oh, scusa mamma”, si scuote. “Sono ancora addormentata”. Si alza a sedere lentamente sul letto.
La madre la studia preoccupata. “Will, cos’hai fatto? Fammi sentire l’alito!”.
“Alito?”. La guarda stranita.
Susan accosta il viso a quello di Will, ed annusa.
“Niente di particolare”, conclude con un cenno di diniego. “Ora scopriti le braccia!”.
Gli occhietti stretti dal sonno si spalancano in stile manga. “Cosa?”.
“Non importa, faccio io…”. Con un movimento nervoso, le scopre entrambe le braccia fino ai gomiti e ne scruta gli incavi. “Niente. Tira pure giù le maniche. Vediamo i piedi!”.
Sguardo allibito. “I piedi? Ma… è ridicolo!”.
“Non discutere e lascia fare!”. Susan le sfila le calze e le osserva tra le dita, arricciando il naso . Dopo un po’, scuote il viso. “Niente!”.
“Ma sei matta?”, fiata incredula la ragazza. “Perché fai questo?”.
Per tutta risposta, la madre la squadra severa. “Cos’era quell’odore di bruciato?”.
“Bruciato?”. Will annusa l’aria.  “Non so… Non sento odori”.
“C’era, prima che aprissi la finestra”. Poi si china, per guardarla da vicino negli occhi. “E perché sei così strana?”.
“Strana io? Sei tu che…”. Il debole tentativo di ribellione sfuma inspiegabilmente in uno sguardo smarrito. “Oddio!”.
“Oddio cosa?”.
Il viso di Will è quasi da panico. “Mamma, ho la sensazione di avere perso qualcosa!”.
“Qualche rotella? Probabilmente è vero”.
“No, un oggetto, un ciondolo…”. Come può spiegare?
“Dove lo avevi? Al collo?”.
“No, in… diciamo in mano”. Si guarda disperata i palmi vuoti.
“Cerchiamo a terra”. Si china a guardare il pavimento. “Lo avevi quando ti sei addormentata?”.
“Sì. No, forse no. Devo telefonare…”.
Susan scuote il viso, rialzandosi. “Sì… forse no. Ti pare di essere normale?”.
“Non so. Cioè sì, mamma”. Afferra il suo telefonino, ancora appoggiato sul letto, e pigia qualche tasto prima di notare qualcosa di insolito. “ Ma… non funziona!”.
“Fammi vedere…”. La madre glielo prende di mano e prova anche lei. “Sembra proprio morto”, constata. “Forse è solo la batteria. Se tu lo mettessi in carica regolarmente quando...”.
Will volta il viso verso la sveglia raniforme. “Che ora è?”. Le quattro e undici. Ma perché non si muove la lancetta dei secondi? Vuoi vedere che… “Anche la sveglia è ferma!”.
Susan la gira verso di sé. “E’ vero. Strano, l’ora è quasi giusta. Ora sono le quattro e ventuno”.
Will si guarda in giro, angosciata. “Ma allora è successo poco fa. Il computer…”. Corre alla scrivania e tenta di accendere l’apparecchio. Nessun effetto, neppure una lucetta. “Mamma, anche questo è morto. E… anche la stampante! Nooo… erano così simpatici!”.
Susan si porta una mano al viso, perplessa. “Che sia stato uno sbalzo di tensione? No, impossibile.  E il cellulare? E la sveglia?”.
Will balza verso il soggiorno. “Oddio, devo telefonare a Cornelia!”.
Appena davanti al telefono sul mobile dietro al divano, afferra la cornetta e sente il rassicurante tuu-tuu. “Questo sembra funzionare ancora”.
La voce di sua madre le arriva dalla cucina. “Anche il frigorifero e il televisore funzionano. La mattanza ha riguardato solo la tua camera”.
Mentre Will sta per comporre il numero di casa Hale, sente una vocina uscire dalla cornetta.
“Buongiorno signorina Will. Mi può spiegare una cosa?”.
Will resta un po’ sorpresa. Non aveva mai dato molta confidenza all’apparecchio in corridoio. “Cosa?”.
“Questo pomeriggio la ho vista uscire di casa due volte e rientrare tre volte. I conti non mi tornano”.
Scuote il viso, perplessa. “Non capisco. Io sono uscita e tornata una sola volta”.
“Io la ho vista rientrare tre volte. Un’ora fa, venti minuti fa e quindici minuti fa”.
“Un’ora fa?”. Si accorge di avere quasi gridato.
“Sì, assieme a quella signorina bionda con le trecce. La ha chiamata Vera, ma mi pareva, da occasioni precedenti, che il suo nome fosse Elyon. Poi siete uscite subito assieme”.
Will abbassa la voce, furtiva. “E poi?”.
“Poi la ho vista entrare in camera da sola due volte, ed uscire solo adesso”.
“Ma è impos…. Certo che è possibile!”, conclude tra sè, colpendosi il palmo con la cornetta.
“Ouch! Signorina, non sono un tirapugni, per ...”.

La signora ha ascoltato stupefatta. “Will, stai parlando da sola?”.
“Eh? No, mamma, parlavo con Cornelia. Ha appena messo giù”. Tenta di fare il solito sorrisino delle bugie, ma le riesce peggio del solito.
Susan scuote lentamente il viso, in segno di diniego. “Will, ti ho osservata. Non hai composto alcun numero. Hai parlato da sola!”.
Oh, cavolo, si è fatta prendere in castagna! Forse può ancora recuperare… “No mamma, ti sei distratta”. Forse è più credibile se contrattacca… “Ed ora mi controlli anche i numeri di telefono?”.
La madre la prende per una spalla, e la guida verso la camera. “Vieni, preparati! Ora facciamo un salto dal dottor Atkins!”.
La ragazza cerca di scrollarsi di dosso quella mano imperiosa. “Ma mamma, ho fretta! Ho pure perso un oggetto…”.
“Per me hai perso molto più di un oggetto! Vieni, non ammetto repliche! E non prendere impegni per stasera!”.
 

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Capitolo 33
*** Immagini allo specchio ***


33- immagini allo specchio  
In questo capitolo, dopo parecchio tempo, ritornano in scena le W.I.T.C.H. originali, assieme all'Oracolo e Yan Lin. Il portale in cantina, qui soprannominato 'specchio magico', è comparso nel n.63, l'ultimo con cui Profezie ha continuità. 
Un grazie di cuore a CDM per la rilettura.

PROFEZIE


Riassunto delle puntate precedenti 
Un colpo di scena sconvolge la vita del gruppo di Midgale: dopo un incontro misterioso con la Luce di Meridian, Vera racconta alle ex gocce astrali che l'Oracolo e le W.I.T.C.H. hanno richiesto la loro riconsegna, e la regina ha dovuto acconsentire. Sarà vero?
Per evitare questa mortificante prospettiva, Vera propone alle altre di impadronirsi del Cuore di Kandrakar e di sostituirsi ad Elyon a Meridian, impersonando la regina e le guardiane, ed impedendone il ritorno.
L'unica a non crederci e a ribellarsi è Carol, la ex goccia di Cornelia, ma viene costretta all'obbedienza con l'ipnosi.
Vera e Wanda, la ex goccia di Will, si trasferiscono ad Heatherfield e sottraggono il Cuore di Kandrakar a Will, usando l'ipnosi. Quando sua madre Susan la trova confusa, si preoccupa e la porta a fare accertamenti medici.

Cap. 33
 
 
 

Immagini allo specchio



Casa Cook, Heatherfield

Il pallido colore aranciato dei muri si sforza di riscaldare la cameretta, illuminata solo dalla luce fredda del tardo pomeriggio autunnale. Il letto con la testata di vimini, la scrivania angolare e l’armadio  a muro arredano la stanza ordinata, popolata da qualche pupazzo disciplinatamente allineato sulle mensole a sorvegliare libri e piante grasse. Le pareti sono ravvivate da un paio di arazzi etnici e da un manifesto della Jensen Academy, sul quale una ballerina volteggia immobile.

Dal corridoio, una voce di ragazza annuncia il suo rientro a casa.
Subito dopo, la porta della cameretta si apre. Taranee entra con passo stanco, lascia a terra la borsa e si lascia cadere supina sul letto, senza neppure accendere la luce.
Si gode la bella sensazione di avere profuso tutte le sue energie nell’estasi della danza. Ora ascolta i suoi muscoli che si rilasciano, le sue gambe e le sue braccia che sembrano liquefarsi e diventare tutt’uno con il materasso.
C’è una sola cosa brutta, in momenti come questo. Che non possono mai durare a lungo.

Sente la porta della cameretta aprirsi di nuovo, e, con un click, le luce viene accesa, tingendo di arancione il velo delle sue palpebre.
“Ciao sorellina”, dice una voce ben conosciuta.
Quando riapre gli occhi, vede il viso sorridente di suo fratello Peter, incorniciato da lunghe ciocche di capelli stile rasta, che fa capolino dall’ingresso.
“’ao, fratellone. Ti dispiacerebbe riportare la tua manona sull’interruttore e spegnere questa luce?”.
“Subito!”. Con un altro click, la stanza torna immersa nella penombra.
Sulla sagoma controluce di Peter spicca il bianco dei suoi occhi e del suo sorriso, e il riflesso azzurrino dalla finestra. “Ti vedo particolarmente spompata, stasera”.
“Sto benissimo. Credimi, sono tra i momenti più belli della giornata”.
“Anche meglio delle cene con Cornelia?”.
“?”.
“Ti ricordi, vero, che abbiamo Corny a cena, stasera?”.
“Certo”, mente spudoratamente Taranee, aiutata dalla penombra. In verità, si era dimenticata, ma non è necessario confessarglielo.
Si tira a sedere sul letto. Meglio togliersi subito il pensiero dei compiti di francese.

Poco dopo, seduta alla scrivania, Taranee cerca di affrontare il brano su Napoleone. In generale, a lei piace studiare. Però ci sono momenti e momenti, e questo non è foriero di ispirazione.
Arrivata alla fine della lettura, pensa faticosamente a come riassumerlo. Non capirà mai il desiderio di certi uomini di sentirsi grandi facendo scrivere di sé sui libri di storia. Non immaginano, questi grandi uomini, quanti milioni di vedove e di orfani malediranno il loro nome?
Ma basta fantasticare, ora! Cerca di concentrarsi nuovamente sul francese.
‘Taranee!’
Altri pensieri fuori luogo…
‘Taranee, sono Will!’.
Ma perché non… un attimo! Questo è un contatto!
‘Ti percepisco, Will’.
‘Mi hanno rubato il cuore di Kandrakar. Non posso venire. Contatta le altre e l’Oracolo. Credo che siano state la mia goccia e Vera’.
 

Heatherfield, Ye Olde Bookshop

Mezz’ora dopo, Taranee arriva trafelata a varcare l’ingresso della vecchia libreria.
Irma la stava già aspettando sulla porta, con gli occhi fuori dalle orbite. “Allora? Spiegaci tutto!”.
Taranee taglia corto con un gesto della mano. “Purtroppo, so solo ciò che vi ho già comunicato col pensiero”.
Entrando, vede Cornelia che stava camminando lentamente tra gli scaffali di libri d’antiquariato. La bionda si volta verso di lei, imbronciata, e le fa un cenno di saluto senza una parola. Ma cos’ha?
“E Hay Lin? Verrà?”, chiede ancora Irma, tirandola per una manica.
Taranee scuote il viso. “Era incastratissima a preparare la sala per la cena al Silver Dragon. Ci raggiungerà quando può”.
Cornelia sembra corrucciata, combattuta. Si dirige verso la porta dello scantinato dove è installato il portale, simile ad un fantasioso specchio poligonale fissato ad una parete. “Venite, andiamo giù”.
Le altre la seguono lungo le scale. Irma chiude la fila, sempre più agitata: “Will non verrà? Ma le è successo qualcosa di male?”.
“Non so neanche questo”, risponde Taranee. “Ha interrotto il contatto quasi subito”.
“Oddio…”.
Voltandosi verso Irma, vede il pessimo effetto che le ultime parole hanno avuto su di lei. Cerca di tranquillizzarla con una mano sulla spalla. “Non credo che fosse in pericolo. Ci avrebbe chiamate a sé”.
 
Cornelia annuisce senza guardarle. “Se non fosse per questo portale, saremmo del tutto tagliate fuori”. Si pone davanti al  cosiddetto specchio magico. “Ora pensiamo tutte all’Oracolo di Kandrakar”.

Davanti alle ragazze, l’oggetto prende lentamente vita. Onde argentee lo percorrono in tutte le direzioni, sovrapponendosi in motivi quasi geometrici. Da esso promana una luce azzurrina che gli antichi associavano alle apparizioni divine, finché queste credenze pagane furono soppiantate dalla diffusione dei televisori.

La figura calva ed austera si focalizza lentamente sullo schermo. La sua immobilità solenne ed il suo sorriso celestiale incutono ammirazione e soggezione. Una soave musica ultraterrena accompagna la sua apparizione.
“Oracolo…”, inizia Cornelia.
Una voce vellutata si sovrappone alla musica. “Attendete in linea, prego!”.
“….”.

Qualche secondo dopo, una nuova immagine dell’uomo si sostituisce alla prima.
“Guardiane, a cosa devo la vostra gradita chiamata?”.
Taranee si accorge che sta tormentandosi le mani. Si ricompone. “Signore, ho captato un pensiero di Will. Qualcuno le ha rubato il cuore di Kandrakar”.
Non è frequente vedere il viso dell’oracolo lasciar trasparire un turbamento. Se mai in passato avesse usato strapparsi i capelli, quei tempi sono trascorsi da molto.
Dopo un’attesa che sembra lunghissima, lui riprende con tono grave: “Lo credevo impossibile. E’ stata Will a cederlo?”.
Taranee si stringe nelle spalle. “Non sappiamo ancora niente. Solo che lei sospetta della sua goccia e di Vera”.
L’Oracolo annuisce. Sul suo viso si proiettano rughe che non gli hanno mai visto prima.  “Proverò a convocarle, ma nutro poche speranze. Fate il possibile per rintracciarle anche voi”.
L’immagine tremola e scompare. La luce azzurrina continua a riflettersi sui visi delle W.I.T.C.H., anzi delle I.T.C., viste le assenze del momento.

La prima a rompere il silenzio è Cornelia. “Ragazze, cerchiamo di visualizzare il Cuore di Kandrakar!”.
Senza altre parole, si concentrano tutte sul ricordo del monile.
Sullo schermo compare un’immagine oscura e vaga, una specie di deserto o mare in tempesta di notte. Balenano aloni rossastri e grigi, e un orizzonte mobile che a tratti lascia intravedere una sottile linea bianca, che potrebbe sembrare un muro lontano.
“Ma che posto è mai quello? Il tartaro?”, si chiede Cornelia sconcertata.
Taranee scuote il viso. “Sembra un altro mondo! Forse il cuore di Kandrakar è stato  rubato da demoni infernali!”.
L’immagine sembra ruotare il suo punto di vista. Appare, come un guizzo, una luce all’orizzonte, una specie di rapida alba bianca e rosa. Poi la prospettiva ruota nuovamente verso quella che sembrerebbe una valle tra due dune.
“Ah!”. Irma assume la sua famosa espressione delle idee geniali. “Cornelia, tu non ci potevi arrivare da sola, ma io credo di sapere cos’è quel posto”. Si tira la maglietta e si guarda dentro la scollatura.
“Al collo!” interpreta Taranee, illuminata. “Qualcuna sta portando il ciondolo al collo, sotto i vestiti”.
Cornelia accusa il doppio colpo al suo orgoglio. “Va beh, genio. Ora proviamo a visualizzare la goccia di Will!”.

Di nuovo le ragazze si concentrano. La superficie dello schermo tremola nuovamente.
La prima immagine che appare sembra un’infermiera in camice bianco. Ha una siringa vuota in mano.
Ora si vede la faccia della ragazza. E’ tale e quale a Will. Stringe i denti e distoglie gli occhi. Si sente una voce, da fuori campo: “E’ fatta, signorina”.
La ragazza si guarda l’avambraccio, mentre l’infermiera scioglie il laccio di gomma che vi era annodato sopra il gomito.
Taranee si protegge il braccio in un moto di orrore. “Ma è un prelievo di sangue!”.
“Shhh!”, la zittisce Cornelia, senza perdere di vista lo schermo.
“Ora andiamo dal dottor Atkins per il Minnesota”, si sente dire dalla voce familiare di un personaggio ancora fuori vista.
“Minnesota?”
“Sì, Will. Una lunga serie di indovinelli. E, per piacere, cerca di essere sincera. E’ per il tuo bene, tesoro”.
“Quella è Will con sua madre!”, constata Irma. “Ma cosa sta succedendo?”.
“Test del sangue. Test della personalità”.   Taranee ricorda le spiegazioni del padre, esperto in psicologia legale. “Deve essere successo qualcosa di molto spiacevole”.
La Guardiana dell’Acqua si stringe nelle spalle, e cerca di sdrammatizzare, con voce un po’ incrinata: “O forse, queste gocce hanno fatto tracimare un vaso già troppo pieno”.
La battuta è ricambiata solo con un’alzata di sopracciglio di Cornelia, immersa in pensieri cupi.
Taranee dice: “Domani a scuola ci racconterà tutto… se vorrà. Ma non raccontatele che l’abbiamo vista!”. Cerca di non far capire che prova una gran pena per la ex Guardiana del Cuore. Al suo posto si sentirebbe umiliata a morte, e forse anche Will sta provando questo.

“Abbiamo sbagliato”, sbotta Cornelia. “Ci siamo immaginate Wanda come se fosse ancora uguale a Will. Vi ricordate Vera? Proviamo con lei!”.
“La spiona bugiarda?”.  La smorfia di Irma esprime tutto il suo astio. “Mi ricordo bene di come si è congedata!”.
Il sopracciglio di Cornelia si alza nuovamente, accompagnando un sorrisino storto. “Già. Chissà come le è saltato in mente che qualcuna di noi potesse seguirla…”. Torna ad accigliarsi. “Adesso basta perdere tempo. Taci e pensiamola!”.

L’immagine emerge rapidamente dalle onde dello specchio.
La bionda ricercata dalla suprema autorità del cosmo sembra seduta tra le sue complici al tavolo di un ristorante. Si sentono distintamente mormorii, chiacchiericci e rumori di posate.
Quella accanto a Vera deve essere Wanda. “E’ stato meno difficile di quanto mi aspettassi”, dice con una voce in cui tutte riconoscono la somiglianza e la differenza con quella di Will. La sua mano insiste su un rigonfiamento che si intravede sul petto, sotto la blusa grigietta.
“Eccola, la gemella cattiva! E’ certamente lei! Ma ha i capelli corti! ”, si stupisce Irma.
L’inquadratura torna su Vera. Alza lo sguardo verso…verso cosa? Verso di loro? Sembra che si accorga di qualcosa. “Siamo osservate!”, dice tra i denti. Le altre gocce, agitate, si guardano attorno. Poi l’immagine svanisce in un turbinio di onde.

“Ecco, Irma. Sei contenta?”, le sibila Cornelia, senza guardarla.
“Io?”, risponde teatrale. “Ma contenta di cosa?”.
“Appena hai aperto bocca, ti ha sentita!”.
“Io non potevo immaginarlo!”.
“Ma potevi ben risparmiarci i tuoi commenti!”.
Taranee interrompe il battibecco. “Ragazze, ora lo sappiamo. Forse ha sentito la voce, forse se ne è accorta in un altro modo. Una cosa è certa: quella Vera è un osso duro. Anche per i poteri di Kandrakar. E mi pare chiaro che il Cuore è al collo di quella… come si chiama? Wanda?”.
Cornelia annuisce, di malumore. C’è un’altra cosa che la ha turbata: per un attimo, lo specchio ha inquadrato quella che non poteva essere che la sua ex goccia, altissima, elegante e bella da far male, con un’espressione sorridente e rilassata completamente fuori luogo.
Taranee riprende: “E’ inutile riprovare a cercarle, almeno per un po’. Ora staranno in guardia”.
“Proviamo a cercare Elyon!”, propone Irma.
Cornelia scuote il viso. “Ora starà dormendo. A Meridian è notte fonda”.
“E tu come lo sai?”, chiede sospettosa la guardiana dell’acqua.
“Perché io preferisco parlare col lei, che parlare di lei. Questo si chiama essere amiche, nella mia lingua”.
Irma accusa il colpo come uno schiaffo. “Beh, allora dai la sveglia alla tua amica e raccontale un po’, nella tua lingua, il casino che ha combinato la sua creatura!”.
“Assieme alle nostre creature”, ribatte Cornelia infastidita. “Beh, proviamo… Pensate ad Elyon, ora!”.
Le onde dello specchio si scuriscono fino a rappresentare quello che sembra il buio più assoluto. “Qui ci vorrebbe la luce”, commenta Irma. “Possibilmente quella di Meridian”.
“Irma, lo sappiamo già tutte che sei un genio”, sbuffa Cornelia. “Vuoi smettere di ricordarcelo, per piacere?”.
Taranee alza gli occhi al soffitto. “Proviamo a fare un’altra cosa…”. Va a spegnere la fioca luce elettrica della cantinetta.

Appena la vista si abitua, la scena dello specchio non appare più così buia.
Nella semioscurità, si scorge il viso di Elyon, addormentata sotto le coperte. D’improvviso, la giovane regina emette un sommesso mugolio, e il fruscio delle coperte accompagna il suo rigirarsi.
“Ora proverò a svegliarla”, dice Cornelia. Alza la voce: “Elyon! Ellie, sono io. Sono Corny. Svegliati, ti prego!”.
“Svegliati, piccoletta!”, fa eco Irma. “Qui c’è bisogno di te!”.
Dopo qualche tentativo, le ragazze devono rassegnarsi: non riescono ad attirare l’attenzione della Luce di Meridian.
“Aspetta… è un vero portale, no?”, dice Irma, allungandosi verso lo specchio. Appena la mano si immerge nella superficie, l’immagine si rompe in onde lampeggianti, e un ronzio elettrico le fa sobbalzare.
Irma ritira la mano, spaventata. “Ma cosa…”.
“Brava, genio”, le sibila Cornelia. “Hai fatto scattare il sistema antiintrusione del palazzo di Meridian”.
L'altra la guarda incredula. “Lo sapevi, e…”.
“Basta così”, dice Taranee, riaccendendo la luce. “E’ inutile. E poi, Cornelia, ormai è l’ora. Io ho un ospite a cena, stasera, e sei tu”.
Irma le guarda scandalizzata. “Ma vi pare il momento per pensare alla cena?”.
Cornelia, cupa, annuisce. “Qui non possiamo fare molto altro. E’ meglio non destare malumori in famiglia in questo momento; magari avremo bisogno di prenderci delle libertà non appena la situazione si sarà delineata meglio”.
“Giusto, Cornelia”, le dà man forte Taranee. “Se tiriamo troppo la corda, io resterò senza famiglia, e tu senza ragazzo”. Abbottonandosi la giacca,  si gira verso la porta.
Irma si siede, arrendendosi alla maggioranza. Afflosciata contro lo schienale alto della sedia falso-antica, esala: “E’ tragicamente buffo. Se noi non avessimo avuto delle gocce astrali, in questo momento non avremmo bisogno di loro”.

Poco dopo, Irma è rimasta sola davanti alle onde inquietanti dello specchio. Non sa cosa fare, ma andarsene ora le sembra un tradimento.
Pensa a Will. Obbedienti, le onde si appianano, e appare l’immagine dell’amica, impegnata davanti ad un lungo questionario. La sua espressione è infelice come se fosse stata condannata ad un girone infernale in cui gli studenti  scontano la loro svogliatezza terrena svolgendo compiti in classe per l’eternità.
Dopo pochi secondi, Irma non sopporta più l’ansia di quella vista, che si scioglie tremolando.

Un rumore dal piano di sopra richiama la sua attenzione.
Passi frettolosi misurano la distanza tra l’ingresso del negozio e la porta della cantina, che viene spalancata.
Hay Lin, trafelata, scende le scale. “Irma… sono venuta quando ho potuto… Al ristorante i miei…  sono in difficoltà”.
L'altra alza il viso sorridendole. “Ciao, Hay Hey. Prendi fiato. Sei pur sempre la guardiana dell’aria, no?”.
Hay Lin alza un sopracciglio senza commentare, poi si siede su una grossa sedia di legno scuro, con evidente sollievo. “Raccontami tutto. Battute a parte, se possibile”.

Appena messa al corrente della situazione, Hay Lin chiede all’amica: “Ed ora, che facciamo?”.
“Non lo so”, ammette scoraggiata Irma. “Non sopporto questa attesa impotente. Vorrei correre da Will, ma non è il momento neanche per questo!”.
Hay Lin guarda pensierosa il portale. “Vorrei contattare mia nonna”.
Irma annuisce. Ecco una cosa non ancora tentata.
Mentre concentrano i loro pensieri sullo specchio, dalle onde si forma l’immagine rasserenante dell’anziana Yan Lin. “Piccola mia…”, sono le sue prime parole.
L’anziana sembra raccogliere nelle mani una specie di nuvola densa, pesante e viscosa da un bacile opalescente, la solleva fin quasi all’altezza degli occhi, e la guarda mentre trafila lentamente tra le dita, cola lungo i polsi e gli avambracci per poi tornare nel nebbioso recipiente da cui proviene. Nelle volute di questa nebbia sembra di  intravedere visi, mani, paesaggi, castelli, animali sconosciuti e amanti teneramente abbracciati.
Le ragazze guardano affascinate il lento defluire della sostanza.
“Se posso, saggia Yan Lin…”, azzarda Irma, “…cos’è quella roba nel pentolone?”.
“Irma, questo è ciò di cui sono fatti i sogni. Non chiedermi di più”.
Questa risposta enigmatica è seguita da un attimo di silenzio smarrito, che viene infine rotto da Hay Lin. “Nonna, cosa sta succedendo?”.
“Nipote cara… Irma… le cose sono ancora confuse. Sono apparsa in sogno ad Elyon, e la ho informata. Mi ha risposto che risolverà lei la cosa. Verrà sulla Terra entro domani. La situazione, dice, è delicata e potenzialmente pericolosa. Mi ha detto e ripetuto di raccomandarvi una cosa importante: non affrontatele”.
Hay Lin scuote la testa, incredula. “Ma perché possono avere fatto questo, nonna?”.
“Anche io ho posto questa domanda alla Luce di Meridian. Lei non ha azzardato alcuna spiegazione”. Mentre parla, Yan Lin continua a scrutare nella nebbia che le cola tra le dita. “Però non mi sembrava veramente sorpresa”.
“Cosa vuoi dire?”, chiede allarmata la guardiana dell’aria.
“Quello che ho detto. Del resto, non mi meraviglierei se lo avesse previsto. Lo sapete che la sua preveggenza, sia pure incontrollabile, ha fama di essere infallibile?”.
Hay Lin sgrana gli occhi. “E non avrebbe fatto niente per impedirlo?”.
“Nemmeno un avvertimento?”, fa eco Irma. Comincia a capire a cosa pensasse Cornelia, stasera, nei momenti in cui si estraniava da loro.
“Non so, care. Forse ho azzardato troppo, a confidare questo sospetto. Ma so che Elyon condivide una convinzione con le regine che la hanno preceduta: che il futuro sia già scritto e, al pari del passato, non si possa cambiare”.
Mentre Hay Lin resta ammutolita, Irma si schiarisce la voce. “Ehm… saggia Yan Lin, come ha preso tutto ciò il pel… l’oracolo?”.
“L’Oracolo….”. Yan Lin solleva una mano piena di nebbia fin sopra la testa, e la guarda fluire lenta attorno al suo polso. “Spesso è impossibile anche per me capire ciò che pensa. Mi preoccupano di più i discorsi di qualcun altro”. Abbassa la mano. Sembra guardarsi in giro per accertarsi di non essere udita. Riprende più veloce, quasi furtiva. “Hay Lin… Anche tu, Irma… Io ho tanta paura quando sento dire frasi come ‘ad ogni costo’. Sì, ho paura di quella frase, chiunque sia a dirla. Non posso fare a meno di ricordare cos’è successo, quando è stata pronunciata quasi cinquanta anni fa. Tutto questo tempo non ha attutito certi ricordi”. Si guarda ancora in giro. “Lo so che il Cuore di Kandrakar è indispensabile per la fortezza. Ma quell’oggetto è la materializzazione stessa del potere. Desta desiderio, concupiscenza. Al tempo stesso, è dotato di una volontà propria. E’ più facile esserne usati, che usarlo. Io ho visto…”.
Si interrompe. Un guizzo di lato dei suoi occhi lascia indovinare l’ingresso di qualcuno.
Quando Yan Lin riprende, il suo tono è tornato lento e formale. “Hay Lin, Irma… io so che voi farete il vostro dovere di guardiane fino in fondo. Solo questo vorrei ricordarvi: fatelo con il cuore, e soprattutto fatelo con la ragione. Non buttatevi allo sbaraglio senza avere valutato, prima, tutte le possibilità. Ora è tutto, ragazze. Tornate a casa, sorridete ai vostri cari, e andate a dormire presto. Non sappiamo che cosa ci può riservare il domani”.
 

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Capitolo 34
*** Pensate a loro ***


34-pensate a loro  
Ciao CDM, grazie per la tua recensione e il tuo incoraggiamento. Sono contentissimo che le bozze dei prossimi capitoli ti siano piaciute; da parte mia, sono soddisfatto soprattutto delle parti ambientate a Meridian e a Kandrakar.
Ciao Amantha, sono felice di averti ritrovata tra i recensori di questa storia. E' una cortesia che apprezzo sempre moltissimo, e spero tanto di leggere ancora le tue opinioni sui capitoli futuri.

Che ve ne pare dei disegni? Sono abbastanza soddisfatto di quello che ho realizzato per questo capitolo; credo di aver catturato abbastanza la somiglianza con i personaggi del fumetto, nonostante che il mio modo di disegnare sia un difficile compromesso tra quello stilizzato della Disney e uno realistico come propozioni anatomiche.

PROFEZIE


Riassunto delle puntate precedenti 
Dopo un incontro misterioso con la Luce di Meridian, Vera ha convinto le Gocce a impadronirsi del Cuore di Kandrakar e a sostituirsi ad Elyon a Meridian, impersonando la regina e le guardiane, ed impedendone il ritorno.
Vera e Wanda, la ex goccia di Will, hanno sottratto il Cuore di Kandrakar a Will, usando l'ipnosi. Quando sua madre Susan la ha trovata confusa, si è preoccupata e la ha portata a fare accertamenti medici.
Nel frattempo, Taranee ha captato la richiesta di aiuto di Will e si è ritrovata con le altre W.I.T.C.H. davanti al portale nella libreria Ye Olde Bookshop; assieme, lo hanno utilizzato per avvertire Kandrakar del furto e per ricercare il Cuore, con scarso successo. 
Elyon Ha fatto sapere di non affrontare le ladre, e che sarebbe venuta ad Heatherfield al più presto.

Cap. 34
 

Pensate a loro


Heatherfield, Sheffield Institute

Il buon giorno si vede dal mattino.
Quest’oggi decisamente non è un buon giorno.
Nel cortile, accanto alla rastrelliera delle biciclette, una Will a testa bassa conclude il suo racconto alle amiche.
“…così almeno sono riuscita a tranquillizzare mia madre, che stava sospettando le cose peggiori”.
“Sarà stato umiliante”, commenta Taranee indignata. “Io mi sarei ribellata!”.
Il viso di Will è attraversato da una breve smorfia di risentimento. “Lo è stato, ma ero ancora rimbambita.  Le ladre devono avermi fatto qualcosa”. Alza le spalle. “Visto il momento, ieri ho preferito lasciarmi sprofondare in quello stato. Almeno, ora ho una recriminazione strategica in più da rinfacciare a mia madre, quando servirà”.

La campanella della scuola suona l’inizio delle lezioni.
Con rassegnazione, le ragazze dirigono i loro corpi nelle aule, ma le loro menti vagano tra i ricordi brucianti e un futuro che sembra ancora troppo lontano: continuare le ricerche con il portale al Ye Olde Bookshop.
A scuola, questo tipo di fantasie può avere un prezzo.
A Taranee l’interrogazione di francese, preparata in fretta, lascia l’amaro in bocca: una stentata sufficienza la ha messa quasi alla pari con il voto di Irma, che almeno è  riuscita a pilotare le domande della sua come voleva.
Anche per Will l’interrogazione in fisica è stata un disastro. Sotto l’incalzare delle domande, è riuscita perfino ad inventare una sua interpretazione delle equazioni dell’elettromagnetismo di Maxwell secondo la quale i monopoli magnetici non solo esistono, ma sono anche detenuti dallo Stato.

Per Cornelia, la mazzata arriva a ricreazione.
Parlando, lei e Will sono arrivate fino al portico che corre sul dietro della scuola.
Le loro tre amiche le aspettano nell’angolo accanto alla scalinata che digrada sul cortile.
“Ehi, ragazze! Che facce!”, sorride Irma.
Accanto a lei, Taranee alza stizzita le sopracciglia. “Irma, tu sei l’unica a considerare un C+ come un risultato brillante”.
L’altra le risponde con un sorrisone così largo da essere provocatorio. “Faresti meglio a considerarlo così anche tu, visto che è proprio ciò che hai preso”.
“Davvero, Tara? Solo C+?”, interviene Cornelia, un po’ stupita. “Di solito voli tra gli A o, nelle giornate peggiori, i B. Credevo che fossi riuscita a studiare un po’, ieri sera, nonostante la sottoscritta e Peter”.
“Ho dormito male. Sapete già perché. Inoltre non riesco a…”. Abbassa la voce. “…a pilotare le domande, come fa Irma”.
Will le sfiora un braccio. “Guarda che non hai bisogno di giustificarti. Oggi è una giornata particolare per tutte”.
 
 
“Temo di sì”, fa Hay Lin, dopo un’occhiata preoccupata nel cortile. “Non guardate, ma là, in fondo al giardino c’è un gruppetto di ragazzi che stanno occhieggiando verso di noi in un modo che non mi piace”.
Naturalmente, non c’è niente di più efficace del ‘non guardate là’ per far voltare tutte proprio in quella direzione. 

E’ vero, quei ragazzi stanno guardando proprio verso di loro. Peggio ancora, al centro dell’insolito capannello c’è Uriah Dunn, il teppista dai capelli rossi.

Taranee distoglie subito lo sguardo. “Non piace neanche a me. Forse dovremmo…”.
“Lascia perdere”, fa Irma. “Forse è la prima avvisaglia di un po’ di buon gusto”.
“Comunque è fastidioso”, replica Hay Lin, voltando ostentatamente le spalle al cortile. “Non si dimostra certo il proprio buon gusto fissando così le persone, soprattutto in branco, come loro”.
Cornelia trasale. “Stanno guardando me, lo sento!”.
Il teppista sembra tenere in mano una rivista. Il suo sguardo, in particolare, si fa sempre più sfrontato, finché lei sente che non può più essere ignorato. 

Lasciata la protezione delle sue amiche, Cornelia si dirige a passo deciso verso di lui e lo affronta a braccia conserte.
“Uriah Dunn, il ghigno che hai dipinto su quell’imitazione di faccia ha qualcosa a che fare con me?”.
Il ghigno non cambia. Gli occhi piccoli e cattivi sembrano due fessure compiaciute. “La signorina io-so-tutto non terrà a lungo il suo tono arrogante!”.
Tutti ridacchiano e la studiano.
Lei ha la sgradevole sensazione che gli sguardi dei ragazzi si fermino ben più in basso dei suoi occhi.
Osserva la pubblicazione per uomini che il suo avversario tiene sfacciatamente in mano, e, con tutta la nonchalance che le è possibile in questo frangente, gli chiede: “Bene, signor Dunn. E’ davanti a opere letterarie siffatte che passa le sue nottate operose?”.
“Signorina Hale, guardi come è venuta bene qui!”. Le apre davanti agli occhi una pagina con due grandi foto di una ragazza che le assomiglia moltissimo, ma vestita solo di nulla.
Cornelia trasale. “Non sono certo io!”, ringhia, poi toglie la rivista dalle mani del teppista, e gliela sbatte davanti agli occhi “Non vedi che è più grande, ed ha i capelli più corti? Se tu riuscissi solo a guardare più in alto… ”.
Quando lei abbassa il fascicolo, il ghigno non è scomparso dal viso di Uriah, che continua a sfidare lo sguardo indignato di Cornelia con i suoi occhietti cattivi da maniaco, la testa incassata tra le spalle, come una iena, e le mani infilate nelle tasche dei jeans tagliuzzati.
Lei capisce che deve assolutamente vincere questa sfida. E’ sempre stata troppo sostenuta per riscuotere grandi simpatie tra i ragazzi della scuola, e più di qualcuno potrebbe godere di una sua umiliazione. Caro Uriah, l’hai voluta!
D’improvviso, il teppista perde la sua sicurezza, mentre un bottone di rame cade tra l’erba. Un attento osservatore noterebbe che anche la fibbia si è staccata dalla cintura, la quale penzola sporgendo da sotto il maglione, mentre lui annaspa per reggersi i jeans senza darlo a notare.
Gran cosa, la telecinesi.
Cornelia, ormai ben sicura, fa un passo avanti, e lui arretra goffamente, sempre cercando di non farsi scivolare i pantaloni.
“Allora, Uriah Dunn? Hai perso il coraggio?”. Avanza ancora, sorridendo di un sorriso carico di minaccia.
I seguaci del teppista restano disorientati da questo improvviso cambiamento. Quando Cornelia stacca lo sguardo da lui per fissare minacciosamente negli occhi i ragazzi del capannello, uno per uno, ogni ombra di sorriso scompare dal loro viso. Lei è sempre stata capace di mettere soggezione, e la sua fama di strega ha preceduto di molto l’inizio della storia delle guardiane.
Per un momento pensa di dare l’affondo, poi decide che è meglio evitargli un’umiliazione troppo drammatica proprio nel cortile della scuola.
Quando Cornelia si ferma, Uriah, con un’ultima occhiata di odio, le volta le spalle e se ne va a passi goffi, seguito dai suoi fidi, disorientati. Lei capta qualche frammento del discorso: “Ma come, Uriah? Ce l’avevi in pugno….”. “Nah, evitiamo che la signorina Hale vada a piangere dalla preside”.

Cornelia resta con la rivista in mano. Tutto il capannello di curiosi si è già disperso.
Dà un’ultima, breve occhiata alla ragazza bionda delle immagini.
La voce di Taranee le giunge da dietro le spalle: “Pensi che sia la tua goccia? Quella… Carol, giusto?”.
Cornelia risponde con un mugugno quasi incomprensibile, in cui all’altra pare di riconoscere solo frammenti di espressioni troppo oscene per essere ripetute.
“Devo prenderla come un sì?”, insiste Tara.
“Può essere”, risponde tra i denti, sbattendo a terra con rabbia la rivista arrotolata.
Si avvicinano anche le altre.
Irma raccoglie da terra la pubblicazione, sfogliando le pagine finché non trova quelle che sono, senza ombra di dubbio,  le fotografie che hanno colpito Uriah. Le osserva per un attimo, poi scuote il viso. “Ma come ha fatto quel mentecatto a confonderti con questa bellezza?”.  Guarda Cornelia che si volta lentamente verso di lei, espressiva come una maschera di pietra, e continua: “Tu non hai queste curve, questi zigomi ben disegnati, questo sguardo magnetico…”. Irma si ferma un attimo. Perché le sembra che l’altra stia guardandola sempre più con rabbia? In fondo, sta solo cercando di rassicurarla… “… E neanche questo neo qui sotto, scommetto”, aggiunge a disagio.
“Scommessa persa”, sibila Cornelia.
Irma annaspa sulla foto, cercando altre differenze. “E neanche questa specie di voglia sul braccio, no?” .
L’altra la fissa con ira mal repressa. “Io no, ma le gocce sì. Non ti ricordi i tatuaggi che hanno impresso loro a Kandrakar?”.
Irma si ferma un attimo a pensarci. “Oh cavolo…”.  Richiude la rivista. “Beh, chiunque sia, stai tranquilla, nessuno che ci veda la confonderebbe mai con te”.
Il suono della campanella di fine ricreazione arriva giusto in tempo per salvarla.
 

Heatherfield, Ye Olde Bookshop, nel pomeriggio

Questo pomeriggio, tutte loro hanno saltato il rientro a scuola, dirigendosi alla loro sede segreta senza neanche passare per casa. Qualcuna ha provato ad inventare delle scuse da raccontare ai genitori, ma nessuna suona plausibile. Pazienza, ore c’è qualcosa di molto più urgente da fare.
Will guarda le sue compagne, già trasformate in guardiane, e schierate quasi marziali davanti al portale.
Si sente vuota, senza il Cuore di Kandrakar. Ripensa alla forza che le ha infuso ogni volta che lo ha tenuto, sfavillante, a librarsi sul palmo della sua mano. Alla fiducia che le ha sempre dato, dentro di sé, la consapevolezza di poterlo evocare ogni volta che avesse voluto. All’orgoglio di essere la predestinata ad unire il gruppo delle Guardiane.
Ora, tutto ciò potrebbe essere finito.
Le amiche, e una metà di sé stessa, la hanno assolta. Però l’altra metà continua a tormentarla crudelmente: Incapace! Hanno avuto fiducia in te. Ti hanno affidato l’oggetto che è il fulcro stesso dell’equilibrio degli universi, la materializzazione dello spirito dell’antica ninfa Xin Jing. Tu, invece, te lo sei fatta sottrarre, una volta in più. Non sarebbe la prima volta che una guardiana viene sostituita perché indegna… ma ci sarà poi ancora qualcosa a cui fare la guardiana, da ora in poi?
Si accorge che le altre la osservano. Stringe i denti, e si sforza con tutta sé stessa di non sembrare quella fragile ragazzina che si sente.
Quando parla, il suo tono non tradisce alcuna esitazione: “Ragazze, pensiamo a Vera! E, ricordate, silenzio assoluto!”.
 
In pochi secondi, le onde argentee sullo specchio si fanno sempre più veloci e sottili, finché si definisce un’immagine nitidissima. I suoni sono così distinti che sembrano venire dalla stessa stanza.
Il gruppo delle gocce al completo è seduto sui due letti di quella che può sembrare ad una camera di albergo. Vera è in piedi davanti a loro, come una maestrina.
“… Perciò, ragazze, è meglio che voi conosciate anche la lingua di Meridian”.
Wanda obietta: “Per quanto ricordo io, le guardiane non hanno mai trovato difficoltà a capirsi con gli abitanti. Credevo che anche lì si parlasse la stessa lingua”.
Il capo scuote il viso. “Non è proprio così. Una dimostrazione varrà più di molte spiegazioni”. Porge la mano verso la compagna, che si alza e le viene incontro. Appena le è davanti , Vera le appoggia un dito della destra sulla fronte.
“Ancora un trasferimento di memoria?”, chiede Irene nervosamente.
“Sì”, risponde Vera. “La lingua di Meridian. Ancora un attimo… fatto!”. Abbassa il dito. “Adesso, Wanda, dì qualcosa in meridiano”.  Nella mano sinistra ha un registratore digitale, comparso da chissà dove, sul quale si accende una minuscola lucina rossa.
Wanda sembra sforzarsi, e risponde, con voce un po’ incerta: “Mi lasci… nello imbarazzo. Cosa io devo dire?”.
Le altre gocce sembrano deluse. Irene dà voce a tutte: “Scusa, ma a me pare che, più che parlare in meridiano, abbia disimparato la sua madrelingua”.
“Mi è uscita così….”, si giustifica la cavia.
Vera, invece, sfoggia un sorrisino soddisfatto. “Pare a voi! Sentite, invece, cosa ha pronunciato realmente!”. Appena preme un tasto, la voce esitante di Wanda gracchia dal piccolo microfono: “Uoy tel em dessarabiri. Tahw I evha ot yas?”.
Carol fa un sorrisino sciocco. “L’audio non è granché”.
Dopo un attimo di silenzio stupito, in cui vedono che l’espressione compiaciuta del capo non è cambiata, tutte le altre parlano assieme. “Eh? Non è assolutamente quello che abbiamo sentito!”. “Ma ci prendi in giro?”. “Questo è meridiano? Ma come è possibile?”.
“Ma…”. Wanda è la più stupita. “E’ realmente ciò che ho detto io?”.
“Ti sei appena sentita”, le fa Vera.
“Brava Wanda. Hai imparato subito”, si complimenta Carol con gli occhi aperti solo a metà.
“Come si spiega?”, chiede Therese.
Vera spiega, soddisfatta come un prestigiatore dopo un gioco ben riuscito: “Tra i poteri molto diffusi a Meridian, c’è questo: si comprende il significato di ciò che dice un altro, indipendentemente dal vocabolario o dalla grammatica usati. Questo potere è collegato con la telepatia, e si attiva automaticamente quando un interlocutore  parla un’altra lingua. Funziona così bene che bisognerebbe prestare attenzione alle singole parole per capire in che lingua sta parlando veramente l’altro. Naturalmente, avete anche voi quel potere da molti mesi, anche se è la prima volta che si attiva”.
“Telepatia?”, chiede Taranee. “E’ per questo che non funziona quando sentiamo la registrazione?”
“Esatto”, risponde Vera. “E non funzionerebbe neanche al telefono o alla televisione”.
Wanda torna a sedersi sul letto. “Ma, se possiamo capire comunque, a cosa ci servirà conoscere il meridiano?”.
“Per poter leggere i testi scritti, o se vi trovaste davanti a qualche povero mentecatto che non legge i pensieri neanche un po’”.
Si avvicina a Pao Chai ancora seduta, e le appoggia un dito sulla fronte. 
Dopo pochi secondi, quando il breve rituale è finito, la ragazza estrae dal nulla un notes e una penna, e comincia a scarabocchiare caratteri sconosciuti. “Funziona! Alla grande!”.
Appena il dito è sceso dalla fronte di Therese, questa legge lo scarabocchio, finendo con un sorriso storto. “Sei una bambina, Pao!”.
Anche Carol dà un’occhiata al foglio che la cinese le mostra con aria birichina.  “Fesso chi legge!”, ridacchia. “E tu lo hai letto, Terry!”.
“Bella coppia di genii ”, sospira Therese. “E’ con questi che vai alla conquista di un intero mondo, Vera?”.
“Conquista?”, si risente lei. “Io lo faccio per salvare voi!”. Poi guarda con sospetto la biondona mezza addormentata. “Carol, come hai fatto a leggere? Non ti ho ancora trasferito...”.
“Il meridiano? Ah, lo conoscevo già. E’ stata Ellie”.
Gli sguardi che le altre gocce lanciano a Carol esprimono una inedita miscela di invidia e compatimento. 
Irene scuote il viso. “La hai rimbambita per bene. La preferivo bisbetica com’era prima”.
“Non preoccuparti”, risponde Vera. “In qualche giorno tornerà più sveglia che mai, e ti rimangerai queste parole”.
Carol le guarda, vagamente perplessa. “Chi?”. 
Cade un attimo di silenzio imbarazzato. 
E’ nuovamente Irene a parlare. “Ragazze, non avete rimpianti? In poche ore, tutta la nostra nuova vita, i nostri progetti, sono stati spazzati via”. Studia per un attimo gli sguardi delle altre. “Tu, Vera, non pensi a Michel?”.
E’ ricambiata con uno sguardo interrogativo. “A chi?”.
“Come, a chi?”. La guarda con occhioni fuori dalle orbite. “A Michel! Non era il tuo uomo?”.
L’altra la squadra con un’occhiata di sospetto, come se Irene si stesse confondendo. “Il mio…”. Poi sbarra gli occhi davanti a qualcosa che può vedere solo lei. “Ragazze! Elyon è arrivata nell’appartamento!”.
Tutte le altre balzano in piedi, chi spaventata, chi confusa, chi con un mezzo sorriso ebete: “Che bello… Ah, no!”.
“Dobbiamo partire subito!”, grida Vera.
“Trasformiamoci!”, comanda Wanda. 
Con un luccichio, tutte le gocce assumono l’aspetto delle corrispondenti guardiane, con costumi ed alette, mentre Vera si trasforma in una convincente imitazione di Elyon in abito reale.
La Wanda-Will evoca il cuore di Kandrakar sul palmo della mano. Una abbagliante luce cremisi promana dal cristallo fluttuante. “Stringetevi tutte attorno a me! A Meridian, ora!”.
Un lampo bianco cancella l’immagine della camera, ed illumina a giorno la cantina della vecchia libreria.

Appena i loro occhi abbagliati riescono nuovamente a percepire l’immagine della camera ormai vuota, le W.I.T.C.H., quelle vere, si  guardano tra loro.
Passa un attimo prima che Irma rompa il silenzio stupefatto. “Ma le avete viste? Sono diventate uguali a noi!”, fa, spingendosi via i capelli che oggi continuano a calarle fin davanti agli occhi.
Will parla a denti stretti: “E sono in grado di usare il Cuore di Kandrakar!”.
“Questo, più i poteri di Vera!”, aggiunge Cornelia cupamente.
“Quelle fasulle!”, fa la Guardiana dell’Acqua, voltandosi con un gesto di stizza verso lo specchio.  “Avete sentito? Sono andate a Meridian!”.
“Uff!”, fa Cornelia, da dietro di lei. “Genio, cerca di non darmi le alette in faccia!”.
Anche Irma sbuffa. “Per dirla tutta, Corny io-so tutto: neanche la tua goccia mi sembrava proprio un genio”.
La bionda la ricambia, con occhi ridotti a fessure: “La tua, invece, mi sembrava molto più pertinente di te!”.
“Basta”, cerca di imporsi Will. “Vi pare il momento?”. Le squadra con uno sguardo di autorità. La realtà è che, dentro, si sente distrutta. Vedere la sua goccia prendere il suo posto e dare ordini, con il suo aspetto e il talismano di cui andava tanto orgogliosa, è stato come sentir rigirare un coltello in una ferita aperta.
“Sono sparite proprio nel momento in cui Elyon è tornata”, riflette Taranee. “E’ chiaro che quella là vuole sostituirsi a lei”.
“Eppure, non posso credere che le gocce siano diventate così cattive”, fa Hay Lin. “Non erano sguardi malvagi, quelli che abbiamo visto”.
Irma fa un sorriso storto. “Hay Hey, non conosci un proverbio cinese che dice: ‘neanche la bocca del grizzly gronda sangue, quando sta mangiando il miele’?”.
“Mai sentito prima d’ora!”, fa Hay Lin, infastidita. “E poi, ad essere pignola, non esistono grizzly in Cina”.
“Bando alle ciance!”, le richiama Cornelia, asciutta. “Ora Elyon è a Midgale”.
“Cerchiamola”, fa Will, cercando di bandire le incrinature dalla voce. “Ragazze, pensate tutte a lei!”.
Nuovamente le onde concentriche, sempre più veloci, si appianano, e l’immagine prende forma.
 
Elyon, vestita con un’elegante mantellina verde, sta percorrendo tristemente una camera da letto vuota. “Ragazze…”, chiama debolmente, come sapendo già che non ci sarà risposta.
Torna lentamente ad un soggiorno con un tavolone circolare, sul quale sono appoggiate sei spille simili a margherite. “Ragazze…”, ripete ancora, a bassa voce, sedendosi su una delle sette sedie disposte tutt’attorno, e guardando con il magone i gioielli abbandonati.
Il tempo sembra sospeso mentre lei, immobile,  riflette;  poi, senza un gesto,  svanisce con un baluginio.

“Si è trasferita!”, dice Will.
Subito dopo, percepisce una sensazione di capogiro già conosciuta.
Impiega solo un attimo a riprendersi. Si guarda in giro. Le altre non se ne sono accorte.
“Pensatela ancora!”.
 
Elyon ricompare nuovamente dalle ondulazioni. La tristezza sembra aver lasciato il posto ad un’espressione tesa. Per un attimo, un velo marrone scuro sembra attraversare tutta l’immagine. Quando il viso ne emerge, sembra immerso nella penombra. La luce di una fioca lampadina disegna ombre nette. Poi i suoi occhi si spalancano per lo stupore, mentre una luce azzurrina si riflette nelle pupille.

Le ragazze si voltano. Lei è sulle scale, proprio alle loro spalle.
“Ellie!”, sfugge a Cornelia.
Venendo avanti, la Luce di Meridian osserva la sua stessa espressione stupita, ingigantita sul portale. “Ragazze… che cos’è questo aggeggio?”.
 

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Capitolo 35
*** Turnover ***


35- Turnover  
Ciao Melisanna, che felicità ritrovarti tra i recensori. Ci tenevo moltissimo. Sono impaziente di veder continuare la tua fiction Terra magica.
Approfitto per ringraziare anche Solarial, Satsuriko e BAbyDany94 per le loro recenti recensioni a Dopo l'ultima pagina e Dimenticare assieme.

Novità: ho riscritto in toto i primi sei capitoli. I contenuti sono più o meno quelli originali, ma ho cercato di ridefinire in maniera più convincente i rapporti tra Elyon e Caleb, le ragioni della crisi iniziale di Elyon e il suo modo di presentarsi alle sue vecchie amiche. Se volete rileggerli, e magari farmi sapere se sono davvero riuscito nel mio intento, ve ne sarò grato. 

In questa puntata, la trattazione è focalizzata sugli eventi a Meridian. Per descrivere o disegnare i luoghi, mi sono ispirato alle immagini del fumetto, che però presentano un quadro frammentario ed incoerente della città e del palazzo. Ho dovuto prendermi delle libertà per figurarmi il tutto in modo più autocoerente.

PROFEZIE


Riassunto delle puntate precedenti 
Dopo un incontro misterioso con la Luce di Meridian, Vera ha convinto le Gocce a impadronirsi del Cuore di Kandrakar e a sostituirsi ad Elyon a Meridian, impersonando la regina e le guardiane, ed impedendone il ritorno. Carol si è opposta, ed è stata costretta con l'ipnosi.
Vera e Wanda, la ex goccia di Will, hanno sottratto il Cuore di Kandrakar a Will, usando l'ipnosi. 
Taranee ha captato la richiesta di aiuto di Will e si è ritrovata con le altre W.I.T.C.H. davanti al portale nella libreria Ye Olde Bookshop; assieme, lo hanno utilizzato per avvertire Kandrakar del furto e per ricercare il Cuore, con scarso successo. 
Elyon ha fatto sapere di non affrontare le ladre, e che sarebbe venuta ad Heatherfield al più presto.
Il giorno dopo, Cornelia ha l'umiliante sorpresa di sapere che la sua quasi-gemella ha posato per foto osè. 
Nel pomeriggio, ritrovatesi davanti allo specchio magico, le W.I.T.C.H. assistono alla trasformazione delle loro gocce in copie delle guardiane e della regina, ed alla loro partenza per Meridian, in contemporanea all'arrivo di Elyon.

Cap. 35
 

Turnover


Meridian, atrio del palazzo reale.

Al centro del colonnato dell’atrio, Miriadel ha ancora negli occhi l’immagine di Elyon che tremula e svanisce dalla piattaforma. Le sue ultime parole, sussurrate nell’orecchio mentre si abbracciavano, la tormentano ancora: ‘Non correte rischi inutili. Appena hai sentore che le cose si mettono male, usate quei sigilli e venite subito ad Heatherfield’.
Mentre si allontana lentamente verso lo scalone, si riguarda l’oggetto che tiene appeso ad un laccio, attorno al collo. Sembra un rombo di metallo smaltato, con i bordi arrotondati, e vi sono impressi due cerchi azzurri, collegati da una freccia a due punte. Più chiaro di così…

All’improvviso, un silenzioso lampo bianco alle sue spalle si riflette sul lucido marmo delle colonne, e disegna ombre nette su muri e pavimenti. Le guardie all’ingresso, stupite, si rimettono subito sull’attenti, mentre il bagliore lascia il posto ad una luce rosata.
 
Sulla piattaforma c’ è una nuova Elyon. Indossa un sontuoso vestito blu, ben diverso dal completino autunnale verde di poco prima. 
Accanto, ha cinque guardiane dai costumi sgargianti, le cui pose volitive sono un po’ smentite dagli sguardi spaesati.
Quella Will è l’unica che non tradisce incertezze. Tiene, galleggiante su un palmo, la fonte di quella luce innaturale: un globo di cristallo, certamente quello che chiamano il Cuore di Kandrakar.
Ad un cenno della regina, che proferisce suoni senza significato,  la guardiana solleva il globo in alto, in una parodia involontaria della Statua della Libertà. 
La luce si colora di nuove tonalità e sfarfallii che sfuggono ad ogni descrizione.

Miriadel resta affascinata a guardare quel rituale spettacolare.
Quando questo termina, improvvisamente com’era iniziato, lei capisce che avrebbe dovuto andarsene finché poteva.
Si dirige verso il corridoio, con tutta la naturalezza che le è possibile. Forse…
“MIRIADEL!”. La voce imperiosa della guardiana dai capelli rossi la paralizza. Non può fare a meno di voltarsi indietro, e ricambiarne lo sguardo.
“Vieni con noi nella sala del trono, per piacere”, fa quella Elyon, più dolcemente. Poi si rivolge alle guardie di palazzo: “Voi, andate a chiamare il comandante Alborn ed il luogotenente Caleb, e dite loro di raggiungerci lì”.
“Agli ordini, altezza”, risponde l’uomo in uniforme verdazzurra, la cui fascia frontale orlata di giallo identifica un caporale. “Ma il luogotenente è fuori città da giorni”. Cerca di cancellarsi l’irriverente espressione stupita dal viso verde salvia: lui stesso era presente quando Caleb si è congedato da lei, sulla soglia del palazzo.
Per un attimo, sul viso della regina compare un’ombra di disappunto. “Lo so. Contattatelo e fatelo rientrare al più presto”.
“Agli ordini!”. Il caporale batte i tacchi e si incammina a passo veloce per il corridoio.

Mentre Miriadel cerca di far sparire con indifferenza il sigillo nel vestito, la guardiana dalla pelle scura nota il gesto. “Vieni un attimo qui vicino…”.
Anche Elyon lo nota. “Carino quel ciondolo… fammelo vedere!”.
Non c’è da pensare a disobbedire, o a fingere. Cercando di fare buon viso, la donna si sfila l’oggetto dal collo, e lo depone nelle mani di questa tenebrosa sorridente Luce di Meridian.
“Grazie”. Dopo una rapida occhiata, l’oggetto viene inghiottito dal palmo.
Elyon si volta verso le sue guardiane. “Will, Pa… Hay Lin, raggiungete il soldato, e scortate il comandante Alborn fino alla sala del trono”.
Si accosta all’orecchio delle due, e sussurra: “Ha certamente un sigillo come quello di Miriadel. Serve per il teletrasporto. Fatevelo consegnare subito ma, se possibile, non fate stranezze davanti a testimoni”.
Le due guardiane annuiscono e si incamminano veloci dietro al caporale, già sparito oltre una svolta.
Prima che i loro passi cessino di echeggiare nel corridoio, la regina fa cenno a Miriadel di salire sulla pedana di teletrasporto. “Vieni con me. Abbiamo cose importanti di cui parlare”.
Appena la donna, riluttante, prende posto, l’immagine dell’atrio si scioglie tremolando.
 

Meridian, sala del trono

Pochi istanti dopo, attorno a loro prende forma la sala del trono.
Elyon invita Miriadel a lasciare la pedana, e poi fa un cenno garbato alle due guardie accanto alla porta, che salutano, marziali, ed escono chiudendosi alle spalle i pesanti battenti.
“Siamo soli, ora?”, chiede Irma, scendendo dalla piattaforma ed osservando le alte volte della sala, rifinite a toni di verde acqua, azzurro e oro.
“Non distrarti”, la richiama Taranee, mentre va al portone per assicurarsi che sia ben chiuso.
“Tranquille, è tutto insonorizzato”, le rassicura Elyon. “Qui possiamo parlare liberamente”.
Poi, rivolta a Miriadel: “Tu sai già chi siamo, vero?”.
La donna lo ha capito fin dal primo momento, ma tenta ancora di sostenere il gioco. “Sei tanto strana oggi, Elyon. Cosa ti è successo sulla Terra?”.
La ragazza in abiti reali scuote il viso. “Non serve fare la stupida, cara Miriadel. So benissimo che Elyon ti ha parlato di noi. Ripeto la domanda: chi siamo?”.
Carte scoperte, allora. “Tu sei Vera, e queste sono le gocce astrali”.
“Così va meglio”, concede la ragazza. “E ora, guardami!”.
La donna sente una leggera vertigine. Oscilla leggermente, finché si sente afferrare da dietro per le spalle. “Non serve. Sto bene”, mente, allontanando delicatamente quelle mani affusolate. Poi, rivolta a Vera: “Cosa stai facendo?”.
“Ti sto copiando la memoria. Non distogliere gli occhi, per piacere”.
Il senso di vertigine continua. “Ci vorrà molto?”.
“Solo se mi interrompi di continuo. Guardami… Avevo già molti dei tuoi vecchi ricordi, attraverso Elyon, ma per orientarmi qui mi serviranno quelli più recenti”.
Dopo pochi secondi, la sensazione cessa.

Si sente suonare il campanello. Ad un gesto della regina, il portone si apre da solo, per far passare il comandante Alborn, con lo sguardo perso, scortato dalle due guardiane. Quella dai capelli rossi ferma con un gesto il caporale che li seguiva, facendolo restare nell’anticamera mentre i battenti si richiudono.
Alborn si guarda attorno, sconcertato. “Cos’è questa convocazione improvvisa? Mi sembra quasi un arresto”.
“Lo è”, risponde Miriadel. “Queste sono Vera e le gocce astrali”.
“Cosa…”. Lui le guarda a lungo. I corpi sono identici alle ragazze che conosce, ma gli sguardi non sono gli stessi. “Ed Elyon?”.
Vera risponde: “Tranquillo, è sulla Terra, e non può tornare qui”.
“E neppure le guardiane”. Wanda apre il palmo della mano, evocando di nuovo il Cuore di Kandrakar. La luce rosata si riflette sul suo viso deciso. “Con questo gioiello, abbiamo riattivato la vecchia muraglia tra i mondi, o almeno qualcosa che le assomiglia molto”.
“Tra poco voi la attraverserete”, riprende Vera, “E anche Caleb vi terrà compagnia”.
Wanda fa un mezzo sorriso. “Forse questa volta imparerà a guidare decentemente una motocicletta”.
“Insomma, è un colpo di stato!”, conclude Alborn, inquadrando la situazione nei suoi schemi mentali.
“Preferisco chiamarlo turnover”, sorride Vera. “Portate i miei cari saluti ad Elyon, ed alla nostra vecchia casa ad Heatherfield”.
Alborn le risponde indignato: “Tu sai benissimo che lei aveva piena fiducia in te. Tu sei una sua creatura, ma lei ti ha dato l’affetto di una sorella. Come puoi ricambiarla con questo tradimento?”.
Miriadel si rivolge alle altre, cercando di fare breccia. “E voi? Vi considerava amiche…” . Le guarda una per una; non tutte sostengono il suo sguardo. “Carol… tu sei Carol, vero? Ti ha sempre ammirata. Ha sempre detto che avevi una volontà di ferro. Perché  ti sei fatta coinvolgere?”.
Pian piano, la tristezza si dipinge sul viso inespressivo di Cornelia.
La regina impallidisce. Quando risponde, la sua voce trema. “Voi non capite! Se Elyon restasse qui, sarebbe destinata a diventare un tiranno. Meridian dovrebbe ringraziarci, piuttosto!”.
Miriadel è rimasta a bocca aperta per un attimo. “Ma… benedetta ragazza, che sciocchezze sono mai queste?”.
“Che nobiltà d’animo”, risponde sarcastico il comandante. “Ci hai messo molto per inventarti questa bella scusa?”.
“Non sono sciocchezze!”, risponde caparbia Vera. “E comunque, nessuno si renderà conto della sostituzione”.
La donna ribatte: “Allora, siete partite con il piede sbagliato! Giù nell’atrio, tutti i presenti si sono accorti  che qualcosa non andava. Siete arrivate forse venti secondi dopo la partenza di Elyon, con vestiti diversi, atteggiamenti diversi, pensieri diversi, davanti a diverse persone, che adesso saranno già andate a raccontarlo in giro”.
Alborn fa eco: “E poi, a palazzo quasi tutti leggono i pensieri, almeno un po’. Che speranze avete che questo … turnover passi inosservato?”.
Miriadel si fa quasi materna: “Rinunciate a questa sciocchezza, ragazze! Rinunciate ora, e lei vi perdonerà di certo!”.
Wanda si fa avanti, e fronteggia i due. “Basta! Questa paternale è scontata. Potrete chiedere a Elyon perché siamo venute qui! Lei lo sa benissimo. Ha fatto una scelta? Imparerà a portarne il peso!”.
I due la ricambiano con uno sguardo sbalordito. “Ma di cosa parli?”.
“Ve lo spiegherà Elyon stessa, e le sue amiche guardiane! Ora, basta parlare”. Si volta verso Vera. “Allora, li spedisco via adesso?”.
La regina esita un attimo. “Si… sì! Andate! Addio”. La voce sembra sul punto di spezzarsi.
“Io sono pronta”, dice decisa Wanda. “Ancora qualcosa da dire? Possibilmente più originale dei discorsi di prima?”.
Miriadel la guarda con ostilità. “Se voi mi condannate ad andarmene, io vi condanno a restare!”.
“Non c’è male, stavolta”, concede Wanda, sollevando verso di loro il braccio teso con il Cuore di Kandrakar, come per prendere la mira.
Dal cristallo, un lampo cremisi investe in pieno i due, facendoli svanire.


 

Wanda richiude la mano. “Qui bisogna agire rapidamente, prima che si diffondano voci!”. Si sposta davanti a Vera. “Tu, più di tutte, hai il potere della suggestione! Puoi cancellare ogni sospetto, ogni ricordo!”.
“Sì… Proviamo così”, risponde dubbiosa la regina.
“Ma come, ‘proviamo’?”. La scrolla per le spalle. “Noi siamo venute fin qui perché abbiamo creduto in te!”.
Vera la ricambia con un assenso poco convinto. “Si, ma… non possiamo fare come se tutto fosse normale. Mi percepiscono diversa, e non so come mascherarlo meglio. Dobbiamo creare una giustificazione per questo, e per la vostra presenza”.
Osserva tutte le sue compagne. Pao sta sbirciando le altre, e trasuda incertezza da tutti i pori.
Il sorriso ebete è sparito dalla faccia di Carol, lasciando trasparire che si sta lentamente rendendo conto del guaio in cui si trovano.
Irene sembrerebbe quasi tranquilla, se il movimento ritmico del piede non la tradisse. “Terry, ti mancano gli occhiali”.
Senza una parola, Therese si passa una mano sul viso, e anche questo dettaglio prende posto. Con gli occhi socchiusi dietro le lenti inutili, sta come valutando la situazione. “Vera, siamo tutte nella stessa barca. Che ne dici di dare una svegliata a Carol?”.
Vera annuisce. “Spero di non pentirmene…”. Si pone davanti a lei, fissandola finché vede che, lentamente, un velo di intelligenza le si dipinge nuovamente sul viso.
“Carol, abbiamo bisogno anche di te. Tu e Pao Chai vi renderete invisibili, e tornerete nell’atrio dove eravamo prima, tre piani più sotto. Studiate le reazioni dei presenti, notate con chi parlano e cosa pensano. Andate, ora!”.
Pao Chai sprofonda in un lago pieno di dubbi. “Vera, vorrei che mi spiegassi meglio…”.
“Va bene”, dice la regina roteando gli occhi. “Nel frattempo, Wanda, Terry…”.
“Scusa, Luce”, la interrompe Wanda. “Chiamiamoci con i nomi di Elyon e delle guardiane, anche quando siamo sole. Io credo che qui anche i muri abbiano occhi e orecchie”.
“Giusto. Dunque… Will, Taranee, voi portatemi qui il vice comandante della guardia di palazzo!”.
 

Palazzo di Meridian, corpo di guardia

Stille di sudore imperlano l’alta fronte verdolina. Il palmo delle mani rugose è diventato attaccaticcio.
Lo sguardo della guardiana dai capelli rossi dardeggia su di lui. Quella dalla pelle scura, a braccia conserte, gli si sta spostando con indifferenza sul fianco, quasi a circondarlo.
Perché lo hanno cercato? Che cosa vogliono queste aliene?
“Vice comandante Darden, la Luce di Meridian ti desidera immediatamente al suo cospetto!”.
 

Meridian, sala del trono

Poco dopo, l’ufficiale entra nella sala del trono. Per tutto il tragitto non ha potuto fare a meno di sentirsi quasi prigioniero delle due guardiane dai costumi vivaci che gli camminavano ai lati.
Davanti a lui, tre gradini più in alto,  è seduta la regina.
Niente sorrisi, questa volta.
“Vice comandante Darden!”, esordisce. “Fin sulla Terra, fin a Kandrakar sanno che c’è in atto una congiura contro di me. E’ possibile che quelli a cui ho affidato la mia sicurezza non ne sappiano nulla?”.
L’alto ufficiale è allibito. “Altezza, non abbiamo avuto sentore di niente! Controllo personalmente le azioni ed i pensieri dei miei sottoposti, e garantisco che tutta la guardia di palazzo è estranea a qualunque complotto!”.
“Eppure le guardiane hanno informazioni sicure. Il comandante Alborn e il capitano Miriadel sono stati già inviati ad indagare”. Volge lo sguardo di lato, immaginando contee lontane, oltre l’orizzonte. “Molti signorotti hanno deciso che io sono di troppo. Temono che i miei nuovi controlli rivelino il loro marcio, accumulato negli ultimi anni. Hanno deciso di minare la stabilità di questo mondo, pur di proteggersi”. Torna a guardarlo, penetrante. “Per iniziare, so che stanno spargendo strane voci su di me”.
“Altezza, non ne ho sentita alcuna”.
La regina fa un passo verso di lui, sovrastandolo imperiosa dalla pedana. “Voglio risalire di persona all’origine delle voci. Arrestate e portatemi immediatamente chiunque dica, o anche solo pensi, qualcosa di strano su di me! Sono stata chiara?”.
“…Sì, Altezza!”.
“Qualunque ritardo o negligenza nell’ottemperare a ciò sarà considerata un tradimento”. Gli volta le spalle. “Ora andate, e iniziate immediatamente i controlli!”.
“Sì, Altezza”. Il vice-comandante fa un inchino marziale, e lascia la sala del trono.
La regina scambia uno sguardo d’intesa con Will. ‘Seguilo e leggigli i pensieri!’.
La guardiana annuisce, e svanisce alla vista. Vera la percepisce vagamente mentre esce dalla sala attraverso la porta già richiusa.

“Che ne pensate, ragazze?”, chiede alle quattro figure alate al suo fianco.
“Sembra andata liscia”, commenta Pao Chai. “La storia è abbastanza plausibile, e giustifica un po’ il cambiamento della percezione che hanno di te”.
“Anche la nostra presenza e il nostro ruolo!”, aggiunge Therese, mentre prova a materializzare una fiammella sul palmo della mano. “I nostri poteri non hanno la stessa natura di quelli delle Guardiane. Dovremmo assomigliare a loro anche sotto questo aspetto”.
Irene, seduta sulla balaustra del terrazzo, osserva la bellissima vista sulla antica città, stretta in una vallata. Da un punto di osservazione così in alto, si può vedere fin alle pendici dell’altopiano in direzione nord-est.
Pao Chai le fa notare candidamente: “Irma, anche se hai le alette, non puoi volare”. Le si avvicina, ed indica, in basso, la rupe alla base del palazzo. “Fin laggiù, ci sono almeno cinquanta metri di caduta libera”.
Con uno scongiuro, Irene ritorna immediatamente con i piedi sul pavimento del grande terrazzo. In passato, ha già visto avverarsi più volte disgrazie appena predette dalla cinesina.
“Chi sarà il nostro prossimo ospite?”, chiede Carol. Sta temendo il momento in cui si troverà di fronte ad uno che ricorda fin troppo bene.
Vera risponde: “Stai pensando a Caleb, vero? Ora è fuori città, tornerà a giorni. Lui ha un sigillo come quello di Alborn. Dobbiamo toglierglielo”.
Sporgendosi dalla balaustra, Irene scuote il capo e le alette. “Mi dispiace contraddirti, Luce, ma il nostro amico sta rientrando a palazzo proprio in questo momento”.
“Di già? Cornelia, vagli incontro e accompagnalo qui”.

I pensieri di Carol, mentre scende lo scalone, si fanno tumultuosi. Anche se è stata solo una spettatrice del passato amore di Cornelia, ha sempre ammirato Caleb. Ora, proprio lei è stata mandata ad ingannarlo, per strapparlo al mondo che…
Ma no, cerca di convincersi, sta per mandarlo in un luogo sicuro, dove troverà quella che è quasi la sua famiglia. E’ un privilegio che ad un essere artificiale è quasi sempre negato. Solo un breve, pietoso inganno, e poi la possibilità di essere felice altrove. Noi, invece…

Nel momento in cui Caleb entra nell’atrio, al centro del salone c’è già ad attenderlo quella che gli sembra la sua vecchia fiamma.
“Cornelia! Tu qui?”. Si avvicina imbarazzato, le sfiora la mano. “Sono rientrato perché ho percepito qualcosa di strano. Dimmi, cosa sta succedendo a Elyon?”.
La guardiana lo guarda a lungo, silenziosa.
Lui sente una lieve vertigine. “Cornelia… cosa c’è? Perché non mi rispondi?”.
La sensazione ed il silenzio finiscono assieme. “Caleb, è un brutto momento. Elyon ha saputo di un complotto in atto contro di lei. Noi guardiane siamo qui per aiutarla”.
Lui fa una smorfia incredula. “Ma cosa dici? Se c’è un luogo dove una congiura non ha alcuna possibilità di riuscita, quello è proprio il palazzo di Meridian. Io non ho avuto alcun sentore, e qui è impossibile mantenere un segreto del genere!”.
Lo guarda, indecifrabile. “Allora non ti ha mai confidato i suoi sospetti?”.
“Su di chi?”.
Lei sembra notare la curiosità mal celata dei tre soldati di guardia all’atrio. “Non parliamone proprio qui. Seguimi nella sala del trono”.

Mentre salgono le scale, fianco a fianco ma lontanissimi,  Carol cerca di mettere ordine nei suoi pensieri.
Quel sigillo per il teletrasporto… chissà se può funzionare anche attraverso la muraglia? Se potesse appropriarsene, forse arriverebbe il momento opportuno per usarlo. Potrebbe convincere anche Pao Chai a venire ad Heatherfield. Se il gruppo si dividesse, le altre non potrebbero più sostenere la finzione, e dovrebbero venire a patti. Lei potrebbe fare da ambasciatrice con Elyon e le guardiane, ed ottenere che vengano perdonate e lasciate libere. E, anche se fosse vero che l’Oracolo di Kandrakar le voleva, rinuncerà sicuramente in cambio del suo prezioso Cuore. Sì, potrebbe funzionare. Non deve perdere questa occasione.

Arrivati alla sommità dello scalone, gli sussurra: “Prima che tu parli ad Elyon, ti devo dire una cosa a quattr’occhi”.
Entrando nell’anticamera, adibita a sala d’attesa con due salottini simmetrici sui lati, nota che i due soldati di prima stanno ancora facendo la guardia al portone ben serrato della sala del trono.
“Guardie, lasciateci soli”, ordina Cornelia.
Mentre escono impettiti, uno dei due fa un ammicco poco marziale al compagno, prima di chiudersi la porta alle spalle.
Se sapessero, pensa Carol…
Si volta verso Caleb, fissandolo in viso. “Fammi vedere il tuo sigillo”.
Lui trasale a questa richiesta. Come fa a sapere… ma è impossibile disobbedire a quei due occhi. Lentamente, porta la mano al collo ed estrae il pendaglio. Sta per consegnarlo…
D’improvviso, qualcosa si rompe nello sguardo di Cornelia, e a lui sembra quasi di vedere una lacrima che luccica e scompare subito, come riassorbita.
“Un momento… tu non sei Cornelia! Ma allora…”.
“Caleb, il sigillo! Ti prego!”. La voce della ragazza ha perso tutta la sua autorità.
Lui stringe forte in mano l’oggetto desiderato. “Sei… Carol, vero? Come…”.
Lei vede Irma apparire un passo dietro a Caleb, ed allungare la mano verso la sua spalla. “NO!”, le sfugge d’istinto.
Appena lui intravede la minaccia alle spalle, il suo corpo sembra dissolversi e sparire. Il tentativo della Guardiana dell’Acqua afferra solo il vuoto.
Stizzita, guarda Cornelia, e sibila: “Contenta? Il tuo principe azzurro è fuggito! Ma da che parte stai?”.
Si interrompe, voltandosi verso la porta. I due soldati, richiamati dalle voci concitate, stanno guardandole, disorientati.
 

Meridian, sala del trono

“Fredda, calma, non sbagli mai… Era questo che dicevi a… a lei, quando cercavi di rimpiazzarmi?”, sibila la Luce di Meridian dall’alto della pedana del trono.  “Beh, Signorina Io-so-tutto, quello che hai combinato è grave. Caleb ha carisma, ha esperienza da congiurato, conosce bene sia il castello che gli ambienti esterni. E conosce noi, almeno per sentito dire”.
“Se qualcuno si chiede chi mai potrebbe essersi sostituito a Elyon e alle guardiane,  ora potrà trovare una risposta, grazie a te!”, sbotta Irene. “Lo volevamo al sicuro sulla Terra, ma ora abbiamo un nemico potente nascosto in una qualunque di quelle case o quelle gallerie”, aggiunge, indicando fuori dalla terrazza. Poi va verso la balaustra, chiudendosi in un insolito silenzio mentre osserva la città sottostante.
Anche Pao Chai fa sentire la sua vocina triste: “Qualunque azione contro di lui sarà dolorosa anche per noi. Lo ricordiamo comunque come un amico”.
Vera annuisce e sprofonda, di malumore, nel suo morbido trono. Tace a lungo, riflettendo. “Beh, siamo ancora in grado di catturarlo e mandarlo via senza fargli male, trattenendo il sigillo. Ma dovremo cercarlo anche fuori dal palazzo, e non sarà facile”. Torna a guardare la Guardiana della Terra. “Ma c’è un’altra cosa che mi preoccupa anche più, Carol. Ho capito che cosa avevi pensato di fare”.
Pao Chai spalanca gli occhi, vedendo il velo di paura sul viso di Carol. “Ma… di cosa parlate?”.
“Non voglio scuse. Non voglio spiegazioni”, riprende la regina. “So benissimo che ti ho costretta a venire qui. Però ora non posso accettare che tu te ne vada. O mi dai la tua parola d’onore che non ci tradirai, o tornerò a rimbecillirti come prima”.
“La mia parola d’onore?”, chiede incredula Carol.
“Sì. Mi basterà. Ma riflettici, prima di darla. Ti vincolerà. Se stai pensando ad una falsa promessa, lo capirò subito”.
Carol prende tempo. Guarda il viso speranzoso di Pao Chai, e poi di nuovo la Luce di Meridian. La ferisce quello sguardo duro rivolto verso di lei da un viso che, prima di questo incubo, le riservava solo occhiate di affetto ed ammirazione.
“Non ho scelta. Prometto. Non vi … abbandonerò”.
Vera sospira. “Grazie. Ci speravo. Ora ho un incarico di fiducia per te: dovrai trovare un metamondese con una buona conoscenza di Meridian, castello, città e sotterranei, copiargli la memoria e trasferirla a noi. Comincia subito la ricerca, e vedi di non creare altri problemi!”.
Carol esce lentamente dalla sala del trono, a testa bassa. Per la prima volta, il suo corpo lascia trasparire tutta la sua umiliazione.
Però non ha detto di avere già copiato la memoria di Caleb. Questa è solo per lei.
 

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Capitolo 36
*** Esilio ***


36-esilio  
Cara Amantha, cara CDM, sono contentissimo di aver trovato le vostre recensioni. Sono felice che il disegno vi sia piaciuto, mi è costato un'enormità di lavoro, e (non prendetevela) ne ho riciclato una variante per rappresentare la profezia di Elyon in questo capitolo.

Mi sto dando da fare per buttare giù una ricostruzione plausibile, anche grafica, di alcuni luoghi chiave, come il palazzo  e la città stessa di Meridian,  Kandrakar e, ad Heatherfield, le case di Elyon, di Will, di Cornelia e il Ye Olde Bookshop, dove si svolgono diversi capitoli. Il fumetto dà diverse ispirazioni, ma non di rado sono incoerenti.  La cosa più controversa sono i poteri diffusi tra gli abitanti di Meridian: nei primi numeri del fumetto, e soprattutto nel sesto, ai meridiani (o, almeno, ad alcuni di loro) vengono attribuiti poteri magici quali la telepatia ed il controllo dell'aspetto, poi, nei numeri successivi, la cosa cade gradualmente nel dimenticatoio. 

PROFEZIE


Riassunto delle puntate precedenti 
Dopo un incontro misterioso con la Luce di Meridian, Vera ha convinto le Gocce a impadronirsi del Cuore di Kandrakar e a sostituirsi ad Elyon a Meridian, impersonando la regina e le guardiane, ed impedendone il ritorno. Carol si è opposta, ed è stata costretta con l'ipnosi.
Vera e Wanda, la ex goccia di Will, hanno sottratto il Cuore di Kandrakar a Will, usando l'ipnosi. 
Taranee ha captato la richiesta di aiuto di Will e si è ritrovata con le altre W.I.T.C.H. davanti al portale nella libreria Ye Olde Bookshop; assieme, lo hanno utilizzato per avvertire Kandrakar del furto e per ricercare il Cuore, con scarso successo. 
Elyon ha fatto sapere di non affrontare le ladre, e che sarebbe venuta ad Heatherfield al più presto.
Il giorno dopo, ritrovatesi davanti allo specchio magico, le W.I.T.C.H. assistono alla trasformazione delle loro gocce in copie delle guardiane e della regina, ed alla loro partenza per Meridian, in contemporanea all'arrivo di Elyon.
A Meridian, la controfigura di Elyon e le finte guardiane esiliano Miriadel e Alborn, mentre Caleb sfugge alla cattura;  pur avendo assunto il potere, si rendono conto di non essere del tutto convincenti, e inventano la storia che le guardiane sono a palazzo per proteggere la Luce di Meridian da un complotto.

Cap. 36
 

Esilio



Casa Portrait, Heatherfield.

Il redivivo Thomas Portrait riapre gli occhi nella penombra della sua vecchia casa.
La luce fredda del pomeriggio autunnale entra da sotto le saracinesche, e sembra sottolineare il freddo dell’ambiente abbandonato.
Davanti a sé non ha più l’immagine della sua bella moglie Miriadel, col suo delicato colorito uovo d’anatra screziato di verdazzurro e la chioma dai meravigliosi riflessi celesti. Al suo posto, c’è quel viso terrestre incorniciato da lisci capelli color carota, il meglio che era riuscita ad inventarsi all’epoca delle sue prime missioni sulla Terra.
Lei capisce subito la sua occhiata di disappunto. “Beh, neanche tu ti sei sforzato troppo, caro!”, risponde stizzita. “Con la tua idea che i terrestri sono tutti brutti, hai già perso l’occasione di scegliere una faccia migliore per Thomas Portrait tanto tempo fa”.
“Ma ti pare il momento, Miriadel?”, si adombra lui. “Dobbiamo contattare Elyon al più presto”.
“E’ quello che faremo. Ma ricordati di chiamarmi Eleanor, quando siamo così. Eleanor Portrait”. Chiude gli occhi per concentrarsi. ‘Elyon, piccola mia…’.
 

       Heatherfield, cantina del Ye Olde Bookshop

In un altro locale nascosto, dove la luce fioca di una lampadina  non riesce a sovrastare l’irregolare riverbero azzurrino di un portale, Elyon si sta confrontando con le sue amiche W.I.T.C.H.. Si guarda attorno: quel luogo è pieno di ricordi che la mettono a disagio.
Will le indica una sedia dallo schienale alto, ma resta in piedi, tormentandosi le mani. “Ma perché hanno fatto una cosa del genere, secondo te?” .
Elyon, sedendosi, si stringe nelle braccia sotto la mantellina verde. Le altre non accennano ad accomodarsi. “Che dirti? Avevo parlato con Vera solo poche ore prima. Ero certa che, quando la ho incontrata, non avesse in testa niente di simile”.
“Poche ore prima?”. Will ha la sensazione di un campanello che le suona in testa. “E di cosa avete parlato?”.
“Di una premonizione che ho avuto: qualcuno è sulle loro tracce. Forse gli stessi di cui Wanda aveva tanta paura”.
Will riflette. Chi poteva temere così la sua ex goccia? Forse… “Forse un certo Sylla?”.
Le altre la guardano allarmate. “No! Sylla!”. “Ancora Sylla?”  “E quel testa pelata che era con lui?”.
“Non lo so”, risponde Elyon sempre stringendosi nelle spalle. “Però ho dato istruzioni a Vera. Avrebbero dovuto cambiare identità, lasciare la casa...”.
“Non si può dire che non l’abbiano fatto”, conviene Will sarcastica. “Ma questo non spiega ciò che è successo, per me”.

Dalle sue spalle, Taranee richiama la sua attenzione. Lei ed Irma stanno di fronte al portale, che emette una fastidiosa luce sfarfallante. “Will, ragazze, non riusciamo a prendere nessuna immagine di Meridian. Né del palazzo, né della città”.
“Non è normale”, aggiunge Irma. “Ieri, almeno, siamo riuscite a vedere Elyon che dormiva”.
“Ah… ecco cosa ha fatto scattare l’allarme”, risponde la ex-regina.
“Più che altro, è stata Irma che non sa mai tenere le mani al loro posto”, brontola Cornelia da un angolo in penombra.
Elyon sta per aggiungere qualcosa, ma si interrompe con la bocca già aperta. In un qualche punto tra le orecchie le risuona forte: ‘Elyon, piccola mia. Noi siamo nella vecchia casa’.
Taranee si volta, stupita, verso di lei. “Hai sentito?”.
“Cosa? I deliri di Corny io-so tutto?”, chiede Irma imbronciata.
“Un messaggio!”. Elyon si alza in piedi. “Ragazze, i miei genitori sono arrivati a casa. Vado loro incontro”.
“Ti accompagno!”, risponde pronta Cornelia. “Abbiamo un po’ di cose di cui parlare”.
“Anche io”. Will allunga la mano verso la sua giacca a vento, di traverso sul tavolo. “Hay Lin, vieni con noi?”.
“Perché lei? E noialtre?”, chiede Irma, sentendosi esclusa.
“Voi restate al portale, ed avvisatemi di ogni novità. Taranee, tu sai come”.

Appena lasciato il negozio, camminano a passo lungo per le vie della città, senza parlare. Il traffico di metà pomeriggio ed i marciapiedi affollati scoraggiano una conversazione così delicata.
Will decide di guidare il gruppetto lungo la piccola laterale di sinistra, molto poco frequentata.
“Ma così faremo mezzo giro del mondo”, protesta Hay Lin.
“Non importa”. Will si accosta ad Elyon, agganciandola per un braccio. “C’è una cosa importante che vorrei sapere da te, ora che non c’è nessuno che ci interrompe”.
“Hai detto Irma?”, scherza Hay Lin. Si morde il labbro quando nota lo sguardo severo di Cornelia.
Will ignora l’interruzione. “Elyon, tu hai il dono della precognizione, vero? Allora rispondi sinceramente: sapevi cosa sarebbe accaduto?”.
La risposta si fa attendere parecchio. “Qualcosa lo immaginavo”, le esce quasi sottovoce.
Studia le reazioni: Hay Lin è sbalordita, Cornelia non mostra alcuna sorpresa, Will fa quasi paura. Gli occhi della  ex-Guardiana del Cuore sono due fessure. “Perché non lo hai impedito?”, sibila.
Lei allarga le mani, sulla difensiva. “Sapevo solo che prima o poi sarebbe stato portato a Meridian, ed usato male. Il furto era solo una delle possibili interpretazioni di una profezia sibillina”.
Gli occhi di Hay Lin si spalancano sempre di più ad ogni parola. “COOOOSA?”.
Will si ferma e  affronta Elyon: “Avresti dovuto avvertirci!”.
L’altra si fa più piccola che mai. “Ma… ce l’hai con me?”.
Cornelia si mette in mezzo. “Ma no, è solo nervosa. Problemi di Cuore”. Si guarda attorno. “Non richiamate l’attenzione. C’è gente anche qui!”.
Will riprende a camminare veloce, sbuffando dalle narici e masticando oscure maledizioni.
Elyon si sforza di starle dietro. “Will, la precognizione non è sempre un dono. Queste predizioni si avverano sempre… qualunque cosa tu faccia per impedirlo. Anzi, talvolta ciò che fai per impedirlo… è proprio ciò che le fa realizzare”. Si ferma boccheggiando. “Troppo teletrasporti”, ansima.
Anche Will si ferma, voltandosi di scatto. “Se ce lo avessi detto, potevamo almeno tentare qualcosa!”.
Elyon scuote il viso.  “Per scatenare un pandemonio? Considera questa ipotesi: forse, in partenza, non avevano progetti ostili, ma se vi avessi messo in guardia, voi avreste potuto fare qualcosa contro di loro. Se fosse andata così, loro avrebbero solo reagito, e voi ora avreste torto. E poi, sarebbero riuscite comunque a rubartelo, se era questo il destino”.
Cornelia annuisce, e si accosta di più ad Elyon. Il suo viso lascia trasparire che è soddisfatta della spiegazione. “Insomma, perso per perso, non hai voluto che ci mettessimo in pericolo, o passassimo dalla parte del torto”.
Elyon prende fiato, un po’ sollevata. “Ero sicura che avresti capito”.
Will, invece, non sembra del tutto convinta. “Elyon, vorrei sapere di più sulle tue profezie. Cosa dicono, e cosa non dicono”. Tace un attimo, mentre un passante frettoloso le sorpassa e si allontana senza dar segno di averle ascoltate. “Mesi fa, a Meridian, dicesti che il nuovo tiranno saresti stata proprio tu!”.
Hay Lin le guarda stupita, prima l’una, poi l’altra. “Elyon… il nuovo tiranno?”. Si volta verso Cornelia. “E tu lo sapevi?”.
“Sì”, risponde lei. “Questo era ciò che poteva sembrare dai disegni”.
“Quali disegni?”, chiedono ad una voce Will ed Hay Lin.
 

Heatherfield, casa Portrait
 
 
Non hanno mai amato questa abitazione, nonostante fosse spaziosa. Essere costretti a tornarci dopo tre anni non migliora questo sentimento.
Le stanze mostrano evidenti segni di abbandono. Qualche ragnatela, poco visibile nell’ombra, adorna gli angoli dei soffitti.

“Non sopporto più questa attesa impotente”, sbotta Thomas Portrait, passeggiando nervosamente nel soggiorno in penombra. Batte una mano sullo schienale di una poltrona, dalla quale si alza uno sbuffo di polvere che la luce del sole d’estate avrebbe potuto accendere di piccolissimi bagliori colorati. Purtroppo non c’è né il sole, né l’estate, e la nuvoletta appare avvilentemente grigia.
“Chissà se ci manderanno qui anche Nagadir?”, si chiede Eleanor. “Avremmo bisogno disperato di una domestica”.

“Mi chiedo se potremo ancora abitare in questa casa, con queste identità”. Thomas sbircia fuori da sotto le persiane abbassate. “Tre anni fa siamo spariti all’improvviso. Potrebbero farci delle domande per cui non abbiamo risposte credibili”.

Eleanor comincia ad aprire i cassetti dei mobili. “La nostra vecchia roba c’è ancora”. Tira fuori un album di fotografie e lo appoggia sul mobile. Un’altra nuvoletta di polvere si solleva dal ripiano e volteggia, sempre più lentamente. “Dai, vecchio, brontolone, non negarlo: siamo stati felici anche qui”.
“Non so come tu faccia a prenderla così”. Thomas si raddrizza, come per rimproverare un subordinato. “Io ho la responsabilità della sicurezza di Elyon, ho cento uomini al mio comando, e non ho potuto muovere un dito per fermare quelle là. Mi hanno solo guardato negli occhi, e…”.
“Usa pure il passato, caro. Avevi cento uomini, eccetera eccetera”, risponde lei distratta, mentre sfoglia l’album con un sorriso di rimpianto fuori luogo. Ad un certo punto fa una smorfia di disappunto: “Alb… Thomas! Qualcuno ha tolto delle fotografie!”.
“Sarà stata la polizia”, risponde l’uomo con indifferenza.
“Ma erano i nostri ricordi! Quelle della gita a Longbridge! Il tredicesimo compleanno!”. Continua a sfogliare. “Le più recenti! Le più belle!”.
Sospira rassegnata, chiudendo l’album. “Non importa”.
Va all’interruttore accanto alla porta del corridoio, e prova a premerlo. L’unico effetto è un “click” impotente. “Siamo senza luce. Come faremo stasera?”.
“Anche senza soldi”, riflette Thomas. “Dovremo tornare ai vecchi trucchetti”.
Lei va verso la cucina.
“E senza acqua, naturalmente”, dice la sua voce da lì. Poi, dopo qualche sbattere di antine: “Pane di tre anni fa. Biscotti con… bleah, le farfalle!”.
Thomas la raggiunge in cucina. Quando apre il frigorifero, un tanfo nauseabondo lo investe. Richiude con un’espressione disgustata. “Qui non c’è niente di mangiabile”.
“Merendine!”, esclama Eleanor un po’ sollevata, aprendo l’ultimo pensile. Poi guarda il cestino della spazzatura, stipato fin all’orlo di involucri di biscotti e snack vari. “Di qua sono passate due tra le maghe più potenti del creato, e non una di loro ha sprecato né olio di gomito, né magia, per pulire!”.
Il signor Portrait stringe i denti. “Mir… Eleanor, io non ce la faccio più ad attendere qui dentro!”, sbotta esasperato uscendo dalla cucina.
Dopo un po’, Eleanor lo segue nel soggiorno, trovandolo che cammina avanti ed indietro come un sarvak in gabbia.
“E allora fatti quattro passi fuori, prima di consumare il tappeto persiano. Quello ci è costato un bel po’”.
“Quattro passi! Facile a dirsi. E se mi riconoscono?”. Riflette un momento, poi si decide. L’immagine dell’uomo riduce gradualmente la sua statura, fino ad assomigliare ad un bambino. “Che te ne pare? Così darò meno nell’occhio”.
Lei sorride, quasi intenerita. “Bravo tesoro, Elyon ci aveva chiesto proprio un fratellino”, gli dice accarezzandogli la testa. “Ma guarda da tutt’e due le parti prima di attraversare la strada, e sta attento ai malintenzionati!”.
“Stiano attenti loro, piuttosto!”, grugnisce il bimbo, schivandole la mano.
“Ah, tesoro… fa freschetto. Vado a cercarti qualcosa da mettere. Non vorrai...”.

Un quarto d’ora dopo, Eleanor, sola in casa, si è abbandonata sulla poltrona. Fa freddo. Si è coperta con un playd,  incurante della polvere.
E’ scoraggiata dall’enormità del compito. Rendere abitabile una casa abbandonata da tre anni non è cosa che si possa fare in una serata. Ormai sta per fare buio…
All’improvviso, un’intuizione le prorompe nella mente: Elyon è a pochi passi da casa. Finalmente!
Va ad attenderla, aprendo la porta sul davanti. Tre… due… uno… Ecco!

Baby-Thomas varca la soglia del giardino, seguito dalle ragazze.
Appena la vede, Elyon si affretta lungo il vialetto. “Mamma!”, cinguetta festosa gettandosi al suo collo.
“Cara Ellie! Sono state lunghe queste ore, vero, tesoro?”.
“Mamma! Lo sai che mi piaci tanto, così?”.
“Grazie, tesoro. Prova a convincere anche il tuo papino”.
Cornelia, in testa al gruppo, sorride a quel viso sparito da tre anni. “Signora Portrait! Disturbiamo?”.
“Cornelia! Ragazze! Accomodatevi, scusate se è tutto sporco… Gradite una merendina, garantita senza muffa?”.
“No, grazie”. Cornelia sbircia nella penombra della casa. C’è tanta polvere, lei lo sente anche senza vederla. Quando Will la spinge delicatamente dentro, fa qualche passo incerto come se si aspettasse che milioni di acari affamati le si precipitino addosso per soffocarla e divorare il suo cadavere.
“E’ scuro…”, si lamenta.
“Purtroppo la corrente non è allacciata”, si scusa Eleanor.
“Ma come!”, protesta Elyon. Quando preme l’interruttore, la luce elettrica cancella ogni angolo d’ombra.
“O Cielo!”. Cornelia stringe i denti, osservando il velo grigio su tutti i mobili, e gli irregolari festoni di ragnatele. “Scusate… la mia allergia… non posso restare qui!”. Più che una scusa, sembra un rimprovero, sottolineato da un colpo di tosse.
Elyon passa un dito sul piano del tavolo, lasciando una netta strisciata nella polvere. “Eh, già…”, conclude mesta, guardandosi il polpastrello.
“Vado a cercare un canovaccio”, si scusa la signora. “Elyon accende stelle in cielo, e non muove un dito per la sua casa!”.
“Veramente un dito l’ho mosso”, risponde esibendo il polpastrello impolverato, ma la madre è già andata.
“Non viene neanche l’acqua!”, sbotta la sua voce esasperata dalla cucina.
“Come no?”, si stupisce Elyon.
Alle sue parole, uno scroscio improvviso è seguito da un’imprecazione in meridiano che fa sbiancare in viso la ex-regina e il baby-colonnello.
Dopo un attimo, Eleanor torna torva nel soggiorno. Il suo vestito è più zuppo dello straccio che tiene in mano. “Potevi preavvisare…”.
“Scusa, mà”.
“Oh, con Irma succede anche di peggio”, minimizza Hay Lin. “Forse posso aiutarvi io. Aprite le finestre…”. Per un attimo si mette in posa a braccia tese.
“Ferma!”, le grida Cornelia. “Non vorrai alzare polvere, con me qui?”.
“Ma…”.
“Niente ‘ma’. Stai a vedere come si fa”.
Appena le hanno fatto posto, Cornelia si pone al centro della stanza, ad occhi chiusi. Fa un gesto solenne alzando le braccia, e allargandole lentamente attorno a sé.  Una debole luminosità verdina si diffonde davanti ai suoi palmi, e illumina leggermente mobili e muri.
Compiuto un giro completo, lenta e solenne, Cornelia riapre gli occhi, col sorriso di chi sente di meritare un applauso. La stanza sembra nuova, o quantomeno lavata con Perlana.
“Whooow”, fa Elyon. “Brava, Corny!”.
“Passabile”, concede Hay Lin.
“Aspetta”, riprende Elyon entusiasta. “Adesso guardate cosa faccio in corridoio…”.
Eleanor la tira per una manica. “In cucina! Prima in cucina, o niente cena!”.

“NON VOLEVI MOSTRARCI DEI DISEGNI?”.
La domanda di Will, quasi urlata, richiama alle cose più serie. “Non per sembrare impaziente, ma per me sono brutte giornate! Sono ventiquattr’ore che il Cuore di Kandrakar mi è stato rubato, un’ora sola che lo hanno usato per esiliarvi… e voi sembrate appena arrivate nella casa delle vacanze, a fare a gara di prodigi!”.
“Giusto!”, fa eco il baby-colonnello. “Parliamo di cose importanti, voglio vederci chiaro anch’io”. Fa un largo gesto verso il tavolo. “Sedetevi, ora che è pulito”.
Eleanor gli pone il palmo della mano sulla testa, ed il bambino cresce velocemente fin a tornare il signor Portrait. “Ecco, caro. Se vuoi comandare, così ti riesce meglio”.
“Papà…”, gongola Elyon quasi commossa.
“Arriviamo al sodo”, fa Will, raschiando il fondo della sua riserva di pazienza.
“Allora vi raccontiamo la nostra”, inizia Eleanor. “Le vostre amiche si sono materializzate tutte lì, appena Elyon è andata via. Hanno fatto un rituale con quel coso luminoso…”.
“Il Cuore di Kandrakar”, fa Will, attentissima.
“Sì. Poi si sono accorte di me, e mi hanno tolto il sigillo per il teletrasporto”.
“Cosa?”. Elyon spalanca gli occhi. “Tolto…”.
“Sì…”, annuisce Miriadel colpevolmente. “E’ grave?”.
“E’ che quelle guardiane sono terribili!”, la difende Thomas. “Basta che ti guardino negli occhi, e non puoi più rifiutarti di obbedire”.
“Noi non abbiamo questa capacità”, si preoccupa Hay Lin. “Funzionerebbe anche su di noi?”.
Gira gli occhi verso Will, che commenta amara: “Quando dormiamo, senz’altro. Da quel che dite, sospetto persino che possano avermi sorpresa da sveglia”.
Cade un momento di silenzio preoccupato.
“Ah, già…”, aggiunge Thomas. “Quella… quella strega dai capelli rossi ha detto di chiedere a voi perché sono venute. A te, Elyon, e a voi guardiane”.
“A noi?”. Elyon trasale.
“Non capisco”. Will scuote la testa. “Non pensavo a loro da mesi”.
Cornelia alza un sopracciglio. “Forse Wanda, la tua goccia, ce l’ha ancora con te per la faccenda di Matt”.
La frase coglie Will come un insulto. “LEI ce la dovrebbe avere con me?!?!”, fa, quasi alzandosi in piedi.
“Fosse anche”, interviene Hay Lin, “come avrebbe fatto a coinvolgere le altre nella vostra bega?”.
“La NOSTRA bega?!?!…. E’ LEI che…”.
“Non è questo il punto”, interrompe Eleanor. “Certo non è stata questa Wanda a decidere, semmai Vera”.
Si alza dal tavolo.  “Te l’avevo già detto, Ellie, hai creato tu stessa l’unica che poteva spiazzarti”, sbuffa. “Tutto per la tua idea balzana di modernizzare Meridian!”.
“Come, balzana?”, fa Elyon, colpita sul vivo.
“Basta, Miriadel”, interviene il colonnello. “Non si discutono le decisioni della Luce di Meridian, soprattutto davanti…”. Si interrompe. ‘…Ad estranei’ sembra echeggiare nell’aria, più forte che se fosse stato pronunciato.
“Mi dispiace che siamo di troppo”, dice Hay Lin, un po’ offesa.
“Ma no, restate!”, fa il signor Portrait. “Solo che questa discussione era fuori luogo”.
“Sono contento che lo abbia detto lei”, interviene Will, “perché io sono qui soprattutto per sapere di queste infallibili profezie”.
“Ti prego, Elyon, mostra i tuoi disegni”, fa eco Cornelia.
“Ma certo”, risponde lei, togliendosi la mantellina. Comincia a sentirsi un po’ di tepore, come se l’impianto di riscaldamento avesse ripreso vita dopo tre anni.
Sul tavolo, davanti a lei, c’è una cartellina che nessuno aveva notato prima. Apre la copertina.
 

Un bel disegno a matita e pennarelli mostra le cinque guardiane minacciose, disposte in cerchio. Al centro la Luce di Meridian, cupa, ha l’espressione di una cattiva delle favole. Sullo sfondo si riconosce, appena abbozzato, il Trono di Luce.

“Sembriamo proprio noi”, fa Hay Lin, turbata. 
“Infatti è stata la prima interpretazione, la più ovvia”, spiega Cornelia. “Plausibile fino a un’ora fa”.
Hay Lin annuisce. “Tu avevi già visto questi disegni?”.
“Questo sì”.
“Ne ho altri”. Elyon sfoglia rapidamente altri cinque disegni, varianti del primo. 
Al sesto foglio, spiega: “Ecco, questo non te lo avevo mostrato, Corny. Hai già capito perché”. 
Nella nuova tavola, la terribile guardiana dai capelli rossi tiene sollevato sul palmo, sfolgorante, il Cuore di Kandrakar. 
“E come potevo mostrarlo a te, Will? Questa – indica la guardiana del disegno - avresti potuto essere tu”.
Will grugnisce, osservando lo sguardo sinistro con  cui il personaggio disegnato la ricambia.

Il foglio successivo mostra i visi eterogenei di un gruppo di metamondesi, chini e umiliati, su uno sfondo nero che sembra l’oscurità di una segreta.
“C’è Galgheita in primo piano!”, si stupisce Hay Lin.
“Proprio lei”, conviene Thomas. “E molti saggi del Consiglio. Tutta gente in grado di riconoscere un’usurpatrice”.
“Un’abilità che non farà la loro fortuna”, conclude amara Eleanor.
Altre tavole sembrano meno comprensibili: occhi luminosi, ombre indistinte, sagome umane delineate da nuvole di puntini.
Hay  Lin li squadra con occhio critico: “Questi sarebbero ottimi per una mostra di quadri onirici”.
“Vero?”, Per un attimo, l’orgoglio d’artista traspare dal tono di Elyon. “Anche questi sono stati disegnati in quasi trance. Secondo me, sono un’allusione all’uso di poteri magici”.
Will riguarda  rapidamente le prime tavole. “Ma cosa ti faceva pensare che si riferissero ad una tua tirannia? E perché noi avremmo dovuto fiancheggiarla?”.
“C’erano anche predizioni verbali. Alcune parlano di un anno che sarà ricordato per la tirannia della sorella di Phobos.  Altre dicono che il nome di Kandrakar sarà infamato da un’oppressione”.
Cornelia annuisce. “Insomma, un quadro che faceva pensare che noi e lei avremmo fatto assieme qualcosa di infame, o almeno di impopolare”.
“Però, si adatta bene anche a ciò che sta succedendo ora a Meridian”, fa presente Thomas.
Will riflette, sostenendosi il viso con le mani. “E così, la tirannia di Elyon era un’interpretazione ormai superata di questa profezia. Eppure sarà così che la percepiranno a Meridian: lei e noi, le guardiane di Kandrakar”.
“La situazione, lì, è destinata a peggiorare”, rimugina Thomas. “E io, comandante della guardia, sono stato neutralizzato per primo!”.
“A questo punto, considerati fortunato”, gli ribatte Eleanor. “Pensa a Galgheita e agli altri rimasti lì.”.
“Ci penso. Ma è questo senso di impotenza…”.

“Un’altra cosa, Elyon”, fa Will. “Prima hai parlato di un anno?”.
“Signorsì. Un anno di Meridian. Diciotto mesi. Io non intendo tentare nulla, prima di quella scadenza”.
Will torna ad accigliarsi. “E poi, come si risolverà?”.
“Non so ancora. Spero, usando l’intelligenza anziché la forza”.
Will rimugina ancora un attimo. “E il cuore di Kandrakar? Dovrebbe restare lì fino alla fine?”.
Elyon si stringe nelle spalle. “Andare a reclamarlo ora sarebbe una pazzia”.
“Per me non è accettabile!”. Will sui alza in piedi. “Dovremo riprenderlo prima. E’ troppo importante per l’equilibrio degli universi!”.
“O per te?”. Cornelia la guarda severa. “Ti ricordo che i nostri poteri sono dimezzati”.
Hay Lin, incerta, riflette: “Il Cuore di Kandrakar ha spesso rovesciato le sorti di qualche missione, quando stavamo per essere sconfitte”.
“Conto proprio su questo”, fa Will, decisa. “In passato, il Cuore è tornato a me di sua volontà”.
Elyon ha seguito con apprensione questa discussione. “Will, aspetta…Studiamo un po’ la situazione. Per iniziare, come arriveresti a Meridian?”.
“Escludiamo l’autostop”, scherza Hay Lin sottovoce. Lei e Cornelia si scambiano uno sguardo d’intesa: nessuna delle due ha intenzione di andare allo sbaraglio senza un buon piano.
 

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Capitolo 37
*** Ombre di ricordi ***


37-ombre di ricordi  
Whow! Due recensioni nella stessa giornata! Grazie, CDM, grazie Melisanna. E' bello poter contare sul vostro incoraggiamento. 
Anche a me il personaggio di Cornelia piace molto. L'ho sempre trovato uno dei più profondi, nel fumetto, anche se non sempre ha un atteggiamento simpatico. 
Elyon... mi affascina per le sue contraddizioni, che non sono dovute tanto alla sua personalità, quanto alla sua storia a cavallo tra due mondi.

PROFEZIE


Riassunto delle puntate precedenti 
Dopo un incontro misterioso con la Luce di Meridian, Vera ha convinto le Gocce a impadronirsi del Cuore di Kandrakar e a sostituirsi ad Elyon a Meridian, impersonando la regina e le guardiane. Carol si è opposta, ed è stata costretta con l'ipnosi.
Vera e Wanda hanno sottratto il Cuore di Kandrakar a Will, usando l'ipnosi. 
Il giorno dopo, ritrovatesi davanti allo specchio magico della libreria, le W.I.T.C.H. assistono alla trasformazione delle loro gocce in copie delle guardiane e della regina, ed alla loro partenza per Meridian, in contemporanea all'arrivo di Elyon.
A Meridian, la controfigura di Elyon e le finte guardiane esiliano Miriadel e Alborn, mentre Caleb sfugge alla cattura;  pur avendo assunto il potere, si rendono conto di non essere del tutto convincenti, e inventano la storia che le guardiane sono a palazzo per proteggere la Luce di Meridian da un complotto.
A Heatherfield, rifugiatasi con i genitori nella sua vecchia casa, Elyon spiega che quella che si sta realizzando è una sua profezia, contnuta in disegni e frasi casuali, la cui interpretazione fino a quel punto era ambigua; a priori,  si poteva pensare che sarebbero state le stesse Elyon e le Witch a instaurare una tirannia nel metamondo, per motivi difficilmente immaginabili. Inoltre, la profezia prevede che la tirannia duri un anno, che a Meridian dura diciotto mesi. Elyon è decisa a non tentare niente prima di questa scadenza, ma Will non si rassegna.

Cap. 37
 

Ombre di ricordi



Midgale, soggiorno delle gocce

Questo è il suo momento.
Sono giorni che la stanza è immersa nell’oscurità, che non risuona più alcuna voce umana, che i pavimenti non vibrano più di passi e che gli angoli nascosti non vengono più spazzati dagli innaturali scintillii che hanno fatto strage delle sue opere non ancora completate.
Il ragno tasta la sua meravigliosa seta, tesa sotto il grande tavolo del soggiorno. Era il suo sogno da tempo. Sì, questo è il momento di costruire il suo mondo.
O forse no…
Un lampo crudele squarcia quell’oscurità amica e rassicurante.

Quando la luce intensa della dislocazione svanisce, nell’ambiente regna nuovamente la penombra.
Tutte le tende e le saracinesche sono serrate, come può volere un vampiro che odia la luce del giorno, o un gruppo di streghe che vuole nascondere segreti ad ogni sguardo indiscreto.
A momenti, un baluginio di ovali iridescenti riflette la poca luce della notte che filtra attraverso un tendone, disegnando sagome come di ali di farfalle. Tre figure umane si fanno strada a tentoni.

La sedia che si rovescia è come uno scoppio nel silenzio della notte. Uno, due, tre rimbalzi, e un’imprecazione soffocata.
“Irma, se avessimo voluto annunciarci, avremmo…”, fa l’ombra con la voce di Cornelia.
“Colpa mia. Sono stata io”, risponde a denti stretti la voce di Will, sofferente.
“Irma non è neanche venuta con noi”, fa presente la sagoma di Hay Lin.
“Scusate, un riflesso condizionato”, ammette la prima voce.
“Che male! Se fosse venuta anche Taranee, ora…”.
“Faremo senza di lei”.
Un piccolo bagliore verde esplora la parete, finché non illumina il riquadro di un interruttore. Con uno scatto, la luce di una plafoniera inonda la stanza e le guardiane dai costumi sgargianti.
“Cornelia, sei in vena di prodezze, oggi”, fa Will, massaggiandosi un ginocchio.
Le tre osservano il soggiorno. Sulla destra, il tavolone circolare e sette sedie, tra dritte e rovesciate, una credenza e un grande dipinto con un albero tentacolare stagliato contro un tramonto di fuoco. Sulla sinistra, divani bassi e lineari, mensole con libri, un grande televisore al plasma, ed alcuni quadri astratti alle pareti. Davanti a loro, la porta verso il corridoio e la cucina ancora in ombra.
Hay Lin fa un cenno di approvazione. “Bella casa. Si trattavano bene”.

Will ha adocchiato subito un testimone promettente. Si rivolge con voce suadente al grande televisore.
“Buon giorno. Che bello schermo che hai!”.
Una voce stereofonica le risponde: “Semmai buonanotte, signorina. Lo sa che ora è?!”.
Si comincia bene. “Come sei preciso! Come ti posso chiamare? Non hai un nome?”.
“Grund, per gli amici”.
“Grund, che splendido nome!”
“Grunding, per voi, prego”.
“… Ma noi siamo amiche! Siamo venute a cercare le nostre care gemelle. Puoi dirci qualcosa di loro?”.
“Se ne sono andate”. L’apparecchio emette una serie di scariche di rumore bianco, come colpetti di tosse. “A dire il vero, ho qualche dubbio che loro si considerino vostre amiche”.
“Ma nooo, Grund. Siamo venute per chiarire un malinteso”. Sorrisone mielato. “Non ci aiuteresti a trovarle?”.
“Le signorine si sono trasferite in un albergo proprio per non farsi trovare. Altro non so”.
Il televisore smette di parlare. Will riesce quasi ad immaginarlo con le braccia conserte e le gambe incrociate. Eppure l’apparecchio non ha mosso un dito.
“Sembra molto deciso”, commenta Hay Lin.
“Che gli schiattino tutti i transistor!”, sbotta Will.  “Diamo un’occhiata in giro”, dice, raddrizzando la sedia caduta.
Hay Lin cerca qualunque cosa sia in grado di emettere suoni. Uno strumento musicale, un CD… Niente! Era chiaramente pretendere troppo.
La sua attenzione viene attirata dalle sedie. Chissà se…
Ne prende una per la spalliera, trascinandola sul pavimento.
“Che fai?”, la apostrofa Cornelia. “Vuoi svegliare gli inquilini del piano di sotto? Se devi proprio, almeno trascina delle catene, così daranno la colpa ad un fantasma!”.
“Taci! Le vedo!”. Hay Lin, assorta, torna a muovere la sedia. Si immedesima, ad occhi chiusi, in sensazioni che può percepire solo lei.
Dopo una breve attesa, recita ispirata: “Erano tutte sedute qui attorno. Vera ha fatto una rivelazione che le ha sconvolte”.
“Che cosa ha detto?”.
“Non distinguo le parole. Intuisco sorpresa, sconforto, poi una decisione disperata”. Riapre gli occhi, e indica. “Vera sedeva lì, e la goccia di Cornelia qui accanto… Andando per esclusione, questa era la sedia della goccia di Irma”.
“Irene”, puntualizza Cornelia.
Hay Lin si sposta due posti a sinistra, e trascina un’altra sedia. “La mia goccia! Pao Chai! Spaventata, disorientata…”. I suoi occhi ancora serrati si volgono a destra. “Hanno fatto qualcosa alla biondona”.
“A Carol? Anche io vorrei!”, bofonchia Cornelia.
“Aveva gli occhi vuoti. Come ipnotizzata”. Hay Lin inizia a trascinare un’altra sedia, cercando di distinguere storie diverse dietro rumori che sembrano uguali.

Delle voci oltre la porta d’ingresso catturano la loro attenzione.
Spente le luci, si accostano all’uscio, sbirciando dallo spioncino.
 
 
Sul pianerottolo, un’anziana signora in vestaglia e bigodini sta fronteggiando, pugni sui fianchi, una ragazza in costume che ha tutta l’aria di una Irma disorientata.
“Speravo che non fosse necessario ricordarglielo. E’ notte fonda, e la buona educazione vieta gli schiamazzi notturni!”.
“Schia… schiamazzi?”, fa Irma, stretta in un angolo accanto alla porta.
“Trascinare sedie! Rovesciarle! Parlare ad alta voce alle due di notte!”.
“Anche lei sta parlando ad…”.
“Non mi interrompa, prego. E cos’era quel lampo nell’atrio a basso? E questo indecente costume con le alette, alle due di notte? Mi risponda, signorina Lane!”.
“Lane?!? Ma… lei sta prendendo lucciole per lanterne!”.
“Si è vestita da lucciola? Non faccia l’innocente, per una volta!”.
“Lucciola?”, fa Irma sempre più disorientata. “Ma, signora, che dice?”.
“Non mi dirà che è un costume da lanterna!”.

Cornelia si decide, reprimendo un ghigno. Si passa una ciocca di capelli lunghi davanti al viso, fa alle altre il gesto di stare indietro, e apre la porta. “Irene, vieni dentro! Non perdere tempo!”.
“Irene?”, fa stupita l’altra, mentre viene trascinata dentro per un braccio.
“Signorina Hair!”, esclama l’anziana. “Saprà che…”.
“Si, lo so, signora. Non si preoccupi, la festa è finita. Ah, vuole entrare a farsi una pista di neve? No? Buona notte, allora!”.
Quando la porta le si richiude in faccia, la signora Priest sembra una statua di cera, congelata con la bocca aperta e con il dito ancora sollevato.

“Ma… chi è quella megera?”, chiede Irma disorientata. “Cosa le ho fatto?”.
Hay Lin è l’immagine della vergogna. “Che figura orribile!”.
Will è stralunata. “Ma Cornelia? Sei pazza? Che ti è saltato in mente?”.
Cornelia, le fa segno di tacere, ed indica la porta. “Niente nomi”, bisbiglia. “Quella donna è ancora lì. Per fortuna ci ha scambiate per loro, se no avrebbe chiamato la polizia. Ma le sarebbe bastata una seconda occhiata per capire il suo errore”.
“Ma era necessario…”, fa  Hay Lin, ancora col viso coperto per la vergogna.
Il ghigno di Cornelia la fa rabbrividire: “Questo non ha ancora pareggiato il mio conto con Carol”.
“…”.
“Ma Irma, che facevi fuori dalla porta?”, chiede Will sottovoce.
“Ho solo fatto come mi hai detto tu al telefono”, risponde  incerta. “Ho mandato indietro la memoria del portale fino a vedere Elyon qui, poi mi sono trasferita… ma sono apparsa nell’atrio a basso, con un lampo che ha illuminato mezzo cortile”. Riprende in tono sdegnato: “Non è colpa mia se quell’affare funziona male anche quando è in garanzia!”.
“E la tipa….”.
“Quando ho salito le scale leggendo i nomi sui campanelli, quella è uscita e mi è venuta dietro”. Ora le guarda sarcastica. “Ne avete fatto di chiasso, eh? Non sono certo stata io a giocare con le sedie!”.
“E Taranee?”, cambia discorso Will, accigliata.
“Non l’ho vista", rispnde Irma con noncuranza. "Starà dormendo della grossa”.
Cornelia le sorride mielosamente. “Forse avrebbe fatto bene anche a te, cara”.
“A questo punto, speriamo che non venga”, sospira Will, fingendo di non vedere le linguacce che le due si scambiano. “Ve l’immaginate se apparisse nel salotto della signora?”. Poi, si rivolge ad Hay Lin per riprendere il filo dell’indagine. “Hai scoperto qualcos' altro?”.
La cinesina annuisce. “Mi sono fatta un’idea inquietante. Ciò che ho percepito era diretto più contro di noi che contro Elyon”.
“Cosa?”. “… di noi?”.  “Ma perché?”.
“Paura... risentimento...”, risponde la Guardiana dell'Aria con un gesto vago.
“Così all’improvviso?”, insiste Will. “Dopo che Vera ha parlato loro?”.
“Vi meraviglia?”, chiede la Guardiana dell’Acqua. “Ce le ha messe contro con qualche balla cosmica”.
“Ma perché?”, chiede Hay Lin.
Irma le risponde con un sorrisino da ‘quanto se ingenua’: “Per diventare regina di Meridian. Non ti basta?”.
Hay Lin, non convinta, chiude gli occhi e torna a muovere la sedia di Vera. Quando li riapre, ha un quesito per le amiche: “Voi come immaginereste una che mente alle compagne? Che ruba il trono a chi la ha creata?”.
Will ci pensa un attimo. “Ambiziosa. Spregiudicata. Calcolatrice”.
Hay Lin scuote piano il viso. “Cerchiamo la sua camera da letto”.

Alla luce, la stanza appare in disordine, con il letto disfatto. Armadi e cassetti sono aperti, ma il loro contenuto è quasi tutto ancora dentro.
“Sembra che siano scappate in fretta”. commenta Will guardandosi attorno. Luce a parte, non c’è alcun apparecchio elettrico nella stanza. “Però non ha lasciato testimoni scomodi”.
“Hay, potresti cominciare dal cuscino”, fa Irma.
“Sì. Vediamo… che rumore può fare un cuscino?”.
“Adesso ti mostro…”. Irma lo afferra e, a sorpresa, tira una cucinata in testa a Cornelia.
“CERVELLO D’ACQUA!”, ruggisce la bionda. “NON SAI CHE SONO ALLERGICA…”. La frase finisce in uno scoppio di tosse. Cornelia esce dalla stanza, sempre tossicchiando.
Will gratifica Irma con un'occhiata poco indulgente. “Complimenti. Cosa faremmo senza di te?”.
“Vi annoiereste a morte”, risponde convinta l’altra.
Hay Lin, compunta, comincia a strofinare il cuscino,  poi lo sbatte sul materasso. “Così non va bene”, conclude scuotendo il viso.
“Sono contenta che te ne sei accorta”, fa Cornelia, ancora dal corridoio. “Una cosa l’ho scoperta io: è un cuscino d’oca”.
Will la guarda sorpresa. La Guardiana della Terra è tornata al suo aspetto normale, con un’elegante loden ed una borsetta blu.
“Ma… perché ti…”.
“Perchè, quando mi trasformo in guardiana, la borsetta sparisce”, risponde lei, riponendovi qualcosa di simile ad un inalatore.
“Non è paradossale?”, fa Irma dalla camera. “la Guardiana della Terra è allergica alla polvere!”.
“E la…”.
“BASTA FARE CHIASSO!”.
Ammutolite le due, Will torna ad osservare Hay Lin.
Distesa sul letto, la cinesina appoggia la testa sul cuscino e vi passa sotto la mano. “Così”. Aggrotta gi occhi chiusi, come cercando di focalizzare pensieri incomprensibili.
Dopo molti tentativi, si rialza. “Questo cuscino riporta molti ricordi, ma non combaciano tra loro”. Si mette a sedere sul letto, e riflette. “Secondo me, la decisione è stata presa dalla sera alla mattina, dopo avere parlato con Elyon”.
“E lei dice di non essersi accorta di niente…”, riflette Will.
“Forse qualcuno ha semplicemente scambiato i cuscini”, azzarda Irma. “Possono essere ricordi di due persone diverse”.
“Forse”, ammette Hay Lin.
La stanchezza di una giornata troppo lunga piomba addosso, quasi improvvisa, alla ex guardiana del Cuore. Si siede sul letto. “Cosa può voler dire ciò?”.
“Che Elyon non è così sveglia come crede”. Irma, dopo emesso il suo verdetto, rivolge la sua attenzione fuori dalla finestra, sbirciando da sotto le saracinesche. Il bel giardino è illuminato ad arte, e gli alberi…
Resta un attimo impietrita. Attraverso i rami del filare si intravedono luci lampeggianti blu e rosse.
Dopo qualche secondo, il sospetto diventa certezza. Due agenti stanno percorrendo il vialetto verso la palazzina.
“Ragazze, temo che stia arrivando la polizia”.
“Cosa? Proprio adesso?”, fa Will.
Irma sorride sarcastica. “Corny, complimenti per la tua geniata sulle piste di neve. Ora sono venuti a sciare”.
Gli occhi dell’altra lampeggiano di sdegno. “Sei tu che continui a parlare forte, come se fossi in piazza!”.
“Basta!”, le interrompe Will. “Per ora dobbiamo ritirarci, ma torneremo. Domani, poi, Elyon avrà ancora delle cose da chiarirci”. O da confonderci ancora di più, pensa, mentre un lampo cancella l’immagine della camera attorno a loro.
 

Heatherfield, casa Vandom-Collins, undici ore dopo

Uscendo dalla doccia con un asciugamano in testa, Will si guarda nello specchio appannato dal vapore. La sua immagine è del tutto offuscata, ma lei immagina come apparirebbe. Due giorni convulsi e due notti quasi insonni le pesano addosso, le segnano il viso, le rallentano i pensieri ed i movimenti.
Torna piano verso la camera, e si siede sul letto, guardandosi nel lungo specchio a piantana.
Incontra gli occhi riflessi della grande rana di peluche, che la guarda dall’alto di una mensola.
Che c’è, ranocchione? Sono così mal messa da meritare la tua compassione?  Forse sì. Non sono di ferro, sai. Oggi ho dovuto supplicare mia mamma per restare a casa.
Questa stanza mi sembra un po’ più estranea, ora. Ci sono entrate due ladre, e tu lo sai. I tuoi inutili occhi di vetro hanno visto tutto. Mi hai lasciata derubare senza un grido d’allarme. E ora sono qui, distrutta e sfiduciata, a pensare di parlare con uno stupido pupazzo di pezza.

Prima che lo stupido pupazzo possa risponderle per le rime e precipitarla ancora di più nello sconforto,  lo scatto della serratura la fa sobbalzare.
“Will, sei in casa?”, fa la voce di Collins.
“Dean, già di ritorno?”, chiede sorpresa.
Prima che lei possa alzarsi, lui è già sulla porta della camera. “Come ogni giorno all’una e venti”.
Will, confusa, guarda l’orologio. L’una e venti… ma come è sparito il tempo questa mattina?
La guarda indagatore. “Tu, piuttosto, come ti senti?”.
“Bene…. Ssi, bene…”, cerca di convincerlo, senza troppo successo.
“Da quando hai perso quel ciondolo che ti ha regalato Matt, sei fuori di te”.
Will annuisce, nascondendo lo sguardo. Questa è stata la scusa ufficiale per le sue stranezze.
Ha anche avvertito Matt di tenerle su il gioco, venendone tempestata delle stesse domande alle quali sta disperatamente cercando risposta.

La voce del baffone le arriva dalla cucina: “Non hai messo su niente per il pranzo?”.
“No. Scusa, sono in pallone…”. Lo raggiunge in cucina, e si affloscia apatica su una sedia.
Mentre scalda qualcosa nel forno a microonde, Dean le racconta, un po’ imbarazzato: “Oggi ho interrogato la tua amica Hale, e le ho messo una D”.
“Cosa?”, fa lei incredula. “Un simile buco a Cornelia? Come mai?”.

DLIN-DLONN
“Il campanello. Chi può essere?”, si chiede Dean, senza perdere di vista il timer del forno a microonde. “Will…”.
“Vado”, risponde lei, cercando di assumere un contegno. L’asciugamano sui capelli e le pantofole raniformi non la aiutano in questo.
Toc, toc.
Chiunque sia, è già alla porta.
Apre.
“Oh… ciao!”. Davanti a lei ci sono due amiche, ancora con gli zaini in spalla.
“Ciao, Will. Batti la fiacca?”, la saluta Irma; il suo largo sorriso fa a pugni con lo sguardo assonnato.
“Volevamo sapere come stai”, rilancia Taranee, anche lei non proprio vispa.
“Bene…”, mente Will. “E tu?”.
“Insomma… vorrei giustificarmi. Stanotte mio padre…”.
“Non importa”, la interrompe Will. “Non c’è problema”.
“Se ci offri il pranzo, ti racconto di come ho fregato Collins”, cinguetta Irma sognante. “Il mio primo A in storia!”.
Will lampeggia con gli occhi, poi si gira verso dietro. “Dean, abbiamo qualcosa da offrire per pranzo?”.
Irma si fa piccola e contrita. “Oops…”.
“Lasagne di ieri”, risponde la voce dalla cucina. “Le scaldo?”.
“Non disturbatevi, grazie”, risponde Taranee. “Siamo solo di passaggio”.
Collins arriva alla porta. “Ehilà, ragazze”.
“Ehilà”, ripete Irma imbarazzata. “Buongiorno, prof. Stavamo andandocene… non insista, grazie”.
Taranee sorride compunta. “Volevamo solo dire una cosa a Will…”.
“Prego!”. L’uomo torna discretamente in cucina.
Taranee abbassa la voce. “Will, noi tutte passeremo da Elyon alle tre, questo pomeriggio. Vieni anche tu?”.
Le guarda accigliata. Sono solo due giorni che le è stato sottratto il talismano che faceva di lei il capo del gruppo, e le sue compagne la mettono già davanti a decisioni prese in sua assenza?
 

Heatherfield. vicino a casa Portrait

Ore tre meno cinque, molti caffè dopo. Mentre sta per svoltare per Valley Forge Street, la via di casa Portrait, la ex Guardiana del Cuore si sente chiamare alle spalle. “Will!”.
Si volta tentando un sorriso. “Ciao, Cornelia”.
L’amica la raggiunge a passo lungo. “Hai una falcata… anche con le gambe più lunghe, ho faticato non poco a raggiungerti”.
“A proposito… Dean mi ha…”.
“Oh, no, speravo che non lo spifferasse in giro”, si vergogna Cornelia. “Le altre non lo sanno”.
Will annuisce grave. “E tua madre?”.
Cornelia scuote piano il viso. “Neanche lei, altrimenti non potrei essere qui, ora”.
“Non puoi tenerglielo nascosto a lungo”.
“Glielo dirò stasera”. Storce le bocca. “Non potrai contare su di me per i prossimi giorni”.
Will si acciglia. “Neanche per il museo d’arte moderna, domani pomeriggio?”.
“Quello sì, visto che è per una ricerca scolastica”.
Ormai sono quasi a casa di Elyon.
Irma, Taranee e Hay Lin stanno arrivando dalla parte opposta, e le salutano sbracciandosi.
“Ricorda! Non una parola su quello!”, sussurra Cornelia tra i denti.

Elyon fa capolino sorridente dai grossi stipiti del cortile. “Ehilà, ragazze, che puntualità!”.
“Ciao Ellie”.  “Ciao”.  “E che vista a raggi X”.
“Non hai scrupolo a farti vedere dai vicini?”, le chiede Taranee. “Ieri tuo padre si è trasformato in un bambino, solo per mettere il naso fuori di casa”.
“Nessun problema”, fa Elyon. “Ho già chiarito tempo fa con il sergente Lair”.
“Ah, ecco…”, risponde dubbiosa la figlia. “Mi piacerebbe sapere come”.
“Non potresti venire a chiarire una cosa anche con il professor Collins?”, chiede speranzosa Cornelia. “O magari con mia madre”, si corregge, dopo aver notato l’occhiata storta di Will.
“Ma certo, Corny! Entrate, entrate…”.
Fa strada sul vialetto. L’erba del giardino è accuratamente rasata, e la casa ha perso ogni traccia di tetraggine ed abbandono. Questo cambiamento appare innaturale, in meno di ventiquattr’ore.
Sulla porta le accoglie Eleanor Portrait, di nuovo sorridente nei panni della casalinga semifelice. “Accomodatevi, ragazze! Venite a collaudare la mia nuova ricetta!”.
Fa strada, con nuovo orgoglio, verso il soggiorno pulito e luminoso. Sul tavolino, tra le poltrone ed il divano, le aspettano sei fette di torta che profumano di mele e cannella, e un bricco di tè fumante.

Appena le ragazze hanno preso posto, la signora porge loro i piattini del dolce,  per poi appoggiarsi sulla spalliera della poltrona di Elyon, osservandole con occhi attenti ed un sorriso gentile.
“Allora, siete state nella casa di Midgale?”, chiede la Luce di Meridian, che sembra scoppiare di curiosità.
“Stanotte”, conferma Will, mentre  scosta con cortesia il gomito di Cornelia, seduta sul bracciolo. Fa fatica a inquadrare il buon umore dei Portrait.
“Si vede”, ridacchia Elyon, a cui non sono sfuggiti gli occhietti assonnati delle altre. “E che informazioni ne avete tratto?”.
Hay Lin è seduta sul divano con Irma e Taranee. Guarda verso Will, ricevendone un cenno d’assenso, e racconta: “Ecco, io ho intuito che le gocce ce l’avessero più con noi che con te. Forse per qualcosa che gli ha raccontato Vera quella stessa mattina”.
“Queglia gran bujjarda!”, asserisce convinta Irma, a bocca piena.
Will la gratifica con un’occhiata di rimprovero che non la scalfisce. Avrebbe dovuto raccomandarle ancora di non suggerire le risposte alla loro ospite, ma a volte Irma Lair è la personificazione della caparbietà.
Elyon cerca di sembrare rilassata. “Era scontato che la cosa sia partita da Vera. E di lei, cosa mi dite?”.
Hay Lin riflette un attimo. “Che sembra cambiata dalla sera alla mattina… forse dopo avere parlato con te”.
La reginetta si muove a disagio sulla poltrona. “Non mi ero accorta di nulla nel momento in cui l’ho incontrata. Avevamo anche scambiato le memorie…”.
Mandato giù il boccone, Irma le risponde: “Forse questo metodo non è infallibile come credi. Qualche volta, l’intelligenza può più della telepatia!”.
Elyon alza le spalle, scettica. “Se lo dici tu…”.
Will cerca con cura le parole. “Se le hai detto qualcosa che possa spiegare tutto ciò, ora sarebbe il caso di raccontarcelo”. Studia attentamente, in attesa di una risposta, gli occhi della ragazza seduta di fronte.
Elyon si morde le labbra, poi comincia a giocare con le trecce. “Potrei portare tre ipotesi, ma io stessa le trovo poco convincenti. La prima l’ho già detta: Vera ha lasciato tracce dietro di sé , e io ho avuto la premonizione che qualcuno le ha scoperte”.
“Potrebbe…”.
“Non credo. Avevano altri modi per sviare un’indagine”. Continua a torcersi le trecce sempre più nervosamente. “Poi, c’erano tensioni interne al gruppo. Vera perdeva colpi. Io avevo passato uno dei suoi incarichi a Carol. Era molto in gamba, ed eravamo in confidenza. Questo infastidiva Vera, che la considerava un’arrampicatrice”.
‘Infastidiva anche me’, sembra dire l’occhiata di Cornelia.
Irma gongola. “Ambizione! Gelosia! Invidia! Proprio come dicevo io…ahi!”. Un pizzicotto anonimo la zittisce, facendole rimpiangere di essersi stretta sul divano tra Hay Lin e Taranee.
Cornelia storce il viso, senza commentare, e continua a sbocconcellare piano il suo dolce.
“Hai ancora un’ipotesi, Elyon?”, chiede Will.
“Sì. Qualche giorno fa, a Meridian, mamma…”. Alza gli occhi verso la donna sopra di lei, con i gomiti appoggiati sulla spalliera.  “…cioè il capitano Miriadel, mi aveva rimproverato che ho creato l’unica persona che potrebbe aspirare a sostituirmi sul trono. E’ vero ma’?”.
“Vero, Ellie”, annuisce. “E chi aveva ragione?”.
“Tu, mà”, ammette riluttante. “Beh, quel pomeriggio ci ho rimuginato. Poi, quando ho scambiato le memorie con lei, forse questo ricordo è stato frainteso”.
“Tu temevi ciò davvero?”, le chiede Will.
“No. A parte che avevo fiducia, avevo preso una precauzione in più: lei non è in grado di usare il teletrasporto tra la Terra e il Metamondo”.
“Alla faccia della fiducia!”, sfugge a Taranee.
Per Will questa informazione è nuova. “Allora il Cuore di Kandrakar è stato rubato per servire come un biglietto d’andata!”.
Elyon annuisce. “Credo di sì. Mi dispiace per te, Will, che non lo meritavi”.
“E per la gente di Meridian…”, le ricorda Eleanor. “Incluso qualcuno presente?”.
“Certo, mà. E mi dispiace anche per le ragazze. Io non avevo nessuna intenzione contro Vera. La considero come una sorella, anche adesso” .
“Bel pasticcio, Elyon!”, commenta Irma. “E per fortuna hai sentito solo il bisogno di fabbricarti una sorella. Pensa se avessi voluto un fratello!”.
Cornelia le lancia l’ennesimo sguardo obliquo. “O, peggio, pensa se fosse venuta come Irma Lair!”.
 

Note:
Il potere che Hay Lin utilizza in questo capitolo è stato visto all'opera, se ben ricordo, nei n. 4 e 10 di W.I.T.C.H.
L'allergia di Cornelia per gli acari della polvere è citata, mi pare, in WITCH n.16 e in una storia breve più recente. Io la ho un po' amplificata.
Il chiarimento con il sergente Lair a cui accenna Elyon è stato narrato, ricorderete, in Profezie, cap.10.
Nel disegno, il costume di Irma è quello dei numeri iniziali di Witch. Nella settima serie hanno cambiato i costumi, ma io preferisco rifarmi ai numeri più vecchi, precedenti al 63 quando ho cominciato a scrivere Profezie.
 
 

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Capitolo 38
*** Davanti a un quadro ***


38-davanti a un quadro  
Grazie, Frafra92. Benvenuta tra i lettori di questa saga. I tuoi complimenti mi fanno molto piacere. In effetti, il fumetto W.I.T.C.H. è cambiato molto, negli ultimi anni...
Grazie, Amantha. Hai davvero una vicina come la signora Priest? Non ti invidio troppo. Resto con la curiosità di sapere cosa mi avevi scritto per la puntata precedente. Sul potere di Hay Lin... fammi ricordare: mi pare che sia stato usato nel n.4 a casa della Rudolph, nel n.10 con la moneta di Vlathek, e poi... con il trillo di Nerissa, forse?  Per la decisione di Vera, per una spiegazione esplicita bisognerà aspettare, ma ci sono indizi lungo tutta la storia. Grazie per la segalazione della cucinata. Provvederò a correggere la storia.

In questo capitolo c'è, tra le altre cose, un discorso tra Will e Cornelia che riprende la storia raccontata in Dopo l'ultima pagina, sebbene in circostanze del tutto diverse. Il tema portante, però, è diverso. Ad aprire il capitolo sarà Botolicchio. Chi è? Lo saprete presto. Buona lettura.
MaxT

PROFEZIE


Riassunto delle puntate precedenti 
Dopo un incontro misterioso con la Luce di Meridian, Vera ha convinto le Gocce a impadronirsi del Cuore di Kandrakar e a sostituirsi ad Elyon a Meridian, impersonando la regina e le guardiane. Carol si è opposta, ed è stata costretta con l'ipnosi.
Vera e Wanda hanno sottratto il Cuore di Kandrakar a Will. 
Il giorno dopo, ritrovatesi davanti allo specchio magico della libreria, le W.I.T.C.H. assistono alla trasformazione delle loro gocce in copie delle guardiane e della regina, ed alla loro partenza per Meridian, in contemporanea all'arrivo di Elyon.
A Meridian, la controfigura di Elyon e le finte guardiane esiliano Miriadel e Alborn, mentre Caleb sfugge alla cattura;  pur avendo assunto il potere, si rendono conto di non essere convincenti, e inventano la storia che le guardiane sono a palazzo per proteggere la Luce di Meridian da un complotto.
A Heatherfield, rifugiatasi con i genitori nella sua vecchia casa, Elyon spiega che quella che si sta realizzando è una sua profezia, contenuta in disegni e frasi casuali, la cui interpretazione fino a quel punto era ambigua; a priori,  si poteva pensare che sarebbero state le stesse Elyon e le Witch a instaurare una tirannia nel metamondo. Inoltre, la profezia prevede che la tirannia duri un anno, che a Meridian dura diciotto mesi. Elyon è decisa a non tentare niente prima di questa scadenza, ma Will non si rassegna.
Facendo un sopralluogo nella casa delle Gocce a Midgale, Hay Lin percepisce frammenti di ricordi contraddittori: le sembra che Vera sia cambiata subito dopo l'ultimo incontro con Elyon. Questa non sa dare spiegazioni convincenti del cambiamento, ma non sembra risentita per il tradimento.

Cap. 38
 

Davanti a un quadro


Per qualcuno, il mondo è fatto di odori, prima che di immagini o di suoni. Qualcuno sa distinguere mille significati nella miscela di profumi di una giornata.
Le macchie alla base di questo muretto parlano come se fossero messaggi scritti. Di qua è passata Altea, stamattina. E’ in gran forma.  E dopo di lei, quel bullo tutto testosterone di Billy.
Una folata autunnale porta un innaturale odore di sapone al gelsomino.
Il cagnolino alza gli occhi. C’è una ragazza dai capelli rossi e gli occhi castani da cocker che lo guarda intenerita. E’ quella che vive in questo palazzo, di sicuro. Ha già riconosciuto questa miscela di odori sull’ingresso. Deve essere la figlia di quella donna che, la settimana prima, ha calpestato uno dei suoi capolavori, mescolando cani e porci nei suoi latrati di disappunto, e strisciando le suole sul bordo del marciapiede mentre malediceva i suoi discendenti per sette generazioni.
La ragazza sporge una mano per farsi annusare. “Ciao, Botolicchio!”.
Meglio non contraddirla, anche se lui si chiama Fido, non Botolicchio.
Le annusa la mano, cercando di percepire qualche aroma più genuino. Sudore, per esempio. Sì, sente qualcosa… Guarda la ragazza negli occhi. Il sorriso tenero è solo un velo sottile. E’ incerta, lo vede dallo sguardo, che si allunga spesso verso il marciapiede. Ad ogni occhiata, per un attimo il sorriso svanisce. Anche l’odore della mano non inganna, se uno sa leggere oltre questa barriera al gelsomino. Questa umana deve affrontare qualcosa. E’ impaziente, nervosa, e cerca di nasconderlo con un sorriso.
La ragazza dai capelli rossi si volta per l’ennesima volta. Lungo il marciapiede ne arriva un’altra, alta e sottile, con i capelli un po’ come i peli di un levriere afgano, ma più lunghi e lucenti. Il suo tanfo di Chanel prende alla gola anche a distanza, mascherando quasi completamente l’odore di gatto certosino ed altri olezzi meno interessanti.

“Ciao, Will”.
“Ehilà, Cornelia”.
Quando arriva vicino, la nuova arrivata lancia loro un’occhiata dall’alto. “E’ un… cane?”.
“Ti presento Botolicchio!”, dice dandogli un’ultima carezza sulla testa, tra le corte orecchie a bottone.
Fido! Io mi chiamo Fido!
“Tanto piacere. Ma ora, sei pronta ad andare a vedere quei quadri?”.
“Prontissima”. Si alza e fa per prendere a braccetto la bionda, che si scosta.
“Will, per piacere, prima di toccarmi dopo averlo accarezzato, lavati le mani!”.
Mentre si allontanano, il cane ascolta i loro discorsi.
“Va bene, non ti sporco il tuo bel cappotto azzurro. E’ nuovo?”.
“Sì, lo ho sentito che gridava prendimi, prendimi, in una vetrina del centro. Perlana non c’entra”.

Il cane scrolla la testa. Quelle due sentono parlare i cappotti, vedono immagini fantastiche su chiazze di colore che imbrattano una tela… ma non hanno idea di quante cose vere può raccontare ogni minimo odore che emanano.
 

Heatherfield, museo di arte moderna.

Mezz’ora dopo, le due ragazze stanno vagando per le sale del museo di arte moderna della città,  condividendole con scolaresche, turisti, intenditori e qualche occasionale borseggiatore.
Le ampie sale sono sagomate come ovali ben raccordati tra di loro, e formano una catena irregolare che si avvolge attorno a sinuosi cortili interni. Al centro delle stanze, delle isole ovali sormontate da lucernai aumentano la superficie espositiva, e l’impressione generale è di vagabondare nei rilassanti meandri di un labirinto da sogno, costellato di nicchie sfaccettate dove sono esposti dipinti pregiati, spesso di fama nazionale. Nei punti più larghi, colonnine e piedistalli sostengono sculture che possono ispirare domande profonde sul significato della vita, dell’arte e, talvolta, su come distinguerle dai resti di una bicicletta incidentata.

Due occhi fissi, disperati, le scrutano come per chiedere un aiuto che non verrà mai. La sagoma del corpo è svanita in una nebbia che si avvolge a spirale nella notte senza stelle, e si estende lontano, fino a raggiungere la cornice.
“Urlo silenzioso. Daniel Richter, 1998. Acrilico su tela”.  Will scarabocchia svogliatamente qualche appunto su un notes.
“Accademia delle Belle Arti di Heatherfield. Beh, diciamo Accademia delle Arti”, commenta Cornelia, inquadrando l’opera con la macchina fotografica del suo cellulare.
Will alza un sopracciglio. “Non ti piacciono i quadri?”.
“Qualche volta mi impressiona come esprimano uno stato d’animo. Però sai che non sono portata per questo”. Tace un attimo, trattenendo il respiro mentre scatta. Poi, abbassando il telefonino: “Will, come mai ieri hai declinato l’offerta di Elyon di accompagnarci? Avrebbe potuto esserci di grande aiuto”.
“Volevo parlarti a quattr’occhi”.
Cornelia, un po’ a disagio, cerca scampo in qualche facezia. “Allora quelli del quadro sono di troppo”.
“Non ha né orecchie né bocca. Lo sopporterò”. La ex Guardiana del Cuore cerca le parole per iniziare. “Ho notato che sei molto silenziosa quando parliamo di Elyon”.
L’altra si aggiusta il bavero del cappotto azzurro. “Davvero? Non mi pareva”.
“A parte i battibecchi con Irma, naturalmente”, concede Will con un mezzo sorriso.
“E’ lei che me le tira fuori!”, risponde più animata. Poi, scrollando le spalle: “Beh, è sempre stata così. Una differentemente geniale”.
Will trattiene un sorrisino a questa cattiveria, ma non si lascia sviare. “Tu frequenti Elyon anche al di fuori del nostro gruppo, vero?”.
Cornelia si pone impercettibilmente sulla difensiva. “E’ un male? E’ la mia migliore amica fin dai tempi della prima, allo Sheffield Institute”.
“Devo dirti il vero. Ho avuto l’impressione che ci nasconda qualcosa”.
Cornelia non risponde. Si sposta di lato a guardare il dipinto successivo.
Will si porta di nuovo al suo fianco. “Io credo che tu abbia un’idea di che si tratta”.
La risposta di Cornelia si fa attendere.
 
 

La ragazza osserva un dipinto che rappresenta delle lune, per metà illuminate e per metà in ombra, in un cielo serale venato d’azzurro e di rosso. L’orizzonte appare disegnato dalle luci puntiformi di una grande città dall’architettura aliena.

“Mezze verità”, dice infine.
Will resta interdetta. “Come?”.
“E’ il titolo del quadro. Sempre di Daniel Richter, 2000. Acrilico su tela”. Torna ad armeggiare con il cellulare, facendo qualche passo indietro. “Will, puoi spostarti?”.
Will si scurisce in viso. “Stai evitando il discorso?”.
“La professoressa Warton vuole questa ricerca per domani, lo sai. Perché non scrivi?”.
Di malavoglia, Will scarabocchia qualche appunto e tace. Osserva gravemente l’amica, che fa del suo meglio per restare indifferente.

Una famigliola si avvicina. Un bambino passa davanti a loro e guarda il quadro, estasiato dai colori vivaci del cielo. “Mamma, guarda che bello!”.
“Sì, tesoro. Non toccarlo, se no suona l’allarme”.
“Ma, papà, perché ci sono tre lune nel cielo?”.
“Perché sono su Marte”, risponde l’uomo, sottolineando con un dito alzato la sua cultura enciclopedica.
“Papà, che racconti?”, gli fa stupito il bimbo. “Marte ha solo due satelliti: Phobos e Deimos”.
Dopo un momento di imbarazzo, il padre svia: “Toh, guarda quell’altro quadro. Non ti sembra un vampiro, quello?”.

Cornelia ha seguito la scenetta con un sorriso sulle labbra, ma si accorge che l’amica è rimasta cupa e silenziosa.
Dopo un po’, il silenzio comincia a pesarle.
“Will, dimmi, come ti senti senza il Cuore di Kandrakar?”.
La ex Guardiana del Cuore la guarda, sorpresa della domanda.
“Vuoi saperlo davvero, Cornelia? Mi sento vuota. Inutile. Ora sento un bisogno quasi fisico di quell’oggetto, e scoprire questo mi sconvolge quasi quanto la sua scomparsa. A me, il Cuore di Kandrakar aveva cambiato la vita più che a voi. Me la aveva riempita. Le aveva dato uno scopo al di là del grigiore di ogni giorno”.
Con un’occhiata alla sua compagna, Will capisce che è turbata. Va bene. Se qualcosa aveva creato un muro, forse è il momento di giocare il tutto per tutto per farlo cadere.
Continua: “Quando arrivai ad Heatherfield, mi ero portata dietro le ombre dell’ultimo anno trascorso a Fadden Hills, dove abitavo prima. Negli ultimi tempi, mio padre mancava sempre più spesso da casa. Mia mamma mi diceva sempre che il papà mi pensava in ogni momento. Mi raccontava come lui lavorasse tanto per comprarci una casa meravigliosa”.
Ora Will parla con gli occhi persi lontano, focalizzati oltre le lune del quadro. “Ho fantasticato tanto su quella casa. Credevo che vi saremmo vissuti tutti assieme, felici, e lui sarebbe restato con noi a godersela”. Per un momento, il suo sguardo è sembrato sereno.
“Nelle sere, quando io e lei restavamo sole, quel racconto mi rasserenava. Le chiedevo spesso di parlarmi della casa nuova, di come avremmo vissuto. Finché, poco a poco, cominciai a sentire come se ci fossero incrinature, una nuova stanchezza nella voce di mia mamma. Come se non credesse in ciò che raccontava”.
“Will… se non vuoi parlarne…”, sussurra Cornelia, sulle spine. Non aveva inteso aprire un vaso di Pandora, con quella domanda che le era sembrata così banale.
L’altra continua, senza segno di averla ascoltata. “Una notte mi svegliai sentendo mio padre che rientrava. Non mi riaddormentai subito: mi aspettavo che entrasse quatto quatto, mi desse un bacino sulla fronte e mi rassettasse piano le lenzuola. Invece sentii che lui e mamma… mia madre discutevano”. La sua espressione persa si fa, pian piano, sempre più infelice. “Non riuscii a distinguere il senso, solo i toni. Lei era astiosa, irata. Lui cercava di essere conciliante”. Si interrompe un attimo. “Da quella volta, feci più fatica a prendere sonno. Così mi accorsi che discussero in quel modo altre volte”.
“…”
 
Will ha un rapido guizzo di dolore negli occhi. “Una volta mi sembrò che mia madre fosse molto arrabbiata. Ebbi paura che lo avrebbe scacciato di casa. Piombai nella loro camera, piangendo e gridando basta”.
“…”
“Lui, calmo, rimproverò mia mamma perché mi aveva fatto piangere. Lei lo guardò con odio, senza più rispondere”. Si passa la mano davanti agli occhi. “Quello sguardo d’odio per lui mi restò impresso. Impiegai anni per capire quanto era meritato”.
Cornelia, sconvolta, continua ad ascoltare questo racconto amaro senza più tentare di interromperlo.
“Non li sentii più litigare, la sera: si rispondevano educati e glaciali, e qualche volta mia madre si girava per celarmi l’astio per lui che aveva negli occhi. Dopo quella notte, non provò più a consolarmi con quei racconti. Pian piano capii che la casa nuova e la famiglia felice stavano seguendo le altre favole della mia infanzia verso il loro limbo”.

L’espressione di Will si fa più cupa: “Andò avanti così per mesi, fino all’epilogo. Quella sera li sentii litigare furiosamente. Corsi alla loro camera, ed ascoltai da oltre la porta chiusa, senza il coraggio di entrare, né di fuggire via. Mia madre lo stava accusando di avere venduto la casa dei suoi genitori. Di avere falsificato firme e documenti, corrompendo un notaio..”. La voce, finora piatta e monotona, comincia ad incrinarsi.
Cornelia, sgomenta, vede un insolito luccichio nei suoi occhi. “Will, io…”.
“Lasciami continuare”, dice lei con un gesto di difesa. Gli occhi tornano a perdersi oltre le lune. “Mio padre rispondeva gelido alle sue accuse, ripetendo le stesse parole: la vendita è stata regolare. Alla fine, quando lei gli chiese cosa aveva fatto del ricavato, lui rispose che lo aveva impiegato anche per la loro figlia. Non avrebbe mica voluto, lei, che qualcuno potesse vendicarsi sulla piccola Will?”.
“…”.
“Non capii la risposta di mia madre. La sibilò lentamente, ma credo che ogni singola parola pesasse come un macigno. Dopo, ci fu solo un lungo silenzio”.
“….”.
“Mio padre uscì dalla camera. Si fermò. Mi guardò, sorpreso. Capì che avevo sentito tutto. Mi fece un’ultima carezza sui capelli, poi prese la porta e sparì. Mia madre mi venne incontro, mi abbracciò convulsamente, senza parlare. Dormimmo strette l’una all’altra, un sonno popolato da incubi, senza dire una parola fino al mattino”.
Cornelia è tutta contratta, con le braccia incrociate e le mani sulle spalle come per proteggersi da un gelo che viene da dentro. “Will… ti stai facendo del male!”.
“Lasciami continuare. Non sono ancora arrivata al punto”. Gli occhi, ora, scorrono sulle innumerevoli lucette della città aliena, senza vederle. “Il periodo che seguì fu difficilissimo, per me. Mi appoggiai alle mie compagne di classe. All’inizio cercarono di consolarmi, a modo loro. Mi invitavano a feste, a cene, a gite di gruppo… ma non era questo che mi serviva. Provai ad inserirmi, ma era uno sforzo. Mi sembravano così lontane quando pensavano a divertirsi e farmi divertire… Dopo un po’, mettevo il muso, o prendevo in disparte una di loro e mi sfogavo per tutto il resto della serata”. Si gira verso Cornelia, con un sorriso fuggevole. “Un po’ come sto facendo ora. Non è un modo per rendersi popolare, lo so”.
“…”.
Will riprende: “Come tutte le cose, anche la scuola finì, quell’anno. La prima media. All’inizio cercai un po’ le mie compagne. Loro, per contro, non mi cercarono mai. Fu un’estate pesante e solitaria, ma alla fine ero riuscita a farmi una ragione dell’abbandono di mio padre. All’inizio della seconda media, volevo ricominciare a vivere. Ma quando rividi le mie compagne…”.
Per un attimo la voce si rompe, i pugni si serrano, le nocche sbiancano.
Riprende, facendosi forza. “Quando rividi le mie compagne, mi accorsi che potevo leggere i loro pensieri, e che tutte mi stavano evitando”.
Cornelia, sempre più contratta, alza gli occhi verso Will, che si è avvicinata ad un passo dal quadro, come per nascondere il viso chino.
“Fu orribile. Questo colpo mi arrivò inaspettato, senza niente che me lo lasciasse presagire. Quella volta piansi, urlai, senza che le altre capissero il perché. Si disse che ero scoppiata, ed era vero. Ma non per la separazione dei miei”.
Riapre gli occhi arrossati. Mentre parla, si sente che qualcosa le attanaglia la gola.  “Il resto dell’anno scolastico fu un lento incubo. Le mie vecchie amiche, imbarazzate, mi evitavano apertamente. Io fui visitata da una psicologa”. Il suo viso accenna ad una smorfia di disgusto. “Era un essere ipocrita e presuntuoso. Si presentò con parole suadenti e comprensive, ma mirava solo a classificarmi nei suoi schemi precostituiti. All’inizio mi fidai di lei, le dissi tutto. Fui così sciocca da raccontarle persino di aver sentito i pensieri delle mie compagne. Lei mi fece parlare a lungo, come se mi credesse. Poi scrisse una relazione in linguaggio criptico. Riuscii ad averla tra le mani trovandola tra le carte di mia madre. Rileggendola molte volte, capii solo che mi considerava una mezza pazza depressa e allucinata”. Scuote la testa piano. “Mi prescrisse delle pilloline. Prozac. Masticai amaro, ma devo ammettere che mi aiutarono a sopportare l‘isolamento nei nove mesi di scuola successivi”.
Si volta verso Cornelia. “Arrivai ad Heatherfield ad anno scolastico iniziato, dopo un’altra estate solitaria. Il resto lo sai”.

La compagna si stringe nelle braccia, lo sguardo a terra.  “Perché mi hai raccontato tutto questo, Will? Perché proprio a me? Perché proprio ora?”.
“Per dirti che, forse, anche ad Heatherfield mi sarei trovata come a Fadden Hills. Una si porta dietro i suoi fantasmi ovunque vada. Forse anche voi mi avreste emarginata. Forse, se non è stato così, lo ho dovuto solo al Cuore di Kandrakar”.
La guarda con un sorriso triste, quasi di sfida. “Ho risposto alla tua domanda?”.
Cornelia annuisce, e cerca di vincere il groppo alla gola. “Will… all’inizio, anche io mi chiedevo perché quel monile, ed il ruolo di capo, fossero stati dati proprio a te. Quella volta, io ero abituata a primeggiare, tra le amiche. Ero quella che aveva più libertà, più denaro, i vestiti migliori, i modi più raffinati, l’ammirazione dei ragazzi, e l’invidia di tante. Ero quella che veniva ricercata, invitata a tutte le feste, ed estendevo benignamente gli inviti alle sue amiche. Ed avevo poteri, da molto tempo prima di incontrarti, anche se non l’avevo mai detto a nessuno. Sorridevo con sufficienza ai piccoli miracoli di cui Irma andava tanto orgogliosa”. Tace a lungo, ripensando a quei tempi. Le sembra impossibile che siano passati solo tre anni.
Riprende: “Poi sei arrivata tu. All’inizio, ti ho vista come polvere negli occhi. Poi ho ammirato il tuo coraggio. Ho anche dovuto ammettere che, quasi sempre, hai saputo scegliere più saggiamente di me. E sai cosa ti dico? Questa sconfitta mi ha fatto bene”. Alza gli occhi. Le è costato molto pronunciare quelle parole. “Insomma, tu sei stata scelta per detenere il Cuore di Kandrakar perché avevi delle grandi potenzialità. Anche ora che non possiedi più quell’oggetto, le tue qualità non ti hanno lasciato. Resti sempre la stessa, a meno che non decida tu stessa di affossarti”.

Will ha ascoltato prima con stupore, poi quasi con le lacrime agli occhi.
Il momento dura a lungo, poi lo sguardo di Cornelia cambia lentamente mentre recupera pian piano il suo contegno abituale. “Tu hai raccontato di avere letto nel pensiero delle tue compagne. Questo tuo potere è nuovo, per me”.
Will annuisce. “L’unica volta che è successo, mi ha distrutta. Forse l’ho rimosso per sempre”.
Cornelia ci pensa. “Ciò spiegherebbe la capacità di Wanda”.
“Cosa?”. La guarda ad occhi sgranati. “Wanda può leggere i pensieri?”.
“Sì, e fin da prima di incontrare Vera”, conferma Cornelia. “Elyon pensava che questa capacità derivasse dalla sala degli specchi di Kandrakar, ma forse è invece la copia di un tuo potere che si è sbloccato. In fondo, la tua goccia non ha i tuoi ricordi d’infanzia”.
Will torna imbronciata. “Quante cose sai! Wanda… la sala degli specchi…”. Il suo sguardo si focalizza di nuovo sul titolo del quadro: Le mezze verità. “In questo momento, rimpiango molto questo potere perso”.
“…”.
“E sai perché, Cornelia?”. La guarda risentita. “Perché ho l’impressione quasi fisica che Elyon non ci ha detto tutto. Forse non ci ha mentito, ma ci ha raccontato solo mezze verità”.
Cornelia annuisce, a disagio.
“E ora”, continua Will, “ho la sensazione che anche tu ne sappia di più di quello che hai detto”. La fissa con intenzione.
Cornelia distoglie lo sguardo. “Sai, quando ho saputo del furto del Cuore di Kandrakar, anche io ho pensato qualcosa di simile. Elyon doveva conoscere quel futuro, ma non me ne aveva fatto cenno. Ci rimasi male, eravamo d’accordo di confidarci tutto”. Torna a guardare Will. “Però, sentendola parlare per strada, ho capito che tenere qualcuno all'oscuro può essere un modo per proteggerlo”.
“Proteggerlo? Da cosa?”.
“Da possibili conseguenze di una sconfitta già annunciata, nel tuo caso. Dal peso di un segreto da non poter confidare alle proprie amiche, nel mio”.
Will cerca di soppesare le parole dell’altra. Cosa le sfugge? “Tu avevi già visto i disegni della profezia. Mi pare chiaro che hai già qualche tua ipotesi su cosa sta succedendo”.
Cornelia si stringe le spalle. “Quando me li mostrò, ci sprememmo le meningi su tutti i significati possibili. Però erano tutti esercizi di fantasia, gli stessi che potresti fare anche tu a mente fredda. Poi non ne abbiamo parlato più”. Fa un gesto di noncuranza. “In ogni caso, tutte quelle interpretazioni sono superate. Ormai conosciamo quella vera”.
Riprende in mano il suo telefonino, e si sposta di fronte ad un altro quadro. Questa tela, in distanza, sembrava di un grigio quasi uniforme. Vista da vicino, invece, è un vortice di sfumature colorate che, abbastanza ben distinguibili alla periferia, diventano sempre più sottili e compattate verso il centro del quadro, dove si mescolano tutte sfumando nel grigio.
“L’oblio”, legge Cornelia. “Daniel Richter, 1996. Olio su legno. Prendi nota, o ci possiamo dimenticare di portare la nostra ricerca alla Warton per domani”.
Will capisce che il momento di confidenza, che è costato tanto ad entrambe, sta finendo. La prende per una manica e la volta verso di sé . “Guardami in faccia, Cornelia! Aiutami a capire!”.
L’altra sostiene il suo sguardo. “Lascia perdere, Will. Certe cose hanno bisogno di essere credute”.
 

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Capitolo 39
*** Ultimatum ***


39 - ultimatum  
Cara Frafra, grazie per avere recensito l'ultimo capitolo di Profezie. Accolgo con gioia i tuoi incoraggiamenti. 
Rispondo alla tua domanda: Daniel Richter è un nome a caso. Magari esisterà realmente, ma non mi sono ispirato ad una persona reale. Il quadro l'ho buttato giù usando Photoshop come una tela, e sono contento che ti piaccia.
Se ti è interessato il discorso di Will, la sua storia è sviluppata meglio in Dopo l'ultima pagina, parzialmente estrapolato da Davanti a un quadro, che è stato scritto parecchio tempo prima di essere pubblicato.

In questo capitolo ci sono parecchi riferimenti alla quarta serie di WITCH, in cui Elyon fu imprigionata a Kandrakar da Endarno, posseduto da Phobos, e al triumvirato Oracolo-Yan Lin-Endarno che seguì. 
Ho anche citato la madre di Elyon con il nome di Adariel, da me inventato fin dall'inizio di Profezie. Nel fumetto non viene mai nominata, mentre nella seconda serie del  cartone animato viene chiamata una sola volta ma con un nome diverso, Weira.

PROFEZIE


Riassunto delle puntate precedenti 
Dopo un incontro misterioso con la Luce di Meridian, Vera ha convinto le Gocce a impadronirsi del Cuore di Kandrakar e a sostituirsi ad Elyon a Meridian, impersonando la regina e le guardiane. Carol si è opposta, ed è stata costretta con l'ipnosi.
Vera e Wanda hanno sottratto il Cuore di Kandrakar a Will. 
Il giorno dopo, ritrovatesi davanti allo specchio magico della libreria, le W.I.T.C.H. assistono alla trasformazione delle loro gocce in copie delle guardiane e della regina, ed alla loro partenza per Meridian, in contemporanea all'arrivo di Elyon.
A Meridian, la controfigura di Elyon e le finte guardiane esiliano Miriadel e Alborn, mentre Caleb sfugge alla cattura;  pur avendo assunto il potere, si rendono conto di non essere convincenti, e inventano la storia che le guardiane sono a palazzo per proteggere la Luce di Meridian da un complotto.
A Heatherfield, rifugiatasi con i genitori nella sua vecchia casa, Elyon spiega che quella che si sta realizzando è una sua profezia, contenuta in disegni e frasi casuali, la cui interpretazione fino a quel punto era ambigua; a priori,  si poteva pensare che sarebbero state le stesse Elyon e le Witch a instaurare una tirannia nel metamondo. Inoltre, la profezia prevede che la tirannia duri un anno, che a Meridian dura diciotto mesi. Elyon è decisa a non tentare niente prima di questa scadenza, ma Will non si rassegna.
Facendo un sopralluogo nella casa delle Gocce a Midgale, Hay Lin percepisce frammenti di ricordi contraddittori: le sembra che Vera sia cambiata subito dopo l'ultimo incontro con Elyon. Questa non sa dare spiegazioni convincenti del cambiamento, ma non sembra risentita per il tradimento. 
A Will sembra che Cornelia possa aver capito qualcosa di più su questo atteggiamento, ma lei risponde alle sue insistenze solo con una frase sibillina.

Cap. 39

Ultimatum



Heatherfield, casa Vandom

Sente la sua pelle calda accanto a lei, il dolce profumo del suo sudore. Il suo respiro si fa profondo. Sente le sue mani che la cercano. Sta per dire il fatidico ‘sì’.
All’improvviso, tutto si accende di una tenue luminosità grigio-azzurra.  ‘Matt, dove sei?’, le sembra di gridare. Lo cerca con gli occhi, con le mani. Inutile. Non c’è più.
Una sagoma piccola e ieratica sembra condensarsi dalle nubi. Le fattezze di un viso anziano prendono forma davanti a lei.
“Will, ti devo parlare”.
“Saggia Yan Lin!”. La ragazza si guarda. E’ presentabile? Non lo saprà mai. Al posto del suo corpo, vede solo nuvole.
“Guardiana del Cuore, ho un messaggio dell’Oracolo. Vuole incontrare Elyon al più presto”.
“Al più presto… a quest’ora della notte?”. Si fa per dire. Non sa affatto che ora possa essere.
“Aspetterà fino a domani pomeriggio, non di più”.
Nel sogno, Will si inchina in un rispettoso congedo, poi le sorge una domanda: “Saggia Yan Lin, perché lo vieni a dire proprio a me?”.
Il viso dell’anziana si increspa in una vaga espressione di disappunto. “Perché sembra che la giovane Luce di Meridian non ricordi troppo bene i sogni, alla mattina”.
Il chiarore si affievolisce, fino a sfumare nell’oscurità più completa.

Un biip-biip elettrico la richiama al mondo. La notte è finita. Il suo sogno d’amore non tornerà.
Al suo posto, c’e il sorriso di una sveglia batraciforme che le indica, con le lancette sul suo grosso ventre, l’ora meno amata delle sue giornate.
Dall’alto della mensola, gli occhi di una grande rana di peluche la guardano con immobile allegria.
La luce del nuovo giorno appena sorto filtra attraverso la tenda alla finestra, e lei si sente già stanca.
 

Heatherfield, casa Portrait, ore tredici e un quarto

Finalmente è tornato un assaggio di quel passato felice che le sembrava perso per sempre. La stessa cucina di una volta, le stesse pietanze, le stesse facce dei genitori … un po’ più cupe, però.
“Mamma, papà, vi prego!”. Elyon fa un sorriso supplichevole. “Erano tre anni che non mangiavamo assieme qui. Lasciatemi credere a questo bel sogno”.
“Come ai bei tempi di Phobos”, risponde sarcastico il signor Thomas.
“Caro, devi proprio incupirti così?”, lo riprende Eleanor, mettendogli davanti un piatto con due toast caldi. “Sai che dovremo restare qui diciotto mesi. Cerca di vederci il buono!”.
Lui annuisce, mal rassegnato. “Va bene… Ma cercate di capirmi! Ora mi sento più impotente di allora”. La mano si contrae sul coltello da tavola come se brandisse una grande spada dalla lama luminosa e frastagliata.
Elyon gli sorride, e lo guarda intensamente negli occhi. “E’ così bello essere ancora una famiglia”.
L’uomo resta incantato un attimo, poi il suo malumore svanisce, ed un sorriso conquista il suo viso. “E’ vero”, risponde allegro, “E’ proprio bello”.

DIN-DONN
Tutti gli occhi si volgono verso l’ingresso.
“Chi sarà?”. Eleanor si dirige verso l’ingresso. “Speriamo non la polizia…”.
Elyon si alza e segue la madre, cercando di non far trasparire la sua apprensione.
Quando la porta viene aperta, rivela le sue cinque amiche che, impacciate, tentano dei sorrisi poco convincenti. Hanno ancora gli zaini di scuola sulle spalle.
“Buongiorno!”.  “Disturbiamo?”.
“Ragazze”, si sorprende Eleanor, “Se mi aveste avvertito… avrei preparato qualcosa anche per voi”.
Will parla per tutte: “Vi prego di scusarci per l’ora, ma portiamo un messaggio urgente”.
“Prego…”. Si scosta per farle passare.

Entrano tutte nel soggiorno. La loro tensione mal dissimulata fa capire che non è una visita di cortesia.
“Prego, sedetevi”, le invita Eleanor con un gesto ampio verso il divano e le poltrone.
“No, grazie”. Will si fa coraggio. “Elyon, l’Oracolo vuole incontrarti al più presto”.
Elyon, a disagio, deglutisce. “Perché tanta urgenza?”. Teme di saperlo già: ha cercato di prendere altro tempo, e non gliel’hanno concesso.
Will fa un gesto di dubbio, come per dissociarsi da quella convocazione perentoria. “Te lo spiegherà lui stesso”.
L’altra si morde le labbra e comincia a torcersi le trecce . “A Kandrakar? Ragazze, io ho ricordi orribili di quel luogo”. Rivive lo sguardo di Endarno, le parole umilianti, i gradini che si deformano fino ad avvolgerla in un bozzolo. Si rivede china su un masso di pietra sospeso nel nulla, sente funi come sanguisughe che le succhiano ogni energia.
Will la studia. “Allora?”.
Elyon scuote il viso. “No, io non verrò lì. Parlerò all’Oracolo attraverso quel coso che avete nella libreria”.
Le ragazze si guardano.
“Hai le tue ragioni”, risponde Cornelia portandosi al suo fianco.
“Va bene”, conviene Will, “Puoi venire subito?”.
Elyon annuisce malvolentieri. “Lasciatemi cinque minuti per prepararmi. Sedetevi pure”. Si allontana verso il vano delle scale.

Eleanor fa di tutto per apparire tranquilla. “Ragazze, siete venute qui senza pranzare? Non ho problemi a prepararvi qualche paninetto”.
“Davvero?”. Gli occhi di Irma si illuminano al pensiero, e il movimento delle guance fa intuire che sta già salivando come i cani di Pavlov. “Grazie mille. Magari... magari con del formaggio?”.
Will si acciglia. Ha la sensazione che non sia l'occasione migliore per chiedere favori. “Per me no, grazie”.
“Beh, ve ne porterò cinque lo stesso, poi divideteveli voi”. Eleanor ammicca, poi si allontana diretta in cucina.
Mentre le ragazze siedono, Thomas torreggia ancora in piedi, a braccia conserte.
Cornelia si fa coraggio. “Signor Portrait, si sa qualcosa di Caleb?”.
“Niente di nuovo”, risponde lui, “Aveva un sigillo per il teletrasferimento, ma era partito per un viaggio a cavallo. Dovrebbe tornare a Meridian nei prossimi giorni, ed allora ci aspettiamo di vederlo qui”, accenna col capo alla stanza in cui si trovano, “Per sua scelta o, mal che vada, esiliato come noi”.
Eleanor torna ansiosa dalla cucina. “Ora che ci penso... quella falsa Elyon aveva dato ordine di richiamarlo subito a palazzo!”.
“Cosa? Perchè non l'hai detto prima?”.
“Me ne sono ricordata solo ora”, si giustifica lei.
Cornelia, sbiancata, chiede con un filo di voce: “E allora, perchè non è già qui?”.
“Non so”, fa Eleanor, “Forse quelle là avranno cambiato i settaggi della barriera contro il teletrasporto che avvolge il palazzo, in modo che il suo sigillo sia considerato un’entità estranea”.
Lui ci riflette un attimo. “Non preoccupiamoci troppo. Caleb è in grado di cavarsela in mille situazioni”.
Irma sorride a Cornelia. “Magari sarà stato irretito dalla tua goccia”.
In un secondo, molte espressioni diverse si inseguono sul viso della compagna.
Thomas squadra severo la guardiana dell'acqua. “Non credo proprio, in queste circostanze”, risponde gelido.
“Facevo per dire”, si difende Irma con un gesto della mano, “Preferite pensarlo rinchiuso in qualche segreta?”.
Tutte rabbrividiscono immaginando, ciascuna a modo suo, Caleb prigioniero in qualche locale squallido e oscuro, dove la luce di una torcia fumosa illumina solo ossa e ragnatele.
“Quelle false guardiane non ci fanno fare una bella figura”, commenta amareggiata Hay Lin, “Il loro operato a Meridian è odioso”.
Taranee si copre il viso, pensierosa. “Spero che la gente si accorga che non siamo davvero noi”.
Thomas annuisce. “E spero che capiscano che quella perfida là non è la vera Luce di Meridian. Se no il discredito…”.
Sentono i passi di Elyon che scende dalle scale.

La regina entra nel soggiorno, pronta per essere accompagnata al patibolo. “Parlavate di Caleb? Non credo che Vera e le altre gli farebbero del male. Lo manderebbero qui, come hanno fatto con voi”.
“A meno che non sia cambiato qualcosa”, fa presente Taranee.
Tutti la guardano preoccupati.
“Cosa vuoi dire?”, chiede Elyon, apprensiva.
“Non so cosa ne pensiate voi, ma è già passata una settimana. Potrebbe avere reagito. O magari potrebbe essere scoppiata qualche rivolta”.
Elyon resta senza fiato. “Qualche… rivolta?”. Si morde il labbro. “La profezia parla di un anno di tirannia…”.
Taranee si incupisce. “Allora, potrebbe tradursi in un massacro inutile”.
Elyon annuisce, avvilita, riportando le mani alle trecce. “Come vorrei che ora Caleb fosse qui!”.
Scambia un’occhiata ansiosa con Cornelia.
Dopo qualche secondo di silenzio, Will si alza in piedi. “Elyon, andiamo. L’Oracolo sta aspettando di parlarti”.
“Ehi, aspettate”, protesta Irma. “E i panini?”.
 

Heatherfield, Ye Olde Bookshop

La stanzetta è illuminata dalla debole luminescenza azzurrina del portale a forma di esagono irregolare. Ormai tutte lo chiamano ‘specchio magico’ per sminuire la soggezione dettata dalla sua natura aliena.
Nello schermo immateriale, increspature si propagano lente come onde in un lago di luce.

“Coraggio, Ellie”. Cornelia la tiene per mano, ben consapevole di cosa stia rivivendo.
Will è di fronte allo schermo. “Ragazze, pensate all’Oracolo…”.
L’immagine prende forma.
La voce pacata dell’uomo attraversa le dimensioni. “Eccovi, guardiane”. Il suo sguardo scruta nella semioscurità della stanza.
La ricercata si porta timidamente davanti allo schermo.
“Ed eccoti finalmente, Elyon di Meridian”.
E’ un attimo. Il corpo della ragazza si sfalda in linee di luce, che vengono come aspirate dal portale.
“Ellie!”, grida Cornelia. Si sente ingannata. La sua amica le è stata portata via dalle mani.
Il suo grido si smorza in un gemito angoscioso quando il portale davanti a loro perde tutta la sua vita, come un televisore appena spento.
 

Kandrakar

L’incubo ricomincia.
Non c’è più l’altissima scalinata che ricordava inerpicarsi verso il trono sotto un baldacchino. Non ci sono più gli stucchi pesanti, le statue opprimenti e dorate che riflettevano la poca luce di un ambiente scuro e pomposo. Lo stile è cambiato: le pareti sono cesellate e coperte di delicati affreschi bianchi ed azzurri.
 

 Sbuffi bianchi galleggiano sul pavimento e disegnano lenti vortici, e anche la luce che pervade l’ambiente sembra quella di una nuvola. 
Elyon sa che d’ora in poi odierà le nuvole.

Davanti a lei c’è l’Oracolo, seduto a gambe incrociate mentre levita a due spanne dal pavimento. Al suo fianco destro si libra immobile l’anziana Yan Lin, con un’espressione da sfinge. 
Ma è il viso sulla sinistra quello che risveglia i suoi peggiori ricordi. E’ il viso che ha pronunciato le parole che l’hanno avvolta nelle catene. 
Endarno! 


 
Il primo freddo benvenuto spetta a Yan Lin. 
“Elyon di Meridian, non è stato facile averti qui”.
 

Tocca all’Oracolo. Parla con tono calmo e sguardo sereno, ma le sue parole tagliano come lame di rasoio. 
“Ti abbiamo osservata. Per una settimana, hai fatto la vita spensierata di una liceale in vacanza”.

“Io…”.
“Non voglio giustificazioni. Sappi che a noi importa pochissimo se tu o la tua creatura sarete i nuovi tiranni di Meridian. Ciascun popolo ha, nel lungo termine, il governo che merita”. Tace un attimo per scrutarla, poi continua, con un tono calmo che stride con il senso delle sue parole:  “Quello che noi non permettiamo sono le eccessive ingerenze tra i diversi mondi, e tu ti sei avvicinata al limite. E, soprattutto, non tolleriamo la tua indifferenza per il furto di quello che è il fulcro stesso dell’equilibro degli universi, il Cuore di Kandrakar”.
Elyon tenta un debole contrattacco. “Oracolo, il vostro talismano è diventato un’arma per sottrarmi il regno. Potrei essere io a reclamare”.
Esita. Ha osato troppo con questa risposta?
L’Oracolo scuote la testa. “Non hai fatto niente per impedire ciò che sta succedendo a Meridian. Peggio: avevi promesso che avresti recuperato in breve quell’oggetto, ma non hai mosso un dito”. Si interrompe un attimo, studiando l’effetto delle sue parole.
Veramente, ho promesso solo che ci avrei pensato, sta per specificare lei, ma, guardandolo in viso, non trova il coraggio per dirlo.
“Luce, hai un’ultima possibilità. Dovrai recarti al più presto a Meridian con le guardiane per recuperare il Cuore, o riattiverò la muraglia, quella vera, impedendo ogni contatto futuro tra i due mondi”.
No! Questo no! “Oracolo, così farete il loro gioco. Chi si è impadronito…”.
“Non importa! Le guardiane potranno comunque superare la barriera, tu no. Se dovranno agire senza di te, lo faranno”.
“No! Oracolo, non voglio questo! Ascolta, ti prego. C’è una seconda parte della profezia. Questo stato di cose sarà rovesciato dopo un anno. Affrontare le congiurate in questo momento significa votarsi ad una sconfitta sicura, che potrebbe anche costare molto cara”.
 

“E quindi…”, echeggia nel salone la voce autoritaria di Endarno, “… cosa propone la ‘luce di Meridian’?”.
Elyon rabbrividisce a sentire il suo bel titolo pronunciato con quel tono di disprezzo. L’uomo non le sembra diverso da quando era posseduto da Phobos.

“Vi prego di pazientare per un anno, un anno metamondese di soli diciotto mesi. Dopo questo tempo, la profezia assicura che la cosa sarà risolta”.
Si sforza di essere convincente: “Che cosa sono diciotto mesi, se paragonati agli eoni in cui la fortezza ha garantito l'equilibrio degli universi?”.

Li guarda speranzosa. E’ riuscita a compiacerli?
L’Oracolo scuote la testa, come se parlasse ad una persona senza speranze.  “Ho già sentito questo modo di ragionare, Elyon. E’ identico a quello della regina Nadarin, la tua cosiddetta madre. Profetizzò la tirannia di Phobos, ma non fece niente per prevenirla”.
Mia madre! Lasciate stare mia madre!  “La regina Nadarin portava in sé la saggezza di una dinastia al trono da milleduecento anni. Anziché cercare di fermare l’inverno, lei ha preferito seminare per la primavera”.
Il viso dell’uomo resta impassibile. “Luce di Meridian, il Cuore di Kandrakar deve essere recuperato subito”. Le sue parole hanno l’ineluttabilità di una lapide. “Se non collaborerai, sarai considerata complice della sua sottrazione. Ho parlato”.
Elyon non sa più a cosa aggrapparsi. “Ma certo avranno usato il Cuore di Kandrakar per erigere una barriera dimensionale…”.
Endarno la apostrofa come avrebbe fatto, millenni prima, con un soldato pavido. “Sappiamo benissimo che puoi arrivare a Meridian attraverso il portale naturale. Non cercare scuse. Hai pochi giorni per fare ciò che devi!”.
Elyon chiude gli occhi per un attimo. Non c’è altra uscita. “Una battaglia in questo momento sarebbe persa. Piuttosto, sarò io stessa a penetrare di nascosto nel palazzo per recuperare il vostro Cuore”. Esita. Sa che un fallimento potrebbe costare carissimo. “Però, se mi cattureranno, finirò come pianta ornamentale nel giardino di Phobos. Vale la pena, per risparmiare un annetto?”.
Endarno Occhi-di-serpente le sorride. “Se succedesse, ciò ci lascerebbe libera una cella in più nella Torre delle Nebbie”.
No! Il suo sguardo si perde, mentre Elyon rivive la sensazione di essere legata ad un masso nell’immobilità senza rumore, senza cambiamento. L’oblio. Il silenzio. Il nulla. Questa è la Torre delle Nebbie.
 

Heatherfield, Ye Olde Bookshop

Cornelia si tortura le mani, mentre guarda angosciata le altre. Ormai sono passati più di dieci minuti da quando il portale ha ingoiato la sua amica d’infanzia.
Irma ha smesso di porre domande a cui nessuna sa rispondere. O forse, a cui nessuna vuole rispondere.
Will riflette. Elyon aveva un’idea di quello a cui andava incontro. Ma perchè? Cosa ha nascosto a loro, che non è riuscita a nascondere all’Oracolo?
Hay Lin è combattuta. Non si aspettava questa specie di rapimento. Cosa penserà di loro Elyon quando tornerà… se tornerà? Crederà alla loro buona fede?
Taranee è cupa. In un’occasione precedente, si è ribellata contro l’Oracolo che le ha fatte agire come gendarmi inconsapevoli. E questa volta, lo deve accettare? E’ il loro destino, quello di essere sempre messe davanti al fatto compiuto?

Improvvisamente il portale si riattiva. Dopo dieci minuti nella semioscurità, il suo improvviso guizzo di vita sembra un lampo abbagliante.
Quando la stanza riappare ai loro occhi, Elyon è lì. Immobile, sconvolta, spaurita.
Per contrasto, il viso dell’Oracolo appare sereno nel portale.
“Guardiane, la Luce di Meridian si è offerta di recuperare il Cuore di Kandrakar entro pochi giorni. Voi le darete tutto l’aiuto che richiederà”.
La luce scompare. Elyon alza gli occhi lentamente. “Oh, Corny…”.
Cornelia la stringe a sé, sente i suoi tremiti. “Ellie, questo non dovevano fartelo”.
 

Heatherfield, casa Portrait

La camomilla con i biscotti non è un abbinamento usuale, ma ha aiutato Elyon a riprendere il controllo, assieme alla vicinanza di Cornelia seduta sul bracciolo della poltrona.
“… E così dovrò sfidare la mia stessa profezia per recuperarlo”.
“Non lo farai da sola”, la rassicura Will. “Assieme, saremo una squadra formidabile”.
Cornelia le accarezza la spalla. “Entreremo anche noi per proteggerti”. Mentre lo dice, sa già che quest’offerta sarà rifiutata.
Per un attimo, Elyon alza gli occhi. “Grazie, ragazze, ma non basterà”.
Hay Lin fa una smorfia scettica. “Dovremo usare la dislocazione per entrare? Sapete che causiamo uno spettacolo di luci che difficilmente passerà inosservato”.
Il breve sguardo di gratitudine della regina si adombra. “Vedete, io so come entrare nel palazzo di nascosto. Però contavo di usare quel passaggio per il mio ritorno definitivo, tra diciotto mesi. Sfruttandolo ora, lo brucerò”. Torce il viso, guardando verso l’alto. “Caro Oracolo!”.
Anche Will ha un suo piano: “Facci entrare, poi ci penserò io. Il Cuore di Kandrakar ha una volontà propria, e già in passato ha lasciato le mani di Nerissa, di Cedric e di Endarno per tornare a me. Succederà ancora così”.
Al nome di Endarno, Hay Lin sembra ricordarsi di qualcosa d’importante. “E la Corona di Luce? E’ anche quella nelle loro mani?”.
“Già!”, riflette Taranee. “Quella farebbe la differenza”.
Elyon scuote il viso, con l’espressione indefinibile che ormai non le è più nuova. “Non potremo contare sulla Corona di Luce. Dimenticatevene, per piacere”.
Le amiche si guardano un attimo, perplesse.
Hay Lin si porta un dito al mento. “Cosa stavamo dicendo?”.
“Forse dovremo lottare”, riflette seria Taranee. “Allora, dovremo agire al più presto. Più il tempo passa, più quelle là si rafforzeranno”.
Elyon si tira su. “No, niente combattimenti. Forse ora sono deboli e spaventate. La disperazione fa fare delle cose orribili. Soprattutto se hanno poteri come…”. Si interrompe, riflettendo in attimo. “In definitiva, ragazze, è meglio che vada da sola”. Guarda le nuvole fuori dalla finestra. “Partirò domenica mattina, sarà notte fonda a Meridian”.
La voce ansiosa di Eleanor le fa voltare. “E se non dovessi tornare?”.
Elyon deglutisce, e risponde a fatica. “Allora, riconoscete la loro vittoria. Trattate con loro per riavere il Cuore di Kandrakar, e lasciatemi al mio destino”.
Le guardiane si scambiano un’occhiata. Non lo farebbero mai.
 

Heatherfield, fuori casa Portrait

“Ciao, piccoletta”. Hay Lin si sbraccia ancora una volta verso Elyon, che le saluta mesta dall’ingresso. “Andrà tutto bene!”.
Qualche passo dopo, svoltato l’angolo, Taranee commenta seria: “Non ne sarei così sicura”.
“Infatti, facevo per dire”, ammette Hay Lin.
“Dividere le forze è un errore”, riprende Taranee. “Se Elyon fosse catturata, le possibilità di noi guardiane di recuperare il Cuore di Kandrakar sono inesistenti”.
“Mai dire mai!”, fa Irma. “Abbiamo rovesciato situazioni che parevano disperate”.
Will annuisce. “Sì, però questa sarebbe l’occasione migliore. Se Elyon ci portasse fin dentro il palazzo, sono certa che il Cuore tornerebbe a me”.
“Ma non avete capito?”, sbotta Cornelia. “Quelle non possono essere sconfitte prima di un anno!”.
“Non serve sconfiggerle subito”, fa presente Taranee. “Dovremo partire con l’idea di recuperare il Cuore e basta”.
Cornelia scuote il viso. “Lasciate fiducia ad Elyon! Se potessimo essere utili, lei sarebbe stata la prima a chiamarci”.
“Oh, sì, diamo fiducia ad Elyon”, fa Irma imitando il modo di parlare della bionda. “Ne è così degna che l’Oracolo ha appena minacciato di sbatterla nella Torre delle Nebbie”.
Cornelia si incupisce di più. “E tu cosa ne sai?”.
Hay Lin fa eco: “Di una cosa devi darle atto: sta facendo di tutto per non metterci in pericolo”.
“Come quando ha affrontato da sola Phobos, e poi Endarno”, ricorda Cornelia.
“Ehi, calma, facevo per dire”, dice Irma sulla difensiva.
“Come sempre”, sbotta Cornelia.
“Non fraintendetemi! Non ho detto che è vigliacca. Coraggio ne ha! Ma facciamo i conti: l’abbiamo salvata prima dalle sue stesse guardie, poi all’incoronazione, poi dallo scontro con Phobos, infine da Endarno… insomma, non è difficile fare pronostici su come andrà a finire”. Guarda un attimo i visi lunghi delle altre. “Resta solo da vedere da dove la dovremo recuperare stavolta”.

All’incrocio con Green Hill Street, che porta verso casa sua, Taranee si ferma. “Ragazze, qui vi lascio. E’ inutile fare i conti senza l’oste. Riparliamone con Elyon questo sabato, prima che vada a Meridian”.
“D’accordo, tanto seguirla contro la sua volontà sarebbe impossibile”, conviene Will. “Ciao, Tara”.
“Ciao”. “A domani”.
Taranee lascia si avvia verso casa.
Dopo un attimo di indecisione, anche Cornelia lascia il gruppo. “Aspetta, Tara. Vengo con te”, dice raggiungendola. “Ciao, ragazze”.
“Appuntamento galante in vista?”, sorride Irma voltandosi indietro. “Corny, salutaci il tuo maritino, e auguri per la suocera!”.

Appena vede sparire le altre tre dietro l’angolo, Cornelia sbotta: “Quanto parla, quella!”.
Taranee le sorride senza rispondere: certi battibecchi la hanno sempre lasciata indifferente.
Comincia a fare freddo. Senza smettere di camminare, si aggiusta il collo della giacca. “E così, anche oggi abbiamo saltato il rientro pomeridiano a scuola”.
Cornelia annuisce. “Non è il primo. Come la prenderà tua madre?”.
“Mi processerà per direttissima. Non sono neppure brava ad inventare scuse, tanto le scopre subito. La condanna agli arresti domiciliari è assicurata”. La guarda. “E tu, non eri già in punizione?”.
“Già”. Cornelia abbassa la voce, imbarazzata. “Però ho chiesto ad Elyon di venire a trovare mia mamma”.
“E…”.
“E lei si è convinta che uno scivolone può capitare anche alle studentesse migliori, con un po’ di sfortuna”.
Taranee la guarda severamente. “Non avresti dovuto!”.
Cornelia si volta verso di lei, un po’ stizzita. “Senti, lo sai che non siamo andate a divertirci! Abbiamo fatto il nostro dovere di guardiane! E poi, tra il raccontare una bugia e non essere credute, e il raccontarla ed essere credute, che cos’è meglio?”. Riprende a camminare. “Dovresti presentare Elyon anche ai tuoi”.
“Un giudice ed uno psicologo legale! Dovrebbe andarci molto pesante per convincerli!”. Scuote il viso. “No, non voglio”.  Resta un attimo in silenzio, camminando fianco a fianco. “Stai venendo verso casa mia per vedere Peter?”.
Cornelia riflette un attimo. “Veramente avevo in mente un’altra cosa. Non mi accompagneresti di nuovo al Ye Olde Bookshop?”.
“Perché?”.
“Perché voglio cercare di contattare Caleb”.
Taranee aggrotta gli occhi. “Ma lo sai, il portale non prende più immagini di Meridian”.
“L’ultimo tentativo è stato quasi una settimana fa. Potrebbe essere cambiato qualcosa”, risponde speranzosa l’altra.
Per tutta risposta, Taranee storce il naso.
“Puoi escluderlo?”, le chiede Cornelia, accalorandosi.
“No. Ma perché lo hai chiesto proprio a me?”.
La bionda si stringe nelle spalle. “Le altre, ormai, sono andate. E poi… tu sei bravissima con quel portale”.
“Ma che sciocchezze dici?”. Taranee la guarda, cercando di capire. “Cornelia, provi ancora qualcosa per Caleb?”.
La Guardiana della Terra abbassa lo sguardo e arrossisce appena. “Tara, se riuscissimo a portarlo qui… preferisco averti accanto a me, a ricordarmi alcune cose importanti”.
 
 

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Capitolo 40
*** Caleb ***


40-Caleb  
Cara Amantha, cara Frafra, grazie per i vostri incoraggiamenti. Sono contento che continuiate a seguire questa storia. Il confronto con Vera e le gocce è rimandato al prossimo capitolo, in questo vediamo rientrare in scena Caleb e Vathek. 
Ho cercato di rendere il disorientamento delle persone di un altro mondo davanti ad oggetti ed abitudini a noi familiari.
L'illustrazione non è un gran che, mi sarebbe piaciuto fare un bel disegnone di Caleb e Vathek seduti a tavola a casa del loro amico, ma un lavoro così mi porterebbe via parecchio tempo, ed ora sto scrivendo un prequel di Witch, l'inizio della tirannia di Phobos, che spero di pubblicare durante l'estate.

PROFEZIE


Riassunto delle puntate precedenti 
Dopo un incontro misterioso con la Luce di Meridian, Vera ha convinto le Gocce a impadronirsi del Cuore di Kandrakar e a sostituirsi ad Elyon a Meridian, impersonando la regina e le guardiane. Carol si è opposta, ed è stata costretta con l'ipnosi.
Vera e Wanda hanno sottratto il Cuore di Kandrakar a Will. 
Il giorno dopo, ritrovatesi davanti allo specchio magico della libreria, le W.I.T.C.H. assistono alla trasformazione delle loro gocce in copie delle guardiane e della regina, ed alla loro partenza per Meridian, in contemporanea all'arrivo di Elyon.
A Meridian, la controfigura di Elyon e le finte guardiane esiliano Miriadel e Alborn, mentre Caleb sfugge alla cattura;  pur avendo assunto il potere, si rendono conto di non essere convincenti, e inventano la storia che le guardiane sono a palazzo per proteggere la Luce di Meridian da un complotto.
A Heatherfield, rifugiatasi con i genitori nella sua vecchia casa, Elyon spiega che quella che si sta realizzando è una sua profezia, contenuta in disegni e frasi casuali, la cui interpretazione fino a quel punto era ambigua; a priori,  si poteva pensare che sarebbero state le stesse Elyon e le Witch a instaurare una tirannia nel metamondo. Inoltre, la profezia prevede che la tirannia duri un anno, che a Meridian dura diciotto mesi. Elyon è decisa a non tentare niente prima di questa scadenza, ma Will non si rassegna.
Facendo un sopralluogo nella casa delle Gocce a Midgale, Hay Lin percepisce frammenti di ricordi contraddittori: le sembra che Vera sia cambiata subito dopo l'ultimo incontro con Elyon. Questa non sa dare spiegazioni convincenti del cambiamento, ma non sembra risentita per il tradimento. 
L'Oracolo convoca Elyon, e le impone di recuperare al più presto il Cuore di Kandrakar, pena il carcere. Le WITCH si offrono di accompagnarla nell'impresa, ma lei intende tentare da sola. 
Rimaste sole, Cornelia insiste con Taranee perchè la aiuti a contattare Caleb con il portale al Ye Olde bookshop.

Cap. 40

Caleb


Heatherfield, Ye Olde Bookshop

Taranee osserva la luce azzurrognola del portale riflettersi sul viso risoluto di Cornelia. Può leggere i pensieri dell’amica in ogni piega dei suoi lineamenti.
Gli occhi attenti sembrano promettere: ‘Caleb, io ti troverò, a costo della mia vista’. L’impercettibile tremolare delle sue palpebre sembra dire: ‘Non posso viverti vicino, ma non posso restare senza sapere dove sei’.
La sua bocca serrata sembra dire…
“Tara, datti una mossa! Non eri tu quella che aveva fretta?”.
La ragazza dalla pelle scura sussulta: “Eh? Certo…”.
“Pensa a Caleb anche tu, allora, e forse ce la faremo!”.

Come altre volte, la superficie luminosa comincia a incresparsi sempre più veloce. I fronti d’onda cambiano più volte direzione, come uno sguardo alla ricerca di un uomo tra la folla.
Dopo qualche secondo, le onde si appianano, e compare l’immagine, sia pur disturbata, di una stanza sconosciuta dove tre persone stanno discutendo attorno ad un tavolo.
Taranee è rimasta a bocca aperta. Dopo i fallimenti dei giorni precedenti, non avrebbe scommesso un centesimo  sul successo di questo tentativo. “Corny… ora funziona! Cosa è cambiato?”.
“A dopo le domande”, taglia corto la bionda mentre cerca di distinguere i lineamenti dei personaggi tra le ondulazioni dell’immagine. “Non capisco, certo parlano in meridiano”. Poi, trionfante: “Sì, è la voce di Caleb! La riconoscerei fin dall’altro mondo!”.
 

Meridian, casa di Gathrop

La sala da pranzo è piccola e raccolta, ma mostra i segni di una certa agiatezza.  Le travi di legno del soffitto, anche se irregolari, sono ornate da un motivo a losanghe bianche che si ripete lungo le modanature delle pareti intonacate.
Sulla massiccia credenza e sul muro spiccano parecchi piccoli ritratti di parenti e antenati che un alieno, per esempio un terrestre, definirebbe non pienamente umani.
La luce ed i rumori della sera entrano da due finestre diseguali dai vetri divisi in eleganti spicchi tutti diversi, uniti da sottili piombature che conferiscono l’aspetto di ali di un enorme insetto.
Anche il tavolone tirato a lucido conserva la forma un po’irregolare dell’albero da cui è stato ottenuto, mettendo in mostra preziose nervature che ignorano le banali leggi della geometria che, su altri mondi, si imparano a scuola.

Caleb osserva il viso verde ed affilato dell’ amico seduto di fronte. “Grazie di tutto, Gathrop. Stai correndo un rischio, ad ospitarmi”.
“Non serve ringraziare”, risponde lisciandosi le basette grigio ferro arrotolate in piccoli moncherini appuntiti. “Abbiamo fatto lo stesso per anni, ai tempi di Phobos”.
“Nel mio caso, per poche settimane”, interviene il vocione del gigante azzurrognolo accanto a Caleb. “Io non sono certo stato un ribelle della prima ora”.
Il giovane dal viso striato di verde risponde con una gran pacca che non sposta di un millimetro la mole immensa di Vathek. “Che importa? Sei stato preziosissimo”.
Gathrop riempie nuovamente i tre bicchieri sul tavolo con un liquido giallognolo contenuto in una brocca di ceramica. “Prendete ancora un po’ di klall. E’ fermentato bene, sentite che profumo!”.
“E’ squisito”, risponde Caleb. “Ma non vorrei esagerare. Mi servono tutti e sette i miei sensi, casomai quelle guardiane cercassero di sorprendermi”.
Vathek scrolla le spallone imponenti. “Non risulta che siano mai uscite da palazzo, finora. Mi preoccuperei di più per le guardie. Sei ufficialmente un ricercato, ora”.
Gathrop si picchietta sul mento, perplesso. “Quanto mi hai raccontato, Caleb, si sposa bene con altre voci strane che provengono dall’interno del palazzo. Hanno licenziato in tronco più di un collaboratore della regina, inclusa Nagadir, la sua ancella personale”.
“Povera ragazza”, commenta intenerito il gigante. “Dopo tre anni di servizio fedele, messa alla porta così…”.
“Neanche tanto povera”. Gathrop si sporge verso di loro, come per confidare un segreto piccante. “Ha ricevuto una liquidazione pari a dieci anni di stipendio”.
L’orcone blu fa un fischio sommesso. “Quella falsa regina non le vuole certo male! Forse dovrei presentarmi anch’io a battere cassa”.
Caleb fa per replicare, quando una voce gli risuona in un punto imprecisato tra le orecchie.

‘Caleb, mi puoi sentire?’.
‘Chi sei?’.
‘Sono Taranee. Quella vera... cioè, quella autentica. Siamo preoccupate per te’.
‘Sto bene. Dove sei?’.
‘Ad Heatherfield, alla libreria. C’è Cornelia con me’.

Una grande mano azzurra lo richiama, scrollandogli una spalla con forza. “Ehi, che ti succede?”.
Caleb si accorge che gli altri lo guardano stupiti. “Shh, ho un contatto telepatico!”.

Taranee… Cornelia… Elyon è al sicuro?’.
‘In un certo senso, sì. E’ a Heatherfield con i genitori’.
‘Cosa vuol dire, in un certo senso?’.
‘Te lo spiegherà lei. Perchè non la raggiungi qui? Ti aspetta con ansia’.
‘Ho provato. Purtroppo, questo sigillo funziona solo se uno ha un’immagine chiara del luogo dove vuole andare. I miei ricordi di Heatherfield, invece, sono troppo confusi’.
‘Temo di non poterti trasmettere immagini, solo parole’
‘Allora sono bloccato qui!’.

Il vocione di Vathek lo strappa da questo dialogo muto. “E’ tutto qui il problema?”.
Caleb aggrotta lo sguardo. “Stavi ascoltando il mio contatto?”.
“E con ciò?  L’importante è che io conosco Heatherfield. Possiamo andarci assieme!”.
“Già…”, risponde Caleb, meravigliandosi di non averci pensato lui stesso. “E’ un’idea. Anzi, è una buona idea”.
“Come tutte quelle che escono da questo testone”, si compiace il gigante.
Caleb, eccitato, si sfila dal collo il pendaglio romboidale e lo mette davanti al viso di Vathek. “Guarda, devi afferrarlo per gli angoli sopra e sotto, poi guardare questa freccetta dipinta qui…”.
“lo so, lo so”, risponde lui, prendendo l’oggetto ed allontanandolo dagli occhi quanto basta per metterlo a fuoco. “Questi aggeggi non si trovano ad ogni angolo di strada, ma non sono neanche stati inventati ieri”.
“Andate via?”, chiede Gathrop sorpreso.
“Ma come, e la cena?”, fa eco sua moglie dalla cucina. Il profumo del pasticcio di kralldar in cottura sta cominciando a sovrastare quello del fumo di legno di trassik che arde scoppiettando.
Vathek guarda Caleb, interrogativo. “Vuoi proprio che proviamo adesso?”.
“Ma certo”, risponde severo il giovane. “Vuoi far aspettare la tua regina?”.
L’omone azzurro si alza in piedi, bofonchiando. “Aspetta da una settimana, comoda a casa sua. Un’ora in più…”. Guarda Gathrop. “Scusaci. Se funzionerà, potremmo essere di ritorno tra poco”. Prende Caleb sottobraccio, ed alza il sigillo all’altezza degli occhi. “Andiamo al Ye Olde Bookshop?”.
Caleb ci pensa un attimo. “No. Direttamente a casa Portrait”.
“Agli ordini”, sorride Vathek.
L’immagine dei due comincia a tremolare, e svanisce con una debole luminosità.
La moglie di Gathrop ha assistito alla scena insolita dalla porta della cucina. “E la cena?”, protesta piano.
 

Heatherfield, Ye Olde Bookshop

Lo specchio magico mostra ancora la stanza  da pranzo dove due figure non completamente umane guardano lo spazio rimasto vuoto, scambiandosi commenti incomprensibili. I disturbi di ricezione nascondono la loro espressione meravigliata.
L’immagine si dissolve in onde argentee, e viene rimpiazzata da un’ altra molto scura, ma non disturbata. Due sagome si muovono incerte in un locale semibuio.

“Ce l’ha fatta!”, gioisce Taranee. “Pieno successo! Quella è la cantina di Elyon!”.
“Già”. Cornelia guarda attorno a sé.
Nel suo sguardo indefinibile,  l’altra indovina sia delusione che sollievo per la scelta della sua vecchia fiamma. “Avresti voluto che passasse prima qui?”.
“Caleb sa sempre quello che è giusto fare”, risponde asciutta Cornelia. “Ora andiamo, siamo tardi. Ci aspettano a casa, e non per dirci brave”.
Si volta verso la porta sopra le scale, e si incammina per prima. Forse così l’amica non noterà che ha gli occhi lucidi.
 

Heatherfield, casa Portrait

La semioscurità dell’ambiente è tagliata dalla luce incerta del pomeriggio, che penetra svogliatamente da due feritoie in alto sul muro.
La sagoma umana più piccola studia l’ambiente, aspettando che gli occhi si adattino alla penombra.
“Diavolo di un Vathek, ci hai portati nelle segrete!”.
“Ma no, Caleb”, lo rassicura l’altro. “Siamo nella cantina. Una volta il portale era dietro quella parete… o forse quell’altra?”.
“Meno male! Temevo che fosse la stanza degli ospiti”.
“Mi ricordo benissimo. Lì sulla destra c’è una scalinata che sale in casa. Lascia fare a me, che vedo bene nel buio. Ora ti accendo la luce”.

Nel soggiorno, il signor Portrait scruta nervosamente fuori dalle finestre, accostando le tende. “Chiunque potrebbe spiarci, dal giardino”.
“E gli sembrerebbe di vedere una normalissima famigliola”, gli risponde paziente Eleanor, sistemando dei fiori in un vaso a centro tavola. “L’unica stonatura sarebbe proprio il tuo atteggiamento paranoico”.
“Paranoico?”. Thomas aggrotta le sopracciglia. “Né porte, né finestre sono blindate. Non c’è neanche il cancello…”.
Eleanor riguarda soddisfatta la sua composizione floreale e scrolla le spalle. “Chi vuoi che cerchi di introdursi qui?”.

Un rumore inquietante, seguito da una orrenda imprecazione in meridiano, li raggiungono dal corridoio.
“Ma…”. “Cos’è stato?”.
Quando arrivano nel corridoio, si sentono ancora borbottii e scalpiccii da oltre la porta della cantina.
Dal piano di sopra arriva anche la voce di Elyon. “Ma che è successo?”, chiede, sporgendosi dalla balaustra del pianerottolo.
“State indietro, ci penso io”. Una pistola compare in mano a Thomas. Arretra il carrello per mettere il colpo in canna.
L’uomo si spegne la luce alle spalle, e apre con un calcio la porta della cantina, defilandosi dietro lo stipite mentre punta l’arma. “FERMI TUTTI!”.

“Fermo! Non sparare!”, grida dal sotterraneo un vocione conosciuto.
Thomas sporge il braccio verso l’interruttore, e accende.
Alla luce, vede un gigante azzurro, inginocchiato tra le carabattole uscite da una cassa ribaltata, che si rialza con espressione sofferente. Accanto a lui, un giovane con il viso striato di verde sembra incerto se alzare le mani.
“Vathek? Caleb?”. L’uomo abbassa piano la pistola.
Caleb, disorientato, guarda lo sconosciuto in cima alle scale. “E questo chi è?”.
“Questo è il comandante Alborn”, risponde il bestione azzurro, riguadagnando il contegno. “Ora, Thomas Portrait”. Saluta battendosi il pugno sul petto. “Ben trovato, comandante!”.

Eleanor si sporge timorosamente dalla porta. “Ah…voi! Ben arrivati!”.
“Posso indovinare… Miriadel?”, chiede Caleb.
Lei scende le scale sorridendo. “Proprio io. Ma ora chiamami Eleanor Portrait. E, per piacere, ricordati di non parlare in meridiano”.
Elyon appare nel vano della porta. “Caleb!?! Ti aspettavo!!!”. Corre giù, scostando la madre, e si getta tra le braccia del giovane imbarazzato. “Ero in pensiero”. Poi, notando qualche sorrisino e qualche sguardo allusivo, si scioglie dall’abbraccio e si rivolge al gigante azzurro.  “Vathek! Erano mesi!”.
“Ben trovata, Luce di Meridian”, si inchina lui.
Lei guarda la cassa rovesciata e le inelencabili cianfrusaglie disseminate sul pavimento. “Ma che è successo qui?”.
“Ah”, fa Caleb, “Era solo Vathek che ci vedeva perfettamente nell’oscurità”.
“Meno spirito, giovanotto! Non saresti qui, senza di me”.
Elyon ridacchia, poi guarda dolcemente Caleb. “Allora, ti fermi ad abitare con noi?”.
Lui si accorge del sopracciglio leggermente inarcato di Thomas e del sorrisino di Vathek. Cerca di non arrossire, e risponde con contegno: “Lo sai, regina. Il mio posto è a Meridian”.
“Ma come?”, chiede lei preoccupata. “Lì non è sicuro, per te. Sarai nostro gradito ospite qui”.
Per un attimo, Caleb pensa alle strade trafficate, agli squilli di clacson all’indirizzo suo e della motocicletta che anni prima non aveva saputo guidare, alle scritte incomprensibili, alla curiosità della gente per le striature verdi del suo viso. “No, regina. Lasciami tornare”.
“Mi chiamo Elyon, te lo sei già dimenticato?”, gli rimanda imbronciata.
“No di certo, r… Elyon. Ma io ho bisogno di Meridian, e Meridian ha bisogno di me”.
“Modestino…”, commenta Vathek.
Caleb gli scocca un’occhiata da ‘faremo i conti poi’, e continua rivolto ad Elyon. “Devo organizzare la rivolta. Ti riporteremo sul…”.
“Ma no!”, lo interrompe lei, allarmata.
“Come no?”, fa Caleb, stupito.
“Come no?”, ripete il gigante, ancora più stupito.
Elyon asserisce decisa: “Questo stato di cose durerà un anno. Lo ho profetizzato io stessa”. Poi aggiunge, più piano: “Nemo propheta in patria”.
“Ancora quella profezia?”, si stupisce Caleb. “E’ quel discorso di sei mesi fa che si sta…”.
“Proprio quello”, fa Elyon. “Ma andiamo in soggiorno a parlare. Questa cantina è così squallida…”.
“Ehm…”. Il signor Portrait si schiarisce la voce. “Lì ci sono cose che si chiamano finestre, ben quattro, da cui persone che si chiamano curiosi potrebbero sbirciare dentro”.
“E che possono essere chiuse da cose chiamate tende, no?”, risponde lei.
“Stavolta devo dar ragione a tuo padre, cara”, dice Eleanor. “Vathek è un po’ difficile da dissimulare”.
“Tutto qui il problema?”, chiede la reginetta, puntando un dito sul gigante come una pistolera che prende la mira. “Ora ti trasformerò in un omino così insignificante che faremo persino fatica a ricordarci la tua nuova faccia”.
Vlathek si fa scudo agitando le sue enormi manone. “No, no, altezza!”.
“Elyon!”, ribadisce lei.
“No, Elyon. Io ho una vera fobia per il cambiare aspetto. Anche quando lavoravo con Lord Cedric…”.
“Già!”. La ragazza abbassa la mano puntata, come per evitare che possa partire un colpo. “Non ho mai capito come facesse a farti passare inosservato”.
“Usava metodi ipnotici. Era un maestro dell’inganno. Lo è stato anche per te”.
“Passiamo oltre”, fa Elyon adombrata, “Prima di perdere del tutto il buon umore”.
Thomas scuote il viso, ostinato. “Quel metodo è efficace solo fino a distanze di cinquanta metri. Noi non possiamo rischiare…”.
“Ma che diamine!”, sbotta Elyon. “Heatherfield sarebbe piena di spioni che, al momento giusto, entrano non visti nel nostro giardino ben falciato e sbirciano da più di cinquanta metri di distanza tra le tende chiuse! Non ti pare…”.
“No, no, il comandante Alborn ha le sue ragioni”, fa Vathek, che comincia a sentirsi di peso. “Se Caleb mi riaccompagna a Meridian, sono ancora in tempo per la cena”. Si rivolge al suo amico. “Allora, giovanotto, dico a Gathrop di aspettarti, o mi mangio anche la tua parte?”. Dal sorrisone che fa mentre lo dice, non c’è dubbio su che risposta preferirebbe.
“Mangia pure!”, risponde Elyon per lui. “Caleb resta con noi almeno per un po’ ”. Sottolinea le sue parole prendendolo sottobraccio, e guardandolo con un’occhiata dolcemente imperiosa.
Il giovane si sforza di non avvampare. “Er… va bene, alt…Elyon. Così ne approfitterò per vedere qualcosa di Heatherfield. Mi serve qualche immagine ben nitida per ritornare e vorrei farlo… come dire… con uno stile migliore di oggi”.
“A proposito”, fa Vathek, “Ti ho già reso il gingillo, Caleb. Per tornare a Meridian, avrei bisogno di essere accompagnato”.
“O spinto”, aggiunge Elyon sollevando le mani verso di lui. “Porta i nostri saluti e auguri di buon appetito a questo Galopp!”.
Un debole scintillio illumina l’aria tra i palmi di Elyon e il corpaccione di Vathek. Il gigante svanisce nell’ormai consueto baluginio, mentre le sue ultime parole risuonano lontane: “Si chiama Gathrop…”.

Poco dopo, in soggiorno, Caleb si guarda attorno: quattro ampie finestre schermate da tende e saracinesche; scaffali di libri accostati alla parete; un grande schermo nero opaco dal dubbio utilizzo; grandi cassettoni che sostengono vasi e statuette; una vetrinetta con quattro aggeggi dall’aria sinistra, che qualunque guerriero identifica istintivamente come macchine da battaglia con rotelle e un palo verso avanti.
“Cosa sono questi…”, chiede.
“Sono modellini di carri armati”, risponde Thomas aprendo la vetrina. “Quando vivevamo qui…”.
“E come si usano?”, chiede Caleb, afferrandone saldamente uno.
“Atten…”, fa appena in tempo a dire Thomas, prima di sentire un ‘crick’ sinistro. Dal modello si staccano due o tre pezzetti. “E’ molto delicato!”.
“Chiedo scusa”. Caleb, impietrito, lo rimette giù con la delicatezza che ha sempre riservato solo alle uova fresche. “Sembravano così robusti… credevo che si usassero come tirapugni”.
“Il mio Sherman”, sospira Thomas. “Va beh, lo riparerò”. Richiude in vetrina il modellino vandalizzato.
Caleb si guarda in giro a disagio. Non osa chiedere a cosa serva quel grande schermo nero.
“Quello è un televisore”, suggerisce Elyon. Notando la faccia dubbiosa di lui, chiarisce: “Come uno specchio magico, ma puoi vedere solo certe cose”.
“Ah. Certe cose… quali?”, fa lui, per niente illuminato dalla spiegazione.

Eleanor arriva con un vassoio di tè e biscotti, e lo appoggia sul tavolino. “So bene cosa si prova all’inizio. Questo mondo è strano, misterioso. Televisori, computers…”. Fa materializzare il cucchiaino da zucchero sul palmo. “Le prime volte sembra di vivere in uno strano sogno, poi ci si abitua”.
Dopo un’ultima occhiata sospettosa fuori dalla finestra, Thomas viene a sedersi alla poltrona.
 
 
Elyon spinge Caleb fino al divano, lo fa accomodare, poi si siede proprio vicino a lui, contenta.
“Allora, Caleb caro, dicevi che Meridian ha bisogno di te. E’ vero. Ma non per organizzare una rivolta”, Gli punta il dito al petto. “Tu dovrai dire a tutti che la regina è in esilio, e che quelle a palazzo sono solo delle usurpatrici. Così limiteremo il danno di immagine per quello che potrebbero commettere”.
Lui si sente un po’ più a sua agio. “E’ quello che faccio già”.
“Bravo. Ma soprattutto, dovrai dire che è destino che questo stato di cose vada avanti per un anno. Nessuna ribellione. Non voglio rischiare un bagno di sangue. Dì anche che, dopo un anno, io tornerò. La Luce di Meridian, quella autentica, riporterà la libertà, la legalità, la giustizia, insomma sé stessa. E’ tutto chiaro?”.
Caleb la guarda dubbioso. “Immagino che dovrei dire di sì, per farti contenta”.
Elyon alza un sopracciglio. “Quale parte di ciò che ho detto non è chiara?”.
Caleb riflette prima di rispondere. “Le tue parole sono state chiarissime. Ciò che non capisco è il resto”. Fa per alzarsi. “Perché è successo tutto questo? Che relazione ha con la profezia?”.
Lei lo tira nuovamente a sedere per la manica. “Ecco qualcosa da andare a chiedere a quella che si spaccia per me”.
“Spiegami almeno questo: perché sei andata via prima ancora che quelle là arrivassero?”.
Elyon sorride rassicurante. “So che per te è difficile da accettare, ma io sono andata via per limitare i danni. Sapevo che questa tirannia deve durare un anno. Perché combatterla ora?”.
Caleb scuote piano il viso. “Non capisco, ma mi adeguerò”.
“Grazie, Caleb. Questo te lo chiedo non come amica, ma come tua regina”.
Lui annuisce, un po’ amareggiato.

Passa un minuto in cui si sentono solo i rumori delle tazzine e dei cucchiaini da tè.
Elyon torna a parlare: “Invece, come amica, ti chiedo: verresti al cinema questa sera?”.
Gli occhi di Thomas lampeggiano. “E’ fuori questione, Elyon. Vuoi dare nell’occhio a tutti i costi?”.
“Perché”, risponde lei indispettita, “Non dà nell’occhio chiudersi in casa con le tende tirate? O scrutare dalle finestre?”.
Thomas cerca una risposta.  “E poi… e poi, le strade sono troppo pericolose per una regina senza scorta. Se trovi un teppista…”.
“Ci sono pur io a difenderla”, protesta Caleb, portando la mano al pugnale nascosto sotto il cappotto.
Thomas risponde trionfante: “Ecco, così attireresti l’attenzione! Conosci troppo poco gli usi di questo mondo”.
Elyon, caparbia, alza la voce. “Grazie a tutti per il pensiero, ma non sono una donzella così indifesa. Se trovassi teppisti, non ricorderebbero volentieri questo incontro… se pure lo ricordassero”.
“Fai come vuoi”, risponde asciutto Thomas, alzandosi e tornando a sbirciare dalle finestre.

“Elyon, il comandante Alborn ha ragione”, riprende Caleb dopo un breve silenzio. “Con questi vestiti, i miei modi, con queste righe verdi sul viso…”.
“Quali righe verdi?”, sorride Elyon. “E poi, ci sono io a sistemare i piccoli inconvenienti”.
Lo fa alzare e lo porta verso lo specchio appeso alla parete.
Caleb si vede riflesso assieme a lei. Mentre la ragazza sorride, lui si scopre un’espressione perplessa che non si era mai visto prima. Sul viso non c’è più alcuna riga verde, ed anche i vestiti non sono più quelli di prima.
“Allora, che ne dici?”, chiede lei.
“Che sei ben decisa a portarmi a questo cinema”, sospira lui. “Posso almeno sapere che cos’è?”.
“Certo. E’ come un teatro, ma anziché degli attori in carne e ossa, quella che si vede è una pellicola”.
“Una…pellicola?”, chiede inorridito.  Le sole immagini che questa parola gli evoca sono simili a visceri di strani animali squartati.
Elyon capisce il malinteso. “Cioè, fanno vedere gli attori su uno specchio magico”.
“Ah…”, fa Caleb, sollevato. “Capisco meglio quando parli in modo realistico”.
“Allora… vediamo…”, dice Elyon sfogliando assorta un depliant comparso dal niente, “C’è ‘Amare per sempre’ alle sette. Ha vinto il premio ‘Lacrima d’oro’ e tre nomination…”.
Caleb sente le viscere torcersi per l’imbarazzo. “Ma… se per te è lo stesso… magari tra qualche giorno. Sai, avevo promesso a Gathrop di parlargli degli sviluppi… Sai com’è, un uomo deve mantenere la sua parola! E poi…”.
“Puoi sempre parlare domani, a questo Garrlop”, gli risponde un po’ indispettita. Poi sbircia verso i genitori. Thomas è dall’altra parte della stanza, assorto a scrutare fuori dalla finestra. Eleanor è sparita in cucina.
Si accosta  all’orecchio di Caleb, tirandolo per un braccio per farlo abbassare. “Stasera potrebbe essere l’ultima occasione”, gli sussurra all’orecchio.
“Cosa?”. La guarda preoccupato. “Guarda che non ho intenzione di farmi catturare dalle guardie”.
“Taci, Caleb”, continua a sussurrare. “Entro qualche giorno devo fare qualcosa di molto pericoloso”. Non c’è più niente di scherzoso nel suo sguardo.
“Lascia che sia io a farlo”, risponde Caleb, battendosi il pugno sul petto. “Il ruolo di un guerriero…”.
“No, Caleb. Io, e nessun altro. L’Oracolo mi ha intimato di recuperare il Cuore di Kandrakar. Lo hanno rubato loro, ma se non lo farò subito se la prenderà con me”.
“Ma… non è giusto!”.
“Non deve per forza essere giusto. E’ così, e tanto basta”.
“Ti proteggerò. Anzi, andrò io. Conosco bene tutti i passaggi del palazzo”.
“No, Caleb. Sarò sola, e tenterò di passare inosservata. Punto!”.
La guarda preoccuipato: non può lasciarla sola nel pericolo. “Va bene, Elyon. Come vuoi tu. E, tanto per sapere… quando andrai?”.
“Partirò domenica mattina”.
Sguardo di dubbio. “Quand’è domenica, qui?”.
“Tra tre giorni”.
Annuisce, silenzioso. “Avrai tante cose importanti da fare, prima…”.
“Soprattutto una”. Elyon lo guarda languida, con un gran battito di ciglia. “Allora, mi porti al cinema?”.
 

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Capitolo 41
*** Corpo astrale ***


41- corpo astrale  
Eccoci alla quarantunesima puntata, ricca di colpi di scena. 
Un grazie di cuore a Silen Arpia, che ha betato amorevolmente questo capitolo,  e grazie anche a tutti quelli che continuano a seguire questa looooong fiction a tre anni dall'inizio della sua pubblicazione.

PROFEZIE


Riassunto delle puntate precedenti 
Dopo un incontro misterioso con la Luce di Meridian, Vera ha convinto le Gocce a impadronirsi del Cuore di Kandrakar e a sostituirsi ad Elyon a Meridian, impersonando la regina e le guardiane. Carol si è opposta, ed è stata costretta con l'ipnosi.
Vera e Wanda hanno sottratto il Cuore di Kandrakar a Will. 
Il giorno dopo, ritrovatesi davanti allo specchio magico della libreria, le W.I.T.C.H. assistono alla trasformazione delle loro gocce in copie delle guardiane e della regina, ed alla loro partenza per Meridian, in contemporanea all'arrivo di Elyon a Heatherfield.
A Meridian, la controfigura di Elyon e le finte guardiane esiliano Miriadel e Alborn, mentre Caleb sfugge alla cattura;  pur avendo assunto il potere, si rendono conto di non essere convincenti, e inventano la storia che le guardiane sono a palazzo per proteggere la Luce di Meridian da un complotto.
A Heatherfield, rifugiatasi con i genitori nella sua vecchia casa, Elyon spiega che quella che si sta realizzando è una sua profezia, contenuta in disegni e frasi casuali, la cui interpretazione fino a quel punto era ambigua; a priori,  si poteva pensare che sarebbero state le stesse Elyon e le Witch a instaurare una tirannia nel metamondo. Inoltre, la profezia prevede che la tirannia duri un anno, che a Meridian dura diciotto mesi. Elyon è decisa a non tentare niente prima di questa scadenza, ma Will non si rassegna.
Facendo un sopralluogo nella casa delle Gocce a Midgale, Hay Lin percepisce frammenti di ricordi contraddittori: le sembra che Vera sia cambiata subito dopo l'ultimo incontro con Elyon. Questa non sa dare spiegazioni convincenti del cambiamento, ma non sembra risentita per il tradimento. 
L'Oracolo convoca Elyon, e le impone di recuperare al più presto il Cuore di Kandrakar, pena il carcere. Le WITCH si offrono di accompagnarla nell'impresa, ma lei intende tentare da sola. 
Rimaste sole, Cornelia insiste con Taranee perchè la aiuti a contattare Caleb con il portale al Ye Olde bookshop. Il suo tentativo ha successo, e Caleb può teletrasferirsi da Elyon, che gli dà istruzione di tornare a Meridian per sconsigliare qualunque rivolta prima del suo stesso ritorno.

Cap. 41

Corpo astrale



Heatherfield, casa Portrait

Venerdì notte.
Il chiarore dei lampioni attraverso le tende illumina un biglietto lasciato sul comò della cameretta di Elyon.  Sulla carta da lettere dal delicato motivo a coniglietti bianchi è vergato:
Cara mamma, caro papà, se non mi troverete nel letto, sappiate che sono andata a Meridian.
Se sono partita di nascosto, senza aspettare domenica, sappiate che l’ho fatto per non farmi seguire né da voi, né dalle amiche guardiane: non voglio che nessuno corra rischi cercando di seguirmi. Ho un piano preciso, e la furtività sarà la mia migliore alleata.
Vi bacio con amore, Elyon.

Nello stesso momento, ad un mondo di distanza, lei sta affrontando la tenue luminescenza verdina degli immensi sotterranei di Meridian.
 

C’è anche un secondo motivo perché ha preferito partire da sola: non è molto dignitoso che una regina si faccia vedere nella forma di un topo.

Ricorda perfettamente quei cunicoli: ha imparato a memoria le loro mappe custodite nel palazzo, li ha attraversati decine di volte con il suo corpo astrale, li ha percorsi con la sua identità segreta di roditore, si è infilata nei sottili meandri lasciati tra i pietroni da costruzione, ha seguito cunicoli e falde che drenano l’acqua dal palazzo. 

Questa notte, assieme alla forma umana, ha anche abbandonato le gallerie pedonali; sa che sono chiuse da portoni che giacciono esattamente in corrispondenza della barriera contro il teletrasporto che avvolge tutto il palazzo fino ai sotterranei più profondi, e sono sorvegliati dai più sofisticati allarmi che la magia di Meridian possa escogitare.
Ormai questa barriera è alle sue spalle, o forse dovrebbe dire dietro la sua coda.  Però, per trasferirsi nel palazzo, deve prima riassumere forma umana. Gli incantesimi tentati dai topi riescono raramente a fare più che i buchi nel formaggio.
Risale il meandro mentre i suoi sensi sondano il buio, finché le sue vibrisse le rivelano che si allarga. Quando intuisce di essere arrivata alla base della torre est, cerca a tentoni un buon appoggio per i piedi; ora che c’è abbastanza spazio, può riprendere forma umana.
Con il luccichio della trasformazione, la cavità vede per un attimo la sua prima luce dalla costruzione del palazzo. E’ stretta, alta, aderente alle fondazioni della torre; alcuni scoli scaricano rivoletti d’acqua, e si può giurare che non è sempre pulita.
Ora Elyon indossa una tuta impermeabile da speleologo di un vivace colore arancione che nessuno vedrà mai nell’oscurità completa; una cuffia nera e lucida raccoglie e appiattisce la massa voluminosa dei suoi capelli.
E’ sudata, ma è meglio che quest’acqua lurida non venga a contatto con lei.
E’ difficile restare in piedi nel buio su un masso irregolare; eppure non c’è scelta. O meglio, l’unica alternativa sarebbe restare un ratto e risalire gli scarichi., ma il suo stomaco e la sua immaginazione non glielo permettono.

Il distacco del corpo astrale è sempre un momento emozionante. Il buio sembra rischiarato da un chiarore azzurrino che non è vera luce, ma una percezione dei potenziali che tengono unita la materia.
Il corpo astrale è libero dal vincolo della gravità. Guarda il suo corpo fisico in piedi su una roccia scivolosa, bardato in modo ridicolo. Sì, è contenta che non ci sia nessun altro a vederla.
Quando decide di muoversi, attraversa metri e metri di granito monolitico senza trovare ostacolo, finché emerge in un locale interno. Lo ha già visto: è un tempietto-ambulatorio dove i maggiori guaritori della città mettono le loro arti a disposizione di chi ne ha bisogno. Per tradizione, anche le regine del passato hanno prestato lì la loro opera, ed anche lei avrebbe presto cominciato a farlo.
Lo spirito levita a due metri dal pavimento, attraversa la porta chiusa, poi risale velocemente attraverso il soffitto.
Spavento!!! Strani lampi e lobi la avvolgono. Forme rosse, bianche, marroni.
Ma è solo un attimo. Appena portatasi più in alto, si guarda indietro: ha attraversato il corpo di una guardia, senza che l’uomo se ne rendesse conto. Oggi sembra la giornata delle emozioni forti.
Molte delle statue, dei gargoyles, dei ritratti sembrano avere gli occhi luminosi. Questa parvenza di vita fa parte del sistema di allarme interno, ma nessuno di questi sensori può percepire l’intrusione di un corpo astrale. Si chiede se è già successo che altre entità vaghino inosservate nel palazzo, spiando gli abitanti inconsapevoli ed i loro momenti intimi.

Spinta dalla nostalgia, decide di fluttuare su per le scale con un’elegante e lenta traiettoria ad elica, e arriva fin davanti all’alta porta a sesto acuto della sala del trono.
Appena messo il naso al di là del battente, si accorge che il locale è illuminato. E quella là davanti, sola in piena notte, è lei… cioè deve essere Vera, che imita perfettamente il suo aspetto.
Perfettamente? Forse no. Elyon non crede che quell’espressione così ansiosa e indecisa sia sua. Ma, in fondo, non credeva nemmeno tante altre cose su di sé.
La regina fasulla ha aperto un elegante cofanetto su un lato del trono, e sta contemplando il contenuto, combattuta.
Elyon non ha bisogno della telepatia per immaginare cosa stia pensando la sua controfigura: che in quel cofano è custodito il fulcro del potere di Meridian, la Corona di Luce, ma lei ha un sacro terrore di usurparla.
Ad un certo punto, Vera guarda sorpresa verso la porta. Ha percepito qualcosa?
Elyon esce immediatamente dalla stanza, e aspetta un po’, con il cuore in gola.

Dopo qualche secondo in cui non succede niente, si tranquillizza, e fa il punto della situazione.
Ora sa dov’è Vera, e le starà ben lontana; non è lei che vuole. E’ certa che il Cuore di Kandrakar sia nelle mani di Wanda.
Il corpo astrale accelera, percorrendo i corridoi con velocità assurda. Pochi istanti bastano per superare guardie impegnate in doverosi giri di ronda, e poi salire in verticale nella tromba dello scalone fino al pianerottolo familiare con le tre camere che erano usate da Miriadel, Alborn e Nagadir.
Decide di cominciare dalla sua sinistra.
Attraversando la porta chiusa, sorvola il letto di quella che sembra la guardiana Irma, ma senza alette, che sta sensualmente abbracciando un cuscino.
Il letto accanto, probabilmente quello di Wanda, è vuoto. Perfetto!
Nella seconda camera, in un grande letto a due piazze, vede due figure dormire. Taranee… no, è Therese con l’aspetto di Taranee trasformata, anche lei senza alette. Quella accanto a lei è certamente Pao Chai.
Nella terza camera trova Carol con le sembianze di Cornelia. Il suo sonno è agitato: si rivolta nel letto, spostandosi i lunghissimi capelli dal viso.
Meglio non perdere tempo: forse i minuti che ha per localizzare Wanda sono contati.

Lo spirito accelera. Percorre scale e corridoi con velocità folle senza percepire neppure una brezza sul viso, nel più assurdo silenzio, passando sotto lo sguardo di occhi luminosi, attraverso fili di energia e reti luccicanti di ectoplasmi.
In alcuni corridoi vede guardie camminare, alzando la mano in punti prestabiliti per farsi riconoscere dai sistemi di allarme; in altri, le guardie stanno sdraiate a sonnecchiare su lussuosi divani.
Fannulloni! E’ per questo che vi pago?
Il tempo prezioso sta passando, e non ha ancora trovato Wanda. Si è forse resa invisibile, o era solo andata in bagno? Forse è meglio ripassare in camera...
Mentre sta virando per tornare indietro, un fioco rumore di passi attira la sua attenzione. Proviene dal corridoio che collega la torre nord con la torre nordest.
Elyon li segue, e i passi si fanno più definiti: lenti, in qualche modo familiari; ora sembrano salire sullo scalone a chiocciola.
Appena voltato l’angolo della torre, ogni suono scompare. La persona dev’essere molto vicina: a breve distanza, lo stesso trucco ipnotico dell’invisibilità copre anche il rumore dei passi.
Volteggia lentamente su per le scale, allargando le braccia. Riuscirà a percepire una persona invisibile, se la tocca col corpo astrale? Forse no…
Un piano, due, tre… niente. Si ferma incerta, fluttuando.
D’improvviso, nota un filo di luce sotto una porta accanto a sé. La biblioteca proibita! Deve sapere chi è entrato!

Il corpo astrale attraversa la porta. Davanti a sé, vede il tavolone di legno scuro sul quale ha passato tante delle sue serate.
La stanza a forma di anello le è ben familiare: occupa lo spazio tra il vano scale circolare ed il perimetro esterno della torre.
Gli scaffali sono come i raggi di una ruota, e lasciano correre un corridoio attorno al muro del vano scale, anche questo rivestito da strati di mensole curvate su misura.
Una luce fluorescente proviene da dietro la curva.
Eccola: è Cornelia, no Carol, con la sua calzamaglia a righe che si intravede attraverso la lunga gonna viola, e le sue belle alette da guardiana che, nei passaggi stretti, devono darle non poco fastidio.
Sta scrutando i dorsi dei libri. Poi fa la sua scelta: allunga le mani verso quello più antico ed ornato, lo apre, scorre rapidamente le prime due pagine, poi passa alla terza.
Non posso permetterlo! Il corpo astrale di Elyon appoggia i piedi a terra e si rende visibile. Sembra indossare una pesante vestaglia che ricorda di avere lasciato nel suo alloggio.
“Ciao, Cornelia”.
L’altra trasale. “EH!?! Ma… Oh, mi hai spaventata!”. Si rigira in mano il pesante volume, come se non sapesse dove farlo sparire. Sembra una altissima bambina colta a rubare i soldi dalla borsetta della mamma.
“Perché sei qui?”.
“Io… io non riuscivo a dormire… e quindi ho cercato qualcosa da leggere. Io…”. Gira il volume verso di lei. “… mi chiedevo se fosse interessante”. Tenta un’espressione ingenua. “Racconta leggende del metamondo?”.
“Carol, guardami negli occhi. Quello è un libro di magia nera. E’ proibitissimo!”.
“Ah… non avevo capito…”.
“E lo è per ottime ragioni: i rituali lì descritti comportano contatti con demoni che influenzano la volontà. E poi, è scritto in una lingua antichissima, non più in uso. Come avresti fatto a leggerlo?”.
Un vago sguardo di sospetto traspare dall’espressione colpevole di Carol. “Ho sondato la memoria di molti dignitari, come mi hai detto tu. E, tra ciò che vi ho trovato, c’era anche la memoria delle lingue antiche.  Sapevo che questa conoscenza non serviva alle altre, e così la ho tenuta per me”.
“Allora, Carol, io non voglio che tu legga molte delle cose custodite qui dentro. La conoscenza è un cammino nel quale non sempre si può tornare indietro. Qui, e in tutto il metamondo, i libri di magia sono sottoposti ad una censura severissima, solo pochi sono approvati, e si trovano in vendita nelle librerie della città. Perché non compri uno di quelli?”.
La guarda stranita. “E’ un’autorizzazione a girare liberamente per Meridian?”.
Elyon intuisce il suo errore. “Aspetta, su quegli scaffali ci sono libri terrestri”. Scruta i titoli. “Non ti interessa la storia di Evita Peron?”.
“Già letta a Midgale”.
Elyon cerca su un altro scaffale. “Una storia di Meridian?”.
“Forse…”.
“Ecco, leggi questa, è interessantissima”, le fa l’occhiolino, “Ti risolverà ogni problema di insonnia”.
Elyon allunga una mano per afferrare il pesante volume.  NO! La mano è penetrata nel libro.
Carol se ne è accorta? Sì, ha sbarrato gli occhi come davanti ad un fantasma.
“Tu...”.
Oddio, cosa mi invento adesso? “Scusa, scusa… non volevo spaventarti. Vedi, io sono ancora in camera mia, sotto le coperte… ma neanche io dormivo bene, perciò ho lasciato vagare il mio corpo astrale per i corridoi”. Sorrisone di circostanza. “Ma tranquilla, se non mordo quando ho il mio corpo fisico, men che meno morderò con questo”, dice terminando con una risatina tirata.
Carol la ricambia con uno sguardo di malcelato sospetto. “Va bene… Vera. Vada per la Storia di Meridian”.
“Brava, cara. Torna in camera”. Istintivamente le sfiora un braccio.
Errore! L’altra fa un balzo di lato, mentre vede la mano attraversarla.
“Oh… scusa di nuovo!”.  Stupida Elyon, stupida! Lo stesso errore per ben due volte!
L’altra la guarda sempre più incerta.
Elyon percepisce il suo pensiero: ‘Perché è così amichevole?’.
Già: Vera e Carol non sono mai andate d’accordo. Per non essere riconosciuta, deve cambiare modo di fare. “Allora, torna a dormire, e ricorda: questa biblioteca è vietata!”.
“Buonanotte”, risponde la guardiana con lo sguardo di nuovo altero; afferra il volume e lo fa sparire nella mano come per uno straordinario gioco di prestigio.
Le lancia un’ultima occhiata da chi sei tu?, poi si volta e attraversa la porta chiusa.

Oh lune dei cieli, mi sa che mi sono tradita!
Il corpo astrale, di nuovo invisibile, segue Carol che cammina lentamente fino al suo alloggio, lanciando frequenti occhiate a vuoto dietro di sé.
La vede entrare nella sua camera. Bene, sembra che non darà l’allarme, quindi…
Voci! Non è un battibecco sommesso quello che si sente da dentro la stanza? Chi può essere… Merita un’occhiata!
Il corpo astrale attraversa il muro.

Nella camera fiocamente illuminata, quelle che sembrano le guardiane Will e Cornelia si stanno fronteggiando erte in tutta la loro altezza.
“Sono stata in biblioteca! Mi sorvegli anche di notte?”.
“A buona ragione! Sai che la biblioteca è vietata! Dovrò riferirlo a Vera”.
“Ah, sì, riferiscile anche che la ho incontrata lì, e che mi ha dato un libro lei stessa”. Nelle sue mani si materializza il tomo.
Wanda la guarda con ira. “E così, io devo perdere il sonno per fare la ronda, mentre tu lo perdi per quello che non hai fatto quando eri a scuola”.
“Potresti anche tu”.
“No. Non si può contare su di te!”.
Le due si scambiano sguardi risentiti, poi Wanda gira i tacchi ed esce dalla porta, una volta tanto nel modo tradizionale, poi svolta verso la sua camera.

E’ il momento di tentare! Nel tempo di un pensiero, il corpo astrale attraversa strati di muri e pavimenti, si riunisce al corpo fisico, poi si disloca alle spalle di Wanda.
Maledizione, ho ancora addosso la tuta da speleologo! In un attimo, l’aspetto di Elyon muta come se indossasse una vestaglia.
Forse ha fatto qualche rumore, o forse il baluginio si è riflesso sulle finiture di marmo lucido ed oro.
Wanda la percepisce, e si volta stupita. “Luce?”.
Cosa dire? Un piano, uno straccio di frase… “Sì, sono io. Non riuscivo a dormire, cercavo proprio te”.
Wanda la scruta stupita. “Purtroppo non sono brava con le ninnananne”.
Elyon fa un sorrisino nervoso. “Era per il Cuore di Kandrakar. Hai notato qualcosa di strano?”.
La guardiana volge il palmo in alto; con un luccichio opaco, il monile appare e vi fluttua tre dita sopra.  “E’ ancora come ieri sera. La luminosità continua ad attenuarsi”.
“Vedo”. Il paragone con il bagliore rosato dei suoi ricordi è stridente. “Fammi dare un’occhiata”. Allunga la mano verso il ciondolo.
“Perché?”. Wanda lo trae a sé, gelosa dell’oggetto.
“Come perché? Per esaminarlo”.
“Esaminalo pure”, risponde l’altra diffidente, “Ma lo tengo in mano io”.
“Non va bene!”. Le volta le spalle, come offesa. “Non ti fidi più di me, dunque?”.
“Come no!”, risponde l’altra, “Ma la tua richiesta è… parecchio strana”.
“Devo toccare quell’oggetto per percepirne le energie interne, e il contatto con le tue mani altera la percezione”. Dando la schiena all’altra, Elyon ha infilato la mano nella camicia da notte. Le sue parole hanno coperto il rumore di risucchio d’aria, le sue vesti hanno smorzato il bagliore della magia. Tra le sue mani ha materializzato una copia del Cuore di Kandrakar. Peccato che non ingannerebbe l’Oracolo, se no sarebbe stato tutto più semplice… ma forse qualcun altro lo prenderà per buono.
Bene, ora è il momento per rischiare il tutto per tutto. Si volta verso la guardiana, fissandola negli occhi. “Wanda, dammelo!”.
Vede lo sguardo dell’altra farsi vacuo. Dopo un attimo interminabile, il suo braccio si allunga per porgerle il talismano.
Troppo facile, pensa Elyon afferrandolo. Si volta, ora non ha che da…

D’improvviso, una forte presa da dietro blocca le sue braccia.
“Aaaah! Che fai?!?”, grida. Cerca di voltarsi, ma è impossibile.
“Credevi che non ti riconoscessi…Elyon?”, le sibila nell’orecchio la guardiana.
“Aiuto! Will è impazzita!”, invoca a piena voce.
La porta di Carol si apre immediatamente: la biondona stava origliando.
“Aiutatemi! Fatela calmare!”, invoca la regina.
In pochi secondi, anche le altre guardiane sono lì, stupite ed assonnate. “Cosa succede?”. “Wa… Will, cosa fai?”.
“Questa è…”. Wanda non completa la frase per non tradirsi: alcune guardie stanno accorrendo, risvegliatesi di soprassalto dal quasi sonnambulismo della ronda notturna ed hanno già le spade sguainate.
“Questa non è la vera regina”, spiega Wanda, allentando la presa, ma stando attenta a non farsi guardare negli occhi.
“SEI IMPAZZITA?”, strilla Elyon. Si rivolge agli altri: “Se l’è presa perché le ho tolto di mano un momento questo gingillo”. Allunga la mano di lato, sprezzante. “Tienitelo pure, il tuo tesssoro, se non puoi farne a meno!”. Ma non è l’originale quello che porge a Wanda.
La guardiana lo afferra, e lo fa sparire nel palmo. Si guarda attorno e capisce che, secondo le compagne, è lei la pazza. Le spade sguainate delle guardie brillano sinistre.
La scioglie dalla morsa. “Resta il fatto che tu non sei chi vuoi far credere”.
“Il fatto, eh?”. Elyon non può mostrare incertezze proprio adesso. “Ed allora, vieni in camera mia. Vedrai con i tuoi occhi se c’è un’altra regina nel letto!”. Si avvia decisa sullo scalone che porta al piano di sopra.

Wanda le va dietro alla distanza di un braccio e, a pochi passi, la seguono anche le altre guardiane; chiudono la fila i soldati, ancora tutti con la mano sull’elsa.
La regina apre la porta dell’appartamento reale, fiocamente illuminato. “E adesso vedrai!”. Speriamo bene…
Wanda va a grandi passi verso il letto, accende la luce, scosta le coperte. Vuoto!
“Sarai contenta, ora!”, la schernisce Elyon.
D’un tratto, capta un messaggio telepatico. ‘Vera, dove sei?’.
Può solo rispondere per lei. ‘Sono davanti a te, scema. Vai a dormire, che ne hai bisogno!’.
Wanda, scossa ma non convinta, va alla finestra, la apre e guarda fuori verso la Torre Est.
Anche Elyon segue lo sguardo dalla finestra. La luce della sala del trono è spenta. Vera non è più lì! Calma, Elyon, calma. Ancora qualche istante…
Wanda cede prima di lei. “E va bene, Luce di Meridian. Scusami, mi sono sbagliata”.
Sguardo offeso. “E va bene, per questa volta ti perdono, ma non voglio più sentir parlare di quello che è successo questa notte”. Guarda anche le altre e le guardie, sulla porta. “E questo vale anche per tutti voi! Non azzardatevi a disturbarmi se vado in giro per il palazzo quando mi pare! E ora andate, la notte non durerà ancora a lungo”. E forse neanche la mia fortuna.
Se ne vanno tutti, Wanda a capo chino; l’ultima ad uscire è Carol, che le rivolge una lunga occhiata interrogativa.

Bene. C’è una sola cosa da fare: sparire!
Il corpo si dissolve in un tremolio, per ritrovarsi nuovamente nell’oscurità del pertugio alla base della torre.
Macchè oscurità, è il buio più buio! Un piede perde la presa, e Elyon scivola. “Ah!”. Le scappa un grido che risuona come uno scoppio nel silenzio, mentre si puntella su una parete viscida. Questo luogo ha un odore disgustoso, e lei è ancora in vestaglia e pantofole.
Coraggio, Elyon,  ora ti trasformi ed esci… buio e putridume non hanno mai fatto paura ad un sorcio.
 

Nei corridoi verso la torre est, due soldati hanno ripreso la loro ronda,  quasi grati del diversivo. Peccato che non potranno raccontarlo al corpo di guardia la mattina dopo: la Luce di Meridian è stata perentoria.
Sentono dei passi davanti a loro, poi vedono la regina voltare l’angolo e percorrere il corridoio nel senso opposto, assorta nei suoi pensieri. Si guardano perplessi.
Quando passa loro accanto, i due si fermano e accennano ad un inchino.
Appena si è allontanata, uno non riesce più a tacere. “Ma, Genorr! Era in camera sua fino a tre minuti fa!”.
L’altro si stringe nelle spalle. “Ti meraviglia, Akhtrab? Sai che può teletrasportarsi”.
“Ti sembra che la vestaglia fosse la stessa di prima?”.
“Non so. Sai che non faccio caso ai vestiti delle donne, solo al contenuto”.
“Che risposta sciocca. E se davvero ci fosse una sosia in giro?”.
“Cosa vorresti fare, correrle dietro e chiederle se è la vera regina?”. Genorr fa lo sguardo di chi la sa lunga. “Se la guardiana l’ha passata liscia, non è detto che anche a noi andrebbe così bene”.
 

Heatherfield, casa Portrait

E’ ancora notte fonda, e una tazza di camomilla fuma sul comò.
Elyon, distesa sul suo letto dopo due bagni all’amuchina, sta condividendo il momento di rilassamento con il suo orsetto di peluche.
Evoca nel palmo il Cuore di Kandrakar, e guarda la sua luce ormai opaca. Ha corso un grande rischio per quest’oggetto, fa rabbia pensare che assomiglia a quelli venduti assieme alle bambole da diciotto dollari e novantanove centesimi.
La porta si apre pian piano. E’ Eleanor. “Tesoro, come va il piede?”. Scocca un’occhiata alla caviglia fasciata.
“Va bene, finché non lo muovo”.
“Dormi finché puoi, Ellie. Domani avrai tempo per guardarti il Cuore di Kandahar”.
“Di Kandrakar, mamma, Kandahar è in Afghanistan”.
La madre scrolla le spalle noncurante. “Fa lo stesso, tesoro, dormi”.
“Siamo orgogliosi di te, Elyon”, la saluta papà Thomas da sopra la testa della moglie.
“Grazie pa’, grazie ma’, tranquilli, ora spengo la luce”.
Infatti la spegne finché tornano a letto, tranquillizzati.

Dopo due minuti, la curiosità è troppo forte: riaccende la luce, ed il ciondolo si materializza di nuovo nel palmo. Non sa se avrà altre occasioni di esaminare il cuore di Kandahar… Kandrakar.
Gli occhi di Elyon scrutano nel cristallo. Quel globo di pochi centimetri sembra la finestra su un altro universo.
Forse può rintracciare il sigillo di Phobos ed estrarlo. Quell’oggetto appartiene di diritto a Meridian, e potrebbe essere utile, casomai l’Oracolo volesse dare seguito alla sua minaccia di riattivare la muraglia.
Cerca di mettere a fuoco l’interno, ma invano: ogni immagine è così deformata da fondersi con le altre in aloni di luce ed ombra alternati.
Si concentra sulle impressioni tattili. Una presenza calda… sarà lo spirito della ninfa Xin Jing?
Caldo… e gelo. Le impressioni di quel globo sono contrastanti ed inquietanti. Girato in una certa angolazione, dà l’impressione di poter succhiare l’anima.
Forse questo cristallo è stato corrotto. Forse è nato puro, ma poi ha inglobato le essenze delle entità affrontate, ed un giorno esso stesso sarà sconfitto dalle proprie vittorie.
Will deve essere avvisata: farebbe bene a separarsi dal ciondolo il più a lungo possibile. Le ha raccontato la storia drammatica di una certa Nerissa… ma cosa ne è stato delle custodi che la hanno preceduta?

E’ un attimo, una sensazione già vissuta e non amata: la camera svanisce in strie colorate, e da queste emerge la sala del consiglio di Kandrakar.
Davanti a lei vede l’Oracolo e Yan Lin, finalmente sorridenti. Non c’è Endarno: forse per lui doverle sorridere era troppo.
Li guarda. Si guarda. Che imbarazzo! Una regina seduta a terra con indosso un pigiama di Winnie the Pooh, con un orsetto sotto un braccio ed il ciondolo in mano come un cioccolatino rubato!
Il pigiama diventa velocemente un abito regale.
L’Oracolo parla con enfasi. “Luce di Meridian, vogliamo felicitarci per il tuo brillante recupero del Cuore di Kandrakar”.
Il gioiello lascia la mano di Elyon e torna, come un boomerang, in quelle dell’uomo. Addio sigillo di Phobos...
“Abbiamo seguito tutta la tua bella impresa”. Yan Lin ha un sorriso che lei non riesce a definire. “Sei stata bravissima”.
Tutto in diretta? Mi hanno vista trasformata in topo? Ecco perché sorridono tanto!
“Ora il Cuore di Kandrakar è tornato a servire la causa dell’equilibrio tra i mondi”, sentenzia l’Oracolo, facendo svanire l’oggetto dal palmo della mano.
Elyon si alza a fatica, mentre il piede le provoca una fitta. “Oracolo , devo avvisarvi. Ho scrutato nel…”.
Lui si affretta ad interromperla. “Sei stata coraggiosa oltre ogni dire! Il tuo nome sarà ricordato negli annali!”.
L’Oracolo si volta verso uno spazio libero, facendo un gesto grazioso con la mano.

Con un lampo, le WITCH appaiono, in alette e calzamaglia, con lo sguardo perso di chi è stato rapito nel cuore della notte.
“Guardiane, ho una grande notizia. La vostra amica Elyon ha recuperato il Cuore di Kandrakar!”. Apre il palmo ed il talismano, sfavillante come non mai, si solleva fin al disopra dei suoi occhi.
Le amiche si guardano incredule. Hay Lin si dà un pizzicotto.
Irma sgrana gli occhi come se non capisse. “Ho dormito fino a domenica?”.
Will allunga la mano verso il Cuore di Kandrakar, che continua a sfavillare immobile.
L’Oracolo la ignora. “La Luce di Meridian è stata astuta e coraggiosa, e merita tutta la nostra ammirazione. La sua impresa sarà affrescata nella Sala del Silenzio”.
Non il topo. Ti prego, non il topo!

“Oracolo”, si fa avanti Will, “Posso riavere il Cuore?”.
L’uomo le risponde con un sorriso celestiale. “Certo, Will, ma non ora”.
E’ come uno schiaffo. “E’ perché non ho saputo custodirlo bene?”.
Una fitta di colpa trafigge Elyon. Ricorda di avere detto qualcosa di simile lei stessa qualche giorno prima per tentare di discolparsi. “Oracolo, credo che nessuna al posto di Will…”.
“Non angustiatevi. Sarà questione di giorni”. L’uomo guarda controluce attraverso il gioiello. “Dobbiamo svolgere qualche rito di purificazione, poi, Will, ti sarà riconsegnato. Il tuo ruolo non è in discussione”.
Elyon storce il naso. Non sono certo stati pochi giorni nelle mani di Wanda che hanno corrotto il cuore; le ombre al suo interno sono antiche. “Oracolo…”.
L’uomo ignora l’interruzione. “Guardiane, fate i vostri complimenti a Elyon. Merita la vostra gratitudine e la vostra amicizia”.
Le amiche vengono vicino, fanno la fila per stringerla. “Ce l’hai fatta, Ellie”.
E’ bello. A parte Cornelia, era molto che le altre non lo facevano più.
“Ce l’hai fatta anche a noi”, la rimprovera bonariamente Will. “Aspettavamo di partire domenica”,
Taranee la guarda intensamente. “Volevi dire qualcosa, Ellie?”.
L’Oracolo sorride  con uno sguardo penetrante. “Volevi dire qualcosa, Luce di Meridian?”.
Già, lei voleva dire qualcosa… ma cosa? Scuote la testa, incerta, mentre le vengono in mente solo banalità. “Sono contenta di avere risolto il problema”. Non basta; cerca qualcosa di più sentito... “Ho sempre tenuto tanto a voi tutte”.
“Ora però ci devi raccontare un sacco di cose”, sorride Hay Lin.
Cornelia cerca il suo orologietto da polso. Inutile, ha la deplorevole abitudine di sparire ogni volta che lei si trasforma in guardiana.
Will nota il gesto. “Ragazze, ci troviamo al Ye…”, inizia a dire, mentre l’Oracolo fa un gesto quasi di saluto con la mano.
Una vertigine,  un lampo. “… Olde Bookshop”, finisce la frase.

Si guarda attorno. Sono già lì, tutte e sei, nuovamente in pigiama. Solo Elyon è ancora vestita da regina, ma è difficile mettere soggezione con l’orsacchiotto in mano.
Cornelia cerca il suo orologietto. Niente, è rimasto sul comò. “Ragazze, mi dispiace dirlo, ma credo che tra non molto i nostri genitori verranno a svegliarci, e se non ci troveranno nel letto…”.
“Ragazze, che ne dite, ci ritroviamo questo pomeriggio alle tre?”, propone Hay Lin. “Io sono impaziente di sentire i racconti dell’impresa!”.
Elyon guarda con diffidenza lo specchio magico, ormai quasi spento. “Sì, ma non davanti a quel coso. Piuttosto, venite a casa mia”.
“Aggiudicato”. Irma le tira una treccia. “Davanti ad un tè con i frollini, naturalmente”.
 

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Capitolo 42
*** Rivolta ***


42-rivolta  
Cara Rowena, grazie per la bellissima recensione. Sono contento che l'avventurosa missione della riluttante "Luce di Meridian" ti sia piaciuta. Certo, la fortuna ha avuto la sua parte per evitare uno scontro che poteva essere disastroso.
La Elyon del n.40 era, lo ammetto, irritante. Io vedo questo personaggio come piuttosto infantile in diversi comportamenti, ma a me piace così. 
Però questa condotta apparentemente irresponsabile ha una giustificazione. 
Nel lontano terzo capitolo lei ha preso una pozione per dimenticare il loro amore, ma lui no; dopodiché sono astutamente rimasti vicini, e Elyon ha ripreso ad innamorarsi, anche perché percepiva i sentimenti inespressi di lui.
In sei mesi Elyon ha cambiato parere su varie cose: alcune non le vorrei anticipare, hanno a che fare con il segreto della lettera postuma della madre accennata nel cap. 5;  dirò solo che si è anche abituata  all'idea che una erede creata nello stesso modo di Vera sia possibile e  perfino preferibile ad una naturale; il fatto di non potere avere eredi da Caleb ora per lei è andato in secondo piano. 
Quindi  percepisce che è attratto da lei (ho resistito a  fatica alla tentazione di metterle in bocca una frase colorita), ma non capisce perché non voglia uscire assieme, e per questo insiste. Posso anticipare che capirà le reazioni di Caleb solo dopo aver appreso i fatti dimenticati attraverso Eleanor, alla quale non si può nascondere nulla, se non altro perchè è una ex-007 oltrechè una vice-mamma.

Ora vi lascio in compagnia di Vera e delle gocce che, vi ricordo, hanno l'aspetto e l'identità di Elyon e delle W.I.T.C.H.  Quest'oggi non avranno una gran bella giornata, poverine.
Grazie a Silen Arpia per l'accurato e amorevole betaggio (se fosse scappato qualcosa, comunque, la responsabilità era e rimane del sottoscritto), e nuovamente a Rowena per la rilettura.

MaxT

PROFEZIE


Riassunto delle puntate precedenti 
Dopo un incontro misterioso con la Luce di Meridian, Vera ha convinto le Gocce a impadronirsi del Cuore di Kandrakar e a sostituirsi ad Elyon a Meridian, impersonando la regina e le guardiane. Carol si è opposta, ed è stata costretta con l'ipnosi.
Vera e Wanda hanno sottratto il Cuore di Kandrakar a Will. 
Il giorno dopo, ritrovatesi davanti allo specchio magico della libreria, le W.I.T.C.H. assistono alla trasformazione delle loro gocce in copie delle guardiane e della regina, ed alla loro partenza per Meridian, in contemporanea all'arrivo di Elyon a Heatherfield.
A Meridian, la controfigura di Elyon e le finte guardiane esiliano Miriadel e Alborn, mentre Caleb sfugge alla cattura;  pur avendo assunto il potere, si rendono conto di non essere convincenti, e inventano la storia che le guardiane sono a palazzo per proteggere la Luce di Meridian da un complotto.
A Heatherfield, rifugiatasi con i genitori nella sua vecchia casa, Elyon spiega che quella che si sta realizzando è una sua profezia, contenuta in disegni e frasi casuali, la cui interpretazione fino a quel punto era ambigua. La profezia prevede che la tirannia duri un anno, che a Meridian dura diciotto mesi. Elyon è decisa a non tentare niente prima di questa scadenza, ma Will non si rassegna.
Facendo un sopralluogo nella casa delle Gocce a Midgale, Hay Lin percepisce frammenti di ricordi contraddittori: le sembra che Vera sia cambiata subito dopo l'ultimo incontro con Elyon. Questa non sa dare spiegazioni convincenti del cambiamento, ma non sembra risentita per il tradimento. 
L'Oracolo convoca Elyon, e le impone di recuperare al più presto il Cuore di Kandrakar, pena il carcere. Le WITCH si offrono di accompagnarla nell'impresa, ma lei intende tentare da sola. 
Caleb riesce a teletrasferirsi da Elyon, che gli dà istruzione di tornare a Meridian per sconsigliare qualunque rivolta prima del suo stesso ritorno dopo un anno.
Poi Elyon parte da sola per Meridian e riesce a  recuperare il Cuore di Kandrakar ingannando le gocce; il talismano viene poi trattenuto dall'Oracolo per una purificazione.

Cap. 42

Rivolta




Meridian, sala del trono

“Lord Thetras, lei è stato convocato qui per sciogliere i suoi dubbi”.
Nonostante il largo sorriso, gli occhi della regina che lo studiano dall’alto del trono non promettono niente di buono. Anche le guardiane, disposte a cerchio attorno a lui, non gli risultano per niente rassicuranti.
“Quali dubbi, Altezza?”. L’uomo dalla pelle color salvia cerca di sorridere al disopra della sua lunga barba candida, ma il suo tentativo di sembrare disinvolto viene frustrato dalle lunghe orecchie che si piegano insistentemente verso il basso. Tutta questa situazione gli dà un’impressione strana di già vissuto. Forse un qualche sogno?
“Lei ha avuto l’impressione che io sia cambiata”, gli risponde lei severa. “In realtà è la situazione ad essere cambiata. C’è in atto un complotto, qualcuno si sta servendo di menzogne per seminare dubbi a corte. Lei non vuole…”.
Al consigliere sembra che gli occhi della regina stiano diventando luminosi. Anche le guardiane
 

Quanto è passato? Un secondo? Un minuto? Ha avuto l’impressione di un lieve mancamento, ma ora è sereno. Non ricorda le parole esatte, ma la Luce di Meridian gli ha dissolto tutte le sue angoscianti perplessità.
La regina ora gli sorride radiosa, e anche le guardiane sono amichevoli.
“Caro consigliere, io conto sul suo giudizio equilibrato. E, se si accorge che qualcuno ha dubbi, me lo segnali subito, così possiamo convocarlo per un chiarimento!”.
“Grazie, Altezza” dice profondendosi in un inchino sincero, “E’ ammirevole trovare una persona del Vostro livello così disponibile e franca. Confesso che ero turbato, ma ora capisco che non c’era alcuna ragione”.
“Grazie, Lord Thetras. E’ una fortuna avere la sua collaborazione”.

Appena i pesanti battenti si sono richiusi dietro al funzionario congedato, il sorriso radioso della regina lascia il posto ad un’espressione preoccupata. “Allora, ragazze, come è andata?”.
“Bene” risponde entusiasticamente Irma, “Era del tutto convinto”.
“Anche una settimana fa era convinto” le ricorda flemmatica Cornelia, gettando acqua fredda sul suo focherello, “E poi, in capo a qualche giorno, lo abbiamo trovato nuovamente pieno di dubbi”.
“E non è il primo”, conviene Taranee pensierosa. “Sembra che gli effetti della suggestione postipnotica siano solo temporanei”.
La guardiana dell’acqua difende la sua briciola di ottimismo: “Ma questa volta abbiamo usato i nostri poteri al massimo!”.
Elyon annuisce: sa che non possono fare di più senza creare danni neurologici permanenti. Si stringe nelle spalle, scoraggiata. I membri del Consiglio dei Veglianti come Lord Thetras sono l’elite di Meridian, in senso intellettuale e psichico. I pensieri di lei e delle sue compagne, consapevoli di essere sotto un’identità fasulla, si sommano ai sospetti anche inespressi e alle ansie degli altri abitanti del palazzo nel creare un clima che viene percepito da ogni sensitivo.
Giocherellando con gli inutili occhialini, Taranee sentenzia: “Se anche questa volta non dovesse funzionare, dovremo inventarci una nuova strategia”.
“Facile a dirsi” sbotta Elyon, “Ma quale?”. Si stringe la testa tra le mani come per spremersela, ma dopo un lungo silenzio non ne è ancora sgorgata alcuna idea nuova e geniale.
La guardiana dell’acqua ribadisce, non più molto convinta: “Eppure, questo lavaggio del cervello sarebbe stato definitivo per chiunque”, poi raggiunge Hay Lin sul balcone, dove la cinesina si è appoggiata a contemplare incerta la città sottostante, illuminata dal sole del pomeriggio.
Taranee le ribatte, arricciandosi una ciocca di capelli: “Ma, a quanto pare, su questi consiglieri ha l’effetto di uno shampoo”.

La regina guarda Will. Fin dalla mattina, la guardiana coi capelli rossi è più chiusa e sfuggente del solito. Eppure, negli ultimi giorni aveva tirato fuori una vera grinta da leader, ed era stata lei a darle la forza di continuare questa finzione partita così male.
Will, che cos’hai oggi?”.
Le rimanda uno sguardo stupito. “Avevi detto di non riparlarne”.
“Di cosa non volevo riparlarne?”. Si fa prima a leggere la mente, pensa.
Un attimo dopo, un’espressione incredula le deforma il viso. “Noo!”
“No cosa?”, chiede la guardiana sempre più stupita, poi capisce. “Non eri tu?!?”.
“No! Io ero in questa stanza!”. La regina si porta le mani alla bocca mentre le sue fragili sicurezze cadono una dopo l’altra. “O cieli turchini! Come ha fatto ad arrivare fin qui?”.
Will, allarmata, guarda verso Cornelia. “Chi hai incontrato in biblioteca ieri notte?”.
La bionda è a disagio: le sue escursioni notturne dovevano restare segrete, ed invece… Le tocca rispondere: “Era un corpo astrale, intangibile. Vera, immagino”.
“Non il mio!”, risponde la regina, scuotendo decisamente la testa, “E cosa  facevi… ma ne riparleremo dopo”.
Will si morde le labbra. “Ma quella che ho afferrato io era solida, in carne ed ossa!”.
“Afferrata?”. Con gli occhi fuori dalle orbite, Elyon assorbe dalle compagne il ricordo di quella notte movimentata. “Lune sincrone! Ma questo significa che la barriera dimensionale non funziona!?!”.
Sempre più pallida, Will ricorda: “L’ho afferrata quando ha cercato di sottrarmi il Cuore di Kandrakar”. Lo evoca nel palmo, preoccupata. La debole luce violacea è solo un pallido riflesso di com’era una settimana prima. “Secondo te, funziona ancora?”.
Taranee pone una domanda cruciale: “Lo hai perso di vista mentre lo aveva in mano lei?”.
Dopo un attimo di palpabile silenzio, l’altra risponde incerta: “Mi ha voltato le spalle… forse sì”.
“Ma allora potrebbe averlo preso e sostituito con una copia!”.
Le altre si guardano mentre realizzano le terribili implicazioni di ciò che è appena emerso. Gli occhi di Irma non sono mai stati così spalancati, mentre Hay Lin piagnucola sommessamente, coprendosi la bocca col palmo della mano.
Elyon afferra il Cuore senza troppi complimenti, mentre Wanda si guarda bene dal protestare.
Lo rigira tra le mani. Lo guarda in trasparenza. Chiude gli occhi, mentre tenta di far risuonare il suo corpo con le energie del ciondolo.
Dopo qualche secondo deve ammettere, sconfitta: “Non lo so! Forse è solo una copia molto ben fatta, ma se è l’originale non ci sarà di nessun aiuto”.
“Ragioniamo” dice Therese, “Elyon è arrivata sul Metamondo, quindi forse la barriera dimensionale non funzionava neanche prima. Perché non sono venute anche le guardiane?”.
“Probabilmente non potevano farlo senza il Cuore” risponde Vera, “Ma come ha fatto lei a passare il firewall contro il teletrasporto? Ho revocato la sua abilitazione, come pure quella delle sue amiche. Ora solo noi dovremmo poterlo fare”.
“E perché non ci ha trasformate in ranocchie mentre dormivamo?”, si chiede Irene, che ha vividi ricordi di questa leggendaria trasformazione, “Aveva la sorpresa completa dalla sua parte”.
“Forse perché una ranocchia non può evocare il Cuore di Kandrakar”, risponde cupa Wanda.
Vera si porta le mani al viso. “Tutto questo significa che lei potrebbe tornare anche ora, forse con le guardiane vere!”. Si accascia sul trono. “Che sciocca! Io credevo che il palazzo fosse impenetrabile”.
“Forse aveva un obiettivo ancora più importante”, suggerisce Wanda.
“Cosa vuoi dire?”, chiede Vera, ma è solo una domanda retorica.
Luce, possiamo resistere lo stesso”. La fissa con intenzione. “Non hai ancora sfruttato tutte le tue risorse!”.
Vera si irrigidisce, perché sa già dove arriverà il discorso.
“Intendo dire che non hai ancora indossato la autentica Corona di Luce” prosegue la guardiana, “Appena Elyon lo ha fatto, Phobos è stato immediatamente sconfitto!”.
“Già!” annuisce Irene, anche lei rivivendo ricordi non suoi, “Ha cominciato a luccicare e a svolazzare, ed è stata acclamata come una dea”.
Vera scuote decisamente il viso. “Possiamo fare anche senza!”.
“Perché? Sarebbe un vantaggio decisivo, soprattutto ora che loro si sono riprese il Cuore di Kandrakar”, insiste Wanda. “E se la lasci qui, può esserti sottratta. Forse era proprio quello l’obiettivo principale di Elyon”.
Carol sorride sarcastica. “Non preoccupartene troppo, grande regina!”.
Tutti gli sguardi si volgono su di lei.
Vera dà voce al pensiero di tutte. “Cosa vuoi dire?”.
“Che Elyon ha evocato più di una volta la Corona di Luce a Midgale. E’ chiaro che la porta sempre con sé, ed ha lasciato qui solo una copia da bigiotteria!”.
Con una smorfia di dubbio, Vera si alza e si dirige verso una nicchia sulla parete, dove vi è un cofanetto di metallo preziosamente rifinito a motivi floreali, delicatamente smaltato e placcato.
L’incantesimo protettivo non è un problema per lei: ad un gesto della sua mano, il coperchio si apre da solo mettendo in mostra, all’interno, la Corona di Luce sfavillante su un drappo di velluto rosso ciliegia.
La afferra con esitazione e la tiene fra le mani tremanti, poi chiude gli occhi, concentrandosi sulle sensazioni provenienti dal gioiello.
Dopo un lungo momento riapre gli occhi sollevata: “E’ autentica! Ne ho sentito le energie”.
“Ma certo” fa Carol sarcastica, “Forse Elyon la avrà riportata questa notte”.
Vera la guarda di storto mentre ripone la corona sul velluto del cofano. “Ti piacerebbe farmi venire un colpo, ammettilo”.
“Ebbene sì, lo confesso”, sorride la guardiana.
Wanda allontana la biondona con una spinta sgarbata e si rivolge alla regina.  “Ora indossala”.
Vera si irrigidisce di nuovo, accigliandosi a questo tono imperioso. Malvolentieri, torna a sfiorare timidamente la corona con una mano, come se scottasse. Poi la solleva prudentemente, come se ne avesse paura, e fa il gesto di porsela sul capo.
Esita a lungo.  “No, non posso!” . Abbassa la corona e lo sguardo.
“Perché no?” tuona Wanda.
“Perché… perché questa corona ha una volontà propria. La prima goccia di Elyon è morta appena la ha indossata”.
Tutte le ragazze ricordano l’episodio drammatico che diede il via alla rivolta contro Phobos.
“Ma è stato l’incantesimo di suo fratello, non la corona in sé!”, insiste Wanda. “Poi Elyon la ha indossata per quasi tre anni senza problemi!”.
“Sarà come dici, ma non la voglio mettere!”. La ripone decisamente. “Per le apparenze, basterà il simulacro”.

Wanda le si pianta davanti con le mani sui fianchi, torreggiando su di lei. “Luce, senza il potere di quella corona noi tutte siamo in pericolo. Devo essere io a dirtelo? Non lo capisci da sola?”.
La regina la evita, poi si siede incerta sul trono, cambia posizione più e più volte mentre cerca una soluzione.
Carol percepisce l’indecisione dell’altra. Forse è l’occasione buona per far valere il suo punto di vista. “E se rinunciassimo?”.
“Rinunciare adesso?”. Vera è ancora più impaurita. “Che ne sarà di me… e di voi?”.
“Fallo spontaneamente!” insiste l’altra, “Non credo che la punizione sarà così terribile!”.
La regina si rialza da quel trono che scotta, e comincia a camminare nervosamente avanti e indietro. “No…”. Scuote più volte la testa, ripetendo:. “No, non posso”. Dopo aver percorso svariate volte il perimetro della sala, si sforza di rispondere con calma, ma la paura traspare ancora da tutto il suo essere. “Elyon stava già pensando che sono l’unica persona in grado di contenderle il trono…E  ora le ho dato un motivo incontestabile per farmi fuori. Potrei essere cancellata, o quanto meno finire i miei giorni nella Torre delle Nebbie. Che altro carcere potrebbe trattenermi?”.
“Elyon, cancellarti? Sciocchezze!” la liquida Carol scuotendo la testa, “E poi, sei ancora nella posizione di poter trattare”.
Wanda si rivolge a Vera con energia. “Per me, dobbiamo continuare”. Poi si volta verso Carol: “Allora, possiamo contare su di te, o no?”.
I loro sguardi si incrociano come se fossero due spade. Per un lungo momento nessuna delle due lo abbassa, mentre la tensione si fa sempre più tangibile.
Alla fine è Carol a cedere, e annuisce malvolentieri.
“Bene”, riprende Wanda, “Ora dobbiamo pensare a nuove misure di sicurezza: è chiaro che nel sistema attuale c’è almeno una falla”.
 

Castello di Meridian, scuderia del corpo di guardia, alcune ore dopo

I primi due messaggeri a cavallo lasciano il palazzo, scendendo dalla rampa che scavalca il giardino fino a raggiungere l’incrocio poco distante. Da lì, diverse stradine di terra battuta tagliano i prati dell’altopiano finché i boschi o la distanza non le celano alla vista.
Mentre li guarda allontanarsi attraverso il portone della scuderia, il vice-comandante Darden è sempre più divorato da dubbi.
Dopo la convocazione da Sua Altezza la settimana prima, l’ufficiale non ha mancato di mettere in atto le istruzioni ricevute.
Aveva individuato varie persone con strane convinzioni sulla regina: domestici, funzionari, perfino alcune delle sue stesse guardie; qualcuna aveva perfino cercato di convincerlo che quella seduta sul trono non era la autentica Elyon.
Così, attenendosi scrupolosamente agli ordini, le aveva fatte scortare  fino da lei per essere interrogate.
La cosa che lo ha più sorpreso di più è che tutte, all’uscita, non ricordavano più niente dell’incontro, ma sfoggiavano solo una serenità quasi ebete.
A mano a mano che i mormorii hanno continuato a diffondersi, l’ufficiale ha preferito svolgere alcuni interrogatori di persona, e il quadro emerso lo ha turbato; per contro, non ha trovato neanche la minima traccia dei propositi di congiura paventati dalla regina.

Oggi quella guardiana con il costume più osceno e scosciato, quella Hay Lin, gli ha affidato tre messaggi reali da far recapitare ad altrettante unità militari stanziate fuori città.
Ora lui sta tenendo tra le mani il terzo, arrotolato ed avvolto in un involucro di seta. E’ diretto alla terza legione, costituita dai tarchiati Dabos dalla pelle marrone, l’etnia predominante nella contea di Mitlar, da dove proviene l’unità.
Tredici anni prima la legione era stata chiamata in città per compiti di ordine pubblico, intesi come lo erano ai tempi di Phobos, ed era stata battezzata “Demoni di Mitlar”.
L’unità si era macchiata di brutalità contro la popolazione, soprattutto il giorno della rivolta finale, perciò, dopo l’ascesa di Elyon, era stata mandata a costruire strade e ponti tra i villaggi della pianura a sud, e quindi ribattezzata “Genieri di Mitlar”.

“Vice comandante, sono pronto”. Il cavaliere in uniforme verde sul bicorno scalpitante tende la mano per sollecitare il messaggio. Attraverso il portone spalancato si vede, a breve distanza, il bivio illuminato da un bel sole. “Una giornata ideale per cavalcare, non è vero?”.
Anziché rispondere, l’ufficiale esita. Non potrebbe, ma può, e utilizza i suoi poteri per leggere il messaggio senza srotolarlo.
‘Per ordine di Sua Altezza…l’unità deve rientrare immediatamente in città in assetto di battaglia’.
Anche questa! E fanno tre! Cosa significa?
Porge il rotolo al messaggero, congedandolo con un saluto marziale, e lo guarda allontanarsi al galoppo.

I suoi pensieri vengono interrotti da un nitrito nervoso proveniente dallo stallo accanto a lui.
Un figuro con un informe pastrano marrone sbuca da dietro un cavallo.  Un ampio cappuccio fa ombra al suo viso. Chi ha fatto entrare questo tipo losco?
“Darden, vecchio mio!”, sussurra l’intruso intabarrato.
L’ufficiale trasale. “Questa voce… Caleb!”.
L’uomo sposta il cappuccio, mostrando parte del viso. “Proprio così, Darden. Ascoltami, sarò brevissimo”. Si guarda attorno, furtivo. “So chi ha preso il posto della regina e delle guardiane. Sono delle copie, che fino a poco tempo fa facevano le informatrici per conto di Elyon sulla Terra. La regina è in esilio lì. La ho incontrata, e mi manda a dirti…”.
In quel momento, dal portone ancora aperto entrano due stallieri con un carretto carico di fieno. Arrivano anche alcune guardie, che si raccolgono attorno ad un cavallo già bardato.
Caleb si stringe nel pastrano. “Tornerò. Aspettami!” sussurra, defilandosi verso l’uscita.
Gli stallieri guardano con ostile curiosità quell’intruso furtivo mentre esce senza salutare, e scende come un’ombra lungo la rampa.

I peggiori sospetti dell’ufficiale sono stati confermati.

Pochi minuti dopo, alzando lo sguardo dai suoi scenari da incubo, Darden sente la presenza di una delle guardiane prima ancora di avvertirne la voce.
Hay Lin gli si pone di fronte, minacciosamente vicina. “Vice comandante Darden, Sua Altezza desidera parlarti immediatamente”.
E’ arrivato anche il suo momento, quindi… ma forse può rovesciare la situazione: cinque dei suoi uomini si trovano alle spalle della guardiana.
“Prendetela!”.
Dopo un momento di sbalordimento generale, Hay Lin si gira per fronteggiare le guardie ancora incerte.
E’ un attimo. Darden afferra un bastone e la colpisce alla testa. La guardiana crolla al suolo senza un grido.
“Presto, non perdete tempo a legarla!”, ordina l’ufficiale. “Armi in pugno!”.
 

Meridian, sala del trono

“Sento voci… possibile che Darden sia così rumoroso?”. Irma sbircia socchiudendo i pesanti battenti ornati  della sala del trono, poi lancia un grido, tirandosi indietro.
 



La porta viene spalancata. 
Vedono una freccia incoccata su un arco teso, ed un elmo con dipinti quattro occhi gialli disposti a X.
“Strega!”, tuona la voce di Darden da sotto quel copricapo da incubo.
Il dardo viene scoccato verso il collo della regina seduta sul trono.
 


Tutto accade in un istante: Will spinge Elyon di lato, La freccia penetra nel suo costato, sotto il braccio sinistro, e la guardiana si accascia immediatamente sulle ginocchia della regina, tossendo sangue.

Irma e Taranee sono ai lati della stanza, e reagiscono immediatamente. Le loro onde d’urto spingono Darden e le altre guardie fuori dalla porta come fuscelli.
Le due guardiane contrattaccano. Dal vano scale provengono il sibilo di qualche freccia, crepitii agghiaccianti quasi elettrici, urla, tonfi, e il clangore di armi di metallo sul pavimento.
Dopo qualche secondo, tutto è finito. Si sentono ancora gemiti e grida che cessano all’improvviso.

Ancora seduta sul trono, Elyon è incredula. Sta sorreggendo Will sulle ginocchia. Le sue mani e la sua veste regale sono intrisi di sangue, e l’orribile odore dolciastro le prende la gola.  “Wanda…ti prego, rispondi!”.
D’improvviso il corpo morente svanisce con uno scintillio. La freccia ricade sul pavimento, schizzandolo ancora di rosso scuro.
Vera la guarda. Non capisce. E’ forse così che muoiono le gocce astrali?

“Eccomi, regina!”. Accanto a lei, Will è nuovamente in piedi.
La guarda senza capire. “Sei tu? Sei… sei tornata dalla morte?”.
Si abbracciano a lungo, incuranti delle macchie sinistre che i loro vestiti si scambiano. “Ma come hai fatto?”.

Irma rientra nella sala, e anche lei fatica a capire la scena.  “Luce, è opera tua?”.
“No, sono stata io!”. Will si batte sul torace. “Ho trovato il modo di sopravvivere con i poteri che abbiamo già!”.
“Come hai fatto?”, chiede nuovamente la regina, incredula.
“Bisogna attuare contemporaneamente la dislocazione, per allontanarsi dall’arma, e la trasformazione in sé stessi interi. Se si riesce a farlo prima di perdere coscienza, ogni ferita sparisce”.
“Sono senza parole!”.
Sul viso della guardiana, l’espressione di trionfo si trasforma gradualmente in una maschera di sofferenza. “Però… fa molto male”.
Si siede sui gradini della pedana. “Ho dei brividi”.
“Wanda, fammi vedere”. Vera le sfila il top del costume sul lato ferito. La pelle è intatta, ma la zona è segnata da un intenso alone rossastro dall’aspetto insano. “Forse è solo un ematoma”.

Irma raccoglie la freccia insanguinata da terra. “Guardate! Questa cosa ha gli occhi!”.
La punta è snodata, ed è costituita da quattro alette a croce con scanalature trasversali, tra le quali sporgono protrusioni simili a bulbi oculari.
Mentre la tiene in mano, la testa della freccia si gira leggermente verso di lei.
“IIIIH!”. Il dardo cade nuovamente a terra, spargendo altre macchiette di sangue.
“Una freccia-serpente!”, spiega Elyon. “E’ un’arma infallibile, cerca da sola il bersaglio designato dall’uomo con un elmo speciale”. Stringe i denti guardando Wanda. “Di solito quelle scanalature nelle alette sono intrise di veleno”.
La guardiana emette un gemito sommesso, e comincia a boccheggiare.
Vera la appoggia sulle sue ginocchia. “Non temere. Sei con la migliore guaritrice di questa città”. Sarà vero? Si chiede, cercando di mascherare la sua insicurezza.
Il respiro di Wanda si fa sempre più frequente. “Andate subito al … corpo di guardia… dovete stroncare la rivolta subito… o si diffonderà”.
“Tra un attimo andremo. Non ci coglieranno più di sorpresa”.

Taranee  rientra solo ora dalla scalinata. “Luce, dov’è Pao Chai? Era andata proprio al corpo di guardia…”.
Già, Pao… “Presto, recuperala tu, Terry. Sai già come fare”.
La guardiana chiude gli occhi.
Dopo un lungo istante, la cinesina emerge da un tremolio luminoso, immobile e distesa a terra a faccia in giù.
“Pao! Rispondi!”, grida Terry. Si avvicina per esaminarla. “Respira ancora”. Le tasta la testa delicatamente. “Ha una bozza sulla nuca”.
Vera passa brevemente le mani dietro la testa di Pao Chai.
Dopo pochi secondi la falsa guardiana si riprende. “Mmm…mal di testa...”.

“Wanda sta molto male”, la richiama Irma con l’angoscia nella voce.
Elyon torna subito a vedere, e pone le mani sulla zona avvelenata. Cerca di ricordare il nome del veleno usato di solito sulle frecce-serpente. Dev’essere un insieme di enzimi proteolitici simili a quello di alcuni ragni. Sa che esiste un antidoto, e di solito è portato assieme al flacone di tossico, nella faretra.
“Torno subito, Wanda. Vado a cercare un farmaco”.  Detto ciò, svanisce alla vista delle compagne.

Un grido proveniente dal vano scale richiama alla tragica scena al di fuori della sala del trono.
Guardando l’anticamera e l’ampio scalone non si vedono più le guardie di palazzo, né vive né morte. Solo una quindicina di fiori neri con le radici ben piantate nel marmo, tra le armi e le divise sparse sul pavimento. Muro e gradini presentano spaccature, e in un punto la balaustra del pianerottolo è crollata.
A metà scala Cornelia, appena arrivata, si copre il viso con le mani.

Pochi istanti dopo, un tremolio annuncia il ritorno della Luce di Meridian, con l’abito e le mani ancora insanguinate e una scatoletta rivestita in cuoio. “Ecco, trovato”. Si china su Wanda e sussurra: “Vedrai, cara, tra poco andrà meglio”. Spero.
Le tremano le mani. Afferra la sottile fiala flessibile, fatta con la pelle sottile di un animaletto marino, la sbuccia dal fine involucro esterno e la infila dentro una siringa di vetro con un ago metà  dentro e metà fuori.
“Ci siamo”. La siringa e l’ago sono percorse da minuscoli aloni azzurrini. “Ora stringi i denti”.
Inserisce l’ago nel fianco di Wanda, ed inietta parte della sostanza; la restante la inietterà in una vena del braccio.  “Un laccio, presto!”.

La voce di Cornelia la richiama dall’anticamera: “Luce, presto, vieni qui. Ci sono le guardie alla porta”.
“Altri ribelli?!?”, chiede con ira. Questa volta è decisa ad incenerirli.
“Forse no. Hanno sentito il rumore e le grida. Ci minacciano. Forse se vieni tu…”.
“Sai fare una endovenosa?”.
“Si, tranquilla”.

Elyon va verso il portone dell’anticamera. Ora prova più rabbia che paura.
“E allora?”.
Davanti a lei c’è un sottufficiale, il sergente Kord, con una decina di guardie in assetto di battaglia. “Altezza… abbiamo sentito urla, rumori…”.
“Arrivate tardi! Le guardiane mi hanno protetta, al contrario di voi! Adesso bloccate tutte le uscite del palazzo e cercate un medico. Subito!”.
Richiuso il battente davanti agli sguardi smarriti, torna da Wanda.
“Allora, come stai, cara?”.
Non bene, si capisce dal viso, pallido e distorto da una smorfia di dolore. “Mi brucia… ho nausea…”.
Le pone i palmi sulla parte lesa. “Tranquilla. Ora userò i miei poteri per limitare i danni”.
Le prende le mani, sente la sua stessa sofferenza. E’ atroce, più di quanto sembri da fuori. Ha bisogno di energia, molta energia. Soprattutto, ha bisogno di immaginare. La percezione dello stato del corpo è sempre poco dettagliata, quando non si soffre; invece sarebbe utile conoscerla e ricordarla, proprio per questi casi.

Dopo alcuni minuti, il respiro di Wanda si è un po’ regolarizzato.
La voce di Irma la richiama: “Vera, c’è il medico”.
L’uomo verde con la barbetta color ferro cerca di darsi un contegno, ma si capisce che è già sconvolto. Ha visto i segni della battaglia, i fiori abbarbicati nei pavimenti di marmo, e può immaginare cosa significa.
Elyon si alza. “Dottor Tarnos, questa guardiana è nelle sue mani. Torneremo rapidamente”.
Si china a salutarla : “E’ questione di minuti, Wanda”.
L’altra la afferra per un lembo del vestito e la tira vicino per sussurrarle all’orecchio: “Will… devi chiamarmi Will, ricorda… E Irma ti ha chiamata Vera... Dovrai prenderti cura del medico… quando avrà finito”.
“Vedo che hai conservato la presenza di spirito. Guarirai presto”. Tenta un sorriso rassicurante.
“Ricorda… al corpo di guardia non… non devono sapere … che il loro vicecomandante era … a capo della rivolta”.
“Non lo sapranno… Will”. Le sfiora la fronte fredda e sudata.
Luce… quello che è successo… può esserci utile… giustificherà qualunque nostra azione”. Stringe gli occhi ed i denti per una fitta che attraversa da parte a parte il suo torace. “Ora vai!”.
Vera si alza turbata. E’ possibile che questa impresa conti per Wanda più della sua stessa vita?
 
 

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Capitolo 43
*** Ombre sul palazzo ***


43- ombre sul palazzo  
Cara Amantha, grazie per la tua recensione. Per me è bello sapere che continui a seguire e apprezzare il lavoro.
L'idea che Wanda sia in competizione con Will è assolutamente giusta, ed è il motivo per cui lei si sente più coinvolta delle altre gocce. 
Tra parentesi, la scena ricorda un episodio della seconda serie del cartone animato in cui la goccia fa da scudo a Will contro un attacco di Nerissa, ma la prima stesura è stata scritta prima che vedessi il cartone.
La freccia... c'è una freccia-serpente in Conan il barbaro (un serpente che si trasforma in freccia) e frecce- serpente nella prima serie del cartone (frecce che diventano serpenti), ma io ho preso ispirazione dai sistemi di guida dei primi missili aria-aria a infrarossi (quattro fotodiodi per il controllo su due assi, dietro un'unica lente)  e sui sistemi di guida di missili anticarro (facendo un mix, senza approfondire). 
Cara Melisanna, sono felicissimo di sentirti ancora dopo tanto tempo. Sono stato contento di vedere che hai ripreso Terra magica, un gran bel lavoro che merita di essere completato. Anche a me Vera e le gocce piacciono come personaggi, anche se ora si trovano invischiate nel ruolo delle cattive.
Cara Rowi, whow! Il successo di 'cieli turchini' mi è del tutto inatteso, una bella sorpresa. In questa puntata, i cieli turchini hanno lasciato il posto a tramonti più o meno temporaleschi, una metafora delle ombre opprimenti che stanno scendendo sulla città, e dureranno... fino alla prossima idea 'geniale' di Vera.
Aspetto con impazienza la prossima puntata di Save me.

Per questo capitolo ho realizzato un'illustrazione del palazzo di Meridian; non è stato un lavoro facile, e non mi riferisco solo alla grafica. 
E' che il palazzo disegnato sul fumetto ha una struttura esterna che non corrisponde assolutamente a quella interna. Quelle torri così esili, una volta tolto lo spessore dei muri, potrebbero contenere poco più che i vani di scale a chiocciola, e non c'è spazio per lo scalone dritto che si vede, ad esempio, nel n.12 del fumetto. 
Perciò ho duvuto modificarne un po' la sagoma, cercando di immaginare la struttura interna. 
Il risultato è un po' più tozzo e ricco di finestrelle dell'originale; ho aggiunto le cinque ali basse che collegano le torri (cinque principali, alte sui centoventi metri, e due più piccole) ed ho posto il giardino di Phobos in parte nello spazio tra le torri, in parte attorno al palazzo a raccordare la cima della rupe con l'altopiano circostante. 
Se la prospettiva vi sembra sbilenca, tenete conto che la pianta dell'assieme è a forma di pentagono irregolare, e le pareti della torre principale e del corpo basso concorrono a punti di fuga diversi.

Grazie a Silen Arpia per l'accurato e amorevole betaggio (se fosse scappato qualcosa, comunque, la responsabilità era e rimane del sottoscritto), e nuovamente a Rowena per la rilettura e il continuo incoraggiamento.

MaxT

PROFEZIE


Riassunto delle puntate precedenti 
Dopo un incontro misterioso con la Luce di Meridian, Vera ha convinto le Gocce a impadronirsi del Cuore di Kandrakar e a sostituirsi ad Elyon a Meridian, impersonando la regina e le guardiane. Carol si è opposta, ed è stata costretta con l'ipnosi.
Vera e Wanda hanno sottratto il Cuore di Kandrakar a Will. 
Il giorno dopo, ritrovatesi davanti allo specchio magico della libreria, le W.I.T.C.H. assistono alla trasformazione delle loro gocce in copie delle guardiane e della regina, ed alla loro partenza per Meridian, in contemporanea all'arrivo di Elyon a Heatherfield.
A Meridian, la controfigura di Elyon e le finte guardiane esiliano Miriadel e Alborn, mentre Caleb sfugge alla cattura;  pur avendo assunto il potere, si rendono conto di non essere convincenti, e inventano la storia che le guardiane sono a palazzo per proteggere la Luce di Meridian da un complotto.
A Heatherfield, rifugiatasi con i genitori nella sua vecchia casa, Elyon spiega che quella che si sta realizzando è una sua profezia, contenuta in disegni e frasi casuali, la cui interpretazione fino a quel punto era ambigua. La profezia prevede che la tirannia duri un anno, che a Meridian dura diciotto mesi. Elyon è decisa a non tentare niente prima di questa scadenza, ma Will non si rassegna.
Facendo un sopralluogo nella casa delle Gocce a Midgale, Hay Lin percepisce frammenti di ricordi contraddittori: le sembra che Vera sia cambiata subito dopo l'ultimo incontro con Elyon. Questa non sa dare spiegazioni convincenti del cambiamento, ma non sembra risentita per il tradimento. 
L'Oracolo convoca Elyon, e le impone di recuperare al più presto il Cuore di Kandrakar, pena il carcere. Le WITCH si offrono di accompagnarla nell'impresa, ma lei intende tentare da sola. 
Caleb riesce a teletrasferirsi da Elyon, che gli dà istruzione di tornare a Meridian per sconsigliare qualunque rivolta prima del suo stesso ritorno dopo un anno.
Poi Elyon parte da sola per Meridian e riesce a  recuperare il Cuore di Kandrakar ingannando le gocce; il talismano viene poi trattenuto dall'Oracolo per una purificazione.
Il giorno dopo, le congiurate capiscono di essere state giocate, ma c'è di peggio: il vice comandante della guardia guida una rivolta che viene rapidamente sedata, ma in cui Wanda resta gravemente ferita.

Cap. 43

Ombre sul palazzo





Meridian, salone delle adunate del corpo di guardia

Più di cento uomini in uniforme verdazzurra sono stati riuniti nel salone circolare dalle pareti di granito bianco.
Il vice comandante Darden è in piedi sulla pedana dalla quale tutti loro hanno sentito parlare il loro comandante Alborn innumerevoli volte.
Accanto a lui, vigilano due guardiane dal viso alieno e dai costumi vivaci e provocanti: una con gli occhi verdi, l’altra con la pelle scura.
 

Tutto sembra sempre più estraneo: le sei finestre alte e strette da cui penetra la luce rossastra del tramonto,  le insegne e gli stendardi appesi alle pareti, il sottile colonnato interno, l’aria che si respira e l’energia che si percepisce.
Anche il vice comandante Darden, in piedi a braccia conserte al centro del palco, sembra estraneo. Non un’occhiata di intesa, neanche con i suoi uomini più fidati. La sua posizione autoritaria ed ostile sembra la fotocopia di quella delle guardiane che lo fiancheggiano.
Finalmente la sua voce rompe il silenzio pieno di attesa. “Guardie del Palazzo. Devo informarvi di un avvenimento gravissimo; meno di un’ora fa qualcuno ha tentato di uccidere la Luce di Meridian, sua altezza la regina Elyon. Solo la pronta reazione delle guardiane di Kandrakar le ha salvato la vita”.
Oltre duecento occhi si spalancano inorriditi a queste parole.
Continua: “Questi uomini erano guardie come noi, delle quali mi fidavo ciecamente. Hanno agito ingannati dalle voci sparse da alcuni rinnegati”. Breve pausa ad effetto. “Il primo tra questi è Caleb. Lo ricordate tutti. Ebbene, ascoltare le sue menzogne è stata la loro rovina. Lui ha motivi di rancore personale verso la regina. Ricordate che in realtà è un Mormorante, anche se il suo aspetto è umano. Ma dove sono gli altri Mormoranti? Forse qualcun altro di loro, messo in libertà dalla clemenza della Luce di Meridian, ha preso una falsa forma umana? Forse sono proprio loro che cercano di riprendere il controllo della città? Forse lo stesso Phobos era diventato una loro pedina? Non lo sappiamo”.
Le guardie ascoltano immobili, senza fiatare, ma osservando bene si può vedere qualche labbro tremare appena.
“So solo che non sono riuscito a sventare questa rivolta sciagurata, come sarebbe stato mio compito. Le mie scuse non bastano. Ho offerto le mie dimissioni alla regina, e lei le ha accettate. Non meravigliatevi se non mi vedrete più”.
Gli uomini cominciano a scambiarsi sguardi costernati, e si sente qualche “No!” sommesso.
“D’ora in poi riceverete gli ordini dalla Luce di Meridian tramite le guardiane. Dovrete restare sempre a disposizione per una chiamata che potrebbe arrivare a qualunque ora del giorno e della notte. Tutte le licenze, le libere uscite, le missioni all’esterno sono sospese”.
L’ufficiale studia i visi allibiti degli astanti. Con un gesto, tronca tutti i timidi tentativi di porre domande.
“Signori, comandarvi è stato un onore che non ho meritato. Addio!”.
L’ex vice comandante si volta sui tacchi ed esce a passo marziale, seguito dalle guardiane.

 
Attraverso i corridoi vuoti, il gruppo è nuovamente ritornato nell’anticamera della sala del trono. Quando i battenti si chiudono alle loro spalle, l’alta e massiccia figura del vice comandante svanisce, lasciando il posto alla minuta e altrettanto fasulla figura della regina.
“Ragazze, come sono andata?”.
“Mi sembra bene”, le risponde Taranee.  “Ma in realtà conosciamo poco il modo di fare di Darden”.
La Luce di Meridian annuisce: “Ci serve un riscontro”.
Ad un suo gesto, le porte della sala del trono si aprono da sole. La Guardiana della Terra, da dentro, le guarda interrogativa, e viene loro incontro nell’anticamera.
Quando i battenti si sono richiusi, Elyon cerca di accostarsi all’orecchio di Carol, con scarso successo:  questa non si degna di chinarsi finché l’altra non la costringe afferrandole una ciocca di capelli.
Cornelia cara, renditi invisibile e torna a capire come la hanno presa. Copia la memoria del più alto in grado rimasto”.
“Ho già quella di Darden, dalla prima volta che si è presentato”, risponde orgogliosamente la biondona.
Elyon spalanca un tanto d’occhi. “E lo dici solo adesso?”. Si sente sempre più esasperata verso quella compagna inaffidabile. “Poteva essermi utile per risultare più credibile”.
Chiunque abbia conosciuto Carol, la può riconoscere ancora nell’alterigia con cui la guardiana risponde: “E me lo chiedi solo adesso?”.

Appena la biondona insopportabile è svanita alla vista, Elyon entra nella sala del trono. “Dottore…”.
Will giace appoggiata di lato su uno spesso tappetino, coperta da un morbido plaid, con la testa un po’ reclinata all'indietro. Sopra di lei, un trespolo supporta una bottiglietta contenente un liquido trasparente, collegato ad un tubicino che sparisce sotto le coperte.
Il dottor Tarnos, chino su di lei, si volta. “Altezza, per ora ho fatto quello che potevo. Ho iniettato il siero e un sedativo, ed ho ripristinato la volemia.  Aveva perso non poco sangue…” dice indicando le macchie che si stanno rapprendendo ai piedi del trono, “anche se non ho trovato nessuna ferita aperta”. Fa un gesto rassegnato, sa che non si può capire tutto a questo mondo.
“Grazie, dottore”. La regina si china sulla compagna ferita.
Anche Irma, alle sue spalle, si avvicina col magone, e fa una carezza alla sua amica. “Wanda… Wa…  sono io. Sono …  Sono la tua migliore amica”.  Dopo qualche tentativo, non ottiene alcuna reazione. “Dottore! Non risponde! Prima parlava, e ora…”.
L’uomo si alza in piedi. “E’ effetto del sedativo. La vostra compagna stava soffrendo troppo”.
“Ma così non potrà più descrivere ciò che sente”, obietta Elyon.
“Altezza, io ho già fatto tutto quello che era in mio potere. Qualunque sviluppo ci sia, non potrò fare niente di più. Forse voi potrete aiutarla con il Vostro potere taumaturgico. Posso solo consigliarvi di farla portare su un divano o un letto”.
La regina annuisce. “Grazie, faremo da sole”.
“Ma sopravvivrà?”, chiede Irma, con le lacrime agli occhi.
“Me lo direte voi domani”, esala il medico.
Elyon sposta la coperta.  Il top di Will è stato tagliato a metà, e resta aperto.  Sul lato del torace, l’insana macchia violacea è contornata da un alone rossastro molto sfumato.
“Non siamo riusciti a sfilare l’indumento per via delle alette”, spiega il dottore. “Sarei curioso di sapere come fate a vestirvi”, dice rivolto a Irma.
La guardiana ignora la domanda, come pure la risposta, e torna a coprire Will, accarezzandole la fronte. “E’ fredda. Copriamola meglio! Cercate un’altra coperta!”.
Il medico sospira. “Non credo di poter fare di più. Altezza, ora è nelle vostre mani”.
“Va bene, dottore, vada pure”. Elyon lo guarda. “Solo una cosa: vuole sedersi un attimo, per piacere?”. Si rivolge alle altre: “Guardiane, venite qui”.
Il medico esita, intimorito. “Ma…”.
“Prego, sieda”. Gli indica una poltroncina, mentre tre guardiane si avvicinano. “Volevo solo chiarire una cosetta”, gli dice tristemente, mentre le pupille le cominciano a luccicare.
 

Meridian, ai piedi del palazzo reale, tre giorni dopo
 
Nuvole drammatiche si inseguono nel cielo di Meridian, alternando brevi sprazzi di sole a ombre e aloni iridescenti. Figure di draghi e di guerrieri emergono da quel caos, per poi deformarsi e fondersi nuovamente in esso.

Il Palazzo Reale, con le sue cinque torri bianche di granito, svetta contro il cielo come la dimora di una Dea. 
Visto dal basso, da Piazzale Sottocastello ai piedi della rupe, appare come uscito da una favola.

Non a tutti, però, quella vista fa lo stesso effetto.
Non all’ufficiale tarchiato dalla pelle marrone, che lo osserva in groppa ad un bicorno, né, men che meno, al suo nutrito drappello di genieri, a piedi e ben caricati di armi ed elmetti.
Ciò che guardano, ora, non è il maestoso edificio, ma la strada che si inerpica sul pendio, tagliandolo come uno sfregio a forma di zeta per tutti gli ottanta metri di dislivello che separano Meridian Alta  dall’altopiano dove si trova la rupe del palazzo.
Dopo tre giorni di marce forzate attraverso la pianura a sud, i dieci minuti trascorsi sulla branda, appena acquartierati nel castello vecchio, hanno avuto l’effetto contrario a quello che sperava. Gli è caduto addosso il peso della stanchezza repressa per giorni, e sa che per i suoi uomini a piedi è anche peggio.
“Avanti, soldati, ancora un ultimo sforzo per prendere i nostri posti!”. L’ufficiale si sforza di credere in quello che sta dicendo.
I nostri posti… Ricorda di aver detto una frase simile due anni prima, alle prime avvisaglie della rivolta contro Phobos. In poche ore, lui ed i suoi uomini dovettero mordere la polvere.  Da allora, questa città per lui odora di sconfitta e umiliazione.
La voce del sergente Koronos, che cammina a fianco, lo richiama. “Comandante Tarkur, ma perché mai i Genieri di Mitlar devono sorvegliare il palazzo al posto delle Guardie?”.
“Non lo so, sergente. Però sei dei nostri uomini dovranno scortare l’intera unità della Guardia fino alla loro nuova caserma”. Alza una spalla. “Nuova per modo di dire: è quel rudere fatiscente alla periferia sud. Ci siamo passati accanto, entrando in città. Verranno consegnati lì”.
“Gran bel posto!”. Il sergente annuisce, pensando al tozzo edificio di pietra, più simile ad un carcere abbandonato che ad una vera caserma. “Una punizione. Non hanno più fiducia in loro”.
“Lo sapremo presto. Intanto ti risparmio uno sforzo, sergente. Tu e gli ultimi cinque della fila aspetterete qui le guardie da scortare. Io salgo al palazzo.”.
Il graduato si ferma, e sorride con sollievo mentre si batte il petto in un saluto militare. “Buona salita, signore!”
 

Meridian, vecchia caserma alla periferia sud, due ore dopo

Sembra un’ingiustizia che un tramonto così radioso e variopinto concluda una delle giornate più cupe per la Guardia di Palazzo.
Nonostante il loro ostentato passo marziale e le uniformi migliori, non può essere sfuggito a nessuno che quella di oggi è stata una umiliazione senza precedenti.
Niente armi. Niente contatti con amici o familiari. Una scorta militare, sia pure discreta e distante.

Deposto lo zaino sulla branda di legno a tre piani, il soldato Janas osserva sconsolato le volte coperte di ragnatele delle camerate destinate a loro, dentro la caserma riadattata in fretta.
Dietro di lui, entrano gli altri ventitrè con cui dovrà condividere lo stanzone.
“Avanti… cerchiamo di farcele piacere” gli dice il camerata, Treslor, sforzandosi di darsi un tono allegro. Apre un armadietto di legno, ma le cerniere corrose si polverizzano in frammenti color ruggine, e l’anta gli resta in mano.
“Sarà un po’ difficile” aggiunge mogio, appoggiando a terra il battente.
E’ inutile farsi illusioni: la chiamano caserma, ma è una prigione.
Basta spingere la mano fuori da una finestra per sentire la vibrazione di una barriera invisibile, che reagisce al contatto con un ronzio come infastidito.
E, soprattutto, basta passare una mano dietro al collo per tastare una specie di marchio. Tutte le guardie di palazzo se lo sono ritrovate, senza ricordare niente di come e perché è stato fatto.
 

Meridian, palazzo reale, undici giorni dopo
 
Fin dalla sua costruzione, la torre ovest del palazzo è stata destinata ad accogliere la maggior parte dei servizi: le cucine, i magazzini, gli alloggi di quasi tutto il personale di servizio.
In uno dei corridoi entra, filtrata dalle nuvole e dalle vetrate, la luce di un altro tramonto.
Un cameriere dalla bella livrea cremisi sta parlando con una giovane sguattera della cucina. La mano verdolina di lui sfiora quella di un delicato azzurro cielo della ragazza. I due, accostati, sembrano in grande confidenza, ma chiunque li osservasse da vicino capirebbe, dalle loro espressioni corrucciate, che non stanno scambiandosi parole d’amore.
Lui le accosta il viso all’orecchio, sfiorando i lunghi capelli castani raccolti in treccine sottili.
“Odiris, te lo assicuro, la regina non vuole più essere servita in tavola. Devo portare il cibo per sette persone nella sala, dove una guardiana, quella Irma, mi mette addosso una specie di collana con un grande pendente che posiziona accuratamente sul mio stomaco. Poi sceglie a caso una porzione di ogni portata, e me la fa mangiare completamente. Quindi mi tiene in osservazione più di dieci minuti e, quando è soddisfatta, mi toglie quella bardatura e mi permette di andare via. Solo allora chiama la regina e le altre a mangiare”.
Odiris si guarda in giro intimorita, poi si accosta all’orecchio del cameriere per rispondere: “Idriorr, non capisco cosa stia succedendo. In cucina tutti, a momenti,  abbiamo strane sensazioni, come vertigini. L’altro giorno è caduta una pila di piatti senza motivo apparente.  Poi abbiamo notato orme sconosciute su un pavimento bagnato”. Si guarda ancora in giro. “E’ tutto così opprimente! Se potessi almeno uscire nel mio tempo libero… ma le uscite sono sospese!” finisce con tono lamentoso.
Idriorr si stringe nelle spalle. “E non è tutto. Hai visto che i soldati del genio stanno lavorando nei sotterranei della torre sud? Tutta la zona è interdetta”.
Odiris annuisce triste. “Dopo quella rivolta, la regina non si fida più neanche della sua ombra”.
Lui la ricambia con un’espressione dubbiosa. “C’era qualcosa di strano nell’aria già da prima. La Luce era velata da un’ombra che nessuno di noi capiva”.
Odiris si stringe a lui, spaventata. “Che gli Dei ci proteggano!”.
Dal corridoio, i due camminano assieme  fino all’ampia scala che si avvolge all’interno . Dopo un’ ultima carezza fuggevole, si allontano in direzioni opposte, lei verso la cucina nel seminterrato, lui verso il suo alloggio ai piani superiori.

Giunto al quinto piano, il cameriere svolta verso l’atrio circolare da cui si dipartono, come spicchi, gli alloggi di ciascun servitore. Arriva inquieto alla sua porta, resa riconoscibile dalla targhetta con il suo nome ed un piccolo ritratto, e vi inserisce la chiave di bronzo.
Aperta la porta, è abbagliato dalla luce rossa del sole che tramonta tra le cime al di là dell’altopiano, rifratta e deformata dai vetri della finestrella.
Appena chiusa a chiave la sua cameretta, trasale sentendo la voce della guardiana dagli occhi verdi alle sue spalle. “Bravo, Idriorr. Ora vieni con me! Sua Altezza vuole parlarti”.
 

Meridian, sala del trono, una settimana dopo
 
Un altro tramonto sta calando su Meridian.
A quest’ora le ombre si allungano.  Una parte della città è oscurata dall’ombra dei dirupi alle pendici dell’altopiano.
Ma l’ombra più spettacolare che si proietta sull’abitato è quella del palazzo reale: se vista con il sole alle spalle, è riconoscibilissima anche sulla superficie frastagliata da tetti e vicoli.
“Non sembrano un po’ cinque dita di una mano enorme protesa sulla città?” chiede Hay Lin, affacciata alla balaustra della terrazza.
“Occhi d’artista!” commenta Irma, appoggiandosi accanto a lei. “Come tu ci riesca, in questa situazione…”.
La voce della regina le richiama dall’interno della sala del trono: “Ragazze, facciamo il punto della situazione”.
“Ti ascoltiamo da qui” risponde Hay Lin, “Troppo bello, questo tramonto”.
“Fate con comodo”… acconsente ironica la Luce, seduta ad un tavolone assieme alle altre.
Will le è seduta al fianco destro. Al di là del contegno marziale, la sofferenza per i postumi della freccia avvelenata si indovina ancora anche senza utilizzare facoltà paranormali, ma lei ha ricominciato ad agire a fianco delle sue compagne già da giorni, appena in grado di stare in piedi.
La regina consulta un foglio, e spunta alcune voci con una matita. “Tutta la guardia di palazzo è stata rimpiazzata da soldati che sarebbero a malapena in grado di distinguere Elyon da Phobos, e che forse farebbero il tifo per quest’ultimo”.
Cornelia fa un sorriso storto. “Sarà la tua prossima metamorfosi, Altezza?”.

Prima che Vera possa ribattere, Irma, dalla terrazza, si volta verso l’interno della sala. “Il personale di servizio è tutto controllato. Abbiamo ‘rasserenato’ sei di loro, e…”.
“Furba, gridalo più forte dalla finestra!”, la interrompe Elyon. “Vieni qui, una buona volta!”.
Irma stringe i denti e viene a sedere al tavolo. Tenere i segreti non è la sua specialità. “Vi dicevo, io e Wanda ne abbiamo ‘rasserenati’ sei solo ieri”. Si volta verso Will. “Fai tu la parte della cattiva?”.
“Come sempre” annuisce lei, seria, “ Altri quattro erano refrattari ai metodi ipnotici, e li abbiamo dovuti arrestare con un pretesto. Gli altri occupanti del palazzo non costituiscono una minaccia, per ora”.
“Arrestare?” chiede Cornelia, “E dove sono ora?”.
Will la guarda corrucciata. Intende sollevare altre polemiche? “Stanno villeggiando nelle nuove celle sotterranee, sotto la torre sud. Gli smorzatori telepatici, le infrabarriere contro la dislocazione e l’attraversamento delle pareti sono già state collaudate, e funzionano perfettamente. Dall’esterno, il braccio è sorvegliato da soldati, ma le porte sono sigillate e solo noi vi abbiamo accesso tramite teletrasporto, in quanto le infrabarriere riconoscono solo me, Ire..” si corregge, “Irma e Taranee”.
Elyon tamburella con le dita. “Dovremo sforzarci di trovare qualche soluzione più accettabile”. Si volta verso Therese, seduta composta come una scolara davanti al suo quaderno. “Taranee, cosa ci racconti del Consiglio dei Veglianti?”.
La Guardiana del Fuoco si porta una mano al mento. “Li sto tenendo d’occhio per prevenire ogni possibile mossa da parte loro. L’efficacia dei nostri trattamenti dura sempre meno: tre, quattro giorni, poi tornano spaventati, inquieti, anche se non ho mai notato che ne parlassero apertamente. Certamente, la loro intuizione si basa su sensazioni che vanno ben al di là delle voci che filtravano da dentro il palazzo. Sarebbero sciocchi se non sospettassero di essere sorvegliati e manipolati”.
“E sciocchi non sono di certo”, ammette Vera, poi si volta verso la poco amata biondona. “Cornelia, come procede il tuo lavoro?”.
“Schifosamente bene, Altezza. Ho incontrato tutti i consiglieri con qualche pretesto, e copiato le loro memorie. Ho anche suggestionato chi tra loro si era accorto di qualcosa. Ora sto selezionando i ricordi per il travaso. Tra qualche giorno potrai scegliere qualche tirapiedi di tuo gradimento, e in poche ore faremo di loro dei passabili consiglieri”.
Elyon si rabbuia al tono disinvoltamente polemico della compagna. “Non saranno cretini qualunque! Saranno degli intellettuali! Il nostro requisito è solo che non abbiano poteri particolari, e non conoscano bene la Elyon originale. Insomma, che non capiscano le vere ragioni per cui è cambiata l’aria”.
Irma scrolla le spalle, liquidando questo timore. “Ma anche se lo immaginassero, che farebbero? E’ la loro occasione d’oro! Non capita tutti i giorni che un mediocre intellettuale non telepatico venga promosso al Consiglio dei Veglianti!”.
Cornelia annuisce in una parodia di approvazione, poi si fa pensierosa. “Peccato, però, rinunciare a gente così in gamba come gli attuali Veglianti. Li sbatterai nelle segrete?”.
“Per ora… sì. Che alternative vedi?” si schermisce Vera, “ Sono tutti in condizioni di capire chi siamo e cosa stiamo facendo”.
Cornelia riprende l’espressione ironica che l’altra odia con tutto il suo essere. “Già, siamo qui per impedire che Elyon crei una tirannia!”.
 

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Capitolo 44
*** La Guardiana del Cuore ***


44-la guardiana del Cuore  
Cara Solitaire,  grazie mille volte per la tua recensione monumentale e attentissima dei capitoli fino al n.20, che meriterebbe di essere scolpita nel bronzo e incorniciata in oro. In coda a questo capitolo ho sviluppato alcune risposte alle tue domande.
Cara Atlantis Lux, grazie di cuore per la tua bella recensione dei capitoli fino al n.37. So che è sempre difficile leggere una storia di un fandom che non si conosce, ma da parte mia faccio di tutto per ripresentare personaggi e situazioni in modo da facilitare il lettore. Complimenti per le tue storie che ho letto finora, Eden imperfetto, Versus (sono all'inizio) e altre, che sono scritte molto bene e hanno diversi punti in comune con il modo in cui sto sviluppando la saga di Meridian. Ho visto che anche a te piace, tra l'altro, la simmetria tra due gruppi di personaggi.
Cara Cassidy Cohen, grazie per la recensione. Nel fumetto non viene mai scritto esplicitamente, ma la Heatherfield di ottocentomila abitanti che vi viene descitta è una città di fantasia che può trovare posto in USA meglio che in altri luoghi.

A differenza dei precedenti, questo capitolo, la Guardiana del Cuore, è introspettivo, con tanta azione quanta ce ne può essere nella serenità apparente della fortezza di Kandrakar. A me è piaciuto scriverlo, spero che non lo troviate astruso, ma io credo nel messaggio che l'Oracolo cerca di trasmettere con le sue domande.

Buona lettura
MaxT

PROFEZIE


Riassunto delle puntate precedenti 
Dopo un incontro misterioso con la Luce di Meridian, Vera ha convinto le Gocce a impadronirsi del Cuore di Kandrakar e a sostituirsi ad Elyon a
Meridian, impersonando la regina e le guardiane. Carol si è opposta, ed è stata costretta con l'ipnosi. 
Vera e Wanda hanno sottratto il Cuore di Kandrakar a Will. 
Il giorno dopo, ritrovatesi davanti allo specchio magico della libreria, le W.I.T.C.H. assistono alla trasformazione delle loro gocce in copie delle
guardiane e della regina, ed alla loro partenza per Meridian, in contemporanea all'arrivo di Elyon a Heatherfield. 
A Meridian, la controfigura di Elyon e le finte guardiane esiliano Miriadel e Alborn, mentre Caleb sfugge alla cattura;  pur avendo assunto il potere, si
rendono conto di non essere convincenti, e inventano la storia che le guardiane sono a palazzo per proteggere la Luce di Meridian da un complotto. 
A Heatherfield, rifugiatasi con i genitori nella sua vecchia casa, Elyon spiega che quella che si sta realizzando è una sua profezia, contenuta in disegni e
frasi casuali, la cui interpretazione fino a quel punto era ambigua. La profezia prevede che la tirannia duri un anno, che a Meridian dura diciotto mesi.
Elyon è decisa a non tentare niente prima di questa scadenza, ma Will non si rassegna. 
Facendo un sopralluogo nella casa delle Gocce a Midgale, Hay Lin percepisce frammenti di ricordi contraddittori: le sembra che Vera sia cambiata
subito dopo l'ultimo incontro con Elyon. Questa non sa dare spiegazioni convincenti del cambiamento, ma non sembra risentita per il tradimento. 
L'Oracolo convoca Elyon, e le impone di recuperare al più presto il Cuore di Kandrakar, pena il carcere. Le WITCH si offrono di accompagnarla
nell'impresa, ma lei intende tentare da sola.
Elyon dà istruzione a Caleb di tornare a Meridian per sconsigliare qualunque rivolta prima del suo stesso ritorno tra un anno. 
Poi parte da sola per Meridian e riesce a  recuperare il Cuore di Kandrakar ingannando le gocce; il talismano viene poi trattenuto dall'Oracolo
per una purificazione. 
Il giorno dopo, le congiurate capiscono di essere state giocate, ma c'è di peggio: il vice comandante della guardia guida una rivolta che viene
rapidamente sedata, ma in cui Wanda resta gravemente ferita. La reazione non si fa attendere: nel giro di pochi giorni tutte le guardie  vengono rimpiazzate da altri militari giunti da fuori, e sul palazzo scende un clima sempre più oppressivo in cui le congiurate utilizzano sia i poteri mentali che l'intimidazione per mantenere il controllo.

Cap. 44

La guardiana del cuore



Heatherfield, camera di Will

Neanche stanotte riesce a dormire. Sono molte notti, ormai, che Will si ritrova con gli occhi aperti alle tre, fissando una striscia di luce dipinta sul soffitto da un lampione, e inseguendo pensieri sempre uguali che si ripetono in tutte le loro possibili varianti.
Come le altre volte, questa veglia sfumerà lentamente nel sonno quando la notte sarà quasi finita, poi il trillo di una rana-sveglia crudele la richiamerà, ricordandole che il mondo non si fermerà ad aspettarla.
Le è ancora difficile accettare che il Cuore le sia stato rubato da una parte di sé, sfuggita e trasformatasi in una nemica inaspettata. E poi, i dubbi su Elyon, le intuizioni segrete di Cornelia…
Niente di tutto questo, però, la ha tormentata quanto la nuova incertezza degli ultimi giorni. Il Cuore di Kandrakar è stato trattenuto dall’Oracolo, lasciando un vuoto dentro di lei, e soprattutto il morso del dubbio sul suo ruolo di Guardiana.
E se fosse… fosse…

La stanza comincia ad assumere la luminosità grigioazzurra che le è diventata familiare. In distanza appare una figura minuta che, pur senza muoversi, appare ogni momento più vicina.
“Finalmente ti trovo, Will”.
“Saggia Yan Lin! Mi hai già cercata?”.
“Sì, più volte, senza trovarti. Non dormi, la notte?”.
“Non bene, lo ammetto”.
Un sorrisino si disegna sul viso quasi impassibile. “Forse dovresti lasciarmi il tuo numero di cellulare, come alternativa”.
“Subito. Zero-quattro-otto…”.
“Scherzavo!” la interrompe l’anziana, “Siamo fuori copertura di rete”.
“Scusate… stanotte dormo in piedi. Anzi… ”.
“Non importa, Will. L’Oracolo vuole vederti di persona”.
“Ha a che fare con il Cuore di Kandrakar?”. La stretta al petto si fa risentire.
“Te lo dirà lui stesso. Stiamo per portarti qui”.
“Sono pronta”, risponde impaziente.
“Davvero? Non pensi che sarebbe bello arrivare qui con la tua bella divisa, in piedi, e soprattutto sveglia?”. Detto ciò, l’anziana batte le mani.

La luminosità azzurrina scompare. Will apre gli occhi sulla striscia di luce aranciata sul soffitto. Si tira a sedere sul letto, poi si mette in piedi, barcollando nella semioscurità.
Sente il cuore, il suo, batterle più veloce.
Si concentra, a fatica, ed il miracolo avviene una volta in più.  In un carosello di luci colorate, la ragazzina fragile e ansiosa si trasforma nella magnifica, carismatica e altrettanto ansiosa Guardiana del…  Guardiana e basta.
Appena le luci variopinte hanno finito di baluginare, un lampo bianco più forte rischiara la camera, creando un’immagine di luci ed ombre nette.
Poi, la penombra che torna trova la stanza deserta.
 

Kandrakar

Kandrakar, la fortezza delle nuvole. Luogo di pace e di serenità.
‘Chissà a chi posso chiedere un Ansiolin, qui?’, pensa Will, guardandosi attorno. La Sala della Congrega è deserta e silenziosa, ma un corridoio che si diparte sulla sinistra attira la sua attenzione.
Seguendo la sua sensazione, Will s’incammina piano verso il corridoio, osservando le pareti ariose sulle quali finestre senza vetri si aprono su orizzonti di nuvole che, dall’alto, assomigliano a montagne innevate.
La sua sensazione si fa sempre più forte. I suoi passi risuonano sempre più decisi nel silenzio ovattato.
Svolta per un corridoio laterale, che conduce ad una porta senza battenti. La sagoma ieratica dell’Oracolo la attende lì.

L’uomo, in piedi di spalle, sta osservando assorto il cielo da un’ampia finestra circolare.
“Queste nuvole sono una metafora della realtà”, sono le sue prime parole, pronunciate senza voltarsi quasi tra sé e sé. “Ciascuno vi riconosce, per un attimo, i fantasmi della sua fantasia, e dà loro un nome”.
Dopo un attimo di pausa, riprende: “Per un attimo sembrano cavalli, draghi o profili di città leggendarie, ma sono in continuo mutamento. La loro trasformazione è continua, ma noi, in un momento ben preciso, smettiamo di vederci una cosa e ne riconosciamo un’altra”.
Un altro lungo silenzio.
“Nello stesso modo, le nostre speranze e le nostre paure cercano corrispondenza in pochi frammenti delle nostre  percezioni, costruendo castelli. Realtà? Fantasia? Possiamo sostituire un castello con un altro, ma non potremo mai fare a meno di crearne”.
Will si chiede se stia ancora sognando. Da un angolo della sua fantasia ribelle, le sembra di sentire una vocina come quella di Irma che chiede: ‘Ma che cos’ha fumato oggi, il pelato?’.
 
L’Oracolo si volta. “Ben trovata, Will. Ti stavo aspettando”.
La ragazza si avvicina. “Prima stavate parlando a me, Signore? Non credo di avere capito bene”.
Il saggio la guarda, grave. “Non ha importanza, guardiana. So che gli ultimi giorni sono stati pesanti, per te. Che hai alternato paure a speranze, mentre le tue vecchie certezze…”, dice aprendo la mano verso l’alto, “…sono qui”.
Sopra il palmo aperto, appare il Cuore di Kandrakar in tutta la sua gloria di luce.
“Questo è il fulcro dell’equilibrio degli universi”. La sua voce risuona stentorea, mentre le pupille sono sbiancate dal riflesso. “Questo può essere il mezzo per il bene supremo, o può divenire un fine in sé, che divora lo spirito di chi lo porta. Non si può guardare a lungo dentro gli abissi insondabili di questo oggetto senza lasciarvi dentro qualcosa di importante di sé stessi”.
La vocina ironica di Irma torna a farsi sentire nella testa di Will. ‘Dice questo per tranquillizzarci, vero?’.
Invece le labbra scandiscono, rispettose: “Oracolo, le vostre parole mi suonano molto inquietanti. Posso chiedervi di chiarirmele?”.
La luce si affievolisce. L’Oracolo ritira la mano, e i suoi occhi tornano sulla guardiana. Il gioiello sfavillante resta sospeso a mezz’aria tra di loro.
“Will, l’origine di questo oggetto si perde nel tempo, ed è avvolto da leggende che è difficile districare dalla realtà. Una dice che è animato dallo spirito della ninfa Xin Jing. Un’altra vuole che questo oggetto sia un riflesso dell’intero Universo di Universi, e che nel suo interno esiste un doppione animato di qualunque cosa esista, e di qualunque volontà”.

Distoglie lo sguardo dal Cuore di Kandrakar, e riprende: “Da quando lo si conosce, il suo potere è usato per mantenere l’equilibrio degli universi”.
Le pone una mano sulla spalla. “La Guardiana del Cuore è la sua sacerdotessa. Gli offre il suo corpo per alimentare il fuoco che ha dentro. Lo porta con sé, gli offre la sua devozione, la sua percezione del mondo. Se serve, la sua stessa vita”.
“Sono pronta” risponde lei cercando di sembrare solenne, cosa che le riesce malissimo. Infatti, non si sente affatto pronta. Non capisce dove l’Oracolo voglia arrivare, ma il Cuore di Kandrakar, affascinante come non mai, levita davanti a lei quasi a portata di braccio.
“Ascolta, Will”, riprende il saggio. “Io non sono abituato a spiegarmi con chiarezza. Spesso ciò comporta semplificazioni così grossolane da assomigliare a bugie. Altre volte, spiegando, si possono diffondere frammenti di conoscenze che possono essere fraintese, o frammenti di futuro che, influenzando il presente, possono contraddire sé stessi”.
“Allora… voi conoscete il futuro?” chiede Will stupita. “Per questo vi chiamano Oracolo?”. Si stringe nelle braccia, pensando alle orribili anticipazioni fattele balenare da Endarno. “Una volta lo negaste…”.
Il viso dell’Oracolo non lascia trasparire il suo disappunto.”Vedi, Will, cosa può succedere quando parlo troppo? Dimenticatene, per piacere”.
Will resta perplessa. “Dimenticarmi di cosa?”. Ci pensa un attimo.  “Prima avete detto che non devo guardare mai a lungo dentro il cristallo, vero?”.
“Sì, questo è importante. Ma un’altra cosa lo è ancora di più: non considerarti mai la padrona del Cuore di Kandrakar. Tu sei, lo ripeto, la sua sacerdotessa. Anche io sono il suo sacerdote, ed il mio dovere, tra gli altri, è vegliare sulla purezza del rapporto tra il Cuore e la sua Guardiana”.
“Purezza?” chiede Will sforzandosi di capire, “Veglierete che io non venga corrotta come Nerissa?”.
L’Oracolo annuisce. “Molto del futuro dipende dallo spirito della Guardiana cui è affidato il Cuore di Kandrakar. Tutte loro, nel passato, avevano dichiarato buone motivazioni, e probabilmente ci hanno anche creduto. Purtroppo, talvolta hanno prevalso sentimenti più meschini: orgoglio e desiderio di affermazione”.
Il saggio guarda un attimo il monile sfavillante, poi ne distoglie lo sguardo. “Il potere del Cuore può tirare fuori il meglio o il peggio dalla sua guardiana. Il grigio chiaro ed il grigio scuro, che si alternano mescolati a strati nell’animo di tutte le persone, vengono trasformati in bianco ed in nero. La scelta non è fatta una volta per tutte: si ripropone ogni volta che la guardiana evoca il potere del Cuore. Però c’è una asimmetria tra queste possibilità: mentre il nero può sempre corrompere il bianco, il passaggio inverso è difficile. L’orgoglio lo impedisce”.
Guarda il viso sbiancato e gli occhi cerchiati di Will, e continua: “Uno dei miei doveri è intercedere presso lo Spirito del Cuore di Kandrakar, affinché decida di abbandonare di sua spontanea volontà una guardiana divenuta inadatta”.
“Come Nerissa…”, esala Will con un filo di voce.
L’Oracolo annuisce. “In partenza, Nerissa era una guardiana eccezionale. O almeno, io la vidi così. Il non aver capito in tempo cosa stava succedendo fu una mia responsabilità”. Si guarda in giro. “Si dice che la fortezza è un luogo di pace. Non è vero. Io non mi sono mai dato pace per questo”.

Ascoltare l’Oracolo che ammette la sua impotenza è una ulteriore mazzata alle fragili sicurezze di Will. “E io, Signore? Da cosa potrò capire se mi sarò avviata sulla strada sbagliata?”.
L’Oracolo la guarda a lungo. “Sono contento che tu mi faccia questa domanda, ma è difficile spiegare i fantasmi di una mente. Cercherò di indirizzarti perché tu possa capire da sola. Dunque… tu lo sai qual è la differenza tra onore ed orgoglio?”.
Will resta spiazzata. Un indovinello filosofico alle… Chissà che ora è?
“Provaci, Will. Cominciamo con l’onore. Cos’è?”.
“L’onore… mah… Mantenere la parola? Sì, mantenere le promesse”.
“Anche. Ma se ti accorgi di avere promesso qualcosa di sbagliato?”.
“Ammetterlo onestamente, e chiedere di essere esentata”.
“E se non c’è in gioco nessuna promessa?”.
Will si stringe nelle spalle. “Forse… fare quello che è giusto?”.
“Giusto per chi?”.
Lei ci pensa, tormentandosi il labbro. Per chi… Per lei? Per l’Oracolo? Per qualche Legge superiore? E’una risposta che non può permettersi di sbagliare.
L’Oracolo si accorge dell’empasse. “Cambio la domanda. Cos’è l’orgoglio?”.
“L’orgoglio… è non voler essere sminuita”.
Lui accenna un assenso. “In che caso orgoglio ed onore vanno d’accordo?”.
Will ci pensa a lungo. “Quando faccio del mio meglio, e vengo apprezzata per questo”.
“E in che caso vanno in contrasto?”.
“Quando cerco di nascondere un errore”.
“E se non hai fatto nessun errore?”.
Will riflette a lungo prima di rispondere: “Quando il mio bisogno di autostima mi porterebbe a commetterne”.
“Commettere errori? E basta?”.
“In generale, a fare o dire qualcosa che non approverei se lo sapessi fatto da un’altra persona”.
L’Oracolo annuisce. “Vuoi tentare una descrizione sintetica di onore ed orgoglio?”.
Will tace a lungo. Mentre pensa, il suo sguardo corre sugli affreschi alle pareti, senza vederli davvero.
Alla fine, scandisce: “L’onore è non voler fare un torto. L’orgoglio è non voler ammettere un torto”.
L’Oracolo annuisce piano, tacendo a lungo.

Poi torna a chiedere: “E, come guardiana, da cosa ti dovresti guardare?”. Sorride fuggevolmente, accorgendosi dell’involontario gioco di parole.
Will chiude un attimo gli occhi cerchiati. Questa notte, oltrechè all’insonnia, si sente condannata ad un esame cruciale la cui posta fa impallidire qualunque altra.
“Dal pensare che il Cuore di Kandrakar sia mio per diritto”.
“Bene”.
“Dal pensare che il ruolo di una guardiana sia più importante delle cose che fa”.
“Già”.
“Dal pensare che il ruolo di guardiana sia un onore. Piuttosto, è un impegno verso Kandrakar”.
“Quasi giusto. Ma cos’è ancora più importante di Kandrakar?”.
“La sua finalità. L’equilibrio tra i mondi”.
Annuisce soddisfatto, perso per un attimo in pensieri suoi. “Verissimo! Molti lo dovrebbero tenere a mente, in questa fortezza!”. Il suo sguardo torna su Will. “Poi, da cos’altro ti dovresti guardare?”.
“Dal pensare che, se qualcuno mi nasconde qualcosa, questo sia necessariamente male”.
Sul viso dell’Oracolo si dipinge una vaga sorpresa. “Stavi pensando a me, o alla giovane Luce di Meridian?”.
Quale sarà la risposta giusta? Meglio essere sinceri. “Veramente… ad entrambi”.
Il saggio sorride, poi il suo sguardo si fa più indagatore. “C’è altro?”.
Will chiude gli occhi, e si sforza per farsi uscire le parole. “Dal non bramare il Cuore di Kandrakar per il proprio bisogno”. Abbassa il viso. Se questo è un requisito, le manca del tutto.
Lui le fa un sorriso indulgente. “Tutti tengono al loro ruolo, Will. E’ normale soffrire se lo si perde. La differenza sta nelle scelte che uno è disposto a fare per conquistarlo o conservarlo”.
Lei cerca di leggere la risposta nel sorriso impassibile dell’Oracolo. “Allora… sono promossa?”.
“Lo eri fin dall’inizio, Will. Questo non è stato un esame”. L’Oracolo prende sul palmo il Cuore di Kandrakar e glielo porge.
“Grazie! Grazie!” fa lei, vedendolo tornare nella sua mano, rutilante di luce rosata.
“Non ringraziarmi, Will. Lo hai detto tu: il Cuore di Kandrakar non è un premio. E’ un carico gravoso”. Fa un passo indietro. “E gli esami non si concludono in pochi minuti o poche ore, rispondendo a qualche domanda. Le parole si lasciano dire. Invece, ogni scelta che facciamo nella vita è un esame”.
Con un cenno di saluto dell’Oracolo, la saletta viene sommersa da un lampo bianco.
 

Heatherfield, camera di Will

Quando la luce abbagliante svanisce dagli occhi di Will, lei si sente nuovamente quella di una volta.  Anzi, meglio. Una leonessa! Avrebbe voglia di abbracciare le sue amiche, di tirare affettuosamente le trecce ad Elyon, di ballare con la sua mamma, di dare un bacio sulla guancia al prof… a Dean. Avrebbe perfino voglia di perdonare la sua goccia, spersa in un mondo non suo, calata in un ruolo odioso che forse le peserà come un macigno. Chissà se ora si sta sentendo come si è sentita Will?
Scuote il viso. E’ inutile dedicare troppi pensieri a ciò che avverrà a Meridian nei prossimi diciotto mesi, se è vero che era predestinato.
Ora avrebbe voglia di rivedere Matt. Nelle ultime due settimane dapprima lo ha trascurato, poi si è sfogata con lui: gli ha pianto sulla spalla, gli ha mugugnato, gli ha fatto sorbire tutti i suoi dubbi ed i suoi pensieri neri più e più volte. E’ un miracolo che non sia già scappato!
Sorride tra sé. Quest’oggi lo ricompenserà di tutto questo, e con i dovuti interessi!
Si volta sorridendo verso le innumerevoli rane di peluche, plastica e carta che popolano di occhi allegri la sua camera.
In risposta, la sua sveglia batraciforme la saluta con la sua voce ritrovata. “Buongiorno signorina Will. Sono le sette, e tutto va bene!”.
BIIP, BIIP, BIIP…
 

Kandrakar

L’Oracolo, nuovamente solo, resta a lungo immobile e pensieroso, poi torna a voltarsi verso il finestrone circolare, e il suo sguardo si perde.
Quella là sembra la testa di un cavallo bianco…
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Qualche risposta più dettagliata alla recensione di Solitaire

S: Per prima cosa, complimenti per il linguaggio. Chiaro, pulitissimo, senza sbrodolamenti, eccessi, strampalate metafore o retorica fuori luogo. E’ veramente piacevole leggere una storia dove, per indicare il blu, è scritto blu. 

Per me la chiarezza di lunguaggio è essenziale; in particolare, deve essere chiaro chi è il soggetto della frase, a costo eventualmente di ripetere nomi a breve distanza. Un certo modo di gestire gli a capo quando cambia soggetto (oltrechè per evidenziare piccoli salti temporali o cambiamenti di argomento) mi aiuta in questo. 
Bisogna anche tenere conto che il fumetto di partenza, da molti punti di vista, è un capolavoro di chiarezza nei dialoghi e nei disegni (ed i punti non chiari corrispondono effettivamente a buchi nella trama, non nello stile).

Comunque, quello che più mi colpisce è l’attenzione ai dettagli e la ricostruzione storica dell’universo WITCH e dei personaggi singoli, particolare che posso apprezzare anche più grazie alle spiegazioni che mi hai dato, ma che risulta evidentissimo anche solo a colpo d’occhio. Nessuna trascuratezza, niente particolari gettati a caso. Ogni cosa è studiata per inserirsi coerentemente nell’insieme, comprese le divise delle guardie, con tanto di ragione del perché sono così. 

Per le divise delle guardie, nel fumetto vengono rappresentate in modo diverso a seconda del numero. Potrebbero essere unità diverse, provenienti anche da diverse zone del paese. Per le guardie di palazzo del n.42, che non hai ancora letto,  mi sono ispirato a quelle dello Speciale Elyon e Caleb, però lasciando l'insegna originale di Meridian al posto di quella specie di giglio a quattro petali che hanno introdotto in questo fascicolo, pregevole per certi aspetti, che però presenta Elyon come una noiosissima madonnina in continua attesa di essere salvata da altri.
Nel tradizionale simbolo degli Escanor, quello che si vede nella prima serie sulle divise, i due mezzi cerchi bianco e verde potrebbero essere interpretati come due mondi che si mescolano ( i terrestri e i nativi rimescolati nel mito) e le due teste di freccia potrebbero alludere alla possibilità di passare tra i mondi. Ho preferito mantenere più continuità con le regine precedenti. 

Parecchi autori ufficiali dovrebbero prendere esempio. Magari, riuscirebbero a evitare le approssimazioni e le incongruenze che costellano i loro lavori. Hai presente quando in una storia, si stabilisce una certa cosa e, magari, dieci pagine dopo, si afferma qualcosa di contrario o in contrasto? Ecco, proprio quella cosa lì. Detesto la mancanza di coerenza, a maggior ragione quando si è incoerenti con una propria opera. 
Persino la magia è trattata in modo da evitare quel terrificante effetto random che me la rende a dir poco indigesta. Odio tutto quello che si pretende funzioni secondo principi indefiniti e casuali, quindi, quando trovo una trama dove si tira fuori l’effetto magico, che ora funziona e dopo un secondo, nelle stesse situazioni, no, mi viene sempre voglia di afferrare per il collo chi ce la schiaffa dentro, scuoterlo e urlargli: Spiegati! 
E’ ovvio che si tratta di un modo per salvarsi quando non si sa che pesci pigliare, ma la cosa non me la rende certo più gradita per questo. Il contrario, semmai. Mi sa troppo di una soluzione facile buona per non faticare a cercare qualcosa di meglio. Ma nel tuo caso non vedo proprio questo pericolo.

In effetti, nei primissimi numeri, soprattutto nel sesto, avevano attribuito ai meridiani (soprattutto Cedric e Elyon) dei poteri, come l'invisibilità, il teletrasporto e il cambiamento di aspetto, che poi non si sono più visti. Se voglio giustificare gli autori Disney, posso pensare che tali poteri richiedessero una quantità di energia magica (quella liquida, io nel testo la ho chiamata acqua magica) che alla fine Phobos ha avocato tutta per sè.

Poi, esiste una trama. Cosa non così scontata come potrebbe sembrare. Con trama intendo una serie di eventi che portano da una condizione iniziale A ad una finale B, attraverso una serie di azioni, decisioni, piani e risoluzioni. Posso sperare (considerala una minaccia, se vuoi ^O^) che i nostri protagonisti non dimenticheranno quello che hanno intenzione di fare, vero? 

Non preoccuparti, la trama è già pensata fino al finale. Per il dimenticare... la trama stessa contiene diversi rovesciamenti di posizioni e anche evoluzioni dei personaggi, all'interno di un quadro che spero complessivamento coerente. Spero che resterà all'altezza delle tue aspettative.

Arriviamo a quello che mi preme di più. Cioè Elyon, personaggio notevolissimo e in una situazione assolutamente poco invidiabile, presa com’è fra il ruolo che le è richiesto, la sua natura e la sua storia personale. Ora, io conosco abbastanza le Witch, ma non sono un’esperta. Mi pare di ricordare che Elyon è stata cresciuta come una ragazza terrestre. Ma la Elyon tanto ingenua da cadere nella trappola del fratello si trova a essere regina di un intero mondo, con tutto il carico di responsabilità che ne consegue. Impara che ai principi non è concesso il lusso dell’idealismo e dell’ingenuità e deve venire a patti fra le sue responsabilità di sovrana e i suoi sentimenti che le sono, o non le sono, concessi. Da quello di amare l’uomo che vuole, a quello di essere solo ‘amica’. 

Per me Elyon è un personaggio interessantissimo proprio per via di questi input enormemente contraddittori.

Molto interessante il suo rapporto con le Guardiane. Un buon re non ha libertà di fare quello che vuole, ma solo quello che considera dover fare per il bene del suo popolo, e questo Elyon sembra averlo imparato. Non mi pare che le ragazze terrestri, nonostante quello che sono, siano in grado di capire. Sembrano quasi esigere che Elyon sia sempre qualcosa di simile a una loro ‘normale’ coetanea. Non è Elyon che mi sembra ‘incattivita’, se mi permetti il termine, che uso senza connotazioni negative, piuttosto mi chiedo se loro si siano mai realmente rese conto della realtà dei fatti. 

Da questo punto di vista, l'atteggiamento delle ragazze è differenziato. Riferendo le posizioni ai capitoli recentemente pubblicati, Cornelia ha delle idee abbastanza chiare sulle azioni di Elyon e le loro motivazioni, ma non ha insistito per esserne informata perchè altrimenti poi sarebbe costretta a rispondere alle domande delle altre, se sapesse qualcosa per certo. Will piano piano si troverà nelle condizioni di condividere quantomeno certe motivazioni; e ci mancherebbe, anche lei è ossessionata dall'idea di poter diventare come Nerissa, come vedremo nel presente capitolo. Quella che pungolerà Elyon ad ogni occasione sarà Irma, che resterà fedele finchè possibile alla sua opinione già espressa.
Spesso mi chiedo, invece, quale dovrebbe essere l'atteggiamento dell'Oracolo: questa Elyon si sposta allegramente tra i mondi, lo mette volentieri davanti al fatto compiuto, porta magie meridiane sulla Terra e tecnologia terrestre a Meridian, è legata a una delle guardiane più che alle altre e crea tensioni fra loro, organizza gruppi che fanno cose strane... credo che la tolleri molto a fatica, anche se cerca di essere diplomatico.

Non posso che simpatizzare con il progetto di Elyon di modernizzare il popolo di Meridian, che pare congelato (da quanto?) in una specie di eterno medioevo fiabesco. Solo che Elyon viene da un mondo ben diverso, meno statico e soddisfatto, ed è credibilissimo il suo tentativo di far evolvere le condizioni del suo pianeta natale. 
C’è da vedere quanto come gestirà tutte queste forze divergenti, soprattutto ora che si profila all’orizzonte quello che deve essere la concretizzazione di un suo incubo, diventare una tiranna feroce come il fratello. A proposito della profezia, inizialmente ero abbastanza sicura che sarebbe stata Elyon stessa, magari proprio per evitare il futuro previsto, o magari per imporre il cambiamento al suo popolo, a rivestire quel ruolo. Ammesso che cerchi di evitare quel futuro. Se crede sinceramente nell’ineluttabilità della profezia, potrebbe non fare nulla, magari pensando che, prima supera la ‘fase tiranno’, prima le cose torneranno a posto. Però, francamente, non so quanto lei ci possa credere. Tu stesso mi hai detto che Phobos stesso non ha mai messo in dubbio le profezie della madre. Comprensibile. Però Elyon viene da un ambiente molto differente. Quanto ha influenzato su di lei la Terra? E che un’influenza ci sia stata, è fuori di dubbio. Sarebbe stato realmente poco credibile se lei si fosse immediatamente adeguata alle condizioni di Meridian. 
Tornando alla profezia, adesso, sono in dubbio che, con di mezzo le gocce, non sarà Vera il tiranno.

I recenti capitoli aggiungono molti tasselli al quadro. Comunque Elyon è la prima a credere nell'ineluttabilità delle sue stesse profezie, semmai gioca sulle diverse possibilità di interpretazione. 

E qui arriviamo a un altro aspetto che mi piace tanto nella tua storia. 
Nelle favole, dopo il ‘E vissero tutti felici e contenti’ sembra che non succeda più nulla. Già, e poi? 
Siccome io stessa ho un po’ questa mania di chiedermi sempre cosa succede ‘poi’, non posso che essere felice di trovare una storia che va a indagare su un possibile futuro non così inalterabile e rosa confetto.

Indubbiamente inventarsi un sequel è una soddisfazione, ma è anche difficile anche perchè una sorta di continuità deve essere rispettata, evitando però un lieto fine banale.
Paradossalmente, mi sento molto più libero nel fare il prequel, La luce al tramonto, perchè i paletti sono già molto più definiti, per quanto più drammatici, e ciò mi limita le difficoltà nel formulare il finale, che è il punto  debole di una gran parte dei romanzi (quelli della M.Z. Bradley in particolare).

Curiosità: i disegni di Pao sono ispirati dal Kubla Khan di Coleridge? 

Ahi, sopravvaluti la mia cultura. Avevo solo una vaga idea di questo poema che, guarda caso, ho riconosciuto citato parola per parola anche nel cartone di Witch. 
Cavolo, pensa che è rimasto incompiuto perchè un seccatore è venuto a parlare a Coleridge prima che lo finisse e gli ha fatto scordare il suo sogno... che sfortuna!!! 
Potrei suggerirti di chiederlo a Pao Chai... in vero dubito che abbia una cultura migliore della mia, a scuola a Midgale era un disastro perchè pensava solo a disegnare. Forse  si è ispirata alla capitale di Naboo, piuttosto.


 
 
 
 
 

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Capitolo 45
*** Due Lune ***


45- Due Lune  
Cara Melisanna, ho letto con piacere la tua recensione. Mi interessa sempre sapere cosa pensi dei miei lavori, e non devi temere di indispormi se li critichi. 
Per quanto riguarda Will con l'Oracolo, mi rendo conto che il capitolo ricorda molto (soprattutto alla protagonista) un'interrogazione scolastica. Però mi premeva scriverlo perchè, nel mio modo di vedere, una delle angoscie di Will è l'idea di poter diventare come Nerissa. 
Quindi l'Oracolo ha voluto mettere Will in guardia per, diciamo così, riconoscere il bivio a prima vista prima di incamminarsi dalla parte sbagliata. 
Raccomandare qual'è il giusto si sarebbe risolto, banalmente, in Fai quello che ti ordino io, ed ho preferito evitarlo, oppure in una casistica estesa per ogni caso particolare, del tutto ingestibile. Per motivi che si capiranno, l'Oracolo non ha dato neanche ulteriori istruzioni per questo caso particolare dopo il "mettetevi l'animo in pace" di qualche capitolo fa.
Il monito del'Oracolo avrà una parte nella risoluzione della storia, che sarebbe molto più difficile se Will si facesse prendere da atteggiamenti orgogliosi.

Con questo capitolo, ci sarà una svolta importante nella trama, in cui le congiurate prendono conoscenza di una parte della profezia di Elyon che non conoscevano.
Buona lettura
MaxT

PROFEZIE


Riassunto delle puntate precedenti 
Dopo un incontro misterioso con la Luce di Meridian, Vera ha convinto le Gocce a impadronirsi del Cuore di Kandrakar e a sostituirsi ad Elyon a 
Meridian, impersonando la regina e le guardiane. Carol si è opposta, ed è stata costretta con l'ipnosi. 
Vera e Wanda hanno sottratto il Cuore di Kandrakar a Will. 
Il giorno dopo, ritrovatesi davanti allo specchio magico della libreria, le W.I.T.C.H. assistono alla trasformazione delle loro gocce in copie delle 
guardiane e della regina, ed alla loro partenza per Meridian, in contemporanea all'arrivo di Elyon a Heatherfield. 
A Meridian, la controfigura di Elyon e le finte guardiane esiliano Miriadel e Alborn, mentre Caleb sfugge alla cattura;  pur avendo assunto il potere, si 
rendono conto di non essere convincenti, e inventano la storia che le guardiane sono a palazzo per proteggere la Luce di Meridian da un complotto. 
A Heatherfield, rifugiatasi con i genitori nella sua vecchia casa, Elyon spiega che quella che si sta realizzando è una sua profezia, contenuta in disegni e 
frasi casuali, la cui interpretazione fino a quel punto era ambigua. La profezia prevede che la tirannia duri un anno, che a Meridian dura diciotto mesi. 
Elyon è decisa a non tentare niente prima di questa scadenza, ma Will non si rassegna. 
Facendo un sopralluogo nella casa delle Gocce a Midgale, Hay Lin percepisce frammenti di ricordi contraddittori: le sembra che Vera sia cambiata 
subito dopo l'ultimo incontro con Elyon. Questa non sa dare spiegazioni convincenti del cambiamento, ma non sembra risentita per il tradimento. 
L'Oracolo convoca Elyon, e le impone di recuperare al più presto il Cuore di Kandrakar.
Elyon dà istruzione a Caleb di tornare a Meridian per sconsigliare qualunque rivolta prima del suo stesso ritorno tra un anno. 
Poi parte da sola per Meridian e riesce a  recuperare il Cuore di Kandrakar ingannando le gocce; il talismano viene poi trattenuto dall'Oracolo 
per una purificazione. 
Il giorno dopo, le congiurate capiscono di essere state giocate, ma c'è di peggio: il vice comandante della guardia guida una rivolta che viene 
rapidamente sedata. La reazione non si fa attendere: nel giro di pochi giorni tutte le guardie  vengono rimpiazzate da altri militari giunti da fuori città, e sul palazzo scende un clima sempre più oppressivo in cui le congiurate utilizzano sia i poteri mentali che l'intimidazione per mantenere il controllo.
Tempo dopo, l'Oracolo restituisce il talismano a Will, assieme ad un monito sibillino a non farsi corrompere da pensieri orgogliosi.

Cap. 45

Due Lune


Meridian, centro città

“Uova di Cagicco! Le migliori!”.    “Latte di gallina! Fate presto, va a ruba!” .  “Frutta di stagione! Melopee e anakili del mio giardino!”.  “Stoffe, le migliori, dagli artigiani di Akrosim!”.
Piazza delle Due Lune ospita, ogni due giorni, uno dei più bei mercati di Meridian.
Al centro hanno preso posto le bancarelle più grandi e ricche, costituite da carretti a quattro ruote coperti di tendoni, alcuni ornati e coloratissimi, altri che vorrebbero esserlo.
I contadini ed i venditori occasionali si accontentano di uno sgabello e una coperta per esporre i beni commerciati. Per tradizione, prendono sempre posto al margine della piazza, su quello che si chiamerebbe marciapiede, se solo ci fosse.

Anche  l’indovina Frordal si è accomodata sul lato in ombra, davanti ad una finestra ornata di fiori. Una corta coda dei più bei toni di verde-giallino sporge da sotto il pastrano liso e variopinto, ornato di simboli magici. Siede su uno sgabello pieghevole, di fronte ad un altro destinato ai suoi clienti. Un tavolino piccolo e una rastrelliera di amuleti di vetro colorato completano il suo modesto chiosco.
Gli occhi intelligenti della donna (donna…) scrutano la folla, fissandosi brevemente su ciascuno, e intuendo cose che vanno al di là del loro aspetto esteriore.
Riconosce quasi tutti, almeno di vista: Meridian non è grandissima, e la sua memoria prodigiosa le rende facile notare ogni presenza insolita.
Come quelle due ragazze. Devono essere forestiere.
Sotto i due pastrani anonimi, si intravedono vestiti ben rifiniti e variopinti. Fisico e lineamenti sono quelli della nobiltà.
Una ha luminosi occhi verdi, che spiccano, pesantemente cerchiati di nero, su un viso a striature verdazzurre. Sotto il cappuccio si indovina una folta chioma bluastra raccolta in quattro lunghe trecce.
L’altra ha un curioso taglio a mandorla degli occhi, pelle azzurrina con dei disegni simmetrici in giallo. I capelli blu scuro sono raccolti in un elegante chignon alla sommità del capo, a parte una cortina di sottili treccine che le calano sulla fronte.
Le due ragazze si guardano attorno con gli occhi sgranati da turiste di un altro mondo, e si scambiano commenti in un pessimo meridiano, con un indefinibile accento straniero.

“Ti piacciono queste bancarelle, Paochaion?” chiede quella con gli occhi verdi.
L’altra annuisce. “Non per fare acquisti, Irenior, ma sono così pittoresche… E poi, ci tenevo a visitare la città. Abbiamo visto e rivisto tutte le stanze del palazzo, fino alla nausea”.
“Anche se non sempre le stanze hanno visto noi”, completa l’altra con un sorrisino amaro.
Paochaion non le bada, e continua persa nelle sue scoperte. “Abbiamo tanto osservato la città dal balcone, l’intreccio di strade e stradine, e ora è fantastico trovarsi immerse dentro!”. Alza lo sguardo e indica alcune facciate visibili al disopra delle bancarelle. “Quelle con la struttura in legno visibile sulla facciata ricordano lo stile medievale dell’Europa centrale. Chissà se è un caso, oppure qualche altra regina di Meridian aveva l’abitudine di passeggiare sulla Terra, mescolata alla folla?”.
Irenior guarda con scarso interesse le facciate. “Pao, quello che mi interessa non sono le catapecchie!”.
Sguardo indignato. “Catapecchie?”.
“A me interessa la gente” ribatte Irenior. “Come vive, cosa pensa…”.
“Capito!”. Paochaion le ammicca. “Cerchi qualche bel figo, come Caleb”. Guarda l’umanità che popola la piazza. In effetti, più ci si allontana dal palazzo, più gli abitanti si allontanano dall’idea di uomini verdi, e non perchè sono meno verdi. “La vedo dura qui, per una mangiatrice di maschietti come te!”.
Irenior si acciglia alla battuta. “Ma quanto parli oggi! Se hai portato con te il cervello, non è il caso di accenderlo?”.
“Dai, non tenere il broncio” insiste Paochaion scherzosa. “Non si intona alle tue striature”.

Una voce armoniosa le richiama. “Belle signorine, non vorreste conoscere il vostro futuro?”.
Chi le ha chiamate  è quanto di più diverso da quello che la voce suggeriva loro: una specie di donna-ramarro verde con la coda, che porge loro una mano (mano…) con quattro dita.
Paochaion esita un momento di troppo: con una spinta, l’amica la manda verso lo sgabello, rispondendo per lei: “Certo. La signorina vorrebbe sapere se mai riuscirà a rispondere al sorriso di un uomo senza arrossire”.
Una delicata tinta viola riscalda il viso azzurrato. “Ma come…”.
Sorridendo rassicurante, l’indovina le afferra delicatamente la mano. “Prego, si sieda!”.
Con un’occhiata storta all’amica sogghignante, Paochaion si siede, a disagio, ed osserva la strana mano sfiorare il suo palmo.
L’espressione dell’indovina da rilassata si fa sorpresa, poi spaventata, infine grave.
“Lei porta tre nomi diversi, signorina Pao Chai”.
“Eh?” trasale la ragazza, “Ha letto il mio nome sulla mano?”.
“No, signorina. Ogni parte contiene in sé la storia del tutto”.
Irenior si fa avanti, preoccupata. “Potrebbe rivelarci davvero qualcosa del futuro?”. Poi, con uno sguardo più cupo: “E del passato?”.
“Avendo tempo, sì”.
Paochaion ritira la mano di scatto. “Abbiamo i nostri segreti!”.
“E non mi permetterete di scalfirli”. L’indovina fa sparire nel nulla, con un gesto della mano, il tavolino e la rastrelliera di talismani.  “Però, prima di separarci, vorrei dirvi un’impressione in più del nostro fuggevole contatto”.
“Prego” fa Irenior, avvicinandosi quasi minacciosa.
“Non è possibile essere carcerieri senza essere, al tempo stesso, dei prigionieri”.
Detto ciò, l’indovina svanisce in un vago baluginio, assieme ai suoi sgabelli, compreso quello sotto il didietro di Paochaion.
Prima di rendersene conto, la ragazza si ritrova a sedere, dolorante, sul selciato, così stupita che si dimentica persino di serrare gli occhi e gridare il dolore del suo fondoschiena.
Irenior le dà una mano a rialzarsi. “Mi sa che abbiamo fatto la scemata della giornata”, le sussurra all’orecchio.
L’altra si massaggia il didietro dolente e si guarda attorno, imbarazzata. Diverse persone hanno seguito la conclusione dell’insolita scenetta, alcuni col sorriso sulle labbra.
“Tutto a posto” fa Irenior ai presenti, che in breve tornano alle loro strade ed ai loro pensieri.
Paochaion la prende per un braccio. Le sussurra: “Quando lo saprà Vera, ci…”.
“Beh, non vorrai mica disturbarla con queste sciocchezze, vero, Pao?”.  Si guarda in giro. “Facciamo un’altra cosa. Dall’altra parte della piazza c’è l’insegna di una locanda. Andiamo a sederci lì”.

Il “Due lune” non è molto diverso da una taverna medievale terrestre, o almeno da come la può immaginare chi non ne ha mai visto una.
Una tenda arrotolata e un bancone a mensola sporgenti sulla facciata lasciano indovinare che gli avventori potrebbero sedersi anche all’esterno, ma nei giorni di mercato è necessario entrare nel locale.
Quando varcano la soglia, più di qualcuno si volta a guardarle con curiosità per un attimo. Chissà se qui  usano entrare donne non accompagnate, e di che genere?
Colpiscono subito le volte a crocera di mattoni biancastri, sorrette da colonne quadrate di pietra grigietta.
Lunghi tavoloni di legno scuro cerato dalla forma arrotondata ed irregolare sono contornati da sgabelli e corte panche senza schienale, tutte diverse ma tutte nello stesso inequivocabile stile, cerate e lucidate con la stessa cura.
Su un lato, attraverso una porta, si intravede una saletta più elegante con tavoli, sedie e cuscini, e qualche quadro alle pareti.

“Dei quadri!” gongola Paochaion. “Andiamo a sederci là!”.
Irenior nicchia. “Io vorrei osservare la gente. Tutti così eterogenei…”.
L’altra si guarda distrattamente attorno. “Però, neanche qui c’è il bel figo che cercavi”.
“Gridalo più forte, Pao!” sibila l’altra. “Io mi accomodo lì nell’angolo, e tu fai come vuoi”.
Bofonchiando qualcosa sull’insensibilità artistica dell’altra, Pao la segue, e si siedono fianco a fianco, spalle al muro.

La banconiera le adocchia subito ed accenna a venire a prendere le ordinazioni, ma l’oste le fa un cenno discreto di restare al suo posto, si liscia la cresta, tira in dentro la pancetta e viene a fare gli onori della casa con un sorriso da galletto attempato.
“Benvenute nella taverna Due Lune, signorine. Io sono il padrone. Toklor, al vostro servizio!”.
“Paochaion, piacere”.
“Irenior, piacere”, fa alzandosi e porgendo la mano.
L’uomo si inchina ed accenna un baciamano galante.
Paochaion chiede: “Ehm… lei non legge la mano, vero?”. L’altra svincola subito la sua, e la nasconde dietro la schiena.
“No… fa lui stupito. “Per quello c’è la vecchia Frordal. Dovrebbe essere dall’altra parte della piazza”.
“Frordal”, annuisce Irenior attenta. “E sa dove abita?”.
“Sinceramente no, ma la troverete qui fuori, seduta al suo chiosco”. Poi, ripensandoci: “Posso informarmi. Se ripasserete…”.
“Sì, grazie. Ci contiamo”. Irenior torna a sedersi.
Toklor accenna col capo alla saletta. “Non preferireste accomodarvi in un locale più consono a due signorine di classe?”.
“No, grazie. Ci piace qui” risponde Irenior con un largo sorriso.
L’oste annuisce un po’ deluso. “Come volete. Allora, intanto, cosa posso portarvi?”.
“Qualcosa di buono da bere?” chiede lei, con un lampo degli occhioni verdi.
L’oste, catturato dallo sguardo, ritira in dentro la pancetta che pian piano stava riprendendo il suo posto.  “Ma certo, signorine. Preferite latte speziato, tisane, succhi di frutta, distillati di…”.
Irenior sorride golosa. “Succhi di frutta?”.
“Sì. Abbiamo nettare del paradiso, spremuta di melopee, di…”.
“Nettare del paradiso!” interviene Paochaion. “Che bellissimo nome! Uno per me!”. Sorride immaginandosi un bicchiere limpido con riflessi da arcobaleno.
“Anche per me, grazie” taglia corto Irene, le cui conoscenze su melopee e quant’altro sono piuttosto lacunose.
“Agli ordini!”.

Pochi minuti dopo, l’oste serve orgogliosamente due bicchieroni di ceramica smaltata pieni di un liquido verdastro, torbido e disomogeneo. “Ecco il vostro nettare, signorine!”.
L’uomo nota gli sguardi dubbiosi e costernati con cui le bevande sono accolte. “Qualcosa non va? E’ fatto con i migliori ingredienti”.
Irenior annusa prudente, poi sorride. “Il profumo è buonissimo” constata.
“Va tutto bene” risponde incerta Paochaion. “Sì, tutto. Grazie”.
L’uomo torna al banco un po’ deluso.

Paochaion guarda nel bicchiere, cercando di mascherare l’espressione schifata. “I girini si mandano giù, o si può sputarli?” chiede sottovoce. Scruta dentro la massa liquida come se li cercasse.
“Pao, di che girini parli? E’ succo di frutta, non acqua di fogna”. Irenior annusa voluttuosa, e ne assaggia un sorsino. “E’ squisito!” conclude leccandosi le labbra.
“Squisito…” ripete Pao col viso storto. “Vuoi anche il mio?”. Con il dito, spinge il bicchiere verso l’amica. “Io vado a dare un’occhiata ai quadri in saletta”.

Rimasta sola al tavolo, Irenior continua estasiata a sorseggiare la bevanda.
Alza gli occhi verso gli avventori. Chissà quali sono i pensieri di tutti i giorni di un abitante di Meridian?
Di quei due seduti al bancone, per esempio. Un giovanotto azzurro con due orecchie lunghe ed abbassate ed uno sguardo da cane bastonato racconta qualcosa ad un individuo tozzo e verde di età indefinibile.
Meglio non fissarli a lungo. Non serviranno neanche le orecchie. Mentre finge di essere assorta nel suo nettare, Irenior visualizza i due, e le loro parole non hanno più misteri.
“Ci vuole un regalo, qualcosa di quella paccottiglia che le piace tanto. Verdi o azzurre, con la coda o senza, le donne sono tutte uguali”.
Ma che bel tipo questo, pensa infastidita Irenior. Spero proprio che lei ti faccia finire in bianco.
Guarda verso Pao, persa nella contemplazione di qualche crosta in saletta. Come si fa a dire che le donne sono tutte uguali?
Sorso a sorso, ha svuotato il bicchiere, e lo cambia con quello dell’amica.
Si guarda ancora in giro. Quei tre tipi al tavolone, magrolini ed azzurrognoli, hanno l’aria di fratelli. Quello che sembra il più anziano parla ad alta voce senza guardare gli altri, battendo il pugno sul tavolo come se volesse percuotere qualcuno che è davanti ai suoi occhi soltanto.
“Ma certo che puoi allargare quella finestra, diceva lui! Mica verrà giù il muro, diceva lui!”.
Irenior sogghigna tra sé . Non le serve sentire la fine della storia.

“Tutto bene, signorina?”. La voce dell’oste la richiama.
“Eh? Sì, benissimo. Il vostro nettare è meraviglioso!”.
“Sono contento! All’inizio ho temuto che non vi piacesse…”.
“Scherza? Pao ha fatto fuori il suo tutto d’un fiato!”. Gli mostra il bicchiere vuoto.
L’oste gongola. “Ne gradite altro? Offre la casa!”.
Gli occhioni verdi brillano. “Sarebbe meraviglioso!”.

Mentre Toklor si dirige baldanzoso verso il bancone, Irenior riprende a sorseggiare ed adocchiare gli avventori.
Quello lì è proprio brutto, di un malsano color grigverdmarrgialliccio, piccolo, gobbo, con quattro peluzzi alla sommità del capo e delle orecchie asimmetriche.
Irenior sarebbe pronta a scommettere che, sotto il saio, ha una coda biforcuta, di cui una punta è pure rotta.
L’essericiattolo parla gesticolando con un altro avventore dall’aria annoiata, che sembra sopportarlo solo perché ha ancora la sua bevanda da finire.
“Capisci? Quel furbone diceva che quel campo era conveniente, considerata la servitù. Pensavo che fossero dei servi della gleba inclusi nel prezzo, e poi invece salta fuori che è una servitù di passaggio, cioè l’obbligo di lasciar passare altra gente sul sentiero!”.
Irenior torce il viso. Servi della gleba… chissà chi è questa gleba? Comunque, bisognerà dare una svecchiata a questo mondo.
La voce dell’oste la richiama nuovamente. “Signorina, ecco il bis”. Due nuovi bicchieri di profumata melma verde fanno un impeccabile atterraggio sul tavolo.
“Grazie, signor Toklor” cinguetta felice.
“Ai suoi ordini. Vado a chiamare la signorina Paochaion”.

Pao guarda compiaciuta il dipinto. Questo colpo di luce laterale sugli alberi è perfetto. Traspare tra le foglie, e proietta ombre che danno la giusta profondità alla scena. E quella costruzione sul pendio, in secondo piano…
Una voce dal buon accento meridiano richiama la sua attenzione. “Signorina Paochaion…”.
Lei si guarda in giro. Chi è questa signorina Paochaion?… ah, è lei che cercano! “Mi dica…”.
“Le ho portato al tavolo ancora un bicchiere di nettare del paradiso”.
“Grazie” risponde con un sorriso a denti stretti. “Avete dei bellissimi quadri, qui”.
“Si intende di pittura?”.
Lei annuisce. “Insomma, so tenere in mano pennelli e matite”. Passa a guardare il quadro successivo. “E questa nobildonna, chi è?”.

Irenior attacca il terzo bicchiere e si guarda in giro. Alla tavolata sulla destra ci sono due uomini che di tanto in tanto le buttano qualche occhiata fuggevole.
Faccio colpo anche in versione metamondese, si compiace la ragazza.
Ascolta un po’ i loro discorsi. E’ abbastanza vissuta da non arrossire, ma dopo qualche frase deve cercare di non ridacchiare imbarazzata. E’ una fortuna che Pao non stia ascoltandoli, perché la cinesina andrebbe certamente a nascondersi sotto il tavolo.
Dopo un po’, comincia a sentire gorgoglii provenire da qualche parte sotto il pastrano. Vuoi vedere che quel Nettare del Paradiso… Scaccia il pensiero buttando giù un’altra sorsata. Speriamo che Pao si sbrighi… ora che c’è Toklor con lei a parlare di quadri, sembra molto a suo agio.

“Salute!”. “Buongiorno!”.
Irenior si volta verso l’ingresso.
Nella taverna sono entrati due nuovi avventori. Li squadra.
Uno, con un vestito in pelle scamosciata piuttosto vissuto e il coltello da cacciatore alla cintura, ricorderebbe un po’ Vathek, se non fosse per la taglia per niente impressionante.
L’altro, vestito con sobria eleganza, ha un viso verde, affilato, e un sorriso gioviale che lascia trasparire una certa preoccupazione.
Si guardano in giro circospetti, e scelgono il tavolo più lontano dagli altri clienti.
Il primo fa un cenno alla banconiera, e ordina ad alta voce: “Due rossi, grazie!”.
I due sembrano scambiare nervosamente qualche frase di circostanza finché  arrivano le loro ordinazioni, e poi, centellinando le loro bevande, si mettono a più loro agio e iniziano a parlare a mezza voce.
Irenior li squadra brevemente prima di distogliere gli occhi. Per esperienza vissuta, sa distinguere a prima vista chi vuole confidare qualche segreto. Chissà se è qualcosa di interessante…

Quello azzurro fissa accigliato l’altro, come per chiedergli un chiarimento importante su una conversazione già iniziata. “Ma allora, perchè non dovremmo muovere un dito?”.
L’altro ostenta un sorriso largo fuori luogo. “Parla piano”, sibila tra i denti. “Questo stato di cose dovrà durare un anno. Perché vuoi andare allo sbaraglio nel momento sbagliato?”.
“Mi sembra che ragioni da vigliacco. E da dove viene fuori questa storia? Perché un anno?”.
“Perché è una profezia della Luce di Meridian. Sai bene che non ne sbaglia nessuna!”.
“Ed è venuta a raccontarla proprio a te?”.
“E’ in contatto con Caleb. Ha promesso che, allo scadere dell’anno, lei tornerà dall’esilio e riporterà la giustizia.  Non vuole che, prima di allora, possa essere sparso sangue per niente”.

Irenior comincia a sudare freddo. Ma allora si sa! Il colpo di stato sta diventando di dominio pubblico! E cos’è questa storia di un anno?
Si sforza di ascoltare le frasi successive, ma, dopo questo pugno nello stomaco, gliene sta arrivando anche uno all’intestino: una fitta le fa stringere i denti e le gambe.

Nella saletta, Paochaion sorride, passando al dipinto successivo: “Ed ecco la piccoletta”.
L’oste la guarda scandalizzato. “Questa è Sua Altezza la Luce di Meridian!”.
Paochaion ha l’impressione di aver fatto una grossa gaffe. “In confidenza, la chiamiamo così…” si giustifica.
Occhi spalancati. “Lei è in confidenza con la Luce di Meridian?”.
Oddio… qual è la risposta giusta, ora?  “Beh, un pochino…”.

D’improvviso, un pensiero la raggiunge come un grido. ‘Pao! Devo tornare subito a palazzo! E’ un’emergenza! Arresta quei due tipi seduti al tavolone!’.
Pao sbarra gli occhi. “Quale tavolone?” chiede ad alta voce.
L’oste la guarda stralunato. “Prego?”.
Dopo un attimo di esitazione, Paochaion torna di corsa nello stanzone del banco, ma Irenor non c’è più! Banconiera e clienti la guardano allibiti.
“Dov’è andata la mia amica?”.
La banconiera balbetta: “E… era se… seduta lì, ed è… sparita all’improvviso, in un luccichio”. Si stringe nelle spalle. “Senza pagare, tra l’altro”.
Pao si guarda attorno. Arresta i due al tavolone… ma quali due? Ci sono almeno dieci avventori, e tutti seduti a qualche tavolone.
L’oste la raggiunge, un po’ imbarazzato. “Non si preoccupi, offre la casa”. Guarda verso il tavolo vuoto. “Ah, sì… c’è ancora il suo bicchiere di buon Nettare del Paradiso!”.
 

Meridian, sala del trono

Quando la sala del trono prende il posto della locanda attorno a lei, Hay Lin si trova davanti a Sua Altezza Elyon e a Taranee che la guardano con un sorrisino divertito.
“Se cercavi una certa Irenior, è corsa dritta in gabinetto” fa la regina indicando la porta.
“Com’è andata la vostra passeggiata in centro?” chiede Taranee.
Hay Lin torna a sorridere. “Meravigliosa! Edifici storici, stradine medievali, bancarelle variopinte, e una bellissima collezione di quadri!”. Ci pensa un attimo. “Ah, già. A dire il vero, quell’indovina mi ha un po’ inquietato”.
“Un’indovina?”. Elyon si acciglia. “Spero che le sarete state ben alla larga”.
La faccia di Hay Lin non è fatta per mascherare le bugie.
Alla regina non serve certo sentire tutto il racconto. La trapassa con lo sguardo, poi sbianca. “TI HANNO CHIAMATA PAO CHAI?”.
“Ssssì…”.
“E TRA TUTTE… E tra tutte le bancarelle del mercato, dovevate fermarvi proprio a quella di un’indovina?”.
Hay Lin piagnucola: “Mi ha spinto Irene…”.
“O lune sincrone!” sbotta la regina, “Mi chiedo in quale cella voi fareste meno danni!”.
Le alette della cinesina si abbassano come le orecchie di un cane spaventato.

La porta della sala si apre, lasciando entrare una guardiana Irma pallida e smunta. “Buono quel Nettare del Paradiso” dice ironica tra sé e sé. “Hay Hey, non hai arrestato quei due?”.
“Arrestato?”,  “Quei due?”, fanno in coro le altre.
Hay Lin si stringe nelle spalle. “Mi hai lasciata sola così all’improvviso… Quali due avrei dovuto arrestare? Il locale era pieno!”.
Irma scuote il viso, rassegnata. “Ormai saranno andati via”.
La regina si lascia cadere sul trono, di malumore. “E così, vi siete tradite!”.
“C’è di peggio, Luce. Chiama le altre. Devo raccontare qualcosa di fin troppo importante”.

Poco dopo sono tutte in piedi, costernate, attorno a Irma che gesticola e si accalora nel racconto.
“E così, ha detto che ribellarsi ora sarebbe un inutile spargimento di sangue, perché Elyon in esilio ha profetizzato che la tirannia durerà un anno. Alla fine tornerà lei stessa a mettere a posto tutto”.
Finito il racconto, le altre si guardano “Allora sanno tutto!”. “Siamo rovinate!”. “Un anno?”. “Questa è nuova!”.
Will fa silenzio con un gesto deciso. “Mi chiedo perché stiamo perdendo tempo qui. Quel tipo era alla locanda fino a dieci minuti fa. Irma, andiamo a cercarlo. Questa volta, però, nessuno ci potrà vedere!”.
 

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Capitolo 46
*** Solo un anno ***


46- Solo un anno  
Cara Melisanna, ho letto con piacere la tua recensione. Sono sempre felice di poter contare sul tuo incoraggiamento. 
Per quanto riguarda Irene, in effetti non ci azzecca spesso, però ha una notevole disinvoltura. Tra le due, io vedo Pao come la più goffa, al di fuori del campo dell'arte e dell'architettura. Grazie anche per la tua osservazione sulla servitù di passaggio e sui fianchi delle due signorine, che cercherò di allargare un po' sfruttando le virtù di Photoshop.

Il presente capitolo non è spensierato come Due Lune, ma è importante per la trama, perchè nella seconda metà vi viene formulato il piano definitivo delle congiurate, su cui si reggono molti degli avvenimenti dei capitoli successivi. Vi prego di arrivare fin in fondo con attenzione.
Buona lettura
MaxT

PROFEZIE


Riassunto delle puntate precedenti 
Dopo un incontro misterioso con la Luce di Meridian, Vera ha convinto le Gocce a impadronirsi del Cuore di Kandrakar e a sostituirsi ad Elyon a 
Meridian, impersonando la regina e le guardiane. Carol si è opposta, ed è stata costretta con l'ipnosi. 
Vera e Wanda hanno sottratto il Cuore di Kandrakar a Will. 
Il giorno dopo, ritrovatesi davanti allo specchio magico della libreria, le W.I.T.C.H. assistono alla trasformazione delle loro gocce in copie delle 
guardiane e della regina, ed alla loro partenza per Meridian, in contemporanea all'arrivo di Elyon a Heatherfield. 
A Meridian, la controfigura di Elyon e le finte guardiane esiliano Miriadel e Alborn, mentre Caleb sfugge alla cattura;  pur avendo assunto il potere, si 
rendono conto di non essere convincenti, e inventano la storia che le guardiane sono a palazzo per proteggere la Luce di Meridian da un complotto. 
A Heatherfield, rifugiatasi con i genitori nella sua vecchia casa, Elyon spiega che quella che si sta realizzando è una sua profezia, contenuta in disegni e
frasi casuali, la cui interpretazione fino a quel punto era ambigua. La profezia prevede che la tirannia duri un anno, che a Meridian dura diciotto mesi. 
Elyon è decisa a non tentare niente prima di questa scadenza, ma Will non si rassegna. Elyon, dietro insistenze e minacce del'Oracolo, si infiltra nel palazzo e riesce a recuperare il Cuore di Kandrakar, che viene reso a Will.
Elyon dà istruzione a Caleb di tornare a Meridian per sconsigliare qualunque rivolta prima del suo stesso ritorno tra un anno, ma il vice comandante della guardia di palazzo fraintende e guida una rivolta che viene rapidamente sedata dalle false guardiane. La reazione non si fa attendere:  sul palazzo scende un clima sempre più oppressivo in cui le congiurate utilizzano sia i poteri mentali che l'intimidazione per mantenere il controllo.
Settimane dopo, Irene e Pao Chai assumono un aspetto metamondese e vanno a svagarsi in città; nella taverna Due Lune sentono per caso un discorso importante, ma devono andare via prima di poter interrogare chi parlava.

Cap. 45

Solo un anno



Meridian, taverna Due Lune

Dal tremolio emerge l’ambiente rustico e un po’ scuro della taverna Due Lune.
Una decina di clienti seduti parlano tra loro, un po’ concitati, lanciando qualche occhiata verso un tavolo vuoto in un angolo. Si capta qualche frammento: “…Tutto d’un tratto, è sparita anche la seconda”. “Hai mai sentito quell’accento strano?”.  “Tonto, era come quello di Sua Altezza”.
“Non meravigliatevi troppo” sdrammatizza, con una sicurezza del tutto fasulla, l’oste dietro il banco, “Non ditemi che non avete mai conosciuto prima qualcuno capace di teletrasportarsi”.

Bene, riflette Will. Nessuno dà segno di averle viste.
Si guarda attorno, cercando di individuare la compagna. ‘Irma, dammi un segnale di posizione’.
Subito percepisce la risposta muta: ‘Ecco. Dammelo anche tu’.
Il momento più stupefacente dell’incantesimo di invisibilità ipnotica è proprio quando viene rotto: ci si rende conto che una persona è davanti ai propri occhi, che la si vedeva benissimo, ma non si sapeva di vederla.
Irma è proprio davanti a lei, le strizza un occhio, poi scruta gli avventori e le indica un tavolo vuoto. ‘Erano proprio lì. Ora chiedo’.

Un attimo dopo, una ragazza con la pelle verdazzurra striata e gli occhioni verdi bistrati entra nel locale, cinguettando  “Buongiornooo” nel suo pessimo meridiano.
L’oste la guarda sbalordito. “Lady Irenior!”.
Lei si avvicina al banco, ancheggiando e lanciando occhiate magnetiche. Forse troppo, visto l’ambiente retrò. Gli sguardi degli avventori sono tutti su di lei, squadrandola da testa a piedi con soste intermedie. “Volevo scusarmi, prima sono scappata così…”.
Lui tira in dentro la pancetta ed accenna un inchino. “Non dovete giustificarvi”.
Gli sorride con finta timidezza. “E’ che ho visto una persona alla quale dovevo dare un messaggio da parte di un amico comune, e sono corsa a cercarlo in camera mia”. Fa vedere un foglietto di carta arrotolato. “E’ per quell’uomo con la pelle verde che era seduto lì”. Accenna con il viso al tavolo vuoto, senza staccare gli occhi da quelli dell’oste. “Quel…”. Pensalo. Avanti, pensalo. Ah… “… Gathrop”.
L’uomo annuisce, rapito dallo sguardo. “E’ un cliente abituale. Vuole che glielo consegni io, la prossima volta che lo vedo?”.
Lei fa un viso imbronciato. “Veramente sarebbe molto urgente e molto riservato. Sa, il mio amico mi ha raccomandato di consegnarlo di persona”.
L’oste deglutisce. “La posso acc…”. La frase resta a metà quando la banconiera, che forse non è solo la banconiera, gli tira un silenzioso calcio nello stinco. L’uomo ci ripensa. “Sa, magari ora c’è a casa solo sua moglie… Se ritiene, lo faccio recapitare da mio figlio”.
“E’ urgente. Mi posso fidare?” chiede solenne Irenior.
“Come di sé stessa, signorina!”.
 

Meridian, Piazza Due Lune

Apparentemente, nessuno fa caso al ragazzino verdognolo che lascia la taverna di buon passo, aprendosi la strada tra la folla fitta, le bancarelle ed i soldati di pattuglia in piazza Due Lune.
L’apparenza inganna. Il suo cammino è seguito da quattro occhi invisibili.
‘Lo vedi, Irene?’.
‘Certo, ma sguscia come un topolino’.
Il ragazzino scompare dietro un angolo.
Will si rende conto di quanto sia difficile muoversi invisibile  tra la folla senza farsi toccare, e opta per teletrasportarsi fino al vicolo.

Eccolo! Il piccolo marpione verdognolo si è fermato in un androne; si guarda in giro furtivo, poi srotola il messaggio riservatissimo. Il suo visino curioso lascia trasparire sorpresa e delusione quando vede il foglietto completamente bianco.
Fidarsi come di sé stessa…, pensa Will con un sorriso storto.
Il ragazzino riprende a camminare deciso, fino ad una casa di due piani che fa del suo meglio per togliere luce al vicolo.
Legge faticosamente la scritta a larghi caratteri bianchi sullo stipite dell’ingresso, poi bussa.
Una voce viene dall’interno, poi la porta si apre e si affaccia una donna verdastra.
Con un cipiglio marziale, il ragazzino porge un rotolo. “Un messaggio urgente per il signor Gathrop. E’ riservatissimo!”.
“Grazie. Lo leggerà appena tornato”.
Congedato il messaggero con un biscotto di mancia, la signora rientra in casa.

Will si tira in disparte quando il ragazzino le passa davanti come se non ci fosse, sbocconcellando la sua ricompensa. Se lui la toccasse, l’incantesimo dell’invisibilità ipnotica verrebbe meno, e l’ultima cosa che lei vorrebbe è un diavoletto strillante davanti alla casa del suo indiziato.
‘Irene, ci sei?’.
Nessuna risposta.
Si acciglia. Deve averla persa quando si è teletrasportata. Dovrà entrare da sola.
Attraversare una barriera materiale richiede sempre attenzione: se rendesse intangibili entrambi i piedi, potrebbe sprofondare dentro il terreno.
Sporge con prudenza il viso attraverso il battente della porta.
Bene, il passaggio è libero. La signora è nella sala da pranzo, ha srotolato il messaggio riservatissimo per suo marito, e anche lei si stupisce di trovarlo completamente bianco.
Will entra tutta in casa, cercando un angolo in cui attendere. Opta per una sedia tra il tavolo ed il muro. Certo che queste alette danno fastidio... A cosa serviranno mai, alle guardiane vere, queste appendici ingombranti?
Seduta, osserva un po’ di vita quotidiana in una casa di Meridian.
Appoggiato il rotolino misterioso sul tavolone, la signora torna in cucina a rimestare una pentola. Quando solleva il coperchio, l’aroma di una pietanza sconosciuta si insinua nelle narici della guardiana.
Wanda si guarda in giro. Nella sua modestia, questa casa sembra serena ed accogliente. Il pranzo sul fuoco, i centrini fatti a mano, i fiori nel vaso, il maritino in arrivo… lei non pensa che la sua vita potrà mai essere così. Forse una volta lo aveva sperato, ma era stato solo un breve sogno.

Non passa molto tempo che si sente il rumore metallico di una chiave nella toppa, uno scatto ed il cigolio dei cardini non oliati.
“Ehilà, cara!”. Un uomo dal viso verde ed affilato appende una giacca quasi elegante nell’ingresso.
“Ah, eccoti qui”, dice la donna uscendo dalla cucina. “Allora, cosa voleva Golupos?”.
Gathrop scuote il viso. “Quello è una testa calda. Vorrebbe… non lo so neanch’io cosa. Forse irrompere nel palazzo e trascinare fuori per i capelli quelle odiose guardiane e la falsa regina”. Si siede. “Proprio il modo migliore per far scorrere sangue a fiumi”. Gli occhi gli cadono sul foglietto arrotolato. “E questo?”.
 
“Sei una persona di buon senso, Gathrop!”. La voce severa della guardiana rompe il manto di invisibilità che la avvolgeva. “Ci teniamo molto ai nostri capelli”.
L’uomo resta senza parole. Solo la moglie, sulla porta della cucina, riesce ad esalare: “Oh, dèi…”.
La guardiana continua: “E visto che sei così di buon senso, la Luce di Meridian in persona vorrebbe farti qualche domanda”. Si alza dalla sedia, con calma, e gira attorno al tavolo, sovrastando Gathrop ancora seduto. “Naturalmente, sarebbe scortese se voi tentaste di sottrarvi all’invito, o trasmetteste messaggi telepatici che io potrei comunque sentire”.
“Che cosa volete da noi?” chiede lui, mentre gocce di sudore freddo colano lungo il suo viso, e la sua blusa si copre di macchie umide.
“Ve l’ho detto, solo qualche chiarimento”. Si gira verso la signora. “E’ meglio che spenga il fuoco, non so quanto durerà quest’incontro”.

Meridian, palazzo reale

Pochi secondi dopo, i tre si materializzano nell’anticamera della sala del trono.
“Signori, avete il privilegio di visitare un luogo riservato a nobili e ambasciatori”, declama con ironica pompa la guardiana dai capelli rossi.
Gathrop e la moglie si guardano attorno, spauriti.
La grande stanza è simmetrica: sulle pareti lunghe ci sono due grandi porte a sesto acuto, azzurre e a motivi floreali dorati. Volte e pareti riprendono gli stessi colori, ma attenuati.
Due salotti simmetrici ricevono luce da due grandi vetrate laterali, dai vetri ornati di eleganti piombature che ricordano lingue di fuoco. Due porticine meno vistose si trovano sui lati. Inaspettatamente, una di queste si apre, e ne esce una guardiana che brontola: “Ah, quel nettare…”, poi si ferma a guardarli.
“Oh, dèi” geme l’uomo, riconoscendo gli occhi della ragazza sorprendentemente svanita dalla taverna.
Non c’è tempo per i saluti: una delle due grandi porte si apre da sola.
“Sua Altezza è pronta a ricevervi” dice la guardiana dai capelli rossi. “Uno per volta. Prima il signor Gathrop”.
Elyon non morde… di solito” fa l’altra da dietro di lui.
Dalla porta esce una altra guardiana dall’insolito taglio a mandorla degli occhi. “Signora, voglia sedersi qui. Le farò compagnia io”.
Gathrop non fatica troppo a riconoscervi la ragazza azzurra della taverna.

L’ingresso si apre su una sala ancora più luminosa ed ornata dell’anticamera. Al centro, su una pedana di tre gradini, c’è la Luce di Meridian con un sontuoso abito blu e la corona sfavillante. Ai suoi lati, due guardiane vegliano impettite, con le alette che si stagliano in controluce contro un finestrone.
L’uomo si china profondamente davanti alla Regina.
Lei proferisce, gelida:  “Alzati, Gathrop. Benvenuto”. Lo guarda negli occhi con inquietante insistenza.
Dopo un’attesa interminabile, riprende: “Oggi ti hanno sentito dire cose preoccupanti”. Fa un passo verso di lui. “Innanzitutto, chi ha messo in giro la voce che io e le Guardiane siamo delle impostrici?”.
L’uomo si fa più piccolo, come se volesse piangere. “Maestà… è una voce che corre”.
Lei scuote il viso. “E’ stato Caleb, lo sappiamo. Non serve che lo accusi tu. E’ lui l’origine di questa assurdità”. Si avvicina ancora. “Ma è un’altra, la cosa che mi interessa di più. Perché non ci racconti qualcosa di questa fantomatica profezia?”.
La blusa dell’uomo è fradicia di sudore. “Io… io so solo ciò che mi ha detto lui…”.
“Sto aspettando. Parla!”.
“Lui mi ha detto che questo… questo stato di cose durerà un anno, poi tornerà la normalità”.
“Cioè… come tornerà, questa normalità?”.
Lui si fa ancora più piccolo, e chiude gli occhi, “Quando tornerà la vera Elyon”, biascica tra i denti.
Nessuna reazione.
Riapre le palpebre. La regina sembra divertita, e scende un altro gradino. “E questa profezia sarebbe di Caleb, o c’è qualcun altro saggio come lui  in giro?”.
“Per quanto dice lui, altezza… questa sarebbe una profezia della vera Luce di Meridian in esilio”.
“Ma guarda!”, sbotta Elyon sarcastica. “Vado in esilio, faccio profezie e sono l’ultima a saperlo!”.
Dietro di lui, Gathrop sente ridacchiare.
“Va bene”, dice la regina. “Ho saputo quello che mi interessava di più. Will, continua tu”.
“E voi, Altezza?”, chiede grave la guardiana.
“Io devo riflettere su alcune cose”.
 

Due ore dopo…

L’ora di pranzo è passata da molto, ma sul tavolone dietro al trono la regina ha solo tazze di caffé e biscotti a far compagnia ai codici che sta consultando.
Le cinque guardiane vengono a sedere, esauste.
“Abbiamo finito solo ora”, dice Will, cercando di mantenersi marziale mentre Irma serve a tutte caffé freddo, latte e biscotti da un carrello che attende lì vicino. “Abbiamo ottenuto informazioni su diverse persone a conoscenza del segreto. Per…”.
“Ottimo”, la interrompe Elyon. “Lo libereremo dopo avergli cancellato la memoria dell’arresto, prima che la sua assenza venga notata. Però adesso volevo parlare di un’altra cosa. Cornelia, hai copiato i ricordi di quell’uomo?
“Come da tuoi ordini, Luce” risponde torva.
“Perfetto!”. La regina non lo dice, ma anche lei lo ha fatto immediatamente, e ci ha già riflettuto sopra. “Sei in grado di distinguere con precisione cosa fa parte della profezia, e cosa no?”.
Annuisce. “Certo. I ricordi del racconto di Caleb sono chiari. La profezia di Elyon parla di una tirannia della durata di un anno”.
“Un anno di Meridian? Diciotto mesi?”.
L’altra  alza le spalle. “Un anno e basta. Però qui nessuno dubiterà che vada inteso così”.
Vera annuisce. “E questo ritorno trionfale di Elyon fa parte della profezia?”.
“No. La profezia non lo specifica. Però è una sua promessa”.
Vera è soddisfatta. Ha voluto mettere alla prova la sincerità di Carol.
Will ha ascoltato imbronciata, a braccia conserte. “Ma non potrebbe essere un inganno di quella Elyon per scoraggiarci? Per farci credere di avere perso in partenza?”.
Irma concorda. “Potrebbe usare Caleb per spacciare per una profezia infallibile ciò che a lei fa comodo. Lui magari ci crede…”.
Taranee scuote il viso. “Se fosse un trucco, perché aspettare diciotto mesi? Avrebbe potuto dire due mesi: uno è già passato, un altro per essere sicura che la voce ci arrivi”.
Cornelia annuisce, accostando la tazzina alle labbra. “Alle bugie si comanda, alle profezie no”. Storce il naso. “Che schifo, il caffé freddo!”.
“A questo punto”, fa Hay Lin, “ci converrebbe rassegnarci e preparare grandi scorte di tappeti rossi e petali di fiori da dispiegare tra diciassette mesi”.
“Brava, Pao” conviene Carol.
Wanda la guarda di storto. “Io ho sottratto a Will il Cuore di Kandrakar. Credi che basterà stendere tappeti?”.
“Abbiamo diciassette mesi per trattare” le ricorda Carol.
“No”, smentisce Vera. “Se Elyon dà per scontato di vincere, il nostro potere contrattuale è zero”. Si china in avanti. “A questo punto, non si fiderà più di me. Non potrebbe togliermi i poteri, visto che sono innati. Non potrebbe neppure mettermi in una normale prigione. Per me, ci sarebbe solo la Torre delle Nebbie, o qualcosa di simile”.
“E noi…” fa Pao Chai, con la bocca contratta dalla preoccupazione.
Vera risponde con nonchalance: “Forse tornereste gocce senza personalità, come volevano all’inizio. Forse mi seguireste nella Torre delle Nebbie”.
Carol scuote il viso adombrato. “Vera, per me questo è solo un tuo spauracchio. Ma se davvero dovessimo finire lì, prega di non essere messa in cella con me!”.
La regina le fa un sorriso fin troppo largo. “Lo faccio con tutte le mie forze, cara!”.

Wanda la studia. “Luce, mi sembri fin troppo allegra per i futuri che prospetti. Hai qualche asso nella manica?”.
Vera annuisce. Questa volta il sorriso è autentico. “Ho trovato le nostre carte vincenti”.
“Parla, siamo tutte orecchie”, la sollecita Hay Lin. Si accorge tardi del sorrisino di Irene: le orecchie della Guardiana dell’Aria sono realmente fuori misura.
Irma fa un gesto di scusa, poi spalanca la bocca per farvi entrare un biscotto più grande degli altri.
Vera riprende, mettendo la mano su un vecchio libro che non è sfuggito ad una dispettosa goccia di caffé. “Sono stata a riguardarmi i codici. Ricordavo vagamente che dicevano qualcosa di favorevole a noi”.
Carol le sorride di storto. “Hanno depenalizzato i colpi di stato?”.
La regina lascia passare la provocazione senza reagire, e inizia: “I duplicati di persone ottenuti per magia, tipo gocce astrali, sono già conosciuti a Meridian. Non solo le regine, ma anche alcuni nobili e maghi sono in grado di crearne. E lo hanno fatto!”.
“Quescto mondo cominscia a piascermi!” biascica Irene con la bocca piena.
“Però, in passato, alcuni hanno abusato di questo per farne schiavi”.
“Oua un po’ ghi megno!”.
“Per evitare questi abusi, la legge ha dato a tutte le persone artificiali lo status e i diritti di quelle normali. Vengono assimilati a fratelli, figli eccetera, a seconda dei casi, e inseriti nell’asse ereditario del loro creatore”.
La guardiana deglutisce il boccone. “Grande! Allora io sarei a tutti gli effetti Irene Lair!”.
“Già! E io sono a tutti gli effetti Vera Escanor, la sorella di Elyon! Una principessa di sangue reale!”. Gli occhi le brillano.
Carol la squadra con uno sguardo scettico che sembra sottintendere mille cose, ma poi preferisce sentenziare: “Una cosa è ereditare un cavallo, un’altra ereditare un trono”.
Vera le sorride sicura. “Per togliere tutti i dubbi, c’è una legge fatta quindici anni fa dalla regina Adariel. Mia mamma, diciamo pure. Chiarisce, nero su bianco, che i duplicati di membri della famiglia reale sono inclusi nell’asse ereditario della corona!”.

Carol cerca di fare un bel sorriso sarcastico: “A cosa ti serve tutto ciò? Ora sei già tu la Luce di Meridian. Contenta? Un anno, qui, è lungo. Siamo qui a goderci il potere da un mese, ne abbiamo altri diciassette. Bastano per costruire altre carceri e per riempirle. Bastano per scrivere la storia, insomma. Chissà se ti ricorderanno con il tuo bel nome, o come ‘falsa Elyon’?”.
Vera le ostenta un sorriso largo che sottintende: ‘vorrei trasformarti in un cactus, e invece mi tocca tenerti così perché sono troppo buona’.
“Carceri? Non sarò io a riempirle. Sarà Elyon. Io le svuoterò”.
Carol resta disorientata. “Cosa intendi?”.
“Permettimi di farti un riassunto, mia cara. La profezia consiste in disegni che mostrano Elyon e le guardiane come tiranne”.
“Quelle ovviamente siamo noi”.
“Ma non c’è detto o scritto, no?”.
“No… principessa”.
“E la liberazione dopo un anno, è detto o scritto che sarà portata da Elyon?”.
“Non nella profezia”.
“Né che è un anno di diciotto mesi, vero, Carol?”.
“Un anno, senza dettagli”.
La regina annuisce, sicura. “Allora seguimi attentamente senza abbaiare, e vedrai che ci arriverai anche tu”.
L’altra fa una faccia orribile, ma tace.
Vera apre il notes sul tavolo e sbircia quanto scritto con la sua calligrafia elegante, ma deturpata da molte cancellature. “Punto uno. Per neutralizzare la voce che Elyon è stata sostituita, metteremo in giro mille dicerie diverse, tutto e il contrario di tutto”. Tronca le domande con un gesto. “Vedremo dopo i dettagli”.
Torna a adocchiare il foglio.
“Punto due. Metteremo in giro la voce che la profezia parla di un anno terrestre di dodici mesi. Vero? Falso? A priori non potrebbe dirlo neanche Elyon. Ufficialmente negheremo l’esistenza di qualunque profezia del genere: sia quella della tirannia, sia quella che durerà un anno. Sarà detto che è tutta un’invenzione di Caleb o di altri che tramano nell’ombra”.
“Non ci crederanno in molti” obietta Taranee.
“Non importa”, la liquida l’altra con un’alzata di spalle. “Ci saranno tante voci contrastanti… la gente guarderà ai fatti”.
“Quali fatti?”.
“La tirannide di Elyon e delle guardiane è ovviamente già iniziata”, chiarisce Vera. “Deve risultare quantomeno credibile che sia la vera Elyon, e che questa tirannia sia realmente destinata a finire dopo dodici mesi”.
Nota le espressioni di disagio delle guardiane.
“Ma così ci daremo la zappa sui piedi da sole” obietta Will.
“No, perché così non si ribelleranno prima”. Vera le fa un sorriso vagamente diabolico.

“Punto tre. Prima di rendersi del tutto odiosa, Elyon presenterà e legittimerà sua sorella Vera, cioè la qui presente,  in pubblico”.
“Tutti capiranno che sei un duplicato” obietta Taranee.
“Che importa? Sono una Escanor dal punto di vista legale”. Batte la mano sul codice. “Lo sono dal punto di vista genetico, perché il DNA… il sangue, diciamo, è uguale a quello di Elyon, e posso trasmettere i poteri alla mia discendenza proprio come lei”.
Carol fa un sorriso sarcastico. “Tanto per dimostrare che hai sangue regale, non potresti tagliarti le vene dei polsi? Penso che molti te ne sarebbero grati!”.
La regina si acciglia fin dalla prima parola. “E, ricorda, sono pari a Elyon anche per quanto riguarda i miei poteri magici!”.  D’improvviso, la stanza tutt’attorno svanisce, e le guardiane hanno l’orribile sensazione di sedere nel vuoto a cinquanta metri d’altezza, librate su una rupe in bilico tra un altopiano collinoso e la città ancora più in basso.
“EEEK!”, strillano a una voce. Biscotti, tazze e schizzi di caffelatte cadono verso l’abisso e si infrangono ai loro piedi.
Subito la stanza attorno a loro riprende la sua confortante consistenza.
Le guardiane, ancora senza fiato, si aggrappano alle loro sedie ben solide. Qualcuna si guarda le copiose macchie di caffelatte sulle gonne e sulle calze a righe.
“Non farlo più”, piagnucola Pao Chai che, a differenza della Hay Lin originale, non ha alcuna attitudine per il volo.
Vera annuisce rassicurante. “Ma certo, Pao. Tranquilla, io non faccio male a nessuno, men che meno a voi”.
Guarda con soddisfazione Carol che, pallida e rigida come un blocco di ghiaccio, sa benissimo di essere la destinataria di questa piccola dimostrazione.

La regina sbircia ancora il notes. “Dov’eravamo? Ah. Punto quattro. Fatto questo, Elyon diventerà sempre più apertamente odiosa e tirannica. Dovrà alienarsi ogni simpatia non solo nel palazzo, nell’esercito e nel consiglio, ma anche tra il popolo”. Studia gli sguardi perplessi, ma nessuna fiata più.
“Contemporaneamente, la principessa Vera, eccola qui, si farà conoscere ed apprezzare, cercando di rimediare ai misfatti della regina sempre più fuori di testa. Questo periodo durerà i prossimi undici mesi”.
Finalmente qualche sguardo comincia a mostrare la luce della comprensione.
“Tu vuoi cavalcare la profezia” dice Taranee, iniziando ad immaginare come proseguirà il piano.
Vera annuisce grave. “Dodici mesi di tirannia di Elyon e delle guardiane. Dodici mesi di declino e ingiustizia”. Torna a sorridere. “Punto cinque: alla fine, tutti saranno ben disposti ad avvallare la cacciata dal trono di Elyon, se la principessa Vera dimostrerà di essere idonea a rimpiazzarla. Ovviamente Elyon andrà in esilio giurando vendetta, facendosi odiare e giustificando così i nostri preparativi per il suo ritorno, e non mi riferisco certo ai tappeti rossi!”.
“E’ geniale!” esclama Hay Lin ammirata. “Così, non sarà un ritorno vittorioso di Elyon a porre fine alla tirannia, e la profezia si realizzerà lo stesso!”.
“Un attimo” fa Irene. “E noi guardiane la seguiremo in esilio? Sulla Terra?”.
Carol è tutta incrociata sulla sua sedia, e guarda Vera da sotto i capelli calati sul viso. “Sarebbe l’unica cosa positiva che ci vedo”.
Vera ci pensa un attimo. “Punto sei”. Annota un rimando sul blocco. “Voi potreste fare come me. Cominciate a costruirvi un alter ego metamondese”. Guarda Irma ed Hay Lin. “Come avete fatto stamattina, Paochaion e Irenior. Però, anziché ocheggiare per il centro e tradirvi dopo dieci minuti, dovrete…”.
“Un attimo” interrompe Irene un po’ offesa, “Se noi non avessimo ocheggiato per il centro, tu non sapresti niente della profezia dell’anno!”.
“Va bene, scusa!”, conviene Vera. “Però dovrete studiare bene la vostra seconda identità, questa volta. Il vostro compito sarà quello di mettere in atto ciò che avrete appreso sulla Terra, per far sviluppare Meridian”.
Taranee annuisce interessata. “Il nostro progetto originale, insomma”. Si volta verso Hay Lin. “Ci pensi, Pao? Tu potresti essere l’architetto Paochaion. Sono sicura che riusciresti molto meglio che nel ruolo di guardiana”.
Alla cinesina brillano gli occhi. “Sìììì!”. È così eccitata che non si accorge che il biscotto che intinge è ormai diventato tutt’uno col caffelatte.
Vera riprende. “Punto sei… anzi, sette. Appena cacciata Elyon, per Meridian inizierà un periodo di rapidissimo progresso e prosperità senza precedenti, che catturerà definitivamente il consenso della gente”.
“E come farai a garantire questa prosperità?” chiede Carol, scettica, “Forse i campi raddoppieranno i raccolti per decreto reale?”.
La regina le sorride. “No, cara. Tanto per iniziare bene, basterà immettere sul mercato i beni che avremo accantonato durante gli undici mesi precedenti”.
“Ma si esauriranno in qualche mese!” obietta Irene.
Vera annuisce. “Nel frattempo, i progressi sui quali noi cominceremo immediatamente a lavorare cominceranno a dare i primi benefici. Insomma, punto set… otto: quando Elyon ritornerà, tra diciassette mesi, si ritroverà tutto il paese contro, noi ben preparate a riceverla e la profezia già realizzata!”. Fa un sorrisone soddisfatto. “Che ne dite?”.
Will ha ascoltato silenziosa e concentrata. “Luce, per essere stato pensato in due o tre ore, questo piano ha non poco di geniale. Ma ha anche dei grossi punti deboli”.
La regina aggrotta gli occhi, tesa. Ha la sensazione che la guardiana non dirà bambinate. “E cioè?”.
Will enumera con le dita: “In primo luogo, non tiene contro delle possibili contromisure di Elyon. Le basterebbe farsi vedere a Meridian prima del tempo, per dimostrare che quella seduta sul trono a dare i numeri non è lei”. Guarda le altre, una per una.
E' Taranee a rispondere: “Potremmo diffondere questa voce dei dodici mesi solo a posteriori, dopo aver scacciato Elyon. Sarà credibile lo stesso, e non corriamo il rischio di farle capire in anticipo il piano”.
“Buona idea, Terry”, approva la regina un po' sollevata.
Wanda non ha finito le sue obiezioni, e continua cupa: “In secondo luogo, noi siamo disperatamente troppo poche per fare ciò che il piano richiede. Mostrare Vera ed Elyon fianco a fianco è fattibile. Però, interpretare le guardiane oppressive, controllare le voci che girano, tenere sotto controllo capillare la città, lavorare sul suo sviluppo, prepararsi a combattere il ritorno di Elyon e delle vere guardiane… no, siamo troppo poche”. E non tutte affidabili, si risparmia di aggiungere.
I sorrisi hanno lasciato nuovamente il posto a delle smorfie depresse.
“Resta ancora l’opzione dei tappeti rossi”, sospira Hay Lin.
 
 

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Capitolo 47
*** Nemesis ***


47- Nemesis  
Cara Melisanna, ho letto con piacere la tua recensione. Sono sempre felice di poter contare sul tuo incoraggiamento. 
Per quanto riguarda Irene, in effetti non ci azzecca spesso, però ha una notevole disinvoltura. Tra le due, io vedo Pao come la più goffa, al di fuori del campo dell'arte e dell'architettura. Grazie anche per la tua osservazione sulla servitù di passaggio e sui fianchi delle due signorine, che cercherò di allargare un po' sfruttando le virtù di Photoshop.

In questo capitolo viene creato l'elemento che mancava affinchè il piano di Vera fosse realizzabile. 
Ho tardato la sua pubblicazione di diverse settimane perchè il disegno mi ha dato molto, molto da fare, ma ci tenevo perchè entrano in scena nuovi personaggi. Spero che piaccia.
Buona lettura
MaxT

PROFEZIE


Riassunto delle puntate precedenti 
Dopo un incontro misterioso con la Luce di Meridian, Vera ha convinto le Gocce a sostituirsi ad Elyon a Meridian, impersonando la regina e le guardiane. Carol si è opposta, ed è stata costretta con l'ipnosi. 
A Meridian, la controfigura di Elyon e le finte guardiane esiliano Miriadel e Alborn, mentre Caleb sfugge alla cattura;  pur avendo assunto il potere, si 
rendono conto di non essere convincenti, e inventano la storia che le guardiane sono a palazzo per proteggere la Luce di Meridian da un complotto. 
A Heatherfield, rifugiatasi con i genitori nella sua vecchia casa, Elyon spiega che quella che si sta realizzando è una sua profezia, contenuta in disegni e
frasi casuali, la cui interpretazione fino a quel punto era ambigua. La profezia prevede che la tirannia duri un anno, che a Meridian dura diciotto mesi. 
Elyon è decisa a non tentare niente prima di questa scadenza;  dà istruzione a Caleb di tornare a Meridian per sconsigliare qualunque rivolta prima del suo stesso ritorno tra un anno, ma il vice comandante della guardia di palazzo fraintende e guida una rivolta che viene rapidamente sedata dalle false guardiane. La reazione non si fa attendere:  sul palazzo scende un clima sempre più oppressivo in cui le congiurate utilizzano sia i poteri mentali che l'intimidazione per mantenere il controllo.
Settimane dopo, Irene e Pao Chai assumono un aspetto metamondese e vanno a svagarsi in città; vengono a sapere per caso la profezia infallibile che prevede che la tirannia durerà un anno.
Il nuovo piano di Vera prende rapidamente forma, basandosi sull'ambiguità del termine di un anno: prima simuleranno che Elyon diventi sempre più tirannica e impopolare, screditandola, poi Vera, che ha comunque il rango di una principessa Escanor, la spodesterà dopo un anno terrestre di dodici mesi, facendo finire apparentemente la tirannia e realizzare la profezia; poi, dopo aver guadagnato il consenso della gente, si prepareranno per affrontare Elyon e eventualmente le Guardiane al loro ritorno dopo diciotto mesi. Però sono troppo poche per mettere in atto tale piano.

Cap. 47

Nemesis



Meridian

L’alba radiosa contrasta con le nubi temporalesche orlate di rosa intenso che sovrastano la città. I primi tuoni risuonano sopra le maestose guglie del palazzo, ed echeggiano sul pendio roccioso che digrada sull’abitato.
La torre est, squadrata per contenere la sala del trono, si staglia contro un orizzonte libero e luminoso, ma i primi lampi balenano sopra la sua sommità.
 

Meridian, sala del trono

Nessuna lampada rovina il contrasto d’ombre azzurre e luci rosa che, attraverso le vetrate, inondano la sala del trono, dove due persone sono intente in un rituale segreto.
La regina sta lentamente passando le mani a pochi centimetri di distanza dal corpo di una giovane in piedi, immobile come una statua. Questa ragazza non si è mai vista prima a Meridian, ma la sua somiglianza con la temuta Guardiana dai capelli rossi è inquietante.
Elyon abbassa le braccia. “Puoi muoverti, Wanda. La scansione è finita”.
Obbedendo ad un comando solo pensato, le finestre della sala del trono si aprono lentamente, lasciando entrare il vento fresco dell’alba.
Wanda, in un debole luccichio, riprende l’aspetto ormai usuale di Will. Si guarda attorno, accostandosi al muro. “Perché con le finestre aperte? Sta per scoppiare un temporale”. Un brontolio di tuono sottolinea le sue parole.
“Ci serve molta aria” risponde la regina, mentre la corrente le agita le trecce ed il vestito lungo.
Da una fontanella nella parete sgorga un liquido dalla debole fosforescenza verdina, nella quale Elyon immerge i polsi per lunghi minuti.
Senza una parola, lei ritira le mani sgocciolanti di luce e le tende in direzione di un punto sul pavimento segnato da un gran cerchio bianco. Alcuni specchi vicini alle pareti si orientano da soli per riflettere quella debole luminosità verso lo stesso punto.
“Iniziamo!”.
L’aria entra, risucchiata dalle finestre con un lamento che pian piano si trasforma in un ululato. Al centro della stanza, uno scintillio si fa sempre più forte, finché un lampo la inonda, disegnando luci ed ombre nette, e d’improvviso un tuono assordante copre ogni altro rumore.

Tutto finisce, più rapidamente di com’è iniziato. Il debole brontolio da una nuvola sottolinea il silenzio.
Gli occhi abbagliati rivelano a fatica una nuova figura umana al centro della stanza.
“Benvenuta, Nemesis Uno”, saluta la regina, “Ora scegli il tuo nome”.
 

Meridian, appartamenti della famiglia reale

Nella sua camera, Irene apre gli occhi, svegliata di soprassalto dal rimbombo. Si volta verso l’altro letto, ma la sua compagna non è più lì. “Wan… Will, dove sei?”.
Nessuna risposta.
Si alza svogliatamente, stiracchiandosi.
Un nuovo tuono la fa sobbalzare. Sta a vedere che un fulmine…
Guarda dalla finestra. Si vede benissimo il grosso parallelepipedo della torre est, poco più in alto, stagliato contro l’orizzonte dorato.  Ma… le finestre della sala del trono sono tutte aperte! Non è normale!
Si concentra. ‘Wanda, dove sei?’.
La risposta arriva subito. ‘Nella sala del trono. Non preoccuparti’.
‘Non preoccuparmi? E come faccio?’ si dice Irene, osservando le nuvole rossicce e turbinanti sopra il palazzo.
In un attimo, riassume l’aspetto della guardiana Irma in alette e calze a righe, e va a bussare alla porta accanto.

“Ragazze…”.
Le apre una Hay Lin scapigliata e inquieta. “Cosa sta succedendo?” le chiede, scostandosi per lasciarla entrare.
Taranee è già in piedi, pronta nel suo costume sgargiante. “Strano temporale, vero?”.
“Molto strano”, conviene Irma, “Will è nella sala del trono, e le finestre sono aperte”.
La Guardiana del fuoco annuisce. “Era strana, ieri sera. Si è trattenuta a lungo da Elyon”.
“Non me ne sono accorta”, si stupisce Irma.
“Magari stavi già dormendo”, replica Taranee affacciandosi alla finestra chiusa. Da questa prospettiva, la torre est è a malapena visibile.
“Andiamo nella camera di Carol” suggerisce Pao Chai inquieta, osservando le nuvole veloci e sentendo il sommesso ululare dalle finestre. Lei non ha alcuna padronanza del vento, che la turba come se fosse un rimprovero della sua lontana originale.

Cornelia è già sul pianerottolo. “Cosa sta succedendo?” chiede, senza tradire emozioni.
“Andiamo a vedere la torre est” le risponde Irma passandole davanti, “Will è lì”.
Entrano tutte nella camera della biondona per guardare dalla sua finestra, dalla quale la torre si vede perfettamente.
“E’ vero, le finestre sono tutte aperte” constata Taranee.
Mentre lo dice, un lampo di luce rischiara dall’interno la sala, e un tuono fortissimo fa tremare i vetri come un’esplosione.
“Oddio!”. “Era un fulmine?”. “Presto, andiamo a vedere”.
Prima di potersi muovere, tutte barrano gli occhi, riconoscendo in qualche punto nella testa la voce di Vera: ‘Ragazze, tranquille, è tutto sotto controllo’.
Le quattro si guardano smarrite. “Andiamo a dare un’occhiata”, si decide Irma, voltandosi verso la porta.

Poco dopo, i suoni ritmici dei loro stivaletti percorrono veloci i corridoi, incrociando domestici intimiditi e soldati di ronda.
Davanti al portone serrato dell’anticamera, in cima allo scalone, quattro soldati tozzi dalla pelle marrone riguadagnano un contegno marziale e le salutano battendosi il petto con rispettosa antipatia.
Improvvisamente, un tuono forte come un’esplosione rimbomba, facendoli sobbalzare tutti.
“EEK!”, fa Hay Lin, afferrandosi spaventata a Cornelia.
Uno dei soldati, tornando a impettirsi, la guarda con disprezzo. “Sua Altezza ci ha avvisati di non allarmarci per questi tuoni. Credevamo che lo sapeste anche voi”.
Irma lo guarda storto, pensando: ‘Sì, sì, datti arie, con la tua divisa nuova, ma resti un buzzurro. Scommetto che, appena saremo entrate, tornerai ad esplorare con le dita le caverne del tuo naso’.
Il soldato si acciglia: forse ha capito. Sembra che pensi: ‘Con le vostre arie da salvatrici, pensate di essere meglio dei mormoranti?’.
 

Meridian, sala del trono

Le quattro guardiane entrano al cospetto della regina  in tempo per vedere che le finestre, obbedendo a qualche comando inaudibile, si chiudono da sole, interrompendo la corrente d’aria che scompigliava i capelli e faceva vibrare le alette.
Accanto a Elyon seduta sul trono, ci sono la guardiana Will, con un’espressione insolitamente soddisfatta, e… Vera, sorridente con il suo aspetto originale ed un sontuoso vestito blu adornato di gioielli.
 
“Ci rivediamo in faccia, amiche mie!”. Viene loro incontro.
“Vera!”, sorride Pao Chai, “Allora hai deciso…”. Si interrompe appena realizza: quattro più tre, sette! Chi c’è di troppo?
La regina seduta sul trono le saluta con un gesto benedicente. “Salve, Guardiane! Sono l’arrogante Sorella di Phobos!”.
Eppure, sulla sua faccia c’è uno sguardo che non appartiene né ad Elyon, né a Vera. 
Gli occhi delle gocce cominciano a muoversi tra il viso della regina e quello di Will.
“Brave, ragazze. Forse avete capito già!” risponde soddisfatta la Guardiana del Cuore Fasullo.
“No!”.  Cornelia si copre il viso con le mani. “Non potete averlo fatto!”.
“E invece possiamo!” risponde Vera raggiante. “Sono una Escanor anch’io, non ci credevi? Proprio come Elyon!”.

“Non parla di me, naturalmente”, specifica la nuova Luce di Meridian. In un tremolio, la sua figuretta seduta svanisce.
 
Le gocce guardano allibite la figura alta e atletica che prende il suo posto sul trono.
I capelli neri sono corti, a parte due treccine sottili che partono davanti alle orecchie.
Sul viso le spicca una mascherina nera dipinta sugli occhi. Pittura a parte, è lo stesso viso di Wanda.
La nuova arrivata indossa un’uniforme verde petrolio di aspetto vagamente poliziesco su cui spiccano l’insegna di Meridian accanto a un distintivo con una N stilizzata in rosso e due occhi gialli da gatto.  Ancora più inquietante, alla cintura che le stringe la vita spicca una fondina, dalla quale si intravede il calcio di una pistola Walther PPK come quella che Wanda soleva portare con sé molto tempo prima.
Will richiama l’attenzione.  “Per intenderci, io sono la Wanda originale. Ho proposto a Vera questa soluzione, che dovrebbe risolvere alcuni dei nostri problemi. La abbiamo chiamata ‘classe Nemesis’. Così io sono Nemesis Zero, la capostipite”.
“Avrei detto Banda Bassotti” fa  Cornelia, cercando di sembrare sicura di sé.
La ragazza in divisa si alza in piedi, ignorando la provocazione.  “Mi presento: io sono Dora, o Nemesis Uno”. Anche la voce è identica a quella di Wanda.
“Dora farà la controfigura di Elyon”, spiega Vera appoggiandole una mano su una spalla, “Altrimenti prima o poi qualcuno si accorgerebbe che siamo solo in sei”.
“E così, ora siamo in sette?” chiede Irene quasi senza fiato.
“Abbastanza per tenere sotto controllo un pianeta!”, ironizza ancora Cornelia, ma il tremito di una palpebra tradisce il suo vero stato d’animo.
Vera la ignora. “Non in sette. Ci sono ancora due angeli custodi!”. Tende la mano verso un punto della stanza che a tutte era sembrato vuoto.
Le Guardiane sobbalzano, accorgendosi che quell’angolo non era affatto deserto.
 
Altre due gendarmi in uniforme, quasi uguali alla prima, sorridono vagamente beffarde.
La prima, con i capelli lunghi infilati nel colletto, ha due righe nere sul viso, dalle orecchie agli zigomi. “Io sono Nemesis Due. Megan, per le amiche. Piacere” .
L'altra ha i capelli come Wanda, ma le due occhiaie  e le labbra dipinte completamente di nero la fanno un po’ rassomigliare ad un teschio. “Io sono Anne, o Nemesis Tre. Siamo le benvenute?”.

“Ehm, piacere, ragazze”. Pao Chai, imbarazzata, cerca di essere gentile. “Sapete già chi sono, immagino”.
“Sì” risponde Dora, “Abbiamo tutti i ricordi di Wanda”.
Accorgendosi del disagio creato nelle altre, le due si passano la mano davanti al viso, facendo svanire le strisce nere.
“Così va meglio?”.
“Non fatevi impressionare, queste pitture servono per mascherare la nostra somiglianza con Will, se qualcuno dovesse vederci”.
“E per distinguerci tra di noi” puntualizza la prima, nuovamente seduta sul trono.
Vera torna a richiamare l’attenzione. “Ragazze, tenetevi forte”, dice, con un luccichio di entusiasmo negli occhi. “Il programma attuale prevede la creazione di venti Nemesis”. Sorride soavemente a Cornelia, godendosi il suo immobile sprofondare nella disperazione.

Inaspettatamente, Irma si fa avanti decisa, prende Will per un braccio e la trascina verso l’uscita. “Scusate tutte, ma io devo proprio dire qualcosa a Wanda a quattr’occhi!”.
Le altre restano tutte interdette.
Appena le due sono uscite dalla sala, Vera esala sottovoce: “Fate pure…”.

“Ma dove…”, fa la malcapitata Will, incapace di opporsi alla determinazione dell’amica che la spinge verso una porticina. “Perché proprio nel bagno?”.
“Ho detto quattr’occhi…”, ribadisce lei chiudendo il catenaccio della porta alle loro spalle, “… e quattr’occhi sarà!”. Torna ad assumere il suo vero aspetto di Irene. “Anche tu, torna Wanda! Via quelle alette!”.
L’altra torna al suo aspetto originale, ancora con la giacca a vento nera di un mese prima. “E adesso, vuoi spiegarmi?”.
Prima di rispondere, Irene agita un braccio negli spazi vuoti del bagno, fino a convincersi che sono veramente sole. Poi, guardandola negli occhi: “Perché tu e Vera avete fatto una cosa del genere senza parlarne prima con noi?”.
Wanda risponde, a disagio: “Era inevitabile. Senza questo, avremmo potuto solo aspettare una sconfitta già annunciata”. Si trincera dietro le braccia conserte. “Anzi, mi dispiace dirlo, ma lo avremmo fatto qualunque fosse il vostro parere”.
Irene scuote il viso. “Non sto dicendo che abbiate fatto un torto a noi. Non pensi invece che tu, Wanda Vanderbilt, ti sei tagliata ogni ponte per tornare ad una vita normale?”.
L’altra si adombra. “Irene, di che ponti parli? Io li ho già tagliati impossessandomi del Cuore di Kandrakar. Ora che me lo sono anche fatto soffiare, non c’è motivo di sperare in un accordo. Se Elyon non ci ha protette dalle pretese dell’Oracolo prima, perché dovrebbe farlo adesso?”. Prende l’altra per le spalle. “Irene, tu sei sempre stata la mia migliore amica, lo sai bene. Perché non vuoi capire che l’ho deciso anche per te? So che odi quello che dobbiamo fare. Lo odio anch’io. Nonostante ciò, io e le altre Nemesis lo prenderemo sulle nostre spalle. Tu potrai dedicarti ad altro…”.
“Wanda, questo lo so. Ti credo. Ti ringrazio, anche. Ma tu non hai ancora capito appieno quanti ponti hai tagliato, per te e per quelle come te!”.
L’altra si incupisce ancora di più. “Cosa vuoi dire?”.
“Tu conti su di me come tua migliore amica. Va benissimo. Ma le altre sono uguali a te. Noi siamo gocce, siamo nate nello stesso modo. Non possiamo illuderci neanche un momento che le altre siano automi senz’anima”.
“Ma certo!”, si risente Wanda. “Non lo ho pensato neanche un attimo! Non stai mica parlando a Will!”.
“Allora, cara, tutte le altre vorranno contare su una migliore amica. E, poiché siete tutte uguali, tutte vorranno me, con lo stesso tuo diritto. Ma io come farò ad avere venti migliori amiche tutte uguali?”.
Wanda annuisce piano. Dopo un attimo di silenzio, risponde a mezza voce: “Dì una buona parola a una di noi, e sarà come se tu la avessi detta a tutte”.
Irene scuote il viso. “E’ difficile. Prova a immaginare…”. Le afferra il polso. “Wanda, con questa storia tu ti stai precludendo la possibilità futura di una vita normale”.
“Quanto normale è stata, finora, la mia vita?”, risponde lei imbronciata.
Irene riprende: “Nella peggiore delle ipotesi, avrai creato venti compagne che moriranno in combattimento, o finiranno con te in qualche carcere”.
“Ma io lo ho fatto proprio per allontanare un epilogo come questo. Saremo più forti!”.
“Lasciami finire. E se trionfassimo? Prima o poi, sareste in venti, tutte uguali, a farvi concorrenza per lo stesso uomo…”.
Wanda la interrompe, infastidita. “Lascia perdere gli uomini, è l’ultima cosa che ho in testa ora!”.
Irene continua decisa: “Per lo stesso uomo, per la stessa donna, per lo stesso cagnolino, per lo stesso quello-che-vuoi!”.
L’altra tace, finalmente impressionata.
Irene continua: “E se anche si trovasse un compromesso e tornassimo a Midgale, credi che tutte e venti le altre potrebbero venire con noi?”.
Wanda la guarda imbronciata. “Tu pensi ancora ai compromessi”. Alza la voce, e le punta un dito sul petto. “Allora, ti dirò un’altra cosa: non solo non credo a questa possibilità: non la desidero neppure! Non voglio uscire a testa bassa da questa storia, chiedere perdono a quella là. Io le dimostrerò che valgo almeno quanto lei!”.
Irene la guarda stupita. “Ma… parli di Will?”.
Wanda si morde il labbro, impacciata. “No. Dimentica quello che ho detto”.
“E’ questo che vuoi, allora?”, insiste Irene.
L’altra annuisce piano. “E’ sciocco, lo so”.
“Ora capisco”, riprende Irene, “Non ti avevo mai vista così coinvolta da qualcosa come da questo… come dire… pasticcio”.
“Ti ho già detto che è sciocco! Non lo pensavo davvero!”.
Irene scuote il viso. “Come no! E sarete in venti o ventuno con lo stesso chiodo fisso!”.
Wanda prende fiato. “Senti, so che ciò che stiamo facendo è pericoloso. Che può finire male. Non ho il diritto di tagliare ponti anche per te e le altre. Se vorrai andartene… da parte mia, non te lo impedirò”.
“Andarmene?”. Irene la guarda incredula, poi le tira uno scappellotto materno. “Lasciando voi ventuno fanatiche a covare vendetta? No cara! Io resterò con voi fino alla fine, qualunque sia, e cercherò di ricordarvi che esiste qualcosa che si chiama buon senso!”.
 

Meridian, sala del trono

Dopo un momento di silenzio sorpreso all’uscita delle due, le altre ragazze nella sala del trono hanno ripreso a parlare.
Vera raccomanda: “L’esistenza della Classe Nemesis resterà segreta, perciò non parlatene neanche tra voi”. Termina la frase facendo il segno di chiudere la bocca con una lampo. “Evitate anche di pensarci in prossimità di altre persone!” aggiunge ripetendo lo stesso gesto all’altezza della fronte.
Taranee ascolta con attenzione e annuisce.
Cornelia, in disparte vicino alla finestra, fa un gesto di insofferenza. ‘Evitate di pensarlo! E’ la prima volta che lo sento dire!’.
Vera continua: “E così, voi altre gocce sarete libere di occuparvi dello sviluppo di Meridian. Per te, Terry, ho in mente degli incarichi delicatissimi, ma ne parleremo dopo”.
Taranee annuisce interessata, poi si rivolge alle tre in divisa petrolio, che, senza pitture, sono ancora più difficili da distinguere tra loro. “E voi, come contate di agire quando sarete a organici completi?”.
“Cinque di noi impersoneranno le cinque guardiane, e faranno quello che voi avete fatto finora”, inizia quella con le minuscole treccine.
“Ma con il passare del tempo diventeranno sempre più odiose”, continua un’altra.
“Le altre, le vedrete poco. Saranno per lo più invisibili”.
“Sorveglieranno il palazzo, la città, i sotterranei”.
“Leggeranno i pensieri degli abitanti. Di quelli sospetti, quantomeno”.
“Di quelli sospetti di sospettare qualcosa”.
“Correggeremo i loro pensieri, le loro opinioni”.
“Nessuno si accorgerà di niente”.
“Abbiamo già in mente un metodo di coordinamento mentale che ci farà agire come un’unica persona”.
“Ci prepareremo a catturare Elyon, in qualunque momento dovesse tornare”.
“E contrastare le Guardiane di Kandrakar, se oseranno intervenire in questa città”.
“Non potranno vederci finché non sarà troppo tardi”.

In quel momento Irma e Will, in alette e costume, rientrano nella sala del trono, accolte da brevi occhiate curiose.
La Guardiana dell’Acqua alza una mano: “Vera carissima, sei ancora tu che comandi, vero?”.
“Se non mi avete licenziata…”, risponde la neo-principessa con un sorriso.
“Benissimo. Ho una richiesta. Per un po’, vorrei essere io a impersonare Elyon!”. Si volta rispettosa verso le tre in divisa,  “Se a Dora non dispiace, beninteso!”.
“No” fa questa, sollevata, “Passare il giorno seduta in poltrona a fare la statuina non è il mio ideale”.
“A me, invece, le poltrone ben imbottite piacciono un sacco!”.
Vera si stupisce. “Irene, pensavo che avresti voluto cominciare a lavorare sul personaggio di Irenior”.
“Lo farò nei ritagli di tempo”, Irma fa un gesto di noncuranza, “Però, ve lo dico chiaramente, io vorrei stare in contatto con le guerriere… le Nemesis e Wanda, per evitare che si facciano prendere la mano”.
Vera nicchia. “Veramente avevo altri progetti per te. Ora sei un’esperta in agraria…”.
La Guardiana dell’Acqua fa un gesto di fastidio. “Magari lo farò part time. Non mi va di allontanarmi e stare tra maiali verdi e verze rosate, mentre questa testa calda potrebbe fare qualcosa di cui si pentirebbe”. Gratifica Will con un ulteriore scappellotto sulla testa, venendone ricambiata con un vago brontolio infastidito.
Vera scuote il viso. “Non preoccuparti, le Nemesis saranno in continuo contatto mentale tra loro e con me. Non vedo possibilità di iniziative sconsiderate. E poi, metterei la mano sul fuoco sull’autocontrollo di Wanda e di tutte quelle come lei”. Getta un’occhiata allusiva verso il balcone alla quale la Guardiana della Terra si sta affacciando imbronciata.  “Se non ha mai picchiato Carol, è difficile che qualcos’altro la possa far diventare violenta”.
L’altra la ricambia con un’orribile occhiata di sbieco.
“Ti prego!”, supplica Irma, “Non ricordi come ho imitato bene la piccoletta quella volta a Midgale?”.
Vera squadra un po’ critica la aspirante Luce di Meridian. “Cara Irene, sappiamo che sei una bravissima imitatrice. Però, lasciamelo dire, sei soprattutto la regina delle gaffe. Se ci dovessimo tradire in pubblico…”.
L’altra insiste: “Correrei molti più rischi mescolandomi alla gente come Irenior”.
Wanda si avvicina alla principessa. “Secondo me è una buona idea. Se la addestri bene, Irene potrebbe imitare Elyon meglio di Dora, e contraddire le voci per cui è stata sostituita”.
Vera si limita a fare un gesto di ‘vabbè’ col capo. Guarda Hay Lin e Cornelia al balcone: loro potrebbero dare problemi molto più grossi.
Irma va a sedersi sul trono, e in un attimo si trasforma in una perfetta copia di Elyon.
“Allora, ho vinto il posto?”, chiede con la voce un po’ infantile della regina.
“Sei perfetta!”, si entusiasma Hay Lin, “Dì ancora qualcosa”.
La nuova sovrana si alza in piedi e allarga le braccia. “Ragazze!”, cinguetta  in una buona imitazione di un tipico saluto della loro vecchia amica.
“Sì! Perfetto”, la Guardiana dell’Aria applaude, “Sembri lei!”.
Cornelia, sempre rivolta verso fuori, le strattona un’aletta con stizza strappandole una piccola smorfia di dolore.


 
 

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Capitolo 48
*** La gemma di memoria ***


48-la gemma di memoria  
Ad personam:
Cara Melisanna, grazie mille per la recensione sempre gradita. Sì, le cose si stanno complicando, e nei prossimi capitoli si complicheranno ancora di più con la presentazione pubblica di Vera. 
Cara Rowena, sono contento che continui a seguire questa storia lunghissima. Grazie per le tue belle parole.
Le cospiratrici in tutto sono ventisei, le sei originali più venti nuove; Wanda viene contata sia come goccia che come Nemesis,  essendo indistinguibile dai suoi cloni se non per dettagli dell'acconciatura. 
Dora, quando non impersonerà Elyon, spesso rappresenterà Irma, oppure svolazzerà per il cielo di Meridian sotto forma di aquila. Insomma, tutte loro sono intercambiabili nei loro ruoli. 
Irene rappresenterà Elyon solo in alcune occasioni ufficiali, essendo un'ottima attrice, per il resto manterrà l'aspetto e il nome di Irenior.

Buona lettura
MaxT

PROFEZIE


Riassunto delle puntate precedenti 
Dopo un incontro misterioso con la Luce di Meridian, Vera ha convinto le Gocce a sostituirsi ad Elyon a Meridian, impersonando la regina e le guardiane. Carol si è opposta, ed è stata costretta con l'ipnosi. 
A Meridian, la controfigura di Elyon e le finte guardiane esiliano Miriadel e Alborn, mentre Caleb sfugge alla cattura;  pur avendo assunto il potere, si 
rendono conto di non essere convincenti, e inventano la storia che le guardiane sono a palazzo per proteggere la Luce di Meridian da un complotto. 
A Heatherfield, rifugiatasi con i genitori nella sua vecchia casa, Elyon spiega che quella che si sta realizzando è una sua profezia, contenuta in disegni e
frasi casuali, la cui interpretazione fino a quel punto era ambigua. La profezia prevede che la tirannia duri un anno, che a Meridian dura diciotto mesi. 
Elyon è decisa a non tentare niente prima di questa scadenza;  dà istruzione a Caleb di tornare a Meridian per sconsigliare qualunque rivolta prima del suo stesso ritorno tra un anno, ma il vice comandante della guardia di palazzo fraintende e guida una rivolta che viene rapidamente sedata dalle false guardiane. 
Sul palazzo scende un clima sempre più oppressivo in cui le congiurate utilizzano sia i poteri mentali che l'intimidazione per mantenere il controllo.
Settimane dopo, Irene e Pao Chai assumono un aspetto metamondese e vanno a svagarsi in città; vengono a sapere per caso la profezia infallibile che prevede che la tirannia durerà un anno.
Il nuovo piano di Vera prende rapidamente forma, basandosi sull'ambiguità del termine di un anno: prima simuleranno che Elyon diventi sempre più tirannica e impopolare, screditandola, poi Vera, che ha comunque il rango di una principessa Escanor, la spodesterà dopo un anno terrestre di dodici mesi, facendo finire apparentemente la tirannia e realizzare la profezia; poi, dopo aver guadagnato il consenso della gente, si prepareranno per affrontare Elyon e eventualmente le Guardiane al loro ritorno dopo diciotto mesi. Però sono troppo poche per mettere in atto tale piano.
Per rimediare, Vera crea venti copie di Wanda, dette Nemesis, che avranno l'incarico di impersonare le guardiane, sollevando le gocce dal compito, e di sorvegliare la città restando invisibili o sotto falsa identità. 

Cap.48
La gemma di memoria



 
 
Meridian, casa di Gathrop

‘L’acqua ribolle già da un po’di tempo’, pensa la donna, rimettendo il coperchio alla pentola di rame e asciugandosi le mani verdine sul grembiule. ‘Se non si sbriga a portarmi gli ingredienti, questa cena diventerà la colazione per domani mattina’.

Lo scatto della serratura preannuncia il ritorno a casa dell’uomo. 
“Ehilà, tesoro! Verdure in arrivo!”, saluta Gathrop entrando con un sorrisino di scusa.
“Alla buon’ora”, bofonchia la moglie, prendendogli l’involto dalle mani. “Oggi hai fatto un po’ tardi”.
Lui annuisce, sfilandosi la giacca. “E’ arrivato in negozio un cliente interessato ad un tappeto di valore, ed ho preferito condurre la trattativa di persona”.
La donna estrae un cespo rosato dal pacchetto, e lo appoggia su un tagliere di legno. “Sei riuscito a combinare l’affare?”.
“Veramente… forse tornerà domani”, risponde lui sedendosi al tavolo. “Comunque, mi sono divertito lo stesso a trattare”.
Mentre affetta la verdura, anzi la rosura, la donna chiede: “Non credi che il giovane Totlutur meriti più fiducia? Sono già tre anni che ti fa da commesso”.
Lui sta per rispondere, quando uno scricchiolio dal vicino soggiorno richiama la sua attenzione. Si alza per gettare un’occhiata nella stanza.
Tutto normale. Torna a sedere, scrollando le spalle.
Lei alza lo sguardo dal suo lavoro culinario. “Allora non sono la sola a sentirli, vero?”.
“Cosa?”.
“Questi rumorini. Da tre giorni a questa parte sento scricchiolii e piccoli tonfi dal soggiorno”.
Lui storce il viso. “Vuoi vedere, Adanil, che qualche topolino ha apprezzato la nostra ospitalità involontaria? Forse avremo bisogno di un gatto a fare da guardiano a casa nostra”.
 
‘Non disturbatevi. C’è già una guardiana’, pensa Nemesis Tre, seduta sulla poltrona del soggiorno, avvolta da un alone di invisibilità ipnotica.
Si soppesa, annoiata, le lunghe ciocche di capelli biondi a cui non si è ancora abituata. 
Se potessero vederla, questo fisico da Guardiana della Terra farebbe la sua bella figura, ma purtroppo non è molto pratico. Questa chioma lunghissima rivaleggia con le inutili alette nel combinare disastri: tende entusiasticamente a pararsi davanti agli occhi e alla bocca, o a intralciare le mani. 
Le alette, da parte loro, rendono difficile muoversi negli spazi ristretti o tra la folla, tirano giù soprammobili fragili e rumorosi, ed infine impediscono di appoggiarsi bene allo schienale.
Si guarda le mani appoggiate in grembo. Questi polsi, sottili e aggraziati, non sembrano adatti ad un combattimento corpo a corpo. Queste unghie, lunghe e ben curate, non sono certo resistenti come gli artigli di una tigre.
Insomma, forse è un fisico da fotomodella, ma non certo da guerriera.

Ad un tratto, i pensieri annoiati di Nemesis Tre sono interrotti da un brillio. Proprio davanti a lei, un uomo appare di spalle, con un sigillo rombico di metallo smaltato nel palmo della mano destra.
‘E’ lui! Eccolo a un passo!’ pensa la Guardiana, sentendo l’adrenalina entrarle in circolo. ‘Nemesis, a me!’.
“Ciao, Gathrop”. Caleb si abbassa sulle spalle il cappuccio del pastrano informe. 
“Ehilà, carissimo!” risponde l’altro venendogli incontro nel soggiorno, “Prego, mettiti comodo!”.
“Grazie”. Caleb fa per accomodarsi sulla poltrona. “Ti ho cercato per…”.
Si interrompe a metà della frase, sentendo un contatto inaspettato sotto di sé. Girandosi, scopre di essersi seduto addosso a quella che ha tutto l’aspetto di Cornelia, che lo guarda impietrita.
E’ un attimo: braccia e gambe della guardiana si avvolgono attorno a lui con forza insospettata, mentre altri quattro sfarfallii nel soggiorno annunciano l’arrivo delle sue compagne.
Troppo tardi: la preda di Nemesis Tre si volatilizza luccicando tra le sue braccia.
“No!” grida delusa.

“Sfuggito! Maledizione!” sbotta a denti stretti Nemesis Zero, la guardiana dai capelli rossi.
“Abbiamo bruciato un’occasione irripetibile” sbuffa quella dalla pelle scura, la numero Due.
“Mi dispiace”, si scusa quella ancora seduta, “C’è stato un momento in cui avrei potuto guardarlo negli occhi, ma l’ho perso”.
La ragazza con gli iridi verdi, Nemesis Uno, scuote il viso. “Non rimproverarti. Probabilmente nessuna di noi avrebbe fatto meglio”.
Will guarda intensamente Gathrop e la sua signora, impietriti nell’ingresso della stanza. “Signori, mi meraviglio. Voi risultate degli onesti cittadini. Perché davate ospitalità ad un ricercato?”.
“Io…”. L’uomo resta senza parole, mentre un’inspiegabile sensazione di deja vù lo assale assieme allo sguardo penetrante della guardiana.
La moglie, facendosi coraggio, trova le parole per rispondere a tono: “Perché lo conosciamo da anni! E’ un eroe! Dovreste saperlo anche voi, se foste quelle che dite di essere!”.
“Adanil!”. Gathrop cerca di trattenerla tirandola indietro con le mani sudaticce. “Scusatela, mia moglie si è spiegata male. Voleva dite….”.
“Abbiamo capito benissimo” risponde cupa la guardiana. “Vogliate seguirci a palazzo. Lasciate pure il fuoco acceso, questa volta. Basteranno pochi minuti”.
 

Heatherfield, casa Portrait

Caleb ha ancora il cuore nelle orecchie ed i muscoli tesi come corde, quando la realtà tutta attorno  assume l’aspetto del soggiorno di casa Portrait.

Davanti a lui, la sua amata regina lo guarda a bocca aperta, seduta in poltrona con una tazza di tè in mano. “Caleb? Ma…”.
Lui cerca di darsi un contegno più naturale. “Proprio io” risponde con voce più rigida di come avrebbe voluto.
Lei si alza, appoggiando la tazzina sul bracciolo, e gli prende le mani fredde. “Ma cos’hai? Si direbbe che tu abbia visto un fantasma!”.

Caleb annuisce un po’ a scatti. “In un certo senso è stato così”. Poi prende fiato per cercare di sciogliersi.  “Stavano per catturarmi. E poi, temevo proprio che mi sarei portato quella strega avvinghiata addosso…”.
Si volta indietro per rassicurarsi, ma l’effetto non è proprio quello voluto. “AAH!”, gli scappa.
Un passo dietro di lui, seduta sul divano, Cornelia lo guarda impietrita come per chiedere: ‘Ti faccio quest’effetto, adesso?’.

Il signor Thomas entra nel soggiorno. “Caleb, eri tu? Da un guerriero, quest’ urletto non me lo sarei mai aspettato”.
“Scusate…”, si giustifica lui. Guardando la sua vecchia fiamma, vede che i suoi occhi si stanno arrossando in un modo che non fa presagire niente di buono. “Scusa, Cornelia, mi hai colto di sorpresa…”.
“Io non ho fatto proprio niente!” ribatte lei con una voce rotta, mentre un luccichio inquietante le sottolinea le iridi. Fa per alzarsi: “Forse è meglio che vada a spaventare la gente da qualche altra parte!”.
Elyon la trattiene seduta, inginocchiandosi a lato della poltrona. “Corny, aspetta! Sono sicura che c’è una buona spiegazione! Non vuoi sentirla?”.
La ragazza annuisce, tirando un po’ su di naso. “Sì. Scusatemi, non so cosa mi abbia presa”. Il luccichio scompare lentamente dagli occhi arrossati, mentre riguadagna un’imitazione di contegno.
“Se preferite, ripasso in qualche altro momento” propone confuso Caleb, “Però ti devo delle scuse, Cornelia”.
“Non mi devi niente!” risponde lei con uno sdegno che sottintende tutto il contrario.
“E’ che, solo pochi minuti fa, sono arrivato a casa di Gathrop…”
“E chi sarebbe?”.
“Un mio amico di Meridian”. A disagio, si porta le mani al collo, come per aggiustarsi un bavero che il pastrano non ha. “La casa era sorvegliata. Volevo accomodarmi su una poltrona, e lì c’era la tua goccia. Io l’ho vista solo quando mi ci sono seduto sopra”.
“Almeno questo me lo hai risparmiato” commenta acida Cornelia.
“E’ tipico dell’invisibilità ipnotica”, interviene Elyon, “Viene rotta dal contatto fisico”.
Caleb riprende: “Lei mi si è avvinghiata addosso, gambe e braccia, e un istante dopo sono arrivate le altre quattro”.
“Avvinghiata?”. Per un attimo, lo sguardo di Cornelia sembra quello di una tigre, ma poi riprende una parvenza di aplomb anglosassone. “Allora?”.
“Allora, me la sono cavata perché avevo ancora in mano questo sigillo” racconta mostrando la piastrina di metallo smaltato. “Altrimenti…”.
Eleanor, appoggiata allo stipite della porta, entra solo ora nella conversazione. “Catturato da una donna, Caleb!”, dice con aria scherzosa che sembra lasciar trasparire un doppio senso. 
“Sapete anche voi come sono quelle guardiane”, si difende lui, “Avrei potuto dare una testata all’indietro per liberarmi, ma… ecco, un po’ mi sarebbe dispiaciuto”. China la testa. “Era pur sempre la goccia di Cornelia”.
“Per me potevi anche frantumarle la faccia” ribatte acida lei, “Così nessuno la scambierà più per me”.
“Ma no!”, fa Elyon scandalizzata, “Hai agito bene. La violenza può solo chiamare altra violenza”.
“Scherzavo, naturalmente” sbotta Cornelia a braccia incrociate, con un tono che sembra intendere tutto il contrario.
“Scherzavo anch’io, Caleb”, completa Eleanor, “Sappiamo bene cosa può fare lo guardo di quelle guardiane”.
Cornelia si alza in piedi. “Volete scusarmi? Devo andare. Purtroppo… ho dei compiti da finire”.
Elyon si è accorta da un pezzo del brutto momento che la sua amica sta passando. “Corny, vuoi dirmi qualcosa a quattr’occhi?”.
“No, no, cara. Restate pure a parlare. Io ho un po’ di mal di testa…”.
“Aspetta”, dice Caleb. “Se è per me, io posso finire di raccontare in fretta e poi lasciarvi sole”.
“No, Caleb. Non è certo per te”, risponde Cornelia, stabilendo il suo nuovo record di tre bugie penose in tre sole frasi.
“Ti accompagno fino al cancello”. Elyon la  prende sottobraccio. “Torno tra poco”, rassicura gli altri.

Appena le due escono dalla stanza, Caleb fa un grosso sospiro che sembra voler dire: ‘Le donne… non le capirò mai!’, guadagnandosi un’occhiata di storto da Eleanor.
“E ora, vogliamo focalizzarci sulle cose importanti?” chiede imperiosamente Thomas. “Sappiamo che Gathrop è stato scoperto. Verrà arrestato, o ci ha traditi?”.
“Sono certo che Gathrop non mi tradirebbe”. Caleb liquida questa possibilità con  un gesto della mano. “Se anche lo avesse fatto, poi, me ne sarei accorto dai suoi pensieri”.
“Non sono le uniche due alternative possibili”. Eleanor si porta al centro della stanza, appoggiandosi alla spalliera del divano.
Thomas annuisce, camminando avanti e indietro con aria grave. Sa bene che, a Meridian, il capitano Miriadel non raggiunse il suo grado né brandendo uno spadone, né sposando il comandante della Guardia di Palazzo, come qualche invidioso insinuava. A suo tempo, era l’astro nascente dei servizi segreti di Meridian, prima che l’ombra di Phobos li macchiasse della sua infamia.
“Con i loro poteri, potrebbero avere copiato la sua memoria senza che lui lo ricordi”, aggiunge Eleanor.
“Sta di fatto”, ne conclude cupamente Caleb, “che ora tutta la mia rete di amici ed informatori può essere arrestata, o trasformarsi in una trappola”.
“Prendendo le opportune precauzioni”, suggerisce Thomas, “hai ancora la possibilità di muoverti a Meridian. In questo caso, c’era una guardiana invisibile a sorvegliare solo Gathrop, seduta in poltrona. Quante altre persone potrebbero sorvegliare nello stesso modo?”. Apre la mano, mostrando le dita ben distese. “Pochissime! Al massimo cinque, dedicandosi solo a questo”.
Eleanor riflette. “Secondo me, per loro sarebbe un errore catturare tutta la tua rete di confidenti. Sono pesci troppo piccoli, e potrebbero essergli utili per altro, se la infiltrano”. Aggiunge, guardando lontano: “Non mi meraviglierei se prima o poi comparisse un falso Caleb a raccontare ai tuoi amici quello che fa comodo alla banda di quelle sei, o anche a screditarti”.
Lui annuisce cupo. Le prime voci, in questo senso, hanno già cominciato a girare.

Elyon rientra nella stanza. “Le telefonerò più tardi”, esordisce riferendosi a Cornelia.
Si siede sul divano, a fianco di Caleb. “Allora, cos’altro ci racconti di Meridian?”.
Lui ci riflette sopra un attimo. “Una cosa forse importante. La popolazione è stata convocata per dopodomani ai piedi del palazzo per un importante annuncio pubblico della regina”.
Elyon aggrotta gli occhi. “Strano. Hai già idea di cosa si tratterà?”.
Caleb annuisce. “Corre voce che sarà la presentazione pubblica di un personaggio importante”.
“Un personaggio importante…” ripete Elyon, in preda ad un sospetto terribile. “Non sarà che Vera vuole essere presentata con il suo nome?”. Si copre il viso. “Oh, Dei, no!”.
“E se fosse?”, chiede Thomas.
“Devo accertarmene!”, si agita lei. “Dopodomani, hai detto? A che ora?”. In mano le compare un cellulare che, a comando, visualizza ore e date della sua città natale.
“Elyon, non se ne parla!”, tuona Thomas, “Ha tutta l’aria di una trappola per te!”.
Eleanor riflette: “Per loro è un rischio enorme. Se le due regine apparissero in pubblico contemporaneamente, sarebbe l’occasione d’oro per screditare la loro versione”.
“E per far insorgere contro di loro il popolo di Meridian!”, aggiunge Thomas improvvisamente eccitato.
Elyon contempla inorridita questa possibilità. “Proprio ciò che non voglio”.
“Ah, già”, si corregge lui con rimpianto.
“A questo punto, non serve correre rischi”, decide Caleb, “Anche se non saremo lì presenti, tutti i dettagli saranno di dominio pubblico”.

Elyon annuisce. “Inutile agitarsi. Pensiamo al presente”. E nel presente c’è lui. Gli sorride, invitante. “Allora, resterai qui per un po’, caro?”.
Lui rimane un attimo catturato, poi distoglie lo sguardo, a disagio. “Veramente… devo pianificare le prossime mosse”.
“Benissimo!”. Gli sorride ancora di più. “Le pianificheremo assieme. Sei con i migliori pianificatori del metamondo”.
“Vuoi davvero che restiamo qui?” chiede Eleanor perplessa. Il tono mielato della sua figlioletta adottiva le suggerisce che voglia pianificare tutt’altre cose.
“Sì, grazie” risponde Caleb stringendosi nelle braccia, “Allora, pianifichiamo in fretta, e poi vado. Dovrò mettere in guardia tutti i miei conoscenti”.
“Il modo più rapido per farti beccare di nuovo!” commenta Eleanor con l’aria di chi la sa lunga.
“Basta che uno solo di loro sia sorvegliato…”, fa eco Thomas.
“E poi, di cosa li avvertirai?”, continua Eleanor, “Che, se passerà un altro Caleb a raccontare cose strane, non gli dovranno credere? Vuoi screditarti da solo, tanto per risparmiare a quelle altre la fatica?”.
Caleb resta un attimo incerto, e la ragazza Elyon torna alla carica. “Prima o poi, si stuferanno di sorvegliare invano quelle persone. Perché non resti in casa nostra al sicuro, nel frattempo?”.
“Potrebbe essere la cosa migliore”, annuisce Thomas. “Ma senza farti vedere dalle finestre del soggiorno. Ti prepariamo una branda in cantina…”.
“Papa!”, lo rimprovera lei scandalizzata, “Un ospite, in cantina!”.
“Possiamo anche offrirgli la tua camera, tesoro!” propone Eleanor, “Tanto, tu verrai a dormire nel lettone con me!”.
Lei la gratifica di un’occhiata torva. “Era scontato, mamma”.
Caleb è tentato di lasciare la sua vita da braccato per la sicurezza e il calore di una famiglia, ma le cose rischiano decisamente di complicarsi.
Vedendolo indeciso, Elyon gli sfodera il suo sorriso più bello, e propone: “Questa sera potresti scortarmi fino al cinema. Le strade di Heatherfield sono così pericolose, a tarda ora…”.
“Cinema?” fa lui combattuto.
“Danno ‘Amore per sempre’, un film bellissimo! Lo hanno visto le nostre amiche, ieri sera, e Cornelia mi ha detto che hanno pianto tutto il tempo”.
Guardando il sorriso invitante di Elyon, gli sono riapparsi momenti lontani che non ha mai voluto dimenticare. Non è saggio rimettersi in quella stessa situazione. Avrebbe dovuto lasciare il palazzo di Meridian già quella volta, chiedere un’assegnazione fuori città… ma è stato troppo debole per decidere di allontanarsi veramente da lei. E lo è ancora.
Prende fiato. Non vuole inventare una scusa banale, ce ne vuole quantomeno una altisonante. Si alza in piedi, e, come ispirato, recita solenne: “Luce di Meridian, per liberare la città, tu hai bisogno di altri occhi per guardare, e altre orecchie per ascoltare in vece tua”. Indica sé stesso. “Ecco quegli occhi e quelle orecchie. Non preoccuparti per me: sono pieno di risorse, e uso a muovermi ammantato da un’aura di clandestinità. E ora, Meridian mi chiama!”. Svanisce in un tremolio, lasciando interdetti i presenti.
“Bravo ragazzo!”, gongola compiaciuto il comandante Thomas. “L’ho sempre considerato un eroe”.
“Pfff...”, ridacchia Eleanor, “Ma dove l’ha preso, questo discorso? Da una recita scolastica? Se non voleva restare, non poteva piuttosto inventarsi che aveva lasciato il pesce rosso da solo col gatto?”.
Elyon, invece, è rimasta malissimo. “Non ha voluto restare con me…”. Tira su di naso, mentre le si formano dei lucciconi sotto le iridi.
Thomas, bonario, cerca di consolarla come una bambina: “Tranquilla, tesoro. Mal che vada, ce lo recapiteranno qui a casa in esilio, con lo sguardo basso e senza il suo sigillo”.
La consolazione non sortisce alcun effetto.
“Vieni, tesoro”, le dice dolcemente Eleanor prendendola per mano, “Andiamo a parlare in camera tua”.
Mentre le due donne di casa si alzano dalle poltrone e si dirigono verso le scale, Thomas suggerisce: “Perché non lo inviti a vedere ‘Il signore degli anelli’ o ‘Beowulf’, la prossima volta?”.
Nessuna risposta.
Si china, pensieroso, sulle piccole possenti sagome dei modellini di carri armati nella vetrinetta. Queste donne non li sanno proprio capire, gli uomini!

In camera, le due si siedono sul lettone di Elyon, che torna ad appoggiare la testa sulla spalla di Eleanor. “Mamma, perché se n’è scappato via così? Perché mi sfugge?”.
La donna sospira. “Forse si è sentito chiuso in un angolo”.
“Ma è cucinatissimo di me!”, protesta la ragazza con rabbia, “Lo sento nei suoi pensieri, nel suo respiro, nel battito del suo cuore! Se guardi bene…”.
Eleanor, più seria, volta Elyon verso di sé e la guarda negli occhi. “Piccola mia, Caleb sa di non essere l’uomo per la Luce di Meridian. Lui ha a cuore il destino della nostra città, non può permettere che resti…”.
“Ma anch’io ce l’ho a cuore! Sono qui per questo!”.
“Cosa vuol dire?” chiede la donna, perplessa.
“Niente. Ti ho interrotta, scusa. Continua pure”.
“Ti dicevo, lui non può permettere che la città resti senza un’erede, e dev’essere un’erede dotata di poteri adeguati e trasmissibili alla prole”.
Elyon la scruta, stupita. “Tu sapevi che … Come hai fatto?”.
Eleanor scuote appena le spalle. “Non serve essere una supermamma, né una superspia. Al palazzo di Meridian è difficile tenere segreti”. Si aggiusta il vestito. “E’ per questo che vi siete lasciati, no?”.
“LASCIATI?”. La guarda con occhi sgranati. “COSA VUOL DIRE ‘LASCIATI’?”.
“Non lo ricordi più?”, si stupisce Miriadel, “Eravate già assieme, quando gli hai fatto non so che analisi, ed hai capito che lui, originato come un mormorante, non avrebbe potuto avere figli con te, né con alcun’altra donna”.
Elyon la guarda, persa. “Devi sbagliarti. Io non….”. Si arresta, incerta. E’ possibile avere l’Alzheimer alla sua età?
“Fammi indovinare, cara”, riprende Miriadel, “Hai preso qualcuno dei tuoi intrugli per dimenticare. Però siete stati ingenui: restando vicini, era chiaro che avreste ripreso a provare le stesse cose”.
Elyon, annichilita, balbetta: “Io… io avrei…”.
Eleanor annuisce. “Credo proprio di sì, cara. Però, questa volta sapevi in partenza che lui era inadatto. Non avresti dovuto cominciare a cullarti di nuovo negli stessi sogni”.
“Ma… che scema!!!”.
“Chi?”  chiede sospettosa Eleanor.
“Io! Che doppia scema che sono stata, mamma!”.
Lei le risponde con un sorriso indulgente, cercando di non far trasparire troppo il ‘proprio così’ che sta pensando.
“Quello è un falso problema!”, la sorprende Elyon.
“Eh?”. Resta interdetta. “Come…”.
“E’ un problema già risolto!”.
La madre la guarda diffidente. “Cosa mi sono persa?”.
“Guarda!”. Sul palmo di Elyon si materializza una grossa gemma simile ad un diamante straordinario. Lei lo afferra tra le dita, e lo solleva all’altezza degli occhi. “Questa è una gemma di memoria”.
Davanti a loro, il cristallo rende un’immagine caleidoscopica della stanza, delle luci del lampadario e del limpido tramonto di metà dicembre attraverso la finestra. Ad un certo punto, quando la luce incide con la giusta angolazione, Eleanor la vede! L’immagine minuscola di una neonata, tridimensionale ed evanescente!
“Cos’è?” chiede allibita.
“E’ una scansione corporea di mia mamma… cioè, della regina Adariel, appena nata!”.
“Oddei!”. Eleanor ricorda il loro ultimo giorno a Meridian, sepolto dal tempo e dal dolore, subito prima della fuga da Phobos. “E’ quello che la Regina mise nel cofanetto con la lettera che affidò a Galgheita, poco prima di morire!”.
“Proprio così!” risponde Elyon commossa, “Questa gemma fu creata a Meridian, in una mattina lontana di un’epoca in cui qui vivevano solo i pellerossa”.
Eleanor continua a guardare, persa, l’immagine di quella neonata lontana nel tempo, mentre Elyon parla ispirata: “Questa memoria mi permetterà di ricreare la prossima Luce di Meridian. Bella come lo fu lei. Potente, padrona della mente e della natura. Misericordiosa come un angelo. Forte da sfidare i secoli”. Sorride alla madre adottiva. “Tu l’hai conosciuta”.
Lei annuisce, sgomenta. “E… tu saresti capace di ricrearla!”.
Elyon annuisce sicura. “Anche qui. Anche ora”.
Eleanor resta un attimo ad immaginare, poi si riscuote. “Meglio di no! Te le senti, le chiacchiere dei vicini?”.
Ridono insieme di questa battuta, fino ad avere le lacrime agli occhi. “Le chiacchiere dei vicini!”.
Quando Elyon si riprende, aggiunge: “Non è detto che debba essere proprio uguale. Cambierò qualche tratto, il colore dei capelli ed ovviamente il nome, ma la prossima Luce di Meridian sarà sostanzialmente uguale ad Adariel. Stesso sangue, stessi poteri”.
Eleanor ci riflette sopra, poi una perplessità screzia il suo sorriso: “Questa cosa verrà accettata da tutti? Per dirne uno… da Caleb?”.
Elyon si inalbera, quasi offesa: “Cosa vuoi che abbia contro una figlia artificiale? Non è artificiale anche lui?”. Poi, con tono freddo e calcolatore: “Chiunque fosse il padre, una mia figlia naturale avrebbe sì i mitocondri degli Escanor, ma solo uno dei due cromosomi X della famiglia. Perciò avrebbe un potere magico dimezzato, come Phobos. Non all’altezza delle regine passate… o presenti”. Finisce con un gesto disinvolto, mentre la gemma le sparisce nel palmo della mano: “Perciò, se anche volessi sacrificarmi e rinunciare a Caleb, non farei certo l’interesse di Meridian”.
Eleanor riflette a lungo. “Vedo che ci stai pensando da molto. Quando sarà il momento, la presenterai come una figlia naturale, o spiegherai la verità?”.
“Non so. Penso come una figlia naturale, ma, anche se non mi credessero, non cambierà molto. La legge consente esplicitamente la successione anche a regine artificiali, purché con i requisiti. Perfino Vera potrebbe…”. Si interrompe, sbarrando gli occhi. “No! Non può essere!”.
Guardando il viso di Eleanor, capisce che ha avuto il suo stesso pensiero. Anzi, ci era arrivata molto tempo prima. Glielo aveva perfino detto, ricorda ora, senza che lei ci desse il giusto peso.
La madre le fa un viso che può significare tutto e niente. “Aspettiamo di sapere chi sarà il personaggio che tu presenterai a Meridian, cara”.

Per un lungo momento, il silenzio lascia sentire i rumori più minuti: lo scricchiolio della rete del letto, un suono di clacson lontano…
Dal piano di sotto proviene un sommesso squillo di telefono, poi qualche chiacchierio incomprensibile, e infine la voce stentorea di Thomas da sotto le scale: “Elyon, puoi venire giù? C’è Cornelia per te, al telefono”.
 
 
 

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Capitolo 49
*** L'amica del cuore ***


49- l'amica del cuore  
Ad personam:
Cara Atlantis Lux, con grandissima soddisfazione ho appreso che sei arrivata a leggere tutti i capitoli scritti finora, un mezzo romanzo! Sono onorato della tua bellissima recensione. A me piace molto vedere alcune scene con gli occhi di un personaggio secondario: contribuisce a muovere la scena in certi capitoli altrimenti statici, e a completare un quadro descrittivo rimarcando la presenza di tutta un'umanità che, anche se sfoggia colori e lineamenti esotici, ha modi di sentire e vedere neanche molto distanti dai nostri. 
Mi piace anche attribuire ad alcuni personaggi una certa goffaggine: oltre a essere in carattere con l'età ed i characters originali, contribuisce a stemperare la soggezione che metterebbero a causa dei loro impressionanti poteri psichici.
In effetti, questa simmetria tra i due cast contrapposti, Witch e gocce, ricorda quella che si ritrova nei tuoi bei racconti Earth e Versus, e così pure il tema è simile sotto diversi altri punti di vista.

Bene, riprendiamo la storia da dove la abbiamo lasciata nel capitolo precedente: la telefonata di Cornelia a Elyon.
Buona lettura
MaxT

PROFEZIE


Riassunto delle puntate precedenti 
Dopo un incontro misterioso con la Luce di Meridian, Vera ha convinto le Gocce a sostituirsi ad Elyon a Meridian, impersonando la regina e le guardiane. Carol si è opposta, ed è stata costretta con l'ipnosi. 
A Meridian, la controfigura di Elyon e le finte guardiane esiliano Miriadel e Alborn, mentre Caleb sfugge alla cattura;  pur avendo assunto il potere, si 
rendono conto di non essere convincenti, e inventano la storia che le guardiane sono a palazzo per proteggere la Luce di Meridian da un complotto. 
A Heatherfield, rifugiatasi con i genitori nella sua vecchia casa, Elyon spiega che quella che si sta realizzando è una sua profezia, contenuta in disegni e
frasi casuali, la cui interpretazione fino a quel punto era ambigua. La profezia prevede che la tirannia duri un anno, che a Meridian dura diciotto mesi. 
Elyon è decisa a non tentare niente prima di questa scadenza.
Sul palazzo scende un clima sempre più oppressivo in cui le congiurate utilizzano sia i poteri mentali che l'intimidazione per mantenere il controllo.
Settimane dopo, Irene e Pao Chai vengono a sapere per caso la profezia infallibile che prevede che la tirannia durerà un anno.
Il nuovo piano di Vera prende rapidamente forma, basandosi sull'ambiguità del termine di un anno: prima simuleranno che Elyon diventi sempre più tirannica e impopolare, screditandola, poi Vera, che ha comunque il rango di una principessa Escanor, la spodesterà dopo un anno terrestre di dodici mesi, facendo finire apparentemente la tirannia e realizzare la profezia; poi, dopo aver guadagnato il consenso della gente, si prepareranno per affrontare Elyon e eventualmente le Guardiane al loro ritorno dopo diciotto mesi. Però sono troppo poche per mettere in atto tale piano.
Per rimediare, Vera crea venti copie di Wanda, dette Nemesis, che avranno l'incarico di impersonare le guardiane, sollevando le gocce dal compito, e di sorvegliare la città restando invisibili o sotto falsa identità. 
Caleb, sfuggito ad un tentativo di cattura, si trasferisce a casa di Elyon, dove però si creano situazioni imbarazzanti sia con lei che con Cornelia; tra le altre cose, racconta che a Meridian è stata preannunciata la presentazione di un importante personaggio pubblico.

Cap.49

L’amica del cuore


Per capire sé stessi, bisogna trovare il coraggio di convivere con i propri fantasmi.



Heatherfield, casa Portrait

“Elyon, c’è Cornelia al telefono per te”, ribadisce il signor Portrait dal corridoio al pianterreno, sventolando il cordless come se fosse una bandierina.
“Cornelia!” grida entusiasticamente  Elyon dalla camera al piano di sopra.
Thomas insiste, guardando in alto: “Allora, scendi?”.
Lei gli appare all’improvviso alle spalle. “Eccomi!”.
Con un sussulto e un’occhiata di fuoco, lui le mette in mano il telefono, poi si dirige verso il soggiorno sbuffando di stizza.

“Ciao, Corny! Come stai?”.
“Ciao, Ellie”. La voce dalla cornetta suona un po’ bassa. “Scusa per come me ne sono andata. Tuo padre mi ha già detto che Caleb non è più lì”.
“Purtroppo…”, sospira lei attorcigliandosi una treccia attorno a un dito.
“Colpa mia?”.
“No. Sembra che io sia brava a farlo scappare anche da sola”. Soffoca un’esclamazione di disappunto quando l’elastico si sfila, e la treccia inizia a disfarsi.
“Mi dispiace. Hai tempo, adesso?”.
“Per te, sempre. Ti avrei chiamata tra un po’. Eri così turbata…”.
“Possiamo parlarne a quattr’occhi?”.
“Ma certo, Corny. Dove ti va bene?”.
 

Heatherfield, pub Amethyst

Il pub ‘Amethyst’ è uno dei più vecchi di Heatherfield, ricavato al pianterreno di un palazzo residenziale di inizio novecento. La sua vetrina stretta addobbata per Natale, i suoi infissi di legno scurissimo, gli stucchi ed i lampadari… tutto fa pensare ad un sopravvissuto della belle epoque. Niente giochi elettronici o diavolerie moderne: perfino il registratore di cassa, nota Elyon entrando, è un modello obsoleto a manovella. Anche i pochi clienti, anziani ed eleganti, sembrano vivere di nostalgie.
Dal tavolino nell’angolo più nascosto, Cornelia si alza e si sbraccia silenziosamente per attirare la sua attenzione.
“Ciao Corny”. Elyon la raggiunge e la abbraccia. “Che posticino… particolare!” dice, sfilandosi il loden, “Come l’hai trovato?”.
“Vero?” risponde lei con un’ombra sul viso, “Ho scelto quello più fuori dal giro, per non incontrarci altra gente conosciuta”.
Poco dopo, davanti a due sorbetti, Cornelia inizia: “Scusa se ti ho fatta venire fin qui. So benissimo che alcune delle cose che mi girano in testa sono del tutto irrazionali, e me ne vergogno.  Però tu sei capace di capire i pensieri, per cui preferisco tentare di metterli giù a parole, piuttosto che nasconderli senza successo. Mi prometti di non giudicarmi?”.
Elyon annuisce. “Certo, Corny. Allora, non è colpa mia?”.
“Non posso fartene una colpa, anche se c'entri. In qualche modo, hai il potere di stravolgere la vita di quelli che ti stanno attorno”.
Elyon annuisce, un po’ amareggiata. “E’ vero. Eppure, sto cercando di fare tutto per il meglio. Lo hai già capito, vero?”.
Cornelia resta un attimo quasi sorpresa. “Se parli della faccenda di Meridian…credo di sì. Ma non voglio che me lo confermi, se no non avrò più una giustificazione per non parlarne. Mi pesa, ma comunque è una cosa che riesco a gestire razionalmente”.

Elyon si trincera dietro le braccia. “Allora, è stato Caleb che…”.
“Un po’. Ma… non fraintendermi! A suo tempo, essere rifiutata da lui è stato un trauma, ma ora me ne sono fatta una ragione. Sono arrivata perfino a pensare che ha avuto più buon senso di me”. Esita prima di continuare, giocherellando con le pieghe della sua morbida sciarpa bordeaux. “Poi, ho anche impiegato tanto tempo per abituarmi all’idea di voi due assieme, e … e  mi è dispiaciuto moltissimo quando mi hai detto che non era più così”.
Elyon annuisce un po’nervosamente. Stava per interrompere dicendo qualcosa tipo ‘lavori in corso’, ma preferisce lasciar fluire i pensieri di Cornelia.
“E poi”, riprende l’amica stringendosi a disagio nelle spalle, “quasi mi vergogno a dirlo, tanto è stupido… prometti che non mi giudicherai male?”.
“Come potrei, Corny? Parla, cos’è che ti ha turbata così?”.
Dopo un’ultima, lunga esitazione, Cornelia butta fuori: “E’ stata l’idea di Caleb tra le braccia di quella là!”.
Elyon è incredula. “Quella… Carol, intendi dire? Ma… era una lotta, non un incontro d’amore! L’ha anche chiamata ‘strega’!”.
“Proprio come ci chiamiamo tra noi!!” sbotta, “E poi, quando si è voltato verso di me e si è spaventato, mi è sembrata una beffa in più!”. Cornelia stringe gli occhi ed i pugni, in preda ad una rabbia irrazionale che stenta a controllare.
Elyon tace un attimo, prima di rispondere. “Ma… allora il problema non è tanto Caleb. E’ Carol! Ho capito bene?”.
“Sono assurda, lo so”, ammette Cornelia a testa bassa.
“Siamo tutti assurdi”, la consola Elyon, sfiorandole il braccio e rimpiangendo di non aver trovato niente di meno banale da dire.
“E’ che l’idea mi fa impazzire! Quella là usa la mia immagine di guardiana, screditandola davanti a tutta Meridian!”. Stringe i pugni per la rabbia, poi aggiunge a denti serrati: “Prima ancora, ha osato farsi fotografare nuda per quel giornalaccio, e mi ha screditata anche qui!”.
Elyon cerca qualcosa da dire. “Ma non è così uguale! Si riconoscerà certo che non sei tu!”.
Cornelia annuisce. “Razionalmente, lo so. E’ la prima cosa che risposi a Uriah. Poi, me lo disse anche Irma, anche se il suo modo mi ha rigirato il coltello nella piaga. Ma vedi, Ellie, qualche volta mi perdo anch’io a fantasticare davanti allo specchio. E quel viso, quel corpo, sono usciti dalle mie fantasie di ragazzina. Sono uguali! Lei se ne è appropriata! La bella copia di Cornelia Hale!”.
“Ma sai…”.
Cornelia alza la voce. “Ellie, non difenderla! La cosa mi manda in paranoia! Piuttosto, la difendo io!”. Vergognandosi un po’ del suo scatto, si guarda in giro, notando l’anziano banconiere mentre distoglie un’occhiata incuriosita da loro due.
Riprende, a bassa voce: “Razionalmente, so che ha delle scusanti, me lo ripeto spesso. Che aveva tutto il diritto di scegliersi la faccia che voleva, dopo che io l’ho creata come un oggetto e poi l’ho abbandonata al suo destino. Posso capire che abbia posato per quelle foto perché doveva pagare l’affitto di casa, o così o il marciapiede. Posso anche ammettere che sia stata trascinata a Meridian contro la sua volontà, e poi sia rimasta incastrata in quel ruolo. E non ho neanche dubbi che, per guadagnarsi la tua fiducia e la tua amicizia, debba avere qualità notevoli”. Prende fiato un attimo. “E qui, Ellie, viene il lato peggiore del problema, quello di cui mi vergogno di più”.
“E … cioè?”.
“Ebbene, io so che nomi hanno queste mie sensazioni. Si chiamano gelosia! Si chiamano invidia!”, ammette tra i denti con una fuggevole occhiata attorno a sé “E di questo io mi vergogno molto più che di tutto il resto”. Chinando il capo, sospira: “Mi sarebbe più facile accettarlo, se potessi convincermi che lei è solo una estranea cattiva ed immorale”.
Elyon continua a sorseggiare il suo sorbetto, senza osare interromperla.
L’altra riprende: “Io so essere razionale. So che Carol è una specie di what if. Cosa avrebbe fatto Cornelia Hale, la sostenutissima brava ragazza di buona famiglia, se l’Oracolo avesse deciso di esiliare lei, e lasciare la sua povera goccia astrale al calduccio della bella famigliola che di certo anche lei amava?”. Imita il modo di parlare solenne dell’Oracolo: “Cornelia, scegliti il tuo nuovo aspetto, fatti valere e costruisciti la tua nuova vita. D’ora in poi, tu e le tue quattro amiche potrete contare solo su di voi”. Poi, nuovamente con  la propria voce: “Avrei fatto le stesse scelte? Deciso gli stessi obiettivi, commesso gli stessi errori, accettati gli stessi compromessi, sviluppato le stesse abilità? Forse sì. E non so se dovrei vergognarmene o esserne orgogliosa”.
Con questo, lo slancio oratorio di Cornelia si esaurisce, e lei guarda triste la sua amica. “Sono fuori di testa, vero?”.
Elyon le sfiora un braccio comprensiva. Sa che, nei primi tempi, le sue compagne chiamavano Carol ‘Super Cornelia’, ma non le sembra proprio il momento per dirlo, né ora né mai. Scuote il viso. “Corny, io non rinnego la mia amicizia e la mia ammirazione per Carol. Però lei non ha mai preso il tuo posto. Sei sempre stata tu, la mia amica del cuore”.
“Grazie”, sorride sollevata Cornelia. “Anche con queste fisime?”.
“Certo! Tu non mi hai mai fatto sentire abbandonata. Sei venuta a cercarmi nell’altro mondo anche quando ti ero ostile. Se un giorno dovessi dirmi che hai un’amica preferita diversa da me, credo che sprofonderei nella depressione più nera, in barba a tutto quello che potrei dirmi razionalmente per convincermi che è sbagliato”.
“Grazie, cara”. Cornelia, rincuorata, inizia il suo sorbetto rimasto in malinconica attesa sul tavolo.
“E poi”, continua Elyon, “non devi certo vergognarti per un semplice sfogo. Ti ricordi quanto ero confusa io,  questa primavera? Il ruolo di una regina, le leggi, le profezie… tutto mi sembrava gigantesco, opprimente, prima che tu mi aiutassi a mettere ordine nelle mie idee”.
Cornelia le sorride grata, poi butta un’occhiata all’orologio sul muro. “Ellie, grazie ancora. Ora dobbiamo andare, però. Peter passerà a prendermi a casa mia tra poco. Grazie per avermi ascoltata, questa sera non potevo presentarmi a lui con quel magone”.
“Ti accompagno”.

Appena Cornelia ha pagato, le due abbandonano assieme il tepore del locale.
Il marciapiede è illuminato dai lampioni e dagli addobbi natalizi di alcune vetrine, e l’odore dolciastro ed insalubre delle automobili ristagna ad altezza d’uomo.
“Frreddooo!”, rabbrividisce Elyon, alzandosi il cappuccio del loden. “Mi ero abituata fin troppo bene al clima dolce di Meridian”.
Cornelia annuisce, drappeggiandosi la sciarpa attorno al viso. “Per fortuna non c’è ghiaccio. Andiamo veloci…”.
Mentre camminano, Elyon si accosta. “Sai, Corny… se hai ancora questi pensieri con cui non riesci a conciliarti… io credo di poter fare qualcosa per te, con i miei metodi”.
Cornelia ci riflette a lungo, in silenzio, poi risponde piano: “No, grazie, Ellie. Per capire sé stessi, bisogna trovare il coraggio di convivere con i propri fantasmi”.
 

Heatherfield, vicino al Garden Plaza

Un quarto d’ora dopo, camminando veloci per la fretta e per il freddo, le due arrivano in vista del condominio Garden Plaza, l’abitazione di Cornelia.
Alla luce del lampione, davanti al cancelletto del cortile, un ragazzo alto e magro dalla pelle scura e dagli inconfondibili capelli rasta sbucanti da sotto una cuffia sta muovendosi per scaldarsi, mentre sbuffi di condensa si formano ritmicamente davanti al suo viso. Si guarda attorno con impazienza, poi le vede e fa loro un cenno di saluto con un largo sorriso.
“Ciao, caro”. “Ehilà, Peter”.
“Ciao, ragazze. Ma siete inseparabili!” fa andando loro incontro.
“Vi saluto, piccioncini” cinguetta Elyon, “Corny, ci sentiamo domani”.

Appena rimasti soli, Cornelia gli chiede:  “E’ molto che aspetti al freddo? Perché non sei salito in casa?”.
Peter guarda l’orologio. “Solo venti minuti. E’ che cercavo di sbiancarmi un po’”.
Cornelia ride, e gli sfiora il viso gelato. “Scusami il ritardo, ma avevo bisogno di sfogarmi. Discorsi da donne. Abbiamo sparlato un po’ di una nostra conoscente”.
“Qualcuna che conosco anch’io, per caso?”.
“No, no. Una certa Carol di Midgale”.
“Quella delle fot…”. Peter si rende conto troppo tardi della gaffe.
Cornelia resta impietrita, mentre un rossore da peperone comincia a farsi strada sulla pelle gelata. “Ma… allora le hai viste!”, sibila, quasi inudibile. “Mi meraviglio di te! Leggi le stesse riviste di Uriah?”.
“No di certo”, si discolpa Peter mettendo avanti le mani, spiazzato dal lampeggiare d’ira negli occhi di lei.  “Jacob mi ha raccontato quello che è successo a scuola, ed aveva anche lui quella pubblicazione… così…”.
A Cornelia fischiano le orecchie, immaginando gli sguardi lascivi del suo ragazzo su quella lì. “E così, anche tu ti sei rifatto gli occhi, eh?”.
Peter, a disagio, la prende per le spalle, ma lei si svincola.
“Spero almeno che ti sia piaciuta!” sibila inviperita, mentre due sbuffi di condensa si materializzano ai lati della bocca.
Lui prende fiato. “Cornelia, mi chiedi se mi è piaciuta? Certo. Bella, bionda, slanciata… tipica ragazza da carta patinata. Ma la cosa che mi è piaciuta di più era che assomigliava a te”. Osserva un attimo le reazioni di lei, poi continua; “E poi, lo sai cosa ho pensato? ‘Povero Uriah, l’unico modo che ha per farsi rivolgere la parola da una bella ragazza è farle una provocazione volgare’. Ho avuto pena per lui. Io sono felice: una ragazza così ce l’ho tutta per me, e non di carta patinata: in carne e ossa, corpo e cuore”.
A queste parole, Cornelia si rabbonisce. “Va bene, Peter, ti perdono per averla guardata”.
Lui si inchina, un po’ istrione. “Troppa generosità”.
Le viene di nuovo da sorridere, anche se cerca di non darlo a vedere troppo presto. “E’ stata la tua cara sorellina che ti ha detto il nome e la città di quella là? Magari le hai chiesto anche il numero di telefono…”.
“Beh, Jacob mi aveva raccontato che anche Tara aveva assistito alla scena, quindi io le ho chiesto di raccontarmi, e le è scappato qualche dettaglio in più”. Ora le rivolge un sorriso divertito. “Lo hai sistemato bene, Uriah! Se non fosse andata così, credo che ora lo dovrei sfidare ad un duello d’onore”. Agita un immaginario fioretto davanti a sé, poi finisce l’esibizione con un affondo e un gesto di trionfo.
Cornelia lo guarda sorridendo stupita. “Peter Cook, cos’hai stasera? Ti vuoi rovinare tutto d’un colpo la reputazione di ragazzo serio?”.
“Devo farmi perdonare, o no?”.
“Ma certo! Sono ancora molto arrabbiata!”. Gli volta le spalle scherzosamente. “Torno con Ellie!”.
“Certo che ne passi di tempo con Elyon. Non eri andata da lei anche nel primo pomeriggio?”.
Lei lo guarda obliquamente. “Caro, c’è già una gelosa pazza in famiglia, e sono io! Cornelia Hale, l’unica originale!”.
La ricambia con il sorrisone più mielato che riesce a fare. “Splendida rima! Hai un avvenire come poetessa!”. Le gira attorno, si inchina e le fa un ampio gesto di invito verso l’automobile, parcheggiata lì vicino. Prima, Cornelia ci era passata vicino senza riconoscerla: alla luce aranciata dei lampioni al sodio, il blu scuro della carrozzeria appare mutato in un grigio nerastro dalle sfumature caffelatte.
Mentre si incamminano, lui si fa più serio e azzarda una domanda: “Ma è davvero amica di Elyon, quella… Carol?”.
“Perché? Vuoi fartela presentare?”, salta su lei, di nuovo stizzita. Poi, più conciliante: “Sì, purtroppo”.
Lui annuisce pensieroso, mentre raggiungono l’auto.
Tenendole aperta la portiera, le butta lì, con studiata indifferenza: “Però, Elyon ha delle amiche ben strane”.
Cornelia, sedendo in macchina, annuisce. Poi, mentre il ragazzo fa il giro per arrivare al posto di guida, lei aggiunge, tra sé e sé: “Caro Peter, non puoi neanche immaginare quanto!”.
 

Heatherfield, Lincoln Avenue

Stringendosi nel loden, Elyon cammina di fretta mentre il freddo della sera le punge il viso e le mani. Non ha neppure pensato a portare i guanti… Forse dovrebbe materializzarseli addosso, ma tutto sommato in queste sere anche il frizzare del gelo ha un suo valore emotivo.
A metà dicembre, le strade sono illuminate da festoni natalizi luminosi e percorse da gente che osserva brevemente le vetrine, per poi infilarsi rapidamente nei negozi e perdervisi come ipnotizzata dal lucore di ciò che offrono.
Da bambina questa festa, con il suo contorno di regali e di bigliettini, era la sua favorita;  negli anni passati a Meridian la ha ricordata con nostalgia, dall’alto del suo trono o dal profondo del suo giardino lussureggiante.
Mentre passa, un uomo magro e triste vestito da Santa Claus le porge un biglietto da un grosso blocchetto. ‘Toys world- tutto per la gioia dei bambini’, recita il volantino patinato dal quale un altro babbo natale florido e rubicondo le sorride entusiasta.
Elyon storce il viso: va beh che è bassina, va beh le due treccine, ma essere presa ancora per una bambina… Il suo orgoglio di adolescente non ne esce bene.
A Corny questo non succederebbe di certo, pensa. Alta, elegante, con uno sguardo sicuro da donna adulta...
Perfino in questa sera di crisi invidia un po’ Cornelia: in questo momento lei sarà tra le braccia del suo ragazzo, scaldata dal suo amore, anche se le sarà impossibile confidarsi con lui su moltissime cose importanti.
Il suo Caleb, invece, la evita imbarazzato, accampando scuse ridicole.
La consola pensare che le sarà comunque possibile chiarire la situazione, prima o poi. Se lui non si farà catturare prima, ovviamente.
Scuote il viso dandosi della stupida, tra l’indifferenza dei passanti assorti nei loro pensieri: se non fosse per quella loro vecchia decisione goffa e avventata, avvolta da un fragile e incompleto manto di oblio, ora lui sarebbe qui, al sicuro, allietando le sue giornate e, genitori permettendo, anche la solitudine delle sue notti.
Prima che iniziasse questo colpo di stato, meno di due mesi fa, le sue giornate da Luce di Meridian erano piene e coinvolgenti: dopo aver svolto con un tentativo di coscienziosità i suoi doveri di regina, divideva i suoi pochi sprazzi di tempo libero tra le vecchie amiche di Heatherfield e le nuove di Midgale.
Quella volta avrebbe voluto un po’più di libertà per le mille cose che le sarebbe piaciuto fare.
Ora invece, se non fosse per il tempo che le dedicano Cornelia e, più raramente, le altre, si sentirebbe sola.
In qualche momento ha quasi considerato di reiscriversi allo Sheffield Institute per poter nuovamente condividere i giorni ed i pensieri con le sue amiche, ma dopo essere stata lontana per tre anni non potrebbe essere rimessa in classe con loro, a meno di non inventarsi qualche escamotage che certo non approverebbero.
Comunque, non che non abbia cose importanti da fare: per esempio, ha ripreso in proprio le ricerche sull’invecchiamento cellulare e sui modi di immaginarselo che aveva affidato a Vera. E’ un lavoro ambiziosissimo al quale sua madre, la regina Adariel, aveva dato ogni priorità  vent’anni fa, prima di soccombere, sconfitta dal suo fallimento: infatti lei era in grado di controllare, con le sue tecniche di visualizzazione, sia il proprio aspetto che i sintomi delle malattie, ma non di fermare o invertire l’invecchiamento cellulare.
E poi, si dice Elyon, perché non pensare ai suoi rapidi ed emozionanti viaggi segreti in mezzo mondo, alla ricerca di tecnologie utili per la sua città? Ha raccolto un vero tesoro: tonnellate e tonnellate di macchine industriali dismesse e mezzi obsoleti che ha salvato dalla demolizione. Li conserva smaterializzati, finché non sarà il momento di…

Il suo motivetto preferito, ‘I want to change the world’, interrompe il flusso dei suoi pensieri.
Estrae dalla tasca del loden il cellulare squillante. ‘Mamma’, lampeggia sul piccolo schermo a cristalli liquidi.
“Pronto, ma’? … No, Corny è rimasta con Peter. Io sto tornando a casa. … Da sola? Si, perché? … Tranquilla, non ci entro nei vicoli bui. … Sì, lo sento il freddo, eccome. … Certo, ho chiuso bene il loden. … Uffa mamma, non sono nata ieri! … Sì, ma’, ciao. Passo e chiudo”.
Mentre reinfila il telefonino e la mano intirizzita nel relativo calduccio della tasca, Elyon torna a pensare a ciò che Caleb le ha riferito: la presentazione pubblica di un personaggio importante.
Non riesce ad inquadrare ciò nella logica della sua profezia: un anno di tirannia di una sorella di Phobos con il suo aspetto, fiancheggiata da cinque guardiane con l’aspetto delle sue amiche W.I.T.C.H.  ed il cuore di Kandrakar sfavillante.
Qualcosa da dentro le ripete con insistenza che Vera intende presentarsi alla città con la sua identità autentica. Pessima idea: in questo modo, quando tutto sarà finito, su di lei potrebbe restare una macchia indelebile. Così si candiderà al poco invidiabile ruolo di capro espiatorio di un anno di tirannia. Perché non rimanere nell’anonimato?
Comunque, è troppo rischioso tentare di metterla in guardia ora, anche perché potrebbe benissimo essere una trappola per attirare la stessa Elyon in città e catturarla.
Scuote il viso tra sé: meglio attenersi al piano originale e restare in disparte per diciotto mesi, un anno di Meridian.
Mentre attende meccanicamente il verde al semaforo del passaggio pedonale, Elyon non può fare a meno di chiedersi cosa abbia inventato Vera per convincere le sue compagne a seguirla in questa impresa ingrata.
 

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Capitolo 50
*** La principessa Vera ***


50-La principessa Vera  
Ad personam:
Cara Melisanna, cara Atlantis Lux, vi ringrazio moltissimo per le vostre belle recensioni. Mi fa tanto piacere che Profezie abbia ancora qualche fedele lettrice a, mi pare, quattro anni dall'inizio. I personaggi e le situazioni di 'L'amica del cuore' sono tra quelli, in questa fiction, che emotivamente sento di più. 
In quella confessione ho voluto rendere una Cornelia molto coraggiosa: l'invidia è un sentimento particolarmente difficile da ammettere, non solo perchè è antipatico, ma anche perchè è un'ammissione di inferiorità. 
Per quanto riguarda Carol, in effetti è un personaggio molto esagerato, che fa ancora più fatica di Cornelia a convivere con il suo stesso carattere competitivo. 
Del resto tutte le gocce hanno un carattere in qualche modo esagerato, a parte Terry che però ci riserverà delle grosse sorprese... oops, l'ho detto, ma farete in tempo a dimenticarvi.
Mamma Eleanor è molto preoccupata anche per il freddo: in confronto alla mezza stagione che vige sempre a Meridian, vedremo più avanti perchè, il clima invernale della costa est degli USA è decisamente rigido.

Due parole sul capitolo che state per leggere: in primo luogo ringrazio  Silen per la rilettura, ed il consiglio di variare i punti di vista rispetto alla bozza che le ho proposto che raccontava le stesse cose, ma sempre dal punto di vista di Vera. 
Come vedete, il suo piano sembra andare a gonfie vele, riuscendo a farsi non solo accettare, ma perfino ammirare dalla gente di Meridian anche grazie ad un'incredibile ammissione pubblica. 
Ho avuto qualche esitazione nell'uso del titolo di Principessa per Vera, perchè richiama tanto le fiabe classiche con draghi e principi azzurri, ma è obiettivamente il titolo che spetta alla sorella di una regina, anche se è una sorella molto particolare. 
Per le Gocce si aprono nuove possibilità, che ciascuna interpreterà a modo suo. 

Buona lettura
MaxT

PROFEZIE


Riassunto delle puntate precedenti 
Dopo un incontro misterioso con la Luce di Meridian, Vera ha convinto le Gocce a sostituirsi ad Elyon a Meridian, impersonando la regina e le guardiane. Carol si è opposta, ed è stata costretta con l'ipnosi. 
A Meridian, la controfigura di Elyon e le finte guardiane esiliano Miriadel e Alborn, mentre Caleb sfugge alla cattura;  pur avendo assunto il potere, si 
rendono conto di non essere convincenti, e inventano la storia che le guardiane sono a palazzo per proteggere la Luce di Meridian da un complotto. 
A Heatherfield, rifugiatasi con i genitori nella sua vecchia casa, Elyon spiega che quella che si sta realizzando è una sua profezia,  la cui interpretazione fino a quel punto era ambigua. La profezia prevede che la tirannia duri un anno, che a Meridian dura diciotto mesi. Elyon è decisa a non tentare niente prima di questa scadenza.
Sul palazzo scende un clima sempre più oppressivo in cui le congiurate utilizzano sia i poteri mentali che l'intimidazione per mantenere il controllo.
Settimane dopo, vengono a sapere per caso la profezia infallibile che prevede che la tirannia durerà un anno.
Il nuovo piano di Vera prende rapidamente forma, basandosi sull'ambiguità del termine di un anno: prima simuleranno che Elyon diventi sempre più tirannica e impopolare, screditandola, poi Vera, che ha comunque il rango di una principessa Escanor, la spodesterà dopo un anno terrestre di dodici mesi, facendo finire apparentemente la tirannia e realizzare la profezia; poi, dopo aver guadagnato il consenso della gente, si prepareranno per affrontare Elyon e eventualmente le Guardiane al loro ritorno dopo diciotto mesi. Vera crea venti copie di Wanda, dette Nemesis, che avranno l'incarico di impersonare le guardiane, sollevando le gocce dal compito, e di sorvegliare la città restando invisibili o sotto falsa identità. 
A Meridian è stata preannunciata la presentazione di un importante personaggio pubblico.

Cap.50

La principessa Vera


'Sono qui per guardare al futuro, non al passato'.
                                                                                 Principessa Vera Escanor



Meridian, accesso del palazzo reale

Quando il portone viene aperto davanti a loro, la luce calda del mattino inonda l’atrio del palazzo.
“Ecco i riflettori”, scherza Vera per farsi coraggio.
“E allora, in scena!” le ribatte la regina, incamminandosi verso il loro palcoscenico.
Se Vera non sapesse che quella che ha accanto è in realtà Irene, si farebbe ingannare facilmente dalla sua recitazione impeccabile e quasi spontanea. Lei, invece, a disagio nel sontuoso vestito blu con il colletto alto che le tiene dentro i capelli, sente già le gocce di sudore scivolarle lungo il collo.
Quando segue la regina all’aperto, sulla sommità dello scalone di accesso della torre est, Vera deve socchiudere gli occhi al sole abbagliante.
Prende fiato. E’ la prima volta che si mostra ad un grande pubblico con la sua identità, a parte  qualche imbarazzato incontro con guardie e domestici del palazzo nei giorni precedenti. Anzi, è la prima volta che esce dall’ombra dacché esiste.
Quando i suoi occhi si abituano alla luce, li vede. Più di diecimila visi di ogni tonalità di verde, azzurro e marrone si sono raccolti appena fuori dal muro di cinta. Altre centinaia di persone gremiscono la strada che si arrampica dal centro di Meridian fino all’altopiano che la sovrasta, e in migliaia si accalcano anche in piazza Sottocastello, ottanta metri più sotto, l’ultima pendice del centro città ai piedi della scarpata.
Con la sua ampia curva digradante verso sud, lo scalone costituisce un balcone per essere visti sia dal pianoro all’esterno del giardino, sia dalla città sottostante.
Lungo tutta la scalinata, a rispettosa distanza, sono allineati soldati impettiti dall’uniforme impeccabile e dagli elmi scintillanti al sole, ma non è solo su di loro che lei conta per la sua sicurezza. Eppure, nonostante le barriere invisibili che avvolgono il pianerottolo, nonostante le ventuno Nemesis in incognito confuse tra i domestici, la folla e gli uccelli del cielo, non può scacciare una sensazione di vulnerabilità.
Il peggio che potrebbe accadere in questa occasione, naturalmente, è una comparsa pubblica della vera Elyon a sbugiardarle. Per questo, Vera spera tanto che la sua sorellina non voglia contraddire la sua stessa profezia, o far scoppiare un tumulto che, con novecento soldati schierati in una città di novantamila abitanti, potrebbe diventare estremamente sanguinoso.
Ovviamente, le vere Guardiane di Kandrakar potrebbero non sentirsi vincolate dalla profezia e attaccare; per evitare eventuali confronti imbarazzanti davanti alla folla, stamattina nessuna delle ventuno Nemesis schierate sfoggia il loro vivace costume con le alette.
Un pizzicotto discreto di Elyon la richiama dalle sue riflessioni. “Iniziamo!”.
 
Paochaion, a braccetto con Terry alla base della scalinata, osserva eccitata la scena, cercando di tenere a freno la lingua per non tradirsi.
Quando vede la Luce di Meridian sporgersi dalla balaustra e alzare le braccia a chiedere silenzio, sente interrompersi ogni mormorio della folla, e un silenzio irreale scende sulla rupe.
Poi sperimenta anche lei, come tutti gli astanti, quello che in ogni altro luogo dell’universo sarebbe considerato un miracolo: anche a distanza, l’immagine della Regina appare nitida come se fosse vista da pochi passi, e sente chiaramente nella testa la sua voce, priva di ogni accento straniero.
“Popolo di Meridian”, esordisce Sua Altezza, “Quest’oggi vi ho convocati per presentarvi quella che considero, e vi prego di considerare, come mia sorella, la Principessa Vera Escanor”. Si volge alla sua destra. “Eccola al mio fianco”.

Anche a distanza, tutti vedono chiaramente nella mente il viso, bello e alieno, della principessa che avanza e si sporge dalla terrazza con un sorriso emozionato.

La Luce di Meridian riprende: “Questa mia sorella condivide il mio sangue reale, ed ha grandi poteri ereditati dalla nostra stirpe”. Pausa ad effetto. “So che può fare molto per la città e per tutti voi. Potete avere ogni fiducia in lei, come in me”.

Nemesis Sei, camuffata tra i soldati del cordone di sicurezza, ascolta il mormorio perplesso alzarsi dalla folla, e osserva gli astanti per captarne i pensieri inespressi.
Una nuova principessa Escanor si presenta tredici anni dopo la morte della vecchia regina Adariel? Ma non è possibile che questa avesse una figlia segreta! E se fosse un essere artificiale come quelli che una volta venivano creati su misura dai maghi per lenire il tormento di un amore non corrisposto o per rimpiazzare un familiare venuto a mancare? O, più spesso ancora, per essere usati come schiavi?

La Luce di Meridian alza nuovamente le braccia. Quando torna il silenzio, riprende: “Da oggi la delego a rappresentarmi al consiglio dei Veglianti. Inoltre, mi sostituirà nelle udienze pubbliche che sono rimaste sospese per più di un mese, e nel ruolo di Suprema Guaritrice, Suprema Sacerdotessa e Supremo Giudice, che l’impegno per i miei progetti mi ha impedito di svolgere”. Si volta nuovamente verso la ragazza a suo fianco: “Popolo di Meridian, ora vi chiedo una grande ovazione di benvenuto per la principessa Vera!”.
 
Volteggiando sul palazzo nella forma di un’aquila reale, Nemesis Dodici ascolta il grande applauso alzarsi dal pianoro e dalla piazza sottostante, ed echeggiare sulla scarpata che racchiude la città. In pochi istanti sente il suono, da caotico, farsi ritmato, e trentamila mani battere tutte assieme come per un rituale. Scrutando la gente con le sue fovee da rapace, acute come binocoli, riesce a percepirne i pensieri anche dall’alto.
‘Ecco la spiegazione’, pensano i più cinici tra l’immensa folla: ‘La regina non ha tempo e voglia per interessarsi del governo della sua città, così si è costruita una vice su misura per delegarle i compiti che considera più noiosi. Chissà quali sono i misteri a cui si interessa realmente?’
La principessa Vera fa un passo avanti e, come la regina prima di lei, alza le braccia a chiedere silenzio.
“Popolo di Meridian”. Anche la sua voce echeggia nelle menti senza nessun accento straniero, ma con un’emozione che non le è possibile nascondere. “Io esisto per servire la mia città”, sono le sue prime parole. “Io devo la mia esistenza alla Luce di Meridian e alla sua generosa cura per voi”.
Nemesis Due, confusa tra la folla con un aspetto non suo, spalanca gli occhi stupita: ha capito bene?
Dopo un istante di silenzio sbalordito, un brusio tra la gente glielo conferma. ‘Non si è mai sentita persona ammettere, senza esservi costretta, la sua origine innaturale’.
Appena Vera sente nuovamente l’attenzione su di sé, riprende: “Io darò tutta me stessa per la vostra felicità, per il progresso della nostra città, e per lasciare alla Luce di Meridian la libertà di attendere ai misteri cui si sente chiamata”.

Nemesis Otto, nell’aspetto di una bimba dallo sguardo troppo serio, ascolta il mormorio perplesso che si sparge tra la gente di piazzale Sottocastello. I commenti degli astanti si dividono tra quelli colpiti dalle promesse della nuova principessa, e quelli inquieti all’idea che la legittima regina abbia da fare cose più importanti che governare la loro città. Altri ancora ricordano le voci di un complotto che si erano diffuse il mese precedente: ‘Forse la regina non vuole ammettere pubblicamente che ha paura di un attentato, e si fa sostituire, negli incarichi in cui sarebbe più esposta, da una persona più spendibile’.

Elyon leva ancora le braccia.
Quando il silenzio cade nuovamente, scandisce: “Popolo di Meridian, ora vi chiedo un nuovo, caldo  applauso per la principessa Vera, sangue del mio sangue”.

Una grande ovazione inizia ai piedi del palazzo, e si propaga subito nella grande piazza sottostante. Dopo qualche istante, anche questo applauso diventa ritmato, ma in mezzo alla folla si vedono anche copricapo sventolati, e si sentono perfino grida spontanee di simpatia.
Nella sua camera nella torre , distesa a faccia in giù sul letto, Carol non riesce a non sentire nella mente quelle parole e quegli applausi neppure premendosi i cuscini sulla testa. 
‘Se sapessero come li stiamo prendendo in giro,’ rimugina con rabbiosa disperazione, ‘cosa sarebbe di noi?’.
“Sembra che tu abbia riscosso un certo successo”, si congratula la regina  voltandosi verso la nuova principessa.
Lei annuisce, emozionata, e saluta il popolo della capitale oscillando un braccio sopra il capo.
Quando Sua Altezza rientra nel palazzo, per qualche istante tutta l’ovazione della gente resta per Vera, per la prima volta nella sua vita.
Deve farsi forza per congedarsi da loro e rientrare nuovamente nell’ombra.
Raggiunge Elyon che la attende nell’atrio circolare, ed assieme incedono sorridenti davanti a soldati, domestici e funzionari allineati che si inchinano, come in una specie di onda, al loro passaggio trionfale verso lo scalone.

Quando sono di nuovo nell’intimità della sala del trono, le due si abbracciano.
“E’ fatta, Irene! Non lo credevo!”.
“Chiamami Elyon, stupidotta!”.
Vera inarca un sopracciglio. “Stupidotta a chi?”.
“Scherzo, naturalmente, mia cara… ma sarà meglio che tu perfezioni la tua riverenza!”.
Il sopracciglio si alza ancora di più. “Guarda che Elyon non è così vanitosa”.
 
Will, in alette e calzamaglia, si rivela accanto a loro, facendole sussultare. “Ma lo dovrà diventare!”.
“EEH… Che spavento!”. La regina si vendica con uno spintone, che riesce a smuovere appena la guardiana.
Will riprende: “Per oggi va bene così, ma non essere troppo simpatica, Altezza. Ricorda che, secondo la cronologia del nostro piano, i dodici mesi di tirannia sono già iniziati, anche se dovremo arrivare al culmine lentamente per limitare i danni alla città”. Si volta verso Vera. “E riverire la Luce di Meridian non è una cattiva idea. Aiuterà a nascondere chi comanda veramente, e a mantenere le distanze da lei”. 
Vera sbuffa. “A sentirti parlare, Wanda, uno potrebbe pensare che comandi tu!”.
“Ma no!”, si schermisce l’altra, quasi offesa. “Io sto solo pensando alla riuscita del piano”.
“Stiamo parlando liberamente, no?”, continua Vera. “Come sei stata esplicita tu, in privato possiamo esserlo anche noi!”.
“E invece dovresti starci attenta!”, fa allegramente una ragazza dal viso azzurro con pitture gialle, comparsa improvvisamente dietro a Will.
Piccolo sussulto generale.
Elyon è la prima a riprendersi dalla sorpresa. “Pao Chai, ti diverti a fare scherzetti?”.
“Paochaion, prego!” risponde la nuova arrivata. “Ah, vi abbiamo osservate dalla parte del pubblico. Siete state favolose! Soprattutto la diffusione in Meridiavisione!”.
“Grazie”, si schermisce Vera, “E le altre?”.
“C’ero anch’io!”, scandisce la voce di Therese, mentre le altre si rendono conto, con un ulteriore sobbalzo, di avere accanto a sé una sconosciuta dalla pelle verdazzurro pallido, contornata da una cascata di riccioli bianchissimi che lasciano intravedere le punte delle orecchie. Ancora di più, inquietano gli occhi giallo ambra, quasi da gatto. Al di là dei colori vivaci e delle orecchie a punta, però, i lineamenti non sono cambiati per niente.
“Ehm… questa è Theresion… il nuovo alter ego di Terry”, la presenta Paochaion, la prima ad essersi ripresa dalla sorpresa. Le va accanto e la prende a braccetto. “Gliel’ho suggerito io. Non trovate che facciamo un bell’abbinamento di colore, assieme?”.
Will annuisce, un po’ accigliata. “L’ideale per passare inosservate”.

Vera si guarda attorno. “Bene, ora aspettiamo solo che Carol mi sbuchi alle spalle facendo ‘buh’, per vedere la sua nuova faccia”.
“Carol… per quanto ne sappiamo, è ancora in camera, ed oggi ha ripreso il suo aspetto originale”, racconta con rammarico Theresion. “Non ha assistito alla tua presentazione pubblica”.
“Sono giorni che esce pochissimo dalla sua stanza, parla poco e non sorride mai”, aggiunge Paochaion preoccupata. “Si muove quasi solo per venire a pranzo, e quasi sempre perché noi siamo andate a chiamarla”.
Vera annuisce con espressione comprensiva. Le sembra scortese commentare che, per lei, questi sono stati i giorni migliori da quando sono arrivate a Meridian.
 

Ai piedi dello scalone di accesso, tre ore dopo

“Che carrozza!”. La regina giunge le mani, estasiata davanti al mezzo laccato di color panna e oro. “Ho sempre sognato di viaggiare su una vettura tirata da tanti cavalli bianchi!”.
Il valletto che tiene aperta la porta la guarda un attimo con aria perplessa dipinta sul viso color salvia, prima di riassumere l’impassibilità di rito.
La principessa Vera, al fianco, le dà un discreto calcetto negli stinchi. “Sei proprio spiritosa, Elyon”, le risponde ridendo non proprio spontaneamente. ‘Sciocca, tu viaggi sempre in questa carrozza! Ti è venuta così a noia che preferiresti camminare o teletrasferirti, se non fosse per il protocollo!’.
Elyon riassume un contegno spiritoso. “Mi capisci al volo, vero? Me la farò andare bene, finché non sarà disponibile l’elicottero!”.
Vera sospira rassegnata, mentre entrano nell’abitacolo. Le seguono le guardiane Cornelia e Irma, con il cipiglio tipico delle Nemesis.
Will, Hay Lin e Taranee, invece, prendono posto sui sedili esterni accanto al vetturino e al valletto, che guardano davanti a sé con un’espressione di mal celato disagio.

Quando la carrozza si muove, una debole scia di polvere si solleva dietro, offuscando la vista del palazzo e dei cavalieri di scorta.
“Dove andiamo, esattamente?” chiede quella che assomiglia a Cornelia, scrutando nervosamente dal finestrino.
Vera si sporge per indicarle un edificio a forma di tronco di cono adagiato sull’altipiano, due chilometri a sudest da loro. “Quella è la sede del Consiglio dei Veglianti, che fa da governo a tutta la regione di Meridian”.
“Visto da qui, sembra la torre di evaporazione di una centrale nucleare”, osserva la guardiana.
La regina si sporge, incuriosita. “Quello la? A me sembra un mulino a vento dopo il passaggio di Don Chisciotte che gli ha fatto a pezzi la girandola”.
“La girandola?”, fa Irma, guardando dall’altro finestrino. “Altezza, intendi le pale del rotore?”.
Lei la guarda un attimo incerta, poi la liquida: “Va beh, Irma cara, Don Chisciotte era un gran rotore di pale”.
Tre mugolii di disperazione si diffondono nell’abitacolo.
Vera la riprende con una gomitata discreta. “Non perdere la concentrazione, Elyon. Sei andata così bene, stamattina!”.
Lei annuisce sicura. “Abbi fiducia, cara!”.
Cornelia torna a guardare l’edificio che viene loro incontro lentamente. “Fa da governo solo alla regione di Meridian? Non ha autorità sul resto del metamondo?”.
“No”, risponde Vera. “Il controllo sul resto del territorio spetta a governi e nobili locali, subordinati alla Luce di Meridian tramite una piramide di ispettori telepati”.
“Basta parlare di politica!”, sbuffa la regina, annoiata.
“E invece dovresti informati”, la rimprovera Irma. “Altrimenti rischi di far cadere le… il palco, sì,  con qualche gaffe colossale davanti a tutti”.
L’altra guardiana le fa cenno di non parlare in modo troppo esplicito.
“Tranquille”, dice Elyon del tutto a suo agio. “Non per niente ho delegato le cose barbose come la politica alla mia fedele creatura, vero Vera?”.
Questa annuisce, rassegnata. Non è proprio il momento giusto per picchiare la regina, anche se lo meriterebbe abbondantemente.

Poco dopo, la carrozza si ferma davanti alla scalinata del Palazzo del Consiglio dei Veglianti.
Il grande edificio tronco-conico, visto da vicino, rivela la sua costruzione in pietre saldate, non molto diversa da quella del palazzo reale.
I soldati di piantone alla scalinata si impettiscono sull’attenti, ma nascondono a fatica il loro disappunto quando le cinque guardiane saltano agilmente giù dalla carrozza, e si dispongono attorno alle due ospiti d’onore.

All’interno del palazzo, un ampio corridoio porta ad un salone centrale circolare, contornato da una corona di porte.
La luce del giorno entra dall’alto di un grande tubo di cristallo.
La regina lo guarda preoccupata. ‘Non dirmi che quello è l’ascensore’, pensa.
Vera le sorride rassicurante: ‘Non te lo dico, Elyon, perché lo sai benissimo. Altezza, tu sei già stata qui almeno una cinquantina di volte. Ora vai, e ricorda: sei tu che mi guidi’.
Senza bisogno di ordini, Will e Taranee svaniscono con un grande lampo, per ricomparire accanto all’uscita dell’ascensore al piano superiore.
Cornelia sale con loro sulla piattaforma levitante che le attende dentro al tubo, mentre le ultime due guardiane si dispongono in retroguardia sul pianerottolo, ai lati della porta.
Stare su un disco che levita a venti metri da terra non offre uno spettacolo indifferente per lo stomaco di Irene, che però riesce a mantenere un impeccabile contegno regale.
Quando l’ascensore arriva al piano, lei scende sicura, seguita da Vera, che la guida con il pensiero verso una porta attraversata da un lungo tappeto rosso, piantonata da due impeccabili soldati, a loro volta piantonati da due guardiane diffidenti.

Dentro la sala, il consigliere capo Korgandor prende fiato, emozionato: è la prima volta che la Luce di Meridian si presenta al nuovo Consiglio dei Veglianti che lui è stato chiamato a presiedere.
Scambia sguardi di intesa con gli altri nove consiglieri seduti al grande tavolo a ferro di cavallo, tutti freschi di nomina ed emozionati come lui.
Tutt’attorno, al di là del colonnato semicircolare, ha preso posto un pubblico composto e curioso.
Finalmente il consigliere vede i soldati di guardia percuotersi il petto in un impeccabile saluto.
Un attimo dopo, la Regina fa il suo ingresso, incedendo sul sontuoso tappeto rosso che divide la sala. Sul suo capo rifulge l’antica Corona di Luce, con le ipnotiche iridescenze della sua grande ametista. Sembra sicura di sé e benevola, non crucciata e distante come qualche settimana fa, quando lo ha convocato a palazzo per la nomina.
Dietro la Regina entra la nuova Principessa dal nome esotico, che si guarda attorno visibilmente emozionata: una creatura della Sua Onnipotenza, che paradossalmente sembra più grande di lei.
La Luce di Meridian, salutati tutti con un bel sorriso, aggira disinvolta il tavolone e prende posto al seggio centrale.   “Vera, vieni qui vicino”.
Korgandor porge il suo seggio: “Prego, Principessa!”. Stupidamente, non aveva pensato a far aggiungere per tempo una poltrona più adeguata.
Vera si porta accanto alla sua creatrice, con un cenno imbarazzato di ringraziamento al capo consigliere.
“Seduti, prego”. Elyon parla con sicurezza regale: “Do il benvenuto ai nuovi consiglieri. So che vi siete ritrovati qui già diverse volte, anche se io non ho potuto essere presente. Per impedire che le mie assenze possano nuocere al governo della città, delego la qui presente principessa Vera a rappresentarmi presso di voi”.
“Ehm… buongiorno a tutti”, fa eco Vera, un po’ esitante.
Tutti chinano il capo nel doveroso rituale di saluto.
La regina riprende: “Non mi dilungherò sui motivi che mi hanno spinto a rinnovare il consiglio precedente. So che voi e Vera farete di tutto per essere all’altezza della mia fiducia”. Fa un gesto benedicente. “Ci sono domande?”.
In risposta, tre consiglieri alzano la mano assieme.
“Bene. La principessa Vera è qui per rispondervi. Ora vogliate scusarmi, signori consiglieri, altri impegni mi chiamano”. Si rivolge a Vera: “Vuoi che rimandi qui la carrozza a prenderti?”.
“Ma no, grazie. Tornerò da sola col teletrasporto”.
“Magnifico! Ciao! Buongiorno ancora, signori!”. Con un sorriso felice e disinvolto, la regina esce solenne dalla sala, richiamata dai suoi misteriosi e inderogabili impegni.

Korgandor vede la principessa annuire, come in risposta istintiva a un qualche messaggio telepatico che lui non è riuscito a percepire. Con i suoi modestissimi poteri parapsichici, non si sarebbe mai aspettato di essere chiamato al ruolo che fu di Lord Thetras prima del suo incredibile arresto per cospirazione.
“Rispettati consiglieri”, esordisce lei dopo un’esitazione, “So che mi volete chiedere i motivi per cui la Luce di Meridian ha voluto rinnovare il consiglio. Purtroppo non posso rispondere a questa domanda. Sono qui per guardare al futuro, non al passato”.
Nessun viso osa dimostrare delusione per questa risposta evasiva.
Continua: “So che questo pomeriggio c’è in programma solo il nostro incontro. Ora vorrei conoscere il calendario dei prossimi ordini del giorno, in modo da poter dividere la mia presenza tra questo e altri impegni nel modo migliore”.
Korgandor annuisce deferente. “Ai vostri ordini, principessa Vira”.
Lei lo ricambia con uno sguardo irritato. “Vera, prego. V-E-R-A”.
“Scusate… Vera, certo”. L‘uomo arrossisce. Che figura meschina, proprio all’inizio! Ma con questi nomi difficili dal suono straniero… “Ecco, Principessa”, dice prendendo in mano il suo prezioso quaderno rilegato in pelle di Quodrong. “Mando a chiamare uno scrivano, e in pochi minuti farò trascrivere tutti i nostri ordini del giorno”.
Lei allunga una mano a prendere il quaderno. “Non si disturbi, ho un metodo più rapido”.
Se lo rigira per un po’ tra le mani, come per esplorarlo col tatto, poi lo depone davanti a Korgandor.
“Non lo volete più?”, chiede lui, incerto.
“Certo che lo voglio. Osservate…”. Pone le mani a pochi centimetri dal piano del tavolone.
I consiglieri più vicini hanno l’impressione di una debole corrente d’aria, quasi una brezza che converge sotto i palmi della principessa, facendo un vago rumore di risucchio.
Si meravigliano ancora di più quando un’iridescenza le appare sotto i palmi, prendendo rapidamente la forma e la consistenza di un quaderno rilegato in pelle. Dunque questa principessa creata dal nulla possiede il più estremo dei poteri della Luce di Meridian, quello di materializzare oggetti, e forse perfino altre persone!
Lei li guarda con il trionfo nello sguardo, sentendo i mormorii meravigliati del pubblico oltre il colonnato. Si rigira tra le mani il suo prezioso quaderno, soddisfatta, e lo sfoglia, sembrando finalmente a suo agio. “Domani pomeriggio parlerete della ristrutturazione di… cosa c’è scritto qui?”.
Il consigliere riconosce gli scarabocchi tracciati dalla sua stessa scrittura sulla bella carta color panna. “Il quartiere Trasclovkir”. In risposta ad un suo sguardo interrogativo, spiega: “Quello al di là del fiume Clovkir, a Meridian bassa”.
Lei annuisce. “Bene. Andrò a vederlo per farmi un’idea”. Sembra rifletterci un attimo. “Credo proprio di conoscere la persona giusta per discutere questi argomenti. Domani vi presenterò un’esperta di architettura che viene da molto lontano”.
 
 

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Capitolo 51
*** Le sorgenti della magia ***


51- Le sorgenti della magia  
Ad personam:
Cara Scrlettheart, ti ringrazio moltissimo per la tua bella recensione; sono rimasto quasi con le lacrime agli occhi pensando che hai fatto le due di notte leggendo in pochi giorni questa storia già così lunga. Se desideri chiedere qualcosa sulla tecnica di colorazione dei disegni, o inviarmi qualcuno dei tuoi, sei più che benvenuta.
A proposito dello stile dei disegni, all'inizio avevo tentato di riprendere le proporzioni e le schematizzazioni del viso tipiche del fumetto, ma temo di non essere stato abile, e non sono più soddisfatto dei miei primi lavori; perciò ho preferito tentare un'interpretazione realistica, anche se a volte è un po' problematica. Per esempio, come fare a rendere una somiglianza tra Will e Wanda? Will è caratterizzata dagli occhi grandissimi e dai capelli rossi (un aspetto che condivide con alcuni tipici personaggi da shoujo manga che talvolta mi ammiccano dalle scansie della fumetteria); se si rinuncia ai capelli rossi, si cambia lo stile di disegno, l'espressione del viso e si fa anche crescere la corporatura... beh, vederci una somiglianza diventa un atto di fede nel testo, lo ammetto.

Due parole di presentazione su questo capitolo. Al dilà della lettura che spero gradevole, le tre parti in cui è diviso definiscono aspetti che avranno importanza in seguito: uno è l'opportunità di Pao di realizzare il sogno di diventare architetto; un altro, il più importante, è che un certo tipo di energia magica è una risorsa razionata, tema ben presente soprattutto in La Luce al tramonto; infine il fatto che gocce e Nemesis perdono i loro poteri se isolate da Vera.
Per il disegno, tra le tante possibilità ho optato per una vista del quartiere Trasclovkir; forse la scena della fonte magica sarebbe stata più importante, ma ero più ispirato a disegnare edifici sbilenchi e fatiscenti. Stavolta non ho proposto altri ritratti delle nostre anti-eroine, dopo la valanga dei capitoli precedenti.

Buona lettura
MaxT

PROFEZIE


Riassunto delle puntate precedenti 
Dopo un incontro misterioso con la Luce di Meridian, Vera ha convinto le Gocce a sostituirsi ad Elyon a Meridian, impersonando la regina e le guardiane. Carol si è opposta, ed è stata costretta con l'ipnosi. 
A Meridian, la controfigura di Elyon e le finte guardiane esiliano Miriadel e Alborn, mentre Caleb sfugge alla cattura;  pur avendo assunto il potere, si 
rendono conto di non essere convincenti, e inventano la storia che le guardiane sono a palazzo per proteggere la Luce di Meridian da un complotto. 
A Heatherfield, rifugiatasi con i genitori nella sua vecchia casa, Elyon spiega che quella che si sta realizzando è una sua profezia,  la cui interpretazione fino a quel punto era ambigua. La profezia prevede che la tirannia duri un anno, che a Meridian dura diciotto mesi. Elyon è decisa a non tentare niente prima di questa scadenza.
Sul palazzo scende un clima sempre più oppressivo in cui le congiurate utilizzano sia i poteri mentali che l'intimidazione per mantenere il controllo.
Settimane dopo, vengono a sapere per caso la profezia infallibile che prevede che la tirannia durerà un anno.
Il nuovo piano di Vera prende rapidamente forma, basandosi sull'ambiguità del termine di un anno: prima simuleranno che Elyon diventi sempre più tirannica e impopolare, screditandola, poi Vera, che ha comunque il rango di una principessa Escanor, la spodesterà dopo un anno terrestre di dodici mesi, facendo finire apparentemente la tirannia e realizzare la profezia; poi, dopo aver guadagnato il consenso della gente, si prepareranno per affrontare Elyon e eventualmente le Guardiane al loro ritorno dopo diciotto mesi. Vera crea venti copie di Wanda, dette Nemesis, che avranno l'incarico di impersonare le guardiane, sollevando le gocce dal compito, e di sorvegliare la città restando invisibili o sotto falsa identità. 
Dopodichè, una controfigura di Elyon presenta pubblicamente Vera come principessa al popolo e al Consiglio dei Veglianti, delegandole tutti gli impegni pubblici; la nuova vice-regina incontra subito un'accoglienza favorevole, anche avendo ammesso di essere una creatura della Luce di Meridian.

Cap.51

Le sorgenti della magia




Un’ora dopo l’alba, la luce dorata del sole non ha ancora raggiunto il selciato di molte vie di Meridian, ma anche nei vicoli in ombra arriva il riverbero del cielo terso.
A quest’ora la città sta riprendendo vita: le imposte delle finestre si aprono con pigri cigolii, il profumo del pane si sparge nell’aria attorno ai forni, e la gente benedice il nuovo giorno sereno, o almeno così piace pensare.
Ad un tratto, i cinguettii mattutini degli uccellini si abbassano fino a tacere.
Uno spazzino interrompe il suo ramazzare sollevando lo sguardo curioso oltre i tetti.
Alte nel cielo, quattro grandi aquile di una specie mai vista volteggiano lente, come scrutando nelle vie.
Un ticchettio di passi in  distanza attira la sua attenzione. Due giovani donne stanno scendendo la via principale dalla città alta, sfidando il fresco della mattina. Sono vestite con eleganza, da vere nobili. Quella con un gran rotolo di pergamena in mano ha un colorito azzurrino abbastanza comune, ma la pelle rosata dell’altra…
Lo spazzino trasale per la sorpresa, riconoscendo la Principessa che è stata presentata dalla Luce di Meridian solo il giorno prima, meravigliando tutta la città. Accenna loro un inchino rispettoso, ricambiato dalle due con sorrisini di cortese condiscendenza. Poi le segue con lo sguardo mentre si allontanano discendendo la via principale, salutate con deferenza da due soldati di pattuglia.

“Meraviglioso!”. Per Paochaion, che cammina con una pergamena srotolata tra le mani e gli occhi persi di meraviglia, lo scorcio inedito rivelato da ogni svolta è occasione per rinnovare i suoi gridolini di entusiasmo.
“Fai attenzione alla mappa”, le ricorda Vera camminandole a fianco. “Per il quartiere Trasclovkir, tra poco dovremo voltare sulla sinistra”.
“Già”. Pao interrompe la sua lotta per tenere disteso il foglio ribelle, che torna ad arrotolarsi prendendole dentro un pollice. Si volta crucciata verso l’altra: “Vera, ci sarai anche tu questo pomeriggio, alla riunione del consiglio?”.
“Ti preoccupa? Ti accompagnerò per presentarti, ma poi speravo di lasciarti lì da sola a sorb… a sentire la discussione”.
“Ti prego!”, la invoca piantandole supplichevolmente le unghie nell’avambraccio, “O non riuscirò a spiccicare parola davanti a loro!”.
“Non devi spiccicare parola, cara. Basta che ascolti con cognizione di causa e cominci …”. D’improvviso, Vera la tira a sé in tempo per non farle mettere sotto le suole qualcosa di non proprio gradevole. “Attenta a non pestare!”.
“Oh, grazie”, fa Pao, appena resasi conto dello scampato pericolo. “A proposito di spiaccicare…”.
“Di niente”, fa Vera, massaggiandosi l’avambraccio artigliato dall’altra. “Si dice che porti fortuna. E se continui a dedicare la tua attenzione alle facciate delle case, in queste vie ne troverai parecchia, di … fortuna”.
“Meglio i quadrifogli, grazie!”. Paochaion tenta di nuovo di distendere la mappa, poi riguarda il selciato, già con meno entusiasmo. “Sbaglio, o qui le strade sono più sporche che vicino al palazzo?”.
Vera ne conviene. “Più sporche e più brutte”.
“Ma no!”, fa Pao giocherellando con la mappa che, nel frattempo, ha nuovamente vinto la sua battaglia per arrotolarsi. “Sono pittoresche! Sembrano appena uscite da una fiaba…”.
In quel momento, sentono un rumore da sopra di loro, ed un attimo dopo piove ai loro piedi qualcosa che non viene raccontato in nessuna fiaba.
Restano un attimo agghiacciate.
“Ma… ha vuotato il vasino in strada!”. “Che schifo!”.
“Eh, sì, bisogna fare attenzione”, commenta un arzillo vecchietto dalle orecchie lunghe e pelose   che risale la via nel senso opposto, trasportando sulle spalle un sacco di iuta pieno di chisacosa. “E’ sempre meglio tenere il cappuccio alzato, di mattina presto”. Passa accanto a loro senza degnare la principessa di alcuna riverenza, ma solo di un’occhiata curiosa al colorito insolito ed al vestito elegante così fuori luogo.
Le due alzano gli occhi verso la finestra aperta e poi, oltre i tetti, alle quattro aquile volteggianti. Chissà se le Nemesis immaginavano questo rischio, quando hanno deciso di scortarle dall’alto?
“Andiamo”, si decide Vera prendendo l’amica a braccetto, “Pao, tu ammira pure le facciate. Io guardo dove mettiamo i piedi!”.

Meridian non è enorme. Pochi minuti dopo, appena passato un ponte di pietra su un rivolo stretto dal fondo irregolare, Paochaion dà un’ultima occhiata alla mappa ed annuncia: “Siamo a Trasclovkir”.
Si guardano attorno. La via, larga ma sconnessa, è fiancheggiata da case modeste di due o tre piani, con ripide scale e ballatoi irregolari. Il legno degli infissi e delle terrazze reca ancora le tracce di pittura dai colori vivaci, sbiadita dal sole e scrostata da lunghi anni di incuria. Oltre i tetti, si intravedono altri edifici arrampicati disordinatamente sulle pendici della scarpata. Sui muri vi sono evidenti segni di umidità fin ad altezza d’uomo. Il legno svergolato e marcito, il fango stratificato sulle strade, le tracce di muffa che si intravedono attraverso le finestre aperte, gli odori dolciastri… tutto suggerisce un ambiente povero, umido e malsano.

Anche la gente che incrociano per strada dà un’idea di rassegnato: nessuno tributa loro più che sfuggenti sguardi di depressa curiosità.
 
Da un vicolo sbucano due soldati dalla pelle marrone, che trascinano qualcuno per le ascelle: una specie di uomo che ciondola la testa, come se avesse passato la notte disteso per la via, riscaldato solo dai fumi dell’alcool o chissà cos’altro.
Appena riconoscono la principessa, i due mollano l’ubriaco, che rovina al suolo con un cozzo, e si mettono sull’attenti percuotendosi il petto.
Vera ricambia il saluto marziale con un imbarazzato cenno della mano.
Dopo un attimo di esitazione, i due decidono di continuare nella loro opera di polizia, e trascinano l’ubriaco verso un edificio di pietra che domina uno slargo poco avanti: piccolo, tetro, con sbarre incrociate alle finestre e bocche di lupo che danno un filo di luce a qualche segreta desolata, in cui si indovinano ossa dimenticate che attendono la fine dei tempi.
Questa volta neanche Paochaion osa dire qualcosa di positivo. Scruta la mappa, crucciata, poi si guarda attorno. “Facciamoci un giro…”.

Mezz’ora dopo, le due tornano meste verso il ponte, costeggiando il fiumiciattolo Clovkir nella sua discesa dalle pendici dell’altopiano sovrastante la città.
“Dev’essere in questo punto che comincia ad esondare”, dice Pao indicando alcuni macigni giacenti nell’alveo, poi si volta verso le stradine ai piedi della scarpata. “Ma c’è umidità anche più in alto. Forse esiste una vena d’acqua subito sotto la superficie”.
Vera butta un’ultima occhiata verso lo squallore alle loro spalle, poi guarda in cielo, dove le rassicuranti aquile volteggiano sopra di loro. “Per bonificare questo posto, ci vorrebbe il napalm”. Per un attimo, sorride immaginandosi una Elyon che suona l’arpa sul balcone, con sullo sfondo il quartiere in fiamme. Quasi quasi…

Attraversato il ponte, le due riprendono la strada verso Meridian alta. Via dopo via, l’aspetto delle case e degli abitanti migliora, e gli onnipresenti soldati di pattuglia sembrano meno truci. Riprende il rassicurante rituale dei passanti che riconoscono Vera, accennano un inchino, e ne sono ricambiati con un sorriso condiscendente.
Dalla via principale, Paochaion non può fare a meno di gettare occhiate fotografiche a tutti i vialetti e i passaggi che si dipartono sui lati.
Vera accelera il passo. “Sbrigati, Pao, ho un impegno con Terry a metà mattina”.
L’attenzione della cinesina dalla pelle azzurra, però, è già stata attirata da un gruppo di cittadini in fondo ad una laterale; fanno la coda a un robusto portone a ogiva ornato di arcani simboli di bronzo, che chiude una costruzione di pietra addossata ad un grande spuntone di roccia. “Vera, quelli fanno la fila per… per che cosa?”.
Brontolando tra sé, la bionda torna indietro di qualche passo e guarda. “Quali ‘quelli’… ah, quelli?”.
“Si, quegli ‘quelli’”, conferma Pao completando il bisticcio di parole.
Vera si incammina verso il fondo della laterale. “Stanno distribuendo l’acqua magica”. Addita una fialetta dalla vaga luminescenza verdolina tra le mani di un signore che se ne viene via soddisfatto.
“Acqua magica?”, chiede Paochaion perplessa, richiamando vaghi ricordi ereditati da Hay Lin. “Ah, quella che Phobos aveva fatto deviare in quello stanzone…”.
“Il Baratro delle ombre, così lo chiamava lui”, risponde Vera con vago disprezzo. “Un nome troppo altisonante, per lo scantinato della torre Est”.

Una donna con un pancione di otto mesi visibile sotto un pastrano le richiama, aspra: “Ehi, rispettate la fila, prego!”, poi esita, notando i vestiti eleganti e lo strano colorito rosato della bionda, che ricorda tanto quello della regina.
“Non dobbiamo prendere acqua, stiamo solo guardando”, si schermisce Paochaion nel suo terrificante meridiano.
Vera si acciglia. ‘Novantamila abitanti, meno quindicimila che hanno assistito alla presentazione, fanno settantacinquemila che non mi hanno mai vista’, pensa tra sé. ‘A questa donna verrà un mezzo colpo, quando si renderà conto di chi ha apostrofato così’.
Si avvicinano al portone aperto e sbirciano nella penombra.

In fondo al piccolo locale, un debole riverbero verdino mostra una fontanella da cui sgorga un filo di acqua luminosa, che si raccoglie in una vaschetta simile ad un’acquasantiera.
Quando un anziano dai capelli radi esce, un funzionario annoiato, seduto ad un tavolino vicino all’ingresso, spunta un nome da un registro e scandisce: “Avanti il prossimo!”.
Il primo della fila pronuncia un nome pieno di consonanti e si accosta alla fonte, immergendovi una fiala di vetro che si riempie in un gorgoglio di bollicine.

“Quest’acqua magica viene distribuita a tutti gli abitanti di Meridian ogni mese”, spiega Vera. “Chi ha qualche potere la usa per rafforzarlo. Altri la accumulano per il futuro, o vendono la loro dose,  o la consegnano a qualche guaritore perché la usi a loro beneficio”.

Da dentro, la voce di un soldato tuona: “Sbrigati! Non vedi che c’è la fila che aspetta?”.
L’uomo alla fonte si alza, intimidito, e tappa il suo recipiente; quindi si allontana un po’ vergognoso, seguito dalle occhiate ostili delle persone in fila.
“C’è sempre qualcuno che approfitta per immergere le mani fino ai polsi e tenerle dentro finché può”, brontola il funzionario chino sul tavolo.
Quando alza gli occhi per guardare la fila, nota le due che stanno guardando curiose dentro il locale. “Ma… quella è la principessa Vira!”, trasale. “Guardie, at-tenti!”.
I due soldati si impettiscono, percuotendosi marzialmente il torace. Anche la gente in fila si irrigidisce, e qualcuno scimmiotta il saluto militare come meglio riesce.

“Vera, prego. V-E-R-A!”, corregge lei. “Riposo, prego. Continuate pure il lavoro”.
Sarebbe bello fare un’uscita ad effetto, pensa guardando in alto, oltre i tetti. Un richiamo telepatico…
Pochi secondi dopo una delle aquile si abbassa nella via, e Vera le porge il braccio sinistro. L’uccello maestoso vi si appoggia docilmente.
Che soddisfazione, pensa lei, ma il suo sorriso si muta in una fulminea smorfia di dolore quando il rapace, sbilanciato, le serra gli artigli sul braccio.
In quel momento, capisce senza equivoci perché i falconieri indossano un lungo guanto di cuoio.
“Vieni, Paochaion!”. Sorride a denti stretti, e si allontana dalla fila riscuotendo sguardi di ammirazione e inchini.
Appena arrivati davanti ad un vicolo deserto, alza il braccio con un gesto elegante, facendo librare in volo l’aquila, che riguadagna quota con possenti colpi d’ala.
Poi la principessa svolta nel vicoletto con nonchalance, seguita da una Paochaion perplessa.
Appena lontano da sguardi indiscreti, Vera si stringe l’avambraccio, quasi con le lacrime agli occhi. “Che male, che male! Quell’uccello del tubo… sapessi come mi ha artigliata!”.
L’altra annuisce. “Certe volte, si fa fatica a credere che Wanda sia un’aquila”.
La Principessa la studia, un po’ in dubbio. “Non starai prendendo l’ironia da Irene?”.
Paochaion cade dalle nuvole. “Ironia? No…Cosa ho detto di ironico?”.
Vera sospira rassegnata e si riguarda l’avambraccio. Non c’è più traccia di sangue, né di lacerazioni sulla manica. “Andiamo!”.
Appena tornate sulla via principale, Pao la trascina con entusiasmo per la mano: “Qui vicino c’è una locanda bellissima. E’ là, proprio in piazza Due Lune”.
 

Meridian, Locanda Due Lune

Dietro il banco, Toklor sta preparando tre bicchieroni del suo nuovo cocktail, quando il suono del campanello dorato sopra la porta preannuncia l’ingresso di altri clienti.
Alzando lo sguardo, l’oste trasale: la bella ed elegante lady Paochaion ha deciso di onorare di nuovo il suo modesto (si fa per dire) locale, ed ha portato con sé un’altra dama dall’aspetto insolito, ma evidentemente di rango.
“Lady Paochaion… signora… siete le benvenute”, dice, chinandosi tanto da sfiorare pericolosamente con la testa uno dei boccali appoggiati sul banco.
La ragazza azzurra si avvicina, sorridendo nella sua adorabile timidezza. “Signor Toklor… vorrei presentarle la principessa Vera Escanor”.
L’oste spalanca occhi e bocca, e la pancetta che cercava di tenere in dentro torna in prima fila. “Que… que... quella …”. E’ un attimo. Si inchina ancora più profondamente. “Principessa Vira, è un onore al di là di ogni mia immaginazione”.
“Vera, prego. V-E-R-A!”. Me lo dovrò scrivere sul vestito, pensa tra sé.
“Scusate…”.
“Questo è il miglior locale della città!”, afferma enfaticamente Paochaion per rompere il momento d’imbarazzo.
“Troppo buona…”, si inchina ancora l’oste, sperando che tutti gli avventori abbiano sentito bene quest’affermazione, e che ne parlino a lungo in giro. Forse dovrebbe riportarla sull’insegna, firmata da questa dama raffinata che ha certo conosciuto il meglio di tutto il metamondo.

In quel momento, un nuovo cliente entra nel locale, voltandosi stupito indietro; mentre esita a chiudere la porta, una magnifica aquila lo segue dentro e zampetta fin ai piedi della principessa.
“E’ con noi”, chiarisce Vera, vedendo le bocche degli astanti un tantino aperte.
“Giù… non ti ci provare ancora!”, intima la nobilissima signorina, rivolta all’uccello che sta guardando con desiderio il suo avambraccio.
“Volete accomodarvi nella saletta?”, chiede l’oste, appena riavutosi dalla sorpresa.
“Sìì! Vedrai che quadri!”, rincalza Paochaion.

Pochi minuti dopo, le due sono faccia a faccia attorno ad un bel tavolo circolare ricavato dalla sezione di un tronco, lucidato con favi e favi di cera e interi  giacimenti di olio di gomito. Quanto all’aquila, ha eletto a suo trespolo la spalliera della terza sedia.
Vera sta spiegando: “Quell’acqua è un concentrato dell’energia magica di cui tutto questo mondo è pervaso. La città è stata costruita in questo vallone perché è qui che sbocca la sorgente”.
“Quel rivoletto che abbiamo visto oggi?”, chiede incredula la ragazza azzurrina. “E’ tutta qui?”.
“Non tutta. La sorgente originale è stata incanalata verso quattro posti di distribuzione pubblici, e verso il palazzo”.
Paochaion ci riflette un attimo. “Ma qual’è l’origine?”.
Vera si stringe nelle spalle. “Posso solo tirare ad indovinare. Una vena d’acqua, scendendo dalle montagne a nord, attraversa un qualcosa sottoterra. Ma non ho idea se sia un deposito di minerale, una entità biologica o magari un manufatto magico, creato in epoche remotissime e nascosto sottoterra per motivi che non riesco neppure ad immaginare”.
Gli occhi di Paochaion brillano d’interesse, mentre un’impossibile caccia al tesoro prende forma nella sua immaginazione. “Un manufatto magico! Sarebbe bellissimo trovarlo, e ricostruire gli andamenti segreti dei corsi d’acqua sotterranei”.
Vera scuota il viso. “Quella fonte esiste da prima di Meridian. Andare a toccare qualcosa di così essenziale per la città è rischioso. E se la guastiamo in qualche modo?”.
L’altra ribatte, quasi offesa: “Ti sembro una che va a guastare i reperti archeologici?”.
D’improvviso, la voce di Theresion risuona nella testa di entrambe: ‘Dove siete? Non dovevamo andare a vedere gli archi di crescita? La carrozza è già alla porta’.
Vera balza in piedi, cercando con gli occhi un orologio. “Lune sincrone! Me ne ero completamente dimenticata!”; poi, rivolta all’altra: “Perché mi fai scordare le cose?”.

L’oste, con un vassoio di bevande e stuzzichini, bussa alla porta della saletta.
Nessuna risposta, nessuna voce dall’interno.
Apre discretamente. “Si può?”.
La stanza è deserta, a parte l’aquila che, con un colpo d’ali, si porta sul davanzale della finestra e lo guarda supplichevole.
“Va beh”, esala lui deluso, “Dovrei esserci abituato, ormai!”.
 

Altopiano sopra Meridian

Dieci minuti dopo, la carrozza color panna e oro percorre lentamente la campagna sull’altopiano, costeggiando un villaggio di contadini a poche centinaia di metri dal palazzo. La sua destinazione è un capannone che si profila poco prima delle colline boscose a ovest.
A bordo ci sono cinque passeggere.

Vera, affacciata al finestrino,  dà un’occhiata preoccupata verso il palazzo. “Spero che Lorna se la cavi decentemente nel ruolo di Elyon”, dice tra sé e sé.
“Chi è Lorna?”, chiede Pao.
“E’ Nemesis Undici”, risponde la guardiana Irma, seduta vicino al finestrino. “Sarà ora che ti impari i nostri nomi!”. Poi, rivolta a Vera: “Non preoccuparti, Lorna farà la brava goccia”.
Vera annuisce poco convinta. Come guardie le Nemesis sono eccezionali, ma le loro capacità di imitatrici sono limitate al solo aspetto esteriore.
Guarda in alto, nel cielo, le due aquile che volteggiano a vegliare sulla loro sicurezza. Invero le sarebbe piaciuto andare a vedere gli archi di crescita con la sola Terry, di cui ammira l’intelligenza silenziosa, e una qualsiasi delle Nemesis, che condividono con Wanda le conoscenze di ingegneria trasferitele prima della partenza. Però Pao voleva ad ogni costo vedere da vicino quel curiosissimo edificio, e le scuse portate da Irenior per venire a farsi un giro in carrozza erano così numerose che Vera ha preferito cedere pur di non doverle ascoltare fino in fondo.
Per fortuna, almeno Carol è rimasta in camera sua.
Guarda Irenior e Irma, sedute fronte a fronte. La somiglianza fisica è evidente, ma l’atteggiamento solare e spensierato della prima la distingue dalla guardiana, cupa e guardinga, molto più di quanto possano fare i colori del corpo o il costume. Non sembra per niente a disagio neanche stando vicino ad una copia della sua migliore amica che interpreta la sua stessa originale.

Pochi minuti dopo, la carrozza si ferma accanto ad un cancello di legno che si apre in un alto steccato. Due soldati sotto una guardiola sorvegliano il perimetro dall’esterno, e scattano sull’attenti mentre il valletto apre la porta del mezzo.
Vera scende per prima. “Riposo”, dice, condiscendente, mentre si avvicina al cancello che, innanzi a lei, si apre da solo.
Da lì, il capannone appare in tutta la sua insolita grandezza. La forma lunga e prismatica, con colonne di mattoni spaziate regolarmente, fa pensare a un’ispirazione terrestre, ma altre cose sembrano aliene per entrambi i mondi.
La copertura diafana, a cellette verdi e azzurre a forma di gocce, è attraversata da eleganti nervature nere che richiamano le alette delle Guardiane di Kandrakar.
“Oooh… E’ bellissimo!”, se ne esce Pao, meravigliata. “Quel tetto…”.
Irenior giunge le mani, ammirata. “Splendido! Chissà a quante fatine avranno tagliato le ali, per rivestirlo!”.
Vera rotea gli occhi. “Entriamo!”. Prima che a Irene esca di bocca qualcosa di inopportuno davanti alle guardie…

Il cancello si richiude alle loro spalle.
Paochaion continua a parlare, entusiasta. “Guarda quei battenti rivestiti in bronzo lucente! Chiudono tutti gli spazi tra le colonne!”.
“Ma perchè non arrivano fin in alto?”, chiede Theresion, notando che resta uno spazio aperto di due metri tra i battenti e la copertura.
“Forse hanno finito il bronzo”, azzarda Irenior.
Si fermano a qualche metro dall’edificio, per osservarlo. Tutte notano un movimento d’aria verso il capannone, che scompiglia i capelli e fa vibrare le alette di Irma.
“A me non piace”, afferma diffidente la guardiana. “Sento qualcosa di freddo, come se fosse circondato d’ombra”. Detto da una Nemesis, suona ancora più inquietante.
Vera risponde senza girare gli occhi. “Quella copertura è stata materializzata da Elyon stessa, ad imitazione delle ali delle guardiane. Serve ad assorbire l’energia magica che permea l’aria, per far funzionare gli archi di crescita”.
Theresion chiede, indicando qualcosa sotto il tetto: “Sono quelli che si intravedono là?”.
“Ora li vedrete”. Vera si avvicina ad un portone di bronzo. Al tocco di un dito, i pannelli cominciano ad aprirsi a soffietto, e la corrente d’aria che le investe da dietro si fa ancora più forte.
“Questo vento…”, geme Paochaion, inquieta. Per lei, ogni brezza sembra come un rimprovero della mai dimenticata Hay Lin.
Vera le ricorda: “Pao, tutte noi siamo fatte d’aria. Questo vento è tipico delle materializzazioni permanenti”.

Dentro al capannone, l’illuminazione è surreale. I raggi del sole, attraversando le cellette verdi e azzurre della copertura, proiettano un caleidoscopio di ombre e luci che confondono le forme di ogni cosa.
“E’ bellissimo!”, ribadisce Paochaion, scordandosi per un attimo il vento alle spalle.
Quando si abituano a quella illuminazione, le ragazze distinguono decine di archi incrociati di pietra e bronzo che arrivano fin quasi alla copertura, sotto i quali si notano sagome non sempre riconoscibili. Piccole scintille scoccano tra queste strutture e gli oggetti, avvolti in aloni luminescenti punteggiati da minuscoli bagliori.
“Ragazze, ecco gli archi di crescita”, dice Vera, quasi smarrita nella vista surreale.
Theresion fa qualche passo avanti, tentando di scostarsi i capelli che le si parano davanti agli occhi, ma non osa arrivare a contatto con le aure inquietanti. “Questi sono gli oggetti che hai copiato a Midgale!”. Indica un aggeggio della grandezza di una cassapanca, “Guarda, il tornio! La tua prima preda!”.
“Ma è ancora molto più piccolo dell’originale”, fa presente Irma, che ha ereditato da Wanda un ricordo molto chiaro della loro prima missione.
Theresion si sposta vicino ad un altro arco. “Anche qui: l’autogru! L’escavatore!”.
Le altre si fanno coraggio, e avanzano meravigliate tra le strutture e le sagome luminescenti.
“E là, l’elicottero! I generatori elettrici”. “Quella è l’antenna del trasmettitore!”. “L’autocarro!”. “E… quello cos’è?”.  “Il frigorifero di casa”.
“Ma è ancora tutto molto piccolo!”, conclude delusa Vera. “Abbiamo messo troppa carne al fuoco: la copertura non capta abbastanza energia per far crescere tutte queste cose”.
Theresion annuisce. “Bisognerà fare delle scelte. Gli oggetti più pesanti, come l’autogru… ci è davvero indispensabile?”.
A Pao salta la mosca al naso: “Ma certo! Ci sarà utilissima per costruire nuovi edifici”.
“Ma…”.
“La voglio! Facciamo a meno dell’elicottero, piuttosto!”.
“Ehi, giù le mani dal mio elicottero privato”, protesta Irenior, che ha appena deciso che cosa può essere meglio di una gita in carrozza.
Vera si accosta a Terry. “Saresti capace di costruire o adattare un videogioco che simuli un’autogru?”.
L’altra la guarda, stranita. “Sì… ma vogliamo costruire edifici veri, o videogiocare a costruirli?”.
“Ti spiegherò”, dice Vera, misteriosa, mentre si porta davanti ad una piastra di bronzo alla base dell’arco e ruota quello che sembra essere un fiore argentato. Immediatamente, le scintille sull’autogru si estinguono. “Intanto, possiamo fare a meno di questa”.
“Ma nooo!”, protesta Paochaion, quasi con le lacrime agli occhi. “Non possiamo, piuttosto, far deviare verso il capannone quell’acqua magica?”.
Le altre si guardano perplesse. “Quale acqua…”. “Quella di Phobos?”.
Vera ci pensa. “Come Phobos… perché no? Per creare scontento, potremo ridurre la distribuzione di acqua magica alla gente”.
“Ma se è così preziosa”, obietta Theresion, “non sprechiamola per materializzare tanta ferraglia!”.
“Ma che dici!”, si inalbera Pao.
“Non la sprecheremo”, promette Vera, “Torneremo a distribuirla dopo che io sarò incoronata”.
Lancia una nuova occhiata verso la copertura diafana ed i suoi intricati disegni, ed una nuova idea geniale si forma nella sua immaginazione. Se…

In quel momento, due aquile cercano di appoggiarsi sopra i portoni chiusi che contornano il capannone, ma la corrente d’aria le sbilancia. I grossi uccelli allargano le ali per volare giù, ma la corrente li spinge brutalmente contro una colonna.
Strillando, le due zampettano verso di loro lungo gli spigoli meno ventosi, tenendo ben chiuse le ali.

“Guardate!”, indica la guardiana Irma. “Le mie compagne!”. Va loro incontro a grandi passi e si inginocchia, guardandole negli occhi. “Cosa vi succede?”.
Poi si volta, allarmata. “Vera! Sono rimaste senza poteri! Non riescono a trasformarsi! E neppure a  comunicare a distanza!”. Guarda verso il portone ancora aperto alle loro spalle. “Se è successo lo stesso a tutte le altre, a palazzo…”.
Vera trasale all’idea. “Oh, no! Queste coperture…”.
Si precipita fuori dal capannone, seguita dalle altre.
A qualche decina di passi dal portone, cerca di trasmettere un pensiero. ‘Mi sentite? Rispondete!’.
Il portone della recinzione si apre, ed i soldati guardano dentro: “Altezza? State chiamando noi?”.
Vera scuote il capo, sorpresa. “Veramente no”.
In quel momento, quasi venti pensieri rispondono, sovrapponendosi: ‘Dove sei?’. ‘Cosa è successo?’. ‘Stai bene?’. ‘Perché non rispondevi?’.
‘Tutto bene’, le tranquillizza. ‘Torniamo subito’. Uscendo dal recinto, guarda verso il palazzo; le pare che quattro puntini variopinti siano già a metà strada verso il capannone.
Che fiato che hanno queste Nemesis, deve ammettere.

Si volta verso le altre, poco indietro. “Avevamo perso i contatti. Colpa della copertura”.
Irma le scocca un’occhiata eloquente. ‘Se succedesse nel momento sbagliato, potrebbe essere una catastrofe! Non sono stati solo i contatti, ad essere persi. Tutte noi eravamo rimaste senza un’ombra dei poteri che ci hai dato’.
Vera annuisce pensierosa. Questo significa che non dovrà mai più entrare in quel capannone, né allontanarsi dalla città.
Inoltre si è resa conto che le loro comunicazioni telepatiche possono essere percepite da altri telepati di basso livello, come il soldato.
“Ragazze, torniamo al palazzo! Abbiamo ancora grossi problemi da risolvere”.
 
 
 
 

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Capitolo 52
*** Ali sulla città ***


52-ali sulla città  
Ad personam:
Cara Lux, grazie per la recensione. Sono contento di essere riuscito a dare un'idea soddisfacente di questa parte della città. Mi chiedi cosa stanno facendo le guardiane vere: ora che Will ha riavuto il Cuore di Kandrakar, che Elyon ha detto loro che è inutile fare qualunque cosa prima di diciotto mesi, che l'Oracolo ha spiegato a Will che non deve agire per orgoglio e che non è loro dovere rovesciare i regimi politici dei vari mondi, per ora si sono disinteressate alla cosa. Elyon si guarda bene dall'aizzarle raccontando tutto ciò che le viene periodicamente riferito da Caleb, e solo Cornelia ne sa qualcosa di più e tace. Per il resto, sono impegnate con altre imprese, forse ragorlang o altro, che non hanno a che fare con la trama di Profezie. Anzi, hanno pure l'FBI alle costole... ma questa potrebbe essere un'altra storia; anzi, ho scritto i primi capitoli già anni fa, vediamo se troverò idee e voglia per finirla.
Cara Melisanna, è vero che la Elyon-Nerone sarebbe un personaggio di grande effetto? Ma non temere, Pao si farà un punto d'onore di conservare e restaurare i quartieri storici non meno che di realizzare qualcosa di completamente nuovo. Le Nemesis diverse dall'originale... da Will, intendi? E' che i poteri di Will le sono conferiti perlopiù direttamente da Kandrakar o dal suo monile; quelli delle Nemesis sono conferiti perlopiù da Vera, e sono gli stessi delle altre gocce. Il loro modus operandi si basa soprattutto su influenze mentali e sul nascondersi nell'anonimato. In effetti non sono troppo cattive (anche se in questo capitolo potrà sembrare), ma si comportano con intenzione in modo da far apparire odiose le guardiane che impersonano; sono state create per questo. Wanda ha suoi motivi personali, una volontà di rivalsa verso Will, per impegnarsi in questo ruolo; era alla ricerca di uno scopo nella vita, e mi auguro che finita questa faccenda ne troverà uno migliore.
Cara Scrlettheart, grazie per la tua graditissima recensione. Sì, in effetti Trasclovkir assomiglia parecchio a un paesino di montagna nostrano. Elyon, come sai, ha programmato il suo ritorno allo scadere del diciottesimo mese, ma più avanti ci saranno sviluppi per cui sarà costretta a fare una puntata anche prima, perchè il nuovo piano di Vera la prenderà in contropiede.
Se troverai modo di farmi vedere i tuoi disegni, li osserverò con molto interesse.
Un sentito ringraziamento anche all'amica Silen, che ha riletto per ben due volte questo malloppo, consigliandomi su diversi punti.

Due parole su questo capitolo, che è più cupo del precedente. E' passata circa una settimana dalla visita di Vera agli archi di crescita, e nuove presenze incombono sulla città. Presenze che si manifestano invariabilmente associate ad ali; prima quelle dei costumi delle false guardiane, poi le aquile-Nemesis, e ora... beh, leggete e saprete.
Il disegno di questa volta è più sbrigativo del precedente, e non mi aspetto che raccolga gli stessi consensi. A scanso di equivoci, specifico che l'aquila è stata adattata (o adottata? Quale suona meglio?) da un'altra fonte, neppure magica.
In questo capitolo scoppia una crisi che serpeggiava tra le anti-eroine già da tempo: riuscirà il gruppo a tornare unito, o si frammenterà? Lo saprete nelle prossime puntate.

Buona lettura
MaxT

PROFEZIE


Riassunto delle puntate precedenti 
Dopo un incontro misterioso con la Luce di Meridian, Vera ha convinto le Gocce a sostituirsi ad Elyon a Meridian, impersonando la regina e le guardiane. Carol si è opposta, ed è stata costretta con l'ipnosi. 
A Meridian, la controfigura di Elyon e le finte guardiane esiliano Miriadel e Alborn, mentre Caleb sfugge alla cattura;  pur avendo assunto il potere, si 
rendono conto di non essere convincenti, e inventano la storia che le guardiane sono a palazzo per proteggere la Luce di Meridian da un complotto. 
A Heatherfield, rifugiatasi con i genitori nella sua vecchia casa, Elyon spiega che quella che si sta realizzando è una sua profezia,  la cui interpretazione fino a quel punto era ambigua. La profezia prevede che la tirannia duri un anno, che a Meridian dura diciotto mesi. Elyon è decisa a non tentare niente prima di questa scadenza.
Sul palazzo scende un clima sempre più oppressivo in cui le congiurate utilizzano sia i poteri mentali che l'intimidazione per mantenere il controllo.
Settimane dopo, vengono a sapere per caso la profezia infallibile che prevede che la tirannia durerà un anno.
Il nuovo piano di Vera prende rapidamente forma, basandosi sull'ambiguità del termine di un anno: prima simuleranno che Elyon diventi sempre più tirannica e impopolare, screditandola, poi Vera, che ha comunque il rango di una principessa Escanor, la spodesterà dopo un anno terrestre di dodici mesi, facendo finire apparentemente la tirannia e realizzare la profezia; poi, dopo aver guadagnato il consenso della gente, si prepareranno per affrontare Elyon e eventualmente le Guardiane al loro ritorno dopo diciotto mesi. Vera crea venti copie di Wanda, dette Nemesis, che avranno l'incarico di impersonare le guardiane, sollevando le gocce dal compito, e di sorvegliare la città restando invisibili o sotto falsa identità. 
Dopodichè, una controfigura di Elyon presenta pubblicamente Vera come principessa al popolo e al Consiglio dei Veglianti, delegandole tutti gli impegni pubblici; la nuova vice-regina incontra subito un'accoglienza favorevole, anche avendo ammesso di essere una creatura della Luce di Meridian.
Il giorno dopo, Vera può finalmente muoversi liberamente in città. Accompagna Pao nel quartiere cadente di Trasclovkir, le spiega delle distribuzioni di acqua magica alla popolazione, infine si recano a vedere gli archi di crescita dove le copie degli oggetti sottratti sulla terra stanno crescendo, ma troppo lentamente per scarsità di energia magica. 
Nel frattempo Carol, perse le speranze di convincere le altre a desistere, si isola sempre più dal gruppo.

Cap.52

Ali sulla città




Il volo di un uccello, il simbolo stesso della libertà. Il suo sguardo, il simbolo della lungimiranza. Eppure, fanno parte dell’oppressione che avvolge Meridian ogni giorno di più.

Carol

 

Altopiano a ovest di Meridian

Alta nel cielo, la luna Isis rischiara la notte, mentre Osiris sta tramontando a ponente dietro l’orizzonte ondulato. Minuscoli e luminosissimi, due astri artificiali percorrono le loro orbite a vista d’occhio.
Un gruppo di persone avanza con prudenza tra le rocce dell'altopiano, trasportando a spalla cinque grandi oggetti, piatti e allungati. Alcuni riflessi disegnano sagome di ovali iridescenti sulle loro forme barocche.
Una ragazza fa strada con una lanterna; al chiarore delle lune i suoi capelli candidi spiccano quasi più di quella povera fiammella rossiccia. “Fate attenzione!”, ripete agli operai, “Tenetele solo per i telai! Non premete all’interno, quelle membrane sono sottili”.
“State tranquilla, Lady Theresion”, la rassicura il caposquadra, “I miei uomini hanno mani di velluto”.
Ai lati del gruppo camminano due figure femminili. Sulle alette che spuntano tra le loro scapole, altri ovali iridescenti riverberano le luci della notte.
Le due guardiane si scambiano pensieri silenziosi. Come al solito, quando questo lavoro sarà finito, sarà compito loro suggellare ogni segreto.
 

Meridian

Un’altra mattina sorge su Meridian. Lentamente, le strade si riempiono dell’umanità eterogenea che popola da tempi immemori la capitale del Metamondo. Alcuni spingono a mano carretti carichi di merci, vincendo la pendenza delle vie; altri preferiscono lasciare quest’onere al loro bovyak; altri ancora si sentono più a loro agio con gerle caricate sulle spalle, che non li ostacolano nel percorrere gradinate e vicoletti minori.
Alcune bottegucce aprono i battenti ai primi clienti; sulla porta di una di queste, un calzolaio decanta a gran voce scarpe confezionate in vera pelle di nagork.
Piccole tribù di ragazzini delle forme più varie si raccolgono negli androni delle case, mentre altri camminano frettolosamente verso il loro dovere con tavoletta cerata e stilo sottobraccio, sbocconcellando una colazione sbrigativa.

In questa folla vociante, due donne camminano in direzione di un mercato rionale. Il loro aspetto spicca soprattutto per il suo anonimato: facce verdi, ma non troppo; anziane, ma non troppo; umane, ma non troppo. Solo quanto basta per rimpiangere silenziosamente la bella coda a cui erano abituate, perché qualche volta non è prudente essere troppo simili a sé stessi.
Nessuno potrebbe riconoscerle come le sorelle Galgheita e Frordal… almeno finché una di loro non apre bocca per parlare.
Infatti, dopo aver passato in rassegna tutta una fila di bancarelle, quella più verdolina commenta indignata: “Che furti legalizzati! Hai visto, Gal…”.
Viene subito interrotta da un muto avvertimento: ‘Shhhh, niente nomi!’.
La donna si morde un labbro e riprende: “Hai visto come continuano a crescere i prezzi dei generi alimentari?”.
“Vero”, ammette Galgheita annoiata. “La presenza di novecento militari acquartierati in periferia si fa sentire”.
“I commercianti sono contenti, naturalmente”.
“Solo loro”. Galgheita sospira: sua sorella è sempre stata loquace, e sopporta malissimo la tensione del silenzio prolungato di queste ultime settimane passate sotto falsa identità; così lo riempie spesso con qualsiasi banalità le passi per la testa.

Poco più avanti, due soldati stanno perquisendo un passante che, chissà perché, ha dato loro qualche sospetto. Gli hanno aperto borse e tasche, lo hanno tastato per cercare chissà che armi nascoste (sospetto che, ultimamente, cade più spesso sulle donne, soprattutto se giovani), dopodiché gli hanno sequestrato dalla cesta due melopee mature, anch’esse decisamente sospette, provvedendo alacremente dapprima a un approfondito esame organolettico, e infine al loro totale smaltimento orale.
“Tutto per la sicurezza, naturalmente”, bisbiglia con sarcasmo un altro passante, avendo cura di non farsi sentire dai due militi.
Inaspettatamente, la traiettoria di qualcosa dall’alto si conclude con due macchie biancastre sulle loro divise. Gli sguardi di disappunto dei due soldati si levano in tempo per intravedere un grande rapace che sparisce oltre i tetti, inseguito dalle loro imprecazioni irripetibili.

“Hai notato quegli strani uccelli?”, chiede Frordal, “Volteggiano sulla città da settimane”.
“Sì”, risponde pazientemente Galgheita, “E sono settimane che me li fai notare”. Per timore che la sorella se lo faccia sfuggire in pubblico, ha preferito tacerle che quelle sono aquile reali, una specie terrestre; ricorda bene di averne viste di uguali librarsi nei cieli subito fuori da Heatherfield.
“Comincio a temere che non sia stata la fortuna a farci trovare una casa da affittare così a buon mercato”, continua pensierosa Frordal. “Quel consigliere aveva ottime ragioni per lasciare in fretta questa città”.
‘Non parlare tanto, in pubblico! Siamo già nei guai perché non hai saputo tenere la bocca chiusa. Lo sai che l’acqua magica si trova solo a Meridian’.
Frordal tace, ma non smette di ripensare all’ultimo mese.

Entrambe hanno preferito abbandonare le loro identità subito dopo il suo sorprendente incontro con una elegante giovane dalla pelle azzurrina in piazza Due Lune. In quel momento, sfiorandole la mano, l’indovina capì che quella ragazza portava tre nomi: Paochaion, Pao Chai e… Hay Lin, come la guardiana alla quale somigliava vagamente. Purtroppo, Frordal si rese conto che la sua intuizione la metteva in pericolo solo dopo aver parlato. Fuggì a casa, presagendo che lei e sua sorella sarebbero state arrestate, poi entrambe decisero di comune accordo di rendersi irreperibili.

Dopo un po’ riprende: “Sai, la settimana scorsa, alla riunione del consiglio…”.
“Me l’hai già detto”, la interrompe bruscamente Galgheita. ‘Non parlarne proprio qui!’.
L’altra annuisce frustrata, poi si perde nuovamente nel ricordo.

Quel giorno, alla Torre dei Veglianti, Frordal aveva preso posto sui banchi degli spettatori. Le interessava l’argomento all’ordine del giorno: il risanamento del quartiere di Trasclovkir, dove si trovava la loro vecchia casa.
Quando il consiglio era già riunito, la principessa Vera fece il suo ingresso assieme a quella ragazza azzurrina e la presentò come architetto Paochaion. Con loro c’erano due amiche che andarono a sedersi tra gli spettatori: quell’altra già incontrata in Piazza Due Lune, che poi sbadigliò per tutta la seduta, e una strana ragazzina dalla voluminosa capigliatura candida e lo sguardo attento.
Attorno a loro presero posto le cinque guardiane, ritte e impettite. C’era anche quella Hay Lin, e ciò la stupì moltissimo: prima si era convinta che lei e Paochaion fossero due maschere indossate dalla stessa persona. Invece, eccole assieme nello stesso luogo e nello stesso momento.
In quel frangente, però, la sensazione più forte non fu la sorpresa, ma la paura: queste Guardiane scrutavano il pubblico con occhi penetranti che, per un attimo, si fissarono su di lei. Percepirono di certo il suo momento di quasi panico, ma per qualche ragione passarono oltre. Forse per loro era fin troppo normale che le persone provassero timore al loro cospetto.
Questi momenti durarono pochi, lunghissimi minuti, finché la principessa Vera se ne andò portando via con sé quelle presenze inquietanti.
Distratta da queste paure, Frordal riuscì a dedicare pochissima attenzione alla discussione; ricorda solo i toni dell’intervento di Paochaion, dapprima timidissima e impacciata con il suo forte accento straniero, poi sempre più sicura, e l’impressione che avesse rapidamente guadagnato credito nel consiglio.
Eppure, la sensazione di presenze invisibili aleggiava quasi palpabile nella sala, come pure aleggiavano, fuori della torre, quelle strane aquile dalla testa ramata.
 
Galgheita la richiama dai suoi ricordi : “Cosa avranno da guardare, quelli?”. 
Accenna a un capannello di curiosi che si sta raccogliendo in uno slargo poco più avanti, lanciando esclamazioni di sorpresa mentre indicano qualcosa in alto, in direzione sudovest.

Le due raggiungono rapidamente il gruppo e ne seguono gli sguardi. Dapprima vedono solo due grandi uccelli in distanza, librati sopra la scarpata dell’altopiano che sovrasta la città. 
Una voce proveniente dal capannello esclama: “Là! Sopra il ciglio!”. 
Le notano anche loro: illuminate dal sole del mattino, cinque strutture spiccano sullo sfondo del cielo velato. Assomigliano moltissimo alle alette delle guardiane, ingrandite a un’altezza di quasi sei metri.

“Oh, Dèi”, esala Frordal, “Ma che cosa sta succedendo in questa città?”.
 

Meridian, palazzo reale, torre nordest

Seduta in sala da pranzo, Vera si volta soddisfatta a guardare dal finestrone le esili strutture multilobate sul ciglio dell’altopiano.  “Bel lavoro, Terry! Fanno un figurone!”.
L’altra le guarda con le palpebre appesantite dal sonno, e annuisce con soddisfazione. “Grazie. Ci ho perso metà della notte”. Poi precisa doverosamente: “Non solo io, anche le guardiane e gli operai”.
Irenior, seduta di fronte a loro, alza gli occhi dai sottopiatti ancora vuoti sui quali stava immaginando qualche portata luculliana. “Ma perché le avete messe su proprio di notte, come ladri? In fondo, quei cosi sono sotto… anzi, sopra gli occhi di tutta la città”.
“Per fare scena”, risponde Vera con un sorriso volpino. “Così quei pannelli neuroenergetici saranno più inquietanti per la gente. Per questo li abbiamo messi così vicini alla città, anche se abbiamo dovuto materializzare un chilometro di neurofibra per collegarli agli archi di crescita. Insomma, stiamo creando un clima psicologico che suggerisca una tirannia e la colleghi alle guardiane, ma senza creare danni sostanziali agli abitanti. E’ anche per questo che mettiamo in giro voci di arresti ingiustificati, eppure nelle prigioni non c’è quasi nessuno”. Con un gesto di nonchalance, conclude: “Insomma, il contrario di quello che fanno i tiranni veri”.
“Pannelli neuroenergetici…”, ripete Irenior, “Perché tutti questi paroloni rombo… robon… roboanti? Non puoi continuare a parlare di alette di fata e di energia magica?”.
“E’ troppo vago”, risponde Vera un po’ irritata, “La parola ‘magia’ indica tante cose diverse”.
“Ma la capiscono tutti”, insiste caparbia l’altra.
“E poi, ‘magia’ suona un po’ bambinesco. Troppo fantasy”.
“Come ‘principessa’? D’accordo: d’ora in poi ti chiamerò Grande Sorella”. Detta la sua, Irenior torna a voltarsi verso la porta alle sue spalle, incurante delle occhiatacce con cui è ricambiata. “Ma quando arrivano Pao e la biondona? Io ho appetito! Anzi, ho una fame da lupi!”.
 

Dopo aver salito due rampe di scale, Paochaion si trova al pianerottolo dei loro alloggi. Non sono più gli stessi in cui dormivano quando stavano interpretando le Guardiane: ormai quelli, subito sotto l’appartamento della Regina, sono occupati dalle Nemesis che le hanno soppiantate in questo ruolo.
“Allora, Carol, ci sei?”, chiede dopo aver bussato delicatamente alla porta della camera.
Dall’interno non giunge nessuna risposta.
Batte più forte, alzando la voce: “CAROL, CI SEI?”.
Si sente uno scatto, poi il battente si socchiude; uno sguardo assonnato la scruta attraverso lo spiraglio. “Pao, sei sola?”, chiede una voce impastata dall’interno.
La porta si apre completamente. Carol, sfatta, si scosta i capelli spioventi dagli occhi cerchiati. “E’ già ora di colazione?”.
Pao risponde: “Veramente sono venuta a chiamarti per il pranzo. Elyon e le guardiane hanno già finito da un pezzo, ed è il nostro turno”.
“Ho dormito così a lungo?”, si stupisce l’altra, scostandosi per lasciarla entrare nella stanza semibuia.
Dentro aleggia odore di chiuso. Ad un cenno di Paochaion, i pesanti tendoni si aprono, la luce del giorno inonda la stanza e la finestra si spalanca facendo entrare un refolo di aria fresca.
Carol socchiude gli occhi, abbagliata. “Pao… non così di colpo!”.
La cinesina azzurra guarda la sua amica con un po’ di pena. La vede sciatta come non mai, con gli occhi arrossati e gonfi, senza più il contegno da indossatrice. “Cara, non hai un bell’aspetto quest’oggi”.
“E tu, allora?”, ribatte sarcastica la bionda. “Fatti vedere da un medico, perché quel colorito cianotico…”. Mentre parla, si volta verso lo specchio alla parete e si guarda. “Oddio!”, le scappa.
Chiude gli occhi, e quando li riapre è nuovamente impeccabile: capelli ordinati, pelle liscia… però qualcosa manca. Non riesce più a imitare la sua sicurezza di una volta.
Paochaion riprende, lamentosa: “Ero passata a chiamarti anche per colazione, ma quando sono entrata tu mi hai fatto un gestaccio e ti sei girata a ronfare dall’altra parte”.
“Davvero?”, fa Carol, presa in contropiede. “Scusami, non lo ricordo neppure. Mi dispiace”.
Pao chiude la cosa con un gesto di noncuranza. “Non importa. Ma tu cosa fai, la notte?”.
L’altra si appoggia al muro. “Non riesco a dormire bene. Sono depressa, agitata, ansiosa…”. Torna a raddrizzarsi. “Ma non dirlo alle altre! Non voglio la loro pietà!”.
 

Poco dopo, le due fanno il loro ingresso nella sala da pranzo.
Appena si richiudono la porta alle spalle, il pannello grigioazzurro sul battente torna ad acquisire una caratteristica luminescenza: il portale che collega la cucina con la sala da pranzo, sul lato opposto del palazzo, è nuovamente pervio.
“Allora, Carol?”, chiede Vera, già seduta al centro della tavolata con le spalle alla finestratura, “Di nuovo con noi?”.
Forse voleva solo sforzarsi di essere gentile, ma le sue parole suonano come sottilmente sarcastiche all’orecchio dell’altra.
Prima che possa rispondere, però, il suono di una campanella di ottone preannuncia l’ingresso del cameriere in livrea cremisi, che finalmente emerge dal portale spingendo un carrello ricolmo di piatti appetitosi e abbondanti.
Mentre Carol prende posto a capotavola, più lontano possibile dalla sua rivale, il cameriere serve i piattoni, guadagnandosi occhiate di gratitudine e gridolini estasiati da Irenior. Poi, come usuale da un po’ di tempo, si ritira lasciando il carrello con tutte le altre portate nella stanza.
Appena uscito, il pannello perde nuovamente la sua luminosità. Ora possono parlare liberamente.
Gli occhi di Irenior sono tutti per il piatto di pasticcio che le sta davanti. Annusa, estasiata. “Che profumino!”. Si lascia scappare un sospirone di rimpianto: “Peccato che potremo mangiarne solo la metà…”.
“Meno della metà”, puntualizza Vera. “Ufficialmente tra noi, Elyon e le guardiane, in questa stanza mangiano dodici persone in due turni. In realtà, con tutte le Nemesis siamo in ventisei, ma farsi servire altrettante porzioni è come ammettere la loro esistenza. Le voci corrono, tutto e il contrario di tutto, ma -  guarda con intenzione tutte le altre - questa deve restare veramente segreta, se no si scopre davvero il palco”.
“E quindi?”, sbuffa impaziente l’altra, “Quanto pasticcio posso mangiare?”.
Vera la guarda con un sopracciglio inarcato, poi scuote il viso rassegnata e risponde: “Fai i conti: dodici diviso ventisei…”.
“Zero punto quattro…”, calcola a mente Theresion, ancora con gli occhi piccoli per il sonno arretrato. “Circa il quarantacinque per cento. Ti spetta la metà del piatto meno una forchettata”.

Carol sbadiglia annoiata, allungando svogliatamente la forchetta verso la sua porzione. “E così, anche oggi gli avvoltoi verranno a finire i nostri…”.
Si interrompe con un tuffo al cuore: attorno a lei sono comparse dal niente sei Nemesis in divisa color petrolio, con gli occhi scuri lampeggianti di rabbia sui visi dipinti a strisce nere.
Una di loro la sovrasta minacciosa e la afferra per la mascella, girandole il viso a forza verso di sé. “Non mancarci di rispetto, bambolona viziata!”.
Carol sbarra gli occhi, terrorizzata, senza riuscire a muovere la testa. Sente una fondina da pistola che le preme contro la spalla. Con la coda degli occhi vede le altre Nemesis che le si stringono lentamente attorno, i visi tutti uguali e ostili come in un brutto sogno. Dodici occhi di gatto la squadrano gelidamente dai distintivi sulle pettorine.
Quella che l’ha afferrata  riprende a parlare con ira mal trattenuta: “Hai una lussuosa camera tutta per te, dove passi tutto il giorno a fare niente! Noi dobbiamo accamparci in venti in tre stanze. Perfino Vera ci offre metà del suo letto e il suo divano per far dormire qualcuna di noi!”.
“Quando non siamo di ronda notturna, poi!”, aggiunge un’altra a braccia conserte.
“Lavoriamo di giorno e di notte. E tu?”.
“Dormi sempre! E, quando esci dal tuo limbo, sei capace solo di scoccarci frecciatine velenose!”.
“Non hai neanche tentato di farti passare per una metamondese!”.
“Lo sai che è difficile giustificare la presenza di una terrestre qui!”.
“Tu sei una privilegiata!”.
“Assaggi i piatti ancora intatti, e deridi noi, che siamo costrette a mangiare i tuoi avanzi!”.
Accerchiata, bloccata e sommersa da quel coro di recriminazioni dalle voci minacciose e tutte uguali, la povera Carol si lascia sfuggire un gemito di paura.

La scena penosa viene interrotta dal comando di Vera: “Dodici, basta così!”.
La presa sul mento di Carol si allenta. Nemesis Dodici le raddrizza il viso e lo molla con un gesto di stizza, voltandosi verso la principessa. “Senti: io ho un nome, non solo un numero. E’ anche scritto qui - indica un punto sulla pettorina - in un colore che solo tu puoi vedere. Ti dispiace ricordartene, per cortesia?”.
Vera annuisce turbata. “Va bene… Diana. Ma ora, puoi capire da sola che hai esagerato”.
Le sei in divisa si allontanano lentamente da Carol e svaniscono alla vista.

Carol tenta di mantenere il contegno, ma è difficile. Pallida, sudata, è scossa da tremiti che non le è possibile trattenere.
Si alza in piedi, cercando, senza molto successo, di dissimulare la sua agitazione. Parla rivolgendosi allo spazio attorno a sé: “Bene… vi lascio mangiare. Il piatto è ancora intatto. Buon appetito!”. Si dirige verso la porta chiusa, attraversandola e sparendo alla vista.

Paochaion si alza con le lacrime agli occhi. “Dovevamo proprio arrivare a questo?”.
Accostandosi al carrello di portata per servirsi una porzione di polpette, continua: “Carol è depressa, ansiosa, non dorme la notte: lo sapete benissimo come è stata trascinata qui. E poi, lo sapete quanto è orgogliosa. E se rifiutasse il cibo? E se…”. Scuotendo il viso, si asciuga gli occhi con una manica, poi si dirige all’uscita portando il pranzo per la sua amica.

Quando la porta si richiude alle spalle di Paochaion, Vera cerca di riprendere la sua autorità. “Diana, questa scena è stata penosissima!”.
Nemesis Dodici riappare, quasi di fronte a lei. “Lo so”, annuisce. “Scusate, ma non è solo per la sua frecciata di oggi che siamo saltate su”.
Vera riprende: “Potevate dircele prima, quelle cose. Con calma. Troveremo qualche soluzione. Magari… magari potrei darvi denaro, cercare altro cibo, altri locali... Ma, per piacere, che non si ripeta mai più qualcosa del genere!”.
“Vi ho già chiesto scusa”, risponde stizzita la ragazza in divisa, “Noi possiamo sopportare i disagi, ma essere prese in giro per questo…”. Scuote il viso. “Comunque, ora c’è una cosa più importante di cui parlare”. Guarda Vera negli occhi. “Perché Carol ha ancora i poteri? Non collabora in alcun modo. Siamo costrette a sorvegliarla in camera sua, ma potrebbe rendersi invisibile o teletrasportarsi via in qualunque momento”.
“E dove vuoi che vada?”, le risponde Vera, “In città non può passare inosservata”.
Irenior scuote il viso, in pena. “A questo punto, ti chiedo di lasciarla tornare a Midgale”.
La principessa fa un netto cenno di diniego. “Mi dispiace, sa troppe cose. Potrebbe essere un’alleata formidabile per Elyon e per l’Oracolo”.
“Neanche cancellandole la memoria?”, azzarda Theresion, rimasta muta fino a quel momento.
Vera scuote il viso. “Il metodo ipnotico ha funzionato male con i saggi di Meridian, Peggio ancora, è reversibile, perché non cancella veramente i ricordi, ma ne fa solo perdere coscienza. E intervenire direttamente sulle sinapsi per cancellarli è pura macelleria neurologica”.
“Ma finirà per uccidersi!”, insiste Irenior, drammatica.
“Questo no”, interviene Diana. “La teniamo d’occhio di continuo”. Poi si rivolge a Vera: “Allora?”.
Lei scuote il viso. “Non vorrei arrivare a toglierle i poteri. Sarebbe una rottura aperta”.
“Ma siamo già alla rottura aperta! Da quella mattina prima di partire! Perché non lo vuoi ammettere? Forse perché la goccia di Elyon non riesce a distaccarsi davvero dalla goccia di Cornelia?”.
Vera si irrigidisce a questo rimprovero così personale, poi ribatte: “Mi meraviglio, invece, di come ci sia riuscita tu! La goccia della goccia di Will!”. Torna a sedersi, agitata. “Lasciamola calmare. Domani le parlerò. Nel frattempo, Diana, sarebbe utile che tu le porgessi delle scuse”.
Nemesis Dodici riflette un attimo. “Mi scuserò per averle messo le mani addosso, ma non posso ritirare niente di ciò che io e le altre abbiamo detto. E’ tutto fin troppo vero, lo sai. E lo sa anche lei”.
Attende per qualche secondo una risposta che non arriva, poi svanisce alla vista.
Vera resta pensierosa a guardare fisso davanti a sé.
Irenior, sentendosi attraversata da uno sguardo che non la vede, la scuote per una manica: “Vera, mangiamo in fretta. Sette di loro stanno aspettando solo che noi finiamo, per avere la loro parte”.
 

Camera di Carol

Il piattino di polpette appoggiato sul comò ha ormai smesso di fumare.
“Grazie, Pao. Non preoccuparti, le mangerò”. Le parole di Carol, sussurrate a bassa voce mentre guarda fuori dalla finestra, hanno un suono incolore.
“Allora… io vado”, dice incerta l’amica sulla porta; poi ci ripensa, riguadagna a grandi passi il posto accanto di lei e la stringe come per un addio. “Non fare sciocchezze, ti prego! Mi mancheresti tanto!”.
Carol le batte sulla spalla, sforzandosi di imbastire un sorriso rassicurante, poi torna a guardare verso la finestra e risponde, atona: “Stai tranquilla”.
Guarda fuori. Una grande aquila dalla testa ramata volteggia attorno alle torri del palazzo, allargando i suoi giri fin sui quartieri alle pendici della scarpata.
Il volo di un uccello, il simbolo stesso della libertà. Il suo sguardo, il simbolo della lungimiranza. Eppure, fanno parte dell’oppressione che avvolge Meridian ogni giorno di più.
Quando Carol torna a guardare nella stanza, Pao non c’è più. E’ andata. Meglio così, pensa. Ne soffrirà, ma sarà per poco.
Architetto Paochaion… in poche settimane, i suoi pensieri saranno presi da grandi progetti che nel suo mondo d’origine poteva solo sognare e disegnare, incompresa da tutti.
Ciao, Pao. Sii felice. Forse ci rivedremo ancora.
Ha già deciso. Sarà stanotte.
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 53
*** Le notti di Carol ***


53- Le notti di Carol  
Ad personam:
Cara Scrlettheart, grazie di cuore per la tua recensione rapidissima e per le tue gentilissime parole. Cosa farà Carol? Credo che questo capitolo riserverà due sorprese sui retroscena non detti nei precedenti. Non preoccuparti se alcune parti sono sibilline, è che preferisco non chiarire tutto già a questo punto.
Cara Lux, grazie per i tuoi commenti, so che posso sempre contarci. Una ribellione delle Nemesis sarebbe un bel guaio per Vera, se si realizzasse, ma tieni conto che i poteri di tutte le ragazze provengono da lei e potrebbe sempre ritirarli, al bisogno. Di tutte? Forse no... 
Un grazie anche a Silen per la rilettura e i suoi consigli.

Due parole sul presente capitolo: il titolo, Le notti di Carol, sembrerebbe promettere una storia piccante, ma le uniche luci rosse si trovano su un albero di Natale di un mondo che ormai la ragazza ha perduto.
Molte sue sicurezze saranno sconvolte, e si troverà davanti a una scelta difficile, in cui sentirà di dover cambiare perchè tutto torni come una volta.

Due parole anche sui disegni: sono finalmente soddisfatto di come sono riuscito a rendere Carol questa volta: tutti i precedenti tentativi non rendevano giustizia a come la immaginavo. Lo so che l'espressione depressa non è rappresentativa del suo carattere abituale, ma è caratteristica del periodo che sta passando ora.
L'ambiente del disegno finale è il soggiorno di casa di Cornelia; questo è sempre disegnato in maniera abbastanza coerente nel fumetto, e prende luce da una parete vetrata che dà sulla terrazza alle spalle dell'osservatore; le porte sopra le scale sono quelle delle camere.
Prima di iniziare a disegnarlo, ho provato a ricostruire la pianta dell'appartamento sulla base dei disegni del fumetto, e mi sono reso conto che è incongruente con le viste esterne. Nel disegno interno, sulla destra si intravede l'atrio che porta al vano delle scale e dell'ascensore; ma se l'appartamento dovesse essere situato sul lato destro del condominio Garden Plaza, come si vede dal fumetto, lì ci dovrebbe essere il muro esterno, non il vano scale. Inoltre un soggiorno così alto da avere le scale che portano alle camere è plausibile solo in una villa, non in un condominio come quello disegnato.

Buona lettura
MaxT

PROFEZIE


Riassunto delle puntate precedenti 
Dopo un incontro misterioso con la Luce di Meridian, Vera ha convinto le Gocce a sostituirsi ad Elyon a Meridian, impersonando la regina e le guardiane. Carol si è opposta, ed è stata costretta con l'ipnosi. 
A Meridian, la controfigura di Elyon e le finte guardiane esiliano Miriadel e Alborn, mentre Caleb sfugge alla cattura;  pur avendo assunto il potere, si 
rendono conto di non essere convincenti, e inventano la storia che le guardiane sono a palazzo per proteggere la Luce di Meridian da un complotto. 
A Heatherfield, rifugiatasi con i genitori nella sua vecchia casa, Elyon spiega che quella che si sta realizzando è una sua profezia,  la cui interpretazione fino a quel punto era ambigua. La profezia prevede che la tirannia duri un anno, che a Meridian dura diciotto mesi. Elyon è decisa a non tentare niente prima di questa scadenza.
Sul palazzo scende un clima sempre più oppressivo in cui le congiurate utilizzano sia i poteri mentali che l'intimidazione per mantenere il controllo.
Settimane dopo, vengono a sapere per caso la profezia infallibile che prevede che la tirannia durerà un anno.
Il nuovo piano di Vera prende rapidamente forma, basandosi sull'ambiguità del termine di un anno: prima simuleranno che Elyon diventi sempre più tirannica e impopolare, screditandola, poi Vera, che ha comunque il rango di una principessa Escanor, la spodesterà dopo un anno terrestre di dodici mesi, facendo finire apparentemente la tirannia e realizzare la profezia; poi, dopo aver guadagnato il consenso della gente, si prepareranno per affrontare Elyon e eventualmente le Guardiane al loro ritorno dopo diciotto mesi, un anno di Meridian. Vera crea venti copie di Wanda, dette Nemesis, che avranno l'incarico di impersonare le guardiane, sollevando le gocce dal compito, e di sorvegliare la città restando invisibili o sotto falsa identità, o con l'aspetto di aquile. 
Dopodichè, una controfigura di Elyon presenta pubblicamente Vera come principessa al popolo e al Consiglio dei Veglianti, delegandole tutti gli impegni pubblici; la nuova vice-regina incontra subito un'accoglienza favorevole, anche avendo ammesso di essere una creatura della Luce di Meridian.
Vera può finalmente muoversi liberamente in città. Accompagna Pao nel quartiere cadente di Trasclovkir, le spiega delle distribuzioni di acqua magica alla popolazione, infine si recano a vedere gli archi di crescita dove le copie degli oggetti sottratti sulla terra stanno crescendo, ma troppo lentamente per scarsità di energia magica. Per integrare quest'energia, vengono disposti attorno alla città sinistri pannelli simili alle alette delle guardiane per assorbirla dall'aria.
Nel frattempo Carol, perse le speranze di convincere le altre a desistere, si isola sempre più dal gruppo, finchè viene a lite aperta con le Nemesis.

Cap.53

Le notti di Carol





Meridian, palazzo reale, camera di Carol
Nell’oscurità della camera si intravede un sottile spicchio di cielo notturno. Dalla fessura tra i tendoni, tre diverse lame di luce si proiettano sul pavimento.
Carol è rimasta sveglia osservando il loro lentissimo spostarsi, minuto dopo minuto.
Mentre aspetta la mezzanotte, i suoi pensieri divagano. 
E’ quasi un mese che si trattiene in camera il più possibile, cercando di sfuggire a un ruolo che odia e di recuperare durante la giornata il sonno perduto di notte. La scusa che ha portato è stata l’insonnia, ma la verità è un’altra: mentre il suo corpo restava inerte nel letto, il suo spirito era altrove. 
Rivede ancora la prima volta che lo ha fatto.
Anche quella notte le era impossibile dormire, l’ansia urlava troppo forte.
Serrò gli occhi e, seguendo un ricordo rubato ad altri, iniziò una sequenza mentale mai provata prima.
Appena compiuta, la prima sensazione fu una vertigine: uno scollamento tra le sensazioni di immobilità del suo orecchio e gli occhi che, pur chiusi, le mostravano che si stava sollevando nella stanza.
Si guardò dall’alto prima con meraviglia, poi con un senso di trionfo. Ora che il suo corpo le sembrava estraneo, vide la tensione sciogliersi e lasciare il suo viso, abbandonato sul cuscino.  Le mani contratte si aprirono lentamente, e il suo respiro divenne come quello del sonno.
Dopo un po’, il corpo astrale prese a vagare nel palazzo. Dapprima levitava con prudenza, attraversando pareti e pavimenti senza trovarvi ostacolo, come nelle migliori tradizioni dei fantasmi. Poi, mano a mano che prendeva confidenza con le possibilità offerte dal suo nuovo stato, i suoi movimenti divennero sempre più veloci e sicuri, e si tuffò dentro e fuori dai muri perimetrali del palazzo, sopra la città addormentata e l’altopiano. Perdendo la cognizione del tempo, continuò a lungo a esercitarsi in voli sempre più folli, finché non fu sazia di quell’illusione di libertà.
Poi ripensò alla misteriosa biblioteca che le era stata proibita.
Sapeva che non si conosce alcun metodo per individuare un corpo astrale, se non gli occhi immateriali di un altro come lui. Ciò le apriva una nuova possibilità.
Risalì veleggiando lo scalone circolare della torre nord fino alla robusta porta azzurra ben serrata, su cui campeggiava a caratteri dorati: ‘Biblioteca reale’. La attraversò, senza che scattasse alcuno dei sofisticatissimi allarmi che la proteggevano.
Al di là, ritrovò il grande stanzone a forma di ciambella. Era buio, ma la sua nuova vista poteva percepire una nuova luminescenza promanarsi dagli oggetti, un riflesso delle forze interne della materia che li costituisce.
Rivide l’ampio tavolo di legno laccato d’azzurro e le grandi sedie imbottite che invitavano a lasciarsi sprofondare, ma lo spirito non ha bisogno di riposarsi dal peso del corpo.
Disposti sulle scansie radiali attorno al vano scale centrale, c’erano migliaia e migliaia di libri a prometterle conoscenze arcane e vietate. Il suo sguardo poteva scorrere avidamente sulle loro costole, facendola spasimare frustrata per non poterli aprire.
I primi erano terrestri, infatti tutti i loro titoli erano in inglese. Edizioni recenti, certo acquisti di Elyon: biologia, genetica, fisica. Mattoni che la sua amica, pur affamata di risposte, non era riuscita a comprendere a pieno.
Le venne da sorridere passando davanti a intere collezioni di romanzetti rosa e di albi a fumetti. Di questi non le aveva mai parlato!
‘E’ così lontana, Ellie’, pensò con tristezza, ‘Tutti i suoi ricordi in questo luogo verranno corrotti, prima o poi’.
Continuando a vagare per le scansie, ritrovò anche libri terrestri più vecchi. Si andava indietro nel tempo di secoli, e i titoli sembravano rivelare decine di lingue diverse.
Poi, dove questa sezione finiva, era appeso un cartello del tutto incomprensibile. La prima volta che era venuta lì, in carne e ossa, era rimasta a lungo a pensarci prima di risolvere l’arcano: era appoggiato alla rovescia! Raddrizzandolo, era facile leggervi “magia” in caratteri meridiani.
Questa sezione era la meglio fornita di tutto il metamondo, accumulata in secoli e secoli dalla dinastia che aveva fatto di quest’arte la base del suo potere spirituale e politico.
I libri che più le destavano desiderio erano quelli serrati da lucchetti, che sembravano quasi cofanetti di sapienza proibita.
Accanto a questi, disposti in qualche ordine incomprensibile molto somigliante al più completo caos, c’erano papiri e pergamene arrotolati, quadernetti fitti di appunti, e quadernoni ornati da illustrazioni incomprensibili.
Si avvide che i suoi piedi incorporei erano penetrati in una cassetta, abbandonata in mezzo al corridoio come con il proposito di far inciampare i visitatori distratti.
‘Sequestrati dalla censura’, chiariva un biglietto ingiallito attaccato al coperchio serrato.
Carol acuì la sua vista incorporea fino a focalizzare l’interno dello scrigno: conteneva decine di volumetti tutti uguali che sembravano manuali di magia fai-da-te.
Si accorse con gioia che riusciva a leggere le pagine al loro interno anche senza poterli aprire.
Sorrise compiaciuta: aveva trovato come impiegare bene le sue notti insonni.

Immersa nel suo ricordo, Carol guarda, quasi senza vederla, una striscia di luce spostarsi in alto sulla parete, e svanire quando la stella artificiale da cui proviene tramonta all’orizzonte. Una macchia luminosa compare sul davanzale quando un altro astro artificiale supera lo zenit, diretto verso levante.
Carol si riscuote. E’ giunto il momento: un’ora dopo la mezzanotte.  Addio, Meridian.
Senza sollevarsi dal letto, inizia a ripetere la sequenza mentale del teletrasporto, sempre più velocemente, finché tutte le fasi si fondono in una, e il suo corpo si dissolve in un baluginio ben visibile nella penombra.
Le coperte ormai vuote si afflosciano sul letto, mentre un’altra striscia di luce sulla parete si affievolisce e scompare.
 

Heatherfield, casa Portrait, camera di Elyon

Poco dopo, un ambiente in penombra si riforma davanti agli occhi di Carol, già allenati all’oscurità.
Resta incerta sul da farsi: prima di partire, aveva stimato che a Heatherfield fosse già mattina, invece pare piena notte anche qui.
E’ una camera che ricorda molto bene. I peluche allineati sulla mensola sono gli stessi di allora. Eppure sono ricordi della fanciullezza di un’altra, di un tempo in cui lei non esisteva ancora.
Nel lettone dorme Elyon, avvinghiata a un cuscino cui sorride teneramente. Sembra felice, come una volta.
Carol resta a lungo a guardare la stanza rassicurante e la sua vecchia amica.
Poi si decide e le si accosta. “Ellie…”, sussurra.
Nessuna risposta.
“Ellie!”, chiama più forte, scuotendola delicatamente.  “Svegliati, sono Carol!”.
“Mmh? Scusa, mi sono appisolata in….”. Si desta di colpo e spalanca gli occhi verso l’ospite inattesa. “Carol?!? Carol! Cosa fai qui?”. La guarda un attimo con occhi sgranati, poi torna a rilassarsi. “Ho capito. Sto sognando”.
L’altra la scuote di nuovo, e accende l’abat-jour sul comò. “Ellie, sei già sveglia! Sono qui per parlarti. Voglio restare!”.
“Restare?”. La guarda come se non capisse. “In camera mia?”.  Poi si volta verso il cuscino come se chiedesse la sua approvazione.
“Oh, svegliati! Ti fai di Valium, la sera? Io voglio restare sulla Terra!”.

Si sente qualche rumore dietro la porta. Il battente si apre improvvisamente, ed entra il signor Portrait impugnando una pistola. “Chi è lei?”.
“Ehi… calma!”, si allarma Carol.
“Elyon, va tutto bene?”, chiede Miriadel da dietro le spalle dell’uomo.
“Sì. Papa, mamma, vi presento Carol, la goccia di Cornelia. E’ venuta a trovarmi da Meridian”.
“Piacere, signori. Scusate l’ora…”. La ragazza, imbarazzatissima, non sa se sia più il caso tendere la mano o di svanire.
L’uomo abbassa la pistola, ma il viso ostile le fa capire che non ricorda con simpatia le nuove ospiti del palazzo reale. “E’ il meno, signorina. Niente alette, stavolta?”.
“Thomas, non essere scortese!”, lo riprende Eleanor. “Carol, benvenuta comunque. Un caffé?”.
“Non per me, signora, io soffro già di insonnia. Grazie comunque. Magari per Elyon?”.
“Insonnia! E ha pensato a noi in piena notte”, completa sarcastico Thomas. “Gentile!”.
“Chiedo scusa per l’ora”, ammette Carol. “Ho sbagliato i miei calcoli, credevo che qui fossero le otto del mattino”.
“Anche quella è un’ottima ora, per una visita non annunciata”, sfreccia Thomas.
“E poi”, riprende Carol più acida, “Non ho pensato a lei, signore. Volevo parlare con la Luce di Meridian, se permette!”.
“Papà, per piacere, ci lasci da sole?”, chiede gentilmente Elyon, ormai ben sveglia, “Parleremo sottovoce, lo prometto”.
“Thomas, vieni via!”. Eleanor artiglia il marito per un braccio e lo trascina fuori. “Ragazze, parlate pure!”.
Quando la porta si è richiusa, si sente ancora Thomas al di là del battente che brontola: “Sono un militare, io. Non mi piacciono i traditori, e ancora meno quelli che poi tradiscono anche i loro complici!”.

Carol ha sentito il commento dietro la porta. La sua ferita si vede dal viso e dal tono della sua voce. “Ellie, sono stata trascinata in questa faccenda da Vera! Io non ho mai creduto alla sua panzana, e lei mi ha ipnotizzata! Non mi sarei mai messa contro di te!”.
Elyon annuisce, e per un attimo un’espressione quasi commossa si dipinge sul suo viso. “Carol, sei un’amica! Scusa mio padre, lui non sa niente. Ma raccontami cosa vi ha detto Vera!”.
“Ha raccontato che le guardiane e l’Oracolo ti hanno imposto di rimbambirci e consegnarci a loro, e che tu hai girato a lei questo incarico”.
“Geniale!”, sfugge a Elyon. “Comunque, è tutta una sua invenzione”.
“Lo sapevo”, fa sollevata Carol, sedendosi sul letto. “Comunque, tu l’hai vista, quella notte. Toglimi tu una grande curiosità, ora: cosa le hai detto, in realtà?”.
“Non chiedermelo”, risponde Elyon a disagio, “Se te lo spiegassi, non potresti più rimettere piede a Meridian”.
Carol resta interdetta un attimo. “Ma io non voglio tornare lì, sono appena fuggita! Non voglio avere nulla a che fare con il loro piano criminale!”.
Elyon sospira. “E’ qualcosa che doveva comunque accadere”. Scuote il viso, incerta. “Non mi aspettavo il tuo ritorno proprio in questo momento. Ora, qualunque cosa io ti dica o non ti dica, sarà comunque sbagliata”.
Carol la guarda sempre più stupita, cercando di intuire i suoi pensieri. “Parli della profezia?”.
“Sì. Il futuro è già scritto, ma solo qualche riga qua e là ci è stata rivelata”.
“Il futuro è pur sempre il risultato di scelte fatte nel presente”.
“Non solo delle scelte”, puntualizza Elyon. “Le loro conseguenze si intrecciano con le conseguenze delle scelte degli altri e con tutto ciò che, per comodità, chiamiamo caso”.
Carol aggrotta la fronte. “Ma fai sogni filosofici tutta la notte?”.
L’altra ridacchia alla battuta. “Ci penso spesso, è vero”. Poi, nuovamente seria: “Ascolta, lasciami finire i miei vaneggiamenti. Di solito le profezie non danno gli elementi che potrebbero servire a contraddirle. Per esempio, non ti dicono il luogo, il giorno e l’ora in cui ti cadrà una tegola sulla testa, altrimenti uno eviterebbe di trovarsi lì, non gli succederebbe niente, e la profezia si sarebbe resa falsa da sola”.
Carol la squadra, cercando di afferrare il senso di queste frasi sibilline. “Però questa volta c’è una scadenza precisa: ‘La tirannia finirà dopo un anno’ ”.
“Appunto! E questo è un ottimo segno, perché significa che, pur sapendo la data del mio ritorno, non riusciranno ad impedirlo. E intendo farlo in modo che nessuno si rompa neanche un’unghia”.
Carol riflette. “Questo mi va bene. Però non è garantito dalla profezia, no?”.
“Ecco il punto, cara: le cose potrebbero prendere una piega non voluta. Perciò, per il bene di tutti, è meglio che Vera e le altre sappiano, fin da prima del mio ritorno, che io non ho nessuna intenzione di punirle, ma solo di riprendere il mio posto di Regina. E qui tu puoi fare molto! In primo luogo puoi rassicurarle, e poi puoi cercare di tenere a freno eventuali teste calde dalla tua parte della barricata”.
Carol sospira. “Forse ho capito”. Dopo un attimo di riflessione, aggiunge: “Ma forse tu non hai compreso la mia situazione. Anche se avevo dato a Vera la mia parola, io non ne posso più di quel ruolo che vorrebbero…”.
“Gli hai dato la tua parola?”, la interrompe Elyon. “Ma allora, devi tornare indietro per mantenerla! La parola è una cosa seria. Se non ci si potesse fidare della parola data…”.
“Che cosa?”, allibisce Carol, “Forse  non mi sono spiegata bene. Io sono fuggita da Meridian. Vera ha preteso la mia parola che non lo avrei fatto; io gliel’ho data, ma poi l’ho fatto lo stesso. Sono venuta a parlare con te, a darti informazioni. Se tornerò indietro, forse non mi romperà alcun’unghia, ma più probabilmente mi rimbecillirà del tutto!”.
“Che pasticcio”, sbotta Elyon, poi ci riflette un attimo, ed esclama: “Ma finora tu non mi hai dato nessun’informazione segreta, Carol! Perciò, per il tuo bene, ora non dirmi nessuno dei loro segretucci: prendi coraggio a quattro mani, torna indietro a mantenere la tua promessa, e racconta loro tutte le cose come stanno. Poi fai del tuo meglio perché la faccenda finisca in modo indolore, quando sarà il momento!”.
L’altra la ricambia con uno sguardo sconcertato.
Elyon riprende, più dolcemente: “E’ anche per il tuo bene, Carol. Loro sono le sole, al mondo, a sapere veramente chi sei. Se le perdi, non troverai nessun altro che possa accettare la tua storia”.
Dopo un lungo silenzio di riflessione, l’altra esala piano: “Ora credo di aver capito”.
“Forse. Non posso confermarti niente, cara. Se tu lo sapessi per certo, non potresti più tornare lì”.
Carol storce il viso. “Speravo che il mio contributo a questa maledetta profezia fosse finito. Sono già apparsa vestita da guardiana, come nei tuoi disegni…”.
“Allora, cerca qualche accordo con Vera per farti dare un ruolo diverso. Con tutte le memorie di esperti che hai assorbito a Midgale, puoi fare tante cose per la città”.
L’altra resta sbigottita. “Con… Vera? Ma mi odia!”.
“No, cara. Sei tu che odi lei”.
Cala un lungo silenzio, durante il quale queste parole si fanno strada lentamente nella mente di Carol.
Dopo un po’, Elyon la scuote: “Ora devi andare. Mi dispiace, vorrei tanto tenerti qui. Avrei tante cose da dirti e da chiederti, ma ti comprometteresti troppo. Prima torni a Meridian, meno severamente rischi di essere punita”.
“Ci devo pensare”, sospira Carol scuotendo il viso e alzandosi in piedi. “Però, prima di lasciarti, ho una domanda troppo importante. Tu hai promesso che non punirai nessuna di loro. Ma cosa ne pensano le Guardiane? E Kandrakar? Sei sicura che loro non vorranno qualche testa? E magari proprio la tua?”.
Elyon si stringe nelle spalle, a disagio. “La mia l’avrebbero già presa, se avessero voluto davvero. Per le altre, farò di tutto per dissuaderli”.
“Quindi, non sei sicura, e non sai come la prenderanno”, riflette Carol. “Ti farai accompagnare dalle W.I.T.C.H. , per tornare a Meridian?”.
“Per quanto posso, no”, fa Elyon, sempre più a disagio. “Ma non sono certa di riuscire a impedirlo. Potrebbe essere una catastrofe, se si arrivasse a uno scontro tra voi e loro. Perciò ho bisogno di aiuto per calmare le eventuali teste calde su tutti e due i fronti, al momento giusto”.
Carol storce il viso. “Ancora un anno lì… Stiamo parlando di un anno di diciotto mesi, vero?”.
L’altra appare stupita dalla domanda. “Certo! Gli anni, sul metamondo, durano diciotto mesi, lo sai!”. Si alza in piedi anche lei, e le pone le mani sulle spalle. “Sono già passati due mesi. Ce la puoi fare, ed essere utile a tante persone. Alle tue compagne, soprattutto!”.
Le mie compagne… Quelle che potrebbero trasformarmi in un vegetale, rimugina amaramente. Dalla smorfia dispiaciuta, si accorge che l’altra ha captato quel pensiero. “Dovrò pensarci sopra, Ellie”, esala, sfiduciata.
L’altra le stringe le mani. “Scegli bene. Comunque sia, io ti auguro tanta fortuna, Carol”.
Lei annuisce, mentre inizia a svanire. “La fortuna ce la creiamo noi”.
Appena Carol è sparita, Elyon si guarda le mani. Questo pizzicore… non aveva mai provato prima a toccare una persona che si sta teletrasportando.

Pochi istanti dopo, Thomas entra in camera a grandi passi. “Elyon! L’hai mandata via così?”.
“Non ci posso credere!”, fa eco Eleanor, seguendolo a ruota.
“Perché? Se avete ascoltato, saprete già che l’ho fatto per non comprometterla troppo”.
“Chi se ne importa di comprometterla!”, insiste suo padre, “Non ti sei accorta di niente di strano?”.
Elyon alza un sopracciglio. “Più strano di trovarsela in camera a notte fonda, vuoi dire?”.
La madre scuote il viso, esasperata. “Secondo te, come ha fatto a teletrasportarsi fin qui, e soprattutto ad andarsene? Non dovrebbe perdere i poteri, lontano da quella Vera?”.
Un lampo di dubbio attraversa gli occhi della Luce. “Già…”.
“Aveva forse il sigillo di teletrasporto con sé?”, incalza Thomas.
“No… Non mi è sembrato, almeno”, risponde lei, persa. “Anzi, sono sicura di no. La tenevo per mano, quando è sparita”.
“E poi”, aggiunge Miriadel, “Se anche fosse, servirebbe comunque un po’ di potere per azionare l’interfaccia di guida del sigillo”.
“Proprio così, signorina!”, incalza lui rivolto alla figlia, “E non ti pare che avresti almeno potuto chiederle come ha fatto?”.
 

Heatherfield, casa Hale

Accanto all’ampia vetrata del soggiorno, sembra quasi di essere all’esterno. Il cielo notturno di questo fine dicembre nevoso riflette una luminosità aranciata; lampioni e insegne illuminano i giardini imbiancati, facendoli sembrare salotti all’aperto.
Carol si guarda attorno. Non c’è bisogno di accendere la luce: il locale è illuminato dalla vetrata e dalle lucette dell’albero di Natale. Festoni luccicanti, tesi tra le appliques, attraversano le pareti. Ventotto dicembre, ricorda il calendario alla parete.
Quanti ricordi! Perlopiù non suoi, in verità, ma ereditati dalla sua originale.  Sono passati quasi due anni dall’ultima volta che Carol, ancora la sosia di Cornelia, ha visto con i suoi occhi questa casa.
Ricordava più grande la sala; essere cresciuta di quindici centimetri rispetto ad allora le ha cambiato la prospettiva.
Si dirige verso le scale che portano alla zona notte, al mezzo piano superiore, e le sale con passo felpato.
Quando arriva in cima, nel corridoio, aguzza l’udito; se trattiene il suo respiro, può vagamente sentire quello dei suoi genitori dalla loro camera.
Entra, attraversando la porta chiusa. Sa che non la possono vedere, o almeno lo spera.
Eccoli lì. Papà e mamma… per quanto si sforzi e cerchi di razionalizzare, non riesce a pensarli diversamente. Dormono sereni, volti uno verso l’altra. Non li sfiora l’idea che possa esistere una ragazza che si considera loro figlia e che, dopo aver vissuto due anni in un’altra città e perfino in un altro mondo, possa essere tornata lì come un fantasma, per rendere loro un saluto prima di sparire.
Resta lì a lungo, ascoltando il silenzio, poi esce.
Dopo una breve attesa (Breve? C’è solo il battito del cuore per misurarla), si decide e attraversa la porta della camera di Lilian.
La sorellina. Il rospo. La scimmia. Una volta la detestava.
Eccola lì, che dorme beata tra i suoi peluche. Bellissima, il viso abbandonato e innocente dei suoi sette anni. La ricorderà sempre così.
Torna a uscire. L’ultima camera è quella di Cornelia.
Esita a lungo, poi rinuncia. Non si sente pronta a rivederla, e forse non lo sarà mai.

Scende piano le scale, fino ai divani del soggiorno. Quando si siede, lo scricchiolio delle molle sembra un gemito nel silenzio.
Resta così a lungo, osservando le luci dell’albero di Natale. 
Ha già perso la sua famiglia, fuggendo da Cornelia. Può permettersi di perdere anche le sue compagne? Ed anche Elyon, forse, se la deluderà? Quante volte ci si può tagliare i ponti alle spalle, nella vita?
Eppure, tornare indietro a Meridian è un rischio enorme, anche ora che vede tutto sotto una nuova luce. Si metterebbe nelle loro mani, pur sapendo ciò che sarebbero in grado di farle, sperando nella loro benevolenza.
E il suo orgoglio? Lei era la femmina alfa, una volta. Anche se la perdonassero, sarebbe comunque un’umiliazione terribile.
Qual è l’alternativa? Potrebbe restare comunque sulla Terra; ricostruirsi una nuova vita, o raccogliere i cocci di quella precedente. In fondo, ha ancora discrete carte per farlo: la sua bellezza, la sua intelligenza…
Scuote il viso: Se scegliesse così, poi non riuscirebbe più a tenere la testa alta come prima.
 

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Capitolo 54
*** Ritorno ***


54- Ritorno  
Ad personam:
Cara Scrlettheart, sono proprio contento di poter contare sulle tue puntualissime recensioni. Sisì, Elyon è distratta, ma povera, in fondo è stata svegliata pochi minuti prima nel pieno del sonno... Ora vedremo che proposte ha preparato Carol per il suo ritorno, per evitare di finire chiusa a chiave in una gabbia più o meno dorata. Dovranno essere ben convincenti.
Cara Lux, grazie per il tuo graditissimo commento. Anche a me piace la dicotomia tra l'immagine pubblica di Elyon e la sua vita privata. Del resto, se si pensa a quante volte, e quanto profondamente, è cambiata la sua autoimmagine nei tre anni che separano questo capitolo dalla rivelazione della sua identità fattale da Cedric, ci si può quasi meravigliare che sia rimasta una persona abbastanza serena.
Carol sembra finalmente impegnata a mettere in disparte il suo abituale ego un tantino ipertrofico per dare un contributo a far concludere bene la storia. Ma sarà sufficiente?
Un grazie anche a Silen per la rilettura e i suoi utilissimi consigli.

Qualche parola sul disegno: ho cercato di rendere al meglio l'idea dell'abbagliamento dovuto alla lampada durante l'interrogatorio. Pazienza se si vedono pochi dettagli dello sfondo e ei personaggi retrostanti, ma l'intenzione era proprio quella.

Buona lettura
MaxT

PROFEZIE


Riassunto delle puntate precedenti 
Dopo un incontro misterioso con la Luce di Meridian, Vera ha convinto le Gocce a sostituirsi ad Elyon a Meridian, impersonando la regina e le guardiane. Carol si è opposta, ed è stata costretta con l'ipnosi. 
A Meridian, la controfigura di Elyon e le finte guardiane esiliano Miriadel e Alborn, mentre Caleb sfugge alla cattura;  pur avendo assunto il potere, si 
rendono conto di non essere convincenti, e inventano la storia che le guardiane sono a palazzo per proteggere la Luce di Meridian da un complotto. 
A Heatherfield, rifugiatasi con i genitori nella sua vecchia casa, Elyon spiega che quella che si sta realizzando è una sua profezia,  la cui interpretazione fino a quel punto era ambigua. La profezia prevede che la tirannia duri un anno, che a Meridian dura diciotto mesi. Elyon è decisa a non tentare niente prima di questa scadenza.
Sul palazzo scende un clima sempre più oppressivo in cui le congiurate utilizzano sia i poteri mentali che l'intimidazione per mantenere il controllo.
Settimane dopo, vengono a sapere per caso la profezia infallibile che prevede che la tirannia durerà un anno.
Il nuovo piano di Vera prende rapidamente forma, basandosi sull'ambiguità del termine di un anno: prima simuleranno che Elyon diventi sempre più tirannica e impopolare, screditandola, poi Vera, che ha comunque il rango di una principessa Escanor, la spodesterà dopo un anno terrestre di dodici mesi, facendo finire apparentemente la tirannia e realizzare la profezia; poi, dopo aver guadagnato il consenso della gente, si prepareranno per affrontare Elyon e eventualmente le Guardiane al loro ritorno dopo diciotto mesi, un anno di Meridian. Vera crea venti copie di Wanda, dette Nemesis, che avranno l'incarico di impersonare le guardiane, sollevando le gocce dal compito, e di sorvegliare la città restando invisibili o sotto falsa identità, o con l'aspetto di aquile. 
Dopodichè, una controfigura di Elyon presenta pubblicamente Vera come principessa al popolo e al Consiglio dei Veglianti; la nuova vice-regina incontra subito un'accoglienza favorevole, anche avendo ammesso di essere una creatura della Luce di Meridian.
Nel frattempo Carol, perse le speranze di convincere le altre a desistere, si isola sempre più dal gruppo, finchè viene a lite aperta con le Nemesis e fugge a heatherfield, ma quando incontra Elyon, questa le consiglia di riunirsi al suo gruppo dandole spiegazioni sibilline.

Cap.54

Ritorno


Meridian

Alle prime luci dell’alba la camera di Carol appare vuota e triste: le coperte riverse sul pavimento rimarcano il vuoto lasciato nel letto e la frustrazione di chi lo ha scoperto per primo.
Qualche voce nervosa dal pianerottolo lascia intuire che sarà una giornata molto particolare.

Il caratteristico baluginio del teletrasporto anticipa il ritorno di Carol.
Un attimo dopo essersi rimaterializzata accanto al letto, la ragazza si guarda attorno costernata, accorgendosi di avere i piedi sulla sua coperta.
Poi, d’improvviso, una mano forte le afferra un braccio da dietro, e una puntura a sorpresa sul tricipite la fa sobbalzare. “Ahi!”.
Voltandosi, si trova davanti ad uno sguardo ostile fin troppo familiare, dipinto su una faccia a motivi neri ugualmente ben conosciuta.
“Ora ci devi una spiegazione!”, le intima minacciosa Nemesis Otto.
Ecco, l’incubo è appena iniziato. Carol lo ha già vissuto nella sua immaginazione dieci volte, in tutte le possibili varianti. “Cos’era?”, chiede quasi senza sorpresa.
“Un narcotico”, risponde l’altra, facendo sparire nella mano una strana manopola coronata di aghetti, poi aggiunge serafica: “Casomai ti venisse ancora voglia di scappare”.
“Sono tornata di mia volontà”, protesta debolmente Carol, sentendosi rapidamente pervadere da una calma sempre più innaturale. I passi concitati, l’aprirsi di colpo della porta… tutto comincia a scorrerle davanti nella più completa indifferenza, mentre i muri e le persone attorno le sembrano ondeggiare.
 

Meridian, sotterranei della torre sud
 
“Ripetilo ancora una volta!”, ordina, autoritaria, una delle voci tutte uguali da dietro la luce abbagliante della lampada puntata negli occhi di Carol.
La prigioniera, afflosciata con le palpebre socchiuse sulla scomoda sedia di ferro, risponde monotona: “Sono andata da Elyon. Lei mi ha detto di tornare indietro. Non ha voluto informazioni. Mi ha detto di tornare per restare unite… e…”, fa una breve pausa, cercando di scacciare la miriade di cerchi luminosi che le si formano negli occhi ogni volta che li muove, “… e calmare le teste calde… perché nessuno si faccia male quando lei tornerà”.
“Certo, e magari ci ringrazierà anche! E’ davvero questo che ti ha detto?”, abbaia la figura dietro il fascio di luce, mentre i suoi passi nervosi vengono rimarcati dallo scalpiccio degli stivali.

“Ha detto che non intende punire nessuno”, esala Carol debolmente, sforzandosi di tenere su la testa che le vorrebbe cadere a ciondoloni.
“Eppure lo hai ammesso!”, incalza la voce, “Ti ha rimandata qui per confonderci! Per indebolire la nostra determinazione!”. La sagoma imponente e scura si pianta di nuovo a braccia conserte davanti a lei. “Forse ti ha perfino incaricata di tradirci!”, insinua a denti stretti.

“Basta, Wanda!”, scandisce la voce di Vera, da dietro la sedia su cui la prigioniera è costretta. “Sta dicendo la verità. Tutti i suoi ricordi concordano con le sue parole”.
Carol si sente sfilare dalla testa una coroncina carica di pendenti. Non si era neanche resa conto che gliel’avessero posta.
La lampada viene smorzata, ma una nuvola di tondi verdi e cremisi rutilanti continua a danzarle negli occhi.
Sente ancora Vera: “La reazione di Elyon l’ha spiazzata, come ha spiazzato noi”.
Sulla destra, una voce uguale a quella di Wanda tuona: “Non credi che possa aver rivelato i nostri piani, e poi fatto alterare i suoi stessi ricordi solo per salvarsi il didietro?”.
“Se è andata così, ormai il latte è già versato, ma Carol non ci sta nascondendo niente di quell’incontro”. Poi il tono di Vera cambia: “Ma vi siete chieste come ha fatto a teletrasportarsi ad Heatherfield e poi a tornare indietro?”.
Wanda si stringe nelle spalle con sufficienza. “Ovvio. All’andata ha usato i poteri che le hai lasciato; al ritorno è stata aiutata da Elyon. Ti avevo avvertito di toglierle…”.
“No”, taglia corto Vera, “Io le avevo già tolto tutti i poteri fin da ieri pomeriggio”.
“Allora avrà ottenuto un sigillo di teletrasporto. Pao Chai ne aveva tenuto uno, vero?”.
“Ipotesi errata, mia cara. Vuoi spiegarlo tu, Carol?”, le dice, con il tono di chi sa già la risposta.
La prigioniera realizza lentamente che si stanno di nuovo rivolgendo a lei, e alza gli occhi annebbiati. Ora l’abbagliamento si è esaurito, e riesce a vedere i visi delle quattro interlocutrici di fronte, anche se fuori fuoco. Risponde, con tono piatto: “Ho acquisito poteri tutti miei”.
Le tre in uniforme fanno facce sorprese tutte uguali. “E come hai fatto?”, chiedono in coro.
Carol si sforza di trovare le parole giuste: “Un po’ di mio…”.
“E poi?”, incalzano all’unisono.
“…Copiando le memorie dei dignitari…”.
“Ma soprattutto…”, sollecita Vera senza curiosità.
“…Leggendo i libri della biblioteca”.
La rivelazione viene accolta da un attimo di silenzio stupito. Solo la Grande Sorella ha mantenuto l’espressione da ‘cosa vi dicevo?’.
“Ma… E quando saresti andata in biblioteca?”, domanda perplessa una delle Nemesis, “Ti abbiamo sempre tenuto d’occhio giorno e notte…”.
“Viaggio astrale”, risponde Carol, mentre le palpebre le pesano sempre più. “Extracorporeo”.
Vera si china, avvicinandosi minacciosamente con il viso. “Sapevi che era vietatissimo! E ora, dammi un solo motivo per non rinchiuderti in camera tua, sotto sedativi da adesso all’eternità!”.
La prigioniera fa spallucce: in fondo, dopo due mesi di ansia e di frustrazione, quel farmaco le ha regalato un’ora di tranquillità che neanche l’interrogatorio è riuscito a guastarle del tutto.
“Allora, Carol?”. Vera comincia a temere che non otterrà risposta. “Avanti, dammi uno straccio di motivo… O vuoi trasformarti in una reclusa drogata?”.
Una drogata… questa parola evoca nell’altra immagini remote, fin troppo cupe. Da lontano, una briciola del suo amor proprio torna a luccicare. Rialza lo sguardo. “Perché ti posso essere utile”.
“In che modo?”, chiede Vera. Sembra sollevata, come pronta ad accettare qualunque sciocchezza, pur di non essere costretta a mettere in atto la sua stessa minaccia.
Carol si sforza di recuperare un minimo di volontà, e di ricordare le proposte che si era accuratamente preparata prima di tornare. “Sono l’unica che conserva i poteri anche quando si trova lontana da te”, risponde, parlando lentamente. “Posso andare sulla Terra, comprare quanto vi serve, e portarlo a Meridian. Però, lasciami fuori dai tuoi progetti di tirannia”.
Vera annuisce con espressione di sufficienza, ma gli occhi le brillano. “Potrebbe essere utile. Wanda, falle l’antidoto!”.
L’altra non sembra convinta. “Ma… ti fidi ancora di lei?”.
“E’ tornata spontaneamente, no? E poi, ti assicuro che non ci sta nascondendo più niente. Rimettila in piedi, intanto!”.
Wanda fa apparire nella mano una manopola simile alla prima, ma di un colore diverso, e la preme nell’incavo del braccio di Carol.
Dopo aver percepito la puntura, lontana come un ricordo sepolto, l’altra sente lentamente una vena di lucidità diffondersi nei suoi pensieri. Scuote il capo, come per scrollarsi di dosso le nebbie del narcotico.
“Carol”, riprende Vera quando lo sguardo dell’altra è tornato quasi normale, “La tua proposta mi interessa. E se tu non vuoi stare con noi contro Elyon, allora mi accontenterò che tu non sia contro di noi”. La squadra un attimo, come indecisa. “Ma che garanzie puoi darci che non ci tradirai?”.
Carol sa che la sua parola, ormai, non vale molto. “Potrai esaminarmi la memoria quando vorrai; anche con narcotici, se lo riterrai necessario”. Scuotendo  le spalle, aggiunge rassegnata: “Tanto, ormai sai già tutto di me”.
“Prometti anche di non contattare Elyon?”.
“D’accordo, non lo farò di nascosto; però, potrei esserti utile anche come messaggera, non trovi?”.
“Messaggera? Non credo. Comunque ho capito l’idea che ti sei fatta”.
“Ne sono sicura: è stata lei a volerci qui”.
Vera storce il viso. “E’ tutto un trucco per confonderci, è chiaro, e tu le hai creduto. Del resto, ci ha pur sempre mentito: o a te stanotte, o a me quando ha raccontato di Kandrakar”.
Con tono prudente, Carol azzarda: “A me, invece, ha detto che quella storia te la sei inventata tu”. Aggiunge, con l’ombra di un sorriso: “Ha aggiunto anche che sei stata geniale”.
“Bugiarda!”, si adombra Vera.
“Ce ne saremmo accorte tutte, se Vera ci avesse ingannate”, interviene Wanda, “Non dimenticare che possiamo leggerle i pensieri anche quando non sa che siamo presenti”.
Carol preferisce tacere. Questa sicurezza le sembra eccessiva: allo stesso modo, pensa, anche lei si sarebbe accorta se Elyon avesse mentito… e anche la stessa Vera, quella volta. Quindi, c’è qualcosa che non torna!
Si rende conto che le altre hanno captato la sua riflessione. Se pronunciata, forse sarebbe suonata come una polemica; essendo solo un pensiero, invece, acquisisce più credibilità.

Wanda si volta verso Vera con una punta di sospetto.
L’altra lo nota e risponde, irritata, alla sua domanda non posta: “Se vi avessi annebbiate per nascondere una bugia, perché non avrebbe fatto effetto su Carol?”.
Lo sguardo sospettoso di Wanda non si attenua. “Vera, perché quella volta non ti ricordavi più di Michael?”.
“E chi…”. Socchiude gli occhi, per ricordare, poi preferisce leggere la risposta nel pensiero dell’altra. “Il mio… ragazzo?”. Si stringe nelle spalle. “Forse avevo cose molto più importanti di un ragazzo, non ti pare? Mi preoccupavo per voi!”.
Wanda alza un sopracciglio, scettica. Poi gira lo sguardo verso le altre due Nemesis accanto a lei, vedendole confuse. “Beh, non importa”.
Vera conclude con malumore: “L’interrogatorio è finito. Voglio rifletterci, poi ne riparleremo dopo pranzo”. Ad un suo cenno, la grande lampada a piantana posta davanti alla sedia dell’interrogata inizia a strisciare velocemente verso l’angolo opposto della stanza. Non le piacciono i metodi aggressivi di Wanda, ma almeno le permettono di fare la parte della ‘buona’ in queste sgradevoli circostanze.

D’improvviso qualcosa arresta il movimento della piantana a metà percorso, che rimbalza indietro e si rovescia. Quando la sfera luminescente si frantuma sul pavimento di marmo, lo schianto e lo scroscio di schegge lattescenti fanno sobbalzare tutte per la sorpresa.
Dopo un attimo di oscurità e di sbalordimento si accende una luce sul soffitto, e realizzano che nella stanza c’è Irenior, che si sta massaggiando la fronte masticando orrende imprecazioni in quattro lingue diverse, compreso il meridiano antico.
Appena svaniscono le stelline, questa si rende conto di essere l’oggetto di cinque sguardi attoniti.  Fa un sorrisino ingenuo. “Ehm… piccolo il mondo, vero, ragazze? Stavo solo cercando una lampada…”.
Prima che alcuna trovi le parole per rispondere, accanto a lei si rivelano anche le figure variopinte di Paochaion e Theresion.
Terry si avvicina all’infortunata per esaminarle il bozzo sulla fronte. “Roba da poco. Per fortuna  hai dei bei respingenti, se no a terra ci finivi tu, invece della lampada!”.
“Ma… dico!”, protesta Vera. “Ci stavate spiando?”.
“Ma no”, si scusa Pao con un sorrisino imbarazzato. “Non volevamo disturbarvi…”.
“E poi, ci stavamo adeguando all’andazzo generale”, spiega ironica Terry, “Non volevamo essere da meno di voialtre”.
“E’ facile scherzare, per voi”, brontola una delle Nemesis, “Credete che ci piaccia quello che stiamo facendo?”.
Vera sente che dovrebbe interrompere quella polemica prima che degeneri, ma Pao la precede.
“Allora, Carol è tornata con noi, vero?” chiede ansiosa, “Non la punirai?”.
“Punirla?”. Vera si guarda attorno, incerta. “Nnnno… Però dovremo prendere delle precauzioni”.
“E sarebbero?”, si acciglia Carol. “Più che farmi leggere la memoria sotto narcosi…”.
Vera riflette prima di rispondere. “Allora… dunque… ah, sì: primo, ogni conoscenza dei nostri piani verso Elyon e le Guardiane ti sarà preclusa”.
Wanda aggiunge: “Ogni tuo tentativo di raccogliere informazioni sul nostro sistema difensivo sarà punito! Non accetteremo scuse, se sgarrerai!”.
“Non fraintenderci”, chiarisce Vera cercando di addolcire la pillola, “Non ti stiamo accusando di tradimento. Ma, andando sulla Terra, ti esporrai al rischio di essere catturata, o che ti leggano il pensiero. E lo stesso vale anche per chi ti accompagnerà”.
“Senza il guinzaglio, voglio sperare”, osa ironizzare  Carol, ricambiata da tre occhiatacce delle Nemesis.
“Non uno per cani, tranquilla”, le risponde Vera; il suo ghigno divertito lascia intuire che ha qualcos’altro in serbo per lei. “Un’altra cosa: tu non copierai i ricordi di nessuna di noi, a meno che non te lo abbia ordinato io”.
“E’ una raccomandazione superflua. Se non l’ho fatto finora…”.
“Persona avvisata, mezza salvata”, taglia corto Wanda.
Vera si avvicina alla porta. “In breve: puoi capire da sola le cose che non accetteremo”. Saluta tutte con un cenno e si volta per uscire, seguita da Wanda. Poi ci ripensa. “Ah, Carol…La biblioteca proibita è detta ‘proibita’ per un motivo molto importante”.
“Cioè?”.
“Perché è proibita!”.
 

Meridian, anticamera della sala del trono, nel pomeriggio

Sta funzionando alla grande, si compiace Paochaion: anche lei è in grado di rendersi invisibile come le Nemesis. Le guardie tarchiate, impettite accanto al portone serrato della sala del trono, non l’hanno notata.
Quasi trattenendo il fiato, si avvicina al battente laccato di celeste e oro. Neanche quello è un ostacolo, quando si ha il potere di attraversare…
Inaspettatamente, una mano tesa emerge dalla superficie del portone proprio davanti al suo viso.
“EEEEEK!”.
Allo strillo di Paochaion, le due guardie sobbalzano. “Eh…”. “AH!”. Un elmetto metallico cade con clangore e rotola sul pavimento lucido.
Subito dopo, la mano misteriosa viene ritirata attraverso il battente.
Pao resta faccia a faccia con i due soldati, che portano la mano all’elsa, perché il suo strillo l’ha rivelata alla loro vista.
“Ehm… salve!”, saluta con un sorriso tirato.
“Lady Paochaion!” tuona uno dei due lasciando la spada, “E’ uno scherzo, o stavate cercando di entrare di nascosto?”.
“Io…io volevo solo fare una sorpresa alle… alle mie amiche”.
L’altro soldato la guarda severo, riaggiustandosi l’elmetto sulla testa. “Sua Altezza ci ha raccomandato di non disturbarla. Siamo qui proprio per impedire qualsiasi sorpresa”.
“Quand’è così… ripasserò più tardi”, si congeda con un sorriso imbarazzato, ed esce dirigendosi al vano scale.
Che figura… E poi, a ripensarci, è certa che era solo la mano di Carol. Magari stava dimostrando i suoi nuovi poteri a Vera.
Al diavolo! Nessuno guarda… è il momento di teletrasportarsi.

Quando la sala del trono si forma attorno a lei, subito Pao nota Carol in piedi vicino alla porta, faccia a faccia con Vera;  vicino si trovano anche le guardiane Will e Cornelia,  e Elyon, che, dal cipiglio, sembra impersonata da una Nemesis.
Per un attimo, il suo spirito di ritrattista riemerge: vedere la sua amica e la copia della guardiana della Terra fianco a fianco permette un interessante paragone. A parte le ovvie differenze del costume e dei capelli, il suo occhio critico individua anche la maggior altezza di Carol, e differenze più sottili nella forma degli zigomi e del mento.

“Facciamola breve”, dice Carol, sfilandosi una coroncina con pendenti laccati a colori vivaci e porgendola a Vera. “Ho gli stessi poteri di prima, ma sono tutti miei”.
“Non proprio gli stessi”, puntualizza Vera. “Neppure io avrei saputo fare il salto dimensionale tra i mondi, senza usare il Cuore di Kandrakar”.
“Che dici?”, si stupisce l’altra. “E’ stato un banale teletrasporto, te l’ho detto. Ho letto le tappe intermedie toccando il sigillo che avevi lasciato a Pao, e le ho semplicemente ricordate”.
“No, è qualcosa di più”, insiste caparbia la principessa.
“Se lo dici tu…”, si arrende Carol, per niente convinta, ma è meglio non contraddire la Grande Sorella in questo frangente. “Abbiamo finito le prove?”.
“Vai pure”, la congeda Vera, ignorando lo scetticismo mal nascosto. “Stasera, a cena, parleremo della tua missione di domani”.

Mentre Carol lascia la sala del trono, scortata dalla guardiana Cornelia, uno dei soldati entra e saluta marzialmente rivolto a Elyon. “Vostra Altezza, Vi informo che poco fa abbiamo fermato lady Paochaion che stava cercando di introdursi furtivamente in questa stanza”.
“Va bene”, sbotta la regina di malumore. “Meno male che ci siete voi”. Li congeda con un gesto.

Per un attimo, Pao ha la sgradevole impressione che Sua Altezza stia guardando proprio nella sua direzione, ma poi torna a rivolgersi alla porta che si sta chiudendo dietro le guardie.
Cessato allarme. Può restare ancora qualche minuto per sentire i commenti.

Vera si sfrega le mani per la soddisfazione. “Questi poteri di Carol sono una fortuna insperata! Ci aprono nuove possibilità”.
“Speriamo”, sbotta scettica Wanda, nuovamente nei panni di Will. “Però non ho capito una cosa: che differenza c’è tra teletrasporto e salto dimensionale?”.
Incamminandosi piano verso un divano lungo il muro, Vera cerca le parole più adatte: “Il teletrasporto…  ecco, permette solo di muoversi solo tra luoghi connessi anche nello spazio. Segue una traiettoria, come un normale spostamento, anche se può attraversare le barriere materiali”.
“E il salto dimensionale?”, incalza la regina, che, assieme a Will, l’ha seguita vicino al divano.
Vera si accomoda. “Il salto dimensionale può anche essere fatto tra universi paralleli non connessi”.
“Come Kandrakar?”, chiede Elyon, sedendosi accanto.
“Sì. E come il metamondo e la Terra. E’ per questo che ci è servito il Cuore di Kandrakar per arrivare qui”.
I visi delle altre lasciano trasparire un po’ di costernazione. “Ma allora, tu non sei in grado di fare il salto dimensionale, e Carol sì?”, chiede ancora la regina.
“Beh, che ci vuole?”, ribatte Vera piccata. “Lo ha di certo trovato scritto in qualche testo nella biblioteca proibita. Potrei cercarlo anch’io, anzi, lo farò prima o poi. Ma non mi interessa, ora”.
“E il portale naturale della leggenda?”, insiste Will. “Ce ne avevi parlato in albergo a Midgale”.
Vera scuote il viso, facendo oscillare i capelli. “Solo una leggenda, credetemi”.

In piedi immobile in un angolo, Paochaion decide che il discorso non le interessa più. Andrà subito a congratularsi con Carol: è stata riammessa nel gruppo, e le è già stata affidata una missione che può svolgere solo lei. Anche il fatto che sia scortata dalla ‘simil-Cornelia’ ha un significato: facendole vedere insieme si vuole rimarcare ai meridiani che, nonostante la somiglianza evidente, le due non sono la stessa persona.
Rallegrandosi per questo, Pao inizia la sequenza.
L’incantesimo dell’invisibilità copre i deboli scintillii della sua dislocazione.

“Funzionano alla grande”, esclama Nemesis Quindici rivelando la sua presenza, mentre si sfila un paio di occhiali dalle lenti iridate. “Con questi occhiali anti-ipnotici riesco a vedervi tutte”, dice rivolta verso un angolo della sala che sembra vuoto.
“Ne ero sicura!”, si compiace Vera, alzandosi per prenderli dalla mano di Nemesis Quindici.
“Avete notato Pao che curiosava?”, chiede la Nemesis. “Era qui, ma si credeva invisibile”.
“Sì”, annuisce Elyon ancora seduta. “La vedevo, dopo che tu ci hai mandato il segnale telepatico della sua posizione”.
“E’ fastidioso” sbotta Will, “Pao è dei nostri, sì o no? Perché è entrata di nascosto a spiarci?”.
“Non darci peso, era solo curiosa”, la giustifica Vera. “Comunque, Dora, hai fatto bene a non rivelarti finché lei è rimasta qui”, aggiunge rigirandosi tra le mani gli occhiali iridescenti. “Questi equipaggiamenti nuovi sono segretissimi”.
“Katja, prego!”, la rimprovera Nemesis Quindici.
“Dora sono io!”, protesta Sua Altezza, ancora sul divano.
“E prendi anche questo”, aggiunge la prima, sfilandosi una coroncina fatta da due catenelle che tengono allineate piccole piastre, decorate da iscrizioni arcane. L’argento luccica alla luce del sole che lo investe attraverso il finestrone.
Vera resta a bocca aperta prima di prendere il talismano. “La indossavi? Sai che non l’avevo notata?”.
“Adesso ti fai ingannare dai tuoi stessi incantesimi, sorellona?”, la provoca Elyon.
“Significa che funzionano davvero bene”, ribatte Vera un po’ stizzita. “Con questa coroncina addosso, nessuno può captare i nostri pensieri se non li trasmettiamo intenzionalmente”.
“Non vedo l’ora che ce ne siano per tutte noi”, sospira Will, infilandosi gli occhiali anti-ipnotici con delicatezza adorante e guardandosi in giro soddisfatta.
“E’ questione di pochi giorni”, risponde Vera. Poi si rivolge verso un angolo della sala che pare deserto: “Nemesis Dodici, fatti vedere!”.

La Nemesis in divisa si rivela alla vista. “Mi chiamo Diana, ricordi?”.
“Certo, Diana, ricordo benissimo”, le sorride. “Senti, tu non dovevi chiedere scusa a Carol per averle messo le mani addosso?”.
“Non ne ho ancora avuto occasione”, risponde l’altra con una scrollata di spalle un po’ stizzita.
“Te la darò io. Domani sarai tu ad accompagnarla sulla Terra”.
L’altra resta interdetta. “I…io?! Perché proprio io?”.
Con un sorriso sornione, le principessa le risponde: “Te l’ho già detto: avrai un’occasione per chiederle scusa”.
 L’altra stringe i denti rimuginando oscure maledizioni. “Ma ti rendi conto che, senza i tuoi poteri, potrò fare molto poco, se lei decide di scappare? Anche con questi occhiali e questa coroncina…”
Vera fa un ampio gesto di diniego. “Portarli sulla Terra? Non se ne parla! Questa roba è top secret. Se dovesse finire nelle mani sbagliate, saremmo perdute”.
Diana resta incredula a questo rifiuto. “Ma… come farò a sorvegliare Carol, allora?”.
“Non credo che lei farà strani scherzi. Ciò che temo di più è che le vere guardiane o l’Oracolo possano catturarvi o leggervi il pensiero, visto che sarete da sole nel loro terreno. Ci fideremo di lei, Dora… scusa Diana. Perciò dovrò ripulire i tuoi ricordi da parecchie cose importanti, prima che partiate”.
“Ma che ci vado a fare, senza poteri?”, chiede Dodici sempre più alterata. “A portarle la borsetta?!?”.
“Tu sarai la sua scorta”, risponde Vera con calma, “E la testimone del suo comportamento”.
“Testimone?!?”, grida Diana, “Sarò in suo potere!!!”.
“Certo”, le sorride, “Così vedremo come lo userà”.
 

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Capitolo 55
*** Spola tra i mondi ***


55- Spola fra i mondi  
Ad personam:
Cara Scarlettheart, grazie per la recensione e per i complimenti.  Tra l'altro, spero che tu abbia avuto un'ottima vacanza. Da parte mia non sarei così severo con Wanda, in fondo sopravvivere non è la più frivola delle preoccupazioni. Il mistero di chi mente... Elyon o Vera? Chi sta seguendo La Luce al tramonto avrà già un'idea di come questo sia possibile.
Cara Melisanna, si vede l'ispirazione a 1984? In effetti è verissimo, mi mancano le citazioni, ma ci ho pensato spesso.
Perso il filo della trama? Credo che il riassunto possa aiutare; ogni volta aggiungo ciò che serve, scremando ciò che non è più essenziale, e devo dire che le cose che sopravvivono sono soprattutto i capitoli attorno al 30-32, l'inizio del golpe,  e quelli in cui Vera espone il suo piano.
Le Nemesis sono piuttosto sinistre, vero? Beh, bisogna capirle: prima Carol fugge in disaccordo, poi torna dopo aver parlato con Elyon... bisognerebbe essere candidi per non sospettare qualche trappola (magari 'cavallo di Troia' suona male). 
Spero proprio che tu riesca a riprendere Terra magica, non vedo l'ora di leggerne il finale.
Cara Atlantis Lux, grazie per la bella recensione. Per quanto riguarda le Nemesis, indubbiamente sono un gruppo di potere molto forte nell'entourage di Vera, però tieni conto che i loro poteri magici derivano da lei, per cui non è pensabile che mantengano un potere politico contro la sua volontà; venti pistolette e quaranta pugni non bastano a fare questo su nessun mondo. Per certe cose le Nemesis sono i carnefici, ma per altre sono le vittime maggiori di quello che sta succedendo, e avrebbero difficoltà ad ambientarsi in qualunque altro ruolo o mondo diverso da quello per cui sono state create.
Un grazie anche a Silen per la rilettura e i suoi utilissimi consigli.

Qualche parola di presentazione su questo capitolo: vedremo com' è, per Carol, entrare nel suo nuovo ruolo e stare fianco a fianco con una delle terribili Nemesis, senza che si nasconda dietro l'invisibilità, la divisa o un aspetto fasullo.
Per capire la frecciatina della vicina, la signora Priest, bisogna ricordare che cosa le ha detto Cornelia nel cap. 37.

Buona lettura
MaxT

PROFEZIE


Riassunto delle puntate precedenti 
Dopo un incontro misterioso con la Luce di Meridian, Vera ha convinto le Gocce a sostituirsi a Elyon a Meridian, impersonando la regina e le guardiane. Carol si è opposta, ed è stata costretta con l'ipnosi. 
A Meridian, la controfigura di Elyon e le finte guardiane esiliano Miriadel e Alborn, mentre Caleb sfugge alla cattura;  pur avendo assunto il potere, si 
rendono conto di non essere convincenti, e inventano la storia che le guardiane sono a palazzo per proteggere la Luce di Meridian da un complotto. 
A Heatherfield, rifugiatasi con i genitori nella sua vecchia casa, Elyon spiega che quella che si sta realizzando è una sua profezia,  la cui interpretazione fino a quel punto era ambigua. La profezia prevede che la tirannia duri un anno, che a Meridian dura diciotto mesi. Elyon è decisa a non tentare niente prima di questa scadenza.
Sul palazzo scende un clima sempre più oppressivo in cui le congiurate utilizzano sia i poteri mentali che l'intimidazione per mantenere il controllo.
Settimane dopo, vengono a sapere per caso la profezia infallibile che prevede che la tirannia durerà un anno.
Il nuovo piano di Vera prende rapidamente forma, basandosi sull'ambiguità del termine di un anno: prima simuleranno che Elyon diventi sempre più tirannica e impopolare, screditandola, poi Vera, che ha comunque il rango di una principessa Escanor, la spodesterà dopo un anno terrestre di dodici mesi, facendo finire apparentemente la tirannia e realizzare la profezia; poi, dopo aver guadagnato il consenso della gente, si prepareranno per affrontare Elyon e eventualmente le Guardiane al loro ritorno dopo diciotto mesi, un anno di Meridian. Vera crea venti copie di Wanda, dette Nemesis, che avranno l'incarico di impersonare le guardiane, sollevando le gocce dal compito, e di sorvegliare la città restando invisibili o sotto falsa identità, o con l'aspetto di aquile. 
Dopodichè, una controfigura di Elyon presenta pubblicamente Vera come principessa al popolo e al Consiglio dei Veglianti.
Nel frattempo Carol viene a lite aperta con le Nemesis e fugge a Heatherfield, ma quando incontra Elyon, questa le consiglia di riunirsi al suo gruppo dandole spiegazioni sibilline. Al ritorno a Meridian viene severamente interrogata, finchè spiega di avere acquisito certi poteri paranormali indipendentemente da Vera e si offre per fare la spola tra la Terra e Meridian per commissioni, e Vera accetta la proposta.

Cap.55

Spola fra due mondi


Al termine del lungo corridoio Carol, vestita di un cappotto scamosciato col cappuccio di pelliccia, alti stivali invernali e borsetta sottobraccio, arriva finalmente al grande locale sotterraneo.
La luce del sole filtra attraverso alcune bocche di lupo, in alto. Ogni suono rimbomba sulle pareti spoglie, intagliate nella roccia, che danno più l’idea di una grotta artificiale che di uno scantinato. Aveva già memoria di questo luogo inquietante, ereditata da qualche dignitario o forse da Caleb. Ormai fa fatica a distinguere la paternità dei ricordi, e si deve accontentare di riconoscere se sono propri o altrui.
Al centro del nudo pavimento di pietra, un’area è transennata da paletti che sorreggono un nastro il cui vivace color arancione contrasta con la tetraggine del luogo.
Vera, già in piedi nella sala, le viene incontro sorridendo.
Un’altra figura, invece, resta ferma ad attenderla a braccia conserte accanto ai paletti. Sembra Wanda in versione terrestre: due pantaloni di velluto nero sporgono da sotto una grossa giacca a vento nera, e i corti capelli quasi neri sono racchiusi in una cuffia di lana. Nera, ovviamente.
“Wanda, sei tu?”, chiede Carol incerta.
L’altra ricambia lo sguardo, un po’ tesa. “No. Sono Diana. Alias, Nemesis Dodici”.
Carol cerca di nascondere il suo disappunto: dovendo fare uno sforzo per riavvicinarsi, avrebbe preferito farlo per la sua vecchia compagna piuttosto che per una anonima copia.
Da una leggera smorfia dell’altra, capisce con rammarico che il suo pensiero è stato captato.
“Mi chiamo Diana, ripeto. Ti prego di ricordare il mio nome!”.
“Va bene… Diana”. Carol la squadra un attimo, fulminata da un sospetto: “Ma… tu non sei quella che l’altro giorno voleva malmenarmi?”.
L’altra le ringhia tra i denti: “Già, sono proprio uno degli avvoltoi che aspettavano di finire i resti del tuo pranzo!”.
Vera interrompe la presentazione non del tutto felice: “Ragazze, cercate di andare d’accordo, perché d’ora in poi farete coppia fissa!”. Le squadra un attimo con un’occhiata carica di minaccia, che poi muta in un largo sorriso mentre apre una valigetta portadocumenti che nessuno aveva notato prima. “Ho qualcosa per voi”. Con disappunto, si accorge che l’ambiente è troppo scuro per leggere le carte. Con un’occhiata verso l’alto, fa accendere degli ampi pannelli dalla forte fluorescenza bianca, incassati nella parte alta delle pareti.
Ora che ci si vede meglio, spiega: “La vostra consegna è trasferirvi a Midgale, nel nostro vecchio appartamento, e verificarne lo stato. In particolare, cercate di capire se è sorvegliato. Poi, comprate un fuoristrada di seconda mano e portatelo a Meridian. Vi aspetto qui tra quattro ore esatte”. Indica lo spazio transennato. Poi comincia a estrarre qualcosa dalla cartellina: “Ecco per voi: ventimila dollari in contanti…”, li fa sventolare con regale indifferenza, “… un flacone di acqua magica concentrata, le chiavi di casa, un computer palmare, due orologi… e poi, carte di identità e patenti intestate a Carol Hair e Wanda Vanderbilt”. Rivolta alla Nemesis, aggiunge: “Diana, tu ti fingerai Wanda, se qualcuno dovesse riconoscervi a Midgale. Ci sono anche altri documenti per te: un tesserino di agente dell’FBI e un porto d’armi”.
“Porto d’armi?”. Carol storce il viso. “Il cannone non le servirà a niente”.
“Non è contro di te” specifica Diana toccandosi un qualcosa sotto l’ascella, coperto da strati e strati di vestiti. “Io sono la tua scorta”.
L’altra risponde con un grande sbuffo di disappunto. “Se ci ferma la polizia, quella roba da Rambo ci darà solo problemi”.
Vera le interrompe: “Ragazze, non vorrete beccarvi per tutto il tempo, vero?”. Poi apre il palmo, rivelando quattro grossi orecchini opalescenti di forma emisferica. “Indossate questi registratori di pensieri. Tassativo, non toglieteli mai fino al vostro ritorno!”. Ridacchia tra sé: “Tanto non ci riuscireste”.
Carol non pensa neanche a rifiutarsi: meglio così che essere sospettate di avere incantato la sua guardia per fare chissà cosa di nascosto. Però storce il viso per il disappunto: “Sembrano fondi di bigiotteria da due soldi!”, si lamenta. Toglie quelli d’oro che aveva scelto con cura nella sua piccola collezione e li rimpiazza con i registratori, che le aderiscono ai lobi come fossero adesivi. “Scommetto che non stanno bene con il mio cappotto”, si lamenta mal rassegnata.
“E io, ti sembro una tipa da orecchini?” , ribatte Diana rigirandosi i due emisferi tra le mani con evidente disgusto, finché Vera non la aiuta a collocarli sui lobi.
Carol deve convenirne: decisamente stonati, soprattutto sul vestiario mascolino dell’altra.
Poi la Grande Sorella è colta da un dubbio: “Ragazze, voi sapete guidare una macchina, vero?”.
“Certo!” risponde sicura Carol. “Tutti quelli a cui ho copiato la memoria a Midgale ne erano ben capaci”.
“Che ci vuole?”, fa eco Diana, convinta.

Irenior spunta fuori dal nulla, facendole sobbalzare tutte. “Carissime! Non andrete a Midgale senza un saluto, vero?”. Porge  a Carol un foglietto di quaderno e aggiunge: “Vi ricorderete di noi, vero, amiche mie? Qui abbiamo una piccola lista dei desideri”.
“Sarà impossibile dimenticarvi”, risponde lei con un sospiro, scorrendo il lungo elenco che spazia dai CD musicali agli arretrati di qualche shoujo manga. “Beh, io sono pronta”, dice, prendendo a braccetto la sua scorta, che la ricambia con un’occhiata disorientata ma non si ribella.
Vera fa  un gesto benedicente verso di loro per tener lontani i virus di stagione. “In bocca al cibrice, ragazze!”.
Mentre le due svaniscono assieme, le loro voci risuonano quasi remote: “Crepi”. “Crepi”.
 

Midgale, soggiorno delle Gocce

Appena il soggiorno della loro vecchia casa di Midgale si materializza attorno a loro, le due si guardano attorno. L’appartamento elegante dimostra tutti i suoi due mesi di abbandono.
“Qui è passato qualcuno”, fa notare Diana. “Ci sono impronte. E poi, avevamo… avevate lasciato le spille sul tavolo”.
“Ti meraviglia?” chiede Carol, “Sapevamo già che Elyon era passata di qua quando stavamo scappando”.
L’altra scuote il viso, guardando il pavimento controluce. “Sono impronte nella polvere. Quella volta la casa era pulita, quindi devono essere più recenti”.
“Già…”, deve ammettere Carol.
“Scoprire se la casa è sorvegliata… da che parte cominciamo?”.
“Se la nostra amata vicina, la signora Priest, non è defunta nel frattempo, questo posto si può senz’altro considerare sotto sorveglianza.
“Allora dobbiamo parlare più piano”. Diana prosegue circospetta verso il corridoio e scompare alla vista.
Poco dopo torna nel soggiorno, e sussurra: “Sembra che qualcuno si sia sdraiato sul letto di Vera”. Sbircia nervosamente all’esterno tra le tende. “Comunque, non abbiamo motivo di restare qui a lungo”.
“Solo cinque minuti…”. Carol si accomoda sul divano, estraendo dalla borsetta il palmare. “Cerco l’indirizzo di un concessionario di auto usate”.
Diana si siede, cercando di tenere sotto controllo la sua frustrazione. Per la prima volta da quando esiste, è priva di ogni potere, a parte una modesta telepatia ereditata da Wanda e una pistola che probabilmente le sarà del tutto inutile. Impossibile negarlo: lei non è né in condizione di proteggere Carol, né di imporle qualcosa, ma è solo un’accompagnatrice sopportata per amor di pace.
E poi, ha dovuto perfino promettere a Vera che le avrebbe chiesto scusa: forse adesso è il momento giusto per cavarsi quel dente.
“Senti, a proposito dell’altro ieri… a pranzo… beh…”.
“Sì?”. Carol non alza gli occhi dal piccolo schermo.
L’altra prende fiato, e butta fuori: “Scusa per averti messo le mani addosso!”. Trattiene tra i denti: ‘Ma sei stata così odiosa…’
“Scuse accettate”, risponde con finta indifferenza, “E poi, sono stata così odiosa…”. Guarda l’altra di sottecchi con un sorrisino soddisfatto: in questa situazione è lei la più forte, ed è l’occasione per dimostrarsi signora. “Non importa. Incidente chiuso”.
Mentre il palmare si sta avviando, Carol pensa a qualcos’altro da dire per alleggerire l’atmosfera.
“Sai… Diana, una volta mi sarei trovata nei guai, con tutta questa polvere”.
“Non soffri più di asma allergica?”.
“No: da quando ho avuto i poteri da Vera, ho azzerato tutti gli acciacchi”.
Nel frattempo, il palmare ha preso vita; lei batte alcuni tasti, e le pagine colorate si alternano lentamente sul piccolo schermo. “Ecco… Tom’s Car Sales. Sheridan Street 154…”.
L’altra balza in piedi, impaziente. “So dov’è. Andiamo, ci si può arrivare anche a piedi”.

Poco dopo, le due entrano nell’ascensore. Meglio non parlare: se ci fosse la signora Priest in agguato, ogni parola detta potrebbe essere usata contro di loro.
Arrivando al piano terra, stanno per tirare un respiro di sollievo, ma è troppo presto: quando le porte dell’ascensore si riaprono, si trovano faccia a faccia proprio con lei.
“Oh! Buongiorno…”. “Salve…”.
Con loro sorpresa, l’anziana non risponde al saluto, ma le squadra più con disgusto che con sorpresa.
Imbarazzate, scendono lasciandole la cabina libera.
Prima che le porte dell’ascensore si richiudano sottraendola alla vista, l’anziana le sibila: “Sarà contenta, signorina Hair: oggi c’è tutta la neve che può desiderare, e tutta gratis!”.
Per un attimo le due restano a guardarsi perplesse. “Ma che cosa le è preso?”. “Cosa voleva dire?”, finché decidono che l’uscita dell’amata vicina non merita più di una scrollata di spalle.
Sull’ingresso, una folata fredda le costringe ad alzarsi i baveri. Diana si calca sugli occhi la sua cuffia nera, mentre Carol tira su il suo cappuccio di pelliccia, che, assieme alla spessa suola degli stivali, fa alzare la sua statura fin quasi a un metro e novanta.

Le due procedono a passo prudente verso Sheridan Street, persa in fondo a una successione di lunghi marciapiedi su cui la neve riporta file inestricabili di impronte sovrapposte.
Non parlano, impegnate a nascondere naso e bocca dal mondo gelido in cui si sono avventurate lasciando le miti stagioni di Meridian. Accanto a loro, le automobili percorrono con prudenza le strade innevate, mentre i loro fumi bianchi ristagnano ad altezza d’uomo.

Carol percepisce un pensiero dell’altra, o meglio un ricordo neppure suo, ma di Wanda.
E’ di un altro giorno di inverno, quasi due anni prima. Le strade erano innevate, e i marciapiedi costellati di impronte, come oggi. Però erano i marciapiedi di Heatherfield, non di Midgale. A un certo punto, vede il viso di un ragazzo. E’ Matt, che la guarda dapprima sospettoso, poi apertamente ostile. Dopo qualche bugia imbarazzata, sente la sua stessa voce che lo supplica, ricambiata con parole di fuoco che la memoria ha pietosamente reso indistinte, e poi l’immagine si scioglie in un velo di lacrime e disperazione.
Per Carol quelle immagini sono come un morso: si ricorda con vergogna che, quando Wanda tornò distrutta da loro, lei non seppe pensare altro che ‘te la sei cercata’, e, anche se non lo disse, lo fece capire chiaramente.

“Non sono neanche ricordi miei”, le dice inaspettatamente l’altra, interrompendo quel momento penoso, “Eppure mi perseguitano da quando esisto. E non sono nemmeno i peggiori”.
“Io… Io non volevo spiarti…”, balbetta Carol imbarazzata. Ha un’idea delle disavventure della sua vecchia compagna Wanda, ma prima d’ora non le ha mai rivissute in soggettiva, e non osa immaginare se questi ricordi la perseguitino ogni giorno, o se riesca a sfuggire loro con la sua febbrile attività di…
“Di aguzzina?”, la previene Diana. “Wanda non è così, sta solo interpretando un ruolo!”.
“Per sua scelta, però”, osserva Carol senza sbilanciarsi di più.
L’altra continua: “Noi ci limitiamo quasi sempre a controllare. Ogni giorno leggiamo centinaia di pensieri, e ci imbattiamo anche in tragedie, angosce, rancori, pensieri privati che non hanno niente a che fare con la lotta di potere a Meridian. Pian piano, ci si abitua a sopportare le emozioni degli altri, a circoscriverle”. Si stringe nelle spalle, osservando la nuvoletta di condensa del suo stesso fiato. “E in fondo, anche quelli di Wanda sono i ricordi di un’altra”.
Carol annuisce interessata. “Allora non vi identificate del tutto in lei”.
Diana ci riflette, lasciando passare avanti due giovani infreddoliti avvolti in giacche a vento vivaci che le seguivano troppo dappresso. Poi risponde con voce dubbiosa: “Ciascuna di noi vorrebbe essere sé stessa. Però ora è impossibile: l’aspetto uguale, la condivisione quotidiana delle memorie…”. Poi, in tono più sbrigativo: “Comunque questa situazione è provvisoria. Prima di tutto dobbiamo dimostrarci all’altezza di ciò per cui siamo state create. Finito il pericolo, potremo cominciare a pensare a qualcosa di diverso”.
Carol annuisce in silenzio, provando un po’ di pena per tutte loro, costrette ad aggrapparsi a un nome, un numero e qualche fregio nero sul viso per difendere coi denti una briciola di individualità.
Lungo la strada, vede un’insegna luminosa che ammicca da sopra la vetrina di un bar. “Che ne dici di annegare le tristezze in una cioccolata calda?”.
 

Midgale, Tom’s Car Sales, un’ora dopo

Al numero 154 di Sheridan Street, ad accoglierle sulla cancellata aperta c’è un grosso Santa Klaus di pezza, crocifisso per i polsi a un cartello rosso con scritto ‘Auguri!’. La testa, appesantita dall’umidità, è reclinata come se supplicasse la fine delle festività a liberarlo delle sue sofferenze.
Le due alzano gli occhi sulla grande insegna che sovrasta, come un arco, la cancellata.
“Tom’s Car Sales”, legge Diana, battendo i piedi a terra per liberarsi della neve sugli scarponi. “Eccoci arrivate”.
Carol storce il viso: è stanca, e giurerebbe che i piedi infreddoliti le si stiano riempiendo di vesciche. “La prossima volta che ti sento dire ‘ci si può arrivare a piedi’, saprò cosa aspettarmi”.

Entrano in un cortile delimitato da un muretto di cemento, sovrastato da un recinto di rete metallica. Decine di automobili usate sono parcheggiate, più o meno coperte di neve, tutte con il cartello del prezzo che ammicca sul parabrezza, sottolineato dalla scritta ‘occasione’ a rutilanti caratteri giallo-arancio.
Un uomo sulla cinquantina, forse il famoso Tom,  si avvicina gioviale. “Buongiorno, signorine!”.
“Buongiorno”, gli sorride fredda Carol, di rimando, squadrandolo con sufficienza. Il cappotto un po’ sformato, i pantaloni spiegazzati, la cravatta pacchiana… Non certo le stimmate di un grande successo.
Diana le ruba la parola. “Stiamo cercando un fuoristrada a pronta consegna. Qual è il meglio che ci può offrire per diciannovemila dollari?”.
Il venditore si volge verso un angolo del cortile. “Prego, seguitemi. Là c’è un vero gioiello che ha esattamente quel prezzo”.
Si avvicinano a un Land Rover Defender verde scuro, coperto da un velo di neve. L’uomo raccoglie una spazzola di gomma, e con pochi gesti abili ripulisce il muso ed il parabrezza del mezzo.
“Un po’ militaresco… ed è ammaccato”, osserva Carol, trattenendosi dallo storcere il naso. La sua auto ideale sarebbe qualche piccola monovolume superaccessoriata e supergriffata.
“Niente male”, fa Diana compiaciuta, forse immaginandosi già l’emblema degli occhi di gatto e la N rossa dipinti sulle fiancate. “E vale davvero diciannovemila dollari?”.
“Ma certo!” risponde il titolare, “Da qualunque altro concessionario, una macchina come questa può venire dai venti ai ventiduemila dollari”.
“E allora, perché lei la fa a diciannovemila?”.
“Perché un cliente soddisfatto torna più facilmente, signorina!”.
Buona risposta, conviene Carol senza parlare. Estrae un notes dalla borsetta, e finge di sbirciare un appunto. “Wan… Dia… Wanda, ti ricordi quanto ci chiedevano per la Renegade? Diciottomila e…”.
“E duecento”, completa l’altra, stando al gioco. Poi sbircia il contachilometri, spazzando la neve dal cristallo laterale. “E aveva anche qualche chilometro in meno”.
“Ehi, signorine, si può anche trattare!”, fa il titolare, deciso a non farsi sfuggire l’affare. “Questa macchina vale almeno ventimila dollari, ma per voi… insomma, posso anche arrivare a diciottomilaeduecento”.
Chinandosi a terra, Diana raccoglie da terra un cartello vivace, distorto dall’umidità. “Qui c’è scritto ‘diciottomila-occasione!!!’ ”.
Il titolare lo appoggia sulla macchina accanto, ancora nascosta da una coltre di neve, “E’ di un’altra automobile”, risponde disinvolto, ma le due sanno ben riconoscere una bugia. “Per voi voglio rovinarmi, farò diciottomila dollari soltanto. Provatela, e sentirete come canta, questo gioiello!”.
Carol sale al posto di guida; aggiusta il sedile e gli specchietti con aria da guidatrice navigata.
Appena avuta la chiave in mano, cerca dove inserirla.
“Il quadro è lì, a destra del piantone”, suggerisce lui.
“Naturalmente!” conviene lei con disinvoltura, sforzandosi di ricordare cosa sia il piantone. Ah, ecco… Gira la chiave.
Con un singhiozzo, la macchina si scuote, poi muore lì.
Carol si innervosisce notando il sorrisino nascosto dietro il viso impassibile dell’uomo.
Dunque… frizione, via il freno a mano, chiave…
Il rumore incoraggiante del motore premia l’inizio del suo tentativo.
Bene. Ora accelerare, mollare la frizione…
Il motore ruggisce, e la macchina parte sgommando verso dietro, arrestandosi contro la recinzione con un rumore orrendo.
“Ehi!”, grida l’uomo, alla vista del palo piegato.
“Scusi…”, balbetta Carol, con la fronte imperlata da un sudore fuori stagione. Cosa non ha funzionato? O è la copiatura dei ricordi che non sta mantenendo tutte le sue promesse?
Al suo terzo tentativo, l’automobile balza in avanti e di lato, facendo sobbalzare gli altri due, che per un istante si vedono già stirati. Invece, è lo specchietto retrovisore della macchina accanto a farne le spese. Con un rumore secco, si stacca e cade nella neve ai piedi del titolare.
Appena Carol, annichilita, spegne il motore, l’uomo si fa avanti per valutare i danni. “Specchietto staccato”, elenca raccogliendolo, “Palo piegato… paraurti deformato…Signorina, saranno almeno cinquecento dollari di danni, di cui almeno trecento su questo fuoristrada”.
“Va bene… va bene!”, dice Carol alzando le mani. “Lo prendiamo lo stesso”.
Mentre seguono l’uomo nell’ufficio, Diana le si accosta. “Sarà meglio che la lasci guidare a me”.
“Tutta tua!”, le risponde, porgendole le chiavi come se scottassero.

“Bene”, dice il venditore, sedendosi sulla sua poltrona nell’ufficietto, e mettendo mano ad un contratto prestampato. “Per fare le cose facili, ho conglobato nel prezzo i danni all’altra auto e al recinto. Fanno diciottomilasettecento dollari”.
“Ma come?”, fa Diana. “Diciottomila, più duecento tra specchietto e palo… trecento dollari di danni sono sulla nostra macchina, o sbaglio?”. Guarda Carol per cercare sostegno, solo per constatare che l’incidente le ha tolto tutta la sicurezza.
“Volevo fare le cose semplici”, ribatte serafico il venditore. “Se le preferite difficili….”, e allunga la mano verso il telefono.
“Vada per le cose semplici” acconsente Carol ancora scossa.  Con le mani tremanti, apre la busta e ne estrae la cifra esatta.
“Ma come…”, si stupisce l’altra , “E poi, non aveva detto che il cliente soddisfatto torna più facilmente?”.
“Vorrei cautelarmi contro questa eventualità”, risponde lui.
“Va bene così. Odio trattare sui prezzi”, la fa breve Carol. Poi, a voce più bassa: “Il signore avrà bisogno di comprarsi un bel po’ di bicarbonato”.
L’uomo ignora la maledizione, contando i soldi. “E lei, se posso… sa guidare?”.
“Certo! E’ ovvio!”, risponde sicura Diana.
“Gliel’ho insegnato io”, borbotta l’altra tra sé.
Il venditore annuisce, ironico.  “Naturalmente, avrete i documenti in regola”.
“Ma certo. Aspetta, Carol, ci penso io…”, fa Diana, estraendo dalla giacca a vento tre tessere: una carta di identità a nome Wanda Vanderbilt, una patente, e un tesserino da agente dell’FBI.
L’uomo impallidisce alla vista del documento federale, ma replica solo con un cenno di assenso imbarazzato, mentre l’altra firma il contratto.
“Allora è lei l’acquirente, signorina Vanderbilt… non la signorina…”.
“A quanto pare”, replica Carol di malumore, mettendo via la busta con il resto dei soldi.
Il venditore resta perplesso per quest’ambiguità; tutti i suoi clienti, prima d’oggi, non gli avevano mai lasciato dubbi su chi fosse lì per comprarsi un’auto, e chi fosse venuto solo per accompagnarlo. Alla ricerca di indizi, nota gli orecchini uguali, stonati su entrambe. “Scusate la domanda: abitate insieme?”.
“Scusi la risposta: si faccia gli affari suoi!”, lo stronca Diana.
“Infatti li sto facendo”, replica risentito lui, battendo le dita sul contratto.

Appena finite le formalità, il venditore le accompagna fuori con un sorriso teso. Osserva la ragazza col cipiglio militaresco che sale alla guida, regola specchietti e sedile, mentre quella più alta si siede imbronciata al suo fianco e si lega accuratamente con la cintura di sicurezza.
Il motore si avvia, poi la macchina si muove con prudenza e sterza. Forse quest’altra sa…
Il suono di sfregamento sottolinea che ha curvato troppo stretta. Sulla fiancata del fuoristrada è comparsa una strisciata, azzurra come l’auto che le stava accanto.
Dopo un attimo di indecisione, il Land Rover riprende la sua marcia ancora incerta verso il cancello. Il venditore si augura, in cuor suo, che riescano a centrarlo, e di non rivederle mai più.
Dopo una lunga attesa sull’ingresso e varie false partenze, il mezzo balza avanti con un urlo del motore e grandi schizzi di poltiglia di neve.
L’uomo sospira sollevato. Poi sente qualche squillo di clacson, ma preferisce non indagare.
Donna al volante… bah!
Ripassa vicino all’auto blu. La lamiera sul muso è strisciata e rientrata, e una luce di direzione è in frantumi. Che spaccona quella ragazza! E quel tesserino dell’FBI… chissà se era vero o lo ha trovato nelle patatine, come la patente? Lui saprebbe a cosa sono buone le donne, e comunque la guida non è tra queste cose.
Rientra di malumore nel suo ufficio, e si accosta alla stufetta a gas, godendosi il tepore attraverso i vestiti umidi. Gli sta venendo acidità di stomaco. Chissà se ha del bicarbonato?
 
 
Poco dopo, strattonata dalla cintura di sicurezza, Carol riapre gli occhi in tempo per sentire la maledizione di un pedone che si è appena visto passare davanti agli occhi tutta la sua vita in un momento. 
Si volta verso la guidatrice, tesa e pallida.
“Ti prego, Wanda, accosta la macchina!”.
“Mi chiamo Diana!  E poi, non c’è neanche l’ombra di un parcheggio libero, in questa dannatissima strada!”.
“Ce n’erano due, pochi metri indietro”.
“Beh, Carol, se tu cercassi i parcheggi davanti, anziché quelli dietro… ?”.

L’altra risponde stizzita, guardando fuori: “Ma non eri tu quella che ha risposto ‘cosa ci vuole?’ a …” . Improvvisamente grida: “Eccolo! Lì a destra!”, indicando un posteggio libero.
Diana frena di colpo. Subito, uno strombazzo di clacson alle loro spalle accompagna la terrificante visione nello specchietto di un’auto che arriva da dietro e riesce a fermarsi a solo pochi centimetri da loro.
La loro Land Rover riparte, ma  dopo un singhiozzo il motore muore lì, accompagnato dalle maledizioni della conducente e altri strombazzi provenienti da dietro.
“Basta!”, implora Carol, con entrambe le mani avvinghiate convulsamente al sedile. “Trasferiamoci a Meridian, finché siamo ancora vive!”.
“Non dovevamo fare acquisti?”, risponde l’altra. “Arriveremo al centro commerciale Starshop, e porteremo a termine la missione!”.
“O moriremo nel tentativo…”.
 
Altri lunghi minuti dopo…
“Wanda, stai attenta!”.
“Non mi chiamo Wanda! Sono… sono… sono Diana! E poi, cosa c’è stavolta?”.
“Questo è un doppio senso!”.
“Non l’ho capita…”.
“La strada è a doppio senso! Tieni la destra!”.
“Ah, già…”. Dà una sterzata sulla destra. Un po’ troppo.
Con un suono secco, lo specchietto di destra si schianta contro un’altra macchina parcheggiata. Si intravede qualcosa che si stacca e rimbalza sulla strada davanti a loro, sparendo alla vista e finendo la sua traiettoria in un CRACK sotto le ruote del fuoristrada.
“Beh, si può guidare anche senza lo specchietto destro”, si consola la conducente, “Tanto non lo guardavo mai”.

Lunghissimi minuti dopo, quanto resta dell’automezzo accede finalmente al parcheggio sotterraneo del centro commerciale Starshop.
Quando scendono per le rampe, Carol si affloscia sul sedile in un grande sospiro di sollievo. Per un attimo, si era vista spiaccicata sulla spalletta dell’ingresso.
Dopo avere sceso vari piani sottoterra, finalmente si trovano a un livello con molti posti macchina liberi. Diana sceglie con cura tre parcheggi consecutivi, e ferma l’automobile al centro con precisione, o fortuna, ormai inattesa.
“Brava”, esala Carol, poi si guarda in uno specchietto da maquillage. No, niente capelli bianchi… finora.

Le due, rigide e scosse, entrano nell’ascensore.
Carol tira fuori un biglietto dalla borsetta. “Ecco la lista delle nostre amiche. Cominciamo da un negozio di musica”.
“Non potremmo partire da una tavola calda?” chiede speranzosa Diana, “Io ho fame!”.
“Ma hai fatto fuori due krapfen un’ora fa!”, replica incredula l’altra, “Sei stata contagiata da Irene?”.
“Un’ora che mi sembra un secolo”, risponde l’altra massaggiandosi lo stomaco. “E poi, tutte noi abbiamo già perso tre chili in un mese. Volare costa fatica, non credi? Quando sono lassù, vedo ogni dettaglio della gente, del terreno. Tante volte sono stata tentata di buttarmi in picchiata a rubare delle pagnotte al mercato… ma non si può. Credo che prima o poi potrei gettarmi su qualche roditore che sbuca dalla sua tana, pur di mettere qualcosa in più nello stomaco!”. Chiude subito la bocca quando nota che un paio di persone la stanno facendo oggetto di occhiate stranite.

Poco dopo, le due sono sedute al tavolo di un Mc Donald davanti a un vassoio ricolmo di cofanetti di cartoncino e bicchieroni. Mentre centellina la sua acqua minerale naturale, Carol osserva l’altra che si sforza, con poco successo, di mantenere un contegno mentre divora a grandi morsi il secondo panino, mandandolo giù con abbondanti sorsate  di Coca-Cola.
Poi riguarda il loro primo, ingombrante acquisto: quaranta cheeseburger, ciascuno nel suo cofanetto di cartoncino, riempiono un’enorme sporta e spargono il loro profumo. E’ stato così imbarazzante ordinarli, al banco… Sposta il sacchetto sotto il tavolone nella posizione meno visibile, si accerta che nessuno stia guardando e con un gesto rapido lo fa sparire nel palmo della mano.

Un’ora dopo, tra alberi di Natale e striscioni beneauguranti, il loro giro di shopping volge alla fine.
‘Trenta Dicembre’ , recita un enorme calendario addobbato con disegni variopinti di renne, alberi punteggiati di pallini rossi e pacchetti infiocchettati.
Il largo sorriso sognante delle due, cariche di sporte e borsette, lascia gradualmente il posto ad un’espressione preoccupata, a mano a mano che l’ascensore le fa sprofondare verso i parcheggi sotterranei. C’è ancora un ostacolo da superare, prima di poter arrivare vive a consegnare tutti quei pacchetti…
“Questa volta guido io”, si impone Carol. “Andremo in qualche vicoletto deserto, e da lì faremo il salto per Meridian”.

Arrivate al parcheggio, notano con una punta di panico che i due posti accanto al loro fuoristrada sono stati occupati.
“Wanda…”.
“Diana, prego”.
“Diana, ti metteresti dietro a farmi segnalazioni per la retromarcia?”.
“Per essere la tua prima vittima? Scordatelo!”.
Carol la guarda con stizza. “Pensavo che voi grandi guerriere foste più coraggiose!”.
L’altra sostiene lo sguardo. “Coraggiose non vuol dire del tutto sceme. Se vuoi, mettiti dietro tu, mentre io faccio manovra”.
Rimuginando cose scarsamente signorili, Carol si siede al posto di guida. Ripete il rituale degli specchietti, quantomeno di quelli che ci sono ancora, e ripassa la sequenza: frizione- chiave- acceleratore- retromarcia- mollare frizione piano… sì, stavolta non sbaglierà.
Il motore si accende, obbediente, al primo tentativo. Con cura infinita, solleva il piede dal pedale, e l’auto comincia a muoversi dolcemente verso dietro. Bene…
“Attenta! Arriva un’altra macchina!”, fa Diana accanto a lei, voltata verso dietro.
Con una smorfia di disappunto, Carol rimette la marcia avanti.
“No, no, si è fermata. Tu continua ad arretrare!”, dice l’altra.
Carol rimette mano alle marce, ma stavolta l’auto le parte in avanti. Un orribile rumore di lamiere annuncia l’aggiunta di una nuova ammaccatura alla collezione. “Oh, no!”, geme.
“Aspetta, faccio io”, si offre Diana accennando a slacciarsi la cintura di sicurezza.
“Ah, no, adesso basta!”, strilla Carol quasi isterica. “Scusami tanto, ma ci tengo alla pelle! Non ho ventuno vite, io!”.
Fuori dai finestrini, il garage svanisce tremolando alla loro vista.
 

Meridian, sotterraneo

Nel grande locale illuminato dalla luce verdina dei pannelli fluorescenti, Vera e le gocce sono in impaziente attesa.
“Sono in ritardo. E se fosse successo qualcosa?”, geme Paochaion guardando nervosamente il suo orologino per l’ennesima volta.
“Pao, piantala!”, sbotta Theresion, “Hai cominciato a preoccuparsi fin da venti minuti prima!”.
Anche Irenior scalpita impaziente:  “Speriamo che abbiano trovato tutto! Dopo due mesi senza l’ultimo CD di Karmilla…”.
“Eccole qui!”, dice Vera, indicando un debole scintillio nell’area transennata.

Appena apparso, il fuoristrada ruggisce e fa un breve scatto in avanti, verso il gruppo, scatenando un attimo di panico, poi il motore muore ingloriosamente con un singhiozzo.
Mentre il rimbombo del motore si perde, una lucetta arancione si stacca dalla fiancata ammaccata. L’eco e il silenzio ingigantiscono il suo impatto sul pavimento di pietra.
Le due occupanti scendono a terra con passo malfermo. “Ehilà”. “Eccoci sane, salve e quasi puntuali!”.
Segue un momento sbalordito, mentre tutte le altre realizzano che il mezzo è costellato di strisciate e ammaccature.
“Ma…”, chiede Vera sbalordita, “Questo è il miglior fuoristrada che avete trovato per ventimila dollari?”.
“Che vuoi”, fa Carol allargando le braccia, “Quel commerciante era davvero un ladro...”.
 

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Capitolo 56
*** Gli angeli della libertà ***


56-gli angeli della libertà  
Ad personam:
Cara Melisanna, grazie per la recensione. Quando le nostre antieroine avevano parlato di copiatura delle memorie, all'inizio, questa tecnica sembrava promettere molto di più, ma si erano create attese troppo alte. Quanto alle Nemesis,  ti direbbero che non sono loro a essere cattive, è che le hanno create così... In effetti, il loro ruolo principale nel piano di Vera è proprio che impersonino le Guardiane, facendole odiare.
Cara Atlantislux, grazie per i commenti. Mi chiedi cosa se ne farà Vera di un fuoristrada a Meridian. In effetti, questa missione è una prova generale. Lei prevede che prima o poi avranno qualche disponibilità di biocombustibile, perciò si vedrà qualche occasionale veicolo anche da quelle parti. Il fuoristrada nel seguito sarà usato da Carol e Diana per spostarsi sempre a Midgale e dintorni, finchè... 

Qualche parola di presentazione su questo capitolo, ambientato due mesi dopo il precedente: vediamo Galgheita e sua sorella Frordal sotto mentite spoglie, mentre si aggirano per Meridian cercando acqua magica al mercato nero. L'aspetto che appare nei disegni di questo capitolo non è il loro abituale; per Galgheita, quella col vestito rosso, ho cercato di ispirarmi un po' alla professoressa Rudolph, il suo alter ego terrestre, ovviamente in versione meridiana; l'altra è ovviamente Frordal.
Di tutto il disegno, quello che mi ha dato più soddisfazione è stato come è riuscito il viscido mastro Oclostrik.
Le Nemesis tornano a essere le cattivissime Guardiane, ma chi saranno gli angeli della libertà nel teatrino di questa puntata?

Buona lettura
MaxT

PROFEZIE


Riassunto delle puntate precedenti 
Dopo un incontro misterioso con la Luce di Meridian, Vera ha convinto le Gocce a sostituirsi a Elyon a Meridian, impersonando la regina e le guardiane. Carol si è opposta, ed è stata costretta con l'ipnosi. 
A Meridian, la controfigura di Elyon e le finte guardiane esiliano Miriadel e Alborn, mentre Caleb sfugge alla cattura;  pur avendo assunto il potere, si 
rendono conto di non essere convincenti, e inventano la storia che le guardiane sono a palazzo per proteggere la Luce di Meridian da un complotto. 
A Heatherfield, rifugiatasi con i genitori nella sua vecchia casa, Elyon spiega che quella che si sta realizzando è una sua profezia,  la cui interpretazione fino a quel punto era ambigua. La profezia prevede che la tirannia duri un anno, che a Meridian dura diciotto mesi. Elyon è decisa a non tentare niente prima di questa scadenza.
Sul palazzo scende un clima sempre più oppressivo in cui le congiurate utilizzano sia i poteri mentali che l'intimidazione per mantenere il controllo.
Settimane dopo, vengono a sapere per caso la profezia infallibile che prevede che la tirannia durerà un anno.
Il nuovo piano di Vera prende rapidamente forma, basandosi sull'ambiguità del termine di un anno: prima simuleranno che Elyon diventi sempre più tirannica e impopolare, screditandola, poi Vera, che ha comunque il rango di una principessa Escanor, la spodesterà dopo un anno terrestre di dodici mesi, facendo finire apparentemente la tirannia e realizzare la profezia; poi, dopo aver guadagnato il consenso della gente, si prepareranno per affrontare Elyon e eventualmente le Guardiane al loro ritorno dopo diciotto mesi, un anno di Meridian. Vera crea venti copie di Wanda, dette Nemesis, che avranno l'incarico di impersonare le guardiane, sollevando le gocce dal compito, e di sorvegliare la città restando invisibili o sotto falsa identità, o con l'aspetto di aquile. 
Dopodichè, una controfigura di Elyon presenta pubblicamente Vera come principessa al popolo e al Consiglio dei Veglianti.
Nel frattempo Carol viene a lite aperta con le Nemesis e fugge a Heatherfield, ma quando incontra Elyon, questa le consiglia di riunirsi al suo gruppo dandole spiegazioni sibilline. Al ritorno a Meridian viene severamente interrogata, finchè spiega di avere acquisito certi poteri paranormali indipendentemente da Vera e si offre per fare la spola tra la Terra e Meridian per commissioni. La prima missione a Midgale, assieme a Nemesis Dodici, si conclude con discreto successo.

Cap.56

Gli angeli della libertà





Meridian, due mesi dopo

Le due donne si avventurano sul vicolo in salita, stretto e tortuoso, interrotto da gradini e canali di scolo. Le case alla loro destra si appoggiano a un’alta parete rocciosa, arrampicandosi l’una sull’altra come funghi su un ceppo.
Un portico in discesa le conduce in un minuscolo cortile interno, illuminato da un fazzoletto di cielo tra i tetti. Da qui, porte e scale conducono a diverse abitazioni.
Su una delle porte al pianterreno campeggia un’insegna dipinta su un legno, adornata da simboli misteriosi.
“Da Oclostrik. Tutto per la magia”, legge una delle donne, esitando davanti alla porta di legno ingrigito dal tempo. “Allora, Galgheita, dobbiamo proprio bussare qui?”.
L'altra aggrotta gli occhi all’indirizzo della sorella, mentre le trasmette  un pensiero di rimprovero: ‘Non chiamarmi per nome, Frordal! In che lingua te lo devo pensare?’.
L’altra si morde le labbra, ma insiste. “Allora?”.
"Ovviamente. Siamo venute per questo". Galgheita solleva la mano verso il batacchio di bronzo con le fattezze di un qualche mostro mitologico, ma prima che possa toccarlo la porta si apre scricchiolando davanti a loro.
Un anziano dalla barba grigio ferro e il viso grifagno le accoglie con un sorriso untuoso.
“Buongiorno, gentili signore. Entrate pure!”. Con un gesto teatrale, l’ometto si inchina indicando l’interno.

Galgheita entra per prima, guardandosi attorno. Quella bottega scura e stretta, illuminata solo da una finestrella minuscola e due lampade a olio, è circondata da alte scaffalature su cui fanno mostra di sé numerose cianfrusaglie, la cui età può essere ipotizzata osservando lo spessore dello strato di polvere che le suggella.
Il negoziante intuisce il significato della sua occhiata. “Io tratto anche cose molto particolari, signora. Non hanno molti estimatori, lo ammetto, ma non si trovano in nessun altro negozio della città”.
Galgheita annuisce, faticando a distogliere gli occhi da un teschio di australopiteco che sembra  sorriderle e guardarla con occhi scuri e profondi da uno scaffale, tra altre ossa di animali che non riconosce. Guardandosi attorno, nota fuggevolmente  fiori di cristallo sbeccato, mascheroni di ceramica, rotoli di pergamena,  specchi deformanti dalla  cornice di ogni forma, tappeti arrotolati forse magici forse no, bambole di pezza, flaconi di essenze vegetali con etichette scritte in meridiano antico e degli occhi di vetro beneauguranti con pupille dilatate nella penombra.
Sullo scaffale sotto il banco c’è un settore libreria con diversi manoscritti o stampati, ma i titoli migliori sono solo vecchie edizioni di bestseller noti, tipo ‘La divinazione con i tarocchi’ o ‘Le pratiche di guarigione’, e gli altri sono pura superstizione. A Meridian i libri di magia sono sempre stati oggetto, giustamente, di attenzione da parte della censura. Se un libro viene autorizzato, allora o la magia trattata non è per niente nera, oppure non funziona affatto.
Non ci si può guadagnare da vivere con un negoziuccio così, conclude. Se quest’uomo riesce a mangiare tutti i giorni, può significare solo che ha qualche giro d’affari nascosto.
Purtroppo, Galgheita non vede ciò che le servirebbe. Eppure, il commercio di acqua magica è legale, purché sia documentata l’origine di ogni flacone.
Il negoziante, nel frattempo, ha richiuso la porticina, precipitando il locale in una suggestiva penombra, ed è ritornato dietro il suo bancone con passo zoppicante.
Lei chiede: “Mastro Oclostrik, avete un po’ di acqua magica da vendere?”.
L’uomo scuote il capo, muovendo l’aria col naso prominente. “Ahi ahi, signora, e chi non la vorrebbe, un po’ di energia in più? Da un po’ di tempo se ne trova poca, molto poca. Ormai le distribuzioni, lo sa anche lei, sono state diradate, una ogni quaranta giorni, e qualcuno dice che è anche un po’ annacquata”. Poi l’ometto fa un sorrisino astuto. “Voi mi chiedete molto, signora…”.
“Torleitha. Faccio la guaritrice, per questo mi serve quell’energia”, risponde Galgheita, con un’occhiataccia a sua sorella che significa: ‘Tu tieni la bocca chiusa almeno stavolta’. “E lei si chiama Tanghetha”, la previene. “Siamo arrivate in città da poco”.
“Onorato”, si inchina l’ometto con un sorriso più furbesco che mai. “Dunque, l’acqua magica è molto, molto, molto difficile da trovare, ma forse…”.
Galgheita annuisce, cercando di non far trasparire il suo nervosismo per la premessa viscida del commerciante. “Capisco. E’ un periodo magro per tutti. Glie ne saremmo così grate, se potesse combinarcela. A quanto si può sperare…”.
L’uomo sorride mellifluo. “Forse si può trovare per quaranta tallori alla fiala”.
Le due donne si guardano in faccia allibite. “Quaranta tallori!”, ripetono incredule a una sola voce.

Poco dopo, le due ritornano sui loro passi nei vicoli, verso il centro della città. Passano accanto a una fila di alette da guardiana alte dieci piedi, infisse in piedistalli di ceramica. Le loro iridescenze potrebbero sembrare bellissime, se la loro presenza non si fosse imposta in modo inquietante in tutta Meridian. Alcuni le considerano come un semplice omaggio a Kandrakar, ma le persone più sensibili, come loro, avvertono una sensazione di freddo e debolezza quando vi passano molto vicino. Da quando alcune di queste alette sono state installate in piazza Due Lune, diversi commercianti hanno deciso di spostare le loro bancarelle in altri slarghi del centro città.
“E’ il terzo che ci risponde picche”, sbotta sconsolata Frordal. “Galghi, e se riprendessimo la nostra identità? In fondo, non abbiamo fatto niente di male”.
Galgheita sibila tra i denti. “Ne parliamo dopo!”. ‘Stà zitta, in pubblico. E poi sei stata tu a dirmi che eravamo in pericolo, tre mesi fa! Perché hai cambiato idea?’.
‘Forse era solo una sensazione…’.
‘Sei un’indovina! Devi crederci, alle tue sensazioni!’.
‘Ma non ho più…’.
‘Basta. Siamo in pieno centro città, e da qualunque porta potrebbe saltar fuori…’.

Non ha neanche finito di pensarlo che dal locale di fronte escono tre giovani dame, eleganti e variopinte: lady Paochaion,  lady Irenior e un’altra che non riconoscono, dai sorprendenti capelli candidi e ricci.
Parlottando allegramente, le tre grazie vengono proprio verso di loro. Incrociarle è inevitabile.
Per un lungo momento i due gruppi incrociano gli sguardi, rendendosi conto del reciproco stupore. Quel che è peggio, anche i loro pensieri si incrociano.
Con il viso impietrito dalla paura, Frordal e Galgheita cercano di controllare le gambe che sembrano rammollirsi.
Dopo un eterno momento, sono passate oltre. Non tentano neppure di voltarsi: si sentono addosso tre sguardi che sembrano trapanare loro la nuca.

Appena girato l’angolo, Frordal piagnucola: “Ci hanno riconosciute! Non so come, ma ci hanno riconosciute al volo!”.
Qualche passante le sbircia con un’ombra di curiosità.
‘Zitta, zitta, zittaaaa!!!!!!!’. Poi Galgheita risponde, con una finzione di allegria: “Allora potevi salutarle! Le avevi viste a quella riunione del consiglio, no?”.
 

Meridian, casa di Galgheita e Frordal

Nella casa signorile ed estranea che le due hanno affittato, il pomeriggio passa in un silenzio teso.
Ogni voce da fuori dalla porta, ogni scricchiolio del solaio, ogni cigolio delle porte le fa irrigidire per la paura. Restano silenziose in ascolto, sedute su un divano con lo schienale addossato a un muro del soggiorno, con in mano libri su cui non riescono a concentrarsi per più di poche righe. Lampade a olio e candele illuminano tutte le stanze; non possono scacciare i loro fantasmi, ma possono almeno dare l’illusione che non siano ancora arrivati.
Questa sera decidono di coricarsi presto, ma nessuna delle due si toglie i vestiti della giornata. Non spengono le lampade, anzi, rinnovano la loro carica di olio per farle brillare più a lungo possibile.

Passa qualche ora prima che le due si addormentino in un sonno agitato e tormentato da sogni infausti. In uno di questi, le cinque guardiane irrompevano nella loro camera alla luce di torce a fluorescenza, gridando e tirando giù le coperte dai letti.

“SVEGLIA!”.
Galgheita apre gli occhi, destata di soprassalto. Questa volta non è un sogno, purtroppo. Un fascio di luce vivida la abbaglia, ma non ha dubbi su quella voce: l’ha già ascoltata, in versione più incerta e giovanile, in diverse interrogazioni di matematica, ma il tono non era certo lo stesso.
Sente una ventata di freddo mentre qualcuno le strappa l’illusoria protezione delle coperte.
“Galgheita, Frordal, siete in arresto per cospirazione contro la Luce di Meridian”.
Galgheita si alza, spostando gli occhi da quel fascio di luce arrogante. “Ma che cospirazione! Perché non lasciate in pace due povere donne?”.
Le guardiane si stringono minacciose attorno a loro.
“Fate le innocenti, eh?” le provoca Hay Lin, con lo stesso sguardo di Will.
“Allora, perché siete sotto falsa identità?” completa Taranee, con lo stesso tono.
Inutile insistere, capisce Galgheita. Hay Lin, Taranee… non sembrano davvero loro.
Le due guardiane sembrano aver intuito il suo pensiero e si zittiscono, cupe.
L’unica a parlare resta quella Will. “Siete in arresto!”. Poi, seriosa, recita: “Tutto quello che penserete potrà essere usato contro di voi. Avete il diritto di piangere e supplicare. Avete il diritto di invocare una divinità di vostra fiducia. Se non l’avete, ve ne sarà assegnata una d’ufficio”.
Frordal piagnucola: “Lo sapevo! Lo sapevo che dovevamo lasciare la città, finché potevamo!”.
Galgheita, più coraggiosa, chiede: “Siete tutte qui, ragazze? Nessuna è rimasta a fare compagnia alla regina? Si diceva che foste a Meridian per proteggere lei”.
Le guardiane restano un attimo interdette: nessuna di loro si aspettava questa domanda.
“E’ questione di un solo attimo”, risponde infine Will sfoggiando un globo dalla luminosità cremisi.
In un tremolio, la stanza da letto svanisce.
 

Meridian, carcere sotterraneo segreto

Quello che ne prende il posto è un corridoio scuro, illuminato da una fosforescenza verdastra e dai fasci di due torce a fluorescenza.
Questo è un luogo di angoscia: Galgheita può sentire le tracce dei prigionieri che, ne è certa, l’hanno preceduta di recente.
“Dove siamo?”. Si guarda attorno. Ora con lei ci sono solo due guardiane, Will e Irma. O quelle che assomigliano a loro. Alla luce verdina le loro pelli sembrano scure, e il bianco degli occhi risalta sinistro.
“Dov’è Frordal?”, chiede ansiosa.
“Non ti è dato saperlo”.  “Preoccupati per te, ne hai buone ragioni”.
Will la spinge avanti. Diverse cellette, scavate nella roccia viva, si aprono sui lati di un corridoio contorto.
Nessuno parla. Nessun soldato presidia i passaggi. Onde di angoscia investono chiunque possa percepirle.
Passando davanti a una delle tante porte lungo il corridoio, la guardiana dai capelli rossi sbircia in uno spioncino.
Si tira indietro, quasi spaventata, mentre un urlo inumano la investe dall’interno della cella, e il robusto battente di legno risuona per un impatto disperato.
“Cosa…”, borbotta Galgheita, impressionatissima, ma la guardiana si limita a scrollare le spalle. “Questa non era libera”. Poi Will sbircia nello spioncino della successiva. “Questa sì”, constata soddisfatta, “Hanno già portato via il cadavere”.
“Meno male”, commenta Irma con la stessa voce, “Aveva già iniziato a puzzare”.
Ad un suo tocco, la serratura scatta.
Galgheita guarda dentro, mentre la guardiana le tiene aperta la porta.
Il loculo è quasi buio; la luminosità di una piastrella, al centro del pavimento, crea uno spettrale effetto di luci e ombre invertite.
“Questo sarà il tuo albergo, finché non confesserai”.
“Ma… confessare cosa?” chiede confusa Galgheita.
“Ecco”, fa eco l’altra guardiana, “Lo sapevo che non voleva collaborare!”.
“Ma certo che lo voglio!” grida Galgheita aggrappandosi alle ampie maniche di quella dai capelli rossi. “Voglio essere interrogata subito! Capisci? Non voglio essere chiusa in questa tomba!”.
L’altra stacca con disprezzo le mani aggrappate al suo costume. “Sarai interrogata quando sarà il momento”. Perentoria, le indica di entrare nella cella. Non è possibile disobbedire al suo sguardo.
“E non pensare neppure di ucciderti senza il nostro permesso!”.

Poco dopo, seduta sulla ruvida branda di legno, Galgheita guarda quell’unica, fioca luce sul pavimento, che pare fatta per trasformare tutte le cose nelle loro sagome d’ombra.
Una fontanella, una latrina scavata in un angolo…
Questo posto sembra un incubo. Chiude gli occhi: forse si sveglierà di nuovo nella sua camera, alla luce calda di una candela, maledicendo i suoi sogni, o anche benedicendoli.
Improvvisamente, una voce nella mente le parla: ‘Galgheita, anche tu con noi?’.
‘Chi siete?’ , tenta di rispondere con il pensiero.
‘Sono il consigliere Thetras. Tra i primi a essere stato imprigionato’.
‘Consigliere Thetras? Il capo del governo! Perché siete qui?’.
‘Forse per la stessa ragione per cui lo sei tu, Galgheita’.
‘Cosa vi hanno fatto?’.
‘All’inizio mi hanno interrogato, umiliato, drogato. Poi, la cosa peggiore di tutte.’
‘Cosa?’.
‘Il niente. Mesi e mesi di niente’.
Galgheita rabbrividisce a quella soffocante prospettiva.
La voce silenziosa riprende: ‘Il destino è crudele. Proprio ora che potremmo scambiare qualche pensiero, è deciso che io lasci questa cella’.
‘Dove vi porteranno?’.
‘Nel giardino di Phobos. Diventerò un bellissimo fiore nero. Addio, Galgheita. Le sento arrivare. Almeno così potrò sentire il vento e il sole sulla mia corolla’.
 

Il tempo passa lentissimo e, poco a poco, lei si sente annebbiata. Forse è l’effetto di queste ore tutte uguali, o forse hanno inserito un sedativo nel cibo. Da quando è entrata, le hanno servito tre pasti, magri e non certo appetitosi, attraverso una fessura sotto lo spioncino. Se dovesse usare questo come orologio, potrebbero essere passate ventiquattro ore dal suo arresto, ma non può esserne certa.

Qualche rumore bisbigliato arriva dal corridoio. Due voci maschili parlano in meridiano con una donna con un forte accento… sì, non può sbagliare, è un accento come quello di Elyon: terrestre.
La porta della cella si apre. Tra due soldati con una lanterna, c’è una figura femminile avvolta in un mantello che, alla luce delle fiammelle, rimanda riflessi rosso scuro. Il cappuccio calato sul viso le proietta un’ombra che ne nasconde le fattezze, a parte l’estremità del mento, rosata come quella dei terrestri. Ma, in quelle circostanze, l’aspetto fisico può significare molto poco.
“Galgheita” sussurra la donna, “Vieni con noi”.
Alzandosi speranzosa sulle gambe malferme, l'anziana chiede: “Chi sei?”.
“Non ha importanza”, risponde la donna misteriosa. Una ciocca di capelli biondi sfugge dal cappuccio, e lei la risospinge indietro. “Non è il momento delle domande. Seguimi, per il tuo bene”.

Camminando lungo le gallerie, la donna fa aprire, con un tocco, pesanti portoni che conducono a interminabili scalinate in discesa e a sempre nuovi sbarramenti.
Arrivano a una guardiola scavata nella roccia, nella quale si aprono feritoie chiuse da vetri specchianti e da robuste sbarre.
L’ultimo portone è doppio: mentre il primo si apre, lascia intravedere una passerella che viene sollevata dal basso a chiudere una fossa lunga un paio di metri che lo separa da quello consecutivo.
“Non guardare i sistemi di sicurezza!”, ordina la donna.
Galgheita chiude gli occhi, facendosi guidare per mano come una cieca. Nell’ultimo tratto di corridoio ha visto specchi sfaccettati e bassorilievi di fiori e di visi, che certo non servono per allietare i passanti.
La mano della donna che la guida è morbida e liscia al tatto. E’ una persona giovane e autorevole. Se non fosse piuttosto intontita, la prigioniera avrebbe già capito chi è.
“Voi restate qui”, ordina il personaggio misterioso ai due soldati.
Poi la guida per mano per qualche centinaio di passi, infine concede: “Ora puoi aprire gli occhi”.
Galgheita si guarda attorno. Sempre illuminato dalla opprimente fosforescenza verde, il corridoio  sta continuando in discesa. Sulla destra si diparte un ulteriore passaggio simile a un androne, da cui si aprono, sui lati, porte come di case e altri corridoi più piccoli, segnati da targhe di pietra dai caratteri scolpiti.
La donna misteriosa anticipa le domande: “Abbiamo appena lasciato i sotterranei del palazzo, e ci stiamo addentrando nella Città Infinita. Forse tu la conosci meglio di me”.
Si accosta a una delle porte laterali e bussa. E’ del tutto simile all’ingresso di un’abitazione di superficie.
Quando si apre, questa mostra un interno finalmente illuminato da una vera luce, una luce di fiamma, calda come quella di una qualunque casa.
Nel riquadro appare una ragazza, illuminata di spalle. “Vera, sei tu?” chiede questa.
“Niente nomi!”, la zittisce l’altra, entrando nel locale. “E non dovevi mascherarti anche tu?”.
Galgheita resta a bocca aperta, riconoscendola. Lady Irenior! E l’altra… non può essere che la principessa Vera Escanor! Cosa vuol dire? L’hanno forse portata lì per interrogarla con magie che non avrebbero osato ammettere neanche davanti ai loro stessi soldati?
Irenior mette avanti le mani. “Signora Galgheita, lei è tra amici, ora”.
“E’ così”, conferma Vera.
“Ci tenevo a dirglielo: non siamo state noi a denunciarvi, l’altro giorno. Vi hanno individuate perché siete andate nella bottega di un commerciante sorvegliato dai servizi segreti”.
Galgheita la guarda, incredula e annebbiata. “E voi come…”.
“Non posso spiegarlo” risponde Irenior, facendo il gesto di chiudersi la bocca con una lampo.
Che gaffe terrificante, pensa Vera: a Meridian non esistono le lampo. “Dovevi cucirtela prima”, sbotta abbassandosi il cappuccio del mantello, rivelando il viso rosato e i capelli biondi. “Ormai…”.
Galgheita sgrana gli occhi. “Ma cosa significa tutto questo?”.
Lei fa un cenno di invito verso un tavolo su cui è appoggiata una lanterna accesa. La stanza sembra simile al soggiorno di una casa di superficie, se non fosse per la mancanza di finestre.
Una volta sedute, la principessa inizia: “Signora Galgheita, in primo luogo voglio dirle che mi dispiace moltissimo che lei, e altre persone, siate state arrestate e trattate in questo modo. Purtroppo, dopo un tentativo di uccidere la Luce di Meridian, a palazzo si è creata una situazione spiacevolissima. Io ho esaminato senza pregiudizi la vostra situazione. Avete fatto una grossa sciocchezza a nascondere la vostra identità, ma, a parte questo, non vedo nulla che giustifichi una detenzione”. Le porge un vassoio di dolcetti. “Vuole servirsi?” Al rifiuto cortese di Galgheita, riprende: “Purtroppo, chi comanda ha dato ordini pesantissimi. Io sto cercando di limitare i danni agli innocenti”.
“Corriamo dei grossi rischi a fare questo”, aggiunge Irenior con una teatrale aria da cospiratrice, poi allunga la mano verso i dolcetti.
“E’ così”, conferma Vera annuendo. “Stiamo cercando di liberare alcuni dei prigionieri rinchiusi ingiustamente”.
“Allora io sono libera?” chiede speranzosa Galgheita.
“Ufficialmente no. Tutti crederanno che stia marcendo in quella cella, e forse si dimenticheranno di lei. Se qualcuno del palazzo la cercherà, cercheremo di dar a intendere che è morta e sepolta. Di fatto, lei cambierà ancora aspetto e nome, e sarà teletrasportata in un paesino lontano da Meridian”.
Irenior, a bocca piena, aggiunge: “Glì dovrà manscenere igl più asscioluto scegreto sciulla sciua identità orijinale”.
Vera incalza: “Per il suo bene, non dovrà tentare in nessun modo di contattare gente di Meridian, neanche altri nella sua stessa condizione. Neppure con il pensiero, o rispondendo a loro tentativi di contatto. Insomma, non dovrà farsi riconoscere da chicchessia”.
“Né da lui, né da altri” sottolinea con enfasi Irenior, che ha finalmente deglutito il boccone.
Dopo un’occhiata di disappunto alla compagna, Vera continua: “Questo perché lei potrebbe tradirsi. Non solo, potrebbe tradire, senza volerlo, anche la persona che ha contattato. Infine, potrebbe rovinare anche noi. Non so cosa ci succederebbe se scoprissero che abbiamo liberato dei prigionieri, ma una cosa è certa: non potremmo continuare a farlo”.
Galgheita chiede: “E …Frordal? Mia sorella?”.
Vera risponde: “E’ già stata liberata un’ora fa, alle stesse condizioni. Però, non tenti di rintracciare neppure lei”.
La donna annuisce amaramente. “Sarà per sempre così?”.
Vera si stringe nelle spalle. “Forse no. Forse in futuro riusciremo a far ragionare Elyon e le guardiane”.
“Ma… sono le guardiane vere? Non sono mistificatrici?”. Agli sguardi interrogativi, Galgheita spiega: “Quando le ho conosciute, non erano così!”.
“La gente può cambiare” risponde Irenior, riuscendo a sembrare disinvolta.
“Voglio dire: l’altra notte, quando ci hanno arrestate, sembravano tutte uguali. Stessi sguardi, stesse parole, stesse inflessioni. Io una volta le conoscevo bene, e non erano affatto così”.
Vera annuisce, grave. “Grazie per avercelo detto. Dovrò rifletterci”.
“E poi” insiste Galgheita, “Caleb mi aveva detto che la regina era stata sostituita da una controfigura”.
“Ma noooo!” fa Irenior, portandosi le mani alla bocca per il gran stupore.
Eppure, riflette faticosamente Galgheita, questa Irenior mi ricorda tanto qualcuno che ho conosciuto.
“E con ciò?”, scandisce Vera, che ha intuito i sospetti dell’altra. Questa semplice formuletta magica le ha già tolte d’imbarazzo più volte, ma deve ammettere che l’idea di coinvolgere Irenior è stata decisamente infelice.
“Con ciò…” ripete incerta Galgheita, perdendo il filo del suo pensiero.
Vera riprende il discorso precedente: “Io sono stata creata da Elyon. Nessuna controfigura può avere il potere di fare ciò”. Si protende in avanti. “E poi, da cosa deriva la sua fiducia in Caleb? Non sa che è stato visto parlare con il vicecomandante della Guardia di Palazzo un quarto d’ora prima che questo tentasse di assassinarla?”.
“Ci rifletta sopra”, prosegue Irenior, “Lui non ha potuto sposare la regina perché è stato creato come un mormorante. Non può essere che voglia vendicarsi del rifiuto? Non può essere che, durante i suoi viaggi presso le corti dei vari conti, lui abbia preso accordi sleali con qualcuno di loro?”.
Vera insiste: “Ci rifletta: come cambia il potere di un qualsiasi conte, se la sua regina muore senza neppure lasciare eredi? Diminuisce o aumenta?”.
Galgheita scuote piano il capo, sopraffatta da quell’incalzare di ipotesi conturbanti.
“Mi creda, Galgheita” riprende Vera, “Non ci si può fidare di nessuno. Lei sparisca, se vuole salvarsi dal carcere. Non avrà un’altra occasione”. Poi, con un tentativo di sorriso incoraggiante: “Se la situazione lo permetterà, sarò io stessa a richiamarla a Meridian”.
Galgheita annuisce con rimpianto. “Non ho scelta” conviene.
“Qui ci sono le valigie”. Irenior indica due grosse borse sul pavimento, che Galgheita riconosce come sue. “Sono passata a casa vostra di nascosto per prendere un po’ di roba”.
Vera sventola in mano una grossa busta sigillata. “Qui dentro c’è una mappa del paese dove la manderemo. Sul retro, in caratteri visibili solo a lei, c’è scritta la sua nuova copertura e altre istruzioni, e del denaro. Inoltre, c’è la lettera di presentazione a una persona che le darà lavoro e alloggio”. Passa l’indice sul sigillo di ceralacca rossa. “Ricordi, neanche lui è al corrente della sua vera identità. Perciò non si tradisca, e non tradisca noi”.
Per un attimo, solo il ticchettio di un orologio meccanico rompe il silenzio. Galgheita prende la busta. Un luccichio le brilla sotto le iridi.
Si alza in piedi. “Sono pronta”, mente. Non è la prima volta che va in esilio, ma per questo non si è mai pronti.
 

Un altro luogo, poco dopo

Alle prime luci dell’alba, il villaggio appare ancora addormentato. Una ventina di case con stalle, una locanda, un tempietto… Le morbide colline circostanti sono avvolte in una foschia che diffonde i rosa e i violetti che colorano il cielo a levante. Sembra quasi uscito da una cartolina artistica.
Che strano inizio per un esilio, riflette Galgheita, tenendo in mano la busta dalla quale dipende il suo futuro.
Guarda il sigillo rosso: sembra quasi un fiore sulla bara della sua vera identità.
 
 

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Capitolo 57
*** Progetti di buona tirannia ***


57- Progetti di buona tirannia  
Ad personam:
Cara Scarlettheart, sono contento che continui a seguire questa storia che prende sempre più risvolti fantapolitici. Non è il caso di prendere in modo troppo emotivo questo racconto, che ha parecchi retroscena non rivelati. Come avevo anticipato, è un teatrino. Tutto il clima di terrore che vi si respira è sostanzialmente una montatura, compresi prigionieri abbrutiti e messaggi telepatici. Lo scopo è spaventare quei personaggi che sarebbero in grado di riconoscere che Elyon e le Guardiane non sono quelle vere, e allontanarli dalla città impedendo che si scambino opinioni tra loro.
Cara Atlantis Lux,  grazie per la tua recensione. Ma anche tu non farti impressionare troppo, il carcere orribile e i prigionieri trasformati in piante sono tutti una montatura. Le Nemesis non sono sadiche e non hanno niente contro gli abitanti di Meridian, ma seguono gli ordini di Vera, che come dal piano esposto un po' di capitoli addietro, sta facendo di tutto per screditare Elyon e le Guardiane e per riservare a sè la parte della buona in vista della sua incoronazione. 
Vero che Mastro Oclostrik è espressivo? Il paragone con Scrooge è molto azzeccato.

Qualche parola di presentazione su questo capitolo, ambientato qualche settimana dopo il precedente. Questo ha lo scopo di mettere in luce il personaggio di Theresion, finora tenuto piuttosto in ombra, e lo sgraditissimo nuovo incarico che Vera le appiopperà; inoltre pone obiezioni razionali ad alcuni aspetti demagogici della futura politica di Vera. 
Sono stato a lungo perplesso sul titolo; quello che ho scelto grazie a un suggerimento di Silen mi è piaciuto non perchè suoni evocativo, ma piuttosto per il suo carattere paradossale che riflette alcuni dei discorsi di questo capitolo. 
Per il disegno, ho scelto di rappresentare la scena finale nell'archivio, in cui Terry, irriconoscibile, appare vestita come se dovesse affrontare il suo inferno personale popolato da ragni e insetti, e guarda risentita le altre che la prendono in giro.

Buona lettura
MaxT

PROFEZIE


Riassunto delle puntate precedenti 
Dopo un incontro misterioso con la Luce di Meridian, Vera ha convinto le Gocce a sostituirsi a Elyon a Meridian, impersonando la regina e le guardiane. 
A Meridian, la controfigura di Elyon e le finte guardiane esiliano Miriadel e Alborn, mentre Caleb sfugge alla cattura;  pur avendo assunto il potere, si 
rendono conto di non essere convincenti, e inventano la storia che le guardiane sono a palazzo per proteggere la Luce di Meridian da un complotto. 
A Heatherfield, rifugiatasi con i genitori nella sua vecchia casa, Elyon spiega che quella che si sta realizzando è una sua profezia, che prevede che la tirannia duri un anno, che a Meridian dura diciotto mesi. Elyon è decisa a non tentare niente prima di questa scadenza.
Il nuovo piano di Vera prende rapidamente forma, basandosi sull'ambiguità del termine di un anno: prima simuleranno che Elyon diventi sempre più tirannica e impopolare, screditandola, poi Vera, che ha comunque il rango di una principessa Escanor, la spodesterà dopo un anno terrestre di dodici mesi, facendo finire apparentemente la tirannia e realizzare la profezia; poi, dopo aver guadagnato il consenso della gente, si prepareranno per affrontare Elyon e  le Guardiane al loro ritorno dopo diciotto mesi, un anno di Meridian. 
Vera crea venti copie di Wanda, dette Nemesis, che avranno l'incarico di impersonare le guardiane, sollevando le gocce dal compito, e di sorvegliare la città restando invisibili o sotto falsa identità, o con l'aspetto di aquile. 
Come dal piano di Vera, le false Guardiane imprigionano Galgheitha e altri personaggi importanti, che potrebbero rendersi conto che la sempre più tirannica Regina e le Guardiane sono state impersonate da controfigure; la principessa Vera fa la parte della buona, facendo fuggire questi prigionieri dalla città.

Cap.57

Progetti di buona tirannia




Meridian, palazzo reale

Il ticchettio regolare di passi femminili echeggia nel vano del grande scalone circolare.
Uno dei due soldati di guardia al pianerottolo, tozzo e dalla pelle marrone quasi squamosa, si sporge a guardare giù: non sono tante le persone che affrontano a piedi sessanta metri di scalinata. Scorge subito la figura che sale, caratterizzata dall’inconfondibile chioma candida e voluminosa sopra la figura snella dalla pelle color acqua.
“Ehi, Triklor”, bisbiglia il soldato al suo collega, “Sta arrivando lady Theresion”.
L’altro ripone, con un grugnito di disappunto, il lucido pugnale con il quale si stava nettando le unghie. “E’ in anticipo”, commenta rassettandosi l’impeccabile divisa azzurra e il mantello verde scuro. “Quella matta sale sempre a piedi. Eppure è una dei pochi fortunati cui è permesso usare le piastre di teletrasporto”, aggiunge con un’occhiata invidiosa al cerchio bianco intarsiato sul pavimento.

Quando la ragazza arriva al piano, fa un sorriso forzato ai soldati. “Buongiorno”,  esala col fiato un po’ corto.
I due si percuotono il largo petto in un impeccabile saluto marziale, poi le aprono i pesanti battenti che danno sull’anticamera della sala del trono. A loro non è più concesso entrarvi: oltre quella porta, l’ingresso alla sala più importante di Meridian è sorvegliato da guardiane dai costumi variopinti e oscenamente provocanti.
Mentre supera i battenti, Theresion si volta verso i soldati, guardandoli con i suoi stranissimi occhi dall’iride gialla. “Salire le scale a piedi è un toccasana, per chi svolge un lavoro sedentario. Anche a voi farebbe bene farlo più spesso”. Poi scompare all’interno.
Dopo un attimo di imbarazzo, uno dei due mormora: “Bravo, Triklor, anche oggi hai fatto la tua bella figura!”.

Theresion saluta, un po’ a disagio, la Taranee di guardia ed entra nella sala del trono.
All’interno, trova Vera che sta immergendo i polsi in una fontanella di acqua dalla inconfondibile luminosità verdina.
“Ciao Terry”, la saluta allegramente questa.
“Sei in anticipo”, rimarca la regina, in piedi accanto a lei; un sorriso fuggevole le rischiara solo un attimo il viso serio, tipicamente da Nemesis.
“Vi disturbo?”.
“No di certo”, la rassicura Vera sollevando gli avambracci dal loro bagno magico.
Mentre osserva le gocce luminescenti che colano lungo i polsi fino alla vaschetta, Theresion chiede: “Come mai hai bisogno di reintegrare le tue energie in questo modo? Eppure è già passato un mese da quando hai creato l’ultima Nemesis”.
Asciugandosi, l’altra risponde: “Tranquilla, Terry: non è che i miei blasonatissimi mitocondri Escanor si siano messi in sciopero. Però lo sai che tutti i poteri delle ventuno Nemesis vengono da me. Sostenere tutti i teletrasporti, le trasformazioni corporee, le pulsazioni teleipnotiche dell’invisibilità… Insomma, non è uno sforzo da poco”.
“La sicurezza ha il suo costo”, rimarca Elyon con orgoglio.
Vera annuisce, allungandosi le ampie maniche del suo vestito blu scuro mentre si dirige verso la vetrata. Guarda all’esterno, verso il centro città, osservando quattro minuscole sagome scure stagliate contro il cielo coperto. “Ciò che consuma più energie è quando si trasformano in aquile, e poi quando ritornano umane”.
Theresion le si affianca, guardando fuori a sua volta. “C’è davvero bisogno di mandare quattro di loro a sorvegliare la città a tempo pieno? Non potreste limitarvi a telecontrollare la mente di uccelli veri? Costerebbe molta meno energia”.
Elyon scuote il capo con decisione. “No! Le Nemesis, mentre volano, possono leggere il pensiero di chi osservano. Un uccello vero non può”.
“Ma il consumo per una trasformazione del genere è enorme”, insiste Theresion, “Non si potrebbe almeno farla durare qualche giorno, piuttosto che poche ore?”.
“E magari nutrirci di conigli crudi?”, rimbecca piccata la regina. “Credimi, finché voli ti dà soddisfazione, ma restare per ore ferme su un trespolo è peggio che essere in prigione!”.
Theresion, insoddisfatta, continua: “Anche le Nemesis che interpretano il ruolo delle guardiane e di Elyon si scambiano i ruoli ogni mezza giornata. Pensa all’energia che risparmiereste, mantenendo l’aspetto più a lungo!”.
La regina risponde, irritata: “Ma tu credi che sia bello coprire questi ruoli? Mostrare il viso, anche non tuo, facendo di tutto per farti odiare, e leggere nel pensiero degli altri il loro odio per te? E il peggio è ancora là da venire. Almeno se siamo invisibili possiamo rilassarci: nessuno ci può odiare perché nessuno sa che esistiamo”.
A questo Theresion non sa rispondere, sopraffatta dall’amarezza che traspare da queste parole.
Vera, conciliante, interrompe il pesante momento di silenzio: “Terry, le tue considerazioni sono molto sensate. Però le nostre amiche Nemesis stanno sopportando una vita che nessun altro vorrebbe fare. Non è il caso di chiedergli conto di tutta l’energia che impiegano”.
Terry sta per obiettare qualcosa, ma la principessa la interrompe con un cenno della mano. “Non adesso. Le altre stanno per arrivare, e io non vorrei parlare di sistemi di sicurezza davanti a loro, soprattutto davanti a Carol. Ti dico solo che hai fatto un bellissimo lavoro perfezionando la barriera contro il teletrasporto, e vorrei…”.

Le parole vengono interrotte da un suono simile a un pigolio, emesso da un largo cerchio bianco sul pavimento; subito dopo, da un baluginio si materializzano Irenior, Paochaion e Carol.
“Ciao!”. “Ehilà”. “Siamo puntuali?”.

“Ehilà, ragazze. Venite a sedervi!”, le accoglie Vera, facendo strada verso il tavolone dietro alla pedana del trono.
Irenior si guarda attorno. “Non c’è Wanda, oggi?”.
Elyon le indica i puntini neri in volo sopra la città. “No, era il suo turno. Oggi ci sono solo io”.
Interpretando le occhiate interrogative, Vera chiarisce: “Per intenderci, lei è Dora”.
L’altra la fulmina con un’occhiataccia. “Sono Megan!”.
“Oops… Megan, certo. Nemesis Tre!”.
“Nemesis Due! La Tre è Anne!”, protesta Elyon con un diavolo per treccia. “Devo scrivermelo sulla fronte?”.
“Scusa…” balbetta Vera contrita, poi riprende la sua sicurezza messa a dura prova dal ridacchiare di Irenior e dal sorrisino mal trattenuto di Carol.
“Bene ragazze. Come sapete, Meridian sta lentamente sprofondando nella tirannia dell’arrogante sorella di Phobos”, esordisce appoggiando una mano sulla spalla di Elyon, “Ma tra nove mesi una nuova Luce di Meridian tornerà a splendere!”.
Irenior si illumina con un larghissimo sorriso. “Whow! Aspetti una bambina?”.
Paochaion fa un’espressione stupita. “Davvero?”. E’ sempre un po’ tarda a capire gli scherzi.
Vera ricambia la battuta con un’occhiata orribile; dopo un attimo, il sorriso sornione di Irenior si trasforma in una smorfia di mal di denti.
 “Ahi! Scusa… chiedo scusa!”, balbetta la poveretta, prima che la fitta passi.
Una volta ristabilita la sua autorità, Vera prosegue: “Ragazze, tra nove mesi io sarò incoronata regina. Subito dopo, Meridian vedrà dei rapidi progressi. Siamo qui proprio per definire questo: dobbiamo cominciare a lavorarci fin d’ora”.
Theresion percepisce un moto di irritazione di Elyon: la sua priorità andrebbe alla messa a punto delle difese. A differenza della Grande Sorella, le Nemesis non sono affatto certe che il confronto finale avverrà solo allo scadere del diciottesimo mese.
Vera continua: “Una delle prime cose che realizzeremo sarà un rivoluzionario sistema di trasporto pubblico: una serie di portali che collegheranno il centro città con diversi punti chiave alla periferia. Saranno abbastanza larghi da farci passare due carri affiancati”.
“Whow!”, fa Pao spalancando gli occhi a mandorla, “E la gente potrà usarli?”.
“Proprio così”, le risponde Vera con un largo sorriso, “Pensate che comodità per tutti!”.
Osservando le espressioni compiaciute delle sue amiche, perfino di Carol, Theresion esita ad avanzare la sua obiezione, ma poi decide di farsi forza e sfidare l’impopolarità.
“Vera, scusa se faccio la guastafeste, ma cosa darà a questi portali l’energia per funzionare?”.
L’altra risponde: “Saranno collegati con tubature di acqua magica e un convertitore psicoenergetico. In questi dodici mesi ne faremo una bella scorta, grazie ai tagli alla distribuzione ordinati da Elyon”, conclude con una pacca affettuosa sulla spalla della regina, che la ricambia con un’occhiata di traverso.
Theresion riprende: “Scusa se obietto, Vera, ma le… le recenti esperienze sull’impiantistica del palazzo mi hanno dato un’idea di quanta energia richiedano i diversi poteri, quantificandoli con il consumo di acqua magica. Il teletrasporto è uno dei più costosi. Se ciascuno dei novantamila abitanti di Meridian dovesse usare i portali due volte al giorno, la scorta si esaurirà rapidamente”.
Il largo sorriso di Vera è messo a dura prova. “Grazie per l’osservazione, Terry. Ci lavoreremo sopra. Però io voglio che quei portali diventino comunque operativi prima dello scadere dei diciotto mesi”.
Elyon propone: “Potremmo limitare il loro uso ai soli casi di emergenza, ma sono d’accordo che vadano costruiti”.
Therese annuisce, cupa; intuisce che quei portali, oltre ad una funzione di immagine, ne hanno anche una militare. Dopo la sua incoronazione, Vera vorrà mostrare ai cittadini un clima rilassato per rimarcare la differenza con la tirannia di Elyon; perciò farà spostare in periferia tutte le legioni che ora affollano la città. Con i portali, quando sarà il momento del confronto finale, centinaia di soldati potranno tornare  a presidiare il centro e il palazzo di Meridian nel breve volgere di un paio di minuti.
Il filo dei suoi pensieri viene interrotto da un’obiezione di Carol: “Se metti davanti al naso della gente un sistema di trasporto pubblico e poi glielo neghi, se ne risentiranno di sicuro”.
Vera annuisce, dubbiosa: “Dovremo pensarci…”.
Paochaion constata rassegnata: “Purtroppo le strade di Meridian sono troppo strette per degli autobus”.
Irenior scuote le spalle: “Niente autobus? E allora, che vadano in metropolitana!”.
Carol la guarda con compatimento, contando i secondi per la prossima fitta ai denti che la zittirà per un altro quarto d’ora.
Vera, invece, sbarra gli occhi, come illuminata. “Che idea geniale!”
“Eh?”. “Come?”
La principessa spiega alle sue esterrefatte amiche: “Sotto Meridian ci sono dei sotterranei immensi, che adesso sono quasi inutilizzati! Forse ci potrebbe passare un trenino gommato, come quelli che scarrozzano i turisti in giro per la città”.
Le altre si guardano perplesse. “Forse…”, commenta Carol, cercando di focalizzare i ricordi del sotterraneo rubati ad altri.
“E dove lo prendiamo, il trenino?”, chiede Irenior sarcastica.
“Posso cercarlo io”, le risponde Carol, “O credi che faccia la spola tra Meridian ed Heatherfield solo per comprarti i CD?”.
Mentre le altre battibeccano entusiasticamente su turisti e CD, Theresion avrebbe mille domande serie da fare. I trenini dovrebbero essere elettrici, non si possono usare motori a benzina in un luogo così poco ventilato. Da dove verrà l’energia? E la rete di distribuzione?
Prima che possa formularle, Vera dispone:  “Pao, fai un sopralluogo nei sotterranei per verificare se si possono sfruttare per questo. Prima, però, procurati tutte le mappe esistenti in archivio”.
Carol si offre: “Io posso accompagnarla nei sotterranei. Penso di sapermi orientare bene, con tutte le memorie che ho copiato dai dignitari”.
“E io non voglio perdermi la caccia al tesoro!”, esclama Irenior andando a stringersi allegramente a Pao. “Vieni anche tu, Terry?”.
Questa nicchia, stringendosi nelle spalle: “Mi dispiace, Irene: lo sai già che gli artropodi e io non andiamo d’accordo”. Ha ereditato la fobia per gli insetti della sua originale, Taranee, e non è mai riuscita a vincerla.
L’altra annuisce. “Lo immaginavo. Mi ricordo di tutte le serate che mi hai fatto passare a caccia di bestiacce sotto i mobili, quando abitavamo nella catapecchia a Midgale, sennò non ci lasciavi spegnere la luce neanche per dormire”.
“Grazie per averlo ricordato a tutti”, brontola asciutta Theresion.
Vera ha seguito il piccolo battibecco con preoccupazione. “Terry, ti devo parlare. Voialtre andate pure a cercare le mappe, lei vi raggiungerà tra poco”.

Appena le altre sono uscite, Elyon lancia un’occhiata di disapprovazione alla principessa. “Ma con tutte le cose cui abbiamo da pensare, proprio un trenino…”.
Vera la interrompe con un cenno: “Quella è una mezza scusa per mandarle a fare un giro lì. Quello che mi interessa, Terry, è che tu vada con loro e impari a conoscere quei sotterranei immensi. Che tu vi ricostruisca e perfezioni il vecchio sistema di sorveglianza che è caduto in disuso”.
La regina finalmente scambia uno sguardo d’intesa con la sua sorellona e aggiunge: “Pensiamo che Elyon, quella vera… pardon, quella originale, abbia sfruttato i sotterranei per entrare nel palazzo, quella volta che ha rubato il Cuore di Kandrakar a Wanda”.
Theresion annuisce, a disagio. “Insomma, voi volete che io rifaccia nel sotterraneo ciò che ho già fatto con il sistema di sorveglianza del palazzo”.
“Brava”,  conferma la principessa, “Però questo è troppo vasto e poco conosciuto per poter essere tutto coperto da fotocellule, sensori ad aura psichica, nodi di infrabarriera o altri incantesimi costosi”.
“Non per niente lo chiamano ‘la città infinita’ ”, aggiunge Elyon.
“Insomma, Terry, l’ossatura di quel sistema di sorveglianza dovrebbe essere un’altra”.
“Quale?” chiede a disagio Theresion, che comincia già a sospettare la risposta.
“Il collegamento mentale con gli insetti. I sotterranei ne sono pieni”.
La ragazza si irrigidisce, mentre i suoi occhi gialli si spalancano all’orrore viscerale di quest’idea. Entrare nella mente degli insetti… No, non possono chiederle tanto!
Vera riprende: “Sapevo già che tu soffri di aracnofobia, ma è un ostacolo superabile. Posso cancellare questa paura irrazionale con l’ipnosi”.
Theresion storce il viso. “Posso farcela anche da sola”, risponde tutta contratta. L’idea che qualcuno possa entrare nella sua mente e modificarla a piacimento non le piace neanche un po’.
“Ne sei sicura? Mi basterebbe un minuto, e avresti risolto un problema di una vita”.
“Sicura!”, risponde caparbiamente lei, “Lo risolverò da sola. Parola mia!”.
Vera annuisce. “Ci conto. Saresti la persona più adatta per quel lavoro, Terry. Non mi hai mai delusa”. Si alza dal tavolo, imitata da Elyon. “Ora raggiungi pure le altre in archivio”.
Mentre il pallore  le fa risaltare come non mai le sfumature verdazzurre del viso contratto, Therese si alza, rigida, e si dirige silenziosa verso l’uscita della sala, incredula per essersi presa un impegno così palesemente al di là delle sue capacità.
Mentre i battenti della porta si stanno per chiudere dietro di lei, Theresion sente un ultimo augurio di Vera: “E divertiti!”.
 

Meridian, archivio del palazzo reale, torre nord

L’archivista emerge, lento e curvo, da dietro a una delle scaffalature disposte a raggiera. “Eccone ancora due, architetto Paochaion”. Con mani tremanti, appoggia i grossi rotoli di pergamena al cumulo che si è già formato sul bancone. L’ultima aggiunta rompe il precario equilibrio della catasta, che rovina sul pavimento ai piedi di Pao.
“Scusate, architetto”. L’anziano archivista si china faticosamente a raccoglierli.
“Faccio io, signor Tatros, non si affatichi”, si offre lei, raccogliendo i due rotoloni ingialliti e appoggiandoli sugli altri. Come risultato, un altro rotolo ruzzola dispettosamente dall’altra parte del bancone.
“Non ne hai abbastanza?” le chiede Irenior, appoggiata con Carol sugli stipiti dell’ingresso.
Lei srotola timidamente una delle mappe, scrutandola alla ricerca di qualche riferimento noto.
“Sì”, esclama rincuorata, “Questo è il palazzo!”. Fa per indicare alle amiche una sagoma, ma la pergamena torna ad arrotolarsi ostinatamente.
Carol le sorride scettica. “Se conti di studiarti tutte le mappe prima di partire, torno a prenderti la prossima settimana. Ma se vuoi andare subito, posso farti da guida”.
Paochaion esita con un’occhiata di rimpianto al cumulo, poi si decide: “Va bene, andiamo”.
“Non aspettiamo Terry?” chiede Irenior, guardando con aria annoiata gli imponenti scaffali gremiti di ogni sorta di documenti polverosi.

“Sono qui, ragazze!”. Theresion entra nell’archivio, titubante. Indossa un ruvido vestito di sacco adattato a tuta da speleologo. Sotto il cappuccio alzato, una cuffia nera cela del tutto la sua imponente capigliatura candida. Ma la parte più stonata è la scopa di saggina che brandisce come un’arma.
Carol la squadra incredula. “Ma… come ti sei conciata? Vai a pulire le stalle?”.
“Forse vuoi volare nei sotterranei a dorso di scopa?”, ironizza Irenior, ghignando all’idea.
Terry le ricambia con un’occhiata torva: lei si sente come se stesse per affrontare l’inferno, e loro la prendono pure in giro!
“Guarda che le streghe indossano un pastrano nero e un cappello a punta”, rincara Carol.
Theresion ribatte stizzita: “Possono anche essere bionde ed eleganti. Ma tu, Carol, una volta non soffrivi di allergia alla polvere?”.
L’altra risponde dall’alto: “Vuoi che una strega non sia in grado di controllare un semplice attacco d’asma?”.
“Allora, andiamo?”, le interrompe seria Paochaion impugnando, come uno scettro, una mappa sbrecciata.

Mentre le ragazze escono battibeccando, l’archivista non può fare a meno rimuginare su quanto siano strane: per iniziare, hanno tutte un accento che ricorda quello della regina. E cosa c’entravano le scope e i cappelli a punta con le streghe? E poi la bionda…
“E con ciò?”, chiede una voce inaspettata alle sue spalle.
L’archivista si volta spaventato, ma non scorge nessuno.
“E con ciò?” ripete ancora la stessa voce da un’altra direzione.
E con ciò…
Se la sarà immaginata, conclude. La solitudine fa brutti scherzi.
A cosa stava pensando prima? A… a… Inutile, non lo ricorda più. Sarà l’età… Anche quella fa brutti scherzi.
 
 
 

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Capitolo 58
*** La città infinita ***


58- la città infinita  
Ad personam:
Cara Atlantis Lux, innanzitutto grazie per la tua bella recensione. Sisì, la battuta di Vera è da tipica capoufficio, e lei lo sa benissimo.
L'idea dei trenini sotterranei non è male, anche se risolve solo i modesti problemi dei pedoni, perchè questi mezzi non sarebbero in grado di trainare i carri di merce. A mio parere, un grosso montacarichi da affiancare alla strada in salita verso l'altopiano potrebbe essere più utile, così porterebbe su e giù i carri di prodotti agricoli risparmiando al groppone dei poveri buoi un dislivello di 80 metri. Però, dal punto di vista della trama futura, mi serviva una descrizione dei sotterranei e degli incarichi di Terry, per cui temo che i buoi dovranno aspettare la prossima amministrazione.
Un grande grazie anche a Kuruccha per le numerose recensioni lasciate di recente ai primi capitoli. Mi fa immensamente piacere sapere che c'è ancora chi ha preso a seguire la storia a quattro anni dall'inizio, ed è così gentile da farmi sapere con costanza cosa ne pensa.

Qualche parola sul presente capitolo, che segue il precedente di pochi minuti. Le nostre quattro esploratrici, di cui una molto riluttante, ci daranno un'idea più precisa dei sotterranei, così vasti da essere chiamati 'la città infinita', e del perchè della loro esistenza. Nel fumetto, il nome 'Città infinita'  è utilizzato solo una volta da Galgheita nel n.4, mentre viene frequentemente ripreso nel cartone animato.
Vedremo anche una spiegazione delle azioni di Vera e Irenior di qualche capitolo prima, che potrebbero generare l'interpretazione di una dicotomia buone-cattive nel gruppo.
Nel finale, scopriremo come i meridiani vedano le nostre anti-eroine, e i sentimenti che provano per le Guardiane.

Buona lettura
MaxT

PROFEZIE


Riassunto delle puntate precedenti 
Dopo un incontro misterioso con la Luce di Meridian, Vera ha convinto le Gocce a sostituirsi a Elyon a Meridian, impersonando la regina e le guardiane. 
A Meridian, la controfigura di Elyon e le finte guardiane esiliano Miriadel e Alborn, mentre Caleb sfugge alla cattura;  pur avendo assunto il potere, si 
rendono conto di non essere convincenti, e inventano la storia che le guardiane sono a palazzo per proteggere la Luce di Meridian da un complotto. 
A Heatherfield, Elyon spiega che quella che si sta realizzando è una sua profezia, che prevede che la tirannia duri un anno, che a Meridian dura diciotto mesi. Elyon è decisa a non tentare niente prima di questa scadenza.
Il nuovo piano di Vera prende rapidamente forma, basandosi sull'ambiguità del termine di un anno: prima simuleranno che Elyon diventi sempre più tirannica, screditandola, poi Vera, che ha comunque il rango di una principessa Escanor, la spodesterà dopo un anno terrestre di dodici mesi, facendo finire apparentemente la tirannia e realizzare la profezia; poi, dopo aver guadagnato il consenso della gente, si prepareranno per affrontare Elyon e  le Guardiane al loro ritorno dopo diciotto mesi, un anno di Meridian. 
Vera crea venti copie di Wanda, dette Nemesis, che avranno l'incarico di impersonare le guardiane, sollevando le gocce dal compito, e di sorvegliare la città restando invisibili o sotto falsa identità, o con l'aspetto di aquile. 
Come dal piano di Vera, le false Guardiane imprigionano Galgheitha e altri personaggi importanti, che potrebbero rendersi conto che la sempre più tirannica Regina e le Guardiane sono state impersonate da controfigure; la principessa Vera fa la parte della buona, facendo fuggire questi prigionieri dalla città.
Vera affida a Theresion, che gode della sua massima fiducia ed ha già preso in mano gli incantesimi del sistema d'allarme del palazzo, anche l'incarico di realizzare un sistema di sorveglianza del sotterraneo basato sul contatto mentale con gli insetti che lo popolano, incarico che però le crea una resistenza psicologica dovuta alla sua aracnofobia. Così Vera, con la scusa di studiare il percorso possibile di un trenino, manda tutte le gocce ad accompagnarla nei sotterranei. 

Cap.58

La città infinita




Meridian, atrio alla base della torre est

Una volta aperta la porta del sotterraneo, le quattro gocce hanno un momento di esitazione: il contrasto tra ciò che si presenta ai loro occhi e il grande atrio alla base della torre est non potrebbe essere più netto.
Al di qua della soglia c’è il grande, rassicurante salone circolare dai lucidi graniti bianchi e grigiazzurri, ben illuminato dalle alte finestre che danno sul giardino rigoglioso; al di là, invece, l’oscurità della stretta galleria che discende nel cuore della rupe è mitigata solo da un’inquietante fosforescenza verdina.
A quella vista, si sente distintamente deglutire Theresion. Lei è l’unica fasciata in una sorta di tuta da speleologo di puro sacco, e stringe a sé una ramazza come se fosse un’arma con cui difendere la sua vita.
Anche il contrasto con l’espressione incuriosita e le vesti lunghe e colorate delle altre non potrebbe essere più stridente.

La prima a decidersi è  Carol: “Coraggio, di qua”, e fa per muoversi.
Inaspettatamente, è Irenior a entrare per prima nel passaggio, discendendo i primi scalini senza esitare. Come reagendo alla sua presenza, la fosforescenza verdolina si intensifica.
Ripresasi dalla sorpresa, Carol la segue; grazie alle sue lunghe gambe e ai suoi lunghi gomiti, si riporta rapidamente in testa al gruppo. “Aspetta, vi faccio da guida. Mi ricordo esattamente di questi passaggi”.
Irenior, retrocessa suo malgrado in seconda posizione, non può che punzecchiare: “Già. Mi stavo quasi dimenticando la tua parentela con un’altra signorina io-so-tutto”.
Carol ignora la battuta e continua a camminare sicura in testa al gruppo. “Che posto spettrale!”, commenta, ma la sua voce dimostra curiosità ed eccitazione.
Paochaion, dietro di loro, sta cercando ostinatamente di tenere aperta una grande pergamena. “Non c’è abbastanza lu… AH!”. D’improvviso scivola.
Theresion fa appena in tempo a sorreggerla, dandole peraltro il manico della scopa sulla testa. “Scusa… Fatta male?”
“Ehi, Pao!”, “Tutto bene?”, si preoccupano le altre.
“Ahi!”, geme lei tenendosi la sommità del capo dolente, indecisa se ringraziare la sua amica o arrabbiarsi. “Terry, cosa ne dici di far sparire questa roba?”. Senza aspettare risposta, le prende la scopa di mano e se la fa sparire nel palmo. Al suo posto, le porge un oggetto simile a uno specchietto. “Potresti farmi luce, piuttosto”.
“Va bene”, risponde Theresion, “Ma non guardare la mappa finché camminiamo sulle scale”.
Pao annuisce per farla contenta mentre  riprende il rotolo che Irenior le porge.  “Comunque è chiaro che un trenino non potrebbe salire di qua”.
“Consideralo come la scalinata del metrò”, le suggerisce Theresion, dirigendo il fascio di luce dello specchietto sulle volte e i pavimenti. Con sollievo, nota che il passaggio è abbastanza pulito e ben tenuto; evidentemente è ancora in uso.
“La luce!”, protesta Pao, che ha già riaperto la pergamena.
“Scusa”. Terry torna controvoglia a dirigere il fascio dello specchietto verso la mappa, ma rimane immersa nei suoi pensieri. Il fatto che in questo passaggio le fessure siano state stuccate non favorisce  il compito che Vera le ha assegnato: creare un sistema di controllo dei locali basato sui sensi della microfauna presente. Prima di accendere il suo specchietto, aveva notato che la bioluminescenza si intensifica al passaggio delle persone e si smorza dietro di loro. Questo è interessante: qualunque sia il sistema sensibile alle presenze, basterebbe collegarlo con un trasmettitore telepatico per ottenere un buon sistema d’allarme.

Dopo le scale, la galleria prosegue in leggera discesa. Le pareti, prima disadorne, ora cominciano a essere istoriate di bassorilievi di fiori e di visi. Strano luogo, per dei semplici ornamenti. Fanno certamente parte di un sistema di sorveglianza analogo a quello del palazzo: forme come queste si prestano bene a supportare incantesimi.

In fondo al corridoio, la luce aranciata di alcune lanterne a olio si sovrappone alla debole fosforescenza verdina.
Un robusto portone a due battenti, rinforzato di bronzo e ferro, chiude la via.  Su un lato si trovano finestrelle chiuse da robuste sbarre d’acciaio e da vetri specchianti. Una porticina di metallo chiude l’accesso a locali fortificati, scavati nella viva roccia.
Quando il gruppo si avvicina, le lanterne appese sotto la volta intensificano le loro luci.
“Alt! Abbassate le lampade e fatevi riconoscere!”, tuona una voce innaturalmente amplificata.
Carol si fa avanti. “Sono Lady…”, ma la voce dall’altoparlante  la interrompe: “Salve, Lady Irenior”, fa più cordiale, “Passate pure!”.
Davanti a loro, i pesanti battenti iniziano ad aprirsi lentamente.
Al di là, il passaggio è chiuso da un secondo portone.  Tra i due c’è un fossato lungo e profondo un paio di metri, dal quale si alza una robusta passerella di legno, una specie di ponte levatoio alla rovescia.
Interessante, pensa Theresion. Il fossato tra i portoni potrebbe essere un accorgimento contro l’attraversamento dei battenti: infatti è possibile smaterializzare  parte del proprio corpo per attraversare un portone chiuso, ma se dall’altra parte non si trova un appoggio per il piede, sono guai.
Quelle cinque pietre sfaccettate sulle spallette e gli stipiti sono i cosiddetti nodi di infrabarriera, i componenti fondamentali delle barriere contro il teletrasporto.
“Prego, andate avanti”, invita la voce dall’altoparlante.
Mentre salgono intimidite sulla passerella e il portone si chiude lentamente alle loro spalle, Theresion continua a osservare i dettagli di quell’ingegnoso sistema. Sulle pareti ci sono bassorilievi di mostri dalla cui bocca sporgono bocchette di bronzo di due fogge diverse. Un tipo potrebbe immettere nel vano dei gas anestetici, che hanno anche l’effetto di azzerare i poteri psichici. Buon trucco, ma contrastabile con un autorespiratore. E le altre… che siano lanciafiamme? Al chiuso avrebbero un effetto ancora più devastante, divorando l’ossigeno dell’aria. Nessuna meraviglia che porte e finestre delle guardiole sembrino ininfiammabili e a tenuta stagna.
Questi posti di blocco sono degni di una fortezza, considera Therese. Eppure, pensando all’interfaccia telepatica del sistema di allarme del palazzo che le stata affidata, è certa che non ci sia alcun collegamento a questo ingresso. Ciò andrebbe corretto, altrimenti…

“Finalmente!”, sbotta Carol spazientita, mentre il secondo portone si schiude con un debole cigolio. Dopo le luci calde delle lanterne, la fluorescenza verdina appare ancora più oscura e spettrale.
“Fiat Lux!”, scandisce. Anche nella sua mano appare uno specchietto, che subito proietta un forte fascio biancazzurro nel corridoio in leggera discesa davanti a loro.
Con lei nuovamente in testa, il gruppo riprende a camminare.
Theresion si volta indietro per un’occhiata ai portoni dall’esterno; alla luce del suo specchietto, osserva anche i bassorilievi di fiori e visi disposti sulle pareti come all’interno. Come sensori di allarme sembrano un po’ troppo prevedibili. O che siano solo specchietti per le allodole? Che i veri incantesimi difensivi siano impressi nelle nude pareti di calcare, irriconoscibili alla vista e al tatto?
“Qui un trenino ci passerebbe benissimo”, commenta Paochaion osservando il corridoio largo e ben tenuto. “Però non ho visto lo spazio per farlo voltare”. La mappa torna ad apparirle in mano. “Terry, per piacere, fammi ancora luce”.
Appena guadagnata un po’ di distanza dal portone, Carol dà un’occhiata di sbieco a Irenior. “Polpetta, mi spiegheresti come mai la guardia ti ha riconosciuta al volo?”.
L’altra risponde evasiva: “Sono le stesse che sorvegliano il palazzo. Perché non avrebbero dovuto riconoscermi?”.
“E come mai non hanno neppure salutato noialtre?”.
“Si vede che ho più fascino”, risponde lei con nervosa civetteria.
“Eppure, a Midgale hai sempre avuto buon gusto per i tuoi amanti!”.
Pao alza gli occhi dalla mappa, stupita. “Come? Hai dato confidenze a questi ceffi?”.
Né il colorito verdazzurro, né la penombra riescono a mascherare l’avvampare di Irenior. “Ma no! Come potete pensarlo?”.
“L’astinenza non è il tuo forte”, lascia cadere Carol con un’occhiata in tralice. “Ma tranquilla, non te..”.
“Astinenza un corno!” grida Irenior rossa di indignazione, pronta a metterle le mani addosso, “E’ che io lavoro per la nostra causa, mentre tu sputi  le tue battutine velenose! E ora che hai dovuto abbassare la cresta con Vera e le…”.

“State zitte!”. La voce imperiosa di una Nemesis le interrompe. E’ lì, accanto a loro, con la sua divisa scura e gli occhi fiammeggianti sotto la mascherina nera come dipinta sul viso.
Le altre sussultano: “Ah!”. “Ehi… ma…”. “Che spavento!”. Lo specchio di Theresion va a infrangersi sul pavimento, e si spegne con sfrigolii e scintille.
“Vi rendete conto di cosa state urlando?”, le rimprovera la nuova arrivata a mezza voce, ma con una grinta da far chinare gli occhi a qualunque sergente. “Non potete dare per scontato di essere sole, in questi sotterranei!”.
Theresion osserva con rimpianto, sul pavimento, i frammenti ormai inutili di uno dei suoi deboli baluardi contro la paura. “Ci stavi sorvegliando?”, chiede riprendendosi dalla sorpresa.
“Vi stavamo scortando”.
Irenior si guarda attorno. Al di là del chiarore della loro ormai unica lampada, si vede solo la semioscurità pervasa dal lucore verdino. “Ragazze, se vogliamo parlare con tranquillità, conosco un posto proprio qui vicino”.

Irenior prende la guida del gruppo, dirigendosi verso un ampio androne sulla destra. Di qui si aprono diversi ingressi come di abitazioni.
La ragazza striata di verde si avvicina alla seconda porta sulla sinistra; a un suo gesto, la serratura si apre con uno schiocco, e lei fa strada verso l’interno.
Diverse lanterne a olio si accendono da sole, inondando di luce calda un bel soggiorno pulito, non molto diverso da quello di una casa di superficie, se non per la completa mancanza di finestre.
“Entrate e accomodatevi. Siete mie ospiti”.
“Carino”, concede Carol osservando il tavolone circondato da sedie, i credenzoni coperti da suppellettili e un caminetto spento.
“Vi porto qualcosa da bere”, dice Irenior sparendo al di là di una porta.
Mentre lei è in cucina, le altre si siedono al tavolo.
Solo allora Carol si rende conto che le Nemesis in divisa sono due, non una. “Ehilà! Se non sbaglio, Dora…”.
“Giusto, brava”, risponde compiaciuta quella con la sottile treccina e la mascherina nera.
“E Katja”, fa rivolta verso l’altra, dal viso senza strisce.
Questa spalanca gli occhi, offesa. “Come, non mi riconosci più, dopo che abbiamo abitato assieme due anni? Io sono Wanda!”.
“Oops.. scusa…”.
“Fa niente”, risponde l’altra di malumore, rimuginando che forse non valeva la pena di interrompere il suo bel volo per venire a scortare in quel buco le sue vecchie amiche che neppure la riconoscono più.
Nel frattempo, Paochaion si sforza di tenere aperta la mappa sul tavolo. “Tienimi qui un dito”, chiede a Theresion.
“Te la blocco io”, si offre Wanda, appoggiandosi sopra con i gomiti, stanca e depressa.
Dopo pochi istanti, il volto intento di Pao si illumina di un sorriso trionfale. “Ho trovato! Siamo qui!”, dice indicando un punto sulla carta.

Poco dopo, serviti succo di frutta e biscotti, anche Irene si siede al tavolo. “Ora possiamo parlare liberamente, vero?”.
Wanda scrolla le spalle. “Tanto lo faresti comunque… Ma non dare dettagli. Più cose sapete, più ci penserete, e non è impossibile che qualcun altro vi legga il pensiero”.
L’altra riprende: “A scanso di insinuazioni e viperaggini varie tanto in voga, voglio spiegare perché non sono nuova di questo luogo. Come sapete, la gente crede che molti notabili coinvolti in un complotto siano stati arrestati per ordine di Elyon e marciscano in qualche carcere sotterraneo.
In realtà, sono stati arrestati perché potevano capire che Elyon è stata sostituita”.
“E così, fate ancora marcire in prigione degli innocenti?”, si rabbuia Carol.
“No! Io ho aiutato Vera a mandarli tutti al confino sotto falsa identità, facendo credere loro che li facevamo evadere. Li portavamo proprio in questa stanza, prima di spedirli via”.
“E quindi, fate la figura delle salvatrici”, commenta Carol. “Ma se richiamerete queste persone in città dopo che lei sarà incoronata, non potrebbero capire egualmente cos’è successo?”.
“Forse”, risponde Dora giocando con la sua treccina, “Ma hanno già avuto un breve assaggio di quello che toccherebbe loro, se ne parlassero!”.
Le ragazze restano brevemente in silenzio, cercando di mettere a tacere il lontano brontolio della coscienza.
Dopo qualche istante, Pao si guarda attorno. “Ma perché esistono abitazioni nel sotterraneo?”.
“E perché sono inutilizzate?”, aggiunge Theresion.
“Dipende dai cicli climatici del metamondo”, risponde Carol, preparandosi a far sfoggio delle sue conoscenze.
“Oh, ecco, sentiamo la professoressa Hair”, ironizza Irenior con la voce più candida che riesce a fare.
Dopo un’occhiata stortissima alla padrona di casa, Carol inizia: “Al giorno d’oggi il clima di Meridian è ottimale, con minime escursioni stagionali. Non è sempre stato così, né lo sarà per sempre”.
“E tu come lo sai? Sempre dalle memorie dei dignitari, o ti diverti a menare jella?”.
“No, cara Irene. L’ho letto su un libro di storia di Meridian. Poi ti spiegherò cos’è un libro”.
“Dopo che te l’avrà spiegato Terry?”.
“Ma cosa c’entro io?”, protesta Theresion. “Lasciala continuare, per piacere!”.
Quando sente di nuovo l’attenzione, Carol riprende: “L’orbita del metamondo attorno al suo sole è un po’ eccentrica. Nell’emisfero Boreale dove si trova Meridian, d’inverno il sole è più basso all’orizzonte che d’estate, ma è più vicino, e le due cose più o meno si compensano. D’estate, invece, il sole è più alto ma più lontano, e così non fa molto caldo”.
Theresion interviene: “Ma allora l’emisfero australe sarà un inferno. Estati caldissime e inverni rigidissimi”.
“Brava Terry. Però non è sempre stato così. L’asse di rotazione di questo mondo cambia con un periodo di precessione di soli cinquecento anni. Il che significa che duecentocinquanta anni fa il clima estremo era a Meridian, e così pure settecentocinquanta, milleduecentocinquanta…”.
“Mentre nell’altro emisfero si stava da pacchia”, completa Irene. “Bene, ora sappiamo di avere tra noi un’esperta di geometria astrologica!”.
“Semmai sarà geografia astronomica, Polpetta. Perché non vai a farci una crostata, che almeno in quello sei brava?”
“Grazie per l’ ‘almeno’, superbionda. Ma cosa c’entra tutta questa tua bella lezioncina con questi sotterranei?”.
“Se mi lasciassi continuare, lo sapresti. Posso, sì? Bene. Se hai quattro mesi all’anno di neve e ghiacci, e quattro di caldo torrido e siccità, non desidereresti trasferire una parte della vita cittadina nei sotterranei?”.
L’altra le fa un grazioso gesto di stizza. “Per otto mesi all’anno? Piuttosto me ne andrei nell’altro emicoso… emisfero!”.
“Tu, non ne dubito. Ma a Meridian c’è una risorsa eccezionale: la sorgente di acqua magica. Inoltre c’erano moltissime grotte scavate dalle acque nel calcare di questo territorio carsico. Queste sono state gradualmente trasformate in un’estensione sotterranea della città. Sotto terra, la temperatura era quasi costante, un grado in meno della media annuale. Non nevicava, non si formava ghiaccio. Nei livelli profondi c’erano già canalizzazioni enormi in grado di convogliare le acque che si riversano dall’altopiano quando si scioglievano i ghiacci invernali. Alcune grotte sono state trasformate in cisterne immense in grado di far fronte a mesi di siccità. Sono stati ricavati passaggi pedonali e perfino carrabili, collegati con tutti gli edifici pubblici e a numerose case private. E poi, grandi sale sotterranee, dormitori, mense, perfino alloggi privati per i più benestanti”. Indica la stanza in cui si trovano. “Alloggi come questo, suppongo”.
“Brava, bella lezione”, applaude Irenior con una punta d’invidia. “Abbiamo tra di noi un’astronoma e una storica”.
“E un’esperta in vaccate… pardon, in zootecnia”, ribatte Carol con un ghigno di autocompiacimento.
Paochaion, tutta seria, riprende a studiarsi la mappa. “Scusa, puoi togliere il gomito?” chiede a Wanda, che ci si è quasi addormentata sopra. “E tu, Terry, mi fai più luce?”.
Mentre le sostiene pazientemente lo specchietto sopravvissuto, Theresion ascolta distrattamente lo scambio di frecciate che continua tra le due aspiranti primedonne. Sì, almeno sotto questo punto di vista le cose sono ritornate alla normalità. Per rientrare nel gruppo, Carol ha accettato di sottostare a continui e invasivi controlli della sua memoria: un compromesso umiliante a cui lei non avrebbe mai consentito. Da parte sua, Therese ha sempre fatto del suo meglio per essere all’altezza della fiducia datale.
Alzando gli occhi dalla mappa, Paochaion dice decisa: “Ragazze, adesso abbiamo qualcosa di più importante da fare, o sbaglio?”.
“E’ meglio proseguire”, conviene Nemesis Uno, alzandosi in piedi e svanendo alla vista.
Anche Wanda si scuote, e sparisce senza neppure alzarsi dalla sedia.

Appena uscite dall’androne, le ragazze tornano sul corridoio principale.
Illuminandolo con lo specchietto, Theresion si accorge con orrore che il prosieguo non è affatto pulito come quello che hanno percorso fino a ora: festoni di ragnatele e insetti volanti le vengono impietosamente rivelati dal fascio di luce. Un’ombra guizza veloce sul pavimento e sfugge alla sua vista, restando però ben impressa nella sua immaginazione.
Theresion viene strappata alle sue visioni da incubo dal sorrisino ironico di Carol che si è voltata indietro e  allunga la mano per riprendersi il suo specchio: “Sicura di farcela, Terry?”.
“S-sì. Sono sicura”, mente lei, consegnandole malvolentieri la fonte di luce.
“E qui viene il bello di farsi guidare da Carol”, interviene Irenior ammiccando, “Con la sua magnifica testolona bionda, spazza via tutte le ragnatele dal soffitto”.
Questa la squadra con il suo tipico sguardo dall’alto, poi accenna un gesto della mano verso la galleria.  Tenui aloni dalla luminosità azzurrina prendono a percorrere lentamente, in un silenzio assurdo, la volta e le pareti dell’ampio corridoio, cancellando ogni traccia di sporco, inanimato o vivente, per parecchi metri.
Therese, con rammarico, si costringe a dire: “No!”.
“Perché no?”, chiede l’altra stupita, mentre gli aloni svaniscono lentamente in distanza.
“Perché… perché non voglio che uccidi quelle bestiole per me”. Non è il caso di spiegare che, se vaporizza gli insetti, si può dire addio al sistema di allarme proposto da Vera. “Sono in grado di vincere queste paure”, afferma con coraggio.
L’altra la gratifica di un’alzata di spalle. “Veramente pensavo ai miei capelli”.
Mentre parlavano, Paochaion si è già spinta avanti di una decina di passi. “Allora?”, fa, tamburellando un piede con impazienza.
“So esattamente dove arriva questo corridoio”, afferma Carol riprendendo velocemente la posizione di testa. “Troveremo una grossa sala con molte diramazioni importanti sotto piazza Sottocastello”. Quasi a confermare le sue parole, poco più in là la galleria si incurva a sinistra in una specie di tornante che ricorda quelli della strada lungo la scarpata.

Alla fine della lunga discesa, ai loro occhi si presenta un grande salone colonnato e ben rifinito, ampio quanto una grande chiesa; su un lato vi è una specie di palco come quello di un teatro, mentre numerosi corridoi si diramano da tutti i lati.
“Le regine del passato hanno parlato numerose volte da lì, durante i periodi più inclementi”, spiega Carol, immersa nel suo nuovo ruolo di guida, proiettando il suo fascio luminoso sul palco.
A sorpresa, Irenior vi si porta sopra ed emette un lungo e melodioso La, che risuona nella sala.
“Bella acustica”, conclude soddisfatta ridiscendendo gli scalini.
Da una galleria laterale, un silenzioso svolazzo di pipistrelli sottolinea le sue parole.
Carol, stizzita dall’interruzione, riprende subito il controllo del gruppo: “Da quella parte si arriva sotto piazza Due Lune”, dice incamminandosi verso una galleria  di fronte.
Paochaion si rigira tra le mani la mappa. “Allora è sbagliata”, sbuffa con disappunto.

Mentre proseguono, la cinese nota le architetture disomogenee e non ripetitive che caratterizzano questi sotterranei, in cui si alternano tratti scavati nella viva roccia ad altri intonacati, o anche riquadrati in sassi o mattoni che rivelano le  modifiche che si sono succedute nei secoli; corridoi dalle alte volte a una sola campata vengono talvolta seguiti da slarghi costellati da archi e colonne; passerelle di legno distorto collegano passaggi posti in alto sulle pareti.
“Comunque, da qui fino ai portoni del palazzo è tutto carrabile”, si rallegra Paochaion.
Andando avanti ancora, in alcuni punti si riconoscono sul terreno residui di calcinacci, e l’intonaco appare corroso dall’umidità, che sta lasciando tracce sempre più evidenti a mano a mano che proseguono: agli aloni scuri sulle pareti inizia a far seguito, sempre più frequentemente, il luccichio del bagnato sul pavimento.
Quando si fermano per guardarsi attorno, il sommesso gocciolare dell’acqua riempie i silenzi.
“Di là usciremo in piazza Due Lune”, afferma Carol indicando una scalinata in una diramazione laterale.
 

Meridian, quartiere Trasclovkir

La vecchia Tagral procede zoppicando lungo lo stretto vicolo in salita, sopportando con rassegnazione le fitte alla gamba; da quando la sua vicina guaritrice è svanita, la sciatica non le dà tregua. Guarda con un sospiro la scalinata prima della sua casa, arrampicata sulla scarpata, e si fa forza per salire.
Lo scatto di una serratura e lo stridio di cardini rugginosi la fanno voltare: dalla cancellata del sotterraneo, aperta sul vicolo, escono quattro giovani donne dall’aspetto sorprendente, che si guardano attorno come perse.
“E questa sarebbe piazza Due Lune?”, chiede con un accento forestiero quella dalle iridi gialle, i cui aderenti cenci da spazzacamino stridono con le vesti delle altre, lunghe e colorate.
“Carol, mi sa che ci hai fatte allunare sulla luna sbagliata”, sfreccia quella dagli occhi verdi.
“Questo è Trasclovkir”, dice l’altra dalla pelle azzurrina e dagli occhi obliqui. “Ecco perché tutta quell’umidità nei sotterranei”.
Ma è la giovane altissima dalla pelle rosata che colpisce Tagral come un fantasma dal passato.
Altri passanti cominciano a scambiarsi gomitate e mormorare: “Ma quella non è la guardiana di Kandrakar?”.

La diceria passa di bocca in bocca, finché una voce decisa la interrompe: “No! Siamo noi, le guardiane di Kandrakar!”.
Dalla galleria escono due aliene dai costumi variopinti con scostumati ombelichi in vista, alette iridescenti e sguardi sprezzanti.
Dalla parte opposta, passi pesanti di scarponi chiodati risalgono il vicolo. Due tozzi soldati dalla pelle marrone e i canini sporgenti si arrestano, ostili, davanti alle nuove arrivate.
La guardiana dagli occhi verdi li affronta, impettita: “Le signorine sono autorizzate a esplorare i sotterranei dalla Luce di Meridian!”.
“Qualcosa in contrario?”, chiede con sfida, pugni sui fianchi, quella dai lunghi capelli biondi.
“Non osate ostacolarle, bestioni!”, incalza l'altra minacciosa, puntando loro addosso un dito come fosse un'arma mortale.
Per un lungo momento si sente la tensione farsi palpabile, poi i due armigeri si ritirano con sguardi risentiti, senza proferir parola.

La vecchia Tagral alza il suo sguardo opaco sulla giovane altissima dalla pelle rosata. “Ma è la principessa Vera?”, chiede fra sé.
Carol l’ha sentita. “Io Vera?”, si stupisce.
“Di che farnetichi, vecchia?”, l'apostrofa la guardiana dagli occhi verdi, “Non l’hai mai vista, la tua principessa? Ce n’è solo una!”.
Tagral china il capo. “Scusatemi… i miei occhi non mi permettono di vedere lontano. Ma mi ricordo bene di com’era il principe Phobos, prima che si isolasse nel palazzo, e la signorina gli somiglia tanto… Così ho creduto che avesse lo stesso sangue”.
La guardiana la squadra per un attimo quasi con compassione, subito cancellata da un ghigno di disprezzo. “Secondo te, vecchia, tutti quelli con la pelle rosata e i capelli biondi sono della famiglia reale?”.
“Guardami!”, incalza l’altra guardiana dai lunghi capelli biondi. “Sono una Escanor, io?”.
Tagral abbassa il capo umiliata e si avvia verso casa sua.
Mentre sale la ripida scalinata intuisce, più che vedere, le strane dame che rientrano imbarazzate nel sotterraneo, seguite dalla loro sinistra scorta e dal clangore rugginoso del cancello che si chiude dietro a loro.
 

Meridian, sotterraneo

Nel sotterraneo, appena dopo la prima svolta, la guardiana Irma afferra Carol per un braccio. “La sorella di Phobos, nientedimeno! Ti sei resa conto, finalmente, dei problemi che hai creato con il tuo rifiuto di cambiare aspetto?!?”.
Cornelia rincara: “Se non mi fossi mostrata così, ora ci sarebbe gente che blatera che Cornelia sei tu! Di qui a dedurre chi sono quelle con te, il passo è breve!”.
“E ci hai costrette a maltrattare la gente per stroncare le voci sul nascere.  Credi che ci divertiamo a fare questo?”.
Detto ciò, entrambe le guardiane svaniscono alla vista.
Carol rimane silenziosa, turbata dall’accaduto, mentre Paochaion, impossessatasi dello specchietto, guida il gruppo lungo i corridoi.
“C’è una buona notizia”, dice la cinesina volgendosi con un sorriso verso le amiche: “La mappa è giusta!”.
 

Meridian, quartiere Trasclovkir

Mentre riprendono il loro pattugliamento per le vie umide e tristi di Trasclovkir, i due tozzi soldati restano chiusi nei loro cupi pensieri per un po’.
Uno dei due butta lì: “Sei silenzioso, Torlor. Stai ancora pensando all’ombelico delle guardiane?”. Ridacchia sguaiato alla sua stessa battuta. “Oscene! Peccato che abbiano quel fisico esile e sgraziato a forma di clessidra! A prova di tentazione!”. Si guarda attorno, e i passanti abbassano il capo intimiditi. “Almeno, la gente orribile di questa città ha il pudore di nascondersi sotto i pastrani, ma…”.
L’altro lo zittisce con una gomitata. “Attento a come parli, Athisok!” gli bisbiglia , “Anzi, attento anche a come pensi! Lo sai bene che il razzismo è vietato quanto bestemmiare il nome della Regina! Vuoi finire ai lavori forzati, così rimbambito da ricordarti a fatica il tuo nome?”.
Il soldato tace, spaventato dalla prospettiva, e distoglie lo sguardo da un passante dal cui saio sporge una vistosa coda da rettile.
Dopo un lungo silenzio, chiede: “E tu, Torlor, a cosa stai pensando?”.
“Alla guardiana, quella tettona. Ritrovarmela davanti così! Non so se mi ha riconosciuto”.
“Avrebbe dovuto?”.
“Durante la rivolta contro Phobos, nella mischia mi trovai faccia a faccia con lei. Sparava raggi contro di noi dai palmi delle mani. Ero a un solo passo. Stavo per trapassarla con la spada, ma qualcosa mi colpì prima che potessi farlo. Non so neanche cosa”. Il soldato tace, mentre la sua grossa mano corre sovrappensiero all’elsa. Ricorda l’umiliazione della cattura, di essere minacciato dai ribelli con la sua stessa spada, dei suoi polsi legati da ruvide corde di canapa. Questa gente gli fece mordere la polvere.
E oggi lo sguardo arrogante della guardiana, risvegliando questi ricordi amari, gli ha fatto rimpiangere più che mai di non aver potuto allungare il suo braccio in quel giorno lontano.
 

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Capitolo 59
*** Aracnofobia ***


59-aracnofobia  

Ad personam

Cara Lux, grazie millemila per la tua bella recensione, sulla quale conto sempre.
L'intervento di Dora e Wanda è stato dovuto soprattutto al fatto che Irene, grande gaffaiola, stesse per urlare il nome delle Nemesis, la cui esistenza è rigorosamente tenuta segreta. Certo, apparire lì non è un gran modo per mantenere un segreto, ma un rimprovero tempestivo ci stava tutto.
Il risentimento dei soldati nei confronti di Elyon e delle Guardiane fa il gioco di Vera, che punta a screditarle per prenderne il posto. Basta che non tirino troppo la corda, perchè secondo il piano questo stato di cose dovrà proseguire ancora per circa otto mesi prima che la gentile principessa venga acclamata nuova regina. 
Cara Melisanna, che piacere ricevere le tue recensioni! Ti ringrazio per avere espresso le tue obiezioni, proverò a rileggere i due capitoli e chissà che non mi venga lo spunto per limare qualche cosa.
La singolare pluralità delle Nemesis... questa mi piace molto!
Un grande grazie anche a Kuruccha per le sue gentilissime recensioni ai primi capitoli, e spero tanto che prima o poi arrivi anche a questo.

Qualche parola sul presente capitolo, che segue il precedente di circa un mese, quindi siamo cinque-sei mesi dopo l'inizio del golpe.  Questo chiude una trilogia incentrata soprattutto su Theresion e sui suoi segretissimi incarichi di progettista d'incantesimi di sorveglianza. Va precisato che lei non ha poteri autonomi, perciò la realizzazione degli incantesimi, intesi come imprimere parte del proprio potere psichico su un supporto inerte, spetterà a Vera. 
Vedremo anche alcuni aspetti della vita di Paochaion, Irenior e delle terribili Nemesis prima del salto temporale di sei mesi che, col capitolo successivo, ci porterà vicini all'apice della falsa tirannia.

Buona lettura
MaxT

PROFEZIE


Riassunto delle puntate precedenti 
Dopo un incontro misterioso con la Luce di Meridian, Vera ha convinto le Gocce a sostituirsi a Elyon a Meridian, impersonando la regina e le guardiane. 
A Meridian, la controfigura di Elyon e le finte guardiane esiliano Miriadel e Alborn, mentre Caleb sfugge alla cattura;  pur avendo assunto il potere, si 
rendono conto di non essere convincenti, e inventano la storia che le guardiane sono a palazzo per proteggere la Luce di Meridian da un complotto. 
A Heatherfield, Elyon spiega che quella che si sta realizzando è una sua profezia, che prevede che la tirannia duri un anno, che a Meridian dura diciotto mesi. Elyon è decisa a non tentare niente prima di questa scadenza.
Il nuovo piano di Vera prende rapidamente forma, basandosi sull'ambiguità del termine di un anno: prima simuleranno che Elyon diventi sempre più tirannica, screditandola, poi Vera, che ha comunque il rango di una principessa Escanor, la spodesterà dopo un anno terrestre di dodici mesi, facendo finire apparentemente la tirannia e realizzare la profezia; poi, dopo aver guadagnato il consenso della gente, si prepareranno per affrontare Elyon e  le Guardiane al loro ritorno dopo diciotto mesi, un anno di Meridian. 
Vera crea venti copie di Wanda, dette Nemesis, che avranno l'incarico di impersonare le guardiane, sollevando le gocce dal compito, e di sorvegliare la città restando invisibili o sotto falsa identità, o con l'aspetto di aquile. 
Come dal piano di Vera, le false Guardiane imprigionano Galgheitha e altri personaggi importanti, che potrebbero rendersi conto che la sempre più tirannica Regina e le Guardiane sono state impersonate da controfigure; la principessa Vera fa la parte della buona, facendo fuggire questi prigionieri dalla città.
Vera affida a Theresion, che gode della sua massima fiducia ed ha già preso in mano gli incantesimi del sistema d'allarme del palazzo, anche l'incarico di realizzare un sistema di sorveglianza del sotterraneo basato sul contatto mentale con gli insetti che lo popolano, incarico che però le crea una resistenza psicologica dovuta alla sua aracnofobia. Così Vera, con la scusa di studiare il percorso possibile di un trenino, manda tutte le gocce ad accompagnarla nei sotterranei.

Cap.59

Aracnofobia

Meridian, camera di Theresion e Paochaion

Distesa nel suo letto, sotto le coperte di raso, Theresion ripensa a queste sue giornate: a un osservatore superficiale potrebbero apparire di noiosa routine davanti allo schermo di un computer, ma in realtà sono colme di sfide straordinarie. Con luci e con ombre.
Nell’incontro del pomeriggio Vera, come al solito, è partita dai complimenti per i suoi brillanti risultati ottenuti applicando la programmazione a blocchi, derivata dalle sue abilità di informatica, alle magie. Infatti la ragazza dai capelli candidi sta ideando nuovi modi di concatenarle. Così facendo può attribuire a reti di incantesimi, impresse su banali oggetti inerti, delle possibilità di discernimento logico che fino a oggi sembravano appannaggio di una mente umana o di un programma per computer. Per esempio, ha reso il firewall contro il teletrasporto attorno al palazzo così autonomo che né lei, né Vera vengono più sovraccaricate da un torrente di informazioni inutili ogni volta che contattano l’interfaccia telepatica del sistema.
Dopo le lodi, è giunto anche un velato rimprovero mascherato da domanda: Vera le ha chiesto a che punto fosse con il sistema di sorveglianza dei sotterranei, e lei ha dovuto ammettere che ogni contatto mentale con il pur semplice apparato sensorio di un insetto la turbava. Era solo un eufemismo, però: in realtà, la sola idea le provoca vere crisi di panico. Questa è una sfida che terrebbe a vincere da sola, ma come fare?

Mentre sta per prendere sonno, Theresion sente un debole rumore di strofinio di una matita, subito seguito da uno scuotimento del tavolino. Apre un occhio: una luce accesa alle sue spalle illumina ancora la stanza.
Girandosi indietro, vede che Paochaion è ancora seduta al tavolo tra due lampade, intenta a cancellare con una gomma.
Le biascica: “Pao, basta disegnare, sarà mezzanotte ormai”.
L’altra risponde, senza distogliere lo sguardo dal suo lavoro: “Ancora cinque minuti… ti dà fastidio? Ho un momento creativo da non sprecare!”.
Theresion richiude gli occhi rassegnata: troppo spesso, davanti a carta e matita, Pao perde ogni nozione del tempo.
“Questo cambierà il volto di Meridian!”, dice orgogliosamente la cinesina tra sé e sé.
Un po’ preoccupata, Theresion riapre gli occhi. “Di cosa parli?”.
“Del nuovo mercato coperto. Vieni a vederlo!”.
Riluttante, Terry si alza a sedere sul letto, e aguzza gli occhi verso il foglio che Pao le solleva. “Ma cos’è?”.
“Il nuovo mercato, te l’ho detto!”. Pao le viene vicino con un grande blocco di fogli millimetrati. “Guarda, mi sono ispirata al bazar di Istanbul: dei corridoi ramificati, con le nicchie per i negozietti sui lati. Ma questo non avrà bisogno di anni per sorgere, basteranno poche settimane!”.
Ora la sua curiosità ha la meglio sul sonno. “Come?”.
“Con dei prefabbricati modulari! Corridoi, nicchie, coperture andranno su facilmente come i mattoncini dei Lego! E saranno già predisposti per gli impianti: elettricità, acqua corrente, climatizzazione!”.
“Elettricità? A Meridian?”.
“Certo”, le fa Paochaion come cosa ovvia. “Come il tuo computer e queste lampade alogene”.
Smorfia scettica. “Pao, questa è magia. Possiamo far funzionare così un paio di apparecchi, non tutte le lampade di una città”.
L’altra scuote le spalle, imperturbata. “Vera mi ha detto che incaricherà proprio te di pensarci, non appena avrai finito quei tuoi lavori di cui non ci parli mai”.
Theresion sospira a disagio davanti a tanta cieca fiducia. “Pao, come ho messo in guardia Vera, metto in guardia anche te: non facciamo il passo più lungo della gamba!”. Mentre l’altra la guarda sorpresa, continua: “Che figura faremo se il nuovo mercato restasse sfitto per mancanza di merce da vendere? Se le nuove fabbriche non partissero per una qualunque difficoltà nel trovare energia o materie prime? O se partissero e spiazzassero gli artigiani esistenti, imponendo prezzi di vendita bassi che li metterebbero fuori mercato?”.
Pao risponde, quasi offesa da queste obiezioni: “Ma, Terry, anche adesso esiste un mercato: semplici bancarelle all’aperto. Noi offriremmo un posto al riparo dalla pioggia, che si potrà chiudere a chiave ogni sera. E poi sarà modulare: possiamo iniziare con qualche decina di loculi per i commercianti esistenti, e poi espanderlo al bisogno. Abbiamo già scelto un’area in periferia che ci dà tutto lo spazio che vogliamo!”.
“In periferia... E perché commercianti e clienti dovrebbero essere così entusiasti di trasferire il mercato dal centro città alla periferia?”.
“Perché sarà vicino alla nuova stazione dei portali di teletrasporto, no?”.
Therese esala un grosso sospiro paziente. “Pao, quel sistema non diventerà mai di uso comune: consumerebbe troppa energia magica, e non l’abbiamo. Creare nuovi bisogni e poi non riuscire a soddisfarli è un modo di scavarsi la tomba, politicamente parlando. Quello di cui la gente sente il bisogno davvero è l’acqua magica per farsi curare gli acciacchi dai guaritori o per comunicare con gli amici lontani, proprio ciò che stiamo… che Elyon sta togliendo loro”.
“E allora, cosa dovremmo fare?”, chiede Paochaion irritata, “Lasciare tutto come sta?”.
“Non necessariamente. Ma novità del genere dovrebbero evolversi gradualmente con l’ambiente sociale, non essere introdotte dall’alto in tutta fretta solo per dimostrare qualcosa”.
Pao scuote il capo, imbronciata; “Sono sicura che Vera ci avrà già pensato seriamente”. Riguarda i disegni, e il sorriso amorevole ritorna sul suo viso: il suo nuovo ruolo di architetto sta diventando una ragione di vita per lei. “Guarda il sistema di montaggio, come quello dei Lego. Gli elementi sono di un calcestruzzo di calcare e granito ricristallizzato e protetto dall’acqua, come i muri del palazzo. Con questi innesti, basterà calarli in posizione…”. Si interrompe un attimo, pensierosa. “Terry, sai quando sarà pronta l’autogru, agli archi di crescita?”.
“Lo sai anche tu, Pao. L’autogru è stata fermata due mesi fa”.
“COSA?”. Paochaion si alza in piedi, gli occhi fuori dalle orbite come per un insulto inaspettato. “Io ne avrò bisogno fra pochi mesi! Questi elementi prefabbricati peseranno tonnellate!”.
“Ora stiamo dando la priorità a nuovi pannelli psic..”.
“IO HO BISOGNO DI QUELL’AUTOGRU!”, strilla Pao battendo i piedi, viola in viso. “LI VOLETE O NO, I NUOVI EDIFICI ?!? E ALLORA, TIRATE FUORI SUBITO L’AUTOGRU! O PREFERITE COSTRUIRLI PIETRA SU PIETRA PER I PROSSIMI TRENT’ANNI?!?”.
“Pao, datti una calmatina!”.
“CALMATINA UN CORNO!”.

Qualcuno bussa alla porta. “Cosa succede?”, fa la voce di Irenior al di là del battente, poi si sente scattare la serratura.
Lei e Carol entrano nella stanza, allarmate, e chiudono la porta in faccia a due soldati richiamati dalle grida.
“Ragazze, va tutto bene?”, chiede Irenior.
“Pao, cosa c’è che non va?”, fa eco Carol.
L’altra le accoglie con i pugni piantati sui fianchi. “Dite a Vera che non posso fare a meno dell’autogru, punto e basta! E serve anche un autocarro, e poi un bulldozer! O niente mercato e niente stazione!”.
“Ma…”.
“Calma, Pao”, fa Theresion conciliante, alzandosi dal letto. “Se abbiamo lasciato indietro l’autogru, è perché abbiamo allo studio un’alternativa migliore del materializzare venti tonnellate di ferraglia”.
“Davvero?”, fa Pao sorpresa, “E quale sarebbe?”.
“Non posso ancora parlarne”, si schermisce l’altra.
Carol, in disparte, intuisce il motivo di tanta reticenza: se quella cosa ha applicazioni militari, è meglio che lei non tenti neppure di venirne a conoscenza. Getta lo sguardo sui disegni appoggiati sul tavolino, sotto le lampade alogene, e li sfoglia. “E così, Pao, questa è la bozza del nuovo mercato”.
Paochaion, nuovamente sorridente, le sfoglia il grosso blocco con mal celato orgoglio. “Bello, vero? Completamente componibile!”.
“Bello, sì. Molto razionale. Però è troppo ripetitivo per Meridian”.
L’altra la guarda delusa. “La simmetria è fonte di bellezza!”.
Carol nicchia. “Pao, la simmetria bilaterale va bene, la ripetitività no. In questa città l’estetica del disomogeneo è una radicata scelta ideologica. E’ anche sostenuta dalla famiglia reale per incoraggiare la tolleranza tra persone dall’aspetto molto diverso. Insomma, si vuole scoraggiare ogni tendenza a suddividersi in razze”.
“Ma come fanno a trovarsi un compagno?”, chiede Irenior. “Tra tanta gente diversa che ho visto qui, non ce n’era uno che avrei accettato per… beh, per passarci il tempo. A parte Caleb, beninteso”.
“Sono abituati alla disomogeneità”, ribadisce Carol, sfoggiando l’immensa e confusa cultura che le deriva dalla sua attività di ladra di memorie. “Paradossalmente, gli unici che facevano eccezione erano proprio gli Escanor, che erano endogami come i faraoni”. Notando gli sguardi perplessi, chiarisce: “Cioè si sposavano tra loro, in famiglia”.
“Non è che sia proprio una cosa sana”, storce il viso Irenior.
“Non lo è; infatti sono quasi estinti. Quest’usanza trasmetteva poteri parapsichici incredibili alla discendenza, non si può negare. Però trasmetteva anche difetti metabolici che erano spesso letali per i neonati. Elyon e Phobos erano gli unici sopravvissuti di sei figli”. Accenna un'alzata di spalle. “Se le cose fossero andate diversamente, probabilmente lo sposo predestinato a Elyon sarebbe stato proprio lui”.
“Phobos…”, ripete Theresion con un brivido di disgusto.
“Però era un gran figo!”, se ne esce Irenior. “Ci avrebbe aiutate a passare tutto questo tempo lontane dal nostro mondo”.
Tre sguardi severi la fanno vergognare della sua uscita.
“No, eh?”, balbetta arrossendo: anche oggi ha fatto la sua bella figura.
Dopo un attimo d'imbarazzo, contrattacca: “Ma almeno io non sono sua sorella! E poi, se vogliamo cercare cose strane, guardiamo tutte noi: ora siamo il gruppo dominante nel metamondo! E, a parte questi colori fasulli della pelle, siamo tutte terrestri, tutte femmine, tutte della stessa età, tutte create per magia. Compresa Vera. Per non dire niente di ventuno Nemesis tutte uguali. E’ difficile immaginare un gruppo dirigente meno disomogeneo! E con meno prospettive di ricambio generazionale!”.

Nemesis Quindici esce dalla camera, non vista e non salutata, attraversando il battente della porta come fosse illusorio. Guarda nel pianerottolo debolmente illuminato dalla luce del giardino: meno male, non c’era nessuno ad ascoltare. Irene e le altre dovrebbero evitare questi discorsi compromettenti a voce così alta.
Sospira amareggiata: il destino che le Nemesis hanno accettato è crudele. Indipendentemente da ciò che faranno, dal fatto che vincano o meno il loro confronto con le vere Guardiane e con Elyon, su questo mondo saranno destinate a restare per sempre nell’ombra.
Guarda dalla finestra che dà sul giardino interno: lo spettacolo dei fiori bioluminescenti è di una bellezza da mozzare il fiato, come un mare e un firmamento assieme sotto i suoi occhi.

Alle sue spalle, una voce sommessa sussurra: “Bello, vero? Si dice che ai tempi di Phobos fossero molto, molto più brillanti, irrigati con l’acqua magica negata alla popolazione”.
Nemesis Quindici si volta stupita: è Vera, in camicia da notte e con degli occhiali avvolgenti dalla lente iridescente, che si sfila e fa sparire nel palmo.
“Vera, non ti avevo sentita. Come hai fatto?”.
“Ho i miei trucchi, Katja”, risponde con un sorrisino enigmatico.
“Sei stata richiamata dallo strepito di Pao?”.
“Sì e no. Ero già sveglia. Questa notte ho qualcosa di importante da fare, ma non subito. Nell’attesa, andrò a farmi quattro passi nel giardino”.

La porta della camera si apre, e la sua luce squarcia la penombra del pianerottolo. Senza notarvi alcuna presenza, Irenior e Carol escono salutando le amiche e rientrano nei loro alloggi.


Notte

Il ragno avanza, inesorabile, emergendo dalla penombra verdina della camera, e si arrampica sulla coperta di lucido raso azzurro. 
Lei vorrebbe fuggire, ma non può. Si sente come intrappolata nel suo letto. Il suo corpo, irrigidito dal terrore, non risponde alla volontà. Le mani non colpiscono, le gambe non fuggono; la bocca non grida, serrata dal ribrezzo.
Lo vede risalire sulla sua gamba rigida come legno, fino ad avvicinarsi al viso. E’ orrendo, è enorme: con le zampe, è quasi più grande di una moneta.
La prospettiva cambia: ora si sta arrampicando su un’immensa distesa di stoffa lucida, risalendo pieghe che lo sovrastano come onde di tsunami, nascondendogli l’orizzonte finché non vi arriva in cima, per poi dover scendere nell’abisso successivo nella suo lento avvicinarsi. Ed ogni volta che arriva in cima ad una piega, la sua meta è un po’ più vicina: un viso enorme, terrorizzante eppure immobilizzato in una maschera di terrore. E’ il suo stesso viso, ingigantito alle dimensioni di una casa.
Il misterioso visitatore parla con una voce senza suono: “Therese, ho dovuto chiamare a me un coraggio che non sapevo di avere. Sono arrivato di fronte a te, a portata della tua enorme mano. Se tu lo volessi, potresti schiacciarmi con un semplice gesto. Ma sento che non lo farai.
Io ho sempre avuto terrore degli esseri umani. Essi ci uccidono con indifferenza, con disprezzo, senza neppure il bisogno di mangiarci, né di degnarci del loro odio.
Tu sei diversa. Ci temi, eppure ci hai salvati.
Tempo fa, nel corridoio sotterraneo che è tutto il mio mondo, una luce maligna è apparsa, balenando lenta e inesorabile lungo e pareti. Percepivo l’orrore di mille creature che sentivano il loro corpo dissolversi: i miei fratelli, le mie prede, tutto ciò che faceva parte del mio piccolo mondo.
Preparando il mio addio alla vita, guardavo questo chiarore spettrale serpeggiare verso di me. Poi ho sentito la tua voce gridare ‘NO!’, e la luce assassina si è esaurita un attimo prima di raggiungermi. Io sono il primo dei sopravvissuti di quella volta, e lo devo a te.
Ho deciso di vincere la mia paura, perché ho scrutato nel tuo cuore e ho visto che anche tu ci temi come la morte, nonostante il tuo corpo gigantesco e quasi invulnerabile.
 Allora sono venuto a proporti pace e amicizia a nome mio e di tutte le umili creature del cielo, della terra e del sotterraneo, che chiedono solo di essere lasciate vivere”.

Theresion si sveglia di soprassalto. Apre gli occhi nella semioscurità della stanza, tagliata da due fioche lame di luce delle lune artificiali che filtrano tra i tendoni accostati. Accende il suo specchietto, apparsole nel palmo, ma non vede nessun piccolo animale attorno a sé.
Nel letto accanto, Paochaion mugola e si volge dall’altro lato, poi riprende il respiro del sonno.
Theresion spegne la luce e sprofonda di nuovo nel cuscino morbido: era solo un sogno, ma ricorda ancora le parole del ragno, una per una. Turbata, eppur serena, si scopre a sorridere quasi con affetto di quel ricordo, poi il sonno la rapisce nuovamente e la porta con sé nel profondo.


Sala da pranzo, la mattina dopo

Il giorno dopo, Theresion arriva per ultima a colazione; le sue amiche sono già sedute al tavolone con Vera.
Pao, con gli occhietti più sottili del solito, si sta sorbendo un’enorme tazza di koofii nero come l’inferno, mentre Irenior sta collaudando con soddisfazione tutti i tipi di pasticcini della portata e Carol sta prendendo appunti per la sua prossima missione segreta a un centro commerciale di Midgale.
Quando il suo sguardo incrocia quello della Grande Sorella, Theresion non ha più dubbi. “Vera, ti aspetti che ti ringrazi?”.
Tutte le altre si interrompono, sorprese da quest’uscita.
L’altra le sorride sorniona. “Non serve, grazie. Mi piace fare del bene”.
“Ma ghi coja shtate pallando?”, chiede Irenior a bocca piena. “Dei shuoi shogliti sheheti?”.
“Lo sa lei, di cosa parlo! Vera, ti avevo pregato di tenerti fuori dalla mia testa!”.
Dopo un’occhiata penetrante, Irenior farfuglia: “Hai sciognato un uagno he hi harlaua?”, e comincia a ridacchiare.
Temendo un epilogo tragico di quella risata a bocca piena, Carol si fa scudo con un tovagliolo alzato. “Controllati, Polpetta! Terry, benvenuta nel club delle plagiate!”.
“E’ che volevo vincere quella paura da sola!”, rinfaccia la ragazza dai capelli candidi. “Era una scommessa con me stessa!”.
“L’avresti persa, lo sai”, le risponde Pao quasi nel sonno, continuando a sorseggiare il koofii.
“Vedila così”, la rigira Vera senza perdere il sorriso, “L’hai persa, ma l’hai anche vinta. Ecco il bello di scommettere con sé stessi”.
“Che sofisma!”, sbotta Theresion.
L’altra aggiunge: “E ora non hai più paura dei ragni. Ti pare un male?”.
Irenior, deglutito il pasticcino, esclama raggiante: “Niente più paura dei ragni? Ma è meraviglioso, Terry. Faccio fatica a crederci!”. Poi, puntandole contro un cucchiaio, aggiunge: “Vorrei metterti alla prova. Liberati per un’oretta, stamattina! Verrai con me in un posto speciale”.


Meridian, sotterranei

“Complimenti, Terry”, si compiace Irenior scrutandola mentre proseguono fianco nel corridoio dalla luminescenza verde. “Neanche un segno di nervosismo!”.
L’altra annuisce. Le secca ammetterlo, ma potersi avvicinare a un palmo da un ragno senza essere scossa da spasmi di panico le dà un senso di libertà mai provato prima. Anzi, le sembra quasi di ritrovare l’amico inatteso che è venuto a parlarle nel sogno. Ciò le fa quasi svaporare il rimpianto che questa vittoria non sia stata davvero sua.
“Adesso la prova del sei!”, aggiunge Irenior, incamminandosi veloce lungo una diramazione del corridoio.
“Del nove, vorrai dire”, la corregge Theresion, seguendola senza esitazione.
L’altra liquida l’osservazione con un gesto di nonchalance. “Sei, nove… sai, come dice il proverbio, non c'è sei senza nove!”.

Dopo pochi passi, nota che l’odore del luogo si sta facendo sempre più stantio e sgradevole man mano che procedono.
“Eccoci”. Irenior alza il suo specchietto, e la sua luce biancazzurra illumina in profondità la galleria. Da lì in poi, il pavimento è cosparso di detriti di ogni tipo, e solcato da rapidi movimenti guizzanti di chi sa che animaletti. L’aria è costellata da insetti diafani dalle zampe filiformi che volano lentamente, districandosi tra le ragnatele lunghe e dense come tendoni.
Irenior si volta indietro, carica di attesa. “Allora, Terry, te la senti di seguirmi qui?”.
L’altra storce il viso. “Mi sa che ci sporcheremo… ma sì”.
“Guarda che qui i ragni sono grossi come topi e i topi sono grandi come gatti”.
Theresion si acciglia, ma oggi sente il bisogno di vincere una qualche sfida. “Io non ho paura dei gatti”, le rimanda, “Almeno finché non ruggiscono”.
“L’hai voluto!”. Irenior si incammina decisa nel corridoio, senza neanche preoccuparsi di schivare le grandi ragnatele. La luce azzurrina del suo specchietto, diffondendosi da dietro, le trasforma in veli traslucidi dalla bellezza sinistra di una tomba abbandonata da millenni in attesa dei suoi profanatori.
Sforzandosi solo un po’, Theresion la segue. Il contatto con quei filamenti lievi le procura una sensazione indefinibile: se si vince lo schifo, potrebbe essere considerata quasi una carezza. Comunque i grossi insetti che le ballano davanti al viso sono tutt’altro che attraenti, e l’odore di chiuso le fa quasi nausea, ma vede Irenior che cammina senza paura, voltandosi divertita a osservare le sue reazioni. Troppo divertita.
Alla fine, lo specchietto illumina una robusta parete di pietra. Il corridoio appare senza sbocco.
“Fine della corsa”, commenta Theresion raggiungendo l’amica.
“Errore!”, le sorride l’altra, e attraversa la parete come se fosse di fumo.

Un attimo dopo, anche Terry si trova in un grande stanzone illuminato da pannelli dalla fluorescenza bianca posti sulla volta. Le pareti, il pavimento e le colonne sono imbottite di qualcosa simile al sughero.
In mezzo alla stanza, le guardiane Hay Lin e Taranee si voltano a guardarle.
“Irene, che sorpresa!”. “E Terry? Come mai?”.
“Ma.. che posto è questo?”, chiede Theresion. “Sembra… una specie di palestra”.
“Proprio così”, conferma Nemesis Sei, apparsa dalla porta alle loro spalle, probabilmente dopo averle scortate lungo tutto il loro tragitto nel sotterraneo. “Noi lo usiamo per allenarci”. Con un movimento della mano come per abbattere un cappuccio, il caschetto dalla visiera iridescente sparisce dal suo capo.
Nove botti risuonano in rapida successione da una oltre una porta socchiusa, poi Nemesis Diciotto in divisa fa capolino, tenendo una pistola ancora fumante puntata verso il soffitto. “Ehilà. E’ già ora di merenda? Ciao, Terry, come mai qui?”.
“Mi ha portata Irene”, risponde questa guardandosi attentamente le maniche: non c’è traccia delle ragnatele che ha attraversato. “Ma quel corridoio...”.
“E’ tutta un’illusione per tener lontani i curiosi”, le chiarisce Sei.
Irenior annuncia festosa: “Ho messo alla prova Terry. Non ha più neanche un filo di paura degli insetti!”.
“Paura degli insetti…”, riflette Taranee, “Al bisogno, dovrei simulare anche quella per essere più convincente. Ma è una cosa così sciocca…”.
“Grazie!”, le risponde gelida Theresion, incrociando le braccia al petto.
La guardiana spiega: “Qui ci stiamo allenando a combattere in un modo che assomigli a quello delle vere Guardiane. Non è facilissimo: i loro poteri derivano dagli Elementi, mentre i nostri ci vengono da Vera. Non sono gli stessi, quindi”.
Theresion annuisce. “E così, tu dovresti combattere generando fiamme!”.
“Già. Le simulo creando fasci ionizzati. La luce non è la stessa, però possiamo utilizzare anche le pulsazioni teleipnotiche adrirezionali”.
“Insomma, un’allucinazione per farli sembrare fiamme”, aggiunge Sei, “Un tipico effetto speciale di Vera”.
“Già”, conviene Taranee, “Però non dimentichiamo neanche che i fasci ionizzati, se usati al massimo, possono bucare una parete da parte a parte”.
“Io utilizzo la telecinesi per simulare la portanza dell’aria”, interviene Hay Lin
Guardatemi!”.  Per dimostrarlo, comincia a levitare fino a portarsi appena sotto la volta, iniziando poi qualche lenta e timida evoluzione. Poi tende le mani verso Irenior, che inizia a sollevarsi da terra.
“Ehi, mettimi giù!”, protesta questa agitandosi scompostamente. “Giù, ho detto, altrimenti a pranzo per te ci sarà solo un tozzo di pane secco! Anzi, neppure quello!”.
La minaccia fa effetto. Ad un gesto di Hay Lin, Irenior viene deposta nuovamente sul pavimento.
“Oh, bene!”, fa lei ricomponendosi, “Hay Hey, tu sarai anche la Guardiana dell’Aria, ma io resto sempre la Guardiana della Cucina!”.

Nemesis Diciotto fa strada alla stanza successiva. “E questo è il poligono!”.
Il locale è un tratto di corridoio rivestito di sughero, e presenta bersagli circolari di legno disposti a distanze diverse, abbondantemente sforacchiati. Il più vicino, a dieci passi, ha tutti i fori in prossimità del centro, mentre il più lontano è simile a un groviera.
Nemesis Diciotto capisce subito cosa sta guardando Theresion. “Non si può fare di meglio da lontano, con questi giocattoli”, si discolpa mostrando la sua piccola Walther PPK, “E Carol non ne vuole sapere di acquistare armi più serie. Che so, dei fucili M16, per esempio”.
Theresion si rabbuia. “Che bisogno avete di ‘armi più serie’? I poteri mentali non sono abbastanza?”.
“Certo”, risponde l’altra
sulla difensiva. “Ma non si sa mai che possano venire meno. Basta che Vera prenda un tranquillante, un ansiolitico, magari per errore… e niente più poteri per un po’. Né lei, né noi. Né voi”.
“Se succedesse, noi potremmo restare bloccate con l’aspetto delle guardiane, o delle aquile”, aggiunge Hay Lin.
“Bisogna sempre poter contare su un qualche ripiego”, aggiunge Diciotto.
Irenior fa un sorrisino divertito. “Mah… non credo che un’aquila se ne farebbe molto di un’arma più seria. Meglio un trespolo più comodo, no?”; poi ammicca rivolta a Terry: “E’ che alle nostre amiche Nemesis piacerebbe avere un bel giocattolone in più, tutto qui”. Poi la prende per una mano: “Vieni a vedere qualcosa di meglio!”.
La trascina, attraverso un'altra stanza attrezzata a palestra, fino a un altro corridoio, sul quale si aprono delle diramazioni simili ad androni, nei quali si trovano diverse porte di legno, come di case private.
“Ecco, Terry: le Nemesis alloggiano qui”.
Nemesis Sei, che le ha seguite, aggiunge: “Salvo quelle che impersonano le guardiane ed Elyon, che dormono a palazzo”.
Lei si guarda attorno. “Dormire nel sotterraneo… non fa freddino?”.
Irenior le ammicca: “Lo farebbe, se non ci pensassi io”. Apre una delle porte e fa strada nell’appartamento.
Al suo ingresso, alcune lanterne a olio sembrano accendersi da sole. L’interno è accogliente e pulito come una qualsiasi casa di superficie; al centro del tavolo c’è perfino un vaso con alcuni fiori di campo quasi freschi. “Carino, vero? E chi è che lo tiene così bene? Chi è che accende la stufetta, fa da mangiare, tiene pulito?”.
“Tu?”.
“Certo, io. Beh, non solo io. Il letto se lo rifanno da sole, come bravi soldati”, dice Irenior, facendole strada verso alcune camere.
Nelle quali, come per contraddirla, tutti i letti sono disfatti.
Pianta i pugni sui fianchi. “Cosa significa questo?!?”.
Nemesis Sei, dietro di lei, guarda il soffitto con espressione innocente, il più ovvio indice di colpevolezza. “Questo… eeh… non preoccuparti, lo sistemerò subito”.
“Brava! Se no niente merenda!”. Fa due passi verso la porta. “Ora vado a casa mia a preparare i biscotti, ma prima di farvi mangiare controllerò che sia stato messo tutto a posto!”.
L’altra annuisce compunta come una bambina che vuol far dimenticare di essere stata cattiva.
Irenior accenna ad uscire dalla camera. “Vieni, Terry”.
“Un attimo”, risponde Theresion. “Sei, mi potresti prestare il tuo casco? Sono sempre stata curiosa di provare la visiera anti-ipnotica”.
“Mi chiamo Laurie, dovresti saperlo”, sbotta l’altra. Esita un attimo, poi si fa apparire in mano un paio di occhiali avvolgenti dalle lenti iridescenti. “Prova questi, piuttosto”. Glieli porge. “Però devi renderli subito. Anche questi sono un segreto militare”.
Irenior trascina l’amica per la manica. “Vieni, Terry, li proverai strada facendo. Casa mia è a due passi da qui. Laurie, raggiungici appena hai finito”.

Uscita dall’alloggio sotterraneo, Irenior si dirige verso un muro che sembra chiudere il corridoio, poi si ferma ad aspettare. “Allora, ci sei?”.
Theresion la segue, indossando gli occhiali sulla punta del naso, e alternando occhiate attraverso le lenti con altre da sopra. “Quel muro è fasullo”, sentenzia subito prima di attraversare senza esitazione lo spazio dove chiunque altro avrebbe visto una solida parete di sasso.
Al di là, sfilandosi gli occhiali, le sembra nuovamente di vedere una barriera di ragnatele e di sporcizia, ma anche questa è un’illusione.
Irenior è subito accanto a lei. “Ed eccoci di nuovo nel tunnel degli orrori!”, esclama divertita, poi parte in avanti fendendo i festoni repellenti con le braccia tese. “Guarda come sono coraggiosa, Terry!”. Le fa vedere un grosso ragno nero dall’addome a puntini aranciati che le penzola dalla manica.
Theresion guarda bene da sopra gli occhiali, poi attraverso le lenti, poi di nuovo da sopra. “Irene… Vorrei tanto non dovertelo dire, ma quello è un ragno vero, e pure velenoso!”.

Mentre sta riordinando la sua cameretta, Nemesis Sei sobbalza al sentire l'agghiacciante strillo di puro terrore che rimbomba nella galleria.

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Capitolo 60
*** Crepuscolo di tempesta ***


60- Crepuscolo di tempesta  

Ad personam

Cara Atlantis Lux, innanzitutto un grande grazie per la tua graditissima recensione.
Come si è capito, il progetto di modernizzazione di Vera presenta parecchi punti deboli, avendo, almeno nel breve termine, una funzione soprattutto propagandistica. Forse se avesse tempo, diciamo qualche decennio, riuscirebbe davvero a cambiare qualcosa per il meglio, ma ora è tutta finalizzata a cosa succederà allo scadere dell'anno. I suoi trucchi psicologici sono a prova di bomba, se dovesse fallire come regina ha una porta aperta come psicologa.
Ragno catturato da Irenior... ad un certo punto, forse è stata Irenior a sentirsi catturata dal ragno.
I brontolii delle Nemesis... non farci caso, povere, quelle che fanno la vitaccia peggiore sono loro. Non è che siano risentite contro le false guardiane, visto che sono loro stesse che si danno il turno per impersonarle a rotazione. Però tra i loro ruoli è il più sgradito, in quanto si espongono all'odio degli oppressi. L'unico ruolo che gradualmente diventa più sgradevole di quello di guardiana lo vedremo in questo capitolo. Comunque loro tutte aspettano il confronto finale, sono state create per questo e hanno qualcosa da dimostrare.

Un grande grazie anche a Kuruccha per le sue gentilissime recensioni ai  capitoli arretrati, e spero tanto che prima o poi arrivi anche a questo.

Qualche parola di presentazione a questo lungo episodio. Come preannunciato, c'è un salto temporale di sei mesi tra il capitolo precedente e questo. Cos'è successo nel frattempo? La situazione a Meridian è stata pilotata per peggiorare sempre più, fino ad arrivare al quadro offerto da questo capitolo, che in una collezione di scenette incentrate su tutte le nostre anti-eroine descrive la situazione un mese prima della svolta programmata da Vera, cioè dopo un anno terrestre di dodici mesi. Il dubbio onore di trarre le conclusioni su come il popolo di Meridian viva tutto ciò spetterà a Caleb e Vathek.

Per questo capitolo non ho preparato alcun disegno, nonostante che gli spunti fossero numerosi e tutti splendidi. Ho avuto problemi di tempo, e mi sarebbe dispiaciuto procrastinare di un'altra settimana, visto che mancano più di venti puntate alla conclusione. Forse recupererò i disegni arretrati quando mi deciderò a riprendere in mano la tavoletta grafica.

Buona lettura
MaxT

PROFEZIE


Riassunto delle puntate precedenti 
Dopo un incontro misterioso con la Luce di Meridian, Vera ha convinto le Gocce a sostituirsi a Elyon a Meridian, impersonando la regina e le guardiane. 
A Meridian, la controfigura di Elyon e le finte guardiane esiliano Miriadel e Alborn, mentre Caleb sfugge alla cattura;  pur avendo assunto il potere, si 
rendono conto di non essere convincenti, e inventano la storia che le guardiane sono a palazzo per proteggere la Luce di Meridian da un complotto. 
A Heatherfield, Elyon spiega che quella che si sta realizzando è una sua profezia, che prevede che la tirannia duri un anno, che a Meridian dura diciotto mesi. Elyon è decisa a non tentare niente prima di questa scadenza.
Il nuovo piano di Vera prende rapidamente forma, basandosi sull'ambiguità del termine di un anno: prima simuleranno che Elyon diventi sempre più tirannica, screditandola, poi Vera, che ha comunque il rango di una principessa Escanor, la spodesterà dopo un anno terrestre di dodici mesi, facendo finire apparentemente la tirannia e realizzare la profezia; poi, dopo aver guadagnato il consenso della gente, si prepareranno per affrontare Elyon e  le Guardiane al loro ritorno dopo diciotto mesi, un anno di Meridian. 
Vera crea venti copie di Wanda, dette Nemesis, che avranno l'incarico di impersonare le guardiane, sollevando le gocce dal compito, e di sorvegliare la città restando invisibili o sotto falsa identità, o con l'aspetto di aquile. 
Come dal piano di Vera, le false Guardiane imprigionano Galgheitha e altri personaggi importanti, che potrebbero rendersi conto che la sempre più tirannica Regina e le Guardiane sono state impersonate da controfigure; la principessa Vera fa la parte della buona, facendo fuggire questi prigionieri dalla città.
Vera affida a Theresion, che gode della sua massima fiducia ed ha già preso in mano gli incantesimi del sistema d'allarme del palazzo, anche l'incarico di realizzare un sistema di sorveglianza del sotterraneo basato sul contatto mentale con gli insetti che lo popolano, incarico che però le crea una resistenza psicologica dovuta alla sua aracnofobia.  Alla fine, Vera è costretta a influenzare Theresion per eliminare la sua aracnofobia, e permetterle di svolgere l'incarico che ha pensato per lei.

Cap.60

Crepuscolo di tempesta



Meridian, cucina del palazzo reale, undicesimo mese

Nella grande cucina affollata, tra i rumori d'acqua e di stoviglie si fa strada gradualmente il cigolio ritmico di una ruota difettosa, che rimarca l'ingresso di un grande carrello colmo degli avanzi della mensa.
Uff... Anche oggi, l'ora del pranzo è finita”, sbuffa la giovane inserviente che l'ha spinto fin lì.
Il capocuoco Kurkus si avvicina osservando gli avanzi con occhio critico. 'Questi potrebbero essere riciclati nel pasticcio di stasera', sembra dire mentre si passa la grossa mano verdina sul viso, anche se in realtà non ha aperto bocca.
L'inserviente, nel frattempo, si è fermata a riprendere fiato accanto alla finestra, nell'unico punto libero della grande cucina. Dopo lo sforzo, quest'atmosfera calda, umida e piena di odori la fa sudare. Si scosta una sottile treccia castana che le è scappata dalla cuffietta e le penzola davanti al viso azzurrino, poi osserva le macchie di sugo sulla sua tunica. E' impresentabile, constata; dovrà andare a cambiarsi prima del turno serale.
Si appoggia, al davanzale, stanca; affronterà le sette rampe di scale fino alla sua cameretta solo dopo aver lavato le pile di piatti che la stanno aspettando.
Il suo sguardo distratto vaga oltre la finestra, nel giardino. Lì fuori c'è la Regina, seduta sull'erba soffice costellata di fiorellini gialli, intenta a sfogliare un voluminoso tomo nero dalla copertina rigida ornata di borchie d'ottone. Beata lei, che può fare tutto quello che vuole...

Inaspettatamente, scorge un essere androgino emergere con movenze aggraziate dal tronco di un albero secolare. Ha una liscia pelle verde lucido che ricorda le foglie, e sarebbe completamente nudo (O nuda? Non le è chiaro) se non fosse per il lungo mantello di serici capelli fucsia da cui è avvolto. Possibile che…
La voce del capocuoco la richiama. “Odiris, hai ancora da lavare qualche stoviglia”, le dice ironico, indicandole le incombenti pile di piatti e posate che l'aspettano sul bancone.
“Ma… Maestro, guardate... Non vi sembra un mormorante, quello laggiù con la Regina?”.
A quell'annuncio, un coro di esclamazioni soffocate si leva da tutta la cucina. I mormoranti, di nuovo??! Gli odiosi esseri artificiali di cui il tiranno Phobos si circondava per evitare ogni contatto con il popolo di Meridian?
Kurkus cerca di soffocare il suo turbamento, e fa un gesto di fermarsi ad alcune sguattere che accennavano a venire a guardare. “Tornate ai vostri posti! E Tu, Odiris, non… non… non sei qui per lavorare, ma per… Voglio dire: non sei qui per chiacchierare, ma per lavorare!”, e conclude indicandole platealmente le pile di stoviglie.
Mentre Odiris gli obbedisce di malavoglia e raggiunge a testa bassa il suo patibolo di zuppiere, il cuoco non può fare a meno di sbirciare furtivo dalla finestra sul cortile.
Folgori di Imdahl, è vero!- deve ammettere tra i denti - Un mormorante con Sua Altezza!?!
Quando vede la Regina volgere lo sguardo nella sua direzione, si ritira spaventato, pregando Dei e Antenati di non essere stato notato. Cerca rifugio nel suo lavoro: sul suo bancone ha un quarto di kadal ancora da curare. Sì: lui non si è alzato da quel lavoro. Hanno visto qualcuno sbirciare? Può essere stata solo Odiris, non certo lui!
Mentre taglia con prudenza la carne rossa, un leggero tremito di paura gli scuote le mani esperte.



Nel giardino

Nel giardino, seduta sulla soffice erba cosparsa di fiorellini dal profumo inebriante, la regina sorride mentre alza lo sguardo dal suo sinistro tomo dalla copertina rigida e nera; quando cambia posizione, fa tintinnare il lucchetto di bronzo che sigilla agli occhi profani i suoi segreti, redatti nella lingua arcana di un altro mondo; all’interno, in testa a ogni pagina campeggia una formula che potrebbe essere traslitterata in meridiano moderno come ‘Collezione Harmony’.
Si rivolge divertita all'essere androgino inginocchiato accanto a lei, intento a scioglierle le trecce: “Dora, abbiamo spettatori alle finestre”.
“Benissimo, Irene. Siamo qui per loro, no?”, risponde questa, poi si scosta con fastidio una ciocca fucsia dagli occhi, ricacciandola sopra le spalle ornate da un motivo verde chiaro ripetuto, come di nervature di foglie. “Non li sopporto, questi capelli che vanno dappertutto. Ma almeno mi coprono un po’ il sedere… La prossima volta lo farai tu, il mormorante, e io la regina!”.
L’altra cambia discorso: “Guarda guarda chi arriva!”.
Si volgono entrambe verso Will, che, apparsa dal niente, incede verso di loro con il passo sicuro e arrogante del suo ruolo.
Appena arrivata, la Guardiana torreggia su di loro, senza curarsi di mantenere né la distanza, né la deferenza prescritte dal protocollo. “Altezza, andiamo a parlare in un posto più discreto”, ordina indicando con un cenno del capo verso il folto del giardino.

Poco dopo, cortine di rampicanti dalle foglie rosso fiamma le celano a ogni sguardo indesiderato.
“Ragazze”, inizia Wanda a mezza voce, “Sta per arrivare il capo consigliere Korgondor. Manca solo un mese al climax: questa volta Sua Altezza dovrà essere veramente sgradevole”.
Irene coglie subito l’aria. “Dora, non volevi fare tu la regina?”. In un tremolio, la figuretta di Elyon si trasforma in quella, assai più alta e formosa, di Irenior.
“Lo sapevo che c’era la fregatura”, mormora a spalle chine il povero mormorante, per poi trasformarsi a sua volta nella sempre più fioca Luce di Meridian.

Poco dopo Irenior, rimasta sola nel folto del bosco, ha appena ripreso a leggere appassionatamente il suo arcano volume, quando una folata di vento scuote le chiome degli alberi.
Guardando in alto, negli interstizi tra i rami, le pare che una cappa plumbea stia velocemente divorando il cielo, propagandosi a oscurare gli screzi d'azzurro tra le fronde agitate.
Una folata più forte scuote anche le pagine tra le sue mani, e disperde il dolce profumo di konnestras.
Il tempo peggiora a vista d’occhio, conclude Irenior facendosi sparire il volume nel palmo. Pazienza, comunque è quasi giunta l’ora in cui dovrà rientrare per incontrarsi con Carol.



Sala del trono

L’uomo abbassa lo sguardo, come se cercasse una macchia sul suo cappotto verde scuro. Ma non è a questo che sta pensando.
La voce arrogante della regina lo richiama: “Capo consigliere Korgondor”, scandisce, “Mi avete ascoltata?”.
“Sì, Altezza. La terza parte di tutti i raccolti, non più la quarta. Ma… se posso… perdonate la mia curiosità: cosa Vi spinge ad aumentare le tasse ai contadini?”.
La Luce di Meridian lo squadra senza neppure tentare di nascondere il suo disprezzo. “Per vettovagliare l’esercito, consigliere. Entro pochi giorni vi farò avere istruzioni relative alla nuova leva obbligatoria”.
Lo sguardo dell’uomo si fa esterrefatto. “Nuovi reclutamenti? Ma perché?”.
La regina risponde, ostile: “Consigliere, quando io deciderò che dovrete saperlo, lo saprete! E ora eseguite! O volete seguire la sorte del vostro predecessore inetto e infedele?!?”.
“Altezza, perdonate. Sarà fatto senza discutere. Che la Luce sia con Voi”.
Gli occhi di Elyon lampeggiano d’ira. “Vuoi fare del sarcasmo, vecchio idiota? IO sono la Luce! E ora vai ed esegui, te lo dico per l’ultima volta!”.
Il consigliere, profuso in un inchino umiliato, lascia la sala del trono camminando all’indietro.

Fuori dal locale, si volta verso le scale senza osar rivolgere lo sguardo né alle aliene Guardiane nell’anticamera, né ai soldati sul pianerottolo, che restano incerti se tributargli o meno il saluto marziale. Stranamente, l’udienza è stata a porte aperte, quindi anche loro hanno ascoltato con simulata indifferenza la sua umiliazione.
Dietro di lui, gli alti battenti si richiudono con un insolito tonfo, che lo fa sussultare come un calcio nel fondoschiena.
Inizia a discendere lo scalone, cupo e pensieroso. Come può essere cambiata così in pochi mesi la loro giovane e beneamata Regina? E le Guardiane, eroine della riscossa contro Phobos?

Sente, alle sue spalle, i soldati scattare sull'attenti e percuotersi il petto.
“Capo Consigliere”, lo chiama dal pianerottolo una voce cortese e conosciuta.
“Principessa Vera, non vi avevo vista”, le risponde cercando di riprendere il contegno. Si chiede se lei abbia attraversato il battente già chiuso: non si meraviglierebbe più di niente, ormai.
“Ero lì accanto. Ho sentito tutto”.
L’uomo annuisce a testa bassa. Meglio non esporsi con commenti, né lì, né altrove.
“Vi accompagno giù per le scale, consigliere. Facciamoci quattro passi”.

Dopo aver disceso in silenzio qualche rampa del lungo scalone a chiocciola, Vera inizia: “In primo luogo, mi dispiace moltissimo per come Elyon vi ha trattato quest’oggi”.
“Fa niente”, mente l’altro con sussiego.
Lei continua: “Purtroppo lei è spesso intrattabile, dopo aver passato un po’ di tempo in giardino”. Si schiarisce la voce per sottintendere qualcosa di non detto.
“Non sentitevi in obbligo di giustificarla, Principessa. Ero un po' stupito per le istruzioni che Sua Altezza mi ha dato, ecco tutto! Sono certo che avrà dei validi motivi!”.
Vera annuisce come pensierosa, poi si accosta di più e sussurra: “Ha stupito anche me. Non mi aveva mai parlato di coscrizione, prima”.
L’uomo annuisce mogio. “Andrò a riferire in consiglio, come mio dovere”.
“Penso che passerò anch’io, tra poco. Prima, però , voglio cercare di farla ragionare”. Accenna a voltarsi indietro, verso la sala del trono. “A dopo, Capo Consigliere Korgondor”, dice svanendo nel consueto baluginio.
“A dopo”, fa lui salutando con un cenno speranzoso lo spazio ormai vuoto.

Un attimo dopo, Vera torna a materializzarsi nella sala. Dopo aver controllato che il portone sia ben chiuso, si rivolge alla regina, seduta sul trono con aria abbacchiata, con la silenziosa compagnia di Will. “Brava Irene, bravissima!”.
“Non sono Irene!”, sbotta l’altra, ancora più depressa. “Lei è stata così furba da defilarsi per tempo. Io sono… bah, inutile, chiamami pure come vuoi…”.
“Scusa, Dora!”, le dice venendole vicino per cingerle le spalle. “Sei stata perfetta, perfettissima! Non sapevo che sapessi essere così odiosa!”.
“Neanch’io”.
Nonostante le ampie vetrate, l’interno della grande sala sprofonda velocemente nella penombra. Will, guardando preoccupata dal finestrone, chiede: “Vera, sei tu che stai facendo cambiare il tempo?”.
“Sì, Wanda. I meridiani sanno che l’umore della regina può influenzare l’atmosfera sulla città, così un paio di bei temporali contribuiranno a inquietarli quasi quanto una nuova tassa”.
“Sempre colpa mia, insomma”, bofonchia Elyon.
“Resisti, Dora! Ormai è questione di un solo mese!”. Vera si porta davanti alla finestratura, osservando le spettacolari nubi scure che, dall’alto della torre, pare quasi di poter toccare allungando il braccio. “Un mese di maltempo rimarcherà il crepuscolo di Elyon l’arrogante, settima Luce di Meridian: troppo infantile, capricciosa e inadeguata al suo ruolo. Prima ha violato un quasi tabù, creando con la magia una subordinata che la sollevasse dal peso del governo, e poi ha cominciato a rodersi d’invidia per la sua crescente popolarità”. Con un sorrisino compiaciuto, conclude: “Ancora un mese al suo canto del cigno. E sarà un canto assai stonato!”. Detto ciò, svanisce in un tremolio.

“E’ andata al Consiglio”, commenta Will avvicinandosi alla regina.
“Odio questo ruolo infame!”, ribadisce lei, tra i denti, sostenendosi il capo avvilita.
“Dai, Dora, in fondo ti sei risparmiata il teatrino del campo di prigionia, che sembra la parodia sfigata di un Gulag”.
“Almeno questo”, esala l'altra.
Wanda la osserva un attimo: non ha mai visto una delle sue nuove compagne così abbattuta, e non può fare a meno di essere toccata dalla sua pena. “Vieni, cara: ti porto a vedere una cosa che ti piacerà”. La prende per mano, tirandola in piedi.
“Dove?”.
“Agli archi di crescita. Vedrai, è una novità assoluta!”.
L’altra sbircia dubbiosa il cielo verso sudovest dalla grande finestratura. “Uscire proprio adesso? Il tempo si sta mettendo assai male”.
“Tranquilla: con il teletrasporto, saremo di ritorno tra pochi minuti!”.



Cantiere alla periferia sud di Meridian

“Architetto Paochaion, il tempo si sta guastando”.
Pao annuisce preoccupata, osservando il cielo in rapido cambiamento. “Fate completare l’ultima colata, capomastro, poi per oggi abbiamo finito”.
Mentre gli operai si danno da fare a gettare secchie d'impasto bianco dentro la cassaforma, la ragazza osserva in alto, socchiudendo gli occhi per proteggerli dal forte vento.
Il cielo sta assumendo una cupa tonalità grigio-viola, mentre gli spicchi limpidi ancora visibili tra le nubi dense sembrano, per contrasto, più verdini del solito turchese.
Per qualche istante il sole, penetrando sotto le nuvole attraverso questi squarci, le colora con spettacolari aloni iridescenti, poi anche questi spiragli si chiudono, e il viola cupo regna incontrastato.
Il primo fulmine guizza: bianco, abbagliante, ramificato come se volesse impadronirsi dell’orizzonte. La sua luce disegna ombre nette sugli edifici e i pendii in distanza; quando si è estinta, il mondo sembra un po’ più buio di prima.
La pioggia inizia improvvisa, e in pochi secondi raggiunge un’intensità tale da sovrastare le voci.
“Tutti al riparo!”, grida il capomastro, ma non c’era bisogno di ordinarlo.

Un minuto dopo, Pao e tutti gli operai sono al riparo al chiuso, nella baracca, ascoltando il forte scroscio sul tetto di legno. Un po' d'acqua piovana comincia a filtrare dentro attraverso le giunzioni della copertura, e gocciola sugli occupanti.
“Crede che questa pioggia rovinerà la nuova colata?” chiede lei, di malumore, al capomastro.
“Niente che non si possa riparare con un nuovo getto”, risponde lui alzando le spalle. “Mi preoccupa di più la tenuta di questa baracca”, aggiunge, scrutando le giunzioni scricchiolanti, messe a dura prova dalle forti folate.
Un altro bagliore è seguito a breve da un frastuono che sovrasta perfino il fortissimo battere della pioggia sulla copertura.
La porta si scuote. Qualcuno sta battendo per entrare.
Aprite”, grida una voce da fuori con una nota di umida disperazione.

Un attimo dopo, entrano tre figure fradice e grondanti.
Una, in particolare, ha qualcosa di familiare: una gran capigliatura candida incollata sul viso verdazzurro, sotto il cappuccio, e una borsa che tiene stretta al petto in un commovente tentativo di proteggerla dalla pioggia. “C’è l’architetto Paochaion?”, emette con un filo di voce.
“Terry?”, fa Pao, stupita.
“Ciao Pao”, la saluta lei, tirandosi giù il sottile, inutile cappuccio di tela. “Eravamo venuti qui per provare l’autogru virtuale, ma temo che oggi non sia giornata”. Estrae dalla borsa a tracolla un oggetto che Pao riconosce come una console per videogiochi. “Spero che non sia entrata acqua; se no, addio!”.
“Ma chi sono quelli che ti hanno accompagnata?”, chiede Paochaion accennando a due uomini fradici che hanno deposto sul pavimento grosse borse altrettanto fradice.
“Ho dovuto far trasportare tutto l’occorrente: un conversore neuroenergetico, acqua magica, tre occhibelli…”.
“Occhibelli?”.
“Sono delle statuette particolari, adattate a generatori della materializzazione. Sostituiscono gli occhi di Vera, che avrà ben altro da fare”. Si riguarda la console. “Temo proprio che possa essere entrata acqua. Ha cominciato a scrosciare che eravamo già fuori dall’abitato”.
“Ma Terry, perché non ti sei teletrasportata?”.
Theresion le fa cenno di parlare piano, e le bisbiglia all’orecchio: “Non voglio mostrare questi poteri, altrimenti potrebbero associarmi più facilmente a chi-sai-tu. Lasciamo che sia Vera a fare sfoggio di magie strabilianti, che fa parte del suo copione”.
L’altra la ricambia con un’occhiata ironica. “Fammi capire: sei venuta per creare dal niente un’autogru che solleverà cinque tonnellate, giocando con una console e tre statuette, e ti fai scrupolo di lasciar vedere che sai teletrasportarti?”.
“E’ diverso”, ribatte Theresion un po’ piccata, ma comincia seriamente a chiedersi chi sia la più sciocca tra loro. Meglio cambiare discorso. “Cosa avete fatto, finora?”.
Pao sorride orgogliosa, poi si affaccia a una finestrella sfidando la corrente che le fa turbinare le sottili treccine della sua frangia. “Abbiamo colato quasi tutte le strutture dei primi sei portali di teletrasporto. La loro magia sarà compito di Vera, naturalmente. Poi vorrei liberare il terreno e cominciare i primi elementi del mercato, e per questo l’autogru…”.
Un forte lampo le illumina il viso, subito seguito da un frastuono esplosivo. Per un attimo, loro tutti sentono un pizzicorino ai piedi.
“Lune sincrone!”, fa un operaio che stava guardando da un’altra finestrella. “E’caduto a quattro passi da qui! Ha spaccato in due un albero appena fuori dal recinto!”.
“Sarà il caso di tornare subito a palazzo”, dice Paochaion un po’ impressionata.
“Adesso? Aspettiamo che spiova, no?”.
Pao le fa un gesto sbrigativo. “Io mi teletrasporto. Tu, se vuoi, puoi restare qui e goderti la tempesta in prima fila. Ma preferirei che venissi con me”.
Theresion ascolta lo scroscio assordante sul tetto e i cigolii della costruzione sferzata dal vento. “Mi tenti, Pao!”.



Capannone degli archi di crescita

Le grandi sagome degli archi incrociati spiccano, scure e curve, contro la luminosità ormai tenue che traspare dalle coperture, interrotta da arabeschi ripetitivi che ricordano le diafane ali delle guardiane.
Sotto gli archi, tra i vaghi luccichii che contornano forme non sempre riconoscibili, compare un ulteriore baluginio dal quale si materializzano due figure umane. I grandi mantelli scuri che le avvolgono prendono ad agitarsi nella corrente d’aria che pervade quel luogo con qualsiasi tempo.
Una folata abbatte il cappuccio della più piccola, lasciando riconoscere la Regina in un abito e un luogo del tutto inusuali per lei.
Scruta nella penombra con gli occhi socchiusi, cercando di riconoscere le sagome degli oggetti attorno a sé. Un elicottero, ancora alle dimensioni di una giostrina da luna park. Generatori elettrici, turbine idrauliche, bobine di cavi metallici. E tante, tante, tante alette di tutte le grandezze, ma sempre della stessa forma, oscillano come cime d’albero sferzate dal vento.
“Impressionante!”, ammette al termine della lunga occhiata.
“Vero?”, si compiace Will stringendosi il mantello in vita, infastidita dall'agitarsi al vento delle inutili alette che ha sulla schiena.
La Luce di Meridian torna ad osservare i minuscoli bagliori tutt'attorno. “Ma non emetteranno radiazioni nocive, quegli aloni?”.
“Ma no! Terry è stata qui parecchie volte, e sta pur benissimo. Vieni di qua”. Fa strada, passando tra i macchinari più impensabili avvolti dagli scintillii.
Arriva fino a uno scaffale, dove una ventina di oggetti sferici, scuri e lucidi sono allineati, riflettendo debolmente ma nitidamente i chiaroscuri della copertura. Su questi oggetti, i sinistri lucori sono pressoché assenti.
Will li squadra con occhio critico, poi ne sceglie uno. “Ecco, questo è maturo per essere colto!”.
“Finalmente!”, fa l’altra con un lampo di gioia, prendendolo dalle mani della compagna. Se lo rimira da tutti i lati: assomiglia a un caschetto da motociclista con la visiera. “Sembra piccolo. Deve crescere ancora?”.
“No, va bene così leggero. Non protegge molto dagli urti, ma integra un sacco di incantesimi e talismani”. Indica la visiera iridescente: “Questa è trattata in modo da fermare tutte le influenze psichiche non volute. Non corriamo più il rischio di essere ipnotizzate, finché la visiera è abbassata. Inoltre, nessuno potrà rendersi invisibile ai nostri occhi con il trucco delle pulsazioni teleipnotiche”. Indica i lati, dove si intravedono per trasparenza, inglobate nella matrice di resina verde scuro, alcune piastrine argentee disposte tutt'attorno a mo' di corona. “Queste sono impermeabili alla telepatia, a meno che i pensieri non vengano trasmessi intenzionalmente”. Accenna a una catena di sottilissimi anelli che corre tutt’attorno, che fa capo a un cristallo posto sul frontale. “Questo codifica i pensieri, li comprime e li trasmette in brevi impulsi, cosicché non possono più essere intercettati da altri”.
“Fantastico!”, si delizia la Nemesis sotto mentite spoglie, poi viene disturbata da un dubbio: “Ma… ma se uno di questi cadesse nelle mani sbagliate, sarebbe un disastro!”.
“Non troppo. Sono tutti disattivabili a distanza dalla nostra centrale operativa. Da lì si può sempre sapere dove si trova chi li indossa, e cosa pensa. In caso estremo, la Nemesis che lo indossa potrà essere teletrasportata via da un’altra che le fa da angelo custode a distanza, nella centrale operativa”.
“Fantastico!”, esclama entusiasticamente la regina. Si sfila la corona fasulla e prova ad infilarsi il casco, ma questo si blocca a cavallo delle orecchie. “Però… è scomodo, strettissimo! Ahi… Aiutami, non riesco neanche a toglierlo!”.
“Eccomi!”. Will la aiuta, tirando delicatamente dall’alto finché il caschetto si sfila.
“Ahi! Credo proprio che abbia bisogno di crescere ancora un bel po’”, si lamenta la regina strofinandosi le orecchie, poi si rinfila la finta corona, ma ciò non la aiuta più a tenere a posto capelli e trecce, ormai definitivamente scompigliati dalla corrente d'aria. Alza gli occhi verso la copertura, sentendo il rumore della pioggia battente sulle membrane diafane; ora nota che i loro sottili telai vibrano sotto le folate irregolari.
“E’ perché quei caschi sono fatti sul calco della testa delle Nemesis”, spiega Will accostandosi e alzando la voce. “Il cranio è diverso da quello di Elyon, ma è uguale a quello della nostra nemica Will”. Per dimostrarlo, la guardiana si infila il casco senza grosse difficoltà, a parte i capelli rossi che il vento le ha spinto sul viso. “Visto?”.
La regina annuisce convinta. “Non vedo l’ora di finire questa recita, per poterlo indossare!”.

D’improvviso, un forte lampo si riflette sulla visiera, e proietta nel capannone macchie di luce verde e azzurrina, separate da una complessa e sottile trama d’ombra. Per un momento, gli scintillii si intensificano anche su tutti gli oggetti sotto gli archi.
Togliendosi il caschetto, Will osserva il cielo facendo con una smorfia di disappunto, come rendendosi conto di un problema. “Ahi, Dora, temo di averti trascinata in un piccolo guaio”.
“Perché?”, chiede preoccupata l’altra.
“Perché, qui dentro, le coperture ci schermano dal potere di Vera”.
Quando afferra tutte le implicazioni, la regina esala: “Oh, no!”, lasciando cadere le spalle sconsolata. Per potersi teletrasportare a palazzo, devono prima lasciare questo luogo e il debole riparo che esso pur offre da questo fortunale.
In quello, un fulmine colpisce in pieno la copertura. Nel frastuono, lo scintillio elettrico si diffonde lungo le sottili nervature nere. Per qualche secondo, i baluginii sugli oggetti si trasformano in vere aure luminose.
Le due sentono un breve formicolio, come di corrente elettrica, nelle gambe.
Will scambia un'occhiata preoccupata con la sua compagna. “Altezza, spero proprio che tu non avessi ragione, sulle radiazioni”.



Sotterranei del palazzo reale

La luce grigia che viene dalle bocche di lupo vicino al soffitto si è gradualmente attenuata. La penombra, appena mitigata dalla fosforescenza verdina dalle pareti, ha avvolto il grande locale sotterraneo.
Per un attimo, il bagliore attenuato di un lampo rischiara il locale, creando giochi d’ombre inquietanti, e un tuono rimbomba smorzato.
Irenior alza gli occhi: il tempo si sta mettendo proprio male, là fuori.
Si guarda in giro. Con questa penombra, i trattorini allineati lungo le pareti sembrano gusci di insetti davanti ai quali brillano, come occhi fissi e vuoti, le parabole dei fanali. I vomeri di diversi aratri, rivolti verso l’alto, sembrano pungiglioni lucenti di grossi scorpioni meccanici usciti da qualche anime di fantascienza a minacciare il mondo.
Questo posto è inquietante. Irenior vorrebbe far accendere i pannelli bianchi in alto sulle pareti, ma per qualche motivo non rispondono mai alla sua volontà, come se ricambiassero la sua antipatia per quel luogo e per il ruolo di esperta in agraria che le è stato affibbiato suo malgrado.
Per ingannare l’attesa che si prolunga più del dovuto, Irenior inizia a fantasticare sulle bellissime cose che potrebbe fare, se solo le fosse concesso di accompagnare Carol nei suoi viaggi di lavoro sulla Terra; ma Vera ha temuto che non sarebbe più tornata indietro, e forse non aveva tutti i torti: negozi colmi di ogni bontà e ogni bellezza, strade piene di vita e di splendidi ragazzi…
Ricorda vagamente che anche lei aveva un ragazzo prima di quella loro fuga improvvisa, ma non riesce più a richiamare il suo viso e il suo nome, né le sensazioni che le dava stare con lui. E’ certa, però, che fosse bellissimo. Pochi dubbi che la Grande Sorella abbia messo lo zampino nella sua memoria, come al solito senza chiederle alcun consenso.
Invece ricorda bene Michael, l’uomo di Vera. Era stata proprio Irene a spingerla tra le sue braccia, tanto era troppo grande per lei stessa. E ora Vera non si ricorda neanche più di lui… Certe volte non le sembra del tutto lucida. Per esempio, perché ostinarsi a negare che quello che Carol opera per andare sulla Terra è un teletrasporto e insistere che è un 'salto dimensionale', quale che sia la differenza tra le due cose? Forse per nascondere che è qualcosa alla portata di tutte loro?

Un debole baluginio davanti a lei la distoglie dai suoi pensieri; subito dopo, la luce abbagliante di due fari materializzati dal nulla le fa socchiudere gli occhi.
“Ehilà, polpetta! Ti piace stare al buio?”, la saluta Carol scendendo dal Land Rover rappezzato, mentre i pannelli luminescenti alle pareti inondano il locale di luce bianca.
Dall’esterno, un tuono sembra rispondere a quella domanda ironica.
“Per Giove”, fa Carol, “Pioggia a Midgale, e temporale anche qui!”.
In tutta risposta, Irenior le chiede indispettita: “Ma come fai tu ad accendere i pannelli, biondona?”.
“Devi pensarlo in meridiano”, le risponde in sua vece Nemesis Dodici, scendendo dal posto di guida.
“Ciao Diana! Niente nuove bozze sul paraurti, stavolta?”.
“Neanche una”, risponde con orgoglio, poi va ad aprire il portellone posteriore.
“Dilla tutta, Diana!”, la pungola Carol, “E il fanalino del furgone?”.
“Che furgone?”, chiede Irenior seguendole fino dietro al fuoristrada.
“Quello con cui ci muoviamo a Midgale e dintorni per andare a comprare gli oggetti più ingombranti”, risponde la Nemesis. “Li facciamo caricare nel vano prima di rimpicciolirli. Carol non può certo farlo di fronte ai venditori”.
“Immagino”, ridacchia Irene un po’ invidiosa, e recita: “Scusi, avrebbe sei motocarri di giornata? Sì, sei soltanto. Sa, di più non me ne stanno in borsetta”. Mentre attende un plauso che nessuna delle altre le tributa, le osserva sollevare senza sforzo diversi trattorini, aratri ed erpici grandi come giocattoli e allinearli con cura lungo la parete, a rispettosa distanza l’uno dall’altro.
Poi Carol si avvicina e fa un gesto come benedicente, pronunciando parole inudibili.
Subito dopo, tutte le attrezzature cominciano a crescere a vista d’occhio, mentre un rumore di stridio di gomme sul pavimento risuona tra le pareti nude del grande locale.
Irenior chiede: “Biondona, come mai queste macchine crescono così velocemente, mentre quelle di Vera sono quasi tutte sotto gli archi da un anno buono?”.
“Perché quelle di Vera sono state create piccole, no?”, risponde questa come cosa ovvia. “Così, per crescere, devono acquistare massa dall’aria, e questo comporta, tra l’altro, reazioni di fusione nucleare. Queste qui, invece, hanno già un credito di massa, perché sono state rimpicciolite solo per essere trasportate”. Mentre osserva gli oggetti completare in breve la loro crescita tra stridii lamentosi, aggiunge: “Scherzi a parte, non è che trasportare dei grossi oggetti rimpiccioliti sia tanto meno rischioso che lasciar guidare Diana. L’incantesimo del rimpicciolimento è instabile, e gli oggetti tendono a riprendere spontaneamente la loro grandezza originale. Ti lascio immaginare se succedesse mentre li portiamo in macchina!”.
A Irenior viene da sorridere. “Immagino i titoli dei giornali!”.
“Non so se riusciremmo più a leggerli”, le risponde Carol con una smorfia di disappunto, “Spero che il gioco valga la candela, almeno”.
“Ma certo!”, la rassicura Irenior. “Con queste attrezzature, potremo far coltivare parecchi campi di scolza per farci del biocarburante!”.
“Si dice colza”, la corregge Carol, “Meno male che sei tu l’esperta in agraria! E poi, cosa ci faremo con tutto quel carburante?”.
Ammiccandole, Irenior le risponde: “Ovvio: ci faremo andare i trattorini!”.



Altopiano sopra Meridian

Scortato da due soldati cupi e silenziosi, Gathrop cammina a capo chino sotto la pioggia sferzante. Quando lo hanno prelevato nel suo negozio di tappeti, ha protestato la sua innocenza fino a sgolarsi. Ma sembrava che a loro non interessasse neppure se fosse colpevole o meno di qualcosa, né lui, né gli altri prigionieri ammanettati con lui alla stessa fune. Non importava neppure alla guardiana dalla pelle giallina che procede in testa alla colonna, mentre vento e pioggia si aprono attorno a lei come deviati da una cupola invisibile.
“Ma dove ci portate?”, chiede lamentoso un altro prigioniero, i vestiti fradici incollati al corpo esile.
“Lo saprai tra poco”, grugnisce infastidito un soldato da sotto il cappuccio del mantello.
Gathrop immagina già dove andranno: da settimane in città si bisbiglia con timore di un tetro luogo recintato sull’altopiano, a meno di un’ora di marcia dal palazzo.
La sinistra costruzione è già visibile in distanza come una sagoma scura, offuscata dalla pioggia.
Avvicinandosi, si può distinguere una rada palizzata intrecciata di rovi, due torri di sorveglianza vuote che oscillano agli schiaffi del vento e una serie di baracche di legno.
Al loro ingresso, quando i cancelli si aprono per farli entrare, un’altra guardiana li studia ostile attraverso la cortina di acqua piovana deflessa attorno a lei.
I due soldati dapprima tentano di sciogliere i nodi delle funi ormai gonfie d’acqua, poi ci rinunciano con stizza e li recidono con le spade mal affilate; infine spingono di malagrazia i prigionieri in un capanno, che chiudono dall’esterno con un’asse di traverso alla porta.

Grondante e timoroso, Gathrop si guarda attorno. Questo luogo è già affollato, e riconosce diverse persone sedute sulle panche, raccolte attorno alla fioca e calda luce di due lanterne a olio.
Un uomo calvo e dalla pelle azzurrina emerge da un angolo in penombra. “Anche tu fra noi, Gathrop?”.
“Golupos!”, lo saluta riconoscendo il suo amico, “Da quanto tempo sei qui?”.
“Da stamattina”, risponde tra i denti, spingendolo verso un angolo più libero della baracca che scricchiola sotto il vento. Il rumore dello scroscio rende difficile capire le parole.
“Perché ti hanno portato qui?”, gli chiede Gathrop.
L’altro fa una smorfia quasi d'indifferenza. “Probabilmente non lo sanno neanche loro. Sembrano arrestare la gente a caso. Forse non ti hanno neppure letto i pensieri: se dovessero arrestare tutti quelli che sono scontenti di come si stanno mettendo le cose, farebbero prima a cingere di rovi intrecciati e di torri di guardia l’intera Meridian”.
“Ma tutto ciò non ha senso!”, si lamenta a mezza voce il commerciante.
L’altro si accosta ancora di più, e sussurra: “Però non è quell’orrore che può sembrare. Più che altro è una farsa. Appena scende la notte, le guardiane se ne vanno, e i soldati si ritirano nel posto di guardia a giocare a dadi, chiudendo un occhio e mezzo. E’ molto facile evadere da qui: se non gli passi proprio sotto il naso non si voltano neanche a guardarti, e le recinzioni hanno varchi che nessuno si è mai dato la pena di chiudere”.
“Davvero?”, fa stupito Gathrop. “Mi pare impossibile!”.
“Credimi, te lo dico perché sono già evaso tre volte in tre settimane”.
Lo guarda scettico. “Eppure sei ancora qui!”.
“Si, ma non ci sono mai rimasto una notte intera. E poi, anche quando mi hanno arrestato di nuovo, sembrava che a nessuno importasse neppure che ero già evaso, e non hanno preso alcun provvedimento in più”.
Gathrop scuote il capo, confuso e incredulo. “Ma è assurdo! Come si spiega?”.
L'altro si stringe impercettibilmente nelle spalle. “E’ difficile spiegarsi il casino degli ultimi mesi. Io penso che neppure i soldati credano in quello che stanno facendo”.
“E le guardiane?”, chiede il commerciante sottovoce, come timoroso di pronunciare quel nome.
Ancora un impercettibile alzata di spalle. “Sono le stesse guardiane che hanno combattuto contro di loro ai tempi di Phobos. Immaginati quanto saranno entusiasti, i militari, di dover obbedire ai loro ordini!”.
Gathrop lo scruta dubbioso: “Ma… mi sbaglio, o una volta proprio tu mi avevi detto che sia la Regina che le Guardane sono delle impostrici? Cioè, che non sono quelle vere?”.
L’altro mette le mani avanti. “Io? Mai detta una cosa del genere! Forse eri tu a sostenerlo, o forse Caleb. Ma lo sai che lui aveva dei motivi personali”.
Gathrop cerca di ricordare: lui, avere sostenuto una teoria così strampalata? Impossibile! Ma, da buon commerciante, si guarda bene dal contraddire il suo interlocutore, e preferisce cambiare discorso. “Ma come mai la Regina e le Guardiane non hanno creato una qualche barriera magica attorno al campo?”.
Golupos scuote il viso, perplesso. “Non so… forse alla Regina non interessa davvero… forse ha dato l’ordine e poi se ne è dimenticata, oppure non le hanno mai detto delle evasioni”.

“O forse non riesce più”, biascica un altro interlocutore che si è avvicinato, una persona china e dal viso liscio a striature nere, nascosto sotto un cappuccio marroncino ancora asciutto. “Forse qualche vizio o qualche maledizione ha appannato i suoi poteri, oltre alla sua lucidità”.
I due, insospettiti, si zittiscono e distolgono lo sguardo: il discorso si sta facendo pericoloso.
Il terzo intervenuto sorride impercettibilmente sotto il cappuccio, poi si sposta ad ascoltare la conversazione di un altro gruppetto.

Dopo un po', Golupos va a sedersi in un angolo libero di una panca.
Gathrop scruta fuori da una finestrella chiusa da una griglia metallica mal fissata. E’ triste: la bella favola della Luce di Meridian, la reginetta benevola dai poteri quasi divini, si sta lentamente trasformando in una cupa farsa.
Le voci dei soldati, all’esterno, si allontanano, mentre il cielo temporalesco scivola sempre più su tonalità vicine al blu scuro.
Nella baracca dei soldati, la luce arancione delle lanterne riverbera sempre più evidente nella sera.
Gathrop torna ad accostarsi a Golupos seduto, si accoscia accanto a lui e gli sussurra: “I soldati si sono ritirati a giocare a dadi. Mi mostri come si può uscire di qui?”.
In quel momento, dalle finestrelle entra il sinistro bagliore di un fulmine che cade poco lontano. Il boato del tuono lo segue immediatamente, scuotendo la debole struttura della baracca.
“Abbi pazienza, Gathrop”, fa l'altro, invitandolo con un cenno a sedere lì accanto, “Ci saranno momenti migliori per questo”.



Taverna La campanula d’oro, periferia sud di Meridian

L’omone calvo dalla pelle azzurrina, seduto a un tavolo della locanda, occupa quasi due posti sulla panca. Come se attendesse qualcosa, indugia a lungo davanti al suo grosso boccale di malto e latte speziato che ormai ha smesso di fumare.
Guarda fuori dalla finestrella. Il palazzo reale, lontano sulla rupe oltre il centro città, si vede deformato attraverso i vetri irregolari e la pioggia. L’uomo nota che, quando muove la testa, sembra che l’immagine del maestoso edificio esegua una danza fantasiosa e si stacchi dal suolo.

Nel locale entra un nuovo avventore. Sotto il cappuccio fradicio si intravede la pelle di color verde e una corta barbetta grigio ferro che dà una sagoma quadrata al viso. Vathek si chiede, sbirciandolo con discrezione, se sia colui che aspetta di incontrare.
L’uomo si siede al tavolo accanto al suo. Dopo aver ordinato con voce roca e irriconoscibile del succo di melopea caldo, estrae un mazzetto di carte da gioco gonfiate dall’umidità e inizia un gioco solitario.
Vathek lo osserva con la coda dell’occhio: l’avventore sconosciuto inizia tre volte una partita, e per tre volte la interrompe quasi subito, rimescolando le carte.
E’ proprio il segnale convenuto. E’ lui!
L’omone, senza più guardare l’avventore, gli avvicina il più possibile il suo testone, e apre la sua mente alla debole, furtiva comunicazione dell’altro.
Ciao, vecchio mio’.
Ciao, Caleb’.
Niente nomi! Che novità mi racconti?’.
Che le cose in città vanno sempre peggio, Ca…. Sempre in più ritengono che Elyon sia impazzita o succube delle guardiane. Non ha ancora fatto spargere sangue come Phobos, ma il suo agire appare ancora più irrazionale e capriccioso. Corre voce che perfino i vertici dell’Esercito comincino ad averne abbastanza di certi ordini insensati e contraddittori’.
Caleb attende a rispondere mentre il locandiere gli porta al tavolino un grande boccale fumante. ‘Non so dove vogliano arrivare, quelle lì. Ma tu, hai continuato a ripetere a tutti che la vera Elyon è in esilio?’.
Vathek lascia finire il rimbombo di un tuono prima di rispondere.‘Negli ultimi tempi non è che si possa ripetere liberamente una cosa del genere. Ho continuato a pensarlo, sperando che lo captino’.
Continua. L’ultima cosa a morire è il pensiero’.
Belle parole. Però all’inizio di questa faccenda l'ho detto a tanti, dell’esilio. Sul momento mi sono sembrati convinti, ma poi, a distanza di settimane, tutti avevano cambiato idea’.
Perché?’.
Mi hanno obiettato in tanti che tu non sei una fonte… come dire… obiettiva, disinteressata'.
Caleb storce il viso, amareggiato. ‘ Il veleno di quelle streghe ha attecchito!’.
Forse, o forse li hanno manipolati uno per uno. Comunque i più credono che questa Elyon sia quella vera, cambiata dopo undici mesi di lavaggio del cervello da parte delle Guardiane e di trip di konnestras nel suo giardino. Insomma, non pochi sospettano che l’Oracolo di Kandrakar sia diventato il vero padrone occulto della città’.
L’avventore incappucciato ha uno scatto di nervosismo. ‘Ma è insensato! Perché dovrebbe?’.
Nessuno mi ha dato una risposta convincente. Però è nell’aria’.
Plagiati da Vera e dalle sue tirapiedi!’.
Calma, non pensare così forte. Comunque Vera ha curato molto la sua immagine pubblica. Presenzia al consiglio, guarisce i malati… Ha stupito tanto la sua sincerità, quando ha ammesso pubblicamente di essere stata creata da Elyon’.
Non che potesse negarlo. Era ben noto che la Regina Adariel non avesse altre figlie’.
Però sarebbe stato credibile che qualcuno dei maschi Escanor avesse figlie segrete sulla Terra, che sarebbero sempre definibili come cugine o sorelle di Elyon’.
E di Phobos’.
Già… La profezia’, pensa Vathek, guardando ancora dalla finestra. Ora che è quasi buio, il temporale sembra sul punto di esaurirsi. Piove ancora, ma almeno il vento non sbatte più le gocce contro il vetro.
Caleb sospira, sempre fingendosi assorto nel suo solitario a carte. ‘Non vedo l’ora che quest’anno fatidico passi, e che Elyon, quella vera, torni a mettere fine a questa parodia’.
Un anno… mancano ancora sette mesi. La famosa profezia dice che sarà proprio Elyon a mettere fine alla tirannia?’.
Veramente dice solo quando finirà, non come’.
Te lo chiedo, Cal… Te lo chiedo perché temo che, se le cose vanno avanti così, forse la città si rivolterà e si libererà da sola. Se fosse così, poi la vorrebbero ancora per regina?’.
Posta questa domanda, Vathek si volge con circospezione e guarda Caleb a lungo, attendendo una qualche risposta. Vede un ultimo lampo illuminargli il viso e gli occhi assorti, che solo ora riconosce con sicurezza come quelli dell’amico.
Il silenzio viene riempito solo da un tuono lontano.





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Capitolo 61
*** Il canto del cigno ***


61-il canto del cigno  
Ad personam:
Cara Frafra, sono felicissimo di saperti di nuovo fra le lettrici, e la tua recensione è graditissima. Sono proprio contento di sapere cosa pensi di questa lunga storia, e passo a rispondere alla tua domanda. Caleb ha ripreso a trasportarsi tra la Terra e il Metamondo nel cap. 40. 
Infatti nel cap. 35 lui sfugge all'arresto con il suo sigillo, e per alcuni giorni si nasconde in città. La muraglia attivata da Vera e Wanda è durata pochi giorni, ammesso che abbia mai funzionato, in quanto il Cuore di Kandrakar in mano a Wanda ha gradualmente perso energia, e poi è stato ripreso da Elyon nel cap.41. Vera ha fatto sequestrare i due sigilli a Miriadel e Alborn; entrambi questi oggetti saranno ancora in mano sua nel finale.
Per il disegno, mi è dispiaciuto rinunciarvi, e credo che riprenderò a disegnare nei prossimi numeri. Però non avrei voluto rimandare la pubblicazione.

Cara Melisanna, sono sempre molto felice di sentire le tue impressioni.Grazie per la recensione. 
Attenzione, quello che sta per scadere è il termine secondo l'interpretazione di Vera; per la fine di tutta la storia, invece, manca di più.
Carol è una primadonna, ma in queste circostanze ha dovuto ridimensionarsi per evitare una rottura definitiva con le altre. Non temere, il futuro le riserverà altre occasioni per il suo ego non proprio modesto.

Cara Lux, grazie ancora per la costanza con cui leggi questa storia. Spero proprio di essere riuscito, con questa serie di scenette, a rendere a fondo il disagio dei cittadini di Meridian davanti a una gestione apparentemente schizofrenica del potere nella città. Comunque siamo agli sgoccioli di questo periodo: i dodici mesi dell'interpretazione della profezia pilotata da Vera stanno per compiersi, con gran scorno di Elyon che non ha mai pensato a questa possibile lettura e sta aspettando fiduciosa lo scadere del diciottesimo mese, alla faccia della precognizione che funziona assolutamente a spizzico.

Un grande grazie anche a Kuruccha per le numerose recensioni lasciate di recente ai primi capitoli. Mi fa immensamente piacere sapere che c'è ancora chi ha preso a seguire la storia a quattro anni dall'inizio, ed è così gentile da farmi sapere con costanza cosa ne pensa.

Qualche parola su questo capitolo.  Il titolo riprende una battuta di Vera del capitolo precedente: “Manca solo un mese al canto del cigno di Elyon, e sarà un canto molto stonato”.  Ora questo tempo è quasi trascorso, e manca solo un giorno alla falsa ribellione con cui la falsa Elyon sarà defenestrata per lasciare il posto alla vera Vera.
Vi chiedo scusa, ma anche questo mese ho dovuto rinunciare al disegno per non ritardare ulteriormente l'uscita del capitolo. Purtroppo tutta la parte essenziale si svolge in un ambiente molto affollato, e un disegno adeguato mi avrebbe ritardato l'uscita del capitolo di parecchi giorni. Spero di trovare tempo e ispirazione per i prossimi capitoli, e magari perfino di realizzare le immagini per aggiornare gli arretrati.

Buona lettura
MaxT
 

PROFEZIE


Riassunto delle puntate precedenti 
Dopo un incontro misterioso con la Luce di Meridian, Vera ha convinto le Gocce a sostituirsi a Elyon a Meridian, impersonando la regina e le guardiane. 
A Meridian, la controfigura di Elyon e le finte guardiane esiliano Miriadel e Alborn, mentre Caleb sfugge alla cattura;  pur avendo assunto il potere, si 
rendono conto di non essere convincenti, e inventano la storia che le guardiane sono a palazzo per proteggere la Luce di Meridian da un complotto. 
A Heatherfield, Elyon spiega che quella che si sta realizzando è una sua profezia, che prevede che la tirannia duri un anno, che a Meridian dura diciotto mesi. Elyon è decisa a non tentare niente prima di questa scadenza.
Il nuovo piano di Vera prende rapidamente forma, basandosi sull'ambiguità del termine di un anno: prima simuleranno che Elyon diventi sempre più tirannica, screditandola, poi Vera, che ha comunque il rango di una principessa Escanor, la spodesterà dopo un anno terrestre di dodici mesi, facendo finire apparentemente la tirannia e realizzare la profezia; poi, dopo aver guadagnato il consenso della gente, si prepareranno per affrontare Elyon e  le Guardiane al loro ritorno dopo diciotto mesi, un anno di Meridian. 
Vera crea venti copie di Wanda, dette Nemesis, che avranno l'incarico di impersonare le guardiane, sollevando le gocce dal compito, e di sorvegliare la città restando invisibili o sotto falsa identità, o con l'aspetto di aquile. 
Come dal piano di Vera, le false Guardiane imprigionano Galgheitha e altri personaggi importanti, che potrebbero rendersi conto che la sempre più tirannica Regina e le Guardiane sono state impersonate da controfigure; la principessa Vera fa la parte della buona, facendo fuggire questi prigionieri dalla città.
Vera affida a Theresion l'incarico di realizzare un sistema di sorveglianza del sotterraneo basato sul contatto mentale con gli insetti che lo popolano, vincendo con i suoi sistemi l'aracnofobia della compagna.
Passano i mesi, e la situazione a Meridian si fa sempre più pesante. La falsa Elyon diventa sempre più tirannica e incoerente, isolandosi tra i mormoranti come già Phobos prima di lei, e perdendo ogni simpatia tra la popolazione, l'establishment e perfino l'esercito. La principessa Vera, per contro, finge di mitigare le conseguenze della follia della regina e delle Guardiane e si guadagna sempre più approvazione e credibilità nella città. Infine, si arriva allo scadere dei dodici mesi dall'arrivo delle Gocce e da quello che a molti appare come l'inizio della tirannia.

Cap.61

Il canto del cigno


 
 


Meridian, palazzo reale, corridoio del seminterrato

‘Il tempo sta volgendo al bello’, pensa il domestico in livrea cremisi mentre spolvera delicatamente i bassorilievi floreali che adornano le pareti del corridoio. Dalle alte finestre, sprazzi di azzurro sempre più ampi rasserenano l’animo, dopo un mese così tetro e piovoso da far nutrire seri propositi suicidi anche alle rane.
Sentendo un suono di passi femminili che si avvicinano, si volta senza smettere di far volare il piumino sugli stucchi. “Buongiorno, Principessa Vera”.
“Buongiorno, Idriorr”, risponde lei sorridendogli, poi continua diretta al salone circolare alla base della torre est.
Mentre la donna si allontana, lui continua a guardarla di sottecchi. Le piace questa principessa sempre gentile e mai avara di sorrisi.  Ha un bel modo di camminare, pensa lanciandole un’ultima sbirciata un attimo prima che svolti l’angolo, e l’elegante vestito blu mette in risalto i suoi fianchi... nei limiti di decenza consentiti, naturalmente, puntualizza con un attimo d'imbarazzo per il suo pensiero inopportuno.

Quando sente una voce arrogante risuonare dall'atrio, alza le orecchie appuntite. E' una delle guardiane; non saprebbe dire quale, hanno tutte più o meno lo stesso timbro.
Idriorr sente lo sdegno crescergli dentro: quelle aliene hanno cominciato a trattare perfino la Principessa senza il dovuto rispetto.
Dopo un'ultima frase abbaiata, le voci tacciono, poi sente una porta chiudersi: l’hanno lasciata uscire in giardino. E ci mancherebbe!
Con la scusa di spolverare, si affaccia alla finestra. Vede la principessa avviarsi verso la Luce di Meridian, che sta sempre seduta sul prato intenta a leggersi il suo misterioso tomo, coccolata da un mormorante.
Ma… cosa sta facendo la principessa? Si piega a terra… Perché? Non lo aveva mai dovuto fare, prima!
 

Nel giardino

“Più giù, Vera! Tocca terra con la fronte!!” intima la Regina, guardandola compiaciuta dall’alto del pendio su cui è seduta.
“Ti diverti, Irene?”, le bisbiglia l’altra tra i denti, inginocchiandosi malvolentieri sotto quelle immaginarie forche caudine.
“Ci stanno guardando, proprio adesso”, aggiunge la voce innaturalmente lenta e roca del mormorante, finendo la frase con un naturalissimo colpo di tosse.
“Dora, non sforzarti di parlare in quel modo, se non serve”, le sussurra la regina con un fugace sguardo quasi materno, poi torna subito a indossare l'abituale maschera di arroganza.
“Va beh”, bisbiglia Vera, toccando il tappeto erboso con la fronte. “Tanto siamo alla frutta, Altezza. Domani me le pagherai tutte!”.
“Domani è un altro giorno”, le risponde Elyon  sempre con un sorrisino altezzoso.
“Un giorno che comunque verrà. Ora volete, Vostra Altezza, precedermi nel folto del giardino, al riparo da occhi indiscreti?”.

Poco dopo, celate dai rampicanti, le ragazze possono parlare liberamente.
“Allora, Grande Sorella?”, chiede Elyon sorridendole, “Sei pronta per il teatrino?”.
Vera annuisce. “Naturalmente, e ti assicuro che sarà spettacolare. Ormai Pao e Terry mi stanno già aspettando in piazza Due Lune”.
“Vorrei esserci anch’io!”, mugola la Regina giungendo le mani quasi supplichevole, “Non ho mai visto queste allucinazioni solide in azione”.
“Si chiamano proiezioni solide”, puntualizza Vera, “Comunque, Elyon deve restare qui, rintanata nel giardino, così non correremo rischi inutili. Approfittane per entrare il più possibile nella parte”.
“Sono già nella parte!”, protesta lei, “Sai bene che sono bravissima a imitare Elyon”, e allarga le braccia a rimarcare l'aspetto che le è ormai diventato quasi abituale.
“Allora ripassati il copione del finale. Ci affronteremo proprio qui, domani pomeriggio, e non sarà certo il momento adatto per le gaffe”.
 

Meridian, piazza Due Lune

Paochaion osserva emozionata piazza Due Lune che, al di là della zona centrale transennata, si sta rapidamente riempiendo di una folla curiosa.
“Quanta gente”, le dice nervosamente il capomastro in piedi accanto a lei. “Spero che la vostra amica non li deluda”, aggiunge con un'occhiata dubbiosa alla ragazza dai capelli candidi seduta a un tavolino da campo, intenta a connettere fili a un oggetto simile a uno scrigno grigio.
“Non dubiti, l'ingegner Theresion sa il fatto suo”, risponde fiduciosa Paochaion, “Vero, Terry?”.
“Aha”, annuisce distrattamente questa, “Scusa, Pao, ma ho bisogno di concentrazione”, risponde chiudendo gli occhi per visualizzare direttamente sulla sua rètina i menù proiettati dal programma che sta avviando. Dopo un lungo intervallo, aggiunge: “E soprattutto, non distrarre Vera quando sarà il momento della verità”.
“Ma con tutti questi occhibelli dovremmo andare sicuri, no?”, le chiede Pao con un gesto verso le coloratissime statuette di nani disposte ai quattro angoli della recinzione, che rivolgono il loro sguardo dipinto verso il centro dello spiazzo.
L'altra le risponde senza aprire le palpebre: “Dovremmo. Ma il sistema non è ancora a prova d'errore, avrei avuto bisogno di qualche giorno in più. Perciò è meglio che lei non perda la concentrazione neanche un attimo”.

La principessa Vera, splendida e sorridente, appare accanto a loro. Dalla folla assiepata si leva qualche mormorio d'ammirazione.
“Ciao, Terry. Ciao, Pao. Siete pronte per iniziare?”.
“Tutto pronto”, risponde Theresion, attivando un interruttore posto ai suoi piedi in un groviglio di cavi e tubicini. Da dentro un baule lì accanto, un leggero rumore simile a un soffio rimarca la preattivazione del conversore psicoenergetico ben celato. A scanso di malumori, sarà meglio che i cittadini non vedano quanta preziosa acqua magica verrà consumata davanti a loro.
“Tutto pronto, Pao?”, chiede Vera rivolta alla cinesina, che attende accanto al capomastro.
“Tutto pronto!”, le rimanda lei allegra, rimarcando la risposta con il pollice in alto.
Qualche sguardo stupito tra gli astanti lascia intuire che il gesto è stato frainteso.
Vera le trasmette, senza perdere il sorriso: ‘Pao, il pollice alzato è considerato un gestaccio, a Meridian!’.
Per l'imbarazzo, l’altra diventa violetta fino alla radice dei capelli, poi si ricompone. “Tutto pronto”, ribadisce senza più gesticolare.

Vera alza le mani a domandare silenzio.
Un attimo dopo, quando ogni brusio è cessato, scandisce: “Gente di Meridian, grazie per essere venuti all’inaugurazione del nostro primo lavoro per migliorare la nostra amata città. Questo è solo l’inizio del nostro progetto per rendere più agevoli gli spostamenti ai cittadini e alle merci. Qui, in piazza Due Lune, installeremo due portali di teletrasporto che saranno collegati ad altri: uno vicino al palazzo, e uno a Meridian bassa, vicino a quello che sarà il nuovo mercato coperto”.
 

Giardino di Phobos

Rimasta sola nel cuore del giardino a impersonare l'oramai odiata Regina, Irene siede di malumore sulla rupe,  accanto alla cascatella che si versa nella polla ai suoi piedi con un suono dalle risonanze quasi musicali.
E' un luogo splendido e intimo, pensa tirando l'ennesimo sassolino nell'acqua e osservando i cerchi che si allargano sulla superficie. Lo stesso in cui il principe Phobos soleva fare il bagno, circondato dai mormoranti. Da quando lei è a Meridian, è una delle scene preferite nei suoi sogni a occhi aperti, ma neanche questa riesce a vincere la noia e il nervosismo per essere esclusa dal grande evento di oggi.
Cerca di concentrarsi per ottenere qualche immagine dagli occhi delle sue amiche, ma invano. Vera la liquida con un infastidito 'non ora', mentre da Terry riesce solo a ottenere la fugace visione virtuale di austeri menu a tendina.
Uffa, uffa e poi uffa! Restare da sola ad annoiarsi è del tutto inutile. Tanto nessuno può vedere se, qui nel folto, la regina c'è o non c'è. Scaglia con stizza nella polla un'ultima pietra, che vi cade con un tonfo sonoro provocando un piccolo tsunami, poi si decide: metterà Vera davanti al fatto compiuto. Del resto, non è così che fa anche lei?
 

Meridian, locanda Due Lune

Pochi istanti dopo, l'elegante Lady Irenior emerge dal baluginio nella locanda Due Lune. Si guarda attorno: il salone è deserto, e non c'è nessuno neanche dietro il banco. Dall'esterno, invece, proviene un gran vociare.
“C'è qualcunooo?”, chiama con voce melodiosa. “Signor Toklor?”.
Dall'ingresso aperto, un bambino dalla pelle verdognola si volta a scrutare dentro. “Papà, c'è quella che si beve tutti i Nettari del paradiso!”.
“Tabuff!”. L'oste, zittito il piccolo con uno scappellotto, rientra sfoggiando il suo sorriso più affabile. “Lady Irenior, che piacere! Mi scusi, non la ho vista entrare”.
“Signor Toklor, buongiorno!”, gli cinguetta. “Mi stavo chiedendo: con tutte le finestre della sua bella locanda che danno proprio sulla piazza, non sarebbe così gentile da permettermi di osservare cosa sta succedendo?”.
“Ma certo, Milady, sarà un onore. Prego, seguitemi...”.

Il locandiere la precede per due rampe di scale fino ad arrivare al salotto del suo appartamento privato.
“La visuale da qui è perfetta”, afferma guidandola fin sul terrazzo, e finisce con un ampio gesto d'invito cui la ragazza risponde con un larghissimo sorriso.
“Dalidal, abbiamo Lady Irenior con noi”, dice rivolto alla moglie, già sul terrazzo a osservare la scena in piazza. “Conosce già mia moglie Dalidal, vero?”.
“La banconiera?”, chiede Irene con un'occhiata ingenua delle sue, “Certamente!”.
La donna, appesantita da un pancione sui cinque mesi, tiene per mano la figliola che le arriva alla vita, e tributa alla nuova arrivata un'occhiata vagamente infastidita che sembra voler dire: 'faccia pure come se fosse a casa mia'.
Toklor le sussurra: “Dalidal, vai giù per un po' , casomai arrivasse qualche altro cliente”.
“Vacci tu, caro, se ci tieni”, gli risponde lei decisa, poi si trincera dietro le braccia conserte.
L'oste, contrariato, si deve rassegnare a scendere. “Torno appena posso, Milady. Nel frattempo, lei si metta pure a suo agio”.
“Grazie”, fa Irenior soddisfatta, guardando dall'alto la piazza gremita, poi si rivolge alla donna che la sta squadrando con occhiate oblique: “Ah, Dalidal, posso avere un Nettare del Paradiso?”.
 

Piazza Due Lune

Giù in piazza, Vera sta declamando: “Gli elementi che vedrete tra poco sono stati costruiti sotto la guida dell’architetto Paochaion.  Sono pensati per poter essere trasportati e composti assieme in poco tempo”.  Chinandosi su alcune tavole di legno appoggiate sul selciato, fa apparire dalla sua mano, fattasi luminescente, cinque oggetti biancastri simili a mattoni. A un suo ulteriore gesto, questi oggetti si espandono lentamente, con sommessi stridii e scricchiolii, fino alla grandezza di diversi passi, suscitando nuovi mormorii di meraviglia tra la folla.
I cinque monoliti rivelano ora, oltre ai bassorilievi di cui è ornata la loro superficie levigata, anche diversi fori, nonché ganci e spinotti di bronzo lucente.
Dopo un’altra pausa in cui si gode le esclamazioni di stupore della gente per la sua disinvolta dimostrazione di potere, Vera riprende: “Questi elementi devono essere allineati e montati assieme; visto che nessun potere telecinetico conosciuto è in grado di sollevare tali pesi, ho chiesto aiuto all’ingegner Theresion per perfezionare la magia della proiezione solida”.  Si volge verso la ragazza dai capelli candidi: “Terry, ora tocca a te!”.
Con un gesto d’intesa, questa richiude gli occhi, assorta nella visione del menu a tendina del programma di simulazione, e dà conferma al segnale d'inizio che sta lampeggiando sulla sua rètina.

Per un lungo momento non succede niente.
Poi, di fronte alla gente stupefatta, alcune linee luminose e sottilissime cominciano a tracciarsi nell’aria, come il fantasma di una ragnatela. Rapidamente formano un disegno complesso in cui si intuisce un ordine ancora incomprensibile.
Quindi, le linee vengono unite da superfici colorate che appaiono in rapida successione.
Fra esclamazioni di meraviglia, in pochi secondi prende forma un enorme veicolo dalle forme spigolose e dallo sgargiante color giallo.
A guardare bene, i giochi d'ombre sulle sue superfici non sono del tutto congruenti con quelle delle persone e degli edifici sulla piazza, come se l’enorme mezzo fosse un’intrusione nella nostra realtà da un universo dotato di luci tutte sue.
Il grande braccio telescopico si allunga, proteso verso il cielo. Il movimento è accompagnato da un suono mai sentito prima, vibrante e monotono come il vocalizzo di un canto alieno.
“Questa è la proiezione solida di un’autogru a quattro assi”, annuncia fieramente Vera. Solo in questo momento lo sguardo cade su una spettatrice che le fa un salutino festoso da un balcone.
'Ma quella è Irene', pensa con disappunto, 'Mi ha disobbedita, e ora...'.
Per un attimo la materializzazione ha un guizzo, come se alcune parti fossero sparite e immediatamente ricreate.
Vera deve tornare a concentrare tutta la sua attenzione sull'autogru: ora non ha tempo, ma presto verrà il momento di dirgliene quattro, a quell'irresponsabile e a quel suo sorrisino soddisfatto.
 

Meridian, piazzale Sottocastello

Poco lontano, nell'ampio piazzale ai piedi della rupe del palazzo, i passanti hanno iniziato a volgere gli sguardi in direzione del centro; qualcuno indica la sommità di un gigantesco braccio giallo protendersi al disopra dei tetti in direzione di piazza Due Lune. Tra domande ed esclamazioni di curiosità, altra gente si affretta verso quella direzione.

D'improvviso, un crepitio elettrico fa voltare indietro la folla.
Al centro della piazza lampeggia uno scintillio irregolare e abbagliante, accompagnato da un forte odore d'ozono; un tremolio del terreno fa oscillare le lanterne dei lampioni e strappa un sinistro scricchiolio alle case più vicine.

Quando queste luci innaturali si sono estinte, tutti possono vedere la terribile guardiana dai capelli rossi, impettita in tutta la sua altezza, alla testa di un drappello di una quindicina di esseri massicci.
I loro occhi sono minacciose fessure bianche in una maschera rossa che copre quasi del tutto i visi, gelidi e indistinguibili l’uno dall’altro. Gli ampi toraci rosati sono contornati da braccia verdi e screziate, robuste come colonne. Sui cappucci verdi e sulle fasce che cingono la loro vita campeggia l’insegna degli Escanor: il disco verde e bianco tra due triangoli.
Tra la folla si alzano mormorii, e da più punti si sentono voci spaventate e senza nome sussurrare: “Le sentinelle oscure!”. Molti ricordano bene quegli esseri creati da Phobos. Tremano ancora al pensiero delle fiamme sprigionate dalle loro mani, e delle mortali radiazioni emesse dai loro occhi.

Will si guarda attorno, senza perdere lo sguardo arrogante richiesto dal suo ruolo. Per un lungo istante, lei e le sue compagne restano immobili, mentre la loro vista produce l'effetto voluto sulla folla.
Poi percepisce un pensiero da una di loro: 'Lo senti, Wanda? Tacciono e tremano, ma è come se urlassero tutta la loro paura e il loro odio per noi'.
Anche Will percepisce quest'orrore, ma da quando è a Meridian non ha mai piegato lo sguardo, e non lo farà proprio ora. 'Sopporteremo ancora un po', ragazze. Fatevi forza, con domani pomeriggio tutto sarà compiuto. E ora avanti, si entra in scena!'.
 

Piazza Due Lune

Toklor è appena risalito in terrazza portando fra le grosse mani un vassoio di legno con bicchieroni colmi di succo di frutta verdastro e profumato, che bilancia con maestria per non versarne neanche una goccia.
“Lady Irenior, non mi sono dimenticato di lei!”.
Gli occhi della dama lampeggiano avidamente alla vista dei bicchieroni. “Carissimo signor Toklor, lei sa sempre come farmi felice!”.
Dalidal guarda ostentatamente altrove, infastidita da tante attenzioni sprecate per quell'intrusa smorfiosa. E' così nera che non nota neppure che la luce del sole, che aveva inondato generosamente la città fino a quel momento, si sta smorzando, mentre veloci nubi scure prendono rapidamente possesso del cielo sopra di loro.
Guardando la folla verso la destra, nota uno strano movimento presso la strada che sbocca da piazzale Sottocastello. “Ma cosa sta succedendo, laggiù in fondo?”.

Quando il suono dell'autogru s'interrompe, si può distinguere il grido imperioso dell'odiata Guardiana dai capelli rossi: “Largo! Lasciateci passare, in nome di Sua Maestà Elyon!”.
Mentre i suoi ospiti restano raggelati, Irenior sbotta “La solita guastafeste!” con studiata superficialità, ma il suo sguardo si è fatto molto più attento.
La folla, da quella parte, si apre schiacciandosi contro i muri, mentre quella demone alata dal costume impudico incede nella piazza alla testa di un sinistro drappello.
“No! E' impossibile!”, sfugge a Toklor.
“Papà, chi sono quelli là?”, chiede la piccola Taral, ma sua madre l'agguanta e la trascina dentro casa. “Vai a far rientrare Tabuff, presto!”, dice rivolta al marito. “Anche lei dentro, si sbrighi!” aggiunge verso Irenior, che l'accontenta malvolentieri.
Befana! Proprio ora che viene il bello!

In piazza, la Guardiana dai capelli rossi arriva fin davanti alla Principessa Vera e si pianta i pugni sui fianchi, scandendo : “Sua Altezza Elyon vi intima di cessare immediatamente questo spreco di poteri magici!”.
Vera la fronteggia con calma studiata e risponde, scandendo a sua volta: “Questo non è uno spreco! I portali miglioreranno la vita di tutti, a Meridian! Sei forse tu, guardiana, che attribuisci a Sua Altezza la tua indifferenza per la città?”.
L’espressione di Will si trasforma in una maschera d'odio. “Attenta, Principessa! Sai benissimo quali sono le priorità dell’Altissima. L’energia magica non va sprecata né per la plebe, né per giochetti di portali e autogru. Essa appartiene a Sua Altezza Elyon, come tutto in questa città. Bada, non lo ripeterò un’altra volta!”.
Voltandosi sui tacchi, la Guardiana si allontana, seguita dal gruppo impassibile delle Sentinelle Oscure.
Il minaccioso drappello fende nuovamente la folla tornando sui suoi passi verso il palazzo reale, svettante e lontano.
Sempre meno svettante. Sempre più lontano.

La gente non osa alzare la voce; alcuni iniziano a ritirarsi, mentre altri attendono in piazza, lanciando occhiate incerte verso la Principessa.
Vera non si è mossa: attende anche lei, con espressione di sfida, finché il drappello scompare alla vista dietro l'angolo.
In quel momento, uno spiraglio di sole si apre la strada tra le nubi, illuminando la piazza, mentre il palazzo in distanza appare come al centro di una zona d'ombra.
Dopo un’occhiata d'intesa con le sue amiche, lei fa un gesto istrionico e grida: “Pao, Terry, finiamo il lavoro!”.

“Sta sfidando le guardiane! Che donna!”, esclama ammirato Toklor, ancora sbirciando dallo spiraglio tra le tende.
“Attento a non farti sentire dalle persone sbagliate!”, gli sibila Dalidal con un'occhiata storta diretta all'ospite non amata, “Ricorda che hai moglie e figli!”.
“Non si preoccupi per me”, rassicura Irenior tentando di non ricambiare apertamente questa palese ostilità, “Io sono una grande amica della principessa Vera. E poi diciamolo chiaramente, Meridian sta sprofondando nella tirannia più bieca”.
“Mamma, cosa vuol dire ‘tirannia’?”, le chiede la piccola Taral.
“E cosa vuol dire ‘bieca’?”, aggiunge Tabuff, nel frattempo risalito nel salotto.
La donna scatta, lampeggiandole con gli occhi e facendole il gesto del silenzio. “Zitta, Taral. E’ una brutta parola. Non chiamare il male, se non vuoi che arrivi!”. Quindi va alla finestra, chiudendo nervosamente ogni spiraglio fra i tendoni. “Per quanto riguarda questa famiglia, lo spettacolo è finito, signorina. Se lo vada pure a guardare da dove preferisce, ma non da qui!”.
“Ma... Dalidal!”, tenta di protestare l'oste.
“Non c'è problema”, risponde Irenior imperturbabile, avviandosi verso le scale. “Vi ringrazio dell'ospitalità”. Brutta megera.
“L'accompagno giù”, aggiunge l'uomo imbarazzato, seguendola.

Poi aggiunge sottovoce: “La prego di scusare mia moglie, Milady. Purtroppo è molto preoccupata per la sua famiglia”.
“Da brava moglie e da brava madre”, risponde Irenior scendendo le scale. Gelosa, fifona e acida! Ma cosa crede?
Arrivano giù nel salone, dove alcuni clienti dall'aria indecisa stanno guardando fuori dalla porta verso la piazza restando ben defilati, mentre all'esterno il braccio dell’autogru riprende a muoversi con un suono monocorde.
“Intanto è meglio che io vada”, dice lei mentre gli avventori le lasciano il passaggio.
“Ma tornerà? Lei è la benvenuta, qui, lo sa”.
“Ne stia certo, signor Toklor. Vuole che rinunci al succo del paradiso?”. Lo saluta con un cenno allegro, uscendo dal locale.
Affacciandosi alla porta, lui la vede superare le transenne e avvicinarsi a Lady Paochaion, salutandola con brio. Nessuna delle due sembra sconvolta da ciò che è avvenuto poco prima in quella piazza.
Toklor, invece, non osa neppure formulare in pensieri definiti ciò che sente dentro. Ora la vista del palazzo in distanza gli provoca la stessa sensazione opprimente che gli ha dato negli undici lunghissimi anni in cui Meridian ha languito sotto la tirannia di Phobos.
 

Palazzo reale, appartamento di Vera, nel pomeriggio.

Ben visibile attraverso la finestra dell’appartamento di Vera, la torre est, con la vasta sala del trono, sembra lontana e al tempo stesso vicina come non mai. Le ampie finestrature non lasciano intravedere alcun movimento al suo interno.
“Bravissime, è stato un successo completo!”, esulta Vera, seduta su una delle lussuose poltrone di raso del suo salotto,  con le sue seguaci tutt’attorno a lei. “Ormai ne sono certa, tutto si compierà entro domani”.
In piedi lungo le pareti, una decina di Nemesis ascoltano con attenzione le sue parole. Qualcuna indossa il lucido caschetto verde scuro dalla visiera iridescente che ormai completa la loro divisa.
La principessa inarca un sopracciglio verso Irenior, accomodatasi sul divano accanto a Pao. “A te, invece, avevo dato istruzioni ben diverse”.
La goccia si era ben preparata a quel rimprovero. “Intendi: di restare rintanata nel boschetto a far niente? E se qualcuno vi avesse chiesto dov'ero, cos'avreste risposto? Che ero troppo occupata a impersonare Elyon?”.
Paochaion propone: “O meglio: 'Son forse io la custode di mia sorella?'”, poi ridacchia soddisfatta della sua battuta, prima di accorgersi che è la sola.
Vera sbuffa infastidita per questa risposta. “E' che avresti potuto facilmente tradirti, anche solo coi pensieri. Le Nemesis hanno amuleti inseriti nel casco che impediscono di leggere loro il pensiero, ma tu no”.
“E allora danne uno anche a me!”, risponde Irenior senza perdere il buon umore. “Perché io non ho nessuna intenzione di essere l'unica esclusa dal grande evento senza una ragione”.
“Non saresti stata l'unica”, puntualizza Paochaion, “Non c'era neanche Carol. Anzi, vado a chiamarla”.
“Lascia perdere, Pao”, risponde la Grande Sorella, “Carol sta dormendo della grossa, e lo farà per tre giorni di fila”. Agli sguardi interrogativi, spiega: “Per tornare fra noi, ha promesso che non ci avrebbe ostacolate. Ma preferisco risparmiarle di assistere alla nostra ribellione a Elyon, perché sono certa che si sentirebbe combattuta. Questo è un momento nel quale non possiamo rischiare un suo ripensamento”.
“Il fatto compiuto”, rimugina Theresion, “Ormai ci siamo abituate”.
La nota di malumore con cui lo ha pronunciato non sfugge a Vera. “Cos’hai, Terry? Eppure oggi è stata una grande giornata anche per te. Il tuo lavoro ci ha aperto enormi possibilità. Quell’autogru è solo l’inizio”.
“E’ vero”, ammette la ragazza dagli occhi gialli, “Però quei portali di teletrasporto non mi vanno giù. Lo sai benissimo che non abbiamo abbastanza energia per alimentarli, se tutti li volessero usare”.
“Ah, per quello”, dice Vera con noncuranza, “Non preoccuparti, avremo tempo per pensarci con calma. Per ora, hanno svolto egregiamente la loro funzione”. Con un luccichio soddisfatto negli occhi, aggiunge tra sé: “Quando domani affronterò Elyon, nessuno a Meridian avrà dubbi su chi sia la buona, e chi la cattiva”.
 
 

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Capitolo 62
*** Il giorno della svolta ***


62-il giorno della svolta  
Ad personam:

Cara Atlantis Lux, grazie per la tua graditissima recensione.
La cosa più disastrosa che sarebbe potuto succedere in quel momento, a livello d'immagine, è che apparisse la vera Will a sbugiardare Wanda davanti a tutti. Ma come avrebbe potuto sapere cosa stava succedendo? Carol ha promesso di restare neutrale e ha i registratori di pensieri fissi ai lobi delle orecchie; per ulteriore precauzione, l'hanno pure addormentata.
Caleb ha ancora qualche libertà d'azione, ma non ha potuto venire a vedere la scena, la prima cosa che avrà pensato è che fosse una trappola per catturarlo. Inoltre lui non sa nemmeno che sulla Terra gli anni durano dodici mesi, quindi gli mancano le chiavi per capire l'urgenza di quanto sta avvenendo.
Vero che Irene è divertente? Aspetta di vedere cosa farà in questa puntata...

Un grazie anche a Kuruccha per le sue numerose recensioni sui capitoli arretrati. Ancora un piccolo sforzo, sei quasi alla pari!

Qualche parola su questo capitolo di svolta. Qui assisteremo a un'altra messinscena per ingannare il popolo di Meridian, e al tempo stesso cavalcare l'interpretazione che Vera dà alla profezia. Ma andrà tutto come ha previsto?
Per illustrare questo capitolo, ho deciso di scegliere la scena finale, il culmine del piano di Vera, al quale lei arriverà tutt'altro che in buone condizioni. Il serpentone è raccapricciante, mi fa quasi paura solo a guardarlo in faccia!

Buona lettura 
MaxT

 

PROFEZIE


Riassunto delle puntate precedenti 
Dopo un incontro misterioso con la Luce di Meridian, Vera ha convinto le Gocce a sostituirsi a Elyon a Meridian, impersonando la regina e le guardiane. 
A Meridian, la controfigura di Elyon e le finte guardiane esiliano Miriadel e Alborn, mentre Caleb sfugge alla cattura;  pur avendo assunto il potere, si 
rendono conto di non essere convincenti, e inventano la storia che le guardiane sono a palazzo per proteggere la Luce di Meridian da un complotto. 
A Heatherfield, Elyon spiega che quella che si sta realizzando è una sua profezia, che prevede che la tirannia duri un anno, che a Meridian dura diciotto mesi. Elyon è decisa a non tentare niente prima di questa scadenza.
Il nuovo piano di Vera prende rapidamente forma, basandosi sull'ambiguità del termine di un anno: prima simuleranno che Elyon diventi sempre più tirannica, screditandola, poi Vera, che ha comunque il rango di una principessa Escanor, la spodesterà dopo un anno terrestre di dodici mesi, facendo finire apparentemente la tirannia e realizzare la profezia; poi, dopo aver guadagnato il consenso della gente, si prepareranno per affrontare Elyon e  le Guardiane al loro ritorno dopo diciotto mesi, un anno di Meridian. 
Vera crea venti copie di Wanda, dette Nemesis, che avranno l'incarico di impersonare le guardiane, sollevando le gocce dal compito, e di sorvegliare la città restando invisibili o sotto falsa identità, o con l'aspetto di aquile. 
Come dal piano di Vera, le false Guardiane imprigionano Galgheitha e altri personaggi importanti, che potrebbero rendersi conto che la sempre più tirannica Regina e le Guardiane sono state impersonate da controfigure; la principessa Vera fa la parte della buona, facendo fuggire questi prigionieri dalla città.
Vera affida a Theresion l'incarico di realizzare un sistema di sorveglianza del sotterraneo basato sul contatto mentale con gli insetti che lo popolano, vincendo con i suoi sistemi l'aracnofobia della compagna.
Passano i mesi, e la situazione a Meridian si fa sempre più pesante. La falsa Elyon diventa sempre più tirannica e incoerente, isolandosi tra i mormoranti come già Phobos prima di lei, e perdendo ogni simpatia tra la popolazione, l'establishment e perfino l'esercito. La principessa Vera, per contro, finge di mitigare le conseguenze della follia della regina e delle Guardiane e si guadagna sempre più approvazione e credibilità nella città. Infine, si arriva allo scadere dei dodici mesi dall'arrivo delle Gocce e da quello che a molti appare come l'inizio della tirannia.

Cap.62

Il giorno della svolta






Meridian, palazzo dei veglianti, la mattina dopo

Mentre salgono con l’ascensore del Palazzo dei Veglianti, Vera alza lo sguardo. Sopra il cilindro di vetro monolitico che delimita il vano, un grande lucernario circolare diffonde il suo chiarore al centro dell’enorme edificio. Un giorno qualcuno in vena di facezie lo ha battezzato ‘l’occhio del cielo’, e da allora tutti lo hanno chiamato così.
Anche Paochaion e Theresion, accanto a lei, seguono il suo sguardo. Attraverso il grande oblò sopra di loro si intravedono plumbee nubi temporalesche che si alternano rapidamente ad altre bianche e iridescenti, inseguendosi in un balletto inquietante. E’ così fin da ieri pomeriggio.
Appena la piattaforma levitante si ferma al piano, un timido raggio di sole illumina il locale.
“Ma sei tu che…”, le chiede stupita Paochaion.
“E’ con il sole che voglio fare il mio ingresso, Pao”, le sussurra in risposta, poi si muove decisa verso il salone.

Il tappeto rosso, dritto e sottile. Il tavolone a ferro di cavallo. I consiglieri in piedi. Al di là del colonnato, le tribune del pubblico sono gremite da più di cento altri ascoltatori. Si avverte elettricità nell’aria.
“Ben arrivata, Principessa Vera”, la accoglie il capo consigliere Korgondor. Le sue parole sono accompagnare dagli inchini di tutti i presenti.
“Grazie. Sedetevi, vi prego”, dice Vera, girando attorno al tavolone per prendere il suo posto al vertice.
Resta in piedi, solenne, mentre inizia a parlare.
“Devo essere sincera con voi: ciò che sto per dirvi non è in nome della regina Elyon. In verità, sono molto preoccupata per lei. Innanzitutto, chiedo scusa se dovrò rivelare fatti che lei mi disse in confidenza molti mesi fa, ma credo che questi riguardino tutta la città”.
Studia gli sguardi dei consiglieri. Preoccupati. Impauriti. Interessati.
“Lei faticava molto ad adattarsi al suo ruolo nel nostro mondo. La differenza con la sua vita di ragazzina terrestre era troppo stridente, le responsabilità troppo pesanti, l’aspetto della gente troppo diverso. Si sentiva inadeguata, e talvolta temeva che la città si sarebbe presto sbarazzata di lei. Stava considerando di abdicare e tornare alla sua vita precedente, prima che… così temeva lei… la scacciassero in modo ignominioso”.
Vera fa una pausa ad effetto, studiando le reazioni dei consiglieri ai suoi lati, e del pubblico alle sue spalle. Non si sente volare neanche un kashipp, nota con soddisfazione.
“Quando Elyon espresse il suo proposito alle sue amiche guardiane, loro lo riferirono all’Oracolo di Kandrakar. Costui la convocò per dissuaderla; il Metamondo, disse, aveva un bisogno disperato della sua Luce. Le promise che le sue amiche guardiane sarebbero rimaste al suo fianco per incoraggiarla, consigliarla e proteggerla da ogni minaccia. Ma non lo faceva per l’interesse di questo mondo”.
Si interrompe di nuovo, guardando negli occhi i consiglieri, uno per uno. La luce che entra dalle finestre si fa, pian piano, sempre più grigia.
Un consigliere dalla pelata azzurrina alza la mano per domandare: “Altezza… potete chiarirci quali sono le finalità della Congrega di Kandrakar?”.
“Certamente, consigliere Kociop.  Kandrakar esiste per mantenere un qualche tipo di equilibrio tra i mondi, limitandone le interazioni secondo qualche loro criterio mai rivelatoci. Non si propone di portare la legalità nei mondi, né la pace o la giustizia. Questo l’ho appreso dalle stesse Guardiane”.
Un altro consigliere, facendosi coraggio, chiede: “Ma… il loro ruolo nella liberazione da Phobos non farebbe pensare tutt’altro?”.
“Verissimo. Però è interessante sapere che le cinque guardiane erano a scuola con Elyon, e ne erano diventate amiche, fin da molto tempo prima che lei sapesse chi era veramente. Può essere un caso?”.
Dopo una pausa a effetto, si risponde da sola: “Io dico di no. Per me, la cosa era accuratamente preparata da anni. E perché? Perché quello che loro chiamano Metamondo gioca un ruolo chiave per le loro finalità. Sia l’ultima discendente della dinastia Escanor, sia il nostro mondo nel suo insieme, sono depositari di poteri magici immensi. L’Oracolo temeva certamente che, senza il suo controllo, tutte queste forze avrebbero potuto creare un qualche squilibrio nell’universo”.  Vera tace di nuovo, scrutando i presenti. Fuori dalle finestre, le nuvole scure stanno nuovamente riprendendo il sopravvento, e la grande sala sta lentamente sprofondando nella penombra.
“Vi è chiaro, ora, perché l’Oracolo ha mandato le sue guardiane a combattere contro Phobos? Non per la libertà di Meridian, ma per mettere sul suo trono una sovrana che si fidasse ciecamente di lui”.
Qualche sommesso mormorio si alza dalle tribune del pubblico.
Vera riprende: “Dodici mesi fa, quando gli fu prospettata la possibilità che Elyon abdicasse, l’Oracolo vide nuovamente minacciati i suoi progetti. Da una parte non voleva perdere l’influenza su Meridian. Dall’altra non voleva che Elyon tornasse sulla Terra, con la possibilità che vi impiegasse la sua magia. Perciò fece trasferire qui le sue guardiane a tempo pieno, per convincerla a restare e, a loro dire, per proteggerla”.
Un altro consigliere obietta: “Ma risulta che davvero le Guardiane l’abbiano protetta da una rivolta”.
“Vero. Dopo la ribellione di un gruppo di guardie di palazzo vi fu un’epurazione. Molti furono incarcerati e poi esiliati. Poche settimane dopo, però, Elyon cominciò a sospettare che le guardiane avessero strumentalizzato, se non addirittura provocato, quell’episodio per aumentare la loro influenza. Forse cominciò perfino a temerle. Perciò decise di diventare più potente, in modo da riguadagnare la sua indipendenza”. Fa una pausa prima di scandire: “Io sono stata creata come una viceregina, con il suo stesso modello genetico, per sostituirla in tutte le sue mansioni pubbliche e lasciarla libera di approfondire i suoi studi di magia”. Mentre dice questo, per qualche secondo la luce dalle finestre torna a farsi più viva, poi a stanza torna a scurirsi.
“Ritirarsi così è stata una scelta sbagliata. Restando isolata, si è intristita sempre più”.
Vera è soddisfatta di sé: ha spiegato in modo plausibile la presenza delle Guardiane. Ora inizia la seconda parte.
Elyon fece una richiesta a Kandrakar: che le venissero restituiti i mormoranti creati da Phobos. Alcuni di questi giacevano ancora prigionieri della Torre delle Nebbie, la loro terribile prigione celeste. Dapprima l’Oracolo rifiutò sdegnosamente, poi dovette cedere quando Elyon minacciò di denunciare pubblicamente l’ingerenza delle Guardiane a tutta la città. Loro presero tempo, molto tempo. Forse cercarono di influenzare questi mormoranti, facendo credere loro che la condizione per essere liberati era che aiutassero le Guardiane a controllare i sempre più mutevoli umori di Elyon”.
Altra pausa. Un consigliere azzarda una domanda: “Ma tutto questo, Principessa, lo sapete per certo, o è …”.
“Una mia libera interpretazione, consigliere? Forse. Ma è comunque l’interpretazione di una che sa ben leggere i pensieri, e ha avuto undici mesi e cento occasioni per farlo”.
L’omino annuisce a disagio. Nessun dubbio sulla telepatia: la Principessa gli ha appena tolto le parole di bocca.
Vera riprende: “Invece, i Mormoranti hanno cominciato a influenzare mia sorella per delle finalità tutte loro. Probabilmente vorrebbero che si impieghi l’acqua magica per irrigare il giardino in cui vivono, e per creare altri come loro. E così, io credo che in più occasioni siano entrati in competizione con le Guardiane di Kandrakar per plagiare la mia povera sorella, sempre più debole e infelice. Lei, arenatasi nel suo proposito di approfondire lo studio della magia, ha preso ad annegare sempre più la sua infelicità nell’ozio e nel konnestras. Le guardiane, da parte loro, hanno cercato di riprendere la presa su di lei: le hanno prospettato scenari sempre più terribili di ribellioni e complotti dalle quali solo loro avrebbero potuto salvarla. E i risultati sono sotto gli occhi di tutti: il caos e la tirannia”. Breve pausa ad effetto. “Prima, nella mia attività di vice regina, mi scontravo spesso con gli ordini paranoici delle guardiane. Ma più di recente, anche i mormoranti hanno cominciato a imporsi per monopolizzare le risorse di energia magica della città, e impedirne…”.

D’improvviso, la doppia porta del salone si spalanca: al di là, un mormorante dalla pelle di foglia e lo sguardo di ghiaccio è alla testa di un drappello di spaventose sentinelle oscure. I loro piccoli occhi bianchi spiccano nella penombra del pianerottolo. Dal lucernario, il bagliore di un lampo disegna riflessi drammatici sulla scena.
Il tuono copre le esclamazioni di sorpresa che accompagnano l’ingresso di quegli esseri spaventosi.
Il mormorante calpesta il tappeto rosso fino ad arrivare fronte a fronte con Vera, separato solo dal tavolone. Non mormora, sibila: “Principessa Vera, la pazienza della Luce di Meridian si è esaurita. Siete in arresto!”. Poi, rivolto ai consiglieri: “E voialtri non provate neppure a mettervi in mezzo, viscidi vigliacchi!”.
Passa qualche secondo. Le parole del mormorante hanno cessato di rimbombare nella sala, ma non nelle menti dei consiglieri.
La principessa Vera lo ricambia con sdegno. “Come osi, ravanello ambulante? Non lo sai a chi stai parlando? Io sono la sorella della Luce di Meridian!”.
Il mormorante la squadra con disprezzo. “Una sorella? No, tu sei solo una sua creatura. Tu dovevi solo togliere a Sua Altezza il fastidio di stare dietro agli esseri disgustosi che abitano questa città, ma poi ti sei persa dietro ai tuoi progetti per loro. Noi invece sappiamo da che parte stare: dalla parte del vero potere”. Un lampo e un tuono sottolineano drammaticamente le sue parole.
“Quale vero potere?”, ribatte Vera, “Io ho gli stessi poteri innati di Elyon, niente di meno! Sei proprio sicuro di volermi affrontare?”.
“Quei mormoranti non hanno niente di umano!”, sbotta una voce defilata tra il pubblico.
In tutta risposta, il mormorante ghigna con disprezzo, poi si volta verso il drappello di sentinelle oscure, che sono rimaste immobili e impassibili alle sue spalle. “Arrestate lei, per l’intanto. Poi torneremo per questi altri vermi!”.
Mentre gli esseri massicci iniziano a farsi avanti minacciosi, un’ondata di paura e sgomento percorre la sala; qualcuno dei consiglieri, terrorizzato, è sul punto di buttarsi in ginocchio e implorare pietà.
Ma la principessa Vera non ha perso l’espressione risoluta. “Lo avete voluto voi!”, grida mentre protende le mani verso i suoi avversari. Da queste nasce una luminosità azzurrina che, in pochi istanti, si estende a tutto il suo corpo. Poi dai palmi si sprigionano una rapida serie di vampate, che avvolgono in rapida successione tutte le sentinelle oscure. Gli odiati esseri svaniscono tra grida raggelanti, lasciando sul pavimento solo qualcosa di simile ai resti inceneriti di grossi germogli.
Il mormorante, l’ultimo rimasto, grida: “Maledetta! Le guardiane ti faranno pagare…”.
Vera, sempre più decisa, protende le braccia verso di lui. “Le guardiane non mi fanno paura! E ora tocca a te!”. Un ultimo lampo dai palmi lo avvolge, facendolo ardere in un alone di fiamme e sgretolare.

Dopo di questo, la sala resta immersa in un silenzio surreale. Tutti i presenti guardano sgomenti le tracce di cenere e carbone sul pavimento, ultimi resti di quegli esseri che sembravano così potenti.
La principessa abbassa lentamente le braccia, e la luminosità azzurrina si ritrae lentamente dal suo corpo, verso le mani.
Appena l’ultimo lucore si è estinto, tutti i presenti cominciano a parlare assieme. “Avete visto?”. “E ora?”. “Ce la faranno pagare a tutti!”. “Lei potrà difenderci!”. “E’ potentissima!”. “E le guardiane?”. “E Elyon?”. “E’ diventata come Phobos”. “Ma forse…”.
Il capo consigliere si erge in tutta la sua altezza: “Silenzio! Silenzio! Per piacere, parliamo uno per volta!”. Deve constatare, però , che nessuno lo bada minimamente.
Ma quando la principessa Vera alza le braccia, ogni vocio si dissolve in un attimo.
“Cittadini di Meridian. Stimati consiglieri. Ciò che è appena successo non ha precedenti nella storia di questa città. Temo che siamo arrivati a un punto di non ritorno. Tra poco andrò a tentare un ultimo chiarimento con mia sorella Elyon. Cercherò di sottrarla all’influenza dei mormoranti e delle Guardiane per liberare la nostra città. Non so come andrà a finire, sono preparata al peggio. Però sappiate che, finché ci sarò io, nessuno di loro vi potrà più nuocere”.
Korgondor raddrizza la schiena: sente che non è più il momento di defilarsi. “Principessa Vera, siamo tutti con voi!”.
Tutt’attorno, i presenti cominciano a vociare tutti assieme. “Con voi!”. “Viva Vera”. “La nostra Principessa!”.
Il coro di voci continua a lungo a inneggiare a Vera,  fin anche dopo che lei è svanita dalla sala nell’ormai consueto baluginio.
Korgondor resta a guardare gli ultimi luccichii, combattuto tra il rimpianto per com’era una volta la Luce di Meridian e l’ammirazione per la nuova Principessa; tra la paura di un grande salto nel buio e la speranza di un cambiamento.
 

Meridian, sala del trono

Quando riappare dentro la sala del trono, Vera si guarda attorno. Bene: porta chiusa, nessuno sguardo indiscreto… Si porta lontano dalle grandi finestrature, dalle quali i lampi continuano a proiettare i loro bagliori sul Trono di Luce. “Ragazze, fatevi vedere!”.
Subito, tutt’attorno a sé si rivelano quindici Nemesis in divisa, tutte con gli sguardi soddisfatti. “Allora, siamo state brave?”.
“Bravissime!”, le complimenta con grandi pacche sulle spalle, “E io?”.
“Stupenda!”. “Un’eroina!”. “Se facessimo ora le elezioni, ci sarebbe solo Elyon a votare per sé”.
“E’ stato spaziale!”, esclama Paochaion, appena apparsa in un baluginio, “Avete recitato come attrici di professione!”
“E quegli effetti speciali, poi… E’ sembrato veramente che li avessi ridotti in cenere!”,  aggiunge Theresion, appena emersa dallo stesso alone della sua amica.
“Ah, Pao…”, fa una delle Nemesis con un tono di rimprovero, “Invece, tu sembravi proprio a teatro!”.
“Cosa?”, fa lei, presa in contropiede.
“Non hai mostrato paura o sorpresa neanche per un istante”, rincalza un’altra, “Sembravi quasi sul punto di applaudire a ogni battuta”.
“Stacci attenta, la prossima volta!”, ribadisce una terza. “Per fortuna i meridiani erano presi dalla scena, in quei momenti, se no…”.
Paochaion ci rimane male, richiudendosi in un silenzio imbronciato.

Bene”, riprende Vera, “Irene è pronta per il gran finale?”.
“Non si è mossa dal giardino”, risponde una delle Nemesis, “Andiamo in scena subito?”.
“Tra un paio d'ore”, risponde Vera, “Aspettiamo che la gente sappia cos’è successo al Palazzo dei Veglianti, e raccogliamo un po’ di spettatori”. Si volta verso la cinesina, ancora imbronciata. “Pao,  Terry, pensateci voi!”.
“Va bene”, acconsente Paochaion, ben decisa a riscattarsi. “Andiamo!”.
 

Meridian, ingresso del palazzo reale, due ore dopo

Dallo scalone esterno del palazzo, il cielo di Meridian si può osservare in tutta la sua drammaticità. Nubi grigio scuro sembrano lottare con altre nubi di un colore bianco iridescente, turbinando tra i lampi. Non piove, ma l’aria è elettrica, pervasa da un odore di ozono.
L’ufficiale tarchiato dalla pelle marrone arriva trafelato dalla città sottostante, salendo la grande rampa all’ingresso. Ha il fiato grosso: alla sua età, una corsa in salita è ai limiti delle sue possibilità fisiche.
Il portone è aperto, ma non c’è nessun soldato di piantone accanto ai battenti. Dall’interno, negli intervalli tra i tuoni, il cicaleccio arriva fin sullo scalone esterno. Ma cosa sta succedendo?

Appena entrato, vede una piccola folla raccolta attorno a due giovani donne variopinte.
Grida, con il poco fiato che gli resta: “Ma perché qui a palazzo… nessuno risponde ai miei tentativi… di contatto mentale?”.
I cinque soldati nell’atrio, con aria colpevole, lasciano il capannello e gli vengono di fronte scattando sull’attenti.
Lui li riconosce: tra tutti loro assieme, non fanno la capacità telepatica di un’anguria. Ma chi è l’incapace che ha stabilito i turni all’ingresso?
“Scusate, colonnello Tarkur”, dice il caporale, “Stavamo per venirvi a cercare: qui sta succedendo qualcosa”.
“Anche in città”, grugnisce, “Preannunciatemi alla Regina!”,
“Signore, non abbiamo il permesso di entrare nel giardino. Se invece volete essere ricevuto dalla principessa Vera, è nella sala del trono. Dobbiamo annunciarvi?”.
Il colonnello resta combattuto. Sono molti mesi che prende ordini da Vera, e si è sempre supposto che lei parlasse per la Regina, ma ora…

“Colonnello!”, lo chiama Lady Paochaion venendo verso di lui. “Lo sapete cos’è successo stamattina?”.
“Solo per sentito dire, signorina”, risponde questo. “Mi preoccupa soprattutto ciò che potrebbe accadere nelle prossime ore in città. C’è molta agitazione: centinaia di persone stanno scendendo nelle vie. Altri si sono serrati in casa. Tutti i negozi e le bancarelle stanno chiudendo in fretta. I miei uomini sono molto nervosi, e attendono ordini. E anch’io! Fatemi parlare con la Regina, quindi!”.
Si fa avanti Lady Theresion. “Colonnello, vi prego, usate il buon senso. La principessa Vera sta per tentare un chiarimento con lei. Lasciate che se la vedano tra loro, e pensate solo a impedire che venga sparso del sangue in città”.
Il colonnello aggrotta ancora di più le sue prominenti sopracciglia: nella sua educazione militare, il buon senso viene molto, molto dopo la linea gerarchica. “Io vado a parlare con la Regina, che lo vogliate o no!”.

Theresion lo guarda mentre scende lo scalone fino al piano inferiore, dove c’è l’uscita per il giardino. Lei sa già come finirà: il poveraccio sta andando a farsi prendere a calci nel didietro.
Mentre Pao continua a tenere banco raccontando gli avvenimenti recenti a sempre nuova gente che si raccoglie nell’atrio, lei osserva la scena dalla finestra.
Vede l’ufficiale uscire esitante, guardandosi intorno nel giardino che sembra deserto, finché due mormoranti emergono dalla corteccia degli alberi e gli si fanno incontro. Scintille minacciose sgorgano dai puntali dei loro bastoni elettrici. Dopo un breve scambio di battute ben facile da immaginare, il malcapitato torna indietro serrando i pugni per la rabbia.

Quando l’ufficiale risale le scale, lei gli chiede: “Convinto, colonnello?”.
Lui, in collera, non la degna di una risposta.
Terry insiste: “Se fossi in voi, raggiungerei i vostri soldati in città. Se dovessero scoppiare degli scontri e voi non foste lì a trattenerli, qualcuno potrebbe farsi male. Molto, molto male”.
Lui si morde il labbro, trattenendo una risposta lapidaria alla saccenteria di questa ragazzina. Però ricorda un lontano giorno di quattordici anni prima, in cui i selciati della città furono macchiati di sangue in circostanze molto simili a queste.

Nell’atrio sempre più pieno di gente, una nuova voce passa di bocca in bocca:  “La principessa!”.
Tutti gli sguardi si volgono verso lo scalone, dal quale Vera sta finalmente scendendo risoluta.
L’ufficiale si fa avanti.  “Altezza… Ho tentato di parlare con la Regina, ma è come se i mormoranti la tenessero prigioniera! Devo far venire qui delle truppe per…”.
“Aspetti, Colonnello”, gli risponde lei ad alta voce, in modo che tutti i presenti possano sentirla, “Vado a fare un ultimo tentativo di chiarire le cose con lei. Se qualche mormorante tenterà di impedirmelo, finirà presto di mormorare!”. Poi, dopo aver salutato con un cenno i presenti, continua a scendere lo scalone diretta verso il giardino.

Tutti i presenti osservano, attraverso le finestre, la Principessa camminare decisa verso il folto del giardino e gridare: “Elyon, sono Vera! Vieni fuori, e parliamo viso a viso!”.
Come prima, due mormoranti si distaccano dalla corteccia di alberi maestosi e le vengono incontro minacciosi, mentre scintillii accompagnati da un sommesso scoppiettio si producono dalle punte delle loro armi.
D’improvviso, altri due mormoranti sorgono da piante alle spalle della Principessa, e le si avvicinano furtivi da dietro.
“Attenta alle spalle”, risuona a più voci nelle sale, ma è tardi: i due esseri odiati le sono già addosso, afferrandola a sorpresa per le braccia e avvinghiandosi a lei.
Nessuno la vede fare alcun gesto, ma d’improvviso i due mormoranti vengono avvolti da vampate bianche; emettendo urla orrende, si consumano in un istante riducendosi a niente. Subito dopo lei protende le mani in avanti: un altro lampo, e i due armati vengono ridotti in cenere e fumo.
“Brava!”, grida con entusiasmo Theresion, sporgendosi coraggiosamente nel giardino. Qualche timoroso mormorio di approvazione si sente lungo il corridoio inferiore, mentre dai piani superiori, meno esposti, arrivano esclamazioni di entusiasmo più decise.

Tutte le voci si zittiscono di colpo, quando la Regina Elyon esce dal cuore del suo giardino.
Il suo vestito violetto, un po’ spiegazzato, è sporcato da degli aloni gialli e verdi, come se si fosse rotolata sui fiorellini di konnestras. Chi ha buona vista può notare vistose tracce gialle anche sui lobi del suo naso e sopra la bocca. Gli occhi lampeggiano follemente d’ira.
“Vera, traditrice! E’ così che vieni al mio cospetto?”, sbraita, evidentemente alterata, “Sei qui a sfidarmi, fiancheggiata dalla plebe? Hai incenerito i miei esseri eletti! Non sai quanta acqua magica mi costerà ricrearli?” .
L’altra cerca di assumere un atteggiamento conciliante, e scandisce con calma: “Elyon, parliamo. Ti sei resa conto di come sta degenerando la situazione in questi mesi?”.
“Degenerare? Sei tu che sei degenerata, Vera! Ti ho creata per togliermi un po’ di scocciature, e tu ti sei allargata sempre di più. Ti sei fatto amico tutto il popolino, i Veglianti, perfino i militari. Sei riuscita a farti amare da tutti loro. Contenta? Ma hai dimenticato il tuo vero scopo: servire me, non loro! La vera Meridian è la Luce, non è chi abita le quattro mura cadenti di questa città!”.
“Stai dicendo cose senza senso”, risponde Vera. “Sono stati i mormoranti a mettertele in testa, o le guardiane?”.
Elyon fa un ghigno cattivo. “Perché non glielo chiedi tu stessa?”.

Con un lampo accecante, le Guardiane di Kandrakar compaiono nel giardino alle spalle di Vera, che si volta a fronteggiarle.
La prima a colpire è quella dai capelli rossi. Traguarda la principessa col suo aggeggio fluttuante dai bagliori rosati, dal quale parte un lampo che la investe spingendola fin ai margini del bosco.
Mentre decine di spettatori trasalgono e gemono, le cinque aliene ridono sguaiatamente.

‘Lune sincrone, ma Wanda deve proprio colpire così forte?’, si chiede Vera districandosi dalle splendide foglie verde smeraldo di un cespuglio che, per l’occasione, ha scoperto essere assai spinoso. E pensare che è stata lei a darle il potere per farlo… Adesso dovrà ricambiare con gli interessi, decide guardando una manica lacerata del suo sontuoso vestito blu.
Ma prima che possa attuare qualcosa, è il turno di Cornelia, o Megan che dir si voglia, di colpire.
La guardiana è già chinata a toccare il terreno con le mani. Subito dopo,  i rami del cespuglietto si protendono verso Vera, spinosi come non mai, e la afferrano per un braccio, cercando di trarla a sé. Lei resiste, finché un rumore di strappo non rimarca che anche l’altra manica è completamente sbrindellata. Con un brivido, vede il suo avambraccio striato da graffi rosso vivo.
“Questa ve la metto in conto!”.
A questa battuta, le sue avversarie rinnovano le loro risate odiose.
Ora è Taranee a colpire con un ghigno soddisfatto, cominciando a scagliare sfere fiammeggianti.
‘Eh, no, non mi faccio arrostire!’, pensa Vera; a un suo gesto, tutte le sfere esplodono in aria molto prima di raggiungerla, spargendo fiammelle che si spengono rapidamente a contatto con l’erba umida.
A questo punto, messo in disparte il ghigno, le mani della guardiana sembrano avvolgersi di vampate di fiamme arancioni, mentre si prepara per colpire più forte.
Vera la previene: dalle sue mani sgorga un getto di finissima polvere da estintore biancazzurra che investe in pieno la sua avversaria, soffocando le fiamme e, per poco, anche la malcapitata.
Ora è Hay Lin a scendere in campo: a un suo gesto, si leva un vento fortissimo che ributta verso Vera il suo getto di polvere.
L’effetto non è proprio quello voluto: la nube biancazzurra turbina e si estende su tutto il campo di battaglia, dal quale si sentono provenire strilli e colpi di tosse strozzati.
Quando la povere si dirada, tutte e sei le protagoniste del duello sono bianche come statue, tossiscono e sputano poltiglia azzurra.
Poco distante Elyon, solo marginalmente sfiorata da quella buriana polverosa, si esibisce in un folle ghigno di sadico divertimento. “Ebbene, datele il colpo di grazia!”.
Le cinque, però, non sono nelle condizioni migliori. Cornelia, in particolare, non riesce a liberare le sue lunghe chiome impigliate in un cespuglio. “Uffa, ma perché queste cose nei fumetti non succedono mai?”, si lamenta la poverina soffiando polvere dal naso.
Vera è la prima a riprendersi: il suo corpo viene rapidamente percorso da aloni luminosi, che la rendono di nuovo pulita e in ordine.
Ma prima che possa colpire di nuovo, la guardiana dell’acqua riesce ad aprire gli occhi e fare un gesto come di richiamo verso il centro del giardino dove si trova il laghetto. Un attimo dopo, schizzando come uno tsunami, una massa d’acqua investe Vera da dietro, mandandola dritta distesa.
La Grande Sorella si alza in ginocchio dal suo letto di fango e poltiglia  azzurrina, masticando vendetta. Meglio lasciar perdere la polvere ABC, toglie troppa visibilità alla scena. Le cinque avversarie, ormai così impolverate da distinguersi a fatica tra loro, non stanno seguendo più il copione, e ormai neanche lei lo ricorda bene. Cosa veniva adesso… Non importa, tutto andrà bene. Le sue mani si fanno luminose mentre si prepara a colpire.
Ma Will la previene; con il Cuore di Kandrakar nuovamente luccicante in mano, la guardiana la investe con il suo lampo rosato, che la scaglia indietro di diversi metri.
La folle risata di Elyon accompagna il sempre più faticoso tentativo di Vera di rialzarsi.
Cornelia, nonostante i capelli ancora impigliati, è riuscita nuovamente a porre le sue mani a terra.
Subito dopo, l’erba cresce avvinghiandosi attorno alle braccia di Vera, che non riesce più a rimettersi in piedi.

‘Maledizione, queste si sono fatte prendere la mano! Se continuano così, mi ridicolizzeranno davanti a tutti!’. Una fiamma fredda le avvolge i polsi, incenerendo i viticci che la bloccavano.
Tende nuovamente le mani, che hanno ripreso la loro luminosità azzurrina, e colpisce le guardiane in successione, come birilli, sbattendole a terra. Qualche ciocca di capelli di Cornelia resta a sventolare tristemente sui rami spinosi del cespuglio, mentre la poverina si lamenta tentando di tirarsi su.
Solo Will fa in tempo a parare il colpo, facendosi scudo di una luce rosata, e tenta di contrattaccare... ma ad un tratto non vede più la sua avversaria. Dopo un attimo di esitazione, la guardiana decide di colpire esattamente dove ha visto Vera l’ultima volta; e infatti, un attimo dopo, ecco lì la principessa a gambe all’aria un’altra volta.
‘Così non va’, pensa Vera, svanendo in un alone. Chiaramente, il teletrasporto, l’invisibilità e l’influenza mentale sarebbero mosse chiave per vincere un duello del genere, ma questa volta loro devono fare una cosa coreografica a beneficio degli spettatori, non le solite operazioni occulte.
Un attimo dopo riappare, nuovamente pulita e ordinata, alle spalle della disorientata Will, e la colpisce da dietro, stendendola. Notando che il Cuore di Kandrakar le è sfuggito di mano,  usa la telecinesi per allontanarlo dall’avversaria.
Le altre guardiane, però, sono ad un passo da lei: Cornelia e Irma le saltano addosso, sbattendola a terra con grida selvagge.
‘Ma queste sono sceme! Stanno improvvisando, ormai!’, pensa lei mentre svanisce da sotto di loro per riapparire a qualche metro di distanza. Riflette rapidamente: inviare loro un messaggio telepatico significa rischiare che qualcuno dei presenti lo percepisca. Se toglie loro i poteri, rischia che si capisca in qualche modo, e impedirebbe di fare la loro sparizione finale. Resta solo da combattere, e combattere meglio di loro, sperando che una qualche lampadina si accenda nella loro testa dura.
A quel punto si accorge con disappunto che ha una parte del vestito a penzoloni, con uno strappo che le lascia vedere fin quasi al seno.  ‘Cavolo, che figura… davanti ai meridiani, poi!’.  Con un altro alone luminoso, il suo aspetto torna nuovamente ineccepibile.
Le Guardiane la studiano, minacciose, senza colpirla. Forse si sono rese conto che bisogna uscire da questo stallo.
O forse no. Taranee, d’improvviso, infiamma le mani, e due lingue di fuoco mancano per poco la testa di Vera, andando a infrangersi su un albero che inizia a bruciare.
“Il mio giardino!”, strilla istericamente Elyon, finora rimasta zitta in disparte ad assistere alla battaglia.
Una volta in più, Vera getta una sbuffata di polvere ABC verso le fronde in fiamme, spegnendole all’istante. Poi, approfittando di un attimo di confusione di Taranee, la punta con le mani. La guardiana inizia a vorticare finché non cade a terra stordita. Dopo di lei è il turno di Cornelia, quindi Will, Irma e… ma dov’è andata la Guardiana dell’Aria?
Quando la vede, è troppo tardi: Hay Lin sta svolazzando alle sue spalle e, a un suo gesto, è il turno di Vera di vorticare nell’aria. Dopo qualche secondo, il suo volo termina con una caduta sull’erba coperta di fanghiglia azzurra.
Mentre il mondo continua a girarle attorno, Vera è quasi presa dal panico: se restasse stordita non riuscirebbe più a usare i suoi poteri. La piega che la battaglia sta prendendo è sbagliata.
Dà un’occhiata storta alla Hay Lin ancora fluttuante, e la guardiana cade a terra come in un vuoto d’aria.
Prima che riesca a rialzarsi, Vera le punta contro le braccia e lascia partire l’incantesimo per teletrasportarla via. Ma sbaglia clamorosamente il colpo, facendo sparire un metro cubo di zolle accanto al suo bersaglio. Maledetto capogiro…
Mentre l’altra esita spaventata lei corregge il tiro, e questa volta è la Guardiana dell’Aria a svanire.
Si volta verso le altre, che si stanno faticosamente rialzando, alette e costumi stropicciati e scomposti.  Anche lei si tira in ginocchio sorreggendosi a una pianta, e punta le braccia contro la guardiana del Cuore. Dai suoi palmi sgorga un fascio di luce, ma anziché su Will si abbatte su Irma, che svanisce in un lampo.
‘Maledetto capogiro! Comunque fa lo stesso’, si dice Vera, sempre inginocchiata a terra. In rapida successione, il suo raggio colpisce dapprima uno sfortunato cespuglio che passava di là per caso, e finalmente le altre guardiane, che svaniscono con imprecazioni orribili in lingua terrestre.

'Non era esattamente così che doveva finire', sospira Vera boccheggiando per la nausea.
Volta lo sguardo verso Elyon, che ha assistito muta alla battaglia. La Reginetta sembra esterrefatta; si è resa conto che qualcosa non è andato com’era previsto.
A Vera viene male: e ora dovrebbe affrontare e sconfiggere anche lei? Eppure, se la Luce di Meridian non darà dimostrazione di qualche potere, la gente potrebbe davvero pensare che sia solo una qualche controfigura.
Vera si mette in piedi a fatica, barcollando come un’ubriaca. Recita qualche operazione mentale in modo fiacco e prende fiato, riuscendo solo a limitare un po’ il fastidiosissimo capogiro.

Dopo un lunghissimo silenzio Elyon, di nuovo fuori di sé, inizia a sbraitare: “Maledetta Vera! Hai sconfitto le Guardiane, ma non potrai farlo con la Luce di Meridian. Preparati a morire!”. Detto questo, il suo corpo viene percorso da aloni rossastri luminescenti, e lentamente si trasforma in una grande, orribile donna-serpente dalle braccia lunghe e adunche che sporgono per metà dalle maniche ormai lacerate.
Quando la trasformazione è completa, l’essere torreggia su Vera, che lo guarda boccheggiante e annichilita dal capogiro. Sibila forte: “Principesssa, presssto sssarai sssolo un ricordo molesssto!”.
L’essere mima il gesto di prepararsi a colpire, ma all’improvviso uno scintillio azzurrino avvolge il suo capo. Inizia a contorcersi, come preda di atroci spasmi, tenendosi la testa tra le enormi mani artigliate. “Nooo! Basssta! Cosssa mi ssstai facendo? Basssta!”.
Vera resta incredula davanti alla scena: lei non sta facendo proprio niente. Poi capisce: Irene le sta reggendo il gioco, come se fosse lei a colpire. Cerca di raddrizzarsi e assumere un aspetto sicuro. “Allora, Elyon, ne hai abbastanza?”.
“Sssì. Sssì. Sssmetti. Sssmetti, ti prego! Ti sssupplico, sssmetti!”.
“E sia!”, concede con tono magnanimo.
Dopo un istante, il serpentone smette di contorcersi, e giace ansante a terra per un po’. Un nuovo alone rimarca la sua lenta trasformazione nel corpo minuto della regina Elyon.

Ripreso l’aspetto umano, questa si alza in piedi, guardando truce a testa bassa la sua rivale.
“Hai vinto, Vera. Ma solo per adesso. Ora mi ritiro, il campo è tuo. Contenta? Non esserlo troppo. Tornerò, ci puoi giurare. Tornerò più potente che mai, per far pagare questo affronto a te e a tutte le lucertole che ti hanno sostenuta, e che ora mi credono sconfitta!”. Nota la Corona di Luce a terra, accanto ai suoi piedi, e la raccoglie. “Tieni anche questa. Ti servirà, quando sarai lassù a scaldare il trono col suo sedere”. La scaglia, facendola ruotare come un frisbee, contro la sua avversaria, che la riceve sul petto senza neppure tentare di afferrarla al volo.
“Goditi la tua vittoria, traditrice. Goditi il tuo trono, goditi il tuo regno. Ma sappi che non durerà!”. Detto questo, Elyon svanisce nel consueto baluginio del teletrasporto.

Per un attimo nel giardino regna il silenzio, incrinato solo da un leggero stormire di fronde.
Vera è incredula: è finito tutto nel miglior modo possibile.
“Vera!”, chiama Theresion dalla porta, “Hai vinto! Bravissima!”.
Alle sue spalle, si sente un coro di voci. “Brava!”. “Viva la Principessa Vera!”.
“Viva la Regina Vera”, aggiunge una voce da una finestra aperta, più in alto.
“Viva la nuova Luce di Meridian”, ripetono decine di persone, entrando festanti nel giardino non più proibito.
Quando Vera alza gli occhi, tutto riprende a girarle attorno più forte che mai.
Arrivatale vicino, Theresion raccoglie la corona ai suoi piedi e gliela porge. “Questa è tua, indossala!”.
“Grazie Terry”, boccheggia appoggiandosi alla sua spalla. “Ma non adesso. L’incoronazione è un atto ufficiale”.
Arriva anche Pao. “Bravissima, Vera”, le cinguetta abbracciandola.
Dietro di lei c’è anche Irenior. “Principessa, cosa mi dici?”.
Lei la stringe, e le sussurra piano a un orecchio: “Sei stata fantastica!”.
“Lo so bene”, annuisce l’altra orgogliosamente. Poi le prende il braccio, lo solleva in segno di trionfo e grida a squarciagola: “Viva la nuova Luce di Meridian!”.
“VIVA”, rispondono tutti a una voce, mentre lei barcolla e si affloscia a terra.
 

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Capitolo 63
*** Il racconto di un viaggiatore ***


63-Il racconto di un viaggiatore  
Ad personam:

Cara Atlantis Lux, grazie per la tua bella recensione, sulla quale conto sempre.  Non lo credevo all'inizio, ma questo capitolo è stato anche tanto divertente da scrivere. 
L'interesse dell'Oracolo inizialmente era limitato al recupero del Cuore di Kandrakar, ma presto avrà nuovi motivi per occuparsi di quello che sta succedendo a Meridian.
Cos'avranno fatto le WITCH nel frattempo? Probabilmente avranno avuto diverse avventure o disavventure, che però non fanno parte della trama di questo racconto già molto lungo. Si saprà che i servizi segreti si sono nuovamente interessati a loro, ma questa sarà un'altra storia, se troverò le idee buone per portarla a termine.

Cara Scarlettheart, che gioia sentirti! Mi dispiace per il tuo computer, al mio sono così affezionato...
Vedo con piacere che questo capitolo ha avuto un forte impatto emotivo. Comunque ci sono dei retroscena che non sono ancora stati svelati. 
Continua il conto alla rovescia per ciò che succederà allo scadere del diciottesimo mese.

Un grazie anche a Kuruccha per le sue numerose recensioni sui capitoli arretrati. Ancora un piccolo sforzo, sei quasi alla pari!

Qualche parola su questo capitolo. Ha inizio poco prima del finale del precedente, col quale ha una parziale sovrapposizione temporale. Qui assisteremo alle reazioni dei cittadini in quei drammatici momenti, viste attraverso un osservatore d'eccezione: Caleb, anche se irriconoscibile in un travestimento che non farebbe palpitare molti cuori. E infine vedremo le reazioni di Elyon e delle WITCH, che per molti mesi si sono sforzate di non pensare a quello che sta succedendo a Meridian prima della fatidica scadenza dei diciotto mesi, e solo ora si rendono conto di quale sia stato il piano perseguito con tenacia dalle loro antagoniste.

Buona lettura 
MaxT

 

PROFEZIE


Riassunto delle puntate precedenti 
Dopo un incontro misterioso con la Luce di Meridian, Vera ha convinto le Gocce a sostituirsi a Elyon a Meridian, impersonando la regina e le guardiane. 
A Meridian, la controfigura di Elyon e le finte guardiane esiliano Miriadel e Alborn, mentre Caleb sfugge alla cattura;  pur avendo assunto il potere, si 
rendono conto di non essere convincenti, e inventano la storia che le guardiane sono a palazzo per proteggere la Luce di Meridian da un complotto. 
A Heatherfield, Elyon spiega che quella che si sta realizzando è una sua profezia, che prevede che la tirannia duri un anno, che a Meridian dura diciotto mesi. Elyon è decisa a non tentare niente prima di questa scadenza.
Il nuovo piano di Vera prende rapidamente forma, basandosi sull'ambiguità del termine di un anno: prima simuleranno che Elyon diventi sempre più tirannica, screditandola, poi Vera, che ha comunque il rango di una principessa Escanor, la spodesterà dopo un anno terrestre di dodici mesi, facendo finire apparentemente la tirannia e realizzare la profezia; poi, dopo aver guadagnato il consenso della gente, si prepareranno per affrontare Elyon e  le Guardiane al loro ritorno dopo diciotto mesi, un anno di Meridian. 
Vera crea venti copie di Wanda, dette Nemesis, che avranno l'incarico di impersonare le guardiane, sollevando le gocce dal compito, e di sorvegliare la città restando invisibili o sotto falsa identità, o con l'aspetto di aquile. 
Come dal piano di Vera, le false Guardiane imprigionano Galgheitha e altri personaggi importanti, che potrebbero rendersi conto che la sempre più tirannica Regina e le Guardiane sono state impersonate da controfigure; la principessa Vera fa la parte della buona, facendo fuggire questi prigionieri dalla città.
Passano i mesi, e la situazione a Meridian si fa sempre più pesante. La falsa Elyon diventa sempre più tirannica e incoerente, isolandosi tra i mormoranti come già Phobos prima di lei, e perdendo ogni simpatia tra la popolazione, l'establishment e perfino l'esercito. La principessa Vera, per contro, finge di mitigare le conseguenze della follia della regina e delle Guardiane e si guadagna sempre più approvazione e credibilità nella città. Infine, si arriva allo scadere dei dodici mesi dall'arrivo delle Gocce e da quello che a molti appare come l'inizio della tirannia. La montatura arriva al suo culmine: Vera parla in consiglio criticando Elyon, poi affronta i falsi mormoranti, le false guardiane e infine Elyon, sconfiggendoli tutti e venendo proclamata Regina.

Cap.63

Il racconto di un viaggiatore






Meridian

Oggi sarebbe giorno di mercato a Meridian, ma non c’è più nessuna bancarella per le vie. 
L’atmosfera è elettrica, e non solo per i lampi: non si sente alcun cinguettio, né alcun gioco di bambini dagli androni. Attraverso le finestre dagli scuretti accostati e gli spiragli tra le tendine, si intuiscono gli sguardi degli abitanti intimiditi.
Neppure le grandi aquile osano avventurarsi in quel cielo da battaglia fra gli Dei: nubi plumbee e nubi iridescenti vorticano scambiandosi fulmini che non toccano mai terra. Eppure non accenna a piovere, e al suolo non si sente neppure un refolo di vento.
Le poche persone incontrate si stanno dirigendo frettolosamente verso le loro case; non danno peso a quello che sembra solo un contadino che trasporta a dorso una gerla di ortaggi.

Sbirciando da sotto il cappuccio calato sul viso tinto e barbuto, Caleb incontra i primi capannelli di coraggiosi solo quando è quasi giunto in piazza Due Lune.
Svoltato l’angolo, vede finalmente la piazza animata e nervosa. La testa calva e azzurrina di Vathek spicca al di sopra della folla.
Quando i loro sguardi s'incrociano, Caleb sente il suo messaggio pensato: ‘Zobig! Questa situazione è un casino, mi ricorda quella volta che…’.
‘Dopo!’, gli trasmette, interrompendo quel contatto pericoloso. Qui sono esposti; anche usando una falsa identità, il rischio di essere individuato dai pensieri è troppo alto.
Si guarda attorno con attenzione.
Tre grossi drappelli di Genieri di Mitlar chiudono l’accesso alle vie che portano verso il palazzo; si intuiscono le mani serrate nervosamente sulle armi e il tentativo di nascondere la loro incertezza.
Al centro della piazza spiccano due strutture di pietra bianca simili a grandi porte aperte sul nulla. Due giorni fa non c’erano, ma ciò non basta più per stupirlo.

Caleb si accosta prudentemente a un capannello, ascoltando i discorsi senza intervenire.
Un signore calvo e distinto sta raccontando: “…Poi è diventata tutta luminosa, ha teso le braccia e… zaap, zaaap, li ha ridotti tutti in cenere!”.
“Ma li avrà davvero mandati la Regina?”, chiede un piccoletto dagli occhi sporgenti.
“Lo hanno detto chiaro: ‘La Luce di Meridian ha perso la pazienza’ ”, risponde un terzo, anziano e ossuto.
“E tu credi alle parole di un mormorante?”.

D’improvviso, una finestra si spalanca proprio sopra il gruppetto; una donna anziana dal viso paffuto si sporge e grida: “La Principessa Vera ha sconfitto le Guardiane! Sta sfidando la Regina!”.
Mille sguardi si puntano su di lei.
Un brusio percorre la folla.  “Larnal, una telepate di alto livello”, sussurra il signore calvo. “Dev’essere in contatto con qualcuno a palazzo”.
Chiusi gli occhi, la donna si stringe la testa fra le nocche, come per spremerla.
Un silenzio carico d’attesa cala sulla piazza per un lungo, lunghissimo minuto, punteggiato solo da qualche colpo di tosse soffocato e da deboli rumori metallici provenienti dal drappello militare più vicino.
La donna riapre gli occhi. “Ha vinto Vera!”, scandisce meravigliata. Con un gesto, fa tacere i vocii della folla ancora un attimo, poi aggiunge: “Se n’è andata!!! Elyon ha buttato la corona, e se n’è andata via!!!”.
Un mormorio incredulo percorre la piazza.
Il primo timido “Evviva” risuona, rompendo un tabù. Un attimo dopo, una tempesta di “Finalmente!!!”, “Siamo liberi!”, “Abbasso le Guardiane” gli fa eco, finché la piazza echeggia di parole impronunciabili fino a poco prima.
Quando la donna, con gli occhi persi nel vuoto,  grida ancora: “La principessa Vera è acclamata Regina! E’ la nuova Luce di Meridian!!!”, solo gli astanti più vicini la sentono, e cominciano a ripeterlo entusiasticamente finché, di bocca in bocca, la voce si diffonde in tutta la piazza.

Alzando gli occhi al cielo, Caleb vede che le nubi hanno smesso di vorticare e si stanno schiarendo.
Dapprima la luce del sole pomeridiano filtra da sudovest, creando sottili raggi che si protendono verso il palazzo reale come le dita di qualche Dio benevolo.  Poi le nuvole si aprono completamente, e per qualche minuto il castello rifulge in piena luce contro il cielo ancora tempestoso;  infine, la schiarita si estende rapidamente su tutta la città in festa.
Mentre i drappelli di soldati si ritirano dalla piazza alla chetichella, molte finestre e porte si spalancano, una a una, e cento voci inneggiano alla nuova Luce di Meridian.
‘Dunque, è questo che avevano in testa!’, pensa Caleb.
Poi nota l’ombra di un’aquila percorrere la facciata della casa di fronte.
Trattenendo ogni pensiero compromettente, si sistema meglio il cappuccio sul viso truccato e si incammina verso Meridian bassa.

Sussulta quando un uomo mai visto lo prende per un braccio.  “Dove vai, fratello?!? Dobbiamo festeggiare! Finalmente siamo liberi!!!”.
Caleb svincola con un cortese: “Se così vogliono gli Dèi”, e continua a camminare controcorrente tra la folla incredula e festante.
Cerca di mascherare il suo disappunto mentre allunga il passo verso la periferia: fa rabbia che questo grande momento di gioia collettiva sia causato da una bugia senza precedenti.
‘Quella Vera l’ha data da bere a tutta Meridian. Devo riferirlo immediatamente alla vera Elyon’.
 

Heatherfield, casa Portrait

Appena riapparso, Caleb si guarda attorno: buio, buio pesto.
Dopo qualche istante gli occhi cominciano ad adattarsi, e individua le sottili striature di luce dei lampioni che filtrano sotto le saracinesche del soggiorno.
Ben memore del suo primo goffo arrivo in cantina, Caleb si muove con prudenza verso il corridoio, dove ricorda un interruttore.
Sentendo un fruscio dietro di sé, si volta di scatto. Ne segue un rumore di strisciamento, poi un forte tonfo e un agghiacciante schianto di vetri.
Maledetta gerla!!!

La luce elettrica si accende immediatamente, abbagliandolo.
“Mani in alto! Fermo o sparo!” intima la voce tonante di Thomas Portrait dall’altro capo della sala.
Quando torna a vedere, il giovane scopre di avere puntata addosso una pistola. “Ehi, comandante, sono io, Caleb! Abbassi quell’arma!”.
“Caleb!”, ripete con meraviglia Eleanor, rivelatasi accanto a suo marito. “Ma… ma come ti sei conciato?”.
“Non ho fatto in tempo a cambiarmi”, risponde sfilandosi la gerla assassina dalle spalle.
La donna fa un sorriso sarcastico venendo verso di lui. “Molto gentile a portarci la verdura fresca del nostro mondo, ma non è ora di colazione, da queste parti”. Poi, appena girato attorno al divano, stringe i denti vedendo i resti della vetrinetta schiantata a terra. Si rivolge a Thomas: “Caro, che ne dici di far sparire il cannone? Poi ti devo dire una cosa”.
L’uomo ripone l’arma in tasca, poi la segue.
Resta gelato quando il disastro gli appare davanti in tutta la sua desolante gravità.
“I miei modellini!”, esala a denti stretti, “Caleb, sei un distruttore!”.
“Li riparerai domani, tesoro”, gli dice suadente la moglie, prendendolo amorevolmente a braccetto e sfilandogli la pistola dalla tasca, a scanso di tentazioni insane.
Lui si svincola, raccogliendo costernato i resti della vetrinetta. “Che disastro! Il mio Sherman! Il Tiger!”, si lamenta sollevando sconsolato da terra la torretta di un piccolo carro armato.
“Sono sicura che Elyon ti aiuterà, caro! Torneranno meglio di prima, vedrai!”. Poi va verso la cucina. “Vi va un caffè? O un tè?”.
Il giovane scuote il capo. “Scusate il disastro. Scusate l’orario. Ma se sono apparso qui, è per un motivo gravissimo!”.

In cima alle scale appare Elyon, in un pigiamino azzurro con un ritratto di Winnie Pooh che sorride sul petto. “Caleb, tesoro, sei proprio tu?”. Gli viene incontro ciabattando di corsa, rischiando quasi di ruzzolare per le scale. “Che cos’è successo?”.
“Elyon, non so come dirtelo… poco fa, a Meridian si è sparsa la voce che Vera ha affrontato i Mormoranti, le Guardiane e anche te, che vi ha sconfitti tutti, e ora è stata proclamata regina”.
Segue un istante di stupore collettivo, cui mette fine il secondo schianto a terra della vetrinetta.
“Cosa?”, tuona Thomas allibito, in piedi in mezzo ai frammenti.
“Co…co… cosa?”, fa eco Elyon.
Miriadel, rimasta congelata sulla porta della cucina, si riscuote. “Calma, calma!”, ripete completamente scossa, “Calma, adesso raccontaci tutto con calma!”.

Qualche minuto dopo, quando Caleb ha completato il suo racconto seduto al tavolo della cucina, si sono già contati sette ‘Calma!’ di Eleanor, sette tra ‘Perché?’ e ‘Ma perché?’ di Elyon e quattro ‘Se ci fossi stato io!’ , invariabilmente accompagnati dall’agitarsi di pugni serrati, di Thomas.
“Dobbiamo intervenire subito!”, propone lui, sempre serrando i pugni. “Andrò a Meridian, e userò tutta la mia influenza per convincere i capi militari…”.
“Calma, calma!”, ripete Eleanor. “E’ inutile. E poi, potrebbe essere il peggior momento possibile!”.
“ ‘Calma, calma!’ Non sai dire altro?”, tuona Thomas battendo il pugno sul tavolo. “Se i militari le giureranno fedeltà, dopo sarà troppo tardi per far loro cambiare idea!”.
Sforzandosi di non ripetere il ritornello, Eleanor scandisce: “Vera ha preparato questa farsa con cura. E’ impossibile che non abbia previsto una mossa così scontata in un momento così scontato. Andresti solo a farti catturare. Anche se non avranno più i costumini da guardiane, le Gocce sono ancora lì”.
Thomas sbuffa, appoggiando sul tavolo i pugni serrati. “E allora cosa proponi?”.
“Dobbiamo procurarci molte più informazioni, prima di decidere”.
“E quindi?”.
“E quindi, andrò io a Meridian a dare un’occhiata”.
“Bell’idea, Miriadel!”, sbotta ironico lui. “Spiegami perché se ci vado io mi prendono subito, e se ci vai tu deve andare tutto liscio!”.
“Uno”, enumera lei, “Perché tu partiresti subito con una mossa scontata. Due, perché io ero tra i migliori agenti segreti prima che Phobos salisse al trono. Quante donne ricevono il grado di capitano a ventisei anni?”.
“E quanti uomini il grado di colonnello a trentaquattro?”, risponde lui piccato.
“Basta!”, interrompe l’irriconoscibile Caleb. “Andrò io! Sono abituato a muovermi lì in incognito”. Allarga le braccia: “Guardate, sono già travestito! Posso tornare lì nel tempo che starei a dire ‘ciao’!”.
“No!”, dice Elyon, alzandosi in piedi, finalmente uscita dal suo stato di stupore. “C’è un modo meno rischioso per sapere!”.
 

Heatherfield, casa Hale

‘Aiuto, Corny!’, la chiama una voce dalle tenebre.
La ragazza porge il braccio verso quel nulla, gridando: “Ellie, dove sei?”. Poi una luce accecante l’abbaglia.

“Cornelia… Cornelia, svegliati!”.
Quando la ragazza spalanca gli occhi, accanto a lei c’è sua madre che la scrolla delicatamente per una spalla. “Tranquilla, tesoro, è solo un sogno”.
“Elyon…  un sogno”, ripete Cornelia confusa, tirandosi su dal letto. “Solo un sogno… “, sospira sollevata.
Sbarra gli occhi: nella testa, la voce di Elyon le ripete: ‘Corny cara, scusami. Ho bisogno del tuo aiuto’.  E’ il sogno che continua? No, questo è un messaggio!
“E’ tutto a posto, mamma. Scusami, torna pure a letto”.
“Sicura?”. Elizabeth la squadra. “Aspetta, ti preparo una tisana”.
“No, grazie”, si schermisce, “Voglio tornare subito a dormire”.
“Come preferisci”, risponde la madre. “Buona notte”.

Rimasta sola nella stanza semibuia, la ragazza si concentra.
‘Ellie? Sono Corny. Mi senti?’.
‘Ciao, Corny cara. Non so come scusarmi, ma ho un’emergenza!’.
‘Emergenza? Come stai?’.
‘Ho bisogno di usare quel coso simile a uno specchio che avete nella cantina del Ye Olde Bookshop’.
‘Il portale? Proprio  ora? Per me è sì, Ellie, ma prima devo sentire Will. E ora…’.
‘Grazie, cara. La sentirò io’.
 

Heatherfield, Ye Olde Bookshop

Quando il quarto lampo si è esaurito, anche Irma, col suo bel costume da guardiana, si unisce alle amiche con uno sbadiglio leonino. “Ciao, ragazze!”. Si guarda attorno: Will sta armeggiando con bicchierini e piattini di plastica sporchi, tentando di mettere una parvenza d'ordine nel seminterrato; Hay Lin è seduta al tavolo sostenendosi la testa con le mani, e Cornelia passeggia avanti e indietro con evidente nervosismo.
Anche Irma si accascia su un’alta sedia finto-antica. “Tara non c’è? E’ stata lei a strapparmi dal mio bel sogno, e ora…”.
Will scuote il viso. “Non verrà, domani ha un’interrogazione di francese”.
“Anch’io. Eppure sono qui”.
Lottando per far stare gli ultimi piattini nel sacco per la spazzatura già troppo pieno, Will rassicura: “E’ pronta a venire in un attimo, se dovesse essere indispensabile”. Preferisce non riportare per intero la risposta della Guardiana del Fuoco: per lei Elyon può anche andare a quel paese, anche se non è chiaro se si riferisse a Meridian o a che altro posto.
Poi si concentra: ‘Ellie, ora puoi venire’.

Un attimo dopo, prendono forma Elyon, i genitori, e uno sconosciuto vestito con un saio.
“Ciao ragazze!”. “Buonasera”. “Scusate il disturbo”.
Alla vista dell’alieno dalla pelle verde e la barba quadrata, le guardiane rimangono sorprese.
“Ma chi è?”, chiede Hay Lin.
“Non mi riconosci?”, risponde questo, “Sono Caleb!”.
“Caleb! Che forte questo costume da mostro!”, esclama Irma, allungando la mano verso la barba posticcia. “E questa?”.
“Ehi, non disfarmi il travestimento!”, l'apostrofa lui con un gesto protettivo, “E’ il mio salvacondotto per Meridian. E poi, non è da mostro, è da normalissimo contadino”.
Elyon spiega: “Caleb detesta usare la magia per cambiare aspetto, e si arrangia con parrucche e tinture”.
“Sedetevi, prego”, invita Will con un gesto verso le sedie dall’alto schienale.

Quando tutti hanno preso posto attorno al tavolone, aggiunge: “E adesso spiegateci: perché tanta urgenza?”.
Caleb racconta: “Poco fa, a Meridian si è diffusa una notizia: che la principessa Vera ha affrontato i mormoranti, le Guardiane e la stessa Elyon, e le ha sconfitte. Ora è acclamata Regina”.
Un attimo di stupore accoglie le sue parole.
“Come, le guardiane?”, chiede Hay Lin.
“Le false Guardiane”, puntualizza Cornelia, defilata a lato di Thomas per evitare lo sguardo di Caleb. “Le nostre gocce”.
“Ma non erano dalla sua parte?”, chiede Irma spalancando gli occhioni.
“Non capite?”, sbotta Caleb, “Vera ha fatto passare le false Guardiane e la falsa Elyon per tiranni, e sé stessa come liberatrice”.
“…Ma che pulzella!”, esclama Irma appena questa verità si è fatta breccia nel suo comprendonio notturno.
“Ma chi era quella falsa Elyon, allora?”, chiede Will.
La reginetta interrompe con impazienza il momento di stupore, alzandosi in piedi come per parlare a un’assemblea. “Vi prego: dobbiamo osservare cosa sta succedendo a Meridian per decidere se intervenire subito o aspettare. E l’unico mezzo per non fare un salto nel buio è il vostro… come lo chiamate? Lo specchio magico?”.
“Il portale”, puntualizza Will. “Va bene, cominciamo subito. Vi raccomando di non parlare. Soprattutto quando viene visualizzata Vera, o lei ci sentirà”.

Un attimo dopo, tutti hanno preso posizione in piedi davanti allo specchio, le guardiane disposte ai lati per non intralciare la visuale con le alette.
“Pensate a Vera”, invita Will, mentre una luminosità azzurrina comincia già a riflettersi sul suo viso.

Lo schermo esagonale comincia a essere percorso da onde argentee che cambiano più volte direzione, poi appaiono le prime immagini. Dapprima incomprensibili, poi mettono a fuoco quella che sembra la suola di uno stivale. L’inquadratura si muove; uno scorcio di soffitto azzurro e oro si intravede tra quelle che sembra una selva di persone, prese dall’infelice prospettiva di una formica.
Poi il punto di vista sale rapidamente al disopra di una cortina di schiene e di nuche.
Finalmente, al centro dell’immagine appare Vera.
E’ in piedi davanti al trono, alla sommità della pedana, trionfante ed esausta. Davanti e attorno a lei, un pubblico dall’aspetto variegato si scambia sguardi guardinghi e incerti. Sembrano persone importanti, riunite lì in tutta fretta. Si vedono anche parecchi ufficiali e, dietro, un picchetto di soldati ancora con le divise ordinarie.
Vera alza le braccia, attirando tutta l’attenzione su di sé, e ogni debole cicaleccio tace.
“Autorevoli Veglianti, rappresentanti dell’amato popolo di Meridian. Signori ufficiali e funzionari. Sapete già cos’è accaduto poco fa. Capisco il vostro disagio: nessuno di noi si augurava di dover arrivare a questo punto”. Tace un attimo, studiando le reazioni alle sue parole, poi riprende: “E capisco anche la vostra paura. Sapete già che Elyon ha promesso di tornare a vendicarsi, e non solo di me. E’ probabile che avrà nuovamente al suo fianco le Guardiane di Kandrakar. Potrebbero farlo tra un anno, tra un mese, tra un minuto”. Tace di nuovo: la preoccupazione nell’aria è più palpabile che mai. “Per questo vi ho convocati con tanta urgenza: io ho bisogno della forza per potervi garantire che saprò difendervi da questa minaccia. Questa forza mi può arrivare dalla Corona di Luce, che concede i suoi pieni poteri solo alle regine legittimamente incoronate”.
La fa apparire nella mano e la solleva sopra di sé, mostrandola a tutti. Un sommesso mormoro percorre la sala.
Poi la abbassa. “Capisco il vostro dubbio: in passato, è sempre stata la Luce di Meridian a designare la sua erede. Ma anche questa volta è così: un attimo prima di sparire, mia sorella Elyon ha riconosciuto la mia vittoria e ha detto chiaramente che io sono la nuova Regina, salvo tornare a vendicarsi. Questo lo potete chiedere a qualunque dei numerosi testimoni”.

L’attenzione di Cornelia è richiamata da un gesto di Elyon.  Il riflesso azzurrino rimarca il pallore cadaverico della ex-regina, che si copre il viso trattenendo chi sa quali proteste verso colei che l’ha definita ‘mia sorella’.

Nella sala, i veglianti si scambiano sguardi e timidi accenni di consenso.
Quello che sembra il loro capo si fa avanti. “Altezza, il Consiglio acconsente a nominarvi nuova Luce di Meridian”.
Un largo sorriso trionfale illumina il viso di Vera. “Grazie, signori. Avete preso la decisione migliore”.
“Però”, continua l’uomo, “Devo confessare di essere del tutto impreparato sul cerimoniale”.
“Non importa, capo consigliere Korgondor. L’importante è la sostanza”. Accenna a porgergli la corona che tiene in mano.
L’uomo si avvicina, cercando di dimostrarsi solenne, e la prende con riverenza. Poi si pone a lato di Vera, tenendo ben in vista davanti a sé quel simbolo di regalità.
“Principessa Vera, ci potete garantire di avere tutti i requisiti per accedere al Trono di Luce?”.
“Sì, lo garantisco. Ho lo stesso sangue di mia sorella Elyon, gli stessi poteri, e la stessa capacità di trasmetterli alla mia discendenza”.
Korgondor si schiarisce la voce, poi scandisce: “Siete disposta ad accettare il fardello della Corona di Luce, con tutte le responsabilità e gli obblighi che comporta?”.
“Sì, lo sono”.
Alza la corona sopra di lei. “Principessa Vera Escanor, io vi incorono come ottava Luce di Meridian. Possiate vivere a lungo come le vostre antenate. Possiate governare la vostra città e l’intero mondo perpetuando la millenaria tradizione di pace, giustizia e verità della Vostra Dinastia”. Lentamente le cala sul capo la Corona di Luce, poi si inginocchia al suo fianco.
Subito dopo, un applauso corale si leva nella sala.
Una giovane donna dalla pelle verdazzurra si improvvisa cheerleader, e grida: “Vai forte, Vera! Viva la nuova Luce di Meridian!”.
“Viva Vera!”, ripete entusiasticamente una ragazza dalla pelle azzurrina e dai tratti asiatici.

Davanti allo specchio, Irma scambia uno sguardo sbalordito con Hay Lin, e capisce che anche l’altra si è riconosciuta nelle due esagitate che stanno acclamando la grande usurpatrice.
Con un cenno, Will richiama nuovamente la loro attenzione sullo schermo.

Quando Vera alza nuovamente le braccia, il silenzio torna nuovamente nella sala del trono.
“Grazie. Grazie a tutti voi. Voglio dire ancora una cosa, e vi prego di riportarla al popolo di Meridian. Ho riflettuto sul significato di questo giorno, e su una profezia che la stessa Elyon formulò prima di essere plagiata dalle Guardiane. Lei aveva previsto che tutte loro sarebbero state protagoniste di una tirannia della durata di un anno. Eppure sono passati solo dodici mesi dal giorno in cui le serve di Kandrakar hanno gettato le loro ombre su Meridian.  Come mai? Forse ora ho una risposta: lei aveva vissuto quasi tutta la sua vita sulla Terra, dove gli anni durano dodici mesi. In quel mondo è passato esattamente un anno da quel giorno infausto, quindi la profezia si è compiuta con oggi”. Tace un attimo, sempre scrutando le reazioni degli astanti, poi riprende: “Comunque sia, la nostra città è nuovamente libera, e io farò di tutto perché lo rimanga”. Il suo viso prende una piega di rammarico: “Purtroppo non ho alcun modo per proteggere mia sorella dall’influenza di quelle perfide Guardiane di Kandrakar, causa della sua rovina. Ormai questa…”.

“Ma sentitela!”, sbotta Irma al culmine della stizza.
Will le fa gesto di tacere, ma è troppo tardi: nello specchio, gli occhi di Vera si volgono con disappunto verso di loro, poi l’immagine si dissolve in un turbine di onde argentee.
“Il solito genio”, sbotta Cornelia alla sua compagna.
“Ma la volete piantare?”, le interrompe Will. “Adesso, pensate di nuovo a Vera!”.
Il nuovo tentativo non ha alcun successo: sullo schermo ormai appaiono solo ondulazioni concentriche.
“Niente!”, conclude dopo qualche secondo, lanciando uno sguardo severo alla Guardiana dell’Acqua. “Irma, è la seconda volta che…”.
Irma avvampa. “Ma c’è un limite alle castronerie che una può sopportare! Le perfide guardiane… le serve di Kandrakar… le loro ombre su Meridian… Mai sentite tante ******* tutte assieme! Se ci fosse stata Taranee, ora sentireste odore di testa coronata bruciacchiata!”.
“Ma non capisci? E’ molto peggio!”, la apostrofa Cornelia. Si porta accanto a Elyon prendendole una mano: la ex-reginetta è rimasta annichilita con lo sguardo fisso e perso nelle onde del portale, piccola e curva come non mai. “Ellie si preparava a tornare per mettere le cose a posto tra altri sei mesi. Ma se l’interpretazione di Vera fosse quella giusta, la profezia si sarebbe compiuta con oggi, la liberatrice sarebbe lei, e Elyon sarebbe chiusa fuori, screditata e senza prospettive!”.
Le altre guardiane restano un attimo perplesse, cercando di capire meglio quel ragionamento così poco familiare.
Poi Will chiede: “Elyon, qual’è l’interpretazione giusta, dunque?”.
“Io… io non lo so. Dovrò trarre gli auspici…”.
“Come non lo sai?!?”, incalza Irma, “La hai fatta tu questa profezia, o no? Sapevi almeno cosa volevi dire?”.
Elyon non parla più, persa in pensieri che non riesce ad esprimere.
E’ Eleanor a rispondere al suo posto. “Secondo la credenza consolidata, una profezia della Luce di Meridian è infallibile, ma l’interpretazione non lo è”.
Dopo un attimo di silenzio costernato, Will chiede: “Cosa possiamo fare ora?”.
Eleanor stringe  a sé Elyon. “Per ora nient’altro, avete già fatto molto. Dobbiamo valutare con calma tutti gli scenari prima di fare qualsiasi mossa”.

Dopo che i loro ospiti sono svaniti, le W.I.T.C.H.  si guardano negli occhi.
“Qualche commento?”, chiede Will, mentre il portale le crea giochi di luci azzurrine sui capelli.
Cornelia si è seduta tutta contratta. “Non ho mai visto Elyon così spiazzata”.
“Lo credo!”, esclama Irma, “Non solo si è fatta fregare dalla sua goccia, ma ci ha messo un anno intero per capirlo!”.
Hay Lin sospira, la testa a ciondoloni e gli occhietti ridotti a fessure. “Ragazze, c’è ancora bisogno della mia presenza qui?”.
“Vai pure”, risponde Will. “Ci rivedremo a scuola”.
“Vado anch’io”, dice Irma, “Je spere que le verifique du francaise serà buonne. Au revoir!”, aggiunge svanendo in un lampo assieme alla cinesina.
Buonne?”. Cornelia scuote il viso. “Se lo ripeterà così alla prof, le verifique serà une schifesse memorable!”.

Poco dopo, rimasta sola, Will torna a fissare lo sguardo sullo sfarfallio del portale. Da brava Custode del Cuore, ha ancora un dovere da svolgere prima di ritirarsi.
Si concentra brevemente, pensando a un uomo calvo dal viso ieratico, seduto nel candore di un luogo nel centro esatto dell’universo.
 

Heatherfield, casa Portrait

“Dobbiamo sapere subito qual’ è l’interpretazione giusta di questa maledetta profezia!”, tuona Thomas, battendo il pugno sul tavolo della cucina, che protesta con un tenue tintinnio di posate dal cassetto. “Se quella di Vera è giusta, possiamo agire solo adesso, o mai più!”.
“Come vorresti fare?”, gli chiede scettica Eleanor, esitando davanti al pentolino di acqua bollente già sul fornello: è meglio preparare caffè per tutti, o camomilla?
Elyon solleva il viso, cercando di scuotersi dal suo stato quasi catatonico.  “Trarrò gli auspici secondo gli antichi rituali”. Si alza, dirigendosi verso le scale. “Vado in camera mia. Non interrompetemi, per un po’ ”. Esita un attimo sul primo gradino, poi si volta a chiedere: “Per caso, qualcuno ha cinquanta cents?”.
 

Heatherfield, casa Hale

Per l’ennesima volta, Cornelia si rivolta nel letto. Non riesce a dormire, sebbene sia stanchissima: qualcosa le brucia dentro. Un pensiero si è lentamente impadronito di lei e torna e ritorna, torna e ritorna, sempre uguale e ossessivo.
Caleb. Prima lo ha ignorato con intenzione, grata che il travestimento glielo rendesse quasi irriconoscibile. Lo ha trattato come una pianta, come un niente di niente, evitando gli sguardi che avrebbe dovuto ricambiare, ignorando le frasi alle quali avrebbe dovuto rispondere. E ora lui è andato a rischiare la sua vita per la libertà di Meridian, dove perfino gli uccelli gli sono ostili. Forse qualche suo vecchio amico lo riconoscerà e lo tradirà, accusandolo. Una folla di esagitati si raccoglierà attorno a lui, gridando di fargli seguire la sorte dei suoi compagni mormoranti. Lo afferreranno, sopraffacendo la sua strenua difesa; lo legheranno a un palo, raccogliendo cataste di legna secca sotto di lui.
Cornelia scuote il viso, interrompendo quel flusso di immagini orribili.
No: lui si scrollerà, si aprirà la strada a spintoni senza ferire nessuno; poi, quando crederanno di averlo chiuso in un angolo, si arrampicherà con agilità su un ballatoio, per poi salire, balzando tra finestre e balconi, su un tetto. Prenderà la rincorsa, saltando sul vuoto fino alla... No, Caleb, no, è troppo lontano! Lui esita, come se l'avesse sentita, e manca la presa sull'altro tetto. Cade annaspando verso il selciato, gli occhi barrati dal terrore...
NO!
Cornelia balza in piedi, stringendo le mani al petto: non può più restare con quest’incertezza.
 

Heatherfield, casa Portrait

Quando Elyon scende nuovamente dalle scale, il suo viso è più rilassato, quasi soddisfatto.
“Ho fatto”. Si siede al tavolo della cucina con un sorriso stanco.
“Allora?”, chiede Thomas con impazienza, “Cosa dicono questi auspici?”.
“Diciotto mesi”, risponde lei assaporando le parole, “Dicono diciotto mesi”.
Lui la guarda severo. “Non ti sarai mica giocata questa decisione a testa e croce?”.
“Qualcosa di simile, papà”.
“Fantastico!”, salta su, alzando le mani al soffitto. “All’inizio profezie infallibili, e ora… testa e croce!”.
“Papà, non sottovalutare gli auspici!”, lo ammonisce, “Vorrà ben dire qualcosa, se ventisette lanci mi danno sempre lo stesso esito”.
“Ventisette lanci su quanti?”, chiede Eleanor, versandole la camomilla fumante nella tazza.
“Su ventotto”. Per un attimo, schermata dalle volute di vapore, un’ombra di incertezza sembra attraversarle il viso.
 

Heatherfield, cantina del Ye Olde Bookshop

Ormai il portale sul muro non brilla più, e somiglia a un fantasioso specchio in stile new age.
Will vi si guarda: ha già lasciato il suo splendido look da guardiana ed è tornata la solida insipida ragazzina dai capelli rossi. Beh, ora che ha quasi diciott’anni la differenza non è più stridente come una volta, anche se ha un che di sciatto. Solo ora nota che, nella fretta di uscire, ha infilato il suo maglione alla rovescia. Per fortuna nessuno ha potuto notarlo.
Sta per spegnere la luce e svanire, quando un lampo alle sue spalle la fa girare.
“Cornelia?” .
La sua compagna è ancora in camicia da notte. Il suo viso lascia trasparire un’ansia che la morde di dentro. “Will...”.
“Come mai?”.
“Ti prego, Will. Se vuoi, puoi andare a dormire, ma lasciami restare!”.
“Ma cosa dici? Perché?”.
“Caleb! L'ho ignorato, non l'ho neppure salutato, e ora lui sarà di certo in prima linea a rischiare la vita!”. La afferra per i polsi. “Ti prego, lasciamelo cercare! Devo vederlo!”.
Meravigliata da questo turbamento, Will si volta verso il portale. “Va bene. Pensiamo a lui”.

Il portale riprende vita. Dopo i consueti sfarfallii, si forma un’immagine della folla a Meridian, dove è ancora pieno giorno.
“Quella è la piazza dove Phobos ha fatto finta di incoronare Elyon”, commenta Will.
L’altra annuisce, scrutando tra la folla.
Le ragazze ascoltano avidamente i commenti della gente, senza più meravigliarsi del miracolo di comprendere la lingua di un altro mondo.
“Finalmente una Regina degna di questo nome”. “Non ne potevo più di queste guardiane”. “Hai sentito come gliele ha cantate, a quella cagna dai capelli rossi?”.
Will si adombra, mentre Cornelia continua a cercare nella folla il viso di Caleb, senza riconoscerlo. “Dove sarà?”, si chiede. “Deve per forza essere uno di questi. Ma quale? Forse... forse questo? Il pastrano...”, poi scuote il viso. “No”, si risponde da sola continuando a cercare affannosamente.
Will distoglie lo sguardo, disorientata dai continui cambiamenti d'inquadratura voluti da Cornelia.
Dopo qualche minuto di ricerca ossessiva per vie e piazze, Will le dice con dolcezza: “Senti, è inutile. Se gli stesse succedendo qualcosa di strano, lo avresti già notato. La situazione è pacifica, non c’è segno di violenze. Andiamo a dormire, ora”.
L'altra si rassegna, e il portale torna rapidamente inerte.
“Grazie di essere rimasta”.  Finalmente la guarda, e lo nota: “Hai il maglione alla rovescia”.
“Ah, stai tornando normale. Buon segno”, scherza Will, ormai intontita dalla stanchezza.
Scosta i pesanti tendaggi alle finestrelle del seminterrato: il primo chiarore dell'aurora comincia già a colorare il cielo tra i palazzi.
 

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Capitolo 64
*** Il punto ***


  

Ad personam

Cara Scarlettheart, grazie mille per la recensione puntualissima. Buona l'osservazione sulla Corona di Luce, se ne riparlerà più avanti. Sì, la Elyon in pigiamino sarebbe stato un soggetto simpatico, ma Caleb finora è stato meno sfruttato come soggetto dei disegni.

Cara Kuruccha, grazie per questa splendida recensione e per le tantissime che mi hai lasciato negli ultimi mesi.
Il cielo sopra Meridian è una metafora creata intenzionalmente da Vera per suggerire lo scontro tra il bene e il male, che comunque avviene lasciando i cittadini come semplici spettatori. E ci mancherebbe, l'ultima cosa che vorrebbe sarebbe una sollevazione armata della gente proprio in questo momento.
E' vero, il lancio delle monete è il momento clou del capitolo; ciò anche dal punto di vista della trama; questo incoraggia Elyon a proseguire il suo piano originario. Il ventottesimo lancio negativo è pure una necessità di trama: se la vittoria fosse sicura, ciò toglierebbe fin da ora i dubbi sul finale.

Qualche parola su questo capitolo, che fa seguito al precedente a poche ore di distanza e lo completa. L'ho intitolato così perchè, nonostante l'aria sonnecchiante dei principali personaggi, è importante per definire meglio la posizione delle W.I.T.C.H. , di Elyon e di Caleb nel seguito della storia.
Chiedo scusa se non includerò alcun disegno, sono appena tornato dalle vacanze e non vorrei tardare l'uscita del presente capitolo di una ulteriore settimana. Prometto che mi rifarò col prossimo.

Buona lettura
MaxT

 

 
 

Profezie

 


Riassunto delle puntate precedenti 

Dopo un incontro misterioso con la Luce di Meridian, Vera ha convinto le Gocce a sostituirsi a Elyon a Meridian, impersonando la regina e le guardiane. 

A Meridian, la controfigura di Elyon e le finte guardiane esiliano Miriadel e Alborn, mentre Caleb sfugge alla cattura;  pur avendo assunto il potere, si 
rendono conto di non essere convincenti, e inventano la storia che le guardiane sono a palazzo per proteggere la Luce di Meridian da un complotto. 
A Heatherfield, Elyon spiega che quella che si sta realizzando è una sua profezia, che prevede che la tirannia duri un anno, che a Meridian dura diciotto mesi. Elyon è decisa a non tentare niente prima di questa scadenza.
Il nuovo piano di Vera prende rapidamente forma, basandosi sull'ambiguità del termine di un anno: prima simuleranno che Elyon diventi sempre più tirannica, screditandola, poi Vera, che ha comunque il rango di una principessa Escanor, la spodesterà dopo un anno terrestre di dodici mesi, facendo finire apparentemente la tirannia e realizzare la profezia; poi, dopo aver guadagnato il consenso della gente, si prepareranno per affrontare Elyon e  le Guardiane al loro ritorno dopo diciotto mesi, un anno di Meridian. 
Vera crea venti copie di Wanda, dette Nemesis, che avranno l'incarico di impersonare le guardiane, sollevando le gocce dal compito, e di sorvegliare la città restando invisibili o sotto falsa identità, o con l'aspetto di aquile. 
Come dal piano di Vera, le false Guardiane imprigionano Galgheitha e altri personaggi importanti, che potrebbero rendersi conto che la sempre più tirannica Regina e le Guardiane sono state impersonate da controfigure; la principessa Vera fa la parte della buona, facendo fuggire questi prigionieri dalla città.
Passano i mesi, e la situazione a Meridian si fa sempre più pesante. La falsa Elyon diventa sempre più tirannica e incoerente, isolandosi tra i mormoranti come già Phobos prima di lei, e perdendo ogni simpatia tra la popolazione, l'establishment e perfino l'esercito. La principessa Vera, per contro, finge di mitigare le conseguenze della follia della regina e delle Guardiane e si guadagna sempre più approvazione e credibilità nella città. Infine, si arriva allo scadere dei dodici mesi dall'arrivo delle Gocce e da quello che a molti appare come l'inizio della tirannia. La montatura arriva al suo culmine: Vera parla in consiglio criticando Elyon, poi affronta i falsi mormoranti, le false guardiane e infine Elyon, sconfiggendoli tutti e venendo proclamata Regina.
 Entrato in città in incognito, Caleb assiste a tutto ciò dal punto di vista del popolo di Meridian, che è ingannato dalla montatura e festeggia la nuova regina; dopodichè si teletrasporta a Heatherfield per riferire a Elyon che, spiazzata, coinvolge le WITCH nel cuore della notte per osservare la situazione attraverso il loro portale.

 


Capitolo 64 
Il punto


 


Heatherfield, Sheffield Institute, la mattina dopo

Il viso severo della professoressa la squadra, carico d’attesa. “Allora, signorina Lair?”.
Irma prende tempo. Purtroppo, questa mattina tutti i suoi pensieri sono torpidi e come avvolti nella nebbia.
‘Napoléon place les membres de sa famille sur les trônes de plusieurs royaumes européens’, risuona nella sua testa.
“Napoléon place les membres de sa famille sur les trônes de plusieurs royaumes européens”, ripete lei con l’espressione più diligente che  riesce.
La professoressa annuisce soddisfatta. “Bene, Lair, vedo che questa volta hai studiato”. Prende il registro e lo studia un attimo, portando la penna alle labbra. “Ti posso mettere un B”.
“Grazie”, esala la ragazza, sollevata.
“Ma toglimi la curiosità: sei rimasta a studiare fino a tardi? Hai un viso da notte in bianco”.
Irma le sorride, cercando di spalancare le palpebre più che può. “Ho fatto il mio dovere, professoressa”.
Il suono della campanella viene ad annunciare la sospiratissima ricreazione.

Scendendo assieme lo scalone verso il piano inferiore assieme alle sue compagne di classe, Irma sussurra: “Grazie, Tara. Sarei stata persa senza i tuoi suggerimenti”.
“Di niente. Ho capito che le cose stavano partendo male fin da quando hai esordito con quel ‘Bonjour’ sbadigliato, e lei ti ha risposto ‘Bonne nuit’ ”.
“Non ripeterlo!”, mugola, “Mi prenderanno in giro a vita!”. La artiglia per un braccio. “Soprattutto, non dirlo a Cornelia!”.
“Vai tranquilla, non lo saprà da me. Dopo aver salvato assieme Meridian da Phobos, Kandrakar da Nerissa, Heatherfield dai ragorlang e aiutato una vecchina ad attraversare la strada, non potevo fare a meno di…”.
Hay Lin la zittisce con una gomitata prudente: ha notato un fuggevole sguardo di curiosità delle perfide sorelle Gruber,  che stanno scendendo le scale pochi gradini davanti a loro.

All’esterno è una grigia giornata di fine ottobre, ravvivata solo dal giallo e dal rosso delle foglie morte nel cortile.
Una volta ripreso possesso del loro angolino sotto il portico, le tre ragazze sono più libere di parlare.
Taranee riprende: “Comunque, prima di permettersi di svegliarci nel cuore della notte, Elyon ha fin troppe cose da chiarire”.
“Sei troppo dura”, biascica Hay Lin, “Lei resta un’amica, anche se è strana”.
Irma dà man forte: “Cosa farebbe quella piccoletta senza di noi?”.
La cinesina aggiunge “E poi, anche mia nonna ha detto che non ci sono conti in sospeso con lei, dopo che ha recuperato il cuore di Kandrakar”.
Taranee soffia con fastidio. “Elyon si comporta proprio come l’Oracolo: tiene misteri e ci mette davanti ai fatti compiuti. Come stanotte, che mi ha chiamata col pensiero e mi ha chiesto se poteva svegliarmi!”. Scuote il viso e ridacchia: “E’ vero, la differenza è più che altro nei capelli!”.
Irma protesta debolmente: “Non vale leggere il pensiero! Mi hai rubato la battuta!”.
“Era scontata, comunque”, sdrammatizza Hay Lin, poi fa un cenno di saluto verso Will, che sta camminando ciondolante verso di loro.  “Ecco il capo!”.
“Ciao, Will!”, la saluta Irma, contenta di trovare finalmente un viso più assonnato del suo. “Dov’è Corny io-so-tutto?”.
“Non è venuta”, biascica l’altra dopo essersi accostata, “Mi ha mandato un SMS: non ha chiuso occhio, stanotte”.
“Neanche tu, a quanto pare”, osserva Taranee, sempre più contenta di essere rimasta a casa sua.
“Invece sì”, sospira Will, “Mi è successo durante la lezione di storia”.
Irma fischia sommessamente. “Con Collins! Per fortuna ora è il tuo vice-babbo; se no, nota garantita!”.
“Non ha bisogno del libretto personale”, le ricorda Will, “Quando lo saprà mia madre…”. Scuote il viso senza completare. “Sarà a casa a metà pomeriggio”.
“Ma vi siete trattenute nel negozio, dopo?”, chiede Hay Lin.
“Sì. Ho riferito all’Oracolo”.
“E lui?”.
“Ha detto di non esporci”. Dopo uno sbadiglio pachidermico, aggiunge: “Dice che non è compito di Kandrakar entrare nelle beghe di potere degli altri mondi”.
“Beghe di potere!”, sbotta Taranee, “Quelle là hanno osato impersonarci, lo sa o no? Ci hanno screditato ben bene davanti a una città che ci amava! E a lui…”.
“Ah, Tara”, la interrompe Hay Lin, “Ti sei persa la tua goccia. Era uno spettacolo: pelle verdazzurra, occhi gialli e un gran parruccone riccio e candido come la neve”.
Gli occhi di Taranee brillano di una luce sinistra: “Se mi capita a tiro, la faccio tornare nera a fiammate!”.
Hay Lin ridacchia all’idea. “Alla mia, vorrei tirare quelle orecchie a punta fino a fargliele diventare come quelle di un coniglio!”.
“E alla mia…”, Irma ci pensa un attimo, “Che ne dite di un bel bagno gelido?”.
“Troppo scontato”, la smonta Hay Lin. “E poi, nell’acqua, una goccia ti scappa subito!”.
Mentre Irma pensa a qualcos’altro, la cinesina si rivolge a Will. “Invece, non ho riconosciuto la tua”.
“Neanch’io”, ammette la Guardiana del Cuore, “Eppure l’ho cercata”.
“Davvero? Col portale?”.
“Sì. Senza risultato”. Scuote il viso, elencando sulle dita:  “Mostrava angoli vuoti, sconosciuti a casaccio, strani poliziotti col casco, perfino uccelli in volo… Tutti, tranne che lei!”.
Irma scuote il capo. “Quel coso ormai è fuori garanzia!”.
Will annuisce cupa, poi cambia discorso. “Ragazze, ci sarete questo pomeriggio a casa di Elyon?”.
“Va bene”. “Senz’altro”.
“E tu, ce la fai a venire?”, le chiede Irma.
Will annuisce, mentre il suono della campanella pone fine alla ricreazione. “Una camminata mi farà bene… finché posso”.


Heatherfield, casa Portrait, nel pomeriggio

Seduta al tavolone del soggiorno, Elyon sta accostando con attenzione i frammenti di un modellino di carro armato.
Seduto accanto, Thomas sta allineando altri relitti di mezzi corazzati devastati da un avversario troppo potente per loro: una gerla di verdura.
“Non trovo più il portello del T-62”, brontola con una vena luttuosa nella voce.
“Com’è fatto?”, chiede Elyon, alzando lo sguardo dalla torretta risanata di un Panther.
“A forma di mezzaluna, largo un pollice”.
Lei si concentra un attimo a occhi chiusi; poi si rivolge a Caleb, non più travestito, in piedi lì accanto come al capezzale di un ferito. “Caro, passami il pezzetto che hai sotto il piede destro”.
“Ah, ecco cosa scricchiolava…”, mugola lui chinandosi. Poi le porge tre briciole verdastre, resti di quello che fino a poco prima era stato il portello. “Quale di questi?”.
Coprendosi gli occhi, Thomas esala: “Caleb il distruttore ha colpito ancora!”.
“Colpa mia, non sua”, interviene premurosa Eleanor dalla cucina. “Non ho scopato bene”.
Dalla stanza si sta propagando un profumo di torta che smorza ogni ulteriore recriminazione.
“Va tutto bene, papà, lo sistemo io”. Dopo qualche tentativo, Elyon riesce a far combaciare i frammenti, che restano perfettamente saldati. “Visto? Senza neanche usare la colla!”.
Caleb si sente inutile in quell’attesa. A disagio, guarda fuori dalle finestre, finché qualcosa al di là del cancelletto attira la sua attenzione.  “Stanno arrivando le nostre amiche”.

Will, in testa al gruppetto, ricambia con un sorriso stanco il saluto allegro con cui l’amica le accoglie sulla porta. “Ciao, Elyon, ti vedo serena. Hai buone notizie?”.
“Sì. Prego, accomodatevi… ma attente a dove mettete i piedi”.
Le W.I.T.C.H. entrano con prudenza. Qualche brillio di vetri sul pavimento lascia intuire una piccola catastrofe casalinga.
“Che buon profumino!”, dice Irma addolcendosi, “Avete preparato una crostata?”.
“Torta di mela e tè caldo”, le risponde Miriadel dal corridoio. Dopo guardata in faccia Will, ci ripensa: “O preferite caffè forte?”.
Anche Elyon la riguarda. “Will, sei distrutta! Posso aiutarti? Mi basta un attimo”.
“No, no, grazie!”, fa con un gesto difensivo, “Vada per il caffè”.

Con il tavolone impegnato per le riparazioni, tutto il gruppo viene dirottato verso il divano e le poltrone che circondano un basso tavolino da salotto.
Appena sedute, Elyon esordisce: “Ho tratto gli auspici. Sono quasi sicura che la mia interpretazione originale è quella giusta: un anno di diciotto mesi”.
“Bene”, sospira Cornelia sollevata, “Così niente è perduto!”.
“E c’è tempo per far merenda!”, aggiunge Irma, cui è toccato il primo piattino di torta.
Caleb prende posto su una sedia. Nota subito che Cornelia, imbarazzata, evita il suo sguardo e si defila spingendo indietro pian piano la sua poltrona, facendosi schermo con Will. Valle a capire, le donne… non basterebbe tutta la telepatia del suo mondo.
“Vi faccio il punto della situazione a Meridian”. Nota che Taranee annuisce con espressione da ‘era ora’, poi continua: “Molti mesi fa, Vera è stata presentata come viceregina da una falsa Elyon”.
“Sorella, diceva ieri”, fa presente Taranee. “Come possono credere tutti a una bugia così assurda?”.
“Non è assurda”, interviene Elyon. “A Meridian, per legge, le gocce astrali sarebbero state assimilate a vostre sorelle”.
“Difficile da spiegare in famiglia”, scherza solo a metà Hay Lin.
Caleb si schiarisce la voce e riprende: “Le vostre gocce sono state presentate come Lady Irenior, Theresion, Paochaion e Carol. Le prime tre si vedevano ieri all’incoronazione”.
“E la mia? Wanda?”, chiede Will.
Caleb fa un gesto d’incertezza. “Credo che sia stata impegnata a interpretare te a tempo pieno. Ha fatto di tutto per farsi odiare… anzi, per farti odiare”.
Elyon impallidisce intuendo le parole che Will trattiene all’indirizzo di sua ‘sorella’. Lancia un’occhiata eloquente a Caleb che, non potendo più rimangiarsi la frase, si limita a mordersi il labbro.
Will, invece, si controlla bene e chiede: “Perché questa differenza con le altre?”.
Anziché rispondere direttamente alla domanda, Caleb premette: “C’è un punto importante che non è chiaro. Verrebbe intuitivo pensare che ogni goccia abbia interpretato la corrispondente guardiana, ma potrebbe non essere così”.
“Perché?” , chiede Taranee.
“Perché diverse volte le amiche di Vera sono state viste assieme alle corrispondenti guardiane”.
Hay Lin aggrotta le sopracciglia. “Come si spiega?”.
“Questo è il meno”, interviene Elyon. “E’ chiaro che si possono scambiare ruoli e aspetto, dato che Vera e io.. e la mia controfigura sono state viste spesso assieme. Irene, per esempio, riusciva a imitarmi molto bene fin da prima”.
“Allora”, riprende Caleb, “Le congiurate dovrebbero essere in sei. Però, spesso, tra Vera, Elyon, le guardiane e le amiche, si sono viste più di sei persone tutte assieme. Per esempio ieri, nella battaglia finale, erano almeno dieci”.
“Il mistero si infittisce”, commenta Taranee accigliandosi.
“Gle gosscie degle gosscie”, bofonchia Irma a bocca piena, raccogliendo le ultime briciole dalla gonna. 
Cornelia le fa il verso gonfiando le guanciotte. “Scientiteglia, he jegnio”.
Prima che a Irma passi il buonumore, Taranee le porge il suo piatto di torta ancora intatto senza proferir verbo.
“Grascie, Hara, scei ugn’amica”.
Caleb riprende pazientemente: “Negli ultimi mesi, la situazione a Meridian era degenerata: quella Elyon dava ordini pazzeschi e si isolava nel giardino assieme a dei mormoranti, suppongo fasulli. Poi, le guardiane facevano imprigionare persone a casaccio e facevano di tutto per rendersi più odiose”.
Hay Lin chiede: “E la gente ci credeva?”.
Caleb si stringe nelle spalle. “Io ho ripetuto a tutti i miei conoscenti che è una farsa, ma ora circolano mille versioni contrastanti, e la gente non sa più a cosa credere”.
Eleanor, finito di servire il tè, si appoggia allo schienale della poltrona di Elyon e commenta: “Sono state furbe: hanno annegato la tua verità in un mare di voci contrastanti. Se invece avessero vietato di dirla o pensarla, sarebbe stato come ammettere che era vera”.
“La verità persa tra le bugie… Come nascondere una mela tra le mele”, aggiunge Hay Lin soffiando sulla sua tazza fumante.
Caleb riprende: “Negli ultimi mesi Vera, come viceregina, ha preso le distanze da Elyon e le guardiane: ha stemperato i loro ordini, fatto liberare o fuggire i prigionieri, e fatto di tutto per rendersi popolare. Finché ieri ha detto in consiglio che sua sorella è una poveraccia succube delle guardiane e dei mormoranti”.
“Che fantasie assurde!”, sbotta Elyon scura in viso.
“Noi lo sappiamo bene”, la consola Miriadel carezzandole le spalle.
“Ma sono davvero assurde!”, protesta Taranee. “Guardiane e mormoranti… cos’hanno in comune? Nessuno ci crederà!”.
Caleb preferisce non rimarcare che non è poi così impossibile che un mormorante sia in rapporti amichevoli con delle Guardiane. “Invece pare che Vera l’abbia presentata in un modo credibile. Subito dopo sono arrivati quei mormoranti e le sentinelle oscure per arrestarla. Lei li ha inceneriti tutti, davanti al consiglio che tremava di paura”.
“Inceneriti”, ripete di malumore Taranee guardandosi le punte delle dita che emettono luccichii rossastri.
“Subito dopo, Vera è andata a palazzo dicendo che voleva tentare un ultimo chiarimento con Elyon. Due ore dopo, nel giardino, ha incenerito altri di quei mormoranti, sconfitto quelle Guardiane e infine anche quella Elyon. Questa si era trasformata in un serpentone, proprio come Cedric”.
“Proprio quel grossissimo verme!”, ringhia Elyon storcendo il viso per la stizza.
Le W.I.T.C.H. si guardano negli occhi. “Che figuraccia”, sussurra Irma, suscitando un ulteriore scatto di nervosismo nella loro amica.
Taranee, l’unica ben sveglia nel gruppo, prende a giocherellare con i suoi inutili occhialini. “Da questo racconto, non era difficile capire che Elyon e perfino le false guardiane erano screditate ad arte. Era chiaro che avevano intenzione di scaricarle”. Guarda Elyon negli occhi. “Se ci aveste tenute informate per tempo, forse avremmo potuto aiutarvi a prevedere una mossa del genere”.
“Ma questo lo avevo capito anch’io”, risponde l’altra un po’ stizzita. “E’ che avevo interpretato diversamente la dissociazione di Vera. Come falsa Elyon, era partita col piede sbagliato e si era fatta odiare. Ora, dovete sapere che per moltissime cose Vera è come me, e come tutte le regine Escanor: noi percepiamo gli umori della gente, le parole dette e non dette, anche se non lo vogliamo; anche a distanza, anche con muri e muri di mezzo. E se queste parole sono negative, ne soffriamo senza sosta. Per questo, avevo capito che voleva dissociarsi da una falsa Elyon ormai troppo compromessa. Voleva che questa facesse da parafulmine a tanto scontento. Però pensavo che questo epilogo avrebbe potuto avvenire dopo un anno… dopo diciotto mesi, non prima”.
Taranee torna a giocare con gli occhialini. “Guarda caso, ‘un anno’ avrebbe fatto pensare ‘dodici mesi’ a ciascuna di noi”.
Will chiede: “E poi, come pensavi di risolvere la cosa, quando fosse venuto il momento?”.
Elyon esita un attimo prima di rispondere. “Sarei andata da lei qualche giorno prima, attraverso quel passaggio segreto che l’Oracolo mi ha costretta a bruciare”.
Caleb si propone: “Elyon, se esiste un altro passaggio, lo troveremo assieme. Conosco bene ogni pertugio della nostra città”.
“Non penso che sia una grande idea”, interviene Eleanor, sempre appoggiata allo schienale della figliola putativa.
“Perché questa sfiducia?”, si risente lui.
“Te lo dirò a quattr’occhi”.
“No, dimmelo subito! E’ un anno intero che mi muovo in incognito in città senza essere fermato!”.
“Appunto. Non ti sembra strano?”, chiede lei. “Nessuno dei tuoi amici è stato arrestato a lungo, neanche quelli ostili a loro come Vathek. Perché?”.
“Sono sicuro che nessuno di loro è un traditore! Men che meno Vathek!”, li difende con decisione.
“Ne sono certa anch’io. Non serve che ti tradisca volontariamente: è molto facile seguirlo per arrivare a te. Soprattutto disponendo di quelle aquile”.
“Aquile?”, chiede comatosamente Will, ma nessuno la bada.
“Ero sempre ben travestito”, protesta lui.
“Ma erano travestimenti tradizionali, cerone e parrucche”, gli rimprovera Eleanor, “Niente invisibilità, niente trasformazioni corporee. Se quelle gocce sono in gamba anche solo la metà di come lo erano i servizi segreti prima di Phobos, è impossibile che in un anno non abbiano avuto neanche un’occasione di arrestarti. Sai cosa penso io?”. Si risponde da sola, a beneficio di quelli che non leggono i pensieri: “Che probabilmente sono già in grado di riconoscerti, ma aspettano che tu ricompaia accompagnato, per poter prendere qualche pesce più grosso”.
Caleb resta ammutolito.
Un mormorio di Irma incrina il silenzio quando sussurra a Hay Lin: “Ecco come distruggere un eroico capo dei ribelli”.
Cornelia interviene, esitante: “Ma.. ma non può sempre teletrasportarsi via, come ha già fatto?”.
Caleb scuote il capo e sbuffa: “Purtroppo c’è un nuovo problema”. Si fa apparire in mano un sigillo romboidale di metallo smaltato, e lo mostra tra indice e pollice. “Questo è il mio sigillo di teletrasporto. Purtroppo, da qualche mese non posso farci affidamento. Tutti i cittadini che provano a teletrasportarsi in città si ritrovano in luoghi casuali anziché quelli voluti. Quindi, per potermi trasferire fin qui, prima devo uscire a piedi da Meridian”.
Miriadel spiega: “Probabilmente stanno installando reti a nodi di infrabarriera”.
“E… sarebbero?”, chiede Taranee.
“Un sistema per ostacolare il teletrasporto”, risponde Elyon, “E’ lo stesso incantesimo su cui si basa il firewall contro il teletrasporto che avvolge il palazzo”.
“Non solo ostacolare”, aggiunge Miriadel. “Con un comando a distanza, questa rete può cambiare modalità: chiunque si teletrasporti attraverso, può essere deviato verso qualche trappola”.
Elyon aggiunge: “Questo muro invisibile può riconosce dall’impronta mentale chiunque tenti di attraversarlo. Solo le persone autorizzate possono teletrasportarsi indisturbate”.
Taranee annuisce di malumore. “E così, Vera e le altre avranno ancora sei mesi per completare i loro preparativi. Senza contare che immaginano esattamente quando tu intendi ritornare”. Si reinfila gli occhiali, concludendo: “Così, la città si sta trasformando pian piano in una gigantesca trappola”.

Will chiede: “Elyon, torniamo al punto di prima. Se tu mai riuscissi ad arrivare faccia a faccia con Vera, cosa faresti dopo?”.
“Le parlerei e la convincerei a desistere”, risponde convinta la ex-reginetta.
“Convincerla a desistere?”, allibisce Taranee.
Irma interviene: “Ma è assurdo. Perché dovrebbe tirarsi indietro ora? Lei ha il coltello dalla parte del manico!”.
Hay Lin aggiunge: “Se si tira indietro, dovrà anche prendere su di sé tutto il discredito che ti ha buttato addosso finora”.
“E perché dovrebbe farlo?”, riprende Taranee, nuovamente fissando Elyon negli occhi.
La ex-Luce di Meridian fa un sorriso misterioso, poi chiede: “La riconoscete, questa?”. Solleva tra le mani un oggetto di metallo lucente che solo ora tutti hanno potuto notare. Al centro, una grossa ametista ovale luccica come un occhio alieno.
“La Corona di Luce!” esclama sorpresa Hay Lin.
“L’hai sempre avuta tu!”, aggiunge Taranee soffocando una smorfia di stizza.
Will, silenziosa, lancia un’occhiata verso Cornelia al suo fianco: la sua compagna resta immusonita senza mostrare alcuna traccia di stupore.
“Bene”, riprende Elyon. “Sappiamo già che l’incoronazione di Vera è basata su un inganno. Posso aggiungere che non è valida senza la vera corona. Questa ce l’ho io. Mi darà il potere parapsichico necessario a impormi, se sarà necessario farlo”. La fa sparire nelle mani, e conclude: “Basterà mostrargliela, e cederà subito”.
Irma scuote piano il capo, servendosi una seconda tazza di tè ormai tiepido. “Mi chiedo come farai, questa volta”.
“A rimettere le cose a posto?”, chiede Elyon.
“No. A metterti ancora nei guai, come tuo solito”.
Un lampo di stizza passa negli occhi dell’altra.
“Scusatela”, interviene Cornelia, sempre restando defilata a lato di Will. “Oggi non aveva ancora fatto una figuraccia degna di questo nome, e vuole recuperare…”
“Basta sciocchezze!”, sbotta stancamente la Guardiana del Cuore. “Allora, Ellie, tu sei proprio convinta di voler andare a Meridian da sola?”.
“Sì”.


Heatherfield

Mentre le W.I.T.C.H. riprendono la via del ritorno, il cielo greve di nuvole si sta già tingendo di viola e di blu cupo. I lampioni nel viale cominciano lentamente a illuminarsi.
“A quanto pare”, commenta Taranee con una smorfia quasi di sollievo, “Questa volta Elyon non avrà bisogno di noi”.
“Quante volte ha già creduto di poter fare da sola?”, le risponde Irma, “E poi, chi c’era a tirarla fuori dai guai?”. Comincia a enumerare: “L’abbiamo salvata prima dai suoi stessi soldati, poi dall’incoronazione, poi dalla lotta con Phobos, poi da Endarno, poi…”.
Cornelia, che cammina cupa in fondo al gruppo, la contraddice: “Per recuperare il Cuore di Kandrakar, se l’è cavata benissimo da sola”.
“Vedi?”, le risponde Irma senza voltarsi indietro, “E’ l’eccezione che conferma la regola!”.
“Se è una vera regola, non può avere eccezioni”, puntualizza la Guardiana della Terra.
“Ma sentitela, Corny Io-so-tutto!”, sbuffa Irma, “Tutti sanno che le vere regole hanno sempre delle eccezioni!”.
“Insomma, come quando ti sfugge qualcosa di intelligente tra un pasticcino e l’altro”.
“Basta!”, sbotta Will facendo girare qualche passante, “Abbiate pietà di me! Sono morta dal sonno, ho appena saputo di essere la persona più odiata di Meridian, a casa troverò mia madre pronta a punirmi… Risparmiatemi almeno i vostri battibecchi!”.
Le ragazze si zittiscono. Per un po’ continuano a camminare pensierose, buttando occhiate fuggevoli ai passanti.

Poi Irma riprende: “Ragazze, parlando seriamente, voi ci credete a questa storia che le profezie di Elyon non possono sbagliare?”.
Will risponde: “Secondo l’Oracolo, le regine di Meridian non ne hanno mai bucata una”.
“Però la mossa di Vera l’ha colta del tutto impreparata”, insiste Irma.
“Anch’io ho chiesto a mia nonna”, interviene Hay Lin, “Per lei, fare profezie non significa sapere tutto il futuro, ma solo qualche frammento”.
“Io ho una prova”, dice Cornelia a bassa voce. Continua, mentre le altre si voltano indietro verso di lei: “Cinque anni fa, prima che tutte noi sapessimo a cosa eravamo destinate, io sognai Caleb. Quando lo raccontai a Ellie, lei ne tracciò un ritratto a matita perfetto in ogni dettaglio, anche nei vestiti. Ce l’ho ancora a casa, se non mi credete”.
“Ma allora”, interviene Hay Lin, “Oltre a lei, anche tu sei una profetessa?”.
Cornelia scuote il viso. “Non credo”. Di malumore, evita di rammentare la dedica di quel disegno: ‘Un giorno lo incontrerai’.
Per un po’ le ragazze continuano a camminare nella serata malinconica.
Poi Irma riprende: “Cornelia, ci tieni tanto alla tua amica preferita?”.
“Certo!”.
“Allora, prima che parta per Meridian, suggeriscile di usare il suo sfigatissimo dono della precognizione per disegnarci la mappa della prigione dove dovremo andare a recuperarla”.
 

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Capitolo 65
*** Giganti nella notte ***


Ad personam

Cara Scarlettheart, grazie mille per la rapidissima recensione. Sì, nel capitolo non è successo molto, ma era necessario definire bene perché non reagiscono subito.

Cara Atlantis Lux, grazie di cuore per la tua recensione graditissima.
Al momento attuale, non credo che l'Oracolo approverebbe un'ingerenza nelle beghe di potere di un altro mondo; per motivare l'intervento delle W.I.T.C.H. manca ancora un ingrediente, che sarà fornito nei prossimi capitoli.

Cara Kuruccha, che giornata di festa, due recensioni... grazie!
Sì, la storia recente aveva molto trascurato le WITCH, del resto tutti gli avvenimenti importanti per la trama stavano avvenendo a Meridian.
Irma ha indovinato parecchie cose in diverse occasioni, ma siccome lei si considera un genio, le altre, Cornelia in testa, pensano invece tutto il contrario. E poi, diciamolo, non è che il bofonchiare a bocca piena conferisca il giusto peso a un'idea originale.
Elyon, essendo ipersensibile, ha certamente capito l'ostilità di Taranee e certamente ne soffre, ma comunque non è che le due fossero grandi amiche da prima. Ripensando alla cronologia del primo numero del fumetto, le due sono state amiche, o amiche di amiche, per solo quattro giorni prima che i loro destini divergessero; poi Elyon l'ha imprigionata, e lei ha sognato di bruciarla con tutta la casa. Difficile che ciò non lasci un segno. E poi, l'orgoglio che Tara ha mostrato più volte nei confronti dell'Oracolo non poteva non risvegliarsi davanti a certe ambiguità di Elyon.

Grazie anche ad Aleinadp per le sue recenti e graditissime recensioni ai primi capitoli.

 

Qualche parola su questo capitolo, che è ambientato a Meridian il giorno dopo l'incoronazione di Vera, e mostra l'inizio dell'apparente normalizzazione in questa città, in parallelo con la sperimentazione di armi segrete che le anti-eroine stanno preparando per far fronte al grande momento. Naturalmente devo riconoscere il debito verso due anime: Gundam Seed, cui è ispirato il mobil suit, e Mai Otome, per l'espressione 'materializzazione dai fotoni'. Questo tipo di materializzazione è supposta temporanea e dipendente dal sistema che la genera, a differenza della 'materializzazione dall'aria' che è permanente, la stessa usata per creare le Nemesis. 



      PROFEZIE

      

Riassunto delle puntate precedenti 

Dopo un incontro misterioso con la Luce di Meridian, Vera ha convinto le Gocce a sostituirsi a Elyon a Meridian, impersonando la regina e le guardiane. 

A Meridian, la controfigura di Elyon e le finte guardiane esiliano Miriadel e Alborn, mentre Caleb sfugge alla cattura;  pur avendo assunto il potere, si 
rendono conto di non essere convincenti, e inventano la storia che le guardiane sono a palazzo per proteggere la Luce di Meridian da un complotto. 
A Heatherfield, Elyon spiega che quella che si sta realizzando è una sua profezia, che prevede che la tirannia duri un anno, che a Meridian dura diciotto mesi. Elyon è decisa a non tentare niente prima di questa scadenza.
Il nuovo piano di Vera prende rapidamente forma, basandosi sull'ambiguità del termine di un anno: prima simuleranno che Elyon diventi sempre più tirannica, screditandola, poi Vera, che ha comunque il rango di una principessa Escanor, la spodesterà dopo un anno terrestre di dodici mesi, facendo finire apparentemente la tirannia e realizzare la profezia; poi, dopo aver guadagnato il consenso della gente, si prepareranno per affrontare Elyon e  le Guardiane al loro ritorno dopo diciotto mesi, un anno di Meridian. 
Vera crea venti copie di Wanda, dette Nemesis, che avranno l'incarico di impersonare le guardiane, sollevando le gocce dal compito, e di sorvegliare la città restando invisibili o sotto falsa identità, o con l'aspetto di aquile. 
Come dal piano di Vera, le false Guardiane imprigionano Galgheitha e altri personaggi importanti, che potrebbero rendersi conto che la sempre più tirannica Regina e le Guardiane sono state impersonate da controfigure; la principessa Vera fa la parte della buona, facendo fuggire questi prigionieri dalla città.
Passano i mesi, e la situazione a Meridian si fa sempre più pesante. La falsa Elyon diventa sempre più tirannica e incoerente, isolandosi tra i mormoranti come già Phobos prima di lei, e perdendo ogni simpatia tra la popolazione, l'establishment e perfino l'esercito. La principessa Vera, per contro, finge di mitigare le conseguenze della follia della regina e delle Guardiane e si guadagna sempre più approvazione e credibilità nella città. Infine, si arriva allo scadere dei dodici mesi dall'arrivo delle Gocce e da quello che a molti appare come l'inizio della tirannia. La montatura arriva al suo culmine: Vera parla in consiglio criticando Elyon, poi affronta i falsi mormoranti, le false guardiane e infine Elyon, sconfiggendoli tutti e venendo proclamata Regina.
 Entrato in città in incognito, Caleb assiste a tutto ciò dal punto di vista del popolo di Meridian, che è ingannato dalla montatura e festeggia la nuova regina; dopodichè si teletrasporta a Heatherfield per riferire a Elyon che, spiazzata, coinvolge le WITCH nel cuore della notte per osservare la situazione attraverso il loro portale. 
Dopo una combattuta discussione, Elyon trae gli auspici e decide di proseguire col piano iniziale, aspettando altri sei mesi per intervenire; inoltre preannuncia alle guardiane che intende farlo da sola. Queste, preoccupate, si chiedono se dovranno intervenire in qualche modo per aiutarla.

 


 

Capitolo  65

Giganti nella notte

 

 

 

Meridian, palazzo reale, camera di Carol
 

"Sveglia, bella addormentata!", squilla la voce di Paochaion mentre lei spalanca la finestra della camera.

Carol, sprofondata nel suo letto, mugola qualcosa come: "…mpiballe", aggrottando gli occhi chiusi per difenderli dalla luce feroce del sole che attraversa le palpebre. Poi allunga una mano verso il comò, afferra un libretto e lo scaglia in direzione della voce. Il proiettile improvvisato, mancata Pao, infila la finestra aperta, proseguendo in un turbinio di fogli al vento la sua parabola verso il giardino.

"Ehi! Che modi!", protesta la cinesina azzurra. "Che ti prende?".

Carol, aperti gli occhi, realizza ciò che ha appena fatto. "Oh, no! Non saprò mai il finale!". Balza in piedi e va alla finestra, ma il sole la costringe a serrare ancora gli occhi.

"Perché non l’hai preso?", rimprovera lamentosa a Paochaion.

"Prenderlo come, in faccia?", protesta l’altra un po’ offesa. "Ma che hai, oggi? E io che volevo darti il buon giorno…".

"Scusa, ma dormivo di sasso". Riprova a sporgersi fuori, ma il suo libro sembra essersi perso tra le fronde dei rami sottostanti. "Spero che nessuno stesse passando qui sotto". Poi, andando verso il bagno: "Che fame da lupi! Che sete! Ma da quand’è che vieni a svegliarmi la mattina?".

"Da quando dormi per due giorni e tre notti di fila", risponde Pao col broncio.

"Due giorni…", ripete come se non capisse. "Scusascusascusa un attimo, non scappare..", e sparisce frettolosamente in bagno.

"E chi scappa…", brontola l’altra mentre cerca di estraniarsi dai rumori guardando dalla finestra verso la sala del trono, ben visibile nella torre accanto.

Poco dopo, Carol è di nuovo sulla porta del bagno. "Due giorni, hai detto?".

"Sì. Ti sei persa due giornate storiche".

"Immagino che Vera ci abbia messo lo zampino", si dice tra sé. "Ma cos’è successo di così speciale?".

Con lo sguardo nuovamente brillante di entusiasmo, Pao racconta: "E’ stato formidabile! Vera ha affrontato i mormoranti, le guardiane, e infine Elyon!". All’occhiata fredda dell’altra, ridimensiona con imbarazzo: "Sì, erano le false guardiane e la falsa Elyon, ma… è stato così realistico! Anche io, che sapevo che era tutto finto, mi sono emozionata!".

"E scommetto che ha vinto lei", conclude Carol con una vaga vena di sarcasmo. "Così, la grande sorella non mi voleva tra i piedi, e ha preferito che dormissi. Va bene. Anche per me è stato meglio così". Poi rientra in bagno.

Paochaion scuote piano il viso, un po’ ferita: le dispiace non poter condividere tanti pensieri ed emozioni con quella che ha sempre continuato a considerare la sua migliore amica.

"Ma Carol, non ti pesa questa sfiducia? Essere tenuta fuori dai discorsi, dalle decisioni, dai momenti più importanti? Non ti umilia dover portare il marchio di orecchini che registrano tutti i tuoi pensieri giorno e notte?".

L’altra torna sulla porta del bagno, appoggiandosi allo stipite. Tocca uno dei due orecchini, una grossa semisfera perlacea aderente al lobo, come incollata alla pelle. "Pao, se mai fossimo chiamate a rendere conto di ciò che abbiamo fatto, questi orecchini saranno la migliore prova a mia difesa. Anzi, se vuoi un consiglio: cerca di fartene mettere un paio anche tu". Poi torna dentro.

Due minuti dopo, quando esce, trova l’altra seduta sul letto a capo chino, e si rende conto che ci è rimasta malissimo. Sentendosi finalmente in colpa, le si siede accanto cingendole le spalle. "Allora, Pao, mi racconti di queste due giornate così speciali mentre andiamo a colazione?".

Senza alzarsi, l’altra risponde: "Carol, pensi davvero che Elyon ci processerà per quello che stiamo facendo?".

"Lei non mi preoccupa molto… anche se ho l’impressione che le cose non stiano andando affatto come voleva. Con il casino che avete fatto ieri, avrà più che mai bisogno di un capro espiatorio da portare davanti alla città. Però sono gli altri che mi fanno davvero paura: le vere guardiane, l’Oracolo…".

"Speriamo che Vera riesca a difenderci da loro", piagnucola Paochaion. "Che le prove di questa sera…". Si interrompe di colpo, mordendosi il labbro.

"Quali prove, Pao?".

"Niente! Non ho detto niente!".

L’altra la guarda interrogativa, poi rinuncia: se si tratta di qualcosa che lei non deve sapere, è meglio che non tenti neppure. E’ vero, essere esclusi dai discorsi le pesa. Avere un registratore di pensieri le pesa. Ma è meglio così, si ripete: in questa situazione, ogni conoscenza in più può ritorcersi contro.

Usando il potere che per lei non scarseggia mai, si fa avvolgere da un alone di luce, e riappare preparata e ben vestita. "Vieni, Pao, andiamo a fare colazione, prima di cercare quel libretto in giardino".

 

Meridian, sala del trono
 

L’aria della mattina è ancora fresca, ma un bel sole limpido accompagna l’alba dell’ottava Luce di Meridian.

La fida Theresion la raggiunge sulla terrazza che sovrasta la città. "A che ora ti dovrai presentare al Consiglio dei Veglianti?".

"C’è tempo", risponde Vera, indicando il palazzo tronco-conico sull’altopiano, due chilometri verso sud. "E poi, all’inizio di ogni riunione, viene issato uno stendardo che si vede bene anche da qui". Apre la sua agenda di morbida pelle di quodrong e sospira, come già esausta: "Con quest’ordine del giorno, credo che passerò lì tutta la mattinata. E poi, tutti i notabili del circondario si sono preannunciati per gli omaggi di rito". Mentre parla, sulla pagina appaiono dal niente due nomi in più. "La lista cresce a vista d’occhio", sospira, "Spero tanto di finirli per stasera".

"Vuoi che rimandiamo le prove?", le chiede corrucciata la ragazza dai capelli candidi.

"No, no, sono troppo importanti. Ci sarò senza dubbio. E tu cosa farai, prima di sera?".

"Mi sono organizzata per far spostare le alette psicoenergetiche dalla città, prima che finiscano come le statue di Saddam Hussein".

"Brava! Ci serviranno più che mai, ora che riprenderemo le normali distribuzioni di acqua magica".

Mentre parla, osserva una delle aquile in volo sulla città che, anziché continuare a prendere quota volteggiando su una corrente ascensionale, descrive un ampio arco in direzione della terrazza e si avvicina con decisione, allargando le ali per rallentare.

Le due fanno appena in tempo a schivare l’aquila che passa tra di loro, per poi atterrare sul pavimento dentro la sala del trono, scivolando un po’ con le zampe artigliate. Dopodiché, il maestoso volatile viene avvolto da un alone luminoso, che in un attimo si dilata fino all’altezza di una figura umana.

Quando la spettacolare trasformazione si è compiuta, Wanda è davanti a loro, finalmente con il suo vero aspetto e la divisa scura delle Nemesis.

"Ehi, già stanca del voletto?", le chiede Vera rientrando nella sala.

"Ciao, Vera. Volevo sapere come ti senti con la Corona di Luce".

L’altra si guarda in uno dei grandi specchi allineati lungo la parete, aggiustandosi il gioiello sul capo. "Non è ciò che avevo desiderato all’inizio di questa storia, ma credo che stia cominciando a piacermi". Continua a rimirarsi per un attimo di troppo. Se al posto dell’ametista ci fosse un turchese, legherebbe meglio con il colore delle sue iridi, e sembrerebbe quasi un terzo occhio.

Wanda interrompe il suo idillio con l’immagine riflessa. "Intendevo dire: senti che la corona stia aumentando i tuoi poteri psichici?".

Vera accenna a fare spallucce. "Se escludi l’autostima… direi di no. Ma poi sarebbe ben strano, visto che è solo un simulacro".

"Perché un simulacro?", chiede Wanda allarmata.

"Te l’ho già spiegato una volta".

"Fai finta che io sia scema, e spiegamelo di nuovo".

Vera esita un attimo e si scurisce in viso nel rivangare le sue paure. "Perché la prima goccia di Elyon è morta appena l’ha indossata. O, se non è morta, è rimasta lì e nessuno l’ha mai più rivista".

Gli occhi di Wanda lampeggiano quando capisce: "Ma allora… anche quella con cui sei stata incoronata ieri era fasulla!".

"Proprio così. La stessa corona che mi ha lasciato Irene".

"Ma non ci posso credere!", rantola stringendosi il viso tra le mani. "Quella di ieri sarebbe stata un’incoronazione legalmente valida! Avresti potuto considerate tua la corona a tutti gli effetti!".

Vera si irrigidisce ancora di più. "Anche quella che fece Phobos alla goccia di Elyon era un’incoronazione legalmente valida, ma quella poveretta non è mai diventata regina".

"E la corona vera?".

Il gioiello appare tra le mani di Vera. "Eccola. La tengo smaterializzata, tanto per essere certi che non faccia la fine del Cuore di Kandrakar".

A quest'allusione, Wanda si altera ancora di più. Le viene a un passo, sovrastandola con la sua statura più imponente. "Smettila di girarci attorno! Trova una scusa qualsiasi, e fai ripetere l’incoronazione con questa! L’hai chiesta per avere il potere di difendere la tua gente, o no? Questo ce lo devi, a me e alle mie compagne che rischieremo la vita per te!".

"I miei poteri basteranno, per questo e per altro!", dice Vera puntando i pugni sui fianchi con un'espressione di velata minaccia, mentre le pupille cominciano a brillarle di luce propria.

Theresion interrompe il confronto prima che possa degenerare: "Per me è inutile: è ovvio che anche l’altra corona è un falso. Se Elyon aspettava il nostro arrivo, perché avrebbe lasciato qui quella vera?".

Vera approfitta del momento per mettere qualche passo tra sé e la presenza troppo incombente di Wanda.

"Allora?", insiste quest’ultima, "E’ la corona vera, o no?".

Resistendo alla tentazione di un’inutile bugia di comodo, Vera le risponde: "Per me, sì. La sento diversa al tatto".

Theresion insiste: "Ma l’hai mai tenuta tra le mani quando la portava Elyon?".

"No,", ammette Vera. "Però ho ricordi ereditati da lei".

"E te ne fidi?".

Cala un attimo di silenzio teso, in cui le tre valutano le implicazioni di questo dubbio.

Wanda, immusonita, si va ad appoggiare allo stipite che dà sulla terrazza.

Theresion rompe il silenzio con una domanda: "Vera, in che modo la Corona di Luce rende più potente chi la indossa?".

"In molti modi", risponde Vera rigirandosi in mano l’oggetto dei loro dubbi. "I membri della nostra stirpe generano una grande quantità di energia magica col loro metabolismo; questa corona la accumula quando non viene utilizzata subito. Quando è del tutto carica, può restituirla molto rapidamente".

"E questa energia è il presupposto indispensabile per l’uso della magia?".

"Non di tutti i tipi di magia. Quello che utilizziamo è sostanzialmente un potere di influenzare la realtà con l’immaginazione. Oltre all’energia, richiede una predisposizione innata e una tecnica di visualizzazione".

"E gli altri tipi di magia?".

"Non tutti dipendono da questa risorsa. Lo spiritismo, la chimica, la tecnologia e molte altre forme non vi hanno nulla a che fare".

"Basta filosofare! E quindi?", la fa breve Wanda, senza tentare di nascondere il suo malumore.

"E quindi, si prosegue come previsto", risponde Vera facendosi sparire la corona in mano. "Appena alzeranno lo stendardo, andrò al Consiglio dei Veglianti, e poi ci ritroveremo stasera al poligono per la prova".

Wanda volge lo sguardo verso la porta del terrazzo. "Lo stendardo verde? Guarda che l’hanno già alzato da un po’ ".

"Davvero?!? Allora devo proprio sparire!". Passa vicino a Wanda per una pacchetta sulla spalla in segno di pacificazione e poi svanisce in un baluginio.

 

Meridian centro
 

L’ultima tappa del giro di questa mattina è in Piazzetta dei Ciabattini. Sei uomini robusti stanno caricando la diciottesima aletta psicoenergetica sul terzo carro della colonna, impilandola con cura sulle altre già smontate.

"Attenti alle punte, sono delicate!", ripete ossessivamente Theresion, "Non premete sulle parti trasparenti!".

"State tranquilla, Lady Theresion", la rassicura pazientemente per la diciottesima volta il caposquadra dalla pelle squamata, "I miei uomini hanno mani di velluto".

Poco dopo, mentre Theresion continua a profondersi in raccomandazioni e a invitare i passanti a fare largo, la piccola colonna di carri, con il loro carico ingombrante e irto di punte ben assicurato con funi, svolta l’angolo di piazza Due Lune.

"Ehilà, Terry", squillano all’unisono le voci di Paochaion e Irenior, sedute su una panca davanti alla omonima locanda.

"Ehi ragazze", le ricambia con un gesto distratto.

"Vieni a farti un Nettare del Paradiso con noi?", la invita a gran voce Irenior sollevando il bicchierone che tiene in mano.

"No, grazie, ho da lavorare", dice tergendosi il sudore con la manica, quasi come se fosse lei a spingere i carri. "Dobbiamo portare tutte queste alette fin sopra la scarpata".

"Volete prendere una scorciatoia?", dice Pao alzandosi in piedi, e indica i due portali di pietra bianca che spiccano al centro della piazza.

Theresion storce il viso. "No, grazie".

"Perché no?", chiede Paochaion delusa.

"Pensa a quanta fatica risparmiata", fa da spalla Irenior.

Avvicinatasi a loro, Theresion risponde a bassa voce: "Lo sapete che costo energetico ha un portale di teletrasporto?".

Pao si adombra: "Ma allora, ho lavorato per niente? Perché li abbiamo costruiti, se non li usiamo?".

"Lo sai che non sono ancora operativi", ribatte ad alta voce Theresion, cercando un modo gentile di far capire all’altra di farsi gli affari suoi senza che si metta ancora a battere i piedi per terra.

"Come no? Uno lo abbiamo messo a punto proprio stamattina!", declama Pao indicandolo.

I carrettieri cominciano a parlottare tra di loro. "Allora, cosa dobbiamo fare?", viene a chiedere a Theresion il loro caposquadra, spazientito per il tiramolla.

"Venite di qua!", li incita Paochaion, e parte a passo deciso verso il primo portale. Appoggia la mano in un incavo, e la lastra di pietra bianca che lo chiude si ammanta per un attimo di una nebbia luminosa.

Un attimo dopo, il portale si apre sull’altopiano: attraverso i suoi stipiti si vede iniziare una strada carrabile che curva lasciandosi sulla destra il palazzo reale.

Dagli astanti si alzano mormorii affascinati.

"Allora? Che mi dite?", chiede orgogliosa Paochaion.

Irenior le viene vicino. "Avanti, non abbiate paura. Non vi mangia!" , poi passa la soglia e calpesta l’erba al di là, e torna indietro a dire: "O preferite farvi la salitona? Chi ve lo fa fare?".

I carrettieri iniziano a girare i carri per dirigersi verso i portali.

Theresion, messa in minoranza, può solo stare attenta che nessuna punta delle preziose alette venga danneggiata durante la manovra.

Poco dopo, mentre tutta la colonna ha preso a calcare la carrabile sull’altopiano, Theresion si volta con stizza verso le due amiche che la stanno salutando ancora da piazza Due Lune, al di là della soglia. Si avvicina loro e sussurra, tra i denti: "Ma vi rendete conto di che aspettative state creando nella gente? Se i portali diventassero di uso comune, non basterebbe l’energia di tutte quelle alette per alimentarli!".

"Va beh", la liquida allegramente Pao, "Vorrà dire che ne creeremo di nuove!"; la sua immagine viene celata da una cortina di nebbia luminosa, poi il fondo del portale torna a mostrare il candore della pietra.

 

Sotterraneo, palestra delle Nemesis
 

"E così, Pao le ha risposto che ce ne creeremo di nuove", racconta Irene a Wanda e Dora, impegnate in canottiera e pantaloncini a fare esercizi alle spalliere della loro palestra sotterranea.

Le due si scambiano un’occhiata di disappunto; con un po’ di delusione, Irenior constata che non sembrano affatto divertite dal racconto.

Fermandosi per tergersi il sudore, Wanda chiede: "L’ha detto davanti ad altre persone?".

Irenior si stringe nelle spalle, imbarazzata dal tono inquisitorio. "Beh… e se fosse?".

Dora sbuffa. "Tutto lavoro in più per noi!".

"Ma perché?", si stupisce Irenior.

"Perché uno degli scopi di quelle alette era inquietare la gente. Non fa il nostro gioco lasciar capire che le abbiamo create noi".

"Va beh", sbotta poi Dora lasciando la spalliera, "Vado a cercare le aquile che erano di turno a quell’ora, e vediamo di risolvere la cosa. Se facessimo tardi, tienici in caldo la cena". Detto questo, svanisce nell’ormai consueto baluginio.

"Io invece devo cenare presto", le dice Wanda. "Ho un impegno dopocena".

"Oh, che bello! Un impegno romantico?", le fa Irene, cercando di buttare il discorso sui toni leggeri che la mettono a suo agio. "Profumati per bene!".

L’altra la ricambia con un’occhiataccia. "E’ una prova. Non chiedermi di più". Fa per dirigersi verso il locale docce, poi ci ripensa; un alone luminoso nasconde il suo corpo, e subito dopo Wanda riappare già rinfrescata e con la divisa indosso. Poi aggiunge: "Comunque Terry ha ragione per quanto riguarda l’energia assorbita dai portali. Tutto il nostro sistema difensivo si basa su quella, e non dobbiamo restare a secco al momento critico".

Irenior risponde stizzita: "Allora credo che potreste risparmiarne un po’ anche voi, magari nel cambiarvi d’abito, o vi resteranno solo i pugni e le pistolette per la grande battaglia". Abbassando gli occhi verso la fondina, le nota un oggetto lungo una spanna appeso al cinturone. "E quello cos’è? Uno sfollagente per schiacciare le formiche?".

"Questo… ah, è nuovo". Lo sfila dalla custodia e lo mostra all’amica. Sembra un cilindro color verde-blu scuro con un’asola di cordicella per il polso, poco più di un’impugnatura. "Hai detto bene, può essere usato come sfollagente". Mentre lo tiene in mano, l’oggetto cresce fino alla lunghezza di un metro.

Irenior non si fa più impressionare per così poco. "Fantastico", commenta ironica, "Se le tua avversarie non avessero paura dei fasci ionizzati o delle pistole, potresti sempre terrorizzarle con uno sfollagente!".

"E’ molto più che questo", risponde l’altra, cominciando a farselo volteggiare sulla testa sempre più velocemente, producendo un suono basso e come ipnotico di aria lacerata. Mentre l’oggetto vortica, la sua lunghezza varia in modo irregolare, da poche spanne fino a più di due metri. Poi succede qualcosa di diverso: la punta sembra sciogliersi e piegarsi come un serpente. Con un agile colpo del braccio, Wanda lancia un colpo di frusta verso un orologio dall’altra parte della palestra. La punta dell’arma sfiora con precisione il centro del suo bersaglio senza toccarlo, e si ritira immediatamente nell’impugnatura.

"Visto? Ha una portata fino a quindici metri".

"L’ideale per un circo!", commenta beffarda Irenior. "Tra aquile, donne invisibili e prestigiatrici che fanno apparire le cose in mano, potremmo mettere assieme una compagnia di successo. Io mi offro come cheerleader, e tu come domatrice di sarvak. Faresti una gran figura con un bel costume sexy e i muscoli in bella vista".

Wanda sbuffa, agitando nervosamente lo sfollagente. "Ma non puoi essere seria, per una volta?".

"Certo", risponde Irene facendo spallucce, "Seriamente, non vedo perché una frusta dovrebbe fare più paura delle armi che avevi già".

L’altra scuote il viso. "Non hai ancora visto tutto!". Le mostra la punta, simile a una piccola molla elicoidale con al centro un oggettino a forma di fungo, al centro di quattro petali di metallo. "Questo è un iniettore dislocante. Quando sfiora una persona, può trasmetterle in circolo un narcotico senza neanche graffiare la pelle. A seconda della quantità, può rallentare i riflessi o far cadere addormentati in pochi secondi. Ma la cosa più importante è che, anche a piccole dosi, ogni tipo di narcotico inibisce l’uso dei poteri mentali".

"Però…", fa Irenior, che inizia a capire il senso della cosa.

Wanda estrae la sua Walther PPK dalla fondina, e mostra le due armi fianco a fianco. "Un’arma letale come una pistola è inutile, se non sei disposta a usarla per prima. Un’arma non letale, invece, non ti dà remore".

Irenior annuisce, finalmente convinta. "Con questa, potresti rendere innocua Elyon al primo colpo senza neanche farle un graffio. Ma sei sicura che lo stesso metodo sia efficace anche con le Guardiane? Non so se i loro poteri siano come i nostri".

Wanda storce il viso. "Se non fosse così, dovremo ricorrere a metodi molto meno gentili". Guarda l’ora sul quadrante appeso. "Irene, andiamo a mangiare qualcosa? Io e altre due dovremmo uscire presto per le prove".

"Ma certo, andiamo!", risponde Irene prendendola a braccetto e incamminandosi verso l’uscita della palestra. "E’ questa frusta l’arma che dovrete provare stasera?".

Uscendo nel cupo corridoio dalla fosforescenza verdina, Wanda svia il discorso: "Non vedo l’ora di gustarmi un altro dei tuoi favolosi hamburger di kraviakk".

 

Altopiano a nord di Meridian, di sera tardi
 

Il sole è già calato da ore, ma l’interno della vecchia torre diroccata è illuminato dal riverbero azzurrino di uno schermo al plasma.

Theresion è impegnata a disporre con cura decine di nanetti da giardino sui davanzali delle feritoie da osservazione: sono i cosiddetti ‘occhibelli’, il cui sguardo immobile dall'inquietante luminescenza verdolina, ben visibile nell'oscurità, è il presupposto per la materializzazione fotonica.

Wanda scruta all’esterno: verso nord, ai piedi della torre, si apre una grande conca boscosa, ben illuminata dagli astri artificiali che solcano il cielo con un movimento percettibile a vista d’occhio. Poco più in là, alcuni ruderi di case coloniche disabitate proiettano le loro ombre sul terreno.

Dalla parte opposta, oltre le basse colline a sud, si intravede la sagoma del palazzo reale, rimarcata dalla debole fosforescenza del suo giardino.

Attorno alla torre il cielo notturno è solcato da due grandi civette, rassicuranti e silenziose come spettri: le sue compagne Anne e Katja stanno vegliando dall’alto sulla prova.

"Sembra il posto ideale per non dare nell’occhio", constata.

Theresion annuisce distrattamente, riguardando con occhio critico la disposizione degli occhibelli e il grosso conversore psicoenergetico appoggiato sotto il tavolo col suo serbatoio colmo di preziosa acqua magica dalla fosforescenza verdolina. "Bene, è tutto pronto per iniziare, manca solo Vera". Sa che in sua assenza il sistema non funzionerebbe: pur essendo autonomo per quanto riguarda la parte di realtà virtuale, le ottiche e l’alimentazione psicoenergetica, l’anello principale del sistema di materializzazione fotonica sono alcuni inimitabili centri cerebrali di Vera.

Un istante dopo, la nuova Luce di Meridian emerge dal consueto baluginio. "Uffa, che giornata!", sbuffa curvando le spalle in modo molto poco regale, "Ho dovuto sorridere ininterrottamente tutto il pomeriggio, e ora mi fa male tutta la faccia!".

"Ecco un rischio che io non correrò mai", le risponde Wanda, sentendosi fortunata per una volta.

Vera accenna a ridacchiare alla battuta, ma subito una fitta sotto gli zigomi la fa smettere. "Allora, Terry, con cosa iniziamo?".

Theresion si mette a sedere davanti alla console. "Che ne dici di un mobil suit?".

"Un robottone? Vediamo…".

Theresion puntualizza: "Tecnicamente, un mobile suit non è un robot, ma un esoscheletro: una macchina da guerra antropomorfa pilotata". Mentre parla, inserisce un dischetto nella console, e la sigla di una nota casa produttrice di videogiochi balena sullo schermo, accompagnata da una monotona musica elettronica. Dopo una rapida navigazione nei menu, annuncia: "Ecco, ora inizia. Osservate fuori!".

Le altre due si sporgono dalle feritoie a guardare nella conca.

Alle luci puntiformi degli astri, delle sottilissime linee verdine si disegnano a mezz’aria ai piedi della torre, poi vengono rivestite da superfici piane grigiastre, finché sotto il loro sguardo prende forma un oggetto simile a un’armatura alta venti metri.

"Fantastico!", mormora Wanda, "E cosa può fare?".

Per tutta risposta, Theresion manovra alcune leve e preme un bottone sul suo joypad.

La testa del mostro meccanico gira silenziosamente, poi, dai suoi lati, due mitragliatrici vomitano nella notte vampate rossastre. Una raffica di proiettili traccianti colpisce il terreno, esplodendo in un piccolo inferno. Il crepitio secco lacera il silenzio della notte, facendole sussultare.

Interrotto il fuoco, un fischio persiste nelle loro orecchie e copre un lontanissimo abbaiare di cani.

Una seconda raffica, più alta, passa sopra le creste delle colline, ma le luci dei traccianti svaniscono nel niente a mezz’aria.

"Ma non può colpire più lontano? La gittata non ha superato i trecento metri", chiede Wanda un po’ delusa.

"Temo di no", risponde Theresion senza alzare gli occhi dallo schermo, "Il sistema di materializzazione ha dei limiti di portata. Comunque, se i proiettili andassero più lontano potrebbero fare disastri non voluti".

"Basterà", considera Vera, "Comunque, questa mole scoraggerà chiunque dall’affrontarlo". Resta pensierosa un attimo. "Vorrei fare una prova. Sei sicura che non reagisca, se lo colpisco?".

"Vai tranquilla, Luce. Lo sto pilotando io".

Vera protende le braccia verso l’apparizione. Dai suoi palmi sgorga una luminosità biancazzurra, e due raggi crepitanti colpiscono in pieno il dorso del mostro, sbilanciandolo in avanti. Alcune superfici scompaiono un attimo in uno sfrigolio elettrico, lasciando intravedere lo scheletro di sottilissime linee luminose, ma si riformano subito.

Appena la scarica ionizzata è finita, il mostruoso mezzo è intatto come prima, e si rimette subito in piedi.

"Questa materializzazione viene rinnovata istante per istante", spiega Theresion, "Non può essere danneggiato, tutt’al più sbilanciato".

Wanda obietta: "Ma riuscirebbe a muoversi in città?".

"Ma certo!", risponde convinta Theresion, "L’altezza delle gambe gli consente facilmente di scavalcare le case a due piani". Per dimostrarlo, comincia ad agire nuovamente sui comandi.

All’esterno, il mobil suit inizia a camminare verso il borghetto abbandonato. Alza una gamba per scavalcare la prima casa, ma il piede colpisce quanto resta del tetto. Il gigante si sbilancia in avanti, cadendo rovinosamente sugli altri ruderi.

Una nuvoletta di povere, resa argentea dalla luce degli astri, si alza dagli edifici crollati.

"Non è niente!" minimizza Theresion con una smorfia di disappunto; manovrando il joypad, fa rialzare il mostro. "E poi, al bisogno, i mobil suit della classe G possono anche volare".

Vera e Wanda tornano a guardare fuori. Ora il gigante è nuovamente eretto, e dal suo dorso fuoriescono vampe azzurrine mentre si solleva nell’aria, accompagnate da un sibilo assordante. Sotto di lui, balenano lingue di fuoco arancioni: la vegetazione comincia a incendiarsi.

"Basta! Basta, o bruceremo il bosco!", grida Vera.

Subito dopo il gigante ripiomba a terra sui suoi piedi, facendo nuovamente tremare il terreno, e comincia a calpestare gli arbusti in fiamme nel tentativo di spegnerli.

Ad ogni impatto degli enormi piedi, la vecchia torre vibra in modo poco rassicurante, e scricchiolii sinistri provengono dal tetto già in rovina sopra le loro teste. Una pianella di legno marcito si stacca e, rimbalzando sulle strutture interne, cade ai loro piedi sul pavimento di legno.

"Fallo smettere!", strilla Vera allarmata a Theresion, che obbedisce immediatamente.
 

Quando è tornato il silenzio, Wanda scuote il viso. "Devo dirvi il vero? Non mi piace molto".

"E’ impensabile usarlo in città", conviene Vera, "Come minimo farebbe scoppiare il panico. Non hai qualche alternativa più stabile?".

"Vediamo…", risponde Theresion, allungando la mano verso la custodia dei dischetti.

Un minuto dopo, sparito il mobil suit, un’altra enorme macchina, questa volta con quattro zampe, appare nella conca.

Therese commenta, china sulla console: "Questo è un AT-AT, All Terrain Armoured Transporter".

"Quello di Star Wars!", esclama Wanda riconoscendo il mezzo.

"Con quattro zampe, è più stabile di un mobile suit antropomorfo", aggiunge Theresion facendo muovere la macchina.

Vera si porta alle sue spalle e osserva sullo schermo l’immagine agli infrarossi del terreno simulato, visto dai sensori dell’immaginaria cabina dell’AT-AT. "Sembra che vada tutto bene…".

‘Qui civetta-Anne. Cosa succede?’, risuona una voce nella sua testa, ‘Il mostro è sparito per un attimo, poi è ricomparso’.

Anche le altre hanno captato il messaggio.

Theresion si alza e va ad un davanzale, raddrizza un nanetto dagli inquietanti occhi luminosi, poi spiega: "Probabilmente è uscito dal campo visivo degli occhibelli, ma dallo schermo non si capiva. Qui compare solo ciò che la console sta simulando, non quanto viene effettivamente materializzato".

Wanda scuote piano il viso. "Però non mi piace neanche questo: nel film facevano vedere il trucco per farlo inciampare con una fune. Vogliamo regalare alle nostre nemiche un suggerimento così?".

"Eh, già", ammette Vera, "E poi, non vorrei che la Lucasfilm ci chiedesse i diritti".

Theresion interrompe il videogioco, e inizia a scartabellare nel raccoglitore di dischetti.

"Che ne dite di un aereo da caccia?".

"Nah! Che si schianti sul palazzo?", lo liquida Vera preoccupata.

"Un elicottero d’attacco?".

"Troppo vulnerabile alle correnti d’aria. Ci vorrebbe qualcosa che non possa essere sbilanciato facilmente".

Theresion continua a scartabellare sempre più nervosamente. "Una pianta carnivora?".

La regina scrolla la sua regale criniera. "Vuoi fare concorrenza a Cornelia nel suo stesso campo? Perderemmo in partenza!".

L’altra sbuffa, riponendo il raccoglitore di dischetti. "Qui non ho altro, Luce, a meno che tu non voglia affrontare le guardiane con un idraulico baffuto, con una pattinatrice o con un micino". 

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Capitolo 66
*** Bagliori nelle pupille ***


 

Ad personam

Cara Scarlettheart, grazie per la rapidissima e graditissima recensione.  L'idea di modificare i propri ricordi è interessante. Per quanto riguarda la corona, nel seguito se ne saprà di più.

Cara Kuruccha, sono felice per la tua recensione. Beh, hai notato che i miei personaggi di tanto in tanto vanno a fare i loro bisognini. Questa è una cosa di cui la Disney si è bellamente dimenticata quando ha fatto chiudere Taranee per giorni nella bolla a Meridian.
Bello lo sfollagente-frusta, no? E' anche più coreografico di un mitra, nelle mani delle Nemesis.

Cara Atlantis Lux, grazie per la graditissima recensione. Anche a me Carol piace come personaggio, ma non la vorrei elevare troppo: è brava a criticare quando gli altri si montano la testa, ma non è certo esente da tentazioni nello stesso senso, quando le circostanze glielo permettono.
Sapevo che le armi ti avrebbero interessata e che avresti riconosciuto immediatamente le citazioni di quelle serie che ho così apprezzato e, nel caso di Mai Otome, presentano diversi punti in comune con Profezie.

Qualche parola su questo capitolo. Siamo a un mese dalla data conclusiva della profezia, e un evento fortuito fa precipitare una situazione che si era protratta per diciassette mesi, e spinge diverse persone a prendere decisioni emotive.
Il disegno rappresenta Tibor in profonda meditazione accanto al sacro bacile nella sala del passaggio. Forse la scena più rappresentativa del capitolo sarebbe stata il drammatico incontro tra Taranee, Carol e Diana a Midgale, ma l'idea di disegnare decine di automobili e di spettatori, oltre a posizioni dinamiche tutt'altro che facili,  mi ha scoraggiato.

 


 

PROFEZIE

 

Riassunto delle puntate precedenti 

Dopo un incontro misterioso con la Luce di Meridian, Vera ha convinto le Gocce a sostituirsi a Elyon a Meridian, impersonando la regina e le guardiane. 
A Meridian, la controfigura di Elyon e le finte guardiane esiliano Miriadel e Alborn, mentre Caleb sfugge alla cattura;  pur avendo assunto il potere, si 
rendono conto di non essere convincenti, e inventano la storia che le guardiane sono a palazzo per proteggere la Luce di Meridian da un complotto. 
A Heatherfield, Elyon spiega che quella che si sta realizzando è una sua profezia, che prevede che la tirannia duri un anno, che a Meridian dura diciotto mesi. Elyon è decisa a non tentare niente prima di questa scadenza.
Il nuovo piano di Vera prende rapidamente forma, basandosi sull'ambiguità del termine di un anno: prima simuleranno che Elyon diventi sempre più tirannica, screditandola, poi Vera, che ha comunque il rango di una principessa Escanor, la spodesterà dopo un anno terrestre di dodici mesi, facendo finire apparentemente la tirannia e realizzare la profezia; poi, dopo aver guadagnato il consenso della gente, si prepareranno per affrontare Elyon e  le Guardiane al loro ritorno dopo diciotto mesi, un anno di Meridian. 
Vera crea venti copie di Wanda, dette Nemesis, che avranno l'incarico di impersonare le guardiane, sollevando le gocce dal compito, e di sorvegliare la città restando invisibili o sotto falsa identità, o con l'aspetto di aquile. 
Come dal piano di Vera, le false Guardiane imprigionano Galgheitha e altri personaggi importanti, che potrebbero rendersi conto che la sempre più tirannica Regina e le Guardiane sono state impersonate da controfigure; la principessa Vera fa la parte della buona, facendo fuggire questi prigionieri dalla città.
Passano i mesi, e la situazione a Meridian si fa sempre più pesante. La falsa Elyon diventa sempre più tirannica e incoerente, isolandosi tra i mormoranti come già Phobos prima di lei, e perdendo ogni simpatia tra la popolazione, l'establishment e perfino l'esercito. La principessa Vera, per contro, finge di mitigare le conseguenze della follia della regina e delle Guardiane e si guadagna sempre più approvazione e credibilità nella città. Infine, si arriva allo scadere dei dodici mesi dall'arrivo delle Gocce e da quello che a molti appare come l'inizio della tirannia. La montatura arriva al suo culmine: Vera parla in consiglio criticando Elyon, poi affronta le false guardiane e infine la falsa Elyon, sconfiggendoli tutti e venendo proclamata Regina.
Informata da Caleb, dopo una combattuta discussione Elyon trae gli auspici e decide di proseguire col piano iniziale, aspettando altri sei mesi per intervenire; inoltre preannuncia alle guardiane che intende farlo da sola. Queste, preoccupate, si chiedono se dovranno intervenire in qualche modo per aiutarla.
Nel frattempo Vera fa sperimentare nuove armi segrete, come fruste capaci di iniettare narcotici e sistemi per materializzare armi pesanti in vista del confronto finale.

 

 

 Capitolo 66

Bagliori nelle pupille
 

 

 

 


Midgale, 26 marzo- diciassettesimo mese dal colpo di stato

Appena il pullman si è fermato, il signor Jensen si alza agilmente dalla poltroncina dell’accompagnatore e rivolge alla sua squadra uno di quei sorrisi che hanno contribuito a renderlo popolare tra signore e signorine di ogni età. “Ragazzi, eccoci arrivati al palazzetto dello sport di Midgale. Mostriamo a questa città come sa ballare la Jensen Dance Academy!”.

Appena scesa sul marciapiede, Taranee alza con emozione lo sguardo per osservare l’edificio imponente in cui dovranno esibirsi, il suo ingresso monumentale di marmo e vetri verdi e le grandi finestrature specchianti che ricoprono il suo perimetro ricurvo. “Guarda, Sheila, non è stupendo?”.
“Sì, sì”, le risponde la sua amica, degnando la costruzione solo di una breve occhiata annoiata dei suoi sottili occhi viola. “Ma l’ho visto tante di quelle volte… Dai, vieni, abbiamo poco tempo per le prove!”. Detto ciò, percorre a grandi passi il marciapiede che le separa dall’ingresso degli artisti, raggiungendo suo padre alla guida della comitiva.
“Non prendertela, Tara”, le dice rassicurante un ragazzo alto, sfiorandole una spalla, “Lo sai che Sheila è un animale da palcoscenico fin da quando era bambina”.
“Lo so, Luke”, risponde Taranee con un ultimo sguardo alla facciata, “A me invece…” inizia a raccontare, cercando con la mano la borsa da ginnastica. Senza trovarla. “La borsa! Dove… Oh, no, l’ho lasciata sul pullman!”. Si volta verso la corriera, che sta già ripartendo. “Oh, no! Ehi, ferma!”. Comincia a inseguire il veicolo, che si sta muovendo lentamente verso l’uscita del parcheggio.
“Autista! Fermo!”, grida anche Luke, gesticolando.
Taranee e il ragazzo corrono a perdifiato, ma la corriera arriva fino all’uscita del parcheggio e fa per immettersi nel traffico. Ma, quando è fuori per metà, avviene il miracolo: l’autista li vede nel suo specchietto.
“Ci ha visti! Si ferma!”, grida il ragazzo, continuando a correre e sbracciarsi.
Però il pullman, di traverso nel traffico, si sta guadagnando qualche strombazzo impaziente da altri automobilisti. Il grosso mezzo si muove nuovamente, poi accosta subito nel posteggio del complesso commerciale adiacente al palazzetto dello sport.
‘Grazie al cielo!’, pensa Taranee scavalcando con agilità il muretto che divide i due parcheggi.  La corriera è a portata di mano dietro due file di auto posteggiate, ma si muove ancora, sia pur lentamente. “Fermati!”, grida Taranee continuando a correrle dietro.
Non fa quasi caso a due ragazze alte che stanno scendendo da un Land Rover lì davanti.
Queste, invece, si voltano allarmate verso di lei e la guardano con occhi stralunati.
Taranee non bada a loro finché la bionda non grida: “Una trappola!”, con una voce che le ricorda quella di Cornelia, e rientra subito in macchina. L’altra estrae dalla giacca… una pistola?!?
“Ferma dove sei!” le intima quella, puntandole addosso l’arma.
Dalla voce, Taranee riconosce anche lei: assomiglia a Will, quindi non può essere che Wanda! E le sta puntando una pistola addosso! Dopo la sorpresa, subentrano rapidamente lo sdegno, poi l’ira: “Come osi!”, ringhia tra i denti, mentre bagliori aranciati di collera cominciano a baluginarle nelle pupille.
Anche la pistolera rientra nell’automobile, senza mai perderla di mira. “Via! Andiamo!” grida alla sua compagna.
‘Adesso vi fermo io!’, pensa Taranee, allungando le braccia verso il Land Rover. In quel momento, però, l’immagine del veicolo tremola e svanisce come un miraggio.

“Ma…”, balbetta il ragazzo dietro di lei, “Ma… Taranee, cos’è successo? Dove…”.
Lei respira a fondo per riprendere il controllo. “Non lo so proprio, Luke”, gli risponde, cercando di mettere a tacere i suoi pensieri in tumulto. Si guarda attorno: altre persone nel parcheggio hanno notato la scena fulminea, senza capirla. Una signora ha lasciato cadere dei pacchetti, e resta come inebetita nell’indecisione se sia il caso di urlare oppure no.
Intanto la corriera si è fermata al di là delle automobili parcheggiate, e Tara si incammina con prudenza, cercando con poco successo di essere naturale mentre le aggira. “Vieni, Luke”, dice con voce in cui vibrano ancora rabbia e paura, “Non possiamo perdere tempo proprio ora, le prove ci stanno aspettando”.


Meridian, salone sotterraneo

Carol, pallida come un cencio nella tenue luminosità verdolina, continua ancora a stringere il volante con le mani tremanti. “Forse… forse non era un agguato. Forse è stato solo un caso”.
“Forse”, conviene Diana, scrutando dai finestrini il tetro scantinato come se temesse che la loro nemica le abbia seguite fin lì. “Magari era sola, ma stava per attaccarci, ne sono certa!”.
“Così, di giorno? In pubblico?”, chiede la bionda con un tremito nella voce.
L’altra la guarda con una punta di disapprovazione: Carol è una tigre quando c’è solo da parlare, ma davanti a un pericolo fisico trema come una foglia. “Cosa dovrei pensare? Correva verso di noi gridando. E poi ho percepito l’ira nei suoi pensieri, le ho visto fiammeggiare le pupille e tendere le braccia. Forse era improvvisato, ma era comunque un attacco”.
Carol ha percepito il suo giudizio, e si ricompone. “E ora?”, chiede asciutta.
“E ora andiamo a fare rapporto alla Luce di Meridian. Ormai ci hanno scoperte; Midgale non è più un posto sicuro, per noi”.


Heatherfield, casa Vandom

“Sì, Matt, la tua bella sta per scendere”, risponde scherzando la signora Susan al citofono. “Dalle solo un minuto… Un minuto di quelli di Will, naturalmente”.
Alle sue spalle, la ragazza esce di fretta dalla sua camera, abbottonandosi la giacca di jeans, e viene verso la porta a passo veloce. “Non badarle, Matt, sto scendendo!”, grida diretta al citofono. Dopo un cenno di saluto alla madre, prende d’infilata la porta delle scale.

Mentre è ancora sul pianerottolo, sente un gracidio provenire dalla borsetta: è la batracica suoneria del suo cellulare.
“Si? Ciao Tara. Sei…”. Dopo aver sentito le prime parole concitate di Taranee, Will sbianca in viso. “Cosa? Le gocce? ... Una pist…!?! … Sparite davanti a tutti, con tutta l’automobile? E la gente? … Meno male, ci mancherebbe solo che ci ficcasse il naso la polizia! … Davanti a Luke? E lui? … Sì, neanch’io crederei ai miei occhi. … Meglio così! … Capisco, sei vincolata. Neanche stanotte? … Va bene, Tara. Informo subito tu sai chi. Ti faccio sapere, ciao”.
La Guardiana del Cuore resta incredula, lo sguardo perso lontano mentre riabbassa lentamente il telefonino.
Le gocce di nuovo a Midgale? Che senso ha questo sviluppo?

Poco dopo, Will esce dal cancello del suo condominio spingendo la sua bicicletta.
Trova Matt ad attenderla, anche lui con la bicicletta alla mano e la custodia della chitarra a tracolla.
“Ciao, Will”, la saluta allegramente; poi, dopo una seconda occhiata, le chiede premuroso: “Qualcosa non va?”.
“Matt caro”, dice lei inforcando la sua cavalcatura di tubi, “Scusa tanto, ma ho un’emergenza. Vuoi accompagnarmi al Ye Olde Bookshop?”, poi parte veloce, senza attendere risposta.
“Ma certo”, risponde lui stupito, mentre l’altra sta già immettendosi sulla strada. Le va dietro con la sensazione che sia successo qualcosa di grave.
Forse oggi i Cobalt Blue dovranno attendere a lungo il loro chitarrista.


Midgale, palazzetto dello sport

“No, no, questo passaggio non va bene!”, si sfoga il signor Jensen, salendo sul palco a braccia alzate tra i ballerini. “Le prove dell’altro ieri erano andate molto meglio. Oggi alcuni di voi sono distratti… E’ il viaggio che vi ha stancati?”.  Si volta verso Luke. “Ci vuole più grinta, più concentrazione… Ricominciamo la seconda parte da capo”.

Mentre gli altri riprendono posizione, Taranee si porta dietro le quinte, in attesa del suo momento di entrare in scena. 
Luke le viene vicino, e le sussurra: “Tara, non so come chiedertelo, ma… che cos’hai visto tu prima, nel parcheggio?”.
Lei si stringe nelle spalle, evitando il suo sguardo. “Non l’ho capito bene neanch’io. E’ stato tutto così fulmineo… Forse quelle due stavano rubando un’automobile, hanno creduto che stessimo correndo per loro e sono scappate, nascondendosi tra le macchine”.
L’altro scuote la testa, turbato. “Non le hai viste sparire… non prendermi per pazzo… sparire con tutta l’automobile?”.
“Credi che sia possibile?”, gli chiede lei con tono neutro. Si sente in colpa: Luke ha visto benissimo, ma lei non può confermarglielo.
“No… certo che no…”, fa marcia indietro lui.
Taranee tenta una razionalizzazione credibile: “Luke, l’azione è stata così fulminea… forse hai girato lo sguardo, e la tua mente ha fuso assieme due immagini diverse. Ho visto una trasmissione in cui degli psicologi facevano esperimenti con testimoni oculari, e…”.
La musica tace all’improvviso, e il richiamo esasperato del signor Jensen li interrompe: “Taranee, Luke! Toccava a voi entrare in scena, adesso! Ma a che cosa stavate pensando?”, grida salendo nuovamente sul palco. “Che cos’avete, quest’oggi? Non potete mettere in disparte le vostre questioni personali, per un po'? Sapete benissimo che questo è un momento cruciale per la Jensen Dance Academy!”.
“S.. scusi”. “Sì… certo”.
“Proviamo la terza scena. E torneremo dopo sulla seconda, sperando che le cose siano cambiate in meglio!”. Si volta verso il tecnico del suono seduto alla sua console in una nicchia laterale. “Terza scena! Preparatevi!”.
Mentre le luci cambiano e i ballerini riprendono posizione, Sheila si avvicina a Taranee e la sfiora con un gomito. “Tara”, le sussurra con un’occhiata di rimprovero e un cenno verso Luke, “Non voglio entrare nelle vostre faccende personali, ma ti sembra di aver scelto il momento migliore per scaricarlo?”.


Kandrakar

“Grazie per avermelo riferito così prontamente, Guardiana del Cuore”, conclude l’Oracolo rivolto all’immagine fluttuante a mezz’aria, incorniciata da candidi sbuffi di nuvole. “Valuteremo subito questi sviluppi. Nel frattempo, raccomando che nessuna di voi agisca in modo sconsiderato”.
Svanita l’immagine di Will, il saggio si dirige verso un corridoio che porta alla Sala del Passaggio, senza permettere al suo viso e al suo passo di deviare dalla loro usuale imperturbabilità.

Varcato l’ingresso della sala, l’Oracolo trova il l'anziano Tibor seduto immobile a gambe incrociate e capo chino, accanto a un grande bacile colmo d’acqua contornato da fiammelle azzurrine che ardono come fuochi fatui.
“Amico mio…”, lo sollecita l’Oracolo, ma la profondità della sua meditazione lo pone al di là della portata di un richiamo così blando.
“Saggio Tibor!”, ripete l’Oracolo a voce già più alta.
Senza risultato. Lo spirito di Tibor sta vagando su nuvole lontane.
Nelle mani dell’Oracolo compare un talismano ben collaudato per richiamare lo spirito nel corpo. Ha l’aspetto di uno spillone. Il saggio si china, scegliendo con cura una posizione a lato del chakra del fondoschiena, poi spinge con decisione.
“AHI! CHI….”, grida Tibor, balzando su a occhi spalancati. “TE POSSINO… Ah… Oracolo!”. Si ricompone. “Quali gravi ragioni vi spingono a interrompere la mia meditazione, signore?”.
“Tibor, amico mio. Hai continuato a vegliare sul portale naturale tra la Terra e il Metamondo, come ti avevo incaricato?”.
“Naturalmente, signore”. Si accosta al bacile. Le gelide fiammelle lambiscono la sua candida veste, senza arrecarle alcun danno.
Sulla superficie liquida appare ciò che sembra l’interno di un tunnel fatto di nebbia e nuvole.
“Dimmi: qualcuno lo ha attraversato, negli ultimi giorni?”.
“Sì, signore”. Con alcuni movimenti rotatori della mano, Tibor fa apparire in rapidissima sequenza una serie di istantanee tridimensionali, corredate da arcani simboli astronomici riportanti le esatte posizioni degli astri negli istanti in cui sono stati rilevati i passaggi. “Ecco, Oracolo. Si tratta del giovane Caleb, già nostro araldo, che va sulla Terra a informare Elyon di Meridian degli sviluppi nel suo mondo”. Si sofferma su un primo piano di Caleb con in mano un oggetto romboidale, sorpreso a mezz’aria ad attraversare il portale alla velocità del pensiero. “In alcuni casi appare travestito, ma il mio occhio esperto non s'inganna: è sempre lui”.
“Aspetta… vediamo le ultime”. L’Oracolo fa delle eleganti rotazioni con la mano, e l’immagine di Caleb viene rapidamente sostituita da quella di un fuoristrada verde scuro congelato contro un improbabile sfondo di nuvole. “E questa?”.
“Questa… Signore, non intendevo disturbarvi per queste bazzecole… ma sembra che il nostro Caleb porti la bella Guardiana della Terra in gita nel suo mondo, qualche volta”. Si stringe nelle spalle. “Se Elyon lo sapesse, potrebbe aversene a male, e così … sapete, per discrezione …”.
L’Oracolo focalizza i dettagli dell’immagine. “Mio buon Tibor, la tua discrezione ti ha giocato una gran beffa. Quello che tu vedi alla guida non è Caleb, ma una ragazza coi capelli corti. E l’angelica creatura bionda al suo fianco non è la Guardiana della Terra, ma la sua ex goccia ribelle. Te le ricordi le gocce astrali, vero?”.
“Oooh..”. La comprensione si fa strada nella secolare saggezza di Tibor, il cui viso diventa di tutti i colori. “Mi dispiace, Oracolo… La mia vista non è più buona come quella di un centenario”.

In quel momento, l'anziana Yan Lin varca la soglia della sala. Sul suo viso rugoso è dipinta un’insolita ombra di apprensione. “Oracolo, ho appena ricevuto un messaggio della mia piccola Hay Lin. Mi ha riferito che Taranee ha avuto un brutto incontro a Midgale. La goccia di Will le ha perfino puntato una pistola addosso! E ora, le ragazze sono molto preoccupate che le loro nemiche possano colpirle di sorpresa a casa loro, quando sono sole e impreparate”.
“No! Inaudito!”sbotta Tibor, con il viso ormai più pallido della veste.

In quel momento, anche l’imponente figura di Endarno varca l’ingresso.  Il suo sguardo severo indugia un attimo sui presenti, da sotto la palpebra segnata da tre cicatrici parallele.
Inizia, con voce stentorea: “Oracolo, io non capisco e non approvo la passività con cui avete condotto tutta questa faccenda fin dal suo inizio. Le azioni perpetrate dagli Escanor e dai loro incaricati avrebbero dovuto mettervi in guardia fin da molto tempo fa. E invece, questi individui hanno potuto sottrarre impunemente il Cuore di Kandrakar. Hanno potuto  screditarne il nome davanti a un intero mondo. Quella volta non avete inviato immediatamente le nostre Guardiane a cancellare l’onta, e ora i nemici hanno preso a muoversi anche sulla Terra a loro piacimento, minacciandole nel loro mondo!”.
Senza perdere la sua calma abituale, l’Oracolo sorride sicuro al suo imponente interlocutore. “Endarno, amico mio, il non intervenire è una decisione che ho meditato a lungo. E’ chiaro che Elyon ha messo a rischio il suo stesso regno per combattere una profezia oscura, che la voleva trasformata in un tiranno. Non mi sembra il caso di vanificare questo suo tentativo, visto anche che siamo a un solo mese dalla sua conclusione. E poi, sono certo che lo sgradevole incontro di oggi è stato solo uno scherzo del caso”.
Endarno si rivolge con sufficienza all’anziano Tibor: “E quante volte è avvenuto questo sconfinamento delle gocce?”.
Costui, cercando di non lasciar trasparire il suo turbamento, torna al bacile, interrogandolo con alcuni gesti della mano. Dopo un breve silenzio pesante risponde, schiarendosi la voce con evidente imbarazzo: “A partire da quindici mesi fa, hanno fatto… ehm… settantadue viaggi”.
“Quindici mesi! Settantadue viaggi!”, tuona Endarno. “E lo sappiamo soltanto adesso!”.
L’Oracolo minimizza: “Tuttavia, è chiaro che sono stati fatti senza intenzioni ostili”.
“Ma se fosse stato così, lo avremmo scoperto solo a cose fatte!”, tuona più forte Endarno. Poi, a braccia conserte, scandisce: “Oracolo, non possiamo più chiudere gli occhi! Io chiedo formalmente che venga attivata nuovamente la Muraglia per chiudere il passaggio tra i due mondi!”.
“Solo come precauzione”, dà man forte Yan Lin, “Ora le ragazze sono molto preoccupate. Mi sembra doveroso garantire loro sonni tranquilli, per quanto ci è possibile”. L’anziana termina la sua richiesta con un inchino rispettoso.
Endarno mima ironico l’inchino di Yan Lin verso l’Oracolo. “E così facciamo dormire sonni più tranquilli anche al saggio Tibor. Ma forse non è mai stato un problema, per lui”, aggiunge con un sorriso di scherno diretto all’anziano, che si rabbuia.
Alla porta si affacciano, titubanti, altri personaggi dai tratti non umani, richiamati dai toni alti del discorso, del tutto insoliti in quel luogo di pacatezza. “Signore… qualcosa vi sta turbando?”.
L’Oracolo fa un gesto rassicurante per congedare i saggi preoccupati, poi annuisce gravemente rivolto a Endarno e Yan Lin. “Dato che insistete, amici miei, lo farò. Ma dobbiamo prendere precauzioni: non voglio più che le nostre azioni siano causa di incidenti mortali come fu vent’anni fa. Perciò, saggia Yan Lin, ti prego di contattare in sogno tutti gli interessati, e rendere loro noto che la barriera verrà riattivata subito. Mettili in guardia contro i rischi che correrebbero tentando di attraversarla senza il nostro permesso. Attendo la tua conferma, prima di iniziare il rituale di attivazione”.
“Sarà fatto”, risponde l’anziana con un inchino.


Heatherfield, casa Portrait, camera di Elyon

Il fuoristrada si arrampica rapido sulle nuvole candide, sfuggendola. Lei lo insegue con vigorosi colpi d’ala, ma ogni volta che si illude di averlo raggiunto, questo riguadagna strada con un colpo d’acceleratore. Poi si sente chiamare da un lato, e mentre si volta, il mezzo si arrampica lungo il bianco pendio e sparisce alla vista.
Dietro di lei c’è una figura minuta ma solenne, in piedi sulle nuvole. I suoi lunghi capelli argentei e l’abito color ghiaccio si confondono con i toni di bianco e grigiazzurro imperanti in quel luogo.
“Saggia Yan Lin!”.
“Salve, Elyon di Meridian. Kandrakar mi ha affidato un messaggio della massima importanza. Per garantire la sicurezza di voi tutte, tra poco verrà riattivata la millenaria muraglia tra i mondi”.
“Coosa?”. Elyon cerca di non agitarsi, altrimenti il risveglio troncherà, assieme al sogno, ogni sua possibilità di replica. “Ma così mi taglierete fuori dal mio stesso mondo! Proprio ora che mi appresto a tornare per riprendere il mio posto di Regina!”.
“Attendiamo con ansia la tua partenza per Meridian, ragazza mia, e ci auguriamo di cuore che tu possa riappropriarti del tuo ruolo. Quando giudicherai che sarà il momento, le Guardiane saranno onorate di accompagnarti attraverso la Muraglia”.
“E Caleb? Non potrà passare neanche lui?”.
“Porta pazienza per un mese, ragazza mia. Ormai manca poco alla data che tu stessa hai designato per la svolta”.
“Lo avete avvertito, almeno? Lo sapete che è pericoloso tentare il passaggio”.
“Sì, il tuo amato è stato avvisato per primo. Oggi, a Meridian, la notte è scesa prima che a Heatherfield”.
“E le gocce? Lo sanno, loro?”.
“Non ancora. Wanda… beh, lei deve imparare un bel po’ di educazione, almeno onirica, prima di poter ricevere ancora qualsiasi messaggio da me. Vera invece è irraggiungibile, protetta da chissà quali amuleti. E Carol, la principale interessata… credo che stanotte non sia ancora riuscita a chiudere occhio. Appena sarò riuscita ad avvertirla, scatterà il blocco. Per ora è tutto. Ti saluto, Elyon, e mi auguro di poter presto tornare a chiamarti ‘Luce di Meridian’”.

Appena congedata da Yan Lin , Elyon si sveglia di soprassalto. Guarda l’orologio alla parete: sono ancora le tre di notte.
Si alza a sedere sul letto, agitata.
Questa notizia è pessima, riflette: se le sue amiche WITCH dovessero riaccompagnarla a Meridian, sarebbe difficilissimo tenerle fuori da tutti i rischi di quest’impresa. Vera e le sue seguaci interpreterebbero questo come uno schieramento da battaglia, con conseguenze difficilmente prevedibili, ma certamente nefaste.
Per non dire di tutte le spiegazioni imbarazzanti che sarebbe costretta a dare, che non sarebbero certo prese bene.
E se, anziché a Meridian,  decidessero di fare tappa a Kandrakar? Lì sarebbe nuovamente in balìa del potere dell’Oracolo o, peggio, di Endarno Occhi-di-serpente.
Come potrebbe fare per riguadagnare la sua indipendenza?

Ricorda con precisione ciò che sua mamma… cioè la sua madre adottiva Miriadel, le raccontò anni prima, a Meridian.
“Avvenne proprio in questo luogo”, le disse indicando il salotto del suo appartamento reale nella torre nordest. “Erano i primi di ottobre del 1984, poche settimane prima del vero giorno della tua nascita. Lei era già debole, e le settimane che le restavano da vivere erano ormai contate. Solo il giorno prima, l’Oracolo le aveva annunciato l’intenzione di sigillare il passaggio fra i mondi, ed era stato irremovibile nella sua decisione”.
“Lei mi affidò un’ambasciata per Phobos, che di fatto già sedeva sul trono di Meridian. Negli ultimi tempi lei lo evitava, fingendo di essere offesa con lui. In realtà Lei temeva che, se si fosse trovato alla Sua presenza, lui avrebbe potuto comprendere i Suoi veri piani per salvarti”.
“Ciò che la tua vera Madre mi diede era una copia inerte del Cuore di Kandrakar. L'aveva materializzata molti anni prima, dopo che la guardiana Nerissa Le aveva permesso di sfiorare il suo talismano con le mani. Usando quest’oggetto, per Phobos sarebbe stato possibile creare un nuovo talismano in grado di aprire a piacimento dei varchi nella muraglia in posizioni che avrebbero permesso di attraversarli a piedi, senza alcun teletrasporto”.
“Oltre a quest’oggetto, la Luce di Meridian mi disse il titolo di due libri, studiando i quali Phobos avrebbe potuto trasformare quel ciondolo quasi inerte nel nuovo talismano. Erano “Poteri di Kandrakar” e “Topologia del portale naturale”, e si trovavano entrambi nella biblioteca proibita”.
“Perché lo fece? Mi incaricò di riferire al Principe dei Principi che voleva vendicare l’affronto fattole dall’Oracolo: costui aveva ignorato le sue suppliche di non chiudere il portale. La vera ragione, invece, mi fu chiara solo due mesi dopo, quando ci affidò l’incarico di rubare il nuovo talismano, detto Sigillo di Phobos, e di usarlo per portarti in salvo sulla Terra, facendo perdere ogni nostra traccia”.

Elyon riflette: anni fa, quel sigillo fu trovato dalle WITCH nel suo scantinato e poi assorbito dal vero Cuore di Kandrakar, e ora non c’e speranza di averlo indietro. Però forse lei potrebbe provare a ricrearlo da capo. Anche se quei due libri sono rimasti nella biblioteca di Meridian, si dà il caso che lei li abbia già letti, anche se senza capirli a fondo. E poi, già una volta aveva materializzato una copia del Cuore di Kandrakar, quella con cui ingannò Wanda; non avrebbe difficoltà a …
Un pensiero la fulmina: quella copia è rimasta lì a Meridian, a disposizione di Vera! La sua grande sorella ha certamente ereditato questo ricordo da Miriadel o da lei stessa, e i libri sono lì, nella biblioteca proibita a tutti tranne che alla Regina. Se volesse, Vera potrebbe facilmente realizzare un nuovo Sigillo di Phobos! E se credesse davvero che le guardiane vogliano farle la festa, cosa ancora più probabile dopo l’incidente con Taranee, potrebbe anche decidere di prevenirle: colpirle di sorpresa nel loro stesso mondo!
Oh cieli turchini, quest'eventualità dev’essere assolutamente scongiurata! Cosa può fare? L’unica soluzione è andare a Meridian da sola a parlare con Vera, subito! Forse riuscirà ancora a farlo, grazie alla provvidenziale insonnia di Carol. Non c’è un minuto da perdere!
Apre un quaderno e scrive in fretta una lettera di commiato ai suoi:

Cara mamma, caro papà,
a Kandrakar stanno per riattivare la Muraglia. Io devo assolutamente parlare con Vera prima che succeda un disastro, e tenterò subito. Se dovessi trovarmi sbarrata la via del ritorno, mi nasconderò da qualche parte sul Metamondo in attesa del giorno fatidico per riprendere il mio ruolo di regina. Non preoccupatevi troppo, saprò cavarmela anche da sola.
Vi voglio bene
Elyon.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 67
*** Sortita a Meridian ***


Ad personam

Cara Atlantis Lux, grazie per la regolarità con cui segui e commenti Profezie. Il tuo commento è graditissimo.
Invero, Midgale non è la città delle WITCH, che risiedono tutte ad Heatherfield, ma è la città in cui le gocce hanno abitato per un anno e mezzo prima dell'impresa di Meridian. Taranee era lì in trasferta occasionale con tutta la sua squadra di danza.
Elyon, una mossa sciocca? Forse... comunque era ben motivata. Le sciocchezze grosse sono state e saranno fatte in altri momenti.
Tieni conto del fatto che l'Oracolo potrebbe non autorizzare un intervento a favore di Elyon, se non ha buoni motivi per farlo. Portare democrazia eccetera nei vari mondi non risponde alle priorità di Kandrakar, che verranno spiegate meglio tra qualche capitolo.
Cara Scarlettheart, come al solito sei rapidissima a recensire, e te ne ringrazio molto.
Ammetto che il mio Tibor ci fa la figura del tonto più di quello del fumetto, ma poverino, te l'immagini che noia passare gran parte delle sue giornate davanti a un bacile d'acqua?
Lo so, il mio Endarno ha un modo di fare non troppo lontano da quello della quarta serie, quando era posseduto da Phobos. Ho supposto che se il suo modo di fare fosse cambiato troppo quando era in quello stato, tutti si sarebbero accorti del cambiamento. 
In un capitolo precedente di Profezie, Endarno aveva maltrattato Elyon anche quando lei era stata 'convocata' a Kandrakar per imporle di recuperare il Cuore, e l'aveva minacciata di rinchiuderla. E' una classica tecnica dei poliziotti: uno fa il cattivo, così l'arrestato si butta tra le braccia del 'buono' per essere protetto e confessa.
Più avanti spiegherò meglio le finalità di Kandrakar, e si capirà anche perchè personaggi diversi come Himerish e Endarno si trovino accomunati nella stessa congrega, sia pur con ruoli diversi.

Qualche parola su questo capitolo. Essendo piuttosto mosso, scriverlo è stato piacevole e relativamente rapido, almeno per i miei standard. Quello che non è stato rapido è il disegno, in particolare la parte sulla città di Meridian, di cui potrete ammirare il centro in tutta la sua magnificenza (anche questa molto relativa) nel disegno completo a fine capitolo. Naturalmente si immagina che la città si estenda molto ai lati e alle spalle del punto di vista. Si immagina, sottolineo. Se avessi più tempo e più pazienza potrei lavorarci ancora, togliendo il balcone che copre parte del centro e dettagliando anche i quartieri sottostanti, ma vi prego di credermi, una settimana di lavoro su quel disegno è stata abbastanza pesante, per me.
Qualcuno potrebbe obiettare che non somiglia molto alla Meridian proposta dal fumetto. Il guaio è che, su W.I.T.C.H., la città cambia non poco a seconda della mano che la disegna, cioè da numero a numero. In alcune parti sembra una città medievale nordeuropea, in altre mediorientale, in altre ancora un paesino di campagna o di montagna. Ho dovuto mediare dicendo che l'architettura è disomogenea e cambia a seconda del quartiere, della data e dei gusti di chi ha costruito ogni singolo edificio. Comunque questo disegno è ben in accordo con la descrizione del luogo che do nelle mie storie: una città in un ampio vallone, sovrastata da un altipiano. Spero vi piaccia comunque. 

Buona lettura
MaxT

 


PROFEZIE
 


Riassunto delle puntate precedenti 

Dopo un incontro misterioso con la Luce di Meridian, Vera ha convinto le Gocce a sostituirsi a Elyon a Meridian, impersonando la regina e le guardiane. 
A Meridian, la controfigura di Elyon e le finte guardiane esiliano Miriadel e Alborn, mentre Caleb sfugge alla cattura;  pur avendo assunto il potere, si 
rendono conto di non essere convincenti, e inventano la storia che le guardiane sono a palazzo per proteggere la Luce di Meridian da un complotto. 
A Heatherfield, Elyon spiega che quella che si sta realizzando è una sua profezia, che prevede che la tirannia duri un anno, che a Meridian dura diciotto mesi. Elyon è decisa a non tentare niente prima di questa scadenza.
Il nuovo piano di Vera prende rapidamente forma, basandosi sull'ambiguità del termine di un anno: prima simuleranno che Elyon diventi sempre più tirannica, screditandola, poi Vera la spodesterà dopo un anno terrestre di dodici mesi, facendo finire apparentemente la tirannia e realizzare la profezia; poi, dopo aver guadagnato il consenso della gente, si prepareranno per affrontare Elyon e  le Guardiane al loro ritorno dopo diciotto mesi, un anno di Meridian. 
Vera crea venti copie di Wanda, dette Nemesis, che avranno l'incarico di impersonare le guardiane e di sorvegliare la città restando invisibili o sotto falsa identità, o con l'aspetto di aquile. 
Come dal piano di Vera, le false Guardiane imprigionano Galgheitha e altri personaggi importanti, che potrebbero rendersi conto che la sempre più tirannica Regina e le Guardiane sono state impersonate da controfigure; la principessa Vera fa la parte della buona, facendo fuggire questi prigionieri dalla città.
Passano i mesi, e la situazione a Meridian si fa sempre più pesante. La falsa Elyon diventa sempre più tirannica e incoerente, perdendo ogni simpatia tra la popolazione, l'establishment e perfino l'esercito. La principessa Vera, per contro, finge di mitigare le conseguenze della follia della regina e delle Guardiane e si guadagna sempre più approvazione nella città.
Infine, si arriva allo scadere dei dodici mesi dall'arrivo delle Gocce e da quello che a molti appare come l'inizio della tirannia. La montatura arriva al suo culmine: Vera parla in consiglio criticando Elyon, poi affronta le false guardiane e infine la falsa Elyon, sconfiggendoli tutti e venendo proclamata Regina.
Informata da Caleb, la vera Elyon decide di proseguire col piano iniziale, aspettando altri sei mesi per intervenire; inoltre preannuncia alle guardiane che intende farlo da sola. Queste, preoccupate, si chiedono se dovranno intervenire in qualche modo per aiutarla.
Nel frattempo Vera fa sperimentare nuove armi segrete, come fruste capaci di iniettare narcotici e sistemi per materializzare armi pesanti in vista del confronto finale.
Cinque mesi dopo, la situazione precipita improvvisamente per un casuale ma burrascoso incontro di Taranee con Carol e Diana a Midgale. L'Oracolo acconsente a chiudere la muraglia per precauzione e ne fa dare preavviso a Elyon, che però decide di dover assolutamente parlare con Vera al più presto.

 


 

Capitolo 67
Sortita a Meridian



Kandrakar, sala del passaggio

Nella sala del passaggio, i sacri gong sono già stati allineati in due file ai lati del bacile, e ora Tibor sta disponendo attorno alla parete i piccoli bracieri per il rito di attivazione della muraglia. Manca poco, ormai; solo la conferma da parte di Yan Lin si fa attendere.
D’improvviso, le fiammelle fluttuanti ai lati del recipiente virano per un breve istante dall’azzurro ghiaccio al giallo vivido; un suono come di diapason vibra nel silenzio, e poi si smorza lentamente.
Tibor, accigliato, si avvicina al sacro bacile: il passaggio è stato di nuovo attraversato, in spregio ai loro avvertimenti? Con un gesto della mano, il saggio fa visualizzare chi ha osato violare la decisione annunciata.
L’immagine che appare fa approfondire le rughe attorno ai suoi vecchi occhi in una maschera di perplessità: sembra una giovane contadinella del metamondo, dal modesto saio di ruvida stoffa grigia e la pelle verdastra e striata, con una gran gerla vuota sulla schiena. Osservando i simboli astronomici che contornano l’immagine, lo stupore aumenta: il passaggio è stato percorso dalla Terra al metamondo, non viceversa.
Pian piano, la verità appare a Tibor in tutta la sua ovvietà: Elyon sta tornando nel suo mondo prima che la barriera venga attivata.
Prima che l’anziano possa uscire per cercarlo, l’Oracolo è già sull’ingresso della sala del passaggio. “Mio buon Tibor, ci sono novità?”.


Heatherfield, casa Vandom-Collins, camera di Will

“Sono le sette, signorina Will”, sollecita, con una vocina sintetica che solo la Guardiana del Cuore può udire, la radiosveglia appoggiata sulla testata del letto.
“E non dare la colpa a noi, se ti riaddormenti a colpo”, aggiunge burbero il cellulare dalla scrivania.
“E chi dà…”, brontola la ragazza, rigirandosi nel letto.
“Persona avvisata, mezza salvata!”, ribadisce caparbio il telefonino.
“Va bene, va bene”, si arrende Will, tirandosi a sedere sul letto ancora con gli occhi chiusi. Stamattina ce l’ha con il suo cellulare. Ha sognato tutta la notte un incrocio di chiamate allarmate di Taranee, di Hay Lin e perfino dell’Oracolo… come se anche lui usasse il telefono! Ma quelle che l’hanno più turbata sono state le telefonate mute, cariche di minaccia. Lei sentiva che erano della sua ex goccia, ma non udiva alcuna parola, solo un lontano respirare carico d’odio.
Mentre tenta di mettere a fuoco i dettagli di questi sogni inquietanti, comincia a percepire un formicolio ben noto al palmo della mano destra: una chiamata di Kandrakar!
Alza il palmo, e il talismano si materializza davanti a lei, ferendole gli occhi semichiusi col suo sfavillare.

“Will, parli da sola?”, le chiede sua madre, entrando in camera di sorpresa. “Ma… cos’hai in mano?”.
La Guardiana è riuscita appena a chiudere le dita sul Cuore, mascherando che stava levitando sul palmo. “Uh… questo... è un regalo di Matt, mamma. L’ha comprato da… sì, da una vecchia cinese. Una vecchia cinese con una bancarella”. Poi aggiunge, come per rassicurarla: “E’ a pile, mà”.
Susan storce la bocca ed esce senza commentare: si sarebbe aspettata che Matt dimostrasse più buon gusto nella scelta di un regalo per una ragazza di diciott’anni.

Poco dopo, trascinatasi nel bagno ciabattando sulle sue pantofole raniformi, Will torna a evocare il Cuore.
Nello specchio sopra il lavello le appare, tra gli spazzolini e la schiuma da barba, l’immagine di Yan Lin, che scandisce compunta: “Will, siete tutte convocate a Kandrakar. Ci sono novità”.
Lei si morde il labbro, combattuta. “Saggia Yan Lin, in questo momento non posso liberarmi senza dare nell’occhio. E neanche le altre, penso. Ci vedremo a scuola alle…”.
Il viso dell’anziana lascia trasparire una lieve smorfia addolorata. “Il tempo stringe, Will. La tua amica Elyon potrebbe già essere in pericolo”.
“Oh, cavolo, ora non posso proprio…”: Si guarda attorno alla ricerca di idee, ma né la doccia né la tazza del water sono in grado di ispirare grandi colpi di genio. Alla fine decide: “Uscirò di casa al più presto, e sparirò nel primo angolo appartato”.
“Brava. Non preoccuparti per le altre…”.
Un educato bussare alla porta interrompe la conversazione interuniversale. “Will?” chiama da fuori la voce di Dean, “Scusa, puoi lasciarmi libero il bagno, intanto che telefoni?”.

Poco più tardi Will, vestita in tutta fretta, passa in cucina, dove Dean, ancora in pigiama, è seduto al tavolo davanti al suo caffè, intento a imburrare le sue fette biscottate mentre ascolta assorto un notiziario alla televisione.
“Buon appetito”, augura lei distrattamente; poi, senza neanche sedersi, si versa una tazza di caffelatte e inizia a trangugiarla, mentre divora a grandi morsi una ciambella e al tempo stesso cerca pure di respirare. La catastrofe è invitabile: dopo il terzo sorso inizia a tossire, spruzzando mezzo tavolo di caffelatte e ciambella semimasticata.
“Ehi, ehi, non strozzarti!”, le dice lui, voltandosi preoccupato mentre copre il proprio piatto con le mani.
“Che disastro”, piagnucola desolata Will, alla ricerca di macchie marroncine sui propri vestiti. Per miracolo, però, non c’è niente di troppo vistoso.
Dean la osserva con sonnolenta curiosità, poi guarda l'orologio alla parete. “Come mai così di fretta? Sei ancora in largo anticipo”.
“Voio fare una pashejjata shahattina uentr uado a hhola”, gli risponde tornando a mangiare con un po' meno foga. “Ha uene”.
Lui guarda la luce plumbea della mattina che proviene dalla finestra a quadroni. “Proprio oggi che piove? Prenditela comoda, ti darò un passaggio in macchina”.
“Hhove?”, risponde scolando l’ultimo sorso di caffelatte ancora sopravvissuto. “Che problema c’è? Prenderò un ombrello. A te non piace camminare sotto la pioggia?”.
“Un sacco”, risponde lui poco convinto, e torna a imburrare la sua fetta senza più insistere.

Mentre in cucina risuona il grido di Susan: “Chi ha lasciato questo disastro sul tavolo?”, Will sta già chiudendosi alle spalle la porta di casa. Bene, il pianerottolo è deserto, constata prendendo il suo ombrello verde rana, poi allarga il palmo.
L’apparizione del Cuore e il salto dimensionale si fondono in un unico lampo, vivido e rosato.


Kandrakar, sala del consiglio

Esaurito il lampo, Will si ritrova nella sala del Consiglio di Kandrakar, circondata dal chiarore azzurrino di pareti dello stesso colore delle nuvole. Assieme all’Oracolo e a Yan Lin che la attendono imperturbabili, c’è anche Hay Lin, che l’ha preceduta.
La sua amica la guarda con curiosità insolita. Che siano le macchie di caffelatte?
“Grazie di essere venuta, Guardiana del Cuore”, la saluta l’Oracolo con un sorriso serafico, “Ma ti assicuro che non ho intenzione di farti una lavata di capo. Perciò il tuo parapioggia è fuori luogo”.
Will si guarda, perplessa: ha addosso il suo costume da guardiana, come si aspettava, ma curiosamente l’ombrello verde rana, anziché essere sparito con zaino e vestiti nella trasformazione,  è ancora appeso al suo gomito. Misteri della magia!
Nel giro di pochi secondi, anche Cornelia e Irma appaiono dai grandi lampi bianchi del salto dimensionale.
“Ehilà, eccoci tutte!”, esclama allegra la Guardiana dell’Acqua, poi guarda meglio e chiede: “Non c’è Taranee?”.
“Lei non è ancora riuscita a liberarsi”, le risponde Yan Lin. “Ma ha promesso di fare il possibile”.
L’oracolo fa un gesto d’invito verso un’apertura sull’esterno che sembra dare accesso a un balcone. “Potrebbe volerci tempo. Nel frattempo vi spiegherò qualcosa sulle informazioni che abbiamo raccolto, e su come muovervi a Meridian”. Facendo strada, continua: “Quella città a prima vista può sembrare un luogo libero e sereno, ma in realtà è tra le più sorvegliate di tutti gli universi. Oggi più che mai”.
Appena le Guardiane varcano la soglia del balcone, non riescono a trattenere esclamazioni di stupore. “Ma… ma questa è Meridian!”, esclama Irma, osservando il panorama urbano sul quale si affaccia.
“Ci aspettavamo le nuvole, e invece…”, aggiunge Hay Lin sgranando gli occhi.
“Ma è un’illusione?”, chiede Cornelia, “E’ così perfetta…”. 
“La vicinanza è un’illusione, ma l’immagine è reale”. Il saggio osserva la città ai loro piedi, brulicante di vita. Alla stessa altezza del loro balcone, in distanza, il palazzo reale domina la città dall’alto della scarpata rocciosa percorsa da una strada a zigzag. “Se fossimo fortunati, potremmo anche riconoscere la vostra amica Elyon da qui, ma probabilmente questo sarebbe chiedere troppo alla buona sorte”.
“Cosa le è successo?”, chiede Cornelia in apprensione.
“Si è teletrasportata a Meridian circa due ore fa, prima che chiudessimo la Muraglia”. L’Oracolo tende il braccio verso l’esterno, e oltre la balaustra appare a mezz’aria, come solida eppure immobile, l’immagine olografica di una contadinella dalla pelle verde, miseramente vestita. “Questo era l’aspetto che dimostrava al suo passaggio, ma potrebbe anche averlo cambiato”.
“Dalle stelle alle stalle”, commenta Irma storcendo il naso. “Ci manca solo la coda”.
“C’è anche quella, invece”, la contraddice Cornelia, indicando una sporgenza che crea pieghe sul didietro della veste.
“E’ completamente irriconoscibile”, constata Will.
“Niente a che fare con le nostre ex-gocce con la pelle tinta di azzurro”, concorda Hay Lin.
“E come faremo a trovarla?” chiede Cornelia.
L’Oracolo si rivolge a Will: “Guardiana, per piacere, evoca nuovamente il Cuore di Kandrakar”.
Lei si libera le mani passando a Irma il suo ombrello verde, poi tende il palmo. Un attimo dopo, il prezioso talismano emerge rutilante e comincia a inclinarsi verso la figura della contadina fluttuante oltre la balaustra, avvicinandosi lentamente a lei come se ne fosse attratto.
“Ehi, ho bisogno di un guinzaglio!”, esclama Will afferrandolo appena prima che esca dalla portata delle sue braccia.
“Lo avrai”, risponde l’Oracolo, “Apri la mano”.
Will esegue, e scopre con sorpresa che ora il suo talismano fluttuante è assicurato all’anulare con una catenella d’argento terminante in un anello. “Questa poi…”.
Irma le batte su una spalla: “Non è che ora dovrai portarlo a passeggiare cinque volte al giorno?”. 

Prima che qualcuno possa darle una salutare gomitata, un lampo all’interno della fortezza richiama la loro attenzione, e rientrano.
Nella sala si è materializzata Taranee. Visibilmente seccata, viene a passi lunghi verso di loro.
“Oracolo, sappiate che io  sono impegnata tutta la mattina, il pomeriggio e la sera. E’ uno spettacolo che la Jensen Academy prepara da mesi. Tutti i ballerini sono indispensabili e insostituibili, e io non faccio eccezione. E poi, la notte dovrò dormire in camera con altre persone, e il giorno dopo viaggiare in corriera con loro. Io non posso mancare, capito? Né allontanarmi senza essere notata!”.
L’Oracolo annuisce, adombrandosi appena a quel diniego. “Capisco le tue ragioni, Guardiana del Fuoco. Però sappi che le tue compagne stanno per partire per un luogo sorvegliatissimo dove si può a mala pena sperare che l’invisibilità basti a passare inosservate, e in molti momenti parlare sarà fuori questione. Il tuo dono della telepatia servirebbe a tutte per poter comunicare senza tradirsi”.
A questa prospettiva, Taranee esita un attimo, poi ribatte: “Ma che senso ha correre lì in tutta fretta? Elyon è tornata nel suo mondo da sola per sua scelta, o no? Significa che avrà pure un suo piano! E se non ci ha chiamate, è perché non ci vuole con sé. Perché tutta questa urgenza di mandarci allo sbaraglio, quindi?”.
Sforzandosi di mantenere la sua calma abituale, l’Oracolo risponde: “La decisione di Elyon di partire è stata certamente affrettata dalla nostra decisione di chiudere la muraglia al più presto. In queste condizioni, temo che non abbia un piano adeguato, visto che il momento per tornare non è quello propizio che aveva scelto in origine”.
Irma si fa avanti, dopo aver appeso con nonchalance l’ombrello alle alette della contrariatissima  Cornelia: “Taranee, lo sai bene anche tu. La piccoletta ha sempre avuto bisogno che noi la tirassimo fuori dai guai in cui si era cacciata da sola. E ora…”.
“E ora io non posso! In che lingua ve lo devo dire?”, la interrompe la Guardiana del Fuoco con un bagliore di fiamma nelle pupille; poi, con un po’ più calma: “Figurati che per venire qui mi sono chiusa in un gabinetto durante una pausa, e sono certa che ora c’è già la fila di gente che batte sulla porta stringendo le gambe! Voi non mettetevi in pericolo, domani pomeriggio andremo tutte insieme a cercarla”.
“E se la catturassero nel frattempo?”, insiste Irma melodrammatica.
“Allora non le farebbe male vedere dall’interno, per una notte, una delle bolle in cui mi ha ospitata anni fa!”. Detto questo, Taranee scompare in un lampo dalle insolite sfumature di un irritato rosso fuoco.

Le altre restano abbattute per un momento.
“E’ triste”, constata Hay Lin, “Se non avessimo avuto queste gocce astrali, ora non avremmo un così disperato bisogno di averne altre”.
“Tua cognata ci ha piantate in asso”, brontola Irma a Cornelia, che la ricambia con un’occhiataccia delle sue.
“Però non ha tutti i torti”, ammette combattuta la Guardiana della Terra, “Forse, davvero potremmo esserle d’intralcio. Andando lì impreparate a cercarla, rischiamo di richiamare l’attenzione su di lei”.
“Ma dici sul serio, Corny?”, si meraviglia Irma guardandola con gli occhioni fuori dalle orbite. “Ma li sai fare i conti? Quante volte l’abbiamo messa nei guai, in passato, e quante volte l’abbiamo tirata fuori? ”. Comincia a enumerare sulle dita: “Una, dalle sue stesse guardie. Due…”, finché l’altra non le rimette l’ombrello in mano.
L’Oracolo, sempre imperturbabile, le richiama: “Venite, Guardiane. Dovrete fare di necessità virtù. Ci sono altre risorse, e ancora tanto da spiegare”.


Meridian, periferia sud

Quella che sembra una giovane contadina si sta avvicinando a Meridian da sud, dove la città, costruita sul pendio di un ampio vallone, incontra la fertile pianura ai suoi piedi.
Ha evitato la strada lastricata, utilizzata soprattutto dai mercanti e dai viaggiatori: il sentiero di campagna si sposa meglio con il suo modesto look agreste.
Si ferma un attimo a guardare il suo bellissimo castello in distanza che, da questa prospettiva, sembra coronare la città come un diadema sfavillante posto sul suo capo.
Alle sue spalle, sul sentiero scricchiola il carretto di un contadino, carico di ortaggi per il mercato. Elyon saluta con un cenno cortese e lascia passare, accodandosi dietro: in questo modo, spera di passare ancora più inosservata.
Cammina, meditando il da farsi. Deve assolutamente far avere un messaggio a Vera, ma presentarsi da lei di persona senza aver ricevuto garanzie d’impunità sarebbe come offrirsi volontaria per la prigione; è indispensabile trovare un metodo che la esponga meno. L’idea più promettente sembra il viaggio extracorporeo, infatti il corpo astrale può attraversare ogni barriera conosciuta come un fantasma, è invulnerabile e inintercettabile, e può manifestarsi a volontà. Insomma, è l’ideale per un’ambasciata in un ambiente ostile.  Non è così per il suo corpo fisico, purtroppo: privo dello spirito, è inerte e vulnerabile, e dev’essere nascosto in un luogo sicuro.
Ma dove? Forse negli immensi sotterranei della città infinita? Lì è pieno di corridoi, cavità e locali di ogni tipo, alcuni delle quali abbastanza accoglienti e vicini al palazzo, una condizione preferenziale per un’impresa extracorporea. Lo ha già utilizzato nella sua riuscitissima sortita per recuperare il Cuore di Kandrakar. Ma avranno capito come era passata di lì?

Ormai sta già superando le prime case della periferia. Guardando alla sua sinistra, lungo la strada lastricata, nota un edificio nuovo e insolito. Dev’essere il nuovo mercato coperto di cui le ha parlato Caleb.
Vinta dalla curiosità, si addentra nel primo vicolo sulla sinistra finché, dopo qualche svolta, sbocca sul nuovo piazzale, e osserva. Nonostante riprenda all’esterno alcuni elementi architettonici tipici di Meridian disposti in un allegro disordine, si capisce che questi sono solo degli ornamenti posticci per dissimulare la ripetitività, sgradevole per i gusti dominanti nella capitale. Il vero edificio è una galleria fatta con elementi modulari di grandi dimensioni, sui cui lati si trovano, a intervalli regolari, portoni di legno e vetro dai motivi tutti diversi, ma chiaramente intercambiabili.
Mentre uno dei capi dell’edificio sembra ancora, in qualche modo, in lavorazione, all’altro capo c’è un certo movimento di gente, soprattutto donne che sciamano con borse e fardelli di ogni tipo.
Vincendo la titubanza, Elyon entra: all’interno della galleria, diversi negozietti sono alloggiati in nicchie laterali ben illuminate da lucernari. Molti hanno ancora gli stessi carretti e banchetti con cui tenevano mercato in centro, ma qualcuno ha già fatto costruire una struttura chiusa permanente, un vero negozio.
La zona accessibile è delimitata da una parete amovibile di legno; al di là,  alcune voci stanno discutendo di… Impianti elettrici?!? Possibile? E per giunta, non escluderebbe che la voce femminile che viene dal cantiere fosse proprio quella di Pao Chai. Anzi, ne è certa!
Preferisce allontanarsi: anche se è certa di essere irriconoscibile, sa che tutte le gocce sono ben addestrate alla telepatia, e non è certo il caso di cercarsi una complicazione così. E poi, ora ha ben altro da fare.


Meridian, altopiano a nord

Appena svanito il lampo, la penombra si riempie di schiamazzi, frullare di ali, scalpicciare di zampe, ragli, muggiti e altri versi d’animali intraducibili nella loro lingua. L’odore dolciastro di stalla e di sterco prende alla gola.
Will si sforza di guardarsi attorno. “Una stalla. Benissimo, ha nascosto la luce”, sussurra alle amiche.
“Benissimo?”, bisbiglia Cornelia con una nota quasi di pianto nella voce. “Guardate cos’ho sotto i piedi!”.
“Qualcosa che un giorno sarà terra”, la consola Irma, senza seguire l’invito a guardare.
“Ci siamo tutte?”, chiede Will.
“Tutte e quattro”, risponde Hay Lin, un po’ triste per l’assenza di Taranee. “Will, tu hai empatia per gli animali, vero? Prova a calmarli un po’”.
“Ci provo”. Will allunga i palmi delle mani, in un gesto che vorrebbe essere rassicurante, verso un grosso bovide. “Buono… lo sai che siamo amiche, vero?”.
Pare proprio che l’ottuso animale non lo sappia per niente. Quando vede avvicinarsi la mano dal colorito insolito, si agita ancora di più, tirandosi indietro nello stallo e strillando (Will non ha idea di come definire altrimenti quel verso) come se stesse giungendo il suo momento di reincarnarsi sotto forma di bistecche.

“C’è qualcuno nella stalla”, grida allarmata una voce di donna dall’esterno. “Presto, prendete i kostlapp”. Per chissà che miracolo, il meridiano è abbastanza comprensibile alle guardiane, che però sono tutt’altro che impazienti di scoprire cosa sono questi kostlapp.
“Svelte, tutte invisibili!”, sussurra Will.
Un momento dopo, il portone di legno  si apre cigolando. Una donna e due bambini esitano sull’ingresso, brandendo forconi appuntiti ad altezza di stomaco. “Chi c’è qui dentro?”, chiede minacciosa la contadina.
“Uscite subito, o farete i conti con noi”, ribadisce il bambino più piccolo, tentando di fare la voce grossa mentre resta nell’ombra di sua madre.
Gli animali sono ancora nervosi: non vedono più le guardiane, ma forse ne sentono ancora l’odore alieno che si insinua tra quello rassicurante del letame.
La donna entra con prudenza, sventolando le punte del forcone davanti al viso di Will senza notarla.  Questa la aggira con prudenza cercando di guadagnare la porta, solo per trovarsi sfiorata dalle punte del forcone del bimbo che la segue. Per fortuna l’agitazione degli animali copre il fruscio dei suoi passi sul pavimento coperto di paglia.
Ormai alle spalle di Will, la donna scruta in tutti gli angoli, e conclude: “Forse era solo un kottor”.

Poco dopo, le quattro guardiane sono ormai sgusciate fuori dalla stalla. L’abbaiare di un botolo da cortile che annusa l’aria le accompagna mentre, restando invisibili, si portano a rispettosa distanza dalla fattoria.
Will si guarda attorno, schermandosi il sole con una mano. Attorno a loro il terreno, mosso e un po’ roccioso, è punteggiato da alcuni edifici agricoli, un paio di piccoli villaggi e, più in distanza, il palazzo reale.
“Dov’è la città?”, si chiede Hay Lin. Si alza in volo, sostenuta dal suo elemento, facendosi schermo agli occhi per guardare controsole, poi torna giù a riferire: “Eccola là, in basso oltre il palazzo. Ora siamo sull’altopiano”.
“Allora, cerchiamo di capire dov’è Elyon”, esorta Cornelia.
Will fa cenno di abbassare la voce; quindi evoca il Cuore di Kandrakar, che subito prende a tirare verso il palazzo.
“E’ arrivata al castello?”, si stupisce Irma, “L’avranno già presa?”.
“Non è esattamente la direzione del palazzo”, corregge Will traguardando lungo la catenella tesa dal Cuore, “E’ un po’ più a destra e in basso. Forse in città, forse oltre. Dobbiamo avvicinarci e fare qualche triangolazione”.
 “E’ un bel po’ di strada”, commenta Cornelia storcendo il viso. “Non dovremmo mica farla a piedi?”.
“Non ti sapevo così pigra”, la schernisce Hay Lin volteggiandole attorno a mezz’aria.
Will storce il viso. “A piedi? Temo di sì. Non credo che l’invisibilità riesca a schermare i lampi del teletrasporto”.
“Non temete”, risponde Cornelia, “Sarò il vostro nocchiero”.
“Il vostro… cocchiere?”, chiede Irma sollevando un sopracciglio.
“Cosa vuoi dire?”, chiede Will.
“Che io so teletrasportarmi anche al modo dei meridiani, senza fare lampi, e posso portarvi con me se mi state vicine”. Conclude con un sorrisino soddisfatto: “Me l’ha insegnato Elyon, naturalmente”.
Will annuisce pensierosa, rinunciando per il momento a chiedere cosa Cornelia abbia insegnato in cambio alla sua ambigua amica. “Va bene. Allora, sonda lo spazio, prima. Non vorrei proprio incappare in qualcuna delle loro trappole”.
“Subito”. Cornelia tende i palmi, facendo apparire…
“L’’ombrello di Will?”, chiede stupita Hay Lin.
“Non era questo che volevo!”, sbotta Cornelia, passandolo a Irma con stizza; riapre i palmi, e questo secondo tentativo è coronato dal successo: in mano le si è materializzata una piccola gabbia d’ottone con un beccuccio simile a una teiera. Dall’oggetto proviene un fastidioso ronzio di mosca.
“Ecco la nostra sonda”.
Irma commenta, passando l’ombrello ad Hay Lin: “L’Oracolo avrebbe potuto trovare qualcosa di più silenzioso di una gabbietta con una mosca, come sonda”.
Cornelia sbuffa: “Avrebbe potuto anche trovare qualcuna più silenziosa di te, come guardiana”.
“Basta!” , comanda Will, “Piuttosto, facciamo una prova a breve raggio, prima di avvicinarci alla città”.
Cornelia annuisce, traguarda la direzione in una specie di mirino, poi preme un opale incastonato sul suo strumento.
Dall’interno della gabbia si sente un breve schiocco, come una scintilla, e il fastidioso ronzio cessa. Cinquanta metri davanti a loro, un brillio visualizza l’arrivo della mosca. Un attimo dopo, una nuova scintilla nella gabbia e la ripresa del fastidioso ronzio rimarcano il ritorno della loro piccola esploratrice.
“Via libera”, constata Cornelia osservando il calmo lampeggiare dell’opale, “Ora, stringetevi attorno a me”.
“Perfetto”, si compiace Irma con un’inavvertibile punta di sarcasmo, “Siamo sopravvissute brillantemente a una contadina e due bambini. Soldati e gocce saranno una passeggiata”.



 

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Capitolo 68
*** Di mosche, di uccelli e di fantasmi ***


Ad personam

Cara Scarlettheart, grazie per la rapidissima e articolatissima recensione. Sono proprio contento di tanto entusiasmo, dopo tutto quel lavoro di mouse e tavoletta grafica.
La reazione di Taranee è stata un po' eccessiva, però la sua assenza aveva delle giustificazioni oggettive. Comunque, nel fumetto, nella terza serie si è tirata indietro dal gruppo per un malumore verso l'Oracolo, nella quarta serie ha parlato contro di lui nel peggior momento possibile, nella quinta si è trovata un interesse e un giro di amici diverso dalle altre, e in più avrebbe anche buoni motivi di risentimento verso Elyon per gli avvenimenti della prima serie. Credo quindi che il modo in cui l'ho dipinta sia credibile. Comunque spetterà a Will, più avanti, fare qualcosa per smorzare certe situazioni incresciose.
Le sabbie del tempo... si potrebbe, ma dopo la riconsegna di quell'oggetto, nel fumetto non se n'è più parlato. E poi, trovo molto più divertente che tutte loro si debbano arrangiare un po' per assentarsi senza farsi notare.

Due parole su questo capitolo: questo è ambientato a Meridian immediatamente dopo la fine del precedente, di cui è la continuazione. Per quanto riguarda il disegno, stavolta mi sono risparmiato un po' dopo lo sforzo della volta precedente, ma spero che il personaggio possa piacere lo stesso anche in assenza di uno sfondo.

Buona lettura
MaxT

 

Profezie
 

Riassunto delle puntate precedenti 

Dopo un incontro misterioso con la Luce di Meridian, Vera ha convinto le Gocce a sostituirsi a Elyon a Meridian, impersonando la regina e le guardiane. 
A Meridian, la controfigura di Elyon e le finte guardiane esiliano Miriadel e Alborn, mentre Caleb sfugge alla cattura;  pur avendo assunto il potere, si rendono conto di non essere convincenti, e inventano la storia che le guardiane sono a palazzo per proteggere la Luce di Meridian da un complotto. 
A Heatherfield, Elyon spiega che quella che si sta realizzando è una sua profezia, che prevede che la tirannia duri un anno, che a Meridian dura diciotto mesi. Elyon è decisa a non tentare niente prima di questa scadenza.
Il nuovo piano di Vera prende rapidamente forma, basandosi sull'ambiguità del termine di un anno: prima simuleranno che Elyon diventi sempre più tirannica, screditandola, poi Vera la spodesterà dopo un anno terrestre di dodici mesi, facendo finire apparentemente la tirannia e realizzare la profezia; poi, dopo aver guadagnato il consenso della gente, si prepareranno per affrontare Elyon e  le Guardiane al loro ritorno dopo diciotto mesi, un anno di Meridian. 
Vera crea venti copie di Wanda, dette Nemesis, che avranno l'incarico di impersonare le guardiane e di sorvegliare la città restando invisibili o sotto falsa identità, o con l'aspetto di aquile. 
Come dal piano di Vera, le false Guardiane imprigionano Galgheitha e altri personaggi importanti, che potrebbero rendersi conto che la sempre più tirannica Regina e le Guardiane sono state impersonate da controfigure; la principessa Vera fa la parte della buona, facendo fuggire questi prigionieri dalla città.
Passano i mesi, e la situazione a Meridian si fa sempre più pesante. La falsa Elyon diventa sempre più tirannica e incoerente, perdendo ogni simpatia tra la popolazione, l'establishment e perfino l'esercito. La principessa Vera, per contro, finge di mitigare le conseguenze della follia della regina e delle Guardiane e si guadagna sempre più approvazione nella città.
Infine, si arriva allo scadere dei dodici mesi dall'arrivo delle Gocce e da quello che a molti appare come l'inizio della tirannia. La montatura arriva al suo culmine: Vera parla in consiglio criticando Elyon, poi affronta le false guardiane e infine la falsa Elyon, sconfiggendoli tutti e venendo proclamata Regina.
Informata da Caleb, la vera Elyon decide di proseguire col piano iniziale, aspettando altri sei mesi per intervenire; inoltre preannuncia alle guardiane che intende farlo da sola. Queste, preoccupate, si chiedono se dovranno intervenire in qualche modo per aiutarla.
Nel frattempo Vera fa sperimentare nuove armi segrete, come fruste capaci di iniettare narcotici e sistemi per materializzare armi pesanti in vista del confronto finale.
Cinque mesi dopo, la situazione precipita improvvisamente per un casuale ma burrascoso incontro di Taranee con Carol e Diana a Midgale. L'Oracolo acconsente a chiudere la muraglia per precauzione e ne fa dare preavviso a Elyon, che però decide di dover assolutamente parlare con Vera al più presto.
Elyon, quindi, decide di teletrasportarsi immediatamente nel suo mondo, nei panni irriconoscibili di una contadinella. Preoccupato per la sua sorte, L'Oracolo convoca immediatamente le Guardiane, inviandole a recuperarla.


 

Capitolo 68
Di mosche, di uccelli e di fantasmi


 

Meridian, sotterranei

Elyon, sempre con l'aspetto dimesso di un'anonima contadinella, prosegue circospetta lungo il corridoio illuminato dall’onnipresente fosforescenza verdolina, ben attenta a notare ogni dettaglio significativo. Alle sue spalle, la luce dell’ingresso è appena sparita dietro la prima svolta. Da quando è entrata nel sotterraneo, ha già incontrato due gatti leporini a caccia. E’ stato solo un caso, o è perché Vera ha intuito che nella sua prima intrusione lei aveva percorso quei corridoi sotto la forma di un topo?
Sa che la maggior parte dei corridoi laterali conduce a scantinati di case private o di edifici pubblici, o a vani abbandonati da secoli e ormai regno di animaletti quanto mai sgradevoli. Però più avanti ci sono locali più adatti, vicini al palazzo e mantenuti in discreto stato dai loro proprietari. Quelli potrebbero essere adatti a lasciare il corpo fisico, mentre…
D’un tratto le pare di sentire voci dietro di sé. Si ferma ad ascoltare. Sì, voci e passi. Due persone si stanno avvicinando a passo rapido.
Rendendosi invisibile con pulsazioni teleipnotiche, svolta in una galleria laterale e attende defilata che questi la superino per vedere chi sono.

Poco dopo vede guizzare un fascio di luce bianca; due guardie civiche le passano vicino senza notarla, e proseguono nella galleria principale.
Elyon si acciglia: è un caso, o stanno cercando proprio lei?
Per un po’ i passi dei due poliziotti si allontanano lungo la galleria, ma poi si fermano e tornano indietro, più lenti e guardinghi.
Due comuni guardie non sarebbero una vera minaccia per lei, ma qualcosa la preoccupa di più.  Probabilmente nei sotterranei c’è qualche tipo di sensore che ha già individuato la sua presenza. Gli occhi dei gatti, forse? Se è così, non può far uso di magie potenti se non vuole svelare prima del tempo la sua identità.
Elyon percorre a passo rapido la galleria laterale; sa che poco più avanti c’è un’uscita sulla pubblica via, chiusa da un cancelletto che non sarà un ostacolo difficile, per lei.
Ma quando già ne vede il chiarore appena dopo una svolta, sente venire proprio da lì uno scatto metallico e uno stridore di cardini non oliati, seguiti da passi e voci di altre due guardie civiche che entrano e le vengono incontro, tagliandole il passaggio. Ci vuole un’idea…
Si rivela alla loro vista e li supplica gesticolando: “Aiuto! Grazie agli Dei, siete qui! Nella galleria ci sono malintenzionati che mi stanno inseguendo!”.
Dopo un istante di stupore, il più anziano la rassicura: “Stai tranquilla, piccola, adesso andiamo a vedere”; poi i due, sguainata la spada, si dirigono a grandi passi verso il cuore della città infinita.

Con un sorrisino soddisfatto, Elyon attraversa il cancelletto aperto ed emerge alla luce del giorno. Le strade sono affollate, e le è facile confondersi tra i passanti. Quelle guardie interpreteranno l’accaduto come un semplice malinteso.
Però l’esperienza è stata negativa: è insolito trovare tanta sorveglianza in un sotterraneo inutilizzato; sembrava piuttosto che ci fosse qualcosa a dirigerli. Perciò, non può lasciare lì il suo corpo fisico inerte.
Qualcosa attraversa il fazzoletto di cielo visibile dalla via: è una grande aquila in volo, proprio come le aveva raccontato Caleb. Un’aquila di una razza che non dovrebbe trovarsi sul metamondo.
A sguardo basso, la contadinella prosegue verso il centro città cercando di non attirare l’attenzione del volatile.


Meridian, palazzo reale, sala da pranzo

“Non sono riuscita a dormire, stanotte”, si lamenta Carol sostenendosi il mento, gli occhi ridotti a due fessure, mentre si attarda con Irenior al tavolo della colazione. “Ero troppo sconvolta dall’incontro di ieri. E poi, un paio di volte che ero lì lì per appisolarmi ho sognato la faccia di Yan Lin e mi sono svegliata di soprassalto”.
“Hai provato a contare le pecore?”.
“No, no. Se non riesco proprio a dormire, preferisco fare altre cose piuttosto che restare a rigirarmi tutta la notte”.
Irenior le allarga un sorriso complice. “Anch’io preferirei… ma qui a Meridian non c’è un uomo decente!”, conclude imbronciata.
“Ma che hai capito?”, ridacchia, “Ecco perché vorresti sempre accompagnarmi a Midgale…”. Poi scuote il viso con rimpianto: “Non so se mi sarà più possibile… Peccato! Senza quei viaggi, la mia permanenza qui mi sembra inutile”.
Irenior annuisce pensierosa. “A proposito… sei libera, stamattina?”.
“Sì, come una pensionata”.
“Hai voglia di insegnarmi ancora un po’ a fare il fantasmino?”.


Meridian, centro città

Dopo una svolta, Elyon si trova davanti a uno splendido scorcio del palazzo che sovrasta la città: bellissimo, candido come il granito baciato dal sole e stagliato contro il cielo terso. Nonostante le sinistre aquile che vi volano attorno descrivendo ampi cerchi, l’immagine riesce comunque a emozionarla.
Riflette: quale luogo potrebbe essere abbastanza vicino al palazzo e, al tempo stesso, abbastanza sicuro da lasciarvi il suo corpo inerte? Forse una camera in una locanda? No, potrebbero essere sorvegliate. Una contadinella malvestita senza neppure un bagaglio in una costosa locanda del centro della capitale darebbe certamente nell’occhio. E poi, ritirarsi in camera a metà di una bella mattina di sole… no, non va.
Si guarda attorno: la maggior parte degli edifici sono abitazioni. Dovrebbe cercarne una vuota? E se gli abitanti tornassero e vi trovassero il suo corpo immobile? No, meglio fare in altro modo.

Entra in un portico che conduce a un cortiletto interno, e bussa alla prima porta alla sua sinistra.
Una donna grassoccia viene ad aprirle e la guarda con sospetto. “Non compriamo nulla dagli ambulanti”, la previene.
“Non sono un ambulante, signora”, le risponde fissandola negli occhi con un sorriso disarmante, “Volevo solo chiederle un bicchiere d’acqua, per favore”.
“Va bene…” , risponde la donna, persa in quello sguardo penetrante.
Elyon la segue in casa, chiudendosi la porta alle spalle e appoggiando la gerla sul pavimento di cotto.
“Ma che bella dimora!”, si complimenta la contadinella sedendosi al tavolo mentre l’altra armeggia alla fontana. “C’è qualcun altro?”.
“Solo mio figlio Dulcur”, risponde lei porgendole il bicchiere pieno, poi attende immobile in piedi come una cameriera.
Dalla stanza attigua, un bambino si sporge a curiosare. “Mamma, chi…”.
“Ciaooo, Dulcur! Come sei carino!”, cinguetta la contadinella con un gesto di saluto e uno sguardo intenso.
“Ciao…” ripete il bambino con un sorriso perso.
“Avete visto che giornata splendida?”, continua Elyon, “E’ un peccato restare chiusi in casa! Perché non vi fate una bella passeggiata fino all’ora di pranzo?”.

Pochi minuti dopo, salutati madre e figlio con larghi sorrisi, Elyon è rimasta padrona della casa.  Sale al piano superiore e, senza perdere tempo a curiosare, si distende supina sul lettone.
Appena ottenuto il completo rilassamento muscolare, inizia la sequenza mentale per il viaggio extracorporeo. Lentamente, sente la vertigine del corpo che si solleva, e l’ambiente tutt’attorno a lei pare assumere toni più chiari e azzurrini, come se la materia avesse una propria debole luminescenza.
Si volta a faccia in giù per osservare il suo corpo fisico, irriconoscibile e abbandonato in questa stanza rubata. Poi si solleva in verticale, attraversando il solaio e il tetto di ardesia senza trovare alcuna resistenza. Osserva con cura, dall’alto, la posizione della casa per essere certa di ritrovarla senza difficoltà. La vista di piazza Sottocastello che si allontana sotto i suoi piedi è affascinante, e ancor più lo è il mutare della prospettiva del palazzo, che splende al sole a indicare a tutti il centro e il vertice di questo mondo.
Deve fare presto. Sfiorando un’aquila che vola ignara, lo spirito si dirige verso la grande sporgenza, dove la pianta della torre est si espande da circolare a rettangolare; poi attraversa la vetrata laterale della sala del trono.
Vuota! Vede solo due guardie a sorvegliare annoiate la grande porta a sesto acuto aperta. Dove sarà Vera? Si aspettava di trovarla qui.
Attraversa in picchiata il pavimento, percorrendo rapidamente tutti i locali sottostanti, trovando guardie, funzionari, domestici, postulanti… tutti, tranne che lei.
Elyon continua le ricerche attraverso scale e corridoi fino ad arrivare all’appartamento reale, ma non trova Vera neanche lì, solo una cameriera sconosciuta che sta rassettando il grande letto nel quale lei ha dormito per anni, e dove sperabilmente tornerà a dormire per un po’ di secoli a venire.
Sempre più spazientita, Elyon dirige il suo corpo astrale in picchiata verticale attraverso appartamenti e camere sottostanti.
Si blocca sorpresa quando, tre piani più sotto, trova Carol e Irene, quest’ultima ben riconoscibile nonostante il colorito verdazzurro striato, che dormono supine fianco a fianco, completamente vestite e ben composte su due letti attigui. A metà mattina? Cosa può voler dire? Non ricordava, poi, che fossero così buone amiche.
Resta un attimo incerta se svegliare Carol per affidarle un messaggio per Vera, ma poi preferisce continuare a cercarla di persona, anche perché non ha idea di come potrebbe reagire Irene.
I piani sottostanti sono attraversati alla velocità del pensiero, trovando solo qualche guardia e qualche domestico. La sua prossima destinazione è la torre nord, dove ci sono i laboratori e le biblioteche. Percorre il corridoio verso nord, ed eccola finalmente nel vano scale centrale della torre, dove inizia a salire verso l’ultimo piano, dove si trova il laboratorio di magia. Se non è neanche lì, probabilmente non è proprio a palazzo.

D’improvviso, vede uscire da una parete un’entità indistinta e vagamente luminescente, che si ferma come a guardarla con due aloni luminosi al posto degli occhi.
Elyon si ritrae perplessa: cos’è quell’essere? Un fantasma  di cui non ha mai sospettata l’esistenza, o un’entità creata da qualche incantesimo per sorvegliare la biblioteca proibita?
L’apparizione sembra curiosa, piuttosto che spaventata, e si avvicina con prudenza.
Con un’intuizione, Elyon alza la sua stessa mano davanti agli occhi. Anche lei ha la stessa consistenza! Quindi, quello è come appare un corpo astrale visto con gli occhi immateriali di uno come lui. Prima aveva sempre dato per scontato che la figura umana fosse riconoscibile, e invece…
Ma chi può essere? Forse proprio Vera? Chi altro potrebbe mettere in pratica una tecnica extracorporea di così alto livello? ‘Sei Vera?’, cerca di trasmettere.
In quel momento, un’altra sagoma luminosa emerge con un guizzo dal pavimento e si ferma, osservandola, poi si avvicina e comincia a girarle attorno in modo inquietante, quasi avvolgendosi attorno a lei. ‘Chi sei?’ percepisce Elyon, ma non riconosce il timbro di questo pensiero.
Ha la sgradevolissima impressione di poter essere presa in trappola. Non ha idea se un corpo astrale possa fare alcunché di ostile verso un altro suo simile, ma questa non le sembra l’occasione più adatta per scoprirlo. Accelera fulmineamente, attraversando le pareti del vano scale, sboccando in un magazzino pieno di oggetti stranissimi velati dalla polvere accumulata nei secoli; poi attraversa anche il muro esterno della torre, emergendo all’esterno. Ma, voltandosi, vede che gli altri esseri evanescenti l’hanno seguita, anche se in pieno sole la loro luminescenza si vede pochissimo.
Sempre più preoccupata, torna ad attraversare le mura del palazzo, zigzagando attraverso stanze e corridoi per farsi perdere di vista. Ma quando, con prudenza, torna a spingere il capo all’esterno, uno dei due spettri è ancora lì a fluttuare sul piazzale.
In tumulto, Elyon si chiede se non sarebbe meglio ritentare di comunicare con lui.
Ma all’improvviso avverte come uno strattone dentro sé stessa, come se le sue viscere incorporee venissero tirate da un qualche cordone ombelicale, una sensazione orrenda e mai provata prima.  Che stia succedendo qualcosa al suo corpo fisico? Non può permetterlo, non ha nessuna intenzione di vagare come un fantasma tra i saloni del suo palazzo per i prossimi secoli dei secoli.
Velocemente, attraversa lo spazio aereo sopra piazzale Sottocastello, diretta verso la casa in cui la contadinella giace come addormentata.


Meridian, ciglio della scarpata su piazza Sottocastello

Il Cuore di Kandrakar, sempre legato alla catenella, descrive rapidamente un ampio arco, passando rapidamente dalla direzione del vicino palazzo reale a quella della città sottostante.
“Pazzesco”, sussurra Irma in un orecchio a Will. “Un’altra oscillazione. Sei sicura che il tuo coso non stia dando i numeri?”.
L'altra le fa cenno di tacere: il loro incantesimo per l’invisibilità non copre i rumori, e le aquile che volteggiano attorno al castello non promettono niente di buono. “Dev'essersi teletrasportata”, sussurra pianissimo, voltandosi verso le altre per far vedere bene i movimenti labiali. Osserva il cuore: ora la direzione indicata si è stabilizzata. “Prova!”, e indica a Cornelia la direzione della piazza sottostante.
La Guardiana della Terra materializza nuovamente il suo strumento, e il fastidioso ronzio del moscone torna ad accompagnarle per un attimo. Punta il beccuccio mirando nella direzione indicata, e preme l’opale incastonato sullo strumento. Con una piccola scintilla, il moscone scompare dalla minuscola gabbietta; ma, dopo qualche secondo, non è ancora tornato a rassicurarle col suo ronzio, e l’opale lampeggia rabbiosamente.
“Barriera”, sussurra Cornelia scuotendo il viso. Il posto è pieno di trappole, questo è il terzo moscone che perdono in meno di un’ora. Beh, meglio lui che loro stesse, si consola. Torna a premere sull’opale, e un nuovo insetto si materializza ronzando nella gabbietta.
Will comunica a gesti di scendere a piedi lungo la strada della scarpata, poi si mette in marcia, sempre tenendo al guinzaglio il suo talismano fluttuante.
“Fin laggiù?”, mugola Irma osservando il piazzale ottanta metri più in basso. “E poi, non è che tra cinque minuti dovremo ritornare qui sopra?”.
Cornelia la zittisce con una gomitata e le indica le aquile in cielo, mai troppo lontane, e un gruppo di viandanti che stanno risalendo la strada a breve distanza.


Meridian, palazzo reale, camera di Carol

Appena rientrata nel suo corpo disteso sul letto, Carol apre gli occhi. “Irene…”, e si volta a cercarla.
“Sono qui” risponde Irenior altrettanto sconvolta, già seduta sul letto accanto al suo. “Credi che fosse proprio Elyon?”.
“Sì, credo di sì. Ma forse voleva parlarci”.
“O forse no. Non si è fatta riconoscere in nessun modo”.
Carol la rimprovera: “Magari l’hai spaventata. Perché ti sei avvicinata così? Sembravi un serpente!”.
L’altra scrolla le spalle. “Cercavo di capire chi fosse. All’inizio ho pensato a Vera, ma credo che lei abbia da fare cose più importanti durante il giorno che giocare ai fantasmini”.
Guardando con ansia dalla finestra, Carol stringe i pugni fino a far sbiancare le nocche. “Forse avremmo dovuto presentarci. Io ho ripreso una forma riconoscibile, ma era troppo tardi, lei era già schizzata via!”.
Irenior si stringe nelle spalle. “Troppo tardi per i pentimenti, biondona. Ho visto dov’è andata, e ho già avvisato le Nemesis-aquila”.


Meridian, abitazione privata su piazza Sottocastello

“Forse sta riprendendo conoscenza”, dice una guardia civica scrollando una spalla della sconosciuta distesa sul letto. “Svegliati, piccola!”.
“Tripiz, non serve essere così delicati”, lo rimprovera l’altra guardia. “SVEGLIA, STRACCIONA!”, grida scuotendo con forza il corpo. “Visto come si fa? Ecco, ora sta riaprendo gli occhi per davvero”.
“E adesso mi dovrà una spiegazione!”, brontola una donna anziana e corpulenta, battendo con impazienza un piede sul pavimento di legno.
“Ma che modi!”, si lamenta Elyon aprendo gli occhi e sollevandosi sul letto infastidita.
“Come, che modi!?!”, si indigna la signora, “Cosa ci fai, addormentata in una casa non tua, su un letto non tuo? E dov’è mia cognata?”.
Ci mancava la suocera, sbuffa tra sé Elyon. “La padrona di casa? E’ andata a fare una passeggiata, e mi ha detto che potevo restare a riposarmi”.
“Sono io, la padrona di casa!”, abbaia la donna coi pugni piantati sui fianchi. “E tu, chi saresti?”.
Inutile inventarsi scuse, decide Elyon. “Guardatemi negli occhi!”.
In un attimo, sia la donna che le guardie restano soggiogati.
“E adesso rilassatevi, non è successo niente. Sono solo una contadina entrata a chiedere un bicchiere d’acqua”.
“Vuoi un bicchiere d’acqua?”, risponde inebetita l’anziana.
“Grazie, signora, ma ho già bevuto. E ora vado di fretta. Bevete voi, alla mia salute. Buona giornata a tutti”.


Meridian, strada sulla scarpata

Scendendo silenziosa lungo la strada per il piazzale, Will osserva preoccupata due aquile lasciare la loro zona di pattugliamento e picchiare velocemente verso un edificio affacciato sul piazzale sottostante, lo stesso che il Cuore di Kandrakar ha puntato costantemente per tutta la discesa.  Le indica alle sue compagne.
Cornelia annuisce tesa, materializzando nuovamente il suo strumento dal ronzio fastidioso e puntandolo sul piazzale.
Alcuni passanti girano gli occhi verso di loro, ma l’invisibilità fornita dalla magia di Kandrakar è un’ottima protezione.
Appena questi si sono un po’ allontanati, Hay Lin indica altre due aquile che si stanno avvicinando all’edificio da un’altra direzione. “Devo sventolarle via?”, sussurra a Will.
“Solo se vengono verso di noi”, risponde la caposquadra ancora più sottovoce.
Il ronzio riprende di colpo. Cornelia fa a tutte un cenno di OK. “Via libera”.
Will annuisce, e indica la piazza. “Stringetevi a me. Si inizia sul serio”.

 
Meridian, abitazione privata su piazza Sottocastello

Elyon scende velocemente le scale, recuperando la gerla nell’ingresso, ed esce nel cortiletto  cercando di assumere l’aria più indifferente che può.
Con disappunto, nota un vecchio sbirciarla con curiosità da dietro il vetro di una finestra di un’altra abitazione. Lo saluta con un cenno cortese, sperando che decida di farsi sanamente i fatti suoi.
Poi alza gli occhi al cielo: le aquile si sono fatte più basse e più vicine. Con un brutto presentimento, si affretta verso il portico  per uscire nella via e confondersi tra la gente.
In quel momento, uno dei grandi uccelli dalla testa ramata prende terra davanti a lei, alla fine del portico, e… scompare!!!
Alle sue spalle, nel cortile, vede atterrare un’altra aquila, ma anziché sparire questa si trasforma, in uno scintillio, in qualcuno che assomiglia molto a un agente della stradale, con un casco dalla visiera iridescente calata sul viso, una divisa verde petrolio, una fondina di pistola alla cintura e uno sfollagente in pugno.
“Allora, Elyon? Pensavi che non ti avremmo riconosciuta, conciata così?”.
Ma… è Wanda?
Lo sfollagente si allunga fino a somigliare a una frusta, che, con un gesto fulmineo, viene scoccata proprio verso la ex-regina.
Il colpo va a vuoto: per sottrarsi all’accerchiamento, lei si è già teletrasportata a lato dell’avversaria. Si è resa invisibile, ma pare che ciò non basti: l’altra si volta verso di lei, è chiaro che la vede ancora, o la percepisce in qualche altro modo. Scocca una seconda frustata contro Elyon, che lei riesce a deviare con la telecinesi. La punta dell’arma sfiora un vaso di fiori appeso, nebulizzando una specie di sbuffo, poi rientra fulmineamente nel manico.
Elyon sta per teletrasportarsi dentro una casa circostante per guadagnare tempo, quando l’avversaria si butta in avanti come per colpirla di punta con lo sfollagente. Ma in quel momento, un lampo rosato la abbatte ai suoi piedi, facendole cadere l’arma. Ma cosa… Elyon non è riuscita a vedere chi lo ha emesso, non c’è nessun altro attorno a lei.
“Dev’essere qui”, sente una voce simile a quella di prima provenire dal niente, molto vicina a lei. “No, è proprio davanti alla porta, non la vedi?”, risponde un’altra voce simile da vicino al portico. “Zitta, è Will!”, le grida quella a terra, ma è troppo tardi, ormai anche quella che ha parlato si è  rivelata alla vista: un’altra agente uguale alla prima. Scocca un colpo di frusta verso la sua preda; ma il colpo si ferma a mezz’aria a un metro da Elyon, e una voce come quella di Irma si lamenta: “Ahiii, cos’era?”. Un altro lampo rosato proveniente dal niente sbatte indietro anche quest’avversaria contro il muro della casa.
Subito dopo Elyon sente la voce di Cornelia: “Ellie, siamo noi”, e una mano la tocca. Anzi, più mani. “L’ho trovata”, dice la voce di Irma. “Ma… Non è Elyon! Ha la coda!”. “Sì, è lei”, ribadisce la voce di Will. La ex-regina si sente afferrare e stringere tra due persone che non vede, sente un breve ronzio rabbioso, poi nuovamente la voce di Cornelia che dice concitata: “Via libera per Kandrakar!”. “Stringetevi!”, ordina la voce di Will; Elyon si sente afferrare anche per le caviglie, dopodiché tutto sparisce in un grande lampo bianco.

 

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Capitolo 69
*** Lampi a Kandrakar ***


Ad personam

Cara Scarlettheart,  grazie per la tua recensione sulla quale conto sempre. Si dà per scontato che Elyon sia una princess in distress, stereotipo dal quale la poverina cerca disperatamente di liberarsi.
Nella mia versione della storia, l'arte di ammaliare delle regine (e dei loro funzionari di alto rango) è uno dei fulcri del sistema politico del metamondo da migliaia di anni; è il mio tentativo di spiegare come una dinastia che regna su una città tutto sommato modesta, con un esercito ancora più modesto, abbia potuto imporre la sua autorità su tutto un mondo.

Cara Atlantis Lux,  grazie per le tue recensioni graditissime.
Elyon riportata a Kandrakar letteralmente per i piedi... non è proprio giusto, stavolta vedremo chi c'è, attaccato ai piedi. 
Le Nemesis, più che altro, sono state stupide ad aprire bocca. Se fossero rimaste invisibili qualche secondo di più, avrebbero avuto migliori possibilità di successo.
Spiegazioni all'Oracolo? Sì, decisamente sì.
Spero di veder presto pubblicato il prossimo capitolo del tuo After phase.

Cara Silvia Gi, innanzitutto grazie per la recensione, sempre gradita. Apprezzo sempre quando le persone mi scrivono francamente i loro giudizi. So che nel racconto ci sono numerose parti statiche, ma descrivono le premesse per le svolte finali; la storia nel suo insieme dura ventiquattro mesi, non mi avrebbe soddisfatto scriverne solo l'inizio e la fine.
Indubbiamente Elyon ha commesso delle ingenuità, ma l'essere andata a Meridian senza le WITCH non rientra tra queste; infatti non si deve dare per scontata una convergenza di interessi tra Elyon e Kandrakar.
L'ingenuità maggiore è stata il non aver atteso la notte, quando una persona che dorme in un qualsiasi albergo non avrebbe destato nessun sospetto, e quando avrebbe potuto trovare Vera in camera a colpo sicuro.
C'è un'altra cosa da far rilevare: finora, sono tutti convinti di avere a che fare con le cinque gocce e basta. L'esistenza delle Nemesis è ancora un segreto, e questo è il momento in cui si sta per svelare.

Qualche parola su questo capitolo, che segue il finale del precedente a distanza di due secondi. E' stato abbastanza difficile da scrivere. Vi anticipo subito che non ci sarà molta scena, però è una svolta importante importante in quanto Elyon sarà costretta a svelare le ragioni di tutto il suo agire fino a questo momento.
Spero che vi piaccia il disegno di Elyon sotto interrogatorio che ho disegnato per quest'occasione.

Buona lettura
MaxT 

 



 

 PROFEZIE


 

Riassunto delle puntate precedenti 

Dopo un incontro misterioso con la Luce di Meridian, Vera ha convinto le Gocce a sostituirsi a Elyon a Meridian, impersonando la regina e le guardiane. 
A Meridian, la controfigura di Elyon e le finte guardiane esiliano Miriadel e Alborn, mentre Caleb sfugge alla cattura;  pur avendo assunto il potere, si rendono conto di non essere convincenti, e inventano la storia che le guardiane sono a palazzo per proteggere la Luce di Meridian da un complotto. 
A Heatherfield, Elyon spiega che quella che si sta realizzando è una sua profezia, che prevede che la tirannia duri un anno, che a Meridian dura diciotto mesi. Elyon è decisa a non tentare niente prima di questa scadenza.
Il nuovo piano di Vera prende rapidamente forma, basandosi sull'ambiguità del termine di un anno: prima simuleranno che Elyon diventi sempre più tirannica, screditandola, poi Vera la spodesterà dopo un anno terrestre di dodici mesi, facendo finire apparentemente la tirannia e realizzare la profezia; poi, dopo aver guadagnato il consenso della gente, si prepareranno per affrontare Elyon e  le Guardiane al loro ritorno dopo diciotto mesi, un anno di Meridian. 
Vera crea venti copie di Wanda, dette Nemesis, che avranno l'incarico di impersonare le guardiane e di sorvegliare la città restando invisibili o sotto falsa identità, o con l'aspetto di aquile. 
Come dal piano di Vera, le false Guardiane imprigionano Galgheitha e altri personaggi importanti, che potrebbero rendersi conto che la sempre più tirannica Regina e le Guardiane sono state impersonate da controfigure; la principessa Vera fa la parte della buona, facendo fuggire questi prigionieri dalla città.
Passano i mesi, e la situazione a Meridian si fa sempre più pesante. La falsa Elyon diventa sempre più tirannica e incoerente, perdendo ogni simpatia tra la popolazione, l'establishment e perfino l'esercito. La principessa Vera, per contro, finge di mitigare le conseguenze della follia della regina e delle Guardiane e si guadagna sempre più approvazione nella città.
Infine, si arriva allo scadere dei dodici mesi dall'arrivo delle Gocce e da quello che a molti appare come l'inizio della tirannia. La montatura arriva al suo culmine: Vera parla in consiglio criticando Elyon, poi affronta le false guardiane e infine la falsa Elyon, sconfiggendoli tutti e venendo proclamata Regina.
Informata da Caleb, la vera Elyon decide di proseguire col piano iniziale, aspettando altri sei mesi per intervenire; inoltre preannuncia alle guardiane che intende farlo da sola. Queste, preoccupate, si chiedono se dovranno intervenire in qualche modo per aiutarla.
Nel frattempo Vera fa sperimentare nuove armi segrete, come fruste capaci di iniettare narcotici e sistemi per materializzare armi pesanti in vista del confronto finale.
Cinque mesi dopo, la situazione precipita improvvisamente per un casuale ma burrascoso incontro di Taranee con Carol e Diana a Midgale. L'Oracolo acconsente a chiudere la muraglia per precauzione e ne fa dare preavviso a Elyon, che però decide di dover assolutamente parlare con Vera al più presto.
Elyon, quindi, decide di teletrasportarsi immediatamente nel suo mondo, nei panni irriconoscibili di una contadinella. Preoccupato per la sua sorte, L'Oracolo convoca immediatamente le Guardiane, inviandole a recuperarla. Infatti queste intervengono in tempo per sottrarla a due Nemesis che stavano cercando di catturarla.


 

Capitolo 69
Lampi a Kandrakar





Kandrakar

Svanito il lampo del salto dimensionale, la luce soffusa dell’ambiente attorno è inconfondibilmente quella della fortezza di Kandrakar.
L’Oracolo e Yan Lin sono in piedi davanti a loro con un’espressione che, una volta tanto, lascia intuire una vaga sorpresa.
“Avete portato qualche amica, guardiane?” chiede lui inarcando impercettibilmente un sopracciglio.
Le ragazze si contano con gridolini di sorpresa. Oltre a Will, Irma, Hay Lin e Cornelia strette attorno a una Elyon ancora irriconoscibile, avvinghiata ai piedi dell’ex-regina c’è anche una delle misteriose agenti dalla divisa scura, ancora con la visiera iridescente del casco calata sul viso.
Will fa un salto indietro. “FERMA DOVE SEI!”, grida puntando minacciosamente i palmi sulla sconosciuta distesa a terra.
“NON UNA MOSSA!”, dà man forte Cornelia puntando a sua volta i palmi sull'intrusa, “Questi sono carichi, e non ho paura a usarli!”.
“Vorresti mollarmi, per favore?”, dice Elyon riprendendo in uno scintillio il suo aspetto usuale.

Mentre il gruppo si allarga, Irma si contorce per tastarsi sotto una scapola. “Hay Hey, ho qualcosa sulla schiena?” chiede preoccupata, “Ho sentito una scossa… e adesso ho un formicolio lì, sotto l’aletta”.
“Ti aveva sfiorata la punta di quella frusta”, risponde la Guardiana dell’Aria, scrutando preoccupata il dorso della sua compagna. “Qui non vedo niente di strano, comunque”.
“Mi sento strana. Cosa mi avete fatto?”, insiste la guardiana dell’acqua con una voce stranamente venata da un'apatia fuori luogo.
“Niente”, risponde imbarazzata da sotto il casco l'intrusa con la voce di Will, cercando inutilmente di farsi sparire di mano una strana manopola. “Solo… solo un po’ di tranquillante”.

“Credo che ci siamo già conosciuti, vero?”, le chiede l’Oracolo; con un suo gesto della mano le fa svanire il casco integrale, rivelando un viso dipinto a motivi neri e contornato da due sottili treccine, ma inequivocabilmente simile a quello di Will. “E così, la goccia della Guardiana del Cuore è di nuovo mia ospite”. Con un nuovo cenno fa svanire anche le striature, e così la tensione del silenzioso faccia a faccia con la sua originale si fa quasi tangibile.
L’uomo si avvicina di qualche passo, senza smettere di guardarla negli occhi. Poi sorride di nuovo. “Mi sbagliavo, tu non sei mai stata qui. Ora, perché non dici a tutte il tuo nome?”.
Questa si sforza di tenere dritto il viso davanti alle occhiate stupite, ma tutt’altro che amichevoli, che le altre le tributano, poi butta fuori d’un fiato: “Dora. Nemesis Uno. E mi dichiaro prigioniera di guerra”.
“Cosa?”. “Non si chiamava Wanda?”. “Cosa vuol dire?”.
“Vuol dire”, riprende l’Oracolo, “Che ora la Guardiana del Cuore non ha più una sola gemella. Ne ha ventuno”.
“Ventuno!”, geme Will, faticando a reggere il breve sguardo torvo col quale l’altra la ricambia.
“Bene, Dora”, riprende l’Oracolo, mentre gli appaiono tra le mani, per un attimo, la pistola e la manopola, che rapidamente fa svanire nel niente; “Qui non hai più bisogno di queste armi. Non hai neanche bisogno di mentire, perché ho ormai acquisito tutti i tuoi ricordi. Puoi rilassarti, e scambiare quattro chiacchiere con le tue nuove amiche”.
Le sue belle parole sono seguite da un incrociarsi di occhiate ostili tra le ragazze.

“L’Oracolo sta scherzando, naturalmente”, tuona la voce stentorea di Endarno che entra nella sala. “Scusate il ritardo, ma questioni improrogabili mi hanno trattenuto nella Torre delle Nebbie”.
“Non si vedeva più la strada”, biascica Irma con le palpebre sempre più pesanti, ma nessuno l'ascolta.
Fortunatamente neanche il Guardiano le bada: i suoi occhi si fanno più sottili mentre lo sguardo passa da Elyon alla sconosciuta in divisa scura che tenta inutilmente di defilarsi. “Bene, bene, vedo che abbiamo ospiti. Non me l’aspettavo, avrei già fatto preparare un secondo alloggio in più”.
Qualche brivido gelido corre sui presenti, ben consapevoli dei sottintesi.
Elyon si fa avanti titubante, rivolta all’uomo imponente che la sovrasta con uno sguardo severo. “Signore, non… non credo che sia il caso di pensare a incarcerare nessuno. Garantisco io anche per… come ti chiami?”.
“Dora…”.
“…Anche per Dora. Lei stava facendo solo il suo dovere, vero?”. Guarda l’altra annuire rigida. “E soprattutto, ora io vorrei affidarle un messaggio per Vera, per risolvere questa faccenda tra… tra amiche… anzi tra sorelle. Sisì, fra sorelle”.
Lo sguardo di Endarno resta gelido. “E cosa ti fa credere, Elyon di Meridian, di essere nelle condizioni di garantire per qualcuno? Per chi pensi che potrebbe essere la prima delle due celle?”.
Cornelia, indignata, scandisce con coraggio: “Endarno, sia chiaro che noi non abbiamo salvato Elyon da Meridian per poi farla rimanere prigioniera qui!”.
“Attenta a come parli, guardiana! Voi siete andate a prenderla perché noi ve l’abbiamo ordinato, punto! Non spetta a te decidere cosa avverrà dopo!”.

L’Oracolo interviene, conciliante: “Endarno, amico mio, non serve esasperare gli animi. La nostra è stata una missione di soccorso”.
Endarno lo ricambia con uno sguardo quasi di sfida. “Elyon sa benissimo perché meriterebbe di essere rinchiusa. Ma, a parte i discorsi passati, Oracolo, in questo caso credo che soccorrerla sia stata un’ingerenza che va al di fuori dei millenari principi su cui è basata la nostra congrega. E’ una ex-regina in lotta per il potere con la sua cosiddetta sorella, e finché questa lotta avviene solo nel suo stesso mondo, non dovrebbe coinvolgerci in nessun modo”.
L’Oracolo scuote il viso, mascherando bene ogni segno di nervosismo. “Elyon ha rimediato ai danni che le sue azioni ci avevano arrecato in passato”.
L'anziana Yan Lin lo spalleggia: “Non vedo motivo per tornare su questa decisione”.
Anche queste parole sono accolte con turbamento dai presenti. Hay Lin, seduta sui gradoni a fare da schienale a Irma, chiede: “…Danni?”.
Endarno guarda Elyon con severità. “Dunque, non hai mai spiegato le tue azioni a quelle di cui ti dici amica?”.
“Che azioni?”, chiede atona Irma, sollevando per un attimo una palpebra pesante.

L’Oracolo si schiarisce la voce per sottolineare la sua autorità. “Elyon, credo che sia arrivato il momento di raccontare le cose con chiarezza e serenità. Tanto per cominciare, qual è il messaggio che tu vorresti affidare alla qui presente Dora?”.
“Ecco… che io vorrei incontrarle Vera al più presto e parlarle, alle condizioni che vorrà lei. Più qualche altro... pensierino di circostanza”.
Il saggio annuisce. “Qualcosa come: ‘Ricorda com’è iniziata prima dell’inizio’?”.
“S.. ssì. Qualcosa del genere”. Impossibile negare: l’Oracolo le sta chiaramente leggendo i pensieri, senza che lei riesca a celarli.
“E cosa vorrebbe dire questa frase?”.
“Vuol dire che… che possiamo tornare amiche come prima... insomma metterci una pietra sopra”.
L’Oracolo scuote piano il viso. “Mi sembra una risposta un po’ banale. Cambierò la domanda: sapresti spiegarci cos’è il filtro di Leryn?”. Nel frattempo, anche lui si siede sulla gradonata, facendo segno agli altri ancora in piedi di fare altrettanto.
 Elyon si accorge che un sedile è apparso levitando sul pavimento proprio dietro di lei. Si siede a disagio e annuisce, mordendosi il labbro: questa posizione centrale è quella di un testimone, o piuttosto di un imputato? “Il filtro di Leryn… è un preparato che serve per manipolare la propria memoria.  Insomma, per dimenticare a comando”.
“O anche... ?”.
Piccole gocce di sudore freddo cominciano a imperlarle la fronte. “Anche per imprimersi ricordi fasulli”.
“Grazie del chiarimento”, dice conciliante l'Oracolo, “Ora, hai motivo di pensare che Vera abbia assunto questo filtro in qualche occasione?”.
Elyon esita a rispondere, mentre si torce nervosamente una treccia.“S…sì, credo di sì. Probabilmente dopo il nostro ultimo incontro a Heatherfield, quasi un anno fa… cioè, diciassette mesi fa”.
“E perché dovrebbe averlo fatto?”.
“Beh... potrebbe, che so, avere raccontato qualcosa di falso alle gocce per convincerle ad andare a Meridian. Ma loro avrebbero potuto capire che mentiva, se lei non si fosse convinta per prima che era vero”.
“E sai cos’ha raccontato loro?”.
Elyon si morde ancora le labbra, mentre le sue povere trecce stanno passando una delle loro peggiori giornate. “Solo perché me l’ha riferito Carol due mesi dopo… insomma, che voi mi avevate intimato di restituirvele per farle tornare al loro ruolo originale di gocce. Ma… ma non sono stata io a raccontarle questo, è stata tutta una sua invenzione!”.
Qualche mormorio indignato si sente dalle gradonate. All’udire il nome di Carol, Cornelia si è rabbuiata: perché Elyon non le aveva mai parlato di questo incontro?
“Però, farebbero davvero comodo”, bofonchia Irma sempre più inebetita.
L’Oracolo riprende, imperturbabile: “A questo punto, Elyon, spiegaci cos’hai detto esattamente a Vera nel corso di quell’ultimo colloquio”.
La ragazza prende fiato, chiude gli occhi, e ricorda: “Cara Vera, il tempo stringe… o qualcosa del genere. La profezia incombe come una maledizione, ma… ma io so cosa fare per ridurre al minimo il danno. Ho trovato una scappatoia: da nessuna parte c’è scritto che la vera Elyon è destinata a essere la sorella di Phobos che tiranneggerà Meridian per un anno. Potrebbe essere un’altra… potresti essere tu. E da nessuna parte c’è scritto che le Guardiane con lei siano quelle vere. Potrebbero essere delle sosia.  Potreste essere voi: andate là, create un clima da tirannia senza fare danni gravi, poi fatevi riconoscere pian piano come impostrici, ma senza svelare al pubblico la vostra vera identità”. Prende ancora fiato, e continua: “Per il mio ritorno, avrei utilizzato quel passaggio che, invece, ho dovuto bruciare per riprendere il Cuore di Kandrakar. Sarei arrivata fino a Vera in viaggio extracorporeo, e le avrei detto le parole che avrebbero sbloccato i suoi ricordi”.
“Quali erano queste parole?”.
“ Lo sapete già, Oracolo. Erano: ‘Ricorda com’è iniziata prima dell’inizio’.  Dopodiché, sarebbe stato facile accordarsi per un finale in cui io avrei riportato la libertà a Meridian esiliando le congiurate in un altro mondo… cioè a Midgale, dove sarebbero tornate a fare esattamente quello che facevano prima”.
Il saggio annuisce senza mostrare alcuna sorpresa. “E di chi era questo piano?”.
“Fin qui era mio. Per tutto il resto, ho lasciato carta bianca a Vera”. Elyon riprende fiato. “Se mi state per chiedere se le ho detto io di rubare il Cuore di Kandrakar, la risposta è no. Non ho voluto sapere niente di quella parte del piano. Avevamo concordato solo la formula per sbloccarle i ricordi”.
L'Oracolo annuisce imperturbabile. “E così, hai fatto sì che lei mettesse su la sua parte di teatrino. Ma se avevate simulato un anno di tirannia, non potevate anche simulare il Cuore di Kandrakar, senza appropriarvi di quello vero?”.
Elyon si stringe nelle spalle, sempre tenendo gli occhi chiusi. “Tutta questa parte è stata lasciata alla completa discrezione di Vera. Comunque lei ne aveva bisogno per trasportarsi a Meridian, non poteva usare il passaggio. E poi, così avrà voluto togliere alle guardiane la possibilità di intervenire.
Comunque, non è stato un mio ordine. Non penserete che avrei potuto dire…”.

“BRUTTA IPOCRITA TRADITRICE!!!”, tuona Taranee dietro di lei. “Tu…tu… tu sapevi tutto, e ci hai mentito fin dall’inizio!!!”.
Elyon si volta verso l’altra, spalancando gli occhi. Maledizione, non si era accorta che…
“Ma, calma, l’ho…”.
“E sei stata vicino a noi un anno ad arruffianarti, inventandoti ogni scusa per non dire la verità. Tu, povera vittima!!! E noi, idiote, a svegliarci la notte, a saltare la scuola, a raccontare scuse ai nostri genitori, a strappare i minuti preziosi alle nostre cose importanti!!! E ora scopriamo che era tutto un tuo teatrino!”.
Cornelia, seduta sulla gradonata, scuote il viso infastidita e si accosta a Dora. “Per caso, ce l’hai ancora quel sedativo?”.
Taranee l’ha sentita. L’affronta con occhi di fuoco: “E tu! Scommetto che sapevi tutto fin dall’inizio, e non ci hai mai detto niente!”.
“Ma… vedi di calmarti…”.
“Calmarmi? Ma da che parte stai, tu? Ma certo, è chiaro, dalla sua parte! Quante cose ci hai nascosto finora?!?”.
“Cosa!?!”, si indigna Cornelia alzandosi  in piedi. “Parole troppo grosse, per una che è sempre più solita piantarci nel momento del pericolo!”.
“Io piantarvi… !!!”.
“Basta!”, comanda Will interponendosi tra loro.
Cornelia torna a sedersi, trincerata dietro le braccia conserte.
Taranee, stringendo i denti, rivolge un’occhiata di fuoco a Nemesis Uno, seduta pallida e rigida come una statua. “E tu, che mi hai puntato addosso una pistola! Sei stata fortunata a sparire in tempo! La prossima volta che ci provi, ti riduco a un mucchietto di ossa carbonizzate!”.
“Basta così!”, interrompe l’Oracolo con un gesto. “E’ giunto il tempo di meditare sulle parole, sia su quelle già sentite che quelle che devono ancora essere pronunciate!”.
“Beh, meditateci voi!”, risponde Taranee a pugni serrati. “Io ho finito il mio tempo. E ora, se permettete, vado a fare qualcosa di serio!”. Detto questo, sparisce nel consueto bagliore di un salto dimensionale.

Dopo i lampi e i fulmini, nella sala scende un attimo di silenzio glaciale, segnato solo dal debole rumore del vento che gioca fra i capitelli. Una nuvola fa capolino da una finestra, poi preferisce ripassare un’altra volta.
Endarno è rimasto in piedi in disparte a braccia conserte, ascoltando accigliato il diverbio. “Oracolo, mi pare che abbiate qualche problema a tenere a freno le intemperanze delle vostre guardiane”.
Il saggio annuisce grave, passandosi le dita su alcune rughe che gli sono apparse accanto agli occhi.  “Sì, e anche quelle dei miei collaboratori”.
L’altro incassa con signorilità e non risponde.

L’Oracolo torna a rivolgersi alla ex regina, rimasta in piedi pallida e annichilita. “Elyon, torniamo anche noi alle cose serie. Ci hai detto qual’era il tuo piano. Ma le cose stanno davvero andando come tu avevi voluto?”.
“No”, esala lei quasi inudibile, “Non so se sia stata l’incursione per recuperare il Cuore di Kandrakar a farle cambiare...  Vera, avendo dimenticato il piano originale, ne ha seguito un altro tutto suo… Il fatto che si fosse presentata in pubblico mi aveva messa un po’ in allarme… i capri espiatori avrebbero dovuto restare anonimi. E poi la campagna per screditarmi, fino alla sua incoronazione a sorpresa… No, è andato tutto storto. E io non ho potuto far altro che aspettare, continuando a sperare che la risoluzione finale, almeno quella, sarà come l’avevamo immaginata all’inizio”.
“Perché non hai tentato prima di contattare Vera per correggere le cose?”.
“Loro tutte dovevano restare inconsapevoli dell’accordo. Se avessero saputo che il colpo di stato era concordato, qualcuno degli abitanti avrebbe potuto leggerglielo nel pensiero. La voce si sarebbe diffusa, e nessuno l’avrebbe considerata più una tirannia, ma una farsa, uno scongiuro, un esorcismo… come era nelle me intenzioni, insomma, ma nessuno lo avrebbe mai dovuto sapere. Questo avrebbe distrutto il senso di tutto: neutralizzare la profezia della tirannia, facendola realizzare nel modo meno dannoso possibile”. Man mano che parla, Elyon torna a sollevare lo sguardo e riprendere un po’ di convinzione.
L’Oracolo annuisce. “Però manca ancora un mese alla data che hai previsto. Capisco che tu abbia voluto tornare a Meridian prima che la barriera fosse attivata. Ma poi, perché non startene nascosta in campagna fino al giorno fatidico?”.
“E’ per l’incidente di ieri, quello di Taranee. Ora, non so cosa le gocce stessero facendo a Midgale, ma temo che possano averlo interpretato come un agguato. Se è così, Vera potrebbe anche decidere di colpire duro per prima a Heatherfield. Io volevo scongiurare questa possibilità. E se fosse stato necessario, avrei anticipato il suo recupero dei ricordi. Per lei, nascondere un pensiero per un mese non sarebbe così difficile come nasconderlo per un anno”.
L’Oracolo obietta: “Però i telepati di Meridian potrebbero leggere anche nel tuo pensiero, dopo il tuo ritorno, sempre che tu riesca nel tuo intento. Anche se allontani Vera e le altre, sempre ammesso che noi ti consentiamo di rimandarla sulla Terra, come impedirai che la verità su questa tirannia fasulla venga risaputa?”.
Lei si stringe nelle spalle. “In qualche modo lo farò. Magari con il filtro di Leryn”.
Un'ombra di riprovazione attraversa il volto del saggio. “Ti sembra bene ingannare la tua stessa memoria? Ti farà perdere la percezione realistica della cosa. Magari serberesti rancore per Vera, che almeno all’inizio ha obbedito alla tua volontà. Magari diventeresti sospettosa e molto più attaccata al potere di come sei ora”.
Elyon alza il viso in un ritorno d’orgoglio. “Sono la Luce di Meridian, o no? Il rancore è un sentimento del tutto bandito per me e le mie simili”.
“Non ne dubito”, risponde l’oracolo con un’occhiata che sembra voler dire tutt’altro. “Ma perché temevi che Vera potesse far colpire le Guardiane a Heatherfield, quando sapevi che la muraglia stava per essere attivata proprio per prevenire questo? Come avrebbero potuto farlo?”.
Elyon prende fiato prima di rispondere: non sa che reazioni susciterà la risposta, ma non saranno certo belle. “Perché credo che Vera potrebbe creare un talismano per forzare la muraglia”.
L’Oracolo si acciglia per un attimo. “Qualcosa come il sigillo di Phobos?”, scandisce lentamente.
“Tale e quale”.
“E su cosa si basa la tua convinzione?”.
“Sul fatto che… uhm.. a Meridian esisteranno certamente i documenti da cui Phobos è partito”.
Con la coda dell’occhio capta una presenza incombente alla sua sinistra: Endarno si è avvicinato lentamente, di nuovo attentissimo alle sue parole.
L’Oracolo insiste. “Vorrei saperne di più. Continua”.
“Phobos prese ispirazione da due libri, che sono ancora conservati in biblioteca”.
“E poi?”.
“Utilizzò una copia inerte del Cuore di Kandrakar. Una simile a quella che ho lasciato tra le mani di Wanda per poter recuperare l’originale”.
“Ecco”, tuona nuovamente Endarno, “L’ho sempre detto che queste regine Escanor fanno solo danno! Una vale l’altra! Scommetterei le orecchie che quella volta è stata la vecchia regina Adariel a spiegare a Phobos come fare. E sono certo che anche Elyon sarebbe in grado di riprodurre quel sinistro talismano che vanificherebbe la stessa esistenza di Kandrakar!”.
“Calma, amico mio”, lo interrompe l’Oracolo alzandosi in piedi, “Quest’oggi si è già gridato troppo. Però è vero, quel sigillo ostacolerebbe realmente la nostra missione”. Con un’occhiata intensa a Elyon, continua: “E potrebbe essere pericoloso anche per voi: finora, negli eoni, la nostra congrega è intervenuta più volte per fermare minacce dirette dal Metamondo alla Terra, ma allo stesso modo è intervenuta per salvare il Metamondo da minacce provenienti dalla Terra. Allo stato attuale, ciò che vi protegge da un’eventuale colonizzazione terrestre sono due cose. Una è il fatto che il Metamondo e il portale naturale siano ignoti a quasi tutti i terrestri, e non è sempre stato così. L’altra è che Kandrakar potrebbe chiudere il passaggio se ne vedesse la necessità. Dimentico qualcosa?”.
“Sì, due cose”, risponde Elyon con un debole scatto d’orgoglio, “Il nostro esercito, e la magia della Luce di Meridian”.
L’Oracolo scuote il viso quasi con compassione. “L’esercito di Meridian è davvero modesto, e la Regina è una sola… o magari due. Niente che non possa essere neutralizzato da qualche proiettile sparato di sorpresa da un cecchino. Il sistema di potere di Meridian, così verticistico, sembra davvero l’ideale per chi volesse decapitarlo”.
Elyon tace, impressionata dall’idea.
L’Oracolo riprende: “Bene, mi sembra che diverse cose fatte dagli Escanor, in passato e al presente, possano minare la sicurezza dello stesso Metamondo. Una è il passare allegramente da un mondo all’altro secondo i propri desideri, talvolta dimostrandosi molto superficiali nel coprire le tracce. Un’altra, ancora peggiore, è creare un talismano che potrebbe esservi sottratto, come è già successo. In un ipotetico futuro, tutto ciò renderebbe possibile una qualche invasione da parte della Terra, soprattutto se il deterioramento del clima e l’esaurimento delle risorse rendessero ancora più allettante conquistare un mondo ancora sostanzialmente intatto. Chiamatela colonizzazione, chiamatela esportazione della fede, del progresso o della democrazia, chiamatela prevenzione di una potenziale minaccia… Bene, se succedesse ciò, Kandrakar potrebbe non essere in grado di fermarlo proprio a causa di un sigillo di questo tipo.  Volete davvero correre questo rischio, voi Escanor?”.
“N… no, no di certo”.
“E neanche noi. Perciò, Elyon, sono costretto a importi una condizione: voglio la tua parola che rinunci per sempre a creare o usare un simile talismano. Che mi consegnerai ogni documento, ogni copia del Cuore di Kandrakar o del talismano che sia, o verrà a trovarsi, in tuo possesso. Me la dai?”.
“S… sì. Non ho scelta, mi par di capire”.
“Certo che ce l’hai”, le risponde Endarno con un ghigno. “Non vuoi venire a vedere la camera degli ospiti che ti abbiamo preparato?”.
L’Oracolo gli fa un cenno pacato di non intervenire, e insiste: “Allora, Elyon? Voglio sentirlo da te, a chiare lettere”.
Lei annuisce, obtorto collo. “E sia. Prometto che non creerò e non userò alcun talismano per forzare la Muraglia”.
“E poi?”, insiste l’Oracolo con uno sguardo d’attesa.
“Che vi consegnerò ogni documento esistente su queste magie. Comunque, è tutto a Meridian”.
“Va bene. E poi?”.
“Che non ne conserverò copia. Che non riprodurrò il Cuore di Kandrakar. Che vi consegnerò ogni copia di cui dovessi entrare in possesso. Parola di Regina”.
Il saggio solleva impercettibilmente un sopracciglio. “Attualmente, non sei tu la regina. E quindi?”.
“Parola di Elyon Escanor. Parola di Elyon Portrait. Parola mia, insomma. Vi basta?”.
“Sì, adesso sì”.
Con un sospiro esausto, Elyon torna a sedere, come svuotata.

“Va bene”, riprende l’Oracolo. “Tra poco la messaggera potrà tornare a Meridian. Vuoi ripeterle il messaggio davanti a tutti, Elyon?”.
Lei si rialza con sforzo, sempre sospirando. Dora si alza a sua volta, venendo rigida verso di lei e si esibisce in un sorprendente saluto militare col pugno alla clavicola. “Ti ascolto”.
Elyon le appoggia a lungo le mani sulle spalle, poi scandisce: “Bene, Dora. Dì a Vera che le voglio parlare al più presto. Scelga lei le condizioni. Imprimiti le parole esatte: ‘Ricorda com’è iniziata prima dell’inizio’. Le vuoi scrivere?”.
“Non serve, le ripeterò senza esitare”, ribadisce marziale, ripetendo il saluto.
“Bene”, conclude l’Oracolo, “Spero che riuscirete a risolvere la faccenda tra di voi. Ora la barriera verrà riaperta fin dopo l’incontro. Poi verrà richiusa, e chi vorrà attraversarla dovrà farsi accompagnare dalle nostre Guardiane. Sei pronta a partire, messaggera?”.
“Sì”.
“Addio”, dice lui; poi, dal suo palmo si genera un lampo bianco che ingoia Nemesis Uno.

Dora ha un attimo di panico: alla breve luce accecante fa seguito solo l’oscurità, interrotta da minuscoli scintillii azzurrini di campi di contenimento che vengono attivati, poi un sibilo e l’odore dolciastro del gas anestetico. Poi buio, buio e basta.


Meridian, palazzo reale, sotterraneo

“Sveglia! Mi senti?”, ripete la voce uguale alla sua.
Dora riapre gli occhi: la prima cosa che vede attorno a sé sono le visiere abbassate delle sue compagne. Una ha ancora in mano la manopola con l'iniettore dislocante; l’impugnatura verde lascia capire che è quella caricata con l’antidoto al narcotico. Un’altra, invece, tiene in mano uno sfollagente.
“Si risveglia!”. “Mi senti? Rispondi!”. “Cos’è successo?”.
Dora, con un gran mal di testa, accenna a rialzarsi dal lettino, ma si accorge che polsi e caviglie sono come incollati al materasso. L’ambiente attorno sembra un’infermeria dalle pareti bianche e asettiche, ma da una parte c’è una porta blindata e un mobile di legno costellato di specchi, gemme iridescenti disposte in linea e alcune luci intermittenti, la versione fantasy di una console di controllo. “Ma dove sono finita?”.
“Calma, dobbiamo completare i controlli”, le risponde una delle compagne, ma lei non riesce a capire quale. Di solito le bastava un contatto… ma ora, ogni tipo di telepatia è svanito nella nebbia che riempie la sua mente. Si sente punzecchiare un braccio, poi le viene posta sulla testa una scomodissima coroncina piena di spigoli.
“Ma che fate? Perfino a Kandrakar mi hanno trattata meglio che qui!”.
“Scusa, ma dobbiamo essere sicure di chi sei, prima di portarti da Vera. Eri diretta qui con un salto dimensionale, e solo Kandrakar è in grado di farli. Nessuna meraviglia che il firewall del palazzo ti abbia intrappolata”.
“E’ pulita”, annuncia un’altra osservando il lampeggiare pacato di una gemma della coroncina. “Nemesis Uno è tornata!”.
Polsi e caviglie sono finalmente liberi.
Con sollievo, le altre sollevano le visiere, accogliendola finalmente con dei sobri sorrisi di benvenuto. “Ben tornata”. “La prima prigioniera di guerra”. “Ma come mai ti hanno liberata?”.
Lei si alza, ma un capogiro la fa reclinare nuovamente. Boccheggia un po’, poi dice: “Devo parlare a Vera. Subito. Ho un messaggio di Elyon per lei”.

Dopo numerosi altri controlli ed esami, Dora viene finalmente accompagnata al cospetto di Vera nella sala del trono, scortata da quattro altre Nemesis dalla visiera sempre abbassata.
“Ben tornata, Dora!”, la accoglie la regina con un largo sorriso velato da uno sguardo diffidente. Davanti a lei s'intravede appena la tenue luminosità venata dai lenti archi elettrici di un campo di forza protettivo.  “Scusa queste precauzioni, ma dobbiamo essere assolutamente sicure che Kandrakar non ti abbia fatto qualche sortilegio per colpirmi. Allora, racconta dall’inizio cos’è successo!”.
“Non volevano catturarmi. Mi hanno trascinata lì senza volerlo, perché ero avvinghiata ai piedi di Elyon”. Con amarezza, aggiunge: “Ce l’hanno portata via per un soffio!”.
L’altra annuisce adombrandosi. “Ho già sentito il rapporto di Megan. Ora raccontami di Kandrakar”.
Dora scuote il viso, portandosi una mano alla fronte. “Chi lo ha definito un luogo di serenità? Quel posto è una bolgia! Tutti contro tutti! Un ceffo che chiamavano Endarno voleva gettare in carcere non solo me, ma anche Elyon, che ha cercato di difendermi”.
Vera spalanca gli occhi sorpresa. “Anche lei? Perché?”.
“Perché diceva che ha fatto dei danni. Quell'uomo era terribile, ha dato contro perfino all’Oracolo. Poi le hanno fatto una specie di interrogatorio, quasi un processo. Pensavamo che fossero venuti a salvarla, invece l’hanno umiliata e minacciata”.
“Umiliata e minacciata…”.
“Le hanno fatto raccontare tutta la faccenda. E lei ha detto che eravate d’accordo fin dall’inizio”.
Vera fa un gesto di stizza. “Ma che cavolate! E l’Oracolo l’ha bevuta?”.
“Macché cavolate! E’ chiaro che ha detto la verità, ha dovuto! Quell’altro le leggeva nel pensiero”. Dora guarda la sua regina dritta negli occhi fin a farle distogliere lo sguardo per il disagio. “Vera, noi tutte lo sospettavamo da molto tempo, ma adesso so tutto del filtro di Leryn!”.
“Ah! E che cosa sarebbe?”.
“Non fare finta di non saperlo, per piacere! E' una roba per dimenticare, o per imprimersi falsi ricordi!”.
Vera le fa un sorriso nervoso, trincerandosi dietro le braccia conserte. “Dora, ti hanno ingannata! E’ stata tutta una montatura per confonderci, non capisci?”.
“Ah, sì? Ascolta cosa lei ti manda a dire, allora: ‘Ricorda come era prima  di … di…”.
“Taci! E’ una formula magica!”. Rivolta alle altre Nemesis di scorta: “Fatela tacere! Portatela via”.
Mentre le altre l'afferrano senza convinzione per le spalle, Dora insiste: “No, era: “Ricordati com’era prima dell’inizio. No, neanche…”.
“Portatela via!”, ripete Vera, voltandosi e tappandosi le orecchie coi palmi. Attorno a lei, un baluginio preannuncia che sta per teletrasportarsi.
“Ricordati com’è iniziata prima dell’inizio!!! Ricordati com’è iniziata prima dell’inizio!!!”.
Vera si ferma, e scopre le orecchie. Di colpo, tutti i ricordi di quella notte lontana iniziano a tornarle chiari.
“Oh, cieli turchini!”, esala dopo un lunghissimo attimo di silenzio.
Poi si volta verso l’altra, cercando di apparire calma.
“Tutto qui? E poi?”.
 

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Capitolo 70
*** Nella tana della tigre ***


Ad personam

Cara Scarlettheart, grazie per la tua recensione, che mi riempie di gioia.
La tua domanda sull'ignorare le profezie è interessante, nel senso che sia in questa fiction che ne La Luce al tramonto il fatto che un avvenimento sia stato profetizzato ha una parte nella sua realizzazione. Cosa sarebbe successo se la profezia fosse stata ignorata? Secondo Elyon, si sarebbe realizzata lo stesso in una forma non controllabile, probabilmente peggiore. E' la stessa impostazione che sta dietro l'Edipo Re o il presagio che spinse Priamo ad allontanare Paride. Ovviamente uno scettico darebbe una risposta diversa.

Cara Silvia Gi, grazie per questa bella recensione cui tenevo molto. Anche perché, con un colpo di scena così, uno potrebbe anche temere un po' di pomodori marci in fronte.
Quanto ai modi di dire colloquiali, è vero. Cercherò di giustificarmi dicendo che il formalismo di questi due personaggi si è allentato a causa della tensione che ha sfiorato il litigio, e che si tratta della traduzione italiana della traduzione inglese di modi di dire diffusi tra l'elite di Basiliade da cui i due personaggi provengono. Grazie anche per la tua inattesa recensione a Sogni di Goccia, la mia vecchia fanfiction che racconta un precedente episodio della vita di Wanda.

Cara Atlantis Lux, grazie per il tuo graditissimo commento.
Sapremo la risposta di Vera in questo nuovo capitolo, ma hai già intuito che le impressioni su Kandrakar che Dora le ha riportato sono disastrose, e non la invogliano affatto a mollare l'osso. E poi, dopo tutti i preparativi, credo che sarà bello vedere un po' d'azione.
Per quanto riguarda invece un chiarimento interno al gruppo delle WITCH, questo sarà l'oggetto del capitolo successivo. Si saprà anche qualcosa del misterioso ombrello verde ranocchio che compare spesso nei momenti più inopportuni.

Approfitto per ringraziare Sophie Isabella Nikolaevna per aver recensito Dopo l'ultima pagina, una mia ricostruzione del passato di Will nei due anni precedenti all'inizio della saga di W.I.T.C.H., e Eredel che ha riletto questo capitolo prima della sua pubblicazione.

In questo capitolo si saprà la risposta di Vera, che era abbastanza scontata; più interessanti sono le sue giustificazioni.
Riemergerà dal passato qualche episodio della loro vecchia vita a Midgale, e un accenno a una sottotrama inedita che non ho aggiunto a Profezie per non allungarla e complicarla ancora più di come sia ora; forse un giorno troverò voglia e idee per completarla e pubblicarla come un racconto a sé stante sull'agente Sylla.
Per quanto riguarda il disegno, ho pensato che il più rappresentativo per questo capitolo sarebbe stato la camminata a tigre di Vera attorno a Elyon, camminata che, dopo molte indecisioni, mi ha suggerito anche il titolo che ho dato a questo capitolo.
Forse non sarebbe stato male inserire nell'illustrazione anche uno scorcio del Land Rover insolitamente parcheggiato nella sala del trono, ma temevo che avrebbe distratto un po' troppo l'attenzione dalle protagoniste.

Buona lettura
MaxT




 

 PROFEZIE



 

Riassunto delle puntate precedenti 

Dopo un incontro misterioso con la Luce di Meridian, Vera ha convinto le Gocce a sostituirsi a Elyon a Meridian, impersonando la regina e le guardiane. 
A Meridian, la controfigura di Elyon e le finte guardiane esiliano Miriadel e Alborn, mentre Caleb sfugge alla cattura;  pur avendo assunto il potere, si rendono conto di non essere convincenti, e inventano la storia che le guardiane sono a palazzo per proteggere la Luce di Meridian da un complotto. 
A Heatherfield, Elyon spiega che quella che si sta realizzando è una sua profezia, che prevede che la tirannia duri un anno, che a Meridian dura diciotto mesi. Elyon è decisa a non tentare niente prima di questa scadenza.
Il nuovo piano di Vera prende rapidamente forma, basandosi sull'ambiguità del termine di un anno: prima simuleranno che Elyon diventi sempre più tirannica, screditandola, poi Vera la spodesterà dopo un anno terrestre di dodici mesi, facendo finire apparentemente la tirannia e realizzare la profezia; poi, dopo aver guadagnato il consenso della gente, si prepareranno per affrontare Elyon e  le Guardiane al loro ritorno dopo diciotto mesi, un anno di Meridian. 
Vera crea venti copie di Wanda, dette Nemesis, che avranno l'incarico di impersonare le guardiane e di sorvegliare la città restando invisibili o sotto falsa identità, o con l'aspetto di aquile. 
Come dal piano di Vera, le false Guardiane imprigionano Galgheitha e altri personaggi importanti, che potrebbero rendersi conto che la sempre più tirannica Regina e le Guardiane sono state impersonate da controfigure; la principessa Vera fa la parte della buona, facendo fuggire questi prigionieri dalla città.
Passano i mesi, e la situazione a Meridian si fa sempre più pesante. La falsa Elyon diventa sempre più tirannica e incoerente, perdendo ogni simpatia tra la popolazione. La principessa Vera, per contro, finge di mitigare le conseguenze della follia della regina e delle Guardiane e si guadagna sempre più approvazione nella città.
Infine, si arriva allo scadere dei dodici mesi dall'arrivo delle Gocce e da quello che a molti appare come l'inizio della tirannia. La montatura arriva al suo culmine: Vera parla in consiglio criticando Elyon, poi affronta le false guardiane e infine la falsa Elyon, sconfiggendoli tutti e venendo proclamata Regina.
Informata da Caleb, la vera Elyon decide di proseguire col piano iniziale, aspettando altri sei mesi per intervenire; inoltre preannuncia alle guardiane che intende farlo da sola. Queste, preoccupate, si chiedono se dovranno intervenire in qualche modo per aiutarla.
Nel frattempo Vera fa sperimentare nuove armi segrete, come fruste capaci di iniettare narcotici e sistemi per materializzare armi pesanti in vista del confronto finale.
Cinque mesi dopo, la situazione precipita improvvisamente per un casuale ma burrascoso incontro di Taranee con Carol e Diana a Midgale. L'Oracolo acconsente a chiudere la muraglia per precauzione e ne fa dare preavviso a Elyon, che però decide di dover assolutamente parlare con Vera al più presto.
Elyon, quindi, decide di teletrasportarsi immediatamente nel suo mondo, nei panni irriconoscibili di una contadinella. Preoccupato per la sua sorte, L'Oracolo convoca immediatamente le Guardiane, inviandole a recuperarla. Queste intervengono in tempo per sottrarla a due Nemesis che stavano cercando di catturarla. Ma nel trasportarla a Kandrakar, inaspettatamente trascinano con loro una delle due, Dora.
A Kandrakar, Elyon viene costretta a rivelare che il colpo di stato di Vera era stato frutto di un loro accordo per far realizzare la profezia della tirannide nel modo meno dannoso possibile. Vera aveva assunto una pozione per dimenticare questo accordo, ma la sua memoria sarà ripristinata pronunciando in sua presenza una frase concordata, che comunica a Dora che viene rimandata a Meridian come messaggera.
Dora ritorna e ripristina i ricordi di Vera, aggiungendo che Elyon vuole parlarle, ma riferisce anche che a Kandrakar sia lei che la ex-regina sono state minacciate.


 

Capitolo 70

Nella tana della tigre





Heatherfield, casa Portrait, la mattina dopo

Dopo la tempesta, a casa Portrait anche la mattina del giorno dopo si preannuncia nuvolosa. Come sempre a quest’ora, l’odore di caffelatte si allarga nella cucina, ma l’aria non è la stessa.
Thomas, seduto cupo a tavola per colazione, è intento a spalmarsi il burro su una fetta biscottata, ma preme troppo; questa si spezza con uno schiocco, spargendo frammenti imburrati tutt’attorno.
Dall’altra parte del tavolo, Elyon osa appena alzare lo sguardo sul piccolo disastro, e continua piano a mescolare il suo caffelatte ancora fumante a occhi bassi.
“Ma ti rendi conto di cosa ci hai fatto passare?”, ricomincia l’uomo, “Eravamo così disperati che abbiamo anche telefonato a casa di Cornelia, inventando non so più che scuse per sapere se era con te”.
Elyon sospira avvilita; al telefono, la sera prima, la sua migliore amica le aveva raccontato che tutte loro hanno giustificato l’uscita mattutina dicendo che sarebbero andate a cercare proprio lei, scappata di casa dopo un litigio coi suoi.
“Potevi portarci con te”, aggiunge Eleanor, impegnata sul lavello, con un tono sospiroso che fa sentire Elyon ancora più in colpa dei tuoni del padre. “Avremmo potuto partire in pochi minuti, ma tu hai preferito usarli per scriverci quella che sembrava una letterina d’addio. Siamo anche noi di Meridian, o no? Non avevamo il diritto di rientrare prima che chiudessero la barriera?”. Continua, riponendo una pentola sgocciolante sul colapiatti: “Avremmo potuto nasconderci in qualche paese lontano dalla capitale, e pensare tutti assieme a un piano più serio. Per esempio, avremmo potuto consigliarti di fare quel viaggio extracorporeo di notte: saresti sembrata semplicemente una che dorme come tutti. E avresti trovato Vera a colpo sicuro in camera sua”.
Elyon geme a sua volta, e risponde con voce piagnucolante: “Basta, vi prego! Ne abbiamo parlato tutto ieri, non potremmo smetterla? Vi siete tanto preoccupati, lo so! E’ stato un fiasco, lo so! E’ stata colpa mia, lo so! Vi ho già chiesto tutte le scuse che potevo chiedervi! Ma ora…”.
Lo squillo del campanello d’ingresso la interrompe.
“Chi sarà, prima delle otto?”, sbotta infastidito Thomas raccogliendo dal tavolo le briciole imburrate.
Con un presentimento, Eleanor si affretta all’ingresso sul lato opposto della casa. Che non sia…

Appena apre, resta ammutolita: davanti a lei ci sono Carol, molto formale in un tailleur blu scuro, e una ragazza dai capelli corti e scuri che ricorda tanto la terribile Guardiana del Cuore che li ha esiliati, ma in giacca a vento nera. Entrambe indossano occhiali dalle lenti iridescenti, decisamente curiosi in una nuvolosa mattina di marzo.
“Buongiorno, signora”, dice cortesemente la bionda dall’alto della sua statura. “Ci scusi l’ora, ma crediamo che Elyon ci stia aspettando”.
“E-entrate, ragazze. Stavamo facendo colazione. Volete qualcosa da mangiare anche voi? Un caffè?”.
“No, grazie, siamo in servizio”, risponde quella dai capelli corti, ed entra circospetta in casa.
“Accomodatevi sul divano, allora. Adesso chiamo…”.

“Ciaooo!” trilla gioiosamente Elyon, materializzandosi accanto a Carol.
“Ah!”, sussulta sorpresa la messaggera, poi la guarda e le fa un sorriso quasi intenerito. “Ciao, piccoletta! Ma non farmi scherzi, per piacere. Le vedi… la vedi questa qui? E’ la mia guardia del corpo, e qualche volta è un po’ nervosetta”.
“Ciao, Wanda. O chiunque tu sia”, dice Elyon. “E ciao anche alle altre” aggiunge rivolgendosi a caso verso un angolo vuoto della stanza.
“Mi chiamo Diana”, risponde l’altra, cortese ma distaccata, gettando a Carol una breve occhiata di rimprovero.
Elyon le squadra ancora dal basso in alto, colpita dagli occhiali. “Perdiana, che … Oh, scusa Diana”, si corregge, “Volevo dire, che aria da KGB. Se portate sempre degli occhiali così, è come scriversi ‘agente segreto’ sulla fronte”.
“Questi… Eh, lo so che non legano”, risponde Carol senza però toglierseli. “Per non dire degli orecchini”.
“Chiediamo scusa”, aggiunge Diana, “Ma dobbiamo prendere le nostre precauzioni”.
“Veniamo al dunque!”, dice secco Thomas, in piedi a braccia conserte ben discosto dalle due messaggere.
“No, no, accomodatevi!”, insiste Elyon, prendendo tutt’e due a braccetto con grande imbarazzo della bodyguard.
“Tuo padre ha ragione”, le risponde Carol. “Ti stiamo portando la risposta di Vera. Ebbene, lei è disponibile a incontrarti anche subito, ma non vuole correre rischi. Perciò richiede delle garanzie molto forti”.
Elyon torna seria. “Dimmi”.
“In primo luogo, l’incontro sarà al palazzo reale di Meridian, nella sala del trono e a porte chiuse”.
“Va bene, lo davo per scontato”.
“Poi, non sarai accompagnata da altri che da noi”.
“State scherzando?”, interviene Thomas.
Elyon gli fa cenno di stare in disparte. “Va bene anche questo. Continua”.
Carol esita, schiarendosi la voce e preparandosi a esporre la condizione ultima: “Poi, dovrai lasciarti iniettare una piccola quantità di narcotico, quanto basterà per bloccare temporaneamente i tuoi poteri psichici lasciandoti comunque lucida”.
Il padre stringe i pugni. “Ma le state chiedendo di consegnarsi a voi!”.
“Sono condizioni terribili”, aggiunge Eleanor stringendo preoccupata le spalle della sua figlia putativa. “Praticamente l’avreste in vostro pugno! E a lei, che garanzie rimarrebbero?”.
Carol declama: “Hai la parola di Vera che non faremo uso né di inganni, né di magia, né di violenza contro di te. Alla fine del colloquio, sarai riportata qui, libera e nelle stesse condizioni di ora. Beninteso, tutto questo vale se tu non tenterai di ingannarla in alcun modo”.
“E’ la parola d’onore della Luce di Meridian”, sottolinea Diana.
Elyon la guarda dubbiosa: “Narcotico? L’ultima condizione è terribile”.
Carol annuisce. “Purtroppo è inderogabile. L’alternativa è affidare a noi un messaggio”.
“Mi sembra meglio, Ellie”, interviene supplichevole Eleanor. “Scriviamole assieme una lettera…”.
La ex-regina ci riflette un attimo. “No, è troppo importante. Verrò alle vostre condizioni. Aspettate solo un attimo…”. Un alone luminoso avvolge Elyon, che ne esce riordinata e vestita con un lungo abito azzurro adeguato a una regina.
Diana fa presente: “Guarda che dobbiamo andare a piedi fino all’automobile. Vuoi farti vedere dai vicini agghindata così?”.
Elyon fa regalmente spallucce.“Che importa? Tanto, pensano già che io sia … un po’ originale, ecco”.
“Va bene”. Diana estrae dalla tasca una manopola dall’impugnatura rosso scuro con una piccola, elaborata testa argentea che sembra vagamente un piccolo fiore, e l’accosta al braccio di Elyon. “Sei pronta?”.
“Elyon, ripensaci”, la supplica la madre in pena. “Così ti metterai nelle loro mani”.
Lei la ignora. “Procedi”, dice scoprendosi un braccio.
Diana le preme un attimo la manopola nell’incavo del gomito, poi se la ripone in tasca. Nell’aria resta un vago odore amarognolo di medicinale.
“Tutto qui?”, chiede Elyon sfiorandosi la pelle intatta con le dita.
“Tutto qui. Ora andiamo! Ah, a scanso di equivoci, sappiate che ci sono altre due come me nella scorta”.

La strada residenziale è assolutamente tranquilla nella domenica mattina. In distanza si vedono solo una coppia che fa jogging e un anziano che porta a passeggiare un cane minuscolo al guinzaglio.
Carol indica un fuoristrada verde scuro parcheggiato poco lontano, vicino ad un cassonetto messo di sbieco. “Quella è la nostra automobile”.
“Quella con un’ammaccatura?”, chiede Elyon, mentre sente che l’ansia continua di questi ultimi giorni si sta lentamente attenuando. “Anzi, con due... tre ammaccature?”.
Mentre le sue accompagnatrici prendono posto davanti, Elyon nota solo ora una Nemesis con una giacca di jeans e un caschetto da motociclista, sempre con la visiera dall’inquietante iridescenza, che le sta tenendo aperta la portiera posteriore. “Prego…”.
Dentro ce n’è già un’altra, cosicché Elyon in breve si trova stretta tra due guardie dalla testa d’insetto.
“Non pensare che sia per sfiducia”, le dice Diana. “Serve per proteggerti”.
Elyon le sorride serafica. “Ma credi davvero in quello che hai detto?”.
Carol ridacchia mettendo in moto. “Penso di sì. Lo ripete sempre anche a me”.
“Fai pure la spiritosa”, brontola l’altra, “Dimentichi che strillo hai tirato quando hai visto Taranee?”.
Dopo uno sguardo storto alla compagna, Carol si immette nel traffico con la sicurezza di una candidata al suo terzo tentativo di passare l’esame di guida.  Quando il mezzo si muove, si sente un piccolo battito metallico, come di qualche pezzo allentato.
Poi svolta verso un vicolo deserto e accosta lontano dalle finestre delle case.
“Signore passeggere, stiamo per teletrasportarci attraverso il portale naturale. E adesso pregate che l’Oracolo non ci abbia fatto uno scherzo: se la barriera fosse chiusa, ci fermeremmo a mezz’aria sopra l’Atlantico”.


Meridian, sala del trono

Dopo un viaggio abbastanza breve da poter trattenere il fiato, Elyon riapre gli occhi. Fuori dai finestrini non c’è né il vicolo né il cielo nuvoloso, ma la familiare sala del trono illuminata dal sole del mattino.
La Nemesis col casco le tiene rispettosamente aperta la portiera mentre scende.
Elyon non ha tempo di meravigliarsi per cose banali come un’automobile posteggiata nella sala del trono, o per i grandi specchi ellittici di utilizzo ignoto allineati lungo le pareti. Muove qualche passo e si guarda attorno: a parte loro e il vago profumo di cera da pavimenti che vi aleggia, la sala sembra vuota. Sembra.
D’improvviso nota Vera: è seduta sul trono a pochi metri da lei, con uno splendido vestito blu scuro e la corona fasulla lucente sul capo.
“Ben tornata, Elyon, sorella mia”, le dice con una voce irrigidita nella quale si indovinano tante emozioni contrastanti.
Elyon, da parte sua, può solo ringraziare la pera di tranquillante se il suo cuore non ha preso a saltarle fino in gola. “Ciao, sorella Vera. Dopo tanto tempo…”.
“Vuoi sederti?”.  A un suo cenno, una poltrona appare dal niente ai piedi della pedana. Vera resta seduta sul trono, naturalmente, a rimarcare la sua posizione di forza.
“No, grazie”. Elyon cerca di tirare le fila del discorso che si era preparata accuratamente, poi scandisce: “Vera, sono venuta a ringraziarti per aver accettato l’incarico ingrato che ti ho affidato, e a chiederti di mantenere il tuo impegno fin alla fine. Ti chiedo di prepararti a restituirmi il regno”.
Vera attende prima di rispondere: “Non è così semplice, Ellie. Abbiamo fatto di tutto per far pensare che Meridian sia uscita da dodici mesi di tirannia, la tua tirannia. E ora dovrei ammettere davanti a tutta la città che è stata una mia montatura? Perché è questo che mi chiedi. Non solo di rinunciare al trono e di consegnartelo su un piatto d’argento, ma anche di perdere la faccia davanti a tutti”.
Proprio la risposta che Elyon temeva. “Vera, non credere che non capisca la tua posizione. Ti ho affidato un incarico che solo tu potevi svolgere. Tu stessa mi rispondesti che eri d’accordo, che questa era l’unica via per impedire che la profezia culminasse con lo sgretolamento politico dell’intero metamondo. Ricordi?”.
“Sì, ricordo. Dissi proprio così”.
“Bene, Vera. Tu hai avuto carta bianca per organizzare il piano.  Dovevi simulare un’usurpatrice col mio stesso aspetto, fiancheggiata da cinque false guardiane. Io non ti ho incaricata né di screditarmi, né di farti incoronare al mio posto. Pazienza se lo hai fatto, non sono certo venuta a chiedertene conto. So bene che fino a ieri non ricordavi il nostro accordo. Però non potrei più governare con il discredito che mi hai tirato addosso, per cui ti chiedo di prendertene la responsabilità davanti a tutti”.
Vera non risponde, e Elyon continua: “Sai anche tu che la mia richiesta è giusta; ti chiedo di mantenere il tuo impegno”. 
Vera continua a non rispondere, mordendosi il labbro cupa e guardando fuori dal finestrone in direzione della città.

“Ciao, piccoletta!”, squilla la voce di Irene, mentre appare inaspettata accanto a loro nuovamente con l’aspetto terrestre. “Sei venuta a farci tornare a casa?”. Poi va accanto a Vera seduta e si china sulle sue spalle. “Ma sì, Grande Sorella, torniamocene a casa tutte assieme! Non ti ricordi come ci divertivamo a Midgale? E poi, non sei impaziente di ritrovare il tuo bel Michael?”.
Oh cavolo, pensa Elyon, Irene non poteva essere più inopportuna!
Vera la fa scostare con un’occhiata irritata: “Scusa, Irene, mi pesi”; poi si rivolge nuovamente alla sorella. “Elyon, anche tu mi facesti una promessa.  L’hai mantenuta?”.
Tutti gli sguardi, visibili e non, si volgono sorpresi verso Elyon, in attesa della sua risposta. Di che promessa si tratterà mai?
Vera la sta fissando intensamente: impossibile mentire.
La Ex regina si porta la mano al bavero, imbarazzata. “Ecco, cara… io ho fatto del mio meglio, ma… Vedi, a Midgale si è verificata una cosa grave. Ti ricordi la tua prima impresa, quella nell’officina? Che sei finita fotografata su un quotidiano accanto al titolo ‘Donna invisibile ruba un tornio’, o qualcosa del genere? Bene… o meglio, male… perché pare che il coso che hai lasciato lì ridotto alla grandezza di un giocattolo abbia ripreso a crescere da solo nel deposito dei corpi di reato della polizia. Un agente segreto ha cominciato a indagare sul caso, e non so come, è risalito a te, poi a Michael, a me, alle gocce, perfino alle W.I.T.C.H. … Pare che fosse una loro vecchia conoscenza. Un certo Ralph Sylla”.

“Sylla!”, ripete una Nemesis rivelatasi a un passo da Vera, facendosi sparire il casco di dosso con un gesto. “Ha fatto la posta alle W.I.T.C.H. per mesi, poco prima che scappassimo da loro. Ma l’Oracolo ha cancellato la memoria di tutta la faccenda a lui e a tutti gli altri coinvolti. E’ successo proprio davanti a me!”.
Vera si volta stupita. “Come? Wanda, come mai proprio davanti a te?”.
“Cercavano delle persone con poteri superumani per usarle per i loro fini. Will mi ha lasciata nelle loro mani, quella carogna, e mi hanno rapita al suo posto!”.
“Rapita? Questo Sylla?”. Vera osserva Wanda, che appare sempre più turbata a mano che ricorda quel passato traumatico.
“Non lui, i suoi superiori. Un certo Brooke, un viscido ambizioso! Ma soprattutto Riddle. Era una specie di x-man, uno scanner… sì, si è definito così, uno scanner!”.
Si morde le labbra per trattenere parole troppo emotive per la sua dignità, ma ora quei ricordi lontani l'assalgono nuovamente. Ricorda la sensazione d'impotenza di essere stata controllata da lui come una bambola senza volontà, di essersi sentita camminare come un automa nella direzione che lui voleva. Rivive la sensazione degli aghi-cannula infilati nelle vene delle braccia, mentre era legata a un lettino con elettrodi fissati alla testa e agli arti, circondata da schermi che visualizzavano con misteriose linee di luce delle funzioni neurali delle quali non aveva alcuna coscienza.
Un po' intontita dal narcotico, Elyon non può percepire i ricordi dietro la smorfia sul viso di Wanda,  ma tutte le altre osservano impressionate la loro compagna come se stesse urlando.
D'improvviso questa sussulta e si volta a guardare il nulla accanto a sé, e un attimo dopo svanisce come se non fosse mai stata lì.

Elyon, rimasta ammutolita, percepisce nell'aria un leggerissimo odore come di medicinale, e ha l’impressione che anche Wanda oggi abbia discretamente ricevuto una dose di narcotico. E’ chiaro che la sala è molto più affollata di quanto sembri.
Vera , che ha seguito la scena lasciando trasparire un certo turbamento, si ricompone e si rivolge nuovamente alla sorella. “Ralph Sylla, dicevi. E ci sono entrati anche questi Brooke e Riddle?”.
Elyon si guarda la punta delle scarpe, appena visibile tra le falde dell'ampio vestito regale. “Beh… marginalmente… So che volevano coinvolgere Riddle, ma prima che potessero farlo noi abbiamo cancellato tutte le tracce coi nostri metodi”.
“Noi?”.
“Io e mamma”.
“Insomma, avete messo una toppa casalinga su un vespaio pericoloso. E la tua promessa?”.
Elyon esita. “Lasciami verificare…”.
“Verificare cosa? Spiegati!”.
“Ecco... quella volta abbiamo tagliato tutte le piste che portavano a noi. Io non mi sono più recata a Midgale in quella casa, e ho cancellato un po’ di ricordi a diversa gente”.
“E Michael?”.
Elyon incassa la testa fra le spalle. “Anche a lui. Soprattutto a lui. Beh… si ricorderà di te, naturalmente. Ti riconoscerebbe. Però ho cancellato tutti i ricordi compromettenti, quelli che tu gli avevi trasmesso per errore”.
Vera stringe i pugni sui braccioli. “E così, per lui sono tornata una delle tante, una senza niente di speciale. Una che, un bel giorno, se n’è andata senza neanche spiegare perché. Ed è inutile chiederti se mi stia aspettando ancora!”.
“Beh… posso tornare lì… liberarti la strada… ma… ecco, dovresti essere tu a riconquistarlo”.
Vera la guarda a lungo. Si intuisce che è attraversata da parecchi pensieri, ma l’ultimo deve sembrarle soddisfacente, perché riprende la sua sicurezza. “Insomma, non hai mantenuto la tua promessa! Ti avevo chiesto solo una cosa: che lui mi aspettasse, e invece, con la tua onnipotenza da regina, non sei riuscita a fare neanche questo. E ora mi chiedi di mantenere la mia? Non solo di lasciarti il trono, non solo di perdere la faccia davanti a tutta Meridian e tutto il metamondo, ma anche di infilarmi in un vespaio con i servizi segreti federali e un cosiddetto scanner senza scrupoli che potrebbero piombarci addosso da un momento all’altro? E chi altro c’è ad aspettarmi? Solo un uomo per il quale sono ormai una delle tante! Sempre ammesso che l’Oracolo mi conceda ancora il visto per la Terra e non mi vieti di usare i poteri magici, o peggio, non mi catturi sul passaggio. E adesso, vuoi la mia risposta?”. 
Elyon deglutisce. Non può dire di essere sorpresa. “E' un no?”.
“Ovviamente”.
“Non è giusto!”, protesta debolmente, “Per non mantenere la tua parola, ti stai nascondendo dietro a problemi che si possono benissimo risolvere!”.
“Ora sei tu che cerchi scuse! Poco fa l’hai definita una cosa grave, ora la minimizzi. E ora aggiungo: è nell’interesse di Meridian che io resti sul trono. Sto governando con molta più efficienza di quanto abbia saputo fare tu, e in sei mesi ho fatto impostare molti più lavori di pubblica utilità che tu in due anni, e riscosso più consensi di te”.
Elyon si indigna per essere così sminuita. “Ma… ma non puoi fare questo paragone! Io... io sono arrivata qui senza esperienza, non avevo mai pensato che potessero esistere Meridian e il metamondo fino alla settimana prima. Ero solo una ragazzina. In qualche anno, avrei imparato e sarei diventata comunque la regina che Meridian merita!”.
Vera risponde: “Agli occhi della gente, queste sono le tue attenuanti. Ma se tieni alla tua città, non tentare di far scoppiare questo scandalo! Quanti cambi di regina pensi che possa sopportare Meridian? Quante volte può accettare, la gente, di sentirsi dire che gli abbiamo mentito, tu e io?”.
“Mentito? Ma io ho fatto solo ciò che era giusto, e che avevamo concordato insieme! Poi tu mi hai screditata ad arte facendomi sostituire da una controfigura. Io voglio solo che tu dica la verità su questo!”.
“La verità? Cos’è la verità, Elyon? E’ un ricordo che non si può cambiare, o è ciò che ormai crede un intero mondo? E poi, quale parte della verità dovrebbe emergere? Cosa abbiamo fatto noi a Meridian, o anche perché lo abbiamo fatto? Quello che è successo da quando siamo in città, o anche ciò che ci siamo dette la notte prima?”.
“Vera, lo sai anche tu che sarebbe tutto vanificato, se rivelassi che eravamo d’accordo. Le tue azioni perderebbero la valenza di aver fatto realizzare la profezia, se nessuno la considerasse più una vera tirannide”.
“Dici bene. Però io non sto più simulando, sto facendo sul serio da tempo. La profezia si è già compiuta quando io sono diventata l’Ottava Luce di Meridian, e sarò una regina migliore di come tu saresti mai potuta diventare”.
Elyon stringe i pugni per l'indignazione. “Vera, quella è solo una tua interpretazione di comodo!!!”. Poi riprende la sua sicurezza: “Comunque, sappi che ho tratto gli auspici. Ventisette contro ventotto, l’interpretazione originale è quella giusta: un anno di diciotto mesi. Insomma, tra un mese qualcosa cambierà, e succederà col mio ritorno. Sarà questo a riportare la normalità a Meridian, e non quella finzione di libertà che stai portando avanti da quando sei sul trono. Vera, lo sai meglio di me che questo è diventato uno stato di polizia come non è mai stato prima, e non solo per paura di me o di Kandrakar. Tu hai uno scheletro nell’armadio che invaliderebbe la tua incoronazione, perciò non potrai mai creare una vera libertà in questa città”.
“E qual è la differenza con te? Anche tu hai un segreto. Per essere certa che non possa diventare di dominio pubblico, dovresti ricorrere agli stessi metodi. Inoltre il tuo segreto è a conoscenza di Kandrakar, che potrebbe ricattarti per tenerti in riga”.  Si alza in piedi e aggiunge: “Pensa a ciò che ho raccontato al consiglio: che eri succube delle Guardiane per fare gli interessi di Kandrakar, e che l’Oracolo era diventato il vero padrone di Meridian. Quando l’ho detto, era solo una bugia appena credibile. Ora, però, sta rischiando di diventare vero”. Scende i gradini, avvicinandosi a Elyon e aggirandola lentamente. “Potrai passare tra i mondi solo se accompagnata dalle Guardiane, mentre tutte le regine del passato hanno potuto farlo liberamente. Sei stata costretta sotto minaccia a giurare di consegnare libri appartenenti alla nostra dinastia senza poterne tenere copia, e a rinunciare per sempre a creare un sigillo in grado di ridarti la tua libertà di movimento. Ed è chiaro che le Guardiane, intervenendo al tuo fianco nel giorno fatidico, permetteranno a Kandrakar di avanzare ulteriori pretese. Puoi forse affermare che tutto ciò non assomigli a ciò che ho raccontato al consiglio?”.
Davanti a quest’incalzare, Elyon si sente esausta e scoraggiata. La giornataccia e il tranquillante rallentano i suoi pensieri, mentre la grande sorella appare in vantaggio.
Cercando di non farsi disorientare dal lento girarle attorno dell’altra, Elyon risponde: “Io ho solo promesso di rinunciare a un talismano per forzare la muraglia. Questo non significa che prenderò ordini da loro per tutto il resto”. Poi, speranzosa: “Un accordo tra noi due, ora, sarebbe stato il solo modo sicuro per evitare il loro intervento”.
“Un accordo? Volentieri, Ellie. Ecco le mie condizioni: se vorrai tornare sul Metamondo, dovrai tenere il mio gioco. Riconoscermi come regina. Accettare di avere fatto ciò che la gente crede. Accettare piccole dosi quotidiane di narcotico, un registratore di pensieri e limitazioni alla tua libertà personale fintantoché non sarò sicura che avrai rinunciato definitivamente a ogni rivalsa. Alla gente, diremo che sei finalmente riuscita a sottrarti all’influenza delle Guardiane di Kandrakar, e che ti stiamo curando per un esaurimento nervoso provocato da loro. E infine, dovrai accettare di assumere il filtro di Leryn per convincerti che tutto questo è la verità”.
“Che condizioni capestro!”, sbotta indignata la ex-regina. “È chiaro che non posso accettare”.
Vera annuisce, smettendo di girarle attorno come una tigre. “Non potevo aspettarmi che tu cedessi subito. Comunque, sono condizioni che resteranno valide anche quando ti cattureremo”.
Elyon la guarda con un sorriso da volpe sonnecchiante. “Quando mi catturerete! Mi sembrava scortese dirlo, ma… hai tenuto conto del fatto che la vera Corona di Luce è nelle mie mani? Questo renderà i miei poteri psichici molto più forti dei tuoi”.
Vera risponde a questa velata minaccia con un sorrisino. “Anche a me sembrava scortese dirlo, ma… mi sa che l’hai dimenticata qui”. Indica il gioiello sul suo capo. “Oh, non guardare questo, so benissimo che è una copia inerte. L’ho creata io. Quella vera la tengo smaterializzata”.
Elyon scuote il viso. “E’ falsa anche quella, l’ho creata io cinque minuti prima di partire. Ho portato con me quella autentica”. Finisce allargando le mani nella parodia di un gesto rassegnato. “Te lo dimostrerei, ma il narcotico mi impedisce di rimaterializzarla adesso”.
L’altra la guarda con sospetto. “Scusa Elyon, ma se non sapessi che hai dato la tua parola, questo mi puzzerebbe proprio di trucco. Comunque sia, io non intendo rimaterializzare la mia corona in tua presenza”.
Elyon fa spallucce. “Comunque, la vedrai quando verrà il momento”.
“Va bene, Ellie. Se credi nell’autenticità della tua corona e nella tua interpretazione della profezia, allora torna qui alla scadenza, dimostraci quello che puoi fare e cerca di riprenderti il trono combattendo secondo le regole del codice d’onore degli Escanor. Noi ti aspetteremo, è da un anno che ci stiamo preparando a quel momento”.
“Lo farò”, risponde Elyon decisa. “Vi dimostrerò quanto valgo, e voglio che alla fine sia tu stessa a incoronarmi di nuovo regina davanti a tutta la città. Da parte tua, cercati le parole migliori per spiegare alla gente ciò che hai fatto, e preparati a tornare sulla Terra a continuare le ricerche che hai interrotto. Chiaramente dovrei fingere di essere arrabbiata con te almeno per un po’… ma troverei qualche modo per farti recuperare la faccia appena possibile”.
In tutta risposta, Vera scuote lentamente il capo. “Non promettere cose che non riusciresti a mantenere, sorella. Hai fatto i conti senza Kandrakar. A quanto pare, l’Oracolo ha detto che dovranno essere loro ad accompagnarti attraverso la Muraglia, e con quella storia del Sigillo di Phobos avranno la scusa per intervenire nella nostra contesa anche se tu non volessi. Ora, supponiamo per un attimo che tu e le Guardiane abbiate la meglio. Non credo che loro mi inviterebbero a mangiare tarallucci col vino. Vorrebbero la mia testa, e probabilmente anche quella delle mie collaboratrici”.
Elyon si stringe nelle spalle, incerta. “Non credo, sanno già che hai agito dietro mio ordine”.
“Davvero? Non è che hai detto loro che rubare il Cuore di Kandrakar è stata una mia iniziativa?”.
Elyon prende fiato, faticando a tenere dietro alle risposte pronte della rivale. “Ascolta, Vera: l’Oracolo si è sempre dimostrato ragionevole. Garantirò io per te, per voi tutte. Sempre che mi riconosciate come legittima regina dopo che avrò vinto, beninteso”.
“Ma Endarno non ti ha detto che non sei in condizioni di garantire per nessuno?”.
“Anche se lui fa la voce grossa, è l’Oracolo che decide”.
“Dora non ha avuto quest’impressione, quand’era lì”, la contraddice Vera scuotendo ancora il capo. “E poi, pare che ci sia gente ansiosa di rinchiuderci, o perfino di ridurci in carbonella”.
“In un mucchietto di ossa carbonizzate”, precisa Dora rivelandosi proprio accanto a Vera, poi torna a sparire.
Elyon ribatte: “Beh, anche puntare una pistola non è stato un atto di cortesia squisita!”, poi alza le mani per interrompere quello che sta degenerando in un duello verbale. “Ascolta, Vera, ascoltate tutte: l’importante è che nessuno si faccia veramente male. Tieni a freno le tue teste calde, e sono certa che l’Oracolo farà lo stesso con le sue, e si accontenterà di prendersi quei libri e le copie del Cuore di Kandrakar. Nel peggiore dei casi, potrebbe rifiutarmi di farti tornare sulla Terra”.

Irene si rivela nuovamente alla vista,  seduta su un divano accanto a una Wanda molto abbattuta. “Allora, niente Midgale?”.
Vera la guarda, riflettendo in silenzio, poi le offre: “Irene, se vuoi tornare sulla Terra, questa potrebbe essere l’ultima occasione”.
L’altra la ricambia con uno sguardo sorpreso, poi risponde con un teatrale cenno di diniego: “Da sola? Non se ne parla proprio! Chi si prenderebbe cura di tutte queste testone?”, e tira un affettuoso scappellotto sulla nuca della sua amica.
Vera annuisce un po’ sollevata, poi gira gli occhi verso la sua messaggera che sta aspettando compunta accanto al Land Rover. “E tu, Carol, cosa vuoi fare?”.
Questa resta indecisa per un lungo istante, sembra sul punto di accettare; poi cambia idea e scuote il capo, tamburellando le dita sul cofano. “Mi sa che per me Meridian è meno pericolosa delle strade di Midgale”, spiega scherzando.
Vera annuisce con uno strano sorriso. “Bene, credo di sapere già cosa mi risponderebbero Pao e Terry”. Risale sulla pedana del trono, un inequivocabile congedo. “Va beh, Ellie. Almeno tra noi ci siamo intese un po’. Per ora, credo che sia tutto. Mi dispiace di non poterti augurare buona fortuna, questa  volta”.
L’altra risponde, delusa: “Grazie lo stesso, Vera. Il nostro prossimo incontro sarà memorabile, in un modo o nell’altro. Tra un mese si deciderà il destino di Meridian. Il tuo e il mio”.
“Allora ciao, piccoletta”. Poi, con un mezzo sorriso cupo: “Aspetto di vedere cosa saprai fare, sorella, e di mostrarti cosa sappiamo fare noi”.

 

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Capitolo 71
*** E i ranocchi stanno a guardare ***


Ad personam

Cara Scarlettheart, grazie per la rapida recensione. Se Vera avesse dato a Elyon ciò che voleva, la storia sarebbe finita qui, puff tipo bolla di sapone. Preferisco farla durare ancora un po'di puntate.
In effetti Vera ha un limite: per un imprinting, non riesce a teletrasportarsi da sola attraverso il portale per la Terra. Su questo limite si baseranno i futuri piani di Elyon.

Cara Silvia, grazie per la recensione sempre gradita, mi fa piacere conoscere le obiezioni. Passo a chiarire gli atteggiamenti dei vari personaggi, tutti estremamente pragmatici.
Allora, come premessa, la parola data a una persona in grado di leggere il pensiero è vincolante, in quanto la malafede sarebbe scoperta subito. Ovviamente, se poi la situazione cambiasse, si potrebbe anche desiderare qualche pretesto per poterla rinnegare.
Vera non è davvero arrabbiata: ha cercato un pretesto per non essere costretta a lasciare il trono, ed è stata tutto sommato contenta quando Elyon gliel'ha dato non avendo mantenuto la sua promessa su Michael.
In base allo stesso ragionamento, Vera ha dato la sua parola a Carol, la quale l'ha data a Elyon, tutti personaggi in grado di distinguere la malafede. Elyon ha accettato la parola di Carol e Vera perché conosceva benissimo questo modo di pensare, che è anche il suo.
Se Elyon avesse tentato qualche trucco, Vera sarebbe stata felicissima di avere il pretesto di catturarla, ma ovviamente lei se n'è guardata bene.
Per quanto riguarda Sylla, mi rendo conto che il fatto di non aver narrato gli avvenimenti stona, però l'interessamento di questo personaggio è comunque raccontato nel finale del remoto capitolo 30.

Qualche parola su questo capitolo, che racconta un chiarimento interno al gruppo delle WITCH. Non è stato facile da scrivere, ma ho fatto del mio meglio per tenerlo leggero nonostante i contenuti tesi del discorso. Per questo, ho avuto l'impagabile aiuto della sveglia batraciforme di Will, dell'ombrello color ranocchio e di tutti i peluche di rane varie che popolano la sua camera. Il titolo parafrasa un vecchio sceneggiato televisivo, e si riferisce a loro.
Purtroppo questo periodo per me è un po' carico. Per non tardare la pubblicazione, ho rinunciato a completare e caricare il disegno, che era un gruppo di pupazzi raniformi su una mensola della camera di Will. Andrà meglio il prossimo mese.

 
 


PROFEZIE
 

 


Riassunto delle puntate precedenti

Dopo un incontro misterioso con la Luce di Meridian, Vera ha convinto le Gocce a sostituirsi a Elyon a Meridian, impersonando la regina e le guardiane.
A Meridian, la controfigura di Elyon e le finte guardiane esiliano Miriadel e Alborn, mentre Caleb sfugge alla cattura; pur avendo assunto il potere, si rendono conto di non essere convincenti, e inventano la storia che le guardiane sono a palazzo per proteggere la Luce di Meridian da un complotto.
A Heatherfield, Elyon spiega che quella che si sta realizzando è una sua profezia, che prevede che la tirannia duri un anno, che a Meridian dura diciotto mesi. Elyon è decisa a non tentare niente prima di questa scadenza.
Il nuovo piano di Vera prende rapidamente forma, basandosi sull'ambiguità del termine di un anno: prima simuleranno che Elyon diventi sempre più tirannica, screditandola, poi Vera la spodesterà dopo un anno terrestre di dodici mesi, facendo finire apparentemente la tirannia e realizzare la profezia; poi, dopo aver guadagnato il consenso della gente, si prepareranno per affrontare Elyon e le Guardiane al loro ritorno dopo diciotto mesi, un anno di Meridian.
Vera crea venti copie di Wanda, dette Nemesis, che avranno l'incarico di impersonare le guardiane e di sorvegliare la città restando invisibili o sotto falsa identità, o con l'aspetto di aquile.
Come dal piano di Vera, le false Guardiane imprigionano Galgheitha e altri personaggi importanti, che potrebbero rendersi conto che la sempre più tirannica Regina e le Guardiane sono state impersonate da controfigure; la principessa Vera fa la parte della buona, facendo fuggire questi prigionieri dalla città.
Passano i mesi, e la situazione a Meridian si fa sempre più pesante. La falsa Elyon diventa sempre più tirannica e incoerente, perdendo ogni simpatia tra la popolazione. La principessa Vera, per contro, finge di mitigare le conseguenze della follia della regina e delle Guardiane e si guadagna sempre più approvazione nella città.
Infine, si arriva allo scadere dei dodici mesi dall'arrivo delle Gocce e da quello che a molti appare come l'inizio della tirannia. La montatura arriva al suo culmine: Vera parla in consiglio criticando Elyon, poi affronta le false guardiane e infine la falsa Elyon, sconfiggendoli tutti e venendo proclamata Regina.
Informata da Caleb, la vera Elyon decide di proseguire col piano iniziale, aspettando altri sei mesi per intervenire; inoltre preannuncia alle guardiane che intende farlo da sola. Queste, preoccupate, si chiedono se dovranno intervenire in qualche modo per aiutarla.
Nel frattempo Vera fa sperimentare nuove armi segrete, come fruste capaci di iniettare narcotici e sistemi per materializzare armi pesanti in vista del confronto finale.
Cinque mesi dopo, la situazione precipita improvvisamente per un casuale ma burrascoso incontro di Taranee con Carol e Diana a Midgale. L'Oracolo acconsente a chiudere la muraglia per precauzione e ne fa dare preavviso a Elyon, che però decide di dover assolutamente parlare con Vera al più presto.
Elyon, quindi, decide di teletrasportarsi immediatamente nel suo mondo, nei panni irriconoscibili di una contadinella. Preoccupato per la sua sorte, L'Oracolo convoca immediatamente le Guardiane, inviandole a recuperarla. Queste intervengono in tempo per sottrarla a due Nemesis che stavano cercando di catturarla. Ma nel trasportarla a Kandrakar, inaspettatamente trascinano con loro una delle due, Dora.
A Kandrakar, Elyon viene costretta a rivelare che il colpo di stato di Vera era stato frutto di un loro accordo per far realizzare la profezia della tirannide nel modo meno dannoso possibile. Vera aveva assunto una pozione per dimenticare questo accordo, ma la sua memoria sarà ripristinata pronunciando in sua presenza una frase concordata, che comunica a Dora che viene rimandata a Meridian come messaggera.
Dora ritorna e ripristina i ricordi di Vera, aggiungendo che Elyon vuole parlarle, ma riferisce anche che a Kandrakar sia lei che la ex-regina sono state minacciate.
Quando Elyon viene condotta al cospetto di Vera, questa rifiuta di tirarsi in disparte e ammettere pubblicamente la montatura, con la scusa che Elyon non ha mantenuto una vecchia promessa, e che non può comunque garantirle dalle vendette di Kandrakar; tuttavia mantiene la promessa di riportarla a casa, libera, in attesa del confronto finale.


 


Capitolo 71

E i ranocchi stanno a guardare

 



 

Heatherfield, casa Vandom-Collins, camera di Will

La finestra a quadroni chiude fuori un tipico pomeriggio pazzerello di marzo, con qualche timido sprazzo di sole e d’azzurro che a momenti riesce ad avere la meglio sulle nuvole plumbee che da giorni incombevano su Heatherfield.
Will apre i battenti, facendo entrare nella camera l’aria fresca e umida, e ascolta lo stormire delle fronde tra il rumore fatto sull’asfalto bagnato da qualche automobile di passaggio.
Verrebbe voglia di uscire, dopo tanta pioggia, ma lei non può farlo: è in punizione.
Mentre attende seduta alla poltroncina della scrivania, il suo sguardo annoiato comincia a passare in rassegna tutti i ranocchi di peluche e di plastica che la guardano con immobili sorrisi dall’alto della mensola, finché non cade sull’ora segnata dalla sua sveglia raniforme appoggiata sulla testata del letto. Mancano ancora venti minuti alle tre, quando…
Lo squillo del campanello interrompe i suoi pensieri, e la fa correre all’ingresso.

“Sì?”.
“Sono Cornelia”, gracchia la vocina nel citofono.
“Ciao, sali”.  Le sue amiche sono in anticipo, a quanto pare.

La voce severa di sua madre la fa voltare. “Will, non si era detto che eri in punizione, questa domenica?”, le dice squadrandola con disappunto.
La figlia la ricambia con un’occhiata da: ‘Ma cosa vuole, adesso?’.  Alzando a sua volta la voce, le ribatte: “Hai detto che non potevo uscire, non che mi era vietato ricevere visite!”.
“Punizione vuol dire punizione, Will. Non arrampicarti sugli specchi!”.
Alle spalle della madre, Dean appare dalla porta della cucina. “Susan, lascia perdere. Non facciamole fare una figuraccia con le amiche, ora che sono arrivate”. Le va vicino, sfiorandole una spalla. “Dai, cara, vieni di là. Anche i carcerati hanno diritto al colloquio”.
Dopo un’ultima occhiataccia alla figlia, Susan si lascia trascinare in cucina malvolentieri. “Sei sempre troppo indulgente con lei, Dean. E’ grande ormai, dovrebbe essere molto più responsabile”.

Pochi secondi dopo, Cornelia appare alla porta con un’occhiata circospetta e con l’ombrello verde di Will in mano. “Ciao. Scusa se sono in anticipo”, dice infilandolo nel portaombrelli, “Ma questo coso continuava a capitarmi tra i piedi, e non vedevo l’ora di liberarmene”.
“Entra pure”, dice Will facendole strada verso la camera, “E le altre?”.
“Saranno qui tra poco”. Le bisbiglia: “Ma è quello l’ombrello su cui Elyon ti ha fatto l’incantesimo contro lo smarrimento?”.
Will sospira, chiudendo la porta della camera alle loro spalle. “Purtroppo! Da quando si è rovinato, ho già provato a gettarlo via due volte, e qualche anima buona me l’ha sempre riportato”. Si butta sulla sua poltroncina da computer, indicando a Cornelia di accomodarsi su un’altra. “Lo butterei nel fiume legato a un sasso, ma poi ho paura che, se lui non può tornare da me, possa toccare a me di seguirlo sul fondo”.
Cornelia accenna a un sorrisino sul volto teso. “Chiedile di sciogliere l’incantesimo. E’ già tornata”.
Will alza un sopracciglio in uno sguardo interrogativo. “Da dove?”.
“Da Meridian. Stamattina è andata a parlare con Vera”.
L’altra sobbalza sulla sedia. “E me lo dici così? Cos’hanno deciso?”.
Cornelia liquida la domanda con un gesto della mano. “Niente di risolutivo. L’altra non molla, naturalmente. Aspettiamo di essere tutte assieme, così non mi dovrò ripetere”. Cambia discorso: “Sbaglio, o qui l’aria con tua mamma è un po’ elettrica?”.
Will annuisce di malumore. “Sono in punizione, te l’ho detto”.
“Come mai? Sei l’unica di noi”.
La Guardiana del Cuore butta un’occhiata d’accusa all’indirizzo del simulacro di batrace che le sorride dalla testata del letto. “Quella stupida sveglia ha suonato alla solita ora e io, per la forza dell’abitudine, ho fatto tutto come se fosse un giorno di scuola”. Si copre il viso con le mani, e mugola lamentosa: “Invece era sabato!”.
“Ehi, piano con le accuse, signorina Will”, risponde con un pigolio elettrico la sveglia. “Non è colpa mia se la sera prima lei non ha staccato la suoneria. Io so solo l’ora, non il giorno della settimana”.
“E quindi?”, sollecita Cornelia senza capire.
“E quindi”, sbuffa Will nera in viso, “Ho raccontato a Dean che andavo a scuola! Lui non si era accorto subito che era sabato, si era offerto perfino di darmi un passaggio. Ben mia madre se n’è accorta, però! E al ritorno, mi ha fatto il terzo grado per sapere dov’ero andata e perché avevo mentito così alla cretinovia!”.
“Perché non hai raccontato la scusa che Elyon aveva litigato coi suoi ed era scappata di casa, e che noi siamo corse a cercarla? E’ quello che abbiamo detto tutte”.
Will risponde, un po’ risentita: “Bell’idea. Perché non l’avete detta anche a me?”.
“Ce l’ha suggerita Yan Lin in sogno, quando le ho fatto presente che di sabato non avevamo scuola. Credevo che la sapessi già”.
Will lancia un’ulteriore occhiata inceneritrice alla sua sveglia. “Va beh. E’ fatta ormai, non parliamone più”. Torna a osservare le espressioni e i gesti dalla sua compagna: è chiaro che è tesa. “Ombrello a parte, Cornelia, c’è qualche altra ragione perché non sei venuta assieme alle altre?”.
L’altra si rabbuia di più, e prende a giocare nervosamente con una ciocca dei suoi lunghi capelli. “Non volevo vedere Taranee in casa sua. Avevo paura che Peter notasse qualcosa di strano”.
“Per il battibecco davanti all’Oracolo?”.
“Ci siamo lasciate male, ieri. Prima di affrontare lei e le altre, vorrei sapere qual è il tuo atteggiamento nei miei confronti, ora”. La scruta, in attesa di una risposta forse temuta.
“Cornelia, non siamo le semplici ragazzine di una volta: siamo Guardiane, e il mio dovere è di tenere unito il gruppo. Senza recriminare niente, vorrei davvero che tu chiarissi diversi punti davanti a tutte. L’impressione è che tu ti sia comportata in primo luogo come amica di Elyon, e solo in secondo luogo come guardiana di Kandrakar”.
“Sono venuta anche per questo”, risponde Cornelia sempre scrutandola. “E… verso Elyon? Cosa pensi di lei, ora?”.
Will riflette un attimo, misurando le parole. “Ecco, non intendo darle contro. Sono convintissima che abbia agito con buone intenzioni, quali che siano le conseguenze della sua macchinazione. Però le sue priorità sono diverse: in primo luogo è, o era, la regina di Meridian, e solo in secondo luogo è nostra amica. Abbiamo ruoli diversi, ormai, e dobbiamo prenderne atto”.
“Me l’aspettavo”, annuisce Cornelia cupa, attendendosi di essere messa da un momento all’altro di fronte a qualche scelta difficile.
Will continua: “Visto che siamo sole, sarò sincera fin in fondo, Cornelia, e ti dirò qualcosa che spero di non dover ripetere davanti alle altre. Non voglio certo male a Elyon, e spero che torni a casa sua da vincitrice. Ma soprattutto, spero che torni davvero a casa sua! Qui a Heatherfield, lei ci ha procurato un sacco di guai. Sì, lo so, sempre con qualche buona intenzione. Resta il fatto che ha creato tensioni tra noi, e tra poco sapremo se sono destinate a risolversi o a dividere ancora di più il nostro gruppo”.
Cornelia annuisce sempre più imbronciata.  “So a cosa ti riferisci con ‘dividere il gruppo’. Sono io la pietra dello scandalo, no?”.
Will si rende conto di essere stata troppo drammatica, e ridimensiona: “Nessuna pietra. Nessuno scandalo. Oggi siamo qui per chiarirci, e tu puoi aiutarmi moltissimo, se lo vuoi. Per cominciare, ti chiedo di evitare in ogni modo di provocare le altre. Soprattutto Taranee”.
Cornelia storce il viso, lo sguardo a terra. “La mia cognatina…”.

In quel momento, risuona di nuovo lo squillo del campanello d’ingresso. Si sente dapprima sbottare Susan dal corridoio, poi Dean rispondere gentilmente: “Sì?.... Ciao, Irma, salite pure”.

Accogliendo le compagne alla porta, Will ne scruta i visi, cercando di dedurre indizi sui loro atteggiamenti. “Ciao, ragazze. Grazie di essere venute, accomodatevi”. Le precede in camera, osservando come salutano Cornelia rimasta seduta, e prendono posto tutt’e tre sul letto, spostando prudentemente magliette, quaderni e libri scolastici ivi parcheggiati.
La capogruppo teme che quel modo di scegliere i posti prefiguri degli schieramenti, ma le espressioni di Hay Lin e Irma sono soprattutto curiose, elettrizzate, e si scambiano commentini e battute abbastanza innocue.
Taranee invece, contrariamente al giorno prima, appare fredda e composta. E’ lei a parlare, trincerata dietro le braccia conserte: “Ragazze, in primo luogo vorrei scusarmi con tutte per aver perso le staffe, ieri. Quando sono arrivata, ho subito pensato di essere stata messa davanti a cose fatte per l’ennesima volta, e da quel poco che ho sentito della confessione di Elyon, non ho potuto fare a meno di pensare quello che ho detto. Però poco fa, strada facendo, Hay Lin mi ha raccontato meglio la storia, e anche la posizione di quella lì non mi è più sembrata così abietta come in quel momento. Non che pensi un gran bene di lei, naturalmente, ma non avrei perso le staffe così”.
Quando Taranee smette di parlare, gli sguardi delle altre convergono verso Cornelia. Questa esita un attimo, irrigidita, finché non è più possibile ignorare le aspettative. “A me dispiace di aver provocato Taranee. So che aveva dei buoni motivi per non essere libera, in quel momento”.

Hay Lin prende la parola: “Cornelia, non voglio fare processi, ma ormai ho la pulce nell’orecchio, e me la puoi togliere solo tu: davvero eri a conoscenza dei progetti di Elyon?”.
Un altro attimo di silenzio rimarca l’attesa di tutte per la risposta.
“No, non li conoscevo. Però li immaginavo”.
“Ma come hai fatto?”, chiede Hay Lin, “Per me quel discorso contorto della profezia che non si può non realizzare eccetera è fuori da ogni mia logica. Ordinare che venga stabilita una tirannia per non diventare una tiranna… Come si poteva immaginare una cosa del genere?”.
Irma rincara, squadrando la Guardiana della Terra con cipiglio da investigatrice: “Scommetto che Corny io-so-tutto sapeva più di noi fin dall’inizio”.
Will si allarma, temendo che questo discorso sia un’altra bomba ad alto potenziale per il gruppo. “Aspettatemi un attimo per parlare”;  si alza dalla sua sedia e va a passi veloci verso la cucina.
Dopo qualche battibecco con la madre, torna in camera con un sacchetto di frollini, e lo appoggia sulla testata del letto a portata di mano di Irma. “Servitevi pure, ragazze”. E così, almeno una l’ha neutralizzata per un po’. “Allora, Cornelia, ti ascoltiamo”.
L’altra annuisce intrecciando nervosamente le dita, e inizia: “E’ incominciato due anni fa, poco tempo dopo quell’invito a cena a Meridian finito in modo strano”.
“Quando siamo tornate a Heatherfield ed era inspiegabilmente notte fonda?” chiede Hay Lin.
“Sì, pochi giorni dopo, Elyon passò a trovarmi a casa. Era molto in crisi, e voleva sfogarsi per diverse cose. Mi parlò anche di questa profezia, e io le proposi di analizzare tutte le possibili interpretazioni”.
Tace un attimo mettendo a fuoco ricordi lontani, mentre i sommessi sgranocchii dei frollini e gli echi lontani di una discussione in cucina si prendono la loro breve rivincita, poi riprende: “Ci vedemmo più volte per discuterne. L’interpretazione più ovvia era che davvero lei avrebbe creato una tirannia, fiancheggiata da noi. Qualcosa proprio come la versione raccontata da Vera al consiglio”.
“E perché avremmo dovuto fare qualcosa del genere?”, chiede scettica Taranee.
“Abbiamo provato a fantasticarci sopra. Gli scenari erano cupissimi: magari saremmo andate con le buone intenzioni di proteggerla da una minaccia, poi avremmo trovato opposizione, la cosa sarebbe degenerata…”.
“Non mi sembra molto credibile”, obietta Hay Lin. “Non è in linea con la politica di Kandrakar che conosciamo”.
“Che cosa conosciamo davvero, della politica di Kandrakar?”, brontola cupa Taranee.
Will preferisce non rimarcare che si sta davvero profilando qualcosa di simile. “E poi?”.
Cornelia riprende: “La seconda ipotesi prevedeva che le Guardiane che apparivano sui suoi disegni fossimo davvero noi, ma la Elyon fosse una controfigura insediata da Kandrakar. L’Oracolo avrebbe deciso di imprigionare quella autentica perché era venuta in conflitto con lui per qualche motivo. Per evitare il caos a Meridian, avrebbe deciso di rimpiazzarla segretamente con una sosia più docile, e poi avrebbe mandato noi a sostenerla quando la gente lo avesse scoperto e si fosse ribellata”.
“Questo mi pare proprio assurdo”, commenta Taranee con una smorfia, “Abbiamo avuto problemi enormi a giustificare un’assenza di poche ore, come potremmo mai trasferirci a Meridian per fare le guardie del corpo a un clone?”.
“Infatti era il principale punto debole dell’ipotesi. A quel punto parlai a Elyon delle nostre gocce astrali e della loro fuga. Quel giorno facemmo tardi, e ci lasciammo con l’accordo di continuare il discorso al più presto. Mancavano ancora da sviscerare alcune ipotesi, tra le quali la combinazione di una falsa Elyon con delle false guardiane. Invece non la vidi più per qualche settimana. Cominciai perfino a preoccuparmi, finché non si ripresentò tutta allegra a scuola a prenderci per una pizzata. Come ricordate, ci fece molte domande proprio sulle ex gocce astrali”.
“E ci fece pungere dalle sue zanzare”, rimarca pignola Taranee, ascoltando a dita intrecciate.
Cornelia continua: “Lì per lì non ricollegai Vera e le gocce alla profezia, ma me ne ricordai appena seppi che la loro destinazione era Meridian”.
Hay Lin commenta: “Questo era proprio il caso che era rimasto in sospeso nella vostra discussione: falsa regina e false Guardiane”.
“Proprio così.  In quel momento, ho capito che lei aveva trovato la sua soluzione al problema della profezia”.
Taranee chiede gelida: “E non ti sei sentita ingannata dalla tua bella amica?”.
Cornelia si rabbuia un attimo, poi, dopo un’occhiata a Will, riprende con oracolesca impassibilità: “Sul momento sì, mi ero risentita che non mi avesse spiegato tutto. Però poi ho capito che, se me l’avesse detto, mi avrebbe costretta a parlarne anche a voi”.
“Insomma”, fa Taranee facendo a gara con Cornelia a chi appaia più impassibile, “Le sei grata che sia stata così gentile da non parlartene. Dovremmo esserle grate anche noi?”.
“Avrebbe dovuto chiarire!”, interviene Hay Lin. “Sapeva che sarebbe stato preso il Cuore di Kandrakar …”.
Cornelia annuisce impercettibilmente. “E’ paradossale, lo so, e brucia. Ma per lei quel piano era troppo importante, e non poteva correre il rischio che ci opponessimo. E comunque, per lei si trattava di salvare non solo sé stessa, ma anche noi da una situazione molto incasinata”.
“Insomma”, riassume Taranee, “Questo colpo di genio sarebbe stato il modo meno dannoso per far avverare la profezia, solo che noi eravamo… aiutatemi… troppo limitate per capirlo, e ci ha dovuto mettere davanti al fatto compiuto, e nascondercelo finché l’Oracolo non glielo ha tirato fuori dalla bocca”.
Will capisce che non deve lasciar degenerare il discorso in recriminazioni. “Cornelia, grazie per averci finalmente spiegato questi retroscena. Credo che anche per te sia stato difficile vivere tutto questo periodo senza poter parlare con nessuno delle tue intuizioni”.
Irma, che pure ha ascoltato con attenzione sfoggiando anche un discreto repertorio di occhiate sorprese o indignate, non tenta neanche di intervenire, la bocca troppo impegnata a onorare i frollini.
Hay Lin è rimasta compunta ad ascoltare, scuotendo il capo di tanto in tanto. “Io ci sono rimasta malissimo, sapendo che Elyon ci ha mentito per più di un anno. Eppure non mi capacito: dovrei avere una capacità particolare per individuare le bugie al volo, come un campanello nella testa. Invece con lei ha fallito miseramente”.
Will tenta una spiegazione: “Probabilmente nessuna delle cose che ci ha detto era letteralmente falsa, presa per sé, ma erano tutte mezze verità”.
“Sì, la metà meno importante della verità”, lascia cadere Taranee.
Cornelia si riavvia i capelli dietro le orecchie. “Mentire può essere un mezzo per proteggere le altre persone. Anche noi mentiamo ai nostri genitori, o no? E’ da quattro anni che anche noi abbiamo una vita segreta”.
“Ma noi lo facciamo a fin di bene”, ricorda Hay Lin, “Per l’equilibrio degli universi… qualunque cosa ciò voglia dire”. Si scosta da Taranee, facendosi vento. “Ma Tara, hai la febbre alta? Stai scaldandoti come una stufa!”.
Senza perdere il suo apparentemente gelido aplomb, Taranee risponde: “Avevamo proprio bisogno di sentirci dare delle bugiarde, dopo che abbiamo sacrificato tante volte  la quiete domestica e rischiato anche la pelle. Va beh, nel mio caso sarà anche nera, ma è comunque l’unica che ho”.
“Tutte abbiamo rischiato la pelle”, le risponde Cornelia, “E dopo ieri la rischieremo ancora di più”.
“Cosa vuoi dire?” chiede Hay Lin con uno sguardo spaventato. Anche Irma sgrana gli occhi, smette di masticare, poi comincia a tossire disperdendo briciole di frollini sul pavimento.
“Purtroppo è vero”, ammette cupa Will appena è sicura che l’altra non stia soffocando. “Con gli sviluppi di ieri, è molto probabile che ci sarà ordinato di accompagnare Elyon fino a Meridian attraverso la barriera. Non solo, ma anche di scendere in campo per farla vincere”.
Hay Lin storce il viso avvilita. “Ci pensate? Potremmo trovarci a combattere contro le nostre stesse gemelle per ordine dell’Oracolo”.
“C’è di peggio”, riprende Cornelia, “Provate a ripensare quello che è successo ieri a Kandrakar visto con gli occhi di quella… di Nemesis Uno. Cosa credete che abbia raccontato a Vera? Che Elyon è stata salvata da noi contro la sua volontà, cioè quasi rapita. Che è stata minacciata, insultata, umiliata e costretta a rivelare tutti i retroscena. Che non ha il potere di intercedere per loro, se dovessero perdere la partita.  Dopo tutto questo, quando lei si è presentata da Vera non aveva più la credibilità per farsi restituire il trono. Tant’è vero che le hanno perfino offerto di restare lì, se avesse accettato l’altra come regina”.
“Cosacosa…”. “Ma che hai detto?”. “Offerto di restare …”.
Cornelia continua: “L’invito non valeva per noi, ovviamente. Ora quelle là sono decisissime a resistere. E se con Elyon ora la vedono come una disputa di famiglia, con noi e Kandrakar non è affatto così, ma piuttosto ci considerano come invasori assetati di vendetta. E scommetto che alla prima fiammella che qualcuna di noi a caso farà balenare, sono pronte a rispondere a… a… a non so neanch’io cosa”.
Taranee la guarda cupa, ma nessun bagliore aranciato brilla nelle sue pupille. “Stai dicendo che vi ho messe tutte in pericolo?”.
Cornelia esita un attimo, poi preferisce sviare: “L’errore maggiore è stato dell’Oracolo. Quel ‘chiarimento’ umiliante non avrebbe dovuto avvenire davanti a una delle fedeli di Vera”.
“Poteva addormentare lei e svegliare me, il pelato”, recrimina Irma, deglutito l’ultimo frollino. “Ma spiegami, Corny io-so-tutto: come fai a sapere tante cose?”.
“Ha sentito Elyon al telefono poco fa”, le risponde Will. “Cornelia, raccontaci un po’ di novità”.
La Guardiana della Terra annuisce. “Le cose più importanti le ho già dette. In sostanza, loro sono venute a prenderla e l’hanno accompagnata a Meridian a parlare con Vera, e non hanno concluso niente. Si sono accordate di usare il guanto di velluto tra loro, ma Ellie non ha potuto garantire niente per noi. Le altre, anzi, hanno paura che vogliamo incenerirle, o incarcerarle nella Torre delle Nebbie e buttare via la chiave, e sono decise a dimostrarci quanto sono brave in modi che non ci piaceranno affatto”.
“Beh, la prima volta non sono state granché”, commenta Irma.
“Buonanotte, Irma!” le risponde acida Cornelia, “Ha parlato l’unica di noi che hanno spedito nel regno dei sogni al primo colpo!”.
L’altra le risponde piccata: “Ho fatto in tempo soltanto a cambiare universo e scambiare quattro chiacchiere, prima che quel loro narcotico cominciasse a fare qualche effetto. Scusa se è poco!”.
“Solo perché in quel punto non c’erano le loro trappole. Pura fortuna”, ribatte Cornelia, “Se avessimo dovuto spostarci a piedi per trovare un posto adatto, dopo un po’ avremmo dovuto portarti sulla schiena. E non è che tu sia la più leggera di noi, neppure con le alette da fatina”.
L’altra lampeggia con gli occhi, ferita nel profondo dalla neanche troppo discreta allusione alle sue forme morbide. “Senti, guardiana delle mosche! Non montarti troppo quella testolina bionda!”.

Will ascolta quasi rassicurata la schermaglia tra le due: quando verte su chi è la più intelligente, è un segno di normalità. E’ molto più preoccupata per il gelo bruciante che persiste tra la Guardiana del Fuoco e quella della Terra.

D’improvviso i suoi pensieri sono interrotti dalla vocina magica del telefono nel soggiorno, udibile solo a loro, che si sgola per avvertire: “Will, arriva tua mamma. Vento di tempesta!”.
Un attimo dopo, Susan apre la porta della camera. “Ragazze, l’ora di colloquio di Will è finita. Lei ha da studiare per la maturità, e da meditare a lungo su scuse migliori da raccontarmi per la prossima scappata”.
Dietro di lei Will nota, in piedi sulla porta della cucina, Dean che guarda la scena con aria rammaricata. Capisce che ha cercato di difenderla, e ha perso. Un punto a credito del baffone, anche se non riesce ancora a chiamarlo papà.
Rassegnata, la Guardiana del Cuore si alza dalla sedia. “Scusate, ragazze. Ci vediamo domani a scuola”.
Le altre escono dalla cameretta sotto lo sguardo gendarmesco della padrona di casa.
“Buongiorno, signora. Ciao, Will”, dice Cornelia, “Ragazze, io vado da Elyon”.
“Mica solo tu!”. “Perché no?”, dicono in rapida successione Irma e Hay Lin. “Tara, vieni con noi?”.
“Andate pure, forse vi raggiungerò per strada”, risponde questa. “Signora, se permette vorrei parlare ancora cinque minuti a quattr’occhi con Will”.
“Cinque che siano cinque!”, impone Susan, poi le lascia sole.

Chiusa la porta, Will torna a sedersi: “Ti ascolto, Tara”.
Taranee riflette un attimo su come cominciare. “Senti, io capisco perché giustifichi Elyon. Come lei, anche tu pensi di avere un’ombra sul futuro. Ma la tua si chiama Nerissa”.
Will si incupisce a sentire quel nome. E’ vero, pensa spesso a lei, e ai sentieri contorti per cui una Guardiana del Cuore, forse partita con le più nobili intenzioni, si fosse ritrovata a fare tutto il contrario di quello che aveva voluto all’inizio. Si limita a rispondere: “Capisco che Elyon abbia preso sul serio quella profezia, e stia facendo di tutto per vanificarla… anche se, mi pare, con risultati ben diversi da quelli che avrebbe voluto”.
“Will, anch’io posso capire le buone intenzioni, ne ho sempre trovato pieni i fossi. Ma mi colpisce, invece, la superficialità di come sia stata intesa l’idea di tirannia. Insomma, quelle là hanno realizzato una dittatura da operetta con una pazzoide sul trono che guarda male la gente, fa proclami deliranti e aumenta le tasse, e poi campi di prigionia, soldataglie armate per le strade, delle cattive aliene a cui dare la colpa... Fin qui il teatrino. Ma, dietro la tirannia falsa, ce n’è una vera nei sistemi usati per fare tutto ciò: bugie, omissioni, segreti, travestimenti, influenze mentali e magie di ogni tipo, celati dall’immagine sorridente della salvatrice”. Prende fiato, togliendo gli inutili occhiali da vista. “Bene, io sono inquieta perché questi metodi sono solo un’esasperazione di quelli che la stessa Elyon usa abitualmente, e temo che tutto questo non si allontani troppo dalla gestione del potere a Meridian anche nei tempi di normalità. E quello che mi turba di più è che questi metodi non sono tanto diversi da quelli usati da Kandrakar… e perfino da noi”.
Will sostiene lo sguardo, sforzandosi di non mostrarsi turbata dalle sue parole. “Capisco la tua perplessità, ma mi sembri troppo pessimista. I nostri metodi sono adeguati alla necessità di mantenere l’equilibrio tra i mondi”.
“E un’altra cosa, Will”, riprende Taranee, “Ho avuto l’impressione che anche tu sia cambiata, pian piano. Che non ci dici più tutto quello che sai o che pensi. Che subordini le tue parole a una qualche necessità superiore. Insomma, mi sembra che tu stia diventando sempre più simile all’Oracolo”.

Susan torna ad aprire la porta, mostrando l’orologio al polso. “Tempo scaduto”.
Taranee si alza. “Ciao. A domani, allora”, ed esce decisa.
“Ciao, Tara”. Will resta seduta, tenendosi i polsi e riflettendo.
Detto dalla Guardiana del Fuoco, il paragone con l’Oracolo non è certo inteso come un complimento.
Le cose non sembrano prendere una bellissima piega, anche se il pericolo che temeva all’inizio, una rottura aperta con Cornelia a causa di Elyon, sembra per il momento scongiurato. Però non vede l’ora che quest’ultima torni nel suo mondo: con tutte le sue buone intenzioni, finora non ha portato altro che guai.

La porta che si riapre la richiama dai suoi pensieri. Susan entra nella stanza con l’ombrello verde in mano. “Will, te l’avevo già detto, ma vedo che non mi ascolti mai: quest’affare è rotto, è impresentabile. Non mi importa se è il tuo preferito o se ti ricorda i ranocchi: devi farlo sparire!”.
E glielo appoggia accanto al letto.
 

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Capitolo 72
*** Il peso di un'antica profezia ***



Ad personam

Ciao Scarlettheart, grazie per la puntualissima recensione.
L'episodio in cui Elyon mette un incantesimo sull'ombrello non è mai stato narrato, sarebbe comunque stato insignificante. Possiamo supporre che in un giorno piovoso di qualche mese prima si siano trovate tutte assieme, che Cornelia abbia fatto qualche ironico complimento sul nuovo ombrello verde ranocchio di Will, che questa l'abbia preso come un complimento vero e abbia detto che avrebbe cercato di non perdere anche questo bell'ombrello com'era successo con il precedente, e che poi Elyon ci abbia messo una mano sopra, assicurandola che non sarebbe più successo.

Ciao Silvia G, grazie mille per la tua recensione, e non preoccuparti: quando arriva è sempre graditissima.
Per quanto riguarda l'atteggiamento di Will, questo è influenzato dalle raccomandazioni fattele dall'Oracolo nel cap.44, 'La guardiana del cuore', capitolo che ora si rivela essenziale per capire come mai non ha reagito emotivamente come Taranee, pur essendo stata molto più danneggiata di lei dal furto del cuore di Kandrakar. In effetti, una reazione rabbiosa alla sottrazione del Cuore l'avrebbe avvicinata molto più a Nerissa di quanto non sia con la linea pragmatica che ha fatto sua.
A proposito della parola 'incombevano': ho usato intenzionalmente il passato perché, nel momento in cui Will guardava dalla finestra, le nubi si stavano già diradando, perciò un termine così forte non era più adeguato. Trovo che l'uso della narrazione al presente dia il vantaggio di poter dare un significato più preciso all'uso di tempi passati e futuri.


Qualche parola su questo capitolo, che ho deciso di anticipare perché, per molte cose, è la logica continuazione del precedente, e si svolge pochi giorni dopo.
Qui ho tentato di dare una risposta a molte domande su Kandrakar e il ruolo delle guardiane, che nel fumetto sono sempre state evase o trattate in modo insoddisfacente. Ho preso qualche nome e qualche elemento dallo speciale 'Cinque', che però non forniva davvero una spiegazione né sul passato, né sulle finalità della congrega. Anche se non ho esplicitato tutto per non trasformare il capitolo in un trattato di kandrakarologia, da questo quadro si può anche capire perché l'Oracolo eviti quasi sempre di far interferire la sua congrega con i mondi osservati.
Per quanto riguarda il disegno, ho deciso di mostrare la scena iniziale tra Matt e Will un po' perché questo personaggio non era mai apparso prima nelle mie illustrazioni, un po' perché affascinato dall'idea di tentare di riprodurre il gioco di luci dato dalle lampade di salgemma di quel locale. Spero che il risultato risulti gradevole.
Buona lettura
MaxT
 

 

PROFEZIE
 

Riassunto delle puntate precedenti

 

Dopo un incontro misterioso con la Luce di Meridian, Vera ha convinto le Gocce a sostituirsi a Elyon a Meridian, impersonando la regina e le guardiane.
A Meridian, la controfigura di Elyon e le finte guardiane esiliano Miriadel e Alborn, mentre Caleb sfugge alla cattura; pur avendo assunto il potere, si rendono conto di non essere convincenti, e inventano la storia che le guardiane sono a palazzo per proteggere la Luce di Meridian da un complotto.
A Heatherfield, Elyon spiega che quella che si sta realizzando è una sua profezia, che prevede che la tirannia duri un anno, che a Meridian dura diciotto mesi. Elyon è decisa a non tentare niente prima di questa scadenza.
Il nuovo piano di Vera prende rapidamente forma, basandosi sull'ambiguità del termine di un anno: prima simuleranno che Elyon diventi sempre più tirannica, screditandola, poi Vera la spodesterà dopo un anno terrestre di dodici mesi, facendo finire apparentemente la tirannia e realizzare la profezia; poi, dopo aver guadagnato il consenso della gente, si prepareranno per affrontare Elyon e le Guardiane al loro ritorno dopo diciotto mesi, un anno di Meridian.
Vera crea venti copie di Wanda, dette Nemesis, che avranno l'incarico di impersonare le guardiane e di sorvegliare la città restando invisibili o sotto falsa identità, o con l'aspetto di aquile.
Come dal piano di Vera, le false Guardiane imprigionano Galgheitha e altri personaggi importanti, che potrebbero rendersi conto che la sempre più tirannica Regina e le Guardiane sono state impersonate da controfigure; la principessa Vera fa la parte della buona, facendo fuggire questi prigionieri dalla città.
Infine, si arriva allo scadere dei dodici mesi dall'arrivo delle Gocce e da quello che a molti appare come l'inizio della tirannia. La montatura arriva al suo culmine: Vera parla in consiglio criticando Elyon, poi affronta le false guardiane e infine la falsa Elyon, sconfiggendoli tutti e venendo proclamata Regina.
Informata da Caleb, la vera Elyon decide di proseguire col piano iniziale, aspettando altri sei mesi per intervenire; inoltre preannuncia alle guardiane che intende farlo da sola. Queste, preoccupate, si chiedono se dovranno intervenire in qualche modo per aiutarla.
Nel frattempo Vera fa sperimentare nuove armi segrete, come fruste capaci di iniettare narcotici e sistemi per materializzare armi pesanti in vista del confronto finale.
Cinque mesi dopo, la situazione precipita improvvisamente per un casuale ma burrascoso incontro di Taranee con le gocce a Midgale. L'Oracolo acconsente a chiudere la muraglia per precauzione e ne fa dare preavviso a Elyon, che però decide di dover assolutamente parlare con Vera al più presto.
Elyon, quindi, decide di teletrasportarsi immediatamente nel suo mondo. Preoccupato per la sua sorte, L'Oracolo convoca immediatamente le Guardiane, inviandole a recuperarla. Queste intervengono in tempo per sottrarla a due Nemesis che stavano cercando di catturarla. Ma nel trasportarla a Kandrakar, inaspettatamente trascinano con loro una delle due, Dora.
A Kandrakar, Elyon viene costretta a rivelare che il colpo di stato di Vera era stato frutto di un loro accordo per far realizzare la profezia della tirannide nel modo meno dannoso possibile. Vera aveva assunto una pozione per dimenticare questo accordo, ma la sua memoria sarà ripristinata pronunciando in sua presenza
una frase concordata, che comunica a Dora che viene rimandata a Meridian come messaggera.
Dora ritorna e ripristina i ricordi di Vera, aggiungendo che Elyon vuole parlarle, ma riferisce anche che a Kandrakar sia lei che la ex-regina sono state minacciate.
Quando Elyon viene condotta al cospetto di Vera, questa rifiuta di tirarsi in disparte e ammettere pubblicamente la montatura, con la scusa che Elyon non ha mantenuto una vecchia promessa, e che non può comunque garantirle dalle vendette di Kandrakar; tuttavia mantiene la promessa di riportarla a casa, libera, in attesa del confronto finale.
Le WITCH apprendono da Cornelia l'esito di questa missione. Taranee è fortemente risentita sia verso Cornelia, che ha sempre spalleggiato Elyon pur avendo intuito i suoi piani, sia verso Will, accusata di essere sempre più simile all'Oracolo.
 

 

 

Capitolo 72  
Il peso di un’antica profezia



"L'ignoranza è più forte di qualunque muraglia"
 Tibor

 




Heatherfield

‘The secret place’, si legge sull’insegna dai riflessi bronzati che riflette, rimpiccioliti a chicchi di luce, i lampioni e i fanali delle auto di passaggio.
“Sembra davvero carino”, conviene Will osservando l’esterno del locale dalle vetrate brunite, “ha un aspetto…. come dire.. intimo?”.
“Peter mi ha detto che è una chicca”, le risponde Matt, e ammicca: “A patto di essere con la compagnia giusta, naturalmente”.
“La migliore!”, asserisce lei, stringendo il braccio che il suo ragazzo le offre. “E poi, avevo tanto bisogno di cambiare aria!”.

Appena varcata la porta che Matt le tiene galantemente aperta, Will si guarda attorno con curiosità. Allineate lungo le pareti, le tavolate sono in parte celate da panche con alti schienali che fungono quasi da separè. Appliques di salgemma alle pareti proiettano attorno a sé aloni tenui dai caldi colori rossicci e rosati, simili a fiamme immobili. I colori del rame, del bronzo e del legno scuro predominano sul mobilio elegante e lineare.
Sulle pareti ai lati, due rampe di scale portano a un soppalco con altri posti a sedere, quasi tutti vuoti.
Matt la scruta, studiando le sue reazioni. “Ti piace?”.
“Decisamente diverso dal solito”, annuisce Will, “L’ideale per questa serata!”.

Accompagnati da un cameriere in livrea, prendono posto a un tavolo quasi in fondo al soppalco, sedendosi fianco a fianco.
“Belle scelte”, conviene Will sfogliando il menù illustrato a colori, “Non è solo una pizzeria. E anche i prezzi non sono male”.
“Hanno appena aperto, devono farsi conoscere”, risponde Matt, “Ma non preoccuparti, anche quando aumenteranno potrò permettermeli comunque, con il mio ingaggio”.
Will annuisce, appoggiando la testa allo schienale e rilassandosi, mentre il tenue sottofondo musicale la invita ad accostarsi a Matt; gli prende la mano nella sua, godendo del delicato contatto con i suoi polpastrelli.
“Sai, caro, avevo proprio bisogno di una serata così. L’ho desiderata per settimane”. Sospira a fondo. “Mi sai mancato moltissimo durante il tuo tour”.
“E’ stato impegnativo”, conviene lui, “E non è certo finita. Karmilla dice che come suo chitarrista potrei fare anche meglio di Josh, col tempo. Se mi confermerà l’ingaggio anche al prossimo giro, sarò sulla buona strada per realizzare i miei sogni”.
“Sono orgogliosa di te, Matt. Ma mi manchi. Mi manchi tanto, sappilo!”.
Il ragazzo non risponde, ma appoggia delicatamente la guancia ai capelli di Will. “Anche tu. Non ti dimenticherò, stanne certa”.
“Lo spero tanto. Per me è un brutto periodo, questo. Ho litigato con mia mamma anche ieri. Ho preso un’altra insufficienza in fisica, e mancano poco più di due mesi all’esame finale. E come se non bastasse, questa storia di Meridian sta in qualche modo minando il gruppo”.
Lui sospira combattuto. “Cercherò di dedicarti tutte le sere almeno questa settimana, poi ricomincerò a essere davvero sotto pressione . Parlerò con gli altri, vedrò se è possibile ridefinire qualche impegno. Forse se…”.
Lei si volta a guardarlo gravemente negli occhi. “Non buttare via i tuoi sogni, Matt”, gli dice facendosi forza, “Queste occasioni non tornerebbero facilmente. Per quanto riguarda me, stringerò i denti finché sarà necessario”. Gli sorride di nuovo. “Avremo tempi migliori, tutti e due. Vorrei solo che fossero tempi assieme”.
“Lo voglio anch’io”, risponde lui sempre sfiorandole i polpastrelli.
“Vedi, Matt, io spero con tutta me stessa che tu riesca a realizzare ciò che hai sempre sognato. Ma devo essere sincera”, aggiunge quasi con un groppo alla gola, “Temo che possano allontanarti sempre più da Heatherfield… e dalla possibilità di avere una vita con me”. Gli stringe la mano più forte, come se avesse paura di lasciarlo andare.
Lui le porta l’altra mano a coprire la sua, come per infonderle forza. “Will, ora io non posso tirarmi indietro, devo dare il massimo. Ma quando sarai libera, in prospettiva… ti piacerebbe viaggiare un po’ con me?”.
Il viso di lei si illumina in un largo sorriso. “Mi piacerebbe tanto, Matt. Vorrei davvero prendermi un po’ di libertà, finita la scuola superiore”. Poi aggiunge amaramente: “Kandrakar permettendo”.
Lui annuisce piano. “Sembra che ti stia dando non pochi pensieri”.
“E’ vero”, ammette amareggiata Will. “Kandrakar e Meridian. Anche lasciando perdere che ci ha costrette tutte a saltare impegni scolastici, che mi ha fatto litigare con mia madre e con le mie amiche, ciò che mi preoccupa di più è il futuro: riuscirò mai ad avere una vita mia? A sposarmi, a trovare un lavoro, ad avere dei figli, se dovrò restare disponibile a partire da un momento all’altro per le loro missioni? Così all’improvviso, senza riguardo per gli impegni della mia prima vita?”.
Matt la prende per le mani, e la guarda deciso. “Non dovrai fingere, con me; ormai io so del tuo impegno di guardiana, e ti faciliterò in tutti i modi che mi saranno possibili. Ti coprirò davanti agli altri, se sarà necessario. Anzi: se avrò il successo che spero come chitarrista, non dovrai neppure preoccuparti di trovare un impiego: fare la Guardiana sarà il tuo vero lavoro, e io ti lascerò ogni libertà per questo”.
Will lo ringrazia con un mesto sorriso, e ci pensa sopra. “Però… anche rinunciare a una mia indipendenza economica non mi piacerebbe. E poi, come potrei essere libera se dovessi avere dei bambini?”. Si volta verso di lui, sperando che possa dissipare questi dubbi con una risposta rassicurante.
Lui, invece, le rimanda un’altra domanda: “Cos’hanno fatto le guardiane che vi hanno precedute?”.
Will ci pensa un attimo. “Una è morta da giovane. Quella che l’ha uccisa è finita anche peggio. Due hanno lasciato. Che io sappia, solo Yan Lin ha avuto un figlio restando una guardiana fin alla fine”.
“Dunque non è impossibile”, constata Matt pacato.
“No. Però spesso, parlando con le altre del nostro lontano futuro, lo abbiamo fatto come se il nostro impegno di guardiane fosse destinato a finire con la nostra adolescenza; insomma, come se il nostro gruppo fosse destinato a dividersi per far seguire a ciascuna la sua vita, e rincontrarci ogni tanto per qualche rimpatriata nostalgica. E oggi mi sto chiedendo se questi disaccordi tra di noi non siano già le avvisaglie della fine di quest’avventura”.
Matt si rabbuia a queste parole. “Parli di queste vostre fantasie come se fossero una profezia. Ma è veramente quello che voi tutte volete?”.
“No… credo di no”.
“Se voi vorrete continuare, riuscirete a portare avanti questo impegno per tutta la vita, come Yan Lin. E per quanto mi riguarda, farò di tutto perché tu possa onorare il tuo incarico. E’ la cosa più importante che tu abbia fatto in vita tua, al servizio degli altri; avete già salvato persone, città, forse interi mondi da qualche minaccia, ed è giusto continuare a farlo. Anche se tu dovessi restare a combattere da sola”.
Will prende fiato, lasciando le mani di Matt, e risponde cupa: “All’inizio anch’io la pensavo così. Le prime vittorie mi erano sembrate il trionfo del bene sul male, perché credevo ancora che il mondo si dividesse in buoni e cattivi. Poi ho cominciato a pensare, invece, che le persone sono troppo complesse e variegate per poter essere classificate, ma piuttosto che siano i comportamenti a essere buoni o cattivi. Che dal bene nasce il bene, e dal male il male”. Si stringe nelle spalle, e conclude amara: “Ma ora non ho più neanche questa certezza”.
Matt la guarda attentamente. “Cosa te l’ha tolta?”.
Will cerca le parole per esprimere con ordine l’enormità della sua confusione.
“Prendi quella Vera, per esempio. Nel momento stesso in cui ha accettato da Elyon quel suo ordine strampalato, lei si è sacrificata per il bene della sua creatrice e forse di Meridian: ha lasciato il suo uomo e il mondo in cui aveva vissuto la sua breve vita. Ha rinunciato ai suoi ricordi veri, e ha indossato i panni della cattiva. Ha mentito alle sue compagne, forse senza sapere di mentire. Mi ha rubato il Cuore di Kandrakar, ed è andata a sostituirsi alla regina con l’incarico di farsi odiare”.
“Tu vuoi dire che queste azioni cattive sono state fatte per una sorta di malinteso altruismo?”.
“Proprio così. Ma andiamo avanti. A un certo punto è successo qualcosa: forse era stanca di farsi odiare. Allora si è mostrata con il suo viso e il suo nome, bella e sorridente, dissociandosi dal personaggio cattivo; ha cominciato a liberare i prigionieri e a mostrarsi premurosa, e alla fine si è presa il trono facendo contenta la gente della sua città. Ma tutte queste belle cose le ha fatte per egoismo: perché aveva deciso di diventare regina, o forse solo perché voleva essere amata”.
Matt annuisce. “Insomma, ha indossato le vesti della cattiva per altruismo, e poi quelle della buona per egoismo”.
“Sì. E poi, tutta questa storia sembra scritta da un autore crudele che si diverte a giocare con il nostro buon senso”. Enumera sulle dita: “Elyon ha complottato contro sé stessa, facendo creare una tirannia proprio perché non voleva diventare un tiranno. Tutto ciò per sua libera scelta, sentendo che altrimenti, nel lungo termine, la sua libertà di scelta non le avrebbe impedito di diventare davvero così. E ci ha ingannate, a suo dire, per salvarci dal destino che avremmo dovuto condividere con lei”.
“E’ sempre stata molto strana”, conviene il ragazzo.
“Poi l’Oracolo, che ha sempre sostenuto che Kandrakar non deve intromettersi negli affari degli altri mondi, ora ci manda a Meridian per fiancheggiare Elyon che pure non lo vorrebbe; inoltre andremo lì a combattere per impadronirci di un talismano che forse non esiste ancora; e non perché quest’oggetto sarà usato per minacciare la Terra, ma per salvare Meridian da un’ipotetica futura invasione terrestre”.
“Qui, forse, l’Oracolo ci ha dato sotto con la fantasia per convincere Elyon”, risponde Matt con una vaga smorfia di scetticismo.
Senza ascoltarlo, Will riprende a enumerare: “Poi le nostre gocce, che dovrebbero essere uguali a noi, fanno tutto il contrario: la mia, ora, è mia acerrima nemica, ma almeno so perché. E io, ogni volta che penso a lei, a quanto è simile e quanto è diversa da me, mi sento morire, e mi chiedo cos’avrei fatto al suo posto, o come sarei ora se non avessi più il Cuore di Kandrakar a darmi forza. E non riesco a togliermi il dubbio che noi stesse, quando indossiamo i nostri bei costumi sgargianti, non stiamo in realtà agendo al servizio di qualche finalità oscura”.
Il ragazzo resta in silenzio, colpito profondamente da queste parole.
Dopo qualche secondo Will, preoccupata, lo scrolla. “Dimmi qualcosa, Matt!”.
Lui si riscuote. “Certo, il fatto che l’esistenza di Kandrakar sia ammantata dal segreto non aiuta a togliersi questi dubbi. Ma tu devi guardare alle azioni che siete state chiamate a fare: non c’è dubbio che avete reso più sicura e felice la vita di numerose persone innocenti. Se questo non è un bene, cos’altro lo è?”.
Will resta in silenzio, riflettendo confusa. La pausa di silenzio si prolunga, e lei torna cosciente della delicata musica di sottofondo, e dal vago brusio proveniente da altri tavoli distanti. Solo ora si rende conto di avere le posate e i bicchieri delle bevande appoggiati di fronte a sé. Quando li hanno portati?

Il cameriere arriva con due piatti di pizza fumanti. “Signori… per chi la Quattro stagioni?”.
“A me, grazie”.
“Ecco, signorina. Signore, a lei la capricciosa”.
Subito dopo, si porta al tavolo successivo, rivolgendosi a mezza voce agli avventori nascosti dallo schienale alto. “Ancora qualcosa, signorine?”.
“Il conto, grazie”, risponde una voce che a Will sembra di riconoscere.
“Ma questa…”.

Taranee fa capolino da oltre lo schienale. “Ciao, Will. Ciao, Matt”.
Esitando, anche Hay Lin si fa riconoscere. “Ciao ciao”.
“Ma… voi qui?!?” esclama Will incredula. “E… e come…”.
“Siamo solo noi due”, risponde Hay Lin imbarazzata, aggiustandosi gli occhialoni da sci che usa come fermacapelli. “Stasera volevo parlare a quattr’occhi con Tara… dei problemi del gruppo”.
“Non volevo farlo in casa mia”, aggiunge Taranee, “E per non incontrare nessuno, ho chiesto consiglio al mio fratellone per un locale fuori dal giro”.
“Da quant’è che ci avete riconosciuti?”, chiede Matt, cercando di non sembrare irritato.
“Da parecchio”, risponde Taranee. “Non avremmo voluto disturbarvi perché era chiaro che volevate stare da soli”.
La cinesina aggiunge, con un sorrisino di scusa: “Avevamo già ordinato, quindi non potevamo neppure andarcene”.
“Avete ascoltato i nostri discorsi!”, rimprovera Will. “Che cosa avete sentito?”.
“Niente…”, le risponde Hay Lin mettendo le mani avanti.
“Invece abbiamo sentito l’ultimo discorso, anche non volendolo”, la contraddice Taranee, “Tutto quello che hai detto sulle guardiane e i paradossi di questa situazione”. Si alza e si porta a sedere al loro tavolo, seguita dall’esitante Hay Lin.
“Avreste dovuto farvi riconoscere prima”, protesta Will un po’ risentita.
“Non volevamo disturbarvi…”, rispose esitante la cinesina, “Anzi, abbiamo taciuto appena abbiamo riconosciuto le vostre voci. Ma pensa che coincidenza, ci siamo dette…”.
Matt allarga le mani, conciliante. “Non c’è problema. Spero che abbiate potuto risolvere qualcosa, nonostante la nostra presenza”.
“E’ meglio parlare chiaro, Will”, riprende Taranee, “Abbiamo sentito tutto, fin quasi dall’inizio. E mi sono resa conto che ti devo delle scuse…”.
“Fa niente”, risponde lei imbronciata.
“Lasciami parlare. Ti devo delle scuse per quello che ti ho detto domenica: che sempre più spesso parlavi come l’Oracolo, e sai bene che non era un complimento. Ascoltandoti oggi, invece, mi sono resa conto che non è affatto vero. E soprattutto ho capito di essermi intestardita per orgoglio sul fatto di non essere stata informata. Invece i dubbi su tutta questa storia vanno molto al di là di questo, e coinvolgono tutte le altre e mille altri aspetti paradossali. Insomma, mi dispiace di aver contribuito a renderti le cose difficili, negli ultimi giorni”.
Will l’ha ascoltata stupita. “Beh… che dirti? Se il mio sproloquio ha risolto qualcosa…”.
“Ha risolto alcuni dubbi, e ne ha aperti altri più grossi”. Taranee fa un cenno al cameriere, arrivato con il conto al tavolino accanto, ed estrae il portafogli per pagare.
Quando l’uomo se n’è andato, lei accenna ad alzarsi. “Ora vi lasciamo  tranquilli. Scusate per l’intrusione”.
Anche Hay Lin si alza e raccoglie la sua vistosa giacca rossa. “A domani. Ciao ciao!”.

Mentre guarda le sue amiche imboccare la scala e scendere verso l’uscita, Matt dice: “Forse il tuo problema con Taranee si è risolto da solo”.
“Almeno quello”, sospira Will. “Ma ora, voglio una serata tutta per noi!”.


Heatherfield, strada verso casa Cook.

Poco dopo, mentre percorrono gli ultimi quartieri residenziali prima di casa sua, Taranee cerca di rompere il silenzio di Hay Lin, che si sta facendo imbarazzante. “Hay, guarda che siamo libere di parlare, ora”.
“E’ vero”, risponde questa distrattamente.
“Eravamo uscite per parlare assieme, ricordi?”.
“Certo. Parla pure”. Poi, rendendosi conto che l’altra tace, dice: “Sono contenta che hai risolto almeno il tuo problema con Will. E per Cornelia? Sono due giorni che siete fredde, a scuola”.
Taranee fa una smorfia indecifrabile. “Domani farò qualcosa per spezzare il ghiaccio. Parola mia”, conclude disegnando una crocetta nell’aria con le dita. “Ma tu, invece? Ora sei tu che sembri turbata”.
Hay Lin nicchia. “Non devi preoccuparti per me. E’ che non avevo mai pensato prima ad alcune delle cose che Will ha detto stasera. Sai, mi dava tanta più sicurezza quando parlava, come dicevi tu, come fosse l’Oracolo. Non mi ero mai resa conto che avesse tanti dubbi, e su aspetti importanti per i quali non ho un’ombra di risposta. Se non fosse stato per le risposte di Matt, credo che mi sarei messa a piangere”.
“E’ un ragazzo d’oro”, conviene l’altra.
Ormai, camminando, le due sono arrivate quasi di fronte a casa Cook. Attraverso la parete di vetrocemento, la luce ambrata del soggiorno si sparge nel giardino ben curato.
“Eccoci arrivate”, dice Taranee. “Vuoi entrare? E’ ancora abbastanza presto”.
Hay Lin fa un cenno di diniego. “Magari domani. Scusami, Tara, ma questa sera sento il bisogno di riflettere da sola”.

Dopo un rapido saluto, la Guardiana dell’Aria si incammina a passo rapido  verso il centro, schivando gli sguardi insistenti di un gruppo di ragazzi chiassosi dal forte accento ispanico. Ma a un incrocio prende una svolta che non conduce a casa sua. Correrà il rischio di fare tardi ed essere rimproverata, ma non si sente di aspettare fino al giorno dopo, e si dirige verso il luogo da dove può contattare l'unica persona in grado di spiegarle qualcosa di più.

“Ye Olde Bookshop”, legge infine Hay Lin alla luce dei lampioni.
Quante vicende ha visto quest’insegna, pensa. Lei ha esperienza diretta solo delle ultime, ma sua nonna Yan Lin le ha raccontato molto di più durante i loro segreti incontri notturni, quando il rimpianto per la sua assenza da casa si faceva più struggente. Così, nel corso di lunghe ore passate allo specchio a parlarsi di tutto e di niente, la nonna le ha raccontato che, prima di essere usato da gente come Cedric per tendere insidie ai nemici di Phobos, questo negozio è stato la base da cui i reali di Meridian si muovevano alla nostalgica ricerca di esperienze nel mondo dal quale erano arrivati i loro capistipite. E poi, quale copertura migliore di una libreria per l’insaziabile sete di conoscenza della regina madre?
Hay Lin ha sempre ascoltato rapita i racconti della nonna, e il suo tono rasserenante ha disciolto ogni volta le sue ansie. Ma c’è un argomento sul quale è sempre stata vaga, proprio quello sul quale vertono angosciosi i nuovi dubbi della giovane Guardiana dell’Aria.

Rompendo gli indugi, estrae una chiave dalla borsetta.
Una volta entrata nel negozio, attende un attimo perché la sua vista si abitui alla poca luce aranciata che filtra attraverso la vetrina, poi si dirige a passo prudente verso la porta del seminterrato.
Scende con prudenza le scale nella penombra, fino a trovarsi di fronte al portale incastonato nella nuda parete di fondo. Questo è il dono meraviglioso che l’Oracolo ha fatto loro dopo che hanno sventato la minaccia della rivincita di Jonathan Ludmoore, secolare prigioniero del Libro degli Elementi.
Hay Lin pensa intensamente a sua nonna; quasi subito la superficie, simile a uno specchio, comincia a rilucere di una fosforescenza azzurrina e s’increspa di onde concentriche, finché l’immagine della persona amata appare al di là  della cornice. Immagine… E’ davvero un’immagine, poi, o è proprio lei in carne e ossa, quasi a portata del suo braccio?
“Nonna!”.
Yan Lin la saluta con un sorriso dolce e composto, mantenendo le mani giunte infilate nelle ampie maniche della sua veste biancazzurra. “Cara rondine mia, che notizie mi porti?”.
La giovane prende fiato prima di parlare, mesta. “Tutte noi siamo confuse, nonna. Perfino Will, che per me è sempre stata un riferimento, questa sera ha ammesso i suoi dubbi. L’unica novità positiva è che Taranee si è riconciliata con lei, e ha promesso che proverà a farlo anche con Cornelia”.
Yan Lin annuisce grave. “Sai, ciò mi ricorda tante cose del mio passato. Elyon è tanto simile a sua madre Adariel, anzi, ha in comune con lei molto più di quanto chiunque potrebbe sospettare. Vedi, cara, qualche volta il nostro ruolo ci porta a qualche incomprensione con le regine di Meridian. Comunque è un’ottima cosa che tutte voi conserviate la vostra amicizia per lei”. Le sorride. “E di Irma, cosa mi racconti?”.
La giovane risponde: “L’ho catechizzata bene, e mi ha promesso che la guardiana dell’acqua non soffierà sul fuoco”. Al doppio senso, increspa le labbra quasi divertita. “Continua a pungolare Cornelia quando può, ma questo è un segno di normalità”.
Yan Lin ricambia con un sorrisino enigmatico. “Il tempo è un grande giustiziere. Dissolverà i malumori futili, lasciando tutte voi libere di giudicare la situazione con obiettività”. Per un breve istante, scruta intensamente sua nipote. “Ma vedo altre nuvole che macchiano l’orizzonte dei tuoi occhi. Parlami dei tuoi dubbi, rondine mia”.
Hay Lin prende fiato, e inizia: “Nonna, a nessuna di noi è ben chiaro né perché stiamo servendo Kandrakar, né dove ciò ci porterà. All’inizio tu ci hai detto che noi difendevamo una muraglia che divide la parte buona dell’universo da quella cattiva, e noi ti abbiamo creduto. Ma ora… ecco, non ci convince più. Avevamo già capito che il Metamondo non è sempre stato un mondo malvagio, anche se malvagia è stata la tirannia di Phobos. E poi, l'altro giorno l’Oracolo ha detto che la muraglia potrebbe anche proteggere il metamondo dalla Terra! E poi, altre minacce sono nate tra le mura stesse della fortezza: l’ambiguità di Luba, il tradimento di Nerissa, la vendetta di Phobos attraverso Endarno… Com’è possibile che dei saggi s'ingannino in questo modo? Che si facciano prendere così da passioni e invidie? Da che minaccia stiamo davvero difendendo i mondi? E soprattutto, perché ci dite sempre così poco?”.
Per un attimo Hay Lin abbassa il capo, temendo di avere osato troppo, poi torna a guardare l’anziana.
A due passi e un universo di distanza, Yan Lin ha ancora lo sguardo chinato a terra. Sta riflettendo, o si è risentita per quest’esplosione di domande a lungo represse?
Infine alza lo sguardo, e in esso vi è sempre l’usuale amore, unito a un velo di rammarico. “Hay Lin, anch’io mi sono fatta domande simili a queste per gran parte della mia vita, e ora che so le risposte, ho capito perché non mi furono date prima. Quando vi consegnai il Cuore di Kandrakar, vi diedi la stessa spiegazione che fu offerta a me e alle mie compagne sessantacinque anni prima. Sapevo già che era inadeguata, però allora non ne avevo alcun’altra da offrire. Solo dopo ho potuto sapere esattamente a cosa ho dedicato la mia vita, e sono stata orgogliosa di averlo fatto”. Tace un attimo mentre un lembo di una nuvola le passa davanti, mascherando parzialmente la sua sagoma. Poi riprende: “Per quanto riguarda la fallacia dei saggi di Kandrakar… vedi, piccola mia, io capisco che a volte ti possano essere sembrati inadeguati. Ma ‘garantire l’equilibrio tra i mondi’ ha un significato molto ampio.  Le minacce non arrivano solo da streghe e tiranni assetati di potere. Potrebbero anche essere delle minacce di tipo biologico: la diffusione di epidemie, o di specie viventi endemiche destinate a sconvolgere l’ecosistema del mondo che le riceve. O ancora, di conoscenze o idee a cui un mondo non è preparato. D’altra parte, non è neppure un bene chiudere per sempre tutti i portali naturali fra i mondi, perché questi hanno contribuito alla loro coevoluzione. La decisione di quali interazioni consentire e quali impedire è molto delicata. Perciò Kandrakar ha cooptato molti dei massimi esperti in diversi saperi, in modo da valutare minacce di generi diversissimi. E così, accanto a maghi e sacerdoti ci sono guerrieri, biologi, fisici ed esperti in discipline così estranee che nella nostra lingua non hanno neppure un nome. Molti sono dei sommi luminari nel loro campo, ma non tutti hanno una mentalità volta a comprendere al volo inganni e giochi di potere”. S'interrompe un attimo, mentre un altro sbuffo candido attraversa lento la visuale, poi riprende: “Quanto al nostro Oracolo, egli è stato anche un guerriero, ma non fu scelto per la sua abilità nelle arti marziali. Ciò che impressionò favorevolmente i saggi che lo cooptarono, piuttosto, fu la sua capacità come diplomatico, e nel valutare con attenzione ed equilibrio tutti gli aspetti di qualunque questione. Credo che solo Nerissa non lo avesse apprezzato: quando Himerish fu eletto Oracolo, lei era già a capo del nostro gruppo di Guardiane da più di vent’anni, era un’abile maga, e aspirava a quella carica. Però non era ancora a conoscenza del… di quello che  nessuna di noi ancora sapeva”, completa Yan Lin, come rendendosi conto che stava per lasciarsi sfuggire qualcosa di troppo segreto. “Ora ti ho detto tutto quello che potevo dirti, rondine mia”.
La giovane resta un attimo a riflettere su quanto ha sentito, poi prende coraggio e insiste: “Nonna, perché non spiegarci di più? Se Kandrakar agisce nell’interesse di tutti i mondi, perché c’è qualcosa che resta ostinatamente avvolto nel segreto? Perché l’esistenza di Kandrakar non viene resa nota? Perché dobbiamo celare il nostro ruolo anche ai nostri famigliari? Questo ci porrà, prima o poi, davanti a scelte dolorose sulla nostra vita. Perché non ci dite almeno il motivo di tutto questo? Saperlo potrebbe aiutarci a restare unite in questo momento di crisi”.
Finito di parlare, Hay Lin attende ansiosa una risposta.
L’anziana annuisce. “Mia luce, purtroppo la vita di una Guardiana è fatta di sacrificio, ma non ho mai rimpianto la mia scelta. Abbi fiducia in me, dolce brezza, e credimi: voi state agendo per una causa nobilissima. Non rinunciare. Io spero tanto che un giorno arriverà per te il momento di prendere anche il mio posto quassù a Kandrakar. E allora saprai, e sarai orgogliosa della tua vita”.
Hay Lin ascolta, colpita, poi accenna a un inchino. “Mi fido di te, nonna. Terrò duro a qualunque costo, e farò sì che tu possa essere sempre fiera di me”.


Kandrakar, alloggio di Yan Lin

Mentre l’immagine della nipote tremola e svanisce a mezz’aria, l’anziana Yan Lin si avvia, meditabonda, verso una porta che si apre su di un alto salone sottostante.
Discende con la dovuta attenzione la scalinata costituita da piastre fluttuanti. Passa accanto alla fantasiosa vasca di ninfee, la cui superficie è increspata da una fontanella a forma di roccia traslucida che orna il pavimento del locale.
Da lì s’incammina verso il Terrazzo delle Memorie: un lunghissimo, splendido camminamento coperto, delimitato a sinistra da un colonnato aperto sul vuoto. La parete sulla destra, invece, è ornata da una lunghissima fila di affreschi dai quali questo luogo mutua il suo nome: fedeli copie di quelli dipinti, a partire da trentamila anni prima, sulle pareti a picco del Passaggio della Memoria, che però ha la sgradevole caratteristica di essere un ampio baratro verticale i cui muri affrescati scorrono lentamente verso il basso, in mistico omaggio all’irreversibilità del tempo.

Arrivata lentamente sul terrazzo, guarda le maestose nuvole che nascondono la vista del suolo, alcune miglia più in basso. 
Poi si volge, pensierosa, alla sua destra, osservando la prima immagine: cinque figure femminili  che volteggiano in cerchio nel niente, leggiadre e maestose. Sono le cinque principali divinità della religione di Basiliade: Xin Jing, Oneide, Tea, Erla e N’Ghala.
Proseguendo lentamente, Yan Lin osserva la seconda immagine: è una vista a volo d’uccello di un paesaggio agreste costellato di case ed edifici sparsi, compresi alcuni grandi templi piramidali. I due soli che splendono nel cielo identificano inequivocabilmente quel mondo: Basiliade.  Tutt’attorno vi sono numerose nuvole a forma di anello, attraverso le quali si intravedono piccoli scorci di altri mondi: sono portali naturali, come quello che esiste sull’Atlantico al largo di Heatherfield. A Basiliade, questi erano già conosciuti dai saggi fin dall’inizio della loro civiltà.
Pensierosa, prosegue fino all’immagine successiva.
Una donna dal cranio rasato, dal cui viso traspare una profonda saggezza, siede al centro di un congresso di sacerdoti che l’ascoltano con espressioni preoccupate. Yan Lin sa che è l’antica Sibilla del tempio dei Due Soli, che la tradizione vuole essere l’incarnazione in terra di N’Ghala. E quello che sta rivelando ai sacerdoti costernati è La Profezia Segreta.
Prosegue lenta, osservando l’affresco successivo nella serie che si snoda senza soluzione di continuità.
Al disopra di nubi altissime, la prima forma della fortezza di Kandrakar aleggia nell’alta atmosfera di Basiliade. La ninfa  N’Ghala è rappresentata come un amorevole e gigantesco spirito semitrasparente che si fonde con lo spesso mantello di nubi che cela e sostiene l’edificio. Secondo il mito, la fortezza stessa è il corpo della ninfa che ha assunto  tale aspetto mantenendo la sua coscienza, la sua volontà e il suo potere divino.
Lei ha già visto e rivisto molte volte queste prime immagini: non è la prima volta che sente il bisogno di saperne di più su una storia che si snoda attraverso trenta millenni. Decide di saltare le successive per arrivare fino al punto dov’era rimasta la volta precedente,  e s’incammina lentamente lungo il maestoso portico che gira tutt’attorno a un’ala della fortezza.

Dopo la prima svolta, Yan Lin vede il saggio Tibor assorto nella contemplazione del mare di candide nuvole.
L’anziano la nota subito, rivolgendole un affettuoso cenno di saluto.
Lei gli si accosta e accenna a sua volta un inchino. “Ti ho trovato spesso in questo luogo, Tibor”.
Lui annuisce. “Là, sotto quell’eterno mare di nubi, c’è Basiliade. Te l’ho già detto, amica mia, che anch’io vengo da lì?”.
“Sì, me l’hai detto”. In effetti, quasi ogni volta che si sono incontrati lì. E’ la lunghezza del tempo che lo porta a ripetere spesso gli stessi discorsi, o forse la sua memoria che svanisce lentamente, o il bisogno di parlare comunque?
“Ho lasciato quel mondo da moltissimi anni. Probabilmente tutti quelli che ho conosciuto laggiù ormai sono morti”. Tibor continua, pensieroso, lo sguardo sempre rivolto verso le nuvole al di là della balaustra. “Sono passati settantacinque anni da quando fui cooptato dal vecchio Oracolo per unirmi alla congrega. Su Basiliade Lui era stato il Sommo Sacerdote di Xin Jing, il mio maestro, prima di essere chiamato qui più di un secolo fa. Anni dopo, quando divenne il Signore di Kandrakar, si ricordò del suo allievo prediletto, e mi chiamò per prendere il posto che aveva coperto fino a quel momento”.
“Sei in vena di ricordi quest’oggi, Tibor”.
“E’ vero. Del resto, siamo pur sempre nel terrazzo delle memorie”, risponde, e un sorrisino malinconico si allarga sul suo viso rugoso. “E tu, Yan Lin, non hai rimpianti?”.
L’anziana lo guarda sorpresa: è la prima volta che Tibor le rivolge una domanda così personale. In effetti, c’è una cosa che, poco prima, aveva pensato di raccontare ad Hay Lin, poi ha preferito tacerle. “Sì, ne ho, ma ciò non significa che vorrei fare qualcosa di diverso della mia vita”. Perde lo sguardo verso l’orizzonte, dove le nubi si stanno diradando e svelano un’alta catena di montagne azzurre, raramente visibile all’orizzonte della fortezza. “Mio figlio Chen mi crede morta. Siamo vissuti assieme per quasi quarant’anni, ma non ho mai potuto rivelargli il mio segreto. Tante volte mi sono sentita lontanissima da lui, pur essendo sempre vissuti sotto lo stesso tetto”. Sospira rassegnata: “Essere una guardiana e una buona madre sono due cose molto difficili da conciliare”.
L’anziano sacerdote annuisce comprensivo. “E tuo marito?”.
Yan Lin si sforza di restare impassibile. “Non c’è mai stato un marito. Come avrei mai potuto celargli il mio ruolo? Quando ho capito che la mia giovinezza stava finendo, e nonostante ciò ero ancora indispensabile a Kandrakar, ho deciso di avere un figlio pur restando una guardiana, piuttosto che rinunciare per sempre. Per togliermi ogni possibilità di ripensamento, l’ho concepito con un uomo già sposato. Ho sfidato il giudizio della mia famiglia e mille difficoltà, e per anni sono rimasta sola con il mio piccolo, portando avanti al tempo stesso il ristorante che ci dava da vivere e il mio impegno con la congrega”. Si volta a studiare il viso di Tibor alla ricerca di qualche reazione, ma lo sguardo del vecchio sacerdote non ha mutato la sua dolcezza. “Pensi che sia stata egoista? Chen non ha mai neppure conosciuto suo padre”.
“Penso che sei stata coraggiosa, Yan Lin”.
Lei annuisce pensierosa. “Per come stanno le cose, è molto probabile che restando qui vivrò più a lungo di lui. Qualche volta lo osservo col mio portale, e rimpiango che vedrò mio figlio invecchiare e morire senza avergli potuto rivelare la verità”. Tace un attimo, perdendosi nella forma sempre mutevole delle nubi. Poi riprende: “Comunque, almeno posso parlare con la mia rondinella, Hay Lin. Spero tanto che, un giorno lontano, sarà lei a prendere il mio posto qui”. Sospira: “Oggi ho dovuto negarle delle risposte che sarebbero servite tantissimo a motivare il gruppo”.
Tibor si liscia pensieroso la lunga barba candida e fluente. “Hai agito correttamente, amica mia. Meno si sa di Kandrakar e dei passaggi, meno minacce dovremo tenere d’occhio. Purtroppo non è stato possibile celare la nostra esistenza a quei mondi in cui qualche portale naturale era già di dominio pubblico, ma altrimenti la miglior protezione per questi passaggi è proprio nell’essere ignorati per sempre. L’ignoranza è più forte di qualunque muraglia”.
Yan Lin riflette a lungo, lo sguardo perso lontano. “Sai, Tibor, qualche giorno fa mi sono molto stupita che l’Oracolo abbia rivelato così esplicitamente a Elyon di Meridian certi rischi che lei sta facendo correre al suo mondo, con i suoi imprudenti contatti con la Terra”.
“Come sua madre prima di lei”, conviene il saggio. “Comunque, quello era solo uno scenario ipotetico, uno dei tanti che elaboriamo di continuo per cercare di prevenire ogni minaccia”.
L’anziana aggiunge: “Per un momento, ho perfino pensato che potesse aver deciso di rivelarle l’Antica Profezia per vincere la sua riluttanza a collaborare”.
“Non l’avrebbe mai fatto!”, afferma Tibor con un deciso cenno di diniego, “Non si può rischiare in nessun modo che l’Antica Profezia venga risaputa al di fuori di queste mura! Come reagirebbero nei vari mondi, se sapessero che uno di questi è destinato a provocare la distruzione di un altro?”. Un’espressione cupa si diffonde sul suo viso rugoso. “Qualcuno potrebbe progettare la rovina di un altro mondo, pur di allontanare questa minaccia dal proprio”.
“Non sarebbe il primo caso di una profezia che si avvera per il fatto stesso di essere stata profetizzata”, conviene la vecchia guardiana; tace pensierosa per un lungo momento, poi riprende: “Sai, Tibor, quando ho saputo dell’Antica Profezia, la mia prima reazione è stata di dubbio: se la distruzione di un mondo è destinata ad avvenire comunque, che senso ha darci tanto da fare per impedirlo?”.
“Ma la Profezia non dice né come, né dove e neppure quando ciò accadrà. L’azione della congrega potrebbe dilazionare enormemente questa catastrofe. Che succeda oggi o tra cinquantamila anni, non è la stessa cosa. Nel frattempo, miliardi e miliardi di vite potranno svolgersi normalmente, ciascuna con il suo inizio, la sua parabola e la sua fine, uniche e irripetibili”.
“Grazie della risposta, Tibor. Le tue parole mi sono di grande sollievo”.
L’anziano sorride. “Anche la tua compagnia, Yan Lin, allieta questo tempo fin troppo lungo”.
I due s’incamminano lentamente lungo il porticato, osservando gli affreschi narrare le mille e mille tappe dell’esistenza della fortezza al centro esatto dell'infinito.
 

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Capitolo 73
*** Il costo del riflesso ***


Ad personam

Cara Scarlettheart, grazie mille della tua puntualissima recensione.
Yan Lin non mi ha raccontato come facesse col bambino, ma credo che gli anni sessanta, dopo il disastro di Nerissa, siano stati un periodo di calma piatta fino al 1984, l'anno in cui è ambientato La Luce al tramonto, ma nel frattempo Chen era già adulto e sposato.
Probabilmente in quegli anni l'Oracolo avrà evitato di disturbarla con ogni cosa che non riguardasse strettamente la Terra.
Lo so che non è elegante per Yan Lin avere avuto una relazione extramatrimoniale, ma non c'era possibilità di nascondere il suo ruolo di guardiana a un marito possibilmente geloso.

Cara Atlantis Lux, sono felicissimo di sentirti di nuovo tra i lettori di Profezie. Grazie per la bella e graditissima recensione.
La congrega stessa si ritrova in una situazione delicata: anche limitare le interazioni tra i mondi è un modo di interagire con essi dalle conseguenze non facilmente prevedibili, vista la molteplicità di interpretazioni che può avere 'distruggere un mondo'.

Cara Silvia Gi, sono proprio contento di leggere la tua recensione in tempo per includere qui un piccolo ringraziamento. Temevo proprio che i tuoi impegni ti avessero allontanato, e sarebbe proprio un peccato perdere una lettrice così fedele.
Condivido in pieno il tuo giudizio sulla storiella raccontata sullo speciale Cinque, di cui ho recuperato solo pochissimi elementi, come i nomi delle divinità.
Yan Lin è un personaggio che mi piace molto, cui ho cercato di dare spessore sia in questo capitolo, sia in La Luce al tramonto che le dedica diverse pagine.


Ciao Danira, la tua recensione al primo capitolo mi fa moltissimo piacere.
Condivido il tuo rimpianto per com'era WITCH i primi anni; anch'io ho insistito a comprarlo fino a un paio di anni fa, sperando che si riprendesse.


Grazie Sweet Witch, sono contento che la storia ti sia piaciuta, e spero che sarà all'altezza delle tue aspettative fin alla fine.


Qualche parola su questo capitolo. Cronologicamente, gli avvenimenti sono avvenuti il giorno dopo il colloquio tra Elyon e Vera, quindi dovrebbe essere contemporaneo a 'E i ranocchi stanno a guardare' e precedere 'Il peso di un'antica profezia', ma ho preferito posticiparlo sia per non interrompere a metà il punto di vista delle WITCH, sia per avere più tempo di rivederlo. Non ne sono ancora soddisfatto come del precedente, ma vale comunque la pena di pubblicarlo in quanto spiega alcuni dei comportamenti che le gocce e Vera terranno nel seguito.
Purtroppo non ho avuto tempo per preparare un disegno, in quanto sono impegnato con un paio di concorsi di pittura, ma spero che il capitolo desti comunque qualche interesse.
Buona lettura
MaxT

 

Profezie

 
 

Riassunto delle puntate precedenti
Dopo un incontro misterioso con la Luce di Meridian, Vera ha convinto le Gocce a sostituirsi a Elyon a Meridian, impersonando la regina e le guardiane.
La controfigura di Elyon e le finte guardiane esiliano Miriadel e Alborn, mentre Caleb sfugge alla cattura; pur avendo assunto il potere, si rendono conto di non essere convincenti, e inventano la storia che le guardiane sono a palazzo per proteggere la Luce di Meridian da un complotto.
A Heatherfield, Elyon spiega che quella che si sta realizzando è una sua profezia, che prevede che la tirannia duri un anno, che a Meridian dura diciotto mesi. Elyon è decisa a non tentare niente prima di questa scadenza.
Il nuovo piano di Vera prende rapidamente forma, basandosi sull'ambiguità del termine di un anno: prima simuleranno che Elyon diventi sempre più tirannica, screditandola, poi Vera la spodesterà dopo un anno terrestre di dodici mesi, facendo finire apparentemente la tirannia e realizzare la profezia; poi, dopo aver guadagnato il consenso della gente, si prepareranno per affrontare Elyon e le Guardiane al loro ritorno dopo diciotto mesi, un anno di Meridian.
Vera crea venti copie di Wanda, dette Nemesis, che avranno l'incarico di impersonare le guardiane e di sorvegliare la città restando invisibili o sotto falsa identità, o con l'aspetto di aquile.
Come dal piano di Vera, le false Guardiane imprigionano Galgheitha e altri personaggi importanti, che potrebbero rendersi conto che la sempre più tirannica Regina e le Guardiane sono state impersonate da controfigure; la principessa Vera fa la parte della buona, facendo fuggire questi prigionieri dalla città.
Infine, si arriva allo scadere dei dodici mesi dall'arrivo delle Gocce e da quello che a molti appare come l'inizio della tirannia. La montatura arriva al suo culmine: Vera parla in consiglio criticando Elyon, poi affronta le false guardiane e infine la falsa Elyon, sconfiggendoli tutti e venendo proclamata Regina.
Informata da Caleb, la vera Elyon decide di proseguire col piano iniziale, aspettando altri sei mesi per intervenire; inoltre preannuncia alle guardiane che intende farlo da sola. Queste, preoccupate, si chiedono se dovranno intervenire in qualche modo per aiutarla.
Nel frattempo Vera fa sperimentare nuove armi segrete, come fruste capaci di iniettare narcotici e sistemi per materializzare armi pesanti in vista del confronto finale.
Cinque mesi dopo, la situazione precipita improvvisamente per un casuale ma burrascoso incontro di Taranee con le gocce a Midgale. L'Oracolo acconsente a chiudere la muraglia per precauzione e ne fa dare preavviso a Elyon, che però decide di dover assolutamente parlare con Vera al più presto.
Elyon, quindi, decide di teletrasportarsi immediatamente nel suo mondo. Preoccupato per la sua sorte, L'Oracolo convoca immediatamente le Guardiane, inviandole a recuperarla. Queste intervengono in tempo per sottrarla a due Nemesis che stavano cercando di catturarla. Ma nel trasportarla a Kandrakar, inaspettatamente trascinano con loro una delle due, Dora.
A Kandrakar, Elyon viene costretta a rivelare che il colpo di stato di Vera era stato frutto di un loro accordo per far realizzare la profezia della tirannide nel modo meno dannoso possibile. Vera aveva assunto una pozione per dimenticare questo accordo, ma la sua memoria sarà ripristinata pronunciando in sua presenza
una frase concordata, che comunica a Dora che viene rimandata a Meridian come messaggera.
Dora ritorna e ripristina i ricordi di Vera, aggiungendo che Elyon vuole parlarle, ma riferisce anche che a Kandrakar sia lei che la ex-regina sono state minacciate.
Quando Elyon viene condotta al cospetto di Vera, questa rifiuta di tirarsi in disparte e ammettere pubblicamente la montatura, con la scusa che Elyon non ha mantenuto una vecchia promessa, e che non può comunque garantirle dalle vendette di Kandrakar; tuttavia mantiene la promessa di riportarla a casa, libera, in attesa del confronto finale.
Le WITCH apprendono da Cornelia l'esito di questa missione. Taranee è fortemente risentita sia verso Cornelia, che ha sempre spalleggiato Elyon pur avendo intuito i suoi piani, sia verso Will, accusata di essere sempre più simile all'Oracolo. Pochi giorni dopo, però, Will si confida con Matt in un locale pubblico, e casualmente Taranee e Hay Lin sentono questo sfogo; mentre Taranee si rabbonisce, Hay Lin è in preda ai dubbi sul suo ruolo e il suo futuro, e si mette in contatto con la nonna Yan Lin che la rassicura, senza però poterle rivelare il segreto dell'Antica Profezia sulla quale si fonda Kandrakar.


Capitolo 73
Il costo del riflesso

 



“In tutta questa storia, le bugie hanno dimostrato una forte tendenza a diventare verità”
Carol


Meridian, locale dietro la sala del trono

Quando l’acqua verde le ricopre lentamente i polsi, Vera sente che la debolezza comincia ad  abbandonarla, scacciata dal fuoco che le risale lungo le vene.  Immerge ancora di più gli avambracci nella vaschetta sagomata, sentendosi ristorare dall’energia mistica della fonte sulla parete del locale di servizio.
“E’ una di quelle giornate?”, le chiede una voce da dietro le spalle.
“Tutte le giornate sono di quelle, ormai”. Si volta verso la porticina che dà sulla grande sala del trono, a guardare la ragazza in divisa scura apparsa dal niente. “Tu sei Wanda, vero?”.
“Questa volta hai indovinato, Luce”, le risponde avvicinandosi, poi tace osservando la luminosità del prezioso liquido spegnersi lentamente mentre la regina ne assorbe l’energia. Nell'aria c'è odore di sapone profumato e di talco. Attraverso la finestrella aperta del piccolo locale di servizio, i rumori attutiti della città sottostante riempiono il silenzio imbarazzato, mentre lo sguardo della ragazza in divisa corre sugli armadietti, gli specchi, il lettino e i lavelli del piccolo locale triangolare accostato all'angolo nordest della sala del trono, evidentemente destinato a camerino delle regine.
Alla fine, è Vera a parlare: “Sai, Wanda... è stato un colpo anche per me. Fino a quel momento, avevo creduto davvero di avere agito per salvare voi. O almeno, credo di averlo creduto. Da allora, però, sono successe tante cose che anche ora posso dire di avere solo ricordi di ricordi”.
“Non serve che ti giustifichi. Non ce l'ho con te per questo, e  ti posso assicurare neppure le altre amiche ti portano alcun rancore”.
“Questo perché ora sanno tutta la storia dall'inizio. Ma cosa penserebbero di me i cittadini di Meridian, che non dovranno saperne il vero motivo?”. Estrae gli avambracci dal lavello e va fin alla finestrella, facendo gocciolare un po' d'acqua sul pavimento, dove forma piccole macchie fosforescenti. Osserva verso la città, seminascosta dalla piccola finestrella. “Non posso sopportarlo, Wanda, non posso! So che così sto tradendo quella che ero, ma se avessi accettato di trascinarmi nella polvere da sola avrei tradito ciò che sono adesso”.
Wanda le appoggia una mano sulla spalla. “Non preoccuparti, te l'ho già detto, per me non è cambiato niente. Sono sempre pronta ad andare fin in fondo”, poi la spinge delicatamente di nuovo verso la vaschetta. “Finisci di ricaricarti, ora. Avremo bisogno di molta della tua energia anche oggi”.
Vera la guarda, tornando ad immergere gli avambracci nel bagno dalla fosforescenza ormai smorzata. “Le tue compagne Nemesis mi seguiranno senza condizioni, perché sono io che le ho create. Ma tu, Wanda? Tu non sei stata creata da me. Non hai messo in gioco il tuo nome e il tuo viso con tutto un mondo. Per che cosa combatterai, allora?”.
Wanda attende un attimo, prima di rispondere. “Vera, io combatterò per dimostrare qualcosa a Kandrakar. Dal momento in cui ci hanno liberate dalla schiavitù e hanno promesso di richiamarci,  ho dedicato tutti i miei sforzi, tutte le mie scelte, tutti i miei pensieri per diventare degna del ruolo di guardiana, come Will. Il mio sogno era di poter prendere il suo posto quando lei si sarebbe ritirata a vita privata per farsi una famiglia.  Io avrei rinunciato anche a questo in modo da poterli servire meglio per tutti i giorni di tutta la mia vita, e così sarei diventata una guardiana migliore di lei”. Si interrompe un attimo, abbassando lo sguardo. “Poi abbiamo fatto tanti errori, noi tutte, e li abbiamo pagati cari. Mentre continuavamo ad aspettare una chiamata che non veniva, Kadma ci ha scaricate, e abbiamo dovuto arrangiarci in mille modi per sopravvivere. Abbiamo cominciato a pensare, tutte noi, che questa chiamata non sarebbe venuta più perché non ce ne eravamo dimostrate degne”. Alza lo sguardo, stringendo gli occhi con risentimento. “Ma poi abbiamo capito che non gli era mai importato niente di noi, che la loro promessa era stata solo uno zuccherino per mettersi la coscienza a posto prima di scaricarci a Kadma”.
Vera annuisce attenta. “E' per vendetta verso Kandrakar, quindi”.
“Non per vendetta. Per dimostrare che io sarei stata una guardiana capace quanto Will, anzi più di lei. Ma se non ho potuto dimostrarlo servendo loro, glielo dimostrerò combattendo contro di loro. Ti sono sempre grata per avermene dato la possibilità”.
“E' per questo che hai rinunciato a tutto? A differenza di altre gocce, non hai chiesto né agi, né incarichi di prestigio per consolarti di ciò che hai perso lasciando Midgale. Con il tuo ruolo, non hai neppure la possibilità di costruirti una vita sociale”.
Wanda scrolla le spalle, cupa. “Tutto quello che ho fatto prima è stato un girare a vuoto. L'atletica, il nuoto, le arti marziali... nonostante i risultati che ottenevo così facilmente, con l'alone di segretezza che avvolgeva la nostra vita non avrei mai avuto la possibilità di gareggiare in una squadra olimpica. No, non ho rinunciato a niente, venendo qui, perché non avevo niente da perdere. Nel bene e nel male, quest'impresa mi ha riempito la vita”.
Quando Vera estrae i polsi e li lascia sgocciolare nel lavabo, Wanda prende un asciugamano ripiegato da un armadietto e glielo porge, ma lei lo rifiuta. “Lascia che mi si asciughi addosso. Non voglio sprecarne neanche una goccia” dice, andando a passi lenti verso la porta.

Una volta passate nella grande sala del trono, Wanda getta un’occhiata verso il portone d'ingresso a sesto acuto: i battenti laccati di verdeazzurro e dalle lucide nervature di bronzo sono ancora ben serrati, ma le sue compagne dovrebbero arrivare da un minuto all’altro. “Sai, Vera, ieri ci siamo stupite tutte quando hai offerto a Irene e Carol di tornare sulla Terra”.
“Per Irene l’ho fatto d’impulso. Abbiamo parlato di uomini, e non volevo condannarla a vivere qui per sempre senza la possibilità di trovarne qualcuno come vuole lei”. A voce più bassa aggiunge: “E poi, per dirla onestamente, non ci è poi così indispensabile”.
L'altra si acciglia. “Forse a te. E Carol?”.
“Carol avrebbe dovuto comunque riaccompagnare Elyon sulla Terra, e lì è in grado di fare quello che vuole. Se avesse deciso di restare, la scorta non sarebbe stata in grado né di riportarla indietro, né di tornare qui. Meglio saperlo prima, non ti pare?”.
L’altra annuisce, poi volge il capo verso l’ingresso ancora serrato del salone. “Sta arrivando Terry”.
Le sue parole sono sottolineate dal sonoro agitarsi di una campanella di bronzo in alto sopra l'ingresso.
A un cenno di Vera, i due grandi battenti iniziano ad aprirsi silenziosamente da soli.

Theresion entra, ricambiando con un cenno il saluto marziale dei due soldati di guardia all'esterno; si avvicina scostando un ciuffo di capelli candidi dagli occhi, quindi osserva con disapprovazione la porticina ancora aperta della stanza e le maniche rimboccate di Vera. “Ecco come se ne va tanta acqua magica! Non ti basta più l’energia dei tuoi blasonatissimi mitocondri Escanor?”.
“Purtroppo no”, risponde la regina tirandosi giù le ampie maniche della veste blu scuro e gettando un'occhiata verso il portone per accertarsi che si sia ben richiuso. “Le Nemesis si stanno esercitando intensivamente, e io sono la sorgente dei loro poteri”.
L'espressione di riprovazione di Terry non cambia. “Non discuto che serva, ma… lo sapete che abbiamo già consumato una buona metà delle scorte di acqua magica che avevamo accantonato nei dodici mesi della falsa Elyon?”.
“Già metà…”, ripete Vera con un pensiero di rimpianto al prezioso liquido ormai sbiadito lasciato a ristagnare nel lavabo. Meglio non raccontare del bagno che si era fatta il giorno prima nel suo appartamento...
Theresion continua: “Per esempio, solo ieri il sistema di controllo della rete a nodi ha registrato più di cento teletrasporti, quasi tutti delle Nemesis. Sai quanto…”.
“In realtà sono molti di più”, la interrompe Wanda.
“Molti di più…”, ripete l’altra spalancando inorridita gli occhioni dall’iride gialla. “E... e io che vado sempre a piedi per… !”.
“Venite a sedervi”, invita Vera, facendo strada verso il tavolone posto dietro la pedana del trono.
Seguendola, Wanda dice: “Terry, passa alla palestra sotterranea dopo questa riunione. Ti farò vedere perché non possiamo fare a meno di addestrarci”. Poi, prima di sedersi, chiude gli occhi un attimo, come concentrata, per trasmettere un messaggio col pensiero.

Un attimo dopo, due Nemesis in divisa si materializzano accanto a loro. Una è a capo scoperto, con le minuscole treccine davanti alle orecchie che la identificano come Dora. L’altra indossa il casco, che fa subito sparire con un gesto della mano come per abbattere un cappuccio; la coda di capelli infilata nel colletto la identifica come Megan. “Ciao”, “Ehilà”, salutano, e si siedono anche loro al tavolone, fianco a fianco, di fronte alla Luce.
“Ciao ragazze”, le accoglie Vera, “Vi abbiamo chiamato per discutere di cosa non ha funzionato l’altro ieri, durante l’incursione di Elyon e delle guardiane”.
“Ah!”. Dora si stringe tra le spalle, preparandosi alla lavata di capo.
Wanda inizia: “L’errore più ovvio lo avete fatto voi: avete parlato in azione, e avete rotto il vostro manto dell’invisibilità. Senza questa sciocchezza, avreste potuto stordire Elyon al primo colpo”.
“Eh… già…”, ammette Dora a occhi bassi.
Accanto a lei, invece, Megan ribatte: “Però, se le altre Nemesis fossero arrivate in tempo, forse avremmo vinto lo stesso, e magari catturato qualcuna delle guardiane. Irene ha avvertito noi, e noi abbiamo avvertito le altre due in volo. Ora, sappiamo bene che in quella forma non sarebbero riuscite a teletrasportarsi, ma dov’erano tutte le altre?”.
Vera preferisce non rimarcare che due anni prima era solita teletrasportarsi anche in forma di civetta: dopotutto, lei è lei. Meglio essere pragmatici e puntare sui discorsi importanti. “Quindi, un punto debole è stato la comunicazione dell’allarme”, constata.
“Già”, conviene Wanda, “Abbiamo sempre dato per scontato che tutto il gruppo potesse coordinarsi da solo usando la telepatia. Ma se tutte possono fare una cosa, c’è il rischio che nessuna la faccia”.
“Ci vorrebbe una sala operativa”, propone Theresion, “Due persone per volta, che nel loro turno abbiano solo il compito di tenere il contatto mentale con le altre e con i sistemi di sorveglianza. Così mi scaricherebbero da un grosso impegno, e mi darebbero il tempo di fare ciò che Vera sta per chiedermi”.
Gli sguardi curiosi delle Nemesis si volgono verso la regina.
Vera resta un attimo sorpresa, poi dice: “Allora saltiamo al secondo punto, il peggiore. Catturando Dora, l’Oracolo si è appropriato dei suoi ricordi, con moltissime informazioni segrete sul nostro sistema difensivo”.
“Brutta faccenda”, dice Wanda tra sé e sé.
Vera riprende: “Ormai l’Oracolo sa troppo del nostro sistema difensivo. Io e Terry dovremo sfruttare questo mese che ci resta per cambiare più cose possibile”.
“E magari mettere i nostri caschetti in grado di rivelare anche le Guardiane”, suggerisce Megan un po' stizzita, “Oppure anche la prossima volta potremmo trovarci come cieche davanti a loro”.
“Non è una cosa facile”, risponde Vera pensierosa, “Non abbiamo idea di che incantesimo utilizzino per rendersi invisibili. E comunque, dovremo evitare che la cattura di una sola di voi possa tornare ad avere conseguenze catastrofiche per la segretezza del nostro sistema difensivo”.
“E quindi?”, chiedono le due Nemesis a una sola voce.
“Quindi d’ora in poi tutte quelle che agiranno in prima linea potranno sapere solo il minimo indispensabile delle novità che io e Terry dovremo escogitare. Tu, Wanda, resta pure con noi in rappresentanza di tutte”. Rivolta alle altre: “Voi andate pure ad addestrarvi”.
Le due si alzano, si congedano con un impeccabile saluto militare meridiano e svaniscono nel consueto baluginio.

“E ora, Luce?”, chiede Wanda.
“E ora…”. Vera fa un rapido riepilogo mentale degli argomenti. “Cosa mi dici dei mosconi narcotizzati che avete trovato nella trappola della rete a nodi?”.
“Che devo dirti? Quattro mosconi neri e pelosi. Vuoi che li interroghi?”.
Theresion interviene: “A quanto pare, le Guardiane hanno sondato lo spazio teletrasportando dei mosconi, prima di dislocarsi di persona. Si vede che sapevano della nostra rete a nodi”.
Wanda si adombra ancora di più. “Qualche spia?”.
“No”, risponde Vera con un cenno noncurante della mano, “Era un metodo già noto. Il problema è: come possiamo contrastare la loro tecnica di sondaggio?”.

Senza alcun preavviso, Irenior si materializza alle spalle di Vera ed esordisce, eccitata: “Senti!”
“Ah!”, sobbalza Vera, poi si volta irritata. “Ma… ma devi sempre farmi questi scherzi, tu?”.
“Senti l’idea che mi è venuta, Luce!”, insiste Irenior, sedendosi disinvoltamente sul tavolo tra lei e Theresion, “La maggiore complicazione della faccenda dell’altro giorno è che Elyon ha messo la pulce nell’orecchio dell’oracolo che noi potremmo farci il sigillo di Phobos, e per questo lui manderà le sue scugnizze ad appoggiare la piccoletta”.
“E con ciò?”.
“E con ciò, perché non la preveniamo e offriamo al pelato tutti quei libri che vuole più la copia del Cuore su un vassoio d’argento, vuoto a rendere? Se ci liberiamo di quella roba, lui non avrà più scuse per andare contro i millenari principi eccetera eccetera”.  Ammicca a Vera: “Non sono un genio?”.
“Cosa?”, si indigna Wanda, “Vorresti mercanteggiare con i nostri nemici?”.
“Nemici che ci siamo fatte da sole!”, risponde Irenior, “Non ti ricordi più? La storia che ci ha raccontato Vera all’inizio era tutto meno che vera”.
“Kandrakar era contro di noi fin da prima!”, ribadisce Wanda alterata. “Dimentichi che Kadma ci ha scaricate sulla strada? Che quella carogna ci ha fatto sparire tutti i documenti? E che l’Oracolo aveva promesso di richiamarci, e invece non ha più ripensato a noi?”.
“Sì, ma…”.
“Calma, calma!”, le interrompe Vera, ingoiando il rospo di essere appena stata definita bugiarda, “Irene, non credere che non ci avessi pensato”.
“Ah, brava! E quindi?”.
“Tieni conto che non esiste nessun rapporto di fiducia reciproca tra noi e Kandrakar. In primo luogo non saprei come contattarli”.
Irenior la gratifica di un altro sorriso geniale. “Metti uno striscione sul castello! Prima o poi ci guarderanno, stanne certa!”.
“Sì, che lo veda tutta la città! Brava, Irene Lane, meriti davvero la patente di genio!”.
Irenior non si mostra turbata dal sarcasmo. “Scrivilo in inglese! Mica lo capiranno tutti, qui? Devo dirtele io, queste cose, Luce?”.
Vera cerca di mantenersi calma, e continua: “E poi noi non possiamo fidarci della loro parola; se andassimo lì, ci darebbero certo un... un nebbioso benvenuto e un invito trattenerci molto a lungo nella loro torre”.
“Si può risolvere. Un messaggero…”.
“Lasciami finire. Adesso vedila dal loro punto di vista. Anche se gli consegnassi i libri e la copia del Cuore di Kandrakar, chi garantirà loro che non ne conserveremo delle copie?”.  Così dicendo Vera giunge le mani; negli interstizi tra le dita comincia a filtrare un bagliore che le rende rosse in trasparenza, e lascia indovinare l’ombra delle ossa attraverso la pelle; poi un rumore di risucchio, una folata di vento…
Un attimo dopo, la dimostrazione è finita: apre le mani, mostrando una nuova copia del Cuore di Kandrakar dai vaghi lucori violetti.
“Però…” . Irene cerca qualcosa da dire, e come al solito lo trova: “Potresti mettere su una bella bancarella di souvenir!”.
Theresion, che durante il battibecco era rimasta in disparte seminascosta da Irenior, non può fare a meno di protestare: “Vera, lo sai quanta energia ci è costato materializzare quel coso inutile?”.
La Luce di Meridian se lo riguarda tra le mani, pensando che forse non sarà del tutto inutile. “Bene, Irene, ti ho risposto? Non è ora di andare a preparare il pranzo alle nostre amiche?”.
“Ma no, Luce, le ragazze hanno appena fatto colazione”.
“Almeno, vorresti levare il tuo florido didietro dal mio tavolo delle riunioni?”.
“Ah, sì”, dice pigramente Irenior, e si sposta su una delle sedie libere.
Non più seminascosta dal corpo di Irene, Theresion riprende: “Vera,  tu sei la goccia di Elyon, e pensi in modo simile al suo. Secondo te, quale sarà la sua strategia per vincere?”.
Vera ci riflette un attimo: “Beh, per me Elyon cercherà di arrivare a me con qualche trucco, forse assumendo l’identità di qualcuna di voi; poi cercherà di teletrasportarmi sulla Terra, da dove non saprei tornare. Allora, tutte voi restereste senza alcun potere, e andreste a prendere i tappeti rossi per lei”.
Le altre restano a disagio. “Detta così, sembra facile”, commenta Irenior.
“Sembra, appunto”, commenta asciutta Wanda. “Ma non lo sarà”. Poi, rivolta a Vera: “Ma non capisco proprio perché tu abbia tanti problemi a teletrasportarti lì come fa Carol, che non ha un decimo dei tuoi poteri!”.
Theresion aggiunge: “Elyon potrebbe fare ciò che hai detto solo se la muraglia fosse disattivata. E non credo che l’Oracolo ti vorrebbe sulla Terra”.
Vera ci riflette un attimo. Non crede che Ellie possa, né voglia, teletrasportarla a Kandrakar, dove il potere dell’Oracolo sovrasta ogni altro. E quindi?
Irenior interrompe ancora le sue riflessioni: “Luce, credi che la piccoletta verrà qui con le sue amiche, o che le pianterà in asso appena possibile?”.
Vera si stringe regalmente nelle spalle. “Chi lo sa? Sono certa che quando è arrivata qui non avesse un piano preciso, altrimenti avrebbe rischiato che glielo leggessimo nel pensiero. Per me, conta solo sulla Corona di Luce”.
Wanda interviene: “A questo punto, sarebbe interessante essere sicuri che quella che hai tu sia la corona vera. Altrimenti è chiaro che ce l’ha Elyon”.
Vera si irrigidisce. “E' verissima! Non ti basta la mia parola? Ti ho già detto che non intendo indossarla!”.
Wanda insiste, alzando la voce: “Dovresti provarla, invece! Se fosse quella vera, Elyon non te l’avrebbe lasciata. Ma non te l’avrebbe lasciata neppure se fosse pericolosa. Perché non lo fai, dunque? Sei sempre schiava dei suoi imprinting?”.
Irenior interviene: “Magari c’è un sortilegio che la trasformerà in un rospo”.
“Ma che dici!”, la liquida Wanda, “Se Vera fosse stata trasformata in rospo, come avrebbe potuto impersonare Elyon per un anno?”.
Irene risponde stizzita: “Guarda che Elyon l'abbiamo impersonata io e Dora per quasi tutto il tempo”.
“Si, ma questo non era nei suoi piani originali. Per lei, tu saresti dovuta restare Irma e basta!”.
Theresion interrompe il piccolo battibecco: “Potrebbe sempre esserci un incantesimo che renda Vera obbediente a Elyon”.
Wanda tace di malumore: questa possibilità non è da scartare.
Vera, sollevata per la fine di questa insistenza, lancia un’occhiata di gratitudine all’indirizzo di Theresion. “Grazie Terry”.
“Non c’è di che, Luce. Ma, giusto se servisse: dove li fai tenere, i tappeti rossi?”.


Meridian, sotterraneo, mezz’ora dopo

“Eccoci al varco”, dice festosa Irenior fermandosi alla biforcazione del tunnel, “Fa sempre un po’ di effetto, vero?”, poi inforca i suoi occhiali iridescenti.
“Vero”, conviene Theresion. Come le altre volte, la galleria sembra addentrarsi in una diramazione velata da festoni di ragnatele, detriti e animaletti schifosi vivi e morti di ogni tipo, e pervasa da un odore di marcio che prende la gola, lo stomaco e quant’altro una puzza possa prendere. Ma le basta inforcare a sua volta gli occhiali per far svanire alla vista e all’olfatto tutte queste cose repellenti, e la diramazione si rivela per quello che è: la parete di fondo non appare più solida e impenetrabile, ma chiusa da una normalissima porta sotto la quale filtra un filo di luce ambrata.

Appena oltre, le due si ritrovano nella prima sala della palestra-poligono delle Nemesis. Nel lungo stanzone dalle pareti imbottite, due di loro col casco si stanno fronteggiando con le fruste alla mano, mentre Wanda, seduta in disparte su un cavallo da palestra, si alza per venire incontro alle nuove arrivate. “Ciao ragazze”.
“Ciao Wanda”, risponde Terry, “Avevi detto che volevi spiegarmi qualcosa, vero?”.
“Sì”. Poi, rivolta alle altre: “Ragazze, mi lasciate il campo cinque minuti?”.
Le altre due si fanno svanire il casco, rivelandosi come Dora e Megan, e si portano in disparte, appoggiandosi a una spalliera.
Wanda porge un ciottolo a Theresion, poi si fa apparire il casco e la frusta, e si porta al centro del locale, a dieci metri da lei. “Ora prova a colpirmi!”.
“Ma no, perché dovrei farlo?”, chiede conciliante l’altra; poi, senza alcun preavviso, scaglia il sasso. A vuoto: appena prima di essere raggiunta, la figura in divisa svanisce.
Un attimo dopo, Terry sente come una carezza alla guancia sinistra. “Ehi! Cosa mi hai fatto?”, protesta.
“Niente”, risponde Wanda, rivelandosi cinque passi alla sua sinistra; guizzando, la frusta finisce di ritirarsi nell’impugnatura. “Non temere, non ti ho narcotizzata”.
“Ottima dimostrazione”, rispose un po’ seccata Theresion, “A proposito, che cosa voleva dimostrare?”.
Irenior risponde ridacchiando: “Che le W.I.T.C.H. possono fare a meno di tirarle sassi”.
Wanda si solleva la visiera, ricambiando con un’occhiataccia delle sue l’amica impertinente, e risponde: “La nostra manovra consiste nel teletrasportarsi a lato dell’avversario e rendersi invisibili al tempo stesso. Le due operazioni richiedono due diverse sequenze di operazioni mentali, che prendono il loro tempo. Noi ci alleniamo per ridurre questo tempo di reazione. Potrebbe fare la differenza tra la vita e la morte”.
Megan interviene: “E se venissimo ferite, c’è un’altra sequenza nella quale ci alleniamo: teletrasporto, invisibilità e trasformazione in sé stesse. Ci permette di essere risanate immediatamente”.
Dora aggiunge: “Questa è essenziale: dobbiamo farlo prima di perdere coscienza, sennò addio. E dobbiamo saperlo fare anche in condizioni di dolore e panico”.
“E’ il trucco con cui sono sopravvissuta alla freccia avvelenata”, aggiunge Wanda, “Anche se da solo non è bastato a contrastare l’effetto del veleno”.
Theresion annuisce di malumore: ciò non toglie che il costo energetico di questo addestramento sia difficilmente sostenibile. “Vorrei rifare la prova”, dice andando a prendere il sasso dall’altra parte dello stanzone.
“Va bene”, consente Wanda un po’ sorpresa, e si riporta nella posizione di partenza, abbassando la visiera.
Ritornando in posizione, Theresion aggiunge: “Però, se vuoi dimostrarmi di avere i riflessi davvero pronti, non dovrai avvantaggiarti leggendomi il pensiero”.
“Lo prometto, non ti leggerò il pensiero”, acconsente Wanda; sotto la visiera calata, si intuisce un ghigno sicuro.
Theresion inizia a dire: “Almeno per questa…”. D’improvviso, s’interrompe e fa il gesto di scagliare il sasso, e vede l'altra svanire immediatamente; però lei, anziché lanciarlo dritto, si volta e lo lancia verso la posizione in cui l’altra è ricomparsa la prima volta. Con un cozzo come di plastica, il ciottolo ferma la sua parabola a mezz'aria e cade al suolo.
Wanda riappare un po’ disorientata, guardando il sasso fermarsi ai suoi piedi. “Come hai fatto?” chiede, passando le dita su un piccolo graffio della sua visiera.
Anche dal gruppo delle spettatrici giunge qualche smozzicata frase di stupore.
Theresion sogghigna. “Cara Wanda, i tuoi riflessi son davvero pronti, ma dovresti aggiungere qualcosa di nuovo al tuo metodo: un pizzico di imprevedibilità”.


Meridian, laboratorio della torre Nord

“Avanti, Carol, entra pure”, invita Vera seduta all’ampia scrivania del laboratorio di magia.
Aperta la porta, Carol si fa avanti, osservando il grande stanzone a forma di ciambella. Ha già visto dall’interno questo locale, ma solo nei suoi viaggi extracorporei nel cuore della notte. Di giorno dà un’impressione diversa: è intonacato di bianco, e le tante finestre tutt’attorno lo rendono senz’altro la stanza più luminosa del palazzo. Attorno, le librerie contengono scansie di quaderni d’appunti, pergamene antiche, vasi di sostanze chimiche ben allineati come in un’antica farmacia, vetrine rigurgitanti degli oggetti più strani e, all’occhio di un profano, completamente inutili. E poi, gli specchi: specchi grandi, specchi piccoli, specchi deformanti, opalescenti, neri…
E infine, allineati su un grande banco da lavoro, centinaia di pupazzi di pezza, statuette di terracotta in stile meridiano, bambole di plastica e nani da giardino.
“Quelli li ho portati io, da Midgale” dice riconoscendoli, “Mi sono spesso chiesta a cosa ti servissero”.
“Un giorno lo saprai”, le risponde Vera evasiva, “Per l'intanto, accomodati pure”, e le indica la poltroncina davanti alla scrivania.
“Grazie”. Si siede cercando di sembrare disinvolta, ma è emozionata. In questo luogo tutto parla di magia, per chi la sa riconoscere. Sa che qui hanno svolto le loro ricerche molti sovrani del passato, non escluso Phobos. Se è stata convocata proprio qui, vorrà certo dire qualcosa d’importante.

“Allora, Carol, so che ti piaceva poter passare il confine tra i mondi. Ci sei stata molto utile, finché hai potuto farlo”.
L’altra annuisce speranzosa. “Sì, lo ammetto, mi piaceva”.
“E vorresti tornare a rifarlo?”, le chiede con uno sguardo penetrante, “Vorresti avere la possibilità di consultare ancora testi di magia tra i più rari di questo mondo? Di avere ancora accesso all’acqua magica per rinforzare le tue energie?”.
Carol deglutisce a vuoto: lo vorrebbe, e come. Non aveva più osato sperarci.
“Che cosa dovrei fare, per tutto questo?”, chiede con la bocca asciutta.
Vera sorride percependo l’interesse dell’altra. Si fa apparire in mano la copia del Cuore di Kandrakar, e gliela fa dondolare davanti agli occhi desiderosi. “Usando un oggetto come questo, e le conoscenze di questi due tomi – batte con la mano su due grossi volumi rilegati in pelle, appoggiati sulla scrivania – Phobos realizzò un sigillo in grado di forzare la Muraglia di Kandrakar.  Questa barriera agisce sul portale naturale come un macigno in un ruscello: lo ostruisce, finché l’acqua si cerca una nuova strada, anche dividendosi in molti rivoli. Il sigillo di Phobos era in grado di controllare questi rivoli. Poteva aprire nuovi portali in luoghi voluti, accessibili a piedi senza alcun bisogno di teletrasporto”.
“Cosa vuoi fare con questi portali?” chiede Carol guardando avidamente i due volumi, e sfiorandoli con le dita gelide come se fossero la pelle di un amante tanto desiderato da togliere ogni coraggio.
“Ci permetterebbe di riconquistare la nostra libertà”, risponde Vera in tono suadente, “La libertà di muoverci tra i mondi che le regine di Meridian e i loro collaboratori hanno sempre avuto”.
Carol prende fiato, osservando i lucori all’interno della sfera di ametista appoggiata davanti a lei. “Come la useresti? Voglio dire… nell’immediato?”.
“Se sarà pronto prima del confronto finale, lo useremo per trasferire qualche agente sulla Terra e inserire delle cimici nelle case delle Guardiane e di Elyon, e nei luoghi in cui si ritrovano. Sapere i loro piani in anticipo ci darebbe un certo vantaggio”.
“Spiare? Non colpire?”.
“No, non colpire. Solo spiare. Cimici, copiatura dei pensieri e così via. Sarebbe un lavoro di grande fiducia, e saresti ricompensata con l’accesso a sempre più libri di magia”. Osserva le reazioni di Carol, e infine aggiunge: “Potresti perfino liberarti di quei registratori di pensieri”.
Carol porta sognante la mano agli orecchini, poi è come se si riscuotesse. “Vera, mi dispiace, ma non mi conviene accettare in questo momento. Se tu, tra un mese, dovessi perdere la tua battaglia, questi orecchini saranno la prova inconfutabile che non ho preso parte al colpo di stato”. Allontana da sé il finto Cuore di Kandrakar.
Vera si acciglia risentita, e solleva il talismano facendolo oscillare tra le dita. “Io ne ho bisogno ora, che sono sovraccarica di altre priorità. Se tra un mese vincerò, poi la mia offerta per te potrebbe non essere così generosa come adesso. Pensaci ancora: potresti mangiarti le dita fin alle nocche per non aver accettato ora”.
Carol annuisce, rammaricata. “Forse. Ma molto tempo fa ci dicesti che per tutte noi era già pronto un posto nella Torre delle Nebbie. Da allora in poi, in tutta questa storia le bugie hanno dimostrato una forte tendenza a diventare verità. Io non ve lo auguro di certo, ma se succederà così, non ho nessun desiderio di condividere il vostro destino”.

 

 

 

 

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Capitolo 74
*** La creazione del caos ***


Ad personam

Cara Silvia Gi, sei stata gentilissima a trovare il tempo per leggere e commentare questo capitolo, nonostante il periodo pesante.
La discussione tra Vera e Wanda è un'aggiunta degli ultimi giorni; mi sembrava che il resto del capitolo fosse troppo tecnico ed emotivamente piatto, perciò ho voluto mettere in gioco questi due personaggi e le loro motivazioni. Eppoi, la rivelazione di Elyon deve averle creato molto imbarazzo di fronte alle gocce, e non era possibile passare ciò sotto completo silenzio.
Anche Wanda, con la sua dedizione alla discutibile causa del colpo di stato, meritava un attimo di luce. In effetti i dubbi di Will del capitolo precedente mi hanno dato una buona occasione per un paragone tra le due, anche se non era premeditato.

La tua analisi delle motivazioni dei vari personaggi è sostanzialmente corretta.
Nel caso di Pao, potrei aggiungere che lei ha trovato a Meridian la possibilità di diventare un grande architetto, al dilà dei suoi sogni più rosei, ed è quello che sta facendo a tempo pieno, senza che nessuno tenti neppure di coinvolgerla nella contesa.

Carol è indubbiamente abile a tirare l'acqua al proprio mulino, e spera che la contesa finisca presto nel modo più indolore possibile; per lei Meridian è una grossissima occasione per imparare la magia, per poi applicarla nel suo mondo d'origine.

Nel caso di Therese, potrei dire che questa è stata talmente coinvolta nel sistema difensivo che lo sente un po' come una sua creazione da mettere alla prova; senza contare che, con le sue conoscenze, non c'è modo che Vera possa permetterle di tornare a casa prima della completa fine della contesa.

Beh, Vera e company non sono così disperate, la riserva di energia è ancora più che sufficiente per la battaglia, anche se lo sprecarla creerà difficoltà per mantenere in seguito un così formidabile sistema difensivo, per non parlare di altri bonus concessi alla vita civile della città.
A presto, spero.

Qualche parola su questo capitolo. Il nome mi sembra evocativo, e può essere interpretato in modi diversi, tutti pertinenti. Qui inizia la pianificazione del grande ritorno di Elyon, non per niente al diciassettesimo mese di esilio. La storia non ci racconta se quella sera nel bosco era un venerdì, magari il 17. Facendo i conti del tempo passato dal golpe, iniziato verso la fine di ottobre, posso ipotizzare che fosse il primo aprile. Un giorno adatto ad apprendere se Elyon avesse ragione su una cosa molto importante.
Per quanto riguarda l'illustrazione: stavo già progettando una scena notturna nel bosco, ma poi mi sono ricordato di avere fatto un disegno di Orube impegnata in un allenamento di lotta che mi sembra adatto ad illustrare, se non proprio l'ultima scena, quantomeno il personaggio che ne è protagonista. Questo mi è sembrata l'occasione migliore per farlo vedere.
Buona lettura
MaxT

a l'occasione giusta per farlo vedere 

 

Profezie


Riassunto delle puntate precedenti

Dopo un incontro misterioso con la Luce di Meridian, Vera ha convinto le Gocce a sostituirsi a Elyon a Meridian, impersonando la regina e le guardiane.
La controfigura di Elyon e le finte guardiane esiliano Miriadel e Alborn, mentre Caleb sfugge alla cattura; pur avendo assunto il potere, si rendono conto di non essere convincenti, e inventano la storia che le guardiane sono a palazzo per proteggere la Luce di Meridian da un complotto.
A Heatherfield, Elyon spiega che quella che si sta realizzando è una sua profezia, che prevede che la tirannia duri un anno, che a Meridian dura diciotto mesi. Elyon è decisa a non tentare niente prima di questa scadenza.
Il nuovo piano di Vera prende rapidamente forma, basandosi sull'ambiguità del termine di un anno: prima simuleranno che Elyon diventi sempre più tirannica, screditandola, poi Vera la spodesterà dopo un anno terrestre di dodici mesi, facendo finire apparentemente la tirannia e realizzare la profezia; poi, dopo aver guadagnato il consenso della gente, si prepareranno per affrontare Elyon e le Guardiane al loro ritorno dopo diciotto mesi, un anno di Meridian.
Vera crea venti copie di Wanda, dette Nemesis, che avranno l'incarico di impersonare le guardiane e di sorvegliare la città restando invisibili o sotto falsa identità, o con l'aspetto di aquile.
Come dal piano di Vera, le false Guardiane imprigionano Galgheitha e altri personaggi importanti, che potrebbero rendersi conto che la sempre più tirannica Regina e le Guardiane sono state impersonate da controfigure; la principessa Vera fa la parte della buona, facendo fuggire questi prigionieri dalla città.
Infine, si arriva allo scadere dei dodici mesi dall'arrivo delle Gocce e da quello che a molti appare come l'inizio della tirannia. La montatura arriva al suo culmine: Vera parla in consiglio criticando Elyon, poi affronta le false guardiane e infine la falsa Elyon, sconfiggendoli tutti e venendo proclamata Regina.
Informata da Caleb, la vera Elyon decide di proseguire col piano iniziale, aspettando altri sei mesi per intervenire; inoltre preannuncia alle guardiane che intende farlo da sola. Queste, preoccupate, si chiedono se dovranno intervenire in qualche modo per aiutarla.
Nel frattempo Vera fa sperimentare nuove armi segrete, come fruste capaci di iniettare narcotici e sistemi per materializzare armi pesanti in vista del confronto finale.
Cinque mesi dopo, la situazione precipita improvvisamente per un casuale ma burrascoso incontro di Taranee con le gocce a Midgale. L'Oracolo acconsente a chiudere la muraglia per precauzione e ne fa dare preavviso a Elyon, che però decide di dover assolutamente parlare con Vera al più presto.
Elyon, quindi, decide di teletrasportarsi immediatamente nel suo mondo. Preoccupato per la sua sorte, L'Oracolo convoca immediatamente le Guardiane, inviandole a recuperarla. Queste intervengono in tempo per sottrarla a due Nemesis che stavano cercando di catturarla. Ma nel trasportarla a Kandrakar, inaspettatamente trascinano con loro una delle due, Dora.
A Kandrakar, Elyon viene costretta a rivelare che il colpo di stato di Vera era stato frutto di un loro accordo per far realizzare la profezia della tirannide nel modo meno dannoso possibile. Vera aveva assunto una pozione per dimenticare questo accordo, ma la sua memoria sarà ripristinata pronunciando in sua presenza
una frase concordata, che comunica a Dora che viene rimandata a Meridian come messaggera.
Dora ritorna e ripristina i ricordi di Vera, aggiungendo che Elyon vuole parlarle, ma riferisce anche che a Kandrakar sia lei che la ex-regina sono state minacciate.
Quando Elyon viene condotta al cospetto di Vera, questa rifiuta di tirarsi in disparte e ammettere pubblicamente la montatura, con la scusa che Elyon non ha mantenuto una vecchia promessa, e che non può comunque garantirle dalle vendette di Kandrakar; tuttavia mantiene la promessa di riportarla a casa, libera, in attesa del confronto finale.
Le WITCH apprendono da Cornelia l'esito di questa missione. Taranee è fortemente risentita sia verso Cornelia, che ha sempre spalleggiato Elyon pur avendo intuito i suoi piani, sia verso Will, accusata di essere sempre più simile all'Oracolo. Pochi giorni dopo, però, Will si confida con Matt in un locale pubblico, e casualmente Taranee e Hay Lin sentono questo sfogo; mentre Taranee si rabbonisce, Hay Lin è in preda ai dubbi sul suo ruolo e il suo futuro, e si mette in contatto con la nonna Yan Lin che la rassicura, senza però poterle rivelare il segreto dell'Antica Profezia sulla quale si fonda Kandrakar.
Nel frattempo, a Meridian Vera e le sue fedeli si preparano a modificare il loro sistema difensivo, dopo che la temporanea cattura di Nemesis 1 aveva rivelato all'Oracolo fin troppe informazioni su di esso.

 

 

 Capitolo 74 
La creazione del caos



Bosco sui colli sopra Heatherfield

La debole luce della luna filtra attraverso le fronde fitte, spezzettata in mille chiazze che interrompono l’ oscurità del sottobosco.
Lungo un sentiero che si addentra nel folto, tre figure avanzano nella penombra con passo fin troppo sicuro. I loro profili sono mostruosi, deformati da escrescenze che trasformano le loro teste in quelle di mostruosi artropodi del cambriano dagli occhi pedunculati.
Giunti in una radura, la figura più alta si ferma e si volta indietro. “Qui non siamo visibili dalla città”.
Il secondo mostro si guarda in giro, e risponde con una voce di ragazzina: “Può andare, papà”.
La terza figura, che chiude la fila, si toglie gli occhialoni da visione notturna. “Facciamo un po’ di luce vera, allora”, dice la donna, e accende una potente lampada a batteria.
“Ehi, Eleanor, aspetta! Mi hai abbagliato i visori!” protesta Thomas, sollevandosi sulla fronte i pesanti occhialoni a intensificazione di luminescenza.
“Questo posto è perfetto per quello che dobbiamo fare!”, ribadisce soddisfatta Elyon guardando la radura in cui sono giunti, e si fa svanire in mano il suo visore.
Thomas brontola: “Ma non sarebbe meglio chiedere prima all’Oracolo se è d’accordo? Se si opponesse, poi rischiamo di stare un po’ strettini in casa, no?”.
“Vedrai, pa’, lui sarà entusiasta di un piano così. Dovremo sopportare per un mese, poi il successo è garantito!”.
“Se lo dici tu…”, risponde dubbioso Thomas rinfilando gli occhialoni, “Io vado a tener d’occhio i paraggi. Lascio a voi le stregonerie”.
“Le magie!”, corregge Elyon un po’ risentita, mentre accende anche la sua lampada a rischiarare la radura. “Comincio a sistemare il palcoscenico”, dice, e davanti alle sue mani tese appare un grande specchio ellittico a figura intera.

Mentre osserva la figlia adottiva che percorre un tragitto incurvato, fermandosi per far apparire uno dopo l’altro altri grandi specchi traballanti, Eleanor avverte: “Attenta a non romperli, se no… sette anni di guai per ciascuno”.
Elyon si volta verso di lei. “Mamma, non sarai superstiziosa? Tieni i piedi per terra!”. Ma mentre lo dice, lo specchio che ha davanti, mal appoggiato sul terreno, si sbilancia e cade all’indietro su una roccia affiorante.
Lo schianto le raggela, e mette a tacere tutti gli altri piccoli rumori della notte.
Elyon guarda l’immagine della luna, spezzata e moltiplicata nei frammenti ai suoi piedi.
“Cos’è stato?”, chiede la voce di Thomas da oltre il bordo della radura.
“Solo madama sfortuna che è venuta a ricordarci qualcosa!”, risponde Eleanor.
“Macché! Lo risistemo subito!”, la contraddice stizzita Elyon, tendendo una mano verso i frammenti.
In un attimo questi si ricompongono, poi il grande specchio si risolleva dal terreno.
“Un po’ di stile…”, commenta compiaciuta la giovane ex-regina contemplando la sua immagine riflessa, fiocamente illuminata dai lati.
Si guarda attorno, soddisfatta. Tutti gli specchi ellittici sono stati disposti a disegnare un’ellisse sul terreno, e lei si porta a occupare uno dei due fuochi. “E ora, iniziamo per davvero!”.
Tra le sue mani appare la sobria e lucida Corona di Luce. Da quando è tornata a Heatherfield non l’ha più indossata, ed è rimasta smaterializzata quasi sempre. Come ha potuto farne a meno così a lungo, pensa commossa?
Quando la indossa, però, la sensazione che ne riceve non è quella che ricordava. 
Inquieta, tende le braccia in direzione dell’altro fuoco dell’ellisse, a pochi passi da lei, e si concentra.
Per un attimo, gli specchi iniziano a vibrare e scintillare, e un alone di luce tenue appare nel luogo designato, ma l’aria resta immobile.
Dopo un lungo sforzo, Elyon abbassa le braccia e si sfila la corona, guardandola incerta.
“Forse è scarica”, suggerisce Eleanor, “Se la terrai in capo per un po’…”. Ma, mentre si avvicina, nota l’espressione della ragazza: una summa di sbigottimento, di orrore, incredulità e quant’altro può passare per la testa e il viso di chi capisca, a diciassette mesi di distanza, di avere preso con sé la corona sbagliata.
“Oh, no!” esala Eleanor appena comprende. “Allora quella Vera aveva ragione!”.
Dalla gola di Elyon inizia a uscire un sommesso lamento inarticolato, mentre il terreno prende a vibrare leggermente sotto i loro piedi.
Un altro degli specchi si sbilancia, e cade con uno schianto.
“Cosa succede?” grida Thomas allarmato, ritornando nel cerchio di luce delle lampade.
“Elyon! Elyon, calmati!”, le grida Eleanor.
Il terreno smette di vibrare, ma il viso della ragazza non perde l’espressione quasi catatonica. D’improvviso, le prime gocce di pioggia prendono a bagnare il terreno, e in pochi secondi un rovescio inizia a sferzare il bosco e tutti loro.
“Maledizione! Dov’è andata la luna?”, grida Thomas, mentre un altro specchio si schianta al suolo.
“Elyon, calmati! Nulla è perso!”. Eleanor la scrolla per i polsi. “Nulla è perso, bambina mia”, ripete, “Possiamo ancora chiedere aiuto all’Oracolo! Avevi detto che sarebbe stato entusiasta dell’idea!”.
Lentamente, la luce della ragione torna negli occhi di Elyon, e lo scroscio si affievolisce fino ad una lieve pioggerella.
La ragazza guarda i grandi specchi ancora in piedi, eretti come un cerchio di dolmen attorno a lei. “Entusiasta… davvero ho detto così?”.


Kandrakar, il pomeriggio dopo

“Eccoci arrivate, Elyon”, annuncia Will, riponendo il suo talismano rutilante. “Eccoti a Kandrakar, come volevi!”.
“Grazie”, dice timidamente lei; dopo un’occhiata a Cornelia che le sorride incoraggiante, si fa avanti verso il centro del grande salone ad anfiteatro, dove l’Oracolo l’attende librato un metro al disopra della pedana, seduto sul niente a gambe incrociate.
Le gradonate tutt'attorno sono quasi vuote; solo Tibor e Yan Lin la guardano impassibili seduti sulla sua destra. In preda all’inquietudine, Elyon si volta all’indietro e incrocia, al di là dello schieramento che l’ha scortata fin lì, lo sguardo ostile di Endarno.
“Adesso scappa!”, sussurra la Guardiana dell’Acqua all’orecchio di quella della Terra, che la liquida con un movimento infastidito della spalla.

La voce cortese dell’Oracolo la richiama: “Benvenuta, Elyon di Meridian. Cosa ti ha portata a chiedermi udienza?”.
“Signore… vengo a discutere sui piani d’azione per la liberazione di Meridian. Tanto per cominciare, vorrei poter esaminare il casco e la manopola che avete sottratto a Nemesis Uno. Vorrei cercare di capire di che incantesimi siano depositari”.
L’uomo risponde: “Purtroppo, temo che quegli incantesimi siano svaniti. Io stesso ho esaminato con cura quegli oggetti, e ci sono solo vaghe tracce di ciò che potevano fare”. Ad un suo cenno, il caschetto e la manopola compaiono con un lampo a mezz’aria tra lui e la giovane interlocutrice. “Comunque, se vuoi…”.
Elyon si  fa avanti timidamente, prendendo in mano con riverenza la manopola e guardandola con attenzione. “Nessun bottone… questa può essere azionata solo col pensiero”.
“Poteva, semmai. Ormai è inerte. All’interno è carica di una miscela di potenti narcotici, ma non è neppure chiaro come abbiano fatto a caricarla, perché è perfettamente sigillata”.
Elyon lascia la manopola a mezz’aria e prende tra le mani il casco verde scuro; si intravedono piastre rettangolari di metallo argenteo annegate nella resina semitrasparente disposte tutt’attorno a formare una specie di corona. Dal frontale, due occhi di gatto gialli la guardano, intersecando la N rossa di Nemesis.  La visiera iridata è la parte più interessante. “Una di loro poteva vedermi anche se mi ero resa invisibile. In questa visiera c’è la spiegazione, ma come leggerla?”.
Will si avvicina con curiosità, e le prende delicatamente dalle mani il casco. “Neanche noi ti abbiamo vista, all’inizio. Ci sei apparsa solo quando siamo riuscite a toccarti”.

Mentre la Guardiana del Cuore prova a indossare il caschetto, l’Oracolo si rivolge nuovamente a Elyon. “Intuisco che questi oggetti non sono tra i tuoi pensieri più importanti. Tu mi hai chiesto udienza per un motivo diverso. E’ giunto il momento di spiegarci ciò che ti sta più a cuore”.
La ragazza annuisce a disagio. Non è facile barare, qui. “Signore, sono venuta a esporvi il mio piano, e chiedervi l’energia che mi manca per poterlo realizzare”.
L’oracolo solleva impercettibilmente un sopracciglio. “L’energia non è un problema, per Kandrakar. Però credevo che non lo sarebbe stato neppure per la Luce di Meridian”.
Elyon deglutisce, e ammette con imbarazzo: “Un po’ di tempo fa ho fatto un piccolo errore… si, insomma, un errore… un grossissimo errore: prima di tornare a Heatherfield, ho creato una copia quasi inerte della Corona di Luce da lasciare a Meridian. Purtroppo, ecco, si vede che l’avevo fatta un po’ troppo somigliante, poi nella fretta di partire... Insomma, mi sono portata via la copia, e ho lasciato lì la corona vera!”.
Esclamazioni soffocate di stupore e disappunto giungono dalle sue spalle e dalle gradonate.
“Ciò è gravissimo!”, risponde l’Oracolo, mentre una vaga ombra gli attraversa il viso. “Se la Corona di Luce autentica è quella rimasta a Vera, ciò la rende praticamente invincibile sul suo campo”.
I sommessi cicalecci ironici di Irma si zittiscono di colpo, sostituiti da un silenzio attento e preoccupato.

“Vera non userà quella corona”, afferma Elyon cercando di riprendere la sua sicurezza. “Lei è una mia creatura. E quando l’ho creata, le ho infuso alcuni imprinting. Il primo è proprio che lei non avrebbe mai osato indossare quella corona, finché io sono in vita”.
“Oh, beh, basterebbe…”, fa la voce di Endarno da dietro, ma l’Oracolo chiede silenzio con un gesto autorevole. “E poi? Gli altri imprinting?”.
“Il secondo è che lei avrebbe ostinatamente negato, anche a sé stessa, che si possa passare dalla Terra a Meridian con un semplice teletrasporto, anziché con un salto dimensionale. Questo le renderà impossibile ritornare a Meridian, nel caso che qualcuno la teletrasporti sulla Terra”.
L’uomo annuisce, facendo tacere con un cenno un tentativo di mugugno di Taranee. “Altri imprinting?”.
“S… sì”, risponde Elyon con un po’ d’imbarazzo, “L’ho creata in modo che non bramasse il mio trono”.
Esclamazioni e risolini soffocati si levano di nuovo da dietro di lei.
“Oh bene”, commenta l’Oracolo con una punta d’ironia. “Se i primi due imprinting funzionano bene quanto il terzo…”.
“Signore, la situazione attuale non è causata dalla bramosia di Vera per il trono! Ammetto che ora potrebbe anche averci preso gusto, ma il vero problema è che non vuole ammettere davanti a tutta Meridian di avere organizzato una montatura. Ormai ha messo in gioco la sua faccia, questo è il problema!”.
L’Oracolo obietta: “Però Vera mandava sulla Terra quelle due in automobile attraverso un teletrasporto. Da questo, mi sembra che anche il secondo imprinting possa essere venuto meno”.
“E’ possibile”, deve ammettere Elyon, “Ma si può rimediare: basterà che voi siate pronti ad attivare la Muraglia appena io sarò arrivata davanti a Vera e l’avrò teletrasportata sulla Terra. Tutte le altre, gocce e Nemesis, derivano i loro poteri dalla sua presenza, e non potranno fare molto senza di lei”. Continua, con un’espressione più soddisfatta: “Una volta che avrò ripreso il potere a Meridian, sono certa che anche Vera ammetterà la sconfitta, e potrò venire a patti da una posizione di forza”.
Trattenendosi dal voltarsi indietro, aggiunge: “Sempre che a Kandrakar nessuno intenda tentare di incarcerarla, beninteso”.
L’oracolo tende una mano a zittire una replica in arrivo da dietro, e risponde: “Ciò dipende anche da ciò che lei farà nel confronto finale, beninteso”. La guarda intensamente, poi riprende: “Torniamo alla tua proposta, Elyon. A cosa ti servirà l’energia che hai richiesto?”.
“Oracolo, il mio piano è: materializzare almeno venti Nemesis fedeli a me”.
“Venti…”. L’Oracolo allibisce per un attimo in modo quanto mai poco oracolesco, poi riprende immediatamente l’abituale contegno. “Non credevo che volessi creare un tuo esercito per combattere contro quello di Vera. Ma se è così, perché plasmare proprio delle guerriere identiche alle nostre avversarie?”.
“No, no, Signore! Io non voglio farle combattere! Anzi, voglio crearle uguali proprio per scongiurare questa possibilità: sono sicura che non combatterebbero mai contro le loro gemelle!”.
“E perché crearle, allora?”.
“Io intendo creare venti copie di Dora, con gli stessi suoi ricordi, ma conferirò loro una capacità in più: quando si troveranno faccia a faccia con le loro avversarie, saranno in grado di assimilarne immediatamente l’aspetto, i ricordi recenti e l’impronta mentale, assieme a eventuali incantesimi di riconoscimento. Dopodiché, basterà creare un qualche diversivo per distogliere l’attenzione dalla scena, e poi Vera non sarà più in grado di distinguere le sue Nemesis dalle mie. A questo punto, lei dovrà disabilitare dalle autorizzazioni della barriera contro il teletrasporto le impronte mentali delle Nemesis imitate, oppure anche le mie fedeli potranno passarla. Questo toglierà alle Nemesis originali gran parte del loro vantaggio nel teletrasporto. Dopodiché si creerà una situazione di stallo: ogni volta che perderà di vista le sue guerriere, temerà che possano essere imitate. Il risultato sarà che il suo principale sistema difensivo cadrà nella più completa confusione, lasciando molta più libertà di movimento a noi. E se avremo fortuna, una delle nostre Nemesis potrebbe perfino riuscire a rientrare a palazzo, al cospetto di Vera, e approfittare di un momento favorevole per sorprenderla  e teletrasportarla via fin sulla Terra, da dove non potrebbe più tornare!”.
Dopo un lungo istante di silenzio sbigottito, l’Oracolo risponde con una vaga venatura di sarcasmo represso nella voce pacata: “Elyon di Meridian, se il tuo scopo è creare confusione, indubbiamente la tua abilità merita un plauso. Io stesso mi sento confuso, davanti a tale piano. Però ho ben presenti i guai causati dalle gocce, e poi quelli delle Nemesis, che sono le gocce delle gocce. Però faccio fatica ad immaginare che disastri potrebbero causare le gocce delle gocce delle gocce!”.
Alle sue spalle, Elyon sente la voce di Irma ridacchiare: “Se ha fatto confusione con solo due corone, te l’immagini con quarant… ouch!”.
Elyon lo guarda mogia, a testa bassa. “E’ un no?”.
“Almeno questo è chiaro, a quanto pare!”, risponde l’Oracolo, “Questa situazione intricata ha bisogno di chiarezza, non di ulteriore confusione”.
Da dietro la voce beffarda di Endarno aggiunge: “Se le cose non andranno come vuoi tu, e mi sembra che questa stia diventando una costante, rischi perfino di raddoppiare le forze della nostra avversaria! A nostre spese, pure!”.
Mentre Elyon si volta con sguardo risentito, il Sommo Custode della Torre delle Nebbie continua: “Se serviranno nuove forze, ci penserà Kandrakar a fornirle. Possiamo raccogliere in breve una squadra di guerrieri di Basiliade, per impegnare queste Nemesis in un combattimento leale”.
“Con tutto il rispetto, SIGNORE, questa è una pessima idea! Questo trasformerebbe il mio ritorno in un’invasione esterna! Per me è inaccettabile!”.
Endarno la squadra freddamente. “Cosa ti fa pensare, REGINA, di poter dettare condizioni?”.
Temendo di aver osato troppo, Elyon abbassa il tono: “Per noi, rivelarci significa perdere in partenza: esporsi alla reazione non solo delle Nemesis, ma dell’esercito…”.
“I nostri guerrieri vengono da Basiliade, ALTEZZA!  Un mondo in cui i bambini imparano a combattere, e l’onore, fin dai sette anni! Vuoi fare un paragone coi panzoni del vostro mondo, in cui non si fa una vera guerra da milleottocento anni?”.
Elyon, in piena ripicca, risponde: “E volete mettere gli animali telecontrollati? E chissà che gamma di armi segrete e incantesimi assortiti?”.
“BASTA!”, interrompe l’Oracolo, inappellabile.  Poi, riprendendo la sua usuale apparenza serena, continua: “Noi non abbiamo nessuna intenzione di muovere guerra a un altro mondo. Adesso cominceremo a studiare la situazione con calma e pazienza, e a stendere un piano d’azione razionale”. Da seduto per aria, si mette in piedi con un movimento dall’agilità inaspettata, e fa strada verso un balcone che dà sull’esterno. “Elyon, guardiane, seguitemi!”.
Irma prende a braccetto Hay Lin, e la trascina a passo lungo dietro all’oracolo. “Presto, Hay Hey”, le sussurra scherzosa, “Non voglio perdermi la faccia che farà la piccoletta”.

Una volta sul balcone, Elyon osserva stupefatta la visuale dall’alto della sua città, così reale che, aguzzando gli occhi, può perfino riconoscere qualche passante.
“Sorpresa!”, le sussurra Irma appoggiandole un braccio sulle spalle, “Ma ora, se non vuoi che i tuoi sudditi possano contarti le otturazioni, è meglio che chiudi la bocca!”.
“Magari anche tu”, le sussurra Cornelia da dietro.
L’Oracolo riprende, troncando ogni commento inopportuno: “Come vedi, Elyon, noi abbiamo parecchi modi di osservare, ma sarebbe utile che tu ci commentassi ciò che vediamo, e ci aiutassi ad individuare le minacce in anticipo”. Dopo una breve sosta che permette alla sua ospite di osservare ancora un po’ la sua città baciata dal sole della mattina, l’Oracolo riprende: “Questo strumento e molti altri sono a tua disposizione, nel mese che rimane alla data che tu stessa hai scelto per il tuo ritorno. Per quella data, tutti noi assieme dovremo aver formulato un buon piano”.
Elyon annuisce muta, senza riuscire a staccare lo sguardo stupefatto dalla città che sembra vivere ai suoi piedi.


Kandrakar, il giorno dopo

La guerriera vestita di bianco percorre il camminamento dalla Fortezza alla Torre delle Nebbie. I suoi piedi nudi non fanno alcun rumore mentre affondano fino alla caviglia nel letto di nubi, soffice e solido.  Il contatto fresco e umido le dà un senso di libertà surreale. L’unico suono che permea il silenzio è il sommesso fischio del vento che lambisce i due edifici sospesi sulle nuvole eterne.
Guarda, davanti a sé, l’altissimo pinnacolo della Torre delle Nebbie dal color grigioverde chiaro, percorso da un cornicione e una fila di grandi oblò alternati ad aperture irregolari sul vuoto. L’eleganza sobria dell’edificio non deve ingannare: questo è il carcere più sicuro dell’intero Universo, l’unico in grado di neutralizzare ogni potere magico o paranormale dei suoi detenuti, come pure la loro volontà di reagire. Sempre. O meglio…quasi sempre, come scoprì tre anni prima, a spese sue e altrui, proprio il Sommo Custode.
E’ da lui che la guerriera è diretta.

Duecentoquindici metri di salita su una rampa elicoidale non sono un problema, per una come lei. Niente per cui debba sprecare un teletrasporto.
Arrivata all’ultimo piano, il suo respiro non tradisce alcuno sforzo.
“E’ permesso, Signore?”, chiede la guerriera all’ingresso della sala.
“Vieni avanti, Orube”, dice Endarno, voltandosi brevemente verso di lei mentre resta in piedi davanti a un finestrone alto e ovale che offre una splendida vista della fortezza di Kandrakar.
Lei si avvicina con il suo passo elastico e silenzioso da felino e rimane in silenzio, seguendo la direzione dello sguardo del Sommo Custode.
Finalmente Endarno torna a girarsi verso di lei. “Orube, ti ho convocata perché devo affidarti un incarico di alta responsabilità. Dovrai scegliere, entro pochi giorni, una squadra di guerrieri di tua fiducia, a Basiliade o tra gli Araldi Bianchi. Dovrai presentarmi questa squadra qui, al più presto, in modo che io possa istruirli su tutto ciò che c’è da sapere per intervenire a Meridian, e dotarli di armi e amuleti idonei a quella città piena d’insidie”.
Orube rivolge un profondo inchino al suo superiore. “Sarà fatto, signore. Ma… posso chiedere se l’Oracolo è a conoscenza di ciò?”.
“Gliene parlerò io, Orube. Io non ho bisogno di nascondere ciò che faccio. Sono un guerriero, e odio i sotterfugi. Non ti nascondo che ciò che ti ho ordinato è una mia iniziativa. Anche se non gli piacerà, non potrà che darmi ragione”.
Orube resta impassibile in atteggiamento marziale, ma Endarno percepisce il dubbio nei suoi pensieri. “Tutto ciò è solo una precauzione”, continua lui, “Il Signore di Kandrakar ha riposto troppa fiducia in un personaggio ambiguo come Elyon. Da parte mia, credo che lei, una volta a Meridian, lascerà le guardiane al loro destino per proseguire con i suoi piani pazzeschi o con un qualche accordo col nemico”.
Tace un attimo, pensando a quella piccola serpe: non gli è sfuggito che, prima di parlare del suo piano, ha voluto toccare gli equipaggiamenti catturati alla nemica, in modo da poterli riprodurre in qualche modo anche se l’Oracolo avesse negato la sua approvazione a quel suo piano assurdo. Ma non è necessario spiegare tutto ciò a Orube.
Riprende: “Il sistema difensivo di Meridian è molto forte, e le nostre Guardiane potrebbero trovarsi in difficoltà. Come sai, loro hanno con sé il Cuore di Kandrakar. La nostra congrega non può permettersi di perdere quell’amuleto. Perciò dobbiamo essere pronti a intervenire in forze, in caso di necessità”.
Guarda la guerriera e percepisce, al di là dell’espressione risoluta e dello sguardo penetrante delle sue iridi gialle, che non ha ancora vinto le sue perplessità. “Non preoccuparti, Orube, non intendo farvi intervenire senza il benestare dell’Oracolo. Ma se mai lui dovesse pentirsi troppo tardi dell’imprudenza della sua scelta di mandare le Guardiane allo sbaraglio, voi sarete lì pronti a rimediare al suo errore”. La scruta ancora: ora le sembra un po’ più tranquilla, ma percepisce ancora un dubbio interiore. Non importa, quando sarà il momento i dubbi si scioglieranno da soli. “Ora vai ed esegui, Orube. Mi fido di te”.
“Sì, signore. Sarà fatto”. Si congeda con un profondo inchino, ed esce dalla sala senza un fruscio.

Mentre discende silenziosa la rampa che si avvolge dentro la torre, Orube medita rammaricata. Anche lei, all’inizio, aveva giudicato chiassose e incompetenti quelle guardiane dai costumi sexy e le fragili ali da fatina, ma poi si era dovuta ricredere sulle loro capacità, frutto della loro amicizia. Perché tanta sfiducia in quelle stesse ragazze che anni prima hanno salvato Kandrakar anche a costo di andare contro gli ordini dei loro superiori?
E ha conosciuto anche Elyon: l’aveva ospitata per alcuni giorni nello stesso periodo in cui colui che sembrava lo stesso Endarno aveva ordinato il suo arresto. E’ possibile che quella ragazzina allegra e infantile che lei ricorda sia lo stesso mostro di ambiguità che il suo superiore le ha descritto?

 

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Capitolo 75
*** Lo scantinato delle bambole ***



Ad personam

Ciao Scarlettheart, grazie per la tua recensione, sulla quale conto molto. Per quanto riguarda le nuove Nemesis, non credo che sia stata troppo egoista pensando di crearle;
chiunque vinca, queste si possono integrare con le vecchie, ed evidentemente ho già idee sul loro futuro.
Immagino che Orube si sia fatta una ragione per la morte di Cedric,
dopo due anni o più. Probabilmente avrà sempre evitato il discorso con tutti a Kandrakar, stufa di sentirsi dire che non era l'uomo per lei, che avevano visioni della vita opposte eccetera.

Ciao We are the champions, grazie, sei stata veramente gentile a farmi sapere di avere apprezzato l'inizio di questa storia. E' lunga, lo so. Spero tanto che continui a piacerti fin alla fine.

Cara Silvia Gi, sono proprio contento di leggere la tua recensione. Le distrazioni di Elyon sono una necessità di trama: se lei avesse potuto disporre del potere della corona, per il confronto finale non ci sarebbe stata storia.
Dei vari interlocutori in gioco, nessuno ha completamente torto, anche se la figura ridicola la sta facendo Elyon. Il suo piano riflette il fatto che l'alleanza con Kandrakar
è molto incerta, e lei vorrebbe chiudere la faccenda con un contro-golpe 'in famiglia' piuttosto che rischiare che il confronto degeneri in modo violento o che la congrega tenti di instaurare una specie di protettorato.
Anche il punto di vista di Endarno non è del tutto sbagliato: in caso di sconfitta, rischiano veramente di perdere il Cuore di Kandrakar. Purtroppo, i suoi piani d'azione
violano i principi prudenziali dellla sua stessa congrega, che dipendono dalla vaghezza della profezia: non si sa quale mondo provocherà la fine di un altro, nè quando o come, e non si sa neppure veramente cosa significhi 'provocare la fine di un mondo': l'interpretazione più immediata è immaginarsi un pianeta fatto a pezzettini, ma potrebbe riferirsi anche a sconvolgimenti culturali, politici o biologici.

Ciao Sweet Witch, grazie per la recensione. Penso che le motivazioni di Elyon siano abbastanza spiegate nell'arco di tutta la storia, e degli ultimi capitoli in particolare. Ora sapremo quali saranno le sue prossime mosse.

Un ringraziamento anche a Shu per la sua bella recensione a 'Alla fine del millennio', una mia vecchia storia 'missing moment' con le riflessioni di Cedric la sera prima di iniziare la storia di W.I.T.C.H. n.1. E' una storia che amo molto perchè fornisce la mia ricostruzione dei retroscena dell'inizio della saga.

Qualche parola su questo capitolo? Ma no. Se non immaginate già cosa farà Elyon, non vi voglio rovinare la sorpresa.

Buona lettura
MaxT

 


PROFEZIE

 


Riassunto delle puntate precedenti

Dopo un incontro misterioso con la Luce di Meridian, Vera ha convinto le Gocce a sostituirsi a Elyon a Meridian, impersonando la regina e le guardiane.
La controfigura di Elyon e le finte guardiane esiliano Miriadel e Alborn, mentre Caleb sfugge alla cattura; pur avendo assunto il potere, si rendono conto di non essere
convincenti, e inventano la storia che le guardiane sono a palazzo per proteggere la Luce di Meridian da un complotto.
A Heatherfield, Elyon spiega che quella che si sta realizzando è una sua profezia, che prevede che la tirannia duri un anno, che a Meridian dura diciotto mesi. Elyon è decisa
a non tentare niente prima di questa scadenza.
Il nuovo piano di Vera prende rapidamente forma, basandosi sull'ambiguità del termine di un anno: prima simuleranno che Elyon diventi sempre più tirannica, screditandola, poi
Vera la spodesterà dopo un anno terrestre di dodici mesi, facendo finire apparentemente la tirannia e realizzare la profezia; poi, dopo aver guadagnato il consenso della gente, si prepareranno per affrontare Elyon e le Guardiane al loro ritorno dopo diciotto mesi, un anno di Meridian.
Vera crea venti copie di Wanda, dette Nemesis, che avranno l'incarico di impersonare le guardiane e di sorvegliare la città restando invisibili o sotto falsa identità, o con
l'aspetto di aquile.
Come dal piano di Vera, le false Guardiane imprigionano Galgheitha e altri personaggi importanti, che potrebbero rendersi conto che la sempre più tirannica Regina e le
Guardiane sono state impersonate da controfigure; la principessa Vera fa la parte della buona, facendo fuggire questi prigionieri dalla città.
Infine, si arriva allo scadere dei dodici mesi dall'arrivo delle Gocce e da quello che a molti appare come l'inizio della tirannia. La montatura arriva al suo culmine: Vera
parla in consiglio criticando Elyon, poi affronta le false guardiane e infine la falsa Elyon, sconfiggendoli tutti e venendo proclamata Regina.
Informata da Caleb, la vera Elyon decide di proseguire col piano iniziale, aspettando altri sei mesi per intervenire; inoltre preannuncia alle guardiane che intende farlo da
sola. Queste, preoccupate, si chiedono se dovranno intervenire in qualche modo per aiutarla.
Nel frattempo Vera fa sperimentare nuove armi segrete, come fruste capaci di iniettare narcotici e sistemi per materializzare armi pesanti in vista del confronto finale.
Cinque mesi dopo, la situazione precipita improvvisamente per un casuale ma burrascoso incontro di Taranee con le gocce a Midgale. L'Oracolo acconsente a chiudere la muraglia
per precauzione e ne fa dare preavviso a Elyon, che però decide di dover assolutamente parlare con Vera al più presto.
Elyon, quindi, decide di teletrasportarsi immediatamente nel suo mondo. Preoccupato per la sua sorte, L'Oracolo convoca immediatamente le Guardiane, inviandole a recuperarla.
Queste intervengono in tempo per sottrarla a due Nemesis che stavano cercando di catturarla. Ma nel trasportarla a Kandrakar, inaspettatamente trascinano con loro una delle due, Dora.
A Kandrakar, Elyon viene costretta a rivelare che il colpo di stato di Vera era stato frutto di un loro accordo per far realizzare la profezia della tirannide nel modo meno
dannoso possibile. Vera aveva assunto una pozione per dimenticare questo accordo, ma la sua memoria sarà ripristinata pronunciando in sua presenza  una frase concordata, che comunica a Dora che viene rimandata a Meridian come messaggera.
Dora ritorna e ripristina i ricordi di Vera, aggiungendo che Elyon vuole parlarle, ma riferisce anche che a Kandrakar sia lei che la ex-regina sono state minacciate.
Quando Elyon viene condotta al cospetto di Vera, questa rifiuta di tirarsi in disparte e ammettere pubblicamente la montatura, con la scusa che Elyon non ha mantenuto una
vecchia promessa, e che non può comunque garantirle dalle vendette di Kandrakar; tuttavia mantiene la promessa di riportarla a casa, libera, in attesa del confronto finale.
Le WITCH apprendono da Cornelia l'esito di questa missione. Taranee è fortemente risentita sia verso Cornelia, che ha sempre spalleggiato Elyon pur avendo intuito i suoi
piani, sia verso Will, accusata di essere sempre più simile all'Oracolo. Pochi giorni dopo, però, Will si confida con Matt in un locale pubblico, e casualmente Taranee e Hay Lin sentono questo sfogo; mentre Taranee si rabbonisce, Hay Lin è in preda ai dubbi sul suo ruolo e il suo futuro, e si mette in contatto con la nonna Yan Lin che la rassicura, senza però poterle rivelare il segreto dell'Antica Profezia sulla quale si fonda Kandrakar.
Nel frattempo, a Meridian Vera e le sue fedeli si preparano a modificare il loro sistema difensivo, dopo che la temporanea cattura di Nemesis 1 aveva rivelato all'Oracolo fin
troppe informazioni su di esso.
Elyon scopre tragicamente di aver portato con sè la Corona di luce fasulla. Informato, l'Oracolo disapprova il suo piano di creare delle Nemesis a lei fedeli, e impone di
concordare un piano con le Guardiane. Endarno, sfiducioso, incarica Orube di preparare una seconda squadra d'intervento. 

 

Capitolo 75
Lo scantinato delle bambole



Heatherfield, Ye Olde Bookshop

Quando la superficie dello specchio smette di ondulare, vi si può riconoscere la panoramica di un’antica città dai tetti d’ardesia incassata in un vallone. Il grande palazzo che la domina dall’alto di una scarpata identifica inequivocabilmente il luogo.
“Ecco Meridian”, commenta con soddisfazione Cornelia accanto al portale, in piedi come una maestrina davanti alle sue amiche che siedono attente attorno al tavolone del
seminterrato.
Irma brontola, allungando il collo verso lo specchio: “Se andassimo su quel balcone a Kandrakar, potremmo vederla molto meglio!”.
“Un altro giorno, magari”, le risponde riluttante Elyon, che ormai associa quel luogo, da alcuni detto di serenità, ai più sgradevoli strapazzamenti.
“Continua, Cornelia”, la incoraggia Will, “Volevi esporci una tua idea”.
“Siamo tutt’orecchie”, le fa eco Hay Lin, ma varie occhiate fugaci dirette ai suoi padiglioni a sventola la fanno subito pentire dell'autogol.
“Sì, ragazze”, riprende Cornelia sicura, “Allora, cosa ci aspettiamo di trovare a Meridian?”. Indica   una piazza gremita di bancarelle. “Anche se ora non li vediamo, al
momento prefissato le vie della città saranno certamente piene di soldati con lunghe bacchette che ci renderebbero difficile muoverci anche se siamo invisibili”.

L'inquadratura cambia, sprofondando nel terreno fino a stabilizzarsi in una galleria contornata di archi, illuminata solo da una tetra fosforescenza verdolina. “Il sotterraneo sarà sorvegliatissimo; lì, ogni scarafaggio è diventato un sensore dal quale il nemico ci potrebbe spiare”.
“Scarafaggi”, ripete Taranee ritraendosi con un brivido di disgusto.
“E ragni, topi, scorpioni…”, rincara Irma divertita, “Tutti per te, Tara!”.
“FINISCILA!!!”, salta su lei inorridita.
Cornelia dirige un’occhiata imperiosa verso chi ha osato interromperla, poi si schiarisce la voce e riprende: “Il teletrasporto è ostacolato da una ragnatela… pardon, una rete
di trappole, che probabilmente si estende anche nel sotterraneo”. Squadra le altre con intenzione. “Cosa ci manca?”.
“Che si metta a piovere?” chiede Irma con un sorrisino ingenuo.
La Guardiana della Terra rotea gli occhi e sembra sul punto di sbottare, ma Will la previene: “Diccelo tu, Cornelia”, e nel mentre dirige un’amichevole gomitata dissuasiva
sulle coste ben imbottite di Irma.
La bionda fa una pausa a effetto, godendosi il raro momento di assoluta attenzione collettiva, poi scandisce: “Manca lo spessore del terreno. Della roccia. Dei muri”.
“Cosa?”. “Spiegati meglio”.
“Terreno e muri”, ripete Cornelia convinta. “Con il Potere della Terra, sono in grado di aprire e chiudere tunnel”. Indica, nello specchio, una zona nella lontana periferia.
“Possiamo arrivare fuori città, in un luogo chiuso non sorvegliato, e iniziare una galleria in direzione del palazzo. Una volta lì, continueremo il tunnel stretto stretto, nello spessore dei muri portanti. Da lì individueremo Vera, e poi…. Scacco alla regina! La sorprenderemo e la teletrasporteremo via!”.

Will torna a osservare l’immagine allo specchio. “Ma… dalla zona che hai indicato fino al palazzo, ci saranno un paio di chilometri! E tu riusciresti a fare questo?”.
“Beh… è ancora da dimostrare”, ammette lei, “Ma ci posso provare”.
“Proveremo in anticipo. Dobbiamo assolutamente chiarire prima quali sono i limiti dei nostri poteri”.
“Non mi piace”, obietta Taranee scuotendo il capo. “Tanto per cominciare, quel tunnel è una trappola: se ci prendono alle spalle, saremo costrette a combattere”.
“Meglio di no”, interviene Elyon, “Credetemi, in un corpo a corpo le Nemesis sono molto forti. Ci farebbero nere…. Oops, scusa, Taranee, non volevo!”.
“Di niente”, risponde gelida la Guardiana del Fuoco. Qualcuno si è coalizzato contro di lei, quest’oggi?
“E se ci chiudono l’uscita, cosa facciamo?”, chiede ansiosa Hay Lin portandosi la mano al colletto della camiciola, quasi annaspasse; per la Guardiana dell’Aria, l'idea di
trovarsi vincolata in qualunque spazio ristretto risulta sgradevolissima, come se le mancasse il suo elemento.
“Saremo noi stesse a chiuderci il tunnel alle spalle”, risponde convinta Cornelia. “Ovviamente, potremo riaprirlo dove più ci aggrada”, aggiunge, notando l’espressione sempre
più claustrofobica della cinesina.
“E come faremo a individuare Vera e scegliere il momento per sorprenderla?”, continua scettica Taranee, “Non rischiamo invece di sbucare in mezzo a venti Nemesis e finire…
come dicevi tu, Elyon, tutte nere?”.
“Qui posso essere d’aiuto per una ricognizione”, interviene la ex-regina, “Sono capace di fare voli extracorporei”.
“Come?”, chiede meravigliata Hay Lin, “Voli…”.
“Ma sì, Hay Hey”, la interrompe Irma, “Ce l’aveva già raccontato, che aveva fatto il fantasmino a Meridian. Però l’altra volta lo aveva chiamato corpo spaziale”.
“Corpo astrale”, puntualizza Elyon.
“Quel che è”.
“Ah, sì”, si ricorda la cinesina, “Ma se non sbaglio, l’ultimo non è stato un grande successo, no?”.
“Già, hai trovato altri fantasmini e sei scappata con la coda fra le gambe…”, ridacchia Irma, “A proposito: i fantasmi, pardon i corpi astrali, hanno le gambe?”.
“Pura iella”, risponde risentita Elyon ignorando la domanda. “Comunque l’interno dei muri resta il posto in cui è meno probabile essere scoperti”.
“A meno che Irma non continui a chiacchierare anche lì, ovviamente”, puntualizza Cornelia inarcando allusivamente un sopracciglio in direzione della compagna, poi continua:
“Comunque, farò in modo che la galleria si richiuda subiti dietro di noi. Sarà così corta e stretta che sarà difficilissimo per loro attraversarla per caso. Anzi, gli spazi saranno così stretti che, anche se fossimo scoperte, le Nemesis non ne troverebbero abbastanza per materializzarsi all’interno”.
“Oddio”, geme Hay Lin, tentando di scacciare dalla sua immaginazione il senso opprimente di essere imprigionata in un guscio di roccia dalla fosforescenza verdina. “Io... io
non so se ce la farò, ragazze!”.
“Claustrofobia?”. Elyon sorride sicura. “Non preoccuparti, lo studio psicologico Luce di Meridian la può risolvere nel tempo che staresti a dire: ‘Dottore, ho un problema’ !”.
Will la guarda con mal celata diffidenza. “Vedremo…”. Non è entusiasta dell'idea che la loro amica troppo intraprendente possa entrare nella loro mente.
Medita un attimo, poi decide: “Al momento attuale, questo è l’unico piano che abbiamo, al di fuori di andare lì, tirare fuori il Cuore di Kandrakar e sperare che faccia tutto
lui”. Dicendo ciò, materializza il suo talismano sul palmo, e scandisce: “Guardiane, unitevi!”.
In uno spettacolare gioco di luci, le cinque liceali assumono il magnifico aspetto delle Guardiane di Kandrakar, in calzamaglia a righe e alette da fata.
“Oh, beh”, brontola Elyon con un po’ d’invidia, “A quanto pare, sono rimasta l’unica piccoletta, qui!”.

“Cominciamo a fare qualche prova”, dice Will. “Cornelia, facci vedere quanto a lungo puoi aprire gallerie”. Le indica uno dei muri del seminterrato, tra due scaffali di vecchi libri ingialliti.
“Non chiedo di meglio!”, risponde questa con un sogghigno sicuro, e tende le braccia verso il punto indicato.
Sulla nuda parete appare dapprima un alone dalla fosforescenza color clorofilla, poi il materiale inizia a squagliarsi come polistirolo al passaggio di una lama rovente,
aprendo un passaggio che si fa via via più profondo. “Ammira, Irma. Tu che…”.
La sua vanteria s’interrompe in un silenzio costernato, quando il fondo del tunnel si apre su una cavità inaspettata. Nella penombra al di là, si intravedono scatoloni di
cartone impilati e un paio di biciclette impolverate.
“Brava”, le concede Irma con un applauso sarcastico.
“Oh, no! La cantina dei vicini!”, geme Will.
“Io… io ho fatto solo quello che mi hai detto tu”, risponde Cornelia con un gesto di discolpa.
“Presto, chiudilo, e speriamo che non si accorgano di niente!”.
Ad un gesto della Guardiana, l’apertura riprende la sua fosforescenza e si restringe fino a svanire.

Pochi secondi dopo, Cornelia indica con rinnovata sicurezza la parete nuovamente intatta. “Visto?”.
Will si avvicina e passa il dito sui mattoni. “Nessuna traccia”, ammette sollevata.
“Brava, Corny”, si complimenta Elyon, rimasta seduta al tavolo durante tutta la dimostrazione.
“Dobbiamo cambiare strategia”, suggerisce Taranee senza tentare di dissimulare il suo scetticismo.
Will comincia a spostare le sedie. “Proviamo sul pavimento. Passeremo sotto gli altri scantinati”.

Appena un buon tratto di pavimento è stato liberato, Cornelia tende nuovamente le mani, e una zona ai suoi piedi assume la caratteristica luminescenza, per poi aprirsi lentamente in un tunnel obliquo che si addentra nel terreno.
La guardiana scende nella cavità, sempre a braccia protese. A contatto con i suoi piedi, il terreno riprende la sua luminescenza, deformandosi in una sorta di gradinata,
finché il tunnel assume andamento orizzontale qualche metro più sotto.
“Ce la fai?”, chiede Will, che la segue da presso.
“Tranquilla”, le risponde Cornelia voltandosi indietro senz’abbassare le braccia, “Potrei andare avanti per…”.
D’improvviso, da un’apertura nel terreno smaterializzato sgorga un fiotto d’acqua torbida. Tutta la galleria si riempie rapidamente di un odore quanto mai sgradevole.
“Oh, no!”.
“Cos’è?”, fanno eco le altre.  “Vuoi vedere che…”. “Un tubo della fogna!”. “Fermatelo!”.
“Ci penso io!”, grida Irma da dietro di loro, tendendo le braccia al disopra delle loro spalle.
Per un momento, l’acqua lurida risale le pareti, rientrando nel tubo. “Visto?”, si compiace lei tributando un largo sorriso all'accigliatissima Cornelia.
Poi, di colpo, qualcosa cede: accolto con strilli di panico, il liquame irrompe di forza nella galleria con grandi schizzi scuri.

Qualche istante dopo, Cornelia è l’ultima a uscire dalla cavità, lorda e quasi in lacrime. “Irma! L’hai fatto apposta, vero?”.
“No, no… scusami… io volevo solo…”.
“Ma che Guardiana dell’Acqua! La guardiana delle fogne, sei!”, strilla guardando l’acqua fetida sgocciolare dai suoi bei capelli lunghi.
“Sai… fa uno strano effetto sentirtelo dire, conciata così”, ribatte l’altra.
“Ti odio!!!”.
“Senti, signora delle mosche, ti ho detto che è stato un incidente. Ti ho già chiesto…”.
“BASTA!”, interrompe Will, anche lei ornata da diverse macchie sulla calzamaglia a righe e gli stivali. “Cornelia, chiudi quel tunnel. Irma, chiudi la bocca. Hay Lin, apri le
finestre e ventila!”.
“Subito…” rantola la guardiana dell’Aria, il cui colorito sta virando al verdino.
Intanto l’espressione nauseata di Elyon, appoggiata con una mano al muro, lascia presagire altri disastri imminenti.

Qualche minuto dopo, il peggio sembra passato. L’aria è tornata quasi respirabile, il mefitico tunnel si è richiuso con tutto il suo carico di lordura, e le luride macchie sono scomparse assieme ai costumi variopinti. Per il momento.
Taranee fa presente: “Forse sarete di nuovo sporche, quando tornerete a trasformarvi. Non vi conviene usare la doccia nel bagnetto del negozio?”.
“No”, risponde Cornelia nera in viso. “Lavarmi in quel bugigattolo cragnoso? Lo farò a casa mia, con la porta del bagno chiusa a chiave e tutti i miei shampoo”.
“Avrai bisogno di aiuto”, insiste Taranee. “Come farai a sfilarti il top, con le alette sulla schiena?”.
“Non preoccuparti, Corny”, si offre allegramente Irma con un sorrisino fin troppo divertito, “Posso aiutarti a dirigere il getto dove …”.
L'altra le risponde con un ringhio a denti stretti: “Stai lontana da me, disgrazia vivente!”.
“BASTA!”, le interrompe Will spazientita, poi si fa apparire in mano il Cuore di Kandrakar e si trasforma in Guardiana con nuovi lampetti pirotecnici. 
Esamina con cipiglio la calzamaglia e gli stivali. “Ora sono perfettamente puliti”, constata con soddisfazione.
Anche Cornelia torna a trasformarsi in Guardiana, e controlla con ansia la gonna lunga e gli stivali. “Vedete niente?”.
“Tutto a posto”, la rassicura Hay Lin sfiorandole i capelli puliti e luminosi. “E’ come se tornassimo nuove ogni volta!”.
“Chissà se funzionerebbe anche per delle ferite?”, si chiede Will toccandosi il mento pensierosa,  “Sarebbe da provare…”.
“Brava, prova tu, poi ce lo racconti”, la incoraggia Irma. “A proposito, hai bisogno di una mano per ferirti, o combini da sola?”.

Elyon, che è rimasta mogia in disparte seduta al tavolo, chiede: “E allora, l’idea del tunnel è affogata nella fogna?”.
“Perché mai, Ellie?”, le risponde Cornelia, “Ho commesso un errore, può capitare a tutti. Ma la prossima volta non lo ripeterò”. Appoggiando le mani al muro, si propone: “Mi
fermerò ogni tanto per interrogare il mio elemento”.
“Benissimo. Ci contavo molto”, risponde lei allargandole un sorriso sollevato.
“Quindi ti senti di riprovare”, constata Will sollevata, “Al momento, è l’unico piano che abbiamo”.
Cornelia annuisce e fa il gesto di guardare l’orologio da polso… niente, non c’è più, scompare ogni volta che si trasforma.
“Cinque e mezza”, suggerisce Taranee. “Ora di andare a studiare”.


Heatherfield, casa Portrait

“Ciao, Ellie!”, la saluta Eleanor aprendole la porta di casa. “Com’è andata?”.
“Bene, mà”, risponde lei entrando e sfilandosi la giacchetta azzurra, “Anche se in qualche momento avrei detto che eravamo infognate”. Con un sorriso storto, aggiunge:
“Soprattutto Corny”.
“Allora, la sua idea del tunnel è stata accettata?”, chiede facendole strada verso il soggiorno ormai in penombra.
“Sembra di sì, se riusciamo a risolvere un po’ di problemini. Spero proprio che questo piano verrà seguito. Sai qual è uno dei suoi più grandi pregi, mà?”.
Questa ci pensa un attimo. “Forse… che non essendo un’idea tua, è difficile che Vera possa prevederla?”.
Elyon ci riflette mentre appende la giacca all’attaccapanni. “Anche. Ma intendevo un’altra cosa. Intendevo che richiederà molte ore di lavoro. E quindi, le terrà fuori dai
pericoli finché tutto sarà finito”.
Eleanor fa un grosso sospiro d’ansia. “Sei sempre dell’idea che il tuo piano originale fosse meglio?”.
“Sì, mà. Purtroppo, senza l’aiuto dell’Oracolo, lo dovrò ridimensionare drasticamente. Avrò solo quattro carte da giocare, e dovrò farlo senza lasciare niente al caso”. Si
dirige verso la porta della cantina, al disotto della scala per le camere.

Discende la lunga rampa di scale fino allo scantinato; nei lontani anni ’70, l’epoca in cui la casa fu costruita, questo era stato concepito come un rifugio antiatomico, ed è costituito principalmente da un grande salone cilindrico di cemento armato, profondamente interrato.
Al centro dello stanzone, Thomas sta finendo di sistemare tutt’attorno gli stessi otto grandi specchi che avevano tentato di utilizzare nel bosco, due sere prima.
“E’ tutto pronto, papà?”, chiede osservando con occhio critico l'ellisse di specchi dalla scalinata.
“Quasi”. Si porta al centro di uno di due cerchi disegnati col gesso sul pavimento di cemento grezzo, e controlla che, da lì, tutti gli specchi riflettano l’altro cerchio a
pochi passi da lui.
Dopo un ultimo aggiustamento all’inclinazione, conferma: “Sì, ora è tutto a posto”.
“Grazie, pà”, e scende a prendere posto all'interno dell'ovale, soddisfatta.
“Prego. Se non avete bisogno di me, vado di sopra a far la guardia. Sai, non mi sento molto a mio agio con la str… con la magia”.
“Va bene. Ma lascia aperta la porta e un paio di finestre, qui avremo bisogno di molta aria”.

Appena Thomas è sparito in cima alla scala, Elyon butta un’occhiata alla madre rimasta in disparte un po’ in apprensione, poi si concentra, protendendo le braccia verso l’altro fuoco dell’ellisse.
Come due notti prima nel bosco, gli specchi prendono a scintillare, e tre tenui aloni luminosi appaiono entro l’altro cerchio. Mentre un risucchio trascina l’aria nello
stanzone e la fa convergere al centro, tre sagome alte mezzo metro prendono sempre più definizione. Gli scintillii si intensificano, gli specchi vibrano dapprima leggermente, poi sempre più forte. Sferzati dalla corrente d'aria, i capelli di Elyon turbinano come se avessero vita propria, e le sue trecce si muovono come tentacoli impegnati a rafforzare l'incantesimo delle braccia.
D’improvviso, tutto ciò cessa. Al centro del cerchio si trovano, incredule, tre Nemesis grandi quanto grosse bambole.

Si guardano attorno, sperdute e spaventate. Tutt’attorno, nell’immenso locale, vedono otto specchi giganteschi che riflettono una titanica Elyon da tutti i lati.
“Ma dove…”. “Perché è tutto così…”, chiedono con le loro vocine, comiche e patetiche.
“Benvenute, ragazze!”, le accoglie la gigantessa, stremata ma gioiosa, andando loro incontro.
“Elyon!”. “Ma perché così…”. “Così enorme?”.
“Non preoccupatevi, ragazze. Venite, mettetevi comode…”.
“Hai… hai voglia di scherzare?”, chiede una delle tre, incerta e spaventata.
“Aspettate”, dice premurosa Eleanor rassettandosi alla meglio i capelli, “Vi porto una bella poltrona, e qualcosa da mangiucchiare. Thomas…”.

Poco dopo, la ex regina e le tre bambolone animate sono sedute faccia a faccia su due comode poltroncine coi braccioli, attorno a uno sgabello sul quale sono appoggiati alcuni bicchierini d’aranciata e un piatto di biscotti spezzettati.
“Ma che carine!”, continua a ripetere Eleanor, appollaiata come suo uso sullo schienale dietro a Elyon, mentre lo sbigottito Thomas, appoggiato di spalle al muro, preferisce
astenersi dal commentare.
“Allora, ragazze”, esordisce Elyon, “Io vi ho create per aiutarmi a riprendere il mio trono senza fare del male a nessuno. Aiutatemi, e sarete ricompensate”.
Le tre si stringono ancora di più tra loro. “Speriamo che non ti attenda un aiuto troppo grande da noi”. “A meno che tu non ci faccia crescere”. “Perché ci hai create così
piccole?”.
“Ve lo spiego subito. Purtroppo non ho con me né la Corona di Luce, né un conversore psicoenergetico. Così, creare tutto in una volta anche un solo corpo da sessanta o
settanta chili è al disopra delle mie possibilità attuali”.
“Non sono settanta!”. “Beh, con l'equipaggiamento…”.  “Zitte, fatela continuare”.
“Grazie. Dunque, non preoccupatevi se siete così piccole: è uno stato temporaneo. Vi farò crescere un poco al giorno, a mano a mano che il mio metabolismo genererà l’energia
necessaria”.
“Quanto tempo ci vorrà?”. “ Speriamo poco”. “Se credi che sia bello sentirsi come lillipuziani...”.
“Meno di un mese, ragazze. In tempo per accompagnarmi a Meridian. Nel frattempo vi addestrerò accuratamente. Il vostro compito sarà di infiltrarvi tra le Nemesis di Vera,
sostituendovi a tre di loro”.
Le tre piccole reagiscono con smorfie di scetticismo. “Mi sembra un po’ scontato”.  “Molto scontato!”. “Vera si aspetta certo qualcosa di simile, da te!”.
Elyon sorride rassicurante. “Non si aspetterà la maestria con cui lo faremo. Vi addestrerò a tecniche molto al di là della preparazione di tutte le sue collaboratrici. Con il
mio potere, voi lancerete contemporaneamente tutta una sequenza automatica di incantesimi. Assumerete l’aspetto, la memoria e l’impronta mentale di tre di loro, e le teletrasporterete via molto lontano, scambiando vestiti, posizioni ed equipaggiamenti con loro prima che possano pensare un ‘et’!”.
Le tre accolgono l'idea con tre uguali occhiate scettiche. “No, non funzionerà”. “Cioè, non passerà inosservato”. “E se fossero in contatto mentale con altre?”.
“Non preoccupatevi, io interromperò tutti i contatti mentali”, afferma Elyon, e dal suo palmo aperto sboccano alcuni mosconi veloci, oltre ad alcuni insetti diafani e lenti
meno vistosi, simili a grosse zanzare, e altri piccolissimi e silenziosi. “Questi piccoli amici emettono disturbi che interrompono ogni tipo di contatto telepatico. Tranne i nostri, beninteso”. Appena ha finito di parlare, gli insetti rientrano nel palmo, dove svaniscono alla vista.
Dopo un istante di perplessità, le tre riprendono: “Credi che Vera sia così ingenua?”. “Sospetterà subito una trappola”. “Farà ogni tipo di controlli, prima di farci rientrare
a palazzo!”.
“E voi li passerete, ragazze! Siete geneticamente identiche alle vostre controparti, e avrete le loro memorie recenti e i loro equipaggiamenti. Da cosa potrebbe
riconoscervi?”.
“E’ semplice”. “Capirà che non siamo loro perché noi sappiamo di non esserlo”. “Pensi che potremmo sfuggire alla sua capacità di sonda mentale?”.
La ex regina sorride serafica. “Qui c’è un’altra tessera del mio capolavoro: nel momento in cui vi sostituirete, scatterà un’autosuggestione, per cui voi sarete realmente
convinte di essere loro. Durerà per un’ora, in modo da passare tutti i controlli possibili. Poi vi ricorderete chi siete realmente, e di cosa siete lì a fare: aspettare il momento buono per sorprendere Vera e teletrasportarla sulla Terra. Fatto questo, tutte le vostre avversarie saranno senza poteri mentali, mentre voi continuerete a riceverli da me, che non sarò troppo lontana.  Quando capiranno che Vera non può più tornare indietro, le altre riconosceranno la sconfitta. Semplice, no?”.
Le tre piccole Nemesis ci pensano un po’ cercando punti deboli nel piano. “Ma perché sei così sicura che Vera ci farà rientrare a palazzo prima di un’ora?”. “Non potrebbe
lasciarci a pattugliare i sotterranei per tutto il giorno?”. “Soprattutto se l’interruzione dei contatti l’ha insospettita”.
“Ragazze, vi farà rientrare subito perché voi le porterete un bel trofeo. Una prigioniera che avrete sorpreso mentre provocava l’interruzione dei contatti spargendo bestiacce
varie”.
“Che prigioniera?”, chiedono le tre a una sola voce.
“Che prigioniera?”, fa eco Eleanor, guardando perplessa la figlia dall’alto dello schienale.
“Adesso ve la presento”, dice Elyon alzandosi e portandosi nuovamente all’interno del circolo di specchi.
Le tre restano a guardare mute e si stringono tra loro sulla poltroncina, impressionate dalle vibrazioni, dagli scintillii, e dalla corrente d’aria che scompiglia i capelli e
rovescia i bicchierini d’aranciata.
Dopo un ultimo lampo, tutto finisce in un silenzio assurdo.
Al centro del secondo cerchio di gesso sul pavimento, una piccola Elyon si guarda attorno, confusa e spaventata.

“Ma…” . “Ma cosa…”. “Ma tu…”.
E’ lo strillo di Eleanor a far gelare il sangue a tutti. “ELYON! COS’HAI FATTO!?!”.
Lei resta confusa e intimidita dallo sguardo che non ha mai visto a sua madre: non avrebbe mai creduto che i suoi occhi riuscissero a spalancarsi tanto. “Io… io ho solo creato
la prigioniera”.
“Tu hai creato un’altra te stessa! Una goccia identica!”.
“Io… io…”.
“E’ uguale a te! Non ti è bastato quando hai creato Vera, l’unica che avrebbe potuto sottrarti il trono, e che lo ha puntualmente fatto? E ora, crei perfino una goccia
identica? Come spiegherai…”.
“Ma… ma è solo una sosia senza poteri, mamma. Non…”.
“Waaaaaaah!!!”.  Un sottile strillo d’angoscia della piccola Elyon, che prende a piangere sconsolata, interrompe il confronto tra madre e figlia.
“Oh, no!”, si preoccupa Eleanor, correndo a prenderla su.  “No, non piangere, tesoro innocente!”, le dice sollevandola al petto. “Io gridavo a quella lì, grande e stupida!”.
“Stupida, io?”.
“Zitta! Speravo che avessi imparato qualcosa dai tuoi errori, e invece…”. Poi si rivolge di nuovo alla piccoletta in lacrime. “No, non piangere, tesoro! Aspetta, andiamo su a
prendere l’orsetto…”, e sale per le scale, passando davanti allo sbalordito Thomas che non ha osato fiatare.

“Oh, beh…”. Elyon, quella grande, resta in piedi come una scema, senza più sapere cosa dire. Poi si riscuote. “Le passerà”.  Torna a rivolgersi alle tre piccole Nemesis, rimaste mute e imbarazzate sulla poltroncina. “Ragazze, torniamo al nostro piano!”.
“Al tuo piano, prego”. “La nostra prigioniera ha i nervi un po’ fragili, pare”. “Però sappiamo bene che i sedativi possono fare miracoli”.
Elyon, piccata, risponde: “La mia goccia non si tradirà. Si è solo spaventata sentendo urlare mia mamma”.
“Anche tu!”, ridacchia una di loro. “Comunque c’è un grosso problema”. “Come faremo a teletrasportare via le altre tre Nemesis senza che la rete a nodi registri il loro
passaggio?”.
“Tutto qui il problema?”, chiede Elyon sollevata, “Le faremo passare al di sotto”. Con un dito, traccia a mezz’aria una specie di L. “Faremo un teletrasporto in due fasi: una
prima verso il basso, nel terreno, e una seconda quasi in orizzontale, fino ad emergere in un luogo designato in aperta campagna. Un posto abbastanza sicuro, ma anche abbastanza lontano da far perdere loro il contatto con Vera, e quindi ogni possibilità di usare i poteri mentali”.
Le tre ci pensano un momento, come seccate di aver finito le obiezioni.  Poi, con soddisfazione, una di loro trova un’altra perplessità: “Ma aspetta, Vera ci crederà se vede
tornare tre di noi dai sotterranei, con te… sì, con quella Elyon?”. “Già, tu sei sempre stata considerata un obiettivo molto difficile”.  “Non si insospettirà se ti avremo catturata così facilmente?”.
Lei sorride: “Beh, piccole mie, noi faremo un po’ di messinscena per far sembrare che sia stato difficile. Che ci vuole? L’interruzione dei contatti, una visiera rotta…”.
“Aspetta aspetta, la visiera!”. “Come facciamo a copiare loro la memoria e l’impronta mentale, se avranno il caschetto con la visiera abbassata?”. “E’ una protezione
fortissima contro ipnosi, lettura del pensiero e tante altre cose”.
Elyon ci pensa un attimo. “Dobbiamo organizzare una bella messinscena, tutto qui. Abbiamo un mese per pensare ai dettagli”.
“E se trovassimo , che so, quattro delle sue Nemesis, anziché tre?”. “O cinque?”. “O sei?”.
“Splendido: le spedirete via tutte. Potrete farlo senza neppure un gesto, purché siate a meno di due metri di distanza. Quelle non si renderanno neppure conto di cosa le ha
colpite”.
Una delle piccole annuisce, già più convinta. “Delle perdite, pur incruente…”. Un’altra completa: “…Renderebbero più credibile la scena agli occhi di Vera”. “E se saranno di
meno?”, obietta la terza.
“Semplice, si chiameranno dei rinforzi! E comunque, abbiamo quasi un mese per prevedere ogni … ogni imprevisto prevedibile”.

“Sei ancora qui, grande stratega?”, le chiede Eleanor scendendo le scale con la piccola abbracciata al suo collo. “Adesso dille qualcosa di carino, figlia scriteriata!”.
“Sì, mà”. Elyon osserva la sua piccola copia dagli occhi ancora gonfi di pianto, che continua a stringere con un braccio il collo della grande mamma, e con l’altro l’orsetto

di peluche che era a guardia del suo cuscino. Le si avvicina un po’ imbarazzata, e le carezza la testolina con un dito. “Piccola, ascolta… vuoi metterti a sedere? Mi sento più a mio agio se mi ascolti seduta”.
La piccola tira su di naso e risponde con un timido assenso del capo.
Eleanor l’appoggia sulla poltroncina, dove le tre Nemesis si stringono per farle posto; solo ora la padrona di casa nota la chiazza di bibite sul
pavimento e, mugugnando al disastro, riempie nuovi bicchieri d’aranciata.
“Bene, Elyon”, dice Elyon, “Posso chiamarti così?”.
La piccola fa un altro cenno di assenso imbronciato.
“Mi dispiace che ti sei sentita così mal accolta, non volevamo certo farti star male. Mi credi?”.
Altro assenso.
“Non preoccuparti se ora sei così piccola, anche perché sei in buona compagnia. Ma crescerai presto anche tu. Ti prometto, vi prometto a tutte, che impiegherò ogni mia
briciola d’energia per farvi crescere, e tra qualche settimana sarete a grandezza naturale”.
La piccola annuisce, visibilmente rassicurata.
Elyon riprende: “Come ho detto alle tue amiche – spero che diventerete amiche – io ho bisogno di voi per riprendermi il mio trono. Per ora non posso darti né un nome, né un
aspetto tuo, perché ho paura che lascino tracce che Vera potrebbe riconoscere leggendoti i ricordi. Però ti prometto questo: quando questa storia sarà finita, tu sarai ricompensata. Entrerai a far parte a pieno diritto della famiglia Escanor, e potrai scegliere l’aspetto e il nome che preferirai”.


 

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Capitolo 76
*** L'alba del grande giorno ***



Ad personam

Cara Scarlettheart, la tua rapidissima recensione mi fa molto piacere. I poteri della 'piccola' Elyon? Chissà... La poverina, come prima cosa della sua esistenza, si è sentita dire che non avrebbero mai dovuto crearla. Se aggiungi questo alle sue dimensioni e alla sua completa dipendenza dagli altri, ce n'è abbastanza per piangere a fiumi. E' vero che l'orsacchiotto ci sarebbe stato bene; nel testo della scena lo avevo inserito, poi finito il disegno mi sono accorto di averlo dimenticato, e quindi l'ho tolto anche dallo scritto.

Cara Silvia Gi, sono contento di leggere i tuoi commenti. Le Nemesis, in effetti, a stare con Irene hanno stemperato il carattere così cupo ereditato da Wanda, senza contare che già durante la creazione da parte di Vera certi chiodi fissi di Wanda non sono stati replicati (Tutte innamorate di Matt Olsen, per esempio? Te l'immagini come si sarebbero odiate tra loro?).
Elyon impara senz'altro dai suoi errori, ed è abile nell'inventarne sempre di nuovi.
Per quanto riguarda l'Oracolo, bisogna dire che le sta
facendo un po' violenza per costringerla a obbligarsi con promesse, sfruttando il fatto che senza il suo permesso non può superare la muraglia; sa che, una volta che lei sarà tornata nel metamondo, i rapporti di forze cambieranno.

Qualche parola su questo capitolo, che si colloca quasi un mese dopo il precedente. Il giorno della profezia è finalmente arrivato, e sarà carico di avvenimenti e di colpi di scena. L'intricato svolgersi della vicenda sarà seguito da più punti di vista.
Il capitolo si sarebbe prestato per essere interpretato con belle illustrazioni, ma la mia scrivania è ingombrata da una tela lunga un metro sulla quale sto dipingendo un
paesaggio, e finchè non l'avrò finito non ci posso appoggiare più neanche uno stuzzicadenti, per cui preferisco non intraprendere un altro lavoro impegnativo. Sarà per la prossima volta, spero.

Buona lettura
MaxT
 

 

PROFEZIE

 


Riassunto delle puntate precedenti

Dopo un incontro misterioso con la Luce di Meridian, Vera ha convinto le Gocce a sostituirsi a Elyon a Meridian, impersonando la regina e le guardiane.
La controfigura di Elyon e le finte guardiane esiliano Miriadel e Alborn, mentre Caleb sfugge alla cattura; pur avendo assunto il potere, si rendono conto di non essere
convincenti, e inventano la storia che le guardiane sono a palazzo per proteggere la Luce di Meridian da un complotto.
A Heatherfield, Elyon spiega che quella che si sta realizzando è una sua profezia, che prevede che la tirannia duri un anno, che a Meridian dura diciotto mesi. Elyon è decisa
a non tentare niente prima di questa scadenza.
Il nuovo piano di Vera prende rapidamente forma, basandosi sull'ambiguità del termine di un anno: prima simuleranno che Elyon diventi sempre più tirannica, screditandola, poi
Vera la spodesterà dopo un anno terrestre di dodici mesi, facendo finire apparentemente la tirannia e realizzare la profezia; poi, dopo aver guadagnato il consenso della gente, si prepareranno per affrontare Elyon e le Guardiane al loro ritorno dopo diciotto mesi, un anno di Meridian.
Vera crea venti copie di Wanda, dette Nemesis, che avranno l'incarico di impersonare le guardiane e di sorvegliare la città restando invisibili o sotto falsa identità, o con
l'aspetto di aquile.
Come dal piano di Vera, le false Guardiane imprigionano Galgheitha e altri personaggi importanti, che potrebbero rendersi conto che la sempre più tirannica Regina e le
Guardiane sono state impersonate da controfigure; la principessa Vera fa la parte della buona, facendo fuggire questi prigionieri dalla città.
Infine, si arriva allo scadere dei dodici mesi dall'arrivo delle Gocce e da quello che a molti appare come l'inizio della tirannia. La montatura arriva al suo culmine: Vera
parla in consiglio criticando Elyon, poi affronta le false guardiane e infine la falsa Elyon, sconfiggendoli tutti e venendo proclamata Regina.
Informata da Caleb, la vera Elyon decide di proseguire col piano iniziale, aspettando altri sei mesi per intervenire; inoltre preannuncia alle guardiane che intende farlo da
sola. Queste, preoccupate, si chiedono se dovranno intervenire in qualche modo per aiutarla.
Nel frattempo Vera fa sperimentare nuove armi segrete, come fruste capaci di iniettare narcotici e sistemi per materializzare armi pesanti in vista del confronto finale.
Cinque mesi dopo, la situazione precipita improvvisamente per un casuale ma burrascoso incontro di Taranee con le gocce a Midgale. L'Oracolo acconsente a chiudere la muraglia
per precauzione e ne fa dare preavviso a Elyon, che però decide di dover assolutamente parlare con Vera al più presto.
Elyon, quindi, decide di teletrasportarsi immediatamente nel suo mondo. Preoccupato per la sua sorte, L'Oracolo convoca immediatamente le Guardiane, inviandole a recuperarla.
Queste intervengono in tempo per sottrarla a due Nemesis che stavano cercando di catturarla. Ma nel trasportarla a Kandrakar, inaspettatamente trascinano con loro una delle due, Dora.
A Kandrakar, Elyon viene costretta a rivelare che il colpo di stato di Vera era stato frutto di un loro accordo per far realizzare la profezia della tirannide nel modo meno
dannoso possibile. Vera aveva assunto una pozione per dimenticare questo accordo, ma la sua memoria sarà ripristinata pronunciando in sua presenza una frase concordata, che comunica a Dora che viene rimandata a Meridian come messaggera.
Dora ritorna e ripristina i ricordi di Vera, aggiungendo che Elyon vuole parlarle, ma riferisce anche che a Kandrakar sia lei che la ex-regina sono state minacciate.
Quando Elyon viene condotta al cospetto di Vera, questa rifiuta di tirarsi in disparte e ammettere pubblicamente la montatura, con la scusa che Elyon non ha mantenuto una
vecchia promessa, e che non può comunque garantirle dalle vendette di Kandrakar; tuttavia mantiene la promessa di riportarla a casa, libera, in attesa del confronto finale.
Le WITCH apprendono da Cornelia l'esito di questa missione. Taranee è fortemente risentita sia verso Cornelia, che ha sempre spalleggiato Elyon pur avendo intuito i suoi
piani, sia verso Will, accusata di essere sempre più simile all'Oracolo. Pochi giorni dopo, però, Will si confida con Matt in un locale pubblico, e casualmente Taranee e Hay Lin sentono questo sfogo; mentre Taranee si rabbonisce, Hay Lin è in preda ai dubbi sul suo ruolo e il suo futuro, e si mette in contatto con la nonna Yan Lin che la rassicura, senza però poterle rivelare il segreto dell'Antica Profezia sulla quale si fonda Kandrakar.
Nel frattempo, a Meridian Vera e le sue fedeli si preparano a modificare il loro sistema difensivo, dopo che la temporanea cattura di Nemesis 1 aveva rivelato all'Oracolo fin
troppe informazioni su di esso.
Elyon scopre tragicamente di aver portato con sè la Corona di luce fasulla. Informato, l'Oracolo disapprova il suo piano di creare delle Nemesis a lei fedeli, e impone di
concordare un piano con le Guardiane. Endarno, sfiducioso, incarica Orube di preparare una seconda squadra d'intervento.
Elyon sostiene il piano di Cornelia di usare il Potere della Terra per aprire una galleria nei muri e sorprendere Vera; in realtà non ha rinunciato al suo piano segreto di
sorprendere la rivale creando tre Nemesis a lei fedeli, più una sosia di sè senza poteri da far catturare. Nel segreto del suo scantinato, questo piano viene messo a punto in ogni dettaglio. 
 


Capitolo76 
L’alba del grande giorno




Meridian, stalla di un’abitazione

Attraverso una finestrella senza vetri, Caleb guarda il cielo sopra Meridian. Con gli astri artificiali in cielo, piccoli e veloci, la notte è piuttosto luminosa, e solo le lune e le stelle più grandi risultano visibili a occhio nudo.
Tra meno di un’ora il sole, sorgendo, porterà con sé il giorno designato: il cinquecentoquarantesimo dall’arrivo delle Gocce, un anno esatto. Se tutto andrà come spera, oggi
stesso Elyon tornerà accompagnata dalle Guardiane di Kandrakar, per mettere fine a un anno che ha visto alternarsi una tirannia fasulla a una libertà altrettanto fasulla.
E’ ormai un mese che la Muraglia gli ha precluso ogni contatto con la sua vera Regina; le uniche notizie che ha saputo di lei, nel frattempo, gli sono state recate in sogno
dalla saggia Yan Lin, che gli ha assicurato che sta bene e lo pensa sempre, e gli raccomanda sempre di non esporsi avventurandosi in città.
Lui, invece, non ha potuto restarsene inerte in campagna ad aspettare la liberazione, ma ha continuato a girare per Meridian sotto mentite spoglie di contadino, mercante e
operaio, ascoltando i discorsi e i pensieri della gente nei mercati e nelle osterie senza mai esporsi. Per prudenza, non ha mai più ricontattato i suoi vecchi amici; è troppo probabile che le avversarie li sorveglino con discrezione per arrivare a lui.
Ma oggi cercherà di rendersi utile, per quanto può, depistando in qualche modo le ricerche dei soldati.
Ha passato la notte nella piccola stalla di un’abitazione di periferia, accanto a un asynn dal sonno agitato e dal peto facile. Non importa, non sarebbe riuscito ugualmente a
chiudere occhio. Si stiracchia indolenzito: anche con i due cuscini che ha portato con sé, la paglia della mangiatoia non è stata l’ideale per dormire. Certo, i fili di fieno nei vestiti e nel barbone posticcio rafforzerebbero senza dubbio l’usuale travestimento da contadino, ma non è con queste spoglie che affronterà la grande giornata.
Apre il suo fagotto: dentro c’è il suo nuovo travestimento. Prende in mano l’elmo dai riflessi ferrei, un ricordo della rivolta contro Phobos regalatogli da Vathek molto tempo
fa.  Una cotta di maglia, acquistata da un mercante fuori città. Una tunica e un mantello simile a quelli dei soldati, che ha ottenuto adattando dei vestiti civili improvvisandosi sarto e tintore.  E poi la sua spada. L’aveva con sé al fianco, nel viaggio per cui era partito pochi giorni prima dell’arrivo delle Gocce.
Raccoglie uno dei cuscini e lo infila sotto le vesti, sul davanti, aggiustandoselo con cura nei pantaloni perché sia ben stabile e simuli un credibile pancione. Se lo
sprimaccia bene addosso, poi infila la pesante cotta e la tunica con l’insegna degli Escanor sul petto. Il trucco sembra abbastanza stabile, constata soddisfatto, ma spera proprio di non dover fare capriole: non sarebbe la giornata migliore per farsi cadere barba e cuscini, in mezzo a centinaia di quegli stessi soldati che furono suoi avversari ai tempi di Phobos.


Sala operativa delle Nemesis.

Wanda scruta fuori dalla finestra:  all’orizzonte sta apparendo un chiarore che preannuncia l’alba. La sala operativa dove sono, sotto le grandi falde rettangolari che coprono la sala del trono, si trova a più di centocinquanta metri al disopra della città, e sarà loro privilegio essere le prime ad osservare il chiarore del nuovo giorno.
Non ha potuto dormire, questa notte, e si meraviglia che qualcuna di loro ci sia riuscita.
Irene, di sicuro, starà ronfando in camera sua. Anche se qualche volta quest’atteggiamento la irrita, deve ammettere che le è sempre piaciuta la serenità della sua amica
davanti alle situazioni più gravi, l’ha aiutata a sminuirle un po’. Vorrebbe essere così anche lei, ma non lo è.
La penombra della stanza è illuminata dalla debole fosforescenza verdolina del pavimento. Non è il massimo, ma consente di evitare che dalle finestre filtrino fuori luci che
rivelerebbero la posizione della loro sala operativa. E poi, quel chiarore dal basso crea un senso di surreale che l’aiuta a tenere sotto controllo l’ansia dell’attesa. Pensa alla prima persona che ha conosciuto, ormai più di quattro anni prima. Will, oggi si vedrà chi vale di più tra noi.
Dalla finestra intravede una piccola sagoma volante, nera contro il cielo dal cupo blu.
“La quattordici sta tornando”, dice Nemesis Sette, seduta alla console nella parte più bassa del sottotetto. Le deboli luci interne si riflettono sul suo viso rigato di nero,
sovrastato dalla corona d’interfaccia telepatica del sistema di controllo. Nel grande specchio di fronte a lei, l’immagine dall’alto del palazzo si fa sempre più vicina, con tutti i dettagli consentiti dalla formidabile visione notturna di un grosso gufo. “Attivo la procedura di teletrasporto per portarla qui”.
Wanda annuisce. “Strano, non è ancora l’ora per trasformarsi in aquila. Cosa vorrà?”.
“A quanto pare, una tazza di caffè caldo accanto al trespolo”.


Heatherfield, Ye Olde Bookshop

La luminescenza azzurrina dello specchio magico nello scantinato si riflette sul viso di Will, mentre osserva le sue compagne ancora con i loro zainetti da liceali in gita domenicale. E’ stata questa la giustificazione che hanno portato ai genitori, sperando che l’intervento a Meridian non si prolunghi al di là di quanto sarebbe giustificabile.
“E’ quasi l’ora”, dice Taranee già di malumore, “E mancano ancora Irma ed Elyon”.
Dall’alto si sente il campanello sopra l’ingresso, poi il rumore di passi frettolosi. “Ehilà, ragazze!”, dice col fiato grosso la Guardiana dell’Acqua, “Ce l’ho fatta!”.
Cornelia, a braccia conserte, le fa un sorriso storto. “Se canti vittoria solo per essere arrivata fin qua…”.
“Sono comunque qui prima di Elyon”, le risponde Irma. “Volevo raccontarvi un sogno: appena arrivati a Meridian, la piccoletta spariva e ci lasciava da sole”.
“Interessante!”, ironizza l’altra, “E questo lo vedevi nella tazza del gabinetto, o dove?”.
Mentre le due battibeccano, Will storce il viso senza dire niente. Qualche settimana prima ha incontrato Orube a Kandrakar, e questa le ha confidato che anche Endarno è
convinto della stessa cosa.

Un vago tremolio accanto a loro pone fine al racconto di Irma. Elyon appare in un angolo della stanza, vestita con abiti dai colori spenti adatti a un’escursione in montagna.
“Ciao ragazze! Ciao Corny! Ci siete tutte?”.
Taranee fa per dirle qualcosa, ma Elyon la previene indicando l’orologio appeso al muro, che segna le sette e mezza spaccate. “Sono puntuale al secondo!”.
“Bene”, dice Will estraendo il Cuore di Kandrakar dal palmo. In uno sfavillio di luci colorate e globi fluttuanti, le WITCH si trasformano nelle splendide Guardiane sotto lo
sguardo un po’ invidioso della loro amica.

Will riprende l’iniziativa, e si accosta al portale alla parete. “Pensate a Meridian!”.
In qualche secondo, lo specchio smette di vibrare, e si visualizza l’immagine della città ancora dormiente, illuminata dagli astri. “Dov’era quel fienile che avevamo scelto?”.
Elyon si avvicina, e l’inquadratura cambia obbedendo alla sua volontà, spostando il punto di vista verso la fertile pianura a sud. “Eccolo”, e indica un edificio di legno sul
quale l’immagine sembra zoomare, finché il punto di vista attraversa le pareti irregolari per mostrare un interno davvero avvolto nell’oscurità.
Will fa spostare l’inquadratura e scruta con attenzione nella penombra. “Sembra tutto a posto. Siete pronte al salto?”.
Tutte le altre annuiscono, avvicinandosi  a lei davanti al portale.
Un attimo dopo, i sei corpi si dissolvono in un fascio di linee luminose che convergono nella limitata apertura tra i due mondi.


Kandrakar, sala del sacro bacile

“Signore, sono partite ora”, dice il vecchio Tibor lisciandosi i baffi attorno alla bocca, mentre il suono armonioso emesso dal sacro bacile si va smorzando assieme alle fiammelle azzurre che lo contornano. Osserva ancora l’immagine del gruppo di ragazze raccolte nella cantina mentre sbiadisce e si dissolve lentamente: i visi sono nervosi e risoluti, come in una foto di gruppo presa alla vigilia di una prova importante. “Finora, tutto sta andando come previsto”.
“Molto bene, mio buon Tibor”, conviene l’Oracolo senz’ombra di nervosismo, “Ora vado a seguire la loro impresa con lo specchio dell’onniscienza. Tu tieniti pronto con il sacro
bacile: se tutto andrà come vogliamo, potremmo ricevere presto un ospite importante tra noi”.


Fienile a sud di Meridian

La luce rosata del Cuore illumina l’interno del fienile, mostrando le strutture di legno grezzo e ingrigito delle pareti e la struttura di un soppalco carico di foraggio, raggiungibile con una scala a pioli. Attrezzi agricoli, un carretto a due ruote e cassette di ortaggi impilate completano lo scenario attorno a loro.
“Eccoci qui!”, constata Will con soddisfazione schermando la luce rosata con le mani. “Cornelia, cominciamo subito il tunnel”, dice indicando il pavimento.
“Non chiedo di meglio!”, risponde convinta la Guardiana della Terra, tendendo le mani verso il pavimento, che comincia ad assumere una luminescenza gialloverde.
Nessuna nota che Elyon si concentra su un suo pensiero, poi fa un gesto misterioso con la mano aperta davanti al viso, come se soffiasse via qualcosa dal palmo. Poi si volta
verso di loro e dice, un po’ esitante: “Ehm, ragazze, io… io devo fare una cosetta. Voi aspettatemi qui, finché non torno”.
“Ma…”, obietta Will, mentre la loro amica scompare in un vago luccichio.

Per un attimo, restano tutte in silenzio.

“Cosa vi avevo detto?”, esordisce Irma con un gesto grazioso verso il punto in cui Elyon è sparita, e una smorfia diretta alla sua bionda rivale, che è rimasta esitante con le
braccia abbandonate lungo i fianchi. “Che mi dice ora Corny io-so-tutto?”.
“Forse doveva fare la pipì”, propone la Guardiana dell’Aria, ma nessuna crede davvero a questa spiegazione.
 “Questa non ci voleva”, ammette cupamente Will, e spinge verso l’alto con delicatezza il Cuore di Kandrakar, assicurato al suo anulare dall’ormai usuale catenella. Il
talismano levita brevemente verso l’alto, poi comincia a tirare in orizzontale.
Affacciandosi a una finestrella, Will osserva in distanza l’orizzonte alto e mosso, con l’inconfondibile sagoma del palazzo stagliata contro il cielo che ha iniziato a
schiarirsi. “E’ andata verso la città”.
“La solita tirabidoni”, commenta lapidaria Taranee.
“Sta cercando di proteggerci”, geme Cornelia poco convinta. “Non vuole che ci esponiamo per lei”.
Hay Lin obietta: “Ma perché non seguire il piano del tunnel, dopo tutte quelle prove? Sta andando incontro a un mare di guai, così da sola!”.
“Come da copione collaudato”, le risponde Irma con nonchalance. “Lei si mette nei guai, e noi la togliamo. C’è qualche volta che è andata diversamente?”.
Nessuna osa contraddirla.
Will chiede: “Cornelia, tu riusciresti a scavare il tunnel con abbastanza precisione anche senza la guida di Elyon in viaggio extracorporeo?”.
Cornelia scuote il viso piano. “Di certo, non la parte finale nelle pareti del palazzo. Come potrei individuare la posizione di Vera per sorprenderla?”.
Segue un silenzio rammaricato. Da fuori, si sente un canto ripetuto che assomiglia a quello di un gallo, cui fanno eco altri richiami più lontani.
Will rompe il lungo istante di esitazione. “Tutte invisibili, ragazze”, dice risoluta, “Andiamo a cercarla a piedi”.


Meridian, sotterraneo

‘E ora, la grande ouverture!’, pensa Elyon apparendo in un tratto di corridoio sotterraneo accuratamente scelto a causa delle sue molte svolte ravvicinate, che interrompono la visuale da lontano.
Nel silenzio, sente in distanza il ronzio dei suoi mosconi che volano rapidamente verso le posizioni cui sono destinati, emettendo disturbi che  ormai hanno già isolato quel
tratto da ogni comunicazione telepatica. In supporto ai veloci mosconi, ha teletrasportato anche dei pappataci, lenti ma piccoli e silenziosi, molto più capaci di passare inosservati.
Infatti, è probabile che qui ci siano sistemi di sorveglianza di ogni genere. Che gli occhi di ogni bestiola e bestiaccia, che ne abbia due o otto, siano asserviti al
controllo di Vera.
Per ulteriore precauzione, nessuno dovrà vedere la sua mossa successiva, ma purtroppo gli animali inferiori, proprio come le telecamere, sono insensibili alle pulsazioni
teleipnotiche dell’invisibilità.
Peggio per loro, si dice con un po’ di rammarico, non può correre rischi per salvare quattro bacherozzi. A un gesto delle sue mani, degli aloni dalla tenue luminescenza
azzurrina percorrono lentamente pavimenti e pareti nei due sensi del tunnel, facendo svanire in un debole scintillio sporcizia, ragnatele e tutti i loro sfortunati costruttori.
Poi tende con decisione le mani verso il basso. Da una debole luminescenza, sul pavimento si materializza il camper di Barbie.
La solennità del momento è rovinata dai brontolii di quattro vocine sottili provenienti dall’interno, “Ahi…”. “Finalmente…”. “Vedi di non vomitarmi addosso, per piacere”,
“Scusa…”.
Quando la porticina si apre, ne emergono tre bambole viventi con la divisa scura delle Nemesis, più l’ultima, pallida e con un’espressione da nausea dipinta sul visino,
identica a Elyon. “Aria!”, esala la poverina boccheggiando.
Le altre la indicano, rivolgendosi alla Elyon grande con un tono d’accusa: “Guarda che l’idea del camper non funziona neanche un po’!”.  “Ci siamo sentite senza peso e senza
riferimenti per tutto il viaggio”. “Era meglio se ci smaterializzavi e basta, come faceva Will con la sua goccia”.
“Zitte, per piacere! Ricordate dove siamo!”. A un gesto di Elyon, le sue passeggere riprendono le dimensioni normali, e il piccolo camper svanisce.
Le Nemesis si fanno materializzare il caschetto con la visiera, mentre la goccia di Elyon cerca di riprendere un contegno consono a quella missione.
Elyon le sorride distrattamente per incoraggiarla, ma la sua attenzione è concentrata sul contatto telepatico con i suoi insetti da ricognizione. “E adesso aspettiamo la loro
mossa”.


Meridian, sala operativa delle Nemesis

“Allora?”, chiede Vera materializzandosi nella sala operativa. Attorno a lei, negli stalli numerati, stanno arrivando in rapida successione tutte le Nemesis disponibili, con già indosso la pesante tunica antiproiettile dal bavero alto e rigido indossata sopra la nuova tuta a prova di fiamme, insetti e agenti chimici. Qualcuna ha già il capo celato dal nuovo caschetto protettivo con la visiera ignifuga.
Nemesis Due si alza dalla console, cedendo a Theresion la coroncina dell’interfaccia telepatica, e indica alcune zone lampeggianti sulla grande mappa dei sotterranei affissa
alle capriate del tetto sopra di loro. “In pochi secondi, abbiamo perso il contatto con ogni essere presente in quei tre corridoi. Gli ultimi segnali sono stati un ronzio d’insetto, poi più niente!”.
“Nessun segnale”, conferma la ragazza dai capelli candidi, una volta infilata la coroncina. “Faccio avanzare qualche ragno per ricolonizzare i tratti perduti”.
“Anche qualche topo, sono più rapidi, e più adatti a un benvenuto sincero”, suggerisce Irenior da un lato dello stanzone; è  appena arrivata assieme a Carol, che si guarda
attorno incuriosita, e Paochaion visibilmente titubante.
“Carol? Che ci fai qui?”, chiede Vera accigliandosi. “Avevi detto che non volevi essere coinvolta…”.
“Volevo assicurarmi che nessuno perdesse la testa”, risponde caparbiamente l’altra. “Così non…”.
“Non ho tempo per te, scusa. Che qualcuno la metta a nanna!”.
“Ma non…”, tenta di protestare l’altra, facendosi avanti, ma una delle Nemesis l’ha già afferrata da dietro, e le preme una manopola sul deltoide. “Scusa, ecco un anticipo. Il
resto te lo farò nella tua camera”.

Concentrata sugli schermi, Wanda non ha prestato alcuna attenzione alla scena imbarazzante accanto a lei. “Vera, questo è l’inizio dell’attacco!”, commenta nervosamente, “E' un trucco per costringerci a dividere le forze. Ma le nemiche saranno solo in uno di questi luoghi”.
“Trucco inutile”, commenta Vera. “Tanto, appena capiamo qual è il vero fronte, possiamo spostare lì tutte le agenti in pochi secondi. Wanda, organizza tu l’esplorazione.
Intanto io contatto i militari”.
“Va bene”. Indica sulla mappa un punto subito al di qua di una delle zone lampeggianti. “Nemesis Uno, Due, Tre: teletrasportatevi in questo punto, rendetevi invisibili e
avanzate con prudenza verso la zona isolata sondandola con i bastoni, sempre restando in contatto. Quattro, cinque, sei: voi andate dall’altra parte del campo, e avanzate finché non vi congiungete con le prime tre. Sette, otto, nove…”.


Meridian, sotterraneo, nel cuore della zona isolata

‘Stanno arrivando’, trasmette Elyon alle sue tre Nemesis in attesa. I loro caschetti non hanno nessun sistema di codificazione dei pensieri a prova d’intercettazione, perché non le è stato possibile replicare l’incantesimo di Vera; però, per supplirlo, tutte loro hanno un introvabile sistema di codificazione impresso nelle ossa della mandibola. Verrò certo rovinato dal metabolismo in pochi giorni, ma nel frattempo renderà inintercettabili le loro trasmissioni.  In più, hanno un inedito incantesimo anti-ipnotico impresso sulle cornee, che darà una qualche protezione anche senza la visiera dei loro caschi.
Si concentra sulle immagini che provengono dai suoi insetti. ‘Tre Nemesis da avanti e tre da dietro. Ma… ma… Folgori di Imdahl! Hanno cambiato divisa!’.
Tra le sue compagne passa un moto d’incertezza e disappunto. ‘Ahi! E ora?’.
Elyon continua a osservare le immagini a bassa risoluzione a pixel esagonali delle avversarie viste attraverso gli occhi composti dei mosconi. ‘E ora, ragazze… facciamo un
restyling dell’ultimo minuto!’.


Meridian, sotterraneo ai margini della zona isolata

Nemesis Uno osserva il fastidioso moscone che sta ronzando fin troppo vicino. Forse era questo ronzio l’ultimo segnale percepito prima del blackout.
Fa un cenno della mano guantata verso l’insetto, che cade a terra fulminato.
Davanti a loro, la galleria è pulita, troppo pulita. Dev’essere opera di Elyon.
Le tre si scambiano un’occhiata attraverso la pesante visiera di pyrex calata sui visi a righe, poi proseguono con prudenza verso il corridoio deserto.
‘Sala operativa, mi sentite?’. Nessuna risposta. ‘Terry, ci capti?’. Ancora niente.
‘Ragazze, siamo già entrate nella zona isolata’, trasmette alle altre. ‘Ruotiamo il dosatore di narcotico sul massimo’.
Sanno di essere invisibili e che lo saranno anche le loro avversarie. Proseguono protendendo davanti a sé i loro manganelli, che si allungano e accorciano ritmicamente
sondando l’aria in un silenzio assurdo. Se i puntali incontreranno qualcuno, automaticamente inietteranno una dose di tranquillante capace di addormentare un cavallo in pochi secondi. E se non bastasse, possono sempre integrarla con una bella manganellata sul cranio, a patto di trovarlo.
Passano con prudenza la prima svolta sulla destra, prendendola larga per non poter essere sorprese da qualcuno che fosse appostato in agguato dietro l’angolo. Niente, il
corridoio prosegue innaturalmente vuoto e pulito.
Dopo qualche passo, si sentono delle voci concitate in distanza, come una colluttazione.
‘Quattro, cinque sei, mi sentite?’. Niente.  Le voci si fanno più vicine. Sono tutte uguali. Forse sono proprio loro.

Un attimo dopo, da dietro la svolta successiva appaiono quelle che sembrano le loro compagne che camminano a passo veloce, trascinando con sé per un braccio… Elyon, nientedimeno! Elyon, la loro più potente avversaria, ora si fa guidare come un burattino, tenendo gli occhi persi nel vuoto!
Ma qualcosa non va: una delle tre ha la visiera scardinata che pende di lato, e viene anche lei trascinata per mano da una compagna.
La prima del gruppo le vede. “Grazie al cielo! Ma dov’eravate?”. “Vi abbiamo chiamato come disperate!”, rincara l’altra.
“Ma… avete preso Elyon!”. “E lei…”.
“Ma cosa le è successo?”, chiede Tre indicando la compagna trascinata che a malapena si regge in piedi.
“Non sappiamo!”, risponde allarmata quella che sembra Nemesis Quattro, alzandosi la visiera.
“Una maledizione!”, rincara quella che sembra la Sei, alzandosi a sua volta la visiera e estraendo una lampadina dalla luce fioca. “Sembra che abbia qualcosa di strano negli
occhi! Come un marchio!”.
“Fatemi vedere…” risponde Due alzandosi la visiera. Anche Uno e Tre la imitano, osservando gli occhi della loro compagna.
“Ma… io non vedo nessun marchio”.  “Neanch’io”. “E’ solo una venuzza”.
“Forse avete ragione”, risponde una delle altre con un accenno di sorriso, guardandole con attenzione.
Mentre scosta i frammenti della visiera di  quella che sembra una compagna in difficoltà, Due si rende conto di un'incongruenza: questi sono frammenti di metacrilato, non di
vetro stratificato come nel loro nuovo casco! “Ehi! Ma...”.
Troppo tardi! In quel momento scatta la trappola: ciò che si vede dall’esterno è che Nemesis Quattro, Cinque e Sei spariscono lasciando l’intontita Elyon a reggersi da sola.

Ma in realtà, la sequenza di avvenimenti che ha luogo in pochi decimi di secondo è più complessa e insospettabile: prima la copiatura delle memorie e dell’impronta mentale, e subito dopo Uno, Due e Tre vengono teletrasportate via con indosso le divise fasulle delle loro misteriose interlocutrici, che invece si teletrasportano al loro posto, dentro le divise autentiche.


Meridian, sotterraneo nel cuore della zona isolata

‘Perfetto! Il mio capolavoro è iniziato!’, si compiace Elyon, ricevendo il messaggio telepatico del pieno successo dell’operazione mentre, più indietro nel tratto isolato, controlla a distanza, tramite gli occhi imperfetti di un silenziosissimo pappatacio, il prudente avanzare nella galleria delle vere Nemesis Quattro, Cinque e Sei. ‘Ora cerco di non far sembrare che sia stato troppo facile!’.
Ormai le avversarie sono a pochi passi dalla svolta oltre la quale c’è lei, e proseguono sondando lo spazio con i bastoni. Con le loro visiere sarebbero in grado di
individuarla subito, e forse hanno anche qualche sistema di allarme posteriore. Teletrasportarsi dietro di loro le sembra troppo prevedibile. Ci vuole un’idea diversa, e lei ce l’ha. Sa che è pericoloso, ma anche per questo potrebbe funzionare meglio.
Prende fiato a fondo: una volta che si sarà resa intangibile per penetrare nella parete, non le sarà più possibile respirare. Per non sprofondare verso il centro del mondo,
dovrà anche controllare la sua posizione con la levitazione.
Avanti, ragazze, venite avanti e fatelo presto, sennò schiatto…
Una volta immersa nella parete, la sua visibilità è completamente oscurata, ma resta in contatto telepatico con i suoi discreti insetti che, oltre a perpetuare il blackout, le
inviano le loro pessime e preziose immagini della posizione delle sue avversarie.  Le vede avanzare con prudenza, puntando i loro bastoni che si allungano come antenne di lumache verso la posizione subito dopo l’angolo, per poi continuare dopo la svolta rimettendosi fianco a fianco. Prestoprestopresto…
Dopo qualche istante, giudica che sia il momento giusto: il suo viso emerge con prudenza dalla parete. A mezzo metro da lei, l’avversaria più vicina le dà il fianco
nascondendola dalle altre, e il nuovo caschetto più robusto le limita la visuale. E’ così vicina che potrebbe toccarla quasi senza allungare il braccio. Abbastanza da poterla teletrasportare via senza neppure un gesto.
Quando l’avversaria più vicina sparisce senza un suono, la seconda della fila non ha il tempo neanche di notarlo prima di svanire a sua volta.
La terza si accorge di qualcosa, forse perché i bastoni delle altre sono spariti dal suo campo visivo, ma ha tempo a malapena di voltarsi prima di svanire via senza una
parola.
Meraviglioso, si compiace Elyon emergendo dalla parete per poter tirare finalmente il fiato. ‘Ragazze, pieno successo. Ho spedito via tre avversarie. Proseguite col piano, e
tanta fortuna! Interrompo i contatti’.

‘Ricevuto’, confermano le nuove Nemesis Uno, Due e Tre.
Subito dopo, sia loro che la goccia di Elyon attivano le loro memorie sostitutive.
Dopo un attimo di disorientamento, le tre afferrano la prigioniera, che geme sorpresa, le premono una manopola narcotizzante contro la spalla, e la trascinano fuori dalla zona
del blackout.
‘Centrale, qui Uno. Mi ricevete?’.
‘Positivo, Uno. Riferisci’.
‘Abbiamo catturato Elyon. Ripeto, abbiamo catturato Elyon’.


Fienile a sud di Meridian

Le luci dell’alba filtrano già attraverso le finestrelle senza vetri, quando Elyon appare da un debole luccichio. “Ragazze, scusate l’attesa, ma… Ma dove siete?”. Si guarda attorno: nessuno. Che si siano rese invisibili?
“Ragazze, vi prego, non fate scherzi. Fatevi vedere”.
Nessuna risposta segue le sue parole; solo cinguetti di uccelli lontani e il saluto al sole di un cjokk interrompono il silenzio dell’alba.
“Oh, no! E adesso, dove saranno?”.

 

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Capitolo 77
*** Il mostro nel giardino ***


Ad personam
 
Grazie Sweet Witch,
sono molto contento che questo capitolo ti abbia soddisfatta. Apprezzo molto la cortesia delle tue recensioni, anche quelle dei capitoli arretrati. Grazie anche per la recensione a La Luce al tramonto, mi fa sempre piacere che qualcuno riprenda in mano quel racconto.
 
Qualche parola su questo capitolo: l'inizio segue a ruota la fine del capitolo precedente con il sorprendente annuncio della cattura di Elyon. Il titolo, Il mostro nel giardino, fa riferimento a quello che Elyon fa credere sia il piano delle WITCH, e spingerà Vera a fare qualcosa che era al difuori dei suoi progetti. Faccio notare che, in azione, le Nemesis non usano più i nomi propri di cui pur erano gelose, ma i numeri progressivi per questioni di praticità.
Anche questa volta chiedo venia, ma non sono riuscito a fare un disegno per illustrare il capitolo. Però, se a qualcuno può interessare, il grande quadro che mi occupava la scrivania è stato completato e mi dà molta soddisfazione, anche se non potrei spacciarlo per una panoramica di Meridian.
 
Buona lettura
MaxT
 



PROFEZIE


 
Riassunto delle puntate precedenti
 
Dopo un incontro misterioso con la Luce di Meridian, Vera ha convinto le Gocce a sostituirsi a Elyon a Meridian, impersonando la regina e le guardiane.
La controfigura di Elyon e le finte guardiane esiliano Miriadel e Alborn, mentre Caleb sfugge alla cattura; pur avendo assunto il potere, si rendono conto di non essere convincenti, e inventano la storia che le guardiane sono a palazzo per proteggere la Luce di Meridian da un complotto.
A Heatherfield, Elyon spiega che quella che si sta realizzando è una sua profezia, che prevede che la tirannia duri un anno, che a Meridian dura diciotto mesi. Elyon è decisa a non tentare niente prima di questa scadenza.
Il nuovo piano di Vera prende rapidamente forma, basandosi sull'ambiguità del termine di un anno: prima simuleranno che Elyon diventi sempre più tirannica, screditandola, poi Vera la spodesterà dopo un anno terrestre di dodici mesi, facendo finire apparentemente la tirannia e realizzare la profezia; poi, dopo aver guadagnato il consenso della gente, si prepareranno per affrontare Elyon e le Guardiane al loro ritorno dopo diciotto mesi, un anno di Meridian.
Vera crea venti copie di Wanda, dette Nemesis, che avranno l'incarico di impersonare le guardiane e di sorvegliare la città restando invisibili o sotto falsa identità, o con l'aspetto di aquile.
Come dal piano di Vera, le false Guardiane imprigionano Galgheitha e altri personaggi importanti, che potrebbero rendersi conto che la sempre più tirannica Regina e le Guardiane sono state impersonate da controfigure; la principessa Vera fa la parte della buona, facendo fuggire questi prigionieri dalla città.
Infine, si arriva allo scadere dei dodici mesi dall'arrivo delle Gocce e da quello che a molti appare come l'inizio della tirannia. La montatura arriva al suo culmine: Vera parla in consiglio criticando Elyon, poi affronta le false guardiane e infine la falsa Elyon, sconfiggendoli tutti e venendo proclamata Regina.
Informata da Caleb, la vera Elyon decide di proseguire col piano iniziale, aspettando altri sei mesi per intervenire; inoltre preannuncia alle guardiane che intende farlo da sola. Queste, preoccupate, si chiedono se dovranno intervenire in qualche modo per aiutarla.
Nel frattempo Vera fa sperimentare nuove armi segrete, come fruste capaci di iniettare narcotici e sistemi per materializzare armi pesanti in vista del confronto finale.
Cinque mesi dopo, la situazione precipita improvvisamente per un casuale ma burrascoso incontro di Taranee con le gocce a Midgale. L'Oracolo acconsente a chiudere la muraglia per precauzione e ne fa dare preavviso a Elyon, che però decide di dover assolutamente parlare con Vera al più presto.
Elyon, quindi, decide di teletrasportarsi immediatamente nel suo mondo. Preoccupato per la sua sorte, L'Oracolo convoca immediatamente le Guardiane, inviandole a recuperarla. Queste intervengono in tempo per sottrarla a due Nemesis che stavano cercando di catturarla. Ma nel trasportarla a Kandrakar, inaspettatamente trascinano con loro una delle due, Dora.
A Kandrakar, Elyon viene costretta a rivelare che il colpo di stato di Vera era stato frutto di un loro accordo per far realizzare la profezia della tirannide nel modo meno dannoso possibile. Vera aveva assunto una pozione per dimenticare questo accordo, ma la sua memoria sarà ripristinata pronunciando in sua presenza una frase concordata, che comunica a Dora che viene rimandata a Meridian come messaggera.
Dora ritorna e ripristina i ricordi di Vera, aggiungendo che Elyon vuole parlarle, ma riferisce anche che a Kandrakar sia lei che la ex-regina sono state minacciate.
Quando Elyon viene condotta al cospetto di Vera, questa rifiuta di tirarsi in disparte e ammettere pubblicamente la montatura, con la scusa che Elyon non ha mantenuto una vecchia promessa, e che non può comunque garantirle dalle vendette di Kandrakar; tuttavia mantiene la promessa di riportarla a casa, libera, in attesa del confronto finale.
Le WITCH apprendono da Cornelia l'esito di questa missione. Taranee è fortemente risentita sia verso Cornelia, che ha sempre spalleggiato Elyon pur avendo intuito i suoi piani, sia verso Will, accusata di essere sempre più simile all'Oracolo. Pochi giorni dopo, però, Will si confida con Matt in un locale pubblico, e casualmente Taranee e Hay Lin sentono questo sfogo; mentre Taranee si rabbonisce, Hay Lin è in preda ai dubbi sul suo ruolo e il suo futuro, e si mette in contatto con la nonna Yan Lin che la rassicura, senza però poterle rivelare il segreto dell'Antica Profezia sulla quale si fonda Kandrakar.
Nel frattempo, a Meridian Vera e le sue fedeli si preparano a modificare il loro sistema difensivo, dopo che la temporanea cattura di Nemesis 1 aveva rivelato all'Oracolo fin troppe informazioni su di esso.
Elyon scopre tragicamente di aver portato con sè la Corona di luce fasulla. Informato, l'Oracolo disapprova il suo piano di creare delle Nemesis a lei fedeli, e impone di concordare un piano con le Guardiane. Endarno, sfiducioso, incarica Orube di preparare una seconda squadra d'intervento.
Elyon sostiene il piano di Cornelia di usare il Potere della Terra per aprire una galleria nei muri e sorprendere Vera; in realtà non ha rinunciato al suo piano segreto di sorprendere la rivale creando tre Nemesis a lei fedeli, più una sosia di sè senza poteri da far catturare. Nel segreto del suo scantinato, questo piano viene messo a punto in ogni dettaglio. 
Arrivato il grande giorno, Le WITCH e Elyon si teletrasportano alla periferia di Meridian, ma questa le lascia brevemente per iniziare il suo piano. Riesce a infiltrare le tre Nemesis a lei fedeli, che trasmettono a Vera di avere catturato Elyon, in realtà la sosia. Nel frattempo però, credendosi abbandonate, le WITCH si dirigono verso la città senza aspettare l'amica. 
 
 
 
Capitolo77
Il mostro nel giardino
 


Meridian, sala operativa delle Nemesis
 
“L’hanno presa!”, esclama Theresion incredula quasi sobbalzando sulla poltroncina della sua console, “Hanno preso Elyon!”.
Un coro di esclamazioni vittoriose si levano dalle Nemesis attorno. “Che colpo!”. “Vittoria!”.
La voce scettica di Vera smorza gli entusiasmi. “Ma non vi è sembrato troppo semplice?”. Si avvicina alla console, sfiorando con un dito una delle gemme luminose; subito dopo, tre dei puntini luminosi sulla grande mappa dei sotterranei appesa alle capriate vengono cerchiati da un alone rossastro. “Ci vuole una verifica. Tutto ciò sa di tranello!”.
Theresion incalza, portandosi le mani alla coroncina di trasmissione telepatica: “Intanto, chiedono il permesso di rientrare con urgenza”.
“Aspetta”, dice Vera, “Voglio essere sicura. In primo luogo, voglio un’analisi del sangue sia per questa Elyon che per le tre Nemesis che l’accompagnano!”.  Materializza sul palmo un piccolo nugolo di zanzare, che poi svanisce nell’usuale scintillio. “Terry, dì alla scorta di scoprirsi la pelle”.
“Se proprio vuoi”, risponde un po’ malvolentieri, “Ma secondo me è una precauzione inutile: comunque, il firewall del palazzo analizza l’impronta mentale di chiunque l'attraversa. Questa è una garanzia più che sufficiente per la loro identità”. Si concentra ancora un attimo sulla trasmissione, poi dice: “Ora stanno protestando: dicono che prima che la prendessero, Elyon ha fatto svanire le altre tre che avanzavano dall’altra parte della galleria”.
“Cosa? Svanire?”, chiede la Grande Sorella presa in contropiede, alzando gli occhi verso la mappa alla vana ricerca dei puntini luminosi, già inghiottiti dall'alone della zona isolata. 
“Le Quattro, Cinque e Sei?” , fa eco Wanda, “Dovrà spiegare subito cosa ne ha fatto!”.
Terry aggrotta gli occhi e armeggia con qualcuna delle gemme luminose della console. “Nessun contatto con Quattro, Cinque e Sei”, conferma preoccupata, poi aggiunge: “Ora Uno, Due e Tre sono arrabbiate. Dicono che se le fai aspettare da sole nella galleria, le streghe potrebbero apparire da un momento all’altro e liberare Elyon”.
“E’ possibile”, ammette Vera. Si concentra un attimo su qualcosa di lontano, poi annuncia con un  sorriso teso: “L’identificazione del sangue è positiva. Elyon e tre Nemesis”.
“Allora, le faccio rientrare?”, sollecita Theresion impaziente.
“Sì, Ma prima fai rientrare tutte le altre! Dobbiamo essere preparate a qualunque sorpresa!”.
 
 
Meridian sala operativa delle Nemesis, un minuto dopo
 
Appena si materializzano con la loro preziosa prigioniera, Nemesis Uno, Due e Tre iniziano a brontolare. “Finalmente!” “Che aspettav…”.
Le lamentele si interrompono a metà frase, quando realizzano: tutt’attorno a loro, le loro compagne le hanno circondate e puntano loro addosso mitragliette e sfollagenti narcotizzanti.
“Ma… che cavolo…”.
“Scusate”, spiega Vera da dietro lo schieramento, “Ma dovevo prendere qualche precauzione. Non vorrei regalare loro la vittoria per leggerezza, se fosse una trappola”.
“Ma che trappola!”. “Abbassate le armi!”. “Non ne hai avuto abbastanza dei colpi partiti per sbaglio, a Midgale?”
“Zitte un attimo!”, comanda Vera stizzita, “Wanda, fai alla nostra vecchia amica un’altra pera di narcotico! Sulla pelle scoperta, mi raccomando!”.
“Subito!”. Wanda fa allungare il suo sfollagente finché  la punta non sfiora il collo di Elyon. L’iniettore dislocante sul puntale non richiede il contatto fisico, e la prigioniera già intontita non sembra notarlo neppure.
“Non troppo”, la ammonisce la Due, “Le abbiamo già fatto una dose doppia”.
“Ora non starà più in piedi”, rincara la Tre preparandosi a sorreggerla.
Dopo che Wanda ha ritirato il suo sfollagente, tutte loro rimangono un lungo attimo in sospeso, attendendo nervosamente un ordine della loro regina, che sta tenendo gli occhi socchiusi inquietantemente fissi sulle tre della scorta. 
“Abbassate le armi”, ordina infine Vera, “L’identificazione di Nemesis Uno, Due, Tre è confermata”.
Con qualche celato sospiro di sollievo, tutte le altre ripongono le pistole mitragliatrici e i manganelli nelle fondine.
“Bell’accoglienza!”, brontola Uno, sostenendo la prigioniera che comincia a barcollare vistosamente, e la trascina verso una poltroncina che un’altra le accosta.
Vera viene vicino, osservando con attenzione gli occhi vacui di Elyon. “Allora, sorellina? Un anno d’attesa, per poi essere presa così? Non ti sei coperta di gloria, temo”.  
Non ricevendo nessuna risposta, continua a fissarla, sondandone le memorie per un lungo minuto. 
 
Alla fine, sul suo viso l’espressione assorta è sostituita da una vittoriosa. “E’ proprio lei!”.
“Ne dubitavi ancora?”, chiede Wanda.
Senza risponderle, Vera continua: “Il suo progetto era di sostituirsi a una Nemesis e infiltrarsi nel palazzo. A questo punto avrebbe agito da quinta colonna dall’interno, aspettando l’occasione buona per teletrasportarmi via sulla Terra”. Fa una smorfia di disprezzo. “Niente d’imprevedibile, sorellina. Immaginavo che volessi fare proprio questo”. Le fa un largo sorriso, aggiustandosi una ciocca di capelli. “Peccato che mi sia bastato modificare i settaggi del firewall del palazzo: ora, se qualcuno tentasse di teletrasportarmi fuori, la barriera mi rimanderebbe semplicemente al posto di partenza”. Vittoriosa, torna a sondare gli occhi vacui di Elyon, ma di colpo perde tutta la sua baldanza. “Folgori di Imdahl! Le WITCH, con Cornelia in testa, stanno scavando un tunnel per arrivare nel giardino al centro del palazzo!!!”.
“Il potere della Terra…”, sbotta Irenior seduta sulla poltroncina più comoda del sottotetto, “Non l’avevamo pensata, questa!”.
“C’è di peggio”, aggiunge Vera, “Questo stesso potere della Terra può trasformare tutto il giardino in un unico enorme mostro ai comandi di Cornelia, proprio al centro del palazzo. Rami e viticci potrebbero sfondare gli infissi e dilagare nelle sale!”.
Wanda aggiunge, impressionata: “Alcuni alberi arrivano fin quasi alla sala del trono. Se penso come Cornelia sa farli crescere…”.
“Possiamo usare i lanciafiamme per incenerirli prima”, suggerisce una Nemesis, ma l’idea non trova consensi.   Altre di loro propongono: “Meglio tenderle un agguato nel giardino senza essere viste”,  “Possiamo colpirle appena sbucano!”.  “Dì a Terry di contattare gli insetti del giardino”. “No, meglio i lombrichi del terreno”.  Altre incalzano:   “Presidiamo anche il piano terra del palazzo”. “Casomai cambiassero il piano”.
“Potrebbero essere partite dalle zone isolate”, dice Theresion, facendo voltare tutte verso di lei mentre indica, sulla grande mappa del sotterraneo appesa alle capriate, le tre chiazze ancora lampeggianti che si stanno gradualmente restringendo. “Mezzo miglio da qui, in linea d’aria”.
“Quanto tempo abbiamo?”, chiede una delle Nemesis mentre osserva nervosamente da una finestra sul cortile.
“Difficile da prevedere”, risponde Vera con una smorfia d’incertezza, quasi pentendosi di aver messo a nanna Carol. Forse lei avrebbe potuto valutare meglio delle altre l’abilità di Cornelia in questo campo. Ma poi, avrebbe potuto fidarsi della sua risposta?  “Dovrò usare i soldati per tamponare questa falla”.
“I soldati?”, si stupisce Wanda, “Ma lo sai che sono goffi e inadeguati contro le guardiane! Ai tempi di Phobos...”.
“Lo so”, conviene Vera rammaricata. “Dovrò dotarli in tutta fretta di una nuova arma. Non avrei voluto mettere loro in mano così gli anticorpi, ma piuttosto che vedersi apparire il nemico sotto i piedi…”.
 
 
Meridian, palazzo reale, salone d’ingresso, mezz'ora dopo
 
L'eco dei passi pesanti e cadenzati non si è ancora smorzato sulle scale che scendono verso il seminterrato, e già il drappello successivo di soldati si materializza da un baluginio sull'ampio disco bianco al centro dell'atrio.
Appena apparso, il sergente al suo comando si guarda attorno: i piantoni che sorvegliano l'ingresso ben serrato non lo degnano di un'occhiata, intenti a sondare nervosamente tutt'attorno con lunghe bacchette bianche. L'aria sembra quasi ronzare per la tensione.
“Ma dove cavolo...”.
“Ehm, sergente...”, gli bisbiglia uno dei soldati, cercando di indicargli discretamente qualcosa alle loro spalle.
 
La voce del capitano Mopurk lo fa sobbalzare. “Sono qui, sergente Koltr”. 
Il sottufficiale si volta sui tacchi e saluta. “Agli ordini, signore”. 
Il massiccio capitano e il suo attendente, con carta e matita alla mano, li stavano attendendo accanto a una cassetta di legno aperta accanto ai loro piedi.
“Sergente, prendete posizione nel corridoio interno, al piano inferiore, tra la torre est e la torre nordest”. Vedendo uno sguardo di dubbio negli occhi del subordinato, indica il tragitto con la mano: “Scendete quelle scale, e poi presidiate il corridoio là sotto, e anche tutti i locali. Date immediatamente l’allarme se notate una strana luminosità nel pavimento. Si pensa che le streghe di Kandrakar possano entrare aprendo un tunnel”.
“Sì signore! Soldati, avanti...”.
“Aspettate! C’è un’altra cosa: delle nuove armi”. Raccoglie dalla cassa ai suoi piedi alcuni oggetti biancastri, una specie di coni da gelato con una cordicella che penzola da un foro nel vertice. “Ve ne lascio quattro”. Porge gli oggetti ai primi soldati del drappello. “Ricordate: siete responsabili personalmente di queste munizioni speciali. Non tirate la corda senza motivo, perché si può usare una volta sola!”.
L’ attendente, lì accanto, trascrive i nomi su un quadernetto. “Vademir… Joksor… Tribind… e tu…”.
“Taltor”, completa l’interpellato, girandosi tra le mani l’oggetto mai visto prima. “Ma signore, cos’è?”.
“Non è necessario che tu lo sappia, soldato”, risponde l’ufficiale.  Prende un altro cono dalla cassa e spiega, mimando il gesto: “Se vedrete apparire le Guardiane, puntate la faccia piatta verso di loro, e tirate forte la cordicella finché si aziona”. 
“E… cosa dovrebbe succedere, signore?”, insiste il soldato Taltor.
“Lo scoprirete se verrà il momento”, risponde l’ufficiale, mentre un ronzio della piastra sul pavimento preannuncia l’arrivo di nuovi contingenti. “Ora andate, presto!”.
“Agli ordini!”. Il sergente Koltr saluta e si avvia: “Avanti, march!”. Getta un'occhiata eloquente ai suoi soldati: se qualcuno accennerà soltanto a fargli domande troppo difficili, se ne pentirà amaramente.
 
Mentre osserva il drappello avviarsi verso lo scalone, il capitano Mopurk si rigira fra le mani uno dei misteriosi coni, chiedendosi in cuor suo che cosa diamine dovrebbe succedere tirando la cordicella.
 
 
Meridian, sala operativa delle Nemesis
 
“Allora, Vera, spiegaci un po’ qualcosa di questi misteriosi anticorpi”, dice Wanda con i pugni piantati nei fianchi. 
Vera esita, combattuta, poi cede alle insistenze. “Quella è un’arma che non ho mai osato sperimentare. E’ basata sull’antipotere, una forma di magia nera opposta ai tipici poteri degli Escanor”. Osserva le espressioni sbigottite, e continua: “Per produrla, ho dovuto usare metodi e rituali completamente diversi dai soliti. Non sono neppure sicura che funzioni, potrebbe rivelarsi una grossa delusione. Ma se funzionasse, potrebbe essere decisiva”. Previene la domanda che tutte stanno per farle: “No, non ho altri tipi di armi non letali da dare ai soldati”.
Le altre annuiscono perplesse. “Antipotere…”. “Come funziona?”.
“Quando gli anticorpi vengono liberati, aderiscono alla persona per cui sono stati tarati. Ne riconoscono certe proteine espresse dal corpo o altre caratteristiche chimiche attraverso una sorta di olfatto a distanza. Questi anticorpi sono specifici per Elyon e le guardiane, esclusa Will, e per la superficie del Cuore di Kandrakar”.
“Allora, aderirebbero anche su di te e di noi, escluse le Nemesis”, interviene Therese sempre seduta alla console, che divide la sua attenzione tra le parole di Vera e l’interfaccia telepatica del sistema di sorveglianza. 
“Su di noi?”, ripete Irenior dalla sua poltrona, scambiando un’occhiata preoccupata con Paochaion rimasta in disparte. “E’ per questo che non li hai mai provati?”.
Vera si stringe nelle spalle. “Anche. Se quella roba mi investisse, io perderei i poteri finché non fossi completamente ripulita, e lo stesso succederebbe con Elyon e le Guardiane… ovviamente, se tutto funzionerà davvero come scritto sui testi neri”.
“Capisco perché l’hai tenuto così segreto”, riflette Wanda, “A Meridian, questa è l’arma ideale per un colpo di stato, se può essere usata anche contro di te”.
Le altre Nemesis riprendono: “Ma perché non li hai dati a noi, questi anticorpi, piuttosto che a quell’accozzaglia di buzzurri dei soldati?”. “Avremmo potuto usarli contro Elyon nei sotterranei”. “E Quattro, Cinque e Sei ora sarebbero ancora con noi”.
Vera scuote il viso. “Magari avessi potuto! Purtroppo l’antipotere ha qualche effetto anche quando è racchiuso nell’involucro. E’ impossibile teletrasportare quel materiale, per dirne una. Insomma, anche solo portando quei contenitori in mano o in tasca, perdereste temporaneamente tutti i poteri che vi ho conferito”.
Scende un attimo di silenzio preoccupato.
 
Inaspettatamente, Irenior interviene: “Senti, Luce, intanto che noi parliamo, quelle là, la loro biondona in testa, stanno proseguendo la loro galleria. Che ne direste di cercarle?”.
“E come?” chiede di rimando Vera, cupa. “Possiamo solo attendere che siano avvistate da qualcuno, il che potrebbe anche avvenire… laggiù”. Guarda fuori da uno degli abbaini che danno sul cortile interno. La visibilità verso il basso è limitata dalle falde del tetto, ma le cime degli alberi giganteschi sono ben visibili. Quegli stessi alberi che potrebbero trasformarsi in mostri al comando di Cornelia, mentre le altre… chissà come pensano di usare i loro poteri, si chiede.
 
Irene si propone: “Senti, Luce, la nostra superbionda mi ha insegnato a fare il fantasmino.  Posso lasciare il mio corpo qui, sempre se promettete di non farmi scherzi del piffero, ed entrare nel terreno per cercare la loro galleria”.
“Davvero lo faresti?”, si stupisce Vera, “Certo, ci sarebbe utilissimo”.
“Allora comincio subito. Un divano, per piacere…”.
Le altre allineano due file di poltroncine imbottite. “Può andare?”, chiede Wanda, ripiegando un plaid per farne un cuscino d’emergenza.
Irenior guarda con occhio critico il catafalco improvvisato. “Avrei preferito il lettone della nostra amata regina, ma comunque me lo farò bastare”.  Prende posto con un po’ di fatica gattonando sulle sedie, poi si rigira a  viso in su e chiude gli occhi. “Volare sottoterra… il sogno di una vita”, ironizza, poi il suo corpo si abbandona in quello che, da fuori, sembra solo un sonno senza sogni.
 
Tutto comincia sempre così: la sensazione di oscillare, di scivolare fuori dal proprio corpo abbandonandolo a partire dai piedi, e poi di librarsi a faccia in giù sopra di esso. Il chiarore  azzurrino che permea l’ambiente sembra venire dall’interno di ogni cosa, sommandosi alla fosforescenza verdina del pavimento e alla luce dorata dell’alba che ora entra dagli abbaini, disegnando lunghe scie nel pulviscolo.
Osserva il suo corpo abbandonato… Oh, cavolo, ho messo due scarpe diverse! Sarò lo zimbello di tutte, al mio ritorno!
Mettendo in disparte quel pensiero fastidioso, Irene si decide e parte giù in verticale, attraversando in breve la sala del trono, dodici piani di sale e uffici vari, l’atrio e il salone al di sotto, pieno di soldati. E poi, trova solo un buio che non è buio, ma un limbo informe pervaso dalla onnipresente fosforescenza azzurrina della materia inerte. Per un attimo attraversa una galleria, ma talmente in fretta che non riesce a fermarsi prima di essere sprofondata nel pavimento lastricato. Decide di tornare su per ridare un’occhiata, anche se non le sembrava affatto opera di Cornelia, non è che lei usi lastricare di pietre rettangolari i suoi tunnel. Inverte la direzione, o almeno così le sembra, ma non riesce più a ritrovare la galleria di prima, e prende a muoversi in cerchio. Dovrebbe averla superata, ormai… Ma non ha riferimenti per le distanze, se non la sua stessa immaginazione. Ai suoi occhi incorporei il terreno attraversato appare sempre dello stesso grigiazzurro scuro.
Finché finalmente sbocca in una nuova cavità. E’ una grotta… neanche, è un anfratto mai attraversato dall’uomo, troppo stretto per essere percorso. Ma qual è l’alto? Quale il basso? 
Scruta qualche indizio che glielo indichi, seguendo il meandro troppo stretto per essere attraversato da qualunque corpo umano materiale. 
Quando la cavità si esaurisce davanti a lei, ha un moto di panico. Se non trova un qualche riferimento che le faccia capire qual è l’alto, rischia di volare alla cieca verso l’interno del terreno, perdendosi nell’indistinto per sempre. 
‘Aiuto, Vera!’.
‘Cosa succede?’, risponde l’altra con il pensiero.
‘Ho perso l’orientamento! Da che parte è l’alto?’.
‘Dalla solita parte. Ma tu dove sei?’.
‘Non so. Sono scesa dritta sotto la rupe, ma poi… Oh cazzo, non voglio vagare qui sotto per l’eternità!!!’.
‘Va tutto bene, tranquilla’.
‘Tutto bene un cazzo di mio nonno!’.
D’improvviso Irenior si sente come tirare da dentro i visceri, come se qualcuno le avesse legato cuore, stomaco e budella a un treno. Lei non può far altro che assecondare quella trazione, attraversando universi di grigioblu informe, poi, come lampi una dietro l’altro, i tredici piani della torre est.
 
“Ah!”. Si sveglia di soprassalto, agitata, mentre qualcuno la scrolla con energia. 
“Tutto bene?”, le chiede Vera chinata su di lei dalla testa, ancora con le mani sulle sue spalle.
“Bene come fossi appena tornata da un incubo”, risponde Irenior, tirandosi su a sedere. Si passa una mano sulla fronte fredda e sudata.
“Sai che hai messo due scarpe diverse?”, le fa Vera con un sorrisino. “Forse, con quelle belle uova di Pasqua, la tua visibilità verso il basso non è il massimo”.
Irenior la ricambia con un’occhiata storta. “Questa battutina me la sarei aspettata da Superbionda, non da te. Perché non pensi a quelle là, che stanno venendo dalle fogne a prenderti il trono e sbatterti nella Torre delle Nebbie fin alla fine dei tuoi giorni?”.
“Cercavo solo di sdrammatizzare”, risponde Vera tornando di malumore. “E’ che ti sei fatta prendere dal panico”. Si volta verso Paochaion, che sta cercando di vedere la scena, alzandosi sulle punte dei piedi da di là della cortina di Nemesis tutt’attorno.
“Pao, carissima! Tu hai un ottimo senso dell’orientamento, vero? E conosci bene i sotterranei, pure! Non è che vorresti provare…”.
“Io…”. Pao deglutisce, spaventata all’idea. “Io… Io non so orientarmi, se non riesco a vedere”.
“Beh, potresti iniziare un’esplorazione sistematica. Basta che fai brevi tratti, da una galleria all’altra”.
Pao si stringe le braccia e trema, come se si afferrasse al suo stesso corpo. “Io… io non l’ho mai fatto… io non voglio!”.
“Ma ti insegnerà Irene!”, insiste Vera. 
“Ah… allora siamo a posto!”, risponde con un’occhiata all’amica che si sta rimettendo in piedi. “No, no e poi no!”.
“Ci riproverò io tra poco”, interviene Irenior alzandosi faticosamente in piedi. “Lasciami solo qualche minuto”.
“Va bene”, acconsente Vera con un'occhiata nervosa all'orologio alla parete, “Per riprenderti dalla paura?”.
“No. Per andare a cambiarmi le scarpe”.
 
 
Meridian, periferia sud
 
Il cielo ormai è già chiaro quando le W.I.T.C.H. arrivano alla periferia della città, celate dal loro manto d’invisibilità. Camminano lentamente e in silenzio, con Will in testa che cerca di orientarsi con il Cuore di Kandrakar che levita attaccato alla catenella, mentre Irma è marcata stretta tra Cornelia e Taranee, pronte a stroncare a gomitate qualunque sua manifestazione vocale.
‘Non va bene’, trasmette Will nell’equivalente telepatico di un bisbiglio. ‘Il Cuore sta oscillando tra due posizioni. Quando eravamo lontani dalla città era solo una vaga vibrazione, ma ora mi sembra sempre più che stia oscillando tra la direzione del palazzo e un’altra sottoterra’.
‘Forse sta cercando di dirci che dovremmo riprendere il tunnel fino al palazzo anche senza di lei’, suggerisce Taranee.
‘Forse dovremmo’, concorda Hay Lin con un brivido, ‘Guardate che feticci inquietanti’. Indica delle figure simili a statuette di terracotta dalle fattezze umanoidi appoggiate ai davanzali.
‘Ahi’, pensa Cornelia, ‘Prima, non abbiamo mai visto cose simili in giro per Meridian’.
Irma indica una statuetta dai colori vivaci e dal sorriso finto che sembra scrutare giù da un ballatoio da sotto due palpebre pesanti. ‘Guardate! Non è Pisolo, quello?’.
‘Pisolo!’, conviene Hay Lin. ‘Se questa non è opera loro…’.
 
L’aprirsi dei battenti di una finestra alle spalle le fa sobbalzare. Attendono un attimo, immobili come le statuette che sembrano osservarle, ma non succede niente.
‘La città sta cominciando a svegliarsi’, constata Will contrariata. ‘Andiamo avanti lo stesso’.
Riprende a camminare a passo sempre più prudente, ascoltando i primi rumori mattutini provenire dalle case e dai vicoli. 
A mano a mano che si avvicinano al centro, la divergenza tra le due direzioni segnate del Cuore di Kandrakar si fa sempre più marcata, e il talismano tira sempre più verso il basso. 
‘Cosa vuoi fare?’ chiede Cornelia senza rompere il silenzio.
‘Voglio proseguire finché il ciondolo non tirerà verso il basso’, risponde Will, ‘Poi entreremo nel sotterraneo a cercare cos’è che lo attira lì’.
 
 
Meridian, nel cuore della zona isolata nei sotterranei
 
Seduta nell’inadeguato riparo offerto da una nicchia che alloggia una fredda panchina di pietra, illuminata dalla fosforescenza verdolina onnipresente nel sotterraneo, Elyon riflette sulla situazione. 
Le sue amiche, a quanto pare, hanno preferito iniziare senza di lei e richiudersi il tunnel alle spalle. Eppure aveva ben detto di aspettarla… Quant’è stata via, in fondo? Dieci minuti?
Ora, senza il suo aiuto come esploratrice loro rischiano di mettersi nei guai, se sboccano in qualche locale sorvegliato. E neppure lei stessa è troppo sicura qui, non abbastanza da poter lasciare il suo corpo indifeso per intraprendere una ricerca extracorporea. 
Ha eliminato una quantità enorme d’insetti nemici, e alcuni dei suoi pappataci sono ancora in posizione ostacolando la trasmissioni di Vera, ma la situazione in questo corridoio tornerà presto alla normalità, e non può rafforzare queste difese se non vuole smascherare la sua goccia. 
Potrebbe far creare falsi allarmi, falsi avvistamenti delle Guardiane, ma senza essersi accordate con loro ciò rischia di diventare controproducente. 
No, niente azioni a casaccio, tanto il tempo lavora a suo favore. Per ora è meglio nascondersi, aspettare e sperare che la trappola principale funzioni come deve. E’ quasi passata un’ora, presto le sue Nemesis si ricorderanno finalmente chi sono davvero e cosa sono lì a fare. Allora sì, qualche diversivo potrebbe essere utile per distrarre Vera e dar loro il modo di spedirla via. E se entro un’ulteriore ora ciò non fosse avvenuto, allora scatterebbe il piano B.
 
 
Meridian, zona del mercato nuovo
 
Will prosegue, osservando il Cuore di Kandrakar oscillare sempre più insistentemente verso il basso. E’ probabile che Elyon sia nascosta nel sotterraneo a non più di un centinaio di metri da loro.
Dietro, le altre camminano circospette, osservando le finestre e le stranissime statuette di ogni tipo che sembrano scrutare le strade come sentinelle, ma che per adesso non sembrano averle rivelate. Accanto a sagome umanoidi e di animali sconosciuti, hanno riconosciuto nanetti, donnine, dinosauri e perfino una Barbie in tuta mimetica appostata in un vaso di gerani.
 
Sboccate in un grande piazzale, l’attenzione di Irma è attirata da alcuni grandi portali di pietra bianca, simili a dolmen. Tre di questi hanno il fondo chiuso da una grande lastra, ma il quarto è aperto. Ciò che si vede attraverso non sono le vecchie case retrostanti che costeggiano il piazzale, ma un paesaggio carsico con un lontano sfondo di montagne. 
‘Che prodigio è mai questo?’, si chiede la ragazza avvicinandosi con prudenza. E’ come se il portale si aprisse su un altro luogo, ma in mezzo non c’è nessuna superficie che demarchi una divisione, perfino il basamento di granito sembra continuare al di là.
‘Irma, non tirarci addosso i guai come tuo solito’.
‘Tranquilla, io-so-tutto, sto solo guardando. Non farei…’.
D’improvviso, anche gli altri tre portali si animano. Lo sfondo di pietra sparisce, facendo apparire luoghi diversi… e popolati. Ordini secchi in meridiano, e rumori di passi pesanti. Molti passi, e molto pesanti.  E drappelli di soldati che marciano verso di lei.
Un attimo dopo, dai portali cominciano a sgorgare drappelli di soldati tozzi e massicci dalla pelle marrone.
‘Non è colpa mia! Non ho fatto niente!’, tenta di discolparsi la Guardiana dell'Acqua.
‘Vieni via, disgrazia vivente!’. ‘Non ci hanno viste’. ‘Non ancora’.
‘Presto, cerchiamo un ingresso per i sotterranei’, ordina Will, allontanandosi lungo una laterale sulla sinistra. 
Tutte la seguono velocemente. Troppo velocemente.
 
Un soldato si ferma ad ascoltare, e subito viene investito da un altro, che esce di corsa. Il cozzo dei due elmetti metallici sovrasta per un attimo ogni scalpiccio.
“Perché ti fermi così, Trablor?!?”,  protesta il secondo.
“Zitto. Non ti sembra di sentire dei passi?”.
“Certo. Stavano correndo tutti, tranne tu che ti…”.
“No, no. Altri passi. Passi di scarpe col tacco alto. Sergente…”.
Il sottufficiale, già lì accanto, fa un cenno della mano per imporre il silenzio a tutti, e ascolta. Poi fa un cenno agli altri tenendo la mano sollevata sopra la testa. “Andiamo in silenzio”, sussurra.
 
Will raggiunge di fretta il portico, in cui ricordava di avere visto una delle caratteristiche cancellate che chiudono l’ingresso ai sotterranei. Afferra una sbarra e tira, ma senza risultato.  ‘Chiuso!’.
‘Aspetta, fai fare alla donna ossiacetilenica’, suggerisce Irma col fiato un po’ grosso. ‘Tara...’.
‘Eccomi, fate largo’.
‘Niente fiamme, sono troppo visibili’, decide Will. ‘Cornelia, pensaci tu con la telecinesi’.
‘Subito!’.
Un attimo dopo il chiavistello si apre con uno schiocco secco. Will apre il cancelletto, e i poveri cardini arrugginiti si lamentano con uno stridio da far venire la pelle d’oca anche ai muri.
‘Era meglio il fuoco’, commenta Taranee.  ‘Hay Lin, perché non hai creato un isolamento acustico?’.
‘Potevi dirmelo prima. Ormai…’.
‘Giù presto’, ordina Will, ‘E chiudetevelo alle spalle!’.
 
“Avete sentito, sergente?”.
Il sottufficiale fa al soldato un rabbioso gesto di tacere. Certo che ha sentito! Proprio dietro l’angolo!
Fa cenno ai soldati di sparpagliarsi e sondare l’aria con le loro lunghe bacchette e con i manici delle lance a cui, per qualche assurdo ordine dall’alto, hanno dovuto smontare i puntali metallici. 
Appena svoltano l’angolo, la piazzetta che si offre ai loro occhi sembra vuota, ma lui sa cosa potrebbe aver prodotto quel rumore.  Sotto il portico, infatti, c’è un cancelletto che chiude uno dei tanti accessi agli immensi sotterranei di Meridian.
“Kottik, vieni qua”, sussurra. 
Un soldato magrolino si accosta. ‘Agli ordini’, risponde col pensiero. Nonostante il fisico relativamente gracile, è una dotazione preziosa per la squadra: è l’unico in grado di tenere comunicazioni telepatiche a distanza. 
‘Kottik, riferisci del contatto al comando’.
‘Sì, signore’. Il soldato si concentra, e anche il sergente può sentire in diretta la comunicazione.  ‘Squadra del sergente Korsich a capitano Torl. Abbiamo sentito rumore di passi, poi stridio metallico. Pensiamo che qualcuno sia appena entrato nel sotterraneo da Piazzetta del Cockbishek’.
‘Ricevuto.  Abbiamo conferme da altre fonti: il cancello è stato aperto e richiuso’.
“Dobbiamo cercare le chiavi per entrare?”, sussurra il sergente al soldato.
‘Dobbiamo…’ ripete Kottik.
‘No, non entrate. Ripeto, non entrate. Continuate a pattugliare la superficie’.
Il soldato sospira di sollievo. “Sergente, ci ordinano…”.
“Ho sentito!”, brontola Korsich con rabbia, “Noi qui ad abbaiare come cani, e tutto il divertimento se lo prenderanno quelle misteriose squadre speciali”.
Il soldato Kottik annuisce diplomaticamente, senza ribattere. Divertimento, ha detto il sergente! Cosa ci può essere di divertente nell'affrontare avversarie del genere, armati solo di spade corte e lance senza puntale? 

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Capitolo 78
*** Caccia nel labirinto ***



Ad personam
 
Ciao Sweet Witch, grazie di cuore per la tua puntualissima recensione. Sono d'accordo che tra la quarta e la quinta serie il fumetto ha dato evidenti segni di stanchezza; la cosa probabilmente ha anche a che fare con l'uscita dal gruppo del grande sceneggiatore Artibani. Tutto ciò che è venuto dopo è peggio, e io l'ho ignorato, anche perché ho cominciato a buttare giù Profezie quando il fumetto era attorno al n.63, e non avrei potuto seguire tutti i cambiamenti.
Ciao Xniallsong e Wolfang99, grazie per la vostra gradita recensione.
Ciao Silvia Gi, la tua recensione è sempre benvenuta in qualunque momento arrivi. Grazie anche per quella arretrata al capitolo 76, cui tenevo molto.
Faccio notare che, ad azione finita, Elyon è ritornata nel fienile a cercare le altre; se non avessero nutrito sfiducia fin da prima, forse l'avrebbero aspettata e si sarebbero ritrovate lì. In effetti, tutto Profezie è basato sull'idea che le aspettative delle persone contribuiscono alla loro stessa realizzazione. La scena del piano di Elyon è stata descritta così, anche se è pesante, per evidenziare che la manovra è stata concepita anche per ingannare gli eventuali osservatori indesiderati. Anche il piano concordato con le WITCH prevedeva proprio di teletrasportare via Vera, e quindi era comunque destinato a fallire.
 
Qualche parola su questo capitolo: come altre volte, ho deciso il titolo poco prima di pubblicarlo, preferendo Caccia nel labirinto all'originale Sfida nei sotterranei e all'inquietante Tra mille occhi. Questo capitolo è un inno ai piani che vanno in fumo a causa degli imprevisti, da una parte e dall'altra. Faccio anche notare che il piano che a un certo punto propone Irma è identico a quello che Vera ha letto nella memoria della sosia di Elyon, per il quale è ormai preparata.
Anche questa volta ho rinunciato a preparare un disegno per illustrare il capitolo. Stavolta la colpa non è di quadri così immensi da nascondere alla vista tutta la scivania, ma piuttosto di un lungo lavoro di grafica su aerei della seconda guerra mondiale. Non posso promettere niente per il futuro, anche se mi piacerebbe recuperare un po' di arretrati.
 
Buona lettura
MaxT :)                           
 
 
 
 
 
PROFEZIE
 
 

Riassunto delle puntate precedenti
 
Dopo un incontro misterioso con la Luce di Meridian, Vera ha convinto le Gocce a sostituirsi a Elyon a Meridian, impersonando la regina e le guardiane.
La controfigura di Elyon e le finte guardiane esiliano Miriadel e Alborn, mentre Caleb sfugge alla cattura; pur avendo assunto il potere, si rendono conto di non essere convincenti, e inventano la storia che le guardiane sono a palazzo per proteggere la Luce di Meridian da un complotto.
A Heatherfield, Elyon spiega che quella che si sta realizzando è una sua profezia, che prevede che la tirannia duri un anno, che a Meridian dura diciotto mesi. Elyon è decisa a non tentare niente prima di questa scadenza.
Il nuovo piano di Vera prende rapidamente forma, basandosi sull'ambiguità del termine di un anno: prima simuleranno che Elyon diventi sempre più tirannica, screditandola, poi Vera la spodesterà dopo un anno terrestre di dodici mesi, facendo finire apparentemente la tirannia e realizzare la profezia; poi, dopo aver guadagnato il consenso della gente, si prepareranno per affrontare Elyon e le Guardiane al loro ritorno dopo diciotto mesi, un anno di Meridian.
Vera crea venti copie di Wanda, dette Nemesis, che avranno l'incarico di impersonare le guardiane e di sorvegliare la città restando invisibili o sotto falsa identità, o con l'aspetto di aquile.
Come dal piano di Vera, le false Guardiane imprigionano Galgheitha e altri personaggi importanti, che potrebbero rendersi conto che la sempre più tirannica Regina e le Guardiane sono state impersonate da controfigure; la principessa Vera fa la parte della buona, facendo fuggire questi prigionieri dalla città.
Infine, si arriva allo scadere dei dodici mesi dall'arrivo delle Gocce e da quello che a molti appare come l'inizio della tirannia. La montatura arriva al suo culmine: Vera parla in consiglio criticando Elyon, poi affronta le false guardiane e infine la falsa Elyon, sconfiggendoli tutti e venendo proclamata Regina.
Informata da Caleb, la vera Elyon decide di proseguire col piano iniziale, aspettando altri sei mesi per intervenire; inoltre preannuncia alle guardiane che intende farlo da sola. Queste, preoccupate, si chiedono se dovranno intervenire in qualche modo per aiutarla.
Nel frattempo Vera fa sperimentare nuove armi segrete, come fruste capaci di iniettare narcotici e sistemi per materializzare armi pesanti in vista del confronto finale.
Cinque mesi dopo, la situazione precipita improvvisamente per un casuale ma burrascoso incontro di Taranee con le gocce a Midgale. L'Oracolo acconsente a chiudere la muraglia per precauzione e ne fa dare preavviso a Elyon, che però decide di dover assolutamente parlare con Vera al più presto.
Elyon, quindi, decide di teletrasportarsi immediatamente nel suo mondo. Preoccupato per la sua sorte, L'Oracolo convoca immediatamente le Guardiane, inviandole a recuperarla. Queste intervengono in tempo per sottrarla a due Nemesis che stavano cercando di catturarla. Ma nel trasportarla a Kandrakar, inaspettatamente trascinano con loro una delle due, Dora.
A Kandrakar, Elyon viene costretta a rivelare che il colpo di stato di Vera era stato frutto di un loro accordo per far realizzare la profezia della tirannide nel modo meno dannoso possibile. Vera aveva assunto una pozione per dimenticare questo accordo, ma la sua memoria sarà ripristinata pronunciando in sua presenza una frase concordata, che comunica a Dora che viene rimandata a Meridian come messaggera.
Dora ritorna e ripristina i ricordi di Vera, aggiungendo che Elyon vuole parlarle, ma riferisce anche che a Kandrakar sia lei che la ex-regina sono state minacciate.
Quando Elyon viene condotta al cospetto di Vera, questa rifiuta di tirarsi in disparte e ammettere pubblicamente la montatura, con la scusa che Elyon non ha mantenuto una vecchia promessa, e che non può comunque garantirle dalle vendette di Kandrakar; tuttavia mantiene la promessa di riportarla a casa, libera, in attesa del confronto finale.
Le WITCH apprendono da Cornelia l'esito di questa missione. Taranee è fortemente risentita sia verso Cornelia, che ha sempre spalleggiato Elyon pur avendo intuito i suoi piani, sia verso Will, accusata di essere sempre più simile all'Oracolo. Pochi giorni dopo, però, Will si confida con Matt in un locale pubblico, e casualmente Taranee e Hay Lin sentono questo sfogo; mentre Taranee si rabbonisce, Hay Lin è in preda ai dubbi sul suo ruolo e il suo futuro, e si mette in contatto con la nonna Yan Lin che la rassicura, senza però poterle rivelare il segreto dell'Antica Profezia sulla quale si fonda Kandrakar.
Nel frattempo, a Meridian Vera e le sue fedeli si preparano a modificare il loro sistema difensivo, dopo che la temporanea cattura di Nemesis 1 aveva rivelato all'Oracolo fin troppe informazioni su di esso.
Elyon scopre tragicamente di aver portato con sè la Corona di luce fasulla. Informato, l'Oracolo disapprova il suo piano di creare delle Nemesis a lei fedeli, e impone di concordare un piano con le Guardiane. Endarno, sfiducioso, incarica Orube di preparare una seconda squadra d'intervento.
Elyon sostiene il piano di Cornelia di usare il Potere della Terra per aprire una galleria nei muri e sorprendere Vera; in realtà non ha rinunciato al suo piano segreto di sorprendere la rivale creando tre Nemesis a lei fedeli, più una sosia di sè senza poteri da far catturare. Nel segreto del suo scantinato, questo piano viene messo a punto in ogni dettaglio. 
Arrivato il grande giorno, Le WITCH e Elyon si teletrasportano alla periferia di Meridian, ma questa le lascia brevemente per iniziare il suo piano. Riesce a infiltrare le tre Nemesis a lei fedeli, che trasmettono a Vera di avere catturato Elyon, in realtà la sosia. Nel frattempo però, credendosi abbandonate, le WITCH si dirigono verso la città senza aspettare l'amica, che tornando indietro si scopre rimasta sola. 
Le false Nemesis con la loro prigioniera riescono a passare i pur severissimi controlli e arrivare al cospetto di Vera. Questa, leggendo dalla mente della prigioniera un piano fittizio cui era impreparata, decide di far distribuire ai soldati di guardia al palazzo una nuova arma non letale, gli 'anticorpi'. Nel frattempo le WITCH sono costrette ad entrare nel sotterraneo per sfuggire ai soldati in superficie.
 
 
 
 
Capitolo 78   
 
Caccia nel labirinto
 


 
 
Meridian, sotterranei
 
Le Guardiane discendono con prudenza la stretta scalinata, aguzzando gli occhi per vedere meglio nel cupo chiarore verdastro della volta. Sanno che accendere qualunque fiammella tradirebbe la loro posizione, se è vero che quest’ambiente è sorvegliato dagli occhi degli insetti. 
Anche il Cuore di Kandrakar, fluttuante davanti a Will, sembra comprendere la situazione, smorzando la sua luminosità fino a mantenere solo una tenue fosforescenza violetta che non si riflette sulle pareti. 
La guardiana getta un'occhiata sfuggente verso le compagne che la seguono, e comunica senza pronunciare una parola: ‘Hay Lin, ci avevano sentite. Sei in grado di isolare i suoni?’
‘Certo’, rimanda la cinesina, e subito il debole riverbero dei loro passi prudenti scompare in un silenzio ovattato e anecoico.
Taranee rabbrividisce, e a malapena soffoca uno strillo quando la punta delle sue alette strappa un velo di ragnatela dalla parete.
“Tranquilla, Tara”, dice Irma rompendo il silenzio pesante, “Sento molta acqua, in profondità. Il mio elemento. Per quanto mi riguarda, questo luogo ci è favorevole per uno scontro”.
“E c’è ancora più terra”, le rimanda acida Cornelia voltandosi verso di lei. “Ma ti ricordo che stiamo cercando Ellie, non una battaglia”.
“La troveremo, penso”, le risponde Will, “Dev’essere abbastanza vicina”. Il Cuore di Kandrakar, infatti, tira la catenella in direzione sempre più orizzontale mano a mano che scendono la scalinata, fino a sboccare in un ampio corridoio dritto, appena in pendenza, dalle pareti lastricate da blocchi di pietra rettangolari. “Proseguiamo per di là”, dice lei indicando il ramo che sale verso destra in direzione del palazzo reale.
 
 
Meridian, sala operativa delle Nemesis
 
“Ho un contatto!”, esclama Theresion indicando alcuni puntini luminosi sulla grande mappa sopra di lei. “Scalpiccii e respiri affannosi. No, aspetta... si sono smorzati di colpo. Ora quegli insetti percepiscono ancora qualche vibrazione di passi sul pavimento”.
“Proprio accanto alla porticina che si è aperta da sola”, aggiunge Nemesis Venti seduta alla console con un’altra coroncina. “Sono loro!”.
“Ma come mai non hanno ancora iniziato il tunnel che ricordava Elyon?”, si chiede Wanda, “Pensavo agissero in modo più coordinato”.
“La mia sorellina non voleva obbligarsi con Kandrakar, e ha provato a precederle per vincere da sola”, risponde Vera, “Ma non l’è andata così bene”, completa con un’occhiata verso Elyon: sconfitta, narcotizzata, avvolta in una bolla trasparente con tutta la poltrona su cui è afflosciata, la ex regina è sorvegliata a vista, corpo e pensieri, dalle stesse Nemesis che l’hanno catturata. 
“Stanno muovendosi verso una delle zone isolate!”, avverte Theresion, mentre alcuni puntini sulla mappa si spengono rimpiazzati da altri, sempre più vicini a una delle zone ancora schiarite da un alone fosforescente sfumato come la nebbia di Loch Ness. “Rischiamo di perderle, se entrano lì!”.
“Presto!”, sollecita Wanda, “Nemesis dal sette al diciotto, con me”, e con un gesto si fa apparire il casco integrale con la visiera già abbassata. 
“Tu no!”, la contraddice Vera. “Tutte le altre sì. Presto, ragazze, prendete due dispenser di zanzare, e andate sui vostri stalli di teletrasporto”. Indica un punto sulla mappa con una bacchetta. “Da sette a dodici, in questo punto. Da tredici a diciotto, in quest’altro, per prenderle alle spalle!”.
“Perché io no?”, protesta alterata Wanda coi pugni sui fianchi, “Lo sai bene che mi sono preparata per un anno a questo momento!”.
La regina non si fa impressionare dalla sua subordinata, pur se resa ancora più minacciosa dall'armatura. “Tu mi servi qui, non ho tempo di spiegarti adesso”, poi, rivolta verso le altre già negli stalli: “Ragazze, buona caccia. Andate!”.
 
 
Meridian, sotterranei, ai margini della zona isolata
 
Appena materializzata nella fosforescenza verdina del sotterraneo, Nemesis Sette si guarda attorno. La galleria appare fin troppo pulita: una traccia evidente del passaggio di Elyon. In rapida successione, cinque sue compagne le si rendono visibili lì accanto, mano a mano che le inviano i loro segnali di posizione.
‘Nemesis Sette in posizione. Mi ricevete, centrale?’.
‘Positivo. Nel punto in cui siete, almeno. La zona isolata inizia pochi metri dietro di voi’.
‘Buono a sapersi. Richiedo la posizione del nemico’.
‘Dovrebbe essere in linea di vista davanti a voi. Da qualche parte tra voi e l’altro gruppo’.
Nemesis Sette scruta nel corridoio dritto e in leggerissima discesa. In fondo, a circa settanta metri, scorge nel chiarore le sagome scure delle loro compagne; a quella distanza, le pulsazioni teleipnotiche adirezionali dell’invisibilità non sono efficaci, a meno che non vengano direzionate intenzionalmente sull’avversario. ‘Avanziamo! Sfollagente in avanti!’, trasmette alle altre, che hanno appena deposto a terra dei vasetti, da cui prendono a uscire torme di zanzare. Per fortuna le loro tute nuove non lasciano scoperto alcun tratto di pelle, se no sarebbe una sofferenza combattere circondate da quelle bestiacce.
Le sei Nemesis fanno muro e prendono ad avanzare a passi prudenti, protendendo i loro bastoni narcotizzanti che si allungano e accorciano ritmicamente alla cieca ricerca di un bersaglio. Davanti a loro, vedono che l’altro gruppo fa altrettanto.
 
‘Zanzare!’, pensa Taranee mentre una fitta di ribrezzo le attanaglia lo stomaco, ‘Tante zanzare!!!’.
‘Così di colpo?’, risponde Will, distogliendo lo sguardo dal suo monile che levita davanti a lei, ‘Non mi piace per niente’.
‘Ci individueranno dal nostro sangue!’, grida silenziosamente Cornelia.
‘Facciamo un po’ di pulizia’. La Guardiana dell’Aria fa un ampio gesto con una mano, e immediatamente una forte corrente d’aria respinge tutta la torma di insetti volanti lungo il corridoio.
Un attimo dopo, Hay Lin sente un sibilo che le sfiora l’orecchio, seguito da uno schiocco secco. Avverte anche il contatto di striscio della frusta sul braccio mentre la ritirano, e improvvisamente le vede: un muro di avversarie in divisa scura a meno di dieci metri da loro, impegnate a scoccare vigorose frustate alla cieca. “Attente, ragazze!”, grida alle amiche.  
“Attente a cosa?” chiede Will allarmata. Le avversarie si volgono tutte nella direzione delle voci, e sollevano le fruste per colpire.
Senza attendere ordini, la Guardiana dell'Aria protende le braccia davanti a sé. In un attimo, il turbinio si fa così insistente da trascinare vestiti e capelli e far distorcere dolorosamente le alette. Ma è il muro delle avversarie affiancate, che chiude il passaggio al vento, a subire di più la sua forza: tutte loro cadono all’indietro come birilli. 
Solo quando sente i tonfi dei corpi davanti a sé Will le vede, e capisce che ha solo pochi istanti per approfittare della loro difficoltà. “Avanti, guardiane, passiano oltre!”, ordina. Tutte loro si buttano in avanti, sempre protette dal manto dell’invisibilità che le loro avversarie hanno perso, e scavalcano le altre che, appesantite dalle armature, cercano di rimettersi in piedi al più presto e di recuperare le loro armi. 
Hay Lin, l’ultima del gruppo a saltare un’avversaria, non fa in tempo a dirsi ‘ce l’ho fatta’, che capisce di non avercela fatta per niente. Qualcosa, o qualcuno, la trattiene per i lembi del suo lungo perizoma. “No!”, grida lei con angoscia, e pianta i piedi per scappare. Con un rumore di strappo, si libera dalla presa e raggiunge le altre, che hanno appena svoltato l’angolo.
 
“Maledizione, mi è sfuggita!”, grida Nemesis Nove sbattendo a terra il lungo perizoma viola.
“Era di Hay Lin!”, risponde un’altra; “L’hai lasciata in mutande!”, aggiunge compiaciuta raccogliendo il trofeo.
“All’inseguimento!”, grida la Sette brandendo lo sfollagente, mentre vengono raggiunte dal secondo gruppo.
Un contatto le risuona nella mente: ‘Sette, qui centrale. Mi sentite?’.
‘Positivo, ti sentiamo. Ci sono sfuggite nella zona isolata’.
‘Inseguitele. Abbiamo un contatto, sembra che stiano aprendo un tunnel’.
 
Il loro gruppo si lancia in avanti, superando la svolta.  La galleria appare fin troppo pulita: anche qui l’opera di Elyon è evidente. Forse come regina non è stata gran che, ma sarebbe un’ottima donna delle pulizie.  Proseguono con più prudenza, fianco a fianco, sempre protendendo in avanti gli sfollagente. Qualche occasionale zanzara torna a popolare l’aria.
Dopo un’ulteriore svolta, si trovano davanti all’altro gruppo di Nemesis, che si è teletrasportato avanti nel tentativo di tagliare la strada al nemico. Ma sono tutte ferme davanti a una chiazza nel muro dalla luminosità gialloverde, diversa da quella naturale del sotterraneo. 
“Sono già riuscite a richiudersi la galleria alle spalle”, conclude desolatamente Nemesis Tredici, a capo dell’altro gruppo.
“Ma come hanno fatto così in fretta?”, si stupisce la Sette, “In neanche un minuto, contando anche il tempo di arrivare qui?”. Prova a concentrarsi per un contatto. ‘Nemesis Sette a centrale. Mi sentite?’.  Niente. Scuote il capo celato dal casco, rassegnata. “Nessuna risposta. Qui siamo isolate. Io torno un po’ indietro per riferire”.
Torna sui suoi passi per trenta metri, e riprova. 
‘Nemesis Sette a centrale. Mi sentite?’.
‘Positivo. Perché sei tornata indietro?’.
‘Siamo arrivate tardi. La galleria è già richiusa’.
‘Ma no, è ancora aperta! Perché vi siete fermate?’.
Nemesis Sette guarda indietro verso la zona isolata, presa da un dubbio atroce.‘Ma... noi abbiamo visto solo una chiazza luminosa sul muro. Era dopo la seconda svolta’.
‘Vi hanno ingannate! La galleria vera è oltre la zona isolata! Correte, presto!’.
 
 
Meridian, galleria di Cornelia
 
Cornelia tende le braccia, sforzando al massimo il suo Potere della Terra per far richiudere la galleria dietro di sé. Il largo foro luminescente prende a restringersi, fino a sparire dopo un interminabile momento.
“Chiuso! Brava Cornelia!”, constata Will sollevata. “Ora allontaniamoci, presto, o potrebbero tentare di teletrasportarsi qui dentro”.
“Temo che si starebbe strettini”, commenta Irma ancora un po' ansimante per la corsa, osservando la surreale cavità dalla disuniforme luminescenza gialloverde in cui sono contenute. “Hay Lin, ce la fai?”. 
La Guardiana dell’Aria annuisce poco convinta, portandosi una mano al collo come per preavvisare di un imminente attacco di claustrofobia. “Sì, sì… Ma qui sono separata dal mio elemento”.
“Anche dal tuo perizoma”, rincara Irma, indicando il ventre di Hay Lin coperto solo dalle mutandine .
L’altra sospira, ancora più avvilita.
“Se tu portassi i collant a righe, come tutte le altre… E invece sei l’unica coi calzettoni. Vedi, Hay Hey, a voler essere sempre originale?”. 
“Ma lasciala stare”, la interrompe Taranee.
“Cerco solo di consolarla!”, si difende Irma, “Perché non le dici qualcosa di buono anche tu?”.
“Le tue consolazioni sono come il sale sulle piaghe!”.
“Basta!”, le interrompe Will. “Hay Lin, prova a trasformarti e ritrasformarti, e vediamo se torni nuova anche questa volta”.
La cinesina annuisce, e un lampo di luce azzurrina pervade la piccola cavità. Un attimo dopo, ritorna a trasformarsi nella Guardiana dell’Aria… sempre in mutandine. 
“Non funziona!”, piagnucola.
“Chissà perché”, si chiede cupamente Will, e guarda i fianchi della Guardiana della Terra, che si alterna tra l’estendere la galleria da una parte e il richiuderla dall’altra.
“Non pensateci nemmeno!”, la previene Cornelia notando l’occhiata, “Non le presto la mia gonna neanche se piange in mandarino! E poi, Hay Lin, con quel perizoma ti si vedevano benissimo le mutandine ogni volta che svolazzavi, e non ci hai mai fatto caso prima d’ora”.
“Al diavolo le mutandine, mi manca l’aria!”, piagnucola lei stralunata.
Will fa una smorfia preoccupata. “Riesci a resistere?”.
L’altra fa cenno di sì, ma il viso lascia capire tutt’altro.
La Guardiana del Cuore osserva il ciondolino che ha ripreso a oscillare tra due diverse direzioni ad angolo retto tra loro. “Mi sa che ci stiamo allontanando da Elyon. In che direzione stai scavando?”. 
“Quella del palazzo, più o meno”. Cornelia si ferma, osserva le oscillazioni del monile e appoggia le mani sulla parete laterale della cavità, cercando di percepire indicazioni dall’elemento di cui è signora. 
Cerchiamo di fare il punto”, decide Will. “Hay Lin, puoi materializzare la mappa e la bussola?”.
 
 
Sotterranei, diramazione nel cuore della zona isolata
 
Il topo ascolta con attenzione, fiutando l’aria con le vibrisse. Con tutte queste zanzare non sue che stanno permeando l’aria, per Elyon questo luogo non era più sicuro per mantenere la sua forma umana. 
Per quanto ha capito dalle vaghe immagini ricevute dai pochi insetti suoi ancora sul campo, le sue amiche devono essere arrivate a poche svolte da lei, e poi essere sparite in una galleria ormai richiusa. 
Ma perché non hanno seguito il piano originale, così ben collaudato? Sarebbero state al sicuro fuori città ancora per ore! E invece sono venute a cercare guai qui, proprio qui, a due passi da dove lei aveva attirato l'attenzione delle sue avversarie! Quanto tempo impiegheranno ad arrivare al palazzo? Un bel po’, è certo... ma forse ancora troppo poco per non sbucare nel pericolo.
E' già passata più di un’ora dall’inizio del suo piano; ora le sue Nemesis dovrebbero essersi già ricordate della loro vera missione. Purtroppo, nel suo stato attuale lei non può ricevere alcuna conferma del loro successo, perché la trasformazione in topo ha invalidato il segretissimo incantesimo di codifica delle trasmissioni telepatiche che si era impressa nelle ossa della mandibola. 
Dovrebbe rimettersi al più presto in forma umana? O forse farebbe meglio ad allontanarsi per gallerie a misura della sua nuova grandezza murina, impercorribili per corpi di stazza umana, e cercare qualche luogo abbastanza sicuro per abbandonarvisi mentre si avventura in un volo extracorporeo? 
No, decide infine: la cosa migliore da fare è sostituirsi a una delle Nemesis nel corridoio più in là, per poter riprendere, assieme alla forma umana, anche i suoi pieni poteri psichici.
 
 
Sotterraneo, galleria di Cornelia.
 
“Io ho un’idea geniale!”, afferma Irma, sgomitando via Taranee e sporgendosi tra Will e Cornelia chine sulla mappa. “E se proseguissimo il tunnel fino a palazzo, sboccassimo nel giardino e di lì facessimo il finimondo? Cornelia fa incavolare gli alberi, io gli faccio un serpentone con l’acqua del laghetto, Hay Lin svolazza a sbirciare nelle finestre per trovare la bugiarda, e Taranee fa fuoco e fiamme, che tanto se quelli lì hanno cannoni per rispondere li tengono senz’altro fuori dal palazzo! Non è una bell’idea?”.
Cornelia scuote il capo. “E’ un’idea delle tue, Irma. Devastare il palazzo.... non assomiglia affatto a quello che avrebbe voluto Elyon”.
“A me non dispiace”, dice Taranee. “Ho tante cose da dire a quelle là. E poi Elyon… beh, se l’hanno già presa, la libereremo, e poi le faremo le orecchie lunghe come quelle degli altri meridiani”.
“Vero che è una bell’idea, Hay Hey?”. Irma si volta verso di lei in cerca di ulteriore sostegno. “Pensa, potresti… Ma non stai bene?”.
“No! Non riesco a respirare! Soffoco!”, grida la Guardiana dell’Aria con un’espressione da panico. “Andiamo via, dove volete, ma non in questa tomba!!!”. 
Will stringe i denti, sopportando una fitta di emicrania. “Va bene, calma, calma ancora per un attimo solo. Tara, tira fuori la sonda, e trova una via libera per teletrasportarci nei sotterranei”.
“Sì”. In mano a Taranee appare la sonda, incrocio tra una teiera e una gabbia d’ottone, con all’interno un moscone che ronza a pieno volume, forse anche lui in preda a un attacco di claustrofobia.  “Proviamo…”.
 
 
Meridian, sala operativa delle Nemesis
 
“Stanno sondando la rete a nodi con degli insetti”, comunica Theresion indicando un puntino rosso apparso sulla grande mappa sopra di loro. Mentre lo dice, un secondo puntino rosso s’accende, poi un terzo.
“Secondo me sono più o meno in questa posizione”, dice indicando un punto al centro dei tre sondaggi, “Forse dentro la roccia, e vogliono trovarsi una via d’uscita”.
“Bene”, dice Vera, “Terry, setta la barriera per non intercettare gli animali piccoli, forse ci cascheranno e cadranno da sole nella rete. Ma se non fosse cosi...”. Si rivolge a Irenior, appena tornata dal suo alloggio finalmente con le scarpe abbinate. “Irene, vai in extracorporeo a cercarle. Se le localizzi con precisione, possiamo teletrasportare le Nemesis nella loro galleria”.
“Questa volta farò faville!”, le strizza l'occhio dirigendosi verso il giaciglio di poltroncine accostate.
“Inutile”, la interrompe Theresion, “I sondaggi sono cessati. Per me hanno già trovato una via libera, più o meno in questa direzione”, e indica un tragitto verso ovest. “Le due gallerie più vicine, sullo stesso livello, sono questa e questa”.
“Va bene. Terry, tu cerca di ascoltare cosa ti dicono i tuoi adorati ragnetti. Io faccio teletrasportare lì le Nemesis, e disperdere altre zanzare. Venti…”.
“Sì?”, risponde la Nemesis seduta alla console.
“Trasmetti alle ragazze che appena arrivano lì, prendano qualche dispenser di anticorpi  dalle riserve nascoste nelle gallerie, e lo usino in caso di sospetto contatto. Se funzionano davvero, non c’è invisibilità che tenga contro quelli”.
 
 
Sotterranei, gallerie più a ovest
 
‘Centrale, qui Nemesis Sette. Mi sentite?’.
‘Forte e chiaro. Pensa pure’.
‘Siamo nella posizione indicata. Finora nessun indizio sospetto’.
‘Neanche gli insetti hanno contatti, per ora. Se le nemiche sono davvero lì, sono silenziose come tombe. Avete già disperso le zanzare?’.
‘Già fatto. Ora Otto è andata a prendere i dispenser di anticorpi, e…’.
Improvvisamente il tono dei pensieri di Nemesis Venti, dalla centrale, si fa allarmato.
‘Attenzione, attenzione! Ci sono segnali che qualcosa sta arrivando nella vostra direzione!’.
‘Cosa? Da dove?’.
Il grido di un’altra Nemesis, pur soffocato dal casco integrale, interrompe la comunicazione. “Guardate! Cosa sono?”. 
In fondo al corridoio, la luminescenza è oscurata da un brulicare di sagome nere e indistinte a mezz’aria.
“Allarme! Un attacco!”. 
“Ma cosa sono?”. “Spettri?”. “Api giganti?”. “Sono grandi come pipistrelli”. “Volano come pipistrelli”. 
Un attimo dopo, le ombre nere saettano sempre più vicine, attraversando senza alcun timore il gruppo delle Nemesis.
“PIPISTRELLI!!!”. 
 
 
Sotterranei, salone del mercato
 
Mentre Hay Lin si riprende stentatamente dall’attacco di panico respirando dentro la larga manica scampanata di Will, le loro compagne si guardano attorno, attente a evitare ogni minimo rumore finché la Guardiana dell’Aria non sarà di nuovo in grado di ricreare un isolamento acustico attorno a loro. 
Il luogo in cui si trovano ora assomiglia a una grande sala sotterranea piuttosto ben rifinita, sorretta da tre colonnati paralleli. Lungo le pareti sono allineate delle panche di pietra adornate dalle rituali ragnatele, ma forse dove le WITCH sono ora, al centro della sala, gli occhi dei ragni non riescono a focalizzarle. 
‘Va meglio, ora?’, chiede Will col pensiero, e Hay Lin annuisce, abbandonando la sua manica. Ora che sta appena un po’ meglio, si vergogna della sua crisi di panico, che ha costretto tutte a lasciare quello che forse era un piano sicuro per ritrovarsi nuovamente in balia di mille piccoli occhi ostili che le scrutano da ogni angolo.
Un attimo dopo, ripresa la padronanza, fa un gesto largo con le mani. “Ora potete parlare, ragazze. Ho ricreato l’isolamento acustico”. 
“Meno male”, dice Irma, “Questo silenzio mi pesava così tanto…”.
Cornelia la interrompe: “Ora non prenderla come un’autorizzazione a sparare ogni cavolata che ti passa per la testa”. Poi lancia un’occhiata un po’ risentita verso Hay Lin.
Questa abbassa lo sguardo. Sa che Cornelia teneva molto al suo piano, e doverlo abbandonare per le sue fobie, senza neppure averne un altro, l’ha resa furiosa. Indovina senza difficoltà ciò che la Guardiana della Terra sta pensando: se lei avesse accettato l’offerta di Elyon di liberarla dalla claustrofobia, tutto starebbe andando molto meglio.
“E se ci dividessimo in due squadre?”, propone Cornelia, “Io e Will continuiamo nella galleria, e voi…”.
“No”, la contraddice la Guardiana del Cuore, “Dividerci è sempre stato controproducente. Staremo unite fin alla fine”.
“La fine?” , obietta Irma, “Detto così, non suona incoraggiante”.
“Fino alla conclusione del nostro compito, ovvio”, corregge Will sopportando con una smorfia l'ennesima fitta di emicrania.
“Così va meglio”, sorride Irma, poi si guarda in giro. “Questo luogo non ci è affatto sfavorevole. Venite, sento la presenza di una grande quantità d’acqua”, e s’incammina verso un passaggio in discesa.
Le altre le vanno dietro, rassegnate all’inutilità di ogni tentativo di dissuaderla. 
 
Dopo percorsa una serie di rampe di scale che si avvolge, pervasa dall’immancabile fosforescenza verde, le Guardiane si trovano davanti a una porticina di legno deformata dall’umidità.  
Ignorando ogni precauzione, Irma la spinge, e si ferma sulla soglia ad ammirare a bocca aperta. “Ooh…”.
Le altre, dietro di lei, la spingono delicatamente in avanti per poter vedere.
Quello che si offre ai loro occhi è una gigantesca cisterna sotterranea sorretta da massicce colonne che formano un tutt’uno con la volta. Alcune parti delle pareti e della volta hanno la tipica forma irregolare che è il  marchio di fabbrica della natura, lasciando capire che la grande cavità è stata ottenuta adattando e allargando una caverna già presente nel terreno carsico.
“Che meraviglia!”, gongola Irma trasognata, “Quest’acqua è limpida. Acqua potabile!”. Il suono delle sue parole riverbera fondendosi con quello sommesso degli sgocciolii dalla volta. 
“Chissà se è collegata in qualche modo con il palazzo?”, azzarda Will.
“Non credo”, risponde sdegnosa Cornelia, “A meno che non vogliate passare dai rubinetti”. Al suo scetticismo non è estraneo il fatto che ha un timore reverenziale dell’acqua, soprattutto se profonda e buia come quella, perché non sa affatto nuotare. “Se ci fosse Elyon, forse lei troverebbe…”.
“Ma non c’è. Ci ha piantate!”, la stronca Taranee.
Will torna a sollevare il Cuore di Kandrakar. Il monile riprende a oscillare fra due diverse direzioni, entrambe più in alto di dove si trovano adesso. 
 
 
Centrale operativa delle Nemesis
 
“Non ci posso credere!”, tuona Vera davanti alle due squadre di Nemesis precipitosamente rientrate, “Grandi, grosse e paludate in tute che non lasciano scoperto un centimetro di pelle che sia uno, siete scappate come scolarette davanti a un po’ di pipistrelli a caccia solo di zanzare! Mollando giù perfino gli anticorpi, a disposizione del primo che passa!”.
“Adesso andiamo a riprendere posizione”, risponde di malumore Nemesis Sette. “E recupereremo tutte quelle munizioni”.
“Si, ma che strategia seguiamo?” si chiede Vera. “Non abbiamo più contatti. Eppure, se erano da quelle parti, devono aver reagito anche loro ai pipistrelli”.
Le Nemesis sogghignano dietro alle loro visiere, consolandosi all’idea delle loro avversarie che strillano in preda al panico con i pipistrelli impigliati fra i capelli e infilati sotto i loro succinti costumi nelle posizioni più sgradevoli.
“Non abbiamo contatti”, interviene cupamente Theresion, “O meglio, ne abbiamo troppi”. Indica sulla grande mappa una moltitudine di puntini luminosi bianchi. “Migliaia d’insetti, sotto buona parte della città, ci stanno sovraccaricando di segnali dovuti ai pipistrelli. Forse è colpa di tutte quelle zanzare che li hanno svegliati”. 
Paochaion, rimasta in disparte fino a quel momento, si fa avanti e indica alcuni puntini luminosi isolati. “Anche questi sono dovuti ai pipistrelli?”.
“Quelli… ripete Theresion presa in contropiede, “Quelli… ma sono in tutt’altra zona della città!”. 
“Dalle parti della cisterna principale”, puntualizza Pao. “E’ circa sotto il salone del mercato sotterraneo, molto più in profondità”. 
Vera annuisce. “Terry, prova un po’ ad ascoltare cosa raccontano quegli insetti”.
Dopo un attimo di concentrazione, Theresion sentenzia: “Sento solo silenzio, e nessun’immagine di persone. Ma gli insetti percepiscono vibrazioni di passi. Qui”, e indica sulla mappa un rettangolo costellato da qualche puntino luminoso.
 
 
Sotterraneo, sala del mercato
 
“Allora, cosa facciamo?”, insiste nervosamente Cornelia. “Forse Elyon era vicina a dove abbiamo iniziato la galleria”.
“Non lo so, fammi pensare”, risponde Will sulla difensiva, con una faccia da gran mal di testa.
“Tornare da dove siamo scappate?”, obietta Taranee, “Un bel modo per ritrovare le Nemesis ad aspettarci”, e conclude il gesto scacciando una zanzara molesta che l'ha punta ad una spalla. Poi resta immobilizzata, rendendosi conto che d’improvviso le zanzare attorno a loro non sono poche. “Ci… ci hanno trovate!”.
“Oh cavolo!”, esclama Will guardandosi attorno. Sono al centro del salone; se davvero le hanno localizzate, l’attacco potrebbe arrivare da qualunque direzione.
 
 
‘Sette a centrale. Siamo in posizione nella sala del mercato. Dateci la localizzazione del nemico’.
‘Sette, siete molto vicine, abbiamo conferme dalle zanzare. Ma non abbiamo la posizione esatta, le colonne che vedono non danno riferimenti precisi. Usate gli anticorpi’.
‘Aspettiamo Nove e Dieci che sono andate a prenderli. Restiamo immobili per non farle scappare. Ma…’. Si volta verso una delle gallerie che si aprono sulla sala, ‘Maledizione, ancora loro!’.
 
 
Lo strillo di Hay Lin interrompe il breve silenzio teso. “Guardate laggiù”.
“Cosa… pipistrelli! A centinaia! Migliaia! Centinaia di migliaia!”, conferma Irma con disgusto.
“Oh, no!”, geme Taranee, che ha improvvisamente scoperto cosa può farle più orrore degli insetti.
“Oh, no”, fa eco Cornelia che porta subito le mani ai capelli. L’ultima cosa con cui vorrebbe ornarli è proprio un pipistrello impigliato.
“Sono mandati dalla bugiarda!”, strilla Irma, “Hay Lin, Fa’ qualcosa”.
“Sub…”.
“No, mantieni l’isolamento acustico”, ordina Will. “Tara, trova una via d’uscita col teletrasporto!”.
“Sì…”, risponde Taranee, facendo riapparire il sondino ronzante e armeggiando affannosamente con i suoi bottoni opalescenti.
    
Nel frattempo, Nemesis Sette sente uno scalpiccio di passi di corsa echeggiare nella sala, ben udibile al di là del silenzioso turbinare dei pipistrelli.
Nemesis Nove  arriva vicino, e porge alle compagne alcuni coni bianchi. “Sette, ecco un dispenser di anticorpi per te”, le bisbiglia.
Sette fa per riprenderla con il pensiero: ‘Perché fai tutto questo rumore?’. Poi trasmette: ‘Sala operativa, qui Sette. Stiamo per iniziare. Dateci conferma’. Si rende conto che non riceve alcuna risposta, e capisce: questi anticorpi inibiscono i poteri telepatici anche restando all’interno dei loro involucri. 
Non c’è altro da fare: punta un cono verso il centro della sala e tira la cordicella, imitata dalle sue compagne. 
Immediatamente i tappi partono via, e fiumane di scintille biancastre fuoriescono dalle aperture, disperdendosi nell’aria e volando in direzioni casuali in tutta la sala, e continuando a turbinare come impazzite per alcuni lunghi secondi prima di cominciare a depositarsi a terra, perdendo lentamente la luminosità e ogni finzione di vita.
“Nessuno”, constata desolata Nemesis Sette, osservando la sala vuota e il pavimento uniformemente cosparso di quella che sempre più diventa simile a una poltiglia bianchiccia, come una spruzzata di neve che si sta sciogliendo. Non c’è neanche più traccia dei pipistrelli, spaventati a morte da quelle scintille simili a furiosi fantasmi d'insetti tornati dall'aldilà per vendicarsi dei loro predatori. 
Scaglia a terra con rabbia il cono bianco ormai inutile, che rimbalza sul pavimento con rumore di plastica. “Le abbiamo perse ancora! Maledizione, eravamo così vicine!”. 

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Capitolo 79
*** Anticorpi ***


Ad personam

Grazie Sweet Witch, sono contentissimo che anche questo capitolo ti sia piaciuto.
I capitoli ambientati a Meridian sono ispirati a quelli della prima serie del fumetto, sia per la descrizione della città che per il comportamento dei soldati; se ben ricordo poi, nel n.10 di WITCH Cornelia scavava una galleria sotto il carcere. 
Mi sono anche ispirato al cartone animato, soprattutto nel far funzionare il Cuore di Kandrakar come 'cane da fiuto'. 
In generale, il numero di WITCH che ha più influenzato Profezie è stato il n.6, in cui compariva il personaggio di Vera, e Elyon, Cedric e Galgheita dimostravano di padroneggiare poteri (ipnosi, teletrasporto, telecinesi, telepatia, cambiamento di aspetto) che nei numeri successivi non si sono quasi più visti all'opera.
Quella frase... non mi ricordo in che capitolo l'ho scritta. Credo che volesse dire che, a dispetto del fatto che Elyon è considerata una vecchia amica di tutte le WITCH, se conti il tempo che può essere stata con Will nel fumetto, questo si misura in poche ore: i primi due giorni di scuola nel primo numero, pochi brevi incontri perlopiù ostili nel corso della prima serie, forse poche ore nel finale, più qualche giorno (in cui probabilmente si vedevano per poco) a casa di Orube nella quarta serie. Ah sì, ci sono anche alcune ore di allenamenti con Vera, alter ego di Elyon, che vengono lasciate intuire nel sesto numero. 
Qualcosa di simile si può dire di Taranee, con la differenza che questa ha passato la maggior parte del tempo con Elyon come sua prigioniera, e ciò giustifica l'atteggiamento di antipatia per lei che tiene in Profezie. 
 
Ciao Silvia Gi, grazie della gradita recensione e delle tue domande.
Dunque, la successione degli eventi per l'imbroglio della galleria...  le nostre sono fuggite e poco più in là Cornelia si è fermata per iniziare una galleria; nel mentre, Taranee ha sondato per teletrasportarsi più avanti perché erano ancora troppo vicine alle avversarie. Quando ha trovato via libera, hanno fatto smettere Cornelia e si sono spostate più lontano, lasciando il muro con una fosforescenza verde. Quando le Nemesis l'hanno trovata, hanno pensato che la galleria fosse richiusa, e non sono state informate subito dell'errore perché erano nella zona isolata. La centrale ha visto la scena della vera galleria attraverso gli occhi degli insetti perché questa era ormai fuori dalla zona isolata, ma non ha potuto comunicare prontamente con i gruppi sul campo. Quindi l'inganno non è stato intenzionale, ma solo un  colpo di fortuna per le WITCH, anche perché non sapevano della zona isolata.
 
Buona lettura
MaxT 


 
PROFEZIE


Riassunto delle puntate precedenti
 
Dopo un incontro misterioso con la Luce di Meridian, Vera ha convinto le Gocce a sostituirsi a Elyon a Meridian, impersonando la regina e le guardiane.
La controfigura di Elyon e le finte guardiane esiliano Miriadel e Alborn, mentre Caleb sfugge alla cattura; pur avendo assunto il potere, si rendono conto di non essere convincenti, e inventano la storia che le guardiane sono a palazzo per proteggere la Luce di Meridian da un complotto.
A Heatherfield, Elyon spiega che quella che si sta realizzando è una sua profezia, che prevede che la tirannia duri un anno, che a Meridian dura diciotto mesi. Elyon è decisa a non tentare niente prima di questa scadenza.
Il nuovo piano di Vera prende rapidamente forma, basandosi sull'ambiguità del termine di un anno: prima simuleranno che Elyon diventi sempre più tirannica, screditandola, poi Vera la spodesterà dopo un anno terrestre di dodici mesi, facendo finire apparentemente la tirannia e realizzare la profezia; poi, dopo aver guadagnato il consenso della gente, si prepareranno per affrontare Elyon e le Guardiane al loro ritorno dopo diciotto mesi, un anno di Meridian.
Vera crea venti copie di Wanda, dette Nemesis, che avranno l'incarico di impersonare le guardiane e di sorvegliare la città restando invisibili o sotto falsa identità, o con l'aspetto di aquile.
Come dal piano di Vera, le false Guardiane imprigionano Galgheitha e altri personaggi importanti, che potrebbero rendersi conto che la sempre più tirannica Regina e le Guardiane sono state impersonate da controfigure; la principessa Vera fa la parte della buona, facendo fuggire questi prigionieri dalla città.
Infine, si arriva allo scadere dei dodici mesi dall'arrivo delle Gocce e da quello che a molti appare come l'inizio della tirannia. La montatura arriva al suo culmine: Vera parla in consiglio criticando Elyon, poi affronta le false guardiane e infine la falsa Elyon, sconfiggendoli tutti e venendo proclamata Regina.
Informata da Caleb, la vera Elyon decide di proseguire col piano iniziale, aspettando altri sei mesi per intervenire; inoltre preannuncia alle guardiane che intende farlo da sola. Queste, preoccupate, si chiedono se dovranno intervenire in qualche modo per aiutarla.
Nel frattempo Vera fa sperimentare nuove armi segrete, come fruste capaci di iniettare narcotici e sistemi per materializzare armi pesanti in vista del confronto finale.
Cinque mesi dopo, la situazione precipita improvvisamente per un casuale ma burrascoso incontro di Taranee con le gocce a Midgale. L'Oracolo acconsente a chiudere la muraglia per precauzione e ne fa dare preavviso a Elyon, che però decide di dover assolutamente parlare con Vera al più presto.
Elyon, quindi, decide di teletrasportarsi immediatamente nel suo mondo. Preoccupato per la sua sorte, L'Oracolo convoca immediatamente le Guardiane, inviandole a recuperarla. Queste intervengono in tempo per sottrarla a due Nemesis che stavano cercando di catturarla. Ma nel trasportarla a Kandrakar, inaspettatamente trascinano con loro una delle due, Dora.
A Kandrakar, Elyon viene costretta a rivelare che il colpo di stato di Vera era stato frutto di un loro accordo per far realizzare la profezia della tirannide nel modo meno dannoso possibile. Vera aveva assunto una pozione per dimenticare questo accordo, ma la sua memoria sarà ripristinata pronunciando in sua presenza una frase concordata, che comunica a Dora che viene rimandata a Meridian come messaggera.
Dora ritorna e ripristina i ricordi di Vera, aggiungendo che Elyon vuole parlarle, ma riferisce anche che a Kandrakar sia lei che la ex-regina sono state minacciate.
Quando Elyon viene condotta al cospetto di Vera, questa rifiuta di tirarsi in disparte e ammettere pubblicamente la montatura, con la scusa che Elyon non ha mantenuto una vecchia promessa, e che non può comunque garantirle dalle vendette di Kandrakar; tuttavia mantiene la promessa di riportarla a casa, libera, in attesa del confronto finale.
Le WITCH apprendono da Cornelia l'esito di questa missione. Taranee è fortemente risentita sia verso Cornelia, che ha sempre spalleggiato Elyon pur avendo intuito i suoi piani, sia verso Will, accusata di essere sempre più simile all'Oracolo. Pochi giorni dopo, però, Will si confida con Matt in un locale pubblico, e casualmente Taranee e Hay Lin sentono questo sfogo; mentre Taranee si rabbonisce, Hay Lin è in preda ai dubbi sul suo ruolo e il suo futuro, e si mette in contatto con la nonna Yan Lin che la rassicura, senza però poterle rivelare il segreto dell'Antica Profezia sulla quale si fonda Kandrakar.
Nel frattempo, a Meridian Vera e le sue fedeli si preparano a modificare il loro sistema difensivo, dopo che la temporanea cattura di Nemesis 1 aveva rivelato all'Oracolo fin troppe informazioni su di esso.
Elyon scopre tragicamente di aver portato con sè la Corona di luce fasulla. Informato, l'Oracolo disapprova il suo piano di creare delle Nemesis a lei fedeli, e impone di concordare un piano con le Guardiane. Endarno, sfiducioso, incarica Orube di preparare una seconda squadra d'intervento.
Elyon sostiene il piano di Cornelia di usare il Potere della Terra per aprire una galleria nei muri e sorprendere Vera; in realtà non ha rinunciato al suo piano segreto di sorprendere la rivale creando tre Nemesis a lei fedeli, più una sosia di sè senza poteri da far catturare. Nel segreto del suo scantinato, questo piano viene messo a punto in ogni dettaglio. 
Arrivato il grande giorno, Le WITCH e Elyon si teletrasportano alla periferia di Meridian, ma questa le lascia brevemente per iniziare il suo piano. Riesce a infiltrare le tre Nemesis a lei fedeli, che trasmettono a Vera di avere catturato Elyon, in realtà la sosia. Nel frattempo però, credendosi abbandonate, le WITCH si dirigono verso la città senza aspettare l'amica, che tornando indietro si scopre rimasta sola. 
Le false Nemesis con la loro prigioniera riescono a passare i pur severissimi controlli e arrivare al cospetto di Vera. Questa, leggendo dalla mente della prigioniera un piano fittizio cui era impreparata, decide di far distribuire ai soldati di guardia al palazzo una nuova arma non letale, gli 'anticorpi'. Nel frattempo le WITCH sono costrette ad entrare nel sotterraneo per sfuggire ai soldati in superficie.
Qui per due volte vengono localizzate dal sistema di sorveglianza e per due volte riescono a sfuggire alle Nemesis; iniziano a scavare una galleria verso il palazzo, ma una crisi di claustrofobia di Hay Lin le costringe a rinunciare, e sono costrette a risalire in superficie.

 
 
 
 
Capitolo 79

Anticorpi
 


Meridian, sala operativa delle Nemesis
 
“Maledizione! C’eravate a pochi passi!”, sbotta la Regina alla desolata squadra di Nemesis, tornata nuovamente a mani vuote dai sotterranei. “Ora abbiamo perso ogni contatto, e chissà dove saranno!”.
“Se mi permetti, Luce”, sbotta polemicamente Wanda, ancora risentita per essere stata tenuta in disparte, “L’idea di far lanciare le zanzare dalle Nemesis vicino al nemico è perdente. Così preannunciano la loro presenza. Per me dovresti disperdere le zanzare uniformemente in tutta la città, e forse riprenderemo il contatto senza tradirci più”. 
Vera ci riflette, poi annuisce di malumore. “Va bene, spargete un bel po’ di zanzare in superficie. E anche nel sotterraneo. Anche se, a questo punto, credo che le guardiane non siano più lì”.
“Ma se fosse”, interviene Irenior, “Si potrebbe cercare di provocare una reazione in un altro modo”.
“E cioè?”, chiede Vera con una smorfia ironica, pronta a sentirsi rispondere qualunque cavolata.
“Allora Luce, le streghette sanno che Elyon è stata catturata? Forse no. A questo punto, potremmo mettere su una scenetta itinerante: io imiterò la piccoletta e fuggirò, e due delle cattivissime Nemesis mi correranno dietro, mi prenderanno e mi faranno strillare. Forse le streghette interverranno per liberarmi. Allora tutte le nostre balde guerriere saranno pronte a piombare addosso a loro da un momento all’altro per farle nere. E se loro dovessero fallire, io potrei sempre seguirle e aggiornarvi sulla loro posizione”.
Vera guarda in faccia le altre, studiandone le reazioni che non sembrano negative, poi annuisce. In fondo l’idea costa poco, anche se non ha molta fiducia nella sua riuscita. “Va bene, provate pure. Cos’abbiamo da perdere?”.
 
 
Meridian, sotterraneo
 
Percorrendo gli angoli della galleria meno esposti alla tetra fosforescenza verdina della volta, il topolino Elyon è alla ricerca di un qualunque essere umano cui sostituirsi; quest’abito murino è fin troppo limitante, anche se efficace nel passare inosservato a zanzare, pipistrelli, ragni e ai mille occhi umani, animali o virtuali che potrebbero individuarla nella sua forma reale. 
In altre circostanze, avrebbe cercato un qualche pertugio che le permettesse di entrare inosservata nei sotterranei del palazzo, aggirando le impassabili porte fortificate che lo delimitano: purtroppo ha scoperto che molti pertugi sono stati cementati di recente, dopo la sua prima impresa in forma murina. Per quanto ne sa, la partita a palazzo potrebbe essere stata già vinta, mentre lei continua a vagare per quegli oscuri corridoi in questa forma tutt’altro che gloriosa!
 
D’improvviso sente uno scalpiccio di passi di corsa risuonare nei corridoi, seguito da altri passi più pesanti. “Fermati!”, intima una voce distorta dal rimbombo.
Vengono verso di lei. 
Si accuccia in un angolo in penombra, aspettando gli eventi. 
I passi si fanno sempre più vicini.
Una figura svolta nel corridoio, correndo con tutto il suo impegno mentre le sue trecce oscillano come serpenti impazziti. E’ Elyon!  Cioè… è la sua stessa goccia? E’ vestita proprio come lo era lei. Che sia sfuggita? Ma come? E perché?
“Fermati”, tuona la voce soffocata dalla pesante visiera, mentre due figure imponenti in divisa scura passano la svolta e le corrono dietro. “Elyon, fermati, o sarà peggio per te!”.  “Ti prenderemo comunque!”.
Mentre i tre personaggi le sfrecciano accanto, il topo Elyon li osserva con perplessità. Ma cosa sta succedendo?  E poi, avrebbe pensato che le Nemesis fossero in grado di correre assai più velocemente. Sono forse appesantite dalle loro nuove armature?  
Le segue, defilandosi negli angoli per osservare meglio la scena. 
Poco più avanti, le due in divisa raggiungono la prigioniera e l’afferrano per un braccio.
 “Nooo! Aiutooo!”, grida la poverina, “Non vogliooo!”.
Il topo le guarda da distanza di sicurezza mentre la prigioniera strepita e si agita, e le altre agitano i manganelli minacciandola a gran voce e trascinandola… non indietro, ma avanti, lungo il corridoio.
Il topo continua a seguire il singolare terzetto senza capacitarsi: perché non la zittiscono col narcotico? Perché non la teletrasportano via nel palazzo?
Dopo altri strilli e strepiti, la prigioniera riesce a liberarsi con uno strappo, e riprende la corsa lungo il corridoio.
Le due la indicano, gridando: “Prendiamola!”. “Sì, presto!”, ma anziché scattare, si agitano per un po’ permettendo alla prigioniera di prendersi un vantaggio, prima di buttarsi all’inseguimento.
Fingono, non c’è altra spiegazione! Probabilmente è un’esca gettata per provocare un intervento delle WITCH, qualora fossero lì. Allora non le hanno prese, finora! 
Sorride, come può sorridere un topolino. Forse anche lui può giocare a questo gioco.
Prende a correre veloce nel corridoio, sempre più veloce, mentre il suo cuoricino batte con un ritmo vertiginoso che non sapeva possibile; poi, mentre le tre figuranti si fermano per ripetere la scena, le sorpassa inosservato e prende un vantaggio, fermandosi dietro la prima svolta. 
Poi si prepara, ripassandosi tutta una sequenza d’operazioni mentali. Farà loro un bello scherzo, talmente rapido che, se anche qualcuno lo vedesse, non potrebbe rendersi conto di cos’è avvenuto davanti ai suoi occhi.
 
“Ehi, fermati!”. “Prendiamola”, sente gridare, mentre lo scalpiccio rapido di stivali si avvicina alla svolta.
Appena la Elyon fasulla passa l’angolo, quella vera fa scattare la sua trappola: in un tempo brevissimo riprende la sua forma umana, copia quanto può delle memorie recenti della fuggitiva e la teletrasporta via, abbastanza lontano da non poter più contattare le sue compagne; nel mentre, prende esattamente il suo posto, continuando la corsa senza neppure interrompere lo strillo: “Aiutatemiii!”.
Quando le sue inseguitrici svoltano l’angolo, Elyon sorride compiaciuta mentre continua a correre a perdifiato: ora è il suo vero aspetto a mantenerla al sicuro, non poteva sperare di più. 
E poi, ha ripristinato il suo segretissimo sistema di codifica delle trasmissioni di pensiero impresso nella mandibola. Finalmente potrà sapere come sta procedendo il suo piano.  
‘Nemesis Uno, mi senti?’.
‘Non è il momento’, è l’unica, lapidaria risposta che percepisce. 
Continua a correre corrucciata, senza far troppo caso alle due dietro che la inseguono strepitando e inseguendola molto più goffamente di quanto potrebbero fare. 
Cosa può voler dire: ‘Non è il momento?’.
 
 
Meridian, piazza Due Lune
 
Appena svoltato l'angolo, ancora protette dal loro manto d'invisibilità, le guardiane si guardano attorno un po' timorose: la piazza, stretta e allungata, è affollata da tozzi soldati dai ceffi marroni  intenti a sondare attorno a sé con lunghe bacchette. Poco più in là, un gruppetto di militi tiene al guinzaglio il segugio più grosso che le ragazze abbiano mai visto. In fondo alla piazza, dentro un recinto, quattro grandi bestioni verdi, una via di mezzo tra tigri e draghi senz’ali, attendono nervosamente legati con pesanti catene a degli anelli infissi nel selciato.  Due grandi portali di pietra bianca, come quelli dai quali sono sgorgati i soldati al mercato,  occupano il bel centro della piazza. 
Pochissimi cittadini osano avventurarsi per le vie del centro, nonostante sia già giorno fatto; attraverso gli spiragli tra i battenti accostati delle finestre, si intuisce qualche abitante che sbircia furtivamente fuori di casa.
 
‘Dalla padella nelle braci’, pensa Taranee facendosi svanire il sondino dalle mani, ‘Sì, mi sento più a mio agio’.
‘C’è anche una fontana’, constata Irma un po’ tranquillizzata, ‘Hay Hey, qui c’è tutta l’aria che vuoi’.
‘Meno male’, sospira di sollievo questa, ‘Peccato che la compagnia non sia gran che’, pensa con un’occhiata verso il gruppetto col segugio che sta venendo proprio nella loro direzione.
‘Attente, non fate rumore’, ordina Will, ‘E soprattutto non fatevi toccare’.
Mentre il grosso animale si avvicina, le Guardiane si sentono sempre più tese, temendo che cominci ad abbaiare contro di loro da un istante all’altro. 
Invece il bestione annusa il terreno, avvicinandosi con minacciosa imperturbabilità ai piedi di Cornelia; poi, alza una zampa e fa la pipì contro gli stivali viola della schifatissima Guardiana della Terra. 
Mentre il bestione si allontana soddisfatto, Irma non può fare a meno di pensare ‘Corny, ti ha scambiato per un albero! Non sei contenta?’. La sua stessa battuta le sembra così brillante che non riesce del tutto a soffocare una risata.
 
A questo suono smorzato, i tre militi con il cane si voltano di colpo. “Cos’è stato?”, ringhia quello che sembra il capo, e accenna a tornare indietro verso di loro.
“Guarda, Trenker”, grida sorpreso uno dei suoi compagni, “Le orme bagnate di uno stivale!!!”.
“Vanno di là! Allarme!!!”, grida il terzo milite, e subito gli altri soldati nella piazza si avvicinano con esitazione, sguainando le armi e guardandosi attorno nervosamente mentre agitano le bacchette attorno a sé.
Dalla terrazza della locanda, un anziano e tozzo ufficiale si sporge a guardare. “Le Guardiane? Proprio qui?”, poi sembra concentrarsi un attimo su qualche pensiero lontano.
In pochi istanti altri gruppetti di soldati confluiscono in Piazza Due Lune, con i bastoni protesi e le spade sguainate.
“Ho perso le tracce!”, grida costernato quello che sembra il capo del gruppetto cinofilo, mentre il bestione si intrattiene intento a fiutare il ricordo lasciato sul selciato da qualche suo simile la sera precedente.
“Di là”, grida un soldato isolato, indicando tutt’altra direzione, “Ho sentito i loro passi! Stanno fuggendo lungo quel vicolo!”.
“Inseguitele!”, grida il colonnello dal terrazzo, sbracciandosi per indicare la via.
 
 
Meridian, sala operativa delle Nemesis
 
Dopo un breve contatto telepatico col colonnello Tragon, Vera annuncia alle sue seguaci nella sala operativa: “Le hanno appena individuate in piazza Due Lune! Ora è il momento delle aquile! Ne voglio subito otto in cielo, che prendano i dispenser da lancio e li sgancino sulla città ovunque notano qualcosa di sospetto, o dove vedono spazi senza soldati!”.
“Devo richiamare anche il gruppo nei sotterranei?”, chiede Nemesis Venti, seduta alla console.
“Certo, non c’è più niente da fare lì”.
 
Accanto alla prigioniera, sempre abbandonata sulla poltrona all’interno della bolla, le tre Nemesis fedeli a Elyon si scambiano occhiate furtive e preoccupate. Dopo un’ora, i veri ricordi sono puntualmente emersi, lasciandole ben consapevoli della loro missione. Ma c’è un imprevisto formidabile: Vera ha detto di aver cambiato i settaggi del firewall per non poter essere teletrasportata via dal palazzo. Questa semplice contromossa non era neanche passata nell’anticamera del regale cervello di Elyon! 
 
 
Meridian, centro città
 
Alla testa del gruppo degli inseguitori Caleb, travestito da soldato,  continua con successo a depistare le ricerche. “Rumore di passi! Di là”, grida con voce roca, indicando una strada che si apre su un dedalo di viuzze. 
“Di là”, ripete con voce stentorea un massiccio sergente dai canini sporgenti.
Mentre gli altri soldati seguono quella traccia inesistente, Caleb si sgancia dal gruppo lungo un tragitto che lo riporterà, per vie traverse, su quella che sembrava essere la direzione indicata dalle prime orme. Almeno una briciola d’aiuto è riuscito a darla, dice tra sé.
Un movimento in alto, ai limiti del suo campo visivo, cattura la sua attenzione: il cielo è nuovamente solcato da grandi aquile minacciose. Questa mattina non s’erano ancora viste, stranamente. E non si erano mai visti gli strani oggetti biancastri che tengono afferrati nelle loro zampe artigliate.
 
 
Meridian, sotterranei
 
“Aiuto, Aiutatemi!”. Elyon corre nuovamente a perdifiato lungo i corridoi dalla fosforescenza verdina, sfuggendo per la decima volta alle sue assidue inseguitrici. 
Ma questa volta, qualcosa è diverso. Non sente più i loro passi e le loro grida echeggiare alle sue spalle.
Si ferma, accaldata, tirando il fiato. Niente: non c’è più nessuno dietro di lei. Cosa può voler dire?
Attende qualche minuto. Il sudore le si sta raffreddando addosso, e lei si pone la mano sulla fronte, da cui partono vaghi aloni luminescenti che si propagano piano lungo il corpo, sotto i vestiti, e ripristinano la sua freschezza. 
Probabilmente le sue due inseguitrici sono state richiamate per qualche emergenza. Lei non ha sentito alcun messaggio mentale, forse perché era diretto a Irene.
Cosa dovrebbe fare, ora? Rientrare a palazzo teletrasportandosi? Potrebbe tentare, ha copiato l’impronta mentale di Irene e il firewall non la fermerebbe. Però, per tutte le sue memorie recenti è un’altra faccenda: l’operazione non ha potuto essere rapida come tra le Nemesis, per cui ha potuto acquisire molto poco. Non è affatto sicura di come fosse vestita Irene, o Irenior, prima di trasformarsi nella sua controfigura. Poi dovrebbe spiegare perché non è rientrata subito con le altre. E non è neppure sicura di saperla imitare bene; paradossalmente, con Vera rischierebbe di meno se mantenesse il suo aspetto attuale. No, teletrasportarsi dritta da lei è un rischio eccessivo.
Sarà meglio riprendere l’aspetto meridiano di Irenior quanto basta per ingannare qualche ufficiale, scambiarsi con lui e tentare di entrare a palazzo in questo modo per studiare la situazione.
In un baluginio, prende l’aspetto meridianeggiante della goccia, così come lo ricordava da quando la vide a palazzo durante il suo infelice tentativo del mese prima. E’ buffo, pensa lisciandosi le grosse trecce bluastre con un sorriso, come certi ruoli si possano scambiare.
Si avvia a passo rapido verso l’uscita pubblica più vicina, ignorando le numerose porte e scale che sboccano in abitazioni private. Se non s’inganna, dovrebbe essere nei dintorni di Piazza Due Lune.
 
Appena in cima alla gradinata, la luce del giorno l’acceca. 
Socchiudendo gli occhi, Lady Irenior fa scattare il chiavistello con la telecinesi, e si sporge a guardare fuori facendosi schermo al sole con una mano. Nella via ci sono alcuni militari, ma si tirano tutti indietro a rispettosa distanza. Possibile che una bella donna come lei faccia tanta paura? Ma… perché stanno guardando in alto?
“Lady Irenior, attenzione!”. “Ritorni dentro, presto!”. “Guardi in alto!”.
Per qualche motivo, decide di seguire per primo l’ultimo consiglio, e alza lo sguardo sbirciando il cielo abbagliante tra le dita. 
Ma… cos’è quell’affarino che scende mulinando?
L’oggetto biancastro, simile a un vasetto di yogurt con pale da girandola, tocca terra con rumore di plastica a pochi metri da lei. Immediatamente ne esce un geyser di puntini bianchi e luminosi che sciamano attorno come insetti, offuscando ogni cosa. Irenior, intimorita, si volta per scendere le scale, ma è troppo tardi: dopo il primo contatto di uno di quei cosini con la sua mano sinistra, è come se tutti fossero attirati da lei, e le turbinano attorno con furia silenziosa attaccandosi alla sua pelle e ai suoi vestiti. Reprimendo a fatica il panico, chiude gli occhi e trattiene il respiro, cercando d’evitare almeno di inalare quella robaccia che le mulina tutt’attorno.
 
Dopo un tempo che non sa valutare, nel quale non ha osato né respirare né aprire gli occhi, sente delle mani forti che l’afferrano. 
“Lady Irenior, state bene?”. “Abbiamo cercato di avvertirvi”. “Ma siete spuntata da lì proprio quando quella cosa stava cadendo”.
“Mmmmh…”. Non osa aprire la bocca. Constata con sollievo, però, che per qualche oscura ragione le narici sono state risparmiate dalla sostanza.
“Uno straccio, presto!”, ordina una voce dal tono autoritario, e si sente bussare con forza sulla porta di qualche casa vicina.  
Poco dopo, delle mani grosse e forti cercano di pulirle il viso e le mani, finché lei riesce ad aprire gli occhi e a parlare. “Cos’è successo? Cos’è questa roba qui?”.
“Non sappiamo esattamente come si chiami, Lady Irenior, ma era diretta alle Streghe di Kandrakar”, risponde l’ufficiale. “Sono state notate da queste parti pochi minuti fa. Siete in pericolo, qui”, aggiunge scacciando un insetto molesto troppo interessato al suo naso.
“Me ne sono accorta”, si lamenta la poverina mentre osserva la robaccia biancastra che le si è appiccicata addosso assumendo una consistenza collosa. Non ci mette molto ad accorgersi di non poter più percepire i pensieri delle persone attorno a sé, ma almeno sembra dispiacere alle zanzare che si stano facendo sempre più numerose e onnipervasive. “E adesso, come si toglie questa schifezza?”.
“Non preoccupatevi”, risponde l’ufficiale, “Vi scorterò personalmente a palazzo per ripulirvi”.
Due soldati, alle sue spalle, si scambiano una gomitata d’intesa: è facile capire ciò che pensano, anche senza telepatia. Ma non è quello che importa a Elyon, adesso.
Un passacondotto per il palazzo è una fortuna in cui non osava sperare; la schifezza appiccicata addosso cela il colore dei suoi abiti, le dà un’ottima scusa per cambiarli e forse la protegge anche dalle zanzare-segugio. D’altra parte, se dovesse essere riconosciuta per quella che è, in queste condizioni non avrebbe alcuna possibilità di difendersi.
A qualche passo da lei l’ufficiale si concentra, inviando un messaggio a palazzo.
 
In fondo alla via Caleb, nella sua divisa fasulla, osserva la scena con attenzione defilandosi dietro un commilitone più alto. Potrebbe essere ancora utile alla sua Regina, anche se non ha idea di dove sia ora; non è certo il caso di mettere alla prova inutilmente il suo travestimento avvicinandosi proprio alla goccia di Irma. 
 
 
Meridian, sala operativa delle Nemesis
 
‘Irenior? Ah, ecco dov’era finita’, risponde distrattamente Vera alla chiamata. ‘Impiastricciata… Sì, sì, capitano, va bene, accompagnatela qui’. Interrompe rapidamente il contatto. Ci son altre cose a cui pensare, ora. 
Ma Irene, uscire così… C’è stato qualche momento in cui quasi aveva cominciato a pensare di averla sottovalutata, ma poi la goccia riesce sempre a riconfermarle il suo giudizio originale: è una pasticciona indisciplinata!
 
 
Meridian, strada vicino a piazzale Sottocastello
 
‘Li abbiamo seminati’, pensa Cornelia guardandosi indietro. 
‘Qualcuno ha gridato, e li ha mandati tutti nella direzione sbagliata’, aggiunge Taranee.
‘Era Caleb’, afferma Hay Lin, la loro esperta di suoni, ‘Era la sua voce, anche se contraffatta’.
Cornelia sussulta a sentire quel nome, ma non trasmette alcun pensiero. Sperava di non dovergli più niente. Abbassa lo sguardo imbarazzata, e nota che i suoi bei stivali viola sono rimasti macchiati, ma almeno non lasciano più alcuna traccia. Anche se nessuno l’ha vista, subire quell’umiliazione proprio vicino a lui…
‘Ci siamo avvicinati parecchio al palazzo’, avvisa Will, osservando la maestosa mole dell’edificio parzialmente visibile al disopra dei tetti delle case circostanti. 
Taranee la precede, avvicinandosi alla fine della via per vedere meglio. ‘Ma in quel piazzale ci sono parecchi soldati’.
 
D’improvviso, nel lembo di cielo appare un’aquila piuttosto bassa, che sorvola longitudinalmente la strada recando due oggetti bianchi nelle zampe. Ne sgancia uno all’inizio della via e poi, dopo averle sorvolate senza notarle, una sopra l’incrocio successivo. 
I due oggetti scendono lentamente vorticando come girandole. 
Le Guardiane  si ritraggono, intimorite. A qualcuna di loro, quella discesa ricorda le famigerate mine a farfalla, che qualche documentario ha associato a truci immagini di bimbi mutilati dalle schegge.  Ma che senso hanno, lì?
La risposta arriva non appena il primo contenitore tocca terra, aprendosi e liberando una fontana di scintille biancastre che prendono a vorticare ed espandersi nell’aria per decine di metri, come se cercassero qualcosa. 
‘Svelte, al coperto’, ordina Will, e si butta dentro il portico che conduce a un cortile interno, seguita a ruota da Irma e Cornelia accanto a lei. 
‘Ma stanno investendo Tara!’, comunica Hay Lin prima di entrare, e tende le mani per suscitare un vento che allontani quella minaccia ignota dalla sua compagna. Ma è troppo tardi: non appena la prima delle misteriose scintille aderisce alla pelle scura del suo braccio, migliaia di altre ne vengono come richiamate, avvolgendola completamente.
“Oh, no, Taranee!”, grida Hay Lin, vedendola agitarsi convulsamente al centro dello sciame che si stringe sempre più su di lei. 
Un attimo dopo le altre si sporgono fuori dal loro riparo per guardare.    Ormai tutte quelle lucette malefiche hanno aderito alla loro compagna facendola sembrare come avvolta da uno strato di pece e piume, che rapidamente perde ogni traccia di luminosità. Con quella roba addosso e le alette che ne rendono inequivocabile la sagoma, ora non c’è invisibilità che tenga: la Guardiane del Fuoco è ben riconoscibile a chiunque la guardi, e già i soldati nella piazza la stanno indicando allarmati.
Nel cielo, la grande aquila sta virando per osservare il risultato del suo lavoro.
 
 
Kandrakar, Sala della Consapevolezza
 
Passi decisi rimbombano tra i corridoi della fortezza al centro dell'Infinito. Endarno, a passi lunghi, varca la soglia della Sala della Consapevolezza, e reprime a stento una smorfia d'indignazione alla vista dell'Oracolo che levita a mezz'aria nella posizione del loto, assorto con gli occhi chiusi. 
Si pone di fronte a lui, e tuona: “Signore, le Guardiane si trovano in grave difficoltà. Vi chiedo il consenso per inviare a Meridian la squadra di appoggio prima che sia troppo tardi”.
Il saggio apre gli occhi, lo guarda senza tradire alcun disappunto e si mette in piedi con un lento e armonioso movimento. “Lo so, amico mio. Stavo seguendo la loro impresa con altri metodi. Ma non mi sembra che la situazione sia ancora compromessa”.
“Non vi sembra compromessa?”, ripete Endarno trattenendo l'irritazione, “E allora venite al balcone, così saremo sicuri che vediamo le stesse cose”. Poi si volta, uscendo dalla stanza a passo veloce. 
Nel corridoio si volta indietro, vedendo che il saggio non l'ha seguito. Questa flemma è imperdonabile, pensa: qui la situazione sta peggiorando di secondo in secondo.
 
Passando davanti ai ventidue guerrieri schierati nel corridoio, il custode della Torre delle Nebbie varca la soglia del balcone. 
L'Oracolo è già lì, e osserva impassibile la città ai loro piedi. 
Accanto a lui, Orube sta indicando: “Ecco, vedete? Sono appena entrate in quel cortile, nel  caseggiato verso cui convergono tutti quei soldati”.

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Capitolo 80
*** L'assalto della discordia ***


Ad personam
 
Cara Scarlettheart, che piacere sentirti! Innanzitutto spero che stia andando tutto bene al lavoro. Grazie per aver trovato il tempo di scrivere i tuoi commenti sempre graditi.
Sisì, i personaggi si cacciano nei guai, spesso con le loro stesse mani. Ma se non lo facessero, non ci sarebbe neanche suspance. Certo che Endarno è indisponente, e se lo è per l'Oracolo, figurati che paura deve fare ai suoi 'ospiti' destinati alla Torre delle Nebbie. Ma questo non gli porterà bene, prima o poi.
 
Ciao Silvia Gi, grazie per continuare a seguire la mia storia, sapere di avere dei lettori così affezionati è un grande incoraggiamento per me. 
Il segugio... boh, forse non aveva neanche capito cosa doveva cercare. Se gli avessero portato il perizoma strappato ad Hay Lin avrebbe avuto qualche barlume di cosa ci si aspettava da lui, ma Nemesis ed esercito sono due parrocchie diverse che si ignorano a vicenda.
Per Vera, è vero (...) che si è messa nel ruolo del tiranno, però immaginati che non avesse trovato il pretesto per rifiutarsi di rendere il trono a Elyon: ne sarebbe uscita come una completa vittima, tanta fatica per diventare il capro espiatorio di tutto il pasticcio, e senza neppure la garanzia di un salvacondotto da Kandrakar.
 
Qualche parola su questo capitolo: vi anticipo un colpo di scena a palazzo. Quella scena è stata molto difficile da scrivere e ho faticato molto per tentare di renderla credibile, comunque era necessaria alla trama. Chiedo scusa perchè anche questo mese ho tralasciato il disegno, spero di poter trovare tempo e ispirazione in futuro.
 
Buona lettura
MaxT


Profezie

 
Riassunto delle puntate precedenti
 
Dopo un incontro misterioso con la Luce di Meridian, Vera ha convinto le Gocce a sostituirsi a Elyon a Meridian, impersonando la regina e le guardiane. La controfigura di Elyon e le finte guardiane esiliano Miriadel e Alborn, mentre Caleb sfugge alla cattura; pur avendo assunto il potere, si rendono conto di non essere convincenti, e inventano la storia che le guardiane sono a palazzo per proteggere la Luce di Meridian da un complotto.
A Heatherfield, Elyon spiega che quella che si sta realizzando è una sua profezia, che prevede che la tirannia duri un anno, che a Meridian dura diciotto mesi. Elyon è decisa a non tentare niente prima di questa scadenza.
Il nuovo piano di Vera prende rapidamente forma, basandosi sull'ambiguità del termine di un anno: prima simuleranno che Elyon diventi sempre più tirannica, screditandola, poi Vera la spodesterà dopo un anno terrestre di dodici mesi, facendo finire apparentemente la tirannia e realizzare la profezia; poi, dopo aver guadagnato il consenso della gente, si prepareranno per affrontare Elyon e le Guardiane al loro ritorno dopo diciotto mesi, un anno di Meridian.
Vera crea venti copie di Wanda, dette Nemesis, che avranno l'incarico di impersonare le guardiane e di sorvegliare la città restando invisibili o sotto falsa identità, o con l'aspetto di aquile.
Come dal piano di Vera, le false Guardiane imprigionano Galgheitha e altri personaggi importanti, che potrebbero rendersi conto che la sempre più tirannica Regina e le Guardiane sono state impersonate da controfigure; la principessa Vera fa la parte della buona, facendo fuggire questi prigionieri dalla città.
Infine, si arriva allo scadere dei dodici mesi dall'arrivo delle Gocce e da quello che a molti appare come l'inizio della tirannia. La montatura arriva al suo culmine: Vera parla in consiglio criticando Elyon, poi affronta le false guardiane e infine la falsa Elyon, sconfiggendoli tutti e venendo proclamata Regina.
Informata da Caleb, la vera Elyon decide di proseguire col piano iniziale, aspettando altri sei mesi per intervenire; inoltre preannuncia alle guardiane che intende farlo da sola. Queste, preoccupate, si chiedono se dovranno intervenire in qualche modo per aiutarla.
Nel frattempo Vera fa sperimentare nuove armi segrete, come fruste capaci di iniettare narcotici e sistemi per materializzare armi pesanti in vista del confronto finale.
Cinque mesi dopo, la situazione precipita improvvisamente per un casuale ma burrascoso incontro di Taranee con le gocce a Midgale. L'Oracolo acconsente a chiudere la muraglia per precauzione e ne fa dare preavviso a Elyon, che però decide di dover assolutamente parlare con Vera al più presto.
Elyon, quindi, decide di teletrasportarsi immediatamente nel suo mondo. Preoccupato per la sua sorte, L'Oracolo convoca immediatamente le Guardiane, inviandole a recuperarla. Queste intervengono in tempo per sottrarla a due Nemesis che stavano cercando di catturarla. Ma nel trasportarla a Kandrakar, inaspettatamente trascinano con loro una delle due, Dora.
A Kandrakar, Elyon viene costretta a rivelare che il colpo di stato di Vera era stato frutto di un loro accordo per far realizzare la profezia della tirannide nel modo meno dannoso possibile. Vera aveva assunto una pozione per dimenticare questo accordo, ma la sua memoria sarà ripristinata pronunciando in sua presenza una frase concordata, che comunica a Dora che viene rimandata a Meridian come messaggera.
Dora ritorna e ripristina i ricordi di Vera, aggiungendo che Elyon vuole parlarle, ma riferisce anche che a Kandrakar sia lei che la ex-regina sono state minacciate.
Quando Elyon viene condotta al cospetto di Vera, questa rifiuta di tirarsi in disparte e ammettere pubblicamente la montatura, con la scusa che Elyon non ha mantenuto una vecchia promessa, e che non può comunque garantirle dalle vendette di Kandrakar; tuttavia mantiene la promessa di riportarla a casa, libera, in attesa del confronto finale.
Le WITCH apprendono da Cornelia l'esito di questa missione. Taranee è fortemente risentita sia verso Cornelia, che ha sempre spalleggiato Elyon pur avendo intuito i suoi piani, sia verso Will, accusata di essere sempre più simile all'Oracolo. Pochi giorni dopo, però, Will si confida con Matt in un locale pubblico, e casualmente Taranee e Hay Lin sentono questo sfogo; mentre Taranee si rabbonisce, Hay Lin è in preda ai dubbi sul suo ruolo e il suo futuro, e si mette in contatto con la nonna Yan Lin che la rassicura, senza però poterle rivelare il segreto dell'Antica Profezia sulla quale si fonda Kandrakar.
Nel frattempo, a Meridian Vera e le sue fedeli si preparano a modificare il loro sistema difensivo, dopo che la temporanea cattura di Nemesis 1 aveva rivelato all'Oracolo fin troppe informazioni su di esso.
Elyon scopre tragicamente di aver portato con sè la Corona di luce fasulla. Informato, l'Oracolo disapprova il suo piano di creare delle Nemesis a lei fedeli, e impone di concordare un piano con le Guardiane. Endarno, sfiducioso, incarica Orube di preparare una seconda squadra d'intervento.
Elyon sostiene il piano di Cornelia di usare il Potere della Terra per aprire una galleria nei muri e sorprendere Vera; in realtà non ha rinunciato al suo piano segreto di sorprendere la rivale creando tre Nemesis a lei fedeli, più una sosia di sè senza poteri da far catturare. Nel segreto del suo scantinato, questo piano viene messo a punto in ogni dettaglio. 
Arrivato il grande giorno, Le WITCH e Elyon si teletrasportano alla periferia di Meridian, ma questa le lascia brevemente per iniziare il suo piano. Riesce a infiltrare le tre Nemesis a lei fedeli, che trasmettono a Vera di avere catturato Elyon, in realtà la sosia. Nel frattempo però, credendosi abbandonate, le WITCH si dirigono verso la città senza aspettare l'amica, che tornando indietro si scopre rimasta sola. 
Le false Nemesis con la loro prigioniera riescono a passare i pur severissimi controlli e arrivare al cospetto di Vera. Questa, leggendo dalla mente della prigioniera un piano fittizio cui era impreparata, decide di far distribuire ai soldati di guardia al palazzo una nuova arma non letale, gli 'anticorpi'. Nel frattempo le WITCH sono costrette ad entrare nel sotterraneo per sfuggire ai soldati in superficie.
Qui per due volte vengono localizzate dal sistema di sorveglianza e per due volte riescono a sfuggire alle Nemesis; iniziano a scavare una galleria verso il palazzo, ma una crisi di claustrofobia di Hay Lin le costringe a rinunciare, e sono costrette a risalire in superficie.
Qui le loro tracce vengono notate dai militari, ma Caleb, travestito da soldato, riesce a depistare le ricerche. Poco dopo, però, una bomba ad anticorpi lanciata a caso da un'aquila colpisce Taranee, avvolgendola e rivelandola agli avversari.
Nel frattempo, Elyon è riuscita a sostituirsi a Irenior incontrata nei sotterranei, ma anche lei viene investita dagli anticorpi appena uscita in strada. I militari, ingannati sulla sua identità, l'accompagnano a palazzo perchè si possa ripulire.
 
 
 
 
 
 
Capitolo 80
 
L'assalto della discordia
 



 
Meridian, caseggiato vicino a piazza Sottocastello
 
All’interno del caseggiato, l’ingresso di una forma umanoide con le alette che cammina alla cieca come uno zombie, avvolta in una poltiglia bianca e guidata da una voce incorporea, viene presa con sorpresa e paura dagli abitanti che sbirciano attraverso le imposte socchiuse. 
La paura si muta in terrore quando vedono l’ingresso al cortile interno coprirsi di rovi spinosi con una velocità innaturale, indice certo dell'azione di una magia aliena e ostile. Alcuni strillano, altri si nascondono o escono in strada da altre porte o da finestre. 
Lo spaventoso groviglio di rovi si estende rapidamente a coprire l’esterno del caseggiato, chiudendo l’ingresso ai soldati che accorrono e l’uscita a quegli abitanti che si sono attardati.
 
L’anziana signora Kostell è una di questi; quando ha sentito le grida da fuori e ha visto le sue finestre coprirsi di un intrico di rami spinosi, non ha fatto in tempo a capire cosa sta succedendo che vede il catenaccio della sua porta d’ingresso sul cortile disserrarsi da solo.
Il battente si apre di colpo, e una spaventosa voce incorporea dall’accento straniero le dice: “Scusate… fate pure come se non ci fossimo”. 
Riconosce quella voce da incubo: è la terribile Guardiana dai capelli rossi!
La reazione dell’anziana, naturalmente, è uno strillo acutissimo contro il quale nessuna insonorizzazione può niente.
“Ci scusi… non vogliamo…”, tenta di aggiungere la voce incorporea, ma è tutto inutile: al termine del lunghissimo strillo, l’anziana si affloscia a terra senza sensi, rovesciando una sedia del soggiorno.
 
“Oh no!”, geme Will, “Cornelia, vedi se puoi farci qualcosa!”.
“Cornelia, Cornelia…”, brontola la Guardiana della Terra entrando dietro di lei, “Non ti pare che io abbia già da fare per serrare tutti gli ingressi?”.
Dietro di lei entra Irma. “Magari le posso dare un bicchiere d’acqua. Signora, dov’è il rubinetto?”.
“Ma ti pare che possa risponderti?”, le sbotta la Guardiana della Terra, dirigendosi in fretta al piano superiore, “Vado a controllare se è tutto chiuso”. 
Un attimo dopo, anche dal piano di sopra provengono strilli di paura e qualche secca parola di scusa.
Dietro Irma, Hay Lin entra precedendo Taranee, che brancola nell’ingresso mugolando lamentele senza osar disserrare la bocca. 
“Dobbiamo ripulirla subito!”, esclama la Guardiana dell’Aria, “Questa roba è come se succhiasse via ogni potere!”.
Will si guarda in giro. “Usate la tovaglia, presto! La fontana è lì.  Girate su un lato la vecchia in posizione di sicurezza!”. Anche lei sale rapidamente le scale, borbotta qualche parola di scusa a una donna giovane con un marmocchio che se ne stanno rattrappiti in un angolo della stanza, con la faccia pallida come un cespo di lattuga, poi si rende conto di essere ancora invisibile. Ma quando si fa vedere per rassicurarli, questi sbarrano gli occhi come davanti a un mostro assetato del loro sangue e cominciano a piangere di paura e invocare pietà. 
“Oh, beh…”, borbotta amareggiata, tornando invisibile; non ha tempo da sprecare in pubbliche relazioni proprio ora. “Cornelia, dove sei?”.
“Di qua”. La sua compagna è nella stanza accanto, e sta sbirciando all’esterno da un minuscolo spiraglio tra le imposte e i rampicanti che le sigillano. “I soldati stanno circondando la casa. Dobbiamo andarcene al più presto”.
“Lo so”, conviene Will soffocando una fitta di emicrania,  “Ma Taranee aveva con sé il sondino, e ora non riesce più a materializzarlo”.
Un rumore di passi sulle scale di legno preannuncia l’arrivo di Hay Lin, che va dritta al letto e prende un paio di coperte per portarle giù. “Come va qui?”, chiede.
“Dovremo andarcene via al più presto. Ci vuole una galleria”, risponde Cornelia, poi le viene incontro e le prende le coperte di mano. “Io vado giù a scavare. Tu resta con Will”.
“Va bene”.
“E trova qualcosa per coprirti le chiappe!”, le dice con un’ultima occhiata nervosa al suo didietro mentre scende le scale. Questi costumi da fatine sexy sono buoni per delle majorette, pensa, ma tute avvolgenti come quelle delle Nemesis sarebbero molto più pratiche. Quantomeno, non dovrebbero temere ogni momento di poter essere localizzate dalla semplice puntura di una zanzara. 
 
 
Meridian, centrale operativa delle Nemesis
 
“Molto bene… ho un contatto con l’interno della casa!”, dice Theresion. Sullo specchio di fronte a lei vengono visualizzate imprecise immagini a pixel esagonali, come viste dagli occhi compositi di qualche blatta. “Quella figura in bianco, seduta a terra impastocchiata, è Taranee. Le altre non si vedono, ma si intuisce che ce n’è almeno una che tenta di ripulirla con dei teli. E quello… Ah, fa schizzare acqua da una caraffa, dev’essere Irma. Sull’altro lato della stanza il pavimento ha una vaga fosforescenza verdina, è certo Cornelia che cerca di aprire un tunnel. Ma non ci riesce, a quanto pare. Almeno, non velocemente come ha fatto nel sotterraneo”.
“Dev’essere la vicinanza con gli anticorpi”, commenta Vera, in piedi alle sue spalle, sfregandosi le mani soddisfatta. “Quella roba funziona molto, molto meglio di quanto avessi mai osato sperare!”.
“Se li avessimo usati fin dal primo scontro!”, aggiunge Wanda con una vaga occhiata di rimprovero alla sua Regina.
“Già. Peccato che non possiamo teletrasportarli lì dentro, sennò potremmo chiudere facilmente la partita”. Ci pensa sopra. “Ma forse si può fare un’altra cosa: i soldati potrebbero aprire uno spiraglio in qualche finestra e  far entrare un getto di anticorpi nella casa. Riuscirebbero a bloccare subito quantomeno le guardiane che sono ancora al piano terra. Sì, mi piace. Dò subito gli ordini”.
Wanda la guarda risentita. “Come: adesso che le abbiamo imbottigliate e stiamo per prenderci la rivincita, tu vuoi regalare la vittoria ai buzzurri dell’esercito?”.
Vera la tributa un'occhiata fredda. “Delle tue rivincite...”.
“Ragiona”, insiste Wanda, “Un'aquila potrebbe gettare gli anticorpi all'interno attraverso il camino senza neppure essere vista da loro”.
Vera ci pensa un attimo. “Perché no? Tanto, una cosa non esclude l'altra”. 
 
 
Meridian, casa in cui sono asserragliate le WITCH
 
“Allora? Come va, là sotto?” , chiede Will dalla camera, osservando il Cuore di Kandrakar che ora punta decisamente sul palazzo, senz’alcuna oscillazione.
“Non bene”, risponde la voce di Cornelia da sotto le scale. 
“Almeno riesco a parlare, ora”, geme affranta Taranee.
“Anche con l’acqua non viene via”, aggiunge Irma con una nota di stizza, “Portate giù qualche altro telo!”.
 
“Will, guarda!”, grida allarmata Hay Lin, coi fianchi finalmente cinti da una tovaglietta, sbirciando dalle imposte. “Si stanno avvicinando soldati con dei coni bianchi in mano, e altri con delle scuri!”.
La Guardiana del Cuore le viene vicino a vedere. “E’ vero, maledizione! Scommetto che vogliono forzare le finestre per sputarci addosso quella roba bianca!”.
“Allora tocca al Potere dell’Aria!”. Hay Lin protende le mani verso la finestra, e dall’esterno il vento prende a fischiare tra le imposte, sempre più forte. Qualche esclamazione di sorpresa viene dal piano di sotto, mentre nell’altra camera il bambino comincia a piangere forte.
“Stanno andando giù come birilli”, constata Will con sollievo sbirciando dall’altra finestra, ma l’ululato del vento copre la sua voce.
 
 
Meridian, sopra la città.
 
Sopra i tetti, l’aquila tenta di compensare il vento improvviso che tende a farla rollare al di là delle sue capacità di controllo. Le raffiche impetuose, irregolari, la investono da tutte le direzioni, impedendole di compensare le deviazioni agendo sulle remiganti. Nel tentativo di manovrare, si libera delle due bombe ad anticorpi che teneva tra le zampe, che vengono immediatamente trascinate dal vento mulinando come girandole fino ad infrangersi contro un tetto vicino, spargendo le loro scintille bianche, che il vento disperde e rimescola, facendole mulinare irregolarmente sopra le case.
Ma, così alleggerita, l’aquila manovra ancora peggio. Viene voltata e rivoltata più volte su sé stessa, senza riuscire a contrastare il vento in alcun modo. Vede con orrore il muro della palazzina che si avvicina troppo velocemente, tutti i dettagli minuti dell’intonaco sempre più vicino ai suoi acuti occhi di rapace. Lo schianto, e poi più niente.
 
 
Meridian, sala operativa delle Nemesis
 
“Allarme!”, grida Nemesis Venti alla console, davanti allo specchio improvvisamente oscurato. “La diciannove si è schiantata contro un muro! Non ho più nessun contatto con lei!”. L’immagine dello specchio riprende dall’alto, ballerina e irregolare, dagli occhi d’aquila di Nemesis Diciotto. In fondo a un vicolo, la sagoma scura di un grande uccello è inerte a terra, sballottata dalle raffiche.
“Maledizione!”, tuona Wanda, “Tu sei il suo angelo custode, riportala qui tutt’intera, che aspetti?”. 
“Niente, non funziona!”, risponde Venti con l’angoscia nella voce. “Colpa di tutta quella merda bianchiccia che si è sparsa in giro!”.
Wanda si morde il labbro: è stata lei a insistere per quest'operazione. Il ruolo dell'aquila sembrava semplice rispetto a quello che lei si era riservata alla guida del gruppo d'assalto, ma non è stato così.
“Io vado a prenderla!”, grida, poi svanisce in un tremolio.
 
“Maledette!”, tuona Vera, mordendosi a sua volta il labbro. “Ora gli faremo vedere qualcosa che non riusciranno a far cadere con tutto il vento del mondo. Terry, fai partire la playstation con ‘Tank commander’!”.
 
 
Meridian, via vicino a piazza Sottocastello. 
 
Nella via, i soldati si sono rifugiati negli androni. Al centro della strada è impossibile stare in piedi. 
Wanda avanza a gattoni tenendosi nell’angolo sotto i muri delle case, ignorando la sporcizia sul terreno e la polvere che sbatte con rabbia contro la sua visiera. Pochi metri più avanti c’è la sua compagna, inerte e sballottata dal vento come una pezzuola. 
Con un ultimo scatto avanza e l’afferra con le mani, appoggiandosi sui gomiti. Un filo di sangue esce dal becco dell’uccello senza vita. 
Ignorando le occhiate perplesse di qualche soldato che l’ha notata solo ora, Wanda torna a gattonare lontano dalla zona dove la patina bianchiccia aderente al muro rende inefficaci i suoi poteri.
Poco più in là, nella via, sente che l’influenza della sostanza sta cessando, ed è di nuovo in grado di teletrasportarsi via.
 
 
Meridian, sala operativa delle Nemesis
 
Da un baluginio, Wanda si materializza ai piedi della sua regina, che balza indietro inorridita alla vista del volatile inanimato e della sinistra macchia vermiglio sul suo becco. Ma è solo un secondo. In un alone luminoso,  il prodigio della trasformazione ripristina l’aspetto e le condizioni di Nemesis Diciannove.
Questa si alza, confusa, e si guarda attorno tra i gridolini di sollievo delle sue compagne. “Che è successo?”.
Davanti alla console, Nemesis Venti le fa un cenno vittorioso col pollice in alto: lei è l’angelo custode che ha il compito di richiamarle e ripristinare la loro forma intatta in caso di qualunque trauma.
“Bentornata, Diciannove”, la accoglie la Grande Sorella. “Ringrazia Wanda per il salvataggio: due minuti ancora, e non avremmo più potuto fare niente per recuperarti in vita”. Poi, rivolta alle altre Nemesis: “Quelle maledette Guardiane di Kandrakar giocano molto pesante, ma noi siano in grado di giocare ancora più pesante di loro”. Ascolta brevemente il coro di esclamazioni bellicose delle altre, poi si volta verso Theresion, che ha preso posto a un altro tavolino. “Allora, Terry, il gioco è partito?”.
Anche lei fa il gesto col pollice in alto, mentre l’immagine della piazza, stilizzata come in un videogioco, si forma sullo schermo del televisore al plasma davanti a lei. “Sì, Vera. Hai preferenze per il modello di carro?”.
“Qualcosa di largo, piatto e molto pesante”. La Regina ci pensa un attimo, cercando di afferrare almeno un nome dalle sue vaghe conoscenze sull'argomento.  “Vediamo se gli M1 Abrams incontrano i loro gusti”.
 
 
Kandrakar, balcone della prossimità
 
Orube, sull'attenti, ribadisce: “La mia squadra è pronta a partire ad un vostro comando, Signore” .
L'Oracolo accenna appena un diniego col capo. “Amici miei, il compito di Kandrakar è quello di limitare le interazioni tra i mondi, non certo quello di provocarle. Ricordate che, a modo suo, anche Kandrakar può essere considerato un mondo”.
Endarno gli si pone a lato, sovrastandolo con la sua statura maggiore. “Oracolo, vi faccio rispettosamente notare che stiamo già interagendo! Le nostre guardiane sono già lì!”. Se non ve n'eravate già accorto.
“Ma loro erano già state coinvolte proprio dalle loro avversarie. Invece, mandare una squadra di guerrieri di Basiliade significa coinvolgere anche questo mondo in un atto di guerra”.
Endarno respira a fondo, poi riprende: “Signore, vi rendete certamente conto che il Cuore di Kandrakar è in pericolo, e noi non possiamo permetterci di perderlo!”. 
L'Oracolo, imperturbabile, risponde: “Le nostre guardiane se la sono cavata in situazioni peggiori, e spesso è stato proprio il Cuore di Kandrakar a salvare loro e sé stesso. Quest'oggi, il talismano non ha ancora tirato fuori che una briciola del suo potere”.
“Potrebbe anche non esserne in grado”, insiste Endarno, “Sembra che quella nuvola di puntini riesca a inibire il potere delle guardiane. Chi ci assicura che il Cuore ne sia immune?”.
L'Oracolo, solo per un istante, accenna una vaga smorfia di indecisione, poi aggiunge: “E come vorresti mandare laggiù la squadra? Lo sai che tutta la città è coperta da una rete di trappole contro il  teletrasporto e il salto dimensionale”.
Endarno sorride, sentendosi quasi la vittoria in mano. “Signore, sono ore che i nostri sacerdoti stanno sondando quella barriera, e abbiamo trovato un punto scoperto, molto vicino al caseggiato dove le nostre guardiane si sono asserragliate”. Indica. “E' proprio là, al centro di quel piazzale sotto la rupe”.
Proprio mentre indica, nel luogo designato cominciano a formarsi delle sagome costituite dapprima da tenui linee luminose, che poi vengono unite da superfici piane opache dai colori marcescenti. 
Un istante dopo, sotto l'attonito sguardo di Endarno, nella piazza sono apparse dal niente le forme di cinque carri armati.
“Oh, Soli gemelli...” , sfugge tra i denti a Orube.
Se anche l'Oracolo è turbato, riesce a nasconderlo molto bene. “E quello è il posto più sicuro per l'arrivo della nostra squadra?”. 
 
 
Meridian, piazzale Sottocastello
 
I soldati si tirano in disparte gattonando, davanti al prodigio che sta accadendo proprio al centro dell’ampio Piazzale Sottocastello.
Le strutture nascono da poche linee luminose a mezz’aria, che in pochi istanti si moltiplicano e completano fino a costruire scheletri di oggetti mai visti, simili a complesse voliere fatte di luce; poi le superfici si definiscono, con i loro colori smorti, i loro motivi a pixel quadrati grandi un pollice ciascuno, e le loro ombre che non hanno niente a che fare con le luci del giorno circostante. 
Per queste strane ombre, ancor più che per le superfici spigolose e semplificate e per il mistero della loro apparizione, i cinque grandi carri armati sembrano un’intrusione del mondo virtuale in quello reale. E infatti, è proprio ciò che sono.
 
 
Meridian, casa in cui sono asserragliate le WITCH.
 
Vista da davanti alla bocca da fuoco del calibro di centoventi millimetri, la creazione di un carro armato virtuale appare assai più spaventosa che spettacolare.
“Oh, no!”, geme Hay Lin scrutando dallo spiraglio. “Da dov’è venuto?”.
Will si morde il labbro, scrutando a sua volta dalla finestra. “Maledizione! Ragazze, come siete, laggiù a basso?”.
“Così così”, risponde la voce di Cornelia da sotto le scale, “Finora ho scavato solo un paio di metri”. 
“Non sono ancora pulita”, aggiunge Taranee desolata, “Cercate altre coperte, per piacere!”.
“Perché il vento è calato?”, chiede Irma salendo le scale.
“Guarda tu stessa!”, le risponde Will, cedendole il posto alla finestra e scendendo le scale con le federe dei cuscini. 
La Guardiana dell’Acqua scruta attraverso le imposte. “Ma… Ma… ma porca miseriaccia! Questo non vale!”.
 
 
Meridian, centrale operativa delle Nemesis
 
“Allora: Nemesis Diciannove alla console dei carri armati”, comanda Vera, “Terry, tu torna ad  interrogare gli insetti nel locale per individuare bene quelle maledette guardiane”.
“Nemesis da uno a diciassette”, chiama Wanda, “Pronte al teletrasporto! Armi in pugno! Ricordate, forse vicino a quella robaccia non potremo usare i nostri poteri. Gli iniettori dislocanti dei manganelli potrebbero non funzionare, e non riusciremo a materializzare altri equipaggiamenti. Tenete in pugno fin d’ora ciò che potrebbe servirvi!”.
Tutte le sue compagne si fanno apparire il casco integrale, e brandiscono i manganelli nella mano sinistra.  Ma nella destra fanno la loro comparsa dal nulla delle mitragliette Skorpion.
Sentendo le esclamazioni di sorpresa di Paochaion, Theresion si volta, e vede con sorpresa le nuove armi da fuoco. “Ma… ma rischia di finire in una strage! Perché? Sarete sedici contro cinque, e Taranee è ancora fuori gioco!”.
“Ma quattro di loro sono ancora invisibili, e i nostri iniettori potrebbero non funzionare. Vuoi che andiamo lì a fare la parte dei birilli?”, le risponde Wanda.
“Non vi conviene fare il gioco così duro!”, insiste Theresion, “In quegli spazi ristretti, vi colpirete a vicenda, e le vostre tuniche vi proteggono poco più che il tronco!”.
“Spareremo solo se sarà indispensabile. Tu pensa a fornirci le posizioni esatte del nemico, occhi di ragno!”.
“Ma... Siete tutte impaz...”, tenta di protestare Theresion.
“Brava Wanda”, la interrompe Vera, “Un dettaglio soltanto: tu resterai qui con noi!”.
“Cosa?”, ruggisce questa alzandosi di scatto la visiera, “Non m’impedirai di regolare questo conto, dopo un anno che mi sto preparando a questo!”.
“Tu ti occuperai della sicurezza delle tue compagne! In un assalto del genere, un solo angelo custode non basterà. Vai a sederti accanto alla Venti”.
“Può farlo qualunque delle altre!”.
“E invece lo farai tu! E’ un ordine! E ora esegui!”, risponde Vera senza possibilità di replica.
Dopo un’ultima occhiata carica di risentimento, Wanda obbedisce e va a sedersi imbronciata accanto alla Venti.
“Vera, mi affido al tuo buon senso!”, ritorna alla carica Theresion, “Così finirà in un macello!”.
“Tranquilla, le nemiche non oseranno più reagire con la violenza, davanti a cinque cannoni puntati contro di loro”.
“Ma ci saranno le nostre a fargli da scudo!”.
“Dipende tutto da te! Tu individua le loro posizioni esatte, e passa le soluzioni di tiro ai carri armati. Usando proietti perforanti decalibrati a energia cinetica, potranno essere in grado di colpire le nemiche attraverso i muri, evitando le nostre”. Aggiunge, come per rassicurarla: “Ah, solo se loro si divertissero a spaccare ancora qualche testa, beninteso!”. Si volta verso le Nemesis, che hanno preso posto nei loro stalli in attesa di ordini. “Voialtre, se le cose si mettessero male, state pronte a teletrasportarvi via da lì ad un segnale, e se non ci riuscite, buttatevi a terra e appiattitevi come sogliole!”.
“Siete tutte pazze!”, fa Terry portandosi le mani al viso. “Quei proietti perforanti passeranno da parte a parte tutto l’isolato! Io non posso prendermi questa...”.
“Ma no, Terry!”, sbuffa, “Si smaterializzerebbero appena usciti dalla linea di vista degli occhibelli– e indica le statuette appollaiate su tutte le finestre – proiettando dentro la casa solo un sottile cono di detriti. E adesso, esegui! Tutto dipenda da quanto bene farai ciò che ti ho assegnato!”.  Da’ un’ultima occhiata alle Nemesis pronte, le mani serrate sulle loro armi. Per un attimo, le pare di intuire qualche sguardo dubbioso dietro le visiere calate, ma nessuna protesta.  “E ora, al tre, trasferitevi tutte assieme. Uno, due, TRE!”.
Le quindici guerriere svaniscono in una catena di baluginii.
 
Dopo un istante di attesa, Nemesis Venti annuncia allarmata: “Vera, ho perso il contatto con tutta la squadra!”.
“Anch’io!”, conferma Wanda soffocando una maledizione, “Nessun pensiero, nessuna immagine”.
Vera si sente quasi venir male. “Cosa? Non...Non è possibile!”.
“Ne... neanche gli insetti hanno contatti”, aggiunge Theresion con voce troppo tremula. “Non... sono mai arrivate nella casa”.
“Aspettate…”, aggiunge Venti, “Ho un contatto da Dodici. Si è materializzata fuori città, quindici chilometri a ovest. La richiamo qui”.
“Aspetta a farlo…” , dice Vera ad occhi socchiusi, assorta in qualche controllo mentale, poi tuona: “I settaggi del firewall sono stati alterati!”. Volge lo sguardo verso Theresion, impallidita come il ghiaccio. 
“TU!!! TRADITRICE!!!”.
“Io…”.
“Sei tu che hai alterato i settaggi! Hai disabilitato le Nemesis, e le hai fatte disperdere ai quattro venti!!!”.
“Io…”.
“E io che mi sono sempre fidata ciecamente di te!”.
Wanda si alza con una smorfia di rabbia, e afferra la compagna per le spalle. “Perché l’hai fatto?!?”.
Theresion si difende… “Io… voi le stavate mandando al massacro! I mitra in pugno, i carri armati che sparano sulla casa… io non vi riconosco più!”.
Da dietro, Wanda la scrolla brutalmente. “Hai già visto cosa son decise a fare quelle là quando hanno schiantato la Diciannove! Quelle non si fermeranno, perché pensano di essere loro le buone! Di portare la luce nell’oscurità. E per loro, noi siamo i cattivi, chiaro? Quelli che nei film al cinema schiattano a dozzine come sacchi di patate, anonimi e non rimpianti, o che fanno il botto finale con gran soddisfazione di tutti gli spettatori, bambini compresi!”.
La voce di Nemesis Diciannove, alla console dei carri, la contraddice: “Veramente... io penso che lo schianto non sia stato voluto”. Mentre tutti si voltano stupiti a guardarla, aggiunge: “Avevo scelto la direzione di avvicinamento in modo che non avessero nessuna possibilità di vedermi dall'interno”.
“Lo penso anch’io”, aggiunge Nemesis Venti, riflettendo seduta davanti al grande specchio che ora mostra solo un paesaggio collinoso. “Per me, stavamo davvero per fare un grandissimo errore”.
“Sarà”, concede Vera di pessimo umore. “Comunque, Therese, mi hai mostrato che non posso più fidarmi di te. Ora dì pure addio ai poteri che ti avevo concesso”, conclude tendendo un braccio verso la sua compagna dai capelli candidi.
Di colpo, questa viene sollevata dal suolo, volteggia a mezz’aria annaspando e viene depositata su una sedia vicino alla Elyon prigioniera, per poi essere rapidamente avvolta da una bolla trasparente.
In fondo alla sala, Paochaion geme, pallida come un ghiacciolo, e comincia a piangere.
“E adesso cerchiamo di rimediare un po’ al disastro!”, bofonchia Vera, concentrandosi un attimo per ripristinare i settaggi del firewall che avvolge il palazzo.
 
'E' il momento che aspettavamo' trasmette la replica di Nemesis Uno alle sue due compagne, ancora invisibili nello stanzone della centrale operativa. 'Facciamo presto, prima che rientri qualcuna di loro'.
Lungi dal teletrasportarsi per quell'assalto pazzesco, le tre fedeli di Elyon ne hanno approfittato per rendersi invisibili a Vera e alle poche avversarie rimaste, tutte senza casco e distratte da quest'emergenza imprevista. 
Si porta in posizione d'attacco alle spalle della Regina, e può persino percepire i suoi pensieri nell'incomprensibile linguaggio simbolico dell'interfaccia telepatica del firewall. Vede le sue compagne portarsi dietro a Wanda e alle altre sedute alle consoles, che stanno discutendo a mezza voce tra loro. 
Allinea la punta dell'iniettore dislocante in direzione del collo di Vera, verso le carotidi, così il narcotico farà effetto più rapidamente. 'Attaccate al tre. Uno, due, TRE!'.
Rispondendo alla sua volontà, l'iniettore teletrasporta una nuvola di narcotico. Forse passerà inosservato per ... 
Alle sue spalle, risuonano grida di sorpresa e rumori d'impatto, e uno strillo acuto di Pao Chai.
Vera si volta, con un'espressione stupita dipinta sul viso “Cosa...”.  
Maledizione, pensa la replica, dovrà guadagnare ancora qualche secondo. Alza il manganello sopra la testa della regina che la guarda senza capire. Esita un attimo... quanto forte potrà colpirla senza provocarle un trauma serio?
 
D’improvviso, il frastuono di una breve raffica di mitra sovrasta ogni altro rumore nella sala, congelando la scena. 
Nemesis Dodici, riapparsa in piedi nel suo stallo, ha ancora l'arma fumante nella destra. “Fermi tutti, e cerchiamo di fare un po’ di chiarezza, qui!”.
 
 
Meridian, vicino a Piazzale Sottocastello
 
Sporgendosi al di fuori del portico, il sergente Koslog osserva piazzale Sottocastello, ormai occupato solo dalle cinque spaventose apparizioni dei mezzi corazzati con le canne che convergono verso la casa assediata. “Capitano, il vento è calato. Dobbiamo tornare ad avvicinarci alla casa per aprire una breccia e buttargli dentro quella roba?”, e indica gli ordigni conici tra le mani di alcuni dei loro soldati.
L’ufficiale valuta la situazione, sporgendosi a sua volta. Non ci sono più aquile in cielo, e non riesce a entrare in contatto telepatico con alcuno. “Meglio di no, sergente, non è il caso di mettersi davanti a quei grossi cosi di nostra iniziativa”.
D’improvviso i cinque mostri, come sono apparsi, si dissolvono in linee di luce.
“Ma… Sono spariti!”, avverte il sergente, “Cosa può voler dire questo, signore?”.
“Forse che è il momento di muoverci!”, decide l’ufficiale. “Soldati, avanti!”.
 
 
Meridian, casa dove sono asserragliate le WITCH
 
“Adesso mi sembri abbastanza pulita”, dice Irma, appallottolando una federa ormai imbrattata di quella poltiglia e gettandola nel focolare spento. “Dai capelli non va via, rassegnati”.
“Ora proviamo…” dice Taranee speranzosa, alzandosi finalmente in piedi e allontanandosi dal tavolo. “Stai pronta con l’acqua, se dovesse servire”.
“Vai!”, le conferma Irma.
La Guardiana del Fuoco fa infiammare una mano, e vede con sollievo che il suo elemento le risponde. In un attimo, si fa avvolgere interamente da una breve fiamma purificatrice, che riverbera in tutta la stanza.
“Brava! Ma ora basta!”, le grida Irma, facendo schizzare getti d’acqua sulle travi di legno del soffitto.
“Allora, Tara, sei pronta?”, le dice Will scendendo le scale.
Taranee si spegne, sorridendo con soddisfazione, e si scrolla la fuliggine di dosso, poi punta le mani sulle tovaglie sporche accumulate nel caminetto, e le incendia con un solo gesto, con grande costernazione dell’anziana signora ora seduta nell’angolo più lontano della stanza. “Via quella robaccia!”.
Un attimo dopo, Hay Lin scende di corsa dalle scale. “Via tutte, presto! Oh, ecco perché! Devono aver visto il fumo!”.
“Oh no”, geme Taranee, pentita del suo gesto inutile.
“Via nella galleria!”, grida Cornelia da sotto.
Le guardiane non se lo fanno ripetere una seconda volta:  con una serie di “Scusi il disturbo”, “Buongiorno”, “Desolate”, spariscono nel foro luminescente sul pavimento, che un istante dopo inizia a richiudersi dietro di loro.
 
 
“Sono andate?” chiede dall'alto la voce della donna più giovane, che discende prudentemente le scale. 
“Whoo! Le guardiane in casa della nonna!”, esclama incredulo il bambino dietro di lei. “Quando lo racconterò...”.
“Che disastro”, geme l’anziana signora, guardando bruciare incredula nel caminetto tutte le sue tovaglie e le sue coperte. Poi dei forti colpi alle imposte la distolgono da quella triste vista. “Chi c’è? Aiuto, venite a soccorrerci!”, grida, riconoscendo tra gli interstizi il colore verdazzurro delle divise dei soldati. 
“Resista!”, risponde una voce concitata da fuori, mentre l’imposta cede con uno schianto creando un varco, “Tra un attimo sarà salva!”.
Un istante dopo, una fiumana di piccole scintille turbinanti si riversa nella cucina.

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Capitolo 81
*** Serpenti d'acqua ***


Ad personam
 
Cara Scarlettheart, grazie per la recensione, anche da cellulare è ben gradita. 
In effetti, la furia è durata poco, si sono rapidamente rese conto che si era trattato di un incidente non voluto, certo che se fossero arrivate a destinazione poteva andare a finire molto male. A parte questo, più che per vendicare qualcosa le Nemesis sono nate per proteggere il trono e la faccia di Vera. La squadra di Kandrakar per ora aspetterà a partire, visto che per le WITCH l'accerchiamento è finito. Magari andrà a finire che quei guerrieri gli faranno più comodo in casa. 
Un ringraziamento anche a Hera85 per le sue numerose e gradite recensioni ai primi capitoli.
 
Cosa stanno facendo Elyon e Caleb? Eccolo spiegato in questa puntata!
 
Buona lettura
MaxT

 

PROFEZIE
 



Riassunto delle puntate precedenti
 
Dopo un incontro misterioso con la Luce di Meridian, Vera ha convinto le Gocce a sostituirsi a Elyon a Meridian, impersonando la regina e le guardiane. La controfigura di Elyon e le finte guardiane esiliano Miriadel e Alborn, mentre Caleb sfugge alla cattura; pur avendo assunto il potere, si rendono conto di non essere convincenti, e inventano la storia che le guardiane sono a palazzo per proteggere la Luce di Meridian da un complotto.
A Heatherfield, Elyon spiega che quella che si sta realizzando è una sua profezia, che prevede che la tirannia duri un anno, che a Meridian dura diciotto mesi. Elyon è decisa a non tentare niente prima di questa scadenza.
Il nuovo piano di Vera prende rapidamente forma, basandosi sull'ambiguità del termine di un anno: prima simuleranno che Elyon diventi sempre più tirannica, screditandola, poi Vera la spodesterà dopo un anno terrestre di dodici mesi, facendo finire apparentemente la tirannia e realizzare la profezia; poi, dopo aver guadagnato il consenso della gente, si prepareranno per affrontare Elyon e le Guardiane al loro ritorno dopo diciotto mesi, un anno di Meridian.
Vera crea venti copie di Wanda, dette Nemesis, che avranno l'incarico di impersonare le guardiane e di sorvegliare la città restando invisibili o sotto falsa identità, o con l'aspetto di aquile.
Come dal piano di Vera, le false Guardiane imprigionano Galgheitha e altri personaggi importanti, che potrebbero rendersi conto che la sempre più tirannica Regina e le Guardiane sono state impersonate da controfigure; la principessa Vera fa la parte della buona, facendo fuggire questi prigionieri dalla città.
Infine, si arriva allo scadere dei dodici mesi dall'arrivo delle Gocce e da quello che a molti appare come l'inizio della tirannia. La montatura arriva al suo culmine: Vera parla in consiglio criticando Elyon, poi affronta le false guardiane e infine la falsa Elyon, sconfiggendoli tutti e venendo proclamata Regina.
Informata da Caleb, la vera Elyon decide di proseguire col piano iniziale, aspettando altri sei mesi per intervenire; inoltre preannuncia alle guardiane che intende farlo da sola. Queste, preoccupate, si chiedono se dovranno intervenire in qualche modo per aiutarla.
Nel frattempo Vera fa sperimentare nuove armi segrete, come fruste capaci di iniettare narcotici e sistemi per materializzare armi pesanti in vista del confronto finale.
Cinque mesi dopo, la situazione precipita improvvisamente per un casuale ma burrascoso incontro di Taranee con le gocce a Midgale. L'Oracolo acconsente a chiudere la muraglia per precauzione e ne fa dare preavviso a Elyon, che però decide di dover assolutamente parlare con Vera al più presto.
Elyon, quindi, decide di teletrasportarsi immediatamente nel suo mondo. Preoccupato per la sua sorte, L'Oracolo convoca immediatamente le Guardiane, inviandole a recuperarla. Queste intervengono in tempo per sottrarla a due Nemesis che stavano cercando di catturarla. Ma nel trasportarla a Kandrakar, inaspettatamente trascinano con loro una delle due, Dora.
A Kandrakar, Elyon viene costretta a rivelare che il colpo di stato di Vera era stato frutto di un loro accordo per far realizzare la profezia della tirannide nel modo meno dannoso possibile. Vera aveva assunto una pozione per dimenticare questo accordo, ma la sua memoria sarà ripristinata pronunciando in sua presenza una frase concordata, che comunica a Dora che viene rimandata a Meridian come messaggera.
Dora ritorna e ripristina i ricordi di Vera, aggiungendo che Elyon vuole parlarle, ma riferisce anche che a Kandrakar sia lei che la ex-regina sono state minacciate.
Quando Elyon viene condotta al cospetto di Vera, questa rifiuta di tirarsi in disparte e ammettere pubblicamente la montatura, tuttavia mantiene la promessa di riportarla a casa, libera, in attesa del confronto finale.
Elyon scopre tragicamente di aver portato con sè la Corona di luce fasulla. Informato, l'Oracolo disapprova il suo piano di creare delle Nemesis a lei fedeli, e impone di concordare un piano con le Guardiane. Endarno, sfiducioso, incarica Orube di preparare una seconda squadra d'intervento.
Elyon sostiene il piano di Cornelia di usare il Potere della Terra per aprire una galleria nei muri e sorprendere Vera; in realtà non ha rinunciato al suo piano segreto di sorprendere la rivale creando tre Nemesis a lei fedeli, più una sosia di sè senza poteri da far catturare. 
Arrivato il grande giorno, Le WITCH e Elyon si teletrasportano alla periferia di Meridian, ma questa le lascia brevemente per iniziare il suo piano. Riesce a infiltrare le tre Nemesis a lei fedeli, che trasmettono a Vera di avere catturato Elyon, in realtà la sosia. Nel frattempo però, credendosi abbandonate, le WITCH si dirigono verso la città senza aspettare l'amica, che tornando indietro si scopre rimasta sola. 
Le false Nemesis con la loro prigioniera riescono a passare i pur severissimi controlli e arrivare al cospetto di Vera. Questa, leggendo dalla mente della prigioniera un piano fittizio cui era impreparata, decide di far distribuire ai soldati di guardia al palazzo una nuova arma non letale, gli 'anticorpi'. Nel frattempo le WITCH sono costrette ad entrare nel sotterraneo per sfuggire ai soldati in superficie.
Qui vengono localizzate dal sistema di sorveglianza ma riescono a sfuggire alle Nemesis; iniziano a scavare una galleria verso il palazzo, ma una crisi di claustrofobia di Hay Lin le costringe a rinunciare, e sono costrette a risalire in superficie.
Qui le loro tracce vengono notate dai militari, ma Caleb, travestito da soldato, riesce a depistare le ricerche. Poco dopo, però, una bomba ad anticorpi lanciata a caso da un'aquila colpisce Taranee, avvolgendola e rivelandola agli avversari.
Le WITCH si asserragliano in una casa per ripulire Taranee dagli anticorpi che le bloccano i poteri, ma l'operazione è lunga e vengono assediatenella casa dai soldati. Il vento provocato da Hay Lin fa schiantare una delle aquile; in collera per questo, Vera fa preparare le Nemesis per un assalto che rischia di essere sanguinoso, ma Theresion per impedirlo manipola la barriera e fa disperdere il gruppo d'assalto, e viene imprigionata. Le tre Nemesis di Elyon cercano di approfittare per aggredire Vera, ma falliscono e vengono catturate. Ora Vera ha perso la maggior parte delle sue guerriere, e nel frattempo le WITCH sono sfuggite all'assedio con un tunnel.
Nel frattempo, Elyon è riuscita a sostituirsi a Irenior incontrata nei sotterranei, ma anche lei viene investita dagli anticorpi appena uscita in strada. I militari, ingannati sulla sua identità, l'accompagnano a palazzo perchè si possa ripulire.

 
 
 
 
Capitolo 81

 Serpenti d'acqua
 

 
 
Meridian, all’interno del palazzo
 
“Grazie, capitano”. Quella che sembra Lady Irenior si congeda mestamente, agitando la mano sporca di poltiglia biancastra verso l’ufficiale che ha garantito per lei alle sentinelle.
“Riguardatevi, Lady Irenior!”, la saluta lui dall’ingresso del palazzo esibendosi in un impeccabile saluto militare, prima che i pesanti portoni gli vengano nuovamente sprangati davanti e i più sofisticati allarmi vengano riattivati a prevenire ogni accesso indesiderato.
Elyon, girato l’angolo del corridoio che porta dal grande atrio fino alla torre nordest, cammina intimorita in quel palazzo ch’è stato suo, cercando d’immaginare come reagirebbe Irenior agli sguardi curiosi di soldati e servitori che incrocia nel corridoio. Sisì, dovrebbe dire qualcosa tipo: “Beh? Vi state divertendo?”.
A queste parole, i servitori accennano un inchino di scusa e continuano il loro lavoro, mentre i soldati s’irrigidiscono più contegnosi.
Con un sospiro, Elyon arriva fin alla scalinata della torre dove si trovano gli alloggi delle persone di riguardo. Ricorda di aver visto assieme Irene e Carol, un mese prima, in una camera tre piani sotto l’appartamento reale. Coraggio Ellie, sbuffa esausta, sono solo altri nove piani…
 
 
Meridian, sala operativa delle Nemesis
 
“Tre nuove Nemesis create da Elyon!”, esclama Vera incredula dopo aver letto la memoria alle tre guerriere narcotizzate e sedute, legate strettamente alle sedie all’interno di bolle trasparenti accanto a quella che sembra la loro creatrice.  La indica: “ E quel che è peggio, ragazze, è che questa qui non è affatto lei, ma una misera controfigura inerte senza alcun’ombra di potere!”. La guarda con disprezzo. “Non avrei mai creduto che mia sorella sarebbe arrivata a tanto! Creare un fantoccio vivente di sé solo per ingannarci!”.
“Ma…”, resta stupita Wanda, “E quella vera…”.
“Libera! Ancora in giro a tramare!”.
“O fulmini! Potrebbe essere ovunque!”, tuona Wanda, guardando con sospetto perfino le sue stesse compagne.
“Non proprio ovunque”, obietta Venti un po’ risentita per l’occhiata di sospetto, “Il palazzo è sempre avvolto dal firewall, non la lascerebbe teletrasportare dentro”. 
Vera ci riflette un attimo, poi: “Wanda, controlla se nella memoria del firewall c’è qualche registrazione dell’ingresso di Elyon durante i momenti in cui quella traditrice là - e indica Theresion - l’ha sabotato!”.
“Va bene. Ma… la password?”.
Vera si guarda attorno, scruta sospettosa le sue prigioniere inebetite, poi la trasmette a Wanda col pensiero.
“Ricevuta!”, le conferma questa con il pollice in alto, e si concentra nel contatto con l’interfaccia telepatica del firewall.
Vera, nel frattempo, chiude gli occhi, tende le braccia davanti a sé, e brandeggia in un lento giro d’orizzonte. 
Durante il suo lungo gesto, più di una delle sue pretoriane si materializza nel suo stallo, facendo domande incredule a cui le altre rispondono con cenni di tacere.
Nel silenzio carico d’attesa la goccia di Elyon, sempre con gli occhi socchiusi, porta lentamente la mano ai bottoni dei suoi pantaloni da montagna.
 
 
Meridian, torre nordest
 
Irenior esita, davanti alla scelta di tre porte. Qual’era la camera in cui aveva visto assieme Irenior e Carol? Quella a destra, le pare. Strano, è chiusa, ma la chiave è fuori…
La apre ed entra. 
 
Dentro la camera, nota subito Carol profondamente addormentata su uno dei due letti. 
Farebbe bene a svegliarla? E’ stata una delle sue migliori amiche, ma questo è successo prima che la rimandasse a Meridian. Anche se il fatto che sia stata chiusa a chiave da fuori, e forse narcotizzata, è una forte indicazione in questo senso. 
Dà un’occhiata verso la piazza, ben visibile dalla finestra. Gli spaventosi carri armati sono svaniti. Non le erano del tutto sconosciuti: anche nella vetrinetta di suo padre a Heatherfield ce n’era uno molto simile, ma era fatto di plastichina, mentre questi erano certamente materializzati dai fotoni. Evidentemente Vera è riuscita a completare con pieno successo le ricerche che stava abbozzando prima dell’inizio di questa storia. Ma l’incognita maggiore è:  facevano parte di una messinscena, o era davvero disposta a usarli? 
Osserva l’orologio sul muro: non sono passate neanche tre ore da quando hanno lasciato Heatherfield. Cavolo, se si fosse spiegata meglio con le WITCH, ora sarebbero tutte sottoterra al sicuro a un buon chilometro da lì intente a scavare una galleria nel cuore della roccia, sorbendosi le battute di Irma e tranquillizzando le fobie di Hay Lin.
 
Apre la porta del bagnetto e osserva gli asciugamani. Le sembrano pochi per due persone, per gli standard del palazzo: forse quella camera è l’alloggio della sola Carol. Però non le sembra il caso di andare a tentoni nelle altre stanze: se sbagliasse ancora e la scoprissero, come potrebbe giustificarlo?
Comincia a far correre l’acqua calda, benedicendo le comodità del suo palazzo: nella maggior parte delle case di Meridian si deve andare a pompare l’acqua dalla fontana, che quando va bene è in cucina,  e riscaldarla con la pentola o le pietre roventi.
Prova ad insaponarsi le mani e passarle sotto il getto d’acqua, ma le sembra che non funzioni gran che. Ma cosa ci vorrà per liberarsi di questa roba? Qualche solvente, forse? Magari Carol ha dell’acetone per le unghie…
 
 
Meridian, altra casa su Piazzale Sottocastello
 
“La situazione sembra un po’ calmata”, bisbiglia Will osservando dalle sottili finestrelle del seminterrato in cui sono emerse.  Qualche scricchiolio delle travi di legno del soffitto fa pensare che i padroni di casa siano più o meno sopra di loro.
Tra le sue mani, il Cuore di Kandrakar tira decisamente verso il palazzo che torreggia candido in cima alla rupe. “E’ là che dobbiamo arrivare”.
Taranee materializza il suo sondino a forma di teiera, puntando il mirino contro il ciglio della rupe. Più e più volte il ronzio nella gabbietta scompare e si rinnova, ma la luminescenza dell’opale che la corona non si decide a virare verso il colore che segnala via libera. “Niente di niente, ragazze! Non è possibile arrivare lì col teletrasporto”. Dopo qualche tentativo in altre direzioni, conclude: “Anzi, la strada è sbarrata anche indietro e ai lati”. 
“Almeno non ci sono più quei carri armati”, sospira Will.
“Né le aquile”, conviene Hay Lin sottovoce. 
“Proviamo ad arrivare là col tunnel”, insiste Cornelia, in piedi accanto alla sua opera ancora aperta, in caso si rendesse necessaria una nuova fuga sottoterra.
“No, ti prego”, geme Hay Lin , “Non posso farcela ancora!”.
La guardiana della Terra stringe i pugni innervosita, e si contrappone quasi fronte contro fronte ad Hay Lin, sussurrandole minacciosa:  “Maledizione! Era un piano meraviglioso, inattaccabile! E invece, è a causa tua che abbiamo dovuto affrontare pipistrelli, soldati, cani piscioni, carri armati fantasma, aquile pensanti e diavolerie bianche che scendono dal cielo!” .
“Lo so”. Hay Lin chiude gli occhi, contrita, poi si fa forza e risponde: “Allora andate voi. Io arriverò lì sostenuta dal mio elemento. Non saranno certo quattro aquile che mi faranno paura!”.
“No”, risponde Will, “Non ci divideremo”. Indica la rupe al di là del piazzale. “Usciremo restando invisibili, attraverseremo la piazza in silenzio e scaleremo la rupe”.
“E poi?”, fa Cornelia poco convinta. 
“Poi troveremo un punto nascosto sul muro del giardino. Tu ci aprirai un varco. Una volta nel giardino, la barriera contro il teletrasporto dovrebbe essere superata”. 
“Così era ai tempi di Elyon”, fa presente Taranee. “Ma mi meraviglierei che non l’avessero perfezionata, in un anno di diciotto mesi”.
“Allora proseguiremo creando, che so, un passaggio nel muro per entrare nel palazzo”.
Taranee torce il viso. “E non noterebbero questo passaggio né da dentro, né da fuori?”. 
“Ma la Corny farebbe fare il diavolo a quattro a tutti gli alberi del giardino”, dice Irma, soddisfatta della sua idea. “E io potrei… uh… Ah sì, gli faccio arrabbiare tutti i rubinetti”.
“Che piano da schifo!”, replica Taranee, “Tanto vale dire di arrivare là, tirare fuori il Cuore di Kandrakar e chiedergli di fare tutto lui”.
“Che, in effetti, è quello che abbiamo fatto più di una volta”,  risponde Will, “Ed ha sempre funzionato. Allora, andiamo!”.
“Aspetta un attimo”, dice Irma indicando una tubatura  di piombo che sale verso il piano superiore; la prende tra le mani e si concentra. “Creiamo qualche diversivo, prima di uscire. Attraverso l’acqua di questo tubo, posso raggiungere il mio elemento in tutta la città”.
Osservando dalla finestrella, Will nota che tra i soldati sulla piazza si è creato nuovamente lo scompiglio: tutti osservano impressionati una grande fontana sotto la rupe, la cui acqua ha preso a serpeggiare come impazzita. Dal piano di sopra si sentono esclamazioni di sorpresa e passi concitati.
“Ecco, possiamo andare!”, dice Irma soddisfatta di sé. “Questo attirerà tutta la loro attenzione mentre usciamo in strada”.
 
 
Meridian, bagno di Carol
 
“Cieli turchini!”, esclama sorpresa Elyon quando l’acqua del rubinetto prende a serpeggiare a mezz’aria, per poi ricadere inondando di schizzi tutto il bagnetto.
Dalla camera proviene la voce di Carol, mugolante dal sonno. “Mmmh… chi è?”.
Elyon si sporge per rassicurarla. “Tutto a posto, cara, sono Irenior”.
“Mmh… Non, non sei Irenior. Sei Ellie”.
Lei agghiaccia. Non riesce a capire neppure se l’altra stia parlano sul serio. “Pe.. perché dici questo?”.
“Perché Irenior mi chiama sempre Biondona”. Per un attimo riprende a dormicchiare, poi torna a chiedere: “Perché stai usando il mio bagno?”.
“Ehm…”. Irenior cerca una scusa convincente. “Perché… perché il mio si è intasato”.
“Brava, intasa anche il mio”, e torna ad addormentarsi.
L’altra si siede su una cassapanca quasi con le lacrime agli occhi, osservando l’acqua del rubinetto che danza per il bagno mentre lei è ancora tutta impiastricciata e senz’ombra di alcun potere.
 
 
Meridian, altra casa su piazzale Sottocastello
 
Nel retrobottega della sua rinomata calzoleria, il signor Grypar continua a pensare che la mattina non è iniziata bene. Non vuole assolutamente saperne niente, lui, di lotta tra regine e di aliene cattive dagli osceni costumi variopinti. Quando lo svegliano male al mattino, non riesce neanche a concentrarsi sul suo lavoro. Con quel chiasso di fuori, poi! Questa mattina ha già sbagliato il taglio di una coppia di pezzi di cuoio. 
Prima il vento, che per qualche minuto ha ululato da far paura. Poi, suo figliolo Laknir che era venuto a strillare che c’erano cinque mostri meccanici in mezzo al piazzale. Lascia che ci stiano, gli ha detto, se non puoi farci niente è meglio ignorarli. 
Poi sua figlia Lokel che era entrata spaventata gridando: papà, l’acqua della fontana sta danzando nell’acquaio. E lui: lasciala danzare, prima o poi si stancherà.
Ora sente una porta aprirsi cigolando e richiudersi con un piccolo tonfo alle sue spalle. Ma perché dovrebbe voltarsi? Perché farsi domande? Non è tanto più sicuro pensare che sia stato solo il vento?
 
 
Meridian, piazzale sottocastello
 
‘Finora tutto bene’, trasmette Will camminando con prudenza alla testa del gruppo, diretta alla rupe sulla sinistra nel punto in cui sembra più facile da scalare. Camminano in un silenzio ovattato in cui si sentono solo i loro passi prudenti sul selciato, grazie al potere di Hay Lin di controllare le vibrazioni dell’aria.
I soldati sono distratti dal folle spettacolo della fontana, il cui getto si erge come un fascio di serpenti danzanti, a momenti ipnotici, a momenti minacciosi.
‘Non è una meraviglia?’, trasmette Irma sorridendo orgogliosa della sua opera.
‘Si, sì’, le risponde distrattamente Cornelia, preoccupata piuttosto per le sue belle unghie. La scalata non si presenta proprio come una passeggiata, anche se l’aiuto della Guardiana dell’Aria dovrebbe significare che almeno non corre il rischio di schiantarsi a terra se perdesse la presa.
La Guardiana della Terra che si schianta a terra… meglio che Irma non la senta, o questo sarà il leitmotiv della giornata!
 
 
Meridian, sala operativa delle Nemesis
 
Vera sta contando le poche fedeli che è riuscita a recuperare con il suo giro d’orizzonte: solo Nemesis Otto, Undici e Dodici, che con Wanda, la Diciannove e la Venti fanno sei, di ventuno che erano. Tutte le altre sono completamente fuori dalla portata del suo potere.
Poi chi c’è? Paochaion è seduta in un angolo, tremebonda e quasi piangente. Carol è a nanna, ed è meglio che ci resti. E Irene… chissà dov’è, ora?
La voce di Nemesis Venti la strappa alle sue riflessioni. “Vera, c’è appena stata tutta una serie di sondaggi delle barriere!”. Indica, sulla mappa della città, una serie di puntini rossi che disegnano una specie di arco lungo il costone della scarpata.
“Interessante. Sai cosa si deduce?”.
Venti annuisce. “Che sono ancora in piazza e stanno cercando di salire  la scarpata”.
“Brava. Ora metto in guardia i soldati. Voglio subito due aquile in volo, cariche di bombe ad anticorpi”. Si concentra un attimo per contattare gli ufficiali.
‘Colonnello… Come? L’acqua della fontana è impazzita? Lasciate perdere, è tutto un diversivo! Sorvegliate con attenzione la strada e la scarpata, piuttosto! Le nemiche vogliono salire sulla rupe’.
“Pazzesco”, dice appena concluso il contatto, “Quelle là hanno fatto impazzire l’acqua di tutte le fontane della città”. Scruta la mappa appesa sulle capriate. “E chissà dov’è la vera Elyon, adesso! Chiaramente non è con loro!”.
Da un angolo della stanza, Paochaion dice con voce incerta: “Vera, forse siamo ancora in tempo per il piano dei tappeti rossi. Non sarebbe meglio cercarla e renderle subito il trono? Non voglio cadere prigioniera delle Guardiane, chissà cos’hanno in serbo per noi!”.
“Pessima idea”, la liquida rapidamente Vera.
“Adesso basta con queste vigliaccherie!”, rincara alterata Wanda. “Mi fai vergognare di te!”.
A queste parole, Paochaion scoppia a piangere. Mentre le lacrime le rigano il viso azzurrino, singhiozza: “Non è giusto… Tu ce l’hai con Will… per via di Matt… e vuoi tirare tutte noi nella tua vendetta!”.
A queste parole, il viso di Wanda diventa di tutti i colori. “Non sai cosa dici! Che se lo tenga il suo Matt, per me è già morto tre anni fa! Ma io dimostrerò a Kandrakar chi di noi due vale di più, se lei o io! Se loro o noi! E si pentiranno amaramente di averci abbandonate sulla strada!”.
Le sue parole fanno scendere un silenzio di gelo nella centrale operativa.
E’ la voce di Theresion a romperlo dall’interno della bolla in cui è confinata, incollata alla sedia da un incantesimo al cianoacrilato. “Che cosa vorresti dimostrare con una vittoria, sempre se vincessimo? Diciamo pure ‘se vinceste’, a questo punto. Che noi cinque siamo meglio di loro cinque? Che Meridian è più forte di Kandrakar? Che ventuno Wanda possono più di cinque di loro? Perché mi sembra molto, molto difficile che qualunque vittoria di quelle che hai in mente possa dimostrare che Wanda Vanderbilt è meglio di Will Vandom!”.
Vera interviene: “Cuciti la bocca, tu!”. In un attimo, la bocca di Terry sembra sparire dal viso, lasciando il posto a un’espressione d’orrore. 
Poi, rivolta a Wanda, la Grande Sorella dice: “E tu levati dalla testa certi grilli di rivincita personale! Questo è un lavoro di squadra, non una vendetta. Anzi, già che ci sei, vai fuori a farti un voletto per smaltire la tua rabbia!”.
 
 
Meridian, scarpata sopra Piazzale Sottocastello
 
Non è troppo difficile, si dice Will salendo la rupe, ma un rumore di strappo le fa soffocare una maledizione: ormai il collant a righe si è lacerato anche sotto il ginocchio sinistro. Così conciata, sarà meglio che resti invisibile fino al ritorno a casa.
Guarda dietro di sé. Cornelia si è rotta un tacco, e la sua gonna lunga continua a interporsi tra la roccia e i piedi con effetti penosi, tanto che forse rimpiange di non averla ceduta ad Hay Lin quando poteva. Irma, più rotonda e pesante delle altre, è madida di sudore e sembra sul punto di abbandonarsi lì per la stanchezza, mentre Taranee si è tirata coi piedi le sue treccione rasta più di una volta, e sta masticando confusi propositi di cambiare pettinatura. Solo Hay Lin sta svolazzando rilassata accanto a loro sorretta dal suo elemento, e le incoraggia con silenziosi sorrisi mentre si arrampicano.
 
A un certo momento il piede di Will, nell’assestarsi su una roccia, smuove alcuni sassi. Li guarda cadere passando davanti al viso di Cornelia, rimbalzare su un’altra roccia, passare tra le alette di Taranee fin ad arrivare, di sasso in sasso, sul piazzale sottostante, fuori dalla sfera d’isolamento acustico creata da Hay Lin. “Oh, no!”, dicono a una sola voce. 
Alzano lo sguardo: il cielo è nuovamente segnato dal volo di tre grandi aquile. Più o meno, sopra di loro.
 
In cielo, l’aquila Wanda sta ancora rimuginando sulle parole delle sue compagne. Molto controvoglia, deve ammettere che quella traditrice di Therese ha qualche ragione: nessuna delle rivincite che sta perseguendo contro Will le sembra di piena soddisfazione, anzi, in quest’ottica, le sembrano tutte poco significative, se non meschine. Come potrebbe dimostrarle che vale almeno quanto lei? 
Un movimento al suolo attira la sua attenzione; un soldato sta indicando un punto ai piedi della rupe. Concentrandosi sui suoi pensieri, capisce che ha visto cadere un sasso. Inizia a virare per un largo giro che la porterà sulla scarpata: farà buon uso delle due bombe ad anticorpi che reca tra gli artigli.
 
All’inizio della strada che risale la rupe Caleb, confuso tra i soldati, osserva preoccupato la virata dell’aquila; non ci sono dubbi sulle sue intenzioni. Non ha scelta: deve depistare la caccia, adesso o mai più. 
“Là!”, grida, “Là ho visto muoversi dei sassi! Proprio ora!”.
“Dove?”, chiede un altro soldato alzando lo sguardo verso la direzione indicata.
“Là, proprio sopra quella grande roccia! Sono là sopra!”.
“Sono là sopra”, ripete un altro passando la parola.
Caleb alza lo sguardo al cielo, e vede con sollievo che anche l’aquila è stata ingannata: sta chiudendo la virata nella sua direzione.  
Appena un attimo prima di sorvolare il ciglio, dalle sue zampe vengono rilasciati, in rapida successione, due oggetti bianchi che scendono mulinando.
“Allontaniamoci!”. All’ordine del suo sergente, tutto il gruppo di militari scende dalla strada e si ritira di qualche metro verso l’interno della piazza.
I due oggetti si schiantano contro la parete, producendo una spettacolare cascata di scintille bianche turbinanti, tra le esclamazioni dei presenti. Dopo qualche secondo, però, subentra la delusione: i corpuscoli prendono a depositarsi come neve sulla roccia, ed è chiaro che non hanno trovato il loro bersaglio. 
“Tornate a osservare”, ordina il sergente, “E fate muovere le vostre bacchette, lazzaroni!”, dice, brandeggiando la sua nell’aria circostante alla ricerca di invisibili nemici. 
 
Appena il sottufficiale si è allontanato, il soldato accanto a Caleb prende a muovere la bacchetta stretta sempre nella stessa zona, brontolando: “Sì sì, sono proprio impaziente di trovarle, le Guardiane di Kandrakar. Se quattro anni fa non sono bastate lance e spade contro di loro, cosa potremmo fare stavolta, con bastoni senza puntale e barattolini di neve finta?”.
Caleb cerca di guardare altrove per non dimostrargli tutto il suo disprezzo: è con tali vigliacchi al suo soldo che Phobos ha tenuto la città con il pugno di ferro?

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Capitolo 82
*** Mostri fuori controllo ***


Ad personam
 
Cara Scarlettheart, grazie per il tuo sempre gradito atto di presenza. 
Un grande grazie anche a Hera 85 per le numerse recensioni lasciate ai capitoli arretrati. 
 
Per quanto riguarda questo capitolo, è decisamente d'azione. Spero che il continuo passaggio dei punti di vista non renda difficile seguirlo. In effetti sono sei cartelle di Word, ma le azioni descritte durano pochi minuti. 

Buona lettura
MaxT
 
 
PROFEZIE

 
Riassunto delle puntate precedenti
 
Dopo un incontro misterioso con la Luce di Meridian, Vera ha convinto le Gocce a sostituirsi a Elyon a Meridian, impersonando la regina e le guardiane. La controfigura di Elyon e le finte guardiane esiliano Miriadel e Alborn, mentre Caleb sfugge alla cattura; pur avendo assunto il potere, si rendono conto di non essere convincenti, e inventano la storia che le guardiane sono a palazzo per proteggere la Luce di Meridian da un complotto.
A Heatherfield, Elyon spiega che quella che si sta realizzando è una sua profezia, che prevede che la tirannia duri un anno, che a Meridian dura diciotto mesi. Elyon è decisa a non tentare niente prima di questa scadenza.
Il nuovo piano di Vera prende rapidamente forma, basandosi sull'ambiguità del termine di un anno: prima simuleranno che Elyon diventi sempre più tirannica, screditandola, poi Vera la spodesterà dopo un anno terrestre di dodici mesi, facendo finire apparentemente la tirannia e realizzare la profezia; poi, dopo aver guadagnato il consenso della gente, si prepareranno per affrontare Elyon e le Guardiane al loro ritorno dopo diciotto mesi, un anno di Meridian.
Vera crea venti copie di Wanda, dette Nemesis, che avranno l'incarico di impersonare le guardiane e di sorvegliare la città restando invisibili o sotto falsa identità, o con l'aspetto di aquile.
Infine, si arriva allo scadere dei dodici mesi dall'arrivo delle Gocce e da quello che a molti appare come l'inizio della tirannia. La montatura arriva al suo culmine: Vera parla in consiglio criticando Elyon, poi affronta le false guardiane e infine la falsa Elyon, sconfiggendoli tutti e venendo proclamata Regina.
Informata da Caleb, la vera Elyon decide di proseguire col piano iniziale, aspettando altri sei mesi per intervenire; inoltre preannuncia alle guardiane che intende farlo da sola. Queste, preoccupate, si chiedono se dovranno intervenire in qualche modo per aiutarla.
Nel frattempo Vera fa sperimentare nuove armi segrete, come fruste capaci di iniettare narcotici e sistemi per materializzare armi pesanti in vista del confronto finale.
Cinque mesi dopo, la situazione precipita improvvisamente per un casuale ma burrascoso incontro di Taranee con le gocce a Midgale. 
A Kandrakar, Elyon viene costretta a rivelare che il colpo di stato di Vera era stato frutto di un loro accordo per far realizzare la profezia della tirannide nel modo meno dannoso possibile. Vera aveva assunto una pozione per dimenticare questo accordo, ma la sua memoria sarà ripristinata pronunciando in sua presenza una frase concordata, che comunica a Dora che viene rimandata a Meridian come messaggera.
Quando Elyon viene condotta al cospetto di Vera, questa rifiuta di tirarsi in disparte e ammettere pubblicamente la montatura, tuttavia mantiene la promessa di riportarla a casa, libera, in attesa del confronto finale.
Elyon scopre tragicamente di aver portato con sè la Corona di luce fasulla. Informato, l'Oracolo disapprova il suo piano di creare delle Nemesis a lei fedeli, e impone di concordare un piano con le Guardiane. Endarno, sfiducioso, incarica Orube di preparare una seconda squadra d'intervento.
Elyon sostiene il piano di Cornelia di usare il Potere della Terra per aprire una galleria nei muri e sorprendere Vera; in realtà non ha rinunciato al suo piano segreto di sorprendere la rivale creando tre Nemesis a lei fedeli, più una sosia di sè senza poteri da far catturare. 
Arrivato il grande giorno, Le WITCH e Elyon si teletrasportano alla periferia di Meridian, ma questa le lascia brevemente per iniziare il suo piano. Riesce a infiltrare le tre Nemesis a lei fedeli, che trasmettono a Vera di avere catturato Elyon, in realtà la sosia. Nel frattempo però, credendosi abbandonate, le WITCH si dirigono verso la città senza aspettare l'amica, che tornando indietro si scopre rimasta sola. 
Le false Nemesis con la loro prigioniera riescono a passare i pur severissimi controlli e arrivare al cospetto di Vera. Questa, leggendo dalla mente della prigioniera un piano fittizio cui era impreparata, decide di far distribuire ai soldati di guardia al palazzo una nuova arma non letale, gli 'anticorpi'. Nel frattempo le WITCH sono costrette ad entrare nel sotterraneo per sfuggire ai soldati in superficie.
Qui vengono localizzate dal sistema di sorveglianza ma riescono a sfuggire alle Nemesis; iniziano a scavare una galleria verso il palazzo, ma una crisi di claustrofobia di Hay Lin le costringe a rinunciare, e sono costrette a risalire in superficie.
Qui le loro tracce vengono notate dai militari, ma Caleb, travestito da soldato, riesce a depistare le ricerche. Poco dopo, però, una bomba ad anticorpi lanciata a caso da un'aquila colpisce Taranee, avvolgendola e rivelandola agli avversari.
Le WITCH si asserragliano in una casa per ripulire Taranee dagli anticorpi che le bloccano i poteri, ma l'operazione è lunga e vengono assediatenella casa dai soldati. Il vento provocato da Hay Lin fa schiantare una delle aquile; in collera per questo, Vera fa preparare le Nemesis per un assalto che rischia di essere sanguinoso, ma Theresion per impedirlo manipola la barriera e fa disperdere il gruppo d'assalto, e viene imprigionata. Le tre Nemesis di Elyon cercano di approfittare per aggredire Vera, ma falliscono e vengono catturate. Ora Vera ha perso la maggior parte delle sue guerriere, e nel frattempo le WITCH sono sfuggite all'assedio con un tunnel e, protette dall'invisibilità, stanno salendo la scarpata verso il palazzo reale, anche grazie all'azione di depistaggio di Caleb.
Nel frattempo, Elyon è riuscita a sostituirsi a Irenior incontrata nei sotterranei, ma anche lei viene investita dagli anticorpi appena uscita in strada. I militari, ingannati sulla sua identità, l'accompagnano a palazzo perchè si possa ripulire. Lei va nella stanza di Carol, dove la trova narcotizzata per ordine di Vera.
 
 
 
Capitolo 82
Mostri fuori controllo


 

Camera di Carol
 
Elyon, sempre sotto le mentite spoglie di Irenior, è ancora seduta sulla cassapanca vicino a Carol dormiente. Guarda sconsolata le sue mani e le gambe imbrattate, dalle ginocchia in giù, da quella misteriosa poltiglia scesa dal cielo che ha annullato ogni suo potere paranormale. Il resto del corpo è stato un po’ protetto dal vestito, che ora giace sul pavimento impregnato di quell’orribile sostanza.
Nella sua depressione, ripensa a com’è successo: al contenitore che è caduto vorticando, poi allo scoppio di quella roba che le ha aderito addosso come obbedendo a una qualche volontà, coprendole occhi, bocca… le narici no. Chissà perché? Forse perché così l’avrebbe soffocata, ma questa misteriosa sostanza è con ogni evidenza un’arma non letale. Ma cosa c’è di diverso nelle narici che la respinge? Il respiro?
Prova a soffiarsi sulla mano imbrattata: in pochi secondi, la sostanza collosa si irrigidisce e si dissolve in fiocchi secchi simili a forfora, lasciando scoperto un piccolo tratto di pelle!
“Ci sono!!!”, grida sollevata, “E’ l’anidride carbonica del fiato!”. 
Comincia entusiasticamente a soffiarsi sulle mani, ma prima di averne completamente ripulita una, l’iperventilazione le provoca una sgradevole sensazione di capogiro. 
“Ahi…”, si siede per prendere fiato, boccheggiando di nausea, poi si alza barcollando un po’ e si appoggia al muro, guardando giù fuori dalla finestra. Tutt’attorno al palazzo è sempre più pieno di soldati che brandiscono nervosamente lunghe bacchette. C’è molta agitazione, in particolare vicino all'imbocco della strada che discende la scarpata. 
Scoraggiata, capisce di avere poco tempo per evitare una catastrofe. Troppo poco tempo, forse.
 
 
Al disopra della scarpata
 
Raggiunta la sommità della scarpata dopo essersi arrampicate sulla parete rocciosa per ottanta metri, le guardiane si siedono sull’erba per fare il punto. Sono protette dalla loro invisibilità e dall’insonorizzazione generata dalla Signora dell’Aria. Questa, pur essendo arrivata su levitando senza alcuno sforzo, si siede accanto alle compagne, riposandosi in un gesto di solidarietà.
Però, anche se si è affaticate o perfino semidistrutte come Irma, è difficile rilassarsi quando il soldato più vicino è a soli venti metri da loro, e passeggia agitando attorno a sé una lunga bacchetta. 
“Bene”, esordisce Will, contando sull’insonorizzazione, “Eccoci arrivati fin qua senza grossi inconvenienti”.
“Senza grossi inconvenienti!”, ripete acida Cornelia cercando di riattaccare il suo tacco; ma, senza la colla al cianoacrilato, non c’è magia che tenga. La sua bella gonna lunga sembra essere stata usata come zerbino di una baita di montagna.
Irma rantola, come agonizzante: “Acqua…”. 
Le altre si guardano, ma nessuna di loro ne ha con sé, e Will conclude: “Porta pazienza, berrai al palazzo”.
“Bene”, riprende Taranee, “Avevi parlato di trovare un punto non sorvegliato per fare breccia nel muro del giardino. Ne vedi qualcuno?”.
Will osserva il muro che ha sostituito la mortale siepe di rose nere volute da Phobos. Ciò che vede non le piace: quattro metri d’altezza, liscio come cemento. Soldati distribuiti uniformemente tutt’attorno al palazzo, in tutte le direzioni. La scalinata d’ingresso sarebbe il punto più debole di tutto l’assieme perché inizia all’esterno del muro e lo scavalca passando sopra un lembo di giardino. Peccato che sia sorvegliatissima dai soldati, compreso l’arco che si apre sotto la rampa, che era il punto debole sul quale contava di più. 
“Ora ci vuole davvero una buona idea”.
 
 
Camera di Carol
 
Dopo aver soffiato via quello che poteva dalle mani e dalle gambe, Elyon si guarda in uno dei due grandi specchi in piedi nella stanza. La testa e il collo sono ancora impiastricciati alla grande, e non arriva a soffiarsi da sola in quei punti. Cerca affannosamente negli armadi e nei cassetti qualcosa che si presti a improvvisare un tubo flessibile, ma ogni ricerca è vana: Carol ha un guardaroba di tipo terrestre che farebbe invidia a una diva del jet-set, ma accanto a vestiti eleganti, scarpe e gioielli, in quegli armadi non c’è un tubo. Neanche uno.
Decide di svegliarla: non può fare a meno del suo aiuto. La scrolla delicatamente. “Carol, ti prego, dammi una mano”.
“… mpipalle…”, mugola la bella addormentata.
“Carol, presto, aiutami: se mi soffi addosso, questa roba se ne va da sola!”.
Apre un occhio. “Se soffio, te ne vai anche tu?”.
 
 
Al disopra della scarpata, all’aperto.
 
“Potremmo salire a piedi sulla balaustra dello scalone, percorrerla fino a superare il muro, e gettarci nel giardino”, propone Will.
“Solo cinque o sei metri di salto”, commenta sarcastica Taranee, “Sperando che non ci sia una vasca di piranha ad attenderci”.
“Sì, acqua! Tanta acqua!”, delira Irma con la bocca impastata.
“Ma la vegetazione….”, insiste la Guardiana del Cuore.
Hay Lin la scuote per attirare la sua attenzione. “Will, non mi piace come quel soldato sta guardando nella nostra direzione”. 
 
“Che c’è, Totros?”, chiede il sergente tozzo dai vistosi canini, “Hai visto qualcosa?”.
“Sergente…”, risponde il soldato, “Non vi pare che in quella zona l’erba sia stranamente schiacciata?”.
 
Cento metri più in alto, l’aquila Wanda nota lo scambio di battute, e intuisce subito i pensieri dei due. E’ vero, in quel punto l’erba è schiacciata. Forse le ha trovate. 
Al giro successivo, sgancia uno dei due ordigni ad anticorpi che trattiene nelle zampe. 
L’oggetto scende elegantemente mulinando, rallentato dalle sue alette da girandola, ma la sua traiettoria devia leggermente verso la città, e lo schianto avviene  più in basso, sulla strada che risale la scarpata.
Strano. Troppo strano. Che sia stato il vento, o colei che lo comanda? 
‘Allarme! Sospetto avvistamento, e sospetta deviazione della caduta di una bomba ad anticorpi. Ora faccio un secondo passaggio’. 
 
“Maledizione, ci hanno trovate!”, dice Cornelia. “Se devieremo anche la prossima girandola, saranno sicuri che non è stato solo un caso”.
“Tutti guardano verso qui”, aggiunge Taranee, “Hanno mangiato la foglia”.
“Spostiamoci con prudenza verso il palazzo”, decide Will, e tutte cominciano a camminare quatte quatte, cercando di evitare il grosso dei soldati che, senza alcun ordine, pian piano si stanno serrando in un gruppo compatto.
 
Dall’alto, gli occhi acuti dell’aquila Wanda e delle sue compagne percepiscono i movimenti dell’erba.
‘Contatto confermato. Si muovono. A tutte le aquile: venitemi dietro e sganciate sulla mia scia’. 
 
“Miseria, cinque girandole tutte assieme!”, grida Will, “Hay Lin, sbattile via!”.
“Subito”. La Guardiana dell’Aria suscita un vento di traverso molto forte, e tutte loro osservano con sollievo gli ordigni finire molto fuori bersaglio, oltre il ciglio della scarpata.
 
 
Sala operativa delle Nemesis
 
“Sono proprio lì!”, afferma Vera osservando l’immagine della scena dall’alto, visualizzata sullo specchio. “Adesso do ordine ai soldati di sputar loro gli anticorpi nei denti!”.
‘Capitano, usate gli anticorpi contro di loro’.
‘Altezza, cosa sono questi… anticorpi?’.
Con disappunto, Vera si ricorda che aveva fatto distribuire i coni bianchi solo alle unità schierate nel giardino, non a quelle all'esterno del palazzo.  Prima di trasmettere i nuovi ordini ai soldati, tuona: “Diciannove, avvia Tank Commander. Voglio cinque M1 Abrams schierati proprio davanti a loro per tenerle fuori”.
“Obbedisco”. Alla pressione di un pulsante, la console da videogiochi torna ad avviarsi; il conversore psicoenergetico sotto il tavolo emette un singhiozzo, poi riprende a consumare copiosamente la preziosa acqua luminescente.
 
 
All’esterno
 
“Miseria”, sfugge a Will alla vista dei cinque mezzi meccanici che si stanno rapidamente formando nell’aria davanti a loro.
“Ma… sono pazze?”, sbotta Irma con la bocca impastata. 
‘Zitte’, trasmette Hay Lin, ‘Siamo troppo vicini al nemico. Se qualcuno entra nella sfera del silenzio, ci può benissimo sentire’.
‘Ma perché non abbiamo fatto una bella galleria?’, geme Cornelia. ‘Hay Lin, se dovessimo mai sopravvivere a questo, te lo rinfaccerò per tutti i giorni che ci restano!’.
‘E io sarò contenta di poterti ascoltare... se dovessimo mai sopravvivere’.
Will osserva che ora i soldati si stanno ritraendo, più spaventati dai mostri meccanici che dalle avversarie invisibili. ‘Forse non ci possono vedere neanche questi. Ragazze, trafiliamo tra i carri armati!’.
 
 
Sala operativa
 
“Il contatto è molto discontinuo”, dice Nemesis Venti seduta alla console, indicando sullo specchio alcuni fili d’erba che si muovono. “Per me si sono divise”. Poi capisce: “Vogliono passare tra i carri!”.
“Aspettate”, dice la Diciannove armeggiando con i tasti, “Come cavolo si fa ad inserire la visualizzazione termica… Ah, ecco!”.  Sullo schermo al plasma davanti a lei, l’immagine dal visore principale del capocarro muta colori, fino a surreali tonalità di verde, giallo e rosso saturi. “Vittoria!”, grida trionfante, “Il visore termico vede qualcosa! C’è un’ombra in movimento… miseria, ha già superato il carro! E’ quasi arrivata al muro!”.
“Puntala”, ordina Vera, “Falle capire che ha finito di giocare al fantasma con noi!”.
 
 
All'esterno
 
Will sta quasi per sospirare di sollievo, dopo aver passato i carri armati senza suscitare alcuna reazione. Ora le mostruose apparizioni sono tra loro e i soldati, e… e si accorge che c’è poco di cui essere sollevati. Le torrette iniziano a girare rapidamente, e in pochi secondi si trova una bocca da fuoco smisurata puntata esattamente addosso.
‘Miseria!’ riesce a pensare, poi accade quello che non avrebbe voluto: vede Taranee scagliare qualcosa di simile a una sfera di fuoco sul carro che la punta. 
Appena colpito, il mezzo viene avvolto da una stranissima imitazione di fiamma a guizzanti pixel arancioni e gialli, e una colonna di piccoli quadratini grigi s’innalza nell’aria, ‘Ma… cosa…’.
In quel momento, le torrette degli altri quattro carri iniziano a brandeggiare velocemente verso il punto da cui è venuta la sfera di fuoco: Taranee.
 
 
Centrale operativa
 
“Maledizione, ho perso il carro capo plotone!”, esclama con disappunto Nemesis Diciannove davanti allo schermo, che mostra una visione velata da fiamme e fumo. 
“Ma dovrebbero essere indistruttibili!”, protesta Vera, “Quelle non sono fiamme vere, è il gioco che lo considera colpito e le genera. Presto, vai sui settaggi del gioco e spunta l’opzione ‘invulnerabilità’ ”.
“Come si… Ah…Forse cosi…Aspetta…”. 
Nemesis Venti indica l’immagine dall’alto trasmessa dalle aquile. “Guardate, gli altri carri si stanno muovendo da soli! E ora resistono alle sfere di fuoco!”.
“E’ l’intelligenza artificiale del gioco che li comanda!”, dice Vera preoccupata, “Presto, passa il controllo del plotone a un altro carro, prima che succeda un disastro!”.
“E come si fa?”, chiede Diciannove impanicata. Sullo schermo lampeggia sinistra la scritta 'you are dead'.
“Dovresti saperlo!”.
“E invece non lo so!”, strilla.
“Iiih!”, piagnucola Paochaion, seduta in un angolo, osservando nello specchio l’immagine dall'alto dei carri che si portano in posizione di tiro.
Vera si rivolge a Theresion, ancora prigioniera dentro la bolla. “Presto, rispondi! Come si fa a passare il controllo da un carro a un altro?”.
L’altra risponde solo con un mugolio. Vera si ricorda di averle cucito la bocca. Con un suo gesto, il viso dell’altra torna normale.
“Allora, come si fa?”.
“E perché dovrei dirvelo?”, risponde polemica questa.
La risposta arriva da sola, con una scarica di cannonate che fan tremare le finestre fin al tredicesimo piano.
“Guardate!”, esclama la Venti indicando lo specchio, “Le cannonate hanno aperto una breccia nel muro di cinta!”.
 
 
Camera di Carol
 
Quando l’onda d’urto dei quattro scoppi simultanei scuote i vetri, Irenior si porta alla finestra, quasi piangendo di disperazione. “Ancora questi capelli impiastricciati… Con questi, non ho l’ombra di un potere!”, si lamenta. “Devo ripulirmi subito, a ogni costo!”.
Carol si affaccia e osserva torpida la scena che s’intravede al di là della torre est senza comprenderla bene, poi torna a distendersi sul suo letto e chiude gli occhi. “Quando sarà il momento, dirò al giudice: Io non c’ero, o se c’ero, dormivo!”.
 
 
Interno del giardino
 
Will si guarda indietro, incredula. E’ riuscita a ripararsi dai detriti dello scoppio grazie al suo campo di forza e ha cercato riparo al di là del varco, nel giardino. E le altre? L’unica cosa che riesce a sentire è un fischio nelle orecchie degno di un allarme antifurto.
‘Ragazze…’.
‘Sono nel giardino!’ risponde Cornelia, ‘La prossima volta, o tunnel o niente! I miei poveri capelli…’.
‘Tara! Sei ancora intera?’, chiede Irma angosciata, guardandosi in giro.
‘Sì, levami le ginocchia dalla schiena’.
‘Io son qui…’, comunica Hay Lin calando dall’alto, ‘Attente che non è finita!’.
La brutta imitazione da videogioco del ruggito di un grosso motore a turbina le fa voltare. I carri hanno ripreso a muoversi verso il varco. Uno, all’esterno del giardino, sta puntando il cannone esattamente verso di loro, ma un altro, varcando il muro crollato, si interpone sulla linea di tiro.
 
Dall’alto, l’aquila Wanda ha capito la catastrofe che sta accadendo. Se solo i soldati con gli anticorpi si facessero avanti, potrebbero chiudere la questione in un attimo. Invece i vili stanno esitando all’ingresso del palazzo, al riparo dei robusti stipiti, trattenendo con sé le preziose munizioni. Si butta in picchiata verso di loro come un sasso, aprendo le ali per fermarsi solo alla fine della discesa. ‘Lasciali a me, vigliacco!’, vorrebbe gridare, ma dal becco esce solo un verso stridulo e minaccioso. Con le zampe, strappa due coni dalle mani di un soldato incredulo, poi con potenti colpi d'ala devia verso dove i movimenti dell’erba rivelano le avversarie. Loro sono sue, e nessun videogioco troppo cresciuto potrà farne carne tritata!
Con disappunto, si rende conto che i coni richiedono due mani per essere azionati, ma finché li tiene nelle zampe la loro influenza le impedisce di riprendere forma umana. Li lascia cadere sull'erba, e fa per prendere terra per trasformarsi. 
In quel momento, vede che il primo carro entrato nel giardino ha puntato la torretta verso di loro. Un gigantesco albero sta piegando la sua chioma come per avvolgerlo, e l’erba sta crescendo con velocità innaturale per chiudere la linea di vista. Ma non farà a tempo. 
‘A terra!’, grida col pensiero. 
Un crepitio secco copre ogni altro suono.
 
Le orecchie di Will non sono in grado di sentire niente se non un fischio continuo e assordante, ma il grido mentale scoppia drammatico nella sua mente. Si butta a terra appena in tempo.  Vede scintillii crearsi dalla mitragliatrice accanto al cannone, e una sventagliata di proiettili virtuali falcia la vegetazione ad altezza d’uomo.
Poi vede l’immenso albero deformarsi fino ad avvolgere con i suoi rami il primo carro armato e sollevarlo. Un suo ultimo colpo di cannone dilania alcuni dei rami mostruosi sollevando frammenti di legno e di fronde.
Un attimo dopo, tutti i carri si dissolvono in linee luminose. Il grande albero, privato del peso, oscilla restando piegato e ferito come un invalido di guerra. 
‘E’ finita?’, chiede Cornelia, ben schiacciata a terra col viso avvolto dai suoi bei capelli ormai intrisi di terriccio.
 
 
Sala operativa
 
“Speriamo che sia finita”, dice Vera con la voce tremante, in piedi accanto ai frammenti della console da videogiochi schiantata sul pavimento. Sotto il tavolino, il tubo staccato del conversore psicoenergetico sta spandendo la preziosa acqua magica sul pavimento.
Sullo schermo al plasma ancora acceso, l'immagine immobile di fronde testimonia l’ultimo istante di un carro armato virtuale che non esiste più.
Abbandonatasi su una sedia, Nemesis Diciannove sta singhiozzando senza controllo. Grande e grossa, avvolta nella sua pesante tunica antiproiettile, è uno spettacolo penoso per le sue compagne. Ma se ha perso il controllo e schiacciato a caso pulsanti finché non si sono incastrati, è solo colpa sua.
“Ho perso il contatto con Wanda!”, grida concitata Nemesis Venti. “Era volata verso lo scalone esterno!”.  L’immagine sullo specchio si sposta sul giardino devastato, zoomando alla ricerca della loro capostipite. Una volta di più, si fissa su una grande aquila a terra tra il verde. Questa volta il sangue non è una goccina, ma un lago vermiglio.
“Oh, no! La mitragliatrice l’ha colpita”.
Ai singhiozzi di Diciannove si aggiungono anche quelli di Paochaion seduta in disparte. 
Ma non sa far altro che piangere, pensa Vera con disappunto. “Venti, recuperala, che cos’aspetti? Avete tutte il cervello in pappa?”.
 
Un istante dopo, quel che resta dell'aquila appare sul pavimento della sala, lordandolo di vermiglio. Il torace è schiantato da un proiettile, e un’ala è quasi staccata. 
Lo strillo di Pao si fa così forte da attraversare le orecchie da parte a parte.
L’orrenda visione dura solo un attimo. In un alone luminescente, il corpo di Wanda riprende la sua forma e integrità. Ma non si rialza da terra.
Vera si abbassa su di lei. “Wanda…”.   La vede subito pallidissima e sofferente.
“Acqua…”, chiede ansimando troppo velocemente.
“Maledizione! Shock emorragico!”, dice la regina, “Ha perso tantissimo sangue, e non ha un credito di massa da sfruttare per reintegrarlo”.
“Ci vuole una trasfusione!”, dice la Undici, rimasta finora in disparte a tener d’occhio le prigioniere.
Vera volge lo sguardo a lei, e poi alle tre fedeli di Elyon sedute dentro le rispettive bolle. “Il loro sangue andrà benissimo. Un po’ per una! Pensaci tu, Undici”.
Torna a guardare il grande specchio. “Allora, Venti, dove sono quelle streghe?”.
La  risposta le arriva inaspettata da un messaggio telepatico: ‘Altezza, sono il capitano Mopurk! Abbiamo trovato una porta sul giardino forzata! Le nemiche sono entrate all’interno del palazzo!”.
 
 
Camera di Carol.
 
“Proviamo se funziona così”, dice Elyon, , guardando allo specchio l’immagine di Irenior con i capelli e le sopracciglia rasati a zero.
“Così... come?”, chiede Carol distesa, aprendo appena una palpebra. Alla vista dello scempio dei capelli spalanca gli occhi, sobbalza e annaspa: “Tu… tu…”, finché non cade dal letto con un tonfo.
“Carol!”.
“Ahiiiii!”, si lamenta la bella ex-addormentata rialzandosi a fatica da terra, stringendo i denti in un’espressione sofferente e tenendosi le mani sul suo grazioso didietro. “Ma… Pazza! Perché l’hai fatto?”.
“Perché ora sento che ho ripreso il mio potere!”, risponde l’altra soddisfatta; si allontana dal vestito ancora impiastricciato sul pavimento e, in un alone luminoso, ripristina l’aspetto intatto e curato di Irenior.
“Grazie, amica mia, mi sei stata utilissima”, dice sparendo in un baluginio.
Carol, con la testa pesante come il piombo fuso e il didietro dolente, guarda sconcertata i vestiti e i capelli impiastricciati sul pavimento solitamente lindo della sua bella camera. “Ma chi era quella, in verità?”, si chiede assorta.
 
 
 
 

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Capitolo 83
*** La danza delle ombre ***


Ad personam
 
Ciao Scarlettheart, grazie per la recensione, mi fa piacere sapere che continui a seguire con tanta costanza. Ci avviciniamo alla fine di Profezie, se ho contato bene finirà con l'86. Beh, povera Wanda... in fondo il suo avvertimento ha salvato la pelle a più di una delle WITCH.
 
Ciao Hera85, grazie per le tantissime recensioni che mi hai lasciato con ammirevole costanza negli ultimi tempi. Certamente Hay Lin avrebbe preferito arrivare a palazzo volando, ma credo che abbiano preso qualche precauzione contro qualcosa di così prevedibile.  Carol, poverina, è stata abbondantemente drogata. Magari sospettava che quella fosse Elyon perché il modo di fare è diverso da Irene, ma comunque aveva promesso a Vera di essere neutrale e non avrebbe fatto niente di diverso, anche se l'avesse saputo per certo. 
 
Ecco ancora un capitolo d'azione incalzante, ancora diverse pagine per raccontare avvenimenti che, tutti assieme, coprono un intervallo di poco più di un quarto d'ora, con più di un colpo di scena. Spero che vi piaccia e vi sorprenda.
 
Buona lettura
MaxT
 
 
 
PROFEZIE
 

Riassunto delle puntate precedenti
 
Dopo un incontro misterioso con la Luce di Meridian, Vera ha convinto le Gocce a sostituirsi a Elyon a Meridian, impersonando la regina e le guardiane. La controfigura di Elyon e le finte guardiane esiliano Miriadel e Alborn, mentre Caleb sfugge alla cattura; pur avendo assunto il potere, si rendono conto di non essere convincenti, e inventano la storia che le guardiane sono a palazzo per proteggere la Luce di Meridian da un complotto.
A Heatherfield, Elyon spiega che quella che si sta realizzando è una sua profezia, che prevede che la tirannia duri un anno, che a Meridian dura diciotto mesi. Elyon è decisa a non tentare niente prima di questa scadenza.
Il nuovo piano di Vera prende rapidamente forma, basandosi sull'ambiguità del termine di un anno: prima simuleranno che Elyon diventi sempre più tirannica, screditandola, poi Vera la spodesterà dopo un anno terrestre di dodici mesi, facendo finire apparentemente la tirannia e realizzare la profezia; poi, dopo aver guadagnato il consenso della gente, si prepareranno per affrontare Elyon e le Guardiane al loro ritorno dopo diciotto mesi, un anno di Meridian.
Vera crea venti copie di Wanda, dette Nemesis, che avranno l'incarico di impersonare le guardiane e di sorvegliare la città restando invisibili o sotto falsa identità, o con l'aspetto di aquile.
Infine, si arriva allo scadere dei dodici mesi dall'arrivo delle Gocce e da quello che a molti appare come l'inizio della tirannia. La montatura arriva al suo culmine: Vera parla in consiglio criticando Elyon, poi affronta le false guardiane e infine la falsa Elyon, sconfiggendoli tutti e venendo proclamata Regina.
Informata da Caleb, la vera Elyon decide di proseguire col piano iniziale, aspettando altri sei mesi per intervenire; inoltre preannuncia alle guardiane che intende farlo da sola. Queste, preoccupate, si chiedono se dovranno intervenire in qualche modo per aiutarla.
Nel frattempo Vera fa sperimentare nuove armi segrete, come fruste capaci di iniettare narcotici e sistemi per materializzare armi pesanti in vista del confronto finale.
Cinque mesi dopo, la situazione precipita improvvisamente per un casuale ma burrascoso incontro di Taranee con le gocce a Midgale. 
A Kandrakar, Elyon viene costretta a rivelare che il colpo di stato di Vera era stato frutto di un loro accordo per far realizzare la profezia della tirannide nel modo meno dannoso possibile. Vera aveva assunto una pozione per dimenticare questo accordo, ma la sua memoria sarà ripristinata pronunciando in sua presenza una frase concordata, che comunica a Dora che viene rimandata a Meridian come messaggera.
Quando Elyon viene condotta al cospetto di Vera, questa rifiuta di tirarsi in disparte e ammettere pubblicamente la montatura, tuttavia mantiene la promessa di riportarla a casa, libera, in attesa del confronto finale.
Elyon scopre tragicamente di aver portato con sè la Corona di luce fasulla. Informato, l'Oracolo disapprova il suo piano di creare delle Nemesis a lei fedeli, e impone di concordare un piano con le Guardiane. Endarno, sfiducioso, incarica Orube di preparare una seconda squadra d'intervento.
Elyon sostiene il piano di Cornelia di usare il Potere della Terra per aprire una galleria nei muri e sorprendere Vera; in realtà non ha rinunciato al suo piano segreto di sorprendere la rivale creando tre Nemesis a lei fedeli, più una sosia di sè senza poteri da far catturare. 
Arrivato il grande giorno, Le WITCH e Elyon si teletrasportano alla periferia di Meridian, ma questa le lascia brevemente per iniziare il suo piano. Riesce a infiltrare le tre Nemesis a lei fedeli, che trasmettono a Vera di avere catturato Elyon, in realtà la sosia. Nel frattempo però, credendosi abbandonate, le WITCH si dirigono verso la città senza aspettare l'amica, che tornando indietro si scopre rimasta sola. 
Le false Nemesis con la loro prigioniera riescono a passare i pur severissimi controlli e arrivare al cospetto di Vera. Questa, leggendo dalla mente della prigioniera un piano fittizio cui era impreparata, decide di far distribuire ai soldati di guardia al palazzo una nuova arma non letale, gli 'anticorpi'. Nel frattempo le WITCH sono costrette ad entrare nel sotterraneo per sfuggire ai soldati in superficie.
Qui vengono localizzate dal sistema di sorveglianza ma riescono a sfuggire alle Nemesis; iniziano a scavare una galleria verso il palazzo, ma una crisi di claustrofobia di Hay Lin le costringe a rinunciare, e sono costrette a risalire in superficie.
Qui le loro tracce vengono notate dai militari, ma Caleb, travestito da soldato, riesce a depistare le ricerche. Poco dopo, però, una bomba ad anticorpi lanciata a caso da un'aquila colpisce Taranee, avvolgendola e rivelandola agli avversari.
Le WITCH si asserragliano in una casa per ripulire Taranee dagli anticorpi che le bloccano i poteri, ma l'operazione è lunga e vengono assediatenella casa dai soldati. Il vento provocato da Hay Lin fa schiantare una delle aquile; in collera per questo, Vera fa preparare le Nemesis per un assalto che rischia di essere sanguinoso, ma Theresion per impedirlo manipola la barriera e fa disperdere il gruppo d'assalto, e viene imprigionata. Le tre Nemesis di Elyon cercano di approfittare per aggredire Vera, ma falliscono e vengono catturate. Ora Vera ha perso la maggior parte delle sue guerriere, e nel frattempo le WITCH sono sfuggite all'assedio con un tunnel e, protette dall'invisibilità, stanno salendo la scarpata verso il palazzo reale, anche grazie all'azione di depistaggio di Caleb.
Nel frattempo, Elyon è riuscita a sostituirsi a Irenior incontrata nei sotterranei, ma anche lei viene investita dagli anticorpi appena uscita in strada. I militari, ingannati sulla sua identità, l'accompagnano a palazzo perchè si possa ripulire. Lei va nella stanza di Carol, dove la trova narcotizzata per ordine di Vera.
Salita la scarpata le WITCH, protette da un fragile manto di invisibilità, devono affrontare i soldati, le aquile e infine dei carri armati materializzati da Vera; tuttavia le avversarie finiscono per perdere il controllo di tali mezzi, che sfondano il muro del giardino prima di essere smaterializzati.

 
 

 
 
 
 
Capitolo 83 
La danza delle ombre


 
Sala operativa
 
Da un baluginio, la florida sagoma di Irenior si materializza nella sala operativa delle Nemesis. Proprio nella tana del lupo! Sta giocandosi il tutto per tutto: se scoprissero che in realtà lei è l’ex-regina, venuta a reclamare il suo trono…
“Oh, Irene! Ce ne hai messo di tempo!”, l’aggredisce Vera, “Perché non sei rientrata subito, quando ti abbiamo chiamata? Cosa ti è saltato in mente di andartene in giro così?”.
“Io… io…”. Cosa risponderebbe la Irene che conosce? “Abbassa la cresta, Luce! Vi siete dimenticate di richiamarmi,  e d’un tratto mi sono trovata a correre tutta sola per il sotterraneo, e sappiamo tutte quanto fosse sicuro quest’oggi! E appena metto fuori il naso, mi riempite della vostra merda sbrilluccicosa! Prova tu, quant’è bello trovarsela fin tra le tette! Perché non mi dici cos’è successo qui, invece?”, conclude con un gesto attorno a sé, abbastanza vago da non far capire  esattamente cosa non sa.
Vera arrossisce fin alla radice dei capelli, poi le volta le spalle arrabbiata senza risponderle.  
Dopo un attimo passato a far sfumare la collera, la Grande Sorella comincia a diramare ordini: “Venti, richiama tutte le aquile, e preparatevi al combattimento! Dodici, prendi l’altra console per videogiochi, e vedi se c’è qualcosa di utile che conosci bene, ma bene sul serio!”. Guarda Wanda, ora seduta su una poltroncina con una cera non delle sue migliori dopo la teletrasfusione di sangue. “Come ti senti, tu?”, le sussurra.
L’altra risponde con un tentativo di sorriso e un pollice in alto. “Sono pronta, come sempre”.
“Brava!”, dice gratificando la guerriera con una pacchetta sulla spalla. Poi butta un’occhiata a Paochaion, seduta tremebonda a farsi piccola nell’angolo più lontano del sottotetto. Scuote il capo stizzita: è chiaro che la cinesina non le sarà utile in nessun modo.
 
Intanto Elyon si compiace della sua risposta sguaiata: ha superato l’esame come Irenior, per ora. Osserva che, accanto alla sua goccia e alle sue Nemesis, anche Theresion è imprigionata. E attorno a loro c’è solo un pugnetto di guerriere, da ventuno che erano. Le piacerebbe capire meglio perché.
La Grande Sorella si volta verso di lei, e comanda: “Irenior, indossa una divisa anche tu, e preparati ad andare all'assalto con le altre!”.
“Se lo vuoi tu, Luce…”, risponde tutt’altro che entusiasta. Miseria, questa non ci voleva!
Mentre altre due Nemesis appaiono nella sala, Vera indossa la coroncina lasciata sulla console da Theresion. “E ora, cerchiamo di localizzarle e farle ballare un po’!”.
 
 
Palazzo, corridoio al piano terra
 
‘Qui è deserto!’, pensa Will guardandosi attorno. 
Sulla loro destra, numerose finestre aperte sul giardino interno illuminano il largo corridoio dove si sono materializzate. 
‘Will, grazie al cielo ci hai gridato di buttarci a terra’, trasmette Taranee, ‘Abbiamo rischiato di essere impallinate di brutto da quei carri armati’.
‘Non sono stata io a trasmetterlo’, risponde attraverso il ribollire dei suoi pensieri.
‘Ma… chi, allora? Sembrava proprio la tua voce mentale’.
‘Non lo so, Tara. Non lo so proprio’. 
Evoca nuovamente il Cuore di Kandrakar; il talismano, levitando, le indica una direzione verso l’alto che, a suo avviso, è inequivocabilmente quella della sala del trono. ‘Andiamo con prudenza!’, trasmette seguendo il corridoio in direzione della torre est.
‘Acqua’, supplica silenziosamente Irma assetata, cercando con gli occhi qualcosa che somigli a una fontanella, un rubinetto o anche un vaso di fiori. 
Cornelia si affaccia alle alte finestre e osserva che parecchi soldati sono ancora appostati nel cortile interno brandendo coni bianchi, come in nervosa attesa di qualcosa che spunti dal terreno. ‘Ragazze, secondo voi, perché non ci sono soldati qui?’ si chiede stupendosi di trovare il corridoio, invece, così vuoto.
Un cigolio alle loro spalle le fa voltare. Da una porta nell'atrio in fondo, alcuni soldati entrano  con timida prudenza guardandosi attorno, poi avanzano lentamente nella loro direzione facendosi scudo dietro ad alcuni coni bianchi, stretti a due mani come se da questi dipendesse la loro vita.
‘Neanche detto’, trasmette Irma con un tono lamentoso, ‘Cornacchia, meriti una patente da iettatrice come la tua amica piccoletta’.
‘Fino a prova contraria...’.
‘Basta’, le interrompe Will, ‘Non ci vedono. Allunghiamo il passo verso la sala del trono!’.
In quel mentre, un altro gruppo di guardie dalla divisa grigia e verde appare da dietro una svolta, con i coni bianchi protesi alla cieca verso di loro.  
‘Ahi! Passaggio chiuso!’, geme silenziosamente Hay Lin.
 
“Capitano, non vedo nessuno. Devo tirare la cordicella?” chiede uno dei militi in prima fila a un ufficiale che sta defilato un po’ dietro di lui, osservando il corridoio inquietantemente vuoto.
“Aspettiamo un minuto, stanno arrivando rinforzi. Tra poco il palazzo sarà così pieno di soldati che quelle streghe non avranno neanche più lo spazio per muoversi!”.
 
‘Tara, presto, tira fuori il sondino!’ le trasmette Will, ‘Controlla se la via per la sala del trono è libera’.
‘Si’, risponde Taranee, mentre l'oggetto simile a una lampada di Aladino le appare in mano accompagnato dal fastidioso ronzare di un moscone claustrofobico.
Will rimpiange troppo tardi di non aver detto alla Guardiana dell'Aria di insonorizzare lo spazio circostante; i soldati sembrano aver sentito perfettamente il fastidioso ronzio. ‘Presto Tara, qui si stanno per chiudere i giochi!’.
 
L’ufficiale grida ai suoi soldati: “Sono proprio davanti a noi! Presto, tirate la corda!”.
Un attimo dopo tre coni eruttano, in rapida successione, fiumane di scintille biancastre che saturano il corridoio fin oltre l’atrio della torre successiva. Dall'altra parte del corridoio, un attimo dopo, l'altro gruppo fa lo stesso, e i getti di furibondi puntini si incrociano in una danza vorticosa.
Ma quando il furioso sciamare si attenua e le scintille prendono a depositarsi come neve su mobili e pavimento, risulta desolantemente chiaro che non hanno trovato il loro bersaglio.
“Niente, signore!”, constata un soldato.
“Lo vedo!”, conferma con disappunto l’ufficiale, poi si concentra ricevendo un nuovo comando dalla sua regina. 
‘Capitano, il nemico si è teletrasportato nella sala del trono! Convergete lì con il munizionamento speciale!’.
 
 
Sala del trono
 
Appena materializzatesi nella sala del trono, le WITCH osservano tutt’in giro: il grande locale sembra vuoto, e le grandi porte ogivali sono serrate.
“Oh, finalmente una fontanella”, grida Irma con l’entusiasmo d’un assetato nel deserto davanti a quello che non raramente finisce per rivelarsi solo un miraggio. Corre davanti alla piccola fonte dallo strano lavello sagomato, chinandosi voluttuosamente per dissetarsi, e  muove la leva del rubinetto.
Inaspettatamente, ciò che le cola in bocca non è fresca acqua potabile, ma una roba amarognola dalla terrificante luminosità verdolina. “Puaaaahhhh!”, la sputa con disgusto, “Cos’è sta roba luccicante?”.
‘L’acqua magica, sciocca. Non si beve’, le risponde Cornelia con il pensiero, per non sprecare il vantaggio che viene dato loro dall’invisibilità. ‘Un cittadino di Meridian deve attendere due mesi, prima di ricevere la dose che hai sprecato così’.
‘Bene, Corny io-so-tutto’, risponde Irma col pensiero tra uno sputo e l’altro sul pavimento immacolato, ‘Allora tu saprai anche dove sono i bagni, in questo posto’.
‘Certo. Quella porticina là accanto nell’angolo’. Si volta verso Will. ‘Però qui non abbiamo trovato né Elyon, né Vera’.
La Guardiana del Cuore lascia il suo talismano libero d’indicarle la direzione. Questo si dispone a tirare verso l’alto.
Guardano il soffitto a volte, affrescato d’azzurro e oro. ‘Cosa c’è là sopra?’, chiede Will.
 
 
Sala operativa
 
“Bene”, dice Vera  percependo i segnali dell’allarme volumetrico, “Sono proprio qui sotto, nella sala del trono”.
“Tra poco saranno qui!”, geme terrorizzata Paochaion. “Dov’è Elyon?”.
“Sarebbe bello saperlo!”, risponde Irenior evitando di incrociarne lo sguardo; si concentra, perplessa, sull’imitazione della pesante tuta protettiva da Nemesis che è stata costretta a materializzarsi addosso. Neanche a dirlo, le sta strettissima sul seno.
“Smettila di piagnucolare, Pao”, le intima Vera infastidita, “Tanto questo pavimento non permetterà loro di teletrasportarsi qui”. Si volge verso la Nemesis che sta facendo partire la console. “Dodici, falle ballare un po’. Io faccio un ultimo giro d’orizzonte per cercar di recuperare qualcun’altra delle nostre per l’attacco finale”.
 
 
Sala del trono
 
Irma apre la porta del bagno, cercando un rubinetto come se la sua vita ne dipendesse. Eccolo, bello e lucente! Sta quasi per buttarcisi sopra, quando nota un movimento nell’ombra sotto il lavello. Anzi, un movimento dell’ombra.
Si tira indietro, spaventata. “Ehi! Cosa…”.
Dall’ombra emerge una figura fatta d’ombra grande come un nano da giardino, dall’anonima testa sferica con due occhietti gialli luminosi e dalle mani artigliate tutt’altro che rassicuranti. 
“Ehi, Aiuto! Guardate…”.
“Irma, sta attenta!”, le strilla la voce di Hay Lin. 
La Guardiana dell’Acqua si volta e, dietro di sé, vede qualcosa di ancora più incredibile: una specie di bambino dai capelli marroni a ciuffi solidi come spine e gli scarponi fuori misura che brandisce, come una spada, un’enorme chiave gialla. Accanto a lui vede un Pippo spigoloso che impugna uno scudo guardandosi attorno con occhi fissi. E poi un Paperino, l’eroe della sua infanzia, che ora si muove come uno spettro con grandi occhi che non hanno niente né d’intelligente né di stupido, brandendo quello che sembra uno scettro magico e indossando un lungo cappello a cono da mago delle favole. Quelle immagini non hanno alcuna parvenza di realtà: né nelle forme, né nelle luci, né nell’incalzante musica che le accompagna. Piuttosto, sembrano come un incubo notturno provocato da un’indigestione serale di videogiochi. “Ma… cosa…”.
Appena ha parlato, vede che la piccola figura nera si muove verso di lei con agilità irreale, pronta a squartarla con gli artigli sproporzionati.
“Via di qui!”, strilla tendendo le mani. Un raggio di luce blu dissolve la malvagia figura d’ombra, dalla quale sprizzano delle palle gialle che sembrano rimbalzare su qualche immaginaria superficie a pochi centimetri dal pavimento vero. “Ma… cosa…”.
Guardando verso Will, vede che sta cercando di schivare i fendenti alla cieca tirati dall’indemoniato bambino armato di megachiave, mentre il piccolo forsennato fa salti incredibili voltandosi in aria in spregio a ogni legge della fisica che lei conosca o non conosca. Pippo sta sferrando vigorosi colpi di scudo nel niente, è chiaro che non vede le altre guardiane finché queste non fanno niente per rivelarsi. Dopo un istante, però, le malefiche ombre riprendono a emergere da ogni angolo del pavimento allungando gli artigli verso tutto ciò che trovano, e il folle bambino dai capelli marroni le aggredisce a vigorosi colpi di chiave, dissolvendole in sferette saltellanti e sfasciando tutto ciò che incontra sul percorso della sua assurda arma.
 
 
Sala operativa
 
“Le nostre amiche staranno ballando, ora”, esclama divertita Nemesi Dodici smanettando con il joypad e osservando la battaglia sullo schermo al plasma della sua console, “Sempre se sono ancora lì”.
“Positivo”, risponde la Venti. “I sensori volumetrici le hanno ancora nel loro campo. E sì, stanno davvero ballando!”. 
Irenior, bardata da combattimento, osserva la Grande Sorella intenta a completare un altro giro d’orizzonte a occhi chiusi e braccia tese, nel tentativo di recuperare ancora qualcuna delle sue guerriere disperse.
Ha deciso come tirarsi fuori da questa situazione: appena Vera darà l’ordine di teletrasportarsi giù a combattere, lei si renderà invisibile mentre le Nemesis spariranno, e resterà sola con la sua sorella e rivale. Così potrà…
 
D’improvviso, al centro della stanza si materializza…Elyon, con il vestito da montagna marrone e gli stivali abbondantemente infangati.
“Ah!”, grida spaventata Vera a quell'apparizione. “Come hai… Nemesis, presto, colpitela con le…”.
“Ma che bel benvenuto, grande scema!”, protesta la nuova arrivata, “Non mi riconosci più? Sono Irene!”.
“Irene…”. La guarda incredula. Tutte la guardano incredula. “Ma… allora chi…”.
Quando realizzano lo scambio d’identità, è troppo tardi. Quella che sembra Irenior ha già teso le braccia verso Vera, che viene istantaneamente avvolta in uno scintillio e svanisce, con sul viso un’espressione di stupore che non le hanno mai visto prima.
 
“E adesso facciamo un po’ di chiarezza!”, dice la vera Elyon, riprendendo il suo aspetto e il suo vestito marrone. Punta il dito verso Irenior, che a sua volta riprende il suo bell’aspetto variopinto di verde e blu. 
Le Nemesis restano incerte, guardandosi le fruste in mano come se non le avessero mai viste prima. 
Elyon riprende: “Bene, ragazze, e ora…”.
Ma non riesce a finire la frase: da un baluginio, Vera riappare nell’ambiente, e prontamente allunga le mani per spedire via… la Irenior vera.
Prima che l’avversaria possa realizzare l’errore, Elyon torna a tendere le sue mani contro di lei, e la fa svanire via ancora. 
Ha vinto, questa volta? 
Forse no, riflette incerta: Vera, come è riapparsa una volta, potrebbe rifarlo di nuovo. Ma perché? Forse l’Oracolo aveva ragione, e l’imprinting non vale più? Ma perché quel ieratico tontolone non è stato pronto a chiudere l’avversaria al di là della muraglia, come si era concordato?
Per un lungo attimo d’incertezza, le Nemesis rimangono ancora con il frustino in mano e si abbassano le visiere anti-ipnotiche, con costernazione di Elyon che non aveva pensato per tempo ad incantarle. 
Tutti tacciono, nell’attesa che si dilunga più di prima. 
Elyon pensa che forse dovrebbe impadronirsi di quelle armi, prima che…
Un attimo dopo, Vera ricompare in un’altra posizione nella stanza. “Presto, colpitela!”, ordina alle sue pretoriane.
Elyon capisce che le cose si stanno mettendo proprio maluccio. Vorrebbe pensare, ma i colpi di frusta lanciati contro di lei la obbligano a teletrasportarsi senza tregua nella stanza.
“Colpitela!”, ripete Vera, e cerca a sua volta di prendere la mira per qualche incantesimo, ma Elyon riesce a spostarsi fin troppo velocemente nel locale, e ormai, non avendo una visiera anti-ipnotica per sé, l’ha persa di vista.
Dopo l’ennesima frustata scoccata a vuoto, Wanda si ricorda di un insegnamento, datole con tutt’altre intenzioni.  Grida alle altre: “Giù le fruste, la colpirò io!”.
“Come?”, protestano le altre Nemesis. “Giù le fruste… perché?”. “Non ti pare di essere presuntuosa?”.
“Lasciatemi provare un colpo”, insiste lei, prendendo accuratamente la mira verso dove Elyon si è rimaterializzata e sta attendendo che lei scocchi la frustata.
Quando Wanda fa una finta, puntualmente la figura di Elyon svanisce, come previsto. Ma Wanda, anziché scoccare dritta, piega il braccio per lanciare il colpo esattamente alla sua sinistra.
 
Appena Elyon riappare, vede la punta guizzare verso di lei, fermarsi a mezz’aria a pochi centimetri dal suo torace e ritirarsi, lasciando un odore amarognolo di medicinale.  
E capisce di essere stata sconfitta. In pochi secondi il narcotico annullerà i suoi poteri, e… Se avesse almeno buone idee su come usarli, questi ultimi secondi, invece… buio totale d’idee.
“Sei stata troppo prevedibile, Elyon”, si compiace Wanda.
“Presa!”, esclama una delle Nemesis ponendole le mani sulle spalle.
“Sei sconfitta, sorellina!”, la schernisce Vera con un sorriso soddisfatto, “E tra poco lo saranno anche le tue amichette di Kandrakar!”. Poi, rivolta alle sue pretoriane: “Ragazze, preparatevi all'assalto non appena finisce il gioco”. 
 
 
Sala del trono
 
Attorno alle Guardiane, la stanza è tutta un ribollire di demonietti neri e unghiuti. Il bambino fantoccio salta menando spaventosi fendenti in modo pazzesco e macinando i neri figuri a ritmo industriale, ma nuovi mostriciattoli gli si avventurano contro da tutte le direzioni, obbligando le esauste guardiane a guardarsi da loro non meno che dai fendenti del bimbo, dallo scudo che Pippo fa volteggiare e dai lampi che Paperino lancia dal suo scettro magico, accompagnati dall’incalzante musichetta che proviene dal niente.
Per rendere più completa la confusione, qualcuno comincia a menare sonori colpi al portone serrato, ma le voci al di là non si distinguono.
D’improvviso, i figuri neri riescono a mettere a segno qualche nuovo colpo alle spalle del burattino, e questo s’inarca all’indietro e si distende come morto, levitando a mezz’aria mentre il suono della musica cambia. 
Poi, di colpo, le pazzesche apparizioni svaniscono.
Nella stanza risuonano, quasi irreali, solo i colpi alla porta, che a paragone di prima sembrano quasi un silenzio di chiesa.
 
 
Sala operativa
 
“Ben tornata, sorellina!”, dice ironica Vera a Elyon, afflosciata su una poltrona. “Devo dire che il tuo piano non era per niente male. Prima ingannarmi con una sosia inerte per illudermi che tu fossi fuori gioco, poi le false Nemesis… Però non ti è andata troppo bene, no, che Irenior fosse riportata qui proprio quando avresti potuto vincere tu?”.
“Già”, annuisce Elyon cupa, intontita dal narcotico quanto basta per aver ottenebrato i suoi poteri, ma non la possibilità di capire la gravità della situazione.
“Come mai non ti aspettavi che avessi cambiato i settaggi del firewall del palazzo per farmi riportare qui, in caso di un colpo del genere? Non era una contromisura difficile da prevedere!”.
“Già”, ripete lei di malumore. Per niente difficile da prevedere… ma lei non l’aveva immaginata per niente!
“Ma toglimi una curiosità: la seconda volta che hai tentato, invece, sono arrivata fino a Heatherfield, a casa dei tuoi. Gentili: pensa che volevano che restassi a pranzo. Ma non era certo il momento, no?”.
Solo la seconda volta? Strano... “Come hai fatto a tornare?”, chiede accigliata la prigioniera.
Vera sorride, mostrandole un sigillo di teletrasporto nel palmo della mano. Uno di quelli sottratti ai suoi genitori, all’inizio di tutta la faccenda. Più prevedibile di così… 
La Grande Sorella continua: “Quella faccenda dell’imprinting, per cui ti ringrazio, funziona e non funziona, sai? Non riesco a teletrasportarmi sulla Terra con i miei soli poteri, ed è una tara che devo a te. Ma una volta convinta che di teletrasporto si tratta, e non di salto dimensionale, non mi è difficile regolarmi di conseguenza!”. Tiene tra indice e pollice il medaglione romboidale. “Ma ora spiegami un po’ tu: perché la seconda volta sono arrivata fin sulla Terra? Cos’hai fatto perché il firewall non mi fermasse?”.
Improvvisamente, il sigillo romboidale le sparisce tra le dita in uno scintillio, lasciandola sorpresa.
Dalle sue spalle proviene una voce identica a quella di Elyon: “Potrei spiegartelo io!”. Ma Vera non fa in tempo a voltarsi, che anche lei svanisce nel niente.
Alle sue spalle, con un sorriso da vincitrice, c’è la goccia di Elyon. “Mi sa che non tornerà, per un po’!”.
 
 
Sala del trono
 
Le WITCH tornano a compattarsi al centro della sala, schiena a schiena, guardandosi attorno alla ricerca ansiosa di qualche nuova minaccia. 
E questa non manca. Dopo qualche istante Taranee grida: “Guardate là”. 
Will segue il suo sguardo, e vede una cassetta appoggiata in un angolo che si sta aprendo. 
E dentro, una pila di oggetti bianchi appuntiti. 
E vicino, una Nemesis che ne sta prendendo uno in mano.
“Ferma lì!”, grida Will, e un raggio dalle sue mani sbatte l’avversaria contro la parete, facendo cadere l’ordigno dalle sue mani. Lo guardano rotolare sul pavimento, descrivendo un cerchio, finché si ferma.
E fanno male. Troppo tardi si accorgono che un’altra avversaria ha estratto un altro cono dalla scatola, e glielo punta addosso tirando la cordicella.
Una fiumana di scintilline bianche invade l’aria, investendo in pieno Cornelia, Irma e Taranee che ne sono avvolte. Grida e maledizioni si spengono subito quando la robaccia le avvolge imbiancandole.
Hay Lin, sostenuta dall’aria, riesce ad allontanarsi in volo e a rifugiarsi sotto la volta del soffitto, e contrattacca facendo turbinare via l’avversaria, che cade sul pavimento attutendo il colpo con le braccia. “Tiè”, le dice compiaciuta.  
Si guarda attorno: può ancora fare un bel po’ di tempesta. 
Solo troppo tardi vede un’avversaria sotto di lei, che le punta addosso un altro cono.
Il secondo colpo la investe in pieno, senza possibilità di deviarlo. “Wiiiiiilllll!”. Hay Lin riesce solo ad abbassarsi sul pavimento per attutire la caduta, prima che i corpuscoli spiritati la avvolgano annullando ogni suo potere.
 
Will si guarda attorno, inorridita. I corpuscoli non l’hanno toccata, ma col prossimo tiro toccherà certamente anche a lei, anche se è ancora invisibile. Ma forse il Cuore di Kandrakar…
Guarda il talismano che ha nel palmo, e le sue speranze muoiono lì. La bella sfera di ametista è completamente imbrattata, come se quelle cose schifose abbiano voluto colpire non lei, ma la principale fonte del suo potere. Per giunta, forse questa robaccia lo ha reso visibile. Forse lo è anche lei. Ora è questione di secondi. Osservando il pavimento, vede numerose orme che si muovono per aggirarla. Ma perché non usano ancora quell’arma così efficace? Forse vogliono chiudere con lei un conto che si può regolare solo col sangue?
 
 
Sala operativa
 
“Ben tornata, carissima!!!”, la accoglie la ex-ex-regina in un impeto d’entusiasmo attraverso il velo del tranquillante, “Non ci speravo più, ormai!”.
Attorno a loro, tutte le presenti sono rimaste a bocca aperta, compresa Theresion che ha scoperto di avere nuovamente una bocca.
“Ma… Ma non era una sosia inerte?”, chiedono in coro le sue Nemesis ancora avvolte nella sua bolla da prigioniera. “Una controfigura da sacrificare…”. “Un essere piagnucolante e inetto…”.
“No, ragazze”, dice Elyon alzandosi in piedi e armeggiando con i bottoni della sua giacca, “Scusatemi tanto, vi ho mentito su una cosa importante. La mia copia non è affatto priva di poteri: è identica a me, tale quale”.
“Tale quale…”, ripete incredula Theresion.
La sosia fa un gesto, e le bolle che avvolgono le quattro prigioniere si aprono senza un suono, svanendo nel niente come fossero di sapone. 
Theresion si alza, un po’ anchilosata, poi constata con sollievo che le sue mani non sono più incollate l’una all’altra, e va verso Paochaion che ha ascoltato impietrita senza dire parola, seduta nell’angolo opposto della stanza, col viso espressivo come una maschera di Pasqua.
Le tre Nemesis si alzano barcollando, sgranchendosi le braccia. “Abbiamo bisogno di un iniettore di antidoto”. “Noi siamo ancora sotto narcotico”. “E ci hanno pure salassato mezzo litro di sangue”. Una, infatti, barcolla e deve tenersi alle altre, che sono ancora più malferme di lei; il risultato è una caduta collettiva, trascinando con sé anche qualche sedia.
“Tutto bene?”, chiede preoccupata la sosia, che al momento è il personaggio più vispo presente in scena.
“Sì, abbastanza”. “Quasi”. “Il secondo tentativo è quello buono”, rispondono le tre rimettendosi più o meno in piedi, e cominciando a cercare nei cassetti. Una tira fuori una manopola con una fascetta azzurra, ma dopo qualche prova deve rinunciare. 
“Allora?”. “Niente, l’iniettore dislocante non funziona senza Vera!”. “E adesso?”.
La goccia porge loro un lembo della sua giacca. “Posso offrire? Ho iniettori dislocanti celati in tutti i bottoni”, dice orgogliosamente, “Anche temporizzati e con alimentazione autonoma!”.
“Uno dei miei piccoli capolavori”, aggiunge Elyon, ricordandosi che anche tutti i bottoni della sua giacca sono equipaggiati nello stesso modo, per ogni evenienza.  “Ma spiega, come hai fatto a sventare il trucco di Vera per...”.
“Semplice”, spiega orgogliosamente l'altra, “Ero ben sveglia da più di un’ora, grazie a questi - indica i bottoni – e ho letto nel pensiero di Therese la password dell’interfaccia telepatica del firewall. L’ho manipolato per disattivarlo, poi l’ho riattivato dopo spedita via Vera e ora credo proprio che, fino a nuovo ordine, né lei né le Nemesis potranno oltrepassarlo senza il mio permesso”.
“Il mio permesso…”, ripete Elyon, “Senti cara, forse dobbiamo chiarire una cosa… posso chiamarti Elyon, per l’intanto?”.
“Devi, cara. E hai proprio ragione, sul chiarimento. Perché, in realtà, io sono la vera Elyon, e tu la goccia!”.
 
 
Sala del trono
 
Da dietro la spessa visiera, Wanda osserva il grumo biancastro a mezz’aria che è il Cuore di Kandrakar, certamente tenuto in mano dalla sua storica avversaria, ancora invisibile ma ormai quasi sconfitta. L’ha salvata, a caro prezzo, dalla morte sotto i colpi di una mitragliatrice, e tra un attimo avrà la sua rivincita agognata da anni.
Gli anticorpi sono un’arma non letale di potenza inaudita; anche sparati alla cieca, hanno immobilizzato in un attimo le altre quattro serve di Kandrakar, che ora mugolano e brancolano penosamente impotenti al centro della sala. Però hanno anche reso impossibile alle fruste di espandersi e hanno annullato il contatto telepatico con Vera; non si può sperare che gli iniettori dislocanti di narcotico possano funzionare in queste condizioni. Non importa: la cercheranno a tentoni, le si avvinghieranno addosso, poi la colpiranno a testate con il casco. Sarà il miglior narcotico, in questa situazione. 
‘Ma ora… cosa fa Will?’. ‘Va alla finestra?’. ‘Al tendone?’. ‘Vuole pulire Il Cuore di Kandrakar!’. ‘Non dobbiamo permetterlo!’. Wanda fa un cenno alle altre, e tutte assieme si buttano in avanti per chiudere la partita. 

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Capitolo 84
*** Elyon ed Elyon ***


Ad personam
 
Ciao Hera, Grazie mille per la recensione. Il capitolo è decisamente mosso e pieno di sorprese, e comunque la storia ne riserva ancora qualcuna per rendere la confusione più totale. Povera Irma, tutta assetata, che si vede uscire le ombre da sotto il lavello come in un incubo e poi resta tutta impeciata! Temo che dovrà aspettare ancora un po' per poter tracannare un po' del suo elemento. 
Ciao Sweet Witch, che piacere risentirti. Sono molto contento che tu abbia trovato piacevole e ben scritto questo capitolo. Se Will riuscirà a sopravvivere? Penso proprio di sì: se avessero voluto farla secca, le Nemesis avrebbero tirato fuori le pistole di cui sono armate.
 
Qualche parola su questo capitolo: non è facile trovare un finale, o un semifinale, per una storia così. La possibilità più ovvia era che le W.I.T.C.H.  salvassero Elyon, come è sempre avvenuto da canon, in cui la Luce di Meridian non si è mai scollata dal ruolo di 'princess in distress'; la seconda possibilità, appena meno ovvia, era la vittoria di Elyon; la terza, ma scommetto che nessuno ci avrebbe scommesso, era il trionfo delle antagoniste.
Attribuire  la vittoria, a sorpresa, a un personaggio che era stato 
presentato come un fantoccio vivente mi è sembrata la rivincita delle mille e mille comparse ingiustamente sfruttate e lasciate nell'ombra in migliaia di film e fumetti, e vedere la vincitrice impelagata in una crisi d'identità che in fondo è la diretta conseguenza dei suoi metodi, secondo il principio del contrappeso e del contrappasso, mi è sembrata una soluzione più interessante di quelle canoniche. Spero che le mie scelte vi risultino quantomeno interessanti.

 
Buona lettura
MaxT 

 
 

PROFEZIE


Riassunto delle puntate precedenti
 
Dopo un incontro misterioso con la Luce di Meridian, Vera ha convinto le Gocce a sostituirsi a Elyon a Meridian, impersonando la regina e le guardiane. La controfigura di Elyon e le finte guardiane esiliano Miriadel e Alborn, mentre Caleb sfugge alla cattura; pur avendo assunto il potere, si rendono conto di non essere convincenti, e inventano la storia che le guardiane sono a palazzo per proteggere la Luce di Meridian da un complotto.
A Heatherfield, Elyon spiega che quella che si sta realizzando è una sua profezia, che prevede che la tirannia duri un anno, che a Meridian dura diciotto mesi. Elyon è decisa a non tentare niente prima di questa scadenza.
Il nuovo piano di Vera prende rapidamente forma, basandosi sull'ambiguità del termine di un anno: prima simuleranno che Elyon diventi sempre più tirannica, screditandola, poi Vera la spodesterà dopo un anno terrestre di dodici mesi, facendo finire apparentemente la tirannia e realizzare la profezia; poi, dopo aver guadagnato il consenso della gente, si prepareranno per affrontare Elyon e le Guardiane al loro ritorno dopo diciotto mesi, un anno di Meridian.
Vera crea venti copie di Wanda, dette Nemesis, che avranno l'incarico di impersonare le guardiane e di sorvegliare la città restando invisibili o sotto falsa identità, o con l'aspetto di aquile.
Infine, si arriva allo scadere dei dodici mesi dall'arrivo delle Gocce e da quello che a molti appare come l'inizio della tirannia. La montatura arriva al suo culmine: Vera parla in consiglio criticando Elyon, poi affronta le false guardiane e infine la falsa Elyon, sconfiggendoli tutti e venendo proclamata Regina.
Informata da Caleb, la vera Elyon decide di proseguire col piano iniziale, aspettando altri sei mesi per intervenire; inoltre preannuncia alle guardiane che intende farlo da sola. Queste, preoccupate, si chiedono se dovranno intervenire in qualche modo per aiutarla.
Nel frattempo Vera fa sperimentare nuove armi segrete, come fruste capaci di iniettare narcotici e sistemi per materializzare armi pesanti in vista del confronto finale.
Cinque mesi dopo, la situazione precipita improvvisamente per un casuale ma burrascoso incontro di Taranee con le gocce a Midgale. 
A Kandrakar, Elyon viene costretta a rivelare che il colpo di stato di Vera era stato frutto di un loro accordo per far realizzare la profezia della tirannide nel modo meno dannoso possibile. Vera aveva assunto una pozione per dimenticare questo accordo, ma la sua memoria sarà ripristinata pronunciando in sua presenza una frase concordata, che comunica a Dora che viene rimandata a Meridian come messaggera.
Quando Elyon viene condotta al cospetto di Vera, questa rifiuta di tirarsi in disparte e ammettere pubblicamente la montatura, tuttavia mantiene la promessa di riportarla a casa, libera, in attesa del confronto finale.
Elyon scopre tragicamente di aver portato con sè la Corona di luce fasulla. Informato, l'Oracolo disapprova il suo piano di creare delle Nemesis a lei fedeli, e impone di concordare un piano con le Guardiane. Endarno, sfiducioso, incarica Orube di preparare una seconda squadra d'intervento.
Elyon sostiene il piano di Cornelia di usare il Potere della Terra per aprire una galleria nei muri e sorprendere Vera; in realtà non ha rinunciato al suo piano segreto di sorprendere la rivale creando tre Nemesis a lei fedeli, più una sosia di sè senza poteri da far catturare. 
Arrivato il grande giorno, Le WITCH e Elyon si teletrasportano alla periferia di Meridian, ma questa le lascia brevemente per iniziare il suo piano. Riesce a infiltrare le tre Nemesis a lei fedeli, che trasmettono a Vera di avere catturato Elyon, in realtà la sosia. Nel frattempo però, credendosi abbandonate, le WITCH si dirigono verso la città senza aspettare l'amica, che tornando indietro si scopre rimasta sola. 
Le false Nemesis con la loro prigioniera riescono a passare i pur severissimi controlli e arrivare al cospetto di Vera. Questa, leggendo dalla mente della prigioniera un piano fittizio cui era impreparata, decide di far distribuire ai soldati di guardia al palazzo una nuova arma non letale, gli 'anticorpi'. Nel frattempo le WITCH sono costrette ad entrare nel sotterraneo per sfuggire ai soldati in superficie.
Qui vengono localizzate dal sistema di sorveglianza ma riescono a sfuggire alle Nemesis; iniziano a scavare una galleria verso il palazzo, ma una crisi di claustrofobia di Hay Lin le costringe a rinunciare, e sono costrette a risalire in superficie.
Qui le loro tracce vengono notate dai militari, ma Caleb, travestito da soldato, riesce a depistare le ricerche. Poco dopo, però, una bomba ad anticorpi lanciata a caso da un'aquila colpisce Taranee, avvolgendola e rivelandola agli avversari.
Le WITCH si asserragliano in una casa per ripulire Taranee dagli anticorpi che le bloccano i poteri, ma l'operazione è lunga e vengono assediatenella casa dai soldati. Il vento provocato da Hay Lin fa schiantare una delle aquile; in collera per questo, Vera fa preparare le Nemesis per un assalto che rischia di essere sanguinoso, ma Theresion per impedirlo manipola la barriera e fa disperdere il gruppo d'assalto, e viene imprigionata. Le tre Nemesis di Elyon cercano di approfittare per aggredire Vera, ma falliscono e vengono catturate. Ora Vera ha perso la maggior parte delle sue guerriere, e nel frattempo le WITCH sono sfuggite all'assedio con un tunnel e, protette dall'invisibilità, stanno salendo la scarpata verso il palazzo reale, anche grazie all'azione di depistaggio di Caleb.
Nel frattempo, Elyon è riuscita a sostituirsi a Irenior incontrata nei sotterranei, ma anche lei viene investita dagli anticorpi appena uscita in strada. I militari, ingannati sulla sua identità, l'accompagnano a palazzo perchè si possa ripulire. Lei va nella stanza di Carol, dove la trova narcotizzata per ordine di Vera.
Salita la scarpata le WITCH, protette da un fragile manto di invisibilità, devono affrontare i soldati, le aquile e infine dei carri armati materializzati da Vera; tuttavia le avversarie finiscono per perdere il controllo di tali mezzi, che sfondano il muro del giardino prima di essere smaterializzati.
Le WITCH riescono a penetrare nel palazzo e, sfuggendo ai soldati, ad arrivare fin nella sala del trono, che trovano vuota; un attimo dopo, però, subiscono prima l'attacco diversivo da un videogioco materializzato, e subito dopo l'attacco delle Nemesis che, utilizzando anticorpi, riescono a bloccare tutte le guardiane tranne Will, e che, neutralizzato il Cuore di Kandrakar, si apprestano ad attaccare anche lei. 
Nel frattempo, al piano di sopre  Vera riconosce Elyon, che tentava di confondersi con Irenior, e riesce a farla catturare dalle Nemesis. Però, quando credeva ormai di avere la vittoria in mano, la goccia di Elyon la teletrasporta fuori dal palazzo, prendendo il controllo della situazione. L'esultanza di Elyon dura poco: la sua goccia, infatti, le dice una cosa che la raggela. 
 
 
 
 
 
Capitolo 84  
 
Elyon ed Elyon


 
Meridian, sala operativa delle Nemesis
 
“In realtà, io sono la vera Elyon, e tu la goccia!”, ripete l’altra. 
Per un attimo, nella sala operativa regna un silenzio stupefatto. La debole luminescenza verde del pavimento si mescola alla luce del sole che entra dagli abbaini per creare sui visi un effetto tanto surreale quanto quelle parole.
“COOOOOSA?!?”. Elyon la guarda scioccata e incredula. “Tu pensi…. Ma… Ma… Ma che sciocchezza è questa?”.
“E’ così, cara. Ci siamo scambiate quando ti ho presa in disparte per le ultime istruzioni, un’ora prima di partire da Heatherfield”.
“Oh, no-no-no! IO ti ho presa in disparte, e ti ho instillato l’incantesimo di memoria che ti avrebbe fatto credere di essere me, ma solo per poter ingannare Vera che ti avrebbe letto i ricordi, solo per questo! L’incantesimo si è attivato quando la tua scorta ha finto di averti catturata, e si sarebbe dovuto dissolvere dopo due ore esatte! E sono già passate da mo’! Quindi o qualcosa non ha funzionato, o stai facendo finta!”.
“Tu avresti dovuto riprendere i tuoi veri ricordi non appena io ti avessi rivelato che sei tu la goccia. Perché non è così?”, risponde l’altra Elyon accigliandosi, “Forse è vero che qualcosa non ha funzionato”.
“No-no-no, che sciocchezza! Non puoi sostenere questa bugia, qui sei in mezzo a gente che legge il pensiero!”. Rivolta alle tre Nemesis, chiede imperiosa: “Non è forse vero che sono io la vera Elyon?”.
Le tre si stringono nelle spalle, imbarazzate.  “Beh, tu sei quella che credevamo la vera Elyon…”. “Quella che abbiamo lasciato nel sotterraneo!”.
“Che era la goccia!”, interrompe spazientita l’altra, “Ci eravamo scambiate già da prima!”.
“Non vi chiedo cosa credevate!”, insiste Elyon, “Leggeteci il pensiero: non è forse vero che io sono la vera Elyon, e lei si sta inventando tutto?”.
Le tre studiano entrambe le contendenti con attenzione, poi scuotono il viso all’unisono. “Non siamo in grado di dirlo”. “Per me, nessuna delle due sta mentendo”. “Non consapevolmente, almeno”.
“Ma come!”, protesta quasi piangendo Elyon.
“Non so come convincerti…”, geme l’altra sempre più preoccupata, “Speriamo che questo incantesimo del cavolo finisca!”.
Le tre aggiungono, un po’ esitanti: “Mi ricordo però quello che l’originale disse all’altra appena creata”. “Che se l’avesse aiutata, avrebbe potuto far parte della famiglia reale a pieno titolo”. “E… scegliersi il nome e l’aspetto che avesse preferito”.
 
 
Sala del trono
 
Nella desolazione della grande sala cosparsa di anticorpi, Will si allontana dalle sue compagne imbrattate e ridotte all’impotenza, cercando di raggiungere il tendone della finestratura per poter ripulire almeno il Cuore di Kandrakar. Senza quello, tutto il suo potere vale poco, forse nulla.
Alla porta risuonano colpi sempre più forti, e voci in meridiano che stenta a comprendere.
Le due Nemesis già visibili si stanno muovendo con prudenza verso di lei, pronte a una sua reazione, per saltarle addosso con le chissà quante compagne ancora invisibili che stanno lasciando tracce confuse sulla patina biancastra che copre il marmo del pavimento. 
 
D’improvviso uno schianto metallico, poi  i colpi cessano. I grandi battenti dell'ingresso iniziano ad aprirsi, con uno stridio che si somma al vocio, ai clangori di armi e all’abbaiare di ordini da fuori. 
Iniziano a irrompere nella sala soldati, tanti soldati, tutti con brutte facce marroni e divise verdi, e soprattutto con lance e spade sguainate, e coni bianchi spianati pronti all’azione. Dopo qualche passo si fermano stupefatti a guardare la scena surreale, e subito vengono spinti in avanti da altri che sopraggiungono.
“Avanti! Prendetele tutte!”, grida un capitano da più indietro.
I soldati sparano un paio di coni d’anticorpi, che turbinano nell’aria per qualche secondo prima di depositarsi a terra come neve senza aggiungere danni a quelli già fatti, al di là di sporcare ancora di più il pavimento.
“Prendetele!”, ripete il capitano, reso baldanzoso dal numero di soldati che cresce sempre più. 
Tutti assieme, i militari si fanno avanti, circondando sia le guardiane che le Nemesis e minacciandole con  le spade e le lance, stavolta tutte con il puntale metallico ben saldo e affilato.
“Arrendetevi, streghe!”, intima l’ufficiale.
 
Ora che i soldati circondano le Nemesis a pochi metri da Will, anche lei riesce a vederle. 
Rinunciando all’invisibilità ormai inutile in una stanza così affollata, lei punta i palmi minacciosa contro i militari più prossimi.  “Non avvicinatevi!”, intima, ma non sa se i suoi raggi funzionerebbero ancora in quella situazione, in un ambiente così inquinato da quella robaccia. Tenta di allungare la mano verso il tendone per pulirvi il suo talismano imbrattato, ma un soldato le fa cortesemente capire che le taglierebbe la mano con la spada.
 
“Mollateci, imbecilli!”, grida una delle Nemesis, anche lei con una selva di lame puntate contro la gola, “Non vedete le insegne sulla divisa? Non capite che siamo dalla stessa parte?”.
Qualche mormorio tra i soldati accoglie le sue parole: “Ma… sembra quasi la stessa voce!”. “Chi è, questa?”
L’ufficiale si fa avanti verso quella che ha parlato, mentre i soldati gli fanno largo. “Togliete loro i caschi!”, ordina perentorio.
Un attimo dopo, un nuovo chiacchiericcio stupito percorre la sala: nonostante le righe nere e le divise con le inquietanti insegne dagli occhi di gatto, la somiglianza tra i visi di queste sconosciute guerriere e la terribile Guardiana dai capelli rossi è evidente per tutti, come pure l’innaturale uniformità del loro aspetto alieno. 
L’unica senza pitture sul viso lancia un’occhiata di fuoco a Will, che capisce immediatamente di trovarsi a tre metri dalla sua vecchia goccia.
“Cosa vuol dire, tutto questo?”, chiede imperioso il capitano. “Dov’è la Regina?”.
“Quale regina?”, chiede Will con tono di sfida, “Quella vera o l’usurpatrice?”. 
Il capitano rimane brevemente interdetto dai sottintesi possibili in questa domanda. Che ci sia stato qualche sviluppo di cui non è a conoscenza?  “La regina Vera, naturalmente. Quella in carica”.
“E’ qui sopra”, risponde Wanda, “Adesso andrò a chiamarla, e garantirà per noi!”.
“No!”, risponde il capitano, “Adesso andranno a cercarla i miei uomini, e voi non farete un passo finché le cose non saranno chiarite!”.
 
 
Sala operativa
 
“Non avrei mai dovuto creare una goccia così goccia”, recrimina Elyon quasi piangendo. “Me l’aveva detto, la mamma!”.
“Qualcosa non ha funzionato”, geme l’altra con gli occhi lucidi, “Ma cosa?”.
“Avrei dovuto darti un nome tutto tuo fin dall’inizio. E invece…”.
 
Le loro recriminazioni tardive vengono interrotte da un energico bussare sulla porta blindata.
Recuperate le loro pistole da un cassetto, le tre Nemesis si portano all’ingresso, senza aprirlo.  “Chi è?”, chiede una con diffidenza, controllando i proiettili nel caricatore.
“C’è la regina?”, chiede una voce in meridiano.
“Quale regina?”.
Dall’altra parte c’è un momento di esitazione. “Quella che c’è”, risponde infine la voce.
“Chi la vuole?”.
“Potete riferire se vuole venire nella sala del Trono, quando può?”.
 
“La sala del trono… Oddei!!!”, trasale Elyon, ricordandosi. “Le WITCH!”.
“Me n’ero completamente dimenticata!”, aggiunge l’altra Elyon portandosi le mani al viso. “Speriamo che non si siano fatte male!!!”.
“Che stupida! Aspettatemi qui, vado giù!”.
“No, resta qui tu! Vado giù io!”.
 
 
Sala del trono
 
Ansimando per la salita, l’anziano e massiccio colonnello Tracon entra nella sala del trono, mentre i soldati lo salutano deferenti e si comprimono verso le  pareti per fargli strada. 
Si guarda attorno accigliato, cercando di celare il respiro corto davanti ai suoi subordinati. 
Il capitano gli va incontro, esibendosi in un perfetto saluto militare. “Signor colonnello, la situazione è sotto controllo! Abbiamo catturato le Streghe di Kandrakar!”. Indica orgogliosamente le forme bianchicce e mal distinte delle quattro Guardiane ridotte all’impotenza. 
“Pagliaccio!”, lo contraddice quella che sembrerebbe essere Irma, sputacchiando sul pavimento. “Sei arrivato che eravamo già così”.
“Le abbiamo catturate noi!”, protesta Wanda, orgogliosa quanto si può esserlo con quattro lance puntate al collo.
Il colonnello avanza lentamente, osservando le prigioniere. “E Sua Altezza, capitano? Non risponde ai miei tentativi di contatto da una buona decina di minuti”. Si avvicina al trono quasi indugiando nella tentazione di sedersi sopra. In fondo, è il padrone del campo, ora…
“Dovrebbe essere al piano di sopra, signore. L’ho appena mandata a chiamare”.
“Ah, bene”, risponde un po’ deluso. “Un po’ di chiarezza, ci vuole! Tra poco sapremo se abbiamo ancora una regina”.
 
Appena pronunciate queste parole, da due baluginii sulla pedana del trono emergono… due Elyon, ciascuna col suo bel sorriso largo tirato. “Buongiorno a tutti!”. “Eccomi qui!”.
Tutti i presenti restano a bocca aperta in un gigantesco e silenzioso “Eeeeh?”.
Una delle due declama: “Vi annuncio che ho vinto la sfida con mia sorella Vera, ragion per cui ho ripreso il mio posto di regina. Spero che nessuno se ne abbia a male. Ah, ringrazio la qui presente sosia per il suo aiuto”.
“La mia controfigura è un po’ confusa, le spiegherò dopo”, dice l’altra cercando di accostarsi al trono con nonchalance, “Comunque, avrete capito che ho vinto secondo le regole del nostro duello, dimostrando le mie capacità senza far male a nessuno, e ora sono nuovamente la Luce di Meridian”. 
“Ma credo che il vostro intervento non sia più richiesto. Colonnello, farebbe sgomberare dai soldati la sala?”, dice gentilmente l’altra, allontanando la rivale dal trono con un discreto colpo d’anca.
“Magari chiamate gli inservienti per le pulizie, grazie”, aggiunge questa con un sorriso ai militari, resistendo tenacemente ai tentativi di spintonamento.
“Ehi, piccoletta”, grida Irma che non ha ancora aperto gli occhi, “Che ne dici di spiegarci meglio il tuo sproloquio sulle controfigure intanto che ci pulisci da questa schifezza?”.
“Sì, sì, ripulitele”. “Soffiatela via. Si stacca benissimo con l’alito”, rispondono le due Elyon, facendo a gara per rubarsi la parola.
 
Will, finalmente senza più lame  puntate alla gola, lancia un’occhiata storta prima a Wanda, che la ricambia tutt’altro che amichevole, poi alle due Elyon. “Sono certa che avrai, pardon avrete, tante, tante cose da spiegare”, poi prende a soffiare sul Cuore di Kandrakar. La patina biancastra si sfoglia e vola via leggera, cadendo a terra come innocue scaglie.
D’improvviso il monile si mette a lampeggiare. “E’ una chiamata da Kandrakar!”.
Irma che non ha ancora aperto gli occhi, chiede: “Sono congratulazioni, o chiama per prenderci in giro?”.
Il viso amareggiato di Will si fa allarmato quando nelle sue orecchie rimbomba la voce insolitamente agitata dell’Oracolo: ‘Guardiane, correte qui, presto. E’ un’emergenza!’.
Will barra gli occhi. “L’oracolo ci vuole subito lì”.
“Sì, certo!”, risponde sarcastica Irma cercando di soffiarsi sulle mani, “Due minuti che finisco la messimpiega e indosso l’abito da sera, e poi sono da lui”. 
Le altre tengono la bocca ben serrata e si manifestano solo con mugolii infastiditi, non si capisce pro o contro chi.
Le due Elyon si rivolgono alle Nemesis, che sono state disarmate dai soldati. “Ragazze, c’è bisogno di aiuto! Aiutate le Guardiane a ripulirsi!”. “Voi avete tanto fiato, vero? Ecco il momento di dimostrarlo”.
Mentre le due Elyon continuano a dare ordini e pestarsi i piedi a vicenda, il monile riprende a lampeggiare con insistenza. Will non lo ha mai visto così… come agitato.
‘Guardiane, volete affrettarvi? Vera è qui’.
Le due Elyon, che facevano a gara nel distribuire istruzioni e sorrisi rassicuranti ai presenti, si voltano assieme, allarmate. 
“Come: Vera è lì? Cosa ci fa?”.  “Doveva restarsene tranquilla sulla Terra! Mia mamma le aveva perfino preparato un bel pranzetto…”.
“Non so niente di più”, si schermisce Will. Osserva le sue compagne, aiutate dalle Nemesis soffianti a liberarsi dai resti degli anticorpi con grande imbarazzo reciproco. Di quel passo, per ripulirle tutte ci vorrà almeno mezz’ora.
Il Cuore lampeggia nuovamente, con un ritmo più calmo. Quando Will si concentra, le trasmette con un tono vagamente sarcastico: ‘Fatevi pure i vostri comodi, Guardiane, tanto ormai l’abbiamo presa’.
“Presa?”, si chiede Will.
“Presa? Catturata, vuole dire? Ma non era nei patti!” esclama una Elyon allarmata, “Come farà a scagionarmi davanti a tutta la città?”.
L’altra rincara: “Una principessa di Meridian? Non è dignitoso! Devo andare subito a parlare con l’Oracolo! Tu resta qui, cara, e fai spazzare il pavimento, per piacere”.
“Non essere impertinente, goccia. Vado io dall’Oracolo!”.
 
 
Kandrakar, sala del consiglio.
 
Appena materializzate con un lampo nella sala dal consiglio, Will e le due Elyon capiscono subito che c’è qualcos’altro che non va: anziché un luogo di ieratica serenità, la sala sembra un campo di battaglia. Una grande colonna delle arcate esterne appare sbriciolata come da un colpo di cannone, e due crateri larghi un metro si aprono sulle gradonate circostanti. L’aria è offuscata dalla polvere  del crollo, e permeata da un forte odore d’ozono. 
Da un corridoio laterale si sentono lontane grida di rabbia e indignazione, e degli ordini secchi le cui parole giungono distorte dal riverbero.  Parecchi uomini e donne armati di katana e vestiti di karategi stanno ritirandosi dalla sala, dolenti e zoppicanti.
Alcuni saggi dalle fattezze aliene girano avanti e indietro come polli spaventati, ripetendo: “E’ inaudito!”. “Non era mai successo prima!”. “Inimmaginabile!”.
Candidi sbuffi di nuvole fanno capolino dalle grandi arcate, poi decidono di ripassare in un altro momento.
 
L’Oracolo, coperto da una patina di polvere biancastra,  si volta verso Will. “Ben arrivata, Guardiana del Cuo…”. Le parole gli muoiono in bocca alla vista delle due Elyon. Strizza gli occhi, poi torna a guardare ancora. Sono proprio due!
Con un gesto, la sua veste lacera e impolverata torna alla sua ineccepibile condizione, e il suo viso riassume la sua ieratica imperturbabilità.
“Ben arrivata, Elyon di Meridian. Se le Guardiane non hanno fatto a tempo a venire in aiuto al loro Oracolo, quantomeno tu sei stata tempestiva nel venire a constatare i danni”.
“Grazie, Signore”, risponde una delle due, poi getta un’occhiata colpevole a Will, che tace cupa.
“Ma se posso, Signore, cos’è successo?”, chiede l’altra.
L’Oracolo risponde con un’altra domanda. “Elyon di Meridian, quale che tu sia, è legittimo chiederti il perché di questa presentazione così… corale?”.
“Certo, Signore… Vi presento la mia goccia… Elyon. E’ un po’ confusa, ora…”.
“Vi prego di scusarla, Signore, perché Elyon sono io. Sì, anche lei lo è, ma…”.
“Adesso vi spiego… ho fatto alla mia goccia un incantesimo di memoria per convincerla di essere me, e avrebbe dovuto svanire dopo due ore. Ma qualcosa…”.
“No-no, io l’ho fatto a lei, ma avrebbe dovuto riprendere la memoria quando…”.
“Ma piantala di contraddirmi! Non lo starai facendo apposta?”.
“Ma sentila! Ti avevo promesso che avresti potuto sceglierti il nome che più ti aggradava, ma non intendevo certo il mio!”.
 
L’Oracolo interrompe il battibecco con un gesto deciso. “Va bene, questi sono vostri problemi di famiglia. Piuttosto, non so se vi interessi sapere perché la sala è in queste condizioni”.
Le due si guardano attorno perplesse. 
“In effetti….”. “Se non è chiedere troppo…”.
Lui spiega: “Ebbene, abbiamo intercettato l’usurpatrice al suo quarto teletrasporto attraverso il passaggio naturale, mentre tentava di tornare a Meridian”. Osserva, ai suoi piedi, un sigillo di teletrasporto abbandonato a terra. “Di recente, abbiamo aggiunto alla Muraglia la stessa funzione deviante che è implementata nel firewall del vostro palazzo. Ah, spero di non aver violato alcun brevetto nel far ciò”.
Le due fanno cenni di ‘non importa’, e l’Oracolo prosegue: “Comunque, quella che chiamereste vostra sorella ce ne ha fatto rapidamente pentire. Nonostante la sala fosse piena di guerrieri, lei ha preferito tentare di vendere cara la pelle piuttosto che parlare come persone civili”.
“Io sono desolata…”.   “Ripagherò ogni danno…”.
L’Oracolo le guarda severamente, e scandisce grave: “Non ci sono solo danni materiali: il suo raggio ha colpito in pieno il Custode della Torre delle Nebbie.  Ora è stato teletrasportato con urgenza nel cosmo curativo di Obluminose. Secondo le prime prognosi, ne avrà per settimane e settimane!”.
“Oh, no! Povero Endarno! Come mi dispiace!”.  “Era così buono!”. 
L’Oracolo guarda con occhio scettico quei pianti greci. “Inoltre ha tentato di colpirmi con un raggio che mi ha mancato di poche spanne”, e indica i resti della colonna abbattuta, “Poi ha causato diversi feriti e contusi meno gravi tra i guerrieri, e ha aggravato il conto con una quantità di insulti mai uditi prima tra queste mura, compresi alcuni che non ritenevo che una principessa potesse conoscere, e altri ancora che non conoscevo neanch'io”.
“Mi dispiace tantissimo. Ma Vera non è cattiva. Solo uno scatto di stizza…”.  “Vi prego, fatela riportare qui, e ragioniamo ora da persone civili”.
L’Oracolo fa un cenno verso le macerie della colonna. “Ha avuto la sua possibilità, e guardate come l’ha sfruttata!”.
“Ora Vera ha perso”, insiste una Elyon. “Lasciamole un attimo per calmarsi, e accetterà la sconfitta”. “Scagionerà davanti a tutta Meridian le Guardiane di Kandrakar che ha screditato”.
“Ah, finalmente!”, interviene Will, poi torna a tacere in disparte.
L’Oracolo ci riflette un attimo, poi decide: “Va bene, la farò riportare qui”.
Poi si limita ad attendere, con imbarazzo delle sue ospiti. 
Will si guarda il collant a righe strappato sulle ginocchia, tutto sommato intonato al resto della sala. Più distanti, in piedi accanto alla gradonata, alcuni saggi stanno guardando la scena e parlottando assieme, lanciando occhiate scandalizzate al loro indirizzo.
 
Dopo un po’, da un corridoio tornano a sentirsi voci concitate. Quando si sono avvicinate, tra le altre si distingue un “Giù le mani, cani immondi!” in meridiano  gridato dalla voce di Vera, e un “Ma sta buona, pazza furiosa!” nella lingua di Basiliade che sembra detto da un’altra voce conosciuta.
Le amenità si fanno sempre più forti e distinte, finché un gruppo di quattro guerrieri, di cui fa parte anche Orube, trasportano Vera di peso nella sala. 
Alla vista delle due Elyon la prigioniera malconcia, con il vestito lacero e un occhio tumefatto, sembra calmarsi, e la scorta le consente di appoggiare a terra i piedi.
“Bello scherzo mi avete fatto, voi due!”, scandisce risentita.
“Io sono qui per farti liberare” dice conciliante una delle Elyon.
“Sono venuta per farti tornare a Meridian. Devi solo ammettere la sconfitta, e riconoscermi come legittima regina”.
“Riconoscere me, vuole dire. Lei è la goccia”.
“Scusala, è ancora confusa. E’ che l’incantesimo di memoria non è ancora svanito”.
Vera risponde: “Mi sarebbe molto difficile non riconoscere la sconfitta. Ma chi è che ha vinto realmente?”.
“IIOO!!”, affermano a una sola voce le due Elyon.
“E poi, c’è una piccola formalità…”, riprende una.
“Sì, mi hai promesso che mi avresti incoronata tu stessa”.
“Mi ricordo bene”, risponde Vera. “Tiratemi fuori da questo pasticcio, e io incorono chi volete!”.
“Grazie cara”, risponde una Elyon con un sorrisone.
“E naturalmente, un’altra formalità che mi farebbe piacere che svolgessi tu”, aggiunge l’altra con un sorriso ancora più largo, “Dovresti venire a Meridian e scagionare me e le Guardiane da tutte quelle brutte figure che ci avete fatto fare”.
“In altre parole, assumerti la responsabilità di fronte a tutta la città di avere organizzato questa piccola... anzi, quest’immensa montatura”.
Vera sbianca all’idea. “Portatemi alla Torre delle Nebbie”, geme tra sé.
“Se lo vuoi tu…”, interviene l’Oracolo, “Guerrieri, accontentate la nostra prigioniera!”.
“Sì, signore!”, risponde marziale Orube, e fa per sollevare di nuovo la malconcia ex-regina.
“No, no, aspettate! Stavo scherzando!”, si contraddice lei. “Va bene, parlerò alla gente. Ammetterò tutto. Tanto, immagino che se non lo facessi io, ci penserebbe qualche controfigura”. 
“Brava Vera! Hai capito tutto!”. “Organizziamo la cerimonia per il pomeriggio, che dici?”.
 
L’Oracolo le interrompe, con un'insolita irritazione nella voce: “Vostre Altezze, non date troppe cose per scontate! Non potete fare i conti senza l’oste, e a Kandrakar l’oste sono io!”.
“Certo….”. “Giusto…”, rispondono preoccupate le due.
“Vera ha provocato danni enormi, a partire da quando ha rubato il Cuore di Kandrakar fino a quando ha devastato la sala e colpito i suoi accoliti! E Voi non siete affatto estranee a tutto ciò. Dovremmo chiuderla a vino e tarallucci? Ce n’è più che abbastanza per chiudere la Muraglia!”.
Le due restano stupite nel sentire il pittoresco linguaggio dell’Oracolo, solitamente compassato e formale, e agghiacciano alla prospettiva di tagliare i loro rapporti con la Terra. “Ragioniamoci, Signore! Come possiamo trovare un accordo?”. “Sì, come possiamo ripagarvi tutto il vostro incomodo?”. “Possiamo offrire dell’oro? Dell’acqua magica?”. “Un mese di vacanza tutto compreso in una località balneare? Per due?”.
L’Oracolo ascolta distante le offerte delle Elyon, e alla fine risponde: “Non m’interessa il vostro oro né la vostra energia. Kandrakar ha tutta l’energia di cui ha bisogno, e non avrà difficoltà a riparare i danni!”. 
Per dimostrarlo, indica la colonna abbattuta, e questa comincia immediatamente a essere avvolta da una nube candida proveniente dall’esterno; in pochi secondi, quando i bianchi sbuffi cominciano a diradarsi, la colonna appare nuovamente intatta, e il pavimento sgombero da macerie. 
Si rivolge nuovamente alle due, intimidite dalla notevole dimostrazione di potere, e conclude: “Per la vacanza, ci penserò”.  Continua a guardarle con intenzione.
“Allora, Signore, cosa volete?”. “Cosa posso fare per Voi?”.
“Potete fare molto, o meglio non fare molto. Come sapete, la nostra congrega ha lo scopo di regolare le interazioni tra i mondi, in modo da valutarle con cura e impedirle quando queste presentano problemi per l’equilibrio. Ebbene, vi prego di credermi se affermo che parecchie vostre azioni, negli ultimi anni, ci hanno creato difficoltà. E non mi riferisco solo a quelle eclatanti come il furto del Cuore di Kandrakar e a questa specie di guerra per Meridian le cui conseguenze sono ancora difficili da valutare per intero, o alla reazione inconsulta e violenta di Vera. Mi riferisco anche a tante piccole cose inquietanti e potenzialmente gravide di conseguenze. Per esempio, al replicare il Cuore di Kandrakar, o le alette delle Guardiane. Al blindare con potenti incantesimi le vostre residenze, cosicché i nostri mezzi d’osservazione non ci permettono di valutare cosa vi accade all’interno. Al portare sulla Terra la magia di Meridian, o nel metamondo la tecnologia della Terra. Al far sospettare ai terrestri, con la vostra negligenza nel nascondere la magia, che possa esistere un altro mondo, e a fargli chiedere come ci potrebbero arrivare. E poi, naturalmente, mi riferisco a quello che per me è l’oggetto principale di questa contesa: tutto ciò che può servire per ricostruire il Sigillo di Phobos, che permetterebbe a chiunque di forzare la nostra muraglia con conseguenze imprevedibili per le sue stesse costruttrici.
Tace un attimo, poi conclude: “In altre parole: voglio la promessa solenne che, per tutto quanto ha a che fare con i rapporti tra Terra, Metamondo e Kandrakar, voi tutte non farete, né celerete, niente che io potrei non approvare. Allora, ce l’ho questa parola?”.
Segue un momento di silenzio. 
Vera è la prima a parlare: “Per quanto riguarda me, non ho scelta. Certo, che lo prometto! Se mi rilascerete, beninteso”.
Una Elyon obietta: “Ma come potrò sapere se ciò che progettiamo di fare sarebbe ben accetto o meno a Kandrakar?”.
“Guarderai dentro di te, Elyon di Meridian. Se è qualcosa che mi nasconderesti, ti sarai risposta da sola”.
L’altra insiste: “Magari io progetto qualcosa in buona fede e voi lo prendete come una minaccia…”. 
L’Oracolo risponde: “Avevo previsto l’obiezione. Nella Sala delle Ombre c’è il mio dono per voi”.
Batte le mani, e tra queste appare uno strano oggetto cubico di radica rossiccia, con finiture in ottone lucente, un disco forato, una manovella e una strana appendice posta sopra di traverso, che termina con due estremità simili a trombette. 
Cos’è? Somiglia un po’ ad un macinacaffè d’epoca…
“Ma…è un telefono!”, esclamano le due all’unisono.
“Non un telefono qualsiasi”, dice solennemente l’Oracolo mentre l’oggetto levita davanti a lui, “E’ il Telefono Interuniversale, il mio dono per voi. D’ora in poi, se vorrete andare sulla Terra, mi chiederete prima il permesso, togliendomi ogni dubbio sulle vostre intenzioni”.
Le due soppesano i pro e i contro di quel patto leonino. 
Alla fine, una conclude riluttante: “Accetto, non c’è scelta”.
L’altra puntualizza: “Veramente, tocca a me accettare. Comunque, non c’è scelta”.
“Bene. Allora mi date la vostra parola?”.
“Sì”. “Sì”. 
L’Oracolo annuisce soddisfatto. “Bene. Allora, liberate la prigioniera!”.
I lacci di pietra attorno al tronco di Vera si sciolgono, tornando a fondersi con il pavimento della fortezza, mentre le sue quattro guardie la depongono a terra, nascondendo dietro gli sguardi marziali il timore di un incipiente colpo della strega.
“Bene cara”, le sorride una delle due Elyon, “A quanto pare, avevi ragione tu a dire che la vera Corona di Luce era quella nelle tue mani. E… non è per caso che l’hai con te?”.
“Sì, la tengo sma…”.
“Ehi”, interrompe l’altra, “Sorellina cara, non farti confondere: sono io la vera Elyon, lei è solo la goccia!”.
“Ma che dici! Non mi riconosci più? Sono io che vi ho create, tutt’e due!”.
“Basta-basta-basta!”, sbotta Vera, “Non materializzerò la corona vera finché non mi sarà ben chiaro qual'è la Elyon vera!”.
“Ma sono io!”. “Io!”.
L’Oracolo lascia trasparire un’espressione corrucciata. “E con questo, il nostro accordo deve saltare?”.
I quattro guerrieri tornano ad avvicinarsi minacciosamente ai lati di Vera, che preoccupata sollecita: “Ragazze, decidetevi!”.
L’Oracolo riprende, come amareggiato e vagamente ostile: “Ho sbagliato a pensare che questa duplicazione fosse solo una faccenda interna alla famiglia Escanor. In queste condizioni confuse, non ha senso stipulare un patto così importante come quello che vi ho proposto. Io ho assolutamente bisogno di un interlocutore credibile. Ora voi due andrete a quattr’occhi nella Terrazza della Serenità e parlerete assieme come persone mature, e voglio che da lì venga fuori un’indicazione chiara su chi è la vera Elyon e chi la sosia! In assenza di questo, sarò costretto a imporre una mia decisione, che temo dispiacerà a qualcuna di voi”. Si rivolge a una guerriera della scorta impettita in attesa di ordini: “Orube, ti prego di accompagnare le nostre due ospiti fino alla Terrazza della Serenità, dove le lascerai riflettere da sole”. Poi, rivolto alle Elyon preoccupate, aggiunge: “Sia chiaro che non vi sto suggerendo di tentare di buttarvi giù a vicenda”.
 
Mentre le precede verso il perimetro esterno della sala, Orube sussurra, senza guardare nessuna delle due in particolare: “Allora, Elyon, tu non riesci a stare a lungo fuori dai guai, vero?”.
Mentre stanno per varcare la porta della bellissima terrazza che si apre su un mare di nuvole dalle tonalità violette e rosate, le Elyon sentono ridacchiare dietro di sé. Si voltano indignate, ma non riescono a capire chi è stato.
“Ridono di me!”. 
“Ridono di noi!”.
“Ne hanno buon motivo!” sfreccia la guerriera, e gira sui talloni per tornare nella sala.
Ciascuna Elyon la guarda allontanarsi con una fitta al cuore. Una volta Orube era stata sua amica, ai tempi della breve fuga dalle mire di Endarno. Ma ora…
“Stiamo diventando lo zimbello di tutta Kandrakar!”.
“Forse diventeremo anche lo zimbello di Meridian”.
“Sarebbe la nostra fine!”.
Segue un attimo di silenzio permeato da veloci riflessioni. 
“Ma forse potremo trasformare questa situazione in un punto di forza!”.
L’altra annuisce. “Sì, lo so cosa vuoi dire!”.
“Allora, ci stai?”.
“Ovviamente sì”.
 
Dopo qualche minuto, le due ritornano a passo veloce verso l’Oracolo, camminando fianco a fianco con la stessa espressione risoluta.
L’uomo le guarda avvicinarsi e fermarsi di fronte a lui, più indistinguibili che mai.
Una del duetto esordisce: “Signore, abbiamo raggiunto una conclusione condivisa”.
Lui annuisce impassibile. “Ne sono lieto. Qual è?”.
“Che non solo nessuna di noi due può essere obiettivamente sicura di essere la vera Elyon…”.
“… Ma che ormai non è neppure desiderabile riuscire a distinguerla, visto quanto potrebbe essere traumatico un tentativo di escludere una delle due”.
“Perciò abbiamo deciso che condivideremo tutto”.
“Dal nome all’aspetto”.
“Dalla corona al trono”.
“Dagli onori, se ce ne saranno ancora, ai doveri”.
“Tutti i ricordi e gli impegni”.
“Gli amici, quelli che resteranno, e gli amori”.
“La sua parola sarà la mia, e la mia parola la sua”.
“Non cercheremo mai più di scalzarci a vicenda, né di distinguerci tra noi”.
“Non ci presenteremo mai più assieme in pubblico, se possibile”.
“Ma quella che si presenterà, andrà sempre considerata la vera Elyon”.
“Come se fossimo un’unica persona col dono dell’ubiquità”.
“Ora giuriamo solennemente questo davanti a Voi, e lo ripeteremo ogni volta che sarà necessario”.
 
L’ultima frase è seguita dal silenzio più meravigliato che si sia mai sentito, o non sentito, in quel luogo. 
Il debole sibilo del vento fra le colonne resta padrone del campo per un po’, prima che l’Oracolo risponda: “Se è questa la vostra decisione, Elyon, io la rispetto. Ovviamente, mi attendo che voi manteniate l’impegno preso con me”.
“Non dubitatene!”.
“Bene”, conclude l’Oracolo porgendo il lucido Telefono Universale, rimasto a galleggiare nell’aria, alla Elyon più vicina. “Ora dedichiamo qualche parola al futuro: per ora né Vera, né le Nemesis, potranno stabilirsi sulla Terra. Le gocce sì, se vorranno, ma senza più praticare magie.  In seguito, vedremo!”. 
“Ma Oracolo”, si ribella Vera incredula, “Io sto andando a Meridian a fare un bagno nella… nel discredito più profondo! Non potete ordinarmi di restare lì a sopportare la vergogna per tutta la vita!”.
“Ecco una questione che realmente può restare solo tra voi”, risponde impassibile l’Oracolo; poi, forse un po’ impietosito dall’espressione disperata di Vera, aggiunge: “Il Metamondo è grande, sono sicuro che una come te troverà altri luoghi dove stare, e altre cose da fare… almeno finché non riuscirà a farmi cambiare idea”.
“Non preoccuparti, cara”, interviene una Elyon sorridente, “Sono sicura che presto dimostrerai la tua affidabilità all’Oracolo”. L’altra aggiunge: “Nel frattempo, abbiamo un sacco di incarichi da darti che ti renderanno grande merito, e prima o poi potrai tornare a mostrarti in pubblico a Meridian senza alcun imbarazzo”.
“Sarò vecchia, ormai”, risponde rassegnata Vera. Ma sarà pur sempre meglio che marcire nella Torre delle Nebbie, pensa con un’ultima occhiata agli energumeni della scorta. 
 
“Bene, Elyon e Elyon, e ora, a quale dovrò consegnare la Corona di Luce?”.
“A lei”, dice una delle due. “Incorona lei, visto che io sono già stata… Oh, beh, non fa differenza”.
“Ma no, cara”, obietta l’altra, “Per me è lo stesso, e poi... Perché non ti fai incoronare tu? Nel frattempo, per un po’ io mi posso accontentare della corona finta”.
“No, no, insisto”, dice l’altra, facendosi apparire un simulacro in mano e indossandolo. “Prego, a te...”.
“E va bene, se proprio insisti…”. 
Mentre la scorta si allontana rispettosamente di qualche passo, una Elyon si avvicina alla Grande Sorella, le passa la mano sullo zigomo cancellandole l’ematoma che le gonfiava un occhio, e riaccosta la lacerazione del vestito. “Vera, me la dai la corona, ora?”. 
L’altra annuisce, e allarga i palmi. La corona è lì, bella e lucida, come se l’avesse in mano da prima. Gliela pone sul capo, aggiustandola un po’ finché non sta perfettamente. 
“Alla Luce di Meridian, una e bina”, conclude mesta.

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Capitolo 85
*** Cuori a confronto ***



Ad personam

Ciao Hera, grazie della rapidissima recensione.
E' vero che Elyon è un po' pasticciona, però una parte dei rimproveri dell'Oracolo verso di lei (o loro) era ingiusta. Le Guardiane sono state molto più impudenti di lei nel mascherare la loro magia e il loro operato, a partire dai costumi sgargianti, ed è sorprendente che così poca gente nel fumetto si sia accorta di qualcosa di strano attorno a loro. E' che qui l'Oracolo (oltre a essere un po'... come dire... incavolato?) ha voluto calcare la mano per strappare a Elyon quelle promesse vincolanti.
Endarno... immagino che il suo atteggiamento usuale non sia estraneo alla reazione di Vera. Credo che, appena calmate le acque, le due Elyon si faranno raccontare più e più volte quell'episodio con mal celata soddisfazione.
 
Ciao Sweet Witch, sono contento che tu abbia apprezzato questo capitolo così paradossale. I battibecchi delle due Elyon sono stati abbastanza divertenti da scrivere, ma la doppia battuta che mi ha più fatto ridacchiare è stato: "Povero Endarno!" "Era così buono!". Detto da loro...
Somiglianze tra Wanda e Nerissa? Solo qualcosa. Sicuramente sono entrambi personaggi rancorosi. 
In 'La Luce al tramonto', Nerissa è ricordata come un personaggio molto sicuro di sé e convinto di essere un'ottima regina per l'intero Universo, e in questo è coerente col cartone, mentre nel fumetto viene sempre mostrata cattiva e basta senza mai approfondire. 
Wanda invece è tendenzialmente un personaggio gregario e bisognoso di trovare qualcuno che le riconosca i meriti; la sua aspirazione più alta è di dimostrare a tutti di essere pari o superiore a Will. A differenza di Nerissa, non è egocentrica, anzi è l'unica in Profezie ad aver sfiorato la morte per due volte pur di salvare qualcun altro. 
 
Ciao Scarlettheart, sempre contento di sentirti! Sono proprio felice che questo capitolo ti sia piaciuto. 
Certo che le due Elyon si troveranno un po' in difficoltà, ma dovranno organizzarsi per non essere mai nello stesso posto. Comunque sanno che, se una dovesse mai pensare a liberarsi dell'altra, probabilmente significherebbe che l'altra sta pensando lo stesso, e quindi lo eviteranno come la peste.
Per le gocce... ne sapremo qualcosa di più nei prossimi due capitoli. 
 
Qualche parola su questo capitolo, che è il penultimo (o il terzultimo se deciderò di dividere l'epilogo). Il titolo è stato una scelta difficile, visto che si devono soprattutto definire le posizioni di una gran molteplicità di personaggi, a partire da quello della ormai doppia regina con il regno nuovamente suo, per continuare con i due gruppi di protagoniste che non si amano affatto tra loro: le WITCH da una parte e le gocce e Nemesis dall'altra.
Il titolo fa riferimento sia al 
breve ma spettacolare incontro tra il Cuore di Kandrakar e le sue copie, sia ai sentimenti contrastanti di certi personaggi che si ritrovano di fronte dopo anni di avvenimenti tesi. Spero di essere riuscito a rendere credibili questi confronti, nonostante il poco spazio che ho potuto dedicare a ciascuno di loro.
 
Buona lettura
MaxT 
 



 
PROFEZIE
 
 

Riassunto delle puntate precedenti
 
Dopo un incontro misterioso con la Luce di Meridian, Vera ha convinto le Gocce a sostituirsi a Elyon a Meridian, impersonando la regina e le guardiane. La controfigura di Elyon e le finte guardiane esiliano Miriadel e Alborn, mentre Caleb sfugge alla cattura; pur avendo assunto il potere, si rendono conto di non essere convincenti, e inventano la storia che le guardiane sono a palazzo per proteggere la Luce di Meridian da un complotto.
A Heatherfield, Elyon spiega che quella che si sta realizzando è una sua profezia, che prevede che la tirannia duri un anno, che a Meridian dura diciotto mesi. Elyon è decisa a non tentare niente prima di questa scadenza.
Il nuovo piano di Vera prende rapidamente forma, basandosi sull'ambiguità del termine di un anno: prima simuleranno che Elyon diventi sempre più tirannica, screditandola, poi Vera la spodesterà dopo un anno terrestre di dodici mesi, facendo finire apparentemente la tirannia e realizzare la profezia; poi, dopo aver guadagnato il consenso della gente, si prepareranno per affrontare Elyon e le Guardiane al loro ritorno dopo diciotto mesi, un anno di Meridian.
Vera crea venti copie di Wanda, dette Nemesis, che avranno l'incarico di impersonare le guardiane e di sorvegliare la città restando invisibili o sotto falsa identità, o con l'aspetto di aquile.
Infine, si arriva allo scadere dei dodici mesi dall'arrivo delle Gocce e da quello che a molti appare come l'inizio della tirannia. La montatura arriva al suo culmine: Vera parla in consiglio criticando Elyon, poi affronta le false guardiane e infine la falsa Elyon, sconfiggendoli tutti e venendo proclamata Regina.
Informata da Caleb, la vera Elyon decide di proseguire col piano iniziale, aspettando altri sei mesi per intervenire; inoltre preannuncia alle guardiane che intende farlo da sola. Queste, preoccupate, si chiedono se dovranno intervenire in qualche modo per aiutarla.
Nel frattempo Vera fa sperimentare nuove armi segrete, come fruste capaci di iniettare narcotici e sistemi per materializzare armi pesanti in vista del confronto finale.
Cinque mesi dopo, la situazione precipita improvvisamente per un casuale ma burrascoso incontro di Taranee con le gocce a Midgale. 
A Kandrakar, Elyon viene costretta a rivelare che il colpo di stato di Vera era stato frutto di un loro accordo per far realizzare la profezia della tirannide nel modo meno dannoso possibile. Vera aveva assunto una pozione per dimenticare questo accordo, ma la sua memoria sarà ripristinata pronunciando in sua presenza una frase concordata, che comunica a Dora che viene rimandata a Meridian come messaggera.
Quando Elyon viene condotta al cospetto di Vera, questa rifiuta di tirarsi in disparte e ammettere pubblicamente la montatura, tuttavia mantiene la promessa di riportarla a casa, libera, in attesa del confronto finale.
Elyon scopre tragicamente di aver portato con sè la Corona di luce fasulla. Informato, l'Oracolo disapprova il suo piano di creare delle Nemesis a lei fedeli, e impone di concordare un piano con le Guardiane. Endarno, sfiducioso, incarica Orube di preparare una seconda squadra d'intervento.
Elyon sostiene il piano di Cornelia di usare il Potere della Terra per aprire una galleria nei muri e sorprendere Vera; in realtà non ha rinunciato al suo piano segreto di sorprendere la rivale creando tre Nemesis a lei fedeli, più una sosia di sè senza poteri da far catturare. 
Arrivato il grande giorno, Le WITCH e Elyon si teletrasportano alla periferia di Meridian, ma questa le lascia brevemente per iniziare il suo piano. Riesce a infiltrare le tre Nemesis a lei fedeli, che trasmettono a Vera di avere catturato Elyon, in realtà la sosia. Nel frattempo però, credendosi abbandonate, le WITCH si dirigono verso la città senza aspettare l'amica, che tornando indietro si scopre rimasta sola. 
Le false Nemesis con la loro prigioniera riescono a passare i pur severissimi controlli e arrivare al cospetto di Vera. Questa, leggendo dalla mente della prigioniera un piano fittizio cui era impreparata, decide di far distribuire ai soldati di guardia al palazzo una nuova arma non letale, gli 'anticorpi'. Nel frattempo le WITCH sono costrette ad entrare nel sotterraneo per sfuggire ai soldati in superficie.
Qui vengono localizzate dal sistema di sorveglianza ma riescono a sfuggire alle Nemesis; iniziano a scavare una galleria verso il palazzo, ma una crisi di claustrofobia di Hay Lin le costringe a rinunciare, e sono costrette a risalire in superficie.
Qui le loro tracce vengono notate dai militari, ma Caleb, travestito da soldato, riesce a depistare le ricerche. Poco dopo, però, una bomba ad anticorpi lanciata a caso da un'aquila colpisce Taranee, avvolgendola e rivelandola agli avversari.
Le WITCH si asserragliano in una casa per ripulire Taranee dagli anticorpi che le bloccano i poteri, ma l'operazione è lunga e vengono assediatenella casa dai soldati. Il vento provocato da Hay Lin fa schiantare una delle aquile; in collera per questo, Vera fa preparare le Nemesis per un assalto che rischia di essere sanguinoso, ma Theresion per impedirlo manipola la barriera e fa disperdere il gruppo d'assalto, e viene imprigionata. Le tre Nemesis di Elyon cercano di approfittare per aggredire Vera, ma falliscono e vengono catturate. Ora Vera ha perso la maggior parte delle sue guerriere, e nel frattempo le WITCH sono sfuggite all'assedio con un tunnel e, protette dall'invisibilità, stanno salendo la scarpata verso il palazzo reale, anche grazie all'azione di depistaggio di Caleb.
Nel frattempo, Elyon è riuscita a sostituirsi a Irenior incontrata nei sotterranei, ma anche lei viene investita dagli anticorpi appena uscita in strada. I militari, ingannati sulla sua identità, l'accompagnano a palazzo perchè si possa ripulire. Lei va nella stanza di Carol, dove la trova narcotizzata per ordine di Vera.
Salita la scarpata le WITCH, protette da un fragile manto di invisibilità, devono affrontare i soldati, le aquile e infine dei carri armati materializzati da Vera; tuttavia le avversarie finiscono per perdere il controllo di tali mezzi, che sfondano il muro del giardino prima di essere smaterializzati.
Le WITCH riescono a penetrare nel palazzo e, sfuggendo ai soldati, ad arrivare fin nella sala del trono, che trovano vuota; un attimo dopo, però, subiscono prima l'attacco diversivo da un videogioco materializzato, e subito dopo l'attacco delle Nemesis che, utilizzando anticorpi, riescono a bloccare tutte le guardiane tranne Will, e che, neutralizzato il Cuore di Kandrakar, si apprestano ad attaccare anche lei. L'attacco però viene interrotto dall'irruzione dei soldati, che catturano sia le guardiane che le Nemesis.
Nel frattempo, al piano di sopre  Vera riconosce Elyon, che tentava di confondersi con Irenior, e riesce a farla catturare dalle Nemesis. Però, quando credeva ormai di avere la vittoria in mano, la goccia di Elyon la teletrasporta fuori dal palazzo, prendendo il controllo della situazione. 
L'esultanza di Elyon dura poco: la sua goccia, infatti, la raggela sostenendo di essere la vera Elyon. Non è possibile stabilire quale sia la vera Elyon, e quando la regina viene chiamata nella sala del trono si fanno avanti entrambe, disorientando tutti.
Appena Will viene liberata, riceve una chiamata urgente da Kandrakar: Vera è lì e sta creando problemi. Si trasporta lì con le due Elyon, che continuano a bisticciare tra loro. L'Oracolo rimprovera che prima di essere catturata, Vera ha reagito causando gravi danni e ferendo gravemente Endarno. 
Alla fine di una discussione tesa, le due Elyon si mettono d'accordo, e l'Oracolo strappa loro delle promesse che limiteranno le loro interazioni con la Terra in cambio della liberazione di Vera.
 
 


 
 
 
Capitolo 85
 
Cuori a confronto
 

 
Meridian, sala del trono
 
La grande Sala del Trono che domina sopra la città di Meridian  ha vissuto momenti di gloria imperitura. 
Ma forse non oggi. 
La confusione e l’incertezza risultano quasi tangibili nei visi dei militari che non hanno ancora lasciato il locale sovraffollato, come pure in quelli imbarazzati e imbronciati delle Guardiane di Kandrakar, ripulite solo a metà dal soffio delle loro esauste avversarie.
 
“Ma possibile che Vera non avesse previsto qualcosa per ripulire i prigionieri?”, esala Wanda, boccheggiando in preda ai capogiri per l’iperventilazione. Altre sue compagne, stanche e accaldate, si sono già sfilate le pesanti tuniche a prova di proiettile che ne dissimulavano le proporzioni femminili.
“Avanti, che aspetti? Soffia!”, insiste Irma, porgendole un braccio ancora mezzo imbrattato dagli anticorpi bianchicci.
 
Il colonnello Tracon si avvicina compiaciuto a studiare, finalmente da una posizione da vincitore, le avversarie contro le quali ha combattuto per due volte. “Non fate troppo in fretta, voi!”, dice alle Nemesis boccheggianti.
“Osi disobbedire alla Luce di Meridian?!?”, lo apostrofa Cornelia tenendo tra le dita lunghe ciocche dei suoi bellissimi capelli ancora impiastricciati dagli anticorpi, “Non ti è bastato sentirtelo ordinare due volte?”. Vecchio pagliaccio borioso, pensa tra sé.
L’anziano colonnello intuisce l’insulto e la guarda minaccioso negli occhi. “Non alzare le ali, guardiana! Non sappiamo quale sarà la regina a tornare, la prossima volta! Ormai mi aspetto qualunque sorpresa”.
 
 
Meridian, camera di Carol
 
“Carol, svegliati! E’ tutto finito!”, le sussurra Paochaion scrollandola con delicatezza.
Ma è solo con una puntura su una spalla che la bella addormentata si decide finalmente a riaprire gli occhi. “Ahia”, si lamenta mettendo a fuoco faticosamente Pao e Theresion, quest’ultima che impugna una manopola con una corona di aghetti. “Tutto finito… Cosa vuol dire?”.
“Ha vinto Elyon!” le dice Pao, “Presto, vieni con noi nella sala del trono”.
Scrutando lo sguardo ancora annebbiato dell’altra, Theresion le chiede: “Ti serve un’altra dose?”, e accompagna la domanda accostandole la manopola alla spalla nuda.
“No, no, grazie”, dice ritraendosi, poi si guarda attorno mentre guadagna un po’ di lucidità. “Le guardiane... sono già andate via?”.
“No, sono ancora lì, impiastricciate di anticorpi. Le stanno ripulendo”.
“Di… di che cosa? Quella stessa roba di Irene?”.
“Sì, cioè no…Beh..”. Terry cerca le parole, poi fa un gesto di rinuncia. “E' troppo complicato da spiegare”. 
“Allora, vieni con noi?” le chiede Pao speranzosa.
Carol scuote il capo, mentre un'occhiata in direzione nord quasi tradisce i suoi pensieri. “Andate avanti voi. Scusate, io ho una piccola cosa da fare”.
 
Appena le amiche sono uscite, Carol si alza in piedi, ancora scuotendo il capo nello sforzo di riguadagnare la sua lucidità; poi apre il palmo, e immediatamente vi appare  il suo telefono cellulare con macchina fotografica incorporata. 
Sul viso ancora assonnato si dipinge un ghigno divertito: non le dispiacerebbe affatto scattare una foto ricordo di Cornelia impiastricciata di quella roba e appenderla in cornice nella sua camera, tanto per tirarsi su nei momenti di malumore. 
Però c’è una cosa molto più importante che può fare, e questa è l’ultima occasione: sa che Elyon ha promesso di consegnare a Kandrakar ogni copia di quei due preziosi volumi della biblioteca, ma lei non ha promesso niente a nessuno, e non si sa mai che un giorno quelle conoscenze possano servirle.
 
 
Meridian, sala del trono
 
Un grande lampo rosato sulla pedana del trono si riflette sulle lucide colonne di marmo. 
Quando la luce abbagliante svanisce nella sala si sono materializzate, assieme alla Guardiana del Cuore col suo talismano sfavillante, le due Elyon. Una di loro si rigira tra le mani, con disappunto malcelato, uno strano oggetto cubico di radica e d’ottone. 
“Ma… Ma…”, balbetta Irma, afferrando finalmente il senso dello sproloquio tra le due Elyon che prima aveva solo sentito a occhi chiusi, “Ditemi che ci vedo doppio!”.
Vera, senza corona e con un’espressione piuttosto abbacchiata, segue in un lampo più dimesso a distanza di pochi secondi.
“Altezza!”, esclama il colonnello, anche se a nessuno è chiaro a quale ‘altezza’ si stia rivolgendo.
E’ Vera a rispondergli: “Colonnello, come avrà già capito, la regina non sono più io, ma Elyon”.
L’annuncio, anche se scontato per molti, è accolto da un mormorio generale di perplessità.
Proprio come temevo, pensa l’anziano ufficiale. Meglio profondersi comunque nell’inchino più profondo consentitogli dalla sua corporatura tozza. “Ehm… vostre altezze?... Quale delle due, se posso?”.
Una delle Elyon passa in mano all’altra l’oggetto misterioso e ingombrante, e annuncia: “Noi due ci siamo fatte un giuramento. D’ora in poi non ci vedrete più assieme, ma quella di noi che sarà presente andrà sempre considerata come la vera regina, come se fossimo una sola persona”. 
L’altra, restituendo l’impiccio alla prima, continua: “Colonnello, fate ritirare la maggior parte dei soldati dalla città, e annunciate che alla seconda ora dopo mezzogiorno sarà fatto un importantissimo annuncio pubblico dallo scalone del palazzo, poi convocate il consiglio alla Torre dei Veglianti per la quarta ora”.
La prima, con un moto di stizza, si fa svanire il telefono tra i palmi e riprende la parola: “Fate raccogliere tutte le munizioni ad anticorpi che non sono state utilizzate. Non ne dovrà mancare un solo cono. Ora potete andare, colonnello, e portate pure con voi tutti questi soldati”.
 
Defilata dietro le sue poche Nemesis ormai sfiatate e boccheggianti, Vera sussurra loro: “Avete soffiato con la bocca fino a sfinirvi?  Perché non avete usato le pompe a biossido?”.
“Le pompe a biossido?”, esala esterrefatta una di loro, mentre un’altra accenna a dare una testata di rabbia contro una colonna.
 
Dopo un’occhiata d’intesa tra loro, le due Elyon si dividono. 
Mentre una fa un cenno d'invito a Vera e alle Nemesis e si dirige a passo lungo verso l’uscita della sala, l’altra va verso le sue vecchie amiche Guardiane. 
“Ragazze, venite nell’anticamera, ho tante cose da dirvi!”, cinguetta, un po’ incerta alla vista dei musi lunghi. 
“Anche noi!”, risponde polemica Taranee, mettendole davanti agli occhi le mani ancora impasticciate. “E questa è solo l’ultima!”.
Mentre anche Elyon e le guardiane stanno per lasciare la grande sala, arriva un gruppo di inservienti con scope e spazzoloni, che allibiscono alla vista dell’enorme pavimento cosparso da quella robaccia collosa. “Oh Dei...” sussurra uno.
“Non preoccupatevi”, li incoraggia Irma ammiccando loro, “Tanto va via col fiato!”.
 
Solo uscendo dalla sala Elyon nota le sue tre Nemesis, che si sono tenute defilate e ciondolanti accanto ai grandi battenti scardinati. Si accosta e sussurra loro: “Ragazze, controllate che i soldati raccolgano tutti, ma proprio tutti, i dispenser di anticorpi inutilizzati. Non ne deve sfuggire uno, se no potrebbe essere una catastrofe”.
“Subito!”. Con uno stanco saluto militare, le tre spariscono alla vista.
 
Elyon fa strada alle sue amiche verso uno dei due salotti simmetrici che si trovano nell’anticamera della sala del trono, davanti a un enorme finestrone sulla città dal quale la luce della tarda mattinata inonda a pieno l’ampio locale. 
Irma le porge il braccio imbrattato: “Continui tu, allora?”.
“Io?”.
A salvare la regina da quella richiesta imbarazzante arriva una delle Nemesis, che porge due pompe a mano simili a quelle usate in tempi remoti per l’insetticida. “Bisogna accendere il fornello qui sotto”, dice indicando un rigonfiamento con un paio di levette, “E attente a non abbrustolirvi”. 
 
Per un po’, le guardiane si ripuliscono a vicenda con le pompe, intervallando il pesante lavoro di braccia solo con qualche mugugno. Ad ogni soffiata, una nuvoletta di scaglie biancastre mulina dell'aria, illuminate come neve dal sole, per poi depositarsi lentamente sul pavimento di lucido marmo biancazzurro.
Elyon rompe il pesante silenzio chiedendo con una vocina incerta: “Ragazze, siete arrabbiate?”.
“No”, risponde Cornelia piuttosto brusca, “Ma questa è stato il momento più imbarazzante della mia vita! Immobilizzata, lordata, e ripulita a soffiate dalle nostre avversarie!”.
“Veramente umiliante”, rincara Taranee senza guardare la padrona di casa.
“Sì, non ci siamo coperte di gloria, nel finale”, annuisce crucciata Hay Lin mentre le dirige la pompa sulle alette diafane, che si piegano e vibrano sotto il getto sbuffante. “Solo di questa roba schifosa”.
Elyon tenta di sembrare abbacchiata pure lei: “So com’è. Sapete, ero stata colpita anch’io, in centro città. Avevo appena finito di ripulirmi quando sono andata su da Vera, ma neanch’io ho avuto successo. Le Nemesis mi hanno catturata un minuto prima di prendere voi”.
“Beh”, conclude Irma tenendosi su il gonnellino mentre Will usa la pompa per soffiarle via gli anticorpi dal collant, “Alla fine, le abbiamo pur sempre lasciate senza fiato, no?”.
 
Dopo un po' la Guardiana del Cuore, ormai con le braccia indolenzite, cede la pompa a Irma, poi si rivolge a Elyon: “Adesso spiegaci perché ci hai piantate tutte sole in campagna!”.
“Volevi  fare tutto da sola, e ci sei riuscita, a quanto pare!”, le butta giù Taranee a muso duro.
“Ma no!”, risponde Elyon con un gesto di discolpa, “Sono tornata in quel fienile dopo una decina di minuti, e non c’eravate già più. Eppure vi avevo ben detto di aspettarmi”.
“Sei tornata?”, chiede sorpresa Cornelia, “Allora, saresti venuta con noi nella galleria?”. 
“Certo. Era quello che avevamo detto, no? Mi dispiace di non essere stata chiara su dove andavo, ma avrei dovuto spiegarvi troppe cose”, conclude con un vago gesto di scusa. 
Taranee bofonchia: “Già, e non ci è troppo abituata”.
Facendo finta di non averla sentita, la Luce di Meridian aggiunge: “Comunque, sia il vostro intervento che il mio sono serviti come diversivo alla mia goccia… alla mia gemella per sorprendere Vera, altrimenti questa non le avrebbe mai tolto gli occhi di dosso”.
“Già, la gemella!”, scherza Irma mentre fa sventolare con la pompa i capelli di Cornelia, “E così, finirai a dividere il trono e il letto con lei. Sbaglio, o questa si è rivelata ancora più invadente di Vera?”.
“Invadente?”, sbotta Taranee, “Non è solo questione di trono o di letto o di forchetta! Per quanto ne sappiamo, potrebbe essere lei la sosia”, dice puntando un dito contro Elyon.
Un inserviente diretto alla sala del trono si ferma e le guarda scandalizzato, ma poi, quando in silenzio tutte si voltano a ricambiarlo, prosegue imbarazzato e sparisce oltre il portone.
Elyon risponde imbronciata: “Potrebbe essere anche un’occasione senza precedenti per raddoppiare il mio tempo. Per poter fare mille cose senza trascurare il governo della città, anzi, essere più presente di quanto lo sia mai stata. Tutto dipende dal mantenere il giuramento che ci siamo fatte”.  
“Vuol dire che ce la troveremo a casa più di prima”, brontola tra sé la Guardiana del Fuoco. 
Il passaggio di altri addetti alle pulizie, che gettano un’occhiata sconfortata alle scaglie biancastre che le guardiane stanno spargendo anche nell’anticamera,  interrompe quelle recriminazioni. 
 
“Bene”, conclude Will, “Ormai il grosso di questo schifo è andato via. Ora proviamo a fare il resto con la magia”. Evoca il Cuore di Kandrakar; in uno sfavillio, tutte loro riprendono il loro normale aspetto per un attimo, per poi tornare, in un trionfo di luci multicolori, le immacolate Guardiane.
“Ha funzionato! Siamo pulite”, constata Hay Lin, “E questa volta ho nuovamente il mio gonnellino!”.
“I miei capelli!”, esclama Cornelia visibilmente rasserenata, mentre se ne passa una lunga ciocca tra le dita.
“Bene”, sorride Elyon, “Allora, restate a pranzo?”.
Will si stringe nelle spalle. “Scusa, non mi sembra il momento. Con tante cose che hai da fare...”.
“Già”, concorda Irma con qualche rimpianto, cercando di non farsi nascere un’acquolina, “Non oggi, altrimenti dovresti farti in quattro, perché in due non bastereste”.
‘Zitta!’, le trasmette Taranee, ‘Non metterle in testa anche quest’idea!’.
Con un po’ d’imbarazzo, Will scandisce compita: “Elyon, devo rammentarti la tua promessa all’Oracolo: devi consegnare quei libri, e tutte le copie esistenti del Cuore di Kandrakar”.
“Va bene”, annuisce lei malvolentieri, “Una promessa è una promessa. Seguitemi”, dice dirigendosi verso un grande disco di pietra bianca incastonato sul pavimento del pianerottolo.
 
 
Meridian , torre Nord
 
“Eccoci alla biblioteca proibita”, spiega Elyon alle guardiane appena rimaterializzate su un ampio pianerottolo circolare, “Se Vera non li ha spostati, quei libri dovrebbero essere ancora qui”. 
Davanti a loro, una robusta porta laccata reca scritte in dorati caratteri di Meridian.
Obbedendo alla sua volontà, un complesso insieme di serrature si sblocca con rumori metallici, e i battenti si aprono.
Appena entrate, le Guardiane osservano il locale attorno a sé: un grande stanzone anulare che si avvolge attorno al muro circolare del vano scale. Grandi scansie piene di libri e pergamene d’ogni genere sono disposte radialmente ai lati di finestrelle alte e sottili aperte sull’esterno.
“Dovrebbero essere qui…” ripete Elyon dirigendosi verso uno scaffale, ma dopo una rapida ricerca scrolla il capo. “E invece no. Scusate, chiedo a Vera…”, e si concentra per un contatto telepatico. 
Un attimo dopo ha la risposta. “Nel laboratorio! E’ due piani più sopra!”, ed esce diretta nel vano scale.
 
Poco dopo Elyon apre la porta. “Ecco, questo è il laboratorio”, fa in tempo a dire, prima di accorgersi che Carol è davanti a loro. 
Per un istante, la biondona dà l’idea di essere stata presa con le mani nel vaso della marmellata,  ma l’espressione colpevole le sparisce subito dal viso per far posto a un largo sorriso. “Ciao, Ellie! Ben tornata!”.
“Carol! Che sorpresa trovarti qui! Come mai?”.
“Io… sapevo che dovevi consegnare delle cose all’Oracolo, e volevo portartele”. Dopo un’occhiata al gruppo delle Guardiane, aggiunge: “Vedo che sei in compagnia”.
Cornelia si fa avanti, fissando negli occhi la sua poco amata ex goccia. “Come mai così solerte?”.
L’altra fronteggia lo sguardo, e risponde con un sorrisino beffardo: “Così ve ne andate via prima”.
Elyon, imbarazzata, prova a mettersi in mezzo allo scambio di sguardi al vetriolo tra le due, ma la sua statura non basta. Resistendo alla tentazione di alzarsi poco regalmente sulle punte, dice: “Grazie, Carol, ma Vera mi ha già spiegato dove sono. Perché non la raggiungi nel locale sopra la sala del trono? Credo che siano tutte riunite lì. Dopo potremo parlare con calma. E dì a Wanda, per piacere, di venire a consegnarmi la copia del Cuore di Kandrakar che ha con sé”.
“Va bene, cara”. Dopo un’ultima occhiata di sfida a Cornelia, si avvia verso le scale: potrebbe anche fare un'uscita alla grande teletrasportandosi via, ma in questo momento preferisce non richiamare l'attenzione delle Guardiane sul suo interesse per la magia.
 
Irma studia con divertimento lo sguardo truce con cui Cornelia ha accompagnato l'uscita di Carol dal laboratorio. “Sai, Corny? Dopo tanto tempo che non vedevi la tua goccia, pensavo proprio che saresti andata a buttarle le braccia al collo”.
“Sì, per strozzarla”, risponde cupa la Guardiana della Terra.
Irma ridacchia all'idea. “Non so cosa darei per vedere la faccia della superbionda quando si troverà di fronte la seconda Elyon!”.
Will tocca delicatamente un braccio della guardiana della Terra per distoglierla dalla rabbia che le sta montando dentro mentre continua a fissare la porta da cui  la sua rivale è uscita. “Cornelia, lasciala perdere, quella montata. Abbiamo un compito, qui”. Si rivolge a Elyon: “Possiamo concludere?”.
“Certo”. La Regina va a passo sicuro verso la grossa scrivania ingombra di carte e strani oggetti, e adocchia subito due volumi rivestiti in pelle. “Sono questi”. Li sfoglia, aprendo le robuste copertine di pelle; all’interno, le pagine di pergamena sono vergate con un'elegante calligrafia femminile, e sembrano più diari che libri. “Sono manoscritti originali di Adariel, la Sesta Luce di Meridian… mia mamma!”, dice con un sospiro.
La Guardiana del Cuore intuisce il rimpianto, ma ha un dovere. “Mi dispiace, Elyon. Posso immaginare quanto ti costi, ma hai dato la tua parola e la devi mantenere. Questi, e tutte le copie esistenti”.
“Non ne esistono”, dice lei facendosi forza e chiudendo i volumi per consegnarli a Will.
Poi apre uno dei cassetti e ne estrae un ciondolo di ametista. “Eccoti uno dei finti Cuori di Kandrakar, per l'intanto”, dice appoggiandolo sul banco.
 
 
Meridian, sala operativa delle Nemesis
 
Nell'ampio sottotetto che è stato l'ultimo fronte della contesa per il trono di Meridian, la luminescenza verdina del pavimento colora le ombre sotto i visi. 
Elyon sta indicando a un gruppetto di alcune Nemesis un punto su una grande mappa della regione di Meridian, tenuta aperta da alcune di loro.. “Le prime sei dovrebbero essere finite da queste parti, nella valle del fiume Akor. Per le altre, potrebbero essere in qualunque luogo nel raggio di cento chilometri, per cui dovrete procedere così...”.
Theresion e Paochaion, all'altro capo dello stanzone, formano un gruppetto a sé, ascoltando in silenzio la discussione sul piano di ricerca delle compagne disperse.
In disparte, Vera osserva cupamente Elyon dare ordini a quelle che erano le sue pretoriane, e cerca dentro di sé le parole con cui, nel pomeriggio, dovrà assumersi la responsabilità della sua montatura davanti a tutta Meridian. 
 
In quel momento la porta serrata del locale scatta e si apre da sola; Carol entra nello stanzone con un sorrisino soddisfatto di sé. “Ciao a tut...”. Alla vista della Luce di Meridian s'interrompe sorpresa. “Come! Hai fatto prima di me!”.
“Ciao cara”, ribatte Elyon senza afferrare il senso della frase.
“Ma le WITCH sono già andate via?”. 
“Non so...”. Elyon si concentra un attimo nel contatto mentale con la sua gemella. “No, sono sempre nel laboratorio”.
Carol spalanca gli occhi quando capisce. “Ma tu... Ma tu...”, poi resta un attimo col dito alzato e la bocca spalancata come una statua di sale.
Paichaion ammicca a Theresion: se Irene fosse stata lì a vederla, avrebbe avuto spunto per un'imitazione impagabile che avrebbe tenuto banco per settimane.
“Aspettano ancora che qualcuno porti loro l'ultima copia del Cuore di Kandrakar”, aggiunge la regina, imbarazzata da tanta sorpresa.
Intanto Carol cerca, con poco successo, di riprendere la sua sicurezza abituale. “Wanda, dovresti portare loro il tuo ricordino”. Poi, con un dubbio: “Sei tu Wanda, vero?”.
“Aspetta che controllo... ”, dice questa guardandosi ironicamente il nome stampigliato in piccolo sulla divisa. “Sì, sono proprio io! Adesso vado”, aggiunge malvolentieri.
Theresion, rimasta in disparte fino a quel momento, si fa avanti. “Se vuoi, vado io”.
Wanda la scosta sdegnosamente, proseguendo verso la porta: “Non ho problemi a guardare in faccia Will, io!”.
Improvvisamente, una voce uguale alla sua la richiama: “Non dovresti trattare così Terry!”.
Wanda si volta stupita: a parlare è stata Nemesis Dodici, Diana. Accanto a lei, anche le altre la spalleggiano. 
La numero Diciannove, Kate, spiega: “A pensarci a freddo, Wanda, l'idea di andare all'assalto con i mitra in pugno era veramente pessima”. 
“Sotto il tiro dei carri armati, poi!”, aggiunge un'altra. 
“Sarebbe potuta finire veramente male!”, completa Diana con un'occhiata a Vera, che, bianca come un cencio, abbassa lo sguardo a quell'implicito rimprovero.
Theresion balbetta, stupita per quell'inaspettata assoluzione dal ruolo di traditrice: “Che dire, Wanda... pare che le tue compagne, alla fine, abbiano più buon senso di te!”.
“A pensarci a freddo, è ovvio!”, risponde indispettita lei, “Immagino che ti dovremmo pure ... ringraziare!”, aggiunge con un tono che sembra intendere tutt'altro. 
Fa per volgersi di nuovo verso la porta, poi ci ripensa: “Elyon, avrò bisogno del potere per rimaterializzare il Cuore di Kandrakar”.
“Vai tranquilla, ce l'hai”, le risponde la Luce di Meridian.
Wanda annuisce, sollevata; almeno così potrà presentarsi alle sue avversarie in modo non troppo umiliante.  Chiude la fondina per non far notare troppo la mancanza della pistola, toltale dai soldati, e infine svanisce con la rapidità acquisita in mesi di costanti allenamenti.
 
 
Meridian, laboratorio della torre Nord
 
“Spero che non si faccia aspettare”, fa in tempo a dire Will prima di notare che gli sguardi tesi delle altre si focalizzano su un punto alle sue spalle. 
“Guarda chi c'è!”, scandisce Taranee con un luccichio sinistro nelle pupille.
Girandosi, Will si trova faccia a faccia con la sua ex goccia, apparsa dal niente con la sua inquietante divisa scura. La sfida nel suo sguardo non si è ancora spenta, neppure quando alza il palmo e, dal niente, vi appare la copia del Cuore di Kandrakar, lasciatole da Vera come mesto ricordo di un'antica sconfitta.
“Oh brava Wanda”, le dice Elyon sorridendole incoraggiante, “Sei Wanda, vero?”. 
“Ai tuoi ordini, Regina” risponde questa, senza staccare un attimo gli occhi da quelli di Will.
Il momento da 'mezzogiorno di fuoco' è spezzato da Irma, che recita melodrammatica: “Ah, agente, grazie, grazie di cuore per avercelo riportato. Una ladra ce l'aveva rubato!”.
Wanda la ricambia con una breve occhiata storta. “Se non fosse per me, sareste tutte morte sotto i colpi di una mitragliatrice”.
La Guardiana dell'Acqua scrolla le spalle e le alette. “Io non mi vanterei tanto, se avessi sbagliato mira”.
“Non è cosi”, risponde Wanda irritata, ma non ha voglia di spiegare. “Un giorno capirete”, preferisce dire; significa tutto e nulla, ma suona senz'altro meglio di raccontare che ha rischiato la vita per salvarle da una playstation di cui avevano perso il controllo.
Will, che era rimasta impietrita di fronte alla sua rivale, riprende l'iniziativa. “In attesa di quel giorno, guarda qui!”. Evoca sul palmo il vero Cuore di Kandrakar, che si solleva luminosissimo, in pieno contrasto con il malato lucore della copia di Wanda e dell'altra che tiene nell'altra mano. Le due copie si librano e prendono a ruotare attorno all'originale sempre più vorticosamente, finché ne vengono assorbite e si fondono con esso. 
Le luci spettacolari finiscono di colpo quando Will richiama l'amuleto nel suo palmo e chiude il pugno, senza mai smettere di ricambiare lo sguardo duro della sua goccia.
 
Elyon rompe il momento di stallo che segue: “Grazie, Wanda. Ora se, ehm, non avete più niente di carino da dirvi, perché non torni a sentire chi sai tu nel sottotetto? Sono certa che ciò di cui stanno parlando riguarda anche te”.
Dopo fatto il saluto militare alla sola Elyon, la sagoma di Wanda svanisce in un rapidissimo luccichio.
 
“Ha fatto presto a cambiar padrona”, commenta Taranee cupa.
“Ti meraviglia? Ora sono io la regina, qui!”, le rimanda Elyon con un sorriso carico di sottintesi.
“Bene”, riprende Will più rilassata, “Ora la nostra missione è finita. Ragazze, andiamo a consegnare questa roba dall'Oracolo”, dice alludendo ai due tomi tenuti in mano da Cornelia e Hay Lin. “Elyon, noi assisteremo da Kandrakar alla cerimonia in cui Vera ci scagionerà dall'essere coinvolte nella sua farsa”.
“Non tornerete?”, chiede lei un po' stupita.
“Non oggi, non volercene”, risponde Will, “Siamo stanchissime... e poi io e Cornelia siamo sott'esame a scuola, e nell'ultimo mese questa faccenda ci ha impegnate fin troppo”.
“Detta così, sembra un po' uno 'stai alla larga'”, interviene Cornelia, “Ellie, naturalmente sei sempre la benvenuta a casa mia. Anzi, la prossima settimana è il mio compleanno, che ne dici di fare un salto?”.
“Ma certo, Corny! Oracolo permettendo...”.
Prima di andare, Hay Lin si decide a dire... “Sapete... a me non dispiacerebbe incontrare la mia goccia, quando le cose si saranno un po' calmate”. All'occhiata stupita di Taranee, si stringe nelle spalle e aggiunge, quasi per discolparsi:  “Se è vero che disegna così bene...”.
Irma aggiunge: “Anche a me non dispiacerebbe incontrare la mia, se cucina così bene come dice Ellie”. Si rivolge con un sorrisino di scherno verso la Guardiana della Terra: “E tu, Corny?”.
Questa si rabbuia: “Invece, fammi il piacere di tenermi alla larga quella montata di una giraffa”.
“Che la fa schiattare d'invidia”, aggiunge Irma ammiccando. 
“E TU....”.
“Bene, adesso andiamo!”, interrompe Will sempre più stanca, mettendosi in mezzo alle due. “A presto, Elyon”.
“E speriamo che a Kandrakar servano buone pizze”, conclude Irma, mentre tutt'e cinque si raccolgono insieme per poi sparire in un lampo abbagliante. 

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