Il sole aveva da poco fatto capolino tra le case del piccolo paese di
Hanagawa.
I raggi si riflettevano delicatamente sul mare creando dei fantastici giochi
di luce ed una fresca brezza dal profumo di salsedine spirava leggera
nell'aria.
Hanagawa era un piccolo villaggio circondato a nord dalle montagne e a sud
dal mare.Il suo centro era situato sulla parte più bassa del monte principale,ma
la maggior parte delle case,soprattutto quelle nuove,erano state costruite in
prossimità dell'oceano.Era un posto abitato da non più di tremila anime tra
uomini,donne,vecchi e bambini.
Mentre gli anziani si dedicavano alla pesca facendola divenire la propria
ragione di vita,i più giovani lavoravano al villaggio come
fabbri,droghieri,medici,veterinari e professori.Il piccolo paesino poteva
contare su una grossa costruzione in cemento che fungeva da asilo,scuola
elementare,scuola media e scuola superiore per i propri figli.
I ragazzi che avevano terminato lì il proprio corso di studi,se erano
fortunati potevo ambire ad andare a studiare in una grande città,ma la maggior
parte di loro in realtà non aveva scelta.Una volta finita la scuola quasi tutti
erano costretti ad andare a lavorare nell'azienda di famiglia.
Quella mattina,tutta la popolazione si stava svegliando pronta ad iniziare
una nuova gionata.
Quando la campana della scuola suonò le nove tutti gli studenti erano già
pronti in classe.
Gli alunni della seconda sezione del primo anno del liceo,erano intenti a
chiaccherare rumorosamente approfittando del ritardo del proprio professore.
"Silenzio!Fate un po' di silenzio!"li bacchettò l'insegnante entrando in aula
accompagnato da un ragazzino.
"Nonostante il nuovo anno scolastico sia iniziato già da una settimana,è
arrivato oggi nella nostra classe un nuovo alunno.Il suo nome è Takeshi
Oba."disse guardando solennemente i propri allievi.
"Oba ha avuto una brutta bronchite e quindi non è potuto venire prima a
scuola.Spero lo accoglierete con calore e lo aiuterete rispondendo ad ogni sua
domanda"poi,si rivolse al taciturno giovane:"Vai pure a sederti nel banco in
fondo all'aula".
Il ragazzo obbedì senza fiatare e,nonostante tutti gli sguardi fossero fissi
su di lui,non si degnò neanche un momento di staccare gli occhi dal pavimento
andando dritto in direzione del proprio posto.
Takeshi era un ragazzo di corporatura esile,aveva dei lucenti capelli neri
tagliati corti e un bel viso.Probabilmente avrebbe fatto breccia nel cuore di
molte ragazzine,non fosse per i suoi occhi neri e vitrei che sembravano provare
odio e disgusto per qualsiasi cosa incontrasse il loro sguardo.
Nelle settimane a venire furono molti i compagni che cercarono di instaurare
con lui un rapporto di amicizia o anche solo di cortesia,ma sembrava che Takeshi
avesse costruito intorno a sè un muro invalicabile...un muro che nessuno avrebbe
mai dovuto oltrepassare.
Stufi del suo comportamento freddo e distaccato,sia i compagni che le
compagne decisero di lasciarlo perdere,isolandolo da conversazioni e
divertimenti di ogni genere.
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"Perfavore Shinji!!!Daiiii....prometto che te li restituirò settimana
prossima,appena i miei mi daranno la paghetta!In fondo,cosa vuoi che siano per
te 10.000 Yen?"
Shinji sbuffò rumorosamente:"Tieni!Basta che la pianti di seccarmi!"disse
sbattendo sul banco qualche banconota:"Sono 20.000,così evitarai di chiedermeli
anche settimana prossima!"
"Grazie!Grazie!Grazie!"gli sorrise sognante il compagno.
Shinji Harakawa era probabilmente il ragazzo più ricco della scuola,suo padre
era il proprietario di una grande azienda edile.
La quasi totalità delle nuove case costruite in paese erano marcate Harakawa
Company.Il padre del giovane aveva acquistato tutte le piccole aziende che fino
a qualche anno prima lottavano per gli appalti del villaggio,arrivando ad avere
nelle proprie mani il monopolio edilizio di tutta la costa.
Di conseguenza,come falene su una luce,tutti i compagni di classe gli stavano
attorno bramando di riuscire ad avere la sua amicizia.Le ragazze sbavavano per
lui,continuando ad importunarlo e a mandargli lettere d'amore.Non c'era persona
in quel liceo che non si sentisse il suo migliore amico,eppure nessuno dei suoi
compagni sapeva qual'era il suo gelato preferito o quali film gli
piacessero...nessuno in realtà poteva dire di conoscerlo.
Lui dal canto suo,sopportava silenziosamente quest'assurda situazione perchè
non aveva voglia di crearsi problemi.Si limitava a dargli i soldi di cui avevano
bisogno pur di levarseli di torno anche se sapeva bene che quel denaro non
sarebbe mai tornato indietro...perchè nessuno di loro si era mai preso la briga
di restuirglirlo.
In realtà Shinji li odiava tutti,o per meglio dire...li disprezzava.Erano
tutti degli ipocriti accattoni che gli si avvicinavano solo perchè sentivano
l'odore dei soldi.
Nonostante fosse sempre circondato da persone,Harakawa si sentiva
sempre...tremendamente solo.
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La pila di libri che Takeshi portava tra le braccia,barcollava
paurosamente.Il ragazzo attraversò cautamente il corridoio che portava dalla sua
classe all'aula di scienze.
Aveva scelto il momento sbagliato per passare di lì:era suonata da pochi
minuti la campana che decretava la fine delle lezioni e tutti gli alunni
dell'istituto si erano riversati fuori dalle proprie classi come un fiume in
piena.
Il giovane non fece in tempo ad accorgersene,che una ragazzino dai capelli
castani,robusto e bassottello lo strattonò erroneamente,facendogli cadere di
mano i numerosi volumi.
"Scusa"si limitò a dirgli correndo verso il piccolo chioschetto scolastico
adibito alla vendita delle merendine.
Il moro si chinò a terra per raccogliere tutti i tomi.
"Posso aiutarti?"domandò una voce sopra di lui.
Il ragazzo alzò gli occhi.
Shinji fece per prendere da terra l'ultimo libro rimasto.
Nello stesso momento,quasi per evitare che il compagno gli si
avvicinasse,Takeshi si fiondò sul volumetto nel tentativo di impossessarsene per
primo.
Senza volerlo le mani dei due studenti si toccarono.
Oba trasse immediatamente indietro la sua,quasi si fosse scottato con quel
contatto.Prese velocemente il libro e corse via.
"Che strano ragazzo..."pensò Shinji.
Takeshi si fiondò quasi istericamente nell'aula di scienze,buttò i volumi su
un tavolo e corse a lavarsi le mani nel rubinetto che stava a pochi centrimeti
da lui.
Continuò a strofinarsi la mano sinistra,quella che gli aveva toccato il
compagno,per almeno tre minuti.
Quel suo gesto aveva un nonsochè di maniacale.
"E' sporca..."continuava a ripetere tra sè e sè il ragazzo:"E' sporca...lo
sporco non va via...".
I suoi occhi si inumidirono di lacrime"Perchè lo sporco non va via...?"
La sua attenzione fu attirata da una spugnetta in fil di ferro,di quelle che
si usano per sgrassare le pentole e,che loro a scuola usavano per ripulire
l'aula dopo gli esperimenti di chimica.
La prese in mano e senza esitazione iniziò a strofinarla con forza sul dorso
della propria mano.
L'acqua che scorreva in quel momento si macchiò di un tenue color scarlatto.
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La casa in cui abitava Takeshi era una piccola villetta alla fine del
paese,in fin dei conti,abbastanza isolata.
Il giovane abitava lì,da solo,con il proprio patrigno in quanto la madre era
morta molti anni prima.
Appoggiata la cartella in salotto,il ragazzo andò in bagno a medicarsi la
mano.Dopo averla fasciata per bene si diresse in cucina per prepararsi
qualcosa.
Prese due fette di pane e si fece un veloce sandwich che mangiò davanti alla
televisione.
Quel pomeriggio non c'era nessun programma particolarmente
interessante.Takeshi cambiò canale un paio di volte alla ricerca di qualcosa che
fosse degno di essere guardato poi,stufo si mise a guardare un documentario.Nel
giro di una decina di minuti,senza accorgersene,si addormentò.
Erano ormai le nove di sera quand'egli fu svegliato dal rumore di
un'automobile che si stava preparando a parcheggiare nel vialetto di casa.
Come fosse preso dal panico il ragazzo spense la tv e tutte le luci,raccolse
le sue cose e corse in camera propria,chiudendola a chiave.
Si lasciò cadere a terra con il respiro corto ed il cuore che batteva
all'impazzata.
La porta d'ingresso si aprì.
Un uomo sulla cinquantina alto,grasso e quasi totalmente calvo cercò a
tastoni l'interruttore della luce,imprecando sommessamente.
Un click,e luce fu.
Il patrigno di Takeshi,evidentemente ubriaco,barcollò in direzione delle
scale:"E' questo il benvenuto che mi dai Takeshi?Mi fai trovare la casa
buia,vuota e silenziosa?Guarda che sono io a mantenerti!Mi devi almeno un po' di
rispetto!"
Il ragazzo sentì il rumore pesante dei passi del vecchio farsi avanti su per
le scale,gradino dopo gradino.
Il battito del suo cuore accellerò nervosamente.
Improvvisamente nella casa calò il silenzio.Il giovane iniziò a sudare
freddo,in febbricciante attesa.
BUM.
Un colpo sordo sulla porta della sua camera.Gli venne quasi un infarto.
BUM
Un'altro.
BUM.BUM.BUM.
"Aprimi Takeshi!"lo intimò il tutore"Aprimi!Lo so che sei lì!"
Il vecchio non ebbe risposta.
Il suo figlioccio dall'altra parte della porta attendeva silenzioso,le mani
congiunte quasi a pregare,che lui se ne andasse.
Infastidito dalla sua impertinenza l'ubriaco iniziò a prendere a spallate la
porta:"Ora mi hai fatto davvero arrabbiare!Lo sai che odio quando ti chiudi
dentro a quella maledetta camera!Ti ho lasciato le chiavi solo perchè mi hai
promesso che non le avresti usate!"
Tempo cinque minuti e la porta cadde sotto il peso del nerboruto
aggressore.
Takeshi che nel frattempo si era nascosto nell'armadio respirava il più
flebilmente possibile di modo da non farsi sentire.
"Allora?Dove ti sei nascosto questa volta?Sono stanco!Non ho voglia di
cercarti!Non farmi arrabbiare oltre!"gridò infastidito l'uomo.
Poi,nuovamente qualche minuto di silenzio.
La porta dell'armadio si aprì di botto e la faccia arcigna del cinquantenne
si fece ghigante:"Trovato!"
Il ragazzino fu preso dal panico e tentò di scappare.
Inutilmente.
Il patrigno che di natura era possente lo prese per l'esile vita e lo sbattè
sul letto.
"Tutte le sere la stessa storia...sei proprio un figlio ingrato!Io vado a
lavorare,ti permetto di andare a scuola e ti do da mangiare e tu...tu mi tratti
sempre con disprezzo!In fondo cosa ti chiedo io?Di farmi rilassare per
un'oretta...niente più!"così dicendo l'uomo si posizionò sul giovane
slacciandosi i pantaloni e abbassandosi le mutande.