Aria fresca

di _Ery1999_
(/viewuser.php?uid=261931)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una giornata da dimenticare ***
Capitolo 2: *** Biblioteca ***
Capitolo 3: *** Innaturale ***
Capitolo 4: *** Una lunga notte ***
Capitolo 5: *** Rondini ***
Capitolo 6: *** Rimorsi ***
Capitolo 7: *** Non sarà mai mia ***
Capitolo 8: *** Astoria ***
Capitolo 9: *** Diluvio ***
Capitolo 10: *** Ti amo ***



Capitolo 1
*** Una giornata da dimenticare ***


 Una giornata da dimenticare


Hermione Granger quella mattina era decisamente di cattivo umore. Grattastinchi l’aveva tenuta sveglia tutta la notte, miagolando disperato ininterrottamente. Lei, allora, era uscita dal dormitorio e lo aveva coccolato fino all’alba nella speranza che smettesse di lamentarsi e che la lasciasse dormire almeno per qualche ora. I suoi sforzi però erano stati nulli fino al mattino seguente, quando il suo povero amico era finalmente crollato sulle sue ginocchia, mentre lei si era ritrovata con un mal di testa tremendo e una dura giornata d’avanti che, da come era iniziata, non prometteva niente di buono. Controllò l’ora e si accorse di essere già in ritardo. Maledisse mentalmente Grattastinchi e si diede una ripulita nel miglior modo possibile. Eppure la sua immagine non era neanche lontanamente quella di una ragazza fresca e riposata: due profonde occhiaie le oscuravano il viso e, come se non bastasse, i capelli erano più indomabili e crespi del solito.

Non si immaginava di certo così il suo ultimo anno ad Hogwarts, Hermione Granger. Non dopo tutto quello che c’era stato. Non dopo tutto quello che era successo. A lei. Ai suoi amici. Al mondo. Avrebbe voluto sentirsi fiera di se stessa, di avercela fatta, di aver vinto, di essere semplicemente viva. Eppure più ci pensava, più alla mente riaffioravano nient’altro che i corpi e le grida e il sangue versato di innocenti che avevano avuto soltanto la colpa di esistere, di respirare. La vittoria era costata troppo cara ad ognuno di loro e lei stessa si chiedeva se ne fosse valsa davvero la pena. C’erano quelle volte in cui si sentiva addirittura in colpa, per essere diversa. Era a causa di folli ideali di gente come i Purosangue o il Signore Oscuro che era accaduto ciò che era accaduto, ma d’altra parte era anche a causa di persone come lei, portatrici di sangue impuro. Quante volte aveva pensato di abbandonare tutto – il suo futuro, i suoi sogni, la sua vita – e scomparire, per spezzare il ciclo della sua linfa – sporca – che le inzuppava il corpo, l’anima. Quella linfa che, come un marchio indelebile, non si vede, non si tocca, eppure c’è, la si porta dentro, la si sente, simile ad un figlio indesiderato che il grembo accoglie ugualmente. Il sangue di Hermione Granger era la sola cosa che l’avrebbe resa sempre e per sempre diversa, e lei non avrebbe potuto fare niente per impedirlo. Adesso, così come in passato, il sentirsi chiamare Mezzosangue, anche solo per scherzo, riusciva ancora a ferirla nel profondo. E certe volte credeva ci fosse solo rabbia dentro di sé, un morbo che ti divora da dentro e ti distrugge. Esattamente come la solitudine. Oh, quella era diventata la peggior nemica di Hermione Granger. Per i corridoi, nelle aule, anche nel sonno, la consapevolezza di essere completamente sola la coglieva all’improvviso, come un cappio al collo che le mozzava il respiro e le appannava i sensi. Non conosceva  nessuno quell’anno. O meglio, nessuno che le rivolgesse anche semplicemente un saluto. Nessuno. Harry aveva deciso di intraprendere la sua già promettente carriera per divenire un Auror, mentre Ginny e Ron si erano rimboccati le maniche e ora aiutavano il fratello George nel negozio di famiglia. Ron. Lui era un altro dei suoi ormai innumerevoli problemi. Quel bacio nella Camera dei Segreti durante la guerra era stata la miccia che aveva finalmente fatto esplodere la loro storia. Da parte di Hermione però, quel fuoco si era affievolito, se non del tutto spento, già da un po’ ormai. Si sentiva soffocata dalle sue continue ed insistenti lettere nelle quali le scriveva quanto l’amasse, quanto gli mancasse, quanto la desiderasse. A dir la verità, non rispondeva quasi mai a quelle lettere, usando come scusa ora lo studio, ora la stanchezza, ora un malore improvviso. Non che fosse stanca di loro, no, ma c’era qualcosa di sbagliato in quella relazione. Qualcosa che la annoiava terribilmente e che non la prendeva, non la travolgeva. Era proprio questo il termine adatto: Hermione Granger voleva essere travolta, devastata. Voleva essere colta da una ventata d’aria fresca che la facesse tornare a respirare – ad essere felice.

Quello, però, era un desiderio che aveva messo da parte da molto tempo. Non era una di quelle ragazze che credono nell’amore eterno, o nei colpi di fulmine, o nel principe azzurro. Se il momento e la persona giusta fossero arrivati, lei sarebbe stata lì ad aspettarli, ma si era ripromessa che non avrebbe mosso un dito per accelerare i tempi che il Fato aveva in serbo per lei.
Una cosa che accelerò fu invece il passo, dopo aver afferrato cartella e bacchetta. Era quasi arrivata a destinazione quando, mentre frugava freneticamente fra i libri alla ricerca dei suoi preziosi appunti, qualcosa di duro e consistente come un pezzo di legno le urtò la spalla. Si voltò e le bastarono pochi attimi per riconoscere la causa di quell’intoppo.
- Attento a dove metti i piedi, Malfoy! – sbottò, rossa in viso per la frustrazione data dagli eventi spiacevoli che si accavallavano uno dopo l’altro e che non sembravano avere fine. Eppure in quel momento, Hermione Granger sperò con tutta se stessa che lui la offendesse pesantemente come aveva sempre fatto dall’inizio. Avrebbe avuto una giustificazione più che valida per il ritardo alla lezione di Lumacorno e una valvola di sfogo che l’avrebbe sgonfiata di tutto il marciume che sentiva in corpo. Restò quindi sbigottita, se non delusa, quando Draco Malfoy non le rivolse altro che uno sguardo indecifrabile – smarrito – e le diede le spalle proseguendo con un’andatura che aveva un non so che di innaturale per un essere umano. Un non so che di meccanico. Era più magro e pallido di come lo ricordava e la divisa gli andava decisamente larga. Aveva un aspetto trascurato, i capelli sporchi e il viso stravolto. Nemmeno il pensiero di essere decisamente fuori orario impedì alla strega di fermarsi nel bel mezzo del corridoio con il battito regolare del suo cuore pulsante nelle tempie.
Nelle orecchie, invece, il vago rimbombo di passi sulla pietra e in testa, il riflesso di una luce di terrore in un paio di occhi opachi.  
 

Angolo Autrice...

Ciaooo!!! Eccomi di nuovo con una nuova fic :) Questa però non sarà una one-shot... ho un paio di idee in mente e che spero di riuscire a portare a compimento... Fatemi sapere se il primo capitolo vi ha incuriosito. Ringrazio chi è arrivata fin qui, chi non è ci è arrivata, chi ha apprezzato o disprezzato il capitolo. Insomma... ringrazio tutte. Lasciatemi un commentino però! :D Vi aspetto.


Vostra,
_Ery1999_

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Biblioteca ***


Biblioteca


Ecco, si disse Hermione Granger, questa è stata l’ultima goccia. Sedeva tremante di rabbia davanti al camino scoppiettante della Sala Comune, a gambe leggermente divaricate con una pergamena spiegazzata stretta fra le mani. Una lettera che avrebbe fatto volentieri a meno di ricevere e, di conseguenza, di leggere. Non ne poteva più di tutta quella pressione da parte di Ronald. Ma fino a quando si limitava a scriverle di quanto fosse contrariato e stufo della sempre maggiore indifferenza di lei di fronte alle sue continue dichiarazioni d’amore, poteva benissimo sopportare e fingere che le lamentele di lui fossero assolutamente infondate. Ma questo era veramente troppo. Lasciarla, a detta di Hermione stessa, sarebbe stata una decisione saggia e ragionevole. Accusarla di tradimento e aggredirla con epiteti tutt’altro che gentili, proprio no. Non gli andava bene la loro relazione? Perfetto!, gli aveva risposto, poteva benissimo mollarla e sparire dalla sua vita pressoché vuota, trovarsi un’altra con cui fare lo sdolcinato e sciocchezze del genere. A lei andava più che bene. Certo, si erano voluti bene, forse addirittura amati, ma se una storia finisce, finisce e basta. Non ha senso cercare di rimettere insieme granelli di sabbia. In un impeto di rabbia, stracciò la carta ingiallita con due energici colpi secchi e gettò i brandelli nel fuoco. Il pasto inatteso sembrò essere gradito dalle fiamme, che lo divorarono con ingordigia. Ora il motivo della sua frustrazione era ridotto ad un mucchietto di cenere. Materialmente, però. Nella sua testa, invece, rimbombava ancora forte e chiaro. E, nonostante tutto, faceva male sentirsi incapace di tenere in piedi una relazione.
Visto che ormai il resto della serata, e quindi della nottata, era rovinato, Hermione Granger decise di infischiarsene dell’orologio che si apprestava a scoccare le tre e si avviò in Biblioteca. Nei corridoi bui i suoi passi leggeri erano silenziosi, si sentiva quasi come un topolino in una soffitta. Nascosta e al sicuro. Non sono poi così distrutta, si disse. All’improvviso un pensiero la investì, come una folata di vento gelida sferza le cime dei pini in inverno. Era forte abbastanza, non aveva bisogno di qualcuno al suo fianco. Non voleva riprovare ad amare, a prescindere dal fatto che ne fosse capace o meno. Si sentì divisa in due da quella consapevolezza: una parte di lei avrebbe voluto sorridere e rallegrarsene, l’altra la rese scontenta di se stessa.
Ad ogni modo scacciò via quei conflitti interiori con un gesto della mano, quasi volesse mandar via un insetto fastidioso, e varcò la soglia della Biblioteca. Da qualche giorno aveva messo gli occhi su un volume di astronomia che le era sembrato interessante e che si era ripromessa di leggere il prima possibile. Adesso avrebbe avuto tutto il tempo necessario per goderselo in pace. Un mare di libri e scaffali la circondavano, illuminati dal fievole chiarore della Luna che filtrava dalle grandi finestre. Hermione si beò di quella pace, di quel silenzio affatto soffocante, e si avvicinò ad uno scaffale impolverato alla ricerca di una copertina blu scura con le scritte argentee. Qualcosa però la fece rimanere con il braccio a mezz’aria ed i sensi in allerta. Avvertiva una presenza, un’ombra nascosta e invisibile nella pece della stanza. Si guardò intorno. Gli occhi le si ridussero a due fessure. Trattenne l’istinto di strofinare una mano sul viso. Non poteva essere certo Draco Malfoy quello seduto a non più di due metri da lei come un imbambolato. Le dava le spalle e non accennava il minimo movimento. La strega prese lentamente il volume e si avvicinò con passo cauto. Lo oltrepassò, prendendo posto ad un paio di banchi lontano da lui. Ora lo aveva di fronte. Teneva le mani in grembo e lo sguardo rivolto alla Luna. La pelle pallida risaltava incredibilmente sotto quella luce così tenue. Sembrava assorto nei suoi pensieri e non le diede modo di capire se si fosse accorto della sua presenza. Comunque, non le importava. Era andata lì per leggere e apprendere qualcosa in più sugli astri. Niente di più. Prima di schiudere l’enorme manuale, Hermione si chiese se Draco Malfoy non fosse impazzito, esattamente come lei, si corresse. Poggiò accuratamente il libro davanti a sé, inclinandolo leggermente. Era un mattone di circa duemila pagine con dei caratteri veramente microscopici. Per quanto amasse leggere al buio, le sue capacità umane non glielo consentivano. Tirò la cordicella nera della piccola lampada verde alla sua destra, e una luce giallastra inondò la superficie in legno. Allora poté finalmente rilassarsi sulla sedia e immergersi in quelle parole dalle minuscole dimensioni. I suoi occhi volavano da un rigo all’altro, le labbra pronunciavano parole mute, le sopracciglia si aggrottavano di tanto in tanto. Era a metà della seconda pagina quando una voce la distrasse, facendole perdere il filo. Odiò profondamente quella voce. Alzò la testa e si accorse solo in quel momento di quanto le dolesse. Non le importava.
- Cosa hai detto? – chiese bruscamente, quasi ringhiando.
- Potresti spegnere quella luce? – ripeté Draco Malfoy pazientemente, senza il minimo segno di ostilità nel tono o nell’espressione. Lei ne rimase stupita, ma non bastava certo una frase gentile per farle cambiare idea sul giovane uomo che aveva di fronte. Quando le parole le uscirono di bocca, la sua voce era aspra e tagliente.
- Ascolta, Malfoy. Io sono venuta qui per leggere. Se la luce ti infastidisce, puoi benissimo alzare il culo e andartene da qualche altra parte – sbuffò. Non era affatto il momento giusto per sorbirsi quei suoi piagnucolii. Ebbe l’impulso di tapparsi le orecchie pur di non sentire la valanga di insulti che le avrebbe riversato addosso in un tempo imminente. Aspettò. Ma quella valanga non si decideva ad investirla. Le ci volle un po’ di tempo per accorgersi che Malfoy si era alzato, aveva rimesso a posto la sedia alzandola, per evitare di farla raschiare sul pavimento, e aveva lasciato la Biblioteca. Non sentì neanche l’eco delle sue scarpe. Sbatté le palpebre per assicurarsi che non stesse vivendo un sogno. Poi alzò le spalle e rivolse nuovamente la sua attenzione al libro che giaceva sulle sue ginocchia. Ebbe la sensazione che non fosse quello di poco prima. Il suo interesse era completamente sfumato.
 

Angolo Autrice...

Eccomi tornata con il secondo capitolo! Scusatemi per la lunga assenza... ma ho avuto molto da fare. Fatemi sapere cosa ne pensate vi prego. Chiedo solo un commentino. Vi aspetto!
Vostra,

_Ery1999_     

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Innaturale ***


Innaturale

 
Quella notte in Biblioteca rimase impressa nella mente di Hermione Granger come un marchio sulla pelle nuda. E ogni volta che il suo pensiero vi si posava, lei si incupiva. Possibile che non ci fosse niente di familiare nella sua nuova vita? Niente che la riportasse ai bei tempi? Quando poteva ridere, sognare, respirare senza avvertire un macigno sullo sterno? Niente di niente. Le sembrava di essere stata catapultata in un universo parallelo, senza avere la minima idea di come uscirne. Quando era tornata ad Hogwarts, era già consapevole che qualcosa in lei fosse cambiato. Che qualcosa si fosse irrimediabilmente rotto, frantumato. Spezzato. Come una vetrata sottile che una pietra riduce in frammenti insignificanti. La guerra era stata la sua pietra. Il punto era se i pezzi fossero abbastanza grandi da potersi ricongiungere. Ma, per quanto si sforzasse, non riusciva a darsi una risposta. E aspettava, Hermione Granger. Lei che non aveva mai aspettato. Che aveva sempre preso l’iniziativa. Che era stata la leonessa del gruppo, da sempre, la roccia impossibile da smuovere, la quercia impossibile da piegare. Eppure adesso, del suo vecchio io, restava il nulla. Così come restava il nulla del vecchio io di Draco Malfoy. Si chiese come non avesse fatto a notare il suo sguardo perennemente spento, la sua espressione assente, il suo silenzio durante le lezioni, il suo passo meccanico e frettoloso nei corridoi. A testa bassa. Mentre i Grifondoro lo urtavano e lo schernivano. Lui restava zitto, impassibile. Sordo alle loro provocazioni. Hermione non riusciva a spiegarsi perché fosse tornato a scuola. Infondo i suoi genitori, a quanto ne sapeva, erano vivi, salvi nella loro lussuosa villa in marmo. Ma poi, perché continuava a pensare a Draco Malfoy? Perché penetrava ogni giorno nella sua vita, nei suoi problemi? Lei di problemi ne aveva fin troppi. Eppure non riusciva a non tornare in Biblioteca ogni notte, quando il sonno l’abbandonava e restava a rigirarsi fra le coperte fredde, seccata. Allora andava in punta di piedi in quel rifugio di libri e di polvere. Quel tempio che profumava d’inchiostro e di carta vecchia. Di passato. Di storia. Varcava la soglia e prendeva un libro, a volte anche uno a caso. Si sedeva e lui, di fronte a lei, aveva sempre lo stesso viso, la stessa posizione delle labbra sottili, lo stesso riflesso negli occhi vitrei. Sembrava una statua di marmo. Una notte le sembrò quasi bello. Con quell’espressione così triste, così spenta. Era identica a quella che Hermione vedeva ogni giorno nello specchio, quando il suo riflesso le ricordava quanto la sua presenza, la sua esistenza, fosse effimera, insignificante. Poi, fingendo di leggere parole che sembravano scritte in un’altra lingua, si domandava se anche lui provasse repulsione verso la sua nuova vita, verso la sua immagine riflessa. Aveva resistito tante volte all’impulso di chiederglielo, di avere un contatto con lui. Ma si era trattenuta, sempre. E si era sentita una codarda. Il solo pensiero di risalire da quel baratro in cui era caduta la terrorizzava. E poi, si odiavano. Perché sarebbe dovuto essere diverso adesso? Non era cambiato niente, non tra loro due almeno. Anche se in sua compagnia stava quasi... bene. I loro respiri si confondevano, gli occhi di lei scrutavano il viso marmoreo di lui. La Luna teneva loro compagnia. E ogni notte lei cercava di prendere tempo, si soffermava a lungo fra gli scaffali alla ricerca di un volume che, prima o poi, avrebbe dovuto scegliere. Nonostante non finisse mai di leggerlo. Lo sistemava sulle ginocchia, esitava, tirava la cordicella nera. La lampada irradiava quella luce gialla che Hermione aveva imparato a detestare. Perché annunciava la fine del suo stare bene. Annunciava poche ore di sonno che non le bastavano mai e a cui avrebbe volentieri rinunciato.
- Potresti spegnere quella luce? – Draco Malfoy non distoglieva lo sguardo dalla finestra mentre le poneva la domanda. Infatti spesso si era chiesta se quella voce fosse solo frutto della sua immaginazione.
- Cosa hai detto? – aveva capito benissimo. Eppure sarebbe stato strano non ringhiargli contro.
- Potresti spegnere quella luce? – ripeteva lui. Il tono privo di alcuna emozione. Come acqua su un vetro.
- Se la luce ti infastidisce puoi anche andartene – sbuffava fingendosi infastidita, abbassava lo sguardo sul libro che non le interessava affatto. Non smetteva mai di sperare che lui si stufasse dei suoi modi sgarbati. Che la schiantasse con un incantesimo. Che le rivolgesse uno sguardo di disprezzo. Che la chiamasse Mezzosangue. Così da farla sentire a casa. Finalmente. Ma le sue speranze venivano puntualmente deluse. Sentiva la sedia venire sollevata e accostata al tavolo. Qualche passo nella notte. Poi, ancora solitudine.
Una notte però Hermione Granger perse il controllo. Strano, pensò, non credevo fosse così liberatorio. Percepì come una forza dentro di sé, una bomba che esplodeva. Che le faceva muovere le gambe. Le faceva insonorizzare la stanza con un rapido movimento della bacchetta. Si ritrovò alle spalle di Draco Malfoy senza sapere come. Impedì al buio dei corridoi di inghiottirlo. Lui si girò. Il suo sguardo immutato fece divampare il fuoco dentro di lei. Che cazzo ti prende Malfoy, pensò. E non limitò quella frase tra le pareti del suo cervello. No. Gliela gridò in faccia. Lui rimase in silenzio. Gli mollò un ceffone. Aveva l’inferno negli occhi.
- Che cosa aspetti Malfoy? Hai paura? Sei soltanto un codardo schifoso. Mi hai sentito? Un codardo schifoso! – il palmo si schiantò nuovamente sulla guancia di lui. Il suono sembrò rimbalzare sulle pareti. Riecheggiò a lungo nella Biblioteca.
- Difenditi, avanti! O non sei nemmeno abbastanza uomo da colpirmi? Non c’è il tuo paparino al tuo fianco? E’ questo il motivo, vero? – lo provocava, Hermione Granger. Gli riversava addosso tutto il disprezzo che bramava di ricevere. Voleva sentire il suo, di disprezzo, sulla pelle, nelle orecchie. Voleva vederlo in quegli occhi morti. Ma non arrivava. Davanti a lei vegetava un corpo senz’anima. Un albero senza linfa. Cominciò a percuoterlo. Pugni sulle spalle, sul petto, schiaffi nel viso.
- Perché? Perché, maledetto bastardo! – le sue mani non si fermavano. Avrebbe voluto piangere. Avrebbe voluto gridare. Avrebbe voluto sentirsi distrutta. Distrutta da lui. Invece era solo distrutta da se stessa. Dalla prigione da cui non riusciva ad evadere.
Due dita gelate le bloccarono il polso.
- Smettila – le sussurrò piano all’orecchio. Si immobilizzò. Era stanca. Evitò il suo sguardo. Si sentiva umiliata. Inutile. Avrebbe voluto che la terra si aprisse sotto di lei e la divorasse. Sbuffò e si liberò da quella stretta. Ritornò al tavolo davanti al volume che aveva scelto. Appoggiò il gomito sul piano e il mento sul palmo. Tirò la cordicella. La luce si spense.
- Contento? – si rese conto di quanto quella situazione fosse surreale. Le sembrò che lui avesse sorriso. O forse l’aveva soltanto immaginato. Lui la raggiunse e si sedette di fronte a lei. Lo sguardo puntato sulla Luna.
- Perché volevi che la spegnessi? -
Per la prima volta la guardò negli occhi. La trapassò da parte a parte. Le fece quasi mancare il respiro. Poi rivolse nuovamente la sua attenzione alla finestra.
- Rendeva tutto troppo... Innaturale – Hermione Granger non seppe cosa rispondere. Restò in silenzio. Più tardi ripensò a quanto Draco Malfoy avesse ragione.
 
 
Angolo Autrice...

Ecco il terzo capitolo!! Spero vi piaccia
Vostra,
_Ery1999_

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Una lunga notte ***


Una lunga notte

 
La Sala Grande era affollata quella sera. Come al solito, pensò Hermione Granger mentre addentava distrattamente una fetta di pane imburrata. Le tornarono alla mente i momenti passati, quando Harry, accanto a lei, le sussurrava all’orecchio un indovinello su cui si era scervellato tutto il giorno. O quando entrambi rimproveravano affettuosamente Ron che si ingozzava come un bambino, con le labbra sporche e la divisa macchiata. Erano bei tempi quelli. Ora tutto quel chiasso le dava tremendamente fastidio. Tutti quei mocciosi urlanti del primo anno che sbraitavano come matti, o i ragazzini più grandi che non facevano altro che tormentare le loro compagne. Ora un calice di burrobirra sui capelli, ora un dolcetto glassato sulla camicetta nuova. I loro strilli striduli e isterici le penetravano i timpani, come coltelli da macellaio che trapassano una carcassa di maiale. Hermione Granger cominciò ad avvertire una crescente emicrania. Doveva andarsene alla svelta. Afferrò una fetta di crostata ai lamponi e si avviò verso l’uscita. Il suo sguardo scivolò istintivamente sul tavolo dei Serpeverde. E’ la terza sera di fila che salta la cena, constatò, tenendo le sopracciglia aggrottate. Era preoccupata per Draco Malfoy. Non lo vedeva più alle lezioni, nei corridoi, in giardino. Era come evaporato. Saltava regolarmente i pasti da giorni e, come se non bastasse, aveva smesso di farle compagnia in Biblioteca nei loro incontri notturni. Attraversò un corridoio, accompagnata dal ticchettare delle proprie scarpe. La Luna si mostrò da una finestra in tutta la sua arroganza e beltà. La strega ritornò con la mente all’ultima volta che si erano visti.
 
Hermione è in ritardo. Ha perso la cognizione del tempo mentre ripassava per l’ennesima volta i suoi lunghissimi appunti di Erbologia. Lascia la stanza solo quando è certa di essere pronta per l’interrogazione di domani. Ma ora la preoccupazione la lascia respirare. I suoi pensieri volano altrove. Cammina velocemente nel buio, ha paura che lui sia già andato via. E’ da mesi che si vedono. Eppure lei non sente affatto di star facendo qualcosa di sbagliato. La sua compagnia le regala un po’ di serenità, la fa evadere. E questo le basta. Pensa ai primi tempi, quando lei si limitava a posare un libro davanti a sé e lui a guardare la Luna. Sorride. Ora che ci riflette, sembrava una ragazzina alla prima cotta. Adesso invece è diverso. Quanto meno parlano, ma niente di più. Si scambiano pezzi di vita che sanno di non poter condividere con nessun altro. Draco le racconta di quanto gli manchino i suoi genitori, di quanto sia stato difficile per Lucius mantenere insieme la famiglia. Per fortuna ora stanno bene. Hermione ascolta, in silenzio. A volte ha voglia di contraddirlo, di dire la sua. Ma riesce sempre a trattenersi. Non vuole interromperlo. La voce di lui la riporta alla sua infanzia. Quando si sdraiava sulle gambe di sua madre davanti al caminetto acceso, e lei le carezzava lentamente i capelli mentre raccontava storie di Draghi e castelli, fanciulle in pericolo e principi azzurri. Eppure le storie di cui Draco le parla sono molto diverse. La fantasia lascia spazio alla realtà. Una realtà fatta di sofferenze e di sacrifici. Di un’educazione molto rigida. Di un amore mai mostrato apertamente. Gli occhi di lui sono così tristi mentre le parole gli sfuggono dalle labbra. Hermione vorrebbe dissipare quell’angoscia. Poi, quando il silenzio cade su di loro, tocca a lei parlare. Raccontare la sua vita. Sono storie diverse, ma non troppo. Anche la sua parla d’amore, di sofferenza, di sacrifici. Però contiene qualcosa che non ha mai sentito in quella di Draco: l’amicizia, con tutte le sue sfaccettature. Allegria, lealtà, fiducia, ma anche rabbia, a volte, e delusione. Si rende conto che lui è molto più solo di quanto pensasse. Di quanto ha sempre pensato. In tutte le notti passate assieme, non le ha mai raccontato di nessuno dei suoi compagni. Di quei ragazzi grandi e grossi che lo affiancavano sempre, così dannatamente facili da manovrare. Di quei ricconi dal sangue puro che lo circondavano come guardie del corpo, che gli portavano i libri in classe. O di quelle oche starnazzanti che facevano a gara per sedersi accanto a lui in Sala Grande. Che cambiavano acconciatura o colore dei capelli per ricevere un suo sorriso. Solo una volta le ha confidato di quanto gli facessero pena. Non ne ha mai voluto sapere di ragazze così.
Quella sera però, Hermione ha una strana sensazione addosso. Una pesantezza che non la abbandona. Cerca di convincersi che sia dovuta a tutte le ore trascorse a studiare, ma sa che è una menzogna che cerca di imporre a se stessa. Eppure spera nel contrario. Ha paura che gli sia successo qualcosa. Senza accorgersene affretta il passo. Entra a grandi falcate nella Biblioteca, ansimando. Lo cerca con lo sguardo, e quando finalmente lo scorge al solito posto, tira un sospiro di sollievo. E’ la prima volta che è felice di essersi sbagliata. Si siede di fronte a lui e subito capisce che qualcosa non va. Le guance di Draco sono attraversate da una scia umida e trasparente. Hermione si sente soffocare.
- Cosa è successo? – gli chiede con un groppo in gola. Non vuole perderlo. Lui non risponde. Il petto si alza e si abbassa a ritmo regolare, come quello di un neonato che dorme. Eppure c’è tensione nell’aria.
- Vattene – le ordina. Lei si sente crollare. Le sembra di essere ritornata a quella sera in Sala Comune, mentre stringeva una pergamena fra le mani e sentiva la rabbia pervaderla.
- Perché? – il tono resta fermo, indifferente. Non vuole fargli capire che tutto dentro di lei sta andando in pezzi. Aspetta, ma lui non sembra essere intenzionato a darle spiegazioni. Poi, lo vede sussultare in preda ai tremiti. All’inizio non capisce, vorrebbe ci fosse più luce nella stanza. Si chiede se non stia tremando di freddo. Ma no, non è possibile. Si alza e gli si accovaccia accanto. Gli solleva il mento con due dita, ma lui fugge il suo sguardo. Quando ritira la mano, i polpastrelli sono umidi delle sue lacrime. Impregnate del suo dolore. Una tenerezza improvvisa l’assale. Vorrebbe stringerlo e cullarlo, ma ha paura di essere respinta. Si alza e gli accarezza i capelli. Lo attira a sé in un abbraccio imbarazzato. Draco le cinge i fianchi e il suo corpo viene scosso dai singhiozzi. Annaspa in cerca di aria, si intossica del profumo di lei. Dopo un po’ si calma, la guarda e i suoi occhi non sono mai stati così grandi e sofferenti. Hermione gli posa un bacio sulla fronte.
- Sono qui – sussurra appena, non vuole spezzare quel momento. Si siede vicino a lui, carezzandogli una mano gelida. Lui sente di poterle confidare qualsiasi cosa. Per la prima volta sente di potersi fidare. Lei non insiste, lascia che le parole escano a poco a poco, che il dolore fluisca liberamente.
- Mio padre... sta... – la voce si incrina, si spegne e le lacrime sgorgano a fiotti, come un fiume in piena. La diga ha ceduto di nuovo. Lo consola, lo tiene stretto, sente di doverlo proteggere. Quando ricomincia a parlare, sembra più in sé, sembra riavere il controllo.
- Mio padre sta morendo – conclude alla fine. Si è liberato di quella spina che gli fa sanguinare il cuore, finalmente. E’ stanco. Abbandona la testa sulla spalla di Hermione. Lei non gli chiede altro, è stato già abbastanza difficile. Si sente priva di forze. Vorrebbe poter fare qualcosa, eppure è così piccola, così impotente, di fronte alla morte. La stessa signora vestita di nero che ha portato via con sé tanti dei suoi amici, tante delle persone che amava e che amerà per sempre. Il suo silenzio potrebbe essere frainteso, ma non riesce a pensare a niente in questo momento. Vuole rispettare il dolore di Draco. Si limita a scorrere le dita fra i capelli sottili e sulle guance arrossate. E’ stata una lunga notte. L’aurora fa capolino dagli alberi.
 
Hermione Granger si riscosse improvvisamente. Grattastinchi si stava stiracchiando sulle sue ginocchia, ricoprendole i vestiti di lunghi peli rossicci. Con un gesto meccanico della mano destra, lo grattò dietro le orecchie. Le fusa non fecero altro che peggiorare il suo mal di testa. Scacciò il gatto dal divano, e questo si acciambellò ai suoi piedi, per niente offeso. Le fiamme divampavano nel camino, creando coni di luce e giochi di ombre sul pavimento. Due iridi castane si persero in quella tempesta di fuoco. Improvvisamente scattarono sulla porta.
- Oh, scusa! Non volevamo... disturbarti – una ragazza minuta si rivolse a Hermione, scambiando occhiate indecifrabili alle sue due amiche. Tutte e tre repressero una risatina e sparirono nel dormitorio. La Granger faceva quest’effetto alle sue compagne di stanza ultimamente. La guardavano come se fosse un’aliena. E lei stessa aveva sentito centinaia di voci di corridoio su quanto sembrasse malaticcia, pallida e facilmente irritabile. Ne aveva abbastanza di chi sparlava alle sue spalle. Si sentiva tremendamente sola.
- Mi manca – disse ad alta voce, quasi volendo imprimere forza al pensiero. Grattastinchi sollevò appena la testa, che chinò immediatamente appena capì di non essere coinvolto. La giovane donna si sdraiò, incrociando le mani dietro la nuca. Restò lì a pensare. L’estate era alle porte, mancavano pochi mesi ai M.A.G.O., che non la preoccupavano affatto in verità. Perché avrebbero dovuto? Aveva il massimo dei voti in tutte le materie, e il fatto che fosse l’eroina del mondo magico non centrava affatto. Lo sapevano tutti, anche se spesso molti studenti la accusavano di essere favorita. Ma non le importava, presto avrebbe lasciato Hogwarts, il luogo in cui da tanto tempo si sentiva un’intrusa. E poi? Cosa avrebbe fatto? Il solo pensiero le fece paura. Non fu la mancanza di progetti a spaventarla – aveva già deciso di intraprendere la facoltà di Magistratura – ma la solitudine, il non avere nessuno a fianco a cui appoggiarsi e continuare. Chi l’avrebbe sorretta se fosse caduta? Non si era mai sentita così debole. Certo, Harry e la famiglia Weasley erano da sempre una seconda famiglia per lei, ma infondo ognuno aveva preso la sua strada. Si scrivevano ogni tanto, trascorrevano al massimo le feste insieme, ma niente di più. Anche se forse il problema era stato proprio lei. Prima riusciva con facilità a tenere accesa e viva una conversazione con i suoi vecchi amici. Ora invece, rispondeva a malapena a monosillabi e l’atmosfera cadeva inesorabilmente in un silenzio imbarazzato. Lei voleva qualcos’altro. Voleva qualcosa come... come... Non lo sapeva. Era tutto così confuso. Ad un tratto le venne in mente Draco. A quanto le fossero rimasti impressi certi suoi modi di fare. Quando, ad esempio, era nervoso per qualcosa e si mordeva l’angolo sinistro delle labbra. O quando inarcava le sopracciglia sottili se gli sfuggiva un pensiero. O quando era agitato e, per calmarsi, sbatteva l’unghia dell’indice sul tavolo. Quando l’aveva fatto la prima volta, le erano saltati i nervi. Non sopportava quel ticchettio costante e il rimbombo che provocava sul legno. Gli aveva chiesto di smetterla subito con un tono e un’espressione da malata mentale. Erano rimasti entrambi in silenzio e immobili, poi lui aveva sbarrato gli occhi ed erano scoppiati entrambi in una fragorosa risata. Sembravano dei ragazzini un po’ brilli. Quando, con le lacrime agli occhi e il respiro irregolare, si erano calmati, Draco aveva sorriso e Hermione aveva notato una fossetta sulla guancia sinistra. Si innamorò di quella fossetta. Fu l’unica volta che lui rise in sua presenza. Poi, Lucius si ammalò.
- Vieni, su – chiamò Grattastinchi e andò a dormire. Sentiva le palpebre pesanti. Si rattristò pensando che quella notte non sarebbe andata in Biblioteca. Una volta sotto le coperte si addormentò subito. Sognò un giovane uomo sorridente con una fossetta sulla guancia.

 

Angolo Autrice...

Eccomi tornata con il quarto capitolo!! Anche se è un po’ più lungo del solito spero vi piaccia ugualmente. Vi prego lasciatemi un commentino... vorrei sapere cosa ne pensate. Vi aspetto.
Vostra,
_Ery1999_

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Rondini ***


Rondini


Era un pomeriggio di Maggio inoltrato. Il tepore del Sole circondava il castello e gli alberi rimanevano immobili. Nemmeno una leggera brezza offriva refrigerio. Ma a Hermione Granger non importava granché della bella giornata. Aveva un’ora buca e passeggiava oziosamente per i corridoi, perdendosi nell’azzurro limpido del cielo al di là delle vetrate. Si fermò ad osservare uno stormo di rondini che migrava verso l’orizzonte. Le si strinse il cuore. La nostalgia non l’aveva abbandonata nemmeno per un istante da quando lui era sparito dalla sua vita. Ogni gesto, ogni suono, ogni ombra, la riportavano alle notti in Biblioteca. A quando poteva sentirsi... normale. Senza il frastuono della guerra nelle orecchie, o il bruciore della cicatrice sul braccio. Mezzosangue. Strano a dirsi, ma con Draco Malfoy non si era sentita diversa neanche una volta mentre parlavano. E aveva anche nostalgia di ciò che non c’era stato, ma che ci sarebbe potuto essere. Di quello che insieme avrebbero potuto avere. Anche se ogni volta che ci pensava stava male. Perché non avrebbe voluto che finisse così. Non avrebbe mai voluto innamorarsene. Eppure era successo, senza sapere come, né perché. Forse se ne era resa conto quando si era sentita travolta, persa. Quando, aprendo gli occhi, si proiettava già immersa nel buio ad ascoltare la voce di lui, con il mento sulle mani. O quando le era arrivata l’ennesima lettera di Ron e, leggendo le sue più sentite scuse, non aveva provato niente dentro di sé. Nemmeno soddisfazione. Niente di niente. Aveva semplicemente appallottolato la pergamena per poi gettarla nel fuoco. Ma ora era di nuovo al punto di partenza. Infelice e sola. Sbagliata. Perché sapeva che amare Draco Malfoy fosse sbagliato, tremendamente sbagliato. O forse no? Erano davvero così diversi?
- Non ha importanza...- sussurrò piano, appoggiando i polpastrelli sul vetro della finestra, freddo e liscio. Come la sua pelle, pensò poi. Ritrasse la mano, sentendosi scottata, mentre una stretta gelida le intrappolava il polso. Hermione Granger si voltò, spaventata, e si ritrovò catapultata nel grigio degli occhi di lui, si tuffò nel suo sguardo marmoreo. Rimasero in silenzio, uno di fronte all’altro, facendo combaciare i respiri e le paure. I desideri. Avrebbero voluto abbracciarsi, ma anche quello sarebbe stato sbagliato. Sbagliato per loro due.
- Che ci fai qui? – la strega cercava di mantenere la voce ferma, ma l’inquietudine nei suoi occhi scuri riusciva a tradirla. Sperò che quel momento finisse presto.
- Mi sei mancata – riuscì a pronunciare Draco, abbassando lo sguardo sulle labbra di lei. Le loro bocche si sfiorarono appena, le loro dita si intrecciarono, i loro corpi si toccarono. Hermione si sentì spingere contro il muro e il bacio continuò. Lentamente, anche troppo. Si esploravano con gli occhi chiusi e il respiro accelerato. Cercavano la completezza. E in quel momento entrambi furono certi di averla trovata. Poi quell’istante finì, scivolò verso l’orizzonte senza far rumore, come quelle rondini, lasciando spazio a qualcosa di più concreto. Di più reale. Draco Malfoy prese Hermione Granger per mano, senza dire una parola, e la condusse nel loro piccolo rifugio, nel tempio testimone dei loro ricordi. La Biblioteca era deserta e luminosa. Si sentirono quasi nudi senza il mantello che la notte offriva loro come protezione. Ma le parole fuoriuscirono ugualmente, in una melodia scrosciante. Solo in quel momento lei si rese conto di quanto quella voce le fosse mancata.

La pioggia si infrange violentemente sulla pietra, sull’erba, sulla terra. Il rombo dei tuoni squarcia il silenzio, un silenzio diventato assordante. Il Maniero appare come un gigante nero e morente, emana odore di lacrime e di morte.
- Ben tornato, figlio mio – il volto di Narcissa è pallido, solcato da ferite invisibili che il tempo non potrà rimarginare. Precede Draco di qualche passo, avanzando come uno spirito in pena. Sembra quasi barcollare, schiacciata dal macigno che conserva in petto e che è costretta a trascinare. Spinge la porta della camera da letto e si afferra all’ottone della maniglia per non cadere, distrutta. Ogni volta entrare in quella stanza le dilania l’anima. L’enorme letto a baldacchino fa bella mostra di sé addossato alla parete. Lucius Malfoy giace fra le coperte immacolate, rannicchiato come un feto. Madre e figlio si avvicinano con una lentezza esasperante. La donna sembra spezzarsi ad ogni passo, soffocare ad ogni respiro. Draco si inginocchia e stringe la mano di quello che è stato l’eroe della sua infanzia. Cerca il suo sguardo, sperando di non trovarlo. Due specchi grigi identici ai suoi si infrangono nei suoi occhi. Non riesce a trattenere le lacrime, quelle maledettissime lacrime che non ne vogliono sapere di restare al loro posto. Le stesse che adesso gli solcano il viso, gli lasciano un sapore amaro in bocca e un groppo incastrato in gola. Singhiozza con il dorso di quella mano a pressargli le palpebre. Gli è impossibile fermarsi. Lucius resta in silenzio, non gli chiede di smettere. Di darsi un contegno. Forse perché non si vergogna più della debolezza di suo figlio, forse perché è semplicemente troppo stanco. Invece, accarezza con la mano libera la testa di Draco, tremante, cercando di stringerlo a sé. Una lacrima solca anche il suo viso stanco e non si cura di raccoglierla. Lascia che gli attraversi il volto e che si infranga sul lenzuolo, bagnandolo. Narcissa rimane sulla soglia di quel momento. Un tuono scuote nuovamente l’aria. Il vento ulula. La sua voce annuncia la fine della tempesta.

Draco Malfoy parlava in tono piatto, come se quella realtà non gli appartenesse, come se stesse raccontando la storia di qualcun altro. Ma Hermione Granger sapeva che quella non era indifferenza, o voglia di apparire forte. No. Semplicemente, non gli restavano più lacrime da versare, né più dolore da cui liberarsi. Era un corpo vuoto, senza un cuore pulsante in petto. Al suo posto, un ingranaggio difettoso e impolverato che lei avrebbe voluto aggiustare. Raccoglierne i cocci e rimetterli insieme, uno ad uno, come tessere di un puzzle. Aspettava solo che lui glielo chiedesse.
- E’ morto il giorno dopo la mia partenza. La McGranitt mi aveva detto che sarei potuto rimanere quanto avessi voluto... Ma non ce l’ho fatta a guardarlo spegnersi. Credo che mia madre se ne sia andata con lui, anche se il suo corpo è rimasto sulla Terra. Mi ha inviato una lettera, in cui c’è scritto che mi ama e che quest’estate si trasferirà da sua sorella Andromeda. Probabilmente non sopporterebbe che la vedessi in quello stato. E’ sempre stata una donna molto forte...-  sospirò, alzando lo sguardo su Hermione. Un raggio di luce gli illuminava il volto.
- Malfoy – nonostante tutto, non riuscivano proprio a chiamarsi per nome. Sarebbe stato troppo strano. Senza accorgersene, cominciò a batterle furiosamente il cuore. Lo sentiva rimbombare nelle tempie. Lui aspettava, nei suoi occhi fluttuò qualcosa di nuovo: la speranza.
- Malfoy... – lo supplicò con lo sguardo. Non lasciarmi, avrebbe voluto chiedergli. Ma la sua bocca restava muta, i suoi occhi imploranti. Draco pensò a tante cose in quel momento, osservando quel conflitto interiore. Rivide la ragazzina di undici anni che aveva chiamato Mezzosangue per la prima volta, e la tredicenne che gli aveva mollato un cazzotto in pieno naso, e la giovane donna che insieme a Potter e Weasley gli aveva salvato la pelle nella Stanza delle Necessità. Gli ritornarono alla mente tanti di quei ricordi che si sentì quasi vorticare. E poi ritornò alla Hermione Granger del presente, seduta di fronte a lui con una preghiera in volto, che non riusciva a rivolgergli a parole. Amò con tutto se stesso quella dimostrazione di orgoglio. Un’altra non avrebbe esitato nemmeno per un momento ad alzarsi e a gettargli le braccia al collo. E lui l’avrebbe respinta, allontanandola con un’espressione di disprezzo. Lei invece avrebbe preferito perderlo piuttosto che chiedergli di restare. Non poté fare a meno di sorridere, beandosi dello stupore di lei. Una fossetta gli spuntò sulla guancia, e Hermione si innamorò perdutamente, ancora.
 
Angolo Autrice...

Ecco il penultimo capitolo! Finalmente i nostri innamorati sono un po' più “spinti”. Spero vi sia piaciuto. Lasciatemi un commentino, vi prego... Tengo molto alla vostra opinione.
Vostra,

_Ery1999_

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Rimorsi ***


Rimorsi

 
Erano passati molti anni da quel pomeriggio di Maggio, da quel bacio lento e casto, dal racconto della morte di Lucius. Hermione Granger aveva da poco compiuto ventinove anni e camminava a passo spedito con la sua ventiquattrore in una mano e l’ombrello nell’altra. Pioveva a dirotto da giorni e Settembre era particolarmente freddo e ventoso quell’anno. Controllò frettolosamente l’ora con uno scatto del braccio sinistro e rallentò di poco, accorgendosi di essere in perfetto orario, sennonché in anticipo. I suoi nove centimetri di tacco si sentivano appena sull’asfalto bagnato e lo scrosciare della pioggia rendeva tutto più triste, più malinconico. La donna si guardò attorno, osservando molte altre persone che, esattamente come lei, avanzavano lentamente con un’espressione annoiata e stanca in volto. Nessuno è veramente soddisfatto della propria vita e delle proprie scelte, si ritrovò a pensare. Anche lei aveva commesso errori che, a distanza di così tanto tempo, non avevano smesso di riaffiorare nella sua mente, facendole avvertire un macigno sullo stomaco e lacrime amare pressarle contro le palpebre. Trasse un respiro profondo inalando aria umida e gelida, percorrendo energicamente la scalinata del Tribunale. Diede un’ultima occhiata al cielo uggioso e, come le succedeva sempre più spesso, pensò istintivamente agli occhi di Draco Malfoy.

La scuola è appena finita, e Hermione Granger è felice come non mai. Sente di iniziare a far parte di qualcosa di più grande, di più importante, di qualcosa che può fare veramente suo. Si apre un nuovo capitolo della sua vita, pagine e pagine completamente bianche che può riempire a suo piacimento. Niente e nessuno può impedirle di intraprendere le scelte che ritiene giuste, di percorrere la strada che già vede davanti a sé. Eppure ha un problema, Hermione Granger. Deve fare una scelta, una scelta inevitabile che non può più aspettare di prendere.
- Cosa pensi di fare, adesso? – Draco Malfoy guarda davanti a sé, con le mani in tasca, calciando di tanto in tanto i ciottoli che intralciano il suo cammino. Entrambi vorrebbero rimandare quella conversazione scomoda, quei silenzi imbarazzati, quelle domande che non si sono mai posti. Ma sanno di non poter più far finta di niente, il mostro dell’incertezza che cresce dentro di loro li sta divorando.
- Non lo so – la voce di Hermione Granger è poco più di un sussurro che si perde nell’afa estiva. Continuano a passeggiare, calpestando il prato rigoglioso che sfoggia un verde brillante sotto il Sole mai stato così accecante. I fili d’erba si piegano impotenti sotto i loro passi. I fiori inzuppano l’aria circostante di polline e profumi inebrianti. All’improvviso, l’incedere di Draco Malfoy si arresta di colpo, le mani hanno abbandonato le tasche e ora tremano di frustrazione ai lati del corpo esile. Gli occhi fremono di rabbia.
- Come puoi non saperlo? Granger, è da troppo tempo che ci giriamo intorno! Voglio sapere cosa hai intenzione di fare. Subito – il suo è un ordine che non ammette repliche. Hermione sa che la sua impazienza è ampiamente giustificata ma non riesce a trovare le parole. Raggiunge una panchina in legno poco lontano e lo invita a sedersi accanto a lei. Lui non si muove.
- Ho intenzione di intraprendere la carriera di Magisprudenza e... ho... ho già trovato... ho già trovato un lavoro e un appartamento – il suo sguardo abbandona la terra polverosa ai suoi piedi e cerca quello di lui.
- Congratulazioni, Granger. E come credi lo sarei venuto a sapere? Mi avresti lasciato un biglietto sotto il cuscino la sera prima di andartene? Parla, maledizione! – la sua voce le rimbomba nelle orecchie, come un tuono durante una tempesta, e lei non sa cosa rispondere. E’ distrutta.
- Vieni con me, allora – cerca di ritrovare un contegno ma è perfettamente consapevole che ciò che ha appena detto è una sciocchezza. Un desiderio che non potrà mai avverarsi. Lo sa eppure spera, spera perché è l’unica cosa che potrebbe renderla davvero completa.
- Venire con te? Granger lo sai che non posso. Devo restare con mia madre, gestire gli affari di famiglia. Ci sono troppe cose che tu ignori, parli come se tutto fosse così facile. Invece no, Granger. La mia vita non è affatto facile -
- Perché? Credi che la mia lo sia stata? Pensi sempre e solo a te stesso – le urla di entrambi arrivano al culmine dell’intensità e poi si placano, continuando ad ondeggiare fra di loro come un muro invisibile che li divide. Draco Malfoy si siede accanto a lei e la trafigge con i suoi occhi opachi. Hermione è costretta a ricambiare lo sguardo.
- Resta con me – la implora come non ha mai fatto con nessuno. Perché la ama, la ama alla follia anche se non gliel’ha mai detto. Ed Hermione rimane immersa in quel grigio freddo per un lungo, interminabile istante, mentre avverte il dolore espandersi dentro di lei come un cancro, lo sente frantumarle il cuore, dilaniarle l’anima. Eppure, in un singolo barlume di follia, è tentata di accontentare la preghiera di lui. Ma subito quel pensiero viene scacciato da qualcosa che va ben oltre l’amore. Da qualcosa che lei è abituata a seguire incondizionatamente e che non ha niente di irrazionale. Si vede in quel grande Maniero che lei odia profondamente, ricca di ricchezze che non le appartengono, sola e isolata dal resto della società che la considera una mantenuta. Si immagina con una costosissima tazzina di porcellana in mano colma di tè fumante, vestita con abiti eleganti e sfarzosi, mentre chiacchiera educatamente con altre donne altezzose e austere, ricche quanto lei, usando parole formali e gentili, fingendo di essere interessata ai loro pettegolezzi su persone che non conosce né vuole conoscere. No, quella non è la sua vita. Anche se ama Draco e desidera ardentemente un futuro insieme a lui. Non può. Non può e basta.
- Non posso – gli stringe la mano e lo bacia, assaporando con disperazione quelle labbra sottili. Sentono le cicale frinire e il vento accarezzare le foglie. Le loro lacrime si mescolano, i loro respiri si fondono. Il giorno seguente Hermione Granger scompare dalla vita di lui senza far rumore, come un’ombra. Il fischio del treno la fa tremare dall’angoscia e non riesce a star ferma sul sedile imbottito. Il paesaggio le scorre accanto ma rimane invisibile ai suoi occhi. Non si bea neanche per un secondo delle enormi distese di margherite o dei luminosi campi di grano. Da quel giorno  i rimorsi non l’abbandonano. Neppure dopo il suo ventinovesimo compleanno.

L’aula di Tribunale era particolarmente buia e noiosa quella mattina. Hermione Granger si sedette accanto al suo assistito, tirando fuori dalla cartelletta alcune pratiche processuali. Anche se non si poteva definire una donna felice, aveva la fortuna di amare il suo lavoro. Dopo ogni udienza vinta si sentiva gonfia di orgoglio e fiera di se stessa, gratificata dagli infiniti ringraziamenti dei suoi clienti. E poi, c’era anche quel pizzico di arroganza che non guastava, dovuto alle occhiate di sfida degli altri avvocati prima dell’inizio del processo e di un invidioso rispetto quando era terminato. Non c’era sensazione per lei più liberatoria dell’adrenalina che percepiva in corpo mentre le parole le fuoriuscivano incessantemente dalle labbra senza poterle fermare, un fuoco che le ardeva in petto e che non riusciva, e soprattutto non doveva, spegnere, perché era proprio quel fuoco che le conferiva la vittoria. Dopo ore, anche quel processo non fu diverso dagli altri, e quella familiare ondata di orgoglio la investì mentre ricambiava strette di mano e sorrisi. Eppure, appena uscì dal tribunale, quella sensazione di felicità svanì, ed Hermione si ritrovò di nuovo inesorabilmente sola e vuota, sotto la pioggia scrosciante che sembrava quasi beffarsi di lei.
 

Angolo Autrice...

Eccomi tornata con il sesto capitolo! Mi scuso per l’enorme ritardo nell’aggiornare ma sono stata veramente molto impegnata ultimamente... E per vostra grande gioia ( o disperazione ) vi annuncio che questo non sarà ovviamente l’ultimo capitolo come previsto. Avrei voluto farla finire in modo diverso ma qualche giorno fa ho avuto l’ispirazione e questa è la mia nuova “creazione”. Spero non ne siate rimaste deluse. Fatemi sapere che ne pensate quindi!
Vostra,

_Ery1999_

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Non sarà mai mia ***


Non sarà mai mia


Un pallido Sole autunnale annunciava una piccola tregua dal mal tempo che fino a pochi giorni fa aveva imperversato incessantemente con abbondanti raffiche di vento e pioggia. Il clima piuttosto mite aveva reso le strade della Londra magica più che affollate quella domenica mattina. La città brulicava di ragazzine con enormi pacchetti sottobraccio, frutto di intense ore di shopping con le amiche, o di innamorati che passeggiavano mano nella mano, o di uomini e donne in carriera armati di valigetta e vestiti di tutto punto. Ebbene sì, anche Hermione Granger contribuiva ad ingrandire quella folla, mentre camminava anche troppo lentamente per i suoi gusti, annuendo distrattamente con impercettibili cenni del capo alle interminabili esclamazioni e lamentele dell’uomo che le gesticolava accanto, esponendo risolutamente discorsi che riteneva per lei interessanti e coinvolgenti. Ronald sapeva essere veramente noioso a volte, soprattutto da quando cerca di riconquistarmi, si disse fra sé Hermione, alzando appena gli occhi al cielo e trattenendo un sonoro sbadiglio. C’erano quei momenti – e questo era proprio uno di quelli – in cui le veniva da chiedersi per l’ennesima volta, il perché se lo ritrovasse ancora appiccicato e più “innamorato”, così di definiva lui, di prima. Il loro rapporto si era definitivamente interrotto quando lei frequentava ancora Hogwarts, se non durante le feste a casa Weasley in cui era inevitabile incontrarsi. Ma si limitavano a parole di circostanza e saluti cortesi. Hermione Granger aveva sempre pensato che queste condizioni fossero andate bene ad entrambi. Più tardi si era dovuta ricredere. Ricordò con tristezza i primi tempi dopo aver lasciato la scuola e, di conseguenza, Draco Malfoy. Non si erano più rivisti da quando lei aveva deciso di troncare di netto il futuro che avrebbero potuto costruire insieme. Aveva avuto le sue ragioni, certo, ma ancora non riusciva a darsi pace per il modo in cui era sgusciata fuori da quella relazione, dal loro amore che era stato così intenso, dalla completezza che finalmente era riuscita a trovare. I sensi di colpa l’avevano soffocata strenuamente e, purtroppo, il suo malessere, in qualche maniera a lei sconosciuta, non si era conservato nelle mura del suo appartamento come lei avrebbe voluto, ma era scivolato via, lontano, arrivando ad orecchie le quali non aspettavano altro che quella notizia. Ron si era presentato alla sua porta durante un pomeriggio di fine Agosto, con un mazzo di rose candide in mano. Quando gli aveva aperto, era rimasta interdetta su cosa fare, mentre le lacrime continuavano a solcarle il viso e una morsa d’acciaio non le abbandonava le viscere. Vedendola in quello stato, lui l’aveva abbracciata con una stretta fin troppo possessiva e lei era rimasta immobile, soffocata dal tessuto della camicia di flanella che le circondava le labbra e le narici. Alla fine, però, aveva ceduto, si era abbandonata in quelle braccia forti che continuavano a cullarla. L’unico pensiero che la costrinse a non ritrarsi fu la consapevolezza che Draco Malfoy non sarebbe riapparso magicamente nella sua vita come in una fiaba. Lei aveva preso una decisione e adesso doveva pagarne le conseguenze, cercando di farsi coraggio e andando avanti senza di lui. Senza i suoi occhi, occhi che aveva visto svuotarsi di lacrime e che aveva saputo far brillare. Senza le sue labbra, di cui si era nutrita. Senza il suo volto marmoreo e triste, pallido al chiarore della Luna. Hermione Granger si era sforzata con tutta se stessa di ricreare il suo passato con Ron. Ci aveva provato e riprovato, ogni ora di ogni giorno. Eppure il suo profumo era sempre troppo pungente, la barba troppo ispida, gli indumenti troppo rozzi, i capelli troppo poco curati. Con il passare delle settimane ingoiava sempre più rospi, rospi che in realtà non esistevano. Obiettivamente, lui faceva di tutto per accontentarla in ogni suo capriccio. Le portava la colazione a letto, preparava pranzo e cena, metteva in ordine l’appartamento, le regalava sempre e solo parole gentili e sguardi innamorati. Però c’era sempre qualcosa che non andava in ciò che faceva o diceva. Il pavimento non era spazzato bene oppure la carne era troppo stopposa. Eppure Ronald sopportava, sopportava sempre. Restava in silenzio, abbassando il capo e sussurrando un imbarazzato Scusa, amore. Ma la sua reazione sarebbe stata ben diversa se non fosse stato per il fatto che lui sapeva. Aveva sempre saputo dall’inizio di quella specie di relazione, che l’amore che nutriva per Hermione non era ricambiato. Forse lo era stato un tempo, ma decisamente non ora. Però a lui andava bene anche così. Sapeva godersi i momenti felici che occasionalmente trascorrevano insieme, e questo era il suo più grande pregio. Si poteva definire invece, tutt’altro che pregio la sua incapacità di accorgersi dell’umore altrui. In questo caso, di Hermione. Era da ore che stava farneticando su quanto gli affari con il fratello George non andassero per niente bene, e sul senso dell’umorismo della gente che, a suo dire, si stava via via perdendo.
- Insomma... E’ mai possibile che le persone non sappiano più come ci si diverte? Io al loro posto... -
- Che ne dici se ci fermiamo a prendere qualcosa? – la voce di lei interruppe una volta per tutte quel discorso che si era prolungato per diverse ore ormai, facendo restare Ron con la bocca semiaperta e il respiro mozzato. Hermione lo afferrò per un polso senza aspettare il suo parere e lo trascinò in una graziosa locandina dagli arredi piuttosto semplici ma delicati. Il locale era molto affollato e la coppia si sedette ad uno dei pochi posti liberi rimasti. I due si accomodarono attorno ad un tavolino circolare, ricoperto da una graziosa tovaglietta color crema con al centro un piccolo vaso in terracotta, traboccante di fiori colorati. Ordinarono due burro-birre e cercarono di rilassarsi nonostante il brusio che riempiva la sala. Dopo un paio di sorsi, Ronald ricominciò a parlare di qualcosa che Hermione ignorò completamente, concentrandosi sul suo calice di vetro ancora mezzo pieno. Improvvisamente i suoi sensi scattarono all’erta, e si sentì catapultata ad una decina d’anni prima quando era rimasta in silenzio nella Biblioteca buia, con il libro di astronomia a mezz’aria. Ora come allora avvertiva una presenza, una persona in particolare in quella marea di gente che parlava, rideva, gesticolava. Allungò il collo e passò in rassegna ad una ad una le teste attorno a lei. Nel frattempo, il suo accompagnatore continuava a borbottare qualcosa riguardo al risultato di una recente partita di Quiddich che aveva visto perdente la squadra che lui tifava fin da quando era bambino. Il senso di tutto quel ciarlare doveva essere pressoché questo ad ogni modo. Per niente distratta, lo sguardo di Hermione volava di tavolo in tavolo, di sedia in sedia, di viso in viso, sperando di soddisfare quel sesto senso. Infine la sua attenzione venne attirata da un uomo che aveva appena varcato la soglia e che stava chiedendo un’informazione ad una cameriera. Il cuore cominciò a batterle furiosamente nella cassa toracica, quasi volesse squarciarle il petto. Per un momento ebbe l’istinto di alzarsi e correre verso quella visione. Come non riconoscere quei capelli sottili, quasi bianchi? Come confondere quella carnagione lattea, quel corpo esile e affilato? Ad un certo punto gli occhi di lei trovarono quelli di Draco Malfoy, così inaspettatamente che destabilizzò entrambi. Poi quell’attimo cessò improvvisamente. Una donna bionda e bellissima si aggrappò sorridente al braccio sinistro di lui, rivolgendogli uno sguardo perso, perso d’amore. I suoi occhi grigi restarono solo un altro attimo in quelli di Hermione, abbastanza da mandarla in pezzi. La delusione che vi aveva letto, l’aveva frantumata. Una delusione mista a rabbia e a rimpianti e ad un amore mai veramente spento.
- Herm? Herm, stai bene? Mi ascolti? – Ron le scosse leggermente una spalla e lei si destò da quel limbo, sentendosi quasi risucchiata in una vita che non poteva essere tale senza l’uomo che amava.
- Scusa Ron. Devo... Devo andare adesso. Mi faccio viva io – lo lasciò solo e impotente, mentre la guardava attraversare in fretta lo spazio che la separava dall’uscita. Si abbandonò allo schienale, stanco e amareggiato, scolandosi l’ultimo goccio di birra rimasto sul fondo.
- Non sarà mai mia – disse poi a voce alta, come per consolarsi.  


Angolo Autrice

Ecco il settimo capitolo! :) Spero vi sia piaciuto. In questo caso ( ma ovviamente anche nel caso in cui vi avesse profondamente disgustato ) fatemelo sapere! 
Vostra,

_Ery1999_

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Astoria ***


Astoria

 
Hermione Granger doveva andarsene da lì. Al più presto. Sentiva che i polmoni non rispondevano più, faceva fatica a respirare. Poco prima di varcare la soglia che l’avrebbe riportata all’esterno, urtò un’anziana donna con una pila di giornali della Gazzetta del Profeta strette al petto, che si sparpagliarono inesorabilmente al suolo, frusciando e disperdendosi sotto le sedie. La strega non si curò del danno, limitandosi a scusarsi con uno sguardo desolato. Una volta fuori, immersa nella brezza che andava intensificandosi, le parve di udire alle sue spalle un Maleducata! che si spense immediatamente nel vociare della locanda. Non le importava. Usando la Smaterializzazione si teletrasportò velocemente a due passi dal suo appartamento, salì una rampa di scale, sorreggendosi al corrimano per evitare di cadere, e varcò con impazienza la porta in legno massiccio che teneva affisso il numero “43” su una targa in ottone. Una volta sola e in pace, lasciò che il dolore scoppiasse dentro di lei, bruciando nell’esofago come una cascata di lava incandescente. Cadde in ginocchio sul parquet lucido e cerato, tenendosi la testa fra le mani e conservando nelle palpebre lo sguardo che Draco Malfoy le aveva rivolto poco prima. Uno sguardo che le aveva spezzato il cuore. Non c’era solo delusione in quegli occhi, no, quello avrebbe potuto sopportarlo. C’era l’incertezza, il dubbio, il non essere a conoscenza del motivo della fuga di lei, senza dire una parola, senza scrivergli un biglietto, senza lanciargli un ultimo sguardo d’addio. Niente di niente. In quegli occhi c’erano le notti insonni che lui aveva trascorso rigirandosi nel letto vuoto e freddo, impregnando quelle lenzuola immacolate di lacrime che non riusciva a trattenere. C’era anche il senso di colpa, quel morbo che lo logorava, per non averle mai detto quanto tenesse a lei, quanto amasse il modo in cui si riavviava i capelli dietro l’orecchio o quanto adorasse il suo sorriso, la sua risata armonica. Hermione restò immobile sul pavimento, e pianse. Pianse rimpiangendo tutti i momenti passati con lui - come quando inalava il suo profumo mentre gli accarezzava gentilmente la testa abbandonata sulle sue ginocchia - ma soprattutto quei momenti che non c’erano stati, un futuro che si era perso per sempre ed era impossibile riavere. Il passato la stava uccidendo. Si alzò, barcollando sulle gambe malferme, e si diresse in camera da letto accovacciandosi per prendere una scatola, nascosta sotto le doghe. Tolse il coperchio, con gli occhi che le brillavano dall’emozione, e ne estrasse un rettangolino bianco e nero. Una foto che aveva scattato anni fa, ad Hogwarts, qualche mese prima di partire. Lei, sorridente, infagottata in un cappellino di lana e in una sciarpa a strisce rosso e oro, e Draco accanto a lei, con un ciuffo biondo a coprirgli parte dell’occhio destro. Draco Malfoy non era molto fotogenico, a dire il vero. Da come gli era stato insegnato – e così anche in ogni altra ricca famiglia Purosangue – non sorrideva mai di fronte all’obiettivo. Gli aristocratici erano abituati a seguire pose ben precise, aveva raccontato una volta ad Hermione. Se in piedi, le braccia dovevano ricadere lungo i fianchi; se seduti, in grembo. Il viso doveva restare freddo, lo sguardo indifferente, le labbra mute ed immobili. Eppure, con grande stupore di lei, in quella foto Draco sorrideva. O meglio, atteggiava l’espressione a ciò che poteva essere considerato un sorriso. Aveva arcuato leggermente l’angolo della bocca verso l’alto, e gli occhi scintillavano di gioia. Le si strinse il cuore quando il ricordo di loro due abbracciati fra le foglie secche, un attimo prima dello scatto, le riapparve vivido alla memoria.
- Eravamo così felici... – un’ultima  lacrima solitaria le solcò la guancia, scivolando rapida verso il mento. Si affrettò ad asciugarla prima che si infrangesse sulla foto che teneva ancora stretta fra le mani, mentre l’accarezzava con tenerezza. Come aveva potuto cancellare quello che c’era stato tra di loro, così, senza nemmeno fargli sapere in qualche modo della sua partenza? Cosa aveva dovuto provare lui, rendendosi improvvisamente conto che lei era sparita per sempre dalla sua vita? Hermione non era mai stata una vigliacca. All’epoca, aveva pensato che partire senza lasciare traccia fosse la decisione più saggia da prendere, il modo meno doloroso possibile per affrontare quella separazione che avrebbe distrutto entrambi. Si rese conto solo in quel momento di quanto fosse stata egoista e irrispettosa. Con quel gesto aveva gettato al vento il loro amore, in un passato che non sarebbe più potuto ritornare a causa della sua scelta. Colta da un tremendo attacco di gelosia, le venne in mente la donna bionda aggrappata al braccio di Draco. Lo sguardo e il sorriso paradisiaco che gli aveva rivolto. Lui le aveva sorriso a sua volta ma gli occhi erano rimasti spenti. Hermione si sentì in qualche modo sollevata. Oh, ricordava perfettamente le sensazioni che provava quando lui la guardava. Nessuno l’aveva mai fatta sentire così. Ogni volta, sembrava volesse imprimere nella mente ogni cellula del viso di lei, ogni capello, ogni grinza delle labbra. Faceva scorrere l’indice lungo tutto il suo corpo, provocandole dei brividi, partendo dalle dita, risalendo lungo il polso, e poi su, incontrando il tessuto della maglietta – Draco riusciva a riconoscere ad occhi chiusi gli indumenti di lei – fino ad arrivare all’incavo del collo, dove si soffermava a lungo, facendole socchiudere appena le palpebre, ed infine le dita di lui si perdevano in quella chioma scura e ribelle, dove conficcava le unghie traendola a sé per baciarla. Un’ondata di nostalgia la travolse, facendole girare la testa, costringendola a sdraiarsi un attimo. Si sentiva stanca e divorata dai rimorsi. Senza accorgersene cadde in un sonno profondo, con quella foto testimone dei suoi ricordi ancora stretta fra le mani.

Draco Malfoy cammina nervosamente per le vie di Londra, rese calde dal Sole e rumorose dalle persone che vi si soffermano a chiacchierare. La donna accanto a lui non fa altro che indicare vetrine e negozietti d’alta moda, prendendo in considerazione ora questo, ora quel vestito.
- Tu che dici? – Astoria si volta verso di lui, indicando con l’indice un abitino bianco dall’altra parte della strada. Lui non sa cosa risponderle, sta pensando a tutt’altro.
- Ti starebbe benissimo – dice prontamente con nonchalance facendola sorridere. Era proprio ciò che voleva sentirsi dire. E’ una di quelle donne schifosamente ricche e affascinanti, abituate ad avere tutto e subito senza curarsi del resto. Attente al proprio aspetto, perché l’unica cosa che conta davvero per loro è l’apparenza, una maschera che sanno portare divinamente di fronte alla società e che sono restie a togliere. Fanno di tutto per essere impeccabili in qualunque occasione, così da risultare sempre al centro dell’attenzione. Lei, ad esempio, ama sentirsi invidiata dagli altri. Quando alle feste nota le altre donne che le guardano lo spacco del costosissimo vestito che indossa, o i numerosi diamanti sulla borsetta rigorosamente abbinata a scarpe e gioielli. E’ nata per essere costantemente sotto ai riflettori, e ama la propria vita alla follia per questo. Come si potrebbe darle torto? Eppure tutti i soldi del mondo non comprano l’amore. Draco Malfoy spesso la guarda e paragona i suoi modi di fare a quelli di Hermione Granger. La osserva mentre ripassa continuamente il trucco sul suo bel viso, tingendosi le labbra di un rosso fuoco o calcando i grandi occhi azzurri di un nero pece. Ascolta la sua risata, mai veramente allegra e libera, soffocata da una mano candida davanti la bocca. Certe volte, quando la sente respirare debolmente accanto a lui nel letto, è tentato di svegliarla e chiederle di andarsene, di sparire, di lasciare quel Maniero che avrebbe dovuto accogliere non lei, bensì un’altra donna. La stessa donna che Draco ama tuttora alla follia e di cui ha dovuto imparare a fare a meno, una mattina, senza sapere né come né perché. E’ sparita lasciandolo logorato e vuoto, sempre più arrabbiato con se stesso e con il mondo, sempre più ubriaco dopo aver trascorso l’intera notte nelle osterie. Ora però cerca di non pensarci, non vuole soffrire ancora per lei dopo così tanto tempo, adesso che è finalmente riuscito a ritrovare un equilibro in quella vita. Quella vita in cui lei ha lasciato un baratro incolmabile.
- Amore, ho caldo. Perché non entri e chiedi se c’è posto? Vedo tanta gente da qui – la domanda che Astoria gli ha appena posto non è di certo una richiesta, no. E’ un ordine. Un ordine dettato con voce gentile e capricciosa, da principessina viziata. Ma Draco si sente troppo stanco per litigare, così la lascia sola e si avvia verso un locale stracolmo di gente. Appena varca la soglia, viene sopraffatto dall’allegro chiacchiericcio che infesta la sala, dalle teste e i volti dei clienti che ridono, discutono, si agitano sulle sedie bianche. Ferma una cameriera e le domanda gentilmente se è rimasto un tavolo libero per due. La giovane si guarda in giro con aria spaesata e gli chiede di aspettare un momento. Lui annuisce e rimane in piedi, controllando spazientito l’orologio affisso alla parete. Sono le 13.07. Vorrebbe soltanto tornarsene a casa, da solo, e immergersi nella vasca da bagno colma fino all’orlo di acqua bollente. Sente il mal di testa pulsargli nelle tempie. Volta lo sguardo annoiato senza un vero e proprio motivo, e in quel momento il suo cuore perde un battito. Non può essere lei la donna che lo sta fissando così intensamente, pochi tavoli più in là. No, non è possibile. E’ la sua mente che, a causa del dolore, gli sta tirando brutti scherzi. Invece sì, è proprio Hermione Granger, con quei capelli ricci e crespi, le guance arrossate dal caldo, le labbra leggermente schiuse. Non è cambiata affatto, pensa in quel momento Draco Malfoy. Sempre la stessa espressione saccente e lo sguardo così vivo e brillante. Si perde per un attimo in quegli occhi scuri. E tra di loro, scorre tutto ciò che non hanno potuto dirsi a parole in questi anni che li hanno visti separati. Lui vede i rimorsi che la stanno torturando da quando lo ha lasciato, gli incubi che ogni notte l’assalgono e le fanno gridare invano il suo nome, la speranza che ciò che si è perso possa essere ricostruito, adesso, in questo preciso momento. Addirittura gli sembra che lei voglia alzarsi e corrergli incontro, ma improvvisamente questa sensazione sfuma. Gli occhi di Hermione vengono oscurati da un’ombra. Quasi contemporaneamente sente Astoria che gli piomba addosso, abbarbicandosi al suo braccio sinistro come una scimmia ad un ramo. Gli sorride di un sorriso falso, uno di quelli che sfoggia sempre quando vuole che la accontenti per qualcosa. Gli stessi che usano i bambini dopo aver combinato qualche casino, grazie ai quali sperano di non essere sgridati dai genitori. Draco ricambia il sorriso, facendole capire immediatamente che non ha né tempo né voglia per soddisfare i suoi capricci, e nel frattempo sente per lei un odio profondo nascergli nel ventre e risalire fino alla gola. Lancia un ultimo sguardo ad Hermione, che adesso sta parlando con quel rompiscatole di un Weasley, prima di essere trascinato nuovamente fuori, mentre Astoria lo prega e lo implora, indicando una collana di rubini che, a dire di lei, non è affatto troppo costosa. Lui cerca di mantenere la calma, per evitare di mollarle un ceffone o di schiantarla con un incantesimo.
- Bene, comprala tu allora – non gli importa di essere stato sgarbato. Le dà le spalle e spera di ritrovare tra la folla il viso della donna che ama. Ma ben presto si rende conto che il suo cercare è inutile. Lei è già sparita. Draco ignora le urla isteriche alle sue spalle e, scosso dalla rabbia, si materializza nel giardino del suo Maniero. Non resiste alla tentazione di un bagno caldo e, immerso fino al collo nell’acqua fumante, sente ancora come tatuato sulle palpebre lo sguardo di Hermione Granger. Uno sguardo carico di desiderio.  


Angolo Autrice

Ecco finito l'ottavo capitolo! Diciamo che ho voluto scrivere lo stesso incontro ma dal punto di vista di Draco. Spero vi sia piaciuto... Se potete, commentate per favore.
Un bacio,

_Ery1999_

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Diluvio ***


Diluvio

 
I giorni si susseguirono rapidamente, ritornò il freddo e la pioggia, Londra cadde inesorabilmente in un Autunno desolato e nebbioso. Draco Malfoy, per quanto si sforzasse, non riusciva a non pensare a quell’incontro – se così si poteva definire – con Hermione Granger alla locanda. Quello sguardo penetrante che le aveva rivolto e che aveva ricevuto a sua volta. Ora, la consapevolezza di averla così vicina, dopo tanti anni, dopo tanto dolore, dopo tante lacrime versate, lo schiacciava come un macigno. Lo calpestava quasi fosse un insetto insignificante. In un primo momento, aveva provato a mettere in moto l’orgoglio. Dopo quello che gli aveva fatto passare si aspettava forse che lui le sarebbe corso incontro come un ragazzino innamorato, mandando all’aria tutto il resto? Tutto il resto cosa?, si chiese poi, analizzando la sua vita attuale, traboccante di soldi ma condivisa con una donna di cui non era innamorato e di cui mai avrebbe potuto esserlo. Finalmente lui ed Hermione avrebbero avuto l’occasione di rincontrarsi, di chiarirsi, di amarsi. Voleva davvero rinunciare a tutto questo per il suo orgoglio? Gli ci volle un attimo per rendersi conto di quanto tutti quei pensieri fossero assolutamente inutili e sciocchi. Doveva trovarla, doveva assolutamente parlare con lei una volta per tutte. Per porre fine a quella matassa di domande senza risposte che marcivano dentro di lui come un cadavere in putrefazione. Sgusciò silenziosamente dalla camera da letto per non svegliare Astoria e si sedette in salotto, la fronte corrugata e gli occhi vuoti. Si perse nel vetro dell’ampia finestra dinnanzi a lui, sul quale si infrangevano piccole e infinite goccioline in una melodia scrosciante, rivoli d’acqua che nascevano e morivano ininterrottamente. Stupidamente, si domandò se anche lei, in quel preciso istante, non si trovasse di fronte a tale spettacolo, beandosi di quella pace. Si riscosse, cercando di riorganizzare le idee. Tutti, nella Londra Magica,  conoscevano – anche solo per fama – Hermione Granger. Era una dei Magiavvocati più brillanti della città, se non la migliore in assoluto. Inoltre, sangue puro o meno, aristocratici e nobili la richiedevano spesso perché sapevano che, per accaparrarsi una vittoria assicurata, bisognava rivolgersi a lei. Non gli fu difficile quindi, dopo aver contattato un paio fra le sue innumerevoli conoscenze, scoprire dove e quando avrebbe avuto un’udienza quella mattina. Ora non gli restava altro che aspettare. Il calore della doccia lo ristorò. Chiuse gli occhi percependo piccole lame bollenti sui capelli e sulle spalle. Si rilassò, cercando di non pensare a chi avrebbe rivisto tra poche ore. Lo scorrere del tempo parve accelerare, i minuti e le ore si accavallarono in fretta, mentre il diluvio fuori non cessava, continuando ad imperversare su ogni cosa, come un guerriero in battaglia. Draco Malfoy si ritrovò nell’ingresso, ad appianarsi nervosamente il colletto della camicia, l’ombrello stretto in pugno come un’arma. Mentre si apprestava ad uscire, il cuore cominciò a battergli furiosamente in petto, l’emozione lo colse di sorpresa, facendogli mancare il respiro. L’euforia di quel momento sfumò d’improvviso quando una voce alle sue spalle, cristallina e arrogante, lo raggiunse.
- Dove vai? – Astoria Greengrass  sostava pigramente sulle scale in marmo, le dita appoggiate al corrimano con leggerezza, stupenda e sensuale nella sua vestaglia di seta color crema. Ma Draco Malfoy non degnò di uno sguardo la profonda scollatura che lasciava intravedere i seni nudi o lo spacco all’altezza della coscia che metteva in mostra le gambe bianche e perfette.
- Sto uscendo – rispose semplicemente, cercando di evadere al più presto possibile da quella conversazione scomoda.
- Lo vedo. Ti ho chiesto dove stai andando, infatti – Draco pensò a tante cose in quel momento, mentre una risposta muta aleggiava fra di loro e l’impazienza di lei cresceva. Non si erano mai amati. Anche se i loro passi e le loro voci si confondevano ogni giorno in quel Maniero, e la Luna era stata tante volte testimone dei loro sospiri. Anche se Astoria era stata l’unica che era riuscita, certo, a modo suo, ad alleggerirgli il peso che portava sul cuore dopo Hogwarts. L’unica che lo aveva consolato quando l’aveva sentito piangere, vegliato quando urla disumane avevano squarciato il buio mentre gli incubi lo assalivano. Però – nella vita c’è sempre un però – Draco Malfoy sapeva perfettamente che Astoria non si sarebbe di certo presa tanto disturbo se lui non fosse stato ricco e nobile, purosangue e con un’antica discendenza reale custodita nelle vene. Eppure c’era complicità fra di loro. E soprattutto rispetto. Proprio per questo, nonostante ogni volta che facevano l’amore, sotto di sé immaginasse i capelli e il volto e il corpo di un’altra donna, non riuscì proprio a mentirle.
- Sto cercando una persona – negli occhi di lei non balenò nemmeno per un secondo un qualunque stralcio di stupore. Lo lasciò andare in silenzio, risalendo al piano di sopra con una compostezza raggelante. Nonostante tutto, Draco le fu grato. Non avrebbe potuto sopportare una scenata di gelosia da parte sua, non in quella circostanza, quando la sua mente era già proiettata altrove, confusa nella pioggia.

L’imponente orologio del campanile scoccò dodici rintocchi, che si persero nel fruscio impetuoso del vento. Un’ombra aspettava pazientemente sotto un portico, cercando di ripararsi dalla tempesta. Il portone in legno massiccio del Tribunale si spalancò, liberando dal suo ventre una marea di uomini e donne, fuggevoli nei loro impermeabili umidi. Ci fu un fuggi fuggi generale fra ringraziamenti e saluti, passi nelle pozzanghere e rumori di ombrelli che venivano frettolosamente schiusi. Solo una donna rimase tranquilla sotto la pioggia, senza preoccuparsi minimamente dei vestiti e dei capelli completamente fradici e gocciolanti. Hermione Granger si fermò nel bel mezzo della piazza, gli occhi chiusi e il volto pallido all’insù, verso il cielo. Sembrava volesse fondersi in un tutt’uno con il temporale, essere parte integrante di quell’acqua distruttiva che purificava tutto ciò su cui si abbatteva. Draco Malfoy quasi iniziò a correre davanti a quella visione. Gli sfrecciarono nella mente infinite immagini sfuocate di ricordi altrettanto sfuocati. Il loro primo incontro in Biblioteca, la notizia della malattia di Lucius, la sua morte, il loro primo bacio. E poi, la fine della scuola, quella passeggiata estiva in un prato ristorato dal Sole, la preghiera che le aveva rivolto, un futuro ridotto in frantumi, la partenza di lei, il dolore dell’incertezza. Ad un tratto quel treno in corsa si fermò, lasciando spazio a qualcosa che lo pervase, facendo sparire ogni sofferenza, ogni paura. Il sangue dentro di sé parve rallentare quando il profumo delicato di lei gli penetrò le narici. Un odore di casa e solitudine. Un odore che amava alla follia. Le arrivò alle spalle senza far rumore e la afferrò saldamente per le spalle, facendola sussultare.
- Ci si rivede, Granger – le sibilò all’orecchio, mentre un ghigno si dipingeva sul suo volto. Sarebbe stato troppo strano, infinitamente strano per loro due, chiamarsi Amore in quel momento. No. Lui voleva che capisse che non era cambiato. Che era ancora lì, per lei. Hermione si girò lentamente, quasi temesse che quello fosse solo un sogno, frutto sadico della sua immaginazione perversa e distrutta, delle sue speranze mai realizzate. Si guardarono senza sapere cosa dire o cosa fare, solo una muta promessa negli occhi che gridava forte, arrivava lontano, oltre il boato dei tuoni. Non si sarebbero persi ancora. Un tonfo sordo si perse nell’aria e l’ombrello rotolò lontano sulla pietra. Non si curarono della pioggia che picchiava selvaggiamente sui loro volti già fradici, o sulle persone che li osservavano dalle finestre. Il mondo scomparve nello stesso istante in cui le loro labbra si congiunsero e le loro lingue si cercarono. Draco le artigliò i fianchi con le unghie ed Hermione lo attirò a sé tenendolo stretto per la nuca. Non si erano mai baciati così. Si staccarono solo quando furono sazi e senza fiato, ansimanti e stremati. L’ombrello venne dimenticato, abbandonato come un cane randagio sul ciglio della strada, le loro dita si intrecciarono e un ultimo sguardo sigillò la promessa. Il diluvio però non badava a loro. Si limitò ad osservarli di sottecchi mentre partoriva altri lampi.   


Angolo Autrice

Mi scuso ancora una volta per l’enorme ritardo nell’aggiornare, ma spero che l’attesa sia valsa la pena. Draco ed Hermione si ritrovano finialmente dopo tanto tempo... Se vi va, fatemi sapere che ne pensate. Ovviamente, le critiche sono ben accette.
Un bacio,

_Ery1999_

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Ti amo ***


Ti amo


Il vento ululava forte al di là di quella birreria semi vuota, quasi volesse farsi sentire, ricevere attenzione. Allungava le sue mani invisibili attraverso il legno, penetrandolo con un fischio sordo che si perdeva nel tepore circostante. Il fuoco ardeva tranquillo nel caminetto di pietra, divorando con ingordigia le braci già consumate. Un cameriere ed un barista oziavano annoiati appoggiati al lungo bancone in quercia, chiacchierando e maledicendo il temporale che stava facendo perder loro un sacco di clienti. Speravano spiovesse quanto meno per l’ora di cena. Erano troppo presi nei loro discorsi per badare alla coppia entrata poco prima, che ora sedeva ad un tavolino piuttosto isolato in fondo alla sala. Ma anche se avessero voluto, non sarebbero riusciti a cogliere nemmeno una parola di quanto Draco Malfoy ed Hermione Granger si stavano dicendo. Solo bisbigli soffocati e rapidi sorsi di burrobirra dagli alti bicchieri in vetro.
- Come hai fatto a trovarmi? -
- Questo non ha importanza. Sai di cosa voglio parlare – il silenzio cadde su di loro come un mantello di neve. Lui la guardò come non aveva mai fatto prima. Con occhi impazienti di sapere, una morsa alla bocca dello stomaco che lo aveva torturato per tutti questi anni.
- Ho pensato che... fosse la soluzione migliore per tutti e due – Hermione ricalcò segni invisibili sul suo avambraccio sinistro, e si rese conto immediatamente di quanto quelle parole fossero state sbagliate. Draco restò immobile, mentre cercava con disperazione di controllare una forza inarrestabile che sentiva propagarsi dentro di lui come un’onda durante un maremoto. Avrebbe voluto alzarsi in piedi e ribaltare il tavolino, prendere a calci le sedie, urlarle in faccia quanto fosse stata stupida ed egoista, picchiarla selvaggiamente. Però sapeva che in questo modo l’avrebbe persa per sempre. Ed era l’ultima cosa che desiderava. Eppure, vedendo che lei non ricambiava nemmeno il suo sguardo, si sentì devastato e stanco. Profondamente deluso. Gli sembrò di essersi illuso per qualcosa che in realtà non esisteva più. Non ebbe neanche la forza di risponderle. Aveva solo voglia di scomparire e far tacere quella debolezza che improvvisamente lo aveva colto. Sospirò stringendo spasmodicamente la seta dei pantaloni, facendo sbiancare le nocche. Scostò la sedia e si alzò lentamente. Ti odio, avrebbe voluto dirle, o forse Ti amo.
- Malfoy! – si era allontanato di qualche passo quando la voce di lei lo fece sobbalzare. Era chiara ed energica, quasi arrabbiata. Lui non si girò, non accennò il minimo movimento. Si fissò le scarpe fuggendo gli sguardi sbigottiti del barista e del cameriere che saettavano da lui alla ragazza alle sue spalle.
- Cosa vuoi che faccia... – non era una domanda. Sembrava quasi un’implorazione, una preghiera sussurrata appena. Hermione rimase a fissarlo con occhi sbarrati di sorpresa. La schiena leggermente incurvata e le labbra appena schiuse. Si perse nei suoi, nei loro ricordi come la sabbia del deserto si perde nel vento di una tempesta. Ripensò alla prima notte in Biblioteca, al loro primo bacio, alla fine della scuola, al perenne vuoto che si propagava dentro di lei da quando lo aveva lasciato, alla mattina nella locanda, al senso di colpa che aveva provato quando gli occhi di lui l’avevano devastata, ai loro corpi fradici sotto la pioggia, al tonfo dell’ombrello sul marciapiede. E ora lui era lì, lì con lei, dopo così tanti anni. Le chiedeva cosa volesse che facesse, le poneva la sua vita in mano, pronto ad accettare se avesse voluto distruggerla o salvarla. Se avesse voluto abbandonarlo ancora una volta o amarlo incondizionatamente. Si destò da quel momento irreale e lo guardò intensamente. Fece scivolare i suoi occhi scuri e umidi sulla linea delle spalle di lui, rigida, sul viso leggermente inclinato, sullo sguardo fisso sul pavimento impolverato. Una consapevolezza che possedeva da sempre o che forse non aveva mai posseduto la colpì irradiando dentro di lei una luce nuova e meravigliosa. Le sembrò quasi di sentire lo scoccare di una freccia che centrava un bersaglio. Non avrebbe potuto amare nessun altro come amava lui, nemmeno lontanamente. Neanche in un futuro remoto, in un’altra vita. Draco Malfoy era la completezza della sua vita, era l’oasi di ristoro nell’afa soffocante, era il fuoco bruciante in un inverno gelido. Anche se senza di lui non sarebbe morta, avrebbe continuato a trascinarsi in un’esistenza pateticamente vuota e inutile. Lui era il senso. Lui era la pace. Hermione ignorò quanto tempo fosse passato da quando la pioggia aveva smesso di cadere e da quando una comitiva di turisti si fosse accomodata dall’altra parte della sala, accompagnata da un fastidioso e euforico chiacchiericcio. Fece appena in tempo a notare la figura sottile e affilata di Draco Malfoy che scompariva dal locale, sgusciando silenziosamente attraverso la porta in legno a due ante, prima che il cameriere le si avvicinasse. Le chiese se volesse un’altra burrobirra, afferrando il calice vuoto e guardandola con un misto di timore e compassione. Lei scattò in piedi senza nemmeno darsi la pena di rispondergli, lasciò una manciata di galeoni sul bancone e sfrecciò dalla birreria stringendosi nella giacca a vento per il freddo. Poi, cominciò a correre.
I suoi passi affondavano nelle pozzanghere, il vento, più rabbioso che mai, le sferzava il viso, le intorpidiva le dita, si insinuava liberamente fra i vestiti provocandole brividi su tutto il corpo. Ma ad Hermione Granger non importava. Le sembrò quasi di volare tanto avanzava velocemente, si sorprese di non aver travolto nessuno di quei passanti che facevano appena in tempo a scansarsi prima di imprecare e rimproverarla in modi più o meno pacati. Ad un certo punto si chiese come fosse possibile che Draco Malfoy le risultasse così lontano nonostante quella corsa sfrenata, mentre le appariva sempre più vicina, il cuore in petto sempre più tachicardico. Non aveva fiato nemmeno per gridare il suo nome. Continuò ad incedere, urtando ora una mano, ora un fianco, ora una spalla, di sconosciuti che la divoravano con occhi famelici di indignazione e sgomento. La sua attenzione restava ferma su un completo nero che si confondeva tra la folla. Una giacca i cui lembi svolazzavano appena, due braccia esili che ricadevano lungo i fianchi, le mani strette a pungo come sfogo dal nervosismo, capelli quasi bianchi che venivano nervosamente riavviati all’indietro. Per un momento, temette che le gambe avessero ceduto alla stanchezza, che non ce l’avrebbe fatta a raggiungerlo, che l’avrebbe perso ancora, per sempre, e quel pensiero la soffocò, lasciandole un sapore di bile in gola. Ma fu solo un attimo. Poi, si rese conto di averlo  raggiunto e lo strattonò con forza verso di sé. Draco Malfoy rischiò quasi di cadere, rimase interdetto, sorpreso e con una rabbia opaca nelle iridi. La mascella contratta.
- Sei un idiota – gli disse, tenendo le sopracciglia aggrottate, ansimando per la fatica. Si avvicinò di un passo, con un’energia nuova e impaziente, affamata, facendo combaciare le loro bocche, saziandosi del suo sapore. Sentì le labbra di lui storcersi in un ringhio, i denti a torturarle le labbra gonfie, le lingue confondersi. Si staccò, abbastanza lontano da poter pronunciare due parole che le premevano in petto, abbastanza vicino da sentire il suo alito caldo sulla pelle arrossata.
- Ti amo – quel sussurro provocò un’esplosione tanto bruciante quanto immensa, un’esplosione che nemmeno il più potente degli incantesimi sarebbe stato in grado di ricreare. Gli occhi di Hermione Granger cercarono quelli di Draco Malfoy e vi scovarono un Sole che da anni era rimasto spento, un fiore appassito e ora nuovamente rinato. Sentì sulla propria fronte la pressione di quella di lui, la stretta sui fianchi e sulla schiena. Desiderò di vivere in eterno in quell’abbraccio d’amore. Vorticarono insieme verso l’alto, e di loro rimase solo l’eco di un fruscio. Si materializzarono su un prato morente, attorniati da alberi stanchi che li scrutavano come vecchi chinati su un neonato. Lui la prese per mano e la condusse su una panchina poco lontano, si sedettero e solo allora lei riconobbe quel posto, custode di lacrime amare e di una preghiera mai esaudita. Una promessa e un futuro che pian piano riprendevano colore, che da quel momento in poi avrebbero potuto risorgere dalla ceneri dei loro ricordi. Draco le prese le mani e la inchiodò con un grigio brillante che aveva perso ogni traccia di esitazione.
- Resta con me – le ripeté come tanti anni prima, ma con più ardore stavolta, con più pretese, con più speranze. Lei gli gettò le braccia al collo in un impeto di stupida euforia e quasi percepì il cuore imploderle nel petto mentre affondava il viso nella camicia di lui. Le risultò impossibile trattenersi.
- Ti amo – disse ancora. E quando, alzando gli occhi, lo vide sorridere di un sorriso bianco e luminoso, si sentì scoppiare. Quel sorriso le fece quasi male tant’era perfetto.          


Angolo Autrice

Ecco finita la mia fic. Spero che l'ultimo capitolo non vi abbia deluso e sia valsa l'attesa. A questo proposito mi scuso per l'enorme ritardo ma, sapete, è estate! Ringrazio chi ha seguito,  messo nelle preferite, nelle ricordate, recensito o anche semplicemente odiato questa ff. Se vi va lasciatemi un commentino.

_Ery1999_

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1842845