The rag doll

di AllisonD95
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Uno ***
Capitolo 2: *** Due ***
Capitolo 3: *** Tre ***
Capitolo 4: *** Quattro ***
Capitolo 5: *** Cinque ***



Capitolo 1
*** Uno ***


Dopo chissà quanti squilli, anche la sveglia si rifiutò di continuare, questo contribuì al mio ritardo se non per mia zia, che catapultò in camera, esattamente come un leone che aveva appena avvistato la sua preda.
"Allison diavolo, ti vuoi alzare!" gridò a squarciagola.
Mi svegliai di soprassalto, nascosta e protetta da un esercito di cuscini, mi limitavo a osservare quel felino sulla soglia della porta che ringhiava.
Non fiatai, aspettando che si allontanasse, dopo di chè mi alzai di scatto, infilai la prima tuta che mi capitò tra le mani e andai in bagno a lavarmi in fretta e furia.
"Allison!" il mio nome veniva continuamente ripetuto da Katy, mia zia, questo aumentava la tensione.
Se non fosse che dovevo solo andare a scuola, poteva benissimo passare per un film comico in bianco e nero.
Mi avventai sullo zaino per afferrarlo e scendere le scale per uscire, quando notai che era vuoto.
Nemmeno la cartella la sera prima ero riuscita a preparare.
Rassegnandosi che la giornata sarebbe stato un continuo rimprovero da parte dei professori per il materiale dimenticato, misi dentro qualche quaderno nuovo e l'astuccio, sistemando velocemente la stanza.
"Allison!" ancora una volta e sarei andata dall'anagrafe per cambiare nome, così sarebbero stati risolti tutti i problemi.
Scendendo le scale la sentivo borbottare qualcosa sul fatto che era più semplice quand'ero piccola, che adesso doveva fare tutto lei e che era impossibile sopportare tutto.
In fondo non aveva tutti i torti, di sangue era mia zia, ma di fatto era stata mia madre per tutto questo tempo.
Io venni affidata a mia zia appena nata e da allora, nessuno ne parlò più.
Tutte le volte che, Katy aveva cercato di introdurre il discorso, avevo tagliato corto dicendo che non avevo alcuna intenzione di conoscere i miei genitori, facendo così gelare il sangue a Katy, dato che teneva tanto a una riappacificazione.
Ma io no, perchè mai avrei dovuto desiderare tanto conoscere chi mi aveva abbandonata?
Non c'erano scuse, avevo visto un sacco di volte madri sacrificarsi e affrontare situazioni impossibili solo per amore dei figli, quindi a mio parere i miei genitori sono solo dei codardi.
Una volta tentarono anche di mettersi in contatto, con una telefonata, giusto per finire il quadro di vigliaccheria.
Nemmeno faccia a faccia, no, con una telefonata.
Ma fù una telefonata breve, a dir poco insospettabile, appena risposi chiesi chi fosse e dall'altro capo chiesero di un nome, che già conoscevo.
"Diana?"
Diana era il mio vero nome, poi cambiato, esattamente per aiutarmi con un cambio d'identità.
Mi ricordai ancora di come il mio volto si contrasse in una smorfia di disgusto, di come se n'erano andati senza chiedermi il permesso, come se si potesse tornare dal momento all'altro, così, semplicemente chiedendo un nome.
"Ha sbagliato numero" fù la risposta, e riattaccai.
Questo bastò per fargli capire che non volevo alcun contatto con loro, e loro capirono.
A sottrarmi dai miei pensieri, c'era Katy che continuava a borbottare, quindi pensai che era meglio far colazione fuori, gli sarebbe passato nel pomeriggio.
La sautai senza tanto sforzo avviandomi fuori.
"Allison!" l'idea dell'anagrafe intrigava sempre più.
"Cosa?" girandomi già fuori casa.
Katy senza fiatare alzò il sacchetto con dentro il pranzo, invitandomi a prenderlo "Muoviti!"
Per lo meno avevano saputo affidarmi bene.
Corsi a prenderlo, baciandogli la fronte e una volta e per tutte mi avviai a scuola.
Cominciai a camminare velocemente, io che ero sempre stata sgridata dalle mie amiche per il camminare veloce, e lasciarle sempre indietro.
Ero alta un metro e settantasei, avevo una carnagione color avorio e dei capelli lisci castano scuro, quasi neri che arrivavano al petto.
Mentre mangiavo la strada mi guardai attorno, osservando forse per la prima volta quel paesaggio a me sconosciuto.
Sconosciuto perchè ancora una volta mi era toccato cambiare scuola, per motivi che nemmeno chiesi a Katy, mi fidavo di lei e basta.
Se per lei era stato importante cambiare città, vuol dire che era giusto così, nel frattempo avrei provato ad amare quel posto, con solo marciapiedi grigi, case su case e fabbriche ovunque ormai fallite.
Sembrava più un posto dimenticato da Dio ma avevo imparato a non affezzionarmi a nessun luogo.
La scuola per fortuna non distava tanto, ma avrei voluto restare ancora più tempo da sola prima di affrontare chissà che maniacale regolamento, perchè si, andare a scuoa significava solo recitare a memoria un copione.
Entrando, notavo ragazzi e ragazze correre su e giù facendo un gran chiasso, armadietti che si chiudevano sbattendo e persone che si salutavano calorosamente per affrontare assieme un nuovo anno.
Che bel quadretto scolastico, pensai, peccato che è tutto finto.
A sollevarmi, c'era il pensiero che lei non doveva fingere, non doveva esser contenta di vedere nessuno, perchè non conosceva nessuno.
L'unico gesto eroico che feci fù andare in segreteria per la chiave dell'armadietto la quale non dovevo ancora depositarci niente, dato che non mi ero portata niente e avviarmi alla classe a me comunicata.
Entrando in classe notai che avevano già tutti cominciato la lezione e quindi adesso la stavano osservando tutti.
Una donna matura abbastanza in sovrappeso, con capelli biondo cenere mischiati ai suoi bianchi della ricrescita, spenti e crespi mi stava squadrando come un robot, per vautarmi o giudicarmi.
Teneva in mano un libro e stava scrivendo strane cose alla lavagna chiamate equazioni.
Non aveva importanza se dovevo passare un anno con quella cosa che mi stava fissando, già la odiavo.
"Signorina Deilor, ha presente che ore sono?"
"Mi dispiace" dissi dirigendosi all'unico banco vuoto mentre evitavo il suo sguardo e mettevo in recita un viso dispiaciuto.
"Mi dispiacerà a me a fine anno" disse infine 'la cosa'.
L'anno era appena iniziato e avevo già contro la professoressa di Matematica, mi domandavo cosa avrebbe fatto quando dai suoi compiti avrei sfornato solo una marea di quattro e cinque, la tattica 'arruffianamento' si era dissolta in meno di trenta secondi.
La cosa si rivoltò a scrivere quelle strane cose alla lavagna, ed io in qualche modo glie ne fui grata.
Mi sedetti affianco a un tizio che non avevo ne voglia ne coraggio di guardare in faccia per salutarlo e rimasi sorpresa.
Era la prima volta che all'inizio dell'anno, in una classe un nuovo alunno non venisse presentato, ne ero felice ma ciò metteva in dubbio su che razza di scuola fosse.
Ma come non detto, la cosa pensò di rovinarmi la sorpresa.
"Voglio che le svolgiate tutte entro domani senza fare ritardo come la vostra compagna Allison Deilor, americana e al quanto distratta oserei dire" guardai in basso per evitare qualche sguardo di troppo.
Detto ciò prese la sua roba e uscì fuori, erano già le nove, non mi ero resa conto di quanto in ritardo fossi.
Probabilmente mi aveva lasciata entrare solo per onore del primo giorno scolastico.
Guardando la lavagna vedevo un ammucchio di numeri, segni e lettere messe a caso che dovevo svolgere entro domani, che forse, invece che ritardo, mi sarei assentata direttamente.
"Le sai fare?"  chiese il ragazzo affianco, la quale era l'ultima persona con cui volevo dialogare in quel momento.
"Eh, che ci vuole!" dissi con sarcasmo.
"Se vuoi dopo scuola ti do una mano"
"Beh io.."
"Andiamo, sto solo cercando di socializzare, non è facile quando si è nuovi.. dico bene?"
Lo guardai per la prima volta "Sei nuovo?"
"Esattamente come te, allora, andata?"
"Andata" distrattamente cominciavo a copiare quelle cose alla lavagna.
"Lascia, ora c'è diritto, se ti vede con matematica ti rovini l'anno definitivamente" ridacchiò "oggi poi te le faccio copiare"
"Si.. Grazie"
"Comunque piacere, Thomas Robinson"
"Allison Deilor"
 

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Capitolo 2
*** Due ***


Vedevo tutto sfumato, non riuscivo più a tenere gli occhi aperti, i discorsi dei professori erano solo una dolce ninna nanna sulla quale io mi cullavo.
"DEILOR!" gridò la professoressa, sobbalzai di scatto vedendo che tutti mi guardavano "Può tornare nel mondo reale?".
Era la seconda figuraccia oggi, proprio questa giornata non voleva finire, girandomi notai che Thomas aveva preso tutti gli appunti inimmaginabili, nonostante fosse solo il primo giorno di scuola.
"Scusi" dissi voltandomi verso la professoressa, la quale mi liquidò con un occhiataccia e riprese la spiegazione di non so nemmeno io cosa.
"Non stai dando chissà che immagine" disse Thomas ridacchiando.
"Non lo so, non ce la faccio proprio oggi.."
Stava per rispondermi quando finalmente suonò la campanella, chiaro segno di liberazione, presi tutte le mie cose velocemente e feci per dirigermi alla porta.
"Ehi!"
"Cosa c'è?"
Thomas mi venne vicino "Hai dimenticato matematica?"
"E'così importante..?"
"Dipende come vuoi passare l'anno" mi guardò sorridendo
Non capivo come mai era così premuroso, dato che regolamente quando si è nuovi si viene semplicemente presi in giro, messi in disparte o presi d'occhio per qualche ragione.
Per tutto questo tempo non ero mai stata chissà che genio a scuola, mi ero arrampicata sugli specchi facendomi spiegare solo le cose essenziali all'ultimo momento, arruffianandomi e avendo colpi di fortuna.
Avrei benissimo potuto far così anche quest'anno, se non fosse che i professori non sembravano voler collaborare, e non sarebbero bastate tutte le torte farcite con bignè alla crema di questo mondo per corromperli.
Che davvero dovevo mettermi a studiare?
"Allison..?" ero sovrappensiero, come al solito.
"Va bene ma prima devo avvisare mia madre" 
Mia madre.
"D'accordo! Ti aspetto in biblioteca!" e corse fuori dall'aula.
Io rimasi li ancora un po' scioccata da quello che avevo detto, o meglio, da cosa ero riuscita a dire.
Mia mamma, ovviamente l'avevo detto solo per fretta, senza pensarci.
Chiamai Katy e gli dissi che per diverse cose dovevo rimanere sino a tardi, guai a dirgli che rimanevo con un ragazzo.
Non si bevò tutto, ma ero abbastanza lontana per mentire senza guardarla in faccia, chiusi e cominciai a cercare la strada per la biblioteca, in quella scuola smarrita e piena di labirinti.
Finì nell'aula professori, in cinque diversi corridoi e classi, in laboratori e in segreteria la quale non c'era nessuno e della biblioteca neanche l'ombra.
"Allison.." Thomas mi afferrò delicatamente per il faccio
"Ah eccoti"
"Ti sei persa?" lasciò il braccio
"Ho fatto una gita turistica per la scuola" risi
"Ah si? E' stata divertente?" rise anche lui
"E' comunque una gita migliore delle Mieniere di Zolfo"
Ridacchiò come se ne sapeva qualcosa, e dopo poco che camminavamo eravamo in biblioteca.
Biblioteca, si fa per dire.
Una stanza più piccola di una classe, con diversi armadi colmi di dizionari, alcune riviste di tre anni fa e dei tavoli lussuosi con comode poltrone in pelle.
"Sembra più che volessero accogliere chi si annoiava, che invitare i secchioni a prepararsi per il curriculum"
"Almeno non torneremo a casa col mal di schiena" disse ridendo, dopo si accomodò in uno dei sei tavoli eleganti e giganteschi, tirando fuori più roba di quanto non sembrasse avere, infine mi guardò per invitarmi a sedere.
"Cosa sai quelle equazioni?" mi guardò
"Tipo solo il nome?" dissi come se fosse la cosa più ovvia del mondo
Inarcò il sopracciglio e mi guardò confuso "Dici sul serio?"
"Si dico sul serio!" dissi con tono paranoico
"Ah beh, allora ho un lungo lavoro davanti a me"
"Sei nuovo?"
Perse per un attimo lo sguardo sui quaderni "Si, anche tu immagino"
"Già"
"Come mai, insomma.. che ci fai qui?"
Avrei voluto saperlo anch'io, ora che ci pensavo "per cambiare aria"
Da quella risposta si capiva che non avevo voglia di parlarne, quindi m'impostò il quaderno davanti con elencate delle regole, e lo capì solo perchè come titolo c'era 'REGOLE' in rosso.
"Belle" dissi ridendo
"Belle e utili, non sono così complicate" prese una penna e la mise per tenere il segno e farmi leggere, cominciando a leggermele e a spiegarmele.
Quando me le spiegava mi guardava negli occhi, e io non potei fare a meno di notare che i suoi erano di un giallo miele per via del sole che filtrava dalla finestra.
Persino i capelli mori diventavano castani, mentre la sua pelle di carnagione media esaltava la leggera muscolatura,  anche per via della camicietta a righe che aderiva al suo corpo.
Nel parlare si mordeva più volte il labbro carnoso come segno di concentrazione, e mi chiedevo perchè perdeva tempo a studiare se poteva fare il modello.
"Hai capito?" mi disse mentre scrollavo lo sguardo da dosso a lui
"ehm.. si"
"Ripetimele"
Guardai il quaderno, la quale aveva scritto altre cose, ancora più strambe e indicifrabili.
"Va bene, non sembri aver voglia di capirle" disse scoraggiato, sorridendo.
"Nono.. Allora, questo vuol dire che.."
"Anch'io sono qui per cambiare aria" disse interrompendomi
Lo guardai e lui continuò "non per mia scelta, ma dovevo cambiare" era ovvio che non voleva aggiungere altro.
"Spesso non dipende mai da noi" 
Sorrise e chiuse il quaderno "ci penso io ai compiti, tanto i miei li ho già fatti" cercai di replicare ma si alzò e prese la sua roba.
"Scusa se ti ho fatto perdere tempo.." 
"Ehi" mi tirò su lo sguardo "almeno vado a casa col tramonto, è molto meglio" sorrise.
Sorridendo era come se lui non avesse poi chissà che destinazione, come se il tempo o il luogo per lui non comportassero nessuna conseguenza, come se lui fosse libero ma non per sua scelta.
Era un sorriso stanco.
"Andiamo?" tirandomi fuori dai miei pensieri
"Si, arrivo!"
 

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Capitolo 3
*** Tre ***


"Sono tornata" gridai aprendo la porta, ma nessuno mi rispose, Katy doveva esser rimasta al lavoro.
Adesso andava a badare a un'anziana in via, anche se passava da lei gran parte della sua giornata, ma poi avrebbe trovato presto un lavoro più produciente, se c'era una cosa in cui lei era una professionista, era trovare lavori.
Salì sopra per posare la roba e andando in cucina c'era il solito biglietto e il pollo nel microonde, che non m'invitava affatto.
Non perchè non fosse una brava cuoca, ma perchè ultimamente non avevo mai fame, andai in bagno e svestendomi mi buttai sotto la doccia, all'inizio gelida, poi diventava sempre più calda.
Adesso che ci pensavo, avevo lasciato i miei compiti da fare a Thomas il che mi faceva sentire un po' canaglia e speravo che se ne sarebbe dimenticato, l'ultima cosa che volevo era trattarlo come schiavo personale.
I suoi occhi erano diventati così vuoti nel dirmi il perchè era li, anche se la sua risposta era molto vaga ma forse nemmeno troppo.
E poi ora più che mai m'incuriosiva il fatto di sapere perchè un'altro trasferimento, Katy non avrebbe gradito la domanda, l'avrebbe presa come una mancata fiducia, come se non ci fosse bisogno di sapere,  ciò mi fece pensare che avrei dovuto pensarci un po' prima di chiederglielo.
Almeno per rispetto di tutto ciò che avevo perso ancora, perchè anche se me ne fregavo, dei legami comunque spezzavo sempre, o la semplice speranza che finalmente avevamo trovato un posto dove stare.
L'unica volta che glie lo chiesi finimmo per litigare, dicendo che ero un ingrata, ovviamente da un discorso ne partono altri, e solo Dio sa come si fa a tornare a quello precedente.
Dopo questo pensiero sapevo che dovevo solo star zitta, o forse avrei potuto scoprire qualcosa.
Ma come detective facevo schifo, non riuscivo nemmeno a prendermi il gelato di nascosto di notte che mettevo su un orchestra inciampando e cercando il cucchiaio.
Chiusi la doccia e uscì per lavarmi i denti e il viso, e guardandomi allo specchio notavo quant'ero cresciuta, anche se dentro ero uguale, e mi mancava una parte, l'infanzia.
Adesso avevo solo un'aria stanca, che non capivo nemmeno.
Finì di asciugarmi e mi misi il pigiama con le ranocchie, lasciando che i capelli si asciugassero da soli.
Mi buttai sul letto esausta, anche se non avevo fatto niente, forse era esausta la mia mente, di pensare e di non trovare risposte, che forse non mi sarebbero piaciute avere, non ero forte.. credo.
Squillò il telefono, anche se la voglia di alzarmi era pari a zero, ma dopo aver pregato Dio di concedermi un po' di forze afferrai il telefono.
"Pronto?"
"Ehi Ally!"
"Hope!"
"E chi sennò?" esclamò
Io e lei eravamo amiche da anni, a distanza ma più vicine di chiunque altro
"Come te la passi Ally?"
"Alla grande! e tu?"
"Bene diciamo, è cominciato un altro anno e io sto diventando vecchia!"
"Oh ti prego non cominciare!"
"No sul serio, cosa farò dopo? Oh santo cielo, sarò sola!"
"Invece sarai capo di una grande azienda di non so cosa e sarai famosissima!"
"Si questi discorsi funzionano quando si ha quattro anni.. "
"Andrà tutto bene, è solo iniziata la scuola" 
"Solo? Io farò bene a prepararmi la tesina già da adesso"
"Mi pare giusto" risi
"Ora devo andare, ti chiamo non appena posso! Ciao Hope!"
"Ciao ciao, a presto!" e riagganciò
Ero felice della sua telefonata e speravo non avesse capito che le cose non andavano bene, anche se non sapevo il perchè, mi stavo stufando, non sapere il perchè di quell'umore mi innervosiva e basta, mi sdraiai ancora sperando non squillasse o suonasse più nulla.
Chiusi gli occhi cercando di teletrasportarmi in un mondo lontano, per staccare la spina e non pensare più a niente... a niente.
 
Immaginai un bosco, pieno di alberi, di notte illuminato dalla 
luce diffusa della luna, con una sottile nebbia il che rendeva
 tutto molto sinistro.
Mi girai attorno per capire dove mi trovassi, come fossi finita li o 
perchè avevo immaginato un luogo del genere, non vedendo 
nulla cominciai a camminare senza avere una direzione precisa, 
camminavo solo davanti a me.
Il paesaggio era sempre uguale, alberi e alberi, la luna che mi 
seguiva ovunque e quella nebbia che sembrava seguirmi, come
 se più mi spostassi più diventava fitta.
Tutto d'un tratto non stavo più immaginando.
Cominciai a correre in cerca di una fine, un'uscita, qualcosa che
 mi conducesse via da quel posto che sembrava quasi schiacciarmi,
 avevo il fiatone.
Aumentai la velocità più di quanto non pensavo di riuscire a fare, 
sembrava che a momenti le gambe mi si starebbero staccate tanto
 che andavo veloce, quasi non sentivo il suolo sotto i piedi, correvo, correvo.
Inciampai e caddi con il mento sul terreno sfreggiandomi il viso tra i
 legni e i sassolini che c'erano a terra, rimasi veggente li per terra per 
qualche istante, provai a rialzarmi quando sentì il mio corpo non
 rispondere mentre duoleva ogni muscolo, riprovavo e riprovavo e stringendo
 i denti mi alzai finalmente.
Come prima cosa scrutai il mio corpo vedendo che ero piena di graffi,
 e non capivo perchè mi faceva così male, ero solo inciampata.
Scrollai la polvere da dosso e mi guardai intorno, avevo quasi le lacrime agli occhi.
. "VOGLIO ANDARMENE!" urlai anche se sapevo che non c'era nessuno.
Ripresi a camminare senza una meta, e sentivo la caviglia farmi male.
"Non è possibile.." era solo un'immaginazione, cos'era questa storia?!
"AIUTO!" ma non c'era nessuno..continuai a camminare fino a che
 non crollai a terra stremata.
"Per favore.." dissi piagnucolando
"Non è ancora il momento" 
Mi alzai di scatto tra i lamenti, spaventata e confusa, sudavo freddo.
"Chi ha parlato?!" nessuno rispose
Qualcuno aveva parlato, non ero sola.
"CHI HA PARLATO?!"
..
 
 
 
 
 
(Thomas)
 
Maledizione, ancora.
Finalmente ero riuscito a prendere sonno se non fosse per le cuffie ancora attaccate, e pure io, devo smetterla di andare a letto con la musica.
Oramai ero sveglio, mi alzai e andai in cucina per bere del latte, il vantaggio di essere grandi consisteva nel bere il latte quando e come si voleva, siccome continuavo a buttare giù sorsi decisi di portare anche la mia amica bottiglia con me che arrivò a metà solo camminando per il corridoio.
Sulla scrivania notai i compiti di Allison, che era meglio mettere in cartella dato che al mattino non connetto e li avrei sicuramente dimenticati, li misi nella cartella e finì anche la bottiglia che lasciai sulla scrivania.
Controllai l'ora '23.46'.
Di certo non avrei ripreso sonno e l'indomani sarei stato uno zombie per tutta la mattinata, controllai il cellulare e c'era un messaddio di Jonh
'Stai sbagliando fratello, di grosso.'
L'ultima cosa che avrei fatto è rispondergli, mi dava i nervi ogni volta che ficcava troppo il naso, come se le mie fughe fossero casuali. 
Tutto perchè fin da appena nato ero già con la croce,  l'unico modo per non seguire quella croce era fuggire e sperare nella buona sorte.
Mia madre era morta subito dopo avermi dato alla luce e mio padre rimase il duro compito di insegnarmi la diversità.
Che ero un essere superiore e un giorno l'avrei capito.
Io non avrei capito proprio un bel niente, solo perchè avevo deciso di non credere a quelle stronzate mi aveva programmato un futuro tutto suo.
Sbattendo la testa sul cuscino mi misi le mani al viso per un po', ricordando brevemente i vaghi ricordi che avevo di dove ero stato cresciuto.
Un orfanotrofio, uno di quelli meschini, dove non importa quanti anni hai e cos'hai dietro, devi solo obbedire e tenere la bocca chiusa.
Dove ti basta girare un angolo per trovare altra meschinità gratis da parte degli altri ragazzi, che gli basta poco per ricattarti, metterti al muro e riempirti di lividi.
 
"E' il passato.." dissi a bassa voce 
"che fa male però.." rispose un'altra voce nella stanza vuota.
"Non serve che tu me lo ricorda"
""Hai intenzione di scappare per molto?"
"Fin quando sarà necessario"
"Come vuoi.."
Mi rigirai nel letto ignorando quella voce
"Thomas.."
"Vattene, lasciami solo"
E dopo non parlò più nessuno.

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Capitolo 4
*** Quattro ***


Prima di aprire gli occhi l'ultima cosa che vidi era la stanza che si capovolgeva, e insieme a lei, io che cadevo dal letto gemitando dai dolori e abbassando lo sguardo notai che il mio corpo aveva ancora dei graffi.
Distolsi lo sguardo davanti a me e cercai di rialzarmi a mia sorpresa senza sentire più niente ora, riguardai il mio corpo e non avevo nulla.
Probabilmente stavo impazzendo ma ero ancora abbastanza lucida da rendermene conto.
Guardai l'orologio che segnava le 4.52, di notte e la mia stanza era rimasta con la luce accesa e la porta aperta, Katy doveva già essere a letto.
Risistemai il letto che era tutto sfasciato e mi rimisi dentro, coprendomi tutta.
Dunque, che cosa avevo sognato di preciso? Se sarei riuscita a dare una versione credibile non mi avrebbero sbattuto in nessun manicomio.
Mi trovavo in un bosco, abbastanza insolito, ed ero da sola con tanti alberi.
Finchè qualcuno non aveva parlato, o forse me l'ero solo sognato, si era così.
Allungai la testa per guardare la sua pila di libri che tenevo nell'angolo della mia scrivania, una raccolta di avventura e fantasy di cui mi ero appassionata da diverso tempo e sorrisi.
"Forse ne leggo troppi" pensai sempre con tenerezza, non riuscendo bene a spiegare come mai tutti quei racconti per un attimo avevano preso il sopravvento.
Sicuramente era per tutto lo stress che stavo vivendo, ultimamente pensavo ai miei genitori più di quanto io non volessi, come se si meritassero anche un mio pensiero.
Mi girai nell'altro lato.
Chissà come sarebbe stato incontrarli, vedere le loro facce "Ehi sono vostra figlia, colei che avete abbandonato appena nata" gli avrei detto con un sorriso a trentadue denti, probabilmente li avrei fatti sentire le persone più schifoso di questo universo e mi stava bene, era così.
In realtà non me ne fregava niente, cercavo solo protesti per odiarli, non volevo fare la fine della povera bambina che dopo anni ritrova l'amore per i suoi, ignorando così quanto difficile fosse stato crescere.
Non avevo senso passare la notte in bianco per loro, quindi chiusi gli occhi e cercai di dormire.
 
"Non ho più intenzione di ripetertelo, o ti alzi o ti alzi!"
Ecco, ci risiamo pensai.
Quella sveglia suonava solo quando voleva, o forse ero io che non volevo sentirla, ad ogni modo mi sentivo ancora assonnata, troppo per badare alle urla di Katy.
Come al solito, andai in bagno, mi lavai, misi ciò che capitava, rubai il cornetto caldo sul tavolo, salutai e fuori di casa.
Decisi di fare una strada diversa, sperando di non finire in Francia, scoprendo poi un parchetto dietro casa, abbastanza solitario, il vento muoveva le altalene e ciò metteva l'ansia.
Da che volevo osservare la zona le mie gambe cominciarono ad andare veloce per uscirne fuori, e finalmente mi ritrovai su quel solito marciapiede grigio.
Mi tirai su la cerniera del giubbotto, era il 16 Dicembre e si gelava letteralmente.
"Allison.."
Mi voltai, e a mia sorpresa non c'era nessuno.
Dopo scuola potevo anche informarmi su quache manicomio, giusto così, nella vita può tornarti utile.
Appena arrivata a scuola mi sedetti e dopo poco vidi arrivare Thomas con due thè caldi, la campanella doveva ancora suonare, e i compagni avevano già cominciato a socializzare con i vicini di banco.
"Buongiorno" disse mentre posava i thè sui banchi attento a non farli cadere.
"A cosa devo l'onore?"
"Ho sbagliato a premere sulla macchinetta, e io due non ne bevo" sorrise
Cosa sei, Jack mani di forbici per sbagliare alla macchinetta?
"Grazie" a trattenni la battuta per me
"Dormito bene?"
"Si, ho sognato tanti numeri e tanti segni, non sai che incubo"
Sorrise "Beh l'incubo è finito" tirò fuori un foglio dallo zaino "tieni".
Rimasi di sasso, credevo, anzi, speravo se ne fosse dimenticato, e invece sto qua si era messo a farle davvero.
"Io.."
"Guarda che non mi arrendo, tu diventerai un ragioniere!" ridacchiò
Nel frattempo suonò la campanella e nella fretta di prendere le cose mi rovesciai il thè addosso urlando dato che scottava e nello stesso momento entrò la professoressa di educazione civica.
"Deilor.."
La guardai, tenendo le mani leggermente in alto mentre il thè mi sgocciolava dai polpastrelli e formava grosse chiazze sui vestiti, i fatti parlavano da soli.
"Svelta, si tolga dalla mia vista in questo stato e vada in bagno" annuì e andai.
Una volta trovati i bagni, decisi che se avrei dovuto inventare un gioco di abiità avrei messo la cartina della mia scuola, aprì i rubinetti e cominciai a salvare il recuperabile.
"Allison.."
Mi voltai, ma quasi me l'aspettavo, non c'era nessuno.
"Andiamo, davvero sto diventando matta?" risi mentre giravo lo sguardo sulla camicia.
"Sarebbe comodo?"
Mi voltai ancora, peggioravo minuto in minuto.
"Coraggio Allison, ti farebbe comodo credere che tu sia pazza"
Non risposi, strofinavo più forte la camicia per mandare via la macchia.
"Ma non è ancora il momento"
"Quale momento?!" urlai esasperata, ma nessuno rispose.

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Capitolo 5
*** Cinque ***


Aprendo e tornando in classe ognuno era con la testa sul banco concentrando i propri neuroni su un foglio bianco, così seguita dallo sguardo dalla professoressa tornai al mio banco e mi misi a sedere.
"Tranquilla, è solo un Test d'ingresso" mi mormorò, ricambiai con un sorriso e compilai quel foglio un po' a casaccio, tanto nulla sapevo.
Le altre ore di lezione passarono velocemente, senza che io dessi la minima attenzione di ciò che dicevano.
Una volta finita la scuola, mi avviai a casa senza curarmi di nessuno.
"Allison!"
Mi girai e vidi Thomas "Si?"
"Oggi non ti alleni?"
"No oggi non posso, mi spiace" sorrisi e o lasciai li.
Era una calda giornata a Roswell, in New Mexico, calda ma gelida allo stesso tempo, si stava per avvicinare il Natale ma non per me, per qualche strano motivo avrei voluto che dopo il 23 Dicembre, cominciasse direttamente Febbraio, sufficiente a saltare le feste.
Camminavo piano verso la via di casa, quando mi ritrovai di nuovo in quel parco, senza nemmeno accorgermene, mi sedetti sulla panchina e cercai di rilassarmi, non mi andava di vedere nessuno e quel posto era perfetto.
Stavo davvero diventando pazza? E per quale motivo? Ormai non aveva importanza, sentivo quelle voci, solo io.
Ero stanca, mi si chiudevano piano gli occhi e per quanto sforzi facessi decisi di chiuderli solo per rilassarmi.
Solo per un attimo.
 
Strinsi la mano e sentii del terriccio finirmi tra le dita e in mezzo alle unghie, tenni per mano per qualche istante quella sensazione e poi lasciai andare aprendo gli occhi.
Alzai poco la testa e vidi che ero distesa sul terreno, con una leggera nebbia e diversi alberi.
Ci vollero pochi secondi per riconoscere quel posto, che ora sembrava più leggero, mi alzai e mi tolsi la polvere da dosso.
Ero pazza, completamente.
Mi misi le mani al volto ormai coscente che ero li, e darmi della pazza non mi avrebbe portato fuori, non potevo camminare perchè era una strada infinita e non potevo urlare, perchè non c'era nessuno.
Almeno credevo.
"Allison.."
Alzai lo sguardo, d'istinto guardai dove proveniva la voce.
Una donna con dei lunghissimi capelli color miele che ondeggiavano dolcemente attorno al suo corpo, profondi occhi verdi che per un momento mi sembrava affondarci dentro, una carnagone così bianca che faceva contrasto con le sue labbra carnose e meravigliamente rosse.
Passeggiava cautamente verso di me, mentre il suo lungo e leggero abito bianco si muoveva per merito della leggera aria presente.
Mi tirai leggermente indietro, tra lo stupore, la meraviglia e la paura.
"Allison" ripetè con voce decisa questa volta "O preferisci Diana?"
"C-come fai a saperlo?"
"Io so tutto di te giovane principessa"
"Gio..giovane cosa?"
Sorrise teneramente "forse non era ancora il momento.."
"No ti prego!" ogni volta che pronunciavano quella frase, non so chi, finivano per sparire "Sono davvero pazza?"
"Sarebbe troppo facile, dobbiamo contare su qualcuno sano"
"Dovete chi?"
"Ogni cosa a suo tempo Allison, per ora è giusto che tu sappia che non sei pazza"
"E' uno spirito a dirmelo, è un buon segno?" feci un sorriso forzato
"Forse non ha importanza chi te lo dice, ma che qualcuno te lo dica" fece un passo verso di me
"NO! Ferma! Non avvicinarti!" intorno a me c'erano come delle interferenze
"Allison no! Non agitarti, devi restare calma!"
"TU non ti muovere" dissi con tono secco
Mi guardò spaventata e dopo ritrovò la calma "D'accordo..io non mi muovo, ma ti prego sta calma, ok?"
"Perchè? Cosa succede sennò?"
"Se ti agiti rischi di rompere il varco spazio-temporale che si viene a creare quando sia io, che te, riusciamo a metterci in contatto"
"Premettendo che non ho capito chissà che.. mi stai dicendo che questo è reale?"
"In un certo senso, è uno spazio tutto nostro ma è reale, non esiste sulla terra"
"No.. "
"Allison, sto cercando di dirti che non sei come gli altri"
"Ah no bèh, sento le voci e vedo gli spiriti!" feci una risata nervosa
"No senti.." fece un'altro passo verso di me
"Nono! stai ferma! Stai ferma!"
 
 
Mi svegliai di soprassalto, sentendo il naso congelato e la gola secca, mi guardai attorno ma non c'era nulla.
Mi ero addormentanta, rischiando di morire assiderata, mi alzai di corsa e presi a camminare velocemente per scaldarmi, cercando la via di casa che sembrava non esserci più.
Mi sembrò di girare intorno a quel parco un'infinità di volte, fino a quando, dopo chissà quanti giri arrivai a casa, come se fosse spuntata all'improvviso.
"Allison! Hai idea di che ore sono?" era infuriata
Non ne capivo il motivo, dopo guardai l'orologio dietro di lei, che segnava le 9.30 pm.
"Io.."
"Sappi che quando torno sei in un mare di guai!"
"Dove vai?" ignorando la minaccia
"No! Non giocare questi giochetti con me! Sei in punizione, vai in camera e restaci fino a che non dovrai andare a scuola!" detto ciò, uscì passandomi velocemente davanti evitando di sfiorarmi, indietreggiai e lei sbattè la porta.
Ero uscita da scuola verzo mezzogiorno, e ora erano le nove.. Non era possibile.
Suonò il telefono, risposi "pronto?"
"Ehi bella addormentata!"
Allontanai il telefono assicurandomi che non fosse nessuno che avevo in rubrica "chi è?"
"Mi sopporti circa sei ore al giorno di fianco al tuo banco e non mi riconosci?"
"Come fai ad avere il mio numero?"
"Hai presente nella terza ora, quando dormivi? Hanno distribuito l'elenco dei contatti di classe"
"E io quindi non ce 'ho?" presi la cartella e la appoggiai a terra aprendola e frugandoci dentro mentre con l'altra tenevo il telefono all'orecchio
"Te li ho messi io in cartella, tranquilla non ho frugando rischiando di trovarci assorbenti o trucchi" rimase nelle sue per paure di aver esagerato, nel frattempo trovai il foglio e non potei fare a meno che sorridere.
Era così premuroso.
"Grazie.."
"Di nulla, dato che oggi sei fuggita via volevo dirti che domani bisogna fermarsi per un recupero, serve più a dare le basi alla classe per l'inizio anno" diceva quasi come se il suo avviso avesse un secondo fine
"Scusa per oggi, avevo da fare" perchè mi scusavo? Mica era il mio ragazzo
"Nulla tranquilla"
Ci fu un lungo silenzio che parlò però più di noi.
"Beh, ora devo andare bella, magari domani sbaglierò macchinetta prendendoti qualcosa di meno gocciolante" ridacchiò
"Che magari ti sfugge una barretta al cioccolato?"
"Cercherò di stare attento e sbagliare senza farlo a posta!"
Ci salutammo e subito andai a letto, stanca come non so cosa, ma felice.
Dopo tanto tempo.

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