Ai tempi del Mito

di TheDevil
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Dichiarazione di Guerra (Sacra) ***
Capitolo 3: *** Sacre Vestigia ***
Capitolo 4: *** La Servetta ***
Capitolo 5: *** Lo Schiavo ***
Capitolo 6: *** Ares e Lo Spartano ***
Capitolo 7: *** Il Pirata ***
Capitolo 8: *** Rotta verso Creta ***
Capitolo 9: *** Il principe di Creta ***
Capitolo 10: *** L'Uomo Che Sacrificò Il Suo Braccio ***
Capitolo 11: *** Eteocle... ***
Capitolo 12: *** ... E Polinice ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Zeus padre degli Dei era stanco, cosa alquanto sconveniente per una divinità, ma non ce la faceva più, eraq sulla terra a governarla da oramai parecchi anni e gli umani, le sue creature predilette gli erano venute a noia, non che avessero potuto fare un granché, egli era il Grande Padre e come tale governava, con pugno di ferro, tuttavia non poteva lasciarli senza guida, e si stava arrovellando la mente su chi potesse prendere il suo posto.
-Hermes, vai a chiamare mia figlia Atena- Il giovinetto con le ali ai piedi si inchinò rispettosamente prima di girare i tacchi e volare via grazie ai calzari alati.
Ormai aveva deciso, i suoi fratelli se ne sarebbero fatti una ragione, non si poteva continuare a comportarsi come dei bambini, ognuno aveva le proprie responsabilità, governasse sui mari...
-Padre mi avete fatto chiamare?- Atena si inchinò di fronte a lui, il corpo di Atena era quello di una giovane donna con i lineamenti dolci, gli occhi azzurri e splendenti come il cielo e i capelli di un'insolita sfumatura violetta, esile e bellissima... e stava collocando su quelle spalle un peso non indifferente.
-Figlia mia- esordì il Padre degli Dei -sai bene che da quando ho creato la terra sono stato io a governarla, ma oramai è tempo che si compia il tuo Fato, ho rimandato quanto più ho potuto, è ormai tempo che tu prenda il controllo della terra.
Atena se lo aspettava, sapeva che quel giorno sarebbe arrivato e sapeva anche che presa quella decisione il Padre degli Dei si sarebbe ritirato sull'Olimpo e che mai più sarebbe ridisceso sulla terra accanto alla figlia.
Sebbene si trattasse di una Dea, non riuscì a trattenere una lacrima... Zeus si alzò dal suo trono d'oro e si avvicinò alla figlia accarezzandole la guancia.
-Non disperare figlia mia, sai bene che non possiamo opporci al destino.
-Padre...
-La mia decisione è irrevocabile- il cipiglio di Zeus si fece più duro - non metterla in discussione.
Atena si inchinò rispettosamente al padre.
 
 
 
-No- l'urlo di Poseidone si diffuse per tutto il palazzo -Non rimarrò fermo mentre mio fratello consegna il destino della Terra a una ragazzina... Olaus prepara il mio cocchio, è il momento di andare a fare visita alla Dea della Giustizia...
 
 
Note Dell'Autore: Non ho mai letto una fanfiction sulla prima guerra sacra, per questo ho deciso di essere io il primo; Spesso darò qualche interpretazione personale così come i nomi che sono di fantasia e prewndono spunto dalla mitologia Greca (per i cavalieri di Atena)... Per i generali degli Abissi, non so ancora, ma adesso ne avete incontrato uno... Olaus infatti ho già deciso sarà il Generale di Sea Dragon (credo che userò i nomi dei disegnatori che li hanno disegnati)...

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Capitolo 2
*** Dichiarazione di Guerra (Sacra) ***


Era stato annunciato da un emissario che Poseidone sarebbe arrivato ad Atene in breve tempo; il Dio dei mari, come Atena si aspettava, doveva aver preso male la decisione del fratello di affidare il dominio sulla Terra alla figlia prediletta.

Atena aveva scelto Atene come dimora e l'aveva rafforzata, ampliando i lavori per le difese, ampliando le mura e cominciando ad addestrare gli uomini, eppure era convinta che se fosse scoppiata una guerra non sarebbero stati certo gli eserciti a fare la differenza.

Come facilmente prevedibile il Dio dei Mari scelse la strada del mare per giungere ad Atene, dove ad accoglierlo c'era tutta la città in rispettoso silenzio.

L'aspetto del Dio era impressionante: giungeva alla guida di un cocchio gigantesco, più grande della più imponente delle triremi, trainato da due strani animali con il corpo di cavalli e la coda di pesce, ma dalle dimensioni abnormi.

Quando scese dal cocchio tutti i cittadini poterono vedere chi era Poseidone: un uomo nel pieno vigore dell'età, con i capelli lunghi e corvini, con una barba corta e con gli occhi azzurri splendenti come il mare; sebbene avesse sul volto un sorriso affabile, Atena si preoccupò, tutto da lui emanava una minaccia, anche perché era vestito della sua armatura, e nella mano sinistra stringeva il tridente, simbolo del potere sul Mare.

Mentre tutta la popolazione si inginocchiava come era stata istruita, Atena rimase immobile e impassibile, cosa che non sembrò far piacere a Poseidone, che si accigliò...

-Benvenuto ad Atene Zio Poseidone...

-Grazie Atena, è stato un lungo viaggio, ma è necessario che noi parliamo...

-Si zio, lo immaginavo, ho fatto preparare nella mia dimora una sala.

-Bene... Olaus, vieni qui- un uomo si avvicinò e si inchinò davanti a Poseidone – questo è il capo delle mie guardie e assisterà alla nostra discussione, e mi pare giusto che anche tu debba avere il capo delle tue guardie a testimone del nostro incontro.

Atena si voltò, e chiamò: -Cheleo-

Un uomo in armatura oplitica avanzò e si inginocchiò prima di fronte ad Atena e poi di fronte a Poseidone; era molto alto e scoprendo il capo dall'elmo mostrò dei capelli castani corti con gli occhi marroni e un fisico asciutto e scattante, degno di un guerriero, ma la cosa davvero stupefacente fu la giovane età del guerriero che poteva avere si e no una ventina d'anni.

Le due divinità cominciarono a salire in direzione dell'Acropoli senza scambiarsi una parola, per parlare ci sarebbe stato tempo.

Croto invece osservava l'uomo che sembrava la guardia del corpo di Poseidone, si sentiva inquieto.

 

All'interno del tempio dell'Acropoli era stata preparata una piccola stanza riservata dove i due Dei avrebbero svolto un colloquio riservato, in cui Atena cercava con un ultimo sforzo di evitare una guerra che pareva imminente, al contrario Poseidone cercava l'ultimo pretesto.

La possibilità di trovarsi da sola con lo Zio metteva Atena a disagio, la rassicurava invece la presenza di Cheleo che era il suo miglior guerriero e, all'insaputa di quest'ultimo, che ci sarebbe stato un altro protettore nella sala, un giovane che si era offerto volontario, che a differenza di Cheleo non era ancora stato addestrato militarmente e che pure aveva qualcosa in comune con quest'ultimo, come una scintilla di Divinità, che tuttavia non era ancora sveglia.

Arrivati nella Sala i due Olimpionici si sedettero ognuno su un trono riservato, mentre Cheleo e Olaus rimanevano in piedi alle spalle dei propri Signori.

Atena indicò un giovane: -Lui è ganimede e ci servirà durante questo incontro...

Il giovane aveva sedici anni e si inchinò profondamente a Poseidone che non lo degnò di uno sguardo.

Con i capelli lunghi e di uno strano colorito verdastro, gli occhi verdi e con il volto liscio, causa la giovane età, il giovane versò del pregiato vino rosso nel calice di Poseidone, per poi tornare nell'ombra, c guardò e ne prese un sorso, per poi cominciare a parlare

-Perché pensi che sia qui Atena?

-Non lo so, non può essere una semplice cortesia?- cominciare in modo troppo sottomesso sarebbe stato controproducente

Poseidone sorrise -Non sei pronta ad assumerti questo fardello, sei troppo giovane e incosciente se permetti... io non ti avrei mai fatto entrare ad Atlantide armata e vestita della tua Kamui.

Colpo basso.

-Non posso fidarmi neanche di te zio? Questa è una missione diplomatica, non siamo in guerra, almeno non ancora, se così fosse sarei pronta a scendere anche in battaglia contro di te.

-Sono qui per evitare una guerra se possibile.

Atena si rilassò un attimo, forse era possibile evitare un bagno di sangue:- anche io voglio evitare una guerra.

-Bene, lasciami governare sulla terra- Olaus sorrise, mentre Cheleo si irriggidi' e stava per fare un passo, prima di essere bloccato con un cenno da Atena, mentre Ganimede rimaneva impassibile, concentrato sul suo ruolo.

-Sai bene che non puoi farmi una richiesta simile zio... Già governi su Atlantide e sui mari, non posso lasciarti tutta la superficie terrestre, il gioco di potere tra gli Dei verrebbe sfalsato, non posso consentirtelo.

-Beh so che posso governare solo sui mari, ma se la terra fosse sommersa allora non si porrebbe più il problema giusto?

Atena sentì rabbrividire, Cheleo stava per perdere la pazienza e anche Ganimede si mostrò sorpreso.

-E tu stermineresti il genere umano?

-No, solo quelli che si rifiuteranno di dichiararsi miei sudditi...

-Se queste sono le tue intenzioni io non posso accettare la tua proposta Zio, anche se mi facessi da parte, governeresti gli esseri umani in maniera dispotica e io non posso permetterlo in quanto Dea della Giustizia, e ti combatterò in quanto Dea della guerra.

-Allora ci siamo detti tutto, ma sappi una cosa Atena, non ci sarà pietà alcuna per nessuno che si schiererà con te, non ci sarà perdono e tutti gli esseri umani saranno sterminati... Addio.

Detto questo Poseidone si alzò e cominciò ad avviarsi verso l'uscita, mentre Olaus squadrò Cheleo un'ultima volta prima di seguire il suo padrone... Diretti verso Atlantide.

Atena invece rimase seduta, chiedendosi se avesse fatto la scelta giusta, guardò in volto il suo soldato e il giovane... Sentendo che la rabbia aveva fatto esplodere qualcosa al loro interno, qualcosa che esplose e la scintilla di divinità avvampò in loro... Avevano raggiunto il Settimo senso.

Note dell'Autore
Cheleo e Ganimede sono i due primi cavalieri d'oro che si incontrano... A che costellazione appartengono? Se per Ganimede la risposta è semplice... Non lo è affatto per Cheleo

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Capitolo 3
*** Sacre Vestigia ***


Le Sacre Vestigia...
Poseidone non sperava davvero in una risoluzione pacifica, il suo viaggio ad Atene era più un sopralluogo della città, e doveva ammettere che la Nipote aveva fatto un ottimo lavoro, fortificandola e rendendola difficilmente prendibile ad un esercito normale, specie per quello Atlantideo composto da ben pochi guerrieri, bisognava perciò esplorare vie alternative alla guerra aperta.
-Olaus, fai preparare la forgia... mi è venuta un'idea.
Per giorni e notti il Dio si chiuse nella forgia e con il potere del proprio cosmo diede forma alle scales partendo dal materiale che solo in Atlantide e sull'isola di Mu poteva essere trovato, armature simili a quelle che gli Dei usavano per proteggere il proprio corpo, sebbene di fattura inferiore, l'unica difficoltà derivava dalla loro completa opacità, sebbene le forme fossero assolutamente perfette il loro colore era nero, ben lontano dal risultato finale a cui il Dio aspirava... Per renderle vive bisognava racchiudergli gli spiriti dei più potenti mostri marini, ma non poteva essere lui a provvedere a questa evenienza, ma gli stessi suoi guerrieri.
Chiamati i suoi sette servi più fedeli, Poseidone gli diede le istruzioni affinché le armature potessero vivere.
-Uccidete i mostri marini che le armature rappresentano e bagnatele nel loro sangue, a quel punto la forza primordiale sarà la vostra e potrete combattere usando tale potere, combinandolo al vostro.

Un piccolo gruppo di esuli stava camminando verso Atene, da lontano, i soldati sulle mura li avvistarono... era un gruppo sparuto guidati da un giovane che camminava davanti a tutti eretto e fiero, sebbene si notasse nei suoi occhi l'ombra della disperazione e mentre questi raggiungevano la città, una delle guardie andò ad avvisare Atena, la quale allarmata prese subito disposizioni, concedendo l'apertura delle porte e chiedendo che che il leader del gruppo venisse condotto al suo cospetto.
Dopo pochi minuti, Atena seduta sul trono ricevette la visita del ragazzo, alla sua destra era in piedi Cheleo, mentre a sinistra c'era Ganimede che dopo l'incontro con il Dio dei mari avevano lasciato la propria vita per essere al completo servizio di Atena e dediti alla sua protezione.
Giunto al cospetto di Atena il ragazzo rimase in piedi e in silenzio, aspettando le domande della Dea che però non dava segni di parlare finchè non rimasero soli, a quel punto il ragazzo espose la mano con il palmo rivolto verso l'alto.
-Ganimede ti dispiace recuperare l'oggetto che porta con se?
Ganimede scese i gradini che lo separavano dal ragazzo e guardandolo negli occhi e sorridendo prese una piccola scheggia che il ragazzo portava con se, porgendola alla Dea.
Ganimede non aveva mai toccato un materiale simile, ma Atena quando lo toccò sentì espresse sul suo volto una smorfia di preoccupazione, accompagnata da una sola parola : -Oricalco.
Fu Cheleo a quel punto a prendere in mano la situazione: -Cosa è successo?
-Il mio nome è Nemeo e vengo, assieme agli altri esuli da Nauplia... O meglio da quello che resta di Nauplia dopo essere stata distrutta. Siamo stati attaccati Atena da un uomo solo venuto dal mare, ha sterminato tutti i soldati e giuro che non avevo mai visto fare una cosa del genere, non ci siamo potuti opporre in nussun modo... Diceva di chiamarsi olaus ed essere un emissario del dio del mare e veniva per portare un messaggio ad Atena: Arrenditi o anche Atene subirà la stessa sorte, non so come ma la mia rabbia mi ha permesso di riuscire dove altri avevano fallito, l'ho colpito e sono riuscito a prendere quel piccolo pezzo di armatura- Il racconto era andato avanti più tra Nemeo che parlava e Cheleo e ganimede che ascoltavano esterrefatti, sentivano l'energia che proveniva dal giovane, mentre Atena continuava a rigirarsi tra le mani la scheggia.
-Vai a riposare- all'improvviso Atena si riscosse -Ne avrai bisogno, potete rimanere ad Atene.
Il giovane Nemeo girò le spalle raggiungendo qualcuno che lo avrebbe accompagnato, mentre Atena si consultava con i due presenti in sala.
-Perché questo pezzo di metallo la turba tanto Dea Atena?
-Ah Cheleo, questo è Oricalco, un minerale rarissimo e molto resistente- sospirò la Dea -Se ho capito bene dal racconto del nostro nuovo Compagno, mio Zio Poseidone ha deciso di coprire i propri guerrieri con queste armature, ma purtroppo il peggio è che in Natura tale materiale ha un colore scuro, per renderlo di questo oro splendente, quell'uomo ha bagnato l'oricalco nel sangue di un mostro marino prendendone la forza... Rendendoli guerrieri imbattibili anche per voi che avete raggiunto il Settimo Senso, tuttavia c'è ancora una possibilità... Ho Farò preparare una nave che vi porti all'isola di Mu, dove ci sono degli alleati, direte al capo di quell'isola che avete bisogno di protezioni contro gli uomini dalle armature in Oricalco, porterete inoltre dei materiali che gli saranno utili.
-Si Atena, paritamo subito.

Ganimede e Celeo viaggiarono senza avventure per qualche giorno, l'isola di Mu, si trovava tra la Sicilia e la Tunisia ed era scarsamente popolata, sebbene si dicesse che i suoi abitanti fossere forniti di poteri sbalorditivi, che molti umani si sarebbero sognati.
Arrivati sul luogo e sbarcati dalla nave, incontrarono un giovane che gli si fece incontro. -benvenuti a Mu, il mio nome è Amalteo, abbiamo ricevuto l'appello di Atena, e sappiamo perchésiete qui- disse il ragazzo dai capelli arancioni e dagli occhi verdi super espressivi e dalle strane sopracciglia rotonde -Vi porterò immediatamente dal grande Mu mio padre, affinché possa spiegarvi la situazione- detto questo Ganimede e Cheleo presero le casse e cominciarono a camminare verso il giovane che gli sorrise esortandoli a metterle al suolo e in un batter d'occhio gli mise le mani sulle spalle e li trasportò al palazzo dell'Isola, anche se palazzo era forse una definizione esagerata: si trattava di un edificio a tre piani molto semplice e completamente isolato, il che sorprese i due viaggiatori che si aspettavano un palazzo degno di un Dio...
Amalteo forse aveva capito la perplessita dei suoi nuovi amici e non potè nascondere un sorriso, spiegando :-Mu è una piccola isola e gli abitanti sono davvero pochi, non ci riuniamo in città, e il titolo di grande Mu, attribuito a mio padre è dovuto semplicemente alla sua abilità nell'uso della forgi.
Spiegato l'arcano, i tre caricarono le cassu sulle spalle ed entrarono.
Il grande Mu li aspettava seduti, a differenza del figlio aveva i capelli di colore violetto mentre gli occhi erano dello stesso colore del figlio, di un verde brillante ed espressivo, con le solite sopracciglia rotonde, li salutò con garbo e chiese di poter subito esaminare il pezzo di oricalco.
Dopo un'attenta analisi il grande Mu sorrise e cominciò a spiegare -Ha ragione la vostra Dea, questo è Oricalco, ma non l'avevo mai visto così splendente, lavorato alla perfezione, ma non disperate, c'è la possibilità di battere queste armature in resistenza e io sono capace di farlo; vi sarete chiesti quale materiali vi siete portati dietro per tutto il viaggio, so per certo che in una delle casse c'è Stardust che è residuo di stelle e Gamanion.
-Combinando in maniera perfetta Gamanium, Oricalco e Stardust posso ottenere una lega metallica ben migliore dell'Oricalco puro, inoltre essa avrebbe la prerogativa di assorbire la vostra energia derivante dal Cosmo e rendervi più forti oltre che proteggervi.
Lo sguardo perso di Cheleo e di Ganimede confermò ad Amalteo che i suoi due nuovi amici avevano capito ben poco del discorso del padre che si era infervorato parlando di materiali prereogativa solo degli Dei Olimpici -Mio padre sta dicendo che costruirà delle armature per voi che saranno migliori di quelle forgiate per i vostri nemici.
-Esatto- confermò il grande Mu -Atena mi ha dato istruzioni molto precise per voi due e so già che forma dare alle vostre armature, appena le avrò finite potrete tornare ad Atene, manderò le altre tramite Amalteo via via che le costruirò.

Il grande Mu ed Amalteo detto questo cominciarono a parlare tra di loro, discutendo sulle migliori percentuali da utilizzare in modo da soddisfare la Dea...
-Le percentuali migliori sono 70 Oricalco 25 gamanion e 5 stardust, se aumentiamo troppo l'oricalco allora non si riesce ad entrare in contatto con il proprio cosmo in maniera ottimale, invece se aumentiamo troppo il gamanion si perde in forza, il restante in polvere di stelle è necessario come catalizzatore dell'energia delle Stelle Atena è stata molto precisa.
Intanto Cheleo e Ganimede restavano in disparte a confabulare tra di loro, cercando di disturbare il meno possibile, poiché sapevano che il tempo era contro di loro e Atena poteva essere attaccata da un momento all'altro.
Passarono dei giorni in cui Ganimede e Cheleo fecero conoscenza con Amalteo e in cui scoprirono che anche lui aveva sviluppato il settimo senso: -Non è raro che noi abitanti di Mu sviluppiamo tale attributo, si dice infatti che discendiamo da Efesto e per questo siamo abili nell'arte della forgiatura.
Finalmente il grande Mu uscì dalla sua fucina portando due scrigni che rilucevano in oro e da cui uscirono due armature che aderirono perfettamente al corpo di Cheleo e Ganimede, ognuna delle armature rispondeva alla personalità dei giovani e mentre quella di Ganimede era semplice, con l'unica particolarità di avere una grossa pietra color ghiaccio incastonata nel diadema, quella di Cheleo non sarebbe potuta appartenere altro che ad un soldato visto le dodici armi che portava in dotazione...
-Sorgete dunque Ganimede cavaliere dell'Acquario e Cheleo Cavaliere della Bilancia.

Note dell'Autore:
Scusate il ritardo davvero poco spiegabile XD Cheleo e Ganimede hanno ricevuto le loro armature ma come sfruttarle? E come combatterano contro i Generali... 

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Capitolo 4
*** La Servetta ***


In ritardo clamoroso... ma giuro che da oggi in poi comincerò ad aggiornare molto più celermente... per chi apprezzerà questa storia... per coloro che non l'hanno mai letta e cominceranno adesso (Spero che ci siete) e per coloro che hanno già letto i Capitoli precedenti... Buon Divertimento


La Servetta


Atena era seduta sul trono che gli era stato costruito apposto nella sala più alta dell'Acropoli Ateniese.
L'Entroterra greco era rimasto tranquillo dopo la battaglia di Nauplia ma la stessa cosa non poteva dirsi delle Coste che venivano sempre più flagellate dai mostri marini scatenati da Poseidone. 
Inoltre dopo Cheleo e Ganimede e Nemeo nessuno pareva avere quella scintilla divina che gli avrebbe consentito di raggiungere il Settimo Senso e dargli la possibilità di combattere in una guerra senza esclusione di colpi.
Nemeo, il ragazzo che aveva guidato gli esuli di Nauplia si era dichiarato felice di mettersi al servizio della Dea e adesso, data la mancanza degli altri due, viveva in funzione della Dea, come sua guardia del corpo.
Mentre la Dea era seduta sul trono, Nemeo era in piedi affianco di questo e vegliava. 
La calma di quel luogo che per molti versi poteva definirsi sacro venne interrotta da un oplita che trafelato correva nel lungo corridoio, ma arrivato davanti alla Dea, si fermò e si prostrò al suolo.
-Due uomini, mia Dea, vestiti in armatura dorata con un terzo che li accompagna, si stanno dirigendo verso la città.
-Portateli subito al mio cospetto.
Il soldato dopo un veloce inchino si girò e cominciò a correre a perdifiato nella direzione in cui era venuto, provocando una piccola risata in Nemeo.
Atena invece pazientemete aspettò i due guerrieri che stavano scalando l'Acropoli.
Quando arrivarono erano sfavillanti nelle loro armature d'oro, Cheleo con le armi bene in vista mentre Ganimede aveva una diadema con lo zaffiro più blu su cui occhio umano avrebbe potuto soffermarsi.
Entrambi i guerrieri si scoprirono il capo e si inginocchiarono davanti alla Dea mentre anche Amalteo entrava e sebbene non spiccasse come gli altri due, era impossibile non notare l'improbabile colore di capelli e le sopracciglia dell'abitante dell'Isola di Mu.
-Bentornati e Benvenuto... tu devi essere il figlio del Grande Mu.
-Dea Atena è così e vi porgo i suoi omaggi. Nonché le sue opere...
Atena fece segno a Ganimede e Cheleo di avvicinarsi ed esaminò le armature prima con gli occhi, poi accarezzandone la fattura e mostrando uno sguardo sereno e soddisfatto.
-Sono splendide- assentì la Dea -Sono state fatte apposta per voi- disse poi rivolgendosi ai due.
-Mia Signora...
-So cosa vuoi chiedermi... A partire da te Amalteo, una delle armature d'oro apparterrà agli abitanti dell'Isola di Mu, e come mio guerriero ho una prima missione da affidarti, Nemeo ha già risvegliato il settimo senso e ha diritto a una delle armature... Domani dovrete partire e ritornare all'Isola di Mu.
Nemeo che si era mostrato da dietro il trono assentì entusiasta di ricevere una delle armature.
-Quanto tempo ci vorrà per completarla?
-Ben poco! Mio padre ha già cominciato a fondere i materiali per ottenere la lega... Ci mancano solo gli uomini a cui darle!
La Dea assentì
-So che siete appena arrivati Cheleo e Ganimede, ma a te ho un'altra missione da assegnare... Purtroppo il tempo corre e io ho bisogno dei miei dodici guerrieri per combattere contro mio zio...
-Sono ai tuoi ordini Dea Atena.
-Domani comincerai a girare per la Grecia alla ricerca di altri uomini come te... Osserva i loro Cosmi e cerca coloro che possono raggiungere il settimo Senso, adesso andate, avete bisogno di riposarvi..
Cheleo e Ganimede abbassarono la testa e si congedarono dalla loro sovrana.


Fuori dalla sala delle udienze i due camminavano fianco a fianco, e parlavano della guerra, ormai diventati amici dopo la convivenza forzata.
Discutevano su quale fosse l'onore più grande: il viaggio di Ganimede lo avrebbe portato a conoscere la Grecia intera mentre Cheleo avrebbe vissuto fianco a fianco della Dea.
-Non è da disprezzare il viaggio: Conoscerai in anticipo i nostri Compagni: Quanti ne mancano?
-Beh... io tu Nemeo e Amalteo siamo in quattro, ne rimangono altri otto se vogliamo raggiungere il numero di dodici! Ah stai cambiando discorso... Ti invidio!
-Perché farò da guardia alla Dea? Siamo in guerra piccoletto, a guardia della Dea ci vuole un vero uomo- lo provocò la Bilancia.
-Si, ma quando la situazione si fa critica ci vuole freddezza nelle decisioni- disse l'Acquario espandendo leggermente il suo cosmo facendo rabbrividire il compagno
-Freeeeeeeeddddddooooooooo!- balbettò questi con la pelle d'oca
-Ahahahahahahhahahahaha- cominciò a ridere.
Il battibbeccho non era a voce molto bassa e mentre camminavano molte persone si fermavano a guardarli, molti con aria curiosa, qualcuno scuotendo la testa.
Uscendo dal Palazzo, i due Cavalieri continuavano a ridere e a scherzare e ad occuparsi ben poco di quello che accadeva intorno a loro.
Arrivarono in un grande giardino e come se niente fosse loro continuavano a scherzare, quando vennero superati da un piccolo gruppo di bambini che giocavano rincorrendosi, e uno di loro sbattè fortemente contro la gamba di Cheleo protetta dall'armatura.
Il Bambino in questione, cadde all'indietro a terra e cominciò a piangere per il dolore.
Il Cavaliere della Bilancia si piegò su di lui e in tono burbero lo redarguì :-Piccoletto, vedi dove vai!- per tutta risposta quello, spaventato, cominciò a piangere più forte, portandosi le manine davanti agli occhi, tentando di nascondere allo sguardo la faccia truce del guerriero
-Oh avanti, povero bambino- intervenne Ganimede con una risata -Lo avrai terrorizzato- e Ganimede fece la cosa più naturale del mondo: gli accarezzò la testolina e lo prese in braccio.
Il bambino smise subito di piangere e si sporse curioso a cercare di toccare la gemma incastonata nel diadema dell'Acquario  
-Allora piccolo come ti chiami?- Gli chiese gentilmente il ragazzo, sporgendosi in avanti in modo che il bimbo potesse toccare la pietra.
-Albireo- rispose ritraendo la mano dopo il contatto con la pietra -E' Freddissima- 
-Albireo, Albireo!- una donna stava correndo nella loro direzione veloce come una lepre, chiamando il bambino.
-Sono qui Alresha!- urlò forte il bambino che ora aveva smesso di piangere e pareva sentirsi a suo agio in braccio al Cavaliere dell'Acquario
La donna si avvicinò per poi fermarsi davanti ai due Cavalieri e abbassare lo sguardo in un inchino.
-Chiedo perdono per quello che il bambino abbia potuto fare... Grazie per esservi preso cura di lui.
-Non ringraziare, prendilo pure.
La donna era molto più giovane di quanto potesse apparire da lontano, solo una ragazza, al massimo dell'età di Ganimede che guardandola negli occhi la trovò bellissima, con i lineamenti fini e le gote arrossate dalla corsa che aveva fatto e lunghi capelli biondi tra cui c'era una rosa rossa come il sangue e un piccolo sorriso che mostrava denti bianchissimi e regolari, e per finire degli occhi azzurri come il cielo, rarissimi in Grecia.
La ragazza si sporse verso Ganimede e prese il bambino tra le braccia e se lo sistemò, dopodiché guardò di nuovo il ragazzo dai capelli verdi e gli sorrise.
-Come vi chiamate?- chiese mentre Albireo aveva cominciato a giocare con la rosa tra i capelli della donna.
-Ganimede e questo è il mio amico Cheleo, entrambi servitori di Atena!-
-Io sono Alresha  e sono un'ancella della Dea, mi occupo dei bambini. Grazie ancora per esservi presi cura di Albireo, è molto vivace... Vi saluto!
La ragazza si girò e cominciò ad andare via mentre Ganimede rimaneva imbambolato a guardarla.
Mentre camminavano e andavano via, un petalo della rosa che Alresha portava nei capelli si staccò e sospinto da una folata di vento andò a posarsi sulla mano protesa del Cavaliere dell'Acquario.
-Ehi ti risvegli? Ok è una bella ragazza ma non ti sembra di esagerare.
Gli occhi verdi del ragazzo si posarono sul soldato alquanto straniti :-Questo petalo di rosa...     



Angolo dell'Autore: Allora Cheleo e Ganimede hanno l'armatura, Amalteo e Nemeo devono raggiungere Mu per prenderne possesso mentre è appars una "Cavaliera" troppo facile l'indizio questa volta!!! 
E mi raccomando... Meglio Recensire Negativamente che non Farlo proprio :P

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Capitolo 5
*** Lo Schiavo ***


Salve a tutti come va? Non volevo farvi aspettare troppo con la lettura di questa guerra sacra... Quindi buon divertimento

Lo Schiavo


Ganimede aveva passato l'intera notte sveglio a rigirarsi sul suo letto nella sua camera che in virtù del grado ora ricoperto si trovava nella parte più alta dell'Acropoli Ateniese, esattamente una rampa di scale sotto gli appartamenti dove Atena viveva o dove teneva le sue udienze.
Tutta la notte era trascorsa a rigirarsi tra le mani il petalo di rosa che aveva raccolto.
La circostanza che lo stupiva era data dalla tipologia del cosmo, che pareva emanare una profonda tristezza ma anche un grosso pericolo, ben diverso dalle tipologie degli altri Cavalieri che finora si erano manifestati. 
I cosmi di Nemeo, Amalteo e Cheleo erano caldi, rabbiosi e bellicosi, il suo invece era freddo ma genuino, non ottenebrato dalla sofferenza.
Si sentiva invece il dolore da quello del petalo e lui se ne sentiva profondamente attratto come una falena attratta da una fiamma.
Tutta la notte trascorse accompagnando Ganimede nella formulazione di questi pensieri e a compiangere la sorte di quella che gli era sembrata una ragazza delicata.
Ormai il sole stava per sorgere e Ganimede si alzò per andare ad incontrare Atena, si abbigliò con una tunica da viaggio per poi richiamare tramite il Cosmo l'armatura che si dispose sul suo corpo.
Uscì dalla stanza e cominciò a camminare verso la sala delle udienze, salendo la rampa di scale che lo portò nel giardino in cui aveva conosciuto Alresha il giorno prima e manco a dirlo la trovò lì, mano nella mano con il bambino Albireo seduti.
Il bambino appena lo vide si alzò e cominciò a sgambettare verso di lui, tenendo le piccole braccia che lo invitavano a prenderlo tra le braccia.
Ganimede non si fece pregare dal bambino e lo sollevò senza sforzo, con Albireo che ridendo si rimise a giocare con il diadema sulla testa di Ganimede, che sorridendo se lo sfilò e glielo mise in testa.
Ora che lo guardava, anche il bambino aveva occhi chiarissimi, di un azzurro cielo molto simile a quelli di Alresha.
Anche la donna gli si avvicinò e sorridendo lo salutò :-Buongiorno ...- sembrava incerta
-Buongiorno- sorrise il ragazzo -Il mio nome è Ganimede-
-Lo so- la ragazza sembrava essere ancora più imbarazzata -Il vostro nome lo ricordo... è il vostro titolo che nn ricordo.
Ganimede arrossì esattamente come la ragazza, come aveva potuto pensare che volesse chiamarlo per nome, non avevano certo confidenza -La nostra Signora ci ha chiamato Cavalieri... Ma per favore Alresha, chiamami Ganimede, come mai siete già in piedi a quest'ora? E comunque perché siete qui?-
-Quante domande- gli fa notare Alresha -Abitiamo qui, al piano inferiore, Siamo orfani e la Dea Atena ci ha raccolto e ci ha dato un tetto, così sono diventata una delle sue serve... E comunque Albireo si è innamorato di te, mi ha buttato giù dal letto per venire qui ed aspettarti.
-Ah siete fratello e sorella- dice Ganimede a quel punto, ricevando l'assenso di Alresha.
A quel punto Ganimede guarda Albireo che intanto continua a dimenarsi e a ridere giocando con l'elmo dell'Armatura e gentilmente lo depone tra le braccia della sorella :-Devo andare in missione, abbi cura di te Alresha... Ciao Albireo.
La donna e il bambino si allontanarono lasciando di nuovo solo Ganimede che ricomincia la salita verso la sala delle udienze di Atena.
Il salone dove Atena teneva le udeinze era immane sorretto da colonne gigantesche e con l'unico addobbo un trono di legno dorato dove sedeva la Dea Atena, e al suo fianco c'era Cheleo.
La cosa non sorprendeva Ganimede, uno dei Cavalieri stava sempre con Atena, anche di notte, poteva riposare in una stanza adiacente a quella della Dea.
Ganimede si inginocchiò di fronte al trono, ma subito la voce della Dea gli impose di rialzarsi, con tono gentile disse :-Alzati Ganimede, ricordati che non sei più un coppiere, adesso sei il mio Cavaliere e non voglio che vi inginocchiate di fronte a me.
Ganimede si alzò un po a disagio, azzardandosi ad alzare lo sguardo sulla Dea, notando che sul volto aveva un sorriso dolce ma deciso.
-Cheleo mi ha raccontato di come voi abbiate conosciuto la mia serva Alresha.
-Se la mia missione è quella di trovare altri Cavalieri d'Oro, allora io penso che lei sia adatta a ricoprire quella carica.
-E' uno dei motivi per cui abbia deciso di portarla al mio servizio, eppure pare che qualcosa ti turbi!
-Il Cosmo di Alresha, anche se ancora sopito ha tanta tristezza dentro di se.
Lo sguardo di Atena si fece triste -Lo so, è per questo che sto frenando... Se sarà necessario, il suo Settimo Senso si risveglierà, e quando lo farà, sarà condannata ad un'esistenza di solitudine.
Ganimede acconsentì -Dea Atena io sono pronto a partire...
-Vai pure, ricordati, non obbligare nessuno con la forza, mostragli il tuo cosmo e dagli il mio invito... Quando saranno pronti verranno da noi... Hai la mia benedizione, portami dei guerrieri degni di indossare le Armature d'Oro.


La prima tappa del viaggio di Ganimede lo portò a lasciare Atene e a raggiungere un'altra città famosa: Dirigendosi verso Sud giunse a Corinto.
Corinto, come Atene si ergeva sul mare ma il suo porto era molto meno grande di quello della Città dell'Attica.
Ganimede arrivò in un giorno di marcia forzata, dovuta alla sua corsa.
Entrando nella città non fu difficile accorgersi di come l'ambiente e il clima fossero diversi da quello che si percepiva nella sua città.
Ganimede si mescolò con le persone, cercando di passare inosservato, alquanto inutilmente considerando che portava sulle spalle uno scrigno d'oro.
Camminava e si sentiva scrutato da volti barbuti e ostili.
La città era costruita in modo caotico e le case erano tutte addossate l'una alle altre e nelle strade brutti ceffi camminavano, e bambini giocavano cercando di schivare i calci degli uomini che si trovavano a passare; evidentemente era entrato in uno dei quartieri peggiori della Città
Per uscire da quel dedalo di strade chiese ad uno dei bambini dove si trovasse l'agorà, quello prima lo guardò con occhi ostili poi gli indicò la strada, Ganimede lo ringraziò con una piccola moneta di bronzo.
Prima di arrivare all'Agorà Ganimede cominciò ad espandere il proprio cosmo, cercando di reperire qualche informazione sul primo uomo che avrebbe dovuto reclutare.
Trovò una traccia proprio nella direzione in cui si stava dirigendo, ma rimase interdetto prima di entrare in piazza dove trovò un immenso numero di gente che camminava.
Evidentemente a Corinto era giorno di mercato e i venditori avevano piazzato le proprie bancarelle un po dovunque creando un'immensa confusione.
Mentre i venditori urlavano e le donne merecanteggiavano sul prezzo, gli uomini erano attratti dagli spettacoli e da altri tipi di commercio.
Una soloa merce era possibile trovare a Corinto che era stata proibita ad Atene: Gli Schiavi.
Ganimede spinto dal suo istinto si ritrovò a guardare un'asta della merce umana, guardando come gli uomini offrissero denaro per comprare un proprio simile.
Il banditore era un uomo anonimo, dai capelli neri e la pelle scura, con una corta barbetta, a giudicare dal colore della pelle poteva essere originario dell'Africa Settentrionale e stava battendo all'asta quelli che giurava fossero gli ultimi schiavi rimasti.
Accanto a tale scena c'era un'altra attrazione che aveva radunato un ancora maggior numero di curiosi.
Un piccolo uomo, anche egli dalla pelle scura, curvo su se stesso si stava vantando di uno schiavo che egli diceva fosse imbattibile nella lotta e sfidava gli avventori a misurarsi nella prova di forza.
Proprio in quel momento un uomo della zona ebbe l'ardire di farsi avanti, omaggiato da un grido di benvenuto da parte della folla.
Non resistette per molto, quando il banditore diede il segnale del via, lo schiavo si avventò su di lui con una forza spaventosa e con due pugni lo mise al tappeto.
Lo schiavo era un colosso: Ganimede era molto alto ben tre braccia, svettava su tutti gli uomini di tutta la testa, ma il colosso d'ebano era ancora più alto, tanto che Ganimede gli arrivava al petto, probabilmente tra collo e testa riusciva a superare le tre braccia e mezza*.
Il colosso oltre alla pelle nera aveva anche gli occhi neri come carboni, con un contrasto incredibile con il bianco dei denti e delle iridi che gli conferivano un'area spettrale.
Ganimede osservò la sconfitta del Corinzio con interesse, notando come i pugni del gigante non fossero semplicemente dei pugni, ma avessero in loro un seme di Cosmo dorato.
-Ehi vecchio, vieni qui- Ganimede chiamò il padrone del colosso che lo raggiunse -Quanto costa questo schiavo?-
-Talos è molto costoso- disse occhieggiando lo scrigno d'oro che l'uomo portava sulle spalle -per voi credo che mi accontenterò di tre talenti**- 
-Non dispongo di questa somma, e anche se l'avessi non te la darei, voglio quell'uomo-
-Ho un idea... Perché non ti batti con lui... Se lo batti lo libererò... Se perdi mi consegni quello scrigno e quello che c'è all'interno- disse il vecchio sicuro di avere la vittoria in tasca per il suo Talos contro quel damerino.
-Non posso, il suo gigante non avrebbe speranze... Sarebbe un furto-
-Insisto-
Ganimede guardò il gigante che rimaneva silenzioso e fermo.
-Sono costretto ad accettare in nome di Atena...-
Il ragazzo posò l'armatura ai suoi piedi e si mosse verso il gigante che dal canto suo ancora silenzioso, lo guardò per poi affondare due velocissimi pugni verso il volto di Ganimede... che schivò il primo e spostò il secondo come si scacciava una mosca molesta, dopodiché a sua volta colpì il gigante alla bocca dello stomaco concentrando una particella piccolissima del suo freddo cosmo.
Il gigante prima strabuzzò gli occhi, come non avesse ben intuito cosa potesse essere accaduto, poi li spalancò sorpreso, poi perse i sensi, ancora prima di toccare il suolo.
Il tonfo che il corpo del gigante fece risuonò maggiormente nel silenzio che era sceso sugli spettatori mentre Ganimede si voltava verso il vecchio che lo guardava spaventato.
-Mi prendo questo qui, come d'accordo- Ganimede senza sforzo alzò il corpo enorme del suo compagno e se lo caricò sulle spalle, anche se i piedi continuavano a strisciare per terra, se ne andò fischiettando.


Qualche ora dopo
Ganimede aveva lasciato subito Corinto, non avvertendo altre tracce di Cosmo ed aveva portato lo schiavo in una caverna fuori città, in modo da farlo riprendere.
Ci mise qualche ora, ma alla fine si svegliò trovando Ganimede davanti al fuoco intento a mangiucchiare del pane e ad arrostire un coniglio.
Il gigante lo guardò e si sedette di fronte a quello che considerava il nuovo padrone; Ganimede invece lo studiava aspettando che parlasse, così rimasero per qualche minuto e il gigante non apriva bocca, ma guardava il coniglio con espressione famelica.
-Puoi mangiare se vuoi- gli disse Ganimede.
Il gigante prese il coniglio e lo spezzò per poi addentarne una metà.
Il giovane lo lasciò mangiare e gli porse anche del pane, che il gigante prese senza fiatare.
Quando ebbe finito di mangiare l'ex schiavo ricominciò a scrutarlo e a rimanere in silenzio.
-Parli il greco?
-Si-
-Bene, di dove sei originario?
-Nubia.
-Come sei diventato schiavo?
-Cacciavo e sono caduto in trappola.
-Il tuo nome?
-Talos
-Talos, sappi che sei libero, io sono un servo della Dea Atena e la mia dea non tollera la schiavitù... Ti ho liberato per un motivo preciso, hai visto come ti ho battuto?
Il gigante assentì senza parlare, al che Ganimede riprese -Io sono un guerriero e sto cercando altri come me... Penso che tu lo possa essere, stiamo combattendo una guerra e sto cercando i più forti guerrieri, ma non sei obbligato- si affrettò a precisare quando uno sguardo truce fece capolino nell'espressione di Talos 
-Andrò- disse il gigante -La mia tribù mi ha educato per diventare un guerriero e io devo la mia libertà a te... 
-Perfetto, dirigiti a nord, fino al mare e da lì segui la costa fino al porto di Atene... Quando sarai lì e ti fermeranno dirai che il Cavaliere Ganimede ti ha mandato ad Atena... Tutti si faranno da parte, i miei compagni ti accoglieranno e ti insegneranno a svegliare il Cosmo-
-Tu non vieni?
-No... Devo trovare gli altri, c'è qualcosa che mi dice che il prossimo cavaliere lo troverò a Sparta.


 
Note 
*Il Braccio è una misura di mia invenzione, un braccio è pari a 60 cm (Ganimede è alto 1.80, Talos è più alto di 2.10) ma ricordiamo che l'altezza media nella Grecia Antica era 1.60
** Il Talento è una unità di misura della moneta realmente esistita nell'Antica Grecia pari a 26,2 kg di argento.

Angolo dell'Autore: Salve a tutti come vi è parso il capitolo? Allora questa ricerca spero di farla il meno lunga possibile e di cominciare con la vera guerra ben presto, purtroppo è una parte fondamentale... Se volete potete cercare di indovinare la Costellazione di Talos e di Alresha (ma è troppo facile) o provare a indovinare quale cavaliere Ganimede incontrerà a Sparta (più complicato)
Ma non saprei cosa altro dirvi...  AH certo, se volete lasciare una recensione ne sarò onorato (anche se fosse negativa non ci sono problemi)
Alla prossima puntata

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Capitolo 6
*** Ares e Lo Spartano ***


Salve a tutti come va? Buona lettura in questa nottata


Ares e lo Spartano

Il Peloponneso era una vasta distesa arida, intermezzata da pochissime foreste della macchia mediterranea, le città erano rare e molto piccole, niente di più che miseri villaggi di pastori e capre che brucavano.
L'unica città del Peloponneso era Sparta, naturalmente, situata al centro di una vasta piana, con i soldati appostati attorno.
Ganimede percorse tutta la distanza tra Corinto e Sparta in poche ore tenendo un passo veloce.
La città Spartana era molto ampia ma era perfettamente difesa dalle guarnigioni di guerrieri spartani che presidiavano i territori.
Sparta era una delle poche città che non avevano mura difensive: le mura erano gli scudi dei soldati che la difendevano.
Ganimede aveva l'intenzione di non farsi notare ma si rese conto che era davvero impossibile sfuggire ai soldati.
Un piccolo contingente gli intimò l'alt appena gli edifici della città Spartana gli apparvero agli occhi.
-Fermò lì straniero, ti stavamo aspettando... Il Divino Ares ci aveva avvertiti del tuo possibile arrivo... Uomini prendetelo.
Ganimede avrebbe potuto ribellarsi e uccidere le guardie ma decise in un attimo, ragionando che Ares non era in guerra contro Atena e con le sue azione ne avrebbe suscitato l'ira, e Atena non poteva combattere contro Sparta e Atlantide contemporaneamente, per questo consegnò lo scrigno e si fece condurre a Sparta senza opporre resisteza.


Il Palazzo di Sparta era un lussuoso edificio che un po stonava con tutta la città, strutturata come una enorme caserma completamente grigia, con pochi spazi verdi e pochi giardini e con ancora meno persone che camminavano per la strada. 
La società spartana era divisa in classi e la zona in cui era stato condotto era quella abitata dagli Spartani liberi, nati da Spartani, una zona molto diversa dalle zone degli Iloti che brulicavano di attività manuali delegate a questi schiavi.
il portone d'ingresso del palazzo era immenso, poteva consentire il passaggio di dodici uomini in armatura che camminavano affiancati e tutte le mura erano decorate di affreschi.
Ganimede venne accompagnato dal Capitano delle guardie che lo aveva intercettato che con fare sicuro lo condusse avanti in un dedalo di stanze e corridoi che doveva portare alla stanza del Dio.
-oltre quella porta- lo informò il soldato indicando una grossa porta di legno rosso, un colore talmente acceso che pareva dipinta col sangue, l'uomo la spalancò e lo invitò ad entrare.
Stranamente la sala del trono non era affatto immensa ma era piccola e quadrata e dopo la porta c'era poco spazio da percorrere su un tappeto rosso prima di arrivare alla piattaforma dove c'era il trono occupato da Ares.
Stranamente l'aspetto del Dio della guerra lo colpì non poco. 
Ares aveva le sembianze di un bambino di dodici anni al massimo, con i capelli e gli occhi dalle strane striature violette.
il bambino che era Ares lo guardava sorridendo mostrando una fila di denti bianchi e perfetti con il naso ben proporzionato ma nonostante l'aspetto di un bambino lo sguardo di Ares era un concentrato di sadismo, del tutto fuori luogo sul volto di un bambino.
Inoltre il Dio era circondato da cinque ragazzze bellissimi, due delle quali gli abbracciavano le gambe mentre una gli sfiorava le braccia con un massaggio, un'altra gli versava da bere e l'ultima suonava la lira.
Il Dio fece segno alla donna di smettere e poi congedò con un gesto le altre mentre Ganimede arrivava alla base della piattaforma e si inginocchiava davanti al Dio della Guerra.
-Uno dei nobili paladini di mia sorella arriva a Sparta, mi domando cosa voglia.
ganimede decise istantaneamente di mettere le carte in tavola e di non mentire: Non poteva permettersi di inimicarsi Ares, il Dio avrebbe potuto ucciderlo con un battito di ciglia, dopo un secondo rispose :-Sto cercando degli uomini che si uniscano all'esercito di tua sorella contro Poseidone.
Il sorriso di Ares si allargò -Ah la guerra, mai parola fu più soave alle mie orecchie, e nientemeno che mia sorella, Atena la saggezza è anche Dea della Guerra, tu lo sapevi?
-So che la Divina Atena e il Divino Ares sono le due faccie della Guerra...
-Esatto esatto, in un certo senso siamo la stessa cosa, ma siamo anche l'opposto, ma non troverai a Sparta guerrieri che accetteranno di entrare a servizio di Atena.
-In realtà da quando sono arrivato, non ho sentito nessuno che potesse unirsi ad Atena.
Il Dio grugnì un assenso e poi si alzò scendendo dalla piattaforma: era più basso di Ganimede di tutta la testa, prese due calici di vino e uno lo porse a Ganimede il quale lo accettò.
-Dimmi per quale motivo dovrei concederti di tornare indietro o di andare avanti e non rispedire ad Atene la tua testa.
Ganimede represse l'istinto di attaccare, anche perché sarebbe stato un suicidio -Non lo so, cosa vorrebbe il Dio della Guerra da un servitore della Dea Atena?
-Voglio vedere la tua armatura- disse il Dio gelando Ganimede: se era vero che Ares non era in guerra aperta contro Atena, era anche vero che le due Divinità non erano in buoni rapporti, ma opporsi sarebbe stato suicida perciò con il Cosmo richiamò l'armatura dell'Acquario che in un attimo si dispose sul suo corpo.
Ares cominciò a girargli intorno a studiare l'armatura e a trarne informazioni.
-Una lega di starduat e Gamanion e Oricalco- lo sentì mormorare -La forma si adatta al corpo del Cavaliere e non può essere usata da altri, inoltre pare essere assolutamente indistruttibile, probabilmente non danneggiabile con fiamme e ghiaccio... Un armatura davvero impressionante... Sono soddisfatto.
Ganimede si inchinò e facendo tre passi indietro cominciò a camminare verso la porta da cui era venuto prima che Ares lo interpellasse di nuovo :-Soldato, sappi che questo corpo presto giungerà a maturazione e dopo Poseidone, sarà il mio turno di combattere per il dominio del mondo... Sarei molto deluso se la Dea della Guerra si facesse battere dal Dio dei Mari.


Aveva da poco lasciato il palazzo reale di Ares che sentì qualcosa che lo fece sobbalzare, un esplosione di Cosmo a Sud di Sparta: Non era una traccia flebile come quando aveva avvertito Talos a Corinto, ma una vera e propria esplosione che indicava un pericolo, il quale aveva risvegliato il settimo senso di quello che era destinato a diventare un suo Compagno.
Con ancora indosso la sua armatura, Ganimede per la prima volta cominciò a correre come un forsennato* al massimo della sua velocità e in poco tempo riuscì a percorrere tanti Stadi**.
L'esplosione di Cosmo era avvenuta in una piccola radura dove un uomo era stato circondato da un piccolo contingente di Soldati Spartani.
L'uomo aveva qualcosa che proteggeva e aveva già abbattuto una decina di nemici, sebbene avesse lo sguardo sorpreso di chi non capiva esattamente cosa stesse succedendo.
Gli Spartani però lo tenevano sulla difensiva e fu per questo che si gettò in mezzo, in modo da proteggere l'uomo con il suo corpo e intimare l'alt agli Spartani.
-Cosa vuoi?
-In nome della Dea Atena, lasciate stare quest'uomo.
-La Dea Atena non può dare ordini ai servi del Dio Ares, fatti da parte Ateniese.
-Non mi lasciate altra scelta- Ganimede concentrò parte del suo cosmo e congelò l'aria in modo da rendere impossibile il movimento degli Spartani, congelandogli i piedi.
Ascoltando i soldati imprecare, Ganimede prese l'uomo stupefatto dall'apparizione e cominciò di nuovo a correre trascinandoselo dietro.
Si fermò solo quando ormai si trovava in riva al mare e aveva percorso tutto il Peloponneso.
A quel punto sentì il pianto dirotto di un bambino e si voltò verso l'uomo studiandolo: aveva corti capelli castano chiaro e gli occhi di un caloroso color nocciola, sul fisico asciutto dei combattenti Spartani, il naso era leggermente arcuato, probabilmente per un colpo subito, doveva essere di qualche anno più grande di Ganimede.
Questi aveva in braccio un neonato dall'aspetto malsano e dal colorito pallido e piangeva con tutto il fiato che aveva in corpo, ma quelle considerazioni dovettero essere rimandate, quando l'uomo gli sferrò un pugno alla velocità della luce che riuscì ad evitare per miracolo.
-Fermo- gli intimò - sono qui solo per aiutarti- gli disse alzando le mani -come ti chiami spartano?
L'uomo lo guardò con diffidenza -Non sono più uno spartano, il mio nome è Croto- mentre parlava aveva cominciato a cullare il bambino che stava piangendo sempre meno.
-Come mai sei fuggito da Sparta?
-Per lui... E' il mio fratellino, è stato scartato.
Ganimede sapeva benissimo cosa volesse dire: alla nascita i bambini spartani venivano esaminati dal Consiglio degli anziani per decidere del suo destino, se il bimbo non superava l'esame veniva abbandonato a morire o nel migliore dei casi veniva adottato dagli Iloti e a quel punto cresceva come uno schiavo.
Di solito però i bambini scartati erano quelli che presentavano malformazioni e quel bambino sembrava sano, sebbene malnutrito.
E strano era pure il comportamento di Croto, il quale aveva deciso di tradire la sua patria, in una città dove i legami di sangue non esistevano.
-Hai un posto dove andare Croto? 
-No
-Perché non ti dirigi ad Atene? La mia Dea potrebbe prenderti con se, devi essere un soldato valoroso e inoltre non saresti separato dal tuo fratellino, la Dea non lo permetterebbe e se è malato, forse potrà curarlo.
-Non trarre conclusioni affrettate, mio fratello non è malato...
-Non importa ma ad Atene non sarete separati... Ma tu hai un grande destino Croto, schierati con Atena e lei ti proteggerà dall'ira di Ares.
Croto lo guardò, prima che il bambino ricominciasse a piangere e ricominciasse a cullarlo.
-Allora sarà Atene.
-Bene, io continuerò la mia ricerca, è tempo di prendere il mare, sento un Cosmo nascente dull'isola di Creta, quella sarà la mia prossima destinazione.





*Ho sempre pensato che il fatto che i cavalieri d'Oro potessero muoversi alla velocità della luce, una cosa assolutamente ridicola... Non avrebbero senso il teltrasporto di Mur e Kiki della serie Classica, visto che potendo tutti compiere il giro della terra sette volte in un secondo, il teletrasporto diventa superfluo; ecco perché nella mia storia ho ideato un piccolo escamotage: solo i colpi dei Cavalieri viaggiano alla Velocità della Luce, sebbene anche la loro corsa sia molto più veloce di quella di un uomo normale... Ganimede percorre tutto il Peloponneso, spero di essere stato chiaro XD
** LO stadio è un unità di misura greca, corrispondente a 80 passi.
 
Note dell'Autore:
Ohi come va? Spero bene... Volevo pubblicare questa sera il Capitolo ed eccomi qui... Non mi vieni in mente nulla... tranne Croto che è il Cavaliere di ????? boh indovinate 
Abbiamo inoltre fatto Conoscenza di Ares... il sadico Dio della guerra... e dove poteva risiedere se non a Sparta? 

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Capitolo 7
*** Il Pirata ***


Buonasera a tutti... Non ho molto da dire... quindi buona lettura


Il Pirata


Il giovane Ganimede separatosi da Croto, era arrivato in cima ad una scogliera e stava guardando il mare, seduto su una roccia, godendosi qualche minuto di pausa dalla sua corsa.
Sotto i suoi occhi il mare, e l'acqua un elemento a lui nemico ma a cui sentiva anche di appartenere, mentre le onde si infrangevano sulle rocce, il vento gli faceva ondeggiare i capelli.
Finita ormai la sua pausa ricominciò il suo viaggio seguendo la costa, sperando di giungere a una città costiera che potesse offrirgli un passaggio per Creta.
Le città a sud del Peloponneso erano tutte sotto il dominio di Sparta e purtroppo erano molto piccole, forse anche troppo perconsentirgli di trovare una nava.
Nel primo centro abitato che trovò, che sembrava abbastanza grande, Ganimede entrò, dirigendosi subito verso il porto cercando in ogni modo un passaggio.
Il primo Capitano che incontrò gli disse che non era disposto a salpare nell'immediato, il secondo rispose che aveva annullato tutti i viaggi; Stessa cosa per il quarto, il quinto e il sesto, fino a che uno degli uomini interpellato gli diede una valida ragione per cui tutti avevano rifiutato i suoi soldi.
-Il mare non è più sicuro come una volta, tutti i commerci sono interrotti! I mostri marini attaccano tutte le navi che si allontanano troppo dalla terraferma e le tempeste divengono di giorno in giorno più frequenti e violente.
-Io devo andare a Creta- spiegò il giovane scoraggiato -non importa il prezzo-
-Nessuno raggiunge Creta, la distanza è troppa... forse qualche pirata ma non ci tengo a scoprirlo- spiegò il Capitano.
Ganimede sospirò e cominciò a uscire dalla locanda con l'armatura in spalla e una faccia da funerale.
Si era diretto casualmente verso la parte più malfamata del porto e si ritrovò davanti a una locanda, quando, perso nei suoi pensieri vide un grosso uomo che era stato sbalzato via dalla finestra e gli era atterrato rudemente davanti ai suoi passi. Incuriosito volse lo sguardo verso la bettola e si rese conto che c'era qualcuno al suo interno con un vasto cosmo, completamente ridestato che si accendeva e spegneva a pochi attimi l'uno dall'altro.
Entrò allora nella bettola e lì si accorse di come c'era un uomo alto e dai lunghi capelli blu che sorrideva circondato da cinque uomini alquanto brutti che lo osservavano e cercavano di colpirlo. L'uomo invece li schivava e poi li colpiva con un impennata del suo cosmo sbalzandoli via.
Ganimede si poggiò alla parete e vide come quello che sarebbe diventato un suo compagno si liberava di quelli che lo circondavano per poi esplodere in una fragorosa risata e sedersi ad un tavolo dove prese un calice e se lo portò alle labbra per poi ridere di nuovo.
-Interessante- disse Ganimede rubando una sedia e sedendosi allo stesso tavolo dell'uomo.
Guardandolo meglio si rese conto che avevano praticamente la stessa età e che aveva gli occhi azzurri come il mare.
-Non molto- disse il ragazzo squadrandolo con attenzione -e tu chi saresti?
-Ganimede, servo la Dea Atena-
-Ganimede, hai l'onore di parlare con Sargas- si alzò e si inchinò al nuovo conosciuto, anche se quell'inchino sembrava più una presa in giro che altro -e cosa vuole un servo di Atena da un pirata?-
-Un passaggio per Creta, posso pagare naturalmente- si affrettò a proporre Ganimede
-Naturalmente puoi pagare, ma perché dovrei accettarti, io non comando un traghetto.
-Ho anche un'altra motivazione, sono un guerriero di Atena e sto cercando altri guerrieri per combattere una guerra contro Poseidone.
-Ah si? E dimmi perché dovrei farlo? Poseidone non mi ha mai fatto nulla.
Non sarebbe stato facile far capire al pirata il messaggio di Atena, perciò cercò di smuovere l'avidità del pirata, mostrandogli il suo scrigno d'oro :-Noi guerrieri di Atena ci rivestiamo di queste armature per combattere.
Evidentemente però doveva essere stata la risposta sbagliata perché il pirata lo guardò con disprezzo :-Non ho bisogno di questi ninnoli, ma potrei decidere di portarti a Creta.
-Come?
-Dovrai solo battermi in combattimento.
-Accetto, usciamo di qui e cominciamo.
I due uscirono dalla città per non disturbare la tranquilla vita del piccolo villaggio e si guardarono faccia a faccia prima di cominciare.
-Puoi indossare la tua armatura, Servo di Atena-
-Non posso, la mia Dea mi consente di indossarla solo contro avversari che ne hanno una a loro volta, altrimenti rimarrà nel mio scrigno.
Sargas si mise in posizione, subito imitato da Ganimede.
Per la prima volta Ganimede e Sargas si ritrovarono a combattere contro un avversario che aveva un cosmo sveglio e aveva raggiunto il settimo senso.
Sargas scattò in avanti verso il suo avversario cominciando una serie di pugni degna dei migliori pugili Olimpici ma che furono schivati, seppure con fatica da Ganimede che fu sorpreso dalla velocità con cui i colpi lo raggiungevano, perciò scattò indietro.
-Cosa fai guerriero di Atena, non dirmi che la Dea si accerchia di gente che fugge davanti a un semplice pirata.
-Io mi chiamo Ganimede- rispose solamente.
-Come vuoi Ganimede, adesso ti dimostrerò cosa è capace di fare questa mia forza- cambiando posizione puntò il dito indice contro Ganimede il quale troppo tardi si accorse di come l'indice del pirata era diventato rosso e si era allungato come fosse un aculeo, per riuscire a schivare il primo colpo, che lo prese su un ginocchio.
Un attimo dopo il dolore che Ganimede sentì gli strappò un gemito di dolore.
La sensazione era quella che un fero incandescente gli avesse trapassato il ginocchio e che nei suoi vasi sangugni adesso scorresse del piombo fuso e bollente.
-Sorpreso dal dolore? E' la prima volta che lo sperimento su un uomo e devo dire che mi hai stupito... Ma potrai sopportare altre punture?- detto questo, Sargas lo colpì di nuovo, prima all'altro ginocchio e poi di nuovo alla spalla. ganimede cominciò a urlare.
-So cosa provi, ho acquisito questa capacità quando sono stato punto da uno scorpione, ma sono sopravvissuto, il dolore è spaventoso e sembra di colore rosso... Per questo e anche per il colore del mio aculeo l'ho chiamata Cospide Scarlatta.
Sargas partì di nuovo e colpì altre tre volte Ganimede -Che guerriero formidabile saresti Sargas - disse Ganimede tra un rantolo di dolore e un altro - ma adesso è il momento che tu conosco cosa può fare un vero Cavaliere-
Ganimede cominciò a concentrare il suo freddo cosmo nelle mani e nelle braccia per poi spararlo con una grande potenza all'indirizzo del suo avversario che riuscì a pararlo, proteggendosi con le braccia.
-Vedo che i tuoi poteri sono diversi dai miei... Ghiaccio? Ma sembrano più diamanti che vengono lanciati contro l'avversario e feriscono gravemente, ma contro di me non è abbstanza... Vai Cuspide Scarlatta!
Stavolta si accorse che non riusciva a muoversi e allora guardò verso il basso, dove, stupito, vide che i suoi piedi erano intrappolati e congelati al suolo
-Il mio colpo non era mirato a ferirti, solo a farti perdere l'attenzione, la tua tecnica è davvero eccezionale, ma ha il punto debole che deve essere sferrata ad una distanza pari al tuo braccio, per questo il tuo punto debole sono le gambe... Una volta che sei bloccato, sei mio.
Sargas scoppiò a ridere :-E va bene Ganimede hai vinto.
-Vuol dire che vieni ad Atene?
-Vuol dire che ti do un passaggio a Creta... per Atene si vedrà.




Salve a tutti... Oggi ho deciso di mettere un capitolo leggermente più breve ma per chiarire meglio i miei Cavalieri e ricordarmeli anche, ho deciso di compilare una piccola scheda... 

Nome: Ganimede
Armatura: Acquario 
Età: 16
Descrizione: Capelli lunghi Verdi e Occhi verdi, volto liscio e fisico asciutto

Nome: Cheleo
Costellazione: Bilancia
Età 20
Descrizione: molto alto, capelli castani corti con gli occhi marroni, fisico asciutto e scattante

Nome: Nemeo
Costellazione: Leone
Età: 17
Descrizione: Capelli corti e neri, occhi castani, leggera barba scura.

Nome: Amalteo
Costellazione: Ariete
Età: 16
Descrizione: Capelli Arancioni corti e arruffati, occhi verdi ed espressivi, sopracciglia rotonde

Nome: Alresha 
Costellazione: Pesci
Età: 15
Descrizione: Bellissima, con i lineamenti fini, lunghi capelli biondi, denti bianchissimi e regolari, occhi azzurri come il cielo.

Nome: Talos
Costellazione: Toro
Età: 19
Descrizione: Lo schiavo era un colosso dalla pelle nera, occhi neri come carboni, con un contrasto incredibile con il bianco dei denti e delle iridi che gli conferivano un'area spettrale. Capelli rasati a zero.

Nome: Croto
Costellazione: Sagittario
Età: 19
Descrizione: corti capelli castano chiaro e gli occhi di un caloroso color nocciola, sul fisico asciutto, il naso era leggermente arcuato, probabilmente per un colpo subito

Nome: Sargas
Costellazione: Scorpione
Età: 18
Descrizione: Alto e dal fisico scattante, con lunghi capelli blu e occhi blu come il mare, lineamenti fini e sorriso spontaneo. 

SO CHE IL TIPO DI PIRATA CHE E' SARGAS NON E' MOLTO APPROPRIATO PER L'ANTICA GRECIA... MA SO CHE MI PERDONERETE...
 

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Capitolo 8
*** Rotta verso Creta ***


Buonanotte a tutti, benvenuti a questo nuovo Capitolo della Guerra Sacra, ma non mi va di disturbarvi, perciò buona lettura...

Rotta verso Creta


Le coste frastagliate del Sud del Peloponneso erano un rifugio ideale per le navi pirata: Circondate dalle roccie, le baie si aprivano come un abbraccio naturale che accoglieva volentieri le navi in cerca di rifugio.
Sargas conosceva benissimo quella zona e guidò Ganimede a piedi sulla costa, raccontandogli aneddoti della sua vita piratesca, aneddoti a volte divertenti, altre volte tristi, a volte spaventosi.
-Hai avuto certo una vita avventurosa in mare... Io certo non posso dire lo stesso, la mia vera vita è cominciata al servizio di Atena.
Sargas gli sorrise e lo invitò a scendere in una delle tante insenature.
Ferma nell'insenatura, una nave dallo scafo nero e dalle vele azzurre faceva bella mostra di se, sul lato in lettere dorate campeggiava una scritta: Antares.
Sargas emise un lungo fischio e dalla nave che pochi attimi prima pareva assolutamente deserta spuntarono diverse teste e molte, riconosciuto il loro Capitano si affrettarono a scendere dalla nave per rendere omaggio.
-Non stupirti- disse Sargas interpretando correttamente lo sguardo spaesato di Ganimede -in un certo senso a bordo della nave io sono una sorta di divinità per i miei uomini.
-Non essere blasfemo- gli disse Ganimede- ricorda che ho conosciuto due divinità e ti assicuro che nessuna delle due avrebbe perso il suo scontro con il Cavaliere di Acquario-
Sargas scosse le spalle come chi non credesse poi più di tanto e si affrettò a presentargli gli uomini più importanti dell'equipaggio: il timoniere, il suo secondo.
-Allora la nave è pronta a partire?
-Si capitano- gli disse un uomo barbuto e anche abbastanza maturo.
-Bene rotta verso Creta.
Sargas fece strada a Ganimede e lo portò sulla nave, i due si sedettero a poppa, dove le onde si infrangevano sulla polena dell'imbarcazione mentre un ragazzo versava il vino da un cratere dorato dritto nei bicchieri dei due che cominciarono a sorseggiarlo mentre gli uomini della nave si indaffaravano ai remi e alla vela.
-Quanto ci metteremo per raggiungere Creta?
-Qualche ora con il favore del vento, ma non è il vento a preoccuparmi, i mari sono diventati pericolosi, dovremo combattere per arrivare a destinazione, ma visto che il fantastico Cavaliere è qui a bordo, sicuramente non avremo problemi.
Ganimede lo guardò severo; per Sargas pareva essere tutto un gioco, tra i due il più maturo sembrava essere Ganimede: -I nostri cosmi potrebbero attirare più guai di quanti vorremmo, sta in guardia.
Dopo alcune ore, la terraferma era lasciata alle spalle e davanti a loro si estendeva solo l'azzurro del mare mentre l'unico rumore era quello dei rematori che infrangevano la superficie del mare e che creavano un ritmo ipnotico e Sargas più volte si era appisolato, mentre Ganimede sentiva la tensione di trovarsi all'interno del territorio nemico e si sentiva teso.
La minaccia si presentò come un'increspatura che era affiorata alla sinistra della nave, che poteva facilmente essere scambiata per un banco di pesci, ma Ganimede avvertiva che un solo essere stava salendo a galla e anche Sargas si svegliò e vigile come non lo aveva visto fino ad allora, lo affiancò.
-E' bello grosso, speriamo che non attacchi, forse riusciremo a passare inosservati.
Speranza vana: un tentacolo grosso come un uomo ma infinitamente più lungo si avviluppò ad un reme e lo tirò in mare, portando con sé anche uno degli uomini che lo stavano utilizzando che scomparve nei flutti.
il secondo tentacolo si avviluppò su un altro remo, ma stavolta Sargas, veloce come uno Scorpione scattò e punse il tentacolo che si ritrasse istantaneamente, scomparendo negli abissi.
Fu solo un attimo di calma prima che un Calamaro gigante, più grande della nave giungesse in superficie e urlasse tutta la sua rabbia contro la nave e decine di tentacoli cominciarono a strisciare con uomini che adoperavano delle lance per colpirli e respingerli in qualche modo, ma solo le Cuspidi Scarlatte di Sargas riuscivano a fermare il kraken che cercava di portare con se la nave.
Ma le sorprese non erano di certo finite, prima che Sargas e Ganimede potessero accorgersi sulla nave si era presentato uno sconosciuto in armatura dorata.
-Io sono Miogar del Kraken, generale degli Abissi del Dio Poseidone, non potete navigare in questo mare servi di Atena- disse l'uomo protetto dall'armatura d'oro che lasciava scoperto solo parte del viso e gli occhi di colore azzurro e la carnagione pallida, insieme agli occhi azzurri lo facevano apparire come un barbaro venuto dal Nord.
-Io servo di Atena sono- disse Ganimede -e del Dio Poseidone sono nemico e attraverserò questo mare che tu lo voglia o no, affari importanti mi chiamano a Creta.
-Io non servo Atena, ma non sono servo di Poseidone eppure hai attaccato questa nave e già due dei miei uomini sono morti e io non posso lasciare questo affronto impunito, preparati a combattere Miogar del Kraken.
Sargas partì all'attacco, colpendo sull'armatura con il dito che però non riuscì a forare la protezione, anche perché la mano di Miogar era andato ad afferrare quella di Sargas.
-Ben poca cosa sono i protettori di Atena mi pare, se non sai fare molto di più, è meglio che ti fai da parte- disse spingendolo indietro.
-Non posso lasciar perdere, io combatterò per i miei uomini.
-Lascia perdere Sargas- si intromise ganimede - non avendo l'armatura potrai fare ben poco contro di lui, pensa ad aiutare i tuoi uomini, a lui ci penso io.
Sargas aveva voglia di protestare ma qualcosa nello sguardo di Ganimede lo convinse a voltare le spalle e a raggiungere i suoi uomini.
Ganimede invece dal canto suo chiamò a sè l'armatura di Acquario che obbediente si dispose sul corpo del suo proprietario che prese la posa da combattimento.
-Io sono ganimede Cavaliere di Acquario e servo di Atena- disse richiamando il freddo cosmo.
-Cristalli di ghiaccio- urlò Miogar lanciando il primo colpo che Ganimede fermò con i palmi delle mani aperte.
-Tutto qui quello che sai fare servo di Poseidone? Forse l'acqua del tuo mare non può competere con il ghiaccio del mio Cosmo eccoti un vero colpo ghiacciato: Polvere di diamanti- il colpo di Ganimede colpì in pieno Miogar spingendolo all'indietro fino a colpire il parapetto della nave, eppure protetto dall'armatura egli non cedette e guardò di nuovo Ganimede.
-Il tuo cosmo è freddo cavaliere ma ancora grezzo, ben più bassa temperatura dovrà raggiungere il tuo colpo prima di poter danneggiare la mia Scale, bagnata nel sangue di un Kraken dei mari del Nord, ma la tua armatura sarà forse in grado di respingere invece il freddo polare degli abissi del Nord?
Miogar assunse una diversa posizione, unendo in cielo le braccia e poi dirigendole verso Ganimede: questa volta l'aria che lo investì era molto più fredda e ganimede fu costretto a incrociare le braccia davanti al corpo per proteggersi.
-Allora Cavaliere che ne dici? Il mio colpo è abbastanza freddo per te?
-No, non lo è- rispose Ganimede mostrando il sorriso sornione al suo nemico -In verità il tuo colpo è freddo e potente, ma non abbstanza a danneggiare la mia armatura- Ganimede assunse a sua volta la posizione con le braccia unite sopra di sé e le gambe aperte; in quel momento si ricordò che il suo totem dell'acquario formava una brocca utilizzando i bracciali dell'armatura e senza pensarci unì le mani come se formasse una brocca e sentì il suo cosmo innalzarsi, finché fu pronto e lanciò il suo colpo più potente: -Esecuzione dell'Aurora-
Anche Miorgar cercò di difendersi dal colpo che lo investì in pieno e pose le braccia protette dell'armatura in modo che assorbissero il colpo.
-Pare che il tuo colpo non abbia sortito molti più effetti del mio- constatò Miogar sollevato.
-Sei forse cieco generale? Guarda bene i tuoi bracciali- I bracciali dell'armatura di Miorgar in effetti erano ancora integri, ma ad uno sguardo attento si notava come delle piccole crepe si erano create e queste crepe erano piene di ghiaccio.
-Come è possibile si chiese Miorgar, nello stesso istante in cui i bracciali si sbriciolarono, lasciando le braccia dell'uomo nude, esposte all'attacco di Ganimede -Non importa Cavaliere di Atena, questa non è l'ultima volta che ci scontreremo e veloce come un fulmine, prima che Ganimede potesse fare qualcosa scavalcò il parapetto e si lanciò nel mare, dal quale fu inghiottito.
La vittoria di Ganimede però aveva avuto un prezzo catastrofico: dieci uomini sulla nave erano morti o divorati dal Kraken o finiti in mare.
Anche l'orgoglio di Sargas era stato sminuito dalla lotta che aveva sostenuto con Miorgar e da cui era uscito sconfitto su tutta la linea.
Fu lo stesso Sargas a raggiungerlo e con le lacrime agli occhi lo guardò e incerto sul come affrontare l'argomento che gli stava a cuore, lo guardò in silenzio, sperando che ganimede capisse.
-La mia Cuspide Scarlatta è stata inutile: sono davvero così debole se paragonato agli altri Cavalieri?-
Il senso di impotenza poteva essere una grossa spinta ad accettare la causa di Atena, ma Ganimede aveva promesso di essere sincero, quindi con sincerità rispose :-Non esiste una grande differenza tra cavalieri: Esiste però una differenza tra cavaliere con armatura e Cavaliere senza: le armature non sono solo corazze difensive che ci permettono di sopportare colpi che altrimenti sarebbero fatali:, esse sono il tramite tra il nostro Cosmo interiore e la forza della Costellazione che ci guida, quando le indossiamo siamo più potenti, è anche questo il motivo per cui ci è vietato indossare l'armatura contro avversari che ne sono sprovvisti.
-Tu dici che anche io sono destinato ad indossarne una?- chiese Sargas e dal tono della sua voce capì di come questi fosse disposto finalmente ad abbracciare la fedeltà ad Atena.
-Il tuo Cosmo è molto potente: una delle armature sarà tua-
-Allora verrò ad Atene con te, ma adesso andiamo, ci sono compagni da ricordare.
Ganimede assentì in silenzio e bevve alla salute dei dieci uomini che quel giorno avevano trovato la morte.
Era passato tempo e Sargas era completamente ubriaco, quando se ne uscì con la richiesta che Ganimede si aspettava:
-Miorgar- disse Sargas - Non devi toccarlo, per i miei compagni sarò io stesso ad ucciderlo.



Angolo dell'Autore
Allora? Vi è piaciuto lo scontro? Ho cercato di rimarcare lo stile di Saint Seiya, con i lunghi dialoghi durante gli scontri, non mi piace particolarmente, ma va bene XD... Abbiamo fatto conoscenda di Miorgar del Kraken, secondo Generale degli abissi che compare e che se ne scappa con la coda tra le gambe :P ma non importa...

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Capitolo 9
*** Il principe di Creta ***


Mi scuso per il Ritardo: Buon Divertimento 

 


Il Principe di Creta


Dopo la battaglia con il servo di Poseidone, Ganimede e Sargas veleggiavano verso Creta spediti, e per fortuna senza avventure, cosa che in effetti stupì il giovane ateniese che pensava che il mare ben presto avrebbe di nuovo attaccato.
Creta si stagliava ancora lontano ma l'isola era conosciuta per parecchie particolarità.
Il profilo montuoso dell'isola era visibile da grandissima distanza e Ganimede sapeva che la maggior parte dell'isola era composta da alture aride e secche, davvero inadatte all'agricoltura e anche l'allevamento dei pochi animali era poco redditizio, eppure a Creta era fiorita una civiltà ricca e prospera, dove le poche città erano ricche e in cui gli abitanti vivevano, se non nel lusso, almeno nelle comodità.
Questo era possibile da due fattori, uno dipendente dall'altro, uno era il commercio: gli abitanti di Creta erano conosciuti come viaggiatori instancabili, ma la vera ricchezza era nel sottosuolo dove c'erano metalli preziosi che, estratti dagli schiavi, venivano poi commerciati in tutto il Mediterraneo.
L'abbondanza di minerali aveva fatto volgere lo sguardo ad un Dio particolare, che non aveva templi in nessun altro posto, se non oltre le colonne d'Ercole: gli abitanti di Creta sacrificavano volentieri ad Ade Pluto.
Non inganni però la descrizione fatta finora: il popolo di Creta è un popolo pacifico che ha inoltre sviluppato un sistema di governo assai particolare: un triumvirato di uomini che risiedono nelle tre grandi città dell'isola e si incontrano una volta al mese per discutere gli affari dell'isola intera. Per il resto del tempo ognuno di loro risiede nel proprio palazzo e governa la propria città.
Ganimede dovendo recarsi su un isola riteneva che almeno le coste fossero devastate, come lo erano quelle del Peloponneso, invece Antares arrivò a Cnosso in tranquillità e il porto era in piena vita, senza alcun segno di danni.
Ganimede si voltò verso Sargas per ringraziarlo e indicargli il cammino che avrebbe dovuto seguire per arrivare ad Atene in tranquillità, ma lo trovò mentre stava dando disposizioni a uno dei suoi uomini che stavano attraccando, Sargas si voltò e gli fece l'occhiolino e un segno di vittoria -Prepariamoci a scendere-
-Non c'è bisogno di venirmi dietro, Atena sarà più al sicuro e io più tranquillo a sapere che sei con lei-
-Su su non darmi noie, sono sicuro che con te ci si diverte di più.
Continuando a battibbecchare Ganimede e Sargas scesero dalla nave e cominciarono a girovagare per l'enorme porto.
Sargas si fermava a parlare alle bancarelle, con Ganimede che notava quanto fosse cortese con le persone e soprattutto con le donne, le faceva sempre sorridere e a giudicare dalle occhiate fameliche di alcune donne, doveva essere anche bello.
All'ennesima bancarella, in cui Sargas si era fermato ad addentare una mela rossa direttamente dalle mani di una bella fruttivendola, Ganimede cominciò a sbuffare sonoramente, ma Sargas sembrò non dargli peso, anzi ne approfittò per fare un'altra battuta di spirito all'orecchio della donna che ridacchiò, per poi donargli la mela, ringraziata con il gesto del bacio da parte del pirata.
-Non ho capito se sei pirata di mare o pirata di donne- cercò di rimbrottarlo Ganimede con tono truce.
Sargas continuò a ridere e ad addentare la mela.
La città di Cnosso era ricca ed opulenta e le strade erano larghe, senza alcuna traccia del degrado che si vedeva nelle altre città, non vi era traccia di poveri o di bambini scalzi con lo sguardo spento di chi ha perso la speranza.
-Questa città è strana amico mio ascoltami!- disse Sargas
-Sai che stavo per dirti la stessa cosa? A prima vista sembrerebbe una città ben organizzata, pulita e ricca, ma c'è qualcosa che la vizia.
-La mancanza di difetti non vuol dire che non ci siano, vuol dire che sono nascosti.
-Comunque sia dobbiamo recarci dal Re.
I due così si incamminavano al Palazzo di Cnosso, un edificio grandissimo che poteva essere avvistato facilmente dal porto: Si innalzava per sei piani e i mattoni di cui era costruito erano bianche come la neve, intervellati da colonne di marmo pregiato con i Capitelli in stile Corinzio, quello più ricercato, ogni particolare del palazzo mostrava la ricchezza della città.
Giunti davanti alla porta del palazzo, furono intercettati dagli opliti cretesi che incrociarono le lance davanti al portone, sbarrandogli il passo.
Ganimede spiegò il perché si trovassero lì, ma gli opliti si rifiutarono di lasciarli entrare nei confini del palazzo, ma acconsentirono a mandare uno di loro a portare un messaggio al re, sperando che questi potesse ricevere i due visitatori.
Nell'attesa, Ganimede e Sargas rimasero a confabulare tra di loro: Ganimede sentiva vicina la presenza di un cosmo potente, eppure non riusciva ad individuarlo, dal canto suo Sargas era convinto fosse nel palazzo, ma non riusciva ad essere più preciso.
Passarono i minuti e i due cominciavano a perdere le speranze quando il soldato mandato come messaggero, ritornò in compagnia di un imponente vecchio vestito di bianco che procedeva con passo marziale, eretto e fiero, con la barba bianca e ben curata che gli davano un aria nobile.
Il vecchio si fermò davanti ai due Cavalieri e li guardò; Sargas si inginocchiò. I soldati ridacchiarono mentre Ganimede lo fissava con sguardo glaciale.
-Alzati, hai mai sentito di un Re che fa il portinaio?- lo redarguì spazientito.
Sargas si alzò mortificato ma lanciò uno sguardo carico di veleno agli opliti che smisero subito di ridere.
-Il mio nome è Dedalo, e servo Re Minosse, so tutto di voi e della vostra missione, anche se sapevo che fosse uno solo l'uomo che camminava per la Grecia cercando i migliori guerrieri- disse il vecchio.
-Il mio nome è Ganimede, guerriero di Atena, questi è Sargas, anche lui lo diventerà presto.
Il vecchio chinò il capo -Bene, se volete seguirmi, il re vi attende- si girò e seguito dai due giovani si incamminò all'interno del Palazzo.
-Ganimede, dimmi, sei originario di Atene?- chiese il vecchio -Sai io sono ateniese per nascita, come se la passa la città?-
-La sorveglianza della Dea Atena ci protegge e anche se siamo in guerra, essa non ancora infuria, o i combattimenti più cruenti sono lontani.
Il vecchio scosse la testa, prima di lasciarli di fronte a una porta di legno completamente dorata, facendo segno di entrare, che il Re li stava aspettando dietro di essa.
Aperta la porta, Ganimede e Sargas fecero qualche passo in avanti e si trovarono in una grandiosa sala di marmo bianco e rosa, con gli affreschi che coprivano ogni centimetro quadrato delle mura e i mosaici il pavimento, in fondo alla sala, molti scalini portavano a un trono di marmo nero su cui sedeva composto un uomo in un ricco abito neo con mantello rosso; i capelli lunghi e bianchi gli scendevano sulle spalle lisci e fluenti come spuma di mare, con gli occhi che lanciavano bagliori dorati e le spalle larghe, tamburellava le dita sui braccioli del trono e sorrideva.
Questa volta sia Ganimede che Sargas si inchinarono rispettosi, finché il re non ritenne opportuno fare cenno ai due di rimettersi in piedi, sempre con il sorriso sereno.
-Sono giunti messaggi di un servo di Atena con uno scrigno sulle spalle che vaga per la Grecia per rintracciare i migliori guerrieri e portarli ad Atene.
-Le voci corrispondono a verità, e sento che uno di questi guerrieri si trova proprio qui a Creta.
Lo sguardo del re si contrasse un attimo e poi tornò sereno -Speravo che in realtà potessi portarmi sollievo e invece vorresti portare la guerra sulle Coste Cretesi: credi che Poseidone lascerà in pace quest'isola se uno solo dei cittadini si schiera con Atena? Ade protegge questa guerra dai mostri marini, ma il nostro Dio è nell'Elisio e non può difenderci da un attacco improvviso.
-Mio Re, l'ipotesi della vendetta di Poseidone è molto lontana: ammesso che dovesse esserci, prima dovrebbe battere Atena e non sono sicuro che accadrà.
Il re sospirò e scrutò attentamente il giovane che si trovava di fronte -io amo questa terra giovane, farò di tutto per proteggerlo e sono sicuro che Aiaco e Radamante farebbero lo stesso, ricordati queste parole.
Ganimede assentì, ma Re Minosse non aveva finito -Quando ti dicevo che non abbiamo subito perdite da Poseidone non era vero... Ho perso una moglie e una figlia in mare; Pasifae era originaria di Efeso e si era recata lì per una breve visita alla sua famiglia in mare; io non avevo potuto accompagnarla; mentre mia figlia Caisa era con lei; sono state sorprese da una tempesta e la nave è colata a picco- gli occhi del Re si erano fatti lucidi.
-Adesso però venite con me, voglio mostrarvi perché vi ho raccontato di Pasifae e di Caisa.
Detto questo attraversò la sala e aprì la porta da cui erano entrati, fuori la quale Dedalo aspettava con fare cerimonioso, Re Minosse lo guardò computo e gli diede ordine di precederli a quelli che lui chiamava i sotterranei.
Dedalo si avviò verso un'ala laterale del palazzo di Cnosso, nel tragitto si fermò a recuperare una torcia in modo da far luce.
Sargas e Ganimede seguivano il Re in quella che si rivelò essere una lunga scalinata che scendeva nel sottosuolo, e che portava ad un corridoio sotterraneo; continuarono a procedere svoltando a destra o a sinistra finché non si persero completamente.
Dedalo faceva strada con la torcia -Questi sotterranei sono molto intricati, sono un vero e proprio labirinto, non perdetemi di vista Cavalieri, sono l'unico a potervi portare di nuovo in superficie-
-Dedalo ha costruito questo labirinto su mio ordine, la mia idea era di utilizzarlo come prigione, ma ultimamente sta ospitando un inquilino che non dovrebbe essere qui.
Allo sguardo interrogativo dei due, Minosse sospirò per poi precisare: -Dopo la morte di Pasifae e soprattutto di Caisa, mio figlio ha passato momenti difficili... Lo hanno portato al suicidio, era molto legato alla madre e soprattutto alla sorella gemella; Ade però non ha voluto recidere la sua vita e lo abbiamo ripescato sulla spiaggia.
Ganimede e Sargas continuavano a seguire il Re nei sotterranei fino a trovarsi davanti a una porta di metallo che il re spalancò.
All'interno c'era una grande sala circolare, al cui centro vi era un letto di marmo su cui era poggiato il corpo esanime di un ragazzo dai capelli grigi, disposti vicino alle pareti erano adagiati su delle barelle altri corpi che sembravano senza vita, i due si guardarono intorno non capendo ancora dove il Cosmo potente fosse precisamente.
-Come vedi, mio figlio è disteso su quel letto, parrebbe privo di vita, ma il cuore batte, anche se il respiro è quasi completamente assente.
-E le persone vicine alle pareti?
-Sono le persone che gli erano attorno nel momento in cui ha perso il controllo, si sono accasciate come marionette cui hanno reciso i fili, e quando proviamo ad avvicinarci succede di nuovo, questo è l'unico luogo alquanto sicuro.
Ganimede guardò Sargas e disse :-Vado a controllare il principe.
-Ma che sei impazzito? Hai sentito il Re?
-Certo, ma non morirò, nessuno è morto per davvero, credo che semplicemente porti le persone in un'altra dimensione, se non ritorno in meno di tre ore, prendi l'armatura e corri ad Atene, la Dea forse avrà un'altra soluzione, adesso uscite, tornate tra tre ore.
Re Minosse, Dedalo e Sargas fecero come detto e uscirono dalla porta.
Ganimede si avvicinò al principe che non si mosse nè diede segno di alcuna reazione, ma quando si trovò a pochi passi da quello l'aria cominciò a tremolare e delle piccole fiamme blu si materializzarono sul corpo del principe e attaccarono il Cavaliere, che però al contatto non bruciò ma svenne istantaneamente, o meglio questo è quello che avrebbe visto un osservatore esterno.
In realtà anche se Ganimede era accasciato al suolo, in un battito di ciglia gli sembrò che fosse stato trasportato lontano dalla Capitale Cretese.
Si trovava in una arida gola completamente rocciosa; alla sua destra in lontananza di vedeva una fila di persone che ordinatamente camminavano verso un profondo precipizio e sanza alcuna esitazione vi si lanciavano all'interno con grida raccapriccianti.
-Dove diavolo mi trovo? Che posto infernale è questo?- Si chiese Ganimede.
-Questa è la bocca dell'Inferno, dove Ade ancora non regna sovrano, ma dove la vita è solo un ricordo- una voce amara gli rispose e Ganimede si voltò.
A parlare era stato un giovane dai capelli bianchi e dagli occhi arrossati, era seduto su una sporgenza con lo sguardo rivolto alla voragine e scrutava le persone infelici che si lanciavano nel baratro senza fine.
-Sei il figlio di Minosse?- chiese Ganimede.
-Mi chiamo Acube- rispose il giovane che continuava a parlare senza distogliere lo sguardo -sei il primo a poter parlare con me, quelli che mi raggiungono qui cominciano a marciare verso il baratro.
-Non è ancora giunto il momento della mia morte e neanche della tua; perché sei qui? Posso immaginare che puoi tornare quando vuoi nel tuo corpo no? Ormai il tuo cosmo si è risvegliato- Un cosmo oscuro avrebbe dovuto aggiungere ma si astenne.
-Non ancora, ho visto mia madre cadere, sto aspettando che anche mia sorella la raggiunga-.
-Ma forse tua sorella non è morta- disse Ganimede cercando di infondere speranza.
-Tu chi sei?- per la prima volta il giovane sembrò interessarsi al giovane che lo aveva raggiunto nella Valle dell'Ade e lo squadrò attentamente.
-Ganimede servo di Atena- precisò il giovane -sto cercando guerrieri per la mia padrona attaccata da Poseidone, potresti venire ad Atene e scoprire qualcosa su tua sorella, ma prima dovremmo tornare a Cnosso, tuo padre è molto preoccupato-.
Il giovane principe alzò un dito, forse pronto a tornare quando dal sottosuolo uscirono dei corpi di forma umana che li afferravano per i piedi e che li trattenevano, i dannati dell'inferno non volevano che qualcuno potesse tornare nel mondo dei vivi.
A forza di calci i due riuscirono infine a liberare le proprie gambe, ma prima di poter tornare sulla Terra, dovevano sbarazzarsi dei dannati, ecco perché Ganimede suggerì all'altro di saltare e quello eseguì, così che Ganimede con il suo Cosmo ghiacciato potesse congelare il suolo.
Atterrati sul ghiaccio, il giovane principe di nuovo puntò l'indice contro Ganimede e evocò -Onda Infernale dello Tsei She Ke- e in un attimo i due si ritrovarono indietro nella camera in cui i loro corpi erano adagiati e allo stesso modo si svegliavano anche gli sfortunati colpiti dal colpo di Acube svenuti vicino a loro.
Acube a quel punto raggiunse Ganimede e insieme uscirono dalla porta nera e incontrarono fuori Sargas, Minosse e Dedalo che li aspettavano; Sargas soprattutto appena lo vide gli sorrise e gli diede un piccolo pugno sul braccio mentre Minosse abbracciava il figlio.
-Ce l'hai fatta anche stavolta eh?- disse Sargas -Adesso sento il Cosmo del nostro amico vivo e potente Ahahahahaahh-
-Padre- disse Acube a quel punto -io ho deciso di andare ad Atene e mettermi al servizio della Dea della Giustizia.
Re Minosse assentì grave - Se la tua decisione è questa non mi opporrò-.
Questa volta Acube si voltò verso Ganimede- presto combatteremo insieme e Poseidone saprà che ha commesso un errore a prendere mia madre e mia sorella-
Ganimede sorrise, ancora poche armature e finalmente lo Zodiaco sarebbe stato completo.



Nota dell'autore: Ci vogliono delle precisazioni
Minosse Aiaco e Radamante sono i tre giudici degli Inferi, il collegamento con Creta è reale, hanno tutti e tre un legame con l'Isola, e Pasifae è per il mito la moglie di Minosse mentre Acube e  Caisa invece sono nomi di mia invenzione...
Il Culto di Ade a Creta è di mia invenzione, nessun ritrovamento storico... Ade Pluto (tradotto alla buona sarebbe Ade il Ricco) è una visione Romana che ha identificato il Dio Pluto della ricchezza con Plutone, piccola licenza che mi sono preso...
Infine una precisazione: Avrei potuto sceglieri il Toro come principe dei Cretesi, rifacendomi al mito del Minotauro (sarebbe stato mitologicamente più corretto) ma in quel caso non avrei saputo come legare il personaggio di Ade... Mentre Cancer con il suo colpo mi ha sempre ricordato qualcosa di molto simile agli Specter...
Ah il nome della tecnica di Acube è gli Strati di Spirito, come è tradotto dalla Panini

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Capitolo 10
*** L'Uomo Che Sacrificò Il Suo Braccio ***


Buonasera a tutti, niente da segnalare all'inizio, se non buona lettura

L'uomo che sacrificò il suo braccio


Aveva salvato un giovane principe che si era rintanato nel suo dolore, perso nel ricordo di una madre e di una sorella che un Dio gli aveva strappato in maniera tragica.
Minosse era stato ospitale e riconoscente dopo quello che era successo e si era prodigato nell'ospitare a Corte sia Ganimede che Sargas, concedendo agli uomini dell'equipaggio di mangiare e di trovare alloggio.
Dopo cenato sargas raggiunse Ganimede nella stanza che gli era stata concessa, entrando senza bussare.
Ganimede stava seduto guardando fuori dalla finestra perso nei suoi pensieri e non si accorse del compagno che gli strsciava alle spalle silenziosamente.
Stava per urlargli contro, spaventandolo, ma Ganimede lo anticipò, senza voltarsi : -So che sei lì- si voltò e vide Sargas con le mani attorno alla bocca che inspirava -Ma che stai combinando?-
Sargas fece finta di niente e si diede un contegno, sorridendo all Acquario.
-A cosa stavi pensando?
L'Acquario lo guardò come soppesando le sue intenzioni -Ad Atena- rispose alla fine -Sono lontano e i Cavalieri sono pochi e Poseidone non attenderà che ci organizziamo per attaccare.
-Dovresti parlarmi dei compagni e di Atena-
Ganimede soppesò di nuovo la richiesta dell'amico: -Cheleo prima di diventare Cavaliere era un soldato della guardia di Atena. è il Cavaliere della Bilancia, Nemeo è un giovane cocciuto e ardito, quando ci siamo incontrati per la prima volta non ha mai abbassato lo sguardo, sebbene io e Cheleo avessimo indosso l'armatura, Amalteo invece è un giovane già saggio, e questi sono i Cavalieri di Atena-.
-Aspetta, così pochi?
Per qualche motivo non gli parlò di Alresha, anche perché in cuor suo sperava che la ragazza non risvegliasse il settimo senso, poiché anche se il seme era minimo poteva sentire la solitudine che emanava da quella ragazza.
-E' per questo che sono in viaggio, domani ripartiamo.
-Ah si ricomincia con il viaggio? Fantastico, posso indovinare dove andiamo?
-Se ci vuoi provare! Avanti navigatore, dimmi dove troviamo il prossimo guerriero?
-Ci dirigiamo in Asia?
-Bravo!- per la prima volta quella sera sorrise -Andiamo proprio lì.

*****

Tranquillo era stato il viaggio e sonnacchioso anche, nessuno aveva attaccato la nave e facilmente erano arrivati sulle coste dell'Asia Minore, attraccando ad Efeso, la città sacra alla Dea della Caccia.
Artemide non era mai stata interessata alle sorti della Grecia, ma adorava cacciare nei boschi dell'Asia e ad Efeso sorgeva la sua dimora.
Eppure se non c'era conflitto aperto tra Atena e Artemide, non si poteva dire che le due fossero in rapporti amichevoli.
Stranamente pare che fosse stata una questione di gelosia, il cui protagonista era niente poco di meno che il Divino Apollo, gemello della Dea della Caccia, che un giorno aveva espresso il desiderio di creare un mondo su cui lui e Atena avrebbero governato insieme.
A niente era valso il rifiuto della Dea della giustizia alle offerte del fratello, Artemide non aveva accettato che il gemello avesse preferito Atena a lei, e tanto era bastato per scatenarne l'ira. In fondo lei era la Dea che aveva trasformato Atteone in un cervo facendolo sbranare dai suoi cani, solo perché per caso l'aveva vista nuda.  
Tuttavia Ganimede sapeva che proprio per la facile irascibilità della Dea, per calpestare le sue terre, aveva la necessità di chiedere il permesso, certo che la Dea glielo avrebbe concesso, purché non commettessero stupidaggini.
Ecco perché appena attraccato nel porto della città si vestì dell'armatura e scese come un principe e col capo scoperto dalla nave, costringendo Sargas a rimanere a bordo per non fare stupidaggini.
Efeso era sempre stata una città molto persiana e poco greca, tutto, apparte il tempio.
il tempio era fatto del più puro marmo bianco, alto fino al cielo e col frontone decorato con quello che sembrava oro, Il tutto visibile da lontano, ancora prima di entrare nei giardini dove naturalmente fu fermato dalle guardie del palazzo.
Le guardie lo fermarono con poca convinzione, guardando affascinate l'armatura dorata, ma il Cavaliere spiegò con poche parole il perché della sua presenza, specificandop di come egli fosse un guerriero d'alta casta della Dea Atena e chiedendo di parlare con la Dea Artemide.
Le guardie dopo un po di titubanza, lo fecero entrare quando alla porta si presentò una giovane donna bellissima, dai capelli lunghi e neri e gli occhi di brace, che ordinò con voce secca di farsi da parte.
-Il mio nome è Taigete, sono una dell Cacciatrici di Artemide.
-Cacciatrice?
-Ti pare strano che Artemide si procuri dei guerrieri? Cavalieri per Atena, Generali degli Abissi per Poseidone, e Ares sta creando una sua milizia a Sparta, cosa c'è di strano se Artemide si circondi di guerrieri propri?
Ganimede camminò nello splendido giardino del tempio di Artemide consapevole di quali implicazioni tale notizia portasse.
-Come sta la divina Artemide?-
La cacciatrice lo guardò con un sopracciglio inarcato -Oggi è di buon umore, siamo tornate da una battuta di caccia proprio ieri, e abbiamo preso qualche preda interessante.
Ganimede sospirò -Sapevate che stavo arrivando?
-Certo che lo sapevamo, si stanno accendendo cosmi in tutta la Grecia, e i tuoi movimenti sono tracciabili, sappiamo che con te viaggia un tuo pari- ecco la prima stoccata, se la cacciatrice era così, figurarsi la Dea.
-Sargas è un mio compagno solo per il Cosmo, Atena non ha ancora avuto modo di incontrarlo e lui non ha ancora un armatura, questo fa di lui un marinaio che mi porta in giro per la Grecia, altrimenti sarebbe al mio fianco ad incontrare la Divina Artemide.
La Cacciatrice e il Cavaliere rimasero in silenzio a camminare per gli immensi giardini del tempio.
Arrivarono davanti a una massiccia porta di legno dorato, decorata ai lati da sculture raffiguranti scene di caccia, per lo più con protagonista la Dea.
-Dovrai aspettare qui fuori, nemmeno la mia autorità potrà concederti di entrare nel tempio, solo la mia Dea può darti tale permesso, attendiamo.
Mai come in quel momento Ganimede pensò di aver scelto per il meglio nel lasciare Sargas sulla nave: il temperamento focoso del pirata avrebbe potuto offendere l'irascibile Artemide, anche in considerazione di quest'ultima provocazione.
Da parte sua Taigete guardava il Cavaliere che non aveva cambiato espressione durante tutta l'attesa, mostrando sangue freddo e una calma fuori dal comune.
Una ancella dopo parecchi minuti si affacciò verso di loro e senza alcuna parola fece cenno di entrare e bisbigliò due parole a Taigete prima di scomparire senza rivolgere la parola al Cavaliere.
-Seguimi, Artemide è nei giardini, insieme alla altre cacciatrici.
Vista la grandezza del tempio, appena superata la porta d'ingresso e il primo corridoio si apriva un giardino interno, ancora più splendido di quello esterno, che sorgeva su un piccolo laghetto.
Sul prato e sulla riva del laghetto sedeva Artemide: indossava un lungo peblo dorato che scendeva dolce sulla linea scattante del corpo, abituato alla caccia, i lunghi capelli di un biondo platino, quasi argenteo che scendevano a formare dolci onde sulle spalle, tenuti fermi da un fermaglio con il simbolo della Luna, e gli occhi dorati, di un colore più acceso dei capelli, accarezzava un cucciolo di cervo, suo animale sacro con un dolce sorriso che ben poco era appropriato alla sua fama di instancabile cacciatrice, al suo fianco sul terreno era poggiato il suo arco d'oro con le freccie d'oro che non sbagliavano mai un colpo.
Carezzando il cervo, guardava nel lago con un sorriso dolce tre ragazze che nuotavano nude tra le onde.
Ganimede, al cospetto della Dea si inginocchiò scoprendosi il capo, ignorando le tre ragazze che ridevano.
Atese diverso tempo prima che fosse la Dea a rompere il silenzio.
-Parla pure Servo di Atena- gli concesse Artemide girandosi verso di lui.
-Sono venuto a rendere omaggio alla Febe Artemide in nome della Dea Atena, E per mia volontà, mi è sembrato giusto che prima di calpestare i suoli cari alla Dea della Caccia fosse giusto chiedere il permesso alla Dea che ivi governa.
La Dea Artemide lo guardò per la prima volta con interesse -Un Cavaliere saggio, senza dubbio, vieni, ho voglia di camminare, parleremo camminando per il giardino, Taigete puoi unirti alle tuo compagne, non avrò più bisogno di te, il Servo di mia sorella sparà proteggermi spero...
-Il mio nome è Ganimede dell'Acquario mia Dea e sarò fiero di proteggervi finchè sarò in vostra compagnia.
Artemide gli si mise al fianco e cominciò a camminare per il tempio seguita da Ganimede che cercava di parlare il meno possibile.
-Allora Ganimede, dimmi quanti uomini ha radunato mia sorella!- ordine perentorio
-Per ora ad ottenere l'armatura siamo in quattro, altri tre hanno già risvegliato il loro Cosmo, mentre altri due li ho incontrati ma sono ancora privi di Cosmo, restano altri tre che sto cercando e poi il mio viaggio si concluderà e potrò iniziare la vera guerra.
La Dea si girò verso di lui fissandolo con i suoi occhi dorati e con le palpebre socchiuse :-Sai che io e la tua Signora non siamo in buoni rapporti.
-Sono sicuro che la Dea Atena sia dispiaciuta di questa disputa con sua sorella.
Un lampo d'ira attraversò in un attimo gli occhi della Dea, che però subito tornò al suo sorriso benevolo, allora se stai cercando guerrieri dediti alla causa di Atena, dovresti saper che Efeso è dedita a me-
-E' giusto che io sia comunque qui per porgere i miei omaggi.
-Mi sei simpatico Ganimede, se fossi nato donna avrei potuto sceglierti come una delle mie cacciatrici...
-La Dea Artemide mi onora e mi ritroverà sempre amico finquando non si opporrà apertamente alla Dea Atena.
La Dea per la prima volta sorrise apertamente e lo guardò quasi con affetto -Non mi schiererò in questa guerra Ganimede e spero davvero che il Destino non ci ponga l'uno contro l'altra, inoltre adesso ti spiegherò perché sei venuto ad Efeso.
-Un anno fa giunse ad Efeso un uomo, era un sacerdote, era un uomo giovane e nel pieno delle forze, si stabilì ad Efeso e cominciò a predicare della benevolenza e giustizia di Atena... Seguimi adesso Ganimede ti porterò ad incontrare quest'uomo, poi ti spiegherò esattamente cosa è successo.
La Dea della caccia si incamminò seguita sempre in silenzio dal guerriero, che teneva le distanze dalla Dea.
inaspettatamente il cammino all'interno del giardino del tempio si interruppe vicino alle mura perimetrali che dividevano il giardino interno da quello esterno; la Dea toccò uno dei mattoni e attraversò il varco segreto che si era aperto, invitando il Cavaliere a fare lo stesso, ma la Dea non si limitò a scivolare nel giardino esterno ma andò oltre anche la cinta muraria del giardino esterno, cominciando a stupire Ganimede.
La passeggiata di Artemide e di Ganimede durò però ben poco fuori dal tempio, perché esso era situato sul margine della città e oltre di esso si estendeva una pianura arida.
La Dea Artemide senza alcuna esitazione si diresse verso l'entrata di una grotta, spiegando: -Queste grotte le utilizzaimo come prigioni per i peggiori criminali- e infatti davanti a loro si stagliavano due guardie che appena videro la Dea si inchinarono e si affrettarono ad aprire.
-Anche se è una prigione molto sicura, ci teniamo solo i peggiori criminali, quelli che desideriamo far sparire senza lasciare traccia.
-Che crimine ha commesso quest'uomo?-
-Abbi ancora un po di pazienza.
La Dea lo portò sempre più in basso, sempre più in profondità, inquietando non poco il Giovane Cavaliere finchè si fermò dinnanzi a una cella.
All'interno c'era buio, e solo una sagoma scura si vedeva, che stava sdraiata su un pagliereccio sudicio con i ceppi ai piedi che gli limitavano i movimenti.
-Svegliati Sacerdote di Atena, hai visite.
L'uomo si svegliò di soprassalto e si mise a sedere, facendo forza sul braccio sinistro per muovere i ceppi.
Le torce accese nel corridoio non consentivano a Ganimede di guardare il prigioniero finché questi non si avvicinò.
E Ganimede capì perché la figura dell'uomo gli era parsa strana: Il volto scavato e solcato da una barba che insieme ai capelli erano di un colore nero carbone, sembrava denutrito, ma gli occhi trasmettevano una fede incrollabile.
Ma oltre all'aspetto provato a causa della prigionia, c'era qualcosa che per la prima volta smosse lo sguardo di ghiaccio del ragazzo.
Il braccio destro non esisteva più: era stato mozzato fino all'altezza della spalla.
Il Cosmo freddo di ganimede parve riempire la cella della prigione per un attimo, prima che riaquistasse il controllo sia del suo cosmo che della sua espressione.
-Dea Artemide, questo è un affronto alla mia Dea, cosa ha fatto quest'uomo per meritarsi un simile trattamento?
-Quest'uomo mi ha insultata dicendo che non sono altro che una selvaggia, non degna di calpestare l'ombra di mia sorella e poi mi ha minacciata puntando la punta di una spada rivolta verso di me... Quindi abbassa il tuo Cosmo, è da biasimare solo sé stesso per quello che gli è successo: Io gli ho lasciato anche scegliere se tagliargli una mano e implorare il mio perdono, ha porto tutto il braccio, e ringrazia che è un servo di mia sorella perché altrimenti gli avrei fatto mozzare la testa.
-Quindi Artemide mi consentirà di portarlo ad Atene?
-Te lo concedo solo come offerta di pace a mia sorella, e anche perché come ti ho già detto, provo rispetto per te.
Ganimede sospirò, e alla chinò il capo dinnanzi alla Dea -Allora posso liberare quest'uomo?-
La Dea assentì e vide Ganimede espandere il suo cosmo e con la pressione delle mani congelò le sbarre per poi romperle ed entrare nella cella, dove fece lo stesso con l'uomo.
-Come ti chiami amico mio?
-Egocero
-Egocero, io sono Ganimede dell'acquario, servo la Dea Atena, sono venuto qui per portarti ad Atene e fare di te un guerriero della Dea,
-Se la Dea mi riterrà degno io gli donerò la mia vita.
Ganimede prese l'uomo sottobbraccio e un po trascinandolo e un po sorreggendolo, riuscirono ad uscire all'area aperta e Artemide lo fissò per qualche secondo.
-Oltre a quest'uomo voglio donare a mia sorella un'altra cosa- per la prima volta la Dea espanse il suo cosmo e Ganimede si accorse di come la differenza tra loro due paresse incolmabile, una luce bianca e accecante al cui confronto, il dorato del suo cosmo pareva una fiammella sul punto di estinguersi.
Nella mano della Dea si manifestò una freccia dorata che la Dea porse al Cavaliere -E' una delle mie freccie, se la scaglierai contro qualcuno che non sia io o mia sorella, essa non sbaglierà mai il colpo, ne faccio dono a mia sorella, come pegno d'affetto e che possa essere un valido aiuto contro Poseidone.
Ganimede accettò deferente la freccia, prodiagandosi in mille ringraziamenti.
In pochi minuti rientrarono nel perimetro esterno del Tempio dove la Dea lo congedò -Tu devi andare, ma sappi che finché mi sarai amico, Efeso sarà sempre aperta per te- e per la seconda volta la Dea sorrise e di nuovo Ganimede fu abbagliato dall'immagine di quel sorriso.
Ricevuto il congedo dalla dea, Ganimede sfruttò la sua velocità per percorrere tutta la città in pochi secondi e arrivare al porto dove Sargas era sceso dalla nave e cominciava a dare segno di impazienza ma quando vide Ganimede si aprì in un gran sorriso, tanto che lo aiutò a prendere l'uomo che stava sorreggendo e a portarlo sulla nave, dove Sargas da buon Capitano ordinò che gli venisse data dell'acqua e del cibo, e mentre si dissetava e mangiava Ganimede e Sargas lo lasciarono solo.
-Cosa è successo al nostro amico?
-Ha insultato Artemide.
-Un comportamento sciocco amico mio; già è stupido insultare una donna, se è una Dea, non può portare altro che guai.
Anche se espressa in termini alquanto semplicistici, l'amico aveva fatto centro.
-Potrà combattere?- chiese Sargas
-Non lo so, il mio compito è di cercare coloro che dovranno vestire le armature, sarà la Dea a scegliere se concedergliela o meno, ma una cosa sono sicuro, il suo cosmo è potente e la sua devozione ad Atena è fuoridiscussione, sono sicuro che a lui è destinata una delle Dodici.
-Bene, non sta a me discutere, adesso cosa facciamo?
-Con la nave ci dirigiamo verso la nostra meta, poi manderemo la nave con Egocero ad Atene, mentre io e te continueremo via terra.
-Così andremo insieme a piedi, non ti sarai affezionato?
-Non ci pensare nemmeno!- disse arrossendo Ganimede -solo che è noioso camminare da solo, e poi non manderei mai te da solo ad Atene, mi faresti fare brutta figura.
-Avanti non trattarmi troppo male- si intristì fintamente il pirata.
-Prepara la nave, ce ne andiamo, torniamo in Grecia.
-Si, lo so, andiamo a Tebe. 


Note dell'Autore
Mi pare che non ci sia nulla da segnalare, ringrazio denny81 per le sue recensioni, tutti quelli che hanno messo la storia tra le seguite e spero che qualcun altro abbia la voglia di lasciarmi due righe, giusto per farmi capire come la storia prosegue.

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Capitolo 11
*** Eteocle... ***


Salve a tutti... Era da un po che non scrivevo... In realtà è il primo di due capitoli che nelle intenzioni dovevano essere uno solo, però mi è uscito troppo lungo, quindi l'ho diviso in due parti... Buon Divertimento e Buon Anno a tutti :D

Eteocle...

 
La nave veleggiava veloce con il vento a favore sul blu dell'Egeo, mentre Egocero ci mise qualche giorno di navigazione a ritornare in uno stato decente, e i tre avevano fatto amicizia, tanto che Egocero era anche disposto ad andare a Tebe con i due nuovi compagni e solo l'insistenza del giovane Acquario aveva fatto sì che il sacerdote si piegasse e acconsentisse a salpare con il resto della ciurma verso Atene.
I tre durante la navigazione si sedevano a poppa e parlavano tra di loro.
Il più loquace dei tre era Sargas che cercava di stemperare la preoccupazione di Ganimede.
L'Acquario infatti sentiva la preoccupazione crescere, anche se non avvertiva un vero pericolo che minacciasse la città di Atena eppure la sua inquietudine cresceva e la mancanza di attacchi da parte di mostri marini e Generali degli Abissi lo mettevano ancora di più in allarme.
Il volto di Egocero invece era illuminato da una febbrile eccitazione all'idea di dedicare la propria vita al servizio di Atena.
Durante una delle loro riunioni Ganimede ancora una volta espresse ad alta voce le proprie preoccupazioni: -Cosa starà succedendo ad Atene?
-Il tuo cosmo non ti inganna amico mio, ad Atene non sta succedendo proprio nulla.
-Sento dei cosmi risvegliarsi- ammise Egocero -ma mi pare che siano tutti attorno alla Dea, non c'è ostilità.
-Quello che mi preoccupa è l'assenza di Poseidone... perché non attacca adesso che siamo deboli e la protezione della Dea è meno accurato di quando arriveremo anche noi?
-Probabilmente si starà organizzando qualcosa, un qualche tiro mancino!- disse Sargas.
-Sarò più sereno quando arriveremo ad Atene e ci saremo tutti.
La navigazione stava giungendo a termine e dopo pochi giorni si ritrovarono sulle coste della Grecia, a poco cammino da Tebe, a Nord di Atene, Ganimede era già sceso dalla nave mentre Sargas stava istruendo i suoi marinai -Tenetevi rasente alla costa e doppiate due promontori, entrate al porto di Atene e accompagnate Egocero dalla Dea, ci rivedremo ad Atene amici miei.
La nave salpò alla volta di Atene mentre Sargas e Ganimede erano rimasti a terra guardando la nave andare verso la desiderata meta, il cavaliere dell'Acquario sospirò.
-Che c'è? Ti dispiace stare con me?
-Comincia a correre deficiente Tebe è lontana.
Sargas e Ganimede cominciarono a correre, fortunatamente il pirata aveva da sé scoperto il settimo senso e cominciato a controllarlo, altrimenti non avrebbe mai potuto tenere quel passo infernale, superando le montagne dell'entroterra greco, giunsero a Tebe dalle sette porte.
Si fermarono su un altura che dominava la città intera.
-Sento tre cosmi molto potenti... Uno lo abbiamo già incontrato
-Miogar- rispose Sargas sputando il nome come se fosse un insulto.
-Cosa ci fanno qui i generali degli abissi?
-Dobbiamo andare subito- disse Sargas -Cosa facciamo se uccidono il nostro uomo?
-Lasciami riflettere- Ganimede pensò che il compagno dell'avventura avesse ragione, eppure erano in inferiorità numerica -Non vedo tracce di ostilità nei cosmi dei Generali degli Abissi-.
-Ricordati che basta un pugnale per uccidere un uomo, non serve avere un cosmo- gli ricordò Sargas
-Non possiamo trovarlo senza combattere... Sargas, promettimi una cosa, se dovesse andare male fuggi come il vento.
-Cosa? Io non posso lasciarti contro due nemici!
"Due?" si chiese Ganimede -Senti, senza l'armatura non puoi combattere, devi andare ad avvertire Atena...
-E questa notizia dovrebbe essere più importante della tua vita?
-Promettilo e basta Sargas, prima che ti congeli...
Sargas rimase per un attimo interdetto, poi assentì con la morte nel cuore.
-Bene, andiamo- Ganimede cominciò a scendere il pendio per entrare nella città seguito da Sargas che si teneva a qualche passo di distanza.
La città di Tebe era racchiusa in una cinta muraria ben difesa dallla guardia, ma di giorno tutti potevano entrare all'interno, almeno in tempo di pace e ben pochi venivano controllati.
Entrare però con l'armatura di Ganimede sulle spalle era utopistico e perciò invece di entrare da una delle porte, usarono le loro abilità per rendersi sfuggenti come le ombre e riuscirono a scavalcare le mura in un punto in cui la sorveglianza era minima e le mura danneggiate.
Un anno prima una guerra civile aveva fatto sanguinare la città, quando il vecchio Re era andato in esilio, i suoi due eredi si erano azzuffati per decidere quale fosse il degno successore del padre, anche perché non c'era un maggiore tra i due, poiché nessuno riusciva a distinguere i due gemelli dal momento della nascita.
Tebe aveva sanguinato e pianto quando uno dei due aveva ucciso l'altro.
Ganimede e Sargas camminavano evitando le strade in cui le persone camminavano, preferendo saltare di tetto in tetto, evitando di usare il loro cosmo, sebbene fosse impossibile nasconderne completamente le tracce di cosmi ampi come i loro, così come era impossibile lo facessero i Generali degli Abissi.
-Dove stiamo andando?- chiese Sargas.
-Ho un idea su chi possa essere il proprietario del Cosmo...- le sue parole però furono interrotte da un attacco improvviso che Ganimede evitò prontamente, fermandosi e assumendo la posizione di battaglia, affiancato subito da Sargas.
Da una delle strade salì sull'edificio una vecchia conoscenza dei due Cavalieri, accompagnati da un'altra persona.
Entrambi erano Generali degli Abissi, ricoperti dall'armatura di Scaglie d'oro.
-Bentrovati Cavalieri di Atena, non è molto che ci siamo lasciati, evidentemente Poseidone vuole che chiudiamo i conti- disse Miogar facendosi avanti.
-E pensa che bella sorpresa- ci sono due Cavalieri di Atena e Due Generali, non può essere una coincidenza: il mio nome è Alastyn del Cavallo Marino- anche il ragazzo che aveva parlato era biondo e con gli occhi azzurri e i lineamenti nordici dei barbari, proprio come il suo collega.
-Il mio compagno di viaggio non è un Cavalieri di Atena, non avete onore a combattere contro qualcuno sprovvisto di armatura- e senza perdere tempo attaccò con il proprio Cosmo i due avversari, richiamando l'armatura col suo cosmo e urlando a Sargas di allontanarsi.
Quando lo vide titubante, gli ricordò la sua promessa e con un sospiro di sollievo lo vide girarsi e cominciare a saltare di tetto in tetto.
-Bene, adesso che hai fatto scappare il tuo compagno quante possibilità credi di avere contro noi due?
-Preparatevi.
Ganimede cominciò ad evocare le sue stelle, sperando che gli mostrassero la via contro i due nemici.
Prima che questi potessero in qualche modo attaccarlo sfruttando la superiorità numerica, Ganimede lanciò la sua "Polvere di Diamanti" contro Alastyn, ma quello cominciò a muovere le mani alla velocità della luce e creando un muro difensivo davanti a se, Ganimede si rese conto che non era riuscito nemmeno a sfiorare il suo nemico, mentre alle sue spalle veloce come un fulmine, Miogar lo colpì con una vampata di ghiaccio e solo la sua armatura riuscì a limitare i danni, ma di nuovo venne colpito da Alastyn con un suo attacco che lo spedì verso l'alto.
-Sei pronto al colpo di grazia Cavaliere? Eccoti i Nostri colpi più potenti: Aurora Boreale.
-Flutti degli Abissi!!!
Ganimede sbilanciato e in caduta era pronto a subire il colpo combinato dei due Generali, pronto al peggio e invece sentì un altro grido: -Cuspide Scarlatta- e i due Generali dovettero evitare il colpo che gli arrivava dalle spalle mentre Ganimede ebbe tutto il tempo di riprendere l'equilibrio e urlare.
-Cosa fai ancora qui?- si portò al fianco di Sargas.
-Mi dispiace amico, mentre correvo mi ricordavo che non sono più un pirata ma un degno Cavaliere di Atena e non posso abbandonare un compagno in difficoltà, forse non avrò l'armatura, compenserò con la mia velocità... Cuspide Scarlatta.
Anche questa volta Alastyn riuscì a non farsi colpire grazie al suo muro difensivo, mentre Miogar lo colpiva al fianco, che non protetto dall'armatura subì il colpo e venne sbalzato via.
-Sargas...- 
-Fermo Cavaliere, sarò io il tuo avversario-
Mentre questo scambio di battute, Miogar aveva azzerato le distanze da Sargas a terra che cercava di riprendere fiato.
-Sei un peso per il tuo compagno, ti disprezza talmente tanto che ti ha mandato via, Perché non segui il suo consiglio?
-Io non abbandonerò Ganimede- disse tossendo.
-Adesso metterò fine alla tua sofferenza... Pirata- lo disse come un insulto
-IO SONO UN CAVALIERE DI ATENA
-Muori! Aurora Boreale!!!
Il gettò d'aria ghiacciata si diresse a velocità fulminea contro l'uomo a terra mentre Alastyn tratteneva Ganimede che cercava di intervenire.
Eppure quando la furia dell'attacco di Miogar si esaurì, i tre combattenti rimasero di stucco, a protezione dell'uomo a terra si era posta un'armatura d'oro, ancora nel Pandora Box,che si aprì all'istante mostrando il Totem dello Scorpione , si scompose per poi ricoprire il corpo di Sargas che fermo e stupito si guardò gli avambracci ricoperti.
Come è possibile un tale prodigio? E' dunque questa la volontà dell'armatura, tale da spingere una di esse a proteggere l'uomo a sé destinato, anche se questo non l'ha mai indossata... O forse sono le qualità di Sargas ad aver convinto lo Scorpione Celeste ad accorrere, oggi quest'uomo ha dimostrato le qualità che Atena tanto apprezza nell'uomo: la giustizia, la lealtà e il sacrificio per gli altri... Da oggi quest'uomo è degno di essere chiamato Cavaliere.
Sargas intanto aveva finito di ammirarsi fasciato dall'armatura per poi lanciare una Cuspide Scarlatta verso Midgard trapassandogli un ginocchio e facendolo accasciare al suolo dal dolore.
-Avevi ragione Ganimede, combattere con l'armatura è tutta un altra sensazione.
Alastyn intanto aveva lasciato perdere il suo duello con Ganimede e aveva preso Miogar saltando su un altro tetto, e Sargas lo voleva seguire ma venne fermato da Ganimede
-Lasciali andare, abbiamo un altro compito
-Altro compito?- fece Midgard - Ah ho capito, volevate reclutare Eteocle, in questi siamo giunti prima noi... Eteocle è diventato un generale degli Abissi, Atena dovrà fare a meno di uno dei suoi paladini.
E con una risata se ne andò, lasciando di ghiaccio i due Cavalieri.
Ganimede per la prima volta sentì una sensazione di sconfitta: Aveva fallito la missione assegnatagli da Atena
 
 
 
    

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Capitolo 12
*** ... E Polinice ***


Salve a tutti e bentrovati, ultimo Capitolo del Viaggio di Ganimede e Sargas dopo di questo comincerà la battaglia vera e propria... Buona Lettura
 

...E Polinice

 
Ganimede e Sargas erano fermi sul tetto teatro dello scontro con i due Generali degli Abissi ancora avvolti nelle loro armature d'oro, Il cavaliere dell'Acquario stava riflettendo sul da farsi, interrogandosi su come gestire la notizia che l'uomo che avrebbero dovuto reclutare per le schiere di Atena avrebbe combattuto come nemico.
-Ehi Ganimede- lo chiamò Sargas, il giovane si voltò e vide lo Scorpione impallidire e ansimare, e velocemente lo afferrò prima che potesse stramazzare al suolo.
-Che succede?
-Il fianco- si lamentò Sargas con voce sofferente
La cosa non avrebbe dovuto stupire visto che aveva subito un colpo alla velocità della luce mentre era sprovvisto di armatura, ma all'Acquario la cosa era passata di mente, e rimproverandosi mentalmente per la poca attenzione prestata lo sorresse mentre si calavano dal tetto.
Anche se Tebe era affollata e piena di vita, l'ideale per passare inosservati, i bagliori dorati che le loro armature lanciavano in tutte le direzioni li misero presto al centro dell'attenzione e perciò Ganimede cercò una locanda dove poter prendere una stanza e prestare le prime cure all'amico.
Arrivarono a quella che pareva una locanda, dove una donna grassa li accolse indicando una stanza dove riuscì a far stendere il compagno su un letto trasandato, togliendogli la corazza dell'armatura, notando come in realtà l'armatura dello Scorpione Celeste pareva essersi attaccata alla pelle di Sargas come volesse proteggere il suo possessore.
Il torso di Sargas era segnato dalla vita di mare che lo aveva ferito innumerevoli volte, con una grossa serie di cicatrici tutte vecchie, quello che si notava era il grosso ematoma che si era formato all'altezza della cassa toracica.
Ganimede lo toccò appena e strappò un gemito di dolore a Sargas: - Devi avere qualche costola rotta- detto ciò Ganimede strappò il lenzuolo e lo raffreddò con il suo cosmo, utilizzandolo poi per fare una benda che potesse immobilizzare almeno parzialmente la parte lesa.
Erano da poco arrivati e Sargas stava cominciando a sonnecchiare quando alla porta cominciarono a bussare: una donna grassa e con due seni spioventi stava portando un vassoio di cibo; era stata lei ad accoglierli poco prima, quei due giovani di cui uno ferito e con delle strane corazze d'oro; aveva tutta l'intenzione di aiutarli.
-Ho preparato qualcosa per cena- disse la matrona sporgendosi verso il ragazzo dai capelli verdi - e sono venuta a controllare come si sente il vostro amico-
-Sta bene- disse Ganimede gelido, ringraziandola però per il cibo portatogli.
La donna spiazzata dal tono gelido del ragazzo fece due passi indietro borbottando.
-Non avrei mai pensato potessi essere tanto scortese contro una donna che voleva aiutarti.
-Oh sta zitto Amalteo- ne aveva riconosciuto la voce: vestito nella sua armatura dorata il ragazzo dai capelli arancioni e gli occhi verdi gli sorrideva amabilmente, adesso ricambiato da Ganimede -bel paio di corna- uscivano dall'armatura e scendevano giù.
-Sono felice di vederti, e questo qui è il Cavaliere dello Scorpione, ad Atena è preso un colpo quando ha visto l'armatura scomparire davanti ai suoi occhi.
-Sei venuto solo per vedere che fine aveva fatto lo Scorpione? Comunque lui è Sargas- indicando il compagno che stava dormendo come un ghiro.
-Non solo per quello, sono venuto ad avvertirti, Poseidone sta per attaccare, ha circondato Atene di acque salmastre e paludose, sembrano davvero malsane... solo il Cosmo di Atena fa sì che le acque non si riversino nelle strade della città.
-Non posso abbandonarlo qui- rispose Ganimede -quanti Cavalieri vestono l'armatura?-
-Toro, Cancro, Leone, Bilancia, Sagittario... Quindi con noi tre saremo in otto, mancherebbero ancora Capricorno, Gemelli e Vergine e i Pesci- 
-Il Capricorno sta arrivando, il suo cosmo è vasto e il suo amore per la giustizia è grande... ma non potrà combattere.
-Non hai altra scelta che tornare, la Dea ha bisogno di tutti i suoi guerrieri.
-Con il tuo teletrasporto non sarà di certo un problema...
-No, non posso portare nessuno con me, Atena tiene aperto un passaggio ma non è nelle mie possibilità far breccia con il mio cosmo in quello di Poseidone, sarai costretto a entrare normalmente...
-Tebe non è molto lontana, posso arrivare lì in un paio d'ore.
-Lo spero bene, Atena resisterà 48 ore e non di più, anzi 36, visto che mezza giornata è già passata, abbiamo bisogno di te e anche di lui, adesso devo andare, sento che la battaglia sta per cominciare e ogni Cavaliere è fondamentale per la sopravvivenza della città.
-Vai e non preoccuparti Amalteo... Vi raggiungeremo insieme.
 
******
 
Erano passate un paio d'ore e Sargas si era svegliato ma era proprio sofferente al fianco, tanto che Ganimede si stava domandando se avesse fatto la scelta giusta a rinunciare all'offerta della padrona della locanda ma questo non lo dissolse dal raccontargli l'avvento di Amalteo.
Il casino che si sentiva dalla sala comune lo stava spazientendo, perciò fece segno a Sargas che sarebbe sceso a controllare, imponendogli di rimanere disteso.
La sala comune era piena di donne che si strusciavano sugli avventori lanciando languide promesse; Ganimede non aveva pensato molto a che tipo di locanda gli si era presentata davanti, ma non pensava che potesse trovarsi all'interno di un bordello, e per questo, rosso come un gambero decise di ritirarsi strategicamente nella stanza di Sargas, ma anche questo proposito non gli fu concesso perché in un attimo si trovò circondato da un paio di ragazze che lo vezzeggiavano con toni languidi, peggiorando ulteriormente l'imbarazzo dell'acquario che solo con decisione e imbarazzo riuscì a svicolare, rientrando nella stanza di Sargas, ancora rosso in volto.
-Che diavolo succede?- chiese Sargas preoccupato.
-Siamo in un bordello, le ragazze mi si strusciavano...-
Sargas cominciò a ridere finché non fu costretto a smettere per il dolore al fianco -Cioè fammi capire, affronti nemici che possono ucciderci in un attimo e hai paura di un paio di donne?- Ricominciò a ridere per l'assurdità della faccenda.
-Smettila idiota o ti trasformo in un cubetto di ghiaccio.
Dalla sala comune continuavano a sentire rumore, quando all'improvviso il vociare fu interrotto da delle grida di donne, tanto che Ganimede e Sargas si voltarono immediatamente verso la porta, ma mentre l'Acquario si fiondò velocissimo, lo Scorpione si alzò lentamente.
Nella sala comune intanto degli uomini avevano dato il via ad una rissa, presumibilmente per spartirsi i favori di una delle avvenenti ragazze e a niente servivano le urla delle donne che cercavano di farli smettere, una di esse venne colpita e scagliata a terra da uno degli uomini che si stavano azzuffando giusto ai piedi di Ganimede che istintivamente si chinò porgendo la mano alla ragazza che la strinse e si sollevò, dopodiché si gettò anche lui nella rissa, colpendo tutti gli uomini e mandandoli al tappeto in pochi secondi, anche senza usare il cosmo, le sue capacità fisiche gli assicuravano un grosso vantaggio.
Da terra li prese uno per uno e li scagliò in strada, intimandogli di non farsi vedere in zona finché lui fosse presente.
Tornando nella sala comune la ragazza che aveva aiutato e la padrona si profusero in grossi ringraziamenti, soprattutto la ragazza che aveva la guancia gonfia per il colpo subito, cercò di alleviarne la sofferenza con un pizzico del suo freddo Cosmo in modo che il gonfiore passasse.
Intanto era giunto nella sala comune anche Sargas che si teneva alla parete, giusto in tempo per vedere la scena.
-Che diavolo ci fai in piedi? Devi guarire in fretta o sarò costretto a lasciarti qui.
-Alle amorevoli cure di queste Signorine? Non potresti farmi più bel regalo- disse Sargas facendo l'occhiolino a una delle donne che passava lì vicino.
-Torna subito in camera- lo prese ganimede sotto la spalla e lo portò indietro a forza facendolo stendere sul letto, ma si accorse di essere stato seguito dalla ragazza che lo guardò fisso negli occhi dicendo :-Il suo amico ha bisogno di cure, c'è una persona che ci aiuta spesso quando abbiamo malattie o qualcosa del genere, potrebbe aiutarlo lei... Andrò a chiamarla, lei abita qui vicino- e dicendo questo si voltò e uscì dalla porta.
-A questo punto non ho altra scelta, speriamo che sappia quello che fa- disse Ganimede.
Dopo poco però insieme alla ragazza, c'era un'altra persona, un'altra ragazza davvero molto bella, dai capelli rosso scuro e con gli occhi del verde più profondo che si potesse vedere, vestiva di un peblo grigio corto che lasciava scoperte le gambe, superò in un attimo Ganimede e cominciò a sciogliere le bende sul corpo di Sargas, tastando con tocco esperto la parte lesa.
-Sei fortunato, le costole sono rotte ma nessun danno agli organi interni, posso sistemartela in dodici ore- erano le prime parole che diceva, e la sua voce era melodiosa anche se un po' fredda, ma Sargas acconsentì allo sguardo della donna.
-Mi chiamo Antigone- disse sedendosi, e poggiando la mano sulla ferita, i due Cavalieri sentirono qualcosa che li lasciò entrambi stupefatti -E' Cosmo- constatò Sargas colpito.
 
*****
 
Dodici ore dopo.
-Finito- disse Antigone tirando un sospiro di sollievo e anche Sargas scattò come una molla mettendosi prima seduto e poi in piedi, assaporando la sua guarigione.
-Non so davvero come ringraziarti Antigone.
-Un modo c'è: Sono capace di sentire quello che voi chiamate Cosmo, vi prego, venite con me...
Sargas e Ganimede si guardarono per un attimo indecisi sul da farsi, per poi acconsentire a seguire la ragazza che li fece prima uscire dal bordello per poi condurli attraverso le vie della città in una modesta casa lì vicino, dove presumibilmente la ragazza viveva da sola, ma poi li condusse in basso, dove una botola nascosta portava ad un piano inferiore, attrezzato come una piccola infermeria con un solo letto dove sdraiato stava un ragazzo sui vent'anni dai capelli rossi esattamente come quelli della ragazza.
-Questo è Polinice, mio fratello.
Ganimede non poté nascondere la sorpresa, poiché quello era il fratello gemello di Eteocle, l'unico problema era che doveva esser morto nello scontro, eppure vedeva il petto del paziente alzarsi e abbassarsi, anche se non sentiva traccie di Cosmo proveniente dal Corpo.
-E' in questo Stato da quando è stato trafitto da Eteocle, avrebbe dovuto morire, ma riesco a tenerlo in vita con quello che voi chiamate Cosmo, vi prego fate qualcosa per lui- disse Antigone con le lacrime agli occhi.
-Non possiamo fare nulla...- cominciò a spiegarle Ganimede
-Ma ne parleremo con Atena, lei saprà riportarlo da te- completò Sargas.
Sempre se riusciamo a sopravvivere alla battaglia pensò Ganimede
 
     
 
 
Allora piaciuto il Capitolo? E' un po' più lungo del solito ma avevo tante cose da dire...
Una doverosa precisazione... Eteocle, Polinice e Antigone sono i personaggi di una tragedia di Sofocle molto bella (L'Antigone)... Volevo usare per i Gemelli Castore e Polluce, ma il rapporto tra questi due era troppo idilliaco e non adatto alla universo Saint Seiya...
  
  
  

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