Breake.

di Deenhia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Nuovi incontri. ***
Capitolo 2: *** Nuove sensazioni. ***



Capitolo 1
*** Nuovi incontri. ***


Capitolo 1

Era sempre un dolore vedere tutto ciò. Mi chiedevo come potessero arrivare a fare una simile cosa, pentimento? No, loro non si pentivano mai di nulla, tutto ciò che facevano era giusto secondo le loro idee. Erano sempre stati visti come creature benevole e piene d’amore, una bella maschera, insomma.
Con quale coraggio riuscivano a far provare simili pene ai loro stessi fratelli? Come? Il semplice fatto che non concordavano con le loro scelte non gli dava certo il diritto di trattarli come fossero il peluche di un bambino di tre anni. Ma io non potevo parlare, già ero abbastanza, fin troppo odiata da loro e ogni mio parere esposto non avrebbe fatto altro che mettermi ancora di più in cattiva luce…
Mi odiavano perché ero diversa ma per loro sbagliata, sì perché chiunque fosse diverso da loro era sbagliato, dannatamente sbagliato.
Me ne stavo appollaiata sull’angolo di un tetto e scrutavo ogni loro gesto senza pietà, e sinceramente mi facevano pena e anche molta. Si credevano così dannatamente superiori quando in realtà erano dei semplici soldatini comandati da mia madre che era anche peggio di loro.
D’un tratto presero una delle loro povere vittime e iniziarono a prenderlo a pugni e calci fin che quel povero ragazzo si accosciò a terra definitivamente: non si sarebbe più alzato. Non resistetti, non ci riuscivo, ma non potevo intervenire, non dovevo.
Sentivo un leggero formicolio sul collo, non ci feci molto caso, poggiai una mano dietro la nuca all’altezza del collo e restai ancora lì. Un lieve soffio di vento fece volare alcune ciocche dei miei capelli sul volto, sentii dei brividi. Non erano dovuti al freddo, no, erano lì.
Saltai giù da quella casa e iniziai a volare e a sprazzi a correre. Avevo paura. Il sudore scendeva lentamente ai lati del mio volto, il cuore batteva talmente tanto che pensavo saltasse fuori, così poggiai una mano sul petto e continuando la mia corsa affannata mi voltai di scatto, per capire se erano dietro di me. Dietro non c’erano, ma li sentivo vicini, molto vicini. Chiusi gli occhi e iniziai a corre più veloce che potevo, correvo, correvo incurante di tutto ciò che mi circondava…Non potevo permettere che mi trovassero, non dopo tutto quello che avevo fatto per sfuggire dalle loro grinfie.
Presi un colpo, avevo sicuramente sbattuto contro qualcosa. Sentii un tonfo e poi un lieve “Aaah!”, aprii gli occhi e vidi un ragazzo a terra.
Chinai la testa su un lato e continuai a guardarlo. Era strano, diverso, ma bello. Mi inginocchiai e cercai di toccarlo; allungai il braccio destro e lo sfiorai, lui si mosse e io ritrassi il braccio istantaneamente.  Aprì gli occhi e mi guardò sbalordito, io feci lo stesso con lui e mi sollevai di scatto.
<< Cosa sei? >> sussurrò guardandomi da testa a piedi.
Io lo guardai e con fare incuriosito feci un passo indietro.
<< Non puoi esistere davvero >> continuò.
<< C-cosa sei tu? >> balbettai quasi silenziosamente.
Lui mi guardò e assunse un’aria interrogativa, come se era convinto che fossi io quella strana. Ma non si vedeva? Era diverso, ma quel suo essere diverso mi piaceva.
Si avvicinò cautamente, come se avesse paura e allungò un braccio per toccarmi. Io lo lasciai fare anche se ero piuttosto impaurita.
Sentii uno scricchiolio e poi dei passi veloci, frenetici.
Mi affrettai e mi avvicinai di più a quell’essere e lo fissai negli occhi. Erano di un grigio accesso, quasi elettrico.  Restai a fissarli ancora un po’, cercando di scrutare anche il suo volto.
"Tu non ricorderai niente. Tu non mi hai mai visto, sono soltanto un tuo sogno. Tu non ricorderai niente. Tu non mi hai visto, sono soltanto un tuo sogno".
Continuai fin che lui annui poi con un balzo mi lasciai libera in volo.
Ero sicura di averli seminati ormai, non sentivo più quel brivido gelido dietro il collo, così mi rilassai. Tornai a quell’incontro con la mente, era stato diverso o meglio lui era diverso e non capivo perché trovava strano vedere una fata, o meglio una mezza fata. In fin dei conti era lui quello diverso…Era così esile e sembrava talmente indifeso, ma se era davvero così cosa ci faceva in un posto simile pieno di creature spietate?

Vidi qualcuno sotto di me muovere una mano come per invogliarmi a scendere. Era David, cosa ci faceva lì? Doveva andarsene e subito!
Scesi appena lo riconobbi e mi gettai ad abbracciarlo, non so il perché ma dopo tutto quello che era successo oggi e quello a cui avevo assistito avevo semplicemente bisogno di un suo abbraccio.
Mi staccai da lui e lo guardai dritto negli occhi.
<< Cosa ci fai qui?! >> dissi irata.
Ero agitata, avevo paura che da un momento all’altro sbucasse uno di loro da dietro un albero e a quel punto ci saremmo trovati davvero nei guai.
<< Sono venuto a cercati, tuo padre è agitato perché non torni a casa da ben tre giorni! >>
<< Ma chi ti ha detto di venire qui?!Capisci che sei in pericolo, si o no?! >> tentai di rimanere calma, dovevo fare meno rumore possibile, non mi sarei perdonata se ci avessero trovati e avessero fatto qualcosa a lui.
<< Come se tu non sei in pericolo! >> rispose sbuffando e passandosi una mano tra i capelli argentei.
Lo fulminai con lo sguardo e mi lanciai in volo prendendolo per il collo della maglietta per portarlo con me.
Misi tutta la forza che avevo in corpo per poterlo tenere, non era semplice sopportare il peso di un licantropo.
<< Ah, dovremmo farlo più spesso…Si vede tutto il panorama da qui >>
Abbassai lo sguardo e sembrava piuttosto convinto di ciò che aveva detto.
<< Sì, certo, contaci. Ringrazia che non posso buttarti giù, altrimenti lo avrei già fatto >>
Assunse una smorfia di disapprovazione.
<< Spiritosa >> rispose.
<< Non era una battuta >> dissi scoppiando a ridere.
Quella risata mi fece distrarre e la mano con la quale tenevo David ebbe un attimo di cedimento.  Pensavo sarebbe caduto e a quel punto lo avrebbero trovato, ero nel caos più totale.
Mi scivolò di mano in un nano secondo. Restai ferma a fissarlo per qualche istante, la sua caduta mi lasciò impietrita, convinta di non poter fare nulla. Lo sentii urlare e scossi la testa energicamente.
Non lo vedevo più, era come sparito.
L’ansia saliva sempre di più, non sapevo come agire. Mi precipitai giù nel vano tentativo di cercarlo, non trovai nulla. Cespugli su cespugli e stupide foglie, dov’era finito?
Stavo tremando, ero dannatamente terrorizzata.  Ero semplicemente un’idiota,  mettevo nei guai chiunque amavo ed ero convinta di poter far qualcosa per rimediare, ma ora?! Ora cosa avrei fatto? Dov’era il mio David?
<< Chi si rivede >>.
“ No! ”, pensai. Erano lì, e sicuramente avevano David. Mi voltai, Kassydie? Lei? Cosa ci faceva lì? E il suo fedele Jasper dov’era?
Portava il suo solito lungo vestito nero tendente al blu, ornato con diverse pietre preziose sul corpetto. Era tanto bella quanto pericolosa, faceva parte dei guardiani, che erano tra i più forti e valorosi guerrieri .
Portava i capelli lunghi, molto lunghi le arrivavano quasi alle cosce, erano di un nero spento, ma ammaliante e in quel momento qualche ciocca le svolazzava davanti al volto come se volesse ribellarsi a tanta perfezione.
Si avvicinò lentamente, come se sapesse che questo incessante passare dei secondi mi uccideva dentro.
Iniziò a fissarmi negli occhi. I suoi occhi erano rossi, rossi come il sangue.
<< Lareen, come mai da queste parti? >> disse come per sfidarmi.
<< Mh, un giro…Sai una visita alla mamma >>.
Ero timorosa su cosa avesse detto o fatto. Mi aspettavo un suo attaccato da un momento all’altro dunque stavo allerta, cercando ,pero’, di non distogliere l’attenzione da quel che mi circondava: da quella selva poteva spuntare da un momento all’altro Jasper, era di lui che avevo davvero paura.
<< Capisco >> iniziò a girarmi intorno scrutandomi da testa a piedi.
<< Sono sempre la stessa, sai >> dissi quasi ringhiando.
<< Ehi, ehi, ehi calma lupetta non vorrai vedermi cattiva >> disse sorridendo maliziosamente.
<< Non mi fai paura >> mentii spudoratamente, ma ogni passo falso mi avrebbe fatto cadere quasi volontariamente fra le sue braccia, così dovevo cercare di dimostrarmi il più forte possibile.
<< Ah, beh…scusami, allora >>.
Continuava a guardarmi da cima a capo e il suo sguardo diventava più intenso ogni secondo che passava.
<< Mi spieghi cosa vuoi? >> chiesi irata mostrando i canini.
<< Abbiamo trovato uno dei tuoi amici lupi qui sotto…Tu ne sai qualcosa? >> disse convinta di avermi preso in trappola.
<< Era con me, qualche problema? >>
<< Mh, tanti…Sai, il permesso per venire qui ce l’hai tu, non puoi portare i tuoi amichetti >>.
Si fermò proprio dietro di me. Anche se non la vedevo direttamente percepivo ogni suo movimento.
<< Beh, non sapevo nulla, non si ripeterà più…Ora, dov’è David? >>
<< Ah, è così che si chiama? >>
Tergiversava qualsiasi cosa le dicessi, non voleva farmi parlare mai di ciò che volevo, tutto doveva essere a suo favore, il  che mi faceva innervosire, ma considerando la mia posizione potevo fare ben poco.
<< Sì, si chiama così! >> risposi ringhiando.
Si gettò su di me e mi spinse, io non mi mossi di un millimetro e mi voltai per guardarla fissa negli occhi.
<< La tua forza è aumentata… >> disse mettendosi a giocare con una ciocca dei suoi capelli color del buio.
<< Sai, si cresce, si cambia, si diventa più forti. Quindi smetti di provocarmi, non ho paura di te >> poggiai le mai sui fianchi e assunsi un’espressione di sfida.
<< Hai paura di me >>.
Un lieve risolino provenne dalla mia destra. Avrei riconosciuto la sua voce fra mille, anzi milioni. Jasper era lì e mi sembrava strano il fatto che non fossi riuscita a percepire la sua presenza.
Mi voltai verso di lui. Era sempre più bello. Indossava un paio di pantaloni neri e un lungo cappotto che lasciava intravedere il suo petto nudo. Era una visione inebriante.
<< Ti sbagli, Jasper…E poi vi ricordo che non potete farmi del male, sono sempre la figlia della vostra regina >>, mi avvicinai a lui e presi il suo viso tra le mani. Fissai i suoi occhi dall’iride indaco e mi ci persi. Lui si avvicinò ancora di più e cinse con un braccio la mia vita.
<< Sei sempre più bella…Purtroppo sei il nemico >> disse quasi indispettito.
<< Nessuno può impedirti di amare >>.
Lo amavo ancora, o almeno credevo. Nonostante tutto lui era stato il primo ragazzo che avevo amato, che mi era stato vicino quando tutti mi andavo contro, quello che mi sorrideva quando ne avevo bisogno e ora non era più lui, purtroppo. Era cambiato e anche troppo, era diventato spietato, come tutti loro, d’altronde.
<< Sono io che ho deciso di smettere >>.
<< Bene >>, risposi nervosa.
Mi liberai dalla sua presa con difficoltà, ma ci riuscii.
<< Mi potreste dire dov’è David? Dovrei andare via >>, mi allontanai.
<< Oggi abbiamo assistito ad un tuo strano incontro >>, disse Kassydie.
Mi girai a guardarla, di che incontro parlava?
<< Non so di cosa parli >>.
<< Non fare la finta tonta, sai benissimo di cosa parlo >> disse avvicinandosi a me.
Non capivo ancora di cosa parlasse…L’unico incontro che avevo avuto era quello con David e quello strano essere, e se si riferiva proprio a quest’ultimo? Ma a loro cosa importava di quel ragazzo? Insomma, non credo potesse essere di rilevante importanza un simile essere per una popolazione di creature così perfette.
<< Quel ragazzo? >>
<< Oh, bene, allora sai di cosa parlo >>.
Si avvicinò e mi allontanò da Jasper, come se lui fosse una sua merce che io non potevo toccare.
<< E dunque? >> risposi cercando di farle capire con uno sguardo, che avermi fatto allontanare da Jasper non mi cambiava nulla.
<< Non sappiamo come quel ragazzo sia riuscito ad arrivare qui, ma il fatto che ti abbia visto e che in un certo senso ora sa della nostra esistenza non va affatto bene >>.
Scese a terra e si sedette su una pietra.
<< E cosa volete da me? >> dissi rivolgendomi a Jasper.
Lui sorpreso ma compiaciuto perché gli avevo fatto quella domanda, sorrise in modo malizioso e prendendomi per un braccio mi tirò a se.
<< Io personalmente qualcosa di accattivante… >>.
Mi guardò dalla testa ai piedi e sorrise maliziosamente.
<< Seriamente >>, risposi irritata.
<< Bene, devi far sparire quel ragazzo, altrimenti uccideremo il tuo amichetto >>.
<< In che senso farlo “sparire”? >>.
<< Devi ucciderlo >> rispose Kessydie con non curanza. Come se quel che aveva detto era qualcosa di semplice o comunque qualcosa di normale.
<< Voi siete tutti pazzi! >>
Spinsi Jasper e mi allontanai volando più veloce che riuscissi. Io non ero una di loro, non avrei mai fatto una cosa simile, mai!
Loro mi stavano dietro, lo percepivo. Quel brivido gelido dietro al collo era lì a farmi compagnia, serviva ad avvisarmi, a dirmi :”Sei in pericolo”.



Angolo autrice: allora, premettendo che so di non saper scrivere poi così bene, ma spero che questo ammasso di idee vi piaccia. Vi sarei molto grata se esprimeste la vostra opinione, negativa o positiva che sia. Infine vorrei ringraziare tutti quelli che sono arrivati a leggere fin qui. Grazie. Deenhia.

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Capitolo 2
*** Nuove sensazioni. ***


Capitolo 2

Mi svegliai frastornata. Cercavo vanamente di aprire gli occhi e di capire cosa stesse succedendo, mi riusciva quasi impossibile anche respirare: l’aria era così apprensiva e soffocante. Mi sentivo morire.
Iniziai a tossire rumorosamente, avevo la gola in fiamme e la testa vuota. Non capivo, non riuscivo a capire.
Cercai di alzarmi, caddi violentemente a terra e sentii il braccio piegarsi sotto il mio peso. Provai e riprovai ad alzarmi, ma era tutto inutile.
Mi sentivo diversa, era strana la sensazione che provavo…Come se d’un tratto avessi cambiato corpo.
Riuscii ad aprire gli occhi. Appena li aprii, la luce mi fece perdere per un attimo il senso dell’orientamento.
<< Finalmente…Sono passate ben tre ore e pensavo ti non saresti più svegliata >>.
Avrei riconosciuto la voce di mia madre anche tra il caos più totale. Era rauca e malvagia, lo si capiva. Mi mancava il rapporto che avevo con lei da bambina, il fatto che a lei importasse di me, che era sempre pronta a starmi vicino. Ora no, ora era tutto diverso, lei era diversa…Non avevo mai scoperto il perché di questo suo cambiamento, sapevo soltanto che un giorno successe qualcosa di terribile che la condizionò terribilmente.
Mi alzai e mi guardai: delle catene mi tenevano per i polsi e per le caviglie. Ero notevolmente diversa, non riuscivo più a vedere le mie ali, e sentivo il mio viso cambiato. Alzai lo sguardo e piegai la testa in una smorfia di disapprovazione.
<< Perché? >>, le chiesi impaurita.
Lei si avvicinò lentamente, sembrava che non gli importasse che fossi sua figlia.
<< Lo hai voluto tu…-sospirò- Te lo dico l’ultima volta, uccidi quel ragazzo altrimenti uccidiamo David >>.
Cercai di afferrarla, ma si spostò. Caddi all’indietro tirata dalle catene.
<< Non posso…è una cosa crudele! >>, risposi con gli occhi lucidi.
<< Allora dici addio a David >>.
Si voltò e iniziò a camminare.
Sentivo il cuore galoppare veloce, tremavo. Avevo paura. Non potevo lasciare che uccidessero David, lui era la persona più importante per me, ma non potevo nemmeno uccidere un povero ragazzo che probabilmente non ricordava nulla.
<< Io l’ho persuaso >>.
Mia madre si voltò, i suoi occhi si infuocarono e assunse un’espressione irata. Non avrei mai dovuto dirglielo, ma ormai non mi importava di nulla.
Il cuore mi si fermò un attimo quando mi prese per il collo e mi strinse. Gemetti leggermente e quando notò che mi stava facendo veramente del male mi mollò e io caddi a terra allo stremo delle forze. Mi rialzai e debolmente cercai di alleviare il dolore.
<< L’ho dovuto fare! >>
<< E perché?!Sentiamo! >>, urlò.
<< Perché c’erano loro, loro che mi seguivano, mi avevano spaventata! >>
<< Hai paura di tua sorella e del suo ragazzo?!Come ti permetti?! >>, mi tirò uno schiaffo e io caddi nuovamente a terra.  
Non riuscivo a capacitarmi del perché mi trattasse così, ogni volta che la vedevo per una cosa o per l’altra, trovava sempre il modo di farmi del male.
Poggiai le mani a terrà e alzai gli occhi per guardarla.
<< Lo farò >>.
Sorrise maliziosamente.
<< Perfetto >>.
Mi alzai per l’ennesima volta e mi voltai verso Jasper, era compiaciuto di quel che mi avevano ridotta a fare. Stavo realmente male.
<< Liberatela >>.
Mi portò con se nella sala del trono, il luogo in cui praticamente non faceva nulla per tutta la sua giornata.
Cercavo di riscaldarmi le braccia con i palmi delle mani ma sembrava inutile.
<< Mi potresti dare qualcosa da mettere, per favore? >>
Chiamò una delle tante fate che erano lì e gli disse qualcosa silenziosamente, ero quasi sicura che gli aveva chiesto dei vestiti per me.
<< Visto che bello il tuo nuovo corpo? >>, si sedette delicatamente sul trono e poggiò le mani sul suo candido vestito bianco, che faceva risaltare la sua pelle scura e i suoi occhi turchesi.
<< Perché questo cambiamento? Voglio tornare com’ero! >>
<< Perché secondo te puoi andare in giro per una città sotto le vesti di un ibrido praticamente sconosciuto al mondo?! >> disse alzando il tono della voce verso il finire della frase.
Quella fata mi portò degli strani pantaloni e un corpetto che era di un tessuto piuttosto morbido.
<< Cosa sono? >>, chiesi curiosa.
<< Gli abiti che usano gli umani >>.
<< E chi sono? >>,chiesi ancora più curiosa.
<< Una razza malvagia che a causa di ciò che ha visto quel ragazzo potrebbe scoprirci ed ucciderci >>.
Sospirai tristemente.
Indossai quel che mi aveva dato mia madre e poi uscii fuori.
Tornai a casa, entrai e mio padre mi venne incontro. Mi aveva riconosciuto e non per l’aspetto, bensì per l’odore. Mi strinse e poi mi guardò sconcertato.
<< Cos’è successo?!Dov’è David?! >>
Sentii il cuore cedere sotto la pressione di un dolore che mi uccideva dentro. Non mi capacitavo di quel che avevo fatto, di quel che era successo. Dei brividi mi percorrevano la schiena. Scoppiai a piangere.
<< Oggi ho incontrato un umano e loro l’hanno saputo e ora mi hanno ricattata dicendomi che devo uccidere quell’umano altrimenti uccido David >>.
<< Sono degli esseri orribili, dobbiamo andare a riprendere David, così non potranno più ricattarti! >>.
<< Sarebbe inutile, sono molto più forti di noi >>.
<< Questo è vero, ma non puoi uccidere un povero ragazzo! >>.
Era irato e non poco, mi sentivo in colpa. Era tutto nelle mie mani, e nonostante mio padre volesse intervenire in qualche modo, il suo intervento non avrebbe fatto altro che aggravare la situazione, così tentai di calmarlo e poi andai a dormire. O meglio, cercai di dormire.
Passai la notte sveglia a rimuginare su un possibile modo per salvare entrambi i ragazzi, ma nulla balzava nella mia testa. Mi sentivo vuota. Capivo che probabilmente ogni mio tentativo sarebbe stato vano e che alla fine, per colpa mia, uno dei due sarebbe morto.
Senza rendermene conto poggiai una mano sulla guancia, sulla quale sentii il calore delle lacrime che mi stavano rigando il volto.
Sinceramente, non capivo perché mia madre avesse tanta paura degli “umani”, dopotutto sembravano così esili e indifesi, non avrei mai pensato che potessero essere una minaccia per le fate.

Era l’alba e il cielo, color roseo, era costernato di nuvole. Mi alzai senza far rumore e sgattaiolai fuori, mio padre non mi avrebbe permesso di andare, così dovetti fare tutto di nascosto.
Uscii fuori e una leggera brezza mattutina fece svolazzare i miei capelli. Strinsi lievemente gli occhi per proteggermi dalla polverina che si era sollevata a causa del venticello.
Presi il foglio che si trovava all’interno della giacca datami da mia madre.
Lo aprii e: dovevo andare in un college chiamato “Princenton”.
Arrivai al cancello della scuola e restai a guardarla un po’, non avevo voglia di entrare. Soltanto all’apparenza, l’edificio mi dava la sensazione di un luogo in cui le menti e i pensieri venivano oppressi e probabilmente era così, ma anche se contro la mia volontà, dovetti entrare.
Sapevo che il ragazzo frequentava il corso C, così cercai di seguire le lezioni di quel corso.
Lo riconobbi a fatica, il suo sguardo, i suoi occhi mi furono d’aiuto. Ricordavo quel grigio quasi metallizzato, era stupendo.
Era il cambio tra la quinta e la sesta ora e, notando che tutte le ragazze andavano spesso e volentieri in una stanza, decisi di andarci anche io. Arrivai davanti alla porta e un grosso cartello era occupato dalla scritta “WC”, entrai e vidi alcune ragazze parlottare in un angolo, altre intente a truccarsi e altre ancora poggiate ad una delle porte.
Mi guardai attorno spaesata, e mi resi conto soltanto dopo, che si trattava del bagno.
Mi avvicinai ad uno dei lavandini e misi le mani sotto l’acqua, che era calda, molto calda. Mi voltai per asciugarmi e di fronte a me vidi uno specchio. Mi ci avvicinai e mi sembrava impossibile che la figura che vedevo riflessa fossi io: capelli lisci e rossi, occhi azzurri, pelle scura. Ero diversa, decisamente. Mi avvicinai ancora di più allo specchio e allungai un braccio tentando di sfiorare la figura che vedevo.
Sentii un risolino e ritrassi subito il braccio, mi voltai e vidi delle ragazze ridere e mi chiesi il perché. Non credevo di aver fatto qualcosa di tanto anormale, così uscii dal bagno e ritornai in corridoio.
Camminavo assorta nei miei pensieri: ero completamente diverso prima.  Avevo dei lunghi capelli ribelli, ricci e indomabili color del miele, due grandi occhi color smeraldo e la pelle chiara, chiarissima che sul volto era costernata da mille lentiggini.
E’ vero che non dovevo farmi riconoscere dal ragazzo e che non dovevo somigliare in alcun modo a quella che era la mia vera natura, ma in quel corpo, mi sentivo completamente spaesata.
Andai a lezione: epica.
Entrai nell’aula e mi sedetti all’ultimo banco vicino alla finestra. Ero la prima, così restai a fissare fuori: le foglie autunnali cadevano volteggiando a terra, come in una danza; qualche uccello volava qua e là; il vento soffiava leggermente e dei bambini giocavano allegramente nel cortile di una casa di fronte alla scuola.
D’un tratto entrarono tutti e io rimasi perplessa dal forte baccano che erano riusciti a creare.
Una ragazza alta, bella con uno sguardo magnetico mi si avvicinò.
<< Scusa, ma quello è il mio posto >>, sogghignò.
La guardai e non riuscii a spiccicare parola.
<< Dai, Sophie, lasciala. E’ nuova >>, una voce penetrò di fianco a me, era la sua voce.
La ragazza si voltò e lui le sorrise, poi si andò a sedere qualche posto più avanti.
Mi girai verso il ragazzo e sussurrai un timido “Grazie” giocando nervosamente con una ciocca di capelli.
<< Di nulla >>, rispose.
Ero riuscita, dopo un intero giorno ad avere un contatto con lui. Sembrava così disponibile e leale, e ciò che più mi faceva male era sapere cosa gli avrei fatto.
Entrò il professore e annunciò il tema della lezione: creature fantastiche e mitologiche.


Angolo autrice: spero che leggiate anche il secondo capitolo e che almeno questa volta lasciate un commento! Grazie a tutti!
Deenhia.

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