The Black Sheep

di RomanticaLuna
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Welcome Daphne ***
Capitolo 2: *** I'm proud of you ***
Capitolo 3: *** Daddy, i'm a Griffindor ***
Capitolo 4: *** The lion's heart ***
Capitolo 5: *** New marauders ***
Capitolo 6: *** Quidditch ***
Capitolo 7: *** Autumn holidays ***
Capitolo 8: *** Christmas ***
Capitolo 9: *** Happy birthday, Al ***
Capitolo 10: *** Letters ***
Capitolo 11: *** Dear diary ***
Capitolo 12: *** Loneliness ***
Capitolo 13: *** Unions ***



Capitolo 1
*** Welcome Daphne ***


Un piccolo gemito risuonò in un'enorme stanza colma di gente indaffarata che correva ovunque, in un pomeriggio di inizio primavera. Il sole splendeva fuori dalla finestra ed il profumo dei fiori rinfrescava l’aria viziata della grande villa Malfoy.
Urla di dolore si alternavano a quelle di gioia che, in poco tempo, presero il sopravvento.
Una bambina minuscola e grinzosa venne stretta in una coperta blu cielo, gli occhi chiusi ed il corpicino immobile.
Tutti si guardavano gli uni gli altri in fremente attesa, non capendo le cause di quello strano silenzio. Le streghe che l'avevano fatta nascere bisbigliavano chiedendosi come fosse possibile che, nel giro di qualche secondo appena, quella creatura potesse essere morta, nonostante alla nascita  l'avessero sentita piangere.
Un'anziana signora si avvicinò alle magi-ostetriche, prese la bimba in braccio e la scosse leggermente, le massaggiò la pancia e mosse le mani in movimenti sicuri sulle palme dei piedi e sulle gambe inermi, fino a che la boccuccia della piccola si aprì facendone uscire un pianto leggero e soffocato.
Il viso della neonata diventò nel giro di una frazione di secondo rosso e concentrato nell’atto di farsi sentire al mondo, i pochi capelli erano intrisi di sangue sangue che venne catturato dalla salvietta che le era stata posta attorno al corpicino.
La donna diede la piccola all’uomo che le stava a fianco, un uomo giovane e di bell’aspetto, per farle il primo bagnetto, prima di assistere la giovane distesa sul letto. La bimba strillava e si dimenava mentre l’uomo, suo padre, la strofinava delicatamente per togliere lo strato di sangue dalla pelle diafana.
Non era la sua prima figlia, ma il giovane non ricordava di aver avuto tanti problemi con Scorpius, il primogenito.
Quando tornò dalla moglie teneva la neonata pulita ed ormai stremata avvolta da una copertina di seta azzurra. La pose delicatamente sul ventre della compagna e subito la piccola si attaccò al seno per mangiare, cercando quel profumo che le era tanto familiare, quelle carezze dolci ed affettuose che da nove mesi la facevano sentire amata.
“Come la chiamiamo?” chiese l’uomo guardando moglie e figlia distese sul letto matrimoniale.
“Daphne” disse lei, guardando i due ciuffi biondi e ribelli che erano già spuntati alla piccola.
Lui la guardò indifferente per un momento, portando il pensiero alla donna che portava quel nome, morta solo l’anno prima all'estero per seguire uno stupido sogno.
“Sicura di non volerle dare un altro nome?” domandò con un’espressione neutrale.
“Cos’ha che non va? Era il nome di mia sorella e sono sicura che lei lo porterà come si deve!” lo sguardo che gli lanciò fece capire al marito che la discussione doveva finire lì.
Lui si arrese, non voleva litigare con lei per una cosa così stupida.
La porta si aprì piano ed un bambino biondissimo e con gli occhi dal colore del ghiaccio entrò nella stanza, seguito da un uomo con lunghi capelli grigi.
“Nonno, perché la mamma è sul letto?” chiese il piccolo.
“Perché è stanca, ha appena avuto la tua sorellina e deve riposare” le spiegò l’anziano.
“E perché ha avuto una sorellina? Io stavo bene anche da solo”
“Vedi Scorpius, quando una mamma ed un papà stanno insieme è normale che abbiano più di un bambino”
Insospettito e guardingo il piccolo Scorpius si avvicino ai genitori, prima di gettarsi sul letto vicino alla madre, intenta ad allattare Daphne.
“Ciao ometto" gli disse lei stringendolo a sè "Ti presento la tua sorellina, Daphne” e mosse con delicatezza una manina della bimba ancora intenta a ciucciare, nel tentativo di fare ciao ciao al fratello.
Il bambino la guardò qualche secondo "E' proprio brutta" disse semplicemente facendo una smorfia. I genitori risero.
“Eri uguale uguale anche tu quando sei nato. Con il tempo vedrai che diventerà una bellissima principessa" la madre gli diede una carezza sui capelli prima di continuare "e il tuo compito sarà quello di proteggerla e di insegnarle tutto ciò che noi abbiamo insegnato a te. Sei suo fratello maggiore e dovrai essere forte anche per lei!”.
Gli diede un bacio sulla fronte e gli pettinò i capelli con le dita affusolate che tanto avevano intrattenuto amici e parenti mentre delicate ma sicure scorrevano sui tasti del pianoforte del salone.
“Ha il nome della zia” constatò con tono offeso. Quella marmocchia non poteva portare lo stesso nome della sua zia preferita, nonché unica, che gli aveva insegnato tutte le magie più potenti e raccontato le storie più belle ed avventurose. Non ne era degna.
“Si” annuì sua madre, sistemandosi più comoda sul cuscino e lasciandosi trasportare dalla stanchezza "Mi prometti che ti prenderai cura di lei?" allungò il mignolo, in attesa di siglare quella promessa tanto importante.
"Si, prometto" rispose lui, ora raggiante, stringendolo con il suo. Cominciò a giocherellare con le manine della piccola e subito sentì qualcosa scaldargli il cuore. Forse fu la risata, sdentata ma contagiosa, della nuova arrivata, forse il fatto che si stesse aggrappando a lui con tutta la sua forza, fatto sta che in quel momento non gli sembrò più tanto brutto avere una sorella minore.
Quando la mamma si addormentò, la bimba fu presa dalla nonna che la portò nella sua stanzetta, mentre Scorpius venne accompagnato in giardino dal padre, per godersi il sole e la bella giornata.
Fu così che quando Daphne aprì gli occhi sul mondo si trovò da sola ed in un posto sconosciuto. Nessuno era lì per lei e nel suo piccolo si sentì dimenticata ed impaurita.
Agitò le manine paffute verso l’alto, cercando di attirare l’attenzione di quelle persone che aveva sentito stringerla o della sua mamma che l'aveva protetta e amata per tanti mesi, ma nessuno arrivò ad accudirla. Si mise a piangere, ma la voce era troppo flebile per essere udita al di fuori della camera. Quando capì che era inutile smise, sentendosi persa in quel luogo così grande e poco illuminato ed iniziò a guardarsi intorno. La sua vista si stava ancora formando e non le era facile vedere gli oggetti sparsi qua e là ed i suoi occhi erano ancora troppo deboli per rimanere aperti a lungo, ma si sforzò di farsi un’idea di cosa la circondava.

******

Le voci della servitù risuonavano nei corridoi, la stessa frase pronunciata da voci diverse: la signora Malfoy era appena deceduta.
Draco si tenne a suo padre per non rovinare a terra, consapevole di aver appena perso una compagna fidata e leale e che il peso dei figli sarebbe ricaduto interamente sulle sue spalle.
Guardò il maggiore per un momento, stava giocando con una piccola palla colorata in mezzo al prato.
Tutto di quel bimbo rappresentava un Malfoy, dai capelli biondi che volavano al contatto con l’aria agli occhi chiari in un viso magro e delicato, la carnagione pallida ed il corpo slanciato. Per avere tre anni, gli arrivava già alla vita ed era ambizioso come pochi altri bambini.
“Signore, dobbiamo preparare il funerale, signore?” chiese un elfo domestico vestito solamente con uno straccio sporco e logoro, il naso lungo ed aquilino ed i grandi occhi verdi insensibili alla sofferenza del padrone.
“Si. Sistemate la camera e chiamate i parenti. Domani ci sarà l'addio” rispose dopo qualche secondo il padrone, allungando la mano scheletrica su cui teneva la fede di matrimonio.
Non aveva mai amato Astoria, eppure non avevano mai litigato in 5 anni di matrimonio. L’aveva sposata come si fa sempre nelle famiglie Purosangue, per mantenere inalterata la purezza della discendenza. 
Sentiva un macigno pesargli sullo stomaco, la testa riempirsi di mille pensieri, intenta ad organizzare gli eventi del prossimo futuro. La vita aveva voluto giocargli un altro brutto scherzo, aumentando il fardello che già gravava sulle sue esili spalle.
“Draco, noi ti saremo sempre vicini” disse suo padre, la voce bassa e rotta.
“Si, tesoro, baderemo noi ai bimbi” confermò la madre.
Malfoy li guardò un attimo, non sorrise né ringraziò, ma si diresse verso la stanza della moglie per darle l’ultimo saluto.
I gorgheggi di Daphne lo fecero fermare davanti alla sua porta e lo spinsero ad entrare. Draco guardò la figlia agitarsi nella culla, due grandi occhi impauriti si guardavano attorno curiosi, la garza insanguinata appiccicata al suo pancino gonfio si muoveva ritmicamente.
Appena la prese in braccio, lei si calmò. Lo guardò con un’espressione dolce, riconoscendo le mani che l’avevano lavata, poi si mise a ridere. Una risata cristallina ed acuta che creò un lieve sorriso sul volto imbronciato dell'uomo. Con le manine Daphne toccò il viso del padre, strizzandogli il naso, arrotolando i capelli fini tra le dita.
No, Draco Malfoy non avrebbe avuto bisogno di aiuti, avrebbe pensato da solo ai suoi figli, pensò stringendo la piccina al petto ed assaporandone il profumo di latte e di bagnoschiuma.

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Capitolo 2
*** I'm proud of you ***


“Dove sei stata?” la voce di Draco Malfoy rimbombò per tutto l’atrio, rimbalzando sui muri e sui vetri freddi. Durante quegli anni aveva fatto tutto il possibile per crescere i suoi figli al meglio, dando loro la migliore educazione privata, pagando istruttori affinché fossero perfetti nel suo mondo, il mondo delle persone importanti. Ci aveva provato ad essere un buon padre e sperava di essere riuscito a trasmettere ai due bambini almeno il suo impegno.
Ma non era mai riuscito a capire cosa girasse nella testolina bionda della sua figlioletta minore.
“In giro” disse lei, evasiva.
“Tu non vai in giro senza dire niente a nessuno! Avrebbero potuto rapirti o farti del male, non ci hai pensato?” urlò ancora più forte.
Non era più giovane come un tempo, si stancava molto più facilmente ed avere a che fare con una ragazzina quasi adolescente lo sfiancava. Le rughe aumentavano anno dopo anno, non lasciandogli tregua.
“Nessuno mi fa niente, nessuno mi si avvicina. È già un miracolo che abbia degli amici!” Daphne ripensò a tutte le difficoltà che aveva incontrato in quegli anni per fare amicizia, per essere accettata e per poco non scoppiò a piangere.
La famiglia Malfoy era caduta in disgrazia dopo la sconfitta di Voldemort e nessuno la vedeva di buon occhio. Draco era stato bravo ad eccellere nel campo della medicina estetica ed era riuscito a riconquistare un po’ dell’antica celebrità che il suo cognome ricordava, ma tante famiglie, quelle che non davano più importanza al sangue, quelle che Daphne maggiormente frequentava di nascosto, preferivano stare distanti da quell’uomo snob ed egocentrico. Soltanto grazie al suo carattere amichevole ed alla sua buona volontà la piccola Daphne era riuscita a trovare dei veri amici disposti ad accettarla e con cui amava passare le giornate, ridere e chiacchierare di sogni e di futuro.
Draco guardò la figlia con occhio severo… a cosa erano servite tutte le lezioni di comportamento e portamento che le aveva impartito? Non riusciva a vedere nessun miglioramento nella figura goffa ed ingobbita di Daphne, curva sotto la borsa piena di libri. Non ricordava una singola volta in cui lei avesse usato parole giuste o maniere raffinate se non costretta dalle circostanze: la trovava intenta a giocare con la plebaglia e con i babbani che incontrava in giro per Londra, non dava peso all’importanza del suo cognome. Per di più molto spesso lo sfidava con i suoi occhi blu, gli stessi della madre.
L’hai educata male, Draco, lei non è degna di essere una Malfoy, non è come noi!  gli ripeteva la madre ogni volta che veniva al Manor a prendere il tè o fare quattro chiacchiere. L’aveva sentita talmente spesso che oramai sembrava essere una verità assoluta. Non poteva ammettere di averla educata male, perché non era così: in presenza di estranei e quando era invitata a casa d’altri Daphne si comportava perfettamente ed era gentile ed educata, una vera signorina per bene.
Ma lui riusciva a vedere che quei comportamenti erano forzati, fatti apposta per piacere, per soddisfare il padre.
Lui amava quella ragazzina allo stesso modo in cui amava Scorpius, però doveva ammettere a sé stesso che a parte i lunghi capelli biondi, stampo dei Malfoy, Daphne non aveva preso nulla da lui.
Non era della sua famiglia la pelle abbronzata, oramai segnata da piccole cicatrici (i suoi trofei di battaglia come le chiamava lei, il risultato di mille scappatelle e di una buona dose di poco istinto di conservazione ed una buona affinità col mettersi nei guai).
Il carattere poi era qualcosa di disarmante: dolce ed aggressivo al tempo stesso, capace di donare amore infinito e sfidare un adulto con la sicurezza stessa di una persona molto più grande dei sui 11 anni. Persino la sua mente continuamente all’erta l’aveva ereditata dalla madre, insieme ad una buona dose di curiosità che immancabilmente la portava a mettersi nei guai e l’istinto di proteggere i suoi amici rincarava la dose.
Aveva una particolarità richiesta da ogni Casa di Hogwarts, sapeva essere astuta, ambiziosa ed usava al bisogno la situazione a suo vantaggio, come i Serpeverde; era testarda come un Grifondoro, intelligente, curiosa e costantemente con il naso nei libri, come i Corvonero; era buona e leale verso i suoi amici, come i Tassorosso.
Sebbene sperasse che una volta ammessa a scuola la figlia venisse accolta nei Serpeverde, Draco temeva che lei non sarebbe mai appartenuta al mondo magico.
Non aveva ancora dimostrato nessuna dote magica e questo lo preoccupava: il mondo l’avrebbe deriso a vita con una Maganò come figlia.
Draco sentì il tonfo sordo della borsa lanciata con forza contro il muro ed i singhiozzi della figlia che correva verso il giardino. Non la seguì, sapeva che quando aveva "le sue crisi" Daphne voleva rimanere da sola.
“Cos’ha Daf?” chiese Scorpius, scendendo le scale elegantemente.
“Mi ha disubbidito un’altra volta, non so più cosa fare con tua sorella!” Draco si passò una mano sul viso, stanco di quei continui litigi.
“E’ una ragazzina, ha delle esigenze. Tra cui quella di avere degli amici che le vogliano bene” sorrise il figlio. Per i suoi 13 anni era molto intelligente ed Hogwarts aveva modellato il suo carattere rendendolo più comprensivo e docile verso la sorella minore.
“Vado a parlarle” aggiunse prendendo una bottiglietta di tè alla pesca dal frigorifero.
Daphne era accucciata in un angolo della casetta sull’albero che il padre aveva costruito per lei anni addietro. Passava le dita sottili sulla fotografia della madre che lei non aveva mai conosciuto, come faceva spesso.
“Nonna ha detto che è colpa mia se è morta. Che ci ho impiegato troppo a venire al mondo e l’ho fatta stancare” borbottò asciugandosi le lacrime quando sentì i passi del fratello sulla scaletta di legno.
“Sbaglia, tu non hai nessuna colpa. Mamma era malata da tempo e, quando sei nata, la malattia l’ha sfinita. Me l’ha detto papà quando eri ancora piccola” Scorpius le coprì le spalle con un braccio e la strinse forte a sé. Lei si lasciò andare, affondando il volto nel petto del fratello
"Papà non mi vuole bene però, è sempre arrabbiato con me, non mi permette di vedere i miei amici e non mi abbraccia mai"
Il ragazzo sospirò cercando le parole giuste. "Ti vuole bene e lo sai. Solo che sta imparando a vivere questa vita con noi giorno dopo giorno ed il tuo modo di pensare fuori dagli schemi gli fa paura. Lui pensa che dovremmo pensare tutti nello stesso modo"
“Dicono che sono la pecora nera della famiglia” si lamentò ancora, la voce rotta dal pianto arrivò lieve alle orecchie di Scorpius.
“Solo perché non sei come noi. Tu sei diversa, sei migliore!” le diede un buffetto, tentando di farla ridere, ma senza gran beneficio.

“In che senso?” gli chiese la sorella, asciugandosi il viso con un lembo della canottiera.
Ad Hogwarts, il primogenito dei Malfoy era adorato come una divinità dai suoi compagni Serpeverde ed aveva visto cosa erano capaci di fare quegli individui senza cuore. Si divertivano a torturare i ragazzini indifesi ed emarginati, si credevano i padroni della scuola ed agivano di conseguenza.
“Tu non sei cattiva, hai diritto ad un po’ di felicità”.
“Neanche tu sei cattivo. Sei il fratello più buono del mondo” Daphne lo guardò con i suoi grandi occhi blu, riempiendogli il cuore di dolcezza e amore con quella frase da bambina.
“Sono tuo fratello maggiore ed è mio compito proteggerti. E poi l'ho promesso alla mamma taaaanto tempo fa. Ma non sono poi così buono come pensi” sussurrò, staccandosi dalla sorella.
Era stata lei a migliorarlo. Ma lei a scuola non c'era, non poteva addolcirlo con uno sguardo amorevole o confortarlo dopo una punizione, quindi lui si sfogava sui più deboli.
Sapeva che, quando fosse arrivato il suo turno di cominciare Hogwarts, avrebbe dovuto proteggerla non solo dalla famiglia, ma anche dal mondo fuori dai confini del Manor. Doveva essere forte per lei, così gentile e fragile, come aveva promesso alla madre.
Se non fosse stato per Daphne, Scorpius sarebbe diventato identico a Draco, senza riuscire ad apprezzare la semplicità del mondo e le vere amicizie.
“Oggi mi è arrivata la lettera per Hogwarts” disse la ragazzina, frugando sotto al tappeto della casetta sull’albero.
“L’hai detto a papà?” chiese Scorpius.
“No. Non me ne ha lasciato il tempo”
Prese la pergamena e la porse al fratello che la riconobbe immediatamente.
“Papà urla con te perché è preoccupato. Ti vede debole e ha paura che ti possa succedere qualcosa” disse Scorpius, ripiegando la lettera
“Andiamo, è ora di cena”
Draco era già a tavola e con lui, come la maggior parte delle volte, erano presenti i coniugi Malfoy e due colleghi della clinica privata.
Scorpius nascose la sorella mentre le diceva di andare a cambiarsi e lei, controvoglia, salì le scale di corsa, senza finezza o leggerezza. Buttò in un angolo la tuta sporca di fango e terra ed indossò un lungo abito blu, allacciando il fiocco dietro la schiena. Pettinò alla meglio i capelli e li lasciò sciolti sulle spalle. Ebbe particolare riguardo mentre indossava la collana della madre, facendo attenzione a non rompere il gancino.
Prima di scendere lasciò la lettera di ammissione sul letto del padre, poi si catapultò in sala da pranzo dimenticandosi completamente delle scarpe.
I signori Malfoy la squadrarono mentre Scorpius la aiutava ad accomodarsi accanto a sé, porgendole un bicchiere d’acqua.
“Stavamo dicendo, Malfoy, l’intervento sulla signorina McCoin è andato perfettamente e ti ha procurato una fama ancora maggiore” disse il signore moro seduto vicino a Draco.
“O si e la signora Peeterson ha già prenotato l’intervento di sua figlia, per settimana prossima, chiedendo espressamente di te” esclamò con voce roca e bassa l’altro uomo.
Parole vuote, elogi inutili e frasi senza senso. Era questo che Daphne sentiva mentre, stanca e ancora triste, cercava di rimanere composta e comportarsi da principessina nonostante sentisse la testa scoppiarle ed un gran sonno si faceva strada attraverso il suo corpo. Cercò di mangiare come se nulla fosse, sorrise davanti agli sguardi compiaciuti dei nonni che la osservavano più del solito, con un’espressione stupita sul volto, rideva alle battute senza senso dei due dottori.
Nuovole nere e pesanti cominciarono a coprire velocemente il cielo azzurro ed il sole caldo di inizio estate venne cancellato dalle prime gocce di pioggia. Nel giro di qualche minuto un temporale estivo di tutto rispetto si abbatté sui territori di villa Malfoy.
Un cambiamento bizzarro per una così bella giornata estiva, ma per nulla raro a Londra.
Tutti si diressero verso la finestra, incuriositi dal tempo. Piccoli chicchi di grandine colpivano ora i vetri ed i fiori e rimbalzavano sull’erba appena tagliata.
Daphne sentiva la testa dolere ed il mondo intorno a lei girare, teneva le mani appiccicate al vetro fresco in cerca di un po’ di sollievo. Si sentiva accaldata e pesante e fece appena in tempo ad attaccarsi alla maglia di suo fratello prima di perdere i sensi.
“Daf! Daf!” lo sentì urlare, ma presto il buio ed il vuoto si impossessarono di tutti i suoi sensi.
Scorpius la prese in braccio e la adagiò delicatamente sul divano, dove i tre dottori in sala provarono a visitarla, ma ognuno di essi prese la scossa e dovette allontanarsi.
“Tu non hai preso la scossa?” chiese Draco al figlio, incuriosito.
“No, perché?”
“Alzala, le do una pastiglia per abbassare la febbre” ordinò.
Richiamò un bicchiere d’acqua dal tavolo, scartò una compressa dal blister e la ficcò velocemente nella bocca della figlia, costringendola ad ingerirla insieme all’acqua.
Poco a poco anche Draco poté toccare Daphne, la prese in braccio e la portò a letto, scusandosi con i colleghi che furono costretti ad uscire sotto la pioggia scrosciante.
Nello stesso momento in cui la ragazzina si riprese, il cielo tornò azzurro e la luce del sole tornò ad illuminare la stanza attraverso i vetri colorati delle finestre.
La prima cosa che lei vide fu una mano grande che passava sopra il suo viso. Poi collegò che si trattava del padre, intento ad adagiarle delicatamente degli stracci freddi sulla fronte.
Quando lui la sentì muovere le toccò il polso e le provò la pressione, trovando tutto nella norma.
“Voglio alzarmi” biascicò Daphne, alzandosi sui gomiti.
Si accorse di stringere qualcosa di morbido e peloso: il primo peluche che le era stato regalato, primo ed unico a dire il vero. Le scivolò dal letto nello stesso momento in cui la grande mano di Draco la trattenne.
“Devi riposare, hai avuto la febbre e sei debole” disse, in tono piatto.
“Io non sono debole” si difese lei ed un’altra scarica elettrica attraversò la sua mano fino a riversarsi nelle dita dell’uomo, che si allontanò di scatto.
“Ma che diavolo... Per Salazar, come fai?” 
“Come faccio cosa?” ribatté in tono acido la figlia.
“A trasmettere la corrente” Draco si trattenne dal tirarle uno schiaffo, sapeva che certe risposte velenose arrivavano nei momenti in cui era più spaventata e confusa.
“E’ normale che il mio corpo si protegga. Sono una strega!” sbuffò 
Draco non si aspettava una risposta del genere e ne rimase per un momento scioccato. Poi riuscì a comprenderne il significato ed il suo cuore sembrò liberarsi da una paura oramai radicata da tempo.
“E da quando…” cercò di chiedere, ma la sua domanda restò sospesa nell’aria, sostituita dalla consapevolezza che lui, che era suo padre, non si era mai accorto di nulla, di nessun segno di magia in lei. Che pessimo padre doveva essere agli occhi di Daphne!
“Da quando ho 5 anni, papà" alzò gli occhi al cielo
Quando la figlia spiegava o raccontava qualcosa Draco riusciva a percepire lo stesso tono che usava la moglie quando gli rimproverava un difetto e gli sembrava  persino di averla davanti intenta ad elencargli i suoi errori.
Dopo qualche minuto di riflessione, l'uomo si sciolse in un sorriso “Mi dispiace di non averti seguita, ma sono un padre solo, prova a capirmi, ci sto provando con tutto me stesso. Cercherò di stare più attento e starti più vicino, se me lo permetti” Abbracciò quel corpo esile e scosso dai brividi.
“Non fa niente papà, lo so che non è facile… che non sono facile” lei sorrise e la tensione che si era creata sembrò sciogliersi “La lettera è sul tuo letto” sussurrò prima di chiudere gli occhi.
Sorrise ancora, le rimboccò le coperte e sussurrò al suo orecchio “Sono orgoglioso di te, Duffy Duck, lo sono sempre anche se non te lo dico mai!” baciò la fronte ancora calda della figlia ed uscì dalla stanza.
Si, era proprio un padre fortunato!

 

*****
Ok, fa un po' schifo, ne sono consapevole. Ma, come quella di Daphne, anche la mia testa sta scoppiando (peccato solo che il mio corpo non sia in grado di proteggermi magicamente). Se avete consigli posso modificare la storia =) Aspetto recensioni! =)

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Capitolo 3
*** Daddy, i'm a Griffindor ***


Hogwarts!
Finalmente il primo settembre era arrivato ed i fratelli Malfoy erano elettrizzati al pensiero che nel giro di poche ore l'epsresso di King's Cross sarebbe partito in direzione di Hogwarts.
Daphne aveva congedato i suoi amici babbani dicendo che il padre l’aveva iscritta in un collegio femminile per tenerla d’occhio, mentre aveva dato appuntamento a quelli che avrebbe rivisto a scuola alla stazione di King’s Cross per quella stessa mattina.
Draco urlava di sbrigarsi dal piano di sotto, mentre i figli cercavano di trascinare i loro bauli pesantissimi.
Vestita con una corta gonna azzurra ed una canottiera aderente e lilla, Daphne scese le scale per chiedere aiuto al padre che, appena la vide, la spedì a cambiarsi.
“Non devi andare in discoteca, vai in una scuola, ti entra in quella zucca vuota? Fila a metterti qualcosa di decente, sei una Malfoy, non una zoccola da quattro soldi” urlò a squarciagola, strattonandola per un braccio.
“Ma che belle parole, papà, poi ti stupisci se io non uso il galateo!” rise lei mentre correva in camera.
Uscì con un vestito estivo blu mare, lungo fino alle ginocchia che le fasciava il corpo ancora da bambina. I biondi boccoli erano trattenuti da due lunghe trecce. Guardandola, Draco pensò che somigliasse ad una bambola di porcellana.
“Bene, filate in macchina. Dimenticato niente?” chiese loro mentre chiudeva la porta di casa.
“La mia borsa!” urlò Daphne, ma Scorpius la trattenne, assicurandole che ci aveva pensato lui.
“E questa non lasciarla in giro!” le sussurrò per non farla riprendere dal padre, allungandole la bacchetta magica presa qualche giorno prima nel negozio di Olivander. Legno di Vite e Nucleo di corde di cuore di drago, lunga 9 centimetri e mezzo e molto flessibile. Da quando l’aveva preso tra le mani aveva amato quell’oggetto.
“Mi insegnerai qualcosa tu, vero?” chiese emozionata al fratello.
“Certo, se te lo meriterai” sorrise in modo malizioso e la strinse a sé.
Arrivarono alla stazione leggermente in ritardo, i treni babbani sbuffavano pronti a partire e, di li a pochi secondi, anche l’espresso rosso fiammante diretto verso Hogwarts avrebbe iniziato la sua corsa.
Con la borsa che le sbatteva sulle gambe Daphne corse a più non posso e, senza nemmeno pensarci, si diresse verso quella barriera che da tre anni ormai attraversava per accompagnare il fratello. Era strano sapere che, per la prima volta, sarebbe potuta salire sul treno invece di doversi accontentare di salutare con la mano.
Contro ogni sua previsione, non ottenne l’effetto sperato: andò a sbattere contro un solido muro di mattoni rossi, venendo sbalzata all’indietro a causa della forza e dalla velocità.
“Signorina, ma che voleva fare?” le chiese un capostazione.
“Oh, mi scusi tanto, correvo con la testa fra le nuvole e non ho visto il muro. Ma non mi sono fatta niente, non si preoccupi!” lo rassicurò la ragazzina, alzandosi ed ondeggiando faticosamente verso il padre che la sostenne.
“Incosciente!” le bisbigliò, facendola sedere su una panchina della stazione. Si guardò un attimo intorno e le fece sgonfiare il bernoccolo che andava a formarsi sulla fronte, le sistemò le dita sanguinanti e cicatrizzò il taglio sul ginocchio.
“Non avevo visto il controllore!” si rimise in piedi e si guardò intorno. Il grosso orologio segnava le 11 “e ora?”
“Vi porto io e spiegherò la situazione alla preside”. Draco sbuffò. Gli mancavano soltanto dei figli ritardatari in quella giornata così piena di lavoro. Li avrebbe accompagnati ad Hogwarts e sarebbe tornato di tutta fretta in clinica, dove la signorina Smith si era messa in lista per un intervento al seno.
“Papà, ma se anche io volessi rifarmi il seno dovrei pagarti?” chiese Daphne mentre camminavano verso la macchina, trascinando i carrelli pesanti. Draco arrossì di colpo, girandosi piano verso la figlia e biascicando qualche parola incomprensibile.
“Co-co-cosa?” riuscì a balbettare alla fine.
“Sei diventato una gallina? Ho chiesto…”
“Ho sentito cosa hai chiesto. Ma non capisco perché mi fai una domanda simile” la interruppe lui, prima che gente indiscreta sentisse le fantasticherie di sua figlia.
“Così, pura curiosità” alzò le spalle, le guance leggermente rosse e gli occhi fuggitivi alla muta espressione di rimprovero del padre.
Scorpius scoppiò a ridere, riuscendo a smorzare l’atmosfera di imbarazzo che si era creata.
Tornarono alla villa, dove Draco disse loro di lasciare i bagagli e tenerlo ben stretto. Si smaterializzarono fino ai cancelli di Hogwarts.
“Aspettatemi qui, torno tra poco” disse prima di scomparire nuovamente.
“Non mi piace questa cosa…fa venire la nausea” si lamentò Daphne, appoggiandosi al cancello della scuola “Bello!” disse poi studiando gli antichi ghirigori metallici, carezzandoli con le dita e compiacendosi.
Le era sempre piaciuta l’arte, tutti i tipi di arte. Dall’architettura al semplice disegno, dalla letteratura complessa ed antica alle favole della buona notte, dalla musica per cui pagavi il biglietto a quella degli uccellini la mattina.
Draco ricomparve con i bauli dei figli e con un incantesimo li fece levitare, prese per mano Daphne per non perderla e si incamminò verso il castello. Temeva che la ragazzina si incantasse nello sconfinato spazio di Hogwarts, persa nei suoi pensieri e nella sua curiosità.
“Tienila d’occhio e non farle perdere nemmeno una lezione” sussurrò al primogenito, fuori dal portone del castello.
Bussò ed un custode giovane, alto e grosso aprì.
“Oh, buon giorno” disse con tono basso ed allegro, facendo spazio alla famiglia Malfoy per entrare nella scuola.
“Cercavo la preside, la professoressa McGranitt” esclamò Draco, lasciando i bauli al custode che li accatastò vicino al muro.
“Certo, mi segua” ammiccò il grosso giovane, il sorriso a trentadue denti e le grosse mani che si agitavano di fronte a lui, per mostrare la strada. Daphne si guardava in giro, curiosa, studiando i quadri e le armature, gli arazzi e le clessidre colorate, i vetri ed i fantasmi.
“E aumenta il passo” Draco le strattonò il braccio “passerai qui i tuoi prossimi giorni, avrai tempo per ammirare il panorama”.
La ragazzina lo accontentò, correndo per le scale e per i corridoi, cercando di tenere il passo del padre.
Un fantasma la oltrepassò e sentì un freddo glaciale imprigionarle cuore e polmoni, tanto che per un po’ non riuscì a respirare.
“Ti ci abituerai” sussurrò Scorpius dietro di lei.
“Professoressa McGranitt, quanto tempo” si inchinò Draco Malfoy, baciando galantemente la mano alla sua vecchia professoressa.
“Oh si, dall’anno scorso, quando siamo stati vicini ad espellere Scorpius” ricordò e lanciò un’occhiata fulminea verso il ragazzo “Cosa ci fa qui?” .
“Ho portato i ragazzi!" sorrise "Li affido alle sue cure" la mano già sulla maniglia ed un piede pronto a scattare fuori dalla porta. "Scusi la fretta ma ho degli affari in sospeso!” disse spingendo in avanti Daphne e catapultandosi fuori.
“Malfoy…” cercò di urlare la McGranitt, senza ottenere nessuna risposta in cambio. L’uomo, benché affaticato dai 15 anni accumulati dopo il matrimonio, era ancora agile e scattante e si trovava già all’entrata del castello.
“Bene, sospetto che dobbiate aver perso il treno, per averlo fatto scomodare”. Ciuffi di capelli grigi spuntavano dal cappello a punta della donna e profonde rughe le solcavano il viso e le creavano pesanti borse sotto gli occhi.
“Già!” annuì Daphne, sedutasi su una delle morbide poltroncine di velluto rosso senza preoccuparsi di avere l’autorizzazione.
La professoressa la guardò, stupita da quella figura esile che non riusciva a ricondurre a Malfoy. Troppo poco aggrazziata, troppo curiosa...troppo vera.
Daphne studiava con curiosità ogni oggetto, toccava i libri e, occasionalmente, creava piccole scintille che colpivano i mobili più antichi, i volumi rilegati in pelle. Sembrava divertita da tutto in quella stanza.
“Signor Malfoy porti pure sua sorella a fare un giro della scuola. Non potete certo rimanere fermi in questo ufficio fino a questa sera. Fuori di qui, forza. Fino all’arrivo degli altri siete liberi di girare nel parco. Ovviamente, nessuna magia” disse accompagnandoli verso la porta, che richiuse subito dietro ai due Malfoy.
Cominciò a ripulire i mobili dalla cenere creata dalle fiammelle create dalla ragazzina e sorrise pensando al cambiamento che aveva visto in Scorpius: da ragazzino attaccabrighe a fratello maggiore protettivo e attento. Si chiese se quell'anno il comportamento dell'alunno sarebbe migliorato.

“E’ splendido qui, ancora più bello di casa nostra!” urlò felice Daphne, una volta arrivata in giardino, lontana dai fantasmi e dai professori che stavano arrivando in quel momento.
Scorpius la portò al campo di Quidditch.
“Guarda, qui si gioca a Quidditch. I nonni me l’hanno insegnato quando avevo due anni!” esclamò entusiasta, mettendosi al centro dell’attenzione.
“Stupendo! Che ruolo hai?” Daphne fissava ingorda gli anelli e l’erba bicolore e sperò di poter volare presto attorno al campo, alla ricerca di un boccino o intenta a colpire una palla con la mazza.
“Cercatore, come papà!” disse fiero di sé.
“Bel ruolo! Io voglio essere un Battitore! Secondo te ce la farò?” guardava il cielo, gli occhi sognanti e vispi.
“Prima impara a volare” controbatté Scorpius, acido.
“So già volare!”
Il fratello le inviò un’occhiata interrogativa che non aveva bisogno di parole.
“Ho usato la vecchia scopa di papà e mi sono fatta aiutare da Pixi!”
Poi sgranò gli occhi, capendo di aver detto troppo. Per la sua fastidiosa abitudine a non pensare prima di parlare aveva messo nei guai l’elfo domestico più simpatico della villa.
“Non dirlo a papà” aggiunse guardando il fratello.
Fu questione di una manciata di secondi, il tempo per permettere che l'idea prendesse entrambi, poi cominciarono a correre verso lo sgabuzzino delle scope.
Lo trovarono chiuso e, sbuffando, cambiarono piano.
"Fa niente, troviamo qualcos'altro da fare!"
"Non conosci un incantesimo per aprire le porte chiuse a chiave?" si lagnò lei. Lui ci pensò un attimo, poi scosse la testa. 
"Lo conosco, ma rischieremmo di finire nei guai prima ancora che la scuola sia iniziata. Ricordi cosa ha detto la McGranitt? Niente magie"
"E da quello che ho sentito poco fa tu sei il classico studente modello che segue tutte le regole" lo prese in giro.
Scorpius ci pensò qualche minuto poi, ghignando, afferrò la sua bacchetta si mise in posizione per duellare.
"Forza allora, ti insegno a combattere” si mise di fronte a lei e le mostrò le mosse che avrebbe dovuto compiere "Allora, alza la bacchetta, si brava, agitala così e pronuncia Expelliarmus” le spiegò, dandole una dimostrazione pratica. La bacchetta di Daphne, già in bilico tra le sue dita, cadde a terra, lontana da lei.

“Ok, ci sono” disse la ragazzina, riprendendola. Fece come le aveva detto il fratello, senza alcun esito. Riprovò parecchie volte, sempre più scoraggiata e si stava arrendendo quando una scintilla schizzò fuori dalla bacchetta.
“Vedi, sorellina, mai arrendersi! Un po’ di pazienza e viene tutto!” esclamò entusiasta il ragazzo “Riproviamo” .
"Dovresti insegnarmi anche a difendermi però" si passò un dito sul braccio lasciato scoperto dal vestito e lo trovò macchiato da una gocciolina di sangue. Lui ci pensò prima di annuire e spiegarle il nuovo incantesimo.

Nel giro di un'ora Daphne imparò a parare qualche colpo ed a lanciare l'incantesimo di disarmo, oltre ad avere imparato un'incantesimo offensivo che aveva utilizzato contro il muro che si bruciò, lentamente, fino a formare un piccolo buco.
Quando il cielo diventò buio sentirono il treno sbuffare non troppo lontano e le voci dei ragazzi si dispersero nell’ampio parco scolastico. Scorpius si infilò di fretta la divisa scolastica ed obbligà Daphne a fare altrettanto, prima dell'arrivo degli altri studenti.
“Vieni, andiamo” disse Scorpius entusiasta e, prendendo per mano la sorella, la trasportò verso il cancello, mischiandosi con la folla e ritrovando i suoi amici.
“Ragazzi!” urlò loro, battendo pugni e stingendo le mani, raccontando le avventure estive e dimenticandosi momentaneamente di Daphne. La ragazzina, dal canto suo, aveva già ritrovato i suoi amici di Londra e si stava allontanand con loro, scortati dal custode che aveva visto all’entrata del castello.

****

Prima che Scorpius riuscisse a ritrovare sua sorella era già seduto alla tavolata dei Serpeverde e lei era in fila per lo Smistamento. Parlava animatamente con un suo coetaneo che aveva intravisto qualche volta passare fuori i cancelli del Manor, ma con cui non aveva mai scambiato parola. A lui non importava che lei fosse una Malfoy ed agli altri non avevano detto nulla, perchè secondo loro, non doveva essere il cognome a decidere chi potesse essere loro amico.
Daphne continuò a discutere con loro fino al momento dell'inizio dello smistamento. Ad uno ad uno i suoi amici e gli altri ragazzi salirono i gradini e vennero smistati verso i tavoli delle rispettive Case.
Daphne guardò la giovane donna che leggeva i nomi, la vicepreside Hannah Abbott. Teneva i capelli biondi legati in una coda alta ed indossava un vestito nero molto attillato che fasciavano alla perfezione le sue curve sinuose. Gli occhiali sottili rimanevano in bilico sul naso mentre scorreva i nomi dei nuovi arrivati e Daphne si chiese come facessero a non scivolare a terra.
“Lee, Kevin” urlò la professoressa. Il ragazzo che stava di fronte a lei salì i gradini, lentamente. Quado arrivò in cima strizzò l’occhio a Daphne che sorrise maliziosamente.
“Grifondoro” urlò il cappello. Daphne guardò l’amico dirigersi verso la tavolata in fondo alla sala, dalla parte opposta dei Serpeverde. Sperava tanto di venire smistata insieme a lui, ma allo stesso tempo temeva di ferire Scorpius e suo padre con quella scelta.
“Black, Ingrid” continuò la voce acuta della donna bionda. Una ragazzina alta e schelettrica si sedette sullo sgabello, la gonna corta lasciava intravedere le cosce bianche come il latte. Il cappello ci impiegò un po’ di tempo prima di smistarla in Serpeverde. Con un sorriso malizioso, si diresse verso l’altro lato della stanza, chiedendo a Scorpius di potersi accomodare accanto a lui. Si ricordava dei Black, i nonni le avevano detto che erano loro lontani cugini e comparivano in molte vecchie le foto di famiglia.
“Malcolm, Bryan” disse la vicepreside ed un giovane moro con gli occhi azzurri, un po’ goffo ma sicuro di sé salì gli scalini. Venne smistato in Grifondoro e gongolò felice verso l’ultimo tavolo.
“Malfoy, Daphne” continuò la lista. Sentiva il cuore battere forte nel petto e gli occhi di tutti puntati su di lei.
“Mmm” sentì rimbombare nella sua testa “Malfoy. Generazioni e generazioni di Serpeverde, i Malfoy. Eppure tu sei diversa”. Daphne rivisse la situazione in cui era Scorpius a dirle quella frase, sulla casetta sull’albero.
“Ragazzina, non chiudere la mente. Devo smistarti!” continuò il cappello parlante.
“Oh, scusa”  notò sguardi curiosi provenire dalla Sala Grande al completo.
“Bene, ragazzina, continuiamo. Qui ci sono le virtù per appartenere ad ogni Casa. Sei intelligente, curiosa e sveglia, perfetto per i Corvonero, sei buona e leale, virtù dei Tassorosso, sei decisa e coraggiosa, come una Grifondoro e poi sei astuta ed ambiziosa come una Serpeverde” disse ancora il cappello che le copriva completamente gli occhi “Potresti continuare la generazione di famiglia”
Fu il momento di un attimo, un piccolo e singolo pensiero passò nella mente di Daphne: no.
"Beh, se proprio non vuoi credo sia meglio…Grifondoro!” l’ultima parola la urlò, tanto che quasi le scoppiarono i timpani.
Daphne guardò un attimo verso il fratello che, dopo essersi passato una mano sulla faccia, le sorrise per rassicurarla.
Saltellò verso il tavolo dei Grifondoro e si sedette vicino ad un ragazzo alto e moro, gli occhi neri luccicavano mentre le stringeva la mano compiaciuto e si presentava.
“Quindi sei una mia lontana parente…peccato, una storia stroncata sul nascere” disse in tono divertito, facendo ridere anche lei ed eliminando le sue ultime preoccupazioni “Il mio nome è Paul, Paul Black”

*****

Caro e dolce papino, sono una Grifondoro!
Mi spiace di avertelo detto così, magari ti prenderò alla sprovvista (o magari no), ma non sapevo come annunciartelo. So che mi considerate la pecora nera della famiglia e con questa notizia vi avrò deluso un’altra volta. Però posso già dirti che penso di aver trovato degli amici e mi diverto con loro. Vorrei presentarteli, ma so che non ti piacerebbero, quindi li tengo per me! Giuro che imparerò più cose possibili e mi impegnerò nella scuola, senza perdere nessuna lezione. Scorpius mi ha già insegnato un incantesimo di disarmo ed uno per parare i colpi e spero di entrare presto nella squadra di Quidditch.
Ti lascio sbollire la rabbia e spero che mi riaccoglierai in casa durante le vacanze.
Un bacio,
Daphne.

 

*****
Scusate, ma non ho molto tempo per scrivere ultimamente!=) Spero vi piaccia...un bacio

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Capitolo 4
*** The lion's heart ***


Mia cara Daphne, non so perché ma immaginavo che avresti stravolto la tradizione della famiglia. Nessun problema, io sono sempre e comunque fiero di te.
Divertiti e studia, noi ci vediamo presto a casa. Ti salutano anche i nonni, un bacio, papà.
Ps. Non cacciarti nei guai.

Una lettera corta e concisa che le faceva capire che il padre non aveva preso bene la notizia, sebbene cercasse di nasconderlo. Ma la accettava, nonostante tutto, e questo la rendeva felice. D’altronde non poteva passare la vita ad accontentare i suoi famigliari, lei doveva vivere come voleva, libera dalle costrizioni e dagli ideali dei Malfoy.
“Ehi Malfoy, spicciati! Non vorrai arrivare tardi già dal primo giorno?” le urlò Paul Black, in piedi accanto al ritratto della signora Grassa che nascondeva l’entrata.
La serata precedente si era rivelato dolce e simpatico ed aveva deciso di accoglierla sotto la sua ala protettiva per quei primi giorni di scuola, come un secondo fratello maggiore, solo Grifondoro.
Daphne non aveva ben capito perché lui, un giovane bello e consapevole di esserlo, del quarto anno, per giunta, si prendesse la cura di parlarle.
“Arrivo! Mi ricordi la parola d’ordine?” finì di pettinarsi i lunghi boccoli e li legò in una coda alta.
“Ghirigoro e grano d’oro” ricordò il giovane moro, i suoi occhi la studiavano ed un sorriso sbarazzino comparve sul volto.
“Ok, andiamo” esclamò Daphne, schioccandogli le dita di fronte al viso. Anche Bryan si unì a loro, due libri tra le braccia ed una scatola di cioccolatini nascosta nello zaino.
“Ehi Black!” urlò una voce maschile proveniente dalle loro spalle.
“Ehi! Come va? E’ tutt’estate che non ci vediamo!” gioì Paul vedendo il ragazzo dai capelli scuri, occhi chiari ed un sorriso ironico sulle labbra.
Daphne si sentì in imbarazzo di fronte al suo sguardo indagatore e non riusciva a capire perché non smettesse di guardarla. Strattonò per la manica Bryan per continuare insieme a lui il percorso verso la Sala Grande, ma Paul la fermò con un'occhiata.
“A già, che maleducato. James Sirius Potter, lei è Daphne. Daphne, loro sono James ed i suoi fratelli, Albus e Lily” esclamò indicando i tre giovani Potter.
“Daphne dici è…non sarà mica la Malfoy!” urlò James, ricordando uno sprazzo della serata precedente.
Lei annuì intuendo che si stava creando tensione nell’aria. Non era stupida, sapeva che suo padre ed il padre di quel ragazzo erano rivali quando frequentavano Hogwarts (Draco ne aveva parlato spesso a casa), ma sperava con tutto il cuore di poter vivere la sua vita, non quella dei suoi genitori. Continuò a squadrarla per un bel momento, in silenzio.
“Dai, facciamo tardi a colazione! Devo vedere Lysander!” si lamentò Lily, una ragazza dalla figura slanciata e longilinea che si affaticava a strattonare per la camicia il fratello maggiore.
Si incamminarono insieme verso la Sala Grande, già ricca di voci eccitate.
Le lezioni sarebbero iniziate nel giro di qualche ora e nulla rendeva più felice Daphne. Non le importava della lettera striminzita del padre e nemmeno degli sguardi accusatori che sentiva arrivare dall’altra parte della stanza. L’importante, per lei, era potersi divertire, farsi nuovi amici, vivere avventure strepitose ed imparare cose sempre nuove!

****

Un uomo giovane si diresse verso la tavolata Grifondoro, si sedette accanto a Bryan ed attirò l’attenzione delle graziose signorine che parlavano animatamente di fronte a lui.
“Bene, ragazzi, oggi cominceranno le vostre prime lezioni. Ovviamente vi auguro di divertirvi, oltre che istruirvi. Hogwarts sarà la vostra casa per molto tempo, il Grifondoro la vostra famiglia. Ogni buona cosa che farete o direte vi farà guadagnare punti. Al contrario, se vi comporterete male o non ascolterete i professori, perderete punti” spiegò il giovane insegnante, gesticolando con le mani. I ragazzi annuivano in simultanea, lanciandosi occhiate di pura felicità.
“Bene, perfetto, questi sono i vostri orari per la settimana. Buona scuola!” e, detto ciò, li lasciò con dei piccoli ritagli di pergamena completamente scritti.
“Ehi Daf!” urlò Scorpius, raggiungendo la sorella che stava uscendo dalla Sala Grande. Lei lo guardò ancora assonnata, poi gli mostrò un sorriso a trentadue denti e gli saltò al collo.
“Mi spiace non essere finita nella tua casa, Scor, ma guarda, sto già facendo amicizia” ed indicò Paul ed i fratelli Potter che lo seguivano.
“Già. Sinceramente avrei preferito tenerti d’occhio da vicino…posso parlarti? In PRIVATO” sottolineò particolarmente le ultime parole, ricevendo in cambio occhiate di disgusto dal resto dei ragazzi.
“Ma che diavolo ti sei messa in testa? Loro non saranno mai tuoi amici! Non ti ricordi le storie di papà? I Potter hanno sempre avuto pregiudizi nei nostri confronti…James Potter mi odia da quando ho messo piede ad Hogwarts e tu ci giri insieme?” Daphne si spaventò sentendo il tono di rimprovero del fratello, ma reagì sorridendo.
“Le storie di papà risalgono all’era del giurassico” rise “Sono simpatici, non mi giudicano e mi stanno ad ascoltare! Al massimo sarebbero loro a dover considerare ME una nemica, non al contrario. Ti ricordo che fu la nostra famiglia a far una pessima figura durante la guerra magica, non la loro” Uno schiocco sonoro aleggiò nell’aria. Daphne si massaggiò la guancia con mano tremante.
Doveva mostrarsi forte, non doveva piangere. Era ad Hogwarts, il che significava che non era più una bambina bisognosa di protezione, era cresciuta e doveva arrangiarsi da sola.
Scorpius le diede le spalle e si diresse dal lato opposto del castello, mischiandosi con gli amici che lo aspettavano vicino alle scale.
“Malfoy!” urlò la voce strafottente di James Potter, ridendo mentre le lanciava pezzi di carta. Daphne si ricompose prima di girarsi dalla loro parte con un sorriso allegro.
“Ti accompagnamo fino alla tua aula…” si offrì Paul, ricevendo un sorriso grato dalla nuova amica, che ringraziò i tre adolescenti.
“Prima lezione: Erbologia. Sei arrivata. In bocca al lupo, mocciosa!” esclamò James, continuando la sua camminata verso la Foresta.
“Non starlo ad ascoltare. Per pura casualità non è finito in Serpeverde e punta tutta la sua immagine sul suo cognome. Ti sarà meno fastidioso quando imparerai a conoscerlo!” le sussurrò Paul, prima di salutarla.
“Cazzata enorme! Sarà sempre e solo peggio…credi a me, ci convivo da 13 anni!” ribatté Albus Potter, un bel ragazzo con i capelli neri e scompigliati, gli occhi verde smeraldo ed un dolcissimo sorriso sulle labbra.
Daphne entrò in aula, insieme ad altre cinque ragazze, facendosi coraggio ed affrontando lo sguardo del professore a testa alta.

****

“Potter!” urlò la famigliare voce di Scorpius Malfoy in direzione della più piccola della famiglia. Lily Luna si guardò attorno con circospezione cercando con gli occhi l’aiuto delle amiche, prima di sfidare il ragazzo che l’aveva chiamata.
“Vieni un attimo” disse, più calmo. Non era circondato come al solito dai suoi amici e questo la calmò.
“Sono fidanzata, Malfoy. E, anche se non lo fossi, non mi metterei mai con uno come te” esclamò gelida. I suoi capelli rossi si libravano nell’aria, gli occhi verde-azzurro lo sfidavano in una maniera che il Serpeverde considerava provocante.
“Nemmeno tu, Mezzosangue. Ma ho bisogno del tuo aiuto, sfortunatamente” sputò le parole come se non fossero degne di esser pronunciate da lui ed era schifato persino dall’offerta che stava per proporle.
“Sputa il rospo” disse lei, sicura di sé e con tono altezzoso.
“Ho bisogno che tieni d’occhio mia sorella. Non voglio che i tuoi amici la tocchino con le loro dita sudice. Lei è una Purosangue, non voglio che le succeda qualcosa. Capito? Farò tutto quello che vuoi, in cambio” lo disse tutto d’un fiato, come una filastrocca imparata a memoria, gli occhi al cielo e le mani in tasca, l’espressione arcigna e di puro odio dipinta sul viso.
“Gentile come sempre, non è vero Little Prince? Per tua informazione non mi sembra che la piccoletta abbia bisogno della tua protezione. Se il suo carattere è perfido ed infimo come il tuo, la molleranno a sé stessa entro pochi giorni. Per ora sono attratti solo dal suo visino d’angelo e dai suoi modi da bambina innocente" lo sfidò con lo sguardo, poi una luce le brillò negli occhi e continuò "Li sentivo giusto parlare di una scommessa qualche sera fa: chi riusciva a portarsela a letto per primo, mi pare fosse questa” con due dita si toccò il mento, gli occhi al cielo in una finta aria pensierosa.
“Puttana Mezzosangue, come osi? E' solamente una bambina!” urlò Scorpius, stringendo la bacchetta e puntandola al petto della giovane.
“Non toccare mia sorella!” si intromise James Potter, scostando la ragazza dietro di sé, sicura tra le braccia delle sue amiche.
“E tu non osare toccare la mia!” sentenziò il Serpeverde, sputando ai piedi dell’avversario.
“Ma su, Malfoy, non ti sei mai divertito in vita tua? Hai una splendida sorellina, non abbiamo intenzione di farle niente di male. Solo giocare un po' insieme a lei, ti assicuro che si divertirà tantissimo e ci sarà persino grata, perchè le avremo aperto gli occhi su questo mondo. D'altronde, qualcuno dovrà pur insegnare alla principessa come è il mondo ado..” non riuscì a finire la frase che un colpo lo sbatté a terra.
Alzò la bacchetta, puntandola contro il ragazzo biondo in piedi a pochi passi da lui, ma una forza maggiore gliela strappò dalle mani, facendola roteare fino al muro. James guardò Scorpius con sguardo assassino, studiando un contrattacco, ma notando con sorpresa che anche lui era spaesato e disarmato. La mano alzata non reggeva nessuna bacchetta, gli occhi grigi zigzagavano dal punto in cui era finita la sua arma, alla sua mano, allo studente steso per terra.
“IO so difendermi da sola!” urlò stizzita Daphne Malfoy, dritta sotto al peso della borsa carica di libri, i capelli sciolti attorno al volto e le labbra sottili strette tra loro. La bacchetta alzata e stretta in modo saldo e sicuro tra le dita, l’altra mano chiusa in un pugno tremolante.
Passò gli occhi dal fratello ai due Potter che la guardavano allibiti: come aveva fatto ad essere così stupida? Pensava fossero suoi amici ed invece non l’avevano mai accettata. Lei era una Malfoy, non poteva farci niente. Ma sperava che, almeno a scuola, poteva essere solo Daphne. Guardò Lily, la ragazza simpatica e dolce della comitiva conosciuta solo quella mattina. I suoi occhi verdi erano lucidi, la bocca tremava: in quel momento la temeva, nonostante fosse più piccola e appena arrivata.
“Credevo poteste diventare miei amici, invece mi sbagliavo…siete solo dei ragazzi viziati e cattivi!” urlò in direzione dei fratelli Potter. James si alzò, lentamente, con un sorriso beffardo sul volto e la bacchetta già pronta alla mano. Daphne non si era nemmeno accorta che l’avesse recuperata tanto era concentrata a non piangere, lo guardava con aria di sfida proprio come faceva con il padre tantissime volte.
“Sei solo una bambina sciocca. Divertente si, ma ancora molto sciocca. Come puoi anche solo pensare che uno come me o come Paul possa diventare amico di un Malfoy? Non è mai successo con i nostri padri e mai succederà adesso” James le passò un dito sul mento, assicurandosi che lei vedesse l’astio e l’odio che provava nei suoi confronti, la bacchetta alla mano pronta a scagliare un incantesimo.
“Stai parlando con mia sorella, Potter!” si intromise Scorpius, raccogliendo il guanto di sfida e girando attorno ad un invisibile campo di battaglia circolare, seguito dal Grifondoro.
“Non intrometterti, Scorpius, so difendermi da sola ho detto!” Daphne riprovò ad attirare l’attenzione su di sé, la borsa abbandonata a terra, gli occhi lucidi.
Un sorriso beffardo inarcò le labbra di James che la colpì in pieno petto con un incantesimo di disarmo. La ragazzina cadde, ma non perse la presa sulla sua arma. Vide suo fratello aprire bocca ma, ricordandosi una formula letta su un libro di fiabe, urlò “INCARCERAMUS!”.
Una luce azzurra uscì dalla punta della sua bacchetta e colpì entrambi i ragazzi, legandoli insieme con una corda di legno. Presi alla sprovvista, i due non riuscirono a reagire. Legati schiena contro schiena, Serpeverde e Grifondoro si scambiavano grugniti di rabbia ed odio, immobilizzati a terra e senza possibilità di alzarsi.
“Duelli fuori dall’orario di lezione! Potter, Malfoy, nel mio ufficio!” urlò la professoressa McGranitt, agitando la bacchetta e sciogliendo il nodo della corda.
“Tutti e quattro!” aggiunse quando vide che solo i due ragazzi si stavano dirigendo verso di lei.
“Ora capisco perché il cappello ti ha smistato in Grifondoro…hai il cuore di un leone, sorellina” bisbigliò Scorpius all’orecchio della sorella che gli teneva la mano, ancora insicura del danno che, ancora una volta, aveva combinato. Gli sorrise leggermente appena sentite le parole, nonostante la paura di dover affrontare il padre per la spiegazione, i suoi occhi brillavano di allegria.





*****
Questo capitolo è nato sul banco di scuola durante un intervento sulla banca etica (non so come ragioni il mio cervello, sinceramente, e che strano collegamento abbia trovato per ideare questa storia). Non uccidetemi per l'italiano, non potevo chiedere troppo alla povera membrana che lavora nel mio cranio. Spero vi piaccia, fatemi sapere! =)

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Capitolo 5
*** New marauders ***


“Manderò dei gufi ai vostri genitori per informarli del vostro scarso interesse per le regole!” il tono era serio e lo sguardo della professoressa metteva in soggezione persino James e Scorpius, sebbene fossero abituati a rimanere per ore seduti davanti alla cattedra.
Daphne e Lily erano state convocate solamente come testimoni dell’accaduto, ma la professoressa non aveva ancora deciso se punirle o no.
Daphne scrutava il fuoco finto saettare nel caminetto della presidenza. Quel movimento le dava conforto, riportandole alla mente le serate di Natale passate davanti al fuocherello scoppiettante, mentre nonna Theresa le leggeva le fiabe. Avevano raccontato uno per uno l’accaduto omettendo i dettagli più infimi, ad esempio il fatto della scommessa.
“Non è ancora cominciato l’anno e voi due siete già nei guai. Non potreste semplicemente provare ad andare d’accordo, anche per finta, senza provocare danni a studenti innocenti?”. Sbuffò spazientita, battendo senza un ritmo preciso le dita sulla scrivania. Poi inspirò e si diede nuovamente un contegno. “Nonostante la vostra disobbedienza alle regole mi sento clemente, quindi toglierò solamente 5 punti a testa!” annotò la sua decisione sul registro e poi guardò soddisfatta le espressione dei ragazzi confusi.
“Cosa?” urlarono i tre Grifondoro in coro. Era un’ingiustizia, perché dovevano appartenere tutti e tre alla stessa Casa?
“Se non volete che cambi idea, chiudete la bocca ed accettate la decisione. Le vostre famiglie verranno comunque avvisate per l’accaduto, ma dovete considerarvi veramente fortunati che non vi affidi al guardiano che saprebbe sicuramente quale lavoro farvi fare”. Dopo un attimo di silenzio aggiunse “Devo però avvisarvi che, se troverò ancora uno di voi svolgere un duello clandestino nel cortile della scuola rischiereste la sospensione” detto ciò, la McGranitt aprì con un tocco della bacchetta la grossa porta ed i quattro ragazzi uscirono.
“Potter!” urlò Paul Black, seduto sul primo scalino, in attesa che l’allegro quartetto uscisse dalla presidenza.
“Ehi amico! Grazie per averci aspettato, andiamo a mangiare?” James era tornato quello di prima, strafottente e senza pensieri. Non ricevette una risposta alla sua domanda, al contrario fu sorpreso di venire raggiunto da un pugno che lo colpì sulla guancia con la forza di una meteora.
“Se proprio devi sparare stronzate, fallo solo in tuo nome, capito? Non tirarmi in gioco quando non centro!” sibilò Paul, attaccato con forza alla camicia del Grifondoro.
“Ma cos’hai che non va?” gli chiese sorpreso James.
“Lo sai bene cos’ho! Solo perché il tuo cognome è Potter, non vuol dire che puoi decidere per gli altri o mettergli in bocca parole che non hanno mai detto, capito?” James era sicuro di non aver mai visto il suo migliore amico così arrabbiato nei suoi confronti e non riusciva nemmeno a capire il perchè di tanta rabbia!
“Non nasconderti, Paul! Ti ho sentita io stessa quando avete scommesso per prendervi gioco della Malfoy! Eravate tutti presenti: tu, James, Albus e Fred. Prova a rimangiartelo” intervenne Lily in difesa del fratello.
“Mia cara e dolce Lily Luna, tu ascolti solo quello che vuoi sentire, sorvolando sul resto. Nessuno ha accettato quella stupida scommessa! Albus per primo ha detto che era una cosa deplorevole da dire e pensare!” la zittì Paul.
Gli occhi blu di Daphne lo studiavano, cercando di capire se mentisse oppure dicesse la verità. Sentiva le dita ghiacciate del fratello stringerle il polso e capì immediatamente che quella non era più una sua battaglia. Incontrò per caso gli occhi neri del quattordicenne e lo vide arrossire leggermente. James non perse quel piccolo momento, alzò con due dita il mento dell’amico d’infanzia, studiandone il viso.
“Ah, ora capisco. Mi fai pena! Non ti pensavo così stupido!” e scoppiò a ridere.
Lily lo guardava senza capire, chiedeva una risposta con lo sguardo e, alla fine, il fratello la accontentò.
“Il nostro stupido amico si è preso una bella cotta per la Principessina”
Il viso della Potter si rabbuiò di colpo, cercò di imitare James ma non fu credibile.
Le piace pensò Daphne, osservando come una spettatrice estranea la scena. Li guardò allontanarsi da lei che, bloccata dalle dita di Scorpius, rimase immobile al suo posto.
“Wow, il tuo primo giorno a scuola ed hai già fatto frantumare l’amicizia più lunga della storia!” rise suo fratello, lasciandola libera ed intrecciando le mani dietro la nuca.
“Non l’ho fatto apposta! Non me li vado mica a cercare i casini, io!” disse stizzita. Vide che la frecciatina era andata a segno quando Scorpius perse per un attimo il sorriso. Con un abbraccio si salutarono ed ognuno si diresse verso la propria sala comune.

****

Caro papà, non arrabbiarti... giuro che non sono io che mi caccio nei guai, sono loro che mi cercano e mi costringono ad entrarci con tutta me stessa!
Tutto risolto, non angustiarti. Volevo fartelo sapere io prima che ti arrivassero voci esterne.
Ti voglio bene, Daf.

****

Daphne passeggiava in giardino, da sola, doveva smaltire la rabbia e schiarirsi le idee riguardo alla famosa scommessa. Con due matite babbane batteva il ritmo, così che i suoi pensieri prendessero un sentiero prefissato, senza perdersi in giro nella sua mente.
Si fermò al Lago Nero, dove immerse i piedi nell’acqua tiepida e limpida. Due petali caddero vicino a lei, seguiti subito da altri. Petali rosa, blu e gialli, fiori bianchi e rossi cadevano dall’alto per posarsi sull’erba morbida e verde, sui suoi capelli biondi, sulla gonna della divisa e sull’acqua cristallina.
Daphne guardò verso l’alto, vedendo un ultimo fiore bianco galleggiare a mezz’aria.
“Che fai?” chiese al ragazzo che stregava i boccioli, appostato su un ramo robusto.
“Mi faccio perdonare. Nel mondo babbano si regalano i fiori per chiedere scusa. O i cioccolatini, ma devo arrangiarmi con quello che ho” esclamò Paul, sorridendo e soffiando sulle sue mani chiuse a coppa.
Una piccola fatina di fiori danzò sospesa in aria, i movimenti delicati e sottili che la portavano verso il basso, fino alle sue mani.
“Tu non hai niente da farti perdonare!” gli sorrise. Le piaceva Paul, era capace di calmarla e non aveva mai conosciuto nessuno di simpatico come lui. Non le importava del suo aspetto fisico, non voleva essere la sua ragazza; le piaceva come amico.
Il Grifondoro scese dall’albero a fatica, cercando di non cadere, con una lentezza indefinibile.
“Ti va di fare il bagno?” chiese mentre, già in mutande, si immergeva nell’acqua del lago. Daphne lo guardò a bocca aperta, senza immergere più dei piedi nel liquido trasparente. Scosse appena la testa.
“Organizzate una festa in piscina senza nemmeno invitarci?” urlarono due voci in lontananza. Albus ed un ragazzo rosso correvano verso di loro, eliminando una parte della divisa ad ogni salto. Si buttarono nel lago con un tuffo, schizzando la giovane che li guardava ridendo. Era bello vedere un po’ di sano divertimento adolescenziale.
“Su, non farti pregare! Salta nell’acqua!” Paul rideva mentre cercava di invogliare l’amica ancora vestita e composta sulla riva a seguire il loro esempio.
“E’ splendida, si sta da Dio!” confermò Albus.
Daphne li guardava ammirata ma non si azzardava ad entrare e scuoteva la testa alle richieste dei ragazzi "Sto bene qui" balbettò.
Dopo qualche secondo sentì qualcosa afferrarle la caviglia e trascinarla verso il lago, facendola scivolare nel liquido tiepido.
Si trovò subito in difficoltà: non aveva avuto il tempo di prendere fiato e non sapeva muoversi sott’acqua. Nessuno le aveva mai insegnato a nuotare, era sempre rimasta rinchiusa nella villa e, nonostante la grande e profonda piscina, non le era mai passata per la mente l’idea di tuffarsi.
Mosse le mani per tornare in superficie ma furono delle braccia esperte a portarla verso l’aria fresca. Tossì, sputando l’acqua ingerita, cercando di afferrare un lembo di terra, ma le sue dita toccarono un corpo forte ed abbastanza muscoloso. Guardò il giovane in faccia, notando che le sorrideva divertito alla sua espressione di imbarazzo.
“Non sai nuotare, eh?”.
“Non si è visto?” tossicchiò ancora lei, cercando di sorridere e superare lo shock. Tremava per lo spavento.
Daphne sentiva le sue braccia stringerle la vita e le sue gambe nuotare agilmente. Dopo qualche secondo che si guardavano ebbe il coraggio di chiedergli “Ma…ma tu chi sei?” era imbarazzata, il viso rosso come un pomodoro. Conosceva Albus in quanto fratello di James Potter, ma non aveva mai visto quel giovane dai capelli di fuoco.
“Fred Weasley Junior, quarto anno, molto piacere" sorrise "Ero curioso di conoscere la famosa Daphne Malfoy che fa litigare il mio adorato cuginetto con il suo migliore amico” e scoppiò nuovamente a ridere. Poi la guardò più attentamente e le scostò una ciocca di capelli dal viso “Beh, effettivamente, sei davvero molto carina, ma secondo me nessuna ragazza dovrebbe avere il potere di distruggere un’amicizia!”. Rimasero qualche secondo a studiarsi, poi le propose di aggrapparsi alla sua schiena. L’avrebbe condotta lui sui fondali marini, lei non doveva fare altro che trattenere il respiro.
Daphne non ricordava di essersi mai sentita libera quanto in quel lago, rilassata e spaesata al tempo stesso. Osservò i pesci e le creature che li schivavano impaurite e cercò di toccare con la mano il raggio del sole che si allungava verso l'oscurità.

****

“Tanto tempo fa, all'epoca dei nostri nonni per intenderci, quattro studenti giravano indisturbati per i corridoi di Hogwarts, amici per la pelle, Grifondoro dai cuori puri e coraggiosi” iniziò Albus, la prima sera che passarono tutti e quattro insieme spaparanzati sul morbido divano in Sala Comune. Gli era stato chiesto di raccontare una storia per far passare il tempo, visto che la pioggia oramai non permetteva nessuna gita all’esterno e lui aveva scelto quella di suo nonno e dei suoi amici.
“La conosciamo tutti la storia dei Malandrini, Al!” si lamentò sbuffando Fred.
“Io no” lo contraddì Daphne. Suo padre le raccontava delle storie su Hogwarts, ovvio, ma parlava soprattutto dei suoi successi e degli scherzi andati a buon fine, dei fondatori e dei fantasmi.
“Bene, allora state zitti” e Albus ricominciò a raccontare “Questi quattro giovani erano conosciuti come Ramoso, Lunastorta, Felpato e Codaliscia. Ad Hogwarts e fuori erano noti per i loro spettacolari scherzi. Si proteggevano a vicenda e l’uno colmava le lacune degli altri. Ramoso e Felpato erano conosciuti come veri Casanova, infrangevano spesso le regole e finivano quasi sempre in castigo. Lunastorta era la mente del gruppo. A lui toccava tirare fuori dai guai gli amici, aiutarli con gli studi ed assicurarsi che non finissero espulsi. Codaliscia era il più giovane dei quattro ed il più timido. Solitamente era quello che doveva essere difeso, ma i suoi amici erano contenti di essere sempre presenti per dare una lezione ad uno studente che lo aveva preso in giro o gli aveva nascosto i libri. I Malandrini passarono 7 anni felici, facendo gli scherzi più belli dell’intera scuola, facendo conquiste e divertendosi. Persino i professori li mettevano su un gradino superiore rispetto agli altri, perché nonostante lo sgarro alle regole erano gli studenti più dotati della scuola ed avevano il potere di farli sentire vivi e ridere e distrarre dal lavoro.
Basandosi sulle loro sole conoscenze, crearono una mappa di tutto il castello, delle aule, dei dormitori, dei bagni… e riuscirono a far sì che ogni persona presente ad Hogwarts si trovasse anche sulla mappa, si muovesse come nel castello reale…”
“Già, peccato che quella mappa sia andata persa durante la guerra contro Voldemort! Sarebbe stato utile potersi muovere con assoluta libertà, schivando i professori e le punizioni” lo interruppe Paul, intento a far librare in aria un piccolo uccellino di carta.
“Ma la smetti di interrompermi?” si arrabbiò l’altro, gli occhi verdi che lanciavano scintille verso l’amico.
“Ma se è finita!” Fred si mise a ridere, mentre Albus sbuffò, seccato dall’impertinenza dei suoi amici.
“Però pensate…quattro Malandrini, tutti di Grifondoro e amici per la pelle. Utilizzavano le lezioni per architettare magnifici scherzi…” sognò ad occhi aperti ed a voce alta il ragazzo “due che cercavano di sistemare la situazione utilizzando la loro prestigiosa intelligenza e bontà d’animo” e si ritrovò ad indicare sé stesso e Daphne. Paul e Fred si scambiarono uno sguardo d’intesa e scoppiarono a ridere, immedesimandosi nei due Malandrini che utilizzavano la loro esperienza magica nel modo più spassoso che esistesse.
In quelle poche settimane di scuola Daphne aveva dimostrato di possedere una buona mente aperta e sempre all'erta e, in poco tempo, avrebbe potuto imparare l’intero programma di incantesimi e trasfigurazioni del primo anno. Lei ed Albus erano perfetti per dare una finta facciata angelica al gruppo, coprirli con i professori e trovare scuse plausibili per ogni singolo scherzo.
Daphne, cresciuta da Serpeverde Purosangue con dei nonni severi ed un padre esigente, aveva imparato a mentire da quando aveva detto la sua prima parola ed Albus, cresciuto con due fratelli ritenuti perfetti da genitori ed insegnanti ed allevato dal mitico Harry Potter, il mago più famoso di tutti i tempi, aveva dovuto imparare a dire bugie per nascondere prima i voti della scuola babbana, poi le piccole marachelle fatte col cugino.
“Puff…siete solo un branco di mocciosi, non conoscete abbastanza incantesimi per poter riformare quell’antica mappa” si intromise James passando loro alle spalle e frantumando tutti i loro sogni ad occhi aperti.
“Fatti i cavoli tuoi! Se non sbaglio, fino a ieri eri sicuro che noi 4” esclamò suo fratello indicando Fred, Paul, James e se stesso “non avremmo avuto problemi. Daphne è sicuramente più intelligente di te!”
James guardò la ragazzina in cagnesco prima di tornare al suo angolo buio tra le braccia di una bella ragazza.
“Non dargli ascolto, te l’ho detto che è stato risparmiato ai Serpeverde probabilmente solo per il suo cognome!” le bisbigliò Albus con un sorriso dolce e rassicurante.
“Tranquillo, sono abituata alle critiche ed alle prese in giro, le sento da quando sono nata!” sorrise Daphne, tornando ad immaginarsi il gruppo unito di amici di cui parlava la storia del moro.
Amici, che bella parola. La gustò sulla punta della lingua e sentì un calore inebriante invaderle il petto.

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Capitolo 6
*** Quidditch ***


Caro papà, sono una Cercatrice!!
Si, hai capito bene! Sono entrata a far parte a tutti gli effetti della squadra di Quidditch perché il vecchio Cercatore è stato ricoverato d’urgenza al San Mungo. Spero si rimetta, ma non troppo presto…non voglio lasciare il mio posto, almeno ora che ne ho uno!
La scuola va bene, nessuna punizione, mi diverto e Scorpius mi tiene d’occhio e fa in modo di tenere i guai lontani da me!
Ti voglio bene, Daf.

*****

Il secondo anno ad Hogwarts era iniziato nel miglior modo possibile. I professori la elogiavano ed ora aveva superato il provino per entrare nella squadra di Quidditch.
Già si immaginava quali altre mitiche scoperte e divertenti momenti la attendessero.
I nuovi Malandrini si erano dati da fare per la loro prima missione: il compleanno della preside. Da una settimana pensavano al loro debutto in società come gruppo e cercavano idee per renderlo memorabile ed indimenticabile, per scegliere il momento giusto, per trovare una scusa plausibile per non finire in punizione.
Daphne ed Albus pensavano a come intervenire, le magie che i due amici avrebbero dovuto fare e quante persone coinvolgere. Che dovessero festeggiare all’ora di pranzo era stato accettato da entrambi, tutti si riunivano a quell’ora, professori compresi. Non sapevano se fare entrare i loro amici in volo dalla finestra (che poi loro avrebbero subito aggiustato) o semplicemente dalla porta. E poi dovevano ancora spremersi le meningi per cosa fargli fare…fuochi d’artificio, coriandoli o una pioggia di polvere di stelle?
Che dovesse essere qualcosa di allegro, era più che certo, era un compleanno!
Ma era difficile creare una situazione che entrambi i ragazzi apprezzassero.
“E se li facessimo entrare al suon di tromba dalla finestra dietro alla tavolata dei professori?” propose Albus.
“Perché al suono di tromba? A sto punto possiamo ricreare l’atmosfera di una partita di Quidditch, tra applausi e fischi” rise Daphne.
“Beh si…e poi potrebbero colpire dei Bolidi che esplodono in una pioggia di fuochi d’artificio” continuò divertito il moro.
“Oh sise canti Tanti auguri a te…di certo avrebbero addosso gli occhi di tutti!”.
“A me piace” intervenne Fred. Daphne non l’aveva sentito arrivare e sobbalzò quando lo sentì.
“Stavamo solo scherzando! Sarebbe una punizione assicurata e non potremmo coprirvi in alcun modo. E se facessimo qualcosa di più piccolo ed intimo?” continuò Daphne, pensando a qualcosa di più semplice da ricreare nell’ufficio della Preside.
I tre ragazzi arrossirono contemporaneamente “ma sei scema? Ha cent’anni, io non ci vado a letto con lei!” esclamò imbarazzato Paul.
“Ma che sciocchezze vai dicendo? Non intendevo quel genere di intimo, rimbambito! Intendevo qualcosa che faccia piacere a lei…possiamo rimandare il nostro debutto in società in un altro momento”.
“Va beh, per me è uguale, basta darsi da fare!” sospirò Fred, il viso abbronzato e senza più nessun segno di imbarazzo, gli occhi azzurri che sfrecciavano veloci da Albus a Daphne.
“Paul, tu sei in punizione nel suo ufficio mercoledì, giusto? Prova a guardarti intorno e ricavare qualche informazione su di lei, cosa le piace, chi stima, se ha una cotta segreta e roba del genere…. Noi proveremo a pensare a cosa fare” spiegò ascoltata da tre paia di orecchie curiose.
“Può anche andare…potrebbe funzionare” sorrise Albus soddisfatto “Domani ci troviamo in biblioteca e proviamo a buttar giù qualche idea…”
“No, domani abbiamo l’allenamento e nessuno di voi può mancare” lo fermò Fred. Da quando lui, Paul e Daphne erano stati presi in squadra, ricordava a tutti i loro obblighi nel confronto del Quidditch.
“Oh, giusto, il Dio Quidditch!” lo schernì Albus, l’unico a non essersi presentato nemmeno alle selezioni.
“Solo perché a te non frega niente, non vuol dire che devi essere così cinico nei nostri confronti” lo schernì il cugino, prendendolo dalle spalle e scuotendolo con vigore. Sia Daphne che Paul risero per le strane espressioni del giovane e scosso Potter, un misto tra disapprovazione e voglia di fare il buffone.

****

“Signorina Malfoy, può darmi quel foglio?” chiese il professor Davies, durante l’ora di Trasfigurazioni. Un colpo di bacchetta e la bozza del piano di volo era stata sostituita dagli appunti ordinati della lezione.
Daphne si alzò, piano, seguita dagli sguardi divertiti dei compagni Serpeverde, con cui condividevano l’ora di lezione, e preoccupati dei Grifondoro, sicuri che avrebbe fatto nuovamente perdere alla Casa dei punti.
Il professore lo esaminò attentamente, guardò l’inchiostro e la grafia sottile ed elegante, notò gli stessi termini che lui stesso aveva usato e riconsegnò la pergamena alla giovane, sorridente e soddisfatta di sé.
“Mi sarò sbagliato” si scusò l’insegnante, tornando a sedersi sulla cattedra, le gambe accavallate come le belle donne delle riviste di suo padre.
“Perfetto ragazzi” ricominciò a spiegare “Quest’anno tratteremo della Trasfigurazione degli oggetti, semplice e precisa”. Un piccolo colpo di bacchetta e la piuma che aveva di fronte diventò subito una lama scintillante.
Tutti gli studenti lo guardarono con gli occhi aperti, Daphne rilesse velocemente gli appunti della prima mezz’ora per capire se avesse parlato di qualche specifica formula per quel cambiamento di forma. Niente.
“Questo lo imparerete tra un po’ di tempo, prima dovrete studiare le componenti di ogni oggetto, utile per sapere cosa il vostro incantesimo dovrà modificare” spiegò il professore e gli occhi strabuzzati degli studenti tornarono a chiudersi, seccati, accompagnati da piccoli sbuffi di disaccordo.
Daphne tornò a lavorare sul piano di volo per quel pomeriggio, come fare per risultare più leggera in aria e sfruttare al meglio il vento e le correnti. Tutto per aumentare la sua velocità e poter prendere velocemente il Boccino d’oro.
“Black!” urlò il professor Davies, sbattendo un grosso libro sulla cattedra. Daphne guardò la sorella minore di Paul osservare il professore con uno sguardo assassino e gelido. Fu costretta a far ricadere la bacchetta sul banco e la giovane Eliza, seduta davanti a lei, recuperò la sensibilità degli arti.
Tanto è buono e divertente suo fratello, tanto è perfida lei pensò Daphne.
Fortunatamente la campana del pranzo ruppe quel fastidioso silenzio che si era creato in aula, pieno di odio e parole trattenute.
“Ehi tesoro, finalmente sei uscita, era un po’ di tempo che ti aspettavo!” gridò Paul, facendosi ben sentire da tutta la classe e da tutti gli studenti presenti in corridoio.
Le si avvicinò cercando di baciarla sulle labbra ma lei, prontamente, si tirò indietro.
“Scusa, ho mangiato cipolle per colazione, non vorrei farti star male” esclamò divertita, guardandosi intorno e notando una ragazza con lunghi capelli castani che li guardava sbuffando sonoramente. “Chi è quella?” chiese con un tono di voce più basso.
“Una ragazza che mi perseguita da stamattina a colazione. Non la sopporto più, mi manda su tutte le furie!”.
“Magari la prossima volta prima avvisami con un bigliettino se devo recitare una qualche parte, almeno mi preparo le battute!” sorrise la ragazza, prendendolo per mano e dirigendosi verso la Sala Grande.
“Te la cavi bene anche con l’improvvisazione!” disse il giovane, ricambiando quella stretta che da tempo sognava, accarezzandole la mano sottile dalle dita lunghe e affusolate. Ma quell’incanto si ruppe quando la ragazza, solcata la porta della grande sala da pranzo, lasciò la presa e corse lontana da lui, diretta verso il fratello maggiore. Lì, lui non l’avrebbe raggiunta.
“Ehi, quanta felicità! Cosa ti è successo?” le chiese Scorpius, cercando di liberarsi del suo abbraccio caldo che lo stava mettendo in imbarazzo davanti a tutti i suoi amici. Se quella ragazzina appiccicosa non si fosse chiamata Daphne Malfoy l’avrebbe già schiantata contro il muro.
“Così, è una settimana intera che non ti vedo!” esclamò lei, ridendo e staccandosi dal suo collo.
“Mi stai facendo fare la figura del mollaccione” le bisbigliò Scorpius all’orecchio, ricevendo come risposta un “Fregatene” da parte della sorellina, i cui occhi blu brillavano di allegria ed il dolce sorriso non dava segni di voler scomparire. Daphne guardò i Serpeverde che parlottavano tra loro, sghignazzando di fronte a quella scena di amore fraterno e indicandoli a dito.
“Che volete voi? Fatevi un po’ gli affari vostri! Non avete mai visto una persona che abbraccia qualcuno a cui vuole bene?” sbottò poi, osservando le bocche aprirsi per la sua impertinenza.
“Puff…sfigata!” si lasciò sfuggire un ragazzo alto e biondo, gli occhi castani che l’avevano sfiorata per poi soffermarsi sulla tavolata dei professori.
“Sfigato sarai tu che ti permetti di giudicare un abbraccio! Cos’è, mamma non ti ha mai dato affetto…” non riuscì a finire la frase perché la mano del fratello le tappò prontamente la bocca.
“Scusa Marcus, non starla a sentire!” disse Scorpius. Marcus…quel nome le diceva qualcosa, eppure non ricordava cosa.
Conosceva un Marcus, era un bambino cicciottello che veniva a giocare a villa Malfoy quando erano piccoli, di una cattiveria impressionante. Un’estate l’aveva buttata in una pozza di fango e si era assicurato che rimanesse con la faccia nella melma tenendola ferma con un piede sulla schiena. Però lei non si era mai offesa, anzi, quel Marcus le faceva pena perché non aveva una mamma.
Sgranò gli occhi dalla sorpresa, non poteva capire come quel ragazzo alto e magro fosse quel bambino cicciottello, ma dallo sguardo del fratello intuì che si trattava proprio di lui.
“Scusa, Marcus, non ti avevo riconosciuto!” disse Daphne a testa china appena la mano del fratello le lasciò la bocca. Lui le lanciò uno sguardo assassino e lei si congedò, attraversando saltellando la grande sala ricca di voci e profumi.
“Madeline ci vuole un quarto d’ora prima dell’inizio degli allenamenti, questa sera” la informò Fred appena lei potè posare il fondoschiena sulla panchina. Annuì leggermente, senza distogliere gli occhi dalla lunga tavolata dei professori. Non poteva ancora capacitarsi di aver abbandonato la missione “compleanno McGranitt” per concentrarsi sul loro debutto in società.
“Un’idea troppo romantica, non fa per noi” le avevano detto i ragazzi, tirandosi indietro.
Ma doveva abituarsi all’idea, lei era solo una ragazzina romantica e ancora troppo giovane per pensare a cose del genere.
“Ehi, svegliati! Stiamo parlando con te!” disse Paul, schioccandole le dita davanti al viso.
“Cosa?” chiese con un tono di voce sorpreso e distaccato.
“La prima partita! Siamo contro i Serpeverde!” le ricordò Fred, gli occhi azzurri che la fissavano spalancati, le labbra socchiuse in un sorriso sottile.
“Ah si, giusto” ricordò improvvisamente.
Non l’allettava la prospettiva di doversi scontrare con suo fratello, due Cercatori di squadre nemiche da secoli. In quel momento avrebbe preferito che Patrik Benson tornasse dall’ospedale prima di quel sabato.
“Pensavamo di presentare il gruppo li! Noi tre saremo in alto, Albus penserà a qualcosa dalla tribuna” disse Paul, allegro ed attivo.
“Facciamo a caso! Quel che viene, viene. È proprio necessario presentarci pubblicamente come gruppo? È più di un anno che giriamo tutti insieme, credo che sia studenti che professori abbiano capito chi siamo. Per non parlare dello scherzo che avete fatto a Lena Goyle firmandovi come I Malandrini sono tornati, nemici del sano divertimento temete!” ricordò Daphne.
L’idea di mettersi in mostra davanti all’intera scolaresca non l’attraeva per niente.
“Ah si, quello scherzo è stato mitico! Ho sentito che ne parlava con mia sorella durante l’estate!” sorrise esaltato Paul, servendosi di roast-beef e patate.

****

La tanto attesa e temuta partita di Quidditch non si fece aspettare oltre e, quel sabato mattina, sia la squadra di Serpeverde che quella di Grifondoro si ritrovarono in campo già di prima mattina. Le tribune ancora sgombre, il silenzio che faceva da padrone. Nessuno li avrebbe visti dettar legge per la partita.
“Bene, Madeline, queste sono le mie condizioni. Se noi vinciamo dovrete lodarci e servirci per un intero mese” iniziò Flitt, il capitano dei Serpeverde, un ragazzo alto e moro con piccoli occhi neri ed una carnagione cadaverica.
“E se, al contrario, saremo noi a vincere, mio caro Thomas, dovrete correre nudi intorno a tutta la scuola” disse Madeline allungando la mano.
Il ragazzo ci pensò per qualche minuto, incrociando gli sguardi di tutti i componenti della squadra, prima di accettare la proposta.
“Si gioca a scommesse?” chiese Daphne a Paul, divertito da quello strano compromesso. Essere schiavizzato da un Serpeverde portava sempre qualcosa di positivo, ma vederli correre nudi per tutto il parco era una proposta troppo allettante.
“Si, da quando Madeline è diventata Capitano, ovvero 2 anni fa. Thomas e Madeline stavano insieme al quarto anno, ma lui fece la scommessa di baciare un’altra ragazza e lei si offese. Quindi ora si parlano solo in questo modo: scommettendo di modo che uno dei due debba perdere qualcosa…in questo caso il pudore” Fred sghignazzò mentre scrutava gli avversari verde-argento, composti e sogghignanti sotto i loro mantelli.
I primi studenti iniziarono ad arrivare e le tribune, lentamente, si riempirono. Le due squadre vennero presentate e si disposero in campo. Daphne si portò più in alto rispetto agli altri, di fronte a sé vide il fratello che sorrideva compiaciuto, alle sue spalle Fred e Paul giocavano con le loro mazze.
“Ti guardiamo le spalle” sorrisero insieme.
Il fischio della professoressa Johnson diede inizio alla partita, furono rilasciati i Bolidi, lanciata la Pluffa e liberato il Boccino d’oro, che subito sfrecciò verso l’alto. Mentre il gioco si svolgeva veloce sotto di lei, Daphne salì verso il cielo limpido in cerca del pallino volante. Tenne una mano davanti agli occhi per proteggerli dalla forte luce del sole.
“Non riuscirai mai a prenderlo se nemmeno riesci a vederlo” ghignò suo fratello, abbassando un paio di occhiali neri.
“Ride bene chi ride per ultimo!” rispose prontamente lei, un proverbio babbano che aveva sentito da un amichetto quando era poco più che poppante. Un fascio dorato sfrecciò davanti ai loro occhi, dirigendosi verso terra.
I due Malfoy si guardarono dritti negli occhi, piegarono le scope verso il basso e sfrecciarono in picchiata. Daphne si sentì mancare quando vide un Bolide schizzare vicino al suo viso a tutta velocità e non poté trattenere uno sguardo di rimprovero verso il ragazzo rosso che l’aveva colpito.
“Scusa, era diretto a tuo fratello!” si giustificò lui, tornando al gioco.
Suo fratello, giusto! Si era fermata per rimproverare Fred ed ora aveva perso sia Scorpius che il Boccino. Si guardò intorno, spaesata, non vedeva né l’uno, né l’altro. L’unica cosa di cui era certa era di doversi spostare dal centro del campo, perché tre studenti con ghigni beffardi la stavano per travolgere. Volò verso il lato esterno del campo, osservò la scena, cercò il suo obbiettivo, ma niente.
Diede un rapido sguardo al punteggio: 30 a 60…stavano perdendo! Poi lo vide: illuminato dal sole rifletteva la luce come uno specchio. Era fermo in un punto, come se la stesse aspettando o invitando a raggiungerlo, le ali che si muovevano lentamente, in un movimento ripetitivo ed aggraziato. Restò qualche secondo a guardarlo, immobile come una statua, notando che suo fratello non si trovava nei paraggi, poi partì.
Sfrecciò attraverso il bordo del campo, mettendo in atto gli accertamenti fatti durante l’ora di Trasfigurazioni. Piatta contro la corrente d’aria, come se fosse stata un tutt’uno con la scopa. Il Boccino non l’aspettò, appena Daphne iniziò ad avvicinarsi, l’oggetto dorato, sempre illuminato come una lampadina, partì a tutta birra, zigzagando tra le tribune. La ragazzina non aveva in mente altro che il Boccino e quasi andò a sbattere contro Scorpius che arrivava dalla parte opposta e che, vedendola volare, dovette ammettere a se stesso che sua sorella lo batteva sia per velocità che per movimenti, sicuri e precisi. Daphne era un miscuglio di grazia e aggressività, un po’ come le tigri che aveva visto da bambino allo zoo. Doveva ammettere che da quando era ad Hogwarts sua sorella era molto migliorata: era più sicura di sé, meno lagnosa e più felice. Non avrebbe detto che solamente l’anno prima non faceva altro che piangere e litigare con il padre.
Ma non poteva perdere tempo a fare accertamenti su sua sorella, doveva raggiungerla, impedirle di prendere il SUO Boccino. Capì subito di non riuscire a starle dietro, viaggiava con la stessa velocità del vento che stava diventando sempre più forte.
Scorpius sentì un fischio, forte, prolungato: la partita era finita, sua sorella ce l’aveva fatta, l’aveva battuto per la prima volta in vita sua.
E poi la doccia gelida: doveva correre nudo per il cortile della scuola insieme al resto della sua squadra.
Arrossì di colpo, invaso dalla vergogna e dal pudore, guardando i suoi compagni incuranti della scommessa che scendevano verso terra. Guardò la sua cara sorellina sollevata in aria dai suoi amici, tra le dita da pianista ereditate dalla madre teneva il Boccino, sulle labbra quel sorriso che a casa non le vedeva quasi mai.
La sua piccola Daphne. La guardò, sicuro che sua madre sarebbe stata contenta di vedere il suo buon lavoro, felice che quella ragazzina bionda e raggiante come il sole estivo fosse sua sorella. E poi uno sparo, seguito da tanti altri. Piccole stelle comparvero nel cielo limpido, fino a formare un viso: Daphne. I tre Malandrini a terra notarono Albus, con la bacchetta distesa, intento a disegnare il volto della ragazza, a farlo muovere, sorridere, strizzare l’occhio. Si guardarono e in un momento una pioggia di fuochi d’artificio nascose il cielo estivo, i loro botti sovrastarono le urla degli studenti, estasiati davanti a quell’inaspettata bellezza. Colori e scintille si susseguirono a qualche decina di metri da terra, una piccola scritta si fece vivida tra tutti quei fulmini Lodate i Malandrini, i padroni del divertimento. Gli applausi e le urla degli studenti furono la loro conquista migliore, tanto che, per un momento almeno, la vittoria della giornata era passata in secondo piano.

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Capitolo 7
*** Autumn holidays ***


Caro papà, non torno a casa per le vacanze d'autunno, resto qui ad Hogwarts con i miei amici. Non faccio sciocchezze, promesso.
Ti voglio bene, Daf


****

Alla soglia dei 12 anni e qualche mese Daphne aveva deciso che le piccole bugie, le bugie bianche, erano fondamentali nella vita di un’adolescente. In questo caso era stata costretta a mentire per poter sgattaiolare fino a casa Weasley, dove era stata cortesemente invitata a passare quei tre giorni di sospensione delle lezioni.
Sì, costretta, perché Draco Malfoy non avrebbe mai dato il consenso di lasciare la scuola e non tornare al Manor… specificando, non le avrebbe dato nessun consenso di fare qualcosa non controllata. A scuola c’erano Scorpius ed i professori, a casa lui.
Ma l’unica cosa che voleva per quella piccola vacanza era passare un po’ di tempo con i suoi amici e l’allegra famigliola di Fred, riunita per festeggiare Halloween.
“Allora, cosa rispondo alla mamma?” chiese Fred, picchiandole col gomito nel braccio. Lei annuì, sorridente.
“Sono dei vostri!” il sorriso le illuminava il viso mentre chiudeva la sua missiva e la consegnava a Ragno, il suo gufo personale.
Il nome del gufo risaliva a quando, ancora pulcino, girava per casa a becchettare tutti i ragnetti che si divertivano a fare le loro ragnatele negli angoli, solitamente al riparo dalle scope degli elfi domestici.
“Se tuo padre ti scopre saranno guai!” la redarguì Paul.
Lei lo guardò, sorpresa per un momento. Non si aspettava quelle parole da fratello maggiore proprio da lui. “Proprio da te viene la predica?” gli lanciò un cuscino, cominciando poi a ridere.
Era la sera del 27 ottobre e l’indomani il signor Weasley sarebbe passato a prenderli per portarli alla piccola casa di Hogsmade, sopra il famoso negozio di scherzi Tiri vispi Weasley.
“Tua sorella resta?” riuscì a chiedergli appena l’attacco con i cuscini si stoppò. Pettegola come era, sicuramente la Serpeverde avrebbe fatto la spia a Scorpius e lei sarebbe finita  nei guai.
“No, torna a casa. Comunque anche io ho detto che resto qui, a farti compagnia. Giusto per sviare i sospetti” le fece l’occhiolino, prima di girarsi a guardare dall’altra parte della stanza la chioma di fitti e folti capelli neri che appartenevano alla sua sorellina.
“Ci saranno anche tutti i miei cugini il primo novembre, perché è un giorno che passiamo tutti insieme, di solito” disse Fred, intento a piegare la busta indirizzata alla madre. Strizzando gli occhi per concentrarsi meglio, la legò alla zampetta del suo gufo variopinto. Daphne lo guardava allibita ed estasiata al tempo stesso, non aveva mai visto così tanti colori sgargianti su un animale solo. Non era la prima volta che vedeva Rainbow svolazzare per la Sala Grande, ma non aveva mai avuto il coraggio di chiedere all’amico cosa gli fosse successo.
Compresa la domanda lasciata in sospeso, fu Fred a darle la spiegazione “Oh, quando era più piccola mia sorella gli ha fatto scivolare addosso delle boccette di inchiostro cambia colore” carezzò dolcemente il gufo che mosse la testolina di 180 gradi “Da allora cambia colore in continuazione!”
“Al, tu sarai dei nostri?” chiese poi Paul, distogliendo lo sguardo dal tavolo dei Serpeverde e puntandolo sull’amico che giocherellava con il cibo. Annuì piano, senza perdere la concentrazione sull’attraente pomodoro schiacciato che aveva nel piatto.
“Dovremo essere eleganti per la cena di famiglia?” domandò Daphne versandosi dell’altro succo di zucca e ripensando al suo guardaroba spoglio di raffinati abiti femminili.
Fred sorrise prima di annuire.
“Si, ovviamente, è tradizione che le ragazze indossino l’abito più bello e gli uomini lo smoking” prima ancora di finire la frase era già scoppiato a ridere, vanificando la pomposità che aveva assunto di fronte ai suoi amici “Ma no, indossate quello che volete! Siamo in famiglia, mica ad un evento di gala!”
Il pomodoro schiacciato che aveva fino a quel momento affascinato Albus finì con una forchettata nella sua bocca e, nel giro di una frazione di secondo, decise di incastrarsi nella sua trachea.
“Tranquillo, non devi fingere di morire se non vuoi partecipare alla cena di famiglia” rise Fred battendogli la mano sulla schiena, per aiutarlo a respirare.
Scoppiarono a ridere tutti e quattro e l’irriverente pomodoro capì quale strada dovesse prendere.
“Vedrai, ti divertirai!” disse poi Fred a Daphne, vedendo la malinconia nei suoi occhi.
Non partecipare alla cena di Halloween in famiglia significava perdere la consueta visita al cimitero alla tomba della mamma e questo la rattristava davvero molto. Ma gli occhi azzurri dell’amico ebbero l’effetto di farla sorridere e le riempirono il cuore di gratitudine. Non si aspettava una tale gentilezza da lui, non si aspettava la sua compassione o, più semplicemente, non pensava che qualcuno avrebbe potuto accorgersi della tristezza nascosta dietro a quel falso sorriso.
In risposta, gli prese la mano e la strinse, felice che quel contatto caldo e rassicurante fosse reale. Lui la guardò, perso per un attimo, prima di ricambiare la stretta. Qualcosa dentro di lui si era mosso, eppure non riusciva a capire cosa fosse.
La lasciò, stranamente imbarazzato e, con una scusa troppo banale per essere considerata reale, si diresse ai dormitori.
Daphne lo guardò allontanarsi, chiedendosi cos’avesse combinato, ancora inconsapevole di cosa dei modi gentili e l’affetto potessero smuovere nell’animo di un ragazzo adolescente.

***

Il signor Weasley era un uomo virile e davvero bellissimo nonostante avesse ormai raggiunto gli “anta”. Daphne si stupì quando scoprì che era più vecchio di suo padre… non l’avrebbe sicuramente mai detto!
Arrivò ad Hogwarts alle 9 del mattino, sorridente e consapevole di essere notato e fischiato dalle giovani studentesse. Daphne notò che aveva i capelli rossi come il figlio, gli occhi dello stesso azzurro intenso e piccole lentiggini sulle guance e sul naso. La camicia attillata lasciava intravvedere la muscolatura ben scolpita, mentre i pantaloni gli fasciavano le gambe ed il fondoschiena come fossero stati dei guanti di pelle.
Batté il cinque al figlio come si fa con un vecchio compagno di scuola, prima di chinarsi a baciare la mano di Daphne, che diventò immediatamente rossa come un pomodoro.
“Posso portarlo io?” le chiese indicando lo zaino carico di vestiti e libri che stava posato davanti ai suoi. Lei annuì senza proferire parola e cercò di nascondersi meglio dietro alle spalle di Paul.
In due secondi tutto il suo coraggio era andato a rifugiarsi sotto terra e tutto per un solo uomo! Sentiva il cuore batterle a mille e non riusciva a sostenere lo sguardo con George Weasley, che scoppiò a ridere di fronte alla sua reazione.
“Tranquilla, ti assicuro che non mordo!” le disse facendole l’occhiolino.
Oltrepassarono il parco e Daphne non potè fare a meno di gettare uno sguardo al Lago Nero e a ricordare gli ultimi bagni di stagione. Guardò i cancelli lavorati mentre li oltrepassavano e ricordò il giorno in cui, appena arrivata ad Hogwarts, ne era rimasta affascinata. Poi i giovani si immisero nelle strade di Hogsmade, poco trafficate a causa del vento.
Arrivarono sulla strada principale di Hosmade e poterono ammirare le vetrine illuminate e agghindate per la festività di Halloween. Scheletri e fantasmi ballavano il tip tap nel negozio di Mielandia.
Camminarono ancora una decina di minuti, poi il negozio di scherzi più famoso di Hogsmade si parò loro davanti.
“Casa dolce casa” sospirò Fred alle sue spalle “Sai, questo è il secondo negozio che papà apre. Quello storico si trova a Diagon Alley e l’aveva aperto insieme a zio Freddy appena finirono la scuola!”. Daphne si trovò ad ascoltarlo rapita. Fred non parlava quasi mai della sua famiglia, tant’è che in un anno e mezzo in cui erano amici non aveva mai saputo che i suoi genitori vivessero a così breve distanza da lui.
Appena varcarono la soglia, Fred lanciò a terra lo zaino e corse a salutare la madre con un abbraccio.
La signora Weasley, abbastanza bassa e decisamente magra, indossava un delizioso grembiule rosa a pois bianchi e teneva i capelli castani chiusi in uno chignon alto. Daphne si sentì messa sotto esame dai suoi occhi verdi che la guardavano indagatori ma sorridenti.
“Ciao zia Katie!” disse Albus, alzando una mano in segno di saluto. La donna guardò per qualche secondo il figlio, in attesa che le presentasse anche il resto della comitiva.
“Oh, giusto. Mamma, papà, loro sono Paul Black e Daphne Malfoy” esclamò indicandoli.
Entrò anche il signor Weasley con gli ultimi bagagli “Conoscevo un Malfoy, quando andavo a scuola” ricordò “Un Serpeverde tra i peggiori mai conosciuti. E suo padre poi, puff…per Merlino, non vorrei proprio doverli rivedere per qualche strano motivo!”.
Sua moglie lo guardò sorridendo e scuotendo la testa.
“Si, certo… che ne dite se andiamo di sopra a mettere a posto le nostre cose?” suggerì Fred che voleva portare Daphne il più lontano possibile dai suoi genitori imbarazzanti.
“Oh, ma certo” la signora Weasley subito si fermò guardando l’unica ragazza del gruppo “Aspetta, noi non ci aspettavamo una ragazza e abbiamo preparato solamente una stanza! Se ci avessi detto di lei avremmo svuotato la camera di tua sorella dai vari scatoloni del negozio” esclamò portandosi le mani sui fianchi.
“Vi…vi avevo avvertiti che c’era!” si difese il quindicenne, girando gli occhi verso il cielo.
“Tu hai detto che eravate in 4, non che eravate 3 maschi ed una femmina! Ho preparato una stanza con quattro letti” replicò lei alzando un sopracciglio.
Daphne si sentì stranamente a suo agio tra quei battibecchi tra madre e figlio e non perse il sorrisino sardonico di George Weasley che, come lei, osservava i due. Si chiese a cosa stava pensando, ma poi girò velocemente lo sguardo per paura di essere colta a fissarlo… non sta bene guardare troppo a lungo una persona!
“Io mi adatto!” intervenne dopo qualche secondo, il coraggio stava lentamente tornando in lei, sebbene le guance fossero ancora color pomodoro maturo.
La signora Weasley la guardò, per un momento, prima di agitare la bacchetta. 
"Non preoccuparti cara, due minuti e la stanza degli ospiti sarà pronta ad accoglierti. Caro puoi salire ad aprire le ante e le finestre?" il signor Weasley ammiccò alla moglie e prese i bagagli della ragazza prima di salire al piano superiore. Nel frattempo si rintanarono tutti nella stanza dell'amico.
La stanza di Fred era grande e molto spaziosa. Due letti a castello erano schiacciati contro il muro, uno di fronte all’altro, ed un piccolo armadio a muro riempiva la parete di fondo.
Albus si buttò di peso sul letto, prese il cellulare e lo accese. Erano due mesi che non poteva usarlo, a causa delle interferenze di Hogwarts, ed ora tutti i messaggi si susseguirono, mandando quasi in tilt l’oggetto elettronico.
“Saranno le tue fans!” rise Paul, ricordando che le uniche ragazze con cui Albus avesse mai parlato erano Daphne e Lily.
Lui gli fece la linguaccia prima di iniziare a leggere gli sms, tanti dei quali appartenevano effettivamente a sua madre.
Anche Fred si buttò sul letto vicino al cugino e, allo stesso modo, si mise a digitare freneticamente le dita sullo schermo del cellulare.
Daphne li osservò un momento, in cerca di somiglianze che li unissero.
Entrambi erano stesi a pancia in giù, con i piedi incrociati sul cuscino, gli occhi fissi sul display e le dita che si muovevano macchinalmente. Erano concentrati più di quanto avesse mai visto a scuola ed i capelli scompigliati lasciavano intravvedere le loro fronti spaziose.
Li guardò e rise, pensando che tra lei e Scorpius erano più le disuguaglianze caratteriali piuttosto che le somiglianze, nonostante fossero fratelli.
“Posso guardare le e-mail?” chiese Paul, accendendo il computer prima ancora che gli venisse data un’effettiva conferma.
Daphne li lasciò soli con i loro aggeggi elettronici e scese in cucina. Le era venuta voglia di aiutare la signora Weasley ai fornelli.
Con tanti elfi domestici in giro per la villa, lei non aveva mai potuto aiutare a far nulla: non aveva mai imparato a cucinare, o far dolci e sicuramente non avrebbe mai potuto farlo con una figura materna.
“Ciao, Daphne” sorrise la donna vedendola arrivare.  Daphne si accorse che il signor Weasley la stava osservando da un angolo della cucina, immobile e silenzioso e si sentì in imbarazzo. Per educazione salutò cortesemente con la mano.
“Posso aiutarla in qualche modo? Gli altri tre si sono attaccati alla tecnologia e non sono molto socievoli al momento” si sforzò di ridacchiare.
Forse per un sesto senso o per un puro istinto materno, Katie Weasley decise di renderla partecipe nella sua vita di casalinga e della sua vita in generale.
Si, perché mentre separavano le uova per preparare la torta, la donna raccontò di tutto: dagli ultimi anni di scuola ai primi di lavoro al Ministero, fino a che si innamorò e rimase incinta e dovette lasciare l’ufficio al Wizegamont per aiutare il marito al negozio.
Messo il dolce nel forno, fece sedere la ragazzina e le offrì una barretta di cioccolato.
“Sai, quando andavamo a scuola io e George ci sopportavamo davvero poco. Lui era il buffone della scuola e a me piacevano gli uomini intelligenti, perché la mia mente di ragazzina immaginava che avrebbero fatto strada! Mentre Fred e George pensavo sarebbero finiti a fare i pagliacci nel circo e mi ero convinta che non facessero per me!” si pulì le mani nel grembiule e guardò il marito, sorridendo appena “Fu la guerra magica ad unirci davvero. In tanti soffrirono e forse fu quello a spingerci l’uno dall’altra. In quel momento vidi che sotto alla maschera da clown che portava a scuola si nascondeva un uomo, il MIO uomo. Con le paure che hanno tutti, ma con la voglia di andare sempre avanti.
Quando arrivò Fred a scombussolarci la vita, con la sua vitalità e la sua voglia di vivere, ero terrorizzata. Mi chiedevo se sarei stata una brava mamma, come avrei fatto a lasciarlo da solo mentre ero in ufficio, avevo paura che gli sarebbe successo qualcosa in ogni momento della sua vita. Diede segno di magia fin da subito e, soprattutto, fece rinascere quello spirito burlone di George che in quegli anni si era un po’ affievolito. Per qualche anno George non aveva occhi che per lui e poi, puff, è nata Annie, la sua principessa, la sua protetta” si fermò un momento, guardò Daphne negli occhi e sorrise, ammiccando “Forse è vero che i padri nei confronti delle figlie sono appiccicosi e iper protettivi! Pensa che il primo ragazzo che Annie ha portato a casa, era un suo amichetto di scuola, sia chiaro avevano solamente 9 anni, è scappato piangendo a causa delle domande poco carine di George!” e detto ciò scoppiò a ridere al ricordo.
Daphne si chiese come sarebbe stato avere un papà come George Weasley, premuroso e protettivo.
“Scusa, quando inizio a parlare non la smetto più. Annie ha preso da me” disse alzandosi, “La vedrai il primo novembre, ora dorme da Lily. Diciamo che ha fatto uno scambio con Albus… Ma raccontami un po’ di te. Non ti conosco nemmeno e già ti ho raccontato tutta la mia vita. Sei un’amica di Fred, ma non so altro!” il timer del forno suonò e Katie Weasley afferrò il guanto da cucina per estrarre la torta.
Un dolce profumo di vaniglia e cioccolato inondò la cucina nel giro di pochi secondi, fino ad insinuarsi in tutte le camere. Era quasi mezzogiorno e le due donne si rialzarono per preparare la tavola.
“Beh, non c’è molto da sapere di me. Ho un fratello maggiore che ha l’età di Albus, vivo in una grande casa molto noiosa, non posso avere animali domestici e mio papà non mi permette di fare quasi niente. Frequento il secondo anno di Hogwarts e all’inizio di quest’anno sono entrata a far parte della squadra di Quidditch, anche se solo in sostituzione del Cercatore” elencò Daphne, riassumendo in poche parole le cose che credeva fossero fondamentali della sua vita.
“Ma davvero? Caspita che vita frenetica! Riusciresti a passami quel pacchetto di pasta, tesoro. Che lavoro fa tuo papà? E la tua mamma?” la interrogò versando manciate di maccheroni nell’acqua già bollente.
“Beh, il mio papà è un chirurgo estetico, ha fatto molti interventi che l’hanno fatto diventare famoso” scelse di ignorare volontariamente l’argomento sulla madre, mettendosi a parlare delle grandi cene importanti che si svolgevano a casa sua tra dottori e persone di rilievo nella società, come diceva suo padre.
Con un piccolo gesto della bacchetta il fuoco si spense e la signora Weasley si mise a scolare la pasta, sempre attenta alle risposte della giovane ospite.
“Tesoro, ti dispiace se continuiamo dopo a parlare? Puoi andare a chiamare i ragazzi e dirgli che è pronto da mangiare?” Daphne non se lo fece ripetere due volte e si catapultò al piano di sopra, seguita dalla voce della donna che la ringraziava.
In poco tempo la cucina si riempì di voci ed i cellulari, squillanti o vibranti, furono ritirati.
“Buon appetito” riecheggiarono quattro voci in coro, seguite subito dalle due più adulte. A Daphne piaceva quella famiglia, si sentiva accettata e allegra, molto più che a casa sua.

***

Halloween passò velocemente ed il primo novembre arrivò in un lampo.
I ragazzi, sostenuti dalle urla impazienti dei signori Weasley, si stavano cambiando per un elegante pranzo alla Tana, la casa dei nonni di Fred. Con fatica Daphne si infilò una gonna di jeans, lunga fino alle ginocchia ed una camicetta per completare l’insieme. 
Lasciò sciolti i boccoli che le ricaddero lunghi sulla schiena, coprendo la piccola voglia a forma di cuore che aveva sul collo.
“Datevi una mossa!” urlò agli altri quando fu pronta, passando fuori dalla loro stanza con passo di marcia. 
“Ragazzi, stiamo aspettando solo voi!” sentirono urlare il signor Weasley e quando scesero videro che teneva la bacchetta in mano ma aveva il papillon della camicia ancora slacciato.
Pronti, i tre si misero in fila ed entrarono in salotto, dove Daphne ed un’elegantissima signora Weasley li aspettavano, parlando e ridendo tra loro.
La Smaterializzazione congiunta, sebbene l’avesse già provata con suo padre molte volte, portò nuovamente il senso di nausea nello stomaco di Daphne, che dovette tenersi al signor Weasley per non cadere a terra. Lui sorrise senza lasciarle il braccio finché non vide che era perfettamente stabile sulle gambe.
Si erano Materializzati davanti ad una casa alta che sembrava sul punto di dover crollare a terra da un momento all’altro: tre o quattro piani restavano in equilibrio su una base striminzita. Il giardino, al contrario della casa, era immenso e Daphne notò anche degli anelli da Quidditch in lontananza.
All’interno, una lunga tavolata era già stata apparecchiata in sala da pranzo e quasi una cinquantina di piatti con il bordo dorato erano ben sistemati su di essa. Daphne rimase a bocca aperta guardando la spaziosità di quella stanza che, da fuori, sembrava minuscola. Guardò le candele accese, il caminetto scoppiettante, le pentole che si lavavano da sole nel lavello; sentì una dolce musica, il profumo di fragole e quello di spezzatino.
“Avete fatto un buon viaggio spero!” li accolse un’indaffarata Molly Weasley, strofinandosi le mani nel grembiule logoro.
“Oh si, splendido, mamma”  George Weasley la abbracciò… era più alto di lei di 20 centimetri, se non di più!
“Loro sono Daphne e Paul e passeranno il primo novembre con noi!” continuò, indicando i due ragazzi che osservavano con gli occhi sgranati l’interno della Tana. Subito nonna Weasley li cinse tra le sue braccia e li schiacciò contro il suo petto.
Piano, arrivarono anche gli altri ospiti. James e Lily annunciarono l’arrivo dei Potter, un ragazzino poco più alto di uno gnomo da giardino quello di Fleur e Bill, il primogenito Weasley.
“Loro sono Rose ed Hugo” disse Albus, presentando Daphne ai cugini, figli del defunto zio Ron. Riconobbe la ragazza dai capelli ricci e rossi e dagli occhi azzurri e penetranti, in quella goffa studentessa che incontrava sempre in biblioteca. Rose fece un inchino da perfetta dama di corte, mentre il ragazzino, che frequentava il primo anno, sorrise teneramente.
“Ti conosco di fama. Bella presa alla partita contro i Serpeverde!” disse Hugo allungando la mano.
Daphne la strinse, scuotendola con vigore e sorridendo, prima che Rose la prendesse e la esaminasse.
“Hai le dita da pianista…suoni?” chiese senza sorriso. Che occhio pensò Daphne prima di annuire.
Gli ultimi ad arrivare furono Charlie e Percy Weasley, gli scapoli della famiglia.
Il pranzo fu sin da subito pieno di voci allegre, chiacchiere spensierate e risate senza freno.
Già alla seconda portata si poteva vedere cibo lanciato da una parte all’altra del tavolo, o sentire battute pessime e scoppi di risa… Daphne in tutto ciò riusciva a sentire il calore di una vera famiglia.
Spesso si sentiva osservata e si accorgeva che i suoi capelli biondi spiccavano in mezzo a quel rosso e castano, ma non le importava.
Dall’altra parte del tavolo, Fred non l’aveva ancora persa di vista un momento, fissava i suoi occhi puri ed ascoltava quella sua risata argentina. Erano i pugni di sua sorella Annie a farlo tornare sul pianeta Terra.
“Diglielo che ti piace!” gli bisbigliò poco prima del dolce.
“Lei non mi piace, è un’amica” ma non riuscì a sostenere lo sguardo della sorella.
“Allora perché sei diventato rosso?” lo rimbeccò la giovane, sogghignando dietro al tovagliolo.
“Perché tu mi fai domande stupide” si giustificò lui, girando il viso.
Erano le tre passate quando l’allegra compagnia si alzò da tavola, reggendosi la pancia piena di cibo, ma continuando a parlare allegramente con i parenti.
“Partita a Quidditch?” propose George Weasley, mostrando un magazzino ricolmo di vecchi manici di scope.
Bastò un’occhiata tra Fred e Paul per iniziare i giochi.
Ognuno in una squadra, si litigarono il campo ed il primo componente, oltre che, ovviamente, il Cercatore.
Alla fine, fu il signor Weasley a dividere i ragazzi, spegnendo sul nascere la fiamma del litigio, partecipando a sua volta come battitore e non escludendo il cognato Harry Potter, la sorella e la tanto amata moglie.

***

Come da tradizione, il primo novembre c’era l’annuale visita ai morti e la famiglia Weasley non faceva eccezione.
Approfittando del bel tempo, la comitiva si divise per dirigersi autonomamente al cimitero di famiglia.
Daphne rimase con Fred e la sua famiglia ed insieme a loro si diresse al cimitero dove era sepolta anche sua madre.
La famiglia Weasley si fermò davanti ad una tomba bianca, sovrastata dalla fotografia di un giovane molto bello e dai distintivi capelli rossi, molto simile a George Weasley.
Probabilmente saranno stati parenti pensò Daphne, ed incuriosita studiò meglio la lapide. Lesse Fred Weasley, e le venne naturale osservare l’amico che portava lo stesso nome. Facendo due calcoli veloci, notò che avrebbe avuto la stessa età di George se fosse stato ancora vivo. Erano gemelli, si illuminò.
Vide Katie che teneva stretta la mano del marito ed Annie che versava silenziose lacrime, di fronte alla lapide dello zio che non aveva sicuramente conosciuto. Lei, come Paul, era rimasta indietro ad osservare dall’esterno la scena.
Vide una piccola corona di rose formarsi sulla tomba e decise di sgusciare via dal gruppo per portare un saluto anche a sua madre. Si diresse verso la tomba della sua mamma, di un bianco splendente. Il nome Astoria Greengrass in Malfoy era scritto in un corsivo perfetto sulla pietra liscia e la foto mostrava una giovane poco più che ventenne, ben truccata, ben tenuta ed agghindata con rosellina bianche.
Era la foto del matrimonio, l’unica che il padre fosse riuscito a trovare in casa al momento della morte di Astoria. Una foto che risaliva a qualche anno dopo la scuola e cinque anni prima della nascita di Daphne.
Si inginocchiò sulla ghiaia ruvida, cedendo al peso delle lacrime che nessun Draco Malfoy avrebbe potuto impedire, questa volta. Sganciò la molletta a fiore che teneva tra i boccoli e l’allacciò alla cornice finemente ricamata a mano.
Dentro di sé sentiva parole che non riusciva a pronunciare e allora continuò a piangere, silenziosamente, fino a che le lacrime non finirono. “Non serve che ti dica nulla, so che tu mi guardi da qualche parte e che mi sei sempre vicina. Avrei voluto conoscerti e cucinare i dolci insieme a te. Magari anche essere sgridata da te, perché so che subito dopo mi avresti abbracciata forte. Ti voglio bene, mamma, ti voglio tanto bene”.
Si asciugò il viso e cercò di riassumere quell’espressione solita di spensieratezza e felicità, nascondendo la tristezza dietro al solito sorriso.
Quando tornò dal gruppo notò che Paul era già uscito dal cimitero e subito lo seguirono anche tutti gli altri, a due a due.
Tornarono all’appartamento sopra al negozio, perché la giornata stava terminando ed i ragazzi dovevano prepararsi per tornare ad Hogwarts.
“Aspetta” disse Fred, prendendo per il polso Daphne prima che potesse varcare la porta di casa.
“Sono stanca” si lamentò lei sentendo la testa pesante e gli occhi stanchi. Non lo guardò nemmeno, voleva stendersi sul letto morbido e mettersi a dormire.
Ma i suoi pensieri furono dirottati in un’altra direzione appena sentì l’alito caldo dell’amico sul suo viso e le calde labbra di lui a contatto con le sue.
Spalancò immediatamente gli occhi e cercò di capire la situazione e, soprattutto, come uscirne. No, non può, non possiamo! Siamo amici, è il mio migliore amico! Pensò Daphne, senza riuscire a capire cosa fosse saltato in testa a Fred- Perché non riesco a tirarmi indietro? Perché non mi stacco?
Durò effettivamente il tempo di un battito di ciglia, poi vide il suo amico allontanarsi di corsa e sbattersi la porta alle spalle.
Daphne sentiva il cuore batterle a mille e rimase immobile ancora qualche secondo in balia dei pensieri.
Sola in mezzo al cortile la ragazzina si prese la testa tra le mani per pensare meglio: doveva dire a Fred che una storia tra loro non sarebbe mai potuta funzionare. Erano amici, migliori amici, e stop! Quel bacio era stato uno sbaglio che non avrebbe dovuto ripetersi. Entrò in casa strisciando i piedi e, una volta in camera, mise a posto le sue cose.

***

Caro papà,
ti avviso che la "piccola Duffi" ha lasciato il posto alla "signorina Daphne".
Non sorprenderti, non imbarazzarti, succede a tutte le ragazze!
So che è tradizione per le ragazze Malfoy avere una festa per questa cosa, ma io mi sento la stessa di prima, sebbene con un problema periodico in più e non voglio nessun rito di passaggio!
Ti voglio bene, ci vediamo presto, Daf.


 



****

Ok, questo per ora è il capitolo più lungo che ho scritto, ma anche quello per cui ho impiegato meno tempo. Da oggi a settimana prossima credo che sarò impossibilitata a pubblicare ogni minima cosa, per questo ne ho messi due così vicini. Spero vi piaccia! =)

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Capitolo 8
*** Christmas ***


 

Daphne sfogliava piano le immagini di quell’album che ritraeva sua madre da giovane e ne contemplava la bellezza, la sensualità del viso, la malizia del sorriso. Ogni uomo sarebbe caduto ai suoi piedi, eppure suo padre non si era mai veramente innamorato di lei. Quando era piccola si chiedeva spesso se fosse per quel motivo che suo padre rimaneva così distante da lei, perché la riteneva troppo simile alla madre. Ora sapeva che era spaventato dall’idea che fosse così diversa da lui e non era molto bravo a mostrare i suoi sentimenti, ma che la amava allo stesso modo in cui amava Scorpius.
“Tesoro, andiamo a fare shopping!” l’urlo di nonna Narcissa arrivò improvviso e troppo vicino, talmente vicino che la donna riuscì a chiuderle il libro con uno sventolio di bacchetta.
Daphne si fermò a guardarla per un attimo, incredula: era la prima volta in tutta la vita che la chiamava tesoro.
“E dai, non restare lì imbambolata, domani debutterai come signorina Malfoy davanti a tutti i più illustri personaggi del mondo magico e dovrai metterti qualcosa di decente, non questi…stracci!” disse toccandole la tuta che amava indossare in casa.
Ovvio: una Malfoy non poteva far sfigurare la famiglia.
“Odio fare shopping!” tentò di lamentarsi, ma lo sguardo stizzito di sua nonna bastò per farla zittire.
“Ho visto il tuo guardaroba e lasciatelo dire: gli stracci degli elfi domestici sono molto più presentabili di quelli che tu chiami vestiti”
Daphne stava per ribattere quando udirono un tocco sottile alla porta e Draco Malfoy entrò nella stanza della figlia.
“Questo è per te, è un regalo di Natale” disse sorridendole. Poi, veloce come era entrato, se ne andò.
Daphne sapeva che non aveva ancora assorbito completamente l’informazione che non era più una bambina, che lavorava con la sua testa e che, soprattutto, gli mentiva spudoratamente. Ricordava chiaramente le urla del padre quando, dopo uno scambio di lettere con la professoressa McGranitt per capire come stesse andando il nuovo anno scolastico, seppe che non era rimasta a scuola durante il ponte festivo di ottobre. Persino gli elfi domestici avevano cercato un nascondiglio per sfuggire alla sua bacchetta ed alla sua rabbia. Il taglio lasciato da un suo incantesimo, ora fasciato, che nascondeva sotto la maglietta, insieme a qualche nuovo livido che stava lentamente scomparendo erano le punizioni per quella che lei aveva chiamato "piccola bugia bianca".
Ma Daphne sapeva anche che il padre non accettava quello che avrebbe dovuto fargli maggior piacere: il fatto che gli somigliava ogni giorno di più! La faccia innocente con cui gli mentiva con lo sguardo fiero, quella era di sua madre, così come gli occhi insolenti, gli unici che riuscivano a tenergli testa. Ma tutto del suo carattere era oramai diventato di stampo Malfoy.
Erano senza ombra di dubbio padre e figlia.
La ragazza scartò il pacco senza preoccuparsi di tentare di salvare l’imballaggio e le sue mani arrivarono a toccare un morbido abito di toulle
“Un vestito!” urlò estraendolo dagli ultimi frammenti di carta colorata.
Narcissa la guardò mentre se lo appoggiava alle spalle e si osservava davanti allo specchio “Provalo, vediamo come ti sta” le disse e l’aiutò ad indossarlo.
Quando si vide, Daphne rimase imbambolata davanti allo specchio per qualche secondo. Non riusciva a credere che quella figura fosse proprio la sua! Nonostante pensasse che suo padre non la conoscesse affatto, doveva ammettere che l’abito era perfetto e che, se avesse avuto una corona, sarebbe somigliata ad una delle principesse dei libri babbani.
Per mascherare la strana gioia che sentiva indossando il vestito bianco candido, si schiarì la voce e disse “Devo veramente farmi vedere così dai miei amici? Sembra che devo sposarmi!”. Il sorriso che le inarcò le labbra smascherava però la finzione.
“Poche storie, indossa queste” Narcissa le porse delle scarpette bianche, che apparivano agli occhi della giovane molto scomode, con cinque centimetri di tacco.
Daphne provò a stare in piedi e a muoversi per la stanza, ma il risultato che ottenne fu un vero disastro.
Ogni passo che faceva la caviglia si stortava e lei cadeva rovinosamente a terra.
“Una Malfoy non cade. Una Malfoy ha portamento. Una Malfoy sa essere al centro dell’attenzione in qualsiasi occasione. Una Malfoy sa mettersi al centro dell’attenzione” esclamò l’anziana donna, facendola rialzare e spogliandola dell’abito da cerimonia.
“Ti allenerai finché non ti verrà normale camminare sui tacchi” continuò, uscendo dalla stanza e lasciandola sola. In tutta risposta, Daphne le fece il verso e sbatté la porta alle sue spalle, prima di lanciare dall’altra parte della stanza quelle odiose scarpette. Si prese qualche altro minuto per osservare la sua figura davanti allo specchio con il vestito di toulle appoggiato al petto e si ritrovò a muoversi di lato, seguendo una melodia che esisteva solo dentro la sua testa.
Guardò verso l’angolo buio dove erano finite le scarpe e, con uno sbuffo, decise di riprovare nell’impresa impossibile di camminare su quei trampoli. Dritta e con le mani ai lati per non perdere l’equilibrio, iniziò a portare avanti un piede e poi l’altro, muovendosi poco sinuosamente per la larghezza della stanza.
“Per Salazard, sembri un pinguino!” rise Scorpius, richiudendosi cautamente la porta alle spalle. Daphne sobbalzò, non avendolo sentito entrare. “Potresti almeno vestirti”.
Lei si guardò per la prima volta, non ricordandosi di essere in intimo. Arrossì leggermente prima di buttarsi addosso la camicia da notte.
“Lo sai che dovrai ballare con papà?” Scorpius le si avvicinò e liberò i biondi boccoli dal colletto della vestaglia. Amava i capelli della sorella, probabilmente perché gli ricordavano tanto quelli della sua mamma! Quando erano piccoli passava ore e ore a pettinarglieli ed acconciarglieli.
“Ballare? Io non ballo, no, no. E poi…con queste ai piedi? Impossibile” si lamentò Daphne, presa in contropiede.
“E io che ci faccio qui, secondo te?” la prese per mano e la attirò a se, facendo aderire i due corpi.
“Non sapevo sapessi ballare”
“Ci sono tante cose che non sai di me” le sorrise il fratello.
Daphne si lasciò trasportare al suono di una leggera musica, si mosse a piedi nudi sul parquet lucido, un passo a destra, uno indietro, una giravolta. Ballare con Scorpius le risultava facile, si sentiva leggera.
“Prova con i tacchi, ora” disse Scorpius dopo qualche giro di valzer, allentando la presa dalla sua vita. Da ragazzina aggraziata che era mentre ballava a piedi nudi, Daphne diventò simile ad un robot quando indossò le scarpe. Lo stesso stare in piedi, che come ogni bambino aveva imparato a fare verso l’anno d’età, le risultò un’ardua impresa.
“Su, forza, mento in alto, spalla dritta” la spronò il fratello, imitando i tanti tutor che avevano fatto loro lezione quando erano bambini. Risero di gusto e ballarono a lungo, mentre si raccontavano storie e segreti accumulati in quei primi mesi di scuola.

***

Con un vestito azzurro cielo ed un paio di ballerine, Daphne scese per accogliere la famiglia, invitata per cena. I coniugi Malfoy entrarono per primi, due regali ciascuno tra le braccia, sorrisi forzati sul viso ed il corpo tremante per il freddo.
“Su, forza, entrate!” li esortò la ragazza prendendo i loro mantelli ed accompagnandoli nel salotto decorato per la festa.
Il campanello suonò nuovamente e sulla soglia del Manor comparvero i Greengrass, eleganti ed allegri. Fu Scorpius a farli entrare e quando vide la sua nonnina preferita Daphne le saltò al collo.
“Piano, cara, ho una certa età!” rise l’anziana signora, liberandosi dalla presa della nipotina ed osservandola dall’alto del suo metro e settanta.
“Caspita, sei cresciuta!”
“E sei diventata ancora più bella dell’ultima volta che ti abbiamo vista” la elogiò nonno Rupert prima di lasciarla nelle grinfie della curiosa moglie per dedicarsi al primo nipote, in attesa contro il muro.
Le due donne si misero a bisbigliare tra loro, accomodate ad un lato del tavolo “Dimmi, cara, come sta andando la scuola? Hai già trovato qualche ragazzo che ti fa il filo?” il sorriso malizioso della nonna la fece ridere
“In realtà si. O meglio no… diciamo che ho trovato diversi buoni amici, ma penso di essere ancora troppo giovane per i ragazzi!” arrossì leggermente e Theresa capì che c’era qualcosa che la nipote non le stava dicendo
“E tra questi buoni amici c’è qualcuno che ti piace, non è vero?”
Daphne alzò lo sguardo e puntò gli occhi dritti in quelli della nonna, colpita nel segno.
Balbettò qualche parola, poi tornò ad abbassare il viso.
“Beh, forse, non lo so”
“Su, su racconta a questa dolce vecchietta cosa ti affligge. Lo vedo che c’è qualcosa che non va!”. Theresa afferrò un grissino e si mise a sbocconcellarlo mentre Daphne le raccontava di Fred, della loro amicizia e del bacio che le aveva dato solo il mese precedente
“A beh, questo complica molto le cose…amore ed amicizia raramente vanno a braccetto!” vedendo gli occhi della nipote offuscarsi, continuò “Ma ci sono un sacco di eccezioni!" la vide riaccendersi e cominciò a raccontare "sai, quando ho conosciuto tuo nonno ero molto giovane, frequentavo il terzo anno ad Hogarts e lui il quinto. Diventammo subito amici. Io ero una Tassorosso lui, ovviamente, Serpeverde. Crescendo ci accorgemmo che tra di noi non c’era solamente amicizia, così iniziammo a frequentarci ed uscire come coppia. Quando mi chiese di sposarlo non avevo ancora finito la scuola e sia i miei genitori che i suoi vietarono quell’unione. Allora ci sposammo di nascosto, scappammo insieme in Francia e celebrammo il matrimonio a Parigi, la città dell’amore. Fu molto romantico” raccontò Theresa Greengrass, gli occhi che le scintillavano mentre riviveva nella sua mente quei ricordi piacevoli.
“Bella storia, ma questo non vuol dire che anche io e Fred ci sposeremo! Io voglio che resti un amico, nulla di più!” affermò sicura Daphne, ma quel bacio caldo e coinvolgente non voleva abbandonare la sua mente.
“Oh beh, se è quello che vuoi! E dimmi, questo Fred sarà qui tra noi, questa sera?”
“No, non credo proprio. A papà non vanno a genio i miei amici, quindi mi ha impedito di invitarli” fece spallucce di fronte all’espressione sconfitta di sua nonna.
“Che peccato, avrei tanto voluto conoscere il ragazzo che fa palpitare il cuore della mia adorata nipotina” ridacchiò Theresa “Attenta a non farti scoprire da tuo padre, se no finirai segregata in casa fino al compimento della maggiore età!”
“Cos’è che non dovrei scoprire?” chiese in quel momento Draco Malfoy, alto ed affascinante nel suo smoking blu ed argento.
“Niente papà, cose da ragazze” rise Daphne.
Draco si chiese cosa stessero tramando le due donne: aveva già imparato a non prendere sotto piede la figlia che, con il suo visino angelico, era in grado di mentire senza battere ciglio; e non sopportava la suocera che giudicava civettuola e poco seria…insomma, un pessimo esempio per una ragazzina in crescita!
Finalmente anche il resto del gruppo si accomodò all’elegante tavola rotonda, apparecchiata con tutta l’argenteria che villa Malfoy potesse offrire.
“Caspita Draco, i tuoi elfi hanno proprio fatto un buon lavoro, questa sera, è tutto assolutamente perfetto!” esclamò il signor Greengrass, guardando con ammirazione il genero.
“Già, Astoria aveva proprio un buon gusto, molto raffinato. Guarda questi bicchieri, sono favolosi” stuzzicò invece la moglie.
Sulla fronte di Draco comparve una piccola vena violacea che fece preoccupare i figli seduti al suo fianco, che lo videro concentrarsi per non ribattere davanti alla sfrontatezza della scuocera.
“Papà, oggi ha chiamato la signorina Thompson, vorrebbe passare in studio per ringraziarti personalmente” esclamò dal nulla Scorpius, direzionando su un altro discorso l’attenzione del padre.
“Oh si, quella cara ragazza, come sta? Non la vedo da un’eternità” Narcissa Malfoy, elegante nel suo tailleur verde scuro, sorrise in direzione del figlio mentre prendeva un sorso di vino.
“Cerchi ancora di rendere le donne più affascinanti? Ormai queste cose, aumentare il seno di una taglia, rifarsi le labbra o il sedere vanno di moda tra le ochette viziate. Non avrai mai tempo per goderti la vita” controbatté imperterrita Theresa Greengrass, un mezzo sorriso che appariva dietro il bicchiere di vino, gli occhi blu che lo fissavano e lo sfidavano.
Quella donna l’avrebbe fatto impazzire, ne era certo, e Daphne in questo le somigliava moltissimo.
“Si e sono grato di poter rendere felici molte giovani donne e, soprattutto, mi piace,” Draco tenne fisso lo sguardo sulla donna. Era una sfida all’ultima battuta velenosa e non aveva la minima intenzione di perderla
“Oh, si, ci credo! Vedi donne nude tutto il giorno, tutti i giorni. Strano che tu non abbia ancora trovato una nuova mamma ai ragazzi” si lasciò sfuggire la donna.
Tutti la guardarono, chi sorpreso, chi stupito, chi con uno sguardo pieno d’odio.
“Nonna, ma cosa dici!” la riprese Daphne, i grandi occhi sgranati e la bocca leggermente aperta a seguito di quelle parole fin troppo crudeli.
“Sbaglia, signora, a giudicarmi così male. Sono un uomo rispettato e per bene e pongo i miei figli in prima linea. Non mi interessa cercare una nuova moglie ed il mio lavoro è, appunto, solamente un lavoro” Draco teneva i pugni chiusi sotto al tavolo, talmente stretti che le nocche gli erano diventate bianche. La voce che aveva usato era bassa e sicura.
Dopo quelle ultime battute, la cena fu molto silenziosa e Daphne tornò con la mente al pranzo della famiglia Weasley, così diverso e caldo nonostante fosse la prima volta che vedeva quelle persone. Le mancava quell’allegria. Le mancavano le battute spiritose, i discorsi divertenti, l’intimità e quel calore che aveva sentito quando era ospite della famiglia di Fred.
Nella sua sala da pranzo, al contrario, regnava l’odio reciproco. La tensione era tangibile e nessuno parlava se non per insultarsi. Daphne sentiva freddo, nonostante il caminetto acceso. Un freddo che nemmeno una coperta di lana avrebbe potuto eliminare.

***

Vestita di tutto punto, la giovane Daphne Malfoy percorreva a grandi passi i pochi metri che conducevano da un muro all’altro di camera sua. Sentiva le voci concitate provenienti dal salotto e dalla stanza d’ingresso, dove gli invitati stavano arrivando per la festa.
Nonna Theresa l’aveva aiutata a prepararsi e le aveva raccontato del debutto delle sue figlie, Astoria e Daphne. Entrambe sono cadute nella trappola di Malfoy ed entrambe sono morte pensò sospirando la donna, senza osare trasformare il pensiero in parole, per paura di offendere la nipote. L’unica cosa buona che quel damerino aveva fatto in vita sua erano proprio loro: i suoi nipotini.
Un tocco leggero alla porta anticipò l’entrata di Scorpius.
“Allora, sei pronta?” chiese la sua testa che comparve sulla soglia.
Lei annuì piano, ma si accorse che non era proprio così pronta: tremava e non riusciva a reggersi in piedi… un po’ come una foglia tenuta attaccata al ramo da un misero lembo di gambo quando viene minacciata dal vento di venire spazzata via. Daphne si accorse che le mancava il suo coraggio da Grifondoro, il suo cuore da leone e, soprattutto, la caparbietà della madre.
Si sentiva insicura come una bambina o, più semplicemente, si sentiva ancora piccola.
Aveva partecipato spesso a feste di debutto, ma non pensava che potessero organizzarne una per lei.
“Ti tengo io” le sussurrò Scorpius, facendola alzare ed accompagnandola sotto braccio fino alla scalinata stretta che dalle camere da letto portava al salotto. Daphne respirò, ripensando agli insegnamenti del maestro di yoga: inspira, espira, inspira, espira.
“Forza, principessa, è la tua serata! Stendili tutti!” le baciò la guancia pallida e la guardò un istante respirare nell’attesa che si calmasse completamente.
Lo faceva sorridere guardarla in quel momento, così insicura e timorosa, così irriconoscibile dal solito.
Le strinse la mano e rivide quei suoi occhi blu come il mare, che aveva visto sempre alla ricerca di qualche sfida più entusiasmante. Dopo un attimo sentì le dita della sorella intrecciarsi alle sue per darsi forza. Era il momento di andare!
I ragazzi sentirono le voci degli invitati diventare sempre più alte, le risate più cristalline, il suono dei bicchieri e quello dei brindisi si susseguivano l’uno all’altro.
Daphne si fece coraggio inspira, espira, piede destro avanti, inspira, piede sinistro avanti, espira si ripeteva, cercando di concentrarsi su ogni gradino, su ogni suo singolo movimento, sperando di non inciampare nel lungo vestito.
Quando vide le luci del salotto le voci si fermarono di colpo. Sentì qualcuno tra i presenti trattenere il fiato quando comparve sulla soglia, piccoli bisbigli di ammirazione giravano per la sala.
Draco si incantò a guardare i suoi figli entrare nella sala ed un sorriso fiero comparve sul suo volto: gli sembravano due angeli così vestiti completamente di bianco.
Scorpius, perfetto ed elegante nel suo smoking color latte, i capelli chiari perfettamente pettinati, il papillon azzurro ed il fazzoletto sistemati con assoluta precisione. E Daphne era così diversa dal solito che in un primo momento non la riconobbe. Il vestito candido le ricadeva pomposo fino alle caviglie, in netto contrasto con la sua pelle abbronzata. La cintura blu colma di diamanti risplendeva come una costellazione, dando più luce alla sua immagine. I biondi capelli erano intrecciati con grazia ed eleganza dietro la nuca, gli occhi lievemente truccati, le labbra rosse e vive.
La vide camminare perfettamente sui tacchi, dritta e composta, e notò che osservava la scena compiaciuta e calma, come se fosse abituata a sfilare davanti a decine di persone sconosciute. Era splendida, una principessa… la SUA principessa.
“Vai a prenderla, è la tua ora” lo spinse la suocera con poco tatto.
Lui si riprese sbattendo gli occhi più volte, strinse il nodo della cravatta e si avvicinò ai figli, prese nella sua la sottile mano della ragazza e la mostrò fiero agli invitati.
“Cari amici, lei è Daphne, la mia figlia più piccola. Con questa festa si presenta finalmente in società come signorina Malfoy” esclamò concitato. Non avrebbe mai pensato di poter pronunciare quelle parole senza la minima traccia di imbarazzo, ammettendo non solo a se stesso, ma anche a tutti i maggiori esponenti del mondo magico che la sua bambina non era più, effettivamente, una bambina.
Guardò il resto della famiglia: Scorpius sorrideva tra le braccia di nonna Theresa, sua madre si teneva stretta a Lucius, mentre Rupert brindava a loro con un sorriso bonario sul volto.
“Bene, non voglio rubare oltre il vostro tempo… è una festa, quindi divertitevi. Che le danze abbiano inizio” e diede ordine ai musicisti di iniziare a suonare.
Come da tradizione, Draco e sua figlia ballarono davanti agli ospiti estasiati, seguendo la dolce melodia del valzer. Due giri della pista e anche gli invitati si unirono a loro.
“Sei bellissima” sussurrò a Daphne, intenta a contare mentalmente i passi. Alzò lo sguardo sorpresa ed arrossì lievemente.
“Grazie” sussurrò prima di cambiare espressione “Per essere un vecchietto anche tu non sei male! Scommetto che potresti fare colpo sta sera!”
“Hai ragione, questa sera potrei far colpo su qualsiasi di queste graziose signore. Ma ce n’è una che, veramente, devo riuscire a conquistare”
Daphne si guardò intorno, osservando e studiando le belle ragazze che mostravano i loro corpi alti e magri, vestite con abiti aderenti ed intente a parlottare tra di loro; le donne che ballavano con i mariti e quelle che ridevano vicino al tavolo dei buffet, con le loro strane acconciature.
“Chi?” chiese con ingenuità.
“La ragazza più bella di tutta la sala” le fece fare una giravolta, poi le diede un bacio sulla fronte nello stesso istante in cui la danza finì “Tu”.
Tra gli applausi per l’orchestra, Daphne uscì dal cerchio di coppie che si era creato attorno a lei e suo padre e cercò con gli occhi suo fratello, che trovò impegnato a parlare con una ragazza molto famigliare.
“Non sapevo fosse la tua festa di matrimonio” esclamò una voce alle sue spalle “Chi è il fortunato?”
“Un tale a cui sono stata promessa il giorno della mia nascita” rise voltandosi in direzione della voce che da più di un anno accompagnava le sue giornate ad Hogwarts.
“Devo ingelosirmi?” Paul si inchinò in un perfetto baciamano e la ragazza notò un livido scuro che torreggiava sotto l’occhio.
“Certo che no… d’altronde potrei essere tua se tu lo battessi in un leale duello corpo a corpo” disse con un tono seducente, lo sguardo malizioso e furbo.
“Proposta allettante…ma ne vali veramente la pena?” sorrise, gli occhi neri che osservavano le reazioni dell’amica divertiti.
“No, direi di no. Anche perché mi hanno detto che qualcuno ti ha già messo KO… come sta la dolce Matilda Green?” l’espressione sconfitta dell’amico di fronte al suo piccolo attacco la intenerì e gli sorrise, carezzandogli il viso. Lui la prese alla vita, impedendole la fuga.
“Se vuoi posso farti vedere cosa ha dovuto affrontare Matilda Green dopo avermi fatturato!” Paul iniziò a farle il solletico, sempre più conquistato da quella risata pura ed argentina, senza lasciarle tregua.
“Arrenditi, vile impostore, arrenditi alla superiorità di Paul Black!” recitò.
“Mai!” urlò la ragazza, con le lacrime agli occhi.
Più di uno sguardo osservò quel teatrino ridicolo e qualcuno scoppiò a ridere insieme ai due ragazzi.
“Che noia questa festa!” sbuffò un’altra voce conosciuta. James Potter stava in piedi con un bicchiere ricolmo di spumante in mano e, con lui, doveva esserci sicuramente anche Albus! Reggendosi alla mano di Paul, Daphne si rialzò, si spolverò il vestito immacolato e si sistemò i capelli.
Con sorpresa ed immensa gioia vide che gli altri due Malandrini li guardavano interrogativamente, aspettandosi almeno un saluto dai due che si ritrovarono a scambiare il loro stesso sguardo.
Come fanno ad essere qui? Chi li ha invitati? Si chiese Daphne. Ma decise che non era importante cosa ci facessero lì, l’importante è che fossero davvero lì!
“Benvenuti a Manor Malfoy, io sono Daphne Malfoy, la padrona di casa!” recitò seria, la mano allungata verso il salotto per far strada. Poi si ammorbidì ed abbracciò gli amici che avevano iniziato ad elogiare l’eleganza e la bellezza dell’amica.
“Bene ed ora che i Malandrini sono al completo, si può dare inizio alle danze!” esultò Paul, strappando dalle mani di James la grande radio e sintonizzandola su un canale di musica rock.
La reazione degli invitati fu immediata: urla e maledizioni si innalzarono contro i ragazzi scalmanati, qualcuno estrasse persino le bacchette, ma la maggior parte si accontentò delle lamentele.
Ci fu un collettivo sospiro di sollievo quando il padrone di casa eliminò il motivo di tanto trambusto, riducendolo in pezzi. Gli occhi grigi chiedevano una spiegazione alla figlia, la vena violacea che palpitava nuovamente sulla sua fronte spaziosa.
“Papà, loro sono i miei migliori amici!” presentò la festeggiata.
Gli occhi dell’uomo studiarono attentamente ciascuno dei quattro giovani che lo guardavano timorosi. Sorrise a quelle loro espressioni spaventate.
“Principessa vai a suonare, per favore. Desidero conoscere meglio questi giovanotti”
La ragazza lo guardò sorpresa e diffidente al tempo stesso. Gli occhi blu di nonna Theresa la rassicurarono, sembravano volerle dire tranquilla, lo tengo d’occhio io e lei andò a sedersi al piano e lasciò sfiorare alle dita i freddi tasti del pianoforte, estasiando l’intera sala.
Draco Malfoy fece accomodare i quattro ragazzi in sala da pranzo, voleva conoscerli realmente, ma più per capire quanto grave fosse la situazione della figlia. Certo, era ancora giovane, ma quegli adolescenti presto sarebbero diventati uomini e, quasi sicuramente, avrebbero potuto portare via la sua bambina.
“Bene, bene, bene. Non vi farò soffrire troppo, qualche domandina e nulla di più” iniziò ad interrogarli alla luce di una lampada da comò, apparsa sul tavolo in quel momento. I giovani si guardarono disorientati per un momento e cominciarono a sudare freddo, capendo di non avere via di fuga.
“Io ho solo accompagnato mio fratello” si tirò fuori James, scostando la sedia per potersi alzare.

In salotto, le voci sommesse cercavano di non far perdere la concentrazione alla giovane pianista che, con gli occhi chiusi, muoveva le mani producendo una melodia eccezionale. I coniugi Greengrass osservavano la nipote estasiati e con il cuore colmo di gioia, ricordando la più piccola delle loro figlie, rivedendo la sua immagine seduta su quello sgabello tanti anni prima, i suoi boccoli castani che ondeggiavano al suono della musica. Tenevano strette le mani al petto e applaudirono più forte degli altri quando la melodia cessò.
Si avvicinarono a lei per congratularsi, accorgersi troppo tardi della sua espressione agitata e dei suoi occhi che cercavano preoccupati il padre e gli amici. Theresa la rassicurò accarezzandole i capelli, ma il cuore di Daphne si alleggerì solo quando sentì la voce di Paul, un po’ più tremante rispetto al solito, annunciare un brindisi in suo onore.
Teneva il bicchiere di spumante sollevato ed aveva un’espressione rigida mentre parlava di fronte a tutti quei maghi. Il suo calice tintinnò a contatto con gli altri e bevve in un solo sorso il contenuto, seguito a ruota dal resto dei Malandrini. Daphne li raggiunse, brindò e rise con loro. L’orchestra ricominciò a suonare una musica lenta ed un po’ malinconica e le coppie tornarono verso il centro della stanza per ballare.
“Mi concede questo ballo?” chiese Fred allungando la mano nella sua direzione. Daphne notò in quel momento che gli altri si erano dileguati: James e Paul avevano raggiunto due bellissime ragazze e le avevano trascinate a forza verso il centro della pista, Albus ballava con sua sorella Lily, che non aveva notato prima. Vide anche Scorpius invitare Ingrid Black e dirigersi verso il resto delle coppie.
“Con molto piacere” Appoggiò la mano su quella dell’amico e si lasciò trascinare dalle note della musica e dai movimenti del suo partner.
Dicembre aveva riportato la ragione a Fred che si era scusato per il malinteso: erano tornati amici come prima, dimenticandosi di quel bacio disastroso, seppur piacevole.
Parlarono e risero mentre si muovevano sulle note prodotte dall’orchestra.
Theresa Greengrass non aveva ancora perso d’occhio la nipote e già la sua mente viaggiava lontana vedendola abbracciata a quel ragazzo tanto carino.
“Ah, l’amore” sospirò, baciando Rupert sulle labbra “Che bello l’amore!”

***

Poco dopo l’una di notte gli ospiti iniziarono a lasciare villa Malfoy.
Daphne dovette stringere le mani degli illustri uomini e delle donne eleganti, augurando “Buon Natale” e baciandoli sulle guance. Suo padre e Scorpius l’affiancavano, ridendo alle loro battute, ringraziandoli per la visita.
Quando fu il turno di salutare nonna Theresa, Daphne si sciolse in un abbraccio. In quel momento la donna le sussurrò all’orecchio “Carino il tuo Fred” poi si spostò per indossare la vistosa pelliccia, la salutò e le augurò la buona notte. In meno di un secondo le guance della giovane erano diventate rosso vivo e la donna uscì sorridente.
Tutti tranne Paul e la sua famiglia erano andati a casa: la signora Black, vedova di recente, doveva sbrigare certe pratiche con il signor Malfoy o almeno così aveva detto.
Ingrid si era addormentata su una delle morbide poltrone del salotto, mentre Scorpius aveva salutato tutti e si era diretto verso la sua camera da letto.
“Esci a prendere una boccata d’aria?” propose Paul, leggermente rosso in viso a causa dei bicchieri di vino bevuti quella sera.
Lei annuì. Era notte fonda, le stelle punteggiavano ed illuminavano il cielo e la neve copriva l’intero giardino, rendendo l’aria ancora più fredda.
Si sdraiarono sulla panchina sulla veranda, gli occhi puntati verso l’alto.
“Tuo padre ci ha fatto un interrogatorio pari a quello del FBI” Paul rideva mentre sorseggiava un bicchiere d’acqua.
“Cosa vi ha chiesto?”
“Come ti avevamo conosciuta, cosa avevamo intenzione di fare, chi fossero i nostri genitori. Ci ha detto che se ci beccava in situazioni compromettenti ci avrebbe pensato lui” ed imitò il segno di decapitazione che Draco aveva mostrato loro in cucina.
Daphne arrossì, pensando a quali potessero essere i pensieri di suo padre in quel momento. Come le aveva detto Katie Weasley, i padri diventano appiccicosi fino all’ossessione se si parla delle loro figlie. Rimasero in silenzio per qualche minuto, incantati a guardare le stelle e riscaldati dal calore del corpo dell’altro.
“Sai, tu mi piaci e anche tanto” esclamò dopo un minuto di silenzio il ragazzo “Ma ho capito che tra di noi non potrà mai esserci niente e non fa niente, sto cercando di metterci una pietra sopra!” Gli occhi blu dell’amica puntati addosso lo fecero arrossire. “Si, ho capito che io non ti piaccio. Non nel senso che intendo io per lo meno! Però non voglio perderti come amica. Sei una ragazza speciale, di quelle che si incontrano raramente. Rivendico il ruolo di fratello maggiore!” si mise a ridacchiare e Daphne non riusciva a capire se fosse sincero o no.
“Ho già un fratello maggiore” sottolineò.
“Giusto…allora potrei essere il tuo secondo fratello maggiore! Credi a me, i fratelli non bastano mai nella vita!” Paul era sempre stato l’amico protettivo che sapeva farla ridere e ragionare in ogni momento e, nonostante avesse notato già al primo di scuola che aveva una leggera cotta per lei, aveva preferito fare finta di niente e sperare che passasse. Era certa che, con il passare del tempo, lui si sarebbe innamorato di una vera ragazza, anziché dell'amica bambina.
“Comunque capisco tuo fratello, quando vuole tenerti lontana da noi. Io farei lo stesso con Ingrid…perché è compito di noi fratelli maggiori proteggere voi sorelline minori!” Daphne lo guardò cercando di trovare un senso in quel discorso, ma era troppo stanca per dare un senso nascosto alle parole dell’amico. Lo guardò stendersi sul divanetto, le braccia incrociate dietro alla testa, il papillon slacciato e la camicia leggermente aperta.
Era davvero bello, eppure non riusciva a provare le farfalle nello stomaco come era successo con Fred. Si distese accanto a lui, la stanchezza che la pervadeva e le serrava gli occhi. Si addormentarono così, stretti l’una all’altro sulla veranda, con l’aria fredda che soffiava sui loro visi ed il silenzio che li avvolgeva.

***

“Grazie mille, Malfoy, per tutto” disse la signora Black, camminando rumorosamente sul pavimento di ceramica del salotto.
Cercava con gli occhi i suoi figli mentre si sistemava i capelli e si lisciava la gonna corta. Uscì in veranda per svegliare Paul, lo fece alzare tirandolo da un polso, stanca eppure attiva. Lui aprì gli occhi assonnato, non capendo subito dove si trovasse.
“Prendi tua sorella, è ora di andare” ordinò la madre in un tono stranamente affettuoso.
Il suo tono gentile lo incuriosiva, ma obbedì senza fare domande e prese tra le braccia il corpo di Ingrid che protestò. La ragazza non aveva ancora lasciato il mondo dei sogni e tentò di girarsi dall’altra parte della poltrona. Era così magra e piccola che sembrava chiedere in tono muto di essere protetta, nonostante il suo carattere, quando era sveglia, puntava all’attacco come forma di difesa.
Con la sorella tra le braccia Paul aspettò che la madre lo cingesse e si Smaterializzasse.
Draco li salutò fino al momento della loro scomparsa poi, soddisfatto di sé, si lisciò i capelli ed alzò la cerniera dei pantaloni, prima di prendere in braccio la figlia addormentata e richiudere la porta a vetro della veranda dietro di sé.

****

Carissima nonna, ti ringrazio per il tuo aiuto e mi sono stati molto utili i tuoi consigli ed i tuoi racconti.
Ti devo però informare che non credo di essere innamorata di uno dei miei compagni di avventure. Inoltre ti ricordo che ho solamente 12 anni ed ho tutta una vita per innamorarmi. Voglio godermi questo stato di ragazza ingenua e sognante, affrontando le avventure che la vita mi pone davanti agli occhi con i miei migliori amici!
Ti aspetto presto a casa, ti voglio bene,
la tua Duffy




 

***
Scusate se sarà noiosa e troppo lunga, non uccidetemi! Il mio cervello si è rimesso in moto dimenticandosi (o scartando l’idea) di studiare matematica. =)

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Capitolo 9
*** Happy birthday, Al ***


Era venerdì mattina e la pioggia batteva contro le vetrate della tetra aula di storia, creando una melodia dolce e lenta, una ninna-nanna tranquilla. Il professor Brown spiegava la battaglia contro le streghe di Salem, il suo tono monotono faceva sbadigliare la maggior parte dei giovani studenti.
Daphne aveva appoggiato la testa sulle braccia conserte appoggiate sul banco all’inizio dell’ora e, nel giro di una manciata di minuti, si era addormentata. I capelli sciolti le nascondevano completamente il viso dai compagni che sghignazzavano osservandola, mentre il libro di storia la proteggeva dallo sguardo severo del professore. Dormiva e sognava di volare in alto e veloce, il Boccino d’oro sfrecciava davanti a lei ma, quando allungava una mano, scompariva come fosse stato un ologramma e compariva qualche metro più in basso. E così l’inseguimento continuava attraverso il grande campo di Quidditch e Daphne seguitava a prendere e perdere la pallina dorata.
Una spinta le fece perdere l’equilibrio e si ritrovò sobbalzata in un altro mondo, nella realtà.
Accanto a lei, Nicole Pattinson la scuoteva vigorosamente per il gomito, cercando di riportarla a forza in quella stanza fredda e tetra in cui stavano facendo lezione.
Daphne sentì nuovamente la pioggia picchiettare monotona sui vetri, la voce robotica del professore che diceva “Bene, ragazzi, per la prossima settimana voglio un rotolo di pergamena sulla battaglia di Salem” e pensò Finalmente è finita la tortura!
Davanti al suo banco un uccellino di carta muoveva le sue piccole ali, in attesa che la ragazza lo afferrasse. Lei tese la mano ed il piccolo animaletto atterrò delicatamente sul palmo aperto. L’incantesimo scomparve ed il foglio di pergamena tornò piatto e opaco come al solito.
Gita ad Hogsmade per il fine settimana, sei dei nostri?
Non era difficile capire chi fosse il mittente, la scrittura obliqua e gli errori di grammatica le dicevano che era stato Paul a spedirle quel bigliettino. Uscì dall’aula insieme alla compagna Corvonero che continuava a parlarle dell’interessante battaglia delle streghe, della loro astuzia e dell’ignoranza dei Babbani. Prima ancora che arrivassero in Sala Grande, le aveva riassunto l’intera lezione e Daphne aveva preso mentalmente appunti per scrivere il rotolo che aveva assegnato il professore come compito.
“Si, molto affascinante, veramente. Scusa, ma devo andare al mio tavolo!” disse Daphne con un sorriso, sperando che l’amica non si offendesse per quel brusco saluto. Si avviò a grandi passi verso i suoi amici e trovò Albus e James intenti a parlare animatamente tra loro, litigandosi un pacchetto bianco e rigido.
Da qualche tempo, James Potter aveva rivalutato quel gruppetto di “mocciosi” e, forse perché si annoiava da solo, forse perché li vedeva ridere in ogni parte del castello, aveva deciso di unirsi a loro. Era diventato un membro attivo e la maggior parte degli scherzi derivavano ormai da lui. Aveva un particolare interesse a far piangere una ragazzina Serpeverde del primo anno, Regina Perkins.
“Lascialo, è mio!” sentì urlare Albus, il volto rosso a causa dello sforzo di riprendersi quel pacchettino di carta.
“Mi serve!” sbraitava il fratello tirando sempre più forte.
Daphne li guardava divertita, chiedendosi cosa contenesse quella busta perlacea che, lentamente, si stava strappando.
Li raggiunse senza farsi sentire ed allungò la mano quando fu proprio alle loro spalle “Tra i due litiganti il terzo gode” strappò loro il tanto conteso bottino.
I due la guardarono sorpresi mentre si accomodava vicino a Paul, gli occhi che studiavano prima uno e poi l’altro Potter.
“Che avete da litigare?” chiese quando i fratelli si calmarono. Aprì con circospezione la busta, osservando la polverina fine che restava riposta sul fondo “Cos’è?”
“Pozione soporifera in granuli! Me l’ha regalata zio George a Natale. Molto utile sia per dormire che per stendere una persona” rispose a voce bassa Albus, indicando due grossi volumi posti sul tavolo proprio davanti a lui. Tutti e quattro i ragazzi lo guardarono incuriositi.
“Qui ci sono tutti i segreti più segreti di Hogwarts” disse eccitato, gli occhi di tutti che slittavano da lui ai due grossi libri.
“E chi li legge? Io, no di sicuro!” e Paul tornò a concentrarsi sul suo tema di Trasfigurazioni.
“Daphne ha un po’ di tempo libero, sono sicuro che ci darà una mano” Fred guardò l’amica con un sorriso malizioso e si divertì quando la vide sgranare gli occhi.
Quel tempo “libero” come lo chiamava lui, derivava dal fatto che era riuscita a finire il programma di tutte le materie durante le vacanze invernali e, ora, poteva passare i pomeriggi a pensare ad altro. E lui lo sapeva perché, oltre ad avere studiato insieme una pozione che le dava qualche difficoltà, si era vantata di essere la migliore della classe.
“Oh, si, e sono sicura che anche tu hai del tempo libero in cui non sai cosa fare!” ribatté la giovane, ricordandosi di aver dovuto eseguire lei stessa un lungo tema di Incantesimi al posto del ragazzo, troppo occupato ad organizzare un duello in corridoio.
Fred sbuffò, prima di sorridere “Ti darò una mano”
“A proposito! Ci puoi cortesemente riconsegnare il pacchetto?” si intromise James che non aveva perso d’occhio per un secondo la busta bianca che dondolava tra le mani dell’amica.
“Oh…emm…no, la tengo ancora un po’, potrebbe tornarmi utile!” e mise il pacchetto in borsa.
Gli altri la guardavano stupiti, ma non ebbero tempo di aprire bocca perchè i professori entrarono in sala e chiesero il silenzio.
Era già tardo pomeriggio quando riuscirono a finire i compiti e poterono uscire, liberi per il week-end.
Uscirono in cortile e trovarono una panchina silenziosa e lontana da occhi indiscreti.
“Guarda qui, questo libro dice che c’è un passaggio segreto…anzi no, sono otto in realtà!” e lesse a voce alta “I passaggi per entrare ad Hogwarts furono creati appositamente per i professori che tornavano dai loro cari ad Hogsmade e per mantenere le relazioni con i potenti maghi stabilitasi fuori dalle mura. Il loro secondo compito era quello di tenere al sicuro i ragazzi, stabilendo un passaggio diretto con l’esterno atto per farli scappare in situazioni di emergenza.” Lesse Fred, il grosso libro aperto sulle gambe incrociate.
“Bene, sai anche dove si trovano questi passaggi?” domandò Albus, affacciandosi dalla spalla del cugino per cercare quell’importante informazione.
“No, trovarli sarà compito nostro!” e con un sorriso sardonico chiuse libro rumorosamente, facendo scattare il lucchetto.
“Beh, allora non serve a niente!” sospirarono i Malandrini in simbiosi.
“Però papà me ne ha svelato uno!”. Gli occhi degli amici tornarono a puntarsi su Fred, curiosi ed agognanti di maggiori informazioni. Li guardò per qualche secondo accrescendo la suspence del gruppo, poi si alzò e li condusse al terzo piano, fino alla statua di una strega ingobbita. La indicò con la bacchetta e bisbigliò “Dissendium”. La parte posteriore della donna si aprì, lasciando intravvedere una scala.
“Questo, signori miei, porta dritto dritto a Mielandia!”

***
Carissima nonnina,
h
o bisogno di un aiuto da parte tua!
So che a scuola eri considerata una ragazza praticamente perfetta ed eri ammirata da tutti i tuoi compagni e dai professori. Mi chiedevo se in una delle tue ispezioni al castello tu non abbia trovato qualcosa di strano.
Insomma, te lo dico chiaro e tondo e senza giri di parole: conosci qualche passaggio segreto di Hogwarts?

ti voglio tanto bene,
la tua Duffy


***

Domenica mattina la situazione era fuori controllo: Albus smaltiva la sbornia sul letto, Fred aveva un forte mal di testa e Daphne era stata costretta a far loro da balia. Erano gli ultimi rimasti nella Sala Comune dei Grifondoro. Tutti gli altri si erano catapultati alla partita di Quidditch Tassorosso contro Serpeverde.Stai bene, Daf?” chiese Fred steso sul divano accanto a lei. Le massaggiava i piedi, generando qualche breve risolino quando passava le dita sulla pianta del piede.
“Io si, perchè non dovrei?” ribatté lei, girando la pagina del libro che stava leggendo.
“Non so, mi sembri persa in un altro mondo!” rise l’amico prima di stringere i denti a causa di una dolorosa fitta alla testa.
“Non so perché ma riesco a vedere soltanto il bicchiere mezzo vuoto: se la preside viene a sapere della festa di ieri sera ci espelle tutti! Riesco già ad immaginarmelo: Signorina Malfoy, lei è espulsa. Ci vediamo l’anno prossimo e dovrà ripetere l’anno” tacque un momento e fece una smorfia “L’occasione buona per essere diseredata e buttata in mezzo alla strada!”
Fred la guardava divertito, senza però riuscire a stoppare le sue paranoie... d'altronde aveva ragione!
“Se ti buttasse in mezzo alla strada potresti venire a casa mia! Mamma ti adora e papà…anche!” disse, sogghignando.
Lei lo guardò con un sopracciglio alzato e, senza una parola, chiuse di scatto il grosso tomo che teneva tra le mani. "Vado in bagno, tu sali a controllare se quell'altro è ancora vivo!"
Fred si alzò e barcollò fino al dormitorio. Albus era disteso di traverso sul letto ed aveva la testa fuori dal materasso che penzolava a pochi centimetri dal pavimento. Le coperte oramai gli coprivano solamente il bacino.
Gli alzò la testa e provò a svegliarlo, senza alcun esito. Gli sentì il battito ed il respiro per paura che fosse morto e sospirò di sollievo quando lo sentì russare.
Lo guardò un attimo e ripensò alla sera precedente.

- Tanti auguri, Al! Era la frase più utilizzata nel corso della serata. Un James Potter già brillo portava una bottiglia di scotch incendiario e lo versava in piccoli bicchieri.
Un brindisi dopo l’altro: per Albus, per la scuola, per il gruppo, per l’inizio della mappa, per le ragazze che James era riuscito a conquistare, per la bella serata…si susseguirono talmente velocemente che nel giro di un paio di ore avevano tracannato l’intera bottiglia di scotch. Quando arrivarono al pub “Testa di Porco” anche Lily, Lysander, Hugo e Rose la situazione era già fuori controllo. I ragazzi ballavano ridendo direttamente sui tavoli ed il barista li esaltava a fare uno strip-tis conscio che ai clienti piacevano quel genere di cose. E più clienti al pub significavano più soldi per lui!
Con l’arrivo dei cugini ci fu il pretesto per un nuovo brindisi, quindi il proprietario del locale aprì per loro una bottiglia di vino elfico invecchiato di 10 anni.
“Conoscevo i vostri padri! Brave persone, valorosi eroi!” disse mentre versava da bere, gli occhiali sporchi, gli occhi rossi e lucidi, la voce incrinata dall’alcol che gli veniva offerto.
Daphne, seduta su un alto sgabello con un bicchiere di succo di zucca di fronte, si incupì un istante a quelle parole, ma si lasciò trascinare dalla festa e, qualche secondo dopo, si unì alla risata collettiva.
Suo padre non era un eroe, era più simile ad un traditore del mondo magico. -

“Fred! Fred!” si sentì urlare in Sala Comune.
“Dormitorio!” gridò lui di rimando.
Appena entrata in stanza, Daphne si buttò sul corpo di Albus di peso e quello aprì gli occhi di scatto. Si sentì un gemito e poi le palpebre iniziarono a sbattere velocemente. Il ragazzo cercò di mettere a fuoco la stanza, ma la testa gli doleva e gli occhi gli bruciavano, sentiva la bocca impastata e non riusciva a parlare.
“In ogni caso…tanti auguri, Al” bofonchiò Daphne rotolandosi fino al cuscino e stringendolo al petto.
“Oh si, dovremmo farlo ad ogni compleanno!” esclamò divertito Fred, il mal di testa che lentamente lo lasciava “Chi è il prossimo?”
“Chi ci ha riportati a casa?” Albus cercò di sedersi composto con la schiena appoggiata ad un sostegno del letto a baldacchino.
"Ti abbiamo portato a casa noi... o meglio, io e Rose. Tuo cugino Hugo si è occupato di Fred" sorrise e si ritrovò di nuovo persa nei suoi pensieri.

Rumori di risate, chiacchiericci ed urla raggiunsero il terzo piano. La partita era finita e la Sala Comune si stava ripopolando.
James e Paul arrivarono di corsa, le sciarpe strette al collo e due sorrisi raggianti sul volto.
“Serpeverde ha perso, quindi Grifondoro si contende la coppa di Quidditch con Tassorosso. Sarà facile da battere!” urlarono all’unisono.
“Vi sentiamo anche se parlate normalmente, non c’è bisogno di gridare!” gemette Fred, la testa che aveva ripreso a pulsare.
“Non ci sarebbe divertimento! Non mi dite che state ancora subendo i sintomi della sbronza! Che femminucce!” e James scoppiò a ridere di gusto di fronte alle facce sconvolte dei suoi amici.
“Perché, voi no?” chiese Albus, guardando il fratello in faccia.
Notò che sembrava normale: aveva il suo solito sorriso strafottente, i suoi occhi brillavano ed i capelli erano spettinati come al solito. Eppure ricordava che suo fratello non sopportasse bene l’alcol: l’aveva visto spesso curvo sulla tazza del water vomitare anche l’anima.
“Direttamente da zio George!” disse James lanciando un piccolo barattolo bianco. “Fatelo sciogliere in un bicchiere d’acqua e bevete tutto d’un fiato. Vedrete che vi sentirete subito meglio!”
“Comunque tua mamma è incazzata nera! Quando ti ha visto ubriaco nel bar stava per dare in escandescenza!” si mise a ridere Paul al ricordo della signora Katie che si catapultava nel bar e si sbracciava davanti al barista intimandogli di non servire più i ragazzi.
Fred si sentì come colpito da un fulmine. Sua madre l’aveva visto ubriaco? Bene, ora si che poteva dirsi un uomo spacciato!
“Ah…emm…Daf…tuo fratello vorrebbe parlarti!” disse poi rivolto alla ragazza che li guardava stralunata.
Lei annuì, incerta. Sicuramente aveva scoperto della festa della sera prima e voleva sgridarla perchè, a soli 12 anni, non poteva fare quello che voleva.
Lanciò il tutto agli amici, li salutò e se ne andò.

***

“Papà sarà contento di sapere che la sua principessa si ubriaca in giro per Hogsmade! Contando poi che avevi il divieto assoluto di uscire dal castello dopo che sei stata sbattuta fuori dalla squadra di Quidditch dopo solo un mese per aver saltato tutte le lezioni di Storia della Magia!” snocciolò Scorpius come saluto.
“Che parolone! E comunque ti avviso che non ho bevuto neanche un goccio di alcol... so anche io che alla mia età certe cose dovrebbero essere proibite" gli sorrise e gli diede un bacio sulla guancia “In ogni caso era il compleanno di uno dei miei migliori amici, bisognava pur festeggiare!”
Lui la guardò, la studiò, la rimproverò con gli occhi, ma poi la strinse a sé.
“Non faccio la spia, tranquilla, ma evita di infrangere tutte le regole che ti trovi davanti!” le restituì il bacio prima di tornare dai suoi amici a lagnarsi della sconfitta a Quidditch.
“Si, signor capitano!” rise lei portando la mano alla fronte facendo il saluto militare. Poi tornò a ripercorrere il corridoio in direzione, nuovamente, della Sala Comune di Grifondoro e dei suoi amici.

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Capitolo 10
*** Letters ***


Cara Daphne, sono fiera di te! I tuoi voti sono eccezionali e sarai la luce degli occhi di tuo padre! Non ti preoccupare delle lettere, sono nascoste molto bene sotto il mio materasso! Ho provato a bruciarle ma non vogliono saperla di prendere fuoco. Ti voglio bene e conto su di te perché passi da me almeno un quarto delle vacanze estive.
Fai la brava,
nonna Terry.

***

“Papà, papà! Posso andare a dormire da Fred?” un urlo acuto invase l’intero Manor Malfoy ma il diretto interessato non era presente per poter rispondere.
Daphne uscì da camera sua, il cordless in mano ed una voce assordante che le rimbombava nell’orecchio. Corse per i corridoi a piedi nudi, la canottiera che ondeggiava a contatto con l’aria lasciando un pezzo della pancia piatta scoperto. Il segno del costume era il simbolo dell’estate appena cominciata. Le porte sbattevano una dopo l’altra mentre la ragazza cercava il resto della sua famiglia, urlando i loro nomi. Aveva terminato il secondo anno di Hogwarts e tutto era andato alla perfezione. Aveva amici fantastici, un fratello fenomenale, dei voti più che accettabili, un padre amorevole e diverse lettere che i professori avevano cercato di inviare a Draco nascoste in un posto sicuro. Nonostante le lodi scolastiche, infatti, la piccola Malfoy si era imbattuta nel corso dell’anno in diverse punizioni, tra le quali l’espulsione della squadra di Quidditch. Il professor Brown si era accorto della sua assenza solo dopo il controllo da parte della professoressa McGranitt, qualche giorno prima delle vacanze di Natale del secondo anno. Il professor Brown dovette ammettere che per tutto il primo quadrimestre non l’aveva mai vista alle lezioni.
In quel particolare caso la direttrice aveva fatto chiamare Draco e l’aveva fatto partecipare al colloquio con il professore di Storia della Magia insieme alla figlia per nulla dispiaciuta, ma per il resto delle volte le era andata decisamente meglio.
Daphne uscì in giardino, trovandolo deserto. “Dove possono essersi cacciati?” si chiese.
“Ehi, ci sei ancora?” urlò la voce al telefono.
“Oh, si, scusa Fred. Non trovo né papà, né Scorpius!”
“Ah, capisco. Allora possiamo passare un altro giorno a prenderti, non c’è problema! L’estate è ancora lunga!”
“No, gli lascio un biglietto! Se vuole cercarmi sa dove sono. Aspetta…dov’è che abiti di preciso?”
“Scrivi Negozio Tiri Vispi Weasley di Hogsmade. Dovrebbe bastare!” rispose il giovane, sospirando.
“Ok, perfetto, scritto e incollato. Preparo le mie cose e in un’ora sono pronta” e la ragazza agganciò, riponendo quell’oggetto Babbano così strano alla parete dove l’aveva trovato. Corse in camera sua dove uno zaino già colmo di vestiti stava in bilico sul letto. Strappò dagli omini altri abiti che buttò sulla sedia e poi si catapultò sotto la doccia.

***

Scorpius e Draco vagavano per le strade di Hogsmade. L’estate appena iniziata aveva riportato alcuni dei giovani maghi nei piccoli appartamenti della cittadina e si sentivano alcuni bambini ridere e correre da un bar all’altro.
Entrarono dal grande cancello di Hogwarts e camminarono in silenzio sul sentiero ghiaioso, l’allegria che li lasciava ad ogni passo. Una lettera era bastata per eliminare ogni minimo sorriso dalle labbra di Malfoy.
La professoressa McGranitt li aspettava all’entrata, il vestito lungo e nero sembrava soffocarla in quella calda giornata, i capelli sempre perfettamente pettinati ed il cappello a punta incrinato leggermente di lato.
“Signor Malfoy, la aspettavo!” disse impaziente, guardando il grosso orologio appeso sulla parete e maledicendo l’ora di ritardo dei suoi ospiti.
“Si, cosa deve dirmi? Vado di fretta!” e Draco spinse il figlio davanti a sé.
“Beh, venga, si accomodi!” la professoressa li condusse nel suo ufficio.
Dall’espressione preoccupata di Scorpius si poteva capire che nascondeva qualcosa e Draco aveva già preparato una predica severa per voti del ragazzo o per le sue marachelle.
Ma non si sarebbe mai aspettato di dover leggere una pila di lettere di richiami inviati alla figlia e mai ricevute. La professoressa McGranitt parlava mentre lui guardava ogni singola nota, ogni punto tolto, ogni richiamo dei professori. Non poteva certo stupirsi, era sua figlia, ma quello che lo lasciò di stucco fu sentire delle innumerevoli punizioni con i figli dei suoi giovanili nemici. Potter e Weasley erano i cognomi predominanti in quei registri, accanto al nome di sua figlia. La sua dolce Daphne.
“Non puoi dire che non ti aspettavi un comportamento simile dal tuo sangue! A quanto ne so facevi le stesse identiche cose!” bisbigliò Scorpius mentre si dirigevano a casa, il padre che stringeva i pugni e il suo volto rosso come un pomodoro.
“Non fiatare, sei in punizione! IO non ho mai mancato di rispetto ai miei professori, non sono mai uscito di nascosto da Hogwarts per vedermi con una ragazza e” disse puntandogli il dito contro il petto “soprattutto non ho mai rischiato di essere espulso da scuola!”
Scorpius tacque, le guance arrossate e gli occhi rivolti verso l’asfalto.
Quell’anno aveva cercato di proteggere sua sorella e nascondere i suoi misfatti, cercando comunque di far colpo sui suoi amici di sempre, con il risultato di aver combinato un guaio troppo grosso per lui. Si ricordava perfettamente della gigantesca predica dalla preside che aveva minacciato di espellerlo se solo ci avesse riprovato. Ora, mentre lui entrava e si chiudeva in camera sua, immaginava una decina di elfi che ricostruivano una parte del dormitorio maschile dei Grifondoro.

***

“Secondo te troveremo tutti i passaggi?” chiese Daphne al soffitto di Fred. Era stesa sul letto dell’amico, la bozza della nuova mappa in mano.
“Si, possiamo farcela!” disse lui, lasciando cadere un cartone pieno di giocattoli sul letto. La ragazza lo guardò con gli occhi sgranati.
“Giochi ancora con i pupazzi?” gli domandò ridendo.
“No. Devo pulirli e metterli in ordine così che mamma li possa dare ai bambini più bisognosi”
“Un nobile gesto! È molto gentile la tua mamma!”
“Si. Dice sempre che le cose che non usiamo più, anche se sono ricordi, vanno date a chi non ha niente. Per chiudere un cerchio” spiegò il giovane, svuotando lo scatolone. Vestiti, pupazzi, giocattoli magici e babbani caddero sulle coperte e, per ultima, una cornicetta d’argento. Daphne la prese e la studiò: rappresentava due George Weasley.
“Quello è zio Fred. Io ho il suo nome!” gli occhi del giovane divennero subito umidi e scansò lo sguardo per non essere visto
“Cosa gli è successo?”. Daphne ricordava di averlo già visto l’autunno precedente, quando erano stati in visita al cimitero.
“E’ morto durante la battaglia di Hogwarts. Quella contro Voldemort. Papà dice che gli somiglio molto”
“Non dev’essere molto bello per tuo padre” sospirò la ragazza e, vedendo gli occhi dell’amico, continuò “insomma…ti ha chiamato come suo fratello e qui sembrano molto amici. Lo rivede in te, nei tuoi occhi, nei tuoi capelli e nel tuo atteggiamento. Deve sentirsi triste!”
“Anche tu porti il nome di tua zia. Raccontami un po’ di lei, non ti abbiamo mai chiesto niente della tua famiglia! Sappiamo solo che sei la figlia del temutissimo Draco Malfoy, grande chirurgo estetico e uomo di enorme ricchezza”. Fred Jr Weasley si buttò di peso sul letto di fronte alla sua migliore amica e si preparò ad ascoltare la sua storia.
“Sinceramente, non ho mai conosciuto zia Daphne. Papà dice che era una donna frivola, in cerca di un matrimonio vantaggioso ma anche libera e selvaggia. Le piaceva viaggiare, scriveva alla famiglia solo per chiedere soldi e viziava Scorpius portandogli gingilli babbani trovati durante i suoi viaggi. E’ morta durante uno di queste esplorazioni” Le piaceva pensare zia Daphne come una donna avventurosa, coraggiosa, che non aveva bisogno di aiuti esterni per poter essere felice. Se l’immaginava contenta e libera da regole, serena perché aveva trovato il suo scopo e bella, molto bella. Una volta aveva visto una foto di lei e sua madre. La zia era bionda, con boccoli lunghi fino alle spalle, gli occhi verdi che sembravano vivi e curiosi. Il sorriso mostrava i denti bianchissimi ed aveva una piccola cicatrice lineare sopra il seno sinistro. Sua madre, al contrario, aveva lunghissimi capelli neri e gli occhi blu come il mare sembravano spenti ma, guardandoli meglio, si poteva trovare uno strano equilibrio tra dolcezza e astuzia. La pelle era pallida, la bocca carnosa del colore del sangue, il seno prosperoso.
Un suono li fece girare entrambi verso il computer, sul cui schermo lampeggiava l’immagine di Albus.
“Ehi ragazzi” disse salutando il mezzano dei Potter. Alle sue spalle James e Lily ridevano.
“Ciao!” salutarono anche Daphne e Fred.
“Andiamo al lago per una giornata all’insegna del relax, volete unirvi a noi? Black è dei nostri, non ha saputo resistere, e ci sono anche i fratelli Scamander con la loro famiglia!” urlò James.
I due giovani si guardarono un attimo, prima di annuire. Stabilito posto e ora, andarono ad avvisare i signori Weasley. Mamma Kate stava pulendo la cucina, mentre George era steso sul divano a guardare la TV.
“Sveglia, sveglia! Il tempo è bello, il sole è caldo, non possiamo rinchiuderci in casa tutto il giorno!” urlò Fred, catapultandosi sul padre.
“Che cosa avete in mente?” chiese la signora Weasley con i riccioli ribelli che le si appiccicavano al viso per il calore.
“Ci ha chiamato Albus e ci invita ad andare al lago con loro!”.
“Dove di preciso?”
“In un agriturismo babbano a Springfield Park”
“Ma si dai, qui ci si annoia a morte!” concluse George e, alzandosi e togliendosi il figlio di dosso, si stiracchiò.
“Bene allora. Iniziamo a preparare l’occorrente. Ragazzi, andate a cambiarvi e mettete in uno zaino salviette, creme e cose del genere. Daf, tu puoi aiutarmi a preparare il cestino da pic-nic?”. Quando vide la ragazzina annuire felice, si catapultò al frigorifero.
Poco prima che la famiglia potesse Smaterializzarsi qualcuno bussò alla porta di casa Weasley.
George si liberò dalla stretta della figlia e andò ad aprire.
I due uomini si trovarono in piedi l’uno di fronte all’altro, l’antica rivalità non li divideva più, ma le superstizioni li rendevano rigidi.
Draco Malfoy osservò il padrone di casa, lo studiò per un momento, vide l’orecchio mancante e iniziò una conversazione a suo parere pacifica.
“Weasley” sputò in tono schifato.
“Malfoy” disse l’altro nella stessa tonalità “Stavamo partendo, hai bisogno di qualcosa?”
“Mia figlia è qui?”
“Si” gli occhi azzurri del signor Weasley saettarono verso l’ospite bionda che parlava animatamente con Fred e, quando riuscì a rapire la sua attenzione, la fece avvicinare. La tenne dietro di sé, com’era abituato a fare quando degli amichetti di Annie venivano a trovarla. Si sentiva responsabile per lei e non voleva lasciarla nelle grinfie di quella Serpe.
“Pa…papà, che cosa ci fai qui?” balbettò Daphne.
“Ci mancavano le tue urla per casa” disse a denti stretti, invitandola ad uscire di casa per parlare. Scorpius aspettava seduto sull’erba del giardino e, appena vide la sorella, i suoi occhi grigi si puntarono su un fiore azzurro.
“Sono andato a parlare con la preside. Mi ha mostrato 20, e ripeto 20, lettere che lei ha scritto e che non mi sono mai arrivate. In queste missive mi scriveva che eri ad un passo dall’espulsione. Tu, una Malfoy, rischiavi di venire espulsa per…per che cosa? Uno scherzo di troppo? Per uscire dal castello senza permesso? Per andare ad ubriacarti con i tuoi amichetti? Ti sembra una cosa normale?” urlò. La vena che pulsava sulla tempia ormai rossa.
Daphne guardò il fratello osservare la scena, gli chiese aiuto con gli occhi, ma lui non intervenne.
“Oh, non cercare aiuto, non ti servirà! Siete in punizione entrambi, relegati in casa per tutta l’estate! Scordati pure di poter andare da nonna Theresa, scordati di vedere i tuoi amici. Dovrai imparare ad obbedirmi, a rispettarmi come adulto…e soprattutto dovrai imparare a dire la verità!” continuò urlando.
Dire la verità. Suo padre era riuscito a scoprire tutte le sue piccole bugie o, più probabilmente, qualcuno gliele aveva dette. Gli occhi blu si erano rabbuiati, passavano senza sosta dal padre al fratello, sicuri che se avessero potuto avrebbero incenerito entrambi.
“Ora saluti e vieni via con me” disse più calmo.
Daphne lo guardò, incerta. La stava portando via, non le avrebbe permesso quella gita di relax. Obbedì, entrando in casa, salutando Annie e la signora Weasley con un abbraccio, stringendo Fred, che continuava a prometterle di andare a salvarla, e stringendo la mano al signor Weasley, con il suo zaino già su una spalla.
“Ti aspettiamo! Sono certo che gli passerà presto” le bisbigliò prima di lasciarla andare.
La lunga passeggiata fu accompagnata dal silenzio assoluto.
Draco faceva da punta e, alle sue spalle, i figli si punzecchiavano.
“Hai fatto la spia” continuava a bisbigliare la ragazza
“Mi ha costretto” si difendeva il fratello "ti ricordo che un fantastico Legilimens"
Continuarono a lanciarsi insulti fino al cancello della villa e poi si divisero, ognuno si rinchiuse nella propria stanza.

***

Cara nonna, credo che le vacanze da te per quest’anno dovranno saltare. Sono rinchiusa in casa fino a settembre, con un fratello spione ed un padre perfido. L’unica mia compagnia saranno il computer e Ragno. Ti chiederei di inventarti qualcosa per aiutarmi, ma non ho mai visto papà così arrabbiato.
Ti voglio bene, magari vieni a trovarci tu.
Duffy.
PS. Papà ha letto le lettere, non serve più che le nascondi.



 

***
Ok, scusate per l'innumerevole tempo da cui non scrivo più, ma in questo periodo sono immersa fino ai capelli nello studio per la maturità...non mi sembra nemmeno vero...io una maturanda...bo! Comunque, anche se non è molto carina, spero la leggiate in molti e che, magari, commentiate! Da ora fino alla fine degli esami credo che non avrò più tempo per scrivere! Un bacio a tutti =)

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Capitolo 11
*** Dear diary ***


Caro diario, è possibile rimpiangere il passato nonostante si abbia trovato la felicità? Si, insomma, riguardo le vecchie foto e mi scende una lacrima…vorrei tanto rivivere quelle esperienze giovanili! La storia con Fred (ah, il mio primo amore!), le risate con i Malandrini appena nati, i vecchi scherzi, le sfuriate dei professori che volevano espellerci. Ora sono al quinto anno (almeno tra qualche giorno) di Hogwarts e mi manca tutto questo. Non faccio altro che studiare, studiare e ancora studiare. E poi, mi manca il vecchio amore di papà. Da qualche anno non facciamo altro che litigare, anche per ogni minima sciocchezza, ma forse è normale per una famiglia che pesa tutta sulle spalle di un uomo (e che uomo: qualche mese fa ha minacciato di uccidere i miei amici). Però mi piacerebbe tornare a quel primo Natale in cui mi prese la mano e mi presentò davanti agli uomini ed alle donne più importanti della società… mi ero sentita una principessa! La più bella e più ammirata del regno.
Perché è cambiato tutto? Perché le persone, le bambine devono crescere, mentre la mentalità dei loro padri resta sempre la stessa? Perché non riesce a capirmi? Vorrei tanto che ci fosse ancora nonna Terry a darmi man forte. E invece no, il tempo crudele che ha voluto farmi crescere mi ha portato via anche lei, la mia nonnina! Ha seguito suo marito, ed ora saranno felici in cielo, insieme alla mamma ed alla zia Daphne. Nonna Narcissa e nonno Lucius non sono sicura che siano in Paradiso, ma ogni tanto prego anche per loro (sembro cattiva, è vero, ma insomma, volevano buttarmi in mezzo alla strada quando avevo un anno!)
Caro diario, non pensare che io sia infelice nonostante tutto ciò che abbia perso. Sono solo…nostalgica, credo sia la parola giusta. Guardo fuori e vedo il cielo azzurro, quello stesso cielo in cui mi perdevo con la fantasia, dando forme alle nuvole bianche, guardando le scie degli aerei ed immaginando di volare lontana, in un posto magnifico. Poi vedo papà che passeggia in giardino, sembra ancora un ventenne: fisico scolpito, i capelli ancora tutti incollati al cranio, la voce acuta e il carattere fermo.
Sta prendendo uno dei vari giocattoli vecchi e logori che sono restati segregati per anni nella casetta sull’albero.
Così simile eppure così diverso.
Non è più quel quarantenne che amava le feste, che rideva di gusto alle battute e aveva imparato a giocare ed assecondare i suoi figli. No! Ora è un uomo che pensa soltanto alle donne (e che donne, tra quelle che ha portato a casa per una notte e via non ce n’era una decente). Non si è dimenticato di noi…no, quello sarebbe una benedizione! Ogni volta che ci vede in giro per caso ci sputa praticamente in faccia tutto quello che lui ha dovuto patire per crescerci, le sue rinunce, la mancanza di sonno, i soldi spesi… sembra che il suo amore per noi, presente fino a qualche anno fa, sia svanito o stia stato recluso nel profondo del suo cuore. Ripenso alle liti con me e Scorpius e mi si stringe il cuore: degne bestemmie di un Serpeverde miscredente! Almeno ho ancora Scorpius…
 
“Che fai, stai ancora attaccata a quel quadernetto babbano?” chiese proprio il giovane Malfoy entrando nella stanza della sorella e prendendole il diario dalle mani.
“Piantala, sono fatti miei!” urlò la sorella, estraendo la bacchetta. Ma sapeva di non poterla usare, ci aveva pensato il Ministero della Magia a farglielo capire, l’anno precedente.
Le avevano sequestrato la bacchetta per uno stupido incantesimo che aveva fatto contro suo padre che l’aveva minacciata.
Ricordava perfettamente il ghigno divertito di Draco quando la figlia fu costretta a sedere davanti al tribunale… non riusciva ad uscire dalla testa di Daphne che ogni tanto lo sentiva rimbombare nei timpani.
“Per me è l’ultimo anno! Ma non ti lascerò da sola con Draco. Ti porterò via con me, andremo ad abitare lontano: tu, io e Rose!” disse Scorpius, finendo di leggere quella pagina scritta con una grafia sottile, ordinata e formale. Lei sorrise, sapeva che l’avrebbe fatto.
“Come va con Rosie?” chiese facendolo sedere sul letto. Rose, beh si, tra tutte le ragazze snob e viziate che il fratello aveva portato a casa era la più bella e la più simpatica. Non poteva prendersi tutto il merito per la loro storia, ma spesso sogghignava quando si vedevano. Un anno, ormai era tutto l’anno che si frequentavano.
“Bene…e tu con Potter?” rigirò la domanda.
“Potter? Non c’è niente tra di noi!”. Ma le sue guance erano diventate rosse e il cuore aveva iniziato a batterle a mille nel petto, segno indelebile che mentiva. James Potter, come dimenticare la sua dichiarazione a metà estate? E lei che lo aveva respinto, che stupida! Ma aveva già avuto una dimostrazione dell’amore passionale di un suo amico, di un Malandrino, il suo Fred, e poteva dirsi soddisfatta per un po’ di tempo. Poi si erano mollati da poco (pacificamente su accordo di entrambi alla fine dell’anno scolastico) e non voleva impegnarsi di nuovo, così presto. Quindici anni le avevano dato una bellezza spettacolare, le avevano dato forme da donna, le avevano modellato carattere e modi, ma non le avevano tolto la caparbietà e la paura del mondo esterno.
“Beh, sorellina, questi sono i chiari sintomi dell’amore! E si, ti ritrovi a pensare a lui, vorresti averlo sempre con te, sentire il suo profumo, baciarlo…”
“Stai pensando a Rose, non è vero?” lo interruppe lei, tornata lucida improvvisamente.
Scorpius la baciò sulla guancia, prima di lasciarla nuovamente sola, in quella stanza rosa confetto che detestava più di ogni altra cosa. Le ricordava troppo la bambina che non c’era più!
Afferrò l’album dei ricordi e lo mise sulle ginocchia, sfogliò le pagine di pergamena, toccò le immagini lucide che si muovevano lentamente, riportando alla mente quei momenti felici. Il ballo di fine anno, quando era ancora al secondo, la vittoria a Quidditch, la coppa delle Case vinta per gli ultimi punti guadagnati dai Malandrini, le feste.
Sembravano ricordi così vicini, invece erano già passati quattro anni! Quattro lunghi anni e, chi l’avrebbe mai detto, nessuno di loro era ancora stato espulso da scuola. James era anche riuscito a finire il settimo con voti abbastanza buoni da permettergli di trovare lavoro (nel negozio di scherzi di zio George).
Daphne accarezzò l’immagine della famiglia Weasley al completo, riunita per il matrimonio di Teddy Lupin e Victoire Weasley. Lei era stata invitata in quanto fidanzata di Fred. Era stata una giornata magnifica, piena di colori, risate e musica, tanta musica. Girò la pagina, scoprendo la fotografia del primo bacio (primo della coppia vera e propria) con Fred: sotto l’albero di albicocche che gettava le sue radici nel Lago Nero.
Un’altra immagine rappresentava un Natale passato con la sua famiglia al completo (l’ultimo Natale). Nonna Theresa rideva felice abbracciata alla nipote, i capelli ormai grigio topo che le incorniciavano il volto, le grosse rughe che le solcavano il viso. Accanto a lei nonno Rupert, le sue ultime ore di vita felice, prima di entrare nella lunga malattia che l’ha portato alla morte. Draco, fiero e dritto al centro, le mani sulle spalle di Scorpius ormai alto quanto lui. E poi i nonni Malfoy, Narcissa e Lucius stretti l’uno nelle braccia dell’altra, i visi duri e i sorrisi tirati. Anche per loro è stato l’ultimo Natale.
Il cellulare si illuminò e il nome James comparì davanti alla fotografia di lei e nonna Terry.
Siamo tutti alla Tana, tu cosa fai?
Sono libera
Ti vengo a prendere?
Aspetta…

“Scorpius” chiamò, catapultandosi nella camera del fratello intento a finire i compiti dell’estate.
“Che vuoi? Sto studiando!”
“Andiamo alla Tana? Ti prego, ti prego, ti prego”
Lui lasciò andare penne e libri con uno sbuffo, ma felice di quella richiesta di svago. Era contento di mollare quella villa senza vita.
Prese la sorella per mano e si Smaterializzò.
Il cortile della Tana era pieno di palloncini e una coppietta stava accoccolata sull’erba, sotto un enorme pino. Vicino a loro dondolava in modo ritmato una culla rosa e bianca dentro cui dormiva una neonata…sembrava una bambolina di ceramica.
“Era ora!” urlò James, correndo verso i nuovi arrivati “Rose è di sopra” bisbigliò poi all’orecchio di Scorpius che, imbarazzato, salì le scale lentamente per raggiungere la sua adorata.
“Tu no! Per te ho in mente un’altra cosa!” si rivolse poi a Daphne, fermando il suo passo sicuro verso la casa. Si Smaterializzò con lei stretta al petto, fino a comparire su una spiaggia bianca, il mare che, spinto dal vento forte, colpiva con ira le rocce e schizzava spuma nell’aria.
“Dove siamo?” chiese lei guardandosi intorno.
Sembrava un paesaggio dei disegni di Rose, irreale eppure così vero.
“Questo, mia cara Daf, è la baia dei Re. Si chiama così perché gli antichi Re portavano le loro mogli su questa spiaggia subito dopo al matrimonio. Era una tradizione”
“Come sai queste cose? Insomma…tu non sei mai stato bravo in geografia, né in storia e non sapevo ti interessassero le vecchie storie”
“Hai ragione. Ma questo posto mi affascina. Nonno Arthur, prima di morire, mi portò qui. Mi raccontò una leggenda su questa spiaggia, sulle sue grotte, più precisamente. Si tramanda da padre a figlio, in questi luoghi” si sedettero sulla spiaggia arroventata
“La leggenda narra che un giorno lontano un giovane principe stesse camminando per questa spiaggia. Lassù, su quella scogliera ormai franata, stava il suo castello. Mentre camminava, il tempo cambiò ed il cielo sereno divenne presto grigio, iniziò a piovere ed il mare da calmo divenne tempestoso. Il vento si aggiunse alla tempesta e le onde divennero alte, più degli scogli che servono per domarle e tenere sicura la baia, quelle laggiù, le vedi? Un’onda travolse il principe che, non sapendo nuotare, si lasciò presto prendere da quel moto irruento e, pensando di non farcela, aspettò la morte. Ma, proprio mentre l’ultima bolla di ossigeno usciva dai suoi polmoni, il principe venne salvato da una fanciulla bellissima ed immortale: una strega dell’acqua. La bella giovane lo portò in salvo, fino alla scogliera del suo castello e lo baciò. Il principe si svegliò subito, ma pensava di essere morto: vedendo la bella giovane credette di trovarsi in Paradiso. Guardò la strega come se fosse stata un angelo ed il suo cuore iniziò a battere forte e le sue mani presero quelle della creatura magica. Ma lei dovette scappare da lui, perché lui non era come lei. Lei era strega immortale premiata (o punita) per la sua infinita bontà. Per di più, il suo popolo si era stabilito sul fondale marino e non poteva lasciarli per stare con un babbano per quanto il suo aspetto la attraesse. Eppure, nei giorni successivi all’incidente, lei uscì continuamente dall’acqua e, ogni notte, si presentò nel giardino del castello, speranzosa che il suo principe la vedesse e l’abbracciasse. E cantava per farsi sentire. La sua voce squillante e melodiosa faceva tacere anche gli uccelli che volavano nel cielo notturno, i grilli smettevano la loro canzone e la ascoltavano. Ma il principe non venne nel giardino, né quel giorno né mai. Era morto a causa della troppa acqua presente nei suoi polmoni. Quando la strega lo seppe andò a trovarlo nella cripta in cui era stato messo il suo corpo e, visto il cadavere dell’amato, con un pugnale babbano si tolse la vita. Prima di farlo, però, lasciò cadere una lacrima che si solidificò, diventando una gemma. Vieni!” disse finendo il racconto. Daphne lo seguì, rapita dalla leggenda e dal modo di raccontare dell’amico. Entrarono in una grotta dal soffitto alto, poco luminosa e molto umida. Percorsero il corridoio sguazzando nell’acqua lasciata dall’alta marea, fino ad arrivare ad una stanza rotonda e molto ampia. Al centro c’era un altare. Daphne notò subito si trattava di una lapide. 
Sua maestà Filippo I era inciso nella pietra mentre, appena sotto, delle lettere dorate danzavano sulla roccia: Daphne, la strega guardiana.
“Ha il mio nome” bisbigliò la ragazza.
“Beh, ovvio, se no non ti avrei portata qui! Questa leggenda, insieme a molte altre, mi è sempre piaciuta. Un amore tragico…non so…mi piace!” disse James.
“Un po’ come Romeo e Giulietta!”
“Chi?”
“Ma su, un po’ di letteratura inglese! Shakespeare!” esclamò Daphne con uno sbuffo.
Insegnare qualcosa a quel ragazzo era una missione impossibile!
“Va bene, quello che vuoi!”
La ragazza posò la mano su quelle scritte d’oro che iniziarono a vorticarle intorno al polso, fino a solidificarsi in un braccialetto sottile. Al centro, incastrata tra due fili, stava una pietra azzurra e leggermente ovale.
“Dimmi la verità, ti sei inventato la storia!” disse osservando il gioiello fine ed elegante.
“No, la leggenda esiste. Non si è mai trovato il corpo della strega!” sorrise James “Diciamo che è vera fino a metà. Il nonno mi ha detto che la strega pianse sul corpo del suo amato e che la lacrima divenne una gemma. Quella che hai al polso è un’imitazione”
“Ma…perché tutto questo?”
“Beh, perché hai detto che ti serviva l’estate per pensare sulla mia proposta. Ora l’estate è finita. Quindi devi darmi una risposta!”
“Una risposta a che cosa?”
Non servì nessuna spiegazione, lei aveva capito e lui lo sapeva. La prese in vita e se la portò vicino, la tenne stretta a sé e la baciò. Lei ricambiò senza pensarci due volte e rimasero appiccicati per diversi minuti. I loro respiri erano gli unici suoni in quella grotta silenziosa, le loro mani si intrecciarono mentre i loro cuori battevano allo stesso ritmo.

***
Caro diario, forse è giusto continuare a vivere, a crescere. Non bisogna guardare indietro, perché il passato, sebbene felice, non può ritornare. Ma i ricordi sono sempre lì, pronti per essere fissati e rivissuti. La cosa più importante è vivere il presente! Solo il presente può renderti veramente felice! E si, sono felice!





****
Ho finito gli esami, ho finito gli esaaami! Oggi sono felice, tempo a parte...è il mio primo giorno di vacanza e non si vede nemmeno uno spiraglio di sole...puff! Va beh! Ho saltato alcuni anni, sono le vacanze estive. Non volevo fare diventare questa FF troppo lunga, così metto uno dei primi capitoli che ho scritto...Nonostante il salto temporale dovrebbe capirsi comunque la storia! =)
Un bacione a tutti ed un in bocca al lupo a chi ancora non ha fatto l'orale

 

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Capitolo 12
*** Loneliness ***


Aprile arrivò come un fulmine, quell’anno ed il sole caldo annunciò l’arrivo della primavera; gli elfi che giravano per villa Malfoy, invece, quello della Pasqua.
Tutti erano presi con i preparativi, lucidare l’argenteria, pulire la casa, preparare la sala da pranzo…
Daphne era in piscina, indifferente all’arrivo degli ospiti. Era il suo compleanno e nessuno della sua famiglia se n’era ricordato.
Era finalmente maggiorenne, la Traccia che pochi anni prima l’aveva fatta accusare di magie minorili era finalmente sparita. I capelli corti ondeggiavano sinuosi nell’acqua limpida e tiepida mentre la ragazza nuotava spensierata sul fondo della piscina, lontana dagli aromi dolci provenienti dalla cucina o dagli ordini urlati dal padre. Sapeva il suo dovere, eppure non aveva voglia di compierlo.
“Le giovani Purosangue devono sposarsi con loro pari, è tradizione! Vedrai che, anche se non troverai l’amore, imparerai ad essere felice anche tu con il tuo futuro marito” le aveva detto suo padre solo il mese prima attraverso una lettera che era arrivata ad Hogwarts poco prima dell’esame di Smaterializzazione e che l’aveva fatta andare su tutte le furie.
Suo padre che aveva imparato ad amare durante l’adolescenza e a cui, soprattutto, aveva insegnato ad amare, l’aveva promessa in sposa ad un perfetto sconosciuto senza nemmeno chiedere il suo permesso.

“Ma quale dannato permesso dovevo chiederti? Sei minorenne e sotto la mia responsabilità, decido io per te!” le aveva urlato in faccia. Parole dure e crude, come se per lui la figlia fosse solo merce di scambio. E poi c’era Scorpius che, come la sorella, aveva raggiunto l’età giusta per sposarsi. Due figli venduti dal padre. Nessuno dei due aveva avuto il coraggio di opporsi e le loro lamentele avevano solo irrigidito la mentalità del padre. Ma quale tradizione, lei voleva seguire l’esempio di nonna Theresa, sposata per puro amore.
“Sei una Malfoy, cazzo, ascoltami!” le parole del padre le rimbombavano ancora nella testa. L’aveva svegliata bruscamente, quella mattina, costretta ad indossare un abito elegante, costretta a comportarsi bene ed a firmare un accordo matrimoniale. Ma lei si era rifiutata ed era scappata in piscina. Non poteva sposare un estraneo, il suo cuore era già nelle mani di un altro ragazzo e, in qualche modo, suo padre avrebbe dovuto capirlo ed accettarlo. Gli avrebbe parlato con calma, avrebbe risolto con la famiglia ospite, l’avrebbe spiegato a tutti che lei non si sarebbe sposata a 17 anni. Ora, però, aveva bisogno solo di sbollire l’irritazione e calmare i nervi.


***


Anche Scorpius, come la sorella, cercava le parole giuste per parlare con il padre. Non avrebbe mai sposato Ingrid Black, non perché fosse una brutta ragazza, non lo era affatto, ma perché non l’amava, né l’avrebbe mai amata. La sua vita era con Rose e nessun Malfoy gliel’avrebbe impedito.
Diciannovenne e con un buon curriculum scolastico alle spalle, avrebbe sicuramente trovato uno splendido lavoro e si sarebbe staccato dal padre, andando a vivere per conto suo il più lontano possibile da lui. Le città Babbane non gli dispiacevano, erano caotiche, ma avrebbero potuto nasconderlo da Draco.
E poi c’era la storia del bambino che cresceva lentamente nel grembo di Rose e che, sicuramente, non avrebbe mai lasciato.
Era cresciuto in una famiglia priva d’amore ed ora che l’aveva trovato non l’avrebbe certo lasciato andare.
“Pensa, pensa, pensa…cosa puoi dirgli? Come puoi spiegargli? Ti diserederà!” pensava percorrendo a grandi passi lo spazio di camera sua “E chi se ne frega se mi disereda! Io ho Rose… solo lei e il bambino sono importanti. Potremo vivere benissimo anche senza i regali di papà! Una nuova e normale vita! E anche Daphne vivrà con noi, almeno fino a che non troverà un uomo capace di farla star bene. Di certo, quell’uomo non è Marcus Kattermol!”
Uscì dalla sua stanza vestito di tutto punto, la cravatta perfettamente annodata, la camicia bianca e linda, il vestito scuro ed i capelli cortissimi. Respirò più volte, si sentiva coraggioso: avrebbe parlato con il padre.

***


La famiglia Kattermol arrivò leggermente in anticipo, il campanello che suonava senza sosta a causa della loro fretta ed impazienza. Il signor Kattermol voleva firmare quel dannato contratto ed accasare il figlio una volta per tutte.
Scorpius andò ad aprire e, facendo entrare gli invitati, vide la sorella correre in costume per il giardino, arrampicarsi su un albero e scavalcare la finestra della propria camera. Strinse la mano del coetaneo che gli stava di fronte, rise alle sue battute squallide e si fece raccontare dell’estate appena trascorsa. Draco accolse il collega, parlarono a lungo seduti sulle poltrone del salotto, discussero delle clausole del contratto di Daphne, pensarono alla casa in cui mandarli a vivere e di quanti elfi avrebbero avuto bisogno in casa. E, un discorso tira l’altro, arrivarono a parlare anche dei futuri nipoti, dei loro nomi e della loro educazione.
Daphne scese le scale con un abito argento e verde, degno dei Serpeverde. L’aveva indossato la madre durante la sua festa di fidanzamento ed ora era stato destinato a lei. Sui capelli corti e biondi aveva agganciato una stella mentre sulle dita lunghe torreggiava una fedina argento con un piccolo diamante al centro. Era il regalo di James al compimento del primo anno insieme e, nonostante si fossero mollati a causa del padre di lei, non aveva mai smesso di amarlo e mai riposto l’idea di tornare da lui.
“Oh, finalmente, ecco mia figlia! Sei arrivata giusta, giusta per firmare il contratto!” esclamò Draco, i suoi occhi grigi erano allegri, eppure in lui c’era una scintilla che le metteva soggezione.
La stava praticamente obbligando a firmare quel contratto, non aveva scelta.
“Non si può parlare di argomenti così noiosi di mattina, rimandiamoli a dopo pranzo!” disse lei, sviando la discussione a quando sarebbe stata mentalmente più pronta. Doveva prendere tempo, doveva chiarire le idee e far ubriacare almeno un po’ gli ospiti, prima di parlare.
Non per caso fu lei a scegliere il vino. Un Chianti del 2000, dentro al quale fece cadere qualche goccia di un filtro arancione, utile per rilassare anima e mente, addormentarli o, meglio, anestetizzarli.
Bastò quella scintilla che brillò negli occhi della sorella per far capire a Scorpius di non bere il vino.
“Sono astemio!” disse infatti quando il padre gli riempì il bicchiere.
“E da quando?” gli chiese preoccupato.
“Dall’ultima festa. Credo di non aver ancora smaltito completamente la sbornia!” mentì prontamente.
Velocemente, Daphne riempì il suo bicchiere di vino bianco, dicendo che i vini italiani non erano il suo forte. Bugia che il padre non scorse, conoscendo poco i gusti della figlia.
Solo l’estate precedente, lo stesso giorno in cui Scorpius scoprì di essersi diplomato con ottimi voti, Draco aveva permesso una piccola gita in Italia e, più precisamente, in Sardegna. Una vacanza per la fine di Hogwarts a cui, secondo le sue informazioni misere, dovevano partecipare solamente i due figli. I dettagli che gli mancavano era il grande gruppo pronto per partire verso l’Italia composto non solo da Scorpius e Daphne, ma anche dall’intero gruppo dei Malandrini, da Rose Weasley, dai gemelli Scamander, e da tutti i rispettivi fratelli.
L’Italia, si sa, è la terra del vino ed il gruppo era entrato in tutte le botteghe vinicole ed aveva assaggiato tutti i vini, rossi o bianchi, lisci o mossi che fossero, passando una settimana all’insegna del divertimento e dell’alcol.
“Un brindisi” urlò il signor Kattermol, alzando il calice pieno di vino.
Daphne si riscosse, bruscamente sottratta al dolce ricordo, leggermente rossa in viso ripensando a tutte le volte in cui era caduta sul letto semi-incosciente o aveva passato le notti in bagno a vomitare.
Anche il resto dei bicchieri si sollevò. “A Marcus e Daphne, perché possano vivere una vita insieme felice e spensierata, e perché ci diano tanti bei nipotini!” esclamò l’uomo.
A guardarlo, sembrava già ubriaco. La giovane sorseggiò il liquido verdognolo nel suo bicchiere, ne assaporò lentamente il sapore mentre gli altri tracannavano vino rosso, un calice dopo l’altro. Le loro guance si erano arrossate, i loro occhi si muovevano con una lentezza incredibile, così come le parole che uscivano dalle loro bocche.
“Io non mi sposo!” urlò Daphne quando vide il padre riempire il terzo bicchiere e nell’alzarsi fece traballare la tavola, a causa della forza con cui l’aveva colpita.
Scorpius la guardò allarmato, giocherellando con l’anello che teneva nascosto in tasca, spostando gli occhi dal padre, agli ospiti, alla sorella.
“Cosa?” chiese Draco con sicurezza.
Daphne non aveva preso in considerazione la possibilità che il suo intruglio non funzionasse sul padre, credeva stesse andando tutto liscio, l’aveva visto allegro già dal primo bicchier di alcol. Vide che lottava per tenersi sveglio ed attivo e capì che era la rabbia a non farlo sprofondare nel mondo agiato che aveva già rapito i due Kattermol.
“Hai sentito. Marcus” disse girandosi verso il ragazzo che per tutto il pranzo le aveva palpato la coscia “Tu non fai per me. Non siamo mai andati d’accordo e mai ci andremo in futuro. Troverai di certo un’altra ragazza disposta a cader ai tuoi piedi”
Draco Malfoy si alzò di scatto, Daphne sentiva il coraggio venirle meno ad ogni palpitazione della vena sulla fronte.
“Pablo, mi dispiace, non so cosa le sia preso! Sono sicuro che riuscirò a farla ragionare” disse rivolto al collega che, barcollando aggrappato al figlio, si alzò da tavola.
“Oh, caro Malfoy, non serve a niente chiedere scusa. Se tua figlia non vuole, allora credo sia meglio porre fine alla questione” e, così dicendo, strappò il contratto matrimoniale che aveva ripiegato in tasca. Un sonoro puff e scomparvero entrambi.
Draco guardò perplesso lo spazio vuoto lasciato dagli ospiti, poi il suo sguardo si posò sulla figlia, ancora in piedi di fronte a lui.
“Cosa ti è saltato in mente?” urlò, battendo un pugno sul tavolo, che sobbalzò.
“Ho detto quello che pensavo! Io non accetterò mai un matrimonio combinato, io voglio trovare l’amore e l’uomo della mia vita!”
“Tu sei mia proprietà! Sei mia figlia!” i suoi occhi erano ormai iniettati di sangue, il viso rosso e contratto.
Lei chiuse gli occhi, cercando di capire cosa le avrebbe consigliato sua nonna.
Segui sempre il tuo cuore, tesoro mio, lui sa cosa fare, lui non sbaglia. E anche se ti porta a farti male, non perdere la fiducia in lui, perché se ti sei fatta male significa che prima stavi bene!
Si ricordava quella frase a memoria. Quanto aveva pianto quando nonna Theresa aveva pronunciato quell’ultima parola, in un sussurro, addormentandosi per sempre.
“Io sono di mia proprietà!” urlò a sua volta, le guance rigate dalle lacrime del ricordo, le nocche bianche e le mani che gocciolavano sangue a causa della forza con cui chiudeva i pugni e conficcava le unghie nella carne.
Draco sembrò calmarsi, forse l’effetto del filtro iniziava a fare il suo effetto. Si sedette e parlò normalmente, non c’era più alcuna traccia di odio nella sua voce.
“Tesoro, l’amore è solo una fregatura! Ti fa sognare, ti porta in alto solo per lasciarti cadere! Nei matrimoni combinati spesso non c’è amore, è vero, ma c’è sempre felicità. Io e tua madre stavamo bene, eppure non ci amavamo! Guarda i tuoi nonni! Hanno vissuto un’intera vita insieme, hanno combattuto insieme, si amavano, eppure il loro era un matrimonio combinato!” disse, riferendosi ai suoi genitori, ricordando le discordanze ed i litigi della sua famiglia quando ancora lui era studente di Hogwarts, ma tenendoli nascosti nella parte più remota del suo cervello.
“Scoprirai nuove sensazioni, aprirai nuovi orizzonti! Pensa a come ti sentirai bene durante la tua prima volta, alla gioia che proverai quando vedrai tanti bimbi correre per casa!” continuò.
Daphne era scandalizzata dalle parole di Draco e dalla sua mentalità medioevale.
“Fermo, fermo, fermo! Papà, lasciami chiarire….” e pensò in fretta a qualcosa di convincente per fargli cambiare idea “Non posso sposarmi perché….sono incinta” esclamò alla fine.
No, no, ma come mi è saltato per la mente di dire un’idiozia simile? Ed ora? Pensò.
Vide il padre sbiancare di colpo, gli occhi sgranati che la puntavano, insieme a quelli di Scorpius. Lo vide perdere i sensi e trascinare la tovaglia a terra, dove si afflosciò.
“Ma che cazzo spari? Come ti è passata per la mente la fantastica idea di dirgli che sei incinta! Non hai tenuto conto della sua veneranda età? Gli anziani hanno il cuore debole!” urlò Scorpius, portando il corpo del padre sul divano.
“Ha 45 anni! E poi è la prima cosa che mi è passata per la testa e l’ho detta! Ho pensato alla tua situazione...” gli occhi preoccupati osservavano Draco e la sua mano corse svelta alla bacchetta con cui fece comparire un ventaglio ed i Sali minerali. 
Bastarono pochi secondi e gli occhi grigi dell’uomo si aprirono di nuovo, guardandosi intorno disorientati, cercando di ricordare cosa fosse successo.
“Papà? Stai bene?” bisbigliò Daphne. L’unica risposta fu lo schiocco di una sberla sulla guancia della giovane che cadde sul pavimento.
“Scusa, non è vero che sono incinta!” disse la ragazza, rialzandosi. La bacchetta stretta dietro la schiena, pronta a fermare l’uomo in qualsiasi momento. Gli occhi del padre si sgranarono.
“E’ solo che…non sapevo cosa dire. Io non voglio un matrimonio combinato perché amo già un altro ragazzo!”
Il suo corpo tremava da capo a piedi, si sentiva come una foglia che, scossa dal vento, rischia di staccarsi dall’albero e volare via.
“James Potter non fa per te! Il suo sangue non è abbastanza puro per una Malfoy!” gridò l’uomo, arcigno.
Scorpius si sentì svenire. Se James, figlio del grande Potter e di una Purosangue, non era degno per Daphne, lui non aveva alcuna possibilità di stare con Rose.
Una corda stretta girò attorno al corpo di Draco che si stava avvicinando pericolosamente verso la figlia, una forza più potente di lui lo fece cadere a terra.
Daphne era in piedi con la bacchetta alzata di fronte a sé, le gambe ora più sicure, gli occhi fissi che lo sfidavano come quando era bambina.
“Non puoi usare la magia fuori da Hogwarts, te la ritireranno come fecero due anni fa” disse Draco, raccogliendo il guanto di sfida.
“No, non sta volta” esclamò lei, iniziando a canticchiare lentamente “Tanti auguri a me, tanti auguri a me, tanti auguri cara Daphne, tanti auguri a me! 17 aprile, ricordi papà? Il mio compleanno, l’anniversario di morte di mamma. Sono maggiorenne!”
L’uomo la guardò basito: per la prima volta in vita sua non aveva parole da sbraitarle contro.
“Io torno da James, sai dove trovarmi!” disse sicura, prima di rivolgersi al fratello “Scorpius, se vuoi approfittare…” lasciò la frase sospesa nell’aria prima di scomparire.

“Avresti dovuto tenerla lontana da quella gente indegna” Draco sputò l’ultima parola come se fosse stato un masso tanto pesante nella sua bocca.
“L’unica persona da cui avrei dovuto tenerla lontana eri tu! Comunque, anche io non mi sposerò con la Black! Torno da Rose…” si preparò per la Smaterializzazione, prima di guardarlo ed aggiungere “A proposito, devo farti comunque i complimenti: a quanto pare diventerai davvero nonno!”.
Un altro puff ruppe il silenzio appena creatosi ed il primogenito Malfoy scomparve dalla vista del padre.


Solo e legato in mezzo al salotto Draco cercava di assorbire le informazioni dell’ultima ora. I figli che l’avevano tradito, due matrimoni andati in fumo, un nipote Mezzosangue dietro l’angolo e, soprattutto, il fatto di essere rimasto solo.
Si liberò della corda ed iniziò a scagliare maledizioni contro i libri, le cornici ed i vasi di fiori sulle mensole, riducendoli in mille pezzi. Doveva sfogare la sua rabbia e quello era l’unico modo che conosceva per farlo.
Draco Malfoy, Purosangue di alta classe, di grande fama ed intelligenza, aveva fatto l’unico errore di non abbandonare quell’unica figlia che, sin da piccola, gli aveva causato tanti problemi.
Daphne non era come lui, l’aveva dimostrato in più di un’occasione. Era in grado di mandarlo su tutte le furie, lui, così calmo e paziente. Era in grado di farlo sentire in colpa per errori non suoi. Era in grado di piegarlo sotto la sua volontà con un semplice schiocco di dita. La odiava per questo, era suo padre ma l’odiava. L’avrebbe crucciata se avesse rimesso piede in quella casa, sia lui che Scorpius, il figlio perfetto.
Si accasciò a terra, tenendosi la testa tra le mani ed incominciò a piangere. Di rabbia, di nervoso, di una strana sensazione che non aveva mai provato e che, più di tutto, lo faceva star male. Era stato abbandonato dalla sua famiglia, era stato lasciato solo.


***
Siamo quasi arrivati alla fine della storia...caspita, un po' mi dispiace! Anche solo perchè ci ho passato tanto tempo a perfezionarla...e ne passerò ancora in futuro molto probabilmente! Spero che vi piaccia, in ogni caso. Mille baci!=)

 

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Capitolo 13
*** Unions ***


Settembre. Le foglie che iniziavano a cadere e ricoprire l’erba verde, il vento che si alzava, le giornate che si accorciavano. Il sole era appena sorto in quella giornata autunnale e decine di voci esultavano eccitate per il lieto evento.
Un gazebo bianco era stato piantato nel giardino della Tana, sedie e fiori bianchi erano sparsi in giro per il prato, dove un tavolo antico avrebbe fatto d’altare. Una cerimonia intima, tra gli invitati solo le poche persone scelte che avevano permesso a Rose e Scorpius di continuare la loro storia.
I due si svegliarono nello stesso istante, riuscirono a darsi un lieve bacio a stampo prima che la piccola Astoria iniziasse a piangere. Sembrava così minuscola in quella culla di vimini, tra le lenzuola rosa e bianche. Era nata da poco e troppo presto rispetto al termine. Stringeva le manine e, rossa in viso, singhiozzava.

“Ciao ometto. Ti presento la tua sorellina, Daphne. Il tuo compito sarà quello di proteggerla e di insegnarle tutto ciò che noi abbiamo insegnato a te. Sei suo fratello maggiore e dovrai essere forte per lei!”

Era stato un padre per sua sorella ed ora doveva esserlo per sua figlia. Era certo che avrebbe fatto un lavoro perfetto, ma non sapeva da dove cominciare, aveva paura di sbagliare tutto.
“Ci vediamo dopo” lo salutò la sua futura moglie con un bacio e la bimba in braccio. Appena chiuse quella porta, Scorpius restò solo con il peso della paura che gli attanagliava lo stomaco. Stava per sposarsi con la donna più bella e magnifica che avesse mai conosciuto, Daphne sarebbe stata il suo testimone, e con lui sarebbero stati presenti i suoi amici, la sua famiglia.
Eppure mancava un tassello del puzzle, uno veramente importante e senza il quale l’immagine finale risulta comunque incompleta.

**


Daphne si svegliò stropicciandosi gli occhi e vide James girarsi dall’altro lato. Spiragli di sole filtravano dalle persiane chiuse, il grande giorno era arrivato.

“Daphne, devi aiutarmi” poche parole pronunciate con paura dal fratello solamente qualche mese prima, qualche giorno dopo il famoso litigio con il padre.
“Che c’è?”
“Voglio chiedere a Rose di sposarmi”. Era da un po’ che gli ingranaggi giravano in quella testolina bionda, ma pensava avesse lasciato nascere la bambina prima di fare il grande passo. Ma non aveva rifiutato. Pronta ed allegra come sempre si era data da fare per aiutare il fratello, avvisare i parenti, cercare l’anello giusto ed organizzare la cerimonia dopo quel fatidico “si”.

Alzatasi, indossò in fretta una tuta e scese in cucina, dove trovò un’indaffarata signora Weasley già ai fornelli. Nonostante la veneranda età era ancora energica ed il lieto evento la rendeva un poco irascibile.
“Oh, ciao cara, ben alzata! Ti prego, porta questo sotto il gazebo, non sia mai che manchi qualcosa!” le disse appoggiandole un vassoio tra le braccia. Daphne uscì all’aria fresca, il cielo era limpido: era la giornata perfetta per un matrimonio! Appoggiò il vassoio sull’altare, ripercorrendo i passi delle prove, le preghiere che doveva recitare, le letture. Controllò gli anelli appoggiati sul cuscinetto bianco come il latte, due semplici fedi d’oro con i nomi e la data del matrimonio incisi al loro interno.
Rose le piaceva davvero tanto, la sentiva come sua sorella ed era davvero felice che quell’unione sarebbe stata celebrata tanto presto. Eppure sentiva che mancava qualcosa in quella giornata… le dispiaceva sapere che il padre non sarebbe stato alla cerimonia.


***


Dall’altro lato di Londra, in una solitaria villa, Draco Malfoy si torturava i capelli che iniziavano a diradarsi mentre osservava l’invito scritto a mano, arrivato via gufo una settimana prima. Avrebbe riconosciuto tra mille quella grafia aggraziata, quella di sua figlia Daphne.
Da quanto tempo non vedeva più i suoi figli? Da quello stupido litigio di aprile!
Ed i mesi l’avevano reso solo più vuoto, mostrandoli le sue colpe, ma non gli avevano mai dato il coraggio per andare da loro. Li aveva abbandonati a loro stessi, come loro avevano fatto con lui.
Rilesse per la decima volta la data del matrimonio: 27 settembre, ore 10:00. Gli sarebbero bastati dieci minuti per cambiarsi ed arrivare in tempo al matrimonio di suo figlio, poter baciare e conoscere quella nuora che aveva sempre rifiutato, assistere alla loro felicità.
Rilesse il luogo: casa Weasley senior. No, non sarebbe mai entrato nella tana del nemico. Nonostante suo padre fosse morto e, con lui, tutte le sue inimicizie, Draco Malfoy non si sarebbe mai avvicinato ad un Weasley, figuriamoci entrare nel loro territorio. Buttò l’invito nel cestino e riprese la bottiglia di whisky che aveva lasciato a metà sul tavolino di vetro.


***


Rose, splendida nel suo abito bianco, aveva cominciato ad incamminarsi traballante verso l’altare, il suo braccio intrecciato in quello del fratello Hugo.
Scorpius fremeva, il suo sorriso non era mai stato tanto luminoso nel vedere una donna. I loro occhi brillavano e la loro felicità era tangibile.
Daphne, vestita con un semplice abito azzurro, stretto quel tanto da mostrare le sue forme sinuose e lungo fino a terra, reggeva il bouquet della sposa.
Teneva la mano di suo fratello, sorridendo insieme a lui. Baciò Rose sulle guance, le porse il bouquet e si allontanò per tornare a sedersi vicino a James, elegante nel suo frak celeste. Dall’altro lato, Albus e Lily sarebbero stati i testimoni della ragazza.
Il sacerdote iniziò la celebrazione e gli invitati si sedettero sulle sedie bianche, aprirono i libretti della cerimonia, cantarono inni di lode ed applaudirono al momento del bacio.
Erano sposati e nessuno li avrebbe mai divisi. Quei due anelli che brillavano alle loro dita lo confermavano, la loro bimba che piangeva tra le braccia di nonna Hermione lo confermava: erano una famiglia. Gli sposi novelli ed i testimoni si avvicinarono ad un grosso libro con la copertina bianca, linda quanto le pagine interne. Le firme dei giovani stavano a testimoniare l’unione appena avvenuta, così che anche per l’intero Stato della Gran Bretagna, Scorpius Malfoy e Rose Weasley fossero una coppia a tutti gli effetti. Un documento Babbano tanto quanto la cerimonia, richiesta appositamente dalla ragazza che amava quel mondo così semplice e senza magia.
Le mani degli sposi si unirono a quelle degli invitati dai quali ricevettero calorose pacche ed abbracci, con i quali sorrisero e risero e parlarono.
Daphne non ricordava di aver mai sentito parlare tanto suo fratello. Mano nella mano con James era pronta a Smaterializzarsi per andare al ristorante prenotato per i festeggiamenti.
“Duffy duck” sentì dire da una voce talmente famigliare da farle perdere un battito. Suo padre era venuto alla cerimonia, aveva accettato l’invito. Lo guardò, o meglio lo squadrò, e le sembrò che quei pochi mesi l’avessero fatto invecchiare di un decennio: aveva iniziato a stempiarsi, aveva grosse borse sotto agli occhi e sembrava molto stanco. Glielo leggeva negli occhi.
“Torno subito” bisbigliò a James, baciandolo dolcemente e lasciandogli la mano. Si avvicinò a suo padre, lo fece sedere, lo lasciò parlare.
“Si sono allungati di nuovo” disse l’uomo, toccandole quei boccoli che ora arrivavano nuovamente alle spalle. La ragazza sorrise, era strano che si accorgesse di particolari come quello.
“Mi dispiace, sono stato un inetto. La mia mentalità è chiusa, ancorata a quelle tradizioni che mi hanno tolto anni di libertà. Sapevo che voi preferivate qualcosa di diverso, ma pensavo vi sareste abituati come feci io alla vostra età” spiegò, la voce poco più di un sussurro, l’alito che puzzava di alcol.
Daphne lo abbracciò, non riusciva a vederlo così diverso, né a sentirlo così triste. Nonostante una parte di lei lo odiasse, gli faceva male vederlo in quello stato di trasandatezza.
“Andiamo! È ora di pranzo!” e allungò la mano verso il padre, che la prese leggermente timoroso.
Tornò da James che parlava animatamente con i fratelli; era lei a sapere dove si trovava il ristorante, lei sapeva come arrivarci e dove Materializzarsi per non farsi vedere dai Babbani e gli altri non potevano muoversi senza di lei. I ragazzi osservarono quell’imitazione invecchiata di Draco Malfoy. Poi Lily lo prese per un braccio, sorridendogli gentilmente. E poi via, il gazebo e la Tana Weasley sparirono e vennero sostituiti da uno splendido agriturismo, perso nella natura.
Si trovavano in Italia e Daphne ricordava cosa significasse quel posto per la giovane coppia di sposi, per questo aveva prenotato senza troppi ripensamenti. Il cielo azzurro, il mare che si infrangeva in lontananza, il cinguettio degli uccellini e l’odore di aria pura. Tutto quello che in città non potevano permettersi.
In pochi minuti, la comitiva fu completa, nessuno li vide comparire dal nulla. Quattro lunghe tavolate erano state riservate esclusivamente per loro e, per gli sposi, era stato allestito un piccolo tavolo centrale, coperto da una tovaglia blu e ricamato con piccole conchiglie. I due giovani erano splendidi e fatti l’uno per l’altra, Draco lo vedeva, lo ammetteva a sé stesso. Avrebbe dovuto avvicinarsi a loro, parlare a suo figlio, chiedere scusa, ma non voleva disturbare quel loro momento di intimità. Rose era bellissima, sebbene fosse la figlia di Ronald Weasley. Assomigliava molto a sua madre, gli stessi lineamenti delicati, l’espressione calcolatrice negli occhi, i capelli ribelli.
“E così, dopo anni ed anni di continue lotte, siamo diventati consuoceri!” disse una voce femminile, dolce ed accomodante. Hermione Granger teneva stretta al petto formoso una bimba piccolissima che somigliava tanto a Daphne quando era nata. Piccola e brutta uguale.
“Lei è Astoria…Astoria Malfoy!” la presentò la donna, accomodandosi di fianco al vecchio nemico, intavolando una discussione, finché anche gli occhi di Draco riuscirono a rivedere la vita. Cominciò a giocare con la nipotina appena nata, le parlava, la faceva ridere: cose che non aveva mai effettivamente fatto con i suoi figli.
Stava cambiando ed era stata la caparbietà di Daphne a cominciare questo mutamento.
Passava il suo sguardo dal figlio, che parlava a bassa voce insieme alla moglie, alla ragazza, seduta tra le braccia del suo Potter. Come aveva potuto anche solo pensare di riuscire a maritarli contro la loro volontà?
Champagne e digestivi a basso contenuto alcolico venivano serviti dopo ogni portata ed in quelle pause gli invitati si alzarono per andare a parlare con i consuoceri, per congratularsi con loro dei figli e della splendida cerimonia che nessuno dei due aveva organizzato.


***


Era quasi mezzanotte quando i primi invitati, gli zii della sposa ed i parenti alla lontana, iniziarono a lasciare la coppia per tornare alle loro case. Il gruppo che rimase alla fine era composto dai novelli sposini, i loro genitori e, ovviamente, i Malandrini con i loro partner. James stringeva Daphne mentre si avvicinava al signor Malfoy, Lily discuteva con Lysander, Fred e Paul si lanciavano incantesimi da una parte all’altra della stanza.
“Ma ciao, piccola Astoria! Vieni da zio James!” esclamò il ragazzo moro che si era avvicinato alla coppia di nonni, prendendo tra le braccia la bambina che si rimise a piangere.
“Non ci sai proprio fare con i bambini!” lo riprese Daphne, ridendo e prendendo sua nipote. Le piaceva fare la zia e voleva sfruttare al massimo quell’occasione.
“Giusto, a proposito di bambini….” Iniziò il giovane, le guance avevano preso un colore rossiccio, le mani frugavano veloci nelle tasche della giacca. Fece accomodare la fidanzata, la bimba che muoveva le manine paffutelle ed emetteva piccoli versi.
Riuscì ad estrarre con fatica la scatoletta rossa, si mise in ginocchio e prese la mano della sua amata “Bene, allora…” continuò guardando il fratello dall’altra parte del tavolo con cui aveva fatto le prove. Albus e Lily lo incitavano a continuare, era il momento giusto “Allora…Daphne Malfoy…vuoi continuare a sopportarmi per il resto della vita?” chiese in un moto di coraggio. La ragazza guardò di scatto il fratello, i suoi occhi grigi che la invitavano a dare una risposta.
“Papà, mi accompagnesti all’altare?” si rivolse all’uomo, sempre più sorpreso, che aveva di fronte.
“Certo, tutto per la mia principessa”.
Le brillarono gli occhi quando annuì a James e ricambiò con passione il suo bacio mentre la luna argentata risplendeva ed illuminava il parco dell’agriturismo.


***
E questa storia è finita...come vi è sembrata...posso continuare a scribacchiare o devo farla finita con tutte queste scemenze?? =) Aspetto vostri commenti e nel frattempo vi mando un grosso bacio, ringraziando tutti voi che avete seguito questa FF. =)

 

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